ssement] All’ Egregio uomo COMMENDATORE ANTONIO MORDINI Prefetto
di
napoli Che alla valente operosità della vita pol
oscente animo L’autore Come perenne testimonianza Di gratitudine e
di
rispetto Ristretto analitico del dizionario d
recusabili testimonianze della storia ; appoggiati da valide opinioni
di
chiari scrittori, antichi e moderni, italiani e s
tà ; studiare la religione, i costumi, la vita intellettuale e fisica
di
uomini, di cose e di nazioni, ora sepolte nella n
re la religione, i costumi, la vita intellettuale e fisica di uomini,
di
cose e di nazioni, ora sepolte nella notte profon
gione, i costumi, la vita intellettuale e fisica di uomini, di cose e
di
nazioni, ora sepolte nella notte profonda dei sec
ardua, lunga, faticosa, per raggiungere la quale, abbisogna fermezza
di
volontà, studio accurato ed indefesso, osservazio
iosa e culta, quella che forma la più eletta parte della cittadinanza
di
una illustre metropoli, quella per la quale noi a
chiara, netta, precisa, dello scopo che ci trasse a spendere più anni
di
penoso lavoro intorno a quest’opera. Fu questa e
one storico-scientifica sulla Mitologia, adoperandoci con accuratezza
di
studio, onde l’idea che dà vita ai simboli mitolo
itologici, risplendesse della maggior luce possibile all’intelligenza
di
coloro che, per lo studio delle antichità pagane,
e è serena. Se l’opinione del pubblico vorrà, come speriamo, coronare
di
splendido successo l’opera nostra, noi saremo pag
niamo la parte, diremo, materiale dell’opera. Ci è caduto in pensiero
di
scrivere un’opera per la gioventù studiosa ; dare
raverso il fitto buio delle antichità pagane, e quindi abbiamo, prima
di
tutto, posto ogni nostra cura solerte, nell’esser
ne generale dell’opera, sopratutto nella parte sensibilmente visibile
di
essa, spiegando ed analizzando le ragioni che ci
che ci indussero, dopo lunga riflessione, a preferire questa maniera
di
esporre, piuttosto che un’altra. Fisicamente parl
occhio infine, vuole la sua gran parte nell’osservazione anche morale
di
un obbietto qualunque ; e l’intelligenza, quest’o
enza, quest’occhio dell’anima, sarà tanto più facilmente suscettibile
di
comprendere, di sentire, di persuadersi d’un vero
io dell’anima, sarà tanto più facilmente suscettibile di comprendere,
di
sentire, di persuadersi d’un vero qualunque, sott
a, sarà tanto più facilmente suscettibile di comprendere, di sentire,
di
persuadersi d’un vero qualunque, sottoposto alla
l libro, la pagina, il carattere, la bella armonia della disposizione
di
tutto l’obbietto che si vuol farle studiare e com
e le sue singole parti, completa, armonizzando la fisica disposizione
di
un’opera qualunque, con la nettezza e precisione
ue, con la nettezza e precisione dell’idea, che è il principio motore
di
essa. La struttura materiale dell’universo riposa
perfetto, armonioso, completo, che la natura ha posto nel compimento
di
tutte le sue opere, dalla vita fisica dell’uomo,
vogliamo dedurre che un’opera qualunque, sia materiale o spirituale,
di
scienza o di arte, di studio o d’ispirazione, dev
urre che un’opera qualunque, sia materiale o spirituale, di scienza o
di
arte, di studio o d’ispirazione, deve primieramen
un’opera qualunque, sia materiale o spirituale, di scienza o di arte,
di
studio o d’ispirazione, deve primieramente aver l
el modo più completo, fra l’idea, che è l’anima, l’essenza animatrice
di
ogni opera dell’ingegnu umano ; e la maniera mate
senta l’anima ; ossia l’essenza impalpabile, ma essenzialmente vitale
di
esso ; e il modo fisico o materiale, o moglio, il
sensibile, ossia il corpo ; fra il concetto dell’idea e l’attuazione
di
essa ; fra lo spirito e la materia ; fra il fine
ittori storici, cronisti e poeti, antichi e moderni. Nell’esposizione
di
questo titolo, a noi sembra di aver detto abbasta
i, antichi e moderni. Nell’esposizione di questo titolo, a noi sembra
di
aver detto abbastanza, e di avere, in poche parol
sposizione di questo titolo, a noi sembra di aver detto abbastanza, e
di
avere, in poche parole, raccolto il senso morale
tto abbastanza, e di avere, in poche parole, raccolto il senso morale
di
tutta la nostra opera. Infatti, un ristretto anal
istretto analitico del Dizionario della Favola, dev’essere una specie
di
storia dettaglita delle divine ed umane personali
ali avvenimenti, dei fatti più importanti, compiutisi in quel periodo
di
tempo che tutti gli scrittori si accordano col ch
na nomenclatura, per quanto più si possa, fedele e letterale dei nomi
di
quei personaggi, di quegli avvenimenti, o di quei
quanto più si possa, fedele e letterale dei nomi di quei personaggi,
di
quegli avvenimenti, o di quei luoghi, i quali per
ele e letterale dei nomi di quei personaggi, di quegli avvenimenti, o
di
quei luoghi, i quali per la loro individuale impo
rmatrice dell’opera nostra, e completammo questo studio con la giunta
di
numerose annotazioni, onde i lettori si avessero
ine alfabetico, numerandoli progressivamente, e ciò solo nell’intento
di
render più agevoli le ricerche dello studioso, co
voli le ricerche dello studioso, col marcare e distinguere, per mezzo
di
un segno particolare, ciascuno di essi. A raggiun
ol marcare e distinguere, per mezzo di un segno particolare, ciascuno
di
essi. A raggiungere questo scopo ci servimmo dell
lla Z, apponendo sempre per maggior chiarezza e regolarità, ad ognuno
di
quei nomi, il numero d’ordine progressivo. Riguar
Riguardo alle citazioni dei più rinomati scrittori antichi e moderni,
di
che noi abbiamo arricchita l’opera, non ci resta
iscontrate quelle citazioni, onde esser certi, fino al convincimento,
di
non aver commesso il più lieve errore, la più leg
col loro autorevole appoggio, quanto fosse vera e reale l’esposizione
di
quel singolo avvenimento, nel racconto del quale
assiche da noi citate, ci siamo avvalsi sovente della Divina Commedia
di
Dante, quantunque a prima vista potesse sembrare
n l’opera eterna dello Alighieri. Ma noi credemmo, forse non a torto,
di
avvalerci della testimonianza irrecusabilmente cl
endo anzi in quasi tutti i canti che compongono l’eterno poema, assai
di
soventi immagini e figure tolte dalla Mitologia.
ta dall’immortale immaginazione del Cantore dei tre Regni, nell’anima
di
un dannato o di un demonio. Tutti i mostruosi acc
e immaginazione del Cantore dei tre Regni, nell’anima di un dannato o
di
un demonio. Tutti i mostruosi accoppiamenti della
toccar delle altre, la ragione più convincente che in tutto il corso
di
questa opera, ci ha fatto di sovente riportare le
ne più convincente che in tutto il corso di questa opera, ci ha fatto
di
sovente riportare le citazioni dei passi della Di
tare le citazioni dei passi della Divina Commedia ; e in ciò crediamo
di
aver fatto il meglio. Da ultimo, seguendo a deluc
agione del perchè abbiam fatto precedere questa opera da tanto numero
di
epigrafi. In generale tutte le volte che un libro
da lungo tempo adottato da tutti gli scienziati, ed in tutte le opere
di
recente pubblicate per le stampe, non solo, ma al
ivii e nelle biblioteche. Nel nostro caso, a noi parve, che un numero
di
epigrafi avrebbe dato un, diremo, tacito attestat
del nostro lavoro ; e che esse sarebbero state altrettante citazioni
di
illustri autori, convenienti non ad un singolo ar
d un singolo articolo dell’opera nostra, non ad un particolar nome, o
di
cosa o di luogo, ma a tutto il lavoro, considerat
lo articolo dell’opera nostra, non ad un particolar nome, o di cosa o
di
luogo, ma a tutto il lavoro, considerato nel suo
. E per maggior mente far comprendere il nostro pensiero, ci servimmo
di
epigrafi tolte da scrittori antichi e moderni, da
i servimmo di epigrafi tolte da scrittori antichi e moderni, da opere
di
scienza, di arte, di letteratura, di filosofia, d
i epigrafi tolte da scrittori antichi e moderni, da opere di scienza,
di
arte, di letteratura, di filosofia, da tutto infi
i tolte da scrittori antichi e moderni, da opere di scienza, di arte,
di
letteratura, di filosofia, da tutto infine lo sci
tori antichi e moderni, da opere di scienza, di arte, di letteratura,
di
filosofia, da tutto infine lo scibile umano, serv
tteratura, di filosofia, da tutto infine lo scibile umano, servendoci
di
scrittori greci, latini, italiani, francesi, ingl
ittori greci, latini, italiani, francesi, inglesi e tedeschi, siccome
di
altrettante testimonianze illustri ed irrecusabil
storica, scientifica e letteraria dell’opera. Ciò per la prima parte
di
questo libro, ossia per lo insieme materiale e fi
questo libro, ossia per lo insieme materiale e fisicame nte visibile
di
esso. Ora non ci resta che a dimostrare l’utilità
o, e questo brevemente faremo. Oggi non è certamente assoluta penuria
di
opere nel genere della nostra, chè anzi varie son
a forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col quale noi cercammo
di
metterla alla portata di tutte le intelligenze, s
modo limpido e chiaro col quale noi cercammo di metterla alla portata
di
tutte le intelligenze, si vedrà allora incontrast
tutte le intelligenze, si vedrà allora incontrastabilmente l’utilità
di
essa e l’importanza seria e profonda di questo la
incontrastabilmente l’utilità di essa e l’importanza seria e profonda
di
questo lavoro. Certo le allegorie, i fatti, i sim
e noi, al certo, non potevamo nè inventarne dei nuovi, nè rivestirli
di
altre immagini, che non fossero quelle trasmessec
izionarii della Favola ; famosi e chiari scrittori ; ingegni profondi
di
tutte le nazioni ; rinomati e dotti uomini, itali
o alla luce un Ristretto analitico della Favola, nel quale fosse cosi
di
sovente riportata una classica citazione, un bran
uale fosse cosi di sovente riportata una classica citazione, un brano
di
altre opere, le quali venissero ad appoggiare, co
ante degli innumeri fatti che ne componevano la storia, ma un insieme
di
quello che i più rinomati scrittori, e sopratutto
ioventù studiosa avrà in questo ristretto, non solo larghe cognizioni
di
storia, di mitologia, di astronomia, ecc., ma di
diosa avrà in questo ristretto, non solo larghe cognizioni di storia,
di
mitologia, di astronomia, ecc., ma di letteratura
questo ristretto, non solo larghe cognizioni di storia, di mitologia,
di
astronomia, ecc., ma di letteratura antica e mode
lo larghe cognizioni di storia, di mitologia, di astronomia, ecc., ma
di
letteratura antica e moderna, i cui autori ci han
cui autori ci hanno dato (con le citazioni da noi riportate) il mezzo
di
farli rimanere maggiormente impressi nella mente
lebile nella mente, quanto più marcata e sensibile sarà l’esposizione
di
esso. Questo scopo noi lo abbiamo raggiunto media
fatto nella sua forma primitiva e tradizionale, ma avranno anche agio
di
internarsi nelle più peregrine bellezze letterari
ie dei elassici, le quali, alla loro volta, saranno dal fatto stesso,
di
cui vengono in appoggio, rese più chiare, limpide
storica che riporti interi brani dell’ Iliade d’ Omero ; dell’ Eneide
di
Virgilio ; delle Metamorfosi di Ovidio : quella c
dell’ Iliade d’ Omero ; dell’ Eneide di Virgilio ; delle Metamorfosi
di
Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo
irgilio ; delle Metamorfosi di Ovidio : quella che riunisce citazioni
di
Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone, di T
lle Metamorfosi di Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo,
di
Euripide, di Egino, di Cicerone, di Tacito, ecc.
si di Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide,
di
Egino, di Cicerone, di Tacito, ecc. ; quella, fin
io : quella che riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, di Egino,
di
Cicerone, di Tacito, ecc. ; quella, finalmente, c
he riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone,
di
Tacito, ecc. ; quella, finalmente, che riporti fr
cc. ; quella, finalmente, che riporti frammenti della Divina Commedia
di
Dante ; delle opere del Monti ; di quelle del Met
ti frammenti della Divina Commedia di Dante ; delle opere del Monti ;
di
quelle del Metastasio ; e di altri numerosi poeti
media di Dante ; delle opere del Monti ; di quelle del Metastasio ; e
di
altri numerosi poeti e scrittori d’ogni epoca, d’
una opera storico-scientifico-letteraria ; ed abbiamo la convinzione
di
aver agito con sano discernimento ; imperocchè ne
che noi abbiamo fedelmente riportate, quantunque volte la importanza
di
un nome o di un avvenimento, ce ne à porto il des
amo fedelmente riportate, quantunque volte la importanza di un nome o
di
un avvenimento, ce ne à porto il destro. Ed ora,
ce ne à porto il destro. Ed ora, conchiudendo, diremo, che parendoci
di
aver completamente raggiunto la meta luminosa che
tamente raggiunto la meta luminosa che ci eravamo imposti, noi faremo
di
pubblica ragione questa opera. Che i nostri conci
di pubblica ragione questa opera. Che i nostri concittadini accettino
di
buon animo la nostra intenzione, che fu quella di
cittadini accettino di buon animo la nostra intenzione, che fu quella
di
esser loro utili con l’eterno insegnamento della
o buon viso al nostro lavoro : noi non osiamo nè chiedere, nè sperare
di
più. Studio preliminare Sulla mitologia L
zia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse nel territorio
di
Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale,
riscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio
di
Cinocefale, durante la celebrazione dei giuochi P
fosse nato nella LXIV Olimpiade (522 anni avanti Cristo). Ma nessuna
di
queste date è certa, quantunque l’ultima sia la p
sto, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia
di
Pindaro era una delle più nobili della città di T
i Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città
di
Tebe. ad avere il sentimento della cosa. Più ta
Più tardi essi congiunsero la nozione del Mito a quella più generale
di
simbolo o altegoria, e ne fecero una delle forme
ordine religioso. L’antica civiltà greca fu il prodotto della fusione
di
due elementi o di due razze ; quella dei Pelasgi
L’antica civiltà greca fu il prodotto della fusione di due elementi o
di
due razze ; quella dei Pelasgi 2 e quella degli E
conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntura
di
non essere distratta dalle cure minute e material
zioni religiose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero
di
ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sult
ose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni,
di
cause e di effetti, esercitarono sulta civiltà de
iche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e
di
effetti, esercitarono sulta civiltà degli Elleni
macedone. Quarta età. dalla preponderanza macedone, alla distruzione
di
Corinto. I tratti principali e caratteristici del
da Omero Omero. — Sette città della Grecia si disputarono l’onore
di
aver dato i natali ad Omero, e se volessimo numer
volessimo numerare tutte quelle che troviamo mentovate in varii passi
di
antichi scrittori, noteremmo ben dieciotto o diec
esia, 10 11 Che più ? l’erfino negli oscuri ed osceni saturnali
di
Bacco ; in tutte le feste o cerimonie proprie del
i Bacco ; in tutte le feste o cerimonie proprie del culto individuale
di
ogni deità degli antichi ; anche nelle turpi ed i
; anche nelle turpi ed infami lascivie che componevano tutto il culto
di
Priapo,12 presso i Greci e Romani dell’impero, se
e Romani dell’impero, sempre si scorge visibile e luminosa la verità
di
quanto asseriamo, quella cioè, che una religione
osi e reverenti ai dieci comandamenti della Legge, scolpiti su tavole
di
macigno. Maomello il profeta, adoperò simboli ed
simboli proprii delle stesse religiose credenze che quelle cercarono
di
attaccare e di abbattere, erano visibili in esse
i delle stesse religiose credenze che quelle cercarono di attaccare e
di
abbattere, erano visibili in esse ; e sebbene alt
ili in esse ; e sebbene alterati e confusi, pure avevano qualche cosa
di
particolare e di proprio della religione da cui n
ebbene alterati e confusi, pure avevano qualche cosa di particolare e
di
proprio della religione da cui nascevano. Così fi
resie degli Gnostici,13 e dei Simoniani ;14 cosi nelle sette eretiche
di
Menandro,15 e di Dositeo ;16 cosi nei sofistici C
ici,13 e dei Simoniani ;14 cosi nelle sette eretiche di Menandro,15 e
di
Dositeo ;16 cosi nei sofistici Cerentiani,17 e ne
eresie e sette, che ne afflissero il corso, un esempio meno palpabile
di
questa verità. Tutti gli eretici novatori del det
pabile di questa verità. Tutti gli eretici novatori del detto periodo
di
tempo, seguirono, o meglio, conservarono uno o pi
osa nomenclatura, noi potremmo giungere fino alle più recenti eresie,
di
che fu afflitta la maestà della Chiesa Cattolica,
mmo se non a ripetere le medesime cose ; se non a ribattere il chiodo
di
una verità inconcussa, e il raggio del vero scint
di una verità inconcussa, e il raggio del vero scintilla ed illumina
di
per sè, nè abbisogna di frasi suonanti, o di stor
a, e il raggio del vero scintilla ed illumina di per sè, nè abbisogna
di
frasi suonanti, o di storiche citazioni, che facc
ro scintilla ed illumina di per sè, nè abbisogna di frasi suonanti, o
di
storiche citazioni, che facciano maggiormente lim
la luce che emana da esso. Solamente aggiungeremo, a maggior trionfo
di
verità, che i simboli mitologici hanno sopravviss
e vergini beatificate, e specialmente delle numerose personificazioni
di
cui non sapremmo definire, se il vero sentimento
il vero sentimento religioso cattolico, o la superstizione popolare (
di
cui, pur troppo, abbiamo ancora larghe e dolorose
arghe e dolorose vestigie), ha informata l’unica e divina personalità
di
Maria, Madre di Dio. A Roma, per esempio, il temp
vestigie), ha informata l’unica e divina personalità di Maria, Madre
di
Dio. A Roma, per esempio, il tempio ove si venerò
to alla Madonna del Sole. Quello dei gemelli Romolo e Remo, fondatori
di
Roma, ai due Santi Cosimo e Damiano, gemelli anch
ipitasse Anna Perenna, sorella della famosa Didone, sorge la cappella
di
Santa Petronilla. Nel foro Boario, presso l’ Ara
esso l’ Ara Massima, ove i romani pronunziavano il solenne giuramento
di
dire il vero in giudizio, ora s’innalza la chiesa
lenne giuramento di dire il vero in giudizio, ora s’innalza la chiesa
di
Santa Maria, Bocca della Verità. Il Panteon è div
a di Santa Maria, Bocca della Verità. Il Panteon è divenuto la chiesa
di
Santa Maria della Minerca. La cattedrale di Pisa,
teon è divenuto la chiesa di Santa Maria della Minerca. La cattedrale
di
Pisa, era il palazzo di Adriano. Il monte Soracte
a di Santa Maria della Minerca. La cattedrale di Pisa, era il palazzo
di
Adriano. Il monte Soracte è oggi la collina di Sa
i Pisa, era il palazzo di Adriano. Il monte Soracte è oggi la collina
di
Santo Oreste, e presso l’urna che, si vuole, racc
ina di Santo Oreste, e presso l’urna che, si vuole, racchiuda le ossa
di
Santo Ranieri, sorge una statua di Santo Potito,
a che, si vuole, racchiuda le ossa di Santo Ranieri, sorge una statua
di
Santo Potito, la quale altro non è che un simulac
Dio della Guerra. Anche più presso a noi, e propriamente nella città
di
Messina, a simiglianza della Cerere Sicula, vagan
della Cerere Sicula, vagante per le campagne della Trinacria in cerca
di
sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, la Mado
le mostrano la statua del Redentore, ella trema, impallidisce, piange
di
gioia, e allora una nidiata di uccelletti irrompe
tore, ella trema, impallidisce, piange di gioia, e allora una nidiata
di
uccelletti irrompe, come per incanto, dal suo sen
e s’innalza nell’aria a spandere pel cielo l’esultanza del suo cuore
di
madre. L’antichissimo cataclisma del diluvio univ
che tradizioni dell’ Oriente, le quali accennano tutte e fan menzione
di
quel tremendo sovvertimento della natura. Nelle l
scura, confusa ; e questo studio è tanto più fecondo d’insegnamenti e
di
dottrine, per quanto più enigmatici sono i simbol
colari ; sarà dunque agevol cosa il comprendere quale estesa quantità
di
miti si racchiuda nelle mitologiche tradizioni, e
racchiuda nelle mitologiche tradizioni, emergenti da così alto numero
di
divinità. Similmente è chiaro che non bisogna cer
io della Mitologia, por mente alle moltiplici agglomerazioni popolari
di
elementi antichi e nuovi, fittizii e reali, immag
mente, da tutti gli scrittori dell’antichità stessa, la denominazione
di
Maraviglioso. Codesto vocabolo si addice propriam
iglioso. Codesto vocabolo si addice propriamente a tutta quella sfera
di
personaggi e di fatti ideali e storici, ad un tem
vocabolo si addice propriamente a tutta quella sfera di personaggi e
di
fatti ideali e storici, ad un tempo, il cui perio
amato Eroico o Favoloso. In esso figurano attori, spesso immaginarii,
di
azioni vere, in cui i simboli o miti delle numero
ica allegoria, la quale apparisce più viva in tutto quel lungo elasso
di
tempo, in cui la superstizione pagana tenne alto
dei suoi numi ; rino a che una credenza più mite, una vera religione
di
pace, di amore, di fratellanza ; una civiltà più
numi ; rino a che una credenza più mite, una vera religione di pace,
di
amore, di fratellanza ; una civiltà più essenzial
no a che una credenza più mite, una vera religione di pace, di amore,
di
fratellanza ; una civiltà più essenzialmente uman
operta la terra. E allora, i simboli o miti atroci ed impuri, proprii
di
una religione che serviva più alle tristi passion
imbolo della forza, sorge luminoso ed immortale, il mito dell’ancella
di
Dio, sine labe concepta, che sotto l’usbergo dell
ella enigma e dell’allegoria. A bene intendere lo scopo intellettuale
di
quest’opera ; a renderla maggiormente utile agli
dimostrare la intenzione del mito, contenuto nelle cerimonie e feste
di
quell’epoca ; e finalmente ad esaminare quanto l’
ervazione scientifica dei tempi della favola, noi scorgiamo che assai
di
sovente la divinità non è rappresentata da una fi
entata da una figura umana, ma spesso da un animale, o da un obbietto
di
una qualunque materia ; ma ciò avviene solo perch
l’uomo, esaltata ed accesa dalla superstizione, e da tutti gli errori
di
un’età barbara ed inculta, non pone mente alla na
vere, genuflesso in atto umile e dimesso, innanzi alla sognata maestà
di
quell’obbietto, che egli crede divino e soprannat
a e positiva, dell’esistenza dei miti in tutte le religioni. Migliaia
di
esempì potremmo citare in appoggio delle nostre p
e in appoggio delle nostre parole, ma basterà a convincere, con prove
di
fatto, i nostri lettori, il ricordar loro nelle s
ri lettori, il ricordar loro nelle sante pagine della Bibbia l’altare
di
Bethel L’Altare di Bethel. — Nel XXXV. Cap. de
r loro nelle sante pagine della Bibbia l’altare di Bethel L’Altare
di
Bethel. — Nel XXXV. Cap. della Genesi così è scri
così è scritto riguardo all’altare innalzato da Giacobbe, per comando
di
Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta l
a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno
di
mia tribolazione e mi accompagnò nel mio viaggio.
tineris mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome
di
Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quan
mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome di Casa
di
Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quando fuggi
Termine, adorato fino nelle mura del Campidoglio28 ; nella religione
di
Maometto il Profeta, la Caaba dei Musulmani29. I
nuo sviluppo dell’arte. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai
di
buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e citt
. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara
di
emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di
i buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando
di
vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti.
incere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione
di
altrettanti centri di protezione, quanti erano gl
ella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri
di
protezione, quanti erano gli stati indipendenti,
atezza d’immagini, nella creazione quotidianamente ripetuta d’idoli e
di
divinità, si arrestò solamente alla Grecia. Ben p
inità, si arrestò solamente alla Grecia. Ben presto, e come per forza
di
contagio, tutta la natura si trovò rappresentata
rza di contagio, tutta la natura si trovò rappresentata in un insieme
di
divinità simboliche, parenti, amiche, rivali come
Marte stesso, piagato dal medesimo eroe, copre, cadendo, sette jugeri
di
terreno. Nè ciò è tutto : gli dei d’Omero parteci
sette jugeri di terreno. Nè ciò è tutto : gli dei d’Omero partecipano
di
tutte le passioni dell’uomo, di tutti gli errori
è tutto : gli dei d’Omero partecipano di tutte le passioni dell’uomo,
di
tutti gli errori e i capricci della umanità : son
nto, sono in continuo contatto contro gli altri. Un esempio palpabile
di
quanto accenniamo ce lo dà Omero, più marcatament
reazioni, ne venne per esplicita conseguenza, l’innumerevole quantità
di
racconti, di fatti, di avvenimenti, onde è tessut
venne per esplicita conseguenza, l’innumerevole quantità di racconti,
di
fatti, di avvenimenti, onde è tessuta la storia d
esplicita conseguenza, l’innumerevole quantità di racconti, di fatti,
di
avvenimenti, onde è tessuta la storia delle divin
eguenza che i miti sono la forma più saliente che assume la religione
di
un popolo, e per quanto moltiplici e svariati son
ale ; e questo cresce a misura che la lontananza o la morte dell’eroe
di
quel fatto, ne ingrandisce il merito primitivo e
, diventa un dio, ed a lui si attribuiscono tutte le azioni o i fatti
di
simil natura. Da questa scala ascendente di glori
tutte le azioni o i fatti di simil natura. Da questa scala ascendente
di
gloriosa rino manza, scaturisce il mito di Ercole
Da questa scala ascendente di gloriosa rino manza, scaturisce il mito
di
Ercole che in cullz strangola i draghi, e finisce
su cui furono scolpite le memorande parole, vennero dette le colonne
di
Ercole, ossia il punto fisicamente marcato, nel m
aturno, ossia il Tempo, viene raffigurato, nell’età favolosa, in atto
di
divorare i suoi figli ; allegoria spaventevole, s
meno terribile, del mito che il Tempo è l’eterno e vorace consumatore
di
tutte le cose, le quali, avendo avuto un principi
empre da esse emergenti, si risentono caratteristicamente dello stato
di
civiltà, in cui si trovano gli uomini, al momento
amiliare. Sacrobosco 34 insegnò le sfere sotto la luna andar popolate
di
spiriti ; e Cecco d’ Ascoli contemporaneodi Dante
ante35 diffuse nelle sue opere cosiffatta dottrina. Milton 36 favella
di
voci arcane che ragionano fra il cielo e la terra
ente cattolica, non v’è famiglia che non abbia la sua Bauskie, specie
di
genio tutelare, come i Penati e i Lari della Roma
aveva la sua Meleusina, larva che appariva quantunque volte ad alcuno
di
quell’ illustre casato sovrastava la morte. All’e
opo Voltaire 39 e l’enciclopedia, avvenne il fatto della celebre cena
di
Cazotte, attestato da gravi e serii testimonii. D
ere con gli occhi della mente, orribili fatti : e siccome il Marchese
di
Condorcet lo scherniva, egli alzandosi disse : Vo
bes, a Boucher che morirebbero sul patibolo ; e avendogli la Duchessa
di
Grammont chiesto se almeno sarebbero risparmiate
imo, rispose : L’ultimo condannato che axrà un confessore, sarà il Re
di
Francia ! I convitati, compresi da terrore si lev
Francia ! I convitati, compresi da terrore si levarono, e la Duchessa
di
Grammont, sebbene profondamente turbata, dimondò
iegò la testa, e meditato alquanto, lentamente rispose : Nell’assedio
di
Gerusalemme, un uomo per sette giorni di seguito,
mente rispose : Nell’assedio di Gerusalemme, un uomo per sette giorni
di
seguito, fece il giro delle mura, gridando con vo
r sette giorni di seguito, fece il giro delle mura, gridando con voce
di
terrore : Sventura a Gerusalemme ! Il settimo gio
ane, lo colse e lo stritolò !… La storia sanguinosa della rivoluzione
di
Francia, ci ammaestra del come si avverassero all
maestra del come si avverassero alla lettera, le predizioni terribili
di
Cazotte. Noi non intendiamo di spiegare quì, il p
alla lettera, le predizioni terribili di Cazotte. Noi non intendiamo
di
spiegare quì, il perchè ed il come di questi fatt
di Cazotte. Noi non intendiamo di spiegare quì, il perchè ed il come
di
questi fatti, che sembrano soprannaturali, ma che
naturali, ma che pure ànno tuttora la testimonianza d’intere nazioni,
di
celebri scrittori, e di opere non meno celebri. L
no tuttora la testimonianza d’intere nazioni, di celebri scrittori, e
di
opere non meno celebri. La citazione di questi si
ioni, di celebri scrittori, e di opere non meno celebri. La citazione
di
questi singolari avvenimenti viene in appoggio al
olte che stava per succedere qualche sventura a taluno dei componenti
di
codesta illustre famiglia, assicurava correr voce
lla notte del 10 aprile 1850, la dama bianca era comparsa al castello
di
Berlino, e che questo era certamente segno di pro
ra comparsa al castello di Berlino, e che questo era certamente segno
di
prossima sciagura per la famiglia regnante. Nel m
olettata a Re Federigo Guglielmo, mentre stava per partire alla volta
di
Postdam40. La ragione condanna, forse, simili fan
dei fatti, non discutiamo, volendo solo che essi vengano in appoggio
di
quanto asseriamo, e servano ai nostri lettori com
appoggio di quanto asseriamo, e servano ai nostri lettori come pruove
di
fatto. Continuando dunque questo studio prelimina
le sabbie libiche, confinanti con la regione dell’Egitto, sarà figlio
di
Nettuno, Dio del mare ; e della Terra ; avrà form
e ; e della Terra ; avrà forme gigantesche, come giganti sono le onde
di
sabbia che il vento del deserto solleva, e che nu
vita ad un altro dei tanti simboli mitologici, onde è rivestita, fece
di
quel canali le braccia di Ercole che soffoca il g
simboli mitologici, onde è rivestita, fece di quel canali le braccia
di
Ercole che soffoca il gigante, distaccandolo da s
2 venivano rinchiuse le mummie, in talune casse che avevano la figura
di
un toro ; e questo fatto semplicissimo originò l’
toro ; e questo fatto semplicissimo originò l’oscena favola del Toro
di
Pasifae 43 la moglie del re di Creta. Omero stes
ssimo originò l’oscena favola del Toro di Pasifae 43 la moglie del re
di
Creta. Omero stesso, il poeta sovrano, implicand
è, a prima vista, limpida e staccata. Tale è, per esempio, l’anecdoto
di
Giunone, sospesa in aria con un’incudine ai piedi
o di Giunone, sospesa in aria con un’incudine ai piedi.44 Tale quello
di
Vulcano, precipitato dal ciclo con un calcio da G
ologica, e configurati nei suoi miti, che noi non esponiamo per amore
di
brevità. Diremo, invece, che tanto nello insieme,
ciuto dagli antichi. Da ciò vediamo nell Mitologia Scandinava, i numi
di
quel culto, dimorare in palagi di ghiaccio : quel
o nell Mitologia Scandinava, i numi di quel culto, dimorare in palagi
di
ghiaccio : quelli dell’Indiana, riposare al rezzo
eca e Romana, altro non era se non un senato ove, sotto la presidenza
di
Giove, il re dei numi, si deliberava sui divini e
il dio fabbro ferraio, fabbricò i fulmini per la destra vendicatrice
di
Giove ! Maggiormente si accresce, nella religion
si accresce, nella religione pagana, il numero dei miti con l’innesto
di
quelli fisici coi morali. Cosi noi vediamo il pri
sto di quelli fisici coi morali. Cosi noi vediamo il principio morale
di
una leggenda eroica, immedesimato in un fenomeno
sua volta, diventa pei Greci un avventuriero, pei Fenici un fondator
di
colonie, per gli Sciti un trionfatore, per tutti,
. I Miti dunque, o simboli della Mitologia, racchiudono il fondamento
di
tutte le nozioni che ebbero le società primitive.
nozioni che ebbero le società primitive. In essi si trovano principì
di
astronomia, di geografia, di metafisica ; ricordi
bero le società primitive. In essi si trovano principì di astronomia,
di
geografia, di metafisica ; ricordi e tracce di gr
à primitive. In essi si trovano principì di astronomia, di geografia,
di
metafisica ; ricordi e tracce di grandi sovvertim
rincipì di astronomia, di geografia, di metafisica ; ricordi e tracce
di
grandi sovvertimenti naturali ; inspirazioni di c
ca ; ricordi e tracce di grandi sovvertimenti naturali ; inspirazioni
di
concetti d’arte e di scienza. Vi si ritrovano le
di grandi sovvertimenti naturali ; inspirazioni di concetti d’arte e
di
scienza. Vi si ritrovano le orme dei misteriosi s
lla Mitologia, ossia del ragionamento dei miti, è lo studio sintetico
di
un popolo, di un età, di una generazione, conside
ossia del ragionamento dei miti, è lo studio sintetico di un popolo,
di
un età, di una generazione, considerata sotto il
ragionamento dei miti, è lo studio sintetico di un popolo, di un età,
di
una generazione, considerata sotto il suo più car
ienti onde si riconosca quanto difficile ed ardua impresa, sia quella
di
dettare una storia analitica della Mitologia. È i
itive, la Mitologia confondevasi con la Poesia, e conteneva l’insieme
di
tutte le cognizioni umane intorno alla Divinità,
torno alla Divinità, alla Natura, ed alla Storia. Sempre nell’intento
di
render maggiormente netto ed esplicito il concett
relazione che passa tra la Forma del simbolo mitologico, ed il Fondo
di
esso, nel quale l’allegoria è chiusa e raccolta.
il Fondo di esso, nel quale l’allegoria è chiusa e raccolta. Il Fondo
di
un mito può essere un’idea, una credenza, un sent
ale, un avvenimento naturale o storico. In così svariata moltiplicità
di
elementi informatori dei miti, la sola Forma rima
to, l’avvenimento, o la vera e reale personalità, assume il carattere
di
un tipo generale, e allora la forma del mito si e
za dell’idea nella realtà del fatto compiuto, qualunque sia la realtà
di
questo fatto che si presenta alla mente. Un altr
ell’enigma, come mai avrebbero potuto gli uomini, sebbene nello stato
di
un completo arretramento civile, riconoscere in q
ei ? Perchè l’anima dell’uomo si elevi fino alla divinità, ha bisogno
di
appoggiarsi a prattiche esterne e sensibili che c
dimostrano le religioni dei Fenici, degli Egiziani, dei Babilonesi e
di
Zoroastro 49 i cui principali Dei furono appunto
ra noi vediamo le Baccanti, scapigliate e frementi celebrare le feste
di
Bacco sotto il nome di Dionisio, Dionisio. — So
nti, scapigliate e frementi celebrare le feste di Bacco sotto il nome
di
Dionisio, Dionisio. — Soprannome dato dal Greci
feri facendosi un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco
di
cui Semele era incinta. Villarosa. — Dizionario
me vediamo quasi tutti gli dei italici essere planetarî a simiglianza
di
quelli del Tibet, della Cina, e dell’Arabia. Ogni
io. Poi ne vengono i simbolici segni dello zodiaco ; le cento braccia
di
Briareo, il gigante centimano51 Cibele, che come
centimano51 Cibele, che come dea dell’agricoltura, ha il seno coperto
di
moltiplici e ricolme mammelle52 ; Giano bifronte
retto e conciso della Mitologia, a noi sembra che l’idea informatrice
di
tutta la nostra opera, debba mostrarsi lucidament
iù lieve incertezza o la minima oscurità su quanto noi abbiam cercato
di
delucidare, adoperando anche nella fraseggiatura
ocuzione limpida e distrigata da qualunque vano e superfluo ornamento
di
stile. Ristretto analitito del Dizionnario del
r figurate alcune scene mitologiche, o da racconti e rappresentazioni
di
oggetti che non si vedon mai, apprendono e si per
segni simbolici d’una idea o d’una forza invisibile, ma in progresso
di
tempo quel concetto si smarrì nella coscienza di
ile, ma in progresso di tempo quel concetto si smarrì nella coscienza
di
tutti i popoli, e cominciarono ad adorare gli ste
i sacerdoti ne custodirono il senso recondito e misterioso, ma invece
di
comunicarlo al popolo, lo invilupparono in dottri
e, servandolo come proprio retaggio. Inventarono inoltre una quantità
di
leggende e favole religiose, vestendole di forme
arono inoltre una quantità di leggende e favole religiose, vestendole
di
forme poetiche, e fondarono così la mitologia, ne
e degli dei, le loro attinenze cogli uomini, il tutto sotto un velame
di
misteri, di allegorie e di metafore. Quanto più u
le loro attinenze cogli uomini, il tutto sotto un velame di misteri,
di
allegorie e di metafore. Quanto più un popolo è d
nze cogli uomini, il tutto sotto un velame di misteri, di allegorie e
di
metafore. Quanto più un popolo è dotato d’immagin
legorie e di metafore. Quanto più un popolo è dotato d’immaginativa e
di
fervore religioso, tanto più ricca è la sua mitol
ore religioso, tanto più ricca è la sua mitologia. Weber — Compendio
di
Storia Universale. Gli scritti d’Orfeo e di Es
ia. Weber — Compendio di Storia Universale. Gli scritti d’Orfeo e
di
Esiodo hanno due sensi, il Letterale e l’Allegori
ttano gli ascoltanti che egli adduca esempii antichi e gravi, ripieni
di
dignità ed autorità antica — Questi sogliono aver
e traverso il fiume del tempo al mare magno della eternità — Ci hanno
di
parecchi tra noi a cui immagini siffatte fastidis
a e travolge, che solleva e rovescia, che distrugge e rinnova le cose
di
questa terra. È il tempo, o piuttosto è Dio !… C
poco Sarà quest’orbe giovanil sommerso. Byron — Cielo e terra(trad.
di
A. Maffei) In nessun luogo il politeismo vesti
mani e innestate nelle antiche religioni d’Italia… … … . Questo mondo
di
dei, dotati di libertà e bellezza, è rappresentat
e nelle antiche religioni d’Italia… … … . Questo mondo di dei, dotati
di
libertà e bellezza, è rappresentato ne’lavori stu
ne’lavori stupendi dell’arte e della poesia greca. Weber — Compendio
di
Storia Universale. … .eos eriim qui dii appell
labirinto che si dice in Creta Esser costrutto. Virgilio id. Traduz.
di
A. Caro. Dunque il nostro intelletto ha la pote
Fosse una stilla della sua grandezza. Byron — Caino Atto 3°(Traduz.
di
A. Maffei) In questo tempo i giganti erano sull
’Oriente e i sofi della Grecia insegnarono, che Dio favella in lingua
di
bellezza. L’età ghiacciata tiene codeste dottrine
lingua di bellezza. L’età ghiacciata tiene codeste dottrine in conto
di
sogni, piovuti dal cielo in compagnia delle rose
a me talenta il palpito che crea. I pellegrini intelletti illuminano
di
un tratto di luce i tempi avvenire ; per essi i f
il palpito che crea. I pellegrini intelletti illuminano di un tratto
di
luce i tempi avvenire ; per essi i fati non tengo
oll’ignudo Piede la sacra armonic’onda tenta. Byron — Pellegrinaggio
di
Aroldo — Canto I. Vol. I. … .or non sai tu ch
pra i sepolcri dei nostri padri, le generazioni future s’impazientano
di
fabbricare su quelli di noi. Cenere sopra cenere
i padri, le generazioni future s’impazientano di fabbricare su quelli
di
noi. Cenere sopra cenere ; e l’universo si allarg
ie, Furie, Satiri e Muse. Marte balla anch’egli ; Nemesi coi flagelli
di
vipere batte la misura. E l’uomo presume mettere
a il cielo e la terra ? Ah ! ella è pretensione codesta da far morire
di
riso lo stesso Dio del Riso, il vecchio Momo. F.
e si rompano sfasciati a rovinare in corsa disordinata per le miriadi
di
mondi superstiti ; ma ogni secolo come ogni minut
gault Lebrun — Œuvres — Tome I. Così sul romoroso Telaio del tempo,
di
mia man contesta È di Dio la visibile Inconsumabi
— Tome I. Così sul romoroso Telaio del tempo, di mia man contesta È
di
Dio la visibile Inconsumabil vesta. Goethe — Fau
Dio la visibile Inconsumabil vesta. Goethe — Fausto Parte I. a Trad.
di
G. Scalvini. …..car toute génération qui surgit
tro globo, sebbene considerevole, si agglomera ad un sistema infinito
di
piante e di mondi. Gualtieri — I piombi di Venez
ebbene considerevole, si agglomera ad un sistema infinito di piante e
di
mondi. Gualtieri — I piombi di Venezia (Parte 1.
ra ad un sistema infinito di piante e di mondi. Gualtieri — I piombi
di
Venezia (Parte 1.° Cap.° 6.° pag.a 115) … migli
all’anima cammini incogniti e più vasti nell’infinito, e vale la pena
di
spendere la vita di un uomo… Gualtieri — Il Naza
cogniti e più vasti nell’infinito, e vale la pena di spendere la vita
di
un uomo… Gualtieri — Il Nazareno. Vol. 2.° pag.
1. Aba, o Abas. — Città della Focide così nominata da Abas, figlio
di
Linceo e d’Ipernestra. 2. Abadil o Betile. — Così
a. 2. Abadil o Betile. — Così fu denominata la pietra che Rea, moglie
di
Saturno, dette al marito onde la divorasse invece
che Rea, moglie di Saturno, dette al marito onde la divorasse invece
di
Giove, quando ella lo partorì. Secondo il mito gl
dorato ad Aba. 4. Abantiadi. — Nome patronimico dato a Perseo, nipote
di
Abas, re degli Argivi ; da cui anche i re d’Argo
l’antichità dei tempi favolosi molti eroi e guerrieri famosi col nome
di
Aba, i figli e discendenti di essi furono dai poe
molti eroi e guerrieri famosi col nome di Aba, i figli e discendenti
di
essi furono dai poeti e storici designati sotto i
di essi furono dai poeti e storici designati sotto il nome collettivo
di
Abantiadi. 5. Abante. — Nome patronimico di Danae
sotto il nome collettivo di Abantiadi. 5. Abante. — Nome patronimico
di
Danae e di Atalanta, entrambe nipoti di Abas re d
ome collettivo di Abantiadi. 5. Abante. — Nome patronimico di Danae e
di
Atalanta, entrambe nipoti di Abas re degli Argivi
5. Abante. — Nome patronimico di Danae e di Atalanta, entrambe nipoti
di
Abas re degli Argivi. 6. Abarbarea. — Una delle N
Argivi. 6. Abarbarea. — Una delle Najadi, che Bucolione, primogenito
di
Laumedonte sposò, e da cui ebbe due figli Esepo,
ò, e da cui ebbe due figli Esepo, e Pevaso. Che al buon Bucolïone un
di
produsse La Najade gentile Abarbarea, Bucolïon de
gentile Abarbarea, Bucolïon del re Laomedonte Primogenito figlio, ma
di
nozze Furtive acquisto, conducea la greggia Quand
nducea la greggia Quando alla Ninfa in amoroso amplesso Mischiossi, e
di
costor madre la feo. (Omero — Iliade libro 6° Tra
che per aver cantato il viaggio d’Apollo, fu nominato Gran sacerdote
di
questo Dio, e ricevette da lui, oltre allo spirit
Gran sacerdote di questo Dio, e ricevette da lui, oltre allo spirito
di
divinazione, una freccia sulla quale egli travers
era sua. Si dice esser questo flauto che poi fu celebre sotto il nome
di
Palladio. Ma questa è una semplice diceria che no
alladio. Ma questa è una semplice diceria che non ha nemmeno la forza
di
una tradizione. Vi sono stati altri due famosi so
forza di una tradizione. Vi sono stati altri due famosi sotto il nome
di
Abaride. Uno fu ucciso da Perseo, l’altro da Euri
aride. Uno fu ucciso da Perseo, l’altro da Eurialo. 8. Abas. — Figlio
di
Metanira e d’Ippotone, altri vogliono di Celo. Ce
a Eurialo. 8. Abas. — Figlio di Metanira e d’Ippotone, altri vogliono
di
Celo. Cerere avendo un giorno dimandata ospitalit
iono di Celo. Cerere avendo un giorno dimandata ospitalità alla madre
di
lui, stanca e trafelata dal lungo cammino, bevè a
crede da molti storici che egli fosse anche conosciuto sotto il nome
di
Alas-Stellio ; forse perchè vi è una specie di lu
nosciuto sotto il nome di Alas-Stellio ; forse perchè vi è una specie
di
lucertola detta Stellia. Enea ebbe un compagno mo
bas, da non confondersi col re degli Argivi, e che fu del paro figlio
di
Linceo e d’Ipernestra, altri dicono di Belo. Egli
givi, e che fu del paro figlio di Linceo e d’Ipernestra, altri dicono
di
Belo. Egli fu padre di Proteo e di Acrire, e avo
figlio di Linceo e d’Ipernestra, altri dicono di Belo. Egli fu padre
di
Proteo e di Acrire, e avo di Perseo. Amò passiona
inceo e d’Ipernestra, altri dicono di Belo. Egli fu padre di Proteo e
di
Acrire, e avo di Perseo. Amò passionatamente la g
tra, altri dicono di Belo. Egli fu padre di Proteo e di Acrire, e avo
di
Perseo. Amò passionatamente la guerra. Abas era f
principali greci che furono uccisi nella memorabile notte della presa
di
Troja. 9. Abaster. — Nome d’uno dei destrieri di
le notte della presa di Troja. 9. Abaster. — Nome d’uno dei destrieri
di
Plutone. 10. Abatos o Abato. — Era il nome di una
ome d’uno dei destrieri di Plutone. 10. Abatos o Abato. — Era il nome
di
una altissima roccia separata dall’isola di Phile
os o Abato. — Era il nome di una altissima roccia separata dall’isola
di
Phile dal Nilo e dove Osiride aveva un tempio. 11
. Abbondanza. — Divinità allegorica che si rappresenta sotto le forme
di
una donna giovane e bellissima, circondata di tut
presenta sotto le forme di una donna giovane e bellissima, circondata
di
tutti i beni della terra dall’eterno sorriso e da
cielo da Giove. 12. Abdera. — Città della Tracia, che Abdera, sorella
di
Diomede fece fabbricare. Altri vogliono che Ercol
onore del suo amico Abdereo, che fu miseramente divorato dai cavalli
di
Diomede. Gli Abdereniani sono comunemente tenuti
lle opere teatrali, soprattutto della tragedia. Essi furono costretti
di
abbandonare la loro città a causa d’una quantità
tretti di abbandonare la loro città a causa d’una quantità prodigiosa
di
rane e di topi, che si moltiplicarono in modo spa
abbandonare la loro città a causa d’una quantità prodigiosa di rane e
di
topi, che si moltiplicarono in modo spaventevole
la Mandonia. 13. Abdereo. — Giovane greco che fu divorato dai cavalli
di
Diomede, che Ercole aveva affidati alla sua custo
ia. 14. Abellion o Abellione. — Antica divinità dei Galli. È credenza
di
molti chiari scrittori che sia lo stesso che Apol
La prima alla partenza, la seconda all’arrivo. 16. Aberide. — Figlia
di
Celeo e di Vesta. 17. Abia. — Figlia di Ercole so
lla partenza, la seconda all’arrivo. 16. Aberide. — Figlia di Celeo e
di
Vesta. 17. Abia. — Figlia di Ercole sorella e nut
arrivo. 16. Aberide. — Figlia di Celeo e di Vesta. 17. Abia. — Figlia
di
Ercole sorella e nutrice di Ileo. Aveva un tempio
a di Celeo e di Vesta. 17. Abia. — Figlia di Ercole sorella e nutrice
di
Ileo. Aveva un tempio famoso in Messenia. Essa si
addusse tutti agit Achei. Sette città. Caritamila ed Enope. Le liete
di
hei prati Ira ed Antèst. L’inclita Fere, Epea la
— Città dell’Asia sull’ Ellesponto. Anche in Egitto vi era una città
di
questo nome in cui sorgeva un famoso tempio dedic
i Ipomolgami. Questi ultimi detti anche Galadefagi facevano del latte
di
giovenca la loro principal nutrizione. Fra gli Ab
perciò Virgilio li denominasse Oenotrii viri. La etimologia del nome
di
questi popoli è di una profonda incertezza. Non c
denominasse Oenotrii viri. La etimologia del nome di questi popoli è
di
una profonda incertezza. Non c’è storico o accred
uardo una data qualunque. Tutto ciò che ha riguardo alla vera origine
di
questi popoli, si perde nella folta tenebra dei t
nella folta tenebra dei tempi. 21. Abracadabra. — Nome superstizioso
di
una figura triangolare alla quale si attribuiva l
rstizioso di una figura triangolare alla quale si attribuiva la virtù
di
prevenire le malattie, e di guarirle. Affinchè l’
ngolare alla quale si attribuiva la virtù di prevenire le malattie, e
di
guarirle. Affinchè l’incantesimo avesse forza d’a
di guarirle. Affinchè l’incantesimo avesse forza d’agire, le lettere
di
questa strana paroia dovevano essere segnate come
gione per la quale questo Dio, fra i tanti suoi nomi, ba avuto quello
di
Abretano. 24. Abseo. — Gigante figlio della terr
. — Gigante figlio della terra e del Tartaro. 25. Absirto. — Fratello
di
Medea. Questa terribile maga lo uccise e quindi n
Affrica. Questa ed un’altra montagna a cui si dà comunemente il nome
di
Calpè posta in Ispagna sullo stretto di Gibilterr
cui si dà comunemente il nome di Calpè posta in Ispagna sullo stretto
di
Gibilterra, erano i due monti che formavano le co
osata da Apollo. Era anche conosciuta sotto lo stesso nome una figlia
di
Minos. 28. Acacesio. — Era questo uno dei nomi di
sso nome una figlia di Minos. 28. Acacesio. — Era questo uno dei nomi
di
Mercurio dal suo padre putativo Acaco, figlio di
questo uno dei nomi di Mercurio dal suo padre putativo Acaco, figlio
di
Licaone. 29. Acadina. — Fontana celebre in Sicili
quell’isola. Si attribuiva a questa fontana la meravigliosa proprietà
di
far conoscere la sincerità dei giuramenti. Si scr
la sincerità dei giuramenti. Si scriveva la formola del giuramento su
di
una tavoletta, quindi la si gettava in quella fon
i una tavoletta, quindi la si gettava in quella fontana : se il pezzo
di
legno non ritornava a galla, si ritornava lo scri
va lo scritto come spergiuro. 30. Acalo. — Detto anche Perdix, nipote
di
Dedalo. Egli fu l’inventore della lega e del comp
mpasso. Dedalo, suo zio, ne fu così geloso che lo precipitò dall’alto
di
una torre. Minerva però mossa a compassione lo ca
a però mossa a compassione lo cangiò in Pernice. 31. Acamao. — Figlio
di
Teseo e di Fedra. All’assedio di Troja fu uno dei
a a compassione lo cangiò in Pernice. 31. Acamao. — Figlio di Teseo e
di
Fedra. All’assedio di Troja fu uno dei deputati c
giò in Pernice. 31. Acamao. — Figlio di Teseo e di Fedra. All’assedio
di
Troja fu uno dei deputati che accompagnarono Diom
esta ambasceria, le cui pratiche riuscirono inutili, Laodice ; figlia
di
Priamo ebbe da Acamao un figlio, che fu allevato,
riamo ebbe da Acamao un figlio, che fu allevato, da Ethra ava paterna
di
Acamao, la quale Paride avea condotto con Elena.
le Paride avea condotto con Elena. Allorchè i Greci si resero padroni
di
Troja, Acamao, (che Virgilio chiama Athamas o Ath
roni di Troja, Acamao, (che Virgilio chiama Athamas o Athamao) fu uno
di
quei guerrieri che vennero rinchiusi nel famoso C
ao) fu uno di quei guerrieri che vennero rinchiusi nel famoso Cavallo
di
legno. Al momento che ardea più accanita la carne
he ardea più accanita la carneficina, questo principe ebbe la ventura
di
riconoscere Ethra col figlio suo, e riuscì a salv
na ammetteva cinque differenti soli, e dava Acanto per madreal quarto
di
essi. Un traduttore dell’opera De Natura deorum s
ione conosciuta sotto tale denominazione. Più famosa però fu la città
di
questo nome in Sicilia, nelle circostanze di Sira
famosa però fu la città di questo nome in Sicilia, nelle circostanze
di
Siracusa, in cui Giove Olimpico avea un antico te
o culto. 35. Acarnao e Amphoterens. — Questi due fratelli erano figli
di
Alaneone e di Calliope. La loro madre ottenne da
carnao e Amphoterens. — Questi due fratelli erano figli di Alaneone e
di
Calliope. La loro madre ottenne da Giove che essi
di Calliope. La loro madre ottenne da Giove che essi appena fanciulli
di
pochi anni, fossero divenuti adulti in un giorno,
vendicare la morte del padre loro, ucciso a tradimento, dai fratelli
di
Phelibeo. 36. Acasis. — Figlia di Minos. Apollo l
, ucciso a tradimento, dai fratelli di Phelibeo. 36. Acasis. — Figlia
di
Minos. Apollo la sposò e ne ebbe due figli. 37. A
la sposò e ne ebbe due figli. 37. Acasto. — Famoso cacciatore, figlio
di
Pelia re di Tessaglia. Creteisa sua moglie, detta
e ebbe due figli. 37. Acasto. — Famoso cacciatore, figlio di Pelia re
di
Tessaglia. Creteisa sua moglie, detta anche Ippol
a. Creteisa sua moglie, detta anche Ippolita, s’innamorò perdutamente
di
Peleo, e gli offrì il suo amore, ma questi resist
nore. Acasto dissimulando il suo dolore condusse Peleo in una partita
di
caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò
l suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e nel più folto
di
un bosco, lo abbandonò ai Centauri, ed alle belve
entauri, ed alle belve. Ma il famoso Centauro Chirone (che fu maestro
di
Achille) liberò dai mostri questo virtuoso princi
cipe il quale coi soccorso degli Argonauti, si vendicò della crudeìtà
di
Acasto, e delle calunnie dell’impudica moglie di
ndicò della crudeìtà di Acasto, e delle calunnie dell’impudica moglie
di
lui. Acasto era anche il nome di una ninfa figlia
delle calunnie dell’impudica moglie di lui. Acasto era anche il nome
di
una ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti. 38. Acca
e di lui. Acasto era anche il nome di una ninfa figlia dell’ Oceano e
di
Teti. 38. Acca. — Sorella e compagna di Camilla,
a ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti. 38. Acca. — Sorella e compagna
di
Camilla, regina dei Volsci. Di questa, Dante nel
vo i Romani decretarono gli onori divini. 40. Aceleo. — Uno dei figli
di
Ercole che dette il suo nome ad una città di Licy
Aceleo. — Uno dei figli di Ercole che dette il suo nome ad una città
di
Licya. 41. Acersecome. — I Greci davano questo so
Si chiamava così Apollo come dio della medicina. Dalla significazione
di
questa parola che libera dalle malaitie si dava a
rola che libera dalle malaitie si dava anche a Teleforo il soprannome
di
Acesio. 43. Aceste. — Re di Sicilia, e figlio del
ie si dava anche a Teleforo il soprannome di Acesio. 43. Aceste. — Re
di
Sicilia, e figlio del fiume Triniso. Egli ricevet
. Egli ricevette onorevolmente Enca, e fece seppellire Anchise, padre
di
quest’eroe, su d’una montagna. 44. Acete. — Capit
scello Tirio. Essendo un giorno sbarcato coi suoi compagni sulle rive
di
un fiume, questi incontrarono, senza conoscerlo i
o il dio Bacco, e volevano a viva forza portarlo a bordo del vascello
di
Acete, allor che questi si oppose vivamente, ed o
co allora si fece subito riconoscere, e per punire i ribaldi compagni
di
Acete li cangiò in delfini, e fece suo gran sagri
della sua buona azione. Vi fu anche un altro Acete, figlio del Sole e
di
Persa. Egli dette una delle sue figlie in consort
ale si dà alcuna volta, compreso nella sua totale estensione, il nome
di
Achaja. Di qua n’è venuta la denominazione assai
Di qua n’è venuta la denominazione assai usata dai poeti e scrittori
di
Achei, Achivi, ec : per denotare i Greci o cosa a
ti agli Achei ec. (Omero Il C. 1°) 46. Achamanto. — Una delle figlie
di
Danae. 47. Achaya. — Amico e compagno fedelissimo
Una delle figlie di Danae. 47. Achaya. — Amico e compagno fedelissimo
di
Enea. 48. Achea. — Soprannome dato a Cerere ed a
a Cerere ed a Pallade. 49. Acheloia. — Detta anche Callirhoe, figlia
di
Acheolo. 50. Acheloidi. — Nome sotto il quale ven
e le sirene, da Acheolo loro padre. 51. Achemone o Achmon. — Fratello
di
Bofalos o Poffalvos, entrambi Ciclopi. Essi erano
tutti coloro che incontravano per via. Sènnone loro madre, li avvisò
di
evitare Melampigo, vale a dire l’uomo delle reni
ni nere. Un giorno essi s’abbatterono in Ercole che dormiva all’ombra
di
un albero, e lo insultarono : Ercole li legò per
e Calicone greco che si rese famoso per la sua stupidità. Si racconta
di
lui che avendo una volta pieno un vaso di fiori p
sua stupidità. Si racconta di lui che avendo una volta pieno un vaso
di
fiori per servirsene da origliere lo avesse riemp
ieno un vaso di fiori per servirsene da origliere lo avesse riempiuto
di
paglia onde farlo più morbido e dormire più comod
rbido e dormire più comodamente. 53. Acheolo. — Figlio dell’ Oceano e
di
Teti. Secondo altri del Sole e della Terra. Avend
statore, combattè contro Ercole, ma fu vinto. Allora assunta la forma
di
serpente, attaccò nuovamente il suo rivale, ma ne
il suo rivale, ma ne fu nuovamente vinto ; in seguito sotto le forme
di
toro, ma non ebbe più felice la sorte, poichè, Er
vere il corno che Ercole gli aveva strappato, gli dette in cambio uno
di
quelli della capra Amantea, che aveva nutrito Gio
la scalata al cielo. Le sue acque divennero fangose ed amare ed è uno
di
quei fiumi che le ombre dei morti passavano senza
che le ombre dei morti passavano senza ritorno. Vi sono diversi fiumi
di
questo nome uno nell’ Epiro, un altro in Elide, e
sostenevano che da quella caverna fosse stato tirato il cane Cerbero,
di
cui l’Alighieri canta : Cerbero, fiera crudele e
oli in Egitto. Era questo il luogo destinato alla sepoltura dei morti
di
quella città, per modo che bisognava traversare l
ra permesso al battelliero, che in lingua Egiziana si chiama Caronte,
di
ricevere nella sua barca le anime dei perduti. Di
te, di ricevere nella sua barca le anime dei perduti. Di là la favola
di
Caronte battelliero dell’inferno. Caron, dimonio
la di Caronte battelliero dell’inferno. Caron, dimonio con gli occhi
di
bragia, Loro accennando tutte le raccoglie, Batte
qualunque s’adagia. (Dante — Inf. Cant. III) Si dette ancora il nome
di
Acherusia ad un altra palude esistente vicino all
a il nome di Acherusia ad un altra palude esistente vicino alla città
di
Capua. 58. Acherusiade. — Era questo il nome di u
nte vicino alla città di Capua. 58. Acherusiade. — Era questo il nome
di
una penisola presso Eraclea del Ponte : si credev
o. Senofonte riporta che ai suoi tempi si vedevano ancora le vestigie
di
tale discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e di
si vedevano ancora le vestigie di tale discesa. 59. Achille. — Figlio
di
Peleo e di Teti. Sua madre, essendo egli in tener
ancora le vestigie di tale discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e
di
Teti. Sua madre, essendo egli in tenerissima età,
ora, Achille fu dato come discepolo al centauro Chirone, che lo nudrì
di
midolla di leoni, di tigri, e di orsi. Sua madre
e fu dato come discepolo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla
di
leoni, di tigri, e di orsi. Sua madre avendo sapu
come discepolo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni,
di
tigri, e di orsi. Sua madre avendo saputo dall’in
lo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e
di
orsi. Sua madre avendo saputo dall’indovino Calca
all’indovino Calcante, che Achille perirebbe sotto Troja, e che senza
di
lui quella città, non si sarebbe mai presa, lo in
za di lui quella città, non si sarebbe mai presa, lo inviò alla corte
di
Scio in abito da donna, e sotto il nome di Pirra,
presa, lo inviò alla corte di Scio in abito da donna, e sotto il nome
di
Pirra, per tenerlo a tutti celato. Essendo così t
to. Essendo così travestito egli si fece conoscere a Deidamia, figlia
di
Licomede. La sposò segretamente e ne ebbe un figl
mente e ne ebbe un figlio per nome Pirro. Quando i Greci risolvettero
di
cinger d’assedio Troja, Calcante indicò loro il l
re. Ulisse, camuffatosi da mercatante, presentò alle dame della corte
di
Licomede alcuni ricchi gioielli, e delle armi bel
mmeno i ricchi gioielli. Allora Ulisse lo condusse fuori la reggia, e
di
là innanzi alle mura di Troja. Achille mostrò pre
Allora Ulisse lo condusse fuori la reggia, e di là innanzi alle mura
di
Troja. Achille mostrò prestamente il suo immenso
fidar dell’arti, Di quel franco impudente, che pur tale Non ardirebbe
di
mirarmi in fronte. (Omero Iliade libro IX) (trad.
le Non ardirebbe di mirarmi in fronte. (Omero Iliade libro IX) (trad.
di
V. Monti) Finchè Achille tenne la sua parola ; i
scontro Ettore, duce dei Trojani, ucciso Patroclo, amico fedelissimo
di
Achille, questi ritornò alle armi e per vendicare
città ; cedendo il cadavere sfigurato dell’eroe Trojano alle lagrime
di
Priamo padre di lui. Sedutosi di fronte a Priamo
il cadavere sfigurato dell’eroe Trojano alle lagrime di Priamo padre
di
lui. Sedutosi di fronte a Priamo, disse : Buon v
rato dell’eroe Trojano alle lagrime di Priamo padre di lui. Sedutosi
di
fronte a Priamo, disse : Buon vecchio, il tuo fig
. Avendo in seguito concepito un ardente amore per Polissena, figlia
di
Priamo, e perciò sorella del morto Ettore, la dim
’altare nuziale, Paride gli tirò una freccia al tallone. Achille morì
di
questa ferita. I Greci gli innalzarono una tomba
rio Sigeo, e Pirro suo figlio gl’immolò Polissena. Si racconta ancora
di
Achille che Teti sua madre, gli avesse proposto d
Si racconta ancora di Achille che Teti sua madre, gli avesse proposto
di
vivere lunghissimi anni senza far nulla per la gl
senza far nulla per la gloria, ovvero, morir giovine ricco della fama
di
prode, e che egli si fosse decisamente attenuto a
ente attenuto a quest’ultima scelta. Sarà buono osservare a proposito
di
questo famoso eroe della Grecia, che l’opinione d
ione della sua invulnerabilità al tallone, non era accettata ai tempi
di
Omero, e che la opinione del Poeta sovrano è asso
rano è assolutamente contraria a questa credenza. Plutarco nella vita
di
Alessandro, racconta, che essendo stato dimandato
essendo stato dimandato a questo re, se avesse voluto vedere la lira
di
Paride, conservata in Ilione, rispose aver sempre
di Paride, conservata in Ilione, rispose aver sempre cercato la lira
di
Achille, con la quale quel grand’eroe cantava le
valorosi. 60. Achillea. — Isola del Ponte-Eusino così detta dal nome
di
Achille, al quale vi si tributavano onori divini.
, al quale vi si tributavano onori divini. Era anche Achillea il nome
di
una fontana vicino Mileto, detta così perchè l’er
ra bagnato. 61. Achillenidi. — Fe te celebrate nella Laconia in onore
di
Achille. 62. Achiroe. — Nipote di Marte. 63. Achl
te celebrate nella Laconia in onore di Achille. 62. Achiroe. — Nipote
di
Marte. 63. Achlys. — Detta anche Achelaa, dea del
Esiodo ne fa un ritratto spaventevole. 64. Achmenide uno de’ compagni
di
Ulisse. Egli sfuggì al gigante Polifemo che volev
fu salvato da Enea che lo accolse sulle sue navi. 65. Achmeno figlio
di
Egeo ; dette il suo nome ad una parte della Persi
nsie e delle inquietudini. Si pretende da altri essere questo il nome
di
una fontana, ove le Grazie andavano a bagnarsi. 6
e. 69. Acisio V. Acilio. 70. Aciso. — Figlio della Ninfa Simoettris e
di
un fauno. La sua bellezza gli valse l’amore di Ga
lla Ninfa Simoettris e di un fauno. La sua bellezza gli valse l’amore
di
Galatea, amata dal gigante Polifemo. Questo ciclo
e Polifemo. Questo ciclope avendolo un giorno sorpreso fra le braccia
di
Galatea, lo schiacciò sotto una rupe : ma la ninf
ue in un fiume detto Aciso. 71. Acitio V. Acilio. 72. Acli. — Al dire
di
molti autori Greci era questo il nome di una divi
Acilio. 72. Acli. — Al dire di molti autori Greci era questo il nome
di
una divinità esistente prima del caos, e dalla qu
mi avevano avuto origine e principio. 73. Acmena. — Ninfa del seguito
di
Venere. 74. Acmone. — Figlio della Terra, e padre
infa del seguito di Venere. 74. Acmone. — Figlio della Terra, e padre
di
Cœlus. Il suo culto era celebre nell’isola di Cre
io della Terra, e padre di Cœlus. Il suo culto era celebre nell’isola
di
Creta. 75. Acmonide. — Uno dei Ciclopi. Si dà anc
iclopi. Si dà anche questo nome a Saturno, nonchè a Cœlus come figlio
di
Acmone. 76. Acœto V. Acoto. 77. Aconte. — Uno dei
ome figlio di Acmone. 76. Acœto V. Acoto. 77. Aconte. — Uno dei figli
di
Liacone. 78. Acor. — Dio delle mosche. Gli abitan
Uno dei figli di Liacone. 78. Acor. — Dio delle mosche. Gli abitanti
di
Cirene, racconta Plinio, offerivano a questo Dio
ti da quegl’insetti, che col loro moltiplicarsi erano sovente cagione
di
contagiose malattie. 79. Acoto o Acœte. — Nome di
ano sovente cagione di contagiose malattie. 79. Acoto o Acœte. — Nome
di
un povero pescatore. Egli non viene ricordato nel
n amo ed una canna da pescare. (Ovidio. — Metamorfosi libro III trad.
di
Dall’Anquillara) 80. Acqua. — Di questo elemento
to fecero i pagani una delle più antiche deità del loro culto. Talete
di
Mileto, e con lui i più antichi filosofi riguarda
con lui i più antichi filosofi riguardarono l’acqua come il principio
di
tutte le cose. I Greci ereditarono dagli Egizii t
d antica venerazione che gli Egizii ebbero per l’acqua, e che al dire
di
S. Atanagio anch’egli Egiziano, avea spinto quel
izii ; credettero che le acque del mare e dei flumi avessero la virtù
di
cancellare tutti i peccati. Sofocle nella sua tra
el Danubio e del Fasi lavar possano gli errori della deplorabile casa
di
Labdaco . Dal culto che generalmente i Pagani ebb
ifizii. Alla porta o nel vestibolo dei templi si teneva un recipiente
di
bronzo pieno d’acqua lustrale nella quale si lava
scio un vaso coll’acqua lustrale e non si poteva penetrare nella casa
di
duolo, senza essersi aspersi d’acqua lustrale, la
Gli Ateniesi ne aveano fatto una divinità. 84. Acratoforo. — Al dire
di
Varrone era questo il soprannome di Bacco, col qu
vinità. 84. Acratoforo. — Al dire di Varrone era questo il soprannome
di
Bacco, col quale egli veniva principalmente vener
palmente venerato in una città dell’ Arcadia conosciuta sotto il nome
di
Figalia. Questo soprannome deriva dalla parola gr
gnificato che beve il vino puro e lo resiste. 86. Acrea. — Fu il nome
di
una delle nutrici di Giunone. La favola racconta
vino puro e lo resiste. 86. Acrea. — Fu il nome di una delle nutrici
di
Giunone. La favola racconta che fu figliuola del
la è compreso il significato che codesta balia soggiornava sulle rive
di
quel fiume. Si dava il soprannome di Acrea a dive
sta balia soggiornava sulle rive di quel fiume. Si dava il soprannome
di
Acrea a diverse Dee, e più particolarmente a quel
in una piccola barca e l’abbandonò in preda alle onde. Politetto, re
di
Serifo (una delle isole Cicladi) dove la barca ap
dulto si mise a correre il mondo a modo degli eroi favolosi, in cerca
di
avventure onde segnalare il suo coraggio. Passand
are questa città con lui per ritornare ad Argo, quando in una partita
di
piacero volendo far prova della sua destrezza nel
, che egli aveva inventato, il disco ricadde sventuratamente sul capo
di
Acrise con tanta violenza che questi ne morì. 89.
te d’Acrise. 90. Acrisione — Figlia d’Actifo. 91. Acroncio. — Giovane
di
straordinaria bellezza. Essendosi recato a Delo p
a. Essendosi recato a Delo per un sacrifizio, s’innamorò perdutamente
di
una giovine a nome Cedippe, la quale non volle as
n volle ascoltare le sue parole : allora avendo perduta ogni speranza
di
sposarla, incise su d’una pietra queste parole :
sposarla, incise su d’una pietra queste parole : Io giuro per Diana
di
non esser giammai che d’ Acroncio . Cedippe, ai p
piedi della quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio
di
Diana, nel quale ogni giuramento era sacro, lesse
egli Dei ella sposò Acroncio. 92. Acteone. — Fglio d’Aristeo e nipote
di
Cadmo : fu educato dal centauro Chirone e divenne
no dei cavalli del Sole si chiamava anche Acteone. 93. Actor. — Padre
di
Menozio e Avo di Patroclo, il quale per questo ve
l Sole si chiamava anche Acteone. 93. Actor. — Padre di Menozio e Avo
di
Patroclo, il quale per questo veniva anche chiama
per questo veniva anche chiamato Actoride. Vi fu anche un Actor padre
di
due figli ricordati del paro nella favola sotto i
ctor padre di due figli ricordati del paro nella favola sotto il nome
di
Actoridi. Ognuno di essi avea due teste, quattro
gli ricordati del paro nella favola sotto il nome di Actoridi. Ognuno
di
essi avea due teste, quattro mani e quattro piedi
tè vincere che adoperando l’astuzia. Vi furono diversi altri col nome
di
Actor : un seguace di Ercole ; un figlio di Nettu
ndo l’astuzia. Vi furono diversi altri col nome di Actor : un seguace
di
Ercole ; un figlio di Nettuno, ed un fratello di
no diversi altri col nome di Actor : un seguace di Ercole ; un figlio
di
Nettuno, ed un fratello di Cephalo. 94. Adad, Ada
i Actor : un seguace di Ercole ; un figlio di Nettuno, ed un fratello
di
Cephalo. 94. Adad, Adargatide o Atergatide. — Div
che Adad sia il sole, e Adargatide la terra. 95. Adamantea. — Nutrice
di
Giove. È generalizzata credenza degli scrittori p
a la stessa Amaltea. Vedi Amaltea. 96. Adarcate o Atergate fu moglie
di
Adad re della Scizia. Dopo la morte fu col marito
ella Scizia. Dopo la morte fu col marito deificata. È comune credenza
di
molti mitologi che ella sia la Dergeto dei Babilo
ad Ercole. Egli fece un giorno una scommessa con certo Depreo, figlio
di
Nettuno, a chi avesse mangiato un intero bue. A c
riuscirono nell’intento prefissosi, solamente Ercole fece più presto
di
Depreo, onde la vittoria fu a lui devoluta. Come
la vittoria fu a lui devoluta. Come essi aveano bevuto in proporzione
di
ciò che aveano mangiato, vennero a contese fra lo
agonista. Questa prodezza valse ad Ercole il soprannome d’insaziabile
di
cui sembra che gli eroi favolosi si tenessero alt
si tenessero altamente onorati. Ulisse, con tutta la sua reputazione
di
saggio, sembra averlo grandemente desiderato, e O
averlo grandemente desiderato, e Omero dà a questo eroe un carattere
di
ghiottoneria di cui lo scrittore Atenco parla con
nte desiderato, e Omero dà a questo eroe un carattere di ghiottoneria
di
cui lo scrittore Atenco parla con molta severità.
osta dall’ α privativa e da αδω io vedo. Davasi del pari cotesto nome
di
ades al luogo sotterraneo ove passavano le anime
teniese soprannome dato ad Oritia. 106. Adiache. — Era questo il nome
di
alcune feste pubbliche istituite da Augusto Imper
solennizzare la vittoria da lui avuta sopra Antonio, nelle vicinanze
di
Azio. 107. Adiaco, Adio e Adeo. — Soprannomi dati
o a lui consacrato. 108. Adio. V. Adiaco. 109. Admeta. — Fu figliuola
di
Euristeo. In vaghitasi della cintura della regina
vaghitasi della cintura della regina delle Amazzoni, suggerì al padre
di
persuadere Ercole a rendersene padrone onde porta
uadere Ercole a rendersene padrone onde portargliela. Ateneo racconta
di
questa principessa una strana avventura. Dotata d
a. Ateneo racconta di questa principessa una strana avventura. Dotata
di
uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì di n
ana avventura. Dotata di uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì
di
notte dalla città di Argo, ed approdò felicemente
di uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì di notte dalla città
di
Argo, ed approdò felicemente a Samo, ove credendo
ebitrice a Giunone del felice viaggio, si addossò spontanea l’obbligo
di
custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti
felice viaggio, si addossò spontanea l’obbligo di custodire il tempio
di
lei. Intanto gli abitanti di Argo sdegnati di un
ontanea l’obbligo di custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti
di
Argo sdegnati di un abbandono che nulla giustific
di custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti di Argo sdegnati
di
un abbandono che nulla giustificava, promisero ad
o che nulla giustificava, promisero ad alcuni corsari una forte somma
di
danaro onde far rapire la statua di Giunone dal t
ad alcuni corsari una forte somma di danaro onde far rapire la statua
di
Giunone dal tempio che Admeta custodiva, sperando
e Admeta custodiva, sperando così che i Samii avessero fatto vendetta
di
Admeta. I corsari rubarono infatti la statua di G
essero fatto vendetta di Admeta. I corsari rubarono infatti la statua
di
Giunone e la trasportarono sulla loro nave, e mis
a mancanza del simulacro dette l’ailarme, e ben presto una gran folla
di
popolo mosse alla ricerca di quello, e finalmente
e l’ailarme, e ben presto una gran folla di popolo mosse alla ricerca
di
quello, e finalmente ritrovò la statua sulia spia
impedire una novella fuga la legarono con alcuni rami d’albero. Poco
di
poi Admeta purgò con un sacrifizio il supposto de
ata la statua la rimise nel santuario. Da quel tempo a commemorazione
di
tale prodigio fu stabilita in Samo una festa annu
bilita in Samo una festa annuaria, a cui gli abitanti dettero il nome
di
Tenea, volendo ricordare che essi avean teso into
di Tenea, volendo ricordare che essi avean teso intorno al simulacro
di
Giunone alcuni rami d’albero. Vi fu anche una sac
mulacro di Giunone alcuni rami d’albero. Vi fu anche una sacerdotessa
di
Giunone così chiamata ; ed una ninfa ricordata ne
one così chiamata ; ed una ninfa ricordata nella favola sotto il nome
di
Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di un
ricordata nella favola sotto il nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio
di
Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Ph
a favola sotto il nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re
di
una contrada di Tessaglia di cui Phra era la Capi
l nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada
di
Tessaglia di cui Phra era la Capitale. Fu uno dei
eta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia
di
cui Phra era la Capitale. Fu uno dei principi gre
uno dei principi greci che si riunirono per dare la caccia al cignale
di
Calydone. Prese anche parte alla spedizione degli
re gli armenti, quando Giove lo espulse dal cielo. Admeto invaghitosi
di
Alceste figlia di Pelio non potè ottenerla in isp
ando Giove lo espulse dal cielo. Admeto invaghitosi di Alceste figlia
di
Pelio non potè ottenerla in isposa che a condizio
noscente alla bontà che Admeto avea avuto per lui, gl’insegnò il modo
di
aggiogare sotto lo stesso giogo le due belve. Apo
e : Admeto ne fu tanto dolente che Proserpina, commossa dalle lagrime
di
lui, volle rendergli sua moglie, ma Plutone vi si
Allora Ercole discese all’inferno, e ricondusse Alceste nelle braccia
di
suo marito. Non vì fu principe la cui vita avesse
di virtù. 111. Adod. — Era il Giove dei Fenici. 112. Adone. — Giovane
di
maravigliosa bellezza nacque dagli amori incestuo
one. — Giovane di maravigliosa bellezza nacque dagli amori incestuosi
di
Ciniro Re di Cipro con Mirra sua figlia. Si sape
e di maravigliosa bellezza nacque dagli amori incestuosi di Ciniro Re
di
Cipro con Mirra sua figlia. Si sapea ben per Cip
ià commesso Mirra avea col padre : Ovidio, Metamorfosi Libro X trad.
di
Dell’Anguillara. Egli era un famoso cacciatore
enere l’amò passionatamente e preferi, al dire d’Ovidio, la conquista
di
lui a quella degli Dei stessi. Abbandonò per lui
ista di lui a quella degli Dei stessi. Abbandonò per lui il soggiorno
di
Citera, d’Amatunta e di Pafo, e lo seguì innamora
li Dei stessi. Abbandonò per lui il soggiorno di Citera, d’Amatunta e
di
Pafo, e lo seguì innamorata e dolente nelle fores
guì innamorata e dolente nelle foreste del monte Libano. Marte geloso
di
tal preferenza avventò contro di Adone uno smisur
reste del monte Libano. Marte geloso di tal preferenza avventò contro
di
Adone uno smisurato cignale che lo ridusse in bra
ominciamento nella Fenicia, ov’egli regnò dopo la morte del re Biblo,
di
cui avea sposata la figlia, e ben presto si spars
, in Egitto e persino nella Siria. Di quì passò in Persia, nell’isola
di
Cipro e finalmente in tutta Grecia, ove le feste
ll’isola di Cipro e finalmente in tutta Grecia, ove le feste in onore
di
lui duravano otto giorni. Codeste cerimonie di co
ove le feste in onore di lui duravano otto giorni. Codeste cerimonie
di
commemorazione avevano principio con tutti i cont
te portavano il bruno, e venivano accompagnati da tutt’i contrassegni
di
pubblica afflizione. Le donne ministre di questo
nati da tutt’i contrassegni di pubblica afflizione. Le donne ministre
di
questo culto piangendo correvano per le strade co
la dama più nobile della città portava ella stessa una piccola statua
di
Adone, seguita da tutte le dame più rinomate per
llustri natali, le quali portavano in giro dei piccoli canestri pieni
di
fiori, di ramoscel li d’alberi, di frutta e di pr
tali, le quali portavano in giro dei piccoli canestri pieni di fiori,
di
ramoscel li d’alberi, di frutta e di profumi. Il
in giro dei piccoli canestri pieni di fiori, di ramoscel li d’alberi,
di
frutta e di profumi. Il corteggio veniva chiuso d
piccoli canestri pieni di fiori, di ramoscel li d’alberi, di frutta e
di
profumi. Il corteggio veniva chiuso da un gran nu
di frutta e di profumi. Il corteggio veniva chiuso da un gran numero
di
altre dame, le quali portavano due ricchi tappeti
numero di altre dame, le quali portavano due ricchi tappeti sovra uno
di
questi era ricamato in argento il letto di Adone,
e ricchi tappeti sovra uno di questi era ricamato in argento il letto
di
Adone, e sull’altro quello di Venere. Nella città
questi era ricamato in argento il letto di Adone, e sull’altro quello
di
Venere. Nella città di Atene ad ogni anniversario
argento il letto di Adone, e sull’altro quello di Venere. Nella città
di
Atene ad ogni anniversario della morte di Adone v
ello di Venere. Nella città di Atene ad ogni anniversario della morte
di
Adone venivano nei diversi rioni della città appe
ella città appese alle mura alcune immagini rappresentanti un giovane
di
bellissime forme, morto sul flore degli anui. Nel
a partenza della flotta Ateniese per la Sicilia, avvenuta nel periodo
di
queste lugubri cerimonie, come l’entrata nella ci
, volendo alludere così all’apoteosi d’Adone. Adone era anche il nome
di
un fiume presso la città di Biblo nella Fenicia.
apoteosi d’Adone. Adone era anche il nome di un fiume presso la città
di
Biblo nella Fenicia. La favola racconta che Adone
Biblo nella Fenicia. La favola racconta che Adone lavasse nelle acque
di
questo fiume le ferite che lo fecero morire, e si
eralmente che il sangue d’Adone avesse cangiato il colore delle acque
di
quel fiume, che poi prese il suo nome. 113. Adone
Divinità il culto della quale era celebre o speciale in tutta l’isola
di
Sicilia. 119. Adramo. — Secondo Plutarco era il D
ell’isola v’era una città che portava lo stesso nome, oggi è la città
di
Adernò. Il culto di questo Dio era disseminato in
città che portava lo stesso nome, oggi è la città di Adernò. Il culto
di
questo Dio era disseminato in tutta l’isola. 120.
ameo. 121. Adrasta. — Ninfa figlia dell’oceano : fu una delle nutrici
di
Giove. 122. Adrastea — Nome della Dea Nemesi. Ess
rici di Giove. 122. Adrastea — Nome della Dea Nemesi. Essa era figlia
di
Giove e della fatalità, che altrimenti chiamasi a
da δραω, δαδρασϰω io sono, dinota una divinità a cui nulla impedisce
di
agire : specie di fatalità sempre vegliante a pun
io sono, dinota una divinità a cui nulla impedisce di agire : specie
di
fatalità sempre vegliante a punizione dei colpevo
voii. Gli Egizii mettevano Adrastea al disopra della Luna. È opinione
di
molti scrittori che presso i Greci, Adrastea non
ti scrittori che presso i Greci, Adrastea non fosse che un soprannome
di
Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa,
tea non fosse che un soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome
di
una Ninfa, e di una ancella di Elena. 123. Adrast
e un soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e
di
una ancella di Elena. 123. Adrasto. — Re d’Argo,
di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e di una ancella
di
Elena. 123. Adrasto. — Re d’Argo, fu obbligato a
paneo, Ippomedone, Anflareo e Paride e si mise egli stesso alla testa
di
quell’esercito. È questa spedizione che viene ric
levò con essi un’armata simile alla prima, alla quale fu dato il nome
di
Armata degli Epigoni, secondo che narra Pindaro e
goni, secondo che narra Pindaro e Euripide. Adrasto era anche il nome
di
un Re dei Dori, che Telemaco uccise a causa della
sto figlio del Re Mida, il quale per inavvertenza uccise Atiso figlio
di
Creso, e ne fu tanto addolorato, che sebbene il p
ove nella celebrazione dei matrimoni, mentre si dava a Giunone quello
di
Adulta. 126. Aegocero. — Essendo il Dio Pane post
li astri, si trasformò da sè medesimo in capra ; da ciò il soprannome
di
Aegocero da due parole greche αις capra ϰερας cor
a ϰερας corno. 127. Aelo. — Secondo Esiodo era una delle Arpie figlia
di
Tauma e di Elettra. 128. Aeree. — Feste che gli a
no. 127. Aelo. — Secondo Esiodo era una delle Arpie figlia di Tauma e
di
Elettra. 128. Aeree. — Feste che gli agricoltori
Elettra. 128. Aeree. — Feste che gli agricoltori celebravano in onore
di
Bacco e di Cerere. 129. Aeta. — Re della Colchide
8. Aeree. — Feste che gli agricoltori celebravano in onore di Bacco e
di
Cerere. 129. Aeta. — Re della Colchide. Egli ebbe
uno straniero per nome Frisso, il quale dopo qualche anno per avidità
di
ricchezze, fece assassinare il suocero e s’impadr
egno e la vita ; e che perciò egli avesse adottato il barbaro costume
di
far sagrificare agli Dei tutti gli stranieri che
stati. 130. Aetherea. V. Atherea. 131. Aetlio. — Fu uno dei figliuoli
di
Eolo : sposò una giovanetta per nome Calice che l
uoli di Eolo : sposò una giovanetta per nome Calice che lo rese padre
di
Endimione. In Grecia fu venerato come un eroe. 13
un eroe. 132. Aetone. — Uno dei quattro cavalli del sole, che al dire
di
Ovidio, fu principale cagione della caduta di Fet
i del sole, che al dire di Ovidio, fu principale cagione della caduta
di
Fetonte. Il cronista Claudiano attribuisce lo ste
. Il cronista Claudiano attribuisce lo stesso nome ad uno dei cavalli
di
Plutone, facendo derivare il nome di Aetone dalla
o stesso nome ad uno dei cavalli di Plutone, facendo derivare il nome
di
Aetone dalla voce greca αιδως nero mentre codesto
rimere il sole nel suo meriggio, essendo stata appunto l’ardente luce
di
esso la vera causa della morte di Fetonte. L’etim
ssendo stata appunto l’ardente luce di esso la vera causa della morte
di
Fetonte. L’etimologia greca ci avvalora maggiorme
dappoichè αιδω significa ardo abbrucio. 133. Aex. — Una delle nutrici
di
Giove. Dopo la morte ella venne collocata fra gli
34. Afacitae. — Nella Fenicia in un luogo chiamato Afaca fra le città
di
Biblo e di Eliopoli, Venere aveva un tempio ed un
e. — Nella Fenicia in un luogo chiamato Afaca fra le città di Biblo e
di
Eliopoli, Venere aveva un tempio ed un oracolo co
lle acque le loro offerte, senza por mente alla ricchezza o al valore
di
esse. Se erano accette alla Dea, restavano al fon
navano a galla, oro o argento che fossero. Nelle cronache mitologiche
di
Zosimo è detto che l’oracolo di Afacita fu consul
e fossero. Nelle cronache mitologiche di Zosimo è detto che l’oracolo
di
Afacita fu consultato dai Palmireni quando essi s
Palmireni quando essi si ribellarono allo imperatore Aureliano e che
di
tutt’i doni da essi gettati nelle acque, nessuno
le armi vincitrici dell’imperatore. 135. Afaco o Afanio. — Soprannome
di
Marte. 136. Afanio (V. l’art. precedente). 137. A
ome di Marte. 136. Afanio (V. l’art. precedente). 137. Afareo — Padre
di
Lynceo che Ovidio chiama Aphareja proles. 138. Af
Lynceo che Ovidio chiama Aphareja proles. 138. Afea. — Denominazione
di
Diana. Nella città di Egina si adorava il Dio Bri
ama Aphareja proles. 138. Afea. — Denominazione di Diana. Nella città
di
Egina si adorava il Dio Britomarte sotto una tale
otto una tale denominazione. 139. Afesi. — Sotto questo nome venivano
di
sovente additati Castore e Polluce, i quali si cr
olluce, i quali si credeva presiedessero alla partenza dallo steccato
di
coloro che prendevano parte ai giuochi olimpici.
l sacerdote che li ripeteva al popolo. 142. Afneo. — Altro soprannome
di
Marte. 143. Afonide. V. Afonis. 144. Afonio. V. A
. — Nome d’uno dei principali venti. 148. Afodrisie. — Feste in onore
di
Venere. Nell’isola di Cipro e in molte altre citt
ncipali venti. 148. Afodrisie. — Feste in onore di Venere. Nell’isola
di
Cipro e in molte altre città della Grecia si dava
e come femmina da conio. Gli offerenti ricevevano da lei regali degni
di
essa. 149. Afrodite. — Parola greca che significa
chiuma del mare. 150. Agamede e Trofonio figli d’Ergino, altri dicono
di
Apollo e di Epicaste. Furono famosj architetti, e
are. 150. Agamede e Trofonio figli d’Ergino, altri dicono di Apollo e
di
Epicaste. Furono famosj architetti, e d’una furfa
Essi dettero una luminosa prova del loro duplice ingegno nella città
di
Delto, sia per la meravigliosa costruzione del fa
osa costruzione del famoso tempio ; sia perchè aveano trovato il modo
di
rubare giornalmente i tesori di quel re. Come era
o ; sia perchè aveano trovato il modo di rubare giornalmente i tesori
di
quel re. Come era impossibile di scoprire o sorpr
modo di rubare giornalmente i tesori di quel re. Come era impossibile
di
scoprire o sorprendere i ladri, fu loro teso un a
llo Trofonio non seppe trovare altro scampo per se stesso, che quello
di
tagliare la testa al fratello. Qualche tempo dopo
Qualche tempo dopo la terra improvvisamente si spalancò sotto i piedi
di
Trofonio e lo inghiotti vivo. Dopo la sua morte l
n dio, e gli si dette fino un Oracolo. 151. Agamennone. — Re d’Argo e
di
Micene figlio di Plistene, e nipote d’Atreo. Egli
ette fino un Oracolo. 151. Agamennone. — Re d’Argo e di Micene figlio
di
Plistene, e nipote d’Atreo. Egli fu il capo dell’
d’assedio espugnò e distrusse Troja. È anche conosciuto sotto il nome
di
Re dei Re, perchè aveva il comando supremo di que
onosciuto sotto il nome di Re dei Re, perchè aveva il comando supremo
di
quell’esercito ove combattevano altri sei re sott
i degg’io Rammentar che dal Greci ebbi il supremo Scettro fino a quel
di
che vegga sciolte Dal suol Sigeo le vincitrici na
mpugna. Niccolini — Polissena, Tragedia Atto II. Durante l’assedio
di
Troja, egli ebbe una forte contesa con Achille, a
e Brise, la quale Agamennone volle fosse tolta alla parte del bottino
di
guerra, spettante ad Achille. Essendo finalmente
ennone si accingeva a ritornare in patria, allorchè Cassandra, figlia
di
Priamo gli predisse che egli sarebbe stato assass
notte sanguinosa, In cui mio padre a tradimento ucciso Fea rintronar
di
dolorose grida Tutta intorno la reggia. Alfieri
Alfieri — Oreste Tragedia Atto II. 152. Agamennonidi. — Discendenti
di
Agamennone. 153. Aganice o Aglaonice. — Donna che
e, dalla fontana Aganippe a loro consacrata. 155. Aganippa. — Figlia
di
un fiume che scende dal monte Elicona. Ella fu ca
consagrata alle Muse, le quali furono anche conosciute sotto il nome
di
Aganipidi. 156. Agapenore. — Figlio di Anceo fu u
anche conosciute sotto il nome di Aganipidi. 156. Agapenore. — Figlio
di
Anceo fu uno dei principi che avrebbero voluto sp
che avrebbero voluto sposare Elena. Egli andò per questo all’assedio
di
Troia, e fece forte la flotta greca di 60 vascell
li andò per questo all’assedio di Troia, e fece forte la flotta greca
di
60 vascelli che conduceva con se. Dopo la caduta
e la flotta greca di 60 vascelli che conduceva con se. Dopo la caduta
di
Troja, una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro
va con se. Dopo la caduta di Troja, una tempesta lo spinse nell’isola
di
Cipro ove egli edificò la città di Pafo. 157. Aga
una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro ove egli edificò la città
di
Pafo. 157. Agastene. — Re degli Elleni, e padre d
i edificò la città di Pafo. 157. Agastene. — Re degli Elleni, e padre
di
Polissene. Egli fu uno dei principi che si recaro
e di Polissene. Egli fu uno dei principi che si recarono allo assedio
di
Troja. 158. Agastrofo. — Nome di un troiano che f
rincipi che si recarono allo assedio di Troja. 158. Agastrofo. — Nome
di
un troiano che fu ucciso da Diomede. 159. Agathir
troiano che fu ucciso da Diomede. 159. Agathirno o Agatirno. — Figlio
di
Eolo : dette il suo nome ad una città che fece fa
una città che fece fabbricare in Sicilia. 160. Agathirso. — Figliuolo
di
Ercole. Fu padre di un popolo sanguinario e crude
abbricare in Sicilia. 160. Agathirso. — Figliuolo di Ercole. Fu padre
di
un popolo sanguinario e crudele che da lui fu det
lati che essi adoravano come divinità. 162. Agathone. — Uno dei figli
di
Priamo re di Troja. 163. Agatirno. V. Agathirno.
adoravano come divinità. 162. Agathone. — Uno dei figli di Priamo re
di
Troja. 163. Agatirno. V. Agathirno. 164. Agave. —
ja. 163. Agatirno. V. Agathirno. 164. Agave. — Fu una delle figliuole
di
Cadmo e di Armenia. Ancor giovanetta sposò certo
atirno. V. Agathirno. 164. Agave. — Fu una delle figliuole di Cadmo e
di
Armenia. Ancor giovanetta sposò certo Echione da
one da cui ebbe un bambino che fu chiamato Penteo. La favola racconta
di
Agave un truce fatto ; imperocchè invasa da un en
n truce fatto ; imperocchè invasa da un entusiastico furore pel culto
di
Bacco, persuase le baccanti a fare in brani il pr
re in brani il proprio figliuolo Penteo, nella ricorrenza delle feste
di
quel Dio. Dopo la sua morte Agave, fu, ronostante
co, sia, come vogliono altri scrittori, pel suo preteso zelo al culto
di
quello. Vi furono ancora una figlia di Danao, una
pel suo preteso zelo al culto di quello. Vi furono ancora una figlia
di
Danao, una Nereide, ed uua Amazzone conosciute so
iglia di Danao, una Nereide, ed uua Amazzone conosciute sotto il nome
di
Agave. 165. Agavo. — Altro figlio di Priamo. 166.
mazzone conosciute sotto il nome di Agave. 165. Agavo. — Altro figlio
di
Priamo. 166. Agdelfo, Agdifio o Agdisto. — Mostro
Mostro metà uomo e metà donna che la favola fa nascere dal commercio
di
Giove e della pietra detta Agdo. Egli fu il terro
una figliuola del fiume Sangaro, avendo nascosto nel suo seno alcune
di
quelle mandorle, queste scomparvero e dopo qualch
a si trovò incinta e partori un fanciullo al quale fu imposto il nome
di
Ati. Giunto all’età virile, Ati di cui Agdisto er
ciullo al quale fu imposto il nome di Ati. Giunto all’età virile, Ati
di
cui Agdisto erasi perdutamente invaghito, fu dall
tamente invaghito, fu dalla ninfa sua madre inviato alla Corte del re
di
Pessinunte per sposare una figliuola di lui. Già
dre inviato alla Corte del re di Pessinunte per sposare una figliuola
di
lui. Già le cerimonie nuziali volgevano al loro t
ro termine, allorquando Agdisto, spinto da gelosia, ispirò nell’animo
di
Ati tale sentimento di furore che da stesso si re
Agdisto, spinto da gelosia, ispirò nell’animo di Ati tale sentimento
di
furore che da stesso si rese eunuco e lo stesso f
timento di furore che da stesso si rese eunuco e lo stesso fece il re
di
Pessinunte. Colpito Agdisto dal male che aveva fa
to dal male che aveva fatto, ottenne da Giove che anche dopo la morte
di
Ati qualcuna delle sue membra non sarebbe andata
e Pausania ce la riferisce come una tradizione propria degli abitanti
di
Pessinunte. 167. Agdiflo. Vedi l’articolo precede
ticolo precedente. 168. Agdisto. Vedi come sopra. 169. Agdo. — Pietra
di
una grandezza straordinaria dalla quale è credenz
arono dietro le loro spalle per ripopolare il mondo. Giove innamorato
di
questa pietra la cangiò in donna e n’ebbe un figl
o. Vedi l’articolo seguente. 171. Agelaso Agelasto o Agelao. — Figlio
di
Damastore : fu uno di coloro che vollero sposare
uente. 171. Agelaso Agelasto o Agelao. — Figlio di Damastore : fu uno
di
coloro che vollero sposare Penelope durante l’ass
ore : fu uno di coloro che vollero sposare Penelope durante l’assenza
di
Ulisse. 172. Agelasto V. l’articolo precedente. 1
gelia. — Soprannome dato a Minerva, e forse a lei imposto dalla Città
di
Ageliana dove essa era singolarmente venerata. E
opinione assai vaga ed incerta. Noi la riportiamo senza attestazione
di
certezza. 174. Agenore. — Figlio di Nettuno e di
la riportiamo senza attestazione di certezza. 174. Agenore. — Figlio
di
Nettuno e di Livia. Egli sposò Telephassa detta a
o senza attestazione di certezza. 174. Agenore. — Figlio di Nettuno e
di
Livia. Egli sposò Telephassa detta anche Agriope
io. Giove avendo rapito Europa, il padre Agenore ordinò ai suoi figli
di
andarne in cerca con espressa proibizione di rito
ore ordinò ai suoi figli di andarne in cerca con espressa proibizione
di
ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome
figli di andarne in cerca con espressa proibizione di ritornare senza
di
lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo,
essa proibizione di ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome
di
un re di Argo, e di uno dei figli di Antenore. 17
bizione di ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome di un re
di
Argo, e di uno dei figli di Antenore. 175. Agenor
ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo, e
di
uno dei figli di Antenore. 175. Agenoria o Ageron
i lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo, e di uno dei figli
di
Antenore. 175. Agenoria o Agerone. — Dea dell’ind
Dea dell’industria detta anche Strenuà. 176. Agenoridi. — Discendenti
di
Agenore. 177. Ageroco. — Figlio di Nelea e di Clo
nuà. 176. Agenoridi. — Discendenti di Agenore. 177. Ageroco. — Figlio
di
Nelea e di Cloro. 178. Agerone. V. Agenoria. 179.
genoridi. — Discendenti di Agenore. 177. Ageroco. — Figlio di Nelea e
di
Cloro. 178. Agerone. V. Agenoria. 179. Ageronia.
rti e li facea condurre all’inferno da Mercurio. 181. Agete. — Figlio
di
Apollo e di Cirene e fratello di Aristea. 182. A
ea condurre all’inferno da Mercurio. 181. Agete. — Figlio di Apollo e
di
Cirene e fratello di Aristea. 182. Agirti. — Con
no da Mercurio. 181. Agete. — Figlio di Apollo e di Cirene e fratello
di
Aristea. 182. Agirti. — Con questo nome s’indica
istea. 182. Agirti. — Con questo nome s’indicavano i Galli sacerdoti
di
Cibele. Questa parola significa ancora giuocatori
Galli sacerdoti di Cibele. Questa parola significa ancora giuocatori
di
mano, esperti nella sparizione degli oggetti. 183
rti nella sparizione degli oggetti. 183. Aglaja. — Era questo il nome
di
una delle Grazie. 184. Aglao. — Nome del più pove
ao. — Nome del più povero degli Arcadi, che Apollo giudicò più felice
di
Gige perchè viveva contento dei legumi del suo pi
— Una delle Sirene. 188. Aglauro o Agraulo. — Fu una delle figliuole
di
Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Mi
ro o Agraulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su
di
sè lo sdegno di Minerva a causa di una indiscreta
Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno
di
Minerva a causa di una indiscreta curiosità. La D
ole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa
di
una indiscreta curiosità. La Dea avea dato ad Agl
curiosità. La Dea avea dato ad Aglauro un canestro chiuso vietandole
di
aprirlo. Ma la principessa non seppe vincere la c
n seppe vincere la curiosità, propria della donna e infranse l’ordine
di
Minerva, ed aprì il canestro nel quale era rinchi
er sè quel cesto avea scoperto. (Ovidio — Metamorfosi. Libro 2. trad.
di
Dall’Anguillara). Minerva allora per punire Agla
illara). Minerva allora per punire Aglauro la rese pazzamente gelosa
di
sua sorella Erse, amata da Mercurio. Un giorno ch
ata da Mercurio. Un giorno che questo Dio voleva entrare nelle stanze
di
Erse, Aglauro gliene contrastò vivamente l’access
ro gliene contrastò vivamente l’accesso, sicchè Mercurio con un colpo
di
caduceo la cangiò in una rupe. Dopo la morte, fu
rupe. Dopo la morte, fu ad Aglauro innalzato un tempio, e nella città
di
Salamina fu stabilito il crudele sacrifizio di of
tempio, e nella città di Salamina fu stabilito il crudele sacrifizio
di
offerirle ogni anno una vittima umana alla quale
na lancia nel petto, e quindi la vittima era posta sul rogo. Ai tempi
di
Seleuco, Defilo, re di Cipro, abolì l’orribile us
quindi la vittima era posta sul rogo. Ai tempi di Seleuco, Defilo, re
di
Cipro, abolì l’orribile usanza facendo che invece
Agno o Hagno. — Fu questo il nome Ristret. Anal. del Diz. della Fav.
di
una delle Ninfe nutrici di Giove. Ella dette il s
il nome Ristret. Anal. del Diz. della Fav. di una delle Ninfe nutrici
di
Giove. Ella dette il suo nome ad una fontana cele
e meraviglie. 193. Agonali. — Festa che i Romani celebravano in onore
di
Giano, agli 11 gennaio, 21 maggio, e 13 dicembre.
nore di Giano, agli 11 gennaio, 21 maggio, e 13 dicembre. I Sacerdoti
di
Marte erano anche conosciuti sotto questa denomin
iuochi solenni. Giano, nelle feste Agonali, veniva designato col nome
di
Agonio. 197. Agoreo. — Soprannome dato a Giove e
reca αγορα, che significa piazza. Per la stessa ragione Minerva viene
di
sovente denominata Agorea. 198. Agranie Agranie,
198. Agranie Agranie, e Agrionie. — Feste che si celebravano in onore
di
Bacco. 199. Agrao o Agray. — Uno dei Titani che d
ell’Attica, furono così dette alcune feste da essi celebrate in onore
di
Minerva. Una delle Grazie avea anche questo nome
ore di Minerva. Una delle Grazie avea anche questo nome ; Erectheo re
di
Atene ebbe una figlia pure così chiamata, la qual
i Titani in generale. 205. Agrianie. V. Agranie. 206. Agrio. — Figlio
di
Parthaone e padre di Tersite. Vi furono anche due
205. Agrianie. V. Agranie. 206. Agrio. — Figlio di Parthaone e padre
di
Tersite. Vi furono anche due altri Agrio, uno dei
ei quali fu figlio d’Ulisse e della maga Circe. Agrio è anche il nome
di
uno dei Titani che dettero la scalata al cielo e
dalle Parche. 207. Agriodo. — Vale a dire dente feroce : era il nome
di
uno dei cani d’Atteone. 208. Agrionie. V. Agranie
Agrionie. V. Agranie. 209. Agriope. — Euridice, moglie d’Orfeo, viene
di
sovente designata con questo nome. Vol. I. Vi f
on questo nome. Vol. I. Vi fu anche un’altra Agriope, che fu moglie
di
Agenore V. Agenore. 210. Agro. — Figlio d’Apollo
, che fu moglie di Agenore V. Agenore. 210. Agro. — Figlio d’Apollo e
di
Cirene, fu padre di Aristea. 211. Agroletera o Ag
genore V. Agenore. 210. Agro. — Figlio d’Apollo e di Cirene, fu padre
di
Aristea. 211. Agroletera o Agrotera. — Soprannome
tà dei Fenici. 213. Agrotera. V. Agroletera. 214. Agyeo. — Soprannome
di
Apollo derivante da una parola greca che signific
ignifica strada, cammino ; perchè le strade erano sotto la protezione
di
lui. Gli Ateniesi avevano ancora dei numi detti A
redevano minacciati da straordinari prodigi. 215. Agytel. — Sacerdoti
di
Cibele, o piuttosto indovini che dicevano la buon
li spettacoli del circo : essi si servivano perciò dei versi d’Omero,
di
Virgilio, e di altri poeti. 216. Aidone. — Detta
el circo : essi si servivano perciò dei versi d’Omero, di Virgilio, e
di
altri poeti. 216. Aidone. — Detta anche Aedone, f
cepì una invidia mortale contro la moglie d’Anfione, perchè era madre
di
sei principi, mentre ella non aveva che un solo f
se una notte il suo proprio figliuolo Itilo, che l’oscurità le impedi
di
riconoscere, e ch’ella scambiò per uno dei suoi n
olpevole madre, la cangiarono in uccello. La favola fa menzione anche
di
un’altra donna a nome Aedone, figlia di Pandareo
. La favola fa menzione anche di un’altra donna a nome Aedone, figlia
di
Pandareo Efeso, la quale fu tolta in moglie da un
ndareo Efeso, la quale fu tolta in moglie da un artigiano della città
di
Colofone a nome Polirechno. I due conjugi vissero
he, superbi delle dolcezze della loro unione, ardirono darsi il vanto
di
amarsi più perfettamente di Giove e Giunone. Gli
ella loro unione, ardirono darsi il vanto di amarsi più perfettamente
di
Giove e Giunone. Gli Dei allora irritati mandaron
i Giove e Giunone. Gli Dei allora irritati mandarono loro uno spirito
di
discordia, che fu per essi la sorgente d’infinite
rgente d’infinite sventure. 217. Almena o Emena. — Era questo il nome
di
una giovanetta di Troja, alla quale si resero in
sventure. 217. Almena o Emena. — Era questo il nome di una giovanetta
di
Troja, alla quale si resero in Grecia gli onori d
i divini. 218. Aine o Aloe — Conosciuto più comunemente sotto il nome
di
Aloo. Fu uno dei giganti più ricordati dalle cron
igliuoli ai quali dette la luce e che furono chiamati Aloidi dal nome
di
lui, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo er
oidi dal nome di lui, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo erano
di
Nettuno, Dio al quale Ifimedia avea consentito la
a consentito la sua persona. 219. Aixa, isola del mare Egeo, seminata
di
roccie scoscese, e che presenta da lunge la figur
igura d’una capra, che i Greci chiamavano Aix. Aixa era anche il nome
di
una delle ninfe nutrici di Giove. 220. Ajace. — I
eci chiamavano Aix. Aixa era anche il nome di una delle ninfe nutrici
di
Giove. 220. Ajace. — I mitologi antichi e moderni
a nome Ajace. Fu uno dei principi Greci che combatterono all’assedio
di
Troja. Egli era di una agilità sorprendente, e ne
no dei principi Greci che combatterono all’assedio di Troja. Egli era
di
una agilità sorprendente, e nessuno lo superava i
superava in tutti gli esercizii del corpo. Però violento e brutale, e
di
una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdo
brutale, e di una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdotessa
di
Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel
esso dedicato alla Dea, nel quale la vergine s’era nascosta, sperando
di
sottrarsi alle brutalità del suo persecutore. Min
brutalità del suo persecutore. Minerva, fortemente sdegnata, risolvè
di
punirlo e fece da Nettuno suscitare una furiosa t
al porto per ritornare in patria. Dopo avere sfuggito ad una infinità
di
pericoli, lottando disperatamente con le onde fur
di pericoli, lottando disperatamente con le onde furiose, gli riusci
di
afferrarsi ad una roccia, ove rivolto al cielo im
L’orribile bestemmia irritò così fortemente Nettuno, che con un colpo
di
tridente spaccò la roccia, sprofondando l’empio n
dando l’empio nei cupi abissi del mare. Virgilio attribuisce la morte
di
Ajace alla sola Minerva, senza lasciarvi interven
Minerva, senza lasciarvi intervenire Nettuno. Ajace fu anche il nome
di
un figlio di Telamone e di Esione ; non meno dell
za lasciarvi intervenire Nettuno. Ajace fu anche il nome di un figlio
di
Telamone e di Esione ; non meno dell’altro impetu
ntervenire Nettuno. Ajace fu anche il nome di un figlio di Telamone e
di
Esione ; non meno dell’altro impetuoso, empio e c
Laomedonte : Ei d’Eaco usci, che giudice risiede Nel formidabil regno
di
Acheronte, Eaco dal re ch’ha in ciel la maggior s
ll’umana fronte : Ed io, s’il re dell’universa mole Non mente, or son
di
lui la terza prole, (Ovidio. — Metamorfosi, Libro
son di lui la terza prole, (Ovidio. — Metamorfosi, Libro XIII. Trad.
di
Dell’Anguillara). …… Chi quell’altro sia Che ha
II. Trad. di Dell’Anguillara). …… Chi quell’altro sia Che ha membra
di
gigante, e va sovrano Degli omeri e del capo agli
a Lacena, Alace, rocca degli Achei…… (Omero Iliade. — Libro III trad.
di
V. Monti). Egli era invulnerabile come Achille,
III trad. di V. Monti). Egli era invulnerabile come Achille, e dopo
di
lui il più valoroso guerriero della Grecia. Egli
e in una sola parte del petto, nota però a lui solamente. All’assedio
di
Troja si coprì di gloria battendosi un giorno int
e del petto, nota però a lui solamente. All’assedio di Troja si coprì
di
gloria battendosi un giorno intero con Ettore. Ec
Marte allorchè scende Tra fiere genti stimulate all’armi Dallo sdegno
di
Giove, e dall’insana Roditrice dell’aime empia co
o Che lunga sul terren l’ombra spandea. (Omero Iliade lib. VII. Trad.
di
V. Monti). Entrambi giusti apprezzatori del loro
re fu lo stesso col quale questo eroe venne legato pei piedi al carro
di
Achille, quando ucciso da questi in combattimento
questi in combattimento fu trascinato per tre volte intorno alle mura
di
Troja. In seguito essendo stato ucciso Achille, s
isse ed Ajace, a causa delle armi del morto eroe. Ulisse però ebbe il
di
sopra, e Ajace durante la notte, furioso fino al
ezzo ad una gregge e ne fece una carneficina, credendo nel suo furore
di
uccidere Ulisse. ….. e delle prede Sul misto anc
e trucidando a cerco, Ampio ne fea macello, ed or credea Ambo svenar
di
propria man gli Atridi, Or l’un duce, ed or l’alt
li Atridi, Or l’un duce, ed or l’altro. In cotal rete Io quel furente
di
delira febbre, Sospinsi, avvolsi. Ei dalla strage
avvinti Or colà li flagelia…….. (Sofocle. Aiace. Tragedia traduzione
di
Felice Bellotti). Appena tornato in ragione rivo
uccise. Il suo sangue fu cangiato nel flore conosciuto sotto il nome
di
giacinto. È credenza di molti mitologi che perfi
u cangiato nel flore conosciuto sotto il nome di giacinto. È credenza
di
molti mitologi che perfi ore, di giacinto bisogna
otto il nome di giacinto. È credenza di molti mitologi che perfi ore,
di
giacinto bisogna sottintendere il piede della lod
credere ovvia, è pure necessaria per intendere uno dei più bei passi
di
Ovidio Come ha cosi parlato, alza la mano, E poi
tentò pria forar la scorza, Lascia l’alma sdegnata il corpo umano. E
di
cader le membra esangui sforza ; E del sangue che
rse. Quel fior leggiadro, in cui cangiossi il figlio Già d’Amiciante,
di
quel sangue uscio E dal colore in fuor simile al
l biondo Dio : E mostrò il novo fior descritto (come L’altro) il duol
di
Giacinto, e il costui nome. (Ovidio Metamorfosi L
Giacinto, e il costui nome. (Ovidio Metamorfosi Libro XIII traduzione
di
Dell’Anguillara). 221. Ajacee. — Feste in onore
o XIII traduzione di Dell’Anguillara). 221. Ajacee. — Feste in onore
di
Ajace. 222. Ajdoneo. — Re dei Molossi. Egli impri
Plutone era anch’egli soprannominato Ajdoneo, e da questa somiglianza
di
nomi ne è venuta la favola della discesa di Teseo
, e da questa somiglianza di nomi ne è venuta la favola della discesa
di
Teseo all’inferno per rapire la moglie a Plutone.
lcuna, la cui origine sia così nettamente precisa come questa. L’anno
di
Roma 364, un uomo del popolo a nome Ceditio, andò
popolo a nome Ceditio, andò a rivelare ai Tribuai che, nel traversare
di
notte la strada nuova, aveva inteso una voce più
traversare di notte la strada nuova, aveva inteso una voce più forte
di
quella d’un uomo, la quale gli aveva imposto di a
so una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli aveva imposto
di
andare ad avvertire i magistrati che i Galli si a
ell’avviso del popolano. Però l’anno seguente i Galli s’impadronirono
di
Roma, i quali per altro furono ben presto ricacci
e Ceditio diceva avere ascoltato il misterioso consiglio. A proposito
di
questo Dio ecco quanto dice Cicerone « Quand’egli
e gli si è innalzato un altare ed un tempio, egli ha preso il partito
di
tacere, ed è diventato muto ». 224. Alabanda, fig
so il partito di tacere, ed è diventato muto ». 224. Alabanda, figlio
di
Calliroe che fu divinizzato. Il suo culto fu cele
ttà della Caria. Questo nome gli viene dall’aver guadagnato il premio
di
una corsa, chiamandosi nella Caria Ala il cavallo
ala soprannome dato a Bellona. 227. Alalcomede. — Nome del precettore
di
Minerva, al quale dopo la morte furono in conside
gione esposta nell’articolo precedente. 229. Alalcomane. — Fu il nome
di
un celebre scultore, il quale dopo di aver fatto
. 229. Alalcomane. — Fu il nome di un celebre scultore, il quale dopo
di
aver fatto una statua di Minerva, stabilì il cult
l nome di un celebre scultore, il quale dopo di aver fatto una statua
di
Minerva, stabilì il culto di questa Dea in una ci
, il quale dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì il culto
di
questa Dea in una città, ch’egli edifico in Beozi
fico in Beozia e che da lui prese nome. 230. Alastore uno dei Cavalli
di
Plutone. Fu anche il nome del fratello di Neleo,
0. Alastore uno dei Cavalli di Plutone. Fu anche il nome del fratello
di
Neleo, figlio di Nestore ; e quello d’uno dei com
ei Cavalli di Plutone. Fu anche il nome del fratello di Neleo, figlio
di
Nestore ; e quello d’uno dei compagni di Sarpedon
el fratello di Neleo, figlio di Nestore ; e quello d’uno dei compagni
di
Sarpedone che fu ucciso da Ulisse all’assedio di
o d’uno dei compagni di Sarpedone che fu ucciso da Ulisse all’assedio
di
Troja, venivano anche denominati Alastori alcuni
efici. 231. Alba. — Città dell’Azio : fu fabricata da Ascanio, figlio
di
Enea. 232. Albania, contrada dell’Asia sulle cost
territorio d’Alba in Italia, ch’essi abbandonarono sotto la condotta
di
Ercole dopo la disfatta di Gerione. 233. Albione
a, ch’essi abbandonarono sotto la condotta di Ercole dopo la disfatta
di
Gerione. 233. Albione e Borgione famosi giganti f
la disfatta di Gerione. 233. Albione e Borgione famosi giganti figli
di
Nettuno. Essi incontrarono un giorno Ercole disar
armato ed osarono attaccarlo, ma Giove li schiaccò sotto una grandine
di
pietre. 234. Albunea, famosa Sibilla che rendeva
a Sibilla che rendeva i suoi oracoli in una foresta vicina alla città
di
Tybur, che dal suo nome era anche detta Albunea e
ava anche Albuna e si crede essere la stessa, conosciuta sotto i nomi
di
Lecotea e di Matuta. Essa era riverita come una D
una e si crede essere la stessa, conosciuta sotto i nomi di Lecotea e
di
Matuta. Essa era riverita come una Dea. 235. Albu
uta. Essa era riverita come una Dea. 235. Alburneo. — Dio riverito su
di
una montagna, che aveva lo stesso nome nella Luca
o nome nella Lucania. 236. Alcatee erano così dette le feste in onore
di
Alcatoo. 237. Alcatoo figlio di Pelope. Essendo s
ee erano così dette le feste in onore di Alcatoo. 237. Alcatoo figlio
di
Pelope. Essendo stato incolpato d’aver preso part
glio di Pelope. Essendo stato incolpato d’aver preso parte alla morte
di
Crisippo suo fratello, egli si rifugiò in Megara,
egara, dove uccise un leone che aveva divorato Eurippo, figlio del re
di
quella contrada. Alcatoo sposò poi la figlia del
e di quella contrada. Alcatoo sposò poi la figlia del re e alla morte
di
questo gli successe nel governo. Vi fu anche un T
i fu anche un Trojano così chiamato, il quale sposò Ippodamia, figlia
di
Anchise. Egli fu ucciso da Idomeneo all’assedio d
Ippodamia, figlia di Anchise. Egli fu ucciso da Idomeneo all’assedio
di
Troja. 238. Alceo figlio di Perseo e marito d’Ipp
e. Egli fu ucciso da Idomeneo all’assedio di Troja. 238. Alceo figlio
di
Perseo e marito d’Ipponomea. Egli fu padre di Anf
roja. 238. Alceo figlio di Perseo e marito d’Ipponomea. Egli fu padre
di
Anfitrione e avo di Ercole al quale per questa ra
lio di Perseo e marito d’Ipponomea. Egli fu padre di Anfitrione e avo
di
Ercole al quale per questa ragione si da tanto co
di Ercole al quale per questa ragione si da tanto comunemente il nome
di
Alcide. Vi fu un altro Alceo figlio di Ercole che
i da tanto comunemente il nome di Alcide. Vi fu un altro Alceo figlio
di
Ercole che fu il primo degli Eraclidi, così chiam
glio di Ercole che fu il primo degli Eraclidi, così chiamati dal nome
di
Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e moglie di
degli Eraclidi, così chiamati dal nome di Ercole. 239. Alceste figlia
di
Pelea, e moglie di Admeto re di Tessaglia. Questo
ì chiamati dal nome di Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e moglie
di
Admeto re di Tessaglia. Questo principe essendo p
l nome di Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e moglie di Admeto re
di
Tessaglia. Questo principe essendo pericolosament
suo dolore gli fece onorevole accoglienza, e non trascurò a riguardo
di
lui i doveri dell’ospitalità. Ercole allora per t
lità. Ercole allora per testimoniargli la sua riconoscenza intraprese
di
combattere la morte, discese agl’inferni da cui r
ritirò Alceste e la rese al marito. Omero dà ad Alceste il soprannome
di
Divina perchè ella amò suo marito fino al punto d
este il soprannome di Divina perchè ella amò suo marito fino al punto
di
sagrificargli la vita. Euripide prende a soggetto
to fino al punto di sagrificargli la vita. Euripide prende a soggetto
di
una sua tragedia la tradizione mitologica di Alce
ripide prende a soggetto di una sua tragedia la tradizione mitologica
di
Alceste, trattando però diversamente l’argomento.
in vece sua : solu ei trovava Presta a lasciare in eterno la luce Del
di
per esso, la sua moglie Alceste. Euripide, Alces
Euripide, Alceste Tragedie Atto I, Scena 1. 240. Alchmeone figlio
di
Anfiareo. Per ordine di suo padre uccise la madre
edie Atto I, Scena 1. 240. Alchmeone figlio di Anfiareo. Per ordine
di
suo padre uccise la madre Erifile, perchè questa
erto il luogo dove Anfiareo si era nascosto per non andar alla guerra
di
Tebe. Alchmeone tormentato dai più crudeli rimors
quale gli fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchmeone fece dono
di
una magnifica collana che Polinice aveva regalata
ime espiazioni alle quali egli erasi sottoposto non andarono coronate
di
successo. Alchmeone andò a praticarne delle altre
uccesso. Alchmeone andò a praticarne delle altre presso Acheolo padre
di
Calliroe, la quale in seguito egli sposò dimentic
mi che lo stringevano ad Arfinoe, e spingendo l’audacia fino al punto
di
farsi da questa restituire la collana per farne p
fortemente sdegnati del grave affronto, ma Temeno e Axione, fratelli
di
Arfinoe vendicarono l’oltraggio uccidendo Alchmeo
adre crudel, nel padre pio Ovidio — Metamorfosi. Libro IX traduzione
di
Dell’Anguillara. 241. Alci. — I Macedoni con qu
Macedoni con questo soprannome onoravano Minerva. 242. Alcide. — Nome
di
Ercole dall’avo Alceo. Minerva era anche sopranno
. Vi erano delle divinità alle quali si dava complessivamente il nome
di
Dei Alcidi. V. Ercole. 243. Alcimede. — Moglie di
essivamente il nome di Dei Alcidi. V. Ercole. 243. Alcimede. — Moglie
di
Esone e madre di Giasone. 244. Alcimedone. — Cele
me di Dei Alcidi. V. Ercole. 243. Alcimede. — Moglie di Esone e madre
di
Giasone. 244. Alcimedone. — Celebre scultore. Vi
Alcmedone annoverato fra gli Dei della Grecia. 245. Alcinoe. — Moglie
di
Anfiloco. Essendosi ritenuta per se la mercede do
violenta passione per un uomo chiamato Hanto. Perdutamente innamorata
di
lui, abbandonò per seguirlo il marito ed i figli,
uo amante che disperata si precipitò nel mare. 246. Alcinoo. — Figlio
di
Nafito o Nafitoo re dell’isola di Corcira. Il suo
tò nel mare. 246. Alcinoo. — Figlio di Nafito o Nafitoo re dell’isola
di
Corcira. Il suo nome divenne celebre per la belle
e ne racconta Omero, narrando il naufragio che Ulisse fece sulle rive
di
quell’isola, ove Alcinoo lo accolse con regale am
zza. …. Ameni e vaghi Tanto non fur del redivivo Adone Immaginati un
di
gli orti famosi, O quei d’Alcinoo, albergator cor
di gli orti famosi, O quei d’Alcinoo, albergator cortese, Del figlio
di
Laerte. Milton — Paradiso Perduto. Lib. IX trad.
te. Milton — Paradiso Perduto. Lib. IX trad. L., papi. Gli abitanti
di
Corcira, oggi Corfù, erano il popolo più voluttuo
Gli abitanti di Corcira, oggi Corfù, erano il popolo più voluttuoso
di
quel tempo, poichè arricchitisi col commercio viv
l’abbondanza e nel lusso. Nella loro città era un continuo alternarsi
di
feste e baccanali di ogni maniera ove si contavan
sso. Nella loro città era un continuo alternarsi di feste e baccanali
di
ogni maniera ove si contavano le più luride canzo
e e baccanali di ogni maniera ove si contavano le più luride canzoni,
di
cui la più celebre è quella che Fennio cantò alla
anzoni, di cui la più celebre è quella che Fennio cantò alla presenza
di
Ulisse, sull’adulterio di Marte e Venere. 247. Al
bre è quella che Fennio cantò alla presenza di Ulisse, sull’adulterio
di
Marte e Venere. 247. Alcio. — Una delle divinità
fossero venerati Castore e Polluce. 248. Alcione. — Gigante, fratello
di
Porfirione. Egli uccise in un combattimento quatt
lo di Porfirione. Egli uccise in un combattimento quattro dei seguaci
di
Ercole, e voleva uccidere Ercole stesso, il quale
cole stesso, il quale parò il colpo con la sua clava, lo fini a colpi
di
freccia. Le sette figliuole del morto, giovanette
lo fini a colpi di freccia. Le sette figliuole del morto, giovanette
di
una rara bellezza furono così dolenti per la mort
nel mare, dove vennero cangiate nell’uccello conosciuto sotto il nome
di
Alcione. Alcione era anche una delle figliuole d’
cione era anche una delle figliuole d’Eolo, re dei venti della stirpe
di
Deucalione. Amò con tanta passione il suo sposo C
la stirpe di Deucalione. Amò con tanta passione il suo sposo Ceix, re
di
Traflina, che morì di dolore quand’egli naufragò.
e. Amò con tanta passione il suo sposo Ceix, re di Traflina, che morì
di
dolore quand’egli naufragò. È generale opinione f
ra i Mitologi che ella si precipitasse nel mare disperata della morte
di
suo marito, e che gli Dei mossi a compassione can
cangiarono essa e lo sposo in quell’uccello conosciuto sotto il nome
di
Alcione, che presso gli antichi era simbolo dell’
econdo Omero, Alcione era pure il soprannome dato a Cleopatra, moglie
di
Meleagro e figliuola d’Ida e di Marpesa. Similmen
l soprannome dato a Cleopatra, moglie di Meleagro e figliuola d’Ida e
di
Marpesa. Similmente veniva così chiamata una dell
. Similmente veniva così chiamata una delle sette Atlantidi figliuole
di
Atlante. Esse formavano la costellazione delle Pl
ella luna, nella quale egli erasi rifugiato. Alcioneo aveva il potere
di
risuscitare, ma poi fu finalmente schiacciato da
e, ma poi fu finalmente schiacciato da Ercole. 250. Alciope. — Figlia
di
Aglauro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno
finalmente schiacciato da Ercole. 250. Alciope. — Figlia di Aglauro e
di
Marte. Fu una delle mogli di Nettuno. 251. Alcipp
ole. 250. Alciope. — Figlia di Aglauro e di Marte. Fu una delle mogli
di
Nettuno. 251. Alcippe. — Figlia di Marte, fu rapi
uro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno. 251. Alcippe. — Figlia
di
Marte, fu rapita da Allyrotio che Marte uccise pe
ndetta egli venne citato in giudizio innanzi ad un tribunale composto
di
dodici Numi. Vi furono anche diverse altre donne
anche diverse altre donne conosciute sotto questo nome ; una, figlia
di
Oenomao ; un’altra figlia del gigante Alcioue ; e
omao ; un’altra figlia del gigante Alcioue ; ed una terza pastorella,
di
cui parla Teocrito e Virgilio. 252. Alcithoe. — U
, di cui parla Teocrito e Virgilio. 252. Alcithoe. — Una delle figlie
di
Minea o Mina. Burlandosi del culto con cui veniva
e il periodo dei giorni sacri in cui si celebravano le orgie in onore
di
quel Dio ; il quale per punirla la cangiò in pipi
irla la cangiò in pipistrello. 253. Alemena. — Figlia d’Elettrione re
di
Micene e di Lisidicia. Ella sposò Anfitrione col
iò in pipistrello. 253. Alemena. — Figlia d’Elettrione re di Micene e
di
Lisidicia. Ella sposò Anfitrione col patto che ve
Lisidicia. Ella sposò Anfitrione col patto che vendicherebbe la morte
di
suo fratello, che i Telebani avevano ucciso. Ment
e Anfitrione era al campo, Giove innamorato d’Alcmena, prese le forme
di
lui per ingannaria ; Giunone moglie di Giove, all
rato d’Alcmena, prese le forme di lui per ingannaria ; Giunone moglie
di
Giove, allorchè Alcmena fu prossima a partorire,
partorire, le rese per gelosia il parto crudelmente doloroso, e cercò
di
far morire il fanciullo che dovea nascere, sapend
estino del neonato che sarebbe stato Ercole. Giunone che avea giurato
di
perseguitare della sua gelosa vendetta i frutti d
i perseguitare della sua gelosa vendetta i frutti dell’adultero amore
di
suo marito, fece che Alcmena incinta di due gemel
i frutti dell’adultero amore di suo marito, fece che Alcmena incinta
di
due gemelli, partorisse prima il fanciullo che fu
o avesse avuto predominio ed impero sul secondo. Ma Galantea, ancella
di
Alcmena, ingannò con molta astuzia di Giunone all
l secondo. Ma Galantea, ancella di Alcmena, ingannò con molta astuzia
di
Giunone allorchè nacque Ercole. Alcmena dopo la m
olta astuzia di Giunone allorchè nacque Ercole. Alcmena dopo la morte
di
suo marito Anfitrione sposò Radamento. Ed io che
piume. E ben vedeasi al ventre ampio e ripieno Che Giove era l’autor
di
tanto seno ……………. Quel che verrà nel tal tempo al
ell’Anguillara). 254. Alcomeno. — Soprannome dato ad Ulisse dal nome
di
Alcomena, città dell’isola d’Itaca, di cui egli e
annome dato ad Ulisse dal nome di Alcomena, città dell’isola d’Itaca,
di
cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo,
, città dell’isola d’Itaca, di cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio
di
Eriteo, re di Atene. Vi furono diversi altri cono
sola d’Itaca, di cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo, re
di
Atene. Vi furono diversi altri conosciuti sotto q
ne. Vi furono diversi altri conosciuti sotto questo nome : uno figlio
di
Marte, uno figlio di Amycus, ed un terzo figlio d
altri conosciuti sotto questo nome : uno figlio di Marte, uno figlio
di
Amycus, ed un terzo figlio d’Ippocone. 256. Alea.
rio perchè si dipinge colle ali ai piedi. 260. Alee. — Feste in onore
di
Minerva V. Alea. 261. Aleissiare. — Ebe, dea dell
. 265. Aleo. — Re d’Arcadia. Si rese celebre pel considerevole numero
di
templi che fece fabbricare. 266. Aleppo V. Alope.
li serbassero la stessa sorte fuggì dalla Grecia e venne in compagnia
di
alcuni familiari in Italia ove fabbricò la città
enne in compagnia di alcuni familiari in Italia ove fabbricò la città
di
Falischi. 268. Alessandra la stessa che Cassandra
schi. 268. Alessandra la stessa che Cassandra, indovina che fu figlia
di
Priamo re di Troia. 269. Alessandro figlio di Pri
essandra la stessa che Cassandra, indovina che fu figlia di Priamo re
di
Troia. 269. Alessandro figlio di Priamo. I pastor
indovina che fu figlia di Priamo re di Troia. 269. Alessandro figlio
di
Priamo. I pastori che l’allevarono lo chiamarono
o chiamarono Paride V. Paride. Vi fu anche un altro Alessandro figlio
di
Eristea. 270. Alete figlio di Egisto, il quale av
Vi fu anche un altro Alessandro figlio di Eristea. 270. Alete figlio
di
Egisto, il quale avendo usurpato il regno di Mice
istea. 270. Alete figlio di Egisto, il quale avendo usurpato il regno
di
Micene fu ucciso da Oreste. 271. Aletide. — Feste
l regno di Micene fu ucciso da Oreste. 271. Aletide. — Feste in onore
di
Erigone detta anche Aleti. 272. Aetryomanzia. — F
e in onore di Erigone detta anche Aleti. 272. Aetryomanzia. — Formola
di
uno scongiuro che si faceva per mezzo di un gallo
272. Aetryomanzia. — Formola di uno scongiuro che si faceva per mezzo
di
un gallo. 273. Aletrione. — Giovane soldato, conf
di un gallo. 273. Aletrione. — Giovane soldato, confidente e favorito
di
Marte. Essendo un giorno in sentinella alla tenda
dente e favorito di Marte. Essendo un giorno in sentinella alla tenda
di
questo Dio mentre egli era con Venere, Aletrione
e si addormentò, e lasciò sorprendere i due amanti da Vulcano, marito
di
Venere. — Marte per punire Aletrione lo cangiò in
ca edificata da Ercole. 277. Alexiroe. — Ninfa che fu una delle mogli
di
Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacciatore il quale
ogli di Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacciatore il quale invaghitosi
di
Aretusa, ninfa del seguito di Diana la perseguitò
Famoso cacciatore il quale invaghitosi di Aretusa, ninfa del seguito
di
Diana la perseguitò lungo tempo finchè Diana cang
in fontana. V. Acetusa. 279. Alfesibea o Arfinoe. — La stessa figlia
di
Fegeo che sposò Alchmeone ricevendone in dono la
a, davasi questo nome ad una divinazione in cui si adoperava il fiore
di
frumento. 282. Alia. — Era una delle cinquanta Ne
to. 284. Aliee. — Sotto questo nome, tanto in Atene quanto nell’isola
di
Rodi venivano celebrate in onore di Apollo, ossia
tanto in Atene quanto nell’isola di Rodi venivano celebrate in onore
di
Apollo, ossia il sole, pubbliche feste e cerimoni
e di Apollo, ossia il sole, pubbliche feste e cerimonie. L’etimologia
di
questa parola Aliee viene dal greco αλιος che sig
divinità degli Arabi, i quali sotto questo nome adoravano la materia
di
tutte le cose, vale a dire la natura. 286. Alimed
n’altra delle cinquanta Nereidi, quasi avesse cura del mare e facesse
di
questo elemento sua delizia ed amore. 287. Aliteo
fu così soprannominato, come Cerere fu detta Aliteria perchè in tempo
di
carestia avevano impedito ad alcuni mugnai di rub
literia perchè in tempo di carestia avevano impedito ad alcuni mugnai
di
rubare il frumento. 288. Aliterio. — V. l’artico
e avere i Romani deificata l’allegrezza ; ma esiste bensì gran numero
di
medaglie su cui vedesi scolpita. Viene rappresent
medaglie su cui vedesi scolpita. Viene rappresentata con le sembianze
di
una donna giovane e bella, con un corno dell’abbo
sinistra, e affiancata da due fanciulli, uno dei quali porta un ramo
di
palma. 291. Allodola. — Soprannome dato a Scilla
ta un ramo di palma. 291. Allodola. — Soprannome dato a Scilla figlia
di
Niso, re di Megara. Teneramente ininnamorata di M
i palma. 291. Allodola. — Soprannome dato a Scilla figlia di Niso, re
di
Megara. Teneramente ininnamorata di Minos re di C
dato a Scilla figlia di Niso, re di Megara. Teneramente ininnamorata
di
Minos re di Creta nemico dichiarato dei Megaresi
la figlia di Niso, re di Megara. Teneramente ininnamorata di Minos re
di
Creta nemico dichiarato dei Megaresi ; essa tagli
i della patria, la quale cadde per questo coi suoi abitanti in potere
di
Minos. Niso allora si dette a perseguitare la fig
i Minos. Niso allora si dette a perseguitare la figlia con intenzione
di
ucciderla, ma fu cangiato in isparviero ed essa i
le armate nemiche. 293. Allirozio o Allyrotio. — Fu uno dei figliuoli
di
Nettuno. La tradizione mitologica ci racconta di
Fu uno dei figliuoli di Nettuno. La tradizione mitologica ci racconta
di
lui, che per vendicare suo padre, il quale in una
erva, era stato vinto da quella Dea, avesse tagliato tutti gli alberi
di
ulivo che crescevano nelle circostanze di Atene,
e tagliato tutti gli alberi di ulivo che crescevano nelle circostanze
di
Atene, onde recare oltraggio a Minerva, cui quegl
ttori e dei cronisti della favola discordano generalmente sulla morte
di
Allirozio, raccontandola tutti in modo diverso. 2
di Allirozio, raccontandola tutti in modo diverso. 294. Almone. — Dio
di
un piccolo fiume di questo nome nel territorio di
tandola tutti in modo diverso. 294. Almone. — Dio di un piccolo fiume
di
questo nome nel territorio di Roma. Fu padre dell
294. Almone. — Dio di un piccolo fiume di questo nome nel territorio
di
Roma. Fu padre della ninfa Lara. 295. Almopo. — F
lata al cielo. 296. Aloe V. Aine. 297. Aloeo o Aloo. — Gigante figlio
di
Titano e della terra. Egli sposò Ifimedia, la qua
vò come suoi proprii figliuoli. Vedendo che ogni mese essi crescevano
di
nove pollici, e non potendo a causa della sua est
ndò i due giovanetti, i quali furono uccisi da Apollo e Diana a colpi
di
freccia. 298. Aloidi. — Nome di due fra i più for
rono uccisi da Apollo e Diana a colpi di freccia. 298. Aloidi. — Nome
di
due fra i più formidabili e famosi giganti che im
mando il primo il divino Oto e il secondo il celebre Efialto. All’età
di
nove anni avevano già nove cubiti di grossezza e
ondo il celebre Efialto. All’età di nove anni avevano già nove cubiti
di
grossezza e trentasei di altezza. Fieri della lor
All’età di nove anni avevano già nove cubiti di grossezza e trentasei
di
altezza. Fieri della loro indomabile forza fisica
rentasei di altezza. Fieri della loro indomabile forza fisica osarono
di
portar la guerra fin nelle nuvole, e come dicemmo
nuvole, e come dicemmo, vollero detronizzar Giove, e osarono perfino
di
pretendere fossero date loro Diana e Giunone. Gio
combatterli, ma essi lo fecero prigioniero e lo tennero per lo spazio
di
tredici mesi ricchiuso in una gabbia di ferro, da
ro e lo tennero per lo spazio di tredici mesi ricchiuso in una gabbia
di
ferro, da cui andò poi Mercurio a liberarlo. Dian
a e cangiatasi in biscia s’intromise fra loro, mentre essi stavano su
di
un carro. Allora i giganti volendo uccideria si f
sotto qualunque altro simbolo della favola. Infatti gli Aloidi figli
di
Nettuno re del mare potrebbero essere due famosi
il quale tratta coi vincitori il riscatto del prigioniero. L’astuzia
di
cui Diana si serve strisciando fra loro in sembia
ro. L’astuzia di cui Diana si serve strisciando fra loro in sembianza
di
biscia altro non è se non la configurazione alleg
Alopo o Aleppo. — Una delle Arpie. Vi fu anche un’altra Alope figlia
di
Cercione, la quale avendo prestato orecchio alle
figlia di Cercione, la quale avendo prestato orecchio alle seduzioni
di
Nettuno, ne ebbe un figlio Ippotono. Però il padr
ul suo nome. Nettuno la cangiò in fontana. 301. Alpheja. — Soprannome
di
Aretusa. V. Alfeo. 302. Alrune. — Nome che i Germ
— Nome che i Germani davano ai loro Dei Penati. 303. Altea. — Figlia
di
Testio e moglie di Oeneo re di Calidone. Avendo u
ni davano ai loro Dei Penati. 303. Altea. — Figlia di Testio e moglie
di
Oeneo re di Calidone. Avendo un giorno questo pri
loro Dei Penati. 303. Altea. — Figlia di Testio e moglie di Oeneo re
di
Calidone. Avendo un giorno questo principe diment
principe dimenticato Diana nei suoi sacrificii, la dea per vendicarsi
di
quest’oltraggio gli spinse contro un cignale che
di quest’oltraggio gli spinse contro un cignale che devastò le terre
di
Calidone. Gli altri principi della contrada si ri
rire il cignale, le cui spoglie le vennero offerte da Meleagro figlio
di
Oeneo, ma i fratelli d’Altea, punti dal veder fat
nel fuoco il fatale tizzone a cui le Parche avevano legato i destini
di
questo principe. A misura che il tizzo bruciava,
a che morì, e Altea si uccise per disperazione. 304. Altepo. — Figlio
di
Nettuno, fu uno dei rè di Egitto. 305. Altio. — S
ise per disperazione. 304. Altepo. — Figlio di Nettuno, fu uno dei rè
di
Egitto. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli ve
Figlio di Nettuno, fu uno dei rè di Egitto. 305. Altio. — Soprannome
di
Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato
nome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato nel recinto
di
un bosco sacro detto Altio, vicino alla città di
adorato nel recinto di un bosco sacro detto Altio, vicino alla città
di
Olimpia. 306. Alumra vale a dire nutrice. Soprann
dando la terra nutrisce gli uomini. 307. Alyato o Allatto. — Fu padre
di
Creso e re di Lidia. 308. Alysio soprannome comun
nutrisce gli uomini. 307. Alyato o Allatto. — Fu padre di Creso e re
di
Lidia. 308. Alysio soprannome comune di Giove e d
tto. — Fu padre di Creso e re di Lidia. 308. Alysio soprannome comune
di
Giove e di Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e s
adre di Creso e re di Lidia. 308. Alysio soprannome comune di Giove e
di
Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e sorella di O
ome comune di Giove e di Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e sorella
di
Ossilo. Ateneo, nelle sue opere, dice che essa fu
e sorella di Ossilo. Ateneo, nelle sue opere, dice che essa fu madre
di
otto figliuole note comunemente sotto il nome di
ce che essa fu madre di otto figliuole note comunemente sotto il nome
di
ninfe Amadriadi. Ognuna di esse però aveva il suo
o figliuole note comunemente sotto il nome di ninfe Amadriadi. Ognuna
di
esse però aveva il suo nome particolare che comun
di esse però aveva il suo nome particolare che comunemente era quello
di
un albero. 310. Amadriadi. — Sebbene vi sia una c
adi. — Sebbene vi sia una completa analogia fra queste ninfe e quelle
di
cui è menzione nell’articolo precedente, pure for
o precedente, pure formavano nelle credenze del paganesimo due specie
di
deità differenti. Dalle ninfe Amadriadi dipendeva
pecie di deità differenti. Dalle ninfe Amadriadi dipendeva il destino
di
alcuni alberi coi quali esse nascevano e morivano
he le univa in particolar modo alla quercia fa loro dare codesto nome
di
Amadriadi dalle parole greche αμα insieme ; ed αρ
Ma potevano abbandonario per un dato tempo per far ritorno nel tronco
di
quello. Così Omero nel suo inno a Venere. Non mo
o a Venere. Non mortal non divina è la lor sorte ; Ciascuna come dea
di
ambrosia vive E tardi vede l’ora della morte ; In
coi Sileni mesce Negli antri e ne’ruscei nozze furtive. Quando alcuna
di
loro alla vita esce, Con lei nasce un abeto, un p
Le ninfe della selva abitatrici Abbandonan così l’aer sereno. (Trad.
di
Dionigi Strocchi Queste ninfe testimoniarono so
a a que’crudeli che avessero respinte le loro suppliche, e a malgrado
di
queste, avessero sagrificato l’albero abitato da
’amadriade. Così, al dire d’Ovidio, l’amadriade che abitava il tronco
di
un’antica quercia, la quale innalzava orgogliosa
l sangue che ai primi colpi spruzzò dal tronco della quercia. Al dire
di
Esiodo, di Plutarco e di Ausonio, le amadriadi av
e ai primi colpi spruzzò dal tronco della quercia. Al dire di Esiodo,
di
Plutarco e di Ausonio, le amadriadi avevano una l
pi spruzzò dal tronco della quercia. Al dire di Esiodo, di Plutarco e
di
Ausonio, le amadriadi avevano una lunghissima vit
altea. — Fu la capra che nutri del suo latte Giove, il quale in segno
di
riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una
e sue corna alle ninfe che avean curata la sue infanzia, con la virtù
di
produrre tutto quanto esse avrebbero desiderato.
zzata presso varii scrittori, che Amaltea fosse una giovanetta figlia
di
Melisso, re di Creta, che avesse preso cura di Gi
rii scrittori, che Amaltea fosse una giovanetta figlia di Melisso, re
di
Creta, che avesse preso cura di Giove, facendolo
una giovanetta figlia di Melisso, re di Creta, che avesse preso cura
di
Giove, facendolo nutrire con latte di capra. Amal
di Creta, che avesse preso cura di Giove, facendolo nutrire con latte
di
capra. Amaltea si chiamava anche la sibilla di Cu
dolo nutrire con latte di capra. Amaltea si chiamava anche la sibilla
di
Cuma. 312. Amanio. V. Amano. 313. Amano o Amanio.
za generalizzata che fosse il sole. 314. Amaraco. — Fu questo il nome
di
un ufficiale della casa di Ciniro re di Cipro. Eg
il sole. 314. Amaraco. — Fu questo il nome di un ufficiale della casa
di
Ciniro re di Cipro. Egli aveva l’incarico di cons
Amaraco. — Fu questo il nome di un ufficiale della casa di Ciniro re
di
Cipro. Egli aveva l’incarico di conservare e mant
un ufficiale della casa di Ciniro re di Cipro. Egli aveva l’incarico
di
conservare e mantenere i profumi di cui si serviv
e di Cipro. Egli aveva l’incarico di conservare e mantenere i profumi
di
cui si serviva abitualmente il re, e la sua famig
si a compassione lo cangiarono in quell’erba conosciuta sotto il nome
di
Maggiorana, detta dai botanici Amaraco. 315. Amar
Amarynthia. V. Amarusia. 317. Amata. — Moglie del re Latino, fu madre
di
Lavinia. Ella si strangolò per disperazione veden
angolò per disperazione vedendo che non avea potuto impedire le nozze
di
sua figlia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa.
a. 318. Amathontia o Amathusa. — Venere era così chiamata dalla città
di
Amatunta. Amathusia fu anche il nome della madre
amata dalla città di Amatunta. Amathusia fu anche il nome della madre
di
Ciniro re di Cipro. 319. Amathusa. — Vedi l’artic
ittà di Amatunta. Amathusia fu anche il nome della madre di Ciniro re
di
Cipro. 319. Amathusa. — Vedi l’articolo precedent
husa. — Vedi l’articolo precedente. 320. Amatunta. — Città dell’isola
di
Cipro consacrata a Venere. Gli abitanti le aveano
rono distrutte da Ercole che fece prigioniera la loro regina. Al dire
di
Cesarotti nelle Dissertazioni, vi sono state vari
Al dire di Cesarotti nelle Dissertazioni, vi sono state varie classi
di
Amazzoni ed in varie regioni. 324. Ambarvale. — S
i Amazzoni ed in varie regioni. 324. Ambarvale. — Sacrifizio in onore
di
Cerere. Il popolo seguiva in processione le vitti
ura. I sacerdoti che presiedevano a questi sacrifizi, erano al numero
di
dodici e si chiamano Arvali. Vedi Arvale. 325. Am
ee. É divino spirar d’ambrosia odore Virg. — Entide Lib. 1. — trad.
di
A. Caro. Omero nell’Iliade, ripete che il corpo
e Lib. 1. — trad. di A. Caro. Omero nell’Iliade, ripete che il corpo
di
Ettore, trascinato da Achille per ben tre volte i
di Ettore, trascinato da Achille per ben tre volte intorno alle mura
di
Troja, conservavasi illeso perchè Venere lo avea
i illeso perchè Venere lo avea cosparso d’ambrosia. ………… Che notte e
di
sollerita la figlia Di Giove, Cilerea, gli allont
del corpo Strascinato l’offesa. Omero. — Iliade Lib. XXIII. — trad.
di
V. Monti. Il certo si è che la favola non poteva
na e ridente. Il poeta Ibico citato da Ateneo, ne ha fatto la materia
di
una comparazione per mezzo della quale ha voluto
’ambrosia ». Finalmente venivano dette Ambrosie alcune feste in onore
di
Bacco. 327. Ambuibio. — Nome dato ad alcune pubbl
o. — Nome dato ad alcune pubbliche preghiere che si facevano in forma
di
processione, in qualche disastrosa congiuntura. 3
ssione, in qualche disastrosa congiuntura. 328. Ambulio. — Soprannome
di
Giove e di Minerva detta Ambulia : come Castore e
qualche disastrosa congiuntura. 328. Ambulio. — Soprannome di Giove e
di
Minerva detta Ambulia : come Castore e Polluce ve
ed indiscutibile, credevano che quella voragine a cui davano il nome
di
Amente, accogliesse tutte le anime dei morti, e c
davano il nome di Amente, accogliesse tutte le anime dei morti, e che
di
là dopo qualche tempo andassero ad abitar nuovi c
fu tolta dalla moglie Proserpina. La parola Amentheo significa privo
di
Menthea. 332. Amica. — Soprannome dato a Venere c
e che essi la rappresentavano come una bella e giovane donna, vestita
di
ruvida stoffa, con la testa scoperta e avente sul
uesto santissimo affetto. 334. Amicica. — Città della Laconia, patria
di
Elena. Vi fu anche un’altra città di questo nome,
a. — Città della Laconia, patria di Elena. Vi fu anche un’altra città
di
questo nome, di cui la tradizione favolosa narra
Laconia, patria di Elena. Vi fu anche un’altra città di questo nome,
di
cui la tradizione favolosa narra che gli abitanti
narra che gli abitanti furono distrutti da una spaventevole invasione
di
serpenti. 335. Amicleo. — Si dava questo sopranno
i. 335. Amicleo. — Si dava questo soprannome ad Apollo perchè al dire
di
Polibio, aveva nella città di Amiclea il più ricc
sto soprannome ad Apollo perchè al dire di Polibio, aveva nella città
di
Amiclea il più ricco e famoso tempio di tutto il
di Polibio, aveva nella città di Amiclea il più ricco e famoso tempio
di
tutto il Peloponneso. Pausania asserisce che Amic
utto il Peloponneso. Pausania asserisce che Amicleo era anche il nome
di
un dio particolare della Grecia, ove avea tempii
lla Grecia, ove avea tempii ed altari. 336. Amico. — Uno dei compagni
di
Enea che fu ucciso da Turno re dei Rutoli. ……………
Rutoli. …………… Amico, un cacciator ch’era iu campagna Gran distruttor
di
fere, e gran maestro D’armar di tosco le saette e
or ch’era iu campagna Gran distruttor di fere, e gran maestro D’armar
di
tosco le saette e ’l ferro Virg. Eneid. lib. IX
tro D’armar di tosco le saette e ’l ferro Virg. Eneid. lib. IX trad.
di
A. Caru. Vi fu un altro conoscinto sotto il nome
d. lib. IX trad. di A. Caru. Vi fu un altro conoscinto sotto il nome
di
Amico, che fu figlio di Nettuno e di Bisinide. Vi
aru. Vi fu un altro conoscinto sotto il nome di Amico, che fu figlio
di
Nettuno e di Bisinide. Visse vita da masnadiere u
n altro conoscinto sotto il nome di Amico, che fu figlio di Nettuno e
di
Bisinide. Visse vita da masnadiere uccidendo e de
ce senza conoscerlo e questi l’uccise. 337. Amida. — Una delle figlie
di
Niobe. Era anche così detta una delle principali
donna a nome Chimera, la quale aveva due fratelli noti sotto il nome
di
Leone e Dragone, i quali erano strettamente uniti
oro sorella. Da ciò la favola che dà al mostro detto chimera il volto
di
donna, il corpo di leonessa e le ali di drago. Ve
la favola che dà al mostro detto chimera il volto di donna, il corpo
di
leonessa e le ali di drago. Vedi Chimera. 339. Am
mostro detto chimera il volto di donna, il corpo di leonessa e le ali
di
drago. Vedi Chimera. 339. Amithaone. — Padre di M
di leonessa e le ali di drago. Vedi Chimera. 339. Amithaone. — Padre
di
Melampo e fratello di Esone. 340. Amimome. — Nett
di drago. Vedi Chimera. 339. Amithaone. — Padre di Melampo e fratello
di
Esone. 340. Amimome. — Nettuno, innamorato di que
e di Melampo e fratello di Esone. 340. Amimome. — Nettuno, innamorato
di
questa giovanetta, figliuola di Danao, le usò vio
. 340. Amimome. — Nettuno, innamorato di questa giovanetta, figliuola
di
Danao, le usò violenza e poi abbandonolla. Intant
deserto, e vicino a morire per sete ardentissima, implorò il soccorso
di
Giove, il quale gli apparve sotto la forma di un
ma, implorò il soccorso di Giove, il quale gli apparve sotto la forma
di
un montone e battendo col piede la terra ne fe sc
fe scaturire una sorgente d’acqua. Bacco in riconoscenza e rendimento
di
grazie, fece innalzare in quel luogo un tempio, c
o all’arena del deserto e nel quale Giove era adorato sotto la figura
di
un montone. Ammone fu similmente il nome di un fi
a adorato sotto la figura di un montone. Ammone fu similmente il nome
di
un figlio di Cinira che sposò Mirra e ne ebbe un
to la figura di un montone. Ammone fu similmente il nome di un figlio
di
Cinira che sposò Mirra e ne ebbe un figliuolo per
si un giorno Cinira addormentato in una sconcia positura, per effetto
di
ubbriachezza, la nuora lo vide e lo derise. Desta
derise. Destatosi Cinira dal sonno fu dal figliuolo Ammone informato
di
quante avea detto Mirra, e sdegnato la maledisse
ti e i cronisti dell’antichità, molti sono discordi nella ripetizione
di
questo fatto. Il solo fra i mitologi che ripete l
tesso modo è Furnuto. Questa tradizione mitologica ei porge il destro
di
richiamare l’attenzione dei nostri lettori, su qu
o ci vien rivelato nelle sacre pagine della Bibbia, sull’ubbriachezza
di
Noè ? È dunque un fatto indiscutibile, in appoggi
altre credenze e da altri culti. Finalmente Ammone era anche il nome
di
un re della Libia, il quale per questa ragione vi
fuso con Bacco. 342. Ammonia. — Soprannome dato a Giunone come moglie
di
Giove Ammone. 343. Amniasiadi o Amnisidi. — Ninfe
Amniasiadi o Amnisidi. — Ninfe così dette dal fiume Amniso nell’isola
di
Creta. 344. Amnisidi. — Vedi l’art. prec. 345. A
. 344. Amnisidi. — Vedi l’art. prec. 345. Amoca. — Una delle nutrici
di
Diana. Fu anche un soprannome dato a Cibele e a C
un soprannome dato a Cibele e a Cerere. 346. Amontea. — Ninfa figlia
di
Nereo e di Dori. 347. Amore. — Il più bello degl’
ome dato a Cibele e a Cerere. 346. Amontea. — Ninfa figlia di Nereo e
di
Dori. 347. Amore. — Il più bello degl’immortali.
degli Dei ; Ma tra’grandi celesti il più possente Che fa spesso cader
di
mano a Marte La sanguinosa spada, ed a Nettuno Sc
o del Dio delle ricchezze e della Dea della povertà, e gli dà il nome
di
Poro. Amore insieme a sua madre Venere, dea della
te le parti del mondo conosciuto dagli antichi. 348. Ampelo. — Figlio
di
un satiro e di una Ninfa, fu amico di Bacco, il q
mondo conosciuto dagli antichi. 348. Ampelo. — Figlio di un satiro e
di
una Ninfa, fu amico di Bacco, il quale ebbe anche
antichi. 348. Ampelo. — Figlio di un satiro e di una Ninfa, fu amico
di
Bacco, il quale ebbe anche uno dei sacerdoti del
parola Ampelo significa vigna e viene dal greco αμπελσς e fu il nome
di
un promontorio dell’isola di Samo, di una città d
a e viene dal greco αμπελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola
di
Samo, di una città di Creta, e d’un’altra della M
dal greco αμπελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola di Samo,
di
una città di Creta, e d’un’altra della Macedonia.
πελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola di Samo, di una città
di
Creta, e d’un’altra della Macedonia. 349. Ampelus
d Ercole. 350. Amphiaro. — Vedi Ampiareo. 351. Ampleide. — Soprannome
di
Mopso, da suo padre Ampix. 352. Ampico. — Detto a
i Mopso, da suo padre Ampix. 352. Ampico. — Detto anche Ampix, figlio
di
Clori, e padre di Mopso, di cui nell’articolo pre
dre Ampix. 352. Ampico. — Detto anche Ampix, figlio di Clori, e padre
di
Mopso, di cui nell’articolo precedente. Uno dei f
352. Ampico. — Detto anche Ampix, figlio di Clori, e padre di Mopso,
di
cui nell’articolo precedente. Uno dei figli di Pe
ori, e padre di Mopso, di cui nell’articolo precedente. Uno dei figli
di
Pelia viene anche ricordato sotto questo nome. 3
viene anche ricordato sotto questo nome. 353. Amulio. — Fu fratello
di
Numitore. Entrato per caso nella prigione della v
trato per caso nella prigione della vestale Rea Silvia, la rese madre
di
Romolo e Remo. In seguito i Romani fecero di Amul
ea Silvia, la rese madre di Romolo e Remo. In seguito i Romani fecero
di
Amulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una dell
i fecero di Amulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una delle figlie
di
Niobe, la quale fu insieme a sua sorella Melibea,
, risparmiata da Latona, quando questa uccise i fratelli e le sorelle
di
lei. Vedi Niore. 355. Amyclao. — Apollo era così
onia. Si dava la stessa denominazione a Polluce. 356. Amyeo. — Figlio
di
Nettuno e re dei Bebrici. Vi fu anche uno dei più
no e re dei Bebrici. Vi fu anche uno dei più famosi centauri compagno
di
Enea, che ebbe questo nome ; ed un fratello d’Ipp
, regina delle Amazzoni, che fu uccisa da Ercole. 357. Amynta. — Nome
di
pastorella assai generalmente usato dai poeti Arc
generalmente usato dai poeti Arcadici. 358. Amyntoridi. — Discendenti
di
Fenicio, figlio di Amintore. 359. Amyone. — Una d
dai poeti Arcadici. 358. Amyntoridi. — Discendenti di Fenicio, figlio
di
Amintore. 359. Amyone. — Una delle cinquanta Dana
o che ella uccise la prima notte delle nozze, per ubbidire al comando
di
suo padre. Straziata dai rimorsi, ella si nascose
, ella si nascose in un bosco, dove volendo tirare con una freccia su
di
una biscia, ferì invece un satiro che la violò, m
uale qualche tempo dopo la cangiò in fontana. Amyone fu anche il nome
di
una figlia di Belo. 360. Anacee. — Feste in onore
empo dopo la cangiò in fontana. Amyone fu anche il nome di una figlia
di
Belo. 360. Anacee. — Feste in onore degli Dei Dio
ltri tre erano Dymone, Tychiso e Heroso. 362. Anaclesa. — Era il nome
di
una pietra sulla quale credevano i Greci, che si
fece per ritrovare sua figlia Proserpina, rapita da Plutone. Le donne
di
Megara avevano una grande venerazione per questa
ad Atene, secondo asserisce Pausania. 363. Anadyomene. — Così al d re
di
Plinio veniva soprannominata Venere. Cesare Augus
nascita uscendo dalla spuma del mare. 364. Anagogie. — Feste in onore
di
Venere assente per pregarla di far ritorno. In gr
mare. 364. Anagogie. — Feste in onore di Venere assente per pregarla
di
far ritorno. In greco αναγογη significa ritorno.
ne cangiata in lago andò a congiungere le sue acque. Sbocca nel porto
di
Siracusa. 369. Anassagora. — Filosofo della Greci
le lo avesse salvato facendo che la folgore cadesse invece sul tempio
di
Castore e Polluce, che fu ridotto in cenere. 370.
di Castore e Polluce, che fu ridotto in cenere. 370. Anatole. — Nome
di
una delle ore. 371. Anaue. — I Persi e gli Armeni
Fiume della Troàde, sulle rive del quale Paride custodiva gli armenti
di
Priamo. 373. Anax. — Figlio del Cielo e della Ter
o per modo che non si dava che ai semidei, agli eroi od ai re in atto
di
grande onoranza. 374. Anaxabia. — Ninfa che dispa
to di grande onoranza. 374. Anaxabia. — Ninfa che disparvé nel tempio
di
Diana dove si era rifuggita per sottrarsi alle pe
tempio di Diana dove si era rifuggita per sottrarsi alle persecuzioni
di
Apollo. 375. Anaxandra. — Nome di una eroina, che
ita per sottrarsi alle persecuzioni di Apollo. 375. Anaxandra. — Nome
di
una eroina, che fu poi adorata in Laconia come un
aconia come una Dea. 376. Anaxarete. — Principessa della stirpe reale
di
Teutero. Un giovane di bassi natali l’amò passion
6. Anaxarete. — Principessa della stirpe reale di Teutero. Un giovane
di
bassi natali l’amò passionatamente e non potendo
udelmente cacciandolo dalla sua presenza. Dopo pochi giorni Iffi morì
di
dolore, e Anaxarete spinse la sua crudeltà, fino
bre del disgraziato amatore ; ma appena gittò lo sguardo sul cadavere
di
quell’iufelice, il sangue se le agghiaccio nelle
, il sangue se le agghiaccio nelle vene e tutto il suo corpo si coprì
di
mortale pallidezza. Di qua la favola che Venere s
rtale pallidezza. Di qua la favola che Venere sdegnata della crudeltà
di
Anaxarete, l’avesse cangiata in roccia. 377. Anas
xarete, l’avesse cangiata in roccia. 377. Anasel. — Uno dei figliuoli
di
Castore e di Febea. Nel tempio fabbricato a Corin
sse cangiata in roccia. 377. Anasel. — Uno dei figliuoli di Castore e
di
Febea. Nel tempio fabbricato a Corinto e dedicato
store e di Febea. Nel tempio fabbricato a Corinto e dedicato al culto
di
Castore, vi era una statua di Anasci come figliuo
abbricato a Corinto e dedicato al culto di Castore, vi era una statua
di
Anasci come figliuoli di quel dio. 378. Anaxiso.
icato al culto di Castore, vi era una statua di Anasci come figliuoli
di
quel dio. 378. Anaxiso. — Figlio di Castore e d’I
a statua di Anasci come figliuoli di quel dio. 378. Anaxiso. — Figlio
di
Castore e d’Ilacida. 379. Anaxithea. — Fu una del
naxithea. — Fu una delle Danaidi amata da Giove. 380. Anaxo. — Figlio
di
Augeo. Alcuni scrittori mitologici dicono che fos
. Alcuni scrittori mitologici dicono che fosse la stessa che fu madre
di
Alcmena ; ma questa è un’assai dubbia supposizion
vigna. Anceo derise la predizione e per provare col fatto la falsità
di
quella, ordinò che gli fosse incontanente portata
di quella, ordinò che gli fosse incontanente portata una coppa piena
di
vino. All’istesso momento ch’egli portava la tazz
e labbra, gli fu annunciato da uno dei suoi ufficiali, che il cignale
di
Calidone devastava la sua vigna. Anceo allora git
mase da questo uccise. Un tale avvenimento dette origine al proverbio
di
Catone : mullum interesi inter os eto ossam cioè
e così fosse nominato il dio dei Giudei. Vi fu anche un greco, figlio
di
Menteo che avea questo nome. 385. Anchisladi. — F
questo nome. 385. Anchisladi. — Furono così denominati i discendenti
di
Anchise. 386. Anchise. — Principe Troiano della f
scendenti di Anchise. 386. Anchise. — Principe Troiano della famiglia
di
Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri, di A
386. Anchise. — Principe Troiano della famiglia di Priamo : fu figlio
di
Capi e, secondo altri, di Assaraco e di una ninfa
roiano della famiglia di Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri,
di
Assaraco e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai
amiglia di Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri, di Assaraco e
di
una ninfa. Egli fondò Troia, e dai suoi amori con
roia, e dai suoi amori con Venere, che si era perdutamente innamorata
di
lui, ebbe un figliuolo che fu poi il famoso Enea.
i, ebbe un figliuolo che fu poi il famoso Enea. Avendo osato vantarsi
di
tanto favore, ne fu punito da Giove, il quale lo
lminò senza però ucciderlo. Egli visse lunghissimi anni, e alla presa
di
Troia era così vecchio, che non potendo camminare
sulle quali essi trasportarono ancora i loro Penati, e quanto avevano
di
più prezioso. Finalmente Anchise morì in Sicilia,
irgilio — Eneide. Libro II traduz da A. Caro. 387. Anchuro. — Figlio
di
Mida. La tradizione favolosa racconta di lui un f
aro. 387. Anchuro. — Figlio di Mida. La tradizione favolosa racconta
di
lui un fatto perfettamente simile a quello di Cur
zione favolosa racconta di lui un fatto perfettamente simile a quello
di
Curzio Romano. Narra Plutarco, che essendosi in C
e sacro a Giove. 388. Ancile. — Veniva così chiamato un piccolo scudo
di
forma rotonda, che Numa Pompilio disse esser cadu
ompilio disse esser caduto dal cielo, e dipendere dalla conservazione
di
esso il destino di Roma. Tito Livio racconta che
caduto dal cielo, e dipendere dalla conservazione di esso il destino
di
Roma. Tito Livio racconta che Numa temendo non ve
a dodici sacerdoti, espressamente istituiti ai quali fu dato il nome
di
Salii. Quando si portavano i dodici ancilii in un
dici ancilii in una festa che durava tre giorni al principio del mese
di
marzo, era proibito il celebrar nezze, o intrapre
endere alcuna cosa importante. 389. Anculo e Ancula. — Erano, al dire
di
Festo le deità tutelari dei servi e delle serve.
e significa servire. Per la stessa ragione si dava alle serve il nome
di
Ancille o Ancelle. 390. Andate o Andrastea. — I p
391. Andiomena. — Con questo soprannome veniva adorata Venere marina,
di
cui la favola racconta che uscì dal mare, nascend
. Andirina. — Soprannome della madre degli Dei. Le veniva dalla città
di
Andira, nella quale essa aveva un tempio. 393. An
eva un tempio. 393. Andrastea. — Vedi Andate. 394. Andremone. — Padre
di
Toaso, fu uno dei capi Greci che assediarono Troi
i che assediarono Troia. Vi fu anche un altro Andremone che fu genero
di
Oeneo. 395. Androclea. — Una delle figlie di Anti
Andremone che fu genero di Oeneo. 395. Androclea. — Una delle figlie
di
Antipono, che si sagrificarono per la salute di T
a. — Una delle figlie di Antipono, che si sagrificarono per la salute
di
Tebe. L’oracolo avea sentenziato che la città non
e voluto immolarsi al bene comune. A tale risposte tutte le figliuole
di
Antipono si tolsero spontaneamente la vita. 396.
he tal soprannome era dato a Venere per aver fatto morire gran numero
di
Tessali per punirli della morte di un giovane a n
per aver fatto morire gran numero di Tessali per punirli della morte
di
un giovane a nome Laiso da essi ucciso a colpi d’
d’ago, in un tempio a lei dedicato. 397. Androgenie. — Feste in onore
di
Androgeo. 398. Androgeo. — Figlio di Minos re di
97. Androgenie. — Feste in onore di Androgeo. 398. Androgeo. — Figlio
di
Minos re di Creta. Stando in Atene alla festa del
ie. — Feste in onore di Androgeo. 398. Androgeo. — Figlio di Minos re
di
Creta. Stando in Atene alla festa delle Panatee,
portò tutt’i premii, ciò che gli valse la stima generale e l’amicizia
di
Pallante, fratello del re Egeo. Questi, temendo c
i Pallante, fratello del re Egeo. Questi, temendo che Androgeo, forte
di
tutte le simpatie che si era guadagnate, non aves
onizzarlo, lo fece uccidere a tradimento in una delle più deserte vie
di
Atene. Minos, volendo vendicare la morte del figl
l mostro Minotauro. 399. Androgini. — Popoli dell’Africa, che al dire
di
Plinio erano ermafroditi. Questa credenza è maggi
ρεγ vale maschio e γονη femmina. 400. Andromaca. — Figlia d’Etione re
di
Tebe e moglie di Ettore, il più famoso eroe Troia
e γονη femmina. 400. Andromaca. — Figlia d’Etione re di Tebe e moglie
di
Ettore, il più famoso eroe Troiano da cui ebbe un
Troiano da cui ebbe un figlio che fu detto Astianatte. Dopo la presa
di
Troia, ella nella divisione del bottino di guerra
Astianatte. Dopo la presa di Troia, ella nella divisione del bottino
di
guerra, cadde in sorte a Pirro figlio di Achille,
nella divisione del bottino di guerra, cadde in sorte a Pirro figlio
di
Achille, il quale la condusse in Epiro e la sposò
glio di Achille, il quale la condusse in Epiro e la sposò. Alla morte
di
Pirro, Andromaca sposò Eleno, altro figliuolo di
la sposò. Alla morte di Pirro, Andromaca sposò Eleno, altro figliuolo
di
Priamo. Ella amò così teneramente il suo primo ma
osì teneramente il suo primo marito Ettore, che parlava continuamente
di
lui, e non potendo dimenticarlo, sebbene moglie d
lava continuamente di lui, e non potendo dimenticarlo, sebbene moglie
di
altri, fece innalzare in Epiro una magnifica tomb
n Epiro una magnifica tomba al defunto eroe. 401. Andromeda. — Figlia
di
Cefeo re d’Etiopia, e di Cassiopea, la quale ebbe
ba al defunto eroe. 401. Andromeda. — Figlia di Cefeo re d’Etiopia, e
di
Cassiopea, la quale ebbe la temerità di proclamar
glia di Cefeo re d’Etiopia, e di Cassiopea, la quale ebbe la temerità
di
proclamarsi più bella di Giunone. Nettuno per ven
a, e di Cassiopea, la quale ebbe la temerità di proclamarsi più bella
di
Giunone. Nettuno per vendicare la Dea, fece dalle
avallo Pegaso, pietrificò il terribile animale, mostrandogli la testa
di
Medusa, e liberò Andromeda, rendendola al padre,
Saluta allegro la salvata moglie. (Ovidio Metamorfosi Libro II trad.
di
Dell’Anguillara). 402. Androso o Andruso. — Figl
io d’Eurimaco che dette il suo nome all’isola d’Andros. Uno dei figli
di
Anio veniva anche così denominato. 403. Anello di
dros. Uno dei figli di Anio veniva anche così denominato. 403. Anello
di
Minos. — Teseo essendo stato un giorno rimprovera
un giorno rimproverato da Minos, il quale negava a lui d’esser figlio
di
Nettuno, disse che avrebbe accettata qualunque pr
che se era veramente figlio del mare, non doveva avere alcun ritegno
di
gettarsi nell’acqua e riportargli l’anello. Infat
rtarono sul dorso fino al palazzo d’Anfitrite, da cui riebbe l’anello
di
Minos. 404. Anetide. Vedi Anaitide. 405. Anfanto.
Anfanctus, lago profondo nel territorio Irpino in Italia, circondato
di
precipizii e di foreste. Ne esalava un così pesti
profondo nel territorio Irpino in Italia, circondato di precipizii e
di
foreste. Ne esalava un così pestilenziale vapore
er quello uno spiraglio dell’Inferno. 406. Anfiaree. — Feste in onore
di
Anfiareo. 407. Anfiareidi. — Discendenti di Anfia
nfiaree. — Feste in onore di Anfiareo. 407. Anfiareidi. — Discendenti
di
Anfiareo. 408. Anfiareo o Anfiaro. — Figlio d’Apo
lo e d’Ipermestra. Erifile, sua moglie, palesò a Polinice per il dono
di
una collana d’oro, il luogo dove s’era nascosto A
ro, il luogo dove s’era nascosto Anfiareo, per non andare alle guerra
di
Tebe, ov’egli sarebbe morto. Un giorno essendo An
confondono Anfiareo con Alcmeone suo figlio. 409. Anfidamo. — Figlio
di
Busiride che fu ucciso da Ercole. 410. Anfidione.
Figlio di Busiride che fu ucciso da Ercole. 410. Anfidione. — Figlio
di
Deucalione e di Pirra. Vi fu un altro Anfidione i
ide che fu ucciso da Ercole. 410. Anfidione. — Figlio di Deucalione e
di
Pirra. Vi fu un altro Anfidione il quale fu figli
di Deucalione e di Pirra. Vi fu un altro Anfidione il quale fu figlio
di
Eleno e fondatore del famoso tribunale che dal no
uale fu figlio di Eleno e fondatore del famoso tribunale che dal nome
di
suo padre fu detto Helenus, i cui decreti si rite
i ritenevano come altrettanti oracoli. 411. Anfiloco. — Uno dei figli
di
Anfiareo. Ritornato dall’assedio di Troia, edific
i. 411. Anfiloco. — Uno dei figli di Anfiareo. Ritornato dall’assedio
di
Troia, edificò una città a cui dette il proprio n
po la morte, fu onorato come un dio. 412. Anfimaco. Fu questo il nome
di
due famosi capitani Greci che assediarono Troia.
amosi capitani Greci che assediarono Troia. 413. Anfimedone. — Figlio
di
Melanto, che fu ucciso da Telemaco. Fu uno di col
3. Anfimedone. — Figlio di Melanto, che fu ucciso da Telemaco. Fu uno
di
coloro che volevano sposare Penelope. La favola f
di coloro che volevano sposare Penelope. La favola fa anche menzione
di
un centauro conosciuto sotto questo nome. 414. An
. Anfinoma. — Una delle cinquanta Nereide. 415. Anfinomea. — Fu madre
di
Giasone, capo degli Argonauti. Credendo che il fi
o con un pugnale. 416. Anfinomo. — Un altro dei pretendenti alla mano
di
Penelope. Telemaco lo uccise. …… da tergo Tra le
Canto XXII trad. d’I. Pinnehonte. 417. Anfione. — Figlio di’ Giove e
di
Antiope, regina di Tebe. Al suono della sua lira
I. Pinnehonte. 417. Anfione. — Figlio di’ Giove e di Antiope, regina
di
Tebe. Al suono della sua lira fabbricò le mura di
di Antiope, regina di Tebe. Al suono della sua lira fabbricò le mura
di
quella città. — La favola racconta che le pietre,
onta che le pietre, sensibili alla dolcissima melodia, si collocavano
di
per se stesse al loro posto. A lui ed a Zeto suo
nche il nome d’uno degli Argonauti, ed un re d’Orcomeno, che fu padre
di
Cloro. 418. Anfioro. — Una delle ninfe dell’Ocean
orcia nella mano. 420. Anfitoe. — Una delle cinquanta Nereidi, figlia
di
Nereo e di Dori. 421. Anfitride. — Figlia di Nere
mano. 420. Anfitoe. — Una delle cinquanta Nereidi, figlia di Nereo e
di
Dori. 421. Anfitride. — Figlia di Nereo e moglie
inquanta Nereidi, figlia di Nereo e di Dori. 421. Anfitride. — Figlia
di
Nereo e moglie di Nettuno. Per sottrarsi alle ric
figlia di Nereo e di Dori. 421. Anfitride. — Figlia di Nereo e moglie
di
Nettuno. Per sottrarsi alle richieste di questo d
. — Figlia di Nereo e moglie di Nettuno. Per sottrarsi alle richieste
di
questo dio, ella si nascose nelle profondità del
a cercare da due delfini, i quali gliela portarono in una conchiglia
di
madreperla e finalmente Anfitride consentì alle n
e finalmente Anfitride consentì alle nozze. 422. Anfitrione. — Marito
di
Alcmena e padre di Ercole, il quale da lui fu det
ide consentì alle nozze. 422. Anfitrione. — Marito di Alcmena e padre
di
Ercole, il quale da lui fu detto Anfitrionide. Eg
fitrionide. Egli mosse guerra ai Telebani, e li sconfisse con l’aiuto
di
Cometo figlio Pterelao loro re, al quale la figli
quale la figlia taglio un capello d’oro da cui dipendevano i destini
di
questo principe Fu durante il periodo di questa g
da cui dipendevano i destini di questo principe Fu durante il periodo
di
questa guerra che Giove prendendo le sembianze di
durante il periodo di questa guerra che Giove prendendo le sembianze
di
Anfitrione ingannò Alcmena moglie di lui. Questo
che Giove prendendo le sembianze di Anfitrione ingannò Alcmena moglie
di
lui. Questo principe invase gli stati di Pterelao
rione ingannò Alcmena moglie di lui. Questo principe invase gli stati
di
Pterelao, divenne formidabile a tutt’i suoi nemic
questa favola, dal vedere i primi effetti dello straordinario valore
di
Ercole a cui fu d’uopo dare un dio per padre. Sen
le sue opere ricorda che Ercole rispose ad un tale che gli addebitava
di
non essere figlio di Giove, queste orgogliose par
che Ercole rispose ad un tale che gli addebitava di non essere figlio
di
Giove, queste orgogliose parole : Se non sono fig
essere figlio di Giove, queste orgogliose parole : Se non sono figlio
di
un Dio, ho merito abbastanza per esserio. 423. An
er esserio. 423. Anfitrionidi. — Furono così detti tutt’i discendenti
di
Anfitrione. 424. Anfriso. — Fiume della Tessaglia
odì per lungo tempo gli armenti del re Admeto. Fu del paro sulle rive
di
questo fiume che egli uccise il satiro Marfiaso e
ale egli poi uccise per inavvertenza giuocando alla palla. La Sibilla
di
Cuma, detta anche Anfrisia trasse il suo sopranno
isia trasse il suo soprannome da que to fiume. 425. Angelia. — Figlia
di
Mereurio. Era così chiamata dal soprannome di Ang
425. Angelia. — Figlia di Mereurio. Era così chiamata dal soprannome
di
Angelus, Angelo, in greco αγγελος messaggiero, pe
rchè Mercurio era il messaggiere degli dei. 426. Angelio. — Figliuola
di
Giove e di Giunone. La favola racconta che essend
io era il messaggiere degli dei. 426. Angelio. — Figliuola di Giove e
di
Giunone. La favola racconta che essendo molto ami
ola di Giove e di Giunone. La favola racconta che essendo molto amica
di
Europa, rebò alla madre Giunone la biacca che ell
la quale divenne d’una estrema bianchezza. 427. Angelo. — Fu il nome
di
uno dei figli di Nettuno. 428. Angeronale. — Nel
d’una estrema bianchezza. 427. Angelo. — Fu il nome di uno dei figli
di
Nettuno. 428. Angeronale. — Nel giorno 21 dicembr
i uno dei figli di Nettuno. 428. Angeronale. — Nel giorno 21 dicembre
di
ogni anno, si celebravano nella Grecia in onore d
giorno 21 dicembre di ogni anno, si celebravano nella Grecia in onore
di
Angerona, Dea del silenzio, alcune feste a cui si
ore di Angerona, Dea del silenzio, alcune feste a cui si dava il nome
di
Angeronale. 429. Angeronia o Ageronia. — Dea alla
. Rosa — Satira 2. 430. Anquipede. — Mostro la cui tortuosa maniera
di
strisciare, somigliava a quella dei serpenti. Ovi
anti che vollero detronizzar Giove. 431. Anguitia o Angitia. — Figlia
di
Eteo sorella di Medea. 432. Angitia. — V. Angui
detronizzar Giove. 431. Anguitia o Angitia. — Figlia di Eteo sorella
di
Medea. 432. Angitia. — V. Anguitia. 433. Anieno
— Ninfe abitatrici del fiume Nigro. Veniva loro attribuito il potere
di
dare alle acque di questo fiume una virtù contrar
del fiume Nigro. Veniva loro attribuito il potere di dare alle acque
di
questo fiume una virtù contraria alla loro qualit
do, come dio dell’amore, veniva raffigurato come un fanciullo in atto
di
tormentare una farfalla che ha nelle mani, esprim
na farfalla che ha nelle mani, esprimendo così il tormento dell’anima
di
coloro cui l’amore signoreggia e governa. V. Psic
Psiche. 437. Animali. — Divinità così chiamate perchè erano le anime
di
coloro che dopo la morte venivano deificati. Gli
la morte venivano deificati. Gli antichi li dinotavano sotto il nome
di
animales dii. 438. Anio. — Re dell’isola di Delo
dinotavano sotto il nome di animales dii. 438. Anio. — Re dell’isola
di
Delo e gran sacerdote di Apollo. A Feho era mini
di animales dii. 438. Anio. — Re dell’isola di Delo e gran sacerdote
di
Apollo. A Feho era ministro accorlo e fido. Agli
ministro accorlo e fido. Agli uomini era re giusto e leale Anio pieu
di
bontade, e pieu di fede, Ch’allora ivi tenea la r
fido. Agli uomini era re giusto e leale Anio pieu di bontade, e pieu
di
fede, Ch’allora ivi tenea la regia sede. Ovidio.
allora ivi tenea la regia sede. Ovidio. — Metamorf. Libro XIII trad.
di
Dell’Anguillara. Fu padre di tre giovanette le q
. Ovidio. — Metamorf. Libro XIII trad. di Dell’Anguillara. Fu padre
di
tre giovanette le quali avevano ricevuto da Bacco
Fu padre di tre giovanette le quali avevano ricevuto da Bacco il dono
di
cangiare tutto ciò che toccavano una in vino, l’a
o una in vino, l’altra in biada e la terza in olio. Agamennone, prima
di
andare allo assedio di Troia volle costringere le
in biada e la terza in olio. Agamennone, prima di andare allo assedio
di
Troia volle costringere le tre figlie di Anio a s
prima di andare allo assedio di Troia volle costringere le tre figlie
di
Anio a seguirlo alla guerra, contando che col lor
che col loro aiuto, l’armata dei Greci non avrebbe mai patito difetto
di
provvigioni ; ma Bacco, da esse implorato le cang
acco, da esse implorato le cangiò in colombe. 439. Anitide. — Al dire
di
Plutarco, nella città di Ecbatana, veniva adorata
e cangiò in colombe. 439. Anitide. — Al dire di Plutarco, nella città
di
Ecbatana, veniva adorata la Dea Diana sotto quest
, veniva adorata la Dea Diana sotto questo nome. 440. Anna. — Sorella
di
Pigmalione e di Didone, la quale ella seguì in Af
la Dea Diana sotto questo nome. 440. Anna. — Sorella di Pigmalione e
di
Didone, la quale ella seguì in Africa. Dopo la mo
Pigmalione e di Didone, la quale ella seguì in Africa. Dopo la morte
di
Didone, Anna si ritirò a Malta, ma avendo Pigmali
morte di Didone, Anna si ritirò a Malta, ma avendo Pigmalione tentata
di
rapirla ella si rifugiò in Italia ove Enea l’acco
si rifugiò in Italia ove Enea l’accolse cortesemente. Lavinia, moglie
di
Enea accesa di violenta gelosia contro di lei, ri
talia ove Enea l’accolse cortesemente. Lavinia, moglie di Enea accesa
di
violenta gelosia contro di lei, risolvette di far
rtesemente. Lavinia, moglie di Enea accesa di violenta gelosia contro
di
lei, risolvette di farla morire. Però Didone appa
, moglie di Enea accesa di violenta gelosia contro di lei, risolvette
di
farla morire. Però Didone apparve in sogno alla s
i farla morire. Però Didone apparve in sogno alla sorella, e l’avvisò
di
quanto si tramava contro la sua vita. Anna, duran
a Perenna. — Dea che presiedeva all’anno e alla quale durante il mese
di
marzo, si facevano in Roma dei grandi sacrificii.
e Temi ; altri finalmente la ninfa lo, la quale viene anche scambiata
di
sovente con una delle Atlantidi, che nudrirono Gi
ella fosse una ninfa del fiume Numicio, forse la stessa Anna sorella
di
Didone, di Didone, di cui nell’articolo precedent
una ninfa del fiume Numicio, forse la stessa Anna sorella di Didone,
di
Didone, di cui nell’articolo precedente. 442. Ann
del fiume Numicio, forse la stessa Anna sorella di Didone, di Didone,
di
cui nell’articolo precedente. 442. Anneddoti. — E
Sacra Scrittura, una completa analogia. 443. Annemotisa. — Soprannome
di
Pallade, significa che calma i venti. 444. Annona
provvigioni da bocca. 445. Anoaretha. — Ninfa che fu una delle mogli
di
Saturno, che la rese madre di Ieodo. 446. Anogone
oaretha. — Ninfa che fu una delle mogli di Saturno, che la rese madre
di
Ieodo. 446. Anogone. — Figlio di Castore e d’Ilar
mogli di Saturno, che la rese madre di Ieodo. 446. Anogone. — Figlio
di
Castore e d’Ilaria. 447. Anosia. — Vocabolo che s
eniva cosi denominata per la stessa ragione percui le si dava il nome
di
Androfona V. Androfona. 448. Anphoterens. — V. Ac
dio così denomina i Tebani perchè la favola li fa nascere da un dente
di
drago. 450. Ansur o Assur. — Giove raffigurato so
di drago. 450. Ansur o Assur. — Giove raffigurato sotto la sembianza
di
un giovane senza barba, veniva onorato con questo
eniva onorato con questo nome. Altri scrittori dicono che questo nome
di
Assur fosse dato a Giove, da una città del Lazio
ticolarmente venerato. 451. Antandro. — Città della Frigia. Nel porto
di
essa, conosciuto sotto lo stesso nome, s’imbarcò
e, s’imbarcò Enea. 452. Antea. — Altrimenti detta Stenobea. Fu moglie
di
Preto, re d’Argo : ella arse d’impudica fiamma pe
fiamma per Bellorofonte, ma avendo questi respinte le lascive voglie
di
lei, ella lo accusò al marito. …… d’Argo l’espul
saggio e casto Bellorofonte la virtù. Omero — Iliade Libro VI. trad.
di
V. Monti. 453. Antelio o Anthelio. — Uno degli d
ibro VI. trad. di V. Monti. 453. Antelio o Anthelio. — Uno degli dei
di
Atene. Vi erano dei genii che si veneravano sotto
di Atene. Vi erano dei genii che si veneravano sotto la denominazione
di
Antelii demones. 455. Antenore. — Principe Troia
tenore. — Principe Troiano a cui principalmente si addebita la taccia
di
traditore, designandolo come colui che avesse nas
sua casa Ulisse, guerriero greco che assediava Troia. Dopo la caduta
di
questa città, Antenore andò a fondare la città di
oia. Dopo la caduta di questa città, Antenore andò a fondare la città
di
Padova. È questa peraltro una credenza assai vaga
o, Alamanto, Laodoco, Acheolo e Anteo. 456. Antenoridi. — Discendenti
di
Antenore. 457. Anteo. — Famoso gigante figlio di
oridi. — Discendenti di Antenore. 457. Anteo. — Famoso gigante figlio
di
Nettuno e della Terra. Egli erasi stabilito in un
crava tutt’i viandanti per compiere un voto che avea fatto a Nettuno,
di
erigergli un tempio di cranii umani. Ercole comba
per compiere un voto che avea fatto a Nettuno, di erigergli un tempio
di
cranii umani. Ercole combattè il gigante e tre vo
e tre volte lo atterrò senza poterlo uccidere, perchè la Terra, madre
di
quello, gli raddoppiava le forze ogni qual volta
eniva venerato sutto questo nome un dio che si adorava come l’opposto
di
Cupido. Lo si credeva figlio di Venere e di Marte
un dio che si adorava come l’opposto di Cupido. Lo si credeva figlio
di
Venere e di Marte. Vedendo che Cupido col passare
si adorava come l’opposto di Cupido. Lo si credeva figlio di Venere e
di
Marte. Vedendo che Cupido col passare degli anni
uale gli rispose che ciò avveniva perchè quegli non aveva un compagno
di
infanzia ; e convinta ella stessa di tale ragione
chè quegli non aveva un compagno di infanzia ; e convinta ella stessa
di
tale ragione fece che Antero e Cupido vivessero i
a crescere. I due immortali fanciulli venivano rappresentati in atto
di
baloccarsi con una palma, e con le ali agli omeri
ose passate. 460. Anthello. — V. Antelio. 461. Anteo. — Uno dei figli
di
Antenore. vedi Antenore. Fu ucciso da Paride per
Paride per isbaglio. Si chiamava anche con tal nome uno dei capitani
di
Enea. 462. Antesforle. — Feste in onore di Proser
tal nome uno dei capitani di Enea. 462. Antesforle. — Feste in onore
di
Proserpina celebrate in Sicilia. Questo vocabolo
Φερω portare. 463. Anthia. — Soprannome dato alla fortuna dalla città
di
Antrim nel Lazio, in cui ella aveva un tempio ass
o. — Da Anthius che vuol dire fiorente. Era questo uno dei soprannomi
di
Bacco. 465. Anthione. — Era questo il nome di un
esto uno dei soprannomi di Bacco. 465. Anthione. — Era questo il nome
di
un pozzo, presso il quale la favola racconta che
pozzo, presso il quale la favola racconta che Cerere, sotto la figura
di
una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di co
erere, sotto la figura di una vecchia, si fosse riposata dalla fatica
di
correre in traccia di sua figlia, a’lorchè Pluton
di una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di correre in traccia
di
sua figlia, a’lorchè Plutone gliela rapì. Le figl
ere in traccia di sua figlia, a’lorchè Plutone gliela rapì. Le figlie
di
Celo avendola trovata in quel luogo la condussero
oniera ne fece presente a Teseo. Vi fu anche un’altra Anthiope figlia
di
Nitteo, la quale ebbe da Giove due figli : il pad
nthiope figlia di Nitteo, la quale ebbe da Giove due figli : il padre
di
lei volle farla morire, ma ella si salvò con la f
ogni peggior trattamento. 467. Anthoro o Antoreo. — Fu questo il nome
di
uno dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evan
. Anthoro o Antoreo. — Fu questo il nome di uno dei compagni più fidi
di
Ercole e poi di Evandro — Egli era nativo di Argo
reo. — Fu questo il nome di uno dei compagni più fidi di Ercole e poi
di
Evandro — Egli era nativo di Argo. 468. Antia. —
no dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evandro — Egli era nativo
di
Argo. 468. Antia. — Sorella di Priamo che i Greci
ole e poi di Evandro — Egli era nativo di Argo. 468. Antia. — Sorella
di
Priamo che i Greci fecero prigioniera quando s’im
rella di Priamo che i Greci fecero prigioniera quando s’impadronirono
di
Troia. Vi fu anche un’altra per nome Antia moglie
s’impadronirono di Troia. Vi fu anche un’altra per nome Antia moglie
di
Preto. 469. Anticlea — Figlia di Diocleo e madre
anche un’altra per nome Antia moglie di Preto. 469. Anticlea — Figlia
di
Diocleo e madre di Ulisse. La favola racconta che
nome Antia moglie di Preto. 469. Anticlea — Figlia di Diocleo e madre
di
Ulisse. La favola racconta che al momento in cui
onta che al momento in cui Laerte stava per impalmaria, Sisifo figlio
di
Eolo la violò, e che quindi egli e non Laerte fos
di Eolo la violò, e che quindi egli e non Laerte fosse il vero padre
di
Ulisse. 470. Anticyra. — Isola nel golfo di Corin
aerte fosse il vero padre di Ulisse. 470. Anticyra. — Isola nel golfo
di
Corinto celebrata dai poeti per l’abbondanza dell
per mezzo delle più seducenti illusioni. 472. Antifo. — Uno dei figli
di
Priamo. Agamennone l’uccise insieme a suo fratell
Priamo. Agamennone l’uccise insieme a suo fratello Iso, sotto le mura
di
Troia. Due di Priàmo figliuoli, Ieso ed Antifo L
one l’uccise insieme a suo fratello Iso, sotto le mura di Troia. Due
di
Priàmo figliuoli, Ieso ed Antifo L’un frutto d’im
ride Agamennòn coll’asta Spalanca ad Iso tra le mamme il petto. Fiede
di
brando Antifo nella tempia E lo spiomba dal cocch
lla tempia E lo spiomba dal cocchio……… Omero Iliade — Libro XI trad.
di
Vinc. Monti Si rammentano dalle favole altri du
ammentano dalle favole altri due Antifo : uno compagno e fedele amico
di
Ulisse, l’altro nipote di Ercole. 473. Antigone.
ri due Antifo : uno compagno e fedele amico di Ulisse, l’altro nipote
di
Ercole. 473. Antigone. — Figlia di Edipo e di Gio
le amico di Ulisse, l’altro nipote di Ercole. 473. Antigone. — Figlia
di
Edipo e di Giocasta. Volendo rendere gli ultimi o
Ulisse, l’altro nipote di Ercole. 473. Antigone. — Figlia di Edipo e
di
Giocasta. Volendo rendere gli ultimi onori a suo
gli ultimi onori a suo fratello Polinice, in opposizione agli ordini
di
Creonte, ella fu condannata da questo crudele pri
ni di Creonte, ella fu condannata da questo crudele principe a morire
di
fame in una prigione, onde essa non potendo resis
rte spietata, si strangolò. Emone, suo fidanzato, si uccise sul corpo
di
lei. …..Ah tu, se rimirar potessi Con men superb
sar. sue rare Sublimi doti. ammirator tu padre. Sì, ne saresti al par
di
me ; tu stesso, Più assai di me, chi, sotto il cr
mmirator tu padre. Sì, ne saresti al par di me ; tu stesso, Più assai
di
me, chi, sotto il crudo impero D’ Eteocle, mostra
ngere ? qual figlia Altra, che Antigon’ebbe ? Ella è d’ Edippo Prole.
di
tu ? ma, sua virtude è ammenda Ampia del non suo
— Alfieri — Antigone Trag. Atto III Le cronache favolose ricordano
di
un’altra Antigone figlia di Laomedone. Avendo un
Atto III Le cronache favolose ricordano di un’altra Antigone figlia
di
Laomedone. Avendo un giorno detto ad alta voce ch
one. Avendo un giorno detto ad alta voce che essa era assai più bella
di
Giunone, la dea sdegnata la cangiò in cicogna. 47
a dea sdegnata la cangiò in cicogna. 474. Antigonie. — Feste in onore
di
un Greco per nome Antigonio, ora poco ricordato d
ra poco ricordato dagli scrittori mitologici. 475. Antilogo. — Figlio
di
Nestore e di Euridice. Seguì suo padre all’assedi
dato dagli scrittori mitologici. 475. Antilogo. — Figlio di Nestore e
di
Euridice. Seguì suo padre all’assedio di Troia e
ilogo. — Figlio di Nestore e di Euridice. Seguì suo padre all’assedio
di
Troia e vi fu ucciso da Mennone figlio dell’ Auro
ia e vi fu ucciso da Mennone figlio dell’ Aurora. 476. Antinoo. — Uno
di
coloro che volevano sposare Penelope. Ulisse, mar
ntinoo. — Uno di coloro che volevano sposare Penelope. Ulisse, marito
di
questa, lo uccise in una festa. L’imperatore Adri
ore Adriano ebbe anche un suo carissimo amico a nome Antinoo, giovane
di
maravigliosa bellezza. L’imperatore lo ebbe così
. Lestrigoni. 478. Antistene. — Principe della setta cinica discepolo
di
Socrate. Per assistere alle lezioni del suo maest
lle lezioni del suo maestro, egli ogni giorno traversava una distanza
di
cinque miglia italiane. 479. Antoreo. — Vedi Anth
9. Antoreo. — Vedi Anthora. 480. Antron Corace. — Secondo gli scritti
di
Plutarco, sulla facciata di tutt’i tempii di Dian
480. Antron Corace. — Secondo gli scritti di Plutarco, sulla facciata
di
tutt’i tempii di Diana, vi erano delle corna di c
e. — Secondo gli scritti di Plutarco, sulla facciata di tutt’i tempii
di
Diana, vi erano delle corna di cervo. Solamente s
tarco, sulla facciata di tutt’i tempii di Diana, vi erano delle corna
di
cervo. Solamente sulla porta del tempio ch’essa a
rta del tempio ch’essa aveva sul monte Aventino, vi erano delle corna
di
bue ; e ciò, sempre seguendo il citato autore, a
lle corna di bue ; e ciò, sempre seguendo il citato autore, a memoria
di
un fatto avvenuto sotto il regno di Servio Tullio
uendo il citato autore, a memoria di un fatto avvenuto sotto il regno
di
Servio Tullio. Un abitante della Sabina per nome
pontefice, fecero sapere a Corace, onde trarlo in inganno, che prima
di
consumare il sacrifizio avesse dovuto lavarsi nel
ntre egli bagnavasi, il re fece rapire la vacca, la svenò sull’altare
di
Diana, ne affisse le corna alle porte del tempio,
fizio. 481. Anubi. — Re degli Egizii che lo adoravano sotto la forma
di
un cane. Discorde è la opinione dei più rinomati
tori mitologici su tale personaggio. Alcuni vogliono che fosse figlio
di
Osiride ; altri di Mercurio ; altri finalmente ch
tale personaggio. Alcuni vogliono che fosse figlio di Osiride ; altri
di
Mercurio ; altri finalmente che fosse Mercurio st
ove fanciullo veniva adorato nella Campania e soprattutto nella ciltà
di
Anxuro. 483. Anxuyro. — Vedi Anxuro. 484. Anzio.
pondevano a coloro che si recavano a consultarle. 485. Aone. — Figlio
di
Nettuno. Essendo stato obbligato di fuggire dalla
consultarle. 485. Aone. — Figlio di Nettuno. Essendo stato obbligato
di
fuggire dalla sua patria, per ragioni che la favo
sua patria, per ragioni che la favola non ripete, egli si stabili su
di
una montagna della Beozia, che da lui prese il su
, che da lui prese il suo nome. Coll’andare del tempo tutta la catena
di
montagne fu consacrata alle muse, e il gruppo int
a Beozia. Vedi l’articolo precedente. 487. Aonio Dio. — Denominazione
di
Bacco perchè egli era della Beozia, chiamata anch
il loro volto, ma si facessero conoscer solo alle spalle nel momento
di
partire. Così in Virgilio allorchè Venere si pres
irgilio allorchè Venere si presenta ad Enea, suo figlio, in sembianza
di
cacciatrice, l’erce non la riconosce che quando e
Dea. Veracemente e Venere mostrossi. Virgilio. Eneide Lib. I. trad.
di
A. Caro. Similmente Omero dopo d’aver fatto parl
aci, sotto la figura dell’indovino Calcante, lo fa riconoscere da uno
di
essi. ……….. Agevolmente. Si riconosce un nume, e
l’incesso appunto in quella Che si partiva, e me l’avvisa il core Che
di
battaglia più che mai bramoso Mi ferve in petto s
Brillar mi sento del disio la pugna Omero — Iliade. Cant. 13. trad.
di
V. Monti. A proposito di questo articolo, richia
o la pugna Omero — Iliade. Cant. 13. trad. di V. Monti. A proposito
di
questo articolo, richiameremo l’attenzione dei no
aniera con la quale gli Dei si palesavano talvolta agli uomini, è uno
di
quei simboli che nello studio preliminare di sopr
volta agli uomini, è uno di quei simboli che nello studio preliminare
di
sopra accennato, noi abbiam detto essere, più che
ii del paganesimo, fusi in esso da simboli e da allegorie individuali
di
altre religioni. Infatti, nelle sacre pagine dell
roviamo che quando Iddio si rivela a Mosè gli dice : Tu mi vedrai per
di
dietro, ma tu non puoi veder la mia faccia. 489.
, ma tu non puoi veder la mia faccia. 489. Apatuarie. — L’istituzione
di
queste feste ha origine dal fatto seguente. A cag
’istituzione di queste feste ha origine dal fatto seguente. A cagione
di
un territorio, i popoli della Beozia dichiararono
popoli della Beozia dichiararono la guerra agli Ateniesi, e Xanto, re
di
quelli, dichiarò a Timete re di Atene, che ad evi
la guerra agli Ateniesi, e Xanto, re di quelli, dichiarò a Timete re
di
Atene, che ad evitare spargimento di sangue volev
di quelli, dichiarò a Timete re di Atene, che ad evitare spargimento
di
sangue voleva avesse accettato un particolare due
ii. Melanto trionfò con un’astuzia del suo nemico, poichè nel momento
di
affrontarlo, fingendo di vederlo accompagnato, gl
n’astuzia del suo nemico, poichè nel momento di affrontarlo, fingendo
di
vederlo accompagnato, gli gridò non esser azione
ganno. Il periodo delle feste Apatuarie durava tre giorni ; nel primo
di
essi si celebrava il festino ; nel secondo si off
far parte della cerimonia Apatuaria se non quando il padre rispettivo
di
ognuna di esse, non avesse proclamato con giurame
della cerimonia Apatuaria se non quando il padre rispettivo di ognuna
di
esse, non avesse proclamato con giuramento, che i
iuramento, che il novello ascritto era suo figlio. Sino al compimento
di
codesta formola i nuovi ascritti venivan riguarda
to di codesta formola i nuovi ascritti venivan riguarda ti come privi
di
padre. Da ciò, secondo altri scrittori, il nome d
arda ti come privi di padre. Da ciò, secondo altri scrittori, il nome
di
Apatuarie a queste feste, forse dalla parola grec
un tempio consacrato a Venere Apatuaria. 490. Apefanzio. — Soprannome
di
Giove a lui dato dalla montagna Apefae nella Neme
. 491. Api. V. Apis. 492. Apis. V. Apiso. 493. Apiso o Apis. — Figlio
di
Niobe. Essendosi impadronito dell’ Egitto, govern
dolcezza che fu ritenuto come nn Dio. Veniva adorato sotto la figura
di
un bue, credendosi generalmente ch’egli avesse pr
la cui figura veniva Apis venerato in tutto l’ Egitto, doveva essere
di
color nero, con un segno bianco di forma quadrata
in tutto l’ Egitto, doveva essere di color nero, con un segno bianco
di
forma quadrata sulla fronte ; i peli della coda d
la coda doppii e corti, ed un segno bianco sul lato destro, in figura
di
luna crescente. Allorquando i sacerdoti consacrat
buon numero dei requisiti voluti per rappresentare il dio Apis, prima
di
condurlo a Memfi veniva, per lo spazio di 40 gior
esentare il dio Apis, prima di condurlo a Memfi veniva, per lo spazio
di
40 giorni, segretamente nutrito da alcune donne a
giorni, segretamente nutrito da alcune donne a cui solo era permesso
di
avvicinare il dio, e che lo accostavano sempre qu
posto in una barca dorata, e condotto traversando il Nilo nella città
di
Memfi. Quiva veniva guidato nel tempio d’ Osiride
delle quali rimaneva sempre rinchiuso non facendolo uscire che molto
di
rado, lasciandolo allora per poche ore in un prat
gli ufficiali e dignitari del regno, e preceduto da un numeroso coro
di
fanciulle, che cantavano inni in sua lode. Ma l’o
sentava doveva morire, essendo la sua vita limitata ad un dato numero
di
anni, secondo i libri sacri dell’antico Egitto. G
annegato, lo imbalsamavano seguendo alla lettera i numerosi articoli
di
un loro sacro cerimoniale ; poscia faceanglisi ma
i e solenni esequie per le quali veniva profusa una larghissima somma
di
danaro. L’ Egitto intero era in lutto come se fos
, e la festa durava sette giorni. Gli Egiziani consultavano l’oracolo
di
Apis e ritenevano come segno di favorevole rispos
. Gli Egiziani consultavano l’oracolo di Apis e ritenevano come segno
di
favorevole risposta quando il bue mangiava ciò ch
ssi gli presentavano, prima d’interrogare il suo oracolo. Nelle opere
di
Plinio troviamo che il bue Apis, non volle mangia
all’uscita del tempio, e quivi nella prima cosa che veniva lor fatta
di
udire trovavano la risposta di Apis. 494. Apobomi
nella prima cosa che veniva lor fatta di udire trovavano la risposta
di
Apis. 494. Apobomie. — Feste nelle quali i sacrif
eco απο sotto, disotto, lontano e βωμος allare. 495. Apollo. — Figlio
di
Giove e di Latona e fratello di Diana. Egli guida
to, disotto, lontano e βωμος allare. 495. Apollo. — Figlio di Giove e
di
Latona e fratello di Diana. Egli guidava il carro
e βωμος allare. 495. Apollo. — Figlio di Giove e di Latona e fratello
di
Diana. Egli guidava il carro del sole tirato da q
Ippocreno, ove pasceva il cavallo Pegaso, o Pegaseo, che gli serviva
di
montura. Giove avendo fulminato Esculapio che ave
ano fabqricato i fulmini al padre degli Dei, il quale sdegnato contro
di
lui lo scacciò dal cielo. Durante questo esilio,
iò dal cielo. Durante questo esilio, egli si ritirò presso Admeto, re
di
Tessaglia, e visse custodendo gli armenti di quel
ritirò presso Admeto, re di Tessaglia, e visse custodendo gli armenti
di
quel re, finchè Mercurio glieli rubò. Allora si u
glieli rubò. Allora si unì a Nettuno nella fabbricazione dei mattoni
di
cui si serviva Laomedone, per riedificare Troia,
non fu retribuito d’alcuna ricompensa. Allorchè le acque del diluvio
di
Deucalione si furono ritirate, Apollo uccise il s
tripode sul quale la Pitonessa rendeva gli oracoli. Il famoso tempio
di
Delfo, il più ricco e rinomato fra tutti, e che e
o. Apollo viene rappresentato avendo in una mano una lira, circondato
di
varii strumenti d’arte e su di un carro tirato da
vendo in una mano una lira, circondato di varii strumenti d’arte e su
di
un carro tirato da quattro cavalli. — Ecco in qu
da quattro cavalli. — Ecco in qual modo Virgilio descrive la maestà
di
questo Dio. Qual se ne va da Licia, e da le rive
varie tresche Gli s’aggiran d’intorno, o quando spazia Per le piagge
di
Cento a l’aura sparsi I bel crin d’oro, e de l’am
ura sparsi I bel crin d’oro, e de l’amata fronde Le tempie avvolto, e
di
feretra armato. Virgilio — Eneide — libro IV tra
pie avvolto, e di feretra armato. Virgilio — Eneide — libro IV trad.
di
A. Caro. 496. Apollonie. — Feste in onore di Apo
Eneide — libro IV trad. di A. Caro. 496. Apollonie. — Feste in onore
di
Apollo. 497. Apomio. — Soprannome di Giove che gl
496. Apollonie. — Feste in onore di Apollo. 497. Apomio. — Soprannome
di
Giove che gli veniva dal potere a lui attribuito
sugli altri insetti. 498. Apona. — Fontana in Italia presso la città
di
Padova. Si attribuiva alle sue acque il potere de
invocava Venere sotto questo nome, allorchè le si domandava la grazia
di
essere liberati da una passione d’amore. 501. Apo
. — Si chiamavano così gli Dei Egiziani, a cui si domandava la grazia
di
stornare una calamità. 503. Apparizione degli De
a e Teopsia. 504. Appiadi. — Dice Cicerone esser questo il soprannome
di
Minerva e di Venere, perchè esse avevano un tempi
504. Appiadi. — Dice Cicerone esser questo il soprannome di Minerva e
di
Venere, perchè esse avevano un tempio presso le a
no della sua riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari
di
Giove, ed era esclusivamente a lui consacrata. 50
one. — Vento estremamente freddo ed impetuoso. La favola lo fa figlio
di
Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la coda di ser
to estremamente freddo ed impetuoso. La favola lo fa figlio di Eolo e
di
Aurora, e lo dipinge con la coda di serpente e i
La favola lo fa figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la coda
di
serpente e i capelli lunghissimi e bianchi. 507.
a di serpente e i capelli lunghissimi e bianchi. 507. Arabo. — Figlio
di
Apollo che alcuni scrittori riguardano come inven
. — Montagna della Beozia consacrata a Minerva. 509. Aracne. — Figlia
di
Idmone e nativa della Lidia. Ella fu un’abilissim
migliore del suo, sdegnatasi ruppe il telaio. Aracne fu così afflitta
di
ciò, che per disperazione appiccossi, e Minerva l
ena ancor l’antiche trame. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VI. trad.
di
Dell’ Anguillara. 510. Aratee. — Feste in onore
— Libro VI. trad. di Dell’ Anguillara. 510. Aratee. — Feste in onore
di
Arabo, il quale, secondo Plutarco, fu un eroe gre
se compiute durante la vita. 511. Arbitratore o Arbitro. — Soprannome
di
Giove ritenuto come arbitro del destino degli uom
’olmo a Narciso ; il ginepro all’ Eumenidi etc. 514. Arcade. — Figlio
di
Giove e di Calisto. Dette il suo nome all’ Arcadi
ciso ; il ginepro all’ Eumenidi etc. 514. Arcade. — Figlio di Giove e
di
Calisto. Dette il suo nome all’ Arcadia che è la
alisto. Dette il suo nome all’ Arcadia che è la contrada più rinomata
di
tutta la Grecia per le favole a cui dette vita. I
rchè generalmente si credeva che egli non abbandonasse mai il recinto
di
quella città. Arcade essendo divenuto adulto fu d
benevolmente, ma poi fece uccidere Arcade e in un banchetto in onore
di
Giove fece apprestare in una vivanda le membra di
banchetto in onore di Giove fece apprestare in una vivanda le membra
di
lui. Giove sdegnato di così orrendo misfatto, can
Giove fece apprestare in una vivanda le membra di lui. Giove sdegnato
di
così orrendo misfatto, cangiò Licaone in lupo e A
la madre, ove forma tuttora la costellazione conosciuta sotto il nome
di
orsa maggiore. Evandro ebbe anche un figlio chiam
veniva del paro designato Mercurio, perchè fu allevato sulla montagna
di
Cillene in Arcadia. Plinio chiama similmeute con
illene in Arcadia. Plinio chiama similmeute con tal nome un figliuolo
di
Licurgo conosciuto più comunemente sotto il nome
nome un figliuolo di Licurgo conosciuto più comunemente sotto il nome
di
Anceo. 515. Arcadia. — Parte del Peloponneso i cu
o dei capi della Beozia che assediarono Troia. 517. Arcesio. — Figlio
di
Giove e padre di Laerte. 518. Archegete. — Parola
Beozia che assediarono Troia. 517. Arcesio. — Figlio di Giove e padre
di
Laerte. 518. Archegete. — Parola che significa pr
incipe. E soprannome dato ad Apollo e ad Ercole. Si dava anche quello
di
Archegesia a Minerva. 519. Archemore. — Figlio di
i dava anche quello di Archegesia a Minerva. 519. Archemore. — Figlio
di
Licurgo, re di Nemea. Quand’era bambino la sua nu
ello di Archegesia a Minerva. 519. Archemore. — Figlio di Licurgo, re
di
Nemea. Quand’era bambino la sua nutrice lo lasciò
nd’era bambino la sua nutrice lo lasciò addormentato sopra una pianta
di
prezzemolo, mentre essa si recò a mostrare una fo
na ai principi che traversavano quella città, per recarsi all’assedio
di
Tebe. Il piccolo Archemore morì della morsicatura
arsi all’assedio di Tebe. Il piccolo Archemore morì della morsicatura
di
un serpente che trovandolo assopito fra l’erba ne
andolo assopito fra l’erba ne succhiò il sangue. Licurgo volle punire
di
morte la negligente nutrice, ma gli Argivi la tol
utrice, ma gli Argivi la tolsero sotto la loro protezione. In memoria
di
questo doloroso avvenimento furono istituiti i gi
avvenimento furono istituiti i giuochi Nemei, i quali si celebravano
di
tre in tre anni I vincitori vestivano il bruno e
in tre anni I vincitori vestivano il bruno e si coronavano la fronte
di
prezzemolo. 520. Archigallo. — Veniva così denomi
zzemolo. 520. Archigallo. — Veniva così denominato il primo sacerdote
di
Cibele il quale era scelto fra le più cospicue ed
collo un vezzo a cui erano attaccate medaglie rappresentanti la testa
di
Ati senza barba. 521. Archiloco. — Poeta greco a
Orazio — Arte Poetica Ep. 3. Archiloco dovea sposare Neobula figlia
di
Licambo, ma questi non curando la data promessa,
e tempo dopo Archiloco fu ucciso. Si credè generalmente che l’oracolo
di
Delfo avesse altamente biasimati gli uccisori del
per la stima che tutti facevano del suo genio. Egli nacque nell’isola
di
Paro. 522. Archita. — Nome sotto il quale gli Afr
del sagettario. 524. Arctura. — Quantunque sia questo il nome proprio
di
una stella, pure gli scrittori del Paganesimo se
i armadi. 526. Ardalidi. — Soprannome dato alle Muse da Ardalo figlio
di
Vulcano, a cui si attribuisce l’invenzione del fl
iamato Airone che in latino si dice Ardea. 528. Ardenna. — Soprannome
di
Diana che le veniva da una foresta delle Gallie c
anno questo nome a tutt’i famosi guerrieri ritenendoli come figliuoli
di
Marte. 530. Areopago. — Famoso tribunale d’Atene.
d’Atene. Questa parola deriva dalla voce Ares, che era un soprannome
di
Marte, perchè la favola racconta che fu appunto i
o in giudizio innanzi a dodici numi fu rimandato assoluto del delitto
di
omicidio di cui era accusato. Vedi Allirozio. È o
o innanzi a dodici numi fu rimandato assoluto del delitto di omicidio
di
cui era accusato. Vedi Allirozio. È opinione di a
l delitto di omicidio di cui era accusato. Vedi Allirozio. È opinione
di
alcuni scrittori che la prima sentenza dell’ Areo
osse contro Cefalo, per avere ucciso sua moglie. Temistocle, accusato
di
adulterio, fu giudicato dall’ Areopago. Finalment
ossero guerra a Teseo. 531. Areotopoto. — Che significa gran bevitore
di
vino. Ateneo, nelle sue cronache mitologiche, rap
ino. Ateneo, nelle sue cronache mitologiche, rapporta che nella città
di
Munichia si dava questo nome ad un eroe. 532. Are
lingua significa ferita. 533. Arestoridi. — Argo e tutt’i discendenti
di
Aristoro, venivano designati con questo nome. 534
di Aristoro, venivano designati con questo nome. 534. Areta. — Moglie
di
Alcinoo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia di N
534. Areta. — Moglie di Alcinoo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia
di
Nereo e di Dori e compagna di Diana, che questa D
. — Moglie di Alcinoo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia di Nereo e
di
Dori e compagna di Diana, che questa Dea cangiò i
oo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia di Nereo e di Dori e compagna
di
Diana, che questa Dea cangiò in fontana allorchè
ore impudico : però Alfeo avendola riconosciuta riprese la sua figura
di
flume e confuse le sue acque con quelle della fon
posta nell’isola d’Ortigia, che chiudeva il palagio degli antichi re
di
Siracusa. Cicerone dice che se questa fontana non
che se questa fontana non fosse circondata da una triplice trinciera
di
pietre, sarebbe affatto coperta dai flutti del ma
stesso Plinio racconta che le acque dell’ Aretusa esalavano un odore
di
letame nel tempo in cui in Grecia si celebravano
raversando nel suo corso la Grecia raccoglieva nelle sue acque, prima
di
giungere in Sicilia e per conseguenza prima di ge
nelle sue acque, prima di giungere in Sicilia e per conseguenza prima
di
gettarsi nell’ Aretusa, il letame dei cavalli e d
, il letame dei cavalli e delle vittime preparate per la celebrazione
di
quei giuochi. 536. Areuso. — Parola che significa
nifica guerriero. Era il soprannome dato a Giove, come si dava quello
di
Areusa a Minerva. 537. Arfinoe. — Vedi Alfesibea.
. — Vedi Alfesibea. 538. Arga. — Vedi Argea. 539. Argantona. — Moglie
di
un guerriero che fu ucciso all’assedio di Troia.
a. 539. Argantona. — Moglie di un guerriero che fu ucciso all’assedio
di
Troia. Essa nel ricevere l’infausta nuova morì di
ucciso all’assedio di Troia. Essa nel ricevere l’infausta nuova morì
di
dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone
ssa nel ricevere l’infausta nuova morì di dolore. 540. Arge. — Figlia
di
Giove e di Giunone e sorella di Ebe e di Vulcano.
evere l’infausta nuova morì di dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e
di
Giunone e sorella di Ebe e di Vulcano. Fu il frut
a morì di dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone e sorella
di
Ebe e di Vulcano. Fu il frutto degli amori che Gi
dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone e sorella di Ebe e
di
Vulcano. Fu il frutto degli amori che Giove ebbe
il sole cangiò in biscia. Era anche così chiamata una delle figliuole
di
Giove. La tradizione mitologica racconta che il n
lle figliuole di Giove. La tradizione mitologica racconta che il nome
di
Argea veniva similmente dato ad una festa celebra
ilmente dato ad una festa celebrata dalle Vestali ogni anno negli idi
di
maggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia di q
i ogni anno negli idi di maggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia
di
quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure d
e in una cerimonia di quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure
di
uomini, fatte di giunchi. Al dire di Plutarco, i
a di quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure di uomini, fatte
di
giunchi. Al dire di Plutarco, i primi abitatori d
ittavano nel Tebro alcune figure di uomini, fatte di giunchi. Al dire
di
Plutarco, i primi abitatori delle rive di quel fi
, fatte di giunchi. Al dire di Plutarco, i primi abitatori delle rive
di
quel fiume, annegavano in esso tutt’i viaggiatori
greci che cadevano in loro mano ; ma che poi Ercole persuadesse loro
di
smettere la barbara usanza e gittare delle figure
persuadesse loro di smettere la barbara usanza e gittare delle figure
di
uomini. Ovidio nei suoi Fasti, attribuisee ad un’
Arcadia, nemico degli Argiani, in commemorazione del suo odio contro
di
essi, quando venne a stabilirsi in Italia, ordinò
di essi, quando venne a stabilirsi in Italia, ordinò ai suoi seguaci
di
gittare nel Tebro dei fantocci fatti di giunco e
talia, ordinò ai suoi seguaci di gittare nel Tebro dei fantocci fatti
di
giunco e abbigliati alla maniera degli Argiani. 5
Argiani. 542. Argel. — Venivano così detti alcuni luoghi della città
di
Roma che Numa Pompilio avea consacrati ai Numi. A
lio avea consacrati ai Numi. Argei erano del paro dette alcune figure
di
uomo fatte di giunchi che le Vestali gettavano ne
crati ai Numi. Argei erano del paro dette alcune figure di uomo fatte
di
giunchi che le Vestali gettavano nel Tevere alla
atte di giunchi che le Vestali gettavano nel Tevere alla celebrazione
di
alcune sacre cerimonie. Vedi Argea. 543. Argentin
Vedi Argea. 543. Argentino. — Dio delle monete d’argento. Era figlio
di
Esculano e della dea Pecunia. Vedi Es. 544. Argeo
figlio di Esculano e della dea Pecunia. Vedi Es. 544. Argeo. — Figlio
di
Pelopo. Ve ne fu anche un altro seguace ed amico
. Argeo. — Figlio di Pelopo. Ve ne fu anche un altro seguace ed amico
di
Ercole che egli ebbe carissimo. 545. Argesio. — F
d amico di Ercole che egli ebbe carissimo. 545. Argesio. — Fu il nome
di
uno dei ciclopi fabbricante dei fulmini di Giove.
545. Argesio. — Fu il nome di uno dei ciclopi fabbricante dei fulmini
di
Giove. 546. Argia. — Figlia di Adrasto e moglie d
no dei ciclopi fabbricante dei fulmini di Giove. 546. Argia. — Figlia
di
Adrasto e moglie di Polinice. …….. Io son d’ Adr
icante dei fulmini di Giove. 546. Argia. — Figlia di Adrasto e moglie
di
Polinice. …….. Io son d’ Adrasto Figlia : sposa
o e moglie di Polinice. …….. Io son d’ Adrasto Figlia : sposa son io
di
Polinice : Argia …………. Alfieri. Tragedia Antigon
gli gli ultimi onori, questo irritò siffattamente Creonte, che, cieco
di
furore, le uccise tutt’e due. Argia fu cangiata i
na, nota sotto l’istesso nome. 547. Argianna o Argolica. — Soprannome
di
Giunone, da un tempio che ella aveva nella città
ica. — Soprannome di Giunone, da un tempio che ella aveva nella città
di
Argo. 548. Argifonte. — Soprannome dato a Mercuri
à di Argo. 548. Argifonte. — Soprannome dato a Mercurio come uccisore
di
Argo. 549. Argilete. — Allor che Evandro si stabi
ospitato da certo Argo, il quale ben presto concepì l’infame disegno
di
ucciderlo, per usurpare il potere. I seguaci di E
cepì l’infame disegno di ucciderlo, per usurpare il potere. I seguaci
di
Evandro, consci dell’iniquo progetto, uccisero Ar
i di Evandro, consci dell’iniquo progetto, uccisero Argo all’insaputa
di
Evandro, il quale per rispetto ai sacri doveri de
— Il re Agamennone fece fabbricare un tempio a Venere, sotto il nome
di
Venere Arginide, e da allora questo soprannome ri
a questo soprannome rimase alla Dea degli amori. 551. Arginno. — Nome
di
un giovane greco, che si annegò bagnandosi. Narra
io in suo onore, e lo consacrò a Venere Arginna. 552. Argiope. — Nome
di
una ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa
consacrò a Venere Arginna. 552. Argiope. — Nome di una ninfa seguace
di
Diana. 553. Argira. — Ninfa di Tessaglia, fu mogl
. Argiope. — Nome di una ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa
di
Tessaglia, fu moglie di Seleno, il quale ella amò
ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa di Tessaglia, fu moglie
di
Seleno, il quale ella amò teneramente, in ricambi
ra in fontana. Però Seleno dimenticò Argira, e da quel tempo le acque
di
quel fiume ebbero la virtù di dare l’obblio delle
enticò Argira, e da quel tempo le acque di quel fiume ebbero la virtù
di
dare l’obblio delle passioni d’amore a coloro che
loro che vi si bagnavano o che ne bevevano. 554. Argiva. — Soprannome
di
Giunone dal culto che ella aveva nella città di A
Argiva. — Soprannome di Giunone dal culto che ella aveva nella città
di
Arga. 555. Argo. — Naviglio degli Argonauti sul q
costruttore che lo inventò e lo costruì con gli alberi della foresta
di
Dodona, ciò che gli faceva anche attribuire la fa
esta di Dodona, ciò che gli faceva anche attribuire la favolosa virtù
di
parlare e di rendere gli oracoli. Peraltro è ques
a, ciò che gli faceva anche attribuire la favolosa virtù di parlare e
di
rendere gli oracoli. Peraltro è questa un’opinion
Argo si chiamava del paro una città dell’ Acaja, celebre per il culto
di
Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome
una città dell’ Acaja, celebre per il culto di Giunone e per gli eroi
di
cui fu patria. Dal nome di questa città è venuto
bre per il culto di Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome
di
questa città è venuto non solamente ai suoi abita
i suoi abitanti in particolare, ma a tutt’i greci in generale il nome
di
Argivi o Argolici col quale Virgilio e molti altr
altri poeti li dinotano sovente. Vi fu anche un altro Argo, figliuolo
di
Arestore. La tradizione favolosa attribuisce a co
adizione favolosa attribuisce a cotesto personaggio la strana facoltà
di
avere cento occhi, dei quali cinquanta erano semp
a lor divisi fean diverse scorte : Ovidio — Metamorf, Libro I. trad.
di
Dell’ Anguillara. Un altro Argo fu famoso archit
trad. di Dell’ Anguillara. Un altro Argo fu famoso architetto figlio
di
Polibio ; generalmente è lo stesso che inventò il
he prese il suo nome. Finalmente la tradizione mitologica fa menzione
di
un Argo, figlio di Giove, e di Niobe, che fu re d
e. Finalmente la tradizione mitologica fa menzione di un Argo, figlio
di
Giove, e di Niobe, che fu re della contrada chiam
e la tradizione mitologica fa menzione di un Argo, figlio di Giove, e
di
Niobe, che fu re della contrada chiamata col suo
Grecia. 556. Argolea. — Soprannome dato ad Alcmena per essere nativa
di
Argo. 557. Argolica. Vedi Argianna. 558. Argonaut
gonauti. — Furono così detti quei principi greci che sotto il comando
di
Giasone andarono alla conquista del vello d’oro,
Tifiso, Zeto etc. Gli Argonauti s’imbarcarono nella Tessaglia al capo
di
Magnesia, e dopo aver toccato l’isola di Lemnos p
rono nella Tessaglia al capo di Magnesia, e dopo aver toccato l’isola
di
Lemnos per la Samotracia, entrarono nell’ Ellespo
ide. La spedizione degli Argonauti avvenne 35 anni prima della caduta
di
Troia. 559. Argone. — Figlio di Alceo : fu uno de
ti avvenne 35 anni prima della caduta di Troia. 559. Argone. — Figlio
di
Alceo : fu uno degli Eraclidi discendenti di Erco
a. 559. Argone. — Figlio di Alceo : fu uno degli Eraclidi discendenti
di
Ercole. 560. Argoreo. — Dal latino Argoreus, che
mercatura, fu dato questo soprannome a Mercurio. In Acaia nella città
di
Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di
soprannome a Mercurio. In Acaia nella città di Tare, vi era, al dire
di
Pausania, una statua di Mercurio Argoreo, la qual
In Acaia nella città di Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua
di
Mercurio Argoreo, la quale dava responsi come un
o Argoreo, la quale dava responsi come un oracolo. Essa era in marmo,
di
media grandezza e senza piedestallo. 561. Aria. —
a divinità ch’essi adoravano secondo differenti rapporti sotto i nomi
di
Giunone, Giove, Minerva etc. Presso gli Arabi e g
ianna. 563. Ariadnee. — V. Ariannee. 564. Arianna o Ariadne. — Figlia
di
Minos re di Creta. Ella fu così commossa dalla be
Ariadnee. — V. Ariannee. 564. Arianna o Ariadne. — Figlia di Minos re
di
Creta. Ella fu così commossa dalla bellezza e gio
di Minos re di Creta. Ella fu così commossa dalla bellezza e gioventù
di
Teseo, il quale dovea combattere il Minotauro, ne
i Teseo, il quale dovea combattere il Minotauro, nel famoso laberinto
di
quella città, che gli dette un gomitolo di filo p
auro, nel famoso laberinto di quella città, che gli dette un gomitolo
di
filo per mezzo del quale l’eroe potè ritrovare l’
gì allora con Teseo, ma questi l’abbandonò su d’una roccia nell’isola
di
Naxos, dove la sventurata dopo aver pianto amaram
ta dopo aver pianto amaramente la sua disgrazia, si fece sacerdotessa
di
Bacco il quale, secondo che narrano Properzio ed
d Ovidio, la tolse in moglie e collocò fra le costellazioni la corona
di
questa principessa. Dello Dio sempre giovane s’a
incipessa. Dello Dio sempre giovane s’accende. E dell’amor si scorda
di
Tesèo. La sposa Bacco, e ascoso il maggior lume.
scorda di Tesèo. La sposa Bacco, e ascoso il maggior lume. Felici fa
di
lei le proprie piume. Per contentarla più Bacco p
fa la guardia all’ Orse. L’aurea corona al ciel più ognor si spinge E
di
lume maggior sè stessa informa ; E giunta presso
’l serpe stringe ; Ogni sua gemma in foco si trasforma Un fregio pien
di
stelle or la dipinge, E di corona ancor ritien la
gemma in foco si trasforma Un fregio pien di stelle or la dipinge, E
di
corona ancor ritien la forma : Laddove quando il
mondo e chiama d’ Arianna. (Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VIII trad.
di
Dell’ Anguillara) 565. Ariannee o Ariadnee. — Fe
rad. di Dell’ Anguillara) 565. Ariannee o Ariadnee. — Feste in onore
di
Arianna. 566. Aricia. — Figlia di Pallante ; prin
iannee o Ariadnee. — Feste in onore di Arianna. 566. Aricia. — Figlia
di
Pallante ; principessa del regio sangue di Atene.
nna. 566. Aricia. — Figlia di Pallante ; principessa del regio sangue
di
Atene. 567. Arieina. — Soprannome di Diana che l
; principessa del regio sangue di Atene. 567. Arieina. — Soprannome
di
Diana che le veniva dal culto con cui era venerat
e di Diana che le veniva dal culto con cui era venerata nelle foreste
di
Aricia presso Roma. 568. Ariete. — Il primo fra i
enebre. 570. Arimomanzia. — Vedi Axinomanzia. 571. Ario. — Fu il nome
di
uno dei più famosi centauri che combatterono i La
no i Lapidi. 572. Arione. — Celebre musico Greco. Stando nn giorno su
di
un vascello i marinai vollero ucciderlo per derub
già lo avevano legato per farlo morire ; quand’egli chiese in grazia
di
suonare un’ultima volta il liuto. I marinai aderi
nai aderirono alla sua richiesta e al suono dolcissimo un gran numero
di
delfini si riunì intorno alla nave ; allora Arion
pitato da Periandro il quale fece poi morire quasi tutt’i persecutori
di
lui come racconta Erodoto — Virgilio dice : Orph
olpo del suo tridente, allorchè sostenne con Minerva la disputa a chi
di
loro due avesse fatto il più ricco presente agli
sculapio fanciullo allorchè la madre Coronide lo aveva abbandonato su
di
una montagna presso la città di Epidauro. 574. Ar
adre Coronide lo aveva abbandonato su di una montagna presso la città
di
Epidauro. 574. Aristeo. — Figlio di Apollo e di C
u di una montagna presso la città di Epidauro. 574. Aristeo. — Figlio
di
Apollo e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridic
tagna presso la città di Epidauro. 574. Aristeo. — Figlio di Apollo e
di
Cirene. Egli amò perdutamente Euridice, la quale
amente Euridice, la quale nel sottrarsi con la fuga alle persecuzioni
di
lui, fu morsicata da un serpente e morì nell’iste
lie d’ Orfeo. Le ninfe allora sdegnate contro Aristeo per la sventura
di
cui era causa, uccisero tutte le sue Api. La madr
per la sventura di cui era causa, uccisero tutte le sue Api. La madre
di
Aristeo consigliò il fi gliuolo di consultare Pro
ccisero tutte le sue Api. La madre di Aristeo consigliò il fi gliuolo
di
consultare Proteo da cui seppe che avrebbe dovuto
di consultare Proteo da cui seppe che avrebbe dovuto placare l’ombra
di
Euridice facendo un sacrifizio di quattro giovenc
che avrebbe dovuto placare l’ombra di Euridice facendo un sacrifizio
di
quattro giovenche e quattro tori. Egli segui il c
crifizio di quattro giovenche e quattro tori. Egli segui il consiglio
di
Proteo e dalle viscere delle vittime, narra la fa
dalle viscere delle vittime, narra la favola che uscisse una quantità
di
Api. Ricorda Virgilio che Aristeo dopo la sua mor
olarmente venerato dai pastori. 575. Aristobula. — Uno dei soprannomi
di
Diana. 576. Aristone. — Nome di un citaredo Ateni
575. Aristobula. — Uno dei soprannomi di Diana. 576. Aristone. — Nome
di
un citaredo Ateniese che vinse sei volte nei giuo
contano Plutarco e Strabone, nelle loro opere. 577. Aristore. — Padre
di
Argo e figlio di Crotopo. 578. Armata Venere. — S
e Strabone, nelle loro opere. 577. Aristore. — Padre di Argo e figlio
di
Crotopo. 578. Armata Venere. — Sotto questa denom
tta Minerva perchè la favola racconta che uscisse armata dal cervello
di
Giove. 580. Armilustre o Armilustria. — Presso i
ello di Giove. 580. Armilustre o Armilustria. — Presso i Romani al 19
di
ottobre al campo di Marte, si celebrava una festa
Armilustre o Armilustria. — Presso i Romani al 19 di ottobre al campo
di
Marte, si celebrava una festa militare nella qual
u cangiata in civetta per aver voluto tradire la sua patria in favore
di
Ninos per avidità di danaro. Il simbolo racchiuso
per aver voluto tradire la sua patria in favore di Ninos per avidità
di
danaro. Il simbolo racchiuso sotto l’allegoria mi
trazione che questo uccello ha per l’argento. 585. Arno. — Fu il nome
di
un celebre indovino il quale fu ucciso nella citt
o. — Fu il nome di un celebre indovino il quale fu ucciso nella città
di
Naupata, da un nipote di Ercole per nome Ippote,
ebre indovino il quale fu ucciso nella città di Naupata, da un nipote
di
Ercole per nome Ippote, che lo avea creduto una s
Consultato l’oracolo se ne ebbe in risposta esser quella la vendetta
di
Apollo, il quale facea per tal modo espiare la mo
lo non sarebbe cessato se non quando si mandasse in esilio l’uccisore
di
Arno, e fossero stabiliti dei giuochi funebri in
’uccisore di Arno, e fossero stabiliti dei giuochi funebri in memoria
di
lui. Gli Eraclidi si affrettarono ad eseguire qua
pestilenza cessò. Coll’andare del tempo le cerimonie funebri in onore
di
Arno divennero celebri nella città di Lacedemone,
o le cerimonie funebri in onore di Arno divennero celebri nella città
di
Lacedemone, ove si celebrarono con gran pompa. 58
Apollo come dio della musica e della poesia. 587. Arpalice. — Nativa
di
Argo e figlia di Climeneo. Era ritenuta come la p
della musica e della poesia. 587. Arpalice. — Nativa di Argo e figlia
di
Climeneo. Era ritenuta come la più bella giovanet
ù bella giovanetta della sua città. La tradizione mitologica racconta
di
lei un truce fatto. La sua fatale bellezzà ispirò
zà ispirò un incestuoso amore al padre, il quale ricusò ostinatamente
di
maritarla, ma finalmente acconsentendo alle pregh
stinatamente di maritarla, ma finalmente acconsentendo alle preghiere
di
lei la lasciò partire col novello sposo. Però ben
sopravvivere alla perdita della sola donna che avesse amata, si tolse
di
propria mano la vita. Arpalice era anche il nome
e amata, si tolse di propria mano la vita. Arpalice era anche il nome
di
una figliuola d’ Arpalico re della Tracia, la qua
l maneggio delle armi e a tutti gli esercizii del corpo. In un giorno
di
battaglia essa liberò il padre dalle mani dei suo
erò il padre dalle mani dei suoi nemici, ponendo in fuga un drappello
di
quelli alla cui testa era Neoptolemo figliuolo di
n fuga un drappello di quelli alla cui testa era Neoptolemo figliuolo
di
Achille. Poco tempo dopo essendosi ribellati i su
o figliuolo di Achille. Poco tempo dopo essendosi ribellati i sudditi
di
Arpalico, questo re fu detronizzato, e mentre cer
Virgilio canta che Venere presentossi ad Enea suo figlio in sembianza
di
cacciatrice all’istesso modo come veniva rapprese
ncontro gli si fece. Donzella all’armi, a l’abito, al sembiante Parea
di
Sparta, o quale in Tracia Arpalice Leggiera e sci
ide L. 1 trad. A.. Caro. Finalmente vi fu un’altra Arpalice che mori
di
dolore nel vedersi disprezzata da Ifielo, che fu
onatamente amato. Di questa Arpalice si tiene memoria come inventrice
di
un certo cantico a cui si dava lo stesso suo nome
si dava codesto soprannome a Mercurio, forse in memoria della astuzia
di
cui si servì per uccidere Argo. 589. Arpie. — Gia
ai la vendetta degli Dei pensò, secondo la favola, più orrendi mostri
di
questi spaventevoli uccelli. Essi al dire di Virg
vola, più orrendi mostri di questi spaventevoli uccelli. Essi al dire
di
Virgilio, avevano volto umano, ma pallido come pe
ano volto umano, ma pallido come per famelica rabbia ; le mani armate
di
formidabili artigli, ed erano ingordi, insaziabil
, insaziabili e succidi. Al dire d’ Esiodo, le Arpie furono figliuole
di
Taumaso e di Elettra ; altri scrittori dell’antic
e succidi. Al dire d’ Esiodo, le Arpie furono figliuole di Taumaso e
di
Elettra ; altri scrittori dell’antichità danno lo
e per madre la terra. Le Arpie erano in gran numero, sebbene il nome
di
sole sei o sette sia più comunemente conosciuto.
nido fanno, Che cacciar delle Strofade i Troiani Con tristo anuunzio
di
futuro danno Ale hanno late, e colli e visi umani
Ocipete, e finalmente Alope più comunemente conosciuta sotto il nome
di
Achelope. Presso i Pagani le Arpie erano riguarda
Achelope. Presso i Pagani le Arpie erano riguardate come un flagello
di
cui Giove e Giunone si servivano per punire le co
servivano per punire le colpe degli uomini o per vendicarsi d’alcuno
di
essi. Fineo, re di Tracia, fu lungamente persegui
re le colpe degli uomini o per vendicarsi d’alcuno di essi. Fineo, re
di
Tracia, fu lungamente perseguitato dalle Arpie ;
perseguitato dalle Arpie ; e gli Argonauti a cui egli era stato largo
di
cortesi accoglienze si offrirorono a liberarlo da
sua statua viene rappresentata con un dito alla bocca come insegnando
di
tacere. Il simulacro di Arpocrate si ritrovava su
entata con un dito alla bocca come insegnando di tacere. Il simulacro
di
Arpocrate si ritrovava sulla soglia di tutt’i tem
gnando di tacere. Il simulacro di Arpocrate si ritrovava sulla soglia
di
tutt’i tempii pagani, volendo cosi indicare che c
antichi facevano comunemente incidere sui loro suggelli una figurina
di
Arpocrate, volendo così denotare esser sacro ed i
eto delle lettere. Era consacrato ad Arpocrate il papavero come segno
di
fecondità, volendo così indicare essere il silenz
econdità, volendo così indicare essere il silenzio assai spesso fonte
di
bene ; come pure il persico era l’albero a lui sa
e pure il persico era l’albero a lui sacro e vi sono non poche statue
di
Arpocrate che hanno un ramo di persico fra le man
a lui sacro e vi sono non poche statue di Arpocrate che hanno un ramo
di
persico fra le mani. Plutarco ci dà una logica sp
un ramo di persico fra le mani. Plutarco ci dà una logica spiegazione
di
ciò, dicendo che le foglie del persico hanno la f
foglie del persico hanno la figura d’una lingua, ed il frutto quella
di
un cuore, volendo con ciò dimostrare l’allegoria
ra il cuore e la lingua una perfetta armonia. 591. Arrichione. — Nome
di
un celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ni
Nome di un celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ninfe seguaci
di
Diana, di cui la favola racconta che avendo un gi
n celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ninfe seguaci di Diana,
di
cui la favola racconta che avendo un giorno incon
vola racconta che avendo un giorno incontrato in una foresta Imolo re
di
Lidia, questi restasse talmente preso dalla strao
di Lidia, questi restasse talmente preso dalla straordinaria bellezza
di
lei che la inseguì per lungo tempo e non la raggi
e la inseguì per lungo tempo e non la raggiunse che nel tempio stesso
di
Diana, ov’ella si rifuggì sperando di sottrarsi a
raggiunse che nel tempio stesso di Diana, ov’ella si rifuggì sperando
di
sottrarsi alle impudiche voglie del re. Ma la san
toro il re Imolo, il quale precipitando da una sterminata altezza su
di
alcuni pali dalla punta acutissima mori fra i più
o la sua morte fosse annoverato fra gli astri. 594. Arsinoe. — Figlia
di
Niocrone re di Cipro. Essa fu perdutamente amata
fosse annoverato fra gli astri. 594. Arsinoe. — Figlia di Niocrone re
di
Cipro. Essa fu perdutamente amata da Arceofonte i
e re di Cipro. Essa fu perdutamente amata da Arceofonte il quale morì
di
dolore non essendo riuscito a farsi amare da lei.
on essendo riuscito a farsi amare da lei. Quando si fecero i funerali
di
Arceofonte, la spietata giovanetta assistette all
del che sdegnata Venere la cangiò in pietra. Arsinoe fu anche il nome
di
una figliuola di Tolomeo Lago, la quale sposò Tol
Venere la cangiò in pietra. Arsinoe fu anche il nome di una figliuola
di
Tolomeo Lago, la quale sposò Tolomeo Filadelfo fr
tto Dinocrete erasi determinato ad edificare quel monumento in pietre
di
calamita onde le statue d’Arsinoe, che erano in f
rimanessero sospese in aria. Plinio racconta che lo splendido disegno
di
Dinocrete, rimase incompiuto per la morte di lui
che lo splendido disegno di Dinocrete, rimase incompiuto per la morte
di
lui e che solo la facciata del tempio fosse fabbr
di lui e che solo la facciata del tempio fosse fabbricata con pietre
di
calamita. Arsinoe fu similmente il nome di una ci
osse fabbricata con pietre di calamita. Arsinoe fu similmente il nome
di
una città Egiziana posta sulle rive del lago Meri
Sibilla Delfica, detta similmente Dafne. Era anche uno dei soprannomi
di
Diana da alcune feste dette Artemisie istituite i
oprannomi di Diana da alcune feste dette Artemisie istituite in onore
di
lei. 597. Arteride. — Una delle più strane tradiz
della mitologia Egiziana racconta che Arteride fosse figlia d’Iside e
di
Osiride, e che il suo concepimento avvenisse in m
do affatto particolare e incredibile ; imperocchè il padre e la madre
di
lei, i quali erano stati concetti nello istesso a
ano stati concetti nello istesso alvo e nell’istesso momento si erano
di
già maritati nell’utero materno per modo che Isid
o così chiama Marte dio della guerra, forse per indicare la sveltezza
di
quel dio nella corsa e in tutti gli esercizi del
gli esercizi del corpo. 600. Arunticeo. — Avendo disprezzato le feste
di
Bacco, questo dio per punirlo lo costrinse a bere
dio per punirlo lo costrinse a bere una così sproporzionata quantità
di
vino, sicchè egli in un accesso di follia stuprò
e una così sproporzionata quantità di vino, sicchè egli in un accesso
di
follia stuprò sua figlia Medulina, dalla quale fu
acevano i sacrifizi detti Ambarvali. Questi sacerdoti erano al numero
di
dodici, venivano scelti fra le più illustri e cos
ro di dodici, venivano scelti fra le più illustri e cospicue famiglie
di
Roma, e venivano collettivamente denotati col nom
spicue famiglie di Roma, e venivano collettivamente denotati col nome
di
fratelli Arvali, la cui istituzione si deve a Rom
nio li chiama arvirum sacerdotes, e narra nel modo seguente l’origine
di
questa istituzione. La nutrice di Romolo per nome
e narra nel modo seguente l’origine di questa istituzione. La nutrice
di
Romolo per nome Acca Laurenzia avea l’abito di of
stituzione. La nutrice di Romolo per nome Acca Laurenzia avea l’abito
di
offerire ogni anno nei campi un sacrifizio agli D
ompagnare dai suoi dodici figliuoli. Qualche tempo dopo la fondazione
di
Roma, essendo morto uno dei figliuoli di Acca Lau
che tempo dopo la fondazione di Roma, essendo morto uno dei figliuoli
di
Acca Laurenzia, Romolo per attestare il suo affet
el morto rimanendo per tal modo sempre a dodici il numero dei seguaci
di
Acca nell’offerta del sacrificio agli Dei. 603. A
della notte. Fu lui che dichiarò aver Proserpina mangiato sette acini
di
una melograna nell’ Inferno ; ciò che fu causa ch
iove avea promesso a Cerere, che avrebbe avuto la figlia a condizione
di
non aver essa nulla mangiato nell’inferno. Cerere
se sotto la sua protezione perchè Ascalafo l’avvertisse col suo grido
di
tutto ciò che avveniva la notte. Fece del molle
ibro V trad. Dell’ Anguillara. Vi fu anche un altro Ascalafo, figlio
di
Marte che fu uno dei più rinomati guerrieri Greci
nella Beozia. Egli rese famoso il suo nome per aver condotto seco più
di
trenta navi. Dell’ Orcomèno Minïco gli eletti, M
Misti a quei d’ Aspledone, hanno a lor duci Ascalopo e Jalmeno, ambo
di
Marte Egregia prole ……. …… Eran di questi Trenta
lor duci Ascalopo e Jalmeno, ambo di Marte Egregia prole ……. …… Eran
di
questi Trenta le navi che schierarsi al lido. Om
Trenta le navi che schierarsi al lido. Omero Iliade — Libro II trad.
di
Vinc. Monti 605. Ascanio. — Detto anche Julio f
di Vinc. Monti 605. Ascanio. — Detto anche Julio fu l’unico figlio
di
Enea e di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora
Monti 605. Ascanio. — Detto anche Julio fu l’unico figlio di Enea e
di
Creusa. Suo padre quand’egli era ancora bambino l
nel Lazio, ove egli divenuto adulto fondò, secondo Virgilio la città
di
Alba. ….. Ascanio, allor ch’eresse Alba la lunga
nio, allor ch’eresse Alba la lunga …. Virg. — Eneide Lib. V. — trad.
di
A. caro. 606. Asclepiade. — È questo il nome di
eide Lib. V. — trad. di A. caro. 606. Asclepiade. — È questo il nome
di
un Greco assai versato in medicina. Secondo che r
Plinio nelle sue storie, veniva attribuita ad Asclepiade la scoperta
di
medicare col vino. Salvator Rosa nelle satire dic
dette alcune feste che in tutta la Grecia venivano celebrate in onore
di
Bacco e particolarmente in Epidauro, ove furono i
urono istituite le grandi Asclepiadi. 608. Asclepie. — Feste in onore
di
Esculapio. 609. Asclepio. — Uno dei soprannomi di
e. — Feste in onore di Esculapio. 609. Asclepio. — Uno dei soprannomi
di
Esculapio : da ciò le feste di cui nell’articolo
o. 609. Asclepio. — Uno dei soprannomi di Esculapio : da ciò le feste
di
cui nell’articolo precedente. 610. Ascolie. — Fes
feste di cui nell’articolo precedente. 610. Ascolie. — Feste in onore
di
Bacco : si celebravano saltando con un piede in a
e di Bacco : si celebravano saltando con un piede in aria sulla pelle
di
un becco gonfiata e unta d’olio. La parola Ascoli
Ascra. — Città fabbricata ai piedi del monte Elicona da Ecalo nipote
di
Nettuno. Nell’antica letteratura si dà di sovente
nte Elicona da Ecalo nipote di Nettuno. Nell’antica letteratura si dà
di
sovente il nome di Ascreo al poeta Esiodo, perchè
o nipote di Nettuno. Nell’antica letteratura si dà di sovente il nome
di
Ascreo al poeta Esiodo, perchè nativo di quella c
ura si dà di sovente il nome di Ascreo al poeta Esiodo, perchè nativo
di
quella città. La favola racconta che il poeta fos
e che veniva dato a Nettuno. 615. Asia. — Ninfa figlia dell’ Oceano e
di
Teti e moglie di Giapeto. Da lei prese il nome un
a Nettuno. 615. Asia. — Ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti e moglie
di
Giapeto. Da lei prese il nome una delle quattro p
e quattro parti del mondo. 616. Asima. — Divinità adorata nella città
di
Emath. 617. Asino. — Presso i Pagani era l’animal
era l’animale consacrato a Priapo, avuto riguardo alla molta utilità
di
esso nei lavori di giardinaggio, essendo i giardi
acrato a Priapo, avuto riguardo alla molta utilità di esso nei lavori
di
giardinaggio, essendo i giardini sacri a quel dio
ira 1. Presso gli Egiziani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti
di
Abidos, di Licopoli e di Busiride avevano in gran
esso gli Egiziani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti di Abidos,
di
Licopoli e di Busiride avevano in grande dispregi
ani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti di Abidos, di Licopoli e
di
Busiride avevano in grande dispregio il suono del
esso qualche analogia con la voce dell’asino. 618. Asio. — Soprannome
di
Giove che gli veniva da una città di questo nome
l’asino. 618. Asio. — Soprannome di Giove che gli veniva da una città
di
questo nome nell’isola di Creta dove era particol
annome di Giove che gli veniva da una città di questo nome nell’isola
di
Creta dove era particolarmente venerato. Asio si
era particolarmente venerato. Asio si chiamava anche uno dei fratelli
di
Ecuba. 619. Asopo. — Figlio dell’ Oceano e di Tet
anche uno dei fratelli di Ecuba. 619. Asopo. — Figlio dell’ Oceano e
di
Teti. Avendo Giove abusato di Egina figlia di Aso
ba. 619. Asopo. — Figlio dell’ Oceano e di Teti. Avendo Giove abusato
di
Egina figlia di Asopo, questi volle vendicarsene
— Figlio dell’ Oceano e di Teti. Avendo Giove abusato di Egina figlia
di
Asopo, questi volle vendicarsene e muover guerra
o cangiò in fiume. Era anche così nominato un altro fiume nella città
di
Acaia, egualmente detto Asopo da un figlio di Net
altro fiume nella città di Acaia, egualmente detto Asopo da un figlio
di
Nettuno che aveva l’istesso nome. 620. Asporina.
sabino. — Nome che gli Etiopi davano e Giove. 622. Assaraco. — Figlio
di
Troso ed avo di Anchise. 623. Assinomanzia. — V.
he gli Etiopi davano e Giove. 622. Assaraco. — Figlio di Troso ed avo
di
Anchise. 623. Assinomanzia. — V. Axinomanzia. 624
625. Astaroth. — Divinità dei Sidonii. Veniva onorato sotto la forma
di
una giovenca o di un’agnella. 626. Asteria. — Fig
Divinità dei Sidonii. Veniva onorato sotto la forma di una giovenca o
di
un’agnella. 626. Asteria. — Figlia di Ceso. Essa
otto la forma di una giovenca o di un’agnella. 626. Asteria. — Figlia
di
Ceso. Essa fu cangiata in quaglia quando fuggiva
a di Ceso. Essa fu cangiata in quaglia quando fuggiva le persecuzioni
di
Giove. In greco ορτυξ significa quaglia. Vi fu an
’altra Asteria da cui Bellerofonte ebbe un figlio. 627. Asterio. — Re
di
Creta e padre di Minos. Egli era soprannominato T
cui Bellerofonte ebbe un figlio. 627. Asterio. — Re di Creta e padre
di
Minos. Egli era soprannominato Tauro e rapì una g
oprannominato Tauro e rapì una giovinetta a nome Europa figlia del re
di
Fenicia. Di qui la favola che Giove trasformato i
terione. — Uno dei più rinomati Arganauti. Asterione fu anche il nome
di
un fiume nella città di Argo, a cui la favola att
inomati Arganauti. Asterione fu anche il nome di un fiume nella città
di
Argo, a cui la favola attribuisce due figliuole a
ce due figliuole a nome Porcinna ed Arcona, che furono tra le nutrici
di
Giunone. Nelle acque di questo fiume cresceva un’
Porcinna ed Arcona, che furono tra le nutrici di Giunone. Nelle acque
di
questo fiume cresceva un’erba similmente detta As
etta Asterione, della quale s’inghirlandavano le statue della Giunone
di
Argo. 629. Asterodia. — Moglie di Endimione a cui
irlandavano le statue della Giunone di Argo. 629. Asterodia. — Moglie
di
Endimione a cui dette gran numero di figli. Vi fu
i Argo. 629. Asterodia. — Moglie di Endimione a cui dette gran numero
di
figli. Vi fu anche una ninfa conosciuta sotto que
cciso da Achille quando questi riprese le armi per vendicare la morte
di
Patroclo. …..Dal fianco allora Trasse Achille la
a, e furibondo Assalse Asteropèo che invan dall’alta Sponda si studia
di
sferrar d’ Achille Il frassino : tre volte egli l
va E spezzarlo, d’ Achille il folgorante Brando il prevenne arrecator
di
morte. Lo percosse nell’epa all’ombelico ; N’andà
ravvolti ei chiuse i lumi, E spirò…. Omero — Iliade Libro XXI, trad.
di
V.Monti. 632. Astiale. — Troiano che fu ucciso d
le. — Troiano che fu ucciso da Neaptolemo. 633. Astianasse. — Ancella
di
Elena, la quale fu non meno della sua padrona fam
a per la corruzione dei suoi costumi. 634. Astianatte. — Unico figlio
di
Ettore e di Andromaca. …..il pargoletto Unico fi
ruzione dei suoi costumi. 634. Astianatte. — Unico figlio di Ettore e
di
Andromaca. …..il pargoletto Unico figlio dell’er
l solo Era dell’alta Troia il difensore. Omero — Iliade L. VI. trad.
di
V. Monti. Questo giovane principe dopo la presa
iade L. VI. trad. di V. Monti. Questo giovane principe dopo la presa
di
Troia, dette gravemente a pensare di sè ai Greci,
o giovane principe dopo la presa di Troia, dette gravemente a pensare
di
sè ai Greci, i quali vedevano in lui un giusto ve
tica fortezza dei Troiani. Calcante indovino greco consigliò la morte
di
Astianatte col farlo precipitare da una torre. Pe
ricoverandosi col figlio in Epiro. 635. Astidamia. — Una delle mogli
di
Ercole. 636. Astilo. — Uno dei centauri che consi
e i centauri furono quasi distrutti. 637. Astimeda. — Seconda moglie
di
Edipo la quale calunniò presso il marito i figli
li in malo aspetto del padre. 638. Astioche. — Fu una delle figliuole
di
Ettore la quale non potendo opporre resistenza al
e resistenza al dio Marte che ne era innamorato, fu da lui resa madre
di
un figliuolo che sotto il nome di Ialmeno si dist
ra innamorato, fu da lui resa madre di un figliuolo che sotto il nome
di
Ialmeno si distinse poi all’assedio di Troia come
un figliuolo che sotto il nome di Ialmeno si distinse poi all’assedio
di
Troia come uno dei più famosi generali dell’armat
i generali dell’armata Greca. Vi fu anche un’altra Astioche figliuola
di
Filanto, la quale essendo caduta in potere di Erc
ltra Astioche figliuola di Filanto, la quale essendo caduta in potere
di
Ercole quando egli espugnò la città di Efina in E
quale essendo caduta in potere di Ercole quando egli espugnò la città
di
Efina in Elide fu da lui amata e ne ebbe un figli
che fu poi noto sotto il nome Tlepolemo. Finalmente la favola ricorda
di
un’altra Astioche che fu una delle figliuole di N
nte la favola ricorda di un’altra Astioche che fu una delle figliuole
di
Niobe. V. Niobe. 639. Astioco. — Fu uno dei figli
le figliuole di Niobe. V. Niobe. 639. Astioco. — Fu uno dei figliuoli
di
Eolo Dio dei venti, il quale dopo del padre regnò
lle isole Lipari, nome che egli in memoria del padre cangiò in quello
di
isole Eoliane o Eolie. 640. Astione. — Era questo
one. — Era questo il nome proprio della bella figliuola del sacerdote
di
Apollo Crise che dal padre viene comunemente cono
Apollo Crise che dal padre viene comunemente conosciuta sotto il nome
di
Criseide. V. Crise. 641. Astiosea. — Moglie di Te
nosciuta sotto il nome di Criseide. V. Crise. 641. Astiosea. — Moglie
di
Telefo. Si chiama anche così una donna da cui Erc
sola chiamata Astipalea in cui Apollo aveva un tempio. Da ciò il nome
di
Astipaleo dato ad Apollo. 643. Astirea. — Soprann
a ciò il nome di Astipaleo dato ad Apollo. 643. Astirea. — Soprannome
di
Minerva dal culto che le si rendeva in Astira cit
in Astira città della Fenicia. 644. Astirena o Astrena. — Soprannome
di
Diana da varii luoghi in cui veniva adorata con c
to nome ad alcuni popoli delle Indie che non avevano bocca. La verità
di
questa credenza è che presso quei popoli era rite
, e che perciò essi la coprivano accuratamente. 646. Astrea. — Figlia
di
Giove e di Temi e Dea della giustizia. Durante l’
ciò essi la coprivano accuratamente. 646. Astrea. — Figlia di Giove e
di
Temi e Dea della giustizia. Durante l’età dell’or
llazione della Vergine. 647. Astrei. — Venivano così denotati i figli
di
Astreo e di Eribea. La favola li dipinge come dei
la Vergine. 647. Astrei. — Venivano così denotati i figli di Astreo e
di
Eribea. La favola li dipinge come dei Titani che
a al cielo, ma poscia si divisero fra loro, e alcuni presero le parti
di
Giove contro i propri fratelli. Quelli che persis
lla celeste vendetta. 648. Astrena. — V. Astirena. 649. Astreo. — Uno
di
Titani padre degli Astri e dei venti ; Vedendo ch
iarato la guerra a Giove egli scatenò anche i venti suoi figli contro
di
lui ; ma Giove li precipitò sotto le acque e cang
degli scrittori mitologici è assai discorde sull’essere i venti figli
di
Astreo ; molti fra i più accreditati fanno Eolo l
Ata. — V. Atea. 654. Atabirio. — Giove era così denominato nell’isola
di
Rodi, da un tempio ch’egli aveva sul monte Atabir
da un tempio ch’egli aveva sul monte Atabiro. 655. Atalanta. — Figlia
di
Iasio re di Arcadia e di Climene. Atalanta sposò
ch’egli aveva sul monte Atabiro. 655. Atalanta. — Figlia di Iasio re
di
Arcadia e di Climene. Atalanta sposò Meleagro da
a sul monte Atabiro. 655. Atalanta. — Figlia di Iasio re di Arcadia e
di
Climene. Atalanta sposò Meleagro da cui ebbe Part
ea. Essa amò con passione la caccia e fu la prima a ferire il cignale
di
Calidone le cui spoglie ella ricevette dalle mani
erire il cignale di Calidone le cui spoglie ella ricevette dalle mani
di
Meleagro sebbene non fosse ancora divenuta sua mo
osse ancora divenuta sua moglie. Vi fu anche un’altra Atalanta figlia
di
Scheneo. Essa fu richiesta in matrimonio da molti
ui che avesse vinto il premio della corsa. Ippomene ebbe col soccorso
di
Venere il premio, avendo seguito il consiglio del
l soccorso di Venere il premio, avendo seguito il consiglio della dea
di
gettare cioè lungo il cammino dei pomi di oro che
uito il consiglio della dea di gettare cioè lungo il cammino dei pomi
di
oro che Atalante si fermò a raccogliere invece di
il cammino dei pomi di oro che Atalante si fermò a raccogliere invece
di
seguitare la corsa. Essendo un giorno insieme in
— Leucotea detta anche Ino, veniva in tal modo denotata perchè moglie
di
Atamaso. Ovidio dà questo nome a quella parte del
o Leucotea si precipitò. 657. Atamanti. — Venivano così detti i figli
di
Atamaso cioè Prisso, Melicerte e Learco. 658. Ata
li di Atamaso cioè Prisso, Melicerte e Learco. 658. Atamaso. — Figlio
di
Eulo e padre di Elle che egli ebbe da Nefila sua
oè Prisso, Melicerte e Learco. 658. Atamaso. — Figlio di Eulo e padre
di
Elle che egli ebbe da Nefila sua prima moglie. sp
perciocchè il suo nome significa saggezza. Fu dessa che dette il nome
di
Atene alla città che prima si chiamava Posidonia,
li Dei per por termine alla contesa stabilirono un tribunale composto
di
dodici mortali, il quale decise che la città si s
i, il quale decise che la città si sarebbe chiamata secondo il volere
di
Nettuno ovvero di Minerva quante volte essi avess
che la città si sarebbe chiamata secondo il volere di Nettuno ovvero
di
Minerva quante volte essi avessero saputo produrr
canto suo la cose più utile agli uomini. Nettuno allora con un colpo
di
tridente battè la terra, e ne uscì un cavallo ; m
Allora il tribunale aggiudicò la vittoria a Minerva che dette il nome
di
Atene alla capitale Greca. 663. Atenee. — Feste i
e il nome di Atene alla capitale Greca. 663. Atenee. — Feste in onore
di
Minerva. 664. Atergate. — Una delle Divinità del
resso il quale era tenuta come madre della famosa Semiramide. Al dire
di
Luciano essa aveva la testa di donna e il rimanen
madre della famosa Semiramide. Al dire di Luciano essa aveva la testa
di
donna e il rimanente di pesce. Vossio nelle sue o
amide. Al dire di Luciano essa aveva la testa di donna e il rimanente
di
pesce. Vossio nelle sue opere dice che la parola
ne. 665. Atergatide. — V. Adad. 666. Atherea o Aetherea. — Soprannome
di
Pallade e di altre divinità aeree preso dall’orig
gatide. — V. Adad. 666. Atherea o Aetherea. — Soprannome di Pallade e
di
altre divinità aeree preso dall’origine favolosa
e favolosa del Palladio V. Palladio. 667. Ati. — Fu uno dei sacerdoti
di
Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella D
Ati. — Fu uno dei sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti
di
quella Dea, la quale per altro egli pose in obbli
uale per altro egli pose in obblio essendosi perdutamente innammorato
di
Sangaride figlia del fiume Sango. Cibele per puni
cesse fare la dolorosa amputazione per averlo sorpreso fra le braccia
di
una giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse r
per averlo sorpreso fra le braccia di una giovane rivale, e che dopo
di
ciò lo avesse ricevuto nel numero dei suoi sacerd
lo avesse ricevuto nel numero dei suoi sacerdoti. Tutto ciò che evvi
di
vero sotto codesta favola, è forse la barbara cos
desta favola, è forse la barbara costumanza che imponeva ai sacerdoti
di
Cibele lo stesso supplizio, da essa imposto all’i
lo stesso supplizio, da essa imposto all’infido amatore. Nelle feste
di
Cibele i sacerdoti del culto di lei gemevano e gr
posto all’infido amatore. Nelle feste di Cibele i sacerdoti del culto
di
lei gemevano e gridavano dolorosamente, forse per
e gridavano dolorosamente, forse per ricordare le crudeli sofferenze
di
Ati V. Cibele e Sangaride. 668. Atie — Feste in o
i sofferenze di Ati V. Cibele e Sangaride. 668. Atie — Feste in onore
di
Cibele. 669. Atisio. — Figliuolo di Ercole e di O
aride. 668. Atie — Feste in onore di Cibele. 669. Atisio. — Figliuolo
di
Ercole e di Onfale. Vi fu anche un altro Atisio u
Atie — Feste in onore di Cibele. 669. Atisio. — Figliuolo di Ercole e
di
Onfale. Vi fu anche un altro Atisio ucciso da Tid
re conduceva all’altare Ismene. 670. Atlante. — Gigante che fu figlio
di
Giove e di Climene. La favola finse che suo padre
a all’altare Ismene. 670. Atlante. — Gigante che fu figlio di Giove e
di
Climene. La favola finse che suo padre l’avesse i
Giove e di Climene. La favola finse che suo padre l’avesse incaricato
di
reggere il mondo sulle sue spalle. Essendo stato
ndo sulle sue spalle. Essendo stato un giorno avvertito dallo oracolo
di
tenersi in guardia contro un altro figlio di Giov
avvertito dallo oracolo di tenersi in guardia contro un altro figlio
di
Giove egli ne fu così afflitto che non volle più
attamento degli altri, del perchè sdegnato Perseo gli mostrò la testa
di
Medusa e cangiò Atlante in montagna V. Alcione. 6
na V. Alcione. 671. Atlantidi. — Così furono dette le quindici figlie
di
Atlante e di Pleione. Comunemente si chiamano anc
. 671. Atlantidi. — Così furono dette le quindici figlie di Atlante e
di
Pleione. Comunemente si chiamano anche Esperidi o
iove era particolarmente adorato, onde è che gli veniva il soprannome
di
Athuso.. 673. Atreo. — Figlio di Pelopo e d’ Ippo
onde è che gli veniva il soprannome di Athuso.. 673. Atreo. — Figlio
di
Pelopo e d’ Ippodamia. Per vendicarsi della vergo
. Atridi. — Così furono detti Agamennone Menelao e tutt’i discendenti
di
Atreo. 675. Atropo. — Una delle Parche. Propriame
no dei cavali che tiravano il carro del sole quando avvenne la caduta
di
Fetonte. La parola Atteone viene dal Greco αϰτιν-
te. La parola Atteone viene dal Greco αϰτιν-ινος che significa raggio
di
sole, risplendente luminosa. Atteone era anche il
fica raggio di sole, risplendente luminosa. Atteone era anche il nome
di
un figliuolo di Autonoe figlia di Cadmo e del cel
ole, risplendente luminosa. Atteone era anche il nome di un figliuolo
di
Autonoe figlia di Cadmo e del celebre Aristeo. Es
luminosa. Atteone era anche il nome di un figliuolo di Autonoe figlia
di
Cadmo e del celebre Aristeo. Essendo un giorno al
ccia sorprese Diana e le ninfe che si bagnavano e si mise a spiarle ;
di
che sdegnata fortemente la Dea lo cangiò in cervo
, Ch’a lui già crescon sopra la cervice Di cervo a poco a poco un par
di
corna ; Il naso entra nel viso, e la narice Resta
ca vien muso, e guarda in terra. Ovidio. — Metamorf. Libro III trad.
di
Dell’ Anguillara. e lo fece divorare dai propri
e dai propri cani. Euripide narra che Atteone fosse divorato dai cani
di
Diana per essersi vantato più esperto di quella D
eone fosse divorato dai cani di Diana per essersi vantato più esperto
di
quella Dea nell’arte della caccia. Diodoro asseri
Atteone fosse considerato come un empio per aver dispregiato il culto
di
Diana fino al segno di mangiare della carne che e
to come un empio per aver dispregiato il culto di Diana fino al segno
di
mangiare della carne che era preparata per un sac
efo. Questo principe divenuto adulto divenne assai caro a Tetraso, re
di
Misia presso il quale Augea si era del pari ritir
del padre suo. Telefo senza riconoscere sua madre ottenne da Tetraso
di
sposarla ; ma Augea non volendo divenir la moglie
tenne da Tetraso di sposarla ; ma Augea non volendo divenir la moglie
di
un ignoto avventuriero stava per ucciderlo, allor
quando lo avesse aiutato a netture le sue stalle dalla gran quantità
di
letame che infettava l’aria nel suo regno. Ercole
ccise e dette i suoi stati a Fileo suo figlio. 681. Augurio. — Specie
di
sortilegio che si compiva coll’osservazione del v
ll’osservazione del volo degli uccelli del loro canto e della maniera
di
cibarsi. Presso i Pagani si diceva ab avium ispec
sia. Servio dice che era questa una piccola isola con un porto capace
di
contenere 50 vascelli. Fu in qnesto porto che si
esto porto che si riunirono le navi Greche all’epoea della spedizione
di
Troia. 683. Aulisea. — Soprannome di Minerva che
reche all’epoea della spedizione di Troia. 683. Aulisea. — Soprannome
di
Minerva che a lei veniva da una parola Greca che
e significa flauto attribuendosi da taluno a quella Dea la invenzione
di
questo istrumento. 684. Aulone. — Figlio di Tlesi
quella Dea la invenzione di questo istrumento. 684. Aulone. — Figlio
di
Tlesimene. I Greci lo avevano in molta venerazion
re fino a Danae, della quale poi nacque Perseo. 686. Aurora. — Figlia
di
Titano e della Terra. Presiedeva alla nascita del
della Terra. Presiedeva alla nascita del giorno e si rappresentava su
di
un carro di metallo scintillante. Aurora amò tene
Presiedeva alla nascita del giorno e si rappresentava su di un carro
di
metallo scintillante. Aurora amò teneramente Tito
n carro di metallo scintillante. Aurora amò teneramente Titone figlio
di
Laomedone, giovane principe celebre per la sua be
a lo rapì, lo sposò e ne ebbe un figlio chiamato Mennone. La passione
di
Aurora per lui fu così grande che gli propose di
Mennone. La passione di Aurora per lui fu così grande che gli propose
di
domandarle un pegno della sua tenerezza e ne otte
giunse ad una estrema vecchiezza e allora fu cangiato in cicala. Dopo
di
lui Aurora amò Cefalo che rapì alla moglie Procri
in Siria ove lo sposò e ne ebbe un figlio. Ben presto però disgustata
di
lui lo abbandonò per amore di Orione che alla sua
e un figlio. Ben presto però disgustata di lui lo abbandonò per amore
di
Orione che alla sua volta fu da lei abbandonato p
alla sua volta fu da lei abbandonato per altri. 687. Ausone. — Figlio
di
Ulisse e di Calipso. Egli andò a stabilirsi in It
ta fu da lei abbandonato per altri. 687. Ausone. — Figlio di Ulisse e
di
Calipso. Egli andò a stabilirsi in Italia, e da l
e auguri. V. Augurio. 689. Austero. — Vento estremamente caldo figlio
di
Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figl
Augurio. 689. Austero. — Vento estremamente caldo figlio di Astreo e
di
Eribea. Altri scrittori lo fanno figliuolo di Eol
aldo figlio di Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figliuolo
di
Eolo e di Aurora. 690. Autenome. — Fu un’altra de
o di Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figliuolo di Eolo e
di
Aurora. 690. Autenome. — Fu un’altra delle cinqua
ente su quel posto e ricevette al petto una mortale ferita dall’ombra
di
Aiace. Autoleone placò lo spettro del guerriero c
così potè vivere dopo una dolorosa malattia. 692. Autolico. — Figlio
di
Mercurio e di Chione. Egli apprese da suo padre i
ere dopo una dolorosa malattia. 692. Autolico. — Figlio di Mercurio e
di
Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere di
Figlio di Mercurio e di Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere
di
ladro col potere di prendere diverse forme. Sisif
di Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere di ladro col potere
di
prendere diverse forme. Sisifo lo scoprì e lo ing
del caso. 694. Automedone. — Conosciuto più comunemente sotto il nome
di
Automedonte. Cosi si chiamava il cocchiere di Ach
munemente sotto il nome di Automedonte. Cosi si chiamava il cocchiere
di
Achille, dopo la morte del quale passò ai servigi
ava il cocchiere di Achille, dopo la morte del quale passò ai servigi
di
Pirro, in qualità di scudiero. 695. Autona. — V.
chille, dopo la morte del quale passò ai servigi di Pirro, in qualità
di
scudiero. 695. Autona. — V. Autonea. 696. Autonea
udiero. 695. Autona. — V. Autonea. 696. Autonea o Autona. — Fu figlia
di
Cadmo e madre di Acteone. 697. Autopsia. — Coloro
na. — V. Autonea. 696. Autonea o Autona. — Fu figlia di Cadmo e madre
di
Acteone. 697. Autopsia. — Coloro che erano in una
stagione sotto la figura d’un bel giovane, avente in mano un canestro
di
frutta e con ai piedi un cane. 699. Auxo. — Una d
he dua sole. Una Auxo, l’altra Egmona. 700. Aventino. — Uno dei figli
di
Ercole e della sacerdotessa Rea. Egli combattè co
cole e della sacerdotessa Rea. Egli combattè contro Enea nella guerra
di
Turno. ….Aventino, de l’invitto Alcide Leggiadro
cudo In memoria del padre, un’idra, cinta Da cento serpi. D’ Ercole e
di
Rea Sacerdotessa, ascosamente nato Nel bosco d’Av
te nato Nel bosco d’Aventino era costui. Virg. Eneid. lib. VII trad.
di
A. Caro. 701. Averno. — Palude nella Campania, c
i o Averungani. — Dei che i Romani adoravano particolarmente in tempo
di
calamità, credendo che fossero potentissimi ad al
— V. Averunci. 706. Axinomanzia, Assinomanzia o Animomanzia. — Specie
di
magìa nella quale si adoperava una pietra chiamat
quale si adoperava una pietra chiamata Gagale. 707. Axione. — Figlio
di
Fegeo e fratello di Arfinoe. V. Alcmeone. 708. Ax
una pietra chiamata Gagale. 707. Axione. — Figlio di Fegeo e fratello
di
Arfinoe. V. Alcmeone. 708. Axuro. — V. Anxuro. 70
Montagna d’ Arcadia consacrata a Cibele, così chiamata da Afan figlio
di
Arcaso, il primo la cui morte fosse onorata di fu
hiamata da Afan figlio di Arcaso, il primo la cui morte fosse onorata
di
funebri giuochi. 710. Azesia. — Soprannome di Pro
cui morte fosse onorata di funebri giuochi. 710. Azesia. — Soprannome
di
Proserpina. 711. Aziache. — Nel promontorio di Az
. Azesia. — Soprannome di Proserpina. 711. Aziache. — Nel promontorio
di
Azio in Epiro, sorgeva un ricco tempio dedicato a
i si celebravano delle feste in suo onore, alle quali si dava il nome
di
feste Aziache. Cesare Augusto, dopo di avere scon
re, alle quali si dava il nome di feste Aziache. Cesare Augusto, dopo
di
avere sconfitto Marc’ Antonio alla battaglia di A
Cesare Augusto, dopo di avere sconfitto Marc’ Antonio alla battaglia
di
Azio, in ringraziamento ad Apollo rinnovò queste
ad Apollo. — (vedi l’articolo precedente). 713. Azizio. — Soprannome
di
Marte. 714. Azoni. — Si chiamavano così quegli De
Per breve tempo venne anche adorata dal popolo d’ Israele nel tempio
di
Samaria. Baal in lingua ebraica vuol dire Signore
nità il sole, così è generale opinione dei mitologi che sotto il nome
di
Baal si venerasse il sole. Alcuni lo han fatto fi
otto il nome di Baal si venerasse il sole. Alcuni lo han fatto figlio
di
Nettuno e della regina Lidia, che regnò nell’ Ass
buisce assai comunemente dagli scrittori dell’antichità, l’invenzione
di
schierare le truppe con quell’ordine che oggi si
nvenzione di schierare le truppe con quell’ordine che oggi si direbbe
di
attacco. Da ciò forse la voce latina bellum, che
fica guerra. Abbiamo da Erodoto una descrizione bellissima del tempio
di
Baal in Babilonia, monumento famoso per la sua es
eor. — Dio venerato dagli Arabi con culto particolare, sulla montagna
di
Peor. Si crede generalmente dagli scrittori che B
I Fenici lo ritenevano come il più grande dei loro Dei. Nella lingua
di
quei popoli Baal-Semen significa signore del ciel
gnifica signore del cielo. 722. Baal-Tsefon. — Dio sentinella. I magi
di
Egitto posero quest’idolo nel deserto, per impedi
Baaltide. — Divinità dei Fenicii, adorata particolarmente nella città
di
Biblo. Era ritenuta come moglie di Saturno da cui
dorata particolarmente nella città di Biblo. Era ritenuta come moglie
di
Saturno da cui non ebbe che delle figliuole È la
iuole È la luna, ossia la Diana dei Greci. 724. Babelle. — È opinione
di
non pochi scrittori dell’antichità, che la famosa
È opinione di non pochi scrittori dell’antichità, che la famosa Torre
di
Babelle o di Babilonia ; (la quale potevasi in ef
non pochi scrittori dell’antichità, che la famosa Torre di Babelle o
di
Babilonia ; (la quale potevasi in effetti conside
725. Babia. — Dea venerata nella Siria e particolarmente nella città
di
Damaso, ove veniva adorata come dea della giovent
a come dea della gioventù ; forse perchè generalmente si dava il nome
di
Babia ai fanciulli. 726. Babilonia. — Antica e gr
nelle sue mura ; le quali ebbero duecento piedi d’altezza e cinquanta
di
larghezza. Non meno celebri si resero gli abitato
za e cinquanta di larghezza. Non meno celebri si resero gli abitatori
di
Babilonia, per la loro sfrenata libidine, che arr
lonia, per la loro sfrenata libidine, che arrivò al suo maggior punto
di
corruttela, sotto la famosa regina Semiramide. S
maggior punto di corruttela, sotto la famosa regina Semiramide. Son
di
Circe, o Babel, gl’incaut tuoi : Quella diede agl
Son di Circe, o Babel, gl’incaut tuoi : Quella diede agli eroi forma
di
porci, Ed a’ porci tu dai forme d’eroi. Le leggi
iù vili, e più spilorci. Salvator Rosa. — Satira quinta. La prima
di
color, di cui novelle Tu vuoi saper, mi disse que
più spilorci. Salvator Rosa. — Satira quinta. La prima di color,
di
cui novelle Tu vuoi saper, mi disse quegli allott
di cui novelle Tu vuoi saper, mi disse quegli allotta, Fu imperadrice
di
molte favelle. A vizio di lussuria fu si rotta, C
er, mi disse quegli allotta, Fu imperadrice di molte favelle. A vizio
di
lussuria fu si rotta, Che libito fè lecito in sua
sua legge, Per torre il biasmo in che era condotta. Ell’è Semiramis,
di
cui si legge Che succedette a Nino, e fu sua spos
e. Dante Inf. Canto V. Tutta la città si estendeva per un circuito
di
sessanta miglia, ed ebbe cento porte. Ciro, re de
ani, edificò in Egitto una città, alla quale dette similmente il nome
di
Babilonia. 727. Babiso. — Fratello di Marfiaso. A
quale dette similmente il nome di Babilonia. 727. Babiso. — Fratello
di
Marfiaso. Apollo, volendo trattarlo come il frate
o, volendo trattarlo come il fratello, gli fece grazia alla preghiera
di
Pallade. 728. Baccanali. — Feste o misteri che si
allade. 728. Baccanali. — Feste o misteri che si celebravano in onore
di
Bacco, nei quali si commettevano ogni sorta di di
i celebravano in onore di Bacco, nei quali si commettevano ogni sorta
di
dissolutezze e di bestiale libidine. I Greci chia
nore di Bacco, nei quali si commettevano ogni sorta di dissolutezze e
di
bestiale libidine. I Greci chiamavano anche quest
queste cerimonie Dionisiache da Dionisio, che era uno dei soprannomi
di
Bacco. In Atene la ricorrenza e celebrazione di q
ra uno dei soprannomi di Bacco. In Atene la ricorrenza e celebrazione
di
questi misteri bacchici, era tenuta in così grand
istrato speciale per regolare la forma, l’ordinanza e la celebrazione
di
tali feste. In Italia da principio i baccanali si
volta il mese. In Roma furono introdotte la prima volta da un greco,
di
cui la storia non conserva altro ricordo. Oscuro
olta da un greco, di cui la storia non conserva altro ricordo. Oscuro
di
nascita, fu pessimo di costumi, ed il suo nome an
i la storia non conserva altro ricordo. Oscuro di nascita, fu pessimo
di
costumi, ed il suo nome andò perduto nella notte
o alla dea Simula o Stimula : però la unione dei due sessi fu cagione
di
gravi disordini, onde il Senato Romano annullò ne
u cagione di gravi disordini, onde il Senato Romano annullò nell’anno
di
Roma 568, la celebrazione di questi sconci e sang
onde il Senato Romano annullò nell’anno di Roma 568, la celebrazione
di
questi sconci e sanguinosi misteri, e da quell’ep
e d’ Italia. 729. Baccanti. — Si chiamavano così quelle donne, specie
di
seguaci del culto di Bacco, le quali lo seguirono
canti. — Si chiamavano così quelle donne, specie di seguaci del culto
di
Bacco, le quali lo seguirono alla conquista delle
rante la celebrazione dei baccanali, esse, appena coperte d’una pelle
di
tigre, tutte scapigliate, con in mano delle torce
capigliate, con in mano delle torce accese, facevano rintronar l’aria
di
grida assordanti, e poi si abbandonavano alle più
abbandonavano alle più turpi dissolutezze. 730. Bacchemone. — Figlio
di
Perseo e di Andromeda. 731. Baccheo-Toro o Bagi-T
no alle più turpi dissolutezze. 730. Bacchemone. — Figlio di Perseo e
di
Andromeda. 731. Baccheo-Toro o Bagi-Toro. — Così
era consacrato al sole e adorato con particolare venerazione. Il pelo
di
questo animale cresceva ricadendo in senso contra
i. 732. Bacchiade. — Famiglia Corintia, così detta da Bacchia, figlia
di
Bacco, dalla quale essa pretendeva discendere. Qu
Sicilia. 733. Bacchiadi. — Denominazione che si dava agli antichi re
di
Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebber
nazione che si dava agli antichi re di Corinto, i quali per lo spazio
di
230 anni, ebbero il governo di quella città. Veni
i re di Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebbero il governo
di
quella città. Veniva loro dato cosiffatto nome di
, ebbero il governo di quella città. Veniva loro dato cosiffatto nome
di
Bacchiadi, perchè un’antica tradizione della loro
ca tradizione della loro famiglia, li faceva discendere da una figlia
di
Bacco. (Vedi l’articolo precedente). 734. Bacco.
a figlia di Bacco. (Vedi l’articolo precedente). 734. Bacco. — Figlio
di
Giove e di Semele. Discorde è l’opinione degli sc
Bacco. (Vedi l’articolo precedente). 734. Bacco. — Figlio di Giove e
di
Semele. Discorde è l’opinione degli scrittori del
mele. Discorde è l’opinione degli scrittori dell’antichità, sul conto
di
questo dio, volendosi da diversi che fosse figliu
tà, sul conto di questo dio, volendosi da diversi che fosse figliuolo
di
Proserpina. Cicerone conta fino a cinque dii di q
i che fosse figliuolo di Proserpina. Cicerone conta fino a cinque dii
di
questo nome ; ed è perciò che la grande generalit
ande generalità degli autori non si accorda sulla favolosa tradizione
di
lui. Però l’opinione più comunemente accettata è
è la seguente. Giunone, sempre gelosa e sdegnata contro le concubine
di
Giove, per vendicarsi di Semele, le consigliò, me
sempre gelosa e sdegnata contro le concubine di Giove, per vendicarsi
di
Semele, le consigliò, mentre questa era incinta,
e, per vendicarsi di Semele, le consigliò, mentre questa era incinta,
di
chiedere al divino suo amante di mostrarsi a lei
onsigliò, mentre questa era incinta, di chiedere al divino suo amante
di
mostrarsi a lei in tutto lo splendore della sua g
ale ; ciò che ella ottenne da lui, dopo replicate repulse. Ma i raggi
di
cui era circondato il dio, e il folgorante baglio
se. Ma i raggi di cui era circondato il dio, e il folgorante bagliore
di
quelli, incendiò la dimora di Semele, ed ella ste
ondato il dio, e il folgorante bagliore di quelli, incendiò la dimora
di
Semele, ed ella stessa mori, ravvolta nelle fiamm
a che Semele fosse del tutto spirata, per salvare la vita del figlio,
di
cui la disgraziata era incinta, estrasse il picco
l corpo era imperfetto Dell’infelice donna che s’accese. Che dal seme
di
Giove avea concetto, Del ventre ch’aprir fece, il
, e ne die cura Ad Ino, una sua zia, che cura n’ebbe, La qual, sebben
di
Gluno avea paura. Non mancò al nipotin di quel ch
ura n’ebbe, La qual, sebben di Gluno avea paura. Non mancò al nipotin
di
quel che debbe : Alle ninfe Niselde il diè di not
a. Non mancò al nipotin di quel che debbe : Alle ninfe Niselde il diè
di
notte, Ch’ascoso il nutrir poi nelle lor grotte.
nutrir poi nelle lor grotte. Ovidio. — Metamorfosi. Libro III trad.
di
Dell’ Anguillara. Quando il tempo della sua nasc
eo, per essersi opposto alle solenni oscenità dei suoi riti ; trionfò
di
tutt’i suoi nemici, ed uscì sempre vincitore dai
ai mortali pericoli a cui lo esponeva del continuo l’implacabile odio
di
Giunone ; dappoichè questa Dea non si limitava so
chè questa Dea non si limitava solamente a vendicarsi delle concubine
di
suo marito, ma faceva ricadere le sue terribili v
ielo, Bacco, trasformato in leone, combattè coraggiosamente al fianco
di
suo padre e fu ritenuto dopo Giove come il più po
lta a cavalcioni d’una botte con una coppa nelle mani e inghirlandolo
di
pampini ; talvolta su di un carro tirato da tigri
tte con una coppa nelle mani e inghirlandolo di pampini ; talvolta su
di
un carro tirato da tigri o da pantere ; e spesso
n carro tirato da tigri o da pantere ; e spesso finalmente circondato
di
amori, di baccanti e di satiri, e con un tirso ne
rato da tigri o da pantere ; e spesso finalmente circondato di amori,
di
baccanti e di satiri, e con un tirso nelle mani,
o da pantere ; e spesso finalmente circondato di amori, di baccanti e
di
satiri, e con un tirso nelle mani, in atto di far
di amori, di baccanti e di satiri, e con un tirso nelle mani, in atto
di
far scaturire del vino da una fontana. Questo fu
e a sostegno delle nostre vite. Ovidio. — Metamorfosi Lib. III trad.
di
dell’ Anguillara. Fra i molti animali che si sac
tare che il vino fa parlare indiscretamente. A maggiore delucidaziene
di
questo personaggio della cronaca mitologica, noi
chi dei nostri lettori un parallelo storico, che, secondo le opinioni
di
alcuni fra i più rinomati scrittori della Favola,
come il Vossio, il P. Tomasino e Mons. Huet, emerge dalla simiglianza
di
Bacco, divinità pagana, e la sacra e biblica figu
la simiglianza di Bacco, divinità pagana, e la sacra e biblica figura
di
Mosè, il legislatore d’ Israello. Questo parallel
o ora all’attenzione dei nostri lettor, gioverà allo strenuo sviluppo
di
una delle idee informatrici di questo lavoro ; qu
lettor, gioverà allo strenuo sviluppo di una delle idee informatrici
di
questo lavoro ; quella cioè, della esistenza non
ici in tutte le religioni, miti che noi dicemmo propri ed individuali
di
esse, ma della trasmissione, o direm quasi della
losa. Giove stesso gli fece da madre. Fu ritrovato esposto nell’isola
di
Nasso, e questa congiuntura di essere salvato dal
madre. Fu ritrovato esposto nell’isola di Nasso, e questa congiuntura
di
essere salvato dalle acque gli fece dare. Il nome
esta congiuntura di essere salvato dalle acque gli fece dare. Il nome
di
Misas che vuol dire appunto, salvato dalle onde.
passò il Mar Rosso seguito, più che da un’armala, da un popolo intero
di
uomini, di donne, di fanciulli, di animali, ecc :
r Rosso seguito, più che da un’armala, da un popolo intero di uomini,
di
donne, di fanciulli, di animali, ecc : e mosse al
guito, più che da un’armala, da un popolo intero di uomini, di donne,
di
fanciulli, di animali, ecc : e mosse alla conquis
da un’armala, da un popolo intero di uomini, di donne, di fanciulli,
di
animali, ecc : e mosse alla conquista delle Indie
e corna e lo raffigura con un tirso fra le mani. Bacco fu allevato su
di
una montagna chiamata Nisa. MOSÈ nativo anch’egli
del Nilo, anch’egli fu salvato dalle onde, e da ciò gli viene il nome
di
Moisè perchè nella lingua Egiziana mo vuol dire a
seguiva, alla Terra Promessa. A Mosè splendono sulla fronte due raggi
di
luce e ha fra le mani la verga miracolosa, che op
prodigii soprannaturali. Mosè passò quaranta giorni sul monte Sinai,
di
cui la parola Nisa è in qualche modo l’anagramma.
V. Baccheo-Toro. 737. Bagoe. — Ninfa che insegnò agli Etrurii l’arte
di
predire il futuro, dallo strisciare delle folgori
e Bagoe fosse la stessa che la sibilla Eritrea. 738. Balana. — Figlia
di
una ninfa Amadriade e di Ossilo, il quale ebbe ot
he la sibilla Eritrea. 738. Balana. — Figlia di una ninfa Amadriade e
di
Ossilo, il quale ebbe otto figliuole femmine. 739
, dea del libertinaggio, aveva dei sacerdoti conosciuti sotto il nome
di
Bali, i quali si resero celebri per le loro infam
attirò loro la vendetta della stessa dea Cotitto. 740. Ballo. — Nome
di
uno dei cavalli di Achille. Omero dice che erano
detta della stessa dea Cotitto. 740. Ballo. — Nome di uno dei cavalli
di
Achille. Omero dice che erano immortali e figli d
di uno dei cavalli di Achille. Omero dice che erano immortali e figli
di
Zeffìro. 741. Bapto. — Uno dei sacerdoti Bali del
i di Zeffìro. 741. Bapto. — Uno dei sacerdoti Bali della dea Cotitto,
di
cui si celebravano le cerimonie durante la notte,
etto dei dadi. 743. Barbata. — Soprannome dato a Venere, che, sebbene
di
rado, veniva rappresentata con la barba, per dino
quali erano solamente sottomessi ai Druidi. 745. Basilea. — Figliuola
di
Urano e di Titea e sorella dei Titani. Si crede c
solamente sottomessi ai Druidi. 745. Basilea. — Figliuola di Urano e
di
Titea e sorella dei Titani. Si crede che sia la s
itani, gelosi della preferenza ottenuta da Iperione, uccisero i figli
di
Basilea, la quale impazzì pel dolore e con le chi
n le chiome disciolte, ballando e gridando, corse per le vie empiendo
di
compassione quanti la videro. Taluno si azzardò a
zò degli altari alla sua regina, e le offerì sacrificii allo strepito
di
tamburi e di timballi, in memoria di quanto era a
ri alla sua regina, e le offerì sacrificii allo strepito di tamburi e
di
timballi, in memoria di quanto era avvenuto. 746.
offerì sacrificii allo strepito di tamburi e di timballi, in memoria
di
quanto era avvenuto. 746. Basillisa. — I Tarantin
a vendemmialore. 748. Bassaridi. — Si chiamavano così le sacerdotesse
di
Bacco, più comunemente Baccanti. 749. Batea. — Fi
sacerdotesse di Bacco, più comunemente Baccanti. 749. Batea. — Figlia
di
Teceuro e moglie di Dardano. 750. Batone. — Fu il
o, più comunemente Baccanti. 749. Batea. — Figlia di Teceuro e moglie
di
Dardano. 750. Batone. — Fu il cocchiere di Anfiar
Figlia di Teceuro e moglie di Dardano. 750. Batone. — Fu il cocchiere
di
Anfiareo, a cui dopo la morte furono resi gli ono
asciò tentare, palesò il tutto, e Mercurio allora lo cangiò in pietra
di
paragone, la stessa che si adoperava per provare
o, che la tradizione mitologica ci ricorda come fondatore della città
di
Cirene, nella quale, dopo la morte, fu adorato co
enchè lenta. Mossa dalla pietà, dal santo aspetto. Cercò farla restar
di
sè contenta : E del vin, che nel suo povero tetto
de e con amor le pose innanzi. Ovidio. — Metamorfosi. Libro V. Trad.
di
Dell’ Anguillara. 753. Bauci. — Era una povera e
furono i soli che li ospitarono. Per ricompensarli, Giove ordinò loro
di
seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro
he li ospitarono. Per ricompensarli, Giove ordinò loro di seguirlo su
di
una montagna, e di là mostrò loro tutti gli abita
er ricompensarli, Giove ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e
di
là mostrò loro tutti gli abitanti della borgata,
meno la piccola panna, la quale era divenuta un tempio. Giove promise
di
conceder loro tutto che avessero dimandato ; ed e
er loro tutto che avessero dimandato ; ed essi altro non chiesero che
di
essere i ministri di quel tempio, e di non morire
ssero dimandato ; ed essi altro non chiesero che di essere i ministri
di
quel tempio, e di non morire l’uno senza dell’alt
ed essi altro non chiesero che di essere i ministri di quel tempio, e
di
non morire l’uno senza dell’altra. I loro voti fu
omporta lor la nova vesta. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VIII trad.
di
Dell’Anguillara. 754. Bebrici, — Popoli che sort
o dalla Tracia, per andarsi a stabilire nella Bitinia. Sotto pretesto
di
dare dei pubblici giuochi, essi, al dire di Lucan
a Bitinia. Sotto pretesto di dare dei pubblici giuochi, essi, al dire
di
Lucano, attiravano nelle foreste gran quantità di
ochi, essi, al dire di Lucano, attiravano nelle foreste gran quantità
di
spettatori e poi ne facevano un orrendo massacro.
va tendere l’infame tranello. 755. Beechi. — Gli abitanti della città
di
Mendes nell’Egitto, avevano in grande venerazione
izii poichè rappresentavano il loro dio Pane con la faccia e le gambe
di
becco, sotto il cui simbolo essi adoravano in lui
essi adoravano in lui il principio fecondatore della natura. Al dire
di
Pausania il becco era la cavalcatura ordinaria di
lla natura. Al dire di Pausania il becco era la cavalcatura ordinaria
di
Venere, poichè secondo il citato scrittore, la Ve
rappresentata a cavallo d’un becco terrestre, e la Venere del mare su
di
un becco marino. 756. Beelfegob. — V. Baal-Fegor.
el. — Il Giove dei Caldei, il quale, secondo la tradizione mitologica
di
quei popoli, aveva un tempio ove tutto era tenebr
la terra deserta ed inabitata, avesse imposto ad uno degli Dei minori
di
tagliare la propria testa, di mischiare il suo sa
avesse imposto ad uno degli Dei minori di tagliare la propria testa,
di
mischiare il suo sangue con la terra, e formarne
le, presso tutt’i popoli dell’antichità, conserva sempre qualche cosa
di
egualmente costante nella similitudine dell’idea
enominati il buono ed il cattivo genio ; Belbuc con la significazione
di
dio bianco e Zeomeeuc con quella di dio nero. 760
io ; Belbuc con la significazione di dio bianco e Zeomeeuc con quella
di
dio nero. 760. Beleno. — Gli abitanti della città
de le varie iscrizioni che sono state dissotterrate nelle circostanze
di
quell’antica città. Grutero fu il primo a pubblic
ca città. Grutero fu il primo a pubblicare una raccolta preziosissima
di
queste iscrizioni, le quali inseguito vennero par
te da M. della Torre, nella sua opera delle Antichità d’Anzio, e poro
di
poi dal canonico Bartoli, nelle Antichità di Aqui
ntichità d’Anzio, e poro di poi dal canonico Bartoli, nelle Antichità
di
Aquilea. Beleno presso i Galli era il nome col qu
tucadi. — V. Belatucadua. 762. Belidi. — Così avean nome le figliuole
di
Danao, conosciute comunemente sotto il nome di Da
vean nome le figliuole di Danao, conosciute comunemente sotto il nome
di
Danaidi. Veniva loro dato talvolta il nome di Bel
munemente sotto il nome di Danaidi. Veniva loro dato talvolta il nome
di
Belidi da Belo loro zio paterno. Belide era anche
Baal-Fegor. 766. Bellero. — Detto più comunemente Pireno. Fu fratello
di
Bellerofonte. 767. Bellino. — Soprannome che gli
iù grandi sacrifizii e le più sontuose feste. 768. Bellona. — Sorella
di
Marte e dea della guerra. Al dire di Virgilio, er
e feste. 768. Bellona. — Sorella di Marte e dea della guerra. Al dire
di
Virgilio, era essa che allestiva il carro e i cav
rra. Al dire di Virgilio, era essa che allestiva il carro e i cavalli
di
Marte, quando questi moveva alla battaglia. Secon
oi capelli sparsi e con gli occhi truci. 769. Bellonarii. — Sacerdoti
di
Bellona. Essi celebravano i riti e le feste di qu
ellonarii. — Sacerdoti di Bellona. Essi celebravano i riti e le feste
di
questa dea, pungendosi il corpo con le spade, e o
va i Bellonarii in grande considerazione. 770. Bellorofonte. — Figlio
di
Glauco re di Epiro. Un giorno essendo alla caccia
ii in grande considerazione. 770. Bellorofonte. — Figlio di Glauco re
di
Epiro. Un giorno essendo alla caccia uccise inavv
al suo onore. Preto, per non violare il diritto delle genti, non puni
di
sua mano Bellorofonte, ma lo mandò in Licia con u
rofonte, ma lo mandò in Licia con una lettera diretta a Lobate, padre
di
Antea, rimettendo a quest’ultimo la cura di far m
a diretta a Lobate, padre di Antea, rimettendo a quest’ultimo la cura
di
far morire il presentatore. Bellorofonte, giunto
r morire il presentatore. Bellorofonte, giunto nella Licia, avvertito
di
quanto si tremava contro di lui, montò il cavallo
llorofonte, giunto nella Licia, avvertito di quanto si tremava contro
di
lui, montò il cavallo Pegaseo, ed uccise la Chime
imera, mostro che Lobate gli avea ordinato combattere nell’intenzione
di
farlo morire. Gli furono inoltre suscitati contro
one di farlo morire. Gli furono inoltre suscitati contro una infinità
di
nemici dei quali egli trionfò sempre, rimanendo,
ali egli trionfò sempre, rimanendo, per valore e destrezza, vincitore
di
tutt’i pericoli ai quali lo si esponeva per vende
almente provatasi la sua innocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia
di
Lobate, la quale questi gli concesse in premio de
e eroiche azioni e della immeritata persecuzione. 771. Belo. — Figlio
di
Nettuno e di Libia, e re degli Assiri. Si rendeva
oni e della immeritata persecuzione. 771. Belo. — Figlio di Nettuno e
di
Libia, e re degli Assiri. Si rendevano gli onori
alla sua statua, che venne poi adorata anche dai Caldei sotto il nome
di
Baal. Vi fu anche un altro Belo che fu padre di D
Caldei sotto il nome di Baal. Vi fu anche un altro Belo che fu padre
di
Danao re d’Egitto. Belo fu similmente il nome di
ro Belo che fu padre di Danao re d’Egitto. Belo fu similmente il nome
di
un re di Tiro e della Fenicia, che fu padre di Pi
he fu padre di Danao re d’Egitto. Belo fu similmente il nome di un re
di
Tiro e della Fenicia, che fu padre di Pigmalione
fu similmente il nome di un re di Tiro e della Fenicia, che fu padre
di
Pigmalione e d’Elissa, soprannominata Didone. Bel
li le innalzarono un tempio che fu il più ricco, sontuoso e magnifico
di
tutti i tempi del Paganesimo. La tradizione favol
pi del Paganesimo. La tradizione favolosa ricorda che la famosa Torre
di
Babele non avendo potuto servire al disegno di co
da che la famosa Torre di Babele non avendo potuto servire al disegno
di
coloro che l’intrapresero, fu convertita nel temp
ire al disegno di coloro che l’intrapresero, fu convertita nel tempio
di
Belo. I re di Babilonia tutti l’abbellirono e l’a
di coloro che l’intrapresero, fu convertita nel tempio di Belo. I re
di
Babilonia tutti l’abbellirono e l’arricchirono su
cessivamente d’immensi tesori. Serse, al ritorno della funesta guerra
di
Grecia, lo demoli interamente senza rimanerne ves
ata a questo dio perchè la sua statua, sempre sanguinosa, era coperta
di
mosche. 773. Bendide. — Divinità dei Tracii. Era
che la Diana dei Greci e dei Romani. 774. Bendidie. — Feste in onore
di
Diana Bendide, le quali avevano molta somiglianza
lebrate nella città Pirea, presso Atene. 775. Benilucio. — Soprannome
di
Giove da un luogo presso Flavigni nella Borgogna,
un luogo presso Flavigni nella Borgogna, dove fu ritrovata una statua
di
questo dio, rappresentato sotto la figura d’un gi
e fosse qualche eroe dell’antica Roma. 777. Bergioso. — Uno dei figli
di
Nettuno che fu ucciso da Ercole. 778. Berecinta o
contrada vi era un monte chiamato Berecinto. 781. Berenice. — Moglie
di
Tolomeo Evergete, la quale aveva una magnifica ca
tura, che ella recise ed offrì agli dei, per la prosperità delle armi
di
suo marito. Tolomeo fu profondamente commosso da
armi di suo marito. Tolomeo fu profondamente commosso da questa prova
di
attaccamento, per modo che, qualche giorno dopo,
one o Conon, prese da ciò occasione per insinuarsi nelle buone grazie
di
Tolomeo e di Berenice, sostenendo che i capelli d
prese da ciò occasione per insinuarsi nelle buone grazie di Tolomeo e
di
Berenice, sostenendo che i capelli di lei fossero
nelle buone grazie di Tolomeo e di Berenice, sostenendo che i capelli
di
lei fossero stati trasportati in cielo. Tutti pre
arono fede a quanto asseriva Conone, e da quel tempo si dette il nome
di
chioma di Berenice alle sette stelle, che formano
a quanto asseriva Conone, e da quel tempo si dette il nome di chioma
di
Berenice alle sette stelle, che formano la costel
del Berenicèo vertice chioma Chiaro fulgente……. Catullo. — La chioma
di
Berenice. trad. di Ugo Foscolo 782. Beroe. — Ve
ce chioma Chiaro fulgente……. Catullo. — La chioma di Berenice. trad.
di
Ugo Foscolo 782. Beroe. — Vecchia donna d’Epida
enice. trad. di Ugo Foscolo 782. Beroe. — Vecchia donna d’Epidauro,
di
cui Giunone prese la figura per ingannare Semele,
io letto ? In queste mura Una figlia del tempo, una mortale, Un atomo
di
polve osa rapirmi Dalle braccia il Tonante ? Inca
ia il Tonante ? Incatenarlo Nel poter de’suoi vezzi ?….. …………… ……… or
di
terrene Sembianze, o mia divinità, ti cela. Schi
Sembianze, o mia divinità, ti cela. Schiller. — Semele Traged. trad.
di
A. Maffei. Non pria da se la dea la nube sgombr
ged. trad. di A. Maffei. Non pria da se la dea la nube sgombra. Che
di
forma senil tutta si veste : Fa bianco il crin, d
nube sgombra. Che di forma senil tutta si veste : Fa bianco il crin,
di
color morto adombra Il volto, e crespe fa le guan
ella veste Dà, ch’una vecchia balia oggi usa ed ave, Che tien del cor
di
Semele la chiave. Ovidio. — Metamorf. libro III.
en del cor di Semele la chiave. Ovidio. — Metamorf. libro III. trad.
di
Dell’Anquillara. Vi fu un’altra Beroe figlia del
i Dell’Anquillara. Vi fu un’altra Beroe figlia dell’Oceano e sorella
di
Elio. 783. Besa. — Divinità Egiziana, particolarm
— Soprannome dei Coribanti, sacerdoti che presero cura dell’infanzia
di
Giove. 785. Bettille. — Così venivano nominate al
minate alcune pietre, che si credevano animate e dotate della facoltà
di
dare degli oracoli. Erano rotonde e di media gran
animate e dotate della facoltà di dare degli oracoli. Erano rotonde e
di
media grandezza. In Grecia era generale credenza
e credenza che la pietra detta Abadir, divorata da Saturno, fosse una
di
queste. Boccart, nelle sue opere, trae l’origine
elle sue opere, trae l’origine delle Bettille dalla pietra misteriosa
di
Giacobbe sulla quale mentre egli riposava, ebbe u
ale mentre egli riposava, ebbe una visione. È questo il famoso altare
di
Betel di cui facemmo menzione nello studio prelim
e egli riposava, ebbe una visione. È questo il famoso altare di Betel
di
cui facemmo menzione nello studio preliminare che
io preliminare che precede questo ristretto. 786. Beza. — Nella città
di
Abide posta all’estrema punta della Tebaide, vi e
ttà di Abide posta all’estrema punta della Tebaide, vi era un oracolo
di
questa divinità, che rispondeva per mezzo di alcu
baide, vi era un oracolo di questa divinità, che rispondeva per mezzo
di
alcuni biglietti suggellati. La tradizione raccon
radizione racconta che furono spediti all’imperatore Costanzo, alcuni
di
questi biglietti, trovati nel tempio del dio Beza
tto fare un minuto ed accurato esame, facesse incarcerare buon numero
di
persone. Forse in quei biglietti era rivelato un
e. Forse in quei biglietti era rivelato un qualche importante segreto
di
stato, e le fila di una cospirazione. 787. Bianor
lietti era rivelato un qualche importante segreto di stato, e le fila
di
una cospirazione. 787. Bianor. — Detto anche Oeno
le fila di una cospirazione. 787. Bianor. — Detto anche Oeno, figlio
di
Tiberisa e di Manto : egli fondò la città di Mant
a cospirazione. 787. Bianor. — Detto anche Oeno, figlio di Tiberisa e
di
Manto : egli fondò la città di Mantova, alla qual
Detto anche Oeno, figlio di Tiberisa e di Manto : egli fondò la città
di
Mantova, alla quale dette questo nome in memoria
li fondò la città di Mantova, alla quale dette questo nome in memoria
di
quello del padre suo. Vi fu anche un principe Tro
o bibere che significa bere, ed edere, mangiare. 789. Bibli. — Figlia
di
Mileto e della Ninfa Ciane. Innamoratasi perdutam
li. — Figlia di Mileto e della Ninfa Ciane. Innamoratasi perdutamente
di
Cauno, suo fratello, nè avendo potuto piegarlo al
n puri irriga e liquidi cristalli. Ovidio Metamorfosi libro IX trad.
di
Dell’Anguillara. 790. Biblosa o Bibio. — Città d
ittà della Fenicia, ove Venere aveva un tempio : da ciò il soprannome
di
Biblosa a quella dea, e più comunemente quello di
a ciò il soprannome di Biblosa a quella dea, e più comunemente quello
di
Biblia. 791. Bibratte. — Antica città degli Eduen
uello di Biblia. 791. Bibratte. — Antica città degli Edueni, che oggi
di
si crede essere la stessa conosciuta sotto il nom
dueni, che oggi di si crede essere la stessa conosciuta sotto il nome
di
Autim. È generale credenza che un tal nome fosse
i sagrificava un agnella ; ed il luogo divenuto sacro, veniva recinto
di
una palizzata, per impedire che vi si caminasse.
96. Bieunio. — Uno dei sacerdoti Coribanti o Cureti, che presero cura
di
Giove. Da questo Bieunio si dà talvolta questo so
segnato da una bilancia, che la tradizione favolosa dice esser quella
di
Astrea, dea della giustizia, la quale al comincia
lla di Astrea, dea della giustizia, la quale al cominciare del secolo
di
ferro abbandonò la terra. 799. Bimatere. — Ossia
andonò la terra. 799. Bimatere. — Ossia che ha due madri : soprannome
di
Bacco a cui Giove fece da madre dopo la morte di
e madri : soprannome di Bacco a cui Giove fece da madre dopo la morte
di
Semele. — V. Bacco. 800. Bipennifero. — Così veni
Tracia. Alcuni scrittori dicono che tal nome gli venisse dalla scure
di
cui egli si servì per recidersi le gambe. È quest
mbe. È questa una opinione poco accreditata. 801. Bisalpisa. — Figlia
di
Bisalto ; fu una delle mogli di Nettuno. Più comu
accreditata. 801. Bisalpisa. — Figlia di Bisalto ; fu una delle mogli
di
Nettuno. Più comunemente è conosciuta sotto il no
na delle mogli di Nettuno. Più comunemente è conosciuta sotto il nome
di
Teofane. 802. Biscia. — Rettile consacrato a Dian
rticolarmente a quella dea, la quale per vendicarsi suscitò nel campo
di
lui una terribile pestilenza e ottenne da Eolo la
za e ottenne da Eolo la sospensione dei venti, onde impedire ai Greci
di
andare a Troia. Tutte queste sventure durarono fi
ale, si dice, Diana salvasse. I Troiani anch’essi uccisero una biscia
di
Diana, e ciò fu causa della disastrosa guerra che
che essi dovettero sostenere contro i Rutuli. 803. Bistone. — Figlio
di
Marte e di Calliroe. Edificò una città della Trac
ovettero sostenere contro i Rutuli. 803. Bistone. — Figlio di Marte e
di
Calliroe. Edificò una città della Tracia, a cui d
4. Bistonidi. — Donne della Tracia e probabilmente della stessa città
di
cui è menzione nell’articolo precedente. Orazio d
acia cra dinotato con questo soprannome. 806. Bisultore. — Soprannome
di
Marte, che significa due volle vendicatore. 807.
che significa due volle vendicatore. 807. Bitia. — Troiano, fratello
di
Pandaro e seguace di Enea. 808. Bittone. — Fratel
lle vendicatore. 807. Bitia. — Troiano, fratello di Pandaro e seguace
di
Enea. 808. Bittone. — Fratello di Cleobe. Entramb
iano, fratello di Pandaro e seguace di Enea. 808. Bittone. — Fratello
di
Cleobe. Entrambi si resero celebri per la pietà v
eroici. Erodoto racconta che dovendo la madre loro recarsi al tempio
di
Giunone su di un carro tirato da buoi, questi ani
to racconta che dovendo la madre loro recarsi al tempio di Giunone su
di
un carro tirato da buoi, questi animali tardarono
fare aspettare la madre tirarono essi stessi il carro per uno spazio
di
45 stadii di terreno. Giunti al tempio, tutti gli
re la madre tirarono essi stessi il carro per uno spazio di 45 stadii
di
terreno. Giunti al tempio, tutti gli astanti feli
orte come il sommo dei beni a cui l’uomo possa agognare. Gli abitanti
di
Argos, ove accadde l’evento eressero a Bittone e
’evento eressero a Bittone e Cleobe due statue, che posero nel tempio
di
Delfo. 809. Bizeno. — Figlio di Nettuno. Egli si
obe due statue, che posero nel tempio di Delfo. 809. Bizeno. — Figlio
di
Nettuno. Egli si rese celebre per la estrema fran
e gli Ateniesi celebravano in commemorazione d’una vittoria, nel mese
di
agosto, a cui nella lingua d’Atene si dava il nom
toria, nel mese di agosto, a cui nella lingua d’Atene si dava il nome
di
βονδρομιον. Queste feste prendevano il nome da βο
o a Saturno. 813. Bolina. — Ninfa che per sottrarsi alle persecuzioni
di
Apollo si precipitò in mare. Il nume, mosso a com
compassione, la salvò e la rese immortale. 814. Bolomancia. — Specie
di
divinazione che si eseguiva con delle frecce. Eze
che si eseguiva con delle frecce. Ezechiello ne fa menzione parlando
di
Nabuccodonosor. 815. Boopide. — Dal greco Βους, b
817. Borea. — Vento del settentrione : la favola lo fa essere figlio
di
Astrea e di Eribeo. La tradizione mitologica racc
— Vento del settentrione : la favola lo fa essere figlio di Astrea e
di
Eribeo. La tradizione mitologica racconta che app
ne mitologica racconta che appena divenuto adulto rapì Oritia, figlia
di
Oricteo, dalla quale ebbe due figli Calaide e Zet
la preda al patrio albergo. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VI. trad.
di
Dell’Anguillara. Gli abitanti di Megalopoli lo a
o. — Metamorfosi. — Libro VI. trad. di Dell’Anguillara. Gli abitanti
di
Megalopoli lo avevano in grande venerazione e gli
gli rendevano onori divini. Egli si trasformò in cavallo e per mezzo
di
questa metamorfosi procurò a Dardano 12 poledri,
ledri, i quali correvano con tanta velocità che sorpassavano un campo
di
spighe senza curvarle, e traversavano la superfic
i teneri puledri allegre madri Le convalli pascean. Innamorossi Borea
di
loro, e di destrier morello Presa la forma, alqua
ledri allegre madri Le convalli pascean. Innamorossi Borea di loro, e
di
destrier morello Presa la forma, alquante ne comp
e volavano de’flutti Senza toccarli……… Omero Iliade — Libro XX trad.
di
Vinc. Monti I Poeti dipingono Borea con le ali
piedi ed alle spalle per mostrare, la sua leggerezza e con la figura
di
un uomo giovane avvolto in un mantello. 818. Bore
ne avvolto in un mantello. 818. Boreadi. — Nome patronimico dei figli
di
Borea. 819. Boschi sacri. — I pagani avevano in g
I pagani avevano in grande venerazione le foreste : non v’era tempio
di
qualche importanza che non avesse un bosco consac
egualmente logico che lo stesso Iddio proibisse per sempre la nascita
di
un uomo in uno dei suoi sacri recinti. Lo stesso
n uno dei suoi sacri recinti. Lo stesso autore fa similmente menzione
di
un bosco sacro dedicato ad Apollo nell’isola di C
a similmente menzione di un bosco sacro dedicato ad Apollo nell’isola
di
Claro ; ove non fu mai ritrovato un animale velen
cevano tranquillamente l’erbe del bosco. 820. Branchide. — Soprannome
di
Apollo che a lui veniva da un tempio che egli fec
Apollo che a lui veniva da un tempio che egli fece innalzare in onore
di
un giovanetto per nome Branco, che quel nume ebbe
o, che quel nume ebbe estremamente caro durante la vita : i sacerdoti
di
quel tempio furono detti Branchidi. 821. Braurona
ona. — Città dell’Attica, ove Ifigenia trasportò da Tauride la statua
di
Diana, la quale venne deposta in un tempio fabbri
abbricato da Oreste. Ifigenia fu la più celebrata fra le sacerdotesse
di
questo tempio, ove dopo la sua morte, le furono r
morte, le furono resi gli onori divini. 822. Brauronia. — Soprannome
di
Diana che le veniva da un tempio ch’ella aveva ne
rannome di Diana che le veniva da un tempio ch’ella aveva nella città
di
Braurona. V. l’articolo precedente. 823. Briareo.
dice che aveva cento braccia e cinquanta teste : da ciò il soprannome
di
centimano. Di questo favoloso gigante dice il Mon
entimano. Di questo favoloso gigante dice il Monti : Un’ altra furia
di
più acerba faccia Che in Flegra già del cielo ass
più acerba faccia Che in Flegra già del cielo assalse il muro E armò
di
Briareo le cento braccia. Monti — Bascilliana C.
l gran Centimano Che dagli Dei nomato é Briaréo. Da’mortali Egèone, e
di
fortezza Lo stesso genitor vincea d’assai. Omero
ortezza Lo stesso genitor vincea d’assai. Omero — Iliade L. I. trad.
di
V. Monti. La verità nascota sotto questo simbolo
incipe Titano, formidabile guerriero, che comandava un numeroso corpo
di
truppe. 824. Brimo. — Divinità infernale, comunem
le, comunemente ritenuta la stessa che Ecate. 825. Brise. — Sacerdote
di
Giove e padre di Briseide. 826. Briseide. — Nome
itenuta la stessa che Ecate. 825. Brise. — Sacerdote di Giove e padre
di
Briseide. 826. Briseide. — Nome patronimico d’Ipp
re di Briseide. 826. Briseide. — Nome patronimico d’Ippodomia, figlia
di
Brise, sacerdote di Giove, di cui nell’articolo p
Briseide. — Nome patronimico d’Ippodomia, figlia di Brise, sacerdote
di
Giove, di cui nell’articolo precedente. Durante l
— Nome patronimico d’Ippodomia, figlia di Brise, sacerdote di Giove,
di
cui nell’articolo precedente. Durante l’assedio d
acerdote di Giove, di cui nell’articolo precedente. Durante l’assedio
di
Troia, Achille avendo espugnata la città di Litne
edente. Durante l’assedio di Troia, Achille avendo espugnata la città
di
Litnessa, ebbe da Agamennone fra le altre prede d
città di Litnessa, ebbe da Agamennone fra le altre prede del bottino
di
guerra, la giovinetta Briseide ; ma poi Agamennon
e’suoi sudori, e ancor lo ti ritieni. Omero — Iliade Libro IX. trad.
di
V. Monti. Achille allora, altamente sdegnato, n
più combattere nelle file dei Greci contro i Troiani, ma poi la morte
di
Patroclo, suo intimo e carissimo amico, indusse A
sse Achille a prendere nuovamente le armi, e a vendicare con la morte
di
Ettore (il cui cadavere egli trascinò legato al s
ere egli trascinò legato al suo carro per tre volte intorno alle mura
di
Troia) quella dell’amico suo. 827. Briseo. — Sopr
alle mura di Troia) quella dell’amico suo. 827. Briseo. — Soprannome
di
Bacco a lui dato dall’invenzione che gli si attri
Soprannome di Bacco a lui dato dall’invenzione che gli si attribuisce
di
schiacciar l’uva per estrarne il vino. 828. Brisi
ani dei Lacedemoni. Dopo la sua morte gli fu innalzata dagli abitanti
di
Anfipoli una ricchissima tomba e furono celebrate
dette Brisidee o Brasidee. 829. Britomarte o Britormati. — Figliuola
di
Giove, la quale, per sottrarsi alle persecuzioni
mati. — Figliuola di Giove, la quale, per sottrarsi alle persecuzioni
di
Minos, si precipitò in mare e fu alla preghiera d
alle persecuzioni di Minos, si precipitò in mare e fu alla preghiera
di
Diana messa nel numero delle immortali. 830. Brit
Brizo. — Dea che presiedeva a sogni. 832. Bromio. — Altro soprannome
di
Bacco. 833. Bromuso. — Uno dei centauri ucciso da
escar l’aspre saette a Giove. Virgilio — Eneide — libro VIII trad.
di
A. Caro 835. Bronteo. — Dalla parola greca Βριν
a Giove, come padrone dei fulmini e dei tuoni. 836. Broteo. — Figlio
di
Vulcano e di Minerva. La Favola racconta che, non
e padrone dei fulmini e dei tuoni. 836. Broteo. — Figlio di Vulcano e
di
Minerva. La Favola racconta che, non potendo sopp
avola racconta che, non potendo sopportare gl’insulti e le derisioni,
di
cui si vedeva fatto continuo bersaglio, a causa d
ma bruttezza, si gettò nel monte Etna. 837. Brumali. — Feste in onore
di
Bacco. Si celebravano il 24 di novembre e duravan
e Etna. 837. Brumali. — Feste in onore di Bacco. Si celebravano il 24
di
novembre e duravano un mese. 838. Bubaste. — Sott
sì fu detto che Diana si fosse cangiata in quell’animale. Nella città
di
Eubaste si aveva in grande venerazione la Dea Bub
una delle principali dell’Egitto, e che richiamava un numero immenso
di
forestieri. 839. Bubona. — Dea che s’invocava per
e degli armenti. 840. Bucentauro. — Si dava questo nome ad una specie
di
Centauro, che invece di avere la parte inferiore
centauro. — Si dava questo nome ad una specie di Centauro, che invece
di
avere la parte inferiore di cavallo, l’aveva di b
ome ad una specie di Centauro, che invece di avere la parte inferiore
di
cavallo, l’aveva di bue. 841. Bucolione. — Figlio
Centauro, che invece di avere la parte inferiore di cavallo, l’aveva
di
bue. 841. Bucolione. — Figlio di Laumedonte — V.
parte inferiore di cavallo, l’aveva di bue. 841. Bucolione. — Figlio
di
Laumedonte — V. Abarbarea. 842. Bucorno. — V. Bic
V. Abarbarea. 842. Bucorno. — V. Bicornide. 843. Budea. — Soprannome
di
Minerva, come Budeo era quello di Giove. 844. Buo
Bicornide. 843. Budea. — Soprannome di Minerva, come Budeo era quello
di
Giove. 844. Buona-Dea. — Discorde è l’opinione de
d altri Cibele. Plutarco la confonde con Flora ; Varrone la fa moglie
di
Fauno, e dice ch’ella fu per tutta la vita l’esem
niugale. Lattanzio, nelle sue cronache, racconta invece che la moglie
di
Fauno, avendo contro l’uso dei tempi bevuto del v
’uso dei tempi bevuto del vino, fosse dal marito fatta morire a colpi
di
verga ; ma che poi, rinvenuto da quella specie di
atta morire a colpi di verga ; ma che poi, rinvenuto da quella specie
di
ebbrezza di furore, Fauno piangesse amaramente la
a colpi di verga ; ma che poi, rinvenuto da quella specie di ebbrezza
di
furore, Fauno piangesse amaramente la morte della
le Dee. La festa della Buona-Dea veniva celebrata ogni anno nel primo
di
Maggio ; la cerimonia veniva fatta durante la not
si celebrava e gli appartamenti illuminando con uno sterminato numero
di
torce. I Cartaginesi avevano anch’essi una loro B
one. 845. Buonie. — Feste nelle quali si sacrificavano un gran numero
di
buoi : venivano celebrate in Atene in onore di Gi
icavano un gran numero di buoi : venivano celebrate in Atene in onore
di
Giove Polieno. 846. Buoni-Eventi. — Vale a dire a
che per aver scolpito la prima statua della Fortuna per gli abitatori
di
Smirne. Plinio nelle sue opere ne fa menzione com
ri di Smirne. Plinio nelle sue opere ne fa menzione come d’un artista
di
merito eminente, e narra di lui che avendo gli ab
ue opere ne fa menzione come d’un artista di merito eminente, e narra
di
lui che avendo gli abitanti di Scio ordinata una
un artista di merito eminente, e narra di lui che avendo gli abitanti
di
Scio ordinata una Diana, egli l’avesse fatta coll
851. Buphago. —Soprannome dato ad Ercole perchè vuol dire mangiatore
di
buoi — Vedi Adefago. 852. Buraico. — vedi Baraico
— Vedi Adefago. 852. Buraico. — vedi Baraico. 853. Busiride. — Figlio
di
Nettuno e di Lidia. Egli fu uno dei più crudeli s
o. 852. Buraico. — vedi Baraico. 853. Busiride. — Figlio di Nettuno e
di
Lidia. Egli fu uno dei più crudeli sovrani dell’E
la. La barbara superstizione del popolo, faceva ad Osiride sacrificio
di
umane vittime, cosicchè le are di questa truce di
opolo, faceva ad Osiride sacrificio di umane vittime, cosicchè le are
di
questa truce divinità, grondavano sempre di sangu
vittime, cosicchè le are di questa truce divinità, grondavano sempre
di
sangue. 854. Bute. — Città dell’Egitto, celebre s
4. Bute. — Città dell’Egitto, celebre secondo Strabone per un oracolo
di
Latona. 855. Buteo. — Figlio di Borea. Egli fu co
lebre secondo Strabone per un oracolo di Latona. 855. Buteo. — Figlio
di
Borea. Egli fu costretto ad abbandonare gli stati
ano i Baccanali e rapì Iffimedia, Paneratise e Coronide, sacerdotesse
di
Bacco. Buteo tenne per se Coronide, ma Bacco, di
ronide, sacerdotesse di Bacco. Buteo tenne per se Coronide, ma Bacco,
di
cui ella era stata nutrice, ispirò al rapitore un
co, di cui ella era stata nutrice, ispirò al rapitore un tale accesso
di
rabbia, che questi si precipitò in un pozzo. Altr
. Si trovano nella Favola diversi altri personaggi noti sotto il nome
di
Buteo, fra i quali un trojano, ucciso da Camillo,
trojano, ucciso da Camillo, un sacerdote, un argonauta, ed un figlio
di
Pandione, re d’Atene, al quale venivano offerti d
C 857. Caante. — Figlio dell’Oceano. Avendogli suo padre ordinato
di
perseguitare Apollo, il quale aveva rapita sua so
bosco consacrato a quel Dio, il quale, per punirlo, lo uccise a colpi
di
frecce. 858. Caballina. — Fontana che aveva la su
che al dire degli scrittori più rinomati della Favola, era il cavallo
di
cui si servivano le Muse ed Apollo. 859. Cabarnid
e ed Apollo. 859. Cabarnide. — Si chiamava così l’isola Paro, a causa
di
certo Cabarno, pastore nativo di quella, il quale
chiamava così l’isola Paro, a causa di certo Cabarno, pastore nativo
di
quella, il quale svelò a Cerere il ratto di sua f
o Cabarno, pastore nativo di quella, il quale svelò a Cerere il ratto
di
sua figlia Proserpina, consumato da Plutone. 860.
sua figlia Proserpina, consumato da Plutone. 860. abarno. — Sacerdote
di
Cerere, nell’isola di Paro. Era anche cosi chiama
consumato da Plutone. 860. abarno. — Sacerdote di Cerere, nell’isola
di
Paro. Era anche cosi chiamato il pastore di cui n
ote di Cerere, nell’isola di Paro. Era anche cosi chiamato il pastore
di
cui nell’articolo precedente. 861. Cabira. — Figl
ato il pastore di cui nell’articolo precedente. 861. Cabira. — Figlia
di
Proteo : fu una delle mogli di Vulcano. 862. Cabi
colo precedente. 861. Cabira. — Figlia di Proteo : fu una delle mogli
di
Vulcano. 862. Cabiri. — Divinità che venivano ado
nità che venivano adorate con un culto tetro e misterioso, nell’isola
di
Samotracia. Avevano diversi nomi, come : Osiride,
Plutone, Proserpina e Cerere, alle quali si dava il nome complessivo
di
Dei Cabiri. Anche nella Fenicia vi erano delle Di
vocabolo per denotare gli Dei in generale. 863. Cabiria. — Soprannome
di
Cerere. 864. Cabiridi. — Furono così denotate le
rannome di Cerere. 864. Cabiridi. — Furono così denotate le figliuole
di
Vulcano e di Cabira. V. Carira. 865. Cabirie. — F
rere. 864. Cabiridi. — Furono così denotate le figliuole di Vulcano e
di
Cabira. V. Carira. 865. Cabirie. — Feste in onore
iri. Da principio queste cerimonie venivano celebrate solo nell’isola
di
Lenno, poi passarono nella Samotracia e finalment
o era celebre in Faselide, città delle Panfilia. 867. Caca. — Sorella
di
Caco. Si pretende ch’ella avesse palesato il furt
e perciò avesse meritato gli onori divini. 868. Cachomedusa. — Moglie
di
Ercesio. Fu madre di Laerte e avola di Ulisse. 86
ato gli onori divini. 868. Cachomedusa. — Moglie di Ercesio. Fu madre
di
Laerte e avola di Ulisse. 869. Caco. — Famoso lad
ni. 868. Cachomedusa. — Moglie di Ercesio. Fu madre di Laerte e avola
di
Ulisse. 869. Caco. — Famoso ladro, figlio di Vulc
madre di Laerte e avola di Ulisse. 869. Caco. — Famoso ladro, figlio
di
Vulcano. Egli dimorava nelle circostanze del mont
fatto ; ma passando Ercole col resto dell’armento d’innanzi all’antro
di
Caco, gli animali da questo involati si dettero a
nimali, dopo aver ucciso il ladro. Quegli è Caco, Che sotto il sasso
di
monte Aventino. Di sangue fece spesse volte laco.
Cadmia. — Pietra che veniva fusa col rame rosso, per farne una specie
di
metallo di coloro giallognolo. Questa pietra, la
ietra che veniva fusa col rame rosso, per farne una specie di metallo
di
coloro giallognolo. Questa pietra, la cui scopert
o. Questa pietra, la cui scoperta si attribuisce a Cadmo, fu dal nome
di
lui detta Cadmea. 872. Cadmeo. — Detto anche Cadm
ui detta Cadmea. 872. Cadmeo. — Detto anche Cadmejo, nome patronimico
di
Cadmo, fondatore di Tebe. 873. Cadmia. V. Cadmea.
. Cadmeo. — Detto anche Cadmejo, nome patronimico di Cadmo, fondatore
di
Tebe. 873. Cadmia. V. Cadmea. 874. Cadmillo. V. C
a. V. Cadmea. 874. Cadmillo. V. Camillo. 875. Cadmo. — Fondatore e re
di
Tebe e figlio di Agenore e di Telefassa. Essendo
. Cadmillo. V. Camillo. 875. Cadmo. — Fondatore e re di Tebe e figlio
di
Agenore e di Telefassa. Essendo stata Europa rapi
. Camillo. 875. Cadmo. — Fondatore e re di Tebe e figlio di Agenore e
di
Telefassa. Essendo stata Europa rapita da Giove,
lefassa. Essendo stata Europa rapita da Giove, Agenore ordinò a Cadmo
di
rintracciarla e di non ritornare senza di lei. Ca
ata Europa rapita da Giove, Agenore ordinò a Cadmo di rintracciarla e
di
non ritornare senza di lei. Cadmo, prima di ubbid
ove, Agenore ordinò a Cadmo di rintracciarla e di non ritornare senza
di
lei. Cadmo, prima di ubbidire al comando paterno,
Cadmo di rintracciarla e di non ritornare senza di lei. Cadmo, prima
di
ubbidire al comando paterno, consultò l’oracolo d
lei. Cadmo, prima di ubbidire al comando paterno, consultò l’oracolo
di
Delfo, dal quale, invece dell’attesa risposta, eb
acolo di Delfo, dal quale, invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine
di
fabbricare una città nel luogo ove un bue l’avess
luogo ove un bue l’avesse condotto. Allora prese Cadmo la risoluzione
di
percorrere il mondo, e giunto nella Beozia, offer
ella Beozia, offerì un sagrifizio agli Dei, ordinando ai suoi seguaci
di
andare ad attingere l’acqua necessaria per l’offe
di andare ad attingere l’acqua necessaria per l’offerta alla fontana
di
Dirce ; ma i suoi compagni furono tutti divorati
agni furono tutti divorati da un drago. Minerva allora ordinò a Cadmo
di
combattere il mostro, ed avendolo egli ucciso, ne
o cinque rimasero fedeli a Cadmo e lo aiutarono ad edificare la città
di
Tebe, nel posto dove un bue, ch’egli conduceva co
uceva con sè si era fermato, compiendosi così il dettato dell’oracolo
di
Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e di
si così il dettato dell’oracolo di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia
di
Venere e di Marte, la quale lo rese padre di Seme
ettato dell’oracolo di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e
di
Marte, la quale lo rese padre di Semele, Ino, Aut
mo sposò Ermione, figlia di Venere e di Marte, la quale lo rese padre
di
Semele, Ino, Autoneo e Agave. Avendo novellamente
ibil rende : Pur si volge alla moglie, e dir s’arrischia : Ma in vece
di
parlar sibila e fischia. ………….. Ecco a un tratto
propinqui boschi, e li si stanno. Ovidio Metamorfosi Libro IV trad.
di
Dell’Anguillara. 876. Caduceo. — Così veniva chi
ul monte Citerone due serpenti che combattevano fra loro, e gettò fra
di
essi la sua verga per separarli. Le due serpi si
iore del loro corpo veniva a formare un arco. Mercurio volle in segno
di
pace portar sempre a quel modo la sua baccchetta,
do la sua baccchetta, all’estremità della quale mise due ali in segno
di
rapidità. 877. Caducifero. — Ossia che porta il C
rapidità. 877. Caducifero. — Ossia che porta il Caduceo : soprannome
di
Mercurio. (vedi l’articolo precedente.) 878. Cafa
l’articolo precedente.) 878. Cafareo. — Famoso promontorio nell’isola
di
Eubea. 879. Cajetta o Cajbia. — Fu la nutrice di
omontorio nell’isola di Eubea. 879. Cajetta o Cajbia. — Fu la nutrice
di
Enea e dette il suo nome ed un promontorio della
E sepoltura alteramente eretta. Virgilio. — Eneide — libro VII trad.
di
A. Caro. 880. Caistrio o Caystrio. — Fu uno degl
di A. Caro. 880. Caistrio o Caystrio. — Fu uno degli eroi del popolo
di
Efeso : aveva un tempio ed un altare sulle rive d
882. Calabro. — V. Cabro. 883. Calaide e Zete. — Fratelli, figliuoli
di
Borea e di Oritia i quali, fecero insieme agli Ar
ro. — V. Cabro. 883. Calaide e Zete. — Fratelli, figliuoli di Borea e
di
Oritia i quali, fecero insieme agli Argonanti il
i furono uccisi da Ercole durante la celebrazione dei giuochi funebri
di
Pelia. Vengono rappresentati coi capelli di color
zione dei giuochi funebri di Pelia. Vengono rappresentati coi capelli
di
colore azzurro per indicare l’aria d’onde soffia
(V. Borea.) 884. Calasidie. — Feste celebrate nella Laconia, in onore
di
Diana. 885. Calcante. — Famoso indovino, figlio d
Laconia, in onore di Diana. 885. Calcante. — Famoso indovino, figlio
di
Testore, che seguì l’armata dei Greci all’assesed
dovino, figlio di Testore, che seguì l’armata dei Greci all’assesedio
di
Troja, ….. In piedi allora Di Testore il figliuo
de’Greci a Troia Avea scorte le navi….. Omero — Iliade libro I trad.
di
V. Monti. e predisse in Aulide, che quello sareb
arebbero stati favorevoli alle navi greche, se non dopo il sacrificio
di
Ifigenia figlia di Agamennone. Quando Troja fu es
revoli alle navi greche, se non dopo il sacrificio di Ifigenia figlia
di
Agamennone. Quando Troja fu espugnata, Calcante s
Quando Troja fu espugnata, Calcante si ritrasse a Colofone, ove morì
di
dolore, non avendo potuto predire ciò che Mopso,
o, aveva predetto. Così Calcante compì il suo destino, che era quello
di
morire quando avesse ritrovato un individuo più a
e era quello di morire quando avesse ritrovato un individuo più abile
di
lui. 886. Calchee o Calcie — Feste in onore di Vu
un individuo più abile di lui. 886. Calchee o Calcie — Feste in onore
di
Vulcano, celebrate dagli Ateniesi, per essersi tr
nore di Vulcano, celebrate dagli Ateniesi, per essersi trovata l’arte
di
porre in opera il rame. Questa parola deriva dal
deriva dal greco ϰαλϰος rame. 887. Calchiade o Calcieca. — Soprannome
di
Minerva (V. l’articolo seguente.) 888. Calchiadi
V. l’articolo seguente.) 888. Calchiadi a Calciecle. — Feste in onore
di
Minerva, la quale veniva anche detta Calciecia. 8
V. Calchiadi. 891. Calcieco. — V. Calchiade. 892. Calciope. — Figlia
di
Aete, re della Colchide : fu sorella di Medea e m
iade. 892. Calciope. — Figlia di Aete, re della Colchide : fu sorella
di
Medea e moglie di Frisso da cui ebbe molti figliu
e. — Figlia di Aete, re della Colchide : fu sorella di Medea e moglie
di
Frisso da cui ebbe molti figliuoli. Il padre di l
lla di Medea e moglie di Frisso da cui ebbe molti figliuoli. Il padre
di
lei, per impadronirsi dei tesori di Frisso, lo fe
ui ebbe molti figliuoli. Il padre di lei, per impadronirsi dei tesori
di
Frisso, lo fece assassinare ; onde ella, temendo
li ricondusse nella Colchide. Vi fu anche un’altra Calciope figliuola
di
Euripiele, re dell’isola di Cos. Ercole l’amò pas
. Vi fu anche un’altra Calciope figliuola di Euripiele, re dell’isola
di
Cos. Ercole l’amò passionatamente, e quest’amore
passionatamente, e quest’amore fu cagione della rovina della famiglia
di
lei ; imperocchè essendosi Euripilie ricusato di
ovina della famiglia di lei ; imperocchè essendosi Euripilie ricusato
di
aderire alle nozze dell’eroe con la figliuola, Er
e poi dette il suo nome alla Tessaglia. 893. Calendaria. — Soprannome
di
Giunone, che le veniva dai giorni delle Calende,
giorni delle Calende, a lei consacrati. 894. Calibea. — Sacerdotessa
di
Giunone. Alecto prese la figura di lei per presen
rati. 894. Calibea. — Sacerdotessa di Giunone. Alecto prese la figura
di
lei per presentarsi a Turno, re dei Rutuli. 895.
presentarsi a Turno, re dei Rutuli. 895. Calicea. — Una delle figlie
di
Eulo : fu moglie di Ezio e madre di Endimione. 89
, re dei Rutuli. 895. Calicea. — Una delle figlie di Eulo : fu moglie
di
Ezio e madre di Endimione. 896. Calicope. — Così
895. Calicea. — Una delle figlie di Eulo : fu moglie di Ezio e madre
di
Endimione. 896. Calicope. — Così veniva denominat
i Endimione. 896. Calicope. — Così veniva denominata la Venere, madre
di
Enea : fu figliuola d’Otrea e sposò Toade, re di
ata la Venere, madre di Enea : fu figliuola d’Otrea e sposò Toade, re
di
Lenno. Questi eresse gran numero di templi in ono
gliuola d’Otrea e sposò Toade, re di Lenno. Questi eresse gran numero
di
templi in onore della sua consorte in Pafo, in Am
i templi in onore della sua consorte in Pafo, in Amatunta, nell’isola
di
Cipro ed a Biblo nella Siria : istituì in suo ono
enatamente Calicope ed un giorno il marito lo sorprese fra le braccia
di
lei ; ma Bacco placò lo sdegno del tradito consor
di lei ; ma Bacco placò lo sdegno del tradito consorte, facendolo re
di
Cipro. 897. Calidone. — Città e foresta dell’Etio
ignale, conosciuto sotto l’istesso nome. 898. Calidonio. — Soprannome
di
Bacco preso dal culto che gli si rendeva nella ci
— Soprannome di Bacco preso dal culto che gli si rendeva nella città
di
Calidone. È opinione erronea, quantunque ripetuta
ue ripetuta da varii scrittori, il credere che sotto la denominazione
di
Eroe Calidonio volessero gli antichi dinotare Bac
mostruoso cignale (V. Calidone) e Calidonio perchè nativo della città
di
Calidone. 899. Calidonisa. — Così veniva denomina
Calidone. 899. Calidonisa. — Così veniva denominata Dejanira, moglie
di
Ercole, perchè nacque nella città di Calidone. 90
niva denominata Dejanira, moglie di Ercole, perchè nacque nella città
di
Calidone. 900. Calipso. — Ninfa, figlia del Giorn
Calipso. — Ninfa, figlia del Giorno, secondo alcuni ; e dell’Oceano e
di
Teti, secondo altri — Ella abitava l’isola di Ogi
lcuni ; e dell’Oceano e di Teti, secondo altri — Ella abitava l’isola
di
Ogigia, ove ospitò assai cortesemente Ulisse, get
nuare a viver con lei. 901. Calisto. — Detta anche Elicea : fu figlia
di
Licaone ed una delle ninfe del seguito di Diana.
ta anche Elicea : fu figlia di Licaone ed una delle ninfe del seguito
di
Diana. Giove, avendo presso per ingannarla la fig
e del seguito di Diana. Giove, avendo presso per ingannarla la figura
di
Diana, ne ebbe un figlio per nome Arcaso, al qual
scacciata dal suo seguito per essersi ella negata a spogliarsi prima
di
prendere il bagno. Giunone intanto, implacabile p
prima di prendere il bagno. Giunone intanto, implacabile persecutrice
di
tutte le amanti del suo divino consorte, cangiò C
L’antica mente sua sola ritenne. Ovidio — Metamor. — Lib. II trad.
di
Dell’Anguillara e Giove allora li trasportò ne
fu la grande orsa, e Arcaso la piccola, conosciuta pure sotto il nome
di
Boote. V. Boote. 902. Callianasse o Callianira.
Luogo della Focide ove le Baccanti si riunivano per danzare in onore
di
Bacco. Questo vocabolo deriva dal Greco Καλός, e
e di Bacco. Questo vocabolo deriva dal Greco Καλός, e ϰορίς radunanza
di
persone. 905. Calligenie. — Nutrice di Cerere, se
Greco Καλός, e ϰορίς radunanza di persone. 905. Calligenie. — Nutrice
di
Cerere, secondo alcuni scrittori, e Ninfa del suo
più generalizzata opinione è che Calligenie fosse uno dei soprannomi
di
Cerere stessa. 906. Calliope. — Una delle nove mu
poesia eroica. I poeti la rappresentano come una giovanetta coronata
di
lauro, adorna di flori, con un’aria maestosa, con
poeti la rappresentano come una giovanetta coronata di lauro, adorna
di
flori, con un’aria maestosa, con una tromba nella
o diritta, con un libro nella sinistra, e seguita da altre tre figure
di
donne, in cui l’allegoria favolosa vede la person
endo il tempo dei giuochi olimpici, a cui non era permesso alle donne
di
prender parte, si travestì da maestro degli eserc
ro celebrati i giuochi olimpici. 908. Callipica. — Uno dei soprannomi
di
Venere, che le veniva dalla bellezza fisica di un
. — Uno dei soprannomi di Venere, che le veniva dalla bellezza fisica
di
una parte del suo corpo. 909. Callirot. — Secondo
o. 909. Callirot. — Secondo Esiodo, fu figliuola dell’Oceano e moglie
di
Crisaore, che la rese madre di due mostri, uno de
odo, fu figliuola dell’Oceano e moglie di Crisaore, che la rese madre
di
due mostri, uno dei quali fu Gerione, famoso giga
tro Echidna. V. Crisaore e Echidna. 910. Callistee. — Feste in onore
di
Venere, nelle quali veniva conferito un premio al
Calpe. — Una delle due montagne conoscute nella Favola, sotto il nome
di
colonne di Ercole. 912. Calunnia. — Gli Ateniesi
a delle due montagne conoscute nella Favola, sotto il nome di colonne
di
Ercole. 912. Calunnia. — Gli Ateniesi ne avevano
Per altro gli scrittori più rinomati della Favola non fanno menzione
di
altari a lei dedicati, o di sacrificii a lei offe
rinomati della Favola non fanno menzione di altari a lei dedicati, o
di
sacrificii a lei offerti. 913. Camarina o Camerin
ue esalavano pestilenziali miasmi. I Siciliani consultarono l’Oracolo
di
Apollo, onde sapere se avessero potuto tentarne i
ola a sacco ed a fuoco. 914. Cambe. — Soprannominato Ofiaso, dal nome
di
suo padre Ofio. Gli si attribuisce la invenzione
divinità del matrimonio ; veniva invocata dalle giovanette al momento
di
compiere il rito nuziale. 916. Camena. — Dea dei
Camilla. — Regina dei Volsci. Sostenne lungamente in persona l’armata
di
Turno contro Enea. Fu celebre cacciatrice, e ness
di Turno contro Enea. Fu celebre cacciatrice, e nessuno fu più destro
di
lei nella corsa, nel maneggio delle armi e in tut
ercizii del corpo. Nè pria tenne de’piè salde le piante, Che d arco,
di
faretra e di nodosi Dardi, le mani e gli omeri gr
orpo. Nè pria tenne de’piè salde le piante, Che d arco, di faretra e
di
nodosi Dardi, le mani e gli omeri gravolle ; Non
di nodosi Dardi, le mani e gli omeri gravolle ; Non d’or le chiome o
di
monile il collo, Nè men di lunga o di fregiata go
gli omeri gravolle ; Non d’or le chiome o di monile il collo, Nè men
di
lunga o di fregiata gonna La ricoverse ; ma di ti
gravolle ; Non d’or le chiome o di monile il collo, Nè men di lunga o
di
fregiata gonna La ricoverse ; ma di tigre un cuoi
onile il collo, Nè men di lunga o di fregiata gonna La ricoverse ; ma
di
tigre un cuoio. Le facea veste intorno e cuffia i
capo. Il fanciullesco suo primo diletto E ’l primo studio fu lanciar
di
palo, E trar d’arco e di fromba : e’n fin d’allor
o primo diletto E ’l primo studio fu lanciar di palo, E trar d’arco e
di
fromba : e’n fin d’allora Facea strage di gru, d’
ar di palo, E trar d’arco e di fromba : e’n fin d’allora Facea strage
di
gru, d’oche e di cigni. Molte la desiar tirrene m
r d’arco e di fromba : e’n fin d’allora Facea strage di gru, d’oche e
di
cigni. Molte la desiar tirrene madri Per nuora in
e di cigni. Molte la desiar tirrene madri Per nuora indarno. Ed ella
di
me solo Contenta, intemerata e pura e casta, La s
amor de l’armi Sol’ebbe in cale…… Virgilio — Eneide — Lib. XI. trad.
di
A. Caro. Camilla morì in una battaglia uccisa da
. trad. di A. Caro. Camilla morì in una battaglia uccisa da un colpo
di
giovallotto. Si chiamavano con nome collettivo Ca
dmillo Casimillo. — Soprannomi dati a Mercurio. 923. Camira. — Figlia
di
Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi
illo. — Soprannomi dati a Mercurio. 923. Camira. — Figlia di Ercole e
di
Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi, una città
o. 923. Camira. — Figlia di Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola
di
Rodi, una città alla quale dette il suo nome. 924
uogo degli inferni, ove si credeva fossero puniti coloro che la forza
di
una passione d’amore, avesse tratti a morte viole
ai generalizzata presso gli scrittori della Favola, che il vero sesso
di
Campea fosse rimasto un mistero. Molti la dicono
n uomo dalle forme gigantesche ; altri finalmente che fosse un mostro
di
natura ermafrodito. 927. Campi Elisi. — V. Elisi.
rappresentato con una picca ed uno scudo. 929. Canaca. — Era il nome
di
uno dei cani di Acteone. Questa parola in greco s
on una picca ed uno scudo. 929. Canaca. — Era il nome di uno dei cani
di
Acteone. Questa parola in greco significa rumore.
Questa parola in greco significa rumore. 930. Canace. — Fu figliuola
di
Eolo, la quale essendo stata sedotta da un Dio ma
ui Ifimedia, madre dei famosi Aloidi. 931. Canacea. — Altra figliuola
di
Eolo la quale non bisogna confondere con la Canac
ltra figliuola di Eolo la quale non bisogna confondere con la Canace,
di
cui nell’articolo precedente. Canacea sposò segre
e un bambino, il quale coi suoi vagiti palesò appena nato, il mistero
di
colpa che avvolgeva la sua nascita. Il padre di C
pena nato, il mistero di colpa che avvolgeva la sua nascita. Il padre
di
Canacea, furibondo per l’infamia dei suoi figliuo
perchè si punisse da sè dell’orrendo misfatto ; e pensava in cuor suo
di
far morire Macabro stesso ; ma questi si sottrass
ottrasse allo sdegno paterno, fuggendo a Delfo, ove si fece sacerdote
di
Apollo. 932. Canate. — Monte della Spagna, ove ge
tutti gli anni a bagnarsi. Era costume delle più illustri dame greche
di
andare in pellegrinaggio a quella fontana, onde b
ne mandò uno assai grosso contro Ercole, quando questi uccise l’Idra
di
Lerna, e lo fece mordere al piede ; ma Ercole lo
rna, e lo fece mordere al piede ; ma Ercole lo schiacciò con un colpo
di
clava, e Giunone allora lo trasportò in cielo, al
ni dello zodiaco. 935. Candarena. — Detta anche Candrena : soprannome
di
Giunone dalla città di Candara nella Pafaglonia,
Candarena. — Detta anche Candrena : soprannome di Giunone dalla città
di
Candara nella Pafaglonia, ov’era adorata con un c
on un culto particolare. 936. Candaulo. — Detto anche Mirsilo, figlio
di
Mirso, fu l’ultimo degli Araclidi. Amò così passi
Amò così passionatamente sua moglie, e fu così superbo della bellezza
di
lei, che volle un giorno che ella si facesse vede
me Gige. La regina fu così profondamente sdegnata, che comandò a Gige
di
uccidere Candaulo e poi sposò Gige stesso. 937. C
la vigilanza e la sagacità sono i caratteri più salienti della indole
di
quel quadrupede. Plinio nelle sue opere, dice che
, fu notato che fra tutti gli animali che si avvicinarono al cadavere
di
quello, solo i cani si pascessero del corpo dell’
nimale. Taluno, tra gli scrittori della Favola, ripete che nel tempio
di
Esculapio, in Roma, si conservava il simulacro di
pete che nel tempio di Esculapio, in Roma, si conservava il simulacro
di
un cane ; e che i Romani sagrificassero ogni anno
il simulacro di un cane ; e che i Romani sagrificassero ogni anno uno
di
questi animali, volendo con ciò ricordare la sorp
a che i Galli fecero loro quand o assediarono il Campidoglio. Al dire
di
Eliano eravi una contrada nell’Etiopia, i cui abi
zza. Finalmente le arpie erano ritenute e talvolta designate col nome
di
cani di Giove, forse perchè questo Dio se ne serv
almente le arpie erano ritenute e talvolta designate col nome di cani
di
Giove, forse perchè questo Dio se ne servì per pu
o. V. Fineo. 938. Canente. — Conosciuta più comunemente sotto il nome
di
Canenza, al dire di Ovidio, ebbe questo nome dall
nente. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Canenza, al dire
di
Ovidio, ebbe questo nome dalla incomparabile bell
uesto nome dalla incomparabile bellezza della sua voce : fu figliuola
di
Giano e di Venilla, e sposò Pico, figliuolo di Sa
dalla incomparabile bellezza della sua voce : fu figliuola di Giano e
di
Venilla, e sposò Pico, figliuolo di Satono, e re
ua voce : fu figliuola di Giano e di Venilla, e sposò Pico, figliuolo
di
Satono, e re d’Italia. Ella fu così afflitta dell
el marito, che si consumò per modo che svanì nell’aria, non lasciando
di
sè che la sola voce. 939. Canicola. — È opinione
ia, non lasciando di sè che la sola voce. 939. Canicola. — È opinione
di
varii scrittori che la costellazione detta Canico
Giove dette ad Europa come custode ; altri vogliono che sia la cagna
di
Erigone (V. Erigone). I Romani erano così convint
me della Divinità a cui s’offeriva. 940. Canope. — Era questo il nome
di
una delle più famose divinità degli Egiziani. I s
il nome di una delle più famose divinità degli Egiziani. I sacerdoti
di
essa erano tenuti in conto di celebri maghi. Il s
se divinità degli Egiziani. I sacerdoti di essa erano tenuti in conto
di
celebri maghi. Il simulacro di questa Deità, era
acerdoti di essa erano tenuti in conto di celebri maghi. Il simulacro
di
questa Deità, era un gran vaso sormontato da una
, era un gran vaso sormontato da una testa umana e talvolta da quella
di
uno sparviero, e coperta di geroglifici. I Caldei
o da una testa umana e talvolta da quella di uno sparviero, e coperta
di
geroglifici. I Caldei, antichi adoratori del fuoc
glifici. I Caldei, antichi adoratori del fuoco, disprezzavano gli Dei
di
tutte le altre nazioni, dicendo che quelli essend
zzavano gli Dei di tutte le altre nazioni, dicendo che quelli essendo
di
oro, di argento to, di ferro, di pietra o di legn
gli Dei di tutte le altre nazioni, dicendo che quelli essendo di oro,
di
argento to, di ferro, di pietra o di legno, non p
e le altre nazioni, dicendo che quelli essendo di oro, di argento to,
di
ferro, di pietra o di legno, non potevano resiste
nazioni, dicendo che quelli essendo di oro, di argento to, di ferro,
di
pietra o di legno, non potevano resistere al loro
cendo che quelli essendo di oro, di argento to, di ferro, di pietra o
di
legno, non potevano resistere al loro. Allora un
nsieme. Si accese un gran fuoco, in mezzo al quale fu posta la statua
di
Canope, e con grande sorpresa dei Caldei, essi vi
i Caldei, essi videro ben presto uscire da quella una grande quantità
di
acqua, che spense interamente le fiamme. Il Dio C
anza all’astuzia del sacerdote, il quale avea forato con una quantità
di
piccoli buchi le pareti del vaso, e dopo averli e
so, e dopo averli esattamente otturati con della cera, riempì il vaso
di
acqua, la quale uscì con violenza non appena l’az
a la cera. Vi fu anche una città dell’Egitto conosciuta sotto il nome
di
Canope, così detta da Canobo, pilota del vascello
violenta tempesta sulle coste dell’Egitto, ebbe ben presto il dolore
di
perdere il suo fido pilota, il quale morì per la
olore di perdere il suo fido pilota, il quale morì per la morsicatura
di
un serpente. Menelao, per onorare la memoria del
quel luogo una città, alla quale, in onore del morto, impose il nome
di
Canope o, come vogliono alcuni scrittori, di Cano
el morto, impose il nome di Canope o, come vogliono alcuni scrittori,
di
Canobe. 941. Canopio Ercole. — Era l’Ercole Egizi
’Ercole Egiziano, così detto per un tempio che egli aveva nella Città
di
Canope, di cui nell’articolo precedente. 942. Can
ziano, così detto per un tempio che egli aveva nella Città di Canope,
di
cui nell’articolo precedente. 942. Cantho. — Figl
ttà di Canope, di cui nell’articolo precedente. 942. Cantho. — Figlio
di
Abaso : fu uno degli Argonauti. 943. Canuleìa. —
da Numa, allorchè istituì quelle sacerdotesse. 944. Caone. — Fratello
di
Eleno. Essendo un giorno a caccia fu ucciso inavv
leno, che lo aveva assai caro, dette, in memoria dell’ucciso, il nome
di
Caonia ad una parte dell’Epiro. 945. Caos. — Era,
forma intralciata e confusa nella quale erano mischiati il principio
di
tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gl
confusa nella quale erano mischiati il principio di tutti gli esseri,
di
tutte le cose, e di tutti gli elementi. Al dire d
erano mischiati il principio di tutti gli esseri, di tutte le cose, e
di
tutti gli elementi. Al dire di Esiodo, l’Erebo e
tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gli elementi. Al dire
di
Esiodo, l’Erebo e la Notte, furono generati dal c
rima era ravviluppata nelle più folte tenebre. 946. Capaneo. — Figlio
di
Ipponoo e di Astinome. Fu uno di coloro che porta
iluppata nelle più folte tenebre. 946. Capaneo. — Figlio di Ipponoo e
di
Astinome. Fu uno di coloro che portarono soccorso
olte tenebre. 946. Capaneo. — Figlio di Ipponoo e di Astinome. Fu uno
di
coloro che portarono soccorso a Polinice nel famo
Fu uno di coloro che portarono soccorso a Polinice nel famoso assedio
di
Tebe, ove egli comandava gli Argivi. Giove irrita
estemmie che egli scagliava contro il cielo, lo incenerì con un colpo
di
fulmine. Di questo empio bestemmiatore, l’Alighie
poco par che’l pregi. Dante Inf. Canto XIV. 947. Capiso. — Figlio
di
Assaraco e padre del famoso Anchise, principe Tro
rincipe Trojano. 948. Capitolino. — Uno dei più conosciuti soprannomi
di
Giove, a cagione del celebre tempio nel Campidogl
io nel Campidoglio a Roma. In questo tempio si prestava il giuramento
di
fedeltà ai novelli imperatori ; vi si facevano i
ennità nel carro trionfale. 949. Capnomanzia. — Era così detta l’arte
di
trarre gli augurii e d’indovinare il futuro nei g
detta l’arte di trarre gli augurii e d’indovinare il futuro nei globi
di
fumo che s’innalzavano dagli altari su cui si fac
ari su cui si facea un sacrifizio agli Dei. 950. Capra. — Nella città
di
Mendes, in Egitto, veniva particolarmente venerat
ibito con grande severità ucciderne alcuno, essendo radicale credenza
di
quei popoli, che il Dio Pane si fosse nascoto sot
enza di quei popoli, che il Dio Pane si fosse nascoto sotto la figura
di
una capra. Erodoto, nelle sue opere, narra che la
ai caprai loro custodi ; tanto che, essendone morto uno, gli abitanti
di
Mendes dimostrarono il più vivo dolore. È ancora
es dimostrarono il più vivo dolore. È ancora a notare che nella città
di
Mendes, le vittime più ordinarie dei sagrificii e
ime più ordinarie dei sagrificii erano le pecore, e si avea gran cura
di
risparmiare le capre ; mentre nella Tebaide si of
campestri e al Dio Fauno in particolare. 952. Caprotina. — Soprannome
di
Giunone, da cui presero ancora la denominazione d
tina. — Soprannome di Giunone, da cui presero ancora la denominazione
di
Caprotine le none di luglio, a lei consacrate. 95
Giunone, da cui presero ancora la denominazione di Caprotine le none
di
luglio, a lei consacrate. 953. Caprotinee. — Fest
e none di luglio, a lei consacrate. 953. Caprotinee. — Feste in onore
di
Giunone, che venivano celebrate il 9 di luglio. L
Caprotinee. — Feste in onore di Giunone, che venivano celebrate il 9
di
luglio. Le sole donne avevano il ministero di que
venivano celebrate il 9 di luglio. Le sole donne avevano il ministero
di
queste feste, la cui principale cerimonia consist
iove sotto questa forma lo mise fra i segni dello Zodiaco. È opinione
di
molti rinomati scrittori, che questo segno di una
llo Zodiaco. È opinione di molti rinomati scrittori, che questo segno
di
una delle costellazioni della fascia zodiacale, f
d’averlo nutrito. 955. Capyso, detto anche Capi. — Troiano, compagno
di
Enea, e suo seguace in Italia. Egli fu il fondato
lia. Egli fu il fondatore della città nota anche oggidi sotto il nome
di
Capua. …… Ma un altro Trojano, che aveva nome Ca
Ma un altro Trojano, che aveva nome Capi. il quale poi fondò la città
di
Capua….. Frate Guido da Pisa — I falli di Enea.
l quale poi fondò la città di Capua….. Frate Guido da Pisa — I falli
di
Enea. 956. Carda. Deita anche Cardia. — Al dire
a Pisa — I falli di Enea. 956. Carda. Deita anche Cardia. — Al dire
di
Macrobio, questa Divinità presiedeva alle parti n
e per le metamorfosi che vi operarono diverse Divinità. Cario, figlio
di
Giove, ne fu il fondatore, onde il nome che porta
fu il fondatore, onde il nome che porta. 960. Cariatide. — Soprannome
di
Diana, a lei venuto dalla festa detta Caria, che
la festa detta Caria, che le donne della Laconia celebravano in onore
di
lei, nel tempo della raccolta delle noci. In grec
uol dir noce. 961. Carielo. — Moglie del centauro Chirone e figliuola
di
Apollo. Essa dette alla luce una fanciulla, a cui
di Apollo. Essa dette alla luce una fanciulla, a cui fu dato il nome
di
Ociroe, per averla la madre partorita sulle spond
fu dato il nome di Ociroe, per averla la madre partorita sulle sponde
di
un rapido fiume. V. Ociroe. 962. Cariddi. — Celeb
ntano dall’altro chiamato Scilla, dove si ascoltava sempre il lamento
di
spaventose grida. Come fa l’onda là sovra Caridd
goiata orribilmente Rivome la Cariddi e fuor rimbalza : Simile a tuon
di
folgore lontano, Mugge, rigurgitando, il gran tor
al se dentro l’incendio acqua si versi ; E sgorga al cielo un turbine
di
schiuma, E flotto incalza fiotto, e par non abbia
i fin, come se il mare un mar riversi. Schiller — Il Nuotatore Trad.
di
A. Maffei. Questi due scogli sono così vicini l’
amente nel mezzo, altrimenti correrebbero il rischio, evitandone uno,
di
frangersi sull’altro. Da ciò il famoso proverbio,
ne. — Feste che si celebravano a Cario, città della Laconia, in onore
di
Diana, la quale perciò viene talvolta soprannomin
si appiccò, non potendo sopravvivere all’oltraggio che le fece il re
di
Delfo, violandola. Gli abitanti di quell’isola is
re all’oltraggio che le fece il re di Delfo, violandola. Gli abitanti
di
quell’isola istituirono in onore della defunta un
una festa annuaria, detta dal suo nome Carille, nella quale la statua
di
lei, veniva sotterrata all’istesso posto ove giac
uesta festa ed a presiederne tutte le cerimonie. 966. Cario. — Figlio
di
Giove, al quale veniva attribuita l’invenzione de
ibuita l’invenzione della musica. Era anche questo uno dei soprannomi
di
Giove, per il culto particolare con cui veniva ad
ed istituirono in loro onore alcune feste, alle quali fu dato il nome
di
Carisie. 968. Caristie o Caritie. — I Romani, nel
ato il nome di Carisie. 968. Caristie o Caritie. — I Romani, nel mese
di
febbraio, celebravano una festa così chiamata in
dal greco Κάρνα, Unione, perchè lo scopo principale della istituzione
di
quella festa era di ristabilire l’unione e la pac
one, perchè lo scopo principale della istituzione di quella festa era
di
ristabilire l’unione e la pace fra le famiglie, d
aritie. — V. Caristie. 971. Carmelo. — Divinità della Siria e propria
di
quei popoli che abitavano nelle circostanze del m
uei popoli che abitavano nelle circostanze del monte Carmelo. Al dire
di
Tacito, fu un sacerdote del Dio Carmelo che predi
la clamide imperiale. 972. Carmenta. — Conosciuta anche sotto il nome
di
Nicostrata, celebre indovina che fu madre di Evan
iuta anche sotto il nome di Nicostrata, celebre indovina che fu madre
di
Evandro. Ella fu onorata come una Divinità, e dop
lle feste, da lei dette Carmentali. 973. Carmentali. — Feste in onore
di
Carmenta. V. l’articolo precedente. La istituzion
Feste in onore di Carmenta. V. l’articolo precedente. La istituzione
di
queste cerimonie ebbe la sua origine dalla riconc
dia, cagionata da una sentenza del Senato la quale proibiva alle dame
di
tener cani presso di loro. 974. Carmentis-Flamen.
sentenza del Senato la quale proibiva alle dame di tener cani presso
di
loro. 974. Carmentis-Flamen. — Con questa denomin
— Con questa denominazione veniva designato uno dei quindici flamini
di
Roma, addetto al particolare servigio della Dea C
o al particolare servigio della Dea Carmenta. 975. Carna. — Figliuola
di
Ebulo. Fu una delle amanti di Giove, che la rese
a Dea Carmenta. 975. Carna. — Figliuola di Ebulo. Fu una delle amanti
di
Giove, che la rese madre di Britomarte. Carna era
— Figliuola di Ebulo. Fu una delle amanti di Giove, che la rese madre
di
Britomarte. Carna era anche la Dea che presiedeva
sa s’invocava sovratutto nelle loro malattie. 977. Carneade. — Figlio
di
Giove e di Europa. Fu poeta e musico celebre. Dal
va sovratutto nelle loro malattie. 977. Carneade. — Figlio di Giove e
di
Europa. Fu poeta e musico celebre. Dal suo nome f
no chiamati Carneadi, alcuni dibattimenti poetici, stabiliti in onore
di
Apollo. Alcuni scrittori danno a questo poeta il
iti in onore di Apollo. Alcuni scrittori danno a questo poeta il nome
di
Carno. 978. Carneo. — Soprannome di Apollo. V. l’
tori danno a questo poeta il nome di Carno. 978. Carneo. — Soprannome
di
Apollo. V. l’articolo precedente. 979. Carone. —
aronte o Carone. — Figlio dell’Erebo e della Notte. Egli era, al dire
di
Virgilio, il navicellajo dell’Inferno, che traghe
cheronte, per una moneta che esse erano obbligate a dargli al momento
di
prender posto nella sua barca. Questa credenza de
rca. Questa credenza degli antichi spiega il costume che essi avevano
di
mettere fra i denti di un morto una moneta : era
gli antichi spiega il costume che essi avevano di mettere fra i denti
di
un morto una moneta : era quella la mercede devol
devoluta a Caronte, il quale lasciava errare per cento anni le anime
di
quei morti che non avevano la moneta da pagargli.
orti che non avevano la moneta da pagargli. Caron, dimonio con occhi
di
bragia, Loro accennando, tutte le raccoglie : Bat
rra tutte le sue spoglie ; Similemente il mal seme d’Adamo : Gittansi
di
quel lito ad una ad una, Per cenni, com’augel per
suo richiamo. Cosi sen vanno su per l’onda bruna, Ed avanti che sien
di
là discese, Anche di qua nuova schiera s’aduna.
en vanno su per l’onda bruna, Ed avanti che sien di là discese, Anche
di
qua nuova schiera s’aduna. Dante. — Inf. Cant. I
fosse egli passato allorchè incatenò Cerbero. V. Cerbero. 982. Carro
di
Giunone. — La Favola fa una notevole distinzione
ato da due cavalli, sul quale combatteva. 983. Cartagine. — Figliuola
di
Ercole ; da lei prese nome la famosa città dell’A
ove regnò la regina Didone. V. Didone. 984. Cartaginesi. — Abitatori
di
Cartagine, i quali ereditarono dai Fenicii ii tru
bitatori di Cartagine, i quali ereditarono dai Fenicii ii truce culto
di
Saturno cui sacrificavano i propri figliuoli. Giu
trovandosi i Cartaginesi decimati da una grande pestilenza, pensarono
di
placare lo sdegno degli Dei, sacrificando a Satur
di placare lo sdegno degli Dei, sacrificando a Saturno un gran numero
di
fanciulli dell’uno e dell’altro sesso, e spargend
un gran numero di fanciulli dell’uno e dell’altro sesso, e spargendo
di
sangue le are di quel Dio. Diodoro dice che la vi
i fanciulli dell’uno e dell’altro sesso, e spargendo di sangue le are
di
quel Dio. Diodoro dice che la vittoria che Agatoc
taginesi, dei quali fece grande strage, fu conseguenza della vendetta
di
Saturno, sdegnato per avere i Cartaginesi sostitu
duecento giovanetti destinati al sacrifizio ; e che ve ne furono più
di
trecento, che si offrirono volontariamente come v
ficato, coloro che servivano al sacrificio, facessero grande strepito
di
tamburi di flauti ; e che le madri stesse delle v
oro che servivano al sacrificio, facessero grande strepito di tamburi
di
flauti ; e che le madri stesse delle vittime, dov
a risparmiato. 985. Casimillo. — V. Camillo. 986. Casio. — Soprannome
di
Giove ; a lui dato dal culto che gli si rendeva s
me di Giove ; a lui dato dal culto che gli si rendeva su due montagne
di
questo nome, una vicina al fiume Eufrate, l’altra
al fiume Eufrate, l’altra nel basso Egitto. 987. Cassandra. — Figlia
di
Priamo e di Ecuba. Questa principessa si promise
frate, l’altra nel basso Egitto. 987. Cassandra. — Figlia di Priamo e
di
Ecuba. Questa principessa si promise sposa ad Apo
zioni. La vendetta del nume sorti il suo pieno effetto. Le predizioni
di
Cassandra furono da tutti disprezzate. Ella si op
disprezzate. Ella si oppose all’ entrata in Troja del famoso cavallo
di
legno ; ma, secondo il solito. non si prestò fede
e ? Perche farmi. O spietato, annunciatrice D’oracoli fra questi orbi
di
lumi ? E svelar un destin che non mi lice Dalla p
; Il saver con la morte all’uom fu dato. Schiller — Cassandra. Trad.
di
A. Maffei Ajace figlio di Oileo, trovandola sol
uom fu dato. Schiller — Cassandra. Trad. di A. Maffei Ajace figlio
di
Oileo, trovandola sola in un tempio, la violentò
e figlio di Oileo, trovandola sola in un tempio, la violentò ai piedi
di
un altare, e poscia la trascinò fuori del tempio,
oltraggi le sventure ch’ella gli predisse. Dopo la presa ed il sacco
di
Troja, essa toccò come preda di bottino ad Agamen
i predisse. Dopo la presa ed il sacco di Troja, essa toccò come preda
di
bottino ad Agamennone, al quale predisse che sua
Lacedemonia. Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto La fea parlar
di
Troia il di mortale Venne, e all’ombre cantò carm
Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto La fea parlar di Troia il
di
mortale Venne, e all’ombre cantò carme amoroso.
ita Teuclis. Virgilio. — Eneide — Libro II 988. Cassiope. — Moglie
di
Cefeo, re di Etiopia, e madre di Andromeda. Quest
Virgilio. — Eneide — Libro II 988. Cassiope. — Moglie di Cefeo, re
di
Etiopia, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe
— Libro II 988. Cassiope. — Moglie di Cefeo, re di Etiopia, e madre
di
Andromeda. Questa regina ebbe la vanità di creder
eo, re di Etiopia, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe la vanità
di
credersi, con sua figlia, più bella di Giunone e
. Questa regina ebbe la vanità di credersi, con sua figlia, più bella
di
Giunone e delle Nereidi. Che non solo osó dir, c
ninfe più nobili del mare. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro IV. trad.
di
Dell’ Anguillara. Le quali sdegnate, pregarono N
IV. trad. di Dell’ Anguillara. Le quali sdegnate, pregarono Nettuno
di
vendicarle. Il Dio per sodisfare le ninfe del suo
rle. Il Dio per sodisfare le ninfe del suo seguito, mandò sulle terre
di
Cefeo, un mostro che riempi di spavento e desolaz
nfe del suo seguito, mandò sulle terre di Cefeo, un mostro che riempi
di
spavento e desolazione quelle contrade. Il re all
risposta che il mostro sarebbe sparito, allorchè Andromeda, legata su
di
una roccia fosse da lui divorata. Il re ordinò il
, pietrificò il mostruoso animale, mostrandogli lo scudo con la testa
di
Medusa, liberò Andromeda, e ottenne da Giove che
iope fosse messa fra gli astri. 989. Cassotide. — Era questo, al dire
di
Pausania, un altro dei nomi della fontana conosci
un altro dei nomi della fontana conosciute più comunemente con quello
di
Castalia. 990. Castalia. — Ninfa, che Apollo cang
— Ninfa, che Apollo cangiò in fontana, dando alle sue acque la virtù
di
ispirare il genio della poesia, a coloro che ne a
he in quella lingua significa susurro dell’acqua. La pitonessa, prima
di
dare i responsi, e di assidersi sul tripode divin
gnifica susurro dell’acqua. La pitonessa, prima di dare i responsi, e
di
assidersi sul tripode divinatorio, beveva dell’ac
rcondavano il monte Parnaso. Apollo amò passionatamente una figliuola
di
lui ; e ciò à dato forse luogo alla metamorfosi d
ente una figliuola di lui ; e ciò à dato forse luogo alla metamorfosi
di
Castalia in fontana. V. Castalio. 993. Castianira
me una delle mogli del re Priamo. 994. Castore e Polluce. — Fratelli
di
Elena e di Clitennestra, e figli di Giove e di Le
e mogli del re Priamo. 994. Castore e Polluce. — Fratelli di Elena e
di
Clitennestra, e figli di Giove e di Leda : essi f
94. Castore e Polluce. — Fratelli di Elena e di Clitennestra, e figli
di
Giove e di Leda : essi furono anche soprannominat
e Polluce. — Fratelli di Elena e di Clitennestra, e figli di Giove e
di
Leda : essi furono anche soprannominati Dioscori
rono anche soprannominati Dioscori e Tindaridi, significando la prima
di
queste parole : figliuoli valorosi di Giove, tito
indaridi, significando la prima di queste parole : figliuoli valorosi
di
Giove, titolo che essi si meritarono per le loro
si meritarono per le loro gloriose azioni ; e la seconda, discendenti
di
Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda,
er le loro gloriose azioni ; e la seconda, discendenti di Tindaro, re
di
Sparta, perchè la loro madre Leda, era moglie di
denti di Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda, era moglie
di
quel monarca, quando ebbe da Giove questi due fig
figliuoli. Appena essi furono nati, Mercurio li trasportò nella città
di
Paìlene, ove essi furono allevati. Divenuti adult
vello d’oro, e si distinsero fra i più valorosi Argonauti. Al ritorno
di
quella spedizione, essi inseguirono i Corsari, ch
rno alla testa dei due Tindaridi, e che un momento dopo l’apparizione
di
quelle, la tempesta cessò del tutto. Da quel mome
hi che sovente si veggono durante le burrasche, furono detti i fuochi
di
Castore e Polluce. A questo proposito noi non pos
sulla grande somiglianza che passa tra la pagana credenza dei fuochi
di
Castore e Polluce, e quella cattolica dei fuochi
edenza dei fuochi di Castore e Polluce, e quella cattolica dei fuochi
di
S. Elmo e di S. Nicola, a cui anche oggidì si att
ochi di Castore e Polluce, e quella cattolica dei fuochi di S. Elmo e
di
S. Nicola, a cui anche oggidì si attribuisce, dal
he oggidì si attribuisce, dalla superstizione religiosa, certo potere
di
buon augurio. Castore e Polluce erano citati come
essi le rapirono ai loro futuri mariti ; e ciò fu cagione della morte
di
Castore, il quale qualche tempo dopo fu ucciso pe
facendo passare innanzi al tempio dei due fratelli un uomo montato su
di
un cavallo, conducendo per la briglia un altro de
ne, unasi cela sotto l’orizzonte quando l’altro apparisce. L’apoteosi
di
Castore e di Pulluce seguì dopo la loro morte, av
a sotto l’orizzonte quando l’altro apparisce. L’apoteosi di Castore e
di
Pulluce seguì dopo la loro morte, avendo Giove co
seguì dopo la loro morte, avendo Giove concesso all’immortale Polluce
di
raggiungere l’amato Castore, da cui non poteva vi
empio, ove si prestava il giuramento, chiamandosi Adopol, cioè tempio
di
Polluce, il giuramento degli uomini ; e Acastor,
empio di Polluce, il giuramento degli uomini ; e Acastor, cioè tempio
di
Castore, quello delle donne. Al dire di Giustino,
mini ; e Acastor, cioè tempio di Castore, quello delle donne. Al dire
di
Giustino, Castore e Polluce apparirono varie volt
i quest’opinione, dicendo che le supposte apparizioni erano l’effetto
di
un travestimento di due guerrieri, i quali appari
cendo che le supposte apparizioni erano l’effetto di un travestimento
di
due guerrieri, i quali apparivano durante la misc
nnominato il domatore dei cavalli, perchè era abilissimo nel maneggio
di
quelli e nella corsa ; e Polluce veniva considera
alesasse agli uomini la sua volontà. 996. Catactoniano. — Nella città
di
Opunto, veniva così chiamato il sovrano pontefice
e. La tradizione mitologica ce lo addita come edificatore della città
di
Tibur, in Italia. 1001. Catinenzia. — Soprannome
atore della città di Tibur, in Italia. 1001. Catinenzia. — Soprannome
di
Cerere dalla città di Catania, in Sicilia, ove es
ibur, in Italia. 1001. Catinenzia. — Soprannome di Cerere dalla città
di
Catania, in Sicilia, ove essa aveva un tempio in
oltojo, per aver rubato il fuoco sacro. 1004. Caumaso. — Era il nome
di
un celebre centauro. Fra questi i più famosi furo
a, Medone, Piferone, Eurito, Amico, Folo e Chirone, che fu precettore
di
Achille. V. Chirone e Centauri. 1005. Cauno. — Fi
u precettore di Achille. V. Chirone e Centauri. 1005. Cauno. — Figlio
di
Mileto e di Ciane. Accortosi che sua sorella Bibl
di Achille. V. Chirone e Centauri. 1005. Cauno. — Figlio di Mileto e
di
Ciane. Accortosi che sua sorella Bibli, ardeva pe
di Mileto e di Ciane. Accortosi che sua sorella Bibli, ardeva per lui
di
una flamma incestuosa, egli abbandonò la sua patr
e oltraggio. Lascia insieme la patria e la germana, Poichè il pensier
di
lei non può far saggio : Da lei segretamente s’al
an da lei, nova cittade e regno. Ovidio — Metamorfosi Libro IX trad.
di
Dell’ Anguillara. 1006. Cauro. — Nome di uno dei
Metamorfosi Libro IX trad. di Dell’ Anguillara. 1006. Cauro. — Nome
di
uno dei principali venti. 1007. Cauto. — Dio dell
ei principali venti. 1007. Cauto. — Dio della prudenza. 1008. Cavalli
di
Achille. — Omero ricorda che i cavalli di questo
lla prudenza. 1008. Cavalli di Achille. — Omero ricorda che i cavalli
di
questo eroe erano figli di Zefiro e dell’ Arpia P
di Achille. — Omero ricorda che i cavalli di questo eroe erano figli
di
Zefiro e dell’ Arpia Podarga ; e che erano immort
il corso del sole nelle dodici ore del giorno : imperocchè al levarsi
di
questo l’aurora tinge il cielo d’un colore rossas
ndona la terra, quasi un amante che lasci la sua donna. 1010. Cavalli
di
Enea. — Al dire di Omero i cavalli di questo famo
si un amante che lasci la sua donna. 1010. Cavalli di Enea. — Al dire
di
Omero i cavalli di questo famoso guerriero erano
sci la sua donna. 1010. Cavalli di Enea. — Al dire di Omero i cavalli
di
questo famoso guerriero erano della razza di quel
dire di Omero i cavalli di questo famoso guerriero erano della razza
di
quelli che Giove stesso regalò a Tros, quando rap
za di quelli che Giove stesso regalò a Tros, quando rapì il figliuolo
di
lui Ganimede. Questi cavalli erano perfetti e nel
elle battaglie spargevano ovunque il terrore e la fuga. 1011. Cavalli
di
Laomedone. — Una muta di questi famosi destrieri
ovunque il terrore e la fuga. 1011. Cavalli di Laomedone. — Una muta
di
questi famosi destrieri fu il premio che il re La
correvano sulla superficie delle acque senza affondare. 1012. Cavalli
di
Marte. — Al dire di Servio questi cavalli avevano
rficie delle acque senza affondare. 1012. Cavalli di Marte. — Al dire
di
Servio questi cavalli avevano nome Fobos e Demos
re e il timore. Omero però dice che questi erano i nomi dei cocchieri
di
Marte e non dei suoi cavalli. 1013. Cavalli di Re
o i nomi dei cocchieri di Marte e non dei suoi cavalli. 1013. Cavalli
di
Reso. — V. Reso. 1014. Cavallo. — Questo animale
arte, come Dio della guerra. Presso gli antichi era ritenuta la vista
di
un cavallo come un presagio di guerra. Enea appen
esso gli antichi era ritenuta la vista di un cavallo come un presagio
di
guerra. Enea appena ebbe posto il piede in Italia
posto il piede in Italia con suo padre Anchise, ritenne come presagio
di
battaglie future la vista di quattro cavalli bian
suo padre Anchise, ritenne come presagio di battaglie future la vista
di
quattro cavalli bianchi. Al dire di Tacito, gli S
agio di battaglie future la vista di quattro cavalli bianchi. Al dire
di
Tacito, gli Svevi, antico popolo della Germania,
ella Germania, nutrivano a spese comuni nei boschi sacri, buon numero
di
cavalli bianchi, dai quali traevano le predizioni
destrieri erano tenuti in grande onoranza ; era severamente proibito
di
toccarli e il principe della nazione insieme al s
a nazione insieme al sommo sacerdote, erano i soli a cui era concesso
di
attaccarli ad un carro, ritenuto egualmente come
n’altra predizione a cui si prestasse maggior credenza. 1015. Cavallo
di
Troia. — Narra Virgilio, che essendo i Greci stan
di Troia. — Narra Virgilio, che essendo i Greci stanchi dell’assedio
di
questa città, che già durava da dieci anni, docis
io di questa città, che già durava da dieci anni, docisero finalmente
di
rendersene padroni, per mezzo di uno stratagemma,
a da dieci anni, docisero finalmente di rendersene padroni, per mezzo
di
uno stratagemma, che molti scrittori attribuiscon
consigli della stessa Minerva, i Greci costruirono un enorme cavallo
di
legno, alto quanto una montagna, il quale aveva r
rinchiusi nei suoi spaziosi ed ampii fianchi un numero considerevole
di
guerrieri. …… E da Minerva Divinamente instrutti
n sembianza d’un monte edificaro. Virgilio — Eneide — Lib. II. trad.
di
A. Caro. E dentro dalla lor flamma si geme L’ag
. Dante Inf. C. XXVI. Ciò fatto sparsero la voce che i greci, prima
di
togliere l’assedio, volevano fare omaggio di simi
voce che i greci, prima di togliere l’assedio, volevano fare omaggio
di
simile offerta a Minerva e riporre il Palladium d
evano fare omaggio di simile offerta a Minerva e riporre il Palladium
di
Troja nelle mura di quella città, da cui essi ste
i simile offerta a Minerva e riporre il Palladium di Troja nelle mura
di
quella città, da cui essi stessi l’avevano rapito
cosi grande, acciocchè voi, Troiani, nol poteste mettere per le porte
di
Troia. Chè però, se per le vostre porte si potess
do guastaste o violaste, Troia sarebbe disfatta. G. da Pisa — I fatti
di
Enea. I Trojani caddero nell’insidia e atterrar
. I Trojani caddero nell’insidia e atterrarono una parte delle mura
di
cinta per dar passaggio alla funesta macchina, a
città e dell’armata dei Teucri, il decenne assedio della famosa città
di
Priamo. È opinione di Pausania che questo cavallo
i Teucri, il decenne assedio della famosa città di Priamo. È opinione
di
Pausania che questo cavallo altro non fosse che u
nione di Pausania che questo cavallo altro non fosse che una macchina
di
guerra, specie di ariete, inventata da certo Epeo
che questo cavallo altro non fosse che una macchina di guerra, specie
di
ariete, inventata da certo Epeo, guerriero greco,
iete, inventata da certo Epeo, guerriero greco, per abbattere le mura
di
Troja, nella quale s’introducessero i guerrieri A
a di Troja, nella quale s’introducessero i guerrieri Achei, per mezzo
di
una larga breccia, prodotta dall’urto di quella m
i guerrieri Achei, per mezzo di una larga breccia, prodotta dall’urto
di
quella macchina nelle mura della città. Questa op
fa datare l’uso della macchina detta ariete, dalla epoca della caduta
di
Troja, e considera quello istrumento di distruzio
ete, dalla epoca della caduta di Troja, e considera quello istrumento
di
distruzione, come la base unica e principale alla
truzione, come la base unica e principale alla tradizione del cavallo
di
legno. 1016. Caystrio. — V. Caistrio. 1017. Cea.
aistrio. 1017. Cea. — Isola del mare Egeo, cosi nomata da Ceo, figlio
di
Titano, è celebre per la sua fertilità in bachi d
Titano, è celebre per la sua fertilità in bachi da seta e in armenti
di
buoi. 1018. Ceade. — Padre di Eufenio : egli è ri
fertilità in bachi da seta e in armenti di buoi. 1018. Ceade. — Padre
di
Eufenio : egli è ricordato nella tradizione mitol
cordato nella tradizione mitologica, per aver condotto un gran numero
di
soldati Traci in soccorso dei Trojani, assediati
iati dai Greci. 1019. Cebo, Cepo o Cefo. — Mostro adorato nella città
di
Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio
19. Cebo, Cepo o Cefo. — Mostro adorato nella città di Menfi. Al dire
di
Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie d
o o Cefo. — Mostro adorato nella città di Menfi. Al dire di Strabone,
di
Solino e di Plinio, era una specie di satiro somi
Mostro adorato nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e
di
Plinio, era una specie di satiro somigliante ad u
di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie
di
satiro somigliante ad una grossa scimmia. Al dire
, era una specie di satiro somigliante ad una grossa scimmia. Al dire
di
quest’ultimo, Pompeo fece venire uno di quelli an
d una grossa scimmia. Al dire di quest’ultimo, Pompeo fece venire uno
di
quelli animali dall’ Etiopia in Roma, ove non era
Roma, ove non erasi prima veduto. Diodoro dà a quest’idolo una testa
di
leone e il corpo di una pantera, della grandezza
prima veduto. Diodoro dà a quest’idolo una testa di leone e il corpo
di
una pantera, della grandezza di quello d’una capr
t’idolo una testa di leone e il corpo di una pantera, della grandezza
di
quello d’una capra. 1020. Cebrione. — Uno dei gig
brione, figlio naturale del re Priamo. Patroclo l’uccise allo assedio
di
Troja. 1021. Cecio. — Uno dei venti che spira pri
enti che spira prima del tempo dell’equinozio. 1022. Cecolo. — Figlio
di
Vulcano e di Prenesta. La tradizione racconta che
a prima del tempo dell’equinozio. 1022. Cecolo. — Figlio di Vulcano e
di
Prenesta. La tradizione racconta che sua madre, e
adizione racconta che sua madre, essendo seduta dappresso alla fucina
di
Vulcano, fu colpita da una scintilla di fuoco ; e
seduta dappresso alla fucina di Vulcano, fu colpita da una scintilla
di
fuoco ; e che dopo nove mesi partorisse un bambin
; e che dopo nove mesi partorisse un bambino a cui ella pose il nome
di
Cecolo, a causa dell’estrema piccolezza degli occ
ma piccolezza degli occhi. Quando egli fu adulto si dette ad una vita
di
furto e di brigantaggio, e fabbricò la città di P
za degli occhi. Quando egli fu adulto si dette ad una vita di furto e
di
brigantaggio, e fabbricò la città di Preneste. Av
si dette ad una vita di furto e di brigantaggio, e fabbricò la città
di
Preneste. Avendo dato dei giuochi pubblici, egli
ome essi non fecero attenzione alle sue parole, non credendolo figlio
di
Vulcano, egli invocò suo padre, dio del fuoco, e
dio del fuoco, e il luogo dove si trovavano fu all’istante circondato
di
fiamme. Allora tutti coloro che erano presenti, c
circondato di fiamme. Allora tutti coloro che erano presenti, colpiti
di
spavento, aderirono alla sua volontà. Altri scrit
a esserne punto offeso, ciò che lo fece ritenere da tutti come figlio
di
Vulcano. 1023. Cecopro. — Ricchissimo egiziano, i
a sua patria andò a stabilirsi nell’ Attica ove sposò Aglaura, figlia
di
Acteo, re degli Ateniesi, a cui egli succedette n
nominato biforme, e l’opinione degli scrittori è dubbia sulla origine
di
questo soprannome, volendo alcuni che gli venisse
la donna, per mezzo del matrimonio ; ed altri perchè essendo egiziano
di
nascita, era anche greco, per essersi stabilito n
che dal suo nome fu detta Cecropia. Alcuni la confondono con Cecopro
di
cui nell’articolo precedente. 1025. Cecropea. — P
1025. Cecropea. — Più comunemente Cecropiana, era uno dei soprannomi
di
Minerva come protettrice di Atene, città fondata
emente Cecropiana, era uno dei soprannomi di Minerva come protettrice
di
Atene, città fondata da Cecrope. 1026. Cecropidi.
si dava agli Ateniesi : Ovidio chiama particolarmente Teseo col nome
di
Cecropide. 1027. Cecropisa. — Soprannome di Aglau
colarmente Teseo col nome di Cecropide. 1027. Cecropisa. — Soprannome
di
Aglaura per esser moglie di Cecopro. V. Cecopro.
Cecropide. 1027. Cecropisa. — Soprannome di Aglaura per esser moglie
di
Cecopro. V. Cecopro. 1028. Cedemporo. — Vale a di
ecopro. V. Cecopro. 1028. Cedemporo. — Vale a dire interessato, avido
di
guadagno dalle parole greche Κεδρος guadagno e πε
come dio del traffico. Similmente si dava a Mercurio la denominazione
di
Cerdauso, per le ragioni precedenti, e anche ad A
ei suoi oracoli. 1029. Cedippe. — V. Acroncio. Vi furono molte ninfe
di
questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio di Mercurio e
croncio. Vi furono molte ninfe di questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio
di
Mercurio e di Ersea e marito di Procride. Aurora,
rono molte ninfe di questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio di Mercurio e
di
Ersea e marito di Procride. Aurora, innamoratasi
i questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio di Mercurio e di Ersea e marito
di
Procride. Aurora, innamoratasi di lui, lo rapì, m
lio di Mercurio e di Ersea e marito di Procride. Aurora, innamoratasi
di
lui, lo rapì, ma indarno, poichè egli non volle a
ì, ma indarno, poichè egli non volle acconsentire alle amorose voglie
di
lei. La dea sdegnata delle ripulse, giurò di vend
tire alle amorose voglie di lei. La dea sdegnata delle ripulse, giurò
di
vendicarsene, e lo lasciò ritornare presso Procri
amente. Ritornato in patria, Cefalo, volendo accertarsi della fedeltà
di
sua moglie, le si presentò sotto un travestimento
o un travestimento che lo rendeva irriconoscibile ; ed ebbe il dolore
di
vedere che essa condiscendeva all’incognito sedut
lontao da lei. Al suo ritorno nella casa del marito, essa lo presentò
di
un giavellotto e di un cane che Minosse le aveva
o ritorno nella casa del marito, essa lo presentò di un giavellotto e
di
un cane che Minosse le aveva dato, e amò così ten
ve mosso a compassione li cangiò entrambi in astri. 1031. Cefeo. — Re
di
Etiopia : fu figlio di Fenicio e padre di Androme
li cangiò entrambi in astri. 1031. Cefeo. — Re di Etiopia : fu figlio
di
Fenicio e padre di Andromeda. Vi fu ancora un alt
in astri. 1031. Cefeo. — Re di Etiopia : fu figlio di Fenicio e padre
di
Andromeda. Vi fu ancora un altro Cefeo principe d
di Fenicio e padre di Andromeda. Vi fu ancora un altro Cefeo principe
di
Arcadia, il quale fu teneramente amato da Minerva
prova d’affetto gli attaccò sulla fronte uno dei capelli della testa
di
Medusa, e con quel talismano lo rese invincibile.
invincibile. 1032. Cefiso. — Fiume della Focide ; amò un gran numero
di
ninfe, ma fu sempre disprezzato nei suoi amori. 1
sprezzato nei suoi amori. 1033. Cefo. — V. Cebo. 1034. Celx. — Figlio
di
Lucifero e di Chione. Egli fu così dolente della
suoi amori. 1033. Cefo. — V. Cebo. 1034. Celx. — Figlio di Lucifero e
di
Chione. Egli fu così dolente della morte di sua m
x. — Figlio di Lucifero e di Chione. Egli fu così dolente della morte
di
sua madre che si recò nella città di Claro onde c
Egli fu così dolente della morte di sua madre che si recò nella città
di
Claro onde consultare l’oracolo e sapere i mezzi
glie Alcione ne andò in cerca e saputa la sua morte ottenne dagli Dei
di
essere cangiata, con lui, nell’uccello che si chi
mato da Aurora, e che questa lo avesse sposato. 1035. Celadone. — Uno
di
coloro che furono uccisi alle nozze di Perseo con
sposato. 1035. Celadone. — Uno di coloro che furono uccisi alle nozze
di
Perseo con Andromeda. 1036. Celana. — Comunemente
rseo con Andromeda. 1036. Celana. — Comunemente si dava il soprannome
di
Celana, o Celene, alla Dea Cibele, dalla città di
dava il soprannome di Celana, o Celene, alla Dea Cibele, dalla città
di
Celene nella Frigia, ove era particolarmente ador
Giunone. 1037. Celeno. — Una delle arpie V. Arpie. 1038. Celeo. — Re
di
Eleusi il quale accolse assai benignamente Cerere
giata in diamante, per avere sostenuto che Giove era mortale. Al dire
di
Ovidio, Celma era il nome dell’ajo di Giove, il q
che Giove era mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome dell’ajo
di
Giove, il quale aveva voluto sostenere, che quel
elma fu rinchiuso in una torre impene. trabile. 1042. Celmiso. Marito
di
Celma. Subì la stessa sorte di sua moglie a causa
impene. trabile. 1042. Celmiso. Marito di Celma. Subì la stessa sorte
di
sua moglie a causa della sua incredulità V. Celma
à V. Celma. Vi fu un altro Celmiso fra i Cureti o Coribanti sacerdoti
di
Giove, il quale fu scacciato da’suoi compagni per
oti di Giove, il quale fu scacciato da’suoi compagni per aver mancato
di
rispetto alla madre degli Dei. 1043. Celo. — V. C
e da Diana con una freccia che questa lanciava ad una fiera, la madre
di
lei fu così afflitta e versò tante lagrime, che l
detta Pirene. 1045. Cencrea. — V. Cenchiria. 1046. Cencrisa. — Moglie
di
Ciniro e madre di Mirra. Avendo osato vantarsi di
. Cencrea. — V. Cenchiria. 1046. Cencrisa. — Moglie di Ciniro e madre
di
Mirra. Avendo osato vantarsi di avere una figlia
Cencrisa. — Moglie di Ciniro e madre di Mirra. Avendo osato vantarsi
di
avere una figlia assai più bella di Venere, la De
e di Mirra. Avendo osato vantarsi di avere una figlia assai più bella
di
Venere, la Dea per vendicarsi ispirò alla giovane
a Latona, appena la madre l’ebbe partorita. 1048. Ceneo. — Soprannome
di
Giove a causa del promontorio di Cene, ove egli a
partorita. 1048. Ceneo. — Soprannome di Giove a causa del promontorio
di
Cene, ove egli aveva un magnifico tempio e dove g
eneo, l’altare adorno Di Giove……. Ovidio. — Metamorf. Libro IX trad.
di
Dell’ Anguillara. Vi fu anche un tessalo ricord
anche un tessalo ricordato dalla tradizione mitologica sotto il nome
di
Ceneo, il quale fu dapprima donna e si chiamò Cen
pprima donna e si chiamò Cena, ed ottenne da Nettuno il doppio favore
di
cangiar sesso e di essere invulnerabile. Essendos
hiamò Cena, ed ottenne da Nettuno il doppio favore di cangiar sesso e
di
essere invulnerabile. Essendosi trovato presente
egli era in effetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto una foresta
di
alberi ed egli fu cangiato in uccello. Costui na
occhè da principio ei fu donzella. …………….. Fu in dubbio allor ciò che
di
Ceneo avvenne, E quasi ognun di noi giudizio died
a. …………….. Fu in dubbio allor ciò che di Ceneo avvenne, E quasi ognun
di
noi giudizio diede. Che per lo troppo peso ch’ei
da noi chiamato unico augello. Ovidio. — Metamorfosi Lib. XII trad.
di
dell’ Anguillara. 1049 Centauri. — Popoli di una
amorfosi Lib. XII trad. di dell’ Anguillara. 1049 Centauri. — Popoli
di
una contrada della Tessaglia. La favola ce li add
dita come mostri metà uomini e metà cavalli. Essi erano sempre armati
di
nodosi bastoni e si servivano con estrema destrez
E tra ’I piè della ripa ed essa, in traccia Correan Centauri armati
di
saette, Come solean nel mondo andare a caccia. D
Inf. Cant. XII. Quelli fra i Centauri che furono invitati alle nozze
di
Piritoo e d’Ippodamia, attaccarono querela coi La
amia, attaccarono querela coi Lapidi. Altra razza mostruosa. Il grido
di
richiamo dei Centauri rassomigliava al nitrito di
mostruosa. Il grido di richiamo dei Centauri rassomigliava al nitrito
di
un cavallo. Fra tutti il più famoso ed il più cel
llo. Fra tutti il più famoso ed il più celebre fu Chirone, precettore
di
Achille. (V. Chirone) Ercole dopo aver cacciati i
e membra fè, doppia la forza ? Ovidio. — Metamorfosi Libro XII trad.
di
Dell’Anguillara. 1050. Centauro. — Figliuolo di
fosi Libro XII trad. di Dell’Anguillara. 1050. Centauro. — Figliuolo
di
Apollo e di una figlia del fiume Peneo, chiamata
II trad. di Dell’Anguillara. 1050. Centauro. — Figliuolo di Apollo e
di
una figlia del fiume Peneo, chiamata Stilbia. Egl
montare sul dorso dei cavalli : da ciò la favola della doppia natura
di
questi esseri mitologici. 1051. Centimano. — Così
li della terra, che dettero la scalata alcielo. Ceo era anche il nome
di
una delle isole Cicladi nel mar Egeo, famosa per
monte Parnaso, per salvarsi dall’innondazione delle acque del diluvio
di
Deucalione, fu dalle ninfe abitatrici di quella m
ione delle acque del diluvio di Deucalione, fu dalle ninfe abitatrici
di
quella montagna, cangiato in uccello. Altri scrit
uccello. Altri scrittori vogliono che fosse cangiato in quella specie
di
scarafaggio che ha le corna. Questa credenza vien
a greca Κεραμπτον che significa con le corna. 1055. Cerasti. — Popoli
di
Amatunta, celebri per la loro crudeltà. Venere li
eraunio. — Vale a dire fulminatore che lancia la folgore ; soprannome
di
Giove. 1057. Cerbero. — Cane a tre teste guardian
. — Cane a tre teste guardiano della porta dell’Inferno e del palazzo
di
Plutone. ….. il gran Cerbero udiro Abbaiar con t
do veneno empie ogni campo. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VII trad.
di
Dell’Anguillara. 1058. Cerceisa. — Ninfa del mar
l’Anguillara. 1058. Cerceisa. — Ninfa del mare figlia dell’ Oceano e
di
Teti. 1059. Cercione. — Famoso ladro. Egli attacc
ne. — Famoso ladro. Egli attaccava le sue vittime a due grossi alberi
di
cui aveva ravvicinato le cime per modo che queste
bbe una figlia per nome Alope la quale Nettuno rese madre, e il padre
di
lei fu così irritato che la condusse in un bosco
i abbandonavano ad ogni più turpe deboscia. 1061. Cercopiteca. — Nome
di
una delle divinità degli Egiziani : si crede comu
nemente che fosse la stessa che Cebo. 1062. Cereali. — Feste in onore
di
Cerere. 1063. Cerere. — Una delle principali Dee
— Una delle principali Dee della mitologia greca e romana : fu tiglia
di
Saturno e di Cibele e Dea dell’agricoltura, la qu
rincipali Dee della mitologia greca e romana : fu tiglia di Saturno e
di
Cibele e Dea dell’agricoltura, la quale ella inse
ella insegnò agli uomini, viaggiando lungamente la terra in compagnia
di
Bacco. Tu sai pur quale io son, qual sempre fui
sti e più quanto agli ingrati. Ovidio. — Metamorfosi, Libro V. Trad.
di
Dell’ Anguillara. Plutone innamoratosi di sua fi
etamorfosi, Libro V. Trad. di Dell’ Anguillara. Plutone innamoratosi
di
sua figlia Proserpina gliela rapì, e Cerere allor
sul monte Etna, accese due torce e si dette a cercala indefessamente
di
giorno e di notte. Giunta alla corte di Trittolem
tna, accese due torce e si dette a cercala indefessamente di giorno e
di
notte. Giunta alla corte di Trittolemo, essa inse
ette a cercala indefessamente di giorno e di notte. Giunta alla corte
di
Trittolemo, essa insegnò particolarmente a questo
di Trittolemo, essa insegnò particolarmente a questo principe, l’arte
di
lavorare la terra, e assunse l’incarico di alleva
a questo principe, l’arte di lavorare la terra, e assunse l’incarico
di
allevare segretamente il figlio di lui, per nome
are la terra, e assunse l’incarico di allevare segretamente il figlio
di
lui, per nome Deifone, al quale ella porse il suo
le ella porse il suo latte per renderlo immortale : ma per negligenza
di
Meganira, Deifone morì nelle fiamme. Cerere allor
o intrapreso e avendo incontrata la ninfa Aretusa, le dimandò novelle
di
sua figlia Proserpina. La ninfa le disse che Plut
teva persuaderla, Cerere ebbe ricorso a Giove, il quale si compromise
di
fargliela restituire, quante volte essa non avess
rno. Ma Ascalafo palesò ch’essa avea colto una melograna nei giardini
di
Plutone e ne avea mangiati sette granellini, per
iò Ascalafo in gufo (V. Ascalafo). Giove intanto, commosso dal dolore
di
Cerere ordinò che Proserpina avesse passato sei m
ed un culto generale in tutte le città del mondo antico. Le primizie
di
tutti i prodotti della terra le venivano scrupolo
otti della terra le venivano scrupolosamente offerte, ed erano puniti
di
morte coloro che per qualunque ragione avessero t
i solenni misteri delle sue feste. Veniva rappresentata sotto figura
di
una donna giovane e bella, avendo nella mano dest
e bella, avendo nella mano destra una falce, nella sinistra un pugno
di
spighe di cui aveva anche coronata la fronte. Il
avendo nella mano destra una falce, nella sinistra un pugno di spighe
di
cui aveva anche coronata la fronte. Il suo seno l
coronata la fronte. Il suo seno largo e bellissimo era tutto coperto
di
mammelle, turgide di latte, simbolo parlante dell
Il suo seno largo e bellissimo era tutto coperto di mammelle, turgide
di
latte, simbolo parlante della fecondità della ter
ti più accreditati, i mitologi, quanto i poeti ; non si accordano fra
di
loro sulle diverse opinioni in proposito di quest
ti ; non si accordano fra di loro sulle diverse opinioni in proposito
di
questa famosa Divinità. Ve ne sono molti che la c
spalle Il blondissimo crin le si diffuse, E un siffatto splendor come
di
folgore Lampeggiò per la casa e quindi uscio. Om
re Lampeggiò per la casa e quindi uscio. Omero — Inno a Cerere Trad.
di
L. Lamberti. 1064. Ceriel. — Vale a dire araldi.
64. Ceriel. — Vale a dire araldi. Così furono detti da Cerisco figlio
di
Mercurio. Si aveva per essi una grande venerazion
per essi una grande venerazione. 1065. Cerixo. — Fu uno dei sacerdoti
di
Cerere che sovraintendeva ai misteri di quella De
erixo. — Fu uno dei sacerdoti di Cerere che sovraintendeva ai misteri
di
quella Dea. 1066. Cerphafo. — Uno dei figli di E
aintendeva ai misteri di quella Dea. 1066. Cerphafo. — Uno dei figli
di
Eolo e bisavo di Fenicia. 1067. Ceruleo. — Nettun
teri di quella Dea. 1066. Cerphafo. — Uno dei figli di Eolo e bisavo
di
Fenicia. 1067. Ceruleo. — Nettuno, fratello di Gi
figli di Eolo e bisavo di Fenicia. 1067. Ceruleo. — Nettuno, fratello
di
Giove veniva così soprannominato dal colore del m
uno, fratello di Giove veniva così soprannominato dal colore del mare
di
cui era Dio. Similmente si denotavano tutte le di
lmente si denotavano tutte le divinità marittime col nome complessivo
di
Dei Cerulei. 1068. Ceruso. — Dio del buon tempo :
nta Svetonio che durante la celebrazione dei giuochi funebri in onore
di
Giulio Cesare, fosse apparsa una cometa con la co
la crinita, e che questa apparizione contribuì non poco alla apoteosi
di
lui, essendosi creduto da tutti che in quell’astr
mitologica ripete che in tutto il corso dell’anno che seguì la morte
di
Giulio Cesare, il sole comparisse pallido e sbiad
mparisse pallido e sbiadito, e che questo era un segnale dello sdegno
di
Apollo. 1070. Cesto. — Così veniva chiamata una c
nere che le prestasse quella cintura. A proposito del famoso giudizio
di
Paride, Venere dovette togliere alla presenza di
del famoso giudizio di Paride, Venere dovette togliere alla presenza
di
lui la sua cintura, onde mostrare tutta l’incompa
ta l’incomparabile bellezza delle sue forme. 1071. Cestrino. — Figlio
di
Eleno e di Andromaca. Dopo la morte di sno padre
arabile bellezza delle sue forme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e
di
Andromaca. Dopo la morte di sno padre egli andò a
orme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e di Andromaca. Dopo la morte
di
sno padre egli andò a dimorare sulle rive del fiu
rive del fiume Tiamio in una contrada, che fu detta Cestrina dal nome
di
lui. 1072. Ceto. — Secondo Esiodo così si chiamav
nome di lui. 1072. Ceto. — Secondo Esiodo così si chiamava la moglie
di
Forcino, che fu madre di Bellona. 1073. Chaonia.
— Secondo Esiodo così si chiamava la moglie di Forcino, che fu madre
di
Bellona. 1073. Chaonia. — Contrada dell’Epiro pie
, che fu madre di Bellona. 1073. Chaonia. — Contrada dell’Epiro piena
di
montagne e di foreste, e celebre per le ghiande d
di Bellona. 1073. Chaonia. — Contrada dell’Epiro piena di montagne e
di
foreste, e celebre per le ghiande di cui si nutri
a dell’Epiro piena di montagne e di foreste, e celebre per le ghiande
di
cui si nutrivano i suoi abitanti, prima dell’inve
Sono questi i nomi che Eliodoro nelle sue storie dà a due personaggi
di
sua invenzione, che non vissero mai. Le cronache
onache mitologiche, e le tradizioni favolose dell’antichità non fanno
di
essi menzione alcuna. 1075. Charise. — V. Caride.
dova : soprannome dato a Giunone forse perchè Giove l’abbandonò assai
di
sovente per altre donne. 1078. Cherone. — Figlio
l’abbandonò assai di sovente per altre donne. 1078. Cherone. — Figlio
di
Apollo. Dette il suo nome ad una città che da lui
. Dette il suo nome ad una città che da lui cangiò il suo antico nome
di
Arnea in quello di Cheronea. 1079. Chiliombe. — S
ad una città che da lui cangiò il suo antico nome di Arnea in quello
di
Cheronea. 1079. Chiliombe. — Si dava questo nome
Greci facevano gran conto. 1081. Chimera. — Mostro che aveva la testa
di
leone, il corpo di capra e la coda di drago e vom
conto. 1081. Chimera. — Mostro che aveva la testa di leone, il corpo
di
capra e la coda di drago e vomitava fuoco e fiamm
ra. — Mostro che aveva la testa di leone, il corpo di capra e la coda
di
drago e vomitava fuoco e fiamme. Desolò per lungo
l petto capra, e drago La coda ; e della bocca orrende vampe Vomitava
di
foco……… Omero Iliade — Libro IV trad. di Vinc. M
occa orrende vampe Vomitava di foco……… Omero Iliade — Libro IV trad.
di
Vinc. Monti Chimera o Chimerifera era similment
, v’era un piccolo vulcano intorno al quale si aggiravano gran numero
di
leoni ; sui fianchi di essa verdeggiavano dei pra
ano intorno al quale si aggiravano gran numero di leoni ; sui fianchi
di
essa verdeggiavano dei prati su cui pasceva larga
fianchi di essa verdeggiavano dei prati su cui pasceva larga quantità
di
capre ; mentre ai suoi piedi strisciavano serpent
la personificazione del mostro detto Chimera. 1082. Chione. — Figlia
di
Dedalione. Essa fu amata contemporaneamente da Ap
e corrispose ad entrambi. Dal primo ebbe Filammone, celebre suonatore
di
liuto ; dal secondo Autolico, che si rese non men
uonatore di liuto ; dal secondo Autolico, che si rese non meno famoso
di
suo padre nell’ingannare tutti. Chione fu così or
osì orgogliosa della sua bellezza, che osò vantarsi d’esser più bella
di
Diana, del che sdegnata la Dea, le forò la lingua
lingua con una freccia. 1083. Chiromanzia. — Così veniva detta l’arte
di
predire il futuro dall’osservazione delle linee d
zione delle linee della mano. 1084. Chirone. — Famoso centauro figlio
di
Saturno e di Filira. Saturno, perdutamente innamo
inee della mano. 1084. Chirone. — Famoso centauro figlio di Saturno e
di
Filira. Saturno, perdutamente innamorata di quest
tauro figlio di Saturno e di Filira. Saturno, perdutamente innamorata
di
questa donna bellissima, tutte le volte che si re
ava da lei si trasformava in cavallo per deludere la gelosa vigilanza
di
sua moglie Rea ; ed è perciò ch’egli ebbe da Fili
a un figlio che, secondo la tradizione mitologica, ebbe il corpo metà
di
uomo e metà di cavallo ed a cui Saturno impose il
, secondo la tradizione mitologica, ebbe il corpo metà di uomo e metà
di
cavallo ed a cui Saturno impose il nome di Chiron
corpo metà di uomo e metà di cavallo ed a cui Saturno impose il nome
di
Chirone. Questo mostro viveva sulle montagne e ne
irone. Questo mostro viveva sulle montagne e nei boschi sempre armato
di
un arco di cui si serviva con mirabile destrezza.
to mostro viveva sulle montagne e nei boschi sempre armato di un arco
di
cui si serviva con mirabile destrezza. Conoscendo
nò la medicina ad Esculapio, l’astronomia ad Ercole e fu l’istitutore
di
Achille. E quel di mezzo ch’al petto si mira È ’
culapio, l’astronomia ad Ercole e fu l’istitutore di Achille. E quel
di
mezzo ch’al petto si mira È ’l gran Chirone che n
erno — Canto XII. Una ferita ad un piede cagionatagli da una freccia
di
quelle che Ercole aveva bagnate nel sangue dell’i
a una freccia di quelle che Ercole aveva bagnate nel sangue dell’idra
di
Lerna (V. Ercole), lo fece così crudelmente soffr
ostellazione del sagittario. 1085. Chitonea. o Chitonia. — Soprannome
di
Diana in onore della quale si celebravano delle f
uale fu da Plutone cangiata in fontana, perchè volle opporsi al ratto
di
Proserpina. Da quel sorge non lunge un’altra fon
Ciane l’appella, Nïnfa che l’à in custodia a piè del monte, Che preme
di
Tifeo la manca ascella. Ovidio — Metamor — Lib.
Che preme di Tifeo la manca ascella. Ovidio — Metamor — Lib. V trad.
di
Dell’ Anguillara. 1088. Clanea. — Figlia del fiu
i Dell’ Anguillara. 1088. Clanea. — Figlia del fiume Meandro e madre
di
Cauno e di Bibli. Essa fu cangiata in roccia per
uillara. 1088. Clanea. — Figlia del fiume Meandro e madre di Cauno e
di
Bibli. Essa fu cangiata in roccia per non aver vo
e un giovane che l’amava passionatamente, e che si uccise in presenza
di
lei senza cagionarle la più leggiera emozione. 10
all’ingresso del ponte Eusino le le cui masse abbracciavano lo spazio
di
venti stadii. Le onde del mare, frangendosi con s
bili quelle rocce, e impedì alla nave Argo ove quelli erano imbarcati
di
naufragarsi ; per modo che gli Argonauti giunsero
uti giunsero felicemente al loro destino. 1090. Clanippo. — Sacerdote
di
Siracusa. Avendo disprezzato i misteri di Bacco,
1090. Clanippo. — Sacerdote di Siracusa. Avendo disprezzato i misteri
di
Bacco, questo Dio, per punirlo, lo colpì d’una ta
violenza a sua figlia. Appena compiuto il mostruoso incesto, l’isola
di
Sicilia, fu desolata da un’orribile pestilenza. L
vrebbe fine col sacrifizio dell’incestuoso Cianippo. Allora la figlia
di
questo trascinò il padre all’altare, e dopo averl
ll’altare, e dopo averlo con le sue mani svenato, si uccise sul corpo
di
lui. 1091. Cibebe. — Divinità a cui si attribuiva
corpo di lui. 1091. Cibebe. — Divinità a cui si attribuiva il potere
di
ispirare il furore. Veniva chiamata la madre degl
onfonderla. 1092. Cibelle. — Più comunemente conosciuta sotto il nome
di
Cibele : figlia del cielo e della terra, e moglie
ta sotto il nome di Cibele : figlia del cielo e della terra, e moglie
di
Saturno. Essa aveva molti altri nomi come Vesta,
a, Rea, Madre degli Dei, Buona Dea ecc : La tradizione favolosa narra
di
lei che, appena nata venisse esposta in un bosco
raffigurata sotto le sembianze d’una donna bellissima, con una corona
di
torri sul capo, circondata da animali, con una go
rona di torri sul capo, circondata da animali, con una gonna seminata
di
fiori e montata su di un carro tirato da quattro
, circondata da animali, con una gonna seminata di fiori e montata su
di
un carro tirato da quattro leoni. Il pino le era
izione, il Dio Vulcano, loro capo, aveva la sua officina. Buon numero
di
essi erano figli del Cielo e della Terra, ed altr
na. Buon numero di essi erano figli del Cielo e della Terra, ed altri
di
Nettuno e di Anfitride. Essi avevano un sol’occhi
ro di essi erano figli del Cielo e della Terra, ed altri di Nettuno e
di
Anfitride. Essi avevano un sol’occhio in mezzo la
vevano un sol’occhio in mezzo la fronte. Apollo sdegnato per la morte
di
Esculapio suo figlio, fulminato da Giove, distrus
esce de l’onde, e fuma. Ha sotto una spelonca, e grotte intorno, Che
di
feri Ciclopi, antrì e fucine Son da’ lor fochi af
nfrescar l’aspre saette a Giove. Virgilio — Eneide Lib. VIII — trad.
di
A. Caro. 1098. Cicno. — V. Cigno. 1099. Cicogna.
rezzate. È questa però un’opinione assai vaga. 1101. Ciereo. — Figlio
di
Nettuno e sacerdote di Cerere. La feroce astuzia
un’opinione assai vaga. 1101. Ciereo. — Figlio di Nettuno e sacerdote
di
Cerere. La feroce astuzia della sua indole gli va
di Cerere. La feroce astuzia della sua indole gli valse il soprannome
di
serpente. 1102. Cidiope. — Madre di Cleobe e di B
ua indole gli valse il soprannome di serpente. 1102. Cidiope. — Madre
di
Cleobe e di Bittone e sacerdotessa di Giunone. V.
i valse il soprannome di serpente. 1102. Cidiope. — Madre di Cleobe e
di
Bittone e sacerdotessa di Giunone. V. Bittone. 11
erpente. 1102. Cidiope. — Madre di Cleobe e di Bittone e sacerdotessa
di
Giunone. V. Bittone. 1103. Cielo o Celo. — Figlio
oluttuosa indole, e dell’estrema bianchezza delle sue penne. Il carro
di
questa Dea veniva sovente tirato da due cigni. Gi
rato da due cigni. Giove, per farsi amare da Leda si trasformò in uno
di
questi animali. V. Leda. Cigno ebbe anche nome un
in uno di questi animali. V. Leda. Cigno ebbe anche nome un figliuolo
di
Marte, che combattè contro Ercole e fu vinto. Mar
ersi personalmente con Ercole ; ma Giove li separò facendo cadere fra
di
loro la folgore. Cigno fu similmente detto un re
la folgore. Cigno fu similmente detto un re della Liguria, figliuolo
di
Steneleo. Egli era legato da fraterna amicizia a
nche dopo codesta metamorfosi, dice che egli ricordandosi del fulmine
di
Giove, che aveva ucciso l’amico suo, non avesse m
vesse mai spinto il volo nelle regioni superiori, ma si accontentasse
di
volare radendo la terra, e facesse dell’elemento
ontrario al fuoco la sua abitazione. Cigno fu finalmente un figliuolo
di
Nettuno e di una Nereide, il quale fu da suo padr
uoco la sua abitazione. Cigno fu finalmente un figliuolo di Nettuno e
di
una Nereide, il quale fu da suo padre reso invuln
vincitore si accingeva a spogliare il vinto delle sue armi, il corpo
di
Cigno disparve avendolo suo padre Nettuno cangiat
il corpo di Cigno disparve avendolo suo padre Nettuno cangiato in uno
di
questi animali. 1105. Cileno. — Fu una delle Plej
. 1105. Cileno. — Fu una delle Plejadi. 1106. Cilixo. — Uno dei figli
di
Fenicio che andò a stabilirsi in quella parte del
inore, che poi dal suo nome fu detta Cilicia. Cilixo fu anche il nome
di
uno dei figliuoli di Agenore. 1107. Cillabaro. —
o nome fu detta Cilicia. Cilixo fu anche il nome di uno dei figliuoli
di
Agenore. 1107. Cillabaro. — Figlio di Stenelo. Eg
he il nome di uno dei figliuoli di Agenore. 1107. Cillabaro. — Figlio
di
Stenelo. Egli durante l’assedio di Troja s’impadr
Agenore. 1107. Cillabaro. — Figlio di Stenelo. Egli durante l’assedio
di
Troja s’impadronì degli stati e della donna di Di
Egli durante l’assedio di Troja s’impadronì degli stati e della donna
di
Diomede. 1108. Cillaruso. — Uno dei Centauri. Ave
llaruso. — Uno dei Centauri. Aveva l’istesso nome il cavallo favorito
di
Polluce. 1109. Cillene. — Montagna dell’Arcadia.
lcuni scrittori mitologici, che essa debba il suo nome, ad una figlia
di
Menofrone, chiamata Cillene : altri pretendono ch
, chiamata Cillene : altri pretendono che lo abbia da una principessa
di
questo nome pronipote d’Afanaso re d’Arcadia. Mer
ntagna, viene sovente dedominato Cillenio. 1110. Cilleo. — Soprannome
di
Apollo che gli veniva dalla città di Cilla, nella
enio. 1110. Cilleo. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città
di
Cilla, nella Beozia, dove egli aveva un famoso te
la Beozia, dove egli aveva un famoso tempio. 1111. Cillo. — Cocchiere
di
Pelopo, il quale lo ebbe così caro, che dopo la m
— Cocchiere di Pelopo, il quale lo ebbe così caro, che dopo la morte
di
lui, fond ò una città a cui impose nome di Cilla,
sì caro, che dopo la morte di lui, fond ò una città a cui impose nome
di
Cilla, per onorare la memoria del servo fedele. 1
Dea Cibele. 1113. Cimmeriani. — Popoli dell’Italia, nelle circostanze
di
Baja. La cronaca favolosa dice che in una delle c
V. Cimmeria. 1115. Cimodoce. — Ninfa del mare. Fu una delle compagne
di
Cirene, madre d’Aristeo. 1116. Cimodocea. — Ninfa
docea. — Ninfa che predisse ad Enea l’evento della sua flotta. Fu una
di
coloro che si presentarono a Cibele, quando quest
asformò i vascelli d’Enea in ninfe del mare. 1117. Cimopoja. — Figlia
di
Nettuno e moglie del famoso Briareo, il gigante C
sa ajutò i Trojani in una burrasca che Giunone aveva sollevata contro
di
loro. 1119. Cinarada. — Dette anche Cinaredo, nom
naredo, nome che si dava al gran sacerdote sagrificatore della Venere
di
Pafo. 1120. Cinela. — Dalle parole latine cinxi,
la. — Dalle parole latine cinxi, Cingo e cunctum cingere ; soprannome
di
Giunone come la Dea, a cui la tradizione mitologi
ne come la Dea, a cui la tradizione mitologica, attribuiva l’incarico
di
slegare la c nta alle nuove maritate. 1121. Cindi
di slegare la c nta alle nuove maritate. 1121. Cindiade. — Soprannome
di
Diana. Narra Polibio, che la statua di Diana Cind
. 1121. Cindiade. — Soprannome di Diana. Narra Polibio, che la statua
di
Diana Cindiade, se pure posta in luogo scoperto a
Diana Cindiade, se pure posta in luogo scoperto aveva la prerogativa
di
non essere mai bagnata dalla pioggia. 1122. Cingh
prerogativa di non essere mai bagnata dalla pioggia. 1122. Cinghiale
di
Erimanto. — V. Erimanto. 1123. Cinghiale di Calid
pioggia. 1122. Cinghiale di Erimanto. — V. Erimanto. 1123. Cinghiale
di
Calidone — V. Calidone. 1124. Cinira. — Figlio di
to. 1123. Cinghiale di Calidone — V. Calidone. 1124. Cinira. — Figlio
di
Cilixo e re di Cipro V. Ammone. 1125. Ciniro il g
iale di Calidone — V. Calidone. 1124. Cinira. — Figlio di Cilixo e re
di
Cipro V. Ammone. 1125. Ciniro il giovane. — Sopra
Cilixo e re di Cipro V. Ammone. 1125. Ciniro il giovane. — Soprannome
di
Adone figlio di Ciniro e di Mirra — V. Adone. 112
ipro V. Ammone. 1125. Ciniro il giovane. — Soprannome di Adone figlio
di
Ciniro e di Mirra — V. Adone. 1126. Cinisca. — Fi
ne. 1125. Ciniro il giovane. — Soprannome di Adone figlio di Ciniro e
di
Mirra — V. Adone. 1126. Cinisca. — Figliuola d’Ar
alse dei grandi onori. 1127. Cinocefalo. — Divinità Egiziana. Al dire
di
Plutarco, era la stessa che Anubi. Vi erano, seco
delle Indie, i quali venivano così denominati perchè avevano la testa
di
cane V. Anubi. 1128. Cinofontisa. — Detta anche C
ncontravano per la via. 1129. Cinosora. — Ninfa del monte Ida. Fu una
di
quelle che presero cura dell’infanzia di Giove. D
Ninfa del monte Ida. Fu una di quelle che presero cura dell’infanzia
di
Giove. Dopo la sua morte fu cangiata in astro. 11
Dopo la sua morte fu cangiata in astro. 1130. Cinosarge. — Soprannome
di
Ercole a lui dato a cagione di un’avventura. Un a
n astro. 1130. Cinosarge. — Soprannome di Ercole a lui dato a cagione
di
un’avventura. Un ateniese per nome Didimo, si acc
il misterioso comando e da quel tempo fu dato ad Ercole il soprannome
di
Cinosarge. 1131. Cinsia e Cinsie. — Soprannome di
rcole il soprannome di Cinosarge. 1131. Cinsia e Cinsie. — Soprannome
di
Diana e di Apollo, perchè nacquero insieme nell’i
prannome di Cinosarge. 1131. Cinsia e Cinsie. — Soprannome di Diana e
di
Apollo, perchè nacquero insieme nell’isola di Del
— Soprannome di Diana e di Apollo, perchè nacquero insieme nell’isola
di
Delo, chiamata Cinsio. 1132. Cinsio. — V. Cinsia.
la di Delo, chiamata Cinsio. 1132. Cinsio. — V. Cinsia. 1133. Cintura
di
Venere. — Secondo la tradizione, questa misterios
e. — Secondo la tradizione, questa misteriosa cintura aveva il poterc
di
rendere amabile chi la possedeva, e riaccendeva i
il poterc di rendere amabile chi la possedeva, e riaccendeva il fuoco
di
una passione estinta. …. e dal seno il bel trapu
io ch’anco de’saggi Ruba la mente…….. Omero. — Iliade Lib. XIV trad.
di
V. Monti. A dire di Luciano nelle opere, Mercuri
uba la mente…….. Omero. — Iliade Lib. XIV trad. di V. Monti. A dire
di
Luciano nelle opere, Mercurio rubò a Venere la su
menti, le grazie più attraenti. — V. Cesto. 1134. Ciparisso. — Figlio
di
Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cur
azie più attraenti. — V. Cesto. 1134. Ciparisso. — Figlio di Telefa e
di
Apollo. Egli addimesticò con gran cura un cervo a
so a pietà lo cangiò in cipresso. 1135. Cipfelide. — Nome patronimico
di
Cipfelo, tiranno di Corinto, e suoi discendenti.
in cipresso. 1135. Cipfelide. — Nome patronimico di Cipfelo, tiranno
di
Corinto, e suoi discendenti. 1136. Cipresso. — Er
Dio dei morti. 1137. Ciprigna. — Soprannome dato a Venere, dall’isola
di
Cipro, a lei consagrata. 1138. Circe. — Famosa ma
dotta e incomparabil fata Ovidio. — Metamorfosi. — Libro XIV. trad.
di
Dell’anguillara. Circe fu scacciata dal suo pae
avvelenato suo marito, re dei Sarmati, ed andò a dimorare nell’isola
di
Ea, o, secondo altri in un promontorio della Camp
a ninfa. Circe accolse Ulisse nella sua isola, e per ritenerlo presso
di
se, cangiò tutti i seguaci di lui in majali, orsi
nella sua isola, e per ritenerlo presso di se, cangiò tutti i seguaci
di
lui in majali, orsi ed altri animali, dando loro
lui in majali, orsi ed altri animali, dando loro a bere certo liquore
di
cui Ulisse non volle gustare, e potè così dopo qu
Della man delle dive useir può solo. Omero — Odissea — Lib. X Trad.
di
I. Pindemonte. 1139. Circio. — Così veniva chiam
ollo l’amò con passione e la condusse in Africa ov’essa divenne madre
di
Aristea. Vi fu un’altra Cirene ninfa della Tracia
Marte resa madre del famoso Diomede. 1141. Cirno. — Uno dei figliuoli
di
Ercole : dette il suo nome all’isola di Corsica.
1. Cirno. — Uno dei figliuoli di Ercole : dette il suo nome all’isola
di
Corsica. 1142. Cirra. — Città della Focide vicino
eva una caverna da cui soffiavano dei venti che ispiravano una specie
di
divino furore, e facevano rendere responsi ed ora
furore, e facevano rendere responsi ed oracoli. Da ciò il soprannome
di
Cirreo dato ad Apollo. 1143. Cisio. — V. Cizzica.
o ad Apollo. 1143. Cisio. — V. Cizzica. 1144. Cissea. — Ecuba, moglie
di
Priamo re di Troja, veniva così denominata perchè
1143. Cisio. — V. Cizzica. 1144. Cissea. — Ecuba, moglie di Priamo re
di
Troja, veniva così denominata perchè figlia di Ci
a, moglie di Priamo re di Troja, veniva così denominata perchè figlia
di
Cisseo re della Tracia. 1145. Cissone. — Così ave
e un giovane il quale morì per una caduta, mentre danzava nei misteri
di
Bacco, innanzi al simulacro di questo Dio, che lo
una caduta, mentre danzava nei misteri di Bacco, innanzi al simulacro
di
questo Dio, che lo cangiò in ellera. 1146. Cissot
o, che lo cangiò in ellera. 1146. Cissotonie. — Feste greche in onore
di
Ebe dea della giovanezza : coloro c e vi prendeva
dea della giovanezza : coloro c e vi prendevano parte erano coronati
di
ellera. 1147. Cita. — Città capitale della Colchi
oronati di ellera. 1147. Cita. — Città capitale della Colchide patria
di
Medea, la quale veniva perciò detta Citae-Virgo,
ia di Medea, la quale veniva perciò detta Citae-Virgo, ossia la donna
di
Cita. 1148. Citera. — Isola del mediterraneo. La
in quest’isola che Venere nascesse dalla spuma del mare gli abitanti
di
quest’isola avevano per quella Dea un culto parti
ato un tempio ricchissimo nel quale essa veniva adorata sotto il nome
di
Venere Urania. 1149. Citerea. — Soprannome di Ven
a adorata sotto il nome di Venere Urania. 1149. Citerea. — Soprannome
di
Venere. Vedi l’articolo precedente. 1150. Citereo
ente. 1150. Citereo. — Si dava codesto soprannome a Cupido, figliuolo
di
Venere Citerea. Al dire di Pausania, Citereo era
ava codesto soprannome a Cupido, figliuolo di Venere Citerea. Al dire
di
Pausania, Citereo era anche un fiume del Peloponn
fiume del Peloponneso in Elide consacrato alle ninfe Jonidi. Le acque
di
questo fiume avevano al dire del citato scrittore
acque di questo fiume avevano al dire del citato scrittore, la virtù
di
guarire dalle malattie, gl’infermi che vi si bagn
agnavano. 1151. Citereo-Eroe. — Così veniva denominato Enea figliuolo
di
Venere. I greci chiamavano pure mese Citereo quel
Enea figliuolo di Venere. I greci chiamavano pure mese Citereo quello
di
aprile perchè era consacrato a Venere. 1152. Cite
— Soprannome che talvolta si dava alle Muse tenute anch’esse in conto
di
bellissime. 1153. Citerone. — Re di Platea nella
le Muse tenute anch’esse in conto di bellissime. 1153. Citerone. — Re
di
Platea nella Beozia tenuto in conto di saggio e p
llissime. 1153. Citerone. — Re di Platea nella Beozia tenuto in conto
di
saggio e prudente uomo. La cronaca mitologica rac
ca mitologica racconta che essendo Giunone, altamente irritata contro
di
Giove vedendosi di continuo abbandonata da questo
nta che essendo Giunone, altamente irritata contro di Giove vedendosi
di
continuo abbandonata da questo per altre donne, a
dosi di continuo abbandonata da questo per altre donne, avesse deciso
di
dividersi da lui per mezzo di un pubblico divorzi
a questo per altre donne, avesse deciso di dividersi da lui per mezzo
di
un pubblico divorzio. Allora Citerone consigliò a
per mezzo di un pubblico divorzio. Allora Citerone consigliò a Giove
di
fingere un nuovo matrimonio per ricondurre a se G
fingere un nuovo matrimonio per ricondurre a se Giunone. Il consiglio
di
Citerone ebbe il suo pieno effetto. 1154. Citeron
di Citerone ebbe il suo pieno effetto. 1154. Citeronia. — Sopraunome
di
Giunone. Vedi l’articolo precedente. 1155. Citero
Citora. — Città e montagna della Galazia, così detta da Citoro figlio
di
Prisso. Quella contrada era coperta di boschi. 11
a, così detta da Citoro figlio di Prisso. Quella contrada era coperta
di
boschi. 1157. Civetta. — Quest’uccello per essere
uto come simbolo della vigilanza veniva consacrato a Minerva. Al dire
di
Eliano i Pagani ritenevano come pessimo augurio l
Al dire di Eliano i Pagani ritenevano come pessimo augurio l’incontro
di
una civetta. 1158. Cizzica o Cisia. — Re dei Doli
a brillante, così veniva denominata Iride. 1163. Clario. — Soprannome
di
Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Clar
ride. 1163. Clario. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città
di
Claro o Claros, dove egli era particolarmente ven
nia — Vedi l’articolo precedente. 1165. Claudia. — Era questo il nome
di
una vestale, la quale accusata di libertinaggio f
1165. Claudia. — Era questo il nome di una vestale, la quale accusata
di
libertinaggio fu salvata dalla dea Vesta, che ope
u salvata dalla dea Vesta, che operò un miracolo per provare la virtù
di
lei. La tradizione favolosa narra, che Claudia, p
ello si era così fortemente incastrato che non riusci a più centinaja
di
uomini di rimuoverlo. 1166. Clausio. — Dio che ve
a così fortemente incastrato che non riusci a più centinaja di uomini
di
rimuoverlo. 1166. Clausio. — Dio che veniva invoc
a dalla parola latina cludere, chiudere. 1167. Clava. — Questa specie
di
arma terribile, è l’attributo che concordemente g
o. Anche Teseo si dipinge sovente armato d’una clava, perchè, al dire
di
Euripide, egli si armò di una grossissima clava p
sovente armato d’una clava, perchè, al dire di Euripide, egli si armò
di
una grossissima clava per combattere contro Creon
li si armò di una grossissima clava per combattere contro Creonte, re
di
Tebe. Secondo il suddetto scrittore, la clava di
e contro Creonte, re di Tebe. Secondo il suddetto scrittore, la clava
di
Teseo, veniva designata con l’epiteto di Epidauri
suddetto scrittore, la clava di Teseo, veniva designata con l’epiteto
di
Epidauriana, perchè fu appunto nell’Epidauro che
la rapì a Perifete, dopo averlo ucciso. È questa del paro l’opinione
di
Plutarco. ….. ed ei brandita (Arma tremenda) l’E
. è le partia dal tronco. Euripide — Le supplicanti — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. 1168. Clavigero. — Vale a dire port
168. Clavigero. — Vale a dire porta clava e porta-chiavi : soprannome
di
Ercole — Vedi l’articolo precedente — e di Giano.
porta-chiavi : soprannome di Ercole — Vedi l’articolo precedente — e
di
Giano. A quest’ultimo si dava l’epiteto di porta-
l’articolo precedente — e di Giano. A quest’ultimo si dava l’epiteto
di
porta-chiavi, come custode del tempio che si apri
iteto di porta-chiavi, come custode del tempio che si apriva in tempo
di
guerra e si chiudeva in tempo di pace. Clavigera
de del tempio che si apriva in tempo di guerra e si chiudeva in tempo
di
pace. Clavigera proles-Vulcani, venivano detti i
tempo di pace. Clavigera proles-Vulcani, venivano detti i discendenti
di
Vulcano. 1169. Cledonismanzia. — Detta anche Cled
edonismanzia. — Detta anche Cledonismo, era una famosa magia ; specie
di
divinazione che si tirava da certe parole, che de
ani fatta una divinità ; e, secondo asserisce Plutarco, dopo la morte
di
Cesare fu innalzato un tempio alla clemenza di lu
lutarco, dopo la morte di Cesare fu innalzato un tempio alla clemenza
di
lui. Gli attributi della clemenza erano la patera
. 1171. Cleobe. — V. Bittone. 1172. Cleodeo. — Figlio d’Illo e nipote
di
Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia di Priamo, re di
Cleodeo. — Figlio d’Illo e nipote di Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia
di
Priamo, re di Troja, e di Ecuba. 1174. Cleodora.
lio d’Illo e nipote di Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia di Priamo, re
di
Troja, e di Ecuba. 1174. Cleodora. — Così avea no
nipote di Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia di Priamo, re di Troja, e
di
Ecuba. 1174. Cleodora. — Così avea nome la ninfa
a, e di Ecuba. 1174. Cleodora. — Così avea nome la ninfa che fu madre
di
Parnaso. 1175. Cleodossa. — Una delle figliuole d
ninfa che fu madre di Parnaso. 1175. Cleodossa. — Una delle figliuole
di
Niobe. 1176. Cleomede. — Famoso atleta. Egli era
1176. Cleomede. — Famoso atleta. Egli era così robusto, che sdegnato
di
non aver conseguito il premio nella lotta contro
nato di non aver conseguito il premio nella lotta contro un cittadino
di
Epidauro, abbatè una colonna di una casa con un p
remio nella lotta contro un cittadino di Epidauro, abbatè una colonna
di
una casa con un pugno, facendo così morire un gra
colonna di una casa con un pugno, facendo così morire un gran numero
di
persone sotto le rovine. Egli si salvò nascondend
a. — Una delle Danaidi. Vi fu anche un’altra Cleopatra, che fu figlia
di
Borea e moglie di Fineo. 1179. Cleromanzia. — Div
aidi. Vi fu anche un’altra Cleopatra, che fu figlia di Borea e moglie
di
Fineo. 1179. Cleromanzia. — Divinazione con la qu
tre grazie. 1181. Clidomanzia. — Indovinamento che si facea per mezzo
di
alcune chiavi. 1182. Climene. — Ninfa, figlia del
mezzo di alcune chiavi. 1182. Climene. — Ninfa, figlia dell’Oceano e
di
Teti. Apollo l’amò con passione e ne ebbe va rii
ne e ne ebbe va rii figli. Climene era anche il nome della confidente
di
Elena. 1183. Climeneidi. — Così furono dette le f
confidente di Elena. 1183. Climeneidi. — Così furono dette le figlie
di
Climene. 1184. Climeneo. — Soprannome di Plutone.
Così furono dette le figlie di Climene. 1184. Climeneo. — Soprannome
di
Plutone. Il padre di Arpalice si chiamava del par
figlie di Climene. 1184. Climeneo. — Soprannome di Plutone. Il padre
di
Arpalice si chiamava del pari Climeneo. V. Arpali
lla che presiedeva alla storia. I poeti la rappresentano sotto figura
di
una donna giovane, d’imponente e maestosa bellezz
onna giovane, d’imponente e maestosa bellezza, con la fronte coronata
di
lauro, e avendo nella mano destra una tromba e ne
no destra una tromba e nella sinistra un libro. 1186. Clita. — Figlia
di
Merope. Essendole morto il marito, ch’essa amava
e, si strangolò per non sopravvivergli. 1187. Clitennestra. — Figlia
di
Tindaro e di Leda, sorella di Castore, e moglie d
lò per non sopravvivergli. 1187. Clitennestra. — Figlia di Tindaro e
di
Leda, sorella di Castore, e moglie di Agamennone.
vivergli. 1187. Clitennestra. — Figlia di Tindaro e di Leda, sorella
di
Castore, e moglie di Agamennone. …… figlia di Le
ennestra. — Figlia di Tindaro e di Leda, sorella di Castore, e moglie
di
Agamennone. …… figlia di Leda io sono : Clitenne
aro e di Leda, sorella di Castore, e moglie di Agamennone. …… figlia
di
Leda io sono : Clitennestra m’appello : è mio con
nsorte Agamennone re. Euripide — Ifigenia in Aulide — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Mentre Agamennone era all’assedio d
e — Tragedia trad. di F. Bellotti. Mentre Agamennone era all’assedio
di
Troja, essa amò Egisto, il quale, d’accordo con l
rra, e si rese padrone de’suoi stati, usurpando, con sanguinosa opera
di
regicidio, il suo trono ed il suo talamo. … Ahi
talamo. … Ahi ! lassa ! ohimè ! che bramo ? Elettra, Piangi l’error
di
traviata madre. Piangi, chè intero egli è. La lun
li Aruspici. 1189. Clitio. — Uno dei fratelli del re Priamo, e figlio
di
Laomedone. 1190. Clito. — Così ebbe nome uno dei
e uno dei più rinomati centauri. 1191. Clizia. — Figlia dell’Oceano e
di
Teti. Essa fu amata da Apollo, il quale l’abbando
. Essa fu amata da Apollo, il quale l’abbandonò per ottenere i favori
di
Leupotea. Clizia concepi una così violenta gelosi
Leupotea. Clizia concepi una così violenta gelosia, che in un accesso
di
disperazione volle lasciarsi morir di fame, ma Ap
enta gelosia, che in un accesso di disperazione volle lasciarsi morir
di
fame, ma Apollo la cangiò in quel fiore a cui ogg
r di fame, ma Apollo la cangiò in quel fiore a cui oggi si dà il nome
di
Eliotropo. La cronaca mitologica ricorda due altr
o. La cronaca mitologica ricorda due altre Clizie : una che fu moglie
di
Tantalo, l’altra di Amintore. 1192. Cloacina. — D
gica ricorda due altre Clizie : una che fu moglie di Tantalo, l’altra
di
Amintore. 1192. Cloacina. — Dea delle cloache. La
rovata una statua in una cloaca, la proclamò dea, imponendole il nome
di
Cloacina. Al dire di Plinio, Cloacina era anche u
una cloaca, la proclamò dea, imponendole il nome di Cloacina. Al dire
di
Plinio, Cloacina era anche un soprannome di Vener
nome di Cloacina. Al dire di Plinio, Cloacina era anche un soprannome
di
Venere, a cagione d’un tempio che ella aveva pres
col quale i Macedoni indicavano le Baccanti. 1194. Cloe. — Soprannome
di
Cerere, da cu i le feste in suo onore dette Cloja
nore dì Bacco. 1196. Cloje. — Altre feste celebrate in Atene in onore
di
Cerere, nelle quali veniva a lei sacrificato un c
1198. Clonio. — Uno dei capitani Beozii, che si recarono all’assedio
di
Troia. 1199. Cloreo. — Famoso indovino, sacerdote
rono all’assedio di Troia. 1199. Cloreo. — Famoso indovino, sacerdote
di
Cibele. 1200. Cloridi. — Più comunemente conosciu
di Cibele. 1200. Cloridi. — Più comunemente conosciuta sotto il nome
di
Clori, fu una delle figliuole di Niobe e di Anfio
comunemente conosciuta sotto il nome di Clori, fu una delle figliuole
di
Niobe e di Anfione. Ella sposò Neleo, e fu madre
conosciuta sotto il nome di Clori, fu una delle figliuole di Niobe e
di
Anfione. Ella sposò Neleo, e fu madre di Nestore.
a delle figliuole di Niobe e di Anfione. Ella sposò Neleo, e fu madre
di
Nestore. Apollo e Diana la uccisero perchè essa a
Nestore. Apollo e Diana la uccisero perchè essa aveva osato vantarsi
di
cantar meglio del primo, e d’esser più bella dell
del primo, e d’esser più bella della seconda. Clori fu anche il nome
di
una ninfa che sposò Zeffiro, il quale le dette pe
te per dote l’impero sui fiori, ciò che la fece adorare sotto il nome
di
Flora, come una dea. 1201. Closio. — Soprannome d
rare sotto il nome di Flora, come una dea. 1201. Closio. — Soprannome
di
Giano : si diceva talvolta anche Clovisio. 1202.
te l’invenzione del fuso. 1203. Cloto. — Una delle tre Parche, figlia
di
Giove e di Temi ; veniva rappresentata sotto la f
ione del fuso. 1203. Cloto. — Una delle tre Parche, figlia di Giove e
di
Temi ; veniva rappresentata sotto la figura di un
che, figlia di Giove e di Temi ; veniva rappresentata sotto la figura
di
una donna vestita di una lunga tunica di diversi
e di Temi ; veniva rappresentata sotto la figura di una donna vestita
di
una lunga tunica di diversi colori, e col capo ci
appresentata sotto la figura di una donna vestita di una lunga tunica
di
diversi colori, e col capo cinto d’una corona di
di una lunga tunica di diversi colori, e col capo cinto d’una corona
di
sette stelle. 1204. Cnef o Cnufi. — Dio supremo d
lutarco riferisce che gli Egiziani della Tebaide, per un lungo elasso
di
tempo, non ebbero se non questa sola divinità imm
tomessa alla legge inevitabile della morte. Questa credenza religiosa
di
uno dei più antichi popoli del mondo, è una prova
o così indicati alcuni genii malefici, che facevano parte del seguito
di
Bacco. 1208. Cocalo. — Re della Sicilia. La tradi
. — Re della Sicilia. La tradizione mitologica racconta che fu presso
di
lui che si ricoverò Dedalo, allorchè Minos lo per
alo, allorchè Minos lo perseguitava. Cocalo soddisfatto d’aver presso
di
sè un uomo, che come Dedalo si era reso celebre p
che come Dedalo si era reso celebre pel suo ingegno, lo difese contro
di
Minos, che veniva a dimandarglielo a mano armata
he veniva a dimandarglielo a mano armata e fece perire il persecutore
di
lui. Vi sono per altro alcuni scrittori dell’anti
ripetano che se pure Cocalo avesse sottratto Dedalo alle persecuzioni
di
Minos, se ne fosse disfatto egli stesso poi per p
, e lo ritenevano come sacro. Gli abitatori del lago Meris e i popoli
di
Tebe, lo veneravano con un culto particolare : lo
rticolare : lo addomesticavano e gli coprivano il collo e gli orecchi
di
ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivan
sticavano e gli coprivano il collo e gli orecchi di ornamenti d’oro e
di
pietre preziose, lo nutrivano di certa quantità d
o e gli orecchi di ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivano
di
certa quantità di carne, al qual cibo essi davano
ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivano di certa quantità
di
carne, al qual cibo essi davano il nome di carni
utrivano di certa quantità di carne, al qual cibo essi davano il nome
di
carni sacre. Quando il sacro animale moriva, essi
à d’Arsinoe, presso il lago Meris, dettero alla loro capitale il nome
di
Coccodrillopoli, ossia città dei Coccodrilli. Pre
come l’uccisore d’Osiride, si fosse cangiato in coccodrillo. Al dire
di
Plutarco questo rettile per essere senza lingua e
e per contrario si teneva come pessimo presagio, se avessero ricusato
di
cibarsi. Tazio, nelle sue opere, dice che gli Egi
arca che dovea trasportare un coccodrillo, perchè il numero dei denti
di
questo animale è eguale a quella dei giorni dell’
a coloro che navigavano il Nilo in una barca fatta dello stesso legno
di
cui era fabbrita quella di che si serviva la dea
Nilo in una barca fatta dello stesso legno di cui era fabbrita quella
di
che si serviva la dea Iside ne’suoi viaggi. 1210.
ea Iside ne’suoi viaggi. 1210. Coeinomanzia o Coseinomanzia. — Specie
di
divinazione che si faceva per mezzo d’un crivello
sue tristi acque con le lagrime dei dannati. Cocito era anche il nome
di
uno dei discepoli del centauro Chirone. 1213. Coe
ano il secondo giorno delle feste Antisterie. 1214. Colasco. — Figlio
di
Giove e della ninfa Ora. 1215. Colchide. — Contra
ra. 1215. Colchide. — Contrada dell’Asia, la cui capitale fu la città
di
Cita : si rese celebre per il vella d’oro. Gli ab
u la città di Cita : si rese celebre per il vella d’oro. Gli abitanti
di
questa contrada, conosciuti sotto il nome di Colc
ella d’oro. Gli abitanti di questa contrada, conosciuti sotto il nome
di
Colchi, hanno dato luogo alla falsa supposizione
me di Colchi, hanno dato luogo alla falsa supposizione dell’esistenza
di
una città detta Colchisa, la quale non ha mai esi
rifile. — V. Erifile. 1217. Cellatina o Cellina. — Secondo l’opinione
di
S. Agostino aveva questo nome la dea che presiede
a. 1219. Colofone. — Città della Ionia, celebre per un famoso oracolo
di
Apollo. 1220. Colomba. — Detto uccello di Citerea
lebre per un famoso oracolo di Apollo. 1220. Colomba. — Detto uccello
di
Citerea, per essere sacro a Venere. Apulejo ripet
cea tirare il suo carro da due colombe e spesso prendeva le sembianze
di
quell’animale. Gli abitanti di Ascalona, avevano
colombe e spesso prendeva le sembianze di quell’animale. Gli abitanti
di
Ascalona, avevano in grande rispetto le colombe e
o famosa regina Semiramide, fosse volata al cielo, sotto le sembianze
di
una colomba. Silvio Italico, rapporta nelle sue o
porta nelle sue opere, che due colombe si fossero fermate sulla città
di
Tebe : e che dopo qualche istante una prendesse i
ebe : e che dopo qualche istante una prendesse il volo verso la selva
di
Dodona, nella quale dette ad una quercia il poter
verso la selva di Dodona, nella quale dette ad una quercia il potere
di
rispondere come un oracolo ; mentre l’altra passò
e si arresto nella Libia, ove andò a posare il suo volo fra le corna
di
un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Do
ibia, ove andò a posare il suo volo fra le corna di un capro. Al dire
di
Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, ripo
suo volo fra le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba
di
Dodona era di oro, riposava su di una quercia cir
le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona era
di
oro, riposava su di una quercia circondata da num
. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, riposava su
di
una quercia circondata da numeroso popolo, che vi
arte per avere degli oracoli. Secondo Sofocle due colombe della selva
di
Dodona, interrogate da Ercole, gli svelarono il l
e Ercole, seguendo le sue imprese, si fosse internato fino alla città
di
Gadira, oggi Cadice, e che quivi, credendo d’esse
endo d’esser giunto all’estremità della terra, separò le due montagne
di
Calpe ed Abila, quella ai confini dell’Africa e q
Abila, quella ai confini dell’Africa e questa in Europa, allo stretto
di
Gibilterra, dando cosi la comunicazione al Medite
segnare ai posteri il luogo ove ebbero fine le sue conquiste. Al dire
di
Strabone, queste colonne conosciute sotto il nome
nquiste. Al dire di Strabone, queste colonne conosciute sotto il nome
di
colonne d’Ercole, si chiamavano anche portœ Gadar
i colonne d’Ercole, si chiamavano anche portœ Gadaritanœ, ossia porte
di
Gadira. 1222. Colossi. — Statue di bronzo di un’a
nche portœ Gadaritanœ, ossia porte di Gadira. 1222. Colossi. — Statue
di
bronzo di un’altezza straordinaria e d’immense pr
Gadaritanœ, ossia porte di Gadira. 1222. Colossi. — Statue di bronzo
di
un’altezza straordinaria e d’immense proporzioni.
Ve ne erano diversi. Il più famoso è quello conosciuto sotto il nome
di
colosso di Rodi, che era una delle sette maravigl
o diversi. Il più famoso è quello conosciuto sotto il nome di colosso
di
Rodi, che era una delle sette maraviglie del mond
nelle sue cronache, ne fissa l’altezza a centocinque piedi. Era tutta
di
rame e vuota nell’interno, ove erano praticati de
Era tutta di rame e vuota nell’interno, ove erano praticati dei ponti
di
ferro e di pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all
i rame e vuota nell’interno, ove erano praticati dei ponti di ferro e
di
pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all’imboccatur
terno, ove erano praticati dei ponti di ferro e di pietra. Il colosso
di
Rodi sorgeva all’imboccatura del porto di quella
rro e di pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all’imboccatura del porto
di
quella città, e posava i piedi su due basi quad r
ura del porto di quella città, e posava i piedi su due basi quad rate
di
così sterminata altezza, che un vascello, a vele
il menomo ostacolo. Un architetto indiano, per nome Cares, discepolo
di
Lisippo, fu il costruttore del colosso di Rodi, i
, per nome Cares, discepolo di Lisippo, fu il costruttore del colosso
di
Rodi, il quale, secondo asserisce Plinio, fu abba
tuto cinquantasei anni dopo la sua costruzione, finchè sotto il regno
di
Vespasiano, non fu, per ordine di questo imperato
costruzione, finchè sotto il regno di Vespasiano, non fu, per ordine
di
questo imperatore, ricollocato al suo posto. Vers
o. Verso la metà del settimo secolo, i mori, impadronitisi dell’isola
di
Rodi, venderono la statua colossale ad un ebreo,
ebreo, che la fece in pezzi e, pel solo trasporto della gran quantità
di
rame, fu costretto a servirsi di novecento cammel
l solo trasporto della gran quantità di rame, fu costretto a servirsi
di
novecento cammelli. L’origine dei colossi è attri
i. L’origine dei colossi è attribuita all’Egitto, perchè Sesostri, re
di
quelle contrade, fece porre nella città di Menfi,
gitto, perchè Sesostri, re di quelle contrade, fece porre nella città
di
Menfi, in un tempio consacrato a Vulcano, varie s
pollonia, città del Ponto Eusino, v’era un altro colosso dell’altezza
di
trenta cubiti, che similmente rappresentava Apoll
sportare a Roma. Finalmente i cronisti dell’antichità, fanno menzione
di
ben sette altri colossi, trovati nel perimetro de
, due Apollo, uno il Sole, uno Domiziano, ed uno Nerone. 1223.Colosso
di
Rodi. — Vedi l’articolo precedente. 1224.Comani.
balterni dei sacrificii che si facevano alla dea Bellona, nella città
di
Comana, in Cappadocia, in cui quella dea aveva un
odesto soprannome ad Apollo per la bellezza della sua chioma. Al dire
di
Ateneo si celebrava in Grecia una festa ad Apollo
. — Padre d’Asterione : fu uno degli Argonauti. 1227.Cometo. — Figlia
di
Peterela, re dei Teleboeni : la tradizione raccon
meto. — Figlia di Peterela, re dei Teleboeni : la tradizione racconta
di
lei che per un trasporto amoroso tradi il proprio
lorchè Cometo, pazzamente innammorata del generale nemico, si lusingò
di
guadagnarne l’amore col tradire il padre ; ma ave
a in balia dei nemici la propria patria, fu fatta uccidere per ordine
di
quello stesso uomo pel cui amore essa s’era resa
mo pel cui amore essa s’era resa traditrice. Cometo era anche il nome
di
una sacerdotessa di Diana. 1228.Como — Dalla paro
a s’era resa traditrice. Cometo era anche il nome di una sacerdotessa
di
Diana. 1228.Como — Dalla parola greca Κὠμος, che
iovine dalla faccia arrossita per l’ubbriachezza, e col capo coronato
di
rose, secondo si costumava nei banchetti. 1229.Co
seguaci dell’eleganza della moda. Veniva rappresentata inghirlanda ta
di
fiori e con una torcia accesa nella mano destra.
i e con una torcia accesa nella mano destra. 1231.Concordia. — Figlia
di
Giove e di Temi. I Romani l’adoravano con un cult
torcia accesa nella mano destra. 1231.Concordia. — Figlia di Giove e
di
Temi. I Romani l’adoravano con un culto particola
ei soprannomi del dio Priapo. 1233.Connida. — Precettore e confidente
di
Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la
dio Priapo. 1233.Connida. — Precettore e confidente di Teseo. Al dire
di
Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte, gli tr
io. 1235.Consenti. — Nome collettivo che si dava agli dei ed alle dee
di
prim’ordine, conosciuti pure, secondo l’opinione
i dei ed alle dee di prim’ordine, conosciuti pure, secondo l’opinione
di
molti chiari scrittori, sotto la dominazione di d
e, secondo l’opinione di molti chiari scrittori, sotto la dominazione
di
dii maiorum gentium, ossia dei maggiori. Erano in
minazione di dii maiorum gentium, ossia dei maggiori. Erano in numero
di
dodici, cioè : Giove, Nettuno, Apollo, Marte, Vul
in onore degli dei Consenti. In queste cerimonie si faceva una specie
di
obbligazione di onorare particolarmente quegli de
ei Consenti. In queste cerimonie si faceva una specie di obbligazione
di
onorare particolarmente quegli dei, uniti sotto l
e particolarmente quegli dei, uniti sotto la denominazione collettiva
di
Consenti. 1237.Conservatrice. — Soprannomedi Giun
ra della Tessaglia, le fossero improvvisamente comparse cinque cerve,
di
non comune grandezza, con le corna d’oro. Diana s
orna d’oro. Diana si dette a inseguirle, ma non potè impadronirsi che
di
quattro soltanto, essendo stata la quinta preserv
eservata da morte da Giunone, che la volle salvare : da ciò il titolo
di
Conservatrice a questa dea. 1238.Consiva. — Dalla
divinità tutelare delle campagne, la cui festa si celebrava nel mese
di
agosto, sotto la stessa denominazione. 1239.Conso
— Vedi l’articolo precedente. 1241.Coo. — V. Coe. 1242.Coon. — Figlio
di
Antenore : volendo vendicare la morte di suo frat
V. Coe. 1242.Coon. — Figlio di Antenore : volendo vendicare la morte
di
suo fratello Ifidamo, ucciso da Agamennone, gli t
ello Ifidamo, ucciso da Agamennone, gli trapassò la mano con un colpo
di
lancia ; ma fu da quest’ultimo egualmente ucciso.
lse amorevolmente Oreste, quando questi lasciò Argo, dopo l’uccisione
di
Egisto e di Clitennestra ; ma che avendo poi sapu
mente Oreste, quando questi lasciò Argo, dopo l’uccisione di Egisto e
di
Clitennestra ; ma che avendo poi saputo essere Or
Egisto e di Clitennestra ; ma che avendo poi saputo essere Oreste reo
di
parricidio, non volle più ammetterlo alla sua tav
ma ordinò fosse servito nella sua reggia particolarmente in una coppa
di
forma e di materia diversa da quelle che comuneme
osse servito nella sua reggia particolarmente in una coppa di forma e
di
materia diversa da quelle che comunemente si cost
sa da quelle che comunemente si costumavano in quei tempi. In memoria
di
tale avvenimento, gli Ateniesi istituirono poi un
nimento, gli Ateniesi istituirono poi una festa a cui fu dato il nome
di
festa delle Coppe. 1244. Cora o Corea. — Sopranno
u dato il nome di festa delle Coppe. 1244. Cora o Corea. — Soprannome
di
Proserpina, figlia di Cerere, in onore della qual
a delle Coppe. 1244. Cora o Corea. — Soprannome di Proserpina, figlia
di
Cerere, in onore della quale si celebravano pubbl
zione favolosa questa pianta nacque dal sangue che grondò dalla testa
di
Medusa, allorchè Perseo nascose quella testa tutt
hè Perseo nascose quella testa tutta insanguinata sotto alcune piante
di
corallo, le quali a quel contatto divennero pietr
ira. — Isola che deve il suo nome ad una ninfa che fu una delle mogli
di
Nettuno. Quest’isola è celebre pel naufragio di U
he fu una delle mogli di Nettuno. Quest’isola è celebre pel naufragio
di
Ulisse. 1247.Corea. — V. Cora. 1248.Corebe. — V.
orea. — V. Cora. 1248.Corebe. — V. Corevo. 1249.Coresia. — Soprannome
di
Minerva, a cui Cicerone attribuisce l’invenzione
enzione dei carri a quattro cavalli. 1250.Coreso. — Uno dei sacerdoti
di
Bacco. 1251. Corevo o Corebe. — Figlio di Midione
Coreso. — Uno dei sacerdoti di Bacco. 1251. Corevo o Corebe. — Figlio
di
Midionea cui Priamo, re di Troja, aveva promesso
di Bacco. 1251. Corevo o Corebe. — Figlio di Midionea cui Priamo, re
di
Troja, aveva promesso in moglie sua figlia Cassan
andato a soccorrere i Trojani contro i Greci, Cassandra tentò invano
di
farlo allontanare dal teatro della guerra ; egli
rra ; egli volle ostinarsi e vi si recò ; ma i dolorosi presentimenti
di
Cassandra si avverarono, perchè la notte in cui i
andra si avverarono, perchè la notte in cui i Greci si resero padroni
di
Troja, Corebo fu ucciso da Peneleo. 1252. Coriban
fu ucciso da Peneleo. 1252. Coribanti o Cureti. — Sacerdoti del culto
di
Cibele. Essi ebbero Io speciale incarico di vegli
ti. — Sacerdoti del culto di Cibele. Essi ebbero Io speciale incarico
di
vegliare l’infanzia di Giove. Celebravano le loro
to di Cibele. Essi ebbero Io speciale incarico di vegliare l’infanzia
di
Giove. Celebravano le loro feste suonando il tamb
o come uomini colpiti da follia. 1253. Coribante. — Secondo il parere
di
Aristotile, era questo il nome del padre dello Ap
do il parere di Aristotile, era questo il nome del padre dello Apollo
di
Creta. 1254. Coribantiei. — Si dava codesto nome
eta. 1254. Coribantiei. — Si dava codesto nome ai misteri delle feste
di
Cibelle, celebrati dai Coribanti. 1255. Coribaso.
e feste di Cibelle, celebrati dai Coribanti. 1255. Coribaso. — Figlio
di
Cibele, dal quale i Coribanti han preso il loro n
han preso il loro nome. 1256. Coricia. — Ninfa che fu una delle mogli
di
Apollo : dimorava abitualmente in una caverna del
sue compagne furono dette Coricle. 1257. Corifea. — Secondo il parere
di
Eschilo, così avea nome quella furia che da parte
mosa città della Grecia, la quale deve il suo nome a Corintio, figlio
di
Giove. 1260. Corinete. — Figlio di Vulcano : fu u
eve il suo nome a Corintio, figlio di Giove. 1260. Corinete. — Figlio
di
Vulcano : fu un celebre bandito, ucciso da Teseo.
emoni vi era un famoso tempio a lei dedicato conosciuto sotto il nome
di
tempio Coritalliano. 1263. Coritie. — Feste in on
orito. — Dea della impudenza. Essa aveva un tempio famoso nella città
di
Atene, ove si celebravano in suo onore delle fest
feste dette Coritie. V. l’articolo precedente. Vi fu un altro Corito
di
cui la tradizione mitologica fa menzione come fig
altro Corito di cui la tradizione mitologica fa menzione come figlio
di
Paride e di Enone. Gelosa Enone del famoso ratto
o di cui la tradizione mitologica fa menzione come figlio di Paride e
di
Enone. Gelosa Enone del famoso ratto di Elena, fa
zione come figlio di Paride e di Enone. Gelosa Enone del famoso ratto
di
Elena, fatto da suo marito, mandò a Troja il figl
to da suo marito, mandò a Troja il figliuolo Corito, raccomandandogli
di
sorvegliare accuratamente la condotta di Elena, d
olo Corito, raccomandandogli di sorvegliare accuratamente la condotta
di
Elena, d’insinuarsi presso di lei e di non perder
i sorvegliare accuratamente la condotta di Elena, d’insinuarsi presso
di
lei e di non perderla di vista. Ma Paride, divenu
iare accuratamente la condotta di Elena, d’insinuarsi presso di lei e
di
non perderla di vista. Ma Paride, divenuto geloso
te la condotta di Elena, d’insinuarsi presso di lei e di non perderla
di
vista. Ma Paride, divenuto geloso del proprio fig
a di vista. Ma Paride, divenuto geloso del proprio figliuolo, che era
di
non comune belleza, un giorno trovatolo seduto vi
ne belleza, un giorno trovatolo seduto vicino ad Elena, in un accesso
di
gelosia, lo uccise. Si ricorda anche di un altro
icino ad Elena, in un accesso di gelosia, lo uccise. Si ricorda anche
di
un altro Corito che fu re dell’Etruria e padre di
e. Si ricorda anche di un altro Corito che fu re dell’Etruria e padre
di
Dardano e di Tasio. 1265. Corna di Bacco. — Al di
anche di un altro Corito che fu re dell’Etruria e padre di Dardano e
di
Tasio. 1265. Corna di Bacco. — Al dire di Properz
ito che fu re dell’Etruria e padre di Dardano e di Tasio. 1265. Corna
di
Bacco. — Al dire di Properzio s’invocava Bacco pe
truria e padre di Dardano e di Tasio. 1265. Corna di Bacco. — Al dire
di
Properzio s’invocava Bacco per le sue corna, dima
1266. Corno dell’abbondanza. — Era sevente il simbolo delle immagini
di
Cerere, di Bacco e degli altri semi-dei ed eroi,
o dell’abbondanza. — Era sevente il simbolo delle immagini di Cerere,
di
Bacco e degli altri semi-dei ed eroi, che procura
ocurarono agli uomini l’abbondanza dei beni dei questa terra. Al dire
di
Focio, Ercole veniva spesso effigiato con un corn
re il corno che Ercole gli aveva tagliato. 1267. Coroneo. — Fu figlio
di
Foroneo e re dei Lapidi. Fu uno degli Argonauti c
one del vello d’oro. 1268. Coronide. — Conosciuta anche sotto il nome
di
Arfinoe, figlia di Flegia. Apollo l’amo con passi
. 1268. Coronide. — Conosciuta anche sotto il nome di Arfinoe, figlia
di
Flegia. Apollo l’amo con passione ; ma essa l’abb
o con passione ; ma essa l’abbandonò per darsi ad Ischiso, giovanetto
di
meravigliosa bellezza. Il nume fu talmente irrita
e porre in oblio l’amata donna, quando l’ebbe uccisa, tirò dal grembo
di
lei un fanciullo e l’affidò per farlo educare al
vendetta, e per punire il corvo che gli aveva denunziato l’infedeltà
di
Coronide, lo cangiò di bianco in nero. Tempo fu
il corvo che gli aveva denunziato l’infedeltà di Coronide, lo cangiò
di
bianco in nero. Tempo fu già che amava una fanci
vria nulla Di qual si voglia in ciel superba dea. La vede il corvo un
di
che si trastulla Con altro amante, e che ad Apoll
he per nome Coronide s’appella. Ovidio — Metamorfosi Libro II. trad.
di
Dell’Anguillara. Vi fu anche un’altra Coronide,
II. trad. di Dell’Anguillara. Vi fu anche un’altra Coronide, figlia
di
Coroneo, re della Focide, che Minerva cangiò in c
Minerva cangiò in cornacchia, per sottrarla alle oscene persecuzioni
di
Nettuno. In greco la parola Κορὠνγ, significa cor
ide, la quale fu rapita da Buteo. Finalmente fuvvi un’altra Coronide,
di
cui fa menzione Pausania, come di una dea adorata
Finalmente fuvvi un’altra Coronide, di cui fa menzione Pausania, come
di
una dea adorata in Sicione, ove non avendo un tem
un tempio suo proprio e particolare, le veniva sacrificato in quello
di
Pallade Minerva. 1269. Cortina. — Generalmente si
Generalmente si è creduto dai cronisti della favola che sotto il nome
di
Cortina si volesse dai pagani indicare la pelle d
Cortina si volesse dai pagani indicare la pelle del serpente Pitone,
di
cui era ricoperto il tripode sacro sul quale la p
racoli. Taluno fra gli scrittori dell’antichità, pretende che il nome
di
Cortina, fosse adoperato per indicare il tripode
so. L’opinione più fondata però sembra quella che attribuisce il nome
di
Cortina ad una specie di piccolo bacino, ordinari
a però sembra quella che attribuisce il nome di Cortina ad una specie
di
piccolo bacino, ordinariamente d’oro o di argento
me di Cortina ad una specie di piccolo bacino, ordinariamente d’oro o
di
argento, così poco concavo, che somigliava ad una
onsacrato ad Apollo, perchè si credeva che avesse un istinto naturale
di
predir l’avvenire. Prima del fatto di Coronide (V
che avesse un istinto naturale di predir l’avvenire. Prima del fatto
di
Coronide (V. Coronide) il corvo era bianco come i
ea del libertinaggio, particolarmente adorata nella Tracia. I misteri
di
questa dea erano considerati come i più infami. A
I misteri di questa dea erano considerati come i più infami. Al dire
di
Giovenale, le turpi libidini che si commettevano
ini che si commettevano dai sacerdoti della dea, giunsero a tal segno
di
bestiale oscenità, che richiamarono su di essi il
a dea, giunsero a tal segno di bestiale oscenità, che richiamarono su
di
essi il furore della dea stessa V. Bali. Gli Aten
la dea stessa V. Bali. Gli Ateniesi ereditarono dalla Tracia il culto
di
questa turpe divinità. La cronaca narra che Alcib
à. La cronaca narra che Alcibiade si fosse fatto iniziare nei misteri
di
Cotitto, e che avendo il poeta Eupoli, scritta un
oli, scritta una commedia ove sferzava mordacemente i cattivi costumi
di
Alcibiade e la sua iniziazione agli avergognati m
vi costumi di Alcibiade e la sua iniziazione agli avergognati misteri
di
Cotitto, quegli lo avesse fatto assassinare. 1273
assinare. 1273. Cotto. — Figliuolo del Cielo e della Terra e fratello
di
Briareo. Aveva anch’egli, secondo la tradizione f
della mitologia egiziana. 1276. Crane. — Ninfa che fu una delle mogli
di
Giano. Si crede comunemente che sia la stessa che
vogliono che sia la stessa che Ecate. 1279. Crateo o Creteo. — Figlio
di
Minosse e di Pasifae. Avendo consultato l’oracolo
sia la stessa che Ecate. 1279. Crateo o Creteo. — Figlio di Minosse e
di
Pasifae. Avendo consultato l’oracolo per conoscer
e principe, spaventato dalla sventura che minacciava suo padre, prima
di
esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccis
una flotta e mosse egli stesso a rintracciarlo. Egli sbarcò all’isola
di
Rodi, ove stava Altmeno. Gli abitanti di quella,
iarlo. Egli sbarcò all’isola di Rodi, ove stava Altmeno. Gli abitanti
di
quella, credendo che Crateo fosse un nemico che v
eo. Questo sventurato principe morì della ferita ricevuta, col dolore
di
veder compiuta la funesta predizione dell’oracolo
ne, gli fossero mancate le frecce e che egli avesse implorato l’ajuto
di
Giove, il quale avesse mandato una pioggia di fel
vesse implorato l’ajuto di Giove, il quale avesse mandato una pioggia
di
felci di cui è sparsa l’isola Crau, all’imboccatu
lorato l’ajuto di Giove, il quale avesse mandato una pioggia di felci
di
cui è sparsa l’isola Crau, all’imboccatura del Ro
atura del Rodano. Plinio chiama quel luogo un monumento delle imprese
di
Ercole. 1281. Crefagenete. — Dio adorato nella Te
fontane. 1283. Creonciade. — V. Creontide. 1284. Creonte. — Fratello
di
Giocasta. Egli s’impadronì del regno di Tebe dopo
de. 1284. Creonte. — Fratello di Giocasta. Egli s’impadronì del regno
di
Tebe dopo la distruzione della famiglia di Lajo,
Egli s’impadronì del regno di Tebe dopo la distruzione della famiglia
di
Lajo, e fece morire Antigone, perchè avea dato se
vesse spinti ad uccidersi scambievolmente. Vi fu un altro Creonte, re
di
Corinto, che Medea fece miseramente perire. — V.
rire. — V. Medea. 1285. Creontide o Creonciade. — Figlio dell’Ercole
di
Megara : suo padre lo uccise in un momento di fur
e. — Figlio dell’Ercole di Megara : suo padre lo uccise in un momento
di
furore. 1286. Cresponte. — Uno dei discen lenti d
cise in un momento di furore. 1286. Cresponte. — Uno dei discen lenti
di
Ercole : fu celebre fra gli eroi della Grecia. 12
e ed a Saturno vittime umane. La maggior parte degli dei e delle dee,
di
cui si compone l’Olimpo mitologico, ebbero i nata
a città. 1289. Creteo. — V. Crateo. 1290. Cretesi. — Ninfe dell’isola
di
Creta : si davano comunemente come le seguaci di
. — Ninfe dell’isola di Creta : si davano comunemente come le seguaci
di
Venere, per essere questa dea particolarmente ado
uesta dea particolarmente adorata nell’isola. 1291. Cretheo. — Figlio
di
Eolo. Sua moglie Demodice accusò falsamente un gi
lo. Sua moglie Demodice accusò falsamente un giovane chiamato Prisso,
di
aver voluto attentare al suo pudore. Cretheo pres
la Elle. 1292. Cretheja-Virgo. — Così veniva denominata Elle, sorella
di
Prisso, dal nome del suo avo Cretheo, di cui nell
iva denominata Elle, sorella di Prisso, dal nome del suo avo Cretheo,
di
cui nell’articolo precedente. 1293. Cretone. — Fi
avo Cretheo, di cui nell’articolo precedente. 1293. Cretone. — Figlio
di
Diocle. Recatosi con suo fratello Orsiloco all’as
e. — Figlio di Diocle. Recatosi con suo fratello Orsiloco all’assedio
di
Troja, furono entrambi uccisi da Enea con un sol
ritogliere i loro corpi dalle mani dei nemici. 1294. Creusa. — Figlia
di
Creonte, re di Corinto : essa sposò Giasone, quan
ro corpi dalle mani dei nemici. 1294. Creusa. — Figlia di Creonte, re
di
Corinto : essa sposò Giasone, quando questi ripud
ppiccò alla reggia e fece morire la sventurata principessa e il padre
di
lei. Euripide dice che il dono inviato da Medea,
producendo lo stesso effetto che il fuoco nella scattola. È opinione
di
molti pregiati scrittor i che la figlia di Creont
nella scattola. È opinione di molti pregiati scrittor i che la figlia
di
Creonte si chiamasse Glauca e non Creusa ; forse
hè questi due nomi vengono adoperati a vicenda per denotare la figlia
di
Creonte. ……. Di Glauca in traccia Volgi i passi,
Della Valle-Medea-Tragedia. Atto IV. Scena V. E veggon sulla salma
di
Creusa, Terribïlmente in piè sorger Medea… Legou
Terribïlmente in piè sorger Medea… Legouvè — Medea — Tragedia Trad.
di
Montanelli. Le due precedenti citazioni varranno
nostri lettori che dagli scrittori si dà vicendevolmente alla figlia
di
Creonte il nome di Glauca o di Creusa. La tradizi
dagli scrittori si dà vicendevolmente alla figlia di Creonte il nome
di
Glauca o di Creusa. La tradizione mitologica rico
tori si dà vicendevolmente alla figlia di Creonte il nome di Glauca o
di
Creusa. La tradizione mitologica ricorda anche di
il nome di Glauca o di Creusa. La tradizione mitologica ricorda anche
di
una altra Creusa, che fu figlia di Priamo e mogli
radizione mitologica ricorda anche di una altra Creusa, che fu figlia
di
Priamo e moglie di Enea. Ella disparve durante il
a ricorda anche di una altra Creusa, che fu figlia di Priamo e moglie
di
Enea. Ella disparve durante il sacco di Troja, av
fu figlia di Priamo e moglie di Enea. Ella disparve durante il sacco
di
Troja, avendola Cibele nascosta, onde sottrarla a
i Dolopi superbi, o i Mirmidoni Non vedranno già me dardania prole, E
di
Priamo figlia, e nuora a Venere, Nè donna lor, nè
ardania prole, E di Priamo figlia, e nuora a Venere, Nè donna lor, nè
di
lor donne ancella, Che la gran genitrice de gli d
itrice de gli dei Appo se tiemmi……… Virgilio — Eneide Lib. II. trad.
di
A. Caro. 1295. Criaforeo. — Soprannome di Giove
io — Eneide Lib. II. trad. di A. Caro. 1295. Criaforeo. — Soprannome
di
Giove a lui venuto dalla città di Criaforide, nel
aro. 1295. Criaforeo. — Soprannome di Giove a lui venuto dalla città
di
Criaforide, nella Caria, dove era adorato con cul
Caria, dove era adorato con culto speciale. 1296. Criaforo. — Figlio
di
Nettuno e di Medusa. Egli sposò Calliroe dalla qu
era adorato con culto speciale. 1296. Criaforo. — Figlio di Nettuno e
di
Medusa. Egli sposò Calliroe dalla quale ebbe Geri
rojano il quale fu da Nettuno ed Apollo ajutato a riedificare le mura
di
Troja ; ma poi negò ai due numi la ricompensa che
iovanette del cantone tiravano a sorte la loro vita. Appena la figlia
di
Crinifo toccò l’età in cui doveva, come le altre,
va, come le altre, essere esposta alla voracità del rettile, il padre
di
lei la mise furtivamente su di una barca, e per n
ta alla voracità del rettile, il padre di lei la mise furtivamente su
di
una barca, e per non esporla alla triste sorte de
si a compassione, lo cangiarono in flume, accordandogli il privilegio
di
potere a suo talento assumere qualunque sembianza
ilegio di potere a suo talento assumere qualunque sembianza. Egli usò
di
questo potere per sorprendere molte ninfe, e comb
ò e da cui ebbe un figlio per nome Aceste. 1399. Criniso. — Sacerdote
di
Apollo. Questo dio per punirlo di aver trascurato
Aceste. 1399. Criniso. — Sacerdote di Apollo. Questo dio per punirlo
di
aver trascurato il suo dovere nei sagrifici, mand
ver trascurato il suo dovere nei sagrifici, mandò una grande quantità
di
sorci nei suoi campi. Però essendosi Criniso corr
campi. Però essendosi Criniso corretto, Apollo stesso uccise a colpi
di
frecce quegli animali divoratori, il che valse a
ecce quegli animali divoratori, il che valse a quel Dio il soprannome
di
Sminitheus, che vuol dire distruttori di sorci. 1
lse a quel Dio il soprannome di Sminitheus, che vuol dire distruttori
di
sorci. 1300. Criobole. — Specie di sacrifizio che
nitheus, che vuol dire distruttori di sorci. 1300. Criobole. — Specie
di
sacrifizio che si offeriva alla madre degli dei :
a vittima abituale ne era un capro. 1301. Criofago. — Cioè divoratore
di
pecore. Divinità alla quale si dava questo nome p
re di pecore. Divinità alla quale si dava questo nome pel gran numero
di
quegli animali che venivano sagrificati su’suoi a
dei soprannomi del dio Mercurio. 1303. Crisaore. — Secondo l’opinione
di
Esiodo, fu cosi chiamato l’uomo che nacque dal sa
odo, fu cosi chiamato l’uomo che nacque dal sangue della testa recisa
di
Medusa : gli fu dato questo nome perchè aveva una
ome perchè aveva una spada d’oro nelle mani. 1304. Crise. — Sacerdote
di
Apollo e padre di Astinomea, più comunemente cono
na spada d’oro nelle mani. 1304. Crise. — Sacerdote di Apollo e padre
di
Astinomea, più comunemente conosciuta sotto il no
Apollo e padre di Astinomea, più comunemente conosciuta sotto il nome
di
Criseide. V. Criseide. Nella Troade, vi era una c
er un tempio dedicato ad Apollo. 1305. Criseide. — Astinomea, figlia
di
Crise, sacerdote di Apollo, veniva cosi denominat
o ad Apollo. 1305. Criseide. — Astinomea, figlia di Crise, sacerdote
di
Apollo, veniva cosi denominata dal nome del padre
di Apollo, veniva cosi denominata dal nome del padre. Dopo la caduta
di
Tebe, nella Cilicia, essa come preda’di guerra, s
e ad Agamennone, il quale la condusse seco quando si recò all’assedio
di
Troja. Crise, padre di lei, rivestito degli abiti
le la condusse seco quando si recò all’assedio di Troja. Crise, padre
di
lei, rivestito degli abiti sacerdotali, si recò n
E l’auro scettro dell’arciero Apollo. Omero — Iliade — Libro I trad.
di
V. Monti. Essendosi Agamennone ricusato alle pre
va per nome Briseide, che era a lui spettata in sorte nella divisione
di
un altro bottino di guerra. Achille, furibonuo co
, che era a lui spettata in sorte nella divisione di un altro bottino
di
guerra. Achille, furibonuo contro Agamennone, ric
altro bottino di guerra. Achille, furibonuo contro Agamennone, ricusò
di
combattere nelle file dei Greci, finchè la morte
non gli fece rompere il suo giuramento. 1306. Crisia. — Sacerdotessa
di
Giunone in Argo. Addormentatasi ai piedi dell’ara
i flamme mori bruciata ella stessa. 1307. Crisippo. — Figlio naturale
di
Pelopo, che lo amò teneramente. Ippodamia, moglie
Figlio naturale di Pelopo, che lo amò teneramente. Ippodamia, moglie
di
Pelopo e matrigna di Crisippo, temendo che un gio
elopo, che lo amò teneramente. Ippodamia, moglie di Pelopo e matrigna
di
Crisippo, temendo che un giorno questo fanciullo
i ricusarono all’atto crudele e allora Ippodamia prese la risoluzione
di
uccider Crisippo di propria mano. Infatti armatas
o crudele e allora Ippodamia prese la risoluzione di uccider Crisippo
di
propria mano. Infatti armatasi del brando di Pelo
ione di uccider Crisippo di propria mano. Infatti armatasi del brando
di
Pelopo, lo trafisse lasciandogli l’arma omicida c
suoi fratelli. Ippodamia, delusa nelle sue crudeli speranze, si dette
di
sua mano la morte. 1308. Crisomattone. — Con ques
l vello d’oro. 1309. Crisore. — V. Criforo. 1310. Crisotemi. — Figlia
di
Agamennone e di Clitennestra. 1311. Critomanzia.
309. Crisore. — V. Criforo. 1310. Crisotemi. — Figlia di Agamennone e
di
Clitennestra. 1311. Critomanzia. — Specie di divi
— Figlia di Agamennone e di Clitennestra. 1311. Critomanzia. — Specie
di
divinazione che si faceva dall’osservazione della
fiume Ifmeno. 1313. Croco. — Più comunemente conosciuto sotto il nome
di
Croto : figlio del dio Pane e di Eufema. Dopo la
comunemente conosciuto sotto il nome di Croto : figlio del dio Pane e
di
Eufema. Dopo la morte fu annoverato fra le costel
orte fu annoverato fra le costellazioni. Vi fu un altro Croco, marito
di
Smilaxa. Essi si amavano cosi teneramente e con t
cronisti, che fosse la stessa che Saturno. 1315. Cromio. — Figliuolo
di
Priamo : fu ucciso all’assedio di Troja da Diomed
Saturno. 1315. Cromio. — Figliuolo di Priamo : fu ucciso all’assedio
di
Troja da Diomede. 1316. Cromione. — Contrada post
Troja da Diomede. 1316. Cromione. — Contrada posta nelle circostanze
di
Corinto, celebre per i danni che ebbe a soffrire
tro che poi dette la vita, secondo la tradizione favolosa, al cignale
di
Calidone. Teseo combattè quel mostro e l’uccise.
done. Teseo combattè quel mostro e l’uccise. 1317. Cromisio. — Figlio
di
Neleo di Cloride, che fu ucciso da Ercole. 1318.
eo combattè quel mostro e l’uccise. 1317. Cromisio. — Figlio di Neleo
di
Cloride, che fu ucciso da Ercole. 1318. Cromise.
Neleo di Cloride, che fu ucciso da Ercole. 1318. Cromise. — Figliuolo
di
Ercole : avendo nudrito i suoi cavaili di carne u
1318. Cromise. — Figliuolo di Ercole : avendo nudrito i suoi cavaili
di
carne umana, Giove lo fulminò. Vi fu anche un sat
la favola attribuisce l’istesso nome. 1319. Cronie. — Feste in onore
di
Saturno che i greci veneravano anche come il Temp
he i greci veneravano anche come il Tempo. 1320. Cronio. — Fu il nome
di
uno dei centauri. 1321. Crono. — Soprannome che v
me dio del tempo. 1322. Crotopiadi. — Nome collettivo dei discendenti
di
Crotopo. 1323. Crotopo. — Re d’Argo e padre di Fa
ettivo dei discendenti di Crotopo. 1323. Crotopo. — Re d’Argo e padre
di
Famateo. 1324. Cteato. — Padre d’Anfimaco : fu un
nti. 1327. Cuculo. — Soprannome dato a Giove, per aver preso le forme
di
quest’uccello onde riacquistare le grazie di Giun
per aver preso le forme di quest’uccello onde riacquistare le grazie
di
Giunone, sua moglie. Quest’uccello era particolar
larmente consacrato a Giove ; e la favola racconta che la metamorfosi
di
quel dio in cuculo avvenisse nel Pelopenneso sul
nza la celebre sibilla, conosciuta comunemente sotto la denominazione
di
Cumana. 1329. Cunia. — Detta anche Cunina : divin
na : divinità tutelare dei fanciulli poppanti. 1330. Cupavo. — Figlio
di
Cigno : al dire di Virgilio, fu anch’esso cangiat
are dei fanciulli poppanti. 1330. Cupavo. — Figlio di Cigno : al dire
di
Virgilio, fu anch’esso cangiato in questo animale
dire di Virgilio, fu anch’esso cangiato in questo animale. …… Questi
di
Cigno Era figliuolo, onde ne l’elmo avea De le su
a in ch’ei si cangiò, tua colpa, amore. Virgilio — Eneide L. X trad.
di
A. Caro. 1331. Cupido. — Dio dell’amore e figliu
de L. X trad. di A. Caro. 1331. Cupido. — Dio dell’amore e figliuolo
di
Marte e di Venere. Egli presiedeva alla voluttà.
d. di A. Caro. 1331. Cupido. — Dio dell’amore e figliuolo di Marte e
di
Venere. Egli presiedeva alla voluttà. Veniva rapp
e. Egli presiedeva alla voluttà. Veniva rappresentato sotto la figura
di
un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco e
un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco ed un turcasso pieno
di
frecce. Egli fu amato con passione da Psiche. Com
casso pieno di frecce. Egli fu amato con passione da Psiche. Compagni
di
Cupido erano i piaceri, il riso, i giuochi ed i v
i giuochi ed i vezzi, tutti rappresentati, come lui, sotto la figura
di
fanciulli alati. 1332. Cura. — Ossia inquietudine
appunto in quel giorno i giovani che erano giunti alla pubertà, prima
di
preder parte a quelle cerimonie, si facean taglia
sia o Dadea. — Festa che si celebrava in Atene in onore della nascita
di
alcuni dei in particolare e di tutti in generale.
ebrava in Atene in onore della nascita di alcuni dei in particolare e
di
tutti in generale. La principal cerimonia consist
rale. La principal cerimonia consisteva nell’accendere un gran numero
di
torcie. 1339. Daducheo. — Detto anche Dauduque :
uduque : era questo il nome che gli Ateniesi davano al gran sacerdote
di
Ercole. Si chiamavano anche Daduci i sacerdote ch
o le torcie accese. V. l’articolo precedente. 1340. Dafida. — Al dire
di
Valerio Massimo, così avea nome un dotto uomo, il
che fu passionatamente amata da Apollo. Un giorno mentre essa cercava
di
sottrarsi con la fuga alle amorose persecuzioni d
entre essa cercava di sottrarsi con la fuga alle amorose persecuzioni
di
quel dio, la ninfa del fiume padre della persegui
pollo allora consacrò quell’arboscello a Dafne ed egli stesso si fece
di
quelle foglie una corona, che poi porto sempre. V
Vi fu anche un’altra Dafne, più comunemente conosciuta sotto il nome
di
Artemisia o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale
comunemente conosciuta sotto il nome di Artemisia o Artemisa, figlia
di
Tiresia, la quale nella città di Delfo rendeva gl
nome di Artemisia o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale nella città
di
Delfo rendeva gli oracoli in versi, cosi armonios
deva averne Omero stesso inseriti buon numero nei suoi poemi. Al dire
di
Diodoro, questa figliuola dell’indovino Tiresia,
Diodoro, questa figliuola dell’indovino Tiresia, fu la famosa sibilla
di
Delfo. Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa d
dovino Tiresia, fu la famosa sibilla di Delfo. Dafne fu anche il nome
di
un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la quale,
lla di Delfo. Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa delle montagne
di
Delfo, la quale, al dire di Pausania, fu scelta d
il nome di un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la quale, al dire
di
Pausania, fu scelta dalla dea Tello per presieder
re agli oracoli, che la medesima dea rendea in quel luogo assai prima
di
Apollo. 1357. Dafnefagi. — Vale a dire, mangiator
ogo assai prima di Apollo. 1357. Dafnefagi. — Vale a dire, mangiatori
di
lauro. Si dava questo nome ad una classe d’indovi
di lauro. Si dava questo nome ad una classe d’indovini, i quali prima
di
dare i loro responsi, mangiavano delle foglie di
ovini, i quali prima di dare i loro responsi, mangiavano delle foglie
di
lauro, volendo far credere con cio che essi fosse
da Apollo, a cui quell’arboscello era consacrato dopo la metamorfosi
di
Dafne. V. l’articolo precedente. 1343. Dafneforie
1343. Dafneforie. — Feste celebrate dai Beozi ogni nove anni in onore
di
Apollo. Un giovane, appartenente alla più illustr
città, portava in giro un ramo d’alloro, sul quale riposava un globo
di
rame da cui ne pe ndevano sospesi molti altri, di
e riposava un globo di rame da cui ne pe ndevano sospesi molti altri,
di
più piccola dimensione. Nel primo veniva raffigur
vano i giorai dell’anno. Dal nome stesso delle feste, si dava il nome
di
Dafnefore, al giovine ministro di esse. 1344. Daf
stesso delle feste, si dava il nome di Dafnefore, al giovine ministro
di
esse. 1344. Dafneo. — Soprannome di Apollo, a lui
di Dafnefore, al giovine ministro di esse. 1344. Dafneo. — Soprannome
di
Apollo, a lui date per l’affetto che portò a Dafn
rtò a Dafne. 1345. Dafni. — Giovane pastore della Sicilia : fu figlio
di
Mercurio. Egli amò con passione una ninfa ed otte
o. Egli amò con passione una ninfa ed ottenne dagli dei la grazia che
di
essi due, quello che primo violerebbe la fede con
sarebbe divenuto cieco. Dafni dimendicò il suo giuramento, s’innamorò
di
un’altra ninfa e fu cieco pel rimanente dei suoi
e fu cieco pel rimanente dei suoi giorni. 1346. Dafnomanzia. — Specie
di
divinazione che si traeva dall’esame dell’alloro,
iva rappresentato come un tritone : aveva due tempii, uno nella città
di
Azor, l’altro a Gaza. 1348. Damasictone. — Così s
, l’altro a Gaza. 1348. Damasictone. — Così si chiamava uno dei figli
di
Niobe, che fu ucciso da Apollo. 1349. Damoso. — U
tutti coloro ai quali dava ospitalità, onde raggiungessero la misura
di
un suo letto ; e che faceva mozzare le gambe, a q
lizio. 1351. Damatera. — Presso i Greci era questo uno dei soprannomi
di
Cerere, come era detto Damastio il decimo mese de
era detto Damastio il decimo mese del loro anno. Con poca differenza
di
giorni, corrisponde al nostro mese di luglio. 135
loro anno. Con poca differenza di giorni, corrisponde al nostro mese
di
luglio. 1352. Damia. — Da un sacrifizio che il po
rifizio che il popolo faceva a Cibele, nel giorno detto damion, primo
di
maggio, fu dato il soprannome di Damia alla buona
bele, nel giorno detto damion, primo di maggio, fu dato il soprannome
di
Damia alla buona dea. « Δάμιςpopolo, d’onde Δάμιο
onde Δάμιος pubblico. ». 1353. Danaca. — Nome particolare alla moneta
di
piccolo valore, che Caronte, il navicellajo dell’
o e in gelo. Dante — Inferno Cant. III. 1354. Danacio. — Soprannome
di
Perseo, per esser figlio di Giove e di Danae. 135
o Cant. III. 1354. Danacio. — Soprannome di Perseo, per esser figlio
di
Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridi
. 1354. Danacio. — Soprannome di Perseo, per esser figlio di Giove e
di
Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice di Acris
i Perseo, per esser figlio di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia
di
Euridice di Acrisio, re di Argo. Avendo suo padre
r esser figlio di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice
di
Acrisio, re di Argo. Avendo suo padre consultato
di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice di Acrisio, re
di
Argo. Avendo suo padre consultato l’oracolo, per
roprio destino, ne ebbe in risposta ch’egli sarebbe ucciso dal figlio
di
sua figlia. Allora per togliere Danae alla conosc
o che lo minacciava, Acrisio fece rinchiudere sua figlia in una torre
di
bronzo ; ma Giove, innamoratosi della bellissima
a bellissima fanciulla, si trasformò in pioggia d’oro, penetrò presso
di
lei e la rese madre. Acrisio, vedendosi ingannato
e’col figliuol gittar nell’acque. Ovidio. — Metamorf. Libro IV trad.
di
Dell’Anguillara. Ma essa approdò felicemente a u
ssa approdò felicemente a una delle isole Cicladi, dove Politetto, re
di
quella, la sposò allevando con affetto paterno Pe
litetto, re di quella, la sposò allevando con affetto paterno Perseo,
di
cui ella era rimasta incinta. L’oracolo ebbe poi
imento. V. Perseo. 1356. Danaidi. — Così furono nominate le 50 figlie
di
Danao, le quali furono nello stesso giorno sposat
bbe stato detronizzato dai mariti delle sue figliuole, ordinò a quste
di
uccidere i loro uomini la prima notte delle nozze
. La sola Ipernestra salvò il suo, per nome Linceo, mentre le sorelle
di
lei, che seguirono il crudele volere del padre, f
dette anche Belidi dal loro avo chiamato Belo. 1357. Danao. — Figlio
di
Belo, e re di Argo e padre delle cinquanta Banaid
elidi dal loro avo chiamato Belo. 1357. Danao. — Figlio di Belo, e re
di
Argo e padre delle cinquanta Banaidi, di cui nell
anao. — Figlio di Belo, e re di Argo e padre delle cinquanta Banaidi,
di
cui nell’articolo precedente. Dal nome di lui, i
re delle cinquanta Banaidi, di cui nell’articolo precedente. Dal nome
di
lui, i Greci, che prima si chiamavano Pelasgi, fu
venerarono particolarmente come una divinità. 1359. Dardalo. — Figlio
di
Giove e di Elettra, figliuola di Atlante. Avendo
particolarmente come una divinità. 1359. Dardalo. — Figlio di Giove e
di
Elettra, figliuola di Atlante. Avendo ucciso suo
na divinità. 1359. Dardalo. — Figlio di Giove e di Elettra, figliuola
di
Atlante. Avendo ucciso suo fratello Iafio, egli f
iuola di Atlante. Avendo ucciso suo fratello Iafio, egli fu obbligato
di
fuggire dall’isola di Creta, e si ricovero in Asi
do ucciso suo fratello Iafio, egli fu obbligato di fuggire dall’isola
di
Creta, e si ricovero in Asia, ove costrui una cit
Nome primitivo della contrada nel cui perimetro era compresa la città
di
Troja V. Dardalo. 1362. Darete. — Uno dei sacerdo
presa la città di Troja V. Dardalo. 1362. Darete. — Uno dei sacerdoti
di
Vulcano. …… Era fra’Teucri un certo Darete, nom
onoranza degno, Di Vulcan sacerdote. Omero — Iliade — libro V. trad.
di
V. Monti. 1363. Dattili. — Conosciuti anche sott
. trad. di V. Monti. 1363. Dattili. — Conosciuti anche sotto il nome
di
Coribanti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole
e sotto il nome di Coribanti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole e
di
Minerva ; gli altri di Saturno e di Alciope. Si m
banti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole e di Minerva ; gli altri
di
Saturno e di Alciope. Si mise Giove nelle loro ma
i. Gli uni erano figli del Sole e di Minerva ; gli altri di Saturno e
di
Alciope. Si mise Giove nelle loro mani appena ven
i. 1364. Dattlomancia. — Specie d’incantesimo che si faceva per mezzo
di
alcuni anelli disegnati sulla figura di talune pa
esimo che si faceva per mezzo di alcuni anelli disegnati sulla figura
di
talune particolari costellazioni. La cronaca favo
aca favolosa racconta che Gige, uno dei Titani, col solo passarsi uno
di
quegli anelli al dito si rendesse invisibile. 136
invisibile. 1365. Dauduque. — V. Daducheo. 1366. Daula. — Soprannome
di
Filomela, perchè, secondo la favola, fu a Daulia,
— Feste celebrate dagli Argivi, in memoria dello strano combattimento
di
Preto contro Acrise. Daulle o Daulisia veniva pur
veniva pure chiamata una ninfa, la quale dette il suo nome alla città
di
Daulia, nella Focide. 1368. Daunia-Dea. — Così ve
368. Daunia-Dea. — Così veniva comunemente denominata Jutura, sorella
di
Turno e figlia di Daulia. 1369. Daunio. — Figlio
Così veniva comunemente denominata Jutura, sorella di Turno e figlia
di
Daulia. 1369. Daunio. — Figlio di Pilumnio e di D
a Jutura, sorella di Turno e figlia di Daulia. 1369. Daunio. — Figlio
di
Pilumnio e di Danae. Egli ebbe un figlio al quale
lla di Turno e figlia di Daulia. 1369. Daunio. — Figlio di Pilumnio e
di
Danae. Egli ebbe un figlio al quale impose il suo
i ebbe Turno. 1370. Daunio-Eroe. — Denominazione data a Turno, figlio
di
Daunio. 1371. Dedalie. — Feste greche celebrate i
1371. Dedalie. — Feste greche celebrate in onore della pacificazione
di
Giove con Giunone V. Citerone. Gli abitanti di Pl
re della pacificazione di Giove con Giunone V. Citerone. Gli abitanti
di
Platea, celebravano queste medesime feste in una
a loro riconciliazione cogli altri greci. 1372. Dedalione. — Fratello
di
Ceixo e padre di Chione. Egli fu così addolorato
zione cogli altri greci. 1372. Dedalione. — Fratello di Ceixo e padre
di
Chione. Egli fu così addolorato della morte di su
tello di Ceixo e padre di Chione. Egli fu così addolorato della morte
di
sua figlia, che si precipitò dal monte Parnaso. A
. Apollo, mosso a pietà, lo cangiò in falcone. 1373. Dedalo. — Nipote
di
Ereteo, re d’Atene. Era ritenuto come il più abil
amente. Dedalo ebbe un nipote artefice, quanto lui abile e fors’anche
di
più, ch’egli, per gelosia di mestiere, fece assas
artefice, quanto lui abile e fors’anche di più, ch’egli, per gelosia
di
mestiere, fece assassinare. Consumato il delitto
nare. Consumato il delitto e scopertosi, Dedalo si rifugiò nell’isola
di
Creta, ove costruì il famoso laberinto detto da l
sola di Creta, ove costruì il famoso laberinto detto da lui laberinto
di
Dedalo ; e nel quale Minosse, re di quell’isola,
laberinto detto da lui laberinto di Dedalo ; e nel quale Minosse, re
di
quell’isola, lo fece rinchiudere insieme a suo fi
la cronaca favolosa, d’aver favorito e protetto le bestiali deboscie
di
Pasifae, moglie del re. Dante così favella a prop
li deboscie di Pasifae, moglie del re. Dante così favella a proposito
di
quanto accennammo. L’Infamia di Creta era distes
l re. Dante così favella a proposito di quanto accennammo. L’Infamia
di
Creta era distesa Che fu concetta nella falsa vac
i hanno dato a questo passo della divina Commedia : « Pasifae, donna
di
Minosse re di Creta, soggiacque ad un toro, chius
questo passo della divina Commedia : « Pasifae, donna di Minosse re
di
Creta, soggiacque ad un toro, chiusa in una vacca
na di Minosse re di Creta, soggiacque ad un toro, chiusa in una vacca
di
legno, perciò l’Alighieri dice falsa vacca ». Min
i dice falsa vacca ». Minosse ritenendo, come forse era, che la vacca
di
legno nella quale si fece rinserrare l’infame Pas
di legno nella quale si fece rinserrare l’infame Pasifae, fosse opera
di
Dedalo e d’Icaro suo figlio, li fece rinchiudere
a essi costruito, per lasciarveli morire. Essi però pensarono al modo
di
sottrarsi con la fuga all’orribile e lenta morte
arte loro, fabbricarono delle ali che Dedalo attaccò con grossi pezzi
di
cera alle spalle del figlio, dopo aver fatto per
atto per sè altrettanto, ed aver raccomandato caldamente al figliuolo
di
non volare nè troppo basso, nè troppo alto, temen
sole, non avessero liquefatta la cera. Il figliuolo promise al padre
di
seguire strettamente le sue istruzioni, ma appena
ia, dove per altro mori poco dopo, soffocato in una stufa, per ordine
di
Cocalo, re di quell’isola, al quale Minosse aveva
ltro mori poco dopo, soffocato in una stufa, per ordine di Cocalo, re
di
quell’isola, al quale Minosse aveva fatto minacci
e di Cocalo, re di quell’isola, al quale Minosse aveva fatto minaccia
di
dichiarazione di guerra, se non avesse consegnato
i quell’isola, al quale Minosse aveva fatto minaccia di dichiarazione
di
guerra, se non avesse consegnato vivo o morte, ne
le sue mani, il fuggitivo. All’amata Sicilla alfin arriva Stanco già
di
valor Dedalo, dove Del volo e delle penne il doss
er più non si cura Atene. Ovidio.. — Metamorfosi. — Libro VIII trad.
di
Dell’Anguillara. 1374. Dee. — Divinità del sesso
iminare sulla Mitologia. La tradizione mitologica fa sovente menzione
di
varie dee che si sono accoppiate ai mortali, come
sempre rappresentata con un corno dell’abbondanza. Secondo l’opinione
di
Diodoro, e di altri mitologi si dava il mone di D
entata con un corno dell’abbondanza. Secondo l’opinione di Diodoro, e
di
altri mitologi si dava il mone di Dee Madri alle
a. Secondo l’opinione di Diodoro, e di altri mitologi si dava il mone
di
Dee Madri alle nutrici di Giove, le quali presero
iodoro, e di altri mitologi si dava il mone di Dee Madri alle nutrici
di
Giove, le quali presero cura di lui ad insaputa d
ava il mone di Dee Madri alle nutrici di Giove, le quali presero cura
di
lui ad insaputa di Saturno, e perciò furono annov
Madri alle nutrici di Giove, le quali presero cura di lui ad insaputa
di
Saturno, e perciò furono annoverate fra gli astri
lazione dell’Orsa maggiore. Altri scrittori danno il nome complessivo
di
Dee Madri, alle figliuole di Cadmo : Agone, Ino,
ltri scrittori danno il nome complessivo di Dee Madri, alle figliuole
di
Cadmo : Agone, Ino, Autonoe e Semele, a cui venne
dmo : Agone, Ino, Autonoe e Semele, a cui venne affidata l’educazione
di
Bacco. Il certo si è che il culto delle Dee Madri
nguia, nella Licia, un tempio antichissimo, ove traevano gli abitanti
di
tutti i paesi circonvicini, per offrir loro sagri
ed onori solenni ; e dove era generale credenza, che esse apparissero
di
tratto in tratto. Al dire di Diodoro Siculo eran
generale credenza, che esse apparissero di tratto in tratto. Al dire
di
Diodoro Siculo eran queste le ragioni per le qual
enne, con l’andare degli anni, ricchissimo, contandosi fra le rendite
di
quello, un’assai larga estensione di paese e oltr
ssimo, contandosi fra le rendite di quello, un’assai larga estensione
di
paese e oltre a 3000 buoi, il che, per quei tempi
ità, ed appoggiata dallo essersi trovato da per ogni dove le vestigie
di
questo culto. 1376. Del. — Esseri sovrumani del c
tali quali essi se li formarono, o alterando ciò che loro era rimasto
di
vero ; o secondo l’impulso delle loro passioni, d
esitarono a crearsi altrettante divinità. Egli è perciò che il numero
di
queste era prodigioso presso i pagani, i quali co
o preliminare sulla Mitologia. Giove era ritenuto come il più potente
di
tutti gli dei, sebbene il suo incontrastato poter
olontà inesorabile del Destino. I pagani riconoscevano diverse classi
di
numi, fra le quali le più distinte erano i Celest
omini e quelle donne che per le loro eroiche azioni avessero meritato
di
essere annoverati fra gli dei : fra questi furono
pure la parola dii, nel suo senso proprio, non conviene che agli dei
di
prim’ordine, agli dei grandi più individualmente
generale delle pagane divinità, ci faremo più partitamente a parlare
di
tutte le differenti e numerose denominazioni, par
e se non che dodici numi, i cui nomi proprî, sono, secondo l’opinione
di
Eredoto, originarî dell’Egitto. Questi erano gli
. Dii minorum gentium, ossia dei delle piccole nazioni. Il numero
di
questi era estesissimo e, al dire di Tito Livio,
delle piccole nazioni. Il numero di questi era estesissimo e, al dire
di
Tito Livio, non v’era angolo di Roma che non foss
di questi era estesissimo e, al dire di Tito Livio, non v’era angolo
di
Roma che non fosse pieno di dei. Il numero di ess
, al dire di Tito Livio, non v’era angolo di Roma che non fosse pieno
di
dei. Il numero di essi crebbe a dismisura dal sup
Livio, non v’era angolo di Roma che non fosse pieno di dei. Il numero
di
essi crebbe a dismisura dal superstizioso costume
ssi crebbe a dismisura dal superstizioso costume che i Romani avevano
di
abbracciare il culto religioso di quelle nazioni
izioso costume che i Romani avevano di abbracciare il culto religioso
di
quelle nazioni che essi rendevano soggette colla
ano fra questi dei tutti quelli della cui origine non si sapeva nulla
di
certo, e ai quali non si offerivano sacrifizii, n
ò a notare che molti fra gli scrittori dell’antichità, fanno menzione
di
alcuni templi innalzati dagli Ateniesi agli dei i
aco, Minosse e Radamanto. Oltre a tutti questi nomi e classificazioni
di
divinità vi erano ancora altre denominazioni gene
Palici, dei Compitali, dei Eterei e Mondani. 1877. Deldamia. — Figlia
di
Licomede, re di Sciro. Achille, rifugiatosi nella
itali, dei Eterei e Mondani. 1877. Deldamia. — Figlia di Licomede, re
di
Sciro. Achille, rifugiatosi nella corte di quel p
. — Figlia di Licomede, re di Sciro. Achille, rifugiatosi nella corte
di
quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la res
ro. Achille, rifugiatosi nella corte di quel principe ed innamoratosi
di
Deidamia, la rese madre di Pirro, il quale, diven
lla corte di quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la rese madre
di
Pirro, il quale, divenuto adulto, ebbe una figlia
irro, il quale, divenuto adulto, ebbe una figlia a cui impose il nome
di
Deidamia, in memoria della madre. Piangevisi ent
più antichi del mondo, ne avessero dato il primo esempio. È opinione
di
varii accreditati scrittori che la origine primit
ittori che la origine primitiva della idolatria fosse stato il dolore
di
un padre di famiglia a cui mori un figliuolo amat
a origine primitiva della idolatria fosse stato il dolore di un padre
di
famiglia a cui mori un figliuolo amatissimo in an
la intera città, quindi in tutta la contrada, ed è in questo modo che
di
una divinità particolare ad una famiglia, si vien
l popolo creasse da sè solo per mezzo della Deificazione tanto numero
di
numi, ma i re, i pontefici, e le città intere, co
contribuirono, con tutte le loro forze fisiche e morali, all’apoteosi
di
quegli illustri o cari defunti, che poi furono ve
rali. I primi ad essere deificati furono gli antichi re, e come prima
di
Urano e di Saturno, la profonda oscurità delle te
mi ad essere deificati furono gli antichi re, e come prima di Urano e
di
Saturno, la profonda oscurità delle tenebre dei t
aturno, la profonda oscurità delle tenebre dei tempi, non ci permette
di
avere una cognizione solida e certa sopra altri u
i re, la pubblica riconoscenza trovò per mezzo dell’apoteosi, il modo
di
eternare la memoria di quegli uomini che, o per l
oscenza trovò per mezzo dell’apoteosi, il modo di eternare la memoria
di
quegli uomini che, o per l’invenzione di qualche
modo di eternare la memoria di quegli uomini che, o per l’invenzione
di
qualche arte necessaria alla vita, o per le vitto
plagio dei cortigiani avessero innalzati all’onore dell’apotoesi ; e
di
questo numero furono quasi tutti gli imperatori r
l dire del cennato scrittore, la cerimonia dell’apoteosi era un misto
di
dolore e di allegrezza, e veniva celebrata da tut
ennato scrittore, la cerimonia dell’apoteosi era un misto di dolore e
di
allegrezza, e veniva celebrata da tutta la città.
che il corpo era stato sepolto con gran pompa, si metteva una figura
di
cera che ne somigliasse il volto su di un letto d
n pompa, si metteva una figura di cera che ne somigliasse il volto su
di
un letto d’avorio nel vestibolo del palagio dei C
d’avorio nel vestibolo del palagio dei Cesari, ed il senato, in abito
di
corruccio si poneva alla sinistra di quel letto,
i Cesari, ed il senato, in abito di corruccio si poneva alla sinistra
di
quel letto, mentre un gran numero delle più illus
mentre un gran numero delle più illustri e nobili dame, tutte vestite
di
bianco, e senz’alcuno ornamento, ne occupavano il
llo imperatore recitava l’orazione funebre del suo predecessore. Dopo
di
ciò tutto il corteggio prendeva la via del campo
redecessore. Dopo di ciò tutto il corteggio prendeva la via del campo
di
Marte, ove un magnifico catafalco, coperto di un
endeva la via del campo di Marte, ove un magnifico catafalco, coperto
di
un ricchissimo padiglione, tutto di materie accen
e un magnifico catafalco, coperto di un ricchissimo padiglione, tutto
di
materie accensibili e ornato di drappi d’oro, di
o di un ricchissimo padiglione, tutto di materie accensibili e ornato
di
drappi d’oro, di ricche dipinture e di lavori d’a
mo padiglione, tutto di materie accensibili e ornato di drappi d’oro,
di
ricche dipinture e di lavori d’avorio, era prepar
i materie accensibili e ornato di drappi d’oro, di ricche dipinture e
di
lavori d’avorio, era preparato onde ricevere l’ef
niva deposto sotto il padiglione e vi si gettavano intorno ogni sorta
di
aromi, di fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatt
to sotto il padiglione e vi si gettavano intorno ogni sorta di aromi,
di
fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatto il novel
l padiglione e vi si gettavano intorno ogni sorta di aromi, di fiori,
di
erbe e di profumi, e ciò fatto il novello imperat
ne e vi si gettavano intorno ogni sorta di aromi, di fiori, di erbe e
di
profumi, e ciò fatto il novello imperatore con un
e il culto che da quel momento le era dovuto. 1379. Delfila. — Figlia
di
Adrasto, moglie di Tideo e madre di Diomede. 138
uel momento le era dovuto. 1379. Delfila. — Figlia di Adrasto, moglie
di
Tideo e madre di Diomede. 1380. Delfilo. — Figli
a dovuto. 1379. Delfila. — Figlia di Adrasto, moglie di Tideo e madre
di
Diomede. 1380. Delfilo. — Figlio di Stenelo. Fu
Adrasto, moglie di Tideo e madre di Diomede. 1380. Delfilo. — Figlio
di
Stenelo. Fu intimo amico del famoso Capaneo, e lo
i Stenelo. Fu intimo amico del famoso Capaneo, e lo segui all’assedio
di
Tebe. 1381. Delfobea. — Sibilla figlia di Glauco
neo, e lo segui all’assedio di Tebe. 1381. Delfobea. — Sibilla figlia
di
Glauco e sacerdotessa di Diana. Ella servì di gui
io di Tebe. 1381. Delfobea. — Sibilla figlia di Glauco e sacerdotessa
di
Diana. Ella servì di guida ad Enea, quando questi
fobea. — Sibilla figlia di Glauco e sacerdotessa di Diana. Ella servì
di
guida ad Enea, quando questi discese all’inferno.
meco ten entra E la tua spada impugna. Or d’uopo, Enea. Fa d’animo e
di
cor costante e fermo ; Ciò disse, e da furor spin
i mise dentro a le segrete cose. Virgilio. — Eneide — Libro VI Trad.
di
A. Caro. 1382. Deifobo. — Figlio di Priamo. Egli
gilio. — Eneide — Libro VI Trad. di A. Caro. 1382. Deifobo. — Figlio
di
Priamo. Egli, dopo la morte di Paride, sposò Elen
. di A. Caro. 1382. Deifobo. — Figlio di Priamo. Egli, dopo la morte
di
Paride, sposò Elena, ma dopo la presa di Troja, E
Priamo. Egli, dopo la morte di Paride, sposò Elena, ma dopo la presa
di
Troja, Elena lo dette in potere di Menelao, per r
ide, sposò Elena, ma dopo la presa di Troja, Elena lo dette in potere
di
Menelao, per riguadagnarsi le sue buone grazie.
n potere di Menelao, per riguadagnarsi le sue buone grazie. Deifobo.
di
Priamo il gran figlio, Vide ancor qui, che crudel
e monco tutto. ……………… Fece la buona moglie ogni arme intanto Sgombrar
di
casa, e la mia fida spada Mi sottrasse del capo.
oi falli antichi Riportar venia…. Virgilio — Eneide — Libro VI Trad.
di
A. Caro. 1383. Delfone. — Figlio di Trittolemo e
rgilio — Eneide — Libro VI Trad. di A. Caro. 1383. Delfone. — Figlio
di
Trittolemo e di Meganira, o secondo altre opinion
— Libro VI Trad. di A. Caro. 1383. Delfone. — Figlio di Trittolemo e
di
Meganira, o secondo altre opinioni, figlio d’Ippo
rlo da ogni terrestre caducità, Io faceva passare a traverso il fuoco
di
ardenti fiamme. Un giorno Meganira, madre di Deif
sare a traverso il fuoco di ardenti fiamme. Un giorno Meganira, madre
di
Deifone, spaventata da un simile spettacolo, turb
e draghi e lasciò bruciare Deifone. 1384. Deilone. — Amico e compagno
di
Ercole ; egli Io seguì nella guerra contro le Ama
della spedizione degli Argonauti, i quali egli raggiunse nella città
di
Sinope. 1385. Delloco. — Figlio di Ercole e di Me
i quali egli raggiunse nella città di Sinope. 1385. Delloco. — Figlio
di
Ercole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle m
raggiunse nella città di Sinope. 1385. Delloco. — Figlio di Ercole e
di
Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apol
co. — Figlio di Ercole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli
di
Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era
gli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome
di
un fratello di Circe, conosciuto più comunemente
dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome di un fratello
di
Circe, conosciuto più comunemente sotto il nome d
ome di un fratello di Circe, conosciuto più comunemente sotto il nome
di
Dedalione. 1387. Delopea. — Una delle più belle n
di Dedalione. 1387. Delopea. — Una delle più belle ninfe del seguito
di
Giunone, la quale la promise ad Eolo, a condizion
e la promise ad Eolo, a condizione ch’egli avesse distrutta la flotta
di
Enea. ….. Appo me sono Sette e sette leggiadre n
di Enea. ….. Appo me sono Sette e sette leggiadre ninfe e belle ; E
di
tutte più bella e più leggiadra È Dejopea — Coste
do indossolubile congiunto. Viva lieto mai sempre, e ne divenga Padre
di
bella e di te degna prole. Virgilio — Eneide — L
ubile congiunto. Viva lieto mai sempre, e ne divenga Padre di bella e
di
te degna prole. Virgilio — Eneide — Libro I Trad
adre di bella e di te degna prole. Virgilio — Eneide — Libro I Trad.
di
A. Caro. 1388. Delotaro. — Re di Galata : fu un
Virgilio — Eneide — Libro I Trad. di A. Caro. 1388. Delotaro. — Re
di
Galata : fu un principe estremamente superstizios
pitani greci che assediarono Troja. 1390. Deisa. — Vale a dire figlia
di
Cerere : soprannome dato a Proserpina, di cui que
Deisa. — Vale a dire figlia di Cerere : soprannome dato a Proserpina,
di
cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Mo
Proserpina, di cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Moglie
di
Ercole, il quale, secondo la Favola, per ottenerl
iume Eveneo, il centauro Nesso andò loro incontro, ed offri ad Ercole
di
far traghettare il flume alla giovanetta sul prop
e il flume alla giovanetta sul proprio dorso. Ercole senza sospettare
di
nulla, a cettò l’offerta gentile, ma vedendo che
lmente. Nesso, sentendosi vicino a morte, donò la sua camicia intrisa
di
sangue a Dejanira, dicendole esser quella un poss
richiamare a sè il marito, tutte le volte ch’egli si fosse innamorato
di
altre donne. Morto Nesso, la credula Dejanira ven
enne a sapere che Ercole era preso d’amore per la bella Jole, e penso
di
servirsi della magica stoffa, facendone un dono a
virsi della magica stoffa, facendone un dono ad Ercole, persuasa così
di
ricondurlo ai suoi piedi. Dopo vario pensar le c
e restauro. Già molto prima ad una sua servente L’avea fatta adornar
di
seta e d’auro. Il cui ricamo d’or, d’ostro e di s
L’avea fatta adornar di seta e d’auro. Il cui ricamo d’or, d’ostro e
di
seta, Lo sparso sangue all’occhio asconde e vieta
amor potea dar forza. Perchè non fosse schiva all’occhio, prese Parer
di
dare al sangue un’altra scorza : E con vermigli f
altrove star che dove stanno. Ovidio — Metamorfosi — Libro IX. trad.
di
Dell’Anguillara. Appena Ercole si fu rivestito d
he Delfisa : sibilla che era nel tempo stesso sacerdotessa del tempio
di
Delfo. 1393. Delfico. — Soprannome di Apollo, dal
stesso sacerdotessa del tempio di Delfo. 1393. Delfico. — Soprannome
di
Apollo, dal famoso tempio ch’egli aveva nella cit
. — Soprannome di Apollo, dal famoso tempio ch’egli aveva nella città
di
Delfo. 1394. Delfinie. — Feste in onore di Apollo
ch’egli aveva nella città di Delfo. 1394. Delfinie. — Feste in onore
di
Apollo. 1395. Delfinto. — Altro soprannome di Apo
finie. — Feste in onore di Apollo. 1395. Delfinto. — Altro soprannome
di
Apollo. Diana, gemella di questo dio, veniva anch
Apollo. 1395. Delfinto. — Altro soprannome di Apollo. Diana, gemella
di
questo dio, veniva anch’essa detta Delfinia. 1396
scrittori dell’antichità, sulla origine dell’appropriazione del nome
di
Delfino a questa costellazione. Taluni pretendono
sta costellazione. Taluni pretendono che fosse così detta dal delfino
di
Arione ; — V. Arione — altri da quello che trattò
no di Arione ; — V. Arione — altri da quello che trattò il matrimonio
di
Nettuno con Anfitrite ; altri da uno di quei mari
ello che trattò il matrimonio di Nettuno con Anfitrite ; altri da uno
di
quei marinai che Bacco cangiò in delfini ; ed alt
inalmente dal delfino che Apollo dette per condottiero ad una colonia
di
Cretesi, che andarono a stabilirsi nella Focide.
corgere senonchè un vascello che aveva sulla poppa scolpita la figura
di
un delfino. 1397. Delfo. — Città della Focide : c
fo. — Città della Focide : celebre nella favola per il famoso oracolo
di
Apollo. Lo spazio in cui sorgeva quella città, er
azio, si posarono nell’istesso istante nel luogo ove sorgeva la città
di
Delfo. La tradizione favolosa, a proposito dell’o
a la città di Delfo. La tradizione favolosa, a proposito dell’oracolo
di
Delfo, racconta che un pastore, per nome Coreta,
redir l’avvenire, come invaso da profetico furore. Ben presto la fama
di
tanta maraviglia si sparse allo intorno, e attra
figliuola della Terra, lo ebbe in costodia fino ai tempi del diluvio
di
Deucalione, epoca in cui Apollo, essendo venuto s
oni del santuario, uccise il drago che la Terra avea posto a custodia
di
quello, e si rese solo padrone del celebre oracol
facendola servire ai loro privati interessi. Delfo era anche il nome
di
uno dei figli di Apollo che edificò quella città.
e ai loro privati interessi. Delfo era anche il nome di uno dei figli
di
Apollo che edificò quella città. 1398. Delia. — S
i figli di Apollo che edificò quella città. 1398. Delia. — Soprannome
di
Diana, che le veniva dall’isola di Delo, ove essa
a città. 1398. Delia. — Soprannome di Diana, che le veniva dall’isola
di
Delo, ove essa, secondo la favola, ebbe i natali.
lo sul quale erano imbarcati i Deliasti, quando si recavano all’isola
di
Delo. — V. Deliasti e Delo. 1400. Deliasti. — Nom
ogni anno a Delo. 1401. Delicoone. — Così ebbe nome uno dei figliuoli
di
Ercole. 1402. Delle. — Feste in onore di Apollo,
ebbe nome uno dei figliuoli di Ercole. 1402. Delle. — Feste in onore
di
Apollo, soprannominato anch’egli Delo, perchè ins
nsieme a Diana, nacque in quell’isola — V. Delia. Durante il periodo
di
queste feste, gli Ateniesi inviavano una deputazi
do di queste feste, gli Ateniesi inviavano una deputazione nell’isola
di
Delo per offerire dei sagrifizi ad Apollo. I memb
one nell’isola di Delo per offerire dei sagrifizi ad Apollo. I membri
di
questa deputazione si chiamavano Deliasti — V. De
azione chiamavasi Arciteoro. Le feste Delie furono istituite in onore
di
Apollo da Tesco, quand’egli ricondusse da Creta i
i Palici. — V. Palici e Talia. 1404. Delo. — Isola del mare Egeo, una
di
quelle che componevano il gruppo delle Cicladi. L
se A partorir li due occhi del cielo. Callimaco — Inno a Delo. trad.
di
Dionici Stroc III. I suoi abitatori pretendevano
maniera. 1405. Demenete. — Detto anche Demarco : abitante della città
di
Parrafia, nell’Arcadia. Avendo mangiato un pezzo
tante della città di Parrafia, nell’Arcadia. Avendo mangiato un pezzo
di
carne di una vittima umana, immolata a Giove, fu
la città di Parrafia, nell’Arcadia. Avendo mangiato un pezzo di carne
di
una vittima umana, immolata a Giove, fu cangiato
ripete che dopo dieci anni, egli riacquistasse la sua primitiva forma
di
uomo, e che fosse vincitore ai giuochi olimpici.
annome che i Greci davano a Cerere. 1407. Democoonte. — Uno dei figli
di
Priamo, re di Troja, che fu ucciso da Ulisse. ….
reci davano a Cerere. 1407. Democoonte. — Uno dei figli di Priamo, re
di
Troja, che fu ucciso da Ulisse. ….. e feri Democ
E cupo gli tuonar l’armi sul petto. Omero. — Iliade — Lib. IV trad.
di
V. Monti Democoonte fu pure il nome di un greco
ro. — Iliade — Lib. IV trad. di V. Monti Democoonte fu pure il nome
di
un greco, figliuolo di Megara, il quale coi suoi
trad. di V. Monti Democoonte fu pure il nome di un greco, figliuolo
di
Megara, il quale coi suoi fratelli fu ucciso da E
quale coi suoi fratelli fu ucciso da Ercole. 1408. Demodice. — Moglie
di
Creteo. — V. Creteo. 1409. Demodoco. — Celebre mu
di Creteo. — V. Creteo. 1409. Demodoco. — Celebre musico della corte
di
Alcinoo. Demodoco, io te sopra ogni vivente Soll
mmo Giove, e Apollo stesso ispira. Omero — Odissia — Lib. VIII Trad.
di
I. Pindemonte. 1410. Demofila. — Così avea nome
te. 1410. Demofila. — Così avea nome la settima delle dieci sibille,
di
cui fa menzione Varrone. Era nativa di Cuma, e da
a settima delle dieci sibille, di cui fa menzione Varrone. Era nativa
di
Cuma, e da lei vennero i libri sibillini. Raccont
un giorno a Tarquinio il vecchio, nove volumi, dimandandone il prezzo
di
300 scudi d’oro. Il re, credendo ch’ella fosse co
e il prezzo di 300 scudi d’oro. Il re, credendo ch’ella fosse colpita
di
pazzia, la scacciò con aspre maniere, e allora De
ò con aspre maniere, e allora Demofila innanzi al re stesso gittò tre
di
quei volumi alle fiamme, pretendendo lo stesso pr
stesso prezzo per gli altri sei che rimanevano. Il reperò la respinse
di
nuovo, ed allora la sibilla bruciò altri tre dei
eva per gli ultimi tre volumi, essendo in quelli rinchiuso il destino
di
Roma. Il cenno dei sacerdoti fu immediatamen tees
onaggi del patriziato romano. 1411. Demofonte o. Demofoonte. — Figlio
di
Teseo e di Fedra. Dopo la spedizione di Troja, un
patriziato romano. 1411. Demofonte o. Demofoonte. — Figlio di Teseo e
di
Fedra. Dopo la spedizione di Troja, una tempesta
fonte o. Demofoonte. — Figlio di Teseo e di Fedra. Dopo la spedizione
di
Troja, una tempesta lo gettò sulle coste della Tr
L’allegoria mitologica narra che egli si fosse innalzato nell’aria su
di
una palla, e che facendo su quella il giro della
stero della creazione. 1414. Demonio. — Secondo i Platonici o seguaci
di
Platone si dava questo nome, ad una categoria di
Platonici o seguaci di Platone si dava questo nome, ad una categoria
di
esseri fantastici che popolavano l’immenso vuoto
arie classi alle quali appartenevano secondo la loro potenza. Al dire
di
Menandro i pagani credevano fermamente che ogni u
el cammino della virtù ; vegliavano alla loro sicurezza ed erano loro
di
potente aiuto nei pericoli. Infine, secondo è cre
egli esseri non gia immaginarii, ma realmente esistenti, e rivestiti,
di
un corpo sottile ed impercettibile ai nostri sens
tra e malvagia interpretazione che oggi vi è collegata. 1415. Demonio
di
Socrate. — È oggidì cosa cognita a tutti gli stud
udiosi. La forma credenza che il sommo filosofo aveva nella esistenza
di
un suo demonio o genio particolare, specie di spi
o aveva nella esistenza di un suo demonio o genio particolare, specie
di
spirito familgliare, i cui avvertimenti lo guidav
. — Si dava codesto nome ad una cerimonia che si eseguiva nelle feste
di
Cibele e di Bacco e che consisteva nel portare in
codesto nome ad una cerimonia che si eseguiva nelle feste di Cibele e
di
Bacco e che consisteva nel portare in giro per la
ortare in giro per la città un grosso albero, che poi veniva piantato
di
contro al tempio di quelle divinità ; dalle parol
a città un grosso albero, che poi veniva piantato di contro al tempio
di
quelle divinità ; dalle parole greche Δειδρὀν, al
dalle parole greche Δειδρὀν, albero, e φορω, io porto si dava il nome
di
Dendrofore al portatore dell’albero. 1417. Dendro
’egli portasse sempre nelle mani un arboscello e propriamente un ramo
di
cipresso. La parola Dendroforo significa che port
to e Deraclite. Era una giovanetta la quale profonda, damente pentita
di
essersi data in braccio ad un suo amante, si prec
cangiata in pesce. Gli Assiri a doravano una divinità sotto la figura
di
una donna, che dalla cintura in giù aveva il corp
sotto la figura di una donna, che dalla cintura in giù aveva il corpo
di
pesce. Essi avevano per questa specie di mostri u
intura in giù aveva il corpo di pesce. Essi avevano per questa specie
di
mostri una grande venerazione. La cronaca favolos
a Derceto, fosse una bambina, che fu poi la famosa Semiramide, regina
di
Babilonia, la quale annoverò sua madre fra le div
inità, e le consacrò un tempio. 1420. Derelle ed Albione. — Figliuoli
di
Nettuno recordati, nella tradizione mitologica, p
ti avea tolti al gigante Gerione. 1421. Despena. — Uno dei soprannomi
di
Proserpina. 1422. Destino. — Divinità allegorica,
un’urna, nella quale sono rinchiuse le sorti degli uomini. I decreti
di
questa cieca divinità, regolatrice di tutte le co
e sorti degli uomini. I decreti di questa cieca divinità, regolatrice
di
tutte le cose, con un potere assoluto, erano irre
il padre degli dei, era sottomesso alla volontà del destino. Al dire
di
Ovidio, i destini degli dei erano scritti e depos
quelli dei re e degli eroi, venivano incisi sul diamante. I ministri
di
questa cieca deità, erano le tre Parche, e al dir
nte. I ministri di questa cieca deità, erano le tre Parche, e al dire
di
Esiodo, la Notte era la madre di questo spaventos
eità, erano le tre Parche, e al dire di Esiodo, la Notte era la madre
di
questo spaventoso dio, che essa aveva generato so
spaventoso dio, che essa aveva generato sola. 1423. Deucalione. — Re
di
Tessaglia, figlio di Prometeo e marito di Pirra.
essa aveva generato sola. 1423. Deucalione. — Re di Tessaglia, figlio
di
Prometeo e marito di Pirra. Al tempo in cui egli
ola. 1423. Deucalione. — Re di Tessaglia, figlio di Prometeo e marito
di
Pirra. Al tempo in cui egli viveva, un diluvio un
la terra nel suo stato primitivo, i superstiti consultarono l’oracolo
di
Temi, e questi impose loro di gettare un certo nu
vo, i superstiti consultarono l’oracolo di Temi, e questi impose loro
di
gettare un certo numero di pietre dietro le loro
no l’oracolo di Temi, e questi impose loro di gettare un certo numero
di
pietre dietro le loro spalle, e attendere ciò che
rate da Deucalione nacquero altrettanti uomini gìà adulti e da quelle
di
Pirra altrettante donne. Escon dal tempio, e si
ettante donne. Escon dal tempio, e si bendan la fronte, Indi ciascun
di
lor scinto e disciolto, Gli stessi sassi che prod
si è detta vena. Tenne in quest’altra forma il proprio nome, Le parti
di
più nervo e di più lena, Diventar nervi ed ossa,
. Tenne in quest’altra forma il proprio nome, Le parti di più nervo e
di
più lena, Diventar nervi ed ossa, e non so come,
— Metamor. — Lib. I trad. dí Dell’ Anguillara La favola fa menzione
di
altri moiti noti sotto il nome di Deucalione : fr
Anguillara La favola fa menzione di altri moiti noti sotto il nome
di
Deucalione : fra questi il più rinomato fu un fig
to il nome di Deucalione : fra questi il più rinomato fu un figliuolo
di
Minosse, re di Creta. 1424. Deverona. — Dea che p
eucalione : fra questi il più rinomato fu un figliuolo di Minosse, re
di
Creta. 1424. Deverona. — Dea che presiedeva alla
bambini. Appena nasceva un figlio si ripuliva tutta la casa in onore
di
questa divinità, onde renderla favorevole al neon
ità, onde renderla favorevole al neonato. 1426. Dediana. — Soprannome
di
Diana che le veniva dal senso compreso in questo
icolarmente Cerere. 1428. Diafie. — Feste celebrate in Atene in onore
di
Giove, onde scongiurare le sventure ed i mali di
te in Atene in onore di Giove, onde scongiurare le sventure ed i mali
di
cui si poteva essere minacciati. Queste cerimonie
porte della città e avevano in tutti i loro particolari, il carattere
di
una profonda e dolorosa tristezza. 1429. Dialeo-F
ristezza. 1429. Dialeo-Flamine (Dialis-Flamen). Vale a dire sacerdote
di
Giove. Questo personaggio importantissimo nelle c
ai giuramanto. Non poteva mai montare a cavallo, e tutto nel suo modo
di
vivere dovea risentire dell’austera semplicità de
era semplicità dei primi tempi. In talune occasioni egli avea diritto
di
togliere i ceppi ai prigionieri e di condonare la
lune occasioni egli avea diritto di togliere i ceppi ai prigionieri e
di
condonare la pena ai condannati al supplizio dell
tutte le volte ch’ei si trovava sul loro passaggio. Del sacerdoti
di
Giove e delle cerimonie : e parole unite ad un ed
o, per le quali dice, non esser costretti al giuramento nè le vergini
di
Vesta nè i sacerdoti di Giove. Molte cerimonie
n esser costretti al giuramento nè le vergini di Vesta nè i sacerdoti
di
Giove. Molte cerimonie sono imposte ai sacerdot
nè i sacerdoti di Giove. Molte cerimonie sono imposte ai sacerdoti
di
Giove cerimonie molteplici ancora nei libri, che
ti pei pubblici sacerdoti. Leggiamo pure, nel primo scritto del libri
di
Fabio Pittore, nel quale spesso vi sono queste ch
e spesso vi sono queste che ci ricordiamo : È religione del sacerdoti
di
Giove, badare che la pronta cavalleria vada a cav
il pomerio : questo stesso è per l’esercito armato ; per la qual cosa
di
rado il sacerdote di Giove è creato console, impe
tesso è per l’esercito armato ; per la qual cosa di rado il sacerdote
di
Giove è creato console, imperocché è commessa al
l consoli la guerra ; parlmenti non è mal lecito giurare al Sacerdote
di
Giove ; ne è lecito servirsi dell’anello se non c
he aperto e vuoto. Non è permesso portar via dalla casa del sacerdote
di
Giove, il fuoco sacro ; è necessario sia disciolt
i, quel giorno il bastonare è sagrilizio. Non è costume del Sacerdote
di
Giove ; nè nominare, nè toccare la capra, la carn
1430. Diamasticosa. — Festa dei Lacedomi da essi celebrata in onore
di
Diana. La principal cerimonia di questa festa con
Lacedomi da essi celebrata in onore di Diana. La principal cerimonia
di
questa festa consisteva nel condurre dei fanciull
numero vi lasciavano la vita. 1431. Diana. — Dea della caccia, figlia
di
Giove e di Latona e gemella d’Apollo. Non è già
asciavano la vita. 1431. Diana. — Dea della caccia, figlia di Giove e
di
Latona e gemella d’Apollo. Non è già di Latona u
la caccia, figlia di Giove e di Latona e gemella d’Apollo. Non è già
di
Latona unico figlio Apollo, e di Latona anch’ io
atona e gemella d’Apollo. Non è già di Latona unico figlio Apollo, e
di
Latona anch’ io mi sono. Callimaco — Inno a Dian
Apollo, e di Latona anch’ io mi sono. Callimaco — Inno a Diana Trad.
di
D. Strocchi, Moltiplici sono le denominazioni ch
per averla sorpresa colle sue ninfe nel bagno. V. Atteone. Il seguito
di
Diana si componeva di un numeroso corteo di ninfe
lle sue ninfe nel bagno. V. Atteone. Il seguito di Diana si componeva
di
un numeroso corteo di ninfe e pretendeva che tutt
o. V. Atteone. Il seguito di Diana si componeva di un numeroso corteo
di
ninfe e pretendeva che tutte serbassero la stessa
anta ancelle Pronte a guidar le mie carole meco, Giovani tutte e fior
di
verginelle : Venti ne voglio da l’amnisio speco,
l vuoi città fammi regina : Me vedran raro cittadine mura. Abitatrice
di
contrada alpina M’inurberò ne l’ora che dogliose
e dogliose Le genitrici chiameran Lucina. Il carco fianco ad allegiar
di
spose Io nacqui, poi che senza duol la madre Di m
Di me gravossi e senza duol mi spose. Callimaco — Inno a Diana Trad.
di
D. Strocchi. La ninfa Calisto, che apparteneva a
a Trad. di D. Strocchi. La ninfa Calisto, che apparteneva al seguito
di
Diana fu scacciata ignominiosamente da questa dea
ata ignominiosamente da questa dea per aver ceduto alle lascive brame
di
Giove. La tradizione mitologica narra peraltro ch
asi tutti i suoi giorni alla caccia ed era sempre seguita da una muta
di
cani. I Satiri, le Driadi, e tutte le altre divin
bravano continue feste in suo onore. I poeti rappresentavano Diana su
di
un carro tirato da due bisce ; armata di un arco,
eti rappresentavano Diana su di un carro tirato da due bisce ; armata
di
un arco, e di un turcasso pieno di frecce. La bis
avano Diana su di un carro tirato da due bisce ; armata di un arco, e
di
un turcasso pieno di frecce. La biscia era l’anim
carro tirato da due bisce ; armata di un arco, e di un turcasso pieno
di
frecce. La biscia era l’animale a lei consagrato.
di frecce. La biscia era l’animale a lei consagrato. Il famoso tempio
di
Efeso tutto sfolgorante d’oro e che era ritenuto
una delle sette meraviglie del mondo, e come il più superbo monumento
di
simil genere, che fosse conosciuto in quei tempi,
suo culto. 1432. Diania-turba. — Ossia turba, drappello e anche muta
di
Diana. Con questo nome venivano designati i cani
ritenendosi pubblicamente che fossero sotto la particolar protezione
di
Diana cacciatrice, questi animali erano riguardat
i animali erano riguardati come sacri. 1433. Diasie. — Feste in onore
di
Giove propizio, durante le quali si faceva dagli
aceva dagli abitanti una famosa fiera a cui non mancava alcuna specie
di
mercanzia. Gli Ateniesi vi si distinguevano pel g
ricordare le sue priucipali funzioni, d’essere, cioè, il messaggiero
di
Giove e degli dei. 1435. Dictea. — Conosciuta più
e degli dei. 1435. Dictea. — Conosciuta più comunemente sotto il nome
di
Dica, fu una delle figlie di Giove e di Temi. Ess
Conosciuta più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle figlie
di
Giove e di Temi. Essa presiedeva alla giustizia,
più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle figlie di Giove e
di
Temi. Essa presiedeva alla giustizia, dalla parol
. 1436. Dictea-corona. — Cosi gli antichi chiamavano la costellazione
di
Arianna che Teseo avea seco condotta dalla isola
la costellazione di Arianna che Teseo avea seco condotta dalla isola
di
Creta, ove sorgeva una montagna per nome Dictea 1
a una montagna per nome Dictea 1437. Dictee-ninfe. — Ninfe dell’isola
di
Creta. Forse venivano così dette perchè abitualme
se venivano così dette perchè abitualmente dimoravano sulla montagna,
di
cui nell’articolo precedente. 1438. Dicteo. — Sop
rchè comunemonte si credeva allevato sulla stessa montagna dell’isola
di
Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola di Cre
ssa montagna dell’isola di Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola
di
Creta, alla quale gli antichi attribuivano l’inve
tro un’opinione assai incerta. Dictinnia era anche uno dei soprannomi
di
Diana. 1440. Dictisio. — Così avea nome uno dei c
tauri : egli fu ucciso da Piritoo. 1441. Didima. — Secondo l’opinione
di
Pindaro, era questo uno dei soprannomi dato a Dia
ndaro, era questo uno dei soprannomi dato a Diana, per essere gemella
di
Apollo. Didima avea anche nome un’isola del grupp
Apollo avea un famoso oracolo, conosciuto nella favola sotto il nome
di
oracolo di Didimo. 1442. Didimeone. — Rione della
a un famoso oracolo, conosciuto nella favola sotto il nome di oracolo
di
Didimo. 1442. Didimeone. — Rione della città di M
to il nome di oracolo di Didimo. 1442. Didimeone. — Rione della città
di
Mileto, in cui Apollo avea un oracolo ed un tempi
n oracolo ed un tempio famoso. 1443. Didimo. — Soprannome particolare
di
Apollo che secondo alcuni scrittori veniva a lui
e di Apollo che secondo alcuni scrittori veniva a lui dato dall’isola
di
Didima — V. Didima — ; e secondo altri perchè qu
ritenuto come autore del giorno e della luna. 1444. Didone. — Figlia
di
Belo, re di Tiro, detta dapprima Elisa e conosciu
me autore del giorno e della luna. 1444. Didone. — Figlia di Belo, re
di
Tiro, detta dapprima Elisa e conosciuta con l’app
elo, re di Tiro, detta dapprima Elisa e conosciuta con l’appellazione
di
Dido : fu moglie di Sicheo, che ella amò tenerame
ta dapprima Elisa e conosciuta con l’appellazione di Dido : fu moglie
di
Sicheo, che ella amò teneramente. Pigmalione, fra
: fu moglie di Sicheo, che ella amò teneramente. Pigmalione, fratello
di
Didone, accecato dalla passione dell’oro uccise i
i tesori, de’quali tesori poichè notizia e fama ne venne agli orecchi
di
Pigmalione, incominciò ad averne gran fame ; e so
recchi di Pigmalione, incominciò ad averne gran fame ; e sotto specie
di
venire a visitare la sirocchia e’l cognato, come
o ove era stato trucidato ; le rivelò il nome dell’assassino ; e dopo
di
averle additato ove erano nascosti i suoi tesori,
opo di averle additato ove erano nascosti i suoi tesori, le consigliò
di
fuggire e sparì. Didone calmato il do’ore che le
itasi delle navi che stavano nel porto, e accompagnata da gran numero
di
seguaci, e dalla sua più giovane sorella, a nome
coi tesori del trucidato consorte. Una tempesta spinse la flottiglia
di
Didone sulle coste dell’Africa ed ella approdò ne
e terre soggette al suo comando, ma l’astuta principessa gli richiese
di
venderle tanto terreno quanto bastasse a stenderv
nderle tanto terreno quanto bastasse a stendervi in circuito la pelle
di
un bue. Avendo Iarba acconsentito, Didone fece ta
a acconsentito, Didone fece tagliare in lunghe e sottili striscie una
di
dette pelli, le quali disegnarono sul terreno uno
io abbastanza grande, nel quale Didone cominciò ad edificare la citià
di
Cartagine. Iarba intanto soggiogato dalla bellezz
ficare la citià di Cartagine. Iarba intanto soggiogato dalla bellezza
di
lei, la chiese in isposa ; ma essa respinse l’off
distruggerla, amò meglio darsi la morte che violare il suo giuramento
di
fedeltá. Ella si ucsise con un pugnale, e ciò le
nto di fedeltá. Ella si ucsise con un pugnale, e ciò le valse il nome
di
Didone, che vuol dire donna risoluta. Il Metastas
sse precipitandosi nelle fiamme che ardevano la sua reggia, disperata
di
vedersi abbandonata da Enea, ch’ essa amava perdu
o al suo cammino. Precipiti Cartago, Arda la reggira, e sia Il cenere
di
lei la tomba mia. Metastasio. — Didon e abband.
a Virgilio nell’Eneide, è una mera invenzione poetica. Enea visse più
di
300 anni prima della fondazione di Cartagine, sec
invenzione poetica. Enea visse più di 300 anni prima della fondazione
di
Cartagine, secondo la cronologia della favola ; e
la cronologia della favola ; e Virgilio ha dipinto l’ardente passione
di
Didone per l’eroe trojano, per innestarvi le famo
cordia fra Roma e Cartagine. L’Alighieri, giovandosi dell’ invenzione
di
Virgilio, mette Didone nell’Inferno per punirla d
di Virgilio, mette Didone nell’Inferno per punirla d’avere, per amore
di
Enea, mancato di fede alla ombra di Sicheo. …… c
e Didone nell’Inferno per punirla d’avere, per amore di Enea, mancato
di
fede alla ombra di Sicheo. …… colei che s’ancise
no per punirla d’avere, per amore di Enea, mancato di fede alla ombra
di
Sicheo. …… colei che s’ancise amorosa. E ruppe f
mbra di Sicheo. …… colei che s’ancise amorosa. E ruppe fede al conet
di
Sicheo. Dante. — Inferno — Cant. V. 1445. Dies
à uomo e metà serpente. La parola Difie in greco significa : composto
di
due nature. 1447. Difolle. — E più comunemente Di
olle. — E più comunemente Dipolie. Si dava codesto nome ad una specie
di
cerimonia religiosa che gli Ateniesi celebravano
a specie di cerimonia religiosa che gli Ateniesi celebravano in onore
di
Giove Polieno, riguardandolo come il nume tutolar
iguardandolo come il nume tutolare della propria città. 1448. Diluvio
di
Ogige e di Deucalione. V. Ogige e Deucalione. 14
o come il nume tutolare della propria città. 1448. Diluvio di Ogige e
di
Deucalione. V. Ogige e Deucalione. 1449. Dimanti
ige e Deucalione. 1449. Dimantisa. — Detta anche Dimantìa. Soprannome
di
Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva dett
1449. Dimantisa. — Detta anche Dimantìa. Soprannome di Ecuba, moglie
di
Priamo, re di Troja. Veniva detta così dal nome d
sa. — Detta anche Dimantìa. Soprannome di Ecuba, moglie di Priamo, re
di
Troja. Veniva detta così dal nome di suo padre Di
e di Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva detta così dal nome
di
suo padre Dimaso. 1450. Dimaso. — V. l’articolo p
avea nome uno dei quattro dei Lari o Penati. 1453. Dindima. — Al dire
di
Diodoro era questo il nome della madre di Cibele
i. 1453. Dindima. — Al dire di Diodoro era questo il nome della madre
di
Cibele : essa fu moglie di Meone, re della Lidia.
di Diodoro era questo il nome della madre di Cibele : essa fu moglie
di
Meone, re della Lidia. 1454. Dio — I poeti dell’a
à dei mostri, dànno loro moltiplici, varie e strane figure ; ne hanno
di
quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno di
dànno loro moltiplici, varie e strane figure ; ne hanno di quadrati,
di
ovali, di triangolari ; ne hanno di zoppi e di ci
o moltiplici, varie e strane figure ; ne hanno di quadrati, di ovali,
di
triangolari ; ne hanno di zoppi e di ciechi. Parl
ne figure ; ne hanno di quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno
di
zoppi e di ciechi. Parlano degli amori di Anubi c
ne hanno di quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno di zoppi e
di
ciechi. Parlano degli amori di Anubi con la Luna
, di triangolari ; ne hanno di zoppi e di ciechi. Parlano degli amori
di
Anubi con la Luna ; fanno che Diana venisse sferz
fuggire ora in questa ora in quella contrada della terra, sotto forma
di
quadrupedi, di volatili, di rettili ecc. Apollo,
questa ora in quella contrada della terra, sotto forma di quadrupedi,
di
volatili, di rettili ecc. Apollo, cacciato dal ci
quella contrada della terra, sotto forma di quadrupedi, di volatili,
di
rettili ecc. Apollo, cacciato dal cielo, è obblig
to l’olimpo pagano altro non essere stato che una vilissima ciurmeria
di
saltibanchi, più, al certo, che non fosse l’idea
eria di saltibanchi, più, al certo, che non fosse l’idea informatrice
di
un culto, rivelatore della divina maestà di una r
fosse l’idea informatrice di un culto, rivelatore della divina maestà
di
una religione. 1455. Diocleide. — Più comunemonte
ava codesto nome ad una festa che si celebrava nell’ Attica, in onore
di
Dioclie, uno degli eroi della Grecia a cui dopo l
a. — Così si chiamava la schiava che prese presso ad Achille il posto
di
Briseide — V. Briseide, quando Agamennone tolse p
se per sè quest’ultima. 1458. Diomede. — Re d’ Etiolia : fu figliuolo
di
Tideo e ritenuto, dopo Achille ed Aiace, il più v
e dalle spalle Divin foco l’eroe. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad.
di
V. Monti. All’assedio di Troja egli si copri di
l’eroe. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad. di V. Monti. All’assedio
di
Troja egli si copri di gloria, avendo in un incon
e — Libro V. — Trad. di V. Monti. All’assedio di Troja egli si copri
di
gloria, avendo in un incontro ferito Marte e Vene
i gloria, avendo in un incontro ferito Marte e Venere. Dopo la caduta
di
Troja, ritornato in patria, ebbe tanto orrore deg
roja, ritornato in patria, ebbe tanto orrore degli eccessi lussuriosi
di
sua moglie Egialea, che abbandonò il governo dell
evoli li cangiarono in uccelli. Diomede fu quello che rapì dall’isola
di
Lenno le frecce di Ercole ; e fu colui che insiem
in uccelli. Diomede fu quello che rapì dall’isola di Lenno le frecce
di
Ercole ; e fu colui che insieme ad Ulisse penetrò
ecce di Ercole ; e fu colui che insieme ad Ulisse penetrò nella città
di
Troja, e ne tolse il Palladio che era la più gran
era la più grande sicurezza dei Trojani, uccidendo una gran quantità
di
nemici. Ma di qual parte fosse Diomede Se Troian
nde sicurezza dei Trojani, uccidendo una gran quantità di nemici. Ma
di
qual parte fosse Diomede Se Troiano od Acheo mal
to : simile alla fiera Di tumido torrente che cresciuto Dalle pioggie
di
Giove, ed improvvisa Precipitando, i saldi ponti
e Non potean, benchè molti, la ruina. Omero — Iliade — Libro V.trad.
di
V. Monti. La favola ricorla di un altro Diomede,
uina. Omero — Iliade — Libro V.trad. di V. Monti. La favola ricorla
di
un altro Diomede, re della Tracia, e figliuolo di
La favola ricorla di un altro Diomede, re della Tracia, e figliuolo
di
Marte e di Cirene. Secondo la tradizione mitologi
ricorla di un altro Diomede, re della Tracia, e figliuolo di Marte e
di
Cirene. Secondo la tradizione mitologica, egli po
lli furiosi, i quali mandavano flamme dalle nari ; e che egli nutriva
di
carne umana. Ercole per comando di Euristeo, lo u
me dalle nari ; e che egli nutriva di carne umana. Ercole per comando
di
Euristeo, lo uccise facendolo divorare dai suoi s
dai suoi stessi cavalli. 1459. Dione. — Ninfa, figlia dell’ Oceano e
di
Teti, ella fu ne ! numero delle concubine di Giov
a, figlia dell’ Oceano e di Teti, ella fu ne ! numero delle concubine
di
Giove, il quale la rese madre di Venere ; ed è qu
ella fu ne ! numero delle concubine di Giove, il quale la rese madre
di
Venere ; ed è questa la ragione per la quale si d
ta la ragione per la quale si dà talvolta a questa dea, il soprannome
di
Dionea. Anche Giu lio Cesare, come discendente di
dea, il soprannome di Dionea. Anche Giu lio Cesare, come discendente
di
Venere, veniva detto Dioneo. 1460. Dionea. — La d
ere, veniva detto Dioneo. 1460. Dionea. — La dea Venere che fu moglie
di
Vulcano è quella a cui si da propriamente questo
o soprannome. Essa fu perduttamente amata da Marte, che le rese madre
di
una figlia, di cui nell’articolo precedente. 1461
ssa fu perduttamente amata da Marte, che le rese madre di una figlia,
di
cui nell’articolo precedente. 1461. Dionislache.
1. Dionislache. — V. Dionisie. 1462. Dionisie o Dionisiache. — Specie
di
baccanali, celebrati in onore di Bacco. Erano uno
62. Dionisie o Dionisiache. — Specie di baccanali, celebrati in onore
di
Bacco. Erano uno strano e turpe miscuglio di devo
nali, celebrati in onore di Bacco. Erano uno strano e turpe miscuglio
di
devozione e di oscenità. 1463. Dionisio. — Detto
in onore di Bacco. Erano uno strano e turpe miscuglio di devozione e
di
oscenità. 1463. Dionisio. — Detto anche Dioniso :
e Dioniso : con questo nome veniva indicato il dio Bacco, dalla città
di
Nisa, ove era stato allevato, e dove aveva un tem
te dedicato agli osceni misteri del suo culto. Dioniso è pure il nome
di
uno dei tre dei Anaci, o Dioscuri figliuoli di Gi
Dioniso è pure il nome di uno dei tre dei Anaci, o Dioscuri figliuoli
di
Giove. La tradizione mitologica ricorda di un alt
naci, o Dioscuri figliuoli di Giove. La tradizione mitologica ricorda
di
un altro Dioniso, che fu tiranno di Siracusa, il
La tradizione mitologica ricorda di un altro Dioniso, che fu tiranno
di
Siracusa, il quale si rese celebre per le sue cru
nessuna reverenza che egli ebbe verso gli dei. Egli demoli il tempio
di
Proserpina a Locri ; tolse nel tempio di Giove Ol
i dei. Egli demoli il tempio di Proserpina a Locri ; tolse nel tempio
di
Giove Olimpio un mantello d’oro, che copriva una
nel tempio di Giove Olimpio un mantello d’oro, che copriva una statua
di
questo dio, e nel tempi di Esculapio, in Epidauro
un mantello d’oro, che copriva una statua di questo dio, e nel tempi
di
Esculapio, in Epidauro, tolse ad un simulacro di
sto dio, e nel tempi di Esculapio, in Epidauro, tolse ad un simulacro
di
questo la barba d’oro che aveva ; e si rese padro
d un simulacro di questo la barba d’oro che aveva ; e si rese padrone
di
tutti gli arredi sacri, dicendo che volea profitt
dei ; e fece vendere su i pubblici mercati a suo profitto le spoglie
di
che si rendeva padrone con sacrilega violenza. Ci
opete. — Nome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musicali
di
Giove, di Diana, di Apollo, e di altre divinità c
ome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di Giove,
di
Diana, di Apollo, e di altre divinità che si cred
ale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di Giove, di Diana,
di
Apollo, e di altre divinità che si credeva abitas
hi indicavano gli strumenti musicali di Giove, di Diana, di Apollo, e
di
altre divinità che si credeva abitassero sovente
sero in modo particolare i navigatori. 1466. Diaspoli. — Ovvero città
di
Giove nell’ Etiopia. Quel Dio aveva in questa cil
ta stagione dell’anno, si celebrava dagli abitanti una festa ìn onore
di
lui che durava dodici giorni, e nella quale porta
urava dodici giorni, e nella quale portavano in processione la statua
di
Giove in tutti i villaggi circonvicini. 1467. Dip
1468. Diradiato. — Soprannome che si dava in Argo ad Apollo, a causa
di
un tempio che egli avea sopra altissimi dirupi. L
pra altissimi dirupi. La cronaca mitologica attribuisce la fondazione
di
quell’edifizio all’avo materno di Teseo, per nome
itologica attribuisce la fondazione di quell’edifizio all’avo materno
di
Teseo, per nome Pitteo, nativo della città di Tre
difizio all’avo materno di Teseo, per nome Pitteo, nativo della città
di
Trezeno. 1469. Dirce. — Fu moglie di Lico, re di
nome Pitteo, nativo della città di Trezeno. 1469. Dirce. — Fu moglie
di
Lico, re di Tebe. Ella trattò con assai aspra man
, nativo della città di Trezeno. 1469. Dirce. — Fu moglie di Lico, re
di
Tebe. Ella trattò con assai aspra maniera per lun
ai aspra maniera per lungo tempo Anflone ed Antiope, che poi fu madre
di
Zeto ; ma poi caduta in loro potere, essi la lega
re di Zeto ; ma poi caduta in loro potere, essi la legarono alla coda
di
un toro furioso, sicchè Dirce morì tra le più atr
a le più atroci torture. Al dire della cronaca Bacco vendicò la morte
di
lei, facendo perdere il senno ad Anfione, dopo di
co vendicò la morte di lei, facendo perdere il senno ad Anfione, dopo
di
che cangio Dirce in fontana. 1470. Dircea. — Cosi
che Minerva cangiò in pesce, avendo osato vantarsi d’essere più bella
di
lei. Non bisogna punto confonderla con la Dirce,
’essere più bella di lei. Non bisogna punto confonderla con la Dirce,
di
cui nell’articolo precedente. 1471. Dirceo. — Sop
la Dirce, di cui nell’articolo precedente. 1471. Dirceo. — Soprannome
di
Anfione, preso dal fonte nella Beozia, conosciuto
me di Anfione, preso dal fonte nella Beozia, conosciuto sotto il nome
di
fontana Dircea quella stessa in che Bacce transfo
del fiume Acheronte. Erano, secondo la tradizione favolosa, in numero
di
tre, ed avevano lo speciale incarico di tormentar
radizione favolosa, in numero di tre, ed avevano lo speciale incarico
di
tormentare coi rimorsi le anime dei dannati. Esse
o officio, ogni mal’opra a core. Virgilio — Eneide — libro VII trad.
di
A. Caro 1474. Dirfia. — Soprannome di Giunone,
io — Eneide — libro VII trad. di A. Caro 1474. Dirfia. — Soprannome
di
Giunone, che le veniva dal culto a lei reso sul m
. Allorquando Peleo sposò Teti, la sola dea non invitata il banchetto
di
nozze fu la Discordia, la quale per vendicarsi, g
va, venere e Giunone si disputarono il pomo, finchè Paride per ordine
di
Giove, assuntosi il carico del giudizio, pose ter
assuntosi il carico del giudizio, pose termine alla querela in favore
di
Venere, ciò che fu causa d’infinite sventure. La
u causa d’infinite sventure. La Discordia si dipinge con capigliatura
di
serpi, con volto livido, con occhi impietriti, e
na torcia accesa, e nella sinistra un pugnale. L’empia discordia che
di
serpi ha ’l crine, E di sangue mai sempre il volt
a sinistra un pugnale. L’empia discordia che di serpi ha ’l crine, E
di
sangue mai sempre il volto intriso. Virgilio — E
sangue mai sempre il volto intriso. Virgilio — Eneide Lib. VI. trad.
di
A. Caro. 1478. Dite. — Era uno dei soprannomi di
eide Lib. VI. trad. di A. Caro. 1478. Dite. — Era uno dei soprannomi
di
Plutone, al quale si dava perchè era ritenuto com
a ricco. Per Dite s’intendeva pure talvolta il Sole, come la sorgente
di
tutte le ricchezze. Gli antichi abitatori della G
e ricchezze. Gli antichi abitatori della Gallia, davano il soprannome
di
Dite alla terra, come madre feconda di tutti i be
a Gallia, davano il soprannome di Dite alla terra, come madre feconda
di
tutti i beni e si credevano discendenti da essa.
credevano discendenti da essa. 1479. Ditirambo. — Uno dei soprannomi
di
Bacco. Da principio si dava più particolarmente c
cipio si dava più particolarmente codesta denominazione ad una specie
di
inno osceno, che si cantava nei misteri di quel d
enominazione ad una specie di inno osceno, che si cantava nei misteri
di
quel dio. Presso i moderni il Ditirambo, è un com
ente alla categoria degli scritti berneschi. 1480. Ditteo. Nell’isola
di
Creta, vi era un antro chiamato Dite, ove la trad
sa dice che Rea avesse partorito Giove : da ciò si dava il soprannome
di
Ditteo al padre degli dei. 1481. Dittina. — Ninfa
nnome di Ditteo al padre degli dei. 1481. Dittina. — Ninfa dell’isola
di
Creta, che assai di sovente viene confusa con Dia
adre degli dei. 1481. Dittina. — Ninfa dell’isola di Creta, che assai
di
sovente viene confusa con Diana. La tradizione mi
di sovente viene confusa con Diana. La tradizione mitologica racconta
di
lei, che la sua non comune bellezza avesse ispira
un giorno sorpresa la ninfa, volle farle violenza, ma essa, dall’alto
di
una rupe si precipito nel mare, ove cadde in una
ona fede, ed è perciò che presso gli antichi era così frequente l’uso
di
prestar giuramento per questa divinità. Taluni sc
esta divinità. Taluni scrittori dissero che Fidio fosse uno dei figli
di
Giove : altri lo hanno di sovente confuso con Erc
ttori dissero che Fidio fosse uno dei figli di Giove : altri lo hanno
di
sovente confuso con Ercole. 1483. Divall. — In on
igiose, a cui si dava questo nome. Esse furono stabilite in occasione
di
una pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini
e la dea Angeronia avesse liberato i Greci. 1484. Divinazione. — Arte
di
predir l’avvenire. Faceva parte delle credenze re
tutte quelle persone che venivano designate sotto i nomi d’indovini o
di
maghi. Le donne che esercitavano la divinazione,
iro, presso la quale era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi
di
quercia rendevano gli oracoli divini. La tradizio
ione mitologica, attribuisce al fatto seguente l’origine dell’oracolo
di
Dodona. Giove aveva fatto dono ad una delle sue f
ona. Giove aveva fatto dono ad una delle sue figliuole per nome Teba,
di
due meravigliose colombe, le quali avevano sorpre
i due meravigliose colombe, le quali avevano sorprendente prorogativa
di
parlare. Un giorno le due colombe volarono una in
a in Egitto, e propriamente nella Libia, ove poi fu il famoso oracolo
di
Giove Ammone ; l’altra fermò il suo volo in Epiro
olo di Giove Ammone ; l’altra fermò il suo volo in Epiro, nella selva
di
Dodona, ove disse agli abitatori del paese, che e
selva di Dodona, ove disse agli abitatori del paese, che era volontà
di
Giove, che in quel luogo sorgesse un oracolo. Ero
e alcuni mercanti Fenici avessero rapito due sacerdotesse della città
di
Tebe ; e che avendo venduta una di esse nella Gre
apito due sacerdotesse della città di Tebe ; e che avendo venduta una
di
esse nella Grecia questa avesse stabilito la sua
i esse nella Grecia questa avesse stabilito la sua dimora nella selva
di
Dodona, ove fece costruire a piè d’una quercia un
lva di Dodona, ove fece costruire a piè d’una quercia un’ara in onore
di
Giove, di cui ella era stata in Tebe sacerdotessa
ona, ove fece costruire a piè d’una quercia un’ara in onore di Giove,
di
cui ella era stata in Tebe sacerdotessa ; da ciò
i ella era stata in Tebe sacerdotessa ; da ciò ebbe origine l’oracolo
di
Dodona, che poi fu famoso per tutta la Grecia. Qu
88. Dodonee. — V. Dodonidi. 1489. Dodonidi o Dodonee. — Ninfe nudrici
di
Bacco ; quasi tutti gli scrittori si accordano ne
. Dolichenio. — V. Dolicheo. 1491. Dolicheo o Dolichenio. — Sopranome
di
Giove, a lui venuto dal culto che gli si rendeva
anome di Giove, a lui venuto dal culto che gli si rendeva nella città
di
Dolichene. 1492. Dolone. — Trojano, celebre per l
Trojano, celebre per la rapidità con la quale correva. Nella speranza
di
avere in premio i cavalli di Achille, egli accett
ità con la quale correva. Nella speranza di avere in premio i cavalli
di
Achille, egli accettò di essere spia trojana nel
Nella speranza di avere in premio i cavalli di Achille, egli accettò
di
essere spia trojana nel campo dei Greci ; ma sorp
ll’araldo Eumede. 1493. Dolope. — Popolo della Tessaglia. All’assedio
di
Troja tutti coloro che appartenevano a questo pop
o. — V. Domizio. 1496. Domiduca. — Divinità che s’invocava al momento
di
condurre la novella sposa nella casa del marito.
a sposa avesse preso cura del tetto maritale. 1498. Dorcre. — Al dire
di
Cicerone era questo il nome di un figliuolo dell’
etto maritale. 1498. Dorcre. — Al dire di Cicerone era questo il nome
di
un figliuolo dell’ Erebo e della Notte. 1499. Dor
tte. 1499. Dorea o Dori. — Detta anche Dorisia, figlia dell’ Oceano e
di
Teti. Essa sposò suo fratello Nereo, da cui ebbe
nquan-Nereidi. I poeti si sono sovente serviti del nome Dori, proprio
di
una particolare divinità marittima, per indicare
l mare istesso. Virgilio à detto : Doris amara. Dori fu anche il nome
di
una delle Nereidi, così detta da sua madre. 1500.
rielio. — Figlio naturale del re Priamo : Ajace lo uccise all’assedio
di
Troja. Vi fu anche un altro Doriclio, figlio di F
lo uccise all’assedio di Troja. Vi fu anche un altro Doriclio, figlio
di
Fineo, o re della Tracia. 1502. Doro. — Una delle
ereidi. 1504. Draconigena, Citta. — Vale a dire città surta dai denti
di
un drago. Si dava questa denominazione alla città
surta dai denti di un drago. Si dava questa denominazione alla città
di
Tebe. V. Cadno. 1505. Draghi. — Questi animali er
vola fa custodire il giardino delle Esperidi, il vello d’oro, l’antro
di
Delfo, ecc. altro non furono che quei grossi e fe
no che quei grossi e fedeli cani, ovvero degli uomini posti a guardia
di
quei luoghi o cose privilegiate. Drago di Anch
i uomini posti a guardia di quei luoghi o cose privilegiate. Drago
di
Anchise. Narra la tradizione mitologica, che
chise, uscisse dal sepolcro un enorme drago, il cui dorso era coperto
di
squame gialle e verdi, e che dopo aver fatto il g
gialle e verdi, e che dopo aver fatto il giro degli altari, assaggiò
di
tutte le vivande preparate pel sacrifizio, e poi
lide. Un giorno mentre la flotta dei Greci era ancorata nel porto
di
Aulide, ed i guerrieri offrivano un sacrifizio ag
di Aulide, ed i guerrieri offrivano un sacrifizio agli dei, all’ombra
di
un gran platano, che sorgeva a qualche distanza d
a di un gran platano, che sorgeva a qualche distanza dalla riva, uscì
di
sotto l’altare preparato pel sacrifizio, un orrib
le armi greche avrebbero avuto il coronamento del trionfo. Draghi
di
Cadmo. V. Cadmo. Drago di Delfo. Seco
coronamento del trionfo. Draghi di Cadmo. V. Cadmo. Drago
di
Delfo. Secondo narra la favola l’istesso drag
uro, era quello che pronunziava gli oracoli, Apollo lo uccise a colpi
di
frecce, quando si rese padrone di quell’antro, ov
i oracoli, Apollo lo uccise a colpi di frecce, quando si rese padrone
di
quell’antro, ove poi surse il famoso oracolo di D
uando si rese padrone di quell’antro, ove poi surse il famoso oracolo
di
Delfo. V. Delfo. Draghi dell’ Inferno. V
raghi dell’ Inferno. V. Cerbero. Draghi Cerere. Il carro
di
questa dea era tirato da due draghi, a cui la tra
tutta la terra la figliuola Proserpina, rapita da Plutone. Draghi
di
Medea. La cronaca mitologica racconta che Med
La cronaca mitologica racconta che Medea, furibonda per l’abbandono
di
Giasone, fosse corsa sulle sue tracce, montata su
per l’abbandono di Giasone, fosse corsa sulle sue tracce, montata su
di
un carro tirato da due di questi mostruosi animal
e, fosse corsa sulle sue tracce, montata su di un carro tirato da due
di
questi mostruosi animali, che vomitavano flamme.
Fu uno dei più accaniti nemici del re Turno. 1507. Dria. — Fu figlio
di
Fauno. La Tradizione mitologica racconta che essa
— Fu figlio di Fauno. La Tradizione mitologica racconta che essa era
di
una così severa castità, che fuggiva perfino la v
Driadi tutelari. 1509. Driantiade. — Licurgo, re della Tracia, figlio
di
Driaso, veniva così designato dal nome del padre
o di Driaso, veniva così designato dal nome del padre ; i discendenti
di
Licurgo furono detti per la stessa ragione Driant
etti per la stessa ragione Driantiadi. 1510. Driaso. — Oltre al padre
di
Licurgo. di cui qui sopra. V. Driantiade, così av
stessa ragione Driantiadi. 1510. Driaso. — Oltre al padre di Licurgo.
di
cui qui sopra. V. Driantiade, così avea nome uno
. Driantiade, così avea nome uno dei principi che vennero in soccorso
di
Eteocle contro Polinice : Diana lo uccise. 1511.
Polinice : Diana lo uccise. 1511. Drimaco. — Brigante che alla testa
di
un numeroso drappello di schiavi fuggitivi, depre
se. 1511. Drimaco. — Brigante che alla testa di un numeroso drappello
di
schiavi fuggitivi, depredava l’isola di Scio. Gli
esta di un numeroso drappello di schiavi fuggitivi, depredava l’isola
di
Scio. Gli abitanti misero a prezzo la sua testa,
a testa, e la cronaca racconta che egli stesso, stanco della sua vita
di
delitto, persuase il più povero dei suoi seguaci
ottenere la somma promessa. Alcuni mitologi vogliono che gli abitanti
di
Scio, dopo la morte di Drimaco, lo avessero adora
ssa. Alcuni mitologi vogliono che gli abitanti di Scio, dopo la morte
di
Drimaco, lo avessero adorato come un dio. È quest
tre essa teneva sulle ginocchia un bambino suo figlio, svelse un ramo
di
edera da una pianta vicina, per divertire l’infan
ntro Driope, la cangiò in albero. La disgraziata ebbe appena il tempo
di
porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambin
in albero. La disgraziata ebbe appena il tempo di porre nelle braccia
di
sua sorella Iole il bambino, il quale, senza di c
i porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambino, il quale, senza
di
ciò, sarebbe stato chiuso con lei nella corteccia
chiuso con lei nella corteccia dell’albero. Driope era anche il nome
di
un popolo dimorante nelle circostanze del monte P
i sacrifizii e gli affari della religione, ma sopratutto avevano fama
di
celebri indovine ; cosicchè venivano da ogni part
l’anno, in un dato giorno. in cui era loro concesso, per qualche ora,
di
vivere sotto il tetto conjugale. 1515. Druidi. —
uidi aveano sotto la loro dipendenza molti altri sacerdoti e ministri
di
religione, come i Vati, gli Eubagi, i Bardi, i Sa
zione della gioventù ed avevano sparsi in tutte le Gallie gran numero
di
collegi. In uno di questi risiedeva il gran sacer
ù ed avevano sparsi in tutte le Gallie gran numero di collegi. In uno
di
questi risiedeva il gran sacerdote, o capo suprem
a facevano imparare a memoria ai loro discepoli, un prodigioso numero
di
oscurissimi versi, che racchiudevano i principii
negli antri dei boschì, nel mistero delle più cupe foreste, all’ombra
di
quercie secolari ; e ricevevano coloro che li and
e venerazione. 1516. Due. — I Romani consideravano questo numero come
di
cattivo augurio, e perciò dedicato a Plutone al q
secondo giorno del mese. 1517. Durichia. — Isola dipendente da quella
di
Itaca. Ulisse, nativo di quest’ultima, viene talv
1517. Durichia. — Isola dipendente da quella di Itaca. Ulisse, nativo
di
quest’ultima, viene talvolta detto anche Dulichio
ai Galli. E 1519. Ea. — Nome della capitale della Colchide e
di
quella dell’isola di Circe. Anche all’intera isol
1519. Ea. — Nome della capitale della Colchide e di quella dell’isola
di
Circe. Anche all’intera isola si dava talvolta il
dell’isola di Circe. Anche all’intera isola si dava talvolta il nome
di
Ea, ragione per la quale si dava anche a Circe la
ale si dava anche a Circe la stessa denominazione. La favola racconta
di
un’altra Ea, ninfa che avendo implorato il soccor
a in isola. 1520. Eaci. — Solenni giuochi che si celebravano in onore
di
Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e di Egina, e
nni giuochi che si celebravano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio
di
Giove e di Egina, egli era re dell’isola Enopia,
che si celebravano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e
di
Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli ch
Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal nome
di
sua madre. Essendo stati distrutti tutti gli abit
si fossero cangiate in uomini, e a questo nuovo popolo impose il nome
di
Mirmidoni. Eaco regnò con tanta giustizia che all
gro. — Così avea nome il marito della musa Polinia, che lo rese padre
di
Orfeo. Eano. — Al dire di Macrobio si dava anche
rito della musa Polinia, che lo rese padre di Orfeo. Eano. — Al dire
di
Macrobio si dava anche comunemente il nome di Ian
Orfeo. Eano. — Al dire di Macrobio si dava anche comunemente il nome
di
Iano a questa divinità, ritenuta come simbolo del
tato autore, i Fenici raffigurano Eano, ossia il mondo sotto la forma
di
un drago che si morde la coda, volendo indicare c
il mondo gira sopra sè stesso. A Roma vi erano dei sacerdoti ministri
di
Eano o Iano, che venivan detti Eani. 1524. Ebalo.
inistri di Eano o Iano, che venivan detti Eani. 1524. Ebalo. — Marito
di
Gorgofona, figlia di Perso, che lo rese padre di
o, che venivan detti Eani. 1524. Ebalo. — Marito di Gorgofona, figlia
di
Perso, che lo rese padre di Tindaro. Ebalo fu uno
524. Ebalo. — Marito di Gorgofona, figlia di Perso, che lo rese padre
di
Tindaro. Ebalo fu uno dei migliori re di Sparta,
di Perso, che lo rese padre di Tindaro. Ebalo fu uno dei migliori re
di
Sparta, i cui abitanti alla morte di lui, gl’inal
ro. Ebalo fu uno dei migliori re di Sparta, i cui abitanti alla morte
di
lui, gl’inalzarono un monumento eroico. 1525. Ebe
rte di lui, gl’inalzarono un monumento eroico. 1525. Ebe. — Figliuola
di
Giove e di Giunone e dea della giovanezza. La tra
gl’inalzarono un monumento eroico. 1525. Ebe. — Figliuola di Giove e
di
Giunone e dea della giovanezza. La tradizione fav
radizione favolosa racconta che Giunone, invidiosa del supremo potere
di
Giove, che avea da sè solo procreato Minerva, dea
È detto che avendo Apollo invitato Giunone ad un festino, nel palagio
di
Giove, essa, che fino a quel tempo era rimasta st
nta e partorì Ebe. Giove, vedendola bellissima, le assegnò il compito
di
servire il nettare al banchetto degli dei ; ma es
è ella era in abito succinta Nella zona contraria in tutto al geto, E
di
seta sottil varia e dipinta S’avea coperto il bel
giovani a riso, i vecchi a sdegno. ovidio — Metamor. — Lib. X. trad.
di
Dell’ Anguillara. Giunone allora tenne presso di
or. — Lib. X. trad. di Dell’ Anguillara. Giunone allora tenne presso
di
sè Ebe, assegnandole l’incarico di attaccare i ca
lara. Giunone allora tenne presso di sè Ebe, assegnandole l’incarico
di
attaccare i cavalli al suo carro. La cronaca mit
ttaccare i cavalli al suo carro. La cronaca mitologica fa Ebe moglie
di
Ercole, per simboleggiare, sotto questo connubio,
unita al vigore ed alla forza. Ebe vien rappresentata sotto la figura
di
una giovanetta bellissima, col sorriso sulle labb
ra di una giovanetta bellissima, col sorriso sulle labbra, e coronata
di
flori. Aveva in tutte le città della Grecia e del
Aveva in tutte le città della Grecia e dello stato romano gran numero
di
templi, fra cui il più famoso era quello di Corin
stato romano gran numero di templi, fra cui il più famoso era quello
di
Corinto, che avea il privilegio d’asilo. 1526. Eb
rabile da quel dio. La tradizione dell’antichità afferma che i popoli
di
Napoli adoravano un tempo Bacco sotto questa deno
ano un tempo Bacco sotto questa denominazione. 1527. Ebota. — Al dire
di
Pausania, cosi avea nome il primo degli Acheeni,
non avevano onorato la sua vittoria con un monumento, imprecò contro
di
essi una maledizione che fu esaudita dai celesti.
a dai celesti. Gli Acheeni vedendo coll’andare degli anni, che alcuno
di
essi non riusciva vincitore ai guochi olimpici, m
l’oracolo, per saperne la ragione : e l’oracolo rispose che pesava su
di
essi la maledizione di Ebota. Allora gli Acheeni
la ragione : e l’oracolo rispose che pesava su di essi la maledizione
di
Ebota. Allora gli Acheeni fecero innalzare una st
one di Ebota. Allora gli Acheeni fecero innalzare una statua in onore
di
Ebota, e così l’anno seguente, Sostrate di Pellen
alzare una statua in onore di Ebota, e così l’anno seguente, Sostrate
di
Pellene, loro concittadino, fu proclamato vincito
fu proclamato vincitore ai giuochi. Da quell’epoca gli Acheeni, prima
di
recarsi agli esercizii olimpici, andavano a visit
a di recarsi agli esercizii olimpici, andavano a visitare il sepolcro
di
Ebota, e poi coloro che riuscivano vincitori, inc
che riuscivano vincitori, incoronavano la sua statua d’una ghirlanda
di
flori. 1528. Ecaerga. — Così avea nome una ninfa
sorella della dea Ope, divinità favorevole ai cacciatori. È opinione
di
varii accreditati mitologi che Ecaerga fosse uno
ne di varii accreditati mitologi che Ecaerga fosse uno dei soprannome
di
Diana. 1529. Ecale. — Nella città di Ecale, nel b
Ecaerga fosse uno dei soprannome di Diana. 1529. Ecale. — Nella città
di
Ecale, nel borgo dell’ Attica, era un tempio dedi
le feste dette perciò Ecalesie. 1530. Ecastore e Mecastore. — Formola
di
giuramento assai in uso presso i pagani, con la q
per Ercole. 1531.Ecate. — Secondo asserisce Esiodo, essa fu figliuola
di
Asteria e di Perseo. Secondo il citato autore, Gi
531.Ecate. — Secondo asserisce Esiodo, essa fu figliuola di Asteria e
di
Perseo. Secondo il citato autore, Giove, dopo ave
lizzata fra gli scrittori della favola è che Ecate fosse uno dei nomi
di
Proserpina stessa : e che questa venisse detta la
olare dea Triformis, appunto per alludere alla triplice denominazione
di
cui parlammo più sopra. Al dire di Servio, Ecate
ludere alla triplice denominazione di cui parlammo più sopra. Al dire
di
Servio, Ecate avea tre facce e tre nomi different
ec. Al dire del citato scrittore, Ecate veniva riguardata come madre
di
Medea e di Circe, come dea che presiedeva alle ma
e del citato scrittore, Ecate veniva riguardata come madre di Medea e
di
Circe, come dea che presiedeva alle magiche opera
Così avevano nome alcune feste che si celebravavo in Atene, in onore
di
Ecate, la quale era grandemente venerata in quell
la quale era grandemente venerata in quella città. Durante il periodo
di
queste feste, che si celebravano in ogni noviluni
nto buoi. Coll’andare del tempo fu trovato che cotesto sacrifizio era
di
così forte spesa, che furono sostituiti ai buoi a
era di così forte spesa, che furono sostituiti ai buoi altri animali
di
minor costo ; ma si seguitò a chiamare col nome d
buoi altri animali di minor costo ; ma si seguitò a chiamare col nome
di
Ecatombe qualunque sacrifizio in che si uccidevan
le. L’Ecatombe veniva nel medesimo tempo consumata sopra cento altari
di
cespugli, e da cento sacerdoti sacrificatori. Abi
ache, che Pitagora ovesse offerto agli dei un’ Ecatombe in rendimento
di
grazie di aver trovata la soluzione di un problem
Pitagora ovesse offerto agli dei un’ Ecatombe in rendimento di grazie
di
aver trovata la soluzione di un problema geometri
dei un’ Ecatombe in rendimento di grazie di aver trovata la soluzione
di
un problema geometrico. È questa per altro una no
otizia nè generalizzata nè ripetuta fra gli scrittori dell’antichità,
di
cui per contrario moltissimi ripetono che quel fi
rio moltissimi ripetono che quel filosofo inculcava ai suoi discepoli
di
non uccidere gli animali. Al dire di Omero, Nettu
sofo inculcava ai suoi discepoli di non uccidere gli animali. Al dire
di
Omero, Nettuno andò nell’ Etiopia onde comperare
autore ci ripete che l’indovino Calcante avesse consigliato ai Greci
di
offerire in Crisa una Ecatombe ad Apollo, onde pl
riva una Ecatombe. 1535. Ecatombe. — Dal costume che i pagani avevano
di
offerire a Giove e ad Apollo, delle ecatombi, ven
in guerra avessero ucciso cento nemici, dovessero poi, in rendimento
di
grazie della vittoria riportata, offrire agli dei
, offrire agli dei una Ecatombe. Da questa costumanza si dava il nome
di
Ecatonofle ad alcune feste nelle quali si faceva
mbe per la suddetta ragione. Riferisce Pausania, che certo Aristomene
di
Corinto, avendo ucciso in guerra di sua mano trec
ce Pausania, che certo Aristomene di Corinto, avendo ucciso in guerra
di
sua mano trecento nemici, avesse offerto ai celes
sì un tempio che Minerva aveva in Atene, la cui lunghezza era appunto
di
cento piedi. 1539. Ecdusie. — Venivano così denom
lcune feste e cerimonie che si celebravano in Fefte, città dell’isola
di
Creta, in onore di Latona, madre di Apollo e di D
onie che si celebravano in Fefte, città dell’isola di Creta, in onore
di
Latona, madre di Apollo e di Diana. 1540. Echidna
ravano in Fefte, città dell’isola di Creta, in onore di Latona, madre
di
Apollo e di Diana. 1540. Echidna. — Mostro metà d
fte, città dell’isola di Creta, in onore di Latona, madre di Apollo e
di
Diana. 1540. Echidna. — Mostro metà donna e metà
o la favola esso generò Cerbero, la Chimera, il Leone Nemeo, e l’Idra
di
Lerna. Echidna è una parola che deriva dal vocabo
a tolse in moglie e ne ebbe diversi figliuoli. 1542. Echinadi. — Nome
di
alcune ninfe che furono cangiate in isole, perchè
me di alcune ninfe che furono cangiate in isole, perchè dimenticarono
di
chiamare Acheolo ad un sacrifizio di diec i tori,
e in isole, perchè dimenticarono di chiamare Acheolo ad un sacrifizio
di
diec i tori, al quale avevano invitato tutti gli
o invitato tutti gli dei boscherecci ed acquatici. 1543.Echione. — Re
di
Tebe. La tradizione favolosa narra di lui che ess
d acquatici. 1543.Echione. — Re di Tebe. La tradizione favolosa narra
di
lui che essendo sopravvenuta nei suoi stati una g
ichi, bruciati, dalle ceneri uscirono due biondi giovanetti, coronati
di
flori, che celebrarono col canto la morte di quel
ndi giovanetti, coronati di flori, che celebrarono col canto la morte
di
quelle eroiche fanciulle. Vi fu un altro Echione,
o la morte di quelle eroiche fanciulle. Vi fu un altro Echione, padre
di
Penteo. Fu uno di coloro che la favola dice nati
le eroiche fanciulle. Vi fu un altro Echione, padre di Penteo. Fu uno
di
coloro che la favola dice nati dai denti del drag
Penteo. Fu uno di coloro che la favola dice nati dai denti del drago
di
Cadmo — V. Cadmo — e che aiutarono quest’ultimo n
di Cadmo — V. Cadmo — e che aiutarono quest’ultimo nell’edificazione
di
Tebe. Dal nome di costui i Tebani furono detti Ec
mo — e che aiutarono quest’ultimo nell’edificazione di Tebe. Dal nome
di
costui i Tebani furono detti Echionidi. La favola
Dal nome di costui i Tebani furono detti Echionidi. La favola ricorda
di
un altro Echione, che fu uno degli araldi degli A
to questo nome si riconoscea comunemente Penteo, per essere figliuolo
di
Echione. V. l’articolo precedente. 1545. Echionio
cedente. 1545. Echionio. — V. Echionide. 1546. Echmagora. — Fu figlio
di
Ercole e di Fillene. Alcimedone, padre di questa
5. Echionio. — V. Echionide. 1546. Echmagora. — Fu figlio di Ercole e
di
Fillene. Alcimedone, padre di questa giovanetta,
546. Echmagora. — Fu figlio di Ercole e di Fillene. Alcimedone, padre
di
questa giovanetta, fortemente sdegnato degli amor
a, e particolarmente le indovine della Tessaglia, luogo assai fecondo
di
erbe venefiche, avevano coi loro incantesimi il p
sai fecondo di erbe venefiche, avevano coi loro incantesimi il potere
di
far discendere dal cielo la luna ; e che bisognav
cendere dal cielo la luna ; e che bisognava fare un assordante rumore
di
calderoni, martelli ed altri strumenti, onde impe
amatrici delle streghe. Anche oggi abbiamo dei luoghi, come nel regno
di
Tunchino e nella Persia, secondo che riferisce il
ella Persia, secondo che riferisce il Taverniere, nelle sue relazioni
di
viaggi e scoperte, ove si crede che durante il te
he allora gl’indigeni fanno uno strepito spaventevole con ogni specie
di
strumenti, per obbligare il mostro a lasciare la
umenti, per obbligare il mostro a lasciare la sua preda. Qualche cosa
di
simile ci riferisce il sig. di Fontenelle, nella
a lasciare la sua preda. Qualche cosa di simile ci riferisce il sig.
di
Fontenelle, nella sua relazione di viaggio nell’I
osa di simile ci riferisce il sig. di Fontenelle, nella sua relazione
di
viaggio nell’Indie orientali. Il certo per altro
— Uno dei figliuoli del re Priamo. In un combattimento sotto le mura
di
Troia, egli fu ucciso unito al fratello Cromio, d
entò Diomede ; e col furore Di lion che una mandra al bosco assalta E
di
giovenca o bue frange la nuca, Cosi malconci entr
fier Tidide Precipitolli dalla biga… Omero — Iliade — Libro V trad.
di
V. Monti. 1549. Eco. — Ninfa, figlia dell’ Aria
abitava le rive del fiume Cefiso. La tradizione della favola racconta
di
lei che avendo un giorno di comune accordo con Gi
fiso. La tradizione della favola racconta di lei che avendo un giorno
di
comune accordo con Giove, intrattenuta Giunone co
urbato un colloquio amoroso che Giove aveva con una ninfa del seguito
di
sua moglie, Giunone, saputo l’inganno, condannò E
e, Giunone, saputo l’inganno, condannò Eco a ripetere l’ultima parola
di
coloro che la interrogavano. Eco amò con passione
ente nelle montagne, nelle foreste, e nelle grotte, e finalmente morì
di
dolore. La favola ripete che dopo la morte fu can
vola ripete che dopo la morte fu cangiata in roccia. Ecuba. — Figlia
di
Cisseide, re della Tracia e moglie di Priamo, re
ata in roccia. Ecuba. — Figlia di Cisseide, re della Tracia e moglie
di
Priamo, re di Troja, che la rese madre di molti f
Ecuba. — Figlia di Cisseide, re della Tracia e moglie di Priamo, re
di
Troja, che la rese madre di molti figli, fra cui
e, re della Tracia e moglie di Priamo, re di Troja, che la rese madre
di
molti figli, fra cui i più famosi furono Ettore,
; e quattro figliuole Creusa, Cassandra, Laodice e Polissena. Al dire
di
Virgilio, Creusa fu madre di cinquanta figliuoli
Cassandra, Laodice e Polissena. Al dire di Virgilio, Creusa fu madre
di
cinquanta figliuoli tra maschi e femmine : la mag
i figli morì sotto agli occhi della madre, durante il decenne assedio
di
Troja. Caduta questa città, Ecuba toccò ad Ulisse
ja. Caduta questa città, Ecuba toccò ad Ulisse come parte del bottino
di
guerra ; ma essa non potè vincere il profondo sen
l bottino di guerra ; ma essa non potè vincere il profondo sentimento
di
avversione che le ispirava il guerriero greco, ch
to nel loro campo, onde spiarne le mosse. Egli pregò caldamente Ecuba
di
nasconderlo e di salvarlo da una certa morte ; ed
, onde spiarne le mosse. Egli pregò caldamente Ecuba di nasconderlo e
di
salvarlo da una certa morte ; ed ora, al gran cuo
della decaduta regina, era una trafittura mortale il vedersi schiava
di
quell’istesso uomo che essa aveva protetto nei su
nei suoi giorni felici. Dopo esser rimasta ancor qualche tempo presso
di
Ulisse, ov’ebbe anche il dolore di veder morire i
rimasta ancor qualche tempo presso di Ulisse, ov’ebbe anche il dolore
di
veder morire il piccolo Astianatte, suo nipote, E
der morire il piccolo Astianatte, suo nipote, Ecuba abbandonò le rive
di
Troja, dopo aver reso splendidi onori funebri al
aveva fatto morire l’amato figliuolo Polidoro, la povera madre, cieca
di
collera, frenando a stento il suo furore, dimandò
cieca di collera, frenando a stento il suo furore, dimandò ed ottenne
di
parlare in segreto al re Polinnestore ; ed avendo
ventarono sul traditore e lo acciecarono con uno spillo, mentre Ecuba
di
sua propria mano uccideva i due figliuoli di lui.
uno spillo, mentre Ecuba di sua propria mano uccideva i due figliuoli
di
lui. Però le guardie del re trascinarono fuori de
ntichità concordano nella gran maggioranza nel ripetere che, ai tempi
di
Strabone, si vedeva ancora nella Tracia una sepol
ane, e nella quale fu rinchiusa la spoglia mortale dell’antica regina
di
Troja. Ecuba, trista misera e cattiva, Poscia ch
ualche autore ha ripetuto che Ulisse forse stato l’autore della morte
di
Ecuba, perchè ritornato nella Sicilia, fece innal
, perchè ritornato nella Sicilia, fece innalzare un altare nel tempio
di
Ecate e lo dedicò ad Ecuba ; credendo così libera
sì liberarsi dai sogni funesti che lo tormentavano. 1551. Edipo. — Re
di
Tebe, figlio di Lajo e di Giocasta. L’oracolo ave
sogni funesti che lo tormentavano. 1551. Edipo. — Re di Tebe, figlio
di
Lajo e di Giocasta. L’oracolo aveva predetto a La
esti che lo tormentavano. 1551. Edipo. — Re di Tebe, figlio di Lajo e
di
Giocasta. L’oracolo aveva predetto a Lajo che mor
fanciullo, lo consegnò ad uno dei suoi ufficiali, con ordine espresso
di
farlo morire, ma quell’ufficiale, commosso alla v
piedi ad un albero ed ivi lo lasciò sospeso. Un pastore, passando per
di
là, attratto dalle grida lamentose del bambino, l
dalle grida lamentose del bambino, lo prese e lo portò a Polibio, re
di
Corinto, il quale ne prese cura come di un suo pr
rese e lo portò a Polibio, re di Corinto, il quale ne prese cura come
di
un suo proprio figliuolo, e lo chiamò Edipo, paro
suo vero padre, Edipo si esiliò volontariamente da Corinto, credendo
di
lasciare così la sua patria. Giunto nella Focide,
e la Sfinge proponeva ai viandanti, e come Giocasta, la vedova regina
di
Tebe, era il premio serbato a colui che avesse ri
dei, irritati dall’orribile incesto, che sebbene compiuto ad insaputa
di
Edipo, era pur sempre un fatto mostruoso, castiga
uta di Edipo, era pur sempre un fatto mostruoso, castigarono la città
di
Tebe con una orribile pestilenza, la quale non ce
ecò, e fuggi per sempre dalla sua vera patria. 1552. Edo. — Figliuola
di
Pandaro e moglie di Zetto, il quale fu fratello d
pre dalla sua vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandaro e moglie
di
Zetto, il quale fu fratello d’Anfione. Da questa
hiamato Itilo. La tradizione favolosa racconta che essendo Edo gelosa
di
vedere che Niobe, sua cognata, aveva una numerosa
merosa famiglia, mentre essa non aveva che un solo figlio, risolvette
di
uccidere il primo genito dei suoi nipoti, che dor
idere il primo genito dei suoi nipoti, che dormiva nel medesimo tetto
di
Itilo. Onde mandare ad esecuzione il suo perverso
andare ad esecuzione il suo perverso disegno, Edo avvisò il figliuolo
di
cangiare di posto la notte seguente e mettersi ne
ecuzione il suo perverso disegno, Edo avvisò il figliuolo di cangiare
di
posto la notte seguente e mettersi nel luogo che
otte seguente e mettersi nel luogo che occupava in letto il figliuolo
di
Niobe. Itilo, colla spensieratezza propria dell’i
i Niobe. Itilo, colla spensieratezza propria dell’infanzia, dimenticò
di
seguire le ingiunzioni materne e la notte, Edo, i
, dimenticò di seguire le ingiunzioni materne e la notte, Edo, invece
di
trucidare suo nipote, come credeva, uccise il pro
va, uccise il proprio figliuolo. Riconosciuto l’errore, ella si tolse
di
propria mano la vita. La cronaca favolosa aggiung
reda alle Furie. 1553. Edone. — Così avea nome una principessa figlia
di
Pantareo, di Efeso, la quale sposò un artista di
ie. 1553. Edone. — Così avea nome una principessa figlia di Pantareo,
di
Efeso, la quale sposò un artista di Colofone, per
a principessa figlia di Pantareo, di Efeso, la quale sposò un artista
di
Colofone, per nome Politecno. Questi due sposi si
a loro stessa felicità, osarono dire che si amavano più perfettamente
di
Giove e di Giunone. Irritati perciò gli dei, mand
sa felicità, osarono dire che si amavano più perfettamente di Giove e
di
Giunone. Irritati perciò gli dei, mandarono la Di
mandarono la Discordia onde disunirli, e ben presto il triste potere
di
questa terribile divinità, si fece sentire. Essen
o Politecno andato da suo suocero, per chiedergli Chelidonia, sorella
di
Edone, cbe questa bramava di rivedere, Pandareo a
cero, per chiedergli Chelidonia, sorella di Edone, cbe questa bramava
di
rivedere, Pandareo assenti, e consegnò la giovane
nte, la informo del proprio disonore. Le due sorelle allora giurarono
di
vendicarsi, e concepirono lo spaventevole disegno
allora giurarono di vendicarsi, e concepirono lo spaventevole disegno
di
far mangiare a Politecno il proprio figliuolo Iti
i. Politecno informato della trama, raggiunse le colpevoli nella casa
di
Pandareo, ove esse eransi rifugiate, e quivi impa
e esse eransi rifugiate, e quivi impadronitosi, del suocero lo caricò
di
catene e così legato lo espose ai raggi ardenti d
vicino a lui per consolarlo colle sue filiali carezze ; ma quest’atto
di
pietà le fu imputato a delitto e glà Politecno, c
a quest’atto di pietà le fu imputato a delitto e glà Politecno, cieco
di
furore, moveva per trucidarla, allorchè Giove, mo
soprannominate da una montagna della Tracia, conosciuta sotto il nome
di
Edone, ov’esse celebravano le orgie negli osceni
o il nome di Edone, ov’esse celebravano le orgie negli osceni misteri
di
Bacco. 1555. Edonio. — Uno dei soprannomi di Bacc
gie negli osceni misteri di Bacco. 1555. Edonio. — Uno dei soprannomi
di
Bacco. Vedi l’articolo precedente. 1556. Educa. —
i. Educa aveva diverse denominazioni come : Edulia, Edusi, e Edusa :
di
questi nomi il più usitato però è quello citato i
— V. Educa. 1559. Edusia. — V. Educa. 1560. Eeta. — Figlio del Sole e
di
Persa : fu re della Colchide e padre di Medea, la
60. Eeta. — Figlio del Sole e di Persa : fu re della Colchide e padre
di
Medea, la quale per questa ragione vien anche det
greco significa ardente, perciò i pagani ne fecero uno dei soprannomi
di
Vulcano, dio del fuoco. 1562. Efeso. — Celebre ci
Asia minore, nella Jonia La tradizione mitologica ripete che il nome
di
questa città derivasse da una donna chiamata Efes
ta in conto presso i più accreditati scrittori della favola. La città
di
Efeso sorgeva in una pianura irrigata dal fiume C
ircostanze del mare Egeo. Rinomati autori pretendono che la esistenza
di
questa città, fosse di molti anni anteriore allo
o. Rinomati autori pretendono che la esistenza di questa città, fosse
di
molti anni anteriore allo stabilimento dei Greci
e allora altro non fosse se non una piccola borgata, vicina al tempio
di
Diana, la quale fin da quel tempo era venerata in
uei luoghi ; e che poscia una colonia greca avesse costruita la città
di
Efeso, che si rese poi tanto celebre. Il famoso t
ta la città di Efeso, che si rese poi tanto celebre. Il famoso tempio
di
Diana, che fu una delle sette meraviglie del mond
e fu una delle sette meraviglie del mondo, fu fatto costruire a spese
di
tutti i regnanti dell’ Asia minore. La costruzion
struire a spese di tutti i regnanti dell’ Asia minore. La costruzione
di
questo tempio costò molti milioni e più di duecen
sia minore. La costruzione di questo tempio costò molti milioni e più
di
duecento anni di lavoro, tanto che il celebre arc
struzione di questo tempio costò molti milioni e più di duecento anni
di
lavoro, tanto che il celebre architetto Taesifont
dere, come molti altri architetti che gli successero, neanche la metà
di
tutta la costruzione. Questo famosissimo monument
di tutta la costruzione. Questo famosissimo monumento aveva 426 piedi
di
lunghezza, 200 di larghezza, ed in tutto il vasti
zione. Questo famosissimo monumento aveva 426 piedi di lunghezza, 200
di
larghezza, ed in tutto il vastissimo recinto dell
e che erano tutte dei marmi più rari e preziosi : le sue porte erano
di
legno di cipresso con intagli preziosissimi di le
ano tutte dei marmi più rari e preziosi : le sue porte erano di legno
di
cipresso con intagli preziosissimi di legno di ce
i : le sue porte erano di legno di cipresso con intagli preziosissimi
di
legno di cedro, e con statue e quadri di un valor
e porte erano di legno di cipresso con intagli preziosissimi di legno
di
cedro, e con statue e quadri di un valore favolos
so con intagli preziosissimi di legno di cedro, e con statue e quadri
di
un valore favoloso. E pure questa opera colossale
a opera colossale, che riuniva tante meraviglie d’arte, e tanto lusso
di
ricchezze e di splendori, fu distruita in poche o
le, che riuniva tante meraviglie d’arte, e tanto lusso di ricchezze e
di
splendori, fu distruita in poche ore per mano di
lusso di ricchezze e di splendori, fu distruita in poche ore per mano
di
un uomo per nome Erostrato, il quale, inabile a r
in cui nasceva Alessandro il Grande. Circa 25 anni dopo, gli abitanti
di
Efeso vollero ricostruire il loro tempio famoso,
ri, respingendo persino l’offerta fatia loro da Alessandro il Grande,
di
pagare tutte le spese necessarie alla ricostruzio
gelosi della loro nazionalità, non vollero condiscendere alla pretesa
di
Alessandro e continuarono, mediante enormi sagrif
Ma sembra che il destino si opponesse nei suoi voleri a che il tempio
di
Efeso rimanesse perenne monumento dell’arte greca
di Efeso rimanesse perenne monumento dell’arte greca, poichè ai tempi
di
Nerone fu spogliato di ogni ricchezza e poscia, s
nne monumento dell’arte greca, poichè ai tempi di Nerone fu spogliato
di
ogni ricchezza e poscia, sotto l’Imperatore Galie
ente, e finalmente fu distrutto dalle fondamenta in virtù dell’editto
di
Costantino imperatore, il quale, devoto alla reli
dell’editto di Costantino imperatore, il quale, devoto alla religione
di
Cristo, ordino la demolizione di tutti i templi p
ore, il quale, devoto alla religione di Cristo, ordino la demolizione
di
tutti i templi pagani. La Città di Efeso fu egual
e di Cristo, ordino la demolizione di tutti i templi pagani. La Città
di
Efeso fu egualmente celebre per aver dato i natal
lui, vi ristabilì il governo democratico. Morto Alessandro, la città
di
Efeso fu preda dei successori di lui, quindi cadd
ocratico. Morto Alessandro, la città di Efeso fu preda dei successori
di
lui, quindi cadde in potere dei re di Siria, e fi
i Efeso fu preda dei successori di lui, quindi cadde in potere dei re
di
Siria, e finalmente ne divennero padroni i Romani
Greci, che ne restarono signori fino al 1283. Da quest’epoca la città
di
Efeso fu sempre un punto d’invidiosa mira pergl’i
a pergl’imperadori greci e per i califfi maomettani, i quali, a forza
di
togliersela di mano l’un l’altro, finirono per di
ori greci e per i califfi maomettani, i quali, a forza di togliersela
di
mano l’un l’altro, finirono per distruggeria inte
er distruggeria interamente. Secondo la favola Efeso fu anche il nome
di
un figlio del fiume Caistro, il quale in compagni
u anche il nome di un figlio del fiume Caistro, il quale in compagnia
di
Creso, prese parte alla fabbricazione del famoso
compagnia di Creso, prese parte alla fabbricazione del famoso tempio
di
Diana, di cui nell’articolo precedente. 1563. Efe
di Creso, prese parte alla fabbricazione del famoso tempio di Diana,
di
cui nell’articolo precedente. 1563. Efestee. — V.
Efestee. — V. Efestie. 1564. Efestie o Efestee. — Era questo il nome
di
alcune feste che si celebravano in onore di Vulca
tee. — Era questo il nome di alcune feste che si celebravano in onore
di
Vulcano. La cerimonia più saliente di esse consis
ste che si celebravano in onore di Vulcano. La cerimonia più saliente
di
esse consisteva nella corsa che tre giovanetti fa
n veniva aggiudicato ad alcuno. 1565. Efestione. — Amico e confidente
di
Alessandro, il Macedone, che lo ebbe estremamente
il Macedone, che lo ebbe estremamente caro, e tanto che dopo la morte
di
quello, avvenuta nella città di Ecbatana, l’imper
mente caro, e tanto che dopo la morte di quello, avvenuta nella città
di
Ecbatana, l’imperadore lo fece annoverare fra le
eno, vide due serpenti attorcigliati insieme e li divise con un colpo
di
bastone : nell’istesso momento egli fu trasformat
n donna, e secondo la tradizione mitologica, restò tale per lo spazio
di
sette anni. Finalmente al cominciare dell’ottavo,
Tiresia trovò altri due serpenti, li divise nuovamente con non colpo
di
bastone e ritornò uomo. Questa doppia trasformazi
rie, nelle quali i Tebani facevano girare per la loro città la statua
di
Tiresia, che all’andare era vestito da uomo ed al
uomo ed al ritorno da donna. Vedi Tiresia che mutò sembiante. Quando
di
maschio femmina divenue. Cangiandosi le membra tu
to XX. 1567. Eflaite ed Oto. — Così avevano nome i due giganti figli
di
Nettuno e di Ifimedia. Essi avevano, secondo la t
Eflaite ed Oto. — Così avevano nome i due giganti figli di Nettuno e
di
Ifimedia. Essi avevano, secondo la tradizione, la
o e di Ifimedia. Essi avevano, secondo la tradizione, la strana, dote
di
crescere più cubiti ciascun anno, e d’ingrossarsi
n contavano che quindici anni allorquando gli altri giganti tentarono
di
dara la scalata al cielo. Essi incatenarono Marte
ialte l’annodaro D’aspre catene. Un anno avvinto e un mese In carcere
di
ferro egli si stette, E forse vi peria se la legg
a se la leggiadra Madrigna Ecribea nol rivelava Al buon Mercurio, che
di
la furtivo Lo sottrasse, già tutto per la lunga E
lunga E dolorosa prigionia consunto. Omero — Iliade — Libro V. trad
di
V. Monti. Avendo Diana fatto sorgere un dissidio
erite con che si erano reciprocamente offesi. 1568. Efialti. — Specie
di
sogni malefici che i latini chiamavano Incubi ; n
che i latini chiamavano Incubi ; nome che poi è rimasto anche presso
di
noi a quella specie di dolorosa impressione che t
o Incubi ; nome che poi è rimasto anche presso di noi a quella specie
di
dolorosa impressione che talvolta si risente nel
a Υδρδς, che significa acqua. 1570. Efira. — Figliuola dell’ Oceano e
di
Teti, la quale dette il suo nome alla città di Co
gliuola dell’ Oceano e di Teti, la quale dette il suo nome alla città
di
Corinto, che dal principio chiamavasi Efira. Al d
me alla città di Corinto, che dal principio chiamavasi Efira. Al dire
di
Virgilio essa fu madre di Aristeo. In Grecia vi f
che dal principio chiamavasi Efira. Al dire di Virgilio essa fu madre
di
Aristeo. In Grecia vi furono altre due città cono
Aristeo. In Grecia vi furono altre due città conosciute sotto il nome
di
Efira ; una nella contrada della Tessaglia, e pro
da della Tessaglia, e propriamente nel luogo conosciuto sotto il nome
di
Tembe, e l’altra nella Tesprasia, provincia dell’
Epiro. Anche nel golfo dell’ Argolide vi fu un’isola, vicina a quella
di
Melus, conosciuta sotto il nome di Efira, che fu
de vi fu un’isola, vicina a quella di Melus, conosciuta sotto il nome
di
Efira, che fu patria di Sisifo. Efira, una città
a a quella di Melus, conosciuta sotto il nome di Efira, che fu patria
di
Sisifo. Efira, una città, natia contrada Di Sisi
Sisifo, che ognun vincea nel senno. Omero — Iliade — Libro VI trad.
di
V. Monti. 1571. Ega. — Ninfa-Gapra, figlia di Ol
liade — Libro VI trad. di V. Monti. 1571. Ega. — Ninfa-Gapra, figlia
di
Oleno e sorella di Elice. Giove in riconoscenza d
ad. di V. Monti. 1571. Ega. — Ninfa-Gapra, figlia di Oleno e sorella
di
Elice. Giove in riconoscenza di essere stato da l
infa-Gapra, figlia di Oleno e sorella di Elice. Giove in riconoscenza
di
essere stato da lei nutrito, la trasportò in ciel
rtò in cielo, sotto la costellazione conosciuta anche oggidì col nome
di
capra. Del vello di Ega, Giove rivestì il suo scu
la costellazione conosciuta anche oggidì col nome di capra. Del vello
di
Ega, Giove rivestì il suo scudo, che perciò fu de
icolarmente adorata nelle isole del mare Egeo. Egea era anche il nome
di
una delle Amazzoni, la quale morì annegata appunt
che Cromio dette a Diana, quando le fabbricò in Tegea, un tempio dopo
di
avere per consiglio di lei, ucciso Aristomelidas,
a, quando le fabbricò in Tegea, un tempio dopo di avere per consiglio
di
lei, ucciso Aristomelidas, tiranno di Orconomo. S
pio dopo di avere per consiglio di lei, ucciso Aristomelidas, tiranno
di
Orconomo. Sotto questo nome aveva Diana un culto
onomo. Sotto questo nome aveva Diana un culto particolare nelle città
di
Ambracia, Acacesio e Mileto, perchè in queste tre
di Ambracia, Acacesio e Mileto, perchè in queste tre città ella servì
di
guida conduttrice a Cromio ed alla sua colonia. 1
Apollo, ossia il sole, che rinasce ogni giorno. 1575. Egeo. — Figlio
di
Pandio e fratello di Niso, di Pallante e Lico. Co
e, che rinasce ogni giorno. 1575. Egeo. — Figlio di Pandio e fratello
di
Niso, di Pallante e Lico. Con essi egli riconquis
nasce ogni giorno. 1575. Egeo. — Figlio di Pandio e fratello di Niso,
di
Pallante e Lico. Con essi egli riconquistò l’Atti
tello di Niso, di Pallante e Lico. Con essi egli riconquistò l’Attica
di
cui i Mezioniti eransi resi padroni. Egeo fu il s
on potette aver prole ; onde consultato l’oracolo, questo gli rispose
di
recarsi per qualche tempo nella corte di Pitteo,
’oracolo, questo gli rispose di recarsi per qualche tempo nella corte
di
Pitteo, re di Trezene, famoso per la sua saggezza
to gli rispose di recarsi per qualche tempo nella corte di Pitteo, re
di
Trezene, famoso per la sua saggezza. Pitteo lo ac
bevuto, gli fece trovare nella sua camera la figlia Etra, giovanetta
di
rara bellezza, la quale nell’istessa notte fu anc
nascituro fosse suo figlio, consegno ad Etra una spada, ingiungendole
di
conservarla onde suo figlio potesse con quella fa
nservarla onde suo figlio potesse con quella farsi riconoscere dal re
di
Atene. In prosieguo Egeo sposò la famosa Medea, a
da Giasone, ma quasi che le maledizioni del cielo seguissero le orme
di
questa, le sventure lo assalirono di ripetuti e s
oni del cielo seguissero le orme di questa, le sventure lo assalirono
di
ripetuti e spietuti colpi. Androgeno, figlio di M
venture lo assalirono di ripetuti e spietuti colpi. Androgeno, figlio
di
Minosse, fu ucciso in Atene e il re di Creta dich
etuti colpi. Androgeno, figlio di Minosse, fu ucciso in Atene e il re
di
Creta dichiarò la guerra agli Ateniesi per vendic
ni, per essere divorati dal Minotauro. Mentre volgeva codesto periodo
di
tempo Teseo, figlio di Etra, avea toccato l’età d
dal Minotauro. Mentre volgeva codesto periodo di tempo Teseo, figlio
di
Etra, avea toccato l’età dell’adolescenza ed avea
, e con seduzioni ed incantesimi avea quasi persuaso Egeo a far morir
di
veleno il giovine straniero, ma al momento fatale
niero, ma al momento fatale, la vista della spada riaccese nell’animo
di
Egeo più miti ed umani sentimenti, e poscia, segu
gliuolo e scacciò per sempre la colpevole Medea. Però la nemica sorte
di
Egeo non era stanca di farlo bersaglio del suo fu
empre la colpevole Medea. Però la nemica sorte di Egeo non era stanca
di
farlo bersaglio del suo furore, poichè in quel tu
on era stanca di farlo bersaglio del suo furore, poichè in quel turno
di
tempo la sorte cadde sopra Teseo, designandolo co
atto della sconfitta, dovevano essere esposte alla ferocia del mostro
di
Creta, e Teseo dovè, come gli altri, sottostare a
glio suo dilettissimo, al quale raccomandò con le più calde preghiere
di
far cangiare le nere vele del vascello, che facev
e vele del vascello, che faceva il terribile viaggio, con altrettante
di
colore bianco, ove mai egli, per una speciale gra
; ma egli e i suoi compagni, nell’ebbrezza della gioja, dimenticarono
di
sostituire alle vele nere le bianche, siccome ave
fatale colore, si precipitò nel mare, che da quel tempo prese il nome
di
Egeo. Gli Ateniesi per onorare Teseo, loro libera
annoverarono Egeo fra le divinità marittime, e lo dichiararono figlio
di
Nettuno. Molti accreditati mitologi concordano ne
glio di Nettuno. Molti accreditati mitologi concordano nella opinione
di
aver Egeo introdotto in Grecia il culto di Venere
concordano nella opinione di aver Egeo introdotto in Grecia il culto
di
Venere Urania, onde rendere la dea propizia alla
l culto di Venere Urania, onde rendere la dea propizia alla sua brama
di
aver figliuoli. 1576. Egeone. — Conosciuto più co
— Conosciuto più comunemente sotto il nome Briareo, gigante figliuolo
di
Titano e della Terra. La favola gli attribuisce c
di tonava e folgorava anch’egli ; Virgilio — Eneide — Libro X. Trad.
di
A. Caro. La tradizione mitologica racconta che G
ro intento, se Teti non avesse persuaso Egeone a mettersi dalla parte
di
Giove, il quale, memore di questo servigio, gli r
sse persuaso Egeone a mettersi dalla parte di Giove, il quale, memore
di
questo servigio, gli rese la sua amicizia, diment
ella scalata che i Titani tentarono dare al cielo. 1577. Eger. — Nome
di
un gigante, famoso nella mitologia Scadinava. 157
i un gigante, famoso nella mitologia Scadinava. 1578. Egeria. — Ninfa
di
una rara bellezza, amica e consigliera di Numa Po
nava. 1578. Egeria. — Ninfa di una rara bellezza, amica e consigliera
di
Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale finse
i una rara bellezza, amica e consigliera di Numa Pompilio, secondo re
di
Roma, il quale finse d’aver con lei dei segreti c
di Roma, il quale finse d’aver con lei dei segreti colloquii, affine
di
dare più autorità alle leggi che impose ai Romani
i Romani. La tradizone mitologica attribuisce ad Egeria anche il nome
di
Camena, cioè cantatrice e profetessa, e racconta
so forma umana, ed avesse sposato il re, in una selva presso le porte
di
Roma, la quale fu allora nominata Locus Camanarum
ch’è propriamente quel luogo che è detto oggi Caffarelli. Alla morte
di
Numa Pompilio, Egeria fu talmente afflitta, che p
aluni, sebbene non numerosi, han posto per fino in dubbio l’esistenza
di
Numa Pompilio. Altri, meno alieni dalle antiche s
a legge fatta uomo ; è lo spirito legislatore umanato sotto la figura
di
un re della terra, dalla poetica ed iperbolica fa
per le libazioni sui sepolcri. 1580. Egialeo. — Fu figlio d’ Inaco e
di
Melisse, e diede il suo nome alla contrada di cui
— Fu figlio d’ Inaco e di Melisse, e diede il suo nome alla contrada
di
cui poi fu re, e che da lui fu detta Egialea. Que
aurobolo, se montoni, Criobolo. Allorquando si compivano le cerimonie
di
questi sagrifizii i sacerdoti, consacrati al cult
facevano in essa discendere il gran sacerdote, o pontefice, rivestito
di
tutti gli attributi della sua autorità. Coprivano
no quindi la fossa con una tavola forata in più punti e si gettava su
di
essa il sangue fumante delle vittime sgozzate, pe
e vittime sgozzate, per modo che il sommo sacerdote riceveva tutto su
di
sè il sanguinoso lavacro, e risaliva a compiere l
anguinoso lavacro, e risaliva a compiere la cerimonia tutto grondante
di
sangue. Le vestimenta poi ancora intrise, venivan
ne del tempio, onde i fedeli avessero potuto santificarsi al contatto
di
quelle. 1582. Egida. — I poeti detl’antichità dan
e. 1582. Egida. — I poeti detl’antichità danno questo nome allo scudo
di
tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apo
llo scudo di tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apollo era
di
oro, ma che questo nome fu proprio dello scudo di
Egida d’ Apollo era di oro, ma che questo nome fu proprio dello scudo
di
Minerva, dopo la vittoria da lei riportata sui mo
a testa della Gorgone Medusa. Intorno agli omeri divini Pon la ricca
di
fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ogni intor
rribile prodigio Dell’ Egioco signor. Omero — Iliade — Libro V trad.
di
V. Monti L’ Egida, o scudo di Giove, era ricope
gnor. Omero — Iliade — Libro V trad. di V. Monti L’ Egida, o scudo
di
Giove, era ricoperta della pelle della capra Amal
nutrito il re dei numi e che egli aveva chiamata col nome particolare
di
Egida, dalla parola greca άηξ άηγδς che significa
one nella Frigia, ed in altre contrade, finchè Giove ordinò a Minerva
di
combatterlo e questa lo uccise. La Terra, sdegnat
ì i Giganti, che poi mossero guerra agli dei. 1584. Egilia. — Sorella
di
Faetone, la quale a forza di piangere per la scia
guerra agli dei. 1584. Egilia. — Sorella di Faetone, la quale a forza
di
piangere per la sciagura di suo fratello, fu insi
a. — Sorella di Faetone, la quale a forza di piangere per la sciagura
di
suo fratello, fu insieme alle sorelle cangiata in
eme alle sorelle cangiata in pioppo. La tradizione mitologica ricorda
di
un’altra Egilia che fu figlia di Adrasto, re di A
po. La tradizione mitologica ricorda di un’altra Egilia che fu figlia
di
Adrasto, re di Argo, e moglie di Diomede. Venere,
ne mitologica ricorda di un’altra Egilia che fu figlia di Adrasto, re
di
Argo, e moglie di Diomede. Venere, sdegnata contr
rda di un’altra Egilia che fu figlia di Adrasto, re di Argo, e moglie
di
Diomede. Venere, sdegnata contro Diomede per la f
ata contro Diomede per la ferita che quest’ultimo le fece all’assedio
di
Troja, onde vendicarsi di lui ispirò ad Egilia, l
ferita che quest’ultimo le fece all’assedio di Troja, onde vendicarsi
di
lui ispirò ad Egilia, l’infame desiderio di prost
di Troja, onde vendicarsi di lui ispirò ad Egilia, l’infame desiderio
di
prostituirsi a tutti gli uomini che incontrava. Q
ncontrava. Quando Diomede ritornò in patria, Egilia attentò alla vita
di
lui, perchè egli non soddisfaceva alla insaziabil
la vita di lui, perchè egli non soddisfaceva alla insaziabile voluttà
di
lei. Diomede si ricoverò nel tempio di Apollo e p
aceva alla insaziabile voluttà di lei. Diomede si ricoverò nel tempio
di
Apollo e poi abbandonò la disgraziata donna. 1585
me Asopo, la quale fu con passione amata da Giove, che sotto la forma
di
un’aquila la rese madre di Eaco e di Radamanto. A
assione amata da Giove, che sotto la forma di un’aquila la rese madre
di
Eaco e di Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza d
ata da Giove, che sotto la forma di un’aquila la rese madre di Eaco e
di
Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza del fallo d
se madre di Eaco e di Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza del fallo
di
sua figlia, si dette a cercarla premurosamente, e
carla premurosamente, e saputo da Sisifo il nome del seduttore, giurò
di
vendicarsi anche di lui ; ma Giove scagliò i suoi
, e saputo da Sisifo il nome del seduttore, giurò di vendicarsi anche
di
lui ; ma Giove scagliò i suoi fulmini e costrinse
st’isola che Egina dette alla luce Eaco, il quale poi chiamò col nome
di
Egina l’isola in cui era nato, in memoria della m
rivolse ad altri amori, ed Egina fu tolta in moglie da Attore, figlio
di
Mirmidone, che la rese madre di Menezio. 1586. Eg
fu tolta in moglie da Attore, figlio di Mirmidone, che la rese madre
di
Menezio. 1586. Egineti. — Con questo nome erano c
ima detti Enoni o Enopii, e poi più conosciuti sotto la denominazione
di
Mirmidoni. Vedi l’articolo precedente. Gli Eginet
recedente. Gli Egineti dopo essere stati governati da una lunga serie
di
re, dei quali solo pochi sono ricordati dalla tra
i furono quelli che più si distinsero per aver fornito maggior numero
di
navi. Gelosi però della grandezza degli Ateniesi,
zza degli Ateniesi, e stimolati dai Beozi, i quali anch’essi vedevano
di
male occhio la crescente prosperità di Atene, gli
zi, i quali anch’essi vedevano di male occhio la crescente prosperità
di
Atene, gli Egineti si gettarono sull’Attica, e da
tene, gli Egineti si gettarono sull’Attica, e da questo tentato colpo
di
mano ebbe principio l’odio inestinguibile che div
ostretti a cercare altrove miglior fortuna, si ritirarono nella isola
di
Tirea, nelle acque del golfo Argolica, presso i c
gli Egineti fossero i primi fra i Greci a coniar moneta, e che fu uno
di
essi, per nome Fidone, che consiglio i suoi conci
all’infeconda sterilità della loro isola. 1587. Egioco. — Soprannome
di
Giove, che a lui veniva, secondo la tradizione fa
apra Amaltea. In Omero ed altri poeti e cronisti della favola è assai
di
sovente chiamato Giove con questa denominazione.
l dio Pane veniva così soprannominato perchè aveva le gambe e i piedi
di
capra, come quasi tutte le divinità campestri e b
asi tutte le divinità campestri e boscherecce. Taluni scrittori fanno
di
Egipane una particolare divinità, figlia di Giove
e. Taluni scrittori fanno di Egipane una particolare divinità, figlia
di
Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo
i Egipane una particolare divinità, figlia di Giove secondo gli uni e
di
Pane e di Ega, secondo gli altri. È questa per al
una particolare divinità, figlia di Giove secondo gli uni e di Pane e
di
Ega, secondo gli altri. È questa per altro un’opi
testimonianze. Ai Satiri in generale si dava dai pagani il soprannome
di
Egipani. V. l’articolo seguente. 1589. Egipani. —
ontagne, i boschi e le selve ; e che venivano rappresentate coi piedi
di
capra, colle corna sulla fronte e la coda dietro
tà, e più particolarmente quelle lasciateci da Plinio, fanno menzione
di
alcuni mostri della Libia, ai quali si dà propria
one di alcuni mostri della Libia, ai quali si dà propriamente il nome
di
Agipani e che al dire del citato scrittore, erano
l citato scrittore, erano perfettamente simili alla figura che presso
di
noi rappresenta la costellazione dello Zodiaco, n
di noi rappresenta la costellazione dello Zodiaco, nota sotto il nome
di
Capricorno. 1590. Egipio. — Giovane Tessalo, figl
sotto il nome di Capricorno. 1590. Egipio. — Giovane Tessalo, figlio
di
Bulis, detto anche Bulea o Bulisa. Egipio, perdut
di Bulis, detto anche Bulea o Bulisa. Egipio, perdutamente innamorato
di
Timandra, madre di Neofronte, la quale era tenuta
he Bulea o Bulisa. Egipio, perdutamente innamorato di Timandra, madre
di
Neofronte, la quale era tenuta in conto della più
nuta in conto della più bella donna de’suoi tempi, la sedusse a forza
di
oro, ma non riuscì a spegnere colla sazietà del p
fatta l’amico, fece in maniera che tirò alle sue voglie Bulis, madre
di
Egipio ; nè contento di cio, e sembrandogli poca
maniera che tirò alle sue voglie Bulis, madre di Egipio ; nè contento
di
cio, e sembrandogli poca cosa il trionfo ottenuto
convenio d’amore, fece destramente uscire Timandra, e pose nel letto
di
lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale per tal
destramente uscire Timandra, e pose nel letto di lei Bulis, la madre
di
Egipio ; il quale per tal modo non sospettando di
lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale per tal modo non sospettando
di
nulla ebbe commercio colla propria madre, che, im
. — Così aveva nome una delle ninfe Amadriadi. 1592. Egisto. — Figlio
di
Tieste e fratello di Atreo. A vendo Tieste avuto
na delle ninfe Amadriadi. 1592. Egisto. — Figlio di Tieste e fratello
di
Atreo. A vendo Tieste avuto commercio colla propr
onsegnò al figliuolo Egisto la spada del padre, e lo mandò alla Corte
di
Atreo, il quale prese a ben volere il giovanetto,
olere il giovanetto, senza saperne l’origine, e gli affido l’incarico
di
assassinare Tieste, che allora egli riteneva prig
ovò compiuta la predizione dell’oracolo riguardo all’incesto, e cercò
di
calmare il dolore del figlio il quale, indegnato
seguito venuto Egisto in grande amicizia con Agammenone, re d’Argo e
di
Micene, questi, al momento di partire per l’assed
de amicizia con Agammenone, re d’Argo e di Micene, questi, al momento
di
partire per l’assedio di Troja, affidò ad Egisto
e, re d’Argo e di Micene, questi, al momento di partire per l’assedio
di
Troja, affidò ad Egisto la reggenza dei suoi stat
ditore dei tanti doveri dell’amicizia, sedusse la libidinosa consorte
di
Agamennone, usurpò il supremo potere e quando dop
sorte di Agamennone, usurpò il supremo potere e quando dopo la caduta
di
Troja, quegli ritornò in patria, d’accordo con la
dell’ucciso, la quale però riusci a salvare dalle mani degli sgherri
di
Egisto il fratello Oreste, allora fanciullo ancor
ni degli sgherri di Egisto il fratello Oreste, allora fanciullo ancor
di
due lustri, che alla sua volta, ritornato adulto
Egisto, e trasportato dal furore trapassò con l’istessa spada il seno
di
Clitennestra sua madre. Noi sotto Troja travagli
vagliando in armi, Passavam le giornate ; ed ei nel fondo Della ricca
di
paschi Argo tranquilla, Con detti aspersi di dolc
ei nel fondo Della ricca di paschi Argo tranquilla, Con detti aspersi
di
dolce, veleno, La moglie dell’Atride iva blandend
La moglie dell’Atride iva blandendo. Omero — Odissea Lib. III. trad.
di
I. Pindemonte. Tutti ebbe i suoi desir l’iniquo
ri ai numi Oreste, Che il perfido assassin del padre illustre Spogliò
di
vita. Omero — Odissea lib. III. trad. di I. Pind
del padre illustre Spogliò di vita. Omero — Odissea lib. III. trad.
di
I. Pindemonte. il ferro Vibrasti in lei senza a
da numerosi scrittori dell’antichità. Egitto secondo alcuni fu figlio
di
Belo e d’una figlia del fiume Nelo. Altri pretend
o e d’una figlia del fiume Nelo. Altri pretendono che fosse figliuolo
di
Nettuno e di Libia e fratello di Danao. Fu princi
lia del fiume Nelo. Altri pretendono che fosse figliuolo di Nettuno e
di
Libia e fratello di Danao. Fu principe buono e gi
Altri pretendono che fosse figliuolo di Nettuno e di Libia e fratello
di
Danao. Fu principe buono e giusto, e queste prege
incipe buono e giusto, e queste pregevoli qualità gli valsero l’onore
di
dare il suo nome alla contrada di cui era sovrano
egevoli qualità gli valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada
di
cui era sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre
bbe cinquanta figli, i quali tolsero in moglie le cinquanta figliuole
di
Danao, suo fratello, comunemente conosciute sotto
igliuole di Danao, suo fratello, comunemente conosciute sotto il nome
di
Danaidi. Danao però, ch’era tanto iniquo per quan
fame comandamento che fu causa della morte dei quarantanove figliuolo
di
Egitto V. Danaidi. È opinione generalizzata press
ccreditati che Egitto regnasse trecento e sei anni prima della guerra
di
Troja. Le tradizioni ricordano di un altro Egitto
cento e sei anni prima della guerra di Troja. Le tradizioni ricordano
di
un altro Egitto, figliuolo di Neilco, e fondatore
uerra di Troja. Le tradizioni ricordano di un altro Egitto, figliuolo
di
Neilco, e fondatore della città di Priene. 1594.
dano di un altro Egitto, figliuolo di Neilco, e fondatore della città
di
Priene. 1594. Egia. — Ninfa figlia del Sole e di
ondatore della città di Priene. 1594. Egia. — Ninfa figlia del Sole e
di
Nereo, fu una delle più belle fra le Naiadi. Alle
Cronide e con essi d’accordo, legò le mani al dormente con una catena
di
fiori, e gli unse il viso con il succo delle gels
li unse il viso con il succo delle gelse more. Egla era anche il nome
di
una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie
me di una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie ; e finalmente
di
una delle tre Grazie. 1595. Egle. — Così veniva c
na delle tre Grazie. 1595. Egle. — Così veniva chiamata una figliuola
di
Epione e di Esculapio : essa fu sorella del famos
Grazie. 1595. Egle. — Così veniva chiamata una figliuola di Epione e
di
Esculapio : essa fu sorella del famoso Maccaone.
Greca che significa capro, perchè egli essendo stato posto dal volere
di
Giove fra gli astri, aveva preso nel cielo la fig
to dal volere di Giove fra gli astri, aveva preso nel cielo la figura
di
un Capro. 1599. Egofaga. — Detta anche Caprivoca,
questo soprannome i Lacedemoni indicavano Giunone, perchè gran numero
di
quegli animali le venivano immolati nei suoi sagr
fizii. 1600 Egofora. — La tradizione favolosa ci ricorda in proposito
di
Questo soprannome della Dea Giunone che Ercole, d
suoi nemici, avesse fabbricato un tempio a Giunone in ringraziamento
di
non averla trovata ostile alla sua vendetta ; e l
a vendetta ; e le avesse sacrificato una Capra ; da cio il soprannome
di
Egofaro che significa porta capra. 1601 Egollo. —
porta capra. 1601 Egollo. — Giovanetto Cretese il quale in compagnia
di
altri suoi campagni entro in una caverna consacra
ne era nato in quella) onde derubare il mele che una immensa quantità
di
Ape vi lavoravano. Egolio e i suoi amici onde evi
à di Ape vi lavoravano. Egolio e i suoi amici onde evitare le punture
di
quegli animali si erano ricoperti di armature di
oi amici onde evitare le punture di quegli animali si erano ricoperti
di
armature di rame ma Giove sdegnato della loro tra
e evitare le punture di quegli animali si erano ricoperti di armature
di
rame ma Giove sdegnato della loro tracotanza stav
anetta Amarilli, trascino per i piedi un Toro furioso fin sulla vetta
di
un’altissima montagna, onde farne dono alla donna
ono alla donna che amava. La cronaca tradizionale ripete che la forza
di
Egone non fosse minore del suo appetito, mentre a
itato mangio senza soffrirne ottanta focaccie. Egone fu anche il nome
di
uno dei re degli Argiri, i quali quando mori l’ul
ebbe palesato la volontà dei numi, ed essendosi dopo pochi giorni uno
di
questi animali posato sulla casa di un cittadino
d essendosi dopo pochi giorni uno di questi animali posato sulla casa
di
un cittadino per nome Egone, questi venne all’ist
questi venne all’istante proclamato re. Egone era similmente il nome
di
varii pastori dei quali per altro la tradizione m
logica non ricorda alcun fatto importante. 1603. Eldotea. — Figliuola
di
un nume marino a cui i Pagani davano il nome di P
Eldotea. — Figliuola di un nume marino a cui i Pagani davano il nome
di
Proteo. Narra la cronaca che Menelao, ritornando
nome di Proteo. Narra la cronaca che Menelao, ritornando dall’assedio
di
Troja fosse da una tempesta costretto a ricoverar
endere affatto impossibile l’uscita dall’isola. Tidotea mossa a pietà
di
Menelao, usci dal mare onde venire in soccorso di
dotea mossa a pietà di Menelao, usci dal mare onde venire in soccorso
di
Lui, egli apprese il modo di rendersi Proteo favo
o, usci dal mare onde venire in soccorso di Lui, egli apprese il modo
di
rendersi Proteo favorevole. V. Menelao e Proteo.
na. Cosi ebbe nome una delle cinquanta Enereidi. 1607 Ejoneo.Fu l’avo
di
Issinione : egli perdette la vita per l’astuzia d
07 Ejoneo.Fu l’avo di Issinione : egli perdette la vita per l’astuzia
di
suo genere. V. Issinione. 1608. Elafebolle. — Fes
ssinione. 1608. Elafebolle. — Festa celebrata dagli Ateniesi in onore
di
Diana : venivano cosi dette da una parola greca c
e ceremonie si offerivano alla Dea delle focacce che avevano la forma
di
quegli animali. Da questo costume si dava a Diana
ma di quegli animali. Da questo costume si dava a Diana il soprannome
di
Elafebolia o Tlafibola ; e siccome coteste feste
febolia o Tlafibola ; e siccome coteste feste si celebravano nel mese
di
febbraio, cosi questo fu chiamato Elafebalion. 16
ene essere stata il Sole ; e che veniva rappresentata sotto la figura
di
un gran cono di pietra. 1611. Elaisa. — Una delle
il Sole ; e che veniva rappresentata sotto la figura di un gran cono
di
pietra. 1611. Elaisa. — Una delle tre figliuole d
ra di un gran cono di pietra. 1611. Elaisa. — Una delle tre figliuole
di
Anio re dell’isola di Elato. 1612. Elatelo. — Cos
pietra. 1611. Elaisa. — Una delle tre figliuole di Anio re dell’isola
di
Elato. 1612. Elatelo. — Cosi veniva comunemente C
atelo. — Cosi veniva comunemente Chiamato Ceneo, per essere figliuolo
di
Elato. 1613. Elea. — Uno dei soprannomi di Diana.
eneo, per essere figliuolo di Elato. 1613. Elea. — Uno dei soprannomi
di
Diana. 1614. Eleeno. — Soprannome di Giove a lui
1613. Elea. — Uno dei soprannomi di Diana. 1614. Eleeno. — Soprannome
di
Giove a lui venuto da un ricchissimo tempio che a
rnità, a cagione della lunghissima durata della sua vita. Nei misteri
di
Bacco erano sovente adoperati degli Elefanti per
el Dio faceva nell’Indie. Presso gl’Indiani, e segnatamente nel regno
di
Bengala venivano tributati gli onori divini agli
gli onori divini agli Elefanti bianchi. 1616. Elefenore. — Figliuolo
di
Calcodonte e discendente della stirpe di Marte. A
1616. Elefenore. — Figliuolo di Calcodonte e discendente della stirpe
di
Marte. Al dire di Omero egli comandava gli Abanti
Figliuolo di Calcodonte e discendente della stirpe di Marte. Al dire
di
Omero egli comandava gli Abanti di Eubea che avev
nte della stirpe di Marte. Al dire di Omero egli comandava gli Abanti
di
Eubea che aveva condotto all’assedio di Troja sop
ero egli comandava gli Abanti di Eubea che aveva condotto all’assedio
di
Troja sopra quaranta vascelli. ……………il prence Di
anta vascelli. ……………il prence Di magnanimi Abanti, Elefennore Figlio
di
Calcodonte. Omero — Iliade — libro VI. trad. di.
i, Elefennore Figlio di Calcodonte. Omero — Iliade — libro VI. trad.
di
. V. Monti. Il bellicoso Elefenor, figliuolo Di
r, figliuolo Di Calcodonte, e sir de’prodi Abanti …………………… E quaranta
di
questi eran le vele. Omero — Iliade — lib. II. t
… E quaranta di questi eran le vele. Omero — Iliade — lib. II. trad.
di
V. Monti. 1617. Eleidi. — Soprannome delle sacer
II. trad. di V. Monti. 1617. Eleidi. — Soprannome delle sacerdotesse
di
Bacco, che venivano così dette dal rumore che fac
, avuto anche riguardo al dubbio ed alla incertezza degli avvenimenti
di
cui essa fu l’eroina. Poeti, scrittori, mitologi
gni sfera, han descritto a loro talento i più dettagliati particolari
di
tali avvenimenti. Noi però ci atterremo alla stre
i di tali avvenimenti. Noi però ci atterremo alla stretta esposizione
di
quei fatti, che per essere più generalmente ripet
ori più rinomati, sono ritenuti come veri e positivi. Elena fu figlia
di
Leda e del re Tindaro ; fu sorella di Castore, di
eri e positivi. Elena fu figlia di Leda e del re Tindaro ; fu sorella
di
Castore, di Polluce e di Clitennestra, sebbene la
vi. Elena fu figlia di Leda e del re Tindaro ; fu sorella di Castore,
di
Polluce e di Clitennestra, sebbene la tradizione
figlia di Leda e del re Tindaro ; fu sorella di Castore, di Polluce e
di
Clitennestra, sebbene la tradizione della favola
a fu consorte Di Leda, la qual Testio ebbe per padre : Giove in forma
di
cigno oprò di sorte, Che d’un uovo e tre figli la
Di Leda, la qual Testio ebbe per padre : Giove in forma di cigno oprò
di
sorte, Che d’un uovo e tre figli la fè madre, Fra
o oprò di sorte, Che d’un uovo e tre figli la fè madre, Fra gli altri
di
quell’uovo usci la morte Delle superbe già Trojan
ne fu il mondo sotto sopra volto. Ovidio — Metamor. — Lib. VI trad.
di
Dell’Anguillara. Ebbe fama d’essere insieme la p
ù bella e la più lasciva e corrotta donna dei suoi tempi. La bellezza
di
lei levò tanto grido, fino da’ suoi primi anni, c
to grido, fino da’ suoi primi anni, che Teseo, affascinato alla vista
di
una così incantevole creatura, la rapì un giorno
e essa insieme, ad altre fanciulle della sua età, eseguiva nel tempio
di
Diana, la danza detta dell’Innocenza, nella quale
essendo essa divenuta incinta, Teseo la lasciò affidata alla custodia
di
Etra, madre di lui ; ma fu liberata dai suoi due
venuta incinta, Teseo la lasciò affidata alla custodia di Etra, madre
di
lui ; ma fu liberata dai suoi due fratelli Castor
Grecia, dimandarono la sua mano ; ma il preferito fu Menelao, nipote
di
Atreo, re di Micene. I primi tempi di questo imen
ndarono la sua mano ; ma il preferito fu Menelao, nipote di Atreo, re
di
Micene. I primi tempi di questo imeneo volsero li
il preferito fu Menelao, nipote di Atreo, re di Micene. I primi tempi
di
questo imeneo volsero lieti per la coppia avventu
venturata, ma ben presto il destino cangiò in amara angoscia la gioia
di
che sembrava aver da principio sparsa la loro esi
r da principio sparsa la loro esistenza. Un bel giorno Paride, figlio
di
Priamo, re di Troia, giunse alla corte di Menelao
sparsa la loro esistenza. Un bel giorno Paride, figlio di Priamo, re
di
Troia, giunse alla corte di Menelao, e la fatale
n bel giorno Paride, figlio di Priamo, re di Troia, giunse alla corte
di
Menelao, e la fatale bellezza di Elena lo innamor
iamo, re di Troia, giunse alla corte di Menelao, e la fatale bellezza
di
Elena lo innamorò perdutamente, ed essendo in egu
alpestare i più santi doveri d’una moglie ed a fuggir seco alla corte
di
Priamo, ove la sposò. Fu quest’oltraggio fatto a
a tra Greci e Troiani, che finì con la totale distruzione della città
di
Troia, dopo che i Greci l’ebbero assediata pel no
tà di Troia, dopo che i Greci l’ebbero assediata pel non breve spazio
di
dieci anni. Elena vidi, per cui tanto reo Tempo
he fu d’Ilio e d’Argo Furia comune. Virgilio — Eneide Lib. II. trad.
di
A. Caro. Paride morì in battaglia nell’ultimo an
Lib. II. trad. di A. Caro. Paride morì in battaglia nell’ultimo anno
di
quell’assedio memorabile, ed Elena fu tolta in mo
edio memorabile, ed Elena fu tolta in moglie da Deifobo, altro figlio
di
Priamo, col quale alcuni scrittori dicono che fin
commercio — V. Deifobo — Ma sebbene doppiamente legata alla famiglia
di
Priamo coi più santi vincoli del sangue, non si a
ioso e corrotto, e quando vide imminente la caduta della città, pensò
di
riguadagnare la grazia del suo primo marito Menel
ese, e diè con essa il cenno ai Greci. Virgilio — Eneide L. VI trad.
di
A. Caro. Ella stessa introdusse Menelao nella ca
ldati greci, e poscia fu scannato nel proprio letto. L’animo abbietto
di
Menelao si tenne pago e soddisfatto della vendett
oddisfatto della vendetta esercitata sopra i Troiani e riconciliatosi
di
buon grado con l’adultera sposa, la condusse come
la condusse come in trionfo a Sparta, dove ella restò fino alla morte
di
Menelao, avvenuta qualche tempo dopo, epoca in cu
lle loro città, ed essa prese rifugio presso Polixa regina dell’isola
di
Rodi, la quale però altamente sdegnata contro di
xa regina dell’isola di Rodi, la quale però altamente sdegnata contro
di
lei per averla trovata fra le braccia di Tlepolem
rò altamente sdegnata contro di lei per averla trovata fra le braccia
di
Tlepolemo, suo consorte, la fece segretamente str
segretamente strozzare, facendole così scontare gl’innumerevoli mali
di
cui la sua fatale bellezza e la lascivia dei suoi
ano avuto imposto dall’oracolo, onde ottenere dal cielo la cessazione
di
una terribile pestilenza. Al momento in cui tutto
olata invece della giovanetta Elena. 1620. Eleno. — Uno dei figliuoli
di
Priamo. Amò una giovanetta per nome Cassandra e l
favola racconta che dormendo un giorno con lei nel vestibolo interno
di
un tempio, due draghi s’insinuarono sino ad essi,
’ volanti ogni secreto intendi. Virgilio — Eneide — libro III. trad.
di
A. Caro Eleno fu tra i suoi fratelli quello che
Eleno fu tra i suoi fratelli quello che più sì distinse all’ assedio
di
Troja. Comandava la terza colonna delle schiere P
ndava la terza colonna delle schiere Priamee, il giorno in cui uccise
di
sua propria mano Deiporo. Grande e battuta su le
egra eterna notte Deiporo coperse. Omero — Iliade — libro XIII trad.
di
V. Monti E feri Achille in un braccio in virtù
I trad. di V. Monti E feri Achille in un braccio in virtù dell’arco
di
oro che Apollo gli aveva regalato, senza di che s
raccio in virtù dell’arco di oro che Apollo gli aveva regalato, senza
di
che sarebbe stato impossibile ferire Achille che
ire Achille che era invulnerabile — V. Achille — quando Elena, vedova
di
Paride, sposò Deifobo, — V. Deifobo — , Eleno si
presso Crise, e poi dimorò sul monte Ida ; ma siccome stava nel fato
di
Troja, che la città non poteva esser presa senza
fato di Troja, che la città non poteva esser presa senza la presenza
di
lui, così l’indovino Calcante ne avvisò i Greci,
così l’indovino Calcante ne avvisò i Greci, i quali, dietro il parere
di
Ulisse e degli altri capi dell’esercito, s’impadr
il parere di Ulisse e degli altri capi dell’esercito, s’impadronirono
di
Eleno con l’astuzia. Giunto al campo nemico egli
d abbandonare la sua isola, e portarsi nel campo Greco, con le frecce
di
Ercole. In seguito Eleno, divenuto schiavo di Pir
po Greco, con le frecce di Ercole. In seguito Eleno, divenuto schiavo
di
Pirro, figliuolo di Achille, seppe guadagnarsi l’
cce di Ercole. In seguito Eleno, divenuto schiavo di Pirro, figliuolo
di
Achille, seppe guadagnarsi l’affetto del suo sign
detto molti prosperi successi, ed una felice navigazione. L’avverarsi
di
tutte queste liete profezie, e più ancora l’avere
un viaggio in cui perirono tutt’i passeggieri, fu causa della fortuna
di
Eleno, poichè Pirro, riconoscente ai buoni consig
della fortuna di Eleno, poichè Pirro, riconoscente ai buoni consigli
di
lui, gli dette in moglie Andromaca vedova di Etto
scente ai buoni consigli di lui, gli dette in moglie Andromaca vedova
di
Ettore, che a lui era toccata in sorte come preda
dova di Ettore, che a lui era toccata in sorte come preda del bottino
di
guerra nella presa di Troja. …… e fu ch’Eleno, f
lui era toccata in sorte come preda del bottino di guerra nella presa
di
Troja. …… e fu ch’Eleno, figlio Di Priamo, re no
Di Priamo, re nostro, era a quel regno Di greche terre assunto, e che
di
Pirro E del suo scettro e del suo letto erede Tro
jana Andromaca S’era congiunto. Virgilio — Eneide — Libro III. Trad.
di
A. Caro. E gli dono gran parte dell’Epiro, che e
d. di A. Caro. E gli dono gran parte dell’Epiro, che egli in memoria
di
un suo fratello per nome Caone, da lui involontar
Caône trojano Così l’ha detta. Virgilio. — Eneide — Libro III trad.
di
A. Caro. Eleno regnò molti anni su quella contra
quella contrada, e al momento della sua morte istituì erede il figlio
di
Pirro, per nome Molosso, mentre al suo proprio fi
figliuolo Cestrino, unica prole avuta da Andromaca, lasciò il governo
di
alcune poche città, da lui fondate. V. Cestrino.
cune poche città, da lui fondate. V. Cestrino. 1621. Elenore — Figlio
di
un re di Meonia, e di una schiava per nome Licinn
e città, da lui fondate. V. Cestrino. 1621. Elenore — Figlio di un re
di
Meonia, e di una schiava per nome Licinnia. Fu un
ui fondate. V. Cestrino. 1621. Elenore — Figlio di un re di Meonia, e
di
una schiava per nome Licinnia. Fu uno di coloro c
Figlio di un re di Meonia, e di una schiava per nome Licinnia. Fu uno
di
coloro che dopo l’assedio di Troja, seguirono le
di una schiava per nome Licinnia. Fu uno di coloro che dopo l’assedio
di
Troja, seguirono le sorti di Enea in Italia. 1622
nia. Fu uno di coloro che dopo l’assedio di Troja, seguirono le sorti
di
Enea in Italia. 1622. Eleos. — Divinità adorata d
che, o per sventure, o per delitti, si rifugiavano nel sacro recinto
di
quel tempio, trovavano, presso il popolo Ateniese
so il popolo Ateniese, protezione e soccorso. 1623. Elettra. — Figlia
di
Agamennone e di Clitennestra e sorella di Oreste.
niese, protezione e soccorso. 1623. Elettra. — Figlia di Agamennone e
di
Clitennestra e sorella di Oreste. … Elettra io s
so. 1623. Elettra. — Figlia di Agamennone e di Clitennestra e sorella
di
Oreste. … Elettra io son, che al sen ti stringo
con la sorella, la congiura da cui risultò la morte dei due assassini
di
Agamennone. …… Ove introdotti Siate a costni, pe
Oreste — Tragedia Atto II Scena II. Euripide dice che l’iniqua madre
di
Eletira per accontentare il desiderio del drudo E
sare ad un contadino, il quale mosso a compassione della trista sorte
di
lei, lunge dall’ abusare dei diritti del matrimon
e crudeli del fratel suo, consutò l’oracolo e questi ordinò ad Oreste
di
andare a rapire la statua di Diana. Egli corse pe
sutò l’oracolo e questi ordinò ad Oreste di andare a rapire la statua
di
Diana. Egli corse pericolo della vita per compier
stessa vibrato il colpo mortale. Elettra a tale annunzio, quasi fuori
di
sè, armatasi di un tizzone ardente voleva recarsi
l colpo mortale. Elettra a tale annunzio, quasi fuori di sè, armatasi
di
un tizzone ardente voleva recarsi nel tempio di D
fuori di sè, armatasi di un tizzone ardente voleva recarsi nel tempio
di
Diana onde mettervi il fuoco, ma al momento di co
eva recarsi nel tempio di Diana onde mettervi il fuoco, ma al momento
di
compiere il suo fatale disegno, sentì arrestarsi
conobbe Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome
di
una delle figlie di Atlante e di Plejone, la qual
quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie
di
Atlante e di Plejone, la quale sposò Corito, da c
a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e
di
Plejone, la quale sposò Corito, da cui ebbe un fi
ò Corito, da cui ebbe un figliuolo per nome Iasio. Giove, invaghitosi
di
Elettra la rese madre di Dardano, che fu poi il f
figliuolo per nome Iasio. Giove, invaghitosi di Elettra la rese madre
di
Dardano, che fu poi il fondatore di Troia. Vi fu
aghitosi di Elettra la rese madre di Dardano, che fu poi il fondatore
di
Troia. Vi fu finalmente un’ altra Elettra, figlia
poi il fondatore di Troia. Vi fu finalmente un’ altra Elettra, figlia
di
Edipo ; ed un’ altra che fu figlia dell’ Oceano e
Elettra, figlia di Edipo ; ed un’ altra che fu figlia dell’ Oceano e
di
Teti. 1624. Elettridi. — Piccole isole poste sull
ste isole, cadde Fetonte fulminato da Giove, e da quel tempo le acque
di
queì lago esalarono un così forte odore di zolfo,
, e da quel tempo le acque di queì lago esalarono un così forte odore
di
zolfo, e tramandarono dei miasmi così ardenti, ch
lando radevano troppo e da vicino la superficie delle acque. Le arene
di
quelle rive erano piene di una gran quantità di e
vicino la superficie delle acque. Le arene di quelle rive erano piene
di
una gran quantità di elettro, che è una specie di
delle acque. Le arene di quelle rive erano piene di una gran quantità
di
elettro, che è una specie di metallo, la quinta p
le rive erano piene di una gran quantità di elettro, che è una specie
di
metallo, la quinta parte del quale è argento e il
uinta parte del quale è argento e il rimanente è oro : da ciò il nome
di
Elettridi a quelle isole. 1625. Elettrione. — Anc
ome di Elettridi a quelle isole. 1625. Elettrione. — Anche a riguardo
di
questo personaggio è grande la disparità dei cron
sparità dei cronisti della favola. Alcuni pretendono che fosse figlio
di
Perseo e di Andromeda : altri che fosse figlio di
cronisti della favola. Alcuni pretendono che fosse figlio di Perseo e
di
Andromeda : altri che fosse figlio di Alceo e fra
no che fosse figlio di Perseo e di Andromeda : altri che fosse figlio
di
Alceo e fratello di Anfitrione. Il parere più gen
di Perseo e di Andromeda : altri che fosse figlio di Alceo e fratello
di
Anfitrione. Il parere più generalizzato è il prim
quale Elettrione tolse in moglie sua nipote Anaxo, che lo rese padre
di
Alcmena, Anfimaco ed altri — V. Anaxo — Da una sc
edizione contro i Telebei, Elettrione, fra le molte prede del bottino
di
guerra, condusse seco un immenso numero di vacche
le molte prede del bottino di guerra, condusse seco un immenso numero
di
vacche, tolte al nemico. Essendo Anfitrione andat
o. Essendo Anfitrione andato ad inconirarlo, nel volere arrestare una
di
quelle giovenche ch’ erasi data alla fuga, le sca
ta alla fuga, le scagliò contro il suo giavellotto ma il ferro invece
di
colpire l’ animale, percosse Elettrione così viol
gli produsse una morte istantanea. Elettrione era similmente il nome
di
una giovanetta che secondo la tradizione favolosa
ncittadini le tributarono gli onori divini. 1626. Eleusi. — Figliuolo
di
Ogige e di Daira. Egli dette il suo nome alla cit
le tributarono gli onori divini. 1626. Eleusi. — Figliuolo di Ogige e
di
Daira. Egli dette il suo nome alla città di Eleus
i. — Figliuolo di Ogige e di Daira. Egli dette il suo nome alla città
di
Eleusi nell’Attica. In alcuni scrittori si trova
n alcuni scrittori si trova l’opinione che la città ricevesse il nome
di
Eleusi, parola che in greco significa arrivo, dal
nifica arrivo, dall’epoca in cui Cerere vi soggiornò per breve spazio
di
tempo, allorchè, per ritrovare la figlia Proserpi
niva così denominata da un magnifico tempio ch’ella aveva nella città
di
Eleusi, di cui nell’articolo precedente, ove i su
enominata da un magnifico tempio ch’ella aveva nella città di Eleusi,
di
cui nell’articolo precedente, ove i suoi misteri
ati. 1628. Eleusine. — Dette anche Eleusinie : feste celebri in onore
di
Cerere — V. l’articolo precedente. Queste feste v
ficî erano chiusi, e non si poteva condurre alle prigioni i colpevoli
di
qualunque reato. Ai misteri Eleusini non venivano
ndie, liberò i popoli della Beozia dalla schiavitù, e fece in memoria
di
ciò fabbricare una città a cui fu dato il nome di
, e fece in memoria di ciò fabbricare una città a cui fu dato il nome
di
Eleutera. 1631. Eleuteria. — Con questo nome i gr
venivan dette alcune sacre cerimonie che i greci celebravano in onore
di
Giove-Eleuterio, vale a dire liberatore. 1633. El
del Sole. 1636. Eliadì. — Venivano con tal nome conosciute le sorelle
di
Fetonte, figliuole di Elio e di Climene. A cagion
. — Venivano con tal nome conosciute le sorelle di Fetonte, figliuole
di
Elio e di Climene. A cagione del nome del fratell
no con tal nome conosciute le sorelle di Fetonte, figliuole di Elio e
di
Climene. A cagione del nome del fratello di cui e
onte, figliuole di Elio e di Climene. A cagione del nome del fratello
di
cui esse piansero la morte sulle rive del Po, e d
enivano anche dette Fetontee. La tradizione ripete a traverso il velo
di
una bellissima allegoria, che anche dopo la loro
ietose continuarono a piangere la morte del loro caro, e che le gocce
di
ambra che il tronco dei pioppi trasuda continuame
elle affettuose sorelle. Eliadi erano similmente chiamati i figliuoli
di
un re dell’isola di Rodi, chiamato anch’egli Elio
lle. Eliadi erano similmente chiamati i figliuoli di un re dell’isola
di
Rodi, chiamato anch’egli Elio. Quando gli Eliadi
e, seppero da Apollo, che Minerva, dea della saggezza, aveva risoluto
di
fissare la sua dimora fra quel popolo che prima d
za, aveva risoluto di fissare la sua dimora fra quel popolo che prima
di
ogni altro le avesse offerto un sacrifizio. Per t
l fuoco alle legna preparate pel sacrifizio senza prima aver posto su
di
esse la vittima ; mentre Cecrope, re degli Atenie
u di esse la vittima ; mentre Cecrope, re degli Ateniesi, profittando
di
ciò, sacrificò per il primo a Minerva e ottenne c
all’arte della navigazione. Fra gli Eliadi, che erano sette fratelli
di
cui al dire di Diodoro ecco i nomi : Macare, Atti
navigazione. Fra gli Eliadi, che erano sette fratelli di cui al dire
di
Diodoro ecco i nomi : Macare, Atti, Ochimo, Cerca
r gelosia ucciso dai suoi fratelli. Scopertosi il delitto, gli autori
di
esso fuggirono in diverse contrade per sottrarsi
; e Atti, traversando l’Egitto, vi edificò una città a cui, in onore
di
suo padre Elio, dette il nome di Eliopoli. La tra
vi edificò una città a cui, in onore di suo padre Elio, dette il nome
di
Eliopoli. La tradizione aggiunge che Atti fosse i
orso delle stelle e degli altri pianeti. 1637. Elice. — Ninfa, figlia
di
Oleno. Avendo con sua sorella Ega, preso cura del
figlia di Oleno. Avendo con sua sorella Ega, preso cura dell’infanzia
di
Giove, questi la trasportò fra le costellazioni,
a le costellazioni, ed è propriamente quella conosciuta sotto il nome
di
Orsa maggiore, e che, secondo la tradizione, fu l
di Orsa maggiore, e che, secondo la tradizione, fu la guida costante
di
tutte le navigazioni dei greci. Elice fu anche il
da costante di tutte le navigazioni dei greci. Elice fu anche il nome
di
una città dell’Acaja, ove Nettuno aveva un tempio
iando alcune date parole, fra le quali veniva spesso ripetuto il nome
di
Elice, il padre dei numi discendesse sulla terra.
eva che esse vi abitassero quasi sempre, prendendo cura della fontana
di
Ippocrene e della tomba di Orfeo. O musa, tu, ch
quasi sempre, prendendo cura della fontana di Ippocrene e della tomba
di
Orfeo. O musa, tu, che di caduchi allori Non cir
a della fontana di Ippocrene e della tomba di Orfeo. O musa, tu, che
di
caduchi allori Non circondi la fronte in Elicona,
circondi la fronte in Elicona, Ma su nel cielo infra i beati cori Hai
di
stelle immortali aurea corona ; Tasso. — Gerusal
i parte suona La fama, prudentissime sorelle, Ch’a celebrare il monte
di
Elicona Tirato avete tutte le favelle ; Ovidio.
ve muse abitatrici dell’Eliconia. V. l’articolo precedente. O titolo
di
caste Eliconiadi Più vi diletta…. Monti. — La Mu
o, celebre nell’antichità per gli spettacoli conosciuti sotto il nome
di
giuochi olimpici e che si celebravano in onore di
ciuti sotto il nome di giuochi olimpici e che si celebravano in onore
di
Giove Olimpico. 1642. Elio. — Secondo riferisce D
. Elio. — Secondo riferisce Diodoro nelle cronache, Elio fu figliuolo
di
Basilea e di Iperione, e fu dai suoi zii, i Titan
ondo riferisce Diodoro nelle cronache, Elio fu figliuolo di Basilea e
di
Iperione, e fu dai suoi zii, i Titani, annegato n
Basilea non vedendo il figliuolo, si pose a ricercarlo lungo le rive
di
quel flume, ma stanca del faticoso cammino s’addo
era stato trasportato in cielo ove quella flamma conosciuta col nome
di
fuoco sacro si sarebbe chiamata Elio, cioè il Sol
a chiedere gli abitanti delle più lontane contrade. Sulla parte posta
di
contro all’oracolo, posava una grande lamina inar
a di contro all’oracolo, posava una grande lamina inargentata, specie
di
specchio che rifletteva i raggi del sole, e collo
i del sole, e collocata in modo che tutto il tempio ne era illuminato
di
una luce vivissima. Si narra nelle cronache, che
contro i Parti, vi fu taluno fra i suoi confidenti, che gli consigliò
di
consultare l’oracolo di Eliopoli, onde sapere qua
luno fra i suoi confidenti, che gli consigliò di consultare l’oracolo
di
Eliopoli, onde sapere quale sarebbe stata la sort
te risposto all’obbiezione del suo signore, che non occorreva recarsi
di
persona onde consultare l’oracolo, ma che era suf
e consultare l’oracolo, ma che era sufficiente scrivere la dimanda su
di
un pezzo di papiro e mandarlo all’oracolo, Trajan
l’oracolo, ma che era sufficiente scrivere la dimanda su di un pezzo
di
papiro e mandarlo all’oracolo, Trajano finse di a
imanda su di un pezzo di papiro e mandarlo all’oracolo, Trajano finse
di
aderire alle brame del suo favorito, e mandò ad E
rso, fosse, com’è più probabile, imperio delle superstiziose credenze
di
quei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio
figurate nella vite fatta in pezzi. Oltre ai responsi che l’oraco lo
di
Eliopoli dava per iscritto, comunicava ancora il
ere, sia chinando il capo, sia con far cenno con le braccia. La città
di
Corinto si chiamava anch’essa Eliopoli, prima di
le braccia. La città di Corinto si chiamava anch’essa Eliopoli, prima
di
chiamarsi Corinto, nome che le fu dato a causa de
taginesi da Elisa, poi detta Didone, che fu la fondatrice dell’impero
di
Cartagine. 1646. Elisi-Campi. — Parte degl’infern
he regnasse una eterna primavera, e dove le ombre dei giusti godevano
di
una felicità perfetta. Sul beato confine Odi int
li, E chi ne intreccia al crin serti gentili. Pindaro — Ode II trad.
di
G. Borchi. Grand’è la disparità delle opinioni t
con sua moglie Rea. Omero e Virglio scrissero che gli eroi, abitatori
di
quel celeste soggiorno, trascorressero il tempo i
orressero il tempo in occupazioni degne della loro grandezza. L’ombra
di
Achille, combatte le belve : quella di Ettore Tro
della loro grandezza. L’ombra di Achille, combatte le belve : quella
di
Ettore Troiano, addestra i cavalli ; ed altre fin
ira, l’eroiche gesta dei semidei. È però a notare che i poeti osceni,
di
cui non è certo penuria fra gli scrittori dell’an
il genio della voluttà potesse mai immaginare. 1647. Elle. — Sorella
di
Frisso e figlia di Nefelea e di Atamante, re di T
uttà potesse mai immaginare. 1647. Elle. — Sorella di Frisso e figlia
di
Nefelea e di Atamante, re di Tebe. La cronaca mit
mai immaginare. 1647. Elle. — Sorella di Frisso e figlia di Nefelea e
di
Atamante, re di Tebe. La cronaca mitologica narra
1647. Elle. — Sorella di Frisso e figlia di Nefelea e di Atamante, re
di
Tebe. La cronaca mitologica narra, che stanca del
udeli persecuzioni che la matrigna le faceva patire, ebbe il coraggio
di
mettersi in mare a cavallo del famoso ariete dal
e affogò miseramente, rendendo, con la sua morte, celebre quel tratto
di
mare, che da lei fu detto Ellesponto. 1648. Eller
izione favolosa, quel nume stette molto tempo nascosto sotto la forma
di
essa ; o secondo altri perchè l’eterna giovanezza
a Bacco, ed eccitavano l’entusiasmo. …… o, pastori d’Arcadia, ornate
di
corona d’ellera, il poeta… Virgilio — Egloga VII
dei L’edere, premio delle dotte fronti. Orazio — Odi — Lib. I. trad.
di
Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era
. Orazio — Odi — Lib. I. trad. di Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire
di
Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, fi
. di Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era questo il nome
di
una delle Arpie, figliuola di Elettra e di Tamant
— Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola
di
Elettra e di Tamante. 1650. Ellotia. — Detta anch
Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola di Elettra e
di
Tamante. 1650. Ellotia. — Detta anche Ellozia : f
ia. — Detta anche Ellozia : festa che si celebrava in Grecia in onore
di
Europa Ellote, e durante la quale si portava in g
uropa Ellote, e durante la quale si portava in giro una enorme corona
di
mirto, che, secondo la tradizione, si chiamava El
e, secondo la tradizione, si chiamava Ellotide, ed aveva venti cubiti
di
circonferenza. 1651. Ellotide. — In Corinto si da
venne il fatto seguente. Essendosi i Doriesi resi padroni della città
di
Corinto, essi appiccarono il fuoco al tempio di M
i padroni della città di Corinto, essi appiccarono il fuoco al tempio
di
Minerva, fra le cui fiamme morì arsa la sacerdote
tò il paese, e gli abitanti ricorsero all’oracolo onde sapere il modo
di
far cessare il flagello. L’oracolo rispose che bi
e il flagello. L’oracolo rispose che bisognava rifabbricare il tempio
di
Minerva, e placare con grandi sacrifizii l’ombra
Corinti seguirono l’uno e l’altro ordine dell’oracolo, ed in memoria
di
questo fatto dettero a Minerva stessa il sopranno
ed in memoria di questo fatto dettero a Minerva stessa il soprannome
di
Ellotide. I Cretesi, a somiglianza dei Corinti, d
me di Ellotide. I Cretesi, a somiglianza dei Corinti, dettero il nome
di
Ellote ad Europa allorchè la innalzarono agli ono
opa allorchè la innalzarono agli onori divini, e celebrarono in onore
di
lei la festa di cui nell’articolo precedente. V.
innalzarono agli onori divini, e celebrarono in onore di lei la festa
di
cui nell’articolo precedente. V. Ellotia. 1652. E
lei la festa di cui nell’articolo precedente. V. Ellotia. 1652. Elmo
di
Plutone. — I Ciclopi che, secondo la favola, fabb
a favola, fabbricavano i fulmini a Giove ebbero da Plutone l’incarico
di
fargli un elmo che aveva la singolare proprietà d
Plutone l’incarico di fargli un elmo che aveva la singolare proprietà
di
rendere invisibile chi lo portava. La tradizione
uesto nome ad alcune feste, nelle quali i Greci portavano alcuni vasi
di
giunco, a cui essi davano il nome di Elene. 1654.
li i Greci portavano alcuni vasi di giunco, a cui essi davano il nome
di
Elene. 1654. Elpa. — Figliuola del Ciclope Polife
ituirono al padre. V. Polifemo. 1655. Elpenore. — Fu uno dei compagni
di
Ulisse che, insieme agli altri seguaci di lui, fu
nore. — Fu uno dei compagni di Ulisse che, insieme agli altri seguaci
di
lui, fu dalla maga Circe, cangiato in majale. Ave
li s’infranse, e volo l’anima a Dite. Omero — Odissea Lib. XI. trad.
di
I. Pindemonte. 1656. Elpide. — Così avea nome qu
rad. di I. Pindemonte. 1656. Elpide. — Così avea nome quel cittadino
di
Samo, il quale in questa sua città, edificò il te
el cittadino di Samo, il quale in questa sua città, edificò il tempio
di
Bacco, noto sotto la strana denominazione di Bacc
città, edificò il tempio di Bacco, noto sotto la strana denominazione
di
Bacco dalla bocca aperla. Plinio, nelle sue crona
impaurito pensò sottrarsi al pericolo con la fuga, e si arrampicò su
di
un albero, ai piedi del quale il leone andò a dis
andò a distendersi aprendo continuamente la bocca, piuttosto in atto
di
domandare sollievo ad una sofferenza, che in atti
una sofferenza, che in attitudine minacciosa Elpide allora, sorpreso
di
quanto vedeva, promise a Bacco di dedicargli un t
minacciosa Elpide allora, sorpreso di quanto vedeva, promise a Bacco
di
dedicargli un tempio, e invocando la protezione d
a, promise a Bacco di dedicargli un tempio, e invocando la protezione
di
quel dio, discese dall’albero, si accostò all’ani
all’albero, si accostò all’animale, e si accorse allora che i lamenti
di
quello venivano dallo avere un osso a traverso la
gola dell’animale, liberandolo così dalla sua sofferenza. In memoria
di
questo fatto, ed in rendimento di grazie al nume
sì dalla sua sofferenza. In memoria di questo fatto, ed in rendimento
di
grazie al nume che Elpide aveva invocato nel suo
ti. 1658. Emacuria. — Nel Peloponneso si celebrava una festa in onore
di
Pelopo, nella quale i giovani recatisi sulla tomb
festa in onore di Pelopo, nella quale i giovani recatisi sulla tomba
di
lui combattevano una specie di duello con delle v
a quale i giovani recatisi sulla tomba di lui combattevano una specie
di
duello con delle verghe, e solo cessavano dal due
con delle verghe, e solo cessavano dal duellarsi, allorchè il sangue
di
uno dei combattenti gocciolava sul sepolcro. 1659
icolarmente la Tessaglia. 1660. Ematione. — Famoso masnadiere, figlio
di
Titone. Feroce e sanguinario egli trucidava tutti
berate furono dette Ematie. 1661. Emilo. — Detto anche Emilio, figlio
di
Ascanio, dal quale la patrizia famiglia degli Emi
io di Ascanio, dal quale la patrizia famiglia degli Emilii pretendeva
di
discendere. 1662. Emitea. — In una città della Ca
— In una città della Caria, nota nella geografia antica sotto il nome
di
Castabea si adorava una divinità chiamata Emitea.
tezione con ricchissimi doni. L’opinione della potenza soprannaturale
di
questa divinità era estesa e divulgata per tutta
a e divulgata per tutta l’Asia per modo che il suo tempio nella città
di
Castabea era carico di ricchezze immense, mandand
l’Asia per modo che il suo tempio nella città di Castabea era carico
di
ricchezze immense, mandandosi continuamente da tu
ontinuamente da tutte le città circonvicine doni ed offerte ad Emitea
di
una ricchezza favolosa. Il suo tempio, sebbene no
itea di una ricchezza favolosa. Il suo tempio, sebbene non circondato
di
mura, fu sempre rispettato, e per sino i Persiani
accolti in questo. Tutti i mitologi e cronisti dell’antichità parlano
di
questa divinità, il cui nome primitivo era Malpad
lla parola Greca Ἐμιδεα Semidea, secondo che suona il vocabolo stesso
di
Emitea. 1663. Emo. — Re della Tracia, il quale co
a moglie Rodope, volle farsi dai suoi sudditi adorare sotto la figura
di
Giove e di Giunone. Gli dei, sdegnati della loro
dope, volle farsi dai suoi sudditi adorare sotto la figura di Giove e
di
Giunone. Gli dei, sdegnati della loro stolta supe
ia, li cangiarono entrambi in due montagne, note sotto l’istesso nome
di
Emo e di Rodope. Secondo la tradizione favolosa,
ngiarono entrambi in due montagne, note sotto l’istesso nome di Emo e
di
Rodope. Secondo la tradizione favolosa, Emo fu fi
di Emo e di Rodope. Secondo la tradizione favolosa, Emo fu figliuolo
di
Oricia e di Borea. 1664. Emone. — Figliuolo di Cr
Rodope. Secondo la tradizione favolosa, Emo fu figliuolo di Oricia e
di
Borea. 1664. Emone. — Figliuolo di Creonte Re di
losa, Emo fu figliuolo di Oricia e di Borea. 1664. Emone. — Figliuolo
di
Creonte Re di Tebe : amò passionatamente Antigone
igliuolo di Oricia e di Borea. 1664. Emone. — Figliuolo di Creonte Re
di
Tebe : amò passionatamente Antigone figlia di Edi
Figliuolo di Creonte Re di Tebe : amò passionatamente Antigone figlia
di
Edipo. Allorquando Creonte condannò a morte Antig
n me, deh volgi Il tuo furore in me — Qui sola io venni, Sconosciuta,
di
furto : in queste soglie Di notte entrai, per isc
— Antigone. — Trag. Atto 2. Scena 2. Emone andò a gittarsi ai piedi
di
suo padre, onde supplicarlo a revocare il crudele
sa stessa aveva formato del suo velo, l’abbracciò fortemente, e pazzo
di
dolore, empì l’aria di altissime grida, imprecand
del suo velo, l’abbracciò fortemente, e pazzo di dolore, empì l’aria
di
altissime grida, imprecando sul capo del padre le
ente è d’ogni male il peggio. Sofocle. — Antigone. — Tragedia. trad.
di
F. Bellotti. 1665. Empanda. — Si dava cotesto no
ennità dagli Ateniesi, i quali vi si recavano coi capelli intrecciati
di
nastri e di fiori. 1667. Empoleo. — Soprannome di
Ateniesi, i quali vi si recavano coi capelli intrecciati di nastri e
di
fiori. 1667. Empoleo. — Soprannome di Mercurio ch
capelli intrecciati di nastri e di fiori. 1667. Empoleo. — Soprannome
di
Mercurio che veniva con esso riverito come protet
Cartaginesi venivano così denominati i sacerdoti addetti al servizio
di
alcune loro particolari divinità. 1670. Encelado.
ata al cielo. Era figlio del Tartaro e della Terra. Anche a proposito
di
questo famoso personaggio della favola, sono dive
li scrittori dell’antichità. Vogliono alcuni che Giove rovesciasse su
di
Encelado, il monte Etna e lo seppellisse sotto di
iove rovesciasse su di Encelado, il monte Etna e lo seppellisse sotto
di
questo. I poeti da ciò finsero che le eruzioni di
o seppellisse sotto di questo. I poeti da ciò finsero che le eruzioni
di
questo vulcano, le quali scossero talvolta fino n
e quali scossero talvolta fino nelle visceri profonde, l’intera isola
di
Sicilia, altro non fossero che gli inutili conati
, altro non fossero che gli inutili conati e gli sforzi impotenti che
di
tratto in tratto il fulminato gigante ritenta ond
al suo più piccolo movimento l’Etna vomiti dal suo cratere, torrenti
di
lava devastatrice. Vincenzo Monti nelle sue magni
noi accenniamo, sebbene egli lo riporti chiamando Encelado, col nome
di
Tifeo ; e ciò perchè in alcune cronache dell’anti
ciò perchè in alcune cronache dell’antichità, questi due Titani, sono
di
sovente scambiati l’uno con l’altro. Schiaccia l
a — Canto. Altri narra che Encelado fosse schiacciato sotto il carro
di
Minerva. Altri pretende che egli fosse già in fug
e egli fosse già in fuga e che Minerva lo arrestasse gettando l’isola
di
Sicilia innanzi ai suoi piedi. Però la gran maggi
uita, come vedemmo più sopra dal nostro V. Monti. Seguendo l’opinione
di
Callimaco, l’Etna ricopre Briareo. Questa differe
iareo. Questa differenza d’indicazioni, à, ciò non pertanto, un punto
di
contatto eguale e costante nella generalità dei c
bi con assai convenienza ad un vulcano. La cronaca fa anche menzione
di
un altro Encelado, che fu uno dei cinquanta figli
a anche menzione di un altro Encelado, che fu uno dei cinquanta figli
di
Egitto che sposò una delle cinquanta Danaidi la q
Detta anche Endia o Endeja. Fu figlia del centauro Chirone, e moglie
di
Eaco, che la rese madre di Telamone e di Teleo. 1
. Fu figlia del centauro Chirone, e moglie di Eaco, che la rese madre
di
Telamone e di Teleo. 1673. Endimione. — Pastore d
l centauro Chirone, e moglie di Eaco, che la rese madre di Telamone e
di
Teleo. 1673. Endimione. — Pastore della Caria, fa
imione. — Pastore della Caria, famoso per la sua bellezza, era nipote
di
Giove il quale, avendolo sorpreso un giorno fra l
nipote di Giove il quale, avendolo sorpreso un giorno fra le braccia
di
Giunone, lo condannò a dormire per lo spazio di t
giorno fra le braccia di Giunone, lo condannò a dormire per lo spazio
di
trent’anni. In seguito, egli fu passionatamente a
fu passionatamente amato da Diana, la quale per visitarlo abbandonava
di
notte il cielo, ravvolta in una nube. V. Diana. D
Da questo commercio nacquero diversi figli. 1674. Endoco. — Discepolo
di
Dedalo, che si rese celebre quasi quanto il suo m
il suo maestro. In una piccola città della Grecia, nelle circostanze
di
Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta,
ittà della Grecia, nelle circostanze di Atene, si ammirava una statua
di
Minerva seduta, che era opera di lui, e che veniv
nze di Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta, che era opera
di
lui, e che veniva altamente pregiata. Egli aveva
veva pel suo maestro una grande amicizia, e nel tempo della disgrazia
di
lui, lo accompagnò sempre, professandogli la più
uoli. 1676. Enea. — Principe del ramo secondario della reale famiglia
di
Troja : fu figlio di Anchise e della dea Venere.
rincipe del ramo secondario della reale famiglia di Troja : fu figlio
di
Anchise e della dea Venere. ……… Enea preclaro fi
reclaro figlio Del magnanimo Anchise Omero — Iliade — libro V. trad.
di
V. Monti. Vide la luce sulla riva del Simoenta,
luce sulla riva del Simoenta, ai piedi del monte Ida, e fino all’età
di
cinque anni fu allevato dalle Driadi, ninfe alla
addestrò in tutti quegli esercizii che allora formavano l’educazione
di
un eroe ; compiuta la quale tolse in moglie Creus
lse in moglie Creusa, una delle figlie del re Priamo, e la rese madre
di
un figlio, chiamato Ascanio o anche Julo o Julio.
anio o anche Julo o Julio. Allorchè Paride giunse con la rapita sposa
di
Menelao, alla corte di Priamo, Enea previde le fa
io. Allorchè Paride giunse con la rapita sposa di Menelao, alla corte
di
Priamo, Enea previde le fatali conseguenze che un
li conseguenze che un tanto oltraggio avrebbe trascinato seco, e fece
di
tutto onde Elena fosse restituita al marito. Ma n
ita e micidiale, fra le due nazioni belligeranti. Sebbene consigliero
di
pace, la guerra non trovò Enea nè meno ardimentos
figliuolo d’una dea, perchè, senza il favore e la materna protezione
di
Venere, e l’intervento di Apollo, sarebbe stato u
hè, senza il favore e la materna protezione di Venere, e l’intervento
di
Apollo, sarebbe stato ucciso. Contro il figlio d
i spinge, nè l’arresta Il saper che la man d’Apollo il copre. Desioso
di
porre Enea sotterra E spogliarlo dell’armi peregr
scosse in faccia il luminoso scudo. Omero. — Iliade — Libro V. trad.
di
V. Monti. Nell’accanita pugna presso le trincee
V. Monti. Nell’accanita pugna presso le trincee greche, Enea uccise
di
sua mano Cretone ed Arfiloco, ma fu costretto a p
le successive battaglie, Enea si ebbe il comando della quarta colonna
di
attacco insieme ad Acamante ed Archiloco ; e potè
attacco insieme ad Acamante ed Archiloco ; e potè vendicare la morte
di
suo cognato Alcatoo, trapassando col suo brando i
la morte di suo cognato Alcatoo, trapassando col suo brando il petto
di
due chiari e prodi guerrieri greci per nome Afare
greci per nome Afareo ed Enomao. Poscia combattendo intorno al corpo
di
Sarpedonte Contra l’illustre Sarpedon… ………. guer
pedonte Contra l’illustre Sarpedon… ………. guerriero Di gran persona e
di
gran possa. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad. d
Di gran persona e di gran possa. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad.
di
V. Monti. prestò man forte ad Ettore, il quale e
e ad Ettore, il quale era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise
di
sua mano Jaso e Medone. ….. e tali allor dall’as
….. e tali allor dall’asta D’Enea percossi caddero costoro Col fragor
di
recisi eccelsi abeti. Omero. — Iliade — Lib. V t
o Col fragor di recisi eccelsi abeti. Omero. — Iliade — Lib. V trad.
di
V. Monti. Allorchè Patroclo, l’amico più caro d
ade — Lib. V trad. di V. Monti. Allorchè Patroclo, l’amico più caro
di
Achille, fu ucciso da Ettore, Enea fu quello che
quello che riaccese nell’animo dei già fuggenti trojani, il desiderio
di
portare il corpo del prode greco in Troja, quale
soldati. Enea tentò varie volte d’impadronirsi dei superbi destrieri
di
Achille, ma non riuscì mai nel suo intento. La pr
e Nettuno aveva accordata ad Enea onde accondiscendere alle preghiere
di
Vonere, madre di lui, gli fu estremamente utile,
ccordata ad Enea onde accondiscendere alle preghiere di Vonere, madre
di
lui, gli fu estremamente utile, e potè all’ombra
di Vonere, madre di lui, gli fu estremamente utile, e potè all’ombra
di
questa, compiere le valorose sue gesta senza aver
rno agli occhi Del Pelide diffuse……. Omero — Iliade — Libro XX trad.
di
V. Monti. Finalmente nella fatale notte in cui T
ano il fatto doloroso, non tengono più parola della dispersa consorte
di
Enea. Forse sopraffatta dall’orda irrompente dei
dovè pagare con la vita, e forse anche con l’onore, la triste gloria
di
esser moglie d’un vinto. Enea, con tutti i suoi s
, nella Tracia ove edificò una città che fu detta Eno, forse dal nome
di
lui. Recatosi quindi a Delo, fu da Anio, vecchio
se dal nome di lui. Recatosi quindi a Delo, fu da Anio, vecchio amico
di
Anchise, accolto con ogni amorevolezza, e dove, l
inganno dall’apparente significato del responso, si portò nell’isola
di
Creta, ma una violenta epidemia scoppiata in quel
la regina Didone, la quale secondo la favola dei poeti e segnatamente
di
Virgilio, perdutamente innamorata di lui, e non p
favola dei poeti e segnatamente di Virgilio, perdutamente innamorata
di
lui, e non potendo distoglierlo dal partire, disp
re, disperata d’amore, si uccise. V. Didone. ….. e via più bello. Ma
di
beltà feroce e graziosa Le giva Enea con la sua s
varie tresche Gli s’aggirano intorno : o quando spazia Per le piagge
di
Cinto, a l’aura sparsi I bei crin d’oro, e de l’a
ura sparsi I bei crin d’oro, e de l’amata fronde Le tempie avvolto, e
di
faretra armato, Tal fra la gente si mostrava. e t
ra d’ogni altro valoroso e vago. Virgilio. — Eneide — Libro IV Trad.
di
A. Caro. Ritornato in Sicilia ove dimorò breve t
tempo, gittò finalmente l’àncora sul lido Campano, ove ebbe il dolore
di
perdere la sua tida nutrice Cajeta e il suo fedel
se il nome della prima ad una città e quello del secondo ad una punta
di
terra conosciuta anche oggi sotto la denominazion
do ad una punta di terra conosciuta anche oggi sotto la denominazione
di
Capo Miseno. Dimorando nella Campania si recò a C
stessa Sibilla, Enea discendesse negli inferni, onde visitare l’ombra
di
suo padre Anchise, morto a Drepano. Ritornato dal
oracolo, fece ad Enea le liete accoglienze, ed avendogli in prosieguo
di
tempo fatta sposare sua figlia Lavinia lo dichiar
to regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e
di
bellezza Più d’ogni altra famosa era da molti Ero
accenna, e ’l credo e ’l bramo. Virgilio. — Eneide — Libro VII trad.
di
A. Caro. Però Turno re dei Rutoli, a cui Lavinia
Rutoli, a cui Lavinia era stata promessa dal padre prima della venuta
di
Enea, mosse guerra al principe trojano, ma fu da
Ah, disse, adunque Tu de le spoglie d’un mio tanto amico Adorno, oggi
di
man presumi uscirmi Si che non muoia ? Muori… ………
ò dicendo, il petto gli trafisse. Virgilio — Eneide Libro XII. trad.
di
A. Caro. Enea regnò pacificamente per lo spazio
Libro XII. trad. di A. Caro. Enea regnò pacificamente per lo spazio
di
quattro anni, durante i quali sembrò che il desti
le acque del fiume. La favola però dice che Venere, vedendolo coperto
di
ferite lo avesse trasportato nel cielo, dopo aver
ove all’eroe trojano furono resi gli onori divini. Anche nella città
di
Eneo, nella Tracia, Enea veniva adorato siccome u
acia, Enea veniva adorato siccome un dio. Enea si ebbe fama, non solo
di
prode e valoroso guerriero, ma di principe buono
un dio. Enea si ebbe fama, non solo di prode e valoroso guerriero, ma
di
principe buono e giusto, e di religiosi e pii sen
solo di prode e valoroso guerriero, ma di principe buono e giusto, e
di
religiosi e pii sentimenti. e cantai di quel giu
i principe buono e giusto, e di religiosi e pii sentimenti. e cantai
di
quel giusto Figliuol d’Anchise che venne da Troja
ante — Inferno — Canto I. ……. Capo e re nostro Era pur dianzi Enea,
di
cui più giusto, Più pio, più prò ne l’armi, più s
iù sagace Guerrier non fu giammai. Virgilio — Eneide — Libro I Trad.
di
A. Caro. La tradizione mitologica ricorda di un’
Eneide — Libro I Trad. di A. Caro. La tradizione mitologica ricorda
di
un’altro Enea, figliuolo di Cefalo, che succedett
. Caro. La tradizione mitologica ricorda di un’altro Enea, figliuolo
di
Cefalo, che succedette nel governo della Focide a
avo. 1677. Eneo. — Apparteneva alla famiglia degli Eolidi. Fu figlio
di
Euride e di Portaone al quale successe nel govern
Eneo. — Apparteneva alla famiglia degli Eolidi. Fu figlio di Euride e
di
Portaone al quale successe nel governo della Cali
a, da cui presero quei governanti, e tutt’i loro discendenti, il nome
di
Eolidi. Eneo sposò in prime nozze una giovanetta
ovanetta per nome Altea, che morì assai presto dopo averlo reso padre
di
Meleagro e di Dejanira. Unito a Peribea ebbe da q
ome Altea, che morì assai presto dopo averlo reso padre di Meleagro e
di
Dejanira. Unito a Peribea ebbe da questa Tideo ch
che il luogo ove egli morì fosse dal suo nome detto Eneo. È opinione
di
varii scrittori che durante la vita di Eneo, aves
uo nome detto Eneo. È opinione di varii scrittori che durante la vita
di
Eneo, avesse avuto luogo la famosa caccia del cig
ante la vita di Eneo, avesse avuto luogo la famosa caccia del cignale
di
Calidonia. È questo, per altro, un parere assai v
a. È questo, per altro, un parere assai vago. 1678. Enialio. — Figlio
di
Bellona. Assai di sovente trovasi nelle tradizion
ltro, un parere assai vago. 1678. Enialio. — Figlio di Bellona. Assai
di
sovente trovasi nelle tradizioni della favola ind
to Marte, dio della guerra, con questo nome. 1679. Enia. — Soprannome
di
Bellona come madre di Enialio. V. l’articolo prec
erra, con questo nome. 1679. Enia. — Soprannome di Bellona come madre
di
Enialio. V. l’articolo precedente. 1680. Eniochia
alio. V. l’articolo precedente. 1680. Eniochia. — La più antica città
di
cui si abbia nozione nella geografia del mondo an
Genesi, che fu fabbricata da Caino, il quale la chiamò così dal nome
di
Enoc, suo figlio. « E Cain conobbe la sua moglie
la nominò dal nome del suo figliuolo Henoc. Genesi — cap. IV. trad.
di
G. Diodati. 1681. Enloca. — Dalla parola greca Η
stessa il suo carro. Comunemente non si andava a consultare l’oracolo
di
Trofonio, senza prima offrire un sagrifizio a Gio
one Enioca. 1682. Eniopea. — Così avea nome il conduttore dei cavalli
di
Ettore. Diomede l’uccise sotto le mura di Troja.
e il conduttore dei cavalli di Ettore. Diomede l’uccise sotto le mura
di
Troja. 1683. Enipeo. — Fiume della Tessaglia. La
so tempo innamorato Nettuno. Il dio per ingannarla prese le sembianze
di
Enipeo, e la rese madre di due figli Pelio e Nele
. Il dio per ingannarla prese le sembianze di Enipeo, e la rese madre
di
due figli Pelio e Neleo. 1684. Enisterie. — Ossia
vino. Cerimonie che venivano celebrate in Atene dai giovanetti avanti
di
radersi per la prima volta la barba. Nella celebr
tti avanti di radersi per la prima volta la barba. Nella celebrazione
di
questa cerimonia i giovanetti portavano nel tempi
la celebrazione di questa cerimonia i giovanetti portavano nel tempio
di
Ercole una data misura di vino e facevano libazio
cerimonia i giovanetti portavano nel tempio di Ercole una data misura
di
vino e facevano libazioni al nume e davano a bere
fica vino. 1685. Ennea. — Cerere veniva così soprannominata a cagione
di
un ricchissimo tempio ch’essa aveva nella città d
nominata a cagione di un ricchissimo tempio ch’essa aveva nella città
di
Enna in Sicilia. 1686. Ennofigaso. — Uno dei sopr
ive del fiume Xanto. 1688. Eno. — Così aveva nome una delle figliuole
di
Anio e di Dorippe. Essa fu con le sue due sorelle
ume Xanto. 1688. Eno. — Così aveva nome una delle figliuole di Anio e
di
Dorippe. Essa fu con le sue due sorelle cangiata
sorelle cangiata in colomba. V. Anio. 1689. Enodio. — Cioè indicatore
di
cammino. Così veniva soprannominato Mercurio dal
veniva soprannominato Mercurio dal costume in uso presso gli antichi
di
marcare le indicazioni delle strade con una pietr
trade con una pietra quatrangolare sulla quale era scolpita una testa
di
Mercurio. 1690. Enoe. — Antica città dell’Attica
di Mercurio. 1690. Enoe. — Antica città dell’Attica posta sulle rive
di
un fiume del quale, secondo la tradizione, gli ab
starono il corso per condurne le acque nei loro poderi, credendo così
di
renderli fertilissimi ; ma furono delusi nelle lo
atto inatte alla coltivazione. Da ciò, i greci resero comune il detto
di
fossa di Enoe volendo additare coloro ch’erano st
te alla coltivazione. Da ciò, i greci resero comune il detto di fossa
di
Enoe volendo additare coloro ch’erano stati a sè
sè stessi causa delle loro sciagure. La tradizione mitologica ricorda
di
un’altra Enoe, regina dei Pigmei che fu cangiata
na dei Pigmei che fu cangiata in grue. 1691. Enomao. — Re della città
di
Pisa, in Elide. Le cronache mitologiche dicono, n
ch’egli fosse figliuolo della ninfa Arpina, e del Dio Marte. Al dire
di
Pausania, e di qualche altro scrittore dell’antic
figliuolo della ninfa Arpina, e del Dio Marte. Al dire di Pausania, e
di
qualche altro scrittore dell’antichità, Enomao fu
usania, e di qualche altro scrittore dell’antichità, Enomao fu figlio
di
Alcione, e padre di una giovanetta bellissima, pe
altro scrittore dell’antichità, Enomao fu figlio di Alcione, e padre
di
una giovanetta bellissima, per nome Ippodamia. Se
a condizione, sarebbero stati uccisi se riuscivano perditori. Al dire
di
Pausania e di Pindaro nei loro scritti mitologici
sarebbero stati uccisi se riuscivano perditori. Al dire di Pausania e
di
Pindaro nei loro scritti mitologici, furono fino
o stato vinto da essi nella corsa, li fece tutti morire contentandosi
di
farli seppellire in un luogo eminente. È detto an
l principe Pelope il quale fu il quattordicesimo che accettò la sfida
di
Enomao, fosse riuscito vincitore essendo Enomao n
scito vincitore essendo Enomao nella corsa caduto, e morto in seguito
di
quella caduta. Pelope gli succedette nel regno ed
perdutamente, ed essa lungi dal resistergli, si abbandonò alle voglie
di
lui, che per mostrar le la sua gratitudine le con
venne intanto che Paride, al tempo in cui era ridotto alla condizione
di
pastore, dimorando sul monte Ida seppe farsi amar
, dimorando sul monte Ida seppe farsi amare da Enone, e la rese madre
di
un bambino che fu chiamato Coritto. Quando Enone
partì. Allorchè questo principe fu ferito da Filolette sotto le mura
di
Troja, andò a ritrovare Enone sul monte Ida, ma q
ne perdutamente innammorata, lo segui da lungi, col fermo divisamento
di
guarirlo, ma prima che avesse potuto raggiungerlo
sperata si strangolò con la propria cintura. 1693. Enopione. — Figlio
di
Arianna e di Bacco. Allorchè Radamanto, dopo la c
rangolò con la propria cintura. 1693. Enopione. — Figlio di Arianna e
di
Bacco. Allorchè Radamanto, dopo la conquista fatt
le del mare Egeo, ne fece la distribuzione, ad Enopione toccò l’isola
di
Chios, della quale fu proclamato re. Tolta in mog
Elise, ebbe da questa una figlia che chiamò Merope. Questa giovanetta
di
soli tre lustri, fu amata passionatamente dal gig
quale, non potendola ottenere diversamente, per le ripulse del padre
di
lei, la sedusse. Enopione giurò di vendicare l’ol
rsamente, per le ripulse del padre di lei, la sedusse. Enopione giurò
di
vendicare l’oltraggio, ma non bastandogli l’animo
. Enopione giurò di vendicare l’oltraggio, ma non bastandogli l’animo
di
provocare il gigante, colse il momento che quegli
o, dormiva e gli fece cavare gli occhi. 1694. Enoptromanzia. — Specie
di
divinazione che si faceva per mezzo di uno specch
1694. Enoptromanzia. — Specie di divinazione che si faceva per mezzo
di
uno specchio ; ed era così detta dalla parola gre
cioe Nettuno che sofferma la terra. Nei poeti dell’antichità si trova
di
sovente il nome di Enossitone, adoperato nello st
fferma la terra. Nei poeti dell’antichità si trova di sovente il nome
di
Enossitone, adoperato nello stesso significato. 1
e, adoperato nello stesso significato. 1696. Enotoceti. — Nelle opere
di
Strabone si trova che questo era il nome di alcun
Enotoceti. — Nelle opere di Strabone si trova che questo era il nome
di
alcuni popoli selvaggi, orribilmente mostruosi, i
he e pendenti fino alle ginocchia, delle quali essi si servivano come
di
letto. 1697. Enotro. — Così ebbe nome il più giov
di letto. 1697. Enotro. — Così ebbe nome il più giovane dei figliuoli
di
Licaone, re d’Arcadia. Egli fu il primo a stabili
d’Italo il nome, Italia è detta. Virgilio — Eneide — libro I. trad.
di
A. Caro 1698. Endea. — Soprannome di Cibele. Gl
ilio — Eneide — libro I. trad. di A. Caro 1698. Endea. — Soprannome
di
Cibele. Gli antichi chiamavano Entheus o Entheatu
ele. Gli antichi chiamavano Entheus o Entheatus, vale a dire : pieno
di
divinità, ispirato , ogni persona che predicesse
coli. 1699. Entello. — Celebre atleta ; fu uno dei principali seguaci
di
Aceste, il quale dette il suo nome alla città chi
di Aceste, il quale dette il suo nome alla città chiamata Sicheliota
di
Entello. La cronaca narra, ch’egli aveva da più t
inunciato ai violenti esercizii dell’arte sua, allorchè la tracotanza
di
Darete, lo indusse a scendere nuovamente nell’are
iro. A le piene percosse un suon s’udia De’cavi flanchi, un rintronar
di
petti. Un crosciar di mascelle orrendo e fiero. C
se un suon s’udia De’cavi flanchi, un rintronar di petti. Un crosciar
di
mascelle orrendo e fiero. Cadean le pugna a neuib
facean per l’aria e fischi e venti. Virgilio — Eneide Lib. V. trad.
di
A. Caro. 1700. Entitride. — Dalla tradizione mit
ride. — Dalla tradizione mitologica creduta dagli abitanti dell’isola
di
Rodi, che cioè, Elena dopo la sua morte fosse sta
un tempio e l’adorarono come una divinità, alla quale dettero il nome
di
Entitride, che significa appunto sospeso ad un al
ad un albero. 1701. Eolo. — Figlio d’Ippote, discendente della stirpe
di
Deucalione. La tradizione mitologica lo fa figliu
della stirpe di Deucalione. La tradizione mitologica lo fa figliuolo
di
Giove e dio dei venti e delle tempeste. ….. in u
erra e n’urla il monte. Ed ei lor sopra, realmente adorno Di corona e
di
scettro, in alto assiso L’ira e gl’impeti lor mit
del Padre eterno Provvide a tanto mal, serragli e tenebre D’abissi e
di
caverne, e moli e monti Lor sopra impose, ed a re
rta legge o rattenere o spingere, Virgilio — Eneide — Libro I. Trad.
di
A. Caro. Egli visse al tempo della guerra di Tro
Eneide — Libro I. Trad. di A. Caro. Egli visse al tempo della guerra
di
Troja e regnò nelle isole Vulcanie, dette poi dal
di Troja e regnò nelle isole Vulcanie, dette poi dal suo nome, Eolie
di
cui Lipara, la principale, fu sua abitual residen
tual residenza. Eolo esperto nell’arte del navigare, erasi coll’ajuto
di
studii astronomici, dedicato alla conoscenza dei
. Da ciò la tradizione favolosa che lo fa dio delle tempeste, e padre
di
dodici figliuoli sei maschi e sei femmine, che si
dre di dodici figliuoli sei maschi e sei femmine, che si maritano fra
di
loro e che altro non sono che i dodici venti prin
degli anni il più bel fior sul volto. Omero — Odissea Lib. X. trad.
di
I. Pindemonte. 1702. Eolie. — Oggi conosciute so
trad. di I. Pindemonte. 1702. Eolie. — Oggi conosciute sotto il nome
di
isole Lipari, e poste fra l’Italia e la Sicilia.
sotto il nome di isole Lipari, e poste fra l’Italia e la Sicilia. Una
di
esse, essendo terra eminentemente vulcanica, è ri
o da principio dette Vulcanie, e poi cangiarono questo nome in quello
di
Eolie, da Eolo, loro re. V. l’articolo precedente
quello di Eolie, da Eolo, loro re. V. l’articolo precedente. Al dire
di
Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella
ecedente. Al dire di Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella
di
cui egli fa menzione, era galleggiante, cinta tut
la di cui egli fa menzione, era galleggiante, cinta tutta all’intorno
di
un muro di rame e al di fuori di massi di roccia
gli fa menzione, era galleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro
di
rame e al di fuori di massi di roccia innaccessib
ne, era galleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al
di
fuori di massi di roccia innaccessibili. Giungem
alleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al di fuori
di
massi di roccia innaccessibili. Giungemmo nell’E
te, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al di fuori di massi
di
roccia innaccessibili. Giungemmo nell’Eolia, ove
E una liscia circonda ecceisa rupe. Omero — Odissea — Lib. X. Trad.
di
I. Pindemonte. 1703. Eona. — Presso i Fenicii er
ossia la prima donna del mondo, la quale consigliò ai suoi figliuoli
di
cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Figliuolo di Lic
rima donna del mondo, la quale consigliò ai suoi figliuoli di cibarsi
di
frutta. 1704. Eono. — Figliuolo di Licimnio frate
igliò ai suoi figliuoli di cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Figliuolo
di
Licimnio fratello di Alcmena, e cugino di Ercole.
li di cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Figliuolo di Licimnio fratello
di
Alcmena, e cugino di Ercole. Narra la tradizione
ta. 1704. Eono. — Figliuolo di Licimnio fratello di Alcmena, e cugino
di
Ercole. Narra la tradizione mitologica, che Ercol
tologica, che Ercole, ancora giovanetto, andando a diporto per le vie
di
Sparta, passò dinanzi la casa d’Ipocoonte, ed il
ne che la custodiva gli si avventò addosso. Eono veggendo il pericolo
di
Ercole, scagliò contro l’animale una grossa pietr
d’Ipocoonte uscirono dalla casa e senza ascoltar ragione accopparono
di
bastonate il giovane Eono il quale morì in conseg
cio dovè ritirarsi. Però qualche tempo dopo, accompagnato da una mano
di
suoi seguaci, ritornò nella casa d’Ipocoonte, ed
a d’Ipocoonte, ed uccise il padre ed i figli, onde vendicare la morte
di
Eono. Fu dopo questo fatto che Ercole innalzò un
opo questo fatto che Ercole innalzò un tempio a Giunone sotto il nome
di
Egofora, per non averla trovata ostile alla sua v
ua vendetta. V. Egofora. Ed un altro a Minerva sotto la denominazione
di
αξιοποωη che significa vendicatrice. Dopo la mort
gli onori eroici e si consacrò un tempio ad Ercole vicino al sepolcro
di
lui. 1705. Eoo. — Così si chiamava uno dei cavall
i trova dato l’istesso nome a Lucifero. 1706. Eorie. — Feste in onore
di
Erigone. Si crede comunemente che sieno le stesse
he sieno le stesse dette Aletidi. 1707. Eoso. — Gigante che fu figlio
di
Tifone. 1708. Epafo. — Figlio di Giove e della ni
1707. Eoso. — Gigante che fu figlio di Tifone. 1708. Epafo. — Figlio
di
Giove e della ninfa lo, la quale sotto le forme d
8. Epafo. — Figlio di Giove e della ninfa lo, la quale sotto le forme
di
giovenca, lo dette alla luce sulle sponde del Nil
le forme di giovenca, lo dette alla luce sulle sponde del Nilo, dopo
di
aver ricuperato le sembianze umane. Onde si tien
Onde si tiene che a Giove nascesse, Epafo, un bel figliuol che usci
di
lei, Ovidio — Metamorfosi — Lib. I. trad. di Del
n bel figliuol che usci di lei, Ovidio — Metamorfosi — Lib. I. trad.
di
Dell’anguillara. Giunone, spinta dalla gelosia,
di Dell’anguillara. Giunone, spinta dalla gelosia, ordinò ai Cureti
di
rapire quel frutto dell’adulterio ; essi obbediro
una città le impose il nome della moglie. Fu questa la celebre città
di
Menfi. 1709. Epatoscopia. — Specie di divinazione
lie. Fu questa la celebre città di Menfi. 1709. Epatoscopia. — Specie
di
divinazione che gli Aruspici facevano coll’osserv
crare la casa che lo sposo aveva scelto per domicilio. Lo stesso nome
di
Epaulie davansi ai doni che i convitati facevano
ivano portati pubblicamente, ed erano preceduti da un giovine vestito
di
bianco e con una fiaccola nella destra. 1711. Epe
ella destra. 1711. Epemenide. — V. Epimenide. 1712. Epeo. — Figliuolo
di
Iperipnea e di Endimione e fratello di Etolo e di
11. Epemenide. — V. Epimenide. 1712. Epeo. — Figliuolo di Iperipnea e
di
Endimione e fratello di Etolo e di Peone. Secondo
enide. 1712. Epeo. — Figliuolo di Iperipnea e di Endimione e fratello
di
Etolo e di Peone. Secondo Pausania, Endimione pro
. Epeo. — Figliuolo di Iperipnea e di Endimione e fratello di Etolo e
di
Peone. Secondo Pausania, Endimione propose in Oli
tore fu proclamato re degli Elei, che da lui presero la denominazione
di
Epei. Etolo, indifferente alla perdita, restò nel
, dette il suo nome a quella contrada conosciuta con la denominazione
di
Peonia. 1713. Epeuso. — Altro figliuolo di Endimi
ciuta con la denominazione di Peonia. 1713. Epeuso. — Altro figliuolo
di
Endimione. La cronaca lo ricorda come un abilissi
abilissimo operajo, e ripete ch’egli si rese celebre per l’invenzione
di
diverse macchine da guerra. Vari scrittori asseri
ri scrittori asseriscono che egli avesse fabbricato il famoso cavallo
di
Troja. 1714. Epi. — Città della Grecia il cui gov
a Nestore, il quale condusse gran numero dei suoi sudditi all’assedio
di
Troja. Di novanta navigli capitano Venlva il veg
avalier Nestorre. Di Pilo ei guida e dell’aprica Arene Gli abitanti e
di
Trio. guado d’Alfeo. E della ben fondata Epi. Om
do d’Alfeo. E della ben fondata Epi. Omero — Iliade — lib. II. trad.
di
V. Monti. 1715. Epibaterio. — Diomede edificò so
. — Diomede edificò sotto un tal nome un tempio ad Apollo nella Città
di
Trezene, in ringraziamento a quel dio di averlo s
tempio ad Apollo nella Città di Trezene, in ringraziamento a quel dio
di
averlo salvato dal naufragio, che fece perire gra
questo il vocabolo col quale i greci ed i romani denotavano i soldati
di
marina. Nelle opere di Senofonte si trova dato un
quale i greci ed i romani denotavano i soldati di marina. Nelle opere
di
Senofonte si trova dato un simile nome ai guidato
a. Nelle opere di Senofonte si trova dato un simile nome ai guidatori
di
elefanti e di eammelli. 1717. Epibomo. — Nome di
di Senofonte si trova dato un simile nome ai guidatori di elefanti e
di
eammelli. 1717. Epibomo. — Nome di quel sacerdote
le nome ai guidatori di elefanti e di eammelli. 1717. Epibomo. — Nome
di
quel sacerdote di Cerere Eleusina, il quale assis
ri di elefanti e di eammelli. 1717. Epibomo. — Nome di quel sacerdote
di
Cerere Eleusina, il quale assisteva il Gerofante
Gerofante all’altare. 1718. Epicasta. — La stessa che Giocasta, madre
di
Edipo, la quale, al dire di Omero si appiccò per
Epicasta. — La stessa che Giocasta, madre di Edipo, la quale, al dire
di
Omero si appiccò per disperazione appena ebbe con
conoscenza dell’incesto da lei commesso. V. Edipo. La favola ricorda
di
un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed un
so. V. Edipo. La favola ricorda di un’altra Epicasta che fu figliuola
di
Egeo, ed una delle mogli di Ercole da cui ebbe un
rda di un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed una delle mogli
di
Ercole da cui ebbe un figliuolo chiamato Tessalo.
e da cui ebbe un figliuolo chiamato Tessalo. 1719. Epicaste. — Figlia
di
Calidone e di Eolia. Ella sposò il re Agenore, ch
un figliuolo chiamato Tessalo. 1719. Epicaste. — Figlia di Calidone e
di
Eolia. Ella sposò il re Agenore, che la rese madr
a di Calidone e di Eolia. Ella sposò il re Agenore, che la rese madre
di
Demonice e di Partaone. 1720. Epiclidie. — Feste
e di Eolia. Ella sposò il re Agenore, che la rese madre di Demonice e
di
Partaone. 1720. Epiclidie. — Feste che gli abitan
este che gli abitanti dell’Attica celebravano con gran pompa in onore
di
Cerere, in ringraziamento di aver loro insegnato
tica celebravano con gran pompa in onore di Cerere, in ringraziamento
di
aver loro insegnato l’agricoltura. 1721. Epicrene
l’anno, intorno alle principali fontane. 1722. Epicurio. — Soprannome
di
Apollo nella significazione di benefico, avendo q
fontane. 1722. Epicurio. — Soprannome di Apollo nella significazione
di
benefico, avendo questo dio liberata l’Arcadia da
tessa ragione, aveva Apollo un tempio dedicato al suo culto nel borgo
di
Bassa, ove veniva adorato con la stessa denominaz
a adorato con la stessa denominazione. 1723. Epidauria. — Nella città
di
Epidauro, e poscia in Atene si celebrava una fest
i Epidauro, e poscia in Atene si celebrava una festa annuale in onore
di
Esculapio alla quale si dava il nome di Epidauria
va una festa annuale in onore di Esculapio alla quale si dava il nome
di
Epidauria, in commemorazione della città ove da p
re nell’antichità sotto lo stesso nome. La cronaca mitologica ricorda
di
un’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e di Eva
me. La cronaca mitologica ricorda di un’altro Epidauro, che fu figlio
di
Argo e di Evadne, il quale dette il suo nome a qu
naca mitologica ricorda di un’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e
di
Evadne, il quale dette il suo nome a quella contr
’Argolide detta perciò Epidauro. 1725. Epidelio. — Uno dei soprannomi
di
Apollo. Narra la cronaca che quando Menofane coma
i di Apollo. Narra la cronaca che quando Menofane comandava la flotta
di
Mitridate, essendosi impadronito dell’isola di De
ne comandava la flotta di Mitridate, essendosi impadronito dell’isola
di
Delo, la pose a sacco, e gettò nel mare la statua
onito dell’isola di Delo, la pose a sacco, e gettò nel mare la statua
di
quel Dio, la quale però lungi dal sommergersi, fu
erò lungi dal sommergersi, fu spinta dalle onde vicino al promontorio
di
Malia sulle spiagge della Laconia. I Lacedemoni p
ll’istesso luogo ove si era fermata la statua, sotto la denominazione
di
Epidelio quasi a dinotare vemito da Delo, come su
lo, come suona in greco quella parola. 1726. Epidemie. — Gli abitanti
di
Delo e di Mileto ; celebravano in onore di Apollo
uona in greco quella parola. 1726. Epidemie. — Gli abitanti di Delo e
di
Mileto ; celebravano in onore di Apollo, una fest
. Epidemie. — Gli abitanti di Delo e di Mileto ; celebravano in onore
di
Apollo, una festa, così chiamata, come quelli di
celebravano in onore di Apollo, una festa, così chiamata, come quelli
di
Argo, ne celebravano in onore di Giunone a cui da
na festa, così chiamata, come quelli di Argo, ne celebravano in onore
di
Giunone a cui davano la stessa denominazione. Gli
rescenza dei bambini. Giove stesso considerato come il supremo datore
di
ogni bene, veniva adorato particolarmente dagli a
o datore di ogni bene, veniva adorato particolarmente dagli abitatori
di
Mantinea, i quali gli dedicarono un tempio sotto
abitatori di Mantinea, i quali gli dedicarono un tempio sotto il nome
di
Giove Epidote. Presso i greci veniva data questa
balenare dei lampi. 1729. Epigeo. — Fu figliuolo d’Ipsisto e frate’o
di
Gea. Egli in seguito fu chiamato Urano, ossia il
i si chiamava la guerra degli Epigoni quella che fecero i discendenti
di
coloro che erano morti alla prima guerra di Tebe,
che fecero i discendenti di coloro che erano morti alla prima guerra
di
Tebe, combattuta dieci anni prima di questa, a cu
he erano morti alla prima guerra di Tebe, combattuta dieci anni prima
di
questa, a cui fu dato il nome degli Epigoni. 1732
3. Epimeletti. — Si dava questo nome collettivo ai ministri del culto
di
Cerere, i quali, durante le funzioni sacre e le c
el culto di Cerere, i quali, durante le funzioni sacre e le cerimonie
di
quella dea, erano addetti particolarmente alla pe
lla persona del re. 1734. Epimeni. — Presso gli Ateniesi, al ricadere
di
ogni novilunio, si celebravano dei sagriflzii a c
o Epimenede. — Celebre indovino dei Cretesi, il quale visse ai tempi
di
Solone. La cronaca mitologica racconta di lui, ch
si, il quale visse ai tempi di Solone. La cronaca mitologica racconta
di
lui, che nella sua gioventù avendolo suo padre po
n una caverna fu sorpreso da un profondo sonno che durò per lo spazio
di
cinquantasette anni. Destato da un forte strepito
venuta s’incaminò alla volta del suo villaggio. Estremamente sorpreso
di
trovar tutto cangiato, rinvenne dopo molte ricerc
osciuto dall’ultimo dei suoi fratelli, che egli avea lasciato bambino
di
pochi anni, e che ritrovava vecchio, ed al quale
degli dei, e lo interrogarono come un oracolo. Essendo, in quel torno
di
tempo, scoppiata una terribile pestilenza in Aten
, persuasi che offerendo ai numi nn sacrificio espiatorio per le mani
di
lui, il flagello sarebbe cessato. Infatti, offert
flagello sarebbe cessato. Infatti, offerto da Epimenide un sacrificio
di
agnelli bianchi e neri, la peste finì. Gli Atenie
allora vollero ricompensare Epimenide, offerendogli un’ingente somma
di
danaro, che egli ricusò, accettando solo un ramos
gente somma di danaro, che egli ricusò, accettando solo un ramoscello
di
alloro. 1736. Epimeteo. — Vocabolo che nel lingua
o significa che non riflette se non dopo il fallo. Era questo il nome
di
un figliuolo del Titano Giapeto e di Climene, e f
opo il fallo. Era questo il nome di un figliuolo del Titano Giapeto e
di
Climene, e fratello di Prometeo, il quale avea co
o il nome di un figliuolo del Titano Giapeto e di Climene, e fratello
di
Prometeo, il quale avea consigliato Epimeteo a no
llo ed accolse il falal dono che Giove gli fece inviandogli per mezzo
di
Mercurio la bella Pandora che egli sposò e che lo
mezzo di Mercurio la bella Pandora che egli sposò e che lo rese padre
di
Pirra. Vedendo però Giove che ad altro non era ri
pinicio. — Si dava questo nome ad un inno che gli antichi costumavano
di
cantare per celebrare le vittorie riportate in gu
con l’Epiodia canzone funebre, alla quale davasi comunemente il nome
di
Nenia e che si cantava ai funerali. 1739. Epione.
il nome di Nenia e che si cantava ai funerali. 1739. Epione. — Moglie
di
Esculapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra g
ulapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra gli uomini i più celebri
di
essi furono Podalisio e Macaone ; e fra le femmin
gli Ateniesi avevan dato questo nome ad una statua altissima formata,
di
tre corpi in uno, ch’essi avevano consacrato ad E
Ecate e che rassomigliava molto ad una torre. 1741. Epipola. — Nome
di
una giovanetta, figlia di un greco chiamato Trach
molto ad una torre. 1741. Epipola. — Nome di una giovanetta, figlia
di
un greco chiamato Trachione. Narra la cronaca che
dell’oltraggio che Paride aveva fatto a tutti i greci, col rapimento
di
Elena, travestitasi da uomo, andò come semplice s
Elena, travestitasi da uomo, andò come semplice soldato, all’assedio
di
Troja. Essendo stata in un conflitto riconosciuta
a festa delle barche, che si celebrava con grande apparato nell’isola
di
Rodi. 1744. Episcira. — Ai 12 del mese di Scirofo
grande apparato nell’isola di Rodi. 1744. Episcira. — Ai 12 del mese
di
Sciroforione (Maggio) celebravasi nella città di
ra. — Ai 12 del mese di Sciroforione (Maggio) celebravasi nella città
di
Atene, una solennità religiosa in onore di Minerv
o) celebravasi nella città di Atene, una solennità religiosa in onore
di
Minerva Scirade, così detta dal tempio ch’ella av
erva Scirade, così detta dal tempio ch’ella aveva nella piccola città
di
Sciro. È opinione di pregevoli scrittori, che que
tta dal tempio ch’ella aveva nella piccola città di Sciro. È opinione
di
pregevoli scrittori, che questa solennità venisse
in tale congiuntura. 1745. Epitide. — Soprannome dato a Posiponte ajo
di
Ascanio figlio d’Enea : veniva così detto da Epit
746. Epitembia. — Una tale qualificazione si trovava aggiunta al nome
di
Venere sull’iscrizione del piedestallo della stat
crizione del piedestallo della statua che questa dea aveva nel tempio
di
Delfo, per indicare che essa che come dea degli a
fine tutto ciò che ha principio. 1747. Epitragie. — Altro soprannome
di
Venere col quale si voleva ricordare un fatto avv
fatto avvenuto a Teseo mentre sacrificava a quella dea. L’eroe prima
di
far vela per l’isola di Creta, offri a Venere una
mentre sacrificava a quella dea. L’eroe prima di far vela per l’isola
di
Creta, offri a Venere una capra, la quale istanta
pra, la quale istantaneamente congiossi in capro. Gli Elei in memoria
di
ciò rappresentarono Teseo a cavallo ad un capro,
rappresentarono Teseo a cavallo ad un capro, e lo chiamarono col nome
di
Epitragie, che significa popolare. 1748. Epizelo.
pitragie, che significa popolare. 1748. Epizelo. — Era questo il nome
di
un soldato greco, nativo di Atene, il quale alla
lare. 1748. Epizelo. — Era questo il nome di un soldato greco, nativo
di
Atene, il quale alla battaglia di Maratona fu imp
il nome di un soldato greco, nativo di Atene, il quale alla battaglia
di
Maratona fu improvvisamente colpito di cecità, se
Atene, il quale alla battaglia di Maratona fu improvvisamente colpito
di
cecità, senza aver ricevuto alcuna ferita. Erodot
olpito di cecità, senza aver ricevuto alcuna ferita. Erodoto racconta
di
lui, sotto il manto della tradizione, che mentre
la tradizione, che mentre si aggirava pel campo, gli comparve un uomo
di
una grande statura, e con lunga barba nera, e che
come chiamarono Ippona quella dei cavalli. In quasi tutte le scuderie
di
Roma si trovava il simulacro di queste divinità.
i cavalli. In quasi tutte le scuderie di Roma si trovava il simulacro
di
queste divinità. 1750. Epopeo. — Dalla ninfa Cana
un figlio che chiamò con questo nome. Divenuto adulto, Epopeo, dotato
di
un animo ambizioso ed irrequieto, si recò in Tess
quieto, si recò in Tessaglia e fermossi per qualche tempo nella città
di
Sicione di cui Corace era re. Quivi, profittando
recò in Tessaglia e fermossi per qualche tempo nella città di Sicione
di
cui Corace era re. Quivi, profittando con grande
o con grande avvedutezza e coraggio, delle inimicizie che le crudeltà
di
Corace avevano accese nei suoi sudditi, lo detron
izzò, ed aggiunse in breve tempo ai suoi novelli stati anche la città
di
Corinto. Finalmente avendo sedotta Antiope, figli
la città di Corinto. Finalmente avendo sedotta Antiope, figlia del re
di
Tebe, Nitteo, si vide costretto a sostenere una g
a sua volta mori vittima dei colpi ricevuti da Epopeo, mentre tentava
di
ucciderlo. Epopeo lasciò due figli avuti da Antio
erlo. Epopeo lasciò due figli avuti da Antiope ai quali dette il nome
di
Anfione e Zeto ; e fabbricò inoltre un tempio a M
, scaturire dal tempio che egli stesso le aveva innalzata una fontana
di
olio. 1751. Epopte. — Era questo il titolo che si
te. — Era questo il titolo che si dava all’ultimo iniziato ai misteri
di
Eleusi, ed al quale solo era permesso di assister
l’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso
di
assistere alle più segrete cerimonie, cosa che no
ete cerimonie, cosa che non ottenevasi se non dopo un lungo noviziato
di
cinque anni, durante il quale tempo non si poteva
entrare nel santuario del tempio, ma bisognava rimanere nel vestibolo
di
esso. Nei misteri del culto Eleusino vi erano per
onie talmente occulte, alle quali non era concesso neanche all’Epopte
di
assistere, concessione questa, data ai soli sacer
soli sacerdoti. 1752. Epuloni. — I romani avevano istituito un ordine
di
sacri ministri, i quali avevano l’incarico specia
uito un ordine di sacri ministri, i quali avevano l’incarico speciale
di
preparare il banchetto a cui si credeva che gli d
arecchiato solo per essi. I sacerdoti Epuloni godevano del privilegio
di
vedere esenti le loro figliuole dall’essere Vesta
tali ; e a somiglianza dei pontefici essi vestivano una tunica orlata
di
porpora. 1753. Equestre. — Soprannome dato alla F
quale questa divinità aveva un tempio a lei edificato nel nono rione
di
Roma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il quale f
oma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il quale fece voto a quella dea
di
fabbricarle un tempio se avesse avuto la vittoria
battaglia fosse decisiva, dette ordine ai suoi soldati che al momento
di
caricare avessero tolte le briglie ai cavalli. Qu
sse quant altri mai, magnifico e splendido, fece togliere le grondaje
di
marmo che ricoprivano il tempio di Giunone Lucini
lendido, fece togliere le grondaje di marmo che ricoprivano il tempio
di
Giunone Lucinia, negli Abbruzzi, e dette ordine c
se a quest’atto che riteneva come un sacrilegio e Quinto fu obbligato
di
far riportare le grondaje là dove erano state tol
irie. — Romolo dette questo nome alle feste da lui istituite in onore
di
Marte, dio della guerra. Nel giorno 26 del mese d
istituite in onore di Marte, dio della guerra. Nel giorno 26 del mese
di
Febbrajo, che ricadeva nel periodo di questa sole
guerra. Nel giorno 26 del mese di Febbrajo, che ricadeva nel periodo
di
questa solennità, si facevano le corse dei cavall
a bilancia nell’altra. Assai sovente si confondea con Astrea. Al dire
di
Pindaro l’Equità fu madre di tre figliuole che fu
sovente si confondea con Astrea. Al dire di Pindaro l’Equità fu madre
di
tre figliuole che furono Eunomia. Dice e la Pace.
6. Era. — Discordi sono le opinioni dei mitologi su questo soprannome
di
Giunone, imperocchè alcuni vogliono che venisse d
guardata come l’aria deificata. Il certo si è che in Grecia il tempio
di
Giunone chiamavasi Ereone, e le feste di lei Eree
si è che in Grecia il tempio di Giunone chiamavasi Ereone, e le feste
di
lei Eree. 1757. Eracle. — In Grecia si dava cotes
iche che Giunone fece intraprendere a questo eroe, furono a lui fonte
di
rinomanza e di gloria. La parola Eracle deriva da
e fece intraprendere a questo eroe, furono a lui fonte di rinomanza e
di
gloria. La parola Eracle deriva da due vocaboli g
lea. — Sul monte Oeta dove la cronaca ripete che sorgesse il sepolcro
di
Ercole, si celebravano alcune feste in onore di q
sorgesse il sepolcro di Ercole, si celebravano alcune feste in onore
di
quell’eroe e che in memoria di lui furono istitui
, si celebravano alcune feste in onore di quell’eroe e che in memoria
di
lui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Erac
n onore di quell’eroe e che in memoria di lui furono istituite dal re
di
Tebe Menezio. Eraclea era anche il nome di una ci
ui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Eraclea era anche il nome
di
una città della Friotide, nella quale la tradizio
Ercole si abbruciò. 1759. Eraclidi. — Nome collettivo dei discendenti
di
Ercole. Narrano gli scrittori della favola che Eu
o gli scrittori della favola che Euristeo, re d’Argo, non soddisfatto
di
veder morto Ercole, volle sterminare anche i disc
ddisfatto di veder morto Ercole, volle sterminare anche i discendenti
di
lui. Perseguitò dunque i figli ed i nipoti di que
are anche i discendenti di lui. Perseguitò dunque i figli ed i nipoti
di
quell’eroe, di terra in terra, di provincia in pr
cendenti di lui. Perseguitò dunque i figli ed i nipoti di quell’eroe,
di
terra in terra, di provincia in provincia e fino
rseguitò dunque i figli ed i nipoti di quell’eroe, di terra in terra,
di
provincia in provincia e fino in Atene, nel centr
entro della Grecia, ov’essi si erano ricoverati, intorno ad un altare
di
Giove, Euristeo non ebbe ritegno di attaccarli co
ricoverati, intorno ad un altare di Giove, Euristeo non ebbe ritegno
di
attaccarli coi suoi seguaci. Ma gli Ateniesi pres
attamente il loro esercito, che essi spaventati ricorsero all’oracolo
di
Delfo, onde sapere il mezzo di far cessare il fla
essi spaventati ricorsero all’oracolo di Delfo, onde sapere il mezzo
di
far cessare il flagello. L’oracolo rispose ch’es
lla risposta dell’oracolo. Infatti non fu che un secolo dopo la morte
di
Euristeo, che gli Eraclidi poterono finalmente oc
no finalmente occupare quelle contrade tanto contrastate. A proposito
di
ciò le cronache mitologiche ricordano di uno stra
nto contrastate. A proposito di ciò le cronache mitologiche ricordano
di
uno strano avvenimento. È detto che gli Eraclidi
pedizione, avessero consultato l’oracolo, e che questo imponesse loro
di
prendere per capo un uomo che avesse tre occhi. N
a, il quale era guercio d’un occhio e faceva la sua strada montato su
di
un cavallo. Essi, allora, ritennero Ossilo come i
e lo scelsero a loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè
di
coraggio nè di senno, si resero padroni di Lacede
loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè di coraggio nè
di
senno, si resero padroni di Lacedemone, di Corint
dini, non mancando egli nè di coraggio nè di senno, si resero padroni
di
Lacedemone, di Corinto, d’Argo e di Micene ponend
ndo egli nè di coraggio nè di senno, si resero padroni di Lacedemone,
di
Corinto, d’Argo e di Micene ponendo così le basi
io nè di senno, si resero padroni di Lacedemone, di Corinto, d’Argo e
di
Micene ponendo così le basi a quel ristabilimento
i aveva nome il sagrifizio che si faceva a Giunone nella celebrazione
di
un matrimonio. Secondo la formola antica si sacri
sia lirica ed erotica. I romani l’invocavano particolarmente nel mese
di
aprile, consacrato all’amore. Erato, che d’amor
olce sospira Monti — La Musogonia — Canto 1762. Erceo. — Soprannome
di
Giove come protettore delle città e delle case. A
— Soprannome di Giove come protettore delle città e delle case. Assai
di
sovente, nelle opere degli antichi scrittori, ven
vente, nelle opere degli antichi scrittori, vengono denotati col nome
di
Ercei gli dei Penati, forse nella significazione
denotati col nome di Ercei gli dei Penati, forse nella significazione
di
protettori delle famiglie. 1763. Ercina. — Figliu
ie. 1763. Ercina. — Figliuola del famoso Trofonio e compagna ed amica
di
Proserpina. Al dire di Pausania, essa aveva nella
liuola del famoso Trofonio e compagna ed amica di Proserpina. Al dire
di
Pausania, essa aveva nella città di Lebadia, molt
a ed amica di Proserpina. Al dire di Pausania, essa aveva nella città
di
Lebadia, molte statue che la rappresentavano con
64. Ercole. — In greco Eraclide, ossia stipite degli Eraclidi. Ideale
di
un eroe la cui esistenza è tutta consacrata a suf
cui esistenza è tutta consacrata a suffragio dell’umanità, o a quello
di
una nazione. Le tradizioni favolose, relative a q
dissea, sono essenzialmente greche, non altrimenti che il nome stesso
di
Ercole. Infatti, se coteste tradizioni racchiudon
ano gloria e soccorso. Se, per contrario, la grande figura del figlio
di
Alemena, è la creazione dovuta ad un qualche poet
o di Alemena, è la creazione dovuta ad un qualche poeta, predecessore
di
Omero, la conseguenza storica è affatto la stessa
dea gli avea imposto fin dalla culla. Malgrado la formale asserzione
di
Erodoto, l’Ercole greco non può essere una copia,
’eroica grandezza ; e finalmente il mito relativo al famoso figliuolo
di
Alcmena, à una tinta particolarmente greca, che a
larmente greca, che armonizza con grande concordia tanto coll’assieme
di
tutta la configurazione mitologica, quanto coi si
dettagli della concezione primitiva. Per metter d’accordo la opinione
di
Erodoto, con quanto ci detta il ragionamento e la
egiziani potevano avere una ampia conoscenza, e forse anche un culto
di
religioso rispetto per l’Ercole greco, per mezzo
culto di religioso rispetto per l’Ercole greco, per mezzo dei popoli
di
questa nazione che emigrarono in Egitto. Quanto a
emigrarono in Egitto. Quanto a Melkarth, divinità Fenicia, che assai
di
sovente viene identificata con l’eroe greco, la s
entificata con l’eroe greco, la si può relegare, come Som, nel numero
di
quelle locali e particolari divinità, che un ciec
numero di quelle locali e particolari divinità, che un cieco spirito
di
sistema à potuto, per una strana aberrazione, par
cole greco non à nulla in se stesso, e nelle sue opere, che lo riveli
di
una indole di colono ; e nè si palesa costantemen
à nulla in se stesso, e nelle sue opere, che lo riveli di una indole
di
colono ; e nè si palesa costantemente, nel mito O
umerosa flottiglia per attaccare Ilione, (secondo la erronea opinione
di
varii moderni mitologi,) egli, accompagnato da un
e di varii moderni mitologi,) egli, accompagnato da un piccolo numero
di
soldati e di marinai, muove al famoso assedio. In
derni mitologi,) egli, accompagnato da un piccolo numero di soldati e
di
marinai, muove al famoso assedio. In ciò non v’è
ssedio. In ciò non v’è nulla che possa a ver riguardo alla formazione
di
una colonia marittima, ed i moderni scrittori àn
azione di una colonia marittima, ed i moderni scrittori àn dato prova
di
una lodevole penetrazione storica, sforzandosi in
ova di una lodevole penetrazione storica, sforzandosi instintivamente
di
stabilire la origine greca degli eroi favolosi, i
nentemente greco) ; che egli ricevette poi a causa delle persecuzioni
di
Giunone, o per ordine dell’oracolo, il nome di Er
usa delle persecuzioni di Giunone, o per ordine dell’oracolo, il nome
di
Ercole, col quale dovea conquistare tanta glorios
tanta gloriosa rinomanza. Da tuttociò si rivela nettamente la volontà
di
difendere la nazionalità, l’originalità di una cr
vela nettamente la volontà di difendere la nazionalità, l’originalità
di
una creazione, che è quanto lo spirito inventivo
è quanto lo spirito inventivo dell’antica Grecia poetica, à prodotto
di
più grande e di più bello. D’altra parte, riporta
rito inventivo dell’antica Grecia poetica, à prodotto di più grande e
di
più bello. D’altra parte, riportando la studiosa
a primitiva infanzia dei popoli, si scorgerà sempre in essa la figura
di
un qualche benefico eroe, appartenente al primo p
’Ercole greco. Omero, nei suoi immortali poemi, non ci rivela traccia
di
una origine straniera o di diversi Ercoli : tutti
uoi immortali poemi, non ci rivela traccia di una origine straniera o
di
diversi Ercoli : tutti i tratti caratteristici de
nte greci, rimanendo persino spoglio l’eroe della tradizionale tunica
di
pelle e della clava, attributi egiziani di cui lo
della tradizionale tunica di pelle e della clava, attributi egiziani
di
cui lo si è voluto fregiare in prosieguo. L’inno
nell’Iliade e nell’Odissea. Allorquando i poeti delle età successive
di
Omero ebbero considerevolmente ingrandito la sfer
e l’enorme fardello delle tradizioni mistiche, accumulate sulla testa
di
un solo eroe, avesse troppo impicciolite le altre
fusione che naturalmente dovea portar seco codesta ampia suddivisione
di
un sol mito, fu sempreppiù aumentata dalla tenden
isione di un sol mito, fu sempreppiù aumentata dalla tendenza viziosa
di
ridurre alle proporzioni umane, le grandiose figu
ridurre alle proporzioni umane, le grandiose figure dei tempi eroici,
di
cui andò completamente smarrito o gravemente alte
o o gravemente alterato, il primitivo senso profondo e poetico. Prima
di
passare alla esposizione dei differenti fatti che
ull’Ercole greco, noi richiameremo l’attenzione dei nostri lettori su
di
un passo delle opere di Erodoto, la confutazione
chiameremo l’attenzione dei nostri lettori su di un passo delle opere
di
Erodoto, la confutazione del quale ci servirà di
un passo delle opere di Erodoto, la confutazione del quale ci servirà
di
chiusa a questo breve cenno. Questo storico fa me
ci servirà di chiusa a questo breve cenno. Questo storico fa menzione
di
due Ercoli, uno egiziano e l’altro fenicio, costi
cole greco. A questo proposito emerge nitida e sfolgorante l’opinione
di
Plutarco, il quale ricorda che tanto Omero, quand
o altro Ercole, che quello dell’antica Grecia. Vero è che nelle opere
di
Esiodo si trova qualche traccia delle tradizioni
izza in certo modo con l’Ercole greco. Cicerone conta fino a sei eroi
di
questo nome ; Lidio ne conta sette, e Varone non
o a sei eroi di questo nome ; Lidio ne conta sette, e Varone non meno
di
quarantatrè. È chiaro per altro che un tale siste
l mito. La tradizione favolosa ci presenta l’Ercole greco come figlio
di
Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la quale lo par
tradizione favolosa ci presenta l’Ercole greco come figlio di Giove e
di
Alemena (Vedi Alemena) la quale lo partorì nella
di Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la quale lo partorì nella città
di
Tebe in Beozia, Ercole è il tipo perfetto di un e
e lo partorì nella città di Tebe in Beozia, Ercole è il tipo perfetto
di
un eroe benefico che consacra la sua vita al bene
à ; e in pari tempo il più celebre guerriero dei tempi eroici. Dotato
di
un coraggio e di una forza prodigiosa egli spinge
po il più celebre guerriero dei tempi eroici. Dotato di un coraggio e
di
una forza prodigiosa egli spinge talvolta la sua
i quali per altro egli si sottopone durante tutta la sua vita. L’odio
di
Giunone, suscitandogli delle interminabili persec
Il cerchio del suo pellegrinaggio non si estende, ciò non ostante, al
di
là della Grecia e dell’Asia minore. Giunone allor
il quale lasciando la sua spoglia mortale, che va ad abitare i regni
di
Plutone, s’innalza nell’Olimpo, ove al fianco di
a ad abitare i regni di Plutone, s’innalza nell’Olimpo, ove al fianco
di
Ebe, dea della gioventù, sfolgora di una luce imm
nalza nell’Olimpo, ove al fianco di Ebe, dea della gioventù, sfolgora
di
una luce immortale fra le altre divinità. Tali so
ivinità. Tali sono almeno i tratti principali della storia mitologica
di
questo eroe. Ei grato ai Numi onorasi. E re d’el
enero. Là d’Ebe ottien l’amor. Pindaro — Odi Ismiche — Ode IV. trad.
di
G. Borghi. Le tradizioni moderne ci presentano E
me Giunse l’inclito figlio…. Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad.
di
F. Bellotti. Sua madre lo dette alla luce insiem
trad. di F. Bellotti. Sua madre lo dette alla luce insieme ad Ificlo
di
cui già si trovava in cinta essendo moglie di Anf
luce insieme ad Ificlo di cui già si trovava in cinta essendo moglie
di
Anfitrione re di Tebe, le cui sembianze Giove ave
Ificlo di cui già si trovava in cinta essendo moglie di Anfitrione re
di
Tebe, le cui sembianze Giove aveva assunto per av
e cui sembianze Giove aveva assunto per avere l’amplesso della moglie
di
lui. Nato dopo di Ificlo, Ercole fu privato, per
ove aveva assunto per avere l’amplesso della moglie di lui. Nato dopo
di
Ificlo, Ercole fu privato, per gelosia di Giunone
la moglie di lui. Nato dopo di Ificlo, Ercole fu privato, per gelosia
di
Giunone, del dritto di successione al trono del s
dopo di Ificlo, Ercole fu privato, per gelosia di Giunone, del dritto
di
successione al trono del supposto suo padre : Gio
sto suo padre : Giove non potendo rimediare al già fatto, si contentò
di
stabilire fin dall’infanzia di Ercole che questi
do rimediare al già fatto, si contentò di stabilire fin dall’infanzia
di
Ercole che questi sarebbe annoverato fra gli immo
mmortali dopo la sua morte. Ma la gelosa Giunone desiderando la morte
di
lui, mandò due enormi serpenti onde Ercole, ancor
rangolati gli divelle in brani. Pindaro — Le odi Nemee — Ode I trad.
di
G. Borchi. Questa tradizione è per altro complet
tutte le volte che non si voglia vedere in essa il simbolo mitologico
di
una forza fisica, straordinariamente sviluppata f
pira avrà il suo frale. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad.
di
G. M. Pagnini. Ercole fu allevato nella città di
Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Ercole fu allevato nella città
di
Tebe, e Diodoro racconta, che Alcmena sua madre,
Diodoro racconta, che Alcmena sua madre, spaventata dalgeloso furore
di
Giunone, avesse nascosto il fanciullo in un campo
u raccolto da Minerva la quale lo rese alla madre. Secondo l’opinione
di
altri scrittori, Mercurio portò il neonato nell’O
e profittando del sonno in cui era immersa Giunone lo depose sul seno
di
lei. Giunone al suo svegliarsi strappò violenteme
estri, fra cui il primo fu Anfitrione il quale, sebbene si accorgesse
di
non essere suo padre, pure lo accettò come figlio
n essere suo padre, pure lo accettò come figlio, e gli insegnò l’arte
di
condurre i destrieri. Il trar cavalli al cocchio
cocchio giunti in corso. E alla meta piegar sicuri e illesi Gli assi
di
rota, insegnò pure al figlio Con dolce cura Anfit
cura Anfitrion medesmo. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad.
di
G. M. Pagnini. Arpalico gli insegnò la lotta. I
tor trovaro A terra chini maestrie dell’arte, Tutte imparò dal figlio
di
Mercurio Dal Fanopeo Arpalico…… Teocrito — L’Erc
E a dirizzar gli strali. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV trad.
di
G. M. Pagnini. Castore e Polluce, negli esercizi
l Cavalcante Castore….. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad.
di
G. M. Pagnini. Eumolpo nella musica ; …. e cant
ica ; …. e cantor fello Eumolpo Filammonide, e addestrogli Su cetera
di
busso ambe le mani. Teocrito — L’Ercoletto — Idi
a di busso ambe le mani. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV.trad.
di
G. M. Pagnini. Lino nelle scienze ; e finalmente
e lettere il fanciullo : Teorico — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad.
di
G. M. Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise c
trad. di G. M. Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise con un colpo
di
lira per il quale fatto, richiamato innanzi ai Tr
unali, egli si difese, richiamando alla memoria dei giudici una legge
di
Radamanto stesso, la quale mandava assolto chiunq
ssolto chiunque avesse respinto la forza con la forza. In conseguenza
di
questa legge, egli fu assoluto ; ma Anfitrione, t
e, egli fu assoluto ; ma Anfitrione, temendo che l’indole irrascibile
di
lui, non lo avesse condotto a qualche male passo,
nelle campagne a custodire i suoi armenti. Ercole divenne ben presto
di
una forza e di nna statura colossale. Apollodoro
a custodire i suoi armenti. Ercole divenne ben presto di una forza e
di
nna statura colossale. Apollodoro gli dà un’ alte
i una forza e di nna statura colossale. Apollodoro gli dà un’ altezza
di
otto piedi cirea. Per contrario Pindaro ce lo riv
otto piedi cirea. Per contrario Pindaro ce lo rivela piuttosto basso
di
statura, ma di un coraggio e di una forza indomab
ea. Per contrario Pindaro ce lo rivela piuttosto basso di statura, ma
di
un coraggio e di una forza indomabile. Cosi d’Al
Pindaro ce lo rivela piuttosto basso di statura, ma di un coraggio e
di
una forza indomabile. Cosi d’Alemena il figlio N
rme avea. Ma infaticabil animo. Pindaro — Odi Ismiche — Ode IV trad.
di
G. Borchi. A dieciotto anni, uccise un leone che
resto la tradizione del leone del monte Citerone, non è che una copia
di
quella del leone Nemeo, la cui pelle riveste l’Er
to eroe dell’antichità pagana, riporteremo un breve passo delle opere
di
Senofonte. « Ercole essendo divenuto adulto si ri
adulto si ridusse in un luogo appartato onde riflettere a qual genere
di
vita si sarebbe dato : allora gli apparvero due d
qual genere di vita si sarebbe dato : allora gli apparvero due donne
di
grande statura di cui una bellissima, che era la
ta si sarebbe dato : allora gli apparvero due donne di grande statura
di
cui una bellissima, che era la Virtù, aveva il vo
cui una bellissima, che era la Virtù, aveva il volto maestoso e pieno
di
dignità, il pudore nei suoi sguardi, la modestia
ore nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed era rivestita
di
una tunica bianchissima ; l’altra, che era la Vol
a rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, che era la Voluttà,
di
forme provocanti e marcate e vestita di abiti mag
l’altra, che era la Voluttà, di forme provocanti e marcate e vestita
di
abiti magnifici. Questa cercò di attirare a sè Er
forme provocanti e marcate e vestita di abiti magnifici. Questa cercò
di
attirare a sè Ercole ma egli la respinse e si dec
combattimento che valse ad Ercole, in premio del suo valore, la mano
di
Megara figlia di Creonte. Diodoro dice nelle sue
e valse ad Ercole, in premio del suo valore, la mano di Megara figlia
di
Creonte. Diodoro dice nelle sue opere, che Ercole
se vincitore in questa battaglia perchè impedì alla cavalleria nemica
di
agire, mediante gran numero di rocce e di scogli
a perchè impedì alla cavalleria nemica di agire, mediante gran numero
di
rocce e di scogli che egli, con la sua forza sopr
pedì alla cavalleria nemica di agire, mediante gran numero di rocce e
di
scogli che egli, con la sua forza soprannaturale,
zione contro Ergino, Ercole, continuamente perseguitato dalla gelosia
di
Giunone, fu per opera di lei colpito di furore, e
le, continuamente perseguitato dalla gelosia di Giunone, fu per opera
di
lei colpito di furore, e in un accesso di delirio
te perseguitato dalla gelosia di Giunone, fu per opera di lei colpito
di
furore, e in un accesso di delirio gettò nel fuoc
ia di Giunone, fu per opera di lei colpito di furore, e in un accesso
di
delirio gettò nel fuoco i figli che aveva avuto d
ò nel fuoco i figli che aveva avuto da Megara e due bambini figliuoli
di
Ificlo. Condannatosi volontariamente all’esilio p
olo, per sapere il luogo che dovesse abitare, e fu, secondo il parere
di
Apollodoro, in questa città che egli ricevette pe
a città che egli ricevette per la prima volta dalla Pitonessa il nome
di
Ercole. L’Oracolo gli rispose di dimorare in Tiri
prima volta dalla Pitonessa il nome di Ercole. L’Oracolo gli rispose
di
dimorare in Tirinto, di servire Euristeo durante
essa il nome di Ercole. L’Oracolo gli rispose di dimorare in Tirinto,
di
servire Euristeo durante lo spazio di dodici anni
rispose di dimorare in Tirinto, di servire Euristeo durante lo spazio
di
dodici anni, di compiere i travagli che gli verre
are in Tirinto, di servire Euristeo durante lo spazio di dodici anni,
di
compiere i travagli che gli verrebbero imposti, e
sulle opinioni tradizionali che riguardano il periodo della esistenza
di
Ercole che precede il tempo che egli passò presso
sso Euristeo. Essi sono soprattutto discordi sulla causa della follia
di
Ercole. Secondo Euripide, il delirio non lo colpì
egli uccise Megara e i suoi figli, ma cadde egli stesso sotto il peso
di
un’enorme pietra che Minerva gli lanciò, onde raf
ribile furore. Pindaro si accorda con Euripide per far perire i figli
di
Ercole sotto le frecce del suo arco micidiale. Se
iodoro, Giunone sofflò il delirio della follia nella mente del figlio
di
Alemena, dopo la riposta dell’oracolo. Altri pret
dell’oracolo. Altri pretende che avendo Ercole domandato all’oracolo
di
Apollo il mezzo di purificarsi della uccisione de
i pretende che avendo Ercole domandato all’oracolo di Apollo il mezzo
di
purificarsi della uccisione dei proprî figli, e n
, e non lo avesse rimesso al suo posto che dietro un assoluto comando
di
Giove, per la qual cosa, (come vedremo in prosieg
vesse venduto ad Onfale. La generalità degli autori non va similmente
di
accordo sulla causa della subordinazione di Ercol
autori non va similmente di accordo sulla causa della subordinazione
di
Ercole ad Euristeo. La tradizione Omerica accenna
ione di Ercole ad Euristeo. La tradizione Omerica accenna, ragionando
di
questa subordinazione, alla costante inimicizia d
ccenna, ragionando di questa subordinazione, alla costante inimicizia
di
Giunone. Altri rapporta come, volendo espiare l’u
do espiare l’uccisione dei suoi figli, egli avesse seguito il comando
di
Apollo, e si fosse in conseguenza sottomesso ad E
lmente una terza tradizione dice che Euristeo, mosso da un sentimento
di
gelosia, per la gloria che Ercole si acquistava,
, per la gloria che Ercole si acquistava, lo avesse richiamato presso
di
sè ; e che Giove avesse imposto ad Ercole di ubbi
avesse richiamato presso di sè ; e che Giove avesse imposto ad Ercole
di
ubbidire, promettendogli la immortalità. Piegando
voce dell’oracolo, Ercole si rese a Tirinto onde ricevere gli ordini
di
Euristeo. La più generale e la più ricevuta delle
lla che egli eseguisse le sue celebri dodici fatiche, e che in premio
di
esse, avesse ottenuta la immortalità ; ma nè Omer
immortalità ; ma nè Omero, nè gli antichi poeti greci fanno menzione
di
questo numero determinato, il quale fu, con ogni
dell’Ercole greco, con l’Ercole egizia no, il quale nella sua qualità
di
Dio-Sole, passa per i dodici segni dello Zodiaco.
esso presso tutti i cronisti della favola, che il tempo del servaggio
di
Ercole, à secondo alcuni la durata di dodici anni
ola, che il tempo del servaggio di Ercole, à secondo alcuni la durata
di
dodici anni, e secondo altri quella di otto anni
le, à secondo alcuni la durata di dodici anni, e secondo altri quella
di
otto anni ed un mese. Confidando nel suo coraggio
il soccorso e la protezione degli dei. Infatti, Mercurio lo presenta
di
una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vu
tezione degli dei. Infatti, Mercurio lo presenta di una spada, Apollo
di
un gran numero di frecce, Vulcano di una corazza
Infatti, Mercurio lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero
di
frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di
lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vulcano
di
una corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi
lo di un gran numero di frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva
di
un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo b
umero di frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di un mantello
di
nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidab
i un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidabile
di
una poderosa clava, tagliata da un secolare alber
intero svelsi Con le dense radici….. Teocrito — Idillio — XXV. trad.
di
G. M. Pagnini. Gioverà qui notare che la maggior
otto due aspetti particolari. L’Ercole essenzialmente greco, è armato
di
armi greche come il casco, le frecce, lo scudo, l
casco, le frecce, lo scudo, la lancia e finalmente la corazza, opera
di
un Do. Egli tira d’arco con impareggiabile destre
stomerico giunto, l’Ercole naturalizzato, vale a dire quello egiziano
di
nascita, è armato di una clava, e rivestito di un
rcole naturalizzato, vale a dire quello egiziano di nascita, è armato
di
una clava, e rivestito di una pelle di leone, spo
a dire quello egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito
di
una pelle di leone, spoglia opima tolta dal suo v
egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito di una pelle
di
leone, spoglia opima tolta dal suo valore all’ucc
ontro a Marte Lacerator de’ corpi….. Teocrito — Idillio — XXV. trad.
di
G. M. Pagnini. Fra i poeti greci Stesicore e Pis
al modo. Seguendo Apollonio, la sua clava fatta d’acciaio era un dono
di
Vulcano ; secondo altri scrittori era un ramo d’o
osi un giorno l’eroe appoggiato contro una colonna innalzata in onore
di
Mercurio, nella città di Trezene, quella avesse p
ggiato contro una colonna innalzata in onore di Mercurio, nella città
di
Trezene, quella avesse preso radici, e avesse poi
ù generalizzata delle tradizioni, a tener parola delle dodici fatiche
di
Ercole, il compimento delle quali valse all’eroe
combattè e l’uccise, ma al suo ritorno in città, Euristeo gli impose
di
rimanere fuori le mura, essendo spaventato della
forza. Dopo questa impresa, Ercole combattè contro la terribile idra
di
Lerna, le cui sette teste rinascevano a misura ch
, dicendo che per uccidere l’idra egli aveva dovuto avere il soccorso
di
qualche nume. Per altro un vantaggio positivo ne
dall’uccisione del mostro, le sue frecce ebbero la terribile facoltà
di
fare delle ferite incurabili. Come terza fatica E
Cerinitide, che egli raggiunse al corso, e che portò viva nella città
di
Micene. Dopo di questo, combattè e vinse il cigna
egli raggiunse al corso, e che portò viva nella città di Micene. Dopo
di
questo, combattè e vinse il cignale di Erimanto,
va nella città di Micene. Dopo di questo, combattè e vinse il cignale
di
Erimanto, e mentre si recava nella Focide, le cui
ni Oh mani ! oh dorso ! oh petto ! oh braccia mie ! Foste pur voi che
di
Nemea l’orrendo Leon, feroce inaccessibil belva.
ur voi che di Nemea l’orrendo Leon, feroce inaccessibil belva. Terror
di
mandre e di pastori, a viva Forza uccideste ; e i
i Nemea l’orrendo Leon, feroce inaccessibil belva. Terror di mandre e
di
pastori, a viva Forza uccideste ; e il mostro d’E
di pastori, a viva Forza uccideste ; e il mostro d’Erimanto : L’idra
di
Lerna ; ed uno stuol di fiere. Che mezzo han d’uo
a uccideste ; e il mostro d’Erimanto : L’idra di Lerna ; ed uno stuol
di
fiere. Che mezzo han d’uomo e di destier natura,
nto : L’idra di Lerna ; ed uno stuol di fiere. Che mezzo han d’uomo e
di
destier natura, Trista, oltraggiosa, insopportabi
Cui sol legge è la forza….. Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. trad.
di
F. Bellotti. Le stalle di Augia, che Ercole dove
Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. trad. di F. Bellotti. Le stalle
di
Augia, che Ercole dovette nettare in un sol giorn
tra gloriosa azione, Ercole fu esiliato dal re Augia, il quale ricusò
di
dargli il premio promesso, e allora fu che Ercole
dargli il premio promesso, e allora fu che Ercole, resosi nella città
di
Oleno, ebbe a combattere contro il Centauro Eurit
l Centauro Euritione che voleva a viva forza sposare la figlia del re
di
quella contrada. Il brutale amante cadde sotto i
glia del re di quella contrada. Il brutale amante cadde sotto i colpi
di
Ercole, il quale tolse in moglie la giovane Mnesi
moglie la giovane Mnesimachea che più tardi aiutò Ercole a vendicarsi
di
Augia. Il toro di Creta fu un’altra delle fatiche
Mnesimachea che più tardi aiutò Ercole a vendicarsi di Augia. Il toro
di
Creta fu un’altra delle fatiche di Ercole. Seguen
ole a vendicarsi di Augia. Il toro di Creta fu un’altra delle fatiche
di
Ercole. Seguendo la opinione di alcuni scrittori,
ro di Creta fu un’altra delle fatiche di Ercole. Seguendo la opinione
di
alcuni scrittori, Minos re di quell’isola, avea p
fatiche di Ercole. Seguendo la opinione di alcuni scrittori, Minos re
di
quell’isola, avea promesso a Nettuno di sacrifica
di alcuni scrittori, Minos re di quell’isola, avea promesso a Nettuno
di
sacrificargli qualunque cosa fosse uscita dal mar
sse uscita dal mare, e che il dio delle acque, per provare la fedeltà
di
Minos, avesse fatto uscire dai flutti un toro di
r provare la fedeltà di Minos, avesse fatto uscire dai flutti un toro
di
una bellezza sorprendente. Minos colpito dalla st
doro dice che Ercole se ne servisse come cavalcatura e che montato su
di
esso traversò a nuoto il mare del Peloponneso. I
ontato su di esso traversò a nuoto il mare del Peloponneso. I cavalli
di
Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole
del Peloponneso. I cavalli di Diomede, segnano un’altra delle fatiche
di
Ercole, il quale dopo di essersene impadronito, f
i di Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole, il quale dopo
di
essersene impadronito, fondò la città di Abdera i
che di Ercole, il quale dopo di essersene impadronito, fondò la città
di
Abdera in onore del suo amico Abdero, ucciso in u
i impadroni del famoso scudo della loro regina. Il conquisto dei buoi
di
Gerione è un’altra delle grandi imprese di Ercole
ina. Il conquisto dei buoi di Gerione è un’altra delle grandi imprese
di
Ercole. Partito per impadronirsi di quegli arment
e è un’altra delle grandi imprese di Ercole. Partito per impadronirsi
di
quegli armenti, Ercole traversò l’ Europa, combat
fauci meraviglia a dirlo ! Vapori e nubi a vomitar si diede Di fumo,
di
caligine e di vampa, Tal che miste le tenebre col
lia a dirlo ! Vapori e nubi a vomitar si diede Di fumo, di caligine e
di
vampa, Tal che miste le tenebre col foco Togliean
’alma In un tempo gli estinse. virgilio. — Eneide — Libro VIII trad.
di
A. Caro. Traversando la contrada di Tartessia, e
lio. — Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. Traversando la contrada
di
Tartessia, egli innalzò due colonne in memoria de
sendo vivamente incomodato dai raggi infocati che il sole saettava su
di
lui, egli tese l’arco contro il Dio-Astro, il qua
contro il Dio-Astro, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò
di
una barca d’oro di cui si servi per attraversare
o, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò di una barca d’oro
di
cui si servi per attraversare l’Oceano. Giunto ad
traversare l’Oceano. Giunto ad Euritia egli s’impadronì degli armenti
di
Gerione, li mise nella sua barca e ritornato a Ta
è e vinse Alebione e Dercio i quali volevano appropriarsi gli armenti
di
cui egli s’era impadronito, avendo ucciso i suoi
era impadronito, avendo ucciso i suoi due nemici, si rese nella città
di
Tirrenia. Nella traversata uno dei suoi tori si s
Nella traversata uno dei suoi tori si sbandò, errando per le campagne
di
Reggio, ed uccise Ericio re di quella contrada. A
ori si sbandò, errando per le campagne di Reggio, ed uccise Ericio re
di
quella contrada. Avendo in seguito ritrovato il p
ondusse la maggior parte verso l’ Ellesponio. Un’altra delle fati che
di
Ercole fu la distruzione degli uccelli del lago S
ali con la loro prodigiosa quantità, oscuravano il sole. In prosieguo
di
tempo tolse i pomi d’oro dal giardino dell’ Esper
ì lo strano privilegio che a lui accordava la Terra, sua madre, cioè,
di
raddoppiargli le forze, ogni volta che egli tocca
Apollodoro. Un altro dei caratteri particolari dell’ Ercole greco, è
di
essere un gran bevitore, per il che lo si vede us
hi aveano simbolizzato codesta avidità del bere, la quale non à nulla
di
grossolano, quando si rapporta alla ruvida asprez
rta alla ruvida asprezza della vita eroica, per l’uso che essi aveano
di
vuotare completamente la coppa, nei sacrifizii ch
a unione con quella come disapprovata dagli dei. Seguendo la opinione
di
altri scrittori, Megara era già morta a quell’epo
à morta a quell’epoca, uccisa insieme ai suoi figli dalla mano stessa
di
Ercole. Poco tempo dopo il suo ritorno a Tebe, av
che il re Euriteo aveva levato un bando, col quale prometteva la mano
di
sua figlia Iole, a colui che lo avesse vinto, ins
o, Ercole si presentò alla disfida, ma il vinto re gli ricusò la mano
di
sua figlia. Tale è almeno la opinione di Apollodo
vinto re gli ricusò la mano di sua figlia. Tale è almeno la opinione
di
Apollodoro, la quale non si accorda con quanto ne
ccorda con quanto ne dice Sofocle, secondo cui Ercole, era già marito
di
Dejanira quando si presentò al combattimento di c
rcole, era già marito di Dejanira quando si presentò al combattimento
di
cui era premio la mano di Iole. Qualche tempo dop
ejanira quando si presentò al combattimento di cui era premio la mano
di
Iole. Qualche tempo dopo, viaggiando Ercole con I
mano di Iole. Qualche tempo dopo, viaggiando Ercole con Ifito figlio
di
Euriteo, lo uccise precipitandolo da una rupe, in
iglio di Euriteo, lo uccise precipitandolo da una rupe, in un momento
di
furore. Dall’eccelso pendio, mentre avea quegli
ento Non lo soffrono i numi. Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad.
di
F. Bellotti. Ercole errò più tempo vagando in tr
gedia trad. di F. Bellotti. Ercole errò più tempo vagando in traccia
di
avesse voluto purificarlo da quella uccisione, e
rese un tale servigio. Ciò non impedì per altro all’Eterna Giustizia,
di
seguire il suo immutabile corso, ed Ercole colpit
Delfo onde consultare quell’oracolo ; ma avendo la Pitonessa ricusato
di
rispondere alle domande di lui, Ercole rapì il sa
’oracolo ; ma avendo la Pitonessa ricusato di rispondere alle domande
di
lui, Ercole rapì il sacro Tripode, e si costituì
allora sdegnato scese dall’Olimpo, e si accingeva a combattere contro
di
lui, e già i due nemici erano uno di fronte all’a
si accingeva a combattere contro di lui, e già i due nemici erano uno
di
fronte all’altro, allorchè Giove li separò con un
erano uno di fronte all’altro, allorchè Giove li separò con un colpo
di
fulmine. L’oracolo novellamente interrogato, risp
allorchè sarebbe venduto come uno scbiavo, ed avrebbe dato il prezzo
di
quella vendita ad Euriteo, onde com pensarlo dell
prezzo di quella vendita ad Euriteo, onde com pensarlo della perdita
di
suo figlio, e si fosse in ultimo obbligato a rima
di suo figlio, e si fosse in ultimo obbligato a rimanere al servigio
di
lui durante tre anni. Ercole si sottomise e allor
allora fu che Mercurio lo vendette per tre talenti ad Onfale, regina
di
Lidia. Sofocle dice che l’eroe fu venduto per com
di Lidia. Sofocle dice che l’eroe fu venduto per comando dell’oracolo
di
Giove, e che la sua schiavitù non durò più di un
er comando dell’oracolo di Giove, e che la sua schiavitù non durò più
di
un anno. Comunque ciò sia il periodo passato da E
lezze dell’amore, altro non è che la confusione surta fra le opinioni
di
molti scrittori dell’antichità, i quali hanno ass
ra le opinioni di molti scrittori dell’antichità, i quali hanno assai
di
sovente scambiato l’ Ercole greco col Sandon dell
ente scambiato l’ Ercole greco col Sandon della Lidia. Da una schiava
di
Onfale a nome Cleoasia, e da Onfale stessa, ebbe
rante la sua schiavitù, Ercole sconfisse ed incatenò i Cercopi specie
di
spiriti malefici. Passato quindi nella città di A
tenò i Cercopi specie di spiriti malefici. Passato quindi nella città
di
Aulide, egli uccise Sileo insieme alla figlia Xen
o che Sileo dimorasse sul monte Pelia in Tessaglia, e che il fratello
di
lui, Diceo, avesse fatto sposare sua figlia all’e
olpito da tale disperazione, che volle gittarsi nelle fiamme del rogo
di
lei, ma gli astanti ne lo impedirono. Sbarcato in
n seguito all’isola Dolichea, egli vi trovò il corpo d’Icaro, l’onorò
di
sepoltura, e cangiando il primitivo nome di quell
il corpo d’Icaro, l’onorò di sepoltura, e cangiando il primitivo nome
di
quell’isola la chiamò Icaria in onore del defunto
va le rive del fiume Sangaride, fu da Giove annoverato, sotto il nome
di
Serpentario, fra le costellazioni. Nè a ciò arres
e costellazioni. Nè a ciò arrestossi la luminosa carriera delle gesta
di
Ercole, poichè irritato contro Literso figlio del
tti coloro a cui dava l’ospitalità, Ercole lo uccise per un movimento
di
generosa indegnazione. Seguendo le tradizioni di
ise per un movimento di generosa indegnazione. Seguendo le tradizioni
di
Apollodoro, Ercole figura anche fra gli Argonauti
Ercole costrui la nave che servi a quella spedizione, dandole il nome
di
Argo in onore di un suo diletto amico così chiama
nave che servi a quella spedizione, dandole il nome di Argo in onore
di
un suo diletto amico così chiamato, e che la trad
etto amico così chiamato, e che la tradizione ci presenta come figlio
di
Giasone. Gli Argonauti scelsero Ercole per loro c
auti scelsero Ercole per loro capo ma egli ricusò quest’onore temendo
di
maggiormente eccitare la vendetta di Giunone, ed
egli ricusò quest’onore temendo di maggiormente eccitare la vendetta
di
Giunone, ed allora in sua vece fu eletto Giasone.
alche altro autore pretende che gli Argonauti avessero abbandonato su
di
un’isola deserta Ercole, perchè l’enorme peso del
, e secondo altri, con sole sei navi, ed accompagnato da un drappello
di
valorosi che volontariamente il seguirono. Appena
eguirono. Appena preso terra, Ercole lasciò le navi sotto la custodia
di
Oileo e mosse ad attaccare la città. L’assedio es
ulle mura nemiche, ciò che gli valse, forse per gelosia, l’inimicizia
di
Ercole. Diodoro dice che insieme ad Ificlo, fosse
in una prigione, essi si fossero aperta una via fra i nemici a colpi
di
spada. Padrone della città, Ercole fece morire a
ici a colpi di spada. Padrone della città, Ercole fece morire a colpi
di
freccia il re ed i suoi figli, meno Podareo ed Es
ione, egli fu spinto da una tempesta suscitata da Giunone, sull’isola
di
Coos, ma gli abitanti respinsero Ercole e i suoi
di Coos, ma gli abitanti respinsero Ercole e i suoi compagni a colpi
di
pietre. Egli si vendicò impadronendosi dell’isola
e. Egli si vendicò impadronendosi dell’isola, e uccidendo Euripilo re
di
quella, della cui figlia ebbe Tessalo. Nel combat
amente. Dopo questa spedizione egli si rese a Flegra, ove per comando
di
Minerva, combattè contro i giganti in favore degl
o egli instituì i giuochi olimpici, ed innalzò dodici altari in onore
di
dodici divinità. La sua prima impresa, dopo di ci
dodici altari in onore di dodici divinità. La sua prima impresa, dopo
di
ciò, fu la presa di Pilo, in cui ebbe a combatter
re di dodici divinità. La sua prima impresa, dopo di ciò, fu la presa
di
Pilo, in cui ebbe a combattere Periclimene, Neleo
o che Ercole ferì Pluto ne, che era venuto in soccorso degli abitanti
di
Pilo. Da quest’ultima città egli marciò contro La
o. Da quest’ultima città egli marciò contro Lacedemone per vendicarsi
di
suo figlio Ippocoone, e in ciò si ebbe a compagno
figlio Ippocoone, e in ciò si ebbe a compagno Cefeo ed i venti figli
di
lui, che tutti morirono in questa spedizione. Ave
spedizione. Avendo ucciso Ippocoone, Ercole si impadronì della città,
di
cui ritornò lo scettro al suo legittimo re Tintar
imo re Tintaro. Di là Ercole si rese a Calidone per dimandare la mano
di
Dejanira, figlia di Oeneo, che Acheolo gli disput
à Ercole si rese a Calidone per dimandare la mano di Dejanira, figlia
di
Oeneo, che Acheolo gli disputò invano. Inseguito
marciarono, da lui comandati, contro i Tesprodi ; avendo presa Efira
di
cui era re Fileo, Ercole ebbe dalla figlia di que
di ; avendo presa Efira di cui era re Fileo, Ercole ebbe dalla figlia
di
questo principe a nome Antigone, e secondo altri
he chiamò Tlepolemo. Poco tempo dopo resosi colpevole della uccisione
di
Eunomo, Ercole si sottomise all’esilio, e risolve
lla uccisione di Eunomo, Ercole si sottomise all’esilio, e risolvette
di
ritirarsi nella città di Trachina presso Ceixo. F
Ercole si sottomise all’esilio, e risolvette di ritirarsi nella città
di
Trachina presso Ceixo. Fu nell’andare in questa c
e a sopportare l’oltraggio del centauro Nesso, il quale si vendicò su
di
Ercole mediante il dono del fatale Altro. (V. Del
. Ercole fu disfidato ad un particolare combattimento da Cineo figlio
di
Marte e di Pelopia, ed uccise il suo audace rival
disfidato ad un particolare combattimento da Cineo figlio di Marte e
di
Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il quale
Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il quale seguendo l’opinione
di
Stesicore, uccideva tutti i viaggiatori, che tran
cranî un tempio al nume suo padre. Ercole andò in seguito ad Ormenio,
di
cui era re Amintore che egualmente Ercole uccise
pporto che Amintore fosse ucciso da Ercole per avergli negato la mano
di
sua figlia Astidamia. Seguendo le cronache di Apo
avergli negato la mano di sua figlia Astidamia. Seguendo le cronache
di
Apollodoro, e Diodoro, Ercole ritornato a Trachin
pollodoro, e Diodoro, Ercole ritornato a Trachina, volendo vendicarsi
di
Euriteo, levò un’armata, marciò contro la città d
volendo vendicarsi di Euriteo, levò un’armata, marciò contro la città
di
Oecalia, che alcuni scrittori pongono nella Eubea
Resosi padrone delle città nemiche, egli uccise Euriteo e i tre figli
di
lui, e si rese padrone della capitale dei loro st
capitale dei loro stati. Dopo aver dato la sepoltura a Ipposo, figlio
di
Ceixo, ad Argio ed a Melaso suoi compagni, caduti
a sacco ed a fuoco, e condusse con sè prigioniera la giovanetta Iole,
di
rara bellezza. La tradizione ripetuta da Sofocle
risce molto da questa : Ercole da quindici mesi è lontano dalla città
di
Trachina senza che Dejanira conosca il luogo del
egina Onfale, e parte direttamente dalla Lidia per assediare la città
di
O calia di cui si rende padrone. Abbordato al cap
e, e parte direttamente dalla Lidia per assediare la città di O calia
di
cui si rende padrone. Abbordato al capo Cineo nel
che Ercole avea con sè la giovanetta Iole, e temendo che innamoratosi
di
questa, non l’avesse completamente dimenticata, a
di questa, non l’avesse completamente dimenticata, asperse del filtro
di
Nesso la tunica che mandò al marito, ed attese l’
Dejanira ma non appena Ercole se ne fu rivestito, il veleno dell’idra
di
cui era impregnata, accese un fuoco divoratore ne
ell’idra di cui era impregnata, accese un fuoco divoratore nel sangue
di
lui, rendendolo quasi demente. In eccesso di furo
co divoratore nel sangue di lui, rendendolo quasi demente. In eccesso
di
furore afferrò il giovanetto per nome Lica e lo l
o di furore afferrò il giovanetto per nome Lica e lo lanciò dall’alto
di
una roccia nel mare. …… poscia che il tosco Sent
una roccia nel mare. …… poscia che il tosco Senti della fatal veste
di
Nesso, Svelse nel suo furor dalla radice I tessal
scagliò dai vertici dell’Eta Milton Paradiso perduto lib. II. trad.
di
A.Maffei. ….. Già preparando ei stava Un lauto
allor che giunse Lica l’araldo, e quel tuo don gli porge. Fatal vesta
di
morte. Ei ne l’indossa. Come tu gl’imponevi : e d
vi : e delle cento D’ogni sorta colà vittime addotte. Primizia eletta
di
sue prede immola Dodici egregi tauri. E pria tran
mmola Dodici egregi tauri. E pria tranquillo Preghi fea l’infelice, e
di
quel vago Adornamento in sè godea : ma ratto Che
ioma Ne va il cerebro sparso. Sofocle — Le Trachine — tragedia trad.
di
F. Bellotti. Ercole tentò invano di strapparsi d
e — Le Trachine — tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole tentò invano
di
strapparsi di dosso il fatale tessuto, il quale s
e — tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole tentò invano di strapparsi
di
dosso il fatale tessuto, il quale si era come inc
carni, per modo che ad ogni sforzo che Ercole faceva per strapparselo
di
dosso, la carne di lui si lacerava a brani. Final
ad ogni sforzo che Ercole faceva per strapparselo di dosso, la carne
di
lui si lacerava a brani. Finalmente, quasi moribo
ale che aveva fatto, si uccise per disperazione. La luminosa carriera
di
questo eroe finisce secondo la tradizione mitolog
evendone in ricompensa le famose frecce dell’eroe. Non piccolo numero
di
autori pretendono che colui che compì codesta tri
ortare qualche refrigerio alle sofferenze dell’eroe, il quale ricinto
di
una nube, su trasportato nel cielo in mezzo a rep
to di una nube, su trasportato nel cielo in mezzo a replicati scrosci
di
fulmine, per comando dl Giove stesso. E come la
ento ; Che s’ei portò laggiú per noi la palma Di mille imprese carche
di
spavento, Giusta cosa mi par che ’l suo gran lume
risplenda e sia celeste Nume. Ovidio — Metamorfosi — Libro IX trad.
di
Dell’ Anguillara. Assunto nel numero degli dei,
ambio erroneo e vizioso con quell’Ercole che Cicerone sa esser siglio
di
Giove e di Asteria. Prodigioso è il numero dei fi
eo e vizioso con quell’Ercole che Cicerone sa esser siglio di Giove e
di
Asteria. Prodigioso è il numero dei figliuoli che
a quest’eroe fino ad ottanta e più figliuoli, avuti da un gran numero
di
mogli e di concubine. Similmente estesissimo e mo
e fino ad ottanta e più figliuoli, avuti da un gran numero di mogli e
di
concubine. Similmente estesissimo e moltiplicato
rticolare, venerava codesto simbolo della forza. Seguendo la opinione
di
Dionigi d’Alicarnasso, Ercole ebbe tempî ed altar
Dionigi d’Alicarnasso, Ercole ebbe tempî ed altari in tutte le parti
di
Italia. Da ciò non bisognerà dedurre che il culto
i tratti particolari del culto d’Ercole presso i romani, figura l’uso
di
consacrargil la decima parte dei beni della propr
cole Tirio, al quale si offeriva una decima. È anche nella sola città
di
Roma, che Ercole viene adorato sotto il soprannom
ella sola città di Roma, che Ercole viene adorato sotto il soprannome
di
Musagete, la cui denominazione non si sa con esat
con esattezza d’onde derivi. Il certo è che Marcio Filippo, ai tempi
di
Augusto, innalzò ad Ercole un magnifico tempio, n
un magnifico tempio, nel quale il dio veniva adorato sotto la figura
di
un uomo dalle forme atletiche, con una lira nella
a Maxima erano riguardati come doppiamente sacri. La festa principale
di
Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel d
a festa principale di Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel
di
4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 d
Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella
di
Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di
celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e
di
Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e de
i 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella
di
Ercole e delle Muse, nell’ultimo giorno di giugno
nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e delle Muse, nell’ultimo giorno
di
giugno. In tutte queste solenni ricorrenze era es
introdurre nel sacro corteggio nè donne, nè schiavi nè cani. Il culto
di
Ercole fioriva ancora in Sicilia, a Malta, a Cadi
geni furono con ben poca ragione, identificati con l’uomo Dio, figlio
di
Alcmena. L’arte plastica ha fatto di Ercole l’ogg
ntificati con l’uomo Dio, figlio di Alcmena. L’arte plastica ha fatto
di
Ercole l’oggetto delle sue più belle e ricche cre
e più belle e ricche creazioni. Essa ha quasi dato fine a questo tipo
di
creazioni ideali, e oltrepassando i limiti che la
dizione gli aveva assegnato, ha lasciato alla posterità più monumenti
di
questo eroe, che di alcun altro personaggio dell’
segnato, ha lasciato alla posterità più monumenti di questo eroe, che
di
alcun altro personaggio dell’antichità. Il caratt
altro personaggio dell’antichità. Il carattere generale dei simulacri
di
Ercole, rivela una forza maschia e quasi sopranna
della sua maschile maturità. Le statue che si trovano nelle Gallerie
di
Firenze, nel Museo di Napoli ed a Roma, ce lo rap
turità. Le statue che si trovano nelle Gallerie di Firenze, nel Museo
di
Napoli ed a Roma, ce lo rappresentano appena popp
esentano appena poppante che strangola i draghi mandati dalla gelosia
di
Giunone a farlo morire. Le sue membra sono vigoro
con onore la lotta terribile ed accanita con tuttociò che si riveste
di
un apparato fisicamente brutale. A Roma si conser
di un apparato fisicamente brutale. A Roma si conserva sotto il nome
di
Ercole Aventino, una statua dell’Ercole adolescen
ra sviluppatasi dall’infanzia nella pubertà, non è in minor relazione
di
quella che già sorprende ed atterrisce quasi nel
ià sorprende ed atterrisce quasi nel simbolico neonato, strangolatore
di
due serpenti. Ma il più gran numero delle opere d
mpleta maturità maschile. Ordinariamente egli è rivestito d’una pelle
di
leone. Le sue armi sono un arco ed una clava. La
nno quasi balenare l’idea della vittoria, che coronò tutte le fatiche
di
questo dio. La statua dell’Ercole in riposo, cono
ui le forme non rivelano quella prostrazione che segue dal compimento
di
penosi e lunghi lavori, ma sibbene una beatitudin
taggio invidiabile degli immortali abitatori dell’olimpo. Gran numero
di
vasi antichi ci hanno nei loro bassorilievi trasm
al cielò accompagnato da Minerva o da Mercurio con la fronte recinta
di
un’aureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero
la fronte recinta di un’aureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero
di
monumenti, di quadri, di medaglie ec : in cui son
nta di un’aureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero di monumenti,
di
quadri, di medaglie ec : in cui sono riprodotte l
ureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero di monumenti, di quadri,
di
medaglie ec : in cui sono riprodotte le dodici fa
di quadri, di medaglie ec : in cui sono riprodotte le dodici fatiche
di
Ercole. 1765. Ere. — V. Es. 1766. Eresidi. — Ninf
5. Ere. — V. Es. 1766. Eresidi. — Ninfe che prendevano cura del bagno
di
Giunone. Nella città di Argo veniva dato lo stess
residi. — Ninfe che prendevano cura del bagno di Giunone. Nella città
di
Argo veniva dato lo stesso nome alle sacerdotesse
eniva dato lo stesso nome alle sacerdotesse che presiedevano al culto
di
quella dea. Esse godevano di tanta pubblica vener
e sacerdotesse che presiedevano al culto di quella dea. Esse godevano
di
tanta pubblica venerazione che gli anni del loro
tanta pubblica venerazione che gli anni del loro sacerdozio servivano
di
data nei pubblici monumenti, assomiglianza degli
servivano di data nei pubblici monumenti, assomiglianza degli Arconti
di
Atene e dei consoli di Roma. 1767. Ereso. — Una d
ubblici monumenti, assomiglianza degli Arconti di Atene e dei consoli
di
Roma. 1767. Ereso. — Una delle città dell’isola d
tene e dei consoli di Roma. 1767. Ereso. — Una delle città dell’isola
di
Lesbo, ebbe questo nome da un figliuolo di Macari
Una delle città dell’isola di Lesbo, ebbe questo nome da un figliuolo
di
Macario che così si chiamava. 1768.Eretrio. — Uno
davano questa denominazione al giorno in cui si celebrava nella città
di
Corinto, l’anniversario funebre dei figli di Mede
si celebrava nella città di Corinto, l’anniversario funebre dei figli
di
Medea, i quali, secondo la tradizione, furono sep
i di Medea, i quali, secondo la tradizione, furono sepolti nel tempio
di
Giunone. 1770Eretteo. — Secondo la favola fu figl
ò nel magnifico tempio ch’ella aveva in Atene. Divenuto adulto, fu re
di
quella città, e narrano le cronache, che essendo
e che egli aveva carissime. Però le quattro giovanette si amavano fra
di
loro con tanta tenerezza, che si erano scambievol
on tanta tenerezza, che si erano scambievolmente giurato, che ove una
di
esse, fosse venuta a morire, le altre tre si sare
una di esse, fosse venuta a morire, le altre tre si sarebbero uccise
di
propria mano. Eretteo per ubbidire all’oracolo sa
ficare una figlia diletta, gli edificarono un tempio nella cittadella
di
Atene, e lo annoverarono fra gli dei. Secondo Eur
do Euripide, Eretteo fu precipitato nel seno della terra con un colpo
di
tridente da Nettuno. Un’altra delle quattro figli
con un colpo di tridente da Nettuno. Un’altra delle quattro figliuolo
di
Eretteo avea nome Creusa e fu secondo la cronaca,
eusa e fu secondo la cronaca, sedotta da Apollo. 1771. Ergameno. — Re
di
Meroe, città dell’Etiopia. Il nome di lui è ripet
da Apollo. 1771. Ergameno. — Re di Meroe, città dell’Etiopia. Il nome
di
lui è ripetuto dai mitologi e dai cronisti dell’a
rave preponderanza nelle cose dello stato. 1772. Ergana. — Soprannome
di
Minerva riguardata come imventrice di varie arti
ato. 1772. Ergana. — Soprannome di Minerva riguardata come imventrice
di
varie arti e mestieri. Da ciò venivano dette Erga
della dea, che si portava processionalmente anche nella celebrazione
di
altre feste dette Panatenee. 1773. Ergazie. — Nom
la celebrazione di altre feste dette Panatenee. 1773. Ergazie. — Nome
di
alcune feste che si calebravano a Sparta in onore
Ergazie. — Nome di alcune feste che si calebravano a Sparta in onore
di
Ercole. 1774. Ergino. — Fu uno dei marinai, che i
n onore di Ercole. 1774. Ergino. — Fu uno dei marinai, che in qualità
di
pilota, succedette a Tifi nel governo della nave
erno della nave degli Argonauti, secondo la cronaca egli fu figliuolo
di
Nettuno. 1775. Eribea. — Moglie di Astreo. Presso
condo la cronaca egli fu figliuolo di Nettuno. 1775. Eribea. — Moglie
di
Astreo. Presso i cronisti della favola viene rigu
avola viene riguardata come madre degli astri, forse a causa del nome
di
suo marito. È questa peraltro un’opinione assai i
opinione assai incerta e confutata da molti autori. 1776. Erice. — Re
di
Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la
e. — Re di Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la contrada
di
cui era sovrano. La favola ce lo presenta come fi
la contrada di cui era sovrano. La favola ce lo presenta come figlio
di
Buta e di Venere, e atleta famoso nel combattimen
da di cui era sovrano. La favola ce lo presenta come figlio di Buta e
di
Venere, e atleta famoso nel combattimento del ces
ro, per parte del principe, i suoi stati, e per parte sua gli armenti
di
Gerione. Nel combattimento Erice fu vinto ed ucci
el combattimento Erice fu vinto ed ucciso, e venne sepolto nel tempio
di
Venere. Dopo la sua morte i Siciliani chiamarono
la sua morte i Siciliani chiamarono una delle loro montagne col nome
di
Erice, e tributarono gli onori divini al morto re
ori divini al morto re atlefa. 1777. Ericina o Ericinia. — Soprannome
di
Venere a lei venuto dall’avere un tempio fabbrica
ichità religiosa per le cerimonie dette Catacogie e Anacogie. Il nome
di
Ericina passò fino nell’Arcadia e fino in Roma, o
tempii a lei consacrati sotto una tale denominazione. Eliano ricorda
di
numerosi miracoli avvenuti nel tempio maggiore di
one. Eliano ricorda di numerosi miracoli avvenuti nel tempio maggiore
di
Ericina. Egli narra che le vittime andavano senza
e il fuoco del Sacrifizio si trovava acceso sull’ara senza bisogno nè
di
legna nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome
el Sacrifizio si trovava acceso sull’ara senza bisogno nè di legna nè
di
carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome di una giova
senza bisogno nè di legna nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome
di
una giovanetta Greca la quale amò con passione un
del tempo, quella canzone fu ripetuta in tutta la Grecia, e sul ritmo
di
quella melodia, furono rappresentate le avventure
cia, e sul ritmo di quella melodia, furono rappresentate le avventure
di
Erifane, e lo sventurato amore che l’aveva uccisa
ore che l’aveva uccisa, sul fiore degli anni. 1779. Erifile. — Moglie
di
Anfiarao e figlia di Taleo. Essa tradì il marito,
a, sul fiore degli anni. 1779. Erifile. — Moglie di Anfiarao e figlia
di
Taleo. Essa tradì il marito, il quale venne a con
Taleo. Essa tradì il marito, il quale venne a conoscenza della colpa
di
lei per essersi nascosto invece di andare all’ass
ale venne a conoscenza della colpa di lei per essersi nascosto invece
di
andare all’assedio di Tebe, ove egli sarebbe mort
della colpa di lei per essersi nascosto invece di andare all’assedio
di
Tebe, ove egli sarebbe morto, secondo che gli ave
anzia, in cui era famoso. Venuto per altro in certezza del tradimento
di
sua moglie, Anfiarao decise di partire per la gue
o per altro in certezza del tradimento di sua moglie, Anfiarao decise
di
partire per la guerra, non ostante l’inevitabile
la guerra, non ostante l’inevitabile morte che lo aspettava, ma prima
di
allontanarsi, impose ad Alcmeone, suo figlio, di
aspettava, ma prima di allontanarsi, impose ad Alcmeone, suo figlio,
di
uccidere l’ adultera Erifile, Alcmeone eseguì all
riphile — Tragedie Acte V Scène derniere. 1780. Erigone. — Fu figlia
di
Clitennestra e di Egisto e moglie di Oreste, quan
Acte V Scène derniere. 1780. Erigone. — Fu figlia di Clitennestra e
di
Egisto e moglie di Oreste, quantunque questi foss
ere. 1780. Erigone. — Fu figlia di Clitennestra e di Egisto e moglie
di
Oreste, quantunque questi fosse suo fratello per
, da questa unione naque un figliuolo chiamato Pentilo. Dopo la morte
di
Oreste, Erigone si consacrò al servigio di Diana.
ato Pentilo. Dopo la morte di Oreste, Erigone si consacrò al servigio
di
Diana. La cronaca ricorda di un un’altra Erigone,
Oreste, Erigone si consacrò al servigio di Diana. La cronaca ricorda
di
un un’altra Erigone, che fu figliuola di Icaria.
di Diana. La cronaca ricorda di un un’altra Erigone, che fu figliuola
di
Icaria. Seconda la tradizione, essa fu, dopo la m
azione della Vergine. 1781. Erilo. — Fu figlio della dea Feronia e re
di
Preneste. La tradizione ripete di lui uno strano
— Fu figlio della dea Feronia e re di Preneste. La tradizione ripete
di
lui uno strano fatto, che egli cioè avesse ricevu
per modo che per ucciderlo bisognava trucidarlo tre volte. Evandro re
di
Arcadia gli tolse le armi e la vita. ………. ond’lo
arlo ; ed io tre volte Lo combattei, lo vinsi, e lo spogliai D’armi e
di
vita ; Virgilio — Eneide Libro VIII. trad. di A.
e lo spogliai D’armi e di vita ; Virgilio — Eneide Libro VIII. trad.
di
A. Caro. 1782. Erimanto. — Figliuolo di Apollo.
o — Eneide Libro VIII. trad. di A. Caro. 1782. Erimanto. — Figliuolo
di
Apollo. Egli avendo sorpreso Venere che usciva da
pollo. Egli avendo sorpreso Venere che usciva dal bagno dalle braccia
di
Adone fu per volere della dea colpito di cecità.
civa dal bagno dalle braccia di Adone fu per volere della dea colpito
di
cecità. Apollo allora per vendicare il figliuolo,
o di cecità. Apollo allora per vendicare il figliuolo, prese le forme
di
un cignale ed uccise Adone. Erimanto era anche il
se le forme di un cignale ed uccise Adone. Erimanto era anche il nome
di
una montagna nell’Arcadia, famosa per il cignale
prese vivo e lo portò ad Euristeo. È questa una delle dodici fatiche
di
quell’eroe. V. Ercole. 1783. Erinnie. — Venivano
rinni. — V. Erinni. 1784. Erinni. — Nei poeti dell’antichità si trova
di
sovente data questa denominazione a quelle donne
i sovente data questa denominazione a quelle donne che furono cagione
di
grave danno al proprio paese. Lucano chiama Cleop
che allorquando Cerere andava in cerca, nelle campagne della Sicilia,
di
sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, essa ve
sa venisse incontrata da Nettuno, il quale invaghitosi della bellezza
di
lei, la sedusse. Cerere su talmente afflitta di q
hitosi della bellezza di lei, la sedusse. Cerere su talmente afflitta
di
quanto le era avvenuto, che andò a nascondersi in
Giove, il quale mandò subito a cercarla dalle tre Parche, che a forza
di
preghiere la persuasero ad uscire dal suo nascond
ric infernali. Ove in un punto furon dritte ratto Tre furie infernal
di
sangue tinte, Che membra femminili avieno ed atto
te — Inferno — Canto IX. 1785. Erinno. — Così avea nome una poetessa
di
Lesbo che le cronache del tempo fanno contemporan
e una poetessa di Lesbo che le cronache del tempo fanno contemporanea
di
Saffo. 1786. Erisittone. — Così avea nome uno deg
ea di Saffo. 1786. Erisittone. — Così avea nome uno degli avi materni
di
Utisse che ebbe fama di audacissimo ed empio disp
ttone. — Così avea nome uno degli avi materni di Utisse che ebbe fama
di
audacissimo ed empio disprezzatore degli dei. La
cissimo ed empio disprezzatore degli dei. La cronaca mitologica narra
di
lui che un giorno ebbe la temerità di fare oltrag
ei. La cronaca mitologica narra di lui che un giorno ebbe la temerità
di
fare oltraggio a Cerere rompendo a colpi di basto
n giorno ebbe la temerità di fare oltraggio a Cerere rompendo a colpi
di
bastone alcune piante in un bosco consacrato a qu
e Erisittone dormiva ella soffiò il veleno della carestia nella bocca
di
lui e glielo fece penetrare nella gola e in tutte
ozia, visse questa sibilla, conosciuta dalla tradizione sotto il nome
di
Eritrea dal suo paese natio. Ella predisse ai Gre
e di Eritrea dal suo paese natio. Ella predisse ai Greci il conquisto
di
Troia e la futura grandezza di Roma. 1789. Eritol
o. Ella predisse ai Greci il conquisto di Troia e la futura grandezza
di
Roma. 1789. Eritolde. — Fu una delle Esperidi che
. Esperidi. 1790. Eritro. — Da un tempio che Ercole aveva nella città
di
Eritre, in Acaja, si dava cotesto soprannome a qu
otesto soprannome a quel dio. Quella statua riposava sopra una specie
di
Zattera, ed una tradizione degli Eritrei ripeteva
rata nel mare Jonio, si fosse fermata nelle vicinanze del promontorio
di
Giunone, fra Chio ed Eritre. Narra Pausania nelle
iaggia, ma non riuscirono a poteria rimuovere ; allorchè un pescatore
di
Eritrea, che era cieco, disse di essere stato avv
ia rimuovere ; allorchè un pescatore di Eritrea, che era cieco, disse
di
essere stato avvertito in sogno, che se le donne
era cieco, disse di essere stato avvertito in sogno, che se le donne
di
Eritrea avessero voluto tutte tagliarsi i capelli
bbero senza fatica tirato la statua alla loro spiaggia. Però le donne
di
Eritera, non vollero acconsentire a sacrificare l
del pescatore, e fatta una corda dei loro capelli, tirarono la statua
di
Ercole nella città senza ostacolo alcuno. Gli Eri
mpensare lo zelo delle Tracie, stabilirono che in avvenire nel tempio
di
Ercole, avessero accesso solamente le donne. In q
fu combattuto la famosa battaglia fra Cesare e Pompeo, visse una maga
di
questo nome. Lucano ne fa il soggetto di uno dei
are e Pompeo, visse una maga di questo nome. Lucano ne fa il soggetto
di
uno dei più splendidi episodii di un suo poema in
esto nome. Lucano ne fa il soggetto di uno dei più splendidi episodii
di
un suo poema in cui fa predire al padre di Sesto
dei più splendidi episodii di un suo poema in cui fa predire al padre
di
Sesto Pompeo, la perdita della battaglia e l’ecci
dire al padre di Sesto Pompeo, la perdita della battaglia e l’eccidio
di
tutta la sua famiglia. 1792. Erittonio. — Quarto
ia e l’eccidio di tutta la sua famiglia. 1792. Erittonio. — Quarto re
di
Atene, che la tradizione mitologica fa figliuolo
onio. — Quarto re di Atene, che la tradizione mitologica fa figliuolo
di
Vulcano e di Minerva. La dea sua madre accorgendo
o re di Atene, che la tradizione mitologica fa figliuolo di Vulcano e
di
Minerva. La dea sua madre accorgendosi che Eritto
madre accorgendosi che Erittonio aveva la parte inferiore come quella
di
un serpe, lo chiuse appena nato in un canestro e
Erittonio l’invenzione dei carri o piuttosto l’indroduzione dell’uso
di
essi in Atene. Dopo la morte egli fu assunto fra
. Dopo la morte egli fu assunto fra gli astri, sotto la costellazione
di
Boote, ossia guidatore del carro. 1793. Erizia. —
ad uno dei cavalli del Sole. Al dire del Mitologo Fulgenzio, il nome
di
Eritreo gli veniva dal levare del sole, i cui rag
treo gli veniva dal levare del sole, i cui raggi sono in quel momento
di
un colore rossiccio. 1795. Ermafrodito. — Gli ant
ccio. 1795. Ermafrodito. — Gli antichi ne fecero una divinità, figlia
di
Mercurio detto anche Ermete e di Venere Afrodita.
tichi ne fecero una divinità, figlia di Mercurio detto anche Ermete e
di
Venere Afrodita. La significazione, etimologica s
o la tradizione, Ermafrodito fu allevato dalle ninfe Najadi, e crebbe
di
aspetto bellissimo, riunendo in sè la bellezza fi
lo. Da ciò la tradizione favolosa che dà ad Ermafrodito il soprannome
di
Antrogino, che significa maschio e femmina. 1796.
a cui statua veniva rappresentata con un corpo umano avente una testa
di
sparviero o di cane. La statua poi di Ermanubi si
niva rappresentata con un corpo umano avente una testa di sparviero o
di
cane. La statua poi di Ermanubi si riconosceva da
un corpo umano avente una testa di sparviero o di cane. La statua poi
di
Ermanubi si riconosceva dalla sua tunica senatori
dava cotesta denominazione ad un simulacro composto delle due figure
di
Apollo e di Mercurio, e rappresentante, in una so
a denominazione ad un simulacro composto delle due figure di Apollo e
di
Mercurio, e rappresentante, in una sola figura, q
in una sola figura, questi due numi. 1798.Ermarpocrate. — Alla statua
di
Mercurio avente la testa di Arpocrate, si dava co
ue numi. 1798.Ermarpocrate. — Alla statua di Mercurio avente la testa
di
Arpocrate, si dava cotesto nome forse per voler s
tene. — Così si chiamava il simulacro che rappresentava le due figure
di
Minerva, il cui nome Greco è Atene, e di Mercurio
rappresentava le due figure di Minerva, il cui nome Greco è Atene, e
di
Mercurio. Questa figura aveva da una parte l’elmo
Questa figura aveva da una parte l’elmo, lo scudo e le altre insegne
di
Minerva ; e dall’altra il cimiero colle ali, un s
altre insegne di Minerva ; e dall’altra il cimiero colle ali, un seno
di
uomo, ed un gallo che erano gli attributi di Merc
miero colle ali, un seno di uomo, ed un gallo che erano gli attributi
di
Mercurio. 1800. Ermete. — Essendo Ermete uno dei
azione ad un simulacro che aveva il corpo del dio Mercurio e la testa
di
Nitra V. Nitra. 1802. Ermeracle. — Altra statua c
Nitra V. Nitra. 1802. Ermeracle. — Altra statua composta delle figure
di
Mercurio e di Ercole, essendo Eracle il nome Grec
. 1802. Ermeracle. — Altra statua composta delle figure di Mercurio e
di
Ercole, essendo Eracle il nome Greco di quest’ult
ta delle figure di Mercurio e di Ercole, essendo Eracle il nome Greco
di
quest’ultimo dio. Si mettevano comunemente le sta
no comunemente le statue degli Ermeracli nelle accademie e nei luoghi
di
esercizii, quasi a volere indicare che Mercurio e
. Ermero. — I Greci chiamavano Cupido colla particolare denominazione
di
Eros, e da ciò dissero Ermero quelle statue che a
di Eros, e da ciò dissero Ermero quelle statue che avevano una testa
di
Cupido. 1804. Ermete. — I Greci davano questo nom
arola Ermete significa interpetre o messaggiero. Gli Ateniesi, e dopo
di
loro tutti i popoli della Grecia, rappresentavano
i popoli della Grecia, rappresentavano Mercurio Ermete con una pietra
di
figura cubica con la sola testa, senza piedi e se
figura cubica con la sola testa, senza piedi e senza braccia. Al dire
di
Servio, un’antica tradizione favolosa dette origi
ione. Il citato scrittore narra, che alcuni pastori avendo trovato su
di
una montagna la statua di Mercurio gli avessero t
narra, che alcuni pastori avendo trovato su di una montagna la statua
di
Mercurio gli avessero tolto le braccia e tagliate
collocato il tronco alla porta d’un tempio. Da ciò forse derivò l’uso
di
porre alla soglia delle case e per sino nelle cro
oglia delle case e per sino nelle crociere delle strade, un simulacro
di
Ermete. 1805. Ermia. — Giovane Greco il quale si
ia. — Giovane Greco il quale si annegò traversando il mare, sul dorso
di
un delfino, durante una tempesta. Un’antica tradi
e quivi morisse esso stesso, quasi conoscendosi colpevole della morte
di
lui. 1806. Ermione. — Fu uno dei più antichi re d
ermania, e particolarmente nei templi, si sono ritrovate delle statue
di
Ermione, rappresentato come un guerriero coperto
vate delle statue di Ermione, rappresentato come un guerriero coperto
di
ferro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche u
coperto di ferro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche un figlio
di
Europa, il quale dette il suo nome ad una città p
un figlio di Europa, il quale dette il suo nome ad una città posta su
di
un estremo lembo della penisola Argolide. Una vec
la quale si discendeva all’inferno. Le cronache mitologiche ricordano
di
un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere,
erno. Le cronache mitologiche ricordano di un’altra Ermione figliuola
di
Marte e di Venere, e moglie di Cadmo re di Tebe.
onache mitologiche ricordano di un’altra Ermione figliuola di Marte e
di
Venere, e moglie di Cadmo re di Tebe. Il giorno i
icordano di un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere, e moglie
di
Cadmo re di Tebe. Il giorno in cui ella andò all’
un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere, e moglie di Cadmo re
di
Tebe. Il giorno in cui ella andò all’altare, tutt
altare, tutti gli dei abbandonarono il cielo per assistere alle nozze
di
Lei. La sola Giunone fra tutte le dee non volle r
recarsi agli sponsali, per l’odio ch’essa nutriva contro la famiglia
di
Ermione, dopo il ratto di Europa. Ermione fu madr
r l’odio ch’essa nutriva contro la famiglia di Ermione, dopo il ratto
di
Europa. Ermione fu madre di un figliuolo, chiamat
tro la famiglia di Ermione, dopo il ratto di Europa. Ermione fu madre
di
un figliuolo, chiamato Polidoro e di quattro figl
atto di Europa. Ermione fu madre di un figliuolo, chiamato Polidoro e
di
quattro figlie dette Agave, Autonoe, Iaso, e Seme
figlie dette Agave, Autonoe, Iaso, e Semele. Dalle numerose sventure
di
cui fu continuo bersaglio questa disgraziata fami
dizione favolosa. Fu detto che Vulcano per vendicarsi della infedeltà
di
Venere, allorchè questa dea ebbe dai suoi amori c
dai suoi amori con Marte, Ermione, avesse fatto presente quest’ultima
di
una clamide intrisa di tutt’i delitti, cosa che f
e, Ermione, avesse fatto presente quest’ultima di una clamide intrisa
di
tutt’i delitti, cosa che fece che tutt’i figliuol
fece che tutt’i figliuoli della sventurata furono scellerati. Il nome
di
Ermione le viene, secondo la tradizione Mitologic
tolse in moglie. Le cronache dell’antichità fanno similmente menzione
di
un’altra Ermione che fu figlia della famosa Elena
mente menzione di un’altra Ermione che fu figlia della famosa Elena e
di
Menelao. Fino dalla sua infanzia Ermione fu prome
no dalla sua infanzia Ermione fu promessa in moglie ad Oreste, figlio
di
Agamennone, dall’avo Pindaro che nell’assenza di
ie ad Oreste, figlio di Agamennone, dall’avo Pindaro che nell’assenza
di
Menelao teneva le redini del governo e della fami
nell’assenza di Menelao teneva le redini del governo e della famiglia
di
lui. Però Menelao forse inconsapevole o non curan
erò Menelao forse inconsapevole o non curante della promessa dell’avo
di
Ermione, promise la mano di lei a Pirro figliuolo
ole o non curante della promessa dell’avo di Ermione, promise la mano
di
lei a Pirro figliuolo di Achille, in riconoscenza
romessa dell’avo di Ermione, promise la mano di lei a Pirro figliuolo
di
Achille, in riconoscenza di averlo aiutato nella
promise la mano di lei a Pirro figliuolo di Achille, in riconoscenza
di
averlo aiutato nella famosa guerra di Troja. Pirr
olo di Achille, in riconoscenza di averlo aiutato nella famosa guerra
di
Troja. Pirro infatti, appena ritornato in Grecia
nfatti, appena ritornato in Grecia pretese il compimento della parola
di
Menelao e senza por mente alle lagrime di Ermione
il compimento della parola di Menelao e senza por mente alle lagrime
di
Ermione, che era perdutamente innammorata di Ores
a por mente alle lagrime di Ermione, che era perdutamente innammorata
di
Oreste, la condusse seco insultando al suo rivale
ed Ovidio. Però questi due autori discordano fra loro in un sol punto
di
tutta questa tradizione. Secondo Ovidio, Ermione
punto di tutta questa tradizione. Secondo Ovidio, Ermione fatta sposa
di
Pirro, ripianse sempre il perduto amante e non eb
del marito fino alla gelosia e ce la mostra rimproverando alla vedova
di
Ettore, divenuta schiava di Pirro — V. Andromaca
e ce la mostra rimproverando alla vedova di Ettore, divenuta schiava
di
Pirro — V. Andromaca — di averle rubato l’amore d
ndo alla vedova di Ettore, divenuta schiava di Pirro — V. Andromaca —
di
averle rubato l’amore del proprio consorte. …. T
onsorte. …. Te il tuo consorte abborre, Non pe’farmachi mici, perché
di
moglie Non t’acconci allo stato : e questo ancora
ause. Euripide — Andromaca — Tragedia. Sempre seguendo la opinione
di
Euripide, non potendo Ermione vincere la gelosia
la vedova del famoso Trojano, stabilì in segreto accordo con Oreste,
di
uccidere Pirro. Consumato il delitto Ermione spos
onsumato il delitto Ermione sposò Oreste portandogli in dote il regno
di
Sparta. Il Racine, nella sua tragedia Andromaca,
ersamente Ermione. Secondo il tragico francese, Ermione in un accesso
di
geloso furore, commette ad Oreste il truce incari
in un accesso di geloso furore, commette ad Oreste il truce incarico
di
uccidere Pirro. Ma pentita si uccide ella stessa
ndromaque — Acte IV. Scene IV. 1807. Ermopoli. — Che significa città
di
Mercurio. Era questo il nome di tre celebri città
1807. Ermopoli. — Che significa città di Mercurio. Era questo il nome
di
tre celebri città di Egitto, una delle quali era
significa città di Mercurio. Era questo il nome di tre celebri città
di
Egitto, una delle quali era posta nel Delta, la s
delle quali era posta nel Delta, la seconda conosciuta sotto il nome
di
Hermopolis parva e l’ultima detta Hermopolis magn
Nilo. 1808. Ermosiride. — Si dava cotesta denominazione ad una statua
di
Osiride e di Mercurio, fusi insieme. Questa statu
rmosiride. — Si dava cotesta denominazione ad una statua di Osiride e
di
Mercurio, fusi insieme. Questa statua aveva gli a
Questa statua aveva gli attributi delle due divinità, cioè una testa
di
sparviero con un Aquila a fianco, per simboleggia
1809. Ermotimo. — Così aveva nome, secondo la tradizione, un abitante
di
Clazomene, il quale fu tenuto in conto di un poss
la tradizione, un abitante di Clazomene, il quale fu tenuto in conto
di
un possente mago. I suoi concittadini credevano f
n possente mago. I suoi concittadini credevano fermamente che l’anima
di
lui si separasse dal corpo, andasse in lontani pa
e che l’anima di lui si separasse dal corpo, andasse in lontani paesi
di
dove ritornava ben presto a raccontare quanto ave
li furono tributati gli onori divini e dedicato un tempio nella città
di
Clazomene nel quale era inibito alle donne di ent
o un tempio nella città di Clazomene nel quale era inibito alle donne
di
entrare. 1810. Ero o Eros. — Sacerdotessa di Vene
e era inibito alle donne di entrare. 1810. Ero o Eros. — Sacerdotessa
di
Venere che visse molti anni della sua vita a Sest
sa fu passionatamente amata dal giovine Leandro, abitante della città
di
Abido, posta sulla spiaggia del mare dalla parte
ai aderito, egli per vedere la sua amata traversava a nuoto un tratto
di
mare della lunghezza circa di 875 passi. Ero, con
sua amata traversava a nuoto un tratto di mare della lunghezza circa
di
875 passi. Ero, conturbata dal pericolo a cui si
o, conturbata dal pericolo a cui si esponeva il suo diletto per amore
di
lei, poneva ogni notte sull’alto di una torre una
esponeva il suo diletto per amore di lei, poneva ogni notte sull’alto
di
una torre una fiaccola accesa che serviva di faro
eva ogni notte sull’alto di una torre una fiaccola accesa che serviva
di
faro al giovine nuotatore. Sesto è città, cui da
vanetto dal gentil sembiante, Ero la vergin nomasi ; el d’Ahido. Ella
di
Sesto abitatrice : amabili Leggiadre stelle d’amb
a morte Di Leandro infelice anco deplora ! Museo Grammatico Gli Amori
di
Ero e Leandro. Avendo una tempesta sconvolte le
nella settima notte egli si lanciò nell’onde, ma travolto dal furore
di
quelle, miseramente annegò. Le acque spinsero il
l furore di quelle, miseramente annegò. Le acque spinsero il cadavere
di
lui sulle spiagge di Sesto, ove fu riconosciuto d
iseramente annegò. Le acque spinsero il cadavere di lui sulle spiagge
di
Sesto, ove fu riconosciuto da Ero, la quale dispe
precipitò nel mare volendo morire della morte istessa, che per amore
di
lei aveva incontrata quegli ch’ella adorava sopra
mar sprezzando ei beve. Già l’ingannevol lampa amaro estinse Soffiar
di
vento : e di Leandro estinse L’alma ad un tempo,
do ei beve. Già l’ingannevol lampa amaro estinse Soffiar di vento : e
di
Leandro estinse L’alma ad un tempo, e l’amore inf
vesta, in giù da l’alto Capovolta piomhò — Museo Grammatico Gli Amori
di
Ero e di Leandro. 1811. Eroe. — Cotesto appella
giù da l’alto Capovolta piomhò — Museo Grammatico Gli Amori di Ero e
di
Leandro. 1811. Eroe. — Cotesto appellativo dava
avano i greci a quegli uomini che si erano resi celebri con una serie
di
azioni gloriose ed insieme utili e benefiche ai l
chità e soprattutto fra i cronistedella favola, un nom stretto numero
di
autori, la cui opinione concorda in generale col
autori, la cui opinione concorda in generale col dare l’appellazione
di
eroe a quel mortale che aveva per madre una dea e
, o viceversa, per padre un dio e per madre una donna. La maggioranza
di
questi scrittori trae il nome di eroe dalla parol
per madre una donna. La maggioranza di questi scrittori trae il nome
di
eroe dalla parola greca Ἐρως che significa amore.
o fino alle stelle, e con ciò diventavano degne degli onori divini, e
di
quella adorazione che il culto superstizioso del
o del pagane imo tributava alle proprie divinità. Seguendo l’opinione
di
Lucano, il culto che si prestava agli eroi consis
i Lucano, il culto che si prestava agli eroi consisteva in una specie
di
pompa funebre, nella quale si celebrava la memori
è dice nelle sue cronache dell’antichità che all’ Ercole greco figlio
di
Alcmena, si fanno piuttosto dei funerali che dei
uttosto dei funerali che dei sacrifizi. In quanto ai monumenti eroici
di
cui troviamo così spesso menzione nelle cronache
icato all’eroe sepolto in quel sacro ricinto. Così Omero pel sepolcro
di
Ettore. …… Indi per tulto Queto il foco, i frate
ndi per tulto Queto il foco, i fratelli e i fidi amici Pieni il volto
di
pianto e sospirosi Raccolsero le bianche ossa, e
le coprir d’un molle Cremisino. Ciò fatto, in cava buca Le posero, e
di
spesse e grandi pietre Un lastrico vi féro, e pre
ro, e prestamente Il tumuto elevar. Omero — Riade — Libro XXIV trad.
di
. V. Monti Infinito è il numero degli eroi di cu
ade — Libro XXIV trad. di. V. Monti Infinito è il numero degli eroi
di
cui fa menzione la mitologia greca e romana, nell
i fa menzione la mitologia greca e romana, nelle quali si trova assai
di
sovente ricordato che gli onori eroici furono spe
ori eroici furono spesso rese anche alle donne. 1812. Erofila. — Nome
di
una sibilla figlia del pastore Teodoro, e di una
e. 1812. Erofila. — Nome di una sibilla figlia del pastore Teodoro, e
di
una ninfa del monte Ida. Erofila predisse ad Ecub
, e di una ninfa del monte Ida. Erofila predisse ad Ecuba le sventure
di
cui sarebbe stato cagione alla propria patria, il
ece ritorno al tempio dedicato ad Apollo Sminteo, dove mori. Ai tempi
di
Pausania si vedeva ancora il sepolero di Erofila,
Sminteo, dove mori. Ai tempi di Pausania si vedeva ancora il sepolero
di
Erofila, nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Ero
ro di Erofila, nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Eromanzia. — Nome
di
una specie di divinazione che i Persiani praticav
nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Eromanzia. — Nome di una specie
di
divinazione che i Persiani praticavano per mezzo
la parola Ἀηρ significa avia. 1814. Erope. — Così avea nome la moglie
di
Atreo, che à poi acquistata tanta lagrimevole rin
, per l’incestuoso adulterio con suo cognato Tieste. Erope era figlia
di
Euristeo, re di Argo, e la cronaca racconta di le
so adulterio con suo cognato Tieste. Erope era figlia di Euristeo, re
di
Argo, e la cronaca racconta di lei che, prima di
este. Erope era figlia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racconta
di
lei che, prima di cedere all’infame voglie del co
glia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racconta di lei che, prima
di
cedere all’infame voglie del cognato, ma già inna
che, prima di cedere all’infame voglie del cognato, ma già innamorata
di
lui, lo avesse aiutato a derubare ad Atreo un mon
, e che questo fosse il primo motivo che valse ad accendere la fiamma
di
quell’odio terribile, la cui fosca luce balenò pe
5. Eros. — . V. Ero. 1816. Erostrato. — Così avea nome quell’abitante
di
Efeso, che per rendersi celebre concepì l’infame
o che il suo vero nome fosse Erotostrato. Erostrato era anche il nome
di
un mercatante Nacraziano il quale si rese celebre
no il quale si rese celebre per avere instituita la corona Naucratite
di
Venere. — V. Naucratite. 1817. Erotidi. — Dette p
ite. 1817. Erotidi. — Dette più comunemente Erotidie ; feste in onore
di
Cupido che i Tespi celebravano con grande solenni
grande solennità e ricchezza ogni cinque anni. 1818. Erse. — Sorella
di
Pandrosa e di Aglaura, e figlia di Cecrope, re di
ità e ricchezza ogni cinque anni. 1818. Erse. — Sorella di Pandrosa e
di
Aglaura, e figlia di Cecrope, re di Atene. Mercur
cinque anni. 1818. Erse. — Sorella di Pandrosa e di Aglaura, e figlia
di
Cecrope, re di Atene. Mercurio essendosene innamo
18. Erse. — Sorella di Pandrosa e di Aglaura, e figlia di Cecrope, re
di
Atene. Mercurio essendosene innamorato, mentre el
Atene. Mercurio essendosene innamorato, mentre ella usciva dal tempio
di
Minerva, la dimandò in moglie al padre. Sua sorel
imandò in moglie al padre. Sua sorella Aglaura ingelosita della sorte
di
Erse, volle impedire a Mercurio l’accesso nell’ap
sso nell’appartamento della sorella, ma il dio, avendo cercato invano
di
piegarla colle sue preghiege, sdegnato del cattiv
to invano di piegarla colle sue preghiege, sdegnato del cattivo animo
di
lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una sta
colle sue preghiege, sdegnato del cattivo animo di lei, con un colpo
di
caduceo la cangiò in una statua di pietra di colo
cattivo animo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una statua
di
pietra di colore nerastro, forse per indicare che
imo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una statua di pietra
di
colore nerastro, forse per indicare che la bianch
ua di pietra di colore nerastro, forse per indicare che la bianchezza
di
quella era stata oscurata dal veleno dell’invidia
rseforie, le feste che in suo onore si celebravano dai Greci nel mese
di
scroforione (Giugno). 1819. Erseo. — Soprannome d
dai Greci nel mese di scroforione (Giugno). 1819. Erseo. — Soprannome
di
Giove che a lui veniva dall’essere i suoi altari
dall’essere i suoi altari in luogo scoperto e generalmente circondati
di
muraglie. Questa maniera particolare di fabbricar
rto e generalmente circondati di muraglie. Questa maniera particolare
di
fabbricare le are, consacrate al re dei muni era
dei muni era soprattutto comune nelle case dei principi. Il figliuolo
di
Achille uccise Priamo re di Troja presso un’altar
une nelle case dei principi. Il figliuolo di Achille uccise Priamo re
di
Troja presso un’altare di Giove Erseo, che sorgev
i. Il figliuolo di Achille uccise Priamo re di Troja presso un’altare
di
Giove Erseo, che sorgeva nella reggia trojana. 18
Fu una delle nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani : era figlia
di
Tazio re di quei popoli. Romolo, colpito dalla be
nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani : era figlia di Tazio re
di
quei popoli. Romolo, colpito dalla bellezza di le
era figlia di Tazio re di quei popoli. Romolo, colpito dalla bellezza
di
lei, la prescelse come sua sposa e n’ebbe un figl
io che poi fu chiamato Aollio, ed una figlia per nome Prima. La morte
di
Romolo penetrò Ersilia di tanto dolore, che Giuno
lio, ed una figlia per nome Prima. La morte di Romolo penetrò Ersilia
di
tanto dolore, che Giunone mossa a pietà, la fece
ndurre da Iride sul monte Quirinale, ove Romolo le apparve circondato
di
luce e la trasportò con sè nel cielo. Dopo questo
resero ad Ersilia gli onori divini, e l’adorarono nell’istesso tempio
di
Quirino sotto il nome di Hora, o secondo altri Ho
ri divini, e l’adorarono nell’istesso tempio di Quirino sotto il nome
di
Hora, o secondo altri Horta, perchè si credeva es
un’isola dello Oceano la quale, secondo riferisce Tacito, era quella
di
Rugen nel mar Baltico. Narrano le cronache che in
cronache che in quell’isola vi era una selva conosciuta sotto il nome
di
Caslum e nel mezzo di essa si teneva un carro cop
isola vi era una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e nel mezzo
di
essa si teneva un carro coperto a cui nessuno ard
ccava i buoi al carro coperto e lo seguiva, solo, a piedi, e con atti
di
grande venerazione. Il periodo di tempo che durav
seguiva, solo, a piedi, e con atti di grande venerazione. Il periodo
di
tempo che durava questa cerimonia era ritenuto co
i davano alla divinità che presiedeva alla fabbricazione della moneta
di
rame. Veniva rappresentata sotto la figura di una
bricazione della moneta di rame. Veniva rappresentata sotto la figura
di
una donna in piedi, con la mano sinistra poggiata
tto la figura di una donna in piedi, con la mano sinistra poggiata su
di
un bastone e avendo nella destra una bilancia. Es
la quale si sono ritrovate non poche medaglie, coniate sotto il regno
di
diversi Imperadori Romani, sulle quali si vedono
estra una bilancia ed ai piedi un corno dell’abbondanza ed un mucchio
di
varie monete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.
a ed ai piedi un corno dell’abbondanza ed un mucchio di varie monete,
di
rame, d’argento, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio d
dell’abbondanza ed un mucchio di varie monete, di rame, d’argento, e
di
oro. 1823.Esaco. — Figlio di Priamo e di Arisba,
o di varie monete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio
di
Priamo e di Arisba, prima moglie di quel re. La t
onete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio di Priamo e
di
Arisba, prima moglie di quel re. La tradizione mi
o, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio di Priamo e di Arisba, prima moglie
di
quel re. La tradizione mitologica narra che Merop
di quel re. La tradizione mitologica narra che Merope, avola materna
di
Esaco, gl’insegnò l’arte di predir l’avvenire ; e
itologica narra che Merope, avola materna di Esaco, gl’insegnò l’arte
di
predir l’avvenire ; e che egli ancor giovanissimo
dopo le nozze. Egli ne fu talmente addolorato che si gettò dall’allo
di
uno scoglio nel mare, ma Teti lo cangiò in uccell
in uccello prima che fosse caduto nelle onde. 1824. Esaforo. — Specie
di
lettiga portata da sei cavalli e della quale usav
quale usavano i patrizî romani. Si chiamava anche Esaforo una specie
di
bara, su cui venivano trasportati al rogo i cadav
a Ovidio, ripete, che alcune ninfe Najadi, avendo fatto un sacrifizio
di
dieci tori, avessero invitate tutte le divinità c
e le divinità campestri, ma dimenticarono Acheolo ; il quale sdegnato
di
sì poco rispetto, gonfiò le sue acque e trascinò
la loro disgrazia, le cangio in quelle isole conosciute sotto il nome
di
Eschinadi. 1826. Esculano. — V. Es. 1827. Esculap
i poeti non sono d’accordo sulla sua nascita. Taluni lo fanno figlio
di
Apollo e di Coronide, della reale famiglia dei La
sono d’accordo sulla sua nascita. Taluni lo fanno figlio di Apollo e
di
Coronide, della reale famiglia dei Lapidi. Le tra
ccreditate però raccontano, invece che Apollo avendo saputo per mezzo
di
un corvo che la sua amante aveva una tresca con I
zzo di un corvo che la sua amante aveva una tresca con Ischiso figlio
di
Elato, incaricò Diana di andare in Arcadia onde u
a amante aveva una tresca con Ischiso figlio di Elato, incaricò Diana
di
andare in Arcadia onde uccidere l’infedele Coroni
o Chiron, perché ’l nutrissi. Ovidio — Metamorfosi — Libro II. trad.
di
Dell’Anguillara. Altri racconta che Coronide, ac
tifera e gradita : Tu l’alma, se dal corpo si disserra. Tornar potrai
di
nuovo al corpo nuita. Tu sol saprai trar l’anima
dell’avo tuo paterno Giove : Ovidio — Metamorfosi — Libro II. trad.
di
Dell’Anguillara. Igino pretende che trovandosi E
di Dell’Anguillara. Igino pretende che trovandosi Esculapio in casa
di
Glauco, il quale era gravemente infermo, vedesse
ti e gli ammalati, e seguendo la tradizione, risuscitando gran numero
di
morti. Finalmente dopo aver richiamati alla vita
Fulminando mandò nè regni hui. Virgilio — Eneide — Libro VII. trad.
di
A. Caro. Però Giove stesso che lo aveva ucciso,
sia per propria amicirazione, sia per accondiscendere alle preghiere
di
Apollo, mise Esculapio nel numero degli astri. Un
suo figlio, li avesse tutti esterminati. Giove irritato perciò contro
di
Apollo voleva lanciarlo nel Tartaro, ma poi ceden
di Apollo voleva lanciarlo nel Tartaro, ma poi cedendo alle preghiere
di
Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a cus
i Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a custodire gli armenti
di
Admeto come semplice pastore. Ovidio nelle sue me
utta la Grecia adorato come un Dio, e non fu città, horgo o villaggio
di
questa popolosa contrada che non avesse un tempio
opolosa contrada che non avesse un tempio a lui sacro. Così il tempio
di
Cillene era fabbricato sul capo Ermino ; quello d
Il culto d’Esculapio fu da Epidauro trasportato in Roma in occasione
di
una peste. Questo Dio ha molti soprannomi come Ar
di una peste. Questo Dio ha molti soprannomi come Arcagele fondatore
di
Città, Aglaope, raggiante, Apatexicacos, salvator
prattutto il serpente che era intimamente legato ai misteri del culto
di
questo Dio. Presso gli egiziani, e presso tutti g
o avuto una comune origine ; e che il cuito del serpente come emblema
di
sanità è un resto del feticismo egiziano, il qual
che persino Mosè avesse esposto alla vista del suo popolo un serpente
di
bronzo la cui vista guariva dalla peste. Più tard
istianesimo vediamo nelle sacre pitture un serpente uscire dal calice
di
S. Giovanni come simbolo dell’igiene. Esculapio v
i come simbolo dell’igiene. Esculapio veniva rappresentato nel tempio
di
Epidauro assiso su di un trono, con una mano appo
iene. Esculapio veniva rappresentato nel tempio di Epidauro assiso su
di
un trono, con una mano appoggiata sulla testa di
i Epidauro assiso su di un trono, con una mano appoggiata sulla testa
di
un serpente e avendo nell’altra un bastone. A fia
he rappresentano il dio della medicina, e si sono trovate buon numero
di
monete e di pietre su cui è scolpita la sua immag
tano il dio della medicina, e si sono trovate buon numero di monete e
di
pietre su cui è scolpita la sua immagine. Oltre a
. Oltre a questo Esculapio ve n’era un’altro conosciuto sotto il nome
di
Esculapio di Epidauro di cui fa menzione Valerio
sto Esculapio ve n’era un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio
di
Epidauro di cui fa menzione Valerio Massimo, nell
o ve n’era un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio di Epidauro
di
cui fa menzione Valerio Massimo, nella sua storia
nell’anno 462 della sua fondazione e che era adorato sotto la figura
di
un serpente, statua che gli fu, secondo la tradiz
che, secondo Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum, era figlio
di
Alcippe e di Arsinoe. 1828.Eseceste o Esserceto.
Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum, era figlio di Alcippe e
di
Arsinoe. 1828.Eseceste o Esserceto. — Re dei Foce
ceto. — Re dei Focesi. Egli possedeva due anelli coi quali pretendeva
di
conoscere l’avvenire, percuotendoli uno contro l’
e, percuotendoli uno contro l’altro. La tradizione dice che per mezzo
di
un simile incantesimo egli avesse saputa l’epoca
vesse saputa l’epoca della sua morte, ciò che per altro non gl’impedì
di
morire ucciso a tradimento. 1829. Eslchia. — Nell
gl’impedì di morire ucciso a tradimento. 1829. Eslchia. — Nella città
di
Clazomene si dava questa denominazione, dalla par
adizione fu da Giove medesimo donata a Dardano, si dava il soprannome
di
Esimnete a Bacco stesso. 1831. Esione. — Figlia d
dava il soprannome di Esimnete a Bacco stesso. 1831. Esione. — Figlia
di
Laomedonte, re di Troja e sorella di Priamo. La t
di Esimnete a Bacco stesso. 1831. Esione. — Figlia di Laomedonte, re
di
Troja e sorella di Priamo. La tradizione mitologi
o stesso. 1831. Esione. — Figlia di Laomedonte, re di Troja e sorella
di
Priamo. La tradizione mitologica narra che fra Ne
Laomedonte fosse stabilito un patto, ma non fa menzione della ragione
di
questo ; e solo aggiunge che avendo Laomedonte ma
re gli alberi e le piante. Adunatisi i capi del governo, il re decise
di
comune accordo con quelli di mandare una deputazi
unatisi i capi del governo, il re decise di comune accordo con quelli
di
mandare una deputazione all’oracolo di Apollo, on
e di comune accordo con quelli di mandare una deputazione all’oracolo
di
Apollo, onde consultarlo sul modo di far cessare
dare una deputazione all’oracolo di Apollo, onde consultarlo sul modo
di
far cessare tanto flagello. L’oracolo rispose che
modo di far cessare tanto flagello. L’oracolo rispose che la cagione
di
tanto lutto, era la collera di Nettuno, il quale
ello. L’oracolo rispose che la cagione di tanto lutto, era la collera
di
Nettuno, il quale non si sarebbe placato se non q
ignerebbe. E la sorte volle che dall’urna fatale si estraesse il nome
di
Esione figliuola dilettissima di Laomedonte, la q
all’urna fatale si estraesse il nome di Esione figliuola dilettissima
di
Laomedonte, la quale, ostìa innocente del disuman
i l’orribile morte. Ma Ercole che si trovava allora nelle circostanze
di
Troja, insieme agli altri Argonauti, impietosito
Argonauti, impietosito al tristo fato della regale giovanetta, spezzò
di
propria mano, le catene di lei e promise al re La
risto fato della regale giovanetta, spezzò di propria mano, le catene
di
lei e promise al re Laomedonte di ucdere il mostr
, spezzò di propria mano, le catene di lei e promise al re Laomedonte
di
ucdere il mostro. Il principe trasportato di gioj
promise al re Laomedonte di ucdere il mostro. Il principe trasportato
di
gioja impegnò la sua fede ad Ercole, promettendog
di gioja impegnò la sua fede ad Ercole, promettendogli in ricompensa
di
tanto servizio, i suoi invincibili cavalli. L’ero
arbitra della propria volontà, avendule il padre lasciata la scelta o
di
seguitare il suo liberatore, ovvero di rimanere n
il padre lasciata la scelta o di seguitare il suo liberatore, ovvero
di
rimanere nella propria famiglia. La giovanetta pr
ore, ovvero di rimanere nella propria famiglia. La giovanetta preferi
di
seguire Ercole, ma questi, che dovea muovere in C
e in prigione il messaggiero. Ercole, sdegnato a tanta slealtà, cinse
di
assedio la città troiana, e dopo pochi giorni, es
giorni, essendosene impadronito, la mise a sacco ed a fuoco ; uccise
di
sua mano Laomedonte, e dette Esione stessa in mog
e Esione stessa in moglie all’amico Telamone. Esione fu anche il nome
di
una delle figliuole di Danao, la quale, amata da
ie all’amico Telamone. Esione fu anche il nome di una delle figliuole
di
Danao, la quale, amata da Giove, lo rese padre di
una delle figliuole di Danao, la quale, amata da Giove, lo rese padre
di
un fanciullo che fu chiamato Orcomeno. Divenuto a
’Egizia Tebe Per le cento sue porte. Omero — Iliade — Libro IX Trad.
di
V. Monti. 1832. Eso. — Con questo nome i Galli a
tolti al nemico in battaglia, ma persino tutt’i prigionieri. Al dire
di
Luciano nelle sue che dell’antichità, i Galli spi
lli spingevano la loro barbara superstizione fino a svenare sulle are
di
questa truce divinità, le loro mogli e i loro fig
eva il dio Eso mezzo ignudo e con una scure nella mano levata in atto
di
percuotere. 1833. Esonide. — Specie di veste usat
cure nella mano levata in atto di percuotere. 1833. Esonide. — Specie
di
veste usata generalmente dai servi e dagli operai
una sola manica e lasciava scoperte le spalle. 1834. Esone. — Figlio
di
Creteo re di Isico in Tessaglia. Egli succedette
ica e lasciava scoperte le spalle. 1834. Esone. — Figlio di Creteo re
di
Isico in Tessaglia. Egli succedette al padre ma f
one, che egli sottrasse con ogni amorevole cura, alla crudele gelosia
di
Pelia, il quale temeva in lui un vendicatore dei
Vello d’oro, trovando suo padre vecchissimo pregò la sua amante Medea
di
porre in opera alcuno dei suoi possenti segreti o
sopra, e scorrendo rapidamente per varî paesi, raccolse gran quantità
di
erbe, e ritornata presso di Esone, ne compose una
te per varî paesi, raccolse gran quantità di erbe, e ritornata presso
di
Esone, ne compose una bevanda e fatto scorrere da
a presso di Esone, ne compose una bevanda e fatto scorrere dalle vene
di
lui il sangue agghiacciato daila vecchiezza, vi f
emplificando a contatto della sua imponente severità, qualunque manto
di
allegoria favolosa, altro non ci ricorda se non c
one, essendo stato obbligato da Pelia suo fratello, a bere del sangue
di
toro, fosse morto in seguito di ciò prima che suo
Pelia suo fratello, a bere del sangue di toro, fosse morto in seguito
di
ciò prima che suo figlio Giasone fosse ritornato
o figlio Giasone fosse ritornato dalla Colchide, che sua moglie pazza
di
dolore, si fosse appiccata, e che Giasone al suo
el padre fatto celebrare dei giuochi funebri dagli Argonauti in onore
di
Esone. 1835. Esperidi. — Nome collettivo delle tr
onore di Esone. 1835. Esperidi. — Nome collettivo delle tre figliuole
di
Espero, fratello di Atlante. Il nome proprio di q
. Esperidi. — Nome collettivo delle tre figliuole di Espero, fratello
di
Atlante. Il nome proprio di queste tre sorelle er
o delle tre figliuole di Espero, fratello di Atlante. Il nome proprio
di
queste tre sorelle era Aretusa, Egle ed Ipertuosa
ni scrittori ne aggiungono una quarta a cui danno comunemente il nome
di
Erizia. È questa però una opinione poco generaliz
che quando Giove sposò Giunone, questa regalasse al marito un albero
di
pomi che faceva le frutta di oro. Giove allora in
ne, questa regalasse al marito un albero di pomi che faceva le frutta
di
oro. Giove allora in segno di aver gradito il don
un albero di pomi che faceva le frutta di oro. Giove allora in segno
di
aver gradito il dono, fece piantar l’albero nell’
tato scrittore, esse erano d’una tale bellezza, che la sola rinomanza
di
questa, spiese Busiride, re di Egitto, a comandar
a tale bellezza, che la sola rinomanza di questa, spiese Busiride, re
di
Egitto, a comandare ad alcuni corsari di rapirle.
questa, spiese Busiride, re di Egitto, a comandare ad alcuni corsari
di
rapirle. I corsari infatti penetrarono nel giardi
e. Questo principe in ricompensa donò ad Ercole i pomi d’oro. Al dire
di
Esiodo, le Esperid i furono, senza carnale commer
cio, generate dalla Notte, a somiglianza delle Gorgoni, delle Parche,
di
Nemesi, del Destino ec. ec. Forse le Esperidi fur
volosa, ba principio il regno delle tenebre. 1836. Espero. — Fratello
di
Atlante e figlio di Giapeto. Sua figlia detta da
il regno delle tenebre. 1836. Espero. — Fratello di Atlante e figlio
di
Giapeto. Sua figlia detta da lui Esperide, fu tol
paterno Atlante, da cui ebbe sette figliuole conosciute sotto il nome
di
Atlantidi, e più comunemente di Esperidi — V. l’a
te figliuole conosciute sotto il nome di Atlantidi, e più comunemente
di
Esperidi — V. l’arlicolo precedente. La tradizion
a tradizione racconta ch’essendo un giorno Espero, salito sulla vetta
di
un monte, per studiare il corso degli astri, fu t
tri, fu trasportato da un vento impetuoso, e non si seppe più novella
di
lui. Da ciò ha vita il simbolo mitologico che ha
i lui. Da ciò ha vita il simbolo mitologico che ha fatto dare il nome
di
Espero ad uno dei più brillanti pianeti. 1837. Es
to come Espiatore delle colpedegli uomini. 1838. Espiazione. — Specie
di
solennità o cerimonia religiosa che gli antichi i
tichità rivela per altro che presso i romani ed i greci si faceva uso
di
tal cerimonia in moltiplici e svariate occasioni.
uso di tal cerimonia in moltiplici e svariate occasioni. La speranza
di
placare lo sdegno di un qualche nume, il timore d
in moltiplici e svariate occasioni. La speranza di placare lo sdegno
di
un qualche nume, il timore delle pubbliche calami
azione ai celesti onde renderli propizie ad una intrapresa, all esito
di
una guerra, al compimento di un qualche fatto imp
li propizie ad una intrapresa, all esito di una guerra, al compimento
di
un qualche fatto importante che interessasse radi
città, furono altrettante occasioni presso i pagani alla celebrazione
di
codesta cerimonia detta Espiazione. Da ciò le par
tta Espiazione. Da ciò le parole così sovente adoperate dagli antichi
di
lustrare, expiare, februare, altro non vogliono s
, expiare, februare, altro non vogliono significare che il compimento
di
alcuni atti ritenuti proprî a cancellare una colp
ti proprî a cancellare una colpa, o a scongiurare il cattivo influsso
di
una qualche sventura che minacciasse la patria. P
Nei tempi eroici l’espiazione per l’omicidio, detta anche espiazione
di
sangue, veniva compiuta per mezzo di cerimonie so
omicidio, detta anche espiazione di sangue, veniva compiuta per mezzo
di
cerimonie solenni, gravi, dolorose. L’omicida, qu
essi ed i personaggi più considerevoli e cospicui, ne compirono assai
di
sovente la cerimonia espiatoria. Infatti nello st
nia espiatoria. Infatti nello studio dell’antichità, vediamo Creso re
di
Lidia espiare per Adrasto, reo di omicidio ; Copr
io dell’antichità, vediamo Creso re di Lidia espiare per Adrasto, reo
di
omicidio ; Copreo uccisore di Ifiso fu espiato da
so re di Lidia espiare per Adrasto, reo di omicidio ; Copreo uccisore
di
Ifiso fu espiato da Euristeo, re di Micene ; ed E
reo di omicidio ; Copreo uccisore di Ifiso fu espiato da Euristeo, re
di
Micene ; ed Ercole stesso vediamo espiato da Ceix
Euristeo, re di Micene ; ed Ercole stesso vediamo espiato da Ceixo re
di
Trachina, e poi da Eumolpo dopo la morte del cent
a, e poi da Eumolpo dopo la morte del centauro Nesso ; Demofoonte, re
di
Atene, espia Oreste, e Circe compie le cerimonie
va l’incarico che tacitamente gli dava il reo, col suindicato indizio
di
pentimento, allora faceva portare una pecora di u
ol suindicato indizio di pentimento, allora faceva portare una pecora
di
un anno, e col sangue di questo animale purificav
pentimento, allora faceva portare una pecora di un anno, e col sangue
di
questo animale purificava le mani dell’omicida. Q
ale purificava le mani dell’omicida. Quindi si passava alle libazione
di
vino puro in onore di Giove ; poscia si bagnavano
dell’omicida. Quindi si passava alle libazione di vino puro in onore
di
Giove ; poscia si bagnavano con acqua e mele tre
di Giove ; poscia si bagnavano con acqua e mele tre volte alcuni rami
di
olivo in simbolo della pace che l’omicida cercava
olte alcuni rami di olivo in simbolo della pace che l’omicida cercava
di
riacquistare. Finalmente si copriva l’ara di foca
ce che l’omicida cercava di riacquistare. Finalmente si copriva l’ara
di
focacce che il reo inginocchiato offeriva alle sd
che il reo inginocchiato offeriva alle sdegnate divinità, pregandole
di
perdonare al suo misfatto. Si trova anche ripetut
con la stessa pompa, nè all’istesso modo, e la tradizione ricorda più
di
un nome illustre e famoso, che avesse espiato una
il quale non ardì toccare gli dei Penati che volea portar seco prima
di
essersi tuffato nella corrente di un fiume. …… e
Penati che volea portar seco prima di essersi tuffato nella corrente
di
un fiume. …… e tu con le tue mani Sosterrai, pad
lordo e si recente uscito Da tanta uccisïon, toccar non lece Pria che
di
vivo fiume onda mi lave. Virgilio — Eneide — Lib
a che di vivo fiume onda mi lave. Virgilio — Eneide — Libro II Trad.
di
A. Caro. Così purificossi Achille dall’uccisione
il delitto non erasi consumato ma si era solamente stato in procinto
di
cedere ad una delittuosa tentazione, bisognava pu
iverso dai greci. A questo proposito riporteremo un brano delle opere
di
Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripetuta la ma
è ripetuta la maniera con la quale fu espiato Orazio, per l’uccisione
di
sua sorella Camilla, all’epoca del famoso duello
zii contro i tre Curiazii. « Dopo che Orazio fu assoluto dal delitto
di
parricidio, il re il quale non credette che in un
dio, il re il quale non credette che in una città in cui professavasi
di
temere gli dei, il giudizio degli uomini bastasse
el paese ; offrirono su questo altare molti sacrifizî espiatori, dopo
di
che fecero passare il reo sotto il giogo (specie
î espiatori, dopo di che fecero passare il reo sotto il giogo (specie
di
forca) ». Oltre a queste cerimonie espiatorie ne
gli eserciti dopo una guerra, e soprattutto le popolazioni al cessare
di
una pubblica calamità. Però è da notarsi che nell
la seconda, e praticavasi solamente quando si presentava l’occasione
di
dover purgare l’esercito dai delitti della milita
i romani quella che veniva solennizzata alla visibile manifestazione
di
un qualche prodigio. Il senato, in simili occasio
ava preci pubbliche, sacrifizî, giuochi, lettisternj, feste, e giorni
di
digiuno. Tutta la città era in lutto, le botteghe
uno ; e i sacrifizî espiatorî reiterati, onde allontanare le calamità
di
cui gli abitanti credevano minacciata la loro cit
romano segnava dei giorni prestabiliti per la espiazione della città
di
Roma. Una di queste date era il cinque di febbrai
va dei giorni prestabiliti per la espiazione della città di Roma. Una
di
queste date era il cinque di febbraio, nel qual g
r la espiazione della città di Roma. Una di queste date era il cinque
di
febbraio, nel qual giorno venivano immolate le vi
i cinque anni, e da questa derivò la parola lustrare, nel significato
di
espiare, avuto riguardo al periodo di tempo che t
arola lustrare, nel significato di espiare, avuto riguardo al periodo
di
tempo che trascorreva tra una di queste pubbliche
i espiare, avuto riguardo al periodo di tempo che trascorreva tra una
di
queste pubbliche cerimonie ed un’altra, periodo m
tra una di queste pubbliche cerimonie ed un’altra, periodo mai minore
di
cinque anni, ossia di un lustro, come gli antichi
liche cerimonie ed un’altra, periodo mai minore di cinque anni, ossia
di
un lustro, come gli antichi chiamavano un elasso
inque anni, ossia di un lustro, come gli antichi chiamavano un elasso
di
tempo che comprendesse cinque anni. I pagani rite
un luogo sacro ove un reo si fosse ricoverato, e quindi la espiazione
di
quel luogo diveniva, secondo le antiche credenze,
credenze, assolutamente necessaria. Per citare uno dei tanti esempi,
di
che fà menzione la tradizione favolosa, ricordere
empi, di che fà menzione la tradizione favolosa, ricorderemo il fatto
di
Edipo, il quale esiliato della sua patria, drizzò
si fermò nel tempio delle Eumenidi, in un bosco sacro presso la città
di
Colona. Gli abitanti, sapendolo reo, lo costrinse
ero alle espiazioni, le quali consistevano nella libazione dell’acqua
di
tre diverse fonti ; nel coronare le tazze della l
ne dell’acqua di tre diverse fonti ; nel coronare le tazze della lana
di
fresco tosata di una pecora lattante ; il tutto v
tre diverse fonti ; nel coronare le tazze della lana di fresco tosata
di
una pecora lattante ; il tutto volgendo il viso d
a parte ove nasce il sole, e finalmente offerendo tre volte nove rami
di
ulivi, onde placare le Eumenidi. Ismene, figlia d
re volte nove rami di ulivi, onde placare le Eumenidi. Ismene, figlia
di
Edipo, si sottomise ad eseguir simil cerimonie on
Edipo, si sottomise ad eseguir simil cerimonie onde espiare le colpe
di
suo padre. Coro Tu dei propizie Far queste div
l piè premesti Edipo E come far ? mel dite Coro Pria l’onda sacra
di
perenne fonte Con pure mani attingi. Edipo E po
Coro Libarue tre ; tutta versar la quarta. Edipo Ma questa pria,
di
qual licor fia d’uopo Empierla ? di ! Coro D’ac
a quarta. Edipo Ma questa pria, di qual licor fia d’uopo Empierla ?
di
! Coro D’acqua e di mel, nè stilla Pur vi mesce
uesta pria, di qual licor fia d’uopo Empierla ? di ! Coro D’acqua e
di
mel, nè stilla Pur vi mescer di vino Edipo E qu
uopo Empierla ? di ! Coro D’acqua e di mel, nè stilla Pur vi mescer
di
vino Edipo E quando poi Ciò si bevve il terreno
quando poi Ciò si bevve il terreno ? Coro Allor tre volte Nove rami
di
ulivo al suol ponendo Con ambe mani, a supplicar
fa, nulla stimar si dee. Sofocle — Edipo a Colono — Tragedia. Trad.
di
F. Bellotti. Oltre a queste avevano gli antichi
altri cerimonie espiatorie, come quelle che si facevano in occasione
di
viaggi, di nozze e di funerali. Tutto ciò che si
monie espiatorie, come quelle che si facevano in occasione di viaggi,
di
nozze e di funerali. Tutto ciò che si credeva di
torie, come quelle che si facevano in occasione di viaggi, di nozze e
di
funerali. Tutto ciò che si credeva di cattivo aug
occasione di viaggi, di nozze e di funerali. Tutto ciò che si credeva
di
cattivo augurio, come l’incontro di un corvo o di
unerali. Tutto ciò che si credeva di cattivo augurio, come l’incontro
di
un corvo o di una lepre, una tempesta improvvisa,
ciò che si credeva di cattivo augurio, come l’incontro di un corvo o
di
una lepre, una tempesta improvvisa, un sogno fune
tte le volte che qualcuno veniva iniziato ai grandi o piccoli misteri
di
Eleusi, ed alle mistiche orgie di Bacco e di Pria
niziato ai grandi o piccoli misteri di Eleusi, ed alle mistiche orgie
di
Bacco e di Priapo. 1839. Esserceto. — V. Eseceste
grandi o piccoli misteri di Eleusi, ed alle mistiche orgie di Bacco e
di
Priapo. 1839. Esserceto. — V. Eseceste. 1840.Essi
cia, e segnatamente in Corinto, ed a cui si dava questo nome in onore
di
Vesta, detta anche Estia, figlia di Saturno e di
cui si dava questo nome in onore di Vesta, detta anche Estia, figlia
di
Saturno e di Rea. Durante simili cerimonie, era e
questo nome in onore di Vesta, detta anche Estia, figlia di Saturno e
di
Rea. Durante simili cerimonie, era espressamente
ea. Durante simili cerimonie, era espressamente proibito il trasporto
di
qualunque oggetto che non fosse una delle vittime
ndo significare che gli avari non concedono ad altri la meno ma parte
di
quanto posseggono. 1843. Estipiel. — Nome partico
ia più comunemente conosciuto nella tradizione favolosa sotto il nome
di
Oeta. Sorgeva nella Tessaglia tra il monte Parnas
l tempo primitivo, in quattro età o periodi, conosciuti sotto il nome
di
Età dell’oro, dell’argento, del rame, e del ferro
l nome di Età dell’oro, dell’argento, del rame, e del ferro. La prima
di
queste età, ebbe cominciamento subito dopo la for
ll’uomo ; e secondo le cronache, sotto l’età dell’oro, fiorì il regno
di
Saturno, durante il quale regnò sulla terra la gi
senza essere coltivata, i frutti ed i fiori, ed era irrigata da fiumi
di
latte e di miele, che scorrevano soavissimamente,
e coltivata, i frutti ed i fiori, ed era irrigata da fiumi di latte e
di
miele, che scorrevano soavissimamente, fra sponde
fra sponde eternamente fiorite. Quest’età dell’oro è tolta dai libri
di
Mosè, dei quali i Greci e segnatamente gli Egizii
n periodo meno felice, sebbene ancora riposato e tranquillo. Nell’età
di
rame gli uomini cominciarono a sentire lo stimolo
oni malvagie, e divennero vendicativi e perversi. Finalmente nell’età
di
ferro, la malvagità dei mortali non ebbe più limi
agrime e sangue. Peraltro tutto questo sistema immaginativo e fecondo
di
ricca poesia, non si sostiene a contatto delle ri
, imperocchè noi vediamo dalle cronache del tempo, che sotto il regno
di
Saturno, vale a dire quando correva il periodo de
tronizza a sua volta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — Figlio
di
Mercurio e di una giovanetta discendente della st
volta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — Figlio di Mercurio e
di
una giovanetta discendente della stirpe reale deg
cconta che Etalide avesse domandato a suo padre due grazie ; la prima
di
essere a conoscenza anche dopo la morte, di quant
dre due grazie ; la prima di essere a conoscenza anche dopo la morte,
di
quanto avveniva nel mondo ; e l’altra che egli pa
i Argonauti ; e sugli obblighi della sua carica, che a lui imponevano
di
essere talora presente, e tale altra assente dall
e tale altra assente dall’armata. 1848. Eteocle. — Figlio primogenito
di
Edipo e di Giocasta e fratello di Polinice. Quand
a assente dall’armata. 1848. Eteocle. — Figlio primogenito di Edipo e
di
Giocasta e fratello di Polinice. Quando il loro g
1848. Eteocle. — Figlio primogenito di Edipo e di Giocasta e fratello
di
Polinice. Quando il loro genitore ebbe abdicato i
fratello di Polinice. Quando il loro genitore ebbe abdicato il trono
di
Tebe, Eteocle convenne col fratello, che avrebber
il primo a regnare per un anno, ma compiuto il suo tempo egli ricusò
di
cedere il potere al fratello. Polinice allora, de
ottenuto da lui protezione ed appoggio, ritornò in patria alla testa
di
un formidabile esercito, dando così principio all
un formidabile esercito, dando così principio alla memorabile guerra
di
Tebe, la quale ebbe termine col duello dei due fr
ères ennemis — Tragèdie Acte V — Scène III. Eteocle fu anche il nome
di
un re Orcomeno, nella Beozia, il quale, al dire d
e fu anche il nome di un re Orcomeno, nella Beozia, il quale, al dire
di
Pausania, fu il primo ad innalzare un tempio alle
zie ; le quali anche perciò erano conosciute sotto il nome collettivo
di
Eteocle. 1840. Eteoclo. — Uno del sette capi dell
. — Uno del sette capi dell’armata Greca che mosse alla famosa guerra
di
Tebe, fu fratello di Evadmo e figlio di Ifide. C
i dell’armata Greca che mosse alla famosa guerra di Tebe, fu fratello
di
Evadmo e figlio di Ifide. Che con sette falangi
che mosse alla famosa guerra di Tebe, fu fratello di Evadmo e figlio
di
Ifide. Che con sette falangi e sette duci Tutta
questi È l’Argivo Etcoclo… Sofogle — Edipo a Cutono — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Al dire di Euripide, questo eroe gi
… Sofogle — Edipo a Cutono — Tragedia trad. di F. Bellotti. Al dire
di
Euripide, questo eroe giovanetto, sfornito dei be
fortuna, si acquistò molta gloria e rinomanza nell’Argolide. Egli era
di
un disinteressamento a tutta prova, e aveva per l
teressamento a tutta prova, e aveva per la sua patria, e per le leggi
di
questa, una devozione senza limite. Egli morì sot
leggi di questa, una devozione senza limite. Egli morì sotto le mura
di
Tebe. Or di quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altr
sta, una devozione senza limite. Egli morì sotto le mura di Tebe. Or
di
quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altro di tutta Bo
ì sotto le mura di Tebe. Or di quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altro
di
tutta Bontà seguace. Era di cor valente ; Di pove
di quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altro di tutta Bontà seguace. Era
di
cor valente ; Di povere fortune, è ver, ma colmo
non hanno Colpa veruna ; Euripide — Le Supplicanti — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. 1850. Etelina. — I Greci davano que
i. Era chiamato Etelina perchè fu cantato la prima volta alle esequie
di
un patrizio chiamato Lino. 1851. Etere — I greci
on questa denominazione, i cieli distinti dai corpi luminosi. Al dire
di
Esiodo, alla creazione del mondo, l’essere suprem
dicarono alcun tempio nè altare. Veniva rappresentata sotto la figura
di
una donna, con la testa circondata di raggi ; con
a rappresentata sotto la figura di una donna, con la testa circondata
di
raggi ; con una Fenice d’appresso ; appoggiata ad
destra. Con questi differenti attributi si voleva denotare, per mezzo
di
simboli allegorici, i caratteri principali che il
stra, perchè è un corpo che non ha confini. 1853. Eteta. — Giovanetta
di
Laodicea, città della Siria. Amò così perdutament
riferisce la cronaca, domandò ed ottenne dagli dei la grazia speciale
di
essere cangiata in uomo, onde poter sempre accomp
. Etilia. — Una delle molte figliuole del re Priamo. Caduta in potere
di
Protesilao, che la fece prigioniera all’assedio d
. Caduta in potere di Protesilao, che la fece prigioniera all’assedio
di
Troja, ella profittò di una tempesta, che costrin
otesilao, che la fece prigioniera all’assedio di Troja, ella profittò
di
una tempesta, che costrinse la nave dove si trova
sta, che costrinse la nave dove si trovava, ad approdare fra le isole
di
Menta e Scio, e persuase le sue compagne ad appic
Protesilao fabbricò in quel luogo una città alla quale diede il nome
di
Scio. 1855. Etione. — Detta anche Etionome, fu se
izione, una delle figlie del re Priamo. Etione era anche un nome dato
di
sovente dai pagani ai cavalli. 1856. Etna — La tr
ei ciclopi che fabbricavano i fulmini a Giove, stessero nelle viscere
di
questo monte. …….. Etna sublime, Di fornaci e d’
a cerimonia si faceva gettando nelle viscere del vulcano, ogni specie
di
vittime, le quali se venivano divorate dal fuoco
me, le quali se venivano divorate dal fuoco si riteneva come presagio
di
lieto augurio ; se erano rigettate la predizione
olo si ritirò presso i sacerdoti cureti e dette al loro paese il nome
di
Etolia. 1858. Etosea. — Nome di una delle sette f
cureti e dette al loro paese il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome
di
una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra —
il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome di una delle sette figliuole
di
Niobe. 1859. Etra — Figlia di Piteo, re di Trezen
ea. — Nome di una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — Figlia
di
Piteo, re di Trezene conosciuto per la sua saggez
una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — Figlia di Piteo, re
di
Trezene conosciuto per la sua saggezza. Etra fu s
retamente, dallo stesso suo padre, maritata ad Egeo che la rese madre
di
Teseo. Piteo per alcune particolari sue ragioni,
lle quali la cronaca non fa parola, durante il tempo della gravidanza
di
Etra, non volendo palesare l’unione che le aveva
figlia, l’avesse resa madre ; e che per conseguenza Teseo era figlio
di
Nettuno. Allorchè Teseo, invaghitosi di Elena anc
conseguenza Teseo era figlio di Nettuno. Allorchè Teseo, invaghitosi
di
Elena ancor giovanetta, la rapì, nel partire da A
sero alle armi per vendicare il ratto della sorella e s’impadronirono
di
Afidne, profittando dell’assenza di Teseo, essi r
o della sorella e s’impadronirono di Afidne, profittando dell’assenza
di
Teseo, essi ricondussero con se Elena a cui dette
da quel giorno a rimanere presso la sua padrona, finchè dopo la presa
di
Troja, riconosciuta da suo nipote Demofoonte, fu
lui liberata e ricondotta in patria. 1860. Etreo — Uno dei soprannomi
di
Vulcano col quale aveva un tempio a lui consacrat
nell’arte degli Auguri. 1862. Ettore — Il più celebre fra i figliuoli
di
Priamo, re di Troja, e il più valoroso dei guerri
i Auguri. 1862. Ettore — Il più celebre fra i figliuoli di Priamo, re
di
Troja, e il più valoroso dei guerrieri che speser
questi Furiando parea Marte che crolla La grand’asta in battaglia, o
di
vorace Fuoco la vampa che ruggendo involve Una fo
Si squassa intorno alle sue tempie, e Giove Il proteggea dall’alto, e
di
lui solo Tra tanti eroi volea far chiaro il nome
o, e di lui solo Tra tanti eroi volea far chiaro il nome A ricompensa
di
sua corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad.
nome A ricompensa di sua corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad.
di
V. Monti Fu marito di Andromaca, e padre di Sca
corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad. di V. Monti Fu marito
di
Andromaca, e padre di Scamandrio più comunemente
Iliade — Libro XV Trad. di V. Monti Fu marito di Andromaca, e padre
di
Scamandrio più comunemente conosciuto sotto il no
omaca, e padre di Scamandrio più comunemente conosciuto sotto il nome
di
Astianatte. V. Astianatte. L’oracolo avea predett
. L’oracolo avea predetto che finchè Ettore avrebbe vissuto, il regno
di
Priamo resisterebbe agli attacchi dei greci, onde
colpi ; ma l’eroico valore dei guerrieri greci fu vano per lo spazio
di
nove anni, mentre Ettore uscì sempre incolume dai
mentre Ettore uscì sempre incolume dai replicati combattimenti e più
di
trenta fra i più famosi guerrieri greci perirono
ti e più di trenta fra i più famosi guerrieri greci perirono per mano
di
lui, sotto le mura della contrastata città. Corre
vanzò fin sotto le navi dei greci, appiccò a quello il fuoco e uccise
di
sua mano Patroclo, il compagno d’arme, l’amico, i
l famoso Achille. Ed Ettore, veduto il suo nemico Retrocedente e già
di
piaga offeso, Tra le file vicino gli si strinse,
a Dall’altra parle rïuscir la fece. Omero — Iliade — Libro XVI trad.
di
V. Monti. Questi, disperato d’aver perduto il su
disperato furore alla pugna. Invano Ecuba sua madre, Andromaca moglie
di
Ettore, il vecchio re Priamo suo padre, e gran nu
omaca moglie di Ettore, il vecchio re Priamo suo padre, e gran numero
di
guerrieri, di amici cercarono di dissuaderlo dall
i Ettore, il vecchio re Priamo suo padre, e gran numero di guerrieri,
di
amici cercarono di dissuaderlo dall’affrontare un
o re Priamo suo padre, e gran numero di guerrieri, di amici cercarono
di
dissuaderlo dall’affrontare una certa morte. …….
rai degli Achivi, esca alle belve. Omero — Iliade — Libro XXII trad.
di
V. Monti. Abbandonato dagli dei per avere disobb
dagli dei per avere disobbedito ad Apollo, Ettore giunto al cospetto
di
Achille, sentì, per un istante, vacillare il prop
nergia che non lo aveva mai abbandonato un solo istante per lo spazio
di
dieci anni. Ciò bon ostante egli attacca valoros
ortale, Ettore cade, e Achille, fatto legare al suo carro il cadavere
di
lui, fa per tre volte il giro delle mura della ci
rso I corridori che volar bramosi. Omero — Iliade — Libro XXII trad.
di
V. Monti. Omero ci ripete che Apollo, tocco di c
de — Libro XXII trad. di V. Monti. Omero ci ripete che Apollo, tocco
di
compassione allo spettacolo miserando, preservò i
tocco di compassione allo spettacolo miserando, preservò il cadavere
di
Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’e
Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’eroe con la sua egida
di
oro, per impedire che Achille, col trascinarlo ta
sa Lo strascinato corpo ne riceva. Omero — Iliade — Libro XXIV trad.
di
V. Monti. Finalmente gli dei, mossi a compassion
loroso che li aveva sempre onorati, inspirarono al vecchio re Priamo,
di
ridomandare al vincitore il corpo del figlio. Ach
suo dolore, conservava la maestà dell’alto suo grado ; e gli permise
di
riportare in Troia il cadavere del valoroso guerr
erriero, il quale con pompa solenne posto sul rogo, nelle mura stesse
di
quella città, che egli aveva difesa a costo della
mattino, s’accolse Il popolo d’intorno all’alta pira. E pria con onde
di
purpureo vino Tutte estinser le brage. Omero — I
ureo vino Tutte estinser le brage. Omero — Iliade — Libro XXIV trad.
di
. V. Monti. 1863. Eubagl. — Nome particolare che
elle scienze naturali. 1864. Eubea. — Così ebbe nome una delle amanti
di
Mercurio, che ebbe da lei un figliuolo chiamato P
che ebbe da lei un figliuolo chiamato Polibio. La favola fa menzione
di
un’altra Eubea, figliuola del fiume Asterione : e
essa insieme alle sue sorelle Acrea e Posimna, furono fra le nutrici
di
Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire di Cicerone, er
e Posimna, furono fra le nutrici di Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire
di
Cicerone, era questo il nome di uno dei tre dei D
di Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire di Cicerone, era questo il nome
di
uno dei tre dei Dioscuri, conosciuti sotto il nom
nome di uno dei tre dei Dioscuri, conosciuti sotto il nome collettivo
di
Anaci. La tradizione favolosa ci presenta Eubuleo
tivo di Anaci. La tradizione favolosa ci presenta Eubuleo come figlio
di
Giove e di Proserpina, e nativo di Atene. 1866. E
ci. La tradizione favolosa ci presenta Eubuleo come figlio di Giove e
di
Proserpina, e nativo di Atene. 1866. Eubulia. — O
sa ci presenta Eubuleo come figlio di Giove e di Proserpina, e nativo
di
Atene. 1866. Eubulia. — Ossia dea del buon consig
ue parole greche Ευ bene ; e Βουλ η consïglio. 1867. Eubulo. — Figlio
di
Demetrio di Maratona, il quale fu, per decreto de
eche Ευ bene ; e Βουλ η consïglio. 1867. Eubulo. — Figlio di Demetrio
di
Maratona, il quale fu, per decreto del senato, pr
pubblica, alcune importanti missioni che aveva ricevuto dai sacerdoti
di
Bacco e di Esculapio. 1868. Eucherecrate. — La cr
lcune importanti missioni che aveva ricevuto dai sacerdoti di Bacco e
di
Esculapio. 1868. Eucherecrate. — La cronaca mitol
atosi a Delfo, per consultare la Pitia, s’innammorò così perdutamente
di
lei, che la rapì e la condusse nella sua patria.
i nell’avvenire, fu fatta una legge, con la quale la Pitia del tempio
di
Delfo, doveva avere cinquanta anni compiuti. 1869
ano giorni felici. 1871. Eudora. — Una delle ninfe Oceanidi figliuola
di
Teti e dell’Oceano. 1872. Eufemo. — Uno degli Arg
e propriamente quello che alla morte del pilota Tifi ebbe l’incarico
di
timoniere. La tradizione ce lo presenta come figl
bbe l’incarico di timoniere. La tradizione ce lo presenta come figlio
di
Nettuno. 1873. Eufiro. — Uno dei sette figliuoli
senta come figlio di Nettuno. 1873. Eufiro. — Uno dei sette figliuoli
di
Niobe, ucciso, coi suoi fratelli, da Apollo a col
ette figliuoli di Niobe, ucciso, coi suoi fratelli, da Apollo a colpi
di
frecce. V. Niobe. 1874. Eufrade. — Così aveva nom
de. — Così aveva nome la divinità che presiedeva ai conviti. In segno
di
allegria si metteva la statua di questo dio nella
che presiedeva ai conviti. In segno di allegria si metteva la statua
di
questo dio nella sala del banchetto e sovente sul
capi dei Trojani nel memorabile assedio della loro città. Era figlio
di
Penteo, e mori sotto le mura di Troja per mano di
assedio della loro città. Era figlio di Penteo, e mori sotto le mura
di
Troja per mano di Menelao. 1876. Eufrona. — Dalle
o città. Era figlio di Penteo, e mori sotto le mura di Troja per mano
di
Menelao. 1876. Eufrona. — Dalle due parole greche
lle due parole greche φρης che significano consiglio si dette il nome
di
Eufrona alla dea della notte, riguardata, secondo
rbio, come la madre dei consigli. 1877. Eufrosina. — Nome particolare
di
quella fra le tre grazie che presiedeva all’alleg
ata annoverata fra le divinità. Veniva raffigurata sotto le sembianze
di
una donna in piedi, che ha nella mano sinistra un
tua della dea Minerva ; forse a ricordare non esservi cosa più nobile
di
Minerva, nata armata dal cervello di Giove. 1879,
dare non esservi cosa più nobile di Minerva, nata armata dal cervello
di
Giove. 1879, Eumelo. — Figliuolo di Alceste e di
Minerva, nata armata dal cervello di Giove. 1879, Eumelo. — Figliuolo
di
Alceste e di Admeto. Fu uno dei capi greci che as
armata dal cervello di Giove. 1879, Eumelo. — Figliuolo di Alceste e
di
Admeto. Fu uno dei capi greci che assediarono Tro
iava, agili e ratte Come penna d’augello ambe d’un pelo. D’età pari e
di
dosso a dritto filo. Il vibrator del curvo arco d
del curvo arco d’argento, Febo educolle nel pïerii prati. E portavan
di
Marte la paura Nelle battaglie. Omero — Iliade —
di Marte la paura Nelle battaglie. Omero — Iliade — Libro II. Trad.
di
V. Monti. 1880. Eumene. — Gli abitanti di Scio o
— Iliade — Libro II. Trad. di V. Monti. 1880. Eumene. — Gli abitanti
di
Scio onoravano come una divinità l’eroe Drimaco a
ravano come una divinità l’eroe Drimaco a cui davano la denominazione
di
Eumene ossia Eroe pacifico. V. Drimaco. 1881. Eum
per liberare Oreste dalle furie che lo tormentavano dopo l’uccisione
di
sua madre Clitennestra, lo avesse consigliato a r
a, lo avesse consigliato a recarsi in Atene, ad implorare il soccorso
di
Minerva. ……Te Inseguiranno In terra, in mar. nel
l tuo cammino. e stanco Non t’arrestar, fin che venuto sei Alla città
di
Pallade. Là siedi. Abbracciando l’antico simulacr
da trarti Di tutti i guai ; Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia. Trad.
di
F. Bellotti. La dea in fatti, mossa a compassion
dette Eumenidi le furie, o come dicemmo benefattrici ; e nella città
di
Atene fu con questo nome inalzato loro un tempio
enerosa contesa intera palma. Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia Trad.
di
F. Bellotti. 1883. Eumeo. — Così avea nome il fi
d. di F. Bellotti. 1883. Eumeo. — Così avea nome il figliuolo del re
di
Scio, isola del mare Egeo, che fu il più fedele s
nicia, i quali lo condussero nell’isola d’Itaca, e lo venderono al re
di
quella contrada per nome Laerte padre di Ulisse,
’Itaca, e lo venderono al re di quella contrada per nome Laerte padre
di
Ulisse, il quale dopo qualche tempo lo adibì alla
greggi. Là si rivolse, dove Palla mostro Gli aveva l’inclito Eumeo,
di
cui fra tutti D’Ulisse i miglior servi alcun non
beni del padron meglio guardasse. Omero — Odissea — Libro XIV Trad.
di
I. Pindemonte. Fu in casa di questo Eumeo, che s
sse. Omero — Odissea — Libro XIV Trad. di I. Pindemonte. Fu in casa
di
questo Eumeo, che si ricoverò Ulisse, dopo venti
Fu in casa di questo Eumeo, che si ricoverò Ulisse, dopo venti anni
di
lontananza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto di
se, dopo venti anni di lontananza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto
di
questo fedel servitore che egli potè sterminare t
o di questo fedel servitore che egli potè sterminare tutti gli amanti
di
Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu uno dei fi
li amanti di Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu uno dei figliuoli
di
Atreo, il quale insieme ai suoi due fratelli Mela
elampo ed Aleone vengono soprannimati da Cicerone col nome collettivo
di
Dioscuri. Questa opinione del celebre oratore non
avano collettivamente i principali ministri delle cerimonie del culto
di
Cerere. Il loro sacerdozio aveva per ogni individ
ulto di Cerere. Il loro sacerdozio aveva per ogni individuo la durata
di
dieci anni ed era creditario nella famiglia. 1886
ono le opinioni degli scrittori dell’antichità, su questo personaggio
di
origine egiziana. Secondo alcuni, egli era figlio
ana. Secondo alcuni, egli era figlio del poeta Museo, e secondo altri
di
Orfeo. La tradizione più accreditata però, raccon
secondo altri di Orfeo. La tradizione più accreditata però, racconta
di
lui che, avendo contrastato il possesso della cit
però, racconta di lui che, avendo contrastato il possesso della città
di
Atene ad Eretteo, questi gli mosse guerra. Nella
rimasero entrambi uccisi, e allora gli Ateniesi assegnarono il regno
di
Atene alla famiglia di Eretteo e a quella di Èumo
si, e allora gli Ateniesi assegnarono il regno di Atene alla famiglia
di
Eretteo e a quella di Èumolpo la dignità ereditar
esi assegnarono il regno di Atene alla famiglia di Eretteo e a quella
di
Èumolpo la dignità ereditaria di sommo sacerdote
alla famiglia di Eretteo e a quella di Èumolpo la dignità ereditaria
di
sommo sacerdote o Jerofante dei misteri Eleusini.
che insegnò ad Ercole la musica. V. Ercole. 1887. Euneo. — Figliuolo
di
Giasone e della giovanetta Isifile, figlia di un
887. Euneo. — Figliuolo di Giasone e della giovanetta Isifile, figlia
di
un re della Tracia per nome Toante. Giasone in un
re della Tracia per nome Toante. Giasone in un suo viaggio all’isola
di
Lemnos, s’innamorò d’Isifile e n’ebbe un figliuol
figliuolo che fu questo Euneo. Secondo la tradizione egli diventò re
di
quell’isola alla morte dell’avo, e quando i greci
ci assediavano Troja, mandò agli Atridi in dono molti cavalli carichi
di
vino. 1888. Eunice. — Nome di una delle ninfe Ner
li Atridi in dono molti cavalli carichi di vino. 1888. Eunice. — Nome
di
una delle ninfe Nereidi. 1889. Eunomia. — Fu figl
suoi amori con Giove. 1890. Eunomo. — Fu un famoso musico della città
di
Locri. La cronaca favolosa narra di lui che recan
— Fu un famoso musico della città di Locri. La cronaca favolosa narra
di
lui che recandosi nella città di Delfo, insieme a
di Locri. La cronaca favolosa narra di lui che recandosi nella città
di
Delfo, insieme ad un altro celebre suonatore dell
lla città di Delfo, insieme ad un altro celebre suonatore della città
di
Reggio, per nome Aristano onde sostenere una sfid
sfida nella loro arte, avvenne strada facendo che una corda del liuto
di
Eunomo si fosse spezzata ; e nel tempo istesso es
corda, che Eunomo fu il vincitore nell’artistica disfida. In memoria
di
questo fatto gli abitanti di Locri, gl’innalzaron
itore nell’artistica disfida. In memoria di questo fatto gli abitanti
di
Locri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo
lamente sulle rive del fiume Alex o Alice, (che divideva le due città
di
Locri e di Reggio), dalla parte della città di Lo
le rive del fiume Alex o Alice, (che divideva le due città di Locri e
di
Reggio), dalla parte della città di Locri mentre
divideva le due città di Locri e di Reggio), dalla parte della città
di
Locri mentre restavano mute sulla riva prossima a
a città di Locri mentre restavano mute sulla riva prossima alla città
di
Reggio. 1891. Eunosto. — Nella città di Tanagra,
ulla riva prossima alla città di Reggio. 1891. Eunosto. — Nella città
di
Tanagra, posta sulla sponda del fiume Asopo in Ac
a divinità chiamata Eunosta. Essendo espressamente vietato alle donne
di
entrare in quel tempio, era generale credenza che
enza che tutte le volte che una pubblica calamità affliggeva la città
di
Tanagra, n’era causa la violazione di questa legg
ca calamità affliggeva la città di Tanagra, n’era causa la violazione
di
questa legge. Si facevano in simili congiunture l
binazione, e appena si scopriva la rea veniva irremisibilmente punita
di
morte. 1892. Eunuco. — I pagani ritenevano come u
92. Eunuco. — I pagani ritenevano come un pessimo presagio l’incontro
di
un eunuco nell’uscire di casa. Quando la combinaz
tenevano come un pessimo presagio l’incontro di un eunuco nell’uscire
di
casa. Quando la combinazione faceva che s’imbatte
cire di casa. Quando la combinazione faceva che s’imbattessero in uno
di
essi, ritornavano in casa e non uscivano per tutt
e. La geografia antica ci ammaestra che nelle circostanze della città
di
Napoli, vi era una montagna chiamata Euploca sull
894. Eupompa. — Un’altra delle ninfe Nereidi. 1895. Euriale. — Figlia
di
Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre
uriale. — Figlia di Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre
di
Orione. Euriale era anche il nome di una delle tr
sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale era anche il nome
di
una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia
i Orione. Euriale era anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella
di
Medusa e figlia di Torcide. Al dire di Esiodo que
ra anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia
di
Torcide. Al dire di Esiodo questa Gorgone non era
una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia di Torcide. Al dire
di
Esiodo questa Gorgone non era soggetta nè alla ve
iale aveva nome quella regina delle Amazzoni, la quale soccorse il re
di
Colchide, Aete contro Perseo. 1896. Eurialo. — Il
lo legava a Niso, altro giovane guerriero, e che fu causa della morte
di
entrambi. Eurïalo era seco, un giovanetto Il più
no arme vestisse : Ch’a pena avea la rugiadosa guancia Del primo flor
di
gioventute aspersa. Virgilio — Eneide Libro IX t
l primo flor di gioventute aspersa. Virgilio — Eneide Libro IX trad.
di
A. Caro. Eurialo avea similmente nome un figliol
Libro IX trad. di A. Caro. Eurialo avea similmente nome un figliolo
di
Mecisteo, nipote del re Talao. Omero dice di lui
ilmente nome un figliolo di Mecisteo, nipote del re Talao. Omero dice
di
lui che insieme a Diomede e Stenelo comandava gli
lui che insieme a Diomede e Stenelo comandava gli argivi all’assedio
di
Troja, ed era simile agli dei. ….e il somigliant
, ed era simile agli dei. ….e il somigliante a nume Eurialo figliuol
di
Mecisteo Talaionide. Omero — Iliade — Libro II t
alo figliuol di Mecisteo Talaionide. Omero — Iliade — Libro II trad.
di
. V. Monti. 1897. Euribate. — Uno degli Argonauti
per la sua agilità negli esercizii del corpo, e per l’arte che aveva
di
risanare le ferite. Oileo gravemente piagato nel
u completamente risanato da questo Euribate. 1898. Euribia. — Al dire
di
Esiodo fu figliuola della Terra, moglie di Crejo
. 1898. Euribia. — Al dire di Esiodo fu figliuola della Terra, moglie
di
Crejo e madre di Perseo, di Pallante e di Astreo.
— Al dire di Esiodo fu figliuola della Terra, moglie di Crejo e madre
di
Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. —
i Esiodo fu figliuola della Terra, moglie di Crejo e madre di Perseo,
di
Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. — Balia di U
gliuola della Terra, moglie di Crejo e madre di Perseo, di Pallante e
di
Astreo. 1899. Euridea. — Balia di Ulisse la quale
jo e madre di Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. — Balia
di
Ulisse la quale fu la prima a riconoscerlo quando
giorno ferito dalla caccia al cignale. Omero ripete che Laerte, padre
di
Ulisse, avea comperata Euridea ancora bambina, pe
lisse, avea comperata Euridea ancora bambina, per l’equivalente somma
di
venti buoi. 1900. Euridice. — Moglie di Orfeo. La
bina, per l’equivalente somma di venti buoi. 1900. Euridice. — Moglie
di
Orfeo. La tradizione favolosa racconta di lei che
i. 1900. Euridice. — Moglie di Orfeo. La tradizione favolosa racconta
di
lei che, qualche giorno dopo il suo matrimonio, e
guita da certo Aristeo ; essa fu morsicata da una serpe, sulle sponde
di
un fiume, e morì in seguito di quella ferita. Orf
u morsicata da una serpe, sulle sponde di un fiume, e morì in seguito
di
quella ferita. Orfeo, che amava teneramente quell
va fatta, ma non potendo più a lungo sopportare l’amarezza ineffabile
di
quella angoscia, penetrò nel tetro regno di Pluto
are l’amarezza ineffabile di quella angoscia, penetrò nel tetro regno
di
Plutone ; attraversò le selve tenebrose ove regna
cese nei più profondi recessi del Tartaro, e vide i pallidi abilatori
di
quel cieco soggiorno. Ma la potenza irresistibile
leste melodia ch’egli traeva dalle corde divine, ebbe l’arcano potere
di
commuovere gli inesorabili dei delle tenebre. Le
ei delle tenebre. Le furie stesse ne fureno allettate : Cerbero cessò
di
latrare con le sue tre gole ; la ruota d’Isione s
to breve cammino, Orfeo non seppe resistere al desiderio ardentissimo
di
rivedere le care sembianze della sua amata, e si
Giva abbracciando, e volea dir più cose, Vide dappoi, nè dal nocchier
di
Stige Fu lasciato passar l’atra palude. Virgilio
lasciato passar l’atra palude. Virgilio — Georgica — Libro IV trad.
di
M. Bernardin Daniello. Orfeo desolato ritornò su
mando e piangendo la cara perduta. Finalmente si condusse nella città
di
Aorno, ove, secondo la tradizione, esisteva un or
arla, ma Euridice era scomparsa. Allora fu che Orfeo, ripieno l’animo
di
un disperato dolore, si fece ad interrogare nuova
ra morta per sempre, e ch’egli non l’avrebbe riveduta più. In seguito
di
questa risposta, perduta l’unica speranza che lo
osta, perduta l’unica speranza che lo teneva in vita, Orfeo si uccise
di
propria mano, forse nella credenza dolcissima di
ita, Orfeo si uccise di propria mano, forse nella credenza dolcissima
di
raggiungere l’unico e costante oggetto dell’ amor
l’unico e costante oggetto dell’ amor suo. Euridice fu anche il nome
di
una figliuola, che Endimione ebbe dalla ninfa Ast
1901. Eurimedonte. — La favola dà questo nome äl gigante che fu padre
di
Prometeo. Giunone prima di diventar moglie di Gio
ola dà questo nome äl gigante che fu padre di Prometeo. Giunone prima
di
diventar moglie di Giove lo aveva amato, e questa
äl gigante che fu padre di Prometeo. Giunone prima di diventar moglie
di
Giove lo aveva amato, e questa fu la vera ragione
ll’odio che Giove ebbe poi tanto con Eurimedonte quanto col figliuolo
di
lui. 1902. Eurinome. — La più bella fra le figliu
re delle tre Grazie. Eurinome veniva rappresentata sotto le sembianze
di
uua giovane, che dalla cintura in giù aveva il co
le sembianze di uua giovane, che dalla cintura in giù aveva il corpo
di
pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la
n suo onore pubblici e privati sacrifizii. 1903. Eurinomo. — Al dire
di
Pausania era uno degli dei infernali. Questa truc
o la tradizione favolosa, si cibava della carne dei morti. Nel tempio
di
Delo vi era una sua statua, che la rappresentava
tempio di Delo vi era una sua statua, che la rappresentava seduta su
di
una pelle d’avvoltoio e mostrando i denti come un
oltoio e mostrando i denti come un affamato. 1904. Euripile. — Figlio
di
Evemone. Fu uno dei capitani greci che assediaron
ilo. Da quaranta carene accompagnato Omero — Iliade — Libro II trad.
di
V. Monti. Narra la cronaca che quando Troja cadd
o Troja cadde in potere dei greci, ad Euripile toccasse, come bottino
di
guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una s
ome bottino di guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una statua
di
Bacco, fatta da Vulcano, e che Giove stesso aveva
lcano, e che Giove stesso aveva donato a Dardano. Euripile impaziente
di
vedere ciò che contenesse la cassa, la ruppe, ma
la cassa, la ruppe, ma non appena ebbe guardata la statua, fu colpito
di
follia e divenne furioso. Per più tempo il male l
a tregua ; ma poi cominciò ad avere qualche lucido intervallo. In uno
di
questi momenti, egli decise di andare a Delfo, on
vere qualche lucido intervallo. In uno di questi momenti, egli decise
di
andare a Delfo, onde consultare l’oracolo di Apol
sti momenti, egli decise di andare a Delfo, onde consultare l’oracolo
di
Apollo ; ed infatti ebbe da questo risposta ch’eg
a, e fermarsi solamente in quel luogo ove avesse visto gli apparecchi
di
un sacrifizio cruento ; e che in quel luogo egli
ni in balia dei venti, ma finalmente fu spinto sulle rive della città
di
Patrasso ; e nel mettere piede a terra, scorse un
città di Patrasso ; e nel mettere piede a terra, scorse un drappello
di
uomini, i quali si accingevano a sacrificare un g
quali si accingevano a sacrificare un giovanetto ed una fanciulla su
di
un altare di Diana Triclaria. Risovvenendosi allo
ingevano a sacrificare un giovanetto ed una fanciulla su di un altare
di
Diana Triclaria. Risovvenendosi allora della volo
vventura, Euripile risanò completamente, e da quel tempo gli abitanti
di
Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo, la festa d
tempo gli abitanti di Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo, la festa
di
Bacco, i funerali di Euripile, e portavano ricche
Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo, la festa di Bacco, i funerali
di
Euripile, e portavano ricche offerte al dio chius
uso nella cassa, a cui, secondo Pausania, dettero il nome particolare
di
Esimnete. Euripile fu anche un re della Libia e p
olare di Esimnete. Euripile fu anche un re della Libia e propriamente
di
quella contrada detta Cirenaica. Le cronache dell
rada detta Cirenaica. Le cronache delle antichità dicono, a proposito
di
questo re, che essendo stati gli Argonauti spinti
agge del suo regno, egli avesse dato loro un naviglio onde servirsene
di
scorta, e avesse loro additato il modo di schivar
un naviglio onde servirsene di scorta, e avesse loro additato il modo
di
schivare gli scanni di sabbia, che s’incontrano n
sene di scorta, e avesse loro additato il modo di schivare gli scanni
di
sabbia, che s’incontrano nelle circostanze delle
e una ricompensa, avrebbe mostrato loro una via più sicura e sgombera
di
scogli. Giasone regalò allora al tritone un tripo
ura e sgombera di scogli. Giasone regalò allora al tritone un tripode
di
rame ; e in conseguenza di ciò il tritone, che no
iasone regalò allora al tritone un tripode di rame ; e in conseguenza
di
ciò il tritone, che non era altro che Euripile, s
a di ciò il tritone, che non era altro che Euripile, staccò dal carro
di
Nettuno uno degli aligeri destrieri e lo mandò in
i aligeri destrieri e lo mandò innanzi agli Argonauti, ordinando loro
di
seguire esattamente la via che avrebbe percorsa i
rcorsa il divino corridore. Finalmente Euripile si chiamava un nipote
di
Ercole, che fu uno dei più valorosi alleati dei t
verso la fine dello assedio e che in un aspro combattimento uccidesse
di
propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire
he in un aspro combattimento uccidesse di propria mano Macaone figlio
di
Esculapio. Al dire di Omero, egli era uno dei più
imento uccidesse di propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire
di
Omero, egli era uno dei più belli principi dei su
e, difendendo il cadavere del loro capitano. 1905. Euristeo. — Figlio
di
Steneo e di Micippe figliuola di Pelope e re di M
o il cadavere del loro capitano. 1905. Euristeo. — Figlio di Steneo e
di
Micippe figliuola di Pelope e re di Micene. La cr
o capitano. 1905. Euristeo. — Figlio di Steneo e di Micippe figliuola
di
Pelope e re di Micene. La cronaca mitologica narr
5. Euristeo. — Figlio di Steneo e di Micippe figliuola di Pelope e re
di
Micene. La cronaca mitologica narra che avendo Gi
o Giove giurato che dei due bambini Euristeo ed Ercole, quegli figlio
di
Micippe, e questi di Alemena quello che nascerebb
ei due bambini Euristeo ed Ercole, quegli figlio di Micippe, e questi
di
Alemena quello che nascerebbe primo, avrebbe otte
ne irritata contro Alemena, si vendicò facendo che Micippe partorisse
di
sette mesi Euristeo, procurandogli così la superi
così la superiorità sul fratello. Divenuto adulto Euristeo, invidioso
di
Ercole, e temendo di essere da questi detronizzat
ul fratello. Divenuto adulto Euristeo, invidioso di Ercole, e temendo
di
essere da questi detronizzato un giorno lo perseg
guitò continuamente. Ciò non ostante Euristeo ebbe sempre gran timore
di
Ercole, e tanto, che non gli permetteva di entrar
eo ebbe sempre gran timore di Ercole, e tanto, che non gli permetteva
di
entrare in città, e facevagli comunicare per mezz
gli permetteva di entrare in città, e facevagli comunicare per mezzo
di
un araldo i suoi ordini. Quando Ercole mori, Euri
scendenti. — V. Eraclidi. — La tradizione ripete, che durante la vita
di
Ercole, Euristeo ebbe tanta paura di lui che non
ione ripete, che durante la vita di Ercole, Euristeo ebbe tanta paura
di
lui che non osava presentarsi mai alla sua presen
ntarsi mai alla sua presenza, e che sì era fatto fabbricare una botte
di
bronzo per nascondervisi in caso di bisogno. 1906
sì era fatto fabbricare una botte di bronzo per nascondervisi in caso
di
bisogno. 1906. Euristemone. — Statua della dea Te
iva dalle due parole greche Ευρος largo, e σερυου petto. Nella città
di
Ege in Acaja, essa aveva un tempio, che era il pi
rata sotto questo nome. La sacerdotessa che veniva eletta al servigio
di
questo tempio, doveva esser stata maritata una so
o che veniva insignita del suo sacro carattere, doveva far giuramente
di
viver celibe per tutto il rimanente dei suoi gior
iganti che dettero la scalata al cielo. Ercole lo uccise con un colpo
di
ramo di quercia. Eurito aveva anche nome quello S
he dettero la scalata al cielo. Ercole lo uccise con un colpo di ramo
di
quercia. Eurito aveva anche nome quello Scita, re
un colpo di ramo di quercia. Eurito aveva anche nome quello Scita, re
di
Oecalia, nella Tessaglia, che fu maestro di Ercol
che nome quello Scita, re di Oecalia, nella Tessaglia, che fu maestro
di
Ercole nel tirar d’arco. V. Ercole. Egli aveva un
ole nel tirar d’arco. V. Ercole. Egli aveva una figlia per nome Jole,
di
cui aveva promesso la mano a colui che lo avesse
fu cagione della celebre contesa fra i Lapidi ed i Centauri. Al dire
di
Omero, durante il convito delle nozze di Piritoo,
apidi ed i Centauri. Al dire di Omero, durante il convito delle nozze
di
Piritoo, il vino alterò siffattamente le facoltà
lle nozze di Piritoo, il vino alterò siffattamente le facoltà mentali
di
Eurizione, che insultò villanamente alcuni Lacede
izion Centauro. Quando venne tra i Lapiti, e nell’ alta Casa ospitale
di
Piritoo, immensi, Compreso di furor, mali commise
ra i Lapiti, e nell’ alta Casa ospitale di Piritoo, immensi, Compreso
di
furor, mali commise. Molto ne dolse a quegli eroi
ro Eurizion portò sovra sè stesso. Omero — Odissea — Libro XXI Trad.
di
I. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore
— Odissea — Libro XXI Trad. di I. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia
di
Agenore, re di Fenicia. Essa era di una bellezza
ro XXI Trad. di I. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re
di
Fenicia. Essa era di una bellezza incantevole, e
ndemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re di Fenicia. Essa era
di
una bellezza incantevole, e avea la pelle così bi
rere verso il mare, e si tuffò nelle onde prendendo la via dell’isola
di
Creta, ove giunse per l’imboccatura del fiume Let
a. Per l’onda se n’andò tranquilla e cheta, Tantochè giunse all’isola
di
Creta. Ovidio — Metamorfosi — Libro II Trad. di
chè giunse all’isola di Creta. Ovidio — Metamorfosi — Libro II Trad.
di
Dell’ Anguillara. La tradizione favolosa ripete
dizione favolosa ripete che avendo i greci osservato che sulle sponde
di
questo fiume, gli alberi erano sempre verdeggiant
, gli alberi erano sempre verdeggianti, pubblicarono che fu sotto uno
di
questi, che si compirono i primi amori di Giove c
bblicarono che fu sotto uno di questi, che si compirono i primi amori
di
Giove con Europa. Giove ebbe da Europa tre figliu
re figliuoli Minosse, Sarpedone e Radamanto. Gli abitanti dell’ isola
di
Creta, quando Europa morì, la innalzarono agli on
Creta, quando Europa morì, la innalzarono agli onori divini, col nome
di
Hellotes, e chiamarono Ellozia una festa in suo o
di Hellotes, e chiamarono Ellozia una festa in suo onore. È opinione
di
varì scrittori dell’ antichità, che il nome di Eu
suo onore. È opinione di varì scrittori dell’ antichità, che il nome
di
Europa fosse dato a questa principessa, perchè si
opa si chiamava anche una delle ninfe Oceanidi, figlia dell’ Oceano e
di
Teti. 1910. Eurota. — Figlio di Egialeo e re di S
ninfe Oceanidi, figlia dell’ Oceano e di Teti. 1910. Eurota. — Figlio
di
Egialeo e re di Sicione. Al dire di Apollodoro fu
figlia dell’ Oceano e di Teti. 1910. Eurota. — Figlio di Egialeo e re
di
Sicione. Al dire di Apollodoro fu questo principe
e di Teti. 1910. Eurota. — Figlio di Egialeo e re di Sicione. Al dire
di
Apollodoro fu questo principe, che chiamò Europa
lmente adottata. Eurota si chiamava un fiume della Tessaglia. Al dire
di
Omero, le acque di questo fiume nel gettarsi in q
rota si chiamava un fiume della Tessaglia. Al dire di Omero, le acque
di
questo fiume nel gettarsi in quelle dell’ altro d
esta credenza dei suoi soldati e poco curante dei fulmini e dei lampi
di
che era il cielo corrusco, schierò i suoi guerrie
ampi di che era il cielo corrusco, schierò i suoi guerrieri in ordine
di
battaglia, ed appiccò la zuffa. Ma gli Ateniesi d
hè rallegrava col suono del flauto e degli altri istrumenti da fiato,
di
cui si riteneva l’inventrice. La parola Euterpe d
ugusto mosse da Roma, per la spedizione che poi finì con la battaglia
di
Azio, avesse incontrato fuori le porte della citt
il suo esercito, un tempio, nel cui atrio fece mettere le due figure
di
Eutico e dell’ asinello. 1915. Evadne — Moglie di
ttere le due figure di Eutico e dell’ asinello. 1915. Evadne — Moglie
di
Capaneo e figlia d’ Ifide. Allorquando suo marito
Capaneo e figlia d’ Ifide. Allorquando suo marito morì sotto le mura
di
Tebe. V. Capaneo — ella si ritrasse nella città d
morì sotto le mura di Tebe. V. Capaneo — ella si ritrasse nella città
di
Eleusina dove si rendevano gli onori funebri al m
nebri al morto re, e quivi, vestitasi degli abiti più ricchi, sali su
di
una rupe ai piedi della quale era preparato il ro
Evagora — Una delle cinquanta ninfe Nereidi. 1917. Evan. — Soprannome
di
Bacco a lui dato dalla parola Evan, che le Baccan
sue orgie. Per la istessa ragione furono dette Evanti le sacerdotesse
di
quei misteri. 1918. Evandro — Così aveva nome il
e Evandro, accolse nella sua casa Ercole, senza sapere che era figlio
di
Giove : ma appena venne in conoscenza della origi
ava onorando Il grande Alcide. Virgilio — Eneide — Libro VIII. trad.
di
A. Caro. Presso gli scrittori dell’antichità, è
, nella sua Eneide, ha immaginato che Evandro vivesse ancora ai tempi
di
Enea, che fosse a lui legato coi vincoli della pa
e genti e i miei sussidi avrete. Virgilio — Eneide — Lib. VIII trad.
di
A. Caro. Dopo la morte, Evandro fu innalzato agl
dono che Evandro, fosse la stessa divinità adorata in Italia col nome
di
Saturno, e che sotto il regno di lui fiorisse que
divinità adorata in Italia col nome di Saturno, e che sotto il regno
di
lui fiorisse quel periodo di tempo conosciuto con
ol nome di Saturno, e che sotto il regno di lui fiorisse quel periodo
di
tempo conosciuto con l’appellazione di età dell’o
o di lui fiorisse quel periodo di tempo conosciuto con l’appellazione
di
età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, e
conosciuto con l’appellazione di età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire
di
Esiodo, era questo il nome di una delle cinquanta
di età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, era questo il nome
di
una delle cinquanta Nereidi. 1920. Evemerione. —
naca che allorquando Bacco combattè nella guerra dei giganti a fianco
di
suo padre Giove, questi nel vedere che il figliuo
ti al poeta Proclo ed a Orfeo stesso. In essi si conteneva una specie
di
preghiera, che avea potere di far discendere gli
stesso. In essi si conteneva una specie di preghiera, che avea potere
di
far discendere gli dei, nel luogo ove si credeva
cavano le divinità era cessato, si cantavano degli altri inni, specie
di
saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire
ltri inni, specie di saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire
di
Plinio, gli Etrurî evocavano il fulmine per liber
o. Numa Pompilio, il più saggio re della Roma antica, evocò anch’egli
di
sovente il fulmine e Tullo Ostilio che succedette
fu, secondo la tradizione, incenerito egli stesso. La seconda specie
di
Evocazione era quella che i pagani praticavano pe
che quando i romani cingevano d’assedio una città, avevano il costume
di
fare l’evocazione degli dei tutelari, cantando al
i fare l’evocazione degli dei tutelari, cantando alcune strofe, senza
di
che credevano impossibile impadronirsi della citt
o della tua grande deità. Tito Livio — Storia Romana — Lib. V. trad.
di
F. Nardi. Finalmente la terza Evocazione era que
zione era quella che si faceva per evocare le anime dei morti, ed era
di
tutte la più solenne e la più frequentemente adop
era di tutte la più solenne e la più frequentemente adoperata. L’uso
di
questa evocazione dei morti, risale ai tempi più
dell’ antichità. Gli autori profani ritengono Orfeo come l’inventore
di
questa cerimonia, che aveva un ordinamento lugubr
uesta cerimonia, che aveva un ordinamento lugubre e solenne. Ai tempi
di
Omero l’evocazione dei morti non era ritenuta com
non era ritenuta come colpevole ed odiosa e vi era non piccolo numero
di
persone, che facevano pubblica professione di evo
era non piccolo numero di persone, che facevano pubblica professione
di
evocare i defunti ; ed esistevano molti templi ov
la cerimonia dell’evocazione. Pausania, nelle sue opere, fa menzione
di
un tempio nella Tespozia, ove andò Orfeo ad evoca
porto appena, Vacca infeconda, dell’armento fiore, Lor sacrificherei,
di
dono il rogo Riempiendo ; e che al sol Tiresia, e
ittime, e sgozzaile in su la fossa. Omero — Odissea — Lib. XI. trad.
di
I. Pindemonte. e così tutti i pretesi viaggi fat
e Baeche. F 1924. Fabaria. — In Roma nel primo giorno del mese
di
giugno si celebravano sul monie Celio, alcuni sac
ifizii, nei quali si offeriva alla dea Carna del lardo e della farina
di
fava. Da ciò fu chiamato Fabaria questo sacrifizi
hiamato Fabaria questo sacrifizio, e furon dette Fabariae, le calende
di
giugno. 1925. Fabiani. — Nome particolare che si
Quintiliani, e l’altro dei Fabiani. 1926. Fabio. — Uno dei figliuoli
di
Ercole, che egli ebbe da una figlia del re Evandr
che egli ebbe da una figlia del re Evandro, per nome Vinduna. Al dire
di
Festo, egli chiamavasi da principio Fovio dal lat
o Fovea che significa fossa, perchè, secondo la tradizione, gli amori
di
Ercole e di Vinduna, avvennero in una fossa. Altr
significa fossa, perchè, secondo la tradizione, gli amori di Ercole e
di
Vinduna, avvennero in una fossa. Altri scrittori
ro in una fossa. Altri scrittori pretendono che questo primitivo nome
di
Fovio, gli venisse per essere stato il primo ad i
er essere stato il primo ad insegnare ai suoi concittadini la maniera
di
prendere gli orsi vivi nei fossi. Tutti i cronist
siposie, Cosi si chiamavano alcune feste celebrate dai Greci in onore
di
Bacco, nelle quali si costumava inbandire numeros
ato a Giove, i cui altari nelle principali solennità, venivano ornati
di
queste foglie. 1930. Fagutale. — Soprannome di Gi
nnità, venivano ornati di queste foglie. 1930. Fagutale. — Soprannome
di
Giove Dodoneo dalla parola fagus, che significa,
esponsi dell’oracolo che Giove aveva in Dodona, uscivano dalla cavità
di
un’albero di faggio, e secondo altri da un albero
oracolo che Giove aveva in Dodona, uscivano dalla cavità di un’albero
di
faggio, e secondo altri da un albero di quercia.
ano dalla cavità di un’albero di faggio, e secondo altri da un albero
di
quercia. V. Dodona. 1931. Faja. — La cronaca favo
cronaca favolosa dà questo nome alla cignala madre del famoso cignale
di
Calidone, e che desolò per più tempo le circostan
nale di Calidone, e che desolò per più tempo le circostanze del borgo
di
Crommione, uel territorio di Corinto. Teseo le de
ò per più tempo le circostanze del borgo di Crommione, uel territorio
di
Corinto. Teseo le dette la caccia e l’uccise. Sec
tte la caccia e l’uccise. Secondo riferisce Plutarco, Faja fu il nome
di
una donna, che vivea di prostituzione, di assassi
. Secondo riferisce Plutarco, Faja fu il nome di una donna, che vivea
di
prostituzione, di assassinio e di furto. Teseo la
e Plutarco, Faja fu il nome di una donna, che vivea di prostituzione,
di
assassinio e di furto. Teseo la fece morire e ad
fu il nome di una donna, che vivea di prostituzione, di assassinio e
di
furto. Teseo la fece morire e ad essa restò la de
nio e di furto. Teseo la fece morire e ad essa restò la denominazione
di
cignala, per alludere forse alla laidezza dei suo
ogni cosa. 1933. Fallsio. — Così avea nome un uomo nativo della città
di
Naupatto, nella Focide. La tradizione mitologica
della città di Naupatto, nella Focide. La tradizione mitologica narra
di
lui uno strano fatto, dicendo che egli aveva male
n così triste modo, che era quasi interamente cieco. Un giorno il dio
di
Epidauro, Esculapio, gli mandò per mezzo d’una do
mezzo d’una donna chiamata Anite, una lettera suggellata, con ordine
di
aprirla e leggerla. Falisio credette da prima che
erla. Falisio credette da prima che la donna volesse prendersi giuoco
di
lui, insultando, per basso animo, alla dolorosa s
miracolosamente guarito che potè leggere da capo a fondo il contenuto
di
quel foglio, Allora rese grazie ad Esculapio, e r
foglio, Allora rese grazie ad Esculapio, e rimandò Anite con un dono
di
duemila monete d’oro, secondo che era scritto nel
n dono di duemila monete d’oro, secondo che era scritto nella lettera
di
cui ella era stata portatrice. 1934. Falliche. —
così nominate alcune feste e cerimonie che si celebravano nella città
di
Atene, in onore di Bacco. L’istituzione di tali f
e feste e cerimonie che si celebravano nella città di Atene, in onore
di
Bacco. L’istituzione di tali feste era dovuta ad
si celebravano nella città di Atene, in onore di Bacco. L’istituzione
di
tali feste era dovuta ad un tale Pegaso nativo de
tuzione di tali feste era dovuta ad un tale Pegaso nativo della città
di
Eleutera, il quale secondo riferisce la cronaca m
e la cronaca mitologica, avendo portate in Atene delle piccole statue
di
Bacco, si attirò per questo, senza alcuna plausib
l flagello. L’oracolo rispose che quella era conseguenza dello sdegno
di
Bacco, irritato contro gli Ateniesi per l’indegno
si fatto ad un suo protetto. Consultato nuovamente l’oracolo sul modo
di
placare l’oltraggiata divinità, si ebbe in rispos
pe e pubbliche cerimonie. Allora gli Ateniesi fecero fare gran numero
di
statue rappresentanti qual dio, e le portarono co
na volta l’anno. Vedi l’articolo seguente. 1935. Fallo. — Nelle feste
di
Osiride, costumavano gli antichi di portare in pr
uente. 1935. Fallo. — Nelle feste di Osiride, costumavano gli antichi
di
portare in processione gran numero di pezzi di ce
siride, costumavano gli antichi di portare in processione gran numero
di
pezzi di cera, e di altre materie, i quali avevan
ostumavano gli antichi di portare in processione gran numero di pezzi
di
cera, e di altre materie, i quali avevano la conf
gli antichi di portare in processione gran numero di pezzi di cera, e
di
altre materie, i quali avevano la configurazione
lle differenti membra del corpo umano, cui si dava il nome collettivo
di
Fallo. Ciò in commemorazione della seguente tradi
isfatto. Però Iside raccolse con amorosa diligenza le disperse membra
di
Osiride e le rinchiuse in un’ urna : ma accorgend
uelle parti del corpo che mancavano allo amato cadavere. Qualche cosa
di
simile facevano gli ateniesi nella celebrazione a
36. Fallolori. — Nome collettivo, che si dava ai ministri delle orgie
di
Bacco per dinotare che essi portavano il fatto ne
orrevano per le strade della città, mentre continuava la celebrazione
di
questa cerimonia, col viso impiastricciato di fec
tinuava la celebrazione di questa cerimonia, col viso impiastricciato
di
feccia di vino, coronati d’edera e facendo salti
celebrazione di questa cerimonia, col viso impiastricciato di feccia
di
vino, coronati d’edera e facendo salti e mosse sc
avevano distrutti tutti i suoi figli, avesse partorito questa specie
di
mostro, chiamato la Fama, affinchè rendesse noto
hè rendesse noto all’ universo i loro delitti. È questa fama un mal,
di
cui null’ altro È più veloce ; e com’ più va, più
principio Picciola e debil cosa, e non s’arrischia Di palesarsi : poi
di
mano in mano Si discopre e s’avanza ; e sopra ter
e’ giganti irata Contra i celesti. al mondo la produsse, D’Encelado e
di
Ceo minor sorella : Mostro orribile e grande, e d
ridirlo) ha lingue e bocche Per favellare, e per udire orecchi, Vola
di
notte per l’oscure tenebre De la terra e del ciel
, Non men che ’l bene e ’l vero, il male e ’l falso, Di rumor empie e
di
spavento i popoli. trad. di A. Caro. Virgilio —
ro, il male e ’l falso, Di rumor empie e di spavento i popoli. trad.
di
A. Caro. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad. di
nto i popoli. trad. di A. Caro. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad.
di
A. Caro Al dire di Ovidio, la Fama dimorava su
di A. Caro. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad. di A. Caro Al dire
di
Ovidio, la Fama dimorava su di un’alta torre, pos
— Libro IV. trad. di A. Caro Al dire di Ovidio, la Fama dimorava su
di
un’alta torre, posta ad eguale distanza dal cielo
ivi scorte son l’umane note. Ovidio — Metamorfosi — Libro XII. trad.
di
Dell’ Anguillara. Gli ateniesi le avevano innalz
dalla propria patria. La Fame veniva raffigurata sotto la sembianza
di
una donna smunta, pallida, emaciata ; cogli occhi
dimoravano nei templi, e durante la preghiera cadevano in una specie
di
entusiasmo, e inspirate dalla divinità alla quale
a somiglianza delle baccanti, e pronunziavano degli oracoli. Al dire
di
Giovenale, i fanatici erano invasi dal fuoco di B
egli oracoli. Al dire di Giovenale, i fanatici erano invasi dal fuoco
di
Bellona, forse perchè essi dimoravano da principi
zio del proprio sangue, agitando la testa in tutt’i sensi. I fanatici
di
Bellona erano anche detti particolarmente Bellona
questi ve ne erano degli altri nel tempio del dio Silvano, in quello
di
Serapide, d’Iside e in quasi tutti i tempi delle
de e in quasi tutti i tempi delle altre divinità. Del pari che presso
di
noi, presso gli antichi, il nome di fanatico era
tre divinità. Del pari che presso di noi, presso gli antichi, il nome
di
fanatico era preso in mala parte ritenendosi in g
e significa illuminare, si dava questo nome ad Apollo nel significato
di
colui che dà la luce. Vi era anche un promontorio
icato di colui che dà la luce. Vi era anche un promontorio nell’isola
di
Chio, al quale si dava lo stesso nome, e di dove
un promontorio nell’isola di Chio, al quale si dava lo stesso nome, e
di
dove narra la tradizione mitologica, che Latona a
dove narra la tradizione mitologica, che Latona avesse visto l’isola
di
Delo. 1941. Fano. — Dio dei viaggiatori, che pres
’antichità, che i Fenici rappresentavano il dio Fano, sotto la figura
di
un serpente ripiegato in cerchio, coll’ estremità
chio, coll’ estremità della coda fra i denti. 1942. Fantasmi. — Assai
di
sovente si trova ripetuto nei fasti della mitolog
troppo audace coraggio nella battaglia contro Enea, formò dal vapore
di
una densa nube un fantasma a cui dette la voce, l
i una densa nube un fantasma a cui dette la voce, le armi e la figura
di
Enea e lo presentò a Turno, il quale lo assali im
il falso Enea si dette a precipitosa fuga, e Turno lo inseguì fino su
di
un vascello che si trovava nel porto. Allora per
a il fantasma disparve e il vascello fu spinto in alto mare. ……… Ivi
di
nebbia, Di colori e di vento una figura Forniò (c
e il vascello fu spinto in alto mare. ……… Ivi di nebbia, Di colori e
di
vento una figura Forniò (cosa mirabile a vedere !
e l’armi tutte Gli finse intorno, e gli dié il suono e’l moto Propri
di
lui, ma vani, e senza forze E senza mente ; ……… …
ui, ma vani, e senza forze E senza mente ; ……… …………… In questo legno,
di
fuggir mostrando, Ricovrossi d’Enea la finta imag
r lo travolto mare impeto e fuga. Virgilio — Eneide — Libro X. trad.
di
A. Caro. I cronisti ed i poeti dell’antichità pa
sti ed i poeti dell’antichità pagana ci riportano innumerevoli esempi
di
simili fantastiche apparizioni. 1943. Fantaso. —
fferenti fantasmi che forma l’immaginazione durante il sonno. Al dire
di
Ovidio, Fantaso si trasformava sempre in cose ina
cose inanimate. 1944. Faone. — Così avea nome un abitante della città
di
Mitilene, nell’isola di Lesbo, il quale si rese c
one. — Così avea nome un abitante della città di Mitilene, nell’isola
di
Lesbo, il quale si rese celebre per la sua straor
enere lo avesse fatto così sorprendentemente belio, per ricompensarlo
di
un servigio che egli le aveva reso nel tempo che
sarlo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che era padrone
di
una nave. Narra la tradizione, che Venere, un gio
, trasformata in vecchia, fosse stata ricevuta a bordo del bastimento
di
Faone, e tragittata da lui con ogni prontezza, e
n ogni prontezza, e senza pretender nulla in pagamento. Venere, prima
di
scendere dalla nave gli donò un vaso di alabastro
a in pagamento. Venere, prima di scendere dalla nave gli donò un vaso
di
alabastro ripieno di un unguento maraviglioso, de
e, prima di scendere dalla nave gli donò un vaso di alabastro ripieno
di
un unguento maraviglioso, del quale appena Faone
nto maraviglioso, del quale appena Faone si fu unto il corpo, diventò
di
una bellezza simile a quello di un dio, per modo
na Faone si fu unto il corpo, diventò di una bellezza simile a quello
di
un dio, per modo che tutte le donne di Mitilene f
i una bellezza simile a quello di un dio, per modo che tutte le donne
di
Mitilene furono pazze di lui. ……… Eccolo : ei se
uello di un dio, per modo che tutte le donne di Mitilene furono pazze
di
lui. ……… Eccolo : ei sembra Il forte, il bello,
rmodo che, disperata si precipitò nel mare dall’altezza dello scoglio
di
Leucade, sul quale Faone fece inalzare un tempio
, sul quale Faone fece inalzare un tempio a Venere, in commemorazione
di
quel fatto. Peraltro Faone non fu con tutte le do
io, morì ucciso dall’oltraggiato marito. 1945. Fare. — Nella contrada
di
Acaja, vi era una città conosciuta sotto questo n
un oracolo che la dea Vesta e Mercurio, avevano nella piazza maggiore
di
questa città. La statua di Mercurio era tutto di
e Mercurio, avevano nella piazza maggiore di questa città. La statua
di
Mercurio era tutto di marmo, e lo rappresentava c
ella piazza maggiore di questa città. La statua di Mercurio era tutto
di
marmo, e lo rappresentava con una gran barba. Di
Di contro a questa, sorgeva il simulacro della dea Vesta, similmente
di
marmo, e circondato tutto all’intorno di lampade
della dea Vesta, similmente di marmo, e circondato tutto all’intorno
di
lampade di bronzo, attaccate le une alle altre. P
Vesta, similmente di marmo, e circondato tutto all’intorno di lampade
di
bronzo, attaccate le une alle altre. Prima di ott
all’intorno di lampade di bronzo, attaccate le une alle altre. Prima
di
ottenere un responso da questo oracolo, bisognava
estra della statua una moneta ; e finalmente avvicinarsi al simulacro
di
Mercurio, e mormorare all’orecchio di quello, la
lmente avvicinarsi al simulacro di Mercurio, e mormorare all’orecchio
di
quello, la dimanda alla quale si voleva la rispos
si voleva la risposta dell’oracolo. 1946. Fascino. — Nome particolare
di
una divinità a cui i romani attribuivano il poter
ome particolare di una divinità a cui i romani attribuivano il potere
di
allontanare i cattivi effetti dell’affascinamento
c. Generalmente si appendea un piccolo amuleto, a cui si dava il nome
di
fascino, al collo dei bambini. Le Vestali avevano
scino, al collo dei bambini. Le Vestali avevano il carico particolare
di
fare i sacrifizi a questa divinità durante le fes
ninfe oceanidi, chiamata Ociroe, un figliuolo al quale dette il nome
di
Faside. La cronaca mitologica racconta che divenu
, l’avesse uccisa, geloso dell’onore paterno. Le Furie impossessatesi
di
lui lo straziarono in modo che si precipitò nel f
rturo, il quale da quel giorno cangiò il suo primitivo nome in quello
di
Fasi. 1948. Fatalità. — Questo nome particolare d
lità. — Questo nome particolare davano gli antichi a quella necessità
di
un avvenimento che nulla poteva impedire e che ve
la quale gli stessi numi erano sottomessi. V. Destino. 1949. Fatalità
di
Troja. — Tutte le cronache mitologiche, nonchè gl
greci si ritenesse come certa ed immutabile la credenza che la caduta
di
Troja, andava collegata al compimento di alcune f
le la credenza che la caduta di Troja, andava collegata al compimento
di
alcune fatalità inesorabili, le quali dovevano re
ompiute, a simiglianza del fato estremo della città Priamea. La prima
di
codeste fatalità, era quella la quale imponeva ch
a quella la quale imponeva che i greci non si sarebbero mai impossati
di
Troja, se i discendenti di Eaco non fossero stati
che i greci non si sarebbero mai impossati di Troja, se i discendenti
di
Eaco non fossero stati fra i combattenti nelle fi
a quale era detto che Apollo e Nettuno, occupati a fabbricare le mura
di
Troja, avessero richiesto Eaco dell’opera sua, af
di Troja, avessero richiesto Eaco dell’opera sua, affinchè il lavoro
di
un uomo mortale, avesse cooperato all’opera dei c
quale i greci adoperarono ogni arte onde Achille nipote e discendente
di
Eaco, abbandonasse Deidamia, presso alla quale, l
resso alla quale, la madre lo aveva nascosto, per trarlo allo assedio
di
Troja ; e fu similmente questo il motivo per il q
quale morto Achille i greci condussero al famoso assedio il figliuolo
di
lui Pirro, sebbene ancora fanciullo. In secondo l
ora fanciullo. In secondo luogo, la fatalità voleva che per la caduta
di
Troja fossero adoperate le frecce di Ercole, le q
atalità voleva che per la caduta di Troja fossero adoperate le frecce
di
Ercole, le quali erano rimaste in potere di Filot
ssero adoperate le frecce di Ercole, le quali erano rimaste in potere
di
Filottete, che era stato dai greci abbandonato ne
n potere di Filottete, che era stato dai greci abbandonato nell’isola
di
Lemnos. Onde riuscire nello intento desiderato fu
sci nella impresa affidata alla sulla sagacia e condusse allo assedio
di
Troja Filottete, armato delle famose ed invincibi
d invincibili frecce. La terza fatalità, e la più grave ed importante
di
tutte era quella che voleva si togliesse ai Troja
ai Trojani il Palladio, che essi custodivano accuratamente nel tempio
di
Pallade Minerva. Narra la cronaca che Ulisse e Di
a cronaca che Ulisse e Diomede avessero trovato il mezzo d’introdursi
di
notte nella cittadella trojana, e traverso a mill
traverso a mille pericoli fossero riusciuti ad involare questo pegno
di
sicurezza, che i trojani custo livano con ogni so
con ogni solerzia. Bisognava inoltre al compimento dell’estremo fato
di
Troja, che i cavalli di Reso re di Tracia, non av
gnava inoltre al compimento dell’estremo fato di Troja, che i cavalli
di
Reso re di Tracia, non avessero bevuto l’acqua de
re al compimento dell’estremo fato di Troja, che i cavalli di Reso re
di
Tracia, non avessero bevuto l’acqua del fiume Xan
condussero seco loro. In quinto luogo era mestieri che Troilo, figlio
di
Priamo fosse morto in combattimento, e il sepolcr
Troilo, figlio di Priamo fosse morto in combattimento, e il sepolcro
di
Laomedonte, che sorgeva vicino alla porta Scea, f
compiuta in tutto il suo terribile volere ; imperocchè Achille uccise
di
sua mano il giovanetto Troilo ; e i trojani abbat
i sua mano il giovanetto Troilo ; e i trojani abbatterono il sepolcro
di
Laomedonte, allorchè fecero nelle mura della loro
ra della loro città una breccia che dette passaggio al famoso cavallo
di
legno. Finalmente il destino imponeva che Troja n
e nelle file dell’esercito greco avesse combattuto Teleso, figliuolo,
di
Ercole e di Auge. Ma questo giovane principe era
dell’esercito greco avesse combattuto Teleso, figliuolo, di Ercole e
di
Auge. Ma questo giovane principe era non solo ami
e un soprannome della Buona Dea. V. Buone Dea. 1952. Fatuel — Al dire
di
Servio era questo il nome che si dava ad un Fauno
e cronache dell’ antichità, è ritenuta come antichissima la esistenza
di
questi Faviani la cui istituzione è attribuita a
generalmente ad una narrazione, ed in particolare ai racconti adorni
di
finzioni. Presso gli antichi poi si dava il nome
i racconti adorni di finzioni. Presso gli antichi poi si dava il nome
di
favola, a tutti quei singoli fatti che avevano re
ol culto onde venivano onorati gli dei e gli eroi, e con le cerimonie
di
esso. Lo studio dell’antichità pagana è tutto com
e cerimonie di esso. Lo studio dell’antichità pagana è tutto composto
di
favole, che rinchiudono l’idea del simbolo mitolo
riche si addimendano le narrazioni delle antiche storie frammischiate
di
molte finzioni. Queste favole sono in gran maggio
dovuta all’immaginazione dei poeti ; ed altro non sono che una specie
di
parabole, sotto al cui velo trasparente e diafano
morali si dicevano quelle la cui invenzione era dovuta alla necessità
di
dettare quei precetti di morale, atti a regolare
la cui invenzione era dovuta alla necessità di dettare quei precetti
di
morale, atti a regolare i costumi. Favole allegor
ti a regolare i costumi. Favole allegoriche si chiamava quella specie
di
parabole che nascondeva sotto ad un precetto un s
e finalmente si dicevano quelle che non avendo in se stesse alcun che
di
storico, facevano ciò non ostante diretta e limpi
morale. 1955. Favore — Dalla voce latina Favor che in quella lingua è
di
genere mascolino, come nella italiana, i pagani a
ua è di genere mascolino, come nella italiana, i pagani avevano fatto
di
questo, uno dei loro dei. Secondo Lilio Giraldi,
non riconosce i suoi amici quando s’innalza. 1956. Faula — Fu il nome
di
una della amanti di Ercole. Lattanzio nelle sue c
amici quando s’innalza. 1956. Faula — Fu il nome di una della amanti
di
Ercole. Lattanzio nelle sue cronache dell’antichi
o nome alla moglie del dio Fauno la quale, secondo la tradizione, era
di
una tale scrupolosa pudicizia, che non guardò in
dò in viso altro uomo che suo marito. Era la stessa che sotto il nome
di
Buona Dea prediceva l’avvenire alle sole donne, e
i in certi luoghi appartati e remoti ove non era permesso agli uomini
di
penetrare. L’oracolo di questa dea rimaneva sempr
ati e remoti ove non era permesso agli uomini di penetrare. L’oracolo
di
questa dea rimaneva sempre muto per gli uomini ;
o per gli uomini ; e non rispondeva neanche alle donne, quando talune
di
esse la interrogava per cosa che riguardasse un u
esso i pagani si celebravano due volte l’anno e propriamente nei mesi
di
decembre e di febbraio, alcune pubbliche cerimoni
si celebravano due volte l’anno e propriamente nei mesi di decembre e
di
febbraio, alcune pubbliche cerimonie, in onore de
rimonie, in onore del dio Fauno, ed alle quali perciò si dava il nome
di
Faunali. Queste feste venivano solennizzate nella
no solennizzate nella campagna, e propriamente nei prati ; e nel mese
di
decembre si sacrificava un capriuolo, mentre nel
; e nel mese di decembre si sacrificava un capriuolo, mentre nel mese
di
febbraio si svenava una pecora. 1959. Fauni — Dei
ebbraio si svenava una pecora. 1959. Fauni — Dei campestri, figliuoli
di
Fauno che ebbe per padre Pico. Ovidio li chiama F
o. Ovidio li chiama Fauni bicornes, perchè a somiglianza dei satiri e
di
tutte le divinità boscherecce, avevano due piccol
ivinità boscherecce, avevano due piccole corna sulla fronte e i piedi
di
capra. L’ulivo selvatico ed il pino erano le pian
Discorde è l’opinione degli scrittori dell’antichità, sulla paternità
di
questo dio campestre della mitologia pagana. Talu
uesto dio campestre della mitologia pagana. Taluni lo fanno figliuolo
di
Marte, mentre Ovidio, ed altri con lui, lo dicono
liuolo di Marte, mentre Ovidio, ed altri con lui, lo dicono figliuolo
di
Pico re dei Latini, e lo fanno successore al tron
icono figliuolo di Pico re dei Latini, e lo fanno successore al trono
di
suo padre. Soventi volte nelle cronache della Fa
rno, forse perchè in alcuni cronisti si trova che Fauno a somiglianza
di
Saturno avesse introdotto in Italia il culto degl
sto bosco prossimo alla fontana Albunea. Dice Virgilio, che l’oracolo
di
Fauno richiamava moltissima gente non solo dal pa
che l’oracolo di Fauno richiamava moltissima gente non solo dal paese
di
Oenotria, ma persino da tutta l’Italia. Al dire d
n gli Dei parla e con gl’Inferi Virgilio — Eneide — Libro VII. Trad.
di
A. Caro. Tutto ciò che egli diceva al suo svegli
tradizione storico-favolosa, che così aveva nome il capo dei pastori
di
Numitore, re della città di Alba. Narrano le cron
, che così aveva nome il capo dei pastori di Numitore, re della città
di
Alba. Narrano le cronache, che avendo un giorno o
levati. Quei due infanti erano Romolo e Remo, i celeberrimi fondatori
di
Roma, ond’è che Faustolo, ebbe dopo la morte, una
neravano Romolo e Remo dopo la loro apoteosi. 1962. Feacidi — Al dire
di
Omero così aveva nome il popolo primitivo che abi
l dire di Omero così aveva nome il popolo primitivo che abitò l’isola
di
Corcira, ora Corfù. Secondo il citato scrittore,
ondo il citato scrittore, esso viveva nel lusso e nella mollezza, non
di
altro occupato che di feste, conviti e banchetti.
re, esso viveva nel lusso e nella mollezza, non di altro occupato che
di
feste, conviti e banchetti. Ulisse onde mettere a
, passò qualche tempo presso quei popoli, i quali dopo averlo colmato
di
doni, lo fecero, sopra una loro nave, passare nel
cesi conto Dirittamente entrò l’agile nave, Che sul lido andò mezza :
di
si forti Remigatori la spingean le braccia ! Si g
’era, in su l’arena Poserlo giù. Omero — Odissea — Libro XIII. trad.
di
I. Pindemonte. Però Nettuno, che odiava Ulisse,
a Ulisse, sdegnato contro i Feacidi, per aver essi portato nell’isola
di
Itaca un uomo al quale egli era avverso, risolvè
ortato nell’isola di Itaca un uomo al quale egli era avverso, risolvè
di
vendicarsi, e appena il vascello fu di ritorno, n
uale egli era avverso, risolvè di vendicarsi, e appena il vascello fu
di
ritorno, nell’entrare nel porto, fu cangiato in u
no scoglio. Allora ad un certo Alcinoo, anch’egli abitante dell’isola
di
Corfù, risonvenne di alcuni oracoli dei quali suo
un certo Alcinoo, anch’egli abitante dell’isola di Corfù, risonvenne
di
alcuni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatt
Feacidi per essere questi dei celebri piloti, e che perciò mostravano
di
poco curarsi di lui, come dio del mare ; onde egl
re questi dei celebri piloti, e che perciò mostravano di poco curarsi
di
lui, come dio del mare ; onde egli avrebbe fatto
li ospiti nostri, E dodici a Nettuno eletti tori Sacrifichiam, perchè
di
noi gl’incresca, Nè d’alto monte la città ricuopr
d’alto monte la città ricuopra. Omero — Odissea — Libro XIII. trad.
di
I. Pindemonte. Interrogato l’oracolo, dopo le e
trad. di I. Pindemonte. Interrogato l’oracolo, dopo le esortazioni
di
Alcinoo, i Feacidi ne ebbero in risposta che per
di Alcinoo, i Feacidi ne ebbero in risposta che per placare lo sdegno
di
Nettuno, bisognava offrirgli un sacrifizio di dod
e per placare lo sdegno di Nettuno, bisognava offrirgli un sacrifizio
di
dodici tori, e promettere con giuramento che non
Febade — Nome che si dava in generale a tutti i sacerdoti del tempio
di
Apollo in Delfo, ed in particolare alla sacerdote
a Luna le si dava codesta particolare denominazione, sia come sorella
di
Apollo o Febo ; sia per voler intendere che la Lu
a per voler intendere che la Luna riceve la luce dal Sole. La sorella
di
’Saturno e di Rea che fu madre di Latona, chiamav
tendere che la Luna riceve la luce dal Sole. La sorella di ’Saturno e
di
Rea che fu madre di Latona, chiamavasi anche Febe
riceve la luce dal Sole. La sorella di ’Saturno e di Rea che fu madre
di
Latona, chiamavasi anche Febe. 1966. Febo — I gre
però è che Apollo si chiamasse Febo da Febea o Febe sua avola e madre
di
Latona. — Vedi l’articolo precedente. 1967. Febbr
ato questo mese e lo dipingevano sotto la figura dì una donna vestita
di
una tunica succinta, che lasciava scoperto sino a
bondante. Al dire dello scrittore Ausonio si facevano durante il mese
di
febbraio delle espiazioni chiamate Febbrua dalla
ti. Altri finalmente vogliono che Giunone venisse così detta dal mese
di
febbraio, durante il quale essa era onorata con u
Februali o Februe — Secondo riferisce Macrobio, i romani costumavano
di
onorare le anime dei morti con alcune cerimonie,
con alcune cerimonie, alle quali si dava questo nome durante il mese
di
febbraio. Queste feste, accompagnate da sacrifizi
este feste, accompagnate da sacrifizi ed offerte si facevano, al dire
di
Plinio, per rendere propizii gli dei infernali, a
ali, alle anime dei defunti. Le cerimonie Februali, avevano la durata
di
dodici giorni ; elasso di tempo che si occupava o
i. Le cerimonie Februali, avevano la durata di dodici giorni ; elasso
di
tempo che si occupava ordinariamente per tutte le
; elasso di tempo che si occupava ordinariamente per tutte le specie
di
espiazioni, sia private, che pubbliche. 1970. Feb
crifizii Februali. Questa ultima opinione è avvalorata dalle cronache
di
Cedreno, il quale ci ripete che la parola Februus
i quali però questa era una dea, perchè la parola Febris in latino è
di
genere femminile ; mentre il vocabolo greco πρετο
mminile ; mentre il vocabolo greco πρετος Febbre, è maschile. Al dire
di
Valerio Massimo, la dea Febbre aveva un tempio su
altri due in altri luoghi della città. 1972. Fectali — La istituzione
di
codesti ministri della religione pagana, i quali
di codesti ministri della religione pagana, i quali erano una specie
di
araldi d’arme, che intimavano la guerra, e dichia
uta, secondo gli scrittori dell’antichità a Numa Pompilio, secondo re
di
Roma, il quale li costituì al numero di venti, sc
à a Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale li costituì al numero
di
venti, scelti fra le più cospicue e nobili famigl
ituì al numero di venti, scelti fra le più cospicue e nobili famiglie
di
Roma. Le persone dei feciali erano tenute come sa
quando faceva mestieri dichiarare la guerra, i feciali eleggevano uno
di
essi per mezzo di votazione, e allora l’eletto po
ieri dichiarare la guerra, i feciali eleggevano uno di essi per mezzo
di
votazione, e allora l’eletto portavasi, in abilo
azione, e allora l’eletto portavasi, in abilo sacerdotale, e coronato
di
verbena, presso il popolo nemico, o innanzi alle
nii, chiedeva ad alta voce riparazione dell’ingiuria fatta alla città
di
Roma. Se trascorsi trenta giorni da questa intima
rsi trenta giorni da questa intimazione, i nemici non avevano cercato
di
riparare all’offesa in modo soddisfacente, allora
ndo le donne si recavano nel tempio della dea, per invocare la grazia
di
esser feconde, i sacerdoti le facevano spogliar n
sacerdoti le facevano spogliar nude, e le battevano con uno staffile
di
lana. Sulle antiche medaglie si trova la fecondit
truire un tempio alla fede pubblica, il quale sorgeva vicino a quello
di
Giove. La Fedeltà veniva rappresentata come una g
i Giove. La Fedeltà veniva rappresentata come una giovanetia coronata
di
foglie d’ulivo, con un’insegna militare in una ma
rta alla sua compagna. 1976. Fedra — Così aveva nome la famosa figlia
di
Minosse, re di Creta, e della infame ed impudica
mpagna. 1976. Fedra — Così aveva nome la famosa figlia di Minosse, re
di
Creta, e della infame ed impudica Pasifae. Fu sor
Minosse, re di Creta, e della infame ed impudica Pasifae. Fu sorella
di
Arianna e di Deucalione, e moglie di Teseo re di
di Creta, e della infame ed impudica Pasifae. Fu sorella di Arianna e
di
Deucalione, e moglie di Teseo re di Atene. Narra
ed impudica Pasifae. Fu sorella di Arianna e di Deucalione, e moglie
di
Teseo re di Atene. Narra la cronaca che Teseo ave
Pasifae. Fu sorella di Arianna e di Deucalione, e moglie di Teseo re
di
Atene. Narra la cronaca che Teseo aveva avuto da
figliuolo chiamato Ippolito, il quale egli fece allevare nella città
di
Trezene. Qualche tempo dopo le sue nuove nozze co
nte la fiamma colpevole nel seno della disgraziata donna, che temendo
di
dover ritornare in Atene, e di restar così priva
o della disgraziata donna, che temendo di dover ritornare in Atene, e
di
restar così priva della vista dell’amato giovane,
i restar così priva della vista dell’amato giovane, fece edificare su
di
una montagna di Trezene un tempio consacrato a Ve
iva della vista dell’amato giovane, fece edificare su di una montagna
di
Trezene un tempio consacrato a Venere, nel quale
a di Trezene un tempio consacrato a Venere, nel quale si recava assai
di
sovente sotto pretesto di adorare la dea, ma in v
sacrato a Venere, nel quale si recava assai di sovente sotto pretesto
di
adorare la dea, ma in verità perchè così aveva oc
pretesto di adorare la dea, ma in verità perchè così aveva occasione
di
vedere il giovanetto principe, il quale si abband
i dell’ equitazione e delle armi, nelle pianure circonvicine. Al dire
di
Euripide, fece Fedra ogni sforzo per vincere da p
più ardente e tanto che non reggendo al fuoco che la divorava, decise
di
darsi la morte. ……… Poi che ferita M’ebbe amor,
lfin mi parve il meglio Morir. Euripide — Ippolito — Tragedia. trad.
di
F. Bellotti. Senonchè avendo confidato alla sua
ore, questa che amava ciecamente la sua padrona prese impegno con lei
di
adoperarsi a soddisfare le sue brame colpevoli, e
a avendo Ippolito respinto con orrore le infami proposte, Fedra cieca
di
passione, ebbe ricorso ad un infame rimedio onde
della favola, aggiunge a questo proposito, che vicino alla sepoltura
di
Fedra in Trezene, sorgeva un albero di mitro, le
ito, che vicino alla sepoltura di Fedra in Trezene, sorgeva un albero
di
mitro, le cui foglie erano tutte bucate ; ma che
e cui foglie erano tutte bucate ; ma che quell’ albero non fosse così
di
sua natura, e che Fedra nel tempo in cui la sua f
avagliava la mente. 1977. Fegoneo. — Soprannome particolare del Giove
di
Dodona, che a lui veniva dalla credenza che aveva
agani che egli abitasse nel tronco del faggio che rendeva gli oracoli
di
Dodona. La parola Fegoneo deriva dal greco φηγος
ta una dea, alla quale essi davano sovente l’appellazione particolare
di
Eudemonia. V. Eudemonia. Veniva rappresentata sot
lare di Eudemonia. V. Eudemonia. Veniva rappresentata sotto la figura
di
una donna giovane e sorridente, con un cornucopia
a nella sinistra ed un caduceo nella destra. 1979. Femonea — Ai tempi
di
Acrisio, avo di Perseo, viveva una donna così chi
ed un caduceo nella destra. 1979. Femonea — Ai tempi di Acrisio, avo
di
Perseo, viveva una donna così chiamata, la quale
osì chiamata, la quale fu la prima Pitia, o sacerdotessa dell’oracolo
di
Delfo, che rispose alle interrogazioni in versi e
i credevano unico della sua specie, e dotato della prodigiosa qualità
di
rinascere dalle proprie ceneri. Gli egiziani ne f
giziani ne fecero una delle loro divinità, adorandolo sotto la figura
di
un uccello grande come un’aquila, con le piume de
llo Fenice si sentiva prossimo a morire, formava da se stesso un nido
di
legna aromatiche e di gomma, e che coricatosi in
prossimo a morire, formava da se stesso un nido di legna aromatiche e
di
gomma, e che coricatosi in quello, si consumava a
e ed unanime l’opinione, che fa contare a quattro sole le apparizioni
di
questo maraviglioso uccello. Secondo le cronache
onologia, è segnata la prima apparizione della Fenice, sotto il regno
di
Sesostri ; la seconda durante quello del re Amasi
dei Tolomei, e finalmente la quarta verso gli ultimi tempi del regno
di
Tiberio, imperatore romano, del quale, al dire di
imi tempi del regno di Tiberio, imperatore romano, del quale, al dire
di
Dione Cassio, fu ritenuta come presagio di prossi
romano, del quale, al dire di Dione Cassio, fu ritenuta come presagio
di
prossima morte questa apparizione della Fenice. N
agio di prossima morte questa apparizione della Fenice. Nell’ intento
di
portar sempre l’attenzione dei lettori sulle idee
l’attenzione dei lettori sulle idee da noi esposte nella introduzione
di
questa nostra opera, gioverà grandemente far nota
o, S. Cirillo, S. Epifanio ed altri, si sono avvalsi nei loro scritti
di
questa credenza pagana del risorgimento, dalle pr
li attribuiscono anch’essi ad un certo uccello, la strana prerogativa
di
essere unico e di rinascere dalle proprie ceneri.
nch’essi ad un certo uccello, la strana prerogativa di essere unico e
di
rinascere dalle proprie ceneri. Sugli antichi mon
monumenti e particolarmente sopra i sepolcri, si scolpiva l’immagine
di
una Fenice per risvegliare così la idea dell’eter
ì la idea dell’eternità collegata alla morte. Fenice fu anche il nome
di
un flume nella Tessaglia, che univa le sue acque
uiva l’invenzione ai fenici. Fenice fu del pari chiamato un figliuolo
di
Amintore, re dei Dolopi, in Epiro. Narra la crona
ro. Narra la cronaca che Fenice per soddisfare il giusto risentimento
di
sua madre, la quale Amintore abbandonava per i la
timento di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi vezzi
di
una sua concubina per nome Lizia, si facesse amar
hio padre, per darsi in braccio al giovane figliuolo. Amintore, cieco
di
libidinosa passione, accortosi del tranello, male
ra fuggendo E un atroce imprecar del padre mio Amintore d’Orméno. Era
di
questa Ira cagione un’avvenente druda Ch’egli spr
lla rivale, E porle in odio il vecchio amante. Il feci. Reso acceorto
di
questo il genitore, Mi maledisse, ed invocò sul m
rre Sul suo ginocchio un figlio mio. Omero — Iliade — Libro IX trad.
di
V. Monti.. Allora Fenice, altamente irritato con
nice, altamente irritato contro suo padre, concepì l’orrendo pensiero
di
ucciderlo, ma poscia, inspirato forse da qualche
derlo, ma poscia, inspirato forse da qualche benefico nume, e temendo
di
cedere alla funesta tentazione, si esilio volonta
si esilio volontariamente dalla sua patria e si condusse nella città
di
Ftia, della quale era re Peleo, padre di Achille,
ia e si condusse nella città di Ftia, della quale era re Peleo, padre
di
Achille, che lo accolse con ogni cortese amorevol
dre il figliuol ch’unico in largo Aver gli nasca nell’ età canuta : E
di
popolo molto e di molt’oro Fattomi ricco, l’ultim
’unico in largo Aver gli nasca nell’ età canuta : E di popolo molto e
di
molt’oro Fattomi ricco, l’ultimo confine Di Ftia
De’ Dolopi il governo alla mia cura. Omero — Iliade — Libro IX trad.
di
V. Monti. Da quel tempo un’amicizia più che frat
a quel tempo un’amicizia più che fraterna, legò il riconoscente animo
di
Fenice, all’eroe giovanetto, dal quale non seppe
qual sei, che caramente T’amai ; …… Omero — Iliade — Libro IX trad.
di
V. Monti. e tanto che lo accompagnò perfino all
IX trad. di V. Monti. e tanto che lo accompagnò perfino all’assedio
di
Troja e fu uno degli ambasciatori, che, al dire d
erfino all’assedio di Troja e fu uno degli ambasciatori, che, al dire
di
Omero, il quale chiama Fenice l’amico di Giove.
i ambasciatori, che, al dire di Omero, il quale chiama Fenice l’amico
di
Giove. Primamente Fenice, al Sommo Giove Carissi
al Sommo Giove Carissimo mortale……… Omero — Iliade — Libro IX trad.
di
V. Monti. Agamennone inviò ad Achille onde placa
ti agli Achei. Allorquando Achille, spinto dal desiderio ardentissimo
di
vendicare la morte di Patroclo, ritornò alle armi
ando Achille, spinto dal desiderio ardentissimo di vendicare la morte
di
Patroclo, ritornò alle armi, Fenice, sempre fedel
li delle battaglie, ma ebbe ben presto a soffrire l’ineffabile dolore
di
veder morto l’amico dilettissimo del suo cuore. A
ttissimo del suo cuore. Allora Fenice fu spedito dai Greci in traccia
di
Pirro, figliuolo del morto eroe, ed egli lo accom
Pirro, figliuolo del morto eroe, ed egli lo accompagnò sottò le mura
di
Troia, e seguitò ad avere per lui lo stesso pater
orpreso nel traversare la Tracia, dalla morte, fu sepolto nella città
di
Eone. Fenice è finalmente il nome di un figliuolo
la morte, fu sepolto nella città di Eone. Fenice è finalmente il nome
di
un figliuolo di Agenore, e fratello di Cadmo e di
olto nella città di Eone. Fenice è finalmente il nome di un figliuolo
di
Agenore, e fratello di Cadmo e di Europa. Allorqu
e. Fenice è finalmente il nome di un figliuolo di Agenore, e fratello
di
Cadmo e di Europa. Allorquando Giove rapì la bell
finalmente il nome di un figliuolo di Agenore, e fratello di Cadmo e
di
Europa. Allorquando Giove rapì la bellissima giov
ima giovanetta, Agenore mandò i suoi figli Cadmo e Fenice, in traccia
di
lei. Ma non avendola essi rinvenuta, Fenice non e
a di lei. Ma non avendola essi rinvenuta, Fenice non ebbe il coraggio
di
affrontare la collera di suo padre e andò nella B
essi rinvenuta, Fenice non ebbe il coraggio di affrontare la collera
di
suo padre e andò nella Bitinia, ove fondò una col
ntore delle lettere e della scrittura ; e che avesse trovato il mezzo
di
servirsi di un piccolo verme onde dare alle stoff
lettere e della scrittura ; e che avesse trovato il mezzo di servirsi
di
un piccolo verme onde dare alle stoffe il colore
gnifica tenebre. 1982. Fennide. — Così avea nome una figliuola del re
di
Caonia, la quale visse, secondo le cronache dell’
della 136’. Olimpiade, vale a dire circa 200 anni, prima della venuta
di
Gesù Cristo. Al dire di Pausania, Fennide era dot
ale a dire circa 200 anni, prima della venuta di Gesù Cristo. Al dire
di
Pausania, Fennide era dotata della qualità di pre
di Gesù Cristo. Al dire di Pausania, Fennide era dotata della qualità
di
predire l’avvenire e dopo la sua morte, riferisce
sua morte, riferisce il cennato scrittore, che fu fatta una raccolta
di
tutte le predizioni di lei. 1983. Ferali. — Press
l cennato scrittore, che fu fatta una raccolta di tutte le predizioni
di
lei. 1983. Ferali. — Presso i romani, così avevan
essi celebravano una volta l’anno, e propriamente nel giorno ventuno
di
febbraio in onore dei morti. Al dire di Ovidio, l
opriamente nel giorno ventuno di febbraio in onore dei morti. Al dire
di
Ovidio, la celebrazione di queste feste, fu una v
no di febbraio in onore dei morti. Al dire di Ovidio, la celebrazione
di
queste feste, fu una volta impedita dai disordini
r la qual cosa durante la notte si intesero delle grida per la strade
di
Roma, e fu detto che le anime dei morti si agiras
i, rimisero ben presto in vigore la celebrazione delle feste Ferali e
di
tutte le altre cerimonie funebri. Secondo alcuni
Ferefattie. 1985. Ferepola. — Ossia portatrice del polo. Gli abitanti
di
Smirne innalzarono alla dea fortuna una statua, c
veva il polo sulla testa e un cornucopia fra le mani. Da ciò, al dire
di
Pindaro, fu dato questo nome alla dea fortuna, pe
to al padre degli dei, perchè i vincitori delle battaglie costumavano
di
appendere nel tempio di quel dio, le spoglie tolt
erchè i vincitori delle battaglie costumavano di appendere nel tempio
di
quel dio, le spoglie tolte ai vinti. 1987. Ferie.
d’ogni sorte. Nel periodo delle Ferie non era permesso alcuna specie
di
lavoro. Vi erano differenti e moltiplici specie d
esso alcuna specie di lavoro. Vi erano differenti e moltiplici specie
di
Ferie, delle quali le più comunemente ripetute ne
tc. etc. Secondo l’ordine alfabetico, parleremo partitamente d’ognuna
di
esse : e solo terremo nell’articolo seguente menz
capitale del Lazio. I magistrati delle principali provincie al numero
di
47 si riunivano ai magistrati romani sul monte Al
o a Giove Laziale, un toro e gli offerivano del latte ed altre specie
di
libazioni. Da principio le Ferie Latine duravano
u fissato a quattro giorni ; durante i quali non era permesso neanche
di
dichiarare la guerra. 1989. Feronia. — Dea degli
nato giorno. Aveva il suo tempio sul monte Soracte, vicino alla città
di
Feronia, dalla quale prese il suo nome particolar
riferisce Strabone, che coloro i quali erano posseduti dallo spirito
di
questa dea camminavano sui carboni accesi senza s
i il volto e le mani nella fonte sacra, che scorreva presso il tempio
di
lei. Una cronaca alla quale si rapporta Ovidio, n
rasporto, furono visti gli alberi abbruciati coprirsi istantaneamente
di
foglie. Ritenendosi allora quel prodigio come man
osi allora quel prodigio come manifestazione della volontà della dea,
di
rimanere in quel bosco, fu lasciato il simulacro
olontà della dea, di rimanere in quel bosco, fu lasciato il simulacro
di
lei dove si trovava. Finalmante Virgilio riferisc
rovava. Finalmante Virgilio riferisce che la dea Feronia si deliziava
di
vivere nei boschi. Molti scrittori dell’antichità
er nel ciel fra l’altre stelle Ovidio — Metamorfosi — Libro I. trad.
di
Dell’Anguillara. 1991. Ferula — Secondo la tradi
in una ferula ed insegnò agli uomini a conservare il fuoco nel gambo
di
questa pianta, che per naturale conformazione, pu
i primitivi abitanti della terra che servirono del vino come bevanda,
di
far uso di altri bastoni fuorchè di quelli di Fer
abitanti della terra che servirono del vino come bevanda, di far uso
di
altri bastoni fuorchè di quelli di Ferula. Forse
servirono del vino come bevanda, di far uso di altri bastoni fuorchè
di
quelli di Ferula. Forse i seguaci di quel dio col
del vino come bevanda, di far uso di altri bastoni fuorchè di quelli
di
Ferula. Forse i seguaci di quel dio colpiti da eb
far uso di altri bastoni fuorchè di quelli di Ferula. Forse i seguaci
di
quel dio colpiti da ebbrezza per troppo larghe li
po larghe libazioni, dovettero offendersi scambievolmente coi bastoni
di
cui erano armati ; e allora fu che il dio legisla
di cui erano armati ; e allora fu che il dio legislatore, impose loro
di
servirsi sola mente di bastoni di Ferula, imperoc
allora fu che il dio legislatore, impose loro di servirsi sola mente
di
bastoni di Ferula, imperocchè questi sebbene fort
che il dio legislatore, impose loro di servirsi sola mente di bastoni
di
Ferula, imperocchè questi sebbene forti abbastanz
oni di Ferula, imperocchè questi sebbene forti abbastanza per servire
di
appoggio, erano troppo fragili per percuotere. 19
orno dell’anno, in cui non ne ricadesse la celebrazione. Riserbandoci
di
parlare partitamente delle principali feste e cer
a misura che l’ordine alfabetico che noi seguitiamo nella esposizione
di
questa nostra opera ce ne darà il destro, ci limi
die, Trieclarie, Tritterie, Triopie, Tirbee. 1995. Fetonte. — Al dire
di
Esiodo, così ebbe nome un figliuolo di Cefalo e d
rbee. 1995. Fetonte. — Al dire di Esiodo, così ebbe nome un figliuolo
di
Cefalo e dell’Aurora il quale dopo essere stato c
o alla custodia d’uno dei suoi tempii. Fetonte era similmente il nome
di
quel famoso figliuolo del Sole e di una ninfa per
i. Fetonte era similmente il nome di quel famoso figliuolo del Sole e
di
una ninfa per nome Climene. Le cronache della fav
nome Climene. Le cronache della favola ne fanno tutte menzione, come
di
colui che si rese celebre per la sua famosa cadut
lamentò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal labbro
di
suo padre avesse inteso la verità. Il giovanetto
avrebbe nulla negato, e allora l’audace giovanetto dimando in grazia,
di
potere per un sol giorno illuminare la terra, con
meglio il tuo desio : Chiedi pur quel che più t’aggrada e giova. Che
di
questo vedrai più certa prova. Della proferta il
el carro e della sua gran luce Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad.
di
Dell’Anguillara. Spaventato il padre dal pericol
o a cui volea esporsi l’incauto fanciullo, cercò con ogni persuasiva,
di
dissuaderlo dal proprio divisamento, ma vane rius
ebbe a pentirsi della sua audacia, imperocchè i cavalli riconoscendo
di
non essere governati dalla solita mano che li gui
inario cammino, e salendo ora troppo alto, minacciavano il firmamento
di
un immane e terribile incendio ; ora discendendo
r non solea, terrena e bassa. Ovidio — Metamorfosi — Libro II. trad.
di
Dell’Anguillara. e Giove allora, per prevenire l
’Anguillara. e Giove allora, per prevenire la catastrofe universale,
di
cui l’audace inespertezza di Fetonte minacciava i
per prevenire la catastrofe universale, di cui l’audace inespertezza
di
Fetonte minacciava il creato, arrestò il giovanet
a di Fetonte minacciava il creato, arrestò il giovanetto con un colpo
di
fulmine, e lo precipitò nell’Eridano. Si volge i
a lui con l’infiammate spoglie Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad.
di
Dell’Anguillara. 1996. Fetonziadi. — Conosciuto
’Anguillara. 1996. Fetonziadi. — Conosciuto più comunemente col nome
di
Fetontee e di Eliadi, erano le sorelle di Fetonte
1996. Fetonziadi. — Conosciuto più comunemente col nome di Fetontee e
di
Eliadi, erano le sorelle di Fetonte, che furono c
to più comunemente col nome di Fetontee e di Eliadi, erano le sorelle
di
Fetonte, che furono cangiate in pioppi per aver p
an le donne. e quelli i fiumi. Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad.
di
Dell’Anguillara. 1997. Fetusa. — Nome della magg
Dell’Anguillara. 1997. Fetusa. — Nome della maggiore fra le sorelle
di
Fetonte. Stauca Fetusa, la maggior sirocchia, Peu
come prima più seder le lice. Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad.
di
Dell’ Anguillara. Fetusa e Lampezia avevano nome
l loro immortale genitore possedeva in Sicilia — V. Lampezia. Il nome
di
queste due immortali ha qualche cosa del linguagg
la gioventù, le cui figlie non invecchiano mai. 1998. Fia. — Al dire
di
Erodoto, così aveva nome una donna ateniese, di u
1998. Fia. — Al dire di Erodoto, così aveva nome una donna ateniese,
di
un’altezza quasi gigantesca ed assai bella di vol
ome una donna ateniese, di un’altezza quasi gigantesca ed assai bella
di
volto, della quale le cronache mitologiche raccon
ologiche raccontano un curioso accidente che ci rivela, a somiglianza
di
molti altri, la fecondità d’immaginativa che avev
la bella Fia degli stessi abiti che aveva Minerva nel maggior tempio
di
quella città ; e che facendola salire su di un ca
inerva nel maggior tempio di quella città ; e che facendola salire su
di
un carro, riuscirono a far credere al popolo, che
credere al popolo, che la stessa dea conduceva Pisistrato al governo
di
Atene. 1999. Fidio. — Nome particolare che si dav
catore dei falsi giuramenti : altri vogliono che sia Ercole figliuolo
di
Giove. Come che sia il dio Fidio aveva molti temp
si attiene Pausania stesso dà questo nome ad uno abitante della città
di
Corinto, il quale nel prendere parte ai giuochi o
compi tutto il giro dello steccato ; al suono della tromba raddoppiò
di
velocità e avendo sorpassato gli altri corridori,
tti dichiararono Fidolao vincitore e gli permisero in com memorazione
di
quel fatto d’innalzare un monumento sul quale egl
codesta qualificazione alla simbolica e immaginaria personificazione
di
esseri inanimati : così il fiume Acheronte, fu fi
fatti memorandi compiuti sul mare, furono rig uardati come figliuoli
di
Nettuno ; quelli che si illustrarono in guerra pe
li che si illustrarono in guerra per invitto coraggio, e intrepidezza
di
valore, furono ritenuti come figliuoli di Marte.
to coraggio, e intrepidezza di valore, furono ritenuti come figliuoli
di
Marte. Nè a ciò si arrestava la sbrigliala immagi
nebroso potere sacerdotale, che in tutte le epoche, ha sempre cercato
di
tener schiava l’intelligenza dei popoli per mezzo
a sempre cercato di tener schiava l’intelligenza dei popoli per mezzo
di
falsità, d’ipocrisia e di superstizione, si fosse
schiava l’intelligenza dei popoli per mezzo di falsità, d’ipocrisia e
di
superstizione, si fosse largamente avvalso di que
falsità, d’ipocrisia e di superstizione, si fosse largamente avvalso
di
queste credenze, facendo passare come figliuoli d
ide sovente in quelle remote epoche dell’età primitive, a somiglianza
di
quanto è avvenuto anche in età più recenti e civi
allorquando ci dice che tutte le volte che un principe aveva ragione
di
nascondere un qualche scandaloso commercio, facev
che scandaloso commercio, faceva sparger voce che un dio era il padre
di
quel frutto della colpa : così Ercole fu figliuol
io era il padre di quel frutto della colpa : così Ercole fu figliuolo
di
Giove e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di
adre di quel frutto della colpa : così Ercole fu figliuolo di Giove e
di
Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Per
a : così Ercole fu figliuolo di Giove e di Alcmena ; Romolo fu figlio
di
Rea e di Marte, Perseo fu figlio di Danae e di Gi
Ercole fu figliuolo di Giove e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e
di
Marte, Perseo fu figlio di Danae e di Giove ecc.
e e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Perseo fu figlio
di
Danae e di Giove ecc. ecc. Così il maggior numero
ena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Perseo fu figlio di Danae e
di
Giove ecc. ecc. Così il maggior numero dei sovran
li. — In generale tutti gli dei detti Epidoti e molte altre divinità,
di
cui parleremo secondo il loro ordine alfabetico,
ate. 2005. Filachide e Filandro. — Figliuoli della ninfa Acadallide e
di
Apollo. La tradizione mitologica dice che essi fu
quale essendo per ciò ritenuta come sacra, ebbe una statua nel tempio
di
Delfo. 2006. Filaco. — Un’antica tradizione alla
. Filaco. — Un’antica tradizione alla quale si rapportano le cronache
di
Pausania, dice che questo era il nome d’un cittad
o le cronache di Pausania, dice che questo era il nome d’un cittadino
di
Delfo, il quale al tempo dell’insurrezione dei Ga
dei greci contro i barbari, onde salvare la città. In commemorazione
di
questo fatto, Filaco fu dichiarato eroe e gli fu
fu dichiarato eroe e gli fu innalzato un monumento nel tempio stesso
di
Delfo. 2007. Filammone. — Figlio di Apollo e dell
to un monumento nel tempio stesso di Delfo. 2007. Filammone. — Figlio
di
Apollo e della ninfa Chiona. Resosi celebre per l
colla quale suonava la lira, la tradizione mitologica lo fa figliuolo
di
Apollo, dio della musica. Altri lo pongono nel nu
ca. Altri lo pongono nel numero degli Argonauti. 2008. File. — Figlio
di
Augia, re d’Elide, il quale fu da Ercole posto su
— V. Bauci. 2010. Fileni. — Le cronache storico mitologiche, narrano
di
questi due fratelli un’eroica avventura, che ad e
so amore che essi portavano a Cartagine loro patria. Fra gli abitanti
di
Cirene e quelli di Cartagine, surse una grave con
ortavano a Cartagine loro patria. Fra gli abitanti di Cirene e quelli
di
Cartagine, surse una grave contesa a causa dei ri
opo lunghe discussioni, stabilito che si sarebbero scelte due persone
di
ciascuna città, le quali avessero dovuto partire
no percorso un ben lungo tratto del loro territorio. Senonchè, quelli
di
Cirene pensarono di sotterrar vivi i due fratelli
ungo tratto del loro territorio. Senonchè, quelli di Cirene pensarono
di
sotterrar vivi i due fratelli Fileni, quante volt
vivi i due fratelli Fileni, quante volte essi non avessero accettato
di
ritornare sui loro passi. Ma gli eroici fratelli,
i. 2011. Filira. — Figlia dell’Oceano. La tradizione mitologica narra
di
lei che Saturno l’amò passionatamente ; e che per
’amò passionatamente ; e che per sottrarsi alle gelose investigazioni
di
sua moglie Rea, prendeva la figura di un cavallo,
arsi alle gelose investigazioni di sua moglie Rea, prendeva la figura
di
un cavallo, tutte le volte che si recava presso l
presso la bella Filira. Ciò per altro non bastò a deludere la gelosia
di
Rea, la quale un giorno sorprese i due amanti, pe
i nitriti. Cosi Saturno a vista della moglie Diffondeva la chioma, e
di
anitriti In voce di cavallo il Pelio empiva. Vir
urno a vista della moglie Diffondeva la chioma, e di anitriti In voce
di
cavallo il Pelio empiva. Virgilio — Georgiche —
e di cavallo il Pelio empiva. Virgilio — Georgiche — Libro III trad.
di
Dionigi Strocchi. Ma Filira, vergognosa di più m
orgiche — Libro III trad. di Dionigi Strocchi. Ma Filira, vergognosa
di
più mostrarsi nella sua patria, dopo lo scandalo
un figliuolo, che poi fu il famoso Chirone, Centauro. Il dolore però
di
aver posto al mondo un mostro, metà uomo e metà c
avallo, la ferì così crudelmente che supplicò notte e giorno gli dei,
di
toglierle la sua umana natura ; per lo che mossi
a ; per lo che mossi a compassione i numi, la cangiarono in un albero
di
tiglio. 2012. Fillide. — Discorde è l’opinione de
— Discorde è l’opinione dei cronisti della mitologia sulla paternità
di
questa principessa ; poichè alcuni la fanno figli
la paternità di questa principessa ; poichè alcuni la fanno figliuola
di
Sitone, re di Tracia ; ed altri di Licurgo, re de
i questa principessa ; poichè alcuni la fanno figliuola di Sitone, re
di
Tracia ; ed altri di Licurgo, re dei Dauni. Ma la
; poichè alcuni la fanno figliuola di Sitone, re di Tracia ; ed altri
di
Licurgo, re dei Dauni. Ma la maggioranza delle op
rgo, re dei Dauni. Ma la maggioranza delle opinioni, la ripete figlia
di
Sitone e dice che ella non aveva l’età di venti a
opinioni, la ripete figlia di Sitone e dice che ella non aveva l’età
di
venti anni, quando per la morte del padre fu fatt
mpesta sulle rive della Tracia, al suo ritorno in patria dall’assedio
di
Troja, fu accolto con ogni cortesia dalla giovane
dalla giovane regina, la quale finì per innammorarsi passionatamente
di
lui. Ben presto però Demofoonte dovè fare ritorno
vano le gravi cure del suo regno ; e onde calmare il dolore disperato
di
Fillide, le promise che dopo un mese sarebbe a le
icchè Fillide disperata scrisse all’amante lontano, una lettera piena
di
rimproveri, nella quale gli diceva terminando che
piena di rimproveri, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe
di
sua mano uccisa nel modo più crudele, se egli ave
u nel medesimo luogo edificata una città al la quale si dette il nome
di
Amfipoli, conosciuta comunemente sotto la denomin
Amfipoli, conosciuta comunemente sotto la denominazione del sepolcro
di
Fillide. La tradizione allegoria della favola agg
della favola aggiunge che gli dei mossi a compassione del triste fato
di
Fillide, l’avessero cangiata in albero di mandorl
compassione del triste fato di Fillide, l’avessero cangiata in albero
di
mandorlo, perchè in greco la parola ιλλα signific
uo amante. Igino nelle sue cronache delle antichità, non tiene parola
di
tale metamorfosi, ma riferisce solo, che alcuni a
iene parola di tale metamorfosi, ma riferisce solo, che alcuni alberi
di
mandorlo, che crescevano sul sepolcro dell’innamm
te ebbe una figliuola così chiamata, la quale fu da Ercole resa madre
di
un bambino. Narra la cronaca, che Alcimedonte, se
esporre sulla montagna detta Ostracina, nelle circostanze della città
di
Figalia, e che quivi una gazza sentendo continuam
ce con tale incredibile perfezione, che un giorno passando Ercole per
di
là, sentendo la voce, della gazza la credette il
avendoli riconosciuti li liberò dal grave pericolo. In commemorazione
di
quel fatto, fu in quel luogo costruita una fontan
o, fu in quel luogo costruita una fontana, alla quale fu dato il nome
di
fontana della gazza. Il fanciullo fu chiamato Ecm
to il nome di fontana della gazza. Il fanciullo fu chiamato Ecmagora,
di
cui alcuni scrittori chiamano la madre Fillo o Fi
Fillo o Fillene. — V. Ecmagora. 2014. Fillodamea. — Una delle figlie
di
Danao. Mercurio l’amò e ne ebbe un figliuolo chia
enuto adulto fondò nella Messenia una città, alla quale dette il nome
di
Fare. 2015. Filodoce. — Così aveva nome una ninfa
015. Filodoce. — Così aveva nome una ninfa che apparteneva al seguito
di
Cirene, madre di Aristea. Al suon delle querele
Così aveva nome una ninfa che apparteneva al seguito di Cirene, madre
di
Aristea. Al suon delle querele in quella stanza.
o le ninfe Filodoce e……..! Virgillo — Le Georgiche — Libro IV. trad.
di
D. Strocchi. 2016. Filgeo. — Dalle parole greche
si dava questo nome ad uno dei cavalli del sole, nella significazione
di
amante della lerra, perchè il sole quando tramont
il sole quando tramonta sembra abbandoni la terra col lento rammarico
di
un amante. 2017. Filolao — Che significa salutare
rava Esculapio, in un tempio ricchissimo a lui consacrato nella città
di
Asopo in Laconia. 2018. Filomena e Progne — Così
18. Filomena e Progne — Così avevano nome le due giovanette figliuole
di
Pandione re d’Atene, rinomate per la loro estrema
e, rinomate per la loro estrema bellezza. La cronaca mitologica narra
di
loro un truce fatto. Avendo Tereo, re di Tracia,
La cronaca mitologica narra di loro un truce fatto. Avendo Tereo, re
di
Tracia, sposato Progne, la più giovanetta delle d
figliuole, il buon re finì per accondiscendere, e permise a Filomena
di
seguire Tereo. Ma, durante il tragitto, questi, a
Ma, durante il tragitto, questi, affascinato dalla sovrumana bellezza
di
Filomena, concepì l’infame pensiero di gioire del
inato dalla sovrumana bellezza di Filomena, concepì l’infame pensiero
di
gioire della bella persona ; onde posto piede a t
e la violò. Ma non potendo a lungo sopportare i sanguinosi rimproveri
di
lei, e le contumelie e gli oltraggi di che l’eroi
ortare i sanguinosi rimproveri di lei, e le contumelie e gli oltraggi
di
che l’eroica giovanetta lo ricolmava, le fece tag
a lingua e la lasciò in quel vecchio castello, affidata alla custodia
di
persone a lui devote. Consumato l’infame delitto,
tto, Tereo fece ritorno presso la moglie, alla quale ebbe il coraggio
di
presentarsi, ed a cui affettando il più alto dolo
trettanto funesto per quanto inatteso, la gentile ed affettuosa anima
di
Progne, fu colpita dal più profondo dolore, e tan
cia a poco a poco, calmato alquanto il dolore acerbissimo, essa pensò
di
onorare la cara anima della defunta, alla quale f
magnifico monumento. Intanto Filomena gemeva in potere degli scherani
di
Tereo, i quali la custodivano con vigilante soler
n giorno, colpita quasi da un ispirazione del cielo, ella trapunse su
di
una tela, con un ago da ricamo, l’infame attentat
lla trapunse su di una tela, con un ago da ricamo, l’infame attentato
di
Tereo, e la triste sua situazione, e si adoperò i
a situazione, e si adoperò in modo che quella tela, capitò nelle mani
di
Progne ; la quale conscia per tal modo di quanto
lla tela, capitò nelle mani di Progne ; la quale conscia per tal modo
di
quanto era avvenuto, non si perdette in inutili l
di quanto era avvenuto, non si perdette in inutili lamenti, ma pensò
di
vendicar la sorella in modo terribile ; e spiò co
vendicar la sorella in modo terribile ; e spiò con indefessa alacrità
di
pensiero, ogni favorevole occasione di vendetta.
e spiò con indefessa alacrità di pensiero, ogni favorevole occasione
di
vendetta. Infatti, giovandosi della ricorrenza di
avorevole occasione di vendetta. Infatti, giovandosi della ricorrenza
di
una festa a Bacco, che si celebrava nella Tracia,
a Tracia, con grande solennità, e nella quale era permesso alle donne
di
correre sole a traverso i campi, l’animosa giovan
lle più segrete camere del suo palazzo insieme al piccolo Iti, figlio
di
Tereo e della sventuratissima Filomena. Posta per
Filomena. Posta per tal modo in sicuro la sorella, la quale non meno
di
lei anelava alla vendetta, le due giovanette pens
te pensarono a compierla in modo spaventevole ; infatti Progne uccise
di
sua mano il fanciullo Iti, e dopo avergli tagliat
ece ser vire al banchetto che il marito dava in occasione della festa
di
Bacco. Alla tine del convito Filomena comparve e
queste si dettero ad una precipitosa fuga, e veleggiarono alla volta
di
Atene, su di un vascello all’uopo preparato, prim
ttero ad una precipitosa fuga, e veleggiarono alla volta di Atene, su
di
un vascello all’uopo preparato, prima che Tereo a
l’uopo preparato, prima che Tereo avesse potuto raggiungerle. Al dire
di
Pausania, le due sorelle a cui le terribili vicis
ai loro amarissimi ricordi ; e ciò diede motivo alla cronaca favolosa
di
ripetere, che Filomena fosse stata cangiata in us
; alludendo, con poetica immagine, alla mestissima dolcezza del canto
di
questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento u
gine, alla mestissima dolcezza del canto di questi uccelli. Ovidio fa
di
questo avvenimento una delle sue più belle Metamo
piano, Come alle Greche insidiose avvenne, Vede le membra sue vestir
di
penne. Lascia il ferro crudel l’irato artiglio. E
onde In parte alla sua sorte iniqua e felia. Piangendo va il suo duol
di
fronde in fronde Con una melodia soave e bella :
ela un pezzo, e alfine stride Ovidio — Metamorfosi — Libro VI. trad.
di
Dell’Anguillara. 2019. Filonome. — La tradizione
l’Anguillara. 2019. Filonome. — La tradizione mitologica fa menzione
di
una figlia di Craugaso così chiamata, aggiungendo
2019. Filonome. — La tradizione mitologica fa menzione di una figlia
di
Craugaso così chiamata, aggiungendo che ella foss
li anni la disgraziata Fedra. V. Fedra ; e che pazzamente innammorata
di
un suo figliastro per nome Tene, nè potendo piega
asse per disperazione. Filonome era similmente chiamata una figliuola
di
Nittimo e della ninfa Arcadia. Narra la tradizion
sse stata veduta dal dio Marte, il quale s’invaghi così violentemente
di
lei, che sotto le spoglie di un pastore la piegò
e, il quale s’invaghi così violentemente di lei, che sotto le spoglie
di
un pastore la piegò alle sue voglie e la rese mad
tto le spoglie di un pastore la piegò alle sue voglie e la rese madre
di
due gemelli. Al dire di Plutarco quando Filonome
tore la piegò alle sue voglie e la rese madre di due gemelli. Al dire
di
Plutarco quando Filonome li ebbe partoriti, temen
li ebbe partoriti, temendo lo sdegno del padre suo, ebbe il coraggio
di
gettarli nel fiume Erimanto, pensando così di nas
e suo, ebbe il coraggio di gettarli nel fiume Erimanto, pensando così
di
nascondere una colpa con un delitto. Però al dire
preservò dalla morte i figli dell’amor suo. 2020. Filottete. — Figlio
di
Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, i
uo. 2020. Filottete. — Figlio di Peante, e il più caro e fedele amico
di
Ercole, il quale prima di morire, onde attestargl
lio di Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, il quale prima
di
morire, onde attestargli l’immenso affetto col qu
il luogo ove riposavano le sue ceneri. Dopo qualche tempo dalla morte
di
Ercole, i greci i quali avean saputo dall’oracolo
di Ercole, i greci i quali avean saputo dall’oracolo, che nel destino
di
Troja era scritto, che essi non si sarebbero impa
essi non si sarebbero impadroniti della città, senza le famose frecce
di
Ercole, V . Fatalita di Troja, mandarono una dep
adroniti della città, senza le famose frecce di Ercole, V . Fatalita
di
Troja, mandarono una deputazione a Filottete, ond
l luogo dove, insieme alle ceneri dell’ eroe, erano sepolte le frecce
di
lui. Filottete posto nel crudel bivio di essere s
roe, erano sepolte le frecce di lui. Filottete posto nel crudel bivio
di
essere spergiuro, o di cagionare il danno dei suo
recce di lui. Filottete posto nel crudel bivio di essere spergiuro, o
di
cagionare il danno dei suoi concittadini, credè d
ssere spergiuro, o di cagionare il danno dei suoi concittadini, credè
di
poter eludere la propria coscienza, rivelando non
state cagione del suo tradimento ; imperocchè nel passare per l’isola
di
Lemnos, volendo far vedere ai suoi compagni di vi
el passare per l’isola di Lemnos, volendo far vedere ai suoi compagni
di
viaggio la potenza delle sue frecce contro gli an
io la potenza delle sue frecce contro gli animali, nell’ adattare una
di
esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stess
i non, fosse stata causa d’infettazione, lo abbandonarono sull’ isola
di
Lemnos, vedendo nell’ accaduto un giusto castigo
ll’ accaduto un giusto castigo degli dei contro lo spergiuro. Questa
di
Lenno è la deserta riva, Da uman piè non calcata,
glà tempo, …………ubbidiente Al comando de’ regi abbandonai Il Meliense
di
Peante figlio, Cui di piaga vorace un piè stillav
ente Al comando de’ regi abbandonai Il Meliense di Peante figlio, Cui
di
piaga vorace un piè stillava. Sofocle — —Filotte
piaga vorace un piè stillava. Sofocle — —Filottete — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Filottete dunque restò su quegli sc
enti e le sue grida suonavano vuote ed inutili. Una caverna gli servì
di
rifugio ; l’acqua che scaturiva dal fondo di essa
i. Una caverna gli servì di rifugio ; l’acqua che scaturiva dal fondo
di
essa, valse a dissetarlo, e le frecce istesse che
virono a prolungargli la vita, poichè uccideva con quelle gli uccelli
di
cui poi si cibava. Intanto i greci non riuscivano
poi si cibava. Intanto i greci non riuscivano ancora ad impadronirsi
di
Troja, perchè, come vedemmo, essendo rimaste le f
i di Troja, perchè, come vedemmo, essendo rimaste le frecce in potere
di
Filottete, i destini della città non potevano com
lisse, sebbene si sapesse mortalmente odiato da Filottete, acconsenti
di
mettersi a capo di un’ altra deputazione, e di mu
apesse mortalmente odiato da Filottete, acconsenti di mettersi a capo
di
un’ altra deputazione, e di muovere alla volta de
Filottete, acconsenti di mettersi a capo di un’ altra deputazione, e
di
muovere alla volta dell’ isola di Lemnos, onde fa
a capo di un’ altra deputazione, e di muovere alla volta dell’ isola
di
Lemnos, onde farsi cedere da Filottete le famose
greco onde riaccendere l’ardire dei suoi, i quali scorati dalia morte
di
Achille, disperavano omai della caduta di Troja.
i quali scorati dalia morte di Achille, disperavano omai della caduta
di
Troja. Ulisse infatti in compagnia di Nettolemo,
, disperavano omai della caduta di Troja. Ulisse infatti in compagnia
di
Nettolemo, figlio di Achille, e di altri guerrier
lla caduta di Troja. Ulisse infatti in compagnia di Nettolemo, figlio
di
Achille, e di altri guerrieri greci, giunse a Lem
Troja. Ulisse infatti in compagnia di Nettolemo, figlio di Achille, e
di
altri guerrieri greci, giunse a Lemnos, e trionfò
riconducendo al campo greco Filottete colle sue fatate armi. Al dire
di
Sofocle, Ercole apparve in una nube a Filottete e
Sofocle, Ercole apparve in una nube a Filottete e gli ordinò, in nome
di
Giove, di seguire i greci all’ assedio di Troja.
rcole apparve in una nube a Filottete e gli ordinò, in nome di Giove,
di
seguire i greci all’ assedio di Troja. ……. Or tu
ttete e gli ordinò, in nome di Giove, di seguire i greci all’ assedio
di
Troja. ……. Or tu la voce D’ Ercole ascolli e ne
quadrella Quel Paride farai, funesto capo Di tutti mali, e struggerai
di
Troja La fortuna e le mura. Alle tue case, Al pad
ma Ricada ancor per l’armi mie. Sofocle — Filottete — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Terminato l’assedio della città Pri
i. Terminato l’assedio della città Priamea, e resisi i greci padroni
di
essa Filottete del tutto risanato da Esculapio de
tutto risanato da Esculapio della sua ferita al piede, pensò dapprima
di
ritornare in Grecia, ma poi avendo saputo la mort
pensò dapprima di ritornare in Grecia, ma poi avendo saputo la morte
di
suo padre, s’imbarcò alla volta della Calabria in
morte di suo padre, s’imbarcò alla volta della Calabria in compagnia
di
alcuni Tessali, che lo avevano seguito da Troja,
uito da Troja, e aiutato da questi, fondò in quella contrada la città
di
Petilia. Fu in Calabria che egli combattè il cele
ia. Fu in Calabria che egli combattè il celebre duello col re Adrasto
di
cui parla Fénélon nel suo libro delle Aventures d
e questa non fu cagionata dalla freccia, ma sibbene dalla morsicatura
di
un serpente. 2021. Fineo. — Re di una città della
eccia, ma sibbene dalla morsicatura di un serpente. 2021. Fineo. — Re
di
una città della Tracia conosciuta nella geografia
na città della Tracia conosciuta nella geografia antica sotto il nome
di
Salmidessa : e figliuolo di Agenore. Egli sposò u
iuta nella geografia antica sotto il nome di Salmidessa : e figliuolo
di
Agenore. Egli sposò una fanciulla figlia di Borea
Salmidessa : e figliuolo di Agenore. Egli sposò una fanciulla figlia
di
Borea e di Oritia, chiamata Cleobola, e secondo a
: e figliuolo di Agenore. Egli sposò una fanciulla figlia di Borea e
di
Oritia, chiamata Cleobola, e secondo altri Cleopa
itia, chiamata Cleobola, e secondo altri Cleopatra, che lo rese padre
di
due figliuoli Pandione e Plesippo. Coll’ andare d
e figliuoli Pandione e Plesippo. Coll’ andare del tempo innammoratosi
di
una figliuola di Dardano, per nome Idea, egli rip
one e Plesippo. Coll’ andare del tempo innammoratosi di una figliuola
di
Dardano, per nome Idea, egli ripudiò Cleobola per
arsene li accusò a Fineo dicendo che essi avevano attentato al pudore
di
lei. Fineo perdutamente innammorato della pervers
e arpie, le quali infettavano tutto ciò che si apprestava sulla mensa
di
Fineo facendogli per tal modo soffrire la fame e
mpie arpie continuo offeso : Ovidio — Metamorfosi — Libro VII. trad.
di
Dell’Anguillara. Finalmente elasso un non breve
VII. trad. di Dell’Anguillara. Finalmente elasso un non breve spazio
di
tempo, essendo stati gli Argonauti accolti cortes
te della spedizione degli Argonauti, avesse chiesto a Fineo la grazia
di
porre in libertà i suoi sventurati figliuoli ; ma
i suoi sventurati figliuoli ; ma che quegli avesse recisamente negato
di
condiscendere alla preghiera dell’eroe, per il ch
e e Plesippo, uccise Fineo e divise fra i suoi due figliuoli i domini
di
lui. 2022. Fiscoa. — Nella parte inferiore della
netta chiamata in tal modo, che fu amata da Bacco e resa da lui madre
di
un figliuolo conosciuto sotto il nome di Narcea.
da Bacco e resa da lui madre di un figliuolo conosciuto sotto il nome
di
Narcea. Divenuto adulto e assai popolare in Elide
nei quali si cantava un coro che fu per lungo tempo chiamato il coro
di
Fiscoa, per onorare la memoria della madre di Nar
tempo chiamato il coro di Fiscoa, per onorare la memoria della madre
di
Narcea. 2023. Fitalo — Fu uno degli eroi dell’ At
he accolse in sua casa Cerere, allorquando questa dea andava in cerca
di
sua figlia Proserpina. Cerere per ricompensare Fi
er ricompensare Fitalo della sua buona accoglienza, gli fece presente
di
un albero di fico, facendo per tal modo conoscere
re Fitalo della sua buona accoglienza, gli fece presente di un albero
di
fico, facendo per tal modo conoscere agli uomini
i uomini questa pianta, il cui prezioso frutto non era servito, prima
di
quella epoca che al banchetto degl’immortali. 202
l continuo incenzi, voti e sacrifizi. Al dire dello scrittore Massimo
di
Tiro, gli Egiziani adoravano con un culto partico
ione ; a motivo degl’immensi vantaggi che essi ricevevano dalle acque
di
quel fiume. Gli Sciti veneravano il Danubio ; i p
i Tessali, il fiume Peneo ; i Lacedemoni adoravano l’Eurota in virtù
di
una legge che imponeva siffatto culto ; e finalme
Tevere era una delle divinità pro tettrici della Roma pagana. Al dire
di
Esiodo tutti i fiumi erano ritenuti nelle credenz
nfa Teti ; e generalmente gli antichi effigiavano la personificazione
di
un fiume sotto la figura di un vecchio venerando
i antichi effigiavano la personificazione di un fiume sotto la figura
di
un vecchio venerando per dinotare l’antichità di
iume sotto la figura di un vecchio venerando per dinotare l’antichità
di
essi ; con la barba e i capelli lunghi e generalm
sentato i fiumi che sboccano immediatamente nel mare, sotto la figura
di
altrettanti vecchi ; e quelli che metton foce in
go e vorago Che bolle e frange……. Virgilio — Eneide — Libro VI trad.
di
A. Caro. lo Stige, Noi ricidemmo il cerchio all
Maestro, ove si trova Flegetonte e Letè, chè dell’ un taci, E l’altro
di
che si fa d’esta piova ? In tutte tue question ce
acqua rossa Dovea ben solver l’una che tu faci. Letè vedrai, ma fuor
di
questa fossa. Là ove vanno l’anime a lavarsi, Qua
2026. Flamine. — Dal latino flamen. Si dava questo nome ad un ordine
di
sacerdoti del culto religioso dei romani e la cui
cipio della loro istituzione, i sacerdoti Flamini erano tre ed ognuno
di
essi prendeva la sua denominazione individuale da
one individuale dalla divinità a cui era consacrato : così il flamine
di
Quirino si chiamava Flamen Quirinalis ; quello di
o : così il flamine di Quirino si chiamava Flamen Quirinalis ; quello
di
Giove, Flamen Dialis ; e quello di Marte, Flamen
hiamava Flamen Quirinalis ; quello di Giove, Flamen Dialis ; e quello
di
Marte, Flamen Martialis. In seguito furono i Flam
. In seguito furono i Flamini divisi in due ordini distinti. Il primo
di
questi si componeva di tre sacerdoti o ministri F
lamini divisi in due ordini distinti. Il primo di questi si componeva
di
tre sacerdoti o ministri Flamini, scelti fra i pi
altro era composto di-dodici individui scelti fra il popolo. Il primo
di
questi ordini si chiamava quello dei Flamini magg
Flamini maggiori : il secondo quello dei Flamini minori. Però ognuno
di
questi sacerdoti era addetto ad un dio particolar
uesti sacerdoti era addetto ad un dio particolare. I Flamini godevano
di
molti previlegi e fra gli altri di quello d’avere
io particolare. I Flamini godevano di molti previlegi e fra gli altri
di
quello d’avere le loro figliuole, esenti dall’ es
iori quanto dei minori si faceva per votazione dal popolo. La dignità
di
Flamine era a perpetuità, vale a dire che essa du
e a dire che essa durava quanto la vita dell’ individuo ; però ognuno
di
essi poteva essere rimosso dal suo grado per alcu
iceva, con frase speciale : Flaminio abire, cioè deporre il ministero
di
Flamine. Gli imperatori romani si erano riservato
stero di Flamine. Gli imperatori romani si erano riservato il diritto
di
creare dei sacerdoti Flamini, i quali in questa o
imperatore che li avevano istituiti. Così la storia romana ci ricorda
di
un Flamine, istituito dall’ imperatore Commodo, i
i ricorda di un Flamine, istituito dall’ imperatore Commodo, in oncre
di
Ercole, che fu detto Flamen Herculaneus Comodianu
rezzo che i romani ebbero per lui. Similmente troviamo la istituzione
di
un Flamine fatta dall’ imperatore Augusto e chiam
r conseguenza Flamine Augustale. 2027. Flamine Diale. — Ossia Flamine
di
Giove. Questo sommo sacerdote era presso i romani
ro. — Questo sacerdote prendeva il suo nome dall’ antico dio Falacro,
di
cui fanno menzione ben pochi cronisti dell’ antic
uso presso i pagani, i quali generalmente lo fabbricavano dalla gamba
di
un asino, quando se ne servivano nei pubblici giu
un asino, quando se ne servivano nei pubblici giuochi ; mentre quello
di
cui facevano uso nei sacrifizi era di bosso o di
ubblici giuochi ; mentre quello di cui facevano uso nei sacrifizi era
di
bosso o di argento. Tanto presso i gréci quanto p
ochi ; mentre quello di cui facevano uso nei sacrifizi era di bosso o
di
argento. Tanto presso i gréci quanto presso i rom
Tanto presso i gréci quanto presso i romani erano comuni i suonatori
di
due flauti, come si vede da gran numero di medagl
i erano comuni i suonatori di due flauti, come si vede da gran numero
di
medaglie e di monumenti dell’ antichità. Finalmen
i suonatori di due flauti, come si vede da gran numero di medaglie e
di
monumenti dell’ antichità. Finalmente i pagani av
ondava d’un triplo cerchio le carceri dei dannati, e nel quale invece
di
acque correvano torrenti di flamme. Vedi Fiumi De
e carceri dei dannati, e nel quale invece di acque correvano torrenti
di
flamme. Vedi Fiumi Dell’Inferno. ….. e sotto un’
o. ….. e sotto un’ alta rupe Vide un’ampia città che tre gironi Avea
di
mura, ed un di fiume intorno : Ed era il fiume il
un’ alta rupe Vide un’ampia città che tre gironi Avea di mura, ed un
di
fiume intorno : Ed era il fiume il negro Flegeton
e seco traea, le flamme e i sassi. Virgilio — Eneide — Libro VItrad.
di
A. Caro. 2031. Flegia. — Re della Beozia e propr
o VItrad. di A. Caro. 2031. Flegia. — Re della Beozia e propriamente
di
quella contrada che dal suo nome fu detta Flegiad
. La tradizione mitologica ce lo presenta come figlio del dio Marte e
di
una giovanetta per nome Crisa figliuola di Almo.
ome figlio del dio Marte e di una giovanetta per nome Crisa figliuola
di
Almo. Flegia non ebbe che una sola figlia chiamat
lia chiamata Coronide la quale fu sedotta da Apollo che la rese madre
di
Esculapio. V . Coronide. La cronaca favolosa rip
re l’ingiuria fattagli da Apollo, avesse appiccato il fuoco al tempio
di
Delfo ; onde gli dei per punirlo lo precipitarono
ia è condannato a rimanere eternamente sotto ad una rupe che minaccia
di
cadergli da un momento all’altro sul capo e schia
late il giusto. Riverite gli dei. Virgilio — Eneide — Libro VI trad.
di
A. Caro 2032. Flegiani. — Secondo asserisce la
i. — Secondo asserisce la tradizione mitologica, era questo : il nome
di
un popolo composto tutto di uomini arditi e valor
adizione mitologica, era questo : il nome di un popolo composto tutto
di
uomini arditi e valorosi, che Flegia aveva riunit
ia e condotti seco ad abitare quella parte della Beozia, che dal nome
di
lui fu detta Flegia — vedi l’articolo precedente.
l nome di lui fu detta Flegia — vedi l’articolo precedente. — Al dire
di
Pausania furono questi popoli e non il loro re Fl
i e non il loro re Flegia che incendiarono e saccheggiarono il tempio
di
Apollo in Delfo. Essi furono distrutti da continu
emoti, dalla peste, e finalmente dal fuoco del cielo che piovve sopra
di
loro. Un moderno scrittore è di avviso che a ques
dal fuoco del cielo che piovve sopra di loro. Un moderno scrittore è
di
avviso che a questi popoli Flegiani, e con loro a
a contradetto in altri brani del suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire
di
Ovidio era questo il nome di una dei cavalli del
del suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire di Ovidio era questo il nome
di
una dei cavalli del Sole e propriamente di quello
Ovidio era questo il nome di una dei cavalli del Sole e propriamente
di
quello che presiedeva all’ ora del mezzogiorno. 2
o ammanto, ci rivela che Zeffiro attratto dalla risplendente bellezza
di
Flora se ne fosse perdutamente innammorato ; ond’
e perdutamente innammorato ; ond’ella per sottrarsi alle persecuzioni
di
lui si dette a fuggire ; ma Zeffiro più leggiero
alle persecuzioni di lui si dette a fuggire ; ma Zeffiro più leggiero
di
lei la raggiunse ben presto, la rapì, la fece sua
ra in pieno vigore presso i Sabini, molti anni prima della fondazione
di
Roma ; lo che ci dimostra che la dea Flora è una
dea Flora è una più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci parla
di
una statua di questa dea dovuta allo scalpello de
na più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci parla di una statua
di
questa dea dovuta allo scalpello dell’immortale P
culto della dea Flora passato dalla Grecia in Italia. Una somiglianza
di
nome fece nascere sul proposito di questa dea una
Grecia in Italia. Una somiglianza di nome fece nascere sul proposito
di
questa dea una leggiera confusione, la quale emer
za con l’osceno mercato dei propri vezzi. Venuta a morte lasciò erede
di
tutte le sue sostanze il popolo di Roma, il quale
vezzi. Venuta a morte lasciò erede di tutte le sue sostanze il popolo
di
Roma, il quale per ricompensa la mise fra le sue
o al Campidoglio e questa dea veniva rappresentato sotto la sembianza
di
una giovanetta bellissima e sorridente, con in ma
dente, con in mano un cornucopia da cui cadeva un’ abbondante pioggia
di
fiori. Cicerone ed Ovidio danno a questa dea il s
pioggia di fiori. Cicerone ed Ovidio danno a questa dea il soprannome
di
madre chiamandola madre Flora. 2035. Florali. — D
re della dea Flora. Esse duravano sei giorni, terminando alle calende
di
Maggio. Florali si chiamavano del paro i giuochi
ituiti in onore della dea Flora. Varrone asserisce che sotto il regno
di
Romolo furono istituiti questi giuochi, i quali a
ma poi rimessi in vigore sopra tutto quando la terra, era minaccinta
di
siccità, o secondo altri perchè i libri delle sib
celebrazione. Le cronache c’insegnano che non fu se non all’ anno 580
di
Roma che fu fissato annualmente la celebrazione d
non all’ anno 580 di Roma che fu fissato annualmente la celebrazione
di
queste cerimonie in occasione di una sterilità ch
fissato annualmente la celebrazione di queste cerimonie in occasione
di
una sterilità che durò lungo tempo e produsse gra
dinò allora che si celebrassero ogni anno i giuochi Florali alla fine
di
Aprile. I giuochi Florali si facevano durante la
orcie in un vastissimo circo che stava sulla strada patrizia. Al dire
di
Giovenale, vi si commettevano turpissime oscenità
evano turpissime oscenità ed infami dissolutezze, riunendosi al suono
di
una tromba le pubbl che cortegiane e le meretrici
lta intervenuto ai giuochi Florali, Catone il saggio, il popolo pieno
di
venerazione per un uomo di così severi costumi, n
Florali, Catone il saggio, il popolo pieno di venerazione per un uomo
di
così severi costumi, non osò di dimandare il soli
polo pieno di venerazione per un uomo di così severi costumi, non osò
di
dimandare il solito oscenissimo spettacolo. Favon
non osò di dimandare il solito oscenissimo spettacolo. Favonio amico
di
Catone, lo avverti del riguardo che avevano per l
pi disordini, si ritrasse sollecitamente. 2036. Fluonia. — Soprannome
di
Giunone, che veniva a lei dato dalle buone cure c
ra : i greci l’avevano divinizzata e la rappresentavano con una testa
di
leone. 2039. Foco. — Figlio di Eaco e della Nerei
ata e la rappresentavano con una testa di leone. 2039. Foco. — Figlio
di
Eaco e della Nereide Pfammate. Narra la cronaca,
della ninfa Melia e del dio Sileno. Le cronache della favola narrano
di
lui, che allorquando Ercole dette la caccia al fa
no di lui, che allorquando Ercole dette la caccia al famoso cinghiale
di
Erimanto, si fosse riposato nella casa del Centau
urante il banchetto, avendo voluto Ercole assaggiare del vino che era
di
proprietà di altri centauri, questi si opposero,
chetto, avendo voluto Ercole assaggiare del vino che era di proprietà
di
altri centauri, questi si opposero, e passando da
assando dalle minacce ai fatti, si precipitarono contro Ercole armati
di
grossi bastoni e di pietre ; ma l’eroe ne uccise
e ai fatti, si precipitarono contro Ercole armati di grossi bastoni e
di
pietre ; ma l’eroe ne uccise molti a colpi di cla
ati di grossi bastoni e di pietre ; ma l’eroe ne uccise molti a colpi
di
clava, per modo che gli altri intimoriti si dette
l togliere ùna freccia da uno dei cadaveri e dopo qualche giorno mori
di
quella ferita. Ercole riconoscente alla ricevuta
rita. Ercole riconoscente alla ricevuta buona accoglienza, onorò Folo
di
splendidi funerali e lo seppelli sulla montagna c
endidi funerali e lo seppelli sulla montagna che da lui prese il nome
di
Foloe. 2041. Fontinali. — Presso i romani si cele
di Foloe. 2041. Fontinali. — Presso i romani si celebravano nel mese
di
ottobre alcune feste così chiamate, dall’ uso che
ese di ottobre alcune feste così chiamate, dall’ uso che essi avevano
di
gettare in quel giorno nelle pubbliche fontane de
ano di gettare in quel giorno nelle pubbliche fontane delle ghirlande
di
fiori, di cui poi coronavano i fanciulli, che pre
tare in quel giorno nelle pubbliche fontane delle ghirlande di fiori,
di
cui poi coronavano i fanciulli, che prendevano pa
crudele, il quale eletto capo dei popoli Flegiani, postosi alla testa
di
un forte stuolo dei suoi seguaci, costringeva tut
dice, che Apollo sdegnato contro questo masnadiere, assunse l’aspetto
di
un atleta e presentatosi alla lotta, lo accoppò c
così quelle contrade. 2043. Forco. — Detto anche Forcide, era al dire
di
Esiodo, figliuolo della Terra e del Mare. Atlante
tò nelle onde. Fin quì la parte mitologico-favolosa. La parte storica
di
questa allegoria, è che Forco era un re della Cor
nità che presiedeva alla custodia delle porte e propriamente ai ganci
di
esse : questo nome gli veniva probabilmente dalle
Fordicali. — Pubbliche feste che si celebravano in Roma il 15 aprile
di
ogni anno, ed alle quali si dava anche il nome di
n Roma il 15 aprile di ogni anno, ed alle quali si dava anche il nome
di
Fordicidie. Durante la cerimonia, i pagani avevan
me di Fordicidie. Durante la cerimonia, i pagani avevano per costume,
di
sacrificare alla terra un dato numero di vacche p
pagani avevano per costume, di sacrificare alla terra un dato numero
di
vacche prossime al parto. Secondo le cronache, l’
umero di vacche prossime al parto. Secondo le cronache, l’istituzione
di
queste feste è dovuta a Numa Pompilio. 2046. Form
o origine da quest’insetti, e propriamente dalle formiche della selva
di
Egina. Avevano quindi per esse un culto particola
e un culto particolare. V . Mirmidoni. 2047. Formione. — Nella città
di
Eritrea, visse un pescatore così chiamato, il qua
festa, che si celebrava annualmente dodici giorni prima delle calende
di
Marzo e della quale secondo le tradizioni dell’ a
oneo. — La tradizione storica ce lo presenta come figlio d’ Inaco, re
di
Argo, e come colui che avesse insegnato agli abit
paese, a vivere sotto leggi miti e dolci, laddove prima traevano vita
di
selvaggi. Egli edificò una città che dal suo nome
surta fra queste due divinità, a chi fosse toccato il regno del paese
di
Argo. I tre fiumi giudicarono in favore di Giunon
toccato il regno del paese di Argo. I tre fiumi giudicarono in favore
di
Giunone, e Nettuno allora fortemente sdegnato li
che si ebbe il culto più esteso e generalizzato, e il più gran numero
di
templi e di altari. I greci scrittori ebbero ognu
il culto più esteso e generalizzato, e il più gran numero di templi e
di
altari. I greci scrittori ebbero ognuno delle ide
rticolari su questa dea. In fatti, Pausania asserisce che nella città
di
Egina, vi era una statua della Fortuna, in cui es
fa della Fortuna, una delle Parche, dandole un potere assai più forte
di
quello delle sue sorelle. Or dunque alla tremend
lla tremenda Lachesi tosto il dio si volse, a lei Che il crin si vela
di
dorata benda, E chiese in quel momento Che proten
vi era un antichissimo tempio dedicato alla Fortuna ; e gli abitanti
di
Smirne, dettero incarico al famoso statuario Bupa
gli abitanti di Smirne, dettero incarico al famoso statuario Bupalo,
di
lavorare per essi una statua colossale di questa
al famoso statuario Bupalo, di lavorare per essi una statua colossale
di
questa dea, avente il polo sulla testa. Nella cit
atua colossale di questa dea, avente il polo sulla testa. Nella città
di
Tebe si venerava una statua della Fortuna che la
ricchezze. Vi sono molte medaglie dell’ antichità, nonchè gran numero
di
monumenti e di bassorilievi, nei quali è rapprese
ono molte medaglie dell’ antichità, nonchè gran numero di monumenti e
di
bassorilievi, nei quali è rappresentata la Fortun
testa e tal’ altra con una mezza luna, per esprimere che essa al paro
di
questi due pianeti, regola e presiede a tutto ciò
ispensatrice dei beni del mondo, e appoggia la mano destra sul timone
di
una nave, per spiegare che essa governa tutto l’
r con aureo piede al tuo soggiorno : Allor vedrai, ch’ io sono Figlia
di
Giove, e che germana al Falo Sovra il trono immor
lui mi siedo a lato. Alessandro Guidi — La Fortuna — Canzone. Assai
di
sovente si dipinge la Fortuna con una ruota nella
una ruota nella mano, per simboleggiare l’ incostanza e la volubilità
di
quei beni, di cui essa è la dispensatrice. Il cul
a mano, per simboleggiare l’ incostanza e la volubilità di quei beni,
di
cui essa è la dispensatrice. Il culto della Fortu
u Servio Tullio, che le fece inalzare un magnifico tempio nel mercato
di
Roma ; e la tradizione aggiunge a questo proposit
ove essa sola ebbe più templi, altari, statue, sacrifizi ed offerte,
di
quante non ne ebbero le altre divinità dell’ olim
. A simiglianza della infinita moltiplicità delle statue e dei templi
di
questa dea, erano del pari infiniti e svariati i
e le tradizioni dell’antichità sono del continuo intercalate dai nomi
di
Fortuna feminea, di Fortuna virile, o viriplaca,
’antichità sono del continuo intercalate dai nomi di Fortuna feminea,
di
Fortuna virile, o viriplaca, di Fortuna stabile,
ercalate dai nomi di Fortuna feminea, di Fortuna virile, o viriplaca,
di
Fortuna stabile, di Fortuna reduce, di Fortuna bu
Fortuna feminea, di Fortuna virile, o viriplaca, di Fortuna stabile,
di
Fortuna reduce, di Fortuna buona, di Fortuna dett
i Fortuna virile, o viriplaca, di Fortuna stabile, di Fortuna reduce,
di
Fortuna buona, di Fortuna detta Primigenia, Seja,
o viriplaca, di Fortuna stabile, di Fortuna reduce, di Fortuna buona,
di
Fortuna detta Primigenia, Seja, Respiciens, Obseq
, di Fortuna detta Primigenia, Seja, Respiciens, Obsequens, ecc. ecc.
di
Fortuna grande e piccola, di Fortuna dubbia, di F
, Seja, Respiciens, Obsequens, ecc. ecc. di Fortuna grande e piccola,
di
Fortuna dubbia, di Fortuna cattiva e d’ infinitis
Obsequens, ecc. ecc. di Fortuna grande e piccola, di Fortuna dubbia,
di
Fortuna cattiva e d’ infinitissimi altri. Non sar
una cattiva e d’ infinitissimi altri. Non sarà quindi a meravigliarsi
di
un cosa esorbitante numero di appellativi dei qua
altri. Non sarà quindi a meravigliarsi di un cosa esorbitante numero
di
appellativi dei quali i pìgani accompagnavano la
i rifletterà, che essi la consideravano come le dispensatrice suprema
di
tutti i beni. Siccome ognuno si studiava di rende
le dispensatrice suprema di tutti i beni. Siccome ognuno si studiava
di
rendersela propizia e favorevole, così le venivan
templi, sotto nomi differenti e moltiplici, secondo i diversi bisogni
di
coloro che la invocavano. Il più famoso tempio de
o tempio della Fortuna, fu quello che le venne fabbricato nella città
di
Preneste, il quale aveva più che di tempio, la fo
e le venne fabbricato nella città di Preneste, il quale aveva più che
di
tempio, la forma e la configurazione di un vasto
neste, il quale aveva più che di tempio, la forma e la configurazione
di
un vasto teatro, e dove veniva adorata sotto la d
ione di un vasto teatro, e dove veniva adorata sotto la denominazione
di
Dea Proenestina. Nerone al principio del suo regn
oenestina. Nerone al principio del suo regno, fece costruire in onore
di
questa dea un tempio fabbricato tutto di una cert
gno, fece costruire in onore di questa dea un tempio fabbricato tutto
di
una certa pietra, che aveva la durezza e la bianc
za del marmo, e finalmente sulla spiaggia del mare, vicino alla città
di
Anzio, sorgeva un altro famosissimo tempio delle
e pompa del sepolcro ; ……………. ………nonna del mare Te ïnvoca chi su nave
di
Bitinia Accingesi a solcar l’ onde Carpazie. Te i
n pochi sono gli scrittori dell’ antichità, i quali facciano menzione
di
questa dea ; e solo Esiodo, nelle sue cronache de
ogia degli dei, la mette nel numero delle deità romane. 2054. Freccie
di
Apollo. — È opinione generalizzata fra i più rino
ra i più rinomati scrittori e mitologi dell’antichità, che le freccie
di
Apollo altro non erano se non i raggi del sole ;
cosicchè quando la tradizione della favola ci ricorda che i figliuoli
di
Niobe fossero uccisi da Diana e da Apollo a colpi
che i figliuoli di Niobe fossero uccisi da Diana e da Apollo a colpi
di
freccia, altro non deve intendersi se nonchè la p
dall’ eccessivo calore dei raggi del sole, fu la cagione della morte
di
tutti i figli di quella sventuratissima madre. V.
calore dei raggi del sole, fu la cagione della morte di tutti i figli
di
quella sventuratissima madre. V. Niobe. Allorquan
a peste distrusse tanta parte del campo greco, al tempo dello assedio
di
Troja, si disse che Apollo sdegnato contro i grec
llo sdegnato contro i greci che non volevano lasciar libera la figlia
di
Crise, suo sacerdote, avesse ucciso a colpi di fr
sciar libera la figlia di Crise, suo sacerdote, avesse ucciso a colpi
di
freccie gran numero di guerrieri greci. …..L’ ud
di Crise, suo sacerdote, avesse ucciso a colpi di freccie gran numero
di
guerrieri greci. …..L’ udi Febo, e scese Dalle c
pel campo acheo Le divine quadrella. Omero — Iliade — Libro I trad.
di
V. Monti. È nota similmente la tradizione mitolo
la tradizione mitologica, la quale ripete che dalle acque del diluvio
di
Deucalione e propriamente dalla fermentazione del
, fosse nato il Pitone, mostruoso serpente, che Apollo uccise a colpi
di
freccia. L’ arco, che solo in cervi, in capri e
ome prima in terra si converse. Ovidio — Metamorfosi — Libro I trad.
di
Dell’Anguillara. 2055. Freccie di Ercole. — Seco
idio — Metamorfosi — Libro I trad. di Dell’Anguillara. 2055. Freccie
di
Ercole. — Secondo la tradizione mitologica, Ercol
— Secondo la tradizione mitologica, Ercole, dopo avere uccisa l’Idra
di
Lerna, bagnò le sue freccie nel sangue avvelenato
r modo che le ferite fatte con quelle armi, erano incurabili. Con una
di
queste, Ercole uccise il Centauro Nesso, e furono
te queste le famose freccie che Ercole legò a Filottete. V. Fatalita’
di
Troja e Filottete. 2056. Frisso. — Figlio di Nefe
Filottete. V. Fatalita’ di Troja e Filottete. 2056. Frisso. — Figlio
di
Nefelea e di Atamante. Avendo suo padre tolta un’
. Fatalita’ di Troja e Filottete. 2056. Frisso. — Figlio di Nefelea e
di
Atamante. Avendo suo padre tolta un’altra moglie
nte preparare una nave e tolto parte dei tesori paterni, in compagnia
di
sua sorella Elle, veleggiò alla volta della Colch
e giunto fu cortesemente ospitato da un suo parente per nome Aete, re
di
quell’ isola, il quale gli dette in moglie la fig
isola, il quale gli dette in moglie la figlia Calciope. I primi anni
di
questa unione furono felici, ma scorso qualche te
elici, ma scorso qualche tempo, Aete pensò d’ impadronirsi dei tesori
di
Frisso, e lo fece segretamente morire onde render
e segretamente morire onde rendersene signore, promettendo in cor suo
di
far subire l’ istessa sorte ai figli di Frisso, s
gnore, promettendo in cor suo di far subire l’ istessa sorte ai figli
di
Frisso, senonchè la loro madre Calciope li sottra
ai lampi ed ai luoni ; e che non deve confondersi con l’ appellativo
di
Fulgur soprannome col quale i pagani invocavano G
ine. — La tradizione favolosa racconta che essendo stato Cielo, padre
di
Saturno, liberato da Giove, suo nipote, dalla pri
i suoi regni, per ricompensare il suo liberatore lo avesse presentato
di
un fulmine, facendolo così padrone degli uomini e
fulmini ; e Virgilio ci ripete, che ogni fulmine conteneva tre raggi
di
grandine, tre di fuoco, e tre di pioggia e vento.
ilio ci ripete, che ogni fulmine conteneva tre raggi di grandine, tre
di
fuoco, e tre di pioggia e vento. Nella fabbricazi
che ogni fulmine conteneva tre raggi di grandine, tre di fuoco, e tre
di
pioggia e vento. Nella fabbricazione di essi i Ci
grandine, tre di fuoco, e tre di pioggia e vento. Nella fabbricazione
di
essi i Ciclopi mischiavano le strisce di flamma,
e vento. Nella fabbricazione di essi i Ciclopi mischiavano le strisce
di
flamma, lo strepitoso rimbombo e i lampi terribil
pitoso rimbombo e i lampi terribili, coi quali si rivelava la collera
di
Giove e che produceva un invincibile terrore nel
polita. Parte abbozzata, con tre raggi attortDi grandinoso nembo, tre
di
nube Pregna di pioggia, tre d’ acceso foco. E tre
bbozzata, con tre raggi attortDi grandinoso nembo, tre di nube Pregna
di
pioggia, tre d’ acceso foco. E tre di vento impet
inoso nembo, tre di nube Pregna di pioggia, tre d’ acceso foco. E tre
di
vento impetuoso e flero. I tuoni v’aggiungevano e
tre di vento impetuoso e flero. I tuoni v’aggiungevano e i baleni. E
di
flamme e di furia e di spavento Un cotal misto.
o impetuoso e flero. I tuoni v’aggiungevano e i baleni. E di flamme e
di
furia e di spavento Un cotal misto. Virgilio — E
e flero. I tuoni v’aggiungevano e i baleni. E di flamme e di furia e
di
spavento Un cotal misto. Virgilio — Eneide — Lib
a e di spavento Un cotal misto. Virgilio — Eneide — Libro VIII trad.
di
A. Caro. Presso i pagani, il Fulmine, era il con
ontrassegno della suprema autorità ed è appunto perciò che nel tempio
di
Diana in Efeso, Alessandro, il conquistatore, si
volendo così dimostrare che al suo potere nulla resisteva. Il fulmine
di
Giove veniva raffigurato in due modi, tanto dai p
ome un tizzone fiammeggiante alle due estremità ; sia come una specie
di
freccia puntuta da ambe le parti. Al dire di Paus
tà ; sia come una specie di freccia puntuta da ambe le parti. Al dire
di
Pausania, la principale divinità dell’ antica Sel
era il fulmine, che veniva onorato con un culto particolare. Al dire
di
Servio, fra tutte le divinità del paganesimo sola
olamente Giove, Minerva e Vulcano possedevano il terribile privilegio
di
scagliare i fulmini ; e solo Stazio, fra gli scri
o Stazio, fra gli scrittori dell’ antichità, asserisce che la Giunone
di
Argo aveva lo stesso potere. Presso i pagani i lu
ve. Plinio nella sua storia naturale, dice, che era per fino proibito
di
abbruciare il cadavere di un uomo colpito dal ful
a naturale, dice, che era per fino proibito di abbruciare il cadavere
di
un uomo colpito dal fulmine, ma che bisognava sep
osa, riferita da Plinio, non avesse dovuto restare in vigore ai tempi
di
Euripide, da poi che quest’ ultimo scrittore ne i
ittore ne istruisce, come essendo stato Capaneo atterrato da un colpo
di
fulmine lanciatogli da Giove per punirlo delle su
i alzando. Me tutt’ Argo acclamò sposa beata. Di quest’ inelito eroe,
di
Capaneo. Nel solenne imeneo ! Or io fuor di mia c
. Di quest’ inelito eroe, di Capaneo. Nel solenne imeneo ! Or io fuor
di
mia casa. Quasi baccante invasa Ratta qui corro,
on chi più a noi fu caro. Euripide — Le supplicanti — tragedia trad.
di
F. Bellotti. 2060. Famo. — Presso i pagani era
Bellotti. 2060. Famo. — Presso i pagani era assai in uso una specie
di
divinazione chiamata Capnomanzia, nella quale si
quelli coi quali ebbero dapprima relazione gli Ebrei, dettero il nome
di
Ur ad una città, perchè ivi si adorava il Fuoco.
posto suil’altare nel primo tempio che Zoroastro innalzò nella città
di
Xis nella Media ; ed era tanta la venerazione che
razione che quei popoli avevano per il fuoco, che non osavano neppure
di
guardarlo fissamente, e ritenevano per fermo che
rdarlo fissamente, e ritenevano per fermo che la sacra fiamma ardesse
di
per sè e senza alimento. Così fatta credenza, fig
Grecia, ove si credeva che nel tempio, che Minerva aveva nella città
di
Atene, ardesse continuamente il fuoco consacrato
alla dea, senza essere alimentato. Lo stesso si credeva per il tempio
di
Apollo in Delfo ; nonchè pel famoso tempio di Ves
i credeva per il tempio di Apollo in Delfo ; nonchè pel famoso tempio
di
Vesta in Roma. Non è quindi a maravigliare se nel
on avesse la sua gran parte, venendo per fino onorato con ogni specie
di
riguardo, quello che si preparava per consumare l
re d’Egitto, per nome Vulcano, quello che insegnò agli uomini il modo
di
servirsi del fuoco. Da ciò l’ allegoria del mito
egoria del mito simbolico, che fa Vulcano dio del fuoco. 2062. Fuochi
di
Castore e Polluce. — V. Castore e Polluce. 2063.
contro gli empi. Comunemente erano tre chiamate con nome particolare
di
Tesifone, Megèra ed Aletto. Questa è Megera dal
oni tutte, che si addicono perfettamente a queste terribili divinità,
di
cui la tradizione mitologica ci fa il più spavent
inione dei più accreditati scrittori e poeti antichi, sulla paternità
di
queste ministre dell’ ira dei numi, ciascuno asse
o Esiodo le Furie erano figliuole della Terra, e concepite dal sangue
di
Saturno ; sebbene in altre opere del citato scrit
e Dire Siam sotterra nomate. Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Apollodoro asserisce esser nate le
che grondò dalla ferita che Saturno fece a Cielo, suo padre. Al dire
di
Sofocle esse furono generate dalla Terra e dall’E
rra E dell’ Erebo figlie : Sofocle — Edipo a Colono — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. ed altri finalmente asseriscono es
Bellotti. ed altri finalmente asseriscono esser le Furie figliuole
di
Plutone, dio dell’ Inferno, e sorelle delle Parch
demmo, grande disparità negli scrittori antichi ; ma anche sul numero
di
queste ministre della giustizia eterna, dappoichè
a giustizia eterna, dappoichè Virgilio le porta ad un numere maggiore
di
tre unendo nella istessa idea collettiva tanto le
pie, delle quali ultime egli chiama quella nota sotto il nome proprio
di
Celeno, con l’ appellazione di Furiarum Maxima.
iama quella nota sotto il nome proprio di Celeno, con l’ appellazione
di
Furiarum Maxima. Io son furia suprema Che annunz
ove a Febo, E Febo a me predice, Virgilio — Eneide — Libro III trad.
di
A. Caro. Le furie venivano anche dette con altri
rdotesse della vendetta degl’ immortali. Il loro ministero era quello
di
punire i delitti e le colpe degli uomini, non sol
o coi rimorsi l’ anima degli empi, ai quali non lasciavano un istante
di
riposo, perseguitandoli continuamente con spavent
perseguitandoli continuamente con spaventevoli visioni, che facevano
di
sovente perdere il senno a quegli sciagurati, a c
che atroce delitto aveva richiamato sul capo la terribile espiazione,
di
cui le furie si facevano ministre. De sinistres
bire ai colpevoli ; così Stazio, nella Tebaide, ci descrive i rimorsi
di
Eteocle e Polinice, dei quali la furia Tesifone f
rami : ognun le gridi e prenda. Virgilio. — Eneide — Libro VII trad.
di
A. Caro. ecc. ecc. e finalmente è nota a tutti g
ebbe a soffrire Ifide per la Furia suscitatale contro dalla vendetta
di
Giunone ; come riferisce Ovidio, e finalmente il
a di Giunone ; come riferisce Ovidio, e finalmente il crudele strazio
di
Oreste il cui animo fu lacerato in mille modi dal
norate con un culto particolare, quasi a voler scongiurare, per mezzo
di
preghiere e di adorazioni, lo spaventevole potere
ulto particolare, quasi a voler scongiurare, per mezzo di preghiere e
di
adorazioni, lo spaventevole potere di cui erano a
urare, per mezzo di preghiere e di adorazioni, lo spaventevole potere
di
cui erano armate. In fatti secondo asserisce Euri
pagani avevano per le Furie, era cosi grande che non osavano nemmeno
di
nominarle nè di alzar gli occhi sui templi ov’ess
per le Furie, era cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle nè
di
alzar gli occhi sui templi ov’esse venivano vener
ro festa, e in quel giorno si sacrificavano alle Furie un buon numero
di
pecore pregne ; e venivano loro offerte corone e
numero di pecore pregne ; e venivano loro offerte corone e ghirlande
di
fiori, e specialmente di narcisi, credendosi che
; e venivano loro offerte corone e ghirlande di fiori, e specialmente
di
narcisi, credendosi che questo fosse il fiore più
dendosi che questo fosse il fiore più ad esse gradito. Nella contrada
di
Acaja, e propriamente nella città di Corina, vi e
ad esse gradito. Nella contrada di Acaja, e propriamente nella città
di
Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato a
l quale si conservavano, con grande venerazione, delle piccole statue
di
legno, che le rappresentavano. La tradizione mito
ssi entravano in quel temuto recinto, venivano assaliti da una specie
di
furore, che faceva loro perdere la ragione. Un a
ione. Un altro non meno famoso tempio si ebbero le furie nella città
di
Atene, e propriamente presso il tribunale noto so
città di Atene, e propriamente presso il tribunale noto sotto il nome
di
Areopago Quel tempio fu fatto costruire da Oreste
o Quel tempio fu fatto costruire da Oreste, quando le Furie cessarono
di
tormentarlo ; e fu in esso che il celebre oratore
e fu in esso che il celebre oratore Demostene, fu per un dato spazio
di
tempo ministro e sacerdote di queste implacabili
ratore Demostene, fu per un dato spazio di tempo ministro e sacerdote
di
queste implacabili divinità, secondo che egli ste
oloro che si presentavano al tribunale dell’ Areopago, dovevano prima
di
entrare in quello, giurare sull’ altare delle Fur
ogo stesso ove esse cominciarono la loro tremenda persecuzione contro
di
lui ; e l’ altro là dove gli si erano mostrate me
nità in tutto il loro spaventevole apparato, e fu tale l’ impressione
di
orrore prodotto negli spettatori, che la tradizio
one ripete che molte donne si sconciarono, e molti fanciulli morirono
di
paura. Esse venivano raffigurate sotto le sembian
iulli morirono di paura. Esse venivano raffigurate sotto le sembianze
di
tre donne con faccia tetra e spaventosa ; con ser
anze di tre donne con faccia tetra e spaventosa ; con serpenti invece
di
chiome ; vestite di abiti neri e insanguinati ; c
n faccia tetra e spaventosa ; con serpenti invece di chiome ; vestite
di
abiti neri e insanguinati ; con una torcia ardent
sanguinati ; con una torcia ardente in una mano ed uno staffile anche
di
serpenti nella altra e seguite dal Terrore, dalla
za dolor nè lagrime vantarsi. Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Generalmente venivano in tal modo e
llotti. Generalmente venivano in tal modo effigiate intorno al trono
di
Plutone, in atto di attendere ansiosamente i suoi
e venivano in tal modo effigiate intorno al trono di Plutone, in atto
di
attendere ansiosamente i suoi ordini, onde slanci
a Furinalia, che si celebrava il sesto giorno precedente alle calende
di
Settembre. Nel quattordicesimo rione di Roma sorg
iorno precedente alle calende di Settembre. Nel quattordicesimo rione
di
Roma sorgeva il tempio consacrato alla dea Furina
rova talvolta negli scrittori dell’ antichità dato il nome collettivo
di
Furine alle Furie. 2065. Furinale. — Nome partico
Furie. Veniva raffigurata orribilmente col volto ed il petto coperto
di
piaghe insanguinate ; con un elmo e con le mani l
tutto il corpo per tremito rabbioso. I pagani credevano che in tempo
di
guerra il Furore spezzasse le sue catene per vola
empo di guerra il Furore spezzasse le sue catene per volare sui campi
di
battaglia, ove si compiaceva tra la strage e la m
l Furore come figlio della Notte. G 2068. Gabalo. — Nella città
di
Emesa, nonchè in quella di Eliopoli, si adorava u
Notte. G 2068. Gabalo. — Nella città di Emesa, nonchè in quella
di
Eliopoli, si adorava una divinità cosi chiamata,
divinità cosi chiamata, la quale veniva rappresentata sotto la figura
di
un leone con la testa circondata di raggi. È opin
iva rappresentata sotto la figura di un leone con la testa circondata
di
raggi. È opinione di molti scrittori dell’antichi
to la figura di un leone con la testa circondata di raggi. È opinione
di
molti scrittori dell’antichità, che questa divini
a divinità sia la stessa che quella conosciuta sotto la denominazione
di
Elagabalo. 2069. Gabia. — Conosciuta più comuneme
di Elagabalo. 2069. Gabia. — Conosciuta più comunemente sotto il nome
di
Gabina. Si venerava con questo soprannome la dea
azio. Virgilio la chiama : Juno Gabina. 2070. Gaditano. — Nella città
di
Gades in Ispagna (oggi Cadice) si dava questo sop
olonne dette da Strabone portae Gaditanae. 2071. Galantide. — Schiava
di
Alcmena. La tradizione ricorda a proposito di lei
1. Galantide. — Schiava di Alcmena. La tradizione ricorda a proposito
di
lei, che essendo la sua padrona tormentata dai do
per gelosia contro Alcmena le ritardasse il parto, per farla partire
di
là, dopo essere rientrata presso la sua padrona,
evata dai suoi dolori. L’ incauta Galantide dette in un forte scoppio
di
riso e allora Giunone altamente sdegnata contro d
n un forte scoppio di riso e allora Giunone altamente sdegnata contro
di
lei, l’afferro pei capelli, la gettò al suolo e m
i lei, l’afferro pei capelli, la gettò al suolo e mentre ella cercava
di
liberarsi, la cangiò in quell’animale conosciuto
ava di liberarsi, la cangiò in quell’animale conosciuto sotto il nome
di
Donnola, condannandola a partorire per la gola. A
to il nome di Donnola, condannandola a partorire per la gola. Al dire
di
Eliano, i Tebani adoravano quell’animale, credend
asi sempre in bocca i suoi piccoli nati, e cangia quasi continuamente
di
posto. 2072. Galassauna. — Figliuola dell’ Oceano
continuamente di posto. 2072. Galassauna. — Figliuola dell’ Oceano e
di
Teti : fu una delle numerosissime ninfe Oceanidi.
amata Via lattea. Dice Ovidio che per questa via si andava al palazzo
di
Giove ; ed era anche per questa, che gli eroi ave
a corte real, superba e bella ; Ovidio — Metamorfosi — Lib. I. trad.
di
Dell’ Anguillara. La tradizione mitologica, dice
mitologica, dice, che la via lattea fosse stata formata dalle goccie
di
latte cadute dal seno di Giunone allorquando essa
via lattea fosse stata formata dalle goccie di latte cadute dal seno
di
Giunone allorquando essa, per consiglio di Minerv
e di latte cadute dal seno di Giunone allorquando essa, per consiglio
di
Minerva, nudrì del suo latte il piccolo Ercole, a
eniva offerto, che il latte cadde da quella in gran copia, macchiando
di
numerosi punti bianchi l’incontaminato azzurro de
inato azzurro del cielo. Una tradizione popolare, confondendo il nome
di
Galassia con quella di Galizia, dà alla via latte
. Una tradizione popolare, confondendo il nome di Galassia con quella
di
Galizia, dà alla via lattea il nome di strada di
il nome di Galassia con quella di Galizia, dà alla via lattea il nome
di
strada di S. Jacopo, e ciò perchè è costume quasi
Galassia con quella di Galizia, dà alla via lattea il nome di strada
di
S. Jacopo, e ciò perchè è costume quasi generale
il nome di strada di S. Jacopo, e ciò perchè è costume quasi generale
di
compiere una volta l’anno un pellegrinaggio di S.
costume quasi generale di compiere una volta l’anno un pellegrinaggio
di
S. Jacopo nella città di Galizia : da ciò la conf
compiere una volta l’anno un pellegrinaggio di S. Jacopo nella città
di
Galizia : da ciò la confusione che abitualmente s
Galizia : da ciò la confusione che abitualmente si fa, fra i due nomi
di
Galassia e di Galizia, i quali sono del tutto dif
iò la confusione che abitualmente si fa, fra i due nomi di Galassia e
di
Galizia, i quali sono del tutto differenti nella
prendessero la loro denominazione, dal costume che avevano i pagani,
di
cibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa m
l costume che avevano i pagani, di cibarsi nei giorni delle Galassie,
di
una certa minestra di orzo cotta col latte, la qu
i pagani, di cibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa minestra
di
orzo cotta col latte, la quale formava la princip
otta col latte, la quale formava la principale offerta nei sacrifizii
di
quelle cerimonie. 2075. Galatea. — La più bella f
a è Galatea. Prati — Nuove poesie Vol : II — pag. 105. Più candida
di
candido ligustro, O Galatea, de’ prati più florit
di candido ligustro, O Galatea, de’ prati più florita, Ed elevata più
di
nobil alno, Splendida più del vetro, d’ agnellett
alno, Splendida più del vetro, d’ agnelletto Morbida più, più liscia
di
conchiglia Da’ flutti travagliata senza posa : Gr
o, dolce più ch’ uva matura. Delle piume del cigno ancor più molle. E
di
rappreso latte ; e di fecondo Giardin più vaga.
atura. Delle piume del cigno ancor più molle. E di rappreso latte ; e
di
fecondo Giardin più vaga. Ovidio — Metamorf : Li
Libro XIII — Fav. VII. trad. dal Cav. Ermolao Federico. e fu figlia
di
Nereo e di Dori Ma quantunque padre A me sia Ner
— Fav. VII. trad. dal Cav. Ermolao Federico. e fu figlia di Nereo e
di
Dori Ma quantunque padre A me sia Nereo, e la ce
III. trad. del Cav. Ermolao Federico. La tradizione mitologica narra
di
lei un lagrimevole fatto. Galatea amò passionatam
astore per nome Aci, dal quale fu controcambiata con tutta l’ ardenza
di
una vera passione. Ma la sciagura volle che Polif
iclope, avendo vista Galatea, restò perdutamente preso della bellezza
di
lei ; e dimentico d’ ogni altra cura, non più avi
della bellezza di lei ; e dimentico d’ ogni altra cura, non più avido
di
sangue e di stragi, seguì come un fanciullo le tr
za di lei ; e dimentico d’ ogni altra cura, non più avido di sangue e
di
stragi, seguì come un fanciullo le traccie della
cie della bella creatura, che lo innamorava, ricercando continuamente
di
lei. E avvenne un giorno, che assiso su d’ una ru
Aci e Galatea, l’ uno in braccio dell’ altra, perduti in un’ ebbrezza
di
voluttà senza nome, Mentre il Ciclopo rio scorre
r quel che udii, la nona sfera. Ovidio — Metamorf : Libro XIII trad.
di
dell’ Anguillara Polifemo si dette a cantare le
grossa nave, Comincia a far sonar quello stromento ; Che allato avea
di
perforata trave : La fistula dà fuor l’ usato acc
al dolce suon fa contrappunto. Ovidio — Metamorf : Libro XIII. trad.
di
Dell’ Anguillara Ma accortosi Polifemo della pr
Ma accortosi Polifemo della presenza del suo rivale e fatto conscio
di
quanto era avvenuto fra i due amanti, mentre egli
avvenuto fra i due amanti, mentre egli cantava, reso cieco per furore
di
gelosia, lanciò un enorme masso sul povero Aci, i
cciato sotto l’immane peso, mentre Galatea all’ orribile vista, pazza
di
dolore, si precipitò in mare, dove fu raccolta da
olao Federico La parola Galatea deriva dal greco γαλα che significa
di
latte, e si dava a questa Nereide a causa della s
elle cinquanta Nereidi. 2077. Galeote — La tradizione della favola fa
di
questa divinità, uno dei principali numeri degli
ove veniva adorato con un culto particolare e ritenuto come figliuolo
di
Apollo. 2078. Galeoti — Si dava codesto nome coll
to nome collettivo ad alcuni indovini Siciliani, i quali pretendevano
di
scendere dallo stesso figliuolo di Apollo, di che
ni Siciliani, i quali pretendevano di scendere dallo stesso figliuolo
di
Apollo, di che nell’articolo precedente. Al dire
i, i quali pretendevano di scendere dallo stesso figliuolo di Apollo,
di
che nell’articolo precedente. Al dire di Cicerone
stesso figliuolo di Apollo, di che nell’articolo precedente. Al dire
di
Cicerone, la madre di Dionigi, il famoso tiranno
pollo, di che nell’articolo precedente. Al dire di Cicerone, la madre
di
Dionigi, il famoso tiranno di Siracusa, quando er
ecedente. Al dire di Cicerone, la madre di Dionigi, il famoso tiranno
di
Siracusa, quando era incinta di questo bambino, c
a madre di Dionigi, il famoso tiranno di Siracusa, quando era incinta
di
questo bambino, consultò gl’indovini Galeoti per
ed essi le risposero che il fanciullo sarebbe stato l’uomo più felice
di
tutta la Grecia. 2079. Galintia — Una delle eroin
roine della Grecia, in cui veniva onorata con una festa, che dal nome
di
lei fu detta Galintiade. Fu figliuola di Proeto.
con una festa, che dal nome di lei fu detta Galintiade. Fu figliuola
di
Proeto. 2080. Galli — Riferiscono le cronache del
Galli — Riferiscono le cronache dell’antichità che cotesti sacerdoti
di
Cibele, traevano la loro denominazione da un fium
nominazione da un fiume nella Frigia, chiamato Gallo. Ma gli eunuchi
di
lei perchè chiamiamo Galli : mentre passar si spa
to Gallo, d’ insane acque spumoso. Ovidio — I fasti — Libro IV trad.
di
G. B. Bianchi. La istituzione di codesti sacerdo
Ovidio — I fasti — Libro IV trad. di G. B. Bianchi. La istituzione
di
codesti sacerdoti, ebbe da principio vita nella F
e perfino nell’ Africa. I primi sacerdoti Galli formavano una specie
di
tribù vagabonda e ciarlatana, la quale girovagava
avano una specie di tribù vagabonda e ciarlatana, la quale girovagava
di
contrada in contrada, sonando una specie di crota
tana, la quale girovagava di contrada in contrada, sonando una specie
di
crotalo, e raccogliendo le elemosine che essi chi
no I metalli percossi dai metalli, Ovidio — I Fasti — Libro IV trad.
di
G. B. Bianchi Generalmente i galli appartenevan
e rispondevano alle varie dimande che loro venivano fatte, servendosi
di
una specie di ritmo cadenzato e monotono, così si
alle varie dimande che loro venivano fatte, servendosi di una specie
di
ritmo cadenzato e monotono, così si diceva comune
i sacerdoti galli rendevano i loro oracoli in versi. Da ciò, al dire
di
Plutarco, ne venne il grande disprezzo in cui, ge
vendevano al popolo dei filtri e delle medele, che avevano il potere
di
turbare la pace delle famiglie. Il cronista Lucia
portavano il cadavere sulle spalle, e gettavano, la bara in un monte
di
pietre ; quindi si ritiravano, astenendosi durant
onte di pietre ; quindi si ritiravano, astenendosi durante il periodo
di
sette giorni dopo questa funebre cerimonia, dall’
rilegio il metter piedi in un sacro ricinto, prima che questo periodo
di
tempo fosse passato. Oltre a ciò, al dire del cit
re del citato scrittore, i sacerdoti galli, avevano una gran quantità
di
obblighi e di doveri, imposti loro dal culto dell
scrittore, i sacerdoti galli, avevano una gran quantità di obblighi e
di
doveri, imposti loro dal culto della loro fanatic
po morto. I loro sacrifizii non potevano essere d’ altre vittime, che
di
capre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro e
I loro sacrifizii non potevano essere d’ altre vittime, che di capre,
di
pecore, di vacche e di tori. Era loro espressamen
ifizii non potevano essere d’ altre vittime, che di capre, di pecore,
di
vacche e di tori. Era loro espressamente proibito
otevano essere d’ altre vittime, che di capre, di pecore, di vacche e
di
tori. Era loro espressamente proibito di sacrific
apre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro espressamente proibito
di
sacrificare dei maiali ; come pure di cibarsi del
Era loro espressamente proibito di sacrificare dei maiali ; come pure
di
cibarsi della carne di questi animali. Essi riten
proibito di sacrificare dei maiali ; come pure di cibarsi della carne
di
questi animali. Essi ritenevano come sacri i colo
bi ; e credevano fermamente che essi non potevano toccare nemmeno uno
di
questi volatili, riguardando come impuro e malede
nche inavvertentemente. I sacerdoti galli erano sottoposti al comando
di
uno fra essi, a cui davano il nome di Archigallo,
lli erano sottoposti al comando di uno fra essi, a cui davano il nome
di
Archigallo, ossia sommo sacerdote di Cibele. V. A
o fra essi, a cui davano il nome di Archigallo, ossia sommo sacerdote
di
Cibele. V. Archigallo. Galli si chiamavano similm
i lascia mai sorprendere dal sonno. Presso i pagani era comune l’ uso
di
sacrificare questo animale agli dei Lari o Penati
e questo animale agli dei Lari o Penati, alludendo all’ uso domestico
di
allevare i galli nelle case, di cui i Lari erano
Penati, alludendo all’ uso domestico di allevare i galli nelle case,
di
cui i Lari erano le divinità protettrici. Si dav
e case, di cui i Lari erano le divinità protettrici. Si dava il nome
di
Gallo al primo sacerdote di Cibele, il quale, sec
le divinità protettrici. Si dava il nome di Gallo al primo sacerdote
di
Cibele, il quale, secondo la tradizione, si fece
sua tenda, tutte le volte che la dea Venere, perdutamente innammorata
di
lui, abbandonava furtivamente il cielo, per inebb
ca favolosa, che un giorno Gallo si addormentò alla porta della tenda
di
Marte, e lasciò sorprendere Venere nelle braccia
sorprendere Venere nelle braccia dell’ amante suo, da Vulcano marito
di
lei. Sdegnato Marte della poca solerzia del suo c
questo nome a Giunone, come protettrice del talamo nuziale. Nel mese
di
Gennajo si celebravano in tutta la Grecia delle f
ese di Gennajo si celebravano in tutta la Grecia delle feste in onore
di
Giunone, Nuziale dette Gamelie, durante le quali
ritenendosi come più fortunato il connubio contratto in quel periodo
di
tempo. Da ciò il mese di Gennajo era detto, dagli
tunato il connubio contratto in quel periodo di tempo. Da ciò il mese
di
Gennajo era detto, dagli Ateniesi, Gamelione. 208
, Gamelione. 2083. Gamelie. — Feste celebrate dagli Ateniesi in onore
di
Giunone Gamelia V. l’ art. precedente. 2084. Game
ne Gamelia V. l’ art. precedente. 2084. Gamelio. — Uno dei soprannomi
di
Giove, che gli veniva dall’essere ritenuto come p
nti divinità, e che essi adoravano con un culto particolare. Le acque
di
quel fiume erano considerate dagl’ Indiani come s
ro ogni più segreta, e sconosciuta virtù. 2086. Ganimede. — Figliuolo
di
Tros, re di Troja, che si rese celebre per la sua
segreta, e sconosciuta virtù. 2086. Ganimede. — Figliuolo di Tros, re
di
Troja, che si rese celebre per la sua incomparabi
ra la cronaca mitologica, che Giove perdutamente preso dalla bellezza
di
questo giovanetto, si fosse cangiato in aquila e
oppiere al banchetto degli dei, e assegnandogli le funzioni che prima
di
lui aveva Ebe, dea della giovinezza. V. Ebe. Ars
aere con mentite penne Percuotendo, il figlinol d’ Ilio rapisce, Che
di
Giuno a dispetto, oggi pur anco Coppier di Giove
linol d’ Ilio rapisce, Che di Giuno a dispetto, oggi pur anco Coppier
di
Giove il nettare ministra. Ovidio — Metamorfosi
mento storico che noi riporteremo per maggiore delucidazione. Tros re
di
Troja aveva un figlio chiamato Ganimede, o second
chiamato Ganimede, o secondo altri, Genimede, al quale dette incarico
di
recarsi in Lidia, onde offrire dei sacrifizi a Gi
bediente ai voleri paterni, partì accompagnato da un numeroso seguito
di
signori e di valletti. Senonchè Tanalo, re di Lid
oleri paterni, partì accompagnato da un numeroso seguito di signori e
di
valletti. Senonchè Tanalo, re di Lidia, prese per
da un numeroso seguito di signori e di valletti. Senonchè Tanalo, re
di
Lidia, prese per spie i Trojani e li fece tutti m
ono come vero un tal fatto, dicendo che Tanalo usasse come un diritto
di
rappresaglia verso i Trojani che accompagna ano i
ano il principe giovanetto e verso Ganimede stesso, per risarcimento
di
alcune vecchie ingiurie fattegli da Tros padre di
o, per risarcimento di alcune vecchie ingiurie fattegli da Tros padre
di
lui. Comunque sia, questo fatto dette principio a
Genimede era similmente il soprannome della dea Ebe, la quale al dire
di
Pausania, era adorata sotto questa denominazione
di Pausania, era adorata sotto questa denominazione nella cittadella
di
Fliasi, in un bosco di cipressi. 2087. Garamantid
ta sotto questa denominazione nella cittadella di Fliasi, in un bosco
di
cipressi. 2087. Garamantide. — Una delle ninfe Na
7. Garamantide. — Una delle ninfe Napee amata da Giove. Essa fu madre
di
diversi figli di cui i più famosi furono Pilunno
Una delle ninfe Napee amata da Giove. Essa fu madre di diversi figli
di
cui i più famosi furono Pilunno e Giarba o Iarba,
da, dove Giove aveva un tempio ed un altare a lui consacrati. Al dire
di
Omero, fu sulla più alta estremità del Gargaro, c
stremità del Gargaro, che Giove andò a posarsi onde essere testimonio
di
una battaglia combattuta fra i greci e trojani, d
l dedecenne assedio della città Priamea. 2089. Gastromanzia. — Specie
di
divinazione collà quale si pretendeva conoscere l
le si pretendeva conoscere l’ avvenire, coll’accendere un gran numero
di
candele poste in alcuni vasi di vetro rotondi e p
venire, coll’accendere un gran numero di candele poste in alcuni vasi
di
vetro rotondi e pieni di acqua limpida. Dopo di a
gran numero di candele poste in alcuni vasi di vetro rotondi e pieni
di
acqua limpida. Dopo di aver invocato i demonii, s
poste in alcuni vasi di vetro rotondi e pieni di acqua limpida. Dopo
di
aver invocato i demonii, si prendeva una donna in
are attentamente la superficie dell’acqua. Si dava similmente il nome
di
Gastromanzia ad un’altra specie d’incantesimo, pr
del quale fecero una delle divinità del loro culto, adorandola assai
di
sovente sotto la sua forma naturale ; e talvolta
ovente sotto la sua forma naturale ; e talvolta anche sotto la figura
di
un uomo colla testa di gatto. Al dire di Erodoto,
ma naturale ; e talvolta anche sotto la figura di un uomo colla testa
di
gatto. Al dire di Erodoto, allorquando in una cas
lvolta anche sotto la figura di un uomo colla testa di gatto. Al dire
di
Erodoto, allorquando in una casa moriva un gatto
di gatto. Al dire di Erodoto, allorquando in una casa moriva un gatto
di
morte naturale, tutti i componenti la famiglia, a
aveva appartenuto quell’animale, si radevano le sopracciglia in segno
di
alta mestizia, e dopo avere imbalsamato Il cadave
i supplizi, colui che anche inavvedutamente avesse cagionato la morte
di
un gatto. 2091. Ge. — Uno dei più antichi cronist
glia d’Ipisto, e moglie del proprio fratello Urano, che la rese madre
di
molti figliuoli, di cui più rinomati furono Satur
lie del proprio fratello Urano, che la rese madre di molti figliuoli,
di
cui più rinomati furono Saturno, Atlante e Batilo
na delle prime quattro vestali istituite de Numa Pompilio, secondo re
di
Roma. 2093. Gelanore. — Ultimo discendente della
te della illustre prosapia degli Inachidi, il quale teneva il governo
di
Argo, allorquando Danao per sottrarsi alle persec
cortesia gli riuscì fatale ; imperocchè Danao, profittando slealmente
di
alcune turbolenze intestine, si pose alla testa d
ittando slealmente di alcune turbolenze intestine, si pose alla testa
di
un partito, detronizzò il suo benefattore, ponend
onchè dei cronisti dell’antichità, non si faccia particolare menzione
di
una vera ed unica denominazione delle tre Grazie
più comunemente indicate le tre Grazie. 2095. Gelone. — Uno dei figli
di
Ercole e della ninfa Gelania. Secondo la tradizio
e fu lo stipite della nazione Scitica, che dal suo nome prese quella
di
Gelone, popoli che si resero celebri per la loro
interpretazione. Taluno asserisce che i Gemini siano i due figliuoli
di
Borea Leto e Anfione. Igino pretende che siano Gi
ende che siano Giasione e Trittolemo, favoriti della dea Cerere. Però
di
tutte queste differenti e discorde opinioni, quel
vano attribuite. 2098. Genetillidi. — Il solo autore antico che parli
di
questa divinità è il cronista Pausania, il quale
ta divinità è il cronista Pausania, il quale riferisce che nel tempio
di
Venere Colliade, vi era un certo numero di statue
e riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi era un certo numero
di
statue, che ne riproduceva l’immagine. Però lo st
e Genetillidi maggiori schiarimenti. 2099. Gentali. — Anche sul conto
di
questi altri numi del paganesimo, è discorde il p
nome collettivo degli dei che presiedevano alla generazione. Al dire
di
Festo, gli dei Geniali erano i quattro principali
ria, la Terra e l’Acqua. Altri pretendono che sotto la de nominazione
di
numi Geniali s’intendeva Priapo, Venere, la Fecon
la Fecondità e il Genio. Glio astrologi e gli indovini davano il nome
di
dei Geniali ai donici segni dello zodiaco. 2100.
stode. La credenza religiosa dei pagani ammetteva perfino l’esistenza
di
due genii uno buono e l’altro cattivo. Da questa
he ogni uomo nascendo avesse due Genii, il buono ed il cattivo. Assai
di
sovente i geni sono stati rappresentati sotto la
ivo. Assai di sovente i geni sono stati rappresentati sotto la figura
di
altrettanti giovanetti con le ali ; talvolta però
ò venivano anche rappresentati come uomini maturi con il mento ornato
di
folta barba ; e talvolta sono stati anche effigia
i folta barba ; e talvolta sono stati anche effigiati sotto la figura
di
un serpente o di altri animali. Il popolo romano
talvolta sono stati anche effigiati sotto la figura di un serpente o
di
altri animali. Il popolo romano raffigurava il su
Il popolo romano raffigurava il suo genio tutelare sotto le sembianze
di
un giovane bellissimo della persona rivestito d’u
e le anime dei defunti apparissero loro soventi volte sotto la figura
di
altrettante Geni, prendendo cura di quelli che ri
oro soventi volte sotto la figura di altrettante Geni, prendendo cura
di
quelli che rimanevano della loro famiglia ed eran
i secondi Dei Lari. Agli uni ed agli altri si dava il nome collettivo
di
dei Mani, alludendo sempre alla loro trasfigurazi
lla loro trasfigurazione nelle anime dei morti. Si dava anche il nome
di
Genio ai dei Lari, ai Lemuri, ai Penati ed ai Dem
si chiamava così quella dea, che presiedeva al parto. Era una specie
di
configurazione della Giunone Lucina. Il sacrifizi
he i romani offerivano a questa divinità, era un cane : a somiglianza
di
ciò che praticavano i greci in onore di Ecale, e
, era un cane : a somiglianza di ciò che praticavano i greci in onore
di
Ecale, e gli Argivi in onore della dea Illichia,
ese era presso i pagani consacrato al Dio Giano, perchè a somiglianza
di
questa divinità, che aveva due facce, una per l’a
che aveva due facce, una per l’avvenire l’altra pel passato ; il mese
di
Gennajo stando sul limitare del nuovo anno guarda
ra. Essi ritenevano che da quelle fenditure uscissero come dall’antro
di
Delfo, alcune profetiche esalazioni. Altravolta s
avolta si faceva la geomanzia, segnando sul terreno una gran quantità
di
linee e di cerchi ; e tal altra finalmente segnan
aceva la geomanzia, segnando sul terreno una gran quantità di linee e
di
cerchi ; e tal altra finalmente segnando a caso s
inalmente segnando a caso sulla terra o sulla carta una gran quantità
di
punti. Le figure che la combinazione dei diversi
binazioni si potesse predire l’avvenire. 2105. Gerania. — A proposito
di
questa città, che secondo la geografia antica, so
cia, narra la tradizione mitologica, che gli abitanti non avevano più
di
un cubo di altezza e che fossero discacciati dall
la tradizione mitologica, che gli abitanti non avevano più di un cubo
di
altezza e che fossero discacciati dalla loro patr
a e che fossero discacciati dalla loro patria da una immensa quantità
di
grù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città d
a immensa quantità di grù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città
di
Gerania era il punto di ritrovo di questi volatil
ù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città di Gerania era il punto
di
ritrovo di questi volatili, allorquando movevano
dello scrittore Salmasio, la città di Gerania era il punto di ritrovo
di
questi volatili, allorquando movevano contro i Pi
tro i PigmeiV. Pigmei. 2106. Gerere. — Si chiamavano così nella città
di
Atene, quelle quattordici donne, che servivano la
uattordici donne, che servivano la regina dei sacrifizi, in occasione
di
qualche solenne funzione. 2107. Gerione. — Second
— Secondo riferisce Esiodo, fu il più forte degli uomini e figliuolo
di
Calliroe e di Crisauro. La cronaca favolosa ne ha
erisce Esiodo, fu il più forte degli uomini e figliuolo di Calliroe e
di
Crisauro. La cronaca favolosa ne ha fatto un most
sue sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e portò gli armenti
di
lui ad EuristeoV. Ercole. Al dire dello storico S
storico Svetonio, ai tempi dell’imperatore Tiberio, v’era un oracolo
di
Gerione a cui l’imperatore andò a chiedere un res
acolo di Gerione a cui l’imperatore andò a chiedere un responso prima
di
partire per la spedizione nell’Illiria. Da ciò il
ciò il cronista Cluverio, conclude che dovea esservi anche un tempio
di
Gerione, perchè non v’era oracolo senza tempio. 2
, perchè non v’era oracolo senza tempio. 2108. Geris o Geride. — Nome
di
una divinità pagana, che al dire di qualche autor
pio. 2108. Geris o Geride. — Nome di una divinità pagana, che al dire
di
qualche autore, era la stessa che Cerere o la Ter
2109. Germani. — Antichissimi popoli della Germania, i quali al dire
di
Giulio Cesare nei suoi commentari, non avevano al
ui offrivano sacrifizi d’umane vittime. 2110. Geroestie. — Nell’isola
di
Eubea sorgeva un promontorio, detto di Geroeste,
2110. Geroestie. — Nell’isola di Eubea sorgeva un promontorio, detto
di
Geroeste, ove in onore di Nettuno, che vi aveva u
sola di Eubea sorgeva un promontorio, detto di Geroeste, ove in onore
di
Nettuno, che vi aveva un tempio famoso, venivano
o, venivano annualmente celebrate alcune feste, a cui si dava il nome
di
Geroestie. 2111. Gerontree. — A Gerontre, che era
nore del dio Marte, a cui dall’isola istessa si dava la denominazione
di
Gerontree. 2112. Ghianda. — Abbiamo dalle più ant
enicie che andarono a stabilirsi in Grecia, insegnarono agli abitanti
di
questa l’uso di cibarsi delle ghiande ; cosa dell
ono a stabilirsi in Grecia, insegnarono agli abitanti di questa l’uso
di
cibarsi delle ghiande ; cosa della quale quel pop
drir l’uomo, qui si deve intendere sotto la denominazione particolare
di
ghianda, l’uso di cibarsi d’altri frutti, rivesti
i deve intendere sotto la denominazione particolare di ghianda, l’uso
di
cibarsi d’altri frutti, rivestiti di un guscio pi
ne particolare di ghianda, l’uso di cibarsi d’altri frutti, rivestiti
di
un guscio più solido, come le noci, le castagne,
Sarebbe stato invero un ben strano attestato d’incivilimento quello,
di
far nudrire un intero popolo coll’istesso modo co
o, di far nudrire un intero popolo coll’istesso modo col quale presso
di
noi vengono nudriti i majali. 2113. Giacco. — Dal
er alludere alle alte grida, con che le baccanti celebravano le orgie
di
quel dio. Questa almeno è la opinione più general
ia materna. Perciò nei misteri Eleusini, celebrati in Grecia in onore
di
Cerere, questa dea veniva adorata insieme a Prose
a e a Giacco. 2114. Giacintee o Giacintie. — Feste celebrate in onore
di
Apollo nella Lacedemonia, e che avevano la durata
lebrate in onore di Apollo nella Lacedemonia, e che avevano la durata
di
tre giorni. Vicino al sepolcro del giovanetto Gia
orni. Vicino al sepolcro del giovanetto Giacinto si vedeva una statua
di
Apollo, innanzi alla quale si offerivano i sacrif
orito del dio Apollo V. L’articolo seguente. 2115. Giacinto. — Figlio
di
Oebalo re della città di Amicle, nella Laconia. S
’articolo seguente. 2115. Giacinto. — Figlio di Oebalo re della città
di
Amicle, nella Laconia. Suo padre l’aveva fatto ed
acinto, versato nelle scienze e nelle arti, fu ritenuto come favorito
di
Apollo e delle Muse. La tradizione mitologica rip
o di Apollo e delle Muse. La tradizione mitologica ripete a proposito
di
lui un fatto altrettanto doloroso per quanto poet
per ogni dove, e star sempre in sua compagnia. Un giorno stabilirono
di
giuocare insieme al disco, e spogliatisi si unser
che quasi si nascose fra le nubi. Nel momento che con tutta la forza
di
gravità ricadeva sulla terra, Giacinto trasportat
verlo nelle mani e colpito invece sulla fronte si ricopri all’istante
di
un pallore mortale. Apollo raccolse fra le sue br
a somiglianza d’un bel fiore, la sua pallida e nobile testa, sul seno
di
quel dio di cui era stato l’amico. Apollo pazzo d
a d’un bel fiore, la sua pallida e nobile testa, sul seno di quel dio
di
cui era stato l’amico. Apollo pazzo di dolore, e
le testa, sul seno di quel dio di cui era stato l’amico. Apollo pazzo
di
dolore, e rimproverando a se stesso la morte dell
a se stesso la morte dell’amato giovanetto, volle eternare la memoria
di
lui e lo cangiò in quel fiore che porta anche ogg
nto Il suolo erboso. Spunta un flor che vince Di splendore la porpora
di
Tiro. Che tien de’gigli non diversa forma : Se no
oi lamenti imprime : E doppio. ua Ai nel fior trovassi scritto, E fur
di
lutto quelle note emblema : Ovidio — Metamorf :
in pari tempo amato da Apollo e da Borea ; e che quest’ultimo vedendo
di
mal’occhio la preferenza che il giovane accordava
a a Febo, avesse per vendicarsi lasciato cadere il disco sulla fronte
di
Giacinto e gli avesse così cagionata la morte. 21
a morte. 2116. Giacra. — Secondo riferisce Esiodo, era questo il nome
di
una delle tante ninfe Nereidi. 2117. Gialemo. — I
esequie in particolare. Coll’andare del tempo si dette l’istesso nome
di
Gialemo alle canzoni che si cantavano ai funerali
he e del dio Marte. Fu uno degli eroi che più si distinse all’assedio
di
Troja, ove insieme ad Ascalafo comandava i Beozi
tinse all’assedio di Troja, ove insieme ad Ascalafo comandava i Beozi
di
Orcomeno. V. Astioche e Ascalafo. 2119. Giamid
l’altra dei Clitidi, alle quali era devoluto, per diritto ereditario,
di
servire alle funzioni degli Auguri. 2120. Giana.
— Un’altra delle ninfe Nereidi. 2123. Gianicolo. — Fra i setto colli
di
Roma, si chiamava così quello dedicato a Giano, p
edicato a Giano, perchè egli vi aveva la sua abituale dimora. Al dire
di
Ovidio, coll’andare degli anni s’innalzò un altar
degli anni s’innalzò un altare nell’istesso luogo ove sorgeva la casa
di
Giano. Era mia residenza il vicin colle. Che da
r volle. Io qui regnai finchè alla terra ignota Sendo la colpa ria.
di
numi, i quali Misti qua e là soffria, non restò v
qua e là soffria, non restò vota. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad.
di
Giovan Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome di
ti — Libro I. trad. di Giovan Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome
di
una ninfa Oceanide e di una Nereide. 2125. Giano
iovan Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome di una ninfa Oceanide e
di
una Nereide. 2125. Giano o Giane — Il più antico
dell’Italia ; era originario della Grecia e propriamente della città
di
Perebo, o secondo altre opinioni, di Atene. Un’an
recia e propriamente della città di Perebo, o secondo altre opinioni,
di
Atene. Un’antica tradizione narra, che Creusa, fi
re opinioni, di Atene. Un’antica tradizione narra, che Creusa, figlia
di
Eretteo re di Atene, avesse innamorato della sua
i Atene. Un’antica tradizione narra, che Creusa, figlia di Eretteo re
di
Atene, avesse innamorato della sua stupenda belle
ifeo, il quale però non potendo, dopo qualche tempo aver prole, pensò
di
consultare l’oracolo, onde essere indicato il mez
r prole, pensò di consultare l’oracolo, onde essere indicato il mezzo
di
averne. L’oracolo rispose, che avrebbe dovuto ado
dai suoi amori con Apollo, e lo adottò. Giano divenuto adulto, dotato
di
un animo intraprendente ed ardito, si pose alla t
ulto, dotato di un animo intraprendente ed ardito, si pose alla testa
di
un forte stuolo di suoi seguaci, corredò una flot
animo intraprendente ed ardito, si pose alla testa di un forte stuolo
di
suoi seguaci, corredò una flottiglia, approdò in
o cronologico frala edificazione della città Gianicola, e la cacciata
di
Saturno dal cielo per opera di Giove ; e ripete c
e della città Gianicola, e la cacciata di Saturno dal cielo per opera
di
Giove ; e ripete che Giano accogliesse amorevolme
per mostrarsi riconoscente della reale ospitanza, avesse dotato Giano
di
una rara prudenza, e lo avesse rivestito del dopp
Giano di una rara prudenza, e lo avesse rivestito del doppio donativo
di
ricordare il passato, e di saper l’avvenire. Ques
e lo avesse rivestito del doppio donativo di ricordare il passato, e
di
saper l’avvenire. Questa è un’altra congiuntura c
un’altra congiuntura che dà interpretazione alle due simboliche facce
di
Giano, dicendo che con una di esse guardava il pa
terpretazione alle due simboliche facce di Giano, dicendo che con una
di
esse guardava il passato, e con l’altra leggeva n
nell’avvenire. Numa Pompilio che fu il secondo e il più saggio dei re
di
Roma, fece innalzare un tempio a Saturno come dio
re un tempio a Saturno come dio della Pace, considerando che il regno
di
questo dio non era stato turbato da alcuna guerra
da alcuna guerra. Coll’andare degli anni questo tempio divenne quello
di
Giano, e fu tenuto aperto in tempo di guerra e ch
ni questo tempio divenne quello di Giano, e fu tenuto aperto in tempo
di
guerra e chiuso in pace. Al dire di Ovidio, Gian
ano, e fu tenuto aperto in tempo di guerra e chiuso in pace. Al dire
di
Ovidio, Giano era ritenuto anche dagli antichi co
come il Caos. La prisca età (che cosa antica io sono) Diemmi il nome
di
Caos : osserva un poco Di quanto antichi fatti io
anto antichi fatti io qui ragiono. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad.
di
Giambattista Blanchi. Gli venivano del paro att
ura Un picciol segno ancora, e quel ch’è avante E dietro a me, sembra
di
ugual natura. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad.
etro a me, sembra di ugual natura. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad.
di
G. B. Bianchi. Nelle cerimonie del culto di Gia
Fasti — Libro I. trad. di G. B. Bianchi. Nelle cerimonie del culto
di
Giano, gli si facevano dei sacrifizi, in cui gli
in cui gli veniva offerto del farro misto al sale, e del pane condito
di
mele. Moltiplici erano i nomi e i soprannomi di l
e, e del pane condito di mele. Moltiplici erano i nomi e i soprannomi
di
lui ; e si ritrova sovente nelle cronache dell’an
ritrova sovente nelle cronache dell’antichità, sotto la denominazione
di
Giunonio, Quirino, Palulejo o Palulcioe Clusivio
a il sacerdote onora : Rideresti a’miei nomi : che or mi è dato. Quel
di
Clusio da lui che il sacrifizio Compie, e talor P
e talor Patulcio io son chiamato. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad.
di
G. B. Bianchi. Al dire di Macrobio, i pagani in
amato. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad. di G. B. Bianchi. Al dire
di
Macrobio, i pagani invocavano il dio Giano in tut
rchè Giano essendo greco d’origine, e propriamente nativo della città
di
Perebo, fosse venuto a stabilirsi in Italia, ove
a il numero dei templi consacrati a Giano, sotto le due denominazioni
di
Giano Bifronte, e di Giano Quadrifronte, venendog
i consacrati a Giano, sotto le due denominazioni di Giano Bifronte, e
di
Giano Quadrifronte, venendogli attribuite due fac
tro. Questi templi ven’ivano detti col nome collettivo Giani e quelli
di
Giano Quadrifronte avevano una porta e tre finest
rati a Giano, indicanti ognuno un mese dell’anno ; ed ed ifificati al
di
là della porta Gianicola fuori le mura di Roma. 2
l’anno ; ed ed ifificati al di là della porta Gianicola fuori le mura
di
Roma. 2126. Giante. — Figliuola di Teleste e rino
ella porta Gianicola fuori le mura di Roma. 2126. Giante. — Figliuola
di
Teleste e rinomata per la sua bellezza. Un’antica
a X, trad. del Cav. ermolao federico. Giante era similmente il nome
di
una delle ninfe Nereidi. 2127. Gianuale. — Festa
il nome di una delle ninfe Nereidi. 2127. Gianuale. — Festa in onore
di
Giano, che i romani celebravano il primo dell’ann
llegria. Era loro costume offerire in quel giorno a Giano delle ceste
di
datteri, di fichi e di miele, ritenendo la dolcez
loro costume offerire in quel giorno a Giano delle ceste di datteri,
di
fichi e di miele, ritenendo la dolcezza di queste
me offerire in quel giorno a Giano delle ceste di datteri, di fichi e
di
miele, ritenendo la dolcezza di queste frutta, co
no delle ceste di datteri, di fichi e di miele, ritenendo la dolcezza
di
queste frutta, come simbolo della felicità, di cu
ritenendo la dolcezza di queste frutta, come simbolo della felicità,
di
cui avrebbero goduto in tutto il corso dell’anno.
o goduto in tutto il corso dell’anno. Gianuale era similmente il nome
di
una delle porte di Roma, la stessa alla quale si
l corso dell’anno. Gianuale era similmente il nome di una delle porte
di
Roma, la stessa alla quale si dava da principio l
e di Roma, la stessa alla quale si dava da principio la denominazione
di
Viminale, cangiata poscia in quella di Gianuale,
da principio la denominazione di Viminale, cangiata poscia in quella
di
Gianuale, in occazione di un preteso miracolo ope
ione di Viminale, cangiata poscia in quella di Gianuale, in occazione
di
un preteso miracolo operato dal dio Giano. Narra
ed Ovidio stesso, che allorquando i Sabini cinsero d’assedio le mura
di
Roma, avevano già attaccata la porta che è sotto
nemico. Immantinenti però la porta si apri ad un tratto per tre volte
di
seguito, senza che i ripetuti sforzi fatti dai ro
ripetuti sforzi fatti dai romani per rinchiuderla, andassero coronati
di
successo. E ciò, secondo riferisce Ovidio, avveni
ti di successo. E ciò, secondo riferisce Ovidio, avveniva per volontà
di
Giunone, la quale per gelosia contro i romani ave
bini da siffatto prodigio si precipitarono per penetrare nella città,
di
cui si sarebbero certamente impadroniti, se Giano
ll’istesso momento fatto scaturiré dal suo tempio, una larga sorgente
di
acqua bollente, che travolse nei suoi gorghi gl’i
improvviso ad innondar la terra. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad.
di
G. B. Bianchi. Da ciò il senato decretava che l
di G. B. Bianchi. Da ciò il senato decretava che le portedel tempio
di
Giano fossero aperte in tempo di guerra, quasi a
ato decretava che le portedel tempio di Giano fossero aperte in tempo
di
guerra, quasi a lasciare libero il passo al dio p
n tempo di guerra, quasi a lasciare libero il passo al dio protettore
di
Roma, di venire novellamenle in soccorso della su
i guerra, quasi a lasciare libero il passo al dio protettore di Roma,
di
venire novellamenle in soccorso della sua città,
volte che ne avesse avuto bisogno. 2128. Giapeto. — Gigante figliuolo
di
Urano e fratello di Saturno. Fu uno dei Titani ch
avuto bisogno. 2128. Giapeto. — Gigante figliuolo di Urano e fratello
di
Saturno. Fu uno dei Titani che mossero guerra a G
o la scalata al cielo. Diodoro lo fa marito della ninfa Asia, e padre
di
un figliuolo per nome Vespero, o più comunemente
me capo della loro schiatta, e ritenevano non esservi cosa più antica
di
lui. Da ciò l’uso tradizionale, presso quel popol
cosa più antica di lui. Da ciò l’uso tradizionale, presso quel popolo
di
dare il nome collettivo di Giapeti ai vecchi decr
ciò l’uso tradizionale, presso quel popolo di dare il nome collettivo
di
Giapeti ai vecchi decrepiti. È opinione forse non
il Giapeto della mitologia pagana sia lo stesso che lafet, figliuolo
di
Noè. 2129. Giapi. — Figlio di laso. Ancor giovane
gana sia lo stesso che lafet, figliuolo di Noè. 2129. Giapi. — Figlio
di
laso. Ancor giovanetto, a somiglianza di Giacinto
i Noè. 2129. Giapi. — Figlio di laso. Ancor giovanetto, a somiglianza
di
Giacinto fu amato da Apollo, il quale gli offerse
le a dire il suo arco, le sue freccie ; la sua lira, e perfino l’arte
di
predir l’avvenire. Ma Giapi ricusò tutti gli altr
redir l’avvenire. Ma Giapi ricusò tutti gli altri splendidi donativi,
di
che l’amore di un dio lo faceva signore, e pregò
e. Ma Giapi ricusò tutti gli altri splendidi donativi, di che l’amore
di
un dio lo faceva signore, e pregò solo Apollo d’i
n dio lo faceva signore, e pregò solo Apollo d’insegnargli la maniera
di
guarire le malattie, per mezzo della conoscenza d
torre a morte Chi gli diè vita. Virgilio — Eneide — Libro XII. trad.
di
A.Caro. 2130. Giara. — Una delle isole Cicladi.
ra. — Una delle isole Cicladi. Narra un’antica tradizione che l’isola
di
Delo fosse stata lungo tempo fluttuante sulla sup
sse resa immobile fissandola, con due catene, una attaccata all’isola
di
Micona, e l’altra a quella di Giara. Ma fatta di
con due catene, una attaccata all’isola di Micona, e l’altra a quella
di
Giara. Ma fatta di Latona e de’suoi figli Ricett
attaccata all’isola di Micona, e l’altra a quella di Giara. Ma fatta
di
Latona e de’suoi figli Ricetto un tempo, dal piet
le tempeste e i venti a scherno. Virgilio — Eneide — Libro VI. trad.
di
A. Caro. 2131. Giarba. — Figliuola di Giove Amm
io — Eneide — Libro VI. trad. di A. Caro. 2131. Giarba. — Figliuola
di
Giove Ammone e di Garamantide una delle ninfe Nap
o VI. trad. di A. Caro. 2131. Giarba. — Figliuola di Giove Ammone e
di
Garamantide una delle ninfe Napee, fu re di Getul
gliuola di Giove Ammone e di Garamantide una delle ninfe Napee, fu re
di
Getulja. La tradizione narra che egli avesse fatt
innammoratosi della regina Didone allorquando essa costruiva la città
di
Cartagine, voleva ad ogni costo sposarla ; ma Did
ttà di Cartagine, voleva ad ogni costo sposarla ; ma Didone invaghita
di
Enea, respinse le offerte di Giarba, il quale dic
gni costo sposarla ; ma Didone invaghita di Enea, respinse le offerte
di
Giarba, il quale dichiarò la guerra ai cartagines
La morte però della sventurata regina, troncò d’un colpo le speranze
di
Giarba e pose fine alla guerra. Era d’Ammoue, E
o a’suoi regni Cento gran tempi e cento pingui altari Avea sacrati, e
di
continui fochi Mantenendo a gli Dei vigilie etern
e di continui fochi Mantenendo a gli Dei vigilie eterne. Di vittime,
di
fiori e di ghiriande Gli tenea sempre riveriti e
nui fochi Mantenendo a gli Dei vigilie eterne. Di vittime, di fiori e
di
ghiriande Gli tenea sempre riveriti e colti. Vir
i tenea sempre riveriti e colti. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad.
di
A. Caro. 2132. Giardano. — Re della Lidia. È r
— Re della Lidia. È ricordato nella tradizione mitologica, come padre
di
quella giovanetta Jole, che fu così appassionatam
e meraviglie del mondo antico, andavano annoverati i giardini pensili
di
Babilonia, tanto famosi fra i greci — V. Meravigl
V. jonidi. 2135. Giasione. — La tradizione mitologica lo fa figliuolo
di
Giove e di Elettra, una delle ninfe Atlantidi. È
2135. Giasione. — La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e
di
Elettra, una delle ninfe Atlantidi. È detto che G
cui ebbe un figliuolo per nome Coribante. Siccome Giasione perfeziono
di
molte l’agricoltura, di cui Cerere era la dea, co
r nome Coribante. Siccome Giasione perfeziono di molte l’agricoltura,
di
cui Cerere era la dea, così la tradizione favolos
ea, così la tradizione favolosa, narra che egli fosse divenuto amante
di
Cerere e che avendola voluta tentare nel pudore f
elle ricchezze ; volendo con ciò alludere all’agricoltura che è fonte
di
ricchezza per quelli che lavorano la terra. Dopo
la morte, Giasione fu posto nel numero degli dei non solo come figlio
di
Giove, ma anche per aver contratto nozze con due
anche per aver contratto nozze con due dee. 2136. Giaso. — Figliuolo
di
Epione e di Esculapio. Presiedeva alle malattie,
ver contratto nozze con due dee. 2136. Giaso. — Figliuolo di Epione e
di
Esculapio. Presiedeva alle malattie, come sua sor
come sua sorella Ifica alla buona salute. 2137. Giasone. — Fu figlio
di
Alcimeda e di Esone, re di Jolco. Narra la tradiz
lla Ifica alla buona salute. 2137. Giasone. — Fu figlio di Alcimeda e
di
Esone, re di Jolco. Narra la tradizione, che aven
a buona salute. 2137. Giasone. — Fu figlio di Alcimeda e di Esone, re
di
Jolco. Narra la tradizione, che avendo l’oracolo
olco. Narra la tradizione, che avendo l’oracolo predetto a Pelia, zio
di
Giasone ed usurpatore del trono, che sarebbe stat
perseguitò il piccolo Giasone fin dalla culla, cercando tutti i mezzi
di
farlo morire. Ma Esone, spinto dalla forza dell’a
re Alcimeda, la quale lo portò sul monte Pelio, el o affidò alle cure
di
Chirone, il più saggio uomo dei suoi tempi. Quest
il più saggio uomo dei suoi tempi. Questi prese cura dell’educazione
di
lui, e divenuto adulto gl’insegnò le scienze, e s
ulto gl’insegnò le scienze, e sopratutto la medicina, ciò che al dire
di
vari scrittori, valse algiovanetto principe il no
iò che al dire di vari scrittori, valse algiovanetto principe il nome
di
Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprim
ari scrittori, valse algiovanetto principe il nome di Giasone, invece
di
quello di Diomede, che dapprima gli era stato imp
ori, valse algiovanetto principe il nome di Giasone, invece di quello
di
Diomede, che dapprima gli era stato imposto. Giun
i Diomede, che dapprima gli era stato imposto. Giunto Giasone all’età
di
venti anni, e sospinto dalla sua indole avventuro
, e sospinto dalla sua indole avventurosa ed ardita, e mal sofferendo
di
rimanere ancora nascosto nell’ombra e nel silenzi
spose che egli avesse dovuto rivestirsi, come il suo maestro Chirone,
di
una pelle di leopardo ; armarsi di due lance ; e
i avesse dovuto rivestirsi, come il suo maestro Chirone, di una pelle
di
leopardo ; armarsi di due lance ; e recar si in t
irsi, come il suo maestro Chirone, di una pelle di leopardo ; armarsi
di
due lance ; e recar si in tal modo a Jolco, onde
modo a Jolco, onde pretendere dall’usurprtore Pelia, la restituzione
di
quel diadema che era paterno ed esclusivo retaggi
lontà degli dei, e lo stesso giorno si mise in cammino per alla volta
di
Jolco. Strada facendo giunse in vicinanza del fiu
a a fare, senonchè una vecchia apparsagli improvvisamente, si offerse
di
tragittarlo all’altra sponda sulle proprie spalle
sponda, non avendo a lamentare altro accidente, se non che la perdita
di
una scarpa, caduta nel fiume mentr’egli lo traghe
spalle della canuta portatrice. Questa congiuntura però della perdita
di
un oggetto tanto insignificante, aveva, secondo r
n un piede ignudo e con l’altro calzato. Arrivato Giasone nella città
di
Jolco, attrasse dapprima tutti gli sguardi per la
va nei suoi atti, la disinvolta eleganza dei suoi movimenti, impressi
di
reale maestà. Forte di braccio, d’allo cor, di u
involta eleganza dei suoi movimenti, impressi di reale maestà. Forte
di
braccio, d’allo cor, di umani Dolci costumi, d’av
i movimenti, impressi di reale maestà. Forte di braccio, d’allo cor,
di
umani Dolci costumi, d’avvenente aspetto, In Colc
Scena III. tutto cio valse a conciliargli le simpatie degli abitanti
di
Jolco, ai quali era già in odio il ferreo giogo d
ne si avviò alla reggia e fattosi riconoscere da Pelia come figliuolo
di
Esone, dimandò lealmente allo zio, gli rendesse i
il popolo prendeva a favore del giovanetto, e sapendosi odiato, cercò
di
eludere le incalzanti dimande di lui, e gli propo
iovanetto, e sapendosi odiato, cercò di eludere le incalzanti dimande
di
lui, e gli propose, onde allontanarlo da Jolco, u
portarlo in Grecia. Esaltato Giasone dalle accorte parole ; inebriato
di
gloia all’idea della gloria di cui avrebbe ricope
asone dalle accorte parole ; inebriato di gloia all’idea della gloria
di
cui avrebbe ricoperto il proprio nome ; spinto da
a di cui avrebbe ricoperto il proprio nome ; spinto da quel desiderio
di
avventure onde sentiva fremersi in petto il core
n petto il core baldo e giovanile, condiscese facilmente alla volontà
di
Pelia, tanto più che questi gli promise formalmen
spedizione della Colchide, lo avrebbe pubblicamente assunto al trono
di
sua spettanza, e del quale gli avrebbe fatta pien
la gloria ; in cui lo splendido fantasma della rinomanza, fa battere
di
precipitosi palpiti un cuore, appena quadrilustro
ta la Grecia la nuova della prossima sua spedizione, ed ebbe la gioia
di
vedere che il fiore della nobiltà e della cittadi
l’eroe giovanetto attraverso il glorioso cammino che si riprometteva
di
percorrere. Giasone, compiuti i preparativi del v
iove, come stipite divino della sua stirpe, e a tutte quelle divinità
di
cui voleva guadagnarsi il favore come proteitrici
va guadagnarsi il favore come proteitrici della sua intrapresa. Voce
di
tuono dall’eterno empiro Fausta rispose ai caldi
ro Lucidissimi raggi folgoranti : pindaro — Odi Pitie — Ode IV trad.
di
G. borghi. Fu questa l’origine della famosa spe
gine della famosa spedizione conosciuta nelle cronache, sotto il nome
di
spedizione degli Argonauti, la quale ebbe per sco
sotto il nome di spedizione degli Argonauti, la quale ebbe per scopo
di
andar nella Colchide, onde rapire ad Aete, re di
quale ebbe per scopo di andar nella Colchide, onde rapire ad Aete, re
di
quella contrada, il montone dal Vello d’oro, che
e perfino gli dei avessero preso interesse alla perigliora intrapresa
di
Giasone ; e tanto che giunse felicemente al Porto
per seuno Li Colchi del monton privati fene Egli passò per l’isola
di
Lenno. Poi che le ardite femmine spietate Tutti l
gravida e soletta : Tal colpa à tal martirio lui condanna : Ed anche
di
Medea si fa vendetta. Dante — Inferno — Canto X
II. Minerva e Giunone stessa, sempre per proteggerlo, convennero fra
di
loro di fare che Medea, figlia di Aete, si fosse
erva e Giunone stessa, sempre per proteggerlo, convennero fra di loro
di
fare che Medea, figlia di Aete, si fosse innamora
pre per proteggerlo, convennero fra di loro di fare che Medea, figlia
di
Aete, si fosse innamorata di Giasone, ond’ella ch
ro fra di loro di fare che Medea, figlia di Aete, si fosse innamorata
di
Giasone, ond’ella che era già, sebbene giovanetta
o ancora che Medea, essendosi incontrata con Giasone presso il tempio
di
Ecate, la quale entrambi erano andali ad impiorar
, la quale entrambi erano andali ad impiorare, colpita dalla bellezza
di
Giasone, e attratta da un sentimento di irresisti
orare, colpita dalla bellezza di Giasone, e attratta da un sentimento
di
irresistibile simpatia, gli avesse promesso ogni
rode Aspra smania ; vien men, Vinta, la salma… Soffro ! Ei parla !… E
di
subito a torrenti Dentro mi scorre del gioir la p
! Ascolto ! Amo ! legouvé — Medea — tragedia Atto I Scena VI. Trad.
di
G. montanelli Giasone acconsentì facilmente al
iorno, prima aggiogare i due tori, i quali avevano i piedi e le corna
di
bronzo, e che erano un dono del dio Vulcano : qui
e che erano un dono del dio Vulcano : quindi attaccarli ad un aratro
di
diamante, e dissodare con esso quattro jugeri di
accarli ad un aratro di diamante, e dissodare con esso quattro jugeri
di
terreno di un campo consacrato a Marte, e non mai
un aratro di diamante, e dissodare con esso quattro jugeri di terreno
di
un campo consacrato a Marte, e non mai lavorato ;
i lavorato ; che quindi avesse dovuto in quei solchi seminare i denti
di
un drago, dai quali sarebbero nati altrettanti gu
tinuo alla difesa del prezioso deposito. Giasone sicuro dell’appoggio
di
Medea, e protetto per forza d’amore, dalle arti i
oggio di Medea, e protetto per forza d’amore, dalle arti incantatrici
di
lei, accettò le immani condizioni ; e il giorno d
radunarono tutti gli Argonauti da una parte, e il re con gran seguito
di
cortigiani e di sudditi dall’altra, nel campo con
gli Argonauti da una parte, e il re con gran seguito di cortigiani e
di
sudditi dall’altra, nel campo consacrato a Marte,
e di sudditi dall’altra, nel campo consacrato a Marte, fuori le porte
di
Colco, onde assistere alle differenti ed ardue pr
a prima lasciati i due terribili tori, la cui sola vista fece fremere
di
orrore gli spettatori, ma che non valse ad intimo
rore gli spettatori, ma che non valse ad intimorire l’eroico coraggio
di
Giasone, il quale si accostò ad essi, e dopo aver
i, li aggiogò, arò con essi il terreno, seminò in quei solchi i denti
di
un drago, e poscia lanciò nel mezzo di un numeros
seminò in quei solchi i denti di un drago, e poscia lanciò nel mezzo
di
un numeroso stuolo di guerrieri, che come per inc
i denti di un drago, e poscia lanciò nel mezzo di un numeroso stuolo
di
guerrieri, che come per incanto sursero da quelli
me per incanto sursero da quelli, una grossa pietra, onde essi ciechi
di
furore, vennero alle mani fra loro, e si distruss
che aveva dovuto affrontare onde riconquistarlo. Ma Pelia trovò mezzo
di
traccheggiare il giovane ancora per qualche tempo
iare il giovane ancora per qualche tempo, finchè Medea, mal soffrendo
di
vedere il marito fatto giuoco dell’astuto vegliar
to fatto giuoco dell’astuto vegliardo, persuase a questo d’aver mezzo
di
ringiovanirlo, e indusse le proprie figliuole del
lo avreb bero visto rinascere giovane e rigoglioso. Però l’uccisione
di
Pelia non valse a Giasone il possesso dell’ambito
ratale dall’eroe greco, fuggendo con lui, e col rapito tesoro, uccise
di
propria mano il fratello Absirto, e ne lasciò sul
a ancor palpitante, onde arrestare il padre, che accortosi della fuga
di
lei, la inseguiva. Sopra il moi carro i figli io
I Scena III. Giunti a Corinto, vissero in quella città per lo spazio
di
dieci anni, secondo le cronache dell’antichità :
ronache dell’antichità : nella più perfetta concordia, ma al compiere
di
questo periodo di tempo, Giasone ponendo in non c
hità : nella più perfetta concordia, ma al compiere di questo periodo
di
tempo, Giasone ponendo in non cale gl’immensi obb
do le promesse ed i giuramenti, la ripudiò per sposare Creusa, figlia
di
Creonte, re di Corinto, alla quale in effetti si
ed i giuramenti, la ripudiò per sposare Creusa, figlia di Creonte, re
di
Corinto, alla quale in effetti si unì senza tener
perocchè la rivale Creusa, il resuo padre, e per fino i due figliuoli
di
Medea che ella uccise di propria mano, furono le
, il resuo padre, e per fino i due figliuoli di Medea che ella uccise
di
propria mano, furono le ostie cruenti della terri
ise di propria mano, furono le ostie cruenti della terribile vendetta
di
lei ; la quale compiuta appena quell’opera di san
ella terribile vendetta di lei ; la quale compiuta appena quell’opera
di
sangue, montò, secondo la tradizione favolosa, in
i in mezzo allo scrosciare delle folgori. Giasone dopo la sparizione
di
Medea e la morte di Creonte re di Corinto, visse
sciare delle folgori. Giasone dopo la sparizione di Medea e la morte
di
Creonte re di Corinto, visse vita errante e vagab
olgori. Giasone dopo la sparizione di Medea e la morte di Creonte re
di
Corinto, visse vita errante e vagabonda. Al dire
rte di Creonte re di Corinto, visse vita errante e vagabonda. Al dire
di
Euripide, una predizione che Medea stessa gli ave
po, imperocchè riposando un giorno sulla spiaggia del mare, all’ombra
di
quella nave già tirata a secco, una grossa trave
la morte fu venerato come un dio, e gli furono innalzati gran numero
di
monumenti e di statue. 2138. Gehud o Jehud. — Cos
nerato come un dio, e gli furono innalzati gran numero di monumenti e
di
statue. 2138. Gehud o Jehud. — Così aveva nome, s
Jehud. — Così aveva nome, secondo il cronista Porfirio, un figliuolo
di
Saturno e della ninfa Anobret. Secondo il citato
e della ninfa Anobret. Secondo il citato scrittore, durante il regno
di
Saturno, questi ebbe da Anobret un figliuolo al q
di Saturno, questi ebbe da Anobret un figliuolo al quale pose il nome
di
Gehud, per essere unico. Avendo dovuto Saturno so
ire l’unico figliuolo cogli ornamenti reali, e poscia lo sacrificò su
di
un altare. Forse da questa tradizione dell’antich
ta tradizione dell’antichità mitologica, emerge il simbolo allegorico
di
Saturno, che divora i propri figliuoli. Notino i
no i nostri lettori quanta affinità esista fra l’allegoria mitologica
di
questo Gehud favoloso ; e la bibblica figura del
hud favoloso ; e la bibblica figura del patriarca Abramo che al cenno
di
Jehova si accinge ad offrire in olocausto, Isacco
o. 2139. Glera. — Una delle isole Vulcanie, note oggidì sotto il nome
di
Lipari, aveva codesto nome presso i pagani, i qua
a isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome
di
una delle Nereidi. 2140. Gierace. — Così aveva no
ere, sdegnato che egli avesse col suono del suo flauto rotto il sonno
di
Argo, al momento istesso che Mercurio si accingev
Io, che Argo aveva in custodia. Non potendo a causa della negligenza
di
Gierace liberare la ninfa, Mercurio uccise Argo,
me che si dava in Egitto a quei sacerdoti, i quali avevano l’incarico
di
nudrire gli sparvieri consacrati ad Apollo, ossia
ai ministri o sacerdoti del dio Mitrà, perchè essi avevano il costume
di
rivestirsi con abiti che figuravano quegli animal
ano il costume di rivestirsi con abiti che figuravano quegli animali,
di
cui portavano il nome. 2144. Gleroglifici. — Così
amati fino dai più remoti tempi dell’antichità quei segni o caratteri
di
cui particolarmente si servirono gli Egiziani ed
suonano scolpisco, perchè gli Egiziani quando cominciarono a servirsi
di
questo mezzo per comunicarsi le loro idee senza p
senza parlare, cominciarono, per disegnare e scolpire diverse figure
di
animali, di pietre, di piante, di strumenti, e pi
re, cominciarono, per disegnare e scolpire diverse figure di animali,
di
pietre, di piante, di strumenti, e più sovente an
arono, per disegnare e scolpire diverse figure di animali, di pietre,
di
piante, di strumenti, e più sovente ancora delle
disegnare e scolpire diverse figure di animali, di pietre, di piante,
di
strumenti, e più sovente ancora delle differenti
le differenti membra del corpo dell’uomo ; quanto per la moltiplicità
di
esse. Il senso configurato, e l’allegoria simboli
il sostrato principale della mitologia pagana aveva in questa specie
di
scrittura un largo campo di configurazioni e di f
a mitologia pagana aveva in questa specie di scrittura un largo campo
di
configurazioni e di forme esprimenti l’idea princ
veva in questa specie di scrittura un largo campo di configurazioni e
di
forme esprimenti l’idea principale a cui gli anti
ndere un’idea ; così per esempio, per allontanare la folla dalla casa
di
un ministro o di un pubblico funzionario, gli egi
osì per esempio, per allontanare la folla dalla casa di un ministro o
di
un pubblico funzionario, gli egiziani costumavano
di un ministro o di un pubblico funzionario, gli egiziani costumavano
di
disegnare sulla porta dell’abitazione di quello,
io, gli egiziani costumavano di disegnare sulla porta dell’abitazione
di
quello, varii Gieroglifici i quali formavano insi
one di quello, varii Gieroglifici i quali formavano insieme la figura
di
un vecchio che aveva un dito alla bocca e gli occ
, ma se ne servirono ancora per comporre dei discorsi interi. Al dire
di
Clemente Alessandrino, si vedeva sulla porta magg
eri. Al dire di Clemente Alessandrino, si vedeva sulla porta maggiore
di
un tempio, nella città di Diospoli in Egitto, una
lessandrino, si vedeva sulla porta maggiore di un tempio, nella città
di
Diospoli in Egitto, una specie di lapide i cui Gi
maggiore di un tempio, nella città di Diospoli in Egitto, una specie
di
lapide i cui Gieroglifici formavano un’intera fra
e. Essi Vano ad un ordine distinto fra i ministri del culto religioso
di
Atene, ed erano destinati particolarmente all’ins
e dell’antichità, che i Gierofanti avevano fra i loro obblighi quello
di
vivere nel celibato. Altri scrittori pretendono s
assare a seconde nozze ; e finalmente altri autori dicono che il nome
di
Gierofanzie si dava ad alcune sacerdotesse similm
. — Discorde è in generale l’opinione dei cronisti, sull’applicazione
di
questo nome presso gli egiziani. Taluni pretendon
roglifici sacri, e ne davano la spiegazione al popolo ; come facevano
di
tutta la dottrina della loro religione. Finalment
ltri, ed il cronista Suida fra questi ultimi, asseriscono che il nome
di
Gierogrammatei si dava agli indovini, che si serv
che erano tenuti in somma considerazione. 2148. Gieroscopia. — Sorta
di
divinazione che si faceva dal riflettere e ricord
mosa la vita. Esiodo li fa nascere dal sangue che grondò dalla ferita
di
Urano ; mentre Apollodoro, Ovidio ed altri ; ripe
I. Fav. IV. trad. del Cav. ERMOLAO FEDERICO. E qui cade in acconcio
di
far notare ai nostri lettori, che sehhene vi sian
iano molti autori i quali, nelle loro opere, danno il nome collettivo
di
Titaui ai Giganti ; non bisogna punto confondere
i Titaui ai Giganti ; non bisogna punto confondere questi con quelli,
di
cui noi ci occuperemo particolarmente, parlandone
piu propizia occasione a tenerne diffusamente parola. I Giganti erano
di
una forza straordinaria, e di una struttura mostr
ne diffusamente parola. I Giganti erano di una forza straordinaria, e
di
una struttura mostruosa, proporzionata alla loro
e teste al cielo. Concilio orrendo ; che ristretti insieme Erano qual
di
querce annose a Giove, Di cipressi coniferi a Dia
i boschi alteramente a l’aura. Vircilio — Eneide — Libro III. trad.
di
A. Caro. L’allegoria favolosa e le tradizioni de
allegoria favolosa e le tradizioni dell’antichità ripetono che ognuno
di
essi, aveva cento mani e spesso dei serpi invece
petono che ognuno di essi, aveva cento mani e spesso dei serpi invece
di
gambe. Essi a cui niuna umana potenza resisteva,
spinsero il loro orgoglio fino a far guerra agli dei ; e nell’intento
di
detronizzar Giove, lo assediarono fin nell’Olimpo
ti La Musogonia — Canto. e scagliarono contro agli dei enormi massi
di
pietre, dei quali, secondo la tradizione mitologi
o chi in questa e chi in quell’altra parte del globo, sotto la figura
di
animali diversi. …….. e che sotto mentite Forme
si nascose, il figlio Di semele in un capro, in una gatta La sorella
di
Febo, in una bianca Vacca Giunone, Venere in un p
i, e ricordando la minacciosa profezia dell’oracolo, persuase a Giove
di
chiamare Ercole, onde avesse combattuto al suo fi
ato nella disastrosa battaglia da Ercole, sconfisse i Giganti a colpi
di
fulmini, precipitandone porzione nel fondo del Ta
ne un pino, Onde i passi fermava. Virgilio — Eneide — Lib. III trad.
di
A. Caro. Porfirione, Eurito — V. Eurito — I due
Graziano ed altri, ed il terribile Tifeo che valse egli solo, al dire
di
Omero a portar più terrore fra gl’immortali, di q
se egli solo, al dire di Omero a portar più terrore fra gl’immortali,
di
quello che non facessero tutti i suoi formidabili
Libro V Fav. IV trad. del Cav. Ermolao Federico E qui, a proposito
di
questa favolosa scalata, che i figli della Terra,
nei celesti recessi dell’Olimpo ; e la costruzione della famosa torre
di
Babelle, la quale può benissimo essere considerat
stolta dell’umana superbia, e la cui primitiva tradizione, tramandata
di
generazione in generazione, avrebbe potuto essere
ndata di generazione in generazione, avrebbe potuto essere la origine
di
questa favolosa guerra mossa dai Giganti a tutte
i della Terra, conosciuti nella storia della mitologia, sotto il nome
di
Giganti, le cronache della favola e gli scrittori
nti, le cronache della favola e gli scrittori ed i poeti più rinomati
di
essa, fanno continua menzione di uomini che si re
li scrittori ed i poeti più rinomati di essa, fanno continua menzione
di
uomini che si resero celebri per la loro gigantes
ni che si resero celebri per la loro gigantesca figura. Cosi, al dire
di
Virgilio, Turno re dei Rutoli, era di una colossa
igantesca figura. Cosi, al dire di Virgilio, Turno re dei Rutoli, era
di
una colossale sia tura. Turno infra’primi, di pe
rno re dei Rutoli, era di una colossale sia tura. Turno infra’primi,
di
persona e d’armi Riguardevole e fiero, e sopra tu
’l capo, in campo appresentossi. Virgilio — Eneide — Lib. VII trad.
di
A. Caro. Omero favellando degli eroi che assedia
ni, le cui atletiche forme, e la forza straordinaria, permetteva loro
di
lanciare delle pietre di tale grandezza, invano s
e, e la forza straordinaria, permetteva loro di lanciare delle pietre
di
tale grandezza, invano sarebbero state rimosse da
e di tale grandezza, invano sarebbero state rimosse da quattro uomini
di
ordinaria struttura. Al dire di Pausania, Filostr
bbero state rimosse da quattro uomini di ordinaria struttura. Al dire
di
Pausania, Filostrato il giovane ripeteva che Ajac
ausania, Filostrato il giovane ripeteva che Ajace aveva undici cubiti
di
altezza ; e che il gigante Ariade, il cui cadaver
inquantacinque ; e che finalmente fu rinvenuto un cadavere nell’isola
di
Lemnos, la cui testa era di tale grandezza che pe
mente fu rinvenuto un cadavere nell’isola di Lemnos, la cui testa era
di
tale grandezza che per riempirla di acqua bisognò
isola di Lemnos, la cui testa era di tale grandezza che per riempirla
di
acqua bisognò vuotarvi due intere zucche, secondo
i due intere zucche, secondo che gli antichi chiamavano questa misura
di
liquido, e che era la più grande da essi adoperat
i in una caverna in Dalmazia, alcuni cadaveri giganteschi, le costole
di
cui avevano non meno di ventotto braccia di lungh
azia, alcuni cadaveri giganteschi, le costole di cui avevano non meno
di
ventotto braccia di lunghezza ; e che presso ad A
i giganteschi, le costole di cui avevano non meno di ventotto braccia
di
lunghezza ; e che presso ad Atene fu rinvenuto un
rpo del gigante Macrofiride. Plinio asserisce, che essendo nell’isola
di
Creta crollata una montagna, fu trovato un cadave
ole romano Metello, un gigantesco cadavere che aveva trentasei cubiti
di
altezza. Narra Plutarco, che essendosi Sertorio,
rco, che essendosi Sertorio, Generale romano, impadronito della città
di
Tingi, fece aprire il sepolcro del gigante Anteo,
olcro del gigante Anteo, e avendone fatto misurare il corpo, lo trovò
di
sessanta cubiti. Il Boccaccio nella sua Genealogi
che in una caverna del monte Erice, in Sicilia, fu rinvenuto il corpo
di
un gigante seduto, il quale si appoggiava ad un b
igante seduto, il quale si appoggiava ad un bastone che era un albero
di
nave ; e che appena toccato si ridusse in polvere
tre denti, ed una porzione del cranio, che furono portati nella città
di
Erice, per ordinamento dei magistrati ; e che in
à di Erice, per ordinamento dei magistrati ; e che in quella porzione
di
cranio si contenevano varie staja di biada, della
trati ; e che in quella porzione di cranio si contenevano varie staja
di
biada, della misura di Sicilia. Secondo il cronis
porzione di cranio si contenevano varie staja di biada, della misura
di
Sicilia. Secondo il cronista Fazello, questo cada
della misura di Sicilia. Secondo il cronista Fazello, questo cadavere
di
cui parla il Boccaccio, era quello di un gigante
onista Fazello, questo cadavere di cui parla il Boccaccio, era quello
di
un gigante ucciso da Ercole, e che si chiamava ap
che si chiamava appunto Erice ; il cui corpo, che aveva venti cubiti
di
lunghezza, si ridusse in polvere appena toccato,
guenza che altra volta la terra sia stata in realtà abitata da uomini
di
gigantesca struttura. Noi però senza internarci i
ra. Noi però senza internarci in ragionamenti che ci allontanerebbero
di
troppo dalla nostra meta, diremo che tutto ciò ch
dalla nostra meta, diremo che tutto ciò che si racconta in generale,
di
questi avanzi mostruosi, di questi sepolcri scope
he tutto ciò che si racconta in generale, di questi avanzi mostruosi,
di
questi sepolcri scoperti, di questi cadaveri di s
in generale, di questi avanzi mostruosi, di questi sepolcri scoperti,
di
questi cadaveri di smisurata grandezza, potrebbe
sti avanzi mostruosi, di questi sepolcri scoperti, di questi cadaveri
di
smisurata grandezza, potrebbe benissimo non aver
dezza, potrebbe benissimo non aver il suo fondamento che su relazioni
di
artefici e di operai ; ovvero su racconti di trad
e benissimo non aver il suo fondamento che su relazioni di artefici e
di
operai ; ovvero su racconti di tradizioni piu o m
damento che su relazioni di artefici e di operai ; ovvero su racconti
di
tradizioni piu o meno fantastiche e favolose. 215
l’assalto a Giove, scalando le montagne — V. Briareo e Cotto. Al dire
di
Esiodo, e di altri molti scrittori dell’antichità
iove, scalando le montagne — V. Briareo e Cotto. Al dire di Esiodo, e
di
altri molti scrittori dell’antichità, essi avevan
sse, insieme a tutta la formidabile falange dei Giganti, essi al dire
di
vari scrittori e poeti rotolarono per nove giorni
i dice che essi altro non erano che tre impetuosi venti, e dà il nome
di
Gige al maggiore, dalla parola greca γογαιος che
un cupo antro, ove regnava perpetua la notte. Gige era anche il nome
di
un pastore del re di Lidia per nome Candaule, del
egnava perpetua la notte. Gige era anche il nome di un pastore del re
di
Lidia per nome Candaule, del quale la cronaca mit
iversi punti per continue ed abbondanti piogge. A Gige prese vaghezza
di
penetrare in una di quelle cupe voragini, di che
tinue ed abbondanti piogge. A Gige prese vaghezza di penetrare in una
di
quelle cupe voragini, di che era solcata la terra
e. A Gige prese vaghezza di penetrare in una di quelle cupe voragini,
di
che era solcata la terra, e posto ad esecuzione i
tenebroso cammino finnei visceri della terra, ove trovò il simulacro
di
un cavallo di bronzo, che aveva ai fianchi due ap
mino finnei visceri della terra, ove trovò il simulacro di un cavallo
di
bronzo, che aveva ai fianchi due aperture a guisa
ro di un cavallo di bronzo, che aveva ai fianchi due aperture a guisa
di
porte. Avendo aperta una di quelle, rinvenne chiu
che aveva ai fianchi due aperture a guisa di porte. Avendo aperta una
di
quelle, rinvenne chiuso nel corpo del cavallo lo
i quelle, rinvenne chiuso nel corpo del cavallo lo smisurato cadavere
di
un uomo, che aveva al dito un anello d’oro, che G
n anello d’oro, che Gige passò immediatamente alla propria mano, dopo
di
che fece ritorno presso i compagni. Appena ritorn
della mano, egli diveniva invisibile ; mentre quando la pietra era al
di
fuori, rimaneva nello stato normale. Non appena G
al letto della regina, colla quale concertatosi si liberò poco a poco
di
tutti coloro che potevano fare ostacolo ai suoi a
rone del regno. Le cronache dell’antichità aggiungono che l’uccisione
di
Candaule fu causa d’una sommossa nel popolo, già
tro contrario all’usurpatore. Però ad evitare l’imminente spargimento
di
sangue, fu convenuto di rimettersi per una decisi
tore. Però ad evitare l’imminente spargimento di sangue, fu convenuto
di
rimettersi per una decisione, a quanto avrebbe ri
di rimettersi per una decisione, a quanto avrebbe risposto l’oracolo
di
Delfo ; il quale fu favorevole a Gige, per il che
mente l’oracolo, onde chiedergli se ci fosse al mondo uomo più felice
di
lui, al che l’oracolo rispose che un certo Aglao
ono sconfitti dalle Amazzoni in una battaglia che combatterono contro
di
esse sulla riva del Termodonte. Rimaste vincitric
rmodonte. Rimaste vincitrici, le Amazzoni imposero ai vinti guerrieri
di
avere commercio con esse, a patto che i figliuoli
i non venivano celebrati da persone ignude ; ma semplicemente vestite
di
leggiere e corte tuniche ; e non fu che alla 32’
e alla 32’ Olimpiade, che un greco per nome Orcippo, introdusse l’uso
di
andare nudi. Nella celebrazione dei giuochi Ginni
i. Nella celebrazione dei giuochi Ginnici, si eseguivano varie specie
di
esercizii, di cui i principali erano la corsa, il
razione dei giuochi Ginnici, si eseguivano varie specie di esercizii,
di
cui i principali erano la corsa, il disco o piast
considerazione ; sopratutto se fatta a cavallo o sulle bighe, specie
di
piccoli carri che si guidavano in piedi. Per cont
ci il meno stimato. Questi differenti esercizi costituivano l’insieme
di
ciò che noi chiameremmo Ginnastica. E a notare ch
iulla, e γυμνος ignudo, i Lacedemoni davano questo nome ad una specie
di
ballo che alcuni giovanetti interamente nudi, bal
in ouore d’Apollo. Al dir del cronista Ateneo, era questa una specie
di
danza bacchica, durante la quale i danzatori cant
a bacchica, durante la quale i danzatori cantavano degl’inni in onore
di
quel dio. 2155. Ginnosofisti. — Presso gl’indiani
sti. — Presso gl’indiani veniva dato codesto nome ad una corporazione
di
filosofi, i quali facevano professione di rinunci
to nome ad una corporazione di filosofi, i quali facevano professione
di
rinunciare a tutti i beni del mondo, e darsi escl
he Lobate, re della Licia — V. Bellorofonte. 2157. Gioeasta. — Moglie
di
Lajo, re di Tebe. Per volere inevitabile del dest
e della Licia — V. Bellorofonte. 2157. Gioeasta. — Moglie di Lajo, re
di
Tebe. Per volere inevitabile del destino fu mogli
lie di Lajo, re di Tebe. Per volere inevitabile del destino fu moglie
di
Edipo, che era nell’istesso tempo suo figlio D’E
o, che era nell’istesso tempo suo figlio D’Edippo io moglie, e in un
di
Edippo madre, Inorridir di madre al nome io sogli
po suo figlio D’Edippo io moglie, e in un di Edippo madre, Inorridir
di
madre al nome io soglio ; Alfier — Polinice — Tr
o — V. Eteocle e Polinice — e due figlie, Antigone ed Ismene. Al dire
di
Sofocle, Giocasta appena scoperto il fatale miste
perazione. e la sua madre e moglie (Moglie e madre ad un tempo) uscì
di
vita A torto laccio appesa ; SOFOOLE — Antigone —
ì di vita A torto laccio appesa ; SOFOOLE — Antigone — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Secondo Euripide invece, ella più
e del destino sopravvive al suo dolore ; resta in Tebe, dopo l’esilio
di
Edipo ; cerca di pacificare le ire furibonde di E
ravvive al suo dolore ; resta in Tebe, dopo l’esilio di Edipo ; cerca
di
pacificare le ire furibonde di Eteocle e Polinice
n Tebe, dopo l’esilio di Edipo ; cerca di pacificare le ire furibonde
di
Eteocle e Polinice, dai quali ottiene una tregua
uscita a pacificarli ; vedendoli cadere sotto i propri occhi, coperti
di
quel sangue che essi a vicenda facevano grondare
e essi a vicenda facevano grondare dai loro corpi ; ella, quasi pazza
di
dolore, svelse dal corpo di Eteocle la spada che
ondare dai loro corpi ; ella, quasi pazza di dolore, svelse dal corpo
di
Eteocle la spada che il fratello vi aveva confitt
po di Eteocle la spada che il fratello vi aveva confitta, e si uccise
di
propria mano, abbracciando in un ultimo amplesso
itta, e si uccise di propria mano, abbracciando in un ultimo amplesso
di
madre, quei corpi adorati nei quali durante la vi
antichi, fra cui Pausania ed Omero, i quali asseriscono che l’incesto
di
Giocasta, per essere stato incontanente scoperto
, personificata anche la Gioja, alla quale davano comunemente il nome
di
Lætizia ; e la raffiguravano sotto le sembianze d
te, con una corona nella mano destra, e con la sinistra appoggiata su
di
un’ancora. Gli antichi facevano una differenza fr
sembianze, anche gli oggetti inanimati, innalzandoli sovente al posto
di
una divinità, dette anche un’immagine palpabile a
inione. In tutto il corso della nostra opera noi ci siamo già avvalsi
di
numerosissime citazioni, le quali per esser tutte
moderni, debbono valerci come testimonianze irrecusabili della verità
di
quanto esponemmo. Così per esempio il cronista At
ad Antioco Epifane, ripete che si vedevano nel corteo un gran numero
di
statue, e fra queste una che rappresentava la Not
ai nostri lettori, che essendo in lingua greca la parola Giorno γμερο
di
genere femminile, cosi i pagani raffiguravano il
e sembianze d’una donna ; mentre il Crepuscolo, in greco ορδρος che è
di
genere maschile, veniva rappresentato come un gio
d’una donna, essendo la parola greca μιοημβρια che significa mezzodi
di
geuere femminile. Per la stessa ragione la Sera e
della sera va a precipitarsi nella Notte. Aveva nelle mani le redini
di
uno dei cavalli del carro di Diana, ossia la Luna
nella Notte. Aveva nelle mani le redini di uno dei cavalli del carro
di
Diana, ossia la Luna, per significare che all’ora
a distinzione ; ed i romani ed i greci non fecero che seguire le orme
di
quelli, attenendosi ad una consimile distinzione.
; additandoci in quello, come uno dei più infelici giorni, il quinto
di
ogni mese. Al dire del citato scrittore, nel 5.°
il quinto di ogni mese. Al dire del citato scrittore, nel 5.° giorno
di
ogni mese le Furie lasciavano l’inferno e passegg
giganti, che dettero la scalata al cielo. Non uno ordi la Luna ordin
di
giorni Favorevoli all’opre ; il quinto fuggi : Na
di giorni Favorevoli all’opre ; il quinto fuggi : Nacquero in questo
di
le Furie e l’Orco, La terra infausta partori Tife
ielo Congiurati fratelli ; VIRGILIO — Delle Georgiche — Libro I.trad.
di
Dionigi Strocchi. Al dire di Platone e di Esiodo
GILIO — Delle Georgiche — Libro I.trad. di Dionigi Strocchi. Al dire
di
Platone e di Esiodo, il quarto, il settimo, l’ott
Georgiche — Libro I.trad. di Dionigi Strocchi. Al dire di Platone e
di
Esiodo, il quarto, il settimo, l’ottavo, il nono,
iziosa credenza dei romani ebbe origine dal fatto seguente. Nell’anno
di
Roma 363, i tribuni militari, avendo notato che l
i Roma 363, i tribuni militari, avendo notato che la repubblica aveva
di
sovente a soffrire qualche danno, esposero questa
le sponde del fiume Allia, fatto un sacrifizio nel giorno dopo gl’Idi
di
luglio ; e che per la stessa ragione i Fabii furo
che per la stessa ragione i Fabii furono tutti uccisi nella battaglia
di
Cremera. Dietro questa risposta, il senato promul
glia di Cremera. Dietro questa risposta, il senato promulgò una legge
di
comune accordo col collegio dei Pontefici, ordina
ombattuta una battaglia nel giorno dopo gl’Idi, le None, e le Calende
di
ciascun mese. Oltre a questi giorni riconosciuti
one ; altri classici personaggi dell’ antichità, non uscivano nemmeno
di
casa nei giorni delle Caleude, altri in quelli de
rnali, il giorno che seguiva le Volcanali, il quarto prima delle None
di
Ottobre, le None di luglio propriamente dette Cap
seguiva le Volcanali, il quarto prima delle None di Ottobre, le None
di
luglio propriamente dette Caprotine, il quarto pr
ne di luglio propriamente dette Caprotine, il quarto prima delle None
di
agosto, a motivo della famosa rotta di Canne ; la
ne, il quarto prima delle None di agosto, a motivo della famosa rotta
di
Canne ; la sesta chiamata Lemuria nel mese di mag
tivo della famosa rotta di Canne ; la sesta chiamata Lemuria nel mese
di
maggio ; gl’Idi di marzo, per essere stato in que
otta di Canne ; la sesta chiamata Lemuria nel mese di maggio ; gl’Idi
di
marzo, per essere stato in quei giorni ucciso Giu
ro che volevano dissuaderlo dal combattere contro Tigrane, nelle None
di
ottobre, facendogli osservare, con superstizioso
ma in quegli stessi giorni, i Cimbri avevano fatto a pezzi l’esercito
di
Cepione : io, rispose Lucullo, attaccherò l’ inim
io, rispose Lucullo, attaccherò l’ inimico e farò in modo che le None
di
ottobre diventino fauste alla potenza di Roma. E
o e farò in modo che le None di ottobre diventino fauste alla potenza
di
Roma. E Giulio Cesare stesso non tralasciò di com
ino fauste alla potenza di Roma. E Giulio Cesare stesso non tralasciò
di
comandare che le milizie romane passassero in Afr
che gli Auguri avevano additati siccome infausti. E finalmente Dione
di
Siracusa, combattendo contro il tiranno Dionigi,
completa rotta, sebbene la battaglia si fosse combattuta in un giorno
di
ecclissi. 2161.Giove — Dio supremo della mitologi
tologia greca e romana, la quale lo riguardava come padrone e signore
di
tutte le cose, e creatore dell’universo. Tu beat
NTI — La Musogonia — Canto. La tradizione mitologica lo fa figliuolo
di
Rea e di Saturno, aggiungendo che questi lo avreb
Musogonia — Canto. La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Rea e
di
Saturno, aggiungendo che questi lo avrebbe divora
di Saturno, aggiungendo che questi lo avrebbe divorato, a somiglianza
di
tutti gli altri suoi figliuoli, se Rea, non avess
, una pietra ravvolta nelle fascie, che Suturno ingoiò, credendo così
di
distruggere il proprio figliuolo. Seguendo sempre
egli sarebbe detronizzato da uno dei suoi figli. Però Rea, addolorata
di
veder distrutti i suoi figli, non appena dati all
ata di veder distrutti i suoi figli, non appena dati alla luce, pensò
di
sottrarre alla morte il bambino che aveva in seno
alla morte il bambino che aveva in seno, e sentendo prossimo il tempo
di
darlo alla luce, si ritrasse nell’ isola di Creta
entendo prossimo il tempo di darlo alla luce, si ritrasse nell’ isola
di
Creta, ove in una caverna conosciuta sotto il nom
sse nell’ isola di Creta, ove in una caverna conosciuta sotto il nome
di
antro Ditteo, partorì Giove affidandolo alla cust
e del latte della capra Amaltea ; mentre i Cureti o Coribanti, armati
di
picche e di scudi e d’ogni altro clamoroso istrum
della capra Amaltea ; mentre i Cureti o Coribanti, armati di picche e
di
scudi e d’ogni altro clamoroso istrumento, faceva
facevano nell’ antro un assordante rumore, esegueudo così il comando
di
Rea, la quale avea loro imposto di soffocare coll
rumore, esegueudo così il comando di Rea, la quale avea loro imposto
di
soffocare colle loro grida i vagiti del neonato,
i vagiti del neonato, affinchè Saturno non avesse avuto mai sospetto
di
quella pietosa astuzia materna. Rea la scelse gi
a suo padre Saturno una bevanda, la quale ebbe la potenza miracolosa
di
fargli recere dapprima la pietra, e poi i diversi
fatto, sentendosi Giove forte dell’ appoggio dei suoi fratelli, pensò
di
detronizzare il padre, onde impadronirsi del regn
ati nel Tartaro ; egli tentò l’ impresa, e avendo ordinato ai Ciclopi
di
fabbricargli il fulmine, il tuono, ed il lampo, s
a, Han fatto re della superna corte. CALLIMACO — Inno a Giore — trad.
di
DIGNIGI STROCCHI. Restò così per alcun tempo pac
cun tempo pacifico signore del mondo ; finchè i Giganti non tentarono
di
dare la scalata al cielo (V. GIGANTI). Essendo pe
ato è il numero delle mogli e delle concubine, che resero Giove padre
di
un eguale sterminato numero di figli ; Non quand
elle concubine, che resero Giove padre di un eguale sterminato numero
di
figli ; Non quando per la sposa Issionea, Che Pi
i Perséo, Prestantissimo eroe, nè quando Europa Del divin Radamanto e
di
Minosse Padre mi fece. Nè le due di Tebe Beltà fa
ando Europa Del divin Radamanto e di Minosse Padre mi fece. Nè le due
di
Tebe Beltà famose Sémele ed Alcmena, D’Ercole que
de’mortali allegratore ; ………………………… OMERO — Iliade — Libro XIV. trad.
di
V. MONTI. i quali furono poi quasi tutti posti n
si tutti posti nel numero delle divinità pagane. Europa lo rese padre
di
Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Dana
nel numero delle divinità pagane. Europa lo rese padre di Radamanto e
di
Minosse ; Alemena di Ercole ; Danae di Perseo ; L
nità pagane. Europa lo rese padre di Radamanto e di Minosse ; Alemena
di
Ercole ; Danae di Perseo ; Leda di Castore e Poll
a lo rese padre di Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Danae
di
Perseo ; Leda di Castore e Polluce ; Elettra di D
i Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Danae di Perseo ; Leda
di
Castore e Polluce ; Elettra di Dardano ; Garamant
ena di Ercole ; Danae di Perseo ; Leda di Castore e Polluce ; Elettra
di
Dardano ; Garamantide di Giarba, Pilunno e Filo ;
Perseo ; Leda di Castore e Polluce ; Elettra di Dardano ; Garamantide
di
Giarba, Pilunno e Filo ; Maja di Mercurio ; Laton
e ; Elettra di Dardano ; Garamantide di Giarba, Pilunno e Filo ; Maja
di
Mercurio ; Latona di Apollo e Diana ; dalla propr
o ; Garamantide di Giarba, Pilunno e Filo ; Maja di Mercurio ; Latona
di
Apollo e Diana ; dalla propria moglie Giunone ebb
a ritenuto dai pagani come il padre degli dei e degli uomini, ricinto
di
una gloria immortale, e padrone assoluto di tutto
i e degli uomini, ricinto di una gloria immortale, e padrone assoluto
di
tutto, sebbene sottomesso anch’ egli alla legge i
so anch’ egli alla legge inevitabile del Destino V. DESTINO. Il culto
di
Giove e i misteri, le cerimonie ed i sacrifizii c
oi altari, ed i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono quello
di
Trofonio, di Dodona e di Lidia. Le vittime che or
i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono quello di Trofonio,
di
Dodona e di Lidia. Le vittime che ordinariamente
oli ; fra i quali i più famosi furono quello di Trofonio, di Dodona e
di
Lidia. Le vittime che ordinariamente si sacrifica
ilmente venivano a lui offerte la farina ed il sale, mentre sulle are
di
questa onnipossente divinità, ove mai non venivan
vittime umane, bruciava del continuo l’ incenso più prezioso. Al dire
di
Pausania, il solo Licaone, fu quello che una volt
a Giove un fanciullo, ma l’esempio crudele non fu seguitato, e le are
di
Giove rimasero, sino alla caduta del paganesimo,
o, e le are di Giove rimasero, sino alla caduta del paganesimo, monde
di
umano sangue. Ovidio dice che Licaone svenasse su
aganesimo, monde di umano sangue. Ovidio dice che Licaone svenasse su
di
un altare di Giove, un prigioniero di guerra, in
nde di umano sangue. Ovidio dice che Licaone svenasse su di un altare
di
Giove, un prigioniero di guerra, in ringraziament
io dice che Licaone svenasse su di un altare di Giove, un prigioniero
di
guerra, in ringraziamento dell’ottenuta vittoria
raziamento dell’ottenuta vittoria ; ma che questo sacrifizio, cruento
di
umano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso
a che questo sacrifizio, cruento di umano sangue, gli valse lo sdegno
di
Giove stesso, e l’ odio di tutti i suoi contempor
uento di umano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso, e l’ odio
di
tutti i suoi contemporanei. della Molossa Gente
Fra gli alberi, l’ulivo e la quercia erano sacri a Giove ; e al dire
di
Cicerone le dame romane onoravano questo dio, con
particolare. Generalmente Giove veniva raffigurato sotto le sembianze
di
un uomo, nella completa pienezza delle sue fisich
endente a metà del petto ; colle spalle larghe e quadrate ; seduto su
di
un trono, circondato di raggi in tutto lo splendo
; colle spalle larghe e quadrate ; seduto su di un trono, circondato
di
raggi in tutto lo splendore della sua divina maes
’un manto, alludeva ad esser la suprema divinità, nascosta agli occhi
di
questo basso mondo : il fulmine, ricordava il suo
le ali spiegate riposa a’ suoi piedi, era l’emblema della supremazia
di
Giove, su tutti gli esseri creati, siccome l’aqui
remazia su tutti i volatili. I singoli popoli non solo della Grecia e
di
Roma, ma di tutto il mondo conosciuto dagli antic
utti i volatili. I singoli popoli non solo della Grecia e di Roma, ma
di
tutto il mondo conosciuto dagli antichi, avevano
il mondo conosciuto dagli antichi, avevano delle particolari maniere
di
raffigurare Giove. Così i Lacedemoni lo raffigura
rte del mondo da essi abitata. Per contrario gli abitanti dell’ isola
di
Creta, rappresentavano Giove privo affatto di ore
li abitanti dell’ isola di Creta, rappresentavano Giove privo affatto
di
orecchie, volendo con simile configurazione ricor
cuno in particolare, ma accogliere benignamente i voti e le preghiere
di
tutti. A somiglianza del largo ed esteso numero d
A somiglianza del largo ed esteso numero delle mogli e dei figliuoli
di
Giove, è ugualmente altissima la cifra dei nomi e
hanno parlato, nelle loro opere, del Giove pagano assai diversamente
di
quello che han fatto i poeti. Infatti secondo le
puramente storico e filosofico, asseriscono che vi fossero stati più
di
un Giove. Secondo l’ opinione del cennato scritto
rcadia si riconoscevano due Giovi, l’uno figliuolo del Cielo, e padre
di
Minerva, dea della saggezza ; e l’altro figliuolo
inerva, dea della saggezza ; e l’altro figliuolo dell’ Etere, e padre
di
Bacco e di Proserpina. Lo stesso autore asserisce
della saggezza ; e l’altro figliuolo dell’ Etere, e padre di Bacco e
di
Proserpina. Lo stesso autore asserisce similmente
di Proserpina. Lo stesso autore asserisce similmente, che nell’isola
di
Creta si vedeva il sepolcro di un Giove, il quale
e asserisce similmente, che nell’isola di Creta si vedeva il sepolcro
di
un Giove, il quale aveva avuto per padre Saturno.
he si fosse fatto poi conoscere dagli Arcadi, ed avesse esercitato su
di
loro un potere quasi misterioso, e li avesse a po
uasi misterioso, e li avesse a poco a poco ammaestrati, spargendo fra
di
loro i benefici semi di una civiltà primitiva e c
esse a poco a poco ammaestrati, spargendo fra di loro i benefici semi
di
una civiltà primitiva e conducendoli a vivere sot
emi di una civiltà primitiva e conducendoli a vivere sotto una specie
di
civile ordinamento, e non una vita selvaggia, occ
l’Arcadia, risentendo i benefici effetti dell’incivilimento onorarono
di
un culto quasi divino l’uomo al quale essi andava
arono di un culto quasi divino l’uomo al quale essi andavano debitore
di
un tanto bene ; ed allora fu che per nascondere l
ebitore di un tanto bene ; ed allora fu che per nascondere la origine
di
lui, lo dissero figliuolo dell’Etere, ovvero del
presso i cronisti più accreditati, è generale l’opinione che il primo
di
tutti fosse il Giove Ammone della Libia, la cui o
ella creazione, e tanto che molti lo hanno confuso con Cam, figliuolo
di
Noè. Da questa prima configurazione del Giove pag
iata superstizione dei pagani, imperocchè noi vediamo che nella città
di
Argo, si venerava il Giove Api, ritenuto nipote d
rgo, si venerava il Giove Api, ritenuto nipote d’ Inaco ; nell’ isola
di
Creta, il Giove Asterio, che rapisce Europa ed è
nell’ isola di Creta, il Giove Asterio, che rapisce Europa ed è padre
di
Minosse e di Radamanto ; e poi il Giove Proeto, z
i Creta, il Giove Asterio, che rapisce Europa ed è padre di Minosse e
di
Radamanto ; e poi il Giove Proeto, zio di Danae,
opa ed è padre di Minosse e di Radamanto ; e poi il Giove Proeto, zio
di
Danae, il Giove Tantalo, rapitore di Ganimede, e
nto ; e poi il Giove Proeto, zio di Danae, il Giove Tantalo, rapitore
di
Ganimede, e finalmente il Giove padre di Ercole,
, il Giove Tantalo, rapitore di Ganimede, e finalmente il Giove padre
di
Ercole, il quale, secondo la cronologia mitologic
la cronologia mitologica visse circa ottant’anni prima dell’ assedio
di
Troja. Per quanto riguarda poi la divisione dell’
ti pretendono che una tal divisione, fosse quella che stabilirono fra
di
loro i figliuoli di Noè. Altri vogliono che essen
a tal divisione, fosse quella che stabilirono fra di loro i figliuoli
di
Noè. Altri vogliono che essendosi i Titani disper
ni del loro impero ; il quale non solo abbracciava la Tracia, l’isola
di
Creta, la Grecia, la Siria, e tutta l’Asia Minore
, altro non vuole raffigurare se non l’idea della suprema onnipotenza
di
Giove, il quale imperava sul cielo, sulla terra e
la terra e sull’inferno. E lo stesso autore, a proposito d’una statua
di
Giove, che si adorava nella città di Argo, in un
autore, a proposito d’una statua di Giove, che si adorava nella città
di
Argo, in un tempio consacrato a Minerva, riferisc
e gli ànno le teste degli uomini ; e che ciò dinotava il trino potere
di
Giove sul cielo, sulla terra e sull’inferno. Omer
dà a Giove il soprannome d’infernale e Tacito chiama Plutone col nome
di
Giove Dite. Secondo l’opinione di Cicerone, e di
le e Tacito chiama Plutone col nome di Giove Dite. Secondo l’opinione
di
Cicerone, e di molti altri scrittori e cronisti d
ama Plutone col nome di Giove Dite. Secondo l’opinione di Cicerone, e
di
molti altri scrittori e cronisti dell’antichità,
di molti altri scrittori e cronisti dell’antichità, la denominazione
di
Giove deriva da due parole latine juvans pater. 2
ovanetti dopo d’avere indossata una veste, alla quale si dava il nome
di
Pretesta. La dea Giuventa veniva onorata in un te
enta veniva onorata in un tempio che sorgeva nel Campidoglio. Al dire
di
Tacito, l’altare della Gioventù, sorgeva vicino a
. Al dire di Tacito, l’altare della Gioventù, sorgeva vicino a quello
di
Minerva e vi si osservava un quadro di Proserpina
ventù, sorgeva vicino a quello di Minerva e vi si osservava un quadro
di
Proserpina. Durante il periodo della seconda guer
un tempio alla Gioventù, e furono allora istituiti i giuochi in onore
di
questa dea, della continuazione dei quali non fa
ne alcuno scrittore dell’antichità. 2163. Giovio — Uno dei soprannomi
di
Ercole che a lui veniva per esser figlio di Giove
ovio — Uno dei soprannomi di Ercole che a lui veniva per esser figlio
di
Giove. 2164. Giromanzia — Specie di divinazione l
che a lui veniva per esser figlio di Giove. 2164. Giromanzia — Specie
di
divinazione la quale si eseguiva camminando intor
omanzia deriva dal greco ύρος che significa rotondo. 2165. Giuba — Re
di
Mauritania, il quale fu dai suoi sudditi venerato
auritania, il quale fu dai suoi sudditi venerato come un dio. Al dire
di
Minuzio Felice, il nome di Giuba si avvicina molt
suoi sudditi venerato come un dio. Al dire di Minuzio Felice, il nome
di
Giuba si avvicina molto a quello di Jehova, cioè
l dire di Minuzio Felice, il nome di Giuba si avvicina molto a quello
di
Jehova, cioè : Dio. 2166. Giudici dell’Inferno —
poneva che le anime dei morti, dovessero essere giudicate all’ uscire
di
questa vita, onde ricevere il premio o il castigo
, Eaco e Radamanto, giudici dell’Inferno, i quali sotto la presidenza
di
Minosse, dovevano giudicare tutte le anime dei mo
tio. PINDARO — Odi Ismiche — Ode VIII. trad. da G. BORGHI. Questo è
di
Radamanto il tristo regno, Là dov’egli ode, esami
to regno, Là dov’egli ode, esamina, condanna E discopre i peccati che
di
sopra Son da le genti o vanamente ascosi In vita,
, o non purgati anzi a la morte : VIRGILIO — Eneide — Libro VI. trad.
di
A. CARO. Radamanto ebbe il giudizio degli Asiati
quello degli Europei ; e Minosse la supremazia inappellabile in caso
di
oscurità. Stavvi Minos orribilmente, e ringhia :
nzogna uè la calunnia. Secondo riferisce lo scrittore Diodoro, l’idea
di
questo giudizio dopo la morte, era stata dagli Eg
la morte, era stata dagli Egiziani trasmessa ai Greci. 2167. Giudizio
di
Paride — V. PARIDE. 2168. Giuga — Dalla parola la
la divinità tutelare. Secondo riferisce lo scrittore Ausonio, il mese
di
giugno veniva raffigurato sotto le sembianze d’un
i, veniva suddiviso in tre collegi distinti, conoscinti sotto il nome
di
Collegio dei sacerdoti Fabii, dei Quintilliani e
dei Giuliani. 2172. Giulio — Conosciuto più comunemente sotto il nome
di
Ascanio, fu figliuolo del famoso Enea. Secondo Vi
questa risoluzione, che fu poi cagione della loro salvezza, per mezzo
di
un prodigio. ……e la materna scorta Seguendo, da’
essava il foco, e fuggian l’armi. VIRGILIO — Eneide — Libro II. trad.
di
A. CARO. 2173. Giuna — Conosciuta anche sotto l’
rad. di A. CARO. 2173. Giuna — Conosciuta anche sotto l’appellazione
di
Giuna Torquata. Così, al dire di Tacito, avea nom
onosciuta anche sotto l’appellazione di Giuna Torquata. Così, al dire
di
Tacito, avea nome una delle prime Vestali, la qua
orte, gli onori divini. Il cennato scrittore racconta che il fratello
di
lei, Cajo Silvano, proconsole in Asia, accusato d
ta che il fratello di lei, Cajo Silvano, proconsole in Asia, accusato
di
malversazione, e tratto innanzi ai giudici, fu ri
ana. Infatti le cronache dell’antichità, ce la presentano come figlia
di
Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove, e co
le cronache dell’antichità, ce la presentano come figlia di Saturno e
di
Rea, sorella e moglie di Giove, e come regina del
à, ce la presentano come figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie
di
Giove, e come regina delle dec. Ch’io pur son nu
perchè moglie Son del re degli Dei. OMERO — Iliade — Libro IV. trad.
di
V. MONTI. Gli abitanti di Samo, e quelli di Argo
egli Dei. OMERO — Iliade — Libro IV. trad. di V. MONTI. Gli abitanti
di
Samo, e quelli di Argo, erano del continuo in dis
Iliade — Libro IV. trad. di V. MONTI. Gli abitanti di Samo, e quelli
di
Argo, erano del continuo in dissenzione fra di lo
anti di Samo, e quelli di Argo, erano del continuo in dissenzione fra
di
loro, perchè si disputavano l’onore della nascita
dissenzione fra di loro, perchè si disputavano l’onore della nascita
di
Giunone, ognuno pretendendo che la dea fosse nata
o pretendendo che la dea fosse nata nella rispettiva patria. Al dire
di
Omero, Giunone fu allevata dall’Oceano e da Teti,
présami da Rea, Quando sotto la terra e le profonde Voragini del mar
di
Giove il tuono Precipitò Saturno, mi nudriro Ne’l
m’educàr con molta Cura ed affetto. OMERO — Iliade — Libro XIV. trad.
di
V. MONTI. Altri scrittori pretendono che la cura
la sua educazione venisse affidata alle Ore ; e finalmente altri sono
di
opinione che Giunone fosse stata allevata dalle t
ata dalle tre figliuole del fiume Asterione, conosciute sotto il nome
di
Porsinna, Eubea ed Acrea. La tradizione mitologic
a ed Acrea. La tradizione mitologica racconta che Giove, innamoratosi
di
sua sorella Giunone, l’avesse ingannata trasforma
l dire del citato scrittore, si vedeva ancora ai suoi tempi un altare
di
cui prendean cura i sacerdoti di quel paese. Le c
edeva ancora ai suoi tempi un altare di cui prendean cura i sacerdoti
di
quel paese. Le cronache mitologiche aggiungono, a
i uomini, ma persino tutti gli animali. Solo la ninfa Chelonea ricusò
di
tenere l’invito, e fu per questo cangiata in tart
HELONEA. Giove e Giunone non vissero lungo tempo in buon’ armonia fra
di
loro ; a causa della insopportabile gelosia di le
o in buon’ armonia fra di loro ; a causa della insopportabile gelosia
di
lei ; di cui fan fede tutti i cronisti più accred
’ armonia fra di loro ; a causa della insopportabile gelosia di lei ;
di
cui fan fede tutti i cronisti più accreditati del
ccreditati dell’antichità, i quali riferiscono a centinaja gli esempi
di
avvaloramento a quanto asseriamo. Infatti, Giunon
mmenso voto Tu pendola ondeggiavi,…. OMERO — Iliade — Libro XV. trad.
di
V. MONTI. Vulcano, che tentò liberarla, fu da Gi
del terribile Centimano V. Briareo — valse ad arrestare i rei disegni
di
Giunone, e dei suoi aderenti. Giunone perseguitò
dei suoi aderenti. Giunone perseguitò senza tregua non solo le amanti
di
Giove, ma i figli che egli ebbe, tanto da altre d
so i pagani era generale credenza, che Giunone odiasse tutte le donne
di
facili costumi, e questa credenza fu maggiormente
orquando il loro re Numa Pompilio, proibi a tutte le donne pubbliche,
di
entrare nei templi consacrati a Giunone. In Greci
sacrati a Giunone. In Grecia stessa, e propriamente vicino alla città
di
Argo, vi era una fonte chiamata Canatosa, e secon
andasse a bagnarvisi una volta l’anno. Si credeva anche che le acque
di
quella fonte avessero la strana prerogativa, di r
va anche che le acque di quella fonte avessero la strana prerogativa,
di
ritoruare la verginità alle donne che l’avevano p
pagana ; altrettanto differenti sono le notizie trasmesseci da molti
di
essi riguardo ai diversi figliuoli di questa dea.
le notizie trasmesseci da molti di essi riguardo ai diversi figliuoli
di
questa dea. Infatti Esiodo asserisce aver Giunone
Tifone. Fra gli scrittori che aggiungono questi ultimi due, ai figli
di
Giunone, ve ne sono molti i quali allegorizzano c
o molti i quali allegorizzano con simbolica configurazione la nascita
di
questi figliuoli. Infatti, troviamo nelle cronach
igliuoli. Infatti, troviamo nelle cronache, che Giunone divenne madre
di
Tifone, facendo uscire dalla terra una specie di
iunone divenne madre di Tifone, facendo uscire dalla terra una specie
di
miasmo che ella ricevette nel seno ; che dette la
d’oro su cui la Discordia avea scritto : Alla più bella — V. Giudizio
di
Paride — Nè a ciò solo si limitavano i poteri e l
io di Paride — Nè a ciò solo si limitavano i poteri e le attribuzioni
di
Giunone ; ma essa nel culto pagano era ritenuta a
— Aveva ancora la speciale presidenza degli abbigliamenti muliebri, e
di
tutti gli ornamenti, e presiedeva anche alla mone
anche alla moneta per modo che veniva sovente chiamata col soprannome
di
Juno Moneta. Il culto di Giunone era uno dei più
o che veniva sovente chiamata col soprannome di Juno Moneta. Il culto
di
Giunone era uno dei più estesi e solenni di tutto
di Juno Moneta. Il culto di Giunone era uno dei più estesi e solenni
di
tutto il paganesimo, sparso e riconosciuto in tut
che i pagani non trascuravano nulla onde placare il terribile sdegno
di
lei, quante volte aveano la sventura di aver fatt
e placare il terribile sdegno di lei, quante volte aveano la sventura
di
aver fatto cosa che menomamente offendesse la sua
n Europa soltanto, ma il suo culto era penetrato in Asia, nell’impero
di
Cartagine, in Egittò e nella Siria. In Italia ed
li, oratori, are ed oracoli a lei dedicati, e soprattutto nella città
di
Argo, di Samo e di Cartagine. Ci cade in acconcio
ri, are ed oracoli a lei dedicati, e soprattutto nella città di Argo,
di
Samo e di Cartagine. Ci cade in acconcio di far q
oracoli a lei dedicati, e soprattutto nella città di Argo, di Samo e
di
Cartagine. Ci cade in acconcio di far qui notare
utto nella città di Argo, di Samo e di Cartagine. Ci cade in acconcio
di
far qui notare ai nostri lettori, che presso i pa
ette all’arte greca e latina un così splendido sviluppo, come avvenne
di
poi, che le differenti statue delle deità pagane,
, che le differenti statue delle deità pagane, raggiunsero quel grado
di
perfezione, che anche oggidì si ammira, come una
e ; con uno scettro in una mano, e con una corona sul capo, irradiata
di
raggi. Ai suoi piedi riposava comunemente un pavo
è questa la ragione per la quale si vedono auche oggidi, molte statue
di
quella dea, con uno di questi volatili a fianco.
la quale si vedono auche oggidi, molte statue di quella dea, con uno
di
questi volatili a fianco. I greci e i romani, off
ui suoi altari una scrofa bianca. Si badava però con ogni accuratezza
di
non svenar mai sugli altari di lei, una vacca ; p
a. Si badava però con ogni accuratezza di non svenar mai sugli altari
di
lei, una vacca ; perchè la tradizione mitologica
o, sotto la sembianza d’una vacca. Secondo riferisce Varrone, il nome
di
Giunone deriva dalla parola latina juvare, a simi
a dalla parola latina juvare, a simiglianza della etimologia del nome
di
Giove, che deriva da juvans pater. V. Giove. Fina
la dea Giunone, aggiungeremo che i pagani le davano una gran quantità
di
appellativi e soprannomi ; alcuni dai nomi dei lu
ri moltissimi da qualche suo attributo. I più comuni fra i soprannomi
di
Giunone erano : Aerea, Argolia detta anche Argiva
na loro Giunone particolare e tutti gli uomini un genio. Della verità
di
quanto asseriamo, fanno fede le molte iscrizioni
ruderi dei monumenti rispettati dal tempo, sia nei papiri. Infatti su
di
una pietra d’un monumento che si vuole sia quello
d’un monumento che si vuole sia quello della vestale Giunia Torquata,
di
cui parlammo all’articolo particolare, si leggono
n greco queste parole che noi traduciamo alla lettera : Alla Giunone
di
Giunia Torquata celeste protettrice . Presso i gr
lia il culto delle dea Giunone e perciò lo designavano col soprannome
di
Giunonio. 2176. Giuoehi — Il culto religioso dei
ani sopratutto fra i greci ed i romani aveva reso sacri questa specie
di
pubblici spettacoli, i quali eran sempre dedicati
re dedicati a qualche dio in particolare e talvolta anche a più d’uno
di
essi insieme. Vi sono anzi varì cronisti dell’ant
tutti i pubblici giuochi fossero solennizzati con gran pompa in onore
di
qualche nume ; che non si poteva dar principio a
rova abbastanza chiaramente che la politica aveva, nella celebrazione
di
questi pubblici divertimenti, la sua gran parte ;
enti, la sua gran parte ; imperocchè la gioventù acquistava per mezzo
di
questi esercizi, amore alle cose militari e marzi
li. Comunemente i giuochi agonali venivano celebrati nello anfiteatro
di
Marte, e si facevano in onore di questo dio e tal
venivano celebrati nello anfiteatro di Marte, e si facevano in onore
di
questo dio e talvolta anche di Diana. Finalmente
eatro di Marte, e si facevano in onore di questo dio e talvolta anche
di
Diana. Finalmente gli spettacoli ai quali si dava
. Finalmente gli spettacoli ai quali si dava più propriamente il nome
di
giuochi scenici, consistevano nella rappresentazi
mente il nome di giuochi scenici, consistevano nella rappresentazione
di
alcune satire, commedie e tragedie, che si ese gu
commedie e tragedie, che si ese guivano nel teatro pubblico, in onore
di
Apollo, di Bacco e di Venere. Oltre a queste tre
tragedie, che si ese guivano nel teatro pubblico, in onore di Apollo,
di
Bacco e di Venere. Oltre a queste tre specie di p
he si ese guivano nel teatro pubblico, in onore di Apollo, di Bacco e
di
Venere. Oltre a queste tre specie di pubblici spe
, in onore di Apollo, di Bacco e di Venere. Oltre a queste tre specie
di
pubblici spettacoli ve ne erano molti altri in us
so dell’anno, alla quale i romani e sopratutto i greci davano il nome
di
Olimpiade. Oltre a questi principali pubblici spe
rii, i Pirrici e i Megalesi, e poi gli Equestri, i Florali, i giuochi
di
Cerere detti anche Cereali, V. Cereali, i Giovena
, celebrati con grandissima pompa e solennità, e con tutto l’apparato
di
una importantissima cerimonia religiosa, in onore
tutto l’apparato di una importantissima cerimonia religiosa, in onore
di
qualche illustre defunto. Così Virgilio ci ripete
escrizione dei solenni giuochi funebri, che Enea celebra sul sepolcro
di
suo padre Anchise. Similmente Omero nell’Iliade,
a trasmesso la descrizione dei solenni giuochi, celebrati nella corte
di
Alcinoo. ed io quando l’Aurora Tranquillo e quet
queto il nono giorno adduca, A’ solenni spettacoli v’invito Di navi,
di
pedoni e di cavalli, Al corso, a la palestra, al
no giorno adduca, A’ solenni spettacoli v’invito Di navi, di pedoni e
di
cavalli, Al corso, a la palestra, al cesto, a l’a
egna del suo valor mercede e palma. Virgilio — Eneide — Libro V Trad.
di
A. Caro.. Tronco ogn’indugio, Achille il terzo
ta, E de’premii fè mostra ; al vincitore Un tripode da fuoco, e a cui
di
dodici Tauri il valore dagli Achei si dava Ed al
va Ed al perdente una leggiadra uncella Quattro tauri estimata, e che
di
molti Bei lavori donneschi era perita. Rizzossi A
spessi appaiono Pe’larghi dossi e per le coste i lividi Rosseggianti
di
sangue. Ambi del tripode A tutta prova la conquis
i la zuffa, Aiace All’emolo guerrier fe’questo invito : Nobile figlio
di
Laerte, in alto Sollevami, e sollevo io te : del
del resto Abbia Giove la cura. E cosi detto, L’abbranca e l’alza. Ma
di
sne malizie Memore Ulisse col tallon gli sferra.
. Ma di sne malizie Memore Ulisse col tallon gli sferra. Al ginocchio
di
retro ove si piega. Tale un sùbito colpo, che le
ia le ginocchia in guisa Che sossopra ambedue si riversaro E lordarsi
di
polve. E già risurti Sariano al terzo paragon ven
di polve. E già risurti Sariano al terzo paragon venuti, Se il figlio
di
Peleo levato in piedi Non l’impedia, dicendo : Ol
ersa la polve, ripigliar le vesti. Omero — Riade — Libro XXIII Trad.
di
V. Monti. Del corso fu la prima gara Un lungo S
la carriera ; e tutti Dalle mosse, volavano in un groppo, Densi globi
di
polvere levando. Avanzù gli altri Clitoneo, che,
Nel pugile severo ebbe la palma. Omero — Odissea — Libro VIII Trad.
di
I. Pindemonte. 2177. Giuramenti — I pagani aveva
2177. Giuramenti — I pagani avevano moltiplici e differenti formole
di
giuramenti, ma la più comune era quella di giurar
plici e differenti formole di giuramenti, ma la più comune era quella
di
giurare per Giove Pietra — Deum Lapidem — Gli dei
ella guerra contro i giganti, il padre dei numi in riconoscenza verso
di
lei, comandò che tutti gli dei avessero giurato p
quello che avesse violato codesto giuramento, dovesse aggirarsi privo
di
vita e di senso nello spazio, durante il periodo
avesse violato codesto giuramento, dovesse aggirarsi privo di vita e
di
senso nello spazio, durante il periodo di 9mila a
e aggirarsi privo di vita e di senso nello spazio, durante il periodo
di
9mila anni. Lo storico Serbio, rende ragione di s
o, durante il periodo di 9mila anni. Lo storico Serbio, rende ragione
di
simile tradizione col dire che gli dei essendo be
ei essendo beati ed immortali giuravano per lo stigie, che è un fiume
di
mestizie e di dolore, come per una cosa completam
ti ed immortali giuravano per lo stigie, che è un fiume di mestizie e
di
dolore, come per una cosa completamente ad essi c
essi contraria ; e che quindi questo era ritenuto come un giuramento
di
esecrazione. Al dire di Diodoro, gli abitanti del
quindi questo era ritenuto come un giuramento di esecrazione. Al dire
di
Diodoro, gli abitanti dell’isola di Sicilia, anda
iuramento di esecrazione. Al dire di Diodoro, gli abitanti dell’isola
di
Sicilia, andavano uel tempio degli dei Palici a f
he al dire del cennato scrittore, vi sono state delle persone colpite
di
cecità, al momento stesso di uscire dal tempio, n
ore, vi sono state delle persone colpite di cecità, al momento stesso
di
uscire dal tempio, nel quale avevano spergiurato.
uale avevano spergiurato. Presso i romani era anche comunissimo l’uso
di
giurare per gli dei e per i semi dei. Comunemente
dei. Comunemente essi giuravano per Quirito, per Ercole, per le corna
di
Bacco, e per Castore e Polluce, con una formola p
rmola particolare V. Castore e Polluce. Riguardo quest’ultima formola
di
giuramento, lo storico Aulo Gellio dire che quest
tal punto che impose si giurasse pel cavallo bucefalo, facendo punire
di
morte chi ricusava di farlo. 2178. Giustizia — A
i giurasse pel cavallo bucefalo, facendo punire di morte chi ricusava
di
farlo. 2178. Giustizia — A questa divinità i grec
o. 2178. Giustizia — A questa divinità i greci davano il nome proprio
di
Astrea, ed i romani quello di Temi ; sebbene vi s
divinità i greci davano il nome proprio di Astrea, ed i romani quello
di
Temi ; sebbene vi sono varii scrittori e cronisti
io che la giustizia veniva comunemente raffigurata sotto le sembianze
di
una donna maestosamente severa, colla mestizia ne
sato le azioni degli uomini. Esiodo ripete che la giustizia figlinola
di
Giove stava nel cielo sul carro del padre suo, al
i uomini, tutte le volte che questi offendevano le sue leggi. Al dire
di
Arato, la giustizia abitò sulla terra durante tut
leggi. Durante l’età d’argento, ella non si fece vedere che in tempo
di
notte ; e finalmente venuto il terribile periodo
n tempo di notte ; e finalmente venuto il terribile periodo della età
di
ferro, ella inorridita alle colpe degli uomini, s
el ciclo nè fece più ritorno sopra la terra. 2179. Giuturna — Sorella
di
Turno, re dei Rutuli e figlia di Dauno. La tradiz
a la terra. 2179. Giuturna — Sorella di Turno, re dei Rutuli e figlia
di
Dauno. La tradizione ci ripete che Giove, innamor
li e figlia di Dauno. La tradizione ci ripete che Giove, innamoratosi
di
lei, la richiese dei suoi favori ed ella aderì vo
n un particolare duello, nel quale sarebbe caduto vittima il fratello
di
lei ; ella rivestì la divisa dei guerrieri di suo
uto vittima il fratello di lei ; ella rivestì la divisa dei guerrieri
di
suo fratello e mischiatasi ai soldati di lui, si
estì la divisa dei guerrieri di suo fratello e mischiatasi ai soldati
di
lui, si adoperò a fare in modo che questi avesser
impedire il fatale duello, nè a salvare Turno, il quale morì per mano
di
Enea, e allora Giuturna disperata si gettò nel fi
, conosciuta sotto l’istesso nome. ………E così detto, Grama e dolente,
di
ceruleo ammanto Il capo si coverse. Indi correndo
e gittossi, ove s’immerse Infino al fondo, e ne mandò gemendo In vece
di
sospir gorgogli a l’aura. Virgilio — Encide — Li
ce di sospir gorgogli a l’aura. Virgilio — Encide — Libro XII. trad.
di
A. Caro. Infatti le cronache dell’antichità, ci
lla dea Vesta, ragione per la quale si chiamava l’acqua della fontana
di
Giuturna, con l’appellativo di acqua verginale. A
uale si chiamava l’acqua della fontana di Giuturna, con l’appellativo
di
acqua verginale. Al dire di Varrone, Giuturna era
la fontana di Giuturna, con l’appellativo di acqua verginale. Al dire
di
Varrone, Giuturna era anche il nome di un’altra d
vo di acqua verginale. Al dire di Varrone, Giuturna era anche il nome
di
un’altra divinità, che i romani invocava no parti
. Gioventù. 2181. Gladiatore — Antichissimo era presso i pagani l’uso
di
sacrificare i prigionieri di guerra, gli sehiavi,
— Antichissimo era presso i pagani l’uso di sacrificare i prigionieri
di
guerra, gli sehiavi, all’ombre degli uomini grand
te Per onoranza del funereo rogo. Virgilio — Eneide — Libro XI trad.
di
A. Caro. Preso alfin da spietata ira, le gole D
gitor, che il tutto Divorasse………… Omero — Itiade — Libro XXIII trad.
di
V. Monti. Coll’ andare del tempo questo barbaro
lora fu che alle pompe dei funerali solenni, fu introdotto il costume
di
far che gli schiavi combattessero fra di loro, pi
ni, fu introdotto il costume di far che gli schiavi combattessero fra
di
loro, piuttosto che ucciderli come bestie. Da ciò
uttosto che ucciderli come bestie. Da ciò ne venne che la professione
di
gladiatore, fu poi un’arte pubblicamente esercita
e esercitata. Generalmente i gladiatori si servivano nelle loro lotte
di
una spada corta e larga ; specie di brando, al qu
ori si servivano nelle loro lotte di una spada corta e larga ; specie
di
brando, al quale si dava il nome di gladius donde
una spada corta e larga ; specie di brando, al quale si dava il nome
di
gladius donde deriva la parola gladiatore. Il pop
gladiatori, e prendeva un crudele diletto nel vederli morire coperti
di
sangue. Al dire di Cicerone, quando in Roma furon
deva un crudele diletto nel vederli morire coperti di sangue. Al dire
di
Cicerone, quando in Roma furono stabiliti i giuoc
a stessa conosciuta nella tradizione storico mitologica sotto il nome
di
Creusa, che fu figlia di Creonte, re di Corinto.
tradizione storico mitologica sotto il nome di Creusa, che fu figlia
di
Creonte, re di Corinto. ….Unica figlia Di Creont
rico mitologica sotto il nome di Creusa, che fu figlia di Creonte, re
di
Corinto. ….Unica figlia Di Creonte son io…… Del
co, Atrocissimo duol le membra e l’ossa Tutte le invade, e un brivido
di
morte Le ricerca ogni fibra. In alte strida Allor
3. Glauce — Così avea nome una delle cinquauta ninfe Nereidi. Al dire
di
Cicerone, si dava anche il nome di Glauce ad una
e cinquauta ninfe Nereidi. Al dire di Cicerone, si dava anche il nome
di
Glauce ad una terza Diana, moglie di Upi. 2184. G
Cicerone, si dava anche il nome di Glauce ad una terza Diana, moglie
di
Upi. 2184. Glauconoma — Un’altra delle cinquanta
e cinquanta Nereidi. 2185. Glauco — Le cronache mitologiche ricordano
di
molti individui noti sotto codesto nome ; e noi v
to, del quale la tradizione racconta, che essendo caduto in una botte
di
miele, vi restò soffocato e che il dio Esculapio,
pio, l’avesse ritornato alla vita, filtrandogli nella bocca il sangue
di
un dragone. Lo scrittore Palesat, spiegando nelle
izione favolosa, dice che Glauco, avendo fatto troppo e frequente uso
di
miele, era presso a morte per anemia ; e che un f
so medico per nome Dracone, lo avesse ritornato alla sanità per mezzo
di
un suo specifico. Glauco fu similmente il nome di
la sanità per mezzo di un suo specifico. Glauco fu similmente il nome
di
un figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fr
zzo di un suo specifico. Glauco fu similmente il nome di un figliuolo
di
Minosse, re di Creta : egli fu fratello di Androp
pecifico. Glauco fu similmente il nome di un figliuolo di Minosse, re
di
Creta : egli fu fratello di Andropeo. Il più famo
te il nome di un figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fratello
di
Andropeo. Il più famoso personaggio a cui le trad
so personaggio a cui le tradizioni della favola, danno lo stesso nome
di
Glauco, fu un dio marino che alcuni mitologici pr
Glauco, fu un dio marino che alcuni mitologici presentano come figlio
di
Nettuno e di Naide ; e altri come figliuolo di Al
dio marino che alcuni mitologici presentano come figlio di Nettuno e
di
Naide ; e altri come figliuolo di Alcione e di An
presentano come figlio di Nettuno e di Naide ; e altri come figliuolo
di
Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente di Po
me figlio di Nettuno e di Naide ; e altri come figliuolo di Alcione e
di
Antedone ; ed altri finalmente di Polibio e di Eu
e altri come figliuolo di Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente
di
Polibio e di Eutea. La tradizione mitologica narr
figliuolo di Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente di Polibio e
di
Eutea. La tradizione mitologica narra di questo G
ltri finalmente di Polibio e di Eutea. La tradizione mitologica narra
di
questo Glauco, uno strano avvenimento ; dicendo c
vvenimento ; dicendo che egli che era un famoso pescatore della città
di
Antedone in Beozia, avesse preso un giorno gran q
lla città di Antedone in Beozia, avesse preso un giorno gran quantità
di
pesci con le sue reti ; e che avendoli posti sull
ore ; e fu immantinenti colpito da un ardente ed indomabile desiderio
di
cangiar natura ; per modo che si precipitò in mar
nacque. Or qual virtute. Diss’io tra me, puote albergar nell’erbe ? E
di
quelle un manipolo strappando, Fra’denti il maciu
mi potei, là dove io m’era. E, terra, dissi, sovra cui per sempre Ilo
di
posar cessato, io ti saluto ; Ed il corpo tuffai
, io ti saluto ; Ed il corpo tuffai per entro all’onde. Con ceremonie
di
compagno, accolto Fui da’numi del mare. Ond’io m’
aduz. del Cav. Ermolao Federigo. Egli veniva adorato sotto la figura
di
un uomo con folta e lunga barba ; con le sopracci
e sopracciglia unite in modo da formarne una sola ; col petto coperto
di
alga marina fino alla cintura, da cui usciva una
operto di alga marina fino alla cintura, da cui usciva una larga coda
di
pesce ripiegantesi sulle reni. Il cronista Ateneo
ampliando codesta strana tradizione, aggiunge che Glauco s’innammorò
di
Arianne, quando Bacco l’abbandonò ; e si dette ad
er castigarlo lo avesse fatto legare ad un albero con alcuni sarmenti
di
vite, dai quali egli poi trovò mezzo di scioglier
un albero con alcuni sarmenti di vite, dai quali egli poi trovò mezzo
di
sciogliersi. Nella città di Antedone, vi era uno
i di vite, dai quali egli poi trovò mezzo di sciogliersi. Nella città
di
Antedone, vi era uno scoglio conosciuto, al dire
ersi. Nella città di Antedone, vi era uno scoglio conosciuto, al dire
di
Pausania, sotto il nome di Salto di Glauco ; che
ne, vi era uno scoglio conosciuto, al dire di Pausania, sotto il nome
di
Salto di Glauco ; che sorgeva nel luogo ove egli
a uno scoglio conosciuto, al dire di Pausania, sotto il nome di Salto
di
Glauco ; che sorgeva nel luogo ove egli si precip
acolo, consultato in particolar modo dai marinai. Secondo le opinioni
di
Diodoro, questo Glauco dio-marino, fu quello che
le opinioni di Diodoro, questo Glauco dio-marino, fu quello che servi
di
scorta agli argonauti, quando mossero al conquist
uti, quando mossero al conquisto del vello d’oro V. Argonauti. Ancora
di
un altro Glauco fa menzione la cronaca mitologica
Glauco fa menzione la cronaca mitologica, presentandocelo come figlio
di
Sisifo e di una ninfa atlantide chiamata Merope.
nzione la cronaca mitologica, presentandocelo come figlio di Sisifo e
di
una ninfa atlantide chiamata Merope. Dall’ Eolid
Dall’ Eolide Sisifo fu nato Glauco Omero — Iliade — Libro VI tradi.
di
V. Monti Le cronache dell’antichità raccontano
, imbizzarritesi durante la celebrazione dei giuochi funebri in onore
di
Pelia. Virgilio però attribuisce ad altra ragione
n onore di Pelia. Virgilio però attribuisce ad altra ragione la morte
di
Glauco. Secondo il cennato poeta, Glauco non voll
e cavalle fossero fecondate dagli stalloni all’uopo nudriti, credendo
di
renderle più veloci alla corsa. Venere allora, sd
ndo di renderle più veloci alla corsa. Venere allora, sdegnata contro
di
Glauco, rese le cavalle di lui furiose al punto,
alla corsa. Venere allora, sdegnata contro di Glauco, rese le cavalle
di
lui furiose al punto, che fecero in pezzi il loro
orte ad altre belve Amoroso furor come a giumente ; Per entro l’acque
di
Beota fonte Venere ad esse lo spirò nell’ora Che
esse lo spirò nell’ora Che lasciarono andar l’irato dente Alle membra
di
Glauco. Virgilio — Delle Georgiche — Lib. III tr
e Alle membra di Glauco. Virgilio — Delle Georgiche — Lib. III trad.
di
D. Streocchi. Di un altro Glauco pure fanno menz
anno menzione le cronache dell’antichità, presentandocelo come nipote
di
Bellorofonte, e figliuolo d’Ippoloco ; e come uno
occorsero i Trojani nell’assedio della loro città. Suo padre, al dire
di
Omero, al momento della partenza lo avea caldamen
sortato a distinguersi nelle battaglie pel suo valore, ingiungendogli
di
vincere in generosità i più celebri eroi, onde on
’illustre nome dei suoi antenati. … . .e a me la vita Ippoloco donò,
di
cui m’è dolce Dirmi disceso. Il padre alle trojan
so. Il padre alle trojani Mura spedimmi, e generosi sproni M’aggiunse
di
lanciarmi innanzi a tutti Nelle vie del valore, o
miei Padri la stirpe non macchiar… … Omero — Iliade — Lib. VI. trad.
di
V. Monti. Durante l’assedio, avendo Diomede sfid
l combattimento, allorchè Diomede avendo saputo che Glauco era nipote
di
Bellorofonte, la cui famiglia era sacra all’eroe
n effusione d’affetto ; e giurò che non avrebbe più combattuto contro
di
lui. Però non potendo fare entrambi a meno di com
e più combattuto contro di lui. Però non potendo fare entrambi a meno
di
compiere il loro dovere, uno fra le fila dei grec
loro armi, volendo con ciò dimostrare che se pure nemici per ragioni
di
patria, essi erano amici per l’affetto che li leg
to che li legrava insieme. Glauco ricordandosi le ingiunzioni paterne
di
vincere, cioè in generosità ogni altro guerriero,
, cioè in generosità ogni altro guerriero, dette in cambio delle armi
di
bronze che Diomede gli avea dato, un’intera armat
he Diomede gli avea dato, un’intera armatura d’oro, stimata al valore
di
cento buoi. Questo fatto dette, presso i troiani,
esso i troiani, vita ad un proverbio che diceva : Questo è il baratto
di
Glauco e Diomede. Glauco fu ucciso in battaglia p
fra i più famosi guerrieri. Finalmente Glauco avea nome un figliuolo
di
Dimilo, discendente di quello stesso dio marino,
ieri. Finalmente Glauco avea nome un figliuolo di Dimilo, discendente
di
quello stesso dio marino, di cui parlammo più sop
nome un figliuolo di Dimilo, discendente di quello stesso dio marino,
di
cui parlammo più sopra. Egli si rese celebre nei
pugno l’aratro, che si cra torto, mentre coltivava la terra. Sorpreso
di
tanta forza, il vecchio genitore condusse Glauco
ell’aratro. Questa semplice esortazione bastò a rianimare il coraggio
di
Glauco, il quale ebbe il premio della lotta. Con
nei giuochi Nemei e negli Istmi, e due nei giuochi Pitii. In memoria
di
ciò, gli fu innalzata una statua in Cariste, sua
concittadini gl’innalzarono un monumento eroico e dettero alla città
di
Eubea il nome di isola di Glauco. 2186. Globo — I
innalzarono un monumento eroico e dettero alla città di Eubea il nome
di
isola di Glauco. 2186. Globo — I pagani rappresen
no un monumento eroico e dettero alla città di Eubea il nome di isola
di
Glauco. 2186. Globo — I pagani rappresentavano il
che significa incantesimo. I pagani davano questo nome ad una specie
di
magia, che si faceva per compiere i maleficii. I
lefici erano i soli evocati durante questo incantesimo, che si faceva
di
notte, presso i sepolcri, con gemiti e lamenti. 2
si rapporta a questo nodo così chiamato. Il padre del fameso Mida, re
di
Frigia, aveva un carro, il cui giogo era legato a
i Frigia, aveva un carro, il cui giogo era legato al timone per mezzo
di
un nodo di così intrigato e difficile magistero c
veva un carro, il cui giogo era legato al timone per mezzo di un nodo
di
così intrigato e difficile magistero che non era
così intrigato e difficile magistero che non era possibile, non solo
di
scioglierlo, ma di comprendere come fosse fatto.
ifficile magistero che non era possibile, non solo di scioglierlo, ma
di
comprendere come fosse fatto. Ora un’antica tradi
vrebbe avuto l’impero della Asia. L’imperatore Alessandro, trovandosi
di
passaggio per la Frigia, ebbe vaghezza di vedere
tore Alessandro, trovandosi di passaggio per la Frigia, ebbe vaghezza
di
vedere il nodo Gordiano, e persuaso che la prediz
tto cattivi auspici per le battaglie avvenire, lo tagliò con un colpo
di
spada, compiendo così la predizione dell’oracolo.
fermata nell’opinione generale, dalla tempesta, che segui nella notte
di
quel giorno, durante la quale s’intesero tuoni e
iorno seguente molti sacrifizii agli dei, in ringraziamento dei segni
di
favore che gli avevano dato. 2189. Gordio — Padre
amento dei segni di favore che gli avevano dato. 2189. Gordio — Padre
di
Mida V. l’articolo precedente. Di questo Gordio l
era stato niente altro che un povero lavoratore, ricco solo d’un pajo
di
buoi ; uno dei quali gli serviva per tirare il ca
giogo dell’aratro e vi restò fino alla sera. Sorpreso Gordio e pieno
di
maraviglia, si recò ad interrogare i Telmissi, sp
rdio e pieno di maraviglia, si recò ad interrogare i Telmissi, specie
di
sacerdoti, dotti nell’arte d’indovinare, e ai qua
vini, gli rispose che doveva sagrificare a Giove sotto l’appellazione
di
Giove re o di sovrano. Gordio pregò allora la gio
ose che doveva sagrificare a Giove sotto l’appellazione di Giove re o
di
sovrano. Gordio pregò allora la giovanetta che vo
quale rispose che la pace sarebbe ritornata nel loro paese, per mezzo
di
un re che fosse venuto ad essi su di un carro. Me
ornata nel loro paese, per mezzo di un re che fosse venuto ad essi su
di
un carro. Mentre gli abitanti della Frigia stavan
andare alla loro volta Mida con suo padre e con sua madre, seduti su
di
un carro. Allora riconoscendolo per l’uomo cui ac
conoscenza della grazia ottenuta da Giove, fece sospendere nel tempio
di
questo dio il famoso carro sul quale avea fatto i
iuoli del re Priamo, e della bellissima Castianira, la quale, al dire
di
Omero, rassomigliava per la sua bellezza alle dee
ssomigliava per la sua bellezza alle dee. Gorgizione morì all’assedio
di
Troja, ucciso per mano di Teucro con una freccia
lezza alle dee. Gorgizione morì all’assedio di Troja, ucciso per mano
di
Teucro con una freccia che avea mancato Ettore.
Che una Diva parea nella persona. Omero — Iliade — Lib. VIII. trad.
di
V. Monti 2191. Gorgofona — Una delle figlie di
e — Lib. VIII. trad. di V. Monti 2191. Gorgofona — Una delle figlie
di
Perseo : fu tolta in moglie da Peririete, re dei
. Gorgofora — V. Gorgonia. 2193. Gorgoni — Queste tre sorelle figlie
di
Forco, dio marino, e di una donna per nome Ceto,
ia. 2193. Gorgoni — Queste tre sorelle figlie di Forco, dio marino, e
di
una donna per nome Ceto, formavano la triade che
gli altri mostri, dimoravano nell’inferno, ed avevano la special cura
di
punire i dannati. Esse erano individualmente chia
sse erano individualmente chiamate Medusa, Steno, ed Euriala. Al dire
di
Esiodo, esse soggiornavano al di là dell’oceano,
e Medusa, Steno, ed Euriala. Al dire di Esiodo, esse soggiornavano al
di
là dell’oceano, vicino alla dimora della Notte, a
goni non avevano fra tutte e tre che un occhio solo, ed nu sol dente,
di
cui si servivano a vicenda l’una dopo l’altra. La
rvivano a vicenda l’una dopo l’altra. La loro capellatura era formata
di
serpenti ; le mani erano di bronzo ; ed un solo l
l’altra. La loro capellatura era formata di serpenti ; le mani erano
di
bronzo ; ed un solo loro sguardo valeva ad uccide
e dell’inferno insieme alle furie, alle arpie ecc. e a tutti i mostri
di
cui fa mezione la cronaca favolosa. In su le por
.e con Medusa Le Gorgoni sorelle, Virgilio — Encide — Lib. VI. trad.
di
A. Caro. Il cronista Diodoro, che è uno dei più
ro poi completamente distrutte da Ercole. Per altro, codesta opinione
di
Diodoro è combattuta dal cronista Ateneo, secondo
Il citato autore ripete che nella Lidia, i popoli conosciuti col nome
di
Nomadi, chiamavano gorgone un animale che so migl
che gli si avvicinavano. Aveva sulla testa una massa folta e pesante
di
lunghissimi crini, i quali ricadendo sul davanti
imi crini, i quali ricadendo sul davanti della fronte, gli impedivano
di
vedere gli oggetti, se non dopo d’essersi tolti i
’attiene lo stesso Ateneo, asserisce che alcuni soldati dell’esercito
di
Mario, nel tempo che le legioni romane combatteva
la uccisero da lontano senza che essa avesse potuto vederli, a colpi
di
freccia. Non sono queste le sole notizie pervenut
lle gorgoni ; e per quanto moltiplici sono i ragguagli trasmessici su
di
esse, altrettanto differenti e contradittori sono
sici su di esse, altrettanto differenti e contradittori sono i pareri
di
molti altri autori. Infatti alcuni pretendono, ch
li, erano invece delle donne giovani e bellissime, largamente fornite
di
tutti i doni e le prerogative della bellezza, che
, che fu detto caugiassero in pietre gli uomini. Plinio ne parla come
di
donne selvagge, abitatrici delle Gorgati, da cui
i donne selvagge, abitatrici delle Gorgati, da cui venne loro il Lome
di
gorgoni ; ed aggiunge che il solo Annone, general
loro dimora ; ove trovò alcune donne le quali avevano la prerogativa
di
correre così velocemente, come il più rapido ucce
te, come il più rapido uccello nell’aria. Annone cercò d’impadronirsi
di
alcuna di esse, ma dopo molta fatica non potè pre
l più rapido uccello nell’aria. Annone cercò d’impadronirsi di alcuna
di
esse, ma dopo molta fatica non potè prenderne che
atica non potè prenderne che due sole, il cui corpo era tutto coperto
di
foltissimi e lunghi crini. Il citato scrittore ri
gorgoni, nel tempio sacro a Giunone, ove restò fino alla distruzione
di
Cartagine. Il cronista Palesato, a sua volta, rip
enza degli affari del loro governo, non avevano che un solo ministro,
di
cui si servivano a vicenda. E questo l’unico occh
solo ministro, di cui si servivano a vicenda. E questo l’unico occhio
di
cui fa parola l’allegoria della favola. Perseo, t
re passava dall’una a l’altra isola, e lo fece prigioniero, ricusando
di
restituirlo alle sue regine, se queste in cambio
le sue regine, se queste in cambio non gli avessero ceduta una statua
di
Minerva, di oro massiccio, alta quattro cubiti, e
e, se queste in cambio non gli avessero ceduta una statua di Minerva,
di
oro massiccio, alta quattro cubiti, e che le Gorg
a aggiunge che, non avendo Medusa voluto accondiscendere alla volontà
di
Perseo, questi l’avesse ucciso. Anche fra gli scr
capo alle lingue orientali, scopre nel nome delle tre Gorgoni, quello
di
altrettante navi mercantili, che facevano il traf
dell’Africa, ove scaricavano del continuo oro, pietre preziose, denti
di
elefante, occhi di iene ecc. Queste navi avevano
aricavano del continuo oro, pietre preziose, denti di elefante, occhi
di
iene ecc. Queste navi avevano la figura di un qua
, denti di elefante, occhi di iene ecc. Queste navi avevano la figura
di
un qualche mostro, e Perseo scorrendo i mari si s
qualche mostro, e Perseo scorrendo i mari si sarà, forse, impadronito
di
qualcuna di quelle navi, e ne avrà portato in Gre
ro, e Perseo scorrendo i mari si sarà, forse, impadronito di qualcuna
di
quelle navi, e ne avrà portato in Grecia le ricch
orrido Teschio che avea pendenti, Di chioma invece, squallidi Viluppi
di
serpenti, Di Serfo entro le porte Reco lapidea mo
di serpenti, Di Serfo entro le porte Reco lapidea morte. Pindaro — O
di
Pitie — Ode X. trad. G. Borgin. Secondo altre mo
ne credenze vi sono autori che pretendono essere le Gorgoni una razza
di
cavalle allevate dai Fenici, i quali avevano un l
i avevano un loro capo per nome Perseo. Queste erano le donne coperte
di
peli di cui parla Plinio, le quali generavano sen
o un loro capo per nome Perseo. Queste erano le donne coperte di peli
di
cui parla Plinio, le quali generavano senza la pa
olamente dal Zeffiro, come asserisce Virgilio. Quando il primo calor
di
primavera Le scaldo nelle vene, a bocca aperta St
ra Le scaldo nelle vene, a bocca aperta Stanno sui monti a ber l’aura
di
Zefiro ; E meraviglia a dir ! mercè del vento E n
ontagne e per convalli. Virgilio — Delle Georgiche — Libro III trad.
di
D. Strocchi. 2194. Gorgonia o Gorgofora — Sopran
Gorgone Medusa. 2195. Gortina — Detta anche Cortina, città dell’isola
di
Creta ; famosa per gli ottimi pascoli che vi si t
nto celebri presso i romani, e marito della famosa Cornelia. Fu uo mo
di
rigidi e severi costumi, e ottimo cittadino. La c
costumi, e ottimo cittadino. La cronaca mitologica narra a proposito
di
lui un bizzarro avvenimento. È scritto che un gio
estici lari, egli avesse interrogati gli Aruspici, onde saper il modo
di
regolarsi. Gli Aruspici risposero che s’egli aves
sciato audare il maschio dei due serpenti, ben presto Cornelia moglie
di
Tiberio sarebbe morta ; e che per contrario cesse
di Tiberio sarebbe morta ; e che per contrario cesserebbe egli stesso
di
vivere, se lasciava andare la femmina. Gracco all
Marte, dio della guerra, quando veniva raffigurato sotto le sembianze
di
un guerriero, in atto di marciare, con l’elmo, la
quando veniva raffigurato sotto le sembianze di un guerriero, in atto
di
marciare, con l’elmo, la picca e lo scudo. In Rom
Gli antichi davano questo nome collettivo alle due figliuole maggiori
di
Forco e di Ceto, sorelle delle Gorgoni, e il cui
davano questo nome collettivo alle due figliuole maggiori di Forco e
di
Ceto, sorelle delle Gorgoni, e il cui nome partic
iegando codesta favola allegorica dice che le Graje essendo figliuole
di
Glauco dio marino altro non crano che la personif
rsonificazione mitologica delle onde del mare, le quali biancheggiano
di
spuma, appena si muovono. 2199. Granea — Detta an
appena si muovono. 2199. Granea — Detta anche Amadriade. Fu figliuola
di
Ossilo, e della ninfa Amadriade, la quale ebbe da
adre, chiamate ninfe Amadriadi. 2200. Gran madre — Con l’appellazione
di
Magna mater indicavano Cibele che come dea dell’a
e che come dea dell’agricoltura, che feconda la terra, è madre comune
di
tutti gli uomini. 2201. Grazie — Fra l’estesissim
ome queste tre sorelle riunite insieme, avessero avuto maggior numero
di
adoratori, e templi, e are, e feste come ne aveva
ità delle tre Grazie : infatti alcuni ce le presentano come figliuole
di
Giove e di Eunomia, ninfa Oceanina ; altri come f
re Grazie : infatti alcuni ce le presentano come figliuole di Giove e
di
Eunomia, ninfa Oceanina ; altri come figlie del S
di Giove e di Eunomia, ninfa Oceanina ; altri come figlie del Sole e
di
Egle ; altri di Giove e di Giove e di Giunone ; m
unomia, ninfa Oceanina ; altri come figlie del Sole e di Egle ; altri
di
Giove e di Giove e di Giunone ; ma l’opinione più
fa Oceanina ; altri come figlie del Sole e di Egle ; altri di Giove e
di
Giove e di Giunone ; ma l’opinione più generalmen
; altri come figlie del Sole e di Egle ; altri di Giove e di Giove e
di
Giunone ; ma l’opinione più generalmente adottata
nione più generalmente adottata è che le tre Grazie fossero figliuole
di
Bacco e di Venere. Secondo questa ultima asserzio
eneralmente adottata è che le tre Grazie fossero figliuole di Bacco e
di
Venere. Secondo questa ultima asserzione più divu
er tal modo indicarci che il mezzo più efficace a persuadere è quello
di
piacere. Al dire del citato scrittore, le Grazie
e. Al dire del citato scrittore, le Grazie facevano parte del seguito
di
Venere, dea degli amori ; e venivano raffigurate
i Venere, dea degli amori ; e venivano raffigurate sotto le sembianze
di
giovinette bellissime e sorridenti, inghirlandate
tto le sembianze di giovinette bellissime e sorridenti, inghirlandate
di
fiori, vestite di lunghe tuniche dorate e col vis
i giovinette bellissime e sorridenti, inghirlandate di fiori, vestite
di
lunghe tuniche dorate e col viso, le mani ed i pi
l viso, le mani ed i piedi d’una bianchezza marmorea. Comunemente una
di
esse, portava in mano una rosa ; un’altra un rame
Comunemente una di esse, portava in mano una rosa ; un’altra un rame
di
mirto, e la terza finalmente una freccia. Questa
Grazie venivano dipinte interamente nude ; e questa opinione è presso
di
noi avvalorata da gran numero di medaglie e di ba
te nude ; e questa opinione è presso di noi avvalorata da gran numero
di
medaglie e di bassorilievi dell’antichità, nei qu
esta opinione è presso di noi avvalorata da gran numero di medaglie e
di
bassorilievi dell’antichità, nei quali, se pure v
ondo la descrizione fattaci da Paufania, pure è estesissimo il numero
di
quelli che ce le mostrano interamente nude. I pag
e dei più brutti e lurudi satiri ; e sovente le statue ed i simulacri
di
questi ultimi, eran vuoti nello interno, per modo
l numero dei templi o degli altari consacrati alle Grazie. Eteocle re
di
Orcomeno, fu il primo ad innalzare in loro onore
empli consacrati alle Grazie, e i più famosi fra quelli furono quello
di
Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella
ati alle Grazie, e i più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio,
di
Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Par
razie, e i più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio, di Elide,
di
Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Paros, una de
più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio, di Elide, di Delfo,
di
Perge ecc. Nella isola di Paros, una delle Ciclad
ono quello di Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola
di
Paros, una delle Cicladi, avevano similmente un t
le sopraintendeva un sacardote, la cui durata cra a vita. A proposito
di
questo tempio, riferisce Apollodoro, ch’essendovi
uesto tempio, riferisce Apollodoro, ch’essendovisi recato Minosse, re
di
Creta, per offerire un sacrifizio alle Grazie, ne
dar principio alla sacra cerimonia, fu avvisato della morte repentina
di
un suo amatissimo figliuolo. Alla dolorosa notizi
iuolo. Alla dolorosa notizia il re gettò la corona che, secondo l’uso
di
tali cerimonie, gli ornava la fronte e ordinò tac
so di tali cerimonie, gli ornava la fronte e ordinò tacessero i suoni
di
che era costume accompagnare le offerte alla divi
sse il sacrifizio. Da questo fatto fu adottato il costume, nell’isola
di
Paros, di sacrificare alle Grazie senza corona e
rifizio. Da questo fatto fu adottato il costume, nell’isola di Paros,
di
sacrificare alle Grazie senza corona e senza suon
ell’amore, lo erano comunemente anche alle Grazie. Così avveniva pure
di
quelli dedicati a Mercurio, volendo con ciò signi
lle Grazie ed a Venere, loro madre ; ed i pagani aveano la costumanza
di
cominciare tutti i loro banchetti con una triplic
e divinità ; imperocchè essi a render loro maggior tributo d’omaggi e
di
generale considerazione, credevano fermamente che
della riconoscenza. Gli Ateniesi, che erano il popolo più incivilito
di
tutta la Grecia antica, avendo soccorsi d’aiuti è
o più incivilito di tutta la Grecia antica, avendo soccorsi d’aiuti è
di
danaro gli abitanti del Chersoneso, in una grave
o, in una grave congiuntura in cui versavano, per eternare la memoria
di
questo fatto, innalzarono un altare consacrandolo
care che se con la sinistra feriva, con la destra arrecava la sanità,
di
cui le Grazie si ritenevano le dispensatrici. 220
a scalata al cielo. 2203. Grifone. — Uno dei tanti mostruosi animali,
di
che la mitologia fa del continuo menzione. Second
eone e dell’aquila ; aveva una lunghissima coda, quattro piedi armati
di
artigli, e le orecchie diritte e puntute. Molti s
o nel regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi era una miniera
di
oro, custodita dai Grifoni. Questa opinione però,
ralisti dell’antichità stessa, quanto dai moderni, non facendo alcuno
di
essi menzione di questi favolosi animali, che non
chità stessa, quanto dai moderni, non facendo alcuno di essi menzione
di
questi favolosi animali, che non hanno avuto vita
lludevano all’attenzione che si deve avere ai propri doveri. La forma
di
leone, la forza e l’audacia ; il becco uncinato d
mportante. Infatti presso gli egiziani, le due configurazioni fisiche
di
leone e di aquila, unite insieme nel corpo del Gr
Infatti presso gli egiziani, le due configurazioni fisiche di leone e
di
aquila, unite insieme nel corpo del Grifone, espr
; imperocchè vediamo che il Grifone si trova come uno degli attributi
di
Apollo, ossia del Sole ; e veniva sovente consacr
osco a lui consacrato. I poeti antichi chiamano questa città col nome
di
Cryncus. 2205. Gru. — Presso i pagani questi ucce
no ritenuti, al paro degli avvoltoi e delle aquile, come annunziatori
di
lieti presagi. 2206. Grua. — Si dava questo nome
ori di lieti presagi. 2206. Grua. — Si dava questo nome ad una specie
di
danza, di cui si pretendeva fosse stato Teseo l’i
ti presagi. 2206. Grua. — Si dava questo nome ad una specie di danza,
di
cui si pretendeva fosse stato Teseo l’inventore,
stato Teseo l’inventore, perchè fu la prima volta ballata nell’isola
di
Delo, in una festa celebrata in onore di questo e
ima volta ballata nell’isola di Delo, in una festa celebrata in onore
di
questo eroe, per solenuizzare la sua vittoria con
uro. Coll’andare del tempo questa danza fu eseguita anche nella città
di
Delfo, dalle giovanette Ateniesi, le quali la dan
, dalle giovanette Ateniesi, le quali la danzavano intorno all’altare
di
Apollo, nel giorno delle Delie. Si vuole che gl’i
aletta. — Così avea nome un piccolo fiume, che metteva foce nel golfo
di
Cadice e del quale i pagani avevano fatto il loro
Fè nel suo tetto un solitario gufo Molte fiate con lugubri accenti Fè
di
pianto una lunga querimonia. Virgilio — Eneide —
è di pianto una lunga querimonia. Virgilio — Eneide — Libro IV trad.
di
A. Caro. 2209. Grundili. — Divinità che i romani
enati. Si vuole che Romolo li avesse istituiti in occasione del parto
di
una scrofa, che dette alla luce trenta porcellini
profeta Ud avesse fatto abbandonare, coll’andare degli anni, il culto
di
questo dio dagli stessi popoli che l’avevano coll
vano collocato nel numero delle loro divinità. Ciò nonostante il nome
di
Hafedà si seguitò a dare presso gli arabi, ad una
e il nome di Hafedà si seguitò a dare presso gli arabi, ad una specie
di
dio preservatore, ch’essi invocavano al cominciar
, ad una specie di dio preservatore, ch’essi invocavano al cominciare
di
un’impresa qualunque, e segnatamente nell’intrapr
e al loro dio incarnato. Hakem era presso quei popoli l’identica idea
di
quello che è il Gesù Cristo dei cristiani : vale
osto, nel quale si riunivano, oltre la propria configurazione, quella
di
altre due divinità o genii, chiamati Siva e Visnù
che per combattere Brahma. Gl’indiani rappresentavano Har-Heri mezzo
di
color bianco e mezzo azzurro ; Visnù tutto azzurr
ata grossolanamente nella pietra o nel legno, non conserva però nulla
di
mostruoso, come avviene della gran maggioranza de
opopa veniva sempre rappresentato interamente nudo, con un solo lembo
di
drappo rosso avviluppato alle parti sessuali. 221
Zendi, Havan viene indicato come una divinità femmina, col sóprannome
di
Benefattrice delle strade. I Parsi danno pure il
l sóprannome di Benefattrice delle strade. I Parsi danno pure il nome
di
Havan ad un mortaio e ad un pestello, ch’essi rit
in Sassonia, e propriamente sulle rive del flume Fromo, nella contea
di
Dorset. Sono ben pochi gli autori che ne han fatt
riero degli Asi. Coll’andare del tempo, e probabilmente dopo la morte
di
lui, il nome di Heriafadur, che significa padre d
Coll’andare del tempo, e probabilmente dopo la morte di lui, il nome
di
Heriafadur, che significa padre della guerra, fu
e significa padre della guerra, fu una delle più celebri appellazioni
di
Odino, il quale nelle credenze religiose di quei
più celebri appellazioni di Odino, il quale nelle credenze religiose
di
quei popoli, rappresentava lo stesso che il dio M
ss. — Nella mitologia scandinava, era la dea della Perfezione, figlia
di
Odur e di Freja, dea dell’Amore. La tradizione ag
a mitologia scandinava, era la dea della Perfezione, figlia di Odur e
di
Freja, dea dell’Amore. La tradizione aggiunge che
dre, e che aveva in sè tanto splendore e tanta bellezza, che dal nome
di
lei furono detti Hossir o Hnosser i giojelli, le
ome al secondo successore del famoso Fo-Hi, fondatore della monarchia
di
mezzo. 2223. Hobal. — Nelle lingue semitiche il S
ue semitiche il Sole si chiama Baal, e da ciò gli arabi danno il nome
di
Hobal, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il
l nome di Hobal, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il simulacro
di
Hobal era una grande statua di pietra, la quale v
che raffigurava il Sole. Il simulacro di Hobal era una grande statua
di
pietra, la quale veniva circondata da altre 360 s
a ad un giorno dell’anno. Hobal veniva raffigurato sotto le sembianze
di
un vecchio venerando, dalla lunga barba d’argento
onache arabe ripetono che essendosi una volta infranta la mano destra
di
quella statua, i Horaisciti gliene avevano fatta
o destra di quella statua, i Horaisciti gliene avevano fatta un’altra
di
oro massiccio, la quale stringeva sette frecce de
stringeva sette frecce dell’istesso metallo, ed a cui dettero il nome
di
frecce della sorte. È probabile che queste sette
o simbolicamente i sette giorni della settimana. Finalmente la statua
di
Hobal era deposta nella Caaba, tempio maggiore de
Uccello tenuto in grande venerezione dagli egiziani, i quali punivano
di
morte chiunque ne avesse anche involontariamente
ro. Infatti nel tempo della primavera, scendevano dall’Arabia, nugoli
di
cavallette e di bruchi, nonchè un gran numero di
tempo della primavera, scendevano dall’Arabia, nugoli di cavallette e
di
bruchi, nonchè un gran numero di serpenti alati,
dall’Arabia, nugoli di cavallette e di bruchi, nonchè un gran numero
di
serpenti alati, che gli ibi distruggevano interam
ibi viene trasportato in altro paese, si lascia volontariamente morir
di
fame, affetto da una inguaribile nostalgia. Il cr
volatile. Si vuole che l’ibi avesse per il primo fatto nascere l’idea
di
servirsi dei cristieri come rimedio medicinale ;
collo. Nei ruderi dell’antico Egitto, si trovano sovente delle statue
di
Iside con una testa di ibi. 2226. Ibristiche. — N
antico Egitto, si trovano sovente delle statue di Iside con una testa
di
ibi. 2226. Ibristiche. — Nella città di Argo, si
statue di Iside con una testa di ibi. 2226. Ibristiche. — Nella città
di
Argo, si celebravano in nna data epoca dell’anno,
dava cotesto nome. Le cerimonie ibristiche, furono istituite in onore
di
quelle valorose donne che, senza aiuto degli uomi
toriosamente i Lacedemoni, quando questi cingevano d’assedio la città
di
Argo. 2227. Icadi. — In onore di Epicuro, i pagan
questi cingevano d’assedio la città di Argo. 2227. Icadi. — In onore
di
Epicuro, i pagani celebravano nel nono giorno del
va appunto che in un novilunio fosse nato Epicuro. Nella celebrazione
di
queste feste, era costume di adornare le case, e
o fosse nato Epicuro. Nella celebrazione di queste feste, era costume
di
adornare le case, e di portare in processione di
ella celebrazione di queste feste, era costume di adornare le case, e
di
portare in processione di camera in camera, il ri
e feste, era costume di adornare le case, e di portare in processione
di
camera in camera, il ritratto o la statua di Epic
i portare in processione di camera in camera, il ritratto o la statua
di
Epicuro e di offrirgli dei sacrifizii. 2228. Icar
processione di camera in camera, il ritratto o la statua di Epicuro e
di
offrirgli dei sacrifizii. 2228. Icarlo. — Padre d
reco gli chiese la mano della figliuola, Icario trovavasi nella città
di
Sparta, ove aveva già avuto numerose richieste, o
giuochi, dicendo che il vincitore avrebbe riportato in premio la mano
di
Penelope. Ulisse riportò il premio ed ebbe infatt
ima giovanetta. Icario pero che amava teneramente la figlia sua, fece
di
tutto per persuadere il genero a restar seco, ond
ò i cavalli e disse alla moglie che non reggendogli più oltre il core
di
vedere così addolorato il padre di lei, la faceva
non reggendogli più oltre il core di vedere così addolorato il padre
di
lei, la faceva arbitra assoluta della sua volontà
lei, la faceva arbitra assoluta della sua volontà : scegliesse ella o
di
seguitarlo in Itaca, ovvero di rimanere col suo v
della sua volontà : scegliesse ella o di seguitarlo in Itaca, ovvero
di
rimanere col suo vecchio padre. Posta nel crudele
ca, ovvero di rimanere col suo vecchio padre. Posta nel crudele bivio
di
sacrificare uno dei due soli esseri, a cui ella f
, non disse parola. Icario allora, interpetrando l’eloquente silenzio
di
lei, lasciolla andar col marito ; e in memoria di
’eloquente silenzio di lei, lasciolla andar col marito ; e in memoria
di
questo fatto, e del casto rossore che avea veduto
’era pudicamente velata la fronte. V. Penelope. 2229. Icaro. — Figlio
di
Dedalo, il quale si sottrasse insieme al padre su
uale si sottrasse insieme al padre suo, colla fuga dalle persecuzioni
di
Minos, re di Creta, che li teneva rinchiusi nella
asse insieme al padre suo, colla fuga dalle persecuzioni di Minos, re
di
Creta, che li teneva rinchiusi nella sua isola. R
adde nell’acqua e si annegò ; e che da quell’epoca, tanto quel tratto
di
mare, quanto l’isola stessa ov’essi approdarono,
re, quanto l’isola stessa ov’essi approdarono, fossero detti dal nome
di
lui mare e isola d’Icaro. Diversa, per altro, seb
zo della cera, e che con queste ali intraprendesse la fuga dall’isola
di
Creta. Prima di mettersi in viaggio Dedalo, prude
che con queste ali intraprendesse la fuga dall’isola di Creta. Prima
di
mettersi in viaggio Dedalo, prudente ed accorto,
e il suo volo nè troppo vivino al sole, temendo che gl’infocati raggi
di
quello non avessero liquefatto la cera ond’erano
enza accidenti ; ma poi rassicurato dal vedere i suoi sforzi coronati
di
successo, e trasportato dalla foga propria dell’e
ch’a lui tolse anche il nome. Ovidio — Metamorf : Libro VIII, trad.
di
dell’Anguillara Da questo fatto, quella parte d
mare Egeo fu detto mare Icario. La tradizione mitologica fa menzione
di
un altro Icaro, padre di Erigone e nativo di Aten
Icario. La tradizione mitologica fa menzione di un altro Icaro, padre
di
Erigone e nativo di Atene, ove dimorava all’epoca
e mitologica fa menzione di un altro Icaro, padre di Erigone e nativo
di
Atene, ove dimorava all’epoca in cui, secondo la
nella sua casa il dio Bacco, il quale in ricompensa gl’insegnò l’arte
di
coltivare le viti e di fare il vino. Icaro con l’
acco, il quale in ricompensa gl’insegnò l’arte di coltivare le viti e
di
fare il vino. Icaro con l’andar del tempo insegnò
gli uccisori d’Icaro ; che fu dopo la morte posto nella cosiellazione
di
Boote. 2230. Icelo. — Dalle due parole greche ιϰε
rassomiglio. Si dava questo nome ad un figliuolo del Sonno, fratello
di
Fantoso e di Morfeo. Riferisce Ovidio, ch’egli av
Si dava questo nome ad un figliuolo del Sonno, fratello di Fantoso e
di
Morfeo. Riferisce Ovidio, ch’egli aveva il potere
llo di Fantoso e di Morfeo. Riferisce Ovidio, ch’egli aveva il potere
di
cangiarsi in tutte le forme che voleva assume re
Icneumone. — Gli egiziani in generale, e in particolare gli abitanti
di
Eracleopoli, tributavano a questo animale gli ono
ori divini. Ciò avveniva, secondo asserisce Diodoro, da un sentimento
di
riconoscenza, imperocchè l’Icneumone è una specie
da un sentimento di riconoscenza, imperocchè l’Icneumone è una specie
di
grosso sorcio, il quale ha l’istinto di distrugge
cchè l’Icneumone è una specie di grosso sorcio, il quale ha l’istinto
di
distruggere i coccodrilli che infesterebbero le r
i distruggere i coccodrilli che infesterebbero le rive del Nilo senza
di
lui. Scrive il citato autore, che l’Icneumone, do
la greca ιχὀνς che significa pesce. Veniva così denominata una specie
di
divinazione che si faceva consultando le viscere
e viscere dei pesci. Si vuole che Polidamante e Tiresia si servissero
di
questo incantesimo nei loro indovinamenti. 2234.
enti. 2234. Ida. — Celebre montagna che sorgeva nel mezzo dell’isola
di
Creta, e che veniva chiamata anche monte Giove pe
ui la divina Venere in Ida partori…… Omero — Riade — Libro II. Trad.
di
V. Monti. Un’antica cronaca dice anche a proposi
endo una volta caduto del fuoco dal cielo, poco tempo dopo il diluvio
di
Deucalione, i Dattili, abitatori di quella montag
cielo, poco tempo dopo il diluvio di Deucalione, i Dattili, abitatori
di
quella montagna, osservarono che il ferro essendo
lore del fuoco, scorreva liquefatto. Essi appresero da questo il modo
di
fondere i metalli. Questa tradizione è peraltro o
quale, secondo la tradizione, sorgeva la famosa città Troja. Al dire
di
Diodoro, era questa una delle più alte montagne d
ntagne dell’Ellesponto. Secondo le cronache dell’antichità, nel mezzo
di
questa montagna era scavato un antro ove, si vuol
famoso giudizio. — V. Paride. Ida era similmente una ninfa dell’isola
di
Creta, la quale con la sorella Adrastea, fu tra l
l’isola di Creta, la quale con la sorella Adrastea, fu tra le nutrici
di
Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo
ella Adrastea, fu tra le nutrici di Giove. Ida finalmente era il nome
di
un figliuolo di Afareo, re di Messenia, il quale
u tra le nutrici di Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo
di
Afareo, re di Messenia, il quale per essere della
ci di Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo di Afareo, re
di
Messenia, il quale per essere della schiatta degl
le per essere della schiatta degli Eolidi, e per conseguenza, parente
di
Giasone, lo seguì nella Colchide per la famosa sp
ione del Vello d’oro. Ida prese anche parte alla caccia del cinghiale
di
Calidone. Riferisce Omero, che Ida aveva tanto co
dogli Apollo derubata la moglie, che fu la bellissima Marpesa, figlia
di
Venere, Ida oso prendere le armi contro di Apollo
bellissima Marpesa, figlia di Venere, Ida oso prendere le armi contro
di
Apollo stesso. …… di quell’Ida io dico Che tra’g
glia di Venere, Ida oso prendere le armi contro di Apollo stesso. ……
di
quell’Ida io dico Che tra’guerrieri de’ suoi temp
tolta ninfa Ardi l’arco impugnar……. Omero — Hiade — Libro IX. trad.
di
V. Monti. Finalmente egli uccise Castore, perchè
. di V. Monti. Finalmente egli uccise Castore, perchè, a simiglianza
di
Apollo, gli aveva sedotta la moglie Febe, figliuo
a simiglianza di Apollo, gli aveva sedotta la moglie Febe, figliuola
di
Leucippo, da lui sposata in seconde nozze. Però P
ucidò Ida stesso. 2235. Idalia. — Così avea nome una città dell’isola
di
Cipro, la quale era consacrata a Venere. La tradi
La tradizione a cui si attiene Virgilio, ripete che vicino alla città
di
Idalia, sorgeva un bosco sacro visitato assai di
he vicino alla città di Idalia, sorgeva un bosco sacro visitato assai
di
sovente da Venere stessa ; e che anzi fu colà che
e aura, a la fresc’ ombra il pose Virgilio — Eneide — Libro I. trad.
di
A. Caro : mentre che Cupido, sotto le sembianze
— Libro I. trad. di A. Caro : mentre che Cupido, sotto le sembianze
di
Ascanio stesso, erasi recato presso Didone, ad of
Didone, ad offerirle i donativi dei Trojani. 2236. Idea. — Soprannome
di
Cibele, a cui si dava assai di sovente, chiamando
dei Trojani. 2236. Idea. — Soprannome di Cibele, a cui si dava assai
di
sovente, chiamandola Jdea Magna Maler. Dionigi di
a cui si dava assai di sovente, chiamandola Jdea Magna Maler. Dionigi
di
Alicarnasso ripete che ogni anno, si celebrava un
i giuochi e sacrifizii solenni ; e portandosi per le strade la statua
di
lei a suono di flauti e di timballi. — V. Palatin
rifizii solenni ; e portandosi per le strade la statua di lei a suono
di
flauti e di timballi. — V. Palatina. È opinione a
nni ; e portandosi per le strade la statua di lei a suono di flauti e
di
timballi. — V. Palatina. È opinione assai ripetut
lle arti. 2237. Idei. — Riferisce Strabone, che si dava il soprannome
di
Dattili Idei, ai primi abitatori del monte Ida, e
ttili Idei, ai primi abitatori del monte Ida, e a tutti i discendenti
di
quelli. 2238. Ideo. — Figlio di Festio e fratello
el monte Ida, e a tutti i discendenti di quelli. 2238. Ideo. — Figlio
di
Festio e fratello di Altea. Secondo lo scrittore
ti i discendenti di quelli. 2238. Ideo. — Figlio di Festio e fratello
di
Altea. Secondo lo scrittore Igino, Ideo fu ucciso
li, avea voluto a forza togliere ad Atalanta le spoglie del cinghiale
di
Calidone — V. Meleagro. 2239. Idi. — I romani dav
oro credenze essi ritenevano che il dio Mercurio fosse nato negli Idi
di
maggio, e percio erano a lui consacrati. Gli idi
se nato negli Idi di maggio, e percio erano a lui consacrati. Gli idi
di
Agosto erano dedicati a Diana e quei giorni veniv
e festivi tanto che gli schiavi non lavoravano. Per contrario gli idi
di
marzo erano riguardati come giorni sfortunati dop
li idi di marzo erano riguardati come giorni sfortunati dopo la morte
di
Giulio Cesare, avvenuta in quel tempo. 2240. Idia
le donne dei suoi tempi. 2241. Idmone. — Celebre indovino della città
di
Argo, il quale, secondo la tradizione, avea preve
a ad un cinghiale, Idmone ricevè una ferita, e morì poco dopo a causa
di
quella. Gli Argonanti lo onorarono di magnifici f
erita, e morì poco dopo a causa di quella. Gli Argonanti lo onorarono
di
magnifici funerali. 2242. Idomeneo. — Figlio di D
rgonanti lo onorarono di magnifici funerali. 2242. Idomeneo. — Figlio
di
Deucalione e nipote di Minosse secondo. Egli che
i magnifici funerali. 2242. Idomeneo. — Figlio di Deucalione e nipote
di
Minosse secondo. Egli che era re di Creta conduss
. — Figlio di Deucalione e nipote di Minosse secondo. Egli che era re
di
Creta condusse all’assedio di Troja un’armata com
ote di Minosse secondo. Egli che era re di Creta condusse all’assedio
di
Troja un’armata composta di 80 vascelli, e si dis
che era re di Creta condusse all’assedio di Troja un’armata composta
di
80 vascelli, e si distinse in più di un fatto d’a
edio di Troja un’armata composta di 80 vascelli, e si distinse in più
di
un fatto d’arme, per l’intrepidezza del suo valor
i un fatto d’arme, per l’intrepidezza del suo valore. Il gran mastro
di
laurta Idomeneu Guida i Cretesi…. …………. Di questi
apitananza, e oltanta navi hau sere. Omero — Hiade — Libro II. trad.
di
V. Monti. … Per vigoria di forze Pari a liero r
u sere. Omero — Hiade — Libro II. trad. di V. Monti. … Per vigoria
di
forze Pari a liero ringhiale Idomeneo Guidava l’a
ale Idomeneo Guidava l’antiguardia…… Omero — Hiade — Libro IV. trad.
di
V. Monti. Caduta Troja in potere dei greci, Idom
ragio. Spaventato dal pericolo imminente, Idomeneo fe voto a Nettuno,
di
sacrificargli la prima persona che gli si present
sso descrivere con le parole la sorpresa, il dolore e la disperazione
di
Idomeneo, allorchè incontrò il proprio figliuolo.
nche da varii autori moderni, fra cui il Fénélon, nelle sue avventure
di
Telemaco. Vi sono per altro alcuni autori, i qual
o. Vi sono per altro alcuni autori, i quali asseriscono che il popolo
di
Creta impedisse con la forza delle armi che il pa
, ove la tradizione ripete, che il profugo re avesse fondata la città
di
Salento, della quale si fece sovrano. Dopo la mor
ndata la città di Salento, della quale si fece sovrano. Dopo la morte
di
lui, gli abitanti della novella città riconoscent
a memoria d’Idomeneo per aver egli mantenuto in vigore le savie leggi
di
Minosse, suo trisavo, gli tributarono gli onori d
ornò felicemente nei suoi stati, ove morì poco tempo dopo nella città
di
Gnosso, i cui abitanti gl’innalzarono un magnific
gli onori divini, e nelle battaglie ne invocarono il nome come quello
di
un nume protettore e benefico. 2243. Idotea. — Un
otettore e benefico. 2243. Idotea. — Una delle ninfe Melisse, nutrici
di
Giove. Idotea era anche chiamata una delle figliu
isse, nutrici di Giove. Idotea era anche chiamata una delle figliuole
di
Proteo. 2244. Idra di Lerna. — Secondo riferisce
. Idotea era anche chiamata una delle figliuole di Proteo. 2244. Idra
di
Lerna. — Secondo riferisce Esiodo, questo spavent
l’Idra avea sette teste le quali avevano la spaventevole prerogativa
di
rinascere appena erano tagliate ; quante vol te p
ò non fosse immediatamente applicato il fuoco sulla ferita. Il veleno
di
questo mostro era così terribile, che una sola go
a. Il veleno di questo mostro era così terribile, che una sola goccia
di
esso, applicato su di una parte qualunque del cor
mostro era così terribile, che una sola goccia di esso, applicato su
di
una parte qualunque del corpo, cagionava istantan
e. Le cronache ripetono che l’Idra fece, per più tempo orrende stragi
di
uomini e di animali, nelle circostanze della palu
he ripetono che l’Idra fece, per più tempo orrende stragi di uomini e
di
animali, nelle circostanze della palude di Lerna,
orrende stragi di uomini e di animali, nelle circostanze della palude
di
Lerna, ov’essa aveva il suo covo. Ercole per comb
ude di Lerna, ov’essa aveva il suo covo. Ercole per combatterla pensò
di
salire su di una piccola biga, di cui dette a gui
ov’essa aveva il suo covo. Ercole per combatterla pensò di salire su
di
una piccola biga, di cui dette a guidare i destri
covo. Ercole per combatterla pensò di salire su di una piccola biga,
di
cui dette a guidare i destrieri al suo fedele ami
cò l’Idra, un enorme cancro fosse venuto a proteggerla contro i colpi
di
Ercole ; ma questi schiacciò il cancro con un col
contro i colpi di Ercole ; ma questi schiacciò il cancro con un colpo
di
clava, e uccise l’Idra. La generalità degli auto
Ercole bagnasse le sue famose frecce, nel sangue della Idra, col fine
di
rendere inguaribili le ferite di esse, mediante i
cce, nel sangue della Idra, col fine di rendere inguaribili le ferite
di
esse, mediante il terribile veleno di che erano a
i rendere inguaribili le ferite di esse, mediante il terribile veleno
di
che erano asperse. V. Filottete. 2245. Idria. — G
lottete. 2245. Idria. — Gli egiziani davano questo nome ad una specie
di
grande anfora, forata da tutte le parti, e che pr
d una specie di grande anfora, forata da tutte le parti, e che presso
di
loro raffigurava il dio dell’acqua. Al dire dello
ell’anno adornavano l’Idria con ricca magnificenza, e la mettevano su
di
un’alta impalcatura, specie di teatro, su cui tut
ricca magnificenza, e la mettevano su di un’alta impalcatura, specie
di
teatro, su cui tutti gli abitanti salivano per ad
vantaggi che l’acqua reca agli uomini e l’adoravano come il principio
di
tutte le cose e che dà vita e movimento a tutto c
unebri cerimonie celebrate dagli egineti e dagli ateniesi, in memoria
di
quelli che erano morti nel diluvio di Deucalione.
ti e dagli ateniesi, in memoria di quelli che erano morti nel diluvio
di
Deucalione. 2247. Idromanzia. — Dalle due parole
in fondo alla conca all’uopo preparata ; ovvero riempiendo una conca
di
acqua e lasciando pendere nel mezzo di essa un fi
; ovvero riempiendo una conca di acqua e lasciando pendere nel mezzo
di
essa un filo, a cui era attaccato un anello, e fa
io, che si offeriva a Giove negli idi d’ogni mese. 2249. Ifi. — Padre
di
Eteoclo e di Evadne, che fu moglie del famoso Cap
feriva a Giove negli idi d’ogni mese. 2249. Ifi. — Padre di Eteoclo e
di
Evadne, che fu moglie del famoso Capaneo. Allorqu
ovea divorare il corpo del suo diletto consorte, caduto sotto le mura
di
Tebe. V. Capaneo. Ifi le corse dietro e la raggiu
ura di Tebe. V. Capaneo. Ifi le corse dietro e la raggiunse sull’alto
di
una rupe, ove colle lagrime agli occhi, la suppli
occhi, la supplicò in nome del suo amore paterno a far ritorno presso
di
lui. Ma Evadne sorda, per disperato dolore, alle
sotto i suoi occhi sul rogo del marito, per morire con lui. Ifi fuori
di
sè alla vista terribile, volle darsi la morte, ma
o, suo nipote, ne lo impedì promettendogli, per calmare il suo dolore
di
vendicare sui tebani, la morte della diletta figl
una giovanetta che fu amato da Anassarete. Ifi finalmente era il nome
di
una schiava giovanetta rinomata per l’eleganza de
omata per l’eleganza delle sue forme, e che divise una notte il letto
di
Patroclo, quando questi si recò nella tenda del s
Ifi gli giacque, un’elegante schiava Omero — Hiade — Libro IX trad.
di
V. Monti. 2250. Ifianassa. — Così si chiamava la
trad. di V. Monti. 2250. Ifianassa. — Così si chiamava la figliuola
di
Gefte. Ciò, secondo riferisce Fozio, ha potuto la
io, ha potuto lasciar credere che i greci dal sagrifizio della figlia
di
Iefte, di cui parla la sacra bibbia, avessero pre
uto lasciar credere che i greci dal sagrifizio della figlia di Iefte,
di
cui parla la sacra bibbia, avessero preso l’idea
’Ifigenia. Ifianassa, secondo Sofocle, fu una delle quattro figliuole
di
Agamennone ; e Omero ripete che Ifianassa, avesse
ad altri ricchissimi donativi, onde placarne lo sdegno terribile. Ho
di
tre figlie nella reggia il flore, Crisotemi, Laòd
da Senza dotarla, ed a Peleo la meni. Omero — Hiade — Libro IX trad.
di
V. Monti Ifianassa finalmente aveva nome una fi
bro IX trad. di V. Monti Ifianassa finalmente aveva nome una figlia
di
Proteo, re degli argivi, la quale fu tolta in mog
sue sorelle, Ifinoe e Lisippa, fossero un giorno entrate in un tempio
di
Giunone, ove ben lontane dal rimanere con quel de
o mostrato un sacrilego disprezzo per la dea, proclamandosi più belle
di
Giunone stessa ; la quale, sdegnata contro le inc
si dettero a correre furiosamente per la campagna. Proteo, addolorato
di
vedere le proprie figlie ridotte a così mal parti
artito, proclamo un bando in tutti i suoi stati ; promettendo la mano
di
una di esse, all’uomo che le avesse guarite. Un f
proclamo un bando in tutti i suoi stati ; promettendo la mano di una
di
esse, all’uomo che le avesse guarite. Un famoso m
a cui la tradizione ripete che Apollo istesso avea conceduto il dono
di
predir l’avvenire, si presentò al re, promettendo
onceduto il dono di predir l’avvenire, si presentò al re, promettendo
di
guarire le sue figliuole, alle condizioni da lui
ioni da lui imposte. Il re ordinò si eseguissero alla lettera i cenni
di
Melampo ; e questi cominciò dall’ordinare un gran
a i cenni di Melampo ; e questi cominciò dall’ordinare un gran numero
di
sacrifizii, onde placare lo sdegno della dea. Tol
ta prima ragione del male, venne facilmente a capo, con la protezione
di
Apollo, del suo intento, ed infatti, poco tempo d
ali inferme, Melampo divenne genero del re. 2251. Ificlo. — Fu figlio
di
un re di Tessaglia, per nome Filaco. Non avendo p
me, Melampo divenne genero del re. 2251. Ificlo. — Fu figlio di un re
di
Tessaglia, per nome Filaco. Non avendo potuto ave
aglia, per nome Filaco. Non avendo potuto aver figli, dopo varii anni
di
matrimonio con la bella Astioca, sua consorte, eg
la Astioca, sua consorte, egli consultò il medico Melampo ; lo stesso
di
cui parlammo nell’articolo precedente ; onde sape
i cui parlammo nell’articolo precedente ; onde sapere da lui il mezzo
di
aver prole. Melampo gli disse allora che avesse c
che dopo qualche tempo avesse stemperato quella ruggine in una coppa
di
vino, e ne avesse bevuto per dieci giorni. Ificlo
sse bevuto per dieci giorni. Ificlo eseguì alla lettera le istruzioni
di
Melampo e coll’andare del tempo divenne infatti p
e istruzioni di Melampo e coll’andare del tempo divenne infatti padre
di
varii figliuoli, fra cui il più celebre fu il fam
che fu il primo dei greci guerrieri, caduto combattendo sotto le mura
di
Troja. Ificlo è ricordato nelle cronache mitologi
della corsa nei giuochi funebri, che Giasone fece celebrare in onore
di
Pelia. Ificlo ebbe anche nome uno dei guerrieri c
anche nome uno dei guerrieri che presero parte alla prima spedizione
di
Ercole, contro gli Elei. Ferito mortalmente dai f
a spedizione di Ercole, contro gli Elei. Ferito mortalmente dai figli
di
Attore, egli morì poco dopo e fu sotterrato a Fen
to a Feneone, nell’Elide. I Feneati onorarono annualmente il sepolcro
di
lui con solenni funerali ritenendolo come un eroe
iclo ebbe un figliuolo per nome Iolao che fu uno dei più fedeli amici
di
Ercole. V. Idra di Lerna. Ificlo similmente avea
olo per nome Iolao che fu uno dei più fedeli amici di Ercole. V. Idra
di
Lerna. Ificlo similmente avea nome un altro fra g
Ificlo similmente avea nome un altro fra gli Argonauti che fu figlio
di
Testio, e fratello di Altea. Ificlo da ultimo si
a nome un altro fra gli Argonauti che fu figlio di Testio, e fratello
di
Altea. Ificlo da ultimo si chiamò il fratello gem
, e fratello di Altea. Ificlo da ultimo si chiamò il fratello gemello
di
Ercole figlio di Anfitrione e di Alecmena. V. Anf
ltea. Ificlo da ultimo si chiamò il fratello gemello di Ercole figlio
di
Anfitrione e di Alecmena. V. Anfitrione, Alecmena
ultimo si chiamò il fratello gemello di Ercole figlio di Anfitrione e
di
Alecmena. V. Anfitrione, Alecmena, Ercole. La tra
ro, nelle sue cronache pagane, dice che questi due fanciulli nacquero
di
10 mesi e fossero gemelli benchè concepiti tre me
, avesse voluto risparmiare alla sua amante Alcmena gli atroci dolori
di
un doppio sgravo. 2252. Ifide. — A proposito di q
ena gli atroci dolori di un doppio sgravo. 2252. Ifide. — A proposito
di
questa fanciulla la tradizione mitologica alla qu
le sue Metamorfosi, ripete che ella era nata femmina e che al momento
di
contrar matrimonio cangiasse di sesso divenendo u
lla era nata femmina e che al momento di contrar matrimonio cangiasse
di
sesso divenendo uomo. Il citato scrittore riferis
i sesso divenendo uomo. Il citato scrittore riferisce che nella città
di
Festo viveva un uomo poverissimo per nome Ligdo i
a una moglie chiamata Feletusa. Vedendola prossima al parto le impose
di
uccidere la sua creatura se fosse stata femmina,
i uccidere la sua creatura se fosse stata femmina, non avendo i mezzi
di
poterla allevare. Sgomentata la povera madre preg
a, perchè forse per un miracolo che gli dei vollero operare in favore
di
Feletusa, la creatura ch’ella partorì, avea tutte
ura ch’ella partorì, avea tutte e due i sessi. Ma giunto Ifide in elà
di
13 anni fu dal padre destinato in consorte alla p
13 anni fu dal padre destinato in consorte alla più bella giovanetta
di
Festo, chiamata Giante, e non è a dire le astuzie
bella giovanetta di Festo, chiamata Giante, e non è a dire le astuzie
di
cui si valse Feletusa, onde differire almeno code
stuzie di cui si valse Feletusa, onde differire almeno codeste nozze,
di
cui ella sola conosceva l’impossibilità ; ma fina
pendo qual’altro pretesto trovare, onde impedire il matrimonio, pensò
di
ricorrere nuovamente alla protezione degli dei, e
amente alla protezione degli dei, e si recò in un tempio in compagnia
di
Ifide, onde implorere l’ajuto del cielo. Infatti
istesso più severo è fatto ; E la chioma più ruvida e più breve. Più
di
vigor che a femmina s’addica In te si manifesta,
o cangiamento, ritornò nel tempio a ringraziare gli dei ed in memoria
di
questo fatto fece incidere su di una pietra la se
a ringraziare gli dei ed in memoria di questo fatto fece incidere su
di
una pietra la seguente iscrizione : Ifide giovane
lti altri scrittori dell’antichità, pretendono che Ifigenia fu figlia
di
Elena e di Teseo, e che quando la madre di lei fu
crittori dell’antichità, pretendono che Ifigenia fu figlia di Elena e
di
Teseo, e che quando la madre di lei fu tolta al s
ono che Ifigenia fu figlia di Elena e di Teseo, e che quando la madre
di
lei fu tolta al suo primo rapitore, avesse nella
do la madre di lei fu tolta al suo primo rapitore, avesse nella città
di
Argo, dato i natali ed una bambina, che fu appunt
bambina, che fu appunto questa Ifigenia ; e che Clitennestra sorella
di
Elena, onde salvare l’onore della sorella, fece p
nuto questi coll’andar del tempo a conoscenza delle cosa non vide mai
di
buon occhio la principessa Ifigenia, e si vuole c
rincipessa Ifigenia, e si vuole che cogliesse con piacere l’occasione
di
liberarsene, allorchè si trattò di sagrificare un
cogliesse con piacere l’occasione di liberarsene, allorchè si trattò
di
sagrificare una propria sua figlia. In varie cron
onache dell’antichità si trova perfino ripetuto che il famoso oracolo
di
Aulide, che richiedeva il cruento sacrificio, fos
o oracolo di Aulide, che richiedeva il cruento sacrificio, fosse dato
di
comune accordo dall’indovino Calcante con lo stes
con lo stesso Agamennone. Altri scrittori fanno particolare menzione
di
due Ifigenie, una figlia di Agamennone e Clitenne
ltri scrittori fanno particolare menzione di due Ifigenie, una figlia
di
Agamennone e Clitennestra, l’altra figliuola di E
Ifigenie, una figlia di Agamennone e Clitennestra, l’altra figliuola
di
Elena. É questa almeno l’opinione seguita dal Rac
agedie del teatro tragico francese ; e dove chiama Erifile, la figlia
di
Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quell
teatro tragico francese ; e dove chiama Erifile, la figlia di Teseo e
di
Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella di Agamen
file, la figlia di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella
di
Agamennone e di Clitennestra. Ifigenia in Aulide
di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella di Agamennone e
di
Clitennestra. Ifigenia in Aulide è poi il titolo
litennestra. Ifigenia in Aulide è poi il titolo della famosa tragedia
di
Euripide, di cui daremo brevemente la tessitura s
Ifigenia in Aulide è poi il titolo della famosa tragedia di Euripide,
di
cui daremo brevemente la tessitura storica, valen
di Euripide, di cui daremo brevemente la tessitura storica, valendoci
di
essa come esposizione del fatto. Trattenuta l’arm
essa come esposizione del fatto. Trattenuta l’armata greca nel porto
di
Aulide da una interminabile bonaccia, i capitani
ci, e segnatamente Agamennone, che aveva il comando supremo pensarono
di
ricorrere allo indovino Calcante, onde additasse
rono di ricorrere allo indovino Calcante, onde additasse loro il modo
di
placare lo sdegno degli dei, e l’ira inesorabile
asse loro il modo di placare lo sdegno degli dei, e l’ira inesorabile
di
Nettuno. Compiutesi dall’ indovino Calcante le so
va l’inesorabile indovino, i greci si sarebbero un giorno impadroniti
di
quella città, che già tanto sangue costava alla G
to sangue costava alla Grecia. Ifigenia,….. doversi A Diana immolar,
di
questo suolo Abitatrice diva : amici i venti, Cer
questo suolo Abitatrice diva : amici i venti, Certa la presa diventar
di
Troja, Svenando lei, non la svenando. nulla. Ecr
n la svenando. nulla. Ecripide — Ifigenia in Aulide. Tragedia. Trad.
di
F. Bellotti. Agamennone stette lungamente sospes
roprio dovere come re e come guerriero ; e la tenerezza det suo cuore
di
padre ; ma finalmente il pensiero della grandezza
acoli e difficoltà d’ogni maniera, e la più insormontabile era quella
di
sottrarre Ifigenia, all’ affettuosa vigilanza mat
e era quella di sottrarre Ifigenia, all’ affettuosa vigilanza materna
di
Clitennestra, che seco in Argo la teneva carissim
ere il suo scopo, Agamennone allo ra scrisse alla regina, ordinandole
di
fare immediatamente recare in Aulide la giovanett
o scopo, e con ragioni e con lagrime e con lusinghe tenta, ma invano,
di
stornare dal capo amatissimo della figlia il dest
a lottar sola più lungo tempo, e convinta in certo modo dalle ragioni
di
patria e di gloria che Agamennone le pose sott’oc
a più lungo tempo, e convinta in certo modo dalle ragioni di patria e
di
gloria che Agamennone le pose sott’occhio finì el
e, e sull’ara si trova, svenata e palpitante, una cerva bianchissima,
di
una rara bellezza, che Diana stessa ha sostituito
e fede anco veduto Non otteneva. Palpitante al suolo Una cerva giacea
di
grande corpo E d’egregia figura, e lo cui sangue
a avea l’ara del nume Euripide — Ifigenia in Aulide — Tragedia trad.
di
F. Bellotti Differentemente dalla tradizione mi
la tradizione mitologica seguita dal tragico greco, e che noi abbiamo
di
sopra esposta, è opinione di altri non meno accre
ita dal tragico greco, e che noi abbiamo di sopra esposta, è opinione
di
altri non meno accreditati scrittori e cronisti d
che Ifigenia fosse stata realmente svenata, e che l’innocente sangue
di
lei avesse bagnato le are della superstizione rel
a si è che minacciato Agamennone dello sdegno celeste avesse risoluto
di
sacrificare la figlia onde placare gli dei ; ma c
ssione del padre e della figlia, si sarebbe contentata del sacrificio
di
una cerva invece di quello di Ifigenia la quale a
ella figlia, si sarebbe contentata del sacrificio di una cerva invece
di
quello di Ifigenia la quale avesse dovuto recarsi
a, si sarebbe contentata del sacrificio di una cerva invece di quello
di
Ifigenia la quale avesse dovuto recarsi in Taurid
vesse dovuto recarsi in Tauride, e servire la dea, per un dato numero
di
anni, come sacerdotessa. Il cronista Candiotto, c
asserendo che Agamennone non volle accondiscere a questo suggerimento
di
Calcante ; e che allora Ulisse fosse segretamente
a Ulisse fosse segretamente partito dal campo greco senza il consenso
di
Agamennone e si fosse recato presso Clitennestra,
a falsificata in cui era scritto, contraffacendo la scrittura del re,
di
lasciar partire la figlia Ifigenia per alla volta
isse istesso, atterrito da alcuni presagi, e spaventato dalle minacce
di
Achille, che aveva scoperto il raggiro, non avess
divinità, una cerva bianca. Ifigenia in Tauride, è un’altra tragedia
di
Euripide, il più illustre fra i tragici greci. Il
ragedia di Euripide, il più illustre fra i tragici greci. Il soggetto
di
quest’altra tragedia altro non è che la continuaz
ro non è che la continuazione ed il compimento dell’idea informatrice
di
quella intitolata Ifigenia in Aulide. Tolta la pr
le vittime umane, che doveano sacrificarsi alla divinità del luogo, e
di
prepararle al sacrifizio ; mentre l’atto di uccid
lla divinità del luogo, e di prepararle al sacrifizio ; mentre l’atto
di
ucciderie era destinato ad altre mani. Così Ifige
Oreste fratello d’Ifigenia, il quale avea ricevuto comando da Apollo
di
recarsi in Tauride, levare dal tempio la statua d
comando da Apollo di recarsi in Tauride, levare dal tempio la statua
di
Diana, che si credeva discesa dal cielo, e traspo
ificati ; allorchè Ifigenia, avendo inteso che quegli stranieri erano
di
Argo, propose loro di sacrificarne uno solo quant
genia, avendo inteso che quegli stranieri erano di Argo, propose loro
di
sacrificarne uno solo quante volte l’altro si fos
ificarne uno solo quante volte l’altro si fosse legato con giuramento
di
portare al fratello Oreste una lettera. A questo
atello Oreste una lettera. A questo nome succede il riconoscimento, e
di
comune accordo concertano di salvarsi insieme. In
questo nome succede il riconoscimento, e di comune accordo concertano
di
salvarsi insieme. Infatti Ifigenia delude la vigi
concertano di salvarsi insieme. Infatti Ifigenia delude la vigilanza
di
Toante, re della Tauride, e col pretesto di una c
genia delude la vigilanza di Toante, re della Tauride, e col pretesto
di
una cerimonia espiatoria, che dovea farsi sulle r
rive del mare, s’imbarca, con Oreste e Pilade portando seco la statua
di
Diana. 2254. Ifimedia. — Moglie di Aloo e figlia
e e Pilade portando seco la statua di Diana. 2254. Ifimedia. — Moglie
di
Aloo e figlia di Triopante. Nettuno s’innammorò p
do seco la statua di Diana. 2254. Ifimedia. — Moglie di Aloo e figlia
di
Triopante. Nettuno s’innammorò perdutamente di le
oglie di Aloo e figlia di Triopante. Nettuno s’innammorò perdutamente
di
lei, e la rese madre di due giganti, che dal nome
i Triopante. Nettuno s’innammorò perdutamente di lei, e la rese madre
di
due giganti, che dal nome del loro supposto padre
ratide, la quale stando un giorno con sua madre a celebrare i misteri
di
Bacco, sulla riva del mare, entrambe furono rapit
da intestine discordie, e desolata dalla peste, gemeva sotto il pesò
di
tante sciagure ; onde il re di Elide pensò di rec
lata dalla peste, gemeva sotto il pesò di tante sciagure ; onde il re
di
Elide pensò di recarsi in persona a Delfo per con
e, gemeva sotto il pesò di tante sciagure ; onde il re di Elide pensò
di
recarsi in persona a Delfo per consultare l’oraco
di Elide pensò di recarsi in persona a Delfo per consultare l’oracolo
di
Apollo, ed avere così il mezzo di far cessare tan
na a Delfo per consultare l’oracolo di Apollo, ed avere così il mezzo
di
far cessare tante sciagure. La Pitia sacerdotessa
, interrotta già da lunghi anni. In Grecia e propriamente nella città
di
Elide, nel tempio consacrato a Giunone, fu per lu
i giuochi Olimpici. V. Olimpici. 2256. Ifitima. — Mercurio s’innamorò
di
questa ninfa e la rese madre dei satiri. 2257. Ig
ano questa divinità come dea della buona salute, e la facevano figlia
di
Esculapio e della ninfa Lampezia, famosa nei fast
mosa nei fasti della favola, per la bellezza. Igiea aveva nella città
di
Sicione, in un tempio dedicato a suo padre. una s
atua, ricoperta interamente da un velo, e innanzi alla quale le donne
di
Sicione andavano ad offrire le loro chiome alla d
lla dea. Generalmente i pagani rappresentavano Igiea, sotto la figura
di
una donna giovane ed imponente d’aspetto ; coi tr
chè era costume assai generalizzato, soprattutto fra i ricchi pagani,
di
dedicare alla dea Igiea una sua statua, tutte le
he risanavano da una malattia. Si trova in varie cronache che il nome
di
Igiea si dava sovente a Minevra, la quale veniva
ndo che da essa dipendesse la salute dell’impero. 2258. Ila. — Figlio
di
Tiodamante, re della Misia, e compagno di Ercole,
impero. 2258. Ila. — Figlio di Tiodamante, re della Misia, e compagno
di
Ercole, che seguì in Colchide. La tradizione narr
no di Ercole, che seguì in Colchide. La tradizione narra, a proposito
di
questo giovane principe un luttuoso avvenimento,
he giunti gli Argonauti sulle spiagge della Troade mandarono una mano
di
esploratorl, comandati da Ila, ai quali dettero a
no di esploratorl, comandati da Ila, ai quali dettero anche il carico
di
provvedersi di acqua per la navigazione. Ila però
rl, comandati da Ila, ai quali dettero anche il carico di provvedersi
di
acqua per la navigazione. Ila però non fu più rin
imo, discese sulla spiaggia per ricercarlo facendo risuonare gli echi
di
quelle rive abbandonate del nome mille volte ripe
sso. Molti autori moderni italiani e stranieri, fra cui il Clerc sono
di
opinione che la parola Hila significhi legno, e c
le legna sul monte Ida, onde fabbricare un vascello per la spedizione
di
Troja ; e che il rumore prodotto dai rami tagliat
motivo alla favola d’Ila. 2259. Ilapinasto. — Gli abitanti dell’isola
di
Cipro davano codesto soprannome a Giove, il quale
ri nei fasti del paganesimo per il ratto che Castore e Polluce fecero
di
esse, nel momento istesso che stavano per dare la
fecero di esse, nel momento istesso che stavano per dare la loro fede
di
spose, a Linceo ed Ida, cugini germani dei due di
armi, per vendicare l’offesa mortale, ma nel conflitto Castore privò
di
vita Linceo, mentre Ida fu ucciso da Polluce, dop
tore privò di vita Linceo, mentre Ida fu ucciso da Polluce, dopo però
di
avere egli stesso trucidato Castore. In quanto ad
. Castore E Polluce. 2261. Ilarie. — In Roma si celebravano, in onore
di
Cibele, detta anche Magna Mater, alcune pubbliche
anche Magna Mater, alcune pubbliche feste alle quali si dava il nome
di
Ilarie, forse alludendo alle molte allegrezze di
uali si dava il nome di Ilarie, forse alludendo alle molte allegrezze
di
coloro che vi prendevano parte. Ognuno recava con
di coloro che vi prendevano parte. Ognuno recava con sè quanto aveva
di
più prezioso e se ne faceva offerta alla dea. Era
di più prezioso e se ne faceva offerta alla dea. Era altresì permesso
di
vestire qualsivoglia foggia di abito, come pure i
offerta alla dea. Era altresì permesso di vestire qualsivoglia foggia
di
abito, come pure il portare le insegne di qualunq
vestire qualsivoglia foggia di abito, come pure il portare le insegne
di
qualunque dignità. Nelle feste Ilarie veniva invo
va invocata la Terra come madre degli dei ; e durante la celebrazione
di
esse erano sospese tutte le lugubri cerimonie e a
se erano sospese tutte le lugubri cerimonie e avea tregua ogni specie
di
pubblico e privato dolore. 2262. Ilarità. — V. Al
ivato dolore. 2262. Ilarità. — V. Allegrezza. 2263. Iliade. — Il nome
di
questo classico poema, che è la più stupenda crea
a, che è la più stupenda creazione epica della immortale intelligenza
di
Omero, che l’Alighieri stesso chiamò il poeta sov
ella religione pagana. 2264. Ilio. — Detto anche Ilione. Il quarto re
di
Troja, chiamato Ilo, fece edificare una cittadell
o re di Troja, chiamato Ilo, fece edificare una cittadella nelle mura
di
Troja e da ciò i poeti e gli scrittori dell’antic
col nome d’Ilio o Ilione, non solo la cittadella, ma la città intera
di
Troja. 2265. Iliona. — Così avea nome una delle t
ra di Troja. 2265. Iliona. — Così avea nome una delle tante figliuole
di
Priamo, re di Troja. Gli scrittori dell’antichità
265. Iliona. — Così avea nome una delle tante figliuole di Priamo, re
di
Troja. Gli scrittori dell’antichità narrano a pro
Priamo, re di Troja. Gli scrittori dell’antichità narrano a proposito
di
questa principessa un lagrimevole fatto. Il re su
evole fatto. Il re suo padre la concesse in moglie a Polinnestore, re
di
Tracia, famoso per le sue crudeltà. Durante il de
re di Tracia, famoso per le sue crudeltà. Durante il decennio assedio
di
Troja, Priamo volendo mettere in salvo dalle crud
, lo fece uccidere dopo poco tempo e la sorella Iliona morì anch’essa
di
dolore. Il cronista Igino espone, però, diversame
ente il truce avvenimento. Secondo il citato scrittore, Iliona moglie
di
Polinnestore, ricevè il piccolo Polidoro, suo fra
, per prova, il perverso animo del marito, fece passare Difilo figlio
di
Polinnestore, come suo fratello ed allevò iuvece
piccolo Polidoro. Intanto Polinestore volendo far morire il figliuolo
di
suo suocero, dette ordine che si uccidesse il fan
ano ritenute come sacre perchè, secondo riferisce il cronista Massimo
di
Tiro, sulle rive di quel flume s’innalzavano le m
cre perchè, secondo riferisce il cronista Massimo di Tiro, sulle rive
di
quel flume s’innalzavano le mura d’un istituto re
n istituto religioso detto il sacro istituto. 2267. Ilizia. — Sorella
di
Ebe e figlia della dea Giunone. I pagani credevan
iglia della dea Giunone. I pagani credevano che Ilizia, a somiglianza
di
sua madre, presiedesse al doloroso mistero dello
el parto, le donne facevono dei sacrifizi a questa dea, credendo così
di
liberarsi più presto. Le cronache dell’antichità
io consacrato alla dea Ilizia, una moneta, alla nascita ed alla morte
di
ogni persona, e ripetono che il saggio re avesse
2268. Ilo. — I cronisti della mitologia dicono, che Ascanio figliuolo
di
Enea, si chiamasse con questo primitivo nome dura
ittadella d’Ilione, stette in piedi ; e che non fu che dopo la caduta
di
questa che egli si chiamasse Iulio e secondo altr
ficatore della famosa cittadella — V. Ilio. La favola lo fa figliuolo
di
Tros e della ninfa Calliroe, e fratello di Ganime
La favola lo fa figliuolo di Tros e della ninfa Calliroe, e fratello
di
Ganimede e di Assaraco, e padre di Laomedonte. Il
fa figliuolo di Tros e della ninfa Calliroe, e fratello di Ganimede e
di
Assaraco, e padre di Laomedonte. Ilo detto anche
e della ninfa Calliroe, e fratello di Ganimede e di Assaraco, e padre
di
Laomedonte. Ilo detto anche Ilio, fu finalmente u
padre di Laomedonte. Ilo detto anche Ilio, fu finalmente un figliuolo
di
Ercole e della bella Dejanira. Durante il tempo c
V. Ercole, egli aveva affidato la moglie e i figliuolo alla custodia
di
Ceice, re di Trachina. Narra la cronaca che trasc
gli aveva affidato la moglie e i figliuolo alla custodia di Ceice, re
di
Trachina. Narra la cronaca che trascorso più d’un
ulla sorte dello sposo, esortò il figliuolo Ilio ad andare in traccia
di
suo padre, per cer care di saperne il destino. Il
rtò il figliuolo Ilio ad andare in traccia di suo padre, per cer care
di
saperne il destino. Ilio cedendo alle preghiere d
la madre partì, e dopo molte ricerche ritrovò finalmente, nella città
di
Cenea, l’eroe suo padre occupato nella fabbricazi
, nella città di Cenea, l’eroe suo padre occupato nella fabbricazione
di
un tempio a Giove ; ma sventuratamente giunse pre
fabbricazione di un tempio a Giove ; ma sventuratamente giunse presso
di
lui nel momento in che il fatale dono della camic
giunse presso di lui nel momento in che il fatale dono della camicia
di
Nesso. V. Dejanira, Ercole, Nesso — aveva sconvol
volta la ragione dell’eroe, che riconoscendo il figliuolo lo incaricò
di
portare alla madre le sue imprecazioni. Ilio info
ra caduta ad istigazione del perverso Centauro, scusò la madre presso
di
Ercole, il quale sentendo approssimarsi l’ultima
le, il quale sentendo approssimarsi l’ultima sua ora, ordinò ad Ilio,
di
portarlo sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e
simarsi l’ultima sua ora, ordinò ad Ilio, di portarlo sul monte Oeta,
di
stenderlo sul rogo, e di accenderlo con le propri
ordinò ad Ilio, di portarlo sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e
di
accenderlo con le proprie sue mani, imponendogli
on le proprie sue mani, imponendogli sotto pena della sua maledizione
di
sposare Iole. Morto Ercole, Ilio si ritrasse pres
tato rimesso nei suoi stati da Ercole, accolse benignamente il figlio
di
lui, riconoscente al beneficio che avea ricevuto
eneficio che avea ricevuto dal morto eroe. Ma l’irreconciliabile odio
di
Euristeo, il quale anche dopo la morte di Ercole
Ma l’irreconciliabile odio di Euristeo, il quale anche dopo la morte
di
Ercole perseguitò i discendenti di lui, temendo i
steo, il quale anche dopo la morte di Ercole perseguitò i discendenti
di
lui, temendo in Illo un vendicatore andò a turbar
a turbarlo nel suo ritiro, ond’egli non sentendosi più sicuro presso
di
Epalio, ricorse a Teseo, re di Atene. Questo prin
’egli non sentendosi più sicuro presso di Epalio, ricorse a Teseo, re
di
Atene. Questo principe, legato di parentela e d’a
esso di Epalio, ricorse a Teseo, re di Atene. Questo principe, legato
di
parentela e d’amicizia con Ercole prese a difende
essi uno stabilimento nell’Attica ; legò i suoi sudditi d’interessi e
di
relazioni con quelli ; e allorquando Euristeo mos
i e di relazioni con quelli ; e allorquando Euristeo mosse alla testa
di
un esercito alla volta di Atene per scacciarne gl
i ; e allorquando Euristeo mosse alla testa di un esercito alla volta
di
Atene per scacciarne gli Eraclidi, Illo, duce sup
e ateniesi, impegnò la battaglia contro il proprio nemico e lo uccise
di
sua mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fi
lia contro il proprio nemico e lo uccise di sua mano. Ma con la morte
di
Euristeo non ebbe fine l’inimicizia fra gli Eracl
l’inimicizia fra gli Eraclidi ed i Pelopidi ; e la guerra minacciava
di
durar Inngamente, allorchè Illo, per porvi un ter
amente, allorchè Illo, per porvi un termine, mandò ai nemici un bando
di
sfida, offerendo di battersi personalmente contro
o, per porvi un termine, mandò ai nemici un bando di sfida, offerendo
di
battersi personalmente contro chiunque si fosse p
lidi non avrebbero potuto entrare nel Peloponneso che dopo un periodo
di
cento anni. Nel combattimento Illo fu ucciso e gl
Peloponneso che dopo il tempo stabilito. 2269. Imbrasia. — Soprannome
di
Giunone, che a lei veniva da un flume chiamato Im
he a lei veniva da un flume chiamato Imbraso, che scorreva nell’isola
di
Samo. I sacerdoti della dea in alcuni giorni dell
doti della dea in alcuni giorni dell’anno andavano a lavare la statua
di
lei nelle acque di quel flume che perciò erano ri
lcuni giorni dell’anno andavano a lavare la statua di lei nelle acque
di
quel flume che perciò erano ritenute come sacre.
270. Imene. — Detto anche Imeneo. Le cronache mitologiche, ci parlano
di
questo giovane ateniese come di un uomo di estrem
. Le cronache mitologiche, ci parlano di questo giovane ateniese come
di
un uomo di estrema bellezza, ma di oscuri natali
he mitologiche, ci parlano di questo giovane ateniese come di un uomo
di
estrema bellezza, ma di oscuri natali e poverissi
no di questo giovane ateniese come di un uomo di estrema bellezza, ma
di
oscuri natali e poverissimo. Ancora fanciullo s’i
perdutamente d’una giovanetta ateniese e non potendo nemmeno sperare
di
farla sua un giorno per esser ella di nobile e ri
e e non potendo nemmeno sperare di farla sua un giorno per esser ella
di
nobile e ricca famiglia, si contentò di seguitarl
sua un giorno per esser ella di nobile e ricca famiglia, si contentò
di
seguitarla da per ogni dove, felice di poterla al
e ricca famiglia, si contentò di seguitarla da per ogni dove, felice
di
poterla almeno vedere e di sentire qualche volta
ntò di seguitarla da per ogni dove, felice di poterla almeno vedere e
di
sentire qualche volta il suono della sua voce ado
lta il suono della sua voce adorata. Avvenne intanto, che nella città
di
Atene si cominciavano a fare i preparativi per le
ella città di Atene si cominciavano a fare i preparativi per le feste
di
Cerere, che con gran pompa si celebravano una vol
si sarebbe recata alle feste e spinto dell’amore concepì il pensiero
di
vestirsi da donna onde poter rimanere vicino alla
. Mentre le feste erano già cominciate e Imene assaporava la felicità
di
star vicino alla diletta del suo cuore, una mano
orava la felicità di star vicino alla diletta del suo cuore, una mano
di
corsari piombarono improvvisamente sulle donne at
o allora profittando del sonno dei rapitori propose alle sue compagne
di
aventura di uccidere i corsari ; e postosi alla t
fittando del sonno dei rapitori propose alle sue compagne di aventura
di
uccidere i corsari ; e postosi alla testa delle p
verso Atene. Quivi giunto, radunò il popolo e propose ai magistrati,
di
liberare le altre donne ateniesi dalle mani dei c
le altre donne ateniesi dalle mani dei corsari richiedendo in premio
di
quanto egli avrebbe operato, la mano di una giova
corsari richiedendo in premio di quanto egli avrebbe operato, la mano
di
una giovanetta ch’egli amava. La proposta fu acce
ttata e Imene parti la sera stessa per l’isola dei corsari alla testa
di
una forte mano di soldati e provveduto di quanto
i la sera stessa per l’isola dei corsari alla testa di una forte mano
di
soldati e provveduto di quanto era necessario all
sola dei corsari alla testa di una forte mano di soldati e provveduto
di
quanto era necessario alla spedizione, la quale a
duto di quanto era necessario alla spedizione, la quale andò coronata
di
lieto successo, imperocchè dopo pochi giorni il g
anetta che formava tutto il suo amore. Gli ateniesi in commemorazione
di
questo fatto invocarono sempre Imene nella celebr
no delle feste in suo onore chiamate Imenee. Da ciò emerge il simbolo
di
Imeneo dio delle nozze, che alcuni autori fanno f
simbolo di Imeneo dio delle nozze, che alcuni autori fanno figliuolo
di
Bacco e di Venere, altri di Urania ed altri final
Imeneo dio delle nozze, che alcuni autori fanno figliuolo di Bacco e
di
Venere, altri di Urania ed altri finalmentedi Apo
nozze, che alcuni autori fanno figliuolo di Bacco e di Venere, altri
di
Urania ed altri finalmentedi Apollo e di Calliope
di Bacco e di Venere, altri di Urania ed altri finalmentedi Apollo e
di
Calliope. I pagani rappresentavano Imeneo sotto l
llo e di Calliope. I pagani rappresentavano Imeneo sotto le sembianze
di
un giovanetto bellissimo, coronato di fiori ; con
avano Imeneo sotto le sembianze di un giovanetto bellissimo, coronato
di
fiori ; con una fiaccola accesa nella mano destra
onato di fiori ; con una fiaccola accesa nella mano destra ed un velo
di
color giallo nella sinistra, e ciò, secondo Plini
econdo Plinio, perchè le spose greche costumavano adornarsi d’un velo
di
questo colore, quando andavano all’altare. 2271.
o di questo colore, quando andavano all’altare. 2271. Imero. — Figlio
di
Lacedemone e di una ninfa bellissima per nome Tai
re, quando andavano all’altare. 2271. Imero. — Figlio di Lacedemone e
di
una ninfa bellissima per nome Taigete. A proposit
di Lacedemone e di una ninfa bellissima per nome Taigete. A proposito
di
questo giovanetto le cronache dell’antichità ci h
icordo. Ripete la tradizione che essendosi Imero tirato addosso l’ira
di
Venere, la dea per vendicarsi fece in modo, che u
a sera egli senza conoscere la propria sorella Cleudice avesse gioito
di
lei. Il giorno seguente venuto a conoscenza dell’
i prese il suo nome, uscisse dalle onde una pietra che aveva la forma
di
un elmo che gli antichi chiamarono Trafitide ; e
hi chiamarono Trafitide ; e che questa pietra aveva la strana facoltà
di
saltare da sè sola, sulla sponda tutte le volte c
sponda tutte le volte che gli echi circostanti ripetevano lo squillo
di
una tromba. Altre opinioni asseriscono che il fiu
riscono che il fiume Imero cangiasse nuovamente il suo nome in quello
di
Eurola, per una consimile congiuntura V. Eurota.
ola, per una consimile congiuntura V. Eurota. Imero era anche il nome
di
un dio dei desiderii, che i pagani ponevano insie
dell’amore, e che tutti e tre venivano simboleggiati sotto la figura
di
tre amorini. 2272. Imezio. — Nelle circostanze di
ati sotto la figura di tre amorini. 2272. Imezio. — Nelle circostanze
di
Atene sorgeva una montagna conosciuta sotto il no
le circostanze di Atene sorgeva una montagna conosciuta sotto il nome
di
Imetto, sulla quale Giove aveva un tempio a lui c
un tempio a lui consacrato, perchè la tradizione asseriva che le api
di
quella montagna avevan cibato Giove bambino del l
agna avevan cibato Giove bambino del loro miele ; e che in ricompensa
di
ciò, il padre degli dei avea conceduto a quelle a
nsa di ciò, il padre degli dei avea conceduto a quelle api la facoltà
di
fare il miele più squisito di tutte le altre. Da
avea conceduto a quelle api la facoltà di fare il miele più squisito
di
tutte le altre. Da questo fatto si dava il nome d
d’Imezio a Giove stesso. 2273. Imperatore. — Un altro dei soprannomi
di
Giove, col quale aveva nel Campidoglio una statua
ia. 2274. Imprecazioni. — In latino dirœ. Era questa la denominazione
di
alcune divinità, che presso i pagani eran ritenut
avano le imprecazioni, allorquando ci ripete quelle contro l’uccisore
di
Lajo. Di questa terra, ond’ho possanza e trono,
oco Ciò che agli altri imprecal. Sofocle — Edipo Re — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Presso i pagani varie erano le form
no o quelle contro i violatori dei sepolcri. 2275. Impudenza. — Anche
di
questa avevano i greci fatta una divinità e le av
gani come un animale senza pudore. 2276. Inace. — Fondatore del regno
di
Argo e stipite fondamentale degli Inachidi : fu f
i Inachidi : fu figliuolo dell’Oceano. Pausania riferisce a proposito
di
lui, che avendo fatto scavare un nuovo letto al f
attiene, fra Nettuno e Giunone surse una contesa, pretendendo ognuna
di
queste divinità di avere la supremazia sul regno
no e Giunone surse una contesa, pretendendo ognuna di queste divinità
di
avere la supremazia sul regno di Argo. A giudici
retendendo ognuna di queste divinità di avere la supremazia sul regno
di
Argo. A giudici della contesa furono chiamati Ina
contesa furono chiamati Inaco, ed altri due fiumi, del paese e questi
di
comune accordo giudicarono in favore di Giunone.
due fiumi, del paese e questi di comune accordo giudicarono in favore
di
Giunone. Nettuno sdegnato disseccò i tre fiumi. I
ore di Giunone. Nettuno sdegnato disseccò i tre fiumi. Inaco fu padre
di
varii figliuoli di cui i più ricordati sono Foran
tuno sdegnato disseccò i tre fiumi. Inaco fu padre di varii figliuoli
di
cui i più ricordati sono Foraneo ed Io. 2277. Ina
nosciuta oggi sotto il nome d’Ischia. Virgilio dice che sotto le rupi
di
quell’isola giace fulminato da Giove il gigante T
ola giace fulminato da Giove il gigante Tifeo. 2278. Incubi. — Specie
di
Genii che i pagani classificavano fra i loro dei
e si dava ad Ercole, secondo Cicerone, dal fatto seguente. Nel tempio
di
questo dio, si conservava fra gli arredi sacri, u
dio, si conservava fra gli arredi sacri, una tazza d’oro pesantissima
di
grande valore, la quale un bel giorno fu rubata s
acque per allora, ma essendosi lo stesso sogno ripetuto per tre notti
di
seguito, all’indomani del terzo giorno si present
he fu rimessa al suo posto. Da questo fatto Ercole ebbe il soprannome
di
Indicante. 2280. Indigeto. — Con la denominazione
be il soprannome di Indicante. 2280. Indigeto. — Con la denominazione
di
Giove Indigeto, i romani indicavano Enea, perchè
ia, contro Mezenzio, combattuta sulle rive del fiume Numico, il corpo
di
lui non si potè più rinvenire, perchè Venere, mad
l’aveva posto fra gli dei, dopo averne purificato il corpo nelle onde
di
quel fiume. Al dire di Tito Livio, si vedeva anco
ei, dopo averne purificato il corpo nelle onde di quel fiume. Al dire
di
Tito Livio, si vedeva ancora ai suoi tempi un mon
a gli dei. Oltre a questo i romani davano la denominazione collettiva
di
dei indigeti a tutti gli eroi che essi avevano di
leva che la Indovinazione altro non fu da principio se non una specie
di
arte ignota e misteriosa, la quale per mezzo di a
pio se non una specie di arte ignota e misteriosa, la quale per mezzo
di
assiduo studio sugli avvenimenti del passato, pro
per mezzo di assiduo studio sugli avvenimenti del passato, procurava
di
scoprire l’avvenire, e quanto potea succedere col
più facilmente accadere presso quei popoli, che professavano un culto
di
religione pieno a ribocco di superstiziose creden
o quei popoli, che professavano un culto di religione pieno a ribocco
di
superstiziose credenze : tanto più poi perchè l’u
atura preoccupato sempre ed inquieto dell’avvenire, ha cercato sempre
di
penetrare negli arcani di quello e di squarciare
d inquieto dell’avvenire, ha cercato sempre di penetrare negli arcani
di
quello e di squarciare il fitto velo che lo nasco
ell’avvenire, ha cercato sempre di penetrare negli arcani di quello e
di
squarciare il fitto velo che lo nasconde ai suoi
za arcana e misteriosa, furono gli egizii ed i greci, i quali osarono
di
formarne una scienza fondata su regole e su prece
arne una scienza fondata su regole e su precetti più o meno strani, e
di
legarla alla religione, onde fare che, venendo es
d’Indovini. Riserbandoci a parlare partitamente al vocabolo Teurgia,
di
quanto concerne la divinazione naturale, diremo q
ne naturale, diremo qui che quattro erano, presso i pagani, le specie
di
divinazioni più in uso ; alle quali, si dava il n
pecie di divinazioni più in uso ; alle quali, si dava il nome proprio
di
, Aeromanzia, quante volte si faceva uso dell’aria
l nome proprio di, Aeromanzia, quante volte si faceva uso dell’aria ;
di
Idromanzia quando s’adoperava l’acqua ; di Geoman
si faceva uso dell’aria ; di Idromanzia quando s’adoperava l’acqua ;
di
Geomanzia quando adoperavano il terreno e finalme
ava l’acqua ; di Geomanzia quando adoperavano il terreno e finalmente
di
Piromanzia, quando si servivano del fuoco. Oltre
nzia, quando si servivano del fuoco. Oltre a queste principali specie
di
divinazione, ve ne era un altro larghissimo numer
menzionati, secondo che l’ordine alfabetico da noi seguito nel corso
di
questa nostra opera, ce ne ha porto l’occasione.
ra, ce ne ha porto l’occasione. Queste differenti e moltiplici specie
di
divinazioni erano dette, astrologia, assinomanzia
omanzia, litomanzia, negromanzia ecc. ecc. e un altro infinito numero
di
denominazioni delle quali han fatto menzione quas
ne avevano fatta una divinità, e la rappresentavano sotto lo aspetto
di
una donna tranquilla e sorridente ; dallo sguardo
l’Olimpo, abituale dimora degli dei, e il Tartaro, ove era la reggia
di
Plutone. Al dire dei filosofi dell’antichità, l’i
te distante da tutti i luoghi della terra ; e ciò, secondo l’opinione
di
Cicerone, veniva asserito per esprimere che dev’e
ssaggi particolari dai quali, si andava all’inferno ; così la caverna
di
Tenaro, nella Lacedemonia ; la caverna Acherusia,
Lacedemonia ; la caverna Acherusia, in Epiro ; il passo, detto Bocca
di
Plutone, nella Laodicea ecc. Senofonte, scrive ch
per discendere all’Inferno e presentarsi a Plutone, passi la caverna
di
Tenaro in fondo alia quale ritrovò il fiume Acher
fondo alia quale ritrovò il fiume Acheronte, che traversò sulla barca
di
Caronte, la quale la lasciò innanzi al trono di P
traversò sulla barca di Caronte, la quale la lasciò innanzi al trono
di
Plutone, custodita da Cerbero. Secondo ripete la
manza adottata da tutti gli altri abitanti della Grecia, quella cioè,
di
mettere nelle labbra dei loro morti, una piccola
uale residenza nell’Inferno le Furie. Vedi Furie. Le Eumenidi, l’Idra
di
Lerna, i Giganti, le Arpie, i Centauri, la Discor
’Indigenza, la Morte, la Chimera, le Gorgoni e tutti infine i mostri,
di
che l’immaginazione dei poeti dell’antichità, e l
l’immaginazione dei poeti dell’antichità, e le superstiziose credenze
di
quei tempi, avevano largamente popolata la religi
e de le Furie I ferrati covili, il Furor folle, L’empia Discordia che
di
serpi lui ’l crine, E di sangue mai sempre il vol
ovili, il Furor folle, L’empia Discordia che di serpi lui ’l crine, E
di
sangue mai sempre il volto intriso. Nel mezzo erg
’ ha la sua vana immago e il suo fantasma. Molte, oltre a ciò, vi son
di
varie fere Mostruose apparenze. In su le porte I
In su le porte I biformi Centauri, e le biformi Due Scille : Brïareo
di
cento doppi : La Chimera di tre, che con tre hocc
ntauri, e le biformi Due Scille : Brïareo di cento doppi : La Chimera
di
tre, che con tre hocche Il foco avventa : il gran
La Chimera di tre, che con tre hocche Il foco avventa : il gran Serpe
di
Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo
ergini insieme, augelli e cagne. Virgilio — Eneide — Libro VI. trad.
di
A. Caro : 2285. Iniziali. — Detti anche Initali,
che significa consacrare, introdurre. Si dava codesto nome ai misteri
di
Cerere, perchè bisognava essere iniziato al culto
nome ai misteri di Cerere, perchè bisognava essere iniziato al culto
di
quella dea per assistervi. 2286. Ino. — Figlia di
e iniziato al culto di quella dea per assistervi. 2286. Ino. — Figlia
di
Cadmo e di Armonia. Ella fu tolta in moglie, in s
al culto di quella dea per assistervi. 2286. Ino. — Figlia di Cadmo e
di
Armonia. Ella fu tolta in moglie, in seconde nozz
di Armonia. Ella fu tolta in moglie, in seconde nozze da Atamante, re
di
Tebe, il quale la rese madre di due figliuoli, Me
lie, in seconde nozze da Atamante, re di Tebe, il quale la rese madre
di
due figliuoli, Melicerta e Learco. Ella trattò co
adre di due figliuoli, Melicerta e Learco. Ella trattò con vero cuore
di
madrigna, Elle e Frisso, figliuoli del primo lett
con vero cuore di madrigna, Elle e Frisso, figliuoli del primo letto
di
suo marito ; e tanto che, sapendo che, per diritt
del primo letto di suo marito ; e tanto che, sapendo che, per diritto
di
primogenitura, sarebbe a questi spettato di succe
sapendo che, per diritto di primogenitura, sarebbe a questi spettato
di
succedere al trono del padre loro, a detrimento d
ere al trono del padre loro, a detrimento dei propri figliuoli, pensò
di
far morire i suoi figliastri, e per raggiungere c
e dei suoi concittadini, e dette ai suoi tenebrosi maneggi, una tinta
di
religione. In quel torno di tempo, la città di Te
ette ai suoi tenebrosi maneggi, una tinta di religione. In quel torno
di
tempo, la città di Tebe, fu desolata da una terri
osi maneggi, una tinta di religione. In quel torno di tempo, la città
di
Tebe, fu desolata da una terribile carestia, (del
ean per costume d’interrogare l’oracolo, così quando si cercò il modo
di
far cessare la carestia, i sacerdoti del maggior
cò il modo di far cessare la carestia, i sacerdoti del maggior tempio
di
Tebe, subornati dall’oro della regina, e venduti
di Tebe, subornati dall’oro della regina, e venduti alle infami mire
di
lei, risposero che a far cessare il flagello, bis
scenza dei crudeli raggiri della moglie, trasportato dall’ira, uccise
di
sua mano il proprio figliuolo Learco e si dette a
o il citato scrittore, la dea Giunone, non ancora placata dalla morte
di
Semele, perseguitò Ino, sorella di quella, per av
ne, non ancora placata dalla morte di Semele, perseguitò Ino, sorella
di
quella, per aver preso cura del piccolo Bacco, fi
Ino, sorella di quella, per aver preso cura del piccolo Bacco, figlio
di
Giove e di Semele ; e giurò di riportare su di In
a di quella, per aver preso cura del piccolo Bacco, figlio di Giove e
di
Semele ; e giurò di riportare su di Ino tutto lo
r preso cura del piccolo Bacco, figlio di Giove e di Semele ; e giurò
di
riportare su di Ino tutto lo sdegno della sua ter
piccolo Bacco, figlio di Giove e di Semele ; e giurò di riportare su
di
Ino tutto lo sdegno della sua terribile vendetta.
sdegno della sua terribile vendetta. A tale uopo, comandò alle furie
di
turbare la ragione di Atamante, ed egli infatti p
ibile vendetta. A tale uopo, comandò alle furie di turbare la ragione
di
Atamante, ed egli infatti percosso nello intellet
mato in un bosco ; la moglie ed i figliuoli in fiere, e in un accesso
di
questa abberrazione schiacciò contro il muro il c
i sentieri sottomarini a lei solo cogniti. Ma la implacabile vendetta
di
Giunone, non si tenne paga alle sventure sofferte
ferte dalla povera Ino, e appena ella giunse in Italia suscitò contro
di
essa le Baccanti le quali un giorno circondandola
un giorno circondandola e riempiendo l’aria, secondo il loro costume,
di
grida assordanti, colpirono Ino di durissime batt
o l’aria, secondo il loro costume, di grida assordanti, colpirono Ino
di
durissime battiture ; sotto le quali la sventurat
nturata sarebbe morta per certo, se non si fosse trovato a passar per
di
là Ercole, il quale ritornava dalla Spagna. L’ero
inità marittima, che i romani avrebbero adorata sotto il nome proprio
di
Matuta, e i greci sotto quello di Leucotoe. Infat
bbero adorata sotto il nome proprio di Matuta, e i greci sotto quello
di
Leucotoe. Infatti Nettuno, poco tempo dopo cedend
di Leucotoe. Infatti Nettuno, poco tempo dopo cedendo alle preghiere
di
Venere, ricevè Ino e il figliuolo Melicerta fra l
dasse alle donne incinte. 2288. Intestina delle vittime. — L’incarico
di
esaminare le viscere delle vittime, svenate nei s
omento stesso che esse venivano esaminate, onde significare per mezzo
di
quelle, la loro volontà. Però presso gli antichi
i si avvalevano dell’ignoranza del popolo, come han fatto i sacerdoti
di
tutti i tempi, onde mantenere schiave la masse, e
no personificato anche l’inverno, rappresentandolo sotto le sembianze
di
un uomo di matura età, coperto di panni pesanti,
icato anche l’inverno, rappresentandolo sotto le sembianze di un uomo
di
matura età, coperto di panni pesanti, inghirlanda
rappresentandolo sotto le sembianze di un uomo di matura età, coperto
di
panni pesanti, inghirlandato d’una corona di rami
o di matura età, coperto di panni pesanti, inghirlandato d’una corona
di
rami senza foglie, e con in mano un uccello acqua
in mano un uccello acquatico. 2290. Invidia. — I greci aveano fatto
di
questa triste passione un dio, essendo la parola
eano fatto di questa triste passione un dio, essendo la parola φδονος
di
genere mascolino ; mentre i latini ne aveano fatt
ne aveano fatto una dea, essendo nella loro lingua la parola invidia
di
genere feminile. Le cronache dell’antichità non f
di genere feminile. Le cronache dell’antichità non fanno menzione, nè
di
altari, nè di statue erette a questa divinità ; e
nile. Le cronache dell’antichità non fanno menzione, nè di altari, nè
di
statue erette a questa divinità ; e solo alcuni a
i autori come Luciano ed Ovidio, ci hanno trasmesso delle descrizioni
di
questa funesta passione, prese dagl’invidiosi med
l Cav. Ermolao Federico. 2291. Invincibile. — Era uno dei soprannomi
di
Giove. In Roma durante gl’Idi di Giugno, venivano
nvincibile. — Era uno dei soprannomi di Giove. In Roma durante gl’Idi
di
Giugno, venivano celebrate solenni feste in onore
a durante gl’Idi di Giugno, venivano celebrate solenni feste in onore
di
Giove Invincibile. 2292. Io. — Figlia del fiume I
e. 2292. Io. — Figlia del fiume Inaco. La cronaca mitologica racconta
di
lei, che essendosene Giove perdutamente invaghito
e usciva sola della casa paterna, e per impedirle la fuga, la ricinse
di
una densa nuvola, la cui oscurità si sparse tutta
i sparse tutta all’intorno. Sorpresa Giunone a veder la terra coperta
di
tenebre, mentre il cielo era sereno, scese subito
nto delle sue forme, per modo che Giunone stesso non potè fare a meno
di
ammirarla, e fingendo di ignorare quanto era avve
modo che Giunone stesso non potè fare a meno di ammirarla, e fingendo
di
ignorare quanto era avvenuto, dimandò a Giove di
mmirarla, e fingendo di ignorare quanto era avvenuto, dimandò a Giove
di
chi fosse quella giovenca e a qual mandra apparte
Giove risposte che l’avea prodotta la terra, Giunone chiese al marito
di
donarle quella giovenca. Giove suo malgrado condi
Federico. Ora avvenne che mentre Io, sotto la custodia instancabile
di
Argo, pascolava un giorno sulle sponde del fiume,
bile di Argo, pascolava un giorno sulle sponde del fiume, Inaco padre
di
lei, attratto dalla bellezza di quello animale, l
o sulle sponde del fiume, Inaco padre di lei, attratto dalla bellezza
di
quello animale, le mise d’innanzi un fascio d’erb
ortese, ed avendo riconosciuto suo padre, lambì a lui le mani in atto
di
riconoscenza, mentre due lagrime le caddero dagl’
rpreso nel sonno l’incorruttibile custode, lo uccise. Però alla morte
di
lui, non diminuirono i mali della perseguitata, i
i mali della perseguitata, imperocchè Giunone vieppiù sdegnata contro
di
lei, le fece apparire una furia, la quale turband
tanto cronisti come poeti, si narra il fatto medesimo con l’aggiunta
di
altre congiunture. Infatti, presso quasi tutti g
dal suo nome fu detto mare Ionio, …….. e tutto poi Quel gran tratto
di
mar, sappi che sempre Sarà Ionio nomato, appo i m
viaggio monumento eterno. Eschilo — Prometeo Legato — Tragedia trad.
di
F. Bellotti e andò nell’Illino, donde traversan
porta lo stesso nome, lo passò come il mare e da questo prese il nome
di
Bosforo. …….. onde poi sempre Bimarrà fra’ morta
o nomato Sarà quel golfo. Eschilo — Prometeo Legato — Tragedia Trad.
di
F. Bellotti. Ma non si arrestò quivi, perchè spi
rezzando ; e il bruno Epafo a lui partorirai tu quindi Che fia signor
di
quanto suolo irriga Il Nilo ampiofluente. Eschil
iga Il Nilo ampiofluente. Eschilo — Prometeo Legato — Tragedia Trad.
di
F. Bellotti. A queste rivelazioni, un novello ac
gedia Trad. di F. Bellotti. A queste rivelazioni, un novello accesso
di
furore colpisce la sventurata Io, la quale lascia
pinioni dei più chiari scrittori dell’antichità, che Io, sacerdotessa
di
Giunone, fu amata da un re di Argo, per nome Api,
ri dell’antichità, che Io, sacerdotessa di Giunone, fu amata da un re
di
Argo, per nome Api, il quale era soprannominato G
ngelosita la regina avesse fatto rapire Io, affidandola alla custodia
di
un suo seguace, per nome Argo, il quale Api avess
erò temendo la vendetta della regina, s’imbarcò per lontani viaggi su
di
una nave, che avea nella prora la figura di una v
rcò per lontani viaggi su di una nave, che avea nella prora la figura
di
una vacca, e questo ha dato motivo alla favolosa
igura di una vacca, e questo ha dato motivo alla favolosa metamorfosi
di
Io in giovenca. Pausania riferisce che lo non fos
ume Inaco, come vuole la maggioranza degli autori, ma invece la madre
di
lei avesse nome Iaso, figlinola di Triopante, det
a degli autori, ma invece la madre di lei avesse nome Iaso, figlinola
di
Triopante, detto anche Triopa, settimo re di Argo
sse nome Iaso, figlinola di Triopante, detto anche Triopa, settimo re
di
Argo. Erodoto ripete invece, che la principessa I
ai proprii genitori, in Argo, come rappresaglia vendicativa del ratto
di
Europa, Figlia di Agenore, re di Fenicia. V. Euro
i, in Argo, come rappresaglia vendicativa del ratto di Europa, Figlia
di
Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il
e rappresaglia vendicativa del ratto di Europa, Figlia di Agenore, re
di
Fenicia. V. Europa. Finalmente il nome di Ifide,
ropa, Figlia di Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il nome
di
Ifide, col quale Io fu adorata come una Dea, le v
dare dei contrassegni sensibili, della loro presenza, col compimento
di
qualche prodigio. Dionigi d’Alicarnasso, era talm
fra tutti gli altri autori dell’ antichità, non si può dar certo nome
di
credulo, ripete sovente, nelle sue opere, che le
ui cittadini. 2294. Iperborio. — Dalle due parole greche υπερ, βορεης
di
la e Borea ; si dava, secondo riferisce Diodoro,
tentrionali del mondo conosciuto dagli antichi, quasi si volesse dire
di
la dal vento Borea. Il soprannome d’Iperboreo, si
a mandare ogn’ anno, le primizie della terra, come offerta nel tempio
di
Delo. Da principio anzi queste offerte erano uman
ne, imperocchè si mandavano tre vergini accompagnate da cento giovani
di
sperimentato coraggio, che portavano le offerte ;
sendo state una volta violate le leggi dell’ ospitalità, fu stabilito
di
far passare le offerte di mano in mano, fino a De
ate le leggi dell’ ospitalità, fu stabilito di far passare le offerte
di
mano in mano, fino a Delo, e si presero perciò gl
vavano sulla via, che dal paese degl’ Iperborei, conduceva all’ isola
di
Delo, ove Apollo a causa di questa grande devozio
ese degl’ Iperborei, conduceva all’ isola di Delo, ove Apollo a causa
di
questa grande devozione che aveano per lui quegl’
dditato col soprannome d’Iperboreo. 2295. Iperione. — Fratello minore
di
Saturno e figlio di Urano. Secondo la tradizione
me d’Iperboreo. 2295. Iperione. — Fratello minore di Saturno e figlio
di
Urano. Secondo la tradizione a cui si attiene Esi
l’assiduità delle sue osservazioni, il corso del sole, e il movimento
di
rotazione degli altri corpi che occupano lo spazi
a in moglie la stessa sua sorella chiamata Basilea, che lo rese padre
di
due figliuoli, un maschio ed una femmina ; il pri
. Ingelositi intanto gl’altri re dal vedere che Iperione avesse prole
di
così stupenda e maravigliosa bellezza, congiuraro
esse prole di così stupenda e maravigliosa bellezza, congiurarono fra
di
loro di togliere la vita ad Iperione, e di annega
le di così stupenda e maravigliosa bellezza, congiurarono fra di loro
di
togliere la vita ad Iperione, e di annegare nel f
bellezza, congiurarono fra di loro di togliere la vita ad Iperione, e
di
annegare nel fiume Eridano il figliuolo Elio, anc
ambino. V. Basilea. 2296. Ipernestra. — Una delle cinquanta figliuole
di
Danao, e propriamente quella che si ricusò di ucc
lle cinquanta figliuole di Danao, e propriamente quella che si ricusò
di
uccidere il suo sposo nella prima notte delle noz
altre sue quarantanove sorelle. V. Danao e Danaidi. Ipernestra invece
di
pugnalare il suo sposo, per nome Linceo, gli pors
invece di pugnalare il suo sposo, per nome Linceo, gli porse il mezzo
di
sottrarsi alla grave sciagura che lo minacciava.
ini suoi, la fece trascinare in una orrida prigione, coll’ intenzione
di
lasciarvela morire ; ma il popolo prese le parti
itata, e costrinse Danao a ridonare Ipernestra allo sposo. In memoria
di
questo fatto Ipernestra fece edificare un tempio
alcuni templi, che aveano all’intorno nella parte esterna due ordini
di
colonne, ed altrettanti nella parte interna, rima
ndo scoperti nel mezzo. Pausania e Vitruvio fanno menzione, il primo,
di
un tempio sacro a Giunone costruito in siffatta g
da che da Falera conduceva ad Atene ; ed il secondo ricorda il tempio
di
Giove Olimpico, nella capitale stessa della Greci
mente costrutto, e detto come tutti gli altri simili, Ipetro. Al dire
di
Strabone, gl’Ipetri erano adorni di un gran numer
gli altri simili, Ipetro. Al dire di Strabone, gl’Ipetri erano adorni
di
un gran numero di statue, rappresentanti le diver
Ipetro. Al dire di Strabone, gl’Ipetri erano adorni di un gran numero
di
statue, rappresentanti le diverse divinità. Nel f
nti le diverse divinità. Nel famoso Ipetro, ove si adorava la Giunone
di
Samo, si ammiravano tre colossali statue del cele
no indicati certi servienti degl’ indovini, i quali avevano il carico
di
pubblicare gli oracoli e di accudire a quanto abb
degl’ indovini, i quali avevano il carico di pubblicare gli oracoli e
di
accudire a quanto abbisognava nelle funzioni dei
00. Ippa. — Secondo riferisce Orfeo, così ebbe nome una delle nutrici
di
Bacco. 2301. Ippia. — Dalla parola greca ιππος ch
desto soprannome a quella Minerva ritenuta comunemente come figliuola
di
Nettuno, e che veniva raffigurata a cavallo : da
di Nettuno, e che veniva raffigurata a cavallo : da ciò il soprannome
di
Ippia cioè, la cavaliera. 2302. Ippio. — Ossia Eq
dava assai generalmente a Nettuno, perchè, secondo riferisce Diodoro
di
Sicilia, si attribuiva a quel dio, l’arte di doma
econdo riferisce Diodoro di Sicilia, si attribuiva a quel dio, l’arte
di
domare i cavalli. Scrive Pausania, che il più ant
l’arte di domare i cavalli. Scrive Pausania, che il più antico tempio
di
Nettuno Ippio sorgeva di là da Mantinea, e che no
i. Scrive Pausania, che il più antico tempio di Nettuno Ippio sorgeva
di
là da Mantinea, e che non era permesso ad alcuno
uno Ippio sorgeva di là da Mantinea, e che non era permesso ad alcuno
di
entrare in quel tempio. La cronaca tradizionale,
tempio. La cronaca tradizionale, dice che traverso la porta maggiore
di
quel tempio era stata posta, dalla parte interna,
mpio era stata posta, dalla parte interna, una fascia tessuta in lana
di
color rosso ; e che questo fragilissimo riparo ba
grilego, perchè da una delle pareti del tempio scaturì una larga vena
di
acqua marina, la quale percosse Epito così violen
fu cieco per tutta la vita. Ippio era anche il soprannome particolare
di
Marte, il quale con Minerva e Nettuno formavano l
elle pagane divinità particolarmente designate dagli antichi col nome
di
Equestri, perchè erano i soli numi che il paganes
i che il paganesino raffigurava montati a cavallo. 2303. Ippo. — Nome
di
una delle tante ninfe Oceanidi. 2304. Ippocampi —
tante ninfe Oceanidi. 2304. Ippocampi — Nome particolare dei cavalli
di
Nettuno e che erano anche assegnati alle altre di
alisti dell’antichità, e Plinio, fra questi, dicono che si dà il nome
di
cavallo marino o Ippocampo ad un insetto lungo ci
na somiglianza con la figura che i poeti antichi davano agl’Ippocampi
di
Nettuno. 2305. Ippocentauri. — I primi popoli abi
popoli abitatori della Tessaglia conosciuti comunemente sotto il nome
di
Centauri, venivano sovente detti anche Ippocentau
io gl’Ippocentauri, che avevano nel tempo stesso della natura umana e
di
quella del cavallo. È a notare per altro che non
tato dall’Egitto e che era stato imbalsamato col miele, secondo l’uso
di
quei tempi. Anche fra i padri della chiesa cattol
ricordare che ve ne è taluno, che riferisce come positiva l’esistenza
di
simili mostri ; e S. Girolamo, dottore di santa c
e come positiva l’esistenza di simili mostri ; e S. Girolamo, dottore
di
santa chiesa, ripete che portandosi S. Antonio ne
incontrò un Ippocentauro, ed aggiunge che l’ Africa produceva sovente
di
tali mostri. 2306. Ippocrazie — Dalle due parole
no così alcune feste solenni che si celebravano nell’Arcadia in onore
di
Nettuno cavaliere. Presso i romani si dava il nom
rcadia in onore di Nettuno cavaliere. Presso i romani si dava il nome
di
Consualia a cerimonie identiche. Durante la celeb
a il nome di Consualia a cerimonie identiche. Durante la celebrazione
di
queste feste, i cavalli erano esenti da qualunque
eri per le strade e per le campagne, magnificamente bardati e coperti
di
ghirlande di fiori. 2307. Ippocrene. — Famosa fon
rade e per le campagne, magnificamente bardati e coperti di ghirlande
di
fiori. 2307. Ippocrene. — Famosa fontana che scat
logica ripete, che il cavallo Pegaseo battendo con l’unghia sonora su
di
una pietra, ne avesse fatto scaturire questa sorg
avesse fatto scaturire questa sorgente, che poi da lui prese il nome
di
fonte del cavallo, dalle due parole greche ιππος
amata fonte delle muse — V. Muse e Pegaso. 2308. Ippodamia. — Moglie
di
Piritoo — V. Deidamia. Ippodamia chiamavasi anche
figlia del sacerdote Brise, che fu causa primiera della inesorata ira
di
Achille — V. Briseide. Ippodamia finalmente avea
di Achille — V. Briseide. Ippodamia finalmente avea nome la figliuola
di
Enomao, re di Pisa, nell’Elide, a proposito del q
. Briseide. Ippodamia finalmente avea nome la figliuola di Enomao, re
di
Pisa, nell’Elide, a proposito del quale la tradiz
adizione mitologica narra, che giunta la figlia in età da marito, era
di
una così sorprendente bellezza, che colpì vivamen
o fatto formale richiesta, e carezzando nel pensiero l’infame disegno
di
possederla solo, ricorse ad un’astuzia altrettant
le bellezza della propria figliuola, allorchè gli dei sdegnati contro
di
lui, gli suscitarono contro Pelope, al quale conc
a variante — V. Enomao — Mirtillo — Pelope. 2309. Ippodete. — Al dire
di
Pausania, un tale soprannome era dato ad Ercole,
resso. Essendosi l’armata degli Orcomeni, avanzata fino nella pianura
di
Teneto, in Beozia, per combattere i Tebani ; Erco
pianura di Teneto, in Beozia, per combattere i Tebani ; Ercole pensò
di
ricorrere ad uno strano stratagemma, onde portare
fra le regine delle Amazzoni. Ercole la dette in moglie a Teseo, dopo
di
aver distrutta le Amazzoni a Temiscira, ed uccisi
ue fratelli Amico e Migdone. Egli portò ad Euristeo la famosa cintura
di
lei, di cui quel re gli avea imposto di impadroni
lli Amico e Migdone. Egli portò ad Euristeo la famosa cintura di lei,
di
cui quel re gli avea imposto di impadronirsi. 231
ad Euristeo la famosa cintura di lei, di cui quel re gli avea imposto
di
impadronirsi. 2311. Ippolito. — Dal nome della ma
rticolo precedente, e che fu allevato da Piteo suo avolo, nella città
di
Trezene. Questo principe giovanetto, dedito solo
simo dispregio le donne ; perlocchè si tirò sopra il terribile sdegno
di
Venere, la quale per vendicarsi ispirò a Fedra, m
le sdegno di Venere, la quale per vendicarsi ispirò a Fedra, madrigna
di
lui una violenta passione d’amore, che crebbe al
nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane, pel quale era pazza
di
passione. Ippolito però, pieno d’orrore alla infa
eli. Ragine — Phédre — Tragedie Acte II. Scene VI. Disperata Fedra,
di
vedersi siffattamente di sprezzata, giurò di vend
ragedie Acte II. Scene VI. Disperata Fedra, di vedersi siffattamente
di
sprezzata, giurò di vendicarsi, e temendo che Ipp
ne VI. Disperata Fedra, di vedersi siffattamente di sprezzata, giurò
di
vendicarsi, e temendo che Ippolito non l’avesse a
temendo che Ippolito non l’avesse accusata al proprio consorte, pensò
di
prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una l
quale gli diceva, che il figliastro avea voluto attentare all’ onore
di
lei ; e poscia si dette di propria mano la morte.
igliastro avea voluto attentare all’ onore di lei ; e poscia si dette
di
propria mano la morte. Teseo intanto, ingannato d
ppolito, maledisse il proprio figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta
di
Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa di sod
abbandonò alla vendetta di Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa
di
soddisfare ad ogni sua richiesta a tre dei suoi d
a tre dei suoi desiderii. Infatti, Ippolito nell’ uscire dalla città
di
Trezene, guidando egli stesso il proprio carro, f
oggetto della famosa tragedia d’Euripide, intitolata Ippolito. …. Al
di
là del confin nostro V’ è una spiaggia deserta, c
piaggia deserta, che fa lido M Saronico mar : quivi un rimbombo, Come
di
Giove un sotterraneo tuono Romereggiò con fremita
’ sassi, straziando Le carni : Ruripide — Ippolito — Tragedia. Trad.
di
F. Bellotti. Diodoro poi narra, nelle sue cronac
ribile, lanciata da Fedra contro Ippolito, avesse comandato a questo,
di
venire a raggiungerlo nella città, ove egli si tr
ascinarono il misero giovanetto, il quale rimase ucciso. Gli abitanti
di
Trezene in memoria delle sue virtù, gli resero gl
va un sacerdote perpetuo, e gli dedicò una festa annua. Le giovanette
di
Trezene, costumavano di offrire a questo nuovo di
, e gli dedicò una festa annua. Le giovanette di Trezene, costumavano
di
offrire a questo nuovo dio la propria capellatura
stumavano di offrire a questo nuovo dio la propria capellatura, prima
di
andare a marito, piangendo sulla sorte sventurata
a le castellazioni, e propriamente in quella conosciuta sotto il nome
di
Boote, ossia condultore del carro. Un’antica trad
sia condultore del carro. Un’antica tradizione racconta, che ai tempi
di
Numa Pompilio, comparve in Italia un uomo per nom
quale abitava nella selva Aricina e si spacciava per Ipppolito figlio
di
Teseo, miracolosamente risuscitato da Esculapio.
nome che Fedra impose ad un tempio, che ella avea fatto fabbricare su
di
una montagna vicino la città di Trezene, in onore
io, che ella avea fatto fabbricare su di una montagna vicino la città
di
Trezene, in onore di Venere. Col pretesto di anda
to fabbricare su di una montagna vicino la città di Trezene, in onore
di
Venere. Col pretesto di andare ad adorare la dea
montagna vicino la città di Trezene, in onore di Venere. Col pretesto
di
andare ad adorare la dea Fedra, si recava quasi o
cizii equestri ; ed aveva così agio a vedere il giovanetto bellissimo
di
cui la misera donna era così perdutamente innamor
ria dell’ amato giovane, cangiò la sua prima denominazione con quella
di
tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene. —
amato giovane, cangiò la sua prima denominazione con quella di tempio
di
Venere specolatrice. 2313. Ippomene. — Figlio di
con quella di tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene. — Figlio
di
Merope e di Maccareo, e marito di Atalanta. 2314.
i tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene. — Figlio di Merope e
di
Maccareo, e marito di Atalanta. 2314. Ippona. — I
colatrice. 2313. Ippomene. — Figlio di Merope e di Maccareo, e marito
di
Atalanta. 2314. Ippona. — I romani davano questo
azze dei cavalli, e delle scuderie. 2315. Ippopotamo. — Ossia cavallo
di
fiume, dalle due parole greche I ππος cavallo, e
ππος cavallo, e Πδιαμος fiume. In Egitto, e propriamente nella città
di
Ermopoli, veniva l’ Ippopotamo considerato come i
a città di Ermopoli, veniva l’ Ippopotamo considerato come il simbolo
di
Tifone, a cagione del suo naturale maligno e noci
del suo naturale maligno e nocivo agl’ uomini. Per altro nella città
di
Papremide, l’Ippopotamo veniva adorato con un cul
e essi avevano deificato. 2316. Ippotette. — Così avea nome il nipote
di
Ercole, ricordato nelle cronache dell’ antichità,
dei Pelopidi. Narra la tradizione, che Apollo, per vendicare la morte
di
uno dei suoi sacerdoti, avesse mandata la pestile
sare il fiagello, e quello rispose che bisognava esiliare l’ uccisore
di
Arno, e placare l’ombra dell’ucciso, con solenni
ebrati in suo onore. Ippotette allora prima che si fosse agito contro
di
lui, cedette a suo figlio Alete il comando dell’a
ndo dell’armata che avea sotto i suoi ordini, e si esiliò dalla città
di
Naupatto. Suo figlio Alete s’impadroni poi della
dalla città di Naupatto. Suo figlio Alete s’impadroni poi della città
di
Corinto. 2317. Ippoteo. — Le cronache mitologiche
à di Corinto. 2317. Ippoteo. — Le cronache mitologiche fanno menzione
di
due ninfe Nereidi così chiamate. 2318. Ippotoe. —
nzione di due ninfe Nereidi così chiamate. 2318. Ippotoe. — Figliuola
di
Lisidice e di Nestore. Nettuno invaghitosene la r
ninfe Nereidi così chiamate. 2318. Ippotoe. — Figliuola di Lisidice e
di
Nestore. Nettuno invaghitosene la rapì e la condu
ce un figliuolo che fu poi chiamato Tasio. 2319. Ippotoo. — Figliuolo
di
Alope e di Nettuno. È opinione fra varii accredit
uolo che fu poi chiamato Tasio. 2319. Ippotoo. — Figliuolo di Alope e
di
Nettuno. È opinione fra varii accreditati scritto
conta che Ippotoo, fosse, appena nato, esposto in un bosco per ordine
di
Cercione, suo avolo ; e che quivi egli fosse stat
tato nudrito da due cavalle V. Cercione. Ippotoo regnò nella contrada
di
Eleusi, della quale fu assunto al governo dopo ch
to questo soprannome ad Ercole come all’ uccisore dei furiosi cavalli
di
Diomede. 2321. Ipsipile. — Figliuola di Toante, r
uccisore dei furiosi cavalli di Diomede. 2321. Ipsipile. — Figliuola
di
Toante, re dell’ isola di Lenno, e di Mirina. A p
lli di Diomede. 2321. Ipsipile. — Figliuola di Toante, re dell’ isola
di
Lenno, e di Mirina. A proposito di questa giovane
de. 2321. Ipsipile. — Figliuola di Toante, re dell’ isola di Lenno, e
di
Mirina. A proposito di questa giovanetta, le cron
igliuola di Toante, re dell’ isola di Lenno, e di Mirina. A proposito
di
questa giovanetta, le cronache dell’antichità ci
icordano un singolare avvenimento. Dice la favola che avendo le donne
di
Lenno trascurati gli altari di Venere, la dea per
to. Dice la favola che avendo le donne di Lenno trascurati gli altari
di
Venere, la dea per punirle, le rese di un tale in
di Lenno trascurati gli altari di Venere, la dea per punirle, le rese
di
un tale insopportabile odore, che esse furono tut
ritate da questo crudele, sebbene non ingiusto procedimento, le donne
di
Lenno si unirono tutte, e concordi nel desiderio
i. La sola Ipsipile abborrendo dall’ atto sanguinoso, e piena l’anima
di
soave tenerezza filiale, salvò la vita del propri
e, salvò la vita del proprio padre, facendo fuggire Toante nell’isola
di
Chio. Intanto compiutasi la strage, Ipsipile (che
nte benigna gli avventurieri navigatori, e trattenne per lungo spazio
di
tempo Giasone stesso, dal quale ebbe varii figliu
ebbrezza in cui giacevasi ricordò dell’alta missione che avea giurato
di
compiere, e volle ad ogni costo partire per alla
della Colchide. Invano Ipsipile pianse, pregò, supplicò il suo amante
di
non abbandonarla : Giasone, stanco di quell’amore
, pregò, supplicò il suo amante di non abbandonarla : Giasone, stanco
di
quell’amore interamente sodisfatto, volle assolut
lla chiedeva, che al ritorno della gloriosa spedizione sarebbe, prima
di
entrare in Grecia, ritornato presso di lei. Ipsip
iosa spedizione sarebbe, prima di entrare in Grecia, ritornato presso
di
lei. Ipsipile fiduciosa nelle parole del suo aman
; ma Giasone appena giunto nella Colchide, perdutamente innamoratosi
di
Medea, dimenticò ben presto le lagrime della sven
sedotta ; l’ amore col quale ella lo avea amato ; e per fino i figli
di
cui lo avea reso padre. Intanto però il destino n
figli di cui lo avea reso padre. Intanto però il destino non cessava
di
perseguitare la sventurata Ipsipile, alla quale u
nturata Ipsipile, alla quale un’altra sciagura fece, verso quel torno
di
tempo, una novella e profonda ferita nell’enima.
el torno di tempo, una novella e profonda ferita nell’enima. Le donne
di
Lenno scoprirono finalmente che Toante padre dell
eserta, fu rapita da alcuni corsari e da questi venduta a Licurgo, re
di
Tessaglia, il quale prese a proteggere la sventur
o trovò il bambino strangolato da una serpe. Licurgo furibondo contro
di
lei volle farla morire, senonchè Adrasto e quei f
i forestieri argivi, ai quali avea mostrato la via, presero la difesa
di
lei e giunsero a salvarle la vita. 2322. Ipsisto.
a vita. 2322. Ipsisto. — Al dire del cronista Sanconiatone, fu marito
di
Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiama
del cronista Sanconiatone, fu marito di Berut, la quale lo rese padre
di
un figlio chiamato Urano, e di una figliuola dett
arito di Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiamato Urano, e
di
una figliuola detta Ge ; nomi questi che signific
anti, il quale abitò in Tiro, e fu il primo a costruire delle capanne
di
canne. Gli viene ancora attribuita l’invenzione d
uire delle capanne di canne. Gli viene ancora attribuita l’invenzione
di
alcuni giuochi, e l’uso dei papiri. Aggiunge la c
onaca che dopo la sua morte, i suoi figliuoli dedicarono alla memoria
di
lui alcuni massi informi di legno e li adorarono,
i suoi figliuoli dedicarono alla memoria di lui alcuni massi informi
di
legno e li adorarono, istituendo anche alcune fes
onore del loro morto genitore. 2324. Iria. — Così avea nome la madre
di
Cigno. Narra la cronaca che ella amasse così tene
a amasse così teneramente il figliuolo, che all’ annunzio della morte
di
lui, si precipitò in uno stagno e ne divenne la d
ani, che essi ritenevano come la messaggera degli dei, e segnatamente
di
Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola
messaggera degli dei, e segnatamente di Giunone, come Mercurio lo era
di
Giove. La favola la fa figliuola di Elettra e di
di Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola la fa figliuola
di
Elettra e di Taumante. Iride veniva raffigurata c
come Mercurio lo era di Giove. La favola la fa figliuola di Elettra e
di
Taumante. Iride veniva raffigurata come una giova
una giovanetta bellissima, con agli omeri due lunghe ali trasparenti
di
varii colori. Al dire di Virgilio, il suo incaric
a, con agli omeri due lunghe ali trasparenti di varii colori. Al dire
di
Virgilio, il suo incarico più importante era quel
olori. Al dire di Virgilio, il suo incarico più importante era quello
di
tagliare alle donne moribonde il fatale capello.
Mandò, che ’l groppo disciogliesse tosto, Che la tenea, malgrado anco
di
morte, Col suo mortal si strettamente avvinta ; C
or la sua testa a l’ Orco inferno. Virgilio — Eneide — Lib. IV trad.
di
A. Caro. Oltre a ciò la credenza religiosa dei p
za religiosa dei pagani attribuiva ad Iride la cura dell’appartamento
di
Giunone, quella di abbigliarla e di purificarla c
gani attribuiva ad Iride la cura dell’appartamento di Giunone, quella
di
abbigliarla e di purificarla coi profumi tutte le
d Iride la cura dell’appartamento di Giunone, quella di abbigliarla e
di
purificarla coi profumi tutte le volte che la dea
ricordati da quelli che Iride aveva nelle ali. La dicevano figliuola
di
Taomante, il cui nome significa in greco ammirare
gua greca questa parola vuol dire tempesta ; ed infatti l’apparizione
di
quella meteora non si rende visibile alla terra,
ride come messaggera della sua volontà. 2326. Irieo. — Nome del padre
di
Orione. Narra la cronaca mitologica a cui si atti
fossero accolti benignamente da Irieo, al quale i tre numi promisero
di
concedere qualunque cosa avesse domandata, per ri
a luce un bambino, che fu poi il famoso Orione. Irieo è anche il nome
di
un ricco greco, ricordato nelle cronache dell’ an
Pane e della ninfa Eco. Non bisogna confonderla con la ninfa Siringa,
di
cui parleremo a suo tempo. 2328. Irminsul. — La p
iù famosa divinità del culto religioso dei popoli sassoni. È opinione
di
varii accredita ti scrittori che quei popoli l’ a
he si rese celebre per le sue mariolerie, per essere uno degli amanti
di
Penelope e per la sua grande povertà, da cui i su
nome era Arneo, ma siccome egli traeva la vita col portare i messaggi
di
cui veniva incaricato, così fu detto Iro dai due
ificano portar la parola. Egli avea nome Arneo : cosi chiamollo, Nel
di
che nacque, la diletta madre : Ma dai giovani tut
lea, qual gliene desse il carco. Omero — Odissea — Libro XVIII trad.
di
I. Pindemonte Riferisce Omero che nell’isola d’
Pindemonte Riferisce Omero che nell’isola d’Itaca viveva alla porta
di
un palazzo un mendico, il quale era reso famoso p
le era reso famoso per la sua fame, che non era mai satolla. Egli era
di
una grande statura, ma privo di coraggio e di for
me, che non era mai satolla. Egli era di una grande statura, ma privo
di
coraggio e di forza. Aggiunge la cronaca a cui si
a mai satolla. Egli era di una grande statura, ma privo di coraggio e
di
forza. Aggiunge la cronaca a cui si attiene il ci
imento Ulisse medesimo che pure stette qualche tempo sotto le spoglie
di
mendico. V. Ulisse. Ulisse accettò la sfida, la q
sse accettò la sfida, la quale doveva essere combattuta alla presenza
di
Telemaco e di altri principi ; e al primo assalto
sfida, la quale doveva essere combattuta alla presenza di Telemaco e
di
altri principi ; e al primo assalto, se pure il f
imo assalto, se pure il famoso guerriero greco sembrasse all’ aspetto
di
tarda età, assestò un tale colpo ad Iro, che gli
po ad Iro, che gli fracassò una mascella, e lo stese al suolo coperto
di
sangue. 2330. Irpie. — Famiglie romane, le quali,
coperto di sangue. 2330. Irpie. — Famiglie romane, le quali, al dire
di
Plinio, avevano la strana prerogativa di caminare
ie romane, le quali, al dire di Plinio, avevano la strana prerogativa
di
caminare su di un rogo acceso senza bruciarsi, du
uali, al dire di Plinio, avevano la strana prerogativa di caminare su
di
un rogo acceso senza bruciarsi, durante il sacrif
Apollo sul monte Soracte. Aggiunge la cronaca che in considerazione,
di
questa maraviglia, il senato romano avesse promul
o romano avesse promulgata una legge, la quale esentava i discendenti
di
esse da qualunque balzello. 2331. Ischenio. — Nip
i discendenti di esse da qualunque balzello. 2331. Ischenio. — Nipote
di
Nettuno, in onore del quale si celebravano in Gre
o nome Ischenie. 2332. Isee. — V. Isie. 2333. Isiaca. — Sotto il nome
di
favola Isiaca, additavano i pagani uno dei più co
he secondo riferiscono le cronache, avea cinque piedi d’altezza e tre
di
larghezza, fu la prima volta ritrovato in Roma, n
e di larghezza, fu la prima volta ritrovato in Roma, nel famoso sacco
di
quella città avvenuto nel 1525 ; e fu varie volte
volte copiato all’ incisione nella sua naturale grandezza. È opinione
di
molti accreditati scrittori, che il monumento ori
li altri dei dell’Egitto, ovvero alcuni staccati principii e precetti
di
religione. Molti autori moderni, come il padre Ki
ori moderni, come il padre Kirker, il Pignorio, ed altri, han tentato
di
spiegare le numerose configurazioni contenute nel
loro congetture, i loro ragionamenti, non riescono che ad avviluppare
di
più dense tenebre il già impenetrabile significat
ad avviluppare di più dense tenebre il già impenetrabile significato
di
quel monumento. 2334. Isiache. — Così chiamavano
. — Così chiamavano i pagani le sacerdotesse della dea Iside. Al dire
di
Diodoro e di Plutarco, esse scorrevano per le str
mavano i pagani le sacerdotesse della dea Iside. Al dire di Diodoro e
di
Plutarco, esse scorrevano per le strade della cit
oro e di Plutarco, esse scorrevano per le strade della città, coperte
di
lunghe vesti di lino, con una campanella in una m
o, esse scorrevano per le strade della città, coperte di lunghe vesti
di
lino, con una campanella in una mano ed una bisac
assavano tutto il giorno chiedendo la limosina e vendendo dei filtri,
di
cui si servivano nelle loro cerimonie ; e non rie
adorando la statua della dea. Portavano abitualmente i piedi coperti
di
una scorza d’albero finissima, cosa che ha fatto
a piedi nudi. Dai precetti del loro culto, era proibito alle Isiache
di
mangiar carne salata e di bere vino assoluto onde
i del loro culto, era proibito alle Isiache di mangiar carne salata e
di
bere vino assoluto onde conservarsi più caste : p
a più antica della Io dei greci. Secondo Plutarco, Iside fu figliuola
di
Rea e di Saturno, e sorella e moglie di Osiride.
ica della Io dei greci. Secondo Plutarco, Iside fu figliuola di Rea e
di
Saturno, e sorella e moglie di Osiride. Attenendo
Plutarco, Iside fu figliuola di Rea e di Saturno, e sorella e moglie
di
Osiride. Attenendosi il citato scrittore ad una s
r modo che Iside nell’ istesso momento in che nacque, era già gravida
di
un figlio. Iside ed Osiride regnarono per più tem
le e nella luna, cosichè spesso il loro culto andò confuso con quello
di
questi due pianeti. Un’ antichissima tradizione e
ata la dea Iside, ma l’appellazione più comunemente datale era quella
di
Dea Universale, secondo asserisce il cronista Apu
rsale, secondo asserisce il cronista Apuleio, il quale si appoggia su
di
un’ antica iscrizione, trovata da tempo immemorab
ma particolarmente, secondo asserisce il cronista Eliano, nella città
di
Alessandria, a Copto ed a Bubaste. Pausania ripet
ea Iside era invisibile agli uomini e che l’assistere solo ai misteri
di
lei recava la morte ; e ripete che essendo un uom
eri di lei recava la morte ; e ripete che essendo un uomo nella città
di
Copto, entrato nel tempio di quella dea, durante
e ripete che essendo un uomo nella città di Copto, entrato nel tempio
di
quella dea, durante la celebrazione dei suoi mist
tanto che molti luoghi pubblici furono perfino controsegnati col nome
di
Iside. L’attributo più usuale che veniva assegnat
la parte superiore più larga dell’ inferiore, e che finisce in forma
di
mezzo cerchio, dal cui vuoto escono talvolta tre,
chio, dal cui vuoto escono talvolta tre, e talvolta quattro bacchette
di
ferro a guisa di corde. Plutarco asserisce che as
to escono talvolta tre, e talvolta quattro bacchette di ferro a guisa
di
corde. Plutarco asserisce che assai comunemente s
faccia umana, ovvero una sfinge ; e altra volta un globo, o un flore
di
loto. Aggiungeremo finalmente che il culto d’ Isi
e ; e vi sono varii scrittori, i quali pretendono che la stessa città
di
Parigi, avesse preso il suo nome dall’ avere un t
va il più stretto silenzio da coloro, che prendevano parte ai misteri
di
quelle cerimonie. Sebbene molti storici abbiano a
di quelle cerimonie. Sebbene molti storici abbiano avuto l’impudenza,
di
vantare l’austerità e il buon costume delle cerim
tichità, ci ripetono che durante il periodo delle feste Isie, che era
di
nove giorni, i sacerdoti, le Isiache, e tutti gl’
rende e turpi dissolutezze, e tanto che il senato romano verso l’anno
di
Roma 696, proibì rigorosamente la celebrazione de
imesse in pieno vigore dall’ Imperatore Commodo, che non ebbe ritegno
di
mischiarsi personalmente agl’ inverecondi ministr
on ebbe ritegno di mischiarsi personalmente agl’ inverecondi ministri
di
quelle orgie e di prender parte col capo raso a q
mischiarsi personalmente agl’ inverecondi ministri di quelle orgie e
di
prender parte col capo raso a quelle infami lasci
parte col capo raso a quelle infami lascivie. 2337. Ismene. — Figlia
di
Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle, di Poli
capo raso a quelle infami lascivie. 2337. Ismene. — Figlia di Edipo e
di
Giocasta e sorella di Eteocle, di Polinice e di A
ami lascivie. 2337. Ismene. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella
di
Eteocle, di Polinice e di Antigone. ……. Ismene,
. 2337. Ismene. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle,
di
Polinice e di Antigone. ……. Ismene, La figlia tu
. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle, di Polinice e
di
Antigone. ……. Ismene, La figlia tua, la mia sore
ia tua, la mia sorella….. Sofocle — Edipo a Colono — Tragedia. trad.
di
F. Bellotti. 2338. Ismenidi. — Ninfe abitatrici
e abitatrici del fiume Ismeno. V. Ismeno. 2339. Ismenia. — Soprannome
di
Minerva, che a lei veniva dall’avere un tempio su
sponda del fiume Ismeno. 2340. Ismenio. — Figlio della ninfa Melia e
di
Apollo, il quale gli concesse il dono d’indovinar
. Per altro Plutarco, il geografo, dà un altra origine al cangiamento
di
nome di quel fiume. V. l’ articolo seguente. 2341
tro Plutarco, il geografo, dà un altra origine al cangiamento di nome
di
quel fiume. V. l’ articolo seguente. 2341. Ismeno
te. 2341. Ismeno. — Fiume della Beozia che scorreva nelle circostanze
di
Tebe. Da principio questo fiume si chiamava il pi
e circostanze di Tebe. Da principio questo fiume si chiamava il piede
di
Cadmo, a cagione di un’ antica tradizione, la qua
e. Da principio questo fiume si chiamava il piede di Cadmo, a cagione
di
un’ antica tradizione, la quale racconta che aven
antica tradizione, la quale racconta che avendo Cadmo ucciso a colpi
di
freccia, il dragone custode di quella fonte, e so
cconta che avendo Cadmo ucciso a colpi di freccia, il dragone custode
di
quella fonte, e sospettando che quelle acque foss
onte, e sospettando che quelle acque fossero avvelenate, fece il giro
di
tutta Ia parte opposta del paese onde rintracciar
i cacciò nel fango il suo piede destro, e vide scaturire una sorgente
di
acqua limpida, che formo poi quel fiume chiamato,
limpida, che formo poi quel fiume chiamato, da questo fatto, il piede
di
Cadmo. Qualche tempo dopo, Ismeno figliuolo della
n quel fiume, che dopo questo luttuoso avvenimento cangiò il suo nome
di
piede di Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismen
ume, che dopo questo luttuoso avvenimento cangiò il suo nome di piede
di
Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismeno era anc
luttuoso avvenimento cangiò il suo nome di piede di Cadmo, con quello
di
fiume Ismeno. Ismeno era anche il nome del maggio
ello di fiume Ismeno. Ismeno era anche il nome del maggiore dei figli
di
Anfione e di Niobe— V. Niobe. 2342. Isole. — Al d
Ismeno. Ismeno era anche il nome del maggiore dei figli di Anfione e
di
Niobe— V. Niobe. 2342. Isole. — Al dire di Plutar
ore dei figli di Anfione e di Niobe— V. Niobe. 2342. Isole. — Al dire
di
Plutarco la maggior parte delle isole dell’ arcip
la maggior parte delle isole dell’ arcipelago inglese, erano deserte
di
uomini e solo abitate da demonî e da genî, e cons
he essendo stato il viaggiatore Demetrio, incaricato dall’ imperatore
di
riconoscere quelle isole, egli fosse approdato al
ove poco dopo si scatenò un furioso uragano, accompagnato da fulmini
di
così spaventevole rimbombo, che tutti ritennero c
ti ritennero come cosa certa, che uno dei principali demonî abitatori
di
quell’isola, fosse morto. Lo stesso Demetrio nell
ri di quell’isola, fosse morto. Lo stesso Demetrio nelle sue cronache
di
relazione del viaggio, aggiunge che una di quelle
emetrio nelle sue cronache di relazione del viaggio, aggiunge che una
di
quelle isole era la prigione di Saturno, il quale
lazione del viaggio, aggiunge che una di quelle isole era la prigione
di
Saturno, il quale sepolto in un sonno perpetuo er
un sonno perpetuo era custodito dal gigante Briareo, e da gran numero
di
demoni. 2343. Issa. — Così avea nome una delle fi
an numero di demoni. 2343. Issa. — Così avea nome una delle figliuole
di
Maccareo. Apollo la sedusse sotto l’aspetto di un
me una delle figliuole di Maccareo. Apollo la sedusse sotto l’aspetto
di
un pastore. 2344. Issedoni. — Al dire di Erodoto,
o la sedusse sotto l’aspetto di un pastore. 2344. Issedoni. — Al dire
di
Erodoto, così aveano nome taluni popoli vicini de
prio genitore, tutti i suoi parenti gli portavano in dono gran numero
di
animali come pecore, buoi, agnelli e volatili, e
ivano annualmente offerti solenni sacrifizii. 2345. Issione. — Figlio
di
Giove e della ninfa Meleta, e re dei Lapidi nella
la paternità d’ Issione. Infatti Igino asserisce esser egli figliuolo
di
Leonzio ; e Diodoro pretende che suo padre si chi
o dimora nelle circostanze del monte Pelion, ove sposò Dia, figliuola
di
Deioneo, la quale lo rese padre di Piritoo. Press
e Pelion, ove sposò Dia, figliuola di Deioneo, la quale lo rese padre
di
Piritoo. Presso gli antichi aveva vigore di legge
o, la quale lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi aveva vigore
di
legge una tradizionale costumanza, la quale volev
e voleva che allorquando si toglieva in moglie una donzella, lo sposo
di
lei invece di ricevere una dote, come è uso dei m
llorquando si toglieva in moglie una donzella, lo sposo di lei invece
di
ricevere una dote, come è uso dei moderni, dovea
dre della sposa, prima e dopo il loro consentimento. Issione trascurò
di
adempiere a questo dovere, nè si curò di fare i r
sentimento. Issione trascurò di adempiere a questo dovere, nè si curò
di
fare i ricchi donativi di obbligo, tanto a Deione
rò di adempiere a questo dovere, nè si curò di fare i ricchi donativi
di
obbligo, tanto a Deioneo, quanto alla moglie di l
are i ricchi donativi di obbligo, tanto a Deioneo, quanto alla moglie
di
lui. Sollecitato più volte dal padre della sua fu
oglie di lui. Sollecitato più volte dal padre della sua futura sposa,
di
adempiere al suo dovere, Issione lo traccheggiò s
Deioneo d’esser preso in trastullo, fece un giorno rapire i giumenti
di
Issione che pascevano nelle campagne della Tessag
agne della Tessaglia. Issione punto al vivo da questa abusiva maniera
di
procedere, sebbene in qualche modo giustificata,
iva maniera di procedere, sebbene in qualche modo giustificata, finse
di
riconoscere i proprii torti, e fece le viste di v
o giustificata, finse di riconoscere i proprii torti, e fece le viste
di
volersi riaccomodare col suo futuro suocero, e lo
comodare col suo futuro suocero, e lo invitò ad un banchetto. Deioneo
di
nulla sospettando, tenne l’invito, e si recò per
i nulla sospettando, tenne l’invito, e si recò per questo nella città
di
Larissa ove Issione si trovava in quel tempo. Col
mbandita la mensa, avendo Issione fatto scavare una larga fossa piena
di
legna e di carboni accesi, sul luogo del passaggi
mensa, avendo Issione fatto scavare una larga fossa piena di legna e
di
carboni accesi, sul luogo del passaggio, Deioneo
, che tutti addebitavano con certa ragione ad Issione, suscitò contro
di
lui, e tanto che invano egli sollecitò tutti i pr
ricevuto nella propria dimora da un principe, che aveva il soprannome
di
Giove, il quale meno suscettibile degli altri, ac
biti della principessa, una schiava per nome Nefele, la quale entrata
di
notte nella camera d’ Issione, fu da questi ricev
ricevuta con tutte le testimonianze della passione e divise il letto
di
lui. Sdegnato allora il principe contro Issione,
avesse accolto nell’ Olimpo, concedendogli perfino l’ immortale onore
di
farlo sedere alla mensa degli dei. Ma un così str
ce, imperocchè Issione acciecato dalla divina e risplendente bellezza
di
Giunone, moglie di Giove, ebbe l’incredibile trac
one acciecato dalla divina e risplendente bellezza di Giunone, moglie
di
Giove, ebbe l’incredibile tracotanza di dichiarar
e bellezza di Giunone, moglie di Giove, ebbe l’incredibile tracotanza
di
dichiararle il suo amore. Sdegnata la severa Giun
ragione, nen se ne dette per offeso e solamente consigliò alla moglie
di
aderire agl’ insani desiderii d’Issione, senza ma
tale suo talamo. Sebbene a malincuore, Giunone accondiscese al volere
di
Giove e questi allora formò di una nuvola una don
ncuore, Giunone accondiscese al volere di Giove e questi allora formò
di
una nuvola una donna a cui dette le sembianze del
’ardenza della passione che lo inebbriava ; e poscia non ebbe ritegno
di
vantarsi d’aver posseduta la regina delle dee. S
saturno possente Nel bel volto la nube e nelle ciglia. Per lui le man
di
Glove. Bella cagion di danno, La fabbricar con me
l volto la nube e nelle ciglia. Per lui le man di Glove. Bella cagion
di
danno, La fabbricar con meditato inganno : Ma int
ostese membra, Disperato sospira, Pindaro — Odi Pitie — Ode II trad.
di
G. Borghi. Al girato Issïon le luci volse Di nu
n suo cambio in braccio accolse, Ovidio — Metamorf : Libro IV. trad.
di
Dell’ Anguillara Sdegnato allora Giove contro t
ato allora Giove contro tanta perfidia, palesò il vero e con un colpo
di
fulmine, precipitò Issione nel fondo del Tartaro,
condata d’innumeri serpenti e che doveva girare eternamente ; al dire
di
Ovidio una sola volta Issione fu slegato dalla su
bre. 2346. Isione. — Principe della stirpe degli Eraclidi e figliuolo
di
Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo, g
ione. — Principe della stirpe degli Eraclidi e figliuolo di Alete, re
di
Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe n
te, re di Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe nel governo
di
quella città. 2347. Isterie. — Feste in onore di
successe nel governo di quella città. 2347. Isterie. — Feste in onore
di
Venere : il sacrifizio più usuale che si faceva a
: il sacrifizio più usuale che si faceva alla dea nella celebrazione
di
quelle feste, era di svenare sulle sue are, gran
usuale che si faceva alla dea nella celebrazione di quelle feste, era
di
svenare sulle sue are, gran numero di piccoli mai
lebrazione di quelle feste, era di svenare sulle sue are, gran numero
di
piccoli maiali. 2348. Istmiei. — Detti anche Ismi
a presso i greci. Le cronache dell’antichità, asseriscono che il nome
di
questi giuochi prese occasione dall’istmo di Cori
asseriscono che il nome di questi giuochi prese occasione dall’istmo
di
Corinto, dove furono istituiti ; ed aggiungono ch
oro istituzione da Sisifo, e furono la prima volta celebrati in onore
di
Melicerta, il cui corpo fu dalle onde gettato sul
sue opere, che i giuochi istmici fossero istituiti da Teseo, in onore
di
Nettuno, il quale come dio del mare aveva sotto l
e come dio del mare aveva sotto la sua particolare protezione l’istmo
di
Corinto. Aggiunge il prelodato scrittore, che Tes
unge il prelodato scrittore, che Teseo volle in ciò seguire l’esempio
di
Ercole, che alla sua volta era stato istitutore d
lla sua volta era stato istitutore dei giuochi Olimpici. Gli abitanti
di
Corinto ritenevano come sacra la celebrazione dei
istrutta da Mummio, essi legarono ai Sicioni, loro vicini, l’incarico
di
continuare la celebrazione di quei giuochi. Immen
ono ai Sicioni, loro vicini, l’incarico di continuare la celebrazione
di
quei giuochi. Immenso era il concorso di popolo c
i continuare la celebrazione di quei giuochi. Immenso era il concorso
di
popolo che affluiva in Corinto, da tutte le altre
bbero sottratti alle imprecazioni ed agli anatemi che Moliona, moglie
di
Attore, aveva lanciati contro qualunque degli Ele
e dei giuochi olimpici, conosciuta sotto la denominazione particolare
di
Olimpiade. Gli eserczii equestri e ginnastici com
ali e poetici, e da ultimo vi fu anche introdotta la rappresentazione
di
una gran caccia, per la quale i Corinti facevan v
i più rari animali. I vincitori dei giuochi Istmici venivano coronati
di
ghirlande di pino ; poscia, prendendo esempio dai
imali. I vincitori dei giuochi Istmici venivano coronati di ghirlande
di
pino ; poscia, prendendo esempio dai giuochi Neme
cia, prendendo esempio dai giuochi Nemei, i vincitori furono coronati
di
apio ; ….. nè sconosciuta io canto L’ Ismia vitt
gli a incoronargli il crine : Pindaro — Odi Ismiche — Ode III. trad.
di
G. Borghi. con la differenza, però che i vincito
ifferenza, però che i vincitori dei giuochi Nemei erano inghirlandati
di
apio verde ; e quelli dei giuochi Istmici, di api
mei erano inghirlandati di apio verde ; e quelli dei giuochi Istmici,
di
apio secco. Poi fu decretata una somma di danaro
quelli dei giuochi Istmici, di apio secco. Poi fu decretata una somma
di
danaro da Solone fissata a cento dramme che dovev
iadri scrittori dell’antica letteratura greca, ha scritto gran numero
di
odi in onore dei vincitori dei giuochi istmici, e
dei giuochi istmici, e per questa ragiòne il quarto libro delle opere
di
lui, porta il titolo di odi ismiche e talvolta se
er questa ragiòne il quarto libro delle opere di lui, porta il titolo
di
odi ismiche e talvolta semplicemente di istmia. 2
opere di lui, porta il titolo di odi ismiche e talvolta semplicemente
di
istmia. 2349. Istmo di Corinto. — Secondo riferis
titolo di odi ismiche e talvolta semplicemente di istmia. 2349. Istmo
di
Corinto. — Secondo riferisce Pausania ; i corinti
uno ed il Sole avevano avuto fra loro una contesa, pretendendo ognuno
di
essi di avere la supremazia sul paese dei Corinti
l Sole avevano avuto fra loro una contesa, pretendendo ognuno di essi
di
avere la supremazia sul paese dei Corinti. Chiama
liare le differenze, decise che il paese intero avrebbe la protezione
di
Nettuno, e il promontorio che sovrasta a quelio a
empo gli abitanti riconobbero Nettuno, come dio protettore dell’ ismo
di
Corinto. 2350. Itaca. — Piccola isola del mare Jo
orinto. 2350. Itaca. — Piccola isola del mare Jonio nelle circostanze
di
Cefalonia. Nei fasti del paganesimo, l’isola d’It
ia. Nei fasti del paganesimo, l’isola d’Itaca è famosa come la patria
di
Ulisse, il più astuto dei greci. Omero l’ha resa
issea. Itaca al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra
di
scogli, Ma di gagliarda gioventù nutrice. Omero
al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma
di
gagliarda gioventù nutrice. Omero — Odissea — Li
a di gagliarda gioventù nutrice. Omero — Odissea — Libro VIII. Trad.
di
I. Pindemonte. Oggi la patria del famoso invento
uto nelle onde, e abitato da poveri pescatori. 2351. Iti. — Figliuolo
di
Tereo e di Progne, fu ucciso dalla propria madre
nde, e abitato da poveri pescatori. 2351. Iti. — Figliuolo di Tereo e
di
Progne, fu ucciso dalla propria madre e presentat
per atroce vendetta — V. Filomena e Progne. 2352. Itifallo. — Al dire
di
Plinio, così chiamavano i greci una specie di amu
52. Itifallo. — Al dire di Plinio, così chiamavano i greci una specie
di
amuleto in forma di cuore, a cui attribuivano mol
ire di Plinio, così chiamavano i greci una specie di amuleto in forma
di
cuore, a cui attribuivano molta segreta virtu e c
Itifallo era anche il soprannome particolare che gli egiziani e dopo
di
essi i greci, dettero a Priapo, il dio delle orgi
ome particolare dei ministri delle orgie, che si celebravano in onore
di
Priapo e di Bacco. Osceni e tenebrosi misteri, ov
are dei ministri delle orgie, che si celebravano in onore di Priapo e
di
Bacco. Osceni e tenebrosi misteri, ove sotto il m
no e prendevano parte attiva a codeste turpitudini, cantando in onore
di
Bacco, sconce ed oscene canzoni. 2354. Itilo. — F
do in onore di Bacco, sconce ed oscene canzoni. 2354. Itilo. — Figlio
di
Zeto e di Aedo. Morì ucciso involontariamente dal
e di Bacco, sconce ed oscene canzoni. 2354. Itilo. — Figlio di Zeto e
di
Aedo. Morì ucciso involontariamente dalla madre.
orì ucciso involontariamente dalla madre. 2355. Itomalo. — Soprannome
di
Giove, col quale veniva particolarmente adorato i
ssero a Giove Itomato, vittime umane ; e che certo Aristomene, nativo
di
quella città avesse fatto una volta svenare in un
fatto una volta svenare in un sacrifizio trecento schiavi, sulle are
di
Giove Itomato. Nella città di Messenia si celebra
sacrifizio trecento schiavi, sulle are di Giove Itomato. Nella città
di
Messenia si celebrava annualmente una festa chiam
Itonia. — Minerva veniva così soprannominata dall’ avere nella città
di
Coronea, in Beozia, un tempio comune con Plutone
autori che lo chiamano anche Jade. 2359. Jacco. — Uno dei soprannomi
di
Bacco. 2360. Jadi. — Così avevano nome complessiv
adi. — Così avevano nome complessivamente, le sette sorelle figliuole
di
Etra e di Atalante, chiamate individualmente Ambr
ì avevano nome complessivamente, le sette sorelle figliuole di Etra e
di
Atalante, chiamate individualmente Ambrosia, Coro
sbranato da una lionessa, esse piansero così disperatamente la morte
di
quel loro caro, che gli dei mossi a compassione,
a il fratello. Da ciò ne è venuto a queste stelle il nome complessivo
di
Jadi, dalla parola greca ιαδος che significa piog
ca pioggia. Altri scrittori dicono, che le Jadi fossero sette nudrici
di
Bacco, e che Giove, onde sottrarle all’odio perse
ndono che il gigante Japeto, conosciuto più comunemente sotto il nome
di
Giapeto — V. Giapeto — fosse l’identico personagg
sonaggio dello Jafet biblico. 2362. Jagni. — Così aveva nome il padre
di
Marsia, il quale viene ricordato nelle cronache d
re del flauto. Non pochi scrittori dànno a questo personaggio il nome
di
Jagnede. V. Marsia. 2363. Jale. — Così avea nome
. V. Marsia. 2363. Jale. — Così avea nome una delle ninfe del seguito
di
Diana, che si trovava in compagnia della dea allo
ba. — Lo stesso al quale si dà, da quasi tutti gli scrittori, il nome
di
Giarba, che fu uno degli amanti della regina Dido
egli amanti della regina Didone. — V. Giarba. 2367. Jasio. — Fratello
di
Dardano, e figlio di Giove e di Elettra. Egli fu
ina Didone. — V. Giarba. 2367. Jasio. — Fratello di Dardano, e figlio
di
Giove e di Elettra. Egli fu ucciso inavvedutament
— V. Giarba. 2367. Jasio. — Fratello di Dardano, e figlio di Giove e
di
Elettra. Egli fu ucciso inavvedutamente dal frate
Dardano in prima, e Jasio uscio. Virgilio — Eneide — Libro III trad.
di
A.Caro. 2368. Jodama. — Madre del famoso Deucali
— Detto più comunemente Jolante e talvolta anche Jolao, fu figliuolo
di
Ificlo e nipote di Ercole, e compagno di tutte le
mente Jolante e talvolta anche Jolao, fu figliuolo di Ificlo e nipote
di
Ercole, e compagno di tutte le sue fatiche. Egli
ta anche Jolao, fu figliuolo di Ificlo e nipote di Ercole, e compagno
di
tutte le sue fatiche. Egli si rese celebre per la
aestro Negli equestri perigli. Pindaro — Odi Ismiche. Ode VII. trad.
di
G. Borghi. A lui saprò di Castore, O adattar di
i. Pindaro — Odi Ismiche. Ode VII. trad. di G. Borghi. A lui saprò
di
Castore, O adattar di Jolao gl’ inni canori : In
che. Ode VII. trad. di G. Borghi. A lui saprò di Castore, O adattar
di
Jolao gl’ inni canori : In Tebe e in Sparta ei na
ao gl’ inni canori : In Tebe e in Sparta ei nacquero Tra i sommi eroi
di
cocchi agitatori. Spesso in palestra nobile Gusta
il rimbombo de’percossi scudi. Pindaro — Odi Ismiche — Ode I. trad.
di
G. Borghi. Allorquando suo zio Ercole sposò Mega
trad. di G. Borghi. Allorquando suo zio Ercole sposò Megara, figlia
di
Creonte re di Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo
orghi. Allorquando suo zio Ercole sposò Megara, figlia di Creonte re
di
Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo era suo costum
, Jolao si pose alla testa degli Eraclidi e mosse con essi alla volta
di
Atene, onde fare che Teseo, re di quella contrada
raclidi e mosse con essi alla volta di Atene, onde fare che Teseo, re
di
quella contrada, avesse preso i discendenti del m
ovanile alle membra dell’ invitto guerriero, che nella pugna si coprì
di
valore, e uccise di sua mano il superbo Euristeo.
dell’ invitto guerriero, che nella pugna si coprì di valore, e uccise
di
sua mano il superbo Euristeo. Occasion pur vale
enne Già redivivo nel mio suol natale, Quando Euristeo superbo Giunse
di
colpo acerbo, E stanza sepolcrale D’ Amfitrion ne
itrion nell’ ima fossa ottenne ; Pindaro — Odi Pitie — Ode I. trad.
di
G. Borghi. I greci dopo la morte di Jolao, gl’ in
ndaro — Odi Pitie — Ode I. trad. di G. Borghi. I greci dopo la morte
di
Jolao, gl’ innalzarono varii eroici monumenti, ed
arii eroici monumenti, ed in suo onore eressero un altare nella città
di
Atene, e celebrarono delle feste dette perciò Jol
perciò Jolee. V. Jolee. Le cronache mitologiche fanno anche menzione
di
un altro congiunto di Ercole, similmente conosciu
e. Le cronache mitologiche fanno anche menzione di un altro congiunto
di
Ercole, similmente conosciuto sotto il nome di Jo
di un altro congiunto di Ercole, similmente conosciuto sotto il nome
di
Jolao, il quale, fu da quell’eroe ucciso in un ac
tto il nome di Jolao, il quale, fu da quell’eroe ucciso in un accesso
di
furore, a cui egli soggiacque, al suo ritorno dal
egli soggiacque, al suo ritorno dall’ inferno. 2370. Jolco. — Patria
di
Giasone. Questa città marittima della Tessaglia,
famosa conquista del vello d’oro, celebrò i giuochi funebri in onore
di
Pelia, che poi ebbero tanta rinomanza in tutta la
Discorde è l’opinione degli scrittori dell’antichità, sulla paternità
di
questa giovanetta : infatti alcuni pretendono che
i questa giovanetta : infatti alcuni pretendono che ella fosse figlia
di
un re della Lidia, per nome Giardano ; ed altri,
o ; ed altri, segnatamente Ovidio e Sofocle, che ella fosse figliuola
di
Eurito, re di Ecalia. D’ Eurito figlia, Ed è Jol
segnatamente Ovidio e Sofocle, che ella fosse figliuola di Eurito, re
di
Ecalia. D’ Eurito figlia, Ed è Jole nomata. …..
iglia, Ed è Jole nomata. ….. Sofocle — Le Trachinie — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. Ercole, perdutamente invaghito di l
inie — Tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole, perdutamente invaghito
di
lei, a causa della stupenda bellezza che la rese
ente negata la mano della figlia, Ercole sdegnato uccise il re, padre
di
lei, e dopo d’ aver saccheggiata la città, s’impa
l re, padre di lei, e dopo d’ aver saccheggiata la città, s’impadronì
di
Jole, e con ogni cura la portò seco. Questa Jole
cura la portò seco. Questa Jole fu la principale ragione della morte
di
Ercole, avendo suscitata la gelosia di Deianira.
principale ragione della morte di Ercole, avendo suscitata la gelosia
di
Deianira. V. Ercole. ……. Ercole al padre Per fur
le al padre Per furtiva consorte la richiese ; Ma indarno : ond’ egli
di
mentita accusa Fatto pretesto al suo voler, con l
voler, con l’armi Ecalia assale, ove sedea regnante Eurito, il padre
di
costei ; l’uccide ; La città ne devasta, e lei, q
i, qual vedi, Fa qui condur, non senza cura, o donna, Nè in sembianza
di
schiava : Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. tra
è in sembianza di schiava : Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. trad.
di
F. Bellotti. 2372. Jolee. — Feste in onore di Jo
inie — Tragedia. trad. di F. Bellotti. 2372. Jolee. — Feste in onore
di
Jolao che gli ateniesi celebravano con gran pompa
celebravano con gran pompa nella loro città. 2373. Jone. — Figliuolo
di
Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa fig
con gran pompa nella loro città. 2373. Jone. — Figliuolo di Apollo e
di
Creusa. Sua madre è quella stessa figlia di Erett
. — Figliuolo di Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa figlia
di
Eretteo, re di Atene, della quale si è servito il
i Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa figlia di Eretteo, re
di
Atene, della quale si è servito il famoso poeta E
ene, della quale si è servito il famoso poeta Euripide, come soggetto
di
una sua tragedia, intitolata Jon. Creusa, sedotta
a, sedotta da Apollo, dette alla luce un fanciullo senza che il padre
di
lei si fosse accorto di nulla ; ma quando ebbe pa
tte alla luce un fanciullo senza che il padre di lei si fosse accorto
di
nulla ; ma quando ebbe partorito il bambino, non
i nulla ; ma quando ebbe partorito il bambino, non avendo altro mezzo
di
tener nascosta la colpa d’amore, abbandonò il pro
mosso a compassione sulla sorte del proprio figlio, incaricò Mercurio
di
andare in soccorso di lui ; ed infatti Mercurio,
lla sorte del proprio figlio, incaricò Mercurio di andare in soccorso
di
lui ; ed infatti Mercurio, recatosi alla grotta o
alla grotta ove Creusa aveva lasciato il bambino, lo portò nel tempio
di
Diana. Quivi la sacerdotessa custoditrice del tem
sua affettuosa liberatrice, e all’ombra degli altari, affatto ignaro
di
chi fossero i suoi genitori, i quali restarono si
eva allevato. Fatto adulto, Jone si acquistò l’affetto degli abitanti
di
Delfo e la loro fiducia ; per modo che, ad onta d
erte cura, onde fare in modo, che Jone passasse un giorno come figlio
di
Xuto, onde procurare a quel suo dilettissimo la g
come figlio di Xuto, onde procurare a quel suo dilettissimo la gloria
di
essere nell’avvenire il fondatore della Jonia. Xu
lla Jonia. Xuto addolorato per non aver figliuoli, dopo qualche tempo
di
matrimonio, portossi a Delfo, onde saper dall’ or
figlio. A questa risposta, Xuto con l’anima giubilante, si risovvenne
di
aver avuto una tresca amorosa, in un viaggio ch’e
tresca amorosa, in un viaggio ch’egli fece a Delfo, durante le feste
di
Bacco, e dalla quale avrebbe potuto infatti avere
otuto infatti avere un figliuolo. Non reggendo al consolante pensiero
di
conoscere quest’ essere caro, uscì precipitosamen
ssi oltre la soglia, s’incontrò nel giovanetto depositario dei tesori
di
quello, e lo chiamò col dolcissimo nome di figlio
tto depositario dei tesori di quello, e lo chiamò col dolcissimo nome
di
figlio. Riflettendo poi che l’età del giovanetto
ata del suo viaggio, lo riconobbe per figliuolo, e gl’ impose il nome
di
Jone, dalla parola greca εξιοντιμες che racchiude
sè il significato d’essersi quel giovane offerto il primo, alla vista
di
lui, uscendo dal tempio. Intanto Creusa venuta a
vista di lui, uscendo dal tempio. Intanto Creusa venuta a conoscenza
di
quanto aveva operato suo marito Xuto, considerò l
nto, mirante solo a porre sull’ avito trono degli Erettidi, il figlio
di
qualche schiava ; e giurò di farne vendetta. A ta
l’ avito trono degli Erettidi, il figlio di qualche schiava ; e giurò
di
farne vendetta. A tale uopo dette l’incarico ad u
ta. A tale uopo dette l’incarico ad un vecchio servo, suo confidente,
di
uccidere Jone col veleno. Quando fu portata la ta
andire, per sollennizzare il suo riconoscimento, il giovanetto invece
di
bere il vino di quella coppa, ne fece offerta agl
ennizzare il suo riconoscimento, il giovanetto invece di bere il vino
di
quella coppa, ne fece offerta agli dei, spargendo
altare d’ Apollo, in vocando la protezione del dio. Ma già i seguaci
di
Jone erano sul punto di avanzarsi contro di lei,
cando la protezione del dio. Ma già i seguaci di Jone erano sul punto
di
avanzarsi contro di lei, per trascinarla al suppl
del dio. Ma già i seguaci di Jone erano sul punto di avanzarsi contro
di
lei, per trascinarla al supplizio, quando la sace
. A quella vista, Creusa levò un altissimo grido e slanciandosi verso
di
Jone lo coprì di baci e di carezze, chiamandolo s
Creusa levò un altissimo grido e slanciandosi verso di Jone lo coprì
di
baci e di carezze, chiamandolo suo figlio. Ma la
vò un altissimo grido e slanciandosi verso di Jone lo coprì di baci e
di
carezze, chiamandolo suo figlio. Ma la suprema gi
a fu presto intorbidata dall’aver ella confessato che Jone era figlio
di
Apollo e non già di Xuto. Non è a dire l’alta cos
ata dall’aver ella confessato che Jone era figlio di Apollo e non già
di
Xuto. Non è a dire l’alta costernazione che una s
o. La gran maggioranza degli storici greci riconosce Jone come figlio
di
Xuto e di Creusa, e aggiunge che la posterità di
maggioranza degli storici greci riconosce Jone come figlio di Xuto e
di
Creusa, e aggiunge che la posterità di lui, fu co
sce Jone come figlio di Xuto e di Creusa, e aggiunge che la posterità
di
lui, fu così numerosa, che coll’ andare degl’ ann
ell’ Asia minore, ove fondò le colonie conosciute col nome collettivo
di
Ionie. 2374. Jonidi. — Nome collettivo di alcune
osciute col nome collettivo di Ionie. 2374. Jonidi. — Nome collettivo
di
alcune ninfe, le quali, secondo Pausania, abitava
vo di alcune ninfe, le quali, secondo Pausania, abitavano nella città
di
Eraclea in Elide, ove scaturiva una fonte, sulla
Sinallaffi e Jafide ; e complessivamente Jonidi. 2375. Jonna. — Madre
di
Trittolemo e moglie di Eleusio. Ella prese parte
complessivamente Jonidi. 2375. Jonna. — Madre di Trittolemo e moglie
di
Eleusio. Ella prese parte ai famosi onori funebri
che i greci resero al figliuolo suo. V. Trittolemo. 2376. Jopa. — Re
di
una contrada dell’ Africa. Secondo Virgilio fu es
colla cetra d’oro Il biondo Jopa. Virgilio — Eneide — Libro I. trad.
di
A. Caro. 2377. Josso. — Dejoneo, figlio d’ Eurit
ro I. trad. di A. Caro. 2377. Josso. — Dejoneo, figlio d’ Eurito, re
di
Tessaglia, ebbe da una giovanetta per nome Perigo
iamato Josso. Divenuto adulto, egli si stabilì nella Caria, e fu capo
di
una colonia da cui poi discesero gli Jossidi. A p
fu capo di una colonia da cui poi discesero gli Jossidi. A proposito
di
questi, scrive Pausania, che per una superstiz io
esti, scrive Pausania, che per una superstiz iosa credenza, piuttosto
di
famiglia, che di religione, essi conservavano, di
ania, che per una superstiz iosa credenza, piuttosto di famiglia, che
di
religione, essi conservavano, di padre in figlio,
credenza, piuttosto di famiglia, che di religione, essi conservavano,
di
padre in figlio, l’uso di non cuocere gli asparag
iglia, che di religione, essi conservavano, di padre in figlio, l’uso
di
non cuocere gli asparagi e di non sbarbicare le c
conservavano, di padre in figlio, l’uso di non cuocere gli asparagi e
di
non sbarbicare le canne ; tributando a queste pia
e di non sbarbicare le canne ; tributando a queste piante, una specie
di
particolare venerazione. Nè il citato scrittore,
nè alcun’altro cronista dell’antichità, ci hanno trasmessa la ragione
di
questa singolare costumanza. 2378. Jou. — Era que
ingolare costumanza. 2378. Jou. — Era questo il primitivo e vero nome
di
Iove ossia Giove. I celti chiamavano questo dio c
vero nome di Iove ossia Giove. I celti chiamavano questo dio col nome
di
Jov che nella loro lingua vuol dire giovane, per
nella loro lingua vuol dire giovane, per dinotare l’eterna giovanezza
di
un dio. Presso i latini il Mons Jovis ossia monte
terna giovanezza di un dio. Presso i latini il Mons Jovis ossia monte
di
Giove, era una montagna delle Alpi consacrata a q
a settimana a lui sacro. Finalmente anche nelle Gallie, sotto il nome
di
Jov, veniva venerato il dio Giove. K 2379.
a personificazione del dio del bene, ritenuto come principio assoluto
di
tutto ciò che è buono. Presso quei popoli, Kacima
otente, ma più astuto e maligno, a cui si dava talvolta anche il nome
di
Jolo-Kiamo. 2380. Kaleda. — Nella mitologia slava
ome al loro Cupido, dio dell’ amore. Veniva rappresentato con un arco
di
canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e
ro Cupido, dio dell’ amore. Veniva rappresentato con un arco di canna
di
zucchero, e con delle frecce di fiori, e a cavall
va rappresentato con un arco di canna di zucchero, e con delle frecce
di
fiori, e a cavallo di un pappagallo. Sebbene il c
n arco di canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e a cavallo
di
un pappagallo. Sebbene il culto di Kama non si fo
delle frecce di fiori, e a cavallo di un pappagallo. Sebbene il culto
di
Kama non si fosse mai molto generalizzato nelle I
non si fosse mai molto generalizzato nelle Indie, pure in molte città
di
quelle contrade, si venerava il fanciullo Kama co
ida floritura. Le statue e le pagodi del dio Kama erano sempre ornate
di
ghirlande di quei fiori. 2382. Kamis. — Divinità
. Le statue e le pagodi del dio Kama erano sempre ornate di ghirlande
di
quei fiori. 2382. Kamis. — Divinità indigena del
fiori. 2382. Kamis. — Divinità indigena del Giappone, e propriamente
di
alcune città di quella contrada. I giapponesi, in
mis. — Divinità indigena del Giappone, e propriamente di alcune città
di
quella contrada. I giapponesi, individualmente pa
I giapponesi, individualmente parlando, chiamano col nome collettivo
di
Kamis quegli uomini che, divinizzati dopo la mort
dogmi della religione giappone e ammettono un ente supremo, come capo
di
tutti i Kamis. I templi di queste divinità, alle
one e ammettono un ente supremo, come capo di tutti i Kamis. I templi
di
queste divinità, alle quali, con vocabolo proprio
i di queste divinità, alle quali, con vocabolo proprio, si dà il nome
di
Nia, sono quasi sempre privi di ornamenti e di st
, con vocabolo proprio, si dà il nome di Nia, sono quasi sempre privi
di
ornamenti e di statue. Il solo arredo che vi si o
proprio, si dà il nome di Nia, sono quasi sempre privi di ornamenti e
di
statue. Il solo arredo che vi si osserva è uno sp
redo che vi si osserva è uno specchio assai grande, che, come emblema
di
purezza, sta in quei templi, quasi a voler signif
questo nome al dio dei cieli inferiori, il quale ha diritto assoluto
di
vita e di morte su tutta la specie umana. Credono
me al dio dei cieli inferiori, il quale ha diritto assoluto di vita e
di
morte su tutta la specie umana. Credono i cinesi
al dio delle acque e dei pesci. Egli viene riguardato come figliuolo
di
Amida e come creatore della luna e del sole. Nell
figliuolo di Amida e come creatore della luna e del sole. Nella città
di
Osaka il dio Kanon ha un ricchissimo tempio, ove
dio Kanon ha un ricchissimo tempio, ove si vede la sua statua in atto
di
uscire dalla gola spalancata di un enorme pesce.
io, ove si vede la sua statua in atto di uscire dalla gola spalancata
di
un enorme pesce. Questa statua ha 4 braccia, due
a lancia, un’ altra uno scettro, e un’ altra dei fiori. Ricche catene
di
perle e di pietre preziose ornano il collo, il pe
n’ altra uno scettro, e un’ altra dei fiori. Ricche catene di perle e
di
pietre preziose ornano il collo, il petto e le br
posto un grosso corno marino, da cui esce fino alla cintola, il corpo
di
un giovane con folta barba e nudo. 2385. Kao-Manc
e morì annegato in un pozzo. 2386. Kaor-Buk. — Gli abitanti del regno
di
Asem dànno questo nome al dio dei quattro venti.
sercitano tutti la medicina, mandano alla capanna, chiamata il tempio
di
Kaor-Bus, quegl’infermi che essi non han potuto g
otuto guarire, e questi debbono offrire al dio quattro uccelli, prima
di
esporre la malattia che li affligge. 2387. Kapa,
ovenienti dalla Spagna, si resero celebri nell’Irlanda, fino al punto
di
essere innalzati agl’onori immortali della divini
del culto religioso dei Tuata-Dadan. Generalmente si dà loro il nome
di
Bit, Bit-Fiontaîn e Ladra, e si ritiene il primo
radizioni e le cronache mitologiche irlandesi, le quali parlano tutte
di
tre donne che prendono possesso di quella contrad
irlandesi, le quali parlano tutte di tre donne che prendono possesso
di
quella contrada, dànno il loro nome a varii luogh
endono possesso di quella contrada, dànno il loro nome a varii luoghi
di
essa, e finalmente soccombono nella loro impresa.
presa. 2388. Kasia ed Anna. — Presso i giapponesi, sono questi i nomi
di
due sacerdoti, i quali scrissero su foglie di alb
esi, sono questi i nomi di due sacerdoti, i quali scrissero su foglie
di
albero, le più belle massime della religione di B
i scrissero su foglie di albero, le più belle massime della religione
di
Budda, e i principali avvenimenti della vita di q
ssime della religione di Budda, e i principali avvenimenti della vita
di
quel dio. Quest’ opera chiamata in lingua giappon
o, o semplicemente Kio, cioè libro dei fiori eccellenti, è una specie
di
catechismo religioso, che poi divenne la bibbia d
particolari per l’avena, l’ orzo e la segala. 2390. Ker. — E opinione
di
varî scrittori dell’ antichità pagane, che i Kers
bocca attratta da uno spaventoso sogghigno, e con le vesti grondanti
di
sangue. Anche fra gli scrittori dell’antichità si
anti di sangue. Anche fra gli scrittori dell’antichità si fa menzione
di
un Dio Ker, a cui si dànno presso a poco simili s
t, e che sopraintende alle nozze dei fiori. Nelle tradizioni storiche
di
quella contrada, Kolna è figlio di uno dei capi S
i fiori. Nelle tradizioni storiche di quella contrada, Kolna è figlio
di
uno dei capi Scandinavi, il quale fondò per il pr
sessuali delle piante. 2395. Kopto. — Conosciuto anche sotto il nome
di
Cheospi, fu quel famoso re d’ Egitto, il quale si
ole, che nella costruzione delle piramidi, fossero adoperati non meno
di
360 mila operai, i quali lavorassero 23 anni. Pli
quali lavorassero 23 anni. Plinio asserisce, che una somma non minore
di
1800 talenti, fosse spesa per il vitto di quegli
e, che una somma non minore di 1800 talenti, fosse spesa per il vitto
di
quegli operai. Le piramidi di Kopto sono tre, una
1800 talenti, fosse spesa per il vitto di quegli operai. Le piramidi
di
Kopto sono tre, una più grande nel mezzo, e due m
e due meno elevate a destra e a sinistra. Esse sono con un intervallo
di
dugento passi l’una dall’altra, distanti due migl
mantissimo della regina sua moglie, e d’una sua figliuola, giovanetta
di
rara bellezza, ebbe a soffrire il crudele dolore
iuola, giovanetta di rara bellezza, ebbe a soffrire il crudele dolore
di
perderle entrambe in poco tempo ; ond’egli fece i
rle entrambe in poco tempo ; ond’egli fece innalzare le due piramidi,
di
cui favelliamo, per deporvi quei corpi adorati. 2
ne, la quale è ritenuta come la più antica, la più bella, la più pura
di
tutte. Krisna-Visnù, secondo la tradizione, nacqu
tte. Krisna-Visnù, secondo la tradizione, nacque a Matura e fu figlio
di
Vassudeva e della bellissima Devakì. Entrambi i s
che Kansa fratello della regina Devakì, nemico del dio Visnù, anelava
di
far propria la corona di Vassudeva ; e che quest’
regina Devakì, nemico del dio Visnù, anelava di far propria la corona
di
Vassudeva ; e che quest’ambizioso disegno era in
zato che un giorno, egli avrebbe jerduta la corona e la vita per mano
di
un suo nipote. Preoccupato da siffatte apprension
sso che nessun figlio maschio della giovine regina avrebbe vissuto al
di
là di un giorno solo. Infatti per ben sette volte
e nessun figlio maschio della giovine regina avrebbe vissuto al di là
di
un giorno solo. Infatti per ben sette volte la do
lo. Infatti per ben sette volte la dolente Devakì vide Kansa uccidere
di
sua mano i proprii figliuoli. Finalmente l’ottava
na, che fu il suo ottavo maschio, onde sottrarlo allo spietato furore
di
Kansa. Invano questi circondò la camera reale di
allo spietato furore di Kansa. Invano questi circondò la camera reale
di
scherani e di guardie : l’assordante strepito di
furore di Kansa. Invano questi circondò la camera reale di scherani e
di
guardie : l’assordante strepito di gran numero di
ondò la camera reale di scherani e di guardie : l’assordante strepito
di
gran numero di strumenti, sui quali si batteva pe
reale di scherani e di guardie : l’assordante strepito di gran numero
di
strumenti, sui quali si batteva per ordine della
ani il perseguitato bambino. Kansa allora comandò una strage generale
di
tutti i fanciulli, che non avessero oltrepassato
ge generale di tutti i fanciulli, che non avessero oltrepassato l’età
di
un anno, sperando così di avvolgere nel la genera
ciulli, che non avessero oltrepassato l’età di un anno, sperando così
di
avvolgere nel la generale catastrofe il piccolo K
ro dio, uccide i Daitri scherani del perfido zio, che movevano contro
di
lui per compiere il sanguinoso mandato. Devakì in
ò il figliuolo Krisna ad un re pastore per nome Nunda, ed alla moglie
di
lui detta Jasciada ; e questi non sentendosi sicu
ie di lui detta Jasciada ; e questi non sentendosi sicuri nella città
di
Matura, si trasferirono in Nundagroma, loro patri
ro patria, onde sottrarre il piccolo Krisna alle crudeli persecuzioni
di
Kansa. Appena giunti in Nundagroma, si presentaro
ro alcune donne dalle forme gigantesche, che erano segrete mandatarie
di
Kansa, e domandano a Nunda di poter nudrire del l
gantesche, che erano segrete mandatarie di Kansa, e domandano a Nunda
di
poter nudrire del loro latte il bambino ch’egli p
e uccide lo stesso Kansa. L 2397. Labda. — Una delle figliuole
di
Anfione. Narra la cronaca che essendo nata zoppa,
icorse all’oracolo, e questo rispose, che ella sarebbe divenuta madre
di
un figliuolo che poi avrebbe usurpata la suprema
la suprema autorità in Corinto ; e sarebbe stato riconosciuto come re
di
quella contrada. Infatti, poco tempo dopo, Labda
rada. Infatti, poco tempo dopo, Labda si maritò ad Echeone, figliuolo
di
un cittadino di Corinto per nome Echecrate, ed eb
oco tempo dopo, Labda si maritò ad Echeone, figliuolo di un cittadino
di
Corinto per nome Echecrate, ed ebbe da quello un
e il fanciullo, onde sua madre per salvarlo, lo nascose in una misura
di
biada che i greci chiamavano Cipfelo. Da ciò il n
iamavano Cipfelo. Da ciò il nome del bambino. 2398. Labdaco. — Figlio
di
Fenice re di Tebe. Nei fasti della cronaca storic
elo. Da ciò il nome del bambino. 2398. Labdaco. — Figlio di Fenice re
di
Tebe. Nei fasti della cronaca storico-favolosa eg
i fasti della cronaca storico-favolosa egli è ricordato come il padre
di
Laio e avo del famoso Edipo. 2399. Laberinti. — F
lie del mondo, i pagani comprendevano i due famosi laberinti del lago
di
Meride in Egitto, e quello di Grecia nell’isola d
ndevano i due famosi laberinti del lago di Meride in Egitto, e quello
di
Grecia nell’isola di Creta ; sebbene quest’ultimo
laberinti del lago di Meride in Egitto, e quello di Grecia nell’isola
di
Creta ; sebbene quest’ultimo, al dire di Plinio l
quello di Grecia nell’isola di Creta ; sebbene quest’ultimo, al dire
di
Plinio lo storico, non fosse che la centesima par
ltimo, al dire di Plinio lo storico, non fosse che la centesima parte
di
quello d’Egitto. Al dire di Erodoto, il laberinto
storico, non fosse che la centesima parte di quello d’Egitto. Al dire
di
Erodoto, il laberinto di Egitto fu edificato per
centesima parte di quello d’Egitto. Al dire di Erodoto, il laberinto
di
Egitto fu edificato per i dodici re, che secondo
ei quello del settentrione, mentre una stessa muraglia le circonda al
di
fuori. Oltre a queste immense sale, il laberinto
tre a queste immense sale, il laberinto egiziano comprendeva non meno
di
tremila camere, delle quali mille e cinquecento e
cento erano sotterranee, e le altre mille e cinquecento fabbricate su
di
esse. Le camere sotterranee contenevano i sepolcr
ione del laberinto, e vi si conservavano anche i cadaveri imbalsamati
di
que i coccodrilli, che il culto religioso degl’eg
ta a tutti. Le camere superiori erano, sempre secondo Erodoto, quanto
di
maraviglioso e di sorprendente poteva in quei tem
ere superiori erano, sempre secondo Erodoto, quanto di maraviglioso e
di
sorprendente poteva in quei tempi produrre la man
queste sale che mettevano le une nelle altre, e tutte erano ricoperte
di
tetti in pietra viva ; mentre tutte le mura erano
tti in pietra viva ; mentre tutte le mura erano letteralmente coperte
di
maravigliose sculture, ed ogni sala era circondat
e di maravigliose sculture, ed ogni sala era circondata da una specie
di
gran portico di colonne, in pietra bianca. Cosi E
e sculture, ed ogni sala era circondata da una specie di gran portico
di
colonne, in pietra bianca. Cosi Erodoto. Però il
tremila appartamenti, e dodici palagi, fabbricati in un solo recinto
di
mura e tutti ricoperti di marmo. Una sola era l’e
odici palagi, fabbricati in un solo recinto di mura e tutti ricoperti
di
marmo. Una sola era l’entrata dall’ esterno ; ma
; ma internamente vi era un immenso, un enorme, uno sterminato numero
di
strade, per le quali si era forzati di passare e
enorme, uno sterminato numero di strade, per le quali si era forzati
di
passare e ripassare, girando e rigirando, e trova
za che si giungesse mai a ritrovare la via della uscita. Il laberinto
di
Grecia che sorgeva nell’isola di Creta, fu costru
re la via della uscita. Il laberinto di Grecia che sorgeva nell’isola
di
Creta, fu costruito da Dedalo, sul modello di que
che sorgeva nell’isola di Creta, fu costruito da Dedalo, sul modello
di
quello egiziano, ma in più piccole proporzioni, p
modello di quello egiziano, ma in più piccole proporzioni, per ordine
di
Minosse re di quell’isola, il quale vi fece rinch
llo egiziano, ma in più piccole proporzioni, per ordine di Minosse re
di
quell’isola, il quale vi fece rinchiudere il most
e vi fece rinchiudere il mostro conosciuto nella favola sotto il nome
di
Minotauro. È questo il laberinto di cui fà menzio
sciuto nella favola sotto il nome di Minotauro. È questo il laberinto
di
cui fà menzione Virgilio e che sorgeva vicino all
laberinto di cui fà menzione Virgilio e che sorgeva vicino alla città
di
Gnosso. …… in quante si discorre Per le molte in
ce in Creta Esser costrutto ; …….. Virgilio — Eneide — Lib. V. trad.
di
A. Caro. Oltre a questi due laberinti, annoverat
eno famosi, pure vengono ricordati nelle cronache dell’antichità. Uno
di
questi laberinti fu fatto edificare da Porsenna,
inti fu fatto edificare da Porsenna, re dell’Etruria, nell’intenzione
di
farne il proprio sepolcro, e l’altro che sorgeva
nzione di farne il proprio sepolcro, e l’altro che sorgeva nell’isola
di
Lenno. 2400. Labradeo. — Al dire di Plutarco, si
e l’altro che sorgeva nell’isola di Lenno. 2400. Labradeo. — Al dire
di
Plutarco, si dava questo soprannome a Giove nella
raffigurato il padre degli dei, si venerava in quella città la statua
di
lui con una scure nella mano. Questo cangiamento
na delle Amazzoni, le tolse le sue bellissime armi, fra cui una scure
di
maraviglioso lavoro, che l’eroe, donò ad Onfale s
l’eroe, donò ad Onfale sua ; amante. Questa principessa la legò ai re
di
Lidia, i quali la portarono invece di scettro, fi
uesta principessa la legò ai re di Lidia, i quali la portarono invece
di
scettro, fino al tempo in cui Candaule, ultimo re
portarono invece di scettro, fino al tempo in cui Candaule, ultimo re
di
quella contrada non cadde in potere dei Carii, i
e gli posero la famosa scure fra le mani. 2401. Lacedemone. — Figlio
di
Giove e della ninfa Faigete. Divenuto adulto egli
di Giove e della ninfa Faigete. Divenuto adulto egli sposò una figlia
di
Eurota, re della Laconia ; ed avendo ereditato il
te, il suo nome e quello della moglie. Da cio la doppia denominazione
di
Lacedemonia o Lacedemone, e di Sparta, a questa f
moglie. Da cio la doppia denominazione di Lacedemonia o Lacedemone, e
di
Sparta, a questa famosa città della Grecia. Quest
prannome particolare della dea Giunone, come dea tutelare della città
di
Sparta. 2403. Lachesi. — Una delle tre Parche, e
ilo della vita. V. Parche. 2404. Lacinia. In un promontorio del golfo
di
Taranto, nella penisola Italiana, sorgeva, al dir
torio del golfo di Taranto, nella penisola Italiana, sorgeva, al dire
di
Tito Livio, un tempio consacrato alla dea Giunone
che il censore Quinto Fulvio Flacco, spogliò delle magnifiche tegole
di
marmo che ne formavano il tetto, onde servirsene
marmo che ne formavano il tetto, onde servirsene per la edificazione
di
un tempio della Fortuna, che egli faceva fabbrica
contemporanei ritennero che quella morte fosse avvenuta per vendetta
di
Giunone Lacinia, la quale avesse per tal modo pun
a, la quale avesse per tal modo punito il tracotante che si facea reo
di
quel sacrilegio. Questa popolare credenza prese t
ore, che il senato emanò un editto, col quale comandava che le tegole
di
marmo fossero rimesse al loro posto. Ma la supers
credeva che se taluno avesse inciso il proprio nome su quelle tegole
di
marmo, la incisione svaniva nell’ istesso momento
non sapendo se fosse d’ oro massiccio, ovvero ricoperta semplicemente
di
foglie d’ oro, la fece puntare con taluni istrume
ove. Ma nella notte seguente, Giunone apparsagli in sogno, gl’ impose
di
smettere dall’ opera incominciata, minacciandolo
sogno, gl’ impose di smettere dall’ opera incominciata, minacciandolo
di
privarlo del solo occhio che avea (avendo Annibal
avea nome un famoso masnadiere, che per lung o tempo, desolò il paese
di
Crotone. Ercole lo combattè e l’uccise, ed in mem
olò il paese di Crotone. Ercole lo combattè e l’uccise, ed in memoria
di
questo fatto fece edificare un templo a Giunone L
i del paganesimo per aver dato i natali a Milziade ed a Cimone figlio
di
lui, che entrambi andarono annoverati fra i più g
costruire il suo famoso flauto a sette canne, al quale dette il nome
di
Siringa, in memoria forse della figliuola.V. Siri
, in memoria forse della figliuola.V. Siringa. 2409. Laerte. — Figlio
di
Arcesio e marito di una figliuola di Autolico, ch
ella figliuola.V. Siringa. 2409. Laerte. — Figlio di Arcesio e marito
di
una figliuola di Autolico, chiamata Anticha, che
Siringa. 2409. Laerte. — Figlio di Arcesio e marito di una figliuola
di
Autolico, chiamata Anticha, che poi lo rese padre
. Al dire dello storico Apollodoro, Laerte fu contemporaneo e parente
di
Giasone, e fu uno degli Argonauti. 2410. Lafira.
a divisione delle spoglie e del bottino. 2411. Lafistio. — Soprannome
di
Giove, che a lui fu dato dagli Orcomeni, dopo che
dato dagli Orcomeni, dopo che Frisso gli ebbe sacrificato il montone
di
Colco. Dopo questo avvenimento, Giove Lafistio ve
ggitivi. 2412. Lafria. — Più comunemente detta Friclaria ; soprannome
di
Diana a lei dato dai Calidonii, allorquando essi
lorquando essi credettero che l’ira che la dea avea fatta ricadere su
di
Oeneo, e suoi discendenti, si fosse placata. Le c
si fosse placata. Le cronache dell’antichità aggiungono in proposito
di
Diana Lafria, che allorquando l’imperatore August
iana Lafria, che allorquando l’imperatore Augusto saccheggiò la città
di
Calidone lasciò gran parte delle spoglie di quell
gusto saccheggiò la città di Calidone lasciò gran parte delle spoglie
di
quella, agli abitanti di Patra nell’ Acaja, e seg
di Calidone lasciò gran parte delle spoglie di quella, agli abitanti
di
Patra nell’ Acaja, e segnatamente una statua di D
quella, agli abitanti di Patra nell’ Acaja, e segnatamente una statua
di
Diana Lafria, che essi custodirono gelosamente ne
a d’oro e d’avorio, e rappresentava Diana in abito da caccia. Al dire
di
Pausania, gli abitanti di Patra fabbricarono un t
resentava Diana in abito da caccia. Al dire di Pausania, gli abitanti
di
Patra fabbricarono un tempio a Diana Lafria, e is
i Patra fabbricarono un tempio a Diana Lafria, e istituirono in onore
di
lei una festa annuale. 2413. Lacenoforie. — Dalle
e alcune pubbliche feste, celebrate al tempo dei Tolomei, nella città
di
Alessandria. Erano così dette perchè coloro che p
a cena, erano adagiati sopra letti posti intorno alla mensa, e invece
di
coppa bevevano ad un fiasco particolare, c..e ogn
nsa, e invece di coppa bevevano ad un fiasco particolare, c..e ognuno
di
essi portava con sè dalla propria dimora. Le Lace
sero stanza i numi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello
di
Tolosa, nel quale essi gettavano, come omaggio al
, fa menzione d’un altro lago celeberrimo nelle Gallie, sotto il nome
di
lago dei due corvi, perchè sulle sue rive avevano
hè sulle sue rive avevano, da lungo tempo, fissato la loro dimora due
di
questi volatili, sui quali gl’indigeni raccontava
da. Ella richiese al famoso Demostene, diecimila dramme per una notte
di
piacere, onde provocò la famosa risposta del sagg
to a così caro prezzo . Secondo la cronaca, Laide morì uccisa a colpi
di
spillone, in un tempio di Venere, da alcune donne
condo la cronaca, Laide morì uccisa a colpi di spillone, in un tempio
di
Venere, da alcune donne di Corinto, invidiose del
ì uccisa a colpi di spillone, in un tempio di Venere, da alcune donne
di
Corinto, invidiose della suprema bellezza di lei.
Venere, da alcune donne di Corinto, invidiose della suprema bellezza
di
lei. In una contrada della città di Corinto, si v
invidiose della suprema bellezza di lei. In una contrada della città
di
Corinto, si vide per lungo tempo un sepolcro, rit
si vide per lungo tempo un sepolcro, ritenuto comunemente per quello
di
Laide, sul quale si vedeva scolpita, come un’alle
sa, una lionessa con un agnello fra gli artigli. 2416. Lalo. — Figlio
di
Labdaco re di Tebe. V. Labdaco. — Stava ancora in
sa con un agnello fra gli artigli. 2416. Lalo. — Figlio di Labdaco re
di
Tebe. V. Labdaco. — Stava ancora in culla, allorc
ajo sul trono dei suoi avi. ….. In questa terra Laio, o Signor tenea
di
re possanza Pria che tu l’assumessi. Sofocle — E
ossanza Pria che tu l’assumessi. Sofocle — Edipo Re — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. È questo il famoso Lajo che morì uc
per mano del proprio figliuolo Edipo. V. Edipo. Se alcun tra voi sa
di
qual mano estinto Cadde il figlio di Labdaco, ver
. V. Edipo. Se alcun tra voi sa di qual mano estinto Cadde il figlio
di
Labdaco, verace Tutto esponga, io ’l comando. So
ce Tutto esponga, io ’l comando. Sofocle — Edipo Re — Tragedia trad.
di
F. Bellotti. 2417. Laira. — La stessa figliuola
— Tragedia trad. di F. Bellotti. 2417. Laira. — La stessa figliuola
di
Leucippo, conosciuta nei fasti della cronaca paga
di Leucippo, conosciuta nei fasti della cronaca pagana, sotto il nome
di
Ilaria, che fu rapita da Castore al momento che d
sare Linceo. V. Castore e Polluce. 2418. Lamia. — Una delle figliuole
di
Nettuno. Giove l’amò con passione e Giunone ne co
alla luce due bambini morti. La povera giovanetta fu così addolorata
di
questa sventura che in pochi giorni perdette affa
ni perdette affatto la sua stupenda bellezza, e cadde in tale eccesso
di
furore, che divorava tutti i bambini che le cadev
te presso i pagani, vita alla simbolica esistenza delle Lamie, specie
di
mostri dal volto di donna, che attirano i passegg
vita alla simbolica esistenza delle Lamie, specie di mostri dal volto
di
donna, che attirano i passeggieri e poi li divora
vorano. Lamia aveva anche nome una famosa cortigiana d’ Atene, figlia
di
Cleonora e che si rese celebre per la perizia con
teniesi e i Tebani eressero un tempio alla sua memoria, sotto il nome
di
Lamia-Venere. Lamia ed Aussesia erano finalmente
to il nome di Lamia-Venere. Lamia ed Aussesia erano finalmente i nomi
di
due divinità venerate particolarmente in Trezene
el tempo che Trezene era tumultuosa per dissidii politici e discordie
di
partiti, abbandonarono la loro isola nativa per r
rtiti, abbandonarono la loro isola nativa per recarsi in quella città
di
cui esse ignoravano l’interna agitazione. Però ap
ignoravano l’interna agitazione. Però appena ebbero varcate le porte
di
Trezene, che il popolo in piena sommossa le uccis
e porte di Trezene, che il popolo in piena sommossa le uccise a colpi
di
pietra. Calmatisi gli animi, i Trezentini, dolent
uccise a colpi di pietra. Calmatisi gli animi, i Trezentini, dolenti
di
quanto era avvenuto, istituirono in onore delle s
una pubblica solennità, che poi fu celebrata ogni anno, sotto il nome
di
festa della lapidazione. 2419. Lampadi. — Gli ant
agonia della sventurata. Presso i pagani le lampadi erano comunemente
di
terra cotta e di bronzo, e talvolta anche d’argen
turata. Presso i pagani le lampadi erano comunemente di terra cotta e
di
bronzo, e talvolta anche d’argento e d’oro. Oltre
di inestinguibili, dal perchè essi ritenevano, secondo l’attestazione
di
molti chiari scrittori dell’antichità, che quelle
rittori dell’antichità, che quelle lampadi ardessero per lungo tratto
di
anni senza bisogno di alimento. Fra gli esempii r
, che quelle lampadi ardessero per lungo tratto di anni senza bisogno
di
alimento. Fra gli esempii riferiti a comprovare c
osìfatta credenza, è quello della lampada trovata accesa nel sepolcro
di
Tulliola, figlia di Cicerone scoperto in Roma nel
quello della lampada trovata accesa nel sepolcro di Tulliola, figlia
di
Cicerone scoperto in Roma nel 1540, la quale, ine
a, d’una lampada d’oro consacrata da Callimaco, innanzi ad una statua
di
Diana in Atene, e ripete che quella lampada veniv
a volta l’anno, e ardeva poi sempre, senza che vi fosse stato bisogno
di
più ritoccarla. Il cronista Solino asserisce un f
arissimi scrittori, è combattuta da altri meltissimi, degni anch’essi
di
fede e di considerazione tanto più che quanto ass
crittori, è combattuta da altri meltissimi, degni anch’essi di fede e
di
considerazione tanto più che quanto asseriscono P
ose credenze del popolo, che giovavano altamente ai tenebrosi maneggi
di
quegli impostori. Plutarco istesso racconta, che
i per le cerimonie dei sacrifizii. Segnatamente in Atene, nelle feste
di
Minerva, era costume di quegli abitanti di accend
acrifizii. Segnatamente in Atene, nelle feste di Minerva, era costume
di
quegli abitanti di accendere un gran numero di la
ente in Atene, nelle feste di Minerva, era costume di quegli abitanti
di
accendere un gran numero di lampadi, innanzi alla
i Minerva, era costume di quegli abitanti di accendere un gran numero
di
lampadi, innanzi alla statua di quella dea, riten
abitanti di accendere un gran numero di lampadi, innanzi alla statua
di
quella dea, ritenendola come inventrice delle art
quella dea, ritenendola come inventrice delle arti. Anche nelle feste
di
Vulcano, riguardato dai pagani come dio del fuoco
ai pagani come dio del fuoco e inventore delle lampadi ; ed in quelle
di
Prometeo che, secondo la favola avea rapito il fu
nivano celebrate una volta ogni tre anni, e si distinguevano col nome
di
Atenee le prime ; Esestiee o Vulcanie le seconde
giuochi al lume delle lampadi. 2421. Lampadoforo. — Nome particolare
di
quel sacerdote che portava le lampadi nei sacrifi
uel sacerdote che portava le lampadi nei sacrifizii ; talvolta invece
di
lampadi si adoperavano le torcie e allora il mini
chiamava Daducheo. V. Daducheo. 2422. Lampezie. — Una delle figliuole
di
Neera e del Sole. …. e le Dive sono i lor pastor
nfe leggiadre, la immortal Neera. Omero — Odissea — Libro XII. Trad.
di
I. Pindemonte. Fu sorella di Faetusa. Al dire di
ra. Omero — Odissea — Libro XII. Trad. di I. Pindemonte. Fu sorella
di
Faetusa. Al dire di Omero, il Sole avea affidato
— Libro XII. Trad. di I. Pindemonte. Fu sorella di Faetusa. Al dire
di
Omero, il Sole avea affidato a queste sue diletti
e avendo una tempesta gettato Ulisse e i suoi compagni, sulle spiagge
di
quell’isola, i seguaci del guerriero greco uccise
i buoi, che facean parte della mandra affidata dal Sole alla custodia
di
Lampezie, e si cibarono di quella carne. La ninfa
lla mandra affidata dal Sole alla custodia di Lampezie, e si cibarono
di
quella carne. La ninfa portò querela di ciò al su
ia di Lampezie, e si cibarono di quella carne. La ninfa portò querela
di
ciò al suo immortale genitore, e questi a Giove,
r troppo pianto la morte del fratello Fetonte. V. Fetontidi. In alla
di
lei muover tentando La candida Lampezie. da impro
av. II e III. trad. del Cav. Ermolao Federico 2423. Lampo. — Figlio
di
Laomedonte. Egli è ricordato nei fasti mitologici
Laomedonte. Egli è ricordato nei fasti mitologici per essere fratello
di
Priamo. 2424. Lampos. — Detto anche semplicemente
tto anche semplicemente Lampo, ossia Risplendente. Era questo il nome
di
uno dei cavalli del sole, e propriamente di quell
dente. Era questo il nome di uno dei cavalli del sole, e propriamente
di
quello che presiedeva al mezzogiorno, ora in cui
tezze eravi adorato con un culto particolare, le cui oscenità vincono
di
gran lunga qualunque più sbrigliata immaginazione
e. 2426. Lampterie. — Feste particolari celebrate in Pallena in onore
di
Bacco. Venivano così dette, perchè le cerimonie s
onore di Bacco. Venivano così dette, perchè le cerimonie si compivano
di
notte al chiarore delle lampadi. 2427. Lancia. —
ne, i romani rappresentavano il loro dio della guerra sotto la figura
di
una lancia, prima di aver dato al simulacro delle
ntavano il loro dio della guerra sotto la figura di una lancia, prima
di
aver dato al simulacro delle loro divinità, la fi
li la lancia era il simbolo della guerra. 2428. Laocoonte. — Fratello
di
Anchise e sacerdote di Nettuno. La tradizione mit
bolo della guerra. 2428. Laocoonte. — Fratello di Anchise e sacerdote
di
Nettuno. La tradizione mitologica narra di lui un
llo di Anchise e sacerdote di Nettuno. La tradizione mitologica narra
di
lui un lagrimevole fatto. Allorquando i trojani c
evole fatto. Allorquando i trojani consentirono che il famoso cavallo
di
legno fosse introdotto nella loro predestinata ci
la loro predestinata città, Laocoonte, colpito dalla enorme grandezza
di
quella macchina e paventando un’insidia, cercò di
la enorme grandezza di quella macchina e paventando un’insidia, cercò
di
persuadere i suoi concittadini ad opporsi a che i
e i suoi concittadini ad opporsi a che il cavallo fosse introdotto al
di
là delle mura, e fu in questa occasione che egli
ne che egli pronunziò il famoso motto, che Virgilio pone sulle labbra
di
lui : timeo Danaos et dona ferentes. Pronunziando
asportato dal proprio convincimento, Laocoonte afferrò una lunga asta
di
guerra, e con forza prodigiosa la lanciò contro i
mpì, tale essendo il volere del destino inesorabile. L’azione intanto
di
Laocoonte fu ritenuta da tutti come un sacrilegio
anto di Laocoonte fu ritenuta da tutti come un sacrilegio, e sul capo
di
lui la cieca superstizione de’suoi concittadini,
Mentre egli offeriva un sacrifizio nel tempio, con la sola compagnia
di
due bambini suoi figli, dalla vicina isola di Ten
, con la sola compagnia di due bambini suoi figli, dalla vicina isola
di
Tenedo si videro strisciare sulla superficie dell
ndosi sulla riva, sibilando orribilmente si avventarono sui fanciulli
di
Laocoonte, ravvolgendoli nelle loro spire mortali
ravvolgendoli nelle loro spire mortali. Invano il misero padre armato
di
frecce si preparo a combattere i terribili nemici
co non era ancora teso nelle sue mani, che i mostri si slanciarono su
di
lui, e lo strinsero nei loro innumeri attortiglia
, e lo strinsero nei loro innumeri attortigliamenti e innalzandosi su
di
esso di tutta la testa e della parte superiore de
trinsero nei loro innumeri attortigliamenti e innalzandosi su di esso
di
tutta la testa e della parte superiore del corpo,
o, lo strinsero per modo che quasi lo soffocarono. Finalmente coperto
di
bava velenosa, e intrise di sangue, le sacre bend
quasi lo soffocarono. Finalmente coperto di bava velenosa, e intrise
di
sangue, le sacre bende sacerdotali, mandò un ulti
elo e spirò come i suoi figli nell’orrendo attorcigliamento. La morte
di
Laocoonte e dei suoi figliuoli fu da tutti ritenu
u da tutti ritenuta come il castigo del suo sacrilegio per aver osato
di
ferire il cavallo offerto a Minerva. Era Laocoon
mente infisse Gli addentarono il teschio. Egli com’era D’atro sangue,
di
bava, e di veleno Le bende, e ’l volto asperso, i
se Gli addentarono il teschio. Egli com’era D’atro sangue, di bava, e
di
veleno Le bende, e ’l volto asperso, i tristi nod
’orribili strida il ciel feriva, Virgilio — Eneide — Libro II. trad.
di
A. Caro : Il gruppo in marmo del Laocoonte, scol
na delle più stupende opere dell’arte greca. 2429. Laodamia. — Figlia
di
Achemone e del famoso Bellorofonte. Giove l’amò c
e e del famoso Bellorofonte. Giove l’amò con passione e la rese madre
di
quel Sarpedone che fu poi re di Licia. Omero rife
ve l’amò con passione e la rese madre di quel Sarpedone che fu poi re
di
Licia. Omero riferisce che Diana sdegnata del sup
re di Licia. Omero riferisce che Diana sdegnata del superbo orgoglio
di
Laodamia, la uccise a colpi di frecce. Partorì p
he Diana sdegnata del superbo orgoglio di Laodamia, la uccise a colpi
di
frecce. Partorì poi la moglie al virtuosq Beller
tto gli strali Dell’irata Dïana ; …. Omero — Iliade — Libro VI trad.
di
V. Monti. Laodamia era similmente il nome di una
Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. Laodamia era similmente il nome
di
una giovanetta moglie di quel Protesilao, che mor
i V. Monti. Laodamia era similmente il nome di una giovanetta moglie
di
quel Protesilao, che morì ucciso all’assedio di T
una giovanetta moglie di quel Protesilao, che morì ucciso all’assedio
di
Troja. Quando la dolorosa novella fu portata a La
rito. Qualche tempo dopo uno schiavo andò a riferire ad Acasto, padre
di
Laodamia, che la figliuola s’era lasciata sorpren
ti nella camera della figlia, onde punire la sciagurata che insozzava
di
tanta macchia il decoro della famiglia. Ma accort
amiglia. Ma accortosi della verità del fatto, fece togliere la statua
di
Protesilao dalla camera della figlia e la fece ma
chiese in grazia agli dei che le avessero conceduto per sole tre ore
di
poter favellare con lo sposo adorato ; e pianse t
e gli dei impietositi gliela concessero. Mercurio infatti, per ordine
di
Giove discese all’inferno e ne trasse l’anima di
infatti, per ordine di Giove discese all’inferno e ne trasse l’anima
di
Protesilao che presentò alla fedele Laodamia. Ma
Giove non volle separarsi dallo sposo adorato e si contentò piuttosto
di
andar con lui nel regno dei morti, di quello che
adorato e si contentò piuttosto di andar con lui nel regno dei morti,
di
quello che rimanere sulla terra divisa dal suo di
divisa dal suo diletto. Laodamia finalmente avea nome una principessa
di
Epiro, che insieme a sua sorella Nereide, riuseì
i i componenti della reale famiglia. Nereide fu sposata da Gelone, re
di
Sicilia, e seguì il marito e fu salva ; ma l’infe
u salva ; ma l’infelice Laodamia raggiunta dai rivoltosi in un tempio
di
Diana, ove erasi ricoverata ai piedi d’una statua
ra contro la disgraziata giovanetta. le spaccò il cranio con un colpo
di
scure. Ma ben presto il sangue innocente di lei r
cò il cranio con un colpo di scure. Ma ben presto il sangue innocente
di
lei ricadde goccia a goccia sull’iniqua terra che
alla misera Laodamia il colpo mortale, assalito da terribili accessi
di
frenesia, si lacerò da sè stesso le visceri, e mo
i, e morì fra i più atroci tormenti nel dodicesimo giorno dalla morte
di
Laodamia. 2430. Laodice. — Secondo alcuni scritto
Noi seguendo il carattere della nostra opera, parleremo partitamente
di
quelle donne che così ebbero nome e che sono rico
icordate dagl’autori come le più famose. Laodice ebbe nome una figlia
di
Agamennone e di Clitennestra, la quale fu dal pad
tori come le più famose. Laodice ebbe nome una figlia di Agamennone e
di
Clitennestra, la quale fu dal padre offerta in co
e alle sue due sorelle Ifianassa e Crisotemi, quando Agamennone cercò
di
placare l’ira inesorata del Pelide. V. Ifianassa.
inesorata del Pelide. V. Ifianassa. Laodice fu del paro una figliuola
di
Priamo, re di Troja e di Ecuba, ritenuta come la
Pelide. V. Ifianassa. Laodice fu del paro una figliuola di Priamo, re
di
Troja e di Ecuba, ritenuta come la più avvenute d
Ifianassa. Laodice fu del paro una figliuola di Priamo, re di Troja e
di
Ecuba, ritenuta come la più avvenute delle reali
delle sue figlie Avvenente e gentil. Omero — Iliade — Libro VI trad.
di
V. Monti. Tolta in moglie da uno dei tanti figli
— Libro VI trad. di V. Monti. Tolta in moglie da uno dei tanti figli
di
Ercole per nome Telefo, Laodice fu ben presto abb
riamo onde consolare la derelitta figliuola, la rimaritò ad un figlio
di
Antenore, per nome Elicaone, ma questo secondo im
e, imperocchè poco tempo dopo Elicaone morì combaltendo sotto le mura
di
Troja. Caduta la città in potere dei greci, Laodi
sopra ogni altra cosa d’esser condannata a servire l’odiata consorte
di
Telefo, suo primo marito, si precipitò da una rup
ito, si precipitò da una rupe, anteponendo l’onore alla vita. Al dire
di
Pausania, si vedeva ai tempi di Massimo, pretore
nteponendo l’onore alla vita. Al dire di Pausania, si vedeva ai tempi
di
Massimo, pretore dell’ Asia, un sepolcro nella Fr
tore dell’ Asia, un sepolcro nella Frigia, ove era rinchiuso il corpo
di
questa sventurata principessa. Laodice fu similme
po di questa sventurata principessa. Laodice fu similmente una regina
di
Cappadocia, di cui la tradizione serba memoria co
enturata principessa. Laodice fu similmente una regina di Cappadocia,
di
cui la tradizione serba memoria come di donna cru
nte una regina di Cappadocia, di cui la tradizione serba memoria come
di
donna crudelmente ambiziosa. Ariarate, suo consor
crudelmente ambiziosa. Ariarate, suo consorte, morì lasciandola madre
di
sei figliuoli maschi e imponendole di tenere le r
onsorte, morì lasciandola madre di sei figliuoli maschi e imponendole
di
tenere le redini del governo, fino a che il primo
unta l’età maggiorenne. Laodice rimasta vedova, per spietata libidine
di
regno, avvelenò l’un dopo l’altro i primi cinque
teretanto caro al suo cuore ambizioso. Ma ben presto il popolo, cieco
di
furore contro la madre spietata, invase tumultuos
tuoso ed iracondo le più riposte camere della reggia, e impadronitosi
di
Laodice, la uccise miseramente, facendone a brani
cia l’ultimo figliuolo dell’uccisa regina, il quale da alcuni parenti
di
Ariarate, era stato sottratto furtivamente dalla
ratto furtivamente dalla reggia. Laodice, da ultimo, fu una figliuola
di
Agapenore che seguì il padre suo all’assedio di T
imo, fu una figliuola di Agapenore che seguì il padre suo all’assedio
di
Troja, ov’egli si recò a capo delle milizie arcad
roja, ov’egli si recò a capo delle milizie arcadi. Laodice fu a parte
di
ogni buona e cattiva fortuna del padre, e lo segu
seguì da per ogni dove, finchè caduta Troja, andò con lui nell’isola
di
Cipro, ove Agapenore si stabili con la sua famigl
Agapenore si stabili con la sua famiglia. 2431. Laodoco. — Figliuolo
di
Antenore. Allorquando Paride e Menelao offrirono
doco. — Figliuolo di Antenore. Allorquando Paride e Menelao offrirono
di
combattere il singolare duello, che dovea por fin
combattere il singolare duello, che dovea por fine alla lunga guerra
di
Troia. Laodoco fu quello che esortò i troiani a r
pere il trattato. Omero aggiunge, che Giove avesse ordinato a Minerva
di
prendera le sembianze di Laodoco, e di andare in
ggiunge, che Giove avesse ordinato a Minerva di prendera le sembianze
di
Laodoco, e di andare in cerca di Pandaro, onde fa
iove avesse ordinato a Minerva di prendera le sembianze di Laodoco, e
di
andare in cerca di Pandaro, onde fare che i troia
o a Minerva di prendera le sembianze di Laodoco, e di andare in cerca
di
Pandaro, onde fare che i troiani avessero violato
se in traccia Del deiforme Pandaro. Omero — Iliade — Libro IV. trad.
di
V. Monti. 2432. Laomedea. — Una delle cinquanta
edea. — Una delle cinquanta ninfe Nereidi. 2433. Laomedonte. — Figlio
di
Ilo e padre del famoso Priamo. Regnò in Troia per
Figlio di Ilo e padre del famoso Priamo. Regnò in Troia per lo spazio
di
ventinove anni. Nei fasti dell’antichità, questo
antichità, questo famoso re si rese celebre per aver fatto circondare
di
fortissime e salde mura, la capitale del suo regn
ossenti argini che egli fece costruire, onde proteggere la cittadella
di
Troia dal furore delle onde del mare, furono rigu
di Troia dal furore delle onde del mare, furono riguardati come opera
di
Nettuno stesso. Anzi avendo con l’andare del temp
gli argini, si era vendicato della mala fede del re, distruggendo uno
di
quei ripari che erano opera sua. Questa è almeno
so re troiano. Ma la cronaca a cui accennammo non è la sola sul conto
di
Laomedonte, imperocchè altri scrittori, egualment
sul conto di Laomedonte, imperocchè altri scrittori, egualmente degni
di
fede, e ricchi di rinomanza, ripotono che Laomedo
donte, imperocchè altri scrittori, egualmente degni di fede, e ricchi
di
rinomanza, ripotono che Laomedonte, onde abbellir
rati ad Apollo ed a Nettuno e depositati nel loro tempio, promettendo
di
restituirli dopo la costruzione delle opere intra
e intraprese. Compiuti i lavori, Laomedonte non restituì le ricchezze
di
cui s’era servito, per modo che Apollo afflisse i
e infatti uccise il mostro e libero la giovanetta ; ma quando credeva
di
ottenerne in premio la mano, Laomedonte si ricuso
tesso Laomedonte, a cui Priamo, suo figlio che gli successe sul trono
di
Troia fece innalzare un magnifico sepolcro. Quest
amoso cavallo troiano. V. Fatalita’ Di Troia. 2434. Laonome. — Figlio
di
(Buneo e madre di Anfitrione. Essa prese cura del
ano. V. Fatalita’ Di Troia. 2434. Laonome. — Figlio di (Buneo e madre
di
Anfitrione. Essa prese cura dell’infanzia di suo
Figlio di (Buneo e madre di Anfitrione. Essa prese cura dell’infanzia
di
suo nipote Ercole e lo ritenne presso di sè, per
ssa prese cura dell’infanzia di suo nipote Ercole e lo ritenne presso
di
sè, per qualche tempo, nella città di Feneone, in
pote Ercole e lo ritenne presso di sè, per qualche tempo, nella città
di
Feneone, in Arcadia. 2435. Lapidazione. — Con que
va dagli Egineti denominata una festa che essi celebravano in memoria
di
due giovanette cretesi, chiamate Lamia ed Aussesi
ominazione ordinariamente egli viene confuso col dio Termine. Al dire
di
Apuleio, i pagani ritenevano come sacrosanto il g
Apollo ebbe dai suoi amori con una giovanetta chiamata Stobia, figlia
di
Pineo, e che fu detto Lapito, presero la loro den
contro i Centauri, e che ebbe principio per una dissensione surta fra
di
loro, durante il banchetto delle nozze di Piritoo
r una dissensione surta fra di loro, durante il banchetto delle nozze
di
Piritoo. I Centauri furono quasi distrutti dai La
d a lei toglie quella Lingua, cui così male essa governa ; A Mercurio
di
poi cosi favella : Costei giù mena, ov’è la notte
tte eterna : Bene in quel loco il muto stuoi si annida Ninfa sarà, ma
di
palude inferna. Ovidio — I Fasti — Libro II. tra
Ninfa sarà, ma di palude inferna. Ovidio — I Fasti — Libro II. trad.
di
Giambattista Bianchi. Narra la cronaca, che la s
he la sua disgrazia non aveva punto alterata la sorprendente bellezza
di
Lara ; tanto che Mercurio stesso, durante il trag
stesso, durante il tragitto invaghitosene perdutamente, la rese madre
di
due gemelli che poi furono detti, dal nome della
l nome della madre Lari, ed a cui varii scrittori danno anche il nome
di
Larunda. Di doppia prole incinta essa diventa :
Bianchi. 2439. Larentali. — Feste che i Romani celebravano in onore
di
Acca Laurenzia, dieci giorni prima delle calende
ebravano in onore di Acca Laurenzia, dieci giorni prima delle calende
di
Gennaio. Le cerimonie Larentali si compivano fuor
alende di Gennaio. Le cerimonie Larentali si compivano fuori le porte
di
Roma, sulle sponde del Tevere. 2440. Larenzia. —
ari del domestico focolare, e come i custodi d’ogni famiglia. Al dire
di
Servio il culto pagano degli dei Lari, trasse la
ari, trasse la primitiva sua origine dall’uso che avevano gli antichi
di
sotterrare cioè i loro morti nelle case ; cosa ch
cosa che dette motivo a quelle menti ottenebrate dalla superstizione
di
ritenere per fermo che le anime dei trapassati so
erisce il cronista Apuleio, gli dei Lari altro non erano che le anime
di
coloro che avevano onestamente vissuto e che perc
ria famiglia, proteggendola del loro soprannaturale potere. I seguaci
di
Plutone facevano una distinzione negli dei Penati
funzion dell’ Ombre il popol muto. Ovidio — I Fasti Libro V.— trad.
di
G. B. Bianchi. Al dire di Plauto gli dei Lari ve
l muto. Ovidio — I Fasti Libro V.— trad. di G. B. Bianchi. Al dire
di
Plauto gli dei Lari venivano da principio rappres
auto gli dei Lari venivano da principio rappresentati sotto la figura
di
un cane onde ricordare che essi erano i custodi d
ppendevano le loro catene accanto al focolare, consacrandole in segno
di
riconoscenza agli dei Lari. Quando si facevano de
sa. Giornalmente poi le statuette dei Lari erano sempre inghirlandate
di
viole mammole, di rosmarino e di mirto, e all’ora
oi le statuette dei Lari erano sempre inghirlandate di viole mammole,
di
rosmarino e di mirto, e all’ora del pranzo si fac
dei Lari erano sempre inghirlandate di viole mammole, di rosmarino e
di
mirto, e all’ora del pranzo si facevano in loro o
esempio, in cui si vede che particolarmente in occasione della morte
di
un qualche congiunto, i pagani insultavano con at
ultavano con atti e con parole oltraggiose i loro Penati, accusandoli
di
non aver ben saputo proteggere la casa, e d’esser
ratore Caligola ; scontento dei proprî Lari, gli avesse in un momento
di
furore fatti gettare dalla finestra. Oltre ai Lar
a ; e finalmente i Lari Hostiles, quelli che avevano la cura speciale
di
allontanare i nemici. Fra le maggiori divinità de
articolare, venivano classificate nel numero dei Lari. Fuori le porte
di
Roma, e propriamente nell’ampio ricinto del campo
ato agli dei Lari, ove essi venivano onorati sotto il nome collettivo
di
Grundiles, alludendo al grugnito proprio dei maia
atuette, e che si solennizzava negl’undici giorni prima delle calende
di
gennaio. L’oratorio particolare ove venivano cons
monte Peneo, è celebre nei fasti del paganesimo per essere la patria
di
Achille ; e perchè Giove vi era particolarmente o
era particolarmente onorato con culto speciale. Da ciò il soprannome
di
Larissio a questo dio. Larissa similmente era det
sto dio. Larissa similmente era detto un grosso borgo, nella contrada
di
Efeso, ove Apollo, sotto il nome di Larisseo e an
o un grosso borgo, nella contrada di Efeso, ove Apollo, sotto il nome
di
Larisseo e anche Larisseno, aveva un magnifico te
aristo. — Fiume del Peloponneso. Riferisce Pausania, che sulle sponde
di
quello, sorgeva un tempio dedicato a Minerva Lari
da Enomao. 2446. Laterano. — I romani chiamavano lateres, una specie
di
cammino fabbricato in pietre cotte, che ricopriva
ecie di cammino fabbricato in pietre cotte, che ricopriva il focolare
di
ogni casa. Da ciò, secondo asserisce il cronista
casa. Da ciò, secondo asserisce il cronista Arnobio, fu dato il nome
di
Laterano al dio dei focolari 2447. Latino. — Figl
u dato il nome di Laterano al dio dei focolari 2447. Latino. — Figlio
di
Fauno e della ninfa Marica, fu il più famoso dei
rica, fu il più famoso dei re del Lazio. Kra Signore, Quando ciò fu,
di
Lazio il Be Latino, Un re, che veglio, e placido
cido gran tempo Avea ’l suo regno amministrato in pace. Questi nacque
di
Fauno, e di Marica Ninfa di Laurento, e Fauno a P
mpo Avea ’l suo regno amministrato in pace. Questi nacque di Fauno, e
di
Marica Ninfa di Laurento, e Fauno a Pico Era figl
regno amministrato in pace. Questi nacque di Fauno, e di Marica Ninfa
di
Laurento, e Fauno a Pico Era figliuolo, e Pico a
regio legnaggio ultimo autore. Virgilio — Eneide — Libro VII. trad.
di
A. Caro : Narra la cronaca mitologica, che Latin
vinia, la quale per la sua bellezza, si vide ben presto scopo ai voti
di
molti chiari principi dell’Italia. Verso quel tor
scopo ai voti di molti chiari principi dell’Italia. Verso quel torno
di
tempo. Enea approdò sulle spiagge della penisola
aliana, e propriamente nel Lazio, e chiese a Latino un piccolo angolo
di
terra, onde stabilirvisi coi suoi troiani. Il buo
Il buon re accolse cortesemente l’illustre profugo ; e risovvenendosi
di
un antico oracolo, il quale gli aveva imposto di
o ; e risovvenendosi di un antico oracolo, il quale gli aveva imposto
di
non maritare la figlia sua, che con un principe s
oichè Enea, in una battaglia campale sconfisse interamente l’esercito
di
Latino, e impossessatosi del trono, sposò la prin
ontagna nella Caria, ove secondo la tradizione, ebbero vita gli amori
di
Diana e di Endimione. Da quanto riferisce Pausani
la Caria, ove secondo la tradizione, ebbero vita gli amori di Diana e
di
Endimione. Da quanto riferisce Pausania, vi era s
a e di Endimione. Da quanto riferisce Pausania, vi era sulla montagna
di
Latmo una caverna, conosciuta sotto il nome di gr
vi era sulla montagna di Latmo una caverna, conosciuta sotto il nome
di
grotta di Endimione. 2449. Latobio. — Presso gli
lla montagna di Latmo una caverna, conosciuta sotto il nome di grotta
di
Endimione. 2449. Latobio. — Presso gli antichi po
anità. Vogliono alcuni autori, che Latobio propriamente fosse il nome
di
un famoso medico, che i norici divinizzarono dopo
co, che i norici divinizzarono dopo la morte. 2450. Latona. — Al dire
di
Esiodo, fu figlia del Titano Ceo, e di Tebe sorel
morte. 2450. Latona. — Al dire di Esiodo, fu figlia del Titano Ceo, e
di
Tebe sorella di lui. Omero la fa figliuola di Sat
ona. — Al dire di Esiodo, fu figlia del Titano Ceo, e di Tebe sorella
di
lui. Omero la fa figliuola di Saturno. Giove l’am
iglia del Titano Ceo, e di Tebe sorella di lui. Omero la fa figliuola
di
Saturno. Giove l’amò con passione, a causa della
amò con passione, a causa della sua stupenda bellezza e la rese madre
di
due gemelli che furono Apollo e Diana. Narra la t
la continuamente, che essa, prossima a partorire, non trovò un angolo
di
terra, ove potesse, in sicurezza, dare alla luce
lla luce i proprî figliuoli. Latona allora si rivolse alla protezione
di
Nettuno, e questo dio, mosso e compassione delle
rotezione di Nettuno, e questo dio, mosso e compassione delle lagrime
di
lei, fece con un colpo del suo tridente sorgere,
del suo tridente sorgere, dal fondo dell’oceano, l’isola galleggiante
di
Delo, ed ivi Latona potè in pace sgravarsi. Però
lo, ed ivi Latona potè in pace sgravarsi. Però appena la divina prole
di
Giove ebbe veduta la luce del giorno, Giunone spi
e dall’ospitale dimora, portando seco i divini fanciulli. Ivi Latona
di
Palladia palma Giacendo all’ombra’, di gemella pr
divini fanciulli. Ivi Latona di Palladia palma Giacendo all’ombra’,
di
gemella prole Sgravossi, della suocera a dispetto
. del Cav. Ermolao Federico Finalmente dopo d’aver per lungo tratto
di
tempo errato alla ventura, esposto sempre all’ira
atto di tempo errato alla ventura, esposto sempre all’ira implacabile
di
Giunone, la bellissima amante di Giove giunse nel
, esposto sempre all’ira implacabile di Giunone, la bellissima amante
di
Giove giunse nella Licia, ove la cronaca narra ch
isumani, lunge dal compiacerla, si diniegarono alla dolente preghiera
di
lei, e prima di allontanarsi intorbidarono le acq
al compiacerla, si diniegarono alla dolente preghiera di lei, e prima
di
allontanarsi intorbidarono le acque dello stagno,
uoi scritti sull’antichità, che Latona altro non fu se non la nutrice
di
Apollo, e che Iside, la dea suprema, fosse la ver
a nutrice di Apollo, e che Iside, la dea suprema, fosse la vera madre
di
lui. Al dire del citato scrittore, Latona per sot
tato scrittore, Latona per sottrarre Apollo alle crudeli persecuzioni
di
Tifone, lo nascose nell’isola di Chemnide, che so
rre Apollo alle crudeli persecuzioni di Tifone, lo nascose nell’isola
di
Chemnide, che sorgeva in mezzo ad un lago, chiama
ivo la creazione intera. In considerazione d’esser stata Latona madre
di
due fra le più grandi divinità dell’ Olimpo, fu e
fu ella stessa annoverata fra le dee, ad onta dell’odio instancabile
di
Giunone. A ssunta fra le immortali, ebbe ben pres
templi, e tra questi, il più famoso fu quello che sorgeva nell’isola
di
Delo, vicino a quello del figliuol suo. Al dire d
sorgeva nell’isola di Delo, vicino a quello del figliuol suo. Al dire
di
Pausania, un altro tempio famoso consacrato a Lat
ania, un altro tempio famoso consacrato a Latona, sorgeva nella città
di
Argo ; e la statua della dea era lavoro dell’immo
à di Argo ; e la statua della dea era lavoro dell’immortale scalpello
di
Prassitele. Fra i popoli dell’antichità, che onor
ello di Prassitele. Fra i popoli dell’antichità, che onoravano Latona
di
un culto particolare, è mestieri primieramente no
celebravano nel corso dell’anno, avevano istituita la quinta in onore
di
Latona, e che veniva solenuizzata nella città di
a la quinta in onore di Latona, e che veniva solenuizzata nella città
di
Butite con gran pompa e splendore. Anche i Tripol
divozione per questa dea, la quale veniva adorata anche sotto il nome
di
Laona, nella contea di Borgogna, dove con l’andar
a, la quale veniva adorata anche sotto il nome di Laona, nella contea
di
Borgogna, dove con l’andare degl’anni, togliendo
alla denominazione del santo cattolico, conosciuto con l’appellativo
di
S. Giovanni di Laona. Presso i greci ed i romani,
ione del santo cattolico, conosciuto con l’appellativo di S. Giovanni
di
Laona. Presso i greci ed i romani, le donne adora
importante personalità mitologica, venerata dai pagani sotto il nome
di
Latona, riporteremo un avvenimento di cui fa menz
nerata dai pagani sotto il nome di Latona, riporteremo un avvenimento
di
cui fa menzione lo scrittore Ateneo, nelle sue cr
zze godeva del primato su tutti i suoi concittadini, ebbe la temerità
di
volere a forza penetrare nell’antro di Trofonio,
concittadini, ebbe la temerità di volere a forza penetrare nell’antro
di
Trofonio, e che in pena della sua azione sagrileg
on poter più ridere per qualunque cosa gli fosse avvenuta. Addolorato
di
ciò, egli ricorse all’oracolo d’Apollo, onde sape
se che sua madre gli avrebbe restituita nella propria casa la facoltà
di
ridere. Par menisco si convinse che la madre a cu
ò dopo qualche tempo avendo fatto un viaggio a Delo, entrò nel tempio
di
Latona col proposto di vedere la magnifica statua
endo fatto un viaggio a Delo, entrò nel tempio di Latona col proposto
di
vedere la magnifica statua che Prassitele avea sc
l proposto di vedere la magnifica statua che Prassitele avea scolpito
di
quella dea ; ma invece di ciò che si aspettava di
gnifica statua che Prassitele avea scolpito di quella dea ; ma invece
di
ciò che si aspettava di vedere, altro non scorse
itele avea scolpito di quella dea ; ma invece di ciò che si aspettava
di
vedere, altro non scorse che un informe simulacro
che si aspettava di vedere, altro non scorse che un informe simulacro
di
legno, con una faccia così contrafatta e sconcia,
pena i suoi occhi l’ebbero fissata, egli ruppe in un violento scoppio
di
riso. Fu allora che comprese il senso della rispo
e sacrifizii solenni. 2451. Latria ed Anasandra. — Figliuole gemelle
di
Tersandro, re di Cleone. Esse furono tolte in mog
enni. 2451. Latria ed Anasandra. — Figliuole gemelle di Tersandro, re
di
Cleone. Esse furono tolte in mogli da due figliuo
oli del re Aristodemo, anch’essi gemelli. Dopo la morte, le figliuole
di
Tersandro, ebbero gli onori divini, e fu loro ere
ndro, ebbero gli onori divini, e fu loro eretto un altare nella città
di
Lacedemone, nel tempio istesso di Licurgo. 2452.
u loro eretto un altare nella città di Lacedemone, nel tempio istesso
di
Licurgo. 2452. Lavazione. — Era questo il nome ch
i celebravano annualmente in onore della madre degli dei. Era costume
di
portare in giro per la città in gran pompa la sta
tare in giro per la città in gran pompa la statua della dea, posta su
di
un carro, e poi andarsi a lavare nelle acque del
del giorno in cui fu portato dalla Frizia in Roma, il culto religioso
di
Cibele, madre degli dei. S. Agostino, nelle sue o
ino, nelle sue opere, sferza inesorabilmente le oscenità che i pagani
di
Roma commettevano in questa occasione. 2453. Lave
in questa occasione. 2453. Laverna. — Dea dei ladri, i quali, al dire
di
Orazio, la invocavano onde essa coprisse di teneb
i ladri, i quali, al dire di Orazio, la invocavano onde essa coprisse
di
tenebre lo loro mariuolerie. …. poi l’aiuto impl
sa nube appanni. Orazio — Le Epistole — Libro I. — Epist. XVI. trad.
di
Cammillo De’Conti Toriglioni. Dal nome di questa
bro I. — Epist. XVI. trad. di Cammillo De’Conti Toriglioni. Dal nome
di
questa dea venivano complessivamente chiamati Lav
vamente chiamati Laverniones i ladri d’ogni categoria. Nelle campagne
di
Roma vi era un bosco consacrato alla dea Laverna,
ove gli assassini ed i ladri si riunivano a dividere il bottino, dopo
di
aver onorato di preghiere e talvolta di offerte,
i ed i ladri si riunivano a dividere il bottino, dopo di aver onorato
di
preghiere e talvolta di offerte, la statua di lei
o a dividere il bottino, dopo di aver onorato di preghiere e talvolta
di
offerte, la statua di lei. Queste diverse cerimon
o, dopo di aver onorato di preghiere e talvolta di offerte, la statua
di
lei. Queste diverse cerimonie, si compivano sempr
cerimonie, si compivano sempre nel più alto silenzio. Una della porte
di
Roma veniva detta Lavernale, per essere nelle cir
circostanze del bosco, consacrato a Laverna. 2454. Lavinia. — Figlia
di
Latino, re del Lazio e della regina Amata. Fu ere
essa già innanzi con gl’anni si vide scopo alle ricerche matrimoniali
di
molti principi ed eroi del Lazio e dell’ Italia.
to Regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e
di
bellezza Più d’ogn’altra famosa, era da molti Ero
usonia tutta Desiata, e ricerca. Virgilio — Eneide — Lib. VII. trad.
di
A. Caro. Ma gli dei con presagi e sogni si oppos
no un sacrifizio, insieme al re suo padre, improvvisamente, la flamma
di
cui ella si serviva per abbruciare i profumi sull
sua folta e magnifica capellatura, per modo che la ricca acconciatura
di
perle, di cui ella aveva fregiato il capo, fu pre
e magnifica capellatura, per modo che la ricca acconciatura di perle,
di
cui ella aveva fregiato il capo, fu preda delle f
o il capo, fu preda delle fiamme ; e il fuoco attaccandosi alle vesti
di
lei, la ravvolse come in una nube di pallida luce
il fuoco attaccandosi alle vesti di lei, la ravvolse come in una nube
di
pallida luce e di fumo, che ben presto riempì tut
osi alle vesti di lei, la ravvolse come in una nube di pallida luce e
di
fumo, che ben presto riempì tutta la reggia. Code
umo, che ben presto riempì tutta la reggia. Codesto avvenimento colmo
di
terrore gli astanti, ma finalmente, spentosi il f
il quale pero sarebbe riuscito funesto al suo popolo, che per cagione
di
lei avrebbe avuto a sostenere una lunga e disastr
Latino, spaventato da simili predizioni, mosse a consultare l’oracolo
di
Fauna e questo gli rispose, che non avrebbe dovut
Fauna e questo gli rispose, che non avrebbe dovuto concedere la mano
di
Lavinia, che ad un principe straniero. Poco tempo
che era nipote della regina, contrastò ad Enea colle armi il possesso
di
Lavinia e del regno di lei. ……. Chè tra noi Col
gina, contrastò ad Enea colle armi il possesso di Lavinia e del regno
di
lei. ……. Chè tra noi Col nostro sangue a difinir
gno di lei. ……. Chè tra noi Col nostro sangue a difinir la guerra, E
di
Lavinia le bramate nozze In su quel campo a procu
u quel campo a procurarci avemo. Vircilio — Encide — Libro XII trad.
di
A. Caro. Morto poi Enea, dopo molti anni di reg
ncide — Libro XII trad. di A. Caro. Morto poi Enea, dopo molti anni
di
regno, la vedova Lavinia vedendo il suo trono occ
va Lavinia vedendo il suo trono occupato da Ascanio, figlio d’Enea, e
di
Creusa, prima moglie di lui, temè che il giovanet
o trono occupato da Ascanio, figlio d’Enea, e di Creusa, prima moglie
di
lui, temè che il giovanetto principe non avesse a
oso pensiere, ella si ritrasse a vivere solitaria e raminga nel fondo
di
un bosco, ove al dire delle cronache, ella partor
al dire delle cronache, ella partorì un figliuolo, a cui mise il nome
di
Silvio. Intanto gli abitanti del Lazio cominciaro
anto gli abitanti del Lazio cominciarono a mormorare della lontananza
di
Lavinia, per modo che Ascanio fu costretto a rice
igna e a cedere ad essa ed al figliuolo Silvio il governo della città
di
Lavinio, che essa tenne fino alla morte di Ascani
vio il governo della città di Lavinio, che essa tenne fino alla morte
di
Ascanio, epoca in cui risalì sull’antico trono de
he poi ella trasmise ai suoi successori, non lasciando ai discendenti
di
Ascanio, che la dignità ereditaria di sommo sacer
i, non lasciando ai discendenti di Ascanio, che la dignità ereditaria
di
sommo sacerdote. 2455. Lavinio. — Fu questo il no
ità ereditaria di sommo sacerdote. 2455. Lavinio. — Fu questo il nome
di
una città che Enea edificò, secondo il dettato de
una città che Enea edificò, secondo il dettato dell’oracolo, in onore
di
Lavinia sua sposa. Vedi l’articolo precedente. 24
ligioso rispetto ; e che avendolo il re trovato colà dove avea deciso
di
fabbricare la sua reggia, lo avesse consacrato ad
…..Era un cortile in mezzo A le stanze reali, ove un gran lauro Già
di
gran tempo consecrato e colto Con molta riverenza
o esso re stesso Nel desiguare i suoi primi edifizi, Là’ ve trovollo,
di
sua mano a Febo L’avea dicato ; e ch’indì il nome
il nome diede A’ suoi Laurenti. Virgilio — Eneide — Libro VII trad.
di
A. Caro. 2458. Laziale. — Dal costume che aveva
ro. 2458. Laziale. — Dal costume che avevano alcune città del Lazio
di
sagrificare a Giove durante le feste latine, si d
grificare a Giove durante le feste latine, si dava codesto soprannome
di
Laziale ad una statua fatta scolpire da Tarquinio
, e che sorgeva sopra un’alta montagna, nelle circostanze della città
di
Alba ; propriamente dove si tennero poi le adunan
Nome proprio della festa istituita da Tarquinio il superbo, in onore
di
Giove Laziale. La origine di questa solenne cerim
ituita da Tarquinio il superbo, in onore di Giove Laziale. La origine
di
questa solenne cerimonia dei romani ebbe principi
dizionale asserisce, che avendo il re Tarquinio conchiuso un trattato
di
alleanza coi latini, volle, per eternare la memor
uzione primitiva della festa Laziar, il cui periodo fu, da principio,
di
un giorno solo : poi al tempo dei primi consoli,
: poi al tempo dei primi consoli, la cerimonia Laziar ebbe due giorni
di
durata : quando il popolo romano ritrattosi sul m
nte furono definitivamente assegnati quattro giorni alla celebrazione
di
essa, in memoria della sedizione calmatasi nel po
Ossia contrada dei latini. La tradizione ripete, a proposito del nome
di
questo paese, che deriva dalla parola latina late
iano, allorquando Giove lo scacciò dal cielo. 2461. Leandro. — Amante
di
Ero : egli mori annegato nell’ andare a trovare l
dare a trovare la donna dell’amor suo. V. Ero. 2462. Leargo. — Figlio
di
Atamante e di Ino e discendente della stirpe di C
la donna dell’amor suo. V. Ero. 2462. Leargo. — Figlio di Atamante e
di
Ino e discendente della stirpe di Cadmo. Egli fu
462. Leargo. — Figlio di Atamante e di Ino e discendente della stirpe
di
Cadmo. Egli fu vittima del geloso odio di Giunone
e discendente della stirpe di Cadmo. Egli fu vittima del geloso odio
di
Giunone, la quale perseguitò tutti i discendenti
a del geloso odio di Giunone, la quale perseguitò tutti i discendenti
di
Cadmo. Leargo fu ucciso dal proprio padre, che Gi
o fu ucciso dal proprio padre, che Giunone aveva a tale scopo colpito
di
un accesso di furore. 2463. Leche. — Figlio di Ne
l proprio padre, che Giunone aveva a tale scopo colpito di un accesso
di
furore. 2463. Leche. — Figlio di Nettuno, e della
a a tale scopo colpito di un accesso di furore. 2463. Leche. — Figlio
di
Nettuno, e della ninfa Pirene. Egli diede il prop
no, e della ninfa Pirene. Egli diede il proprio nome ad uno dei porti
di
Corinto, conosciuto sotto la denominazione di por
o nome ad uno dei porti di Corinto, conosciuto sotto la denominazione
di
porto Lecheo. 2464. Lecori. — Secondo alcuni scri
era una delle tre grazie, venendo alle altre due data l’appellazione
di
Comassia e Gelassia. Però questa opinione di qual
due data l’appellazione di Comassia e Gelassia. Però questa opinione
di
qualche autore, non è la più generalizzata su que
te tre famose dee dell’Olimpo pagano. V. Grazie. 2465. Leda. — Figlia
di
Testio e moglie di Tindaro re d’ Ebalia, e second
ell’Olimpo pagano. V. Grazie. 2465. Leda. — Figlia di Testio e moglie
di
Tindaro re d’ Ebalia, e secondo altri autori, di
a di Testio e moglie di Tindaro re d’ Ebalia, e secondo altri autori,
di
Sparta. La tradizione mitologica racconta di lei
e secondo altri autori, di Sparta. La tradizione mitologica racconta
di
lei che Giove l’amò perdutamente a causa della su
in Laconia, si fosse trasformato in cigno ed avesse ordinato a Venere
di
cangiarsi in aquila e fingere d’inseguirlo, ond’e
uta, e il cigno perseguitato dall’ aquila andò a ricoverarsi nel seno
di
Leda, la quale dopo nove mesi dette alla luce un
a fu consorte Di Leda, la qual Testio ebbe per padre ; Giove in forma
di
Cigno oprò di sorte, Che d’ un uovo e tre figli l
Di Leda, la qual Testio ebbe per padre ; Giove in forma di Cigno oprò
di
sorte, Che d’ un uovo e tre figli la fè madre, Fr
oprò di sorte, Che d’ un uovo e tre figli la fè madre, Fra gli altrì
di
quell’ uovo usci la morte Delle superbe già Troja
le superbe già Trojane squadre : Ovidio — Metamorf. — Libro VI trad.
di
dell’ Anguillara. Gran numero degl’ autori anti
della Grecia antica, rappresentò su d’un bassone rilievo d’una statua
di
Nemesi, Leda in atto di condurre Elena a quella d
presentò su d’un bassone rilievo d’una statua di Nemesi, Leda in atto
di
condurre Elena a quella dea. Pausania pretese che
ella dea. Pausania pretese che Leda altro non fosse se non la nutrice
di
Elena. Altri autori finalmente vogliono che Nemes
uce ed Elena. 2466. Leena. — Più comunemente conosciuta sotto il nome
di
Leona. Fu una famosa cortigiana d’ Atene, la qual
l ferreo giogo d’ Ippia tiranno, posta in carcere con altri, sospetti
di
congiura, temendo di cedere al dolore dei torment
ia tiranno, posta in carcere con altri, sospetti di congiura, temendo
di
cedere al dolore dei tormenti, si troncò coi dent
statua alla cortigiana Leona, facendola rappresentare sotto la figura
di
una Leonessa, che avea tronca la lingua. 2467. Le
nessa, che avea tronca la lingua. 2467. Lelapo. — Al dire d’ Ovidio e
di
molti altri scrittori dell’ antichità, così avea
della mostruosa volpe, che, secondo la cronaca, desolava le campagne
di
Tebe. Il mio Lelapo (che del cane a me donato Ta
la sfinge, e per vedere spiegati i suoi oracoli, mandò nelle campagne
di
Tebe un’ enorme volpe, la quale produsse tante mo
caccia. Sulle peste del mostruoso animale fu slanciato il famoso cane
di
Cefalo chiamato Lelapo, il quale aveva un così ra
po una lunghissima corsa, i due animali furono cangiati in due figure
di
marmo, una in sembianza di animale fuggente, e l’
due animali furono cangiati in due figure di marmo, una in sembianza
di
animale fuggente, e l’ altra in atto di latrare i
re di marmo, una in sembianza di animale fuggente, e l’ altra in atto
di
latrare inseguendo. Questo prodigio fu detto avve
di latrare inseguendo. Questo prodigio fu detto avvenisse per volontà
di
qualche nume, che non avea voluto permettere che
ale poi finalmente lo donò a Cefalo, per la famosa caccia della volpe
di
Tebe. 2468. Lemno. — Conosciuta anche sotto l’app
a volpe di Tebe. 2468. Lemno. — Conosciuta anche sotto l’appellazione
di
Lemnos, isola del mare Egeo ove, secondo la tradi
osa narra che i Lemni lo avessero ritenuto in aria, impedendogli così
di
fracassarsi nella caduta, e che Vulcano, in ricom
ndogli così di fracassarsi nella caduta, e che Vulcano, in ricompensa
di
tale servigio, avesse preso quell’ isola sotto la
a intento Di Lenno il padre,……… Virgilio — Eneide — Libro VIII trad.
di
A. Caro. e v’ avesse stabilito le sue fucine, o
ve insieme ai Ciclopi fabbricava i fulmini per la destra vendicatrice
di
Giove. 2469. Lemuri. — Detti anche con un’appella
. Lemuri. — Detti anche con un’appellazione complessiva larve, specie
di
genî malefici, che i pagani adoravano, credendo c
monie o feste dette Lemurie e anche Lemurali, il cui scopo era quello
di
placare codeste anime irrequiete. I romani credev
mente che il mezzo più efficace per allontanare i lemuri fosse quello
di
abbruciare delle fave, ritenendo che l’ acre odor
ri fosse quello di abbruciare delle fave, ritenendo che l’ acre odore
di
quegli arsi legumi, riuscisse loro insopportabile
bile. Durante il periodo delle feste Lemurie, che ricadevano nel mese
di
maggio, e si celebravano di notte, non era permes
le feste Lemurie, che ricadevano nel mese di maggio, e si celebravano
di
notte, non era permesso in Roma contrar matrimoni
attribuita a Romolo, che volle con quelle cerimonie, placare l’ ombra
di
Remo, suo fratello, da lui ucciso. È questa la ra
eduto che la parola Lemuri derivasse da Remures, ossia feste in onore
di
Remo. 2470. Leneo. — Dalla parola greca ληὑς che
azione agricola, veniva dai pagani chiamato Leucone. Durante le feste
di
Bacco Leneo i poeti dell’antichità, facevano a ga
re versi e commedie. 2471. Leonidee. — Ad eternare l’invitto coraggio
di
Leonida e dei suoi trecento spartani, per la dife
, si celebravano nella Lacedemonia delle feste, a cui si dava il nome
di
Leonidee. 2472. Leontiche. — Solenni cerimonie re
sia — V. Mitriache. 2473. Leo. — Uno degli eroi della Grecia. Al dire
di
Pausania egli fu innalzato agli onori eroici per
r salvare la patria. 2474. Lepreade. — Conosciuto anche sotto il nome
di
Lepreo, fu nipote di Nettuno e figlio di Glaucone
2474. Lepreade. — Conosciuto anche sotto il nome di Lepreo, fu nipote
di
Nettuno e figlio di Glaucone e di Astidamia. Narr
nosciuto anche sotto il nome di Lepreo, fu nipote di Nettuno e figlio
di
Glaucone e di Astidamia. Narra la cronaca che Lep
sotto il nome di Lepreo, fu nipote di Nettuno e figlio di Glaucone e
di
Astidamia. Narra la cronaca che Lepreo d’accordo
Narra la cronaca che Lepreo d’accordo col re Augia, avesse stabilito
di
legare Ercole, allorchè questi dopo aver nettate
di legare Ercole, allorchè questi dopo aver nettate le famose stalle
di
quel re — Vedi Ercole — si sarebbe a lui presenta
messa. Da quel tempo Ercole cercò tutte le occasioni, onde vendicarsi
di
Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconci
cò tutte le occasioni, onde vendicarsi di Lepreo, ma Astidamia, madre
di
questo, lo riconciliò con l’ eroe, col quale pass
chi fra i due avesse attinto maggior copia d’acqua in un dato periodo
di
tempo ; e finalmente a chi avrebbe bevuto più vin
rcole vinse sempre in tutti gli esercizii, per modo che Lepreo, ebbro
di
collera e di vino, sfidò Ercole ad un particolare
empre in tutti gli esercizii, per modo che Lepreo, ebbro di collera e
di
vino, sfidò Ercole ad un particolare combattiment
cciso da quell’ eroe. 2475. Lerna. — Antichissimo lago nel territorio
di
Argo, il cui circuito al dire di Pausania era di
. — Antichissimo lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire
di
Pausania era di un terzo di stadio, misura che co
lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania era
di
un terzo di stadio, misura che corrisponde alla v
rritorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania era di un terzo
di
stadio, misura che corrisponde alla ventiquattres
n terzo di stadio, misura che corrisponde alla ventiquattresima parte
di
un lega francese. Nei fasti della mitologia, il l
tresima parte di un lega francese. Nei fasti della mitologia, il lago
di
Lerna è celebre per la famosa Idra che fu uccisa
e Ercole si servì per uccidere il mostro era una falce d’oro. Al dire
di
Platone ; l’Idra di Lerna altro non era, che la s
r uccidere il mostro era una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra
di
Lerna altro non era, che la simbolica configurazi
na altro non era, che la simbolica configurazione d’un sofista nemico
di
Ercole, il quale si scatenò contro l’eroe, e che
se, altro non fossero che i cattivi ragionamenti e i falsi raziocinii
di
cui si serviva il detrattore dell’ eroe. Fra gli
chi però, quello che ci ha trasmesse più dettagliate notizie sul lago
di
Lerna, è Pausania, il quale asserisce che gli arg
a il cennato storico, non si era mai potuto toccare il fondo del lago
di
Lerna, qualunque fosse stata la macchina adoperat
uopo. L’imperatore Nerone stesso non riusel a misurare la profondità
di
quelle acque. Finalmente lo stesso Pausania aggiu
le acque. Finalmente lo stesso Pausania aggiunge che le onde del lago
di
Lerna, che giacevano sempre, all’apparenze, in un
senza rimanere immancabilmente annegati. 2476. Lernee. — Nella città
di
Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in
lmente annegati. 2476. Lernee. — Nella città di Lerna, nel territorio
di
Argo, si celebravano in onore di Bacco e di Cerer
Nella città di Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in onore
di
Bacco e di Cerere alcune feste o misteri dette Le
di Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in onore di Bacco e
di
Cerere alcune feste o misteri dette Lernee, nei q
lebre per aver dato i natali alla famosa poetessa Saffo. Gli abitanti
di
Lesbo avovano la barbara costumanza di sacrificar
a poetessa Saffo. Gli abitanti di Lesbo avovano la barbara costumanza
di
sacrificare a Bacco delle vittime umane. 2478. Le
una montagna. Tocco ne avean il limitare appena, Che femmina trovar
di
si gran mole. Che rassembrava una montagna ;….,
. Che rassembrava una montagna ;…., Omero — Odissea — Libro X. Trad.
di
I. Pindemonte. Non appena la mostruosa donna vi
fuggitivo, ordinando gli fosse preparata un’ orribile morte. Costei
di
botte Antifate chiamava Dalla pubblica piazza, il
. Uno afferronne, Che gli fu cena ; Omero — Odissea — Libro X. trad.
di
I. Pindemonte L’immane voce del mostruoso signo
isola, sì che i Lestrigoni dall’alto delle rupi schiacciarono a colpi
di
sassi i seguaci d’ Ulisse, e quelli che non morir
anarsi precipitosamente dall’ orribile scena, lasciando su quel luogo
di
morte più della metà dei suoi compagni. ….. I Le
strigoni l’ udiro, E accorrean chi da un lato e chi dall’ altro Forti
di
braccio, in numero infiniti, E giganti alla vista
alle ferali Mense future riserbati. Omero — Odissea — Libro X. Trad.
di
I. Pindemonte. 2479. Letea. — Moglie di Oleno.
— Odissea — Libro X. Trad. di I. Pindemonte. 2479. Letea. — Moglie
di
Oleno. Narra la cronaca, che essa insuperbita del
ea volle addossarsi la colpa, ma non riuscì che a dividere il castigo
di
lei, imperocchè fu anch’egli cangiato in rupe. O
fiume dell’ oblio, le cui acque avevano, secondo i pagani, il potere
di
far dimenticare. V. Fiumi dell’ inferno. Al dire
pagani, il potere di far dimenticare. V. Fiumi dell’ inferno. Al dire
di
Virgilio, le onde Letee irrigavano i campi Elisi,
ire di Virgilio, le onde Letee irrigavano i campi Elisi, e sulle rive
di
esso si aggirava del continuo una sterminata foll
i, e sulle rive di esso si aggirava del continuo una sterminata folle
di
ombre di tutti le nazioni dello universo, aneland
e rive di esso si aggirava del continuo una sterminata folle di ombre
di
tutti le nazioni dello universo, anelando di tuff
terminata folle di ombre di tutti le nazioni dello universo, anelando
di
tuffarsi in quelle acque, e bere in esse il compl
in quelle acque, e bere in esse il completo oblio del passato. A piè
di
questa era di Lete il rio Ch’ai dilettosi e fortu
e, e bere in esse il completo oblio del passato. A piè di questa era
di
Lete il rio Ch’ai dilettosi e fortunati campi Cor
le ripe Di genti innumerabili……. Virgilio — Eneide — Libro VI trad.
di
A. Caro. Coloro che ammettevano la metempsicosi
o la metempsicosi, credevano che le anime che avessero bevuto l’acqua
di
Lete, erano destinate a ritornar sulla terra ad a
terra ad animare altri corpi ; ma che doveano aggirarsi per lo spazio
di
mille anni nel vuoto prima di esser ohiamate a be
ma che doveano aggirarsi per lo spazio di mille anni nel vuoto prima
di
esser ohiamate a bere l’oblio nelle onde letee. E
avano sulla terra trasfuse in altri corpi. Quest’ alme tutte, poichè
di
mill’ anni Han volto il giro, alfin son qui chiam
acciò ch’ivi deposto Ogni ricordo, men de’ corpi schive, E più vaghè
di
vita un’ altra volta Tornin di sopra a riveder le
rdo, men de’ corpi schive, E più vaghè di vita un’ altra volta Tornin
di
sopra a riveder le stelle. Virgilio — Eneide — L
nin di sopra a riveder le stelle. Virgilio — Eneide — Libro VI trad.
di
A. Caro Lete era similmente il nome di uno stag
io — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro Lete era similmente il nome
di
uno stagno paludoso vicino al lago Cherone in Egi
äçò e significa oblio, ha dato forse principio alla favola allegorica
di
questo fiume della dimenticanza. Anche in Africa
canza. Anche in Africa v’era un fiume conosciuto sotto l’appellazione
di
Lete, che metteva foce nel Mediterraneo, vicino a
ariva ad un tratto rientrando nella terra, per poi ricomparire, ricco
di
abbondanti acque, vicino alla città di Bereniee.
ra, per poi ricomparire, ricco di abbondanti acque, vicino alla città
di
Bereniee. Fu questa forse la ragione che fece rit
’inferno. Da ultimo la tradizione mitologica aggiunge, che nell’isola
di
Creta, correva un fiume a cui fu dato (il nome di
nge, che nell’isola di Creta, correva un fiume a cui fu dato (il nome
di
Lete, dopo che Ermione, avendo bevuto di quell’ac
fiume a cui fu dato (il nome di Lete, dopo che Ermione, avendo bevuto
di
quell’acqua, dimenticò il marito Cadmo. 2481. Let
religiosa, che i romani compivano, con grandissimo rispetto, in tempo
di
pubblica calamità, e il cui scopo era quello di p
mo rispetto, in tempo di pubblica calamità, e il cui scopo era quello
di
placare lo sdegno terribile degli dei. Consisteva
fferto il banchetto vi aversero preso parte ; e ciò perchè si offriva
di
ogni vivanda alle diverse statue di quei numi, in
o parte ; e ciò perchè si offriva di ogni vivanda alle diverse statue
di
quei numi, in onore de’ quali si faceva il Lettis
cerimonia si compiva veniva drizzata una splendida mensa, circondata
di
piccoli letti, coperti di ricchi tappeti, e semin
va drizzata una splendida mensa, circondata di piccoli letti, coperti
di
ricchi tappeti, e seminati di flori e di erbe odo
a, circondata di piccoli letti, coperti di ricchi tappeti, e seminati
di
flori e di erbe odo rose ; sovra ognuno di quei l
ta di piccoli letti, coperti di ricchi tappeti, e seminati di flori e
di
erbe odo rose ; sovra ognuno di quei letti veniva
ricchi tappeti, e seminati di flori e di erbe odo rose ; sovra ognuno
di
quei letti veniva posta la statua di quel nume ch
di erbe odo rose ; sovra ognuno di quei letti veniva posta la statua
di
quel nume che prendeva parie al convito, mentre i
iva ; una qualche epidemica influenza, fece morire un’enorme quantità
di
bestiame, e siccome il flagello prendeva ogni gio
Segui dopo la spiacevol vernata una pestilente state, per ogni sorta
di
animali ; ovvero dalla stemperanza dell’ aria, pe
I due nomini preposti alla cura de’ sacrifizii attesero per lo spazio
di
otto giorni a placare col lettisternio, fatto all
i a placare col lettisternio, fatto allora la prima volta nella città
di
Roma. Apolline, Latona, Diana, Ercole, Mercurio e
Storia Romana — Libro V. Da principio il Lettisternio ebbe la durata
di
otto giorni, e l’ordinamento di tutta la cerimoni
ncipio il Lettisternio ebbe la durata di otto giorni, e l’ordinamento
di
tutta la cerimonia fu affidato ai sacerdoti Deuum
ciavano la porta delle proprie case aperta, con la libertà a ciascuno
di
servirsi di quanto occorresse. L’ospitalità veniv
orta delle proprie case aperta, con la libertà a ciascuno di servirsi
di
quanto occorresse. L’ospitalità veniva esercitata
to occorresse. L’ospitalità veniva esercitata riguardo ad ogni classe
di
persone tanto note che sconosciute ; e tale senti
ogni classe di persone tanto note che sconosciute ; e tale sentimento
di
ospitalità veniva spinto tant’ oltre, durante il
toglievano i legami ai prigionieri e tutta la città assumeva un’ aria
di
pace e di riposo. Lo stesso storico Tito Livio, d
i legami ai prigionieri e tutta la città assumeva un’ aria di pace e
di
riposo. Lo stesso storico Tito Livio, di cui ripo
assumeva un’ aria di pace e di riposo. Lo stesso storico Tito Livio,
di
cui riportammo più sopra una classica citazione,
i riportammo più sopra una classica citazione, fa similmente menzione
di
un terzo Lettisternio egualmente celebrato in Rom
sternio egualmente celebrato in Roma, onde implorare dai numi la fine
di
una terribile pestilenza. Ma, al dire del cennato
e atte a placare la collera degli dei. Anche Valerio Massimo, ricorda
di
un Lettisternio, celebrato in onore di tre sole d
Anche Valerio Massimo, ricorda di un Lettisternio, celebrato in onore
di
tre sole divinità, cioè, Giove, Giunone e Mercuri
orno al banchetto del convito, era posto un solo letto, con la statua
di
Giunone, mentre quelle di Giove e di Mercurio, er
ito, era posto un solo letto, con la statua di Giunone, mentre quelle
di
Giove e di Mercurio, erano poste sopra due sedie.
sto un solo letto, con la statua di Giunone, mentre quelle di Giove e
di
Mercurio, erano poste sopra due sedie. Similmente
no poste sopra due sedie. Similmente il cronista Arnobio, fa menzione
di
un Lettisternio celebrato solamente in onore dell
ttisternio celebrato solamente in onore della dea Cerere. Gran numero
di
autori ha ritenuto il Lettisternio come un’ istit
Grecia. Lo stesso Pausania riferisce, in varii brani delle sue opere,
di
alcuni cuscini detti Pulvinaria che nei conviti e
i eroi. Lo Spon, nel suo viaggio della Grecia, scrive che nella città
di
Atene si vedeva ancora il Lettisternio d’Iside e
e che nella città di Atene si vedeva ancora il Lettisternio d’Iside e
di
Serapide, consistente in un letto di marmo alto u
ancora il Lettisternio d’Iside e di Serapide, consistente in un letto
di
marmo alto un piede e lungo due, e sul quale stav
lto un piede e lungo due, e sul quale stavano ancora sedute le statue
di
quelle due divinità. 2482. Levana. — Divinità tut
immediatamente preso fra le sue braccia, levandolo dalla terra, senza
di
che il bambino passava per illegittimo. Al dire d
Lucina. 2483. Leucadio — Da un tempio che Apollo aveva sulla spiaggia
di
Epiro, nell’isola di Leucade, si dava codesto sop
o — Da un tempio che Apollo aveva sulla spiaggia di Epiro, nell’isola
di
Leucade, si dava codesto soprannome a quel dio. 2
el dio. 2484. Leucade. — Promontorio dell’Acanania, vicino alla città
di
Azio, ove Apollo veniva particolarmente adorato.
a Leucade che Enea fece celebrare i famosi giuochi funebri, in onore
di
suo padre Anchise. 2485. Leuce. — Isola del Ponto
dizione mitologica ripete, che gli antichi avevano formata una specie
di
Campi Elisi, ove ritenevano che dimorassero le an
pi Elisi, ove ritenevano che dimorassero le anime degli eroi. Al dire
di
Pausania, Achille aveva un tempio ed una statua i
e, secondo il citato scrittore, il primo a penetrare fu certo Leonimo
di
Crotona. Narra la cronaca, che quando ardeva la g
rotoniati, attaccò i nemici, venendo alle mani con un forte drappello
di
soldati, ch’ egli supponeva comandati da Aiace st
l’oracolo. La Pitia gli rispose che avrebbe dovuto recarsi nell’isola
di
Leuce, ove Aiace stesso lo avrebbe risanato del t
oce che Leonimo aveva detto d’aver visto coi proprii occhi nell’isola
di
Leuce, i due Aiaci, Achille, Patroclo, ed Elena s
a Stesicoro che egli aveva perduta la vista per effetto della collera
di
lei. Così almeno ripete la tradizione mitologica
sso Pausania. 2486. Leucippidi. — Nome collettivo deile due figliuole
di
Leucippo, dette Febea ed Ilaria che furono rapite
Febea. È a notare che varii autori dell’ antichità, chiamano la prima
di
queste due famose sorelle semplicemente Febe. 248
queste due famose sorelle semplicemente Febe. 2487. Leucippo. — Padre
di
Febea e d’Ilaria. V. Leucippidi. Leucippo si chia
d’Ilaria. V. Leucippidi. Leucippo si chiamava similmente un figliuolo
di
Oenomao, re di Pisa, il quale, secondo riferisce
ucippidi. Leucippo si chiamava similmente un figliuolo di Oenomao, re
di
Pisa, il quale, secondo riferisce Pausania, amò p
atagemma, e avvalersi dell’ astuzia. Infatti Leucippo, sotto pretesto
di
fare dei propri capelli un sacrifizio al fiume Al
ri capelli un sacrifizio al fiume Alfeo, se li lasciò crescere a modo
di
donna, e rivestito un abito femminile, andò a rit
to femminile, andò a ritrovar Dafne, e presentatosi a lei come figlia
di
Oenomao, le chiese di volerle concedere che l’acc
itrovar Dafne, e presentatosi a lei come figlia di Oenomao, le chiese
di
volerle concedere che l’accompagnasse alla caccia
gnasse alla caccia. Dafne delusa dalle apparenze, concesse a Leucippo
di
far parte del suo seguito ; e siccome egli, se pu
etto a Dafne, così avvenne che ben presto si acquistò tutta la grazia
di
lei. Apollo intanto che anch’egli avea concepito
, e preferito Leucippo, per vendicarsi ispirò a Dafne e alle compagne
di
lei il desiderio di bagnarsi nelle acque del fium
po, per vendicarsi ispirò a Dafne e alle compagne di lei il desiderio
di
bagnarsi nelle acque del fiume Ladone. Leucippo a
Ladone. Leucippo allora dovè, come tutte le altre giovanette seguaci
di
Dafne, spogliarsi delle sue vesti e discendere ne
me ; ma appalesatosi il mistero che egli ascondeva, fu ucciso a colpi
di
puguale e di frecce. V’ à qualche autore che da q
esatosi il mistero che egli ascondeva, fu ucciso a colpi di puguale e
di
frecce. V’ à qualche autore che da questa tradizi
qualche autore che da questa tradizione toglie solamente l’intervento
di
Apollo, rimanendo tutto il fatto nella sua comple
le ce lo ripetono le cronache. 2488. Leucofrina. — Uno dei soprannomi
di
Diana che a lei veniva da un luogo, sulle rive de
n cui si adorava una sua statua che la rappresentava col seno coperto
di
più mammelle, e col capo coronato da due vittorie
ale d’Italia ; fu detta similmente Leucosia. 2490. Leucotea. — Figlia
di
Orcamo, settimo re dell’ antica stirpe di Belo. L
a. 2490. Leucotea. — Figlia di Orcamo, settimo re dell’ antica stirpe
di
Belo. Leucotea si rese famosa per la sua stupenda
per la sua stupenda bellezza, che vinceva d’assai quella della madre
di
lei, ritenuta anch’essa come una delle più belle
governo Orcamo il padre : settimo costui Dalla stirpe scendea prisca
di
Belo. Ovidio — Metamorfosi — Libro IV. Fav. III.
cronaca mitologica che Apollo innamorato della straordinaria bellezza
di
Leucotea, avesse preso le sembianze di Eurinome m
o della straordinaria bellezza di Leucotea, avesse preso le sembianze
di
Eurinome madre di lei, onde avere libero accesso
ria bellezza di Leucotea, avesse preso le sembianze di Eurinome madre
di
lei, onde avere libero accesso presso la desidera
o da certa Clizia del tranello che per amore gli faceva Apollo, cieco
di
furore, e cedendo alle perfide insinuazioni, che
ordinò che Leucotea fosse sotterrata viva, e fosse gettato sul corpo
di
lei un monte di sabbia. Apollo fece di tutto per
otea fosse sotterrata viva, e fosse gettato sul corpo di lei un monte
di
sabbia. Apollo fece di tutto per salvare dell’ord
iva, e fosse gettato sul corpo di lei un monte di sabbia. Apollo fece
di
tutto per salvare dell’ordibile morte la sua dile
a dalle mani dei suoi carnefici, perchè il destino si oppose, asperse
di
nettare il bellissimo corpo della sua amata, e la
produce l’incenso si chiama egli stesso Leucotea. Orcamo che fu padre
di
questa giovanetta, fu il primo che fece piantare
te, che ricevono largamente i raggi del Sole. E finalmente la gelosia
di
Clizia, che fu cangiata in girasole, viene raffig
ne raffigurata dalla qualità che i naturalisti assegnano al girasole,
di
far cioè, morire l’albero che produce l’incenso.
ire l’albero che produce l’incenso. 2491. Leucotoe. — La stessa balia
di
Bacco conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale
. 2491. Leucotoe. — La stessa balia di Bacco conosciuta sotto il nome
di
Ino, alla quale gli dei dettero il nome di Leucot
o conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale gli dei dettero il nome
di
Leucotoe, quando essa fu annoverata fra le divini
toe, quando essa fu annoverata fra le divinità marittime. Nella città
di
Corinto ella aveva un magnifico altare in un temp
re pei proprii figliuoli. Era severamente proibito alle donne schiave
di
entrare in quel tempio, e se per disavventura ven
e schiave di entrare in quel tempio, e se per disavventura veniva una
di
esse sorpresa in quel vietato recinto, la disgraz
orpresa in quel vietato recinto, la disgraziata moriva uccisa a colpi
di
bastone sull’altare della dea Leucotoe, conosciut
di bastone sull’altare della dea Leucotoe, conosciuta anche col nome
di
Matuta V. Matuta. 2492. Lia. — Appellazione parti
uanta Nereidi. 2494. Liba. — Uno degli eroi greci, compagno e seguace
di
Ulisse, di cui la cronaca antica si è largamente
di. 2494. Liba. — Uno degli eroi greci, compagno e seguace di Ulisse,
di
cui la cronaca antica si è largamente occupata. C
e, di cui la cronaca antica si è largamente occupata. Caduta la città
di
Troia, Ulisse ritornando in patria accompagnato d
siffatto modo, che nel tripudio osò violentare una giovanetta nativa
di
Temessa. Istrutti gli abitanti del turpe atto di
na giovanetta nativa di Temessa. Istrutti gli abitanti del turpe atto
di
Liba, lo afferrarono e legatolo ad un albero, lo
ormentò da quel giorno e perseguitò così implacabilmente gli abitanti
di
Temessa, fra cui portò la desolazione e sovente l
tò la desolazione e sovente la morte, che il popolo in rivolta decise
di
abbandonare la propria città. Prima però di mette
popolo in rivolta decise di abbandonare la propria città. Prima però
di
mettere in atto il concepito divisamento, fu stab
n atto il concepito divisamento, fu stabilito d’interrogare l’oracolo
di
Apollo, e la pitonessa che comunicava i responsi,
pollo, e la pitonessa che comunicava i responsi, ordinò agli abitanti
di
restare nella loro città e di placare con sacrifi
nicava i responsi, ordinò agli abitanti di restare nella loro città e
di
placare con sacrifizii ed offerte la corrucciata
erstizione, a quanto imponeva l’oracolo temuto ; e l’irrequieta ombra
di
Liba lasciò in pace i suoi uccisori. Aggiunge la
altamente commosso, penetrò fino dappresso la giovanetta e le promise
di
liberarla se le avesse giurato amore, cosa alla q
ente. Eutimo infatti, secondo la cronaca favolosa, combattè col genio
di
Liba, e avendolo vinto, liberò la città di Temess
volosa, combattè col genio di Liba, e avendolo vinto, liberò la città
di
Temessa dalle persecuzioni di lui, che disperato
Liba, e avendolo vinto, liberò la città di Temessa dalle persecuzioni
di
lui, che disperato d’esser stato vinto, si precip
a così miracolosam ente salvata. 2495. Libazioni. — Cerimonie proprie
di
tutti i sacrifizii dei pagani. Il sacerdote che p
imonia, spargeva del vino, del latte e sovente altro liquore in onore
di
quel nume a cui si sacrificava. È a notare che pr
el nume a cui si sacrificava. È a notare che presso gli antichi assai
di
sovente tutto il sacrifizio consisteva in una sem
Bibbia e dagli altri libri sacri della religione ebraica, che il dio
di
Mosè aveva comandate le Libazioni al popolo d’Isr
ni, che erano quasi appen dici e condimenti del sacrifizio, sono fior
di
farina, olio, vino, sale, incenso. Numeri Cap. X
oi provennero gli altri due vocaboli libido e libidinosus. È opinione
di
alcuni scrittori, che la dea Libentina, detta anc
tta anche Libertina, altro non fosse che una configurazione della dea
di
Venere, a cui le giovanette, giunte ad una certa
infanzia. Plauto chiama dea Lubentina quella divinità che permetteva
di
fare tutto ciò che piaceva. 2497. Libera. — Dea c
rmetteva di fare tutto ciò che piaceva. 2497. Libera. — Dea che assai
di
sovente viene confusa con Proserpina. Cicerone la
sai di sovente viene confusa con Proserpina. Cicerone la fa figliuola
di
Cerere e di Giove, mentre Ovidio dice che la dea
te viene confusa con Proserpina. Cicerone la fa figliuola di Cerere e
di
Giove, mentre Ovidio dice che la dea Libera altro
ra in avvenir cangiata in diva. Ovidio — I. Fasti — Libro III. trad.
di
Giovan Battista Blanchi 2498. Liberali. — Feste
a tutti il turpe emblema, che si portava in trionfo. Si credeva così
di
rendere il dio Libero favorevole alla seminagione
redeva così di rendere il dio Libero favorevole alla seminagione, e e
di
allontanare dalla terra ogni sortilegio. 2499. Li
a veste dell’infanzia, e rivestivano la toga libera. Usavano i pagani
di
celebrare codeste cerimonie con grande solennità
; la qual cosa voleva significare, secondo le tradizioni, la quantità
di
grano, di danaro e di vino che l’imperatore regna
cosa voleva significare, secondo le tradizioni, la quantità di grano,
di
danaro e di vino che l’imperatore regnante aveva
significare, secondo le tradizioni, la quantità di grano, di danaro e
di
vino che l’imperatore regnante aveva donato ai su
suoi popoli. 2501. Liberatore. — I poeti dell’ antichità danno assai
di
sovente codesto soprannome a Giove ; ed i pagani
ta appellazione, quando correvano alcun pericolo, dal quale credevano
di
uscir immuni per la protezione di Giove Liberator
alcun pericolo, dal quale credevano di uscir immuni per la protezione
di
Giove Liberatore. 2502. Libero. — Soprannome di B
uni per la protezione di Giove Liberatore. 2502. Libero. — Soprannome
di
Bacco, detto propriamente Liber pater, perchè com
nte — V. Liberali. Anche gl’Indiani chiamavano il Sole col soprannome
di
Libero. 2503. Libertà. — Dea a cui i greci davano
o. 2503. Libertà. — Dea a cui i greci davano più propriamente il nome
di
Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto
riamente il nome di Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto
di
questa divinità era molto più celebre che in Grec
più celebre che in Grecia, ritenevano che la dea Libertà fosse figlia
di
Giove e di Giunone. Nel magnifico tempio che ella
che in Grecia, ritenevano che la dea Libertà fosse figlia di Giove e
di
Giunone. Nel magnifico tempio che ella aveva in R
mente fu innalzato dal padre dei Gracchi, sul monte Aventino e adorno
di
statue di gran valore, si vedeva il simulacro del
nnalzato dal padre dei Gracchi, sul monte Aventino e adorno di statue
di
gran valore, si vedeva il simulacro della dea Lib
vedeva il simulacro della dea Libertà, rappresentata sotto la figura
di
una matrona, vestita di bianco, con uno scettro i
la dea Libertà, rappresentata sotto la figura di una matrona, vestita
di
bianco, con uno scettro in una mano, un berretto
re ove più le piaceva. Il berretto ricordava la costumanza dei romani
di
mettere, cioè un berretto sulla testa di quegli s
ava la costumanza dei romani di mettere, cioè un berretto sulla testa
di
quegli schiavi, che volevano emancipare ; e final
volta sorgeva sul monte Olimpo, e vicino alla quale stava il sepolcro
di
Orfeo, la tradizione mitologica ci ha tramandato
ndato uno strano ricordo. Narrano le cronache che avendo gli abitanti
di
Libetra, spedito una deputazione di loro concitta
cronache che avendo gli abitanti di Libetra, spedito una deputazione
di
loro concittadini ad interrogare l’oracolo di Bac
spedito una deputazione di loro concittadini ad interrogare l’oracolo
di
Bacco, nella Tracia, per sapere quale sarebbe il
uella sarebbe stata distrutta non appena il Sole avesse visto le ossa
di
Orfeo Libetra, e che il distruttore si chiamerebb
eco la parola óõó significa cignale ; mentre vi era nelle circostanze
di
Libetra un torrente chiamato Sus. Ingannati da qu
ll’ oracolo, gli abitanti credettero che il dio avesse voluto parlare
di
una belva, e persuasi che non vi fosse al mondo u
rsuasi che non vi fosse al mondo un animale che avesse avuto la forza
di
rovesciare una città, non badarono più oltre all’
catosi verso l’ora del pomeriggio con la testa appoggiata al sepolcro
di
Orfeo, si addormentò profondamente ; e così addor
ormentò profondamente ; e così addormentato si pose a cantare i versi
di
quel poeta, con una voce estremamente soave. Spar
d’Orfeo, si rovesciò e s’infranse, per modo che il Sole vide le ossa
di
Orfeo. Nella notte che seguì codesto avvenimento,
rotto gl’ argini, straripò con tanta violenza, che allagando la città
di
Libetra, ne atterrò le mura, ne rovesciò i templi
utto ad alcune Linfe abitatrici del monte Libetrio, nelle circostanze
di
Elicona. Su quella montagna scaturiva la fonte ch
e, la quale usciva da un sasso che imitava così perfettamente il seno
di
una donna che pareva l’acqua scaturisse da due ma
e le ninfe Libetridi avevano le loro statue. 2506. Libia. — Figliuola
di
Epafo e di Cassiopea : fu amata da Nettuno, che l
Libetridi avevano le loro statue. 2506. Libia. — Figliuola di Epafo e
di
Cassiopea : fu amata da Nettuno, che la rese madr
uola di Epafo e di Cassiopea : fu amata da Nettuno, che la rese madre
di
Belo e di Agenore. Da lei prese il suo nome la co
afo e di Cassiopea : fu amata da Nettuno, che la rese madre di Belo e
di
Agenore. Da lei prese il suo nome la contrada con
Da lei prese il suo nome la contrada conosciuta sotto l’appellazione
di
Libia. Vi sono varii autori che dicono Libia foss
zione di Libia. Vi sono varii autori che dicono Libia fosse figliuola
di
Pamfiloga e dell’ Oceano. È questa però un’opinio
le Sibille, la custodia dei quali era affidata in Roma ad un collegio
di
sacerdoti chiamati Folgorali, perchè traevano gli
i, venivano chiamati quelli, che racchiudevano i misteri e la scienza
di
conoscere il futuro, per mezzo dell’esame delle v
à, secondo i principii dell’arte etrusca. I romani avevano il costume
di
consultare i libri fatali in tempo di pubbliche c
ca. I romani avevano il costume di consultare i libri fatali in tempo
di
pubbliche calamità, cercando in quei fogli mister
. — Dea che presiedeva ai fu nerali. Secondo varii scrittori, il nome
di
Libitina si dava sovente a Proserpina, come regin
getti necessarii alle pompe funebri. Chiamavansi poi col nome proprio
di
Libitinarii, i sacerdoti o ministri pubblici, che
ano e sopraintendevauo alla cerimonia dei funerali. Servio Tullio, re
di
Roma, introdusse il costume di portare nel tempio
imonia dei funerali. Servio Tullio, re di Roma, introdusse il costume
di
portare nel tempio di Libitina una data somma di
ervio Tullio, re di Roma, introdusse il costume di portare nel tempio
di
Libitina una data somma di danaro per ogni person
ntrodusse il costume di portare nel tempio di Libitina una data somma
di
danaro per ogni persona che moriva. I ministri de
ministri del tempio, che erano incaricati a riscuotere quella specie
di
tributo, segnavano su di un apposito registro, ch
erano incaricati a riscuotere quella specie di tributo, segnavano su
di
un apposito registro, chiamato Libitinœ ratio, il
orto e la somma versata. Tutto il danaro era conservato in una specie
di
cofano chiamato l’erario di Libitina. 2509. Lica.
to il danaro era conservato in una specie di cofano chiamato l’erario
di
Libitina. 2509. Lica. — Giovanetto compagno ed am
mato l’erario di Libitina. 2509. Lica. — Giovanetto compagno ed amico
di
Ercole, che lo ebbe carissimo, e che non ostante
scagliò il corpo dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza
di
quella con cui una macchina guerriera lancerebbe
a tradizione a cui si attiene il cennato poeta, aggiunge che il corpo
di
Lica s’indurì per l’aria, ed egli fu cangiato in
oichè il volse Tre volte e quattro intorno, con più forte Impulso che
di
macchina guerriera, Al flutto Euboico lo arrandel
vea nome uno dei tanti figliuoli del re Priamo, e propriamente quello
di
cui Omero dice, che prestò al fratello Paride, la
uo sesto parea, si pose al petto : Omero — Iliade — Libro III. trad.
di
V. Monti. La cronaca mitologica, a cui si attie
nti. La cronaca mitologica, a cui si attiene Omero stesso, racconta
di
questo Licaone, che caduto in potere di Achille,
ttiene Omero stesso, racconta di questo Licaone, che caduto in potere
di
Achille, fu da questo venduto ad Euneo, figlio di
he caduto in potere di Achille, fu da questo venduto ad Euneo, figlio
di
Giasone, nell’ isola di Lenno ; poscia fu riscatt
chille, fu da questo venduto ad Euneo, figlio di Giasone, nell’ isola
di
Lenno ; poscia fu riscattato con molti e preziosi
attato con molti e preziosi doni da Eezione, che lo mandò nella città
di
Arisbo. A Licaone riuscì, dopo qualche tempo, di
lo mandò nella città di Arisbo. A Licaone riuscì, dopo qualche tempo,
di
fuggire da quest’ ultima città, e di far ritorno
aone riuscì, dopo qualche tempo, di fuggire da quest’ ultima città, e
di
far ritorno a Troja, alla casa paterna ; ma il su
casa paterna ; ma il suo cattivo destino lo pose nuovamente in potere
di
Achille, appena undici giorni dopo essere uscito
vamente in potere di Achille, appena undici giorni dopo essere uscito
di
servaggio. In quel torno di tempo, Achille furibo
, appena undici giorni dopo essere uscito di servaggio. In quel torno
di
tempo, Achille furibondo per la morte del suo ami
Mori Patròclo che miglior ben era, E me bello qual vedi e valoroso E
di
gran padre nato e di una Diva, Me pur la morte ad
glior ben era, E me bello qual vedi e valoroso E di gran padre nato e
di
una Diva, Me pur la morte ad ogni istante aspetta
padre nato e di una Diva, Me pur la morte ad ogni istante aspetta, E
di
lancia o di strale un qualcheduno Anche ad Achill
e di una Diva, Me pur la morte ad ogni istante aspetta, E di lancia o
di
strale un qualcheduno Anche ad Achille rapirà la
no Anche ad Achille rapirà la vita. Omero — Iliade — Libro XXI trad.
di
V. Monti. ucciso da Ettore, duce supremo delle
ucciso da Ettore, duce supremo delle squadre trojane, lo raggiunse
di
nuovo, e fu inesorabile contro il misero Licaone,
o Licaone, del quale non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise
di
sua mano, immergendogli il brando fra la giuntura
l’ affilato acciaro, E boccon egli cadde in sul terreno Steso in lago
di
sangue. Allor d’un piede Presolo Achille, lo gitt
solo Achille, lo gittò nell’ onda. Omero — Iliade — Libro XXI. Trad.
di
V. Monti. Licaone fu similmente il nome di un f
liade — Libro XXI. Trad. di V. Monti. Licaone fu similmente il nome
di
un figlio di Pelasgo, che fu il primo re dell’ Ar
XXI. Trad. di V. Monti. Licaone fu similmente il nome di un figlio
di
Pelasgo, che fu il primo re dell’ Arcadia. Narra
e stesso, viaggiando, fosse andato a chiedere ospitalità nella reggia
di
lui, e che Licaone si fosse apprestato a levargli
o, fece sgozzare un soldato Molosso, che riteneva in ostaggio, presso
di
sè, ed approntò le membra di lui, onde servirle l
olosso, che riteneva in ostaggio, presso di sè, ed approntò le membra
di
lui, onde servirle la sera al banchetto che dava
sera al banchetto che dava al suo ospite. Ma ben presto, per comando
di
Giove, Licaone fu cangiato in lupo, e un fuoco ve
un fuoco vendicatore, cadendo dal cielo, ridusse in cenere la reggia
di
lui. …… della Molossa Gente ad un tale a lui man
, e l’altra parte aggira Intorno al foco sottoposto. Quando Imbandite
di
quelle ei fè le mense, Io sui Penati, del signor
morf : Libro I. — Fav. V. trad. dal Cav. Ermolao Federico. Al dire
di
Pausania, codesta tradizione era tenuta in gran c
n concetto presso gli arcadi, i quali in tutto ciò non vedevano nulla
di
esagerato. Al dire del citato scrittore, gli abit
mo che oltre a questo Licaone, loro re, cangiato in lupo per vendetta
di
Giove, vi fosse stato un altro Licaone, il quale
la forma umana, quante volte però si fosse astenuto, in quel periodo
di
tempo, dal nudrirsi di carne umana, che se ciò fo
volte però si fosse astenuto, in quel periodo di tempo, dal nudrirsi
di
carne umana, che se ciò fosse avvenuto, rimaneva
o regno fu caro ai suoi popoli, che egli cercò d’incivilire. La città
di
Licosura, la più antica di tutta la Grecia, fu ed
oli, che egli cercò d’incivilire. La città di Licosura, la più antica
di
tutta la Grecia, fu edificata per suo ordine sui
ne sui monti d’ Arcadia, e vi fece innalzare anche un tempio in onore
di
Giove Liceo, al quale egli stesso sacrificava uma
ncipio la tradizione favolosa, la quale ingrandendosi per le crudeltà
di
cui si rese col tempo colpevole Licaone, e dalla
Giove andava sovente a visitarlo nella sua reggia, sotto le sembianze
di
uno straniero. I figliuoli del re, per accertarsi
nze di uno straniero. I figliuoli del re, per accertarsi della verità
di
quanto asseriva il loro padre, ebbero ricorso ad
uo mezzo, ed avendo fatto uccidere un fanciullo, mescolarono le carni
di
questo, alle vivande del reale banchetto, persuas
ibile, e il fulmine cadendo con orrendo fracasso, incenerì gli autori
di
quell’ opera nefanda. Fu in questa occasione che
per altro un’ opinione poco generalizzata. 2511. Licasto. — Fratello
di
Parrasio. La cronaca mitologica riferisce, che fu
Parrasio. La cronaca mitologica riferisce, che furono, a somiglianza
di
Romolo e Remo, nutriti da una lupa. 2512. Licea.
cea. — Montagna dell’Arcadia, dalla quale venne a Giove il soprannome
di
Liceo. V. Liceo. 2513. Licee. — Dalla parola grec
ndosi che quel dio dava la caccia ai lupi che infestavano le campagne
di
quel territorio. Licee similmente erano delle fes
giato in lupo. Durante la celebrazione delle feste Licee, semiglianti
di
molto ai Lupercali di Roma, si seguivano alcuni c
la celebrazione delle feste Licee, semiglianti di molto ai Lupercali
di
Roma, si seguivano alcuni combattimenti, nei qual
ombattimenti, nei quali il vincitore, riceveva in premio un’ armatura
di
rame. Vi è anche qualche autore antico che ripete
dal monte Liceo in Arcadia, che da principio era conosciuto col nome
di
monte sacro. Al dire di Pausania, gli abitanti d’
dia, che da principio era conosciuto col nome di monte sacro. Al dire
di
Pausania, gli abitanti d’ Arcadia, chiamavano sac
atto seguente. Allorquando Danao contrastava il possesso della corona
di
Argo al re Gelanore, gli accadde un giorno d’inco
toro, e il lupo rimaner vincitore. Approfittando della superstizione
di
un popolo rozzo, qual’era l’argivo, Danao sparse
ittadino. Infatti gli argivi proclamarono loro re Danao, a detrimento
di
Gelanore. In memoria di questo fatto, il novello
givi proclamarono loro re Danao, a detrimento di Gelanore. In memoria
di
questo fatto, il novello sovrano fece innalzare a
ad Apollo un ricco tempio, ove quel dio veniva adorato sotto il nome
di
Apollo Liceo, ovvero Lupo. 2516. Licnomanzia. — S
tto il nome di Apollo Liceo, ovvero Lupo. 2516. Licnomanzia. — Specie
di
divinazione che si eseguiva colla fiamma di una l
16. Licnomanzia. — Specie di divinazione che si eseguiva colla fiamma
di
una lucerna. 2517. Lico. — Fratello di Nitteo e u
e che si eseguiva colla fiamma di una lucerna. 2517. Lico. — Fratello
di
Nitteo e usurpatore del trono di Tebe spettante p
una lucerna. 2517. Lico. — Fratello di Nitteo e usurpatore del trono
di
Tebe spettante per diritto a Lajo. Questo Lico, c
o, perseguitò accanitamente la misera Antiope. Lico era anche il nome
di
un compagno di Ercole che lo seguì quando l’eroe
ccanitamente la misera Antiope. Lico era anche il nome di un compagno
di
Ercole che lo seguì quando l’eroe combattè contro
e che lo seguì quando l’eroe combattè contro le Amazzoni, per comando
di
Euristeo. V. Ercole : Quando l’ eroe ebbe distrut
ria dell’amico benefattore. 2518. Licogene. — Un altro dei soprannomi
di
Apollo. Il cronista Eliano a questo proposito nar
enimento. Riferisce il citato scrittore che essendo Latona, sul punto
di
partorire, si fosse trasformata in lupa, per sott
e trasformata in lupa, per sottrarsi più facilmente alle persecuzioni
di
Giunone. V. Latona. Da ciò Omero stesso dà ad Apo
di Giunone. V. Latona. Da ciò Omero stesso dà ad Apollo il soprannome
di
Licogene. Per la stessa ragione, sempre al dire d
ollo il soprannome di Licogene. Per la stessa ragione, sempre al dire
di
Eliano, si vedeva in Delfo un lupo di bronzo, ond
stessa ragione, sempre al dire di Eliano, si vedeva in Delfo un lupo
di
bronzo, onde ricordare il parto di Latona. Però q
Eliano, si vedeva in Delfo un lupo di bronzo, onde ricordare il parto
di
Latona. Però quest’ ultima credenza viene dallo s
ribuita al seguente fatto. Si vuole che avendo alcuni ladri spogliato
di
tutte le ricchezze il famoso tempio di Apollo in
avendo alcuni ladri spogliato di tutte le ricchezze il famoso tempio
di
Apollo in Delfo, le sotterrarono in una foresta.
errarono in una foresta. Qualche tempo dopo, mentre uno dei sacerdoti
di
quel dio, pregava innanzi all’ altare si sentì ti
rra e palesò così il furto commesso. 2519. Licomede. — Re dell’ isola
di
Sciro. Le cronache dell’ antichità ricordano di l
ede. — Re dell’ isola di Sciro. Le cronache dell’ antichità ricordano
di
lui un tratto di fredda perfidia. È scritto che a
sola di Sciro. Le cronache dell’ antichità ricordano di lui un tratto
di
fredda perfidia. È scritto che allorquando Teseo
Atene, avesse chiesto ospitalità a Licomede, confidando nella lealtà
di
lui. Ma i nemici di Teseo guadagnarono a peso d’
to ospitalità a Licomede, confidando nella lealtà di lui. Ma i nemici
di
Teseo guadagnarono a peso d’ oro l’ ospite tradit
l’ ospite traditore, e un giorno Licomede condusse Teseo sul più alto
di
una montagna, che sovrastava alla sua isola, e co
ù alto di una montagna, che sovrastava alla sua isola, e col pretesto
di
fargli ammirare il magnifico panorama che si sten
piedi, precipitò con un urto violento il mal capitato eroe dall’ alto
di
una rupe. Questo Licomede è lo stesso in casa del
il figliuolo Achille, onde impedire che si fosse recato all’ assedio
di
Troia. Fu durante il tempo che l’ eroe giovanetto
he l’ eroe giovanetto dimorò presso Licomede che amò Deidamia, figlia
di
lui, e la rese madre di Pirro V. Achille e Deidam
morò presso Licomede che amò Deidamia, figlia di lui, e la rese madre
di
Pirro V. Achille e Deidamia. 2520. Licopoli. — Ci
seguitavano neppure. 2521. Licora. — Detta anche Licoria, fu, al dire
di
Virgilio, una delle ninfe compagne di Cirene. Il
etta anche Licoria, fu, al dire di Virgilio, una delle ninfe compagne
di
Cirene. Il cennato poeta ne parla come di una nin
o, una delle ninfe compagne di Cirene. Il cennato poeta ne parla come
di
una ninfa a cui la dea Lucina avesse insegnato a
roteggere le partorienti. Cidippe verginella e Licorea Delle fatiche
di
Lucina esperta La priva volta….. Virgilio — Dell
sperta La priva volta….. Virgilio — Delle Georgiche — Libro IV trad.
di
Dionici Strocchi. 2522. Licori. — Così, secondo
amò con passione, e Licori corrispose per qualche tempo all’ affetto
di
lui ; ma poi lo abbandonò per darsi nelle braccia
mpo all’ affetto di lui ; ma poi lo abbandonò per darsi nelle braccia
di
Marc’ Antonio triumviro, il quale alla sua volta
Per nevi, e monti, e per armate schíere. Virgilio — Egloga X. trad.
di
Andrea Lori 2523. Licoro. — Figlio di Apollo e
. Virgilio — Egloga X. trad. di Andrea Lori 2523. Licoro. — Figlio
di
Apollo e della ninfa Coricia. La cronaca antica l
Coricia. La cronaca antica lo ritiene come l’ edificatore della città
di
Licoria sul monte Parnaso, aggiungendo, che dopo
città di Licoria sul monte Parnaso, aggiungendo, che dopo il diluvio
di
Deucalione, i pochi uomini scampati alla morte si
lla morte si riunirono su quella montagna, e forse spinti dal bisogno
di
farsi un asilo, edificarono le prime capanne su q
prime capanne su quel luogo stesso, ove poi col tempo surse la città
di
Licoria. 2524. Licurgo. — Figlio di Driante, re d
ove poi col tempo surse la città di Licoria. 2524. Licurgo. — Figlio
di
Driante, re della Tracia. Al dire dl Omero, egli
agli dei. Secondo il cennato poeta, un giorno Licurgo, in un accesso
di
furore, perseguitò sul monte Nisseio le ninfe nut
n un accesso di furore, perseguitò sul monte Nisseio le ninfe nutrici
di
Bacco, percotendole in modo che quelle si dettero
olto da Teti. Però sdegnato Giove contro l’ empio sacrilego, lo colpì
di
cecità, e dopo qualche tempo lo fece morire. …….
qualche tempo lo fece morire. ……. che lunghi giorni Nè pur non visse
di
Driante il forte Figlio Licurgo che agli dei fè g
orte Figlio Licurgo che agli dei fè guerra. Su pel sacro Nisselo egli
di
Bacco Le nudrici inseguia. Dal rio percosse Con p
: fuggì lo stesso Bacco, e nel mar s’ ascose, ove del fero Minacciar
di
Licurgo paventoso Teti l’ accoise. Ma sdegnarsi i
degnarsi i numi Con quel superbo. Della luce il caro Raggio gli tolse
di
Saturno il figlio, E detestato dagli eterni tutti
eterni tutti Breve vita egli visse. Omero — Iliade — Libro VI trad.
di
V. Monti. Il senso configurato che si racchiude
insieme alle sue nutrici ; ossia alle viti, ritenute come le nutrici
di
quel dio. Alla favola a cui si attiene Omero stes
a a cui si attiene Omero stesso, come si rileva dalla citazione posta
di
sopra, altri autori aggiungono che Licurgo stesso
qual cosa venne considerata come l’ effetto terribile della vendetta
di
Bacco. Licurgo è similmente il nome del più famos
la cronaca mitologica fa menzione per aver egli ricorso all’ oracolo
di
Delfo, onde fare che una certa tinta di religioso
ver egli ricorso all’ oracolo di Delfo, onde fare che una certa tinta
di
religioso rispetto, tenesse a freno i popoli, e f
sciuto, quante volte essi avessero scrupolosamente osservate le leggi
di
Licurgo. Raggiunto per tal modo, lo scopo desider
scopo desiderato, Licurgo fece sparger voce che, fra poco, si sarebbe
di
nuovo recato in Delfo, onde consultare, anche una
tesso, consiglio sopra alcuni immegliamenti ch’ ei credeva necessario
di
apportare nel suo codice. Prima però di partire,
nti ch’ ei credeva necessario di apportare nel suo codice. Prima però
di
partire, fece giurare dal Senato e dal popolo, ch
La sua volontà fu ciecamente seguita, ed egli allora partì, ma invece
di
andare a Delfo, siccome aveva annunziato al suo p
remotissimo, e da quel giorno gli spartani non intesero più a parlare
di
lui. È opinione di vari accreditati cronisti e st
uel giorno gli spartani non intesero più a parlare di lui. È opinione
di
vari accreditati cronisti e storici del paganesim
che dopo qualche tempo Licurgo si ritraesse segretamente nell’ isola
di
Creta, ove morì ; ordinando che il suo corpo foss
o che se queste venissero trasportate nella Lacedemonia, gli abitanti
di
quella contrada, e sopratutto gli spartani, avess
o, come dissipatore della malinconia. 2526. Ligo. — Uno dei figliuoli
di
Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui eg
Ligo. — Uno dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada
di
cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abi
la contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abitanti
di
quella Liguri. 2527. Ligodesma. — Dalle due parol
nome a Diana Ortia, perchè un’antica tradizione ripetea che la statua
di
quella dea fosse venuta dalla Tauride a Sparta, a
i quella dea fosse venuta dalla Tauride a Sparta, avvinta da sarmenti
di
vite. 2528. Ligea. — Ninfa, madre di Aristeo, e s
de a Sparta, avvinta da sarmenti di vite. 2528. Ligea. — Ninfa, madre
di
Aristeo, e secondo Virgilio, una delle compagne d
ea. — Ninfa, madre di Aristeo, e secondo Virgilio, una delle compagne
di
Cirene, famose per la bianchezza del loro collo,
atura. ……… le ninfe Filodoce e Ligea e Drimo e Xanto Sparse in collo
di
latte oro di chiome, Virgilio — Delle Georgiche
e ninfe Filodoce e Ligea e Drimo e Xanto Sparse in collo di latte oro
di
chiome, Virgilio — Delle Georgiche — Libro IV tr
di latte oro di chiome, Virgilio — Delle Georgiche — Libro IV trad.
di
Dionigi Strocchi Ligea è anche il nome di una d
eorgiche — Libro IV trad. di Dionigi Strocchi Ligea è anche il nome
di
una delle Sirene, forse perchè le parole greche λ
tradizione, dette il suo nome ad una piccola città nelle circostanze
di
Delfo, ove Apollo e Diana avevano due magnifici t
condo la tradizione mitologica, le ninfe che assistettero Rea, moglie
di
Saturno, quand’ ella partorì Giove, avessero fatt
si dava a Diana, quando veniva riguardata come protettrice dei porti
di
mare. In simili congiunture la dea veniva rappres
are. In simili congiunture la dea veniva rappresentata con una specie
di
gambero marino sulla testa. 2532. Limentino. — Da
mentino. — Dal latino limen, si dava la denominazione anche femminile
di
Limentina a quella divinità che presiedeva alla c
e, secondo asserisce lo storico Plinio, si dava la strana prerogativa
di
rendere gli oracoli per mezzo dei pesci che vivev
gli oracoli per mezzo dei pesci che vivevano nelle sue acque. Al dire
di
Plinio, coloro che volevano interrogare l’ oracol
rario essi si allontanavano dal cibo, credevasi l’ oracolo infausto e
di
cattivo successo. 2534. Limnadi. — Dalla parola g
sovente chiamate anche Linniadi. 2535. Limnatide. — Altro soprannome
di
Diana, come dea protettrice dei pescatori, i qual
nsacrato a Bacco, ed a cui i pagani accordavano la strana prerogativa
di
vedere anche traverso la terra. 2541. Linceo. — F
prerogativa di vedere anche traverso la terra. 2541. Linceo. — Figlio
di
Afaneo, re di Messenia : fu uno degli Argonauti.
vedere anche traverso la terra. 2541. Linceo. — Figlio di Afaneo, re
di
Messenia : fu uno degli Argonauti. Secondo il poe
osì acuta, che ad una grandissima distanza, scoprì Castore nel tronco
di
un albero. E lui coll’ occhio vigile, Ch’ ogni s
Taigeto ad esplorar s’ appresta. Pindaro — Odi Nemee — Ode X. trad.
di
G. Borghi. Secondo l’ opinione di altri autori,
indaro — Odi Nemee — Ode X. trad. di G. Borghi. Secondo l’ opinione
di
altri autori, che vinse di gran lunga quella di P
trad. di G. Borghi. Secondo l’ opinione di altri autori, che vinse
di
gran lunga quella di Pindaro, Linceo vedeva fin n
Secondo l’ opinione di altri autori, che vinse di gran lunga quella
di
Pindaro, Linceo vedeva fin nelle viscere della te
eo le loro fidanzate. V. Ilaria e Febea. Linceo fu similmente il nome
di
quel figliuolo di Egitto, marito d’ Ipernestra, l
te. V. Ilaria e Febea. Linceo fu similmente il nome di quel figliuolo
di
Egitto, marito d’ Ipernestra, la quale, ben diver
Danaidi ed Ipernestra. Alla morte del suocero, Linceo salì sul trono
di
Argo, e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua
del suocero, Linceo salì sul trono di Argo, e mori dopo quarant’ anni
di
regno. La sua statua fu posta nel tempio di Delfo
e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua statua fu posta nel tempio
di
Delfo, in mezzo a quelle degli altri eroi della G
o, in mezzo a quelle degli altri eroi della Grecia. 2542. Linco. — Re
di
Scitia, di cui la tradizione ricorda un odioso fa
a quelle degli altri eroi della Grecia. 2542. Linco. — Re di Scitia,
di
cui la tradizione ricorda un odioso fatto. Geloso
ella vendetta. Infatti, giunto Trittolemo alla sua corte, Linco finse
di
accoglierlo con ogni cortesia, ma venuta la notte
nuta la notte, profittando del sonno in cui quegli era immerso, tentò
di
ucciderlo a colpi di pugnale ; ed avrebbe compiut
tando del sonno in cui quegli era immerso, tentò di ucciderlo a colpi
di
pugnale ; ed avrebbe compiuto l’ infame attentato
e la dea non lo avesse cangiato in quell’ animale, noto sotto il nome
di
lince. N’ ebbe il barbaro invidia ; e sè medesmo
del Cav. Ermolao Federico 2543. Linie. — Feste celebrate in onore
di
Lino. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e di Urani
2543. Linie. — Feste celebrate in onore di Lino. 2544. Lino. — Figlio
di
Anfiarao e di Urania. Al dire di Pausania, egli f
Feste celebrate in onore di Lino. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e
di
Urania. Al dire di Pausania, egli fu nipote di Ne
onore di Lino. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e di Urania. Al dire
di
Pausania, egli fu nipote di Nettuno, e fu ucciso
— Figlio di Anfiarao e di Urania. Al dire di Pausania, egli fu nipote
di
Nettuno, e fu ucciso da Apollo, perchè essendo Li
perchè essendo Lino il più bravo musico dei suoi tempi, osò vantarsi
di
suonar meglio di quel dio, onde Apollo, sdegnato,
ino il più bravo musico dei suoi tempi, osò vantarsi di suonar meglio
di
quel dio, onde Apollo, sdegnato, lo tolse di vita
antarsi di suonar meglio di quel dio, onde Apollo, sdegnato, lo tolse
di
vita. Le tradizioni mitologiche ripetono, che per
etono, che perfino le nazioni più barbare avessero deplorato la morte
di
Lino, e che gli abitanti di Elicona celebravano o
i più barbare avessero deplorato la morte di Lino, e che gli abitanti
di
Elicona celebravano ogni anno il suo anniversario
con un sacrifizio alle muse. Lino similmente ebbe nome quel figliuolo
di
Apollo e della musa Tersicore, che la tradizione
ollo e della musa Tersicore, che la tradizione ci mostra come maestro
di
Orfeo e poi di Ercole, al quale oltre alle conosc
sa Tersicore, che la tradizione ci mostra come maestro di Orfeo e poi
di
Ercole, al quale oltre alle conoscenze scientific
conoscenze scientifiche, egli insegnò uno strumento musicale, specie
di
violino che si suonava coll’arco. Narra la cronac
suonava coll’arco. Narra la cronaca, che questo fu causa della morte
di
Lino, imperocchè avendo un giorno sgridato Ercole
i Lino, imperocchè avendo un giorno sgridato Ercole, perchè sbagliava
di
tuono, questi sdegnato lo percosse così violentem
ella quale dopo poco tempo Lino morì. Il cronista Diogene Laerzio, fa
di
questo Lino un uomo eminentemente dotto, e lo mos
a di questo Lino un uomo eminentemente dotto, e lo mostra come autore
di
tre trattati ritenuti come preziosi, uno sull’ori
dei deserti, ove quell’animale abitualmente dimora, e alla sua indole
di
fuoco. La tradizione mitologica dice, che il carr
alla sua indole di fuoco. La tradizione mitologica dice, che il carro
di
Cibele era tirato da due lioni ; e vi sono infatt
daglie antiche, che rappresentano la dea sopra un carro tirato da due
di
quegli animali. Anche nei sacrifizii della dea Ci
e, prendevano posto i lioni, avendo i sacerdoti Galli trovato il modo
di
addomesticare quelle belve, fino al segno di pote
ti Galli trovato il modo di addomesticare quelle belve, fino al segno
di
poterle, secondo scrive Varrone, accarezzare e to
o al famoso lione Nemeo, la cui uccisione fu una delle dodici imprese
di
Ercole. — V. Ercole. — è quello stesso di cui i p
fu una delle dodici imprese di Ercole. — V. Ercole. — è quello stesso
di
cui i poeti della antichità formarono il segno de
ntichità formarono il segno dello zodiaco. 2544. Lira. — L’invenzione
di
questo antichissimo istrumento di musica, che era
zodiaco. 2544. Lira. — L’invenzione di questo antichissimo istrumento
di
musica, che era uno degli attributi del dio Apoll
, amante del fiume Cefiso, il quale, secondo la favola, la rese madre
di
Narciso. La tradizione dice che Liriade dette il
llissimo suo figlio morì annegato. V. Narciso. 2546. Lissa. — Al dire
di
Euripide, così avea nome una delle tre Furie, e p
e quella che ispirava il furore. Fu a questa Furia che Giunone ordinò
di
farsi accompagnare da Iride presso Ercole, onde i
era, i poeti dell’antichità, danno questo nome alle Preghiere, figlie
di
Giove. 2548. Litobolia. — Dalle due parole greche
Lapidazione. 2549. Litomanzia. — Divinazione che si faceva per mezzo
di
molti anelli di metallo, i quali spinti uno contr
49. Litomanzia. — Divinazione che si faceva per mezzo di molti anelli
di
metallo, i quali spinti uno contro dell’altro, re
— Qualificazione data, in alcuni monumenti, al dio Silvano, coronato
di
edera e con le corna sul capo. Forse in tal modo
dio sul lido del mare. 2551. Lituo. — Così si chiamava quella specie
di
bastone augurale, ricurvo ad una delle estremità,
l’avvenire. Presso i pagani, Lituo si chiamava similmente una specie
di
tromba guerriera ricurva, avente qualche somiglia
— Lo stesso che Ceditio, conosciuto comunemente in Roma sotto il nome
di
Ajo Locutio. Aveva un tempio famoso in quella cit
a, la quale fu cangiata in quel fiore conosciuto sotto l’appellazione
di
Loto, per le preghiere ch’ella rivolse agli dei,
tutti i misteri della religione egiziana, si trovava sempre il fiore
di
Loto, a motivo della grande relazione che gli egi
origine alla superstiziosa venerazione degli egiziani. I pagani tanto
di
Roma, quanto di Grecia, avevano anch’essi consacr
erstiziosa venerazione degli egiziani. I pagani tanto di Roma, quanto
di
Grecia, avevano anch’essi consacrato il fior di L
tanto di Roma, quanto di Grecia, avevano anch’essi consacrato il fior
di
Loto a Venere e ad Apollo ; e si sono anche recen
enere e ad Apollo ; e si sono anche recentemente trovate delle statue
di
quelle divinità, con quel fiore nelle mani. Un al
statue di quelle divinità, con quel fiore nelle mani. Un altro fiore
di
Loto, e propriamente quello che i botanici chiama
side anche in Egitto ; e forse la grande somiglianza che il nocciuolo
di
quella pianta ha con la forma del cuore umano, e
l cuore umano, e le sue foglie con quella della lingua, è la sorgente
di
tutta l’arcana configurazione dei misteri della r
a configurazione dei misteri della religione egiziana, in cui il fior
di
Loto è sempremai introdotto. Il succo del fior di
ana, in cui il fior di Loto è sempremai introdotto. Il succo del fior
di
Loto, è quel liquore che parve talmente squisito
fior di Loto, è quel liquore che parve talmente squisito ai compagni
di
Ulisse, che non vollero più, secondo riferisce la
a. 2556. Lotofagi. — Antichi popoli dell’Africa abitatori della costa
di
Barbaria, nel gran golfo di Sirte. Narra Omero, c
popoli dell’Africa abitatori della costa di Barbaria, nel gran golfo
di
Sirte. Narra Omero, che Ulisse gettato da una fur
furiosa tempesta sulla spiaggia dei Lotofagi, mandò dopo dieci giorni
di
burrasca ad investigare il luogo ; e che quegli a
ge dal far male ai suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore
di
fior di Loto, di cui si nutrivano. Al fine Nel d
ar male ai suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore di fior
di
Loto, di cui si nutrivano. Al fine Nel decimo sb
i suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore di fior di Loto,
di
cui si nutrivano. Al fine Nel decimo sbarcammo i
d’una planta il florido germoglio. Omero — Odissea — Libro IX. trad.
di
I. Pindemonte Aggiunge il citato poeta, che i d
trad. di I. Pindemonte Aggiunge il citato poeta, che i due compagni
di
Ulisse, e l’araldo che egli aveva mandati a terra
va mandati a terra, e tutti gli altri suoi seguaci, che poi gustarono
di
quel frutto, non vollero più ritornare nella prop
rutto, non vollero più ritornare nella propria patria, nè dar notizia
di
sè ; altro non desiderando che di vivere di Loto,
ella propria patria, nè dar notizia di sè ; altro non desiderando che
di
vivere di Loto, in un completo oblìo di tutto. I
ia patria, nè dar notizia di sè ; altro non desiderando che di vivere
di
Loto, in un completo oblìo di tutto. Io due scel
è ; altro non desiderando che di vivere di Loto, in un completo oblìo
di
tutto. Io due scelgo de’nostri, a cui per terzo
contrada natia sbandir dal petto. Omero — Odissea — Libro IX. Trad.
di
I. Pindemonte. La parola Lotofagi deriva dai due
e φαγομαι mangio. 2557. Lotta. — I pagani onoravano Mercurio come dio
di
questo combattimento, che veniva eseguito general
premio al vincitore della lotta. 2558. Lua. — Divinità, che, al dire
di
Tito Livio, i romani invocavano in tempo di guerr
— Divinità, che, al dire di Tito Livio, i romani invocavano in tempo
di
guerra. Il cennato autore scrive che il console P
ra riguardata generalmente come la dea della espiazione, e sopratutto
di
quelle che un esercito vittorioso celebrava dopo
o celebrava dopo la battaglia, per espiare il sangue versato. Il nome
di
Lua viene dal latino luere che significa espiare.
ua viene dal latino luere che significa espiare. Trovossi gran copia
di
armi, si tra i corpi morti, si ancora in campo, l
a quale i fuggenti trovarono un sicuro asilo nel bosco Lucus. Al dire
di
Plutarco, nel giorno in cui si celebravano le Luc
celebravano le Lucarie, i commedianti, chiamati ad accrescere il brio
di
quelle feste, erano pagati col danaro che si rica
o che si ricavava dalla vendita del legname, tagliato in una porzione
di
quel bosco. Altri autori traggono l’origine delle
tri autori traggono l’origine delle feste Lucarie, da alcuni donativi
di
moneta che si facevano ai boschi sacri, e che si
cri, e che si chiamavano Luci. Le Lucarie venivano celebrate nel mese
di
luglio. 2560. Lucerio. — Soprannome dato a Giove
e dato a Giove come creatore della luce. 2561. Lucifera. — Soprannome
di
Diana, sotto il quale la invocavano i Greci, seco
dei romani che invocavano Giunone Lucina. Diana, sotto l’appellazione
di
Lucifera, è anche considerata come la Luna, ed al
apo, con una torcia accesa nella destra e coperta d’un manto seminato
di
stelle. 2562. Lucifero. — I poeti della mitologia
delle partorienti e dei neonati. V. Lucifera. Altri autori han fatto
di
Lucina una dea particolare, figlia di Giove e di
ucifera. Altri autori han fatto di Lucina una dea particolare, figlia
di
Giove e di Giunone, e madre di Cupido. Secondo Ov
tri autori han fatto di Lucina una dea particolare, figlia di Giove e
di
Giunone, e madre di Cupido. Secondo Ovidio, la pa
di Lucina una dea particolare, figlia di Giove e di Giunone, e madre
di
Cupido. Secondo Ovidio, la parola Lucina deriva d
nascer facil via per te si neghi. Ovidio — I Fasti — Libro II trad.
di
G. B. Bianchi. I romani rappresentavano la dea L
romani rappresentavano la dea Lucina sotto le sembianze d’una matrona
di
aspetto dolce e maestoso, con una tazza nella des
stro un bambino ravvolto nelle fascie, e nella mano destra una specie
di
giglio. Lucina era anche detta Ilitia ed Olimpica
tradizione ripete, che le ceneri delle vittime bruciate sugli altari
di
Luciniana, restavano immobili per qualunque si fo
. Luglio. — I pagani ritenevano questo mese posto sotto la protezione
di
Giove, e perciò lo avevano consacrato a quel dio.
i Giove, e perciò lo avevano consacrato a quel dio. Il corso del mese
di
Luglio era presso gli antichi una festa quasi con
ervali, e a quelli del Circo, che si celebravano in Luglio, ai cinque
di
questo mese ricadeva la solennità richiamata Popl
nte a queste, si compiva l’altra solennità della Vitulatio. Ai dodici
di
Luglio si festeggiava la nascita di Giulio Cesare
ennità della Vitulatio. Ai dodici di Luglio si festeggiava la nascita
di
Giulio Cesare ; durante il periodo delle Idi di L
esteggiava la nascita di Giulio Cesare ; durante il periodo delle Idi
di
Luglio, ricadeva la festa annuale di Castore e Po
e ; durante il periodo delle Idi di Luglio, ricadeva la festa annuale
di
Castore e Polluce ; ai 23 quella della dea Lucina
5 si celebravano le Ambarvali — V. Ambarvali — e finalmente alla fine
di
Luglio si solennizzava un’altra piccola festa nel
a piccola festa nella quale s’immolavano alla Canicola un dato numero
di
cani rossi. 2566. Luna. — Il Sole e la Luna sono
quasi tutti i popoli dell’antichità, i quali, meravigliati alla vista
di
questi due splendori della creazione, e riconosce
nti agli effetti ed ai vantaggi che essi ne ritraevano, si persuasero
di
leggieri che quegli astri doppiamente visibili ta
perfino colla pioggia della sua pallida luce, fosse talvolta cagione
di
gravi mali, così credettero che fosse animata ; e
rarono la Luna con un culto speciale ; forse perchè la qualificazione
di
antica si addice perfettamente a quell’astro, ant
ioso ch’essi tributarono alla Luna ; ma le testimonianze irrecusabili
di
chiari e profondi scrittori, così antichi che mod
he moderni, c’insegnano che i fenici, adorarono la Luna sotto il nome
di
dea Astarte ; gli arabi, sotto quello di Alizat ;
rarono la Luna sotto il nome di dea Astarte ; gli arabi, sotto quello
di
Alizat ; i persi, con quello di Militra ; e final
dea Astarte ; gli arabi, sotto quello di Alizat ; i persi, con quello
di
Militra ; e finalmente i greci ed i romani, colla
lo di Militra ; e finalmente i greci ed i romani, colla denominazione
di
Artemide e più comunemente di Diana, facendo di q
greci ed i romani, colla denominazione di Artemide e più comunemente
di
Diana, facendo di questa dea, la sorella gemella
, colla denominazione di Artemide e più comunemente di Diana, facendo
di
questa dea, la sorella gemella di Febo, ossia il
e più comunemente di Diana, facendo di questa dea, la sorella gemella
di
Febo, ossia il Sole. Esiodo, nelle sue opere sull
tà pagana, ripete che Fea, la divinità suprema, fu madre della Luna e
di
tutti gli altri minori pianeti, che si aggirarono
fosse sparso e conosciuto anche nelle Gallie, ove nella piccola isola
di
Sain, posta sulla costa meridionale della bassa B
ssimo su tutte le menti, si vantavano d’aver commercio con la Luna, e
di
potere coi loro incantesimi farla discendere dal
la Luna sopra la terra ; e Petronio medesimo asserisce, che le donne
di
Crotona attiravano la Luna coi loro sortilegi. 25
cato il lunedì sotto le sembianze della dea Diana con la testa adorna
di
un novilunio. 2568. Luno. — I pagani, nella loro
le, secondo riferisce il cronista Sparziano, gli abitanti della città
di
Carres, nella Mesopotamia, avevano innalzato uno
mpio, dedicato al dio Luno. Il citato cronista dice, che gli abitanti
di
Carres avevano personificato maschilmente la Luna
la loro maschia autorità sulle loro mogli, e non correvano il rischio
di
essere ingannati da esse. Da ciò nasce, sempre al
il rischio di essere ingannati da esse. Da ciò nasce, sempre al dire
di
Sparziano, che gli egizi ed i greci, se pure comu
ean sempre menzione come il dio Luno. Secondo Strabone, l’appellativo
di
dio Luno deriva dal vocabolo greco σεληνη che in
hile o feminile ; quindi è che molti popoli dell’antichità, han fatto
di
quell’astro un dio, altri una dea, e molti altri
azione ermafrodita. Il dio Luno veniva raffigurato sotto le sembianze
di
un giovane, rivestito delle insegne militari, con
romani, alla quale si attiene Virgilio stesso, una lupa fu la nutrice
di
Romolo e Remo, i quali bambini suggevano il latte
orpicciuoli lor forma e lambisce. Ovidio — I Fasti — Libro II. trad.
di
G. B. Bianchi. 2570. Lupercale. — Secon do asser
nutriti dalla lupa Romolo e Remo. Lo storico Servio dice, che il nome
di
Lupercale le veniva per essere quella grotta scav
remo della sua patria, un dato luogo, a cui impose similmente il nome
di
Lupercale, ritenendo che la protezione di quel di
i impose similmente il nome di Lupercale, ritenendo che la protezione
di
quel dio, avesse salvato il suo bestiame da’lupi.
secondo asserisce Ovidio, cominciavano nel terzo giorno dopo gli Idi
di
febbraio. Per altro questa opinione del famoso po
upercali furono istituite dal pastore Faustolo. a principio del regno
di
Romolo. In memoria di quella festa e dopo il conv
ite dal pastore Faustolo. a principio del regno di Romolo. In memoria
di
quella festa e dopo il convito che si dava in tal
no parte, correvano del tutto ignudi, tenendo in una mano il coltello
di
cui s’eran serviti per immolare le vittime, e tin
a fronte col sangue degli animali svenati ; poi asciugavano il sangue
di
cui erano bagnati colla lana delle capre immolate
ma ponevano ad ammollire nel latte. Comunemente andavano anche armati
di
uno staffile col quale battevano tutti quelli che
ro derubati delle loro mandre da alcuni ladri, i quali approfittarono
di
quella congiuntura per fare il colpo. Però i due
i ladri, tolsero loro la preda. Da quel tempo s’introdusse il costume
di
correre nudi nella celebrezione delle Lupercali.
crudo vento a lor pena non dava. Ovidio — I Fasti — Libro II. trad.
di
Giambattista Bianchi. Aggiungeremo ancora per qu
te storico-mitologica della nostra opera, che sul principio del regno
di
Augusto le Lupercali cominciavano a cadere in dis
erzo collegio, detto dal suo nome dei Giuliani. Però, siccome al dire
di
Svetonio e di Cicerone, i Luperci non erano punto
detto dal suo nome dei Giuliani. Però, siccome al dire di Svetonio e
di
Cicerone, i Luperci non erano punto stimati, nè s
Cicerone, i Luperci non erano punto stimati, nè si faceva verun conto
di
essi, così questa amplificazione portata da Giuli
to contro quell’imperatore. 2573. Lustrale. — Nome proprio dell’acqua
di
cui si servivano i pagani in tutte le cerimonie d
pagani in tutte le cerimonie dei sacrifizî, e segnatamente in quelle
di
cui è parola nell’articolo seguente. 2574. Lustra
4. Lustrazioni. — Cerimonie espiatorie colle quali i romani credevano
di
purificare una città o una persona, contaminata d
o neonato, si facevano le lustrazioni nel nono giorno dopo la nascita
di
un maschio, e nell’ ottavo per le femmine : talvo
quale si credeva presiedesse la dea Nondina, protettrice particolare
di
tutte le lustrazioni. — V. Acqua lustrale. 2575.
ustrale. 2575. Lustro. — I romani avevano per antichissima costumanza
di
offrire un sacrifizio agli dei ogni cinque anni,
umemerazione della popolazione. Da ciò forse ne venne il nome proprio
di
lustro ad un periodo di cinque anni. Indice d
azione. Da ciò forse ne venne il nome proprio di lustro ad un periodo
di
cinque anni. Indice del Primo volume Intr
ivi 401 Andromeda » ivi 402 Androso o Andruso » ivi 403 Anello
di
Minos » ivi 404 Anetide » ivi 405 Anfanto » i
» ivi 980 Caronte o Carone » ivi 981 Caropx pag. ivi 982 Carro
di
Giunone » ivi 983 Cartagine » ivi 984 Cartagi
1005 Cauno » ivi 1006 Cauro » ivi 1007 Cauto » ivi 1008 Cavalli
di
Achille » ivi 1009 Cavalli del Sole » ivi 101
Cavalli di Achille » ivi 1009 Cavalli del Sole » ivi 1010 Cavalli
di
Enea » ivi 1011 Cavalli di Laomedone » ivi 10
09 Cavalli del Sole » ivi 1010 Cavalli di Enea » ivi 1011 Cavalli
di
Laomedone » ivi 1012 Cavalli di Marte » ivi 1
avalli di Enea » ivi 1011 Cavalli di Laomedone » ivi 1012 Cavalli
di
Marte » ivi 1013 Cavalli di Reso » ivi 1014 C
valli di Laomedone » ivi 1012 Cavalli di Marte » ivi 1013 Cavalli
di
Reso » ivi 1014 Cavallo » ivi 1015 Cavallo di
ivi 1013 Cavalli di Reso » ivi 1014 Cavallo » ivi 1015 Cavallo
di
Troia » ivi 1016 Caystrio » 76 1017 Cea » ivi
rada » ivi 1120 Cincia » ivi 1121 Cindiade » ivi 1122 Cinghiale
di
Erimanto » ivi 1123 Cinghiale di Calidone » ivi
21 Cindiade » ivi 1122 Cinghiale di Erimanto » ivi 1123 Cinghiale
di
Calidone » ivi 1124 Cinira » ivi 1125 Ciniro
» ivi 1131 Cinsia e Cinsio » 83 1132 Cinsio » ivi 1133 Cintura
di
Venere » ivi 1134 Ciparisso » ivi 1135 Cipfel
ivi 1221 Colonne d’Ercole » 88 1222 Colossi » ivi 1223 Colosso
di
Rodi » ivi 1224 Comani » ivi 1225 Comeo » ivi
Coritalia » ivi 1263 Coritie » ivi 1264 Corito » ivi 1265 Corna
di
Bacco » ivi 1266 Corno dell’abbondanza pag. ivi
te » ivi 1413 Demogorgone » ivi 1414 Demonio » 104 1415 Demonio
di
Socrate » ivi 1416 Dendroforia » ivi 1417 Den
espitero » 107 1446 Difie » ivi 1447 Difolie » ivi 1448 Diluvio
di
Ogige e di Deucalione » ivi 1449 Dimantisa » iv
107 1446 Difie » ivi 1447 Difolie » ivi 1448 Diluvio di Ogige e
di
Deucalione » ivi 1449 Dimantisa » ivi 1450 Di
1503 Doto » ivi 1504 Draconigena Città » ivi 1505 Draghi » ivi »
di
Anchise » ivi » d’Aulide » ivi » di Cadmo » ivi
tà » ivi 1505 Draghi » ivi » di Anchise » ivi » d’Aulide » ivi »
di
Cadmo » ivi » di Delfo » ivi » dell’Inferno » i
aghi » ivi » di Anchise » ivi » d’Aulide » ivi » di Cadmo » ivi »
di
Delfo » ivi » dell’Inferno » ivi » di Cerere »
de » ivi » di Cadmo » ivi » di Delfo » ivi » dell’Inferno » ivi »
di
Cerere » ivi » di Medea » ivi 1506 Dranceo » i
o » ivi » di Delfo » ivi » dell’Inferno » ivi » di Cerere » ivi »
di
Medea » ivi 1506 Dranceo » ivi 1507 Dria » iv
649 Ello » ivi 1650 Ellotia » ivi 1651 Ellotide » ivi 1652 Elmo
di
Plutone » ivi 1653 Elonoforie » ivi 1654 Elpa
scino » 179 1947 Faside » ivi 1948 Fatalità » ivi 1949 Fatalità
di
Troja » ivi 1950 Fatidica » 180 1951 Fatua »
1 Fortuna » ivi 2052 Forza » 199 2053 Fraude » ivi 2054 Freccie
di
Apollo » ivi 2055 Freccie di Ercole » ivi 205
199 2053 Fraude » ivi 2054 Freccie di Apollo » ivi 2055 Freccie
di
Ercole » ivi 2056 Frisso » ivi 2057 Fruttesse
2059 Fulmine » ivi 2060 Fumo » 201 2061 Fuoco » ivi 2062 Fuochi
di
Castore e Polluce » ivi 2063 Furie » ivi 2064
2165 Giuba » ivi 2166 Giudici dell’ Inferno » ivi 2167 Giudizio
di
Paride » ivi 2168 Giuga » ivi 2169 Giugantino
41 Idmone » ivi 2242 Idomeneo » 244 2243 Idotea » ivi 2244 Idra
di
Lerna » ivi 2245 Idria » 245 2246 Idroforie »
6 Isione » 267 2347 Isterie » ivi 2348 Istmici » ivi 2349 Istmo
di
Corinto » 268 2350 Itaca » ivi 2351 Iti » ivi
vi 2575 Lustro » 308 Correzioni N° 454. Antemoisia, moglie
di
Tantalo pagina 36 N° 921. Camilli (leggi a capo
zia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse nel territorio
di
Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale,
riscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio
di
Cinocefale, durante la celebrazione dei giuochi P
fosse nato nella LXIV Olimpiade (522 anni avanti Cristo). Ma nessuna
di
queste date è certa, quantunque l’ultima sia la p
sto, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia
di
Pindaro era una delle più nobili della città di T
i Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città
di
Tebe. 2. Pelasci. — Popoli primitivi di origin
lle più nobili della città di Tebe. 2. Pelasci. — Popoli primitivi
di
origine incerta, erranti, secondo l’opinione degl
conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntura
di
non essere distratta dalle cure minute e material
zioni religiose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero
di
ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sult
ose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni,
di
cause e di effetti, esercitarono sulta civiltà de
iche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e
di
effetti, esercitarono sulta civiltà degli Elleni
macedone. Quarta età. dalla preponderanza macedone, alla distruzione
di
Corinto. I tratti principali e caratteristici del
arti. 4. Omero. — Sette città della Grecia si disputarono l’onore
di
aver dato i natali ad Omero, e se volessimo numer
volessimo numerare tutte quelle che troviamo mentovate in varii passi
di
antichi scrittori, noteremmo ben dieciotto o diec
10. navano scalzi. Iside viene comunemente rappresentata in figura
di
una donna con le corna di vacca. 11. .Brahma. —
e viene comunemente rappresentata in figura di una donna con le corna
di
vacca. 11. .Brahma. — Voce sanscrita, che è il n
el sistema religioso degli Indù. presso i quali è un oggetto non solo
di
adorazione. ma anche di devota contemplazione. Se
li Indù. presso i quali è un oggetto non solo di adorazione. ma anche
di
devota contemplazione. Secondo le antiche scrittu
tto sarà riassorbito. 12. Priapo. — Il custode dei giardini, figlio
di
Venere e di Bacco. Era l’emblema delle orgie nott
ssorbito. 12. Priapo. — Il custode dei giardini, figlio di Venere e
di
Bacco. Era l’emblema delle orgie notturne e d’ogn
Venere e di Bacco. Era l’emblema delle orgie notturne e d’ogni specie
di
dissolutezza. I primitivi poeti greci non fanno c
’ogni specie di dissolutezza. I primitivi poeti greci non fanno cenno
di
codesto nume, e solamente Strabone afferma che ne
to con culto divino. Priapo veniva rappresentato comunemente in forma
di
erme, con le parti genitali straordinariamente sv
ca, nelle storie delle dottrine religiose e filosofiche, un complesso
di
principii e di opinioni, professate da alcuni fil
e delle dottrine religiose e filosofiche, un complesso di principii e
di
opinioni, professate da alcuni filosofi mal conve
onvertiti, i quali pretesero accomodare i dogmi cristiani, al sistema
di
filosofia che prima seguivano. Furono dunque eret
etici del primo e secoudo secolo dell’era volgare, e siccome ciascuno
di
essi aveva principii ed idee proprie e particolar
principii ed idee proprie e particolari, cosi ne venne la fondazione
di
altrettante scuole differenti, che portarono il n
enerale però tutti codesti riformatori, furono controsegnati col nome
di
Gnoslici ossia Illuminati. 14. Simoniani. — Co
14. Simoniani. — Con questo nome si additavano i seguaci dell’eresia
di
Simone il mago. 15. Menandro. — Sono questi i n
e più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantunque è opinione
di
chiari e accreditati scrittori, che i germi dello
e più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantunque è opinione
di
chiari e accreditati scrittori, che i germi dello
ui si può asserire quanto esponemmo nella nota precedente, a riguardo
di
Menandro e di Dositeo. 18. Nicolaiti. — Altri e
rire quanto esponemmo nella nota precedente, a riguardo di Menandro e
di
Dositeo. 18. Nicolaiti. — Altri eretici che pro
ivendo in completo divorzio con le donne e ammettendo, come principio
di
fede, l’amore contro natura. 19. Ebioniti. — Co
atura. 19. Ebioniti. — Cosi chiamati da Ebione, che fu il fondatore
di
una delle tante scuole o diramazioni dello Gnosti
o Gnosticismo, 20. Carpocraziani. — Seguaci delle dottrine eretiche
di
Carpocrate, il quate fondò, nell’isola di Cefalon
aci delle dottrine eretiche di Carpocrate, il quate fondò, nell’isola
di
Cefalonia, una setta che uni il culto di Gesù Cri
, il quate fondò, nell’isola di Cefalonia, una setta che uni il culto
di
Gesù Cristo, a quello dei personaggi più famosi d
Eretici che professavano le più stravaganti dottrine, fra cui quella
di
Caino, e di tutte le persone descritte nei libri
professavano le più stravaganti dottrine, fra cui quella di Caino, e
di
tutte le persone descritte nei libri ebraici come
. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono queste altre tre denominazioni
di
eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgome
. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono queste altre tre denominazioni
di
eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgome
. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono queste altre tre denominazioni
di
eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgome
one dell’ Assunzione, e propriamente quella che si esegue nella città
di
Messina, ha luogo il 15 Agosto. Per questa ragion
Per questa ragione l’Assunta viene comunemente denominata la Madonna
di
mezz’ Agosto. 26. Ercole. — La cui mano possen
6. Ercole. — La cui mano possente soffoca i draghi. Ad illustrazione
di
questo passo, riportiamo il brano della vita di Z
ghi. Ad illustrazione di questo passo, riportiamo il brano della vita
di
Zeusi, famoso pittore greco del V secolo, avanti
si alterava punto nè poco in veder quivi la madre spaventata e fuori
di
sè ». E più appresso, concludendo, lo stesso auto
stesso autore narra : « Scorgevasi appunto Tiresia (insigne indovino
di
Tebe) che vaticinando presagiva il fato del gran
ito Divino, e agitato dal furor profetico. Tutto ciò si rappresentava
di
notte : illuminando la stanza una torcia perchè n
o la stanza una torcia perchè non mancassero testimoni alla battaglia
di
quel bambino ». Carlo Dati, Vita di Zeusi 27.
ncassero testimoni alla battaglia di quel bambino ». Carlo Dati, Vita
di
Zeusi 27. L’Altare di Bethel. — Nel XXXV. Cap
ttaglia di quel bambino ». Carlo Dati, Vita di Zeusi 27. L’Altare
di
Bethel. — Nel XXXV. Cap. della Genesi così è scri
così è scritto riguardo all’altare innalzato da Giacobbe, per comando
di
Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta l
a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno
di
mia tribolazione e mi accompagnò nel mio viaggio.
tineris mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome
di
Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quan
mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome di Casa
di
Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quando fuggi
presiedeva ai confini dei campi, e vendicava le usurpazioni. Dicemmo
di
lui : Venerato fino nelle mura del Campiglio , p
perchè il suo simulacro era ivi religiosamente conservato come quello
di
uno dei più antichi numi del paganesimo romano.
o da Abramo e da suo figlio Ismaele. Questo tempio gode il privilegio
di
asilo per ogni sorta di colpevoli ; ed è famoso p
lio Ismaele. Questo tempio gode il privilegio di asilo per ogni sorta
di
colpevoli ; ed è famoso pei pellegrinaggi fattivi
na sola occhiata alle sue sacre mura, come atto meritorio al cospetto
di
Dio. 30. Cenno sull’arte Greca. — L’azione del
nuo sviluppo dell’arte. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai
di
buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e citt
. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara
di
emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di
i buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando
di
vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti.
incere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione
di
altrettanti centri di protezione, quanti erano gl
ella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri
di
protezione, quanti erano gli stati indipendenti,
e intelligenze umane. 31. Omero, nell’iliade, libro V, traduzione
di
Vincenzo Monli. Poichè raggiunta per la folta ei
Nella geografla moderna. Il luogo ove gli antichi ponevano le Colonne
di
Ercole è disegnato col nome di Stretto di Gibilte
go ove gli antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato col nome
di
Stretto di Gibilterra. Questo promontorio consist
antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato col nome di Stretto
di
Gibilterra. Questo promontorio consiste in un eno
Stretto di Gibilterra. Questo promontorio consiste in un enorme masso
di
rocce di 400 a 470 metri di altezza, che presenta
i Gibilterra. Questo promontorio consiste in un enorme masso di rocce
di
400 a 470 metri di altezza, che presenta una fron
o promontorio consiste in un enorme masso di rocce di 400 a 470 metri
di
altezza, che presenta una fronte dirupata e quasi
lare da ogni lato, e soprattutto all’est ed al sud. Marmocchi — Diz.
di
geografia universale, vol. 2. parte 1. 33. Pot
esti ; ma non consentendoci lo spazio una lunga ed esatta esposizione
di
essi, riporteremo il passo del libro l deire al C
l deire al Cap. XXVIII della Bibbia. quando la Pitonessa per comando
di
Saul evoca l’ombra di Samuele : « 16. E Samuele
I della Bibbia. quando la Pitonessa per comando di Saul evoca l’ombra
di
Samuele : « 16. E Samuele rispose : per qual mot
mente cadde Saul per terra disteso ; perocchè si sbigotti alle parole
di
Samuele, ed era senza forze, non avendo preso cib
giorno ». 34. Sacrobosco, astronomo inglese. Nacque nella Contea
di
Yorck, verso il principio del secolo XIII. Si res
ese celebre nella storia della scienza come autore del primo trattato
di
astronomia che l’Europa abbia posseduto, indipend
, indipendentemente dagli antichi. Fece i suoi studi nell’ Università
di
Oxford, e compiutili, si recò a Parigi ove mori n
il suo vero nome fu Francesco Stabili, conosciuto però sotto il nome
di
Cecco d’ Ascoll per esser nato in questa città de
cittadini un saggio delle sue cognizioni matematiche, proponendo loro
di
far giungere il mare Adriatico fin sotto le mura
e il mare Adriatico fin sotto le mura d’ Ascoli. Citato, per un libro
di
astrologia, a comparire innanzi al tribunale inqu
un libro di astrologia, a comparire innanzi al tribunale inquisitore
di
Firenze il 15 settembre 1327, egli confessò d’ess
tore di Firenze il 15 settembre 1327, egli confessò d’essere l’autore
di
quello scritto, e il 26 dello stesso mese, fu bru
el Paradiso perduto, nacque a Londra nel 1608. Discendeva dai signori
di
Milton vieino Thame nella provincia d’ Oxford. Mo
nno della sua vita. I suoi avanzi riposano a Clipplegate nel cimitero
di
San Giles. 37. Lusignano. — Famiglia francese c
piccola città del Poitou, poco lungi dalla quale, sorgeva il castello
di
Lusignan. I cronisti attribuiseono la fondazione
rgeva il castello di Lusignan. I cronisti attribuiseono la fondazione
di
questo alla fata Meleusina o Meleusigne, anagramm
o la fondazione di questo alla fata Meleusina o Meleusigne, anagramma
di
Leusignem, (Lusiguam), e raccontarono ancora che
gramma di Leusignem, (Lusiguam), e raccontarono ancora che to spettro
di
Meleusina apparisse solo al castello dei Lusignan
lui si attribuisce la scoperta del magnetismo animale preso come base
di
un metodo curativo. Al suo sistema fu dato il nom
preso come base di un metodo curativo. Al suo sistema fu dato il nome
di
Mesmerismo. Mori il 5 marzo 1815 a Meerburgo in r
nome di Mesmerismo. Mori il 5 marzo 1815 a Meerburgo in riva al lago
di
Costanza. 39. Voltaire, Francesco. Maria Arouez
n riva al lago di Costanza. 39. Voltaire, Francesco. Maria Arouezt (
di
). Nacque a Chatenay presso Scéaux il 20 febbraio
ux il 20 febbraio 1694 ; mori a Parigi il 20 maggio 1778. Al suo nome
di
famiglia Arouet, fu aggiunto quello di Voltaire c
il 20 maggio 1778. Al suo nome di famiglia Arouet, fu aggiunto quello
di
Voltaire col quale é conosciuto in tutta l’ Europ
ciuto in tutta l’ Europa, da una terra che faceva parte della fortuna
di
sua madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania ne
a fortuna di sua madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania nel regno
di
Prussia, capoluogo della provincia di Brandeburgo
ciltà della Germania nel regno di Prussia, capoluogo della provincia
di
Brandeburgo e della reggenza del suo nome. È post
a dell’Havel. In questa ciltà nacque Alessandro Humboldt. La reggenza
di
Potsdam è divisa in 36 circoli con una popolazion
dt. La reggenza di Potsdam è divisa in 36 circoli con una popolazione
di
1.280.000 anima cirea. Maraucche. — Dizionario d
on una popolazione di 1.280.000 anima cirea. Maraucche. — Dizionario
di
geografia universale, vol. 11. parte 11. 41. AN
n lingua latina vuol dir bue. Codesto bue doveva esser nero macchiato
di
bianco. Ritrovato dai sacerdoti, era guidato coa
guidato coa gran pompa nel tempio. Doveva vivere un certo dato numero
di
anni, spirato il qual termine, i sacerdoti diceva
precipitava in un pozzo a tutti ignoto, ed allora si andava in cerea
di
un altro bue. Se moriva prima del tempo, tutto l’
l’Egitto era in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente nel tempio
di
Serapide. Villerosa. — Dizionario mitologico-Sto
— Dizionario mitologico-Storico, rol. 1. 43. Pasifae. — Fu moglie
di
Minosse, re di Creta : di lei la Favola racconta,
itologico-Storico, rol. 1. 43. Pasifae. — Fu moglie di Minosse, re
di
Creta : di lei la Favola racconta, che per soddis
torico, rol. 1. 43. Pasifae. — Fu moglie di Minosse, re di Creta :
di
lei la Favola racconta, che per soddisfare alla s
ine, fosse soggiaciuta ad un toro, facendosi rinchiudere ia una vacca
di
legno. 44. Giunone. — Giove volendo punirla per
gno. 44. Giunone. — Giove volendo punirla per aver cospirato contro
di
lui nella guerra del Titani, ordinò a vulcano di
ver cospirato contro di lui nella guerra del Titani, ordinò a vulcano
di
sospenderla in aria per mezzo di due calamite, di
guerra del Titani, ordinò a vulcano di sospenderla in aria per mezzo
di
due calamite, di appenderte sotto i pledi due inc
i, ordinò a vulcano di sospenderla in aria per mezzo di due calamite,
di
appenderte sotto i pledi due incudini e di legarl
per mezzo di due calamite, di appenderte sotto i pledi due incudini e
di
legarle le mani dietro le spalle con una catena d
mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei cercarono
di
liberarla : essi furono costretti di ricorrere a
d’oro. Invano gli Dei cercarono di liberarla : essi furono costretti
di
ricorrere a Vulcano. che non si decise a farlo se
dre Giove con un calcio lo precipitò dal cielo. Egli cadde sull’isola
di
Lenno, si ruppe una gamba e restò sempre zoppo.
6. Ciro. — Celebre eroe e fondatore della monarchia persiana. figlio
di
Cambise persiano e di Mandane nata da Astiage re
oe e fondatore della monarchia persiana. figlio di Cambise persiano e
di
Mandane nata da Astiage re del Medi onde dall’ora
da Astiage re del Medi onde dall’oracolo fu detto mulo, perchè figlio
di
padre e madre di diversa nazione. 47. Vico giam
Medi onde dall’oracolo fu detto mulo, perchè figlio di padre e madre
di
diversa nazione. 47. Vico giambattista. — Dotto
madre di diversa nazione. 47. Vico giambattista. — Dotto napolitano
di
prim’ordine, sapiente giureconsulto, sommo filoso
poli da onesti ma poveri genitori, essendo suo padre Antonio, libraio
di
pochissimo conto. — Mori il 21 gennaio 1744. 48.
datore della religione dei Parsi. — Nacque intorno all’anno 589 prima
di
Cristo ad Urnia, città dell’Aderbigian. Mori nell
Urnia, città dell’Aderbigian. Mori nell’anno 513 avanti Cristo in età
di
76 anni. Egli fu una delle vittime che caddero ne
feri facendosi un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco
di
cui Semele era incinta. Villarosa. — Dizionario
credere, che convengano ai giovani e la lettura dei quali sia ad essi
di
qualche profitto. Peccano gli uni di prolissità l
la lettura dei quali sia ad essi di qualche profitto. Peccano gli uni
di
prolissità la quale ad altro non serve che a conf
dere le loro menti, e nulla posson apprendere dall’arida nomenclatura
di
tanti altri ; inconvenienti che ci siamo sforzati
he ci siamo sforzati d’evitare in questo libro, in cui si è procurato
di
non parlare che di articoli interessanti e credut
i d’evitare in questo libro, in cui si è procurato di non parlare che
di
articoli interessanti e creduti indispensabili a
l costume, che questo libro potesse girare tra le mani de’ giovinetti
di
ambo i sessi senza riserva alcuna. Coll’ entrare,
gliere il velo allegorico che copre alcune favole si è avuto in animo
di
dare utili insegnamenti come pure di eccitare la
lcune favole si è avuto in animo di dare utili insegnamenti come pure
di
eccitare la curiosità dei giovani onde si applica
si applicassero con maggior zelo a tale studio. Vari buoni trattati
di
Mitologia sono stati consultati e messi a profitt
o stati consultati e messi a profitto per questo libro ed agli autori
di
essi dovrassi attribuirne l’esito fortunato, quan
ole diligentemente incise in rame rappresentanti altrettanti soggetti
di
cui è fatto parola in questo Compendio sono state
uest’operetta, che speriamo vedere per vari titoli preferita ad altre
di
simil genere. Desideriamo poi soprattutto che que
ere. Desideriamo poi soprattutto che questa nostra fatica possa esser
di
qualche utilità agli studiosi. Lo scopo nostro è
possa esser di qualche utilità agli studiosi. Lo scopo nostro è stato
di
far ad essi conoscere le finzioni dei poeti, di s
scopo nostro è stato di far ad essi conoscere le finzioni dei poeti,
di
scoprir loro le ricchezze che da più di tremila a
oscere le finzioni dei poeti, di scoprir loro le ricchezze che da più
di
tremila anni asconde questa perenne miniera di le
e ricchezze che da più di tremila anni asconde questa perenne miniera
di
leggiadre invenzioni. Le follie di quegli stessi
nni asconde questa perenne miniera di leggiadre invenzioni. Le follie
di
quegli stessi Dei a noi rappresentati come inferi
a del genere umano, comincieranno a divertirli e serviranno loro dopo
di
lezione : di morale, da cui potranno trarre profi
umano, comincieranno a divertirli e serviranno loro dopo di lezione :
di
morale, da cui potranno trarre profitto, se sapra
pplicazioni. Se il loro tenero animo si è mosso a sdegno alla lettura
di
qualche tratto inumano, se hanno versato delle la
che fulminò dall’ Olimpo. Se a caso non s’avvedessero che gli autori
di
queste allegorie hanno avuto in mira d’istruire i
nno avuto in mira d’istruire i popoli mentre questi non credevano che
di
divertirsi ; se giugnessero a credere che questi
età e delle nazioni, preser la lira e cantarono cogli armoniosi suoni
di
lei l’esistenza della divinità, i suoi beneficii
in tal guisa passare nell’ animo dei loro contemporanei i sentimenti
di
cui essi stessi erano penetrati, ornavano il loro
le passioni umane, brillanti e vivissime rende le immagini, nè senza
di
essa potrebbe la poesia secondo il precetto orazi
i rigori del tempo ; e non dissimil sorte toccherebbe ai capi d’opera
di
pittura e di scultura ; gli ornamenti stessi che
tempo ; e non dissimil sorte toccherebbe ai capi d’opera di pittura e
di
scultura ; gli ornamenti stessi che abbelliscono
e abbelliscono le città ov’essi son nati apparirebber agli occhi loro
di
niun valore ; e giunti che saranno all’età di pot
irebber agli occhi loro di niun valore ; e giunti che saranno all’età
di
poterne conoscere il merito s’accorgeranno che la
tà di poterne conoscere il merito s’accorgeranno che la trascuratezza
di
questo studio ha esposto i più eccellenti artisti
li strani anacronismi, rappresentandoci delle cose estranee al secolo
di
cui ci volevano far conoscere i costumi e gli usi
e porrem termine alla nostra esposizione col riportare alcuni squarci
di
un discorso del maggior dei poeti italiani de’ no
ro una nuova scuola che condanna altamente e dispregia questa maniera
di
studii, siccome frivoli ed infruttuosi, e come so
si esprime il poeta nel porre in chiaro il consiglio e l’intendimento
di
questa scuola per poi discendere a distruggere i
rrori(1) : Audace scuola boreal, dannando Tutti a morte gli Dei, che
di
leggiadre Fantasie già fiorîr le carte argive E
i, che di leggiadre Fantasie già fiorîr le carte argive E le latine,
di
spaventi ha pieno Delle Muse il bel regno. Arco e
infranta L’urna, il crudel a questa ancor diè morte. Garzon superbo e
di
sè stesso amante Era quel fior ; quell’altro al S
ombra notturna Ti vien sì dolce da quel bosco al core, Era il lamento
di
regal donzella Da re tiranno indegnamente offesa.
chia, e quella scorza Che ne’ boschi Sabei lagrime suda ; Nella sacra
di
Pindo alta favella Ebbero un giorno e sentimento
; ne’ calami palustri Più non geme Siringa ; ed in quel tronco Cessò
di
Mirra l’odoroso pianto(1). Così chiuse poi il d
hiuse poi il discorso con alcuni versi che si potrebbero dire un Inno
di
vittoria cantato in onore della Mitologia dopo sc
do timida ai profani Tutta nuda mostrarsi, il trasparente Mistico vel
di
tue figure implora, Onde mezzo nascosa e mezzo a
annate al freno Della legge che tira al centro i pesi : Potente legge
di
Sofia, ma nulla Ne’ liberi d’Apollo immensi regni
insegnare la Mitologia. Quand’essa non si rappresenta sotto le forme
di
dizionario suolsi dividerla comunemente in tre pa
tone detto anche Orco, Proserpina e Bacco cui da alcuni si dà il nome
di
Libero. Le principali Divinità Inferiori sono Pan
to Compendio abbiamo adottato il metodo della divisione in tre classi
di
Dei Inferiori, Dei Superiori e Semidei come quell
ella Mitologia. NB. Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine
di
questo Compendio di Mitologia si troveranno indic
Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine di questo Compendio
di
Mitologia si troveranno indicate tutte le materie
questo Compendio di Mitologia si troveranno indicate tutte le materie
di
cui si è in esso fatto parola benchè non abbiano
ri Caos IL Caos era un massa informe e rozza, una confusione
di
tutti gli elementi da eui sertirono Urano e la Te
sca o la Terra sono gli Dei più antichi. Ad Urano si dà anche il nome
di
Cielo ; e qualcuno confonde Vesta Prisca o Tettur
urie, Momo, ecc. Da Urano e dalla Terra nacquero pure l’Oceano e Teti
di
cui furon figli Taumante padre d’Iride e delle Ar
ron figli Taumante padre d’Iride e delle Arpie che altri fanno figlie
di
Nettuno e della Terra ; e furon pur figli di Uran
e che altri fanno figlie di Nettuno e della Terra ; e furon pur figli
di
Urano e della Terra Nereo e Doride o Dori, che ge
le Ninfe, tra le quali fu rinomata Galatea. I più celebri tra i figli
di
Urano e della Terra, sono Titano e Saturno. Il no
Titano e Saturno. Il nostro globo ed un altro pianeta portano il nome
di
queste due divinità. Titano a Saturno A Ti
te due divinità. Titano a Saturno A Titano, maggiore dei figli
di
Urano, apparteneva l’impero del mondo, ma cedette
ro del mondo, ma cedette i suoi diritti a Saturno dietro le preghiere
di
sua madre Tellure, a condizione però che il frate
i a misura che nascevano. Tuttavia Rea o Cibele sua moglie trovò modo
di
sottrarre alla crudeltà del marito Giove, Nettuno
rno gli avrebbe tolto l’inspero, tramò insidie al figlio per privarlo
di
vita e gli dichiarò senza riguardi la guerra. Gio
e per riconoscenza in particolare verso Giano gli accordò la facoltà
di
conoscere le cose passate e le future, per cui si
sato e l’altra l’avvenire. Quando Saturno arrivò in Italia, i costumi
di
quegli abitanti erano sì puri che quel tempo fu c
tempo fu chiamato età dell’oro. Si rappresenta questo Dio sotto forma
di
un veochio con lunga barba, colle ali e con una f
le passa rapidamente e distrugge ogni cosa. Gli siodà anche là figura
di
un serpento che si morde la coda, simbolo della p
empi. L’orologio a polvere che gli si vede a canto indica la rapidità
di
questa rivoluzione. Saturno ha dato il suo nome a
o nome ad un pianeta. Cibele Cibele o Rea Questa dea figlia
di
Urano e della Terra, moglie e sorella di Saturno,
e o Rea Questa dea figlia di Urano e della Terra, moglie e sorella
di
Saturno, chiamasi anche Ope, Vesta, la Buona Dea,
fiere che n’ebbero cura e la nutrirono. Essa ha gli stessi attributi
di
sua madre colla quale è soventi confusa. I suoi s
no alla sua statua contorcendosi con modi spaventevoli. Sotto il nome
di
Vesta presiedeva al fuoco ; e come tale gli antic
e Vestali conservavano un fuoco perpetuo, vegliando a vicenda intorno
di
esso. Le Vestali erano astrette a conservare la v
unziando al servigio del tempio potevano maritarsi. Se per negligenza
di
alcuna il fuoco sacro si estingueva, il che aveva
a dal pontefice massimo severamente punita. Se taluna mancava al voto
di
verginità, era portata con lugubre pompa sopra un
fuoco sacro così detto fosse il lume delle lampade accese nel tempio
di
Vesta, e che se si estinguevano, la Vestale, per
deva, era sepolta viva. Vesta si rappresenta talvolta sotto le forme
di
una bella donna con un disco in una mano, ed una
a. Vesta ha dato il suo nome ad un pianeta. Giove Giove figlio
di
Rea e di Saturno nacque con Giunone e fu sottratt
ha dato il suo nome ad un pianeta. Giove Giove figlio di Rea e
di
Saturno nacque con Giunone e fu sottratto, come s
o, come si è detto, dalla madre alla crudeltà del padre ; furono dopo
di
lui salvati anche Nettuno e Plutone. Rea consegnò
hiese che Saturno lo riconoscesse erede. Titano ignaro della condotta
di
Rea accusò il fratello di frode, lo scacciò dal t
oscesse erede. Titano ignaro della condotta di Rea accusò il fratello
di
frode, lo scacciò dal trono e lo fece prigioniere
l cielo e della terra. I fratelli uniti a Pallade e Giunone tentarono
di
sottrarsi al suo dominio, ma restarono vinti da G
trarsi al suo dominio, ma restarono vinti da Giove e furono costretti
di
rifuggirsi in Egitto ove vissero sotto diverse fo
ono costretti di rifuggirsi in Egitto ove vissero sotto diverse forme
di
animali. Giove li perseguitò anche in quel paese,
onciliarsi con essi tutti. Giove e Giunone I Giganti figli
di
Titano da esso detti Titani, per riconquistare i
ittoria Giove più non pensò che agli amori ed ebbe un infinito numero
di
concubine. Meti dalla quale nacque Pallade o Mine
di concubine. Meti dalla quale nacque Pallade o Minerva, Semele madre
di
Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse
i dalla quale nacque Pallade o Minerva, Semele madre di Bacco, Cerere
di
Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apoll
le madre di Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona
di
Apollo e di Diana, Maia di Mercurio, Alcmena di E
Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apollo e
di
Diana, Maia di Mercurio, Alcmena di Ercole e tant
i Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apollo e di Diana, Maia
di
Mercurio, Alcmena di Ercole e tante altre. Si can
na delle Muse, Latona di Apollo e di Diana, Maia di Mercurio, Alcmena
di
Ercole e tante altre. Si cangiò in pioggia d’oro
e e tante altre. Si cangiò in pioggia d’oro per penetrare nella torre
di
bronzo ove era rinchiusa Danae da cui ebbe Perseo
di bronzo ove era rinchiusa Danae da cui ebbe Perseo ; sotto le forme
di
cigno sedusse Leda che fu madre di Castore e Poll
a cui ebbe Perseo ; sotto le forme di cigno sedusse Leda che fu madre
di
Castore e Polluce, di Elena e Clitennestra ; sott
tto le forme di cigno sedusse Leda che fu madre di Castore e Polluce,
di
Elena e Clitennestra ; sotto quelle di toro rapì
fu madre di Castore e Polluce, di Elena e Clitennestra ; sotto quelle
di
toro rapì Europa figlia di Agenore, la condussé i
ce, di Elena e Clitennestra ; sotto quelle di toro rapì Europa figlia
di
Agenore, la condussé in Creta e n’ebbe Minosse e
sse e Radamanto ; trasformato in Satiro sorprese Antiope che fu madre
di
Ansione e di Zeto. Prese la figura di Diana per i
to ; trasformato in Satiro sorprese Antiope che fu madre di Ansione e
di
Zeto. Prese la figura di Diana per ingannare Cali
o sorprese Antiope che fu madre di Ansione e di Zeto. Prese la figura
di
Diana per ingannare Calisto da cui nacque Arcade,
figura di Diana per ingannare Calisto da cui nacque Arcade, e quella
di
Aquila per rapire Ganimede figlio di Troe, e port
o da cui nacque Arcade, e quella di Aquila per rapire Ganimede figlio
di
Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere i
ede figlio di Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere in vece
di
Ebe. Giove era la divinità dei pagani che lo rigu
a la divinità dei pagani che lo riguardavano come il padrone assoluto
di
ogni cosa. Esso era adorato sotto vari nomi da qu
rano tratti o da’ suoi attributi o dai luoghi da esso abitati. Quello
di
Olimpico era il principale perchè dicesi che face
ttima che si offriva a Giove nei sacrifici era un bue bianoo. Quello
di
Giove Capitolino fondato in Campidoglio dal re Ta
in seguito riedificato passava per il più sontuoso. Si è dato il nome
di
questo Dio ad un pianeta. Giove vien rappresentat
pianeta. Giove vien rappresentato come un vecchio maestoso, seduto su
di
un trono d’oro o d’avorio, collo scettro in una m
i che toglier vogliono il velo della favola, dicono che Saturno fu re
di
Creta ; che fu spogliato del regno da’ suoi figli
dell’inferno il secondo, del mare il terzo ; che molti ebbero il nome
di
Giove, ed avendo abusato di diverse donne con var
mare il terzo ; che molti ebbero il nome di Giove, ed avendo abusato
di
diverse donne con vari stratagemmi, tutti questi
oggia d’oro intender si deve l’oro col quale Giove corruppe i custodi
di
Danae, pel toro la nave che aveva l’insegna del t
del toro colla quale rapì Europa, ecc. Giunone Giunone figlia
di
Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove era t
la quale rapì Europa, ecc. Giunone Giunone figlia di Saturno e
di
Rea, sorella e moglie di Giove era tenuta per la
. Giunone Giunone figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie
di
Giove era tenuta per la regina degli Dei. A princ
na degli Dei. A principio fu ritrosa alle importune amorose inchieste
di
Giove, ma questi si cangiò in cucculo o corvo, co
alcuni, per ingannarla, ed essendo stato riconosciuto, ella si decise
di
ascoltarlo a condizione che la sposasse. Questa D
fratello ne divenne furiosamente gelosa e non a torto. Non cessò mai
di
sorvegliare la condotta del marito e perseguitò m
rvegliare la condotta del marito e perseguitò mai sempre le concubine
di
lui ed i figli che da quelle egli aveva. Contro I
oncubine di lui ed i figli che da quelle egli aveva. Contro Io figlio
di
Inaco re d’Argo esercitò ella principalmente la s
incipalmente la sua gelosia. Essendosi accorto Giove dell’avvicinarsi
di
Giunone mentre stava con Io, cangiò questa in vac
giò questa in vacca per nasconderla alla moglie. Insospettita Giunone
di
quel che era, la chiese in dono, ed ottenutala la
Argo che aveva cento occhi, ed essendo questi stato ucciso per ordine
di
Giove da Mercurio che lo avea indormentato prima
suono della zampogna e col tocco del caduceo, Giunone pose gli occhi
di
Argo nella coda del pavone, uccello a lei consacr
itto ove ritornata da Giove all’antica forma fu adorata sotto il nome
di
Iside, e partorì Epafo od Api, che da’ medesimi E
orì Epafo od Api, che da’ medesimi Egiziani veneravasi sotto la forma
di
bue. Inaco disperato per averla perduta, fu secon
e Europa, Semele, Latona, Alcmena e suscitò mille traversie al figlio
di
quest’ ultima, Ercole, ed a molti altri. Ma veden
dobbata una statua, facendo pubblicare, che quella era Platesa figlia
di
Asopo ch’ ei voleva sposare. Giunone accorse adir
ccorse adirata, fece in pezzi la statua ; ed avvedutasi della malizia
di
Giove, si riconciliò, ridendo con lui dell’accadu
ro a’ piedi. Gli Dei non poterono mai scioglierla e pregarono Vulcano
di
farlo, promettendogli Venere per moglie. Ella ave
lie. Ella avea un orgoglio insopportabile, e non perdonò mai a Paride
di
non averle dato il pomo d’oro sul monte Ida quand
Paride di non averle dato il pomo d’oro sul monte Ida quando gareggiò
di
bellezza con Venere e Pallade, e si dichiarò in q
in quel momento nemica implacabile dei Troiani ; e suscitando contro
di
essi una terribile guerra estese la sua vendetta
e navi ; ma Enea fu protetto da Venere. Avendo saputo che Giove senza
di
lei aveva posto al mondo Pallade, facendola uscir
de, facendola uscire dal suo cervello, partorì anch’ essa Marte senza
di
lui. Sotto il nome di Lucina presiedeva ai parti
al suo cervello, partorì anch’ essa Marte senza di lui. Sotto il nome
di
Lucina presiedeva ai parti delle donne, e sotto q
tto il nome di Lucina presiedeva ai parti delle donne, e sotto quello
di
Pronuba ai matrimoni. Era la divinità delle donne
Pronuba ai matrimoni. Era la divinità delle donne costumate, e quelle
di
cattiva vita non potevano entrare ne’ suoi templi
entrare ne’ suoi templi. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia
di
Taumante e di Elettra, che fu cangiata in arco ba
uoi templi. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Taumante e
di
Elettra, che fu cangiata in arco baleno da Giunon
ù pura o l’etere, riguardano la sua sposa come l’aria la più ingombra
di
vapori e la più pesante da cui siam circondati. S
ù pesante da cui siam circondati. Si conosce un pianeta sotto il nome
di
Giunone. Cerere A Cerere figlia di Saturno
ce un pianeta sotto il nome di Giunone. Cerere A Cerere figlia
di
Saturno e di Rea fu attribuita dagli antichi l’in
sotto il nome di Giunone. Cerere A Cerere figlia di Saturno e
di
Rea fu attribuita dagli antichi l’invenzione dell
i Saturno e di Rea fu attribuita dagli antichi l’invenzione dell’arte
di
lavorare la terra, e fu adorata come la Dea dell’
per ricercarla. Andò alla corte del re Trittolemo cui insegnò l’arte
di
ben lavorare la terra, di coltivare le biade, di
corte del re Trittolemo cui insegnò l’arte di ben lavorare la terra,
di
coltivare le biade, di fare gl’istrumenti necessa
o cui insegnò l’arte di ben lavorare la terra, di coltivare le biade,
di
fare gl’istrumenti necessari all’agricoltura : e
ltivare le biade, di fare gl’istrumenti necessari all’agricoltura : e
di
servirsene. Avendole la ninfa Aretusa palesato c
e di servirsene. Avendole la ninfa Aretusa palesato che il rapitore
di
Proserpina era stato Plutone, Cerere ricorse a Gi
a Giove per ottenere che le fosse restituita, ed ebbe da lui promessa
di
riaverla quando però non avesse dopo la sua entra
po la sua entrata nei Campi Elisi gustato alcun cibo. Ascalafo figlio
di
Acheronte e della Notte avendo manifestato che Pr
della Notte avendo manifestato che Proserpina avea colto nei giardini
di
Plutone una melagrana e ne avea mangiati sette gr
ò per vendetta Ascalafo in barbagianni. Giove per alleviare il dolore
di
questa Dea ordinò che Proserpina passasse sei mes
e in Sicilia ed in Grecia ; i Greci riconoscenti istituirono in onore
di
questa Dea una festa che si celebrava colla più g
olla più grande magnificenza in Eleusi, ov’ ebber principio i misteri
di
lei chiamati Eleusini, ai quali chi iniziavasi er
ta dagli Egizi perchè i misteri cleusini non erano che una imitazione
di
quelli di Iside, la stessa cosa che Cerere per qu
gizi perchè i misteri cleusini non erano che una imitazione di quelli
di
Iside, la stessa cosa che Cerere per quanto sembr
acrificava il porco. Cerere si rappresenta comunemente sotto le forme
di
una bella donna di statura alta e maestosa, che h
. Cerere si rappresenta comunemente sotto le forme di una bella donna
di
statura alta e maestosa, che ha il seno abbondant
bel colorito, gli occhi languidi, i capelli biondi, la testa coronata
di
spiche e di papaveri, piante fecondissime, e la v
, gli occhi languidi, i capelli biondi, la testa coronata di spiche e
di
papaveri, piante fecondissime, e la veste che le
eri, piante fecondissime, e la veste che le cade fino a’ piedi sparsa
di
spiche e di papaveri. Con una falce od una fiacco
fecondissime, e la veste che le cade fino a’ piedi sparsa di spiche e
di
papaveri. Con una falce od una fiaccola in una ma
rgliene mangiare per conciliarle il sonno, che l’afflizione pel ratto
di
Proserpina, le avea fatto perdere ; ed aveva in t
erpina, le avea fatto perdere ; ed aveva in tal modo trovato il mezzo
di
alleviare il suo dolore. Il suo cocchio era tirat
cocchio era tirato da due dragoni. Questo è quanto racconta la Favola
di
Cerere. I mitologi ed i poeti però non s’accordan
la di Cerere. I mitologi ed i poeti però non s’accordano su la storia
di
questa divinità che confondono con Cibele. Da que
me Pallade, dea della sapienza, delle guerre e delle arti, era figlia
di
Giove. Ecco in qual modo si racconta la nascita d
e arti, era figlia di Giove. Ecco in qual modo si racconta la nascita
di
questa Dea. Giove prima di sposare Giunone aveva
. Ecco in qual modo si racconta la nascita di questa Dea. Giove prima
di
sposare Giunone aveva Meti per moglie. Essendogli
a madre ed il figlio. Da quel momento fu oppresso da un terribile mal
di
capo. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi
nto fu oppresso da un terribile mal di capo. Avendo implorato l’aiuto
di
Vulcano, questi con un colpo di acceta gli spaccò
mal di capo. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi con un colpo
di
acceta gli spaccò il cranio ; dal cervello ne sor
Cecrope, e fu deciso che chi avesse fatto nascere una cosa più utile
di
un’altra avrebbe avuto quest’ onore. Percosso il
; ed avendo giudicato gli Dei più utile l’ulivo per essere il simbolo
di
pace, Minerva diede alla città il nome di Atene,
ulivo per essere il simbolo di pace, Minerva diede alla città il nome
di
Atene, sotto il quale era denominata dai Greci. G
e innalzarono un magnifico tempio, e celebravano delle feste in onore
di
lei, alle quali intervenivano degli spettatori da
le parti della Grecia. Viene questa Dea rappresentata come una donna
di
una bellezza semplice, nobile e grave ; armata da
una mano, come Dea della guerra e collo scudo nell’altra ; il teschio
di
Medusa le si mette su l’egida o corazza e sul pet
ida o corazza e sul petto da alcuni, da altri sullo scudo ; le stanno
di
presso la civetta e degli istrumenti matematici,
suo nome da questa Dea. Marte Marte, dio della guerra è figlio
di
Giunone. Questa Dea, come si è già detto, indispe
ntre andava in oriente per apprenderne il modo, si fermò nei giardini
di
Flora, ove fu da questa interrogata dell’oggetto
a dell’oggetto del viaggio ; venutane Flora in cognizione, le promise
di
insegnarle il desiderato segreto, col patto che n
sopra il quale una donna sedendo concepiva immediatamente ; e dicesi
di
più che al solo toccarlo bastasse ad una donna pe
nte Venere, colla quale suo marito Vulcano il sorprese ; questi formò
di
fili sottilissimi di metallo una rete invisibile,
le suo marito Vulcano il sorprese ; questi formò di fili sottilissimi
di
metallo una rete invisibile, nella quale colse gl
oro impero. Augusto gli innalzò un magnifico tempio dopo la battaglia
di
Filippi. Questo Dio ha dato il suo nome ad un pia
lte Veneri sieno state annoverate nella storia, e che le dissolutezze
di
molte donne di questo nome siano state attribuite
o state annoverate nella storia, e che le dissolutezze di molte donne
di
questo nome siano state attribuite ad una sola. D
e attribuite ad una sola. Dicesi che appena nata le Ore cui incombeva
di
educarla, la portarono in cielo, ove fu trovata s
he tutti vollero sposarla ; ma Giove la diede a Vulcano in ricompensa
di
aver per esso fabbricato i fulmini in occasione d
uerra coi Giganti. Dicono altri invece che Giove colto dalla bellezza
di
Venere, ne divenne amante e che non avendo potuto
n’è già parlato. Da Anchise principe troiano ebbe Enea cui fece dono
di
una armatura fabbricata da Vulcano, quando passò
no, quando passò in Italia per fondarvi un nuovo regno dopo l’eccidio
di
Troia. Amò il bello Adone che fu ucciso da un cig
che inspirava infallibilmente la più viva tenerezza. Giunone bramosa
di
piacere a Giove pregò Venere di prestarglielo ; l
a più viva tenerezza. Giunone bramosa di piacere a Giove pregò Venere
di
prestarglielo ; la Dea di Citera glielo offrì all
one bramosa di piacere a Giove pregò Venere di prestarglielo ; la Dea
di
Citera glielo offrì all’istante dicendole, che po
ne e Pallade, e che la Discordia aveva gettato sulla mensa alle nozze
di
Teti e di Peleo, destinandolo alla più bella tra
de, e che la Discordia aveva gettato sulla mensa alle nozze di Teti e
di
Peleo, destinandolo alla più bella tra le Dee. Qu
principio dalla tenerezza. Le sue feste si celebravano con ogni sorta
di
dissolutezze. Ovunque sorsero degli altari in ono
con ogni sorta di dissolutezze. Ovunque sorsero degli altari in onore
di
lei. Ma fu particolarmente adorata in Amatunta, i
ono i templi che in questi paesi le si innalzarono. L’infinito numero
di
statue e di templi che furono eretti in onore di
che in questi paesi le si innalzarono. L’infinito numero di statue e
di
templi che furono eretti in onore di lei, le fece
o. L’infinito numero di statue e di templi che furono eretti in onore
di
lei, le fecero dare una quantità di soprannomi. Q
templi che furono eretti in onore di lei, le fecero dare una quantità
di
soprannomi. Quei che più comunemente le vengon at
dalia dal fonte Acidalio in Beozia ove dicesi che colle Grazie usasse
di
lavarsi soventi. Volle che le si consacrasse la c
i le era dedicato il mirto. Fra i fiori le si consacrava la rosa, che
di
bianca qual era prima si disse cambiata in rossa
ra prima si disse cambiata in rossa allorquando fu bagnata dal sangue
di
Adone puntosi con una spina. Fra i figli di Vener
ndo fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina. Fra i figli
di
Venere si contano Amore e le tre Grazie. Rappres
gni o da due colombe. I suoi biondi capelli sono ornati da una corona
di
mirto e di rose. Da’ suoi occhi traspira la più v
e colombe. I suoi biondi capelli sono ornati da una corona di mirto e
di
rose. Da’ suoi occhi traspira la più viva gioia,
te la stella del pastore. Diana Diana dea della caccia, figlia
di
Giove e di Latona sorella di Apollo. Fu adorata s
a del pastore. Diana Diana dea della caccia, figlia di Giove e
di
Latona sorella di Apollo. Fu adorata sotto tre no
Diana Diana dea della caccia, figlia di Giove e di Latona sorella
di
Apollo. Fu adorata sotto tre nomi, di Ecate nell’
ia di Giove e di Latona sorella di Apollo. Fu adorata sotto tre nomi,
di
Ecate nell’inferno, di Diana in terra e di Luna o
sorella di Apollo. Fu adorata sotto tre nomi, di Ecate nell’inferno,
di
Diana in terra e di Luna o Febea in cielo. Avea a
Fu adorata sotto tre nomi, di Ecate nell’inferno, di Diana in terra e
di
Luna o Febea in cielo. Avea anche molti altri nom
o, che ottenne da Giove per sè e per la sorella sua Minerva la grazia
di
poter conservare una perpetua verginità. Sotto il
a la grazia di poter conservare una perpetua verginità. Sotto il nome
di
Diana presiedeva ai boschi ed era la Dea della ca
Diana presiedeva ai boschi ed era la Dea della caccia ; sotto quello
di
Febea era presa per la Luna e presiedeva agl’inca
a era presa per la Luna e presiedeva agl’incantesimi ; e sotto quello
di
Ecate, essa è la Dea dell’inferno ed è soventi co
essa è la Dea dell’inferno ed è soventi confusa con Proserpina moglie
di
Plutone. Si riconosceva pure per la Dea della cas
co e le frecce, e nel farla regina de’boschi, le assegnò un corteggio
di
bellissime Ninfe ch’ella volea pudiche al par di
assegnò un corteggio di bellissime Ninfe ch’ella volea pudiche al par
di
lei, e scacciò per questo Calisto perchè si era l
si nondimeno che amasse il pastore Endimione, che scendesse più volte
di
notte dal cielo per venir a vederlo e che avesse
igli. Il dio Pane ed Orione vuolsi che sieno stati amanti corrisposti
di
Diana ; e che anzi ella uccidesse il secondo per
ebravano feste in onor suo. Questa Dea si rappresenta sotto la figura
di
una donna giovine, nel fiore della bellezza, in a
l fiore della bellezza, in abito da cacciatrice, coi capelli annodati
di
dietro, colla faretra su di una spalla, con un ca
bito da cacciatrice, coi capelli annodati di dietro, colla faretra su
di
una spalla, con un cane al fianco, e coll’arco te
tra su di una spalla, con un cane al fianco, e coll’arco teso in atto
di
lanciare un dardo. Porta i coturni alle gambe ed
sso a piedi col suo cane e circondata dalle sue Ninfe com’essa armate
di
archi e di frecce, ma basse tutte più di lei alme
col suo cane e circondata dalle sue Ninfe com’essa armate di archi e
di
frecce, ma basse tutte più di lei almeno della te
le sue Ninfe com’essa armate di archi e di frecce, ma basse tutte più
di
lei almeno della testa. Diana detta anche Delia e
Grande, 366 anni avanti G. C. da Erostrato che non trovò altro mezzo
di
tramandare il suo nome alla posterità. Nettuno
tramandare il suo nome alla posterità. Nettuno Nettuno figlio
di
Saturno e di Rea, fu salvato da sua madre come Gi
l suo nome alla posterità. Nettuno Nettuno figlio di Saturno e
di
Rea, fu salvato da sua madre come Giove, dal furo
ro cura. Cresciuto che fu in età sposò Anfitrite figlia dell’Oceano e
di
Doride. Essendosi di lei invaghito e non potendo
e fu in età sposò Anfitrite figlia dell’Oceano e di Doride. Essendosi
di
lei invaghito e non potendo indurla ad amarlo, le
che porta il suo nome. Si pretende che abbia avuto un infinito numero
di
amanti per le quali si cambiò sotto mille forme.
ollo, andarono tutti e due ad aiutare Laomedonte a fabbricare le mura
di
Troia ; ed avendo Laomedonte negato il convenuto
e. Questa favola trae origine dall’aver Laomedonte fabbricato le mura
di
Troia, adoperando a tale seopo i tesori del tempi
bricato le mura di Troia, adoperando a tale seopo i tesori del tempio
di
Apollo e di quello di Nettuno. Gareggiò in vano c
ura di Troia, adoperando a tale seopo i tesori del tempio di Apollo e
di
quello di Nettuno. Gareggiò in vano con Minerva p
ia, adoperando a tale seopo i tesori del tempio di Apollo e di quello
di
Nettuno. Gareggiò in vano con Minerva per dar il
o di Nettuno. Gareggiò in vano con Minerva per dar il nome alla città
di
Atene. Violò e cangiò Anemone in fontana. Si rapp
n fontana. Si rappresenta per lo più in piedi sopra un carro in forma
di
conchiglia tirato da cavalli marini o tritoni con
marini o tritoni con un tridente in mano. Vuolsi che abbia avuto più
di
cinquanta figli. Figlie di Nettuno e della Terra
dente in mano. Vuolsi che abbia avuto più di cinquanta figli. Figlie
di
Nettuno e della Terra erano le Arpie, mostri alat
mpre. Giunone le mandò per infettare e rapire le vivande dalla tavola
di
Fineo che aveva cortesemente accolto Enea. Zete e
vola di Fineo che aveva cortesemente accolto Enea. Zete e Calai figli
di
Borea le discacciarono, ma Giunone mandò Iride pe
le facesse ritornare in Tracia. Si rappresentavano sotto le sembianze
di
donna vecchia, con lunghi crini, con volto sempre
ecchia, con lunghi crini, con volto sempre smunto per fame, col corpo
di
avoltoio, colle ali, con unghioni ai piedi ed all
Ello, Occipete e Celeno. Alcuni le prendono per un prodigioso numero
di
cavallette che dopo avere devastato una parte del
entrionale nel Mar Ionio ove perirono, si dissero scacciate dai figli
di
Borea. Altri riconoscono nelle Arpie dei pirati c
lle Arpie dei pirati che facevano delle frequenti discese negli stati
di
Fineo, e vi cagionavano la carestia coi loro ladr
ionavano la carestia coi loro ladronecci. Apollo Apollo figlio
di
Giove e di Latona e fratello di Diana, fu chiamat
carestia coi loro ladronecci. Apollo Apollo figlio di Giove e
di
Latona e fratello di Diana, fu chiamato Febo in c
dronecci. Apollo Apollo figlio di Giove e di Latona e fratello
di
Diana, fu chiamato Febo in cielo perchè conduceva
messo, ove pascolava ordinariamente il Caval Pegaso, che loro serviva
di
cavalcatura. Riguardo alla sua nascita, dicesi ch
ollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali era espertissimo, fu
di
mettere a morte il serpente Pitone, nato dal lima
rte il serpente Pitone, nato dal limaccio della terra dopo il diluvio
di
Deucalione, il quale devastava la terra e ch’era
mandato dalla implacabile Giunone per tormentare Latona. Della pelle
di
questo animale si servì per ricoprire il tripode
racoli. D’accordo con Diana uccise co’suoi strali i quattordici figli
di
Niobe, perchè questa principessa aveva avuto l’ar
ordici figli di Niobe, perchè questa principessa aveva avuto l’ardire
di
preferirsi a Latona ; e Niobe fu conversa in una
ferirsi a Latona ; e Niobe fu conversa in una rupe. Esculapio figlio
di
Apollo celebre nella medicina avendo risuscitato
iove lo fulminò, istigato a ciò fare da Plutone che vedeva pel sapere
di
Esculapio diminuirsi il numero de’morti. Furioso
a fu scacciato dal cielo e nel suo esiglio ritirossi presso Admeto re
di
Tessaglia, del cui gregge fu fatto custode ; ed è
te anche quelle involate. Dopo questo accidente, lasciato il servigio
di
Admeto, andossene con Nettuno ad aiutare Laomedon
o, andossene con Nettuno ad aiutare Laomedonte a rifabbricare le mura
di
Troia e non avendone ricevuto alcun premio, punì
unì questa ingratitudine mandando una terribile peste tra quel popolo
di
cui fece orribili stragi. Placato in fine Giove
o caduceo. Il più rinomato de’templi che gli fossero eretti fu quello
di
Delfo. Leucotoe, Dafne, Clizia, Giacinto e moltis
ce scorticar vivo ; e fece crescere le orecchie d’asino a Mida figlio
di
Gordio re di Frigia, perchè aveva preferito il ca
vivo ; e fece crescere le orecchie d’asino a Mida figlio di Gordio re
di
Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e
a Mida figlio di Gordio re di Frigia, perchè aveva preferito il canto
di
Pane e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere
lio di Gordio re di Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e
di
Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se
i Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e di Marsia al suo (
di
Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse, gli f
referito il canto di Pane e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere
di
Mida se ne accorse, gli fu proibito di palesarlo,
l suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse, gli fu proibito
di
palesarlo, ma non potendo trattenersi dal dirlo,
o a tutti che Mida aveva le orecchie d’asino. Questo Mida è lo stesso
di
cui si parla nella storia di Bacco. Il gallo, lo
recchie d’asino. Questo Mida è lo stesso di cui si parla nella storia
di
Bacco. Il gallo, lo sparviero, l’ulivo gli furono
capigliatura, come le giovani deponevano le loro ghirlande in quelli
di
Diana. Apollo si rappresenta giovine senza barba,
l sole medesimo ; e ciò avviene perchè Giove nell’accordargli il dono
di
predir l’avvenire gli affidò anche la cura d’illu
famoso Apollo del Belvedere che trovasi nella Galleria del Gran Duca
di
Toscana a Firenze. Fra le statue antiche questa è
ndividui sotto questo nome si parla nella favola ; il più celebre tra
di
essi però è il figlio di Giove e di Maia figlia d
e si parla nella favola ; il più celebre tra di essi però è il figlio
di
Giove e di Maia figlia d’Atlante. Nessuna divinit
nella favola ; il più celebre tra di essi però è il figlio di Giove e
di
Maia figlia d’Atlante. Nessuna divinità ha avuto
Maia figlia d’Atlante. Nessuna divinità ha avuto maggiori occupazioni
di
Mercurio. Interprete e messaggiero degli Dei e sp
azioni di Mercurio. Interprete e messaggiero degli Dei e specialmente
di
Giove suo padre, al levare del quale doveva ogni
on uno zelo infaticabile, anche nelle cose poco lecite, ed aveva cura
di
tutti i loro affari. Onde potesse velocemente ese
’eloquenza, dei pastori, dei viaggiatori, dei ladri, dei ciarlatani e
di
ogni sorta di frappatori. Egli conduceva le anime
i pastori, dei viaggiatori, dei ladri, dei ciarlatani e di ogni sorta
di
frappatori. Egli conduceva le anime all’inferno e
atore e plenipotenziario degli Dei, egli assisteva a tutti i trattati
di
pace e di alleanza. Alle volte accompagnava Giuno
enipotenziario degli Dei, egli assisteva a tutti i trattati di pace e
di
alleanza. Alle volte accompagnava Giunone o per c
Alle volte accompagnava Giunone o per custodirla o per vegliare su la
di
lei condotta ; altre volte era incaricato da Giov
vegliare su la di lei condotta ; altre volte era incaricato da Giove
di
condurre a termine qualche nuovo intrigo amoroso.
bia inventata la lira e che la formasse la prima volta coi tesi nervi
di
una testudine morta, e che in cambio della lira a
Mercurio d’allora in poi volle portarla in quello stato come simbolo
di
pace, aggiugnendovi le ali come simbolo della rap
del potere dell’eloquenza. Si rapresenta come un bel giovine, snello
di
corpo, col caduceo in mano, qualche volta con una
on la metà del corpo. Talvolta egli porta una lancia o pertica armata
di
uncini oppure un tridente. Con questi attributi e
li elementi fatta da Giove a parecchie Divinità, Apollo fu incaricato
di
aver cura del fuoco, Febo della terra, Venere del
era il condottiero. Col caduceo vuolsi da alcuni che avesse il potere
di
chiamare o fugare a suo talento il sonno su gli o
gallo che gli si vede alle volte vicino serve a dinotare la vigilanza
di
lui. L’ariete che or gli si vede a canto, or su l
i soprannomi si diedero a Mercurio, provenienti dai diversi attributi
di
lui. Quello di Cilleno o Cillenio gli vien più so
diedero a Mercurio, provenienti dai diversi attributi di lui. Quello
di
Cilleno o Cillenio gli vien più sovente dato dai
. Mentre Apollo guidava lungo il fiume Anfriso in Tessaglia le gregge
di
Admeto, Mercurio gli rubò alcune vache, che fece
to ; ma avendo mancato alle sue promesse Mercurio lo cangiò in pietra
di
paragone. Minacciandolo Apollo se non restituiva
in riso. Essendo Mercurio espertissimo nel suono della lira si servì
di
quella di Apollo per addormentare Argo che custod
Essendo Mercurio espertissimo nel suono della lira si servì di quella
di
Apollo per addormentare Argo che custodiva Io ed
ometeo sul monte Caucaso. Le statue che si ponevano su le vie a guisa
di
termini or con tre teste ed or con quattro facce
ano dette Mercuri da’ Romani, ed Ermeti dai Greci, che tale è il nome
di
Mercurio in quella lingua. Mercurio ha dato ìl s
ù gran commercio s’innalzarono parecchi templi in onor suo. Le favole
di
Mercurio non sono state da molti dotti risguardat
prodotti. Bacco Non vanno d’accordo gli scrittori della favola
di
questo Dio ; cinque almeno devono essere stati i
a ciò traggono origine le tante opinioni su la nascita e l’educazione
di
questo Dio ; il vero Bacco o Libero secondo quasi
o Libero secondo quasi tutti i poeti greci e latini vien detto figlio
di
Giove e di Semele figlia di Cadmo re di Tebe in B
condo quasi tutti i poeti greci e latini vien detto figlio di Giove e
di
Semele figlia di Cadmo re di Tebe in Beozia, ed e
i poeti greci e latini vien detto figlio di Giove e di Semele figlia
di
Cadmo re di Tebe in Beozia, ed ecco quanto si nar
ci e latini vien detto figlio di Giove e di Semele figlia di Cadmo re
di
Tebe in Beozia, ed ecco quanto si narra sul conto
Beozia, ed ecco quanto si narra sul conto suo. Giunone sempre gelosa
di
Giove e sdegnata contro le sue amanti, assunte le
i Giove e sdegnata contro le sue amanti, assunte le forme e la figura
di
Beroe vecchia donna di Epidauro, nutrice di Semel
ro le sue amanti, assunte le forme e la figura di Beroe vecchia donna
di
Epidauro, nutrice di Semele, andò a visitare ques
unte le forme e la figura di Beroe vecchia donna di Epidauro, nutrice
di
Semele, andò a visitare quest’ultima che sapeva e
dubbi su la divinità del suo amante le mise in animo un’ardente brama
di
veder Giove in tutta la sua maestà. Semele che no
ve in tutta la sua maestà. Semele che non si avvedeva della malignità
di
questo consiglio, chiese a Giove una gràzia ma se
a Giove una gràzia ma senza dirgli quale. Il Nume giurò per lo Stige
di
concedergliela, ed allora ella gli chiese come un
lo Stige di concedergliela, ed allora ella gli chiese come una prova
di
amore, quello che dovea esserle cagione di morte.
gli chiese come una prova di amore, quello che dovea esserle cagione
di
morte. Giove che non poteva violare il suo giuram
, semplice mortale, restò arsa col suo palazzo. Per timore che Bacco,
di
cui era incinta Semele, non abbruciasse con essa,
il tempo del suo nascere fu nascostamente consegnato ad Ino, sorella
di
Semele, che n’ebbe cura coll’aiuto delle Iadi, de
esciuto in età questo Dio andò a conquistare le Indie con un esercito
di
uomini e di donne, che invece di armi portavano d
tà questo Dio andò a conquistare le Indie con un esercito di uomini e
di
donne, che invece di armi portavano dei tirsi, sp
conquistare le Indie con un esercito di uomini e di donne, che invece
di
armi portavano dei tirsi, specie di lancia ornata
di uomini e di donne, che invece di armi portavano dei tirsi, specie
di
lancia ornata di pampani e di edera e dei tamburi
onne, che invece di armi portavano dei tirsi, specie di lancia ornata
di
pampani e di edera e dei tamburi. Erano essi agit
ece di armi portavano dei tirsi, specie di lancia ornata di pampani e
di
edera e dei tamburi. Erano essi agitati da un div
ssi agitati da un divino furore. Le donne erano scapigliate e vestite
di
pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavan
ti da un divino furore. Le donne erano scapigliate e vestite di pelli
di
cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone
vino furore. Le donne erano scapigliate e vestite di pelli di cerve e
di
pantere ; gli uomini portavano corone di edera o
vestite di pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone
di
edera o di foglie di vite. Bacco con veste di por
pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone di edera o
di
foglie di vite. Bacco con veste di porpora corona
cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone di edera o di foglie
di
vite. Bacco con veste di porpora coronato di pamp
uomini portavano corone di edera o di foglie di vite. Bacco con veste
di
porpora coronato di pampini e di uve con un tirso
one di edera o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora coronato
di
pampini e di uve con un tirso nelle mani e con ca
o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora coronato di pampini e
di
uve con un tirso nelle mani e con calzari ricamat
ileno gli camminavano a lato. Il corteggio era preceduto da una banda
di
Satiri. Lo spavento che inspirava un esercito cot
cevuto ovunque come una Divinità, tanto più che non era già suo scopo
di
imporre tributo ai vinti, ma d’insegnar loro la c
l primo la vigna e fu adorato come Dio del vino. A lui si deve l’arte
di
estrarre e di apparecchiare il mele e l’invenzion
na e fu adorato come Dio del vino. A lui si deve l’arte di estrarre e
di
apparecchiare il mele e l’invenzione dell’aratro.
i quelli che vollero opporsi allo stabilimento del suo culto, trionfò
di
tutti i suoi nemici e di tutti i pericoli cui l’e
rsi allo stabilimento del suo culto, trionfò di tutti i suoi nemici e
di
tutti i pericoli cui l’esponeva l’odio di Giunone
fò di tutti i suoi nemici e di tutti i pericoli cui l’esponeva l’odio
di
Giunone ; giacchè questa Dea non odiava soltanto
l’odio di Giunone ; giacchè questa Dea non odiava soltanto le amanti
di
Giove, ma estendeva puranco la sua vendetta contr
nti di Giove, ma estendeva puranco la sua vendetta contro i figli che
di
esse nascevano. Licurgo re di Tracia avendo inseg
anco la sua vendetta contro i figli che di esse nascevano. Licurgo re
di
Tracia avendo inseguito Bacco e le sue sacerdotes
celebravano le orgie sul monte Nisa, fu accecato da Giove ad istanza
di
Bacco e morì in breve miseramente. Le Mineidi fig
ve ad istanza di Bacco e morì in breve miseramente. Le Mineidi figlie
di
Mineo principe tebano furono cangiate in pipistre
tebano furono cangiate in pipistrelli per aver lavorato in un giorno
di
festa solenne consacrata a Bacco. Questo Dio fu a
Bacco. Questo Dio fu accolto ne’ suoi viaggi cortesemente da Mida re
di
Frigia ed avendogli di più Mida restituito Sileno
ccolto ne’ suoi viaggi cortesemente da Mida re di Frigia ed avendogli
di
più Mida restituito Sileno che era stato preso da
ileno che era stato preso da’ contadini, Bacco in ricambio si offerse
di
concedergli qualunque cosa ei dimandasse. L’avari
in oro anche il pane ed il vino, fu costretto per non perire d’inedia
di
pregar Bacco a ripigliarsi il suo dono, e questi
di pregar Bacco a ripigliarsi il suo dono, e questi allora gl’impose
di
lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la
gl’impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù
di
volgere arene d’oro. Bacco ebbe molti figli da Ar
’ India l’affetuosa Arianna abbandonata dall’ingrato Teseo nell’isola
di
Dia o di Nasso e che fosse scoperta dai Satiri e
’affetuosa Arianna abbandonata dall’ingrato Teseo nell’isola di Dia o
di
Nasso e che fosse scoperta dai Satiri e dai Fauni
fatto è che la sposò e le fe’ dono d’una corona d’oro lavoro egregio
di
Vulcano, che pose tra gli astri dopo la morte del
morte della sua sposa. Arianna partecipò nell’Olimpo all’immortalità
di
Bacco. Rappresentavasi Bacco in aria giovanile, o
lità di Bacco. Rappresentavasi Bacco in aria giovanile, ora seduto su
di
un gran tino, ora sopra di un carro tirato da due
asi Bacco in aria giovanile, ora seduto su di un gran tino, ora sopra
di
un carro tirato da due tigri, da linci e da pante
ro tirato da due tigri, da linci e da pantere, col capo inghirlandato
di
pampani e di edera, ora con una tazza in mano e n
due tigri, da linci e da pantere, col capo inghirlandato di pampani e
di
edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un
pampani e di edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un tirso,
di
cui si era servito per far scaturire delle fonti
l’altra un tirso, di cui si era servito per far scaturire delle fonti
di
vino ; si raffigurava delle volte colle corna in
a in testa ; perchè ne’ suoi viaggi si era coperto sempre della pelle
di
un capro. Suoi seguaci erano i Satiri, che figura
i erano i Satiri, che figuravansi colle orecchie, le corna e le gambe
di
capro, ed il vecchio Sileno aio di lui, che lo se
olle orecchie, le corna e le gambe di capro, ed il vecchio Sileno aio
di
lui, che lo seguiva seduto sopra d’un asino. Bacc
asino. Bacco ebbe moltissimi nomi. In Egitto fu onorato sotto il nome
di
Osiride. A Bacco offerivasi mele, vino e latte ;
simbolo dell’indiscrezione de’bevitori. Il senato romano credè utile
di
proibire le feste che sotto il nome di Baccanali
. Il senato romano credè utile di proibire le feste che sotto il nome
di
Baccanali o Orgie si celebravano a Roma in autunn
di Baccanali o Orgie si celebravano a Roma in autunno con ogni genere
di
stravizzo. Le sacerdotesse di Bacco s’indicavano
avano a Roma in autunno con ogni genere di stravizzo. Le sacerdotesse
di
Bacco s’indicavano sotto diversi nomi : le più no
ortarono un tal nome. Vulcano Vulcano dio del fuoco era figlio
di
Giove e di Giunone. Nacque egli così deforme, che
tal nome. Vulcano Vulcano dio del fuoco era figlio di Giove e
di
Giunone. Nacque egli così deforme, che appena nat
ato, i suoi genitori lo precipitarono dal cielo, e cadendo nell’isola
di
Lenno si ruppe una coscia e restò zoppo da ambi i
uamente. Pretendono altri che fosse precipitato da Giove, per punirlo
di
aver voluto liberare la propria madre da lui appe
questo nascondiglio ricomparve nell’Olimpo, e sposò Venere per ordine
di
Giove. Aveva le sue fucine nelle isole di Lipari
, e sposò Venere per ordine di Giove. Aveva le sue fucine nelle isole
di
Lipari e di Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi fig
nere per ordine di Giove. Aveva le sue fucine nelle isole di Lipari e
di
Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli di Nettun
ne nelle isole di Lipari e di Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli
di
Nettuno e di Anfitrite o di Urano e della Terra d
e di Lipari e di Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli di Nettuno e
di
Anfitrite o di Urano e della Terra detti monocoli
i Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli di Nettuno e di Anfitrite o
di
Urano e della Terra detti monocoli perchè non ave
la loro malvagità, essi furono annoverati tra gli Dei, e in un tempio
di
Corinto avevano un altare sul quale si offrivan l
avola dei Ciclopi se non che l’emblema dei vulcani. Si dicevano figli
di
Urano e della Terra a cagione dell’altezza e dell
a cagione dell’altezza e delle profonde radici dei monti vulcanici ;
di
Nettuno e di Anfirite, perchè ordinariamente il m
ll’altezza e delle profonde radici dei monti vulcanici ; di Nettuno e
di
Anfirite, perchè ordinariamente il mare bagna il
di Nettuno e di Anfirite, perchè ordinariamente il mare bagna il pie’
di
queste montagne. Erano giganti di statura enorme
rdinariamente il mare bagna il pie’ di queste montagne. Erano giganti
di
statura enorme perchè queste montagne erano altis
avanlo ne’suoi lavori, i cani d’argento e d’oro che stavano a guardia
di
Alcinoo, le armi impenetrabili fatte per Achille
ardia di Alcinoo, le armi impenetrabili fatte per Achille a richiesta
di
Tetide tra le quali distinguevasi particolarmente
armi e scudi egualmente maravigliosi fece egli per Ercole ad istanza
di
Giove, per Enea alle preghiere di Venere. Erano
osi fece egli per Ercole ad istanza di Giove, per Enea alle preghiere
di
Venere. Erano pur lavoro di Vulcano, il palazzo
stanza di Giove, per Enea alle preghiere di Venere. Erano pur lavoro
di
Vulcano, il palazzo del Sole, la corona d’Arianna
rianna, il monile d’Ermione, il scettro d’Agamennone e la famosa rete
di
fili di metallo d’una sì grande finezza che era i
il monile d’Ermione, il scettro d’Agamennone e la famosa rete di fili
di
metallo d’una sì grande finezza che era invisibil
a rete di fili di metallo d’una sì grande finezza che era invisibile,
di
cui si servì per cogliere Marte e Venero. Di tutt
ibile, di cui si servì per cogliere Marte e Venero. Di tutte le opere
di
Vulcano la più maravigliosa fu la statua di Pande
Venero. Di tutte le opere di Vulcano la più maravigliosa fu la statua
di
Pandera che fu da lui anche animata. Si racconta
he gli Dei irritati nel vedere che Giove si arrogasse solo il diritto
di
creare gli nomini, ordinarono a Vulcano di fabbri
arrogasse solo il diritto di creare gli nomini, ordinarono a Vulcano
di
fabbricare una donna cui diedero il nome di Pando
ini, ordinarono a Vulcano di fabbricare una donna cui diedero il nome
di
Pandora, e che per renderla perfetta ognun di ess
nna cui diedero il nome di Pandora, e che per renderla perfetta ognun
di
essi le fece un dono. Venere le diede la bellezza
llezza, Pallade la sapienza, Mercurio l’eloquenza, ec. Giove fingendo
di
voler ei pure far un dono a Pandora, le regalò un
racchiudevansi tutti i mali. Dicesi che Pandora ebbe ordine da Giove
di
presentarlo a Prometeo contro del quale era adira
ifiutato a ricevere il vaso, Pandora lo presentò ad Epimeteo fratello
di
Prometeo, ed avendo egli avuta l’imprudenza di ap
ò ad Epimeteo fratello di Prometeo, ed avendo egli avuta l’imprudenza
di
aprirlo, ne uscirono tutti i mali che infestano i
tando solo la speranza infine del vaso tanto conosciuto sotto il nome
di
vaso di Pandora. Si rappresenta Vulcano come un u
lo la speranza infine del vaso tanto conosciuto sotto il nome di vaso
di
Pandora. Si rappresenta Vulcano come un uomo di e
sotto il nome di vaso di Pandora. Si rappresenta Vulcano come un uomo
di
età matura, zoppo da ambe le parti, con folta bar
altre deità infernali e descrizione dell’ inferno Plutone figlio
di
Saturno e di Reà, salvato come gli altri suoi fra
infernali e descrizione dell’ inferno Plutone figlio di Saturno e
di
Reà, salvato come gli altri suoi fratelli, ebbe i
e alcuna donna che volesse sposarlo, e fu per questo che si determinò
di
rapire Proserpina. Plutone e Proserpina
to sotto i monti della Sicilia, Tifeo o Tifone gigante mostruoso, uno
di
quei che diedero l’assalto al cielo e che toccava
diedero l’assalto al cielo e che toccava le nuvole col capo, si agitò
di
tal maniera la Sicilia, che Plutone temè non si a
rno per vedere che fosse. Stava ne’ campi dell’Enna Proserpina figlia
di
Giove e di Cerere colle compagne cogliendo fiori.
ere che fosse. Stava ne’ campi dell’Enna Proserpina figlia di Giove e
di
Cerere colle compagne cogliendo fiori. Plutone la
sul suo carro e la trasportò nell’inferno. Non valsero le opposizioni
di
Ciane amica di Proserpina, la quale fu cangiata s
la trasportò nell’inferno. Non valsero le opposizioni di Ciane amica
di
Proserpina, la quale fu cangiata subito in fonte.
onquista fatta creò Proserpina regina dell’inferno e dielle il titolo
di
Giunone infernale. Si è già parlato delle ricerch
il suo regno. Questo Dio non ebbe posterità. La divinità e la potenza
di
Plutone non poterono metterlo in salvo dai colpi
nità e la potenza di Plutone non poterono metterlo in salvo dai colpi
di
Ercole, allorchè gli Dei combatterono per la sort
salvo dai colpi di Ercole, allorchè gli Dei combatterono per la sorte
di
Troia. Plutone in quella giornata provò la stessa
a sorte di Troia. Plutone in quella giornata provò la stessa fatalità
di
Giunone e fu ferito in una spalla dal figlio di A
vò la stessa fatalità di Giunone e fu ferito in una spalla dal figlio
di
Alemena. A lui ed a Proserpina sacrificavansi due
a sacrificavansi due nere vacche o due agnelle, essendo il numero due
di
cattivo augurio ; laddove ai celesti le viltime s
Plutone convolto fuligginoso, barba e capelli neri, sopra un cocchio
di
ferro tirato da neri cavalli, or con un bidente d
, sopra un cocchio di ferro tirato da neri cavalli, or con un bidente
di
ferro in mano, or con un mazzo di chiavi, e con u
da neri cavalli, or con un bidente di ferro in mano, or con un mazzo
di
chiavi, e con una corona d’ebano su la testa ; ta
i delle miniere, e fattone così il Dio delle ricchezze, sotto il nome
di
Pluto. Altri lo riconoscono nell’aria, perchè ris
sei mesi in cielo. Alcuni storici pretendono che prima dell’esistenza
di
un principe chiamato Plutone, gli uomini non cono
ilimento lo rendette meritevole dello scettro dell’inferno. L’inferno
di
cui Plutone era il Dio ed il re era un luogo sott
cui acqua limacciosa ed infetta tramanda mortali esalazioni, un fiume
di
fuooo, delle torri di ferro e di bronzo, delle ar
d infetta tramanda mortali esalazioni, un fiume di fuooo, delle torri
di
ferro e di bronzo, delle ardenti fornaci, dei mos
ramanda mortali esalazioni, un fiume di fuooo, delle torri di ferro e
di
bronzo, delle ardenti fornaci, dei mostri e delle
agli eroi. All’Inferno fingevansi due ingressi, l’uno presso il lago
di
Averno nella Campania, oggi Terra di Lavoro nel r
e ingressi, l’uno presso il lago di Averno nella Campania, oggi Terra
di
Lavoro nel regno di Napoli, l’altro per una caver
esso il lago di Averno nella Campania, oggi Terra di Lavoro nel regno
di
Napoli, l’altro per una caverna nel Tenaro, or ca
voro nel regno di Napoli, l’altro per una caverna nel Tenaro, or capo
di
Maina, promontorio del Peloponneso. Ovidio ne fin
assegnavan loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano figli
di
Giove e d’Europa. Il primo regnò in Creta, il sec
cipelago, sulle coste dell’Asia, come vogliono altri. Eaco era figlio
di
Giove e di Egina, nacque nell’isola di Egina, del
ulle coste dell’Asia, come vogliono altri. Eaco era figlio di Giove e
di
Egina, nacque nell’isola di Egina, della quale fu
ogliono altri. Eaco era figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola
di
Egina, della quale fu re. Tutti e tre passarono
erno e la loro probità fecero dar loro dopo morte dai poeti la carica
di
giudici supremi dell’Inferno. Minosse era nondime
, e gli altri due giudici, non erano per così dire, che gli assessori
di
lui. Le due grandi divisioni dell’Inferno sono il
no espiarsi. Questa prigione è dipinta vasta, fortificata da tre giri
di
mura e circondata da Flegetonte e Cocito ; un’alt
tri mai non erano da nube alcuna velati. Boschetti imbatsamati, selve
di
rosai e di mirti coprivano colle fresche loro omb
erano da nube alcuna velati. Boschetti imbatsamati, selve di rosai e
di
mirti coprivano colle fresche loro ombre le anime
esche loro ombre le anime fortunate. Solo il rossignolo aveva diritto
di
cantarvi i propri piaceri, e non erano interrotti
vir, in Ispagna, perchè vi si spedivano, come si crede, i prigionieri
di
stato. Cinque erano i fiumi dell’Inferno, Stige,
egetonte. Acheronte diceasi figlio del Sole e della Terra da alcuni e
di
Titano e di Cerere da altri, e cambiato in fiume
heronte diceasi figlio del Sole e della Terra da alcuni e di Titano e
di
Cerere da altri, e cambiato in fiume infernale pe
infernale per aver fornito l’acqua ai Titani nella lor guerra contro
di
Giove. Le sue acque erano fangose ed amare ; le o
e acque erano fangose ed amare ; le ombre lo passavane senza speranza
di
ritorno. Si rappresenta sotto la figura di un vec
o passavane senza speranza di ritorno. Si rappresenta sotto la figura
di
un vecchio coperto d’un abito umido. Riposa sopra
umido. Riposa sopra un’urna nera, e le onde che ne escono sono piene
di
spuma, perchè il loro corso era sì rapido che rot
mere le più gravi sciagure. Cocito risguardató da alcuni come un ramo
di
Stige circondava il Tartaro ed era formato delle
Il suo nome significa pianti e gemiti. Si rappresenta sotto la figura
di
un vecchio la cui urna versa delle acque che dopo
o un’ombra mesta e tenebrosa, e si vedeva pure una porta con gangheri
di
rame, dalla quale si penetrava nell’Inferno. Fleg
i penetrava nell’Inferno. Flegetonte o Priflegetonte volgeva torrenti
di
fiamme e da ogni lato circondava le caroeri de’co
Erano a questo fiume attribuite le più nocevoli qualità. Con l’acqua
di
questo fiume Cerere trasformò l’indiscreto Ascala
alafo. Su le sue sponde non vedevasi giammaï crescere albero o pianta
di
sorta alcuna e dopo un lungo corso contrario a qu
ero o pianta di sorta alcuna e dopo un lungo corso contrario a quello
di
Cocito, gittavasi com’esso nell’Acheronte. Lete d
che amrnettevano la metempsicosi gli attribuivano anohe la proprietà
di
disporre a soffrire di nuovo le miserle della vit
tempsicosi gli attribuivano anohe la proprietà di disporre a soffrire
di
nuovo le miserle della vita. Fu soprannominato il
na, dall’altra la tazza dell’oblivione. Si rappresenta anche coronato
di
papaveri e di loto. Stige è una celebre fontana c
la tazza dell’oblivione. Si rappresenta anche coronato di papaveri e
di
loto. Stige è una celebre fontana che gli Egizi a
quella formidable famiglia. Il supremo tra gli Dei oltremodo contento
di
tanto ossequio lo colmò di beneficenze e stabili
Il supremo tra gli Dei oltremodo contento di tanto ossequio lo colmò
di
beneficenze e stabili che quando gli Dei avessero
i mancassero rimanessero per cent’anni privi della divinità. Le acque
di
Stige erano infette, ed in esse si ponevano i tra
d in esse si ponevano i traditori ed i calunniatori. La decima parte
di
queste acque erano riserbate per gli Dei spergiur
anche marito della Notte da cui si vuele abbia avuto il Giorno. Prima
di
giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale di
e da cui si vuele abbia avuto il Giorno. Prima di giugnere alla regia
di
Plutone ed al tribunale di Mimosse, era d’uopo pa
to il Giorno. Prima di giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale
di
Mimosse, era d’uopo passar l’Acheronte in una ner
rca condotta du Caronte, figlio dell’Erebo e della Notte, vecchio, ma
di
robusta e verde vecchiezza, al quale le anime dov
li insepolti doveano errare per cento anni sulle rive del fiume prima
di
essere traghettate. Caronte si rappresenta come
osso, lordo del fango del fiume infernale. La sua barca ha vele color
di
ferro, ed egli tiene un palo e remo per dirigerla
remo per dirigerla. Nessun mortale vivente poteva entrare nella barca
di
Caronte, a meno che non avesse seco un ramo d’oro
La Sibilla ne diede uno al pio Enea, allorchè volle entrare nel regno
di
Plutone. Molto tempo avanti che questo principe v
hi del Tartaro per aver fatto passare Ercole, il quale non era munito
di
questo magico ramo. La favola di Caronte si spie
are Ercole, il quale non era munito di questo magico ramo. La favola
di
Caronte si spiega in vari modi. Credesi da alcuni
e un diritto su le sepolture. Lo vogliono altri un semplice sacerdote
di
Vulcano che seppe usurpare in Egitto il supremo p
i conduceva vicino a Menfi nelle amene campagne in vicinanza del lago
di
Acherusa. I sacerdoti egizi rifiutavano il passag
e erano morti senza pagare i loro debiti, e i parenti erano obbligati
di
tenere presso di sè il corpo fino a che li avesse
za pagare i loro debiti, e i parenti erano obbligati di tenere presso
di
sè il corpo fino a che li avessero pagati essi me
r ottenere il suo passaggio. I Greci avevano tolto dagli Egizi l’idea
di
far errare per cento anni sulle sponde del Cocito
si facevano a spese del pubblico. Dal lago che alcuni chiamano Palude
di
Acherusa nell’Epiro in Tesprozia sorgeva l’Achero
o Adriatico. Il Cocito era una palude fangosa che terminava in quella
di
Acherusa. Di là dell’Acheronte errava il Can Cer
serpente, e da Tifone vento procelloso e violento. Echidna era figlia
di
Crisaore e di Calliroe. Benchè gli Dei la tenesse
Tifone vento procelloso e violento. Echidna era figlia di Crisaore e
di
Calliroe. Benchè gli Dei la tenessero chiusa in u
chiusa in una caverna ebbe nondimeno da Tifone, Orco, Cerbero, l’Idra
di
Lerna, la Chimera, la Sfinge ed il Leone di Nemea
ne, Orco, Cerbero, l’Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge ed il Leone
di
Nemea. Cerbero era il custode dell’Inferno ed imp
i viventi e ne sortissero le ombre. Questo mostro aveva il collo irto
di
serpenti. Ercole lo incatenò allorchè trasse Alce
Ercole lo incatenò allorchè trasse Alceste dall’Inferno e lo strappò
di
sotto il trono di Plutone ove si era rifuggito. O
ò allorchè trasse Alceste dall’Inferno e lo strappò di sotto il trono
di
Plutone ove si era rifuggito. Orfeo addormentò qu
Sibilla che conduceva Enea nell’Inferno lo sopì pure con una focaccia
di
mele e di papavero. Molti si son dati a spiegare
e conduceva Enea nell’Inferno lo sopì pure con una focaccia di mele e
di
papavero. Molti si son dati a spiegare questa fav
ti a spiegare questa favola che credesi derivata dall’uso degli Egizi
di
far custodire i sepolcri da grossi alani, uso arr
vinse dopo aver incatenato la Morte, si è perchè le magnanime azioni
di
questo eroe, salvarono il nome di lui dall’oblio
te, si è perchè le magnanime azioni di questo eroe, salvarono il nome
di
lui dall’oblio e lo rendettero immortale. Tra le
a la Dea protettrice dei moribondi. Presiedeva ai funerali e col nome
di
Nenia si denominavano certi versi cantati nei fun
stessa Proserpina, e taluni distinguono da amendue, facendola figlia
di
Ceo Titano e Febe sacerdotessa di Apollo. Si dann
nguono da amendue, facendola figlia di Ceo Titano e Febe sacerdotessa
di
Apollo. Si danno molti caratteri a questa Dea e v
’infinito la sua genealogia ; pare che ogni paese avesse la sua Ecate
di
cui i mitologi hanno complicato le qualità e cumu
no complicato le qualità e cumulate le azioni. Si faceva anche figlia
di
Giove e di Latona e sorella di Apollo. Riconosces
to le qualità e cumulate le azioni. Si faceva anche figlia di Giove e
di
Latona e sorella di Apollo. Riconoscesi sotto que
late le azioni. Si faceva anche figlia di Giove e di Latona e sorella
di
Apollo. Riconoscesi sotto questo nome una benefic
ta Dea tutti gli stranieri spinti dal caso sulle coste del Chersoneso
di
Tauride : indi ella diviene sposa di Eete, ed ist
caso sulle coste del Chersoneso di Tauride : indi ella diviene sposa
di
Eete, ed istruisce nella propria arte due degne f
e Medea e Circe. Dea dei maghi e degl’incantesimi, era invocata prima
di
cominciare le magiche operazioni che la costringe
ed Atropo dette da alcuni figlie della Notte e dell’Averno, da altri
di
Giove e di Temi. Gli antichi credevano che quest
dette da alcuni figlie della Notte e dell’Averno, da altri di Giove e
di
Temi. Gli antichi credevano che queste divinità
erano riguardate siccome quelle che avevano un potere il più assoluto
di
tutte le altre. Padrone dispotiche della sorte de
eniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si era
di
filar la vita degli uomini. Cloto tenea la conocc
rava il fuso e Atropo tagliava il filo colle forbici allorchè la vita
di
ciascuno era giunta al suo termine. Si voleva con
seconda li distribuiva, e l’inflessibilità della terza impediva loro
di
variare. In queste tre divinità tutto era emblema
gli uomini. Le Parche restarono sempre vergini e si dà loro l’epiteto
di
vecchie donzelle : non vi fu alcuno tanto ardito
iteto di vecchie donzelle : non vi fu alcuno tanto ardito per tentare
di
piacere ad esse. È forse questa la ragione per cu
i, con ispaventevole sguardo, con mani armate d’unghie adunche, avide
di
sangue e di carnificina. Erano anche zoppe. Si dà
entevole sguardo, con mani armate d’unghie adunche, avide di sangue e
di
carnificina. Erano anche zoppe. Si dà loro delle
alla d’avorio, onde sostituirla a quella stata distrutta dall’avidità
di
una Dea. Si vedono versar lagrime sulla morte del
r lagrime sulla morte dell’avvenente Adone, e tentare, benchè invano,
di
richiamarlo coi loro canti alla luce ; Proserpina
ce ; Proserpina non si lasciò commuovere. La dolce melodia della lira
di
Orfeo le intenerì a segno, che, per udirlo, lasci
fusi, e poscia raddoppiarono con velocità maggiore il lavoro, temendo
di
aver di troppo allumgato i destini. Dopo la morte
poscia raddoppiarono con velocità maggiore il lavoro, temendo di aver
di
troppo allumgato i destini. Dopo la morte di Achi
lavoro, temendo di aver di troppo allumgato i destini. Dopo la morte
di
Achille versarono amare lagrime e non vollero più
avasi particolarmente ai disordini della guerra, e gli Dei servivansi
di
Megera allorchè trattavasi di trarre qualcuno a m
dini della guerra, e gli Dei servivansi di Megera allorchè trattavasi
di
trarre qualcuno a morte. Così formidabili divinit
ra i loro tempii. Ne avevano in molti luoghi della Grecia e servivano
di
inviolabile asilo ai delinquenti. Nei sacrifici c
ciosa, colla bocca spalancata, con abiti neri e insanguinati, con ali
di
pipistrello, con serpenti intreociati intorno al
ociati intorno al capo, con una torcia ardente in mano ed un flagello
di
serpente nell’altra oppure un uncino, con il Terr
la Morte per compagni. In questa guisa stando sedute intorno al trono
di
Plutone, attendono esse i suoi ordini con un’impa
chiamarono anche Erinni ed Eumenidi in terra ; Dire in cielo e Cagne
di
Stige nell’Inferno. Molti furono tormentati in vi
a dalle Furie, ma non avvi esempio più strepitoso delle loro vendette
di
quello dell’infelice Oreste, che perseguitarono t
igurare i rimorsi che accompagnano i delitti. I Mani erano una specie
di
Geni che presiedevano a morti. Da alcuni furono p
bbe molti figli e che rappresentavasi per lo più in veste nera sparsa
di
stelle diceasi abittue l’Inferno colla Morte, col
allo. I poeti la rappresentano colle sole ossa, in veste nera, sparsa
di
stelle, colle ali e molte volte con una falce in
ne gli scorre intorno e non sentesi che il lento mormorio delle acque
di
questo fiume. Il Sonno sta disteso in una sala su
orio delle acque di questo fiume. Il Sonno sta disteso in una sala su
di
un letto di piume che ha le tende nere. I Sogni g
cque di questo fiume. Il Sonno sta disteso in una sala su di un letto
di
piume che ha le tende nere. I Sogni gli stanno di
figlio o ministro, che addormenta tutti quelli che tocca con un gambo
di
papavero e fa sognare, sta vegliando per impedire
ndo in quel luogo. Si rappresenta con un corno in una mano e un dente
di
elefante in un’altra. Si rappresenta anche in fig
a. Si rappresenta anche in figura d’un giovane sdraiato mollemente su
di
un gruppo di nubi, ed esprimente quello stato di
enta anche in figura d’un giovane sdraiato mollemente su di un gruppo
di
nubi, ed esprimente quello stato di quiete in cui
raiato mollemente su di un gruppo di nubi, ed esprimente quello stato
di
quiete in cui trovansi i mortali, mentre egli con
impero. Si faceva soggiornare in fine nell’Inferno anche Pluto figlio
di
Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro
aceva soggiornare in fine nell’Inferno anche Pluto figlio di Cerere e
di
Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone,
che Pluto figlio di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro
di
Plutone, col quale è stato alle volte confuso. Si
cecato per togliergli il discernimento. Si rappresenta sotto la forma
di
un vecchio che tiene una borsa in mano. I poeti h
vecchio che tiene una borsa in mano. I poeti hanno conservato il nome
di
alcuni più celebri tra i condannati del Tartaro e
o ed il genere del supplizio con cui vi erano tormentati. Tantalo re
di
Lidia o di Frigia nell’Asia minore, figlio di Gio
ere del supplizio con cui vi erano tormentati. Tantalo re di Lidia o
di
Frigia nell’Asia minore, figlio di Giove e della
tormentati. Tantalo re di Lidia o di Frigia nell’Asia minore, figlio
di
Giove e della ninfa Plote o Ploto o Pluto figlia
ia minore, figlio di Giove e della ninfa Plote o Ploto o Pluto figlia
di
Teoclimene, dicesi che in un convito offerto agli
ù avida degli altri o distratta dall’affano che le cagionava il ratto
di
sua figlia senza avverdersene ne mangiasse una sp
spalla ; ma Giove inorridito per un tale misfatto, riunite le membra
di
Pelope col ministero delle Parche lo richiamò in
n mezzo alle acque che gli giungono fino al mento, ma che gli sfuggon
di
sotto quando si abbassa per beverne ; e collocand
abbassa per beverne ; e collocandogli sopra la testa un albero carico
di
frutta, che s’innalzano ogni volta che stende il
e stende il braccio per coglierne. Le Danaidi erano cinquanta figlie
di
Danao re d’Argo, ch’egli maritò tutte in un giorn
Danao re d’Argo, ch’egli maritò tutte in un giorno a cinquanta figli
di
Egitto suo fratello. Avendo inteso Danao dagl’ind
vini che dai generi dovea essere privato del regno ordinò alle figlie
di
uccidere la stessa notte tuttì i loro mariti. Qua
figlie di uccidere la stessa notte tuttì i loro mariti. Quarantanove
di
esse eseguirono il barbaro comando, e non fuvvi c
con un vaglio. Si chiamavano anche Belidi, da Belo re d’Egitto padre
di
Danao. Si è immaginato questo favoloso castigo pe
lle trombe ; e siccome si traeva forse continuamente acqua col unezzo
di
queste trombe pei differenti usi delle Danaidi, c
e a riempire un vaso forato, per consumare tant’ acqua. Sisifo figlio
di
Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di
re un vaso forato, per consumare tant’ acqua. Sisifo figlio di Eolo e
di
Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante
per consumare tant’ acqua. Sisifo figlio di Eolo e di Enarete, nipote
di
Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo era u
cqua. Sisifo figlio di Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello
di
Atamante e di Salmoneo era uno de’ più astuti pri
iglio di Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante e
di
Salmoneo era uno de’ più astuti principi del suo
ra uno de’ più astuti principi del suo tempo. Avendo occupato l’istmo
di
Corinto, infestava l’Attica co’ suoi latrocinii e
orinto, infestava l’Attica co’ suoi latrocinii e schiacciava col peso
di
enorme sasso quelli che gli cadevano tra le mani.
al basso. La rupe che gli fanno incessantemente muovere, è l’emblema
di
un ambizioso principe che lunga pezza ravvolse in
di disegni senza eseguirli. Flegia re de’ Lapiti volendosi vendicare
di
Apollo che aveva sedotta l’unica sua figlia Coron
tato dagli Dei nel Tartaro fu condannato a starsi perpetuamente sotto
di
un sasso che sempre minaccia di rovinargli addoss
ndannato a starsi perpetuamente sotto di un sasso che sempre minaccia
di
rovinargli addosso e schiacciarlo. Issione altro
rovinargli addosso e schiacciarlo. Issione altro re de’ Lapiti figlio
di
Giove e della ninfa Melete come dicono molti mito
e della ninfa Melete come dicono molti mitologi sposò Dia, figliuola
di
Deione o Deioneo. Volendosi vendicare di suo suoc
itologi sposò Dia, figliuola di Deione o Deioneo. Volendosi vendicare
di
suo suocero per un’ingiuria che ne aveva ricevuto
rire in modo barbaro. Egli fu il primo che si fece reo dell’uccisione
di
una persona della sua famiglia. Questo delitto de
la sua tavola ; e questo ingrato principe abbagliato dalle attrattive
di
Giunone osò dichiararle la propria passione. Giov
pre. I serpenti che circondano la ruota servono ad indicare i rimorsi
di
una coscienza lacerata dalla memoria di un orribi
servono ad indicare i rimorsi di una coscienza lacerata dalla memoria
di
un orribile delitto ; il perpetuo movimento della
in cui visse questo principe dopo il suo parricidio. Tizio era figlio
di
Giove e di Elara ; ma si disse figlio della Terra
e questo principe dopo il suo parricidio. Tizio era figlio di Giove e
di
Elara ; ma si disse figlio della Terra, perchè su
er nasconderla a Giunone e perchè la Terra era riguardata qual’ madre
di
tutti i giganti. Esso era uno smisurato gigante ;
. Esso era uno smisurato gigante ; Apollo e Diana lo uccisero a colpi
di
freccia per aver tentato di far violenza a Latona
ante ; Apollo e Diana lo uccisero a colpi di freccia per aver tentato
di
far violenza a Latona ; e sepolto nel Tartaro, ov
polto nel Tartaro, ove occupava collo smisurato suo corpo nove iugeri
di
terreno, fu condannato ad avere le viscere sempre
e mandava fiamme da cinquanta bocche e da cinquanta petti, ad istanza
di
Teti, nella cospirazione degli Dei contro Giove,
zione degli Dei contro Giove, salisse al cielo e si sedesse al fianco
di
Giove, e che col suo fiero e terribile contegno s
egno spaventasse i congiurati Numi e fe’ loro abbandonare il progetto
di
legare il supremo degli Dei. Giove in riconoscenz
vrebbe scelto unitamente a Gige e Cotto, suoi fratelli, per servirgli
di
guardia. Pretendesi da altri che Briareo avesse p
pastori è confusa dai mitologi con Cibele e con Cerere. Nel giorno 19
di
aprile celebravasi tutti gli anni nelle campagne
asi tutti gli anni nelle campagne una festa chiamata palilia in onore
di
questa divinità. I contadini avevano in quel gior
di questa divinità. I contadini avevano in quel giorno tutta la cura
di
purificarsi con profumi mescolati di sangue di ca
ano in quel giorno tutta la cura di purificarsi con profumi mescolati
di
sangue di cavallo, di ceneri di un giovane vitell
l giorno tutta la cura di purificarsi con profumi mescolati di sangue
di
cavallo, di ceneri di un giovane vitello che face
ta la cura di purificarsi con profumi mescolati di sangue di cavallo,
di
ceneri di un giovane vitello che facevano bruciar
di purificarsi con profumi mescolati di sangue di cavallo, di ceneri
di
un giovane vitello che facevano bruciare, e di ga
di cavallo, di ceneri di un giovane vitello che facevano bruciare, e
di
gambi di fave. Purificavano eziandio le stalle e
lo, di ceneri di un giovane vitello che facevano bruciare, e di gambi
di
fave. Purificavano eziandio le stalle e gli ovili
urificavano eziandio le stalle e gli ovili non che le mandre col fumo
di
sabina e di zolfo ; poscia offrivansi dei sacrifi
eziandio le stalle e gli ovili non che le mandre col fumo di sabina e
di
zolfo ; poscia offrivansi dei sacrifizi alla Dea
no in latte, in vino cotto e in miglio. La festa terminava con fuochi
di
paglia, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suo
ava con fuochi di paglia, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suono
di
flauti, di cembali e di tamburi. Pane e Siri
chi di paglia, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suono di flauti,
di
cembali e di tamburi. Pane e Siringa Pane,
, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suono di flauti, di cembali e
di
tamburi. Pane e Siringa Pane, Fauno, Silva
tori antichi non sono d’accordo sulla sua origine. Chi lo vuol figlio
di
Giove, chi di Mercurio. Si ritiene però più comun
on sono d’accordo sulla sua origine. Chi lo vuol figlio di Giove, chi
di
Mercurio. Si ritiene però più comunemente che il
o. Si ritiene però più comunemente che il Pane dei Greci fosse figlio
di
quest’ultimo Dio e di Penelope, figlia d’Icario e
comunemente che il Pane dei Greci fosse figlio di quest’ultimo Dio e
di
Penelope, figlia d’Icario e poscia moglie di Ulis
io di quest’ultimo Dio e di Penelope, figlia d’Icario e poscia moglie
di
Ulisse re d’Itaca. Pane era dio dei caceiatori, d
glie di Ulisse re d’Itaca. Pane era dio dei caceiatori, dei pastori e
di
tutti gli abitanti delle campagne. Siccome Pane v
ella natura tutta e sotto questo titolo viene considerato come figlio
di
Demogorgone, il più antico degli Dei che aveva pe
iscere della terra. Questi era un Dio terribile, che non era permesso
di
nominare. Oltre l’esser stato padre di Pane dices
erribile, che non era permesso di nominare. Oltre l’esser stato padre
di
Pane dicesi che fosser pur anche figli suoi le tr
che sedusse sotto diverse figure. Ma non potè vincere Siringa figlia
di
Ladone fiume d’Arcadia, la quale da lui fuggendo
e dal suono che fecero le canne fra lor percosse, prese poscia l’idea
di
far la zampogna di cui fu l’inventore. Accompagnò
ero le canne fra lor percosse, prese poscia l’idea di far la zampogna
di
cui fu l’inventore. Accompagnò Bacco nelle Indie
mpogna di cui fu l’inventore. Accompagnò Bacco nelle Indie e fu padre
di
molti Satiri. La sua principal cura era di stare
cco nelle Indie e fu padre di molti Satiri. La sua principal cura era
di
stare giorno e notte nelle campagne suonando la z
agne suonando la zampogna e custodendo gli armenti. Si faceva piacere
di
incutere, con subitanee apparizioni, timore agli
nel Peloponneso ove Apollo andava a cantar sulla lira la metamorfosi
di
Dafne. Narrasi dai Greci che quando i Galli sotto
fosi di Dafne. Narrasi dai Greci che quando i Galli sotto la condotta
di
Brenno s’accingevano scorrendo la Grecia a spogli
tta di Brenno s’accingevano scorrendo la Grecia a spogliare il tempio
di
Delfo, venne loro incusso da Pane un improvviso t
ovviso terrore per cui tutti diedersi a fuggire. Da ciò prese origine
di
chiamar Terror Panico quel terrore che ci assale
i rappresenta rosso in viso, colle corna in testa, lo stomaco coperto
di
peli, la parte inferiore del corpo simile a quell
stomaco coperto di peli, la parte inferiore del corpo simile a quella
di
un capro. Gli si sacrificava una capra. Molti co
nte Dio delle selve e si rappresenta ora colle corna e metà del corpo
di
capra, ora con tutta l’umana forma ; ed in questo
ultimo caso gli si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fatta
di
foglie e di pine, un abito rustico che gli scende
gli si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fatta di foglie e
di
pine, un abito rustico che gli scende sino alle g
forma è preso per il dio Pane ed allora si vede tutto nudo, coronato
di
edera, portando dalla sinistra mano un ramo di pi
e tutto nudo, coronato di edera, portando dalla sinistra mano un ramo
di
pino carico di pine, locchè dimostra che il pino
oronato di edera, portando dalla sinistra mano un ramo di pino carico
di
pine, locchè dimostra che il pino era l’albero fa
ino carico di pine, locchè dimostra che il pino era l’albero favorito
di
questo Dio. Spesse fiate invece di pino ha un ram
che il pino era l’albero favorito di questo Dio. Spesse fiate invece
di
pino ha un ramo di cipresso in mano per memoria d
albero favorito di questo Dio. Spesse fiate invece di pino ha un ramo
di
cipresso in mano per memoria del giovane Cipariss
aver regnato per la felicitò degli uomini. Fauno Dio campestre figlio
di
Mercurio e della Notte, dipingevasi come Pane ma
to. Gli si sacrificava un agnello o un capretto. I Satiri detti figli
di
Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani di Silvano si
icava un agnello o un capretto. I Satiri detti figli di Pane, i Fauni
di
Fauno ed i Silvani di Silvano si confondono soven
capretto. I Satiri detti figli di Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani
di
Silvano si confondono soventi gli uni cogli altri
retto rapporto coll’agricoltura. I loro lineamenti sono meno schifosi
di
quelli dei Satiri ed hanno anche una fisonomia di
sono meno schifosi di quelli dei Satiri ed hanno anche una fisonomia
di
essi più allegra. Si consacrava ad essi il pino e
a voce dei Fauni si facesse sentire nel più folto dei boschi. Il nome
di
Silvani era generico e si dava ai Fauni, ai Satir
lle vergini e presiedeva all’autunno ed ai giardini. Avendo il potere
di
cambiare di forma a suo piacere si riguardava anc
e presiedeva all’autunno ed ai giardini. Avendo il potere di cambiare
di
forma a suo piacere si riguardava anche come il D
he come il Dio dei pensieri e dei cambiamenti. Pare che sotto il nome
di
Vertunno volessero gli antichi prestare omaggio a
l’anno ed alle sue variazioni. Lo si rappresenta come sotto la figura
di
un giovane, con una corona d’erba di varie specie
rappresenta come sotto la figura di un giovane, con una corona d’erba
di
varie specie, con un abito assai corto, con de’ f
bbe questo Dio un tempio a Roma nella piazza del mercato. Invaghitosi
di
Pomona Dea de’ frutti e de’ giardini, molto disti
dini, molto distinta per la sua bellezza e che avea rifiutato la mano
di
vari Dei, impiegò tutti i mezzi per farle superar
nozae e riescì a piegarla colle persuasioni avendo prese le sembianze
di
una vocchia ; indi fattosi conoscere e trasmutato
Ebbe anch’esse un tempio in Roma. Si rappresenta da alcuni seduta su
di
un cesto pieno di fiori e di frutti con un ramosc
tempio in Roma. Si rappresenta da alcuni seduta su di un cesto pieno
di
fiori e di frutti con un ramoscello nella mano dr
Roma. Si rappresenta da alcuni seduta su di un cesto pieno di fiori e
di
frutti con un ramoscello nella mano dritta ed alc
itta ed alcuni pomi nella sinistra ; da altri si rappresenta coronata
di
foglie di vite e di grappoli d’uva con un corno d
cuni pomi nella sinistra ; da altri si rappresenta coronata di foglie
di
vite e di grappoli d’uva con un corno d’abbondanz
nella sinistra ; da altri si rappresenta coronata di foglie di vite e
di
grappoli d’uva con un corno d’abbondanza tra le m
grappoli d’uva con un corno d’abbondanza tra le mani ovvero un cesto
di
fiori. Giunto Vertunno con sua moglie in età avan
fede che le aveva data. Non era il solo Vertunno che avesse il potere
di
cambiar di forme, ebbervi Proteo, Periclimene ed
aveva data. Non era il solo Vertunno che avesse il potere di cambiar
di
forme, ebbervi Proteo, Periclimene ed Acheloo.
ne ed Acheloo. Proteo Proteo, dio marino, figlio dell’Oceano e
di
Teti, e secondo altri di Nettuno e di Fenice, dim
Proteo, dio marino, figlio dell’Oceano e di Teti, e secondo altri
di
Nettuno e di Fenice, dimorava ordinariamente nel
io marino, figlio dell’Oceano e di Teti, e secondo altri di Nettuno e
di
Fenice, dimorava ordinariamente nel mar Carpazio,
zio, così chiamato da Carpata, ora Scarpanto isola situata tra quelle
di
Rodi e di Creta. I Greci vogliono che nascesse a
chiamato da Carpata, ora Scarpanto isola situata tra quelle di Rodi e
di
Creta. I Greci vogliono che nascesse a Pallene ci
he nascesse a Pallene città della Tessaglia. Era custode delle gregge
di
Nettuno chiamate foche o vitelli marini, è suo pa
che o vitelli marini, è suo padre in compenso lo avea dotato del dono
di
predire l’avvenire, ma non lo diceva se non vi er
perchè altrimenti prendeva tutte le forme per ispaventare chi cercava
di
avvicinarlo. Comparve in forma di spettro ai suoi
e forme per ispaventare chi cercava di avvicinarlo. Comparve in forma
di
spettro ai suoi figli Tmolo e Telegone giganti cr
cui desistettero dalle scelleraggini che commettevano. Aristeo figlio
di
Apollo e di Cirene avendo perdute tutte le sue ap
tero dalle scelleraggini che commettevano. Aristeo figlio di Apollo e
di
Cirene avendo perdute tutte le sue api, andò per
consiglio della madre Cirene a consultare Proteo per sapere il mezzo
di
rìsuperare le sue api, e dovette sorprenderlo men
dovette sorprenderlo mentre dormiva e con questo artificio gli riuscì
di
farlo parlare. Vogliono alcuni che Proteo sia sta
gnava, per così dire, circuirlo da vicino per iscoprirli. Si mostrava
di
rado in pubblico e soltanto a certe ore determina
erte ore determinate passeggiava co’ suoi cortigiani. Facile e pronto
di
spirito, sapeva trovare mille maniere per evitare
Facile e pronto di spirito, sapeva trovare mille maniere per evitare
di
lasciarsì penetrare. I re d’Egitto avendo d’altro
evitare di lasciarsì penetrare. I re d’Egitto avendo d’altronde l’uso
di
portare, in segno del loro coraggio e del loro po
di portare, in segno del loro coraggio e del loro potere, la spoglia
di
un leone, di un toro o di un drago, qualche volta
in segno del loro coraggio e del loro potere, la spoglia di un leone,
di
un toro o di un drago, qualche volta de’rami d’al
loro coraggio e del loro potere, la spoglia di un leone, di un toro o
di
un drago, qualche volta de’rami d’alberi e altre
vivano ad ispirare ai sudditi un timore superstizioso e quindi l’idea
di
prendere tutte le forme per ispaventare chi cerca
quindi l’idea di prendere tutte le forme per ispaventare chi cercava
di
avvicinarlo. Da altri fu detto che Proteo era un
lle attrattive della sua eloquenza conduceva a suo talento lo spirito
di
chi l’ascoltava. Avvi chi ne fa un commediante, u
un commediante, un mimo tanto agile che mostravasi sotto un’infinità
di
differenti figure. Fu messo infine nel numero di
i sotto un’infinità di differenti figure. Fu messo infine nel numero
di
quegli incantatori di cui abbondava l’Egitto, e c
differenti figure. Fu messo infine nel numero di quegli incantatori
di
cui abbondava l’Egitto, e che affascinavano, co’
cchi della ignorante moltitudine. Se n’era fatto un Dio marino figlio
di
Nettuno perchè era possente sul mare, e i suoi su
lo marittimo e dedito alla navigazione, sono stati chiamati le gregge
di
Nettuno. Feronia Feronia era Dea de’ bosch
empio, volendo gli abitanti trasportare altrove in salvo il simulacro
di
lei, ella fece subito rinverdire il legno del qua
amente verdeggiante e per ciò desistettero dall’impresa. I sacerdoti
di
questa Dea camminavano a piè nudi sopra i carboni
Zefiro vento d’occidente ed uno de’ quattro principali, era figlio
di
Eolo e dell’Aurora e secondo altri di Astrea. Spi
quattro principali, era figlio di Eolo e dell’Aurora e secondo altri
di
Astrea. Spira questo vento così soavemente ed ha
me significa infatti che reca la vita. Si rappresenta sotto la figura
di
un giovinetto con faccia serena, colle ali di far
resenta sotto la figura di un giovinetto con faccia serena, colle ali
di
farfalla ed incoronato di ogni sorta di fiori. Am
un giovinetto con faccia serena, colle ali di farfalla ed incoronato
di
ogni sorta di fiori. Amò teneramente e sposò Clor
con faccia serena, colle ali di farfalla ed incoronato di ogni sorta
di
fiori. Amò teneramente e sposò Clori secondo i Gr
e e sposò Clori secondo i Greci è Flora secondo i Latini ; e l’imeneo
di
questa amabile coppia si mette in primavera.
lora come la Dea de’ fiori e della primavera, e si rappresenta ornata
di
ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori.
ri e della primavera, e si rappresenta ornata di ghirlande con vicino
di
lei molte ceste di fiori. Flora era una delle dee
a, e si rappresenta ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste
di
fiori. Flora era una delle dee che presiedeva al
venivano offerti dei sacrifici. Quando le donne celebravano le feste
di
questa Dea, chiamate giuochi floreali, correvano
o al suon delle trombe e quelle che vincevano al corso erano coronate
di
fiori. La Clori o Cloride de’ Greci era secondo e
particolarmente onorato, per la qual cosa vennegli dato il soprannome
di
Lampsacio, Lampsaceno o Lampsaco. Dicesi che Vene
he si fermò in Lampsaco per isgravarsi. Giunone, che dopo il giudizio
di
Paride la odiava tanto, le offrì la sua assistenz
nel parto, e ricevette il fanciullo sì deforme, che non osando Venere
di
riconoscerlo, ordinò fosse esposto su di un monte
forme, che non osando Venere di riconoscerlo, ordinò fosse esposto su
di
un monte vicino a Lampsaco, ove fu allevato dai p
aco, ove fu allevato dai pastori. Si dipingeva soventi sotto la forma
di
Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie d
u allevato dai pastori. Si dipingeva soventi sotto la forma di Erme o
di
Termine, con corna di becco, orecchie di capra, c
. Si dipingeva soventi sotto la forma di Erme o di Termine, con corna
di
becco, orecchie di capra, coronato di foglie di v
nti sotto la forma di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie
di
capra, coronato di foglie di vite o di alloro, co
di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, coronato
di
foglie di vite o di alloro, colla barba e la chio
di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di foglie
di
vite o di alloro, colla barba e la chioma scompos
, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di foglie di vite o
di
alloro, colla barba e la chioma scomposta e con u
e ne procurasse la fertilità. Questo Dio che presiedeva ad ogni sorta
di
dissolutezze era particolarmente venerato da colo
e era particolarmente venerato da coloro che mantenevano delle mandre
di
capre o di pecore o di api. Termine Questo
colarmente venerato da coloro che mantenevano delle mandre di capre o
di
pecore o di api. Termine Questo Dio presie
enerato da coloro che mantenevano delle mandre di capre o di pecore o
di
api. Termine Questo Dio presiedeva ai limi
grave delitto il violare. Pretendesi che si debba a Numa l’invenzione
di
questa divinità come un freno più atto delle legg
esta divinità come un freno più atto delle leggi a moderare l’avidità
di
invadere i possessi altrui. Avendo voluto poscia
re senza braccia e senza piedi, affinchè, dicesi, non potesse cambiar
di
posto. Anticamente non sacrificavasi a questo Dio
ente non sacrificavasi a questo Dio alcun animale ; si stabilì poscia
di
sacrificargli un agnello o una porca lattante. I
edesimi dei campi. I due proprietari vicini andavano a gara per ornar
di
ghirlande il limite principale presso cui innalza
famiglie, davano un banchetto cui d’ordinario intervenivano i villici
di
quei contorni. Fra le cerimonie di quella festa,
’ordinario intervenivano i villici di quei contorni. Fra le cerimonie
di
quella festa, pur quella praticavasi di fregare c
ei contorni. Fra le cerimonie di quella festa, pur quella praticavasi
di
fregare col sangue della vittima il limite o la p
di fregare col sangue della vittima il limite o la pietra che serviva
di
confine, e in mancanza di sangue ; ungevasi di ol
a vittima il limite o la pietra che serviva di confine, e in mancanza
di
sangue ; ungevasi di olio semplice o preparato.
la pietra che serviva di confine, e in mancanza di sangue ; ungevasi
di
olio semplice o preparato. Eolo ed altri venti
e si riserbò l’impero dell’aria. Egli poi affidò ad Eolo figlio suo e
di
Acesta o Sergesta figlia di Ippote troiano il gov
ria. Egli poi affidò ad Eolo figlio suo e di Acesta o Sergesta figlia
di
Ippote troiano il governo de’ venti, ed Eolo tene
i rinchiusi nelle spelonche delle isole Eolie o Eolidi o Vulcanie ora
di
Lipari tra la Sicilia ed il continente dell’Itali
ia ed il continente dell’Italia ov’egli risiedeva. Era tale il potere
di
Eolo sui venti che la sola sua volontà li ritenev
sua volontà li riteneva. Quando i venti gettarono Ulisse negli stati
di
Eolo, questi lo accolse molto cortesemente e per
negli stati di Eolo, questi lo accolse molto cortesemente e per segno
di
benevolenza gli fece dono di alcuni otri in cui s
o accolse molto cortesemente e per segno di benevolenza gli fece dono
di
alcuni otri in cui stavano rinchiusi i venti cont
i stavano rinchiusi i venti contrari alla sua navigazione. I compagni
di
Ulisse, vinti dalla curiosità, aprirono questi ot
osità, aprirono questi otri, donde fuggirono i venti che furono causa
di
una sì spaventevole tempesta che fece perire tutt
ausa di una sì spaventevole tempesta che fece perire tutti i vascelli
di
Ulisse, il quale potè appena salvarsi su di una t
e perire tutti i vascelli di Ulisse, il quale potè appena salvarsi su
di
una tavola. Questo principe si presentò nuovament
come un uomo colpito dalvira degli Dei. Si rappresenta sotto la forma
di
un vecchio venerabile, con un scettro in mano, se
la forma di un vecchio venerabile, con un scettro in mano, seduto su
di
alcuni gruppi di nubi, o all’entrata di un antro
ecchio venerabile, con un scettro in mano, seduto su di alcuni gruppi
di
nubi, o all’entrata di un antro da cui sortono i
un scettro in mano, seduto su di alcuni gruppi di nubi, o all’entrata
di
un antro da cui sortono i venti sotto la figura d
ubi, o all’entrata di un antro da cui sortono i venti sotto la figura
di
teste gonfiate. Si attribuiscono ad Eolo dodici f
aggi. Si fa padre dei venti tempestosi o delle procelle Tifone marito
di
Echidna, e da Astreo e dall’Aurora o da Eribea si
ci, fu egualmente acceso dai fuochi dell’amore. Invaghitosi vivamente
di
Orizia figlia di Eretteo sesto re di Atene, e non
acceso dai fuochi dell’amore. Invaghitosi vivamente di Orizia figlia
di
Eretteo sesto re di Atene, e non avendo potuto re
ell’amore. Invaghitosi vivamente di Orizia figlia di Eretteo sesto re
di
Atene, e non avendo potuto renderla sensibile all
altre fanciulle della sua età, e la trasportò nella Ciconia, regione
di
Tracia, dove la sposò, e la rese madre di due fig
ortò nella Ciconia, regione di Tracia, dove la sposò, e la rese madre
di
due figli gemelli Zete e Calai e di due fanciulle
a, dove la sposò, e la rese madre di due figli gemelli Zete e Calai e
di
due fanciulle Cleopatra e Chione. Ebbe grandi ono
a leggerezza. Si ricopre alcune volte con un mantello ed ha la figura
di
un giovine. Alcune volte si rappresenta con una f
polvere quando scorre la terra. Cangiato in cavallo provvide Dardano
di
dodici giannetti (specie di cavalli spagnuoli) di
rra. Cangiato in cavallo provvide Dardano di dodici giannetti (specie
di
cavalli spagnuoli) di tanta velocità, che correan
lo provvide Dardano di dodici giannetti (specie di cavalli spagnuoli)
di
tanta velocità, che correano sulle spiche senza c
entano il primo, che dicono vento furioso e freddissimo, con una coda
di
serpente ed i capelli sempre bianchi. Euro vento
o fiori ovunque passa. Dietro lui evvi un sole nascente. Vien dipinto
di
color nero, perchè questo colore è quello degli E
ocato che ardeva le città ed i vascelli in mare. Si dipinge da alcuni
di
statura alta, vecchio, con capelli canuti, di asp
e. Si dipinge da alcuni di statura alta, vecchio, con capelli canuti,
di
aspetto cupo, col capo circondato di nuvole, e st
ta, vecchio, con capelli canuti, di aspetto cupo, col capo circondato
di
nuvole, e stillante acqua da tutte le parti de’ s
te le parti de’ suoi vestimenti ; si mette anche seduto nella caverna
di
Eolo in atto di asciugarsi le ali dopo la tempest
suoi vestimenti ; si mette anche seduto nella caverna di Eolo in atto
di
asciugarsi le ali dopo la tempesta. Avvi chi lo p
arsi le ali dopo la tempesta. Avvi chi lo personifica sotto la figura
di
un uomo alato, robusto, intieramente nudo. Cammin
urono dalla superstizione le terribili potenze dell’aria, si credette
di
poterne coi voti e colle offerte disarmare lo sde
alle tempeste. Imene Imene Alcuni poeti fanno Imene figlio
di
Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio di
te. Imene Imene Alcuni poeti fanno Imene figlio di Apollo e
di
Urania o di Calliope, altri figlio di Bacco e di
ne Imene Alcuni poeti fanno Imene figlio di Apollo e di Urania o
di
Calliope, altri figlio di Bacco e di Venere, e tu
fanno Imene figlio di Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio
di
Bacco e di Venere, e tutti lo hanno destinato a p
e figlio di Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio di Bacco e
di
Venere, e tutti lo hanno destinato a presiedere a
ispiare tale sventura, avevano stabilito d’invocarlo in quella sorta
di
cerimonia, come i Romani invocavano Talassio ; qu
no Talassio ; questi però, secondo alcuni, non era altro che un grido
di
gioia ripetuto nei maritaggi. L’Imene più general
aritaggi. L’Imene più generalmente conosciuto era un giovine ateniese
di
somma bellezza dotato, ma poverissimo e di oscura
to era un giovine ateniese di somma bellezza dotato, ma poverissimo e
di
oscura origine ; era in un’età in cui un giovinet
ò facilmente essere tenuto per una fanciulla, allorchè divenne amante
di
una donzella ateniese ; ma siocome dessa era di n
lorchè divenne amante di una donzella ateniese ; ma siocome dessa era
di
nascita molto superiore alla sua, così non osava
a, così non osava egli dichiarare la sua passione, quindi si contentò
di
seguirla ovunque ella andava. Un giorno che le si
si contentò di seguirla ovunque ella andava. Un giorno che le signore
di
Atene dovevano celebrare sulla spiaggia del mare
signore di Atene dovevano celebrare sulla spiaggia del mare la festa
di
Cerere, alla quale doveva intervenire la sua favo
arcata la loro preda, per la stanchezza s’addormentarono. Imene pieno
di
coraggio propose alle compagne di trucidare i lor
hezza s’addormentarono. Imene pieno di coraggio propose alle compagne
di
trucidare i loro rapitori, e si pose alla loro te
lea del popolo il suo essere, e ciò che gli era accaduto, promettendo
di
far ritornare in Atene tutte quelle donne, purchè
in Atene tutte quelle donne, purchè gli fosse stata accordata la mano
di
quella ch’egli teneramente amava. La sua proposta
proposta venne accettata, sposò egli la sua innamorata, e in memoria
di
un sì fortunato maritaggio, gli Ateniesi sempre l
he cantavansi alle nozze. Imene si rappresenta sempre sotto la figura
di
un giovinetto biondo, alle volte coronato di fior
a sempre sotto la figura di un giovinetto biondo, alle volte coronato
di
fiori e specialmente di maggiorana ; egli tiene d
di un giovinetto biondo, alle volte coronato di fiori e specialmente
di
maggiorana ; egli tiene dalla destra mano una fac
rana ; egli tiene dalla destra mano una facé e dalla sinistra un velo
di
color giallo, perchè anticamente questo colore er
colarmente applicato alle nozze ; altre volte con abito bianco ornato
di
fiori con una fiaccola in mano ed un innaffiatoio
a in mano ed un innaffiatoio ; si trova anche figurato con una corona
di
rose e di spini, un giogo ornato di fiori e due f
ed un innaffiatoio ; si trova anche figurato con una corona di rose e
di
spini, un giogo ornato di fiori e due faci che ha
ova anche figurato con una corona di rose e di spini, un giogo ornato
di
fiori e due faci che hanno una fiamma medesima.
a. Cupido Sono molto discordi i mitologi nel fissare l’origine
di
Cupido. Lo fanno figlio del Caos e della Terra, d
fissare l’origine di Cupido. Lo fanno figlio del Caos e della Terra,
di
Zefiro e di Eride o la Discordia, di Venere e Vul
rigine di Cupido. Lo fanno figlio del Caos e della Terra, di Zefiro e
di
Eride o la Discordia, di Venere e Vulcano, di Ven
o figlio del Caos e della Terra, di Zefiro e di Eride o la Discordia,
di
Venere e Vulcano, di Venere e Celo. Dicono alcuni
ella Terra, di Zefiro e di Eride o la Discordia, di Venere e Vulcano,
di
Venere e Celo. Dicono alcuni che la Notte fece un
a traverso il nascente mondo. Vuolsi da altri che Amore fosse figlio
di
Giove e di Venere e Cupido della Notte e dell’Ere
il nascente mondo. Vuolsi da altri che Amore fosse figlio di Giove e
di
Venere e Cupido della Notte e dell’Erebo, e che e
della Notte e dell’Erebo, e che entrambi facessero parte della corte
di
Venere Ammettevasi una differenza tra Amore e Cup
tolti, ed il secondo soave e moderato ispirava i saggi. Cupido figlio
di
Marte e di Venere è quello che più comunemente si
l secondo soave e moderato ispirava i saggi. Cupido figlio di Marte e
di
Venere è quello che più comunemente si conosce ;
oluttà. Appena nato, Giove prevedendo dalla sua fisonomia i disordini
di
cui sarebbe stato origine, volle obbligare Venere
tamente in un bosco, dove succhiò il latte delle belve. Giunto in età
di
poter maneggiar l’arco, se ne fece uno di frassin
delle belve. Giunto in età di poter maneggiar l’arco, se ne fece uno
di
frassino, con frecce di cipresso, e fece saggio s
età di poter maneggiar l’arco, se ne fece uno di frassino, con frecce
di
cipresso, e fece saggio sopra le bestie delle fer
cipresso, e fece saggio sopra le bestie delle ferite che si proponeva
di
portare agli uomini. In appresso cangiò il suo ar
portare agli uomini. In appresso cangiò il suo arco e il suo turcasso
di
legno con altri d’oro. Si rappresenta solitamente
tri d’oro. Si rappresenta solitamente come un fanciullo ignudo in età
di
7 in 8 anni, colla fisonomia di uno sfaccendato m
mente come un fanciullo ignudo in età di 7 in 8 anni, colla fisonomia
di
uno sfaccendato ma maligno, per dimostrare che Am
di uno sfaccendato ma maligno, per dimostrare che Amore non ha niente
di
proprio ; con un arco ed un turcasso d’oro pieno
ore non ha niente di proprio ; con un arco ed un turcasso d’oro pieno
di
frecce ardenti, simbolo del suo potere su gli ani
alcune volte con una torcia accesa, o con elmetto e lancia ; coronato
di
rose, emblema dei deliziosi ma rapidi piaceri, ch
sa più passeggiera della passione ch’esso inspira ; e queste ali sono
di
colore azzurro, di porpora e d’oro. Alcune volte
della passione ch’esso inspira ; e queste ali sono di colore azzurro,
di
porpora e d’oro. Alcune volte lo rappresentano in
re azzurro, di porpora e d’oro. Alcune volte lo rappresentano in atto
di
saltare, ballare, giuocare o di arrampicarsi su d
Alcune volte lo rappresentano in atto di saltare, ballare, giuocare o
di
arrampicarsi su di un albero. Per far conoscere c
presentano in atto di saltare, ballare, giuocare o di arrampicarsi su
di
un albero. Per far conoscere ch’egli domina su tu
ri, suona la lira, o cavalca leoni e pantere, la cui chioma gli serve
di
guida, per dimostrare che non c’è creatura tanto
atica che non sia ammansata da Amore. Si fa calvacare alcune volte su
di
un delfino per indicare che il suo potere si este
indicare che il suo potere si estende fino sui mari. Non è cosa rara
di
vederlo scherzare con sua madre ; qualche volta V
che volta Venere tiene il suo turcasso alzato in aria, e Cupido cerca
di
pigliarlo saltando, e già stringe una freccia. Al
suona la tromba col viso volto verso il cielo. Si vede anche in atto
di
abbraociare un uccello, che bene spesso è un cign
spesso è un cigno : esso porta un’anfora ; o medita sopra un teschio
di
morto ; o incatenato è ridotto ad arare la terra.
; o incatenato è ridotto ad arare la terra. Si vede parimente in atto
di
suonare il flauto di Pane, o addormentato, con l’
tto ad arare la terra. Si vede parimente in atto di suonare il flauto
di
Pane, o addormentato, con l’arco e il turcasso ai
dona all’Amore. Assiso davanti ad un altare infammato suona il flauto
di
molte canne ; o, all’ombra di una palma, abbracci
ad un altare infammato suona il flauto di molte canne ; o, all’ombra
di
una palma, abbraccia un ariete che guarda un alta
raccio fa spillare il suo sangue su questa pietra, e Cupido affila su
di
essa certi dardi che mandano scintille di fuoco.
pietra, e Cupido affila su di essa certi dardi che mandano scintille
di
fuoco. Cupido fu molto amato da Psiche la quale
ando il conobbe egli scomparve. Cupido conosciuto anche sotto il nome
di
Erote era sempre accompagnato dal Riso, dal Giuoc
iuoco, dai Vezzi e dai Piaceri rappresentati com’esso sotto la figura
di
piocoli fanciulli alati. Antero Antero il
ti. Antero Antero il Contro Amore o amore per amore era figlio
di
Venere e di Marte. Questo nome si piglia in senso
o Antero il Contro Amore o amore per amore era figlio di Venere e
di
Marte. Questo nome si piglia in senso di contrari
amore era figlio di Venere e di Marte. Questo nome si piglia in senso
di
contrarietà, ma dinota amor reciproco, scambievol
a Dea consultata rispondesse che il solo mezzo per farlo crescere era
di
dargli un fratello. Allora sua madre gli diede pe
tico stato ogni volta che Antero era lontano da lui. Non è difficile
di
scorgere che questo secondo Amore è stato immagin
za fa crescere l’amorosa passione. Antero aveva un altare nella città
di
Atene. Rappresentansi i due Amori come due piccio
li per compagni l’Ebrezza, il Duolo e la Contesa. Gli danno dei dardi
di
piombo, che cagionano una passione di breve durat
la Contesa. Gli danno dei dardi di piombo, che cagionano una passione
di
breve durata, alla quale succede presto la saziet
ro azioni come quelle degli uomini, e si rappresentava perciò in atto
di
levare la maschera da un volto. Altri lo dipingon
cola figura, immagine della pazzia, in una mano, e coll’altra in atto
di
levare una maschera dal proprio volto. Nettuno av
avesse un cattivo vicino. Venere stessa non andò salva dalla critica
di
Momo ; e non sapendo che dire su di lei perchè er
essa non andò salva dalla critica di Momo ; e non sapendo che dire su
di
lei perchè era troppo perfetta, trovò che non era
a bastantemente ben calzata. Arpocrate e Muta Arpocrate figlio
di
Iside e di Osiri era il Dio del silenzio. Voglion
ente ben calzata. Arpocrate e Muta Arpocrate figlio di Iside e
di
Osiri era il Dio del silenzio. Vogliono i poeti c
he sua madre, avendolo perduto mentre era fanciullo, andasse in cerca
di
lui per mare e per terra finchè l’ebbe trovato. V
ventò le vele. Portavasi anticamento impressa su i sigilli una figura
di
Arpocrate per insegnare che si deve custodire il
to ed il pesco gli erano particolarmente consacrati, perchè le foglie
di
pesco hanno la figura di una lingua, e il suo fru
particolarmente consacrati, perchè le foglie di pesco hanno la figura
di
una lingua, e il suo frutto quella del cuore : em
impedire la maldicenza. Ebe Ebe dea della gioventù era figlia
di
Giove e di Giunone secondo l’opinione di molti ;
a maldicenza. Ebe Ebe dea della gioventù era figlia di Giove e
di
Giunone secondo l’opinione di molti ; alcuni pret
ea della gioventù era figlia di Giove e di Giunone secondo l’opinione
di
molti ; alcuni pretendono che dovesse la vita all
e dovesse la vita alla sola Giunone. Giove le aveva dato l’incombenza
di
versargli il nettare ; ma essendo un giorno cadut
nza di versargli il nettare ; ma essendo un giorno caduta in presenza
di
tutti gli Dei in un modo poco decente, ella n’ebb
ere. Giove diede il suo impiego a Ganimede. Giunone la ritenne presso
di
sè e le affidò la cura di attaccare i cavalli al
piego a Ganimede. Giunone la ritenne presso di sè e le affidò la cura
di
attaccare i cavalli al di lei carro. Ercole la sp
la ritenne presso di sè e le affidò la cura di attaccare i cavalli al
di
lei carro. Ercole la sposò in cielo e n’ebbe un f
e unita alla gioventù. Ad istanza d’Ercole Ebe ringiovenì lola nipote
di
suo marito, che si pretende avesse abbruciata la
aveva il privilegio dell’immunità. Si rappresenta Ebe sotto la figura
di
una bella giovinetta, coronata di rose con un vas
Si rappresenta Ebe sotto la figura di una bella giovinetta, coronata
di
rose con un vaso in una mano e nell’altra una taz
a poichè questa parola è stata poseia metaforicamente usata dai poeti
di
tutte le nazioni per indicare i più eccelenti liq
indicare i più eccelenti liquori. Quando in Roma facevasi l’apoteosi
di
qualcuno dioevasi che ei beveva già il nettare ne
ano una volta assaggiato il nettare degli Dei non potevano morire che
di
un colpo di folgore. Tale fu la morte d’Issione.
a assaggiato il nettare degli Dei non potevano morire che di un colpo
di
folgore. Tale fu la morte d’Issione. Aurora
fu la morte d’Issione. Aurora Questa Dea figlia secondo alcuni
di
Titano e della Terra, del Sole e della Luna secon
eramente Titone, giovinetto molto celebre per la sua bellezza, figlio
di
Laomedonte ; essa lo rapì, lo allevò e ne divonne
li, Memnone e Ematione. Fu tanto il dolore ch’essa provò per la morte
di
essi per cui le sue abbondanti lagrime produssero
. L’Aurora per dar un segno della sua tenerezza a Titone, gli accordò
di
poter vivere lungamente, e divenuto vecchissimo l
e in cicala. Dopo Titone sposò Cefalo, avendolo prima rapito a Procri
di
lui moglie, colla quale lo mise in discordia per
lo condusse in Siria ove lo aposò e n’ebbe Fetonte ; disgustata anebe
di
esso, rapì Orione e dopo di lui molti altri ancor
aposò e n’ebbe Fetonte ; disgustata anebe di esso, rapì Orione e dopo
di
lui molti altri ancora. L’Aurora si rappresenta c
lti altri ancora. L’Aurora si rappresenta coperta con un velo e sopra
di
un carro risplendentissimo. Essa precede il Sole
globo celeste, il cui perpetuo moto dimostra egualmente l’incostanza
di
questa Dea. Da alcuni si figura la Fortuna seduta
l’incostanza di questa Dea. Da alcuni si figura la Fortuna seduta su
di
un trono sospeso in aria e portato da venti contr
contrari, essa tiene una bacchetta magica in mano ; si scorgono su la
di
lei fisonomia tutti i segni dell’incostanza, del
uando è meno attesa. E sotto quest’ultima dipintura intendono i poeti
di
deserivere la cattiva Fortuna. Essa è conosciuta
deserivere la cattiva Fortuna. Essa è conosciuta anche sotto il nome
di
Sorte. Ovunque s’innalzarono degli altari in di l
a anche sotto il nome di Sorte. Ovunque s’innalzarono degli altari in
di
lei onore. Como Como era il dio della gioi
. Il giorno in cui si celebrava la sua festa era permesso agli uomini
di
vestire da donna, ed alle donne di abbigliarsi da
sua festa era permesso agli uomini di vestire da donna, ed alle donne
di
abbigliarsi da uomo. I suoi seguaci correvano di
donna, ed alle donne di abbigliarsi da uomo. I suoi seguaci correvano
di
notte in maschera al chiarore delle torce, col ca
orrevano di notte in maschera al chiarore delle torce, col capo cinto
di
fiori, accompagnati da garzoni e da donzelle che
inoltrata della notte. Si rappresentava il dio Como giovine, bello,
di
leggiadre forme, col viso acceso dall’ebrezza, co
o, di leggiadre forme, col viso acceso dall’ebrezza, coronato il capo
di
rose, con una face nella mano destra che sta per
rose, con una face nella mano destra che sta per cadergli, e in atto
di
appoggiarsi colla sinistra sopra un tronco. Gli s
pra un tronco. Gli si fa tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto
di
frutti. Questo Nume era uno de’compagni di Dionis
a tazza d’oro ed un piatto di frutti. Questo Nume era uno de’compagni
di
Dioniso o Bacco. Si poneva la sua statua sul limi
imitare dell’appartamento de’nuovi sposi, sopra un piedestallo ornato
di
fiori. Il Destino Vuolsi da alcuni che il
i crede figlio della Notte, e che essa lo generasse senza il concorso
di
nessuna altra divinità. Tutte le divinità dipende
’Inferno erano sottomessi al suo impero, e niun potere aveva la forza
di
cangiare ciò che aveva risolutò, o per meglio dir
gli esamini il suo Destino che non gli è noto. Lo stesso Dio si duole
di
non poter piegare il Destino per Sarpedonte suo f
si duole di non poter piegare il Destino per Sarpedonte suo figlio re
di
Licia natogli da Laodamia figlia di Bellerofonte,
tino per Sarpedonte suo figlio re di Licia natogli da Laodamia figlia
di
Bellerofonte, nè salvarlo dalla morte che incontr
lia di Bellerofonte, nè salvarlo dalla morte che incontrò all’assedio
di
Troia per mano di Patroclo. Si fa dir anche a Gio
e, nè salvarlo dalla morte che incontrò all’assedio di Troia per mano
di
Patroclo. Si fa dir anche a Giove che se potesse
to il peso della loro vecchiaia. Si ammettono dai mitologi due specie
di
decreti del Destino : gli uni irrevocabili, e dai
essere cangiati o modificati dai voti degli uomini o dalla protezione
di
qualche divinità. Questi decreti stavano scritti
ultare questo Nume. Giove vi andò con Venere per conoscere il Destino
di
Giulio Cesare. I Destini de’re erano scolpiti sul
iulio Cesare. I Destini de’re erano scolpiti sul diamante. I ministri
di
questo potente Dio erano le Parche incaricate di
diamante. I ministri di questo potente Dio erano le Parche incaricate
di
eseguire i suoi ordini. Si rappresenta cieco col
dono le sorti dei mortali. Si dipinge anche con una corona sormontata
di
stelle ed uno scettro simbolo del sommò suo poter
oracoli ed un culto. Igiea o Igia Igiea secondo alcuni moglie
di
Esculapio, secondo altri sua figlia e di Lampezia
Igiea secondo alcuni moglie di Esculapio, secondo altri sua figlia e
di
Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo e di Climen
Esculapio, secondo altri sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia
di
Apollo e di Climene, era la Dea della salute, e s
secondo altri sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo e
di
Climene, era la Dea della salute, e si aveva per
medicina. Le statue che le furono dedicate si distinguono all’aspetto
di
una bella donna, con un braccio intorno del quale
rpente è l’emblema della salute e della immortalità, perchè cangiando
di
pelle tutti gli anni pare che ringiovanisca sempr
utti gli anni pare che ringiovanisca sempre. Aveva dessa in un tempio
di
suo padre a Sicione, una statua coperta di un vel
. Aveva dessa in un tempio di suo padre a Sicione, una statua coperta
di
un velo, alla quale le donne di quella città dedi
o padre a Sicione, una statua coperta di un velo, alla quale le donne
di
quella città dedicavano la loro capigliatura.
tà dedicavano la loro capigliatura. Esculapio Esculapio figlio
di
Apollo e di Coronide era dio della medicina. Aven
o la loro capigliatura. Esculapio Esculapio figlio di Apollo e
di
Coronide era dio della medicina. Avendo Coronide
ra dio della medicina. Avendo Coronide amato il giovane Ischi, Apollo
di
ciò avvertito dal corvo, che poi di bianco fu tra
de amato il giovane Ischi, Apollo di ciò avvertito dal corvo, che poi
di
bianco fu tramutato in nero, uccise Coronide ed I
tramutato in nero, uccise Coronide ed Ischi ; trasse però dal fianco
di
lei Esculapio e lo diede in cura al centauro Chir
lo diede in cura al centauro Chirone, sul monte Tittone in vicinanza
di
Epidauro ; fu nutrito da una donna chiamata Trigo
giardini acquistò una perfetta cognizione de’semplici sotto la scuola
di
Chirone che gl’insegnò a comporre de’rimedi ed eg
nauti. Egli divenne tanto valente nella medicina, che potè ad istanza
di
Diana richiamare da morte a vita Ippolito figlio
e potè ad istanza di Diana richiamare da morte a vita Ippolito figlio
di
Teseo. Abbiam già detto in Apollo che Giove sdegn
ro, città del Peloponneso famosa pel tempio che vi fu eretto in onore
di
Esculapio e pel crudele gigante Perìsete, che div
Teseo che ne disperse le membra. Esculapio si adorava sotto la forma
di
un serpente. Gli ammalati accorrevano in folla ne
la forma di un serpente. Gli ammalati accorrevano in folla nei tempii
di
questo Dio, posti ordinariamente fuori delle citt
che era stata risanata. Si rappresentava generalmente sotto la figura
di
un uomo grave ora imberbe, ora barbuto, col capo
mano un bastone, cui è attortigliato un serpente, con un cane presso
di
lui sdraiato ; qualche volta con un vaso in una m
lapio sia lo stesso che il Sole considerato sotto i benefici rapporti
di
Dio della salute. Questo astro infatti regola la
peratura dell’aria, e mantiene la salute e la vita ; ed ha la facoltà
di
conservare o di rigenerare i corpi. Temi T
ia, e mantiene la salute e la vita ; ed ha la facoltà di conservare o
di
rigenerare i corpi. Temi Temi o Temide fig
uoi popoli, che fu sempre dappoi riguardata come Dea della giustizia,
di
cui le fecero portare il nome. S’applicò essa ezi
madre delle Ore e delle Parche. Questa Dea raccomandava agli uomini,
di
non chiedere agli Dei se non quello che era giust
he presso i Romani si voleva arringare il popolo si portava la statua
di
Temi nella tribuna e si collocava a fianco dell’o
nella tribuna e si collocava a fianco dell’oratore, affinchè la vista
di
quell’immagine lo impegnasse a non espor nulla ch
a Pace Questa Dea nata da Giove e da Temide o Temi si rappresenta
di
un contegno dolce, con volto soave, con una picco
na cominciò e Vespasiano terminò in Roma, era il più magnifico tempio
di
quella grande città. Tutti coloro che le belle ar
no in questa Dea tutta la fiducia ; perciò vedevasi sempre nel tempio
di
lei una prodigiosa folla di malati, oppure di per
ducia ; perciò vedevasi sempre nel tempio di lei una prodigiosa folla
di
malati, oppure di persone che facevano voti pei l
evasi sempre nel tempio di lei una prodigiosa folla di malati, oppure
di
persone che facevano voti pei loro amici obbligat
i, confusa molte volte con Pallade, vuolsi da alcuni che fosse figlia
di
Forcide o Forco e di Ceto ; chi la dice figlia di
e con Pallade, vuolsi da alcuni che fosse figlia di Forcide o Forco e
di
Ceto ; chi la dice figlia di Marte, chi sorella ;
ni che fosse figlia di Forcide o Forco e di Ceto ; chi la dice figlia
di
Marte, chi sorella ; a lei spettava la cura di pr
o ; chi la dice figlia di Marte, chi sorella ; a lei spettava la cura
di
preparare il carro di questo Dio e di attaccarvi
di Marte, chi sorella ; a lei spettava la cura di preparare il carro
di
questo Dio e di attaccarvi i cavalli quando parti
orella ; a lei spettava la cura di preparare il carro di questo Dio e
di
attaccarvi i cavalli quando partiva per la guerra
Dio e di attaccarvi i cavalli quando partiva per la guerra. Il potere
di
Bellona era nondimeno eguale a quello di Marte. E
iva per la guerra. Il potere di Bellona era nondimeno eguale a quello
di
Marte. Essa aveva un tempio a Roma vicino alla po
a ai piedi con un flagello in una mano, ed alle volte una verga tinta
di
sangue, i capelli sparsi e gli occhi infuocati. P
parsi e gli occhi infuocati. Per lo più i poeti la dipingono in mezzo
di
una battaglia percorrendo le file dei combattenti
pinta infuriata colla spada in una mano, lo scudo nell’altra, in atto
di
slanciarsi dal suo carro tirato da cavalli focosi
oti celebravano la sua festa correndo gli uni contro gli altri armati
di
spade e percuotendosi con ispargimento di sangue.
uni contro gli altri armati di spade e percuotendosi con ispargimento
di
sangue. Il culto di questa Dea celebre in Roma, l
armati di spade e percuotendosi con ispargimento di sangue. Il culto
di
questa Dea celebre in Roma, lo era maggiormente i
docia, ove ella aveva molti magnifici tempii, la maggior parte dotati
di
molte terre. A Comane nell’Asia Minore ne aveva u
da tremila sacerdoti ; e questi sacerdoti erano soggetti all’autorità
di
un pontefice il quale non cedeva la precedenza ch
sua dignità era a vita. Fetonte Fetonte era figlio del Sole e
di
Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di
a figlio del Sole e di Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio
di
Giove e di Io, il quale dicesi fabbricasse Memfi,
l Sole e di Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di Giove e
di
Io, il quale dicesi fabbricasse Memfi, mentre anc
figlio del Sole come si credeva. Fetonte adiratosene, andò a lagnarsi
di
ciò con sua madre Climene, la quale il rimandò al
ilucente trono ed informatolo dell’oggetto della sua venuta, lo pregò
di
accordargli una grazia, senza dire quale essa si
fosse. Il Sole in contrassegno del paterno affetto giurò per lo Stige
di
accordargli tutto quello che avesse chiesto e l’i
dargli tutto quello che avesse chiesto e l’imprudente figlio richiese
di
condurre il suo carro per lo spazio di un giorno.
e l’imprudente figlio richiese di condurre il suo carro per lo spazio
di
un giorno. Impegnato il padre con un irrevocabile
l padre con un irrevocabile giuramento, tentò ogni via ma inutilmente
di
distogliere suo figlio da una sì ardita impresa,
ile incendio, mettendo così in pericolo che tutto perisca su la terra
di
gelo ; or scendendo troppo basso disseccano i fiu
iume oggi denominato Po. Fu tanto il piangere che fecero per la morte
di
Fetonte le Eliadi sue sorelle e l’amico Cicno o C
tiero in cielo senza Sole. Si danno molte interpretazioni alla favola
di
Fetonte. Fra le tante adottate avvi quella che Fe
dai Greci che ne fecero anche una divinità. La vogliono alcuni figlia
di
Stige e della Terra ; di Stige e Pallante altri,
nche una divinità. La vogliono alcuni figlia di Stige e della Terra ;
di
Stige e Pallante altri, ed avvi chi la fa nascere
la fa nascere dal Cielo e dalla Terra. Si rappresenta sotto le forme
di
una donna sempre allegra, con l’ali alle spalle,
ali alle spalle, una corona d’olivo in una mano, e nell’altra un ramo
di
palma. Qualche volta ma di rado si rappresenta se
d’olivo in una mano, e nell’altra un ramo di palma. Qualche volta ma
di
rado si rappresenta senza ali. Ordinariamente è a
olta ma di rado si rappresenta senza ali. Ordinariamente è abbigliata
di
lunga veste sulla quale evvi una tunica che le sc
la gola da una cintura. Gli Egizi la rappresentavano sotto l’emblema
di
un’aquila, uccello, che nei combattimenti contro
torioso. Nemesi, le Nemese Nemesi detta anche Adrastea, figlia
di
Giove e della Notte o della Necessità, era la min
ndava eziandio al cieco Destino, e a suo beneplacito faceva dell’urna
di
quel Dio uscire i beni ed i mali. Prendeva dilett
time dell’infedeltà e del tradimento. Si rappresenta coll’ali, armata
di
facelle e di serpenti, portando iu capo una coron
edeltà e del tradimento. Si rappresenta coll’ali, armata di facelle e
di
serpenti, portando iu capo una corona di corna di
oll’ali, armata di facelle e di serpenti, portando iu capo una corona
di
corna di cervo. Questa sì temuta divinità, riguar
armata di facelle e di serpenti, portando iu capo una corona di corna
di
cervo. Questa sì temuta divinità, riguardata da m
vunque sparso. Riconoscono alcuni mitologi due divinità sotto il nome
di
Nemese figlie dell’Erebo e della Notte, le quali
e’ malvagi. Queste due divinità, invocate principalmente nei trattati
di
pace, assicuravano la fedeltà dei giuramenti. Era
mane vicissitudini, atto a richiamare l’uomo orgoglioso ai sentimenti
di
giustizia e di moderazione. Sovente le Nemese ten
ini, atto a richiamare l’uomo orgoglioso ai sentimenti di giustizia e
di
moderazione. Sovente le Nemese tengono un freno p
a bocca per insegnarne che è d’uopo essere discreti. La maggior parte
di
cotesti attributi convengono a Nemesi. Teti de
dea dei mari Teti gran dea dei mari, una delle Titanidi, sorella
di
Saturno, moglie dell’Oceano, era figlia di Urano
na delle Titanidi, sorella di Saturno, moglie dell’Oceano, era figlia
di
Urano o il Cielo e di Titea o la Terra. La maggio
ella di Saturno, moglie dell’Oceano, era figlia di Urano o il Cielo e
di
Titea o la Terra. La maggior parte de’poeti l’han
La maggior parte de’poeti l’hanno confusa con Teti sua nipote, moglie
di
Pelco e madre di Achille. Da Teti e dall’Oceano n
de’poeti l’hanno confusa con Teti sua nipote, moglie di Pelco e madre
di
Achille. Da Teti e dall’Oceano nacquero i più rin
o, il Ladone, l’Eveno, il Sangaro e lo Scamandro. Teti fu anche madre
di
tremila Niufe chiamate le Oxeanidi. Si fan nascer
ulle coste del mare, come Proteo, Etra, madre d’Atlante, Persa, madre
di
Circe, ecc. Dicesi che Giove essendo stato strett
bertà ; vale a dire prendendo Teti pel mare, che Giove trovò il mezzo
di
sottrarsi su questo clemento agli agguati che gli
atto storico, qualche principessa della famiglia dei Titani, fece uso
di
stranieri soccorsi per trar Giove da qualche peri
hè era la Dea dell’umidità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro
di
Teti era una conca di maravigliosa figura e di un
dità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti era una conca
di
maravigliosa figura e di una bianchezza dell’avor
e mantiene. Il carro di Teti era una conca di maravigliosa figura e
di
una bianchezza dell’avorio più rilucente ; pareva
marini più della neve bianchi, e che il salso flutto solcando, dietro
di
sè lasciavano un ampio solco sul mare ; infiammat
infiammati erano i loro occhi e fumanti le bocche. Le Oceanidi figlie
di
Teti, coronate di fiori, a truppe nuotavano dietr
loro occhi e fumanti le bocche. Le Oceanidi figlie di Teti, coronate
di
fiori, a truppe nuotavano dietro il carro di lei
figlie di Teti, coronate di fiori, a truppe nuotavano dietro il carro
di
lei ; le belle chiome scendevano loro sulle spall
cevano i suoi cavalli, e ne reggevano le dorate redini. Una gran vela
di
porpora ondeggiava al disopra del carro ; era ess
deggiava al disopra del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio
di
una moltitudine di Zefiri i quali col loro alito
del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine
di
Zefiri i quali col loro alito la spingevano. Eolo
e loro grotte per tributare alla Dea il dovuto omaggio. Teti madre
di
Achille Teti era una delle Ninfe marine, figl
Teti madre di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figliuola
di
Nereo e di Dori, sorella di Licomede redi Sciro,
di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e
di
Dori, sorella di Licomede redi Sciro, e nipote de
eti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di Dori, sorella
di
Licomede redi Sciro, e nipote dell’Oceano e di Te
reo e di Dori, sorella di Licomede redi Sciro, e nipote dell’Oceano e
di
Teti gran dea delle acque, colla quale fu da quas
possente del padre, gli Dei la cedettero a Peleo. Poco contenta Teti
di
avere un mortale per isposo dopo di essere stata
ttero a Peleo. Poco contenta Teti di avere un mortale per isposo dopo
di
essere stata amata dai più grandi tra gli Dei, a
isposo dopo di essere stata amata dai più grandi tra gli Dei, a guisa
di
un novello Proteo, si cangiò sotto diverse forme
llo Proteo, si cangiò sotto diverse forme per isfuggire alle ricerche
di
Peleo ; ma raggiunta da questo principe, ei la in
Peleo ; ma raggiunta da questo principe, ei la incatenò per consiglio
di
Chirone, e la costrinse finalmente a cedere. Le n
tri vi intervennero, eccettuata la Discordia, la quale per vendicarsi
di
non essere stata invitata, gittò in mezzo del ban
vitata, gittò in mezzo del banchetto quel rinomato pomo d’ oro che fu
di
tanti mali funesta sorgente. Teti ebbe parecchi f
poneva sotto il fuoco affinchè si consumasse tutto quello che avevano
di
mortale, ma tutti vi soccombevano. Achille solo r
gerlo, e che dall’acque del fiume non fu punto bagnato. Dopo la morte
di
Patroclo, uscì Teti dal seno delle onde per recar
co aveva egli perdute le sue armi, si portò in cielo a pregar Vulcano
di
darle pel proprio figlio delle armi divine e dall
tosto ad Achille, e lo esortò a rinunciare al suo risentimento contro
di
Agamennone, e gl’inspirò un ardire che niun perig
he niun periglio poteva far vacillare. A questa Ninfa si attribuisce
di
aver salvato Giove nel più gran pericolo che gli
uerra che gli fecero gli altri Dei, ma questo fatto spetta a Teti zia
di
questa, e gran Dea delle acque. Teti aveva molti
è soventi presa per Anfitrite stessa. Sarone Sarone, antico re
di
Trezene nell’Argolide in Morea. Amava con tanto a
dal suo ardore, insensibilmente trovossi in alto mare, dove, rifinito
di
forze, nè potendo più lottare contro le onde, si
ontro le onde, si annegò. Il suo corpo fu trasportato nel sacro bosco
di
Diana, e tumulato nell’atrio del tempio. Questo a
tumulato nell’atrio del tempio. Questo avvenimento fece dare il nome
di
golfo Saronico al braccio di mare dove Sarone ann
io. Questo avvenimento fece dare il nome di golfo Saronico al braccio
di
mare dove Sarone annegò e desso fu messo da’ suoi
dell’areopago Parlando delle Divinità Infernali si è già parlato
di
Minosse. A quanto se n’è già detto aggiungneremo
sguardavano come il favorito degli Dei, gli fecero meritare il titolo
di
Gran Legislatore e fu detto il Giusto per cocelle
assiso in mezzo alle ombre, i cui processi hanno luogo alla presenza
di
lui. Altri lo figurano tenendo nelle mani ed agit
nendo nelle mani ed agitando l’urna fatale ov’ è rinchiuso il destino
di
tutti i mortali, citando le ombre a comparire inn
he fu cagione d’una delle dodici fatiche d’Ercole. Aveva egli ommesso
di
sacrificare a Nettuno un toro che gli aveva prome
rificare a Nettuno un toro che gli aveva promesso. Il Dio per punirlo
di
siffatto errore, mandò un toro furibondo che lanc
ro furibondo che lanciava fuoco dalle nari, e che devastava gli stati
di
Minosse. Minosse fu sposo di Itona la quale il re
co dalle nari, e che devastava gli stati di Minosse. Minosse fu sposo
di
Itona la quale il rendette padre di un figlio chi
tati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la quale il rendette padre
di
un figlio chiamato Licasto, che a lui succedette
glio chiamato Licasto, che a lui succedette nel regno, e che fu padre
di
Minosse, secondo di questo nome, che quasi tutti
o, che a lui succedette nel regno, e che fu padre di Minosse, secondo
di
questo nome, che quasi tutti i mitologi confondon
dono col primo. Minosse nipote del precedente distinto sotto il nome
di
Minosse II sposò Pasifae figlia del Sole e della
ta e divenne padrone del mare. Questo principe avrebbe goduto la fama
di
uno de’ più grandi uomini ove non si fosse acquis
o amore della propria moglie, il quale distruggeva tutto e si pasceva
di
carne umana. Vuolsi che Minosse dopo aver devasta
umana. Vuolsi che Minosse dopo aver devastata l’Attica s’impadronisse
di
Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che
sse dopo aver devastata l’Attica s’impadronisse di Megara coll’ aiuto
di
Scilla, figlia di Niso che ne era il re, la quale
stata l’Attica s’impadronisse di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia
di
Niso che ne era il re, la quale troncò al padre i
di Niso che ne era il re, la quale troncò al padre il capello d’oro o
di
porpora cui era attaccato il suo destino e quello
del suo impero. Informato Niso dall’ oracolo che dalla conservazione
di
quel capello dipendeva la durata del suo impero,
a, in cui riponeva tutta la sua confidenza. Essendosi essa innamorata
di
Minosse che aveva veduto dall’ alto d’una torre d
, e lo mandò a Minosse nella lusinga ch’ egli le sarebbe riconoscente
di
siffatto tradimento. Ma la perfida s’ingannò, per
di siffatto tradimento. Ma la perfida s’ingannò, perchè Minosse dopo
di
essersi impadronito della città, non volle nè anc
ndur seco, quantunque si fosse con tutta la forza attaccata alla nave
di
lui ; si vuole da altri che disperata si precipit
pitasse nelle onde. Gli Dei cambiarono Scilla in un pesce, e il padre
di
lei che si era da sè stesso ucciso per non cadere
cciso per non cadere nelle mani del vincitore, in una specie d’aquila
di
mare che non vive che di pesci. I Greci pagarono
e mani del vincitore, in una specie d’aquila di mare che non vive che
di
pesci. I Greci pagarono il barbaro tributo tre v
da questo crudele castigo e sortì felicemente dal labirinto col mezzo
di
un gomitolo di filo che Arianna figlia di Minosse
le castigo e sortì felicemente dal labirinto col mezzo di un gomitolo
di
filo che Arianna figlia di Minosse gli aveva dato
nte dal labirinto col mezzo di un gomitolo di filo che Arianna figlia
di
Minosse gli aveva dato. Nel partire da Creta Tese
Teseo condusse seco la sua liberatrice, che abbandonò poi nell’isola
di
Nasso. La favola del Minotauro si spiega in tal g
olta da amorosa inclinazione per Tauro che si vuole uno de’ segretari
di
Minosse. Dedalo favorì ha corrispondenza di quest
i vuole uno de’ segretari di Minosse. Dedalo favorì ha corrispondenza
di
questi due amanti. Pasifae essendosi sgravata di
rì ha corrispondenza di questi due amanti. Pasifae essendosi sgravata
di
un figlio cui gli autori nominano Asterio o Aster
siccome incerto ne era il padre, e che si poteva credere figlio tanto
di
Tauro quanto di Minosse, secondo alcuni che somig
ne era il padre, e che si poteva credere figlio tanto di Tauro quanto
di
Minosse, secondo alcuni che somigliava all’uno ed
uni che somigliava all’uno ed all’ altro, così gli venne dato il nome
di
Mino-Tauro. Minosse per nascondere agli sguardi d
venne dato il nome di Mino-Tauro. Minosse per nascondere agli sguardi
di
tutti ciò che insieme alla moglie il ricopriva di
ondere agli sguardi di tutti ciò che insieme alla moglie il ricopriva
di
disonore, fece rinchiudere nel famoso labirinto A
into Asterio che la favola dipinge come un mostro il quale si nutriva
di
carne umana. Il Labirinto era un ricinto ripieno
quale si nutriva di carne umana. Il Labirinto era un ricinto ripieno
di
boschi e di edifizi disposti in guisa che entrati
triva di carne umana. Il Labirinto era un ricinto ripieno di boschi e
di
edifizi disposti in guisa che entrativi una volta
una volta più non se ne trovava l’uscita. Gli antichi fanno menzione
di
cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più
di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più grande era quello
di
Egitto. Si pone nel lago Meride ; se ne crede il
rede il costruttore Petesuco o Titoes, altri vogliono che fosse opera
di
dodici re. Questo edificio per quanto si narra co
to terra, e dodici palazzi in un ricinto, ed era fabbricato e coperto
di
marmo. Eravi una sola discesa, ma nell’ interno t
ri lo han creduto un Panteone. Gli abitanti del paese danno ai resti
di
cotesto edificio il nome di palazzo di Caronte, e
e. Gli abitanti del paese danno ai resti di cotesto edificio il nome
di
palazzo di Caronte, e sono persuasi che sia desso
tanti del paese danno ai resti di cotesto edificio il nome di palazzo
di
Caronte, e sono persuasi che sia desso l’opera di
il nome di palazzo di Caronte, e sono persuasi che sia desso l’opera
di
quel Caronte, il quale, dopo aver guadagnato imme
ostruire questo edificio per rinchiudervi i suoi tesori che, in forza
di
potenti talismani, erano garantiti da’ ladri. Da
ngano a rapire que’ tesori, come pure la ripugnanza che essi palesano
di
condurveli. Il Labirinto di Creta fu edificato pe
come pure la ripugnanza che essi palesano di condurveli. Il Labirinto
di
Creta fu edificato per ordine di Minosse II press
palesano di condurveli. Il Labirinto di Creta fu edificato per ordine
di
Minosse II presso la città di Guosso da Dedalo su
irinto di Creta fu edificato per ordine di Minosse II presso la città
di
Guosso da Dedalo sul modello di quello d’Egitto,
ordine di Minosse II presso la città di Guosso da Dedalo sul modello
di
quello d’Egitto, espressamente per rinchiudervi i
talvolta il Minotauro per insegna. Dedalo, celebre ateniese, figlio
di
Eupalamo e nipote di Metione o Imetione, della fa
o per insegna. Dedalo, celebre ateniese, figlio di Eupalamo e nipote
di
Metione o Imetione, della famiglia di Eretteo ses
se, figlio di Eupalamo e nipote di Metione o Imetione, della famiglia
di
Eretteo sesto re di Atene, fu l’uomo più ingegnos
mo e nipote di Metione o Imetione, della famiglia di Eretteo sesto re
di
Atene, fu l’uomo più ingegnoso de’ suoi tempi e v
ne, fu l’uomo più ingegnoso de’ suoi tempi e vuolsi che fosse allievo
di
Mercurio. Egli fu eccellente sopra tutto nella sc
o nella scultura, nella meccanica e nell’ architettura, Benchè uscito
di
sangue reale, egli coltivò in tutta la sua vita l
no l’invenzione della scure, del trapano a mano, dell’uso dolla colla
di
pesce e del livello. Egli si rese specialmente fa
ra i suoi allievi un nipote per nome Ascalo, noto anche sotto il nome
di
Talao, figlio di Perdice sua sorella. Questo giov
un nipote per nome Ascalo, noto anche sotto il nome di Talao, figlio
di
Perdice sua sorella. Questo giovine prometteva ma
el vasellaio. Dedalo ne ebbe tanta gelosia che lo precipitò dall’alto
di
una torre. Un’ azione tanto nera non poteva andar
processavano perfino le cose inanimate che avevano cagionato la morte
di
un uomo. Dedalo fu condannato a perdere la vita d
egli si sottrasse alla giustizia colla fuga, e si rifuggì nell’ isola
di
Creta, dove fu tanto meglio accolto, quanto che l
enti. Minosse II che regnava allora in Creta, approfittò dell’ingegno
di
quest’artista facendogli fare molte statue e face
costruire il Labirinto come si è detto. Questo edifizio portò il nome
di
Dedalo. Minosse informato della compiacenza di De
edifizio portò il nome di Dedalo. Minosse informato della compiacenza
di
Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determi
Minosse informato della compiacenza di Dedalo nel favorite gli amori
di
Pasifae, determinò di punirnelo, e lo fece rinchi
la compiacenza di Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determinò
di
punirnelo, e lo fece rinchiudere col figlio Icaro
ri in una stretta prigione, da cui altra speranza non poteva animarli
di
sortirne, se non che di andare a terminar la loro
ne, da cui altra speranza non poteva animarli di sortirne, se non che
di
andare a terminar la loro vita coll’ultimo suppli
l’ultimo supplizio. Dedalo usando della sua industria, trovò il mezzo
di
fare delle ali e di attaccarle con cera a sè ed a
Dedalo usando della sua industria, trovò il mezzo di fare delle ali e
di
attaccarle con cera a sè ed al figlio. Essi riusc
carle con cera a sè ed al figlio. Essi riuscirono a volare, ma le ali
di
Icaro, il quale era ito troppo in alto, contro le
cadde in quella parte del mar Egeo o Arcipelago che portò poi il nome
di
Icario e precisamente tra l’isola Icaria ora Nica
ecisamente tra l’isola Icaria ora Nicaria e l’Asia Minore. Nelle ali
di
Dedalo altro non veggono quelli che cercano l’ori
ve regnava Cocalo. Questo principe lo accolse amichevolmente e ricusò
di
restituirlo al re di Creta che andò a chiederglie
esto principe lo accolse amichevolmente e ricusò di restituirlo al re
di
Creta che andò a chiederglielo, e pretendesi da a
e datagli a tradimento da Cocalo. L’Areopago era un celebre tribunale
di
giustizia degli Ateniesi. Traeva il suo nome da A
cima alla collina ove Marte difese la sua causa allorchè fu obbligato
di
giustificarsi della uccisione di Allirosio figlio
e la sua causa allorchè fu obbligato di giustificarsi della uccisione
di
Allirosio figlio di Nettuno. Ne’ primi tempi amme
chè fu obbligato di giustificarsi della uccisione di Allirosio figlio
di
Nettuno. Ne’ primi tempi ammettevansi a questo tr
i loro giudizj. Questo tribunale fu istituito circa nove secoli prima
di
Solone che ne fu il ristauratore ritornandolo al
ore ritornandolo al suo antico splendore. Glauco Glauco figlio
di
Nettuno e della ninfa Naide fu un celebre pescato
io di Nettuno e della ninfa Naide fu un celebre pescatore della città
di
Antedone in Beozia. Osservando egli un giorno che
Beozia. Osservando egli un giorno che i pesci da lui presi e posti su
di
una certa erba, ripigliavano forza e saltavano ne
di una certa erba, ripigliavano forza e saltavano nell’acqua, mangiò
di
quest’erba e precipitossi tosto in mare. L’Oceano
est’erba e precipitossi tosto in mare. L’Oceano e Teti lo spogliarono
di
quanto aveva di mortale e l’ammisero nel numero d
pitossi tosto in mare. L’Oceano e Teti lo spogliarono di quanto aveva
di
mortale e l’ammisero nel numero degli Dei marini.
eva di mortale e l’ammisero nel numero degli Dei marini. Gli abitanti
di
Antedone gli eressero un tempio e gli offrirono d
onsultare. Vuolsi che Cirœ lo amasse, ma ch’egli fosse insensibile al
di
lei affetto, preferendo la giovine Scilla, la qua
el tempo avesse delle conversazioni colle marine Deità. Malgrado però
di
tutta la sua abilità un giorno si annegò, ed allo
Eco Eco figlia dell’Aria e della Terra, una delle Ninfe seguaci
di
Giunone, abitava le sponde del fiume Cefiso nella
lle dimande che le venissero fatte, non ripetendo che l’ultime parole
di
quelli che la interrogherebbero per avere imprude
di quelli che la interrogherebbero per avere imprudentemente parlato
di
quella Dea e tenutala a bada con lunghi discorsi
corsi intanto che Giove si tratteneva in intrighi amorosi colle Ninfe
di
Giunone. Eco amò Narciso e lo seguì per qualche t
o e lo seguì per qualche tempo senza farsi però vedere ; ma accortasi
di
essere dispregiata si ritirò nei boschi e piû non
le ossa e la voce, e fu cangiata in rupe. Vuolsi che Pane innamorato
di
lei ne avesse una figlia iamata Iringa. Le Gra
ne avesse una figlia iamata Iringa. Le Grazie Le Grazie figlie
di
Giove e di Venere secondo alcuni, di Eurinome sec
na figlia iamata Iringa. Le Grazie Le Grazie figlie di Giove e
di
Venere secondo alcuni, di Eurinome secondo altri
Le Grazie Le Grazie figlie di Giove e di Venere secondo alcuni,
di
Eurinome secondo altri e di Bacco e Venere come p
glie di Giove e di Venere secondo alcuni, di Eurinome secondo altri e
di
Bacco e Venere come più generalmente si crede era
li antichi che ne annoveravano due ed anche quattro. Omero dà il nome
di
Pasifea ad una delle tre suindicate. I Gréci le c
l senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative era quella
di
presiedere ai beneficii ed alla riconoscenza. A s
ono con semplici pietre greggie, poco dopo sotto forme umane, vestite
di
velo, indi ignude. Si voleva così esprimere che n
lta essa chiama l’arte in suo soccorso, non deve quest’ultima far uso
di
ornamenti stranieri che con moderazione. Si dipin
iavano ondeggiare il loro velo in balla dei Zefiri, perchè una specie
di
abito succinto ed incolto piace assai più degli s
nti ; e nelle opere dello spirito come in tutto il resto un certo che
di
trascurato è preferibile ad una fredda regolarità
le ad una fredda regolarità. Le Grazie erano le indivisibili compagne
di
Venere. Accompagnavano alle volte anche Mercurio
ive del Cefiso e in Orcomene per cui furono dette le Dee del Cefiso e
di
Orcomene. Si celebravano molte feste in loro onor
zia che è la Persuasione facendo così comprendere che il gran secreto
di
piacere è quello di persuadere. Le Muse Le
ione facendo così comprendere che il gran secreto di piacere è quello
di
persuadere. Le Muse Le Muse dee delle scie
re. Le Muse Le Muse dee delle scienze e delle artierano figlie
di
Giove e di Mnemosina dea della memoria. Quando st
use Le Muse dee delle scienze e delle artierano figlie di Giove e
di
Mnemosina dea della memoria. Quando stavano nell’
rati due templi ed un terzo in cui venivano festeggiate sotto il nome
di
Camene. Le Muse e le Grazie d’ordinario non aveva
Camene. Le Muse e le Grazie d’ordinario non avevano che un tempio ; e
di
rado facevansi deliziosi banchetti senza chiamarl
ica amore. Calliope, il cui nome annuncia la bella voce, è la sovrana
di
nobili e sublimi canti, e presiedeva all’eloquenz
Grazie abitavano con esse. L’Amore non vi era mal situato ; parecchie
di
esse cedettero al potere di lui malgrado si dican
’Amore non vi era mal situato ; parecchie di esse cedettero al potere
di
lui malgrado si dicano vergini. Tra i fiumi e le
corone e degli attributi particolari. Le Muse possono essere coronate
di
piume perchè avendo elle in una sfida di canto vi
Muse possono essere coronate di piume perchè avendo elle in una sfida
di
canto vinte le figliuole di Acheloo, che, per con
di piume perchè avendo elle in una sfida di canto vinte le figliuole
di
Acheloo, che, per consiglio di Giunone, le avevan
una sfida di canto vinte le figliuole di Acheloo, che, per consiglio
di
Giunone, le avevano sfidate, strapparon loro le p
delle ali, queste ultime perchè essendo una volta entrate nel palazzo
di
Pireneo re di Focide, dietro il suo gentile invit
ste ultime perchè essendo una volta entrate nel palazzo di Pireneo re
di
Focide, dietro il suo gentile invito per riposars
cide, dietro il suo gentile invito per riposarsi, avendo egli tentato
di
far loro violenza, esse col soccorso di Apollo pr
iposarsi, avendo egli tentato di far loro violenza, esse col soccorso
di
Apollo presero tosto le ali e se ne fuggirono. S
resero tosto le ali e se ne fuggirono. Si ravvisa in Pireneo il nome
di
qualche principe il quale non amando le belle let
nerazioni : non era altra cosa che la brama che ha ogni essere creato
di
unirsi a ciò che più gli si addice. Urania non is
e terrestre ai sensuali piaceri presiedeva. A Citera vedesi un tempio
di
Venere Urania il quale passa per il più antico ed
o di Venere Urania il quale passa per il più antico ed il più celebre
di
tutti i tempii che abbia Venere in tutta la Greci
rmata. Aveva essa un altro tempio in Elide, la cui statua era d’oro e
di
avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva un piede su
un altro tempio in Elide, la cui statua era d’oro e di avorio, lavoro
di
Fidia. La Dea aveva un piede su di una testuggine
atua era d’oro e di avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva un piede su
di
una testuggine per indicare la castità e la modes
o erano le due più grandi divinità degli Arabi. Parlando della statua
di
Venere Urania, cade in acconcio di parlare di una
degli Arabi. Parlando della statua di Venere Urania, cade in acconcio
di
parlare di una della Venere terrestre, giacchè no
. Parlando della statua di Venere Urania, cade in acconcio di parlare
di
una della Venere terrestre, giacchè non l’abbiam
i una della Venere terrestre, giacchè non l’abbiam fatto all’articolo
di
questa Dea. Tra tutte le statue dell’antichità un
nel 1587 sotto Ferdinando I figlio del Gran Cosimo, e dalla galleria
di
Firenze dei principi di quella famiglia ove fu tr
do I figlio del Gran Cosimo, e dalla galleria di Firenze dei principi
di
quella famiglia ove fu traslocata dopo e dove tro
ocata dopo e dove trovasi tuttora. Essa rappresenta Venere nell’atto
di
nascere o emergere dalla spuma del mare. Difficil
ma del mare. Difficile sarebbe l’esprimere colle parole tutti i pregi
di
quest’immagine divina. È opinione di accreditati
imere colle parole tutti i pregi di quest’immagine divina. È opinione
di
accreditati autori ch’essa sia opera o di Fidia o
immagine divina. È opinione di accreditati autori ch’essa sia opera o
di
Fidia o di Prassitele, o forse anche di Scopa, la
vina. È opinione di accreditati autori ch’essa sia opera o di Fidia o
di
Prassitele, o forse anche di Scopa, la cui Venere
ti autori ch’essa sia opera o di Fidia o di Prassitele, o forse anche
di
Scopa, la cui Venere nuda, posta di contro al cir
ia o di Prassitele, o forse anche di Scopa, la cui Venere nuda, posta
di
contro al circolo flamminio superava, secondo alc
l circolo flamminio superava, secondo alcuni, la famosa Venere Gnidia
di
Prassitele. Una non antica iscrizione apposta all
one apposta alla Venere de’ Medici ha indotto alcuni a crederla opera
di
Cleomene, statuario di gran nome in Atene. Le
de’ Medici ha indotto alcuni a crederla opera di Cleomene, statuario
di
gran nome in Atene. Le Ore Le Ore figlie d
leomene, statuario di gran nome in Atene. Le Ore Le Ore figlie
di
Giove e di Temi. Se ne contavano dapprima tre : E
atuario di gran nome in Atene. Le Ore Le Ore figlie di Giove e
di
Temi. Se ne contavano dapprima tre : Eunomia, Dic
sua più fredda parte, si crearono due nuove Ore, cui si diede il nome
di
Carpo e Tallatta, che furono stabilite per veglia
ltiplicarono il numero delle Ore sino a dodici, impiegate al servigio
di
Giove, e le nominarono le dodici sorelle, nate cu
rle e chiuderle a loro piacere, e venne altresi loro commessa la cura
di
ricondurre Adone dall’Acheronte e di restituirlo
ne altresi loro commessa la cura di ricondurre Adone dall’Acheronte e
di
restituirlo a Venere. Si diede alle Ore anche la
lo a Venere. Si diede alle Ore anche la sprantendenza dell’educazione
di
Giunone ; diffatti in alcune statue di questa Dea
sprantendenza dell’educazione di Giunone ; diffatti in alcune statue
di
questa Dea, veggonsi al dissopra del capo di lei
iffatti in alcune statue di questa Dea, veggonsi al dissopra del capo
di
lei rappresentate le Ore. Ebbero l’incarico anche
di lei rappresentate le Ore. Ebbero l’incarico anche dell’educazione
di
Venere. Era loro cura di allestire il carro ed i
Ore. Ebbero l’incarico anche dell’educazione di Venere. Era loro cura
di
allestire il carro ed i cavalli del Sole. Si vuol
mitologia. Gli Ateniesi offrivano dei sacrifici alle Ore pregandole
di
accordar loro un moderato calore onde i frutti de
he avevano in Atene fu edificato in loro onore da Anfittione terzo re
di
Atene figlio di Deucalione e di Pirra. Le Ore son
ene fu edificato in loro onore da Anfittione terzo re di Atene figlio
di
Deucalione e di Pirra. Le Ore sono le compagne de
in loro onore da Anfittione terzo re di Atene figlio di Deucalione e
di
Pirra. Le Ore sono le compagne delle Grazie, vale
to non discendeva che fino alle ginocchia, la loro testa era coronata
di
foglie di palma in atto di raddrizzarsi. Si rappr
cendeva che fino alle ginocchia, la loro testa era coronata di foglie
di
palma in atto di raddrizzarsi. Si rappresentarono
alle ginocchia, la loro testa era coronata di foglie di palma in atto
di
raddrizzarsi. Si rappresentarono poscia di divers
di foglie di palma in atto di raddrizzarsi. Si rappresentarono poscia
di
diversa età. I moderni rappresentano le Ore con a
ntarono poscia di diversa età. I moderni rappresentano le Ore con ali
di
farfalla, accompagnate da Temide e portando dei q
degli oriuoli. Le Gorgoni, il vcaval Pegaso Le Gorgoni figlie
di
Forco dio marino e di Ceto erano tre e si chiamav
Gorgoni, il vcaval Pegaso Le Gorgoni figlie di Forco dio marino e
di
Ceto erano tre e si chiamavano Medusa, Euriale e
eto erano tre e si chiamavano Medusa, Euriale e Steno. Stanziavano al
di
là dell’Oceano, all’estremità del mondo, in vicin
e ne servivano un po’ per una a vicenda ; il dente era più lungo però
di
una zanna del più forte cignale. Avevano le chiom
più lungo però di una zanna del più forte cignale. Avevano le chiome
di
serpenti, delle grandi ale e delle ugne di lione
cignale. Avevano le chiome di serpenti, delle grandi ale e delle ugne
di
lione ai piedi ed alle mani che erano di bronzo.
elle grandi ale e delle ugne di lione ai piedi ed alle mani che erano
di
bronzo. Erano pei mortali un oggetto di orrore e
piedi ed alle mani che erano di bronzo. Erano pei mortali un oggetto
di
orrore e di spavento ; col solo loro sguardo ucci
e mani che erano di bronzo. Erano pei mortali un oggetto di orrore e
di
spavento ; col solo loro sguardo uccidevano gli u
relle non erano soggette nè alla vecchiaia nè alla morte. Del teschio
di
Medusa Perseo si servì a cangiar in pietra chiunq
seo si servì a cangiar in pietra chiunque ei si voleva. Dopo la morte
di
Medusa, Steno ed Euriale andarono ad abitare pres
ale andarono ad abitare presso l’Inferno, alla porta del nero palazzo
di
Plutone, ove poscia hanno sempre avuto la loro di
pre avuto la loro dimora coi Centauri, col gigante Briareo, coll’Idra
di
Lerna, colla Chimera, colle Arpie e con tutti gli
eme alle loro rivali, persuaso che nel gran progetto da lui concepito
di
rendersi utile al genere umano, egli non avrebbe
e gli si avvicinano. Nel nome delle tre Gorgoni con altre due figlie
di
Forco re di Itaca e di altre vicine isole hanno a
icinano. Nel nome delle tre Gorgoni con altre due figlie di Forco re
di
Itaca e di altre vicine isole hanno alcuni scoper
el nome delle tre Gorgoni con altre due figlie di Forco re di Itaca e
di
altre vicine isole hanno alcuni scoperto il nome
ca e di altre vicine isole hanno alcuni scoperto il nome dei vascelli
di
carico i quali commerciavano sulle coste dell’Afr
ll’Africa, ove trafficavasi dell’oro, dei denti d’elefante, dei corni
di
differenti animali, degli occhi di iena e delle a
o, dei denti d’elefante, dei corni di differenti animali, degli occhi
di
iena e delle altre mercanzie. Nel cambio che face
degli occhi di iena e delle altre mercanzie. Nel cambio che facevasi
di
coteste cose in diversi porti della Fenicia e del
che le Gorgoni prestavansi vicendevolmente ; quindi le cinque figlie
di
Forco erano i cinque vascelli de’ quali era compo
orco erano i cinque vascelli de’ quali era composta la piccola flotta
di
questo principe, come si vuole che lo provino i c
vino i cinque loro nomi fenici. In tutte le lingue orientali, le navi
di
un principe, per quanto si dice, chiamansi sue fi
quanto si dice, chiamansi sue figlie. Allorchè Perseo troncò il capo
di
Medusa, dalle gocce del sangue che caddero da ess
el sangue che caddero da esso si vuole che nascessero tutte le specie
di
serpenti che veggonsi nell’Africa, come nacque Cr
terra fece scaturire il fonte Ippocrene, nome che equivale a fontana
di
cavallo. Questo fonte consacrato ad Apollo ed all
so. Pretendesi che assista tuttora col suo dorso e le sue ali i poeti
di
primo ordine. Avvi chi confonde con Pegaso il cav
nella gara che ebbe con Minerva, come si è già riferito all’articolo
di
questa Dea. Ecco il modo con cui si spiega la fav
gaso. Medusa altro non era fuorchè una delle cinque navi della flotta
di
Forco, principe fenicio re d’Itaca. Essendo stata
i Forco, principe fenicio re d’Itaca. Essendo stata troncata la testa
di
Medusa, ossia ucciso il comandante della nave ne
i pure e disparve. Le Ninfe, Galatea, Aretusa e Aracne Il nome
di
Ninfa indica nel suo vero significato una donzell
questo nome in seguito ad altre Divinità rappresentate sotto le forme
di
donzelle. Secondo i poeti tutto l’universo era pi
otto le forme di donzelle. Secondo i poeti tutto l’universo era pieno
di
Ninfe, e le dividevano in diverse classi, in Ninf
o dal loro paese oppure dalla loro origine. Fu dato in fine il nome
di
Ninfe non solo a molte illustri dame delle quali
luoghi erano d’ordinario situati presso delle fontane, delle sorgenti
di
ruscelli o’ delle piccole riviere. Ogni Divinità
nfe, nel cuirango convien mettere eziandio le Muse, che sono le Ninfe
di
Apollo. Le Ninfe sono sempre rappresentate per me
la sfera del cielo. Poco si dice delle Ninfe infernali se non che tra
di
esse distinguevasi per bellezza Orfne che dicesi
on che tra di esse distinguevasi per bellezza Orfne che dicesi moglie
di
Acheronte e madre di Ascalafo cui altri danno per
stinguevasi per bellezza Orfne che dicesi moglie di Acheronte e madre
di
Ascalafo cui altri danno per madre la Notte. Le N
o all’incivilimento de’ Greci, e da Ecate, si dicevano anche le Ninfe
di
Diana, perchè quella Dea amava d’andare alla cacc
Endimione, che fa tenere dalle Oreadi i propri cavalli. Sotto il nome
di
Orestiadi sono dette figliuole di Giove. Le Napee
adi i propri cavalli. Sotto il nome di Orestiadi sono dette figliuole
di
Giove. Le Napee si facevano presiedere ai boschet
perto d’alberi. Il culto che si rendeva loro era presso a poco eguale
di
quello renduto alie Naiadi. Le Driadi presiedevan
lberi che erano da esse protetti. Potevano maritarsi. Euridice moglie
di
Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sott
oglie di Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sotto la figura
di
donne di fresco e robusto aspetto, la cui parte i
Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sotto la figura di donne
di
fresco e robusto aspetto, la cui parte inferiore
sco e robusto aspetto, la cui parte inferiore terminava in una specie
di
rabesco, descrivendo coi suoi giri allungati un t
di rabesco, descrivendo coi suoi giri allungati un tronco e le radici
di
un albero. La parte superiore, senza alcun velo,
una capellatura sparsa al vento. Il loro capo era cinto da una corona
di
foglie di quercia, ed avevano in mano una scure,
atura sparsa al vento. Il loro capo era cinto da una corona di foglie
di
quercia, ed avevano in mano una scure, perchè si
è favoloso il calcolo della loro esistenza secondo molti mitologi al
di
là de’ 9000 anni non combinando colla durata degl
n certo Parebio stava per abbattere una superba quercia, la più bella
di
tutta la provincia, quando gli apparve una Ninfa,
la di tutta la provincia, quando gli apparve una Ninfa, e lo supplicò
di
non offendere quell’albero, dicendogli : « La mi
ispetta un’Amadriade alla quale tu sei debitore dei più dolci momenti
di
tua vita ; all’ombra di queste foglie incontrasti
a quale tu sei debitore dei più dolci momenti di tua vita ; all’ombra
di
queste foglie incontrasti la donna che ti rese il
morte immatura. Un altro storico narra che un certo Reco della città
di
Gnido, vide un giorno una bellissima quercia incu
Gnido, vide un giorno una bellissima quercia incurvata ed in procinto
di
cadere. Ei si determinò a puntellarla, ed appena
tellarla, ed appena ebbe terminato questo lavoro gh comparve la Ninfa
di
quell’albero, la quale dissegli che era disposta
enza l’apparato dei castighi, mettendo le foreste sotto la protezione
di
amabili divinità, molto adattate ad allontanare d
i, e dei laghi e delle paludi dette Limniadi. Le Nereidi erano figlie
di
Nereo e di Doride, le Oceanidi o Oceanitidi figli
ghi e delle paludi dette Limniadi. Le Nereidi erano figlie di Nereo e
di
Doride, le Oceanidi o Oceanitidi figlie dell’Ocea
e di Nereo e di Doride, le Oceanidi o Oceanitidi figlie dell’Oceano e
di
Teti. Sì le une che le altre erano delle famiglie
uando stavan fuori dell’acque, d’ordinario abitavano in grotte adorne
di
conchiglie e di pampini. Erano invocate per rende
ri dell’acque, d’ordinario abitavano in grotte adorne di conchiglie e
di
pampini. Erano invocate per rendere il mare propi
facevansi ; talvolta erano ad esse immolate delle capre. Dimostravano
di
avere una particolare inclinazione per gli alcion
clinazione per gli alcioni, augelli marini. Si diede un tempo il nome
di
Nereidi ad alcune principesse che abitavano delle
cio e della navigazione. Lo stesso nome fu dato altresì a certi pesci
di
mare cui supponesi la parte superiore del corpo a
supponesi la parte superiore del corpo a un dipresso simile a quello
di
una donna. Le Oceanidi, Le Nereidi, Teti, l’Ocean
ngue delle vittime nelle patere ; e se il sacrificio facevasi a bordo
di
un vascello, allora lasciavasi che il sangue dell
e della vittima colasse in mare. Una delle più distinte tra le figlie
di
Nereo fu Galatea per la sua ammirabil bianchezza,
to giovine ed avvenente pastore al deforme Ciclope. Polifemo sdegnato
di
tale preferenza, lanciò uno scoglio di enorme gro
rme Ciclope. Polifemo sdegnato di tale preferenza, lanciò uno scoglio
di
enorme grossezza sopra Aci e lo schiacciò. Galate
e si unì alle Nereidi sue sorelle. Fra le Nereidi debbesi far cenno
di
Aretusa una delle compagne di Diana. Questa Ninfa
elle. Fra le Nereidi debbesi far cenno di Aretusa una delle compagne
di
Diana. Questa Ninfa ritornando dalla caccia un gi
fa ritornando dalla caccia un giorno si fermò per riposare al margine
di
un ruscello e vedendone le acque molto limpide vo
la Ninfa non potendo più reggere dalla stanchezza implorò il soccorso
di
Diana che la cangiò in fonte. Alfeo che la ricono
abbandonò la figura della quale erasi rivestito, e ripigliando quella
di
fiume, mescolò le sue acque con quelle di Aretusa
stito, e ripigliando quella di fiume, mescolò le sue acque con quelle
di
Aretusa. Allora la casta Diana aprì la terra per
occò nell’ isola d’Ortigia vicino alla Sicilia, anzi nel porto stesso
di
Siracusa, unita alla città da un ponte, ove vedes
tana dell’isola d’Ortigia che rinchiudeva il palazzo degli antichi re
di
Siracusa. Le Naiadi dette anche Crenee e Pegee er
Ninfe che presiedevano ai fiumi ed alle riviere dalle Naiadi col nome
di
Potamidi. Le Naiadi vengono d’ordinario dipinte i
i col nome di Potamidi. Le Naiadi vengono d’ordinario dipinte in atto
di
versar l’acqua da un’ urna, oppure portanti in ma
i talvolta consistevano in capre e in agnelli immolati, con libazioni
di
vino, di mele e di olio ; e più soventi contentav
a consistevano in capre e in agnelli immolati, con libazioni di vino,
di
mele e di olio ; e più soventi contentavansi di p
vano in capre e in agnelli immolati, con libazioni di vino, di mele e
di
olio ; e più soventi contentavansi di porre sui l
on libazioni di vino, di mele e di olio ; e più soventi contentavansi
di
porre sui loro altari del latte, dei fiori e dei
o delle quali non si estendeva sino alle città. Erano chiamate figlie
di
Giove. Alcuni le contano nel numero delle sacerdo
mate figlie di Giove. Alcuni le contano nel numero delle sacerdotesse
di
Bacco, altri le fanno madri de’ Satiri. Le Naiadi
io colle braccia e le gambe ignude, appoggiate ad un’urna. Una corona
di
canne adorna la loro capellatura sulle spalle ond
acque, soggiornavano d’ordinario negli antri vicini del mare, adorni
di
fontane e d’arboscelli e di quanto poteva rendern
nario negli antri vicini del mare, adorni di fontane e d’arboscelli e
di
quanto poteva renderne piacevole la dimora. S’agg
Il color verde s’addice all’abbigliamento delle Naiadi, come a quello
di
tutte le divinità marine ed ai fiumi. Le Limniadi
resiedevano ai laghi ed agli stagni. Erano onorate anche sotto i nomi
di
Limnacidi, Limnadi, Limnee e Limniache. Come Dea
Dea dei laghi e degli stagni, invocano i pastori Diana sotto il nome
di
Limnea o Limmatide. Aracne (1) era una famosa la
di Limnea o Limmatide. Aracne (1) era una famosa lavoratrice figlia
di
un tintore chiamato Idmone, della città di Colofo
famosa lavoratrice figlia di un tintore chiamato Idmone, della città
di
Colofone nella Ionia, la quale lavorava così bene
uale lavorava così bene in ricamo, che traeva in sua casa un’infinità
di
stranieri per ammirare la bellezza delle sue oper
una tale presunzione, che osò sfidare Minerva stessa, ripromettendosi
di
sorpassarla. Accettata la sfida esse incominciaro
ambe il lavoro. Quello della Dea fu certamente bellissimo ; ma quello
di
Aracne non gli cedeva. Essa aveva rappresentato s
e trasformato in Satiro ; Leda, della quale egli abusa sotto le forme
di
cigno ; Alcmena ch’egli inganna sotto le sembianz
sotto le forme di cigno ; Alcmena ch’egli inganna sotto le sembianze
di
Anfitrione ; Proserpina ch’egli seduce sotto la f
aveva egualmente rappresentato al naturale le amorose trasformazioni
di
Nettuno, di Apolline, di Bacco e di Saturno. Il d
mente rappresentato al naturale le amorose trasformazioni di Nettuno,
di
Apolline, di Bacco e di Saturno. Il disegno ne er
entato al naturale le amorose trasformazioni di Nettuno, di Apolline,
di
Bacco e di Saturno. Il disegno ne era sì regolare
aturale le amorose trasformazioni di Nettuno, di Apolline, di Bacco e
di
Saturno. Il disegno ne era sì regolare e vedevans
pe degli Dei. Aggiungesi che la Dea portò il suo risentimento a segno
di
percuotere Aracne, il che pose in tanta disperazi
a in ragno, e sotto questa metamorfosi ella ha conservato la passione
di
filare e di far tele. Dicesi che gli Egizi per ra
e sotto questa metamorfosi ella ha conservato la passione di filare e
di
far tele. Dicesi che gli Egizi per rammentare con
rammentare continuamente al popolo l’importanza delle sue manifatture
di
tela, esponevano nelle loro feste la figura di un
delle sue manifatture di tela, esponevano nelle loro feste la figura
di
una donna avente nella mano destra il subbio, int
girano la trama della loro stoffa, e davano a quest’immagine il nome
di
Minerva che nella loro lingua indicava mestiere d
t’immagine il nome di Minerva che nella loro lingua indicava mestiere
di
tessitore. Vicino a questa figura eravi quella di
a indicava mestiere di tessitore. Vicino a questa figura eravi quella
di
un ragno, da essi chiamato Aracne, parola che sig
la ; emblemi che trasportati in Grecia hanno dato luogo alle finzioni
di
questo popolo amico del meraviglioso. Le Esper
o amico del meraviglioso. Le Esperidi Le Esperidi erano nipoti
di
Espero e figlie di Atlante e di Esperide al dir d
lioso. Le Esperidi Le Esperidi erano nipoti di Espero e figlie
di
Atlante e di Esperide al dir d’alcuno ; secondo a
Esperidi Le Esperidi erano nipoti di Espero e figlie di Atlante e
di
Esperide al dir d’alcuno ; secondo altri figlie d
te e di Esperide al dir d’alcuno ; secondo altri figlie della Notte e
di
Cherecrate, o di Forco e di Ceto. La più comune o
al dir d’alcuno ; secondo altri figlie della Notte e di Cherecrate, o
di
Forco e di Ceto. La più comune opinione si è che
cuno ; secondo altri figlie della Notte e di Cherecrate, o di Forco e
di
Ceto. La più comune opinione si è che fossero tre
chiamata Vesta. Giunone maritandosi con Giove gli diede delle piante
di
pomi che fruttavano de’ pomi d’oro. Questi pomi f
. Questi pomi furono posti nell’orto delle Esperidi sotto la custodia
di
un drago nato da Tifone e da Echidna. Quest’orrib
eneva sempre gli occhi aperti avevano una virtù sorprendente. Con uno
di
questi pomi la Discordia pose lo scompiglio fra l
rutto Ippomene raddolcì la superba Atalanta. Le Esperidi erano dotate
di
bella voce, e con frequenti metamorfosi abbagliav
ate di bella voce, e con frequenti metamorfosi abbagliavano gli occhi
di
chi le mirava. Euristeo comandò ad Ercole di port
i abbagliavano gli occhi di chi le mirava. Euristeo comandò ad Ercole
di
portarsi a prender que’ pomi. Ercole s’indirizzò
lcuni storici custodivano con molta cura o degli armenti o dei frutti
di
una grande rendita. Siccome erano belle e ancor p
za diede all’eroe i pomi ch’egli era venuto a prendere. Sotto il nome
di
pomi d’oro molti hanno intesi gli aranci ed i ced
ichi Isole Fortunate o Atlantidi, poco distanti dalla costa d’Africa,
di
cui gli antichi avevano poche nozioni e che crede
lle Esperidi fossero in vicinanza delle colonne d’Ercole oggi stretto
di
Gibilterra. Le Stagioni Gli antichi person
onumenti le quattro Stagioni sono d’ordinario simboleggiate per mezzo
di
alati fanciulli i quali hanno degli attributi par
uti particolari ad ogni Stagione. La Primavera per esempio è coronata
di
fiori e appresso lei evvi un arbusto che mette le
; tien essa da una mano nu capretto ed un agnello. L’Estate coronata
di
spiche di frumento, tiene da una mano un fascio p
sa da una mano nu capretto ed un agnello. L’Estate coronata di spiche
di
frumento, tiene da una mano un fascio pur di spic
state coronata di spiche di frumento, tiene da una mano un fascio pur
di
spiche e dall’altra una falce. L’Autunno ha nelle
ra una falce. L’Autunno ha nelle mani de’ grappoli d’uva o un paniere
di
frutti sul capo. L’Inverno ben vestito ed il capo
frutti sul capo. L’Inverno ben vestito ed il capo coperto, sta presso
di
un albero spoglio di verdura ; ei tiene da una ma
verno ben vestito ed il capo coperto, sta presso di un albero spoglio
di
verdura ; ei tiene da una mano dei frutti secchi
acquatici augelli. Le quattro Stagioni sono state espresse per mezzo
di
quattro animali : si dà alla Primavera un paniero
presse per mezzo di quattro animali : si dà alla Primavera un paniero
di
frutti ed un ariete ; all’Estate un covone di fru
la Primavera un paniero di frutti ed un ariete ; all’Estate un covone
di
frumento ed un drago ; all’Autunno, un cornucopia
n covone di frumento ed un drago ; all’Autunno, un cornucopia ripieno
di
frutti e una lucerta od un lepre, perchè è il tem
lepre, perchè è il tempo della caccia ; all’Inverno, un vaso ripieno
di
fuoco ed una salamandra. Gli antichi hanno caratt
tunno con Bacco e l’Inverno con Ercole. Tritone Tritone figlio
di
Nettuno e di Anfitrite, era un Dio marino, la cui
co e l’Inverno con Ercole. Tritone Tritone figlio di Nettuno e
di
Anfitrite, era un Dio marino, la cui figura offri
bettiere del Dio del mare ; sempre lo precedeva, annunciando l’arrivo
di
lui col suono della marina conca. Talvolta è egli
carro tirato da due cavalli turchini. Si poneva d’ordinario la figura
di
Tritone sulla sommità del tempio di Saturno. Oltr
. Si poneva d’ordinario la figura di Tritone sulla sommità del tempio
di
Saturno. Oltre l’ufficio di essere trombettiere d
igura di Tritone sulla sommità del tempio di Saturno. Oltre l’ufficio
di
essere trombettiere di Nettuno, si attribuisce a
sommità del tempio di Saturno. Oltre l’ufficio di essere trombettiere
di
Nettuno, si attribuisce a Tritone quello di calma
io di essere trombettiere di Nettuno, si attribuisce a Tritone quello
di
calmare i flutti e di far cessare le tempeste. L
ere di Nettuno, si attribuisce a Tritone quello di calmare i flutti e
di
far cessare le tempeste. La maggior parte delle
di far cessare le tempeste. La maggior parte delle divinità dei mari
di
second’ordine si dicono Tritoni e si dipingono pe
e si dicono Tritoni e si dipingono per l’ordinario con una conchiglia
di
mare in mano ; si metton loro anche delle corone
on una conchiglia di mare in mano ; si metton loro anche delle corone
di
giunchi ; e ne sono stati rappresentati anche suo
di giunchi ; e ne sono stati rappresentati anche suonando una specie
di
flauto o zampogna, e tenendo un remo nella sinist
vano Partenope, Ligea e Leucosia. Altri le fanno figlie dell’Oceàno e
di
Anfitrite. Avvi chi ne nomina quattro : Aglaosi o
attro : Aglaosi o Aglaope, Telsipia, Psinoe ed Elige facendole figlie
di
Acheloo e della Musa Tersicore. Erano compagne di
ge facendole figlie di Acheloo e della Musa Tersicore. Erano compagne
di
Proserpina e allerchè questa fu rapita da Plutone
pita da Plutone, ebbero le braccia cangiate in ali e le gambe in code
di
pesce ritenendo nel volto e nel busto la forma mu
endo nel volto e nel busto la forma muliebre ; dicesi che ottenessero
di
essere in tal guisa trasformate pel gran desideri
di essere in tal guisa trasformate pel gran desiderio che mostrarono
di
andare in traccia di Proserpina per aria, per ter
sa trasformate pel gran desiderio che mostrarono di andare in traccia
di
Proserpina per aria, per terra e per acqua ; si s
per terra e per acqua ; si sostiene da altri che Cerere in punizione
di
non aver soccorso sua figlia rapita da Plutone le
iò in uccelli. Partite dalla Sicilia andarono a stabilirsi nell’isola
di
Capri dirimpetto a Napoli o in alcune isolette co
ro parole, sarebbero elleno perite. Le incantatrici non tralasciarono
di
arrestare colla loro armonia tutti coloro che giu
essi incantati a tale, che più non pensavano al loro paese, obliavano
di
prendere cibo e morivano d’inedia. La terra di qu
loro paese, obliavano di prendere cibo e morivano d’inedia. La terra
di
que’contorni era coperta di ossami di coloro che
endere cibo e morivano d’inedia. La terra di que’contorni era coperta
di
ossami di coloro che erano in tal guisa periti. U
o e morivano d’inedia. La terra di que’contorni era coperta di ossami
di
coloro che erano in tal guisa periti. Ulisse dove
inanzi alle Sirene, e avvertito da Circe, turò colla cera le oreochie
di
tutti i suoi compagni, e si fece pei piedi attacc
pericolo cui stava per esporsi fu sì incantato de’ lusinghieri suoni
di
quelle Sirene e delle seducenti promesse che gli
i suoni di quelle Sirene e delle seducenti promesse che gli facevano,
di
insegnargli mille belle cose, che fè cenno a’ suo
evano, di insegnargli mille belle cose, che fè cenno a’ suoi compagni
di
scioglierlo, loochè essi furono guardinghi di non
cenno a’ suoi compagni di scioglierlo, loochè essi furono guardinghi
di
non eseguire. Le Sirene per quanto vien riferito
dall’oracolo che per liberarsi dai guasti della peste, era lor d’uopo
di
ristabilire la città di Partenope, tosto la riedi
erarsi dai guasti della peste, era lor d’uopo di ristabilire la città
di
Partenope, tosto la riedificarono, e le diedero i
e la città di Partenope, tosto la riedificarono, e le diedero il nome
di
Neapolis presentemente Napoli. Le Sirene dipingon
is presentemente Napoli. Le Sirene dipingonsi colla testa ed il corpo
di
donna fino alla cintura e la forma di uccello dal
ingonsi colla testa ed il corpo di donna fino alla cintura e la forma
di
uccello dalla cintura al basso ; oppure con tutto
a forma di uccello dalla cintura al basso ; oppure con tutto il corpo
di
augello e la testa di donna. Si danno loro in man
la cintura al basso ; oppure con tutto il corpo di augello e la testa
di
donna. Si danno loro in mano degli stromenti di m
di augello e la testa di donna. Si danno loro in mano degli stromenti
di
musica ; una tiene una lira, l’altra due flauti e
na terza un rotolo, come per cantare. Sono tanto discordi le opinioni
di
coloro che hanno voluto dare un’interpretazione a
lla favola delle Sirene, e sì poco verisimili, che si crede opportuno
di
non riportarne alcuna. È però fatto che le Sirene
amicizia. Avrebbero per caso i poeti avuto in mira con tale racconto
di
eccitare nelle donne il nobile sentimento dell’am
mostro che aveva dodici artigli, sei booche e sei teste ; una frotta
di
cani gli sortivano dal corpo intorno la sua cintu
l luogo ove è il famoso stretto che porta il suo nome ; ma vendicossi
di
Circe, facendo perire i vascelli di Ulisse, suo a
porta il suo nome ; ma vendicossi di Circe, facendo perire i vascelli
di
Ulisse, suo amante. Si dice che Seilla ha una voc
a sei lunghi colli e sei teste enormi, e in ciascuna testa tre ordini
di
denti che racchiudono la morte. Allorchè vede pas
attrae per farli perire. Dalla testa siuo alla cintura è una donzella
di
una bellezza seducente, pesce enorme nel rimanent
bellezza seducente, pesce enorme nel rimanente del corpo, ha una coda
di
delfino e un ventre di lupo. Credesi che Scilla f
ce enorme nel rimanente del corpo, ha una coda di delfino e un ventre
di
lupo. Credesi che Scilla fosse un naviglio dei Ti
stava le coste della Sicilia e portava su la prua la mostruosa figura
di
una donna il cui corpo era circondato di cani. Ag
la prua la mostruosa figura di una donna il cui corpo era circondato
di
cani. Aggiungesi che lo strepito delle onde frang
etuosamente nei vortici, hanno dato motivo alla favola. Cariddi nome
di
una donna voracissima che avendo rubato ad Ercole
ulminata da Giove e cangiata in una voragine vorticosa, nello stretto
di
Sicilia, che inghiottiva le navi ed i naviganti c
te d’Italia, e Cariddi dal lato della Sicilia. Quivi perirono le navi
di
Ulisse. Scilla era però alcun poco più verso il N
un poco più verso il Nord-Est e non si trovava precisamente in faccia
di
Cariddi. Quando si passava lo stretto dal Nord al
accia di Cariddi. Quando si passava lo stretto dal Nord al Sud, prima
di
entrarvi, trovavasi il vortice di Cariddi alla si
a lo stretto dal Nord al Sud, prima di entrarvi, trovavasi il vortice
di
Cariddi alla sinistra, e lo scoglio di Scilla a m
entrarvi, trovavasi il vortice di Cariddi alla sinistra, e lo scoglio
di
Scilla a mano destra. In quel tempo in cui l’arte
tra. In quel tempo in cui l’arte nautica non era portata a quel punto
di
perfezione, in cui è presentemente, quel passaggi
entemente, quel passaggio era pericolosissimo, e succedeva pur troppo
di
soventi che per evitare le terre alla sinistra, s
Cadere da Scilla a Cariddi. Non è cosa rara che bene spesso il timore
di
un male ci conduce in un peggiore. I Penati, i
si gli uni per gli altri. Si vuole da alcuni che i Lari fossero figli
di
Mercurio e di Lara ninfa del Tevere, che Mercurio
gli altri. Si vuole da alcuni che i Lari fossero figli di Mercurio e
di
Lara ninfa del Tevere, che Mercurio condusse all’
i Lara ninfa del Tevere, che Mercurio condusse all’inferno per ordine
di
Giove il quale le aveva prima fatto tagliare la l
ine di Giove il quale le aveva prima fatto tagliare la lingua in pena
di
aver manifestato a Giunone gli amori di lui colla
to tagliare la lingua in pena di aver manifestato a Giunone gli amori
di
lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorell
er manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia
di
Dauno e sorella di Turno. Li volevano inoltre fi
unone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorella
di
Turno. Li volevano inoltre figli di Giove e di L
uturna figlia di Dauno e sorella di Turno. Li volevano inoltre figli
di
Giove e di Larunda, forse la stessa che Lara. I L
ia di Dauno e sorella di Turno. Li volevano inoltre figli di Giove e
di
Larunda, forse la stessa che Lara. I Lari o Penat
e ad essi si facevano in particolare erano incenso, vino, una coperta
di
lana ed una parte dei cibi giornalieri. Vuolsi ch
anticamente tutte le anime dei morti fossero conosciute sotto il nome
di
Lemuri. Quelli che avevano cura degli abitanti de
bene e facendo ai malvagi dei mali reali, e si distinguevano col nome
di
Larve. Altre divinità degli antichi Presso
del mele o guastava gli alveari del suo vicino esponevasi allo sdegno
di
questa Divinità. Stercuzio o Stercuto o Sterculio
o Sterculio o Sterquilino era il dio del concime, che dicevasi figlio
di
Fauno e che aveva per il primo introdotta la conc
polpa delle quali ha la bianchezza del latte. Ogni uomo era in tutela
di
un Dio particolare chiamato Genio, e che lo accom
iva vino, fiori, incenso ; ma non si spargeva mai sangue in tal sorta
di
sacrifici. Presiedeva secondo gli antichi ad ogni
nde dell’umana vita erano anch’esse raccomandate a qualche Divinità ;
di
tutte queste basterà accennare le principali. Gio
na era la dea della pigrizia ; presiedeva anche al riposo della gente
di
campagna. Marcia era la dea della viltà. La Mente
comune a molti celebri Greci nell’antichità, che si recarono ad onore
di
portar un tal nome, il quale suolevasi dare anche
e colonie. La vanità greca ha attribuito ad Ercole Tebano le imprese
di
tanti altri dello stesso nome. Ercole di cui si p
ad Ercole Tebano le imprese di tanti altri dello stesso nome. Ercole
di
cui si parla in questo Compendio è appunto il Teb
era il più noto e il più venerato dai Greci e dai Romani, era figlio
di
Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Teb
noto e il più venerato dai Greci e dai Romani, era figlio di Giove e
di
Alcmena moglie di Anfitrione re di Tebe figlio di
erato dai Greci e dai Romani, era figlio di Giove e di Alcmena moglie
di
Anfitrione re di Tebe figlio di Alceo. Dal nome d
dai Romani, era figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re
di
Tebe figlio di Alceo. Dal nome dell’avo Ercole fu
a figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Tebe figlio
di
Alceo. Dal nome dell’avo Ercole fu detto Alcide e
degli Eraclidi. Giove per ingannare Alcmena si vestì delle sembianze
di
Anfitrione di lei marito mentre questi era alla g
i. Giove per ingannare Alcmena si vestì delle sembianze di Anfitrione
di
lei marito mentre questi era alla guerra di Tebe.
e sembianze di Anfitrione di lei marito mentre questi era alla guerra
di
Tebe. Giove aveva giurato che dei due bambini i q
avrebbe l’impero sopra il secondo ; Giunone sdegnata per l’infedeltà
di
Giove, si vendicò sopra il figlio, sollecitando l
fedeltà di Giove, si vendicò sopra il figlio, sollecitando la nascita
di
Euristeo, ed assicurandogli così la superiorità s
oppiati colpi e molti altri prodigi annunziarono la gloria del figlio
di
Giove. Alcmena partorì due gemelli, Ercole ed Ifi
ando in tal modo a conoscere fin dal suo nascere che era degno figlio
di
Giove. La maggior parte dei mitologi raccontano p
te dei mitologi raccontano però che Giunone la quale da’ primi giorni
di
Ercole diede strepitose prove dell’odio che gli p
che gli portava in causa della madre, mandò due orribili dragoni alla
di
lui culla per farlo divorare ; ma il fanciullo, s
si, li prese fra le mani e li pose in pezzi. Giunone per le preghiere
di
Pallade si raddolcì allora alquanto ed acconsentì
preghiere di Pallade si raddolcì allora alquanto ed acconsentì anche
di
dargli del proprio latte onde renderlo immortale.
anche di dargli del proprio latte onde renderlo immortale. Una goccia
di
questo latte che Ercole lasciò cadere, produsse q
questo fatto in altra maniera e dicono ché Alcmena temendo la gelosia
di
Giunone, non osò confessarsi madre di Ercole, e s
ché Alcmena temendo la gelosia di Giunone, non osò confessarsi madre
di
Ercole, e subito nato lo espose in mezzo di un ca
non osò confessarsi madre di Ercole, e subito nato lo espose in mezzo
di
un campo. Minerva e Giunone vi passarono poco dop
va e Giunone vi passarono poco dopo, e la prima ammirando la bellezza
di
quel fanciullo consigliò Giunone a dargli del suo
re e lasciò colà il fanciullo. Minerva lo raccolse e lo portò in casa
di
Alcmena, come una nutrice cui l’avesse raccomanda
ione, gli lanciò l’istrumento su la testa e lo uccise. Ercole divenne
di
una statura straordinaria e di una forza di corpo
u la testa e lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinaria e
di
una forza di corpo incredibile ; era anche un fam
lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinaria e di una forza
di
corpo incredibile ; era anche un famoso mangiator
o necessari due uomini per portarla : egli però non aveva bisogno che
di
una mano per valersene quando la vuotava. Datosi
er valersene quando la vuotava. Datosi per inclinazione ad un genere
di
vita aspro e faticoso, si presentò ad Euristeo, s
uesto suo procedere non fossé volontario e che da principio ricusasse
di
sottomettersi agli ordini di Euristeo. Giunoue pe
volontario e che da principio ricusasse di sottomettersi agli ordini
di
Euristeo. Giunoue per punirlo della sua disubbedi
che uccise i propri figli natigli da Megara sua prima moglie credendo
di
togliere di vita quelli di Euristeo. Ritornato in
propri figli natigli da Megara sua prima moglie credendo di togliere
di
vita quelli di Euristeo. Ritornato in sè stesso n
atigli da Megara sua prima moglie credendo di togliere di vita quelli
di
Euristeo. Ritornato in sè stesso ne fu tanto affl
litto che rinunciò al commercio degli uomini, indi consultò l’oracolo
di
Apollo che gli ordinò di sottomettersi, per lo sp
mercio degli uomini, indi consultò l’oracolo di Apollo che gli ordinò
di
sottomettersi, per lo spazio di dodici anni, agli
tò l’oracolo di Apollo che gli ordinò di sottomettersi, per lo spazio
di
dodici anni, agli ordini di Euristeo, in conformi
li ordinò di sottomettersi, per lo spazio di dodici anni, agli ordini
di
Euristeo, in conformità dei decreti di Giove ; e
io di dodici anni, agli ordini di Euristeo, in conformità dei decreti
di
Giove ; e gli annunciò che sarebbe posto nel rang
lorchè avesse compiuto i gloriosi suoi destini. Giunone eccitò contro
di
lui Euristeo. Questo principe geloso della fama d
none eccitò contro di lui Euristeo. Questo principe geloso della fama
di
Ercole e temendo di essere un giorno balzato dal
i lui Euristeo. Questo principe geloso della fama di Ercole e temendo
di
essere un giorno balzato dal trono, lo perseguitò
giorno balzato dal trono, lo perseguitò incessantemente ed ebbe cura
di
occuparlo bastantemente fuori dei suoi stati onde
occuparlo bastantemente fuori dei suoi stati onde togliergli i mezzi
di
sturbare il suo regno ; gli comandò le cose più d
e cose più dure e malagevoli dette poi dai mitologi le dodici fatiche
di
Ercole, persuaso che dovesse perire ; ma Ercole n
on gloria. Dovette primieramente combattere il terribile leone figlio
di
Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di
ovette primieramente combattere il terribile leone figlio di Tifone e
di
Echidna, che infestava i contorni di Nemea, celeb
rribile leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni
di
Nemea, celebre città dell’Acaia, e dopo avergli c
aia, e dopo avergli colle mani squarciata la gola, ne trasse la pelle
di
oui andò sempre coperto. 2.° Nel paese di Argo pu
la gola, ne trasse la pelle di oui andò sempre coperto. 2.° Nel paese
di
Argo pugnò coll’ Idra Lernea, nata da Echidna anc
ò coll’ Idra Lernea, nata da Echidna anch’essa, e che era un serpente
di
sette teste, a cui se una veniva recisa, immantin
to cignale vivo, ne fu tanto spaventato che corse a nascondersi sotto
di
un tino di bronzo. 4.° Sul monte Menalo inseguì p
vivo, ne fu tanto spaventato che corse a nascondersi sotto di un tino
di
bronzo. 4.° Sul monte Menalo inseguì per un anno
monte Menalo inseguì per un anno intiero una cerva che aveva i piedi
di
bronzo e le corna d’oro. Siccome era dedicata a D
di bronzo e le corna d’oro. Siccome era dedicata a Diana era proibito
di
ucciderla. Ercole per ubbidire ad Euristeo che la
prese viva, se la pose su le spalle e la portò a Micene. 5.° A colpi
di
freccia uccise tutti gli orribili uccelli del lag
lago Stinfalio. Essi erano mostruosi, avevano il becco e gli artigli
di
ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve n’era un g
rano mostruosi, avevano il becco e gli artigli di ferro, e pascevansi
di
càrne umana. Ve n’era un gran numero e la loro gr
i e furono quasi interamente distrutte da Ercole. 7.° Purgò le stalle
di
Augia re dell’Elide, le quali contenevano tremila
appartenere. Siccome Augia gli rifiutò il compenso malgrado il parere
di
Fileo suo figlio che lo consigliò a mantenere i p
io che lo consigliò a mantenere i patti, Ercole offeso dalla condotta
di
Augia lo uccise e nominò Fileo erede degli stati
so dalla condotta di Augia lo uccise e nominò Fileo erede degli stati
di
suo padre. 8.° Domò un furioso toro che devastava
li stati di suo padre. 8.° Domò un furioso toro che devastava l’isola
di
Creta e lo condusse legato ad Euristeo. 9.° Vinse
isola di Creta e lo condusse legato ad Euristeo. 9.° Vinse Diomede re
di
Tracia il quale pasceva i suoi cavalli di carne u
isteo. 9.° Vinse Diomede re di Tracia il quale pasceva i suoi cavalli
di
carne umana facendo loro divorare principalmente
loro divorare principalmente gli stranieri che avevano la mala sorte
di
cadere nelle sue mani. Ercole preso che ebbe Diom
po ove furono divorati da animali feroci. 10.° Uccise Gerione figlio
di
Crisaore e di Calliroe o di Nettuno creduto gener
divorati da animali feroci. 10.° Uccise Gerione figlio di Crisaore e
di
Calliroe o di Nettuno creduto generalmente re di
imali feroci. 10.° Uccise Gerione figlio di Crisaore e di Calliroe o
di
Nettuno creduto generalmente re di Spagna benchè
figlio di Crisaore e di Calliroe o di Nettuno creduto generalmente re
di
Spagna benchè alcuni lo facessero dimorare in Gre
re in Grecia, altri nelle isole Baleari, altri in Eritia isola vicino
di
Cadice. Questi era un gigante con tre corpi che f
ode delle sue mandre aveva un cane con tre teste chiamato Orto figlio
di
Echidna, ed un Dragone con sette teste. Ercole uc
ri dicono, li fe’ cogliere da Atlante ed ei frattanto sostenne invece
di
lui sulle sue spalle il cielo. 12.° Discese all’i
gato al monte Caucaso. Uccise un mostro marino al quale Esione figlia
di
Laomedonte era esposta ; e per punire Laomedonte
ire Laomedonte che gli negava i promessigli cavalli, rovesciò le mura
di
Troia e diede Esione a Telamone. Separò i due mon
. Ogni paese e specialmente le città della Grecia recavansi ad onore
di
aver servito di teatro a qualche meravigliosa di
specialmente le città della Grecia recavansi ad onore di aver servito
di
teatro a qualche meravigliosa di lui azione. Per
a recavansi ad onore di aver servito di teatro a qualche meravigliosa
di
lui azione. Per vendicarsi delle persecuzioni sus
mente ai Giuochi Olimpici per disputare il premio e non osando alcuno
di
competere con esso, Giove medesimo volle lottare
, Giove medesimo volle lottare col proprio suo figlio sotto la figura
di
un atleta ; e siccome dopo lungo combattimento, i
glio per la sua forza e valore. Ercole ebbe molte mogli e gran numero
di
amanti. Le più note sono Megara, Onfale, Iole, Ep
giovinetta Ebe che sposò in cielo. L’amore ch’ebbe per Onfale regina
di
Lidia fu sì ardente, che si vestiva da donna per
ente, che si vestiva da donna per piacerle e silava con lei. La morte
di
Ercole fu un effetto della vendetta di Nesso e de
rle e silava con lei. La morte di Ercole fu un effetto della vendetta
di
Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira era f
morte di Ercole fu un effetto della vendetta di Nesso e della gelosia
di
Deianira. Deianira era figlia di Oeneo, ed Ercole
la vendetta di Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira era figlia
di
Oeneo, ed Ercole per ottenerla in moglie dovè com
ella sposa e nel passare il fiume Eveno, il centauro Nesso si offerse
di
portarla sul dosso sull’altra ripa, al che Ercole
per un’altra, o che se l’avesse abbandonata avrebb’essa avuto potere
di
farlo ritornare a lei. Deianira troppo credula, i
farlo ritornare a lei. Deianira troppo credula, informata degli amori
di
suo marito con Iole, mandò a lui la fatal camicia
in dosso, che sentissi subito ardere da un crudel fuoco, ed il veleno
di
cui essa era infettata gli penetrò fino entro le
sa era infettata gli penetrò fino entro le ossa. Tentò egli ma invano
di
levarsi la mortifera tunica, poichè erasi attacca
inava il suo fine, alzò un rogo sul monte Oeta, vi stese la sua pelle
di
leone, vi si coricò sopra, si pose la mazza sotto
si coricò sopra, si pose la mazza sotto il capo e ordinò a Filottete
di
appiccarvi il fuoco e di aver cura delle sue cene
la mazza sotto il capo e ordinò a Filottete di appiccarvi il fuoco e
di
aver cura delle sue ceneri. Appena fu acceso il r
iducesse tutto in cenere in un istante, onde purificare ciò che v’era
di
mortale in Ercole. Giove lo innalzò al cielo e lo
negletto. Sui monumenti viene ordinariamente rappresentato coi tratti
di
uomo forte e robusto, e con una mazza o clava in
ualche volta sopra un braccio ed anche sopra la testa. Vedesi pure ma
di
rado con l’arco e col turcasso ; ora barbuto e mo
e col turcasso ; ora barbuto e molte volte senza barba. La più bella
di
tutte le sue statue l’Ercole farnese ora in Napol
e le sue statue l’Ercole farnese ora in Napoli lo rappresenta in atto
di
riposarsi sopra la clava, vestito colla parte sup
rte superiore della pelle del leone. Alcune volte si dipinge coronato
di
foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli era con
ore della pelle del leone. Alcune volte si dipinge coronato di foglie
di
pioppo bianco. Quest’albero gli era consacrato, p
nella terra aveva preso radice, ed era divenuta un albero. Ilo figlio
di
lui e di Deianira sposò Iolea, ma Euristeo serban
ra aveva preso radice, ed era divenuta un albero. Ilo figlio di lui e
di
Deianira sposò Iolea, ma Euristeo serbando verso
assalirvelo, ma ucciso da Ilo medesimo in un combattimento, il regno
di
Micene passò ad Atreo figlio di Pelope e padre di
edesimo in un combattimento, il regno di Micene passò ad Atreo figlio
di
Pelope e padre di Agamennone ; e soltanto dopo un
attimento, il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope e padre
di
Agamennone ; e soltanto dopo un secolo circa gli
a gli Eraclidi riuscirono a stabilirsi nel Peloponneso impadronendosi
di
Argo, di Sparta, di Micene e di Corinto sotto il
clidi riuscirono a stabilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo,
di
Sparta, di Micene e di Corinto sotto il comando d
irono a stabilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta,
di
Micene e di Corinto sotto il comando di un capo E
ilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta, di Micene e
di
Corinto sotto il comando di un capo Etolio. Dalle
ronendosi di Argo, di Sparta, di Micene e di Corinto sotto il comando
di
un capo Etolio. Dalle tante gesta di Ercole e dal
ne e di Corinto sotto il comando di un capo Etolio. Dalle tante gesta
di
Ercole e dalle diverse epoche in cui si raccontan
ono a ragione sì i Romani che i Greci e dietro essi i moderni che più
di
un Ercole vi avesse come si è già detto e che cia
azione vantasse il suo, e che tutte poi attribuite fossero le imprese
di
tanti Ercoli al figlio di Alcmena e di Giove che
che tutte poi attribuite fossero le imprese di tanti Ercoli al figlio
di
Alcmena e di Giove che si rendette così il più ce
attribuite fossero le imprese di tanti Ercoli al figlio di Alcmena e
di
Giove che si rendette così il più celebre tra i S
tutta la scienza mitologica, al culto antico cioè della natura, fece
di
Ercole un essere allegorico che al par di Bacco,
ico cioè della natura, fece di Ercole un essere allegorico che al par
di
Bacco, di Giove, di Esculapio e di tante altre de
ella natura, fece di Ercole un essere allegorico che al par di Bacco,
di
Giove, di Esculapio e di tante altre deità, non v
a, fece di Ercole un essere allegorico che al par di Bacco, di Giove,
di
Esculapio e di tante altre deità, non vuol signif
le un essere allegorico che al par di Bacco, di Giove, di Esculapio e
di
tante altre deità, non vuol significare altro che
ità, non vuol significare altro che il sole. L’universalità del culto
di
Ercole, l’antichità de’ suoi templi di Fenicia, d
sole. L’universalità del culto di Ercole, l’antichità de’ suoi templi
di
Fenicia, di Egitto, quivi innalzatigli prima che
ersalità del culto di Ercole, l’antichità de’ suoi templi di Fenicia,
di
Egitto, quivi innalzatigli prima che le colonie d
templi di Fenicia, di Egitto, quivi innalzatigli prima che le colonie
di
que’ due paesi andassero a popolare la Grecia, i
o Ercole che tutti convengono al sole formano il principal fondamento
di
questo sistema. La perfeta analogia che passa tr
ole nello zodiaco è uno de’ più forti appoggi del sistema astronomico
di
Ercole considerato come il sole. I sostenitori de
rcole considerato come il sole. I sostenitori del sistema astronomico
di
Ercole asseriscono che non solo all’estremità del
ella ancora del ponte Eusino scorgevansi due colonne dette egualmente
di
Ercole volendo indicare colle une e colle altre i
Ercole volendo indicare colle une e colle altre il termine dei viaggi
di
questo eroe verso occidente ; e che due altari ve
vedono espressi chiaramente in esse i due termini naturali del corso
di
quel grande astro il quale ogni giorno trascorre
utto ciò che abbiamo qui brevemente accennato sul sistema astronomico
di
Ercole si troverà diffusamente esposto in vari es
ico di Ercole si troverà diffusamente esposto in vari estesi trattati
di
mitologia. Prometeo Il più antico de’ Semi
tologia. Prometeo Il più antico de’ Semidei fu Prometeo figlio
di
Giapeto uno de’ Titani e di Asia figlia dell’Ocea
più antico de’ Semidei fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani e
di
Asia figlia dell’Oceano. Egli fu che formò i prim
Titani e di Asia figlia dell’Oceano. Egli fu che formò i primi uomini
di
terra e di acqua. Minerva, ammirando la bellezza
Asia figlia dell’Oceano. Egli fu che formò i primi uomini di terra e
di
acqua. Minerva, ammirando la bellezza dell’opera
uomini di terra e di acqua. Minerva, ammirando la bellezza dell’opera
di
Prometeo, gli fece l’offerta di dargli tutto quel
rva, ammirando la bellezza dell’opera di Prometeo, gli fece l’offerta
di
dargli tutto quello che poteva contribuire a perf
contribuire a perfezionarla. Prometeo le disse che avrebbe desiderato
di
scorrere egli medesimo le celesti regioni per sce
tua anima e vita. Adirato Giove per questo attentato ordinò a Vulcano
di
formare una bellissima donna, di cui è già parlat
er questo attentato ordinò a Vulcano di formare una bellissima donna,
di
cui è già parlato all’articolo Vulcano stesso. Gl
già parlato all’articolo Vulcano stesso. Gli Dei la ricolmarono tutti
di
doni per cui fu detta Pandora e la mandarono a Pr
n una scatola che conteneva tutti i mali. Prometeo ebbe l’avvedutezza
di
ricusare il dono temendo di un inganno, ed Epimét
tutti i mali. Prometeo ebbe l’avvedutezza di ricusare il dono temendo
di
un inganno, ed Epiméteo suo fratello accolse liet
atello accolse lietamente il dono e sposò Pandora contro il consiglio
di
Prometeo che detto gli aveva di rifiutare qualunq
o e sposò Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto gli aveva
di
rifiutare qualunque presente gli venisse da Giove
gli aveva di rifiutare qualunque presente gli venisse da Giove. L’ira
di
Giove nel veder che Prometeo era sfuggito a quest
dinò immantinente a Mercurio secondo alcuni, a Vulcano secondo altri,
di
incatenare Prometeo sul monte Caucaso, ove un avo
e trovasi il monte Cuacaso, e donde non potè sortire durante il regno
di
Giove. Il dispiacere di condurre una vita miserab
so, e donde non potè sortire durante il regno di Giove. Il dispiacere
di
condurre una vita miserabile in un paese selvaggi
rre una vita umana, e per questo si è forse detto che coll’assistenza
di
Minerva aveva formato l’uomo. Deucalione D
enza di Minerva aveva formato l’uomo. Deucalione Deucalione re
di
Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito di Pir
mato l’uomo. Deucalione Deucalione re di Tessaglia, era figlio
di
Prometeo e marito di Pirra figlia di Epimeteo e d
lione Deucalione re di Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito
di
Pirra figlia di Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fe
ione re di Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia
di
Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì
saglia, era figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia di Epimeteo e
di
Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì perire tutti g
Tutta la superficie della terra fu inondata dalle acque ad eccezione
di
una sola montagna della Focide, il monte Parnaso,
che si furono le acque andarono i due coniugi a consultare l’oracolo
di
Temi sul modo di ripopolare la terra e n’ebbero i
acque andarono i due coniugi a consultare l’oracolo di Temi sul modo
di
ripopolare la terra e n’ebbero in risposta che si
nte Otri in Tessaglia, si ritirò sul Parnaso per sottrarsi al diluvio
di
Deucalione e fu cangiato in uccello dalle Ninfe d
ttrarsi al diluvio di Deucalione e fu cangiato in uccello dalle Ninfe
di
quella montagna, o secondo altri, trasformato in
nfe di quella montagna, o secondo altri, trasformato in quella specie
di
scarabeo che ha le corna. La favola di Deucalion
trasformato in quella specie di scarabeo che ha le corna. La favola
di
Deucalione e di Pirra è fondata su la storia. Sot
quella specie di scarabeo che ha le corna. La favola di Deucalione e
di
Pirra è fondata su la storia. Sotto il regno di D
avola di Deucalione e di Pirra è fondata su la storia. Sotto il regno
di
Deucalione re di Tessaglia, il corso del fiume Pe
ne e di Pirra è fondata su la storia. Sotto il regno di Deucalione re
di
Tessaglia, il corso del fiume Peneo fu fermato da
ato da un terremoto nel luogo ove questo fiume ingrossato dalle acque
di
quattro altri va a scaricarsi nel mare. In quell’
. Le pietre misteriose che ripopolarono il paese furono forse i figli
di
quelli che si salvarono dall’inondazione. Deucali
e ebbe da Pirra due figli. Elleno che alcuni mitologi chiamano figlio
di
Giove, ed Anfittione che regnò nell’Attica. Ebbe
glia per nome Protogenea la quale fu amata da Giove che la rese madre
di
Etlio. L’epoca del diluvio di Deucalione dovrebbe
ale fu amata da Giove che la rese madre di Etlio. L’epoca del diluvio
di
Deucalione dovrebbe essere verso l’anno 1560 avan
ssere verso l’anno 1560 avanti l’era volgare. Perseo Perseo re
di
Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità
seo re di Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità era figlio
di
Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Ar
rgolide uno de’ più famosi eroi della antichità era figlio di Giove e
di
Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio
mosi eroi della antichità era figlio di Giove e di Danae unica figlia
di
Acrisio re di Argo. Acrisio era figlio di Abante
a antichità era figlio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re
di
Argo. Acrisio era figlio di Abante ed aveva un fr
ove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio era figlio
di
Abante ed aveva un fratello chiamato Preto ch’egl
ndo Acrisio inteso dall’oracolo ch’ei sarebbe stato ucciso dal figlio
di
Danae, la fece chiudere in una torre di bronzo, o
rebbe stato ucciso dal figlio di Danae, la fece chiudere in una torre
di
bronzo, ove la tenne ben custodita risoluto di no
chiudere in una torre di bronzo, ove la tenne ben custodita risoluto
di
non maritarla mai. Giove però cambiato in pioggia
le che regnò tra i due fratelli. Conscio che fu Acrisio della nascita
di
Perseo fecelo esporre colla madre in una sdruscit
sua speranza perchè il naviglio fu trasportato sulle coste dell’isola
di
Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo e raccolta
se cortesemente la madre e diede il fanciullo ai sacerdoti del tempio
di
Minerva perchè lo educassero. Perseo divenne gran
divenne grande e vigoroso e siccome Polidete lo temeva e proponevasi
di
sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di all
vigoroso e siccome Polidete lo temeva e proponevasi di sedurre Danae
di
cui era innamorato, cercò di allontanarlo dalla s
lo temeva e proponevasi di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò
di
allontanarlo dalla sua corte. Finse Polidete di v
era innamorato, cercò di allontanarlo dalla sua corte. Finse Polidete
di
voler dare un pranzo ai suoi amici purchè ciascun
invitò. Perseo perchè sapeva che non ne aveva. Questo giovine ardente
di
far prova del suo coraggio offerse di portargli i
e aveva. Questo giovine ardente di far prova del suo coraggio offerse
di
portargli invece del cavallo la testa di Medusa,
ova del suo coraggio offerse di portargli invece del cavallo la testa
di
Medusa, una delle tre Gorgoni, la sola che fosse
elle tre Gorgoni, la sola che fosse mortale ; cui Pallade per punirla
di
aver amoreggiato con Nettuno nel suo tempio aveva
Mercurio gli prestò le ali ed i talari alati ; Vulcano una scimitarra
di
diamanti fatta a forma di falce ; Plutone l’elmo
ed i talari alati ; Vulcano una scimitarra di diamanti fatta a forma
di
falce ; Plutone l’elmo che rendeva invisibile chi
invisibile chi lo portava, e Pallade uno scudo che risplendeva ad uso
di
specchio. Armato in tal guisa ed assistito da Min
isa ed assistito da Minerva partì, vinse le Gorgoni e tagliò la testa
di
Medusa che portò seco. Volando sempre in balía de
er quella notte soltanto al re Atlante facendosi conoscere per figlio
di
Giove. Atlante rammentandosi di un oracolo antico
tlante facendosi conoscere per figlio di Giove. Atlante rammentandosi
di
un oracolo antico che gli aveva annunciato di dif
. Atlante rammentandosi di un oracolo antico che gli aveva annunciato
di
diffidarsi di un figlio di Giove che gli avrebbe
entandosi di un oracolo antico che gli aveva annunciato di diffidarsi
di
un figlio di Giove che gli avrebbe un giorno rapi
un oracolo antico che gli aveva annunciato di diffidarsi di un figlio
di
Giove che gli avrebbe un giorno rapiti i più bei
scacciò. Perseo non potendosi misurare con Atlante che era un gigante
di
una enorme altezza, lo punì convertendolo nel mon
punì convertendolo nel monte dello stesso nome presentendogli il capo
di
Medusa, e gli rapì i pomi da lui accuratamente gu
le Nereidi, che l’avevano prima legata nuda ad uno scoglio per ordine
di
Giunone e per espiare il delitto della propria ma
iunone e le Nereidi. Perseo la salvò uccidendo il mostro. Cefeo padre
di
Andromeda e la madre di lei Cassiopea accolsero c
seo la salvò uccidendo il mostro. Cefeo padre di Andromeda e la madre
di
lei Cassiopea accolsero colla più grande gioia Pe
ore della figlia e gliela accordarono in isposa. Ebbe nondimeno prima
di
averla a combattere contro Fineo fratello di Cefe
sa. Ebbe nondimeno prima di averla a combattere contro Fineo fratello
di
Cefeo cui Andromeda era stata innanzi promessa ;
meda era stata innanzi promessa ; e dopo aver uccisi vari delle genti
di
Fineo, scoprendo il capo di Medusa pietrificò tut
ssa ; e dopo aver uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo
di
Medusa pietrificò tutti gli altri con Fineo medes
sata ch’ebbe Andromeda Perseo tornò in Grecia. Pietrificò col teschio
di
Medusa Preto che aveva scacciato Acrisio dal regn
icò col teschio di Medusa Preto che aveva scacciato Acrisio dal regno
di
Argo, convertì pure in pietra Polidete che invidi
di Argo, convertì pure in pietra Polidete che invidioso della gloria
di
lui cercava ogni mezzo di diffamarlo ed inquietav
pietra Polidete che invidioso della gloria di lui cercava ogni mezzo
di
diffamarlo ed inquietava con ogni sorta di violen
di lui cercava ogni mezzo di diffamarlo ed inquietava con ogni sorta
di
violenze Danae, e per ultimo trasmutò in sasso lo
ntrastare il passaggio pe’ suoi stati. Posto sul trono Ditti fratello
di
Polidete, restituì a Mercurio le ali e i talari,
spada ed a Pallade lo scudo ; e siccome aveva dei particolari doveri
di
riconoscenza verso quest’ultima, le fece dono del
i doveri di riconoscenza verso quest’ultima, le fece dono della testa
di
Medusa ch’essa non mise su lo scudo ma su l’egida
trezza nel lanciare il disco da lui inventato e che ebbe la disgrazia
di
uccidere innocentemente Acrisio con un colpo di p
che ebbe la disgrazia di uccidere innocentemente Acrisio con un colpo
di
piastrella, verificandosi in tal modo quanto avev
a Perseo per la morte del suo avolo gli fece abbandonare il soggiorno
di
Argo e andò a fabbricare una nuova città denomina
cielo e collocati fra le costellazioni. Atlante Atlante figlio
di
Giove e di Climene, gigante di grandezza e di for
locati fra le costellazioni. Atlante Atlante figlio di Giove e
di
Climene, gigante di grandezza e di forza straordi
lazioni. Atlante Atlante figlio di Giove e di Climene, gigante
di
grandezza e di forza straordinaria era re di Maur
ante Atlante figlio di Giove e di Climene, gigante di grandezza e
di
forza straordinaria era re di Mauritania oggi sta
ve e di Climene, gigante di grandezza e di forza straordinaria era re
di
Mauritania oggi stato di Marocco. Divenne celebre
di grandezza e di forza straordinaria era re di Mauritania oggi stato
di
Marocco. Divenne celebre per le sue cognizioni as
Esperidi in cui si conservavano i pomi d’oro. Avvertito dall’oracolo
di
guardarsi da un figlio di Giove, si decise a non
vavano i pomi d’oro. Avvertito dall’oracolo di guardarsi da un figlio
di
Giove, si decise a non ricevere più alcuno in cas
pitalità, n’ebbe tanto sdegno, che facendo vedere ad Atlante la testa
di
Medusa, converselo in una così alta montagna, che
scoprirne la sommità. Atlante si rappresenta per l’ordinario in atto
di
sostenere un globo colla testa, il collo e le spa
Eudosia o Endora, Pasitoe, Coronide, Polisso, Fileto e Tienea sorelle
di
la che venne divorato da un leone. Fu tanto il do
enne divorato da un leone. Fu tanto il dolore che provarono le figlie
di
Atlante per la morte del loro fratello e sparsero
e in cielo da Giove e convertite in astri, per sottrarle alla collera
di
Giunone che voleva punirle delle cure da esse avu
vute per educare Bacco. La costellazione formata dalle Iadi è foriera
di
pioggia e di cattivo tempo. Questa costellazione
are Bacco. La costellazione formata dalle Iadi è foriera di pioggia e
di
cattivo tempo. Questa costellazione nomasi da alc
Ia dal nome del fratello delle Iadi. Fanno alcuni queste Ninfe figlie
di
Cadmo. Altri pretendono che le figlie di Atlante
o alcuni queste Ninfe figlie di Cadmo. Altri pretendono che le figlie
di
Atlante dette Atlantidi non fossero che sette det
ritoo, Ippolito, Fedra e i Centauri Teseo nacque in Trezene città
di
Morea o in Tracline di Tessaglia, come vogliono a
e i Centauri Teseo nacque in Trezene città di Morea o in Tracline
di
Tessaglia, come vogliono alcuni, da Etra figlia d
gliono alcuni, da Etra figlia del re Pitteo, la quale fu moglie prima
di
Nettuno, poscia di Egeo re di Atene, onde fu Tese
tra figlia del re Pitteo, la quale fu moglie prima di Nettuno, poscia
di
Egeo re di Atene, onde fu Teseo riguardato da alc
del re Pitteo, la quale fu moglie prima di Nettuno, poscia di Egeo re
di
Atene, onde fu Teseo riguardato da alcuni figlio
poscia di Egeo re di Atene, onde fu Teseo riguardato da alcuni figlio
di
quel Dio, da altri di Egeo. Teseo vantavasi di na
tene, onde fu Teseo riguardato da alcuni figlio di quel Dio, da altri
di
Egeo. Teseo vantavasi di nascere da Nettuno. Qual
rdato da alcuni figlio di quel Dio, da altri di Egeo. Teseo vantavasi
di
nascere da Nettuno. Qualunque siasi la sua origin
i nascere da Nettuno. Qualunque siasi la sua origine diede egli segni
di
straordinario valore e marciò su le orme di Ercol
origine diede egli segni di straordinario valore e marciò su le orme
di
Ercole ; fu ammesso tra i Semidei e creduto il ma
su le orme di Ercole ; fu ammesso tra i Semidei e creduto il maggiore
di
essi dopo Ercole. Fu sempre nemico del vizio. Pur
pericoli che avrebbe corso in tale difficile impresa coll’assistenza
di
Arianna figlia di Minosse innamoratasi di lui. Uc
bbe corso in tale difficile impresa coll’assistenza di Arianna figlia
di
Minosse innamoratasi di lui. Ucciso che ebbe il M
ile impresa coll’assistenza di Arianna figlia di Minosse innamoratasi
di
lui. Ucciso che ebbe il Minotauro tornò ad Atene
d Atene ove riformò le leggi e stabilì alcune feste. Rinnovò in onore
di
Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole aveva rinn
dei Centauri, alla conquista del toson d’oro, alla caccia del cignale
di
Calidona e secondo alcuni alle due guerre di Tebe
alla caccia del cignale di Calidona e secondo alcuni alle due guerre
di
Tebe. Rapì alcune donne fra le quali Elena, Arian
aveva avuto da Antiope o Ippolita un figlio chiamato Ippolito. Fedra
di
lui matrigna furiosa perchè non aveva voluto corr
matrigna furiosa perchè non aveva voluto corrispondere alla criminosa
di
lei passione lo accusò al padre di aver attentato
oluto corrispondere alla criminosa di lei passione lo accusò al padre
di
aver attentato al di lei onore ; Teseo troppo cre
lla criminosa di lei passione lo accusò al padre di aver attentato al
di
lei onore ; Teseo troppo credulo abbandonò il fig
al di lei onore ; Teseo troppo credulo abbandonò il figlio al furore
di
Nettuno, il quale fece sortire dal mare un mostro
tuno, il quale fece sortire dal mare un mostro che spaventò i cavalli
di
Ippolito mentre questi se ne giva verso il mare,
ed Ippolito strascinato per le rupi morì miseramente. Alle preghiere
di
Diana Esculapio lo risuscitò e questa Dea lo conv
iusta morte del figlio, non ebbe da quel momento più pace. Il ritorno
di
Teseo in patria fu prima fatale ad Egeo. Questi g
iglio estinto, per duolo affogossi nel mare, che da lui prese il nome
di
mar Egeo ora Arcipelago. Ribellatisi finalmente i
mar Egeo ora Arcipelago. Ribellatisi finalmente i suoi sudditi contro
di
lui e vedendosi disprezzato dagli Ateniesi, Teseo
a il re Licomede geloso della sua fama, lo fece precipitare dall’alto
di
una rupe ove lo aveva attirato sotto pretesto di
recipitare dall’alto di una rupe ove lo aveva attirato sotto pretesto
di
fargli vedere le circostanti campagne. Alcuni sec
lzarono un tempio, in cui gli facevano dei sacrifici. Siccome il nome
di
Teseo risonava altamente per tutta la Grecia, Pir
tta la Grecia, Piritoo figlio d’Issione re de’ Lapiti o secondo altri
di
Giove e di Melata moglie di Issione, invidioso de
ia, Piritoo figlio d’Issione re de’ Lapiti o secondo altri di Giove e
di
Melata moglie di Issione, invidioso della gloria
o d’Issione re de’ Lapiti o secondo altri di Giove e di Melata moglie
di
Issione, invidioso della gloria di lui, venne col
altri di Giove e di Melata moglie di Issione, invidioso della gloria
di
lui, venne colle sue genti nell’Attica per provar
nsero colla più ferma amicizia. Giovò assaissimo a Piritoo l’amicizia
di
Teseo nella pugna che egli ebbe contro i Centauri
Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia
di
Enomao invitato i Centauri, Folo lor capo tentò d
n Ippodamia figlia di Enomao invitato i Centauri, Folo lor capo tentò
di
rapirgliela ; ma coll’aiuto di Teseo i Centauri f
vitato i Centauri, Folo lor capo tentò di rapirgliela ; ma coll’aiuto
di
Teseo i Centauri furono debellati e Ippodamia ad
a ad essi ritolta. S’invogliò poscia Piritoo d’aver Proserpina figlia
di
Cerere e moglie di Plutone, e pregò Teseo a voler
S’invogliò poscia Piritoo d’aver Proserpina figlia di Cerere e moglie
di
Plutone, e pregò Teseo a voler seco scendere nell
o fu divorato dal can Cerbero, e Teseo condannato a seder immobile su
di
un sasso, finchè ne venne liberato da Ercole. Vuo
iberato da Ercole. Vuolsi da molti che questa Proserpina fosse moglie
di
Edomo re dell’Epiro, per toglier la quale essendo
i e mezzo cavalli abitavano un paese della Tessaglia. Andavano armati
di
clava ed erano destri nell’uso dell’arco. Variano
ed erano destri nell’uso dell’arco. Variano le opinioni su l’origine
di
questi mostri favolosi. Ecco ciò che narrasi rigu
riguardo all’accidente che ha dato l’idea dei Centauri. Una quantità
di
buoi o di tori divenuti furiosi devastavano le te
all’accidente che ha dato l’idea dei Centauri. Una quantità di buoi o
di
tori divenuti furiosi devastavano le terre vicine
he avevano pei primi addestrati in que’paesi dei cavalli si proposero
di
liberare la montagna da quegli animali e vi riesc
. Narrasi pure che i Centauri essendo la maggior parte parenti del re
di
Tessaglia, vollero partecipare alla successione d
rte parenti del re di Tessaglia, vollero partecipare alla successione
di
lui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il d
lero partecipare alla successione di lui ; ed avendo Piritoo ricusato
di
dividere il dominio con loro, essi gli mossero gu
ostilità d’ambe le parti, il giovine principe fece alcune trattative
di
pace con essi, pace che non durò lunga pezza ; im
zza ; imperciocchè avendoli invitati alle sue nozze essi risolvettero
di
rapire Ippodamia sposa di lui e le altre donne ch
i invitati alle sue nozze essi risolvettero di rapire Ippodamia sposa
di
lui e le altre donne che assistevano a questa fes
a questa festa. Ercole, Teseo e gli altri Lapiti vendicarono l’onore
di
Piritoo e fecero grandissima strage de’Centauri.
furono Cauma, Chirone, Eurito, Amico, Folo ed Anfione. Dagli scritti
di
alcuni autori e da varie opere di antichi artisti
ico, Folo ed Anfione. Dagli scritti di alcuni autori e da varie opere
di
antichi artisti come bassirilievi, sculture, ecc.
che delle Centauresse. Cadmo Cadmo principe Fenicio, fondatore
di
Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re di Fenic
o Cadmo principe Fenicio, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio
di
Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o secondo a
incipe Fenicio, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re
di
Fenicia e di Telefassa, o secondo altri di Argiop
o, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re di Fenicia e
di
Telefassa, o secondo altri di Argiope o Agriope,
, era figlio di Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o secondo altri
di
Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo pad
Telefassa, o secondo altri di Argiope o Agriope, e nipote, per parte
di
suo padre, di Nettuno e di Libia. Europa sua sore
secondo altri di Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo padre,
di
Nettuno e di Libia. Europa sua sorella essendo st
di Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo padre, di Nettuno e
di
Libia. Europa sua sorella essendo stata rapita da
orava la qualità del rapitore, ordinò a Cadmo e agli altri suoi figli
di
andarne in traccia per ogni parte e di non ritorn
Cadmo e agli altri suoi figli di andarne in traccia per ogni parte e
di
non ritornare senza di lei. Cadmo, dopo molti via
i figli di andarne in traccia per ogni parte e di non ritornare senza
di
lei. Cadmo, dopo molti viaggi, avendo perduta la
re senza di lei. Cadmo, dopo molti viaggi, avendo perduta la speranza
di
trovarla, risolvette di stabilirsi nella Grecia.
dopo molti viaggi, avendo perduta la speranza di trovarla, risolvette
di
stabilirsi nella Grecia. Egli consultò quindi l’o
risolvette di stabilirsi nella Grecia. Egli consultò quindi l’oracolo
di
Apolline e n’ebbe in risposta : « Troverai in un
na città nel pascolo ove essa si fermerà : darai a quel paese il nome
di
Beozia. » Cadmo appena sortito dall’antro di Apol
rai a quel paese il nome di Beozia. » Cadmo appena sortito dall’antro
di
Apollo incontrò la giovenca. Ei la seguì, e allor
e aveva in custodia questo luogo li divorò tutti. Cadmo per consiglio
di
Minerva attaccò il drago e lo uccise. Ne seminò i
enti dai quali nacquero degli uomini che si uccisero immantinenti tra
di
loro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbr
ra di loro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbricare la città
di
Tebe nel luogo appunto ove lo condusse la giovenc
ricare la città di Tebe nel luogo appunto ove lo condusse la giovenca
di
cui aveva parlato l’oracolo. Per conciliare la fa
veva parlato l’oracolo. Per conciliare la favola che dice che le mura
di
Tebe furono innalzate dall’armonia della lira di
che dice che le mura di Tebe furono innalzate dall’armonia della lira
di
Anfione, prentendono alcuni che Cadmo non abbia f
non abbia fondata che una cittadella, la quale pigliò da lui il nome
di
Cadmea e ch’egli abbia gettato soltanto le fondam
leggi per far regnare la pace tra gli abitanti. Sposò Ermione figlia
di
Marte e di Venere, chiamata Armonia da alcuni mit
far regnare la pace tra gli abitanti. Sposò Ermione figlia di Marte e
di
Venere, chiamata Armonia da alcuni mitologi. Ques
Questo maritaggio ebbe felicissimi principii. Cadmo si vedeva genero
di
due grandi divinità e amato del pari che rispetta
nità e amato del pari che rispettato da’suoi sudditi ; egli era padre
di
un figlio chiamato Polidoro e di quattro bellissi
ato da’suoi sudditi ; egli era padre di un figlio chiamato Polidoro e
di
quattro bellissime fanciulle Ino, Agave, Autonoe
o tale felicità. Questa Dea non poteva obliare che Cadmo era fratello
di
Europa, sua rivale. La prima sciagura ch’ella gli
sua rivale. La prima sciagura ch’ella gli cagionò, si fu la disgrazia
di
Atteone figlio di Autonoe. Semele fu uccisa dal f
ma sciagura ch’ella gli cagionò, si fu la disgrazia di Atteone figlio
di
Autonoe. Semele fu uccisa dal fulmine di Giove ;
disgrazia di Atteone figlio di Autonoe. Semele fu uccisa dal fulmine
di
Giove ; Penteo, figlio di Agave, fu lacerato dall
io di Autonoe. Semele fu uccisa dal fulmine di Giove ; Penteo, figlio
di
Agave, fu lacerato dalle Baccanti ; Ino divenuta
le Baccanti ; Ino divenuta furiosa si precipitò nel mare. La famiglia
di
Polidoro non ebbe miglior fortuna ; questo princi
amiglia di Polidoro non ebbe miglior fortuna ; questo principe fu avo
di
Laio, ucciso da Edipo suo proprio figlio. Cadmo c
no tante sciagure avvenute nella sua famiglia, abbandonò il soggiorno
di
Tebe e dopo aver lungamente errato in diversi pae
essi entrambi dal peso degli anni e delle sventure, pregarono gli Dei
di
porre fine alla loro vita, e tosto furono cangiat
dell’alfabeto. Castore e Polluce Castore e Polluce erano figli
di
Giove e di Leda e fratelli di Elena e di Clitenne
to. Castore e Polluce Castore e Polluce erano figli di Giove e
di
Leda e fratelli di Elena e di Clitennestra. Così
lluce Castore e Polluce erano figli di Giove e di Leda e fratelli
di
Elena e di Clitennestra. Così raccontansi le circ
astore e Polluce erano figli di Giove e di Leda e fratelli di Elena e
di
Clitennestra. Così raccontansi le circostanze del
e e Clitennestra, tutti e due mortali, era stato fecondato da Tindaro
di
lei marito ; l’altro fecondato da Giove produsse
da Giove produsse Polluce ed Elena che partecipavano dell’immortalità
di
colui da cui traevan la loro origine. I due frate
te si amavano che uno non abbandonava mai l’altro. Si accinsero prima
di
tutto a purgar l’Arcipelago dai pirati che lo inf
a rapita da Teseo. Caddero però in breve anch’essi nello stesso fallo
di
cui avevan voluto punire quell’eroe. Rapirono ess
el regno de’morti tutto il tempo che Castore resterebbe sulla terra ;
di
maniera che vivevano e morivano alternativamente
he vivevano e morivano alternativamente ogni giorno o, secondo altri,
di
sei in sei mesi. I Greci li ammisero tra il numer
elli uno de’dodici segni dello zodiaco. Ebbero amendue il nome comune
di
Dioscuri ossia figli di Giove, e di Tindaridi oss
dello zodiaco. Ebbero amendue il nome comune di Dioscuri ossia figli
di
Giove, e di Tindaridi ossia figli di Tindaro ; ed
co. Ebbero amendue il nome comune di Dioscuri ossia figli di Giove, e
di
Tindaridi ossia figli di Tindaro ; ed i navigator
e comune di Dioscuri ossia figli di Giove, e di Tindaridi ossia figli
di
Tindaro ; ed i navigatori come si è già detto li
ogo, poeta, celebre cantore, viaggiatore e guerriero. Esso era figlio
di
Oeagro o Eagro re di Tracia e della musa Calliope
antore, viaggiatore e guerriero. Esso era figlio di Oeagro o Eagro re
di
Tracia e della musa Calliope. Per dare maggior sp
sa Calliope. Per dare maggior splendore alla sua nascita e ai talenti
di
lui venne in seguito pubblicato ch’egli era figli
ta e ai talenti di lui venne in seguito pubblicato ch’egli era figlio
di
Apollo e della musa Clio e questa opinione adotta
generale. Narrasi che Apollo, o secondo altri, Mercurio gli fece dono
di
una cetra cui egli aggiunse due eorde alle sette
e ch’ei seppe porre in uso onde raddolcire i feroci costumi dei Traci
di
que’tempi, e ridurli dalla vita selvatica alle do
teologo, giuns’egli ben tosto a possedere simultaneamente la dignità
di
pontefice e quella di re, dignità per la quale eb
en tosto a possedere simultaneamente la dignità di pontefice e quella
di
re, dignità per la quale ebbe il titolo di minist
nità di pontefice e quella di re, dignità per la quale ebbe il titolo
di
ministro e d’interprete dei cieli. Oeagro di lui
la quale ebbe il titolo di ministro e d’interprete dei cieli. Oeagro
di
lui padre gli aveva già dato le prime lezioni di
te dei cieli. Oeagro di lui padre gli aveva già dato le prime lezioni
di
teologia iniziandolo ai misteri di Bacco, ed i su
li aveva già dato le prime lezioni di teologia iniziandolo ai misteri
di
Bacco, ed i suoi diversi viaggi in tal guisa in q
infe delle acque e delle foreste, dovunque lo seguivano per udirlo, e
di
averlo in isposo ardentemente desideravano. La so
i averlo in isposo ardentemente desideravano. La sola Euridice figlia
di
Nereo e di Dori, la cui modestia era pari all’avv
isposo ardentemente desideravano. La sola Euridice figlia di Nereo e
di
Dori, la cui modestia era pari all’avvenenza, gli
eneramente amato ; ma poco tempo dopo l’imeneo, ebb’egli la disgrazia
di
perderla per la morsecchiatura d’un serpente, men
hiatura d’un serpente, mentre ella fuggiva dal giovine Aristeo figlio
di
Apollo e della ninfa Cirene che per farle violenz
arle violenza la inseguiva. Orfeo inconsolabile si credette in dovere
di
rintracciarla sin nci regni della morte ; prese e
i della morte ; prese egli la sua lira, discese pel Tenaro sulla riva
di
Stige e a quella accoppiando il doloe e commovent
ruota d’Issione si arrestò, gli avoltoi intenti ad isbranare il cuore
di
Tizio gli diedero qualche istante di tregua ; le
oi intenti ad isbranare il cuore di Tizio gli diedero qualche istante
di
tregua ; le Danaidi si trattennero dal riempir d’
lagrime. Plutone e Proserpina, egualmente inteneriti, acconsentirono
di
restituirgli la sposa, col patto ch’ei dovesse es
ch’ei dovesse essere preparato a perderla per sempre e senza speranza
di
più riacquistarla, ove si fosse a lei rivolto per
idice gli è tolta per sempre. Essa gli stende le braccia ; egli tenta
di
afferrarla ma non abbraccia che un’ombra vana. Or
bbe rientrar nell’inferno, ma l’inflessibile Caronte non gli permette
di
ripassare il fiume. Vuolsi che restasse sette gio
sue lagrime. Si ritirò poscia sul monte Rodopo nella Tracia, cercando
di
vivere solitario nei boschi, piangendo continuame
la sua perdita e divenuto insensibile all’amore ricusò costantemente
di
legarsi con un nuovo imeneo. Le donne di Tracia t
l’amore ricusò costantemente di legarsi con un nuovo imeneo. Le donne
di
Tracia tentarono ogni via per fargli rinunciare a
donne di Tracia tentarono ogni via per fargli rinunciare ad un genere
di
vita meno triste e selvatico, impegnandolo a cont
ate per vedersi disprezzate, profittarono dei giorni sacri alle feste
di
Bacco per vendicarsi dell’insultante rifiuto. Tra
le feste di Bacco per vendicarsi dell’insultante rifiuto. Trasportate
di
furore, in tempo delle Orgie, lo assalirono, lo r
lo ridussero in pezzi, ne dispersero le membra, e gettarono la testa
di
lui nell’ Ebro ora Maritza fiume di Tracia che ne
o le membra, e gettarono la testa di lui nell’ Ebro ora Maritza fiume
di
Tracia che nel mar Egeo mette le sue foci. Così l
tza fiume di Tracia che nel mar Egeo mette le sue foci. Così la morte
di
una sol donna rapì ad Orfeo la pace e la vendetta
i. Così la morte di una sol donna rapì ad Orfeo la pace e la vendetta
di
molte gli tolse la vita. Variano i racconti su la
a vendetta di molte gli tolse la vita. Variano i racconti su la morte
di
Orfeo ; avvi chi pretende che nell’eccesso del su
cesso del suo dolore si uccidesse da sè stesso, altri lo fanno perire
di
un colpo di folgore, per castigo di aver egli ad
o dolore si uccidesse da sè stesso, altri lo fanno perire di un colpo
di
folgore, per castigo di aver egli ad alcuni profa
sè stesso, altri lo fanno perire di un colpo di folgore, per castigo
di
aver egli ad alcuni profani rivelati i misteri. L
r castigo di aver egli ad alcuni profani rivelati i misteri. La testa
di
lui trasportata dai flutti, si fermò presso l’iso
teri. La testa di lui trasportata dai flutti, si fermò presso l’isola
di
Lesbo, e dicesi che dalla sua bocca udivansi usci
iva la bocca, ma Apollo lo cangiò in rupe e lo lasciò nell’attitudine
di
un serpe che sta per mordere. Quella testa fu ten
con una lira in mano o un liuto. Antiope, Zeto Antiope moglie
di
Lico re di Tebe fu ripudiata da suo marito per so
ra in mano o un liuto. Antiope, Zeto Antiope moglie di Lico re
di
Tebe fu ripudiata da suo marito per sospetto che
e di Tebe fu ripudiata da suo marito per sospetto che fosse invaghita
di
Epafo o Epopeo re di Sicione. Essendo Antiope res
a da suo marito per sospetto che fosse invaghita di Epafo o Epopeo re
di
Sicione. Essendo Antiope restata incinta di Giove
hita di Epafo o Epopeo re di Sicione. Essendo Antiope restata incinta
di
Giove, Dirce seconda sposa di Lico, sospettò suo
icione. Essendo Antiope restata incinta di Giove, Dirce seconda sposa
di
Lico, sospettò suo marito, e fece rinchiudere Ant
al pastore che aveva dato ospitalità alla loro madre. Le inclinazioni
di
questi due fratelli furono diverse. Zeto si diede
sica, facendo tanti progressi in quest’ultima che passò per inventore
di
tale arte. Alcuni accertano che Mercurio gliene i
adre radunarono delle truppe, colle quali s’insignorirono della città
di
Tebe, uccisero Lico, e attaccarono Dirce alla cod
ono della città di Tebe, uccisero Lico, e attaccarono Dirce alla coda
di
un toro indomito. Alcun tempo dopo Anfione costru
la coda di un toro indomito. Alcun tempo dopo Anfione costruì le mura
di
Tebe al suono della sua lira : le pietre sensibil
e. Vedevansi ancora a Tebe al tempo degli Antonini, vicino alla tomba
di
questo principe, molte pietre rozze, che dioevans
i questo principe, molte pietre rozze, che dioevansi essere un avanzo
di
quelle ch’egli aveva fatte venire al suono della
l’intendere che i poeti nel dirci che Anfione aveva edificato le mura
di
Tebe col suono della sua lira, che indipendenteme
te per persuadera ad un popolo rozzo, come aveva fatto Orfeo a quello
di
Tracia, di abbandonare le campagne e le foreste p
uadera ad un popolo rozzo, come aveva fatto Orfeo a quello di Tracia,
di
abbandonare le campagne e le foreste per ritirars
ricovero de’nemici e delle bestie feroci. Lino Lino era figlio
di
Apollo e di Tersicore o di Euterpe o di Urania se
nemici e delle bestie feroci. Lino Lino era figlio di Apollo e
di
Tersicore o di Euterpe o di Urania secondo altri.
bestie feroci. Lino Lino era figlio di Apollo e di Tersicore o
di
Euterpe o di Urania secondo altri. Gli si attribu
. Lino Lino era figlio di Apollo e di Tersicore o di Euterpe o
di
Urania secondo altri. Gli si attribuisce l’invenz
dei versi lirici e delle canzoni. Ebbe da Apollo la lira a tre corde
di
lino. Ma per aver esso sostituite a queste le cor
ra a tre corde di lino. Ma per aver esso sostituite a queste le corde
di
budella molto più armoniose, il Dio, divenutone g
o, divenutone geloso, lo uccise. Gli abitanti del monte Elicona prima
di
sacrificare alle Muse, facevano ogni anno l’anniv
ona prima di sacrificare alle Muse, facevano ogni anno l’anniversario
di
lui. Questo non è lo stesso Lino che insegnò la m
stesso Lino che insegnò la musica ad Ercole, il quale in un trasporto
di
collera lo uccise con un colpo di lira, perchè lo
ad Ercole, il quale in un trasporto di collera lo uccise con un colpo
di
lira, perchè lo aveva aspramente rampognato, ed a
pramente rampognato, ed anche contraffatto per la cattiva sua maniera
di
maneggiare quell’istromento. A questo Lino che er
ll’istromento. A questo Lino che era Tebano e secondo alcuni fratello
di
Orfeo si attribuiscono diverse opere, cioè quelle
ne, Fineo, gli Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone era figlio
di
Esone re di Iolco nella Tessaglia e di Alcimeda o
li Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone era figlio di Esone re
di
Iolco nella Tessaglia e di Alcimeda o Polimila. S
o, ecc. Giasone era figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia e
di
Alcimeda o Polimila. Suo padre fu balzato dal tro
l’oracolo predisse a quest’ultimo che sarebbe scacciato da un figlio
di
Es one. Quindi appena Giasone vide la luce suo pa
te la medicina ; per cui il giovine principe cambiò il suo primo nome
di
Diomede in quello di Giasone. Pretendono alcuni c
cui il giovine principe cambiò il suo primo nome di Diomede in quello
di
Giasone. Pretendono alcuni che fosse Pelia medesi
do egli intanto negli stati del nipote. Volendo Giasone giunto in età
di
venti anni sortire dal suo ritiro, recossi a cons
ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal quale gli venne ordinato
di
vestirsi alla maniera dei Magnesi e di aggiungere
, dal quale gli venne ordinato di vestirsi alla maniera dei Magnesi e
di
aggiungere a tale abbigliamento una pelle di leop
la maniera dei Magnesi e di aggiungere a tale abbigliamento una pelle
di
leopardo simile a quella portata da Chirone, di m
bigliamento una pelle di leopardo simile a quella portata da Chirone,
di
munirsi di due lance e portarsi in tal guisa alla
una pelle di leopardo simile a quella portata da Chirone, di munirsi
di
due lance e portarsi in tal guisa alla corte di I
a Chirone, di munirsi di due lance e portarsi in tal guisa alla corte
di
Iolco, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolc
, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolco trasse a sè gli sguardi
di
tutto il popolo per la bella sua presenza e pel s
presenza e pel suo abito straordinario : si fece conoscere pel figlio
di
Esone e domandò francamente allo zio il trono pat
pe a tutti inspirava, non osò opporsegli apertamente, ma cercò la via
di
perderlo con segretezza. Tormentato da lungo temp
Tormentato da lungo tempo da terribili sogni, fa consultare l’oracolo
di
Apollo e questi risponde che bisogna placare l’om
are l’oracolo di Apollo e questi risponde che bisogna placare l’ombra
di
Frisso discendente da Eolo, crudelmente trucidato
Eolo, crudelmente trucidato nella Colchide e trasportarlo in Grecia ;
di
più aggiunge che Frisso costretto d’allontanarsi
seco un preziosissimo vello, la cui conquistà deve colmar esso Pelia
di
ricchezze e insieme d’onore. L’età avanzata di qu
deve colmar esso Pelia di ricchezze e insieme d’onore. L’età avanzata
di
questo usurpatore è un ostacolo a sì lungo viaggi
ssere il loro capo e condottiero, siccome a quello cui per prossimità
di
parentela con Frisso, spettavasi più d’ogn’altro
ntela con Frisso, spettavasi più d’ogn’altro quella spedizione. Prima
di
sciogliere le vele, Giasone offrì un sacrifizio a
a. Giove promise colla voce del tuono il suo soccorso a quella truppa
di
eroi, la quale finito il sacrificio, s’imbarcò. D
a e pericolosa navigazione le cui avventure hanno fornito il soggetto
di
due poemi, l’uno greco di Apollonio, l’altro lati
le cui avventure hanno fornito il soggetto di due poemi, l’uno greco
di
Apollonio, l’altro latino di Valerio Flacco, gli
to il soggetto di due poemi, l’uno greco di Apollonio, l’altro latino
di
Valerio Flacco, gli Argonauti arrivarono finalmen
iunone e Minerva che proteggevano Giasone, fecero sì che Medea figlia
di
Eete re della Colchide, famosa maga, divenisse am
Medea figlia di Eete re della Colchide, famosa maga, divenisse amante
di
Giasone affinchè colla sua arte lo assistesse a s
re. Medea e Giasone s’incontrarono fuori della città presso il tempio
di
Ecate, ove amendue recati si erano per implorare
empio di Ecate, ove amendue recati si erano per implorare il soccorso
di
quella Diva. Medea che già incominciava ad intere
Le condizioni prescritte da Eete a Giasone e colle quali acconsentiva
di
rimettergli il vello d’oro, erano le seguenti. Gi
ntiva di rimettergli il vello d’oro, erano le seguenti. Giasone prima
di
tutto doveva mettere il giogo ai tori, opera di V
guenti. Giasone prima di tutto doveva mettere il giogo ai tori, opera
di
Vulcano, i quali avevano e piedi e corna di bronz
e il giogo ai tori, opera di Vulcano, i quali avevano e piedi e corna
di
bronzo e vomitavano vortici di fiamme ; indi dove
lcano, i quali avevano e piedi e corna di bronzo e vomitavano vortici
di
fiamme ; indi doveva attaccarli ad un aratro di d
e vomitavano vortici di fiamme ; indi doveva attaccarli ad un aratro
di
diamante e farli lavorare quattro iugeri di terre
a attaccarli ad un aratro di diamante e farli lavorare quattro iugeri
di
terreno in un campo consacrato a Marte, per semin
geri di terreno in un campo consacrato a Marte, per seminarvi i denti
di
un dragone dai quali dovevano nascere degli uomin
ne dai quali dovevano nascere degli uomini armati, ch’egli era tenuto
di
sterminare tutti ; senza che ve ne rimanesse un s
re tutti ; senza che ve ne rimanesse un solo ; infine gli era imposto
di
uccidere il mostro che vegliava incessantemente a
o ; e tutto ciò doveva esser fatto in un sol giorno. Certo dell’aiuto
di
Medea, Giasone accetta le condizioni, ammansa i t
terra, li pone in tanto furore, che rivoltisi l’un contro l’altro tra
di
loro si uccidono ; colle erbe incantate e colla m
uiti, narrasi che Medea d’accordo col marito prese il barbaro partito
di
fare a pezzi il fratello Absirto, e gettarne sull
a raccoglierle ritardato venisse ne’ suoi passi. Giunsero alla corte
di
Alcinoo re dei Feaci nell’isola di Corcira ora Co
e’ suoi passi. Giunsero alla corte di Alcinoo re dei Feaci nell’isola
di
Corcira ora Corfù, ove Medea e Giasone celebraron
Argonauti si dispersero e gli sposi ritornarono a Iolco, colla gloria
di
aver riuscito in un’impresa in cui Giasone doveva
ideva a restituire a Giasone il trono del padre, Medea trovò il mezzo
di
liberare il suo sposo da questo nemico, consiglia
zzo di liberare il suo sposo da questo nemico, consigliando le figlie
di
Pelia che era oltremodo avanzato in età ad uccide
i Pelia che era oltremodo avanzato in età ad uccidere il padre loro e
di
farlo bollire in una caldaia di rame sulla lusing
to in età ad uccidere il padre loro e di farlo bollire in una caldaia
di
rame sulla lusinga di vederlo rinascere ringiovan
il padre loro e di farlo bollire in una caldaia di rame sulla lusinga
di
vederlo rinascere ringiovanito. Questo delitto no
delitto non rendè però a Giasone la sua corona, perchè Acasto, figlio
di
Pelia, se ne impadronì e forzò il suo rivale ad a
a quale furono due figliuoli, finchè venne intorbidata dall’infedeltà
di
Giasone. Dimenticando questo principe quanto Mede
ipe quanto Medea aveva fatto per lui e le promesse fattele, s’invaglù
di
Glauce o Creusa figlia di Creonte, la sposò e rip
to per lui e le promesse fattele, s’invaglù di Glauce o Creusa figlia
di
Creonte, la sposò e ripudiò Medea. La vendetta se
ipudiò Medea. La vendetta seguì da presso l’ingiuria. Medea disperata
di
vedersi tradita e abbandonata ricorse all’astuzia
dita e abbandonata ricorse all’astuzia. Finse per più sicura vendetta
di
essere contenta ch’egli passasse alle nuove nozze
lauce se l’ebbe posta andò essa a fiamme con tutta la reggia. Nè paga
di
ciò Medea per isfogare vie più il suo furore ucci
ù il suo furore uccise essa stessa colle proprie mani sotto gli occhi
di
Giasone i due figli che da lui aveva avuti e pred
Medea dopo aver uccisi i propri figli se ne fuggì per aria salita su
di
un carro tirato da draghi, andò in Atene ove spos
a su di un carro tirato da draghi, andò in Atene ove sposò Egeo padre
di
Teseo da cui ebbe Medo il quale diede il suo nome
edo il quale diede il suo nome alla Media. Giasone poscia s’impadronì
di
Iolco, ove passò tranquillamente il resto della s
tranquillamente il resto della sua vita. Chirone nacque dagli amori
di
Filira figlia dell’Oceano con Saturno che si era
de’semplici e delle stelle. Questo Centauro viveva avanti l’acquisto
di
Troia. La sua grotta, situata appiè del monte Pel
uata appiè del monte Pelio in Tessaglia, divenne la più famosa scuola
di
Grecia. Cefalo, Esculapio, Telamone, Teseo, Ippol
chirurgia, la musica, l’astronomia. Fu egli che compose il calendario
di
cui si servirono gli Argonauti nella loro spedizi
edizione. Il Bacco greco fu per quanto si crede un discepolo favorito
di
Chirone che gl’insegnò le orgie, i baccanali e tu
ll’umanità. Nella guerra che fece Ercole ai Gentauri, sperando questi
di
calmare il furore dell’eroe con la presenza del s
fuggirono a Malea dove ritirato viveva Chirone ; ma Ercole non lasciò
di
assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel san
ciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel sangue dell’Idra
di
Lerna, mancò il segno e ferì invece Chirone in un
ile e l’infelice Centauro soffriva acerbi dolori, per cui pregò Giove
di
porre fine a’ suoi giorni. Il padre degli Dei, to
rasferì a Prometeo l’immortalità ch’era toccata a Chirone come figlio
di
Saturno, e pose il Centauro nello zodiaco, dove f
i ne numerino cinquantadue, senza contare però le persone del seguito
di
ciascuno. Giasone promotore dell’impresa ne fu ri
esti principi i più distinti erano Castore e Polluce, Telamone figlio
di
Eaco e padre del famoso Aiace, i fratelli alati C
di Eaco e padre del famoso Aiace, i fratelli alati Calai e Zete figli
di
Borea e di Orizia, il poeta Orfeo, Teseo secondo
adre del famoso Aiace, i fratelli alati Calai e Zete figli di Borea e
di
Orizia, il poeta Orfeo, Teseo secondo alcuni, non
ominato da altri, ed Ercole in fine, il quale perduto Ila, giovinetto
di
singolare beltà, nella Misia, ove fu rapito da al
ivi andato in cerca d’acqua, abbandonò i compagni per andar in cerca
di
quel giovinetto da esso molto amato. Anche i suoi
fecero eccheggiar le ripe all’intorno colle loro grida. Argo figlio
di
Alettore co’legni del monte Pelio e con una querc
suo nome ; Tifi ne fu il piloto. Gli Argonauti s’imbarcarono al capo
di
Magnesia in Tessaglia. Approdarono all’isola di L
s’imbarcarono al capo di Magnesia in Tessaglia. Approdarono all’isola
di
Lenno che trovarono abitata da sole donne, le qua
modo onde superare gli scogli Cianei o Simplegadi, che urtandosi fra
di
loro impedivano l’uscita del Bosforo, e Giasone i
l’uscita del Bosforo, e Giasone in ricompensa ordinò agli alati figli
di
Borea di scaociare le Arpie, che lordavano le men
del Bosforo, e Giasone in ricompensa ordinò agli alati figli di Borea
di
scaociare le Arpie, che lordavano le mense di Fin
li alati figli di Borea di scaociare le Arpie, che lordavano le mense
di
Fineo, e questi le inseguirono fino alle isole Pl
furono poi dette Strofadi ora Strivali. Fineo secondo alcuni figlio
di
Agenore e secondo altri nipote di Agenore e figli
ivali. Fineo secondo alcuni figlio di Agenore e secondo altri nipote
di
Agenore e figlio di Fenice e di Cassiopea sposò i
o alcuni figlio di Agenore e secondo altri nipote di Agenore e figlio
di
Fenice e di Cassiopea sposò in prime nozze Cleopa
lio di Agenore e secondo altri nipote di Agenore e figlio di Fenice e
di
Cassiopea sposò in prime nozze Cleopatra, che alt
marono Stenobea o Stenobae, da cui ebbe Orito e Crambo. Dopo la morte
di
lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Bore
e Crambo. Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia
di
Borea e di Orizia, ad istanza di cui accecò i fig
Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e
di
Orizia, ad istanza di cui accecò i figli, che dal
n seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia, ad istanza
di
cui accecò i figli, che dalla prima aveva avuti.
nza de’nipoti, accecando Fineo, il quale per sua consolazione ottenne
di
poter saper l’avvenire. Ricevette Enea ne’suoi st
rono le arpie Aello e Ocipete cui da alcuni si aggiunge Celeno figlie
di
Taumante e di Elettra o di Nettuno e della Terra,
Aello e Ocipete cui da alcuni si aggiunge Celeno figlie di Taumante e
di
Elettra o di Nettuno e della Terra, le quali lord
te cui da alcuni si aggiunge Celeno figlie di Taumante e di Elettra o
di
Nettuno e della Terra, le quali lordavano le viva
di Elettra o di Nettuno e della Terra, le quali lordavano le vivande
di
Fineo sulla tavola, per cui Fineo si sarebbe rido
vande di Fineo sulla tavola, per cui Fineo si sarebbe ridotto a morir
di
fame senza l’aiuto di Calai e di Zete che vennero
avola, per cui Fineo si sarebbe ridotto a morir di fame senza l’aiuto
di
Calai e di Zete che vennero a scacciare que’mostr
cui Fineo si sarebbe ridotto a morir di fame senza l’aiuto di Calai e
di
Zete che vennero a scacciare que’mostri. Gli Argo
’Asia Minore, sboccarono nel ponte Eusino ed arrivarono sotto le mura
di
Aea, città sul fiume Phasis ora Fasz-Rione ed a s
resa ripartirono per la Grecia inseguiti dal re Eete. Fosse il timore
di
esser raggiunti da questo re, fosse la mira di ev
Eete. Fosse il timore di esser raggiunti da questo re, fosse la mira
di
evitare gli scogli Cianei, gli Argonauti, risalit
Liburnia, parte settentrionale dell’Illiria ora Croazia e Morlachia,
di
dove trasportata la nave per terra nell’Adriatico
gettati su le coste d’Africa. Vogliono altri che arrivassero nel mare
di
Sardegna passando il Faro di Messina, e che Teti
Vogliono altri che arrivassero nel mare di Sardegna passando il Faro
di
Messina, e che Teti e le sue Ninfe dirigessero la
ncontrarono la flotta della Colchide che gl’inseguiva, ma riuscì loro
di
evitarne l’incontro. Furono gettati su gli scogli
accaduto, secondo la cronologia, trentacinque anni prima della guerra
di
Troia. Il Vello o Toson d’oro era la spoglia del
spoglia del montone che trasportò Frisso ed Elle nella Colchide, e la
di
cui conquista fu l’oggetto principale del viaggio
pale del viaggio degli Argonauti. Varie sono le opinioni sull’origine
di
questo misterioso ariete. Dicono gli uni che all’
, un montone d’oro al quale gli Dei avevano comunicato la prerogativa
di
traversare l’aria, e Nefele lo aveva dato ai suoi
che la loro matrigna stava per consumare. Nefele fu la seconda moglie
di
Atamante ; ma andando soggetta a frequenti eccess
seconda moglie di Atamante ; ma andando soggetta a frequenti eccessi
di
pazzia il re ne fu presto stanco e ripigliò Ino s
ia il re ne fu presto stanco e ripigliò Ino sua prima moglie. I figli
di
Nefele ebbero parte alla disgrazia della madre e
n una umana voce gli fe’ presente il pericolo cui era esposto. Frisso
di
nuovo gli salì sul dorso, giunse a Colco, immolò
ri spiranti fuoco dalla bocca e dalle nari. Marte si compiacque tanto
di
questo sacrificio ch’ei volle vivessero nell’abbo
er tutto il tempo che conservato l’avrebbero, e fu permesso ad ognuno
di
provarsi a farne la conquista. Raccontasi da altr
i a farne la conquista. Raccontasi da altri che Ino meditava la morte
di
Frisso e di Elle e che il primo fu spedito a sceg
conquista. Raccontasi da altri che Ino meditava la morte di Frisso e
di
Elle e che il primo fu spedito a scegliere la più
l consigliò a fuggire con Elle sua sorella e si offrì per servir loro
di
vettura. L’offerta fu accettata e quando Elle cad
L’offerta fu accettata e quando Elle cadde nel mare il montone parlò
di
nuovo per calmare, Frisso, promettendogli di farl
el mare il montone parlò di nuovo per calmare, Frisso, promettendogli
di
farlo giungere in Colco senza verun sinistro acci
nza verun sinistro accidente, locchè difatti avvenne. In riconoscenza
di
tanto servigio, l’ariete fu immolato a Giove, alt
altri dicono a Mercurio. La spoglia fu appesa ad un albero nel campo
di
Marte e Mercurio la convertì in oro, di modo che,
appesa ad un albero nel campo di Marte e Mercurio la convertì in oro,
di
modo che, secondo gli uni il vello d’oro era d’or
gliato. Vuolsi da alcuni che quell’animale fosse coperto d’oro invece
di
lana fin dal suo nascere, e che era il frutto deg
o invece di lana fin dal suo nascere, e che era il frutto degli amori
di
Nettuno trasformato in ariete e dell’avvenente Te
Se discordi sono i mitologi nel riferire la favola del vello d’oro e
di
quanto vi ha rapporto, non varian meno le opinion
l vello d’oro e di quanto vi ha rapporto, non varian meno le opinioni
di
quelli che si sono accinti a spiegarla. Vogliono
quelli che si sono accinti a spiegarla. Vogliono alcuni che la favola
di
questo vello d’oro fosse fondata sull’esservi nel
le loro acque sopra una rena d’oro la quale veniva raccolta con pelli
di
montoni ; locchè si pratica anche presentemente s
o. Altri pretendono che questa favola tragga origine dalle belle lane
di
quel paese e che il viaggio fatto da alcuni greci
on d’oro con tutto ciò che vi ha rapporto coll’astronomia, come fanno
di
tant’altre invenzioni mitologiche. Bellerofont
altre invenzioni mitologiche. Bellerofonte Bellerofonte figlio
di
Glauco re di Efira o Corinto, nipote di Sisifo, p
oni mitologiche. Bellerofonte Bellerofonte figlio di Glauco re
di
Efira o Corinto, nipote di Sisifo, pronipote di E
fonte Bellerofonte figlio di Glauco re di Efira o Corinto, nipote
di
Sisifo, pronipote di Eolo, ebbe per madre Eurimed
e figlio di Glauco re di Efira o Corinto, nipote di Sisifo, pronipote
di
Eolo, ebbe per madre Eurimede. Egli portò prima i
pronipote di Eolo, ebbe per madre Eurimede. Egli portò prima il nome
di
Ipponoo, come il primo che insegnò l’arte di cond
Egli portò prima il nome di Ipponoo, come il primo che insegnò l’arte
di
condurre un cavallo col soccorso della briglia ;
occhè gli vengon dati tutti questi nomi) che pretendeva farsi tiranno
di
Corinto secondo alcuni e secondo altri innocentem
te a caccia, fu chiamato Bellerofonte che in greco significa uccisore
di
Bellero. Dopo questa uccisione si rifuggì volonta
amente presso Preto re d’Argo che non debbesi confondere col fratello
di
Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il qual
non debbesi confondere col fratello di Acrisio, dello stesso nome zio
di
Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. S
ello di Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il quale viveva più
di
un secolo prima. Siccome egli era un bellissimo g
n secolo prima. Siccome egli era un bellissimo giovine così la moglie
di
Preto Antea o Stenobea se ne invaghì fortemente e
sposo ; ma avendolo trovato insensibile, lo accusò presso suo marito
di
aver voluto sedurla e pretese ch’ei lo facesse mo
tese ch’ei lo facesse morire ; giacchè è noto che niuno è più crudele
di
una donna il cui risentimento sia punto dalla ver
più crudele di una donna il cui risentimento sia punto dalla vergogna
di
un rifiuto. Preto non osando ucciderlo, per rispe
ucciderlo, per rispetto all’ospitalità, in casa propria, si contentò
di
spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre di
alità, in casa propria, si contentò di spedirlo a Iobate o Giobate re
di
Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di
ropria, si contentò di spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre
di
sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera coll
Iobate o Giobate re di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore
di
una lettera colla quale istruiva il suocero dell’
ruiva il suocero dell’oltraggio che credeva aver ricevuto, pregandolo
di
vendicarlo con la morte del colpevole. Da questo
la morte del colpevole. Da questo avvenimento furono chiamate lettere
di
Bellerofonte, le lettere sfavorevoli a quelli che
ndavagli il re suo genero : aspettò fino allora in grazia del costume
di
que’tempi nei quali una maggior premura sarebbe s
e di que’tempi nei quali una maggior premura sarebbe stata un indizio
di
indiscreta curiosità e d’inciviltà. Allorchè Giob
tte le lettere che gl’inviava Preto, ordinò a Bellerofonte, coll’idea
di
farlo perire, che andasse a combattere la Chimera
icia da Tifone e da Echidna, ed allevato da Emisodaro. Aveva la testa
di
lione, la coda di dragone ed il corpo di capra, l
a Echidna, ed allevato da Emisodaro. Aveva la testa di lione, la coda
di
dragone ed il corpo di capra, la sua gola spalanc
da Emisodaro. Aveva la testa di lione, la coda di dragone ed il corpo
di
capra, la sua gola spalancata vomitava turbini di
dragone ed il corpo di capra, la sua gola spalancata vomitava turbini
di
fuoco e di fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla p
il corpo di capra, la sua gola spalancata vomitava turbini di fuoco e
di
fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla protezione d
turbini di fuoco e di fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla protezione
di
Minerva, ed avendo ottenuto da Nettuno il caval P
egaso, andò coraggioso ad assalire l’orribil mostro e l’uccise. Il re
di
Licia lo mandò poi a combattere contro i Solimi,
do Bellerofonte da questa terza spedizione, fu assalito da una truppa
di
Lici che erano stati inboscati da Giobate per ass
oraggiosamente e li uccise tutti. Allora Giobate ammirando il valore
di
lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli era
irando il valore di lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli era
di
stirpe divina, lo ritenne ne’suoi stati, gli part
a sua figlia e con essa metà del suo regno. I popoli medesimi, tocchi
di
ammirazione pel suo valore, formarono per lui un
valore, formarono per lui un immenso dominio, ch’ei riunì alla corona
di
Licia che aveva creditata dopo la morte di Giobat
o, ch’ei riunì alla corona di Licia che aveva creditata dopo la morte
di
Giobate, il quale non aveva lasciato figli maschi
egli su questo destriero, e gonfio il cuore delle sue vittorie, tentò
di
salire in cielo : allora Giove mandò un assillo c
ndro morto in un combattimento contro i Solimi, Ippoloco che fu padre
di
Glauco, ed una figlia per nome Laodamia della qua
figlia per nome Laodamia della quale Giove s’innamorò e la rese madre
di
Sarpedonte. Laodamia pel suo troppo orgoglio fu u
nte. Laodamia pel suo troppo orgoglio fu uccisa da Diana. Il sepolcro
di
Bellerofonte era in Corinto, vicino al tempio di
a Diana. Il sepolcro di Bellerofonte era in Corinto, vicino al tempio
di
Venere Melania ed al sepolcro di Laide famosa cor
nte era in Corinto, vicino al tempio di Venere Melania ed al sepolcro
di
Laide famosa cortigiana nata in Iccara di Sicilia
nere Melania ed al sepolcro di Laide famosa cortigiana nata in Iccara
di
Sicilia, rapita dalla sua patria e trasportata in
da sérpenti. Bellerofonte fu forse il primo che lo rese abitabile, e
di
qui venne il suo finto combattimento con questo m
nne il suo finto combattimento con questo mostro. Dicesi che il fuoco
di
questo vulcano ardeva perfino nell’acqua e non po
olla terra. Meleagro, Atalanta ed Ippomene Meleagro era figlio
di
Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia di Testio
Meleagro, Atalanta ed Ippomene Meleagro era figlio di Oeneo, re
di
Calidone e di Altea figlia di Testio re di Pleuro
alanta ed Ippomene Meleagro era figlio di Oeneo, re di Calidone e
di
Altea figlia di Testio re di Pleurone tutte e due
ne Meleagro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia
di
Testio re di Pleurone tutte e due città della Gre
ro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia di Testio re
di
Pleurone tutte e due città della Grecia nell’Etol
misero un tizzone sul fuoco dicendo, che tanto sarebbe durata la vita
di
lui quanto il tizzone ; il che udendo la madre, a
fecondità delle campagne solenni sacrifici a tutti gli Dei, dimenticò
di
offrirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a di
gne solenni sacrifici a tutti gli Dei, dimenticò di offrirne a Diana,
di
che essa sdegnata spedì a disertare le campagne d
offrirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a disertare le campagne
di
Calidonia un mostruoso cignale. Per combattere qu
e Meleagro e questa spedizione è celebre nell’antichità sotto il nome
di
caccia di Caledone. Fra i concorrenti trovossi At
e questa spedizione è celebre nell’antichità sotto il nome di caccia
di
Caledone. Fra i concorrenti trovossi Atalanta gio
per la caccia, e fu dessa la prima a ferire il cignale, ma la gloria
di
ucciderlo fu riserbata a Meleagro. Volle egli per
fferirne in ricompensa il capo e la pelle ; opponendosi a ciò gli zii
di
lui Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise.
cise. Ma questa uccisione fu cagione della sua morte ; perocchè Altea
di
ciò irritata rimisi il tizzone nel fuoco, e a mis
i Altea, ma troppo tardi, e per disperazione si uccise ; e le sorelle
di
Meleagro la morte di lui piangendo furon cangiate
rdi, e per disperazione si uccise ; e le sorelle di Meleagro la morte
di
lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il n
morte di lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il nome ebbero
di
Meleagridi, che si credeva passassero tutti gli a
in Beozia per piangere su la tomba del fratello. Atalanta era figlia
di
Scheneo re di Sciro isola del mar Egeo secondo la
piangere su la tomba del fratello. Atalanta era figlia di Scheneo re
di
Sciro isola del mar Egeo secondo la maggior parte
condo la maggior parte de’ mitologi, alcuni dei quali la fanno figlia
di
Iaso o Iasio. Il suo nome è celebre nella storia
Essa non fu abbandonata dalla fortuna essendo stata allevata per cura
di
alcuni cacciatori che la rinvennero. Divenuta gra
inanza due Centauri, Neo e Reco, i quali avendola veduta risolvettero
di
farle violenza. La giovine Atalanta che sospettav
ombinano nel dire che dessa si trovò alla famosa caccia del cinghiale
di
Calidone, e che Meleagro capo di questa spendizio
ovò alla famosa caccia del cinghiale di Calidone, e che Meleagro capo
di
questa spendizione ne divenne innamorato ; che av
endo essa ferito per la prima il terribile animale, che Meleagro finì
di
uccidere, questo giovine principe le presentò il
eleagro finì di uccidere, questo giovine principe le presentò il capo
di
quel cinghiale, dicendole : « Egli è ben giusto c
o col padre suo, mise il dono della sua mano ad una condizione capace
di
allontanare i più innamorati. Si è detto ch’ella
to ch’ella era valentissima nel correre, quindi propose a’suoi amanti
di
sposare quello che la superasse in questo eserciz
Per quanto pericolosa fosse l’alternativa, si presentò un gran numero
di
concorrenti. Molti erano stati vinti ed avevano g
oro trista sorte. Allorchè Ippomene si presentò. Ippomene era figlio
di
Megareo o Macareo, disceso dal sangue di Nettuno
esentò. Ippomene era figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue
di
Nettuno e di Merope. Questo giovine principe era
mene era figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue di Nettuno e
di
Merope. Questo giovine principe era sì casto che
o un giorno incontrato a caccia Atalanta fu sì colpito dall’avvenenza
di
lei che rinunciando alla vita selvaggia da lui si
allora condotta, la seguì ed accrebbe il numero dei concorrenti alla
di
lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla
mene era istruito e favorito dalla dea Venere, la quale gli fece dono
di
tre pomi d’oro, che aveva colto nel giardino dell
di tre pomi d’oro, che aveva colto nel giardino delle Esperidi al dir
di
alcuni e secondo altri nell’isola di Cipro. Sioco
l giardino delle Esperidi al dir di alcuni e secondo altri nell’isola
di
Cipro. Siocome, a seconda delle convenzioni, l’am
egli giunse il primo alla meta, e sposò la principessa. La rese madre
di
un figlio chiamato Partenopeo, il quale fu uno de
to Partenopeo, il quale fu uno de’capitani che trovaronsi all’assedio
di
Tebe in Beozia sotto il regno di Adrasto re d’Arg
’capitani che trovaronsi all’assedio di Tebe in Beozia sotto il regno
di
Adrasto re d’Argo. Avendo obbliato Ippomene di re
Beozia sotto il regno di Adrasto re d’Argo. Avendo obbliato Ippomene
di
renderne grazie a Venere, questa spinse i due ama
rne grazie a Venere, questa spinse i due amanti a profanare il tempio
di
Giove o di Cibele, o secondo alcuni un antro cons
a Venere, questa spinse i due amanti a profanare il tempio di Giove o
di
Cibele, o secondo alcuni un antro consacrato a Ci
essero subito tale metamorfosi. Alcione e Ceice Alcione figlia
di
Eolo, della schiatta di Deucalione, essendo incon
orfosi. Alcione e Ceice Alcione figlia di Eolo, della schiatta
di
Deucalione, essendo inconsolabile a cagione della
do inconsolabile a cagione della morte del suo sposo Ceice, figliuolo
di
Luciefero e re di Trachina nella Ftiotide regione
cagione della morte del suo sposo Ceice, figliuolo di Luciefero e re
di
Trachina nella Ftiotide regione della Tessaglia,
gi Calmine una delle Sporadi, per consultare l’oracolo d’Apollo, morì
di
cordoglio o si gettò nel mare al ricever che fece
fece questa triste nuova mandatagli dalla regina degli Dei per mezzo
di
Morfeo. Gli Dei ricompensarono la loro fedeltà tr
l’acqua e fra le canne. Gli antichi lo risguardavano come un simbolo
di
pace, di tranquillità e d’inalterabile amicizia t
e fra le canne. Gli antichi lo risguardavano come un simbolo di pace,
di
tranquillità e d’inalterabile amicizia tra i coni
lta. È celebre nella mitologia il gigante Alcione o Alcioneo fratello
di
Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè r
di Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè rimaneva nel luogo
di
sua nascita. Prima della guerra nella quale socco
tto via dall’Erizia i buoi del Sole. Giove avendo comandato ad Ercole
di
batterlo, questi, a colpi di frecce, atterrò più
l Sole. Giove avendo comandato ad Ercole di batterlo, questi, a colpi
di
frecce, atterrò più volte il suo nemico ; ma tost
a terra sua madre, prendeva nuove forze e si rialzava più formidabile
di
prima. Pallade afferrò il gigante in mezzo al cor
le quali egli era padre, furono talmente afflitte, che precipitaronsi
di
disperazione nel mare, ove furono cangiate in alc
o che alcuni fanno Scita d’origine, era figlio secondo altri mitologi
di
Creusa figlia di Eretteo re d’Atene dotata di som
o Scita d’origine, era figlio secondo altri mitologi di Creusa figlia
di
Eretteo re d’Atene dotata di somma bellezza e di
secondo altri mitologi di Creusa figlia di Eretteo re d’Atene dotata
di
somma bellezza e di Apollo. Giano fu allevato in
ogi di Creusa figlia di Eretteo re d’Atene dotata di somma bellezza e
di
Apollo. Giano fu allevato in Delfo, ed Eretteo ig
per sapere come far dovesse per divenir padre ; e n’ebbe per risposta
di
adottare il primo fanciullo in cui s’imbattesse i
anciullo in cui s’imbattesse il giorno seguente. Difatti Giano figlio
di
Creusa fu il primo a’ presentarsegli ed egli lo a
ssociato Saturno al regno si crede da qualche mitologo derivare l’uso
di
rappresentare Giano con due facce, per dinotare c
ara prudenza che ponevagli sempre sott’occhio il passato ed il futuro
di
cui fu dotato da Saturno inricompensa dell’accord
e perchè credesi inventasse le toppe e perchè aprisse l’anno nel mese
di
gennaio che da lui tratto aveva il suo nome ; ed
’uso delle barche, delle monete, le regole della giustizia, e il modo
di
vivere felici sotto l’autorità delle leggi ; most
norare gli Dei nei tempii per mezzo dei sacrifici, a cingere le città
di
mura e a coltivare i campi e le vigne. In riconos
re le città di mura e a coltivare i campi e le vigne. In riconoscenza
di
tanti benefizi i Romani lo posero nel numero degl
a di tanti benefizi i Romani lo posero nel numero degli Dei. Il regno
di
Giano fu tanto pacifico che fu risguardato come i
l titolo, Numa gli fece edificare un tempio che stava aperto in tempo
di
guerra e chiudevasi in tempo di pace. Questo temp
e un tempio che stava aperto in tempo di guerra e chiudevasi in tempo
di
pace. Questo tempio fu chiuso sotto il regno di N
e chiudevasi in tempo di pace. Questo tempio fu chiuso sotto il regno
di
Numa una sol volta ; dopo la seconda guerra punic
sol volta ; dopo la seconda guerra punica un’altra volta, cioè l’anno
di
Roma 519 e tre volte sotto il regno di Augusto. S
ca un’altra volta, cioè l’anno di Roma 519 e tre volte sotto il regno
di
Augusto. Si ponevano a Giano dodici altari second
nel dargli quattro facce si alludeva alle quattro stagioni. Il primo
di
gennaio era a lui singolarmente dedicato, e in es
amati Strenne. Gordio, descrizione del nodo gordiano Gordio re
di
Frigia, padre di Mida, era figlio di un agricolto
Gordio, descrizione del nodo gordiano Gordio re di Frigia, padre
di
Mida, era figlio di un agricoltore. Altra eredità
del nodo gordiano Gordio re di Frigia, padre di Mida, era figlio
di
un agricoltore. Altra eredità non aveva fatta che
io di un agricoltore. Altra eredità non aveva fatta che due soli paia
di
buoi, uno pel suo aratro, l’altro pel suo carro.
ando, un’aquila scese sul giogo e vi restò fino alla sera. Stupefatto
di
tal meraviglia corse a consultare i Telmisi, dott
indovini, gli rispose che doveva sacrificare a Giove sotto il titolo
di
re e di sovrano. Egli condusse con sè questa donz
i, gli rispose che doveva sacrificare a Giove sotto il titolo di re e
di
sovrano. Egli condusse con sè questa donzella ond
uale disse, che tali divisioni non sarebbero cessate se non per mezzo
di
un re il quale fosse venuto ad essi sopra un carr
il quale fosse venuto ad essi sopra un carro. Essendo coloro in pena
di
siffatta risposta, videro giungere Mida col padre
siffatta risposta, videro giungere Mida col padre e colla madre sopra
di
un carro, e allora, più non dubitando che questi
za del favore che Gordio aveva ottenuto da Giove, gli dedicò il carro
di
suo padre, e lo sospese nel luogo più eminente de
o padre, e lo sospese nel luogo più eminente della fortezza. Il carro
di
Gordio aveva il giogo attaccato al timone con un
za. Il carro di Gordio aveva il giogo attaccato al timone con un nodo
di
scorza di corniolo, fatto con tant’arte e in tal
ro di Gordio aveva il giogo attaccato al timone con un nodo di scorza
di
corniolo, fatto con tant’arte e in tal guisa intr
ero dell’Asia. Trovandosi Alessandro il Grande in Frigia, nella città
di
Gordina, antico e rinomato soggiorno del re Mida,
città di Gordina, antico e rinomato soggiorno del re Mida, ebbe desio
di
vedere il famoso carro cui stava attaccato il Nod
ro cattivo augurio : Non importa, diss’egli, qualunque sia la maniera
di
snodarlo ; ed avendolo tagliato colla spada, in t
Eteocle e polinice figliloro, descrizione della sfinge e della guerra
di
Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labda
descrizione della sfinge e della guerra di Tebe Edipo era figlio
di
Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di Giocasta f
lla sfinge e della guerra di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio
di
Labdaco re di Tebe e di Giocasta figlia di Creont
ella guerra di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labdaco re
di
Tebe e di Giocasta figlia di Creonte. L’oracolo a
a di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e
di
Giocasta figlia di Creonte. L’oracolo aveva prede
era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di Giocasta figlia
di
Creonte. L’oracolo aveva predetto a Laio che sare
o attaccò solo pei piedi ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore
di
Polibio re di Corinto e portato alla regina Merop
pei piedi ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore di Polibio re
di
Corinto e portato alla regina Merope, la quale ne
a e dalla gonfiezza dei piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto, udendo
di
non esser figlio di Polibio, andò a consultar l’o
dei piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto, udendo di non esser figlio
di
Polibio, andò a consultar l’oracolo di Apollo per
to, udendo di non esser figlio di Polibio, andò a consultar l’oracolo
di
Apollo per aver contezza de’suoi parenti, e l’ora
gli predisse le disgrazie che a Laio erano state predette e lo avvisò
di
non ritornare nella sua patria per evitarle. Cred
nella sua patria per evitarle. Credendo Edipo che l’oracolo parlasse
di
Corinto, se ne esiliò volontariamente e decise di
l’oracolo parlasse di Corinto, se ne esiliò volontariamente e decise
di
andare in Beozia. Giunto nella Focide, mentre in
in una contesa tra i Focesi e i forestieri ei volle prender le parti
di
questi, uccise, senza conoscerlo, il proprio padr
i di questi, uccise, senza conoscerlo, il proprio padre, che a favore
di
quelli si era intromesso. Pretendono altri che l’
stro alato nato da Tifone e da Echidna che aveva la testa ed il petto
di
donna, il corpo di cane, le zampe di leone, la co
Tifone e da Echidna che aveva la testa ed il petto di donna, il corpo
di
cane, le zampe di leone, la coda di drago e l’ali
a che aveva la testa ed il petto di donna, il corpo di cane, le zampe
di
leone, la coda di drago e l’ali d’uccello. Giunon
ta ed il petto di donna, il corpo di cane, le zampe di leone, la coda
di
drago e l’ali d’uccello. Giunone avendo sdegno co
sdegno contro i Tebani perchè Alcmena aveva accondisceso alle voglie
di
Giove, mandò quel mostro sul monte Citerone, ove
ieri, e divorava tutti quelli i quali non lo sapevano sciogliere dopo
di
essersi offerti a farlo. Creonte padre di Giocast
lo sapevano sciogliere dopo di essersi offerti a farlo. Creonte padre
di
Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattan
i essersi offerti a farlo. Creonte padre di Giocasta promise il regno
di
Tebe, di cui frattanto aveva preso il governo, e
offerti a farlo. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe,
di
cui frattanto aveva preso il governo, e la vedova
l regno di Tebe, di cui frattanto aveva preso il governo, e la vedova
di
Laio in isposa, a chi sciogliesse l’enimma, e per
l’enimma, e la Sfinge per rabbia s’ammazzò. Edipo giusta la promessa
di
Creonte ebbe il regno di Tebe, e Giocasta in ispo
r rabbia s’ammazzò. Edipo giusta la promessa di Creonte ebbe il regno
di
Tebe, e Giocasta in isposa cui non sospettò esser
eocle e Polinice e le due figlie Antigone ed Ismene. Gli Dei irritati
di
un tale incesto percossero i Tebani con una peste
cossero i Tebani con una peste, che, secondo la risposta dell’oracolo
di
Delfo su ciò consultato, non sarebbe cessata, fin
to, non sarebbe cessata, finchè non fosse da Tebe esiliato l’uccisore
di
Laio. Or mentre Edipo s’occupava premurosamente a
mezzo del pastore che lo aveva salvato, non solamente che l’uccisore
di
Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio
ato, non solamente che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma
di
più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre.
Giocasta sua madre. Preso da orrore nel vedersi tutt’ad un tempo reo
di
parricidio e d’incesto, si cavò gli occhi per non
propri figli si fece condurre da sua figlia Antigone in poca distanza
di
un borgo dell’Altica detto Colono, in un bosco al
un bosco alle Eumenidi sacro. Inorriditi alcuni Ateniesi alla vista
di
un uomo in quel luogo, dove non era permesso a ne
ista di un uomo in quel luogo, dove non era permesso a nessun profano
di
portare il piede, vollero far uso della violenza
cciò ritorni in Tebe. Questo principe che sospetta in Creonte la mira
di
privarlo della protezione degli Ateniesi, e releg
rotezione degli Ateniesi, e relegarlo in terre sconosciute, ricusa le
di
lui offerte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani
usa le di lui offerte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani col mezzo
di
Teseo, sente egli un colpo di tuono, lo risguarda
osi dalla violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egli un colpo
di
tuono, lo risguarda come un presagio della vicina
ieri, siede sopra un sasso, si spoglia dei lugubri vestimenti, e dopo
di
essersi purificato, si riveste d’un abito simile
rti, fa chiamare Teseo, al quale raccomanda le due figlie, cui ordina
di
allontanarsi ; la terra trema e a poco a popo si
i apre per ricevere Edipo senza violenza e senza dolore alla presenza
di
Teseo, cui solo è palese il secreto intorno al ge
lla presenza di Teseo, cui solo è palese il secreto intorno al genere
di
sua morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la
abbia avuto parte alcuna nella sua vita, pure i poeti non tralasciano
di
situarlo nel numero de’più famosi condannati del
dine del padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra
di
loro di regnare alternativamente un anno per cias
padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro
di
regnare alternativamente un anno per ciascheduno
le prese le redini del governo per il primo e terminato l’anno ricusò
di
più cederle al fratello, e lo costrinse a ritirar
ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ritirarsi presso
di
Adrasto re degli Argivi. Aveva Adrasto due figlie
lie, Argia e Deifile. Esso maritò la prima a Polinice, a Tideo figlio
di
Eneo re di Calidone che si era alla corte di Adra
e Deifile. Esso maritò la prima a Polinice, a Tideo figlio di Eneo re
di
Calidone che si era alla corte di Adrasto ritirat
Polinice, a Tideo figlio di Eneo re di Calidone che si era alla corte
di
Adrasto ritirato per aver disgraziatamente ucciso
e ucciso il fratello Menalippo maritò la seconda, assumendo l’impegno
di
rimettere Polinice nel regno. Spedì a questo effe
ice nel regno. Spedì a questo effetto Tideo ad Eteocle per intimargli
di
cedere il regno secondo il patto ; ma Eteocle non
il triste annunzio. Irritato Adrasto al rifiuto e alla nuova perfidia
di
Eteocle adunò incontanente il fiore de’suoi eserc
i Eteocle adunò incontanente il fiore de’suoi eserciti sotto la guida
di
sette illustri capitani, i quali erano Adrasto me
ce, Tideo, Ippomedonte, Capaneo, Anfiarao e Partenopeo e mosse contro
di
Tebe, e questa fu chiamata la Guerra dei sette pr
te prodi innanzi Tebe. Funestissima ad ambe le parti riuscì la guerra
di
Tebe, poichè Tideo dopo valorose prove fu ucciso
ano Menalippo ; Capaneo sprezzatore degli Dei, mentre scalava le mura
di
Tebe venne fulminato da Giove ; anfiarao fu col s
erisce da alcuni avendo chiesto, per risparmiare il sangue de’popoli,
di
battersi in singolar certame alla presenza delle
scambievolmente si uccisero. Aggiungesi che la loro discorde maniera
di
pensare era stata, durante la loro vita, sì grand
eno stati questi due fratelli non si tralasciò nullameno nella Grecia
di
rendere ad essi gli onori eroici. Creonte il qual
he aveva combattuto contro i nemici della patria, e ordinò che quelle
di
Polinice fossero sparse al vento, per aver egli t
finge. Laio aveva una figlia chiamata Sfinge, la quale poco contenta
di
non aver parte alcuna al governo, erasi posta all
contenta di non aver parte alcuna al governo, erasi posta alla testa
di
una truppa di masnadieri che nei contorni di Tebe
on aver parte alcuna al governo, erasi posta alla testa di una truppa
di
masnadieri che nei contorni di Tebe mille e mille
, erasi posta alla testa di una truppa di masnadieri che nei contorni
di
Tebe mille e mille disordini ivano commettendo, l
tendo, locchè la fece come un mostro da tutti riguardare. Gli artigli
di
lione indicavano la sua crudeltà, il corpo di can
riguardare. Gli artigli di lione indicavano la sua crudeltà, il corpo
di
cane mostrava i disordini di cui era suscettibile
one indicavano la sua crudeltà, il corpo di cane mostrava i disordini
di
cui era suscettibile una figlia di quel carattere
corpo di cane mostrava i disordini di cui era suscettibile una figlia
di
quel carattere ; le ali esprimevano l’agilità con
gli e ne’macchioni del monte Ficeo, là dove riusciva loro impossibile
di
liberarsi per non saperne le diverse uscite che e
Tieste, Agamennone, Menelao, Egisto, Oreste, ecc. P elope figlio
di
Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’empio
nnone, Menelao, Egisto, Oreste, ecc. P elope figlio di Tantalo re
di
Frigia e di Taigete, fu dall’empio padre, come si
ao, Egisto, Oreste, ecc. P elope figlio di Tantalo re di Frigia e
di
Taigete, fu dall’empio padre, come si è già detto
loro divinità e da essi risuscitato ebbe una spalla d’avorio in luogo
di
quella che Cerere aveva mangiato. Dicesi che quel
ato. Dicesi che quella spalla, col semplice suo tocco, aveva la virtù
di
guarire ogni sorta di malattia. I confini del reg
spalla, col semplice suo tocco, aveva la virtù di guarire ogni sorta
di
malattia. I confini del regno di Tantalo erano im
aveva la virtù di guarire ogni sorta di malattia. I confini del regno
di
Tantalo erano immediatamente uniti a quelli di Tr
a. I confini del regno di Tantalo erano immediatamente uniti a quelli
di
Troo re di Troia. Vuolsi che Tantalo essendo stat
i del regno di Tantalo erano immediatamente uniti a quelli di Troo re
di
Troia. Vuolsi che Tantalo essendo stato precipita
o nell’inferno, Pelope restato solo fu scacciato dal suo regno dal re
di
Troia, e datosi alla fuga si ritirò a Pisa, città
adre dell’avvenente Ippodamia. Questo principe informato dall’oracolo
di
dover morire per opera di suo genero, propose a’p
mia. Questo principe informato dall’oracolo di dover morire per opera
di
suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di
er morire per opera di suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia,
di
gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel qual
itore, avrebbe avuto in premio Ippodamia, ma i vinti sarebbero puniti
di
morte. Era difficilissimo che questo principe fos
uanto che egli possedeva il più leggiero carro e i più rapidi cavalli
di
tutta la Grecia. Già tredici principi dei dintorn
rapidi cavalli di tutta la Grecia. Già tredici principi dei dintorni
di
Pisa erano stati vinti e tratti a morte, allorchè
o stati vinti e tratti a morte, allorchè Pelope non esitò, nè temette
di
accettare la sfida ; ma per assicurarsi la vittor
a ; ma per assicurarsi la vittoria pose in opra l’astuzia. Gli riuscì
di
sedurre Mirtilo cocchiere di Enomao e lo indusse
toria pose in opra l’astuzia. Gli riuscì di sedurre Mirtilo cocchiere
di
Enomao e lo indusse a porre al cocchio di lui un
i sedurre Mirtilo cocchiere di Enomao e lo indusse a porre al cocchio
di
lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato n
perciò da lui tutta la famosa penisola conosciuta poscia sotto i nomi
di
Pelasgia, d’Apia e di Argolide, ricevette quello
famosa penisola conosciuta poscia sotto i nomi di Pelasgia, d’Apia e
di
Argolide, ricevette quello di Peloponneso. Questa
scia sotto i nomi di Pelasgia, d’Apia e di Argolide, ricevette quello
di
Peloponneso. Questa contrada che fu la culla di t
ide, ricevette quello di Peloponneso. Questa contrada che fu la culla
di
tanti grandi uomini ed il teatro di tanti celebri
. Questa contrada che fu la culla di tanti grandi uomini ed il teatro
di
tanti celebri avvenimenti, è conosciuta ora sotto
l teatro di tanti celebri avvenimenti, è conosciuta ora sotto il nome
di
Morea. Pelope dopo la sua morte ottenne gli onori
e figli, Atreo e Tieste. Pelope sospettandoli ambedue rei della morte
di
Crisippo altro suo figlio che aveva avuto da una
nza, dimodochè essi spatriarono entrambi. Atreo si rifuggì alla corte
di
Euristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi e
a corte di Euristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi era figlio
di
Nicippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo
, suo nipote, perocchè questi era figlio di Nicippe, una delle figlie
di
Pelope. Euristeo lo ricevette con amicizia, lo as
nell’Argolide, si fe’ amare dalla regina sua cognata, e la rese madre
di
due figli. Atreo avendo scoperto l’incestuoso int
a rese madre di due figli. Atreo avendo scoperto l’incestuoso intrigo
di
suo fratello, lo bandì dalla corte, ma non creden
o, lo bandì dalla corte, ma non credendosi abbastanza vendicato finse
di
volersi riconciliare con lui e lo richiamò. Per m
e fece imbandire le membra e le presentò a suo fratello. Non contento
di
questa atrocità, fece recare verso la fine del pa
a atrocità, fece recare verso la fine del pasto le braccia e le teste
di
questi figli. Dicesi che il sole retrocedette ino
irò in Sicione città dell’Acaia. Atreo fu poi ucciso da Egisto figlio
di
Tieste. Atreo ebbe due mogli. Ignorasi quale fos
Plistene, Agamennone e Menelao ; dicono alcuni che era Aerope figlia
di
Euristeo. Altri accertano che Aerope fu moglie di
e era Aerope figlia di Euristeo. Altri accertano che Aerope fu moglie
di
Plistene figlio di Atreo ; che la rese madre di A
di Euristeo. Altri accertano che Aerope fu moglie di Plistene figlio
di
Atreo ; che la rese madre di Agamennone e di Mene
che Aerope fu moglie di Plistene figlio di Atreo ; che la rese madre
di
Agamennone e di Menelao, i quali dicesi che non s
oglie di Plistene figlio di Atreo ; che la rese madre di Agamennone e
di
Menelao, i quali dicesi che non siano reputati fi
Agamennone e di Menelao, i quali dicesi che non siano reputati figli
di
Atreo, se non perchè essendo morto giovine il lor
il loro padre Plistene, furono allevati dal loro avo Atreo : dal nome
di
questi furono essi chiamati Atridi. Dopo la morte
Atreo : dal nome di questi furono essi chiamati Atridi. Dopo la morte
di
Atreo, Tieste s’impadronì del regno d’Argo e fu s
rte di Atreo, Tieste s’impadronì del regno d’Argo e fu sua prima cura
di
allontanare i suoi pronipoti Agamennone e Menelao
volmente e si dichiarò loro protettore. Alcun tempo dopo, Tindaro, re
di
Sparta, die’ a ciascun di loro una delle sue figl
o protettore. Alcun tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun
di
loro una delle sue figlie in matrimonio : Elena a
monio : Elena a Menelao e Clitennestra ad Agamennone. Divenuti generi
di
un potente re, pensarono a vendicare la morte del
assalirono e vinsero Tieste, che trattarono con umanità contentandosi
di
esiliarlo nell’isola di Creta. Divenuto Agamennon
ste, che trattarono con umanità contentandosi di esiliarlo nell’isola
di
Creta. Divenuto Agamennone e per le sue conquiste
a di Creta. Divenuto Agamennone e per le sue conquiste e per la morte
di
Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, sign
per la morte di Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, signore
di
Argo ed il più potente principe della Grecia, sce
nore di Argo ed il più potente principe della Grecia, scelse la città
di
Micene per capitale del suo impero. Menelao diven
se la città di Micene per capitale del suo impero. Menelao divenne re
di
Sparta. In vista del vasto suo potere Agamennone
reci, per la spedizione contro i Troiani, per ricuperare Elena moglie
di
Menelao che era stata rapita da Paride figlio di
uperare Elena moglie di Menelao che era stata rapita da Paride figlio
di
Priamo re di Troia. Prima della partenza de’ Grec
moglie di Menelao che era stata rapita da Paride figlio di Priamo re
di
Troia. Prima della partenza de’ Greci per Troia A
uta ivi da venti contrari, il sacerdote Calcante consultato l’oracolo
di
Delfo portò in risposta, che per avere propizi i
, che per avere propizi i venti conveniva sacrificare Ifigenia figlia
di
Agamennone a Diana, irritata perchè questo princi
aterna e l’ambizione della gloria che doveva fruttargli la spedizione
di
Troia, acconsentì finalmente agl’interessi dell’i
io, un favorevol vento condusse in poco tempo la flotta greca ai lidi
di
Troia. Agamennone lasciò Egisto l’uccisore di Atr
la flotta greca ai lidi di Troia. Agamennone lasciò Egisto l’uccisore
di
Atreo che era suo cugino per vegliare al governo
liare al governo de’ suoi stati. Invaghitosi della regina, gli riuscì
di
sedurla ; e non tenendo più alcun freno alla sua
riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno alla sua condotta,
di
concerto con essa, allorchè Agamennone fu di rito
freno alla sua condotta, di concerto con essa, allorchè Agamennone fu
di
ritorno, a tradimento l’uccise e impadronissi del
a tradimento l’uccise e impadronissi del regno d’Argo. Oreste figlio
di
Agamennone e di Clitennestra dovea esser ucciso d
ccise e impadronissi del regno d’Argo. Oreste figlio di Agamennone e
di
Clitennestra dovea esser ucciso da Egisto, ma fu
la sorella Elettra, ed allevato secretamente da Strofio nella Focide,
di
dove all’età di venti anni tornò incognito in Arg
ra, ed allevato secretamente da Strofio nella Focide, di dove all’età
di
venti anni tornò incognito in Argo a vendicar la
tornò incognito in Argo a vendicar la morte del padre coll’uccisione
di
Egisto e di Clitennestra. In pena di aver però uc
nito in Argo a vendicar la morte del padre coll’uccisione di Egisto e
di
Clitennestra. In pena di aver però uceisa la madr
a morte del padre coll’uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena
di
aver però uceisa la madre fu Oreste tormentato da
reste tormentato dalle Furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio
di
Strofio, con cui era stato educato, giunse in Tau
ucato, giunse in Tauride, ove per ordine del re Toante fu in procinto
di
essere sacrificato a Diana. Ma una virtuosa gara
arlo, si finse Oreste, e Oreste costantemente si oppose alla generosa
di
lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, che era sac
enerosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, che era sacerdotessa
di
Diana, riconosciuto a sicuri indizi il fratello,
i unirono tutti e tre ad uccider Toante, e seco portando il simulacro
di
Diana se ne fuggirono. Tornato in Grecia fu Orest
de la sorella Elettra in isposa ; e premendogli d’aver Ermione figlia
di
Menelao, che prima a lui promessa, era stata poi
reste visse pacifico possessore degli stati d’Argo, cui dopo la morte
di
Menelao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’et
ore degli stati d’Argo, cui dopo la morte di Menelao, aggiunse quelli
di
Sparta, e morì all’età di 90 anni pel morso di un
i dopo la morte di Menelao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’età
di
90 anni pel morso di una vipera come tutti genera
nelao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’età di 90 anni pel morso
di
una vipera come tutti generalmente credono. Pa
dono. Paride, Achille, Ulisse, Enea, ecc. descrizione della guerra
di
troia Cagione della guerra di Troia fu Paride
Enea, ecc. descrizione della guerra di troia Cagione della guerra
di
Troia fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re
troia Cagione della guerra di Troia fu Paride o Alessandro figlio
di
Priamo re di Troia e di Ecuba figlia di Dimante r
ione della guerra di Troia fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re
di
Troia e di Ecuba figlia di Dimante re di Frigia.
guerra di Troia fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re di Troia e
di
Ecuba figlia di Dimante re di Frigia. Dicesi che
fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re di Troia e di Ecuba figlia
di
Dimante re di Frigia. Dicesi che mentre Ecuba era
essandro figlio di Priamo re di Troia e di Ecuba figlia di Dimante re
di
Frigia. Dicesi che mentre Ecuba era incinta, parv
e re di Frigia. Dicesi che mentre Ecuba era incinta, parvele in sogno
di
avere in seno una fiaccola ardente ; consultati g
cola ardente ; consultati gl’indovini le fu risposto che il fanciullo
di
cui era incinta, sarebbe stato un giorno cagione
e dello sterminio della sua famiglia e della sua patria. Priamo a fin
di
prevenire una tale disavventura, appena Paride fu
avi, chiamato Archelao acciò il facesse perire ; ma questi ad istanza
di
Ecuba si contentò di esporlo sul monte Ida, ove l
o acciò il facesse perire ; ma questi ad istanza di Ecuba si contentò
di
esporlo sul monte Ida, ove la madre il fece secre
, pure l’interessante suo aspetto, le rare sue qualità e certi tratti
di
spirito e di magnanimità che talvolta gli sfuggiv
ressante suo aspetto, le rare sue qualità e certi tratti di spirito e
di
magnanimità che talvolta gli sfuggivano, fecero s
i fosse uscito da una illustre famiglia. Venne a lui affidata la cura
di
numerose mandre, che seppe in più occasioni difen
suo coraggio dalle feroci belve. In diverse circostanze dimostrò egli
di
essere di sì rara prudenza e di sì grande equità
io dalle feroci belve. In diverse circostanze dimostrò egli di essere
di
sì rara prudenza e di sì grande equità dotato, ch
In diverse circostanze dimostrò egli di essere di sì rara prudenza e
di
sì grande equità dotato, che i vicini pastori lo
e visse con lei nella più perfetta unione, sino all’epoca delle nozze
di
Teti e di Peleo. L’azione che più d’ogni altro i
n lei nella più perfetta unione, sino all’epoca delle nozze di Teti e
di
Peleo. L’azione che più d’ogni altro il rendette
do alle tre Dee. Si è già detto come la Discordia sommamente irritata
di
non essere stata invitata alle nozze di Teti, per
Discordia sommamente irritata di non essere stata invitata alle nozze
di
Teti, per trarne vendetta alla metà del banchetto
li Dee, Giunone, Venere e Minerva. Gli Dei, per non incontrare l’odio
di
veruna di quelle gelose Divinità, quantunque rice
unone, Venere e Minerva. Gli Dei, per non incontrare l’odio di veruna
di
quelle gelose Divinità, quantunque ricercati per
erne i giudici, ricusarono e nominarono il pastor Paride qual giudice
di
un sì delicato punto di questione, e ciò in forza
no e nominarono il pastor Paride qual giudice di un sì delicato punto
di
questione, e ciò in forza della grande riputazion
delicato punto di questione, e ciò in forza della grande riputazione
di
saggezza di cui esso godeva. Le tre Dee recaronsi
nto di questione, e ciò in forza della grande riputazione di saggezza
di
cui esso godeva. Le tre Dee recaronsi allora sul
il cui potere stendevasi su tutte le ricchezze dell’universo, promise
di
colmarlo d’ogni bene, non esclusa la regia podest
a la regia podestà. Minerva gli offrì la saggezza siccome il maggiore
di
tutti i beni non che la gloria delle armi. Venere
ggiore di tutti i beni non che la gloria delle armi. Venere s’impegnò
di
renderlo possessore della più bella donna dell’un
menti le trovava egualmente belle, e che per giudicare, eragli d’uopo
di
vederle ignude. L’orgogliosa Giunone si vide astr
ragli d’uopo di vederle ignude. L’orgogliosa Giunone si vide astretta
di
sottomettersi come le altre a comparire in quello
rtale ; nè la casta Minerva potè pur essa ricusare. Sia che l’offerta
di
Venere fosse a Paride più gradita, sia ch’ei la t
ssaria conseguenza, si trovò egli esposto all’odio ed al risentimento
di
Giunone e di Minerva, le quali non mancarono di p
uenza, si trovò egli esposto all’odio ed al risentimento di Giunone e
di
Minerva, le quali non mancarono di portare la più
io ed al risentimento di Giunone e di Minerva, le quali non mancarono
di
portare la più strepitosa vendetta sulla famiglia
famiglia del loro giudice. Quindi le irritate Dee giurarono la ruina
di
Troia. Concorso Paride in Troia ai pubblici giuoc
o suo fratello Ettore senza conoscerlo ; e siccome non si parlava che
di
questo pastore Priamo il volle vedere, e dopo ave
regnava Laomedonte. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito
di
Elena, che era riputata la più bella donna di que
parta da Menelao marito di Elena, che era riputata la più bella donna
di
quell’età, colse Paride l’occasione che Menelao e
care quest’ingiuria i due fratelli Agamennone e Menelao procacciarono
di
trarre al loro partito tutti i principi della Gre
principi della Grecia, tra i primari de’quali contansi Achille figlio
di
Peleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace
la Grecia, tra i primari de’quali contansi Achille figlio di Peleo re
di
Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugi
i de’quali contansi Achille figlio di Peleo re di Ftia in Tessaglia e
di
Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone r
i Achille figlio di Peleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace
di
lui cugino figlio di Telamone re di Salamina e di
eleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio
di
Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figl
in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone re
di
Salamina e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re
e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone re di Salamina e
di
Esione ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Ne
cugino figlio di Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figlio
di
Laerte re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re d
o di Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re
di
Itaca ; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Pa
na e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Nestore figlio
di
Neleo re di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e
ne ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re
di
Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e di Stenele
re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Patroclo figlio
di
Menezio e di Stenele ; e dopo la morte di Achille
; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e
di
Stenele ; e dopo la morte di Achille s’aggiunse P
di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e di Stenele ; e dopo la morte
di
Achille s’aggiunse Pirro figlio di lui e di Deida
zio e di Stenele ; e dopo la morte di Achille s’aggiunse Pirro figlio
di
lui e di Deidamia. Non furono meno solleciti i Tr
Stenele ; e dopo la morte di Achille s’aggiunse Pirro figlio di lui e
di
Deidamia. Non furono meno solleciti i Troiani ad
ti i Troiani ad armarsi e procacciarsi alleati. Ettore e Paride figli
di
Priamo, Enea figlio di Anchise e di Venere furono
e procacciarsi alleati. Ettore e Paride figli di Priamo, Enea figlio
di
Anchise e di Venere furono i principali tra i Tro
si alleati. Ettore e Paride figli di Priamo, Enea figlio di Anchise e
di
Venere furono i principali tra i Troiani ; si agg
furono i principali tra i Troiani ; si aggiunsero ad essi Antenore re
di
una parte della Tracia co’ suoi figli, Mennone re
e della Tracia co’ suoi figli, Mennone re dell’Etiopia, Sarpedonte re
di
Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bel
o’ suoi figli, Mennone re dell’Etiopia, Sarpedonte re di Licia figlio
di
Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte, Pente
li, Mennone re dell’Etiopia, Sarpedonte re di Licia figlio di Giove e
di
Laodamia figlia di Bellerofonte, Pentesilea regin
’Etiopia, Sarpedonte re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia
di
Bellerofonte, Pentesilea regina delle Amazzoni, e
greci si prestarono a quella lega con eguale prontezza. Ulisse cercò
di
sottrarsene simulandosi pazzo ; ma Palamede scope
i perito l’occultò sotto abito femminile tra le damigelle della corte
di
Licomede re di Sciro, ove dalla figlia di esso De
ltò sotto abito femminile tra le damigelle della corte di Licomede re
di
Sciro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe
ra le damigelle della corte di Licomede re di Sciro, ove dalla figlia
di
esso Deidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse presentat
a soggiogare ed ardere Troia. Paride fu ucciso da Pirro e vide prima
di
morire interamente ruinata la sua patria per prop
ndo essa perfetta cognizione della medicina, ma Enone sdegnata contro
di
lui, gli fece poco buona accoglienza e non volle
ui, gli fece poco buona accoglienza e non volle guarrirlo : onde morì
di
quella ferita. Ne’ primi anni si occuparono i Gre
enne dal voler più prender parte a quella guerra, malgrado i consigli
di
Nestore e le preghiere di Ulisse. I Troiani coman
parte a quella guerra, malgrado i consigli di Nestore e le preghiere
di
Ulisse. I Troiani comandati da Ettore ad onta del
comandati da Ettore ad onta della resistenza de’ Greci e soprattutto
di
Aiace figlio di Telamone, ebbero dei grandi vanta
tore ad onta della resistenza de’ Greci e soprattutto di Aiace figlio
di
Telamone, ebbero dei grandi vantaggi ; e poco man
e non fossero le navi che tratte in secco servivano al campo de’Greci
di
trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroc
vi che tratte in secco servivano al campo de’Greci di trinceramento e
di
riparo. In questo mezzo Patroclo amico d’Achille,
o d’Achille, non potendolo indurre a riprender le armi, chiese almeno
di
poter con quell’armi andar egli a combattere cont
l corpo dietro il suo cocchio, tre volte lo strascinò intorno le mura
di
Troia, nè si arrese che a gran fatica a restituir
rglielo. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese in isposa la figlia
di
lui Polissena, ma nell’atto che celebravasi lo sp
lui Polissena, ma nell’atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio
di
Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì
gno, ove soltanto era vulnerabile come si è già riferito all’articolo
di
Teti. Niuno fu più scaltro di Ulisse. Tra gli str
ile come si è già riferito all’articolo di Teti. Niuno fu più scaltro
di
Ulisse. Tra gli stratagemmi da lui impiegati a da
u più scaltro di Ulisse. Tra gli stratagemmi da lui impiegati a danno
di
Troia il più fatale fu l’invenzione del cavallo d
impiegati a danno di Troia il più fatale fu l’invenzione del cavallo
di
legno. Fece egli costruire da Epeo uno smisurato
nchiuse egli medesimo co’ più valorosi tra i Greci. Finsero gli altri
di
partire abbandonando l’assedio di Troia e dietro
rosi tra i Greci. Finsero gli altri di partire abbandonando l’assedio
di
Troia e dietro l’isola di Tenedo si nascosero. In
gli altri di partire abbandonando l’assedio di Troia e dietro l’isola
di
Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di P
roia e dietro l’isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia
di
Priamo, che era per destino verace sempre e non c
ote d’Apollo confermando la stessa cosa incominciò a scagliare contro
di
quello una lancia. In questo mentre, secondo Virg
che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci onde placare lo sdegno
di
Pallade irritata per la violazione del Palladio o
sdegno di Pallade irritata per la violazione del Palladio o simulacro
di
Pallade che Ulisse con arte introdottosi in Troia
fuoco misero la città tutta. Ulisse e Menelao uccisero Deifobo figlio
di
Priamo, e via condussero Elena, che dopo la morte
o Deifobo figlio di Priamo, e via condussero Elena, che dopo la morte
di
Paride a quello era stata data in isposa. Pirro e
a quello era stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella reggia
di
Priamo vi uccise Polite altro de’ figli di lui, i
trato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite altro de’ figli
di
lui, indi Priamo stesso ; e sacrificata Polissena
Polissena sulla tomba d’Achille, trasse prigioniera Andromaca vedova
di
Ettore. Gli altri tutti sparsi per le case e per
do, ridussero quella città già sì florida e sì possente ad un mucchio
di
sassi e di cenere. Dei capi troiani e loro alleat
ro quella città già sì florida e sì possente ad un mucchio di sassi e
di
cenere. Dei capi troiani e loro alleati i soli ch
o favorevole al partito dei Greci, perchè consigliava la restituzione
di
Elena, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abit
lisse con abito simulato da schiavo non lo manifestò, dopo l’incendio
di
Troia partì cogli Eneti popolo della Paflagonia,
loro re Filemone ; e venuto all’estremo dell’Adriatico fondò la città
di
Padova ; e discacciati gli Euganei diede alla pro
iscacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti quel
di
Venezia, come alcuni opinano. Enea figlio di Anc
l nome degli Eneti quel di Venezia, come alcuni opinano. Enea figlio
di
Anchise e di Venere fu anch’egli accusato da alcu
Eneti quel di Venezia, come alcuni opinano. Enea figlio di Anchise e
di
Venere fu anch’egli accusato da alcuni come tradi
fu presa Troia, veduto ucciso Priamo e la città in fiamme, per ordine
di
Venere prese sulle spalle il vecchio suo padre An
do a mano il figlio Ascanio, partì seguíto dalla moglie Creusa figlia
di
Priamo, che poi si smarrì nel viaggio. Enea col p
io, che edificò Alba e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie
di
re scese da lui Numitore padre d’Ilia o Rea Silvi
ie di re scese da lui Numitore padre d’Ilia o Rea Silvia sacerdotessa
di
Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacquero poi
a, dalla quale congiunta a Marte nacquero poi Romolo e Remo fondatori
di
Roma. L’ira di Achille, e i mali di cui fu cagion
congiunta a Marte nacquero poi Romolo e Remo fondatori di Roma. L’ira
di
Achille, e i mali di cui fu cagione ai Greci prim
quero poi Romolo e Remo fondatori di Roma. L’ira di Achille, e i mali
di
cui fu cagione ai Greci prima, indi ai Troiani, f
omento del primo poema epico che sia apparso, vale a dire dell’Iliade
di
Omero. Le avversità che Ulisse ebbe a soffrire ne
o. Le avversità che Ulisse ebbe a soffrire nel ritorno dopo la guerra
di
Troia, vennero da Omero descritte nell’Odissea. L
mento in Italia furone cantate da Virgilio nella Eneide. L’avventura
di
Laocoonte ha dato argomento ad uno de’ più bei pe
L’avventura di Laocoonte ha dato argomento ad uno de’ più bei pezzi
di
greca scultura che noi possediamo. Questo gruppo
bei pezzi di greca scultura che noi possediamo. Questo gruppo è opera
di
Polidoro, di Atenodoro e di Agesandro di Rodi, tr
greca scultura che noi possediamo. Questo gruppo è opera di Polidoro,
di
Atenodoro e di Agesandro di Rodi, tre eccellenti
che noi possediamo. Questo gruppo è opera di Polidoro, di Atenodoro e
di
Agesandro di Rodi, tre eccellenti maestri dell’ar
diamo. Questo gruppo è opera di Polidoro, di Atenodoro e di Agesandro
di
Rodi, tre eccellenti maestri dell’arte, i quali d
maestri dell’arte, i quali d’accordo lo scarpellarono da un sol ceppo
di
marmo. Esso fu rinvenuto a’ tempi di Giulio II so
lo scarpellarono da un sol ceppo di marmo. Esso fu rinvenuto a’ tempi
di
Giulio II sotto la volta di un salone che sembra
eppo di marmo. Esso fu rinvenuto a’ tempi di Giulio II sotto la volta
di
un salone che sembra aver fatto parte delle terme
I sotto la volta di un salone che sembra aver fatto parte delle terme
di
Tito. Il Laocoonte trovasi al presente nel Museo
i eran renduti. Gli Oracoli facevano parte della pagana religione ; e
di
tutte le specie di predizioni era questa la più s
Oracoli facevano parte della pagana religione ; e di tutte le specie
di
predizioni era questa la più sacra ed augusta. Pe
uesta la più sacra ed augusta. Per mezzo degli Oracoli credeva l’uomo
di
avere un immediato commercio colla divinità. Il d
o commercio colla divinità. Il desiderio sempre vivo e sempre inutile
di
conoscere l’avvenire, die’ vita agli Oracoli ; l’
ismo. La venerazione tributata agli Oracoli erasi aumentata per mezzo
di
ricchi doni che si facevano ai loro templi e spec
onti, da boschi e da antri isolati, orribili all’aspetto. I sacerdoti
di
tutti questi tempii non volevano essere consultat
essere soli quando entravano nei tempii. Alessandro entra nel tempio
di
Giove Ammone e lascia alla porta i suoi cortigian
pasiano fa allontanare la sua scorta nel presentarsi che fa al tempio
di
Serapi. Quando un particolare voleva maritarsi, i
qualche impresa, tosto recavasi a consultare gli Dei che avevan fama
di
predire il futuro. Gli Oracoli rendevansi in dive
oli rendevansi in diverse maniere. Talvolta per ottenerli, era d’uopo
di
molte preparazioni, di digiuni, di sacrifici, ecc
se maniere. Talvolta per ottenerli, era d’uopo di molte preparazioni,
di
digiuni, di sacrifici, ecc. Giove in forza della
Talvolta per ottenerli, era d’uopo di molte preparazioni, di digiuni,
di
sacrifici, ecc. Giove in forza della sua qualità
ioni, di digiuni, di sacrifici, ecc. Giove in forza della sua qualità
di
sovrano degli Dei, era riguardato come il primo m
degli oracoli, e prima sorgente d’ogni divinazione. Dopo gli oracoli
di
Giove i più celebri e più accreditati erano quell
lebri e più accreditati erano quelli cui presiedeva Apollo, figliuolo
di
lui, siccome quello che nella cognizione dell’avv
siccome quello che nella cognizione dell’avvenire era il più versato
di
tutti gli Dei, essendosene istrutto dallo stesso
I più famosi tra gli Oracoli erano : Sacrifizio L’oracolo
di
Dodona nell’Epiro, dove i sacerdoti rendevano le
sacrato, per cui le favole dissero che le querce parlavano. L’oracolo
di
Giove Ammone nella Libia, ove la statua di lui so
uerce parlavano. L’oracolo di Giove Ammone nella Libia, ove la statua
di
lui solennemente portavasi da sacerdoti, e da’ se
coi suoi movimenti, i sacerdoti interpretavano le risposte. L’oracolo
di
Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pizia sac
ta Pizia chiamasi anche Pitonessa. I poeti però sogliono dare il nome
di
Pitonessa a qualunque strega in generale. La Pito
n generale. La Pitonessa sacerdotessa d’Apollo rendeva gli oracoli su
di
un tripode, scranna piccola con tre piedi, che Ap
serpente Pitone. Quando costei voleva predir il futuro, usciva fuori
di
sè, parlava con una voce tremolosa e mozza, si co
anche a Claro città della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli
di
Apollo era quello di Delfo, non tanto per la sua
della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli di Apollo era quello
di
Delfo, non tanto per la sua anzianità, quanto per
cisione e la chiarezza delle sue risposte, in confronto degli altri ;
di
modo che gli Oracoli del tripode passavano in pro
l’andar del tempo accordato a quasi tutti gli Dei e ad un gran numero
di
eroi. Marte ebbe un Oracolo nella Tracia, Mercuri
Ercole in Atene e a Cadice ; Serapi in Alessandria ; Trofonio figlio
di
Ercino re d’Orcomene n’ebbe un celebre nella Beoz
nno preparavasi con particolari disposizioni che avevano qualche cosa
di
misterioso ; talvolta ciò avveniva per mezzo di b
avevano qualche cosa di misterioso ; talvolta ciò avveniva per mezzo
di
biglietti suggellati ; o finalmente ricevevasi la
sì chiamavano i Greci ed i Romani certe donne ch’essi dicevano invase
di
spirito profetico ed alle quali attribuivano la c
concordi riguardo al loro numero. Avvi chi ne conta una sola, quella
di
Eritrea nella Ionia ; chi tre, l’Eritrea, la Sard
tea e Demofila, l’Ellespontica, la Frigia e l’Albanea. La più celebre
di
tutte le Sibille era quella di Cuma città d’Itali
la Frigia e l’Albanea. La più celebre di tutte le Sibille era quella
di
Cuma città d’Italia, chiamata dagli uni Dafne, da
da parecchi Femonoe o Deifoba e da taluni Amaltea. La si vuole figlia
di
Tiresia famoso indovino, o di Ercole o di Glauco.
e da taluni Amaltea. La si vuole figlia di Tiresia famoso indovino, o
di
Ercole o di Glauco. Dicesi che Apollo ne divenne
Amaltea. La si vuole figlia di Tiresia famoso indovino, o di Ercole o
di
Glauco. Dicesi che Apollo ne divenne amante e che
rì d’accordarle tutto ciò ch’essa poteva desiderare. Gli dimandò essa
di
vivere tanti anni, quanti erano i grani di sabbia
siderare. Gli dimandò essa di vivere tanti anni, quanti erano i grani
di
sabbia che essa teneva in sua mano, poc’anzi racc
nzi raccolti ; locchè fu a lei concesso ; ma sgraziatamente dimenticò
di
chiedere nel tempo stesso il dono di conservare q
so ; ma sgraziatamente dimenticò di chiedere nel tempo stesso il dono
di
conservare quella freschezza che tanto rendeala i
to che dovesse ella pure esser con lui condiscendente ; ma al piacere
di
una eterna gioventù, quello preferì essa di un’in
scendente ; ma al piacere di una eterna gioventù, quello preferì essa
di
un’inviolabile castità ; di modo che una trista d
una eterna gioventù, quello preferì essa di un’inviolabile castità ;
di
modo che una trista decrepitezza non tardò a dist
ere le avvenenti attrattive della giovinezza. Era essa giunta all’età
di
settecento anni, allorchè Enea approdò in Italia
à di settecento anni, allorchè Enea approdò in Italia presso la città
di
Cuma ove la Sibilla aveva il suo soggiorno. Quell
il suo soggiorno. Quell’eroe fu a visitarla nel suo antro e la pregò
di
condurlo all’inferno onde vedervi il proprio padr
nchise. Mancavanle ancora tre secoli per compiere il numero dei grani
di
sabbia che dovevano por fine alla misura degli an
mero dei grani di sabbia che dovevano por fine alla misura degli anni
di
sua vita. La Sibilla dopo di avergli fatto presen
dovevano por fine alla misura degli anni di sua vita. La Sibilla dopo
di
avergli fatto presente la difficoltà di un tal vi
di sua vita. La Sibilla dopo di avergli fatto presente la difficoltà
di
un tal viaggio promise di soddisfarlo. Gli mostrò
opo di avergli fatto presente la difficoltà di un tal viaggio promise
di
soddisfarlo. Gli mostrò essa nella foresta di Pro
un tal viaggio promise di soddisfarlo. Gli mostrò essa nella foresta
di
Proserpina un ramo d’oro e gli ordinò di strappar
li mostrò essa nella foresta di Proserpina un ramo d’oro e gli ordinò
di
strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con essa disc
o Erofila, la settima delle Sibille nominate da Varrone, la quale era
di
Cuma in Eolide e confusa soventi con quella d’Ita
oggiornavano quantunque in paesi diversi. Qualunque sia la procedenza
di
questi libri è però certo che nulla avvi di più c
alunque sia la procedenza di questi libri è però certo che nulla avvi
di
più celebre nella Storia romana quanto i Libbi Si
nella Storia romana quanto i Libbi Sibillini vale a dire una raccolta
di
versi attribuiti. alle Sibille la quale conteneva
ccolta di versi attribuiti. alle Sibille la quale conteneva i destini
di
Roma. Narrasi che una donna si presentò un giorno
e perseverò nel chiedere la stessa somma pei tre ultimi, con minaccia
di
bruciarli in caso di rifiuto. Tarquinio maravigli
ere la stessa somma pei tre ultimi, con minaccia di bruciarli in caso
di
rifiuto. Tarquinio maravigliato da tale ostinazio
ciò che si chiedeva. Ricevuta la somma l’incognita avvertì Tarquinio
di
custodire diligentemente questi libri come conten
emente questi libri come contenenti oracoli che presagivano i destini
di
Roma, e poscia dicesi che disparve. Sebbene quest
del favoloso, egli è però certo che i Romani possedevano una raccolta
di
sibillini versi. Il re li fece porre in una cassa
ano una raccolta di sibillini versi. Il re li fece porre in una cassa
di
pietra, la quale fu posta sotto una volta del Cam
ivamente portato a dieci e poi a quindici, i quali pigliarono il nome
di
quindecimviri. In origine questi sacerdoti non in
le quali esigeva quel sacro deposito, poscia vi fu aggiunto l’ufficio
di
celebrare i giuochi secolari. Non si poteva consu
i quali minacciassero qualche grande sventura, mai non si tralasciava
di
ricorrervi. Sotto pena di morte era proibito a ch
che grande sventura, mai non si tralasciava di ricorrervi. Sotto pena
di
morte era proibito a chi custodiva questi libri d
rrervi. Sotto pena di morte era proibito a chi custodiva questi libri
di
lasciarli vedere a chicchessia. Quella collezione
i di lasciarli vedere a chicchessia. Quella collezione era una specie
di
oracolo permanente, sì di sovente dai Romani cons
icchessia. Quella collezione era una specie di oracolo permanente, sì
di
sovente dai Romani consultato, quanto lo era quel
permanente, sì di sovente dai Romani consultato, quanto lo era quello
di
Delfo dai Greci. Molti altri Libri Sibillini ebbe
l 363 dell’era volgare i Libri Sibillini trovavansi ancora nel tempio
di
Apollo Pallatino, poichè Giuliano li fece consult
are in quell’ epoca sulla sua spedizione contro i Persi ; ma nel mese
di
marzo di quell’anno medesimo, essendo il tempio d
ell’ epoca sulla sua spedizione contro i Persi ; ma nel mese di marzo
di
quell’anno medesimo, essendo il tempio di Apollo
ersi ; ma nel mese di marzo di quell’anno medesimo, essendo il tempio
di
Apollo stato consumato dalle fiamme, con molta fa
ne si erano resi illustri, era da principio semplicissimo. Un mucchio
di
sassi coperti d’erbe o di frondi in aperta campag
era da principio semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’erbe o
di
frondi in aperta campagna, in qualche luogo eleva
co incominciaronsi a effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue
di
legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio,
ciaronsi a effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno,
di
creta, di marmo, di bronzo, di avorio, d’argento
effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta,
di
marmo, di bronzo, di avorio, d’argento e d’oro ;
gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo,
di
bronzo, di avorio, d’argento e d’oro ; s’incominc
tto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo,
di
avorio, d’argento e d’oro ; s’incominciarono ad a
hè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio
di
Vulcano a Memfi in Egitto, quel di Diana in Efeso
fici templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quel
di
Diana in Efeso, quelli d’Apollo a Mileto e Delfo,
tto, quel di Diana in Efeso, quelli d’Apollo a Mileto e Delfo, quello
di
Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Aten
quelli d’Apollo a Mileto e Delfo, quello di Cerere in Eleusi, quello
di
Giove Olimpio in Atene, ed in Roma quello di Giov
Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Atene, ed in Roma quello
di
Giove Capitolino, ed il Panteon che tuttavia suss
n cento buoi, oltre il detestabile costume in molti luoghi introdotto
di
sacrificare anche vittime umane. Ne’ Sacrifici so
ficare anche vittime umane. Ne’ Sacrifici solenni la vittima ornavasi
di
fiori, di nastri e di bende, le si indoravan le c
he vittime umane. Ne’ Sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori,
di
nastri e di bende, le si indoravan le corna. Si e
mane. Ne’ Sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e
di
bende, le si indoravan le corna. Si esaminavano l
si indoravan le corna. Si esaminavano le interiora ; se eran sane era
di
buon augurio, e di sinistro se erano guaste o inf
na. Si esaminavano le interiora ; se eran sane era di buon augurio, e
di
sinistro se erano guaste o infette. Una porzione
d’easo dell’acqua, in onore del Dio al quale sacrificavasi. La patera
di
cui si è parlato qualche volta in questo Compendi
era di cui si è parlato qualche volta in questo Compendio era un vaso
di
cui facevano uso i sacerdoti nei sacrifici. Ogni
sacerdoti nei sacrifici. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti
di
questi eran distinti con nomi particolari secondo
ui servivano, così Galli, Coribanti e Cureti chiamavansi i, Sacerdoti
di
Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali o Salici que
Coribanti e Cureti chiamavansi i, Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli
di
Pane, Sali o Salici quelli di Marte, ecc. Eranvi
i, Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali o Salici quelli
di
Marte, ecc. Eranvi in molti luoghi delleSacerdote
n molti luoghi delleSacerdotesse, come in Delfo la Pizia sacerdotessa
di
Apollo ; in Roma le Vestali custodi del fuoco sac
a sacerdotessa di Apollo ; in Roma le Vestali custodi del fuoco sacro
di
Vesta, e in molte parti della Grecia e dell’Itali
i Vesta, e in molte parti della Grecia e dell’Italia, le sacerdotesse
di
Bacco, conosciute sotto vari nomi di Baccanti, Me
a e dell’Italia, le sacerdotesse di Bacco, conosciute sotto vari nomi
di
Baccanti, Menadi, Bassaridi, Tiadi, ecc. In Roma
il Pontefice masimo. Seguivano i Flamini, tra cui il Diale o Flamine
di
Giove era il primo, venivano poi il Marziale, il
iale, il Quirinale, eco. Anche le mogli loro conosciute sotto il nome
di
Flaminiche erano distinte col mezzo di particolar
loro conosciute sotto il nome di Flaminiche erano distinte col mezzo
di
particolari ornamenti e di grandi prerogative, ed
ome di Flaminiche erano distinte col mezzo di particolari ornamenti e
di
grandi prerogative, ed annoverate tra le Sacerdot
siedevano gli Epuloni sacerdoti istituiti l’anno 558 della fondazione
di
Roma. Essi preparavano i banchetti sacrinei giorn
er luogo in onore degli Dei. Il loro numero che da principio era solo
di
tre, venne portato sino a dieci. Solevano i Roman
e alle divinità i primi frutti che raccoglievano dalla terra in segno
di
riconoscenza. Per ricevere siffatte offerte nei t
di riconoscenza. Per ricevere siffatte offerte nei templi, fu d’uopo
di
proporre alcusse persone che avessero cura di con
e nei templi, fu d’uopo di proporre alcusse persone che avessero cura
di
conservarle, di distribuirle al popolo e di servi
d’uopo di proporre alcusse persone che avessero cura di conservarle,
di
distribuirle al popolo e di servirsene pei banche
persone che avessero cura di conservarle, di distribuirle al popolo e
di
servirsene pei banchetti a certe divinità consacr
regevole fu in origine molto onorifico. Esso ha avuto la stessa sorte
di
quello di Sofista che si dava anticamente ai filo
u in origine molto onorifico. Esso ha avuto la stessa sorte di quello
di
Sofista che si dava anticamente ai filosofi o ret
ficavano. I Romani, ammettendoli alle loro mense, usavano del diritto
di
porli in ridicolo, di maltrattarli e talvolta anc
mettendoli alle loro mense, usavano del diritto di porli in ridicolo,
di
maltrattarli e talvolta anche pereuoterli. Gli An
fertilità de’ campi ; le feste che si celebravano due volte in onore
di
Cerere per questo oggetto chiamavansi Ambarvali.
dai Romani ; e se le lagnanze erano giuste i Feciali avevano diritto
di
punire gli autori dell’ingiustizia. Eravi pur in
iustizia. Eravi pur in Roma il collegio degli Auguri, nè cosa alcuna
di
gran momento s’intraprendeva prima che questi non
he si chiamavano auspicii, altri dal mangiare dei polli. Il tuono era
di
buon augurio quando sentivasi alla sinistra, perc
sentivasi alla sinistra, perchè giudicavasi proveniente dalla destra
di
Giove ; non così se udivasi al contrario. Dalla m
e parole e i rumori uditi a caso e improvvisamente offerivano materie
di
buono o tristo presagio, perchè riguardavansi com
o tristo presagio, perchè riguardavansi come avvisi spediti dagli Dei
di
ciò che aveva a succedere. Fra le cerimonie relig
ndevasi purificare i colpevoli non che i luoghi profanati. Ve n’erano
di
più specie, e ciascuna aveva le sue particolari c
eravi un morto in una casa, mettevasi sulla porta un gran vaso pieno
di
acqua lustrale, preso in qualche altra casa, ove
lavare il corpo. Gli Egizi, i Greci, i Romani avevano un gran numero
di
Feste. Di alcune di esse abbiamo fatto cenno ai l
i Egizi, i Greci, i Romani avevano un gran numero di Feste. Di alcune
di
esse abbiamo fatto cenno ai loro rispettivi luogh
te erano sacre per quei popoli. Se avessero dato luogo alla punizione
di
qualche colpevole, avrebbero essi creduto di prof
ato luogo alla punizione di qualche colpevole, avrebbero essi creduto
di
profanarle, disturbandone in tal guisa la gioia.
uto di profanarle, disturbandone in tal guisa la gioia. Si coronavano
di
fiori, si astenevano dal proferire parole di tris
la gioia. Si coronavano di fiori, si astenevano dal proferire parole
di
triste augurio. Qualche volta aprivano le prigion
pendio parlando dei giuochi pubblici. I Gruochi pubblici erano sorte
di
spettacoli pubblici adottati dalla maggior parte
zione aveva per apparente motivo la religione, oppure qualche obbligo
di
pietà. È però vero che nou poca parte vi aveva la
erò vero che nou poca parte vi aveva la politica, mentre gli esercizi
di
questi giuochi servivano d’ordinario a due mire :
o divisi in due diverse specie ; gli uni erano compresi sotto il nome
di
Ginnici e gli altri sotto quello di Scenici. I Gi
uni erano compresi sotto il nome di Ginnici e gli altri sotto quello
di
Scenici. I Ginnici abbracciavano tutti gli eserci
lotta o il pancrazio, in cui gli atleti nudi ed unti d’olio cercavano
di
atterrarsi l’un l’altro ; il salto o all’insù ovv
liava coll’arco al segno prefisso ; il disco che era un pezzo rotondo
di
legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i gioc
legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i giocatori si sforzavano
di
gettare quanto potessero più lontano ; il pugilat
combattevasi ora coi pugni soltanto, ora co’ cesti, che erano guanti
di
duro cuoio guarniti spesso di ferro e di duro pio
ltanto, ora co’ cesti, che erano guanti di duro cuoio guarniti spesso
di
ferro e di duro piombo. Il luogo ove si esercitav
co’ cesti, che erano guanti di duro cuoio guarniti spesso di ferro e
di
duro piombo. Il luogo ove si esercitava la gioven
ul teatro, o sulla scena che si prende per l’intero teatro. I giuochi
di
musica o di poesia, per le loro rappresentazioni
sulla scena che si prende per l’intero teatro. I giuochi di musica o
di
poesia, per le loro rappresentazioni non avevano
e si celebravano a Nemea ; 4.° Gl’Istmici, che si tenevano nell’istmo
di
Corinto. In questi giuochi che facevansi con tant
ma da tutte le parti della terra accorreva una prodigiosa moltitudine
di
spettatori e di concorrenti, in questi giuochi cu
arti della terra accorreva una prodigiosa moltitudine di spettatori e
di
concorrenti, in questi giuochi cui siamo debitori
concorrenti, in questi giuochi cui siamo debitori delle odi immortali
di
Pindaro, non davasi altro premio, fuorchè una sem
fuorchè una semplice corona d’erba, la quale ne’ Giuochi Olimpici era
di
ulivo selvatico ; nei Pizi di alloro ; nei Nemei
erba, la quale ne’ Giuochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei Pizi
di
alloro ; nei Nemei di prezzemolo e appio domestic
ochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei Pizi di alloro ; nei Nemei
di
prezzemolo e appio domestico verde ; e negl’Istmi
ro ; nei Nemei di prezzemolo e appio domestico verde ; e negl’Istmici
di
prezzemolo secco o di pino. I vincitori erano anc
zemolo e appio domestico verde ; e negl’Istmici di prezzemolo secco o
di
pino. I vincitori erano anche onorati spesso di p
di prezzemolo secco o di pino. I vincitori erano anche onorati spesso
di
pubbliche statue e nella loro patria erano tenuti
osi dei greci sono i Giuochi Romani i quali furono portati a un punto
di
grandezza e di magnificenza incredibile. Furono d
ono i Giuochi Romani i quali furono portati a un punto di grandezza e
di
magnificenza incredibile. Furono distinti pei luo
lità del Dio cui erano dedicati. I primi erano compresi sotto il nome
di
Giuochi Circensi e di Giuochi Scenici, perchè gli
dedicati. I primi erano compresi sotto il nome di Giuochi Circensi e
di
Giuochi Scenici, perchè gli uni venivano celebrat
e i loro Giuochi dei teatri, degli anfiteatri e dei circhi magnifici,
di
cui gli avanzi ancora si veggono a Roma, a Verona
hi non solo in onore delle divinità abitatrici del cielo, ma eziandio
di
quelle che regnavano nell’inferno. Indice
420. Albione. V. Ercole. 291. Alceste. V. Ercole. 290. Alcione figlia
di
Eolo. 380. Alcione o Alcioneo, gigante. 381. Alcm
dipo. 390. Antiope o Ippolita, Amazzone. V. Teseo. 319. Antiope madre
di
Anfione e di Zeto. V. Giove. 16. Api. V. Oracolo.
tiope o Ippolita, Amazzone. V. Teseo. 319. Antiope madre di Anfione e
di
Zeto. V. Giove. 16. Api. V. Oracolo. 432. Apollo.
i. 70. Bubona. 276. Busiride. V. Esperidi. 258. Ercole. 290. C Caccia
di
Caledone. V. Meleagro. 374. Cadmo. 325. Suoi figl
Cerbero. V. Inferno (descrizione dell’). 91. Cerere. 25. Ceste (cinto
di
Venere). 36. Chimera (la). V. Bellerofonte. 368,
feriori. III. — Infernali. 74. Delia. V. Diana. 43. Delfo. V. Oracolo
di
. 432. Delo (isola). V. Apollo. 49. Demogorgone. V
Ecuba. V. Paride. 412. Edipo. 390. Educa o Edusa. 278. Efeso (tempio
di
). V. Diana. 43. Effestione. Vedi Oracoli. 429. Eg
Europa. V. Giove. 16. Cadmo. 325. Euterpe. 223. F Fatiche (le dodici)
di
Ercole. 286. Fauni. 117. Fauno. 116. Febo. V. Apo
. Id. Icaro. V. Dedalo ed Icaro. 210. Idea. V. Cibele. 11. Idra (l’)
di
Lerna. V. Ercole. 286. Ifigenia. V. Agamennone. 4
rofonte 371. Laio. V. Edipo. 390. Laocoonte. V. Paride. 422. — Gruppo
di
marmo. 427. Laodamia. V. Bellerofonte. 371. Laome
lluce. 329. Lemuri. 274. Lenno. V. Vulcano. 69. Argonauti. 357. Leone
di
Nemea (il). V. Ercole. 286. Lete. V. Fiumi dell’I
15. Lico. V. Anfione e Zeto. 339. Licomede. V. Teseo. 320. Licurgo re
di
Tracia. V. Bacco. 65. Limnacidi, Limnadi, Limnee
di. 252. Linceo. V. Danaidi. 105. Castore e Polluce. 330. Lino figlio
di
Apollo. 342. — precettore d’Ercole. V. Ercole. 28
o. V. Libri Sibillini. 441. Ope. V. Cibele. 11. Oracoli. 428. Oracolo
di
Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id
illini. 441. Ope. V. Cibele. 11. Oracoli. 428. Oracolo di Api. 432. —
di
Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. — di Diana. I
le. 11. Oracoli. 428. Oracolo di Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. —
di
Delfo. Id. — di Diana. Id. — di Dodona. 431. — di
428. Oracolo di Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. —
di
Diana. Id. — di Dodona. 431. — di Ercole. 432. —
Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. — di Diana. Id. —
di
Dodona. 431. — di Ercole. 432. — di Esculapio. Id
aro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. — di Diana. Id. — di Dodona. 431. —
di
Ercole. 432. — di Esculapio. Id. — di Giove Ammon
— di Delfo. Id. — di Diana. Id. — di Dodona. 431. — di Ercole. 432. —
di
Esculapio. Id. — di Giove Ammone. 431. — di Marte
Diana. Id. — di Dodona. 431. — di Ercole. 432. — di Esculapio. Id. —
di
Giove Ammone. 431. — di Marte. 432. — di Mercurio
431. — di Ercole. 432. — di Esculapio. Id. — di Giove Ammone. 431. —
di
Marte. 432. — di Mercurio. Id. — di Minerva. Id.
. 432. — di Esculapio. Id. — di Giove Ammone. 431. — di Marte. 432. —
di
Mercurio. Id. — di Minerva. Id. — di Pane. Id. —
io. Id. — di Giove Ammone. 431. — di Marte. 432. — di Mercurio. Id. —
di
Minerva. Id. — di Pane. Id. — di Serapi. Id. Orac
Ammone. 431. — di Marte. 432. — di Mercurio. Id. — di Minerva. Id. —
di
Pane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 1
di Marte. 432. — di Mercurio. Id. — di Minerva. Id. — di Pane. Id. —
di
Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 10. — di Venere.
rcurio. Id. — di Minerva. Id. — di Pane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo
di
Trofonio. 10. — di Venere. 10. — di Upsal. 434. O
nerva. Id. — di Pane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 10. —
di
Venere. 10. — di Upsal. 434. Orco. V. Plutone, ec
ane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 10. — di Venere. 10. —
di
Upsal. 434. Orco. V. Plutone, ecc. 76. Ore (le).
e. V. Naiadi. 251. Pelope. 402. V. Tantalo. 104. Peleo. V. Teti madre
di
Achille. 194. Pelia o Pelio, monte. V. Teti madre
o. V. Teti madre di Achille. 194. Pelia o Pelio, monte. V. Teti madre
di
Achille. 195. — V. Giasone. 344. — fratello di Es
, monte. V. Teti madre di Achille. 195. — V. Giasone. 344. — fratello
di
Esone. V. Giasone. 344 e seg. Penati. 273. Pentes
reste. 411. Paride. 423. Pitone. V. Apollo. 49. Pitonessa. V. Oracolo
di
Delfo. 431. Pizia o Pitonessa. V. Oracolo di Delf
9. Pitonessa. V. Oracolo di Delfo. 431. Pizia o Pitonessa. V. Oracolo
di
Delfo. 431. Pleiadi. V. Atlante. 315. Plessippo.
. Saturno. 8. V. Giano. 383. Scheneo. V. Atalanta. 375. Scilla figlia
di
Niso. Vedi Minosse II. 203. — ninfa. 268. Seia o
escrizione dell’). 101. Sorte. V. Fortuna. 162. Stagioni. 260. Stalle
di
Augia (le). V. Ercole. 288. Steno. V. Gorgoni (le
438. Tartaro. V. Inferno (descrizione dell’). 80, 83. Tebe (la guerra
di
). 398. — (le mura di). V. Anfione e Zeto. 340. Te
rno (descrizione dell’). 80, 83. Tebe (la guerra di). 398. — (le mura
di
). V. Anfione e Zeto. 340. Telamone. V. Paride. 41
Minosse II. 205. Teti, dea dei mari. 190. V. Nereidi. 247. Teti madre
di
Achille. 194. Tiadi. V. Oracoli, ecc. 443. Tideo.
Meleagro. 374. Tritone. 262. Trittolemo. V. Cerere. 25. Troia (guerra
di
). V. Paride, ecc. 412. Turno. V. Enea. 426. U Ucc
coltivasi un albero chiamato mirra dal quale cola un succo resinoso e
di
gratissimo odore. Quest’è l’albero in cui secondo
cui secondo la favola fu trasformata Mirra detta anche Smirna figlia
di
Cencreide e di Cinira re degli Assiri o di Cipro,
favola fu trasformata Mirra detta anche Smirna figlia di Cencreide e
di
Cinira re degli Assiri o di Cipro, come vogliono
detta anche Smirna figlia di Cencreide e di Cinira re degli Assiri o
di
Cipro, come vogliono alcuni, la quale arse di col
inira re degli Assiri o di Cipro, come vogliono alcuni, la quale arse
di
colpevole amore pel proprio padre. Pretendono cer
ono certuni che l’ira del Sole fosse il principal movente della colpa
di
lei. Pretendono altri che attribuir se ne debba l
dosi i capelli, aveva detto essere la sua capellatura più bella assai
di
quella di Venere. 4. NB. Nell’ indice per ordin
elli, aveva detto essere la sua capellatura più bella assai di quella
di
Venere. 4. NB. Nell’ indice per ordine alfabeti
di Venere. 4. NB. Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine
di
questo Compendio di Mitologia si troveranno indic
Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine di questo Compendio
di
Mitologia si troveranno indicate tutte le materie
questo Compendio di Mitologia si troveranno indicate tutte le materie
di
cui si è in esso fatto parola benchè non abbiano
ia annoverata tra le Ninfe dai mitologi crediamo opportuno egualmente
di
riportare in questo articolo cosa di essa riferir
gi crediamo opportuno egualmente di riportare in questo articolo cosa
di
essa riferirono i poeti.
rvire ai giovani, che si applicano alla intelligenza della Mitologia,
di
cui vanno ripieni i libri classici e massime i po
nciato, o non si forma nella mente, che un confuso e mutilato ammasso
di
mitologiche idee. Pare quindi molto più adattato
comporta, un metodo isterico; siccome quello, che collegando le idee
di
luogo, di tempo, e di soggetti, oltre che riesce
un metodo isterico; siccome quello, che collegando le idee di luogo,
di
tempo, e di soggetti, oltre che riesce alla mobil
sterico; siccome quello, che collegando le idee di luogo, di tempo, e
di
soggetti, oltre che riesce alla mobile fantasia l
iunisce tanti pregi, che invano si cercherebbero negli altri trattati
di
Mitologia. Introduzione. La Mitologia è l
torno a’ loro Dii ed Eroi hanno gli antichi immaginato. La cognizione
di
questo è troppo necessaria per bene intendere gli
ndere gli scrittori, e singolarmente i poeti, che ad esse alludono sì
di
frequente. Nè men necessaria è a tutti gli studio
le arti, giacche le favole tanti soggetti hanno fornito, e forniscono
di
continuo alla pittura, alla scultura, alla musica
gli Eroi, aggiungendo un transunto delle metamorfosi o trasformazioni
di
Ovidio, in cui quelle favole riporteremo, che nel
ti pur dell’ Egitto, e delle altre nazioni, assai numero ne contavano
di
loro proprii, e particolari. Dodici anticamente e
tti Dii maiorum gentium, e Consentes, espressi ne’ due seguenti versi
di
Ennio: Iuno, Vesta, Minerva, Ceres, Diana, Venus
resi celebri, furon anch’ essi annoverati fra gl’ lddii sotto il nome
di
Indigetes, tra’ quali Enea, Quirino e Romolo, ed
e il Fato, la Morte, il Sonno e il Sogni, Momo derisore, le Esperidi,
di
cui era il giardino de’ pomi d’ oro, le tre Parch
o e Ponto o il Mare. Poi unita ad Urano partorì il fiume Oceano padre
di
tutti gli altri, indi Ceo, Orco, Iperione, Giapet
rco e Ceto nacquer Pefredo, ed Emo, dette Cree, perchè canute a guisa
di
vecchie fino dal loro nascere; le Gorgoni Steno,
na e mezzo serpente, che unita al procelloso Tifone partorì Orto cane
di
Gerione, Cerbero cane di Plutone, l’ Idra di Lern
unita al procelloso Tifone partorì Orto cane di Gerione, Cerbero cane
di
Plutone, l’ Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge,
Tifone partorì Orto cane di Gerione, Cerbero cane di Plutone, l’ Idra
di
Lerna, la Chimera, la Sfinge, e il Leone Nemeo. L
Tea generò il Sole, la Luna e l’ Aurora. Creo con Euribia fu padre
di
Pallante di Terse, e di Astreo, che un ito all’ A
il Sole, la Luna e l’ Aurora. Creo con Euribia fu padre di Pallante
di
Terse, e di Astreo, che un ito all’ Aurora generò
Luna e l’ Aurora. Creo con Euribia fu padre di Pallante di Terse, e
di
Astreo, che un ito all’ Aurora generò i Venti e l
con Febe produsse Latona ed Asteria, la quale congiunta con Perse fu
di
madre di Ecate. Giapeto da Climete, figlia dell
produsse Latona ed Asteria, la quale congiunta con Perse fu di madre
di
Ecate. Giapeto da Climete, figlia dell’ Oceano,
a, Cerere, Giunone, Plutone, Nettuno, e Giove. Capo II. Saturno, e
di
Giano. Urano o il Cielo, giusta il medesimo E
tutti i figli, che Gea o la Terra gli partoriva, e loro non permettea
di
uscire alla luce. Gea, di ciò sdegnata, poichè e
Terra gli partoriva, e loro non permettea di uscire alla luce. Gea,
di
ciò sdegnata, poichè ebbe prodotto il ferro, nè f
tossi, gli recise le parti virili, e dietro se le gittò. Dalle goccie
di
sangue, che indi caddero sulla terra, nacquero le
ppellò Titani i suoi figli, perchè affrettati si erano ad opra iniqua
di
cui predisse che portata avrebbero la pena. Nè qu
e doveva esser soggiogato da uno de’ proprii figli, fatto più crudele
di
suo padre, prese il partito d’ inghiottire di man
igli, fatto più crudele di suo padre, prese il partito d’ inghiottire
di
mano in mano tutti i maschi, che gli nascevan da
tire di mano in mano tutti i maschi, che gli nascevan da Rea. Questa
di
ciò oltremodo dolente, allorchè ebbe a dar Giove
o in breve tempo vinse coll’ arte e colla forza, giusta le predizioni
di
Urano e di Gea, suo padre Saturno, e lo costrinse
tempo vinse coll’ arte e colla forza, giusta le predizioni di Urano e
di
Gea, suo padre Saturno, e lo costrinse a rivomita
rnasso. Fin qui Esiodo. Altri Mitologi han detto in vece, che ì figli
di
Urano eran Titano e Saturno; che il primo a richi
un giorno esser da Giove privato nuovamente del regno, armossi contro
di
lui, ma vinto fu discacciato dai cielo; che allor
agli altri Iddii col capo velato. I Saturnali ossia le feste in onor
di
Saturno cominciavano ai 17 dicembre, e duravano t
s, che significa Tempo era perciò riguardato come il Dio del tempo, e
di
piugevasi colla falce, e in atto di divorare i fi
guardato come il Dio del tempo, e di piugevasi colla falce, e in atto
di
divorare i figli, tanto per alludere alle anzidet
hè n’ era creduto l’ inventore, e perchè egli apriva l’ anno nel mese
di
Gennaio, che da lui tratto aveva il suo nome. Gli
sono le stagioni, cosi talor figuravasi con quattro faccie. Il primo
di
Gennaio era singolarmente a lui dedicato, e in es
avansi scambievolmente dei doni, che erano chiamati strene. Il tempio
di
Giano in Roma stava aperto in tempo di guerra, e
ano chiamati strene. Il tempio di Giano in Roma stava aperto in tempo
di
guerra, e chiuso in tempo di pace. Capo III. D
o di Giano in Roma stava aperto in tempo di guerra, e chiuso in tempo
di
pace. Capo III. Di Giove. Presso i Greci ed
rimo e il secondo nati in Arcadia, l’ uno figlio dell’ Etere, e padre
di
Proserpina e di Libero o Bacco, l’ altro figlio d
o nati in Arcadia, l’ uno figlio dell’ Etere, e padre di Proserpina e
di
Libero o Bacco, l’ altro figlio del Cielo, e padr
di Proserpina e di Libero o Bacco, l’ altro figlio del Cielo, e padre
di
Minerva, il terzo nato in Creta, e figlio di Satu
iglio del Cielo, e padre di Minerva, il terzo nato in Creta, e figlio
di
Saturno. Ma come quest’ ultimo fu il più rinomato
un antro del monte Argeo o Ditte dalle Ninfe, e dai Cureti sacerdoti
di
Cibele, che collo strepito de’ loro cembali ne oc
asportò in cielo nella costellazione della Capra, ed egli della pelle
di
lei si valse per coprirsene il petto, e lo scudo,
scudo, che quindi da aix aigos (capra) fu detto egida, e stabili che
di
tutto abbondasse chi di lei avesse le corna, dett
x aigos (capra) fu detto egida, e stabili che di tutto abbondasse chi
di
lei avesse le corna, dette perciò le corna dell’
quale ci venne soccorso da Collo, Gige, e Briareo; cui per consiglio
di
Gea sciolse da’ lacci, in cui tirano gli aveva av
ggiogati e profondati nel Tartaro, che tanto, dic’ egli, s’ innabissa
di
sotto alla terra, quanto sopra di quella s’ innal
che tanto, dic’ egli, s’ innabissa di sotto alla terra, quanto sopra
di
quella s’ innalza il cielo. La seconda, giusta il
lla Terra congiunta col Tartaro. Costui era un mostro con cento teste
di
dragò; dalle quali tulle vomitava fuoco. Ei mosse
, ma che Esiodo da essi distingue, dichiarandoli prodotti dalle gocce
di
sangue cadute sopra la terra dalle recise membra
dotti dalle gocce di sangue cadute sopra la terra dalle recise membra
di
Urano. Questi pur tentarono di cacciar Giove dal
ute sopra la terra dalle recise membra di Urano. Questi pur tentarono
di
cacciar Giove dal cielo, e per salirvi Sovrappose
rono di cacciar Giove dal cielo, e per salirvi Sovrapposero ne’ campi
di
Flegra l’ un al l’ altro i monti Olimpo, Pelio, e
(il che però dice Omero essersi fallo invece da Oto ed Efialte, figli
di
Nettuno e d’ Ifimedia moglie di Aloco, che anch’
fallo invece da Oto ed Efialte, figli di Nettuno e d’ Ifimedia moglie
di
Aloco, che anch’ essi vollero far guerra a Giove)
’ Iddii fuggirono spaventati in Egitto, e si nascosero sotto le forme
di
varii animali, onde poi sotto queste adorati furo
sotto queste adorati furono dagli Egizii. Bacco soltanto in sembianza
di
Itone si oppose coraggiosamente a Reto uno de’ gi
ve animavaio gridando ev yie (coraggio o figlio), da ciò ebbe il nome
di
Evio. Una tal fuga però è metamorfosi, e da Ovidi
eo, e che Giove siasi allora cangiato in ariete, onde vengon le corna
di
Giove Ammone, Apollo in corvo, Bacco in capro, Di
to re degli uomini, e degli Dei, tolse con inganno la prole al ventre
di
Meti, e nel suo l’ ascose, ed egli stesso la died
etterla fuori fecesi spaccare il cranio da Vulcano. La seconda moglie
di
Giove fu Temi Dea della giustizia, da cui ebbe le
ie Aglaia, Eufrosine, e Talia. La quarta fu Cerere, che divenne madre
di
Proserpina. La quinta Mnernosine o la Dea della m
e Muse. La sesta Latona, che partorì Apollo e Diana. L’ ultima moglie
di
Giove, secondo Esiodo, fu Giunone di lui sorella;
Apollo e Diana. L’ ultima moglie di Giove, secondo Esiodo, fu Giunone
di
lui sorella; da cui nacque Ebe, Marte, Ilitia e V
ondo gli altri Mitologi, ebbe egli poscia altri figli. Da Maio figlia
di
Atlante ebbe curio; da Dione figlia dell’ Oceano
bbe curio; da Dione figlia dell’ Oceano ebbe Venere; da Semole figlia
di
Cadmo ebbe Bacco; da Alcmena moglie d’ Anfitrione
tesso Anfitrione, ebbe Ercole. Oltracciò s’ unì egli sotto alla forma
di
Satiro ad Antiopa moglie di Lieo, e ne vennero An
e. Oltracciò s’ unì egli sotto alla forma di Satiro ad Antiopa moglie
di
Lieo, e ne vennero Anfione e Zeto; penetrò conver
rò convertito in pioggia d’ oro la torre, ov’ era chiusa Danae figlia
di
Acrisio, e ne ebbe Perseo; cangiato in cigno sedu
a di Acrisio, e ne ebbe Perseo; cangiato in cigno sedusse Leda moglie
di
Tindaro, che partorì due uova, dall’ uno de’ qual
lluce ed Elena, dall’ altro Castore e Cliemnestra. Rapì Europa figlia
di
Agenore sotto la sembianza di toro, e portolla in
store e Cliemnestra. Rapì Europa figlia di Agenore sotto la sembianza
di
toro, e portolla in Creta, ove da essa nacquero M
ove da essa nacquero Minosse e Radamanto; si accostò ad Egina figlia
di
Asopo in forma di fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò
ero Minosse e Radamanto; si accostò ad Egina figlia di Asopo in forma
di
fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò Calisto figlia di
ia di Asopo in forma di fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò Calisto figlia
di
Licaone e seguace di Diana assumendo l’ aspetto d
di fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò Calisto figlia di Licaone e seguace
di
Diana assumendo l’ aspetto di Diana medesima, e n
nnò Calisto figlia di Licaone e seguace di Diana assumendo l’ aspetto
di
Diana medesima, e n’ ebbe Arcadi. Tramutossi anco
, e n’ ebbe Arcadi. Tramutossi ancora in formica per Clitoride figlia
di
Mirmidone ch’ era di estrema piccolezza; in serpe
ramutossi ancora in formica per Clitoride figlia di Mirmidone ch’ era
di
estrema piccolezza; in serpente per Doreida, in a
ma piccolezza; in serpente per Doreida, in aquila per Asteria sorella
di
Latona, la quale però da esso fuggì trasformata i
quaglia. Finalmente in aquila pur cangiossi per rapir Ganimede figlio
di
Troe re di Troia, e portatolo in cielo il fè suo
nalmente in aquila pur cangiossi per rapir Ganimede figlio di Troe re
di
Troia, e portatolo in cielo il fè suo coppiere in
di Troe re di Troia, e portatolo in cielo il fè suo coppiere in luogo
di
Ebe. Quelli che sotto il velo delle favole cercan
ercano i nascosti semi delle antiche storie, dicono che Saturno fu re
di
Creta, che come egli spogliato aveva del regno su
ondo dell’ inferno, il terzo del mare; che avendo molti avuto il nome
di
Giove, e avendo essi abusato di molte donne con v
mare; che avendo molti avuto il nome di Giove, e avendo essi abusato
di
molte donne con varii stratagemmi, e ornati colie
pioggia d’ oro intendersi deve l’ oro quale Giove corruppe i custodi
di
Danae, pel toro la nave avente l’ insegna del tor
quindi chiamavasi l’ augel ministro del fulmine, o l’ augel ministro
di
Giove. Fra le piante a lui dedicate era il faggio
edicate era il faggio e la quercia, e dicevasi che in Epiro nel bosco
di
Dodona a lui sacro, le querce stesse rendesser gl
mpii aveva egli in Roma, e con varii nomi. Il più sontuoso era quello
di
Giove Capitolino fondato nel Campidoglio dal re T
onservatore ec. Capo IV. Di Giunone. Sorella e principal moglie
di
Giove, e perciò regina degli Dei, era tenuta Giun
e manifestatosi, a lei marito divenne. Ma gelosissima fu ella poscia
di
lui, ne certamente senza ragione; e la sua gelosi
amente senza ragione; e la sua gelosia principalmente esercitò contro
di
Io figliuola d’ Inaco re di Argo. Standosi Giove
ua gelosia principalmente esercitò contro di Io figliuola d’ Inaco re
di
Argo. Standosi Giove con questa si accorse dell’
naco re di Argo. Standosi Giove con questa si accorse dell’ appressar
di
Giunone, e per nasconderla la cangiò in vacca. So
di Giunone, e per nasconderla la cangiò in vacca. Sospettando Giunone
di
quel che era, la chiese in dono, e la mise sotto
lla guardia del pastore Argo che aveva cento occhi. Questi per ordine
di
Giove fu da Mercurio addormentato col suono della
col tocco del caduceo, e poscia ucciso. Giunone allora pose gli occhi
di
Argo nella coda del pavone uccello a lei sacro, e
tenuta da Giove l’ antica forma, fu dagli Egizi adorata sotto il nome
di
Iside, e partorì Epafo od Api, che da’ medesimi v
e, e partorì Epafo od Api, che da’ medesimi veneravasi sotto la forma
di
bue. Inaco, di lei padre la perdita deplorandone,
afo od Api, che da’ medesimi veneravasi sotto la forma di bue. Inaco,
di
lei padre la perdita deplorandone, fu secondo le
secondo le favole cangiato in fiume. In una congiura degli Dei contro
di
Giove, avendo Giunone ancora pigliata parte, Giov
one insieme con Giove altribuivasi il regno dell’ aria. Sotto il nome
di
Lucina ella era in vocata dalle partorienti, sebb
torienti, sebbene alcuni per essa intendan Diana, altri Ilitia figlia
di
Giunone. Sua messaggiera e ministra era Iride fig
Ilitia figlia di Giunone. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia
di
Taumante. Giunone rappresentavasi in abito di reg
nistra era Iride figlia di Taumante. Giunone rappresentavasi in abito
di
regina sopra di un trono col pavone ai piedi, o s
figlia di Taumante. Giunone rappresentavasi in abito di regina sopra
di
un trono col pavone ai piedi, o sopra di un cocch
asi in abito di regina sopra di un trono col pavone ai piedi, o sopra
di
un cocchio tirato dai pavoni. Il principale suo c
culto era in Samo, e Cartagine. Sacre a lei erano in Roma le calende
di
ogni mese, e sacro particolarmente il mese di Giu
rano in Roma le calende di ogni mese, e sacro particolarmente il mese
di
Giugno, che preso ne aveva il nome, sebbene opini
pinino alcuni che Romolo questo nome traesse da giuniori, come quello
di
maggio da’ maggiori con cui intitolar volle que’
Giunone Februale o purgatrice era pur consacrato spezialmente il mese
di
Febbrajo, e a’ 15 di esso celebravansi i Lupercal
rgatrice era pur consacrato spezialmente il mese di Febbrajo, e a’ 15
di
esso celebravansi i Lupercali, in cui de’ giovani
asconde, e nudi nel resto, correvano la città percotendo con flagelli
di
pelle di capra tutti quelli, che incontravano, a
e nudi nel resto, correvano la città percotendo con flagelli di pelle
di
capra tutti quelli, che incontravano, a titolo di
n flagelli di pelle di capra tutti quelli, che incontravano, a titolo
di
purgarli o espiarli, nè le giovini donne queste p
Cinque Minerve da Cicerone si accennano: la prima che fu detta moglie
di
vulcano; e madre del più antico Apollo; la second
orata in Egitto particolarmente da’ Saiti; la terza nata dal cervello
di
Giove di Corise, figlia dell’ Oceano, venerata da
Egitto particolarmente da’ Saiti; la terza nata dal cervello di Giove
di
Corise, figlia dell’ Oceano, venerata dagli Arcad
e di Corise, figlia dell’ Oceano, venerata dagli Arcadi sotto il nome
di
Corifasia; e detta inventrice delle quadrighe; la
me di Corifasia; e detta inventrice delle quadrighe; la quinta figlia
di
Pallante, che dicesi aver ucciso il padre, perchè
lia di Pallante, che dicesi aver ucciso il padre, perchè tentato avea
di
violarla. Ma la terza soltanto fu in onore presso
rza soltanto fu in onore presso de’ Greci e de’ Romani. Nata dal capo
di
Giove, e tutta armata, fu essa adorata come’ Dea
e tutta armata, fu essa adorata come’ Dea della guerra sotto il nome
di
Pallade, e come Dea delle arti e delle scienze so
l nome di Pallade, e come Dea delle arti e delle scienze sotto quello
di
Minerva; benchè l’ un nome si cambii frequentemen
chiamarla con tutti e due Palla Minerva. Fabbricando Cecrope la citta
di
Atene, Minerva e Nettuno contesero chi avesse a d
a darle il nome. Fu deciso che dato l’ avrebbe chi avesse fatto uscir
di
terra la cosa più utile alla città; Nettuno perco
ara avuta da lei con Nettuno; in uno de’ quattro canti effigiò Emo re
di
Tracia e Rodope sua moglie cangiati in monti, per
er essersi a Giunone anteposta in bellezza, nel terzo Antigone figlia
di
Laomedonte mutata in cicogna per avere essa pure
mutata in cicogna per avere essa pure arditamente sprezzata la beltà
di
Giunone; nel quarto le figlie di Cinira per lo st
pure arditamente sprezzata la beltà di Giunone; nel quarto le figlie
di
Cinira per lo stesso motivo trasformale da Giunon
ne in pastore, per Deoida in serpente: indi Nettuno per Canace figlia
di
Eolo trasformato in giovenco, per Ifimedia nel fi
elanto in delfino; poscia Apolline mutato in pastore, per Issa figlia
di
Macareo, Bacco in uva per Erigane, Saturno in cav
l tutto con tal maestria, che Minerva rimase vinta. Indispettita però
di
questo e della superba iattanza di Aracne le ferì
va rimase vinta. Indispettita però di questo e della superba iattanza
di
Aracne le ferì essa colla spola replicatamente la
la spola replicatamente la fronde, sicchè Aracne per dolore e per ira
di
non poter farne vendetta andò ad appiccarsi, e fu
e da lei rifiutato. Ma nell’ atto che pur tentò, sebbene inutilmente,
di
fare a lei violenza, nacque Erittonio mezz’ uomo,
ccultar questo mostro il consegnò chiuso in una cesta alle tre figlie
di
Cecrope, Pandroso., Erse ed Aglauro tratta dalla
la cornacchia in cui era stata prima da essa cangiata Coronide figlia
di
Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno, v
essa cangiata Coronide figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza
di
Nettuno, vendicossi di Aglauro col farla rivale d
figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno, vendicossi
di
Aglauro col farla rivale della sorella Erse, come
farla rivale della sorella Erse, come vedrassi nel Capo XII. parlando
di
Mercurici. Erittonio frattanto malgrado la sua de
io frattanto malgrado la sua deformità crebbe a segno, che diventò Re
di
Atene, e non potento caminar colle gambe, che non
de’ cocchi, e dopo morto fu trasportato in cielo nella costellazione
di
Boote. Figuravasi Minerva ossia Pallade armata da
oli’ asta, e coll’ egida, per a cui intendesi egualmente e l’ usbergo
di
pelle, di capra e lo scudo coperto di simil pelle
e coll’ egida, per a cui intendesi egualmente e l’ usbergo di pelle,
di
capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prim
tendesi egualmente e l’ usbergo di pelle, di capra e lo scudo coperto
di
simil pelle, che prima era proprio di Giove solo,
le, di capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prima era proprio
di
Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il titolo di
he prima era proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il titolo
di
egioce, e di cui sola Pallade fu indi aggiunto il
proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il titolo di egioce, e
di
cui sola Pallade fu indi aggiunto il teschio di M
l titolo di egioce, e di cui sola Pallade fu indi aggiunto il teschio
di
Medusa, dappoichè Perseo col mezzo di quello rius
ade fu indi aggiunto il teschio di Medusa, dappoichè Perseo col mezzo
di
quello riuscì ad ucciderla, come appresso vedremo
piante era dedicato l’ ulivo, tra gli animali la civetta; a proposito
di
che narra Ovidio nelle Metamorfosi, che in tutela
tta; a proposito di che narra Ovidio nelle Metamorfosi, che in tutela
di
Minerva era pria la cornacchia, in cui da essa er
pria la cornacchia, in cui da essa era stata cangiata Coronide figlia
di
Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno; m
stata cangiata Coronide figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza
di
Nettuno; ma che avendo Minerva congegnata a Pandr
ma che avendo Minerva congegnata a Pandroso, Erse, ed Aglauro figlie
di
Gecrope, chiuso, in una cesta il bambino Erittoni
tando far forza ne venne respinto, e avendo loro ordinato severamente
di
non aprirla, la cornacchia le riportò, che Aglaur
a troppa loquacità della cornacchia, la discacciò, e si prese in vece
di
lei la civetta, di cui era stata trasformata Nitt
della cornacchia, la discacciò, e si prese in vece di lei la civetta,
di
cui era stata trasformata Nittimene sorpresa in i
vennero così dette, perchè duravano cinque giorni cominciando dai 19
di
Marzo. Sua vittima ne’ sacrificii era una capra.
arzo. Sua vittima ne’ sacrificii era una capra. Capo VI. Di Marte,
di
Bellona, e della Vittoria. Figlio di Giove e d
capra. Capo VI. Di Marte, di Bellona, e della Vittoria. Figlio
di
Giove e di Giunone era Marte, secondo Esiodo ed O
Capo VI. Di Marte, di Bellona, e della Vittoria. Figlio di Giove e
di
Giunone era Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri
i Giunone era Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri il dissero figlio
di
Giove e di Enio o Bellona, onde fu pur da’ Greci
ra Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri il dissero figlio di Giove e
di
Enio o Bellona, onde fu pur da’ Greci chiamato ta
Greci chiamato talio. Finalmente altri pretesero che fosse Figlio sol
di
Giunone, dicendo che questa indispettita perchè G
a indispettita perchè Giove da se solo prodotto avesse Minerva, cercò
di
fare altrettanto, e che mentre andava per consult
e che mentre andava per consultarne l’ Oceano, fermatasi nel giardino
di
Flora, questa le mostrò un fiore, al tocco e all’
l giardino di Flora, questa le mostrò un fiore, al tocco e all’ odore
di
cui da se sola concepì Marte. Sposò egli Nerio o
sabino linguaggio significa forza; e da questa pretendevano i Neroni
di
trarre la loro origine. Oltrecciò egli ebbe da Ve
lvia ebbe Romolo e Remo. Per nascondere i suoi amori con Venere tenea
di
guardia Alettrione, ma essendosi questi addorment
nella camera e li scoperse; ed avendone dato avviso a Vulcano marito
di
Venere, questi formò di fili sottilissimi di meta
rse; ed avendone dato avviso a Vulcano marito di Venere, questi formò
di
fili sottilissimi di metallo una rete invisibile,
avviso a Vulcano marito di Venere, questi formò di fili sottilissimi
di
metallo una rete invisibile, nella quale colse i
visibile, nella quale colse i due amanti, e gli espose alla derisione
di
tutti i Dei: di che Marte adirato cangiò Alettrio
quale colse i due amanti, e gli espose alla derisione di tutti i Dei:
di
che Marte adirato cangiò Alettrione in gallo, che
lo, che or sempre col canto previene il nascer del Sole. Tereo fu re
di
Tracia, e marito di Progne figlia di Pandione re
l canto previene il nascer del Sole. Tereo fu re di Tracia, e marito
di
Progne figlia di Pandione re di Atene. Desiderand
il nascer del Sole. Tereo fu re di Tracia, e marito di Progne figlia
di
Pandione re di Atene. Desiderando essa di riveder
ole. Tereo fu re di Tracia, e marito di Progne figlia di Pandione re
di
Atene. Desiderando essa di rivedere Filomela sua
, e marito di Progne figlia di Pandione re di Atene. Desiderando essa
di
rivedere Filomela sua sorella, Tereo s’ incaricò
Desiderando essa di rivedere Filomela sua sorella, Tereo s’ incaricò
di
condorgliela, ma per viaggio la violò, ed acciocc
a Progne per uno de’ custodi. Questa, colta l’ occasione delle orgie
di
Bacco, vestitasi da Baccante, andò colle compagne
i in faggiano, e secondo altri in cardellino. Ilia o Rea Silvia madre
di
Romolo e Remo era figlia di Numitore già re di Al
ri in cardellino. Ilia o Rea Silvia madre di Romolo e Remo era figlia
di
Numitore già re di Alba. Amulio, che privato l’ a
lia o Rea Silvia madre di Romolo e Remo era figlia di Numitore già re
di
Alba. Amulio, che privato l’ avea del Regno, fè e
lor Numitore nel regno scacciandone Amulio. Fondarono quindi la città
di
Roma, di cui fu Romolo il primo re, e dopo avervi
ore nel regno scacciandone Amulio. Fondarono quindi la città di Roma,
di
cui fu Romolo il primo re, e dopo avervi regnato
ole portato in cielo, e annoverato fra gli Dei Indigeti sotto al nome
di
Quirino. Figlio di Marte, secondo Esiodo, fu anch
o, e annoverato fra gli Dei Indigeti sotto al nome di Quirino. Figlio
di
Marte, secondo Esiodo, fu anche Cigno, il quale f
olle insolentemente attraversargli la strada. Avendo Allirozio figlio
di
Nettuno violata Alcippe figlia di Marte, questi i
la strada. Avendo Allirozio figlio di Nettuno violata Alcippe figlia
di
Marte, questi in vendetta l’ uccise. Sdegnato di
olata Alcippe figlia di Marte, questi in vendetta l’ uccise. Sdegnato
di
ciò Nettuno lo citò innanzi all’ Areopago di Aten
etta l’ uccise. Sdegnato di ciò Nettuno lo citò innanzi all’ Areopago
di
Atene ove giudici furono dodici Iddii, ma dai lor
racia ed anche in Roma, ove in somma venerazione tenevasi, come padre
di
Romolo. Sacre a Marte erano in Roma le feste Equi
in Roma le feste Equirie istituite da Romolo, che celebravansi a’ 27
di
Febbraio colle corse de’ Cavalli nel campo Marzio
ati eran pure le feste Scaliari istituite da Numa Pompilio successore
di
Romolo, e che celebravansi alle calende di Marzo.
a Numa Pompilio successore di Romolo, e che celebravansi alle calende
di
Marzo. L’ occasione di questa istituzione si fu,
ore di Romolo, e che celebravansi alle calende di Marzo. L’ occasione
di
questa istituzione si fu, che avendo Numa per con
rotondo, che fu detto ancile. Numa il diede in custodia a’ sacerdoti
di
Marte; e perchè non potesse agevolmente involarsi
nfuso. Or questi ancili dai Sacerdoti predetti venivano nelle calende
di
Marzo (mese a lui consecrato da Romolo) recati pe
ese a lui consecrato da Romolo) recati per la città con canti in lode
di
Marte (sul fine de’ quali pur nominavasi Mamurio,
opera sua) e con salti, per cui a’ medesimi sacerdoti fu dato il nome
di
Salii. In onor di Marte altresì celebri eran nel
alti, per cui a’ medesimi sacerdoti fu dato il nome di Salii. In onor
di
Marte altresì celebri eran nel circo i giuochi Ma
onor di Marte altresì celebri eran nel circo i giuochi Marziali ai 12
di
Maggio, ed al primo di Agosto. Come Dio della gue
elebri eran nel circo i giuochi Marziali ai 12 di Maggio, ed al primo
di
Agosto. Come Dio della guerra ci dipingevasi tutt
o da’ Greci, e supposta da chi madre, da chi sorella, e da chi moglie
di
Marte. E tra le divinità riponevasi ancor la Vitt
tra le divinità riponevasi ancor la Vittoria, cui Ercole disse figlia
di
Pallante e di Stige, e che rappresentavasi alata,
à riponevasi ancor la Vittoria, cui Ercole disse figlia di Pallante e
di
Stige, e che rappresentavasi alata, e con una cor
di Pallante e di Stige, e che rappresentavasi alata, e con una corona
di
alloro o una palma nelle mani. Capo VII. Di Vu
Vulcani sì annoverano da Cicerone; il primo figlio del Cielo e sposo
di
Minerva; il secondo figlio del Nilo, e dagli Egiz
secondo figlio del Nilo, e dagli Egizi chiamato Opa; il terzo figlio
di
Giove e di Giunone, il quarto figlio di Menalio,
glio del Nilo, e dagli Egizi chiamato Opa; il terzo figlio di Giove e
di
Giunone, il quarto figlio di Menalio, che tenne l
chiamato Opa; il terzo figlio di Giove e di Giunone, il quarto figlio
di
Menalio, che tenne le Isole dette Vulcanie, ora d
, il quarto figlio di Menalio, che tenne le Isole dette Vulcanie, ora
di
Lipari. Al terzo però soltanto, cioè al figlio di
dette Vulcanie, ora di Lipari. Al terzo però soltanto, cioè al figlio
di
Giove e di Giunone, alluder sogliono i poeti, e v
nie, ora di Lipari. Al terzo però soltanto, cioè al figlio di Giove e
di
Giunone, alluder sogliono i poeti, e vi ebbe pure
ebbe pure chi della sola Giunone lo volle figlio, come altri dissero
di
Marte. Nasque egli così deforme, che da’ medesimi
medesimi genitori venne precipitato dal cielo: e cadendo nell’ isola
di
Lenno si ruppe la coscia, onde zoppo da ambi i la
ndo Esiodo, o Piracmone secondo gli altri, a fabbricare nelle fornaci
di
Lenno, nell’ Etna, e nelle isole Vulcanie opere m
eggia d’ Alcinoo, le arme impenetrabili fatte per Achille a richiesta
di
Tetide, tra le quali spezialmente distinguevasi l
almente maravigliosi fece egli, secondo Esiodo, per Ercole ad istanza
di
Giove, e secondo Virgilio, per Enea alle preghier
cole ad istanza di Giove, e secondo Virgilio, per Enea alle preghiere
di
Venere. Oltrecciò opera di Vulcano erano il palaz
secondo Virgilio, per Enea alle preghiere di Venere. Oltrecciò opera
di
Vulcano erano il palazzo del Sole, la corona di A
nere. Oltrecciò opera di Vulcano erano il palazzo del Sole, la corona
di
Arianna, il monile di Erminione, ec. Ma sua prima
di Vulcano erano il palazzo del Sole, la corona di Arianna, il monile
di
Erminione, ec. Ma sua primaria occupazione era qu
a, il monile di Erminione, ec. Ma sua primaria occupazione era quello
di
fabbricare i fulmini a Giove: e tanta grazia si a
posa, e da lei rifiutato ottenne Venere. Ebbe però sovente a pentirsi
di
queste nozze, tormentato da perpetue gelosie, spe
di queste nozze, tormentato da perpetue gelosie, spezialmente contro
di
Marte. Nondimeno ebbe da lei Cupidine, sebbene al
tri dieno a questo diversa origine. Effigiavasi Vulcano, in sembianza
di
fabbro col martello in mano, e zoppo da ambi i pi
i. Aveva egli in Lenno il principal culto. Le feste Vulcanali ad onor
di
lui celebravansi in Roma il dì 23 di Agosto. C
ulto. Le feste Vulcanali ad onor di lui celebravansi in Roma il dì 23
di
Agosto. Capo VIII. Di Venere, Cupidine, ed Ime
puma del mare, che unita a Mercurio partorì Cupidine, la terza figlia
di
Giove e di Dione, che fu moglie di Vulcano, e da
re, che unita a Mercurio partorì Cupidine, la terza figlia di Giove e
di
Dione, che fu moglie di Vulcano, e da Marte ebbe
partorì Cupidine, la terza figlia di Giove e di Dione, che fu moglie
di
Vulcano, e da Marte ebbe Antero; la quarta figlia
e, che fu moglie di Vulcano, e da Marte ebbe Antero; la quarta figlia
di
Siro e di Siria, che fu venerata da’ Fenici sotto
moglie di Vulcano, e da Marte ebbe Antero; la quarta figlia di Siro e
di
Siria, che fu venerata da’ Fenici sotto il nome d
a figlia di Siro e di Siria, che fu venerata da’ Fenici sotto il nome
di
Astarte. Tutte però comunemente confondonsi in un
omunemente confondonsi in una, vale a dire nella seconda. Nelle nozze
di
Peleo, e di Tetide figlia dell’ Oceano alle quali
onfondonsi in una, vale a dire nella seconda. Nelle nozze di Peleo, e
di
Tetide figlia dell’ Oceano alle quali furono invi
Dei, eccetto la Discordia, avendo questa gettato sulla mensa un pomo
di
oro colla iscrizione: Diasi alla più bella, nacqu
re chi averlo dovesse. Ma essendosi tutte e tre riportate al giudizio
di
Paride figlio di Priamo re di Troia, che era allo
esse. Ma essendosi tutte e tre riportate al giudizio di Paride figlio
di
Priamo re di Troia, che era allora pastore sul mo
ndosi tutte e tre riportate al giudizio di Paride figlio di Priamo re
di
Troia, che era allora pastore sul monte Ida, ques
come tale, e neppur come Dea vollero riconoscerla la Propetidi native
di
Amatunta città di Cipro, e furori quindi da Vener
r come Dea vollero riconoscerla la Propetidi native di Amatunta città
di
Cipro, e furori quindi da Venere pria condannate
concepì Enea, e soprattutto amò perdutamente il giovane Adone figlio
di
Mirra e di Cinira re di Cipro. Intorno all’ origi
ea, e soprattutto amò perdutamente il giovane Adone figlio di Mirra e
di
Cinira re di Cipro. Intorno all’ origine di Adone
utto amò perdutamente il giovane Adone figlio di Mirra e di Cinira re
di
Cipro. Intorno all’ origine di Adone racconta Ovi
e Adone figlio di Mirra e di Cinira re di Cipro. Intorno all’ origine
di
Adone racconta Ovidio, che Mirra figlia di Cinira
ipro. Intorno all’ origine di Adone racconta Ovidio, che Mirra figlia
di
Cinira e di Cencreide innamoratasi furiosamente d
o all’ origine di Adone racconta Ovidio, che Mirra figlia di Cinira e
di
Cencreide innamoratasi furiosamente del padre, e
inira e di Cencreide innamoratasi furiosamente del padre, e disperata
di
poter soddisfare a questo amore incestuoso, erasi
iccarsi; ma che la nutrice nè la distolse, e scelleratamente le brame
di
lei secondando fra le tenebre della notte la guid
mante. Stato con lei più notti, mentre Cencreide occupata nelle feste
di
Cerere vivea secondo il rito da lui divisa, alla
e di Cerere vivea secondo il rito da lui divisa, alla fine desideroso
di
vedere chi fosse, Cinira fè recarsi un lume, e ri
idarla. Riuscì ella a sottrarsi; ma errando miseramente per nove mesi
di
terra in terra alla fine giunse nella Sabea, ove
lla Sabea, ove fu trasformata nell’ albero della mirra, e dal tronco,
di
questo per se apertosi uscì Adone. Crebbe egli le
Crebbe egli leggiadrissimo giovane, e Venere al primo incontro tosto
di
lui ardentemente si accese. Ma poco tempo potè go
natissimo della caccia, un giorno che malgrado le contrarie preghiere
di
lei volle andarvi ad ogni patto, vi fu ucciso da
darvi ad ogni patto, vi fu ucciso da un cignale, sotto alle sembianze
di
cui dissero alcuni che fosse ascoso lo stesso Mar
dalle tre grazie Aglaia, Eufrosine, e Talia, che Esiodo disse figlie
di
Giove, e di Eurinome e che alcuni vollero figlie
razie Aglaia, Eufrosine, e Talia, che Esiodo disse figlie di Giove, e
di
Eurinome e che alcuni vollero figlie di Bacco e d
iodo disse figlie di Giove, e di Eurinome e che alcuni vollero figlie
di
Bacco e di Venere stessa, altri di Giunone. Fra l
figlie di Giove, e di Eurinome e che alcuni vollero figlie di Bacco e
di
Venere stessa, altri di Giunone. Fra le piante a
rinome e che alcuni vollero figlie di Bacco e di Venere stessa, altri
di
Giunone. Fra le piante a lei dedicato era il mirt
. Fra le piante a lei dedicato era il mirto, tra i fiori la rosa, che
di
bianca, qual era prima, si disse cangiata in ross
prima, si disse cangiata in rossa, allor quando fu bagnata dal sangue
di
Adone puntosi con una spina, e tra gli uccelli il
igni, o da due colombe. Adorata era Venere principalmente nell’ isola
di
Citerà, ed in Gnido, Pafo, Amatunta città dell’ i
nell’ isola di Citerà, ed in Gnido, Pafo, Amatunta città dell’ isola
di
Cipro, Ebbe quindi i nomi di Citerà, e di Cipri o
Gnido, Pafo, Amatunta città dell’ isola di Cipro, Ebbe quindi i nomi
di
Citerà, e di Cipri o Ciprigna, come pur quelli d’
Amatunta città dell’ isola di Cipro, Ebbe quindi i nomi di Citerà, e
di
Cipri o Ciprigna, come pur quelli d’ Idalia dal m
Cipri o Ciprigna, come pur quelli d’ Idalia dal monte Ida in Cipro, e
di
Alcidalia dal fonte Alcidalio in Beozia, ove dice
e umane vittime, furon da essa cangiati in lori. In Roma alle calende
di
aprile sacrificavansi a Venere Verticordia, perch
nasse dagl’ illeciti amori: e a lei spezialmente dedicato era il mese
di
aprile, così detto secondo alcuni aphros spuma, a
li egualmente che sopra i mortali. Apuleio descrive a lungo la favola
di
Amore e Psiche, il cui ristretto si è che essendo
e Psiche, il cui ristretto si è che essendo Psiche bellissima, Venere
di
lei gelosa spedì Amore, perchè le spirasse passio
i gelosa spedì Amore, perchè le spirasse passione per qualche oggetto
di
lei indegno. Amore in cambio di lei si accese, e
spirasse passione per qualche oggetto di lei indegno. Amore in cambio
di
lei si accese, e la fece trasportare da Zefiro in
e, e la fece trasportare da Zefiro in un palagio rimoto, ov’ ella era
di
tutto lautamente fornita da ninfe invisibili, ed
veniva da lei la notte senza lasciarsi veder giammai. Bramando Psiche
di
rivedere due sorelle che avea Amore permise che f
’ era addormentato, accese una lucerna, e prese un coltello con animo
di
ammazzarlo, se fosse un mostro. Al vedere ch’ egl
rra, e una scintilla del fuoco della lucerna caduta sopra una spalla’
di
Amore il ferì. Egli destatosi al dolore fuggi sde
a volo traendo Psiche, la quale presolo per un piede cercava in vano
di
trattenerlo. Caduta al fine, e rimasta sola per d
me, che però salva la portò in riva. Pane l’ esortò a gire in traccia
di
Amore, promettendole che lo avrebbe placato; e ne
d aggiunse che per maggiore vendetta Amore le avea dichiarato che una
di
loro volea prendersi in isposa. Avide di questo l
e le avea dichiarato che una di loro volea prendersi in isposa. Avide
di
questo le sorelle una dopo l’ altra salirono lo s
’ altra salirono lo scoglio, da cui Zefiro le avea portate al palagio
di
Amore, ed una dopo l’ altra da esso precipitarono
ed una dopo l’ altra da esso precipitarono. Intanto Venere informata
di
quanto era avvenuto, si fece condurre Psiche dava
e condurre Psiche davanti e fieramente la maltrattò. Le impose quindi
di
separare da un grosso mucchio di frumento, di orz
mente la maltrattò. Le impose quindi di separare da un grosso mucchio
di
frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero,
rattò. Le impose quindi di separare da un grosso mucchio di frumento,
di
orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e d
e impose quindi di separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo
di
miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti
indi di separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio,
di
semi di papavero, di ceci, e di lenti tutti quest
separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi
di
papavero, di ceci, e di lenti tutti questi grani,
n grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero,
di
ceci, e di lenti tutti questi grani, nel che fu a
cchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e
di
lenti tutti questi grani, nel che fu aiutata dall
e di lenti tutti questi grani, nel che fu aiutata dalle formiche; poi
di
recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni
ti grani, nel che fu aiutata dalle formiche; poi di recarle un fiocco
di
lana d’ oro di certi montoni, che pasceano di là
he fu aiutata dalle formiche; poi di recarle un fiocco di lana d’ oro
di
certi montoni, che pasceano di là di un fiume in
oi di recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni, che pasceano
di
là di un fiume in luoghi inaccessibili, e una can
recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni, che pasceano di là
di
un fiume in luoghi inaccessibili, e una canna del
in luoghi inaccessibili, e una canna del fiume le insegnò la maniera
di
averlo; in seguito di portarle una brocca piena d
li, e una canna del fiume le insegnò la maniera di averlo; in seguito
di
portarle una brocca piena di un acqua nera custod
insegnò la maniera di averlo; in seguito di portarle una brocca piena
di
un acqua nera custodita da due dragoni e un’ aqui
e dragoni e un’ aquila, presa la brocca, andò a riempirla; finalmente
di
scendere all’ Inferno, e recarle un vasetto pieno
irla; finalmente di scendere all’ Inferno, e recarle un vasetto pieno
di
grazie e di vezzi, che dato sarebbele da Proserpi
ente di scendere all’ Inferno, e recarle un vasetto pieno di grazie e
di
vezzi, che dato sarebbele da Proserpina; e scesa
Da questo però Amore la risvegliò, e salilo al cielo ottenne da Giove
di
averla in isposa, e placata Venere in cielo si fe
à. Psiche suol essere effigiata qual leggiadrissima giovane colle ali
di
farfalla. Imene Dio delle nozze da alcuni vien de
le ali di farfalla. Imene Dio delle nozze da alcuni vien detto figlio
di
Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e
arfalla. Imene Dio delle nozze da alcuni vien detto figlio di Bacco e
di
Venere, da altri figlio di Apolline, e di una del
zze da alcuni vien detto figlio di Bacco e di Venere, da altri figlio
di
Apolline, e di una delle muse, che alcuni voglion
ien detto figlio di Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e
di
una delle muse, che alcuni vogliono esser Urania,
Capo IX. Dell’ Aurora, del Sole, e della Luna. Figli d’ Iperione e
di
Tea son detti da Esiodo l’ Aurora, il Sole, e la
l’ Aurora, il Sole, e la Luna. L’ Aurora, rapito avendo Tifone figlio
di
Laomedonte re di Troia, in matrimonio a lui si st
e, e la Luna. L’ Aurora, rapito avendo Tifone figlio di Laomedonte re
di
Troia, in matrimonio a lui si strinse, e n’ ebbe
monio a lui si strinse, e n’ ebbe Mennone, che poi venuto in soccorso
di
Troia, fu ucciso da Achille. Ottenne essa a Titon
uamente lagnandosi, fu convertito in cicala. Rapì anche Cefalo figlio
di
Eolo, e marito di Procri; ma ritroso veggendolo a
, fu convertito in cicala. Rapì anche Cefalo figlio di Eolo, e marito
di
Procri; ma ritroso veggendolo all’ amor suo, perc
di Procri; ma ritroso veggendolo all’ amor suo, perchè costante verso
di
Procri, ad essa lo rimandò, dicendogli che se ne
e sarebbe pentito. Cefalo a tai parole entrato in sospetto della fede
di
Procri, ne volle far prova, e presentandosi a lei
di Procri, ne volle far prova, e presentandosi a lei travestito cercò
di
sedurla con doni. Per molto tempo ella resistette
scoperse, ed ella vergognandosi fuggi ne’ boschi, ove si fece seguace
di
Diana, da cui ricevette in dono un cane di mirabi
oschi, ove si fece seguace di Diana, da cui ricevette in dono un cane
di
mirabile velocità, ed un dardo, che sempre sicura
cane, e quel dardo. Ma un dì che stanco dalla caccia sopra alla riva
di
un fonte egli chiamava l’ aura a ristorarlo, uno
rarlo, uno che da lungi l’ udì, credette ch’ egli chiamasse una Ninfa
di
questo nome, e riferillo a Procri. Questa ingelos
ri rimase estinta. Si disse poscia che accusato innanzi all’ Areopago
di
Atene di questa uccisione fu condannato a perpetu
estinta. Si disse poscia che accusato innanzi all’ Areopago di Atene
di
questa uccisione fu condannato a perpetuo esiglio
one fu condannato a perpetuo esiglio. Rappresentavasi l’ Aurora sopra
di
un carro a due cavalli, preceduta da Fosforo o Lu
n carro a due cavalli, preceduta da Fosforo o Lucifero sotto la forma
di
un Genio avente una stella in fronte, e una fiacc
e, e una fiaccola in mano ed accompagnata da altri Geni quali in atto
di
versar la rugiada, e quali di sparger gigli e ros
ccompagnata da altri Geni quali in atto di versar la rugiada, e quali
di
sparger gigli e rose. Il Sole, che molti poeti co
ae e Circe. Factente, secondo Ovidio, in una contesa con Epafo figlio
di
Io; sentendosi da lui negare di esser figlio del
idio, in una contesa con Epafo figlio di Io; sentendosi da lui negare
di
esser figlio del Sole, andò per consiglio della m
dò per consiglio della madre nella regia del Sole stesso, e per prova
di
essergli figlio richiese di poter reggerne il car
nella regia del Sole stesso, e per prova di essergli figlio richiese
di
poter reggerne il carro. Questi che già gli aveva
to qualunque cosa gli avesse chiesto, dopo aver cercato per ogni modo
di
dissuaderlo, fu suo malgrado costretto ad accorda
ò il mal consigliato giovane, e lo precipitò nell’ Eridano, alle rive
di
cui le sorelle piangendone la morte furon convert
tite in pioppi, e dalle loro lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò
di
Stenelo e di una sorella di Climene, piangendo an
i, e dalle loro lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò di Stenelo e
di
una sorella di Climene, piangendo anch’ egli la s
lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò di Stenelo e di una sorella
di
Climene, piangendo anch’ egli la sciagura del suo
a sciagura del suo cugino ed amico, fu tramutato in cigno. Eeta fu re
di
Coleo e possessore del vello, d’ oro, che poi con
essore del vello, d’ oro, che poi conquistato fu da Giasone per opera
di
Medea, siccome appresso vedremo. Pasifae moglie d
Giasone per opera di Medea, siccome appresso vedremo. Pasifae moglie
di
Minosse innamorata di un toro, per cui altri inte
Medea, siccome appresso vedremo. Pasifae moglie di Minosse innamorata
di
un toro, per cui altri intendono un principe dett
ro mezz’ uomo, e mezzo toro, che poi fu ucciso da Teseo nel labirinto
di
Creta. Circe maritatasi al re de’ Sarmati l’ avve
torio Circeo ora Monte Circello, ove non corrisposta da Glauco amante
di
Scilla, per vendetta avvelenò la fonte ove Scilla
ico re del Lazio lui trasformò in picchio, cangiò in fiere i compagni
di
esso, che’ contro lei si avventarono, e Canento m
i compagni di esso, che’ contro lei si avventarono, e Canento moglie
di
lui piangendone la perdita fu disciolta in aura;
incantata, e col tocco della Sua verga mutò ella in porci i compagni
di
Ulisse, che poscia per le preghiere di lui restit
mutò ella in porci i compagni di Ulisse, che poscia per le preghiere
di
lui restituì alla pristina forma, e lui seco tene
i poeti Telegono. Come portatore del giorno il Sole figuravasi sopra;
di
un carro luminosissimo circondato dalle Ore, che
lli Eto, Piroo, Eoo, e Flegone. In gran venerazione fu il sole presso
di
tutti i Gentili, e spezialmente presso gli Orient
hi poeti interamente da lei distinta. Dicon le favole, che innamorata
di
Endimione pastor di Caria, scendea la notte dal c
da lei distinta. Dicon le favole, che innamorata di Endimione pastor
di
Caria, scendea la notte dal cielo a star seco sul
ungono pure, che fu da Pane Dio de’ pastori allettata con un presente
di
bianca lana a venirne a lui ne’ boschi di Arcadia
i allettata con un presente di bianca lana a venirne a lui ne’ boschi
di
Arcadia. Rappresentavasi con un arco lunato in fr
boschi di Arcadia. Rappresentavasi con un arco lunato in fronte sopra
di
un cocchio a due cavalli; e nei sacrifici a lei o
alli; e nei sacrifici a lei offerivasi il toro. Capo X. Di Apollo,
di
Esculapio, e delle Muse. Quattro Apollini si d
Esculapio, e delle Muse. Quattro Apollini si distinguevano al dire
di
Cicerone: il primo figlio di Vulcano, e di Minerv
uattro Apollini si distinguevano al dire di Cicerone: il primo figlio
di
Vulcano, e di Minerva; il secondo figlio di Corib
i si distinguevano al dire di Cicerone: il primo figlio di Vulcano, e
di
Minerva; il secondo figlio di Coribante e nato in
Cicerone: il primo figlio di Vulcano, e di Minerva; il secondo figlio
di
Coribante e nato in Creta, intorno al dominio di
a; il secondo figlio di Coribante e nato in Creta, intorno al dominio
di
cui ebbe poscia contesa con Giove; il terzo figli
orno al dominio di cui ebbe poscia contesa con Giove; il terzo figlio
di
Giove e di Latona, venuto secondo alcuni dagli Ip
inio di cui ebbe poscia contesa con Giove; il terzo figlio di Giove e
di
Latona, venuto secondo alcuni dagli Iperborei, ma
Arcadia, e soprannomato dagl’ Arcadi Nomione, perchè da esso dicevano
di
aver avuto le leggi. Il più celebre presso i poet
a Terra a negarle ricovero ove poter partorire, e suscitò pure contro
di
essa il serpente Pitone. Ma Nettuno l’ accolse ne
rciero, il serpente Pitone colle sue frecce poi mise a morte. Superbo
di
questa uccisione si fece Apollo a dileggiare il f
uccisione si fece Apollo a dileggiare il fanciullo Cupido, che osasse
di
trattar l’ arco e gli strali. Questi irritato, pe
rritato, per dar prova del valor suo, scoccò uno strale dorato contro
di
lui medesimo, per cui ardentemente innammorossi d
rale dorato contro di lui medesimo, per cui ardentemente innammorossi
di
Dafne figlia del fiume Peneo, ed una di piombo a
cui ardentemente innammorossi di Dafne figlia del fiume Peneo, ed una
di
piombo a Dal ne, per cui odiandolo si diede con t
ucotoe, Isse, e Coronide. Mentre giocava al disco con Giacinto figlio
di
Pierio, e di Clio secondo alcuni, e di Ebalo o Am
e Coronide. Mentre giocava al disco con Giacinto figlio di Pierio, e
di
Clio secondo alcuni, e di Ebalo o Amicleo secondo
a al disco con Giacinto figlio di Pierio, e di Clio secondo alcuni, e
di
Ebalo o Amicleo secondo altri, Zefiro per rivalit
di Ebalo o Amicleo secondo altri, Zefiro per rivalità portò il disco
di
Apollo alla testa di Giacinto; che ne morì, e fu
econdo altri, Zefiro per rivalità portò il disco di Apollo alla testa
di
Giacinto; che ne morì, e fu da Apollo cambiato ne
a il fatto alquanto diversamente, dicendo che il disco battendo sopra
di
un sasso ribalzò in faccia a Giacinto nell’ alto
iacinto nell’ alto ch’ egli era corso per prenderlo. Ciparisso figlio
di
Amicleo avendo per disavventura ucciso con un col
parisso figlio di Amicleo avendo per disavventura ucciso con un colpo
di
saetta un cervo addimesticato, che gli era cariss
tto questo però da molti viene attribuito a Silvano. Innamorato prima
di
Clizia figliuola di Orcamo e d’ Eurinome; Apollo
olti viene attribuito a Silvano. Innamorato prima di Clizia figliuola
di
Orcamo e d’ Eurinome; Apollo l’ abbandonò per Leu
a figliuola di Orcamo e d’ Eurinome; Apollo l’ abbandonò per Leucotoe
di
lei sorella, cui sedusse prendendo le sembianze d
ndonò per Leucotoe di lei sorella, cui sedusse prendendo le sembianze
di
Eurinome. Clizia scoperse il fatto ad Orcamo, il
ncenso, e Clizia medesima fu cangiata in girasole. Coronide figliuola
di
Flegia dopo essere stata per alcun tempo ad Apoll
ntepose il giovine Ischi. Di ciò Apollo, avvertito dal corvo, che poi
di
bianco fu tramutato in nero, uccise Ischi, e Coro
u tramutato in nero, uccise Ischi, e Coronide. Trasse però dal fianco
di
lei un bambino, cui fece prima allattar da una ca
utto nell’ arte medica, ne divenne così valente, chef potè ad istanza
di
Diana richiamare da morte a vita Ippolito tiglio
f potè ad istanza di Diana richiamare da morte a vita Ippolito tiglio
di
Teseo. Sdegnato però Giove che tanto potere ei si
afflitti dalla pestilenza mandarono in Delfo a consultare l’ oracolo
di
Apollo, il quale rispose, che conveniva condurre
arono quindi in Epidauro per trasportare la statua. Ma intanto che su
di
ciò consultavasi fra i cittadini, un serpente usc
ialmente a lui dedicati. Apollo sbandito dal cielo ricoverassi presso
di
Admeto re di Tessaglia, che amorevolmente i’ acco
i dedicati. Apollo sbandito dal cielo ricoverassi presso di Admeto re
di
Tessaglia, che amorevolmente i’ accolse, e lo pro
sue greggi’ lungo il fiume Anfriso. Grado fu Apollo all’ amorevolezza
di
Admeto; perciocchè bramando questi di aver in isp
ado fu Apollo all’ amorevolezza di Admeto; perciocchè bramando questi
di
aver in isposa Alceste figlia di Pelia, nè potend
i Admeto; perciocchè bramando questi di aver in isposa Alceste figlia
di
Pelia, nè potendo ottenerla se non a condizione d
osa Alceste figlia di Pelia, nè potendo ottenerla se non a condizione
di
condurre a Pelia un carro tirato da un leone e da
tenata la Morte. Durante il suo esiglio andò pure Apollo in compagnia
di
Nettuno, esule anch’ esso in quel tempo per aver
di Nettuno, esule anch’ esso in quel tempo per aver congiurato contro
di
Giove, a fabbricare pel re Laomedonte le mura di
er congiurato contro di Giove, a fabbricare pel re Laomedonte le mura
di
Troia; ma avendo questi in appresso negata ad amb
into, in pena del suo ardimento’ gli trasse la pelle, e dalle lagrime
di
Ini mescolate col sangue formossi il fiume Marsia
vincitore ne fu dichiarato dal Dio del monte Imolo. Ma alla decisione
di
questo si oppose il re Mida, per cui Apollo gli f
egli colle velature del capo a ricoprirle, ed ordinò al suo tosatore
di
non manifestarle a nessuno; ma questi non potendo
o; ma questi non potendo per una parte tacere, è temendo per l’ altra
di
esser punito, scavò in segreto luogo una fossa, e
in segreto luogo una fossa, e vi mormorò dentro: Mida ha le orecchie
di
asino, ed essendo ivi cresciute delle canne, alle
le stesse parole, sicchè la cosa si fece a tutti palese. Una tenzone
di
altro genere ebbe Apollo con Forba, il quale impo
tro genere ebbe Apollo con Forba, il quale impossessatosi del cammino
di
Delfo vietava che alcuno vi andasse; ma trasforma
della pelle del serpente Pitone, e da questi luoghi ei trasse i nomi
di
Delio, Clario, Timbreo, Patareo, Cirreo, Delfico,
nomi di Delio, Clario, Timbreo, Patareo, Cirreo, Delfico, come quello
di
Cintio dal Monte Cinto ove nacquero quello di Pit
o, Delfico, come quello di Cintio dal Monte Cinto ove nacquero quello
di
Pitio da Pito sinonimo, di Delfo, quello di Febo,
Cintio dal Monte Cinto ove nacquero quello di Pitio da Pito sinonimo,
di
Delfo, quello di Febo, cioè risplendente, dall’ e
Cinto ove nacquero quello di Pitio da Pito sinonimo, di Delfo, quello
di
Febo, cioè risplendente, dall’ esser confuso col
sser confuso col Sole. In Roma i giuochi Apollinari celebravansi ai 6
di
Luglio; e ne’ sacrifici ad esso offerivasi il tor
della poesia era egli chiamato preside e condottier delle Muse figlie
di
Giove, e di Mnemosine, o Dea della memoria. Le Mu
era egli chiamato preside e condottier delle Muse figlie di Giove, e
di
Mnemosine, o Dea della memoria. Le Muse eran nove
il fonte Aganippe, Ippocrene o Cavallino, che si disse fatto sgorgar
di
terra da un calcio del cavallo Pegaso nato dal sa
atto sgorgar di terra da un calcio del cavallo Pegaso nato dal sangue
di
Medusa. Il monte Piero nella Tessaglia, e il mont
ceansi pure sovente da esse abitati. Narra Ovidio, che le nove figlie
di
Pierio edi Evippe avendo sfidate al canto le nove
opraggiunte dalla pioggia a ricoverarsi in sua casa, e quindi tentato
di
far loro violenza, esse fuggirono convertite in u
loggia, e rimase estinto. Capo XI. Di Diana. Oltre alla figlia
di
Giove e di Latona, due altre Diane da Cicerone si
rimase estinto. Capo XI. Di Diana. Oltre alla figlia di Giove e
di
Latona, due altre Diane da Cicerone si accennano,
e di Latona, due altre Diane da Cicerone si accennano, l’ una figlia
di
Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e d
a, due altre Diane da Cicerone si accennano, l’ una figlia di Giove e
di
Proserpina, l’ altra figlia di Upi e di Glauce: m
si accennano, l’ una figlia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia
di
Upi e di Glauce: ma di queste appena trovasi menz
ano, l’ una figlia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e
di
Glauce: ma di queste appena trovasi menzione pres
glia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e di Glauce: ma
di
queste appena trovasi menzione presso i Poeti. Be
o interamente distinta. Era Diana tenuta per Dea della caccia, perchè
di
essa formava la sua occupazione e il suo diletto.
tua verginità le Ninfe, sue seguaci; ed avendo scoperta la gravidanza
di
Calista figlia di Licaone, la quale erasi lasciat
infe, sue seguaci; ed avendo scoperta la gravidanza di Calista figlia
di
Licaone, la quale erasi lasciata sedurre da Giove
sciata sedurre da Giove, che per ingannarla avea assunte le sembianze
di
Diana medesima, la discacciò. Quella entrala in u
u da Giunone cangiata in orsa. Arcade cresciuto in età fu in procinto
di
ammazzarla non conoscendola; e Giove tramutalo in
e, altro non potendo, ottenne, secondo Ovidio, dall’ Oceano e da Teti
di
non permettere che mai si bagnino in mare. Diana
con Endimione a lei vengono attribuiti. Anzi avendo Atteone figliuolo
di
Aristeo e di Autone osato di mirarla nuda nel bag
a lei vengono attribuiti. Anzi avendo Atteone figliuolo di Aristeo e
di
Autone osato di mirarla nuda nel bagno, fu da ess
ttribuiti. Anzi avendo Atteone figliuolo di Aristeo e di Autone osato
di
mirarla nuda nel bagno, fu da essa coll’ acqua, c
ato poscia da propri cani. Orione, nato secondo le favole dall’ orina
di
Giove, Nettuno e Mercurio chiusa in una pelle di
e favole dall’ orina di Giove, Nettuno e Mercurio chiusa in una pelle
di
bue, e sepolta sotterra, avendo alla caccia tenta
a in una pelle di bue, e sepolta sotterra, avendo alla caccia tentato
di
far violenza ad Opi ninfa di Diana, e secondo alc
lta sotterra, avendo alla caccia tentato di far violenza ad Opi ninfa
di
Diana, e secondo alcuni a Diana stessa, fu da ess
a ucciso, secondo alcuni, con un dardo, e secondo altri colla puntura
di
uno scorpione fatto ivi sorgere dalla terra Omero
uccidesse per dispetto veggendolo rapito dall’ Aurora. Chione figlia
di
Dedalione, che per aver da Mercurio generato Auto
olline Filammone, osò a lei preferirsi, fu essa pure da lei trafitta,
di
che il padre addolorato gettossi in mare, ma fu d
ato in uno sparviero. Egual vendetta e più terribile fece ella contro
di
Niobe figlia di Tantalo, e moglie di Anfione che
iero. Egual vendetta e più terribile fece ella contro di Niobe figlia
di
Tantalo, e moglie di Anfione che per esser madre
e più terribile fece ella contro di Niobe figlia di Tantalo, e moglie
di
Anfione che per esser madre di quattordici figli,
o di Niobe figlia di Tantalo, e moglie di Anfione che per esser madre
di
quattordici figli, osò insultare superbamente Lat
r esser madre di quattordici figli, osò insultare superbamente Latona
di
averne due soli. Diana per punire l’ oltraggio fa
ire l’ oltraggio fatto alla madre, unitasi con Apollo, uccise a colpi
di
frecce tutti i figli e le figlie di Niobe, che a
nitasi con Apollo, uccise a colpi di frecce tutti i figli e le figlie
di
Niobe, che a sì orrendo spettacolo in marmorea st
pettacolo in marmorea statua fu tramutata. Nè impunito lasciò Eneo re
di
Calidone e marito di Altea, che offerendo le prim
statua fu tramutata. Nè impunito lasciò Eneo re di Calidone e marito
di
Altea, che offerendo le primizie a Cerere, a Bacc
ie un terribil cignale, il quale ben poi fu ucciso da Meleagro figlio
di
Eneo, ma con fatai danno di lui medesimo. Imperoc
uale ben poi fu ucciso da Meleagro figlio di Eneo, ma con fatai danno
di
lui medesimo. Imperocchè nella caccia, che a quel
concorsero i principali Eroi della Grecia, essendo Atalanta figliuola
di
Giasio re di Arcadia stata la prima a ferirlo, Me
principali Eroi della Grecia, essendo Atalanta figliuola di Giasio re
di
Arcadia stata la prima a ferirlo, Meleagro dopo d
iuola di Giasio re di Arcadia stata la prima a ferirlo, Meleagro dopo
di
averlo estinto, a lei, in premio ne presentò la p
ntò la pelle, e la testa. Ma irritaronsi a ciò Plesippo e Toxeo figli
di
Testio, e fratelli di Altea, e volendo a forza ri
ta. Ma irritaronsi a ciò Plesippo e Toxeo figli di Testio, e fratelli
di
Altea, e volendo a forza ritogliere ad Atalanta i
Atalanta il dono avuto da Meleagro vennero uccisi. Allora Altea madre
di
Meleagro, che al nascer di lui ritratto avea dal
eleagro vennero uccisi. Allora Altea madre di Meleagro, che al nascer
di
lui ritratto avea dal fuoco, e occultalo in luogo
he le Parche vi avean posto, dicendo che tanto sarebbe durata la vita
di
lui, quanto il tizzone, rimise per vendicare la m
nto da interna arsura insieme con quello rimase estinto. Altea poscia
di
ciò pentita di propria mano si uccise, e le sorel
arsura insieme con quello rimase estinto. Altea poscia di ciò pentita
di
propria mano si uccise, e le sorelle di Meleagro
. Altea poscia di ciò pentita di propria mano si uccise, e le sorelle
di
Meleagro la morte di lui piangendo furono da Dian
pentita di propria mano si uccise, e le sorelle di Meleagro la morte
di
lui piangendo furono da Diana cangiate negli ucce
iana cangiate negli uccelli detti Meleagridi. Altri strali invisibili
di
Diana e di Apollo venivano pure attribuite, secon
te negli uccelli detti Meleagridi. Altri strali invisibili di Diana e
di
Apollo venivano pure attribuite, secondo Omero, l
le morti improvvise, e le pestilenzie. Diana rappresentavasi in abito
di
cacciatrice sopra un carro tirato da due cervi, e
è Luna in cielo, Diana in terra, ed Ecate nell’ inferno. Aveva i nomi
di
Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era
ielo, Diana in terra, ed Ecate nell’ inferno. Aveva i nomi di Delia e
di
Cintia dall’ isola e dal monte ove era nata. Famo
empio in Efeso, che poi fu incendiato da Erostrato, preso dalla mania
di
rendersi con ciò immortale. La vittima a lei dedi
’ Oreste. Capo XII. Di Mercurio. Cinque Mercuri troviamo presso
di
Cicerone, il primo nato dal Cielo e dalla Dea del
ne, il primo nato dal Cielo e dalla Dea del giorno; il secondo figlio
di
Valente e di Foronida, ed è quello, dice egli, ch
nato dal Cielo e dalla Dea del giorno; il secondo figlio di Valente e
di
Foronida, ed è quello, dice egli, che abita sotto
egli, che abita sotto terra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio
di
Giove e di Maia, dal quale e da Penelope alcuni p
abita sotto terra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio di Giove e
di
Maia, dal quale e da Penelope alcuni pretesero na
ale e da Penelope alcuni pretesero nato il Dio Pane; il quarto figlio
di
Nilo; il quinto dagli Egizi chiamati Teut o Tot,
e, e date le leggi. Il più rinomato fra questi, Cioè il terzo, figlio
di
Giove e di Maia, era considerato come il messaggi
e leggi. Il più rinomato fra questi, Cioè il terzo, figlio di Giove e
di
Maia, era considerato come il messaggiero degli D
ui pur guidava le anime de’ trapassati all’ inferno. Avendo per ordin
di
Giove ucciso Argo posto da Giunone alla custodia
Avendo per ordin di Giove ucciso Argo posto da Giunone alla custodia
di
Io (come si disse al Capo IV.), ebbe da ciò il ti
lla custodia di Io (come si disse al Capo IV.), ebbe da ciò il titolo
di
Arcidiga. Vuolsi per alcuni ch’ egli abbia da Ven
gli abbia da Venere avuto Cupidine, per altri Ermafrodito. Innamorato
di
Erse figlia di Cecrope indusse con oro Agiamo sor
nere avuto Cupidine, per altri Ermafrodito. Innamorato di Erse figlia
di
Cecrope indusse con oro Agiamo sorella di lei a t
. Innamorato di Erse figlia di Cecrope indusse con oro Agiamo sorella
di
lei a tenergli mano. Pallade ciò sapendo mandò l’
l’ Invidia ad infettare Aglauro del suo veleno. Ella perciò al venir
di
Mercurio cercò vietargli l’ ingresso, e fu conver
entre Apollo guardava lungo il fiume Aufriso in Tessaglia gli armenti
di
Admeto, Mercurio gli rubò alcune vacche, ed essen
essendo in ciò stato scoperto dal pastore Batto, lo cangiò in pietra
di
paragone. Minacciandolo Apollo, se non restituiva
della lira, che si disse da lui formata la prima volta coi tesi nervi
di
una morta testudine. Le statue che si ponevano su
i di una morta testudine. Le statue che si ponevano sulle vie a guisa
di
termini erano dette Mercurii dai Romani, ed Ermi
rano dette Mercurii dai Romani, ed Ermi dai Greci, che tale è il nome
di
Mercurio in quella lingua. Capo XIII. Di Bacco
Capo XIII. Di Bacco. Cinque pure, secondo Cicerone, ebbero il nome
di
Bacco o Libero: il primo figlio di Giove e di Pro
, secondo Cicerone, ebbero il nome di Bacco o Libero: il primo figlio
di
Giove e di Proserpina; il secondo figlio del Nilo
icerone, ebbero il nome di Bacco o Libero: il primo figlio di Giove e
di
Proserpina; il secondo figlio del Nilo, che si di
condo figlio del Nilo, che si disse aver ucciso Nisa; il terzo figlio
di
Caprio, che fu detto re dell’ Asia in onore di cu
Nisa; il terzo figlio di Caprio, che fu detto re dell’ Asia in onore
di
cui furono istituite le feste Sabazie; il quarto
a in onore di cui furono istituite le feste Sabazie; il quarto figlio
di
Giove e della Luna, a cui dedicate si dissero le
la Luna, a cui dedicate si dissero le feste Orfiche; il quinto figlio
di
Niso e di Dione, da cui si credettero stabilite l
cui dedicate si dissero le feste Orfiche; il quinto figlio di Niso e
di
Dione, da cui si credettero stabilite le Trieteri
lite le Trieteridi. Comunemente però da poeti Bacco vien detto figlio
di
Giove e di mele figlia di Cadmo. Allorchè questa
eteridi. Comunemente però da poeti Bacco vien detto figlio di Giove e
di
mele figlia di Cadmo. Allorchè questa ne era inci
mente però da poeti Bacco vien detto figlio di Giove e di mele figlia
di
Cadmo. Allorchè questa ne era incinta, Giunone as
a di Cadmo. Allorchè questa ne era incinta, Giunone assunta la figura
di
Beroe di lei nutrice le mise in animo un’ ardente
o. Allorchè questa ne era incinta, Giunone assunta la figura di Beroe
di
lei nutrice le mise in animo un’ ardente brama di
la figura di Beroe di lei nutrice le mise in animo un’ ardente brama
di
veder Giove in tutta la sua maestà. Consentì Giov
ella sua coscia, poi datolo alla luce lo fece allevare da Ino sorella
di
Semele sotto la custodia di Sileno. Cresciuto in
alla luce lo fece allevare da Ino sorella di Semele sotto la custodia
di
Sileno. Cresciuto in età andò alla conquista dell
tà andò alla conquista delle Indie, da cui tornando trovò nell’ Isola
di
Nasso Arianna abbandonata da Teseo, e fattala sua
bbandonata da Teseo, e fattala sua sposa trasportò iu cielo la corona
di
lei nella costellazione, che ha questo nome. Pres
ona di lei nella costellazione, che ha questo nome. Preso da’ corsari
di
Tiro, che sopra una spiaggia il trovarono addorme
i Tiro, che sopra una spiaggia il trovarono addormentato in sembianza
di
fanciullo, domandò di essere condotto a Nasso, e
spiaggia il trovarono addormentato in sembianza di fanciullo, domandò
di
essere condotto a Nasso, e allorchè fu ad essa vi
, che a quelli si era opposto. Alcitoe, Leuconoe e le sorelle, figlie
di
Meneo, avendo osato esse pure d’ insultare Bacco,
re del vino, e le sue feste celebravansi dalle Baccanti in una specie
di
furore, ond’ erano da’ Greci chiamate orge da fur
cco venne cangiato in edera. Essendosi a tale feste opposto Penteo re
di
Tebe, furor sì strano ispirò Bacco ad Agave madre
pposto Penteo re di Tebe, furor sì strano ispirò Bacco ad Agave madre
di
lui, ed una delle Baccanti, che unita alle compag
a delle Baccanti, che unita alle compagne lo fece a brani. Licurgo re
di
Tracia che opporsi volle alla propagazion delle v
alla propagazion delle viti, fu anch’ egli punito; perciocchè mentre
di
propria mano accinto s’ era con una scure a tagli
scure a tagliarle, tagliossi le gambe. All’ incontro avendo Micia re
di
Frigia a Bacco restituito Sileno, che era stato p
ne ed il vino ei fu costretto per non morire d’ inedia a pregar Bacco
di
ripigliarsi il suo dono, e questi allor gl’ impos
a pregar Bacco di ripigliarsi il suo dono, e questi allor gl’ impose
di
lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la
gl’ impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù
di
volgere arene d’ oro. Anche, le cinque figlie di
di acquistò la virtù di volgere arene d’ oro. Anche, le cinque figlie
di
Anio sacerdote di Apollo in Delo avevan da Bacco
tù di volgere arene d’ oro. Anche, le cinque figlie di Anio sacerdote
di
Apollo in Delo avevan da Bacco ottenuto di cangia
e figlie di Anio sacerdote di Apollo in Delo avevan da Bacco ottenuto
di
cangiare in frumento o vino od olio tutto ciò che
o vino od olio tutto ciò che toccassero; il che sapendo Agamennone re
di
Argo venne per prenderle, onde alimentare l’ arma
enderle, onde alimentare l’ armata nella guerra, che preparava contro
di
Troia, ma esse fuggirono in Andoo presso il frate
ron mutate in colombe. Rappresentatasi Bacco in aria giovenile, sopra
di
un carro tirato da due tigri col capo inghirlanda
ovenile, sopra di un carro tirato da due tigri col capo inghirlandato
di
edera e di pampini, e col tirso in mano, che era
pra di un carro tirato da due tigri col capo inghirlandato di edera e
di
pampini, e col tirso in mano, che era una lancia
di pampini, e col tirso in mano, che era una lancia ornata anch’ essa
di
pampini. Suoi seguaci erano i Satiri, che figurav
i erano i Satiri, che figuravansi colle orecchie, le corne e le gambe
di
capro, ed il vecchio aio di lui, che dietro verna
vansi colle orecchie, le corne e le gambe di capro, ed il vecchio aio
di
lui, che dietro vernagli seduto sopra di un asino
di capro, ed il vecchio aio di lui, che dietro vernagli seduto sopra
di
un asino. A Bacco offerivasi mele, vino, e latte,
rso del quale cosi nocevole vico riputato alle viti. In Roma le feste
di
Libero o Bacco, dette Liberali, celebravansi ai 1
n Roma le feste di Libero o Bacco, dette Liberali, celebravansi ai 17
di
Marzo; le Baccanali si celebravano in autunno con
i 17 di Marzo; le Baccanali si celebravano in autunno con ogni genere
di
stravizzo. Capo XIV. Di Cerere. Figlia di S
tunno con ogni genere di stravizzo. Capo XIV. Di Cerere. Figlia
di
Saturno e di Rea fu Cerere, ed a lei venne attrib
i genere di stravizzo. Capo XIV. Di Cerere. Figlia di Saturno e
di
Rea fu Cerere, ed a lei venne attribuita l’ inven
venzione dell’ agricoltura, per cui gli uomini, che si pascevan prima
di
ghiande, incominciaron a pascersi di frumento. Eb
li uomini, che si pascevan prima di ghiande, incominciaron a pascersi
di
frumento. Ebbe quindi gli epiteti mammosa e di al
cominciaron a pascersi di frumento. Ebbe quindi gli epiteti mammosa e
di
alma, perchè tutti per certo modo essa aliatta ed
certo modo essa aliatta ed alimenta.. Unita a Giasone o Giasio figlio
di
Giove e di Elettra partorì Pluto Dio delle ricche
essa aliatta ed alimenta.. Unita a Giasone o Giasio figlio di Giove e
di
Elettra partorì Pluto Dio delle ricchezze, unita
lettra partorì Pluto Dio delle ricchezze, unita a Giove divenne madre
di
Proserpina. Essendo questa da Plutone stata rapit
uita dal fiume Alfeo si seppellì sotterra cangiata in fonte par opera
di
Diana, e venne a sgorgare in Sicilia (ove però di
giù nell’ Inferno gustato ancor alcun cibo. Ma avendo Ascalato figlio
di
Acheronte e della Nolte manifestato, che nei giar
alato figlio di Acheronte e della Nolte manifestato, che nei giardini
di
Plutone avea Proserpina colto una melagrana e man
, e per altri sei con Plutone. Mentre Cerere nelle sue scorrerìe arsa
di
sete e sudata e affannata chiedea ristoro a una b
e e sudata e affannata chiedea ristoro a una buona vecchia, il figlio
di
lei Stellione si fe scioccamente a beffarla, ed e
atasi in Eleusi vi fu accolta dal re Celeo cortesemente in ricompensa
di
che prese ella ad educarne il picciol figlio Trit
i che prese ella ad educarne il picciol figlio Trittolemo, pascendolo
di
giorno col proprio latte, e coprendolo di fuoco a
glio Trittolemo, pascendolo di giorno col proprio latte, e coprendolo
di
fuoco alla notte. Or crescendo Trittolemo con por
r crescendo Trittolemo con portentosa prestezza, ebbe Celeo curiosità
di
spiare quale magìa usasse Cerere con lui la notte
piare quale magìa usasse Cerere con lui la notte, e veggendol coperto
di
fuoco, corse atterrito per liberarlo; ma egli med
u giunto a perfetto stato, dopo averlo pienamente istruito nell’ arte
di
coltivare la terra, Io spedì sopra il suo carro t
ittolemo stava addormentato, Anteo figlio del re Eumele ebbe vaghezza
di
salire sopra quel carro, ma giunto a certa altezz
certa altezza ne venne precipitato. Nella Scizia il re Lineo in luogo
di
profittare degli utili insegnamenti di Trittolemo
la Scizia il re Lineo in luogo di profittare degli utili insegnamenti
di
Trittolemo, cercò anzi ammazzarlo; ma fu da Cerer
are arditamente e profanare il bosco a lei consecrato. Cerere, al dir
di
Ovidio, spedì quindi nel Caucaso a ricercare la F
sue sostanze, vendette schiava perfino la figlia Metra per comperarsi
di
che mangiare. Ma questa mal sofferendo la schiavi
principalmente in Sitilia ed in Eleusi, ov’ ebber principio i misteri
di
lei chiamati Eleusini, a’ quali chi iniziavasi er
cui era sommo delitto il manifestare. Rappresentavasi Cerere coronata
di
spiche e di papaveri perchè dicevasi, che nell’ a
o delitto il manifestare. Rappresentavasi Cerere coronata di spiche e
di
papaveri perchè dicevasi, che nell’ afflizione pe
della figlia non potendo mai prender sonno, con questi per consiglio
di
Giove riuscita era a conciliarselo. Portava pure
torno ai campi con rusticani salti, e con inni a lode, ed invocazione
di
Cerere. Capo XV. Di Vesta. Due Veste si dis
i Vesta. Due Veste si distinguevano, l’ una che si tenea per madre
di
Saturno, e confondeasi con Gea o la Terra, l’ alt
turno, e confondeasi con Gea o la Terra, l’ altra che si dicea figlia
di
lui, e adoravasi come la Dea del fuoco. Il rito d
he si dicea figlia di lui, e adoravasi come la Dea del fuoco. Il rito
di
adorare il fuoco e conservarlo gelosamente era an
eni. La custodia del fuoco sacro, era affidata in Roma ad un collegio
di
vergini dette Vestali, che nel tempio di Vesta fa
idata in Roma ad un collegio di vergini dette Vestali, che nel tempio
di
Vesta fabbricato secondo alcuni da Romolo, e seco
empio, consideravansi come emancipate dal padre, e godeano la facoltà
di
testare. In molta venerazione erano presso del po
oltissimo a calmar le discordie e le inimicizie. Ma se per negligenza
di
alcuna il fuoco sacro si estingueva, il che aveas
lmente combustibili, o coll’ aggirare frettolosamente un cono, o fuso
di
legno nel foro fatto entro una tavola pur di legn
osamente un cono, o fuso di legno nel foro fatto entro una tavola pur
di
legno, finchè si accendesse. Il medesimo pur si f
inchè si accendesse. Il medesimo pur si faceva ogni anno alle calende
di
Marzo rinnovando il fuoco sacro, il quale nell’ u
altro caso portavasi da una Vestale sopra l’ altare entro un crivello
di
rame. Che se taluna delle Vestali violava il voto
ntro un crivello di rame. Che se taluna delle Vestali violava il voto
di
verginità chi l’ avea sedotta morir faceasi a for
iolava il voto di verginità chi l’ avea sedotta morir faceasi a forza
di
battiture, ed ella era portata con lugubre pompa
Latini Tellure, fu da essi riguardata come moglie del Cielo, e madre
di
Saturno; ma da’ posteriori mitologi e poeti più c
riori mitologi e poeti più comunemente venne considerata come, moglie
di
Saturno sotto ai nomi di Opi o Cibele. Opi fu det
ù comunemente venne considerata come, moglie di Saturno sotto ai nomi
di
Opi o Cibele. Opi fu detta, secondo Varrone, perc
rigia o Pessinunzio da’ monti Dindimo, Berecinto e Ida, e dalla città
di
Pessinunte nella Frigia, ove specialmente era ado
o quest’ ultimo nome alcuni abbian preteso doversi intendere la madre
di
Mida, altri la moglie di Fauno. Rappresentavasi c
ni abbian preteso doversi intendere la madre di Mida, altri la moglie
di
Fauno. Rappresentavasi coronata di torri per indi
la madre di Mida, altri la moglie di Fauno. Rappresentavasi coronata
di
torri per indicar le città, che sono sparse sopra
dicar le città, che sono sparse sopra la terra, con una veste dipinta
di
erbe e di piante, simbolo delle sue produzioni; s
ittà, che sono sparse sopra la terra, con una veste dipinta di erbe e
di
piante, simbolo delle sue produzioni; sopra di un
este dipinta di erbe e di piante, simbolo delle sue produzioni; sopra
di
un cocchio a quattro ruote tirato da due leoni, e
da coryptein agitare il capo, perchè con grandi agitazioni del capo e
di
tutto il corpo, e con grande strepito di percossi
grandi agitazioni del capo e di tutto il corpo, e con grande strepito
di
percossi cembali di metallo le feste di Cibele da
l capo e di tutto il corpo, e con grande strepito di percossi cembali
di
metallo le feste di Cibele da quelli si celebrava
corpo, e con grande strepito di percossi cembali di metallo le feste
di
Cibele da quelli si celebravano. Eran essi eunuch
e di Cibele da quelli si celebravano. Eran essi eunuchi ad imitazione
di
Ali, che tal si rese allor quando mirò trafitta d
Cibele la ninfa Sangaride, colla quale violato egli avea il precetto
di
castità impostogli da Cibele nel farlo suo sacerd
a vittima che a Cibele sacrificavasi era una troia. In Roma alla fine
di
marzo la statua di Cibele fatta di nera pietra, e
ele sacrificavasi era una troia. In Roma alla fine di marzo la statua
di
Cibele fatta di nera pietra, e venuta di Frigia p
i era una troia. In Roma alla fine di marzo la statua di Cibele fatta
di
nera pietra, e venuta di Frigia portavasi con pom
alla fine di marzo la statua di Cibele fatta di nera pietra, e venuta
di
Frigia portavasi con pompa da’ Sacerdoti a lavars
à entra nel Tevere. Le feste megalesi a lei sacre si celebravano ai 4
di
Aprile, le opali ai 19 Dicembre. Le feste della D
li ai 19 Dicembre. Le feste della Dea buona celebravansi alle calende
di
Maggio nella casa del Pontefice massimo con gran
intervenirvi. Nelle viscere della terra fu posta da Pronabide la sede
di
Demogorgone, Dio terribile, che noti era permesso
ronabide la sede di Demogorgone, Dio terribile, che noti era permesso
di
nominare, e che si dice padre della discordia di
he noti era permesso di nominare, e che si dice padre della discordia
di
Pane, delle tre Parche, di Pitone, e del Cielo st
inare, e che si dice padre della discordia di Pane, delle tre Parche,
di
Pitone, e del Cielo stesso e della Terra. Fra gli
a o Cibele. Le Feste palilie a lei sacre si celebravano in Roma ai 21
di
Aprile. Dio della gregge e de’ pastori era pure t
di Aprile. Dio della gregge e de’ pastori era pure tenuto Pane figlio
di
Mercurio; sebbene alcuni per esso abbiano inteso
ù generalmente il Dio Pan, che significa tutto, e riguardandolo sotto
di
questo aspetto, come figlio di Demogorgone. Egli
significa tutto, e riguardandolo sotto di questo aspetto, come figlio
di
Demogorgone. Egli rappresentavasi colle orecchie,
Demogorgone. Egli rappresentavasi colle orecchie, le corna e le gambe
di
copro; ed il suo soggiorno ponevasi in Arcadia, s
ui monti Menalo e Liceo. Già abbiamo detto, com’ egli con un presente
di
bianca lana a se trasse ne’ boschi di Arcadia la
etto, com’ egli con un presente di bianca lana a se trasse ne’ boschi
di
Arcadia la Luna. Dalla ninfa Eco ebbe Iringe, che
e Iringe, che fornì i farmachi incantatori a Medea. Vinse la ritrosìa
di
Driope trasformandosi in pastore. Ma non potè vin
rosìa di Driope trasformandosi in pastore. Ma non potè vincere quella
di
Siringa figlia del fiume Ladone, la quale da lui
ale da lui fuggendo in riva al fiume paterno fa cangiata, in un cespo
di
canne; e dal suono che queste, fecero tra lor per
dal suono che queste, fecero tra lor percosse ci prese poscia l’ idea
di
formar la zampogna onde fu l’ inventore. Narra Pa
fu l’ inventore. Narra Pausania, che quando i Galli sotto la condotta
di
Brenno scorrendo la Grecia si accinsero a spoglia
otta di Brenno scorrendo la Grecia si accinsero a spogliare il tempio
di
Delfo, venne loro incusso da Pane un improvviso t
avasi una capra; e le feste lupercali, che in Roma celebravansi a’ 15
di
Febbraio, che si dissero altrove dedicate a Giuno
ove dedicate a Giunone Februale, da molti si vollero dedicate a Pane,
di
cui si pretende che i Luperci fossero sacerdoti.
sso. A Silvano offertasi una troia. Fauno, altro Dio campestre figlio
di
Mercurio e della Notte, dipingetesi come Pane, ma
me Pane, ma senza peli al mento ed al detto. Alcuni lo dissero figlio
di
Pico re dei Lazio, e padre dei Fauni, cui ebbe da
da Cutatea, e ucciso da Polifemo; e dalla ninfa Mirica Latino, padre
di
Lavinia. A lui immolavasi un agnello o un caprett
n agnello o un capretto, e le feste Faunali celebravansi in Roma ai 5
di
Dicembre. I Satiri, Dei Campestri seguaci di Pane
elebravansi in Roma ai 5 di Dicembre. I Satiri, Dei Campestri seguaci
di
Pane; di cui dicevansi anche figli, figuravansi i
si in Roma ai 5 di Dicembre. I Satiri, Dei Campestri seguaci di Pane;
di
cui dicevansi anche figli, figuravansi in tutto s
laddove i Fauni l’ uno e l’ altro avevano senza peli. Priapo, figlio
di
Bacco e Venere, era il Dio e custode degli orti.
gli orti. Effigiavasi colla barba, e la chioma scomposta, e una falce
di
legno in mano per allontanare i ladri e gli uccel
me; e Driope amata prima da Pane e da Apolline, e divenuta poi moglie
di
Andremone, da questa pianta cogliendo alcuni fior
ni fuggiti da Sparta, perchè mal sofferenti delle leggi troppo rigide
di
Licurgo, colà approdando le consacrassero un bosc
io a piè del monte Soratte, ove dicevasi che gli uomini dello spirito
di
lei invasi camminassero impunemente a piè nudi so
incominciò prima a piegarla colle persuasioni, assumendo le sembianze
di
una vecchia, indi si tramutò improvvisamente in b
unnali celebravansi in Ottobre. Clori o Fiora Dea de’ fiori fu moglie
di
Zefiro. Con molta lascivia si celebravano in Roma
fu moglie di Zefiro. Con molta lascivia si celebravano in Roma ai 28
di
Aprile i giuochi Florali, istituiti dalla meretri
e sue ricche sostanze lasciato erede il popolo romano. Aristeo figlio
di
Apollo e della ninfa Cirene fu creduto inventore
figlio di Apollo e della ninfa Cirene fu creduto inventore dell’ arte
di
far l’ olio, il cacio, ed il mele. Mentre insegui
i far l’ olio, il cacio, ed il mele. Mentre inseguiva Euridice moglie
di
Orfeo, questa fu morsicata da un serpente nascost
ata da un serpente nascosto fra l’ erbe, e ne morì. Le ninfe compagne
di
Euridice punirono Aristeo coll’ ammazzargli le ap
luogo chiuso, dalle putrefatte loro viscere pullularono nuovi sciami
di
api. Il Dio Termine presedeva ai confini dei camp
sovrappose una testa umana. Fu detto da’ Romani, che quando trattossi
di
fabbricare il Tempio di Giove Capitolino, le stat
na. Fu detto da’ Romani, che quando trattossi di fabbricare il Tempio
di
Giove Capitolino, le statue degli altri Dei per r
ermo. A lui dedicate erano le feste terminali, che celebravansi ai 23
di
Febbrajo. Anticamente al Dio Termine non sacrific
mente al Dio Termine non sacrifica vasi alcun animale; poi s’ istituì
di
sacrificargli un agnello, o una troja lattante. F
a troja lattante. Fra le terrestri Divinità annoverate eran le Ninfe,
di
cui altre presedevano a’ fiumi, e dicevansi Naiad
el mele; Sterculio o Stercuzio il Dio dei concime, che diceasi figlio
di
Fauno, ed avere il primo introdotta la concimazio
avere il primo introdotta la concimazione de’ campi; e cercavano pur
di
placare il Dio Robigo, perchè non infestasse coll
sse colla ruggine il frumento. Dii domestici erano i Penati ed i Lari
di
cui i primi presedevano alle città e alle ville,
i pergli altri. Intorno ai Lari è stato favoleggiato che fosser figli
di
Mercurio accoppiatosi a Lara ninfa del Tevere nel
ninfa del Tevere nell’ atto che la conduceva all’ inferno per ordine
di
Giove, il quale le aveva prima tagliata la lingua
r ordine di Giove, il quale le aveva prima tagliata la lingua in pena
di
avere manifestato a Giunone gli amori di lui coll
a tagliata la lingua in pena di avere manifestato a Giunone gli amori
di
lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorell
re manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia
di
Dauno e sorella di Turno. A’ Lari offerivasi il g
unone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorella
di
Turno. A’ Lari offerivasi il gallo: e le feste Co
asi il gallo: e le feste Compilali a lor dedicate si celebravano ai 2
di
Maggio. I Lemuri, che erano riputati infestare le
rano riputati infestare le case colle larve notturne, placavansi a’ 9
di
Maggio. Ogni uomo era in tutela di un Dio partico
le larve notturne, placavansi a’ 9 di Maggio. Ogni uomo era in tutela
di
un Dio particolare che chiamavasi Genio, e che Io
da una vergine Sabina diceasi nato il Dio Fidio fondatore della città
di
Curi, adorato da’ Sabini, e poscia ancor dai Roma
ell’ umana vita erano anch’ esse raccomandate a particolari Divinità,
di
cui basterà accennare la principali. Nascone o Na
lagine consolidava loro le ossa; Nundina era quella sotto gli auspici
di
cui i maschi al nono giorno dopo la nascita, e le
li irregolari e difficili; Intercidona, Piluno e Deverra allontanavan
di
notte Silvano, perchè le puerpere non molestasse.
reneste or Palestrina, e molti ne aveva in Roma sotto a’ diversi nomi
di
Fortuna primigenia, ossequente, privala, pubblica
uce ed Enea, dei quali diremo appresso, dee ricordarsi Carmento madre
di
Evandro, detta anche Nicostrata e Temide, che ebb
erie Carmentali, che si celebravano in Gennaio; Evandro stesso figlio
di
Mercurio e di Carmenta nativo di Arcadia che aven
i, che si celebravano in Gennaio; Evandro stesso figlio di Mercurio e
di
Carmenta nativo di Arcadia che avendo per disgraz
no in Gennaio; Evandro stesso figlio di Mercurio e di Carmenta nativo
di
Arcadia che avendo per disgraziato caso ucciso il
iccola città chiamata da lui Pallanteo; Acca Laurenzia che fu nutrice
di
Romolo e di Remo, e in onor di cui voglionsi isti
chiamata da lui Pallanteo; Acca Laurenzia che fu nutrice di Romolo e
di
Remo, e in onor di cui voglionsi istituite da Rom
llanteo; Acca Laurenzia che fu nutrice di Romolo e di Remo, e in onor
di
cui voglionsi istituite da Romolo le feste Lauren
ritirato sul monte Aventino, si volle da esso per gratitudine onorata
di
perenne culto, e la sua festa con solennità celeb
norata di perenne culto, e la sua festa con solennità celebrata ai 15
di
Marzo. Capo XVII. Di Nettuno, e degli Dei mari
imo Dio del mare, secondo Esiodo, fu Ponto figlio della Terra e Padre
di
Nereo a cui Dori figlia dell’ Oceano partorì le N
, ma come un fiume, che unito a Teli figlia della Terra divenne padre
di
tutti i fiumi, e delle Ninfe de’ fonti e dei fium
me esprimenti il mare. L’ impero del mare nella divisione tra i figli
di
Saturno abbiam detto esser toccato a Nettuno. Que
che rappresentasi mezz’ uomo e mezzo pesce, e suol precedere il carro
di
Nettuno sonando una conca marina. Secondo Omero,
o sonando una conca marina. Secondo Omero, Nettuno da Ifimedia moglie
di
Aloeo ebbe due figli Oto, ed Efialte, i quali a n
i Oto, ed Efialte, i quali a nove anni essendo cresciuti all’ altezza
di
trentasei cubiti, e alla grossezza di nove, incat
essendo cresciuti all’ altezza di trentasei cubiti, e alla grossezza
di
nove, incatenarono Marte, che fu liberato poi da
lti nel Tartaro. Aggiugne lo stesso Omero, che Nettuno da Tiro figlia
di
Salmoneo e moglie di Creteo, la quale ingannò ass
ugne lo stesso Omero, che Nettuno da Tiro figlia di Salmoneo e moglie
di
Creteo, la quale ingannò assumendo la forma del f
lia, che spedì Giasone alla conquista del vello d’ oro, e Neleo padre
di
Nestore; da Toosa figlia di Forco ebbe il Ciclope
conquista del vello d’ oro, e Neleo padre di Nestore; da Toosa figlia
di
Forco ebbe il Ciclope Polifemo, che acciecato fu
isse, a cui divorato aveva sei compagni: finalmente da Peribea figlia
di
Eurimedonte ebbe Nausitoo re de’ Feaci, padre di
te da Peribea figlia di Eurimedonte ebbe Nausitoo re de’ Feaci, padre
di
Alcinoo, che liberamente accolse Ulisse nel suo n
se Ulisse nel suo naufragio vicino all’ isola Scheria o Corfù e ricco
di
doni lo fece da’ suoi trasportare in Itaca. Ovid
a’ suoi trasportare in Itaca. Ovidio aggiugne; che per Canace figlia
di
Eolo ei trasformossi in un giovenco, per Bisaltit
Cerere e Medusa in cavallo, per Melanto in delfino; e che Cene figlia
di
Elato tessalo, dopo essersi a lui prestata, otten
he Cene figlia di Elato tessalo, dopo essersi a lui prestata, ottenne
di
venire cangiata in maschio sotto il nome di Ceneo
i a lui prestata, ottenne di venire cangiata in maschio sotto il nome
di
Ceneo, e di essere invulnerabile, e che poi comba
tata, ottenne di venire cangiata in maschio sotto il nome di Ceneo, e
di
essere invulnerabile, e che poi combattendo Ceneo
tto come nella sua contesa con Pallade per dar il nome ad Atene, fece
di
terra uscire un cavallo, e come avendo congiurato
ene, fece di terra uscire un cavallo, e come avendo congiurato contro
di
Giove fu costretto a servir con Apollo al re Laom
tto a servir con Apollo al re Laomedonte nella costruzione delle mura
di
Troia, e ciò di’ indi avvenne. Presso Omero è Net
iò di’ indi avvenne. Presso Omero è Nettuno caratterizzato coi titoli
di
cingitore, e scotitor della terra. Rappresentavas
toro, il verro, e l’ ariete; e le feste Nettunali in Roma erano ai 23
di
Luglio. Il Dio Conso, particolare a’ Romani da al
distinto, e riguardato come Dio de’ consoli e delle astuzie. In onore
di
lui celebravansi le feste. Consuali ai 21 di Agos
delle astuzie. In onore di lui celebravansi le feste. Consuali ai 21
di
Agosto. Due Dee marine lor proprie avean pure i R
Liduna. Custode del gregge marino era Proteo figliuolo dell’ Oceano e
di
Teli figlia della terra, il quale da Nettuno avea
visione del futuro; ma noi predicea se non legato, e godea la facoltà
di
cangiarsi in tutte le forme. La stessa facoltà go
di cangiarsi in tutte le forme. La stessa facoltà godea Tetide figlia
di
Nereo. Sorpresa, secondo Ovidio, da Peleo figlio
dea Tetide figlia di Nereo. Sorpresa, secondo Ovidio, da Peleo figlio
di
Eaco, mentre era addormentata, ella cangiossi in
n tigre, in uccello, e cosi a lui si sottrasse. Ma avvisalo da Proteo
di
legarla, ove la sorprendesse di nuovo, e tenerla
i si sottrasse. Ma avvisalo da Proteo di legarla, ove la sorprendesse
di
nuovo, e tenerla malgrado qualunque trasformazion
erla malgrado qualunque trasformazione, per questo modo ottenne Peleo
di
averla in moglie, e da essi poi nacque Achille, c
dò un mostruoso lupo a devastargli l’ armento; ma colla intercessione
di
Tetide ei placò Psamate, e il lupo fu convertito
placò Psamate, e il lupo fu convertito in marmo. Galatea altra figlia
di
Nereo fu amata furiosamente dal Ciclope Polifemo.
clope Polifemo. Essa spregiandolo si accese in cambio, per Aci figlio
di
Fauno e della ninfa Simetide. Ma avendolo Polifem
delle Gorgoni ec. Da Omero egli e detto re dello steril mare e padre
di
Toosa, che partorì Polifemo, e a lui sacro, secon
taca. Ma un altro Forco da Cicerone si accenna, figlio dell’ Oceano e
di
Salacia, il quale, die’ egli, fu re di Corsica e
accenna, figlio dell’ Oceano e di Salacia, il quale, die’ egli, fu re
di
Corsica e di Sardegna, e vinto da Atlante in una
io dell’ Oceano e di Salacia, il quale, die’ egli, fu re di Corsica e
di
Sardegna, e vinto da Atlante in una battaglia nav
mpagni cangiato in Dio marino.. Glauco, il quale alcuni dicono figlio
di
Polibio, altri di Foiba, ed altri di Nettuno, ma
Dio marino.. Glauco, il quale alcuni dicono figlio di Polibio, altri
di
Foiba, ed altri di Nettuno, ma che di professione
o, il quale alcuni dicono figlio di Polibio, altri di Foiba, ed altri
di
Nettuno, ma che di professione tutti dicono pesca
dicono figlio di Polibio, altri di Foiba, ed altri di Nettuno, ma che
di
professione tutti dicono pescatore, veggendo, che
scatore, veggendo, che i pesci da lui presi gettati sul lido al tocco
di
cert’ erba nuovamente balzavano in mare, volle as
n mare, volle assaggiarne, e saltando anch’ egli in mare, divenne Dio
di
quell’ elemento. In modo non molto dissimile Dii
on molto dissimile Dii del mare divennero Ino e Melicerta. Ino figlia
di
Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie di Ataman
ssimile Dii del mare divennero Ino e Melicerta. Ino figlia di Cadmo e
di
Ermione o Armonia era moglie di Atamante. Giunone
no e Melicerta. Ino figlia di Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie
di
Atamante. Giunone di lei nemica mandò Tisifone ad
iglia di Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie di Atamante. Giunone
di
lei nemica mandò Tisifone ad ispirar tal furore a
a inseguir Ino e Melicerta, che gettandosi in mare furono ad istanza
di
Venere cangiati amendue da Nettuno in Dei marini,
mendue da Nettuno in Dei marini, e chiamati poscia da’ Greci co’ nomi
di
Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei di
uno in Dei marini, e chiamati poscia da’ Greci co’ nomi di Leucotea e
di
Palemone, e da’ Romani con quei di Matusa e di Po
a da’ Greci co’ nomi di Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei
di
Matusa e di Portuno. In mostri marini furono inve
co’ nomi di Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei di Matusa e
di
Portuno. In mostri marini furono invece trasforma
rene, e Scilla e Cariddi. Le Sirene, secondo Ovidio, erano tre figlie
di
Acheloo e di Calliope, e chiamavansi Partenope, L
a e Cariddi. Le Sirene, secondo Ovidio, erano tre figlie di Acheloo e
di
Calliope, e chiamavansi Partenope, Ligia e Leucos
pe, e chiamavansi Partenope, Ligia e Leucosia. Leonzio le vuoi figlie
di
Acheloo e della Musa Tersicore, e ne nomina quatt
laosi o Aglaope, Telciope, Pisno, ed Ilige o Ligia. Eran esse, al dir
di
Ovidio, compagne di Proserpina, e allorchè questa
ciope, Pisno, ed Ilige o Ligia. Eran esse, al dir di Ovidio, compagne
di
Proserpina, e allorchè questa fu da Plutone rapit
gne di Proserpina, e allorchè questa fu da Plutone rapita, e bramando
di
andarne in traccia per acqua e per aria, non che
per terra, si vider le braccia cangiate in ali e le gambe in due code
di
pesce, ritenendo nel volto e nel busto la forma m
orma muliebre. Partite dalla Sicilia vennero a stabilirsi nell’ Isola
di
Capri rimpetto a Napoli, o in alcune isolette col
n mare, e Partenope recata dall’ onde, ove fu poi fabbricata la città
di
Napoli, fu cagione che a questa il nome di Parten
fu poi fabbricata la città di Napoli, fu cagione che a questa il nome
di
Partenope fosse dato. Scilla era figlio di Forco
gione che a questa il nome di Partenope fosse dato. Scilla era figlio
di
Forco e della ninfa Cratea. Fu amata perdutamente
incantesimo, onde essere da Scilla riamato. Invece innammorossi Circe
di
, lui, ma rimanendo esso costante nel suo amore pe
rimanendo esso costante nel suo amore per Scilla, Circe indispettita
di
vedersi posposta infettò la fonte, ove Scilla lav
essa passavano. Questi due ultimi mostri erano amendue nello stretto
di
Messina. Scilla dalla parte dell’ Italia, e Carid
meteore. Ma il governo de’ venti fu da Giove affidato ad Eolo figlio
di
esso e di Acesta o Sergesta figliuola d’ Ippota t
Ma il governo de’ venti fu da Giove affidato ad Eolo figlio di esso e
di
Acesta o Sergesta figliuola d’ Ippota troiano, ed
oiano, ed ei rinchiusi teneali nelle spelonche delle isole Eolie, ora
di
Lipari. Padre de’ venti tempestosi o delle procel
e’ venti tempestosi o delle procelle fu da Esiodo detto Tifone marito
di
Echidna; gli altri venti ei fece nascere da Astre
te, Austro o Noto da mezzogiorno, Zefiro da ponente. Zefiro fu marito
di
Glori o Flora Dea dei fiori; e come egli a noi po
egli a noi porta comunemente il bel tempo, suole dipingersi in figura
di
alato giovinetto con faccia serena e incoronato d
pingersi in figura di alato giovinetto con faccia serena e incoronato
di
fiori. Borea rapì Orizia figlia di Eretteo re eli
tto con faccia serena e incoronato di fiori. Borea rapì Orizia figlia
di
Eretteo re eli Atene, e n’ ebbe. Calai e Zete, ch
Eretteo re eli Atene, e n’ ebbe. Calai e Zete, che liberaron Fineo re
di
Tracia dalle Arpie, come dirassi nella spedizione
rito, e de’ principali condannati, che ivi erano. Plutone fratello
di
Giove e di Nettuno, a cui nella divisione accenna
principali condannati, che ivi erano. Plutone fratello di Giove e
di
Nettuno, a cui nella divisione accennata più addi
l giuramento, e punitore degli spergiuri. Rapì egli Proserpina figlia
di
Cerere, il che da Ovidio vien raccontato in quest
no per vedere che fosse. Stava ne’ campi dell’ Enna Proserpina figlia
di
Giove e di Cerere colle compagne cogliendo fiori.
re che fosse. Stava ne’ campi dell’ Enna Proserpina figlia di Giove e
di
Cerere colle compagne cogliendo fiori. Plutone la
le compagne cogliendo fiori. Plutone la vidde, e ferito per consiglio
di
Venere dallo strale di Amore, corse a rapirla sop
iori. Plutone la vidde, e ferito per consiglio di Venere dallo strale
di
Amore, corse a rapirla sopra il suo cocchio. Ben
Amore, corse a rapirla sopra il suo cocchio. Ben volle i Ciane amica
di
Proserpina a lui opporsi, ma fu tosto cangiata in
fu tosto cangiata in fonte; ed ei lieto recò Proserpina all’ Inferno,
di
cui la fece regina, e dielle titolo di Giunone in
recò Proserpina all’ Inferno, di cui la fece regina, e dielle titolo
di
Giunone infernale. Le ricerche che ne fece Cerere
con volto fuliginoso, con nera barba e neri capelli, sopra un cocchio
di
ferro tratto da neri cavalli, e con un bidente di
i, sopra un cocchio di ferro tratto da neri cavalli, e con un bidente
di
ferro in mano. A lui ed a Proserpina sacrifìcavan
in mano. A lui ed a Proserpina sacrifìcavansi nere vacche o agnelle e
di
numero pari, laddove agli Dii celesti le vittime
essa Proserpina, ma che Esiodo distingue da amendue, dicendola figlia
di
Geo, e di Febo. Nella Tracia ed in Alene qual Dea
rpina, ma che Esiodo distingue da amendue, dicendola figlia di Geo, e
di
Febo. Nella Tracia ed in Alene qual Dea dell’ Inf
tessa Proserpina, e da altri come una Dea da lei diversa. I Sacerdoti
di
Cotitto chiamavansi Bapti. Nell’ Inferno soggiorn
cui Esiodo in un luogo dice figlie della Notte, e in un altro figlie
di
Giove e di Temi. L’ ufficio loro si era il filar
in un luogo dice figlie della Notte, e in un altro figlie di Giove e
di
Temi. L’ ufficio loro si era il filar la vita deg
esi ne traeva e torceva il filo, Atropo lo tagliava, allorchè la vita
di
ciascuno era giunta al suo termine. Le tre Furie,
ie dell’ Acheronte e della Notte, aveano già nell’ Inferno l’ ufficio
di
tormentale e punire i condannali. Persecutrice e
o Adrastea figlia della Notte secondo Esiodo, e secondo altri figlia
di
Giove e della Necessità, che essendo particolarme
spergiuri era Orco Dio del giuramento. Gli Dei Mani erano una specie
di
geni, che presedevano a’ morti. Da alcuni furon c
o, che gli nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque
di
Lete con fior di papavero. I sogni, secondo Omero
addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque di Lete con fior
di
papavero. I sogni, secondo Omero, avean due porte
con fior di papavero. I sogni, secondo Omero, avean due porte: l’ una
di
corno per cui usciano i veri, l’ altra di avorio
ro, avean due porte: l’ una di corno per cui usciano i veri, l’ altra
di
avorio per cui i falsi. Finalmente nell’ Inferno
per cui i falsi. Finalmente nell’ Inferno poneasi anche il soggiorno
di
Pluto figlio di Giasone, e di Cererete Dio delle
. Finalmente nell’ Inferno poneasi anche il soggiorno di Pluto figlio
di
Giasone, e di Cererete Dio delle ricchezze, cui m
ell’ Inferno poneasi anche il soggiorno di Pluto figlio di Giasone, e
di
Cererete Dio delle ricchezze, cui malamente alcun
ogo sotterraneo, a cui due ingressi fingevansi, l’ uno presso il lago
di
Averno nella Campania, ora Terra di Lavoro nella
fingevansi, l’ uno presso il lago di Averno nella Campania, ora Terra
di
Lavoro nella Puglia, l’ altro per una caverna del
di Lavoro nella Puglia, l’ altro per una caverna del Tenaro, or capo
di
Marina promontorio del Peloponeso. Ovidio ne fins
infernale, per aver fornito l’ acqua a Titani nella lor guerra contro
di
Giove. Cocito riguardavasi come un ramo di Stige.
ni nella lor guerra contro di Giove. Cocito riguardavasi come un ramo
di
Stige. Flegetonte o Piriflegetonte, figlio di Coc
guardavasi come un ramo di Stige. Flegetonte o Piriflegetonte, figlio
di
Cocito, rappresentavasi come un fiume di fuoco. L
nte o Piriflegetonte, figlio di Cocito, rappresentavasi come un fiume
di
fuoco. Le acque di Leto erano l’ acque dell’ obli
e, figlio di Cocito, rappresentavasi come un fiume di fuoco. Le acque
di
Leto erano l’ acque dell’ oblivione, e bevute fac
resentò a Giove, e ne ebbe in compensò che il giuramento per le acque
di
Stige fosse inviolabile anche agli Dei, sicchè, o
nsa de’ Numi. Caronte figliuolo dell’ Erebo e della Notte, vecchio ma
di
robusta e verde vecchiezza, era quegli, che tragh
verde vecchiezza, era quegli, che traghettava su nera barca le anime
di
là dal fiume Acheronte. Le anime degl’ insepolti
epolti però dovean restare per cento anni sulle rive dei fiume sprima
di
essere tragittate, e quelle pur de’ sepolti dovea
assegnavan loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano figli
di
Giove e di Europa, e il primo era stato innanzi r
loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano figli di Giove e
di
Europa, e il primo era stato innanzi re e legisla
mo era stato innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo
di
Giove, e di Egina, e re di Cenopia, o Enona, cui
innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo di Giove, e
di
Egina, e re di Cenopia, o Enona, cui dal nome del
egislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo di Giove, e di Egina, e re
di
Cenopia, o Enona, cui dal nome della madre chiamò
Eliso, ove le anime dei buoni godean vita beata, e prendevano diletto
di
quelle occupazioni, che più aveano amate qui in t
vi furono profondati, come è già detto nel Capo III, per avere osato
di
far guerra a Giove. Per la stessa cagione condann
furono, come si è accennato nel Capo precedente, Oto ed Efialte figli
di
Nettuno, e d’ Ifimedia moglie di Aloeo, e chiamat
apo precedente, Oto ed Efialte figli di Nettuno, e d’ Ifimedia moglie
di
Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio era figliu
imedia moglie di Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio era figliuolo
di
Giove e di Elara; ma perchè questa il partorì sot
ie di Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio era figliuolo di Giove e
di
Elara; ma perchè questa il partorì sotto terra, o
olto nel Tartaro, dove occupava collo smisurato suo corpo nove iugeri
di
terreno, e le viscere sempre rinascenti gli erano
re sempre rinascenti gli erano rose da due avvoltoi. Flagia figliuolo
di
Marte e di Crise, e re de’ Lapiti, avendo incendi
inascenti gli erano rose da due avvoltoi. Flagia figliuolo di Marte e
di
Crise, e re de’ Lapiti, avendo incendiato il temp
olo di Marte e di Crise, e re de’ Lapiti, avendo incendiato il tempio
di
Apollo, fu da esso ucciso, e condannato a starsi
Apollo, fu da esso ucciso, e condannato a starsi perpetuamente sotto
di
un sasso, che sempre minacciava di rovinargli add
nnato a starsi perpetuamente sotto di un sasso, che sempre minacciava
di
rovinargli addosso a schiacciarlo. Issione figliu
re minacciava di rovinargli addosso a schiacciarlo. Issione figliuolo
di
Flegia ammesso da i Giove alla sua mensa osò aspi
sa avvertitone, per farne prova gli te comparire sotto alla sembianza
di
Giunone una nube, cui egli corse ad abbracciare,
ad una ruota circondata da serpenti e che sempre gira. Tantalo figlio
di
Giove e della ninfa Piote in un convito offerto a
oprio figlio Pelope. Ma essendosene questi accorti riuniron le membra
di
Pelope, il richiamarono in vita; indi condannaron
d’ ei si abbassa per beverne, e collocandogli vicino un albero carico
di
frutta, ma che s’ innalzano allorchè stende la ma
s’ innalzano allorchè stende la mano per coglierne. Sisifo, figliuolo
di
Eolo avendo occupato l’ istmo di Corinto, infesta
ano per coglierne. Sisifo, figliuolo di Eolo avendo occupato l’ istmo
di
Corinto, infestava l’ Attica co’ suoi latrocini,
Attica co’ suoi latrocini, e schiacciava, secondo Lattanzio, col peso
di
enorme sasso quelli, che gli cadeano tra le mani.
. Fu ucciso da Teseo, e condannato nell’ Inferno a spinger sull’ erta
di
un monte un gran sasso, che quando è vicino a toc
a toccare la cima, al basso nuovamente ricade. Pausania pretende che
di
tal pena ei sia stato punito da Giove pei’ aver a
i teneva Egina nascosta. Ferecide disse invece, che Sisifo a dispetto
di
Plutone tenne per lungo tempo incatenata la Morte
un’ altra favola dicendo, che vicino a morte egli ordinò alla moglie
di
non seppellirlo; che giunto all’ Inferno domandò
moglie di non seppellirlo; che giunto all’ Inferno domandò a Plutone
di
poter per brevi momenti tornare in vita, onde pun
Mercurio non vi fu trailo a forza. Le Danaidi erano cinquanta figlie
di
Danao re di Argo, che tutte in un giorno le marit
n vi fu trailo a forza. Le Danaidi erano cinquanta figlie di Danao re
di
Argo, che tutte in un giorno le maritò a cinquant
Danao re di Argo, che tutte in un giorno le maritò a cinquanta figli
di
Egitto suo fratello; ma avendo inteso che dai gen
eso che dai generi doveva esser privato del regno, ordinò alle figlie
di
uccidere la stessa notte tutti i loro mariti. Ese
te con un vaso senza fondo. Furon esse chiamate anche Belidi dal nome
di
Belo, padre di Danao. Capo XX. Degli Dei stran
senza fondo. Furon esse chiamate anche Belidi dal nome di Belo, padre
di
Danao. Capo XX. Degli Dei stranieri. Oltre
che a lui debitori credevansi dell’ agricoltura e delle leggi; Iside
di
lui moglie, la quale i Greci pretendeano esser la
dal medesimo restituita alla forma primiera, allorchè fuggendo l’ ire
di
Giunone si ricoverò in Egitto; Api figlio di Io,
allorchè fuggendo l’ ire di Giunone si ricoverò in Egitto; Api figlio
di
Io, che rappresentavasi in forma’ di bue; Anubi,
i ricoverò in Egitto; Api figlio di Io, che rappresentavasi in forma’
di
bue; Anubi, che figuravasi colla testa di cane; S
e rappresentavasi in forma’ di bue; Anubi, che figuravasi colla testa
di
cane; Serapide, che dai più si confonde con Osiri
ltri noi verrem qui accennando i principali. Capo I. Di Prometeo, e
di
Deucalione. Il più antico de’ Semidei’ fu Prom
eo, e di Deucalione. Il più antico de’ Semidei’ fu Prometeo figlio
di
Giapeto uno de’ Titani, e di Asia figlia dell’ Oc
ù antico de’ Semidei’ fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani, e
di
Asia figlia dell’ Oceano. Dotalo di astutissimo i
glio di Giapeto uno de’ Titani, e di Asia figlia dell’ Oceano. Dotalo
di
astutissimo ingegno egli volle ingannar Giove ste
armente dicesi canna d’ India. Allora Giove sdegnato impose a Vulcano
di
formare una bellissima giovane, e a Minerva, a Su
sima giovane, e a Minerva, a Suada, alle Grazie, alle Ore, a Mercurio
di
ornarla di tutti i doni, per cui fu detta Pandora
e, e a Minerva, a Suada, alle Grazie, alle Ore, a Mercurio di ornarla
di
tutti i doni, per cui fu detta Pandora, e la sped
tti i doni, per cui fu detta Pandora, e la spedì ad Epimeteo fratello
di
Prometeo con un vaso, nel quale chiudevansi tutti
tutti i mali. Accolse Epimeteo lietamente Pandora contro il consiglio
di
Prometeo che detto aveagli di rigettare qualunque
lietamente Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto aveagli
di
rigettare qualunque presente gli venisse da Giove
ola speranza al fondo del vaso che Pandora avvedutamente richiuse. Nè
di
ciò pur contento fè Giove incatenar da Mercurio,
e tormento Prometeo soffrir dovette, finchè da Ercole pur con assenso
di
Giove medesimo, non ne fu liberato. Altri voglion
on ne fu liberato. Altri voglion però che la cagione della spedizione
di
Pandora e della punizione di Prometeo sia stata,
ion però che la cagione della spedizione di Pandora e della punizione
di
Prometeo sia stata, che avendo questi formata una
punizione di Prometeo sia stata, che avendo questi formata una statua
di
argilla, salì al cielo coll’ aiuto di Minerva, e
vendo questi formata una statua di argilla, salì al cielo coll’ aiuto
di
Minerva, e accesa al fuoco del Sole una fiaccola,
ccola, con essa diede alla sua statua anima e vita. Fu Prometeo padre
di
Deucalione re di Tessaglia, sotto di cui, secondo
iede alla sua statua anima e vita. Fu Prometeo padre di Deucalione re
di
Tessaglia, sotto di cui, secondo i Mitologi, avve
anima e vita. Fu Prometeo padre di Deucalione re di Tessaglia, sotto
di
cui, secondo i Mitologi, avvenne l’ universale di
enne l’ universale diluvio. Deucalione con Pirra sua moglie figliuola
di
Epimeteo, postosi in una nave, salvossi io Beozia
a sopra il monte Parnasso; e cessate le acque, consultando l’ oracolo
di
Temi sul modo di ripopolare il mondo, n’ ebbe in
Parnasso; e cessate le acque, consultando l’ oracolo di Temi sul modo
di
ripopolare il mondo, n’ ebbe in risposta, che si
i Ercole. Il più celebre fra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio
di
Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale
Il più celebre fra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio di Giove e
di
Alcmena moglie di Anfitrione, il quale era figlio
ra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie
di
Anfitrione, il quale era figlio di Alceo, onde ad
iglio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale era figlio
di
Alceo, onde ad Ercole per fu dato il nome di Alci
one, il quale era figlio di Alceo, onde ad Ercole per fu dato il nome
di
Alcide. Giove per ingannare Alcmena prese la semb
ato il nome di Alcide. Giove per ingannare Alcmena prese la sembianza
di
Anfitrione medesimo, mentre questi era occupato n
iclo, che nacque gemello con Ercole. Era nel medesimo tempo la moglie
di
Stenelo re di Micene incinta di Euristeo. Giunone
ue gemello con Ercole. Era nel medesimo tempo la moglie di Stenelo re
di
Micene incinta di Euristeo. Giunone carpi da Giov
ole. Era nel medesimo tempo la moglie di Stenelo re di Micene incinta
di
Euristeo. Giunone carpi da Giove il giuramento ch
avesse impero sopra dell’ altro, indi corse ad accelerare la nascita
di
Euristeo, che venne alla luce di sette mesi, e ri
indi corse ad accelerare la nascita di Euristeo, che venne alla luce
di
sette mesi, e ritardò quella di Ercole fino al de
cita di Euristeo, che venne alla luce di sette mesi, e ritardò quella
di
Ercole fino al decimo mese. Anzi, secondo Ovidio,
fra acerbi dolori senza poter partorire, perchè Lucina ad istigazione
di
Giunone, in vece di favorire il parto, impedivalo
nza poter partorire, perchè Lucina ad istigazione di Giunone, in vece
di
favorire il parto, impedivalo stando vicino all’
no all’ ara colle mani strette fra le ginocchia. Ma Galantide ancella
di
Alcmena di ciò accortasi, studiosamente si mise a
colle mani strette fra le ginocchia. Ma Galantide ancella di Alcmena
di
ciò accortasi, studiosamente si mise a gridare: A
e: Alcmena pur finalmente ha partorito; il che udendo Lucina per atto
di
sorpresa allargò le mani, e il parto di Alcmena s
il che udendo Lucina per atto di sorpresa allargò le mani, e il parto
di
Alcmena susseguì immantinente. Sdegnata di ciò Gi
llargò le mani, e il parto di Alcmena susseguì immantinente. Sdegnata
di
ciò Giunone, dopo avere in donnola trasformata Ga
ciò Giunone, dopo avere in donnola trasformata Galantide, impaziente
di
veder Ercole estinto, il fè assalire in culla da
nciullo strangolò amendue colle proprie mani. Riuscì allora a Minerva
di
placare Giunone, sicchè si arrese fin anche a nut
se fin anche a nutrir Ercole col proprio latte; ed essendosi porzione
di
questo sparso pel Cielo, formò la Via Lattea, e d
fu cresciuto, tornato Giunone all’ antico sdegno, ordinò ad Euristeo
di
esporlo a’ più gravi pericoli onde alla fine peri
eo obbligalo, le quali perciò comunemente son dette le dodici fatiche
di
Ercole. 1. Ei dovette combattere il terribil Leon
fatiche di Ercole. 1. Ei dovette combattere il terribil Leone figlio
di
Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di
Ercole. 1. Ei dovette combattere il terribil Leone figlio di Tifone e
di
Echidna, che infestava i contorni di Nemea o Cleo
erribil Leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni
di
Nemea o Cleone; ed avendogli colle mani squarciat
i sempre coperto per monumento della sua vittoria. 2. Pugnò nel paese
di
Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da Echidna,
Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da Echidna, che era un serpente
di
sette teste, a cui se una ne veniva recisa, imman
ente rinasceva. Egli secondo alcuni, colla sua clava, le troncò tutte
di
un colpo, secondo altri, gliele bruciò colle faci
eguì per un anno intero sul monte Menalo una cerva, che aveva i piedi
di
bronzo e le corna d’ oro, e raggiuntala, viva por
ggiuntala, viva portò lei pure ad Euristeo. 5. Col rumore de’ cembali
di
metallo prestatigli da Minerva mise in fuga sul l
ia gli sparvieri educati da Marte, che aveano il becco e gli ai tigli
di
ferro, e pasceansi di umane carni, e poscia gli u
ti da Marte, che aveano il becco e gli ai tigli di ferro, e pasceansi
di
umane carni, e poscia gli uccise. 6. Sconfisse in
seo, che gli era stato compagno in quell’ impresa. 7. Purgò le stalle
di
Augia re dell’ Elide dal letame accumulatovi da t
dusse legato ad Euristeo un Toro che orribil guasto facea nell’ isola
di
Creta. 9. Vinse Diomede re di Tracia, che pasceva
ro che orribil guasto facea nell’ isola di Creta. 9. Vinse Diomede re
di
Tracia, che pasceva i suoi cavalli colle carni de
ti, e da’ cavalli medesimi il fè divorare. 10. Abbattè Gerione figlio
di
Crisaorre e di Calliroe, che avea tre corpi, e gl
li medesimi il fè divorare. 10. Abbattè Gerione figlio di Crisaorre e
di
Calliroe, che avea tre corpi, e gli tolse le vacc
vacche custodite dal cane Orto nato da Tifone e da Echidna. Le donne
di
Eripilo insofferenti di veder condotte da Ercole
ne Orto nato da Tifone e da Echidna. Le donne di Eripilo insofferenti
di
veder condotte da Ercole queste vacche pe’ loro c
come altri dicono, li fè cogliere da Atlante, ed ei frattanto in vece
di
lui sostenne sulle sue spalle il cielo. 12. Per o
nto in vece di lui sostenne sulle sue spalle il cielo. 12. Per ordine
di
Euristeo scese all’ inferno e gli condusse incate
a terra, nacque l’ aconito. Oltre le qui accennate, più altre imprese
di
Ercole si raccontano; ma egli è comari sentimento
n solo attribuite. Una delle più celebri tra queste imprese fu quella
di
unire l’ Oceano al Mediterraneo, separando i due
ando i due monti Abila e Calpe, e formando lo stretto che or chiamasi
di
Gibilterra, ove Ercole per monumento piantò due c
andava a Pito, ossia Delfo con Giolao figlio d’ Ificlo, Cigno figlio
di
Marte volle nel bosco Pagaseo a lui opporsi, ei l
uo cocchio dovette fuggirsene. I giganti Albione e Bergione pretesero
di
attraversargli il cammino nella Gallia Narbonese;
rgli il cammino nella Gallia Narbonese; ei dopo aver consumalo contro
di
loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pi
malo contro di loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pioggia
di
sassi, co’ quali li mise in fuga, e il luogo ebbe
a di sassi, co’ quali li mise in fuga, e il luogo ebbe poscia il nome
di
campo lapideo, o campo di sassi. In Pallene Teleg
ise in fuga, e il luogo ebbe poscia il nome di campo lapideo, o campo
di
sassi. In Pallene Telegono e Poligono figli di Pr
campo lapideo, o campo di sassi. In Pallene Telegono e Poligono figli
di
Proteo fortissimi atleti costringevano gli ospiti
ò, ed ambedue li mise a morte. Mentre tornava dalla spedizione contro
di
Gerione seco guidando le vacche a lui tolte, Caco
contro di Gerione seco guidando le vacche a lui tolte, Caco figliuolo
di
Vulcano alcune gliene rapì, e trattele per la cod
re ove si fosser le vacche involate. Ma nel partire udendo il muggito
di
una si accorse dov’ erano, e rovesciato nel Tever
che ritolse. Evandro, che allor regnava sul Palatino, per gratitudine
di
aver purgalo il paese da quel ladrone gli eresse
e un’ ara, che in grande onore fu poi ancora presso i Romani col nome
di
Ara massima., Busiride tiranno di Egitto sacrific
poi ancora presso i Romani col nome di Ara massima., Busiride tiranno
di
Egitto sacrificava empiamente a Nettuno suo padre
te Caucaso, come si è detto nel capo precedente. Liberò Esione figlia
di
Laomedonte re di Troia dal mostro marino, a cui p
si è detto nel capo precedente. Liberò Esione figlia di Laomedonte re
di
Troia dal mostro marino, a cui per ordine dell’ o
avendogli l’ infedele Laomedoate negato poscia i cavalli della razza
di
quei del Sole, che in ricompensa gli avea promess
Troia, uccise il perfido re, e diede Esione al socio Telamone figlio
di
Eaco, e fratello di Peleo. Ritrasse Alceste dall’
rfido re, e diede Esione al socio Telamone figlio di Eaco, e fratello
di
Peleo. Ritrasse Alceste dall’ Inferno dopo aver i
o, come dirassi qui in seguito al Cap. X. Essendogli da Tindamante re
di
Misia negate le vettovaglie, irritate l’ uccise,
vettovaglie, irritate l’ uccise, poi prese seco il giovine Ila figlio
di
lui per compagno nella spedizione degli Argonauti
onsolabile l’ andò cercando per tutte quelle contrade, nè più si curò
di
seguire la nave Argo. Periclimeno figlio di Neleo
contrade, nè più si curò di seguire la nave Argo. Periclimeno figlio
di
Neleo e fratello di Nestore, avea da Nettuno otte
curò di seguire la nave Argo. Periclimeno figlio di Neleo e fratello
di
Nestore, avea da Nettuno ottenuto di potersi tras
imeno figlio di Neleo e fratello di Nestore, avea da Nettuno ottenuto
di
potersi trasformare a suo talento. Di ciò orgogli
o sotto varie forme, da ultimo cangiossi in aquila. Ma Ercole lo ferì
di
saetta in un’ ala, e quagli cadendo fece col peso
ericlimeno per la sua insolenza ucciso dallo stesso Nettuno. Il poter
di
cangiarsi in varie forme avea pure Acheloo figlio
della Terra, il quale venne a tenzone con Ercole. Per Deianira figlia
di
Eneo re di Calidania e sorella di Meleagro; atter
, il quale venne a tenzone con Ercole. Per Deianira figlia di Eneo re
di
Calidania e sorella di Meleagro; atterrato da Erc
one con Ercole. Per Deianira figlia di Eneo re di Calidania e sorella
di
Meleagro; atterrato da Ercole egli mutossi prima
o e vicino ad essere strozzato si cangiò in toro; ma essendogli sotto
di
questa forma da Ercole strappato un corno, fu all
a cui veggasi il capo III della prima parte. Ma fu Ercole in procinto
di
perdere il fruito della sua vittoria; perciocchè
cchè giunto con Deianira al fiume Eveno, il Centauro Nesso offrendosi
di
portarla in groppa di là dal fiume, tentò di rapi
ra al fiume Eveno, il Centauro Nesso offrendosi di portarla in groppa
di
là dal fiume, tentò di rapirla, se non che quegli
entauro Nesso offrendosi di portarla in groppa di là dal fiume, tentò
di
rapirla, se non che quegli avvedutosi a tempo il
suo qualor le fosse infedele; ma essa invece fu poi ad Ercole cagion
di
morte, come tra poco vedremo. Prima moglie di lui
fu poi ad Ercole cagion di morte, come tra poco vedremo. Prima moglie
di
lui, giusta Omero, fu Megera figliuola di Creonte
poco vedremo. Prima moglie di lui, giusta Omero, fu Megera figliuola
di
Creonte. Si accese ei poscia per Onfale regina di
fu Megera figliuola di Creonte. Si accese ei poscia per Onfale regina
di
Litia, la quale abusando dell’ impero sovra di lu
scia per Onfale regina di Litia, la quale abusando dell’ impero sovra
di
lui acquistato, il costrinse a trarre invece dei
lava la rocca ed il fuso. Dopo ch’ ebbe sposata Deianira, innamorossi
di
Iole figlia di Eurilo re dell’ Ecalia, di che Dei
d il fuso. Dopo ch’ ebbe sposata Deianira, innamorossi di Iole figlia
di
Eurilo re dell’ Ecalia, di che Deianira fatta gel
osata Deianira, innamorossi di Iole figlia di Eurilo re dell’ Ecalia,
di
che Deianira fatta gelosa gli mandò per mezzo del
elosa gli mandò per mezzo del giovine Licia la veste tinta del sangue
di
Nesso, sperando di richiamarlo con questa all’ am
mezzo del giovine Licia la veste tinta del sangue di Nesso, sperando
di
richiamarlo con questa all’ amor suo, come il Cen
, su quella si abbracciò, date prima le sue saette a Filottete figlio
di
Paente, con ordine di seppellirle con lui, ed a n
iò, date prima le sue saette a Filottete figlio di Paente, con ordine
di
seppellirle con lui, ed a niuno manifestare ove f
posto nel numero degli Dei, e che ottenne quivi in isposa Ebe figlia
di
Giove e di Giunone Dea della Gioventù, dalla qual
numero degli Dei, e che ottenne quivi in isposa Ebe figlia di Giove e
di
Giunone Dea della Gioventù, dalla quale pur conse
ompagno in molte imprese allorchè fu giunto all’ età decrepita, fosse
di
nuovo alla giovinezza restituito. Dopo la morte d
à decrepita, fosse di nuovo alla giovinezza restituito. Dopo la morte
di
Ercole, essendosi Illo, figlio di lui nato da Dei
iovinezza restituito. Dopo la morte di Ercole, essendosi Illo, figlio
di
lui nato da Deianira, rifugiato in Atene presso d
ndosi Illo, figlio di lui nato da Deianira, rifugiato in Atene presso
di
Teseo, Euristeo serbando verso del figlio l’ odio
irlo; ma da Illo medesimo in un combattimento restò ucciso e il regno
di
Micene passò ad Atreo figlio di Pelope, e padre d
combattimento restò ucciso e il regno di Micene passò ad Atreo figlio
di
Pelope, e padre di Agamennone. Capo III. Di Pe
ucciso e il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope, e padre
di
Agamennone. Capo III. Di Perseo. Fu Perseo
e padre di Agamennone. Capo III. Di Perseo. Fu Perseo figliuolo
di
Giove e di Danae figlia di Acrisio re di Argo. Av
Agamennone. Capo III. Di Perseo. Fu Perseo figliuolo di Giove e
di
Danae figlia di Acrisio re di Argo. Avendo Acrisi
apo III. Di Perseo. Fu Perseo figliuolo di Giove e di Danae figlia
di
Acrisio re di Argo. Avendo Acrisio inteso dall’ o
rseo. Fu Perseo figliuolo di Giove e di Danae figlia di Acrisio re
di
Argo. Avendo Acrisio inteso dall’ oracolo di aver
nae figlia di Acrisio re di Argo. Avendo Acrisio inteso dall’ oracolo
di
aver ad essere ucciso dal figlio, che nato fosse
he trasferitosi nel paese de’ Rutoli e fabbricata Ardea, fu poi padre
di
Turno), paese per cura della educazione di Perseo
ricata Ardea, fu poi padre di Turno), paese per cura della educazione
di
Perseo. Secondo altri, la cassa, dov’ eran Danae
ondo altri, la cassa, dov’ eran Danae e Perseo, fu recata, all’ isola
di
Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo, e data al
Egeo, e data al re Polidette, il quale, allorchè Perseo fu cresciuto,
di
lui temendo, commisegli, per allontanarlo con ono
, di lui temendo, commisegli, per allontanarlo con onorevol pretesto,
di
andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figl
evol pretesto, di andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figlia
di
Foreo e di Ceto, e regina delle isole Gorgadi, or
to, di andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figlia di Foreo e
di
Ceto, e regina delle isole Gorgadi, ora del Capo
a Medusa i capelli cangiati da Pallade in serpenti, perchè nel tempio
di
lei erasi data in braccia a Nettuno, e chiunque l
a, da Plutone l’ elmo, e da Pallade uno scudo, che risplendea a guisa
di
specchio. Giunto ov’ era Medusa, stando egli sosp
ov’ era Medusa, stando egli sospeso in aria, e guardando, l’ imagine
di
Medusa, nello scudo di Pallade, colla spada di Vu
egli sospeso in aria, e guardando, l’ imagine di Medusa, nello scudo
di
Pallade, colla spada di Vulcano troncolle il capo
guardando, l’ imagine di Medusa, nello scudo di Pallade, colla spada
di
Vulcano troncolle il capo. Dal sangue che ne sgor
il capo. Dal sangue che ne sgorgò nacque Crisaorre, che fu poi padre
di
Gerione, e il cavallo Pegaso, che in Elicona aprì
il fonte Ippocrene; e dalle gocce sanguinose, che caddero ne’ deserti
di
Libia; allorchè Perseo venne sopr’ essi volando c
’ deserti di Libia; allorchè Perseo venne sopr’ essi volando col capo
di
Medusa, nacquero i serpenti, onde quella fu poi s
r la sua altezza si disse poi sostenere il cielo: sebbene altri sieno
di
opinione che Atlante siasi detto portare il cielo
ai studioso dall’ astronomia. Passò in Etiopia, dove Andromeda figlia
di
Cefeo e di Cassiopea per ordine dell’ oracolo era
dall’ astronomia. Passò in Etiopia, dove Andromeda figlia di Cefeo e
di
Cassiopea per ordine dell’ oracolo era esposta ad
, colà mandato dalle Nereidi, perchè Cassiopea avea avuto l’ orgoglio
di
loro anteporsi in bellezza. Perseo, ottenuta prom
romeda sarebbe stata sua sposa, uccise il mostro, e posato il teschio
di
Medusa coperto di un velo sopra le piante marine,
ta sua sposa, uccise il mostro, e posato il teschio di Medusa coperto
di
un velo sopra le piante marine, che ivi erano, e
iolse Andromeda, e seco la guidò salva alla reggia. Ma Fineo fratello
di
Cefeo, a cui Andromeda era stata innanzi promessa
ratello di Cefeo, a cui Andromeda era stata innanzi promessa, pretese
di
averla; e nata quindi grave contesa, Perseo dopo
nata quindi grave contesa, Perseo dopo avere uccisi vari delle genti
di
Fineo, scoprendo il capo di Medusa petrificò tutt
Perseo dopo avere uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo
di
Medusa petrificò tutti gli altri pur con Fineo me
o teschio tramutò in sasso Preto; che avea cacciato Acrisio dal regno
di
Argol, indi Polidette, che invidioso della gloria
crisio dal regno di Argol, indi Polidette, che invidioso della gloria
di
lui, cercava per ogni maniera di diffamarlo, e pe
olidette, che invidioso della gloria di lui, cercava per ogni maniera
di
diffamarlo, e per ultimo Acrisio stesso, che impr
diffamarlo, e per ultimo Acrisio stesso, che imprudentemente nel capo
di
Medusa si affissò. Fu indi Perseo unitamente ad A
ennero collocati. Capo IV. Di Bellerofonte. Bellerofonte figlio
di
Glauco re di Efìra o Corinto e di Eurimede, e nip
ati. Capo IV. Di Bellerofonte. Bellerofonte figlio di Glauco re
di
Efìra o Corinto e di Eurimede, e nipote di Sisifo
ellerofonte. Bellerofonte figlio di Glauco re di Efìra o Corinto e
di
Eurimede, e nipote di Sisifo fu prima chiamato Ip
ofonte figlio di Glauco re di Efìra o Corinto e di Eurimede, e nipote
di
Sisifo fu prima chiamato Ipponoo, perchè abilissi
nipote di Sisifo fu prima chiamato Ipponoo, perchè abilissimo domator
di
cavalli, e poscia coll’ uccisore di Bellero, che
pponoo, perchè abilissimo domator di cavalli, e poscia coll’ uccisore
di
Bellero, che pretendea farsi tiranno di Corinto,
alli, e poscia coll’ uccisore di Bellero, che pretendea farsi tiranno
di
Corinto, acquistò il nome di Bellerofonte. Trovan
di Bellero, che pretendea farsi tiranno di Corinto, acquistò il nome
di
Bellerofonte. Trovandosi alla corte di Preto, che
o di Corinto, acquistò il nome di Bellerofonte. Trovandosi alla corte
di
Preto, che scacciato Acrisio, erasi fattore degli
i Preto, che scacciato Acrisio, erasi fattore degli Argivi, la moglie
di
lui detta da Omero Antea, da altri Stenobea si ac
i, la moglie di lui detta da Omero Antea, da altri Stenobea si accese
di
Bellerofonte, e non potendolo trarre ai suoi desi
rre ai suoi desideri, l’ accusò presso il marito quasi avesse tentato
di
violarla. Preto non osando per ospitalità uccider
o Giobate suo suocero nella Libia con lettere, in cui raccomandavagli
di
trovar mezzo, onde farlo perire. Giobate lo mandò
ma, a guerreggiar contro i Solimi, indi contro le Amazoni; ma essendo
di
queste guerre uscito sempre vittorioso, lo spedì
la Chimera un mostro nato da Tifone e da Echidna col capo e il petto
di
leone, il ventre di capra, e la coda di drago, e
o nato da Tifone e da Echidna col capo e il petto di leone, il ventre
di
capra, e la coda di drago, e che fuoco vomitava d
a Echidna col capo e il petto di leone, il ventre di capra, e la coda
di
drago, e che fuoco vomitava dalla bocca. Bellerof
ad assalire il mostro è l’ uccise. Allor Giobate ammirando il valore
di
lui, non solo con esso pacificossi, ma gli diede
e ebbe Issandro, Ippoloco e Leodamia, che amata da Giove fu madre poi
di
Sarpendone, e Stenobea disperata all’ udir queste
madre poi di Sarpendone, e Stenobea disperata all’ udir queste nozze
di
propria mano si uccise. Avendo poi Bellerofonte c
assillo a tormentare il cavallo per modo, che si scosse Bellerofonte
di
dosso, e precipitollo nel campo, che fu detto Ale
olo volò su in cielo, ove fu posto fra le costellazioni. Delle figlie
di
Preto, e di Stenobea disser le favole, che avendo
in cielo, ove fu posto fra le costellazioni. Delle figlie di Preto, e
di
Stenobea disser le favole, che avendo osato di pa
lle figlie di Preto, e di Stenobea disser le favole, che avendo osato
di
paragonarsi a Giunone furon punite colla mania di
e, che avendo osato di paragonarsi a Giunone furon punite colla mania
di
credersi cangiate in vacche, e ne furono poi guar
ate in vacche, e ne furono poi guarite da Melampo, il quale sposò una
di
esse, e diede l’ altra a Biante suo fratello.
cignal Calidonio, d’ Atalanta, e d’ Ippomene. Meleagro era figlio
di
Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia di Testio
donio, d’ Atalanta, e d’ Ippomene. Meleagro era figlio di Oeneo Re
di
Calidone, e di Altea figlia di Testio. Al suo nas
nta, e d’ Ippomene. Meleagro era figlio di Oeneo Re di Calidone, e
di
Altea figlia di Testio. Al suo nascere le Parche
ne. Meleagro era figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia
di
Testio. Al suo nascere le Parche misero un tizzon
misero un tizzone sul fuoco, dicendo che tanto sarebbe durata la vita
di
lui, quanto il tizzone, il che udendo la madre ri
fecondità delle campagne solenni sacrificj a tutti gli Dei, dimenticò
di
offerirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a d
ne solenni sacrificj a tutti gli Dei, dimenticò di offerirne a Diana,
di
che essa sdegnata spedì a disertar le campagne di
offerirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a disertar le campagne
di
Calidonia un mostruoso cignale. Per combatter que
si, fra i quali Apollodoro annovera, oltre a Meleagro, Driante figlio
di
Marte, Ida e Linceo figli d’ Afareo, Castore e Po
iglio di Marte, Ida e Linceo figli d’ Afareo, Castore e Polluce figli
di
Giove e di Leda, Admeto Re di Tessaglia, Teseo fi
rte, Ida e Linceo figli d’ Afareo, Castore e Polluce figli di Giove e
di
Leda, Admeto Re di Tessaglia, Teseo figlio d’ Ege
igli d’ Afareo, Castore e Polluce figli di Giove e di Leda, Admeto Re
di
Tessaglia, Teseo figlio d’ Egeo, Pirotoo figlio d
Euritione padre d’ Alcmena, Anfiarao figlio d’ Oileo, Atalanta figlia
di
Scheneo, a quali Ovidio aggiunge Adrasto Re di Ar
Oileo, Atalanta figlia di Scheneo, a quali Ovidio aggiunge Adrasto Re
di
Argo, Laerte padre d’ Ulisse, Nestore figlio di P
o aggiunge Adrasto Re di Argo, Laerte padre d’ Ulisse, Nestore figlio
di
Peleo, Tosseo e Plessippo fratelli d’ Altea, e pa
ccise. Ma fu questa uccisione cagione della sua morte; perocchè Altea
di
ciò irritata, rimise il tizzone sul fuoco, e a mi
si Altea, ma troppo tardi, e per disperazione s’ uccise; e le sorelle
di
Meleagro la morte di lui piangendo furon cangiate
ardi, e per disperazione s’ uccise; e le sorelle di Meleagro la morte
di
lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il n
morte di lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il nome ebbero
di
Meleagridi. Atalanta ricercata da molti alle nozz
, che raggiugnendoli fosse in poter suo l’ ucciderli. Ippomene figlio
di
Macareo per superarla ottenne da Venere tre pomi
reo per superarla ottenne da Venere tre pomi d’ oro colti nell’ isola
di
Cipro, e lasciandosi questi cadere l’ uno dopo l’
o della vittoria fu Atalanta, che Ippomene sposò; ma scordatosi egli,
di
renderne grazie a Venere, questa spinse li due am
ne grazie a Venere, questa spinse li due amanti a profanare il tempio
di
Giove, o, secondo molti, di Cibele, che per vendi
pinse li due amanti a profanare il tempio di Giove, o, secondo molti,
di
Cibele, che per vendicarsene li mutò in lioni, e
li mutò in lioni, e gli attaccò al suo carro. Capo VI. Di Cadmo, e
di
Anfione. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia
ccò al suo carro. Capo VI. Di Cadmo, e di Anfione. Cadmo figlio
di
Agenore re di Fenicia e di Telafasse, e fratello
ro. Capo VI. Di Cadmo, e di Anfione. Cadmo figlio di Agenore re
di
Fenicia e di Telafasse, e fratello di Europa, all
I. Di Cadmo, e di Anfione. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia e
di
Telafasse, e fratello di Europa, allorchè questa
. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia e di Telafasse, e fratello
di
Europa, allorchè questa fu rapita da Giove, ebbe
di Europa, allorchè questa fu rapita da Giove, ebbe ordine dal padre
di
andarne in traccia per ogni parte, nè ritornare s
ne dal padre di andarne in traccia per ogni parte, nè ritornare senza
di
lei. Venne egli nella Focide a consultare l’ orac
ornare senza di lei. Venne egli nella Focide a consultare l’ oracolo,
di
Delfo, onde avere notizia dov’ ella fosse; ma ebb
lo, di Delfo, onde avere notizia dov’ ella fosse; ma ebbe in risposta
di
non cercarne più oltre, e di fabbricare in vece u
zia dov’ ella fosse; ma ebbe in risposta di non cercarne più oltre, e
di
fabbricare in vece una città nel luogo, ove un bu
uogo indicato dal bue spedì i compagni ad attigner acqua alia fontana
di
Marte, e questi vennero tutti quanti divorati da
rva a combattere il drago, e seminare i denti colla promessa che nati
di
là sarebbono altrettanti uomini. Sursero questi d
promessa che nati di là sarebbono altrettanti uomini. Sursero questi
di
fatto, e tutti armati ma incominciarono tosto a d
i di fatto, e tutti armati ma incominciarono tosto a distruggersi fra
di
foro, nè altri rimasero fuori di cinque soli: i q
ominciarono tosto a distruggersi fra di foro, nè altri rimasero fuori
di
cinque soli: i quali però bastaron ad aiutarlo ne
i di cinque soli: i quali però bastaron ad aiutarlo nella edificazion
di
Tebe, che fu poi capitale della Beozia, così dett
memoria del bue sopraccennalo. Ebbe Cadmo da Ermione o Armonia figlia
di
Marie e di Venere quattro figlie, vale a dire Sem
bue sopraccennalo. Ebbe Cadmo da Ermione o Armonia figlia di Marie e
di
Venere quattro figlie, vale a dire Semele, che fu
arie e di Venere quattro figlie, vale a dire Semele, che fu poi madre
di
Bacco, ma incenerita dal fulmine di Giove; Ino ma
e a dire Semele, che fu poi madre di Bacco, ma incenerita dal fulmine
di
Giove; Ino madre di Melicerta, che fuggendo le fu
fu poi madre di Bacco, ma incenerita dal fulmine di Giove; Ino madre
di
Melicerta, che fuggendo le furie di Atamante, dov
a dal fulmine di Giove; Ino madre di Melicerta, che fuggendo le furie
di
Atamante, dovette gettarsi in mare; Autonoe madre
uggendo le furie di Atamante, dovette gettarsi in mare; Autonoe madre
di
Atteone, che fu da Diana cangiato in cervo: ed Ag
e madre di Atteone, che fu da Diana cangiato in cervo: ed Agave madre
di
Penteo, cui ella medesima uccise in compagnia del
ma uccise in compagnia delle Baccanti. Addolorato per queste sciagure
di
sua famiglia ed aggravato dagli anni, Cadmo insie
allontanossi da Tebe, e andò nell’ Illirico, dove chiedendo agli Dei
di
essere trasformalo in ciò ch’ era stato il princi
endo agli Dei di essere trasformalo in ciò ch’ era stato il principio
di
sue avventure, fu insieme con Ermione tramutato i
insieme con Ermione tramutato in serpente. Succedette a lui nel regno
di
Tebe il figlio Polidoro avuto similmente da Ermio
re a soprapporsi l’ una all’ altra spontaneamente. Era Anfione figlio
di
Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie di Li
porsi l’ una all’ altra spontaneamente. Era Anfione figlio di Giove e
di
Antiope figlia di Asopo e moglie di Lico; il qual
altra spontaneamente. Era Anfione figlio di Giove e di Antiope figlia
di
Asopo e moglie di Lico; il quale usurpato avea il
te. Era Anfione figlio di Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie
di
Lico; il quale usurpato avea il trono di Tebe. Qu
ope figlia di Asopo e moglie di Lico; il quale usurpato avea il trono
di
Tebe. Questi vedendola incinta la ripudiò, e pres
uale temendo che Antiopi tornar potesse in grazia del marito, ottenne
di
tenerla rinchiusa in una stretta prigione. Fu per
nfione e Zeto, i quali cresciuti in età ucciser Lieo, s’ impadroniron
di
Tebe, e legarono Dirce ad un furioso toro, che tr
el fiume Ismeno. Capo VII. Di Edipo, de suoi figli, e della guerra
di
Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di La
Di Edipo, de suoi figli, e della guerra di Tebe. Edipo era figlio
di
Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e di Giocast
figli, e della guerra di Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo
di
Labdaco re di Tebe e di Giocasta o Epioasta, come
a guerra di Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di Labdaco re
di
Tebe e di Giocasta o Epioasta, come è detta da Om
i Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e
di
Giocasta o Epioasta, come è detta da Omero, figli
re di Tebe e di Giocasta o Epioasta, come è detta da Omero, figliuola
di
Creonte. Avendo Laio udito dall’ oracolo, che dov
Avendo Laio udito dall’ oracolo, che doveva essere ucciso dal figlio,
di
cui Giocasta era incinta, le ordinò di soffocarlo
veva essere ucciso dal figlio, di cui Giocasta era incinta, le ordinò
di
soffocarlo appena nato. Ma non avendo ella cuore
ncinta, le ordinò di soffocarlo appena nato. Ma non avendo ella cuore
di
eseguir per se stessa il barbaro comandamento, di
eguir per se stessa il barbaro comandamento, diè il figlio nelle mani
di
un soldato, che recatolo in un bosco e foratigli
ciglio il lasciò sospeso ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore
di
Polibio re di Corinto, e portatolo, alla regina M
iò sospeso ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore di Polibio re
di
Corinto, e portatolo, alla regina Merope la quale
a, e dalla gonfiezza de’ piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto udendo
di
non esser figlio di Polibio andò a consultar l’ o
de’ piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto udendo di non esser figlio
di
Polibio andò a consultar l’ oracolo di Apollo per
lto udendo di non esser figlio di Polibio andò a consultar l’ oracolo
di
Apollo per aver contezza de’ suoi parenti, ed ebb
olo di Apollo per aver contezza de’ suoi parenti, ed ebbe in risposta
di
non ritornare nella sua patria, perchè vi avrebbe
ucciso il padre, e sposata la madre. Credendo che l’ oracolo parlasse
di
Corinto se ne esigliò volontariamente, e risolse
oracolo parlasse di Corinto se ne esigliò volontariamente, e risolse
di
andare in Beozia. Giunto nella Focite, mentre in
in una contesa tra i Focesi ed i forestieri ei volle prender le parti
di
questi, uccise senza conoscerlo il proprio padre,
rti di questi, uccise senza conoscerlo il proprio padre, che a favore
di
quelli si era intromesso. Altri dicono che l’ ucc
temente costringerlo a cedergli il passo. Di là arrivato a Tebe trovò
di
paese infestato dalla Sfinge, mostro nato da Tifo
ge, mostro nato da Tifone e da Echidna, che avea la testa, e il petto
di
donna, il corpo di cane, de zampe di leone, la co
Tifone e da Echidna, che avea la testa, e il petto di donna, il corpo
di
cane, de zampe di leone, la codardi drago, e le a
a, che avea la testa, e il petto di donna, il corpo di cane, de zampe
di
leone, la codardi drago, e le ali di uccello. Abi
onna, il corpo di cane, de zampe di leone, la codardi drago, e le ali
di
uccello. Abitava ella nel monte Ficeo, e lanciand
n enimma, cui se non sapessero sciogliere, li divorava. Creonte padre
di
Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattan
o sciogliere, li divorava. Creonte padre di Giocasta promise il regno
di
Tebe, di cui frattanto avea preso il governo, e l
ere, li divorava. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe,
di
cui frattanto avea preso il governo, e la vedova
il regno di Tebe, di cui frattanto avea preso il governo, e la vedova
di
Laio in isposa a chi sciogliesse l’ enimma, e per
Sfinge allor cadde estinta, e giusta la promessa Edipo ebbe il regno
di
Tebe, e Giocasta in isposa, cui non sospettò esse
e alcuni anni dopo un orribile pestilenza, la quale, disse l’ oracolo
di
Delfo su ciò consultato, che non sarebbe cessata,
e non sarebbe cessata, finche non fosse de Tebe esigliato l’ uccisore
di
Laio. Or mentre Edipo si occupa premurosamente a
mente a farne ricerca, venne a scovrire non solamente che l’ uccisore
di
Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio
ire non solamente che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma
di
più che Laio era suo padre, e Giocasta sua madre.
Giocasta sua madre. Preso da orrore al vedersi tutto ad un tempo reo
di
parricidio e d’ incesto; si Cavò gli occhi per no
dine del padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra
di
loro di regnare alternatamente un anno per ciasch
padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro
di
regnare alternatamente un anno per ciascheduno: m
anno per ciascheduno: ma Eteocle, prese le redini del governo, ricusò
di
più cederle al fratello, e lo costrinse a ricover
icusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ricoverarsi presso
di
Adrasto re degli Argivi. Avea Adrasto due figlie
l significalo, comparvero alla sua corte da un canto Polinice coperto
di
una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una
, comparvero alla sua corte da un canto Polinice coperto di una pelle
di
leone, e dall’ altro coperto di una pelle di cign
n canto Polinice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto
di
una pelle di cignale, Tideo figlio di Eneo re di
ice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una pelle
di
cignale, Tideo figlio di Eneo re di Calidone, che
di leone, e dall’ altro coperto di una pelle di cignale, Tideo figlio
di
Eneo re di Calidone, che ucciso sgraziatamente il
dall’ altro coperto di una pelle di cignale, Tideo figlio di Eneo re
di
Calidone, che ucciso sgraziatamente il fratello M
Eneo re di Calidone, che ucciso sgraziatamente il fratello Menalippo,
di
là fuggiva. Parve ad Adrasto che questi fossero i
, e data Argia a Polinice, e a Tideo Deifile, assunse pure l’ impegno
di
, rimettere Polinice nel regno. Spedì quindi Tideo
tere Polinice nel regno. Spedì quindi Tideo ad Eteocle per intimargli
di
cederlo secondo il patto; ma Eteocle dopo un supe
tristo annunzio. Ma irritato Adrasto al rifiuto e alla nuova perfidia
di
Eteocle, adunò incontanente il fiore de’ suoi ese
Eteocle, adunò incontanente il fiore de’ suoi eserciti sotto la guida
di
sette illustri capitani, i quali erano Adrasto me
medonte, Capaneo, Anfiarao e Partenopeo, e con questi si mosse contro
di
Tebe. Anfiarao però, ch’ era della famiglia dell’
arao però, ch’ era della famiglia dell’ indovino Melampo, e prevedeva
di
dover sotto a Tebe perder la vita, erasi nascosto
nascosto per sottrarsi a quell’ impresa, ma la moglie Erfile sorella
di
Adrasto vinta da Argia moglie di Polinice col pre
impresa, ma la moglie Erfile sorella di Adrasto vinta da Argia moglie
di
Polinice col presente di un aureo monile lasciato
ile sorella di Adrasto vinta da Argia moglie di Polinice col presente
di
un aureo monile lasciato da Ermione, scoperse il
andarvi, lasciò ordine al figlio Alcmeone, che quando udisse la morte
di
lui, uccidesse l’ infedele Eri file per vendicarl
i file per vendicarlo. Funestissima ad ambe le parli riesci la guerra
di
Tebe, poichè Tideo dopo molte valorose prove fu u
bano Menalippo; Capaneo sprezzatore degli Dei, mentre scalava le mura
di
Tebe, venne fulminato da Giove; Anfiarao fu col s
due nemici fratelli. Fino avanti al loro nascere avea detto Giocasta
di
averli sentiti nell’ utero pugnar tra loro: e ben
quelli, che in vita stati erano così divisi. Nè le triste conseguenze
di
quella guerra finirono colla; loro morte. Percioc
lla; loro morte. Perciocchè avendo Creonte, il quale prese il governo
di
Tebe, vietato che gli Argivi si seppellissero, fu
tempo agitato dalle furie; indi avendo sposata prima Alfesibea figlia
di
Fegeo, e poi Calliroe figlia di Acheloo, andando
avendo sposata prima Alfesibea figlia di Fegeo, e poi Calliroe figlia
di
Acheloo, andando per togliere a quella il fatai m
per togliere a quella il fatai monile, che areale recato per presente
di
nozze dai fratelli di lei Temeno ed Assieme fu tr
il fatai monile, che areale recato per presente di nozze dai fratelli
di
lei Temeno ed Assieme fu trucidato; e questi lo f
ieme fu trucidato; e questi lo furon poi da Acarnone e Anfotero figli
di
Alcmeone, e di Calliroe, i quali essa ottenne, ch
to; e questi lo furon poi da Acarnone e Anfotero figli di Alcmeone, e
di
Calliroe, i quali essa ottenne, che ancor fanciul
del padre. Capo VIII. Di Giasone e degli Argonauti, singolarmente
di
Chirone, di Calai e Zete, di Castore e Polluce, e
Capo VIII. Di Giasone e degli Argonauti, singolarmente di Chirone,
di
Calai e Zete, di Castore e Polluce, e di Orfeo.
Giasone e degli Argonauti, singolarmente di Chirone, di Calai e Zete,
di
Castore e Polluce, e di Orfeo. Giasone ora fig
i, singolarmente di Chirone, di Calai e Zete, di Castore e Polluce, e
di
Orfeo. Giasone ora figlio di Esone re di Iolco
Calai e Zete, di Castore e Polluce, e di Orfeo. Giasone ora figlio
di
Esone re di Iolco nella Tessaglia, e di Alcimede
, di Castore e Polluce, e di Orfeo. Giasone ora figlio di Esone re
di
Iolco nella Tessaglia, e di Alcimede o Polimila.
Orfeo. Giasone ora figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia, e
di
Alcimede o Polimila. Pelia fratello di Esone dopo
re di Iolco nella Tessaglia, e di Alcimede o Polimila. Pelia fratello
di
Esone dopo averlo detronizzato cerco di far perir
de o Polimila. Pelia fratello di Esone dopo averlo detronizzato cerco
di
far perire anche Giasone; ma Alcimede ebbe modo d
detronizzato cerco di far perire anche Giasone; ma Alcimede ebbe modo
di
salvarlo, e di farlo segretamente educare sul men
rco di far perire anche Giasone; ma Alcimede ebbe modo di salvarlo, e
di
farlo segretamente educare sul mente Pelio dal Ce
paterno; ma Pelia non osando opporglisi apertamente cercò destramente
di
allontanarlo, animandolo alla grande impresa dell
edesse. Era questo la pelle del montone, su cui Frisso ed Elle, figli
di
Atamante re di Tracia e di Nefele, fuggendo le pe
sto la pelle del montone, su cui Frisso ed Elle, figli di Atamante re
di
Tracia e di Nefele, fuggendo le persecuzioni dell
del montone, su cui Frisso ed Elle, figli di Atamante re di Tracia e
di
Nefele, fuggendo le persecuzioni della madrigna I
Nefele, fuggendo le persecuzioni della madrigna Ino, si argomentarono
di
passare lo stretto, che or chiamasi dei Dardanell
tati dai flutti Elle cadde nel mare, e diede a quello stretto il nome
di
Ellesponto; Frisso giunto all’ opposta riva n’ an
Giasone invitò gli Eroi più famosi, che allor vivessero. Argo figlio
di
Alettore co’ legni del monte Pelio, e con una que
e costruita, e le diede il suo nome; Tifi ne fu il piloto; i compagni
di
Giasone furon tra gli altri il sudetto Chirone i
i due fratelli Castore e Polluce, i fratelli alati Calai e Zete figli
di
Borea e di Orizia, il poeta Orfeo. Plutarco vi ag
lli Castore e Polluce, i fratelli alati Calai e Zete figli di Borea e
di
Orizia, il poeta Orfeo. Plutarco vi aggiugne anco
ia, ivi poi si rimase per ricercarlo. Giunti gli Argonauti all’ isola
di
Lenno trovaronla abitata da sole donne: perocchè
modo onde superare gli scogli Cianei o Simplegati, che urtandosi fra
di
loro impedivano l’ uscita dal Bosforo: in ricompe
urtandosi fra di loro impedivano l’ uscita dal Bosforo: in ricompensa
di
che Giasone ordinò agli alati figli di Borea di s
ita dal Bosforo: in ricompensa di che Giasone ordinò agli alati figli
di
Borea di scacciare le Arpie, che lordavano le men
osforo: in ricompensa di che Giasone ordinò agli alati figli di Borea
di
scacciare le Arpie, che lordavano le mense di Fin
li alati figli di Borea di scacciare le Arpie, che lordavano le mense
di
Fineo, e questi le inseguirono fino alle isole Pi
furono dette Strofadi ora Strivali. Era Fineo, secondo alcuni, figlio
di
Agenore, e secondo alcunti, figlio di Agenore, e
a Fineo, secondo alcuni, figlio di Agenore, e secondo alcunti, figlio
di
Agenore, e figlio di Fenice e di Cassiopea. Sposò
ni, figlio di Agenore, e secondo alcunti, figlio di Agenore, e figlio
di
Fenice e di Cassiopea. Sposò in prime nozze Cleop
i Agenore, e secondo alcunti, figlio di Agenore, e figlio di Fenice e
di
Cassiopea. Sposò in prime nozze Cleopatra, che al
amarono Stenobra o Stenoboe, da cui ebbe Orito e Crambo Dopo la morte
di
lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Bore
o e Crambo Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia
di
Borea e di Orizia ad istanza; di cui acciecò i fi
Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e
di
Orizia ad istanza; di cui acciecò i figli, che da
n seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia ad istanza;
di
cui acciecò i figli, che dalla prima avea avuti.
istanza; di cui acciecò i figli, che dalla prima avea avuti. In pena
di
ciò gli Dei acciecaron lui stesso, e ad infestarl
rono le Arpie Aello e occipete, a cui Virgilio aggiunge Celeno figlia
di
Taumante e di Elettra. Erano queste mezze donne,
Aello e occipete, a cui Virgilio aggiunge Celeno figlia di Taumante e
di
Elettra. Erano queste mezze donne, e mezzo uccell
divorando e lordandogli tutti i cibi, ridotto avrebbon Fineo a perir
di
fame, se opportunamente da Calai e Zette non foss
o custode del vello. Giasone ebbe l’ arte d’ innammorare Medea figlia
di
Eeta, la quale essendo maga gli fornì l’ erbe inc
dendo che dal padre sarebbe stata inseguita, prese il barbaro partito
di
fare a pezzi il fratello Absirto, gettarne sulla
o Danubio, e se ne venner contr’ acqua fino a’ monti della Liburnia,
di
dove trasportata la nave per terra nell’ Adriatic
o e pel mare Ionio se ne tornarono a Ioleo. Fu chi aggiunse che prima
di
arrivarvi essi vennero dalla tempesta sbattuti ai
e determinare ove fosse un tal passaggio, sembra che l’ immaginazione
di
Omero abbia voluto qui trasportare quello degli s
degli scogli Cianei. In Iolco Medea ringiovenì il vecchio Esone padre
di
Giasone con trargli il sangue dalle vene, e nuovo
nuovo sangue creargli co’ suoi sughi incantati, e bramando le figlie
di
Pelia, che altrettanto facesse al padre loro pres
e di Pelia, che altrettanto facesse al padre loro prescrisse a queste
di
ucciderlo, e farlo bollire in una caldaia, promet
che con sue erbe l’ avrebbe fatto rinascere giovane; ma invece sopra
di
un carro tirato da dragoni se ne fuggi a Corinto,
e fuggi a Corinto, dove Giasone trovavasi. Giasone erasi quivi acceso
di
Glauce figlia del re Creonte, di che Medea irrita
rovavasi. Giasone erasi quivi acceso di Glauce figlia del re Creonte,
di
che Medea irritata finse per più sicura vendetta
a del re Creonte, di che Medea irritata finse per più sicura vendetta
di
esser contenta ch’ egli passasse alle nuove nozze
uce se l’ ebbe posta, andò essa a fiamme con tutta la reggia. Ne paga
di
ciò Medea, per isfogare vie più il suo furore sca
er isfogare vie più il suo furore scannò atrocemente sotto agli occhi
di
Giasone medesima i due figli che da esso avea avu
alita sul carro tirato da’ draghi fuggì in Atene, ove divenuta moglie
di
Egeo padre di Tesèo partorì Medo, che poi diede i
o tirato da’ draghi fuggì in Atene, ove divenuta moglie di Egeo padre
di
Tesèo partorì Medo, che poi diede il nome alla Me
’ egli fosso gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo nel tirar
di
arco e nel sonar la lira, nelle quali arti istruì
affidatogli da Apollo; e la cognizione che egli avea delle stelle fu
di
grandissimo giovamento agli Argonauti nel lor via
nto agli Argonauti nel lor viaggio. Mentre stava esaminando le saette
di
Ercole tinte dal sangue dell’ Idra, una che a cas
dell’ Idra, una che a caso il ferì gli creò tal dolore, che desiderò
di
morire e fu trasportato in cielo nella costellazi
la figlia Ociroe, ch’ era indovina, gli stava vaticinando, fu al dir
di
Ovidio tramutata in cavallo. Castore e Polluce na
nacquero, secondo le favole, da due uova partorite da Leda; ma l’ un
di
questi contenente Polluce ed Elena era stato feco
nnestra avea avuta la fecondazione da Tindaro re dell’ Ebalia, marito
di
Leda. Quindi è che Polluce era immortale, e morta
due nella costellazione de’ Gemelli, ed ebbero amendue il nome comune
di
Dioscuri, cioè figli di Giove, e di, Tindaridi, c
de’ Gemelli, ed ebbero amendue il nome comune di Dioscuri, cioè figli
di
Giove, e di, Tindaridi, cioè figli di Tindaro; e
ed ebbero amendue il nome comune di Dioscuri, cioè figli di Giove, e
di
, Tindaridi, cioè figli di Tindaro; e in somma ven
comune di Dioscuri, cioè figli di Giove, e di, Tindaridi, cioè figli
di
Tindaro; e in somma venerazione erano entrambi, p
e si distinse nei matteggio de cavalli. Orfeo figlio, secondo alcuni,
di
Apollo, e secondo altri, di Onagro re di Tracia e
de cavalli. Orfeo figlio, secondo alcuni, di Apollo, e secondo altri,
di
Onagro re di Tracia e della Musa Calliope, fu a t
rfeo figlio, secondo alcuni, di Apollo, e secondo altri, di Onagro re
di
Tracia e della Musa Calliope, fu a tempi suoi ins
le piante e le fiere, ed arrestava il corso de’ fiumi. Fu egli sposo
di
Euridice, ed essendo questa, caduta estinta per m
sposo di Euridice, ed essendo questa, caduta estinta per morsicatura
di
un serpente nell’ atto che fuggiva da Aristeo, eg
ti col suo canto cosi intenerire gli Dei Infernali, che gli permisero
di
ricondurla, a patto però di non volgersi a guarda
rire gli Dei Infernali, che gli permisero di ricondurla, a patto però
di
non volgersi a guardarla, finchè dall’ Inferno no
itario i pe’ boschi piangendo continuamente la sua perdita, nè amore,
di
donna più il potè muovere; di che indispettite le
continuamente la sua perdita, nè amore, di donna più il potè muovere;
di
che indispettite le madri de’ Ciconi lo fecero a
ne omicide furon da Bacco mutate in piante. Capo IX. Di Minosse, e
di
Dedalo. Due Re di Creta ebbero il nome di Mino
acco mutate in piante. Capo IX. Di Minosse, e di Dedalo. Due Re
di
Creta ebbero il nome di Minosse. Il primo figlio
Capo IX. Di Minosse, e di Dedalo. Due Re di Creta ebbero il nome
di
Minosse. Il primo figlio di Giove, e di Europa e
Dedalo. Due Re di Creta ebbero il nome di Minosse. Il primo figlio
di
Giove, e di Europa e fratello di Radamanto, fu le
ue Re di Creta ebbero il nome di Minosse. Il primo figlio di Giove, e
di
Europa e fratello di Radamanto, fu legislalor de’
il nome di Minosse. Il primo figlio di Giove, e di Europa e fratello
di
Radamanto, fu legislalor de’ Cretesi, e per megli
fu legislalor de’ Cretesi, e per meglio accreditar le sue leggi dicea
di
averle ricevute da Giove stesso. Dopo la sua mort
averle ricevute da Giove stesso. Dopo la sua morte ei fu in compagnia
di
Radamanto e di Eaco fatto giudice dell’ inferno.
da Giove stesso. Dopo la sua morte ei fu in compagnia di Radamanto e
di
Eaco fatto giudice dell’ inferno. Il secondo figl
di Radamanto e di Eaco fatto giudice dell’ inferno. Il secondo figlio
di
Licasto e di Ida, figlia di Coribante e nipote de
e di Eaco fatto giudice dell’ inferno. Il secondo figlio di Licasto e
di
Ida, figlia di Coribante e nipote del primo ebbe
giudice dell’ inferno. Il secondo figlio di Licasto e di Ida, figlia
di
Coribante e nipote del primo ebbe in moglie Pasif
Coribante e nipote del primo ebbe in moglie Pasifae figlia del Sole e
di
Perseide la quale furiosamente innamoratasi di un
ifae figlia del Sole e di Perseide la quale furiosamente innamoratasi
di
un toro, partorì il minotauro mezzo toro e mezzo
o mezzo toro e mezzo uomo. Essendogli stato dagli Ateniesi per ordine
di
Egeo assassinato il figliò Androgeo, dopochè nell
atanee era riuscito vincitore in tutti i giuochi, armossi egli contro
di
loro, e giunto prima a Sitone ottenne coll’ oro c
o l’ assedio a Nisa chiamato poscia Megara, Scilla figlia del re Niso
di
esse innammoratosi recise al padre addormentalo u
padre addormentalo un crine purpureo, al quale era annesso il destino
di
Nisa, per la qual cosa ella fu poi tramutata in l
il quale fu poi ucciso da Teseo. Dedalo, figlio d’ Imessione, nipote
di
Eupolemo, pronipote di Eretteo re di Alene, fu in
da Teseo. Dedalo, figlio d’ Imessione, nipote di Eupolemo, pronipote
di
Eretteo re di Alene, fu ingegnosissimo artefice,
alo, figlio d’ Imessione, nipote di Eupolemo, pronipote di Eretteo re
di
Alene, fu ingegnosissimo artefice, ma avendo tolt
fu ingegnosissimo artefice, ma avendo tolto ad istruire Gelo figlio,
di
Perdice sua sorella il quale mostrava di voler su
lto ad istruire Gelo figlio, di Perdice sua sorella il quale mostrava
di
voler superarlo (perciocchè giunto da se medesimo
tri ingegnosi istrumenti.), mosso da invidia precipitollo dalla rocca
di
Minerva, che poi lo cangiò in pernice. Rifugiatos
fugiatosi perciò Dedalo in Creta ivi fu accollo da Minosse, per ordin
di
cui fabbricò il laberinto, luogo d’ intralciatiss
ra introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli dappoi gli amori
di
Pasifae inchiedendola in una vacca di legno, e fo
a. Favorì egli dappoi gli amori di Pasifae inchiedendola in una vacca
di
legno, e fornì ad Arianna figlia di Minosse il fi
asifae inchiedendola in una vacca di legno, e fornì ad Arianna figlia
di
Minosse il filo, con cui Teseo, ucciso nel laberi
, potè strigarsene, e fuggir poscia con Arianna medesima, e con Fedra
di
lei sorella. Ciò risaputo, Minosse fe chiudere lo
lio, colle quali deluse i custodi fuggendo a volo. Ma il giovin Icaro
di
quel volo invaghito, contro gli avvertimenti del
gliatasi al calor del Sole la cera, le penne gli caddero, ed ei privo
di
quelle precipitò vicino all’ Isola di Samo nel ma
penne gli caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino all’ Isola
di
Samo nel mare, che da lui prese il nome d’ Icario
secondo Virgilio, a Cuma, e secondo altri in Sicilia presso Cosalo re
di
Agrigento, dove andato Minosse per riaverlo a for
ichevolmente, poi soffogato in un bagno caldo. Capo X. Di Teseo, e
di
Piritoo. Teseo nacque in Trachine da Etra figl
Pitteo, la quale congiunta prima a Nettuno si unì poscia ad Egeo, re
di
Atene, onde fu Teseo tenuto da alcuni per figlio
oscia ad Egeo, re di Atene, onde fu Teseo tenuto da alcuni per figlio
di
Nettuno, e da altri per figlio di Egeo. Questi ne
u Teseo tenuto da alcuni per figlio di Nettuno, e da altri per figlio
di
Egeo. Questi nel partir da Trachine per ritornars
el partir da Trachine per ritornarsene ad Atene, seppellì in presenza
di
Etra sotto ad un gran sasso una spada, ordinandol
dinandole, che, se nascesse da lei un maschio allorchè fosse in grado
di
rimovere il sasso e pigliarne la spada, glielo ma
ado di rimovere il sasso e pigliarne la spada, glielo mandasse. Teseo
di
questa spada fornito, emulando le glorie di Ercol
a, glielo mandasse. Teseo di questa spada fornito, emulando le glorie
di
Ercole, si diede prima, com’ esso, a purgare la t
tazione dell’ Attica, e a Grondone il porco che disertava le campagne
di
Corinto. Uccise in Epidauro il ladrone Perifeta f
le campagne di Corinto. Uccise in Epidauro il ladrone Perifeta figlio
di
Vulcano, detto pur Cornista dalla clava ond’ era
i Cercione, che sfidava i passaggieri alla lotta, e vinti o ricusanti
di
combattere li uccideva; nell’ istmo di Corinto il
lla lotta, e vinti o ricusanti di combattere li uccideva; nell’ istmo
di
Corinto il gigante Sine, che piegando due pini a
. Vuolsi pure che in Tebe egli abbia ucciso Creonte, il quale vietava
di
seppellire gli Argivi morti in quella guerra; e a
Antiopa, dalla quale nacque Ippolito. Aveva prima rapito Elena figlia
di
Giove e di Leda; ma questa gli fu prontamente rit
lla quale nacque Ippolito. Aveva prima rapito Elena figlia di Giove e
di
Leda; ma questa gli fu prontamente ritolta da Cas
e di Leda; ma questa gli fu prontamente ritolta da Castore e Polluce
di
lei fratelli. Giunto finalmente ad Atene, dove Me
fratelli. Giunto finalmente ad Atene, dove Medea era divenuta moglie
di
Egeo, corse grave pericolo di esser vittima della
d Atene, dove Medea era divenuta moglie di Egeo, corse grave pericolo
di
esser vittima della malvagità di questa donna, pe
moglie di Egeo, corse grave pericolo di esser vittima della malvagità
di
questa donna, perciocchè o temesse di lui o d’ es
i esser vittima della malvagità di questa donna, perciocchè o temesse
di
lui o d’ esso accesa ne fosse respinta, indusse E
abbracciò Teseo’ come suo figlio. Erano gli Ateniesi per l’ uccisione
di
Androgeo figlio di Minosse stati da lui sottomess
me suo figlio. Erano gli Ateniesi per l’ uccisione di Androgeo figlio
di
Minosse stati da lui sottomessi, come abbiam dett
sette giovani fu pur Teseo, o fosse egli uscito a sorte, o per opera
di
Medea, o si fosse spontaneamente esibito per aver
opera di Medea, o si fosse spontaneamente esibito per aver la gloria
di
uccidere quel terribile mostro. Stava questo nel
. Stava questo nel labirinto fabbricato da Dedalo; e Teseo per potere
di
là sottrarsi dopo l’ uccisione del Minotauro esse
trarsi dopo l’ uccisione del Minotauro essendosi procacciato l’ amore
di
Arianna figlia di Minosse, ebbe da lei per consig
isione del Minotauro essendosi procacciato l’ amore di Arianna figlia
di
Minosse, ebbe da lei per consiglio di Dedalo un g
iato l’ amore di Arianna figlia di Minosse, ebbe da lei per consiglio
di
Dedalo un gomitolo di filo, che attaccato per un
na figlia di Minosse, ebbe da lei per consiglio di Dedalo un gomitolo
di
filo, che attaccato per un capo all’ ingresso del
tenendo dietro al filo medesimo se uscì, presa seco Arianna con Fedra
di
lei sorella fuggi di Creta. Ma arrivato all’ isol
o medesimo se uscì, presa seco Arianna con Fedra di lei sorella fuggi
di
Creta. Ma arrivato all’ isola di Nasso, ivi ingra
ianna con Fedra di lei sorella fuggi di Creta. Ma arrivato all’ isola
di
Nasso, ivi ingratamente abbandonò Arianna, che fu
con Fedra soltanto, cui fece sua moglie, e che fu poi ad esso cagione
di
estremo dolore. Omero dice però che Arianna fu tr
rianna fu trattenuta in Dia o Nasso espressamente da Diana ad istanza
di
Bacco. Il ritorno di Teseo fu in prima fatale ad
in Dia o Nasso espressamente da Diana ad istanza di Bacco. Il ritorno
di
Teseo fu in prima fatale ad Egeo. Perciocchè avev
iglio estinto, per duolo affogossi nel mare, che da lui prese il nome
di
Mar Egeo, ora Arcipelago. Come il nome di Teseo a
e, che da lui prese il nome di Mar Egeo, ora Arcipelago. Come il nome
di
Teseo altamente risonava per tutta la Grecia, Pir
itoo figliuolo d’ Issione re de’ Lapiti, o come dice Omero, figliuolo
di
Giove e di Melata moglie d’ Issione, invidioso de
olo d’ Issione re de’ Lapiti, o come dice Omero, figliuolo di Giove e
di
Melata moglie d’ Issione, invidioso della gloria
liuolo di Giove e di Melata moglie d’ Issione, invidioso della gloria
di
lui venne colle sue genti nell’ Attica per provar
sero colla più ferma amicizia. Giovò sommamente a Piritoo l’ amicizia
di
Teseo nella pugna ch’ egli ebbe contro i Centauri
Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia
di
Atracio invitato i Centauri, Folo lor capo tentò
Ippodamia figlia di Atracio invitato i Centauri, Folo lor capo tentò
di
rapirgliela; ma coll’ aiuto di Teseo i Centauri f
vitato i Centauri, Folo lor capo tentò di rapirgliela; ma coll’ aiuto
di
Teseo i Centauri furono debellali, ed Ippodamia a
o debellali, ed Ippodamia ad essi ritolta. S’ invogliò poscia Pirotoo
di
aver Proserpina figlia di Cerere e moglie di Plut
ad essi ritolta. S’ invogliò poscia Pirotoo di aver Proserpina figlia
di
Cerere e moglie di Plutone e pregò Teseo a voler
invogliò poscia Pirotoo di aver Proserpina figlia di Cerere e moglie
di
Plutone e pregò Teseo a voler seco scendere all’
so fu divorato dal Cerbero, e Teseo condannato a seder immobile sopra
di
un sasso, finchè ne venne liberato da Ercole. Vuo
to da Ercole. Vuolsi però da molti che questa Proserpina fosse moglie
di
Edoneo re dell’ Epiro, per toglier la quale essen
li che formavano la popolazione ateniese, ed istituì in essa ad onore
di
Minerva le feste Panatenee, e i giuochi funebri n
onore di Minerva le feste Panatenee, e i giuochi funebri nell’ istmo
di
Corinto. Ma infelici a cagione di Fedra furono gl
ee, e i giuochi funebri nell’ istmo di Corinto. Ma infelici a cagione
di
Fedra furono gli ultimi anni della sua vita. Eras
gettata da lui, cangiando l’ amore in odio l’ accusò presso il marito
di
averle voluto fai forza. Teseo irritalo, e memore
a. Teseo irritalo, e memore della promessa che fatta gli avea Nettuno
di
appagarlo in qualunque cosa gli avesse chiesto, i
io lacerarono. Fu egli poi richiamato in vita dà Esculapio ad istanza
di
Diana, e da lei trasportato in Italia nel bosco d
culapio ad istanza di Diana, e da lei trasportato in Italia nel bosco
di
Arica ove appresso fu venerato sotto il nome di V
o in Italia nel bosco di Arica ove appresso fu venerato sotto il nome
di
Virbio, cioè due volte uomo. Ma Fedra punta da ri
ebbe più pace, finchè scacciato pure da Atene ricoverossi nell’ isola
di
Sciro, ove fu ucciso secondo alcuni da Licomede,
eo, Tieste, Agamennone, Menelao, Egisto, ed Oreste. Pelope, figlio
di
Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’ empio
amennone, Menelao, Egisto, ed Oreste. Pelope, figlio di Tantalo re
di
Frigia e di Taigete, fu dall’ empio padre, come è
nelao, Egisto, ed Oreste. Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia e
di
Taigete, fu dall’ empio padre, come è già detto,
far pruova della loro divinità, e da essi risuscitato ebbe una spalla
di
avorio in luogo di quella che Cerere aveva mangia
ro divinità, e da essi risuscitato ebbe una spalla di avorio in luogo
di
quella che Cerere aveva mangiato. Cresciuto in et
to la patria venne nell’ Elide, ove a quel tempo regnava Enomao padre
di
Ippodamia, la quale perchè bellissima, e perchè u
de del regno, veniva ambita da molti. Ma Enomao sapendo dall’ oracolo
di
dover morire per opera di suo genero, propose ai
a da molti. Ma Enomao sapendo dall’ oracolo di dover morire per opera
di
suo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia,
morire per opera di suo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia,
di
gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel qual
citore avrebbe avuto in premio Ippodamia, ma i vinti sarebbero puniti
di
morte. Pelope, onde aver la vittoria, sedusse Mir
iti di morte. Pelope, onde aver la vittoria, sedusse Mirtilo cocchier
di
Enomao a porre al cocchio di lui un fragil asse,
er la vittoria, sedusse Mirtilo cocchier di Enomao a porre al cocchio
di
lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato n
poscia ingrandì per modo che tutta la penisola da lui trasse il nome
di
Peloponneso. Ebbe esso da Ippodamia due figli, At
igli, Atreo e Trieste, il secondo de’ quali sorpreso con Erope moglie
di
Atreo se ne fuggi; ma Atreo covando il desiderio
vendetta, lo richiamò protestando il perdono, indi uccise i due figli
di
lui glieli diede a mangiare in una abbominevole c
ole cena, da cui dicesi che il Sole torse per orrore la faccia. Figli
di
Atreo furono Agamennone e Menelao, il primo de’ q
Figli di Atreo furono Agamennone e Menelao, il primo de’ quali fu re
di
Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tindaro e di
enelao, il primo de’ quali fu re di Argo, e sposò Clitennestra figlia
di
Tindaro e di Leda sorella di Castore; il secondo
imo de’ quali fu re di Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tindaro e
di
Leda sorella di Castore; il secondo fu re di Spar
re di Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tindaro e di Leda sorella
di
Castore; il secondo fu re di Sparta, e sposò Elen
stra figlia di Tindaro e di Leda sorella di Castore; il secondo fu re
di
Sparta, e sposò Elena figlia di Giove e di Leda e
sorella di Castore; il secondo fu re di Sparta, e sposò Elena figlia
di
Giove e di Leda e sorella di Polluce. Essendo Ele
Castore; il secondo fu re di Sparta, e sposò Elena figlia di Giove e
di
Leda e sorella di Polluce. Essendo Elena stata ra
do fu re di Sparta, e sposò Elena figlia di Giove e di Leda e sorella
di
Polluce. Essendo Elena stata rapita da Paride fig
eda e sorella di Polluce. Essendo Elena stata rapita da Paride figlio
di
Priamo re di Troia, armossi tutta la Grecia per r
di Polluce. Essendo Elena stata rapita da Paride figlio di Priamo re
di
Troia, armossi tutta la Grecia per riaverla, e ca
a ivi da venti contrari, il sacerdote Calcante consu Itato l’ oracolo
di
Delfo portò in risposta che per aver propizi i ve
ta che per aver propizi i venti conveniva sacrificare Ifigenia figlia
di
Agamenone. Consentì il padre al barbaro sacrifici
la fece sacerdotessa del suo tempio. Partito Agamennone per la guerra
di
Troia, di cui appresso diremo, Egisto figlio di T
cerdotessa del suo tempio. Partito Agamennone per la guerra di Troia,
di
cui appresso diremo, Egisto figlio di Tieste, che
mennone per la guerra di Troia, di cui appresso diremo, Egisto figlio
di
Tieste, che per vendicare la morte de’ fratelli g
de’ fratelli già aveva ucciso Atreo, riuscì a sedurre Clitennestra, e
di
concerto con essa, allorchè Agamennone fu di rito
sedurre Clitennestra, e di concerto con essa, allorchè Agamennone fu
di
ritorno, invitandolo in casa sua ad un solenne co
un solenne convito, a tradimento l’ uccise, e impadronissi del regno
di
Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio
a tradimento l’ uccise, e impadronissi del regno di Argo. Cercò egli
di
uccidere anche Oreste figlio di Agamennone e di C
ronissi del regno di Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio
di
Agamennone e di Clitennestra; ma questi salvato d
o di Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio di Agamennone e
di
Clitennestra; ma questi salvato dalla sorella Ele
la sorella Elettra, fu allevato segretamente da Strofio nella Focide,
di
dove all’ età di venti anni tornò incognito in Ar
a, fu allevato segretamente da Strofio nella Focide, di dove all’ età
di
venti anni tornò incognito in Argo a vendicar la
tornò incognito in Argo a vendicar la morte del padre coll’ uccisione
di
Egisto e di Clitennestra. In pena però di aver uc
ito in Argo a vendicar la morte del padre coll’ uccisione di Egisto e
di
Clitennestra. In pena però di aver uccisa la madr
e del padre coll’ uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena però
di
aver uccisa la madre fu Oreste agitato dalle furi
u Oreste agitato dalle furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio
di
Strofio, con cui era stato educato giunse in Taur
ducato giunse in Tauride, ove per ordine del re Toante fu in procinto
di
essere sacrificato a Diana. Ma una virtuosa gara
varlo si finse Oreste, e Oreste costantemente si oppose alla generosa
di
lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, ch’ era la
rosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, ch’ era la sacerdotessa
di
Diana, riconosciuto a sicuri indizi il fratello,
i unirono tutti e tre ad uccider Toante, e seco portando il simulacro
di
Diana se ne fuggirono. Tornato in Grecia fu Orest
irono. Tornato in Grecia fu Oreste giudicato dagli Dei nell’ Areopago
di
Atene, ove sebbene eguali voti ei riportasse, val
allora all’ amico Pilade la sorella Elettra in isposa; e premendogli
di
aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui p
de la sorella Elettra in isposa; e premendogli di aver Ermione figlia
di
Menelao, che prima a lui promessa, era stata poi
al popolo ammutinato assassinare. Virgilio dice invece, che l’ uccise
di
propria mano innanzi al patrio altare. Vuolsi ch’
innanzi al patrio altare. Vuolsi ch’ egli perisse alla fine pel morso
di
una vipera. Menelao avendo nella presa di Troia r
perisse alla fine pel morso di una vipera. Menelao avendo nella presa
di
Troia ricuperato Elena, al ritorno fu dalla tempe
a ricuperato Elena, al ritorno fu dalla tempesta portalo in Egitto, e
di
là dopo lungo tempo tornato a parta carico di ric
ta portalo in Egitto, e di là dopo lungo tempo tornato a parta carico
di
ricchezze, visse tranquillo nel regno per molti a
anni, indi giusta la predizione avuta da Proteo in Egitto, come sposo
di
Elena, e genero di Giove, senza soccombere alla m
a predizione avuta da Proteo in Egitto, come sposo di Elena, e genero
di
Giove, senza soccombere alla morte fu negli Elisi
bere alla morte fu negli Elisi trasportato. Capo XII. Della guerra
di
Troia, e de principali Greci, Troiani, e loro aus
e della guerra troiana fu Paride, altramente detto Alessandro, figlio
di
Priamo re di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ e
a troiana fu Paride, altramente detto Alessandro, figlio di Priamo re
di
Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, p
Paride, altramente detto Alessandro, figlio di Priamo re di Troia, e
di
Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, parvele in so
e di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, parvele in sogno
di
aver in seno una fiaccola ardente, il che essendo
Ideo; e fatto giudice della bellezza tra Giunone, Pallade, e Venere,
di
cui la prima promettevagli il regno, la seconda l
ubblici giuochi, ei vinse non pure gli altri, ma Ettore stesso figlio
di
Priamo, ch’ era di tutti il più valente, e avendo
vinse non pure gli altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’ era
di
tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò sde
o figlio di Priamo, ch’ era di tutti il più valente, e avendo Ettore,
di
ciò sdegnato contro di esso impugnata la spada, P
era di tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò sdegnato contro
di
esso impugnata la spada, Paride, datigli i contra
ato contro di esso impugnata la spada, Paride, datigli i contrassegni
di
essere a lui fratello, il placò e Priamo stesso c
tro marino era stata via condotta da Ercole, e data a Telamone figlio
di
Eaco e re di Salamina. Accolto ospitalmente in Is
a stata via condotta da Ercole, e data a Telamone figlio di Eaco e re
di
Salamina. Accolto ospitalmente in Isparta da Mene
o e re di Salamina. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito
di
Elena, ch’ era riputata la più bella donna di que
parta da Menelao marito di Elena, ch’ era riputata la più bella donna
di
quell’ età, colse Paride l’ occasione che Menelao
icar quest’ ingiuria i due fratelli Agamennone, e Menelao procurarono
di
trarre al lor partito tutti i principi della Grec
ti i principi della Grecia, de’ quali i primari furono Achille figlio
di
Peleo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace
i della Grecia, de’ quali i primari furono Achille figlio di Peleo re
di
Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugi
i i primari furono Achille figlio di Peleo re di Elia in Tessaglia, e
di
Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone r
o Achille figlio di Peleo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace
di
lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e
leo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio
di
Telamone re di Salamina, e di Esione; Tenero di l
in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone re
di
Salamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Ai
di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e
di
Esione; Tenero di lui fratello; Aiace figlio di O
di lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e di Esione; Tenero
di
lui fratello; Aiace figlio di Oileo re di Locri;
one re di Salamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Aiace figlio
di
Oileo re di Locri; Palamede figlio di Nauplia re
lamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Aiace figlio di Oileo re
di
Locri; Palamede figlio di Nauplia re dell’ Eubea;
o di lui fratello; Aiace figlio di Oileo re di Locri; Palamede figlio
di
Nauplia re dell’ Eubea; Ulisse figlio di Laerte r
re di Locri; Palamede figlio di Nauplia re dell’ Eubea; Ulisse figlio
di
Laerte re d’ Itaca; Stenelo figlio di Capaneo; Di
a re dell’ Eubea; Ulisse figlio di Laerte re d’ Itaca; Stenelo figlio
di
Capaneo; Diomede figlio di Tideo e nipote di Eneo
glio di Laerte re d’ Itaca; Stenelo figlio di Capaneo; Diomede figlio
di
Tideo e nipote di Eneo re di Calidone; Idomeneo e
d’ Itaca; Stenelo figlio di Capaneo; Diomede figlio di Tideo e nipote
di
Eneo re di Calidone; Idomeneo e Merione figli di
tenelo figlio di Capaneo; Diomede figlio di Tideo e nipote di Eneo re
di
Calidone; Idomeneo e Merione figli di Deucalione,
io di Tideo e nipote di Eneo re di Calidone; Idomeneo e Merione figli
di
Deucalione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nes
Eneo re di Calidone; Idomeneo e Merione figli di Deucalione, e nipoti
di
Minosse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re
done; Idomeneo e Merione figli di Deucalione, e nipoti di Minosse, re
di
Creta, Nestore figlio di Neleo re di Pilo;.Antilo
figli di Deucalione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nestore figlio
di
Neleo re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Pat
calione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re
di
Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Patroclo figlio
sse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re di Pilo;.Antiloco tìglio
di
Nestore; Patroclo figlio di Menezio e di Stenele;
glio di Neleo re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Patroclo figlio
di
Menezio e di Stenele; Podalirio e Macaone figli d
re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Patroclo figlio di Menezio e
di
Stenele; Podalirio e Macaone figli di Esculapio;
e; Patroclo figlio di Menezio e di Stenele; Podalirio e Macaone figli
di
Esculapio; Protesilao figlio d’ Ificlo; Filottete
one figli di Esculapio; Protesilao figlio d’ Ificlo; Filottete figlio
di
Peante; ai quali, dopo la morte di Achilie si agg
figlio d’ Ificlo; Filottete figlio di Peante; ai quali, dopo la morte
di
Achilie si aggiunse Pirro figlio di lui e di Deid
i Peante; ai quali, dopo la morte di Achilie si aggiunse Pirro figlio
di
lui e di Deidamia, soprannomato Neottolemo, cioè
ai quali, dopo la morte di Achilie si aggiunse Pirro figlio di lui e
di
Deidamia, soprannomato Neottolemo, cioè nuovo gue
i i principali guerrieri furono Ettore, Paride, Troilo, Deifobo figli
di
Priamo, ed Enea figlio di Anchise e di Venere; a’
urono Ettore, Paride, Troilo, Deifobo figli di Priamo, ed Enea figlio
di
Anchise e di Venere; a’ quali si aggiunsero Anten
Paride, Troilo, Deifobo figli di Priamo, ed Enea figlio di Anchise e
di
Venere; a’ quali si aggiunsero Antenore re di una
nea figlio di Anchise e di Venere; a’ quali si aggiunsero Antenore re
di
una parte della Tracia coi figli Elieaonio e Poli
a coi figli Elieaonio e Polidamante; Melinone re dell’ Etiopia figlio
di
Titone e dell’ Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serp
a figlio di Titone e dell’ Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serpedone re
di
Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bel
ne e dell’ Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio
di
Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso
Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio di Giove e
di
Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Traci
e’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia
di
Bellerofonte; Reso re di Tracia figlio di una del
i Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re
di
Tracia figlio di una delle Muse; Cigno figliuol d
Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Tracia figlio
di
una delle Muse; Cigno figliuol di Nettuno; e Pent
lerofonte; Reso re di Tracia figlio di una delle Muse; Cigno figliuol
di
Nettuno; e Pentesilea regina delle Amazoni. Non t
i Greci si prestarono a quella lega con egual prontezza. Ulisse cercò
di
sottrarsene simulandosi pazzo; ma Palamede per fa
inzione, e il costrinse ad entrar nella lega cogli altri. In vendetta
di
ciò fu poi detto, che Ulisse nel campo di Troia n
ga cogli altri. In vendetta di ciò fu poi detto, che Ulisse nel campo
di
Troia nascose dell’ oro sotto la tenda di Palamed
detto, che Ulisse nel campo di Troia nascose dell’ oro sotto la tenda
di
Palamede, e accusandolo di averlo ricevuto da’ Tr
di Troia nascose dell’ oro sotto la tenda di Palamede, e accusandolo
di
averlo ricevuto da’ Troiani per mezzo di tradimen
a di Palamede, e accusandolo di averlo ricevuto da’ Troiani per mezzo
di
tradimento, il fè lapidare da Greci. Tetide madre
roiani per mezzo di tradimento, il fè lapidare da Greci. Tetide madre
di
Achille, sapendo che sotto Troia sarebbe questi p
perito, l’ occultò sotto abito femminile tra le damigelle della corte
di
Licomede re di Stiro, ove dalla figlia di esso De
ltò sotto abito femminile tra le damigelle della corte di Licomede re
di
Stiro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe
ra le damigelle della corte di Licomede re di Stiro, ove dalla figlia
di
esso Deidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse presentat
onobbe, e l’ indusse a partire con seco. Filottete era stato compagno
di
Ercole, e testimonio della morte di lui. Ercole v
eco. Filottete era stato compagno di Ercole, e testimonio della morte
di
lui. Ercole volle che le sue frecce tinte del san
ell’ Idra fossero seppellite con esso-lui, e fe giurarsi da Filottete
di
non mai ad alcuno manifestare il luogo del suo se
avvertiti i Greci dall’ oracolo, essere necessarie all’ espugnazione
di
Troia le frecce di Ercole, costrinsero Filottete
dall’ oracolo, essere necessarie all’ espugnazione di Troia le frecce
di
Ercole, costrinsero Filottete a scoprire dov’ egl
sero Filottete a scoprire dov’ egli fosse sepolto. Credette Filottete
di
non mancare al giuramento tacendo il luogo, e acc
nvece col piede. Ma allorchè le frecce ne furon tratte, cadutagli una
di
queste sol piede, incominciò egli a mandar tal fa
quali seco preso l’ aveano, perchè egli solo trattar sapeva le frecce
di
Ercole, furon costretti a lasciarlo in Lenno, dov
ne della guerra, e condotto a Troia vi fu guarito da Macaone figliuol
di
Esculapio. Mentre i Greci adunati in Aulide con m
on ottennero se non col sacrificio d’ Ifigenia, un serpente salito su
di
un vicin platano divorò otto uccellini nel lido,
o predetto dall’ oracolo, che il primo, il quale fosse sceso sul lido
di
Troia, sarebbe perito. Ciò gli altri ricusando, P
a guerra. Cagion della lite si fu, che essendo Venuto Crise sacerdote
di
Apollo per riscattare la figlia sua Astionome, no
iscattare la figlia sua Astionome, nota più comunemente sotto al nome
di
Criseide, la quale nella divisione della preda fa
quale nella divisione della preda fatta da’ Greci nella espugnazione
di
Crisa città della Frigia era toccata ad Agamennon
, perchè Agamenonne restituisse Criseide, come Calcante diceva essere
di
mestieri, Agamennone alteratamente dispose, che l
se egli pertanto nella sua tenda covando il suo sdegno, e protestando
di
non voler più combattere a favore de’ Greci, nè i
estando di non voler più combattere a favore de’ Greci, nè i consigli
di
Nestore e le preghiere di Ulisse valsero a rimuov
ombattere a favore de’ Greci, nè i consigli di Nestore e le preghiere
di
Ulisse valsero a rimuoverlo dal suo proponimento.
imuoverlo dal suo proponimento. Frattanto Paride e Menelao convennero
di
terminare la guerra con un duello alla presenza d
soccombesse, indusse il troiano Pandaro a scoccare uno strale contro
di
Menelao per disturbare il duello, e trasportò Par
Ettore malgrado la resistenza che i Greci, e soprattutto Aiace figlio
di
Telamone, vi opponevano, ebbero de’ grandi vantag
pur fosser le navi, che tratte in secca servivano al campo de’ Greci
di
trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroc
, che tratte in secca servivano al campo de’ Greci di trinceramento e
di
riparo. In questo mezzo Patroclo amico di Achille
e’ Greci di trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroclo amico
di
Achille, non potendolo indurre a riprender le arm
di Achille, non potendolo indurre a riprender le armi, chiese almeno
di
poter con quelle armi andar egli a combattere con
chiese almeno di poter con quelle armi andar egli a combattere contro
di
Ettore; ma ne fu ucciso e dell’ armi spogliato. A
rpo dietro il suo cocchio, tre volte lo trascinò d’ intorno alle mura
di
Troia, nè si arrese che a gran fatica a restituir
estituirlo al misero padre, che venne in persona a domandarlo. L’ ira
di
Achille, e i mali di che fu cagione a’ Greci in p
padre, che venne in persona a domandarlo. L’ ira di Achille, e i mali
di
che fu cagione a’ Greci in prima, indi a’ Troiani
mento del primo poema epico che sia apparso, vale a dire dell’ Iliade
di
Omero. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese i
i Omero. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese in isposa la figlia
di
lui Polissena; ma nell’ atto che celebravasi lo s
so invulnerabile in tutte le altre parti. Dice Ovidio, che la freccia
di
Paride fu là diretta da Apollo medesimo ad istanz
che la freccia di Paride fu là diretta da Apollo medesimo ad istanza
di
Nettuno al quale Achille aveva ucciso il figlio C
pure a’ dardi era impenetrabile. Grave battaglia per riavere il corpo
di
Achille insorse allora fra i Greci, ed i Troiani;
ed i Troiani; ma Ulisse recandoselo sulle spalle, difeso dallo scudo
di
Aiace, riuscì a portarlo nel campo de’ Greci, che
geo. Ma forte contesa poi nacque fra Ulisse ed Aiace per aver le armi
di
Achille, cui Tetide aveva posto in mezzo, perchè
cui Tetide aveva posto in mezzo, perchè fossero date al più degno; su
di
che non sapendo i Greci decidere, chiesero a’ Tro
danno, e avendo questi risposto Ulisse, le armi a lui furon date. Ma
di
ciò Aiace adirato ne venne sì furioso che ne perd
venne sì furioso che ne perde la ragione, e lanciatosi in una mandra
di
pecore si die a farne strage credendo di uccidere
, e lanciatosi in una mandra di pecore si die a farne strage credendo
di
uccidere Ulisse; e finalmente colla spada si trap
lta colà entrato insieme con Diomede, ne rapì il Palladio o simulacro
di
Palla le, sapendo esser destino che Troia non fos
presa finchè il Palladio conservasse, e menò prigioniero Eleno figlio
di
Priamo e vate, cui obbligò a svelare i futuri eve
Eleno figlio di Priamo e vate, cui obbligò a svelare i futuri eventi
di
Troia. E poichè era pure destino, che Troia fosse
E poichè era pure destino, che Troia fosse invincibile, se i cavalli
di
Reso venuto in soccorso di quella gustasser l’ er
che Troia fosse invincibile, se i cavalli di Reso venuto in soccorso
di
quella gustasser l’ erba de’ prati troiani, e bev
zichè giugnesse nella Troade; e posti amendue in agguato, lui ucciser
di
notte, e via condussero i cavalli. Ma lo stratage
, lui ucciser di notte, e via condussero i cavalli. Ma lo stratagemma
di
Ulisse più a Troia fatale fu in appresso l’ inven
di Ulisse più a Troia fatale fu in appresso l’ invenzione del cavallo
di
legno. Fece egli costruire da Epeo uno smisurato
rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi Greci. Finsero gli altri poi
di
partire abbandonando l’ assedio di Troia, e dietr
orosi Greci. Finsero gli altri poi di partire abbandonando l’ assedio
di
Troia, e dietro l’ isola di Tenedo si nascosero.
ri poi di partire abbandonando l’ assedio di Troia, e dietro l’ isola
di
Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di P
ia, e dietro l’ isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia
di
Priamo, che era per destino verace sempre e non c
n’ insidia e che doveva distruggersi. Invano pure Laocoonte Sacerdote
di
Apollo confermando la stessa cosa incominciò a sc
te di Apollo confermando la stessa cosa incominciò a scagliare contro
di
quello una lancia. In questo mentre, secondo Virg
istrutto da Ulisse, appostatamete erasi ascoso nelle paludi, fingendo
di
esser fuggito da’ Greci che voleano sacrificarlo.
che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci, onde placar lo sdegno
di
Pallade irritata per la violazion del Palladio, e
e Meneleo uccisero Deifobo, e via condussero Elena, che dopo la morte
di
Paride, il quale era educato per man di Pirro, a
sero Elena, che dopo la morte di Paride, il quale era educato per man
di
Pirro, a quello era stata data in isposa. Pirro e
a quello era stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella reggia
di
Priamo vi uccise Polite figlio di lui: indi Priam
Pirro entrato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite figlio
di
lui: indi Priamo stesso; e sacrificata Polissena
iglio di lui: indi Priamo stesso; e sacrificata Polissena sulla tomba
di
Achille, trasse prigioniera Andromaca vedova di E
Polissena sulla tomba di Achille, trasse prigioniera Andromaca vedova
di
Ettore. Gli altri tutti sparsi per le case e per
ando ridussero quella città già sì florida e sì possente a un mucchio
di
sassi e di cenere. Capo XIII. Del ritorno de’
ero quella città già sì florida e sì possente a un mucchio di sassi e
di
cenere. Capo XIII. Del ritorno de’ Greci, e sp
assi e di cenere. Capo XIII. Del ritorno de’ Greci, e spezialmente
di
Ulisse dopo la rovina di Troia. Superbi i Grec
XIII. Del ritorno de’ Greci, e spezialmente di Ulisse dopo la rovina
di
Troia. Superbi i Greci della loro vittoria più
tro. Pirro giunse in Tessaglia guidando seco prigionieri Eleno figlio
di
Priamo, e la vedova di Ettore Andromaca; ma dopo
ssaglia guidando seco prigionieri Eleno figlio di Priamo, e la vedova
di
Ettore Andromaca; ma dopo il ritorno di Menelao s
figlio di Priamo, e la vedova di Ettore Andromaca; ma dopo il ritorno
di
Menelao sposato avendo Ermione figlia di lui prom
ndromaca; ma dopo il ritorno di Menelao sposato avendo Ermione figlia
di
lui promessa innanzi ad Oreste, da questo fu ucci
di lui promessa innanzi ad Oreste, da questo fu ucciso. Aiace figlio
di
Oileo avendo nella presa di Troia osato violare C
Oreste, da questo fu ucciso. Aiace figlio di Oileo avendo nella presa
di
Troia osato violare Cassandra nel tempio di Palla
Oileo avendo nella presa di Troia osato violare Cassandra nel tempio
di
Pallade, la Dea irritata suscitò contro di esso u
olare Cassandra nel tempio di Pallade, la Dea irritata suscitò contro
di
esso una fiera burrasca, dalla quale ben fu campa
ntro di esso una fiera burrasca, dalla quale ben fu campaio per opera
di
Nettuno sopra lo scoglio Gireo, ma poi vantandosi
ampaio per opera di Nettuno sopra lo scoglio Gireo, ma poi vantandosi
di
aver saputo a dispetto degli Dei salvarsi da se m
i salvarsi da se medesimo, fu dallo stesso Nettuno sommerso con parte
di
quello scoglio, ch’ ei distaccò col tridente. Ido
ta con Merione, sorpreso anch’ egli dalla tempesta, fe voto a Nettuno
di
sacrificargli il primo che sopra il lido incontra
o ei dovette rifuggiarsi in Calabria nel paese de’ Salentini. Diodoro
di
Sicilia però asserisce, che egli morì tranquillam
nquillamente in Creta, e che anche a suo tempo mostravasi nella città
di
Gnosso la tomba, ov’ egli era sepolto in compagni
asi nella città di Gnosso la tomba, ov’ egli era sepolto in compagnia
di
Merione. In Calabria parimente si ridusse Filotte
ione. In Calabria parimente si ridusse Filottete, e vi fondò la città
di
Petilia, ora Belcastro. Teucro per non aver vendi
città di Petilia, ora Belcastro. Teucro per non aver vendicato contro
di
Ulisse la morte del fratello Aiace, arrivato a Sa
in aiuto del figlio Enea. Or Venere in vendetta fè che Egialea moglie
di
Diomede si desse in preda a Cillabaro figlio di S
fè che Egialea moglie di Diomede si desse in preda a Cillabaro figlio
di
Stenelo, il che Diomede sapendo in luogo di ferma
preda a Cillabaro figlio di Stenelo, il che Diomede sapendo in luogo
di
fermarsi nella patria Argo venne ad approdar nell
a Argo venne ad approdar nella Puglia, ove presa in moglie una figlia
di
Dauno, fondò presso il monte Gargano la città di
in moglie una figlia di Dauno, fondò presso il monte Gargano la città
di
Arpi o Siponto, e vi fu poi secondo alcuni ucciso
; sebbene Ovidio dice essere questo tramutamento avvenuto a’ compagni
di
lui, che sprezzarono l’ ire di Venere. Nestore fu
esto tramutamento avvenuto a’ compagni di lui, che sprezzarono l’ ire
di
Venere. Nestore fu il solo, che dopo avere sotto
l’ ire di Venere. Nestore fu il solo, che dopo avere sotto alle mura
di
Troia perduto il figlio Antiloco ucciso da Mennon
tornarsene a Pilo, ove secondo i poeti giunse felicemente al termine
di
tre età. Quegli invece, che più avversità ebbe a
rcarsi precipitosamente, perduti settantadue compagni. Giunto al capo
di
Malea or capo Malio nel Peloponneso, la tempesta
l Peloponneso, la tempesta il portò all’ isola de’ Lotofagi nel golfo
di
Gabes presso Tripoli, dove spediti avendo due com
ndato con dodici compagni a visitare nella sua grotta Polifemo figlio
di
Nettuno, questi gliene divorò sei con animo di di
grotta Polifemo figlio di Nettuno, questi gliene divorò sei con animo
di
divorar gli altri ancora, se non che Ulisse, prim
utti nell’ atto che Polifemo, tolto lo smisurato macigno, che serviva
di
uscio alla grotta, ne mandò fuori la greggia. Con
reggia. Con questo acciecamento però Ulisse concitò contro se l’ odio
di
Nettuno, che mai non cessò di perseguitarlo, finc
o però Ulisse concitò contro se l’ odio di Nettuno, che mai non cessò
di
perseguitarlo, finchè in Itaca non fu giunto. Rad
ciolsero l’ otre credendo che gran tesoro vi si contenesse, e i venti
di
là scoppiati riportarono le navi a Lipari, di dov
i contenesse, e i venti di là scoppiati riportarono le navi a Lipari,
di
dove Ulisse sdegnosamente da Eolo fu poi discacci
paese de’ Lestrigoni, che da Cicerone supponsi ove fu poscia la città
di
Formia, ora Mola di Gaeta. Erano costoro uomini s
, che da Cicerone supponsi ove fu poscia la città di Formia, ora Mola
di
Gaeta. Erano costoro uomini selvaggi, di smisurat
la città di Formia, ora Mola di Gaeta. Erano costoro uomini selvaggi,
di
smisurata grandezza ed antropofagi; i quali gli f
ta grandezza ed antropofagi; i quali gli fracassaron con una grandine
di
sassi undici navi e appena egli colla sua e coi c
secondo Esiodo, Aglio e Latino, e secondò altri Telegono, per ordine
di
lei medesima n’ andò a’ Cimmeri, che da Plinio po
ma n’ andò a’ Cimmeri, che da Plinio pongonsi presso a Cuma ed allago
di
Averno (benchè altri Cimmeri pur vi fossero press
rno (benchè altri Cimmeri pur vi fossero presso la Palude Meotide); e
di
là scese all’ inferno a consultar l’ anima del te
discorso con Agamennone e con Achille, ma Aiace dispettosamente negò
di
rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene di
ispettosamente negò di rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene
di
Tizio, di Tantalo, di Sisifo, e l’ immagine di Er
ente negò di rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene di Tizio,
di
Tantalo, di Sisifo, e l’ immagine di Ercole. Torn
rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene di Tizio, di Tantalo,
di
Sisifo, e l’ immagine di Ercole. Tornato a Circe,
udice Minosse; le pene di Tizio, di Tantalo, di Sisifo, e l’ immagine
di
Ercole. Tornato a Circe, e data sepoltura ad Elpe
zzogiorno si sottrasse all’ insidia del canto delle Sirene all’ isola
di
Capri, chiudendo a’ compagni le orecchie eoa cera
nave: schivò il mar burrascoso alle pietre erranti; passò lo stretto
di
Messina fra Scilla e Cariddi, ove Scilla colle se
l’ isola Gaulos, ora Gozo vicino a Malta, ove la Ninfa Calipso figlia
di
Atlante lo tenne per sette anni, e tentò di farse
e la Ninfa Calipso figlia di Atlante lo tenne per sette anni, e tentò
di
farselo marito promettendogli l’ immortalità e la
odo dice però ch’ ei n’ ebbe Nausitoo e Nausinoo. Pallade protettrice
di
Ulisse ottenne allora da Giove, che per mezzo di
Pallade protettrice di Ulisse ottenne allora da Giove, che per mezzo
di
Mercurio spedisse ordine a Calipso di rilasciarlo
allora da Giove, che per mezzo di Mercurio spedisse ordine a Calipso
di
rilasciarlo. Ma allorchè navigando prosperamente
ll’ isola. Quivi presentatosi nudo a Nausicaa figlia del re Alcinoo e
di
Arete, che colle ancelle era andata a lavare le v
lle ancelle era andata a lavare le vesti alfiume, ebbe da lei ristoro
di
cibo e dì vestimenta, e fu scortato alla città, o
evolmente far vendetta de’ Proci, i quali pretendendo forzar Penelope
di
lui moglie a sposare uno di loro, frattanto si di
roci, i quali pretendendo forzar Penelope di lui moglie a sposare uno
di
loro, frattanto si divoravano le sostanze di esso
lui moglie a sposare uno di loro, frattanto si divoravano le sostanze
di
esso, si trasformò in vecchio mendico. Sotto a qu
orci, ove essendo pur giunto il figlio Telemaco ritornato dal viaggio
di
Pilo e Sparla, ov’ era andato a cercar novelle di
tornato dal viaggio di Pilo e Sparla, ov’ era andato a cercar novelle
di
suo padre; Ulisse per ordine di Pallade a lui si
arla, ov’ era andato a cercar novelle di suo padre; Ulisse per ordine
di
Pallade a lui si manifestò, e presi seco gli oppo
ose a mendicare fra i Proci, dai quali sofferse pazientemente insulti
di
ogni maniera. Avendo poscia Penelope per ispirazi
mente insulti di ogni maniera. Avendo poscia Penelope per ispirazione
di
Pallade proposto a’ Proci di sposar quello, il qu
. Avendo poscia Penelope per ispirazione di Pallade proposto a’ Proci
di
sposar quello, il quale coll’ arco di Ulisse scag
ne di Pallade proposto a’ Proci di sposar quello, il quale coll’ arco
di
Ulisse scagliar sapesse uno strale attraverso ai
e coll’ arco di Ulisse scagliar sapesse uno strale attraverso ai fori
di
dodici scudi piantati a certa distanza, e non ess
i fori di dodici scudi piantati a certa distanza, e non essendo niuno
di
essi riuscito a tender quell’ arco, Ulisse, avuto
riuscito a tender quell’ arco, Ulisse, avutolo fra le mani col titolo
di
farne prova, incominciò col primo strale a passar
noo, e col terzo Eurimaco, ch’ erano i capi de’ Proci, e via seguendo
di
mano in mano cogli strali e colle aste recategli
hio Laerte suo padre; ed essendo là venuti per assalirlo Eupide padre
di
Antinoo con altri del suo partito, Laerte per con
pide padre di Antinoo con altri del suo partito, Laerte per consiglio
di
Pallade getto contro di essi la prima lancia con
n altri del suo partito, Laerte per consiglio di Pallade getto contro
di
essi la prima lancia con cui uccise Eupide, e dop
quanta uccisione degli altri, Pallade finalmente sotto alla sembianze
di
Mentore aio di Telemaco s’ interpose a far con es
e degli altri, Pallade finalmente sotto alla sembianze di Mentore aio
di
Telemaco s’ interpose a far con essi la pace. Sec
i Telemaco s’ interpose a far con essi la pace. Secondo la predizione
di
Tiresia, riportata da Omero, doveva quindi Ulisse
cio a Nettuno, vivuto sarebbe poscia in piena pace, e cessato avrebbe
di
vivere consunto mollemente dalla vecchiezza, ma a
ortora marina feri Ulisse senza conoscerlo. Capo XIV. Della venuta
di
Antenore, e Enea, in Italia. Dei capi de’ Troi
evole al partito dei Greci, perchè sempre consigliava la restituzione
di
Elena, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abit
isse con abito simulato da schiavo non lo manifestò: dopo l’ incendio
di
Troia partì cogli Eneti popoli della Paflagonia,
re loro Filemone e venuto all’ estremo dell’ Adriatico fondò la città
di
Padova, e discacciati gli Euganei diede alla prov
cacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti quello
di
Venezia. Enea figliuolo di Anchise, e di Venere e
alla provincia dal nome degli Eneti quello di Venezia. Enea figliuolo
di
Anchise, e di Venere e pronipote di Assarago, fra
dal nome degli Eneti quello di Venezia. Enea figliuolo di Anchise, e
di
Venere e pronipote di Assarago, fratello d’ Ilo r
quello di Venezia. Enea figliuolo di Anchise, e di Venere e pronipote
di
Assarago, fratello d’ Ilo re di Troia, fu anch’ e
o di Anchise, e di Venere e pronipote di Assarago, fratello d’ Ilo re
di
Troia, fu anch’ egli accusato da alcuni come trad
ia fu presa, dopo aver fatto secondo Virgilio quanto poteva in difesa
di
lei, allorchè vide Priamo ucciso, e la città in f
di lei, allorchè vide Priamo ucciso, e la città in fiamme, per ordine
di
Venere si prese sulle spalle il vecchio suo padre
do a mano il figlio Ascanio, parti seguito dalla moglie Creusa figlia
di
Priamo, che poi si smarrì, e andò a riamarsi ad A
dì una voce la quale gli annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio
di
Priamo, ucciso dal re Polinnestore per rapirne i
con cui Priamo l’ aveva a lui spedito. Aggiunge Ovidio, che la morte
di
Polidoro era stata poi vendicata da Ecuba percioc
stata poi vendicata da Ecuba perciocchè essendo i Greci dopo la presa
di
Troia approdati in Tracia, ove sacrificarono Poli
Polissena (che però altri dicono sacrificata da Pirro sopra la tomba
di
Achille), Ecuba accostatasi al mare per lavarne i
l cadavere del figlio Polidoro, e chiamato a se Polinnestore a titolo
di
consegnarli un nuovo tesoro da dare al figlio, de
di consegnarli un nuovo tesoro da dare al figlio, del quale dissimulò
di
sapere la morte, furiosamente, a lui avventandosi
aevan l’ origine; il che essendo interpetrato da Anchise per l’ isola
di
Creta, da cui oriundo era Teucro, Enea là si dire
, cui disse Pergamea. Ma sopravvenuta una fiera pestilenza, apparvero
di
notte ad Enea gli Dei Penati, avvisandolo che la
ndicata da Apollo era l’ Italia, da cui origine traeva Dardano nativo
di
Conto ora Cortona, fondatore della città Dardania
e Strofadi, ora Strivali, ove inquietato fu dalle Arpie, o Celeno una
di
queste predissegli che non avrebbe avuto seggio i
ò a Butroto, ora Batrinto porto dell’ Epiro, ove regnava Eleno figlio
di
Priamo con Andromaca vedova di Ettore, che egli a
dell’ Epiro, ove regnava Eleno figlio di Priamo con Andromaca vedova
di
Ettore, che egli aveva sposata dopo la morte di P
con Andromaca vedova di Ettore, che egli aveva sposata dopo la morte
di
Pirro. Accolto quivi con gran tripudio, ebbe da E
o quivi con gran tripudio, ebbe da Eleno, che era pur vate, l’ avviso
di
non approdare a’ vicini lidi della Calabria e del
i lidi della Calabria e della Puglia, perchè erano abitati dai Greci,
di
non fidarsi a passar lo stretto troppo pericoloso
idarsi a passar lo stretto troppo pericoloso fra Scilla e Cariddi, ma
di
circondar la Sicilia, di consultar poscia in Ital
o troppo pericoloso fra Scilla e Cariddi, ma di circondar la Sicilia,
di
consultar poscia in Italia la Sibilla Cumea, e fe
nsultar poscia in Italia la Sibilla Cumea, e fermarsi, dove alla riva
di
un fiume veduto avrebbe, una candida Troia con tr
eco Achemenide, cui Virgilio fìnge dimenticalo da Ulisse nella grotta
di
Polifemo, e che pregò di essere da lui raccolto.
lio fìnge dimenticalo da Ulisse nella grotta di Polifemo, e che pregò
di
essere da lui raccolto. Al tempo medesimo sopravv
udendo il trambusto de’ remi inseguì a piedi le navi per lungo tratto
di
mare, che non gli oltrepassava il ginocchio. Appr
ove fu accolto amorevolmente dal re Aceste figlio del fiume Crinise e
di
Egesta Troiana, ma ivi con estremo rammarico perd
esta gettalo ai lidi della Libia, ove dice Virgilio che Didone vedova
di
Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re di Tir
gilio che Didone vedova di Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re
di
Tirto, il quale ucciso aveale il marito, approdat
arito, approdata era non molto innanzi, e ottenuto dal re Jarba tanto
di
terra quanto ne potesse cingere con un cuojo di b
to dal re Jarba tanto di terra quanto ne potesse cingere con un cuojo
di
bue, e tagliato questo in sottilissime liste, tan
issime liste, tanto spazio ne circondò, che potè fabbricarvi la città
di
Cartagine. Accolse ella Enea piacevolmente, e di
fabbricarvi la città di Cartagine. Accolse ella Enea piacevolmente, e
di
ardentissimo amore per lui si accese. Ma Jarba, f
volmente, e di ardentissimo amore per lui si accese. Ma Jarba, figlio
di
Giove e della Ninfa Garamantide, che era stato pr
iutato, ricorse al padre, il quale spedì Mercurio ad intimare ad Enea
di
lo sto partir per l’ Italia, ove chiamavalo il de
on preghiere, e con interporre l’ opera della sorella Anna, sforzossi
di
trattenerlo, finchè vedendolo già partito, sul ro
vedendolo già partito, sul rogo che avea fatto disporre col pretesto
di
un magico sacrificio per richiamarlo, ivi si ucci
da che Enea avea lasciato. Tutto questo però non è che un’ invenzione
di
Virgilio, poichè Didone secondo gli storici visse
Virgilio, poichè Didone secondo gli storici visse trecento anni dopo
di
Enea e si uccise anzi per conservar la fede a Sic
a. Da’ venti contrari fu Enea costretto a ritornare in Sicilia presso
di
Aceste, ove correndo l’ anniversario della morte
in Sicilia presso di Aceste, ove correndo l’ anniversario della morte
di
Anchise, celebrò solennemente i giuochi funebri i
lla morte di Anchise, celebrò solennemente i giuochi funebri in onore
di
lui. Intanto Giunone nemico implacabile dei Troja
e nemico implacabile dei Trojani spedì Iride, che’ sotto al sembiante
di
Beroe una delle Troiane insinuò alle altre di dar
che’ sotto al sembiante di Beroe una delle Troiane insinuò alle altre
di
dar fuoco alle navi, onde non essere più costrett
nde non essere più costrette ad esporsi a’ rischi del mare, e quattro
di
queste rimasero incendiate, il fuoco dell’ altre
a pioggia mandata da Giove. Allora il vecchio Naute consigliò ad Enea
di
lasciare in Sicilia presso di Aceste le donne e i
lora il vecchio Naute consigliò ad Enea di lasciare in Sicilia presso
di
Aceste le donne e i vecchi, e seco guidare in Ita
Anchise in sogno, Enea fondò per quelli una città, cui diede il nome
di
Acesta. Partito alla volta d’ Italia perdette il
suo nome fu detto poi Palinuro. Giunto a Cuma, seguendo il consiglio
di
Eleno presentossi alla Sibilla Deifobe, e secondo
o da presentarsi a Proserpina, e questo gli fu mostrato dalle colombe
di
Venere. Intanto Mise trombettiere di Enea sonando
to gli fu mostrato dalle colombe di Venere. Intanto Mise trombettiere
di
Enea sonando la conca marina era stato per invidi
to in mare; Enea datagli sepoltura sotto al promontorio, che dal nome
di
lui appellò Miseno, scese colla Sibilla sotterra,
cese colla Sibilla sotterra, entrando per una spelonca vicino al lago
di
Averno. Trapassati i mostri ch’ erano sull’ ingre
o sull’ ingresso, giunse al fiume Acheronte, cui tragittò sulla barca
di
Caronte, mostra to ad esso il ramo d’ oro; poi ad
la via de’ campi Elisi, ove additate gli furono, da Anchise le anime
di
quelli che dovevano da lui discendere fino a Marc
anime di quelli che dovevano da lui discendere fino a Marcello nipote
di
Augusto. Uscito dall’ inferno, e rimbarcatosi per
ta da Eleno; e avendo a caso sull’ erba stese larghe focacce in luogo
di
mense, poichè Ascanio avvertì, che mangiato il re
e il vaticinio dell’ arpia Celeno. Spedì adunque Oratorio a Latino re
di
Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo di Faun
que Oratorio a Latino re di Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo
di
Fauno suo padre di dover dare la figlia Lavinia a
no re di Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo di Fauno suo padre
di
dover dare la figlia Lavinia ad uno straniero, ch
Fauno suo padre di dover dare la figlia Lavinia ad uno straniero, che
di
lontano paese sarebbe là giunto, ad Enea spontane
oglie del re Latino a nasconder la figlia ne’ monti sotto il pretesto
di
celebrale le orgie di Bacco; poi infiammò alla gu
nasconder la figlia ne’ monti sotto il pretesto di celebrale le orgie
di
Bacco; poi infiammò alla guerra Turno figlio di D
di celebrale le orgie di Bacco; poi infiammò alla guerra Turno figlio
di
Dauno re de’ Rutoli, al quale Lavinia era stata i
stata innanzi promessa; e finalmente fece che Ascanio coll’ uccisione
di
un cervo allevato da Tirteo pastore del re desse
ime zuffe tra i Latini e i Troiani. Dichiarata la guerra, Turno cercò
di
trarre al suo partito quanti potè de’ principi de
quali Mezenzio, che per le sue crudeltà era stato cacciato dal regno
di
Etruria; ed Enea per consiglio avuto in sogno dal
fiume Tevere, n’ andò per esso a chiedere soccorso ad Evandro figlio
di
Mercurio e di Carmenta o Nicostrata, il quale, co
n’ andò per esso a chiedere soccorso ad Evandro figlio di Mercurio e
di
Carmenta o Nicostrata, il quale, come si è detto,
rcurio e di Carmenta o Nicostrata, il quale, come si è detto, partito
di
Arcadia per avervi digraziatamente ucciso il padr
l colle Palatino. Evandro gli diè suo figlio Pallante con una schiara
di
Arcadi, e il consigliò di ricorrere a’ Tirreni, i
gli diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi, e il consigliò
di
ricorrere a’ Tirreni, i quali, espulso Mezenzio,
are nel regno, Turno frattanto avvisato da Giunone per mezzo d’ iride
di
profittar dell’ assenza di Enea, assalì la piccol
nto avvisato da Giunone per mezzo d’ iride di profittar dell’ assenza
di
Enea, assalì la piccola città, dove Enea aveva la
ò all’ altra sponda. I due amici Niso, ed Eurialo uscirono coraggiosi
di
notte per recare di queste cose l’ avviso ad Enea
I due amici Niso, ed Eurialo uscirono coraggiosi di notte per recare
di
queste cose l’ avviso ad Enea, ma entrambi rimase
o effigiate le future imprese de’ Latini e de’ Romani, e segnatamente
di
Augusto. Giunto che fu cogli Arcadi e co’ Tirreni
ia, in cui Turno uccise Pattante, Enea uccise Mezenzio e Lauso figlio
di
lui, e Giunone temendo per Turno, gli presentò un
di lui, e Giunone temendo per Turno, gli presentò una falsa immagine
di
Enea, cui egli inseguendo fino ad una nave a ciò
ui appiccossi altra battarglia, ove Camilla regina de’ Volsci, figlia
di
Metabo, venula in soccorso di Turno, fu uccisa da
, ove Camilla regina de’ Volsci, figlia di Metabo, venula in soccorso
di
Turno, fu uccisa dal toscano Arunte, e questi fu
, fu uccisa dal toscano Arunte, e questi fu poi trafitto da Opi Ninfa
di
Diana, alla quale Camilla era consagrata, Enea in
oltrandosi venne a porre l’ assedio a Laurento, Turno allora si offrì
di
decider la guerra con un duello. Questo ad istanz
allora si offrì di decider la guerra con un duello. Questo ad istanza
di
Giunone fu disturbato dalla ninfa Giuturna sorell
esto ad istanza di Giunone fu disturbato dalla ninfa Giuturna sorella
di
Turno, che mosse Tolunnio a scagliarsi contro a’
Troiani, onde la battaglia si fece generale. Enea in questa è ferito
di
saetta in una gamba, e sanato da Venere. Tornato
saetta in una gamba, e sanato da Venere. Tornato al campo va in cerca
di
Turno, cui Giuturna, presa la forma del cocchiere
ampo va in cerca di Turno, cui Giuturna, presa la forma del cocchiere
di
lui conduce in tutt’ altra parte. Enea appressa l
a pace coi Latini sposò Lavinia, che fabbricò una città, cui dal nome
di
essa chiamò Lavinia, e che Venere dopo tre anni a
o, che edificò Alba, e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie
di
re scese da lui Numitore padre d’ Ilia o Rea Silv
e di re scese da lui Numitore padre d’ Ilia o Rea Silvia sacerdotessa
di
Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacque poi R
a, dalla quale congiunta a Marte nacque poi Romolo, e Remo, fondatori
di
Roma, di cui si è detto nella I. parte al capo VI
quale congiunta a Marte nacque poi Romolo, e Remo, fondatori di Roma,
di
cui si è detto nella I. parte al capo VI. App
aos il trasse il Dio della natura e ne formò il Mondo. Sotto al regno
di
Saturno fiori l’ età dell’ oro, in cui la terra t
, in cui la terra tutto producea da se medesima. Venne sotto al regno
di
Giove l’ età dell’ argento, in cui egli costrinse
ella quale inondarono tutt’ i vizi, Da questi irritato Giove delibera
di
sommerger la terra con un diluvio universale. Sce
un diluvio universale. Scende egli prima per visitarla, e Licaone re
di
Arcadia avendogli imbandito a cena, per farne pro
e re di Arcadia avendogli imbandito a cena, per farne prova, le carni
di
un ostaggio de’ Molossi, è da lui convertito in u
del Sole è fulminato da Giove e precipitato nell’ Eridano; le sorelle
di
lui son mutate in pioppi, e Cigno di lui cugino i
pitato nell’ Eridano; le sorelle di lui son mutate in pioppi, e Cigno
di
lui cugino in cigno. Parte I. Capo IX. Calisto è
ll’ orsa maggiore, e minore. Parte I. Capo XI. Il corvo avvisa Apollo
di
aver veduta Coronide figlia di Flegia col giovane
rte I. Capo XI. Il corvo avvisa Apollo di aver veduta Coronide figlia
di
Flegia col giovane Ischi. Egli uccide Coronide, e
li uccide Coronide, e le trae dal seno Esculapio. Il corvo è cangiato
di
bianco in nero. Parte I. Capo X. Coronide figlia
corvo è cangiato di bianco in nero. Parte I. Capo X. Coronide figlia
di
Coroneo è trasformata in cornacchia, Nittimene in
io nasce mezz’ uomo, e mezzo serpente. Parte I. Capo V. Ociroe figlia
di
Chirone è mutata in cavalla. Parte II. Capo VII.
e è mutata in cavalla. Parte II. Capo VII. Batto è cangiato in pietra
di
paragone. Parte I. Capo XII. Aglauro figlia di Ce
o è cangiato in pietra di paragone. Parte I. Capo XII. Aglauro figlia
di
Cecrope è mutata in nera pietra. Parte I. Capo XI
denti da cui nascono uomini armati. Parte II. Capo IV. Atteone nipote
di
Cadmo è cangiato in cervo. Parte I. Capo XI. Seme
nipote di Cadmo è cangiato in cervo. Parte I. Capo XI. Semele figlia
di
Cadmo è da un fulmine incenerita; Giove n’ estrae
e col bastone e diventa donna. Rivedendoli otto anni dopo li percuote
di
nuovo, e ritorna uomo. Nata contesa fra Giove, e
quale de’ due sessi provi piacer maggiore, la decide contro il parer
di
Giunone, che sia maggiore quello della femmina. G
o il parer di Giunone, che sia maggiore quello della femmina. Giunone
di
ciò irrirata l’ accieca, e Giove in compenso gli
al sorprender Giove nelle sue tresche amorose ne aveva avuto per pena
di
non poter più che ripetere le ultime parole altru
più che ripetere le ultime parole altrui. Essendosi poscia innamorata
di
Narciso, e veggendosi da lui fuggita, ne morì di
si poscia innamorata di Narciso, e veggendosi da lui fuggita, ne morì
di
rammarico, e fu convertita in rupe, che ancor rit
di rammarico, e fu convertita in rupe, che ancor ritiene la proprietà
di
replicare le ultime voci che la percuotono. 1 cor
la proprietà di replicare le ultime voci che la percuotono. 1 corsari
di
Tiro sono da Bacco mutati in delfini salvo Acete.
amate, per una fessura del muro che divideva le case loro, concertano
di
trovarsi la notte sotto un gelso presso al sepolc
ro, concertano di trovarsi la notte sotto un gelso presso al sepolcro
di
Nino. Tisbe è la prima a recarvisi; ma spaventata
la prima a recarvisi; ma spaventata da una lionessa, che fatta strage
di
buoi veniva a bere al vicin fonte, sen fugge lasc
sen fugge lasciando ivi il suo velo. Questo dalla lionessa è lordalo
di
sangue. Piramo sopraggiunto, vedendo il velo di T
la lionessa è lordalo di sangue. Piramo sopraggiunto, vedendo il velo
di
Tisbe insanguinato la crede divorata dalle fiere,
a ninfa Salmace in una fonte della Caria abbraccia Ermafrodito figlio
di
Mercurio e di Venere, e prega gli Dei di non esse
e in una fonte della Caria abbraccia Ermafrodito figlio di Mercurio e
di
Venere, e prega gli Dei di non esserne mai disgiu
abbraccia Ermafrodito figlio di Mercurio e di Venere, e prega gli Dei
di
non esserne mai disgiunta. Questi uniscono i due
esserne mai disgiunta. Questi uniscono i due corpi in un solo fornito
di
ambi i sessi. Alcitoe, Leuconoe, e le sorelle fig
solo fornito di ambi i sessi. Alcitoe, Leuconoe, e le sorelle figlie
di
Mineo sprezzando Bacco sono cangiate in pipistrel
mione e Armonia son tramutati in serpenti. Parte II. Capo V. Le gocce
di
sangue cadute dalla testa di Medusa sopra la Libi
in serpenti. Parte II. Capo V. Le gocce di sangue cadute dalla testa
di
Medusa sopra la Libia divengon tanti serpenti. Pa
te. Parte II. Capo III. Le piante marine, su cui Perseo posa la testa
di
Medusa, son convertile in coralli. Parte II. Capo
a di Medusa, son convertile in coralli. Parte II. Capo III. I capelli
di
Medusa erano stati da Pallade mutati in serpenti,
i Medusa erano stati da Pallade mutati in serpenti, perchè nel tempio
di
Pallade ella si era data a Nettuno convertito in
precipita dalla loggia e si ammazza. Parte I. Capo X. Le nove figlie
di
Piero sfidano le Muse al cauto, e son mutate in p
cauto, e son mutate in piche. Parte II. Capo X. Gli Dei nella guerra
di
Tifeo con Giove si trasformano in vari animali, e
tto. Parte I. Capo III. La ninfa Ciane volendosi opporre al rapimento
di
Proserpina è mutata in fonte. Parte I. Capo XIX.
nell’ arte del tessere, ed è mutalo in ragno. Parie. I. Capo V. Gara
di
Nettuno con Pallade per dar il nome ad Atene. Par
Emo e Rodope sono cangiati in monti, Pigmea in grue, Antigone figlia
di
Laomedonte in cicogna, le figlie di Cinira ne’ gr
, Pigmea in grue, Antigone figlia di Laomedonte in cicogna, le figlie
di
Cinira ne’ gradi del tempio di Giunone. Parte I C
ia di Laomedonte in cicogna, le figlie di Cinira ne’ gradi del tempio
di
Giunone. Parte I Capo V. Varie trasformazioni di
ne’ gradi del tempio di Giunone. Parte I Capo V. Varie trasformazioni
di
Giove, Nettuno, Apollo, Bacco, e Saturno. Parte I
è scorticato da Apollo. Parte I. Capo X. A Pelope risuscitato è fatta
di
avorio la spalla, che Cerere avea mangiata. Parte
. Capo XVIII. Giasone va alla conquista del Vello d’ oro; coll’ aiuto
di
Medea doma i tori spiranti fiamme, addormenta il
rmenta il drago ec. Parte II. Capo VII. Medea richiama Esone all’ età
di
quarant’ anni. Parte II. Capo VII. Bacco da esso
Per uccider Pelia Medea finge odio con Giasone, persuade alle figlie
di
Pelia di uccidere il padre e farlo cuocere in una
der Pelia Medea finge odio con Giasone, persuade alle figlie di Pelia
di
uccidere il padre e farlo cuocere in una caldaia,
elia di uccidere il padre e farlo cuocere in una caldaia, promettendo
di
ringiovanirlo, poi sovra un carro tirato da dragh
cangiato dalle Ninfe in uno scarabeo. Parte II. Capo I. Tioneo figlio
di
Bacco sul monte Ida rapisce un giovenco: è insegu
a in cagna. Questa dìcesi che poi divenisse la cagna d’ Icario figlio
di
Ebalo, e che avendo certi pastori dell’ Attica uc
oro avea dato, credettersi avvelenati. Mera indicò ad Erigione figlia
di
lui il luogo ov’ era sepolto; e questa per dolore
ssi a morte; che una festa in seguito s’ istituì ad onore d’ Icario e
di
Erigone, e si disse finalmente, che Icario era st
si disse finalmente, che Icario era stato portato in cielo nel segno
di
Boote, Erigone in quello della Vergine, e Mera in
in quello della Vergine, e Mera in quello elei la canicola. Le donne
di
Euripilo sono cangiate in vacche. Parte II. Capo
pilo sono cangiate in vacche. Parte II. Capo II. I Telchini abitatori
di
Laliso città di Rodi, che affascinavano altrui co
te in vacche. Parte II. Capo II. I Telchini abitatori di Laliso città
di
Rodi, che affascinavano altrui co’ loro occhi, so
o’ loro occhi, sono da Giove mutati in iscogli sottomarini. La figlia
di
Alcidamante in Cartea città dell’ isola Cea è tra
n Cartea città dell’ isola Cea è trasformata in colomba. Cigno figlio
di
Apollo e di Iride, amato da Fillio, dopo aver mil
tà dell’ isola Cea è trasformata in colomba. Cigno figlio di Apollo e
di
Iride, amato da Fillio, dopo aver mille cose da l
amato da Fillio, dopo aver mille cose da lui ottenuto, pretende pure
di
aver un toro che Fillio gli ricusa; per dispetto
o si getta da una rupe, ed è convertito in cigno. La madre si strugge
di
dolore, e diventa un lago. Comba figlia di Ofio,
cigno. La madre si strugge di dolore, e diventa un lago. Comba figlia
di
Ofio, perseguitata a morte da’ figli, è cangiata
Un nipote del fiume Cefiso da Apollo è cangiato in foca. Anteo figlio
di
Eumelo re di Patrasso ascende il cocchio di Tritt
fiume Cefiso da Apollo è cangiato in foca. Anteo figlio di Eumelo re
di
Patrasso ascende il cocchio di Trittolemo, e n’ è
ato in foca. Anteo figlio di Eumelo re di Patrasso ascende il cocchio
di
Trittolemo, e n’ è precipitato. Parte I. Capo XVI
osse, ed è cangiato in mulacchia. Parte II. Capo IX. Essendo l’ isola
di
Egina spopolata dalla peste mandata da Giunone, E
isola di Egina spopolata dalla peste mandata da Giunone, Eaco figlio
di
Giove e di Egina a lui ricorre, e veggendo al pie
gina spopolata dalla peste mandata da Giunone, Eaco figlio di Giove e
di
Egina a lui ricorre, e veggendo al piede di una q
e, Eaco figlio di Giove e di Egina a lui ricorre, e veggendo al piede
di
una quercia gran quantità di formiche gli chiede
Egina a lui ricorre, e veggendo al piede di una quercia gran quantità
di
formiche gli chiede di avere altrettanti uomini,
veggendo al piede di una quercia gran quantità di formiche gli chiede
di
avere altrettanti uomini, Giove gli cangia quelle
iò vengon da Eaco nominati Mirmidoni da myrmex formica. Scilla figlia
di
Niso recide al padre un crine purpureo, cui era a
di Niso recide al padre un crine purpureo, cui era annesso il destino
di
Megara, per darlo a Minosse. Ella è cangiata in l
ta in lodola, e Niso in avoltoio. Parte II. Cap. VIII. Perdice nipote
di
Dedalo è da lui ucciso, e da Minerva cambiato in
tesso; il figlio Icaro cade in mare. Parte II, Capo VIII. Altea madre
di
Meleagro con lui sdegnata rimette sul fuoco il ti
eagro con lui sdegnata rimette sul fuoco il tizzone, al quale la vita
di
lui era annessa, ed ei muore consunto da interna
ed ei muore consunto da interna arsura. Parte I. Capo XI. Le sorelle
di
Meleagro piangendo la morte di lui sono cangiate
a arsura. Parte I. Capo XI. Le sorelle di Meleagro piangendo la morte
di
lui sono cangiate da Diana negli uccelli meleagri
ad Acheloo, è dal padre precipitata in mare, e da Nettuno ad istanza
di
Acheloo cangiata in un’ isola vicina ab l’ Echina
rigettati dagli altri, sono accolti amorevolmente da Filemone e Bauci
di
lui moglie. In ricompensa, condottili sopra di un
te da Filemone e Bauci di lui moglie. In ricompensa, condottili sopra
di
un colle, fan loro vedere il paese inospitale can
e il paese inospitale cangiato in palude, e il lor tugurio in tempio,
di
cui si fan Sacerdoti; e giunti a decrepitezza, br
mpio, di cui si fan Sacerdoti; e giunti a decrepitezza, bramando essi
di
non sopravvivere l’ uno all’ altra, son trasforma
one in elee, e Bauci in tiglio. Erisittone per aver tagliato il bosco
di
Cerere è tormentato dalla fame. Metra sua figlia,
cangiate in loto. Parte I. Capo XVI. Giolao figlio d’ Ificlo e nipote
di
Ercole ad istanza di lui è da Ebe restituito alla
te I. Capo XVI. Giolao figlio d’ Ificlo e nipote di Ercole ad istanza
di
lui è da Ebe restituito alla giovinezza. Parte II
da Ebe restituito alla giovinezza. Parte II. Capo II. Alcmeone figlio
di
Anfìarao uccide la madre Erifile; è agitato dalle
da’ cognati, è vendicalo da’ figli. Parte II. Capo VI. Bibli, figlia
di
Mileto e di Circe figlia del fiume Meandro, s’ in
, è vendicalo da’ figli. Parte II. Capo VI. Bibli, figlia di Mileto e
di
Circe figlia del fiume Meandro, s’ innamora di Ca
li, figlia di Mileto e di Circe figlia del fiume Meandro, s’ innamora
di
Cauno suo fratello gemello, e quest’ amore incest
andonando la patria. Bibli ne corre in traccia, e non trovandolo muor
di
dolore in Caria, e dalle ninfe Lelegeidi è cangia
in Caria, e dalle ninfe Lelegeidi è cangiata in fonte. Litto in Festo
di
Creta esige promessa da Teletusa sua moglie, che
tava per iscoprirsi all’ occasione che Ifi sposar doveva Jante figlia
di
Teleste; ma Teletusa ottiene da Iside, che sia re
ll’ inferno per ricuperare Euridice. Parte II. Capo VII. Letea moglie
di
Oleno, preferendosi in beltà alle Dee, è cangiata
a parte vuol essere della pena. Il giovane Cisso saltando nelle feste
di
Bacco cade in una profonda fossa, ed è mutato in
nvertiti in tori. Parte I. Capo VIII. Pigmalione scultore s’ innamora
di
una sua statua, chiede a Venere che sia animata,
animata, e l’ ottiene; da essa nasce Pafo, che dà il nome alla città
di
Pafo. Mirra figlia di Cinira s’ innamora del padr
; da essa nasce Pafo, che dà il nome alla città di Pafo. Mirra figlia
di
Cinira s’ innamora del padre; è trasformata nell’
un cignale, e cangiato in anemone. Parte I Capo VIII. Atalanta figlia
di
Scheneo ricusa di unirsi ad alcuno, che lei non v
iato in anemone. Parte I Capo VIII. Atalanta figlia di Scheneo ricusa
di
unirsi ad alcuno, che lei non vinca nel corso, po
accoglierli, riesce a precorrerla. Ma ingrato poi dimostrandosi verso
di
Venere, e da lei sospinto ad accoppiarsi con Atal
giato in leone, e Atalanta in leonessa. Le donne dei Ciconi assassine
di
Orfeo sono da Bacco mutate in piante, e un serpen
a Apolline mutato in Sasso. Parte II. Capo VII. Mide ottiene da Bacco
di
cangiare in oro tutto ciò ch’ egli tocca. Parte I
Apollo e Nettuno del prezzo convenuto per l’ edificazione delle mura
di
Troia. Nettuno manda un mostro marino, a cui Laom
Laormedonte, e dà Esione al socio Telamone. Parte, II. Capo II. Nozze
di
Peleo e Tetide. Parte I. Cap. XVII. Chione figlia
. Capo II. Nozze di Peleo e Tetide. Parte I. Cap. XVII. Chione figlia
di
Dedalione è trafitta da Diana; Dedalione si preci
a in mare, ed è cangialo in uno sparviero, Parte I. Capo XI. Ceice re
di
Trachine figlio di Fosfora va a consultar l’ orac
gialo in uno sparviero, Parte I. Capo XI. Ceice re di Trachine figlio
di
Fosfora va a consultar l’ oracolo, di Ciato, prom
XI. Ceice re di Trachine figlio di Fosfora va a consultar l’ oracolo,
di
Ciato, promettendo alla moglie Alcione di tornar
va a consultar l’ oracolo, di Ciato, promettendo alla moglie Alcione
di
tornar fra due mesi. Naufraga nel ritorno, e il s
mare. Gli Dei mossi a pietà cangiano amendue in Alcioni. Esaco figlio
di
Priamo e di Alessiroe ama non riamato la ninfa Ep
i mossi a pietà cangiano amendue in Alcioni. Esaco figlio di Priamo e
di
Alessiroe ama non riamato la ninfa Eperie. Mentre
sostituzione della cerva in suo luogo. Parte II. Capo XI. Cene figlia
di
Elato ottien da Nettuno di essere cangiata in mas
suo luogo. Parte II. Capo XI. Cene figlia di Elato ottien da Nettuno
di
essere cangiata in maschio. È uccisa dai Centauri
è trafitto da Ercole. Parte II. Capo II. Achille uccide Cigno figlio
di
Nettuno, questi eccita, Apollo a dirigere contro
cide Cigno figlio di Nettuno, questi eccita, Apollo a dirigere contro
di
esso lo strale di Paride. Parte II. Capo XI. Aiac
di Nettuno, questi eccita, Apollo a dirigere contro di esso lo strale
di
Paride. Parte II. Capo XI. Aiace proposto ad Ulis
Parte II. Capo XI. Aiace proposto ad Ulisse nella contesa per le armi
di
Achille, furioso si uccide, e dal suo sangue spun
dei giacinti. Parte II. Capo XI. Ecuba accieca Polinnestore uccisore
di
Polidoro ed è cangiata in cagna. Parte II. Capo X
son convertiti negli uccelli mennonidi. Parte II. Capo XII. Le figlie
di
Anio ottengon da Bacco di cangiare tutto quello c
li mennonidi. Parte II. Capo XII. Le figlie di Anio ottengon da Bacco
di
cangiare tutto quello che toccano in frumento, ol
e da Galatea cangiato in fiume. Parte I. Capo XVII. Glauco al mangiar
di
cert’ erba balzando in mare è fatto Dio marino. P
da esso invitata a domandare tutto ciò ch’ ella brama. Preso un pugno
di
arena, gli chiede di poter vivere tanti anni, qua
mandare tutto ciò ch’ ella brama. Preso un pugno di arena, gli chiede
di
poter vivere tanti anni, quante sono le arene che
e tanti anni, quante sono le arene che tiene in mano, ma si dimentica
di
chieder pure di non invecchiare. Non avendo adunq
ante sono le arene che tiene in mano, ma si dimentica di chieder pure
di
non invecchiare. Non avendo adunque voluto corris
i non invecchiare. Non avendo adunque voluto corrispondere all’ amore
di
Apollo ottiene bensì la longevità, ma arriva a ta
za, che consunto tutto il corpo, non ne riman che la voce. I compagni
di
Ulisse vengon da Circe cangiati in porci; Pico re
giati in porci; Pico re del Lazio è mutato in picchio, Canente moglie
di
lui è disciolta in aura. Parte I. Capo IX. I comp
nente moglie di lui è disciolta in aura. Parte I. Capo IX. I compagni
di
Diomene, Acmone, Lico, Ida, Retenore, Nitteo ed A
mene, Acmone, Lico, Ida, Retenore, Nitteo ed Abante sprezzando l’ ire
di
Venere sono cangiati in bianchi uccelli simili ai
sultando la Ninfe con ingiuriose parole è mutato in oleastro. Le navi
di
Enea incendiate da Turno sono da Cibele cangiate
al ritorno è petrificata da Nettuno. Parte II. Capo XII. Ardea patria
di
Turno dopo la morte di lui è incendiata da Enea,
a da Nettuno. Parte II. Capo XII. Ardea patria di Turno dopo la morte
di
lui è incendiata da Enea, e n’ escono gli uccelli
Ifi ama Anassarete, e da lei sprezzato si appicca innanzi alla porta
di
lei medesima. Quando è portato alla sepoltura, el
faccia alla, finestra a mirarlo, ed è cangiata in sasso. Nella guerra
di
Tito Tazio re dei Sabini contro di Roma, Terpea a
è cangiata in sasso. Nella guerra di Tito Tazio re dei Sabini contro
di
Roma, Terpea apre al Sabini, una porta; Venere ot
acque diventino bollenti, e i Sabini ne sono respinti. Miscelo figlio
di
Alemone Argivo, da Ercole in sogno è avvisatoci a
o l’ Esare fabbrica Taranto, cui dà questo nome dal’ vicino, sepolcro
di
Tarante figlio di Nettuno. Pittagora narra essere
a Taranto, cui dà questo nome dal’ vicino, sepolcro di Tarante figlio
di
Nettuno. Pittagora narra essere l’ anima di Eufor
epolcro di Tarante figlio di Nettuno. Pittagora narra essere l’ anima
di
Euforbo troiano ucciso da Menelao in lui trasmigr
a. Ippolito risuscitato da Esculapio è trasportato da Diana nel bosco
di
Aricia, e venerato quivi sotto il nome di Virbio.
sportato da Diana nel bosco di Aricia, e venerato quivi sotto il nome
di
Virbio. Nel medesimo bosco si ritira la Ninfa Epe
a zolla pesante, cui vede cangiarsi in fanciullo, al quale dà il nome
di
Trage; e questi, divien poi ivi il primo maestro
l nome di Trage; e questi, divien poi ivi il primo maestro dell’ arte
di
predire il futuro. Un’ asta scagliata da Romolo s
e proclamato Re. Egli invece convocato il senato ed il popolò domanda
di
esser escludo da Roma, ed in compenso gli viene a
da Roma, ed in compenso gli viene assegnato quanto terreno può cinger
di
un solco dal nascere al tramontare del sole. Escu
n solco dal nascere al tramontare del sole. Esculapio sotto la figura
di
serpente e condotto da Epidauro a Roma, e la libe
oglie l’ anima, e la porta in cielo, dove si manifesta sotto la forma
di
una cometa. Appendice. Origine dell’ idolatria
llustri. Questo culto però da principio era semplicissimo. Un mucchio
di
sassi coperti d’ erbe ò di fronde in aperta campa
da principio era semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’ erbe ò
di
fronde in aperta campagna, o in qualche luogo ele
o incominciaronsi ad effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue
di
legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio,
iaronsi ad effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno,
di
creta, di marmo, di bronzo, di avorio, di argento
effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta,
di
marmo, di bronzo, di avorio, di argento, e d’ oro
gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo,
di
bronzo, di avorio, di argento, e d’ oro, s’ incom
tto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo,
di
avorio, di argento, e d’ oro, s’ incominciarono a
orme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio,
di
argento, e d’ oro, s’ incominciarono ad alzar lor
hè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio
di
Vulcano a Memfi in Egitto, quello di Diana in Efe
ci templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quello
di
Diana in Efeso, quelli di Apollo a Mileto e a Del
tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quello di Diana in Efeso, quelli
di
Apollo a Mileto e a Delfo, quelle di Cerere in El
quello di Diana in Efeso, quelli di Apollo a Mileto e a Delfo, quelle
di
Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Aten
elli di Apollo a Mileto e a Delfo, quelle di Cerere in Eleusi, quello
di
Giove Olimpio in Atene, e in Roma quello di Giove
Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Atene, e in Roma quello
di
Giove Capitolino, ed il Panteon che tuttavia suss
in cento buoi, oltre il detestabil costume in molti luoghi introdotto
di
sacrificare anche vittime umane. Ne sacrifici sol
ificare anche vittime umane. Ne sacrifici solenni la vittima ornavasi
di
fiori, di nastri e di bende, le, si indoravan le
che vittime umane. Ne sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori,
di
nastri e di bende, le, si indoravan le corna, le
umane. Ne sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e
di
bende, le, si indoravan le corna, le si poneva su
le corna, le si poneva sul capo la mola salsa, che era una stiacciata
di
farro con sale, il Sacerdote le strappava dal cap
sul fuoco, poi ordinava a’ ministri detti Vittimari, Popi, o Cultrari
di
scannarla; l’ Aruspice esaminava quindi le interi
a; l’ Aruspice esaminava quindi le interiora se eran sane, il che era
di
buon augurio, e se eran guaste o infette, che era
sane, il che era di buon augurio, e se eran guaste o infette, che era
di
augurio sinistro; per ultimo una porzione della v
dalle libazioni, che consistevano nel versare del vino (o in mancanza
di
esso dell’ acqua) in onore del Dio, al quale sacr
mo, traevansi gli auguri. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti
di
questi erano distinti con nomi particolari second
i secondo il Dio a cui servivano, così Galli chiamava usi i Sacerdoti
di
Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali quelli di Ma
vivano, così Galli chiamava usi i Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli
di
Pane, Sali quelli di Marte, ec. In molti luoghi e
iamava usi i Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali quelli
di
Marte, ec. In molti luoghi eranvi pur le Sacerdot
uoghi eranvi pur le Sacerdotesse, come in Delfo la Pitia sacerdotessa
di
Apollo; in Roma le Vestali custodi del fuoco di V
la Pitia sacerdotessa di Apollo; in Roma le Vestali custodi del fuoco
di
Vesta, e in molle parti cosi della Grecia, come d
o Bassaridi, o Tiadi, o Mimallonidi, o Edonidi, o Bliadi sacerdotesse
di
Bacco. In Roma chi aveva nelle cose sacre la supr
l Pontefice Massimo; Seguivano i Flamini, tra etti il Diale o Flamine
di
Giove era il primo, e solo avea il privilegio di
i il Diale o Flamine di Giove era il primo, e solo avea il privilegio
di
portare l’ albogalero ch’ era una specie di berre
e solo avea il privilegio di portare l’ albogalero ch’ era una specie
di
berretto bianco, poi venivano il Marziale, il Qui
lo detto ancora rex: sacrorum, come regina sacrorum diceasi la moglie
di
lui, e che secondo Macrobio sacrificava principal
Tagete Etrusco, il quale si favoleggiò esser nato da una grossa zolla
di
terra, cui sollevò un agricoltore profondando l’
la pace. Eravi pure in Roma il collegio degli Auguri, nè cosa alcuna
di
gran momento s’ intraprendeva, prima che questi n
nte si chiamavano auspici, altri dal mangiare de’ polli. Il fuoco era
di
buon augurio quando udivasi alla sinistra, perchè
do udivasi alla sinistra, perchè giudicavasi proveniente dalla destra
di
Giove; non così se udivasi al contrario. Tutti i
le parole e rumori uditi a caso e improvvisamente, offerivan materia
di
buono o tristo presagio, perchè riguardavansi com
o tristo presagio, perchè riguardavansi come avvisi spediti dagli Dei
di
ciò che aveva a succedere. Il desiderio di saper
e avvisi spediti dagli Dei di ciò che aveva a succedere. Il desiderio
di
saper l’ avvenire fu quello che diede origine all
propagata poscia nelle altre parli del mondo, e con cui pretendevasi
di
potere da’ movimenti e dalle posizioni degli astr
i gli affari importanti. I più famosi tra questi erano: 1. L’ oracolo
di
Dodona nell’ Epiro, dove i Sacerdoti rendeano le
ato per cui le favole dissero, che le querce parlavano. 2. L’ oracolo
di
Giove Aminone nella Libia, dove la statua di lui
parlavano. 2. L’ oracolo di Giove Aminone nella Libia, dove la statua
di
lui solennemente portavasi da’ Sacerdoti, e da’ s
suoi movimenti, i Sacerdoti interpetravano le risposte. 3. L’ oracolo
di
Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pitia sac
oracolo di Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pitia sacerdotessa
di
Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su di
i le risposte davansi dalla Pitia sacerdotessa di Apollo. Stava sopra
di
un tripode collocato su di una buca, di cui usciv
Pitia sacerdotessa di Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su
di
una buca, di cui uscivano delle forti esalazioni,
otessa di Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su di una buca,
di
cui uscivano delle forti esalazioni, dalle quali
da’ Sacerdoti a ciò destinati, e disponevansi in versi. 4. L’ oracolo
di
Trofonio, il quale rendevasi in una caverna press
in una caverna presso Lebadea città della Beozia. Era Trofonio figlio
di
Ercino re di Orcomeno, e avendosi secondo Plutarc
a presso Lebadea città della Beozia. Era Trofonio figlio di Ercino re
di
Orcomeno, e avendosi secondo Plutarco, fabbricato
ondo Plutarco, fabbricato in compagnia del fratello Anamede il tempio
di
Delfo, ne chiese ad A polline la ricompensa. Ques
n cambio, che Trofonio fu inghiottito vivo dalla terra apertasi sotto
di
lui, e che in quella stessa caverna il suo oracol
’ ei faceva o rifiutare quello che gli si dava a mangiare. L’ oracolo
di
Venere in Africa tra Eliopoli e Biblo era favorev
lla. L’ oracolo della Fortuna a Preneste e ad Anzio rendevasi per via
di
sorti t gettando una specie di dadi, su cui erano
Preneste e ad Anzio rendevasi per via di sorti t gettando una specie
di
dadi, su cui erano scrìtti de’ Caratteri, il sign
i oracoli si rendevano in altri luoghi. Fra le donne che professarono
di
conoscere, e di predire il futuro, famose furono
devano in altri luoghi. Fra le donne che professarono di conoscere, e
di
predire il futuro, famose furono le Sibille, il n
tta dagli antichi Sambethe. 2. La Libica, detta da Euripide figliuola
di
Giove e di Lamea; 3. La Delfica da Diodoro chiama
ntichi Sambethe. 2. La Libica, detta da Euripide figliuola di Giove e
di
Lamea; 3. La Delfica da Diodoro chiamata Danfe; 4
odoro vivea al tempo della guerra troiana, e secondo Eusebio ai tempi
di
Romolo, 6. La Samia chiamata Pilo secondo Suida,
Erofile; 8. l’ Ellespontina che Eraclite Pontico dice vivuta al tempo
di
Ciro; 9. La Frigia, che soggiornava ad Ancira; 10
iburtina chiamata Albunea. Alcuni vi hanno aggiunto la Sardica nativa
di
Sardi nella Libia. Presso i Romani la più famosa
a, la quale si disse che offerse al re Tarquinio superbo una raccolta
di
versi sibillini in nove libri, chiedendone trecen
ti nel Campidoglio sotto alla guardia de’ Quindecemviri fino ai tempi
di
Silla, ne’ quali da un incendio rimasero consumat
espiazioni, le quali facevansi o per delitti commessi, o in occasione
di
pubbliche calamità per placare gli Dei, o all’ ap
n occasione di pubbliche calamità per placare gli Dei, o all’ apparir
di
prodigi straordinari per allontanare i mali che s
r allontanare i mali che si temevano, o all’ avvenirsi in alcuna cosa
di
mal augurio o per prepararsi a qualche impresa im
he si celebravano a Nemea, 4. gl’ Istimici, che si tenean nell’ istmo
di
Corinto. A questi giuochi concorreva tutta le Gre
A questi giuochi concorreva tutta le Grecia. Il premio era una corona
di
alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’
ecia. Il premio era una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una
di
appio ne’ terzi, ed una di pino ne’ quarti: ma i
ona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’ terzi, ed una
di
pino ne’ quarti: ma i vincitori erano poi celebra
tori erano poi celebrati da’ più insigni poeti, come appare dalle odi
di
Pindaro, erano spesso onorati di pubbliche statue
insigni poeti, come appare dalle odi di Pindaro, erano spesso onorati
di
pubbliche statue, e nella loro patria erano tenut
, o sulle bighe e le quadrighe; 2. il disco, ch’ era un pezzo rotondo
di
legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i gioc
di legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i giocatori sforzavansi
di
gettare, quanto potessero più lontano; 3. il giav
gno prefisso; 4. La lotta o il pancrazio, cui gli atleti nudi ed unti
di
olio cercavano di atterrarsi l’ un l’ altro; 5. i
a lotta o il pancrazio, cui gli atleti nudi ed unti di olio cercavano
di
atterrarsi l’ un l’ altro; 5. il salto o all’ ins
e combattevasi ora co’ pugni soltanto, or co’ cesti, che erano guanti
di
duro cuojo guerniti spesso di ferro e di piombo.
oltanto, or co’ cesti, che erano guanti di duro cuojo guerniti spesso
di
ferro e di piombo. Questi giuochi più tardi intro
co’ cesti, che erano guanti di duro cuojo guerniti spesso di ferro e
di
piombo. Questi giuochi più tardi introdotti furon
teatri, e anfiteatri, e circhi magnifici innalzarono per celebrali, i
di
cui avanzi ancor si veggono non solo in Roma, ma
egli albori della vita intellettuale e sociale, crearono una quantità
di
favole e racconti intorno agli Dei della loro fed
e racconti intorno agli Dei della loro fede e agli uomini più valenti
di
loro stirpe; i quali racconti, propagati per trad
nuove aggiunte e trasformazioni, divennero il più prezioso patrimonio
di
que’ popoli, e come il tesoro contenente, sotto i
Ma niun altro popolo è stato mai così ricco e geniale nella creazione
di
tali racconti, quanto gli antichi Greci; la cui f
o con voce greca questi racconti, e Mitologia l’ esposizione ordinata
di
essi. Mito significa propriamente « parola, disco
o lo stesso significato ha la voce leggenda, e si parla quindi spesso
di
leggende mitologiche; ma è invalso l’ uso di chia
e si parla quindi spesso di leggende mitologiche; ma è invalso l’ uso
di
chiamare preferibilmente miti le narrazioni che r
classica, per distinguerla da quella d’ altri popoli. 2. La Mitologia
di
un popolo, non va confusa colla sua Religione; ha
, nella parte che riguarda gli Dei, rappresenta le credenze e la fede
di
quel popolo, ed è presupposta, come dalle istituz
are da innesti volgari o sconcie interpolazioni, e ad es. nei misteri
di
Eleusi ogni sacra memoria relativa al culto di De
, e ad es. nei misteri di Eleusi ogni sacra memoria relativa al culto
di
Demetra mantenevasi pura da ogni profanazione, in
eggende a loro relative erano nei tempi migliori della Grecia oggetto
di
fede comune, a cui si piegavano anche i sommi deg
mmi degli uomini; onde ancora Socrate professava, davanti ai giudici,
di
non aver nulla di comune con Anassagora il quale
onde ancora Socrate professava, davanti ai giudici, di non aver nulla
di
comune con Anassagora il quale aveva ritenuto il
come una terra; ed anche Platone si mostrava convinto della divinità
di
Helios e di Selene. Era dunque la Mitologia il fo
rra; ed anche Platone si mostrava convinto della divinità di Helios e
di
Selene. Era dunque la Mitologia il fondo delle cr
si farà solamente delle principali feste religiose celebrate in onore
di
ciascuna Divinità. 3. Come serie di racconti fant
este religiose celebrate in onore di ciascuna Divinità. 3. Come serie
di
racconti fantastici, la Mitologia ha stretto rapp
azioni figurate o nelle pitture vascolari e murali, o nelle scolature
di
pubblici e privati monumenti si ricavarono, com’
i poeti; e in più d’ un caso una statua celebre d’ una divinità fornì
di
quella un’ immagine si viva che divenne tradizion
i, scelti a preferenza d’ altri, diedero maggior rilievo rivestendoli
di
splendida forma poetica; e così la rozza materia
a; e così la rozza materia ridussero a una serie ben ordinata e bella
di
poetiche narrazioni. E quanto alle opere statuari
rdinata e bella di poetiche narrazioni. E quanto alle opere statuarie
di
soggetto mitologico, chi è che, ricordando il cel
tuarie di soggetto mitologico, chi è che, ricordando il celebre Giove
di
Fidia, immagine insieme di somma potenza e di mit
co, chi è che, ricordando il celebre Giove di Fidia, immagine insieme
di
somma potenza e di mite bontà, vero aspetto del G
rdando il celebre Giove di Fidia, immagine insieme di somma potenza e
di
mite bontà, vero aspetto del Giove supercilio cu
ontà, vero aspetto del Giove supercilio cuncta moventis e pur pieno
di
condiscendenza alle preghiere de’ mortali, non si
delle varie Divinità? Mitologia dunque e arti belle hanno molti punti
di
contatto; ed ecco perchè in questo libro l’ espos
’ è venuta creando e per secoli ha conservato una serie così numerosa
di
leggende intorno ai propri Dei e Semidei, molte d
elittuose. È un problema che già gli antichi filosofi avevano tentato
di
risolvere; e tra gli altri Evemero del IV sec. av
o di risolvere; e tra gli altri Evemero del IV sec. av. C., si avvisò
di
spiegare la mitologia sostenendo che i miti relat
che in tempi a noi più vicini, prese, appunto dal suo autore, il nome
di
Euemerismo. — Altri poi per altre vie cercarono u
ni pensarono che la mitologia e religione pagana sia una deformazione
di
un primitivo sano monoteismo, deformazione dovuta
ebbene frantesa e sfigurata. Lo stesso Gladstone ai nostri giorni è
di
questa opinione, l’unica, secondo lui, che getti
loro dall’Oriente racchiudano, sotto il velo della favola, i dettami
di
un’alta e civile sapienza; laonde l’opera del mod
nostro al tedesco Creuzer è abbastanza lunga la schiera dei seguaci
di
questa dottrina. — In ultimo son da ricordare i n
i Mitologia comparata; la quale, confrontando i miti dei varii popoli
di
stirpe aria e risalendo al l’ origine loro comune
ona parte dei racconti mitologici non sono altro che una deformazione
di
frasi immaginose, usate da principio a esprimere
ebre, veniva detto il Titano che strozza i serpenti della notte prima
di
trarre il suo carro su pel cielo; e si diceva pur
al termine della sua faticosa giornata. Un piccolo strumento composto
di
due pezzi di legno congegnati in modo da produr f
lla sua faticosa giornata. Un piccolo strumento composto di due pezzi
di
legno congegnati in modo da produr fuoco per mezz
i avrebbero dato origine semplicemente le personificazioni e metafore
di
cui abbonda un linguaggio primitivo. Filologi di
ficazioni e metafore di cui abbonda un linguaggio primitivo. Filologi
di
grandissimo valore hanno accolto e considerano an
stro compito discutere intorno a queste ipotesi e ricercare se alcuna
di
esse sia vera ad esclusione delle altre, o se un
are se alcuna di esse sia vera ad esclusione delle altre, o se un po’
di
vero siavi in tutte, come non è improbabile. Noi
babile. Noi possiamo ritenere come certo: 1º Che quel grandioso corpo
di
narrazioni ed immagini onde consta la mitologia c
rietà dei luoghi e delle genti occasionarono diversa forma e sviluppo
di
leggende; essendo naturale che gli abitanti dei l
tà originariamente locali avvenne talvolta che assorgessero a dignità
di
dei nazionali. Così Era, la moglie legittima di Z
ssorgessero a dignità di dei nazionali. Così Era, la moglie legittima
di
Zeus, era in origine una divinità, venerata solam
e una divinità, venerata solamente in Argo, mentre la moglie del Zeus
di
Dodona chiamavasi Dione. — Anche ragioni storiche
e. La grande migrazione delle stirpi doriche nel Peloponneso, l’ urto
di
popoli e gli spostamenti che ne provennero, come
ando ancelle delle deità vincitrici, o a dirittura scendendo al grado
di
semplici eroi. Così la vittoria di Era come mogli
, o a dirittura scendendo al grado di semplici eroi. Così la vittoria
di
Era come moglie legittima di Giove ridusse le alt
grado di semplici eroi. Così la vittoria di Era come moglie legittima
di
Giove ridusse le altre consorti di lui allo stato
toria di Era come moglie legittima di Giove ridusse le altre consorti
di
lui allo stato di concubine; e Callisto, dea dell
moglie legittima di Giove ridusse le altre consorti di lui allo stato
di
concubine; e Callisto, dea della luna in Arcadia,
uogo ad Artemide, ne divenne ninfa ed ancella. 4º Causa efficacissima
di
evoluzione mitica, il moltiplicarsi di un mito in
ncella. 4º Causa efficacissima di evoluzione mitica, il moltiplicarsi
di
un mito in più altri per effetto di polionimia. P
oluzione mitica, il moltiplicarsi di un mito in più altri per effetto
di
polionimia. Più nomi o epiteti, usati poeticament
iù nomi o epiteti, usati poeticamente a designare uno stesso fenomeno
di
natura, davan luogo a diversi racconti; così vole
ersi racconti; così volendo esprimere il sole nascente, ora parlavasi
di
un figlio nato dalla Notte o dalle Tenebre, ora d
nte, ora parlavasi di un figlio nato dalla Notte o dalle Tenebre, ora
di
un gigante che strozza i serpenti delle tenebre,
Tenebre, ora di un gigante che strozza i serpenti delle tenebre, ora
di
un altro gigante che intraprende la sua corsa fat
e, ora di un altro gigante che intraprende la sua corsa faticosa, ora
di
un guerriero che si appresta alla sua lotta colle
ali miti dell’ antichità classica. In conseguenza noi ci contenteremo
di
aver dato questi cenni generali intorno alla spie
a affatto diversa la Mitologia greca e la romana. Quel ricco sviluppo
di
leggende, del quale s’ è fatto parola, propriamen
aliche conservarono per molto tempo il loro schietto essere primitivo
di
forze naturali divinizzate, e il concetto non ven
tti e definiti, nè si crearono popolari racconti intorno alle vicende
di
lor vita, alle loro parentele, alla loro discende
re le figure degli Dei, il senso religioso degl’ Italici si applicava
di
preferenza a istituire ordini sacerdotali, e sacr
olennità, a fissare con gran cura le cerimonie del culto e gli uffici
di
chi vi attendeva. Solo più tardi, allorchè i Roma
i miti che vedevano universalmente divulgati tra i Greci, e cercarono
di
adattar tutto questo al concetto tradizionale che
tradizionale che essi avevano delle varie divinità secondo le ragioni
di
somiglianza che pareva loro di scorgere. Così si
elle varie divinità secondo le ragioni di somiglianza che pareva loro
di
scorgere. Così si fece come una fusione di essere
omiglianza che pareva loro di scorgere. Così si fece come una fusione
di
essere mitici, il greco Zeus venne identificato c
e in occasione delle greche corrispondenti; si farà un cenno separato
di
quelle per le quali non trovasi alcun riscontro.
o — Cosmogonia e Teogonia — Titanomachia e Gigantomachia. 1. Prima
di
esporre le varie discendenze e vicende degli Dei
ava che le qualità umane fossero per loro innalzate al più alto grado
di
eccellenza; quindi il corpo degli Dei era pensato
., essendo caduto in terra durante una battaglia, occupava uno spazio
di
sette plettri o 700 piedi (Il. 21,407). Più robus
di (Il. 21,407). Più robuste ed agili eran le membra divine; la forza
di
Zeus era tale che col solo muover delle sopraccig
, e Zeus, ad es., dall’ alto trono dell’ Olimpo scorge, senza bisogno
di
esser presente, tutte le azioni degli uomini in q
talità; e se nascono e crescono come gli uomini, hanno per sè il dono
di
una grande celerità; Ermes, nato al mattino, suon
e dalla culla ov’ è in fasce sfugge per andare a rapire le giovenche
di
Apollo, e dopo nascostele, torna nella sua culla.
ro corpo può essere ferito, così l’ anima può essere afflitta da pene
di
varia natura; ma ciò non guasta la loro felicità
ecc., ed anche d’ un tratto farle cessare, e il loro potere eccedeva
di
gran lunga i limiti dell’ umano. Non si era pero
ngono rappresentati come invidi, gelosi, crudeli, pronti a ogni sorta
di
intrighi e di frodi, insonnia non immuni da quell
ntati come invidi, gelosi, crudeli, pronti a ogni sorta di intrighi e
di
frodi, insonnia non immuni da quelle colpe e diso
non a loro immagine e somiglianza, pur concedendo loro un cotal grado
di
superiorità da giustificare la venerazione e il c
condo Esiodo, ebbe origine dal Caos, intesa questo voce non nel senso
di
una rudis indigestaque moles, cioè una confusa mi
n nel senso di una rudis indigestaque moles, cioè una confusa miscela
di
tutte cose, che è un concetto posteriore, ma nel
eno naturale della terra fecondata dall’ acque. Prodotti dell’ unione
di
Gea e di Urano furono: a) i Titani; b) i Ciclopi;
ale della terra fecondata dall’ acque. Prodotti dell’ unione di Gea e
di
Urano furono: a) i Titani; b) i Ciclopi; c) gli E
uce e Tea (Theia), l’ irradiante, da cui nacquero i tre esseri datori
di
luce, Elio il sole, Selene la luna, Eos l’ Aurora
e queste coppie vanno ricordati tra i Titani Giapeto (Iapetos), padre
di
Prometeo, e due divinità che personificavano conc
marine; Taumante (Thaumas), rappresentante la maestà del mare, padre
di
Iride l’ arcobaleno, e delle Arpie (venti tempest
ione co significato primitivo. Raccontavasi dunque che, temendo Urano
di
perdere la signoria dell’ universo per opera dei
perchè facessero guerra al padre. Niuno dei maggiori aveva l’ ardire
di
ciò fare, ma sorto il più giovane, Crono, attaccò
’ obbligò a rinunziare in suo favore al dominio del mondo. Dal sangue
di
Urano nacquero le Erinni (Erinyes), furie vendica
rano nacquero le Erinni (Erinyes), furie vendicatrici d’ ogni delitto
di
sangue, i Giganti e le ninfe Meliadi (deità dei f
a formar il fusto delle lancie). Spodestato Urano, cominciò il regno
di
Crono; ma neanche questo doveva esser lungo e fel
che avrebbe subito la stessa sua sorte; e così avvenne. Crono temendo
di
essere detronizzato da uno de’ suoi figli, li ing
ne; ma quando nacque l’ ultimo figlio, Zeus, Rea lo nascose, e invece
di
esso porse al padre, involta nelle fasce, una pie
allevato dipoi segretamente da alcune ninfe in una grotta dell’ isola
di
Creta, crebbe ben presto in forze e maestà, e fat
ingoiati che per la divinità loro erano immortali, incominciò contro
di
lui la tremenda lotta che doveva por fine alla su
ni Oceano, Temi, Mnemosine e Iperione essendosi schierati dalla parte
di
Zeus, rimasero gli altri a difesa del fratello. Z
randoli dai ceppi a cui li aveva condannati Urano. La guerra durò più
di
dieci anni, e ne fu teatro la fertile Tessaglia,
no e Giapeto il monte Otri. Fu combattuta con straordinaria violenza;
di
qua e di là scagliaronsi rupi; Zeus ricorse anche
eto il monte Otri. Fu combattuta con straordinaria violenza; di qua e
di
là scagliaronsi rupi; Zeus ricorse anche ai fulmi
bavano dell’ immenso fragore. È evidente il significato naturalistico
di
questo mito; con esso rappresentavasi un gran con
uralistico di questo mito; con esso rappresentavasi un gran conflitto
di
forze della natura; forse era ancora un’ eco di q
asi un gran conflitto di forze della natura; forse era ancora un’ eco
di
quei grandi cataclismi geologici e diluvii, di cu
rse era ancora un’ eco di quei grandi cataclismi geologici e diluvii,
di
cui era viva la tradizione e si scorgono anche or
lle viscere terrestri. La Tessaglia appunto era stata scelta a teatro
di
questa guerra, perchè ivi erano più manifesti i s
lta a teatro di questa guerra, perchè ivi erano più manifesti i segni
di
antiche rivoluzioni geologiche. Alfine i Titani v
asciati loro a guardia gli Ecatonchiri, divenuti omai fide sentinelle
di
Zeus. Crono perdette il regno della vita e dovett
la vita e dovette contentarsi d’ allora in poi, secondo alcuni poeti,
di
regnare con Radamante sulle isole dei beati. Zeus
Ades quello del Tartaro; la terra rimase neutrale. Ma il nuovo ordine
di
cose non fu ancora assicurato. Gea crucciata per
uce un nuovo mostro Tifeo o Tifone (Typhæus, Typhon), con cento teste
di
drago vomitanti fuoco, dotato di grandezza e di f
e (Typhæus, Typhon), con cento teste di drago vomitanti fuoco, dotato
di
grandezza e di forza meravigliosa, lo indusse a m
hon), con cento teste di drago vomitanti fuoco, dotato di grandezza e
di
forza meravigliosa, lo indusse a muover contro Ze
ova, terribile lotta, che fe’ tremare cielo e terra; novella immagine
di
sconquassi geologici dovuti alle forze vulcaniche
onquassi geologici dovuti alle forze vulcaniche. I fulmini incessanti
di
Zeus domarono alfine il mostro, che fu gettato ne
festa l’ ira sua vomitando fuoco e fiamme. Alcuni poeti parlano anche
di
una Gigantomachia, ossia di una lotta contro Zeus
uoco e fiamme. Alcuni poeti parlano anche di una Gigantomachia, ossia
di
una lotta contro Zeus dei Giganti, nati dalle goc
machia, ossia di una lotta contro Zeus dei Giganti, nati dalle goccie
di
sangue sparse da Urano dopo la lotta con Crono. F
ettero subire la stessa sorte dei Titani. Da quel momento la signoria
di
Zeus durò incontrastata, e niun avversario più so
dei Romani? In origine i Romani non conoscevano alcun Dio come padre
di
Giove Ottimo Massimo; ma allorquando le idee grec
ava con in mano un coltello a falce, come Saturno; e le feste in onor
di
Crono, le Cronie, avevano qualche analogia col Sa
si fosse rifugiato nel Lazio, ed ivi nascostosi; donde il nome stesso
di
Latium, his quoniam latuisset tutus in oris ( V
us in oris ( Virg., Eneide, 8,324). Si aggiungeva che sotto il regno
di
Saturno, gli uomini avevan goduto il secol d’ oro
pace e fraterna eguaglianza; cacciato Saturno, succedette un periodo
di
discordie e di infelicità. — Quanto alle lotte de
a eguaglianza; cacciato Saturno, succedette un periodo di discordie e
di
infelicità. — Quanto alle lotte dei Titani e dei
figurati dell’ antichità non sono molto frequenti le rappresentazioni
di
Crono. Generalmente veniva raffigurato con faccia
o. Un busto ben conservato è quello che conservasi nel Museo Vaticano
di
Roma qui riprodotto (fig. 1). Nel Museo Capitolin
ervasi un bassorilievo che trovavasi su un lato d’ un altare in marmo
di
Giove e rappresenta il tiranno seduto, a cui una
nti, i quali miti offrivano facile argomento a rappresentazioni piene
di
energia e di vita. Fra le descrizioni poetiche di
miti offrivano facile argomento a rappresentazioni piene di energia e
di
vita. Fra le descrizioni poetiche di queste lotte
presentazioni piene di energia e di vita. Fra le descrizioni poetiche
di
queste lotte chi non ricorda quella che si legge
he di queste lotte chi non ricorda quella che si legge nella Teogonia
di
Esiodo, (v. 629 e seg.), così mirabile per grandi
(v. 629 e seg.), così mirabile per grandiosità e forza? E per tacere
di
tante allusioni che trovansi in molti autori e gr
hanno figura diversa dagli altri Dei ed eroi, a cominciare dall’ età
di
Alessandro Magno vennero raffigurati come aventi
all’ età di Alessandro Magno vennero raffigurati come aventi in luogo
di
gambe due serpenti che terminano dalla parte dell
minano dalla parte della testa. Un celebre cammeo del Museo Nazionale
di
Napoli rappresenta Giove su un carro tirato da qu
poli rappresenta Giove su un carro tirato da quattro cavalli, in atto
di
scagliare il fulmine su un gigante a gambe serpen
rto. Splendida è la rappresentazione che si scorge in un bassorilievo
di
un sarcofago nel Museo Vaticano, dove si vedono i
dove si vedono i Giganti volgersi minacciosi al cielo, in atto alcuni
di
lanciar sassi, altri di strappar rami di albero p
volgersi minacciosi al cielo, in atto alcuni di lanciar sassi, altri
di
strappar rami di albero per servirsene nella pugn
osi al cielo, in atto alcuni di lanciar sassi, altri di strappar rami
di
albero per servirsene nella pugna; a cui fan cont
bero per servirsene nella pugna; a cui fan contrapposto alcune figure
di
Giganti o già prostrati a terra o cadenti. Noi pr
presentiamo nelle fig. 2 e 3 due gruppi ricavati da rilievi marmorei
di
un altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di B
nelle fig. 2 e 3 due gruppi ricavati da rilievi marmorei di un altare
di
Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino. In un
i da rilievi marmorei di un altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo
di
Berlino. In uno si vede Giove coll’ aquila nella
Giove coll’ aquila nella sinistra, e nella destra un fulmine in atto
di
scagliarlo contro un gigante, mentre a sinistra u
un altro gigante, già fulminato, si solleva a stento da terra in atto
di
chieder grazia. Il secondo gruppo (fig. 3) rappre
ieder grazia. Il secondo gruppo (fig. 3) rappresenta Atena, la figlia
di
Giove, come vincitrice in lotta contro un gigante
vicina a esser incoronata da una Niche; in fondo si scorge la figura
di
Rea che invoca pietà per i suoi figliuoli.
ti da Era, Apollo ed Artemide nati da Leto, Atena uscita dal cervello
di
Zeus, Ermes nato da Maia e Afrodite nata da Dione
impo parte in terra, in mare e nell’ inferno. A parlare ordinatamente
di
tutti questi Dei, li divideremo in tre ordini, gl
ol dire: cielo, giorno; e dalla stessa radice deriva pure il lat. Iov
di
Iov-is, nomin. Iov-pater, Iu-piter (ind. Djaus-pi
le della luce, del giorno e del brillar del cielo. Da questo concetto
di
Dio celeste derivano appunto le attribuzioni vari
questo concetto di Dio celeste derivano appunto le attribuzioni varie
di
Zeus. Egli presiede ai fenomeni atmosferici; racc
dirla con un’ espressione popolare che designa appunto un alto grado
di
potenza, egli è che « fa la pioggia e, il bel tem
e, il bel tempo ». A queste attribuzioni si connette l’ Egida o scudo
di
Zeus; in origine null’ altro che un manto di nemb
onnette l’ Egida o scudo di Zeus; in origine null’ altro che un manto
di
nembi, scuotendo il quale n’ uscivano procelle e
e, più tardi creduto la pelle della capra Amaltea cinta tutt’ intorno
di
serpenti, sul cui mezzo Giove aveva fissato il vo
dell’ ospitalità è pure tutelato da Zeus Xenios (Hospitalis); a nome
di
lui si presentano i mendicanti e i forestieri, ed
presentano i mendicanti e i forestieri, ed egli punisce chi trascura
di
accoglierli e ospitarli benignamente. Come dello
dello stato così Zeus è anche il protettore della famiglia; ogni capo
di
famiglia era come un sacerdote di Giove, e in nom
rotettore della famiglia; ogni capo di famiglia era come un sacerdote
di
Giove, e in nome de’ suoi dipendenti offriva a lu
za; e il concetto che se n’ aveva non differiva gran fatto dall’ idea
di
Dio che si ha anche ora presso i volghi cristiani
Zeus, come dio supremo, doveva essere naturalmente la fonte più alta
di
divine rivelazioni. In vario modo credevasi manif
coli, ed aveva anche i suoi oracoli egli stesso, principalissimi quei
di
Dodona in Epiro e di Olimpia, e manifestava poi a
i suoi oracoli egli stesso, principalissimi quei di Dodona in Epiro e
di
Olimpia, e manifestava poi anche l’ avvenire per
va come un uomo con tutte le debolezze e i vizi dell’ umanità. Figlio
di
Crono e di Rea, egli fu bambino, e debole, impote
uomo con tutte le debolezze e i vizi dell’ umanità. Figlio di Crono e
di
Rea, egli fu bambino, e debole, impotente come tu
tutti i bambini degli uomini. A stento sottratto da Rea alla crudeltà
di
suo padre, venne allevato, in un antro segreto de
rudeltà di suo padre, venne allevato, in un antro segreto dell’ isola
di
Creta, per cura della ninfa Adrastea, e ricevette
a capra Amaltea; e perchè i suoi vagiti non giungessero alle orecchie
di
Crono, i Cureti, sacerdoti di Rea, facevano un gr
oi vagiti non giungessero alle orecchie di Crono, i Cureti, sacerdoti
di
Rea, facevano un gran fracasso intorno alla culla
ureti, sacerdoti di Rea, facevano un gran fracasso intorno alla culla
di
lui, battendo le spade contro gli scudi. Divenuto
venuto poi adulto, e potente, Zeus non disdegnò, secondo la leggenda,
di
cercar sollazzo negli amori di molte donne e immo
eus non disdegnò, secondo la leggenda, di cercar sollazzo negli amori
di
molte donne e immortali e mortali, destando così
amori di molte donne e immortali e mortali, destando così la gelosia
di
Era sua legittima moglie. Prima egli ha rapporti
e alla famiglia dei Titani, da cui generò le Ore e le Parche. Il Zeus
di
Dodona ebbe in moglie Dione, la madre di Afrodite
le Ore e le Parche. Il Zeus di Dodona ebbe in moglie Dione, la madre
di
Afrodite; quello d’ Arcadia ebbe Maia da cui nacq
Leto (Latona) Apollo ed Artemide. Era, la sorella e moglie legittima
di
Zeus, non gli diede che due figliuoli, Ares (Mart
. Tra le donne mortali amate da Zeus, la più celebre è Semele, figlia
di
Cadmo il re Tebano, come madre del dio Dioniso (D
are due cose: prima che spesso il linguaggio mitico presenta in forma
di
amore e di generazione la produzione di certi fen
e: prima che spesso il linguaggio mitico presenta in forma di amore e
di
generazione la produzione di certi fenomeni natur
ggio mitico presenta in forma di amore e di generazione la produzione
di
certi fenomeni naturali: ad es. l’ unione di Zeus
enerazione la produzione di certi fenomeni naturali: ad es. l’ unione
di
Zeus con Leto e la generazione di Apollo e Artemi
fenomeni naturali: ad es. l’ unione di Zeus con Leto e la generazione
di
Apollo e Artemide significa l’ unione del cielo e
tte, da cui provengono i raggi del sole e quelli della luna; l’ amore
di
Zeus con Demeter, la dea delle biade, rappresenta
vegetazione. In secondo luogo ciascuna località ove Zeus era oggetto
di
culto aveva le sue proprie leggende, identiche ne
ni relative al supremo Dio vennero a essere moltiplicate. 4. Il culto
di
Zeus si estese in tutte le provincie dell’ Eliade
in tutte le provincie dell’ Eliade, essendo riconosciuto come il Dio
di
tutta la nazione. Tuttavia alcune località acquis
uttavia alcune località acquistarono importanza maggiore dell’ altre;
di
tutte la più antica era Dodona, città della Tespr
tica era Dodona, città della Tesprozia in Epiro, dove già era oggetto
di
culto Zeus quando non eravi ancora in tutta la Gr
utta la Grecia alcun tempio a lui dedicato. Ivi era una sacra foresta
di
annose quercie, le cui foglie agitate dal vento,
come del resto quasi tutte le alture erano anticamente sedi del culto
di
questo dio celeste; ciò sia nella Grecia continen
a continentale sia in Creta e in altre isole. Ma il luogo più celebre
di
tutti pel culto di Zeus divenne la città di Olimp
in Creta e in altre isole. Ma il luogo più celebre di tutti pel culto
di
Zeus divenne la città di Olimpia in Elide, ove og
. Ma il luogo più celebre di tutti pel culto di Zeus divenne la città
di
Olimpia in Elide, ove ogni quattr’ anni (il perio
uattr’ anni (il periodo detto perciò Olimpiade) si radunavano i Greci
di
tutte le provincie per celebrarvi i giochi Olimpi
Greci di tutte le provincie per celebrarvi i giochi Olimpici in onor
di
Giove. Ivi, tra molte altre opere d’ arte, era la
or di Giove. Ivi, tra molte altre opere d’ arte, era la famosa statua
di
Fidia, della quale parleremo fra poco. 5. Al Zeus
ella luce, della pioggia e della tempesta, e pero invocato col titoli
di
Diespiter, padre del giorno, e Iupiter Lucetius,
lla lealtà, ed era detto Dius Fidius, e la Fides era un’ attribuzione
di
lui. Con lui si confondeva il dio Terminus che cu
io Terminus che custodiva i limiti delle proprietà prediali. Il culto
di
Giove si diffuse fin dai primi tempi di Roma, e c
proprietà prediali. Il culto di Giove si diffuse fin dai primi tempi
di
Roma, e col titolo di Giove Ottimo Massimo ebbe d
l culto di Giove si diffuse fin dai primi tempi di Roma, e col titolo
di
Giove Ottimo Massimo ebbe dai Tarquinii l’ onore
oma, e col titolo di Giove Ottimo Massimo ebbe dai Tarquinii l’ onore
di
un celebre tempio sul monte Capitolino. Più tardi
’ onore di un celebre tempio sul monte Capitolino. Più tardi al culto
di
Giove si uni quello di Giunone e Minerva, e in on
empio sul monte Capitolino. Più tardi al culto di Giove si uni quello
di
Giunone e Minerva, e in onore di questa triade Ca
ardi al culto di Giove si uni quello di Giunone e Minerva, e in onore
di
questa triade Capitolina si istituirono i Ludi Ro
i ebbe quindi un Iupiter Optimus Maximus Heliopolitanus, ossia il dio
di
Eliopoli in Egitto, raffigurato come un giovane c
timone del carro solare, ed ha nell’ altra il fulmine e delle spighe
di
grano; e un Iupiter O. M. Dolichenus, il dio guer
elle spighe di grano; e un Iupiter O. M. Dolichenus, il dio guerriero
di
Dolica in Siria, dall’ aspetto fiero e armato all
to alla romana, protettore dei soldati nel basso Impero. 6. La figura
di
Zeus-Iupiter nella letteratura e nell’ arte. Cenn
i più o meno compiute della sua figura è naturale che ricorrano assai
di
frequente nelle opere letterarie e nelle artistic
nelle artistiche. È celebre la pittura Omerica (Il. 1,528) del figlio
di
Crono che china i neri sopraccigli; onde sull’ im
iglio di Crono che china i neri sopraccigli; onde sull’ immortal capo
di
lui ondeggiano le chiome divine, e il grande Olim
ma. Più materiale è l’ immagine che ci dà lo stesso poeta della forza
di
Zeus mettendogli in bocca queste parole: « Orsù,
queste parole: « Orsù, dic’ egli agli altri Dei quando proibisce loro
di
prender parte alla battaglia che si combatteva pr
sono più forte degli Dei e degli uomini ». In senso elevato cantaron
di
Zeus i grandi poeti lirici dell’ Ellade, e inni s
e inni speciali composero Terpandro, Alcmano, Simonide, Pindaro. Più
di
tutti celebrò le lodi del Dio ottimo e sapientiss
eca nel suo momento più alto e più bello. Anche la filosofia si valse
di
questo concetto e invocò il nome di Zeus, ma ben
ello. Anche la filosofia si valse di questo concetto e invocò il nome
di
Zeus, ma ben presto le idee panteistiche guastaro
e idee panteistiche guastarono l’ immagine dei prischi tempi, facendo
di
Zeus l’ anima dell’ universo e ornandolo dei più
us aequo (Od. 3, 4, 45 sg.)3. Venendo alle rappresentazioni figurate
di
Zeus, è naturale che di esse e specialmente di st
sg.)3. Venendo alle rappresentazioni figurate di Zeus, è naturale che
di
esse e specialmente di statue se ne trovasse in a
presentazioni figurate di Zeus, è naturale che di esse e specialmente
di
statue se ne trovasse in antico un numero incalco
e, chi pensi alla grande diffusione del culto e al numero grandissimo
di
templi dedicati a questa divinità in tutta la Gre
ta divinità in tutta la Grecia. Ma il monumento più grandioso e degno
di
ammirazione era la statua fatta dal celebre Fidia
tatua fatta dal celebre Fidia (500-432 av. C.) e collocata nel tempio
di
Olimpia. Così la descrive il Gentile nella sua St
rive il Gentile nella sua Storia dell’ arte greca (p. 108): « Il Dio,
di
forme gigantesche, sta va seduto in trono, toccan
destra una piccola Nike alata volgentesi a lui con una benda, simbolo
di
vittoria, quasi significasse: da te vien la forza
hiome e la barba fluenti in lunghe ciocche componevano l’ espressione
di
mitezza e insieme di pensosa maestà; il petto lar
nti in lunghe ciocche componevano l’ espressione di mitezza e insieme
di
pensosa maestà; il petto largo e poderoso diceva
lle pietre, dell’ avorio univasi una miracolosa varietà ed abbondanza
di
rappresentazioni e di forme con rilievi, statue e
io univasi una miracolosa varietà ed abbondanza di rappresentazioni e
di
forme con rilievi, statue e pitture ». Questo cap
ancor si trovava in Olimpia sul finire del 4º secolo dopo C. Ai tempi
di
Teodosio, cessate del tutto le feste olimpiche, c
he ne ha lasciata scritta Pausania, valgono le riproduzioni su monete
di
Elide coniate ai tempi di Adriano (fig. 4); in un
Pausania, valgono le riproduzioni su monete di Elide coniate ai tempi
di
Adriano (fig. 4); in una è l’ immagine di tutta l
e di Elide coniate ai tempi di Adriano (fig. 4); in una è l’ immagine
di
tutta la statua col trono, in altra solo del capo
ua col trono, in altra solo del capo. — Nei secoli seguenti l’ ideale
di
Fidia parve non abbastanza interessante; si desid
essione più spirituale e si cercava ottener cui con maggior finitezza
di
particolari. Un notevole esempio di questo più re
ottener cui con maggior finitezza di particolari. Un notevole esempio
di
questo più recente ideale è il busto marmoreo del
te ideale è il busto marmoreo del Museo Pio Clementino, detto « Giove
di
Otricoli » (fig. 5). La ricca chioma che si drizz
te ai due lati dà al viso un cotale aspetto leonino e un’ espressione
di
grande forza mentre la bocca lievemente aperta e
volto accennano a una dolce mitezza. Celebre è anche la statua detta
di
Verospi nel Museo Vaticano, la quale rappresenta
appoggiata sullo scettro. Anche in altri Musei trovansi belle statue
di
Giove o in marino o in bronzo. In tutte si nota l
a la ricca chioma, la barba folta e ricciuta, il largo petto, indizio
di
forza; costanti attributi sono lo scettro del pot
o del potere, il fulmine, l’ aquila, la patera sacrificale come segno
di
culto, una palla sotto o vicino al trono, come se
e o Dea della vittoria. Spesso la sua chioma è ornata o d’ una corona
di
quercia, perchè la quercia era a lui sacra, o d’
zio del potere regio. II. Era-Giunone. 1. Figlia maggiore
di
Crono e di Rea, sorella e moglie di Zeus, Era è l
ere regio. II. Era-Giunone. 1. Figlia maggiore di Crono e
di
Rea, sorella e moglie di Zeus, Era è la divinità
ra-Giunone. 1. Figlia maggiore di Crono e di Rea, sorella e moglie
di
Zeus, Era è la divinità femminile del cielo, come
mminile del cielo, come Zeus ne è la divinità maschile. Gli attributi
di
lei corrispondono esattamente a quelli di Zeus; a
ità maschile. Gli attributi di lei corrispondono esattamente a quelli
di
Zeus; anch’ essa presiede ai fenomeni atmosferici
erici e celesti, anch’ essa scatena le tempeste ma con minor violenza
di
Zeus; anch’ essa divide con Zeus gli onori del re
ssa divide con Zeus gli onori del regno celeste. I rapporti coniugali
di
Era con Zeus formavano il nucleo dei miti ad essa
festeggiata in primavera, specialmente nelle località devote al culto
di
Era, come Argo, Micene, l’ Eubea, Samo ed Atene,
i e cerimonie nuziali. Molto spesso anche si compiacquero i mitografi
di
raccontare i coniugali dissensi della celeste cop
iti, spesso abbastanza trasparente, toglie a questi racconti quel che
di
strano e d’ immorale che a prima vista presentano
sere Era una deità della tempesta spiega come sia stata pensata madre
di
Ares, e il suo culto si connettesse con giuochi d
tata pensata madre di Ares, e il suo culto si connettesse con giuochi
di
guerra, ed essa serbasse un’ accanita ostilità co
es. nella guerra troiana contro i Troiani. 2. Ma il carattere morale
di
Era ricevette nelle leggende greche maggiore svil
ra considerata come protettrice del matrimonio e delle mogli, datrice
di
fecondità, e come madre di Ilitia (Ilithyia) era
rice del matrimonio e delle mogli, datrice di fecondità, e come madre
di
Ilitia (Ilithyia) era venerata quale dea della ma
thyia) era venerata quale dea della maternità. 3. In origine il culto
di
Era non era molto diffuso. La culla di questo cul
ernità. 3. In origine il culto di Era non era molto diffuso. La culla
di
questo culto fu la città di Argo, onde la Dea era
to di Era non era molto diffuso. La culla di questo culto fu la città
di
Argo, onde la Dea era preferibilmente chiamata l’
ta, seconde Omero eran le sue città predilette. Diffusosi il concetto
di
dea protettrice del matrimonio, anche il culto na
più. Da tempo antichissimo era essa venerata in Beozia e nelle isole
di
Eubea e di Samo. Il suo principal tempio era il c
mpo antichissimo era essa venerata in Beozia e nelle isole di Eubea e
di
Samo. Il suo principal tempio era il così detto E
rovavasi la più bella e preziosa statua della Dea, fatta da Policleto
di
Sicione, artista poco più giovane di Fidia, statu
ua della Dea, fatta da Policleto di Sicione, artista poco più giovane
di
Fidia, statua crisoelefantina, in oro e avorio co
ovane di Fidia, statua crisoelefantina, in oro e avorio come il Giove
di
Fidia, e a questo creduta pari per bellezza. 4. G
a dea romana che s’ identifica con Era (Iuno = Iovino, nome femminile
di
Giove). Dapprima era confusa con Mater Matuta, ve
cui essa assisteva in tutti gli atti della vita. Anzi ciascuna donna
di
Roma si diceva aver la sua Giunone, come ogni uom
rre a casa) conduceva la fidanzata alla casa dello sposo, ecc. Questo
di
speciale ebbe la romana Giunone, che divenne anch
a Giunone, che divenne anche protettrice dell’ intero stato, col nome
di
Iuno Regina. Aveva la sua cella nel tempio Capito
no Regina. Aveva la sua cella nel tempio Capitolino, accanto a quella
di
Giove. La festa principale della Dea era quella d
pale della Dea era quella detta Matronalia, che si celebrava il primo
di
Marzo. Quel di tutte le matrone romane recavansi
era quella detta Matronalia, che si celebrava il primo di Marzo. Quel
di
tutte le matrone romane recavansi processionalmen
ricevuto da lei in occasione d’ una pubblica calamita. Per confusione
di
parole, se n’ era poi anche fatta una protettrice
rotettrice della moneta e della zecca romana. 5. Molti busti e statue
di
Era e Giunone ci sono stati trasmessi dall’ arte
ione della bellezza matronale. Prima va ricordata una testa del Museo
di
Napoli (fig. 6) che probabilmente venne modellata
6) che probabilmente venne modellata sul capolavoro sopra menzionato
di
Policleto. Poi è degna d’ ammirazione la testa co
irazione la testa colossale detta l’ Era Ludovisi (fig. 7), vero tipo
di
bellezza femminile, piena di grazia e dignità. Il
etta l’ Era Ludovisi (fig. 7), vero tipo di bellezza femminile, piena
di
grazia e dignità. Il Goethe soleva paragonarla a
eghe del manto ond’ è adorna. Del tutto diversa la così detta Giunone
di
Lanuvio (fig. 9), pure conservata in Vaticano, ra
pure conservata in Vaticano, rappresenta la Dea coperta d’ una pelle
di
capra, con lancia e scudo, in atteggiamento guerr
n lancia e scudo, in atteggiamento guerriero. Distintivi della figura
di
Era sono: il mento alquanto pronunziato, indizio
tivi della figura di Era sono: il mento alquanto pronunziato, indizio
di
ferma volontà, le labbra sporgenti, grandi occhi,
cettro e il diadema, come simbolo della regal potestà, spesso il velo
di
sposa, la patera dei sacrifizi in mano, un melogr
III. Pallade Atena-Minerva. 1. Secondo la teogonia
di
Esiodo, Pallade Atena era figlia di Zeus, essendo
inerva. 1. Secondo la teogonia di Esiodo, Pallade Atena era figlia
di
Zeus, essendo balzata fuori tutta armata, come gi
goiato la sua prima sposa Metis. Gli è il cielo temporalesco, gravido
di
nubi, che in mezzo a procelle e lampi partorisce
rovviso del lampo. Difatti si favoleggiava che al momento del nascere
di
Atena tutta la natura si fosse commossa, avesse t
della pace, della saggezza, quasi la personificazione della prudenza
di
Giove. Come dea guerresca, Atena porta oltre le s
dasse. Quando Perseo l’ uccise, Atena n’ avrebbe presa la testa, irta
di
serpi, per fissarla nel centro della sua egida, a
li uomini, ma vien dissipata dalla serena luce. 2. I caratteri morali
di
Atena sono connessi col fisici; ella rappresenta
za, che guida gli uomini sia in guerra sia in pace, ed è loro datrice
di
ogni bene. Essa dirige gli eserciti agli assalti,
di ogni bene. Essa dirige gli eserciti agli assalti, ma a differenza
di
Ares, Dio, come vedremo, della guerra brutale, es
, essa ispira i movimenti più ragionevoli e i più accorti stratagemmi
di
guerra. Omero ce la descrive consigliatrice e pro
mi di guerra. Omero ce la descrive consigliatrice e protettrice anche
di
singoli guerrieri, Ulisse, Achille, Diomede. Fu l
are i cavalli, e a usar i cocchi in battaglia; essa invento la tromba
di
guerra e il flauto. In tempo di pace, Atena è la
in battaglia; essa invento la tromba di guerra e il flauto. In tempo
di
pace, Atena è la dea protettrice delle città e de
nto, in Isparta, in Arcadia, poi in Beozia, in Tessaglia, nell’ isola
di
Rodi; ma il luogo dove questo culto raggiunse il
luogo dove questo culto raggiunse il massimo sviluppo, la vera patria
di
Pallade Atena fu la città che ebbe nome da lei, a
che ebbe nome da lei, anzi l’ intiera regione Attica. Per il possesso
di
questa terra aveva la Dea gareggiato con Posidone
lei dedicati, l’ Eretteo e il Partenone. L’ Eretteo sorgeva dal lato
di
settentrione, precisamente là dov’ era la sacra p
sacra pianta d’ olivo donata dalla Dea e vi si conservava una statua
di
lei che si diceva caduta dal cielo. Rifatto nell’
a una statua di lei che si diceva caduta dal cielo. Rifatto nell’ età
di
Pericle constava di tre celle fra loro raggruppat
che si diceva caduta dal cielo. Rifatto nell’ età di Pericle constava
di
tre celle fra loro raggruppate, e destinate alle
ad Atena Parteno (Parthenos = vergine). Rifatto anch’ esso nell’ età
di
Pericle, venne riccamente ornato di bassorilievi
ne). Rifatto anch’ esso nell’ età di Pericle, venne riccamente ornato
di
bassorilievi per opera del gran Fidia 4, il qua
le pure compose la statua della dea posta in fondo alla cella; statua
di
cui diremo più sotto. La venerazione delle genti
lendida manifestazione nelle feste Panatenee celebrate nel terzo anno
di
ogni Olimpiade. Oltre a spettacoli ginnici, corse
solenne processione alla quale prendevano parte elette rappresentanze
di
tutte le tribù attiche, e riusciva una solenne te
sa identificata; con questo però che in Minerva prevaleva il concetto
di
una dea pacifica, protettrice delle arti e delle
i una dea pacifica, protettrice delle arti e delle scienze, come pure
di
tutti i lavori femminili. Una Minerva guerriera n
o dall’ oriente, e un altro glie ne innalzo Augusto dopo la battaglia
di
Azio. Come dea della pace, Minerva era venerata i
ta insieme con Giove e Giunone, ed aveva la sua cella nel gran tempio
di
Giove Capitolino. Altri templi a lei dedicati sor
, ossia l’ ingegnosa, essendo la testa sede dell’ intelletto. In onor
di
Minerva si celebravano a Roma feste in Marzo e in
era particolarmente la festa dei musici, e soprattutto dei suonatori
di
flauto (tibicines). In occasione dei Quinquatrus
ione dei Quinquatrus maggiori si davano per quattro giorni spettacoli
di
lotte gladiatorie, perchè, come Ovidio dice: ens
)5, un ricordo dunque della Minerva guerriera. 5. Numerosissimi cenni
di
Atena-Minerva, e parziali racconti de’ suoi miti
fa Pindaro della Dea che « fuor d’ un salto balza armata dal cervello
di
Giove, un alto grido tonando, a cui la Terra madr
elo inorridi » (traduz. Fraccaroli). Le attribuzioni e le benemerenze
di
Minerva ben discorse Ovidio nel terzo de’ Fasti r
poeta nel sesto delle Metamorfosi con l’ usata vivacità e freschezza
di
colori narra l’ avventura di Aracne che avendo vo
rfosi con l’ usata vivacità e freschezza di colori narra l’ avventura
di
Aracne che avendo voluto competere colla Dea nell
nti figurati. Fin dai tempi più antichi, prima che si usassero statue
di
bronzo o marmo, gli artisti fabbricavano immagini
usassero statue di bronzo o marmo, gli artisti fabbricavano immagini
di
Pallade in legno, generalmente colla lancia in ma
uno stratagemma dai Greci. Un Palladio conservavano anche nel tempio
di
Vesta i Romani, credendolo appunto il Palladio tr
rilievi concernenti i miti relativi ad Atena e le cerimonie del culto
di
lei, ma compose l’ ammirata statua che custodivas
ntava (così il Gentile , op. cit. p. 101) la vergine dea protettrice
di
Atene nella serena maestà della pace dopo la vitt
tene nella serena maestà della pace dopo la vittoria. Ritta, avanzava
di
alcun poco il piede destro; la copriva un semplic
a testa difesa coll’ elmetto attico, adorno sul dinanzi da una figura
di
sfinge, e sul lati da due grifoni in alto rilievo
eme reggeva l’ asta che come abbandonata le si reclinava alla spalla;
di
sotto allo scudo ergeva il collo un serpente acco
rle corona. Il serpente accovacciato fra i piedi e lo scudo è simbolo
di
Erittonio, mitico re dell’ Attica, od anche del p
ta in avorio e oro, con due gemme per occhi e adorna anche nella base
di
rappresentazioni mitiche. Nello scudo Fidia aveva
aveva effigiato anche la propria figura; il che considerato come atto
di
empietà fu poi cagione della condanna di lui. — U
il che considerato come atto di empietà fu poi cagione della condanna
di
lui. — Un’ altra celebre statua di Fidia era la c
ietà fu poi cagione della condanna di lui. — Un’ altra celebre statua
di
Fidia era la così detta Atena promachos o propugn
. Noi riproduciamo nella fig. 11 una statua che è nel Museo nazionale
di
Napoli; figura Atena coll’ elmo attico come quell
Museo nazionale di Napoli; figura Atena coll’ elmo attico come quella
di
Fidia, ma indosso invece di una tunica ha un pall
igura Atena coll’ elmo attico come quella di Fidia, ma indosso invece
di
una tunica ha un pallio ricco di ben disposte pie
e quella di Fidia, ma indosso invece di una tunica ha un pallio ricco
di
ben disposte pieghe, maestoso e nobile il portame
ta una imitazione in bronzo d’ un palladio. La fig. 13 è riproduzione
di
una statua del Museo Capitolino; non più l’ elmo
elmo attico tondo, ma l’ elmo corinzio, l’ egida ridotta a una specie
di
corsetto colla testa di Medusa in mezzo quasi fib
elmo corinzio, l’ egida ridotta a una specie di corsetto colla testa
di
Medusa in mezzo quasi fibbia; ciò in conformità d
ontone orientale del Partenone, rappresentante l’ improvvisa comparsa
di
Atena fra gli Dei. Le statue romane d
mprovvisa comparsa di Atena fra gli Dei. Le statue romane
di
Minerva erano affatto simili alle Greche. Ricorde
lo la così detta Pallade del Giustiniani trovata dove ora è la chiesa
di
S. Maria sopra Minerva a Roma e conservata nel Mu
e conservata nel Museo Vaticano. In tutti questi monumenti la figura
di
Atena appar contrassegnata da una grande dignità
numenti la figura di Atena appar contrassegnata da una grande dignità
di
linee, qual convenivasi alla casta e vergine Dea,
mo. IV. Apollo. 1. Febo Apollo era detto, come Artemide, figlio
di
Zeus e di Leto o Latona. Narravasi che perseguita
Apollo. 1. Febo Apollo era detto, come Artemide, figlio di Zeus e
di
Leto o Latona. Narravasi che perseguitata dalla g
di Zeus e di Leto o Latona. Narravasi che perseguitata dalla gelosia
di
Era, la povera Leto fosse stata costretta a pereg
la gelosia di Era, la povera Leto fosse stata costretta a peregrinare
di
terra in terra prima di trovar un luogo sicuro do
vera Leto fosse stata costretta a peregrinare di terra in terra prima
di
trovar un luogo sicuro dove dare alla luce i figl
e dare alla luce i figli suoi. Finalmente ebbe ospitalità nell’ isola
di
Delo, ed ivi alle falde del monte Cinto partorì A
(Python), mostro parimente nato dalla terra, che infestava la pianura
di
Crisa nelle vicinanze di Delfo. Una simile vittor
e nato dalla terra, che infestava la pianura di Crisa nelle vicinanze
di
Delfo. Una simile vittoria di un Dio contro un se
ava la pianura di Crisa nelle vicinanze di Delfo. Una simile vittoria
di
un Dio contro un serpente, ricorre in tutte le mi
Apollo avendo colle sue freccie ucciso Pitone, n’ ebbe il soprannome
di
Pizio, e Delfo divenne d’ allora in poi sede prin
di Pizio, e Delfo divenne d’ allora in poi sede principale del culto
di
questo Dio. Molte altre leggende si raccontavano
ncipale del culto di questo Dio. Molte altre leggende si raccontavano
di
Apollo, tutte riferibili agli effetti della luce
elio (Thargelios), il calore fecondo che matura i frutti della terra (
di
qui il nome del mese Targelione, o Maggio); era s
cavallette. Nota leggenda era quella che faceva Apollo servo pastore
di
Admeto re della Tessaglia, o di Laomedonte re del
uella che faceva Apollo servo pastore di Admeto re della Tessaglia, o
di
Laomedonte re della Troade; espressioni allegoric
animale dei paesi freddi e che domina d’ inverno; onde il soprannome
di
Apollo Licio (Lycius, da lycos, lupo). D’ altra p
o alle bestie e alle piante col soverchio ardente calore. Espressione
di
questo pensiero è il mito di Giacinto (Hyacinthus
ol soverchio ardente calore. Espressione di questo pensiero è il mito
di
Giacinto (Hyacinthus), il bel giovane Spartano, a
sua straordinaria bellezza, e da lui ucciso con un involontario colpo
di
disco mentre giocava; dal sangue dell’ ucciso, Ap
iorisce). È adunque palese il significato naturale e il valore fisico
di
Febo Apollo. 2. Di qui si spiegano anche le varie
Febo Apollo. 2. Di qui si spiegano anche le varie attribuzioni morali
di
Apollo. Egli è un Dio benefico e datore di ogni f
varie attribuzioni morali di Apollo. Egli è un Dio benefico e datore
di
ogni felicità ai mortali, ma ha anche il suo cara
o e funesto. È persino Dio della morte; manda pestilenze ed è cagione
di
morti improvvise. A Troia, quando i Greci negaron
quegli che allontana i mali, il medico; onde la leggenda lo fe’ padre
di
Asclepio o Esculapio e lo identificò con Peone il
rsino i perseguitati dalle Furie solio da lui compassionati e difesi;
di
che la leggenda di Oreste offre un bellissimo ese
i dalle Furie solio da lui compassionati e difesi; di che la leggenda
di
Oreste offre un bellissimo esempio. E poichè tra
li, durante i loro conviti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figlie
di
Zeus e di Mnemosine; di qui il titolo di Apollo M
e i loro conviti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figlie di Zeus e
di
Mnemosine; di qui il titolo di Apollo Musagete (M
ti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine;
di
qui il titolo di Apollo Musagete (Mousagetes, con
e il coro delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine; di qui il titolo
di
Apollo Musagete (Mousagetes, conduttore delle Mus
pollo per l’ attribuitogli potere divinatorio. Era creduto il profeta
di
Giove, e i suoi oracoli, considerati come l’ espr
d’ Apollo in antico ve n’ erano parecchi, ad es. uno nelle vicinanze
di
Colofone, un altro presso Mileto, altri nella Tro
continente ellenico; ma il più celebre senza contrasto era l’ oracolo
di
Delfo. Ivi la Pizia, sacerdotessa del Dio, assisa
erreno da cui esalava un vapore innebriante, era invasa da una specie
di
estasi, durante la quale, in mezzo a moti convuls
abe, da cui poi i sacerdoti ricavavano il divino responso. L’ oracolo
di
Delfo, sebbene fosse già scaduto d’ importanza fi
Cristianesimo, e ancora Giuliano l’ Apostata lo consultò. 3. Il culto
di
Apollo era diffusissimo fra i Greci, come general
come generale doveva essere la venerazione verso una divinità datrice
di
tanti beni fisici e morali. La città di Delfo per
ne verso una divinità datrice di tanti beni fisici e morali. La città
di
Delfo però era il luogo principale di questo cult
beni fisici e morali. La città di Delfo però era il luogo principale
di
questo culto. Ivi sorgeva uno splendido tempio ch
ricchezze che si calcolavano a 10000 talenti, ossia quasi 60 milioni
di
lire. Nelle vicinanze di Delfo, al terzo anno di
vano a 10000 talenti, ossia quasi 60 milioni di lire. Nelle vicinanze
di
Delfo, al terzo anno di ogni Olimpiade avevano lu
sia quasi 60 milioni di lire. Nelle vicinanze di Delfo, al terzo anno
di
ogni Olimpiade avevano luogo i giochi Pizii. — No
Olimpiade avevano luogo i giochi Pizii. — Non meno celebre pel culto
di
Apollo, era l’ isola di Delo, dove il Dio era nat
i giochi Pizii. — Non meno celebre pel culto di Apollo, era l’ isola
di
Delo, dove il Dio era nato. Il terreno dell’ isol
ica, ma è lo stesso Apollo greco, molto per tempo accolto nel Panteon
di
Roma. Le colonie greche dell’ Italia meridionale
li oracoli Sibillini che cominciarono a diffondersi ed essere oggetto
di
culto fin dal tempo di Tarquinio Superbo; e del r
e cominciarono a diffondersi ed essere oggetto di culto fin dal tempo
di
Tarquinio Superbo; e del resto si diffuse presto
io Superbo; e del resto si diffuse presto la fama anche dell’ oracolo
di
Delfo, che in solenni occasioni si mandava a cons
i pitici. Più tardi un vero slancio ebbe il culto Apollineo per opera
di
Augusto, che attribuiva la vittoria d’ Azio princ
sse uno splendido tempio sul Palatino cui adornò colla celebre statua
di
Scopa rappresentante Apollo Citaredo. 5. Nelle op
ollo Citaredo. 5. Nelle opere letterarie frequentissima è la menzione
di
Apollo, come ispiratore di ogni bellezza poetica
re letterarie frequentissima è la menzione di Apollo, come ispiratore
di
ogni bellezza poetica e reggitore del coro delle
ari tolti dalle leggende del Dio. Con esso si può confrontare l’ inno
di
Callimaco a Delo perchè contiene cenni delle ste
leggende, nella loro forma ammodernata. Del divino suono della cetra
di
Apollo dà una bella descrizione Pindaro nella pri
il fulmine, l’ aquila vinta dalle cadenze si addormenta sullo scettro
di
Zeus, Ares lascia in disparte le lancie e tutti g
o delle Metamorfosi, racconta con soavi versi la leggenda dell’ amore
di
Febo Apollo per Dafne ritrosa, e il mutamento di
leggenda dell’ amore di Febo Apollo per Dafne ritrosa, e il mutamento
di
costei nella pianta di lauro, da quel momento div
Febo Apollo per Dafne ritrosa, e il mutamento di costei nella pianta
di
lauro, da quel momento divenuta sacra al Dio. Cos
a di lauro, da quel momento divenuta sacra al Dio. Così lo fa parlare
di
sè stesso: ………………………….… mihi Delphica tellus Et
ico terna, solendo essere rappresentato in figura d’ un giovane bello
di
forme, accoppiante la grazia alla forza. Si segna
a e Prassitele, fioriti dal fine della guerra peloponnesiaca all’ età
di
Alessandro Magno. Scopa compose un Apollo Citared
nei secoli seguenti e da Augusto trasportato a Roma dopo la vittoria
di
Azio per collocarlo nel nuovo tempio sul Palatino
per collocarlo nel nuovo tempio sul Palatino, onde ebbe anche il nome
di
Apollo Actius o Palatinus. Si crede che di esso f
o, onde ebbe anche il nome di Apollo Actius o Palatinus. Si crede che
di
esso fosse una riproduzione la statua di Apollo M
us o Palatinus. Si crede che di esso fosse una riproduzione la statua
di
Apollo Musagete che conservasi in Vaticano (fig.
piedi, coronato d’ alloro, toccante le corde della cetra, ha un volto
di
femminea bellezza, esprimente entusiastico rapime
. 15). Prassitele ideò un Apollo in nuovo atteggiamento, cioè in atto
di
uccidere una lucertola e compose la statua detta
tta Apollo Sauroctonos (fig. 16), che è in Vaticano. « Un adolescente
di
bellissime forme si appoggia col braccio sinistro
p. 130-1). Ma la statua più celebre d’ Apollo è il così detto Apollo
di
Belvedere (fig. 17) che pure è in Vaticano. Fu tr
incipio del XVI secolo e restaurata dal Montorsoli, il quale aggiunse
di
suo il mozzicone d’ arco nella mano sinistra; ma
nella mano sinistra; ma non si è ben certi rispetto alle opportunità
di
questo ristauro e rispetto all’ idea generale del
oro. Mirabile la bellezza della figura in quella disdegnosa coscienza
di
sè che mostra avere il Dio vittorioso8.
enza di sè che mostra avere il Dio vittorioso8. I simboli
di
Apollo sono per lo più l’ arco e le saette, rifer
isce col dardo de’ suoi raggi (cfr. l’ espressione lucida tela diei
di
Lucrezio); oppure la cetra e la corona d’ alloro,
o, il cervo, il cigno, il delfino. V. Artemide-Diana. 1. Figlia
di
Zeus e di Leto, Artemide partecipa della natura d
o, il cigno, il delfino. V. Artemide-Diana. 1. Figlia di Zeus e
di
Leto, Artemide partecipa della natura di suo frat
iana. 1. Figlia di Zeus e di Leto, Artemide partecipa della natura
di
suo fratello Apollo, di cui è, in certa guisa, la
us e di Leto, Artemide partecipa della natura di suo fratello Apollo,
di
cui è, in certa guisa, la forma femminile. Essa è
dea grandemente benefica. Ma aveva anche il suo lato sinistro. Armata
di
areo e freccie (i raggi lunari), essa adopera l’
a ombrose montagne, in luoghi deserti e boscosi, scortata da un coro
di
ninfe leggiadre, preceduta dagli ardenti cani, es
eggia per l’ alta statura. Ma guai al malcapitato cui prenda vaghezza
di
contemplare le nude forme della bagnante; niuno l
qualche luogo era anche venerata come dea della maternità, col titolo
di
Ilizia (Ilithyia). La bella leggenda del giovane
o ad Artemide per la sua castità, dà una chiara idea del concetto che
di
questa divinità s’ eran formati i Greci. Era poi
a politica, come protettrice della giustizia nelle città. 3. Il culto
di
Artemide era per lo più connesso col culto di Feb
elle città. 3. Il culto di Artemide era per lo più connesso col culto
di
Febo-Apollo e di Leto (Latona); e a Delo, come a
culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e
di
Leto (Latona); e a Delo, come a Delfo e altrove,
della libera natura, essa aveva un culto speciale in Arcadia, regione
di
alte montagne, di valli profonde, di torrenti imp
a, essa aveva un culto speciale in Arcadia, regione di alte montagne,
di
valli profonde, di torrenti impetuosi e di tranqu
lto speciale in Arcadia, regione di alte montagne, di valli profonde,
di
torrenti impetuosi e di tranquilli laghi. Ivi i t
regione di alte montagne, di valli profonde, di torrenti impetuosi e
di
tranquilli laghi. Ivi i tempietti a lei dedicati
, per es., a Braurone nell’ Attica e a Sparta, Artemide sotto il nome
di
Ortia (Orthia), veniva placata in antico con sacr
ta della Dea. Con questa divinità sanguinaria si connette la leggenda
di
Ifigenia, la figlia di Agamennone, che doveva ess
a divinità sanguinaria si connette la leggenda di Ifigenia, la figlia
di
Agamennone, che doveva essere sacrificata in Auli
o che doveva essere sacrificata, sostituendole una cerva, e l’ avesse
di
poi portata con sè nella Tauride per farne là una
dal suo fratello Oreste avrebbe rapito e portato in Grecia la statua
di
Artemide Taurica. Affatto diversa poi dall’ Artem
degli animali e degli uomini. Ancora nei tempi cristiani era oggetto
di
culto; negli Atti degli Apostoli, si racconta di
ristiani era oggetto di culto; negli Atti degli Apostoli, si racconta
di
un tumulto sorto ad Efeso contro la predicazione
toli, si racconta di un tumulto sorto ad Efeso contro la predicazione
di
Paolo, gridandosi: Magna Diana Ephesiorum « gran
one di Paolo, gridandosi: Magna Diana Ephesiorum « grande è la Diana
di
Efeso ». 4. Diana era appunto la Deita italità co
i identificò l’ Artemide dei Greci. In origine Diana era il femminile
di
Ianus, una potenza celeste, dea lunare, connessa
ccia, e fatta protettrice delle donne. Un antichissimo tempio in onor
di
lei era in un bosco presso Aricia sul lago di Nem
chissimo tempio in onor di lei era in un bosco presso Aricia sul lago
di
Nemi, ov’ essa era chiamata Diana Nemorensis; un
Nemorensis; un altro sul monte Algido presso Tuscolo; ma più celebre
di
tutti fu il tempio eretto da Servio Tullio sul Mo
era tempio comune della lega de’ Latini; dove agli idi d’ Agosto (il
di
13), anniversario della dedica del tempio, si off
rio della dedica del tempio, si offriva un solenne sacrificio in onor
di
Diana, ed era giorno festivo per gli schiavi. — Q
i schiavi. — Quando più tardi Diana fu confusa con Artemide, il culto
di
lei anche a Roma fu connesso con quello di Apollo
usa con Artemide, il culto di lei anche a Roma fu connesso con quello
di
Apollo, ad es., nei ludi secolari. 5. Oltre gli i
le leggende che vi si riferiscono. Ma le lodi più belle, più sentite
di
Diana furono scritte dai Latini. Il 34o carme di
ù belle, più sentite di Diana furono scritte dai Latini. Il 34o carme
di
Catullo, è una preghiera innalzata a Diana da un
Il 34o carme di Catullo, è una preghiera innalzata a Diana da un coro
di
fanciulli e fanciulle; ivi è salutata « signora d
ltori; le si rivolge preghiera che conservi la sua tutela alla stirpe
di
Romolo. Anche Orazio ha tra le sue odi degl’ inni
itus Iori 9 . Anche il carme secolare, come già si disse, è in onor
di
Apollo e di Diana regina delle sei ve; la quale u
. Anche il carme secolare, come già si disse, è in onor di Apollo e
di
Diana regina delle sei ve; la quale ultima è invo
romane e faccia prosperare le novelle generazioni. Una bella pittura
di
Diana al bagno la troverà chi scorra il terzo del
ra di Diana al bagno la troverà chi scorra il terzo delle Metamorfosi
di
Ovidio, là dove raccontasi la sorte toccata all’
screto Atteone. Venendo all’ arti del disegno, molte rappresentazioni
di
Artemide troviamo nelle pitture vascolari e nelle
18, una statua trovata a Pompei e conservata ora nel Museo Nazionale
di
Napoli, rivestita d’ una ricca tunica, a molte pi
20 un’ altra statua pure del Louvre, che figura la bella Dea, in atto
di
affibbiarsi il pallio sulla destra spalla. Genera
so e il cinghiale. VI. Ares-Marte. 1. Venendo ai figli
di
Zeus e di Era, il primo è Ares, dio della guerra.
nghiale. VI. Ares-Marte. 1. Venendo ai figli di Zeus e
di
Era, il primo è Ares, dio della guerra. A differe
gli di Zeus e di Era, il primo è Ares, dio della guerra. A differenza
di
Atena, che rappresenta la prudenza e l’ avvedutez
vasi della guerra nel suo lato più brutale, come strage e spargimento
di
sangue. Secondo il suo significato naturale, Ares
no che si scatena con furioso irresistibile impeto; difatti era detto
di
lui che sua patria e suo soggiorno prediletto fos
emico della serena luce del sole e della calma dell’ atmosfera, avido
di
disordine e di lotta, Ares era detestato dagli al
ena luce del sole e della calma dell’ atmosfera, avido di disordine e
di
lotta, Ares era detestato dagli altri Dei; lo ste
do canta Omero, non d’ altro più compiacevasi che del selvaggio grido
di
guerra; armato dalla testa ai piedi, coll’ elmo d
sua lancia, colla sinistra imbracciando lo scudo, scorreva pel campo
di
battaglia seminando strage e morte. Aveva per com
quando cadde Ares ferito da Atena, ricoperse del suo corpo uno spazio
di
sette iugeri, mentre la sua capigliatura si lordò
corpo uno spazio di sette iugeri, mentre la sua capigliatura si lordò
di
polvere. Altra volta, preso ferito per opera di A
capigliatura si lordò di polvere. Altra volta, preso ferito per opera
di
Atena, emise un grido pari al clamore di nove o d
olta, preso ferito per opera di Atena, emise un grido pari al clamore
di
nove o diecimila uomini in procinto di attaccar b
emise un grido pari al clamore di nove o diecimila uomini in procinto
di
attaccar battaglia. In connessione con questo car
di attaccar battaglia. In connessione con questo carattere selvaggio
di
Ares, son le leggende che lo fan padre del brigan
e del re Tessalo Flegias (Phlegyas) che volendo incendiare il tempio
di
Apollo cadde sotto le freccie di questo Dio (pers
as) che volendo incendiare il tempio di Apollo cadde sotto le freccie
di
questo Dio (personificazione del lampo che nasce
ce dalla nube tonante). Anche le guerriere Amazzoni eran dette figlie
di
Ares. Men rozzo si mostrò Ares ne’ suoi rapporti
nell’ Odissea. I due essendosi trovati in segreto convegno nella casa
di
Efesto, questi, avvertito da Elios, il sole che t
l gustoso spettacolo. Secondo altri, Afrodite era la moglie legittima
di
Ares che per lei genero Armonia, la progenitrice
e della stirpe Tebana. 2. Non molto diffuso era nella Grecia il culto
di
Ares. Aveva però templi a Tebe e Argo, in unione
eopago (areios pagos), il celebre tribunale che giudicava dei delitti
di
sangue. Culto speciale aveva in Tracia, abitata d
l dio più ragguardevole dello stato, dopo Giove. Numa istituì in onor
di
lui il sacerdozio dei Sal ii. Narravasi che un di
uma istituì in onor di lui il sacerdozio dei Sal ii. Narravasi che un
di
mentre Numa pregava per la salvezza dello stato,
egno della sua grazia, avesse lasciato cadere giù dal cielo uno scudo
di
bronzo (ancile), e intanto avesse avvertito Numa
anto si fosse conservato quello scudo, tanto avrebbe durato l’ impero
di
Roma. Numa, riconosciuto quello scudo come lo scu
rato l’ impero di Roma. Numa, riconosciuto quello scudo come lo scudo
di
Marte, a meglio conservarlo, ne fece fabbricare a
ilia così ottenuti furono affidati appunto ai Salii, che erano dodici
di
numero, persone appartenenti alle più ragguardevo
odici di numero, persone appartenenti alle più ragguardevoli famiglie
di
Roma. Ogni anno nel mese di Marzo, sacro al dio M
artenenti alle più ragguardevoli famiglie di Roma. Ogni anno nel mese
di
Marzo, sacro al dio Marte, i Salii percorrevano p
esche e cantavano inni appositamente composti. Da quel tempo il culto
di
Mars pater acquistò sempre maggior popolarità. Lo
pre maggior popolarità. Lo si invocava dai generali d’ esercito prima
di
intraprendere qualsiasi spedizione militare; si c
de era detto Mars Gradivus; dopo la vittoria, gli si rendevano azioni
di
grazie offrendogli una parte del bottino; in caso
rendevano azioni di grazie offrendogli una parte del bottino; in caso
di
disdette, attribuite a’ suoi sdegni, si cercava a
attribuite a’ suoi sdegni, si cercava ammansirlo con grandi sacrifizi
di
espiazione. Si facevan compagne di Mars alcune di
va ammansirlo con grandi sacrifizi di espiazione. Si facevan compagne
di
Mars alcune divinità allegoriche, come Bellona, s
e di Mars alcune divinità allegoriche, come Bellona, sua sorella, dea
di
guerra, corrispondente alla greca Enio; Metus e P
il Valore; Victoria, la Vittoria; Pax, la Pace, tutte onorate in Roma
di
templi e di culto. Il campo di Marte (campus Mart
ictoria, la Vittoria; Pax, la Pace, tutte onorate in Roma di templi e
di
culto. Il campo di Marte (campus Martius), vasta
a; Pax, la Pace, tutte onorate in Roma di templi e di culto. Il campo
di
Marte (campus Martius), vasta piazza sulla riva s
ato. Tra i templi dedicati a Marte, merita special menzione il tempio
di
Marte Ultore che Augusto fece edificare nel suo f
ficare nel suo foro, a ricordare la vittoria riportata sugli uccisori
di
Cesare. 4. L’ Iliade e l’ Odissea son l’ opere do
tettore dell’ Olimpo, padre dei trionfi bene acquistati, soccorritore
di
Temi, cioè della Giustizia. Ma è questo un inno f
egli altri inni omerici. Di Mars o Mavors o Gradivus si fa parola ben
di
frequente negli scrittori latini, ma non si tratt
parola ben di frequente negli scrittori latini, ma non si tratta che
di
rapidi cenni. Lo mette in scena Claudio Claudiano
mici. Nelle arti figurative sono invece frequenti le rappresentazioni
di
Marte, giacchè ne è compresa la figura in molte s
resentazioni di Marte, giacchè ne è compresa la figura in molte scene
di
guerra, segnatamente in pitture vascolari o mural
ra, segnatamente in pitture vascolari o murali; ed anche l’ avventura
di
Ares e Afrodite fornì argomento a molti lavori. L
rgomento a molti lavori. La statuaria soleva rappresentarlo in figura
di
un giovane gagliardo, bello di forme, fiero nel p
tuaria soleva rappresentarlo in figura di un giovane gagliardo, bello
di
forme, fiero nel portamento, con elmo, lancia e s
elmo, lancia e scudo. Nella fig. 21 riproduciamo una statua del Museo
di
Laterano in Roma, la cui mano sinistra probabilme
tra probabilmente teneva una lancia che ora è perduta. È della scuola
di
Policleto. Invece alla scuola di Lisippo (356-323
ia che ora è perduta. È della scuola di Policleto. Invece alla scuola
di
Lisippo (356-323 av. C.), apparteneva la celebre
lla scuola di Lisippo (356-323 av. C.), apparteneva la celebre statua
di
Ares che è nella villa Ludovisi, pure a Roma (fig
la Ludovisi, pure a Roma (fig. 22). Il Dio vi è rappresentato in atto
di
riposo dopo la battaglia, ed ha aspetto più dolce
allo, il picchio. VII. Efesto-Vulcano. 1. L’ altro figlio
di
Zeus e di Era è Efesto (Hephaestos), Dio del fuoc
icchio. VII. Efesto-Vulcano. 1. L’ altro figlio di Zeus e
di
Era è Efesto (Hephaestos), Dio del fuoco. Si pens
zzato, e l’ ammirazione riconoscente degli uomini ne formasse oggetto
di
culto. E poichè il fuoco vien dal cielo, per ques
chè il fuoco vien dal cielo, per questo Efesto era stato detto figlio
di
Zeus. Lo si pensava zoppo; immagine dei movimenti
ti della fiamma. Narravasi poi che Era, vergognandosi della bruttezza
di
lui, lo aveva gettato dal cielo giù nel mare; ma
le Oceanidi Eurinome (Eurynome) e Tetide (Thetis) ebbero compassione
di
lui e lo accolsero e custodirono per nove anni in
ra precipitato per un giorno intiero, e infine era caduto nell’ isola
di
Lenno; i cui abitanti, i Sintii lo curarono finch
Sintii lo curarono finchè fu guarito. In questi racconti della caduta
di
Vulcano, è facile riconoscere un ricordo e un’ es
linguaggio mitico della caduta del fuoco dal cielo in terra, in forma
di
fulmine. Anche il fuoco sotterraneo, il fuoco vul
per lavorare i metalli. Così il monte Mosiclo (Mosychlos) nell’ isola
di
Lenno, l’ Etna in Sicilia erano le sedi principal
os) nell’ isola di Lenno, l’ Etna in Sicilia erano le sedi principali
di
Efesto. Ed essendosi osservato che nelle vicinanz
osi osservato che nelle vicinanze dei vulcani il vino si fa migliore,
di
qui la leggenda dell’ intima amicizia tra Efesto
icizia tra Efesto e Dioniso. Gli antichi poeti magnificavano le opere
di
questo divino artefice. Oltre allo splendido pala
vano le opere di questo divino artefice. Oltre allo splendido palazzo
di
bronzo che egli aveva fabbricato per sè sull’ Oli
zioni per gli altri Dei; poi si consideravano come opere sue l’ egida
di
Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, l
ravano come opere sue l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente
di
Nettuno, lo scudo di Eracle, lo scettro di Agamen
l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo
di
Eracle, lo scettro di Agamennone, l’ armatura d’
l suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo di Eracle, lo scettro
di
Agamennone, l’ armatura d’ Achille, ecc. 2. Il di
matura d’ Achille, ecc. 2. Il dio del fuoco, il fabbro divino, autore
di
tante opere in ferro e bronzo, era naturale fosse
orazione dei metalli e ammaestratine gli uomini; lo si faceva patrono
di
tutti gli artisti ed operai che per l’ opera loro
, sede principale dell’ arte e della coltura greca. Anche le leggende
di
Lenno avevan data ad Efesto in moglie Afrodite, e
’ incanto della grazia. 3. Non molto esteso era nella Grecia il culto
di
Efesto. Il luogo principale dov’ era venerato era
l culto di Efesto. Il luogo principale dov’ era venerato era l’ isola
di
Lenno; ivi, come già dicemmo, si credeva ch’ egli
, si credeva ch’ egli abitasse nel monte Mosiclo ed avesse a compagni
di
lavoro i Cabiri, i quali in conseguenza corrispon
corrispondevano ai Ciclopi dell’ Etna. Già abbiamo ricordato il culto
di
Efesto in Atene, accomunato con quello di Atena.
abbiamo ricordato il culto di Efesto in Atene, accomunato con quello
di
Atena. Nelle Efestee, (o feste in onor di Efesto)
tene, accomunato con quello di Atena. Nelle Efestee, (o feste in onor
di
Efesto) aveva solitamente luogo la corsa colle fi
Sud e in genere le terre vulcaniche erano naturalmente sede del culto
di
Efesto. Specialmente l’ isola di Lipari, una dell
he erano naturalmente sede del culto di Efesto. Specialmente l’ isola
di
Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Ef
Specialmente l’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola
di
Efesto; ivi era una grande officina dove lo si se
a dove lo si sentiva co’ suoi Ciclopi a batter colpi e attizzar vampe
di
fuoco. 4. I Romani, com’ è noto, chiamavano quest
vita e alla civiltà, era nelle antiche leggende italiche fatto sposo
di
Maia antica deità latina, sopranomata Maia Volcan
omata Maia Volcani e onorata con un sacrifizio il 1º Maggio; qualcosa
di
simile alla unione di Efesto con Afrodite. Le fes
norata con un sacrifizio il 1º Maggio; qualcosa di simile alla unione
di
Efesto con Afrodite. Le feste di Vulcano, le Vulc
ggio; qualcosa di simile alla unione di Efesto con Afrodite. Le feste
di
Vulcano, le Vulcanalia, avevan luogo durante il c
rincipale del Dio a Roma era il Vulcanal, non un tempio ma una specie
di
focolare pubblico, posto su un’ area alquanto ele
a specie di focolare pubblico, posto su un’ area alquanto elevata, al
di
sopra del Comitium dove si riunivano le assemblee
el Comitium dove si riunivano le assemblee del popolo. Un vero tempio
di
Vulcano era nel campo Marzio, probabilmente nelle
e Vulcanalia, avevan luogo i giochi Circensi. Un altro giorno festivo
di
Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed
i si attribuiva sia l’ origine dell’ incendio e l’ opera distruttrice
di
esso, sia lo spegnimento. Onde si ponevan le case
arresta il fuoco, a cui fu eretta una statua nel foro vicino a quella
di
Vulcano; e molte altre con tempietti trovavansi n
tempietti trovavansi nelle varie regioni della città. 5. L’ immagine
di
Efesto-Vulcano ricorre spesso nella poesia epica,
ne di Efesto-Vulcano ricorre spesso nella poesia epica, dove si parla
di
grandi opere costruite dal divino operaio. Così O
e (8,416 e segg.), Claudio Claudiano nel poemetto sul terzo consolato
di
Onorio (v. 191), si compiacquero a descrivere lo
91), si compiacquero a descrivere lo stridente lavorio dell’ officina
di
Vulcano, lo scorrer del bronzo fuso e dell’ oro n
i magli mossi dai Ciclopi. Altri narrarono altre parti delle leggende
di
questo Dio. L’ aneddoto di Venere, sorpresa da Vu
Altri narrarono altre parti delle leggende di questo Dio. L’ aneddoto
di
Venere, sorpresa da Vulcano con Marte, narrato ne
e sue forze, quindi barbuto. Per lo più non si tien conto del difetto
di
esser zoppo; la vista ne sarebbe stata disaggrade
bbe stata disaggradevole. Pero zoppa era la statua fatta da Alcamene,
di
cui parla Cicerone nel primo libro De Natura Deor
el resto lo si figurava in berretta e abito da operaio (exomis, sorta
di
tunica che lasciava nuda la spalla destra), e con
e con gli arnesi dell’ arte sua. Si hanno ben pochi monumenti antichi
di
Efesto. La fig. 23 è ricavata da un busto che con
nservasi in Vaticano. VIII. Ermes-Mercurio. 1. Ermes, figlio
di
Zeus e di Maia figlia d’ Atlante, nacque in una c
n Vaticano. VIII. Ermes-Mercurio. 1. Ermes, figlio di Zeus e
di
Maia figlia d’ Atlante, nacque in una caverna del
nato al mattino, verso il mezzogiorno esce dalle fasce, e del guscio
di
una tartaruga, trovata dinanzi alla caverna, si f
a Apollo non poteva ignorare la cosa, ed ecco se ne viene alla grotta
di
Cillene per obbligare Ermes a restituire il mal t
nega il fatto; onde Apollo a forza lo dove condurre davanti il trono
di
Zeus, lasciando a questo di decidere la contesa.
a forza lo dove condurre davanti il trono di Zeus, lasciando a questo
di
decidere la contesa. Anche allora stava Ermes in
ora stava Ermes in sul niego, ma Zeus, capita la cosa, gli diè ordine
di
cercare insieme con Apollo le giovenche e restitu
Apollo poi udito Ermes sonar la lira, tanto se ne compiacque che, pur
di
averla, gli lasciò le cinquanta giovenche. Così E
Apollo d’ allora in poi prese diletto dell’ arte musica. A dar segno
di
una compiuta riconciliazione, Apollo donò al frat
ione, Apollo donò al fratello la verga d’ oro a tre rampolli, datrice
di
benessere e prosperità, e d’ allora in poi visser
ice di benessere e prosperità, e d’ allora in poi vissero in rapporti
di
intima amicizia, benefici entrambi all’ umanità,
ligenza, Ermes del senno e della scaltrezza pratica. Tale la leggenda
di
Ermes narrata nell’ inno omerico. Incerto il sign
di Ermes narrata nell’ inno omerico. Incerto il significato naturale
di
questo mito. Secondo alcuni Ermes non è altro che
ito. Secondo alcuni Ermes non è altro che il crepuscolo. Le giovenche
di
Apollo da lui rubate sarebbero i raggi solari che
nefica pioggia. Un altro mito relativo ad Ermes è l’ incarico datogli
di
liberare Io, amata da Zeus, cui Era gelosa aveva
vacca e data a custodire ad Argo dai cent’ occhi. Ermes uccise Argo e
di
qui il suo titolo di Argifonte (Argiphontes). Per
ire ad Argo dai cent’ occhi. Ermes uccise Argo e di qui il suo titolo
di
Argifonte (Argiphontes). Per gli uni Io è la luna
ggente che guida al pascolo le vacche celesti ossia le nuvole gravide
di
pioggia. Il vento tempestoso uccide Argo, cioè os
orra qua e là per le regioni del cielo. 2. Varie sono le attribuzioni
di
Ermes; le une hanno rapporto col mondo umano, le
i che percorresse e terre e mari, ad annunziare alle genti la volontà
di
Giove o degli altri Dei. Così fu mandato alla nin
ri Dei. Così fu mandato alla ninfa Calipso per trasmetterle l’ ordine
di
Zeus circa il rilascio di Ulisse; fu mandato ad E
la ninfa Calipso per trasmetterle l’ ordine di Zeus circa il rilascio
di
Ulisse; fu mandato ad Egisto per avvertirlo di no
Zeus circa il rilascio di Ulisse; fu mandato ad Egisto per avvertirlo
di
non uccidere Agamennone; fu mandato ad Enea per i
gine. Già abbiamo ricordato l’ incarico più difficile datogli da Zeus
di
uccidere Argo dai cento occhi, custode di Io. Com
ù difficile datogli da Zeus di uccidere Argo dai cento occhi, custode
di
Io. Come messaggiero ed araldo degli Dei, Ermes p
mpre il caduceus. Era la verga stessa donatagli da Apollo, e constava
di
tre rampolli, di cui uno era il manico, gli altri
Era la verga stessa donatagli da Apollo, e constava di tre rampolli,
di
cui uno era il manico, gli altri due si raccoglie
ome i sogni si credeva venissero da Zeus, così Ermes, come messaggero
di
Zeus, era anche apportatore dei sogni e conciliat
ciliatore del sonno; onde gli si rivolgevano speciali preghiere prima
di
andare a letto. Infine, sempre nei rapporti sopra
to. Infine, sempre nei rapporti soprannaturali, Ermes avea la qualità
di
psicagogo o psicopompo, ossia conduttore delle an
trapassati nel regno delle ombre, e in certe occasioni anche, per via
di
oracoli e di scongiuri, le faceva tornare alle re
l regno delle ombre, e in certe occasioni anche, per via di oracoli e
di
scongiuri, le faceva tornare alle regioni superio
iori. Nei rapporti naturali, Ermes era venerato anzitutto come datore
di
prosperità e ricchezza nelle varie congiunture de
egli stesso, curava la fecondità e il benessere delle greggi; maestro
di
scaltrezza, era l’ aiuto del commercio e dei traf
o; e come a ciò giovano spesso le ciurmerie e gli inganni, così anche
di
tali cose si faceva Ermes patrono. — E poichè i t
trono. — E poichè i traffici della vita commerciale voglion sicurezza
di
strade e di viabilità, Ermes era anche il protett
oichè i traffici della vita commerciale voglion sicurezza di strade e
di
viabilità, Ermes era anche il protettore dei vian
ttore dei viandanti. Onde l’ uso e la denominazione delle erme, ossia
di
quelle pietre quadrate, sormontate da una testa o
Non era egli corridore valente tra i valenti? e abilissimo lanciator
di
dischi e pugilatore? Quindi lo si credeva fondato
credeva fondatore degli stadi e de’ ginnasi, i quali solevano ornarsi
di
imagini sue. Infine, come facondo oratore, era il
genere proteggeva tutte le invenzioni dell’ ingegno ed era ispiratore
di
prudenti deliberazioni. 3. Ermes era oggetto di s
gno ed era ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Ermes era oggetto
di
special culto in Arcadia dov’ egli credevasi nato
n Arcadia dov’ egli credevasi nato, poi anche in Attica e nelle isole
di
Lenno, Imbro e Samotracia, terre ricche di greggi
he in Attica e nelle isole di Lenno, Imbro e Samotracia, terre ricche
di
greggi e di pascoli. In Samotracia era venerato c
e nelle isole di Lenno, Imbro e Samotracia, terre ricche di greggi e
di
pascoli. In Samotracia era venerato col nome di C
re ricche di greggi e di pascoli. In Samotracia era venerato col nome
di
Cadmilo o Casmilo, e considerato come datore di f
era venerato col nome di Cadmilo o Casmilo, e considerato come datore
di
fecondità. 4. Il Mercurio dei Latini, dalla voce
uni coll’ Ermes greco. Il suo culto erasi introdotto insieme con quel
di
Cerere pochi anni dopo la cacciata dei Tarquinii,
uel di Cerere pochi anni dopo la cacciata dei Tarquinii, in occasione
di
una grande carestia, ma sembra sia rimasto sempre
mercanti onorava in lui il suo patrono e celebrava una festa agli idi
di
Maggio in onor di lui e della madre Maia. Più tar
n lui il suo patrono e celebrava una festa agli idi di Maggio in onor
di
lui e della madre Maia. Più tardi Mercurio si ide
ltre l’ inno omerico già ricordato, presso altri poeti greci si parla
di
Ermes e si raccontano le leggende a lui relative;
si parla di Ermes e si raccontano le leggende a lui relative; un inno
di
Alceo che ne cantava la nascita a Cillene s’ è di
l’ ode decima del libro 1o d’ Orazio, che ben riassume gli attributi
di
Mercurio, chiamandolo facondo nipote d’ Atlante e
gli Dei sia del cielo sia dell’ inferno. La rappresentazione plastica
di
Ermes ha preso diverse forme secondo il concetto
a un montone (Ermes crioforo), immagine che nei tempi cristiani servi
di
modello a figurare il Buon Pastore; ora apparisce
mmerciante, ed ha la borsa in mano; ora infine è messaggero ed araldo
di
Zeus coll’ ali ai piedi e sul petaso e in mano il
el pieno vigore delle sue forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea
di
figurarlo nel fiore della gioventù e senza barba.
entù e senza barba. A quest’ ultimo tipo appartiene la celebre statua
di
Prassitele scoperta nel 1877 ad Olimpia. Disgrazi
ri delle braccia; ma altre parti trovate in seguito, e la descrizione
di
Pausania, permisero di restaurarla quasi con cert
tre parti trovate in seguito, e la descrizione di Pausania, permisero
di
restaurarla quasi con certezza. La fig. 25 riprod
presenta con più precisione la testa. Il Dio, raffigurato in pienezza
di
gioventù, con forme robuste ed eleganti, porta su
’ animo ( Gentile, op. cit. p. 132). Un’ altra splendida statua
di
Ermes è quella in bronzo, trovata in Ercolano, ch
a in bronzo, trovata in Ercolano, che ora trovasi nel Museo Nazionale
di
Napoli, e rappresenta (fig. 26) il messaggiero de
o a sedere su una rupe. Le ali ai piedi sono ivi assicurate per mezzo
di
nastri. IX. Afrodite-Venere. 1. In Omero
i nastri. IX. Afrodite-Venere. 1. In Omero Afrodite è figlia
di
Zeus e di Dione, quella che a Dodona era venerata
IX. Afrodite-Venere. 1. In Omero Afrodite è figlia di Zeus e
di
Dione, quella che a Dodona era venerata come la s
ia di Zeus e di Dione, quella che a Dodona era venerata come la sposa
di
Zeus. Ma questa leggenda cedette il luogo ad un’
dir schiuma); e la prima terra, a cui approdò sarebbe stata l’ isola
di
Cipro, dove essa era venerata con culto speciale.
Cipro, dove essa era venerata con culto speciale. Di qui gli epiteti
di
Anadiomene (anadyomene, sorta su, intendi: dal ma
canto che emanava dal suo corpo. S’ indovina il significato primitivo
di
questa dea della bellezza; non è altro che l’ aur
l’ aurora, figlia del cielo, la quale sorride dall’ oriente e allieta
di
sua luce tutta la natura. Ma a questo concetto pr
, questo concetto era stato personificato nella dea Astarte; il culto
di
costei si diffuse insieme col commercio fenicio,
ella bellezza e dell’ amor sessuale. Presto si distinsero tre aspetti
di
questa deità; contrassegnati col nomi di Afrodite
to si distinsero tre aspetti di questa deità; contrassegnati col nomi
di
Afrodite Pandemo, Afrodite Urania e Afrodite Pont
Afrodite Pontia; la prima era l’ Afrodite terrena, protettrice anche
di
amori volgari; la seconda era la dea dell’ amore
di amori volgari; la seconda era la dea dell’ amore celeste, datrice
di
ogni benedizione; la terza era l’ Afrodite marina
te marina, patrona della navigazione e dei naviganti. Così il dominio
di
Afrodite si estendeva su tutta quanta la natura.
seri, divini ed umani un fascino irresistibile. Quindi molte leggende
di
dei od uomini presi d’ amore per Afrodite; anche
ie secondo le tradizioni locali e difficili a riassumersi. Come sposo
di
Afrodite or si nomina Ares, ora Efesto; più spess
ina Ares, ora Efesto; più spesso il secondo, torse perchè non mancava
di
attrattiva per ragioni di contrasto, l’ immagine
spesso il secondo, torse perchè non mancava di attrattiva per ragioni
di
contrasto, l’ immagine della bella Afrodite a fia
della bella Afrodite a fianco dello zoppo e odioso Dio del fuoco. Ma
di
questo matrimonio non si citano figli; bensì di A
oso Dio del fuoco. Ma di questo matrimonio non si citano figli; bensì
di
Afrodite e di Ares, e sarebbero Eros e Anteros, p
oco. Ma di questo matrimonio non si citano figli; bensì di Afrodite e
di
Ares, e sarebbero Eros e Anteros, personificazion
ende Afrodite è messa in rapporto con Dioniso e con Ermes. Spesso poi
di
essa si dice che esercito la sua forza sul mortal
Ippolito che rese infelice facendo che la matrigna Fedra innamorasse
di
lui, e il bel Narciso il quale sdegnava l’ amore
nava l’ amore della ninfa Eco, facendo che si invaghisse perdutamente
di
sè stesso. Merita un cenno speciale la leggenda d
amente di sè stesso. Merita un cenno speciale la leggenda dell’ amore
di
Afrodite per Adone, figlio di Fenice e di Afesibe
cenno speciale la leggenda dell’ amore di Afrodite per Adone, figlio
di
Fenice e di Afesibea. Era questa leggenda d’ orig
ale la leggenda dell’ amore di Afrodite per Adone, figlio di Fenice e
di
Afesibea. Era questa leggenda d’ origine asiatica
una caccia, ucciso da un cinghiale. Ella, addoloratissima, prego Zeus
di
richiamarlo in vita; ma intanto se n’ era anche i
i aggiunga Imene (Hymen o Hymenaios), il Dio delle nozze. 2. Il culto
di
Afrodite ebbe una straordinaria estensione in tut
regioni ove le stirpi elleniche si stanziarono e dominarono. Essendo
di
origine orientale, prese possesso primamente dell
ntale, prese possesso primamente delle grandi isole dell’ Egeo, e più
di
Cipro che si diceva la culla della Dea, e in Cipr
che si diceva la culla della Dea, e in Cipro specialmente delle città
di
Pafo e Amatunte che erano più in rapporto col Fen
oste del Mar Nero, poi ancora nelle Cicladi, specialmente nell’ isola
di
Delo, infine in Attica e Beozia. Altra terra cele
di Delo, infine in Attica e Beozia. Altra terra celebre per il culto
di
Afrodite fu l’ isola di Citera, onde essa ebbe il
ca e Beozia. Altra terra celebre per il culto di Afrodite fu l’ isola
di
Citera, onde essa ebbe il soprannome di Citerea,
culto di Afrodite fu l’ isola di Citera, onde essa ebbe il soprannome
di
Citerea, e di qui si estese nelle coste e nell’ i
ite fu l’ isola di Citera, onde essa ebbe il soprannome di Citerea, e
di
qui si estese nelle coste e nell’ interno del Pel
se nelle coste e nell’ interno del Peloponneso. Altro centro la città
di
Corinto, donde si diffuse in città vicine, Argo,
e. Poi si estese anche in Occidente; specialmente è celebre il tempio
di
Afrodite eretto sul monte Erice, oggi S. Giuliano
atura, onde a lei era sacro il mese dei flori, Aprile. Il nome stesso
di
Venere significa bellezza e grazia (cfr. venusto,
ni e sulla socievolezza tra gli uomini. Dall’ importanza che il culto
di
una tal dea aveva presso i Latini, provenne che q
atini, provenne che quando Venere si fuse con Afrodite, e le leggende
di
questa furono accolte in Occidente, facile ascolt
a furono accolte in Occidente, facile ascolto trovò anche la leggenda
di
Enea, detto figlio di Venere, e imaginato come fo
cidente, facile ascolto trovò anche la leggenda di Enea, detto figlio
di
Venere, e imaginato come fondatore della stirpe r
ato come fondatore della stirpe romana. In Roma v’ erano tre santuari
di
Venere, quello della dea Murcia, della Cloacina e
i identificò Murcia a Murtea, e si pensò a una dea del mirto (simbolo
di
casto amore); un tempio in onor di costei sorgeva
pensò a una dea del mirto (simbolo di casto amore); un tempio in onor
di
costei sorgeva a piè dell’ Aventino presso il Cir
Massimo, che si voleva fabbricato dai Latini ivi stanziati per opera
di
Anco Marzio. Il tempio di Cloacina trovavasi vici
bbricato dai Latini ivi stanziati per opera di Anco Marzio. Il tempio
di
Cloacina trovavasi vicino al Comitium, forse in q
rasporti funebri. Nè faccia meraviglia che la dea del piacere (libet)
di
venisse dea dei morti; spesso nell’ antica mitolo
gli estremi si toccano. — A queste forme più antiche del culto latino
di
Venere se n’ aggiunsero col tempo delle altre, se
l tempo delle altre, segnatamente quello della Venus Victrix, onorata
di
un tempio sul Campidoglio, e della Venus Genetrix
ata soprattutto da Giulio Cesare che faceva discendere da lei per via
di
Enea la sua famiglia, e che a lei votò un tempio
di Enea la sua famiglia, e che a lei votò un tempio dopo la vittoria
di
Farsalo; questo tempio fu costruito con grande sp
fu costruito con grande splendidezza e dedicato nel settembre del 708
di
R. (46 av. C.). Il culto si diffuse anche più per
pio doppio fu eretto in Roma da Adriano. 4. Il nascimento e la storia
di
una dea così bella e cara agli uomini ispirarono
il suo poema della natura; nè meno degno d’ ammirazione l’ elogio che
di
Venere scrisse Ovidio nel quarto dei Fasti (v. 90
. Del resto non v’ è pittura della primavera che non contenga le lodi
di
Venere; ricordiamone una sola, quella d’ Orazio (
, diretta da Venere; il luogo fu già da noi citato dove si discorreva
di
Vulcano (pag. 90). Venendo all’ arti figurative,
. 90). Venendo all’ arti figurative, assai frequentemente l’ immagine
di
Afrodite fu presa a rappresentare dagli artisti a
anche velata; tale era ad es. la statua che trovavasi nell’ Acropoli
di
Atene, opera dello scultore Calamide, contemporan
nell’ Acropoli di Atene, opera dello scultore Calamide, contemporaneo
di
Fidia. La scuola più giovane preferì rappresentar
vita. Celebre tra l’ altre la Venere scolpita da Prassitele per quei
di
Cnido, posta nel loro tempio di Afrodite Euploia
enere scolpita da Prassitele per quei di Cnido, posta nel loro tempio
di
Afrodite Euploia (favorevole alla navigazione), d
lle loro monete. La fig. 27 presenta una testa che è una riproduzione
di
quella di Prassitele e trovasi a Berlino. Il capo
onete. La fig. 27 presenta una testa che è una riproduzione di quella
di
Prassitele e trovasi a Berlino. Il capolavoro di
produzione di quella di Prassitele e trovasi a Berlino. Il capolavoro
di
Prassitele ispiro in seguito parecchi altri statu
tri statuari; tra gli altri l’ autore della statua che è detta Venere
di
Milo, perchè fu trovata nel 1820 nell’ isola di M
ua che è detta Venere di Milo, perchè fu trovata nel 1820 nell’ isola
di
Milo, e che trovasi ora nella Galleria del Louvre
ta o la incantevole proporzione delle membra. Connesse col capolavoro
di
Prassitele sono anche la Venere trovata nell’ anf
apolavoro di Prassitele sono anche la Venere trovata nell’ anfiteatro
di
Capua, ora nel Museo di Napoli, e la celebre Vene
sono anche la Venere trovata nell’ anfiteatro di Capua, ora nel Museo
di
Napoli, e la celebre Venere del Medici della Gall
ma falsamente. Cogli scultori gareggiavano nelle rappresentazioni
di
Venere pittori e incisori. Apelle tra gli altri s
er la pittura della Venere Anadiomene che prima si trovava nel tempio
di
Esculapio a Coo, ma per opera di Augusto tu porta
mene che prima si trovava nel tempio di Esculapio a Coo, ma per opera
di
Augusto tu portata a Roma e posta nel tempio di G
o a Coo, ma per opera di Augusto tu portata a Roma e posta nel tempio
di
Giulio Cesare, il discendente di Venere. Tra le b
tu portata a Roma e posta nel tempio di Giulio Cesare, il discendente
di
Venere. Tra le bestie erano sacri a Venere la col
io. X. Estia-Vesta. 1. Estia (Hestia) era detta figlia maggiore
di
Crono e Rea, quindi sorella di Zeus e di Era; è d
tia (Hestia) era detta figlia maggiore di Crono e Rea, quindi sorella
di
Zeus e di Era; è da notarsi pero che nei poemi om
a) era detta figlia maggiore di Crono e Rea, quindi sorella di Zeus e
di
Era; è da notarsi pero che nei poemi omerici non
vamente tardi. Estia rappresentava il focolare domestico, come centro
di
tutta la vita della famiglia. Il fuoco in antico
resso il focolare della casa eran le statue degli Dei, ivi il ritrovo
di
tutti i membri della famiglia, ivi, per dir così,
Pritaneo, residenza del governo; ivi era un altare, su cui ardeva in
di
lei onore continuamente il fuoco. Da questo prend
lei onore continuamente il fuoco. Da questo prendevano con sè un po’
di
fuoco quelli che andavano a colonizzare altre ter
e colla madre patria. Infine, siccome tutti gli Stati greci sentivano
di
essere fratelli e non trascuravano occasione di e
Stati greci sentivano di essere fratelli e non trascuravano occasione
di
esprimere questo sentimento di nazionalità, così
fratelli e non trascuravano occasione di esprimere questo sentimento
di
nazionalità, così l’ Estia del tempio di Delfo di
esprimere questo sentimento di nazionalità, così l’ Estia del tempio
di
Delfo divenne per loro rappresentazione sensibile
ppresentazione sensibile dell’ unità nazionale. Ivi pure si manteneva
di
continuo un vivo fuoco in onor della Dea. Come pu
diceva ch’ ella aveva voluto rimaner vergine, e che anche sollecitata
di
nozze da Posidone ed Apollo, aveva opposto un dec
va opposto un deciso rifiuto. Anche le donne che attendevano al culto
di
lei dovevano esser vergini o almeno di casta vita
donne che attendevano al culto di lei dovevano esser vergini o almeno
di
casta vita. 2. Il culto di Estia era diffusissimo
lto di lei dovevano esser vergini o almeno di casta vita. 2. Il culto
di
Estia era diffusissimo in Grecia e nelle colonie:
nel nome. Vesta pure era la dea del focolare domestico, conservatrice
di
pace e concordia nella famiglia; venerata insieme
lia; venerata insieme cogli Dei Penati, del quali riparleremo. Ma più
di
tutto la Vesta dei Romani fu oggetto di venerazio
del quali riparleremo. Ma più di tutto la Vesta dei Romani fu oggetto
di
venerazione come dea protettrice dello Stato. Il
di venerazione come dea protettrice dello Stato. Il più antico tempio
di
lei, che si credeva fondato da Numa Pompilio, sor
tener vivo questo fuoco attendevano le vergini Vestali, prima quattro
di
numero, poi sei. Lo spegnersi della sacra fiamma
i numero, poi sei. Lo spegnersi della sacra fiamma era ritenuto segno
di
sventura, e l’ ancella colpevole di questa trascu
a sacra fiamma era ritenuto segno di sventura, e l’ ancella colpevole
di
questa trascuranza era aspramente punita. Le Vest
ali erano scelte dal Pontefice Massimo, tra il sesto e il decimo anno
di
vita, e dovevano restar trent’ anni addette al se
che prender marito, ma in genere rimanevano tutta la vita al servizio
di
Vesta. Abitavano nel così detto Atrium Vestae, di
la vita al servizio di Vesta. Abitavano nel così detto Atrium Vestae,
di
cui non molti anni fa fu ritrovato e rimesso a lu
e rimesso a luce il sito preciso. Ivi si son trovate parecchie statue
di
Vestali, da cui si rileva qual ne fosse il portam
va qual ne fosse il portamento (fig. 29). — Un altro antico santuario
di
Vesta trovavasi in Lavinio, la metropoli dei Lati
do in carica, recavansi a offrir sacrifizio. — L’ annua festa in onor
di
questa Dea, detta Vestalia, aveva luogo il 9 Giug
Allora si ponevano sul focolare varii cibi e si conducevano al tempio
di
Vesta asini da macina inghirlandati e con pani ap
rimento. 4. Non molto frequente è la rappresentazione della figura
di
Vesta nell’ arte statuaria. La causa dev’ essere
spressa da Ovidio nel sesto dei Fasti, dove parlando del tempio tondo
di
Vesta a Roma soggiunge: Esse diu stultus Vestae
Vesta nec ignis habet 14 . Le poche volte che si scolpi l’ immagine
di
Vesta, si soleva raffigurarla seduta o in piedi i
piedi in atto tranquillo, compiutamente vestita e con l’ espressione
di
una severa onestà. Noi riproduciamo nella fig. 30
onestà. Noi riproduciamo nella fig. 30 una statua del Museo Torlonia
di
Roma, detta comunemente la Vesta del Giustiniani.
terizzarla, la tazza del sacrifizio, la fiaccola, il simpulum (specie
di
chicchera con lungo manico usata nei sacrifizi),
uro moderno, e forse non giusto perchè probabilmente la sinistra mano
di
questa statua teneva uno scettro. XI. Giano
gia greca, e sono Giano e Quirino. Ianus non è che la forma maschile
di
Diana, la luna, quindi era in origine una divinit
o, nel mare, sulla terra, tutto si diceva chiuso e riaperto per opera
di
Giano; onde era invocato cogli epiteti Patulcius
e aperto, e claudere, chiudere). Sulla terra era specialmente signore
di
tutti i passaggi, delle porte grandi e piccole (d
delle porte grandi e piccole (da Ianus, ianua — la porta). Gli archi
di
passaggio, a forma di volta, simbolo della volta
piccole (da Ianus, ianua — la porta). Gli archi di passaggio, a forma
di
volta, simbolo della volta celeste, si chiamavano
appunto iani. E perchè ogni passaggio ha due aspetti, il davanti e il
di
dietro, quindi l’ idea di figurarsi Giano con due
i passaggio ha due aspetti, il davanti e il di dietro, quindi l’ idea
di
figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una
ncipio, ne vennero diverse attribuzioni. A lui erano sacri gli inizii
di
ogni periodo di tempo. Egli iniziava il nuovo ann
ro diverse attribuzioni. A lui erano sacri gli inizii di ogni periodo
di
tempo. Egli iniziava il nuovo anno, di cui il pri
cri gli inizii di ogni periodo di tempo. Egli iniziava il nuovo anno,
di
cui il primo mese era denominato da lui, Januariu
dae Ianuariae) era la festa del Dio; quel giorno si ornavano le porte
di
ogni casa con corone e rami d’ alloro, gli amici
nti si visitavano, si facevano gli augurii, e si regalavano a vicenda
di
monete e di dolci (strena, la strenna); a Giano s
avano, si facevano gli augurii, e si regalavano a vicenda di monete e
di
dolci (strena, la strenna); a Giano si facevano s
monete e di dolci (strena, la strenna); a Giano si facevano sacrifizi
di
focaccie, vino, incenso. Anche il primo di degli
iano si facevano sacrifizi di focaccie, vino, incenso. Anche il primo
di
degli altri mesi era in qualche modo dedicato a G
mesi era in qualche modo dedicato a Giano, e si rinnovavano in onore
di
lui sacrifizi e preghiere. Infine anche la prima
l’ impresa. Quindi nulla s’ incominciava senza chiedere la protezione
di
Giano, e anche qualsiasi cerimonia religiosa, in
a protezione di Giano, e anche qualsiasi cerimonia religiosa, in onor
di
qualsiasi divinità, doveva essere preceduta da un
a a Giano. Tra i fatti più notevoli della vita pubblica era l’ uscita
di
un esercito per una spedizione di guerra; in ques
i della vita pubblica era l’ uscita di un esercito per una spedizione
di
guerra; in quest’ occasione il comandante dell’ e
momento per tutta la durata della guerra si tenevano aperte le porte
di
un certo tempio di lui, per indicare che il Dio e
la durata della guerra si tenevano aperte le porte di un certo tempio
di
lui, per indicare che il Dio era uscito coll’ ese
. Analogamente ogni magistrato, entrando in carica, chiedeva l’ aiuto
di
Giano; le curie, inaugurando ogni loro adunanza,
uomini. Anche per la procreazione dei figliuoli era invocato col nome
di
Ianus Consivius. Giano era ancora ritenuto come l
i gli davano in moglie la dea delle fonti Iuturna, e lo facevan padre
di
Fontus, venerato sui Gianicolo, e del dio Tiberin
Gianicolo, e del dio Tiberino. Si credeva che egli avesse la potenza
di
far scaturire d’ improvviso sorgenti dalla terra;
vano penetrare nella città Palatina, zampillo d’ un tratto, per opera
di
Giano, una sorgente d’ acqua solforosa che impedi
che impedi il loro avanzarsi e li obbligò alla ritirata. 2. Al culto
di
Giano non occorrevano, si può dire, templi specia
quella frequentatissima strada che dal vecchio foro conduceva al foro
di
Cesare. Lo si diceva eretto da Numa, ed era appun
uma, ed era appunto il tempio le cui porte si tenevan chiuse in tempo
di
pace e aperte in tempo di guerra. Un altro tempio
pio le cui porte si tenevan chiuse in tempo di pace e aperte in tempo
di
guerra. Un altro tempio di Giano egualmente antic
chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra. Un altro tempio
di
Giano egualmente antico e ragguardevolo trovavasi
voglia leggere artisticamente riassunte le attribuzioni e le leggende
di
Giano, ricorra al primo libro dei fasti d’ Ovidio
rra al primo libro dei fasti d’ Ovidio ; ivi; a proposito delle feste
di
capo d’ anno, si discorre largamente di lui. L’
ivi; a proposito delle feste di capo d’ anno, si discorre largamente
di
lui. L’ arte statuaria, già s’ è detto, volendo
orso a una simile immagine, per es., nelle doppie erme e nella figura
di
Argo; e una doppia erma che si credeva opera di S
e erme e nella figura di Argo; e una doppia erma che si credeva opera
di
Scopa o di Prassitele, portò Augusto a Roma dall’
lla figura di Argo; e una doppia erma che si credeva opera di Scopa o
di
Prassitele, portò Augusto a Roma dall’ Egitto, pe
ssitele, portò Augusto a Roma dall’ Egitto, per servire come immagine
di
Giano. È dunque probabile che gli artisti romani
ppiare una faccia barbuta ad una sbarbata. Non avendo altri monumenti
di
Giano, riproduciamo (fig. 31) un’ antica moneta r
Giano, riproduciamo (fig. 31) un’ antica moneta romana con la figura
di
Giano bifronte. — Si assegnano a Giano come attri
corrispondente al Mars dei Latini, e prendeva nome dalla città sabina
di
Cures, i cui cittadini erano detti Quirites. Era
r e Mars, formando una triade che si riteneva protettrice dello stato
di
Roma. Numa assegnò a questo Dio un sacerdote spec
il flamen Quirinalis, e Tullo Ostilio creò per lui un secondo ordine
di
Salii. La festa animale di Quirino, detta Quirina
llo Ostilio creò per lui un secondo ordine di Salii. La festa animale
di
Quirino, detta Quirinalia, aveva luogo il 17 Febb
etta Quirinalia, aveva luogo il 17 Febbraio. Un antico tempio in onor
di
lui sorgeva sul Quirinale; il qual tempio fu rifa
onor di lui sorgeva sul Quirinale; il qual tempio fu rifatto nel 411
di
R. (293 av. C.) da L. Papirio Cursore e ornato de
sole. — Più tardi Quirino venne a confondersi con Romolo, il primo re
di
Roma divinizzato, e ne nacque così il dio Romulus
rigine la doppia popolazione, venne in seguito a indicare i cittadini
di
Roma senza distinzione. B. Divinità secondari
popolare doveva annoverare fra gli Dei, v’ era naturalmente il sole;
di
qui il dio Elio (Helios). Gli antichi se lo figur
un, elmo d’ oro. Lo si diceva figlio del Titano Iperione (Hyperion) e
di
Tea (Theici) o, secondo altri, di Eurifaessa (Eur
io del Titano Iperione (Hyperion) e di Tea (Theici) o, secondo altri,
di
Eurifaessa (Euryphaëssa, la largisplendente), com
, come re della Colchide, e la maga Circe. La giornaliera occupazione
di
Elio era quella di portar la luce del giorno agli
chide, e la maga Circe. La giornaliera occupazione di Elio era quella
di
portar la luce del giorno agli Dei e agli uomini,
focosi destrieri; nè a tutta prima si pensò al modo come Elio dovesse
di
notte tornare a oriente per rinascere il giorno s
ove il carro e i cavalli già lo attendevano. È assai nota la leggenda
di
Fetonte (Phaëthon), detto figlio di Elio e di Cli
ndevano. È assai nota la leggenda di Fetonte (Phaëthon), detto figlio
di
Elio e di Climene; il quale avendo chiesto al pad
assai nota la leggenda di Fetonte (Phaëthon), detto figlio di Elio e
di
Climene; il quale avendo chiesto al padre di guid
, detto figlio di Elio e di Climene; il quale avendo chiesto al padre
di
guidare una volta il suo carro, e il padre avendo
re avendo imprudentemente consentito, si pose all’ opera; ma incapace
di
reggere i fervidi cavalli, s’ avvicinò troppo all
adia, sul monte Taigeto tra la Laconia e la Messenia, in Elide, e più
di
tutto nell’ isola di Rodi, dove si celebrava con
to tra la Laconia e la Messenia, in Elide, e più di tutto nell’ isola
di
Rodi, dove si celebrava con gran pompa un’ annua
Trinacia, (la terra dalle tre punte, la Sicilia?), erano sette greggi
di
giovenche e altrettanti di elette pecore, ciascun
re punte, la Sicilia?), erano sette greggi di giovenche e altrettanti
di
elette pecore, ciascun gregge di cinquanta capi,
te greggi di giovenche e altrettanti di elette pecore, ciascun gregge
di
cinquanta capi, il cui numero mai non cresceva nè
pi, il cui numero mai non cresceva nè scemava, affidati alla custodia
di
due ninfe Faetusa e Lampezia (la rilucente e la s
i due ninfe Faetusa e Lampezia (la rilucente e la splendente), figlie
di
Elio e di Neera. Anche in altri luoghi, dove Elio
e Faetusa e Lampezia (la rilucente e la splendente), figlie di Elio e
di
Neera. Anche in altri luoghi, dove Elio era vener
giorni dell’ anno, i quali in antico erano ripartiti in 50 settimane
di
sette giorni e sette notti. 4. Il culto del sole
omani era d’ origine sabina; quindi il luogo suo era presso il tempio
di
Quirino, sulla facciata del quale perciò appunto
sso. E del dio Sole si ripeterono le stesse favole riferite in Grecia
di
Elio. Fu presto confuso con Apollo. 5. Lungo sare
ole. Euripide ad es., nel Ione dipinse mirabilmente il sorgente astro
di
Elio che indora le cime delle montagne, mentre le
cra notte; immagine che si trova anche in pitture vascolari dell’ età
di
Fidia, rappresentato il sole sul suo carro e le s
à di Fidia, rappresentato il sole sul suo carro e le stelle in figura
di
giovanetti aerei che fuggono. Ne meno belle le de
che al voltarsi del cielo precipita la notte dall’ oceano involgendo
di
sua grand’ ombra la terra (es. Virg. Eneide, 2,25
che alla notte si assegnano de’ cavalli ma neri, ecc. La leggenda poi
di
Fetonte si ritrova in parecchi autori, già in Esi
etamorfosi, va certamente segnalato tra tutti gli altri per ricchezza
di
particolari, vivacità di colorito, armonia di ver
segnalato tra tutti gli altri per ricchezza di particolari, vivacità
di
colorito, armonia di verso. L’ arte statuaria più
gli altri per ricchezza di particolari, vivacità di colorito, armonia
di
verso. L’ arte statuaria più volte ricorse alla f
icorse alla figura del Sole e del suo carro, specialmente come motivo
di
decorazione; ad es., nel frontone orientale del P
ne orientale del Partenone, ad una estremità erano scolpiti i cavalli
di
Elio emergenti dalle onde, come nell’ estremità o
io emergenti dalle onde, come nell’ estremità opposta erano i cavalli
di
Selene che all’ apparire del raggio diurno si tuf
a quadriga col lungo abito proprio del cocchiere, e la testa coronata
di
raggi. — Più che mai a Rodi si vedevano statue de
a Rodi si vedevano statue del Sole. Celebre è il così detto « colosso
di
Rodi », una delle sette meraviglie del mondo anti
colosso di Rodi », una delle sette meraviglie del mondo antico, opera
di
Care di Lindo, allievo di Lisippo; era una statua
di Rodi », una delle sette meraviglie del mondo antico, opera di Care
di
Lindo, allievo di Lisippo; era una statua colossa
le sette meraviglie del mondo antico, opera di Care di Lindo, allievo
di
Lisippo; era una statua colossale in bronzo, eret
60 anni dopo eretta, fu distrutta da un terremoto. — Anche la caduta
di
Fetonte trovasi rappresentata più volte nei basso
etonte trovasi rappresentata più volte nei bassorilievi, specialmente
di
sarcofagi. b) Selene-Luna. 1. La luna co
ccia bianche, con la testa bellamente ricciuta e ornata d’ un diadema
di
raggi; la chiamavano l’ occhio della notte, e dic
leggiò pure de suoi segreti amori. Tra le altre è celebre la leggenda
di
Endimione (Endymion), leggenda che viveva segnata
con Ecate e Persefone. — Non sembra che Selene sia mai stata oggetto
di
culto speciale. 2. Alla Selene greca corrisponde
o speciale. 2. Alla Selene greca corrisponde l’ italica Luna, oggetto
di
culto specialmente fra i Sabini e gli Etruschi. U
una Noctiluca sorgeva sul Palatino, e un altro antichissimo santuario
di
lei era sull’ Aventino, fondato da Servio Tullio.
o da Servio Tullio. Come Dea mensile era festeggiata l’ ultimo giorno
di
Marzo, come Ovidio nei Fasti ricorda. 3. Innumere
elene negli autori; con lei vengono paragonate spesso le belle donne;
di
lei si loda la candida luce. Un frammento di Saff
e spesso le belle donne; di lei si loda la candida luce. Un frammento
di
Saffo ci parla degli astri che intorno alla bella
o da due cavalli o da giovenchi; tale ad es., la già ricordata figura
di
Selene posta a riscontro di quella di Elios, sul
chi; tale ad es., la già ricordata figura di Selene posta a riscontro
di
quella di Elios, sul frontone orientale del Parte
ad es., la già ricordata figura di Selene posta a riscontro di quella
di
Elios, sul frontone orientale del Partenone. Anch
idia nella base del suo Giove d’ Olimpia; tale trovavasi nell’ altare
di
Pergamo e in molte pitture vascolari. Frequentiss
. Frequentissima sui sarcofagi e sul monumenti sepolcrali l’ immagine
di
Endimione dormente visitato da Selene. Essa è con
c) Eos-Aurora. 1. Eos, l’ Aurora, era, come Elio e Selene, figlia
di
Iperione e di Tea. Rappresentava la prima luce de
. 1. Eos, l’ Aurora, era, come Elio e Selene, figlia di Iperione e
di
Tea. Rappresentava la prima luce del giorno, quin
diurna luce Dei ed uomini, prevenendo il carro del sole, e spargendo
di
rose il suo cammino. Il linguaggio mitico è qui t
tura del sorger dell’ aurora. Si aggiungevan leggende circa, i mariti
di
questa Dea. Il primo era stato Astreo, pel quale
uale essa divenne madre dei venti Borea, Zefiro, Euro e Noto (i venti
di
nord, ovest, est e sud), espressione mitica del f
nche questa scelta fu fortunata, perchè Orione fu ucciso dagli strali
di
Artemide. Allora ella sposò il re de’ Troiani Tit
tenne in dono da Giove l’ immortalità; se non che, essendosi scordata
di
chiedere anche una perpetua giovinezza, ne venne
e ch’ egli invecchiò perdendo ogni bellezza e ogni attrattiva. Figlio
di
Titone e di Eos fu Mennone, principe degli Etiopi
nvecchiò perdendo ogni bellezza e ogni attrattiva. Figlio di Titone e
di
Eos fu Mennone, principe degli Etiopi, quello che
mente il perduto figlio, e le sue lagrime cadono sulla terra in forma
di
rugiada. Il mito di Titone, vecchio tutto rughe,
lio, e le sue lagrime cadono sulla terra in forma di rugiada. Il mito
di
Titone, vecchio tutto rughe, non più capace d’ al
. Il mito di Titone, vecchio tutto rughe, non più capace d’ altro che
di
far sentir la sua voce, come una cicala, era un’
dardi cocenti del sole vien fatto vecchio, secco e deforme. Il figlio
di
lui Mennone, bellissimo tra gli eroi di Troia, er
o, secco e deforme. Il figlio di lui Mennone, bellissimo tra gli eroi
di
Troia, era forse l’ immagine del giorno nuovo, ri
i miti stessi della greca Eos, facendola pure sorella del Sole, sposa
di
Titone antico. Ma oggetto di culto con questo nom
, facendola pure sorella del Sole, sposa di Titone antico. Ma oggetto
di
culto con questo nome non è stata mai. Bensi anti
erato insieme con Mater Matuta, fu identificato con Melicerte, figlio
di
Leucotea. Antichi templi in onor di Matuta trovav
dentificato con Melicerte, figlio di Leucotea. Antichi templi in onor
di
Matuta trovavansi a Satricum tra i Volsci, a Cale
trovavansi a Satricum tra i Volsci, a Cales in Campania, in un bosco
di
Pesaro nell’ Umbria (od. Marche). Servio Tullio n
oma nel Foro Boario, tempio che Camillo ricostrui dopo la distruzione
di
Veio. 3. La bella Aurora, dalle dita rosee, dal m
Atria 17, e molti altri simili. Il dolore dell’ Aurora per la morte
di
Mennone suo figlio, bene è ricordato in un episod
crive con vivi colori la trasformazione delle faville uscite dal rogo
di
Mennone negli uccelli detti Mennonidi, i quali ap
t lacrimas et toto rorat in orbe 18 . Su vasi e su gemme incise non
di
rado troviamo la rappresentazione di Eos. Ora fig
Su vasi e su gemme incise non di rado troviamo la rappresentazione
di
Eos. Ora figura su una quadriga, ovvero è in atto
rappresentazione di Eos. Ora figura su una quadriga, ovvero è in atto
di
bardare i cavalli del sole, o fornita d’ ali vola
un vaso versa sulla terra la rugiada. Nel grande rilievo dell’ altare
di
Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino, rappr
a. Nel grande rilievo dell’ altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo
di
Berlino, rappresentante la Gigantomachia, si vede
i Latini Lucifer o Iubar e Vesper o Vesperugo. Fosforo, detto figlio
di
Eos e d’ Astreo, o secondo altri di Cefalo, dicev
Vesperugo. Fosforo, detto figlio di Eos e d’ Astreo, o secondo altri
di
Cefalo, dicevasi avesse gareggiato di bellezza co
os e d’ Astreo, o secondo altri di Cefalo, dicevasi avesse gareggiato
di
bellezza con Afrodite, oppure che Afrodite l’ ave
ro era stella cara a Venere, ma si credeva avesse il compito speciale
di
guidare i cortei nuziali e accompagnare la nuova
pagnare la nuova sposa a casa dello sposo, come si vede dal 62o Carme
di
Catullo. L’ arte soleva rappresentare questi due
e di Catullo. L’ arte soleva rappresentare questi due astri in figura
di
due bei garzoni, con fiaccole in mano. 2. Molte l
eggende correvano intorno ad Orione, già da noi menzionato come sposo
di
Eos, e come cacciatore, emulo di Artemide e da’ s
ne, già da noi menzionato come sposo di Eos, e come cacciatore, emulo
di
Artemide e da’ suoi strali ucciso. Dopo questo, s
o. Dopo questo, si diceva fosse stato trasformato nella costellazione
di
Orione, quella che appare sul nostro orizzonte da
gazione nei fenomeni relativi a detta costellazione; così l’ apparire
di
Orione nell’ estate al primo mattino nel ciel d’
ito suo impallidire al sorgere del sole, destò l’ immagine dell’ amor
di
Eos per lui; invece al principio dell’ inverno il
amor di Eos per lui; invece al principio dell’ inverno il suo levarsi
di
sera e l’ essere visibile tutta notte, splendido
sera e l’ essere visibile tutta notte, splendido fra gli altri gruppi
di
astri, die’ luogo alla leggenda del terribile cac
mina nel mezzo del mare, e pur leva la testa fino alle stelle, armato
di
aurea spada. Il cane del cacciatore Orione era la
e del seminare. Son sette stelle in tutto, le quali eran dette figlie
di
Atlante. La più vecchia e la più bella era Maia,
eggenda, erano cinque sorelle, le quali tanto piangevano per la morte
di
un loro fratello Iade (Hyas), che gli Dei per com
o che la celeste costellazione fosse stata immaginata come una mandra
di
porcellini, che sarebbe simbolo di fecondità. 5.
e stata immaginata come una mandra di porcellini, che sarebbe simbolo
di
fecondità. 5. Infine è da notare Arctos, l’ Orsa,
leggenda la identificava con Callisto, una ninfa Arcade, del seguito
di
Artemide, amata da Zeus epperò perseguitata da Ar
immagine dei buoi che arino un campo girando a tondo. 6. Sull’ altare
di
Pergamo si trovan rappresentate alcune stelle com
mo si trovan rappresentate alcune stelle come combattenti dalla parte
di
Zeus contro i Giganti. Artifizio a cui si ricorse
dalla parte del cielo. e) I Venti. 1. Erano anch’ essi oggetto
di
culto; segnatamente chi doveva intraprender viagg
h’ essi oggetto di culto; segnatamente chi doveva intraprender viaggi
di
mare, soleva propiziarseli con preghiere e sacrif
rifizi. Già si disse che i quattro venti principali erano detti figli
di
Eos e di Astreo. Il più temuto era Borea od Aquil
ià si disse che i quattro venti principali erano detti figli di Eos e
di
Astreo. Il più temuto era Borea od Aquilone, il v
a terra e agitar la superficie del mare. Per questo era detto rapitor
di
fanciulle, e un’ antica leggenda attica raccontav
rapitor di fanciulle, e un’ antica leggenda attica raccontava appunto
di
Orizia (Oreithyia) figlia di Eretteo, rapita da B
ntica leggenda attica raccontava appunto di Orizia (Oreithyia) figlia
di
Eretteo, rapita da Borea mentre stava giocando su
delle Metamorfosi. D’ altra parte, l’ avere Borea distrutto la flotta
di
Serse al tempo della guerra Persiana, gli dava di
e miracoloso era creduto il vento del sud, Noto o Austro, apportatore
di
piogge e tempeste che rendevano il mare innavigab
gge e tempeste che rendevano il mare innavigabile e tutto involgevano
di
densa tenebra. Ricordisi l’ Oraziano:
4 e segg.). — Invece tutto favorevole era il vento Zefiro, o il vento
di
ponente, nuncio della primavera, detto Favonius d
nerato come Dio benefico. — Infine Euro, detto anche Vulturnus, vento
di
est, o più precisamente di sud-est, spirava solit
Infine Euro, detto anche Vulturnus, vento di est, o più precisamente
di
sud-est, spirava solitamente al solstizio d’ inve
i riuniti nella Tracia, ovvero si credevano racchiusi in una caverna,
di
una certa isola Eolia, sotto la custodia di Eolo
racchiusi in una caverna, di una certa isola Eolia, sotto la custodia
di
Eolo loro re, il quale ricevutone l’ ordine da qu
a. 2. Importanti per la caratteristica dei quattro venti principali e
di
altri quattro venti secondari sono i rilievi di q
ro venti principali e di altri quattro venti secondari sono i rilievi
di
quell’ antico monumento ateniese che ancor si con
mento ateniese che ancor si conserva, ed è conosciuto sotto il titolo
di
« Torre dei venti ». È una specie di torre ottago
ed è conosciuto sotto il titolo di « Torre dei venti ». È una specie
di
torre ottagonale, sul cui fregio trovansi in mezz
ura corrispondente del fregio. Tale costruzione era dovuta all’ opera
di
Andronico Cirreste, ed era chiamata Orologio. Gli
Cirreste, ed era chiamata Orologio. Gli otto venti raffigurati a mo’
di
uomini con l’ ali alla testa e alle spalle, e la
lo, l’ Apeliotes o subsolanus, vento d’ est, il Lips o Africus, vento
di
sud-ovest o libeccio, e lo Schiron o Iapyx od Onc
o di sud-ovest o libeccio, e lo Schiron o Iapyx od Onchesmites, vento
di
ovest-nord-ovest (soffiava dalla Iapigia verso la
ella loro volontà. a) Le Muse. 1. Secondo Esiodo erano figlie
di
Zeus e di Mnemosyne, la memoria, e nate nella Pie
volontà. a) Le Muse. 1. Secondo Esiodo erano figlie di Zeus e
di
Mnemosyne, la memoria, e nate nella Pieria, terra
dre Giove affinchè pensasse a crear tali esseri, che fossero in grado
di
eternare coll’ arte del canto le grandiose gesta
’ animo degli Dei, allorquando questi sono adunati nell’ alto palazzo
di
Zeus sull’ Olimpo. — In origine le Muse erano nin
correvano giù con dolce mormorio, e può ben essere che l’ impressione
di
questa musica della natura, abbia evocato l’ imma
impressione di questa musica della natura, abbia evocato l’ immagine
di
deità amanti del canto e compiacentisi dei luoghi
acevano solo del canto, ma presto furono pensate anche come sonatrici
di
qualche istrumento, e come tali si vedono spesso
n numero diverso) fu assegnata una provincia speciale e il patrocinio
di
un particolar genere letterario. Allora Clio dive
Pare fossero tutt’ uno colle ninfe Carmentes che formavano il corteo
di
Carmenta, la madre di Evandro; rappresentavano il
o colle ninfe Carmentes che formavano il corteo di Carmenta, la madre
di
Evandro; rappresentavano il canto degli oracoli,
elle Muse, uso che è stato accolto anche dai moderni; e negli epiteti
di
cui si servivano, mettevano in rilievo or la dolc
le statue erano numerose, giacchè se n’ adornavano non solo i templi
di
esse Muse, ma anche i teatri, le biblioteche, ecc
e biblioteche, ecc. Ogni musa aveva i suoi distintivi, Clio un rotolo
di
carta e uno stilo; Calliope pure uno stilo o una
o un rotolo di carta e uno stilo; Calliope pure uno stilo o una cassa
di
libri, non sempre facile a distinguersi da Clio;
i che si trovano in Vaticano; ad essi si riferiscono le nostre figure
di
Melpomene, Talia, Polinnia e Euterpe (fig. 33, 34
concepita nell’ età romana. Riproduciamo un’ altra Polinnia del Museo
di
Berlino (fig. 37), statua d’ insigne bellezza, ch
rlino (fig. 37), statua d’ insigne bellezza, che la raffigura in atto
di
pensar nuovi inni. b) Le Cariti
sar nuovi inni. b) Le Cariti o Grazie. 1. Figlie
di
Zeus e di Eurinome, secondo Esiodo, eran le Carit
inni. b) Le Cariti o Grazie. 1. Figlie di Zeus e
di
Eurinome, secondo Esiodo, eran le Cariti, che rap
ondo Esiodo, eran le Cariti, che rappresentavano tutto quel che v’ ha
di
bello e di grazioso sì nella natura sì nei costum
, eran le Cariti, che rappresentavano tutto quel che v’ ha di bello e
di
grazioso sì nella natura sì nei costumi e nella v
i e nella vita degli uomini. Secondo la leggenda più comune, eran tre
di
numero, e si chiamavano Aglaia, Eufrosine e Talia
hiamavano Aglaia, Eufrosine e Talia. Esse erano venerate come datrici
di
tutto quello che abbellisce e rende gradevole la
trici di tutto quello che abbellisce e rende gradevole la vita. Senza
di
esse, neppur gli Dei potevano godere una piena be
che rendono l’ uomo simpatico a’ suoi simili. Le Cariti erano oggetto
di
culto fin da antichi tempi in Orcomeno di Beozia
li. Le Cariti erano oggetto di culto fin da antichi tempi in Orcomeno
di
Beozia dove un santuario era loro dedicato, in Sp
n santuario era loro dedicato, in Sparta, in Atene, anche nell’ isola
di
Paro e altrove. Le feste in loro onore, le Carite
olevano cantare e danzare; ma per lo più eran dette formare il corteo
di
Afrodite. 2. Presso i Romani si veneravan le Graz
Cariti, dic’ egli, udite la mia preghiera; giacchè tutto quanto v’ è
di
piacevole e di dolce fra gli uomini dal vostro in
gli, udite la mia preghiera; giacchè tutto quanto v’ è di piacevole e
di
dolce fra gli uomini dal vostro intervento dipend
ntano del padre dell’ Olimpo ». Ricordiamo anche le Gratiæ decentes
di
Orazio, che in primavera facendo colle ninfe cort
appresso si ridussero gli abiti a leggeri veli, e infine verso l’ età
di
Scopa e Prassitele invalse l’ uso di rappresentar
geri veli, e infine verso l’ età di Scopa e Prassitele invalse l’ uso
di
rappresentarle nude. Il gruppo delle tre Grazie i
Ore. In intima connessione colle Cariti sono le Ore, dette figlie
di
Zeus e di Temi (Themis). Esse rappresentavano il
n intima connessione colle Cariti sono le Ore, dette figlie di Zeus e
di
Temi (Themis). Esse rappresentavano il regolare c
ò convocatrice delle assemblee dei celesti in esecuzione degli ordini
di
Giove, e presidente delle assemblee dei popoli su
ssemblee dei popoli sulla terra. Le Ore alla lor volta, come ministre
di
Zeus, erano da Omero dette le portinaie del cielo
rano da Omero dette le portinaie del cielo; ora ne richiudon le porte
di
dense nubi circondandolo, or di nuovo le riaprono
del cielo; ora ne richiudon le porte di dense nubi circondandolo, or
di
nuovo le riaprono disperdendo le nuvole. In altri
buona è posta nella loro dipendenza. Non solo erano credute ministre
di
Zeus, ma anche di altre Divinità, come Era, Afrod
la loro dipendenza. Non solo erano credute ministre di Zeus, ma anche
di
altre Divinità, come Era, Afrodite, Apollo, le Mu
altre Divinità, come Era, Afrodite, Apollo, le Muse. Le Ore erano tre
di
numero; ma i nomi son riferiti diversamente nelle
a l’ ordine legale, la giustizia, la pace, prevalendo in questa forma
di
leggenda il concetto morale di queste Deità. Più
a, la pace, prevalendo in questa forma di leggenda il concetto morale
di
queste Deità. Più tardi, nell’ età ellenistica e
no speciali deità presso i Romani; si può però ricordare che in luogo
di
Irene, essi veneravano quella che chiamavano Pace
Vespasiano uno splendido tempio nelle vicinanze del Foro; era adorno
di
parecchie opere d’ arte ed era annoverato tra i p
ta Eunomia, fondamento sicuro della città, e la sorella Dice e Irene,
di
opulenza dispensiere agli uomini, auree figlie de
logio le tre graziose vergini. — L’ arte rappresentò le Ore in figura
di
gentili fanciulle, ornate di flori, frutta e coro
. — L’ arte rappresentò le Ore in figura di gentili fanciulle, ornate
di
flori, frutta e corone, e con altri attributi, se
— Tra le Ore fu poi prediletta dagli scultori Irene che come datrice
di
pace e di ricchezza era anche oggetto di maggior
Ore fu poi prediletta dagli scultori Irene che come datrice di pace e
di
ricchezza era anche oggetto di maggior venerazion
ltori Irene che come datrice di pace e di ricchezza era anche oggetto
di
maggior venerazione. È celebre la statua di Irene
cchezza era anche oggetto di maggior venerazione. È celebre la statua
di
Irene scolpita da Cefisodoto, della giovane scuol
tatua di Irene scolpita da Cefisodoto, della giovane scuola ateniese,
di
cui credesi un’ imitazione l’ opera da noi riprod
zione l’ opera da noi riprodotta nella fig. 39 che è nella Gliptoteca
di
Monaco. « Raffigura una donna di nobile bellezza
nella fig. 39 che è nella Gliptoteca di Monaco. « Raffigura una donna
di
nobile bellezza appoggiata colla destra ad un alt
sul braccio sinistro un fanciullino che a lei stende la mano con atto
di
amorosissima grazia (è Pluto la ricchezza). V’ è
cit. p. 125). Anche la Pax presso i Romani era rappresentata per via
di
statue; n’ eran distintivi un ramo d’ olivo, il c
e non è che la personificazione del potere irresistibile e vittorioso
di
Zeus, e gli è difatti inseparabile compagna nelle
ta potenza; infatti Atena stessa era venerata dagli Ateniesi col nome
di
Atena Niche, e a costei era dedicato un grazioso
n grazioso tempietto al lato occidentale dell’ Acropoli, quello detto
di
Niche Aptero (la Vittoria senz’ ali, così immagin
ù abbandonare Atene). In genere poi Niche divenne fra i Greci simbolo
di
ogni vittoria e di ogni prospero evento sia degli
). In genere poi Niche divenne fra i Greci simbolo di ogni vittoria e
di
ogni prospero evento sia degli Dei sia degli uomi
evento sia degli Dei sia degli uomini, invocata non solo in occasione
di
guerre ma anche nei certami ginnici e musici, tan
i Romani la dea Victoria, dea naturalmente loro molto cara e oggetto
di
ferventissimo culto. Già i Sabini avevano una div
occidente un terreno assai adatto ove stabilirsi e diffondersi. Sede
di
questo culto era il Campidoglio, ov’ era anche un
i questo culto era il Campidoglio, ov’ era anche un santuario in onor
di
Iupiter Victor. Sul Campidoglio i capitani vincit
vittoria alla porta Collina; altri ne istituì Cesare dopo la vittoria
di
Farsalo. Più di tutte è da ricordare la statua di
rta Collina; altri ne istituì Cesare dopo la vittoria di Farsalo. Più
di
tutte è da ricordare la statua di bronzo eretta d
re dopo la vittoria di Farsalo. Più di tutte è da ricordare la statua
di
bronzo eretta da Augusto nella Curia Iulia dopo l
romana soleva per lo più rappresentare la Vittoria alata con un ramo
di
palma e corona d’ alloro. Preziosa reliquia di sc
oria alata con un ramo di palma e corona d’ alloro. Preziosa reliquia
di
scalpello antico è una statua trovata negli scavi
vi d’ Olimpia nel 1875. È essa una Niche alata, che i Messenii e quei
di
Naupatto, per riportata vittoria, come l’ iscrizi
a vittoria, come l’ iscrizione dice, avevano fatto eseguire da Peonio
di
Mende della scuola di Fidia e consecrata in Olimp
crizione dice, avevano fatto eseguire da Peonio di Mende della scuola
di
Fidia e consecrata in Olimpia. La riproduciamo ne
amba sinistra, e mancava pure della testa; quest’ ultima fu ritrovata
di
poi sebbene col viso tutto guasto. È mirabile l’
col viso tutto guasto. È mirabile l’ atteggiamento della dea, in atto
di
scendere a volo sulla terra, già col piè destro a
gerezza. — Un’ altra grande statua è la Niche proveniente dall’ isola
di
Samotracia, ora al Museo del Louvre, che noi ripr
tta in monete locali (fig. 42); colla mano sinistra sosteneva l’ asta
di
bandiera di una nave vinta, e colla destra una tr
e locali (fig. 42); colla mano sinistra sosteneva l’ asta di bandiera
di
una nave vinta, e colla destra una tromba per ann
ra una tromba per annunziare la vittoria. Base della statua una prora
di
nave. Era questa la statua eretta a ricordo della
e nelle profondità del mare e fino allo Stige; per lo più in servigio
di
Zeus e di Era, ma anche talvolta di altri Dei. Nè
ofondità del mare e fino allo Stige; per lo più in servigio di Zeus e
di
Era, ma anche talvolta di altri Dei. Nè solo è me
llo Stige; per lo più in servigio di Zeus e di Era, ma anche talvolta
di
altri Dei. Nè solo è messaggiera, ma anche guida
è messaggiera, ma anche guida e consigliera. In Esiodo è fatta figlia
di
Taumante e dell’ Oceanina Elettra, sorella delle
a mitologia posteriore Iride diventa quasi esclusivamente messaggiera
di
Giunone, ed Ermes ne prende il posto nei rapporti
oeti che ne descrivon la figura, e ha l’ ali d’ oro, ed è tutta piena
di
rugiada, tra le goccie della quale scherza il sol
hens varios adverso sole colores 22 . Talvolta è fatta apportatrice
di
pioggia, onde Ovidio (Metam. I, 270) Nu
contraddistingueva. Tra i monumenti superstiti ricorderemo la figura
di
Iride che è nel fregio orientale del Partenone do
rientale del Partenone dov’ essa è vicino ad Era; un’ altra Iride, ma
di
men sicura identificazione, era nel frontone orie
tone orientale dello stesso tempio dov’ è rappresentato il nascimento
di
Minerva. Quest’ ultima figura è senz’ ali. f)
ultima figura è senz’ ali. f) Ebe, la Gioventù. 1. Ebe, figlia
di
Zeus e di Era, era una personificazione della fio
gura è senz’ ali. f) Ebe, la Gioventù. 1. Ebe, figlia di Zeus e
di
Era, era una personificazione della fiorente giov
ella famiglia e agli ospiti. Più tardi, assunto Ganimede all’ ufficio
di
coppiere celeste, Ebe apparisce come sposa e mogl
e all’ ufficio di coppiere celeste, Ebe apparisce come sposa e moglie
di
Ercole, ma sempre fiorente di giovinezza e di bel
este, Ebe apparisce come sposa e moglie di Ercole, ma sempre fiorente
di
giovinezza e di beltà, e rappresentante anche dei
sce come sposa e moglie di Ercole, ma sempre fiorente di giovinezza e
di
beltà, e rappresentante anche dei godimenti che c
Nel culto Ebe or è messa in rapporto con Era, onde ad es., nell’ Ereo
di
Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele,
sa in rapporto con Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statua
di
lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a q
pporto con Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei,
di
mano di Prassitele, era messa accosto a quella de
on Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei, di mano
di
Prassitele, era messa accosto a quella della mogl
i lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a quella della moglie
di
Zeus; ora è congiunta con Eracle come nel Cinosar
glie di Zeus; ora è congiunta con Eracle come nel Cinosarge (Ginnasio
di
Eracle ove insegnò Antistene Cinico) di Atene, e
come nel Cinosarge (Ginnasio di Eracle ove insegnò Antistene Cinico)
di
Atene, e in altre città, specialmente Fliunte e S
Stato. Per questo era dedicata a lei una speciale cappella nel tempio
di
Giove Capitolino. Era poi anche naturalmente la d
Era poi anche naturalmente la dea dei giovani e della età giovanile;
di
qui l’ uso che, allorquando i giovani romani assu
dedicato nel 193 av. C. presso il Circo Massimo, e un altro nell’ età
di
Augusto sul Palatino. 3. Orazio nella ode 30a del
pro, a visitar la casa della sua amata Glicera, enumera tra i seguaci
di
lei non solo l’ Amore e le Grazie e le Ninfe, ma
e. — Del resto nella statuaria antica non si trovano rappresentazioni
di
questa Dea; raffigurata la troviamo solo in pittu
e vascolari e in rilievi, specialmente dove si rappresentano le nozze
di
Ebe e di Eracle. Uno scultore moderno tentando qu
ri e in rilievi, specialmente dove si rappresentano le nozze di Ebe e
di
Eracle. Uno scultore moderno tentando questo argo
sti è il Canova (1757-1822). La sua Ebe è una bella fanciulla in atto
di
versare il nettare. g) Ganimede. 1. Come Eb
1. Come Ebe, così Ganimede (Ganymedes) aveva in Olimpo il compito
di
far da coppiere agli Dei. Omero dice che era figl
stesso l’ amato garzone. 2. I poeti greci più volte ricordano il mito
di
Ganimede, segnatamente i poeti erotici, come Ibic
cordano il mito di Ganimede, segnatamente i poeti erotici, come Ibico
di
Reggio, Fanocle di Alessandria, riferendo la legg
Ganimede, segnatamente i poeti erotici, come Ibico di Reggio, Fanocle
di
Alessandria, riferendo la leggenda nella ultima s
antica più volte trattò questo terna. Celebre era il gruppo in bronzo
di
Leocare, scultore ateniese del 4º sec. av. C., de
uali le carni sono protette per mezzo della clamide fluente. Il volto
di
Ganimede non esprime spavento, ma quasi un intimo
zampogna pastorale e un cane guarda in alto abbaiando. La difficoltà
di
rappresentare una figura librata nello spazio è s
o. — Altro motivo artistico frequente nella statuaria antica è quello
di
Ganimede raffigurato in atto di carezzare l’ aqui
uente nella statuaria antica è quello di Ganimede raffigurato in atto
di
carezzare l’ aquila di Giove. Serva di saggio la
ntica è quello di Ganimede raffigurato in atto di carezzare l’ aquila
di
Giove. Serva di saggio la statua del Museo di Nap
i Ganimede raffigurato in atto di carezzare l’ aquila di Giove. Serva
di
saggio la statua del Museo di Napoli, che noi rip
di carezzare l’ aquila di Giove. Serva di saggio la statua del Museo
di
Napoli, che noi riproduciamo nella fig. 44.
ella fig. 44. h) Eros, l’ Amore; e altre divinità del corteo
di
Afrodite. 1. Eros, la divinità dell’ Amore, eb
il Dio cosmogonico, già da noi ricordato, rappresentante della forza
di
attrazione che spinge le cose ad unirsi; dall’ al
a di attrazione che spinge le cose ad unirsi; dall’ altra, era figlio
di
Afrodite e di Ares e rappresentava la passione d’
e che spinge le cose ad unirsi; dall’ altra, era figlio di Afrodite e
di
Ares e rappresentava la passione d’ amore. Lo si
ppresentava la passione d’ amore. Lo si immaginava come un giovinetto
di
ammagliante bellezza, munito di un arco col quale
. Lo si immaginava come un giovinetto di ammagliante bellezza, munito
di
un arco col quale egli soleva lanciar le sue frec
ducendo in chi voleva, o Dei od uomini, la piaga d’ amore. Alla forza
di
Eros, dicevasi, neppur Zeus può sottrarsi; con ch
ù forte e temibile potenza della natura. — Come Dio, Eros era oggetto
di
culto, accosto ad Afrodite, specialmente a Tespia
primi non sono che personificazioni allegoriche e non furono oggetto
di
vero culto. Il più notevole è l’ ultimo che si di
getto di vero culto. Il più notevole è l’ ultimo che si diceva figlio
di
Afrodite come Eros. Raccontavano che il piccolo E
il piccolo Eros non volendo crescer su bene, sua madre, per consiglio
di
Temi (l’ ordin di natura) gli diede questo fratel
n volendo crescer su bene, sua madre, per consiglio di Temi (l’ ordin
di
natura) gli diede questo fratello perchè giocasse
petizione dell’ Eros greco, nè apparisce mai che abbia avuto l’ onore
di
un pubblico culto. 4. La figura di Eros e i miti
risce mai che abbia avuto l’ onore di un pubblico culto. 4. La figura
di
Eros e i miti ad essa relativi offrivano agli art
rivano agli artisti della parola e del disegno una messe inesauribile
di
argomenti e di motivi. Specialmente i poeti liric
isti della parola e del disegno una messe inesauribile di argomenti e
di
motivi. Specialmente i poeti lirici, e sovra tutt
reonte, inneggiano ad Eros; ma anche i tragici hanno spesso occasione
di
ricordare la potenza stragrande di questo Dio, e
e i tragici hanno spesso occasione di ricordare la potenza stragrande
di
questo Dio, e persino i filosofi ricamarono intor
grande di questo Dio, e persino i filosofi ricamarono intorno al mito
di
Eros le loro più belle teorie; basti ricordare il
al mito di Eros le loro più belle teorie; basti ricordare il Simposio
di
Platone. Fino ai più tardi tempi della poesia e d
la poesia e dell’ arte ellenistica e romana fu predominante la figura
di
quel volubile e scaltro giovanetto, che tirannegg
se, come appare specialmente dalle ultime poesie che vanno tra quelle
di
Anacreonte. Fra così ricca letteratura, basti ric
te. Fra così ricca letteratura, basti ricordare la graziosa allegoria
di
Amore e Psiche, quale si legge nelle Metamorfosi
raziosa allegoria di Amore e Psiche, quale si legge nelle Metamorfosi
di
Apulejo, scrittore del 2º sec. dell’ e.v. Psiche
ra una bellissima fanciulla, che per la sua bellezza destò la gelosia
di
Venere; questa allora ordinò a suo figlio che ecc
per eseguir l’ ordine; ma vista la fanciulla, si innamora egli stesso
di
lei, e vive con lei in felice unione, in una vall
o, dove nulla manoa alla loro felicità; soltanto Psiche ha l’ obbligo
di
non vedere cogli occhi del corpo quel essere divi
er tutta la terra il perduto bene; invano supplica gli Dei; lo sdegno
di
Venere non è ancora ammansito, ella la obbliga ai
bbliga ai più duri servigi, che la povera Psiche non sarebbe in grado
di
prestare se non fosse da invisibili potenze aiuta
divenuta madre della Voluttà. Questa la graziosa leggenda Apuleiana,
di
cui già si trovano cenni in altri scrittori e ope
e dopo continuo, in diverse guise rimaneggiata, a formare il soggetto
di
diverse opere. La statuaria, seguendo le fantasie
le fantasie dei poeti, prese anch’ essa a rappresentar Eros in figura
di
un giovinetto pieno di bellezza e di grazia. Spec
prese anch’ essa a rappresentar Eros in figura di un giovinetto pieno
di
bellezza e di grazia. Specialmente si segnalarono
sa a rappresentar Eros in figura di un giovinetto pieno di bellezza e
di
grazia. Specialmente si segnalarono gli scultori
rono gli scultori Scopa e Prassitele; del primo era celebre il gruppo
di
Eros, Irneros e Pothos posto nel tempio di Afrodi
rimo era celebre il gruppo di Eros, Irneros e Pothos posto nel tempio
di
Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che era i
l tempio di Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che era in Tespie
di
Beozia era considerato come una delle più belle s
a in Tespie di Beozia era considerato come una delle più belle statue
di
tutta l’ antichità. L’ imperatore Nerone la portò
o Tito. L’ arte posteriore prese a raffigurare il Dio d’ amore in età
di
fanciullo, adattandosi questa meglio alla rappres
te. Attualmente parecchie statue o statuette d’ Eros esistono ancora,
di
scalpello antico. Tra le più notevoli è il torso
delle Statue in Vaticano (fig. 45); bellissimo anche l’ Eros in atto
di
tender l’ arco che è nel Museo Capitolino (fig. 4
Museo Capitolino (fig. 46). Vi sono anche parecchie rappresentazioni
di
Amore e Psiche; celebre fra tutte il gruppo che è
ra tutte il gruppo che è in Vaticano, il quale li rappresenta in atto
di
abbracciarsi e baciarsi. — Nelle opere antiche Er
Tra i flori gli era sacra la rosa, perciò spesso lo si trova coronato
di
rose. Imeneo, personificazione delle gioie
one delle gioie nuziali, solo in tempi relativamente tardi fu oggetto
di
rappresentazione letteraria e artistica. Degli in
sentazione letteraria e artistica. Degli inni nuziali con invocazione
di
Imeneo, son notissimi i carmi 61o e 62o di Catull
ni nuziali con invocazione di Imeneo, son notissimi i carmi 61o e 62o
di
Catullo col ritornello « O Hymenaee Hymen, o Hyme
a nuziale. Per ultimo nella fig. 47 riproduciamo un rilievo del Museo
di
Napoli rappresentante i due fratelli Eros e Anter
Museo di Napoli rappresentante i due fratelli Eros e Anteros, in atto
di
contendere per la palma della vittoria; un’ imita
n altro rilievo che, secondo Pausania attesta, trovavasi nel Ginnasio
di
Elide. III. Divinità della nascita e della
ileithyia) era presso i Greci la Dea del parto. Nell’ Iliade si parla
di
più Ilizie, e son dette figlie di Era, e rapprese
ea del parto. Nell’ Iliade si parla di più Ilizie, e son dette figlie
di
Era, e rappresentano le doglie del parto. Più com
ia presero forme assai differenti secondo i tempi e i luoghi. Oggetto
di
culto era llizia specialmente nelle isole di Cret
empi e i luoghi. Oggetto di culto era llizia specialmente nelle isole
di
Creta e di Delo, ma aveva anche santuari ad Atene
oghi. Oggetto di culto era llizia specialmente nelle isole di Creta e
di
Delo, ma aveva anche santuari ad Atene, Tegea, Ar
dea del nascimento, già s’ è detto, Giunone Lucina; ma nei loro libri
di
preghiere trovavansi menzionate anche altre Deità
na Decima, una Partula come deità invocate nel nono o nel decimo mese
di
gestazione e nel momento del parto; poi una Cande
ne e nel momento del parto; poi una Candelifera, riterentesi all’ uso
di
accendere una candela nel momento della nascita;
ono in Roma, anche la parola Ilithyia venne adottata come epiteto sia
di
Giunone sia di Diana. Si ricordi il passo del Car
che la parola Ilithyia venne adottata come epiteto sia di Giunone sia
di
Diana. Si ricordi il passo del Carme Secolare di
o sia di Giunone sia di Diana. Si ricordi il passo del Carme Secolare
di
Orazio, ove a Diana si rivolge la preghiera: Rit
a probas vocari Se u Genitalis 25 . La figura
di
Ilizia sole va dagli artisti greci essere rappres
presentata come una donna tutta vestita, con una mano distesa in atto
di
porgere aiuto e una fiaccola nell’ altra mano, co
ggi del sole, e Coronide aveva nome da corone, la cornacchia, uccello
di
lunga vita. Conformemente a questo significato na
o stata Coronide, per colpe sue, condannata a morire sotto gli strali
di
Artemide prima che avesse dato alla luce il figli
er vendicare il figliuolo, uccise i Ciclopi, fabbricatori dei fulmini
di
Zeus, e sdegnato abbandonò per qualche tempo il C
per qualche tempo il Cielo. — In altri miti parlavasi della famiglia
di
Asclepio. Si diceva avesse in moglie Epione, ossi
alludono ai medicamenti e all’ arte salutare. 2. Asclepio era oggetto
di
culto in molti luogi della Grecia; il sito più ce
Epidauro nell’ Argolide, dov’ era un rinomato santuario (Asclepieo);
di
qui il culto si diffuse non solo a Sicione, Atene
a Cirene, a Pergamo, e, come vedremo, anche a Roma. Presso i santuari
di
Asclepio generalmente erano istituiti degli osped
urgici, con empiastri, con beveroni, ma più spesso con la recitazione
di
formole magiche e col metodo dell’ incubazione. C
suo male. 3. Presso i Romani, prima che s’ introducesse la religione
di
Esculapio, si veneravano come datrici di salute,
s’ introducesse la religione di Esculapio, si veneravano come datrici
di
salute, prima una Strenia o Strenua, antica deità
di salute, prima una Strenia o Strenua, antica deità sabina, in onor
di
cui era stato eretto un santuario con un sacro bo
ca Igiea; infine una dea Carna o Cardea, a cui si attribuiva la virtù
di
cacciar via le streghe, che venivan di notte a su
, a cui si attribuiva la virtù di cacciar via le streghe, che venivan
di
notte a succhiare il sangue ai bambini, ed era in
in genere ritenuta come protettrice del benessere fisico. — Il culto
di
Esculapio si introdusse in Roma l’ anno 463 di R.
ere fisico. — Il culto di Esculapio si introdusse in Roma l’ anno 463
di
R. (291 av. C.) in occasione di una fierissima pe
pio si introdusse in Roma l’ anno 463 di R. (291 av. C.) in occasione
di
una fierissima pestilenza. Per suggerimento dei l
ad Epidauro per condur seco Esculapio, narravasi che il Dio in forma
di
serpente spontaneamente fosse venuto dietro ai le
li ultimi difensori della morente religione contrapponevano la figura
di
Esculapio a quella del Cristo, chiamandolo re, sa
sue epifanie, i suoi oracoli. 4. Tra le opere letterarie ove si parla
di
Asclepio, è degnissima di speciale menzione la te
li. 4. Tra le opere letterarie ove si parla di Asclepio, è degnissima
di
speciale menzione la terza Pitia di Pindaro, ove
i parla di Asclepio, è degnissima di speciale menzione la terza Pitia
di
Pindaro, ove a proposito di Ierone re di Siracusa
ssima di speciale menzione la terza Pitia di Pindaro, ove a proposito
di
Ierone re di Siracusa ch’ era infermo, il poeta h
iale menzione la terza Pitia di Pindaro, ove a proposito di Ierone re
di
Siracusa ch’ era infermo, il poeta ha occasione d
osito di Ierone re di Siracusa ch’ era infermo, il poeta ha occasione
di
esporre il mito di Asclepio, e lo fa, come suole,
di Siracusa ch’ era infermo, il poeta ha occasione di esporre il mito
di
Asclepio, e lo fa, come suole, bellamente intrecc
bellamente intrecciando auree sentenze al racconto. Narrazione vivace
di
colorito leggesi pure nel 15o delle Metamorfosi O
si pure nel 15o delle Metamorfosi Ovidiane, ove si racconta la venuta
di
Esculapio a Roma. Bella ed evidente la pittura ch
ch’ egli fa del Dio: Baculum tenens agreste sinistra 26 e in atto
di
Caesariem lo ngae dextra deducere barbae 27 .
o ad un bastone da lui tenuto. Tale si scorge in una statua del Museo
di
Napoli, che noi riproduciamo alla fig. 48. Altre
cui lingua come a quella del serpente gli antichi attribui vano virtù
di
guarire. Molte statue esistevano in antico di que
chi attribui vano virtù di guarire. Molte statue esistevano in antico
di
questo Dio, notevole tra l’ altre quella in oro e
in antico di questo Dio, notevole tra l’ altre quella in oro e avorio
di
Epidauro, della quale si ha la riproduzione in mo
no ad Asclepio e al suo culto. Non infrequenti le rappresentazioni
di
Igiea, la figlia (o secondo alcuni, moglie) di As
ti le rappresentazioni di Igiea, la figlia (o secondo alcuni, moglie)
di
Asclepio, in figura di una giovane donna, sana e
di Igiea, la figlia (o secondo alcuni, moglie) di Asclepio, in figura
di
una giovane donna, sana e robusta e nell’ atteggi
di una giovane donna, sana e robusta e nell’ atteggiamento simbolico
di
dar da mangiaro a un serpente. IV. Divinità d
l’ umana vita fosse soggetta al destino, che al momento della nascita
di
ognuno già fossero decretate le vicende della sua
momento del morire. E questo dicevasi talvolta effetto della volontà
di
Zeus o in genere degli Dei, tal altra si concepiv
in genere degli Dei, tal altra si concepiva il destino come qualcosa
di
superiore alla stessa volontà divina, potenza a c
rte, e l’ inflessibile; la prima occupata a filar lo stame della vita
di
ognuno, la seconda rappresentante ciò che v’ è di
lo stame della vita di ognuno, la seconda rappresentante ciò che v’ è
di
casuale in essa vita, la terza significante l’ in
resso i Romani il destino era espresso con Fatum, la parola divina; e
di
questa voce s’ usava il plurale fata (anche, in l
ano le Parche, propriamente dee della nascita, come le Carmentes; due
di
numero in origine, Nona e Decuma, dette così dagl
delle greche Moire. Si noti poi che dall’ età Augustea invalse l’ uso
di
usar la voce Fata a designar le parche stesse; di
stea invalse l’ uso di usar la voce Fata a designar le parche stesse;
di
qui la spinta alle fantasie medievali di immagina
a designar le parche stesse; di qui la spinta alle fantasie medievali
di
immaginare l’ esistenza delle fate e tessere into
Bellissima pittura delle Parche quella che si legge nell’ Epitalamio
di
Peleo e Tetide di Catullo (v. 307 e segg.): His
a delle Parche quella che si legge nell’ Epitalamio di Peleo e Tetide
di
Catullo (v. 307 e segg.): His corpus tremulum co
rdi a rappresentar le Moire; il tipo che divenne prevalente fu quello
di
tre donne che filano, ovvero di donne che annunzi
tipo che divenne prevalente fu quello di tre donne che filano, ovvero
di
donne che annunziano la ventura e pero tengono in
o di donne che annunziano la ventura e pero tengono in mano un rotolo
di
carta, talvolta in atto di scrivervi su. b) Ne
a ventura e pero tengono in mano un rotolo di carta, talvolta in atto
di
scrivervi su. b) Nemesi; Tiche-Fortuna e Agato
iara l’ idea della Nemesi, specialmente come punitrice e vendicatrice
di
ogni umana scelleratezza. Era oggetto di culto sp
ome punitrice e vendicatrice di ogni umana scelleratezza. Era oggetto
di
culto specialmente a Ramnunte nell’ Attica, dove
Ramnunte nell’ Attica, dove la si diceva figlia dell’ Oceano e madre
di
Elena; più Nemesi, in figura di demoni alati, si
si diceva figlia dell’ Oceano e madre di Elena; più Nemesi, in figura
di
demoni alati, si veneravano anche a Smirne. Quest
scrittori greci che hanno un’ intonazione morale, spesso fanno cenno
di
Nemesi e delle misure da lei prese contro persone
a le tante a noi giunte è stata con sicurezza riconosciuta per figura
di
Nemesi. 2. Tiche (Tyche), la dea della buona fort
na fortuna, secondo la leggenda più comune, era figlia dell’ Oceano e
di
Teti (Tethys). Come protettrice e conservatrice d
protettrice e conservatrice degli stati, era essa venerata e onorata
di
templi e statue in molte città della Grecia e del
molte città della Grecia e dell’ Asia. Col tempo si mutò il concetto
di
lei; e divenne significativa tanto della prospera
rospera sorte essi escogitarono la dea Felicitas, che fu pure oggetto
di
pubblica venerazione. Fondatore del culto della F
a stato egli stesso tanto fortunato; egli edificò alla Dea col titolo
di
Fors Fortuna un tempio, e istituì una solenne fes
ta pubblica, come Fortuna Publica, Fortuna populi Romani, o alla vita
di
qualche ordine sociale, come Fortuna muliebris, F
vita, come F. respiciens, obsequens, redux, manens, ecc. Anche fuori
di
Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra
quens, redux, manens, ecc. Anche fuori di Roma la Fortuna era oggetto
di
culto; celebritra gli altri i templi di Preneste
i Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra gli altri i templi
di
Preneste e di Anzio. Il primo tempio alla Felicit
una era oggetto di culto; celebritra gli altri i templi di Preneste e
di
Anzio. Il primo tempio alla Felicitas fu eretto d
Anzio. Il primo tempio alla Felicitas fu eretto da Lucullo nell’ età
di
Silia e venne arricchito di molte opere artistich
Felicitas fu eretto da Lucullo nell’ età di Silia e venne arricchito
di
molte opere artistiche provenienti dal bottino di
e venne arricchito di molte opere artistiche provenienti dal bottino
di
Memmio; dopo ne furono eretti altri, di cui uno p
tiche provenienti dal bottino di Memmio; dopo ne furono eretti altri,
di
cui uno persino in Campidoglio. Tiche e la Fortun
etti altri, di cui uno persino in Campidoglio. Tiche e la Fortuna non
di
rado sono menzionate nelle opere letterarie; bast
pere letterarie; basti ricordare l’ inno a Tiche composto da Pindaro,
di
cui però si conservano ora pochi frammenti, e la
nservano ora pochi frammenti, e la bellissima ode 35a del libro primo
di
Orazio alla Fortuna d’ Anzio, dove la loda come p
icano. La fig. 50 è pure ricavata da una statua del Vaticano; è copia
di
un antico lavoro di Eutichide di Sicione che trov
pure ricavata da una statua del Vaticano; è copia di un antico lavoro
di
Eutichide di Sicione che trovavasi ad Antiochia;
da una statua del Vaticano; è copia di un antico lavoro di Eutichide
di
Sicione che trovavasi ad Antiochia; come protettr
di Eutichide di Sicione che trovavasi ad Antiochia; come protettrice
di
città la dea porta in testa una corona murale; ne
ea porta in testa una corona murale; nella mano destra tiene un mazzo
di
spiglie e sotto a’ suoi piedi comparisce la figur
pi posteriori, a indicare l’ incertezza della Fortuna, invalse l’ uso
di
rappresentarla su una palla o su una ruota.
ndo così oscuro e impenetrabile, che gli antichi sentirono il bisogno
di
affidarlo ad altri esseri ancora, oltre i nominat
iali i Greci li chiamavan Demoni, gli Italici Genii; e così popolaron
di
Dei le case, le città, le campagne) da loro si as
Dei le case, le città, le campagne) da loro si aspettavano prosperità
di
eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offriv
le campagne) da loro si aspettavano prosperità di eventi, e ricchezza
di
prodotti, a loro s’ offrivano, nel di natalizio d
osperità di eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano, nel
di
natalizio di ognuno, vino, focacce, profumi, coro
venti, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano, nel di natalizio
di
ognuno, vino, focacce, profumi, corone. Specialme
simbolo del serpente che indicava fortuna, o raffigurandoli in forma
di
giovani colla cornucopia e la tazza in una mano,
ione dei grandi e molteplici effetti che le acque producono, feracità
di
terreni irrigati, meraviglie dell’ immenso mare o
dell’ immenso mare o in tempesta o in bonaccia, facile comunicazione
di
luoghi lontani per via della navigazione, e, effe
umerevoli esseri e racconti, specialmente in Grecia, paese così riceo
di
acque correnti e da tutte parti a contatto col ma
ue era l’ Oceano. Egli con Teti (Tethys) formava la coppia più antica
di
Titani, come già si disse (pag. 11), e raccontava
si che non avendo preso parte alla grande lotta contro la dominazione
di
Zeus, non ebbe la sorte degli altri Titani, ma po
si credeva che fosse l’ origine delle cose. L’ Oceano era detto padre
di
tutti i fiumi e di tutte le sorgenti della terra;
e l’ origine delle cose. L’ Oceano era detto padre di tutti i fiumi e
di
tutte le sorgenti della terra; in altri termini,
erficie là dove era la loro sorgente. I fiumi poi, benefici portatori
di
lecondità alle terre, erano fra i Greci, oggetto
enefici portatori di lecondità alle terre, erano fra i Greci, oggetto
di
un vero culto. Avevano i loro templi i loro sacer
i ebbero celebrità maggiore e un culto esteso a molte località; primo
di
tutti l’ Acheloo, il più grande dei fiumi greci,
iumi, venerato così a Atene e in Acaia ed Acarnania, come nell’ isola
di
Rodi e in Sicilia. Celebri pure l’ Asopo, nominat
llegria ai boschi, ai monti, alle valli. L’ immaginazione le popolava
di
ninfe. Basti ricordare fra esse la sorgente Amalt
chi. Tutti, conforme alla natura dell’ elemento loro, avevano il dono
di
mutarsi in più guise, e per solito avevano anche
anche la virtù della divinazione. 2. Anche per i Romani erano oggetto
di
venerazione le fonti e i fiumi. Origine di tutte
per i Romani erano oggetto di venerazione le fonti e i fiumi. Origine
di
tutte le fonti credevasi Fontus o Fons, figlio di
e i fiumi. Origine di tutte le fonti credevasi Fontus o Fons, figlio
di
Giano, in onor del quale si celebra va una festa
za della città. È nota la leggenda secondo la quale Rea Silvia, madre
di
Romolo, getta.ta nel fiume per ordine dello zio N
amente e fatta sua sposa. Nè solo i fiumi, ma anche l’ acque correnti
di
minor mole divenivan sacre ai Romani, la cui imma
inor mole divenivan sacre ai Romani, la cui immaginazione le popolava
di
graziose ninfe; celebre fra tutte la ninfa Egeria
del re Numa. 3. L’ arte antica aveva immaginato i fiumi ora in figura
di
animali, serpenti, tori, cinghiali, ora in figura
mi ora in figura di animali, serpenti, tori, cinghiali, ora in figura
di
uomini, ora in figura parte animalesca, parte uma
gura parte animalesca, parte umana. Specialmente è freguente la forma
di
toro, onde gli epiteti dati ai fiumi di tauromorf
ialmente è freguente la forma di toro, onde gli epiteti dati ai fiumi
di
tauromorfi dai Greci e tauriformes dai Latini (co
ini s’ ispirò la statuaria che soleva rappresentare i fiumi in figura
di
uomini, colla barba fluente e due piccole corna i
poggiati a un’ urna da cui esce abbondevole corso d’ acqua, e forniti
di
cornucopie a indicare l’ abbondanza che è frutto
che il Ponto, ossia il mare, era stato in origine prodotto spontaneo
di
Gea, la Terra; e che di poi unitosi colla stessa
mare, era stato in origine prodotto spontaneo di Gea, la Terra; e che
di
poi unitosi colla stessa Gea, si credeva avesse g
co del mare; gli antichi se lo figuravano come un buon vecchio, pieno
di
senno e di esperienza, che colle sue figliuole ab
; gli antichi se lo figuravano come un buon vecchio, pieno di senno e
di
esperienza, che colle sue figliuole abitava nel f
illante spelonca. Come tutti gli Dei delle acque, aveva Nereo il dono
di
predire l’ avvenire. Non sempre, a dir vero, offr
dini delle Esperidi andò a visitarlo per domandargli il modo migliore
di
venire in possesso degli aurei pomi, egli si sche
andogli spontaneamente quel che doveva avvenire. Le Nereidi, o figlie
di
Nereo, e dell’ Oceanina Doride erano, secondo i p
ereo, e dell’ Oceanina Doride erano, secondo i più antichi, cinquanta
di
numero, secondo leggende posteriori, cento. Eran
Zeus stesso l’ amava, ma essa preferi darsi in isposa a Peleo, figlio
di
Eaco, perche un oracolo aveva predetto che il fig
rte rappresentato come un vecchio dai ricci canuti, per lo più munito
di
scettro o di tridende. Più frequenti le rappresen
tato come un vecchio dai ricci canuti, per lo più munito di scettro o
di
tridende. Più frequenti le rappresentazioni delle
i, sopratutto nelle pitture vascolari. Per lo più son poste a cavallo
di
delfini e tritoni e altri marini mostri, formando
rapace e impetuosa. Queste ultime erano credute esseri alati col viso
di
donna e il corpo pennuto di uccello con lunghi ar
ltime erano credute esseri alati col viso di donna e il corpo pennuto
di
uccello con lunghi artigli. Specialmente si parla
il corpo pennuto di uccello con lunghi artigli. Specialmente si parla
di
loro nella leggenda degli Argonauti, dove figuran
la di loro nella leggenda degli Argonauti, dove figurano persecutrici
di
Fineo, il cieco indo vino Trace, a cui insozzano
ennuto il gran ventre, 34 costituiscono la più viva pittura poetica
di
questi esseri mostruosi. Una rappresentazione mon
ll’ Asia Minore. Ivi le Arpie hanno la solita figura, ma sono in atto
di
portar via le anime dei trapassati. c) Forchi
trapassati. c) Forchi e Cheto. A differerenza degli altri figli
di
Nereo, questa coppia rappresenta quella segreta t
rappresenta quella segreta terribile forza, per cui il mare si popola
di
mostri, e atterrisce l’ animo di chi su di esso s
ile forza, per cui il mare si popola di mostri, e atterrisce l’ animo
di
chi su di esso si avventura. Forchi (Phorkys) era
per cui il mare si popola di mostri, e atterrisce l’ animo di chi su
di
esso si avventura. Forchi (Phorkys) era il signor
i chi su di esso si avventura. Forchi (Phorkys) era il signore e capo
di
tutti i mostri marini, che eran detti il suo eser
rcito, e la sua sposa Cheto (Ketos) rappresentava il mare come patria
di
questi mostri. Da essi gli antichi Mitologi disse
Ladone custode dei pomi delle Esperidi. Forchi si diceva anche padre
di
Toosa, la ninfa rappresentante l’ impetuoso flutt
oosa, la ninfa rappresentante l’ impetuoso flutto marino, che per via
di
Posidone divenne madre dei Ciclope Polifemo.
mare, era Posidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli era figlio
di
Crono e di Rea e però fratello di Zeus, e che all
osidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli era figlio di Crono e
di
Rea e però fratello di Zeus, e che allorquando do
nella Teogonia ch’ egli era figlio di Crono e di Rea e però fratello
di
Zeus, e che allorquando dopo il trionfo di Zeus,
o e di Rea e però fratello di Zeus, e che allorquando dopo il trionfo
di
Zeus, i Cronidi si divisero la signoria dell’ uni
profondo del mare si pensava che abitasse in uno splendido palazzo; e
di
là movesse su un cocchio tirato da terapestosi ca
là movesse su un cocchio tirato da terapestosi cavalli, dall’ unghie
di
bronzo, per scorrere sopra i flutti. Irapetuoso è
e dalla profondità delle acque. Ma basta anche uno sguardo o un cenno
di
lui per rabbonire il mare minaccioso e ridonar la
feriscono a Posidone, originate dalla natura del mare, e dai rapporti
di
questo coll’ uomo. Prima di tutto egli era fatto
ate dalla natura del mare, e dai rapporti di questo coll’ uomo. Prima
di
tutto egli era fatto padre di parecchi giganti e
ai rapporti di questo coll’ uomo. Prima di tutto egli era fatto padre
di
parecchi giganti e mostri, per es., di Polifemo,
di tutto egli era fatto padre di parecchi giganti e mostri, per es.,
di
Polifemo, l’ accecamento del quale tirò su Ulisse
ppariscono anche in altri racconti. Così quando Posidone in compagnia
di
Apollo ebbe fabbricate le mura di Troia, e Laomed
. Così quando Posidone in compagnia di Apollo ebbe fabbricate le mura
di
Troia, e Laomedonte li frodò della pattuita merce
che fu poi liberata da Eracle. Un fatto analogo si ha nella leggenda
di
Andromeda esposta pure a un mostro marino e liber
romeda esposta pure a un mostro marino e liberata da Perseo; leggenda
di
cui riparleremo. Invece la natura benefica del ma
ura benefica del mare, che insinuandosi dentro terra produce facilita
di
commerci e ricchezza, si riflette in altri raccon
altri racconti. Molte città greche vantavano per fondatore un figlio
di
Posidone; si raccoutava avesse egli in più luoghi
esse egli in più luoghi gareggiato con altre divinità per la signoria
di
alcuna terra, ad es., per l’ Attica con Atena, pe
urale fosse in grande venerazione presso i Greci; sopratutto la gente
di
mare, commerciauti, navigatori, pescatori lo avev
e delle coste e nelle isole. Nell’ interno son da ricordare pel culto
di
Posidone la Tessaglia, che a lui attribuiva la su
he con un colpo del suo tridente aveva egli aperto la scogliosa valle
di
Tempe e dato uno sfogo alle acque del fiume; poi
ra cui l’ Arcadia. Tra le città della costa, la più celebre pel culto
di
Posidone era Corinto; in onor di lui appunto venn
ella costa, la più celebre pel culto di Posidone era Corinto; in onor
di
lui appunto vennero ivi istituiti i giochi Istmic
ero ivi istituiti i giochi Istmici, che divennero una festa nazionale
di
tutta la Grecia. Tra l’ isole ricordiamo Egina, E
diamo Egina, Eubea, Teno una delle Cicladi, e Rodi. Bestia prediletta
di
Posidone era il cavallo; forse l’ onde marine acc
con Atena per il possesso dell’ Attica (cfr. pag. 43). Nelle leggende
di
Corinto narravasi che Posidone, per mezzo di Medu
pag. 43). Nelle leggende di Corinto narravasi che Posidone, per mezzo
di
Medusa, fosse padre del noto cavallo alato Pegaso
e il protettore delle corse e dai corridori prima del cimento onorato
di
preghiere e sacrifizi. — Oltre il cavallo, anche
gente non essenzialmente marittima, il Dio del mare non doveva essere
di
grande importanza. Quando poi si identificò Nettu
con Posidone, la qualità che più venne a essere rilevata si fu quella
di
Dio dei cavalli e delle corse. E difatti l’ unico
Dio latino Consus che si riteneva per un Neptunus equester. Ai tempi
di
Augusto, Agrippa, dopo vinta la flotta di Sesto P
Neptunus equester. Ai tempi di Augusto, Agrippa, dopo vinta la flotta
di
Sesto Pompeo e quella di Antonio e Cleopatra, ere
pi di Augusto, Agrippa, dopo vinta la flotta di Sesto Pompeo e quella
di
Antonio e Cleopatra, eresse, in memoria di queste
a di Sesto Pompeo e quella di Antonio e Cleopatra, eresse, in memoria
di
queste vittorie, un altro santuario a Nettuno nel
alum, mare; altri nominano come moglie Venilia, cui Virgilio fa madre
di
Turno re dei Rutuli. 4. La più bella rappresentaz
no re dei Rutuli. 4. La più bella rappresentazione poetica del potere
di
Nettuno leggesi nel primo dell’ Eneide, dove, des
l primo dell’ Eneide, dove, descritta la tempesta suscitata dall’ ira
di
Giunone contro i Troiani, si racconta come Nettun
ira di Giunone contro i Troiani, si racconta come Nettuno, accortosi
di
quello scompiglio del suo regno, sollevò sull’ on
glio del suo regno, sollevò sull’ onde la sua placida testa, e veduto
di
che si trattava, chiamò a sè Euro e Zefiro per ri
utorevole personaggio facilmente si queta e porge ascolto alle parole
di
lui, così … Cunctus pelagi cecidit fragor, ae
iuta che fluisce intorno alla faccia coprendo le orecchie, un insieme
di
maestà e di forza; si dava però al volto una espr
isce intorno alla faccia coprendo le orecchie, un insieme di maestà e
di
forza; si dava però al volto una espressione più
ente e il delfino o qualche altro mostro marino. La più antica statua
di
Posidone a noi giunta è quella che era nel fronto
tumi. Nella fig. 52 si riproduce il Posidone che è nel Museo Laterano
di
Roma; corrisponde al tipo che prevalse nei tempi
IV. Anfitrite. Già fu ricordata come una delle Nereidi, sposa
di
Posidone; era dunque nel regno dell’ acque quello
genda, che Posidone l’ aveva vista a danzar colle sorelle nell’ isola
di
Nasso, e di là aveala rapita. Altri raccontavano
osidone l’ aveva vista a danzar colle sorelle nell’ isola di Nasso, e
di
là aveala rapita. Altri raccontavano ch’ essa era
nelle ultime profondità del remoto mare, ma ivi la scopri il delfino
di
Posidone e gliela ricondusse. Del resto in Omero
colei che spinge le onde contro gli scogli e si compiace circondarsi
di
delfini, cani e altri mostri marini. Solo più tar
pporto con Posidone e venerata come la sua sposa. Ai Romani, il culto
di
Anfitrite rimase come estraneo; la moglie di Nett
osa. Ai Romani, il culto di Anfitrite rimase come estraneo; la moglie
di
Nettuno, già s’ è detto, chiamavasi Salacia. Quan
Quando i poeti latini usano la voce Amphitrite, la prendono in senso
di
« mare » ( Ovid. Met. 1, 14). In arte, soleva Anf
ibuti del diadema e dello scettro. A volte son rappresentate le nozze
di
Posidone e Anfitrite, come in un celebre gruppo a
one e Anfitrite, come in un celebre gruppo a rilievo della Gliptoteca
di
Monaco, che si crede una riproduzione d’ un origi
a Gliptoteca di Monaco, che si crede una riproduzione d’ un originale
di
Scopa. V. Tritone e i Tritoni. 1. Anche Tri
magine del flutto rumoreggiante. Era detto l’ unico robusto figliuolo
di
Posidone e Anfitrite, che con loro abita nel pala
ravaselo in forma d’ uomo nella parte superiore del corpo, e in forma
di
pesce dalla coda biforcuta nella parte inferiore;
feriore; più tardi vi s’ aggiunse anche il petto e le zampe anteriori
di
cavallo, creando quei mostri a tre nature che fur
i cavallo, creando quei mostri a tre nature che furono detti Centauri
di
mare o Ittiocentauri (ichthyocentauri). A quest’
ava il mare agitato. — Cominciando dal quarto secolo av. C., in luogo
di
un unico Tritone, si pensò a tutto un genere di e
colo av. C., in luogo di un unico Tritone, si pensò a tutto un genere
di
esseri simili al figlio di Posidone; e così a poc
unico Tritone, si pensò a tutto un genere di esseri simili al figlio
di
Posidone; e così a poco a poco si venne diffonden
one; e così a poco a poco si venne diffondendo la credenza in un coro
di
Tritoni, rappresentanti nel regno marino quel che
gno marino quel che i Satiri o i Centauri nel regno terrestre; classe
di
esseri che vive sulle onde, tra i mostri marini e
onde, tra i mostri marini e le Nereidi, tra le quali si compiacciono
di
folleggiare, mentre dan di fiato anch’ essi alla
e le Nereidi, tra le quali si compiacciono di folleggiare, mentre dan
di
fiato anch’ essi alla vuota conchiglia. 2. Rappre
ioni dei Tritoni nell’ opere poetiche dell’ antichità ricorrono assai
di
frequente, per lo più non si menziona Posidone se
lo più non si menziona Posidone senza accennare un numeroso corteggio
di
Tritoni, Nereidi e mostri. Il Tritone mezzo uomo
one mezzo uomo e mezzo pesce è descritto minutamente già in Apollonio
di
Rodi, e da lui trasse Virgilio il suo:
to da Ovidio nel primo delle Metamorfosi, dove si racconta il diluvio
di
Deucalione. Il ceruleo Tritone avuto l’ ordine di
racconta il diluvio di Deucalione. Il ceruleo Tritone avuto l’ ordine
di
soffiar nella sua tromba per ritirar l’ acque ai
undis 38 . L’ arte statuaria ricorreva spesso alle rappresentazioni
di
Tritoni o per motivo ornamentale delle statue di
lle rappresentazioni di Tritoni o per motivo ornamentale delle statue
di
Posidone e Anfitrite, o per lavori di fontane e s
motivo ornamentale delle statue di Posidone e Anfitrite, o per lavori
di
fontane e simili; l’ arte decorativa poi fece gra
er lavori di fontane e simili; l’ arte decorativa poi fece grand’ uso
di
Tritoni, e se ne vedono a centinaia in pitture va
e se ne vedono a centinaia in pitture vascolari o murali, in rilievi
di
terracotta, in vasi cesellati, ecc. Un gruppo deg
onservasi nel Museo Vaticano, rappresentante un ittiocentauro in atto
di
trascinar seco una Nereide riluttante. VI. Pro
ar seco una Nereide riluttante. VI. Proteo. Era Proteo un servo
di
Posidone, da lui incaricato di custodirgli il gre
VI. Proteo. Era Proteo un servo di Posidone, da lui incaricato
di
custodirgli il gregge delle foche e dell’ altre b
stie marine. Abitava nelle profondità del mare, ma compiacevasi anche
di
cercar riposo sul lido; e sopratutto nell’ ore ca
state narravasi che conducesse il suo gregge a meriggiare nell’ isola
di
Faro, ed egli stesso ivi in una caverna presso il
chè non isfuggisse, giacchè egli tutto tentavà, assumeva mille forme,
di
leone, di drago, di fuoco ardente, di pianta giga
fuggisse, giacchè egli tutto tentavà, assumeva mille forme, di leone,
di
drago, di fuoco ardente, di pianta gigantesca, di
giacchè egli tutto tentavà, assumeva mille forme, di leone, di drago,
di
fuoco ardente, di pianta gigantesca, di acqua sco
tentavà, assumeva mille forme, di leone, di drago, di fuoco ardente,
di
pianta gigantesca, di acqua scorrevole; se con tu
le forme, di leone, di drago, di fuoco ardente, di pianta gigantesca,
di
acqua scorrevole; se con tutto ciò non riusciva a
molto popolare tra marinai e pescatori. Speeialmente si parlava molto
di
lui nella regione di Antedone, città della Beozia
rinai e pescatori. Speeialmente si parlava molto di lui nella regione
di
Antedone, città della Beozia orientale sull’ Euri
pesci semivivi sull’ erba, vedesse con sua meraviglia che al contatto
di
un certa erba ripigliavan vita e risaltavan nel m
rba ripigliavan vita e risaltavan nel mare; allora mangiò egli stesso
di
quest’ erba e ne senti subito una tale sovreccita
ò in mare, dove benignamente accolto da Oceano e Teti, e purificatosi
di
tutte le debolezze umane, venne assunto tra gli D
a molte altre città litoraneo della Grecia e delle isole. La leggenda
di
Glauco Ponzio divento argomento predilotto della
a quel diantedone, come dice Pausania (9, 22, 7), onorarono la storia
di
Glauco col loro versi; nell’ età alessandrina Cal
identificazione è incerta; potrebbe anche essere una personificazione
di
qualche parte di mare, per es., del golfo di Baia
incerta; potrebbe anche essere una personificazione di qualche parte
di
mare, per es., del golfo di Baia. VIII. Ino
ere una personificazione di qualche parte di mare, per es., del golfo
di
Baia. VIII. Ino, Leucotea e Melicerte. 1
er essersi buttata a mare affidandosi alle deità marine in un momento
di
pericolo. Era essa figlia di Cadmo, sorella di Se
idandosi alle deità marine in un momento di pericolo. Era essa figlia
di
Cadmo, sorella di Semele, la madre di Dioniso, e
à marine in un momento di pericolo. Era essa figlia di Cadmo, sorella
di
Semele, la madre di Dioniso, e moglie del re Atam
to di pericolo. Era essa figlia di Cadmo, sorella di Semele, la madre
di
Dioniso, e moglie del re Atamante di Orcomeno. Al
dmo, sorella di Semele, la madre di Dioniso, e moglie del re Atamante
di
Orcomeno. Alla morte disgraziata di Semele, Ino s
Dioniso, e moglie del re Atamante di Orcomeno. Alla morte disgraziata
di
Semele, Ino si assunse la cura di allevare il pic
di Orcomeno. Alla morte disgraziata di Semele, Ino si assunse la cura
di
allevare il piccolo Dioniso; perciò incorse nello
e la cura di allevare il piccolo Dioniso; perciò incorse nello sdegno
di
Era che prese a perseguitar lei e i suoi due figl
lasciando che lei vivesse felice tra le Nereidi, e Melicerte col nome
di
Palemone, o protettore dei porti, fosse associato
fici del mare, pronti ad aiutare i naufraghi e chiunque aveva bisogno
di
loro. 2. Allorquando la mitologia greca penetro i
us dio dei porti. Allora si creò la storia, che la principessa figlia
di
Cadmo dopo il suo salto in mare sarebbe stata acc
rata in Ostia in seguito alla diffusione dei Baccanali, sotto il nome
di
Stimula; ivi le Menadi aizzate da Giunone avrebbe
he destava il caso della madre sventurata e la felice sorte toccatale
di
poi, onde più volte la illustrarono; Euripide ne
dei Fasti all’ 11 Giugno, giorno della festa detta Matralia in onore
di
Mater Matuta. — In arte Palemone era rappresentat
portato in groppa da un delfino, ovvero in braccio alla madre in atto
di
essere presentato a Posidone che con paterna beni
ndis , come dice Claudiano 39. Si dicevano figlie del fiume Acheloo e
di
Mnemosine o di Tersicore o di Calliope; ma in alt
e Claudiano 39. Si dicevano figlie del fiume Acheloo e di Mnemosine o
di
Tersicore o di Calliope; ma in altre leggende fig
Si dicevano figlie del fiume Acheloo e di Mnemosine o di Tersicore o
di
Calliope; ma in altre leggende figuran figlie di
ine o di Tersicore o di Calliope; ma in altre leggende figuran figlie
di
Forchi e Cheto. È nota l’ avventura di Ulisse in
altre leggende figuran figlie di Forchi e Cheto. È nota l’ avventura
di
Ulisse in Omero; per non lasciarsi ammaliare dall
ro anche in altri racconti come in quello degli Argonauti e del ratto
di
Proserpina. Si disse che Demetra appunto aveva da
che Demetra appunto aveva dato loro il corpo d’ uccelli in punizione
di
non aver aiutato la loro compagna di gioco nel mo
il corpo d’ uccelli in punizione di non aver aiutato la loro compagna
di
gioco nel momento che il re dell’ Inferno stava p
o le incantevoli regioni tra Napoli e Sorrento, o vicino allo stretto
di
Messina. 2. La poesia si compiacque del mito dell
poeticamente la leggenda, come fecero Omero nell’ Odissea, Apollonio
di
Rodi nel Poema degli Argonauti, ma si fè servire
etas 40. — Quanto alla figura, le Sirene erano immaginate col visi
di
donzella e col corpo d’ uccello. Ovidio nel quint
tamorfosi (v. 552 e sgg.) spiega la cosa ricordando che dopo il ratto
di
Proserpina, la ricercarono invano per tutta la te
divennero esse quasi Genii della morte, onde invalse la consuetudine
di
riprodurne le figure sul monumenti sepolcrali.
la terra. Non è essa colei dal cui grembo fecondo esce ogni rigoglio
di
vegetazione, onde l’ annua produzione di que’ fru
o fecondo esce ogni rigoglio di vegetazione, onde l’ annua produzione
di
que’ frutti che allietano l’ umana famiglia e le
to e ricchezza? Non è essa d’ altra parte tomba aperta ad ogni essere
di
cui cessa la vita? E dove, se non nel seno ascoso
a ad ogni essere di cui cessa la vita? E dove, se non nel seno ascoso
di
lei, si ripongono quelle energie che rimangono as
tti da queste riflessioni, gli antichi abbiano creata tutta una serie
di
divinità connesse colla terra, le une liete rifer
e alla fecondità delle greggi, le altre tristi, dominatrici del mondo
di
sotterra. Il culto di queste divinità doveva rise
greggi, le altre tristi, dominatrici del mondo di sotterra. Il culto
di
queste divinità doveva risentirsi di questo doppi
del mondo di sotterra. Il culto di queste divinità doveva risentirsi
di
questo doppio aspetto, ed estrinsecarsi in feste
doveva risentirsi di questo doppio aspetto, ed estrinsecarsi in feste
di
gioia per le une, di dolore per l’ altre; e così
questo doppio aspetto, ed estrinsecarsi in feste di gioia per le une,
di
dolore per l’ altre; e così fu. E poichè la gioia
lore solevano dagli antichi esprimersi in modo passionato e rumoroso,
di
qui il culto e le leste dette orgiastiche (da una
nifica sovreccitazione dell’ animo). È poi da notarsi che il concetto
di
tali divinità, e specialmente delle sotterranee,
tali divinità, e specialmente delle sotterranee, inchiudendo qualcosa
di
segreto e di inesplicabile, suggeri agli antichi
, e specialmente delle sotterranee, inchiudendo qualcosa di segreto e
di
inesplicabile, suggeri agli antichi Greci quella
i segreto e di inesplicabile, suggeri agli antichi Greci quella forma
di
culto ch’ ebbe nome di misteri, a cui erano ammes
abile, suggeri agli antichi Greci quella forma di culto ch’ ebbe nome
di
misteri, a cui erano ammessi solo gli iniziati, e
le tenebre del Caos, come essa avesse da sè prodotto Urano e Ponto, e
di
poi con essi congiunta avesse dato a luce i Titan
ll’ andar del tempo si disegnò meglio nella mente dei Greci la figura
di
Gea come madre di tutti gli esseri, non mai stanc
o si disegnò meglio nella mente dei Greci la figura di Gea come madre
di
tutti gli esseri, non mai stanca di produrre nuov
Greci la figura di Gea come madre di tutti gli esseri, non mai stanca
di
produrre nuovi mostri, come nutrice delle sue cre
ue creature, tutta intesa a farle crescere vigorose, e quindi datrice
di
prosperità. Ma anche d’ altro lato fu pensata Gea
glie nel suo segreto grembo, quindi divinità ctonica, ossia del mondo
di
sotterra. Questi concetti essendo comuni con altr
Atene dov’ era venerata specialmente come curotrofo ossia allevatrice
di
bambini: le leggende locali la facevano anzi madr
sia allevatrice di bambini: le leggende locali la facevano anzi madre
di
Erittonio, il progenitore della stirpe Attica. An
stirpe Attica. Anche come Dea dei morti, Gea veniva in Atene onorata
di
feste e cerimonie speciali. 2. Alla greca Gea cor
e, condizione d’ ogni stabilita delle cose, era invocata in occasione
di
terremoti col titolo di Tellus stabilita. Era anc
abilita delle cose, era invocata in occasione di terremoti col titolo
di
Tellus stabilita. Era anche Dea dei matrimoni, a
l console P. Sempronio, e sorgeva sulla piazza dov’ era prima la casa
di
Sp. Cassio. In onore di Tellus e di Cerere si cel
e sorgeva sulla piazza dov’ era prima la casa di Sp. Cassio. In onore
di
Tellus e di Cerere si celebravano solenni feste a
lla piazza dov’ era prima la casa di Sp. Cassio. In onore di Tellus e
di
Cerere si celebravano solenni feste al tempo dell
e di Cerere si celebravano solenni feste al tempo della seminagione e
di
primavera al germogliar delle biade. Altra festa
a quella detta Paganalia in Gennaio, celebrata in ogni pagus o gruppo
di
più villaggi, con solenni preghiere a Tellus e Ce
della campagna. 3. Già i più antichi poeti, Omero, Esiodo fanno cenno
di
di Gea o le rivolgon preghiere; uno degli inni Om
la campagna. 3. Già i più antichi poeti, Omero, Esiodo fanno cenno di
di
Gea o le rivolgon preghiere; uno degli inni Omeri
a, quindi chiamatela la madre Terra ». Varrone comincia il suo lavoro
di
cose agricole con un’ invocazione a Giove e a Tel
Tellus. — La statuaria antica rappresentava Gea come una mezza figura
di
donna che sorge dal suolo; tale si vede in un ril
ievo che è nel Museo Chiaramonti in Vaticano raffigurante Gea in atto
di
presentare suo figlio Erittonio ad Atena. Più tar
ù tardi si rappresentava come una donna distesa al suolo, contorniata
di
bambini, una cornucopia in una mano, un vitello g
a nel 1872. II. Rea-Cibele o la Gran Madre. 1. Rea, come figlia
di
Urano e di Gea, moglie di Crono e madre dei Croni
II. Rea-Cibele o la Gran Madre. 1. Rea, come figlia di Urano e
di
Gea, moglie di Crono e madre dei Cronidi, special
ele o la Gran Madre. 1. Rea, come figlia di Urano e di Gea, moglie
di
Crono e madre dei Cronidi, specialmente di Zeus,
di Urano e di Gea, moglie di Crono e madre dei Cronidi, specialmente
di
Zeus, ci è già nota dalla Teogonia. Era essa ogge
specialmente di Zeus, ci è già nota dalla Teogonia. Era essa oggetto
di
culto segnatamente nell’ isola di Creta, dove si
ta dalla Teogonia. Era essa oggetto di culto segnatamente nell’ isola
di
Creta, dove si diceva che ella avesse fatto allev
si alberga e feconda tanta parte della vita universale. Un tale culto
di
Rea si diffuse anche in altre terre, ad es. in Ar
fecondità della natura, venerato nella Lidia e nella Frigia col nome
di
« Gran Madre ». La vera patria di questa religion
nella Lidia e nella Frigia col nome di « Gran Madre ». La vera patria
di
questa religione era la città di Pessinunte, situ
me di « Gran Madre ». La vera patria di questa religione era la città
di
Pessinunte, situata nella Frigia maggiore, presso
gia maggiore, presso il fiume Sangario (od. Sakaria); nelle vicinanze
di
questa città erano sacri a Cibele il monte Dindim
era detta Dindimene, e il villaggio Berecinto, che le die l’ epiteto
di
Berecinzia (Berecyntia). Qui favoleggiavasi che l
col corteo de’ suoi sacerdoti detti Coribanti (rispondenti ai Cureti
di
Creta), i quali forniti di timballi e concavi dis
oti detti Coribanti (rispondenti ai Cureti di Creta), i quali forniti
di
timballi e concavi dischi metallici e corni e fla
ggiamente fantastico come tutto il suo culto. Conosciutissimo il mito
di
Atti (Attis o Atys) l’ amante di lei. Era costui
l suo culto. Conosciutissimo il mito di Atti (Attis o Atys) l’ amante
di
lei. Era costui un giovane Frigio di così eccezio
di Atti (Attis o Atys) l’ amante di lei. Era costui un giovane Frigio
di
così eccezionale bellezza che la Gran Madre lo vo
Madre lo volle per isposo. Dapprincipio egli corrispondeva all’ amore
di
lei, ma poi le fu infedele, e voleva spo sarsi co
di lei, ma poi le fu infedele, e voleva spo sarsi colla figlia del re
di
Pessinunte. Allora lo colpi la vendetta dell’ adi
nvitati erano insieme adunati, essa penetrò tra loro, li riempi tutti
di
timor panico e di alienazione. Atti fuggi sul mon
eme adunati, essa penetrò tra loro, li riempi tutti di timor panico e
di
alienazione. Atti fuggi sul monti e in un eccesso
i timor panico e di alienazione. Atti fuggi sul monti e in un eccesso
di
furore si uccise. Di che afllittala Dea, ordinò i
un eccesso di furore si uccise. Di che afllittala Dea, ordinò in onor
di
lui una cerimonia funebre da celebrarsi nell’ equ
nò in onor di lui una cerimonia funebre da celebrarsi nell’ equinozio
di
primavera. I Coribanti fra urli selvaggi e strepi
gue. Questo giovane Atti che muore e rinasce, come l’ Adone del culto
di
Afrodite, simboleggia la natura che sorge a vita
ita florida e rigogliosa e poi tosto appassisce e muore. La religione
di
Cibele ebbe una grande diffusione prima nelle pro
Madre i Dattili Idei, artisti lavoranti in bronzo e creduti inventori
di
ogni specie di arti utili, tra l’ altre del suono
Idei, artisti lavoranti in bronzo e creduti inventori di ogni specie
di
arti utili, tra l’ altre del suono e del ritmo mu
consiglio dei libri sibillini fu mandata un’ ambascieria ad Attalo re
di
Pergamo che allora dominava pure nella Frigia; At
re di Pergamo che allora dominava pure nella Frigia; Attalo cousegnò
di
buon grado la nera pietra che era considerata com
usegnò di buon grado la nera pietra che era considerata come l’ idolo
di
Cibele, e che forse era una pietra meteoritica da
che forse era una pietra meteoritica da secoli conservata nel tempio
di
Pessinunte. Fu portata a Roma ove giunse nell’ ap
to votato un tempio, che fu dedicato nel 563/191 poco lungi da quello
di
Apollo Palatino, tempio che più volte fu distrutt
to e ricostruito, tra gli altri da Augusto. Anche in Roma i sacerdoti
di
Cibele, detti Cureti, o Coribanti o Galli davano
la Dea Cibele e del suo corteggio leggesi nel secondo libro del poema
di
Lucrezio Sulla natura e nel quarto dei Fasti di O
condo libro del poema di Lucrezio Sulla natura e nel quarto dei Fasti
di
Ovidio. L’ uno e l’ altro accennano alla Dea port
’ essa era fondatrice e conservatrice delle città, e al suo corteggio
di
Coribanti che Tympana tenta tonant palmis et cym
ante la Dea seduta su un leone. Il tamburello è l’ attributo costante
di
questa Divinità. III. Dioniso-Bacco. 1.
i quali, a dir vero, agli elementi greci s’ intrecciarono molti altri
di
origine tracia o lidia o frigia. Luogo di nascita
’ intrecciarono molti altri di origine tracia o lidia o frigia. Luogo
di
nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe;
rono molti altri di origine tracia o lidia o frigia. Luogo di nascita
di
Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre
ia o lidia o frigia. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città
di
Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie di
ra creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie
di
Cadmo, amata da Zeus. A costei l’ amore di Zeus f
a Semele, una delle figlie di Cadmo, amata da Zeus. A costei l’ amore
di
Zeus fu fatale, perche indotta dalla gelosa Era a
Zeus fu fatale, perche indotta dalla gelosa Era a chiedere la grazia
di
poter vedere l’ amante in tutta la sua maestà fra
nte in tutta la sua maestà fra tuoni e lampi, fu involta dalle flamme
di
Zeus, ed ivi morì. Zeus però salvò il figlio che
aturità, se lo cuci in una coscia, e lo diede poi a luce a suo tempo;
di
qui dicevasi che Dioniso avesse avuto un doppio n
. Zeus poi consegnò il neonato ad Ermes perchè lo portasse alle ninfe
di
Nisa che s’ incaricavano di allevarlo; secondo al
to ad Ermes perchè lo portasse alle ninfe di Nisa che s’ incaricavano
di
allevarlo; secondo altra leggenda la sua prima nu
varlo; secondo altra leggenda la sua prima nutrice fu Ino, la sorella
di
Semele; in ogni caso è sempre un essere acqueo qu
un essere acqueo quello cui Dioniso vien affidato dopo il bruciamento
di
Semele, il che fa palese il significato naturale
sciuto nella solitudine dei boschi ed educato principalmente per cura
di
Sileno, Dioniso pianta la vite, e s’ innebria del
a vite, e s’ innebria dell’ umor che da essa cola e allora compiacesi
di
girare di luogo in luogo, incoronato d’ edera e a
s’ innebria dell’ umor che da essa cola e allora compiacesi di girare
di
luogo in luogo, incoronato d’ edera e alloro, con
luogo in luogo, incoronato d’ edera e alloro, con un numeroso corteo
di
ninfe, satiri e altri genii de’ boschi, e le fore
altri genii de’ boschi, e le foreste e i campi risuonano delle grida
di
giubilo emesse dall’ allegra comitiva. Così Dioni
di giubilo emesse dall’ allegra comitiva. Così Dioniso va estendendo
di
regione in regione la viticultura e anzi, vero co
egna agli uomini a lavorar la terra, fonda nuove città, si fa maestro
di
più miti costumi e di una vita più socievole e pi
orar la terra, fonda nuove città, si fa maestro di più miti costumi e
di
una vita più socievole e più lieta. — Una bella l
ttribuisse dagli antichi all’ uso del vino, e quanta fosse la potenza
di
Dioniso, è quella dei pirati Tirreni. In occasion
, è quella dei pirati Tirreni. In occasione d’ un viaggio dall’ isola
di
Icaria a quella di Nasso, Dioniso che aveva assun
ti Tirreni. In occasione d’ un viaggio dall’ isola di Icaria a quella
di
Nasso, Dioniso che aveva assunto la forma d’ un b
assunto la forma d’ un bel ragazzo col capelli ricciuti e il mantello
di
porpora, fu preso da alcuni pirati Tirreni che id
n cenno del divino fanciullo, cadono i ceppi che l’ avvincono, tralci
di
vite e rami d’ edera s’ avviticchiano intorno all
intorno alle vele, e giù ne cola il prezioso liquore, mentre un coro
di
ninfe invisibili intuona un canto di festa. Compa
prezioso liquore, mentre un coro di ninfe invisibili intuona un canto
di
festa. Compariscono davanti ai marinari attoniti
ndo un essere divino nel fanciullo, s’ era opposto al mal governo che
di
lui avevan preso a fare i compagni. — E così anch
tentavano impedire le sue feste orgiastiche. Sono celebri le leggende
di
Licurgo e di Penteo. Licurgo era un re della Trac
edire le sue feste orgiastiche. Sono celebri le leggende di Licurgo e
di
Penteo. Licurgo era un re della Tracia, figlio di
ggende di Licurgo e di Penteo. Licurgo era un re della Tracia, figlio
di
Driante (la selva), il quale cacciò le nutrici di
ella Tracia, figlio di Driante (la selva), il quale cacciò le nutrici
di
Dioniso dalla campagna di Nisa, dov’ egli era sta
ante (la selva), il quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna
di
Nisa, dov’ egli era stato allevato, onde il Dio s
e colla propria accetta uccise suo figlio scambiandolo per un tralcio
di
vite, e fu poi sbranato sul monte Pangeo da selva
aggi cavalli aizzatigli contro da Dioniso. Licurgo è il lungo inverno
di
Tracia, che si oppone alla propagazione della vit
e al calore della natura e alla operosità dell’ uomo. — Penteo era re
di
Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di f
a natura e alla operosità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio
di
Echione e di Agave di Cadmo, di forme gigantesche
la operosità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e
di
Agave di Cadmo, di forme gigantesche e di indole
ità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave
di
Cadmo, di forme gigantesche e di indole selvaggia
uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo,
di
forme gigantesche e di indole selvaggia. Costui v
i Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di forme gigantesche e
di
indole selvaggia. Costui volle opporsi alle feste
ore, l’ uccise avendolo scambiato per un cinghiale. — Anche le figlie
di
Minia, re di Orcomeno, avendo osato disprezzara D
e avendolo scambiato per un cinghiale. — Anche le figlie di Minia, re
di
Orcomeno, avendo osato disprezzara Dioniso e rifi
Minia, re di Orcomeno, avendo osato disprezzara Dioniso e rifiutarsi
di
celebrarne le feste, furon mutate in pipistrelli.
in pipistrelli. In altro ordine d’ idee, merita un cenno la leggenda
di
Arianna, la qual fa parte delle tradizioni locali
Arianna, la qual fa parte delle tradizioni locali proprie dell’ isola
di
Nasso. Questa figlia di Minosse cretese, era renu
e delle tradizioni locali proprie dell’ isola di Nasso. Questa figlia
di
Minosse cretese, era renuta via da Creta seguendo
utato a uscir dal labirinto, dopo ucciso il Minotauro; ma nell’ isola
di
Nasso, mentr’ era addormentata, Teseo l’ abbandon
’ isola di Nasso, mentr’ era addormentata, Teseo l’ abbandonò e senza
di
lei salpo colle navi alla volta dell’ Attica. Chi
Diè in ismanie, corse al lido per veder se ancor si scorgeva la nave
di
Teseo, levo al cielo le più strazianti querele, m
un lieto frastuono, e presto vede con meraviglia accostarsi il corteo
di
Dioniso. Questi vedutala se n’ innamora e la fa s
grinazioni, e insieme venivano venerati nelle feste del culto. Perchè
di
Dioniso si abbia un concetto adeguato, conviene a
io del vino e della frutticultura in genere, Dioniso era il riscontro
di
Demetra, dea delle biade; veniva detto talvolta l
va amante del canto e delle Muse, volonteroso compagno delle Grazie e
di
Afrodite, medico del corpo e dell’ anima, e gli s
mmaginativa anche fra le generazioni meno antiche. Dopo la spedizione
di
Alessandro Magno in India, essendosi il culto di
. Dopo la spedizione di Alessandro Magno in India, essendosi il culto
di
Dioniso diffuso fino all’ estremo Oriente, sorse
ioniso detto Zagreus, il lacerato, era il primo Dio; era detto figlio
di
Zeus e di Persefona; e si narrava che essendo egl
to Zagreus, il lacerato, era il primo Dio; era detto figlio di Zeus e
di
Persefona; e si narrava che essendo egli destinat
altro Dioniso, il Tebano, mentre intanto fulminò i Titani. Dal cenere
di
questi nacquero gli uomini, e di qui la lotta tra
intanto fulminò i Titani. Dal cenere di questi nacquero gli uomini, e
di
qui la lotta tra il bene e il male nell’ animo um
uivano il fondamento della teologia e dei misteri orfici. 2. Il culto
di
Dioniso era straordinariamente diffuso in tutte l
terica sacra, feste triennali); esi celebravano in regioni montuose e
di
notte al lume delle fiaccole. Uno stuolo di donne
ano in regioni montuose e di notte al lume delle fiaccole. Uno stuolo
di
donne e fanciulle (giacchè gli uomini erauo esclu
ai) o Bassaridi, agitando tirsi (thyrsus, asta con la punta ricoperta
di
pampani o di edera) e fiaccole, ricingendosi il c
di, agitando tirsi (thyrsus, asta con la punta ricoperta di pampani o
di
edera) e fiaccole, ricingendosi il corpo con serp
fiaccole, ricingendosi il corpo con serpi, tra una musica assordaute
di
tamburelli e di flauti facevano una processione r
gendosi il corpo con serpi, tra una musica assordaute di tamburelli e
di
flauti facevano una processione rumorosa detta ti
Era tutto ciò un ricordo e un simbolo dello scempio che l’ inverno fa
di
tutti i prodotti onde la terra si ammanta. Invece
he l’ inverno fa di tutti i prodotti onde la terra si ammanta. Invece
di
primavera si festeggiava il ritorno di Dioniso co
de la terra si ammanta. Invece di primavera si festeggiava il ritorno
di
Dioniso con spargimento di flori e lieti canti. G
ece di primavera si festeggiava il ritorno di Dioniso con spargimento
di
flori e lieti canti. Giova ricordare le feste Dio
ieti canti. Giova ricordare le feste Dionisiache, ossia feste in onor
di
Dioniso che si celebravano in Atene. Erano le seg
n Atene. Erano le seguenti: 1º Le piccole Dionisie, o le feste rurali
di
Dioniso; avevan luogo sul finir di Novembre o in
iccole Dionisie, o le feste rurali di Dioniso; avevan luogo sul finir
di
Novembre o in principio del Dicembre; si faceva u
o in principio del Dicembre; si faceva una processione col sacrifizio
di
un capro. Alla lesta congiungevansi sollazzi camp
i spiritosi, origine della poesia drammatica. Divertimento prediletto
di
queste feste le Ascolie, o la danza sugli otri. 2
aveva luogo in Atene nel Gennaio. Presso il Leneo, uno dei due templi
di
Dioniso, facevasi una solenne processione; si ten
vasi la svinatura o lo spillare il nuovo vino che allora aveva finito
di
fermentare; nel secondo giorno, la festa del bocc
una grandiosa processione portavasi dal Leneo a un altro tempio, poi
di
nuovo al Leneo, una piccola immagine in legno del
ibera (= Persefone). Era il Dio del vino, della vendemmia e in genere
di
ogni produzione terrestre e animale; durante le f
e in genere di ogni produzione terrestre e animale; durante le feste
di
lui i devoti solevano abbandonarsi ad un’ allegri
aliche non avevano quel carattere romoroso ed orgiastico che il culto
di
Dioniso ebbe in Grecia. Solo più tardi, per l’ in
hici; ma poi molti scrittori, dall’ autore degli inni omerici a Nonno
di
Panopoli, dai primi drammaturghi latini a Claudia
primi drammaturghi latini a Claudiano hanno cantato qua e là le lodi
di
questo Dio straordinario. Ricordiamo solo che Esc
rio. Ricordiamo solo che Eschilo compose una trilogia intorno al mito
di
Licurgo, e trattò in un’ altra tragedia il mito d
ia intorno al mito di Licurgo, e trattò in un’ altra tragedia il mito
di
Penteo; al quale pure si riferisce la bellissima
il mito di Penteo; al quale pure si riferisce la bellissima tragedia
di
Euripide intitolata, « le Baccanti »; ricordiamo
che o Bassariche. Tra le cose latine, leggasi la 19a ode del 2o libro
di
Orazio, che in versi caldi e appassionati riassum
passionati riassume le principali leggende hacchiche e ha molti punti
di
contatto colle Baccanti d’ Euripide; ricordisi il
tatto colle Baccanti d’ Euripide; ricordisi il ben descritto incontro
di
Bacco e d’ Arianna nell’ epitalamio catulliano d
descritto incontro di Bacco e d’ Arianna nell’ epitalamio catulliano
di
Peleo e Tetide, dove le baccanti .… pars tecta q
terzo delle Metamorfosi e in principio del quarto descrive la strage
di
Penteo e la trasformazione dei pirati Tirreni in
Numerosi monumenti a noi giunti contengono rappresentazioni figurate
di
Dioniso. L’ arte più antica soleva presentarlo co
eva presentarlo con aspetto maestoso sebben collo sguardo sfolgorante
di
gioia, quindi si faceva il viso barbato; veggasi
tatua dei così detto Sardanapalo in Vaticano (fig. 55), un bel saggio
di
tal tipo. Più tardi si prese a dare alla figura d
55), un bel saggio di tal tipo. Più tardi si prese a dare alla figura
di
Dioniso un aspetto giovanile, quasi femmineo; è i
n aspetto giovanile, quasi femmineo; è il tipo che prevalse dal tempo
di
Prassitele in poi. A questo appartiene il celebre
) doveva essere della stessa categoria. La fig. 57 riproduce la testa
di
un Dioniso giovanile che è nel Museo Capitolino;
giovanile che è nel Museo Capitolino; un viso pieno d’ espressione e
di
bellezza; dapprima era stato preso per un’ Ariann
ta a riccioli pendenti sulle spalle, per lo più una corona d’ edera o
di
tralci di vite. Sul corpo è posta una pelle ferin
oli pendenti sulle spalle, per lo più una corona d’ edera o di tralci
di
vite. Sul corpo è posta una pelle ferina a tra ve
mano il tirso e una coppa. Si figurano anche delle belve in compagnia
di
Dioniso, per lo più leoni e pantere; oltre queste
mentata del Museo Vaticano che noi riproduciamo colla fig. 58; essa è
di
rara bellezza e probabilmente da ricondurre a un’
n’ aveva fatto un tipo che divenne celebre: la sua figura era in atto
di
ebbra agitazione, il capo arrovesciato all’ indie
Terra vanno annoverate le Ninfe, che noi vedemmo far parte del corteo
di
Bacco, ed anche di Artemide cacciatrice e di Afro
ate le Ninfe, che noi vedemmo far parte del corteo di Bacco, ed anche
di
Artemide cacciatrice e di Afrodite. Erano immagin
mmo far parte del corteo di Bacco, ed anche di Artemide cacciatrice e
di
Afrodite. Erano immaginate come belle e graziose
canti, o tuffando le loro tenere membra nelle fresche e limpide acque
di
solitari laglietti e torrenti. Talvolta s’ attrup
iori divinità della natura, e o cacciavano con Artemide, o scorrevano
di
luogo in luogo con Dioniso o si trovavano in inti
itudine; ma non mancarono leggende in cui narravasi qualche avventura
di
uomini, specialmente di eroi, colle ninfe. Spesso
o leggende in cui narravasi qualche avventura di uomini, specialmente
di
eroi, colle ninfe. Spesso di bambini morti si dic
ualche avventura di uomini, specialmente di eroi, colle ninfe. Spesso
di
bambini morti si diceva fossero stati rapiti dall
es. Dafni, il bel pastore siciliano, orgoglio della sua isola, amico
di
Artemide e Pane, sposo felice di una ninfa, poich
ano, orgoglio della sua isola, amico di Artemide e Pane, sposo felice
di
una ninfa, poichè l’ abbandonò per essersi lascia
egli occhi o secondo altri, perde la luce della sua vita cioè l’ amor
di
quella ninfa, per la quale invano ora spasimava,
sul monte Pelio, le Citeronie sul Citerone, ecc. La ninfa più celebre
di
questa categoria era Eco, la personificazione di
La ninfa più celebre di questa categoria era Eco, la personificazione
di
questo fenomeno acustico così frequente nelle val
to fenomeno acustico così frequente nelle valli profonde e tra catene
di
monti. Si narrava ch’ ella amasse alla follia il
Narciso, figlio dei fiume Cefiso, il quale invece non voleva saperne
di
lei; ond’ essa, consumata dal dolore, si ridusse
ì consunto dal dolore. Il fiore a cui diè nome è rimasto come simbolo
di
una bellezza senza cuore. 3º Le Ninfe delle piant
esse termine anche la vita della sua ninfa. 2. Le Ninfe erano oggetto
di
culto in molte regioni della Grecia, specialmente
a suggeriva l’ idea che ivi fosse un soggiorno prediletto alle Ninfe;
di
tali luoghi molti ne offriva la Grecia, in Tessag
letterarie. Specialmente la poesia bucolica aveva frequenti occasioni
di
descrivere scene della natura che sempre s’ avviv
tura che sempre s’ avvivavano colla presenza delle ninfe. Le leggenda
di
Dafni è ricordata più d’ una volta da Teocrito ne
iè poi argomento a un celebrato romanzo attribuito a Longo. La favola
di
Narciso trovò un narratore pieno di grazia in Ovi
nzo attribuito a Longo. La favola di Narciso trovò un narratore pieno
di
grazia in Ovidio che l’ espose nel terzo delle Me
Metamorfosi. La statuaria antica spesso rappresentò ninfe, in figura
di
graziose fanciulle, per lo più leggermente vestit
igura di graziose fanciulle, per lo più leggermente vestite, e ornate
di
flori e corone. Frequenti sopratutto i rilievi do
e. Frequenti sopratutto i rilievi dov’ esse son rappresentate in atto
di
danzare guidate da Ermes, al suono della zampogna
esentate in atto di danzare guidate da Ermes, al suono della zampogna
di
Pane. Le Naiadi hanno particolari attributi rifer
da attinger acqua, conchiglie. — Non infrequenti sono anche le statue
di
Narciso; una bellissima possiede il Museo di Napo
nti sono anche le statue di Narciso; una bellissima possiede il Museo
di
Napoli, in bronzo, in atto di ascoltare la voce d
rciso; una bellissima possiede il Museo di Napoli, in bronzo, in atto
di
ascoltare la voce di Eco (fig. 60); un’ altra è n
possiede il Museo di Napoli, in bronzo, in atto di ascoltare la voce
di
Eco (fig. 60); un’ altra è nella Galleria degli U
60); un’ altra è nella Galleria degli Uffizi a Firenze, bella figura
di
giovane i cui lineamenti sono improntati a dolce
nelle sue varie forme, così i Satiri erano i rappresentanti maschili
di
questa medesima vita; erano quindi genii dei bosc
dei monti, e formavano insieme colle Ninfe e colle Baccanti il corteo
di
Dioniso. L’ immaginazione popolare li concepiva c
me a questa bestiale natura, attribuiva anche alla loro figura un che
di
bestiale, naso rincagnato, capelli arruffati, ore
le nacchere), inseguendo le ninfe, chiassando e bevendo in compagnia
di
Dioniso. La danza dei Satiri dicevasi con vocabol
li armenti e uccidessero le bestie, perseguitassero le donne in forma
di
spiriti folletti, spaventassero la gente. 2. Ebbe
intervento loro nelle feste Dionisio ha dato occasione alla creazione
di
quel genere drammatico che fu denominato « Il dra
Il dramma dei Satiri » (satyricum drama); nel quale sotto la maschera
di
Satiri venivano messi in parodia gli Dei ed Eroi
te si potevano volgere a riso. Il Ciclope d’ Euripide è un bel saggio
di
queste composizioni, che il popolino in Grecia pr
», se ne composero altresi nella età alessandrina, per es., da Timone
di
Fliunte, non più in verità per rappresentarli ma
designavano per lo più coll’ epiteto « capripedi » alludendo ai piedi
di
capra che la immaginazione popolare attribuiva lo
arti figurative pure i Satiri offrirono frequentissimamente argomento
di
rappresentazione. Qualunque scena di paesaggio, d
no frequentissimamente argomento di rappresentazione. Qualunque scena
di
paesaggio, di vendemmia, qualunque scena bacchica
imamente argomento di rappresentazione. Qualunque scena di paesaggio,
di
vendemmia, qualunque scena bacchica importava un
gio, di vendemmia, qualunque scena bacchica importava un certo numero
di
Satiri ne’ più svariati atteggiamenti. Un antico
poco, specie per opera della giovane scuola attica, prevalse un tipo
di
Satiri più giovani e più belli. Ora si raffigurav
un tronco e tiene nella mano destra un flauto; si crede che sia copia
di
un capolavoro di Prassitele. Altre volte si rappr
nella mano destra un flauto; si crede che sia copia di un capolavoro
di
Prassitele. Altre volte si rappresentano come gua
ano, bevon vino e s’ abbandonano a una festosa ebbrezza. Molte statue
di
Satiri trovansi nei varii Musei d’ Europa, ricord
Europa, ricordiamo i così detto « Fauno Barberini » della Gliptoteca
di
Monaco, un Satiro ebbro vinto dal sonno, forse or
della Villa Borghese a Roma, ricordiamo un Satiro in bronzo del Museo
di
Napoli pieno di vita, ecc. La fig. 62 riproduce u
hese a Roma, ricordiamo un Satiro in bronzo del Museo di Napoli pieno
di
vita, ecc. La fig. 62 riproduce un’ altra statua
a del Museo Capitolino che è in rosso antico. Anche le pitture murali
di
Pompei hanno frequenti rappresentazioni di Satiri
o. Anche le pitture murali di Pompei hanno frequenti rappresentazioni
di
Satiri. VI. Sileno, e i Sileni. 1. Er
testa calva, irsuto il petto e le membra, grasso e tondo come un otre
di
vino; e si diceva che incapace di reggersi in pie
membra, grasso e tondo come un otre di vino; e si diceva che incapace
di
reggersi in piedi, seguisse Dioniso a caval d’ un
etto da giovani Satiri. Gli orfici poi si formarono un altro concetto
di
Sileno, pensandolo come un saggio vecchio, che sd
ddisfazione che nella propria saggezza; uomo dotato anche della virtù
di
prevedere il futuro. Ma l’ antica mitologia non p
a virtù di prevedere il futuro. Ma l’ antica mitologia non parla solo
di
un Sileno, bensì di una moltitudine di Sileni. Pr
il futuro. Ma l’ antica mitologia non parla solo di un Sileno, bensì
di
una moltitudine di Sileni. Probabilmente si son q
ntica mitologia non parla solo di un Sileno, bensì di una moltitudine
di
Sileni. Probabilmente si son qui fuse diverse leg
moltitudine di Sileni. Probabilmente si son qui fuse diverse leggende
di
diversi luoghi. Mentre i Satiri eran genii dei bo
luoghi. Mentre i Satiri eran genii dei boschi e dei monti, i Sileni,
di
cui parlano per lo più le leggende asiatiche, era
he corre e irriga e feconda; difatti si pensavano con orecchie e code
di
cavallo, e il cavallo è spesso messo in rapporto
une invenzioni musicali. Ma nonostante queste differenze, in processo
di
tempo Satiri e Sileni si confusero. Tra i Sileni
e Olimpo suo alunno, era detto inventore del suon dei flauti, genere
di
musica che la religione di Cibele mise in onore.
etto inventore del suon dei flauti, genere di musica che la religione
di
Cibele mise in onore. In Attica narravasi che egl
Mida era il fondatore mitico del regno della Frigia; era detto figlio
di
Cibele, la quale avevalo immensamente arricchito.
oi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido
di
nuove ricchezze, e questa passione lo portò a com
chio Sileno, ebbro e stordito, erasi sviato dal cammino che il corteo
di
Bacco percorreva in Frigia ed era capitato in un
dino del re Mida; questi lo accolse benignamente, e dopo dieci giorni
di
banchetti e feste lo accompagnò nei campi di Lidi
nte, e dopo dieci giorni di banchetti e feste lo accompagnò nei campi
di
Lidia e lo restituì al giovinetto Bacco. Di che l
ovinetto Bacco. Di che lieto il Dio, volle compensar Mida promettendo
di
soddisfare qualunque desiderio egli fosse per esp
tra Pane ed Apollo; si narra va che avendo egli sentenziato in favor
di
Pane, Apollo si vendicò facendo che le orecchie d
ntenziato in favor di Pane, Apollo si vendicò facendo che le orecchie
di
lui divenissero asinine. Pieno di onta Mida volev
si vendicò facendo che le orecchie di lui divenissero asinine. Pieno
di
onta Mida voleva occultarle, ma un servo se n’ ac
n potendo tenerla nascosta, scavo in terra una fossa e mormorò dentro
di
quella quali orecchie avesse visto al suo padrone
one; poi rigetto la terra nel fosso. Sorto da quel punto un boschetto
di
tremule canne, queste agitate da leggieri ventice
al servo svelando le orecchie asinine del re Mida. 2. Sileno, maestro
di
sapienza e indovino, è il tema della sesta ecloga
Sileno, maestro di sapienza e indovino, è il tema della sesta ecloga
di
Virgilio. La pittura che il poeta fa di lui ebbro
è il tema della sesta ecloga di Virgilio. La pittura che il poeta fa
di
lui ebbro e immerso nel sonno, è vivissima; poi l
he ha ad argomento l’ origine delle cose e degli animali e il diluvio
di
Deucalione e il furto di Prometeo e più altre leg
gine delle cose e degli animali e il diluvio di Deucalione e il furto
di
Prometeo e più altre leggende della Mitologia. —
furto di Prometeo e più altre leggende della Mitologia. — I racconti
di
Marsia e Mida hanno avuto la loro più bella forma
ultimo nell’ undecimo raccontandone la istoria con l’ usata vivacità
di
colori. Nell’ arte statuaria devonsi distinguere
olori. Nell’ arte statuaria devonsi distinguere due tipi diversissimi
di
Sileno, il Sileno educatore e il Sileno ebbro. De
edera e pampini. La fig. 64 ci dà un saggio della rappresentazione
di
Marsia. È una celebre statua del Museo Lateranens
arsia. È una celebre statua del Museo Lateranense, creduta imitazione
di
un’ opera di Mirone contemporaneo di Fidia. Marsi
celebre statua del Museo Lateranense, creduta imitazione di un’ opera
di
Mirone contemporaneo di Fidia. Marsia è raffigura
Lateranense, creduta imitazione di un’ opera di Mirone contemporaneo
di
Fidia. Marsia è raffigurato in atto di guardare c
opera di Mirone contemporaneo di Fidia. Marsia è raffigurato in atto
di
guardare con meraviglia e curiosità insieme il fl
ia appeso all’ albero e scorticato da Apollo offrì argomento a lavoro
di
scultura del 2º secolo av. C.; un torso trovasi a
2º secolo av. C.; un torso trovasi a Berlino, il quale forse è parte
di
un gruppo a cui apparteneva anche i così detto «
nica e ottenne un culto diffusissimo. Lo si diceva comunemente figlio
di
Ermes e della ninfa Penelope, figlia di Driope; n
si diceva comunemente figlio di Ermes e della ninfa Penelope, figlia
di
Driope; narra vasi che è fosse nato co’ piedi di
nfa Penelope, figlia di Driope; narra vasi che è fosse nato co’ piedi
di
capra, con due corna sulla fronte e una lunga bar
e spaventata quando lo vide, ma il padre presolo e avvoltolo in pelli
di
lepre lo portò all’ Olimpo per farlo vedere agli
uesti ne presero un grau piacere, specialmente Bacco. Dal qual fatto,
di
essersi tutti gli Dei rallegrati di Pane, derivav
ecialmente Bacco. Dal qual fatto, di essersi tutti gli Dei rallegrati
di
Pane, derivavano gli antichi il suo nome (pan=tut
o in Arcadia, tra que’ monti che alzano al cielo la loro cima coperta
di
neve, tra quelle profonde valli solcate da delizi
quei folti cespugli, tra quelle verdi praterie, là Pane compiacevasi
di
passar la sua vita. Di giorno aggiravasi colle ni
e le Oreadi cantavano danzando le lodi degli Dei, e l’ eco rispondeva
di
valle in valle, e gli uomini rimanevano attoniti
E danzava egli stesso, Paue, alla maniera de’ pastori, pieno l’ animo
di
lieta allegrezza. L’ invenzione della zampogna, a
ione a una graziosa leggenda. Si favoleggiò ch’ egli fosse innamorato
di
una ninfa, chiamata Siringa; ma questa era restia
era restia e lo sfuggiva, preferendo la vita libera de’ monti al modo
di
Artemide. Un di ch’ ella era per essere presa da
sfuggiva, preferendo la vita libera de’ monti al modo di Artemide. Un
di
ch’ ella era per essere presa da lui che rincorre
ri; ma il lamento armonioso che usciva da esse suggeri al Dio l’ idea
di
unire più canne digradanti e formarne così uno st
(voce greca che val « zampogna »). Ma se la silvestre natura risuona
di
lieti canti e rallegra l’ animo di chi vive in es
Ma se la silvestre natura risuona di lieti canti e rallegra l’ animo
di
chi vive in essa, ha anche i suoi solenni silenzi
ilenzi e nella vasta solitudine avvien che produca un vago sentimento
di
paura. Di qui altre favole relative a Pane. Dicev
sun pastore osava sonare perche guai a chi avesse disturbato il sonno
di
lui! D’ altra parte quel vago senso di paura onde
chi avesse disturbato il sonno di lui! D’ altra parte quel vago senso
di
paura onde suol esser preso il viatore solitario
lti boschi, attribuivasi pure a Pane; e però ogni improvviso terrore,
di
cui il motivo s’ ignorasse, chiamavasi timor pani
ndo che Pane si divertiva a spaventare i viaggiatori con ogni maniera
di
voci strane e rumori inaspettati. Di qui si formò
ro i Titani, giacchè appena egli aveva cominciato a sonare una tromba
di
conchiglia da lui trovata, i Titani erano stati i
e aveva il dono della divinazione; in Arcadia vi era anche un oracolo
di
Pane, e la ninfa Erato, la sposa di Arcade, era d
n Arcadia vi era anche un oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sposa
di
Arcade, era detta la sua profetessa. Secondo alcu
sso e a una selvaggia eccitazione d’ animo che è inerente alla natura
di
questo Dio, offrì occasione a immaginare altri at
io, offrì occasione a immaginare altri atteggiamenti e altre leggende
di
lui. Già da tempi abbastanza antichi fu pensato i
chi fu pensato in rapporto con la gran Madre e se ne fece un compagno
di
lei. Così pure fu messo in relazione con Bacco e
cambiato. Anzi l’ immaginazione fu tratta a creare tutta una famiglia
di
Pani o Panischi, genii dei boschi, dalla figura m
iri, su pei monti e nelle foreste. Per altra via s’ avviò il concetto
di
Pane per influenza delle idee filosofiche; giacch
almente a lui sacre; sopratutto in Arcadia dove le alture del Menalo,
di
Tegea, del Liceo, di Cillene erano sedi di culto.
sopratutto in Arcadia dove le alture del Menalo, di Tegea, del Liceo,
di
Cillene erano sedi di culto. Il santuario princip
dove le alture del Menalo, di Tegea, del Liceo, di Cillene erano sedi
di
culto. Il santuario principale poi era ad Acaches
ario principale poi era ad Acachesio, città pure dell’ Arcadia. Fuori
di
questa regione, Pane era venerato in Beozia, in M
uto, giunti ai confini dell’ Argolide e dell’ Arcadia udirono la voce
di
Pane, la quale li invitava ad annunziare agli Ate
nnunziare agli Ateniesi ch’ egli era loro bene amico sebben essi poco
di
lui si curassero. Difatti nelle battaglie di Mara
e amico sebben essi poco di lui si curassero. Difatti nelle battaglie
di
Maratona e di Salamina la causa prrcipita della v
essi poco di lui si curassero. Difatti nelle battaglie di Maratona e
di
Salamina la causa prrcipita della vittoria fu il
de i nemici furono presi. D’ allora in poi una grotta nelle vicinanze
di
Atene fu consacrata a Pane, ed ivi venne egli ono
ata a Pane, ed ivi venne egli onorato con annui sacrifizi e una corsa
di
fiaccole. Gli animali che solitamente si offrivan
o a Pane erano vacche, capre e pecore; gli si porgevano anche offerte
di
miele, latte e mosto. 3. Un antico inno che è tra
ntico inno che è tra gli Omerici, il 19o, è un bel monumento in onore
di
Pane; descritta con colori vivaci l’ alpestre nat
pestre natura della regione Arcadica, il poeta ricorda le occupazioni
di
Pane e un lieto canto innalza al Dio sonatore e d
e danzatore. Gli scolii alla Terza Pitia ricordano una poesia perduta
di
Pindaro a Pane in cui lo si invocava come signore
; un altro è tra gli inni Orfici. Anche non è infrequente la menzione
di
Pane tra i poeti latini. A tacere d’ Ovidio che l
’ undecimo a proposito del re Mida, e anche altrove menziona il culto
di
Pane, come nel secondo dei Fasti (vv. 271 e sgg.)
Fasti (vv. 271 e sgg.), nessuno può dimenticare la vivissima pittura
di
Pane sonante che leggesi nel quarto libro del poe
issima pittura di Pane sonante che leggesi nel quarto libro del poema
di
Lucrezio, ov’ è detto che egli: Pinea semiferi c
ico nel 13o delle Puniche ha una rappresentazione veramente scultoria
di
Pane, facendolo vedere cinto le chiome e le tempi
mente scultoria di Pane, facendolo vedere cinto le chiome e le tempia
di
una corona di pino, con le due corna rosse che sc
a di Pane, facendolo vedere cinto le chiome e le tempia di una corona
di
pino, con le due corna rosse che scappan fuori de
se che scappan fuori della fronte, le orecchie dritte, il mento pieno
di
ispida barba; in mano un baston da pastore e il l
un baston da pastore e il lato sinistro del corpo velato da una pelle
di
daino. Non v’ è balza così ripida e impraticabile
intorno. Nell’ arti figurative è da distinguere una figura più antica
di
Pane ed una più recente. Nei migliori tempi dell’
tolta da una pittura murale trovata ad Ercolano. Gli attributi comuni
di
Pane erano la corona di pino o un ramo di pino in
ale trovata ad Ercolano. Gli attributi comuni di Pane erano la corona
di
pino o un ramo di pino in mano, il baston da past
olano. Gli attributi comuni di Pane erano la corona di pino o un ramo
di
pino in mano, il baston da pastore e la zampogna.
roprietà prediale, simile al Dio Terminus; in questo senso parla vasi
di
un Silvano Orientalis essendochè al confine di du
uesto senso parla vasi di un Silvano Orientalis essendochè al confine
di
due poderi, ivi hanno principio (oriuntur) i pode
opranomato Sanctus. A Silvano erano sacri certi boschi, ad es. quello
di
cui parla Virgilio nell’ ottavo dell’ Eneide (v.
cui parla Virgilio nell’ ottavo dell’ Eneide (v. 597) nelle vicinanze
di
Cere. Un tempio sull’ Aventino venne eretto da Tr
e le ninfe. In arte lo rappresentavano come un vecchio con una corona
di
pino in testa e un ramo della stessa pianta nella
ano sinistra, la quale talvolta sostiene anche una pelle ferina piena
di
frutti; nella destra un coltello da giardiniere.
e contro i lupi, onde i due epiteti inuus e lupercus. Si diceva, come
di
Pane, ch’ egli amasse il soggiorno de’ boschi, de
e Ninfe. Anch’ egli si divertiva a spaventar la gente, e dicevasi che
di
notte penetrasse nelle case e tormentasse gli uom
arizioni patirose; in tal senso era detto Incubus. Aveva pure il dono
di
predir l’ avvenire o per via di segni diretti, co
era detto Incubus. Aveva pure il dono di predir l’ avvenire o per via
di
segni diretti, come rumori nei boschi, volo d’ uc
rumori nei boschi, volo d’ uccelli e simili, o indirettamente per via
di
sogni. Per questo rispetto aveva il soprannome di
irettamente per via di sogni. Per questo rispetto aveva il soprannome
di
Fatuus o Fataelus (da fari, parlare). Un celebre
oprannome di Fatuus o Fataelus (da fari, parlare). Un celebre oracolo
di
Fauno era in un bosco di Tivoli presso la fonte A
aelus (da fari, parlare). Un celebre oracolo di Fauno era in un bosco
di
Tivoli presso la fonte Albunea, quello al quale r
a fonte Albunea, quello al quale ricorse Latino al tempo della venuta
di
Enea in Italia, secondo il racconto di Virgilio n
e Latino al tempo della venuta di Enea in Italia, secondo il racconto
di
Virgilio nel settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). —
conto di Virgilio nel settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). — In processo
di
tempo al concetto di un unico Faunus si sostituì
settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). — In processo di tempo al concetto
di
un unico Faunus si sostituì il concetto di una mo
cesso di tempo al concetto di un unico Faunus si sostituì il concetto
di
una moltitudine di Fauni, com’ era avvenuto per S
oncetto di un unico Faunus si sostituì il concetto di una moltitudine
di
Fauni, com’ era avvenuto per Sileno, Pane, ecc.;
rodotti della terra e la ricchezza degli uomini. 2. Fauno era oggetto
di
culto antichissimo in ltalia, e per lo più lo si
o si onorava nell’ aperta campagna o in caverne o in boschi o per via
di
piante a lui consacrate. La principal festa in on
schi o per via di piante a lui consacrate. La principal festa in onor
di
lui, detta Faunalia, aveva luogo il cinque Decemb
rincipio dell’ inverno; si sacrificava un capro e si facevano offerte
di
latte e vino. La festa che aveva luogo in campagn
no i Lupercalia, che celebravansi il 15 Febbraio a Roma. Il santuario
di
Faunus Lupercus era in una grotta del Palatino de
questo santuario si cominciava la festa sacrificando dei capri; dopo
di
che i sacerdoti di Fauno, i Luperci, cingendosi i
i cominciava la festa sacrificando dei capri; dopo di che i sacerdoti
di
Fauno, i Luperci, cingendosi il nudo corpo con le
sacerdoti di Fauno, i Luperci, cingendosi il nudo corpo con le pelli
di
alcuni dei capri sacrificati e tagliate le altre
l paese, quel giorno dicevasi dies februatus (da februare, purgare) e
di
qui anche derivò il nome del mese Februarius, Feb
ario e il suo culto. È da ricordare specialmente la festa che in onor
di
lei le donne celebravano nella notte dal 3 al 4 D
e o del Pretore urbano. Vi si facevano preghiere e sacrifizi a favore
di
tutto lo Stato, e i maschi ne erano severamente e
e i maschi ne erano severamente esclusi. 3. Il poeta che alla figura
di
Fauno ha saputo dar miglior risalto è Orazio nell
ella più rigogliosa fertilità in tutta la Natura. In origine il culto
di
questa divinità era ristretto alle città dell’ El
ntide, poi si estese nella Lidia, nelle isole dell’ Egeo e in Grecia,
di
là passò anche in Italia e a Roma. Priapo era det
Grecia, di là passò anche in Italia e a Roma. Priapo era detto figlio
di
Dioniso e di Afrodite, da lui si faceva dipendere
passò anche in Italia e a Roma. Priapo era detto figlio di Dioniso e
di
Afrodite, da lui si faceva dipendere la prosperit
lui inviso. Gli si offrivano anche le primizie delle frutta e bevande
di
latte e miele. L’ immagine di Priapo era diversa
nche le primizie delle frutta e bevande di latte e miele. L’ immagine
di
Priapo era diversa secondochè si poneva nei giard
descrive vivamente Orazio nell’ 8a satira del primo libro, una specie
di
erina in legno con una roncola in mano contro i l
di erina in legno con una roncola in mano contro i ladri e un fascio
di
canne in testa che stormissero al vento, spavento
stormissero al vento, spavento agli uccelli. Riguardato come seguace
di
Bacco o di Venere, si raffigurava come un vecchio
o al vento, spavento agli uccelli. Riguardato come seguace di Bacco o
di
Venere, si raffigurava come un vecchio barbuto, c
o della eterna forza rigenerativa della terrestre natura, l’ immagine
di
Priapo si collocava anche sulle tombe. IX. Div
Divinità italiche della Campagna. a) Saturno e Opi. 1. Prima
di
venire a tratteggiare la figura di Demetra o Cere
a) Saturno e Opi. 1. Prima di venire a tratteggiare la figura
di
Demetra o Cerere, la grande dea delle biade, occo
se nascosto in quella terra che da questo fatto avrebbe avuto il nome
di
Lazio (a latendo). Si aggiungeva, che accolto ben
lie, Dea dell’ abbondanza, identificata colla madre terra produttrice
di
ogni umana agiatezza (opes). E per l’ intima conn
me Dei del matrimonio e del l’ allevamento de’ figliuoli. 2. Il culto
di
Saturno e Opi era antichissimo. Il tempio princip
. 2. Il culto di Saturno e Opi era antichissimo. Il tempio principale
di
Saturno, in cui anche Opi era venerata, trovavasi
no in piedi ancor adesso otto colonne. Antica e celebre festa in onor
di
Saturno era quella dei Saturnali. Aveva luogo dal
e si tenevan chiuse le botteghe; la gente s’ abbandonava a ogni sorta
di
scherzi e si permetteva ogni licenza. Il giorno p
iorno dell’ anno quella tanto maltrattata classe d’ uomini aveva modo
di
dimenticare la propria miseria! Quel giorno i ric
rallegrare il popolo i giochi del Circo. Insomma era tutta una festa
di
gioia per la città e più specialmente per le clas
ssi diseredate. 3. Nella letteratura Saturno figura più come il padre
di
Giove da lui cacciato dal trono celeste che non c
iere o una piccola falce. b) Vertunno e Pomona. 1. Altra coppia
di
dei italici, rilerentisi ai prodotti della terra.
ere (annus vertens, la stagione che cambia), era il Dio dei mutamenti
di
stagione, e specialmente dell’ autunno e dei frut
tunno e dei frutti che in autunno maturano. Gli si attribuiva il dono
di
poter assumere le più diverse forme, di fanciulla
no. Gli si attribuiva il dono di poter assumere le più diverse forme,
di
fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore,
ribuiva il dono di poter assumere le più diverse forme, di fanciulla,
di
uomo, di guerriero, di cacciatore, di giardiniere
l dono di poter assumere le più diverse forme, di fanciulla, di uomo,
di
guerriero, di cacciatore, di giardiniere, di pesc
r assumere le più diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerriero,
di
cacciatore, di giardiniere, di pescatore, ecc. Po
iù diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore,
di
giardiniere, di pescatore, ecc. Pomona pure, da p
, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore, di giardiniere,
di
pescatore, ecc. Pomona pure, da pomum frutto, era
li alberi da frutta. Armata della sua piccola falce, essa si compiace
di
vagar per la campagna e i frutteti, e qui potar r
a si compiace di vagar per la campagna e i frutteti, e qui potar rami
di
soverchio rigogliosi, là fender la corteccia per
omparve in mille guise, or come mietitore, or falciatore, or potatore
di
viti, or pescatore, sempre senza frutto; infine p
i dell’ Aventino, ed ivi ogni anno il 13 Agosto si faceva un’ offerta
di
primizie a onor di lui. Tanto egli quanto Pomona
d ivi ogni anno il 13 Agosto si faceva un’ offerta di primizie a onor
di
lui. Tanto egli quanto Pomona avevano il proprio
na avevano il proprio sacerdote o flamine. 3. Una poetica descrizione
di
Vertunno ci è data da Properzio nella seconda ele
re la statua stessa del vico Tusco; e la graziosa istoria dell’ amore
di
Vertunno e Pomona forma argomento di un bell’ epi
la graziosa istoria dell’ amore di Vertunno e Pomona forma argomento
di
un bell’ episodio nel decimoquarto delle Metamorf
un giardiniere o frutticultore, la falciuola in mano, il grembo pieno
di
frutta. Così Pomona. c) Flora. 1. Anche que
la dea della fioritura e dei flori, fenomeno della natura come ricco
di
bellezza così importante di effetti, giacchè una
i flori, fenomeno della natura come ricco di bellezza così importante
di
effetti, giacchè una buona fioritura è la condizi
ortante di effetti, giacchè una buona fioritura è la condizione prima
di
una buona annata. Ed essendo dea dei flori, Flora
il florire della giovinezza e l’ età più gaia dell’ uomo, per ragion
di
somiglianza, era sotto il patrocinio di Flora. In
ù gaia dell’ uomo, per ragion di somiglianza, era sotto il patrocinio
di
Flora. Infine come Flora mater era invocata anche
. — Due templi erano a Roma dedicati a Flora, uno sul Quirinale forse
di
origine Sabina, un altro presso il tempio di Cere
uno sul Quirinale forse di origine Sabina, un altro presso il tempio
di
Cerere al Circo Massimo. Aveva il suo sacerdote,
cerdote, flamen floralis, e solennissime feste si celebravano in onor
di
lei dai 28 Aprile al 1º Maggio, le così dette Flo
n testa, e tra i copiosi flori i devoti della Dea raccolti nel tempio
di
lei presso il Circo abbandonavansi a giochi festo
spassi talvolta licenziosi. Nel Circo allora si faceva caccia non già
di
bestie selvaggie, ma di lepri, cavriuoli e simili
si. Nel Circo allora si faceva caccia non già di bestie selvaggie, ma
di
lepri, cavriuoli e simili. Durante queste feste,
ili. Durante queste feste, a partire dalla seconda metà del 6º secolo
di
R., invalse anche l’ uso di rappresentare i così
partire dalla seconda metà del 6º secolo di R., invalse anche l’ uso
di
rappresentare i così detti mimi, spettacoli d’ in
indole gaia e licenziosa. 2. Nel quinto dei Fasti d’ Ovidio si parla
di
Flora; ed ella stessa descrive il suo carattere e
ostei rappresentarsi come una giovane nel fiore dell’ età, con corone
di
flori in testa e mazzi in inano. Una bella statua
con corone di flori in testa e mazzi in inano. Una bella statua piena
di
vita, è la Flora del Museo Nazionale di Napoli, l
inano. Una bella statua piena di vita, è la Flora del Museo Nazionale
di
Napoli, la quale proviene dalle terme di Caracall
la Flora del Museo Nazionale di Napoli, la quale proviene dalle terme
di
Caracalla in Roma (fig. 69). d) Pale. 1. An
ui va connesso il nome del Palatium o monte Palatino, sede in origine
di
una tribù di pastori latini, i quali formarono il
o il nome del Palatium o monte Palatino, sede in origine di una tribù
di
pastori latini, i quali formarono il primo nucleo
ribù di pastori latini, i quali formarono il primo nucleo della città
di
Roma. A Pale innalzavano le loro preci i pastori
perchè concedesse fecondità e salute ai loro armenti. La festa annua
di
Pale cadeva il 21 Aprile, e dicevasi Palilia o Pa
arilia. Questo giorno si riteneva anche anniversario della fondazione
di
Roma. Le Palilie erano feste campestri e consiste
di Roma. Le Palilie erano feste campestri e consistevano in una serie
di
atti rivolti a purificare il bestiame e chiedere
e della Dea. I sacrificii erano incruenti, e consistevano in focaccie
di
miglio, vivande e latte tepido. Usanza caratteris
lio, vivande e latte tepido. Usanza caratteristica, si facevan fuochi
di
paglia e su questi saltavano tre volte i pastori
anche un agnello o un porcellino. Oltre ciù ogni impianto o mutazione
di
termini era sempre accompagnato da cerimonie reli
anche i confini dello Stato; come tale aveva una cappella nel tempio
di
Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di G
a cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio
di
Giove era una statua di Termine; giacchè narravas
Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove era una statua
di
Termine; giacchè narravasi che allorquando si vol
; giacchè narravasi che allorquando si volle edificare il gran tempio
di
Giove Capitolino in uno spazio dove già sorgevano
tempio di Giove Capitolino in uno spazio dove già sorgevano tempietti
di
varie divinità, queste furono interrogate se vole
i Termine parla Ovidio nel secondo dei Fasti, e spiegando le feste in
di
lui onore, e ripetendo in forma poetica la preghi
ra che gli si innalzava, viene così a rilevare assai bene il concetto
di
questo Dio; ma non sappiamo che lo si immaginasse
terra produttrice. Demetra, che vuol dire la madre terra, era figlia
di
Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus; essa era
uttrice. Demetra, che vuol dire la madre terra, era figlia di Crono e
di
Rea, perciò sorella di Zeus; essa era propriament
uol dire la madre terra, era figlia di Crono e di Rea, perciò sorella
di
Zeus; essa era propriamente la dea delle biade, m
insegnato agli uomini. E poichè l’ agricoltura suppone un cotal grado
di
civiltà; così era naturale s’ attribuisse a Demet
rado di civiltà; così era naturale s’ attribuisse a Demetra il merito
di
aver incivilito gli uomini e di averli ridotti da
le s’ attribuisse a Demetra il merito di aver incivilito gli uomini e
di
averli ridotti dalla condizione di rozzi cacciato
to di aver incivilito gli uomini e di averli ridotti dalla condizione
di
rozzi cacciatori e pastori a uno stato civile con
divinità, e infatti Dioniso-Bacco fu nei misteri venerato come figlio
di
Demetra e sposo di Cora-Persefone. E poichè d’ og
Dioniso-Bacco fu nei misteri venerato come figlio di Demetra e sposo
di
Cora-Persefone. E poichè d’ ogni società civile i
e popolari adunanze. Tra le sacre leggende che si connettono col nome
di
questa Dea, nessuna è più conosciuta e più import
ta Dea, nessuna è più conosciuta e più importante per capire il culto
di
lei, che il ratto di Persefone (Proserpina) o Cor
conosciuta e più importante per capire il culto di lei, che il ratto
di
Persefone (Proserpina) o Cora sua figlia. Un gior
erno per farne la sua sposa. Tutto ciò avveniva non senza il consenso
di
Zeus. Demetra aveva udito a distanza le grida del
velò la verità, nè tacque che Ade aveva rapito Persefone col consenso
di
Zeus. Allora Demetra crucciata contro il re degli
cessava la fertilità della terra e una universale carestia minacciava
di
sterminare l’ umana schiatta. Invano Zeus le invi
a ad allegrare gli uomini e d’ inverno sparisce? Si confronti il mito
di
Adone amato da Venere, mito che ha lo stesso sign
a seguente. Allorquando Demetra errava corrucciata pel mondo in cerca
di
sua figlia, capito ad Eleusi. Ivi, in forma di po
ata pel mondo in cerca di sua figlia, capito ad Eleusi. Ivi, in forma
di
povera vecchierella, sedutasi sulla via presso il
ute ad attingere acqua chiese soceorso ed asilo. Erano esse le figlie
di
Celeo, re d’ Eleusi. Costoro, tornate a palazzo,
a dell’ ultimo figlio suo Demofoonte. Così Demetra entrò nella reggia
di
Celeo. Il suo aspetto era più che di donna, e la
Così Demetra entrò nella reggia di Celeo. Il suo aspetto era più che
di
donna, e la regina stessa sentivasi inclinata a u
ssa sentivasi inclinata a una cotal soggezione e rispetto in presenza
di
lei; pure rimase da principio incognita. Assunto
ta Metanira insospettita stette in agguato e colse la nutrice in atto
di
gettar suo figlio nel fuoco. Die’ in acuto grido
i del proprio culto. Secondo altre leggende, era Trittolemo il figlio
di
Celeo a cui la Dea prestò le sue cure. D’ allora
n carro tirato da draghi insegnando a tutti l’ agricoltura e il culto
di
Demetra; e col diffondere l’ agricoltura diffoude
mici; onde la Dea dovè intervenire castigando i ribelli, come avvenne
di
Linceo re della Scizia e di Erisittone (Erysichth
venire castigando i ribelli, come avvenne di Linceo re della Scizia e
di
Erisittone (Erysichthon), figlio di Driope Tessal
venne di Linceo re della Scizia e di Erisittone (Erysichthon), figlio
di
Driope Tessalo (la Scizia e la Tessaglia regioni
tura). 2. Diffusissimo era in tutte le regioni della Grecia, il culto
di
Demetra e Persefone, ma il vero centro di questo
ioni della Grecia, il culto di Demetra e Persefone, ma il vero centro
di
questo culto era la piccola città di Eleusi situa
a e Persefone, ma il vero centro di questo culto era la piccola città
di
Eleusi situata nella baia di Salamina, a quattro
tro di questo culto era la piccola città di Eleusi situata nella baia
di
Salamina, a quattro ore di distanza da Atene. Cel
piccola città di Eleusi situata nella baia di Salamina, a quattro ore
di
distanza da Atene. Celebravansi annue feste dette
distanza da Atene. Celebravansi annue feste dette Eleusinie, in onore
di
Demetra e degli altri Dei con essa connessi. Si d
istiguevano le piccole e le grandi Eleusinie. Le piccole, dette anche
di
Agra, dal nome della collina sulle sponde dell’ I
avevan luogo nel mese Antesterione (Febbraio) e alludevano al ritorno
di
Persefone sulla terra, al risveglio primaverile d
Le grandi Eleusinie, celebravansi nel mese Boedromione (seconda metà
di
Settembre) e alludevano alla discesa di Persefone
ese Boedromione (seconda metà di Settembre) e alludevano alla discesa
di
Persefone agli Inferi, ossia al rientrare della v
ivernale. Queste duravano ben nove giorni e consistevano in una serie
di
riti, cerimonie, pubbliche preghiere e pratiche d
evano in una serie di riti, cerimonie, pubbliche preghiere e pratiche
di
pietà, anche rappresentazioni mimiche dei fatti r
a Atene si recava ad Eleusi. Chi vi prendeva parte, talvolta non meno
di
30,000 persone, si cingevan la testa con corone d
talvolta non meno di 30,000 persone, si cingevan la testa con corone
di
ellera e di mirto, e siccome si usciva di Atene s
n meno di 30,000 persone, si cingevan la testa con corone di ellera e
di
mirto, e siccome si usciva di Atene sul far della
ingevan la testa con corone di ellera e di mirto, e siccome si usciva
di
Atene sul far della sera, portavau fiaccole in ma
così entravano in Eleusi nel silenzio della notte e tra lo splendore
di
migliaia di faci. Un’ altra festa, meno important
ano in Eleusi nel silenzio della notte e tra lo splendore di migliaia
di
faci. Un’ altra festa, meno importante delle Eleu
a, meno importante delle Eleusinie, aveva luogo in principio del mese
di
Novembre e vi si onorava Demetra come dea di legi
go in principio del mese di Novembre e vi si onorava Demetra come dea
di
legittime nozze e datrice di leggi. Erano le Tesm
ovembre e vi si onorava Demetra come dea di legittime nozze e datrice
di
leggi. Erano le Tesmoforie. Duravan cinque giorni
e giorni e vi potevan prendere parte solo le donne maritate. Il culto
di
Demetra per il senso riposto de’ suoi riti, de’ s
il senso riposto de’ suoi riti, de’ suoi simboli, per la connessione
di
Demetra colle divinità ctoniche, prese fin dai pi
tra colle divinità ctoniche, prese fin dai più antichi tempi la forma
di
mister o, cioè di culto segreto, a cui non poteva
ctoniche, prese fin dai più antichi tempi la forma di mister o, cioè
di
culto segreto, a cui non potevan premier parte ch
potevan premier parte che gli iniziati. Si esigevano certe condizioni
di
moralità per essere ammessi; e da principio n’ er
ere ammessi; e da principio n’ erano esclusi i barbari, col progresso
di
tempo anche questi s’ ammisero. Gli ammessi facev
so di tempo anche questi s’ ammisero. Gli ammessi facevano una specie
di
noviziato; appunto le piccole Eleusinie erano una
na specie di noviziato; appunto le piccole Eleusinie erano una specie
di
preparazione, senza cui non si poteva prender par
ran dei gradi; giacchè da semplici misti (mystae) si passava al grado
di
epopti o spettatori, e più in su di tutti era il
isti (mystae) si passava al grado di epopti o spettatori, e più in su
di
tutti era il ierofante o sacerdote supremo. Si pr
olo, pene severissime essendo comminate al trasgressore. Questa forma
di
religione segreta, nella quale penetrarono presto
elementi orfici, trasse a sè le più elette intelligenze, e il tempio
di
Eleusi divenne come il centro dei paganesimo elle
ca Demetra; giacchè poco dopo la cacciata dei Tarquinii, in occasione
di
una carestia, per suggerimento dei libri sibillin
Così le leggende relative a Demetra furon ripetute a Roma, e il ratto
di
Proserpina (tale suonò il nome di Persefone, seco
a furon ripetute a Roma, e il ratto di Proserpina (tale suonò il nome
di
Persefone, secondo la pronunzia latina), si crede
a pronunzia latina), si credette avvenuto in Sicilia, nelle vicinanze
di
Enna (od. Castrogiovanni). Nel culto ai tre Dei D
ere, Libero e Libera. Un tempio a queste tre Deità sorse verso il 260
di
R. (494 av. C.) nelle vicinanze del Circo e ne fu
nza agli edili plebei che pure avevano la cura dell’ annona. Le feste
di
Cerere, o Cerialia, celebravansi dal 12 al 19 Apr
con una solenne processione alla quale prendevano parte tutti vestiti
di
bianco. In Agosto poi le matrone romane facevano
matrone romane facevano un’ altra festa per celebrare il ritrovamento
di
Proserpina e a questa intervenivano in bianche ve
a e a questa intervenivano in bianche vesti portando in dono primizie
di
frutta. La bestia che solitamente si sacrificava
favi col miele. 4. La più bella e antica rappresentazione letteraria
di
Demetra si trova nell’ inno omerico a questa Divi
eraria di Demetra si trova nell’ inno omerico a questa Divinità, inno
di
grande interesse perche rappresenta le più antich
nità (v. il coro che comincia al v. 1301). Ci rimangono pur frammenti
di
inni orfici ove del ratto di Proserpina si parla
al v. 1301). Ci rimangono pur frammenti di inni orfici ove del ratto
di
Proserpina si parla secondo le tradizioni più rec
radizioni più recenti. Del resto in molti altri autori si trova cenno
di
questi miti; ricordiamo solo la vivace narrazione
417-618) ove il ratto avviene in Sicilia, e Trittolemo è fatto figlio
di
Celeo, e la Dea l’ avrebbe guarito da una grave m
tina Claudio Claudiano compose un poemetto in quattro libri sul Ratto
di
Proserpina, dove descrisse in sonori versi le div
Ratto di Proserpina, dove descrisse in sonori versi le diverse scene
di
questo dramma con belle descrizioni, con parlate
verse scene di questo dramma con belle descrizioni, con parlate piene
di
sentimento, sebbene in genere con un’ intonazione
agerata. In arte si soleva figurar Demetra-Cerere con un’ espressione
di
dignità maestosa insieme e di mite dolcezza. È fa
urar Demetra-Cerere con un’ espressione di dignità maestosa insieme e
di
mite dolcezza. È facilmente riconoscibile dal fas
osa insieme e di mite dolcezza. È facilmente riconoscibile dal fascio
di
spighe che ha in mano e dalla corona di spighe ch
ente riconoscibile dal fascio di spighe che ha in mano e dalla corona
di
spighe che generalmente porta in testa; anche ha
e, è quella che trovavasi sul frontone orientale del Partenone, opera
di
Fidia. Quasi contemporaneo è il rilievo trovato n
è è men bella la Cerere della pittura pompeiana, conservata nel Museo
di
Napoli, dov’ essa figura sedente in trono con fia
eo di Napoli, dov’ essa figura sedente in trono con fiaccola e fascio
di
spighe in mano e a pie’ del trono un paniere cari
e fascio di spighe in mano e a pie’ del trono un paniere carico pure
di
spighe (fig. 68). XI. Persefone-Prose
e (fig. 68). XI. Persefone-Proserpina. 1. S’ è parlato
di
Persefone come la bella figlia di Demetra, person
fone-Proserpina. 1. S’ è parlato di Persefone come la bella figlia
di
Demetra, personificazione di quella forza indefet
arlato di Persefone come la bella figlia di Demetra, personificazione
di
quella forza indefettibile della natura, per cui
la più ricca vegetazione ricomparisce a’ nostri occlii, per avvizzire
di
nuovo e ritornare nel nulla al tardo autunno. Gli
’ oscuro grembo della terra. E Persefone con Ade formava il riscontro
di
Era e di Zeus. Tale è il concetto che unicamente
grembo della terra. E Persefone con Ade formava il riscontro di Era e
di
Zeus. Tale è il concetto che unicamente è accenna
ennato nelle opere Omeriche, dove non si sa ancor nulla del rapimento
di
loi e del ritorno periodico alla terra. Quando qu
ima a più lieta esistenza, supposto sempre che l’ uomo si renda degno
di
questa vita felice con una condotta retta e appro
te le idee greche, quindi auche per loro valse Proserpina come moglie
di
Plutone e regina dell’ inferno. Già s’ è detto ch
oglie di Plutone e regina dell’ inferno. Già s’ è detto che nel culto
di
Cerere con lei si identificò la dea Libera, il co
Cerere con lei si identificò la dea Libera, il contrapposto femminile
di
Liber o Bacchus. 3. Chi rieorda i furvae regna
nile di Liber o Bacchus. 3. Chi rieorda i furvae regna Proserpinae
di
Orazio e il suo: Mixta senum ac iuuenum densentu
la rappresentò sia come regina dell’ erebo, sia come graziosa figlia
di
Demetra, ma molto più nelle pitture vascolari e n
re il melograno e il narciso. XII. Ades-Plutone. 1. Ade, figlio
di
Crono e di Rea, quindi fratello di Zeus, era il r
rano e il narciso. XII. Ades-Plutone. 1. Ade, figlio di Crono e
di
Rea, quindi fratello di Zeus, era il re dell’ Inf
I. Ades-Plutone. 1. Ade, figlio di Crono e di Rea, quindi fratello
di
Zeus, era il re dell’ Inferno. Allorquando, dopo
tello di Zeus, era il re dell’ Inferno. Allorquando, dopo la vittoria
di
Zeus, questi aveva diviso co’ suoi fratelli il do
ne toccò il regno delle acque. Di Ades è compagna Persefone, come Era
di
Zeus, Anfitrite di Posidone. Già s’ è riferita la
elle acque. Di Ades è compagna Persefone, come Era di Zeus, Anfitrite
di
Posidone. Già s’ è riferita la leggenda del rapim
s, Anfitrite di Posidone. Già s’ è riferita la leggenda del rapimento
di
Persefone, ma è da avvertire che essa si è format
ro. Come re delle ombre Ade aveva nel concetto degli antichi qualcosa
di
sinistro e di misterioso; egli è un re occulto e
lle ombre Ade aveva nel concetto degli antichi qualcosa di sinistro e
di
misterioso; egli è un re occulto e che occultamen
; ma tanto più è terribile la sua potenza. Ognuno che entra nel regno
di
lui ogni speranza lasci; le porte di esso son ten
enza. Ognuno che entra nel regno di lui ogni speranza lasci; le porte
di
esso son tenute ben chiuse e ben custodite e niun
e era lui pure che con inflessibile rigore si impadroniva dell’ anima
di
ogni mortale, non appena fosse scoccata l’ ora su
a sua, per trascinarla con sè nell’ inferno; più tardi quest’ ufficio
di
psicopompo fu assegnato ad Ermes. Come accoglitor
quest’ ufficio di psicopompo fu assegnato ad Ermes. Come accoglitore
di
molte anime, Ade era anche detto Polidette o Poli
erribile, Ade ne aveva anche un altro mite e benefico. Non era il Dio
di
sotterra quella forza misteriosa per cui si nutro
e si ricavan le ricchezze minerali, gli ori, gli argenti, ecc. se non
di
sotterra? Non deve essere lo stesso Dio sotterran
non di sotterra? Non deve essere lo stesso Dio sotterraneo il signore
di
tutte quelle ricchezze e colui che ne fa dono ai
o stesso a Ermione città dell’ Argolide. Ma lo si invocava abbastanza
di
spesso nelle preghiere comuni, e in far ciò si ba
de e Demetra. Un tempietto a Dite sorgeva presso l’ altare del tempio
di
Saturno nel Foro. Un altro altare sacro agli Dei
me (furvae hostiae) in determinate notti. 4. Come intorno alla figura
di
Ades non sorsero numerosi miti, così ben di rado
Come intorno alla figura di Ades non sorsero numerosi miti, così ben
di
rado le arti o della parola o del disegno tolsero
o a descriverla o rappresentarla. I poeti greci e romani lo ricordano
di
sfuggita, con epiteti come imus tyrannus , rex
verlo. La statuaria quando lo rappresentò gli assegnò un’ espressione
di
volto severa ed arcigna, labbra ben chiuse, arruf
he un’ aggiunta degli artisti moderni latta per analogia del tridente
di
Posidone. XIII. L’ Inferno. 1. Giova qui ri
on molta distanza dalla superficie, attribuendosi alla terra la forma
di
un disco; tantoche allorquando scoppio aspra cont
a l’ isola dei beati in Esiodo). Allora anche dal mondo sotterraneo
di
Ade si stimava ben lontano il Tartaro, il carcere
ondo sotterraneo di Ade si stimava ben lontano il Tartaro, il carcere
di
bronzo dei titani, immaginati sotto il disco terr
otto il disco terrestre a tanta distanza quanta è quella del cielo al
di
sopra; e si diceva che un’ incudine di bronzo com
a quanta è quella del cielo al di sopra; e si diceva che un’ incudine
di
bronzo come avrebbe impiegato nove di e nove nott
a; e si diceva che un’ incudine di bronzo come avrebbe impiegato nove
di
e nove notti per giungere dal cielo in terra, cos
no spazio largo e tenebroso dentro terra, al quale si poteva accedere
di
qua su per molte entrature, giacchè dapertutto do
ssero parecchi fiumi, il Cocito (pianto), il Piriflegetonte (torrente
di
fuoco), l’ Acheronte (corrente di dolore) e lo St
ianto), il Piriflegetonte (torrente di fuoco), l’ Acheronte (corrente
di
dolore) e lo Stige (fiume dell’ odio). Quest’ ult
ronte, un vecchio bianco per antico pelo, severo il volto e gli occhi
di
bragia. Perciò i Greci usavano mettere in bocca a
iò i Greci usavano mettere in bocca ai morti un obolo, piccola moneta
di
bronzo, come nolo per passaggio dello Stige. Di l
tasse riuscire a riveder le stelle. Appena entrate le anime nel regno
di
Ade, erano sottoposte a giudizio davanti al tribu
me nel regno di Ade, erano sottoposte a giudizio davanti al tribunale
di
Minosse, Radamanti (Rhadamantys) ed Eaco. La sent
al tribunale di Minosse, Radamanti (Rhadamantys) ed Eaco. La sentenza
di
costoro decideva se esse dovessero seguire la sor
o giudicati nè buoni nè cattivi, erano obbligati a rimanere nel prato
di
Asfodillo, dove, ombre senza sostanza, conducevan
dove, ombre senza sostanza, conducevano un’ esistenza oscura e priva
di
gioie. Celebri le invenzioni antiche circa le pen
glio della Terra, per aver assalito con turpi desideri Leto sulla via
di
Pito, è disteso a forza in terra, e due avoltoi g
lla via di Pito, è disteso a forza in terra, e due avoltoi gli rodono
di
continuo il fegato, che di continuo rinasce. Tant
a forza in terra, e due avoltoi gli rodono di continuo il fegato, che
di
continuo rinasce. Tantalo, il re asiatico, antena
re asiatico, antenato degli Atridi Agamennone e Menelao, in punizione
di
aver abusato della confidenza degli Dei rivelando
a altri si raccontava, per aver dato in cibo agli Dei le membra cotte
di
suo figlio Pelope, è condannato ad un’ eterna fam
o Pelope, è condannato ad un’ eterna fame e sete, inasprita dal fatto
di
esser immerso fino al mento in un lago d’ acqua c
mento in un lago d’ acqua che però s’ abbassa quand’ egli fa l’ atto
di
bere, e di aver pendenti davanti agli occhi i più
n lago d’ acqua che però s’ abbassa quand’ egli fa l’ atto di bere, e
di
aver pendenti davanti agli occhi i più saporiti f
ebe si ritirano appena egli stende le mani per coglierli. Sisifo, re
di
Corinto, che colla sua astuta malvagità più volte
ità più volte ha destato l’ ira degli Dei, si ha avuto questo castigo
di
dover spingere un pesante masso su su fino alla c
, re dei Lapiti, reo anch’ egli d’ aver offeso Zeus, ha avuto la pena
di
essere legato mani e piedi a una ruota che sempre
a ruota che sempre gira. Infine le Danaidi, ossia le cinquanta figlie
di
Danao, ebe per ordine del padre avevano in una no
È noto a tutti l’ 11o libro dell’ Odissea dove si descrive l’ andata
di
Ulisse nel paese dei Cimmerii e l’ evocazione del
la predizione a lui fatta de’ suoi casi futuri. Qui però non si parla
di
una discesa all’ inferno; son l’ ombre che evocat
pittura che fece Virgilio nel sesto dell’ Eneide narrando la discesa
di
Enea all’ Averno, e la non meno vivace descrizion
non meno vivace descrizione che leggesi nel quarto delle Metamorfosi
di
Ovidio, a proposito della venuta di Giunone al re
gesi nel quarto delle Metamorfosi di Ovidio, a proposito della venuta
di
Giunone al regno delle ombre per trarne la furia
al regno delle ombre per trarne la furia Tisifone e ottener per mezzo
di
lei vendetta contro Ino sua rivale (v. 432 e sgg.
menzionata la pittura fatta da Polignoto (celebre artista dell’ età
di
Pericle) nella lesche o sala di convegno, che que
Polignoto (celebre artista dell’ età di Pericle) nella lesche o sala
di
convegno, che quei di Gnido avevano eretto a Delf
tista dell’ età di Pericle) nella lesche o sala di convegno, che quei
di
Gnido avevano eretto a Delfo. Riproduceva la visi
egno, che quei di Gnido avevano eretto a Delfo. Riproduceva la visita
di
Ulisse all’ ombre secondo il racconto di Omero. A
Delfo. Riproduceva la visita di Ulisse all’ ombre secondo il racconto
di
Omero. Ancor se ne legge la descrizione in Pausan
escrizione in Pausania. Noi possediamo ancora delle pitture vascolari
di
questo stesso tema; generalmente, rappresentandos
scolari di questo stesso tema; generalmente, rappresentandosi il mito
di
Ercole che rapisce Cerbero o di Orfeo che va a ri
eneralmente, rappresentandosi il mito di Ercole che rapisce Cerbero o
di
Orfeo che va a riprendere la sua Euridice, si ave
ro o di Orfeo che va a riprendere la sua Euridice, si aveva occasione
di
raffigurar l’ Inferno col palazzo regale di Pluto
idice, si aveva occasione di raffigurar l’ Inferno col palazzo regale
di
Plutone e Persefone e con varii gruppi di esseri
Inferno col palazzo regale di Plutone e Persefone e con varii gruppi
di
esseri infernali. XIV. Le Erinni-Furie. 1.
terribili Erinni, le dee della vendetta, le quali avevano il compito
di
perseguitare chi s’ era reso colpevole di qualsia
le quali avevano il compito di perseguitare chi s’ era reso colpevole
di
qualsiasi violazione dell’ ordine morale specialm
violazione dell’ ordine morale specialmente nel cerchio dei rapporti
di
famiglia. Secondo Esiodo erano nate dal sangue ch
condo Esiodo erano nate dal sangue che cadde sulla terra dalle ferite
di
Urano allorquando questi fu mutilato dal figlio C
orquando questi fu mutilato dal figlio Crono, sicchè il primo delitto
di
sangue nella più antica famiglia divina si suppon
’ figliuole delle tenebre. Da principio non era determinato il numero
di
queste Dee; Euripide fu il primo a parlare di tre
a determinato il numero di queste Dee; Euripide fu il primo a parlare
di
tre Erinni; solo nell’ età Alessandrina se ne sep
ere il concetto delle Erinni e a diffondere tra la gente un’ immagine
di
esso viva e paurosa. Nessun delitto, si diceva, s
ei colpevole, e più non l’ abbandonano; la loro presenza colla faccia
di
Gorgone, colla testa anguicrinita, incute un indi
ole ch’ esse portano in mano rischiarano d’ una sinistra luce i passi
di
lui, e il tormento suo non ha più line se non qua
significato buono; questo specialmente in connessione colla leggenda
di
Oreste. Costui colpevole di aver vendicato la mor
pecialmente in connessione colla leggenda di Oreste. Costui colpevole
di
aver vendicato la morte di suo padre Agamennone u
colla leggenda di Oreste. Costui colpevole di aver vendicato la morte
di
suo padre Agamennone uccidendo la madre Clitemest
padre Agamennone uccidendo la madre Clitemestra insieme coll’ amante
di
lei Egisto, era perseguitalo dalle Erinni; errò m
ando pace; ma a Delfo fu protetto da Apollo, il quale dopo molti riti
di
espiazione lo mandò ad Atene perche là fosse giud
presieduto dalla dea Atena. Anche là lo seguirono le Erinni sitibonde
di
sangue; ma chiuso il dibattimento, a parità di vo
no le Erinni sitibonde di sangue; ma chiuso il dibattimento, a parità
di
voti, avendo Atena stessa ed Apollo votato in fav
ento, a parità di voti, avendo Atena stessa ed Apollo votato in favor
di
lui, fu assolto. Le Erinni volevano far le loro v
ni si piegarono, ridonarono pace e prosperità all’ Attica, e col nome
di
Eumenidi, le ben pensanti, e Semne, Venerande, ve
bensì contro i colpevoli, ma benigno verso chi si pentisse e datrici
di
beni agli onesti. 2. Non solo in Atene le Erinni
ici di beni agli onesti. 2. Non solo in Atene le Erinni erano oggetto
di
culto, ma anche in Argo, in Sicione, nell’ Arcadi
le divinità ctoniche. Nell’ Attica era loro sacro il colle e il bosco
di
Colono, dove venne a cercar pace l’ infelice Edip
nni si sacrificavano pecore nere, e si facevano libazioni senza vino,
di
miele misto con acqua. 3. I Romani chiamarono Fur
greci; ma v’ è differenza grande dall’ uno all’ altro. Nell’ Eumenidi
di
Eschilo son dipinte come mostri somiglianti alle
ano i denti; le vesti nere sono tenute su da una cintura rosseggiante
di
sangue. Il loro coro canta: Già la potente
le Eumenidi hanno altra figura; son esse fanciulle coll’ ali, il crin
di
serpi, le vesti intriso di sangue; e come cacciat
ura; son esse fanciulle coll’ ali, il crin di serpi, le vesti intriso
di
sangue; e come cacciatrici inseguono il reo porta
accole in mano. Talo immagine si conservò nei secoli seguenti e servi
di
modello ad altri poeti come Virgilio, Ovidio, Cla
i. XV. Ecate. 1. Secondo Esiodo, era figlia del titano Perseo e
di
Asteria. In origine non designava altro che un as
pariva in cielo, si poteva facilmente credere che rimanesse sotterra;
di
qui la collocazione di Ecate fra gli Dei infernal
eva facilmente credere che rimanesse sotterra; di qui la collocazione
di
Ecate fra gli Dei infernali. Quel che di arcano è
erra; di qui la collocazione di Ecate fra gli Dei infernali. Quel che
di
arcano è proprio della nuova luna si rispecchia n
l che di arcano è proprio della nuova luna si rispecchia nell’ indole
di
Ecate; la quale venne concepita come la dea delle
a delle apparizioni notturne, la dea degli spettri; dicevasi ch’ ella
di
notte bazzicasse insiem coll’ anime dei trapassat
alla porta delle città si collocavano certi pilastri con l’ immagine
di
lei, colla persuasione che ciù tenesse lontana da
ta Trivia. Più tardi, per opera degli Orfici, si modifico il concetto
di
Ecate; chè essa venne riguardata come una regina
te a Egina, ad Argo, poi nell’ Asia Minore dove sopratutto i santuari
di
Lagina e Stratonicea godevano molta ripntazione;
insieme con Ermes e le Cariti, come custode dell’ ingresso e compagna
di
Artemide. Nel culto privato si venerava Ecate ado
e compagna di Artemide. Nel culto privato si venerava Ecate adornando
di
flori, l’ ultimo giorno d’ ogni mese, la statuett
Ecate adornando di flori, l’ ultimo giorno d’ ogni mese, la statuetta
di
lei alla porta di casa, e ponendovi presso de’ ci
flori, l’ ultimo giorno d’ ogni mese, la statuetta di lei alla porta
di
casa, e ponendovi presso de’ cibi che poi i pover
presso de’ cibi che poi i poveri consumavano; eran le così dette cene
di
Ecate. Presso le statue poste nei trivii si sacri
come ad altre divinità infernali, pecore nere e si facevan libazioni
di
latte e miele. 3. Essendo la religione di Ecate d
nere e si facevan libazioni di latte e miele. 3. Essendo la religione
di
Ecate divenuta il nucleo fondamentale di ogni man
ele. 3. Essendo la religione di Ecate divenuta il nucleo fondamentale
di
ogni maniera d’ arti magiche e di superstizioni s
ate divenuta il nucleo fondamentale di ogni maniera d’ arti magiche e
di
superstizioni spiritistiche, ebbe facile entratur
cile entratura negli animi dei Romani, inclinatissimi a questo genere
di
cose. Sopratutto nell’ età imperiale tra il postu
riale tra il postumo rifioriro d’ ogni superstizione pagana, il culto
di
Ecate ebbe quasi ufficiale riconoscimento. Ancora
iocleziano costruiva in Antiochia una cripta per il culto sotterraneo
di
Ecate, alla quale cripta scendevasi per nna scala
ulto sotterraneo di Ecate, alla quale cripta scendevasi per nna scala
di
365 gradini. 4. Ecate è nominata sposso dagli aut
esso dell’ Acropoli d’ Atene. Così pure nel rilievo del grande altare
di
Zeus a Pergamo Ecate apparisce tra i combattenti
combattenti con tre teste, sei braccia e un sol corpo. A dar un’ idea
di
queste rappresentazioni gioverà la fig. 70 riprod
riproducente una statuetta in bronzo del Museo Capitolino. La figura
di
mezzo ha in testa una berretta frigia con un diad
no. La figura di mezzo ha in testa una berretta frigia con un diadema
di
sette raggi, tiene nella mano destra un coltello
tributi propri delle Erinni e qui assegnati anche ad Ecate; la figura
di
sinistra ha in ambe le mani delle fiaccole, sulla
ambe le mani delle fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fiore
di
loto; quella di destra ha una chiave e una fune o
le fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fiore di loto; quella
di
destra ha una chiave e una fune o rappresenta la
rappresentata dalle Cere, divinità terribili le quali si compiacevano
di
aggirarsi pel campo di battaglia, avvolte in sang
e, divinità terribili le quali si compiacevano di aggirarsi pel campo
di
battaglia, avvolte in sanguinoso manto, in compag
lla Contesa (Eris), dello strepito della pugna e degli altri compagni
di
Ares; e crudelmente inesorabili via traevano mort
anche altre Cere che non in battaglia, ma in altre occasioni, per via
di
discordie e di risse, per via di morbi e della de
e che non in battaglia, ma in altre occasioni, per via di discordie e
di
risse, per via di morbi e della decrepitezza insi
glia, ma in altre occasioni, per via di discordie e di risse, per via
di
morbi e della decrepitezza insidiavano alla vita
ondo Esiodo costoro eran figli della notte, abitavano nell’ Inferno e
di
là venivano sulla terra a sorprendere i mortali,
rano venerati i parenti loro, i Sogni che abitavano, secondo Omero ,
di
là dall’ Oceano, nell’ estremo Occidente. La loro
estremo Occidente. La loro abitazione si diceva avesse due porte, una
di
corno l’ altra d’ avorio; dall’ ultima, essendo l
i; dall’ altra, essendo il corno trasparente, uscivano i sogni veri e
di
facile spiegazione. Tra gli Dei de’ sogni s’ anno
s’ annoveravano Morfeo, che dicevasi apparire semplicemente in forma
di
qualche persona nota, Ichelo che assumeva qualsia
ma di qualche persona nota, Ichelo che assumeva qualsiasi forma anche
di
bestia, ed era detto anche Fobetore (apportator d
lsiasi forma anche di bestia, ed era detto anche Fobetore (apportator
di
paura), infine Fantaso, che appariva in forma di
Fobetore (apportator di paura), infine Fantaso, che appariva in forma
di
cose animate. 2. I Romani adottarono le stesse id
mietitore raccoglie il frumento mietuto nel granaio; e ora parlavasi
di
lui come di uno armato di falce che al tempo suo
accoglie il frumento mietuto nel granaio; e ora parlavasi di lui come
di
uno armato di falce che al tempo suo coglie chi d
umento mietuto nel granaio; e ora parlavasi di lui come di uno armato
di
falce che al tempo suo coglie chi deve, non rispa
i falce che al tempo suo coglie chi deve, non risparmiando i polpacci
di
chi tenta sfuggirgli; ora si pensava come una fig
he tutti doma, uomini e Dei, a infondere profondo sopore nelle membra
di
Zeus, perchè Posidone potesse, senza alcun impedi
io (v. 592 e sgg.) là dove si racconta come Iride fosse venuta a nome
di
Giunone per invitare il Sonno a dar notizia ad Al
di Giunone per invitare il Sonno a dar notizia ad Alcione della morte
di
suo marito Ceice. Ivi si dan compagni al Sonno i
i, ed è Morfeo quegli che obbedendo all’ ordine avuto prende le forme
di
Ceice e così comparisce alla povera Alcione riemp
le forme di Ceice e così comparisce alla povera Alcione riempiendola
di
dolore. — Rappresentazioni letterarie di Tanato a
povera Alcione riempiendola di dolore. — Rappresentazioni letterarie
di
Tanato abbiamo in un dramma satirico di Eschilo,
— Rappresentazioni letterarie di Tanato abbiamo in un dramma satirico
di
Eschilo, ove si sceneggiava la leggenda di Sisifo
iamo in un dramma satirico di Eschilo, ove si sceneggiava la leggenda
di
Sisifo che vince in astuzia la Morte e l’ incaten
sa discorre con Febo, che invano tenta distoglierla dal suo proposito
di
portar con sè l’ infelice regina sacratasi a mort
di portar con sè l’ infelice regina sacratasi a morte per la salvezza
di
suo marito Admeto. L’ arte dapprima rappresentava
enza d’ aspetto ch’ è accennata in Omero ed Esiodo; ad es. sull’ arca
di
Cipselo (cassa di legno con figure, consacrata in
’ è accennata in Omero ed Esiodo; ad es. sull’ arca di Cipselo (cassa
di
legno con figure, consacrata in Olimpia dai Cipse
assa di legno con figure, consacrata in Olimpia dai Cipselidi tiranni
di
Corinto) era impressa la Notte che portava in bra
po si modifico questo tipo della morte, prevalendo sempre più l’ idea
di
raffigurarla come un bel giovane, come Endimione
iovane, come Endimione od Eros, ora alato or no, generalmente in atto
di
dormire e colla face spenta o ancor accesa ma rov
i. A compiere l’ enumerazione e l’ illustrazione degli Dei antichi
di
Grecia e di Roma rimane che si parli di alcune Di
iere l’ enumerazione e l’ illustrazione degli Dei antichi di Grecia e
di
Roma rimane che si parli di alcune Divinità minor
lustrazione degli Dei antichi di Grecia e di Roma rimane che si parli
di
alcune Divinità minori, venerate dai Romani nell’
i nell’ interno della casa e fra le pareti domestiche, e però oggetto
di
culto privato anzichè della pubblica religione. C
tantissime perchè sempre a contatto coll’ uomo, e i popolani a quelle
di
preferenza rivolgevano le loro quotidiane preghie
enati. 1. La voce Penates si connette con penus, che è la raccolta
di
quelle provvigioni annue le quali si ripongono pe
Dei Penati erano in genere Dei della casa, non ben distinti dai Lari
di
cui parleremo. Quanti fossero, come si chiamasser
sero sempre un po’ indeterminate; ma per lo più appariscono in numero
di
due. Santuario degli Dei Penati era il focolare d
re sole va tenersi acceso continuamente il fuoco in onor dei Penati e
di
Vesta, e vicino al focolare si conservavano in ni
tichi come una grande famiglia. Già s’ è accennato (p. 111) al tempio
di
Vesta come al focolare sacro di tutta Roma; or s’
Già s’ è accennato (p. 111) al tempio di Vesta come al focolare sacro
di
tutta Roma; or s’ oggiunga che nel punto più ripo
unga che nel punto più riposto del tempio si conservavano le immagini
di
que’ Penati che la tradizione diceva portati da E
e’ Penati che la tradizione diceva portati da Enea in Italia. In onor
di
essi il Pontefice Massimo offriva gli stessi sacr
tà avevano i loro Dei Penati, sopratutto Lavinio la mistica metropoli
di
Roma ove i consoli, i pretori, i dittatori di Rom
io la mistica metropoli di Roma ove i consoli, i pretori, i dittatori
di
Roma, entrando in carica, venivano a far un solen
nati e a Vesta. 2. Dionigi d’ Alicarnasso , grande storico delle cose
di
Roma, assicura di aver visto in un antico tempio
Dionigi d’ Alicarnasso , grande storico delle cose di Roma, assicura
di
aver visto in un antico tempio una rappresentazio
Roma, assicura di aver visto in un antico tempio una rappresentazione
di
Dei Penati, in figura di due giovanetti dall’ abi
sto in un antico tempio una rappresentazione di Dei Penati, in figura
di
due giovanetti dall’ abito militare. Anche ora si
, come stanza, mentre i Penati avevano a cuore il nutrimento, i mezzi
di
vita. È a notarsi però che tale distinzione, fors
n proprio dominio, ne difendevano la sicurezza custodendola come cani
di
guardia, lavorivano la prosperità e la felicità d
l ritorno, ecc. Si veneravano i Lari bruciando incenso, incoronandone
di
fiori le immagini, offrendo libazioni di vino, ec
iando incenso, incoronandone di fiori le immagini, offrendo libazioni
di
vino, ecc. Si facevano anche intervenire alla men
o; eran dunque identici ai Manes, i buoni, e difatti eran detti figli
di
Mania o di Ace a Larentia; mentre l’ anime dei tr
que identici ai Manes, i buoni, e difatti eran detti figli di Mania o
di
Ace a Larentia; mentre l’ anime dei tristi si dic
van larvae o le lemures. Che gli antichi credessero alla presenza fra
di
loro dell’ ombre de’ trapassati è prova la festa
murie, il 9 maggio, in occasion della quale il capofamiglia s’ alzava
di
mezzanotte, e lavatesi tre volte le mani in acqua
miglia s’ alzava di mezzanotte, e lavatesi tre volte le mani in acqua
di
fonte, si aggirava a piè scalzi per la casa tacen
bocca fave nere che poi gettava dietro sè ripetendo una certa formola
di
scongiuro. Si credeva che le ombre si fermassero
Si attribuivano a questa venuta delle ombre le spaventose apparizioni
di
spettri, e altri fenomeni paurosi; per questo si
uando nel seppellirlo non erano state osservate tutte le prescrizioni
di
rito, credevasi che l’ ombra di quella persona va
state osservate tutte le prescrizioni di rito, credevasi che l’ ombra
di
quella persona vagasse intorno al cadavere o alla
e la rappresentazione che del Lar familiaris si trova nell’ Aulularia
di
Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare nel p
storia d’ un certo tesoro nascosto in casa e a lui affidato dall’ avo
di
Euclione, che è il padrone attuale della casa; di
affidato dall’ avo di Euclione, che è il padrone attuale della casa;
di
questo tesoro egli non ha rivelato l’ esistenza a
lla casa; di questo tesoro egli non ha rivelato l’ esistenza al padre
di
Euclione perchè non lo onorava abbastanza, ma l’
hè potesse dotare la sua figliuola che ogni giorno onorava lui, Lare,
di
qualche offerta di vino, d’ incenso o d’ altra co
a sua figliuola che ogni giorno onorava lui, Lare, di qualche offerta
di
vino, d’ incenso o d’ altra cosa e anche di ghirl
Lare, di qualche offerta di vino, d’ incenso o d’ altra cosa e anche
di
ghirlande l’ adornava. È un prologo bellissimo, c
una patera sacrificale o un orciuolo, e dall’ altra un rhyton, specie
di
vaso da bere a forma di corno, in atto di versare
un orciuolo, e dall’ altra un rhyton, specie di vaso da bere a forma
di
corno, in atto di versare da questo vaso nella pa
ll’ altra un rhyton, specie di vaso da bere a forma di corno, in atto
di
versare da questo vaso nella patera o nell’ orciu
olo il liquido sprizzante. Si foggiavano vestiti d’ una tunica ornata
di
striscie di porpora stretta ai fianchi e succinta
do sprizzante. Si foggiavano vestiti d’ una tunica ornata di striscie
di
porpora stretta ai fianchi e succinta. Statuette
generalmente nell’ atrio, ma anche in altre parti della casa. Figure
di
Lari si conservano ancor ora, o nelle pitture mur
casa. Figure di Lari si conservano ancor ora, o nelle pitture murali
di
Pompei o in bronzo. La fig. 71, raffigurante una
murali di Pompei o in bronzo. La fig. 71, raffigurante una statuetta
di
bronzo trovata a Roma, può darcene chiara idea.
ea. 4. Oltre i Lari domestici, gli antichi veneravano altre specie
di
Lari, genii locali di attribuzioni diverse. V’ er
domestici, gli antichi veneravano altre specie di Lari, genii locali
di
attribuzioni diverse. V’ erano i Lari compitali,
a, i praestites, protettori della città, i quali si figuravan vestiti
di
pelle di cane e accompagnati da un cane; ancora s
stites, protettori della città, i quali si figuravan vestiti di pelle
di
cane e accompagnati da un cane; ancora si nominav
o un tempio nel campo Marzio in seguito a una vittoria navale (a. 575
di
R., 179 av. C.) e che erano onorati di special fe
a una vittoria navale (a. 575 di R., 179 av. C.) e che erano onorati
di
special festa il 22 decembre. Così si moltiplicar
si accentuò sempre più la tendenza a identificare i Lari con le anime
di
celebri persone o già defunte o ancor viventi; co
ne o già defunte o ancor viventi; così Romolo e Remo divennero i Lari
di
Roma, e vivente ancora Augusto, il suo genio fu d
ro Severo aveva in casa due lararii, in uno dei quali oltre la statua
di
alcuni imperatori divinizzati aveva posto anche l
a statua di alcuni imperatori divinizzati aveva posto anche le statue
di
personaggi celebri per saviezza come Orfeo, Abram
personaggi celebri per saviezza come Orfeo, Abramo, Cristo, Apollonio
di
Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti
pollonio di Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti ed eroi
di
Grecia e di Roma, come Virgilio, Cicerone, Achill
Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti ed eroi di Grecia e
di
Roma, come Virgilio, Cicerone, Achille, ecc.
ome più che uomini. Se si rifletta che non solo si sentiva il bisogno
di
spiegare le origini dell’ umanità intiera colmand
pi storicamente noti e i misteriosi principii, ma ancora gli abitanti
di
innumerevoli regioni, città, borgate, isole s’ in
bitanti di innumerevoli regioni, città, borgate, isole s’ ingegnavano
di
ricondurre la loro discendenza a nobili capi e i
inamente ispirati, ognuno capira agevolmente come un’ enorme quantità
di
leggende o nazionali o locali si dovesse formar n
mente a quegli esseri privilegiati che erano immaginati come qualcosa
di
mezzo tra gli Dei Olimpici e gli uomini mortali.
a teologica. 2. Come tra Dei e Genii si supponeva una differenza solo
di
grado, facendo i Genii inferiori agli Dei in forz
com’ essi, così tra Eroi ed uomini non si credeva ci fosse differenza
di
natura, essendo gli uni e gli altri soggetti alla
olti, prosciugando paludi, ovvero quelli che si segnalavano per fatti
di
arme straordinarii, tali da attestare doti fisich
Costoro erano creduti e detti figli degli Dei, certo dovevano essere
di
origine diversa dagli altri uomini, formati col l
distinguere tre classi; gli uni possono ben essere stati uomini veri,
di
cui la tradizione ha conservato la memoria magnif
infine, il maggior numero, non erano in origine che personificazioni
di
fenomeni naturali e come tali divinizzati e onora
zioni di fenomeni naturali e come tali divinizzati e onorati quà e là
di
culto, ma poi in seguito a qualche mutazione poli
mi, Divinità fatte eroi, avvenne poi anche talvolta che se ne facesse
di
nuovo l’ apoteosi; tale fu il caso di Ercole. Si
nche talvolta che se ne facesse di nuovo l’ apoteosi; tale fu il caso
di
Ercole. Si chiede: erano gli Eroi dagli antichi v
ssere oggetto d’ un qualche culto? In Omero non si fa alcuna menzione
di
ciò. Esiodo è il primo che usa la parola Semidei,
la parola Semidei, e accenna alla sorte serbata dopo morte agli Eroi
di
viversene felici nell’ isola dei beati, sotto il
agli Eroi di viversene felici nell’ isola dei beati, sotto il governo
di
Crono. Allora una cotal venerazione si aveva agli
no. Allora una cotal venerazione si aveva agli Eroi, e si può parlare
di
una religione degli Eroi, come si parlava di una
i Eroi, e si può parlare di una religione degli Eroi, come si parlava
di
una religione dei morti; pero non mai più di tant
li Eroi, come si parlava di una religione dei morti; pero non mai più
di
tanto, salvo per quelli che per essere stati divi
quelli che per essere stati divinizzati, erano divenuti vero oggetto
di
culto e si dedicavano loro anche dei templi. 3. O
e gli uomini fossero nati dagli alberi e dalle roccie; nella leggenda
di
Cadmo tebano si fecero sorgere dai denti seminati
; nella leggenda di Cadmo tebano si fecero sorgere dai denti seminati
di
un serpente (l’ animale sacro più d’ ogni altro a
lacustri dicevano i loro progenitori nati dai laghi, come Alalcomeneo
di
Beozia dal lago Copaide. Una opinione affatto div
teoria con quella dell’ autoctonia, in quanto si faceva un Dio sposo
di
qualche donna terrestre; così Giove unito con Pir
egava così la formazione della umana stirpe; più tardi si fece autore
di
ciò Prometeo, figlio di Giapeto e di Climene (di
della umana stirpe; più tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio
di
Giapeto e di Climene (di Temi secondo Eschilo), i
stirpe; più tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio di Giapeto e
di
Climene (di Temi secondo Eschilo), il quale avreb
tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio di Giapeto e di Climene (
di
Temi secondo Eschilo), il quale avrebbe formato u
dei primi uomini, riferendosi dagli uni che fossero vissuti in istato
di
piena felicità e in intimità di conversare e di m
gli uni che fossero vissuti in istato di piena felicità e in intimità
di
conversare e di mensa cogli Dei, gli altri narran
ero vissuti in istato di piena felicità e in intimità di conversare e
di
mensa cogli Dei, gli altri narrando invece che si
zi dell’ umana cultura la più nota e anche la più bella è la leggenda
di
Prometeo. Dal Titano Giapeto e dall’ Oceanina Cli
ente o prudente) ed Epimeteo (chi pensa dopo, chi non ha che il senno
di
poi). Ora Prometeo rubò dal cielo il fuoco e ne l
sendo stata come profanata la pura forza celeste, Zeus puni l’ autore
di
questa profanazione facendolo incatenare su una r
no un’ aquila gli rodesse il fegato (sede d’ ogni mala cupidigia) che
di
notte sempre rinasceva. Alla fine Eracle lo liber
iso con una freccia l’ aquila, e avendo il centauro Chirone accettato
di
morire in luogo di Prometeo, ebbe luogo la riconc
l’ aquila, e avendo il centauro Chirone accettato di morire in luogo
di
Prometeo, ebbe luogo la riconciliazione tra Zeus
ra gli uomini sorsero e si diffusero mali pria sconosciuti, è il mito
di
Pandora. Zeus, adirato per il rapimento del fuoco
ono che doveva essere sorgente d’ innumerevoli guai. Ordinò ad Efesto
di
plasmare con terra ed acqua una bella figura di d
uai. Ordinò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura
di
donna; gli Dei andarono a gara per adornarla dell
cile parola e accortezza d’ ingegno, le Ore e le Cariti l’ adornarono
di
flori e abiti leggiadri; così da tutti donata fu
reche non meno che nella tradizione mosaica la prima donna fu cagione
di
tutti i mali che afflissero l’ umanità, e primo d
a donna fu cagione di tutti i mali che afflissero l’ umanità, e primo
di
tutti della morte. La storia dei primi uomini è n
tti che la terra spontaneamente produceva; tutti i beni senza miscela
di
mali; non si sapeva che fosse vecchiezza; dopo lu
, durante la quale gli uomini erano inferiori ai precedenti per forza
di
corpo e bontà di animo; rimanevan fanciulli fino
e gli uomini erano inferiori ai precedenti per forza di corpo e bontà
di
animo; rimanevan fanciulli fino a tarda età e s’
età e s’ impigri vano in una morbosa sonnolenza. Trascuravan persino
di
rendere onori agli Dei; onde Zeus preso da furore
e disperse questa schiatta, e te essere l’ età del bronzo. Gli uomini
di
questa erano selvaggi e violenti; amanti di lotte
tà del bronzo. Gli uomini di questa erano selvaggi e violenti; amanti
di
lotte e di guerre. Non ebbe bisogno Zeus di annie
zo. Gli uomini di questa erano selvaggi e violenti; amanti di lotte e
di
guerre. Non ebbe bisogno Zeus di annientarli perc
lvaggi e violenti; amanti di lotte e di guerre. Non ebbe bisogno Zeus
di
annientarli perchè da sè stessi si sterminarono c
e dell’ età umane giusta la leggenda comune, ma non mancavano varietà
di
racconti secondo i luoghi e le genti. Connessa in
eggenda delle varie generazioni umane è l’ altra leggenda del diluvio
di
Deucalione; giacchè si affermava che il diluvio e
punto per disperdere le corrotte generazioni de’ viventi e ripopolare
di
nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Pr
’ viventi e ripopolare di nuove genti la terra. Deucalione era figlio
di
Prometeo; sua moglie era Pirra, nata da Epimeteo
teo e Pandora. Avvertito da suo padre dell’ intenzione che Zeus aveva
di
sterminare con una generale inondazione tutti i v
monte Parnaso in Beozia. Così fu salvata dal naufragio la sola coppia
di
Deucalione e Pirra. I quali poi chiedendo grazia
i poi chiedendo grazia agli Dei, per ripopolar la terra ebbero ordine
di
velarsi la testa, disciogliersi le vesti e gettar
iersi le vesti e gettar dietro sè le ossa della gran madre. Il figlio
di
Prometeo acutamente interpreto l’ oracolo nel sen
racolosamente queste pietre si mutaron in uomini, maschi e femmine, e
di
qui ebbo origine la nuova popolazione della terra
di qui ebbo origine la nuova popolazione della terra. 4. Le leggende
di
Prometeo plasmatore d’ uomini e rapitore del fuoc
ggende di Prometeo plasmatore d’ uomini e rapitore del fuoco celeste,
di
Pandora, delle età umane, del diluvio Deucalioneo
iva raffigurato seduto su una rupe, con davanti a sè una figura fatta
di
terra, nell’ atto che questa viene animata da Ate
che questa viene animata da Atena; il che è rappresentato col simbolo
di
una farfalla posta da Atena sulla testa della fig
a posta da Atena sulla testa della figura. Più vivace era la leggenda
di
Prometeo rapitore del fuoco, la quale oltre ad av
nell’ altro poema delle Opere e dei Giorni, diè ad Eschilo argomento
di
comporre la famosa trilogia che rappresentava i t
esentava i tre momenti del mito, il rapimento del fuoco, la punizione
di
Prometeo, e la sua liberazione. Sebbene noi più n
pure è sufficiente a mostrarci l’ alto concetto che Eschilo si formò
di
Prometeo come di un Titano benefattore dell’ uman
te a mostrarci l’ alto concetto che Eschilo si formò di Prometeo come
di
un Titano benefattore dell’ umanità, che ne è pun
ro il suo oppressore. — Non mancano neppure rappresentazioni figurate
di
questo mito; in un sarcofago del Museo Capitolino
go del Museo Capitolino a Roma è rappresentata in rilievo l’ officina
di
Efesto cogli operai che battono sull’ incudine, d
ilievo l’ officina di Efesto cogli operai che battono sull’ incudine,
di
dietro un riparo scorgesi a mezzo la figura di Pr
attono sull’ incudine, di dietro un riparo scorgesi a mezzo la figura
di
Prometeo con una cannuccia in mano, pronto a rapi
ia in mano, pronto a rapire il fuoco. Da una parte si vede una coppia
di
uomini, maschio e femmina; forse sono Deucalione
iderati come i primi uomini, e così è messo in corrispondenza il mito
di
Prometeo creatore e quello del rapimento del fuoc
o meno compiuta enumerazione; qui ricordiamo soltanto il lungo passo
di
Esiodo nel poema delle Opere e dei Giorni (v. 109
razione che è nel primo delle Metamorfosi Ovidiane. Anche del diluvio
di
Deucalione la miglior pittura è quella di Ovidio
Ovidiane. Anche del diluvio di Deucalione la miglior pittura è quella
di
Ovidio nello stesso libro (vv. 260-415). Capit
po, i Centauri nelle selve del Pelio. Questi ultimi si dicevano figli
di
Issione e di Nefele, cioè una nuvola foggiata da
i nelle selve del Pelio. Questi ultimi si dicevano figli di Issione e
di
Nefele, cioè una nuvola foggiata da Giove a somig
Issione e di Nefele, cioè una nuvola foggiata da Giove a somiglianza
di
Era. La forma comunemente attribuita ai Centauri,
ve a somiglianza di Era. La forma comunemente attribuita ai Centauri,
di
mostri mezzo uomini mezzo cavalli, non era stata
tri mezzo uomini mezzo cavalli, non era stata pensata ancora ai tempi
di
Omero, il quale parla solo di uomini pelosi, dall
, non era stata pensata ancora ai tempi di Omero, il quale parla solo
di
uomini pelosi, dalle chiome arruffate, rozzi e vi
, dalle chiome arruffate, rozzi e violenti. Non molto prima dell’ età
di
Pindaro l’ immaginazione greca concepi l’ idea di
lto prima dell’ età di Pindaro l’ immaginazione greca concepi l’ idea
di
que’ mostri. La lotta dei Lapiti e dei Centauri,
e pelasgica, ebbe occasione e principio durante le feste per le nozze
di
Piritoo, re dei Lapiti e di Ippodamia, alle quali
e principio durante le feste per le nozze di Piritoo, re dei Lapiti e
di
Ippodamia, alle quali i principali fra i Centauri
mia, alle quali i principali fra i Centauri erano stati invitati. Uno
di
questi, Eurito, ebbro dal vino, fè atto di rapire
erano stati invitati. Uno di questi, Eurito, ebbro dal vino, fè atto
di
rapire con violenza la sposa; ciò dà luogo a una
esta lotta presero parte, a difesa dei Lapiti, Teseo e Nestore, amici
di
Piritoo. — Fra i campioni loro è da ricordare Cen
ntauri, sempre rimaneva illeso e forte, sicchè i Centauri per levarlo
di
mezzo furono obbligati a seppellirlo sotto una ca
per levarlo di mezzo furono obbligati a seppellirlo sotto una catasta
di
alberi. In leggende posteriori i Centauri figuran
tiri, i Sileni; si diceva accompagnassero docili e manierosi il carro
di
lui, sonando il corno o la lira. Tra questi Centa
a. Tra questi Centauri men rozzi tiene il primo posto Chirone, figlio
di
Crono e dell’ Oceanina Filira, già menzionato da
di Crono e dell’ Oceanina Filira, già menzionato da Omero come amico
di
Peleo ed educatore di Achille, cui egli avrebbe a
nina Filira, già menzionato da Omero come amico di Peleo ed educatore
di
Achille, cui egli avrebbe ammaestrato nella medic
lla medicina e nella ginnastica. Più tardi lo si fece educatore anche
di
altri e altri esseri mitici, come Castore e Polid
iò all’ immortalità per favorire Prometeo, in luogo del quale accettò
di
scendere all’ Inferno. 2. Una vivace e colorita d
idiane. Il racconto è messo in bocca a Nestore, che premesso il fatto
di
Ceneo convertito in maschio e fatto invulnerabile
convertito in maschio e fatto invulnerabile, ricorda le feste nuziali
di
Piritoo, e poi racconta come principiò e come si
iò e come si svolse la terribile zuffa, entrando in molti particolari
di
nomi e di fatti. — Più numerose sono le rappresen
si svolse la terribile zuffa, entrando in molti particolari di nomi e
di
fatti. — Più numerose sono le rappresentazioni fi
di nomi e di fatti. — Più numerose sono le rappresentazioni figurate
di
questo mito. E qui si avverta che mentre l’ arte
ntava i Centauri colla faccia d’ uomo, il corpo e le gambe posteriori
di
cavallo, si cominciò ai tempi di Fidia a immagina
uomo, il corpo e le gambe posteriori di cavallo, si cominciò ai tempi
di
Fidia a immaginare quella forma più bella che poi
ma più bella che poi venne universalmente adottata, la quale al corpo
di
un cavallo con tutte quattro le zampe univa il pe
ima e celebre Centauromachia era quella del frontone ovest del tempio
di
Zeus in Olimpia, opera attribuita ad Alcamene; se
di Zeus in Olimpia, opera attribuita ad Alcamene; se ne sono scoperti
di
recente importanti frammenti, dai quali si è potu
elle figure. Un’ altra Centauromachia ammiravasi nel fregio del Teseo
di
Atene; ed altra serie di rappresentazioni simili
ntauromachia ammiravasi nel fregio del Teseo di Atene; ed altra serie
di
rappresentazioni simili era nelle metopi meridion
ultime un buon numero esiste ancora, conservate nel Museo Britannico
di
Londra; sono varie scene, ora è un centauro che p
ra un altro galoppa sopra i cadaveri dei nemici uccisi; ora son scene
di
lotta, come quella che è rappresentata nella fig.
brutalità ferina. Nè vanno taciute le non meno belle rappresentazioni
di
Centauromachia che erano nel fregio del tempio di
le rappresentazioni di Centauromachia che erano nel fregio del tempio
di
Apollo Epicurio a Basse presso Figalia in Arcadia
conservano importanti frammenti nel Museo Britannico. Anche statue
di
Centauri isolati furono spesso fatte dagli antich
riproducono due Centauri in marino scuro del Museo Capitolino, l’ uno
di
tipo più vecchio l’ altro più giovane, opere di d
eo Capitolino, l’ uno di tipo più vecchio l’ altro più giovane, opere
di
due celebri scultori, Aristea e Papia di Afrodisi
l’ altro più giovane, opere di due celebri scultori, Aristea e Papia
di
Afrodisia. Furon trovate nella villa dell’ impera
no a Tivoli. b) Admeto e Alcestide. 1. Una bella leggenda
di
origine tessala è quella che riguarda Admeto e Al
e tessala è quella che riguarda Admeto e Alcestide. Admeto era figlio
di
Fere (Pheres), fondatore della città di Fere in T
Alcestide. Admeto era figlio di Fere (Pheres), fondatore della città
di
Fere in Tessaglia; regnava sulle fertili terre po
lle fertili terre poste in vicinanza del lago Bebeide (ora Bio). Frui
di
grande prosperità e ricchezza, in grazia di Apoll
o Bebeide (ora Bio). Frui di grande prosperità e ricchezza, in grazia
di
Apollo, il quale, allorquando, in punizione d’ av
’ aver ucciso co’ suoi dardi i Ciclopi fu obbligato a rimaner schiavo
di
qualche mortale, venne da Admeto e stette un inti
. In questo tempo strinsero tra loro un’ intima amicizia; gli armenti
di
Admeto prosperavano in maniera meravigliosa; Apol
pollo lo aiutò anche ad ottenere in moglie la bella Alcestide, figlia
di
Pelia re di Iolco, adempiendo la condizione impos
tò anche ad ottenere in moglie la bella Alcestide, figlia di Pelia re
di
Iolco, adempiendo la condizione imposta dal padre
a re di Iolco, adempiendo la condizione imposta dal padre della sposa
di
aggiogare allo stesso carro un cinghiale ed un le
lce vino alle Moire, le indusse a promettere che giunta l’ ultima ora
di
Admeto, esse lo avrebbero lasciato in vita purchè
Ade. Allorchè giunse questo momento, non vollero nè il vecchio padre
di
Admeto nè la madre morire pel figlio, per quanto
olungar la vita al marito. Persefone, commossa da un si bell’ esempio
di
fedeltà, la rimandò ad Admeto; o secondo un’ altr
o secondo un’ altra leggenda, Eracle capitato in quel momento a casa
di
Admeto, strappò, dopo violenta lotta, alla Morte
eto, strappò, dopo violenta lotta, alla Morte la sua preda. Il figlio
di
Admeto e Alcestide, Eumelo di nome, figura fra gl
tta, alla Morte la sua preda. Il figlio di Admeto e Alcestide, Eumelo
di
nome, figura fra gli eroi greci a Troia, e si la
la celebre fonte Iperea presso Fere. 2. Admeto fu più volte argomento
di
lavori poetici in Grecia; ma il più bel monumento
i in Grecia; ma il più bel monumento innalzato a celebrare la fortuna
di
lui e l’ atto eroico di Alcestide, è la tragedia
el monumento innalzato a celebrare la fortuna di lui e l’ atto eroico
di
Alcestide, è la tragedia di Euripide che da Alces
ebrare la fortuna di lui e l’ atto eroico di Alcestide, è la tragedia
di
Euripide che da Alcestide appunto s’ intitola. Iv
iunge Eracle, chè tal leggenda seguì Euripide, il qual Eracle sentito
di
che si trattava recasi alla tomba della defunta,
ndo ad Admeto la sposa rivivente; onde la tragedia si chiude tra inni
di
gioia e di festa. II. Beozia e Tebe. a)
to la sposa rivivente; onde la tragedia si chiude tra inni di gioia e
di
festa. II. Beozia e Tebe. a) Cadmo. 1
ebe. a) Cadmo. 1. Tra le leggende tebane la più nota è quella
di
Cadmo, fondatore di Tebe. Era costui figlio di Ag
1. Tra le leggende tebane la più nota è quella di Cadmo, fondatore
di
Tebe. Era costui figlio di Agenore, re fenicio, e
e la più nota è quella di Cadmo, fondatore di Tebe. Era costui figlio
di
Agenore, re fenicio, e quindi fratello di Europa.
di Tebe. Era costui figlio di Agenore, re fenicio, e quindi fratello
di
Europa. Allorchè Europa era stata portata via da
llo di Europa. Allorchè Europa era stata portata via da Zeus in forma
di
toro, e già era giunta all’ isola di Creta, Ageno
ata portata via da Zeus in forma di toro, e già era giunta all’ isola
di
Creta, Agenore disperato mandò Cadmo in cerca del
avere indarno scorsa la terra, Cadmo recossi a interrogare l’ oracolo
di
Delfo, e n’ ebbe in risposta, tralasciasse di cer
interrogare l’ oracolo di Delfo, e n’ ebbe in risposta, tralasciasse
di
cercar la sorella, ma seguisse una vacca con macc
car la sorella, ma seguisse una vacca con macchie sul fianchi a forma
di
mezzaluna che egli avrebbe incontrato, e dov’ ess
infine l’ uccise. Allora ammonito da Minerva, seminò in terra i denti
di
quel drago. Ed ecco ben presto spuntar fuori dall
alange d’ uomini armati, i quali cominciano a lottar furiosamente fra
di
loro e ferirsi e uccidersi. Cinque soli rimasero
te fra di loro e ferirsi e uccidersi. Cinque soli rimasero superstiti
di
questa feroce pugna, chiamati Echione, Udeo, Cton
dazione della città e diventarono i capistipite delle nobili famiglie
di
Tebe. Senonchè in espiazione di aver ucciso il dr
o i capistipite delle nobili famiglie di Tebe. Senonchè in espiazione
di
aver ucciso il drago, Cadmo dovè servire per otto
sto tempo, Ares gli perdonò e anzi gli diede in moglie Armonia figlia
di
lui e di Afrodite. Da queste nozze nacquero quatt
, Ares gli perdonò e anzi gli diede in moglie Armonia figlia di lui e
di
Afrodite. Da queste nozze nacquero quattro celebr
figliuole, Autonoe, Ino, Semele e Agave, e un maschio Polidoro, padre
di
Labdaco. Dopo aver lungo tempo regnato su Tebe, C
da Zeus ammessi all’ eterna vita dei Campi Elisi. Molti fra i motivi
di
questa leggenda sono certamente antichi, ad es. l
tichi, ad es. l’ uccisione del dragone, che vuol dire l’ eliminazione
di
impedimenti naturali alla cultura del suolo, giac
cultura del suolo, giacchè Ares cui il drago era sacro è apportatore
di
miasmi e pestilenza, e appunto la Beozia in antic
osa e non sana. Anche la seminagione dei denti del drago e la nascita
di
uomini armati dalla terra è motivo antico; ma a q
a questi si mescolarono leggende posteriori, come l’ origine fenicia
di
Cadmo di cui ancora Omero non sa nulla. Piuttosto
si mescolarono leggende posteriori, come l’ origine fenicia di Cadmo
di
cui ancora Omero non sa nulla. Piuttosto è da cre
Omero non sa nulla. Piuttosto è da credere che Cadmo fosse una specie
di
Ermes tebano, venerato dai Tebani come l’ ordinat
re loro e il promotore della più antica cultura in Beozia. 2. Il mito
di
Cadmo, oltrechè nelle Fenicie di Euripide, trovas
antica cultura in Beozia. 2. Il mito di Cadmo, oltrechè nelle Fenicie
di
Euripide, trovasi magistralmente esposto nel terz
Euripide, trovasi magistralmente esposto nel terzo delle Metamorfosi
di
Ovidio. Poche le rappresentazioni figurate; citer
Poche le rappresentazioni figurate; citeremo un vaso greco del Museo
di
Napoli, ove Cadmo è raffigurato in atto di scagli
mo un vaso greco del Museo di Napoli, ove Cadmo è raffigurato in atto
di
scagliare una pietra sul drago, mentre dietro lui
he dev’ essere fondata. b) Atteone. 1. Già s’ è avuto occasione
di
ricordare le avventure delle figlie di Cadmo, e d
1. Già s’ è avuto occasione di ricordare le avventure delle figlie
di
Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di
ordare le avventure delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè
di
Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dionis
enture delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre
di
Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave m
iglie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte,
di
Semele madre di Dioniso, di Agave madre di Penteo
e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre
di
Dioniso, di Agave madre di Penteo; e già s’ è toc
igliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso,
di
Agave madre di Penteo; e già s’ è toccata anche l
di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave madre
di
Penteo; e già s’ è toccata anche la sorte toccata
e, cioè Atteone, mutato in cerva e sbranato da’ suoi cani per castigo
di
aver vista in bagno Artemide, o come altri narrav
bagno Artemide, o come altri narrava, per essor venuto a gara con lei
di
abilità cacciatrice. Qui s’ aggiunga che il padre
o a gara con lei di abilità cacciatrice. Qui s’ aggiunga che il padre
di
Atteone era stato Aristeo figlio di Apollo, e che
ice. Qui s’ aggiunga che il padre di Atteone era stato Aristeo figlio
di
Apollo, e che egli era stato affidato per l’ educ
ai raggi cocenti della canicola. 2. Al vivo e commovente racconto che
di
questo episodio fa Ovidio nel terzo della Metamor
fa Ovidio nel terzo della Metamorfosi fanno riscontro le molte opere
di
pittura e scoltura che ancor oggi rappresentano A
itannico. Ivi Atteone non ancora trasformato in cervo, ma già fornito
di
corna che prenunziano la metamorfosi, si difende
lasciò Tebe, già era morto suo figlio Polidoro; ed essendo il figlio
di
lui Labdaco ancora in tenera età, rimase reggente
lui Labdaco ancora in tenera età, rimase reggente dello Stato Nitteo,
di
stirpe regale, proveniente dalla città di Iria (H
eggente dello Stato Nitteo, di stirpe regale, proveniente dalla città
di
Iria (Hyria o Hysia) in Beozia. Nitteo aveva una
a città di Iria (Hyria o Hysia) in Beozia. Nitteo aveva una figliuola
di
straordinaria bellezza, chiamata Antiope. Costei
stei avendo concesso i suoi favori a Zeus avvicinatosi a lei in forma
di
Satiro e sentendosi madre, per sfuggire lo sdegno
iuscì e morendo lasciò al fratello Lico, erede del trono, l’ incarico
di
far le sue vendette. Lico riprese la guerra, vins
iava in casa dello zio, ma subiva i più duri maltrattamenti per opera
di
Dirce moglie di Lico. Alfine riuscì a fuggire, e
lo zio, ma subiva i più duri maltrattamenti per opera di Dirce moglie
di
Lico. Alfine riuscì a fuggire, e per fortunata co
ò a due pastori che erano per caso presenti, ed erano Anfione e Zeto,
di
dare a colei la meritata morte legandola sulle co
na fonte presso Tebe che da lei fu denominata Dircea. Coll’ uccisione
di
Lico e di Dirce, il governo di Tebe tornò ai Cadm
resso Tebe che da lei fu denominata Dircea. Coll’ uccisione di Lico e
di
Dirce, il governo di Tebe tornò ai Cadmidi. Anfio
fu denominata Dircea. Coll’ uccisione di Lico e di Dirce, il governo
di
Tebe tornò ai Cadmidi. Anfione e Zeto regnarono i
one e Zeto regnarono insieme, ma il vero re era Anfione. Il carattere
di
questi due fratelli, veri Dioscuri Tebani, è dall
one gentile d’ animo, cultore della musica e della poesia, proraotore
di
ogni più fina arte. Si mostrò questa differenza a
Si mostrò questa differenza anche nella costruzione delle famose mura
di
Tebe, opera appunto attribuita al loro governo. Z
governo. Zeto stesso portava a spalle i più pesanti massi, più forte
di
qualsiasi manovale; ma Anfione al suono dolcissim
sorte toccata alla loro famiglia. Anfione aveva sposato Niobe figlia
di
Tantalo re della Frigia, sorella di Pelope; e n’
nfione aveva sposato Niobe figlia di Tantalo re della Frigia, sorella
di
Pelope; e n’ aveva avuto numerosa prole, sei masc
a sua fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo padre era figlio
di
Zeus), voleva impedire alle donne tebane il culto
impedire alle donne tebane il culto alla dea Latona e a’ suoi figli,
di
cui ella stimavasi di molto superiore; la stessa
ebane il culto alla dea Latona e a’ suoi figli, di cui ella stimavasi
di
molto superiore; la stessa superbia onde già era
o. Le offese Divinità non tardarono a scendere alla vendetta. I figli
di
Anfione e Niobe perirono tutti a uno a uno colpit
i di Anfione e Niobe perirono tutti a uno a uno colpiti dalle freccie
di
Apollo e Diana. I poveri genitori non sopravvisse
sasso e trasportata sul monte Sipilo in Frigia, dove ancor non cessa
di
versar lagrime. — Non più felice ne’ suoi rapport
pporti domestici fu Zeto. Egli sposò Aedona (l’ usignolo), una figlia
di
Pandareo, l’ amico e compagno di Tantalo per il q
osò Aedona (l’ usignolo), una figlia di Pandareo, l’ amico e compagno
di
Tantalo per il quale ei rubò un cane dal tempio d
’ amico e compagno di Tantalo per il quale ei rubò un cane dal tempio
di
Zeus in Creta e perciò fu mutato in sasso. Aedona
, che presso Omero ha nome Itilo, presso i tragici Iti (Itys). Gelosa
di
Antiope che n’ aveva tanti più, concepì il malvag
Gelosa di Antiope che n’ aveva tanti più, concepì il malvagio disegno
di
uccidere nottetempo il figlio maggiore di Antiope
concepì il malvagio disegno di uccidere nottetempo il figlio maggiore
di
Antiope; ma in iscambio uccise il proprio. Di che
nua co’ suoi queruli trilli a rammentar la sua disgrazia. Della morte
di
Zeto nulla lasciò detto la tradizione; pero in Te
dere la tomba comune dei Dioscuri Tebani. Dopo la loro morte il trono
di
Tebe passò a Laio figlio di Labdaco, nipote di Po
scuri Tebani. Dopo la loro morte il trono di Tebe passò a Laio figlio
di
Labdaco, nipote di Polidoro. Le avventure tragich
la loro morte il trono di Tebe passò a Laio figlio di Labdaco, nipote
di
Polidoro. Le avventure tragiche toccate ai Labdac
ate altrove. 2. Un fatto così interessante e tragico come la vendetta
di
Antiope e il supplizio di Dirce era naturale entr
osì interessante e tragico come la vendetta di Antiope e il supplizio
di
Dirce era naturale entrasse presto nel dominio de
re quella d’ Euripide, imitata poi in latino da Pacuvio. Tra le opere
di
scoltura è degnissimo di menzione il celebre gran
itata poi in latino da Pacuvio. Tra le opere di scoltura è degnissimo
di
menzione il celebre grandioso gruppo in marmo che
celebre grandioso gruppo in marmo che si conserva nel Museo Nazionale
di
Napoli, detto il Toro Farnese, di cui riproduce i
che si conserva nel Museo Nazionale di Napoli, detto il Toro Farnese,
di
cui riproduce il disegno la fig. 76. All’ infuori
il Toro Farnese, di cui riproduce il disegno la fig. 76. All’ infuori
di
poche parti ristorate, si ritiene che sia lavoro
si ritiene che sia lavoro originale dei fratelli Apollonio e Taurisco
di
Tralle in Caria, appartenenti alla scuola rodia f
eretto originariamente in Rodi, al tempo d’ Augusto venne in possesso
di
Asinio Pollione che lo portò a Roma. Trovato nel
di Asinio Pollione che lo portò a Roma. Trovato nel 1547 nelle terme
di
Caracalla e collocato prima nel palazzo Farnese,
e è scolpita vicino a lui; l’ altro è Zeto; la donna davanti, in atto
di
chieder pietà, è Dirce, mentre Antiope raggiante
davanti, in atto di chieder pietà, è Dirce, mentre Antiope raggiante
di
gioia per la vendetta che si compie è posta più d
l davanti un piccolo Dio montanino contempla la scena con espressione
di
dolore. La cesta mistica che è ai piedi di Dirce,
a la scena con espressione di dolore. La cesta mistica che è ai piedi
di
Dirce, la pelle di cavriuolo ond’ essa è vestita
essione di dolore. La cesta mistica che è ai piedi di Dirce, la pelle
di
cavriuolo ond’ essa è vestita e altre cose indica
ssa è vestita e altre cose indicano che il fatto avviene in occasione
di
una festa bacchica, come si suppone nella tragedi
’ azione e insiem soddisfa l’ occhio del riguardante. Il contrasto
di
carattere fra Zeto e Anfione è pure un motivo art
e Anfione è pure un motivo artistico frequente in poesia e ispiratore
di
parecchie opere di pittura o scoltura. La fig. 77
motivo artistico frequente in poesia e ispiratore di parecchie opere
di
pittura o scoltura. La fig. 77 riproduce un bel r
propria, così come li fanno parlare i poeti tragici. Altro motivo
di
grande effetto artistico doveva essere la sciagur
Altro motivo di grande effetto artistico doveva essere la sciagura
di
Niobe. Chi non ricorda le superbe parole messe a
lle Metamorfosi, poi la descrizione viva e vera della morte dei figli
di
lei, e l’ espressione del suo immenso dolore? Qua
servato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Son copie fatte a Roma
di
sculture classiche greche, forse di Prassitele st
a Firenze. Son copie fatte a Roma di sculture classiche greche, forse
di
Prassitele stesso o di Scopa. Il gruppo fiorentin
tte a Roma di sculture classiche greche, forse di Prassitele stesso o
di
Scopa. Il gruppo fiorentino fu trovato nelle vici
no ammirabili per l’ espressione del dolore, e tutta la scena è piena
di
spavento e di compassione per la sorte toccata a
per l’ espressione del dolore, e tutta la scena è piena di spavento e
di
compassione per la sorte toccata a quella giovent
iosa composizione dei Niobidi fosse in origine collocata nel frontone
di
un tempio o se le statue fossero ordinate nell’ i
nterno del tempio ovvero disposte separatamente fra gli intercolunnii
di
un portico, è questione che si è molto agitata tr
, era, secondo la tradizione, Sisifo, figlio del tessalo Eolo, nipote
di
Elleno. Omero lo qualifica il più avido di guadag
o del tessalo Eolo, nipote di Elleno. Omero lo qualifica il più avido
di
guadagno fra gli uomini; allusione probabilmente
i. Le leggende relative a Sisifo concorrono a tratteggiarlo come eroe
di
una straordinaria scaltrezza. Quando Zeus rapì da
o a condizione che Asopo facesse scaturire una fonte nella cittadella
di
Corinto; di qui la celebre fonte Pirene. Avendo Z
ne che Asopo facesse scaturire una fonte nella cittadella di Corinto;
di
qui la celebre fonte Pirene. Avendo Zeus, per que
Sisifo. Ma questi riuscì anche questa volta a salvarsi; perchè prima
di
morire avendo ordinato a sua moglie di non celebr
volta a salvarsi; perchè prima di morire avendo ordinato a sua moglie
di
non celebrare funerali per lui, andato in Inferno
uratezza della moglie e tanto seppe fare e dire che gli fu consentito
di
tornare in vita per castigar la moglie; ma una vo
egli non volle più scendere all’ altro mondo e morì poi ben più tardi
di
morte naturale. Per tutte queste gherminelle Sisi
ale. Per tutte queste gherminelle Sisifo ebbe in inferno la nota pena
di
trascinare su per un monte un gran masso, che dal
poi riprecipitava a valle. Si è molto discusso sull’ origine del mito
di
Sisifo. La situazione di Corinto fra due mari che
. Si è molto discusso sull’ origine del mito di Sisifo. La situazione
di
Corinto fra due mari che senza posa ondeggiando n
bile che le leggende relative all’ eroe cittadino fossero un riflesso
di
questo fenomeno naturale. Ma in quelle leggende n
po il solstizio d’ inverno. 2. Sisifo die’ argomento a diversi drammi
di
Eschilo, il quale sceneggiò sia il lato serio di
nto a diversi drammi di Eschilo, il quale sceneggiò sia il lato serio
di
questo carattere in una tragedia, sia il lato umo
ia dell’ esame delle interiora. b) Glauco. 1. Glauco era figlio
di
Sisifo e padre di Bellerolonte. Propriamente Glau
le interiora. b) Glauco. 1. Glauco era figlio di Sisifo e padre
di
Bellerolonte. Propriamente Glauco non era che un
zia che gli toccò nei giochi funebri che ebbero luogo a Iolco in onor
di
Pelia, o, come altri narra, in altri giochi di Po
luogo a Iolco in onor di Pelia, o, come altri narra, in altri giochi
di
Potnia presso Tebe; e la disgrazia fu che i caval
allora fu venerato come spauracchio dei cavalli da corsa nei santuari
di
Posidone e negli ippodromi. 2. Il Glauco di Potni
lli da corsa nei santuari di Posidone e negli ippodromi. 2. Il Glauco
di
Potnia diè argomento a una tragedia di Eschilo; e
negli ippodromi. 2. Il Glauco di Potnia diè argomento a una tragedia
di
Eschilo; e le disgraziate quadrighe di Potnia son
a diè argomento a una tragedia di Eschilo; e le disgraziate quadrighe
di
Potnia son qua e là ricordate dai poeti greci e l
mbra absumpsere quadrigae47. Vedi anche i versi 553 e 554 dell’ Ibis
di
Ovidio. c) Bellerofonte. 1. Un altro eroe n
a Bellerofonte (bellerophon ovvero Bellerophontes). Era questi figlio
di
Glauco o di Posidone, nato e cresciuto in Corinto
te (bellerophon ovvero Bellerophontes). Era questi figlio di Glauco o
di
Posidone, nato e cresciuto in Corinto. Non è dett
rinto. Non è detto per qual causa (giacchè l’ uccisione attribuitagli
di
un cotal Bellero non è che una leggenda assai tar
ove ebbe benigna accoglienza dal re Preto. Ivi avvenne che la moglie
di
Preto, chiamata Antea da Omero, Stenebea (Stheneb
le; ma non volendo Bellerofonte, nuovo Giuseppe, cedere alle lusinghe
di
lei, ella lo accusò al marito di aver tentato tra
nuovo Giuseppe, cedere alle lusinghe di lei, ella lo accusò al marito
di
aver tentato tradire i doveri dell’ ospitalità. A
ia in compagnia del cavallo alato Pegaso; quel cavallo che era figlio
di
Posidone e di Medusa, sorto dal tronco di lei qua
a del cavallo alato Pegaso; quel cavallo che era figlio di Posidone e
di
Medusa, sorto dal tronco di lei quando Perseo le
quel cavallo che era figlio di Posidone e di Medusa, sorto dal tronco
di
lei quando Perseo le aveva tagliato la testa; e c
ndo Perseo le aveva tagliato la testa; e che poi posatosi sulla rocca
di
Corinto fu da Bellerofonte, coll’ aiuto di Atena,
e poi posatosi sulla rocca di Corinto fu da Bellerofonte, coll’ aiuto
di
Atena, domato. Jobate accolto l’ ospite Corinzio
accolto l’ ospite Corinzio e intesi i segreti segni del genero, pensò
di
mandare Bellerofonte in rischiose avventure, pers
fonte in rischiose avventure, persuaso vi avrebbe trovato la morte. E
di
qui in avanti Bellerofonte diventa l’ eroe nazion
’ eroe nazionale dei Licii. La prima impresa a cui lo mandò Jobate fu
di
combattere la Chimera, mostro nato da Tifone e da
o capra selvatica, dietro drago, o come Esiodo dice, aveva tre teste,
di
leone, di capra e di drago, e che possedendo gran
lvatica, dietro drago, o come Esiodo dice, aveva tre teste, di leone,
di
capra e di drago, e che possedendo grande velocit
etro drago, o come Esiodo dice, aveva tre teste, di leone, di capra e
di
drago, e che possedendo grande velocità e forza e
guerriere che formavano Stato da sè, senza uomini, dedite ad esercizi
di
guerra; le quali, secondo la leggenda, solevano r
pitale, oppure nel paese degli Sciti sulle rive delle palute Meotide;
di
là era voce che avessero fatto già di molte scorr
ulle rive delle palute Meotide; di là era voce che avessero fatto già
di
molte scorrerie nei paesi posti sulle rive dell’
aesi posti sulle rive dell’ Egeo; vedremo che si favoleggiava persino
di
una venuta delle Amazoni in Attica dove Teseo ebb
sto pericolo. Infine al ritorno, Jobate gli tese un’ imboscata deciso
di
farla finita con lui, ma il divino eroe se la cav
conciliò con lui, gli diè in moglie la sua figliuola e lo le’ sovrano
di
una parte della Licia. Non molto però potè godere
in che miseramente perì. Secondo Pindaro, si sarebbe attirato l’ odio
di
Zeus per aver voluto in groppa al suo Pegaso sali
ve ancor ora tira il carro del tuono. — Ancora è da ricordare la fine
di
Stenebea. Raccontasi che fatto re di parte della
— Ancora è da ricordare la fine di Stenebea. Raccontasi che fatto re
di
parte della Licia, Bellerofonte tornò a Tirinto s
cia, Bellerofonte tornò a Tirinto sul suo Pegaso, e riaccese l’ amore
di
Stenebea per lui. Allora egli la prese con sè sul
tarono a Tirinto la salma. Se si ricerca qual sia l’ origine del mito
di
Bellerofonte, indubbiamente si troverà che esso è
troverà che esso è una delle tante personificazioni del sole. Figlio
di
Posidone e di Glauco poteva ben essere dai Corinz
sso è una delle tante personificazioni del sole. Figlio di Posidone e
di
Glauco poteva ben essere dai Corinzii detto il So
rno sembrava a loro sorgere dalle onde del mare; e del resto il culto
di
Posidone e quello di Apollo o Elio si trovano spe
orgere dalle onde del mare; e del resto il culto di Posidone e quello
di
Apollo o Elio si trovano spesso connessi; le lott
mitica delle lotte fra il sole e i mostri delle tenebre. 2. La favola
di
Bellerofonte ha la sua parte nelle opere letterar
sua parte nelle opere letterarie ed artistiche dell’ antica Grecia e
di
Roma. Un lungo racconto si legge già nel sesto de
dandosi o il cavallo alato o la Chimera o le Amazoni o la trista fine
di
lui, questa paragonando a quella di Fetonte, come
era o le Amazoni o la trista fine di lui, questa paragonando a quella
di
Fetonte, come fa ad es. Orazio nell’ 11a ode del
gravatus Bellerophontem .48 — Anche le arti figurative hanno trattato
di
sovente questo soggetto; molte monete e gemine co
ari trattano questo o quel momento della favola. È celebre la Chimera
di
Arezzo, pregiato lavoro in bronzo che ora conserv
rezzo, pregiato lavoro in bronzo che ora conservasi nel Museo Etrusco
di
Firenze. La figura delle Amazoni infine fu una de
ide o alle sue ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi sempre
di
bipenne e di scudo a mezzaluna. Plinio racconta c
e ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi sempre di bipenne e
di
scudo a mezzaluna. Plinio racconta che una volta
nta che una volta Fidia, Policleto, Fradmone e Cresila, per desiderio
di
quei d’ Efeso, fecero a gara chi scolpisse la più
ra chi scolpisse la più bella Amazone. Vinse Policleto con una statua
di
bronzo che fu conservata parecchio tempo nel temp
con una statua di bronzo che fu conservata parecchio tempo nel tempio
di
Artemide in Efeso. Anche ora molte statue ci rima
nel tempio di Artemide in Efeso. Anche ora molte statue ci rimangono
di
Amazoni. Se ne possono distinguere tre tipi: 1º l
vverta che il braccio destro è restauro moderno. 2º L’ Amazone armata
di
asta, che è il modo come avevala effigiata Fidia.
di asta, che è il modo come avevala effigiata Fidia. Una bella statua
di
questo genere è nella Galleria Vaticana, portatav
seo Capitolino. 3º L’ Amazone in riposo, che si crede risalga al tipo
di
Policleto; bellissimo esemplare se ne trova nel B
Inaco si diceva figlio Foroneo, rappresentante del territorio fecondo
di
Argo, detto da alcuni il primo uomo, venerato com
nerato come iniziatore della coltura del paese, e fondatore del culto
di
Era sul monte Eubea, in genere come autore dell’
ome autore dell’ ordinamento civile e religioso degli Argivi. Sorella
di
Foroneo, non men celebre di lui era Io, la cui st
civile e religioso degli Argivi. Sorella di Foroneo, non men celebre
di
lui era Io, la cui storia antichissima fornì argo
, la cui storia antichissima fornì argomento a più e diversi racconti
di
poeti e mitografi. Eccola in breve. Io, sacerdote
ersi racconti di poeti e mitografi. Eccola in breve. Io, sacerdotessa
di
Era, attrasse a sè, per la sua singolare bellezza
ssa di Era, attrasse a sè, per la sua singolare bellezza, gli sguardi
di
Zeus che se ne innamorò. Di che accortasi la gelo
utò la sua sacerdotessa in una bianca vacca e l’ affidò alla custodia
di
Argo dai cent’ occhi. Chi puè dire il dolore e de
il dolore e della povera fanciulla che senza aver perso la coscienza
di
sè si vedeva mutata in vacca e invano accostavasi
enca senza nulla poter fare per lei? Alfine Zeus, mosso a compassione
di
Io, mandò Ermes che la liberasse dal vigile e ocu
igile e oculato custode. Ermes riuscì ad addormentare tutti gli occhi
di
Argo, e netta gli recise la testa dal busto, onde
e netta gli recise la testa dal busto, onde l’ epiteto ch’ ei s’ ebbe
di
Argifonte. Ma Era, pronta alla vendetta, mandò un
alla vendetta, mandò un assillo alla giovenca, e questa infuriata dal
di
lui morso cominciò a correre all’ impazzata vagan
essa vi fu onorata col nome d’ Iside. Già s’ è fatto cenno, parlando
di
Ermes, del significato naturalistico di questo mi
ià s’ è fatto cenno, parlando di Ermes, del significato naturalistico
di
questo mito. Io non è altro che la luna affidata
a affidata alla custodia del cielo stellato, la quale va peregrinando
di
terra in terra, quasi inseguita dall’ astro maggi
natura; o, come ad altri è sembrato, essa è la bianca nuvola, gravida
di
pioggia, che, ucciso il suo custode ossia il sole
ete, pitture vascolari anche ora vediamo rappresentare o la mutazione
di
Io in giovenca, coll’ uccisione di Argo o la fuga
diamo rappresentare o la mutazione di Io in giovenca, coll’ uccisione
di
Argo o la fuga d’ Io. La fig. 81 rappresenta la v
’ uccisione di Argo o la fuga d’ Io. La fig. 81 rappresenta la venuta
di
Ermes per la liberazione d’ Io, figurata questa p
principio; ed è tolta da una pittura murale che fu trovata nella casa
di
Livia sul Palatino, forse copia di qualche celebr
a murale che fu trovata nella casa di Livia sul Palatino, forse copia
di
qualche celebre pittura antica. b) Danao e
e pittura antica. b) Danao e le Danaidi. 1. Epafo, il figlio
di
Zeus e di Io, re dell’ Egitto, ebbe una figliuola
antica. b) Danao e le Danaidi. 1. Epafo, il figlio di Zeus e
di
Io, re dell’ Egitto, ebbe una figliuola, di nome
pafo, il figlio di Zeus e di Io, re dell’ Egitto, ebbe una figliuola,
di
nome Libia (Libya). Costei sposata a Posidone fu
figliuola, di nome Libia (Libya). Costei sposata a Posidone fu madre
di
due figliuoli, Agenore e Belo. Quegli regnò sul F
del Nilo, due figliuoli, Egitto e Danao, dei quali il primo fu padre
di
cinquanta maschi, il secondo di cinquanta femmine
e Danao, dei quali il primo fu padre di cinquanta maschi, il secondo
di
cinquanta femmine. Sorta discordia tra i fratelli
nao colle cinquanta Danaidi dovette esulare; e costruita, coll’ aiuto
di
Atena, la prima nave di cinquanta remi, mosse all
idi dovette esulare; e costruita, coll’ aiuto di Atena, la prima nave
di
cinquanta remi, mosse alla volta di quella terra
ll’ aiuto di Atena, la prima nave di cinquanta remi, mosse alla volta
di
quella terra da cui era venuta la progenitrice di
i, mosse alla volta di quella terra da cui era venuta la progenitrice
di
sua stirpe, Io. Vi giunse toccando Rodi, ove, a L
era allora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao quale discendente
di
Io, gli cedette il regno. La leggenda attribuisce
l re Danao, il quale avendo trovato il paese disseccato per lo sdegno
di
Posidone, lo provvide di acqua, facendo scavare p
do trovato il paese disseccato per lo sdegno di Posidone, lo provvide
di
acqua, facendo scavare pozzi e canali. Anche avre
acendo scavare pozzi e canali. Anche avrebb’ egli introdotto il culto
di
Apollo e di Demetra. In seguito favoleggiasi che
re pozzi e canali. Anche avrebb’ egli introdotto il culto di Apollo e
di
Demetra. In seguito favoleggiasi che i cinquanta
di Apollo e di Demetra. In seguito favoleggiasi che i cinquanta figli
di
Egitto o Egiziadi vennero anch’ essi ad Argo e ob
date dalla leggenda per la punizione inflitta loro nell’ altro mondo,
di
attingere continuamente acqua in un vaso senza fo
attingere continuamente acqua in un vaso senza fondo. Anche nel mito
di
Danao e delle Danaidi è da credere che gli elemen
seccabili; Danao rappresenta l’ industria umana che cerco con l’ arte
di
rimediare alla naturale deficienza d’ acqua in Ar
n’ antica poesia epica, col titolo Danais, illustra va questo mito; e
di
poi diversi momenti della leggenda offrirono mate
) Preto e le Pretidi. A Linceo ed Ipermnestra. nacque un figliuolo
di
nome Abarte, il quale alla sua volta ebbe due gem
da operai licii una forte cittadella, assicurandogli così il possesso
di
Tirinto, anzi mettendolo in grado di estendere il
assicurandogli così il possesso di Tirinto, anzi mettendolo in grado
di
estendere il suo dominio fin verso Corinto. Or qu
bitesi per la loro bellezza e per la potenza del padre osarono manear
di
rispetto agli Dei, in pena di che furono colte da
per la potenza del padre osarono manear di rispetto agli Dei, in pena
di
che furono colte da schifosa malattia che le rese
i a cui dormendo alcune serpi avevano leccate le orecchie, in seguito
di
che egli aveva imparato a intendere il linguaggio
nguaggio degli uccelli. Melampo per questa guarigione ottenne la mano
di
una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, in
li. Melampo per questa guarigione ottenne la mano di una delle figlie
di
Preto, lfianassa, ed ebbe, insieme con suo fratel
, lfianassa, ed ebbe, insieme con suo fratello Biante parte del regno
di
Tirinto. Essendo Melampo figlio di Amitaone Messe
uo fratello Biante parte del regno di Tirinto. Essendo Melampo figlio
di
Amitaone Messenio, la stirpe degli Amitaonidi, in
celebre vate Anfiarao. d) Perseo. 1. Acrisio ebbe una figliuola
di
nome Danae. Di costei prese vaghezza Zeus; ma Acr
ia e il bambino in una cassetta e questa fè gettare in mare, persuaso
di
sottrarsi così al destino vaticinatogli. Ma che c
o gli eterni decreti degli Dei? La cassetta si diresse verso l’ isola
di
Serifo, una delle Cicladi, un pescatore a nome Di
a poich’ ella rifiutavasi, la fè sua schiava. Temendo poi la vendetta
di
Perseo, fatto omai grandicello, pensò affidargli
affidargli una pericolosa avventura per liberarsene, e gli diè ordine
di
portargli la testa della terribile Gorgone Medusa
Gorgone Medusa. Eran le Gorgoni, secondo Esiodo, tre sorelle, figlie
di
Forci (Phorkys) e di Cheto (dette perciò le Forci
le Gorgoni, secondo Esiodo, tre sorelle, figlie di Forci (Phorkys) e
di
Cheto (dette perciò le Forcidi). Si chiamavano St
rare. Ma vennero in suo soccorso Ermes e Atena, solite guide ed aiuto
di
tutti gli eroi. Da loro venne informato di quel c
ena, solite guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato
di
quel ch’ era uopo si procurasse per tentar l’ avv
ura pericolosa, cioè un elmo che rendeva invisibile, una magica sacca
di
viaggio e un paio di calzari alati. Questi miraco
un elmo che rendeva invisibile, una magica sacca di viaggio e un paio
di
calzari alati. Questi miracolosi amminicoli li av
i dalla nascita non avevano avuto che un occhio e un dente in comune,
di
cui si dovevano servire alternatamente. Inoltre P
Medusa secondo gli ammaestramenti avuti da Atena. Siccome lo sguardo
di
Medusa aveva la forza d’ impietrare chi la riguar
seo s’ accostò camminando all’ indietro, e, giovandosi dello specchio
di
Atena, tagliò di netto colla falce avuta da Ermes
mminando all’ indietro, e, giovandosi dello specchio di Atena, tagliò
di
netto colla falce avuta da Ermes il capo della Go
dusa nacquero il cavallo alato Pegaso e Crisaore (Chrysaor), il padre
di
Gerione. Tornato a Serifo, Perseo impietrò colla
), il padre di Gerione. Tornato a Serifo, Perseo impietrò colla testa
di
Medusa il suo nemico Polidette, e diè il regno al
regno al fratello Ditti. Poi se ne tornò ad Argo, consegnato il capo
di
Medusa ad Atena che lo pose sull’ egida sua per s
’ nemici (cfr. pag. 34). Questo il nucleo, abbastanza antico del mito
di
Perseo; ma il suo viaggio in ignote regioni e la
ma il suo viaggio in ignote regioni e la virtù straordinaria del capo
di
Medusa che ei portava seco al ritorno, dierono oc
eo, e Cassiepea era la sua moglie; avevano una figliuola assai bella,
di
nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata d
iuola assai bella, di nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata
di
sua bellezza e di quella della sua figliuola, e a
di nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata di sua bellezza e
di
quella della sua figliuola, e avendo osato venire
arino che uccideva uomini e bestie. Gli Etiopi ricorsero all’ oracolo
di
Ammone, e n’ ebbero risposta sarebbero stati libe
ebbero risposta sarebbero stati liberati dal mostro solo a condizione
di
offrirgli in pasto la bella figlia del re. Cefeo
nto Andromeda legata allo scoglio, e già il mostro s’ avvicinava pien
di
desiderio a lei, quando Perseo volando co’ suoi a
o d’ averla sposa; uccise il mostro e sposo Andromeda; non prima pero
di
aver sostenuto guerra contro Fineo fratello del r
già era stata promessa. In questa guerra molto giovò a Perseo il capo
di
Medusa, giacchè con esso si sbarazzò di centinaia
molto giovò a Perseo il capo di Medusa, giacchè con esso si sbarazzò
di
centinaia di nemici impietrandoli. La leggenda di
a Perseo il capo di Medusa, giacchè con esso si sbarazzò di centinaia
di
nemici impietrandoli. La leggenda di Perseo si ch
on esso si sbarazzò di centinaia di nemici impietrandoli. La leggenda
di
Perseo si chiude col ritorno dell’ eroe ad Argo.
Perseo si riconcilia bensì coll’ avo suo Acrisio, il quale per timor
di
lui era fuggito a Larissa, ma, poichè il vaticini
hè il vaticinio dell’ oracolo doveva pure avverarsi, divenne uccisore
di
lui involontariamente; perchè in occasione di cer
rarsi, divenne uccisore di lui involontariamente; perchè in occasione
di
certi giochi allestiti dai Larissei in onor di lu
e; perchè in occasione di certi giochi allestiti dai Larissei in onor
di
lui, egli uccise Acrisio per isbaglio nel lanciar
ise Acrisio per isbaglio nel lanciare il disco. Di poi, vergognandosi
di
entrar in possesso del regno di Acrisio dopo aver
ciare il disco. Di poi, vergognandosi di entrar in possesso del regno
di
Acrisio dopo averlo ucciso, scambiò Argo con Tiri
ambiò Argo con Tirinto, cedutagli questa signoria da Megapente figlio
di
Preto. Ivi egli fondò le città di Midea e di Mice
questa signoria da Megapente figlio di Preto. Ivi egli fondò le città
di
Midea e di Micene, e per via dei figliuoli natigl
oria da Megapente figlio di Preto. Ivi egli fondò le città di Midea e
di
Micene, e per via dei figliuoli natigli da Androm
e di Micene, e per via dei figliuoli natigli da Andromeda fu il capo
di
una illustre prosapia; fra gli altri di Eracle, g
tigli da Andromeda fu il capo di una illustre prosapia; fra gli altri
di
Eracle, giacchè suo figlio Elettrione fu padre di
apia; fra gli altri di Eracle, giacchè suo figlio Elettrione fu padre
di
Alcmena e da un altro suo figlio nacque anche Anf
e Anfitrione. Anche fuori della Grecia si vollero trovare discendenti
di
Perseo. Così i re dei Persiani eran detti prosapi
are discendenti di Perseo. Così i re dei Persiani eran detti prosapia
di
Perseo, altrettanto i re del Ponto e della Cappad
el Ponto e della Cappadocia: in Egitto pure Erodoto trovà discendenti
di
Perseo, tantopiù che per via di Danao e Linceo eg
Egitto pure Erodoto trovà discendenti di Perseo, tantopiù che per via
di
Danao e Linceo egli stesso era d’ origine egizian
rive, e dicevasi che Pilumno avesse sposato Danae e fondato la città
di
Ardea; onde Turno re dei Rutuli, come è ricordato
rno re dei Rutuli, come è ricordato in Virgilio (En. 7, 410), vantava
di
discendere da Acrisio. Il significato naturale di
n. 7, 410), vantava di discendere da Acrisio. Il significato naturale
di
questo mito non può esser dubbio. Perseo è uno de
a lotta che presso le genti ariane ha dato luogo a così ricca varietà
di
favole. Anche nei particolari si vede: le nozze d
così ricca varietà di favole. Anche nei particolari si vede: le nozze
di
Zeus-oro e di Danae che altro sono se non la unio
ietà di favole. Anche nei particolari si vede: le nozze di Zeus-oro e
di
Danae che altro sono se non la unione fecondatric
la unione fecondatrice del cielo e della terra argiva, e la prigione
di
Danae che altro è se non la nebbiosa caligine del
ne del tuono reboante e spaventoso. E i mostri che nascono dal tronco
di
Medusa, Crisaore e Pegaso, chi può dubitare rappr
e Acrisio fa anche pensare al disco solare; anche Apollo con un colpo
di
disco uccide Giacinto (cfr. p. 57). 2. Per tempo
to (cfr. p. 57). 2. Per tempo le avventure straordinarie e commoventi
di
Perseo entrarono nel dominio della letteratura e
Danae, in un’ Andromeda e un’ altra intitolata da Ditti il pescatore
di
Serifo. Il commovente episodio di Danae abbandona
ra intitolata da Ditti il pescatore di Serifo. Il commovente episodio
di
Danae abbandonata col bambino sul mare, piena di
commovente episodio di Danae abbandonata col bambino sul mare, piena
di
umiltà e di rassegnazione ai voleri di Zeus, ha i
episodio di Danae abbandonata col bambino sul mare, piena di umiltà e
di
rassegnazione ai voleri di Zeus, ha ispirato uno
ta col bambino sul mare, piena di umiltà e di rassegnazione ai voleri
di
Zeus, ha ispirato uno dei più bei canti di Simoni
di rassegnazione ai voleri di Zeus, ha ispirato uno dei più bei canti
di
Simonide 49. A tacer d’ altri, sia ancora ricorda
ti di Simonide 49. A tacer d’ altri, sia ancora ricordato il racconto
di
Ovidio, nel quarto e quinto delle Metamorfosi, do
l quarto e quinto delle Metamorfosi, dove specialmente la liberazione
di
Andromeda e la guerra mossa da Fineo contro Perse
la tradizione. Che anche l’ arte assai per tempo abbia fatto suo pro’
di
questo terna ricco di belle situazioni, oltre ad
he l’ arte assai per tempo abbia fatto suo pro’ di questo terna ricco
di
belle situazioni, oltre ad alcuni antichi vasi n’
oltre ad alcuni antichi vasi n’ è prova la celebre Metope del tempio
di
Selinunte, rappresentante l’ uccisione di Medusa.
a celebre Metope del tempio di Selinunte, rappresentante l’ uccisione
di
Medusa. Più tardi si moltiplicarono simili rappre
i, e che ora trovasi nel Museo Capitolino. Rappresenta la liberazione
di
Andromeda; il mostro giace morto in terra e Andro
a da Perseo; entrambe le statue nottevoli per espressione ed eleganza
di
movimento. Lo stesso motivo si trova pure trattat
hie pitture pompeiane, e in un altro rilievo marmoreo che è nel Museo
di
Napoli. Solitamente Perseo vien raffigurato co
Solitamente Perseo vien raffigurato col calzari alati, colla falce
di
cui si servi per uccidere Medusa e coll’ elmo che
lo rendeva invisibile. Il suo aspetto in genere ricorda molto quello
di
Ermes. — La testa della Medusa fu pure un tema fr
mente trattato. Siccome la superstizione attribuiva a queste maschere
di
Gorgoni la forza di allontanare le disgrazie, se
ome la superstizione attribuiva a queste maschere di Gorgoni la forza
di
allontanare le disgrazie, se ne faceva molto uso
ugli scudi, sulle corazze, sul battenti delle porte e su vari oggetti
di
uso domestico. Si notano due momenti nella storia
su vari oggetti di uso domestico. Si notano due momenti nella storia
di
questa rappresentazione artistica. I più antichi
ia di questa rappresentazione artistica. I più antichi si ingegnavano
di
dare alla testa di Medusa un’ espressione terribi
sentazione artistica. I più antichi si ingegnavano di dare alla testa
di
Medusa un’ espressione terribile, quindi sguardo
i, la chioma distesa e liscia sulla fronte e intorno alla testa a mo’
di
collana un annodamento di serpi. Da Prassitele in
cia sulla fronte e intorno alla testa a mo’ di collana un annodamento
di
serpi. Da Prassitele in poi l’ arte disdegnò ques
alla morte. Un bell’ esempio l’ abbiamo nella Medusa della Gliptoteca
di
Monaco, che si riproduce nella fig. 83, provenien
nde delle provincie meridionali del Peloponneso ricordavano come eroi
di
que’ luoghi Tindareo, padre dei Dioscuri, di Elen
so ricordavano come eroi di que’ luoghi Tindareo, padre dei Dioscuri,
di
Elena e di Clitennestra, Afareo, il padre di Ida
ano come eroi di que’ luoghi Tindareo, padre dei Dioscuri, di Elena e
di
Clitennestra, Afareo, il padre di Ida e di Linceo
reo, padre dei Dioscuri, di Elena e di Clitennestra, Afareo, il padre
di
Ida e di Linceo (detti perciò Afaridi), Leucippo,
e dei Dioscuri, di Elena e di Clitennestra, Afareo, il padre di Ida e
di
Linceo (detti perciò Afaridi), Leucippo, padre di
, il padre di Ida e di Linceo (detti perciò Afaridi), Leucippo, padre
di
Ilaira e Febe (dette perciò le Leucippidi), Icari
o, padre di Ilaira e Febe (dette perciò le Leucippidi), Icario, padre
di
Penelope, infine Periere in Messenia ed Ebalo (Oe
Ebalo (Oebalus) in Laconia. Ben presto si cercò stabilire un rapporto
di
parentela tra questi eroi. L’ idea prevalente ven
questa che Tindareo, Afareo, Leucippo, Icario fossero fratelli, figli
di
Periere; secondo altri, Periere era padre soltant
fratelli, figli di Periere; secondo altri, Periere era padre soltanto
di
Afareo e Leucippo, ed Ebalo si faceva padre degli
rono amichevole accoglienza presso Testio, signore dell’ antica città
di
Pleurone in Etolia. Costui diede loro in moglie l
uole, a Icario Policaste che ebbe per figlia Penelope la futura sposa
di
Ulisse, a Tindareo la bella Leda, madre dei gemel
iù tardi Tindareo fu restituito per opera d’ Ercole alla sua signoria
di
Amicla (Amyclae) in Laconia, uccise Ippocoonte e
la sua signoria di Amicla (Amyclae) in Laconia, uccise Ippocoonte e i
di
lui bellicosi figliuoli. Ora è da ricordare che u
igliuoli. Ora è da ricordare che un’ antichissima leggenda raccontava
di
Leda come amata da Zeus, che le s’ era accostato
che le s’ era accostato in forma d’ un cigno. Ma poi quale dei figli
di
Leda avesse origine divina, correvano tradizioni
, correvano tradizioni molto diverse. Per Omero solo Elena era figlia
di
Zeus, Castore e Polluce e anche Clitennestra eran
ra figlia di Zeus, Castore e Polluce e anche Clitennestra erano figli
di
Tindareo, detti perciò Tindaridi. Più tardi si fe
, detti perciò Tindaridi. Più tardi si fecero Castore e Polluce figli
di
Zeus e però si dissero Dioscuri; più tardi ancora
dissero Dioscuri; più tardi ancora Castore si disse mortale e figlio
di
Tindareo, Polluce immortale e figlio di Zeus. In
ore si disse mortale e figlio di Tindareo, Polluce immortale e figlio
di
Zeus. In alcuni racconti si parla di un uovo depo
areo, Polluce immortale e figlio di Zeus. In alcuni racconti si parla
di
un uovo deposto da Leda, dal quale poi sarebbero
per cui i due gemelli si segnalarono; Castore era abilissimo domator
di
cavalli, Polluce era un bravo pugilatore e anche
a un bravo pugilatore e anche cavalcatore. Essi fecero una spedizione
di
guerra contro Teseo che aveva rapito la loro sore
rra contro Teseo che aveva rapito la loro sorella Elena ancor bambina
di
dieci anni, e presa per assedio la città di Afidn
rella Elena ancor bambina di dieci anni, e presa per assedio la città
di
Afidna, riuscirono a liberarla. Poi presero parte
co (Amykos). Anche presero parte alla caccia del cinghiale Calidonio,
di
cui si parlerà. Ultima loro impresa fu la lotta c
a loro impresa fu la lotta contro gli Afaridi loro cugini. La cagione
di
questa contesa è diversamente narrata; or si dice
ta; or si dice che nacque per aver essi, i Dioscuri, rapite le figlie
di
Leucippo re Messenia, le quali già erano fidanzat
figlie di Leucippo re Messenia, le quali già erano fidanzate ai figli
di
Afareo; or si parla di un bottino fatto in comune
essenia, le quali già erano fidanzate ai figli di Afareo; or si parla
di
un bottino fatto in comune d’ una mandra di giove
li di Afareo; or si parla di un bottino fatto in comune d’ una mandra
di
giovenchi, per la divisione del quale non rimaser
be le fraterne coppie; Castore fu ucciso da Ida, allora Polluce pieno
di
dispetto uccise Linceo, mentre Ida veniva colpito
no di dispetto uccise Linceo, mentre Ida veniva colpito da un fulmine
di
Zeus. Polluce, addoloratissimo per la morte del f
i; ma ciò non poteva essere perchè egli era immortale; alfine ottenne
di
passare un’ esistenza non separata dal fratello a
godessero entrambi la luce dell’ Olimpo. I Dioscuri divennero oggetto
di
grande venerazione non solo in Isparta ma in tutt
ar della tempesta. Quelle fiaramelle elettriche le quali in occasione
di
forti temporali vedonsi sulla cima degli alberi d
egli alberi delle navi e in genere sulle punte, dette da noi « fuochi
di
St. Elmo » considerate anche ora come indizii del
ai Dioscuri lasciavano indovinare agevolmente il senso naturalistico
di
questo mito. Essi erano fenomeni di luce ma di lu
gevolmente il senso naturalistico di questo mito. Essi erano fenomeni
di
luce ma di luce che lotta contro dei nemici, prob
il senso naturalistico di questo mito. Essi erano fenomeni di luce ma
di
luce che lotta contro dei nemici, probabilmente i
ano a Sparta per cui essi erano i protettori dello Stato, e i modelli
di
ogni virtù per i giovani. Nelle spedizioni di gue
ello Stato, e i modelli di ogni virtù per i giovani. Nelle spedizioni
di
guerra gli Spartani portavano spesso con sè un si
o si manteneva in onor dei Dioscuri. Ad Atene erano venerati col nome
di
Anakes (ossia Anactes, i re, i dominatori) e cele
merenze dei Dioscuri verso i naviganti. Altri epici antichi cantarono
di
loro e della discendenza di Leda; poi li celebrar
naviganti. Altri epici antichi cantarono di loro e della discendenza
di
Leda; poi li celebrarono parecchi lirici, tra cui
lebrarono parecchi lirici, tra cui Saffo, lo spartano Alcmane, autore
di
un inno che era molto cantato a Sparta, sopra tut
utore di un inno che era molto cantato a Sparta, sopra tutti Simonide
di
Ceo il quale serbava gratitudine ai Dioscuri per
e stato da loro salvato da certa morte. In una poesia scritta in onor
di
Scopa, della famiglia degli Alevadi, aveva egli l
gli lodato bensì il ricco uomo, ma molto anche i Dioscuri protettori;
di
che indispettito Scopa non aveva pagato l’ onorar
dare dai tanto lodati Dei. Orbene celebrandosi poco dopo nel palazzo
di
Scopa un solenne banchetto a cui era stato invita
a stato invitato anche il poeta, ecco giungono al palazzo due giovani
di
forme più che umane, sparsi di polvere e grondant
, ecco giungono al palazzo due giovani di forme più che umane, sparsi
di
polvere e grondanti di sudore; i quali per mezzo
zzo due giovani di forme più che umane, sparsi di polvere e grondanti
di
sudore; i quali per mezzo d’ un servo chiaman luo
ezzo d’ un servo chiaman luori Simonide come avessero urgente bisogno
di
parlargli. Appena Simonide ebbe messo il piede lu
piede luori della sala da pranzo, d’ un tratto sprofonda il pavimento
di
questa, traendo a morte Scopa e tutti quelli che
n essi i Dioscuri, comparsi solo per salvar la vita al poeta. — Cenni
di
benefici ottenuti od aspettati da Castore e Pollu
ovano spesso anche negli scrittori latini; a che contribuiva il fatto
di
essere i Dioscuri identificati con una costellazi
identificati con una costellazione, i lucida sidera fratres Helenae
di
Orazio, la cui apparita era di buon augurio. L’ a
one, i lucida sidera fratres Helenae di Orazio, la cui apparita era
di
buon augurio. L’ arte soleva rappresentare i Dios
come bel giovani, solitamente nudi o con una leggiera clamide in atto
di
tener in freno indomiti cavalli. Portavano in tes
o in testa un berretto semi-ovale sormontato da una stella. I colossi
di
Monte Cavallo a Roma, sono tra le più celebri sta
lossi di Monte Cavallo a Roma, sono tra le più celebri statue antiche
di
Dioscuri; veramente non un lavoro originale di sc
celebri statue antiche di Dioscuri; veramente non un lavoro originale
di
scalpello greco, bensì una copia ricavata da mode
lli in bronzo, ma in ogni modo una copia fatta bene e forse dell’ eta
di
Augusto. A Vienna trovasi un rilievo proveniente
evo proveniente dalla Licia, rappresentante il rapimento delle figlie
di
Leucippo, lavoro anche questo molto interessante.
e i primi inizii della loro civiltà, è Cecrope; più tardi pero anche
di
Cecrope, come di Cadmo, si favoleggiò che fosse v
della loro civiltà, è Cecrope; più tardi pero anche di Cecrope, come
di
Cadmo, si favoleggiò che fosse venuto dall’ Egitt
tore della cittadella (Cecropia), il fondatore del culto antichissimo
di
Zeus Hypatos e di Atena Polias. Sotto di Cecrope
lla (Cecropia), il fondatore del culto antichissimo di Zeus Hypatos e
di
Atena Polias. Sotto di Cecrope si diceva avesse a
atore del culto antichissimo di Zeus Hypatos e di Atena Polias. Sotto
di
Cecrope si diceva avesse avuto luogo la contesa d
tena Polias. Sotto di Cecrope si diceva avesse avuto luogo la contesa
di
Posidone e di Atena pel possesso dell’ Attica, e
otto di Cecrope si diceva avesse avuto luogo la contesa di Posidone e
di
Atena pel possesso dell’ Attica, e soggiungevasi
nza e rendeva possibile la coltura della terra, specie dell’ olivo, e
di
questa diffusione di coltura un po di merito spet
le la coltura della terra, specie dell’ olivo, e di questa diffusione
di
coltura un po di merito spettava ai primi abitato
la terra, specie dell’ olivo, e di questa diffusione di coltura un po
di
merito spettava ai primi abitatori del paese. Anc
rimi abitatori del paese. Anche al significato naturalistico del mito
di
Cecrope si riferisce il fatto che gli attribuivan
luvio Deucalioneo. Cacciato Cranao, si dice sia succeduto nel governo
di
Atene un Amfizione, figlio di Deucalione. Questi
anao, si dice sia succeduto nel governo di Atene un Amfizione, figlio
di
Deucalione. Questi sarebbe stato privato del regn
uesta consegnollo in una cassa chiusa alle sue sacerdotesse le figlie
di
Cecrope, proibendo di aprirla. Avendo esse disobb
na cassa chiusa alle sue sacerdotesse le figlie di Cecrope, proibendo
di
aprirla. Avendo esse disobbedito, vennero in puni
ndo di aprirla. Avendo esse disobbedito, vennero in punizione colpite
di
pazzia; ed Erittonio venne allevato dalla stessa
ato dalla stessa Dea nel suo santuario dell’ Acropoli, e fatto poi re
di
Atene. Anche ad Erittonio, come a Cecrope, la leg
’ altra leggenda relativa ad Erittonio, quella secondo la quale sotto
di
lui l’ Attica sarebbe stata invasa da Eumolpo fig
a quale sotto di lui l’ Attica sarebbe stata invasa da Eumolpo figlio
di
Posidone con buon numero di Traci e d’ Eleusini;
ca sarebbe stata invasa da Eumolpo figlio di Posidone con buon numero
di
Traci e d’ Eleusini; Erittonio, si diceva, non po
ì a vincerlo. Entrambi i capi sarebbero morti nello scontro. La tomba
di
Erittonio dicevasi conservata nell’ Eretteo, il s
i Erittonio dicevasi conservata nell’ Eretteo, il sacro antico tempio
di
Atena sull’ Acropoli, dove pure si conservava il
r sbaglio da lui stesso mentre ella lo spiava. In Atene dopo la morte
di
Eretteo, secondo la tradizione seguita dai Tragic
a nel seguente modo. Il primo Eretteo o Erittonio sarebbe stato padre
di
Pandione succeduto a lui nel regno; Pandione avre
uole Progne e Filomela; il secondo Eretteo poi sarebbe stato il padre
di
Orizia e di Procri e avrebbe avuto Ione per succe
e Filomela; il secondo Eretteo poi sarebbe stato il padre di Orizia e
di
Procri e avrebbe avuto Ione per successore. 3. De
e di Orizia e di Procri e avrebbe avuto Ione per successore. 3. Degna
di
ricordo la storia di Progne e Filomela. Progne er
ri e avrebbe avuto Ione per successore. 3. Degna di ricordo la storia
di
Progne e Filomela. Progne era andata sposa a Tese
do la storia di Progne e Filomela. Progne era andata sposa a Teseo re
di
Tracia, e con lui viveva da molti anni in buona c
on lui viveva da molti anni in buona compagnia. Le venne il desiderio
di
rivedere la sorella Filomela e pregò Teseo si rec
ela se n’ innamorò perdutamente; chiestala ed ottenutala col pretesto
di
condurla dalla sorella, la portò in luogo remoto
gliò crudelmente la lingua. La povera Filomela non poteva trovar modo
di
scampo e di vendetta, finalmente riuscì a far per
ente la lingua. La povera Filomela non poteva trovar modo di scampo e
di
vendetta, finalmente riuscì a far pervenire alla
le faceva conoscere la disgrazia sua. Progne tutta voltasi a pensieri
di
vendetta, profittando delle feste bacchiche, simu
la liberò e la condusse alla reggia, poi tutte e due insieme furenti
di
odio e di vendetta, sgozzarono il piccolo Iti che
e la condusse alla reggia, poi tutte e due insieme furenti di odio e
di
vendetta, sgozzarono il piccolo Iti che Progne av
avuto da Teseo, e tagliatene le membra le apprestarono in cibo al re;
di
che accortosi egli, voleva far scempio delle ree
lomela in rondine, com’ egli fu convertito in upupa. 4. Questo gruppo
di
leggende offriva begli argomenti alla poesia e al
’ aggirino intorno ad essi. Il ratto d’ Orizia tra altri fu argomento
di
tragedia ad Eschilo; Sofocle sceneggiò la leggend
ri fu argomento di tragedia ad Eschilo; Sofocle sceneggiò la leggenda
di
Procri e quella di Progne, imitato poi nell’ ulti
tragedia ad Eschilo; Sofocle sceneggiò la leggenda di Procri e quella
di
Progne, imitato poi nell’ ultima dai latini Livio
e Accio. E tutte tre queste leggende raccontò, con l’ usata ricchezza
di
colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto
queste leggende raccontò, con l’ usata ricchezza di colori e vivacità
di
sentimento, Ovidio nel sesto e nel settimo delle
nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli episodi più belli
di
tutta l’ opera. Anche diverse pitture vascolari h
utta l’ opera. Anche diverse pitture vascolari hanno rappresentazioni
di
queste scene, e se ne trovano in parecchi musei d
o i nomi dei più antichi re, faceva il secondo Eretteo padre oltrechè
di
Orizia e Procri, anche di un altro Cecrope e di M
e, faceva il secondo Eretteo padre oltrechè di Orizia e Procri, anche
di
un altro Cecrope e di Mezione; e dei pari al seco
retteo padre oltrechè di Orizia e Procri, anche di un altro Cecrope e
di
Mezione; e dei pari al secondo Cecrope assegnava
ondo Cecrope assegnava per figliuolo un secondo Pandione, fatto padre
di
Egeo, Pallante, Niso e Lico. Si diceva che questo
o e Lico. Si diceva che questo Pandione scacciato dal trono dai figli
di
Mezione o Mezionidi, si fosse rifugiato a Megara;
trono dai figli di Mezione o Mezionidi, si fosse rifugiato a Megara;
di
là i suoi quattro figli, teste nominati, i Pandio
e la sua città assediata da Minosse cretese ed è allora che la figlia
di
lui, Scilla, innamoratasi del forestiero assediat
glia di lui, Scilla, innamoratasi del forestiero assediatore, strappò
di
testa al padre quel capello d’ oro da cui dipende
o Ciris. Infine Egeo si trovò alle strette per causa dei Pallantidi e
di
Minosse; dai quali pericoli lo salvò solo il figl
di Minosse; dai quali pericoli lo salvò solo il figlio Teseo. — Prima
di
narrare le gesta di costui, si ricordi ancora tra
i pericoli lo salvò solo il figlio Teseo. — Prima di narrare le gesta
di
costui, si ricordi ancora tra i Mezionidi Dedalo
e una corporazione d’ artefici. 2. Venendo a dire più particolarmente
di
Teseo, l’ eroe più celebre e come a dire l’ Eracl
fu madre. Essendo Egeo senza figli ed essendosi rivolto all’ oracolo
di
Delfo, questi gli rispose in maniera ch’ ei non c
Trezene dal saggio Pitteo per averne consiglio; ivi conobbe la figlia
di
lui Etra e n’ ebbe un figliuolo che fu Teseo; ma
; ma siccome Etra era amata da Posidone, Teseo era detto anche figlio
di
Posidone. Se si considera che Egeo e Posidone s’
one s’ identificano, si capirà facilmente che Teseo figlio del mare e
di
Etra, ossia l’ aria serena, è ancora una personif
i tra Trezene e Ermione, coll’ ordine che quando Teseo fosse in grado
di
sollevare quel masso, allora prendesse spada e sa
el masso, lo sollevò facilmente, e da quel momento iniziò la sua vita
di
eroe. — Avviatosi ad Atene compì una serie di fat
ento iniziò la sua vita di eroe. — Avviatosi ad Atene compì una serie
di
fatti eroici. Generalmente se ne contano sei: 1º
ne contano sei: 1º fra Trezene ed Epidauro uccise Perifete, un figlio
di
Efesto, rozzo come il padre, che aggrediva i vian
come il padre, che aggrediva i viandanti e li uccideva con una mazza
di
ferro (perciò detto Corinete, dalla voce greca co
detto Corinete, dalla voce greca coryne, mazza). 2º Sull’ istmo tolse
di
mezzo un altro assassino, Sini, detto Pitiocampte
n altro assassino, Sini, detto Pitiocampte (Pityocamptes) o piegatore
di
pini, perchè attaccava i passeggieri a due pini p
e. 3º Uccise una selvaggia e pericolosa scrofa che infestava il bosco
di
Crominione. 4º Liberò lo stretto passo Scironico
da Corinto s’ era rifuggita ad Atene. E già Medea minacciava toglier
di
mezzo anche il nuovo venuto ed aveva preparato al
stacolo sorgeva contro lui da parte dei Pallantidi, i cinquanta figli
di
Pallante, che appunto volevano entrare in possess
e cacciati da Teseo. Così rimase Teseo col padre incontestato signore
di
Atene. Qui è da collocare la spedizione più peric
, secondo altra leggenda, lo avevano mandato contro il terribile toro
di
Maratona e n’ era rimasto vittima, mosse coll’ ar
o vittima, mosse coll’ armi alla vendetta. Prese Megara e fu occasion
di
morte, come già si raccontò, al re Niso; vinse an
ati dal Minotauro, il mostro mezzo uomo mezzo toro, nato dall’ unione
di
Pasifae con un toro mandato da Posidone, nascosto
ae con un toro mandato da Posidone, nascosto da Minosse nel labirinto
di
Cnosso (probabilmente ricordo di una divinità fen
e, nascosto da Minosse nel labirinto di Cnosso (probabilmente ricordo
di
una divinità fenicia, il dio Baal, rappresentato
di una divinità fenicia, il dio Baal, rappresentato appunto con testa
di
toro, onorato con sacrifizi umani). Già due volte
ributo personale era stato pagato dagli Ateniesi; poco dopo l’ arrivo
di
Teseo ad Atene, doveva aver luogo la terza spediz
fu guida ed aiuto la Dea Afrodite. La quale inflammo Ariadne, figlia
di
Minosse, di amorosa passione verso Teseo; e quest
aiuto la Dea Afrodite. La quale inflammo Ariadne, figlia di Minosse,
di
amorosa passione verso Teseo; e questo fu la salv
di Minosse, di amorosa passione verso Teseo; e questo fu la salvezza
di
lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo c
o; e questo fu la salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo
di
filo col quale egli potè penetrare nel labirinto,
nel suo ritorno, come a Nasso fu da lui abbandonata, e divenne moglie
di
Dioniso, già s’ è narrato nel capitolo relativo a
relativo a questo Dio. Nel ritorno ad Atene Teseo fu indiretta cagion
di
morte ad Egeo suo padre; erano rimasti d’ intesa
agion di morte ad Egeo suo padre; erano rimasti d’ intesa che in caso
di
felice ritorno avrebbe egli spiegato vela bianca
, mentre salpava con vela nera nell’ andata; Teseo tornando si scordò
di
spiegar vela bianca; Egeo vedendo la vela nera e
tiche; in ringraziamento alla sua divina protettrice istituì il culto
di
Afrodite Pandemo, e in onor di Dioniso ed Ariadna
ua divina protettrice istituì il culto di Afrodite Pandemo, e in onor
di
Dioniso ed Ariadna fondò le Oscoforie (oschophori
ed Ariadna fondò le Oscoforie (oschophoria), consistenti in una gara
di
corsa in cui venti giovani portavano tralci di vi
onsistenti in una gara di corsa in cui venti giovani portavano tralci
di
vite con grappoli e in una processione dal tempio
i vite con grappoli e in una processione dal tempio d’ Atena a quello
di
Dionisio, con sacrifizii; fondò pure le Pianepsie
(Pyanepsia) per il settimo giorno del mese Pianepsione, verso la fine
di
Ottobre, feste destinate a ringraziare la Divinit
dei frutti autunnali e lamentare colla fine dell’ estate la dipartita
di
Apollo. Politicamente Teseo riunì in una comunità
atenee a cui tutti gli Attici prendevano parte. — Delle altre imprese
di
Teseo, meritano ancora di essere ricordate le seg
ici prendevano parte. — Delle altre imprese di Teseo, meritano ancora
di
essere ricordate le seguenti: 1º ei domò il toro
, meritano ancora di essere ricordate le seguenti: 1º ei domò il toro
di
Maratona, quello stesso che Eracle aveva portato
con Piritoo e per fare cosa a lui grata scese all’ inferno allo scopo
di
rapire Persefone: ma Plutone mandò le Erinni a in
incatenarlo e farlo sedere a forza sopra un sasso che aveva la virtù
di
ritenere come incollati quelli che si posavan su.
llati quelli che si posavan su. Teseo fu più tardi liberato per opera
di
Eracle come si vedrà. Durante la sua assenza, i D
za, i Dioscuri ripresero la loro sorella dopo aver espuguato la città
di
Afidna ov’ ella era rinchiusa. 5º Insiem con Erac
tei seguì volontariamente Teseo ad Atene e divenne sua moglie e madre
di
quell’ ippolito (Hippolytos) che fini poi così tr
(Hippolytos) che fini poi così tragicamente, perchè accusato al padre
di
aver insidiato alla virtù delle sua matrigna Fedr
padre di aver insidiato alla virtù delle sua matrigna Fedra (sorella
di
Ariadne, sposata da Teseo dopo Antiopa), Teseo pr
ccasione costei anzichè unirsi alle sue conuazionali, combattè contro
di
loro a fianco dello sposo, ma venne uccisa. 7º Pr
caccia del cinghiale Calidonio; 8º e alla spedizione degli Argonauti,
di
cui parleremo appresso. — Riman da raccontare la
i Argonauti, di cui parleremo appresso. — Riman da raccontare la fine
di
Teseo. Toltagli la signoria di Atene da Menesteo
ppresso. — Riman da raccontare la fine di Teseo. Toltagli la signoria
di
Atene da Menesteo aiutato dai Dioscuri, egli si r
a di Atene da Menesteo aiutato dai Dioscuri, egli si recò nell’ isola
di
Sciro; ivi fu prima accolto benignamente dal re L
natogli da Fedra, riuscì a ottenere la successione. Più tardi le ossa
di
Teseo furono, per ordine dell’ oracolo, da Sciro
rio si può dire abbia dato il suo contributo a illustrare la leggenda
di
Teseo. La canto prima Omero in alcuni passi dell’
celebro alcuni momenti della leggenda, sopratutto le pietose vicende
di
Arianna; e la tragedia con Sofocle e Euripide sce
rianna; e la tragedia con Sofocle e Euripide sceneggiò la triste fine
di
Egeo e di Ippolito. Persino un dramma satirico fu
la tragedia con Sofocle e Euripide sceneggiò la triste fine di Egeo e
di
Ippolito. Persino un dramma satirico fu composto
o. Persino un dramma satirico fu composto da Euripide sull’ avventura
di
Schirone. È una biografia regolare, come si tratt
ardi tempi Plutarco. Tra i Latini ricordiamo Catullo, gentile cantore
di
Arianna nell’ Epitalamio di Peleo e di Tetide, e
atini ricordiamo Catullo, gentile cantore di Arianna nell’ Epitalamio
di
Peleo e di Tetide, e Ovidio che nell’ ottavo dell
diamo Catullo, gentile cantore di Arianna nell’ Epitalamio di Peleo e
di
Tetide, e Ovidio che nell’ ottavo delle Metamorfo
Ovidio che nell’ ottavo delle Metamorfosi narrò da par suo la caduta
di
Megara e l’ uccisione del Minotauro. Del pari ogn
e e arti minori, trassero ispirazione da qualche punto della leggenda
di
Teseo. In genere egli era figurato come un Eracle
a di Teseo. In genere egli era figurato come un Eracle, ma più svelto
di
corpo e più vivace d’ aspetto, le note che contra
la stirpe ionica in confronto della dorica; anch’ esso portava pelle
di
leone e mazza, qualche volta anche la clamide e i
ci. Su molti fra i pubblici monumenti ateniesi era scolpita la figura
di
Teseo: così nel tempio detto di Teseo le metope p
menti ateniesi era scolpita la figura di Teseo: così nel tempio detto
di
Teseo le metope portavano in rilievo rappresentaz
to di Teseo le metope portavano in rilievo rappresentazioni dei fatti
di
lui; alcune ancora esistono ma guaste e stroncate
del lato meridionale a rappresentare la Centauromachia con intervento
di
Teseo, e le metope del lato occidentale a figurar
a lotta degli Ateniesi contro le Amazoni. Anche nel campo dello scudo
di
Atena Parteno era raffigurata la lotta contro le
Atena Parteno era raffigurata la lotta contro le Amazoni. Pure fuori
di
Atene parecchi templi portavano ricordi statuari
azoni. Pure fuori di Atene parecchi templi portavano ricordi statuari
di
Teseo; il frontone occidentale del tempio di Zeus
rtavano ricordi statuari di Teseo; il frontone occidentale del tempio
di
Zeus in Olimpia lo aveva tra i combattenti contro
zione del fregio che ornava la colla del tempio d’ Apollo in Figalia,
di
cui importanti reliquie possiede ora il Museo Bri
ra il Museo Britannico. Noi presentiamo nella fig. 84 la riproduzione
di
un gruppo in bronzo, rappresentante la lotta di T
g. 84 la riproduzione di un gruppo in bronzo, rappresentante la lotta
di
Teseo contro il Minotauro, trovato non è molto pr
a nella valle superiore del Meandro e posseduto attualmente dal Museo
di
Berlino. Anche ricorderemo un bel rilievo della v
eo nel momento che trae fuori ili sotto il masso la spada e i sandali
di
suo padre. VII. Creta. a) Minosse e i
tricate. L’ eroe mitico dell’ isola e primo re fu Minosse. Era figlio
di
Zeus e di Europa. Costei, nata da un Fenice, dice
’ eroe mitico dell’ isola e primo re fu Minosse. Era figlio di Zeus e
di
Europa. Costei, nata da un Fenice, dice Omero, da
Agenore re dei Fenici, dicono i mitografi posteriori, quindi sorella
di
Cadmo, soleva andare a sollazzarsi colle ancelle
i, quindi sorella di Cadmo, soleva andare a sollazzarsi colle ancelle
di
Tiro sulla riva del mare. Vide, in mezzo all’ arm
a Zeus che aveva preso quell’ aspetto per accostarsi a lei. La figlia
di
Agenore s’ avvicina a si leggiadro animale e prim
n lui; egli posa il fianco sull’ arena ed offre il dorso alle carezze
di
lei e gode farsi adornare di flori le corna. Alfi
ll’ arena ed offre il dorso alle carezze di lei e gode farsi adornare
di
flori le corna. Alfine la regale donzella osò anc
i le corna. Alfine la regale donzella osò anche sedersi sulla schiena
di
lu; e allora il Dio si alza tosto, accostasi al l
tuffasi nell’ acqua e via sen va colla sua preda. Si poso nell’ isola
di
Creta. Ivi Europa divenne madre di Minosse, di Ra
lla sua preda. Si poso nell’ isola di Creta. Ivi Europa divenne madre
di
Minosse, di Radamanto (Rhadamanthus o Rhadamanthy
a. Si poso nell’ isola di Creta. Ivi Europa divenne madre di Minosse,
di
Radamanto (Rhadamanthus o Rhadamanthys), secondo
sse, di Radamanto (Rhadamanthus o Rhadamanthys), secondo alcuni anche
di
Sarpedone, eroe licio. Zeus poi laseiò Europa e i
uita dal Dio del cielo in forma d’ un bianco toro; appunto in Gortina
di
Creta si credeva pascolassero gli armenti del sol
credeva pascolassero gli armenti del sole; Asterio poi a cui i figli
di
Europa sono affidati non è che un’ altra forma di
o poi a cui i figli di Europa sono affidati non è che un’ altra forma
di
Zeus, e di fatti si parla anche di un Zeus Asteri
i figli di Europa sono affidati non è che un’ altra forma di Zeus, e
di
fatti si parla anche di un Zeus Asterios, come a
affidati non è che un’ altra forma di Zeus, e di fatti si parla anche
di
un Zeus Asterios, come a dire Dio degli astri, ci
fratelli, Minosse regnò solo in Creta e si sposò con Pasifae, figlia
di
Elio (altra personificazione della luna); da cui
essore nel governo, Deucalione, Glauco e Androgeo e alcune figliuole,
di
cui le più celebri furono Arianna (Ariadne) e Fed
dne) e Fedra. Minosse, ispirato dal padre, col quale dicevasi venisse
di
quando in quando a segreto colloquio, die’ savie
iritto al trono, ma la bellezza del toro gli suggeri la malvagia idea
di
appropriarselo e sacrificar un altro toro a Posid
o toro a Posidone. Ne fu ben punito, perchè il Dio ispirò alla moglie
di
Minosse Pasifae un pazzo amore per quel toro, si
e ridusselo al suo desiderio. Ne nacque il Minotauro, mostro composto
di
corpo umano con collo e testa di toro, che Minoss
nacque il Minotauro, mostro composto di corpo umano con collo e testa
di
toro, che Minosse fece rinchiudere nel labirinto
nchiudere nel labirinto costruttogli da Dedalo. Questo celebre figlio
di
Mezione e pronipote di Eretteo, avendo per gelosi
costruttogli da Dedalo. Questo celebre figlio di Mezione e pronipote
di
Eretteo, avendo per gelosia d’ arte ucciso il suo
pel re Minosse, tra altri edifici, il labirinto con tanti andirivieni
di
strade che niuno entratovi era in grado di uscirn
into con tanti andirivieni di strade che niuno entratovi era in grado
di
uscirne. A pascere il Minotauro la rinchiuso Mino
o, come Teseo li avesse alfine liberati venendo a Creta e coll’ aiuto
di
Arianna e di Dedalo penetrando nel labirinto e uc
li avesse alfine liberati venendo a Creta e coll’ aiuto di Arianna e
di
Dedalo penetrando nel labirinto e uccidendo il Mi
sgomentatosi pensò sfuggire per le vie aeree, e fabbricate delle ali
di
penne, le adattò con cera al suo corpo e a quello
a e staccatesi l’ aie, precipitò in quel mare che da lui ebbe il nome
di
Icario. Dedalo più prudente e più fortunato giuns
l nome di Icario. Dedalo più prudente e più fortunato giunse a Cuma e
di
là in Sicilia, dov’ ebbe benigna accoglienza dal
al re Cocalo. Là si recò subito anche Minosse per far vendetta contro
di
lui, e richiese a Cocalo la restituzione del fugg
non che ottenerla, fu egli stesso ucciso per istigazione delle figlie
di
Cocalo. Secondo una nota leggenda, ma di tarda fo
per istigazione delle figlie di Cocalo. Secondo una nota leggenda, ma
di
tarda formazione, Minosse diventò col fratello Ra
llo Radamanto e con Eaco il giudice dei morti nell’ Averno. Dei figli
di
Minosse, Catreo, come già si disse, gli succedett
come già si disse, gli succedette nel trono. Ebbe egli tre figliuole
di
cui una, Erope, sposa prima a Plistene poi ad Atr
uole di cui una, Erope, sposa prima a Plistene poi ad Atreo, fu madre
di
Agamennone e Menelao, l’ altra, Climene, sposa a
un figlio, Altemene, che andò a stabilirsi a Rodi fondandovi il culto
di
Zeus Atabyrios. Da questo figlio Altemene Catreo
ebbe morte secondo un’ antica disposizione dell’ oracolo. Altri figli
di
Minosse furono Deucalione che prese parte alla ca
alione che prese parte alla caccia del cinghiale Calidonio e fu padre
di
Idomeneo uno degli eroi Greci a Troia; Glauco che
roi Greci a Troia; Glauco che trovò fanciullo la sua morte in un vaso
di
miele dove cadde, ma fu richiamato in vita dall’
di miele dove cadde, ma fu richiamato in vita dall’ indovino Poliido
di
Argo, o secondo altri da Asclepio; infine l’ ulti
l medesimo in racconto notissimo dell’ ottavo libro (183-230) la fuga
di
Dedalo dal labirinto e la conseguente caduta fata
3-230) la fuga di Dedalo dal labirinto e la conseguente caduta fatale
di
Icaro; già abbiamo altrove ricordato dello stesso
abbiamo altrove ricordato dello stesso libro il racconto della caduta
di
Megara e dell’ uccisione del Minotauro (vv. 1-182
o. 1. Tra le leggende Cretesi è ancor da menzionare lo strano mito
di
Talo, l’ uomo di bronzo, leggenda che pare accenn
eggende Cretesi è ancor da menzionare lo strano mito di Talo, l’ uomo
di
bronzo, leggenda che pare accenni ad origine feni
icia e all’ uso dei sacrifizi umani. Talo dunque dicevasi fosse tutto
di
bronzo e invulnerabile; Efesto, o, secondo altri,
condo altri, Giove l’ aveva donato a Minosse come custode dell’ isola
di
Creta. Egli percorreva di corsa tre volte al gior
a donato a Minosse come custode dell’ isola di Creta. Egli percorreva
di
corsa tre volte al giorno l’ isola, e se qualche
imaneva presto dissanguato. E questo accaddegli allora che egli tento
di
impedire agli Argonauti reduci dalla Colchide lo
e nella letteratura e nell’ arte. Lo ricorda Simonide dicendolo opera
di
Efesto, lo ricorda Ibico chiamandolo delizia de’
opera di Efesto, lo ricorda Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani
di
Creta. Apollonio di Rodi nel quarto delle Argonau
ricorda Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani di Creta. Apollonio
di
Rodi nel quarto delle Argonautiche racconta poeti
to delle Argonautiche racconta poeticamente (v. 1638 e seg.) la morte
di
lui nel modo sopra riferito. Questo stesso tema s
su un vaso apulo rappresentante Talo che in seguito agli incantesimi
di
Medea muore nelle braccia dei Dioscuri. Le monete
le braccia dei Dioscuri. Le monete cretesi lo hanno sovente in figura
di
un giovane alato in atto di correre e di scagliar
monete cretesi lo hanno sovente in figura di un giovane alato in atto
di
correre e di scagliare pietre. VIII. Le legge
i lo hanno sovente in figura di un giovane alato in atto di correre e
di
scagliare pietre. VIII. Le leggende di Eracle
alato in atto di correre e di scagliare pietre. VIII. Le leggende
di
Eracle-Ercole. 1. Come Teseo era l’ eroe della
fossero diffusissime anche fra le popolazioni eolie, e in seguito sia
di
ventato l’ eroe nazionale dei Greci in genere. Sa
o l’ eroe nazionale dei Greci in genere. Salvochè al nucleo primitivo
di
queste leggende se ne aggiunsero e intrecciarono
momenti principali della vita dell’ eroe, ed avvertendo che molte son
di
origine relativamente recente, inventate o introd
ltre fonti per compire la biografia Eraclea. A) Nascita e giovinezza
di
Eracle. — Questa parte del racconto è stata elabo
è stata elaborata per lo più in Beozia. Eracle era detto discendente
di
Perseo, e fu certo il più illustre di questa stir
a. Eracle era detto discendente di Perseo, e fu certo il più illustre
di
questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di E
certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia
di
Elettrione e nipote di Perseo. Sposo a costei era
i questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote
di
Perseo. Sposo a costei era Anfitrione, nipote pur
trione e nipote di Perseo. Sposo a costei era Anfitrione, nipote pure
di
Perseo per via di Alceo. Or avendo Anfitrione ucc
Perseo. Sposo a costei era Anfitrione, nipote pure di Perseo per via
di
Alceo. Or avendo Anfitrione ucciso Elettrione, do
vendo Anfitrione ucciso Elettrione, dovè, per sottrarsi alla vendetta
di
Stenelo fratello dell’ ucciso, fuggire da Tirinto
accolse. Di qui mosse a una guerra contro i Teleboi o Tafi, colpevoli
di
aver invaso e saccheggiato il territorio di Elett
Teleboi o Tafi, colpevoli di aver invaso e saccheggiato il territorio
di
Elettrione e ucciso i fratelli di Alcmena. Gli è
invaso e saccheggiato il territorio di Elettrione e ucciso i fratelli
di
Alcmena. Gli è appunto durante l’ assenza di Anfi
ione e ucciso i fratelli di Alcmena. Gli è appunto durante l’ assenza
di
Anfitrione, che Zeus preso d’ amore per Alcmena l
ssenza di Anfitrione, che Zeus preso d’ amore per Alcmena la fè madre
di
Eracle. Di qui s’ intende come Eracle, sebben fig
a la fè madre di Eracle. Di qui s’ intende come Eracle, sebben figlio
di
Zeus, fosse anche detto Anfitrioniade. Gemello co
ello con Eracle, ma nato da Anfitrione, si disse Ificle. Eracle, nato
di
donna mortale, non doveva sfuggire all’ odio e al
non doveva sfuggire all’ odio e alla persecuzione della gelosamoglie
di
Zeus. Si manifestò quest’ ostilità fin dal primo
ella gelosamoglie di Zeus. Si manifestò quest’ ostilità fin dal primo
di
lui nascimento. Perchè, avendo Zeus, nel giorno i
ra il più forte dei Persidi, il quale sarebbe stato signore e sovrano
di
tutti i discendenti, Era, come dea dei parti, ric
utti i discendenti, Era, come dea dei parti, ricorse a quest’ astuzia
di
ritardare il parto di Alcmena e anticipare invece
a, come dea dei parti, ricorse a quest’ astuzia di ritardare il parto
di
Alcmena e anticipare invece di due mesi quello de
a quest’ astuzia di ritardare il parto di Alcmena e anticipare invece
di
due mesi quello della moglie di Stenelo; nacque q
parto di Alcmena e anticipare invece di due mesi quello della moglie
di
Stenelo; nacque quindi quel giorno Euristeo, al q
quale sebben vile ed imbelle, dovettero rimaner soggetti pel decreto
di
Zeus tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più f
pel decreto di Zeus tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più forte
di
lui. Non contenta di ciò, quando Eracle aveva ott
tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più forte di lui. Non contenta
di
ciò, quando Eracle aveva otto mesi, Era gli mando
one ottimi maestri; ma mentre egli faceva rapidi progressi nelle cose
di
guerra, essendo da Eurito esercitato nel trar d’
leone che infestava quel monte. Se da questo avesse ricavato la pelle
di
cui si rivestiva in seguito, o se dal leone di Ne
esse ricavato la pelle di cui si rivestiva in seguito, o se dal leone
di
Nemea di cui tra poco, la tradizione non sapeva d
vato la pelle di cui si rivestiva in seguito, o se dal leone di Nemea
di
cui tra poco, la tradizione non sapeva dire. Torn
oco, la tradizione non sapeva dire. Tornando a Tebe, incontrò i messi
di
Ergino, re dei Minii in Orcomeno, che si recavano
nii in Orcomeno, che si recavano a Tebe per ritirare l’ annuo tributo
di
100 buoi; egli taglio loro naso e orecchie e li r
vinti i Minii, egli non solo libero Tebe dal tributo ma obbligo quei
di
Orcomeno a un tributo doppio. In quella guerra mo
uto doppio. In quella guerra morì Anfitrione. Creonte grato ad Eracle
di
tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Mega
toria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei gli fecero dono
di
splendide armi. — A questo punto Euristeo re di T
i Dei gli fecero dono di splendide armi. — A questo punto Euristeo re
di
Tirinto (o Micene), chiamò Eracle al suo servizio
(o Micene), chiamò Eracle al suo servizio. Doveva, secondo il decreto
di
Zeus, compire dodici fatiche (il numero dodici fu
segni dello zodiaco), e così conseguire l’ immortalità. Alla chiamata
di
Euristeo, Eracle consulto l’ oracolo di Delfo, e
l’ immortalità. Alla chiamata di Euristeo, Eracle consulto l’ oracolo
di
Delfo, e n’ ebbe in risposta si rassegnasse al su
così la leggenda, uccise i suoi tre figli avuti da Megara e due figli
di
Iflcle. Tornato in sè, si recò a Tirinto per comp
recò a Tirinto per compiervi la sua missione. B) Eracle al servizio
di
Euristeo, o te dodici fatiche di Eracle. — Enumer
sua missione. B) Eracle al servizio di Euristeo, o te dodici fatiche
di
Eracle. — Enumeriamo qui le dodici fatiche second
orie, che si dissero, con greca voce, parerga. a) La lotta col leone
di
Nemea. Era un mostro nato da Tifone ed Echidna, e
one ed Echidna, ed aveva la pelle invulnerabile. Abitava nei dintorni
di
Nemea e Cleona. Eracle non potendo ferirlo nè col
ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli tolse la pelle, che gli servi
di
vestimento, come la testa gli serviva di elmo. b)
olse la pelle, che gli servi di vestimento, come la testa gli serviva
di
elmo. b) L’ Idra di Lerna. Era un grosso serpente
li servi di vestimento, come la testa gli serviva di elmo. b) L’ Idra
di
Lerna. Era un grosso serpente, nato anch’ esso da
hidna, con nove teste (il numero varia, alcuni dicono persin 10,000),
di
cui una immortale. Infestava i dintorni di di Ler
uni dicono persin 10,000), di cui una immortale. Infestava i dintorni
di
di Lerna nell’ Argolide uccidendo uomini e bestie
dicono persin 10,000), di cui una immortale. Infestava i dintorni di
di
Lerna nell’ Argolide uccidendo uomini e bestie. I
testa tagliata ne vedeva rinascer due. Allora, ricorrendo all’ aiuto
di
Iolao figlio di Ificle, suo fido compagno, fece d
ne vedeva rinascer due. Allora, ricorrendo all’ aiuto di Iolao figlio
di
Ificle, suo fido compagno, fece dare il fuoco ad
a questa fatica perche Eracle si fè aiutare da Iolao. c) Il cinghiale
di
Erimanto era sbucato dal monte Erimanto sul confi
l confini dell’ Acaia, dell’ Elide e dell’ Arcadia e guastava i campi
di
Psofi. Eracle lo inseguì e spinse sino alla cima
. Eracle lo inseguì e spinse sino alla cima del monte che era coperta
di
neve, e di là lo afferrò e s’ avviò per portario
inseguì e spinse sino alla cima del monte che era coperta di neve, e
di
là lo afferrò e s’ avviò per portario vivo ad Eur
anta paura che corse a nascondersi in una botte. Con quest’ avventura
di
Eracle si connette uno del parerga o fatiche acce
arte uccise e parte inseguì fino a Malea, dove si rifugiarono in casa
di
Chirone là cacciato dal Pelio per opera dei Lapit
to con un dardo d’ Eracle, e la ferita rimase insanabile. d) La cerva
di
Cerinea aveva le corna d’ oro e i piedi di rame;
se insanabile. d) La cerva di Cerinea aveva le corna d’ oro e i piedi
di
rame; era sacra ad Artemide, e soggiornava sul mo
in Arcadia la ferì con un dardo a un piede e la prese. e) Gli uccelli
di
Stinfalo abitavano sul lago di Stinfalo in Arcadi
a un piede e la prese. e) Gli uccelli di Stinfalo abitavano sul lago
di
Stinfalo in Arcadia, ed erano muniti di artigli,
i Stinfalo abitavano sul lago di Stinfalo in Arcadia, ed erano muniti
di
artigli, ali e becco di bronzo, e penne pure di b
lago di Stinfalo in Arcadia, ed erano muniti di artigli, ali e becco
di
bronzo, e penne pure di bronzo che essi lanciavan
adia, ed erano muniti di artigli, ali e becco di bronzo, e penne pure
di
bronzo che essi lanciavano come freccie. Eracle n
come freccie. Eracle ne uccise alcuni, altri spaventò con un sonaglio
di
bronzo datogli da Atena, si che non comparirono p
nauti, fuggirono all’ isola Arezia, vicino alla Colchide. f) Il cinto
di
Ippolita era un dono fatto a lei, regina delle Am
na delle Amazoni, da Ares. Or desiderava possederlo Admeta, la figlia
di
Euristeo. Eracle dovette dunque assumersi il comp
ta, la figlia di Euristeo. Eracle dovette dunque assumersi il compito
di
andarglielo a prendere. Si recò a Temiscira, la m
. La quale sulle prime era disposta a dare il cinto, ma Era in figura
di
Amazone diffuse la voce che si voleva rapire la r
altre, che son fra i parerga. Tra queste è da ricordare l’ avventura
di
Esione, figlia del re troiano Laomedonte, esposta
udata mercede, dopo l’ aiuto dato da lui e da Apollo a ri far le mura
di
Troia. Eracle ucciso il mostro, liberò la infelic
empo. g) Ripulimenlo delle stalle d’ Augia o Augea. Era costui figlio
di
Elios o Eleo re degli Epei nell’ Elide, ricco di
a. Era costui figlio di Elios o Eleo re degli Epei nell’ Elide, ricco
di
immensi armenti. Eracle doveva in un giorno netta
alle; impresa che veramente pareva impossibile. Augia stesso, sentito
di
che si trattava, non dubitò promettere il decimo
il decimo de’ suoi armenti, tanto era persuaso dell’ ineffettuabilità
di
un simile tentativo. Pure Eracle ci riuscì; giacc
Eracle ci riuscì; giacchè deviato il corso dell’ Alfeo o del Peneo o
di
tutte due, e fatte passar le acque nelle stalle d
lfeo o del Peneo o di tutte due, e fatte passar le acque nelle stalle
di
Augia, la forza della corrente facilmente trascin
Allora Eracle mandò un esercito contro l’ Elide; senonchè, in assenza
di
Augia, i Molionidi Eurito e Cteato sorpresero in
o, poi devastò il paese d’ Augia, e uccise lui stesso col figli. Dopo
di
che istituì i giochi Olimpici. h) Il toro di Cret
i stesso col figli. Dopo di che istituì i giochi Olimpici. h) Il toro
di
Creta era quello mandato da Posidone a preghiera
mpici. h) Il toro di Creta era quello mandato da Posidone a preghiera
di
Minosse, come s’ è narrato nelle leggende cretesi
o, e scorrendo il toro infuriato per l’ isola, Eracle ebbe il compito
di
prenderlo. Lo prese infatti e portò a Micene vivo
o. Lo prese infatti e portò a Micene vivo. Rimesso in libertà, figura
di
nuovo come toro di Maratona nella leggenda di Tes
e portò a Micene vivo. Rimesso in libertà, figura di nuovo come toro
di
Maratona nella leggenda di Teseo. i) Le cavalle d
esso in libertà, figura di nuovo come toro di Maratona nella leggenda
di
Teseo. i) Le cavalle di Diomede eran feroci besti
di nuovo come toro di Maratona nella leggenda di Teseo. i) Le cavalle
di
Diomede eran feroci bestie, a cui Diomede, re dei
e le portò vive ad Euristeo, il quale le rimise in libertà. l) I buoi
di
Gerione. Era questi un mostro, con tre corpi dal
Gerione. Era questi un mostro, con tre corpi dal ventre in su, figlio
di
Crisaore e di Callirroe; abitava nell’ isola Erit
uesti un mostro, con tre corpi dal ventre in su, figlio di Crisaore e
di
Callirroe; abitava nell’ isola Eritea (Erytheia)
Libia; gli si fa piantare le colonne da lui denominate sullo stretto
di
Gibilterra; si racconta che, offeso dai raggi coc
sole tramontante, puntò contro lui i suoi strali, onde Elios ammirato
di
tanto ardire gli lasciò l’ uso del suo battello d
tanto ardire gli lasciò l’ uso del suo battello d’ oro fatto a forma
di
tazza. Coll’ aiuto di questo potè l’ eroe passare
iò l’ uso del suo battello d’ oro fatto a forma di tazza. Coll’ aiuto
di
questo potè l’ eroe passare l’ Oceano e giungere
te Eurizione e il cane bicipite Ortro che erano a custodia del gregge
di
Gerione, se ne impossessò. Senonchè Gerione avver
tornò passando per l’ Iberia, la Gallia e l’ Italia e portò il gregge
di
Gerione ad Euristeo che lo sacrifîcò ad Era Argiv
. I Latini collocavano qui la lotta del loro Ercole col gigante Caco,
di
cui parleremo. m) I pomi aurei delle Esperidi. Er
i cui parleremo. m) I pomi aurei delle Esperidi. Erano questi un dono
di
nozze che Era aveva ricevuto da Gea in occasione
eus. Erano custoditi nell’ estremo occidente dalle Esperidi (le ninfe
di
ponente), figlie della notte e del drago Ladone,
se la sede delle Esperidi. Questo lo portò a nuovi e lunghi viaggi, e
di
qui l’ occasione di inventare molte altre avventu
eridi. Questo lo portò a nuovi e lunghi viaggi, e di qui l’ occasione
di
inventare molte altre avventure accessorie. Prima
ssorie. Prima per l’ Illiria si recò l’ eroe all’ Eridano, allo scopo
di
interrogare le ninfe di questo fiume intorno alla
iria si recò l’ eroe all’ Eridano, allo scopo di interrogare le ninfe
di
questo fiume intorno alla via da percorrere per g
o alla via da percorrere per giungere alle Esperidi. Gli fu suggerito
di
ricorrere all’ infallibile Nereo; egli lo sorpres
llora s’ avviò verso la Libia; ivi ebbe, secondo alcuni, l’ avventura
di
Anteo da altri riferita alla fatica precedente. P
ale lautamente imbandita. Dall’ Egitto Eracle si recò in Etiopia, poi
di
là dal mare in India, e giunse così al Caucaso do
ui riusciva al termine della spedizione; poichè Atlante s’ incaricava
di
andar lui a prendere i tre pomi d’ oro purchè Era
uristeo, tento lasciar Eracle nell’ imbarazzo. Ma questi, più scaltro
di
lui, lo pregò riassumesse il peso tanto almeno ch
uccidendo il drago dalle cento teste che li custodiva. n) La cattura
di
Cerbero fu l’ ultima e più grave fatica prescritt
dell’ Ade trovò Teseo e Piritoo legati in seguito al tentativo fatto
di
rapire Persefone. Eracle libero Teseo; e voleva a
rra ed allora egli desistò dall’ impresa. Ade poi gli diè il permesso
di
portare con sè il tricipite Cerbero, purchè riusc
luce del sole; e dopo averlo fatto vedere ad Euristeo, lo ricondusse
di
nuovo nell’ Inferno. Con questa fatica Ercole si
nuovo nell’ Inferno. Con questa fatica Ercole si liberò dal servizio
di
Euristeo. C) Gesta di Eracle dopo le dodici fati
on questa fatica Ercole si liberò dal servizio di Euristeo. C) Gesta
di
Eracle dopo le dodici fatiche. Tornato a Tebe, Er
incere lui e i suoi figli nel trar d’ arco. Eracle aspirava alla mano
di
Iole; venuto a gara con Eurito facilmente lo vins
ntanò da Ecalia l’ eroe; e poco dopo avuto in suo potere Ifito figlio
di
Eurito, lo precipitò giù dalle mura di Tirinto e
uto in suo potere Ifito figlio di Eurito, lo precipitò giù dalle mura
di
Tirinto e uccise. Più tardi si favoleggiava che I
di Tirinto e uccise. Più tardi si favoleggiava che Ifito fosse amico
di
Eracle e questi lo avesse ucciso in un accesso di
e Ifito fosse amico di Eracle e questi lo avesse ucciso in un accesso
di
follia. In ogni modo, versato questo sangue, occo
sato questo sangue, occorreva essere purificato. Ricorso all’ oracolo
di
Delfo, n’ ebbe ripulsa; adirato Eracle voleva far
n’ ebbe ripulsa; adirato Eracle voleva far violenza nel tempio stesso
di
Apollo, ed essendo comparso lo stesso Dio, con lu
i, la Pizia disse che Eracle doveva vivere per tre anni in condizione
di
schiavo. — Segue la leggenda della servitù a cui
genda della servitù a cui Eracle rimase soggetto presso Onfale, nglia
di
Iardano, vedova di Tmolo e regina della Lidia. È
a cui Eracle rimase soggetto presso Onfale, nglia di Iardano, vedova
di
Tmolo e regina della Lidia. È leggenda di origine
e, nglia di Iardano, vedova di Tmolo e regina della Lidia. È leggenda
di
origine lidia, poi intrecciata nei racconti greci
ei racconti greci; giacchè anche i Lidi avevano un loro eroe, solare,
di
nome Sandone che veneravano come capo di loro sti
vevano un loro eroe, solare, di nome Sandone che veneravano come capo
di
loro stirpe; e il carattere lidio della leggenda
; e il carattere lidio della leggenda si manifesta in quel non so che
di
effeminato e di sensuale che in essa si osserva.
lidio della leggenda si manifesta in quel non so che di effeminato e
di
sensuale che in essa si osserva. Dicevasi dunque
Dicevasi dunque che Eracle era vissuto per quei tre anni tra le donne
di
Onfale, filando lana come loro, anzi vestito da d
virile compì Eracle; presso Efeso prese e incatenò i Cercopi, specie
di
folletti scaltri e maliziosi che solevano fare ai
ndanti a lavorare nella sua vigna. — Tornato in libertà dalla servitù
di
Onfale, Eracle in unione con altri eroi Greci, co
elamone, Oicle, fece la sua spedizione contro Troia per trar vendetta
di
Laomedonte. La città fu presa e Laomedonte cadde
medonte cadde per mano d’ Eracle con tutti i suoi figli, ac eccezione
di
uno, Podarce. Eracle diede Esione in premio a Tel
Podarce. Eracle diede Esione in premio a Telamone, che la rese madre
di
Teucro; e poichè Esione ebbe da Eracle facoltà di
, che la rese madre di Teucro; e poichè Esione ebbe da Eracle facoltà
di
salvare col suo velo uno dei prigionieri, salvò s
anti. — Segue la spedizione contro Pilo, mossa dal fatto che Neleo re
di
Pilo aveva dato aiuto ai Molionidi, ovvero perchè
aveva dato aiuto ai Molionidi, ovvero perchè questi s’ era rifiutato
di
purgar Eracle dopo l’ uccisione di Ifito. Tale gu
ero perchè questi s’ era rifiutato di purgar Eracle dopo l’ uccisione
di
Ifito. Tale guerra contro i Pilii fu dai poeti po
e guerra contro i Pilii fu dai poeti posteriori narrata con una folia
di
particolari, e vennero introdotti a combattere an
ero introdotti a combattere anche gli Dei dell’ Olimpo, parte a favor
di
Neleo parte in aiuto di Eracle. Il quale avrebbe
ere anche gli Dei dell’ Olimpo, parte a favor di Neleo parte in aiuto
di
Eracle. Il quale avrebbe in tal occasione ferito
ompreso il terribile Periclimeno, che da Posidone aveva avuto il dono
di
assumere tutte le forme d’ animali che voleva. No
lla contro il re dei Lacedemonii. Era questi Ippocoonte, fratellastro
di
Tindareo, ed a lui aveva usurpato il regno. Eracl
uì la signoria a Tindareo. In questa occasione ebbe aiuto da Cefeo re
di
Tegea, e mentre era in questa città, generò con l
dell’ eroe la lotta sostenuta per ottenere in moglie Deianira, figlia
di
Eneo re degli Etoli e sorella di Meleagro e Tideo
ottenere in moglie Deianira, figlia di Eneo re degli Etoli e sorella
di
Meleagro e Tideo. Molti erano gli aspiranti, ma u
e; infine come toro perdette uno dei corni, che riempito da una ninfa
di
flori e frutti diventò il Corno dell’ abbondanza.
entauro Nesso. Dovendosi passare il fiume Eveno, Nesso era incaricato
di
traghettare Deianira; ma egli innamoratosi di lei
o, Nesso era incaricato di traghettare Deianira; ma egli innamoratosi
di
lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo
incaricato di traghettare Deianira; ma egli innamoratosi di lei tentò
di
fuggire colla bella preda. Un dardo di Eracle lo
egli innamoratosi di lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo
di
Eracle lo colse e gli fe’ pagar il fio di tanta a
colla bella preda. Un dardo di Eracle lo colse e gli fe’ pagar il fio
di
tanta audacia. Egli pur morendo fè terribile vend
prepararne dell’ unguento magico da assicurarsi in ogni caso l’ amore
di
suo marito. Si vedrà appresso qual inganno si nas
ro i Lapiti. Poi lottò in singolare tenzone con Cicno (Cycnos) figlio
di
Ares, presso Itone vicino al golfo di Pagase; e n
nzone con Cicno (Cycnos) figlio di Ares, presso Itone vicino al golfo
di
Pagase; e non solo uccise il suo avversario, ma f
ella guerra che era accorso in aiuto del figliuolo. D) Ultime vicende
di
Eracle e sua apoteosi. L’ ultima impresa di Eracl
liuolo. D) Ultime vicende di Eracle e sua apoteosi. L’ ultima impresa
di
Eracle fu la spedizione contro Eurito di Ecalia p
apoteosi. L’ ultima impresa di Eracle fu la spedizione contro Eurito
di
Ecalia per vendicare l’ affronto di avergli rifiu
le fu la spedizione contro Eurito di Ecalia per vendicare l’ affronto
di
avergli rifiutato la figlia Iole. La città fu con
mano del vincitore. Ma ecco nel ritorno a Trachine, Deianira, saputo
di
Iole, credendo assicurarsi l’ amore del marito co
ento avuto da Nesso, mandò in dono ad Eracle una bianca veste intrisa
di
quell’ unguento. L’ eroe senza sospetto la indoss
senti il corpo infiammarglisi e corrodersi, tentò strapparsi la veste
di
dosso; invano, s’ era così appiccicata alla carne
lore uccisa. Allora vedendo tutto perduto, ordinato a suo figlio Illo
di
sposar Iole, tornò sull’ Oeta, ivi fe’ erigere un
amme. Ma niuno de’ suoi voleva dar fuoco al rogo; infine Peante padre
di
Filottete o Filottete stesso che passava di là, g
rogo; infine Peante padre di Filottete o Filottete stesso che passava
di
là, gli rese questo servizio, in compenso di che
ttete stesso che passava di là, gli rese questo servizio, in compenso
di
che egli a lui donò il suo areo e le sue freccie.
i visse cogli immortali, e riconciliato con Era, ebbe da Zeus il dono
di
eterna gioventù, fatto sposo di Ebe, da cui ebbe
ciliato con Era, ebbe da Zeus il dono di eterna gioventù, fatto sposo
di
Ebe, da cui ebbe due figli, Alexiare e Aniceto. 2
o. 2. Tali sono i tratti più caratteristici della complicata leggenda
di
Eracle. Sebbene sia impossibile veder chiaro nell
eggenda di Eracle. Sebbene sia impossibile veder chiaro nell’ origine
di
questo intreccio di racconti, pur si capisce che
ebbene sia impossibile veder chiaro nell’ origine di questo intreccio
di
racconti, pur si capisce che qui si trovan mescol
aiuto nelle difficili congiunture della vita, specialmente col titoli
di
Soter, salvatore, e Alexicacos, allontanatore dei
e, massime che i molti viaggi attribuiti a lui offrivano l’ occasione
di
intrecciare ai racconti di provenienza ellenica a
gi attribuiti a lui offrivano l’ occasione di intrecciare ai racconti
di
provenienza ellenica altri di origine o almeno di
l’ occasione di intrecciare ai racconti di provenienza ellenica altri
di
origine o almeno di riferimento locale. Solitamen
ecciare ai racconti di provenienza ellenica altri di origine o almeno
di
riferimento locale. Solitamente la favola della s
. Solitamente la favola della spedizione contro Gerione e del ritorno
di
Ercole per l’ Italia era ampliata in tal senso. S
stanziato sul Palatino Evandro, dal quale era stato accolto con segni
di
amicizia; ma passando col suo armento per le pend
ove erano stati condotti, li trascinò alla sua grotta. Ma il muggito
di
questi bovi allontanati a forza dall’ armento fè
eva fatto scoprir il furto, eresse nel luogo della zuffa un altare in
di
lui onore e gli sacrificò uno dei buoi ricuperati
liberato quei luoghi da un così terribile nemico. Di qui il principio
di
un culto d’ Ercole nella religione romana. Gli fu
ntino e il Palatino, e a poco a poco anche dei templi, come il tempio
di
Hercules victor ivi stesso, e un altro a pie’ del
e della città, un giovenco o una giovenca, e anche i privati, in caso
di
guadagno, offrissero la decima parte ad Ercole pe
vano specialmente gli uomini, come le donne preferibilmente in quello
di
Castore. Anche pei Romani Ercole presiedeva alle
nnasii, e come Hercules defensor o salutaris veniva invocato nei casi
di
disgrazia. 4. Eracle nella letteratura classica h
clee. Già nell’ Iliade sono ricordate le fatiche compiute in servizio
di
Euristeo, sebbene non ne sia ancora fissato il nu
in servizio di Euristeo, sebbene non ne sia ancora fissato il numero
di
dodici, e altre gesta, fra cui specialmente la sp
momenti della storia Eraclea, attenendosi specialmente alle leggende
di
Trachine e dell’ Oeta; poesie speciali compose pe
Trachine e dell’ Oeta; poesie speciali compose per celebrare le nozze
di
Ceice con intervento di Eracle, e la lotta con Ci
oesie speciali compose per celebrare le nozze di Ceice con intervento
di
Eracle, e la lotta con Cicno il figlio di Ares; q
zze di Ceice con intervento di Eracle, e la lotta con Cicno il figlio
di
Ares; quest’ ultimo componimento esiste tuttora s
io di Ares; quest’ ultimo componimento esiste tuttora sotto il titolo
di
« scudo di Eracle », perche la descrizione delle
quest’ ultimo componimento esiste tuttora sotto il titolo di « scudo
di
Eracle », perche la descrizione delle armi e dell
llo scudo dell’ eroe viene ad essere l’ argomento principale. Tacendo
di
altri epici minori, è da ricordare Pisandro di Ro
to principale. Tacendo di altri epici minori, è da ricordare Pisandro
di
Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il quale nel suo
7º sec. av. C. il quale nel suo celebre poema, intitolato « le gesta
di
Eracle » (Herakleia), fu uno dei primi a parlare
fu uno dei primi a parlare delle dodici fatiche cominciando dal leone
di
Nemea, dal quale l’ eroe doveva ricavare la pelle
doveva ricavare la pelle onde si vestiva e la clava. Segue in ordine
di
tempo Stesicoro che tratto di avventure isolate,
si vestiva e la clava. Segue in ordine di tempo Stesicoro che tratto
di
avventure isolate, come la lotta con Cerbero, l’
tratto di avventure isolate, come la lotta con Cerbero, l’ uccisione
di
Gerione ecc. con singolare vivacità di colori. Pi
otta con Cerbero, l’ uccisione di Gerione ecc. con singolare vivacità
di
colori. Più di tutti va menzionato qui Paniasi d’
o, l’ uccisione di Gerione ecc. con singolare vivacità di colori. Più
di
tutti va menzionato qui Paniasi d’ Alicarnasso, d
va menzionato qui Paniasi d’ Alicarnasso, del 5º sec. av. C. parente
di
Erodoto, autore di un poema in quattordici libri,
Paniasi d’ Alicarnasso, del 5º sec. av. C. parente di Erodoto, autore
di
un poema in quattordici libri, collo stesso titol
Erodoto, autore di un poema in quattordici libri, collo stesso titolo
di
quel di Pisandro, col quale si può dire i raccont
autore di un poema in quattordici libri, collo stesso titolo di quel
di
Pisandro, col quale si può dire i racconti eracle
ci inserirono qua e là nelle loro opere cenni e ricordi dell’ eroismo
di
Eracle; bastimi ricordar Pindaro, che nella prima
oso, vincitore in una lotta equestre, celebra con nobil arte la lotta
di
Eracle fanciullo col dragoni mandatigli da Era. A
eggiassero molti momenti della vita d’ Eracle, epperò tra le tragedie
di
Sofocle e di Euripide ve ne sono parecchie, e non
lti momenti della vita d’ Eracle, epperò tra le tragedie di Sofocle e
di
Euripide ve ne sono parecchie, e non delle men be
e non delle men belle intorno ad Eracle; basti ricordare le Trachinie
di
Sofocle che s’ aggirano intorno alla presa di Eca
ricordare le Trachinie di Sofocle che s’ aggirano intorno alla presa
di
Ecalia e alle ultime vicende dell’ eroe. Altri fr
filosofia trovò pascolo nelle cose Eraclee, foggiando un Eracle tipo
di
forza, di costanza nelle avversità, modello da pr
trovò pascolo nelle cose Eraclee, foggiando un Eracle tipo di forza,
di
costanza nelle avversità, modello da proporre ai
za, di costanza nelle avversità, modello da proporre ai giovani avidi
di
gloria. Tale è il noto racconto del Sofista Prodi
na donna apparsagli, tutta vezzi e lusinghe, gli vien descritta piena
di
gioie e di riso, o quella della virtù che da altr
parsagli, tutta vezzi e lusinghe, gli vien descritta piena di gioie e
di
riso, o quella della virtù che da altra donna, pi
nell’ aspetto, gli vien additata, aspra a percorrersi ma apportatrice
di
gloria e di immortalità; Eracle sceglie naturalme
o, gli vien additata, aspra a percorrersi ma apportatrice di gloria e
di
immortalità; Eracle sceglie naturalmente la secon
ie naturalmente la seconda. Ancora nell’ età alessandrina la leggenda
di
Eracle die’ argomento a lavori poetici diversi, o
omento a lavori poetici diversi, o trattata per intiero come da Riano
di
Creta, o parzialmente come da Teocrito e da Mosco
o di Creta, o parzialmente come da Teocrito e da Mosco, le cui poesie
di
ispirazione eraclea vanno tra le migliori, che va
ti la letteratura mitologica. — Anche nella letteratura latina i miti
di
Ercole sono spesso ricordati e celebrati. Già tra
ie che la plebe romana vide rappresentare e gustò, v’ è l’ Anfitrione
di
Plauto, dove lo scambio del marito di Alcmena e d
are e gustò, v’ è l’ Anfitrione di Plauto, dove lo scambio del marito
di
Alcmena e di Giove dà luogo a scene lepidissime e
v’ è l’ Anfitrione di Plauto, dove lo scambio del marito di Alcmena e
di
Giove dà luogo a scene lepidissime e piacevolissi
ta, si rende degno d’ una gloria immortale. In tal senso Orazio parla
di
lui quando descrive l’ uomo retto e costante ne’
ome quelle d’ Ercole; quindi troviamo narrata nel nono libro la lotta
di
Ercole con Acheloo pel possesso di Deianira, poi
mo narrata nel nono libro la lotta di Ercole con Acheloo pel possesso
di
Deianira, poi il turpe tentativo di Nesso e l’ uc
i Ercole con Acheloo pel possesso di Deianira, poi il turpe tentativo
di
Nesso e l’ uccisione di lui, e il triste dono fat
possesso di Deianira, poi il turpe tentativo di Nesso e l’ uccisione
di
lui, e il triste dono fatto dalla innamorata Deia
dell’ eroe sul rogo. Ancora nel duodecimo libro è menzionata la lotta
di
Ercole contro i Nelidi, specialmente contro Peric
Periclimeno, a cui nulla giovò la facoltà ottenuta dall’ avo Posidone
di
prendere a suo bell agio qualunque forma desidera
vo Posidone di prendere a suo bell agio qualunque forma desiderasse e
di
bel nuovo deporla. Finalmente ricordiamo qui la t
derasse e di bel nuovo deporla. Finalmente ricordiamo qui la tragedia
di
Seneca intitolata Hercules Furens, nella quale si
quando tornato dall’ Inferno dove aveva liberato Teseo, uccide Lico e
di
poi, divenuto furioso, uccide l’ infelice Megara
tra dello stesso Seneca Hercules Oelaeus, la quale, come le Trachinie
di
Sofocle, rappresenta la dolorosa morte e l’ apote
ell’ eroe. All’ arti figurative e specialmente alla statuaria il tipo
di
Ercole e le sue gesta offrivano inesauribile font
atuaria il tipo di Ercole e le sue gesta offrivano inesauribile fonte
di
argomenti. Quando si rappresentava Ercole solo, p
rappresentava Ercole solo, per lo più si cercava rendere l’ immagine
di
una forza straordinaria; quindi testa piccola e c
muscoli. Sopra tutti gli altri ottenne celebrità per rappresentazioni
di
questo genere lo scultore Lisippo, della giovane
scultore Lisippo, della giovane scuola Argiva, il quale si compiaceva
di
rendere nel bronzo la bellezza corporea, consider
bellezza corporea, considerata così nella calma come nell’ agitazione
di
commossi atteggiamenti. Famosa tra l’ altre la su
i commossi atteggiamenti. Famosa tra l’ altre la sua statua colossale
di
Ercole in bronzo ch’ era in Taranto, e da Taranto
iata sulla mano sinistra in aria mesta e pensierosa. Altro capolavoro
di
Lisippo era una statuetta, quasi ninnolo da mensa
dici fatiche; un gruppo fatto in origine per un santuario della città
di
Alizia in Acarnania, più tardi trasportato a Roma
di Alizia in Acarnania, più tardi trasportato a Roma. — Tra le statue
di
Ercole ancora esistenti, ha il primo luogo il col
ancora esistenti, ha il primo luogo il colosso conosciuto col titolo
di
« Ercole Farnese » trovato l’ anno 1540 nelle Ter
uto col titolo di « Ercole Farnese » trovato l’ anno 1540 nelle Terme
di
Caracalla, ora nel Museo Nazionale di Napoli (v.
rovato l’ anno 1540 nelle Terme di Caracalla, ora nel Museo Nazionale
di
Napoli (v. la fig. 85). L’ eroe è in riposo dopo
iche passate e le future. Secondo l’ iscrizione, sarebbe quest’ opera
di
Glicone Ateniese; ma alcuni credono si abbia qui
ese; ma alcuni credono si abbia qui piuttosto una copia od imitazione
di
qualche statua di Lisippo. Artisticamente più imp
dono si abbia qui piuttosto una copia od imitazione di qualche statua
di
Lisippo. Artisticamente più importante, sebbene g
sebbene giunto a noi in condizioni tristissime, è il così detto torso
di
Belvedere in Vaticano, opera di Apollonio Atenies
ni tristissime, è il così detto torso di Belvedere in Vaticano, opera
di
Apollonio Ateniese, figlio di Nestore, trovato al
o torso di Belvedere in Vaticano, opera di Apollonio Ateniese, figlio
di
Nestore, trovato al tempo di Giulio II, in campo
ano, opera di Apollonio Ateniese, figlio di Nestore, trovato al tempo
di
Giulio II, in campo di Fiori, dove sorgeva il tea
Ateniese, figlio di Nestore, trovato al tempo di Giulio II, in campo
di
Fiori, dove sorgeva il teatro di Pompeo. È parte
vato al tempo di Giulio II, in campo di Fiori, dove sorgeva il teatro
di
Pompeo. È parte di una grande figura sedente, del
ulio II, in campo di Fiori, dove sorgeva il teatro di Pompeo. È parte
di
una grande figura sedente, della quale rimangono
endo l’ ordine biografico, non rara era in antico la rappresentazione
di
Ercole che strozza in culla i serpenti. Già il pi
Già il pittore Zeusi aveva dipinto questa scena aggiungendo le figure
di
Alcmena e di Anfitrione che riguardano spaventati
e Zeusi aveva dipinto questa scena aggiungendo le figure di Alcmena e
di
Anfitrione che riguardano spaventati. Nel Museo d
igure di Alcmena e di Anfitrione che riguardano spaventati. Nel Museo
di
Napoli si ammira ancor ora una pittura di Ercolan
rdano spaventati. Nel Museo di Napoli si ammira ancor ora una pittura
di
Ercolano sullo stesso soggetto, e una statuetta d
or ora una pittura di Ercolano sullo stesso soggetto, e una statuetta
di
scena analoga è nella Galleria degli Ulfizi a Fir
o del Museo Capitolino; i rilievi delle metope occidentali del tempio
di
Teseo in Atene e quelle del tempio di Zeus in Oli
e metope occidentali del tempio di Teseo in Atene e quelle del tempio
di
Zeus in Olimpia, di cui alcune si conservano nel
del tempio di Teseo in Atene e quelle del tempio di Zeus in Olimpia,
di
cui alcune si conservano nel Museo del Louvre a P
. Fra le imprese accessorie dette Parerga, quella che s’ incontra più
di
frequente è la lotta col centauri; ve ne son grup
requente è la lotta col centauri; ve ne son gruppi statuari nel Museo
di
Firenze e pitture vascolari in vasi di Volci e al
son gruppi statuari nel Museo di Firenze e pitture vascolari in vasi
di
Volci e altri. L’ incontro col centauro Nesso ris
l centauro Nesso riscontrasi in una pittura pompeiana che è nel Museo
di
Napoli; l’ eroe porta in collo il piccolo figliuo
i sta in umile atteggiamento Nesso il quale sembra chiedergli facoltà
di
tragittare Deianira. — Nella corte del Palazzo Pi
l Palazzo Pitti a Firenze è un celebre gruppo rappresentante la lotta
di
Ercole col gigante Anteo; e della liberazione di
presentante la lotta di Ercole col gigante Anteo; e della liberazione
di
Prometeo esiste una bella rappresentazione in un
ilia e ora conservato nel museo Capitolino. — A ricordare l’ incontro
di
Ercole con Atlante, il reggitore del mondo, giovi
ovi la fig. 86, rappresentante una celebre statua del Museo Nazionale
di
Napoli. — Tra i vari monumenti dove si raffiguran
nale di Napoli. — Tra i vari monumenti dove si raffigurano i rapporti
di
Ercole e di Onfale, il più importante e bello è i
li. — Tra i vari monumenti dove si raffigurano i rapporti di Ercole e
di
Onfale, il più importante e bello è il gruppo mar
e di Onfale, il più importante e bello è il gruppo marmoreo del Museo
di
Napoli; ove vedesi Onfale vestita della pelle leo
Onfale vestita della pelle leonina e colla clava nella destra in atto
di
riguardare con aria di dileggio l’ eroe vestito d
lle leonina e colla clava nella destra in atto di riguardare con aria
di
dileggio l’ eroe vestito da donna colla rocca in
Capitolo terzo. Leggende relative ad imprese cui presero parte eroi
di
diversi paesi. I. La caccia al cinghiale di
i presero parte eroi di diversi paesi. I. La caccia al cinghiale
di
Calidone. 1. Era re di Calidone in Etolia Eneo
versi paesi. I. La caccia al cinghiale di Calidone. 1. Era re
di
Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea,
1. Era re di Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea, figlia
di
Testio re di Pleurone, altra città dell’ Etolia.
Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea, figlia di Testio re
di
Pleurone, altra città dell’ Etolia. Loro figlio e
lenne festa, celebrata in seguito ad abbondante vendemmia, trascurato
di
sacrificare ad Artemide, questa si vendicò mandan
vendicò mandando un fiero ed enorme cinghiale a infestare i dintorni
di
Calidone. Questa belva faceva danni d’ ogni manie
i Castore e Polluce, Teseo e l’ amico suo Piritoo, Linceo e Ida figli
di
Afareo, Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle
e, Teseo e l’ amico suo Piritoo, Linceo e Ida figli di Afareo, Admeto
di
Fere, Giasone di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, P
co suo Piritoo, Linceo e Ida figli di Afareo, Admeto di Fere, Giasone
di
Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, Peleo padre di Ach
Ida figli di Afareo, Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle e Iolao
di
Tebe, Peleo padre di Achille, Telamone di Salamin
Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, Peleo padre
di
Achille, Telamone di Salamina, Anceo figlio di Li
ne di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, Peleo padre di Achille, Telamone
di
Salamina, Anceo figlio di Licurgo, la bella cacci
o di Tebe, Peleo padre di Achille, Telamone di Salamina, Anceo figlio
di
Licurgo, la bella cacciatrice Atalanta di Arcadia
e di Salamina, Anceo figlio di Licurgo, la bella cacciatrice Atalanta
di
Arcadia, e il noto vate Anfiarao d’ Argo. Dopo al
lanta di Arcadia, e il noto vate Anfiarao d’ Argo. Dopo alcuni giorni
di
feste in onor degli ospiti, fu indetta la caccia.
dar un colpo d’ ascia al cinghiale ebbe il corpo lacerato dalle zanne
di
esso e stramazzò morto a terra; morì pure Ileo e
eo e molti dei cani. Alfine un dardo ben diretto dal vigoroso braccio
di
Meleagro ferì la belva mortalmente e allora fu fa
fu dato naturalmente a Meleagro, ma egli, tutto preso dalla bellezza
di
Atalanta, lo cedette a lei, dicendo che spettava
ferito il cinghiale. Ciò destò le gelosie degli altri e specialmente
di
Plessippo e Tosseo figli di Testio e zii materni
stò le gelosie degli altri e specialmente di Plessippo e Tosseo figli
di
Testio e zii materni di Meleagro. Costoro, tese i
ri e specialmente di Plessippo e Tosseo figli di Testio e zii materni
di
Meleagro. Costoro, tese insidie ad Atalanta, le t
sero vilmente il dono che aveva avuto da Meleagro. Il quale indignato
di
questo li uccise. Ne nacque guerra tra gli Etoli
ignato di questo li uccise. Ne nacque guerra tra gli Etoli e i Cureti
di
Pleurone. Da principio quei di Calidone eran supe
nacque guerra tra gli Etoli e i Cureti di Pleurone. Da principio quei
di
Calidone eran superiori, ma poi avendo Altea, per
d’ assedio dai nemici. In questa distretta gli anziani e i sacerdoti
di
Calidone si volgono a Meleagro e lo pregano a rip
e istessa, ma Meleagro rimane irremovibile, come Achille nella guerra
di
Troia quand’ era adirato contro Agamennone per la
ntro Agamennone per la schiava toltagli. Alla fine riuscì alla moglie
di
Meleagro, Cleopatra, di ammansare quel firo animo
chiava toltagli. Alla fine riuscì alla moglie di Meleagro, Cleopatra,
di
ammansare quel firo animo. Riprese le armi e post
nte sconfitti; senonchè l’ eroe etolo non doveva tornar più dal campo
di
battaglia; la crudele erinni, che aveva udito la
o tardi pentitasi, si tolse la vita. Se ben si considera, la leggenda
di
Meleagro eroe etolo, non differisce dalle altre l
di Meleagro eroe etolo, non differisce dalle altre leggende regionali
di
cui s’ è parlato nel capitolo precedente, e in fo
ali di cui s’ è parlato nel capitolo precedente, e in fondo si tratta
di
un mito naturale, giacchè la lotta col cinghiale,
giacchè la lotta col cinghiale, la lotta dell’ eroe contro un mostro
di
natura, è costante espressione mitica della lotta
essante; e coll’ andar del tempo si fecero entrar in scena anche eroi
di
altre regioni greche; sicchè un primitivo mito lo
re regioni greche; sicchè un primitivo mito locale divenne narrazione
di
un’ impresa nazionale, acquistando così sempre ma
maggiore importanza. 2. Dopochè Omero aveva reso popolare il racconto
di
Meleagro nella sua prima forma, presto altri gene
nella sua prima forma, presto altri generi letterari si impadronirono
di
questo tipo, per crearvi intorno altre opere d’ a
Euripide svolgendo specialmente la parte più patetica, cioè l’ amore
di
Meleagro per Atalanta e l’ acerba morte dell’ ero
colari della pugna, e l’ uccisione dei Testiadi e il lungo ondeggiare
di
Altea prima di risolversi a vendicar la morte dei
gna, e l’ uccisione dei Testiadi e il lungo ondeggiare di Altea prima
di
risolversi a vendicar la morte dei fratelli levan
olversi a vendicar la morte dei fratelli levando dal fuoco il tizzone
di
Meleagro, e il dolore dei Calidonesi dopo la mort
te del loro giovine eroe e specialmente i mesti lamenti delle sorelle
di
lui in ultimo trasformate in uccelli. Una bella r
ia Calidonea ammiravano gli antichi sul frontone orientale del tempio
di
Atena Alea in Tegea d’ Arcadia, opera del grande
di Atena Alea in Tegea d’ Arcadia, opera del grande Scopa; il gruppo
di
mezzo era formato dal cinghiale e dalle figure di
de Scopa; il gruppo di mezzo era formato dal cinghiale e dalle figure
di
Meleagro, Teseo e Atalanta, disgraziatamente la p
di Meleagro, Teseo e Atalanta, disgraziatamente la parte monumentale
di
questo tempio, salvo pochi frammenti, è perduta.
esso si rappresentava il solo Meleagro e generalmente secondo un tipo
di
bellezza e di forza insieme. La figura 87 riprodu
sentava il solo Meleagro e generalmente secondo un tipo di bellezza e
di
forza insieme. La figura 87 riproduce appunto una
ellezza e di forza insieme. La figura 87 riproduce appunto una statua
di
questo genere, conservata nel Museo Vaticano. Si
sto genere, conservata nel Museo Vaticano. Si avverta quel non so che
di
malinconico che è nel viso di questo bel giovane.
eo Vaticano. Si avverta quel non so che di malinconico che è nel viso
di
questo bel giovane. II. La spedizione degli
tto regionale che a poco a poco ha preso l’ importanza d’ un’ impresa
di
tutta la nazione. A raccontar tutto chiaro, bisog
r tutto chiaro, bisogna rifarci un po’ dall’ alto. — Atamante, figlio
di
Eolo, era re dei Minii in Orcomeno di Beozia. Ave
dall’ alto. — Atamante, figlio di Eolo, era re dei Minii in Orcomeno
di
Beozia. Aveva in moglie Nefele (= la nuvola) e da
Ma poi lasciò la moglie celeste per sposare donna terrena, Ino figlia
di
Cadmo, dalla quale ebbe Learco e Melicerte, come
admo, dalla quale ebbe Learco e Melicerte, come già si disse parlando
di
Ino Leucotea (vedi pagina 206). Di che offesa Nef
andonò la terra, e per castigo inviò un’ ostinata siccità sulla terra
di
Atamante. Ino pensando approfittarsi di questa co
ostinata siccità sulla terra di Atamante. Ino pensando approfittarsi
di
questa congiuntura per toglier di mezzo i figli d
tamante. Ino pensando approfittarsi di questa congiuntura per toglier
di
mezzo i figli del primo letto, cercava indurre lo
tà. Allora Nefele intervenne in aiuto de’ suoi figli, e fe’ loro dono
di
un ariete dal vello d’ oro datole a questo scopo
n facendo, cadde Elle in mare, quel mare che da lei ricevette il nome
di
Ellesponto; Frisso invece giunse felicemente in C
te a Zeus protettore de’ fuggenti, e appese il vello d’ oro nel bosco
di
Ares facendovelo custodire da un terribile drago,
ile drago, sempre vigilante. Sposò anche ivi Calchiope, figlia del re
di
quella terra Eeta (Aietes). In conseguenza di tut
alchiope, figlia del re di quella terra Eeta (Aietes). In conseguenza
di
tutto ciò, riportare dall’ estero il vello d’ oro
di tutto ciò, riportare dall’ estero il vello d’ oro, come una specie
di
talismano atto a liberare la patria dai mali ond’
atria dai mali ond’ era angustiata, divenne per gli eroi della stirpe
di
Eolo il compito principale. Atamante stesso s’ ac
glio Melicerte saltando in mare e affidandosi alle deità marine. Dopo
di
che, essendo Atamante fuggito in Epiro, la signor
dei Minii passò a Creteo, suo fratello. Questi ebbe da Tiro figliuola
di
un terzo fratello più giovane, Salmoneo, tre figl
Tiro figliuola di un terzo fratello più giovane, Salmoneo, tre figli,
di
cui il maggiore chiamavasi Esone (Aeson). Questi
, ma ne fu discacciato da un fratellastro Pelia, che era detto figlio
di
Tiro e di Posidone. A stento potè Esone salvare d
discacciato da un fratellastro Pelia, che era detto figlio di Tiro e
di
Posidone. A stento potè Esone salvare dalla perse
di Tiro e di Posidone. A stento potè Esone salvare dalla persecuzione
di
Pelia il suo piccolo figlio Giasone (Iason), affi
in tutte quelle arti nelle quali solevano ammaestrarsi i nobili figli
di
Eroi. Giunto ai venti anni, mosse alla volta di I
trarsi i nobili figli di Eroi. Giunto ai venti anni, mosse alla volta
di
Iolco coll’ idea di obbligar lo zio a dargli la s
i di Eroi. Giunto ai venti anni, mosse alla volta di Iolco coll’ idea
di
obbligar lo zio a dargli la signoria a cui aveva
colo si guardasse da un forestiero monosandalo. Perciò preso sospetto
di
lui, e d’ altra parte non osando usare aperta vio
etto di lui, e d’ altra parte non osando usare aperta violenza, pensò
di
disfarsi dell’ incomodo ospite affidandogli qualc
vventura. Dichiarò pertanto gli avrebbe ceduto volentieri la signoria
di
Iolco, a condizione che egli si recasse a prender
Di qui la spedizione degli Argonauti. Giasone fe’ costruire nel portò
di
Iolco una nave a cinquanta remi, che dal nome del
e il nome degli eroi che presero parte alla spedizione, molta varietà
di
tradizioni. Nei tempi più antichi si nominavano s
tutti gli eroi della generazione immediatamente anteriore alla guerra
di
Troia, quindi i Dioscuri, i Boreadi, Telamone, Pe
omune, gli Argonauti salpati da Iolco toccaron terra prima all’ isola
di
Lenno, ove stettero alcun tempo colle Lenniesi ch
tempo colle Lenniesi che avevano tutte ucciso i loro infedeli mariti;
di
là per l’ Ellesponto giunsero a Cizico, ove furon
o, ove furono benevolmente accolti da Cizico, re dei Dolioni. Partiti
di
là, furono da una notturna tempesta risospinti a
Dolioni vennero a battaglia, nella quale il re Cizico cadde morto; e
di
dolore s’ uccise anche la sposa di lui Cleite e l
quale il re Cizico cadde morto; e di dolore s’ uccise anche la sposa
di
lui Cleite e le ninfe de’ boschi la piansero, e d
inia ov’ erano i Bebrici, e Amico loro re. Ivi Polluce venuto a lotta
di
pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmide
enuto a lotta di pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmidesso
di
Tracia ov’ era un indovino cieco, Fineo; questi a
Salmidesso di Tracia ov’ era un indovino cieco, Fineo; questi a patto
di
esser liberato delle Arpie che infestavan quelle
; specialmente li avvisò del difficile passo delle Simplegadi, specie
di
scogli all’ entrata del Ponto Eusino, i quali alt
, e con tanta velocità che ben difficilmente una nave poteva passarvi
di
mezzo. Così istruiti gli Argonauti riuscirono fel
no, arrivarono prima al paese delle Amazoni, poi all’ isola Aretias o
di
Marte dove erano gli uccelli Stinfalii che Eracle
nfalii che Eracle aveva fatto fuggire dall’ Arcadia. Cacciatili anche
di
là, insieme col figli di Frisso che nel ritorno d
atto fuggire dall’ Arcadia. Cacciatili anche di là, insieme col figli
di
Frisso che nel ritorno dalla Colchide avevano nau
ide avevano naufragato a quell’ isola, giunsero nella sospirata terra
di
Eeta (Aietes), figlio del dio del Sole. — Rimanev
di Eeta (Aietes), figlio del dio del Sole. — Rimaneva il duro compito
di
rapire il vello d’ oro gelosamente custodito da u
elosamente custodito da un drago. Qui entra in scena Medea, la figlia
di
Eeta, che ha tanta parte in questa leggenda. Inna
a figlia di Eeta, che ha tanta parte in questa leggenda. Innamoratasi
di
Giasone s’ impegnò ad aiutarlo. E prima prometten
amoratasi di Giasone s’ impegnò ad aiutarlo. E prima promettendo Eeta
di
cedere il vello d’ oro a Giasone purchè aggiogass
giogasse due tori che sbuffavan fuoco dalle narici e avevan l’ unghie
di
bronzo, e con essi arasse un tratto di terreno se
alle narici e avevan l’ unghie di bronzo, e con essi arasse un tratto
di
terreno seminando nei solchi denti di drago e com
zo, e con essi arasse un tratto di terreno seminando nei solchi denti
di
drago e combattesse tutti gli uomini armati che n
omini armati che ne sarebbero nati, Medea che era maga e sacerdotessa
di
Ecate, die’ a Giasone un farmaco magico atto a di
ana forza. Così Giasone superò tutti gli ostacoli, e quando dai denti
di
drago seminati balzarono su tanti guerrieri, egli
ti di drago seminati balzarono su tanti guerrieri, egli per consiglio
di
Medea, gettò fra loro una grossa pietra, ond’ ess
onsiglio di Medea, gettò fra loro una grossa pietra, ond’ essi ciechi
di
furore volsero l’ armi uno contro l’ altro e a vi
ello. Allora Giasone si decise a rapirlo; e addormentato col farmachi
di
Medea il vigile drago, prese il vello e lo portò
in Occidente. Invano Eeta mandò gente a inseguirli; Medea trovò modo
di
trattenerli uccidendo e facendo a brani un fratel
con sè, Absirto, e gettando i pezzi a uno a uno nel mare; sicchè quei
di
Eeta si trattenevano a raccogliere que’ pezzi per
a, e i fuggiaschi guadagnarono terreno. Secondo altri, Absirto figlio
di
Eeta, era il condottiero delle genti mandate dal
sono dati molto diversi. Secondo gli uni tornarono per la stessa via
di
prima; secondo altri, risalendo il Fasi, fiume de
asi, fiume della Colchide, sarebbero giunti nell’ Oceano Orientale, e
di
là attraverso il Mar Rosso nel Nilo, ovvero per i
fiume Istro o Danubio sarebbero riusciti nell’ Oceano Occidentale, e
di
là per le colonne d’ Ercole sarebbero rientrati n
l vello d’ oro a Pelia. Ma questi non volle già mantenere la promessa
di
cedergli il regno; allora Medea pensò lei a torlo
nere la promessa di cedergli il regno; allora Medea pensò lei a torlo
di
mezzo; persuase le figlie di Pelia che tagliando
il regno; allora Medea pensò lei a torlo di mezzo; persuase le figlie
di
Pelia che tagliando a pezzi il padre e facendoli
eparati, avrebbero a lui ridonato fiorente giovinezza; così le figlie
di
Pelia divennero senza volerlo parricide. Rimase a
elia divennero senza volerlo parricide. Rimase al regno Acasto figlio
di
Pelia, che si proponeva anche di vendicare il pad
icide. Rimase al regno Acasto figlio di Pelia, che si proponeva anche
di
vendicare il padre; onde Giasone e Medea furono o
sopra un carro tirato da un drago alato. Ivi ebbe un figlio da Egeo,
di
nome Medo, e con questo poi tornò in Colchide all
, di nome Medo, e con questo poi tornò in Colchide allorchè per opera
di
Teseo dovette lasciare anche Atene. Giasone trovò
go che gli si sfracellò addosso. 2. La leggenda degli Argonauti è una
di
quelle che offrirono più copiosi materiali alla l
o de’ suoi momenti, nobili opere ai poeti posteriori; la quarta Pizia
di
Pindaro versa intorno a questo soggetto; molte de
izia di Pindaro versa intorno a questo soggetto; molte delle tragedie
di
Eschilo, Sofocle, Euripide mettono in iscena Gias
tragedie intitolate Medea, quella d’ Euripide rappresentante le scene
di
Corinto, imitata da Ennio nella Medea exul, l’ al
ante le scene di Corinto, imitata da Ennio nella Medea exul, l’ altra
di
Ennio stesso riferentesi alla Medea in Atene, que
xul, l’ altra di Ennio stesso riferentesi alla Medea in Atene, quella
di
Accio, sceneggiante la fuga dalla Colchide e la M
tene, quella di Accio, sceneggiante la fuga dalla Colchide e la Medea
di
Ovidio tanto lodata dai contemporanei. È da menzi
o lodata dai contemporanei. È da menzionare in modo speciale il poema
di
Apollonio liodio intitolato le Argonautiche, imit
timo libre delle Metamorfosi che narra poeticamente tutta la leggenda
di
Medea. Non sono poi molto numerosi i monumenti d’
bel bassorilievo è nel Museo Lateranense, e rappresenta Medea in atto
di
preparare i suoi farmachi circondata dalle Peliad
a notevole rappresentazione dello sbarco in Bitinia e della punizione
di
Amico. III. Il ciclo Tebano. 1. La patetica
patetica istoria della famiglia dei Labdacidi in Tebe era così ricca
di
caratteri e di fatti che costituì per tempo come
ia della famiglia dei Labdacidi in Tebe era così ricca di caratteri e
di
fatti che costituì per tempo come un ciclo di leg
sì ricca di caratteri e di fatti che costituì per tempo come un ciclo
di
leggende, il quale fornì inesauribile materia e a
esto ne abbiamo riservato l’ esposizione a questo luogo. Laio, figlio
di
Labdaco e pronipote di Cadmo, aveva avuto l’ avvi
to l’ esposizione a questo luogo. Laio, figlio di Labdaco e pronipote
di
Cadmo, aveva avuto l’ avviso dall’ oracolo, non g
in Omero è chiamata Epicasta) die’ alla luce un figlio, prima premura
di
Laio fu di esporlo, e torlo così di mezzo. Ma un
chiamata Epicasta) die’ alla luce un figlio, prima premura di Laio fu
di
esporlo, e torlo così di mezzo. Ma un pastore Cor
lla luce un figlio, prima premura di Laio fu di esporlo, e torlo così
di
mezzo. Ma un pastore Corinzio, trovato sul Citero
vato sul Citerone quel bambino abbandonato, lo raccolse e portò al re
di
Corinto, di nome Polibo; il quale essendo senza f
erone quel bambino abbandonato, lo raccolse e portò al re di Corinto,
di
nome Polibo; il quale essendo senza figli adottò
e « dai piedi gonfi », perchè presentava appunto questa particolarità
di
avere enfiati i piedi. Così crebbe Edipo nella pe
enfiati i piedi. Così crebbe Edipo nella persuasione che Polibo e la
di
lui moglie Merope (o Peribea) fossero i suoi veri
erchè avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre. Egli allora pensò
di
evitar Corinto, dove credeva aver lasciato i suoi
dove credeva aver lasciato i suoi genitori, e s’ avviò per la strada
di
Tebe. A un certo punto, in un passo angusto, si i
o sulla Sfinge. Il cocchiere che era con Laio ordina al giovane Edipo
di
dar luogo; ne nasce una contesa, nella quale Edip
Tebè, Edipo incontrò la famosa Sfinge. Era questa un mostro col corpo
di
leone e la faccia di donna, mandato da Era, adira
la famosa Sfinge. Era questa un mostro col corpo di leone e la faccia
di
donna, mandato da Era, adirata contro Laio, a inf
gava i passanti a sciogliere il celebre enigma, qual fosse l’ animale
di
quattro gambe al mattino, di due a mezzogiorno, d
il celebre enigma, qual fosse l’ animale di quattro gambe al mattino,
di
due a mezzogiorno, di tre alla sera; chi non sape
l fosse l’ animale di quattro gambe al mattino, di due a mezzogiorno,
di
tre alla sera; chi non sapeva rispondere, lo ucci
ccideva buttandolo giù in un profondo burrone. Appena saputo la morte
di
Laio, Creonte suo cognato preoccupato del continu
nato preoccupato del continuo pericolo della Sfinge, promise il trono
di
Tebe e la mano della vedova Giocasta a chi avesse
rì, onde Edipo entrò trionfante in Tebe e n’ ebbe secondo la promessa
di
Creonte, il trono e la mano di Giocasta; divenne
in Tebe e n’ ebbe secondo la promessa di Creonte, il trono e la mano
di
Giocasta; divenne così inconsciamente sposo di su
te, il trono e la mano di Giocasta; divenne così inconsciamente sposo
di
sua madre avverando il terribile oracolo che pesa
mente sposo di sua madre avverando il terribile oracolo che pesava su
di
lui. Ma nè egli nè lei non ne sapevano nulla anco
chè nei racconti più antichi non si dà alcuna discendenza al connubio
di
Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli
denza al connubio di Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli
di
Edipo e di Euriganea figlia di Iperfante, sposata
nnubio di Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli di Edipo e
di
Euriganea figlia di Iperfante, sposata da lui dop
sua madre e quei quattro figuran figli di Edipo e di Euriganea figlia
di
Iperfante, sposata da lui dopo Giocasta. Dopo qua
una terribile pestilenza venne a infierire in Tebe e insieme si patì
di
grande carestia. Interrogato l’ oracolo, rispose
Interrogato l’ oracolo, rispose si cacciasse dalla città l’ uccisore
di
Laio. Edipo s’ affanna a ricercare il colpevole;
del servo che l’ aveva esposto bambino e che era scampato alla strage
di
Laio, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisor
ato alla strage di Laio, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisore
di
Laio, sicchè egli era parricida e sposo di sua ma
è egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parricida e sposo
di
sua madre? A tal terribile scoperta, Giocasta si
scoperta, Giocasta si appicca, Edipo si cava gli occhi. Non contenti
di
ciò i Tebani l’ obbligarono ad abbandonare Tebe e
ieco, accompagnato dalla sua amorosa figliuola Antigone, andò errando
di
luogo in luogo in cerca di pace, finchè a Colono,
a amorosa figliuola Antigone, andò errando di luogo in luogo in cerca
di
pace, finchè a Colono, demo dell’ Attica, ebbe ri
rza d’ un oracolo, un luogo d’ asilo della terra Attica. Tale la fine
di
Edipo secondo Sofocle; che gli epici antichi in a
morì a Tebe e ivi fu sepolto; secondo altri ebbe sepoltura ad Eteone
di
Beozia in un santuario di Demeter. Morto Edipo, l
lto; secondo altri ebbe sepoltura ad Eteone di Beozia in un santuario
di
Demeter. Morto Edipo, la maledizione che pesava s
in un santuario di Demeter. Morto Edipo, la maledizione che pesava su
di
lui, secondo il concetto degli antichi, doveva na
oveva naturalmente ricadere sopra i figliuoli. Quindi un’ altra serie
di
guai. Eteocle e Polinice s’ eran convenuti di reg
Quindi un’ altra serie di guai. Eteocle e Polinice s’ eran convenuti
di
regnare in Tebe alternatamente un anno ciascuno.
o al fratello; il quale allora si rifugiò presso Adrasto della stirpe
di
Amitaone, re di Argo; proprio nello stesso tempo
l quale allora si rifugiò presso Adrasto della stirpe di Amitaone, re
di
Argo; proprio nello stesso tempo che vi cercava r
proprio nello stesso tempo che vi cercava rifugio anche Tideo figlio
di
Eneo fuggito da Calidone. Adrasto accolse i due f
neo fuggito da Calidone. Adrasto accolse i due fuggiaschi promettendo
di
rimetterli in trono, e die’ loro in ispose le sue
figliuole Argia e Deipile. E subito intraprese la guerra contro il re
di
Tebe Eteocle. È la guerra detta dei sette contro
nice e Tideo vi presero parte altri quattro eroi, Capaneo discendente
di
Preto, Ippomedonte nipote di Adrasto, Partenopeo
altri quattro eroi, Capaneo discendente di Preto, Ippomedonte nipote
di
Adrasto, Partenopeo fratello di Adrasto, o, secon
cendente di Preto, Ippomedonte nipote di Adrasto, Partenopeo fratello
di
Adrasto, o, secondo favole più recenti, figlio di
Partenopeo fratello di Adrasto, o, secondo favole più recenti, figlio
di
Meleagro e di Atalanta, infine Anfiarao, il celeb
tello di Adrasto, o, secondo favole più recenti, figlio di Meleagro e
di
Atalanta, infine Anfiarao, il celebre veggente de
agro e di Atalanta, infine Anfiarao, il celebre veggente della stirpe
di
Melampo cognato di Adrasto stesso. Veramente Anfi
infine Anfiarao, il celebre veggente della stirpe di Melampo cognato
di
Adrasto stesso. Veramente Anfiarao che per la sua
po cognato di Adrasto stesso. Veramente Anfiarao che per la sua virtù
di
antivedere le cose sapeva che la spedizione sareb
a male, non voleva prendervi parte e aveva tentato sfuggire ai messi
di
Adrasto che ne lo sollecitavano; ma Polinice aven
rasto che ne lo sollecitavano; ma Polinice avendo subornato la moglie
di
lui Erifile donandole lo splendido monile di Armo
endo subornato la moglie di lui Erifile donandole lo splendido monile
di
Armonia (bello a vedere ma ne pendeva la sventura
esito sfavorevole. S’ erano bensì i sette disposti colle loro schiere
di
contro alle sette porte di Tebe per cingerla di r
bensì i sette disposti colle loro schiere di contro alle sette porte
di
Tebe per cingerla di regolare assedio; alcuni di
ti colle loro schiere di contro alle sette porte di Tebe per cingerla
di
regolare assedio; alcuni di loro compirono anche
tro alle sette porte di Tebe per cingerla di regolare assedio; alcuni
di
loro compirono anche prodigi di valore, come Tide
cingerla di regolare assedio; alcuni di loro compirono anche prodigi
di
valore, come Tideo; ma tutto invano; Tiresia avev
utto invano; Tiresia aveva predetto ai Tebani la vittoria, quando uno
di
loro si consacrasse alla morte; vi si offerse Men
uno di loro si consacrasse alla morte; vi si offerse Meneceo, figlio
di
Creonte, precipitandosi dalle mura nella grotta g
Creonte, precipitandosi dalle mura nella grotta già abitata dal drago
di
Ares; allora tutto a rovescio per gli assalitori;
o a rovescio per gli assalitori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio
di
resistere anche al fuoco di Zeus, venne fulminato
ori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio di resistere anche al fuoco
di
Zeus, venne fulminato dall’ alto delle scalate mu
oi ottenuto da Teseo s’ interponesse presso Creonte, il nuovo signore
di
Tebe, per ottenere licenza di dar sepoltura ai mo
onesse presso Creonte, il nuovo signore di Tebe, per ottenere licenza
di
dar sepoltura ai morti. — Dieci anni dopo, i figl
egli Epigoni o seconda guerra Tebana. Vi presero parte Egialeo figlio
di
Adrasto, Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice,
da guerra Tebana. Vi presero parte Egialeo figlio di Adrasto, Diomede
di
Tideo, Tersandro di Polinice, Stenelo di Capaneo,
presero parte Egialeo figlio di Adrasto, Diomede di Tideo, Tersandro
di
Polinice, Stenelo di Capaneo, Promaco di Partenop
o figlio di Adrasto, Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice, Stenelo
di
Capaneo, Promaco di Partenopeo, Alcmeone di Anfia
Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice, Stenelo di Capaneo, Promaco
di
Partenopeo, Alcmeone di Anfiarao, ultimo Eurialo
ndro di Polinice, Stenelo di Capaneo, Promaco di Partenopeo, Alcmeone
di
Anfiarao, ultimo Eurialo di Mecisteo. Non combatt
Capaneo, Promaco di Partenopeo, Alcmeone di Anfiarao, ultimo Eurialo
di
Mecisteo. Non combattendo essi contro il volere d
padri, ma anzi con buoni auspici, ebbero fortuna. Laodamante, figlio
di
Eteocle, che ora governava in Tebe spiegò tutta l
saccheggiata. Una buona parte del bottino, e fra essa Manto la figlia
di
Tiresia fu mandata a Delfo come sacra offerta ad
a Delfo come sacra offerta ad Apollo, lu Tebe ebbe il regno Tersandro
di
Polinice, il quale poi prese parte alla guerra di
il regno Tersandro di Polinice, il quale poi prese parte alla guerra
di
Troia, ma vi perdette la vita. 2. Le leggende del
ema antichissimo col titolo « la Tebaide ». A questo attinse Antimaco
di
Colofone, contemporaneo di Platone, autore di un
« la Tebaide ». A questo attinse Antimaco di Colofone, contemporaneo
di
Platone, autore di un vasto poema dello stesso ti
questo attinse Antimaco di Colofone, contemporaneo di Platone, autore
di
un vasto poema dello stesso titolo; a cui fa risc
sso titolo; a cui fa riscontro nella letteratura latina il noto poema
di
Stazio. Le avventure speciali di Alcmeone, ucciso
lla letteratura latina il noto poema di Stazio. Le avventure speciali
di
Alcmeone, uccisore di sua madre Erifile, e perciò
il noto poema di Stazio. Le avventure speciali di Alcmeone, uccisore
di
sua madre Erifile, e perciò perseguitato dalle Er
eguitato dalle Erinni finchè ebbe espiazione e pace a Psofi per opera
di
Fegeo, alla cui figlia Alfesibea (o Arsinoe) dive
Alfesibea (o Arsinoe) divenuta sua moglie donò il peplo e il collare
di
Armonia tolto alla madre, ucciso poi dai fratelli
plo e il collare di Armonia tolto alla madre, ucciso poi dai fratelli
di
Alfesibea e venerato dopo morte con divini onori,
dopo morte con divini onori, queste avventure formarono l’ argomento
di
una poesia intitolata « Alcmeonide ». Fra i poeti
lirici si ricorda Stesicoro il quale trattò poeticamente la leggenda
di
Erifile. Ma sopra tutto i Tragici attinsero a pie
Ma sopra tutto i Tragici attinsero a piene mani a questa ricca fonte
di
leggende; Eschilo col « Sette contro Tebe » scene
e fratelli, al cui odio si contrappose l’ indole affettuosa e gentile
di
Antigone che al fine della tragedia dichiarava en
ntile di Antigone che al fine della tragedia dichiarava energicamente
di
voler, contro l’ ordine del re, dar sepoltura al
icamente di voler, contro l’ ordine del re, dar sepoltura al cadavere
di
Polinice; Sofocle riprese questo stesso motivo po
facendo della pietosa sorella il personaggio principale dei dramma; e
di
Edipo sceneggiò la sventura in due tragedie che s
atori fra i Latini; e si posson ricordar qui le Fenicie e l’ Alcmeone
di
Ennio, la Peribea di Pacuvio, la Tebaide, le Feni
si posson ricordar qui le Fenicie e l’ Alcmeone di Ennio, la Peribea
di
Pacuvio, la Tebaide, le Fenicie, l’ Antigone, gli
di Pacuvio, la Tebaide, le Fenicie, l’ Antigone, gli Epigoni e altre
di
Azzio, poi ancora l’ Edipo e le Fenicie di Seneca
igone, gli Epigoni e altre di Azzio, poi ancora l’ Edipo e le Fenicie
di
Seneca. A un così numeroso stuolo di opere letter
poi ancora l’ Edipo e le Fenicie di Seneca. A un così numeroso stuolo
di
opere letterarie relative al ciclo tebano non pos
l ciclo tebano non possiamo mettere a riscontro un numero rispondente
di
opere d’ arte; anzi queste sono relativamente sca
rispondente di opere d’ arte; anzi queste sono relativamente scarse o
di
poca importanza. Abbastanza frequenti le statue d
e statue della Sfinge, che a differenza della Sfinge egiziana, tronco
di
leone senz’ ali con petto e testa d’ uomo maschio
maschio, soleva raffigurarsi con tronco leonino alato e petto e testa
di
giovine donzella. Era ritenuta come simbolo del c
IV. Il ciclo Troiano. Eccoci all’ ultimo e più importante ciclo
di
leggende eroiche, qual’ è quello relativo alla gu
qual’ è quello relativo alla guerra Troiana, a cui presero parte eroi
di
diverse stirpi e di diverse regioni della Grecia.
ivo alla guerra Troiana, a cui presero parte eroi di diverse stirpi e
di
diverse regioni della Grecia. Esporremo brevissim
diverse regioni della Grecia. Esporremo brevissimamente le principali
di
tali leggende, dicendo prima delle stirpi eroiche
del ritorno. 1. I principali eroi greci che presero parte alla guerra
di
Troia, furono Agamennone e Menelao, Achille, Aiac
i Troia, furono Agamennone e Menelao, Achille, Aiace Telamonio, Aiace
di
Oileo, Diomede, Nestore ed Ulisse. Daremo brevi c
o in quel modo che già si espose parlando del regno dei morti. Figlio
di
Zeus, possessore di estesissimi fondi, era così b
ià si espose parlando del regno dei morti. Figlio di Zeus, possessore
di
estesissimi fondi, era così bene viso agli Dei ch
nte esposte in varie leggende. Alfine, colma la misura venne il tempo
di
pagare il fio di tanti delitti. Come abbia perdut
rie leggende. Alfine, colma la misura venne il tempo di pagare il fio
di
tanti delitti. Come abbia perduto regno e vita no
delitti. Come abbia perduto regno e vita non è detto; si conosce solo
di
lui la detta pena d’ oltre tomba. Figli di Tantal
n è detto; si conosce solo di lui la detta pena d’ oltre tomba. Figli
di
Tantalo furono Niobe e Pelope; sul quali ricadend
ne, furono perseguitati anch’ essi dalla sventura. La storia dolorosa
di
Niobe fu già da noi narrata dove si parlava delle
li alati donatigli da Posidone, poi guadagnossi Mirtilo, il cocchiere
di
Enomao inducendolo a levar i cavicchi dalle ruote
dalle ruote del cocchio del suo padrone e a sostituirli con cavicchi
di
cera. Così Pelope vinse la gara ed Enomao o rimas
ell’ Elide; mal ripagò poi Mirtilo del servizio resogli, che in luogo
di
dargli metà del regno come aveva promesso, lo pre
o da suo padre Ermes mutato nella costellazione dell’ auriga. — Figli
di
Pelope e di Ippodamia furono Atreo e Tieste (Thye
re Ermes mutato nella costellazione dell’ auriga. — Figli di Pelope e
di
Ippodamia furono Atreo e Tieste (Thyestes), altre
almeno secondo le leggende posteriori, perchè delle tragiche vicende
di
questi due fratelli Omero non conosce nulla ancor
lli Omero non conosce nulla ancora. Cominciarono a rendersi colpevoli
di
un fratricidio, uccidendo per istigazione di Ippo
ono a rendersi colpevoli di un fratricidio, uccidendo per istigazione
di
Ippodamia il loro consanguineo Crisippo che Pelop
pararono colla madre in Micene presso il loro cognato Stenelo, figlio
di
Perseo, o presso il figlio di lui Euristeo. Dopo
presso il loro cognato Stenelo, figlio di Perseo, o presso il figlio
di
lui Euristeo. Dopo la costui morte entrarono in p
ssesso della signoria d’ Argo, abitando Atreo in quel superbo palazzo
di
Micene, del quale ancora oggi si ammirano parecch
dio mortale. Tieste avendo dovuto lasciare Argo, portò seco un figlio
di
Atreo, di nome Plistene, e allevatolo come suo, u
e. Tieste avendo dovuto lasciare Argo, portò seco un figlio di Atreo,
di
nome Plistene, e allevatolo come suo, un bel gior
desse Atreo. Scoperto ed arrestato, dovette pagare colla morte il fio
di
tanta audacia. Ma Atreo quando seppe di aver fatt
tte pagare colla morte il fio di tanta audacia. Ma Atreo quando seppe
di
aver fatto uccidere il suo proprio figlio, concep
er fatto uccidere il suo proprio figlio, concepì un terribile disegno
di
vendetta contro il fratello. Si finse pronto a ri
el fratello venne co’ suoi due figli, Tantalo e Plistene, alla reggia
di
Micene. Allora Atreo fatti prendere segretamente
e ne appose le membra alla mensa del padre. Il sole stesso inorridito
di
tanta crudeltà, favoleggiavasi che volto il cocch
fosse tornato ad oriente. Tieste imprecando ogni maledizione sul capo
di
Atreo e della sua stirpe fuggì e riparossi alla c
one sul capo di Atreo e della sua stirpe fuggì e riparossi alla corte
di
Tesproto re dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì anc
si alla corte di Tesproto re dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì ancora
di
vendicarsi, coll’ aiuto di un unico figlio rimast
e dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì ancora di vendicarsi, coll’ aiuto
di
un unico figlio rimastogli, Egisto, il quale ucci
o sulla riva del mare. Allora Tieste con Egisto ottennero la signoria
di
Micene, cacciatine i figli di Atreo, Agamennone e
Tieste con Egisto ottennero la signoria di Micene, cacciatine i figli
di
Atreo, Agamennone e Menelao. Ed eccoci agli eroi
eccoci agli eroi della guerra Troiana. Costoro riparatisi alla corte
di
Tindareo, re di Sparta, ebb’ ero in moglie le due
i della guerra Troiana. Costoro riparatisi alla corte di Tindareo, re
di
Sparta, ebb’ ero in moglie le due figliuole di lu
corte di Tindareo, re di Sparta, ebb’ ero in moglie le due figliuole
di
lui, Clitennestra ed Elena. Agamennone poi coll’
ore appartengono alla famiglia degli Eacidi. Eaco era un altro figlio
di
Zeus, nato da una figliuola del fiume Asopo. Era
io di Zeus, nato da una figliuola del fiume Asopo. Era re dell’ isola
di
Egina ed ebbe in moglie una figlia del centauro C
te la sua isola e spoglia d’ abitanti, ottenne da Zeus che uno sciame
di
formiche fossero trasformate in uomini, che furon
a ascritto con Minosse e Radamanto fra i giudici dell’ inferno. Figli
di
Eaco furono Peleo e Telamone. Costoro per avere,
igli di Eaco furono Peleo e Telamone. Costoro per avere, come i figli
di
Pelope ucciso un fratellastro, dovettero abbandon
e Euritio che gli diè in moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’ re
di
una terza parte del suo dominio. Più tardi prese
arte del suo dominio. Più tardi prese parte alla caccia del cinghiale
di
Calidone, durante la quale ebbe la disgrazia di u
caccia del cinghiale di Calidone, durante la quale ebbe la disgrazia
di
uccidere involontariamente suo suocero. Allora la
Iolco dove prese parte ai giochi funebri istituiti da Acasto in onore
di
suo padre Pelia. In quest’ occasione Astidamia (
ia. In quest’ occasione Astidamia ( Omero la chiama Ippolita), moglie
di
Acasto, si invaghì di Peleo, ma lo trovò ritroso
e Astidamia ( Omero la chiama Ippolita), moglie di Acasto, si invaghì
di
Peleo, ma lo trovò ritroso a’ suoi desideri e all
uoi desideri e allora calunniollo presso il marito, come era avvenuto
di
Bellerofonte alla corte di Preto. Acasto allora,
niollo presso il marito, come era avvenuto di Bellerofonte alla corte
di
Preto. Acasto allora, volendo tor di mezzo Peleo,
enuto di Bellerofonte alla corte di Preto. Acasto allora, volendo tor
di
mezzo Peleo, s’ approfittò d’ un momento ch’ egli
i lo lasciò ivi solo, persuaso che i Centauri avrebbero fatto scempio
di
lui. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e g
i. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e gli mandarono per mezzo
di
Ermes una spada di meravigliosa potenza; colla qu
avano alla sua salvezza, e gli mandarono per mezzo di Ermes una spada
di
meravigliosa potenza; colla quale egli potè respi
ale egli potè respingere trionfalmente gli assalti dei Centauri. Dopo
di
che tornato a Iolco, e presa la città coll’ aiuto
a Peleo i cavalli Xanto e Balio, e l’ amico Chirone una pesante asta
di
effetti miracolosi. Da queste nozze nacque unico
e immortale il figlio, così come era avvenuto con Demetra e il figlio
di
Celeo, è questa una leggenda che Omero ancora non
nda che Omero ancora non conosceva. Achille ebbe a educatore, al pari
di
tanti altri eroi greci, il centauro Chirone, seco
ri eroi greci, il centauro Chirone, secondo Omero anche Fenice figlio
di
Amintore, bravo nell’ eloquenza e nell’ arte mili
militare. Giovane nella pienezza delle forze, prese parte alla guerra
di
Troia, pur sapendo che sarebbe stata per lui fata
e suo figlio al suo destino lo mandò a Sciro e ivi lo nascose in casa
di
Licomede in abiti donneschi, donde poi sarebbe st
abiti donneschi, donde poi sarebbe stato tratto fuori per l’ astuzia
di
Ulisse. — Telamone, il fratello di Peleo, fuggend
stato tratto fuori per l’ astuzia di Ulisse. — Telamone, il fratello
di
Peleo, fuggendo da Egina, trovò una nuova patria
ovò una nuova patria in Salamina, ove il re Cicreo (Cychreus), figlio
di
Posidone, gli diè in isposa la figlia Glauce e do
il regno. Telamone poi, morta la prima moglie, sposò Peribea, figlia
di
Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Ami
Telamone poi, morta la prima moglie, sposò Peribea, figlia di Alcatoo
di
Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Amico di Eracl
moglie, sposò Peribea, figlia di Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre
di
Aiace. Amico di Eracle, Telamone lo accompagnò al
eribea, figlia di Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Amico
di
Eracle, Telamone lo accompagnò alla prima spedizi
di Eracle, Telamone lo accompagnò alla prima spedizione contro Troia;
di
là trasse con sè cattiva Esione figlia del re Lao
nne celebre arciero. Prese ancor parte col fratello Peleo alla caccia
di
Calidone e alla spedizione degli Argonauti. Cresc
Calidone e alla spedizione degli Argonauti. Cresciuto sotto la guida
di
un tal padre, spesso palleggiato da Eracle, Aiace
eva non essere un grande eroe. Crebbe aitante della persona e robusto
di
forza ed era il più forte fra gli eroi greci a Tr
olto inferiore ad Aiace Telamonio era l’ altro Aiace, locrese, figlio
di
quell’ Oileo, che pure aveva preso parte alla spe
tà, nella qual virtù solo Achille lo superava. Capitanava un esercito
di
Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede era f
un esercito di Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede era figlio
di
quel Tideo di Eneo, che, fuggito da Calidone e ac
Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede era figlio di quel Tideo
di
Eneo, che, fuggito da Calidone e accolto da Adras
gito da Calidone e accolto da Adrasto re d’ Argo e sposata una figlia
di
lui, prese parte con lui alla guerra dei sette co
o prese parte alla seconda guerra tebana, con che ottenne la signoria
di
Argo, sotto il supremo dominio di Agamennone risi
tebana, con che ottenne la signoria di Argo, sotto il supremo dominio
di
Agamennone risiedente in Micene. Ristabilì sul tr
trono etolico il suo nonno Eneo che era stato cacciato dai figliuoli
di
un suo fratello Agrio. Nella guerra di Troia, pro
a stato cacciato dai figliuoli di un suo fratello Agrio. Nella guerra
di
Troia, protetto da Pallade Atena, compì molti att
o. Nella guerra di Troia, protetto da Pallade Atena, compì molti atti
di
valore; specialmente è celebre per l’ attribuitog
saviezza o l’ astuzia; primo Nestore. Era l’ ultimo dei dodici figli
di
Neleo, il quale nato da Posidone e da Tiro, e per
figli di Neleo, il quale nato da Posidone e da Tiro, e pero fratello
di
Pelia, era stato cacciato da lui e aveva trovato
atria in Messenia. Venuta a urto con Eracle, la famiglia già prospera
di
Neleo ebbe la peggio, e morirono tutti i figli sa
sua saviezza e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d’ Itaca, figlio
di
Laerte e di Anticlea, nata dal celebre Autolico d
a e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d’ Itaca, figlio di Laerte e
di
Anticlea, nata dal celebre Autolico di Erme astut
a d’ Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, nata dal celebre Autolico
di
Erme astuto e anche ladro. Moglie di Ulisse fu la
iclea, nata dal celebre Autolico di Erme astuto e anche ladro. Moglie
di
Ulisse fu la pia e nobile Penelope figlia di Icar
to e anche ladro. Moglie di Ulisse fu la pia e nobile Penelope figlia
di
Icario e perciò nipote di Tindareo. Così Ulisse a
i Ulisse fu la pia e nobile Penelope figlia di Icario e perciò nipote
di
Tindareo. Così Ulisse aveva un certo grado di aff
Icario e perciò nipote di Tindareo. Così Ulisse aveva un certo grado
di
affinità cogli Atridi. Alla guerra di Troia si re
osì Ulisse aveva un certo grado di affinità cogli Atridi. Alla guerra
di
Troia si rese famoso per la sua scaltrezza, per l
per la sua abilità e fermezza nei pericoli; anch’ egli era prediletto
di
Pallade Atena. Facciamo anche un cenno dei princi
a famiglia regnante in Troia traeva la sua origine da Dardano, figlio
di
Zeus, emigrato dall’ Arcadia a Samotracia e di là
ine da Dardano, figlio di Zeus, emigrato dall’ Arcadia a Samotracia e
di
là nella Frigia, ove aveva ottenuto dal re Teucro
re Teucro il terreno per fabbricarvi la città Dardania. Da una figlia
di
Teucro, Dardano ebbe un figliuolo, Erittonio, il
coppiere degli Dei, già abbiamo parlato. Gli altri due divennero capi
di
due diverse stirpi. Assaraco, rimasto nella regio
irpi. Assaraco, rimasto nella regione Dardania generò Capi (Capys), e
di
questo fu figlio Anchise padre di Enea. Ilo andò
one Dardania generò Capi (Capys), e di questo fu figlio Anchise padre
di
Enea. Ilo andò a porre stanza nel piano dello Sca
o andò a porre stanza nel piano dello Scamandro, e ivi fondò la città
di
Ilio o Troia. Fondata la città, pregò Zeus gli ma
trovò davanti la sua tenda il celebre Palladion, una statua in legno
di
Pallade Atena, al cui possesso da quel momento er
al cui possesso da quel momento era legata la felicità e il benessere
di
Troia. Morto Ilo, succedette Laomedonte, a cui Po
e Apollo costruirono la cittadella detta Pergamo. Come poi per manear
di
parola questo re si sia tirato addosso sciagure e
tirato addosso sciagure e calamità, e infine anche una grossa guerra
di
Eracle, fatale per lui e per la sua famiglia, nar
e per lui e per la sua famiglia, narrammo nel capitolo delle leggende
di
Eracle. Unico figlio superstite di Laomedonte fu
rrammo nel capitolo delle leggende di Eracle. Unico figlio superstite
di
Laomedonte fu Podarce, dopo il riscatto chiamato
aomedonte fu Podarce, dopo il riscatto chiamato Priamo, il quale fece
di
nuovo rifiorire il regno e colla moglie Ecuba (He
aride che fu cagion della guerra; seguivano Creusa che divenne moglie
di
Enea, Polissena che fu poi sacrificata sulla tomb
divenne moglie di Enea, Polissena che fu poi sacrificata sulla tomba
di
Achille, Cassandra la profetessa di sventura, Ele
he fu poi sacrificata sulla tomba di Achille, Cassandra la profetessa
di
sventura, Eleno, augure e vate; ultimo, il più gi
mi capi le vicende della guerra. Eris, la contesa, sorella e compagna
di
Ares, irritatasi per non essere stata invitata al
compagna di Ares, irritatasi per non essere stata invitata alle nozze
di
Peleo e Tetide, si vendicò destando una contesa i
to al pastore Paride. Era questi un figlio del re Priamo, ma a motivo
di
un sogno di cattivo augurio avuto dalla madre Ecu
e Paride. Era questi un figlio del re Priamo, ma a motivo di un sogno
di
cattivo augurio avuto dalla madre Ecuba nel dar a
odite la più bella donna del mondo. Egli assegnò il pomo ad Afrodite;
di
qui ne venne che Era ed Atena furono sempre acerb
rodite; di qui ne venne che Era ed Atena furono sempre acerbe nemiche
di
Troia, e Afrodite amica. Poco dopo, avendo Paride
n questa occasione ebbe il premio promessogli da Afrodite; alla corte
di
Menelao re di Sparta ove fu benignamente accolto,
ione ebbe il premio promessogli da Afrodite; alla corte di Menelao re
di
Sparta ove fu benignamente accolto, incontro la b
rta ove fu benignamente accolto, incontro la bellissima Elena, moglie
di
Menelao. Afrodite instillo in lei un ardente amor
Menelao temporariamente assente per un viaggio a Creta, e i fratelli
di
Elena, i Dioscuri, essendo occupati nella guerra
aridi, essa fuggi con Paride e se ne venne a Troia. Menelao ne chiese
di
poi la restituzione; avutone un rifiuto, si prepa
mano della bella Elena aveva fatto giurare, sarebbero corsi in aiuto
di
quello da lei prescelto, quando questi fosse assa
quando questi fosse assalito. In breve si raccolse nel portò beotico
di
Aulide una ragguardevole flotta disposta a salpar
ide una ragguardevole flotta disposta a salpare verso oriente. A capo
di
tutta quest’ armata fu scelto Agamennone re d’ Ar
rmata fu scelto Agamennone re d’ Argo che da solo aveva allestito più
di
cento navi. Senonchè avendo Agamennone ucciso una
ucciso una cerva sacra ad Artemide, questa lo puni mandando una calma
di
vento che impediva di salpare. L’ indovino Calcan
ad Artemide, questa lo puni mandando una calma di vento che impediva
di
salpare. L’ indovino Calcante interrogato rispose
do, sulle coste troiane. Strada facendo, accadde che Filottete figlio
di
Peante, tessalo, il quale possedeva le freccie e
te figlio di Peante, tessalo, il quale possedeva le freccie e l’ arco
di
Eracle, durante un sacrifizio fatto sull’ isola C
atto sull’ isola Crise venne. morsicato da un serpe in un piede; dopo
di
che molestando i compagni col suoi lamenti e col
do i compagni col suoi lamenti e col fetore della ferita, si deliberò
di
lasciarlo nell’ isola di Lenno. Più tardi lo si d
menti e col fetore della ferita, si deliberò di lasciarlo nell’ isola
di
Lenno. Più tardi lo si dovrà andar a riprendere p
he salta), cadde vittima del suo coraggio. Anche Cicno (Cycnos) il re
di
Colone nella Troade figlio di Posidone, che più v
uo coraggio. Anche Cicno (Cycnos) il re di Colone nella Troade figlio
di
Posidone, che più validamente si oppose a’ Greci
unto comincia propriamente la guerra. Riusciti vani i primi tentativi
di
prender d’ assalto la città, i Greci contentavans
primi tentativi di prender d’ assalto la città, i Greci contentavansi
di
scorrerie e saccheggi nelle terre vicine e così s
ò per ben dieci anni la guerra. Nei primi nove anni non avvenne nulla
di
veramente notevole, se non si ricordi l’ uccision
si ricordi l’ uccisione per man d’ Achille del più giovane dei figli
di
Priamo, Troilo, e la condanna a morte di Palamede
le del più giovane dei figli di Priamo, Troilo, e la condanna a morte
di
Palamede Eubeo, uomo saggio ricco di idee nuove e
o, Troilo, e la condanna a morte di Palamede Eubeo, uomo saggio ricco
di
idee nuove e poeta, creduto reo di intelligenze c
Palamede Eubeo, uomo saggio ricco di idee nuove e poeta, creduto reo
di
intelligenze con Priamo e di tradimento; tutti ma
ricco di idee nuove e poeta, creduto reo di intelligenze con Priamo e
di
tradimento; tutti maneggi di Ulisse che volle ven
creduto reo di intelligenze con Priamo e di tradimento; tutti maneggi
di
Ulisse che volle vendicarsi di lui perchè, quando
Priamo e di tradimento; tutti maneggi di Ulisse che volle vendicarsi
di
lui perchè, quando Ulisse in Itaca s’ era finto p
amennone. Passando a Crise, gli Achei avevano fatta schiava la figlia
di
Crise, sacerdote d’ Apollo, e costei era diletta
e a chiedere la restituzione della figliuola, offrendo congruo prezzo
di
riscatto, n’ ebbe dura ripulsa e derisione da Aga
o prezzo di riscatto, n’ ebbe dura ripulsa e derisione da Agamennone;
di
che il Dio Apollo infesto il campo Acheo di grave
derisione da Agamennone; di che il Dio Apollo infesto il campo Acheo
di
grave pestilenza. Tenutasi una popolare adunanza
se Criseide non fosse stata restituita al padre. Agamennone sdegnato
di
ciò, prendendosela specialmente con Achille, dich
ò avrebbe liberato Criseide ma avrebbe voluto per sè Briseide ancella
di
Achille; e in fatto, lasciata Criseide al padre m
a prendere Briseide e la fè condurre alla sua tenda. Achille sdegnato
di
questo procedere si appartò fra i suoi, rifiutand
chille sdegnato di questo procedere si appartò fra i suoi, rifiutando
di
prender più oltre parte alla guerra. I Troiani, s
ncipiarono a tormentare gli Achei; e Zeus, pregato da Tetide la madre
di
Achille, fè che la vittoria fosse dalla loro part
loro parte. Dopo parecchi fatti d’ arme in cui vanamente fecero atti
di
valore Agamennone, Aiace, Diomede, Ulisse, in ult
in ultimo Ettore cacciati i Greci fin nelle navi, già era in procinto
di
darvi il fuoco, allorchè Achille si lasciò indurr
Aiace il maggiore e altri eroi. Allora finalmente si rivolse l’ animo
di
Achille al pensiero di vendicare il morto amico,
ri eroi. Allora finalmente si rivolse l’ animo di Achille al pensiero
di
vendicare il morto amico, e per mezzo della sua d
l morto amico, e per mezzo della sua divina madre ottenuta dalle mani
di
Efesto una nuova armatura, scese di nuovo in camp
divina madre ottenuta dalle mani di Efesto una nuova armatura, scese
di
nuovo in campo, e allora dopo aver fatto strage d
va armatura, scese di nuovo in campo, e allora dopo aver fatto strage
di
Troiani, s’ azzuffò in terribile duello con Ettor
i, s’ azzuffò in terribile duello con Ettore e l’ uccise. Il cadavere
di
lui legato al cocchio del vincitore fu trascinato
el campo, e sarebbe poi stato gettato in pasto ai cani e agli uccelli
di
rapina, se il generoso Achille cedendo alle pregh
pina, se il generoso Achille cedendo alle preghiere del vecchio padre
di
Ettore non glie l’ avesse consegnato. — Perduto i
esti or da quelli eserciti ausiliari; e Achille ebbe ancora occasione
di
fare atti di valore. Prima vennero le Amazoni, gu
elli eserciti ausiliari; e Achille ebbe ancora occasione di fare atti
di
valore. Prima vennero le Amazoni, guidate dalla l
rima vennero le Amazoni, guidate dalla loro regina Pentesilea, figlia
di
Ares, e diedero molto da fare ai Greci, finchè Ac
regina. Poi vennero le genti Etiope, guidate da Mennone, detto figlio
di
Titone, fratello di Priamo, e di Eos, l’ aurora;
le genti Etiope, guidate da Mennone, detto figlio di Titone, fratello
di
Priamo, e di Eos, l’ aurora; anche queste dierono
pe, guidate da Mennone, detto figlio di Titone, fratello di Priamo, e
di
Eos, l’ aurora; anche queste dierono valido aiuto
, l’ aurora; anche queste dierono valido aiuto ai Troiani, e per mano
di
Mennone cadde il figlio di Nestore, Antiloco, fid
ierono valido aiuto ai Troiani, e per mano di Mennone cadde il figlio
di
Nestore, Antiloco, fido amico di Achille, ma alla
per mano di Mennone cadde il figlio di Nestore, Antiloco, fido amico
di
Achille, ma alla fine anche egli fu ucciso dal fo
dal forte Pelide, e disperse furono le sue genti. Pianse Eos la morte
di
suo figlio, e continua a piangerla, giacchè che c
non le lagrime dell’ Aurora? — Segue il grave avvenimento della morte
di
Achille; dopo aver fatto soccombere tanta gente,
he per lui. In un assalto alla porta Scea, una delle principali porte
di
Troia, mentre già egli stava per entrare in città
e, mentre festeggiava il suo sposalizio con Polissena la bella figlia
di
Priamo, fu a tradimento ucciso. Intorno al cadave
battè a lungo e con accanimento, finalmente riuscì ad Aiace ed Ulisse
di
assicurarne il possesso ai Greci. Allora comincia
sesso ai Greci. Allora cominciarono i lamenti e i pianti per la morte
di
tanto eroe; la madre Tetide e tutta la schiera de
ma vi aspirava anche Ulisse che al valore guerresco univa altri pregi
di
abilità e di eloquenza. Agamennone per consiglio
a anche Ulisse che al valore guerresco univa altri pregi di abilità e
di
eloquenza. Agamennone per consiglio di Atena deci
univa altri pregi di abilità e di eloquenza. Agamennone per consiglio
di
Atena decise la controversia in favore di Ulisse;
a. Agamennone per consiglio di Atena decise la controversia in favore
di
Ulisse; di che tanto s’ accorò Aiace che impazzi
ne per consiglio di Atena decise la controversia in favore di Ulisse;
di
che tanto s’ accorò Aiace che impazzi e dopo aver
più valente dei campioni greci. Bisognava giocar d’ astuzia oltrechè
di
braccio; ed egli era eroe da ciò. Egli dall’ indo
poteva prender Troia senza le freccie d’ Eracle che erano in possesso
di
Filottete rimasto a Lenno. Ulisse organizzò una s
ma della guerra. Poi Ulisse con Diomede compì la pericolosa avventura
di
penetrare travestito in Troia e portarne via il P
della città. Ancora Ulisse andò a Sciro a prendere il giovane figlio
di
Achille, Neottolemo, la cui presenza si diceva es
ser necessaria perchè cadesse Troia. Finalmente Ulisse ebbe il merito
di
suggerire e far costruire da Epeo il famoso caval
ebbe il merito di suggerire e far costruire da Epeo il famoso cavallo
di
legno, e disporre quell’ agguato che doveva aver
egno, e disporre quell’ agguato che doveva aver per effetto la caduta
di
Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascos
a di Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascossero nel ventre
di
quell’ immenso cavallo, gli altri bruciarono il c
a salparono con la flotta, e si ripararono in un portò dell’ isoletta
di
Tenedo. I Troiani, lieti della partenza dei Greci
nza dei Greci, guardavano con curiosità quella meraviglia del cavallo
di
legno, non sapendo che cosa fosse. E qui racconta
dai Troiani, li ingannò inventando che era sfuggito alla persecuzione
di
Ulisse il quale lo aveva destinato vittima per un
lo un voto fatto per espiare il rapimento del Palladio; sarebbe stato
di
danno ai Troiani se l’ avessero offeso, per contr
senza indugio aprirono le porte della città per introdurvi il cavallo
di
legno. La notte seguente la flotta greca avvisata
avallo di legno. La notte seguente la flotta greca avvisata per mezzo
di
un fuoco acceso da Sinone, o, secondo altre legge
secondo altre leggende, da Elena, se ne tornò silenziosamente al lido
di
Troia; i soldati sbarcarono e mossero verso la ci
rstiti. Il vecchio Priamo, che aveva cercato protezione presso l’ ara
di
Zeus con Ecuba e le figlie, venne ucciso da Neott
e figlie, venne ucciso da Neottolemo che aveva già pure ucciso Polite
di
lui figlio; gli altri guerrieri troiani morirono
; le donne e i bambini caddero in ischiavitù, salvo Astianatte figlio
di
Ettore che fu buttato giù dalle mura. Colei che e
e figlio di Ettore che fu buttato giù dalle mura. Colei che era causa
di
tutti questi guai, Elena, fu trovata in casa di D
. Colei che era causa di tutti questi guai, Elena, fu trovata in casa
di
Deifobo, altro figlio di Priamo, che dopo la mort
tutti questi guai, Elena, fu trovata in casa di Deifobo, altro figlio
di
Priamo, che dopo la morte di Paride avevala sposa
trovata in casa di Deifobo, altro figlio di Priamo, che dopo la morte
di
Paride avevala sposata. Menelao nel suo sdegno co
sua bellezza non gli avesse nel momento decisivo fatto cader l’ arme
di
mano. Le perdonò e la condusse seco. Un’ ultima v
tima vittima doveva essere ancora l’ infelice Polissena, altra figlia
di
Priamo. Mentre Agamennone ancorata la sua flotta
a figlia di Priamo. Mentre Agamennone ancorata la sua flotta sul lido
di
Tracia aspettava un vento favorevole, l’ ombra d’
ento favorevole, l’ ombra d’ Achille comparvegli minacciosa chiedendo
di
essere placata col sangue di Polissena. L’ infeli
Achille comparvegli minacciosa chiedendo di essere placata col sangue
di
Polissena. L’ infelice ragazza strappata dal seno
da tanti dolori, verso sulla tomba d’ Achille il suo sangue per opera
di
Neottolemo. 3. Ed ora le avventure del ritorno de
ritorno de’ Greci; giacchè disperdendosi i varii capi col loro gruppi
di
uomini e di navi, si favoleggiò abbiano avuto div
Greci; giacchè disperdendosi i varii capi col loro gruppi di uomini e
di
navi, si favoleggiò abbiano avuto diversi casi pr
i di uomini e di navi, si favoleggiò abbiano avuto diversi casi prima
di
giungere alla loro patria, e alcuni anche in patr
riosa tempesta che lo colse sulle coste dell’ Eubea, nella sua reggia
di
Micene trovò la morte a tradimento per mano di Eg
ubea, nella sua reggia di Micene trovò la morte a tradimento per mano
di
Egisto che durante l’ assenza di lui aveva goduti
trovò la morte a tradimento per mano di Egisto che durante l’ assenza
di
lui aveva goduti i favori di Clitennestra. In que
er mano di Egisto che durante l’ assenza di lui aveva goduti i favori
di
Clitennestra. In quella congiuntura perdette la v
untura perdette la vita anche la profetessa troiana Cassandra, figlia
di
Priamo, fatta schiava di Agamennone. Aveva costei
nche la profetessa troiana Cassandra, figlia di Priamo, fatta schiava
di
Agamennone. Aveva costei il dono di vaticinare l’
, figlia di Priamo, fatta schiava di Agamennone. Aveva costei il dono
di
vaticinare l’ avvenire ma anche l’ infelicità di
Aveva costei il dono di vaticinare l’ avvenire ma anche l’ infelicità
di
non essere mai creduta, e avendo più d’ una volta
ere mai creduta, e avendo più d’ una volta predetta a’ suoi la caduta
di
Troia, non era stata accolta che con dileggi e de
di Troia, non era stata accolta che con dileggi e derisione. La morte
di
Agamennone non poneva fine ai tristi destini dell
neva fine ai tristi destini della stirpe dei Pelopidi. Oreste, figlio
di
Agamennone e Clitennestra, al tempo della spavent
Strofio, abitante nella Focide. Ivi crebbe insieme con Pilade figlio
di
Strofio che era quasi coetaneo, e a poco a poco s
costante che divenne proverbiale. Giunto a età matura, Oreste decise
di
muovere a vendicare suo padre così indegnamente u
gli davan pace e lo inseguivano dovunque egli fuggiva. Dall’ oracolo
di
Delfo ebbe allora Oreste consiglio di recarsi in
que egli fuggiva. Dall’ oracolo di Delfo ebbe allora Oreste consiglio
di
recarsi in Tauride e rapir di là l’ immagine di A
o di Delfo ebbe allora Oreste consiglio di recarsi in Tauride e rapir
di
là l’ immagine di Atena e portarla in Attica. Vi
lora Oreste consiglio di recarsi in Tauride e rapir di là l’ immagine
di
Atena e portarla in Attica. Vi si recò con Pilade
o dal re Toante, stava per essere sacrificato, quando la sacerdotessa
di
Artemide che era Ifigenia sorella di Oreste, lo r
rificato, quando la sacerdotessa di Artemide che era Ifigenia sorella
di
Oreste, lo riconobbe, ed allora lo aiutò nel ratt
imento del re Toante. Tornato in Attica Oreste ebbe poi la protezione
di
Atena e fu assolto dall’ Areopago, come si narrò
toccata a Menelao che se ne tornava con Elena e i tesori del bottino
di
guerra. Una tempesta invero lo colse presso il pr
navi in Creta e in Egitto, e dove poi ancora girare sette anni prima
di
tornare a Sparta; ma ivi giunto godette per il re
to de’ suoi giorni non interrotta felicità. Trista sorte invece toccò
di
nuovo ad Aiace Locrese. Nel saccheggio di Troia e
. Trista sorte invece toccò di nuovo ad Aiace Locrese. Nel saccheggio
di
Troia essendo penetrato nel tempio di Atena e di
d Aiace Locrese. Nel saccheggio di Troia essendo penetrato nel tempio
di
Atena e di qui avendo strappato per forza Cassand
rese. Nel saccheggio di Troia essendo penetrato nel tempio di Atena e
di
qui avendo strappato per forza Cassandra che s’ e
paccò lo scoglio e l’ empio sprofondò in mare. Diomede, dopo la presa
di
Troia, tornò felicemente ad Argo; ma ivi trovò ch
ie non gli era stata fedele, e allora se n’ andò nell’ Etolia, patria
di
suo padre Tideo, ove viveva ancora l’ avo Eneo, m
a ancora l’ avo Eneo, ma spogliato della signoria per opera dei figli
di
Agrio suo fratello; Diomede combattè, vinse e res
a signoria dell’ Etolia. Si noti però che alcuni fanno quest’ impresa
di
Diomede anteriore alla guerra di Troia. Appresso
però che alcuni fanno quest’ impresa di Diomede anteriore alla guerra
di
Troia. Appresso narrasi, che Diomede colto in mar
arte a una guerra dei Dauni contro i Messapi, e v’ ottenesse signoria
di
re e fondasse diverse città come Benevento, Arpi,
come Benevento, Arpi, Brindisi. Certo in Italia ottenne Diomede onore
di
culto come in Grecia. Simil sorte ebbero pure due
aglia, l’ altro in Creta vennero in Italia, e ivi si fecero fondatori
di
nuove città. E Teucro, il fratellastro di Aiace T
, e ivi si fecero fondatori di nuove città. E Teucro, il fratellastro
di
Aiace Telamonio, tornò felicemente a Salamina, ma
felicemente a Salamina, ma il padre nol volle accogliere accusandolo
di
non aver custodito con più cura la vita di Aiace;
lle accogliere accusandolo di non aver custodito con più cura la vita
di
Aiace; ond’ egli lasciata di nuovo la patria, si
non aver custodito con più cura la vita di Aiace; ond’ egli lasciata
di
nuovo la patria, si recò nell’ isola di Cipro e i
di Aiace; ond’ egli lasciata di nuovo la patria, si recò nell’ isola
di
Cipro e ivi fondò una nuova Salamina, ove si stan
nuova Salamina, ove si stanziò co’ suoi. Ma la serie più interessante
di
avventure capitò ad Ulisse, secondo il noto racco
te riduconsi alle seguenti: a) Partito colle sue dodici navi dal lido
di
Troia, Ulisse veniva anzitutto sbattuto sulle cos
battaglia con costoro, e ben distrusse la lor città, ma poi sorpreso
di
notte, ebbe uccisi 72 de’ suoi uomini. b) Partito
a poi sorpreso di notte, ebbe uccisi 72 de’ suoi uomini. b) Partitosi
di
là, stava girando il promontorio Malea, quando un
quando una tempesta lo colse e spinse in alto mare. Dopo nove giorni
di
navigazione in balia dei venti, approdo alla terr
zione in balia dei venti, approdo alla terra dei Lotofagi (mangiatori
di
loto, un frutto di color rosso) nella Libia. Tre
venti, approdo alla terra dei Lotofagi (mangiatori di loto, un frutto
di
color rosso) nella Libia. Tre de’ suoi compagni,
a prima è l’ incontro col Ciclope Polifemo. Erano i Ciclopi un popolo
di
giganti in un’ isola del mare occidentale, che ab
Ulisse sbarcato nell’ isola con dodici compagni capito nella caverna
di
Polifemo che era figlio di Posidone. Ivi passò un
a con dodici compagni capito nella caverna di Polifemo che era figlio
di
Posidone. Ivi passò un ben brutto momento; giacch
buona fortuna portato del buon vino donatogli in Ismaro dal sacerdote
di
Apollo Marone, riuscì a ubbriacare il Ciclope; e
ò l’ unico occhio del gigante e l’ acciecò. Il giorno dopo gli riuscì
di
fuggire col compagni, uscendo questi dalla spelon
confusi colle pecore, ed egli avviticchiandosi al vello d’ un ariete
di
sotto il ventre. Il Ciclope tardi s’ accorse del
tre. Il Ciclope tardi s’ accorse del tiro fattogli e dovè contentarsi
di
invocar da suo padre Posidone vendetta contro Uli
be pervenuto felicemente alla sua patria. E difatti già erano le navi
di
Ulisse vicino ad Itaca, già si sognava la fine di
i già erano le navi di Ulisse vicino ad Itaca, già si sognava la fine
di
tante traversie, quando i compagni di Ulisse in u
d Itaca, già si sognava la fine di tante traversie, quando i compagni
di
Ulisse in un momento ch’ egli dormiva, per curios
gagliardi venti, e le navi sbattute dalla tempesta furono trasportate
di
nuovo in occidente. e) Allora Ulisse capitò nel p
tre s’ erano fracassate tra gli scogli. f) Dopo, pervenne nell’ isola
di
Eea, dove abitava la bella maga Circe, figlia di
pervenne nell’ isola di Eea, dove abitava la bella maga Circe, figlia
di
Elios e sorella di Eeta. Costei soleva trasformar
a di Eea, dove abitava la bella maga Circe, figlia di Elios e sorella
di
Eeta. Costei soleva trasformare in bestie i fores
alla partenza; Circe lo consigliò a navigare ancora verso occidente,
di
là dall’ Oceano, per potere presso i boschi di Pe
ncora verso occidente, di là dall’ Oceano, per potere presso i boschi
di
Persefone, nel vestibolo dell’ inferno, interroga
oschi di Persefone, nel vestibolo dell’ inferno, interrogare l’ anima
di
Tiresia e saper da lui in che modo potesse riusci
iuri, gli compariscono su dalle caligini profonde dell’ Ades l’ ombra
di
Tiresia e molte altre di eroi ed e roi ne, fra cu
dalle caligini profonde dell’ Ades l’ ombra di Tiresia e molte altre
di
eroi ed e roi ne, fra cui anche sua madre Anticle
a moglie Penelope e del figlio Telemaco. Tiresia gli rivela lo sdegno
di
Posidone contro di lui, ma lo rassicura dicendo r
del figlio Telemaco. Tiresia gli rivela lo sdegno di Posidone contro
di
lui, ma lo rassicura dicendo raggiungerà la patri
aggiungerà la patria purchè nella Trinacia siano rispettate le mandre
di
Elios. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda
purchè nella Trinacia siano rispettate le mandre di Elios. h) Tornato
di
là, Ulisse fece una seconda visita a Circe la qua
, poi li finivano miseramente; personificazione evidente dei pericoli
di
un mare in apparenza calmo e seducente. Ulisse ta
i Scilla e Cariddi. Perchè mentre si scansavano dal terribile vortice
di
Cariddi, avvicinatisi troppo all’ altro mostro ch
e il pericolo; infatti, trattenuto ivi dai venti contrari, i compagni
di
Ulisse spinti dalla fame dieron di piglio ad alcu
ivi dai venti contrari, i compagni di Ulisse spinti dalla fame dieron
di
piglio ad alcuni capi dell’ armento di Elios, seb
lisse spinti dalla fame dieron di piglio ad alcuni capi dell’ armento
di
Elios, sebbene Ulisse ne li avesse severamente pr
la vendetta degli offesi Dei; appena s’ eran messi in mare un fulmine
di
Zeus sconquassa la nave e la sprofonda nelle onde
ggiò sbattuto dall’ onde per nove giorni e infine pervenne all’ isola
di
Ogigia. l) Era quest’ isola solitaria abitata da
a di Ogigia. l) Era quest’ isola solitaria abitata da Calipso, figlia
di
Atlante. Costei accolse il naufrago con grande be
la sua Penelope perchè cedesse a queste lusinghe. Neanche la promessa
di
renderlo immortale valse a smuoverlo. Sette anni
sedeva sospirando e lagrimando alla riva e guardava coll’ animo pieno
di
desiderio nella direzione d’ Itaca. Alfine gli De
rio nella direzione d’ Itaca. Alfine gli Dei si mossero a compassione
di
tanto dolore, e Zeus mande per mezzo di Ermes ord
Dei si mossero a compassione di tanto dolore, e Zeus mande per mezzo
di
Ermes ordine a Calipso di lasciar partire l’ eroe
one di tanto dolore, e Zeus mande per mezzo di Ermes ordine a Calipso
di
lasciar partire l’ eroe. Egli felice partiva su u
il decimo-settimo scorge nella lontana nebbia il profilo dell’ isola
di
Scheria; ma mentre pieno di speranza s’ affaticav
lla lontana nebbia il profilo dell’ isola di Scheria; ma mentre pieno
di
speranza s’ affaticava per giungere a quella volt
eranza s’ affaticava per giungere a quella volta, ecco passa Posidone
di
ritorno dall’ Etiopia e lo scorge, e ancora tutto
a Posidone di ritorno dall’ Etiopia e lo scorge, e ancora tutto pieno
di
sdegno contro lui gli sconquassa la zattera e lo
lo avesse confortato e avvoltolo d’ un velo non gli avesse dato forza
di
resistere a nuoto. Dopo due giorni e due notti, a
istere a nuoto. Dopo due giorni e due notti, alfine raggiunse il lido
di
Scheria. Ivi incontra Nausica, figlia di Alcinoo
ti, alfine raggiunse il lido di Scheria. Ivi incontra Nausica, figlia
di
Alcinoo re dei Feaci; la quale lo conduce al pala
e. Ulisse ebbe amichevole accoglienza; si istituirono giochi in segno
di
festa; egli racconto le sue avventure; infine una
sero con tutti i suoi tesori sulla riva, n) Negli ultimi anni la casa
di
Ulisse in Itaca s’ era trovata in grandi afflizio
tener a bada questi Proci, giacchè avendo promesso si sarebbe decisa
di
passare a nuove nozze dopo terminato il lenzuolo
lenzuolo funebre che stava tessendo per il vecchio suocero, disfaceva
di
notte il lavoro fatto di giorno, onde venne in pr
a tessendo per il vecchio suocero, disfaceva di notte il lavoro fatto
di
giorno, onde venne in proverbio la tela di Penelo
a di notte il lavoro fatto di giorno, onde venne in proverbio la tela
di
Penelope a indicare un’ opera non mai condotta a
la. Quando fu sveglio, gli comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò
di
quel che era avvenuto nella sua reggia e lo condu
quel che era avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abitazione
di
un pastore di porci Eumeo, per ivi fargli ritrova
avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abitazione di un pastore
di
porci Eumeo, per ivi fargli ritrovare il figlio T
i Eumeo, per ivi fargli ritrovare il figlio Telemaco e porgergli modo
di
concertare il da farsi contro i Proci. Si avvicin
rebbe fatto la sua scelta; sarebbe stato preferito chi fosse in grado
di
tendere il grand’ arco di Ulisse, dono di Ifito,
sarebbe stato preferito chi fosse in grado di tendere il grand’ arco
di
Ulisse, dono di Ifito, e lanciare una freccia att
referito chi fosse in grado di tendere il grand’ arco di Ulisse, dono
di
Ifito, e lanciare una freccia attraverso dodici a
lisse, dono di Ifito, e lanciare una freccia attraverso dodici anelli
di
ferro. Ulisse comparve alla gara in abito di mend
attraverso dodici anelli di ferro. Ulisse comparve alla gara in abito
di
mendicante, e tutti i Proci invano essendosi prov
i invano essendosi provati a tendere quell’ arco, egli chiese facoltà
di
provarcisi e riuscito facilmente a vincere entram
re entrambe le prove, volse poi i dardi contro i Proci, e coll’ aiuto
di
Telemaco e di Atena tutti li uccise. Fattosi infi
prove, volse poi i dardi contro i Proci, e coll’ aiuto di Telemaco e
di
Atena tutti li uccise. Fattosi infine riconoscere
tria. La tradizione posteriore ad Omero lo faceva poi morire per mano
di
Telegono, figlio di lui e di Circe, da questa man
posteriore ad Omero lo faceva poi morire per mano di Telegono, figlio
di
lui e di Circe, da questa mandato alla ricerca de
e ad Omero lo faceva poi morire per mano di Telegono, figlio di lui e
di
Circe, da questa mandato alla ricerca del padre e
ne si raccontino le avventure toccate ad Enea, l’ eroe troiano figlio
di
Anchise e di Afrodite, il quale divenne anche ero
ino le avventure toccate ad Enea, l’ eroe troiano figlio di Anchise e
di
Afrodite, il quale divenne anche eroe italico. Me
to la restituzione d’ Elena e la pace, con venti navi salpò dal portò
di
Antandro per andare in cerca d’ una nuova patria.
ssegnate ad Enea furono dalla tradizione modellate in parte su quelle
di
Ulisse; quindi una certa somiglianza. Prima visit
e; quindi una certa somiglianza. Prima visitò la Tracia, poi l’ isola
di
Delo per ivi interrogare l’ oracolo d’ Apollo. Am
i l’ isola di Delo per ivi interrogare l’ oracolo d’ Apollo. Ammonito
di
andar in cerca della patria originaria della sua
cerca della patria originaria della sua famiglia, s’ avviò all’ isola
di
Creta, donde era venuto Teucro uno del re di Troi
lia, s’ avviò all’ isola di Creta, donde era venuto Teucro uno del re
di
Troia. Ma i Penati comparsigli in sogno gli addit
sa. Poco appresso venne a Butroto in Epiro, dove ritrovò Eleno figlio
di
Priamo che portato da Troia con Neottolemo, alla
leno figlio di Priamo che portato da Troia con Neottolemo, alla morte
di
questo, aveva ottenuto una parte del regno di lui
Neottolemo, alla morte di questo, aveva ottenuto una parte del regno
di
lui e sposato Andromaca, la vedova di Ettore. Rip
va ottenuto una parte del regno di lui e sposato Andromaca, la vedova
di
Ettore. Ripartitosi di là, volse la prora all’ is
el regno di lui e sposato Andromaca, la vedova di Ettore. Ripartitosi
di
là, volse la prora all’ isola di Sicilia. Ivi giu
ca, la vedova di Ettore. Ripartitosi di là, volse la prora all’ isola
di
Sicilia. Ivi giunto ebbe gentile accoglienza da A
giunto ebbe gentile accoglienza da Aceste figlio dei fiume Crimiso e
di
Egesta, nobile donna troiana. Però ebbe il dolore
fiume Crimiso e di Egesta, nobile donna troiana. Però ebbe il dolore
di
perdere allora il vecchio genitore Anchise cui eg
coste d’ Africa ove ebbe l’ incontro con la fenicia Didone fondatrice
di
Cartagine. Costei, invaghitasi di Enea, avrebbe v
ro con la fenicia Didone fondatrice di Cartagine. Costei, invaghitasi
di
Enea, avrebbe voluto che si fermasse con lei e di
che si fermasse con lei e divenisse suo sposo, ma un espresso ordine
di
Giove indusse Enea alla partenza. Allora rivisitò
visitò la Sicilia, poi alla fine toccò il lido d’ Italia in vicinanza
di
Cuma. Interrogata ivi la famosa Sibilla Cumana, n
di Cuma. Interrogata ivi la famosa Sibilla Cumana, n’ ebbe consiglio
di
scendere all’ Averno per veder l’ ombre dei trapa
l viaggio e veleggiò sino alle foci dei Tevere e scese nel territorio
di
Laurento, il cui re Latino l’ accolse benignament
— Ma altri osta — coli qui si opponevano all’ eroe. Amata, la moglie
di
Latino, avrebbe preferito sposare la sua figliuol
coppiò quella sanguinosa guerra, la quale dovea chiudersi colla morte
di
Turno e il trionfo di Enea. Il quale, poichè anch
sa guerra, la quale dovea chiudersi colla morte di Turno e il trionfo
di
Enea. Il quale, poichè anche Latino morì, gli suc
atino morì, gli successe nel governo e fondò nuova città che dal nome
di
sua moglie chiamò Lavinio. Quattro anni dopo morì
oglie chiamò Lavinio. Quattro anni dopo morì e appresso ebbe l’ onore
di
pubblico culto. 5. Le favole del ciclo troiano eb
e, rielaborare le tradizioni avite. Oltre le due grandi e note epopee
di
Omero, vanno ricordate le Ciprie di Stasino di Ci
Oltre le due grandi e note epopee di Omero, vanno ricordate le Ciprie
di
Stasino di Cipro, la Iliu Persis o distruzione d’
e grandi e note epopee di Omero, vanno ricordate le Ciprie di Stasino
di
Cipro, la Iliu Persis o distruzione d’ Ilio di Le
e le Ciprie di Stasino di Cipro, la Iliu Persis o distruzione d’ Ilio
di
Lesche da Lesbo, i Nosti di Argia da Trezene, la
pro, la Iliu Persis o distruzione d’ Ilio di Lesche da Lesbo, i Nosti
di
Argia da Trezene, la Telegonia di Eugammone da Ci
d’ Ilio di Lesche da Lesbo, i Nosti di Argia da Trezene, la Telegonia
di
Eugammone da Cirene. Ancora nella tarda età bizan
o d’ erudizione i vieti argomenti epici, videro la luce i Postomerici
di
Quinto Smirneo, la presa d’ Ilio di Trifiodoro, i
ici, videro la luce i Postomerici di Quinto Smirneo, la presa d’ Ilio
di
Trifiodoro, il ratto d’ Elena di Colluto Licopoli
di Quinto Smirneo, la presa d’ Ilio di Trifiodoro, il ratto d’ Elena
di
Colluto Licopolitano, in ultimo gli Anteomerici d
il ratto d’ Elena di Colluto Licopolitano, in ultimo gli Anteomerici
di
Tzetze. La lirica eziandio fè suo pro di questo m
o, in ultimo gli Anteomerici di Tzetze. La lirica eziandio fè suo pro
di
questo mondo così vario e ricco di sentimenti poe
tze. La lirica eziandio fè suo pro di questo mondo così vario e ricco
di
sentimenti poetici; ad es., Stesicoro trattò a su
uo modo la presa d’ Ilio, i Nosti, le leggende d’ Oreste; e le poesie
di
Pindaro sono ricche di accenni relativi alle legg
o, i Nosti, le leggende d’ Oreste; e le poesie di Pindaro sono ricche
di
accenni relativi alle leggende degli Eacidi. Spec
uripide a queste leggende riferentisi; basti dire che tutti i momenti
di
questa istoria furono sceneggiati, dal sacrificio
i Pelopidi e degli Atridi serbarono per secoli e secoli la virtù loro
di
commuovere profondamente chi aveva fibra per sent
r tacere dei traduttori, già Nevio nella Guerra punica ebbe occasione
di
narrare poeticamente la leggenda di Enea, ma poi
ella Guerra punica ebbe occasione di narrare poeticamente la leggenda
di
Enea, ma poi si innalzò com’ aquila sovra tutti,
a di Enea, ma poi si innalzò com’ aquila sovra tutti, poco al disotto
di
Omero stesso rimanendo, il gran poeta mantovano,
eide contiene nei primi libri una magistrale descrizione della caduta
di
Troia, la più viva e la più bella che a noi sia g
fosi d’ Ovidio, che cantano lo stesso tema; s’ aggiunga l’ Achilleide
di
Stazio; s’ aggiungano i continui ricordi e cenni
adizioni. Opera immensa sarebbe anche descrivere minutamente le opere
di
pittura e di scultura ispirate dalle leggende del
ra immensa sarebbe anche descrivere minutamente le opere di pittura e
di
scultura ispirate dalle leggende del ciclo troian
rincipalissime. E prima le scolture del frontone orientale del tempio
di
Zeus in Olimpia, rappresentanti il momento in cui
i dispone alla lotta contro Enomao; opera del celebre scultore Peonio
di
Mende contemporaneo di Fidia. Importanti framment
ntro Enomao; opera del celebre scultore Peonio di Mende contemporaneo
di
Fidia. Importanti frammenti di questo bassoriliev
scultore Peonio di Mende contemporaneo di Fidia. Importanti frammenti
di
questo bassorilievo furono scoperti un venti anni
a per cura del governo germanico. In mezzo s’ erge maestosa la figura
di
Zeus, a sinistra di lui stanno Pelope ed Ippodami
no germanico. In mezzo s’ erge maestosa la figura di Zeus, a sinistra
di
lui stanno Pelope ed Ippodamia, a destra Enomao c
figure secondarie. — In secondo luogo va ricordato il celebre gruppo
di
Laocoonte. Fu trovato nel 1506 in una vigna press
gruppo di Laocoonte. Fu trovato nel 1506 in una vigna presso le terme
di
Tito a Roma, e da papa Giulio II acquistato per i
Giulio II acquistato per il museo Vaticano. Mancava il braccio destro
di
Laocoonte, e fu ristaurato da Giov. Angelo Montor
duce questo gruppo come esso è attualmente in Vaticano. Si dice opera
di
tre scultori, Agesandro, Polidoro e Atenodoro del
e opera di tre scultori, Agesandro, Polidoro e Atenodoro della scuola
di
Rodi ed è probabile risalga all’ età classica di
enodoro della scuola di Rodi ed è probabile risalga all’ età classica
di
questa scuola (terzo secolo av. C.; il Lessing lo
2) rappresenta un singolo momento della tragica catastrofe. Il figlio
di
destra, giovanetto di forme morbide e gentili, è
olo momento della tragica catastrofe. Il figlio di destra, giovanetto
di
forme morbide e gentili, è quasi levato su di ter
o di destra, giovanetto di forme morbide e gentili, è quasi levato su
di
terra dalle violente strette del rettile che lo c
tro fianco del padre, gli attorce le parti superiori delle braccia, e
di
sotto alla destra ascella lo addenta con velenoso
colle estreme spire della coda allaccia in basso una gamba dei figli
di
sinistra, mentre l’ altro serpente gli arroncigli
braccio destro, ma non così che al giovine non sembri ancor possibile
di
sfuggire a quelle ritorte; e invero, pur tentando
e di sfuggire a quelle ritorte; e invero, pur tentando colla sinistra
di
liberare il piede inceppato, egli mostrasi spaven
o alle dita dei piedi si raggrinzano tremanti; un brivido, un fremito
di
dolore corre per tutte le membra, avvinte nelle s
un fremito di dolore corre per tutte le membra, avvinte nelle strette
di
quelle viscide e gelide spire. E di quel dolore è
le membra, avvinte nelle strette di quelle viscide e gelide spire. E
di
quel dolore è tanto più viva l’ impressione quant
ne analisi dei Gentile si può aggiungere l’ osservazione che la testa
di
Laocoonte così volta al cielo in atto di dolorosa
l’ osservazione che la testa di Laocoonte così volta al cielo in atto
di
dolorosa rassegnazione, sì che par voglia chieder
to gruppo denominato « Pasquino » che trovasi a Roma su un crocicchio
di
strade all’ angolo del palazzo Braschi, rappresen
azzo Braschi, rappresentante un guerriero che sostiene il corpo morto
di
un altro guerriero. Ne esistono copie antiche in
sostiene Patroclo, o ad Aiace che salva dal furor nemico il cadavere
di
Achille. In ogni modo il bel corpo giovanile dell
in diversi monumenti; tra questi van ricordati i marmi Egineti, resti
di
un bassorilievo marmoreo del tempio di Pallade in
cordati i marmi Egineti, resti di un bassorilievo marmoreo del tempio
di
Pallade in Egina scoperti nel 1811 e conservati o
Pallade in Egina scoperti nel 1811 e conservati ora nella gliptoteca
di
Monaco. In ultimo riproduciamo alla fig. 90
In ultimo riproduciamo alla fig. 90 un noto gruppo del Museo Ludovisi
di
Roma rappresentante una giovine donna colla chiom
colla chioma tagliata, che fa gentile accoglienza a un giovine minore
di
lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si
iata, che fa gentile accoglienza a un giovine minore di lei d’ anni e
di
statura; per lo più si crede si tratti di Elettra
ine minore di lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si tratti
di
Elettra ed Oreste nel momento che si rivedono nel
omento che si rivedono nella casa paterna contaminata dall’ uccisione
di
Agamennone. Il gruppo è detto esser opera di Mene
taminata dall’ uccisione di Agamennone. Il gruppo è detto esser opera
di
Menelao scolaro di Stefano della scuola di Prasit
sione di Agamennone. Il gruppo è detto esser opera di Menelao scolaro
di
Stefano della scuola di Prasitele fiorito nel 1º
gruppo è detto esser opera di Menelao scolaro di Stefano della scuola
di
Prasitele fiorito nel 1º secolo av. C. Cap
ricordati. Nelle leggende Tessale e Argive è insigne Melampo, figlio
di
quell’ Amitaone, che venuto dalla Tessaglia in Me
Biante suoi figli vissero e fiorirono contemporaneamente alla stirpe
di
Neleo. Entrambi erano segnalati per la loro antiv
saviezza, ma specialmente Melampo, il quale avendo curato una covata
di
serpenti dopo aver dato sepoltura ai loro genitor
lli passarono ad Argo, ed ivi avendo Melampo saputo guarire le figlie
di
Preto, ottenne una parte del regno e così diè ori
to, Anfiarao, Alcmeone, Anfiloco che ebbero tante parte nelle vicende
di
Tebe e nelle due guerre dei sette e degli Epigoni
aca con Telemaco e Poliido che acquistò fama in Corinto. — Ogni ciclo
di
leggende ha il suo vate e indovino; fra gli Argon
ende ha il suo vate e indovino; fra gli Argonauti c’ era Mopso figlio
di
Ampico, tessalo; nelle leggende tebane è nominato
oiani. Di tutti costoro il più celebre fu Tiresia, sovrano nell’ arte
di
osservare il volo degli uccelli. Gli si assegnava
Gli si assegnava una vecchiaia favolosa, dicendolo nato nei primordi
di
Tebe e facendolo ancora vivo al tempo della distr
erciò fu sempre in grande estimazione presso i Tebani. Dopo la caduta
di
Tebe, trovò la morte nella fuga; ancora nel secon
ora nel secondo sec. dopo C. si indicava la sua tomba nelle vicinanze
di
Aliarto. Tiresia ebbe una figliuola, Manto, dotat
o. Tiresia ebbe una figliuola, Manto, dotata anch’ essa della facoltà
di
vaticinar l’ avvenire. Fatta prigioniera di guerr
anch’ essa della facoltà di vaticinar l’ avvenire. Fatta prigioniera
di
guerra al momento della distruzione di Tebe, fu p
l’ avvenire. Fatta prigioniera di guerra al momento della distruzione
di
Tebe, fu portata a Delfo e consacrata ad Apollo;
uzione di Tebe, fu portata a Delfo e consacrata ad Apollo; per ordine
di
lui andò poi nell’ Asia Minore, dove fondò l’ ora
; per ordine di lui andò poi nell’ Asia Minore, dove fondò l’ oracolo
di
Claro presso Colofone. Quivi sposatasi con Rachio
fondò l’ oracolo di Claro presso Colofone. Quivi sposatasi con Rachio
di
Creta, diè alla luce Mopso, il quale divenne il f
eta, diè alla luce Mopso, il quale divenne il fondatore dell’ oracolo
di
Mallo in Cilicia. 3. I più celebri poeti dell’ et
vevano a udirlo e le fiere selvaggie s’ ammansivano. Nota la leggenda
di
Orfeo e di Euridice, sua sposa. Morta questa di a
irlo e le fiere selvaggie s’ ammansivano. Nota la leggenda di Orfeo e
di
Euridice, sua sposa. Morta questa di acerba morte
ano. Nota la leggenda di Orfeo e di Euridice, sua sposa. Morta questa
di
acerba morte per essere stata morsicata da un ser
i la pianse in dolcissimi canti che commuovevano fin le pietre. Pensò
di
scendere all’ inferno per veder di riaverla. In f
commuovevano fin le pietre. Pensò di scendere all’ inferno per veder
di
riaverla. In fatti il suo dolce canto faceva spun
anto faceva spuntar le lagrime fin sul ciglio delle Erinni e il petto
di
bronzo del re dell’ ombra si commosse. Gli fu con
ebbe stata inesorabilmente ritolta. Lieto intraprende egli il viaggio
di
ritorno; lo seguiva Euridice; ma a un certo punto
e montagne della Tracia a dare sfogo al suo dolore, e gli avvenne poi
di
perire miseramente lacerato da uno stuolo di Bacc
olore, e gli avvenne poi di perire miseramente lacerato da uno stuolo
di
Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non era men
stuolo di Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non era meno celebre
di
Orfeo. Era figlio della Musa Urania, come Orfeo d
n era meno celebre di Orfeo. Era figlio della Musa Urania, come Orfeo
di
Calliope, e rallegrava de’ suoi canti le regioni
ell’ Elicona. Forse costui non è altro che la personificazione mitica
di
antico canto popolare in cui si lamentava con que
te in Argo, a Tebe, nell’ isola d’ Eubea, e anche si facevan feste in
di
lui onore. — Tamiri (Thamyris) fu il primo dei ca
corti de’ principi e dei nobili e la folia raccolta a festa. Ma pecca
di
superbia e volle gareggiare colle Muse onde fu ac
diffondere l’ arte poetica nell’ Attica. Si diceva discepolo o figlio
di
Orfeo, e citavansi anche delle poesie di lui, can
Si diceva discepolo o figlio di Orfeo, e citavansi anche delle poesie
di
lui, canti religiosi e lustrali, inni, vaticini.
lavori che nell’ età storica correvano col suo nome eran naturalmente
di
elaborazione ben posteriore. 4. Fra gli artisti m
bia in già detto una parola (cfr. pag. 360 e 370). Lavorò nell’ isola
di
Creta, in Attica e anche in Italia e Sicilia; e s
ilia; e si segnalò sia per costruzioni architettoniche sia per lavori
di
statuaria. Due altri artisti, a cui si attribuiva
i di statuaria. Due altri artisti, a cui si attribuiva la costruzione
di
grotte, cripte, camere per tesori, furono Trofoni
ma Nemea lo chiama l’ esimio profeta dell’ altissimo Zeus, il profeta
di
verità; mentre i Tragici lo introdussero nei loro
creduta mai, è personaggio che ricorre spesso nei drammi che trattano
di
Troia caduta e delle vicende dolorose serbate ai
a gara a onorare l’ alta virtù del cantore tracio; e il pietoso caso
di
Euridice e la discesa all’ inferno di Orfeo trova
ntore tracio; e il pietoso caso di Euridice e la discesa all’ inferno
di
Orfeo trova un interprete eloquente in Ovidio, ne
i ricordiamo solo un bel rilievo in marino che si conserva in Napoli,
di
cui diamo il disegno alla fig. 91. Rappresenta la
disegno alla fig. 91. Rappresenta la seconda irreparabile separazione
di
Orfeo ed Euridice. Questa, che è la figura di mez
rreparabile separazione di Orfeo ed Euridice. Questa, che è la figura
di
mezzo, posa leggermente la mano sulla spalla d’ O
ste dolcezza. La terza figura è Ermes che deve compiere il suo dovere
di
separare i due amanti, ma si vede che lo fa a mal
iacchè gli Dei hanno in odio quelle violenza che rende l’ uomo capace
di
qualunque delitto. » 2. « Giove illustre pel tri
e si compiace la Dea guerriera. » 6. « Pegno della salvezza nostra e
di
quella dello stato. » 7. I, 515 e segg. : « … i
lla dello stato. » 7. I, 515 e segg. : « … impero ho io sulla terra
di
Delfo e su Claro(nella Ionia, presso Colofone) e
ate Diana, gentili donzelle; e voi, fanciulli, lodato il chiomato Dio
di
Cinto (monte dell’ isola de Delo ove Apollo nacqu
a gaerra il mio Stilicone, il quale secondo il costume mi arricchisce
di
trofei, e i pennacchi de’ nemici sospende alla pi
pende alla pianta (in mio onore). Comuni son fra noi sempre le trombe
di
guerra, in comune risuonan gli squilli di esse tr
on fra noi sempre le trombe di guerra, in comune risuonan gli squilli
di
esse trombe, e attaccati i cavalli al carro seguo
esse trombe, e attaccati i cavalli al carro seguo io gli accampamenti
di
lui. » 11. « Già Venere Citerea al lume della l
egg . « Per lungo tempo credetti io stoltamente che vi fossero statue
di
Vesta, ma poi appresi che sotto la curva cupola n
Un fuoco sempre vivo celasi in quel tempio, e Vesta non è suscettiva
di
essere effigiata come non è neanche il fuoco. »
nte oriente la vigile Aurora apri le purpuree porte e gli atrii pieni
di
rose ». 18. Metam. 13, 622: « Anche ora dà pie
lle caramente diletta. » 20. Carm. I, 3, 15: « la rabbia del vento
di
sud, più ch’ ogni altro arbitro e sovrano del mar
ugiada pel cielo e tinta ili mille diversi colori dal sole che le sta
di
faccia. » 23. « Iride l’ ambasciatrice di Giunon
colori dal sole che le sta di faccia. » 23. « Iride l’ ambasciatrice
di
Giunone, di varii colori vestita, s’ impregna d’
ole che le sta di faccia. » 23. « Iride l’ ambasciatrice di Giunone,
di
varii colori vestita, s’ impregna d’ acqua e port
porta alimento alle nubi. » 24. « La Gioventù, poco aggraziata senza
di
te. » 25. « Tu o llizia, che benigna schiudi all
avanti a’ piedi loro In viminee cestelle eran raccolti Morbidi velli
di
candida lana. (Versione Rigutini , Firenze, Barb
segg.: « Te sempre precede la cruda Nécessità portando nella sua mano
di
bronzo chiodi da travi e cunei, nè le manea il fe
ione e il piombo liquido. Te accompagna la Speranza e la rara Fedeltà
di
bianco panno velata, la quale non ti rifiuta la s
oni le case dei potenti. » 31. « Il giovane, cinto le novelle corna
di
pieghevoli canne. » 32. V. 11 e segg.: « Parte
le novelle corna di pieghevoli canne. » 32. V. 11 e segg.: « Parte
di
loro vedesi nuotare, parte sedendo su scogli far
te le stesse fattezze, ma neppur diverse, come è naturale trattandosi
di
sorelle. » 33. Eneide, 3, 216: « Di vergine è
ttandosi di sorelle. » 33. Eneide, 3, 216: « Di vergine è il volto
di
quegli uccelli, e sozzo il gran ventre e adunche
o, Orl. Fur. 33, str. 120. Erano sette in una schiera, e tutte Volto
di
donna avean, pallide e smorte, Per lunga fame att
l’ ugne incurve e torte; Grande e fetido il ventre, e lunga coda Come
di
serpe che s’ aggira e snoda. 35. V. 142: « … i
: « tutto si questo il fragor del mare, dopochè il genitore guardando
di
lungi le onde e comparendo dall’ aperto cielo pie
ndo l’ onda sotto il petto semiferino ». 38. V. 335 e sgg.: « …Ei dà
di
piglio alla cava attorcigliata tromba che dall’ u
Suoni stridea. » 44. V. 585: « Scuotendo il semiferino capo velato
di
corone di pino, spesso con curvo labbro percorre
dea. » 44. V. 585: « Scuotendo il semiferino capo velato di corone
di
pino, spesso con curvo labbro percorre le bucate
etto ad aggiungere al limo, che era la materia principale, particelle
di
sostanze prese da ogni parte, e che al nostro pet
anze prese da ogni parte, e che al nostro petto apponesse la violenza
di
furioso leone. » 47. Georg. III, 266: … Più
alle Passa i segni il furor. Venere istessa In loro il suscitò quando
di
Glauco Preser col denti ad isbranar le membra Le
bra Le potniadi puledre. (Traduz. Sapio, Palermo 75). 48. « I caso
di
Fetonte abbruciato è tale che spaventa chi concep
lerofonte. » 49. Fram. 37 nell’ ediz. del Bergk. Eccone la versione
di
G. Mazzoni: Quando fu dentro all’ arca d
ncedimi perdono! 50. Di qui l’ espressione proverbiale: « un letto
di
Procuste » usata a designare condizione disagiata
una grande impressione. » 52. Così intitolata, dal nome della moglie
di
Eneo re di Celidone, fatta schiava allorchè Eneo
impressione. » 52. Così intitolata, dal nome della moglie di Eneo re
di
Celidone, fatta schiava allorchè Eneo fu caccialo
a schiava allorchè Eneo fu caccialo dal regno per opera dei figliuoli
di
Agrio suo fratello, cfr. pag. 412. 53. Carm. I,
S. E. R. Monsignor D. Ignazio De Bisogno Della Metropolitana chiesa
di
Napoli canonico cardinale del titolo di S. Giorgi
o Della Metropolitana chiesa di Napoli canonico cardinale del titolo
di
S. Giorgio Maggiore e Vescovo di Ascalona. E.
Napoli canonico cardinale del titolo di S. Giorgio Maggiore e Vescovo
di
Ascalona. E. R. V olendo porre in istampa un
. R. Vengo con ciò a soddisfare ad un antico mio obbligo, ch’è quello
di
far palese nel miglior modo che posso quanto debb
generoso Suo Cuore. E veramente da che posi il piede in questa città
di
Napoli, fra le altre d’Italia bellissima, di molt
il piede in questa città di Napoli, fra le altre d’Italia bellissima,
di
molti valorosi Personaggi ebbi assai a lodarmi, i
alorosi Personaggi ebbi assai a lodarmi, i quali, come volle la bontà
di
Dio, di me presero cura più che paterna. Or fra e
Personaggi ebbi assai a lodarmi, i quali, come volle la bontà di Dio,
di
me presero cura più che paterna. Or fra essi senz
ravezza, piacemi brevemente discorrere con V. E. R. sull’intendimento
di
questa opericciuola, chè così verrà a scorgersi p
ulle quali il tempo non istenderà mai il velo della obblivione. E più
di
ogni altro i Poeti colla soavità de loro versi co
Poeti colla soavità de loro versi conseguirono in guisa l’ammirazione
di
tutt’i secoli e di tutte le nazioni, che pare spe
de loro versi conseguirono in guisa l’ammirazione di tutt’i secoli e
di
tutte le nazioni, che pare spenta ogni speranza d
di tutt’i secoli e di tutte le nazioni, che pare spenta ogni speranza
di
mai più trapassarli. Or se questi sovrani ingegni
ri, se non vogliono che si spenga del tutto fra noi ogni benigno lume
di
gentili discipline. E si spegnerà senza fallo, se
erà senza fallo, se la rea peste del moderno romanticismo non lascerà
di
perdere miseramente ogni seme di buona letteratur
del moderno romanticismo non lascerà di perdere miseramente ogni seme
di
buona letteratura. Or a fin di agevolare a’ giova
scerà di perdere miseramente ogni seme di buona letteratura. Or a fin
di
agevolare a’ giovani studiosi l’intelligenza de’
eti e greci e latini, non son molti anni che diedi alla luce un Corso
di
Mitologia, il quale ha meritato il benigno compat
ha meritato il benigno compatimento del pubblico. Il fine principale
di
quel mio lavoro fu quello di porre nelle mani del
timento del pubblico. Il fine principale di quel mio lavoro fu quello
di
porre nelle mani della gioventù una Mitologia, la
i porre nelle mani della gioventù una Mitologia, la quale fosse ricca
di
erudizione per l’intelligenza degli antichi poeti
ricca di erudizione per l’intelligenza degli antichi poeti, e scevra
di
ogni anche menoma espressione contraria all’ ones
rpi leggende degli antichi Pagani. E forse mi fu dato, la Dio mercè,
di
conseguire l’intento, atteso che quel libro può p
la Mitologia però era voluminosa, e forse un po soverchiamente carica
di
greca e di latina erudizione ; per cui molti mi h
a però era voluminosa, e forse un po soverchiamente carica di greca e
di
latina erudizione ; per cui molti mi han consigli
arsi da’ fanciulli nelle scuole, e da quelli che non amano il corredo
di
molta erudizione. E questo appunto è quello che
o è quello che ora presento al pubblico fregiato del chiarissimo Nome
di
V. E. R. la quale son certo che l’accoglierà con
pubblico attestato della mia stima e gratitudine, con cui ho l’onore
di
baciarle devotamente il s. Anello e di segnarmi
ratitudine, con cui ho l’onore di baciarle devotamente il s. Anello e
di
segnarmi Di V. E. R. div.° umil.° servitore obb
viene da satur, satollo, perchè il tempo, simboleggiato sotto il nome
di
Satùrno, si satolla di anni ; o da satus per sati
, perchè il tempo, simboleggiato sotto il nome di Satùrno, si satolla
di
anni ; o da satus per satio, seminagione, perchè
alla voce ebraica sathar, nascondersi, perchè Satùrno, fuggendo l’ira
di
Giove, si occultò nel Lazio, come diremo. Da’ Gre
so regolare è il misuratore e quasi l’autore del tempo (2). La moglie
di
Satùrno chiamossi Cibèle (Κυβηβη e Κυβελε, Cybèle
orte. Si chiamava pur Caos (Χαος, Chaos), che si credeva il principio
di
tutte le cose. II. Storia favolosa di Satùrno.
che si credeva il principio di tutte le cose. II. Storia favolosa
di
Satùrno. Il Cielo, detto da’ Greci Urano, era
figliuolo, il divorava. Il che significa che il tempo tutto consuma e
di
anni insaziabilmente si pasce(2). E da siffatta c
consuma e di anni insaziabilmente si pasce(2). E da siffatta crudeltà
di
quel nume ebbe origine l’inumano costume d’immola
el nume ebbe origine l’inumano costume d’immolargli vittime umane. Or
di
ciò la moglie fu tanto dolente che di due gemelli
d’immolargli vittime umane. Or di ciò la moglie fu tanto dolente che
di
due gemelli occultò il maschio ch’era Giove, a Sa
ch’era Giove, a Satùrno mostrando la sola Giunòne. Dicono che invece
di
Giove gli presentò una pietra avvolta in fasce, d
so del tempo discaccia e vince il passato (3). III. Discacciamento
di
Satùrno. Partizione dell’universo fra’ suoi figli
ère, occultarsi, perchè quel Nume erasi quivi occultato. Or la moglie
di
Satùrno avea anche partorito Nettùno, e poscia Pl
stesso modo alla crudeltà del padre sottratti. E questi tre figliuoli
di
Satùrno tutto fra loro si divisero il gran regno
o il gran regno dell’universo, sicchè a Giove, il cielo, cioè l’isola
di
Creta ; a Nettùno, il mare, cioè le isole del mar
a, toccò in sorte. In questa partizione del mondo fatta da’ figliuoli
di
Satùrno scorgesi adombrata la storia de’ tre figl
’ figliuoli di Satùrno scorgesi adombrata la storia de’ tre figliuoli
di
Noè, i quali dopo il diluvio si divisero la terra
e del Lazio, accolse Satùrno con lietissimo animo, ed il fece padrone
di
buona parte del suo reame ; percui questi il rega
l fece padrone di buona parte del suo reame ; percui questi il regalò
di
una sì segnalata prudenza, che le future cose non
tenuto per un nume e chiamato figliuolo del Cielo, perchè siam soliti
di
chiamare figliuoli del cielo, o dal cielo discesi
am soliti di chiamare figliuoli del cielo, o dal cielo discesi coloro
di
cui ammiriamo le grandi virtù, o che vengono inas
alia, era consacrata a Satùrno e chiamavasi Saturnia. Sotto il regno
di
questo nume fu l’età dell’oro. I poeti nel descri
trascorsero dalla creazione dell’uomo in poi, diedero ad esse il nome
di
varii metalli, de’ quali la maggiore o minore pre
, de’ quali la maggiore o minore preziosità facesse rilevare la bontà
di
ciascun secolo. Ciò voleva dire che il genere uma
n secolo. Ciò voleva dire che il genere umano dal suo primitivo stato
di
felicità e d’innocenza a passo a passo era tralig
ecolo d’oro, in cui la terra, senza che coltivata fosse, ogni maniera
di
frutti produceva ; nè vi erano limiti che divides
a a tutti comune. Le città non aveano mura, perchè non viera a temere
di
ostile assalto ; nè il suono si udiva di marziali
a, perchè non viera a temere di ostile assalto ; nè il suono si udiva
di
marziali trombe che turbasse i tranquilli sonni e
sse i tranquilli sonni e la dolcezza della pace. Non vi era cupidigia
di
avere ; non si piativa ne’ tribunali ; nè gli uom
Degli antichi re Aborigeni che regnarono in Italia avanti alla guerra
di
Troia, il primo fu Stercenio o Dercenno, cui succ
o, il quale da Marica, ninfa de’ Minturnesi, ebbe il re Latìno, padre
di
Lavinia. E però il popolo Latino ebbe sua origine
adre di Lavinia. E però il popolo Latino ebbe sua origine da Satùrno,
di
cui figliuolo era Pico, peritissimo nella scienza
rii ed insigne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuola
di
Giano e di Venilia, chiamata Canènte per la marav
gne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuola di Giano e
di
Venilia, chiamata Canènte per la maravigliosa mae
agna il cercavano, furono dalla Maga anche cangiati in orribili forme
di
fiere. Ma Canènte forsennata pel dolore per sei g
ere che portò poscia il suo nome, finì disciolta in leggiera auretta,
di
se non lasciando che la voce. Fauno si vuole figl
giera auretta, di se non lasciando che la voce. Fauno si vuole figlio
di
Pico e quindi nipote di Satùrno, ed avea per mogl
lasciando che la voce. Fauno si vuole figlio di Pico e quindi nipote
di
Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la quale dava
li alle donne, come il marito agli uomini. Virgilio(2) pone l’oracolo
di
Fauno nella sacra selva di Albùna (Albunea), ov’e
to agli uomini. Virgilio(2) pone l’oracolo di Fauno nella sacra selva
di
Albùna (Albunea), ov’era un fonte lungo il Tevero
ùna (Albunea), ov’era un fonte lungo il Teverone, che dava larga vena
di
acque sulfuree ; ma Ovidio (3) il mette sul monte
sulfuree ; ma Ovidio (3) il mette sul monte Aventino un dì abbondante
di
fonti e di sacri boschetti. Fauno fu il primo ad
ma Ovidio (3) il mette sul monte Aventino un dì abbondante di fonti e
di
sacri boschetti. Fauno fu il primo ad edificare d
erivata la parola fanum, tempio. De’ Fauni diremo nella seconda parte
di
quest’opera. V. Feste Saturnali. Tempio di Gia
emo nella seconda parte di quest’opera. V. Feste Saturnali. Tempio
di
Giano. I Latini adunque eran superbi di aver
. Feste Saturnali. Tempio di Giano. I Latini adunque eran superbi
di
aver avuto Satùrno per fondatore di lor nazione e
I Latini adunque eran superbi di aver avuto Satùrno per fondatore
di
lor nazione e che nelle vene de’lor primi e più a
imi e più antichi signori era un sangue proveniente dal vecchio padre
di
Giove. Di che i Romani vollero serbare solenne me
aturnali (Κρονια, Saturnalia), le quali erano immagine dell’aurea età
di
Satùrno, e si celebravano con allegria grandissim
ea età di Satùrno, e si celebravano con allegria grandissima nel mese
di
Dicembre per cinque giorni detti da Catullo (4) i
della sognata eguaglianza del secolo d’oro. Per la tradizione ancora
di
quel secolo a tempo di Giano, Numa, secondo re di
za del secolo d’oro. Per la tradizione ancora di quel secolo a tempo
di
Giano, Numa, secondo re di Roma, dedicò a quel nu
a tradizione ancora di quel secolo a tempo di Giano, Numa, secondo re
di
Roma, dedicò a quel nume un tempio, ch’esser dove
econdo re di Roma, dedicò a quel nume un tempio, ch’esser dovea segno
di
pace, se teneasi chiuso ; e se aperto, di guerra.
empio, ch’esser dovea segno di pace, se teneasi chiuso ; e se aperto,
di
guerra. Ovidio (1) rappresenta Giano che nel suo
ed or quella. Virgilio (2) al contrario finge nobilmente, nel tempio
di
Giano chiuso da ben cento chiavistelli di bronzo
inge nobilmente, nel tempio di Giano chiuso da ben cento chiavistelli
di
bronzo stare incatenati e la Guerra e Marte, e ch
a e Marte, e che Giano siede sempre alla custodia delle due sue porte
di
ferro. Ed infine Orazio (3) rappresenta Giano ste
o tempio qual custode ed autore della pace. Quindi il Tasso, parlando
di
Argante, disse : Spiegò quel crudo il seno e’l m
isse, vi sfido. E’l disse in atto sì feroce ed empio, Che parve aprir
di
Giano il chiuso tempio. Questo tempio tre volte
iuse a Roma, a tempo, cioè, del pacifico re Numa ; sotto il consolato
di
T. Manlio, terminata la prima guerra Punica ; e f
o, terminata la prima guerra Punica ; e finalmente, dopo la battaglia
di
Azio, regnando per Cesare Augusto grandissima pac
Chiròne (Χειρων, Chiron), ch’era mezzo uomo e mezzo cavallo, cioè uno
di
que’mostri che i poeti chiamaron Centauri. Di che
ra si chiama quella pelle sottilissima ch’è fra la scorza ed il legno
di
quell’albero, di cui si servivano gli antichi per
la pelle sottilissima ch’è fra la scorza ed il legno di quell’albero,
di
cui si servivano gli antichi per iscrivere. Essi
i antichi per iscrivere. Essi intonacavano leggiermente una tal pelle
di
uno strato di cera, sopra la quale incidevano le
iscrivere. Essi intonacavano leggiermente una tal pelle di uno strato
di
cera, sopra la quale incidevano le lettere con un
trato di cera, sopra la quale incidevano le lettere con un punteruolo
di
ferro (Stylus), la cui testa serviva per cancella
ma nella medicina, nell’astronomia e nella musica, oltre alla scienza
di
predire il futuro. Avendo un giorno presagito il
spettava il giovinetto Esculapio, e la morte dello stesso Chiròne era
di
natura sua immortale, perchè figliuolo di Satùrno
te dello stesso Chiròne era di natura sua immortale, perchè figliuolo
di
Satùrno ; ma mentre maneggiava le armi di Ercole,
immortale, perchè figliuolo di Satùrno ; ma mentre maneggiava le armi
di
Ercole, ferito per caso in un piede da una saetta
erito per caso in un piede da una saetta intinta nel sangue dell’idra
di
Lerna, impaziente del dolore, e vano riuscendo og
rasformato in una costellazione detta del Centauro. VII. Sacerdoti
di
Cibèle-Ati-Taurobolio. I Sacerdoti di Cibèle
Centauro. VII. Sacerdoti di Cibèle-Ati-Taurobolio. I Sacerdoti
di
Cibèle appellavansi Galli dal fiume Gallo, della
capo e cozzavano fronte a fronte come montoni, per cui ebbero il nome
di
Coribanti ; si tosavano nella parte anteriore del
donnesco. Si chiamavan Curèti, perchè avean allevato Giove nell’isola
di
Creta. E Virgilio (1) dice che il culto di Cibèle
allevato Giove nell’isola di Creta. E Virgilio (1) dice che il culto
di
Cibèle fu portato da Creta nella Troade. I sacrif
che il culto di Cibèle fu portato da Creta nella Troade. I sacrificii
di
quella Dea si celebravano con tumultuose grida ed
celebravano con tumultuose grida ed ululati, e collo strepitoso suono
di
cornamuse, di cembali e di timpani, a’quali i Cor
n tumultuose grida ed ululati, e collo strepitoso suono di cornamuse,
di
cembali e di timpani, a’quali i Coribanti accoppi
grida ed ululati, e collo strepitoso suono di cornamuse, di cembali e
di
timpani, a’quali i Coribanti accoppiavano i loro
li i Coribanti accoppiavano i loro balli. I quali timpani erano falti
di
un cerchio di legno, a cui si sottoponeva un cuoi
accoppiavano i loro balli. I quali timpani erano falti di un cerchio
di
legno, a cui si sottoponeva un cuoio ; e si suona
va un cuoio ; e si suonavano o colle bacchette o colle mani. Mida, re
di
Frigia, ritrovò i modi Frigii, o sia il suono di
colle mani. Mida, re di Frigia, ritrovò i modi Frigii, o sia il suono
di
quella cornamusa (tibia), sulla quale i Coribanti
che ne accresceva l’acuto e stridulo suono. Gran parte ne’sacrificii
di
Cibèle avea Ati (Αττης, Atys, Attis), bellissimo
poscia a lei dedicato. I Coribànti ogni anno piangevano l’amaro fato
di
Ati ; e chi colle chiome rabbuffate discorreva pe
uoteva timpani e cembali, in guisa che il monte Ida era tutto ripieno
di
tumulto e di furori. Siccome i Frigii sotto nome
i e cembali, in guisa che il monte Ida era tutto ripieno di tumulto e
di
furori. Siccome i Frigii sotto nome di Cibèle int
era tutto ripieno di tumulto e di furori. Siccome i Frigii sotto nome
di
Cibèle intendevano la Terra, così adoravano il So
di Cibèle intendevano la Terra, così adoravano il Sole sotto il nome
di
Ati, il quale credesi sepolto sul monte Agdiste,
edesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del quale era la celebre città
di
Pessinunte, a’ confini della Frigia, ove Cibèle a
ttà di Pessinunte, a’ confini della Frigia, ove Cibèle avea un tempio
di
grandissima magnificenza. Da questa città fu port
ipione fu collocata nel tempio della Vittoria sul Palatino, a’quattro
di
Aprile, che fu festa grandissima, celebrandosi il
de’grandi Dei Giove, Giunòne e Minèrva il dì precedente alle calende
di
Settembre e furono istituiti dal re Tarquinio Pri
Tarquinio Prisco. I giuochi Megalesi si celebra vano avanti al tempio
di
Cibèle con istraordinario concorso, ed in que’gio
acerdote, per l’espiazione de’delitti, e per la salute del Principe o
di
que’che l’offerivano, e fu da’ pagani introdotto
; o un ariete, ed allora si diceva Criobolio ; e si offeriva in onore
di
Ati. Chi doveva consacrarsi o espiarsi col Taurob
ol Taurobolio, si faceva scendere in una profonda fossa che coprivasi
di
un graticcio, sul quale s’immolava un toro colle
asi di un graticcio, sul quale s’immolava un toro colle corna dorate,
di
cui il sangue per quei forami colando, tutto aspe
nfondono da’poeti ; ma secondo alcuni Vesta era figliuola primogenita
di
Satùrno e di Rea ; e da Virgilio (1) chiamasi Mad
oeti ; ma secondo alcuni Vesta era figliuola primogenita di Satùrno e
di
Rea ; e da Virgilio (1) chiamasi Madre, perchè la
li uomini e degli Dei ; o perchè Vesta era il principal nume tutelare
di
Roma e specialmente della Terra, e per essa inten
a e specialmente della Terra, e per essa intendono il fuoco. Il culto
di
Vesta o del fuoco eterno fu per Enèa dalla Frigia
il fuoco era in grandissima venerazione. Enèa lo stabilì nella città
di
Lavinia, donde Ascanio il recò ad Alba Longa, da
nio il recò ad Alba Longa, da cui poscia passò a Roma. Il sacro fuoco
di
Vesta si teneva nel famoso tempio edificato da Nu
ficato da Numa, presso al quale era il palagio del suo fondatore. Era
di
forma rotonda per significare l’universo ch’è rot
la figura rappresentava la terra che credevan gli antichi della forma
di
una sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l
forma di una sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l’ immagine
di
Vesta non di rado si trova negli antichi monument
sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l’ immagine di Vesta non
di
rado si trova negli antichi monumenti. E oltre il
Italia, erano in quel tempio allogati. Le Sacerdotesse che avean cura
di
questo fuoco, si chiamavano le Vergini Vestali. N
doveano avere padre e madre viventi (patrimi et matrimi), e non meno
di
sei, nè più di dieci anni. Fu loro uffizio princi
padre e madre viventi (patrimi et matrimi), e non meno di sei, nè più
di
dieci anni. Fu loro uffizio principale, vegliare
nel cielo, così, per cura delle Vestali, sempre arder dovea il fuoco
di
Vesta a tutela della Republica. Era esso fuoco di
rder dovea il fuoco di Vesta a tutela della Republica. Era esso fuoco
di
legna che ardevano su di un focolare ; e se per c
sta a tutela della Republica. Era esso fuoco di legna che ardevano su
di
un focolare ; e se per colpa della Vestale o per
mo. Rinnovellavasi poi l’estinto fuoco co’raggi solari raccolti mercè
di
una lente. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèl
fuoco co’raggi solari raccolti mercè di una lente. IX. Iconologia
di
Satùrno, di Cibèle e di Giano. Satùrno ben di
ggi solari raccolti mercè di una lente. IX. Iconologia di Satùrno,
di
Cibèle e di Giano. Satùrno ben di rado si rit
accolti mercè di una lente. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèle e
di
Giano. Satùrno ben di rado si ritrova negli a
. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèle e di Giano. Satùrno ben
di
rado si ritrova negli antichi monumenti. Qualche
rova negli antichi monumenti. Qualche volta si dipingeva in sembianza
di
un vecchio canuto, con lunga barba, col corpo cur
elato o mezzo coperto, per dinotare che i tempi sono oscuri e coperti
di
un velo densissimo. In un dipinto Pompeiano vi è
operti di un velo densissimo. In un dipinto Pompeiano vi è una figura
di
Satùrno, di venerando aspetto, col capo velato ed
velo densissimo. In un dipinto Pompeiano vi è una figura di Satùrno,
di
venerando aspetto, col capo velato ed il corpo av
onca in mano. Nel Museo Capitolino, Satùrno velato e seduto è in atto
di
prendere e divorare una pietra che Rea gli presen
nge pure alato, per significare la velocità del tempo, o sotto figura
di
un serpente che si morde la coda, per mostrare l’
terra ; percui, a dinotarne l’immobilità, si rappresentava seduta su
di
un cubo. Avea il capo coronato di torri e di merl
obilità, si rappresentava seduta su di un cubo. Avea il capo coronato
di
torri e di merli di mura, per significare le citt
rappresentava seduta su di un cubo. Avea il capo coronato di torri e
di
merli di mura, per significare le città che sono
ntava seduta su di un cubo. Avea il capo coronato di torri e di merli
di
mura, per significare le città che sono come la c
a con un disco in mano ; attorniata da molte belve ; con veste ornata
di
ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sp
n mano ; attorniata da molte belve ; con veste ornata di ogni maniera
di
metalli e di pietre preziose e sparsa di fiori ;
rniata da molte belve ; con veste ornata di ogni maniera di metalli e
di
pietre preziose e sparsa di fiori ; ed alle volte
veste ornata di ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sparsa
di
fiori ; ed alle volte coronavasi di quercia, per
lli e di pietre preziose e sparsa di fiori ; ed alle volte coronavasi
di
quercia, per ricordare che gli uomini un tempo nu
quercia, per ricordare che gli uomini un tempo nudrivansi del frutto
di
quell’albero. Spesso si dipingeva sopra un cocchi
lia la setticolle Roma a Cibèle, la quale, coll’augusto capo coronato
di
torri ; lieta per vedersi madre di tanti numi, vi
quale, coll’augusto capo coronato di torri ; lieta per vedersi madre
di
tanti numi, vien portata su pomposo cocchìo per l
nosceva le passate e le future cose, o perchè persuase agli Aborigeni
di
mutar costumi e di attendere all’agricoltura ; o
e le future cose, o perchè persuase agli Aborigeni di mutar costumi e
di
attendere all’agricoltura ; o perchè Giano figura
dicare le quattro stagioni dell’anno cui egli presedeva. Nelle monete
di
Giano, da una parte vedeansi le due facce, e dall
si le due facce, e dall’altra, una nave, per ricordare che Satùrno su
di
una nave erasi salvato nell’Italia ; o l’arca in
’arca in cui Noè campò dal generale diluvio. X. Principali epiteti
di
Giano e di Cibèle. Janus bifrons, geminus, b
i Noè campò dal generale diluvio. X. Principali epiteti di Giano e
di
Cibèle. Janus bifrons, geminus, biceps, Gian
ero), Giano propagatore del genere umano. Enthea, cioè divina, piena
di
Dio, si chiama Cibèle, e Mygdonia, da Middonia, p
σειν) che significa cadere, perchè quivi cadde dal cielo un simulacro
di
quella Dea ; Dea turrita et turrigera, perchè la
rchè la prima diede le torri alle città, o perchè sotto la protezione
di
lei esse credevansi poste. XI. Alcune altre co
la protezione di lei esse credevansi poste. XI. Alcune altre cose
di
Satùrno e di Giano. Satùrno si annoverava piu
e di lei esse credevansi poste. XI. Alcune altre cose di Satùrno e
di
Giano. Satùrno si annoverava piuttosto fra gl
he fra i celesti ; la quale credenza nacque dal giudicarsi il pianeta
di
Satùrno di malefico influsso, ch’è l’indole degli
lesti ; la quale credenza nacque dal giudicarsi il pianeta di Satùrno
di
malefico influsso, ch’è l’indole degli Dei infern
ra infausto e malaguroso, specialmente per viaggiare. Da quest’indole
di
Satùrno venne il greco proverbio : Κρονιον ομμα,
rno venne il greco proverbio : Κρονιον ομμα, Saturnius oculus, occhio
di
mal augurio. Si chiamavano Saturnii alcuni versi
erchè ritrovati in Italia che dicevasi Saturnia ; o per quella specie
di
malignità che si attribuiva a Satùrno. Sotto la t
ella specie di malignità che si attribuiva a Satùrno. Sotto la tutela
di
questo nume erano i Gladiatori, perchè si reputav
o nume erano i Gladiatori, perchè si reputava egli una divinità avida
di
sangue e crudele. Satùrno era anche Dio dell’agri
buiva l’invenzione degl’innesti, la coltivazione della terra e l’arte
di
letamare ; percui ebbe l’onorevole nome di Stercu
zione della terra e l’arte di letamare ; percui ebbe l’onorevole nome
di
Stercuzio. Nel tempio di Satùrno al pendìo del Ca
e di letamare ; percui ebbe l’onorevole nome di Stercuzio. Nel tempio
di
Satùrno al pendìo del Campidoglio era l’erario o
secolo d’oro il furto era sconosciuto. Giano s’invocava nel principio
di
tutt’i sacrificii, perchè come portinaio del ciel
va i debitori a pagare ; il quale vico chiamavasi Janus, da un tempio
di
lui quivi allogato. Esso dividevasi come in tre p
icenza, con cui sopra tutte le create cose diffonde quanto ha ragione
di
bene, e però dagli antichi salutavasi ottimo mass
αν, vivere, perchè Giove dona a tutti la vita. II. Storia favolosa
di
Giove. L’antica Mitologia contava molti Giovi
ntica Mitologia contava molti Giovi ; e più popoli si davano il vanto
di
aver veduto nascere questo nume fra loro ; ma i P
nazzaro : Cagion sì giusta mai Creta non ebbe Per Giove o per Giunon
di
gloriarsi. Or il natale di Giove è variamente ra
mai Creta non ebbe Per Giove o per Giunon di gloriarsi. Or il natale
di
Giove è variamente raccontato da’Poeti. Secondo E
icino a partorir Giove, si consigliò col Cielo e colla Terra sul modo
di
nasconderlo alla crudeltà del genitore. I quali a
i aprirono alla figliuola quel che per decreto del Fato avvenir dovea
di
Satùrno e di Giove, e le imposero di recare il fa
la figliuola quel che per decreto del Fato avvenir dovea di Satùrno e
di
Giove, e le imposero di recare il fanciullino nel
r decreto del Fato avvenir dovea di Satùrno e di Giove, e le imposero
di
recare il fanciullino nell’isola di Creta, ove in
Satùrno e di Giove, e le imposero di recare il fanciullino nell’isola
di
Creta, ove in un antro grandissimo fu allevato. S
diello alla ninfa Neda, che lo portasse a Creta e quivi il nutricasse
di
nascosto. Allora le ninfe Melie, compagne de’ Cor
o, dandogli a poppare il latte della Capra Amaltèa, con un dolce favo
di
mele, che tosto fabbricò l’ape Panàcre sul monte
o fabbricò l’ape Panàcre sul monte Ida. Altri dicono che Melissèo, re
di
Creta, ebbe due figliuole, Amaltèa e Melissa, le
due figliuole, Amaltèa e Melissa, le quali nudrirono Giove con latte
di
capra e con mele. Or questa capra avea due curvi
rni, de’ quali uno si ruppe ad un albero. Amaltèa, dopo averlo ornato
di
fiori e di odorose erbette, il colmò di ogni mani
ali uno si ruppe ad un albero. Amaltèa, dopo averlo ornato di fiori e
di
odorose erbette, il colmò di ogni maniera di frut
. Amaltèa, dopo averlo ornato di fiori e di odorose erbette, il colmò
di
ogni maniera di frutti ed offerillo al pargoletto
averlo ornato di fiori e di odorose erbette, il colmò di ogni maniera
di
frutti ed offerillo al pargoletto Giove, il quale
lo, la sua nutrice trasformò in costellazione, ed al corno donò virtù
di
provvedere abbondevolmente quella ninfa di ogni c
ne, ed al corno donò virtù di provvedere abbondevolmente quella ninfa
di
ogni cosa, che a lei fosse piaciuta. E questo chi
iaciuta. E questo chiamasi Cornucopia, Corno dell’abbondanza, e Corno
di
Amaltèa. Affinchè poi il vagire del fanciullino u
familiare a’Cretesi, e solita a farsi, quando si celebrava il natale
di
Giove. Virgilio (1) dice che le api, allettate da
ell’antro del monte Ditteo, in Creta, furono col loro mele le nutrici
di
Giove, dal quale ebbero in premio quell’stinto ne
i ; sebbene altri l’intendano per Giove nocivo, dal vedersi la statua
di
lui armata di saette per ferire. Come poi Giove o
tri l’intendano per Giove nocivo, dal vedersi la statua di lui armata
di
saette per ferire. Come poi Giove ottenuto avesse
ne dell’universo l’impero del cielo, si è per noi detto nell’articolo
di
Satùrno. III. Potenza e maestà di Giove. Di lu
si è per noi detto nell’articolo di Satùrno. III. Potenza e maestà
di
Giove. Di lui fulmine. Salmonèo. Dopo che ebb
ere e della forza che sedevan sempre con lui nel medesimo cocchio. Ma
di
tutti gli Dei Pallade o la Sapienza era più d’app
Ma di tutti gli Dei Pallade o la Sapienza era più d’appresso al trono
di
Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Ni
era più d’appresso al trono di Giove che sempre valevasi de’ consigli
di
lei. Niente di meno gli antichi fecero Giove sogg
sso al trono di Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Niente
di
meno gli antichi fecero Giove soggetto alle deter
dita ch’egli colassù regna. Per ciò salutavasi da’ Poeti coll’epiteto
di
vibratore del fulmine (αστεροπητης) ; ed al fulmi
vibratore del fulmine (αστεροπητης) ; ed al fulmine davasi l’aggiunto
di
domator di ogni cosa (πανδαματωρ). La folgore ste
el fulmine (αστεροπητης) ; ed al fulmine davasi l’aggiunto di domator
di
ogni cosa (πανδαματωρ). La folgore stessa onorava
emodo gelose, come ebbe a sperimentare il superbo Salmonèo, figliuolo
di
Eolo, re di Elide, in Morea, diverso da Eolo, re
, come ebbe a sperimentare il superbo Salmonèo, figliuolo di Eolo, re
di
Elide, in Morea, diverso da Eolo, re de’ venti. I
eale, volendo imitare il Dio del fulmine, fabbricò un altissimo ponte
di
bronzo, che passava sopra di Elide ; sul quale pa
del fulmine, fabbricò un altissimo ponte di bronzo, che passava sopra
di
Elide ; sul quale passeggiando con magnifico cocc
more simile al tuono ; e lanciando accese fiaccole, imitava i fulmini
di
Giove. Il qual folle divisamento questi mal soffe
l cacciò nell’inferno. Ma niuno dispregiò con più orgoglio la potenza
di
Giove, che Capanèo, di Argo, figliuolo d’Ipponoo
Ma niuno dispregiò con più orgoglio la potenza di Giove, che Capanèo,
di
Argo, figliuolo d’Ipponoo e di Astinome. Questo g
glio la potenza di Giove, che Capanèo, di Argo, figliuolo d’Ipponoo e
di
Astinome. Questo greco capitano andò con Polinice
oo e di Astinome. Questo greco capitano andò con Polinice alla guerra
di
Tebe, e nel dare la scalata alle mura, con empio
isse, volere impadronirsi della città a dispetto del medesimo Giove ;
di
che questi adirato tosto il fulminò. Dice Vegezio
primo inventore della scalata, il quale fu da’Tebani con sì gran mole
di
pietre oppresso, che si disse morto da un fulmine
con sì gran mole di pietre oppresso, che si disse morto da un fulmine
di
Giove. IV. Continuazione. Aquila-Ganimède-Peri
Continuazione. Aquila-Ganimède-Perifànte. L’aquila era l’uccello
di
Giove e la ministra del suo fulmine. Finsero ciò
prestatogli nel rapir Ganimède. Dicesi che Perifànte, antichissimo re
di
Atene, governò con tanta sapienza il suo popolo,
ta sapienza il suo popolo, che fu adorato qual altro Giove ; il quale
di
ciò adirato volea fulminarlo, ma per intercession
iove ; il quale di ciò adirato volea fulminarlo, ma per intercessione
di
Apòllo, eui Perifante avea consacrato un tempio,
Apòllo, eui Perifante avea consacrato un tempio, il cambiò in aquila,
di
cui valevasi nell’attraversare gli spazii dell’ar
di cui valevasi nell’attraversare gli spazii dell’aria. E la consorte
di
lui che non volle esser disgiunta dal marito, fu
ora. A principio l’universo non era che un’informe e confusa mole
di
materia, che gli antichi dissero caos, cioè confu
sione universale della materia, che contenea in se misti gli elementi
di
tutte le cose, in guisa che ove era terra, ivi pu
conveniente, e si videro e cielo e terra e mare far magnifica mostra
di
lor bellezza ; e l’ordine che uscì del caos fu sì
a tutte le create cose la più bell’opera fu l’uomo, da’ Poeti creduto
di
origine celeste e divina. Ma qui è mestieri rifer
uto di origine celeste e divina. Ma qui è mestieri riferire la favola
di
Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto
mestieri riferire la favola di Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig.
di
Giapeto e di Climene, il quale di alto ingegno do
rire la favola di Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto e
di
Climene, il quale di alto ingegno dotato, del fan
meteo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto e di Climene, il quale
di
alto ingegno dotato, del fango della terra formò
i fatto vedendo Prometeo altro non essere l’uomo che una bella statua
di
vita priva e di senso, col favor di Minerva salit
Prometeo altro non essere l’uomo che una bella statua di vita priva e
di
senso, col favor di Minerva salito al cielo, acce
ssere l’uomo che una bella statua di vita priva e di senso, col favor
di
Minerva salito al cielo, accese una flaccola al f
. Oltre a ciò agli uomini donò un tal fuoco, e loro mostrò la maniera
di
farne uso. Il che mal sofferendo Giove, comandò a
l supplizio. Or Giove, per vendicare il temerario attentato del fig.
di
Giapeto, ordinò a Vulcano che di fango eziandio f
care il temerario attentato del fig. di Giapeto, ordinò a Vulcano che
di
fango eziandio formasse il corpo della donna, all
eloquenza ; percui chiamossi Pandora (Πανδωρα, Pandora), quasi ornata
di
tutt’i doni. Altri dicono che gli Dei, mal soffer
na e tutti l’arricchirono de’ loro doni ; e che Giove, per vendicarsi
di
ciò, comandò a Mercurio di recarla in dono ad Epi
e’ loro doni ; e che Giove, per vendicarsi di ciò, comandò a Mercurio
di
recarla in dono ad Epimeteo, fratello di Prometeo
i di ciò, comandò a Mercurio di recarla in dono ad Epimeteo, fratello
di
Prometeo e padre di Pirra, con un vaso o cassetta
Mercurio di recarla in dono ad Epimeteo, fratello di Prometeo e padre
di
Pirra, con un vaso o cassetta magnifica e ben chi
o o cassetta magnifica e ben chiusa, nella quale era ogni generazione
di
mali. Epimeteo, dimentico del consiglio del frate
chè prima gli uomini viveano in lietissima felicità. Tentò egli tosto
di
chiuderla, ma solo sull’orlo rimase la speranza c
e si poteva o dovea far prima, è imitar Epimeteo, non l’antivedimento
di
Prometeo. Si racconta che avendo Epimeteo fatto d
on l’antivedimento di Prometeo. Si racconta che avendo Epimeteo fatto
di
creta una figura umana, Giove sdegnato il cambiò
iò in bertuccia. Prometeo vuol dire in greco previdenza o provvidenza
di
Dio. L’uomo adunque fu la grand’opera di Prometeo
eco previdenza o provvidenza di Dio. L’uomo adunque fu la grand’opera
di
Prometeo, cioè della divina Provvidenza ; e di Mi
nque fu la grand’opera di Prometeo, cioè della divina Provvidenza ; e
di
Minerva, o sia di una sapienza tutta divina ; e l
pera di Prometeo, cioè della divina Provvidenza ; e di Minerva, o sia
di
una sapienza tutta divina ; e l’anima, un fuoco t
lla vita socievole e civile ; ovvero avendo ritrovato il primo l’arte
di
fare le statue, si finse che avesse formato l’uom
il primo l’arte di fare le statue, si finse che avesse formato l’uomo
di
creta e lo avesse animato con fuoco tolto dal cie
to dal cielo. Quanta somiglianza poi abbia questa favola col racconto
di
Mosè sulla creazione dell’uomo e della donna, il
uoco dal cielo e mostratone l’uso agli uomini, perchè ritrovò il modo
di
conservare il fuoco tratto dalla selce nella mido
la midolla della ferula o canna d’India. O infine fu Prometeo un uomo
di
gran senno che collo specchio di metallo primo ra
’India. O infine fu Prometeo un uomo di gran senno che collo specchio
di
metallo primo raccolse i solari raggi, ed insegnò
chio di metallo primo raccolse i solari raggi, ed insegnò agli uemini
di
far uso di quel fuoco che parea calato dal cielo.
allo primo raccolse i solari raggi, ed insegnò agli uemini di far uso
di
quel fuoco che parea calato dal cielo. VI. Con
i che tutti lasciarono la terra pe’ delitti degli uomini resa indegna
di
que’ celesti abitatori ; chè privilegio era dell’
odere gli uomini il consorzio degli Dei. La Vergine Astrèa però, fig.
di
Giove e di Temi, e Dea della giustizia, fu l’ulti
omini il consorzio degli Dei. La Vergine Astrèa però, fig. di Giove e
di
Temi, e Dea della giustizia, fu l’ultima che lasc
a Vergine. Si chiamò pure Temi, la quale secondo Omero avea l’affizio
di
regolare i banchetti degli Dei, quando sedevano a
li. Imperocchè è antica fama che i Giganti, uomini o piuttosto mostri
di
smisurata grandezza, che avean mille braccia e ga
ttosto mostri di smisurata grandezza, che avean mille braccia e gambe
di
serpenti, aspirando follemente a discacciare Giov
il Pelio. Allora Giove con un fulmine abbattè quella superba congerie
di
monti, che ben tre volte avean tentato d’innalzar
rchè procreati entrambi dalla Terra (γηγενεις, terrigenae). L’origine
di
questa favola da’ Poeti sì variamento raccontata,
Odissea ». Io vidi giù nel Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie
di
Aloeo e madre di Oto e di Efialte, giganti di alt
di giù nel Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie di Aloeo e madre
di
Oto e di Efialte, giganti di altissima statura, i
l Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie di Aloeo e madre di Oto e
di
Efialte, giganti di altissima statura, i quali, n
se(1), Ifimedìa, moglie di Aloeo e madre di Oto e di Efialte, giganti
di
altissima statura, i quali, nudriti dalla Terra,
Efialte, giganti di altissima statura, i quali, nudriti dalla Terra,
di
nove anni erano già alti nove cubiti. Essi osaron
mettendo sopra il monte Ossa, ed a questo il boscoso Pelio. Ma prima
di
eseguire l’empio attentato, il figliuol di Latòna
il boscoso Pelio. Ma prima di eseguire l’empio attentato, il figliuol
di
Latòna li uccise ». L’Olimpo per forza di un gran
mpio attentato, il figliuol di Latòna li uccise ». L’Olimpo per forza
di
un gran tremuoto fu distaccato dal monte Ossa(2),
Titani ed i Giganti, vieppiù inacerbita, volle fare l’estrema pruova
di
sua possanza, producendo dal seno del Tartaro il
so Tifeo o Tifone (Τυφεως, Τυφων, Typhoeus), il quale avea cento capi
di
dragone e di ogni maniera di animali feroci, e vo
fone (Τυφεως, Τυφων, Typhoeus), il quale avea cento capi di dragone e
di
ogni maniera di animali feroci, e vomitando orren
φων, Typhoeus), il quale avea cento capi di dragone e di ogni maniera
di
animali feroci, e vomitando orrende fiamme, dava
i, vinti dal terrore, per consiglio del Dio Pan, pigliarono sembianza
di
animali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Ba
, per consiglio del Dio Pan, pigliarono sembianza di animali ; Giove,
di
ariete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Dian
Dio Pan, pigliarono sembianza di animali ; Giove, di ariete ; Apollo
di
corvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunò
no sembianza di animali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Bacco,
di
capro ; Diana, di gatto ; Giunòne, di vacca ; Ven
imali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Diana,
di
gatto ; Giunòne, di vacca ; Venere, di pesce ; e
iete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunòne,
di
vacca ; Venere, di pesce ; e Mercurio, d’ibi. Da
rvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunòne, di vacca ; Venere,
di
pesce ; e Mercurio, d’ibi. Da questa trasformazio
i fulmini inseguì il mostro, il quale pel Mediterraneo fuggendo l’ira
di
lui, fu da quel Nume al vasto suo corpo sovrappos
le gambe, mentre l’ignivomo Etna gli sta sopra il capo. Alla favola
di
Tifeo han dato luogo que’venti procellosi e quell
ue’venti procellosi e quelle orribili fiamme che dal seno della terra
di
tratto in tratto si veggono uscire. Da’ marinari
rra di tratto in tratto si veggono uscire. Da’ marinari si dà il nome
di
tifone alla tromba, fenomeno assai frequente nel
de’ vulcani che sollevano in aria le intere rupi, si formarono l’idea
di
una guerra fra la terra ed il cielo. Virgilio (1)
ia, dalla quale vogliono che un tempo fu distaccata Procida per forza
di
orribile tremuoto. Il che ha dovuto avere origine
forza di orribile tremuoto. Il che ha dovuto avere origine da’ versi
di
Omero (2), ne’ quali dice che Tifeo giace sepolto
verbo greco (φλεγω) che significa ardere, perchè conservano le tracce
di
un antico incendio vulcanico. In generale, i Giga
di un antico incendio vulcanico. In generale, i Giganti erano uomini
di
grandissima robustezza e ferocia, che insolentiva
dice Macrobio (3), furono i giganti che una qualche empia generazione
di
uomini, i quali negando l’esistenza degli Dei, fe
i. Dal sangue de’ Giganti (4) fulminati da Giove nacque una razza
di
uomini crudeli e spregiatori de’ Numi. Giove, per
la genia, tenne il gran concilio degli Dei e vi parlò della necessità
di
perdere il genere umano sì stranamente malvagio.
ssità di perdere il genere umano sì stranamente malvagio. In conferma
di
che raccontò l’empio fatto di Licaone, fig. di Ti
no sì stranamente malvagio. In conferma di che raccontò l’empio fatto
di
Licaone, fig. di Titano e della Terra e re di Arc
malvagio. In conferma di che raccontò l’empio fatto di Licaone, fig.
di
Titano e della Terra e re di Arcadia. Il quale, a
raccontò l’empio fatto di Licaone, fig. di Titano e della Terra e re
di
Arcadia. Il quale, avendo udito che Giove, mosso
e la stessa pruova. La quale favola può spiegarsi dicendo che il nome
di
Licaòne (da λυκος, lupus) ha dato occasione di fi
si dicendo che il nome di Licaòne (da λυκος, lupus) ha dato occasione
di
fingere che quel Re, forse crudele ed empio, fu t
ntropia (λυκανθρωπια). Or la temeraria impresa de’ giganti, l’empietà
di
Licaòne ed i grandi vizii degli uomini avean moss
di Licaòne ed i grandi vizii degli uomini avean mossa talmente l’ira
di
Giove che in quel gran consesso stabilì di perder
avean mossa talmente l’ira di Giove che in quel gran consesso stabilì
di
perdere gli uomini con un diluvio. Era nella Foci
rtici, e sì alto che trapassava le nubi, chiamato Parnaso. Sulla cima
di
esso fortunatamente salvaronsi su piccola barca D
alvaronsi su piccola barca Deucalione e Pirra. Era il primo figliuolo
di
Prometeo e di Pandora, o di Climene ; e Pirra, di
iccola barca Deucalione e Pirra. Era il primo figliuolo di Prometeo e
di
Pandora, o di Climene ; e Pirra, di Epimeteo ; tu
eucalione e Pirra. Era il primo figliuolo di Prometeo e di Pandora, o
di
Climene ; e Pirra, di Epimeteo ; tutti e due per
il primo figliuolo di Prometeo e di Pandora, o di Climene ; e Pirra,
di
Epimeteo ; tutti e due per pietà fra gli altri uo
dalle acque, ed essi soli sopravviventi, consultarono Temi che a que’
di
dava oracoli a Delfo, o Giove stesso, come dicono
Pirra, in donne ; e così rinnovellossi l’umana generazione. Al tempo
di
questo diluvio si rapporta il fatto di Filemone e
l’umana generazione. Al tempo di questo diluvio si rapporta il fatto
di
Filemone e Bauci, due vecchi sposi, i quali, colt
la vita in lieta e contenta poverlà ; ma eran sì virtuosi che il nome
di
Bauci perproverbio denotava una povera, ma pietos
lto gradì que’ sinceri e pietosi ufficii, manifestandosi comandò loro
di
seguirlo sopra un colle vicino, da cui additò il
gnifico tempio. Essi dimandarono a Giove non altro che esser ministri
di
quel tempio e di morire insieme. Furono esauditi
ssi dimandarono a Giove non altro che esser ministri di quel tempio e
di
morire insieme. Furono esauditi i loro voti ; e g
arvi. Omero però nel principio del XX. libro dell’Iliade pone la sede
di
Giove nella parte più alta dell’Olimpo ; e nelle
i altri Numi, dalle quali andavano a consiglio nella stellata magione
di
Giove. Ma l’Olimpo propriamente è un monte di Tes
nella stellata magione di Giove. Ma l’Olimpo propriamente è un monte
di
Tessaglia vicino all’Ossa ed al Pelio, così alto
o stesso, o la parte più alta e risplendente del cielo, dov’è la sede
di
Giove e degli altri Dei. Or ogni volta che Giove
sentiero che vedesi in cielo in alcune notti serene, tutto luccicante
di
minute stelle, e di un notabile candore, per cui
in cielo in alcune notti serene, tutto luccicante di minute stelle, e
di
un notabile candore, per cui ha preso il nome dal
e candore, per cui ha preso il nome dal latte. A destra ed a sinistra
di
questa strada sorgevano le magnifiche abitazioni
abitazioni degli Dei ; e pel mezzo, sul suo cocchio, Giove era solito
di
passeggiare. E’ fama che Mercurio fu per qualche
llattato da Giunòne, e che dal poco latte per caso caduto dalla bocca
di
lui si fosse formata la via lattea. La celeste ma
dalla bocca di lui si fosse formata la via lattea. La celeste magione
di
Giove poggiava tutta su gli omeri di un sol uomo,
a via lattea. La celeste magione di Giove poggiava tutta su gli omeri
di
un sol uomo, ch’era il celebre Atlante, re della
di un sol uomo, ch’era il celebre Atlante, re della Mauritania, fig.
di
Giapeto e di Climene, fratello di Prometeo, e con
mo, ch’era il celebre Atlante, re della Mauritania, fig. di Giapeto e
di
Climene, fratello di Prometeo, e condottiere de’
Atlante, re della Mauritania, fig. di Giapeto e di Climene, fratello
di
Prometeo, e condottiere de’ Titàni alla folle imp
ne, fratello di Prometeo, e condottiere de’ Titàni alla folle impresa
di
discacciare Giove dal cielo. Dal quale essendo st
o stati que gli audaci precipitati nell’inferno, Atlànte ebbe la pena
di
sostenere sulle spalle il non leggier peso del ci
). Si racconta che avvertito dall’oracolo a guardarsi da un figliuolo
di
Giove, non volea che abitasse in casa sua uomo de
se in casa sua uomo del mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo, fig.
di
Giove e di Danae, gli mostrò il capo di Medùsa ed
sua uomo del mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo, fig. di Giove e
di
Danae, gli mostrò il capo di Medùsa ed il trasfor
rifiuto sdegnato Perseo, fig. di Giove e di Danae, gli mostrò il capo
di
Medùsa ed il trasformò in monte. L’Atlante è un m
le alte montagne. Altri vogliono che quel Re fosse stato un Astronomo
di
gran valore, che andava sulla vetta del monte Atl
favoleggiarono ch’ei sosteneva il cielo colle spalle(3). IX. Mensa
di
Giove. Ambrosia-Nettare-Ebe-Ganimède. Il Ciel
il luogo ove Giove banchettava cogli altri Numi ; e sedere alla mensa
di
Giove vuol dire, esser posto nel numero degli Dei
la Divinità conversa solo colla gente innocente. In Diospoli, o città
di
Giove, era un magnifico tempio, da cui gli Etiopi
era un magnifico tempio, da cui gli Etiopi solevan prendere le statue
di
Giove e degli altri Dei e portarle processionalme
significa cibo degl’Immortali, o che dona l’immortalità, e credevasi
di
una dolcezza nove volte maggiore di quella del me
e dona l’immortalità, e credevasi di una dolcezza nove volte maggiore
di
quella del mele. Il Nettare poi (da νη priv. e κτ
pascevan d’ambrosia (4). Oltre a ciò era l’ambrosia quasi un unguento
di
virtù divina. Venere (5) sulla ferita del figliuo
i balsamo salutare, l’ambrosia ; e Giove stesso (6) comandò ad Apollo
di
ungere di ambrosia il corpo del figliuolo Sarpedo
salutare, l’ambrosia ; e Giove stesso (6) comandò ad Apollo di ungere
di
ambrosia il corpo del figliuolo Sarpedone ucciso
stò ad Enèa dal divino odore che spiravano le sue chiome tutte sparse
di
ambrosia. Questo cibo delizioso dilettava tutt’i
l rende immortale, percui è annoverato fra gli Dei. Quanto ha ragione
di
dolcezza e di amabilità, tutto ciò che ristora e
ale, percui è annoverato fra gli Dei. Quanto ha ragione di dolcezza e
di
amabilità, tutto ciò che ristora e reca giocondit
nomi dell’ambrosia e del nettare(2). Così Petrarca : Pasco la monte
di
sì nobil cibo, Ch’ambrosia e nettar non invidio a
vidio a Giove. Le pecore presso Ovidio (3) hanno le mammelle ricolme
di
nettare, cioè di latte ; e le acque che beveano i
e pecore presso Ovidio (3) hanno le mammelle ricolme di nettare, cioè
di
latte ; e le acque che beveano i primi uomini a m
nettare per sete ogni ruscello. L’ambrosia era propriamente il cibo
di
Giove e degli altri Dei, ed il nettare, la loro b
in varii tempi furono i coppieri che mescevano il nettare alla mensa
di
Giove, Vulcano, Ebe e Ganimède (4) ; ma la più ce
ù celebre fu la bellissima Ebo (Ηβη, Hebe), Dea della gioventù e fig.
di
Giove e di Giunòne ; la qual cosa voleva dire che
u la bellissima Ebo (Ηβη, Hebe), Dea della gioventù e fig. di Giove e
di
Giunòne ; la qual cosa voleva dire che gli Dei no
istrare la divina bevanda, cadde sconciamente al suolo e fu occasione
di
molto ridere alla celeste brigata ; per cui Giove
petua floridezza e stabilità del Romano impero. Fu surrogato in luogo
di
Ebe Ganimède (Γανυμηδης, Ganymedes), ch’era flor
urrogato in luogo di Ebe Ganimède (Γανυμηδης, Ganymedes), ch’era flor
di
bellezza e di gioventù, detto pur Catamìto, e fig
ogo di Ebe Ganimède (Γανυμηδης, Ganymedes), ch’era flor di bellezza e
di
gioventù, detto pur Catamìto, e fig. di Troe, re
s), ch’era flor di bellezza e di gioventù, detto pur Catamìto, e fig.
di
Troe, re della Troade, ch’ebbe tre figli, Ilo, As
Ed abitasse cogli Eterni. Monti. Strabone (1) riferisce che il ratto
di
Ganimède avvenne in un luogo vicino a Cizico, chi
e in costellazione, ch’è l’undecimo segno del zodiaco, detto Aquario,
di
cui le stelle son disposte in guisa che rappresen
Nell’Iliade (3) Minerva, intorno agli omeri divini Pon la ricca
di
fiocchi Egida orrenda, Che il Terror d’ogn’intorn
capo, orribile prodigio Dell’Egioco Signore. Monti. In questo luogo
di
Omero, dice Mad. Dacier, l’egida certamente è uno
sto luogo di Omero, dice Mad. Dacier, l’egida certamente è uno scudo,
di
cui i combattenti ricoprivano le spalle nell’anda
ndi che per egida i poeti intendevano ora lo scudo, ora la corazza sì
di
Giove, che di Pallade e di altri numi. Per dare a
ida i poeti intendevano ora lo scudo, ora la corazza sì di Giove, che
di
Pallade e di altri numi. Per dare ad intendere lo
ntendevano ora lo scudo, ora la corazza sì di Giove, che di Pallade e
di
altri numi. Per dare ad intendere lo sdegno di Gi
iove, che di Pallade e di altri numi. Per dare ad intendere lo sdegno
di
Giove i poeti dicono ch’esso orribilmente scuote
immortal la preziosa Egida, da cui cento eran sospese Frange conteste
di
finissim’oro, E valea cento tauri ogni gherone. I
’egida (αιγις, aegis da αιξ, αιγος, capra) era propriamente una pelle
di
capra, che ricopriva lo scudo o la corazza di Gio
propriamente una pelle di capra, che ricopriva lo scudo o la corazza
di
Giove e di Minerva ; e questa fu la pelle della c
te una pelle di capra, che ricopriva lo scudo o la corazza di Giove e
di
Minerva ; e questa fu la pelle della capra Amalte
e ricoprire coll’egida significa proteggere, spfendere. Nel bel mezzo
di
essa era il capo della Gorgone, del quale tanto s
lla Gorgone, del quale tanto si valse uno de’ più celebrati figliuoli
di
Giove. Ma convien raccontare la cosa dal principi
ante (1) era una spaziosa ed aprica pianura, tutt’all’intorno munita,
di
cui al primo ingresso a bitavano due sorelle di s
t’all’intorno munita, di cui al primo ingresso a bitavano due sorelle
di
stranissima natura, Pefredo ed Enio, alle quali a
), perchè furon vecchie e canute fin dal loro nascimento. Eran figlie
di
Forco, dio marino, e di Ceto, fig. del Ponto e de
e canute fin dal loro nascimento. Eran figlie di Forco, dio marino, e
di
Ceto, fig. del Ponto e della Terra ; ed aveano un
o, e di Ceto, fig. del Ponto e della Terra ; ed aveano un sol occhio,
di
cui si servivano a vicenda, sicchè or l’una vegli
sicchè or l’una vegliava, ed ora l’altra alla custodia delle Gorgoni,
di
cui eran sorelle e guardiane. Or le Gorgoni (Γοργ
essa sola era mortale. Or sì bel pregio de’ capelli perdè per volere
di
Minerva, la quale per vendicare l’onor del suo te
’impietrire chiunque la riguardasse. E qui comincia la celebre favola
di
Perseo, uno de’ più grandi figliuoli di Giove.
ui comincia la celebre favola di Perseo, uno de’ più grandi figliuoli
di
Giove. XI. Continuazione. Abante, nipote di
iù grandi figliuoli di Giove. XI. Continuazione. Abante, nipote
di
Danao e duodecimo re degli Argivi, ebbe due figli
Acrisio cui l’oracolo avea predetto che sarebbe morto da un figliuolo
di
Danae, e la madre ed il figliuolino ben rinchiusi
anae, e la madre ed il figliuolino ben rinchiusi in una cesta coperta
di
cuoio espose alla discrezione delle onde ; ma per
a coperta di cuoio espose alla discrezione delle onde ; ma per volere
di
Giove fu essa dal mare trasportata presso a Serif
, il quale la giovane Danae sposò, e Perseo fece educare in un tempio
di
Minèrva. Il seppe Acrisio e pretese la figliuola
lidètte ; ma questi ottenne che si acchetasse ad una solenne promessa
di
Persèo, che non avrebbe mai poste le mani addosso
vrebbe mai poste le mani addosso all’avo. Essendo Acrisio nella corte
di
Polidètte, venne questi a morte ; ed allora fu ch
nne questi a morte ; ed allora fu che celebrandosi funebri giuochi in
di
lui onore, Persèo lanciò il suo disco, che il ven
ò raccontano in questa guisa una tal favola (1). Polidètte desideroso
di
sposar Danae, per disfarsi di Persèo, già adulto,
na tal favola (1). Polidètte desideroso di sposar Danae, per disfarsi
di
Persèo, già adulto, finse di dover celebrare sole
desideroso di sposar Danae, per disfarsi di Persèo, già adulto, finse
di
dover celebrare solenni nozze con Ippodamìa, prin
nse di dover celebrare solenni nozze con Ippodamìa, principessa greca
di
famosa bellezza ; e per farle più splendide, ordi
ù splendide, ordinò che ciascuno degl’invitati facesse qualche pruova
di
valore, e che Persèo vi recasse il capo della Gor
il cappello ed i calzari alati ; da Vulcàno, una scimitarra o specie
di
falce di diamante ; da Minèrva, uno scudo lucido
llo ed i calzari alati ; da Vulcàno, una scimitarra o specie di falce
di
diamante ; da Minèrva, uno scudo lucido al pari d
o specie di falce di diamante ; da Minèrva, uno scudo lucido al pari
di
tersissimo specchio, giacchè egli a Minèrva ed a
giacchè egli a Minèrva ed a Mercurio era carissimo ; e postosi l’elmo
di
Plutòne (Orci galea) che rendeva invisibile chi l
luogo ove dimoravano le fatali sorelle. Quivi, ingannate le figliuole
di
Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine di M
ngannate le figliuole di Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine
di
Medùsa nel suo scudo come in uno specchio ; e l’e
volo, portando in mano quel teschio che grondava sangue, qual trofeo
di
sua vittoria. Dal sangue di lei, appena reciso il
teschio che grondava sangue, qual trofeo di sua vittoria. Dal sangue
di
lei, appena reciso il capo, nacque il caval Pegas
ei, appena reciso il capo, nacque il caval Pegaso, e Crisaòrre, padre
di
Geriòne. XII. Continuazione-Serpenti della Lib
ennero qua e là a cadere su quell’adusto suolo le gocciole del sangue
di
quel reciso teschio, dalle quali, come da velenos
e da velenosa semenza, pullullarono que’ ferali e mostruosi serpenti,
di
cui l’Affrica abbonda. Giunto poi all’ estremità
i l’Affrica abbonda. Giunto poi all’ estremità dell’ Etiopia, vide su
di
uno scoglio una donzella di leggiadra e regale se
poi all’ estremità dell’ Etiopia, vide su di uno scoglio una donzella
di
leggiadra e regale sembianza colle mani legate, l
il suo volo vicino a quella vergine infelice, ch’era Andromeda, fig.
di
Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa
vergine infelice, ch’era Andromeda, fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e
di
Cassiopèa. Or questa superba di sua bellezza, ave
da, fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba
di
sua bellezza, avea detto di superar le Nereidi in
Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba di sua bellezza, avea detto
di
superar le Nereidi in leggiadria ; le quali, in p
a, avea detto di superar le Nereidi in leggiadria ; le quali, in pena
di
tanta baldanza, legarono la figliuola a quello sc
a. Altri dicono che le Nereidi pregarono Nettùno, che avesse il regno
di
Cefèo ricoperto di acque, e che dall’oracolo di G
le Nereidi pregarono Nettùno, che avesse il regno di Cefèo ricoperto
di
acque, e che dall’oracolo di Giove Ammòne avea qu
, che avesse il regno di Cefèo ricoperto di acque, e che dall’oracolo
di
Giove Ammòne avea questo re inteso, non potersi i
impresa ed uccide la bestia con applauso grande de’ riguardanti. Dopo
di
che, per lavarsi le mani, nascose fra certe piant
di che, per lavarsi le mani, nascose fra certe piante marine il capo
di
Medùsa ; le quali tosto si convertirono in pietra
sto si convertirono in pietra, ed il sangue che ne grondava, le tinse
di
un bel rosso. Questi sono i coralli, i quali, sta
ali nacque Perse che diede il nome alla Persia. Cassiopèa pe’ prieghi
di
Perseo fu posta colla famiglia fra gli astri. Dop
pèa pe’ prieghi di Perseo fu posta colla famiglia fra gli astri. Dopo
di
ciò (1), ritornato Perseo a Serifo, vi ritrovò la
a Serifo, vi ritrovò la madre Danae, la quale, per fuggire le insidie
di
Polidette, erasi col fratello Ditte ritirata in u
Polidette, erasi col fratello Ditte ritirata in un luogo sacro. Egli
di
ciò adirato e vedendo che quegli abitanti avean f
ti avean favorito Polidette contro la madre, col mostrar loro il capo
di
Medusa, e Polidètte ed i suoi sudditi cangiò in s
apo di Medusa, e Polidètte ed i suoi sudditi cangiò in sassi. L’isola
di
Serifo (2) è pietrosa a segno, che ha dovuto dare
i Serifo (2) è pietrosa a segno, che ha dovuto dare occasione a’Poeti
di
fingere la trasformazione de’ suoi abitanti in sa
fingere la trasformazione de’ suoi abitanti in sassi. Persèo, nipote
di
Acrisio, re di Argo, fu fondatore della città di
sformazione de’ suoi abitanti in sassi. Persèo, nipote di Acrisio, re
di
Argo, fu fondatore della città di Micene, ed uno
assi. Persèo, nipote di Acrisio, re di Argo, fu fondatore della città
di
Micene, ed uno degli eroi dell’antichità per lung
hità per lunghe e malagevoli imprese celebratissimo. Medusa fu regina
di
un popolo bellicoso vicino alla palude Tritonia,
llezza, e recisole il capo, portollo in Grecia qual trofeo da servire
di
spettacolo a quella gente. Si dice che in Africa
la gente. Si dice che in Africa vi sia un animale, forse il Catoblepa
di
Plinio (3), detto Medusa, di cui gli occhi hanno
ca vi sia un animale, forse il Catoblepa di Plinio (3), detto Medusa,
di
cui gli occhi hanno la virtù di far morire e quas
atoblepa di Plinio (3), detto Medusa, di cui gli occhi hanno la virtù
di
far morire e quasi impietrire chi il rimirasse. T
-Minos-Sarpedone-Radamànto. Vengono in iscena tre altri figliuoli
di
Giove, anche di grandissima celebrità, di cui ecc
-Radamànto. Vengono in iscena tre altri figliuoli di Giove, anche
di
grandissima celebrità, di cui ecco la favolosa is
iscena tre altri figliuoli di Giove, anche di grandissima celebrità,
di
cui ecco la favolosa istoria. Euròpa (Ευροπη, Eur
di cui ecco la favolosa istoria. Euròpa (Ευροπη, Europa) fu figliuola
di
Agenore, re della Fenicia, e di Argiope. La quale
Euròpa (Ευροπη, Europa) fu figliuola di Agenore, re della Fenicia, e
di
Argiope. La quale nel fiore degli anni suoi ed ol
e nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima, con un drappello
di
nobili donzelle andava un giorno a diletto lungo
le la sua ventura, approdò colà una nave, che avea dipìnta l’immagine
di
un toro ; della quale uscendo uomini armati, viol
quale fra le disperate lagrime delle compagne, per mare, tutta fuori
di
se per lo spavento, fu trasportata nell’isola di
er mare, tutta fuori di se per lo spavento, fu trasportata nell’isola
di
Creta. Palefato dice che un Signore di Creta, chi
nto, fu trasportata nell’isola di Creta. Palefato dice che un Signore
di
Creta, chiamato Tauro, invase colle sue armi la F
a, e fra le altre nobili donzelle portò seco prigioniera la figliuola
di
Agenore ; da che uscì tosto in campo Giove trasfo
partiti a ritrovar la sorella ; senza la quale non avessero osato mai
di
ritornare alla patria. Per tal comando partiti i
te. Il quale rispose, che fosse andato nella Focide da Pelagòne, fig.
di
Anfidamante, e dall’armento di lui avesse scelto
andato nella Focide da Pelagòne, fig. di Anfidamante, e dall’armento
di
lui avesse scelto a scorta del suo viaggio un bue
e scelto a scorta del suo viaggio un bue con un segno bianco a foggia
di
luna piena in ambedue i lati. Così fece, ed andan
qua ad un fonte, gli furono i compagni morti da un dragone, figliuolo
di
Marte, che il fonte guardava. Cadmo uccise quel m
i Marte, che il fonte guardava. Cadmo uccise quel mostro con un colpo
di
pietra, o colla sua spada ; e per consiglio di Mi
el mostro con un colpo di pietra, o colla sua spada ; e per consiglio
di
Minerva ne seminò i denti, da’ quali nacquero uom
o rimasero non più che cinque, i quali aiutarono Cadmo nella fabbrica
di
Tebe. Così Apollodoro, Igino ed altri ; ma Ovidio
ndo per far cosa grata a’ studiosi giovanetti. Stanco ormai Cadmo (2)
di
più cercare la sorella Europa, ed esule dalla pat
patria per comando dell’ingiusto genitore andò a consultare l’oracolo
di
Apòllo sul luogo, ove avesse a stabilir finalment
Indomita giovenca, rispose Febo, tu ritroverai in solitaria campagna,
di
cui seguendo le orme, ov’essa fermerà il suo camm
pascere a piè del monte, riverente ne siegue il cammino e sulle orme
di
essa giunge in non conosciuta terra, ove per vole
per volere del fato sorger dovea la novella città. Egli intanto pensa
di
offerire forse la giovenca stessa in sacrificio a
. Quivi era appiattato il mostruoso dragone, che gl’infelici compagni
di
Cadmo divorò crudelmente. Il quale del loro indug
bbe stato un giorno trasformato in serpente. Poscia Minèrva gl’impone
di
seminare i denti dell’ucciso serpente, da’ quali
i denti dell’ucciso serpente, da’ quali sorge tosto mirabile schiera
di
armati guerrie ri (1), che fra loro battendosi cr
ti si uccisero. E questi cinque aiutarono Cadmo ad edificare la città
di
Tebe, o più veramente la cittadella che chiamò Ca
tori del paese, ov’era Tebe, si chiamavano Sparti ; e forse la venuta
di
Cadmo mosse grandi discordie civili fra loro, per
discordie civili fra loro, per le quali perirono non pochi uomini ; e
di
que’ che nel paese primeggiavano sopravvissero so
ero soli cinque, che si unirono a Cadmo. Fiorente e lungo fu il regno
di
Cadmo in Tebe, ma la sua felicità pur ebbe un ter
a felicità pur ebbe un termine. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig.
di
Marte e di Venere, ed alle sue nozze intervennero
pur ebbe un termine. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig. di Marte e
di
Venere, ed alle sue nozze intervennero tutti gli
insero per modo l’animo dell’infelice genitore, che colla moglie uscì
di
Tebe, e dopo molto errare approdò nell’Illirio, o
uscì di Tebe, e dopo molto errare approdò nell’Illirio, ove annoiati
di
tante calamità furon cangiati in serpenti in pena
tante calamità furon cangiati in serpenti in pena dell’ucciso dragone
di
Marte. Si sa che Cadmo il primo portò dalla Fenic
e Radamanto. Non vi ha forse nome nella Mitologia più grande del nome
di
Minos, che regnò nell’isola di Creta o Candia, al
me nella Mitologia più grande del nome di Minos, che regnò nell’isola
di
Creta o Candia, alla quale dettò leggi di tanta s
Minos, che regnò nell’isola di Creta o Candia, alla quale dettò leggi
di
tanta sapienza, che credevasi averle date lo stes
a un’intima familiarità, detto perciò da Omero dimestico e famigliare
di
Giove (Διος μεγαλον οαριστης). Egli faceva creder
si che i poeti lo ponessero per giudice dell’inferno. Era forse un re
di
moltissima sapienza, che i Cretesi adorarono col
forse un re di moltissima sapienza, che i Cretesi adorarono col nome
di
Giove, e che in quell’isola avea anche la sua tom
atenee, vi riportò tutt’i premii dovuti a’vincitori ; percui Egeo, re
di
Atene, o secondo altri, gli Atleti Ateniesi per i
ndetta, e prima pose stretto assedio a Megara, città vicina ad Atene,
di
cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandion
ssedio a Megara, città vicina ad Atene, di cui era signore Niso, fig.
di
Marte, o di Pandione, re di Atene, del quale si p
ara, città vicina ad Atene, di cui era signore Niso, fig. di Marte, o
di
Pandione, re di Atene, del quale si parlava molto
a ad Atene, di cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re
di
Atene, del quale si parlava molto a que’ dì per l
i Atene, del quale si parlava molto a que’ dì per la sua chioma tutta
di
bellissímo oro, dalla quale la conservazione dipe
ò al nemico per metterlo al possesso della città. Ma Minos, per tanta
di
lei empietà inorridito, ricusò di seco condurla a
so della città. Ma Minos, per tanta di lei empietà inorridito, ricusò
di
seco condurla a Creta, com’essa desiderava ; perc
iderava ; percui gittossi disperatamente nel mare, o vi fu per ordine
di
Minos precipitata. Il corpo di lei fu dal mare tr
ratamente nel mare, o vi fu per ordine di Minos precipitata. Il corpo
di
lei fu dal mare trasportato presso ad un promonto
ntre inseguiva la figliuola per punirla, fu trasformato in una specie
di
sparviere, ch’è nemico del ciri. Vuolsi che sia o
n una specie di sparviere, ch’è nemico del ciri. Vuolsi che sia opera
di
Virgilio un bel poemetto intitolato Ciris, nel qu
emetto intitolato Ciris, nel quale diffusamente si racconta la favola
di
Niso e di Scilla. Giorgio Sabino per questo crine
itolato Ciris, nel quale diffusamente si racconta la favola di Niso e
di
Scilla. Giorgio Sabino per questo crine fatale di
la favola di Niso e di Scilla. Giorgio Sabino per questo crine fatale
di
Niso intende un qualche arcano e segreto consigli
to crine fatale di Niso intende un qualche arcano e segreto consiglio
di
quel re, che Scilla palesò a Minos, percui gli fu
ugnata Megara, e vinti gli Ateniesi, loro impose, in pena della morte
di
Androgeo, il ben duro tributo di dare ogni anno s
si, loro impose, in pena della morte di Androgeo, il ben duro tributo
di
dare ogni anno sette nobili giovanetti, i quali t
estilenza, dalla quale disse l’oracolo non potersi liberare, che dopo
di
aver dato a Minos quella terribile soddisfazione
ella terribile soddisfazione (2). Il Minotauro era un mostro col capo
di
bue ed il corpo di forma umana, sebbene nelle mon
isfazione (2). Il Minotauro era un mostro col capo di bue ed il corpo
di
forma umana, sebbene nelle monete degli abitanti
i bue ed il corpo di forma umana, sebbene nelle monete degli abitanti
di
Gela, e di Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani
corpo di forma umana, sebbene nelle monete degli abitanti di Gela, e
di
Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un
di Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un mostro con corpo
di
toro, e di uomo insieme. A questo mostro che dimo
, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un mostro con corpo di toro, e
di
uomo insieme. A questo mostro che dimorava nel la
i toro, e di uomo insieme. A questo mostro che dimorava nel laberinto
di
Creta gli Ateniesi mandar doveano quell’infelice
Metamorfosi (1). Plinio vuole che fosse stato costruito ad imitazione
di
quello sì famoso di Egitto, ma che n’era solo la
nio vuole che fosse stato costruito ad imitazione di quello sì famoso
di
Egitto, ma che n’era solo la centesima parte, e c
in se inestrigabili ravvolgimenti. Altri però dicono che il laberinto
di
Creta fu una spelonca con moltissimi ravvolgiment
rdice. Del Cretese laberinto fu autore Dedalo, Ateniese, artefice
di
alto ingegno, che fece opere ammirabili e statue
o senza che ne apparisca la cagione. Inventò pure non pochi strumenti
di
grande utilità per le arti, come la scure, la liv
la scure, la livella, il succhiello ; e fu il primo che fornì le navi
di
antenne e di vele. Ma tanta sua lode d’ingegno fu
livella, il succhiello ; e fu il primo che fornì le navi di antenne e
di
vele. Ma tanta sua lode d’ingegno fu annebbiata d
e di vele. Ma tanta sua lode d’ingegno fu annebbiata da un vil tratto
di
gelosia. Dalla sorella Perdice avea un nipote chi
l’uso della sega e del compasso. Vuole Ovidio che la spina del dorse
di
un pesce gli avesse data la prima idea della sega
a della sega ; ma secondo Diodoro, avendo ritrovato l’intera mascella
di
un serpente, se ne servì per tagliare un picciol
ra mascella di un serpente, se ne servì per tagliare un picciol pezzo
di
legno e così inventò la sega. Dedalo ne fu tocco
u tocco da non lodevole invidia, percui lo precipitò dalla cittadella
di
Atene, spacciando poscia una casuale caduta. Minè
tato cangiato in pernice. Fu questo delitto la cagione delle sventure
di
Dedalo, il quale citato avanti all’Areopago, dall
o, dalla patria fuggendo, si ricoverò in Creta e chiese la protezione
di
Minos. E qui fu che per colpa del suo ingegno ave
gran senno, mostrando che a’ mortali niente è disdetto, trovò il modo
di
uscire di quella noiosa prigione. Con mirabile ar
, mostrando che a’ mortali niente è disdetto, trovò il modo di uscire
di
quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1)
modo di uscire di quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1),
di
cera e di piume fece due paia di ali che imitavan
scire di quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1), di cera e
di
piume fece due paia di ali che imitavano quelle d
prigione. Con mirabile artificio(1), di cera e di piume fece due paia
di
ali che imitavano quelle degli uccelli, e ponendo
eguito dal figliuolo Icaro ch’era seco nel laberinto e che pure fornì
di
ali, si librò nell’aria, e con volo non mai vedut
accozzate, e l’infelice Icaro cadde nel mare che da ciò ebbe il nome
di
mare Icario (2). I poeti spesso chiamano ali, le
no al volo (3) ; e perciò Dedalo fuggì dal laberinto a volo, cioè, su
di
una nave velocemente portata dalle vele, ch’erano
o, che nella scienza del cielo ammaestrò il figliuolo Icaro, il quale
di
essa superbo e pieno di giovanile ardore, le faci
cielo ammaestrò il figliuolo Icaro, il quale di essa superbo e pieno
di
giovanile ardore, le facili conoscenze sprezzando
tempio ad Apòllo, nel quale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte
di
Androgeo e più altre sue famose avventure, come s
e sue famose avventure, come sa chiunque ha letto l’ammirabile Eneide
di
Virgilio. Degli altri due figliuoli di Giove, Sar
e ha letto l’ammirabile Eneide di Virgilio. Degli altri due figliuoli
di
Giove, Sarpedone o Sarpedonte, e Radamanto, vi è
edone o Sarpedonte, e Radamanto, vi è poco a dire. Il primo figliuolo
di
Giove e di Europa, o di Laodamìa, abbandonò Creta
pedonte, e Radamanto, vi è poco a dire. Il primo figliuolo di Giove e
di
Europa, o di Laodamìa, abbandonò Creta, sua patri
damanto, vi è poco a dire. Il primo figliuolo di Giove e di Europa, o
di
Laodamìa, abbandonò Creta, sua patria, si ritirò
iò per una contesa avuta col fratello Minos. Si vuole che visse l’elà
di
tre uomini. Per somigliante cagione il fratello R
XVI. Castore e Polluce. Castore e Polluce furono gemelli e fig.
di
Giove e di Leda ; o di Tindaro, fig. di Ebalo e r
ore e Polluce. Castore e Polluce furono gemelli e fig. di Giove e
di
Leda ; o di Tindaro, fig. di Ebalo e re della Lac
e. Castore e Polluce furono gemelli e fig. di Giove e di Leda ; o
di
Tindaro, fig. di Ebalo e re della Laconia, detti
Polluce furono gemelli e fig. di Giove e di Leda ; o di Tindaro, fig.
di
Ebalo e re della Laconia, detti per ciò Tindaridi
iù Dioscuri (Διοσκουροι, i. e. Διος κουροι, Iovis filii), o figliuoli
di
Giove per eccellenza. Or Polluce era insigne per
r la maestria nel giuoco del cesto, o pugilato ; e Castore, nell’arte
di
maneggiare i cavalli. E se Virgilio (2) attribuis
nella Bebricia o Bitinia, ove a que’ dì regnava Amico (Amyrus), fig.
di
Nettuno e della ninfa Melìte, al quale si dà il v
myrus), fig. di Nettuno e della ninfa Melìte, al quale si dà il vanto
di
avere il primo ritrovato il giuoco del cesto. Per
ato il giuoco del cesto. Percui Virgilio (1) per lodare Bute ed Erice
di
segnalata destrezza nel combattimento del cesto,
gino parla de’solenni giuochi fatti celebrare in Argo da Acasto, fig.
di
Pelia, re di Tessaglia, ne’ quali fra gli altri e
’solenni giuochi fatti celebrare in Argo da Acasto, fig. di Pelia, re
di
Tessaglia, ne’ quali fra gli altri eroi riportaro
al cesto. Pindaro dice che i Dioscuri, accolti amorevolmente in casa
di
Panfae, uno degli ascendenti materni di Tieo, di
accolti amorevolmente in casa di Panfae, uno degli ascendenti materni
di
Tieo, di cui il poeta canta la vittoria nell’ode
morevolmente in casa di Panfae, uno degli ascendenti materni di Tieo,
di
cui il poeta canta la vittoria nell’ode X Nemea,
ice Orazio (2), a’ naviganti si mostra il benigno astro de’ figliuoli
di
Leda, si abbonaccia il mare, i venti si acchetano
ago da’ corsali che l’infestavano ; ed ancora perchè una gran fortuna
di
mare che poneva a rischio di rompersi la nave deg
vano ; ed ancora perchè una gran fortuna di mare che poneva a rischio
di
rompersi la nave degli Argonauti, acchetossi tost
hi che spesso apparir si veggono nelle tempeste, si chiamano i fuochi
di
Castore e Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi
hiamano i fuochi di Castore e Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi
di
S. Elmo o di S. Nicola. I quali, se appariscono t
chi di Castore e Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi di S. Elmo o
di
S. Nicola. I quali, se appariscono tutti e due, i
quali, se appariscono tutti e due, indicano buon tempo ; e son segno
di
vicina tempesta, se ne apparisce un solo. Ma vedi
ne apparisce un solo. Ma vediamo che dicono i poeti dell’estremo fato
di
questi eroi. Pretendevano essi di sposare Febe ed
he dicono i poeti dell’estremo fato di questi eroi. Pretendevano essi
di
sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello
ato di questi eroi. Pretendevano essi di sposare Febe ed Elaira, fig.
di
Licippo, fratello di Afareo, re di Messenia, già
retendevano essi di sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello
di
Afareo, re di Messenia, già promesse spose a’ due
si di sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello di Afareo, re
di
Messenia, già promesse spose a’ due principi Ida
re di Messenia, già promesse spose a’ due principi Ida e Linceo, fig.
di
Afareo. Questo Linceo era celebratissimo per l’ac
fierissimo combattimento presso Afidna, città della Laconia e patria
di
Febe e di Elaira ; e secondo Teocrito, vicino all
o combattimento presso Afidna, città della Laconia e patria di Febe e
di
Elaira ; e secondo Teocrito, vicino alla tomba di
e patria di Febe e di Elaira ; e secondo Teocrito, vicino alla tomba
di
Afareo ; ed in esso, Castore fu morto per man di
o, vicino alla tomba di Afareo ; ed in esso, Castore fu morto per man
di
Linceo. Polluce vendicò la morte del fratello, uc
eo. Polluce vendicò la morte del fratello, uccidendo Linceo ; e Giove
di
un fulmine colpì Ida, il quale percosso avea Poll
pregò Giove che lo avesse fatto morire, perchè non volea vivere senza
di
Castore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di a
on volea vivere senza di Castore ; e che Giove gli lasciò la scelta o
di
abitar solo nel cielo, o di dividere l’immortalit
tore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di abitar solo nel cielo, o
di
dividere l’immortalità col fratello in guisa che
zzonte. Nelle medaglie anti che i Dioscuri son rappresentati in forma
di
due giovani con un berretto o cappello, sul quale
fione (Αμφιων, Amphion) e Zeto (Ζηθος, Zethus) furono gemelli, e fig.
di
Giove e di Antiope, fig. del fiume Asopo, o di Ni
ων, Amphion) e Zeto (Ζηθος, Zethus) furono gemelli, e fig. di Giove e
di
Antiope, fig. del fiume Asopo, o di Nitteo, e reg
furono gemelli, e fig. di Giove e di Antiope, fig. del fiume Asopo, o
di
Nitteo, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfi
g. di Giove e di Antiope, fig. del fiume Asopo, o di Nitteo, e regina
di
Tebe. Non manca chi dice Anfione fig. di Mercurio
Asopo, o di Nitteo, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfione fig.
di
Mercurio, dal quale ebbe quella famosa lira che a
nte suonata, che mosse i sassi ad unirsi da se per fabbricare le mura
di
Tebe (1), alla quale fecero sette porte (Θηβη εν
iede ad allevare ad un pastore del monte Citerone, ove vissero ignari
di
loro condizione ; ed Anfione divenne celebre per
ne divenne celebre per la musica, e Zeto, per la caccia. Il primo era
di
mansueto ingegno e di cuore pieghevole alla pietà
la musica, e Zeto, per la caccia. Il primo era di mansueto ingegno e
di
cuore pieghevole alla pietà ; il secondo, di natu
ra di mansueto ingegno e di cuore pieghevole alla pietà ; il secondo,
di
natura più salvatica, è chiamato duro e feroce da
ti da un pastore ch’era lor madre, i due fratelli vendicarono i torti
di
lei, come nell’articolo di Apollo dirassi. A Zeto
madre, i due fratelli vendicarono i torti di lei, come nell’articolo
di
Apollo dirassi. A Zeto ed Anfione aggiungiamo Arc
rticolo di Apollo dirassi. A Zeto ed Anfione aggiungiamo Arcade, fig.
di
Giove e di Callisto (Καλλιστω, Callisto), ch’era
Apollo dirassi. A Zeto ed Anfione aggiungiamo Arcade, fig. di Giove e
di
Callisto (Καλλιστω, Callisto), ch’era una giovane
di Giove e di Callisto (Καλλιστω, Callisto), ch’era una giovane ninfa
di
Arcadia, fig. del re Licaone, la quale per insign
quale per insigne bellezza e per perizia nella caccia fra le compagne
di
Diana primeggiava. Da lei ebbe Giove un fig. chia
. chiamato Arcade, che fu nella caccia valentissimo, edificò la città
di
Trapezunte, og. Trebisonda, e diede il nome all’A
poesia, specialmente pastorale, ed alla musica. Or Callisto, per odio
di
Giunone, fu cangiata in orsa, la quale più anni e
di Giunone, fu cangiata in orsa, la quale più anni errando pe’ boschi
di
Arcadia, avvenne che il figliuolo, già di alcuni
più anni errando pe’ boschi di Arcadia, avvenne che il figliuolo, già
di
alcuni lustri, era vicino a ferirla di saetta, qu
avvenne che il figliuolo, già di alcuni lustri, era vicino a ferirla
di
saetta, quando Giove e la madre, ed il figliuolo
dendo l’implacabile Giunone, andò tosto da Teti, moglie dell’Oceano e
di
loro nutrice, dalla quale ottenne che vietato l’a
ll’Oceano e di loro nutrice, dalla quale ottenne che vietato l’avesse
di
tuffarsi nelle onde. Da ciò è che questa costella
Orsa si appella pure Carro (αμαξα, plaustrum), perchè le sette stelle
di
questa costellazione verso il polo artico rappres
il polo artico rappresentano un carro, ad Artofilace fu dato il nome
di
Boote, o guidatore di buoi, essendo che siegue l’
sentano un carro, ad Artofilace fu dato il nome di Boote, o guidatore
di
buoi, essendo che siegue l’Orsa, come un bifolco
eti(3). Arturo finalmente è una stella nella coda della costellazione
di
Boote ; ma da’ poeti si prende per l’Orsa stessa.
a. XIX. Eaco-Mirmidoni. Eaco (Αιακος, Aeacus), altro figliuolo
di
Giove, fu il più giusto principe de’ tempi suoi,
e origine il popolo de’ Mirmidoni, i quali avendo seguito Peleo, fig.
di
Eaco, che fuggiva dalla patria, si stabilirono ne
a spopolata per una pestilenza mandata da Giunone, Eaco, veduto a piè
di
una quercia grandissimo stuolo di formiche, pregò
data da Giunone, Eaco, veduto a piè di una quercia grandissimo stuolo
di
formiche, pregò Giove che gli desse un popolo nel
in uomini. Eran questi i Mirmidoni che seguirono Achille alla guerra
di
Troia(2). Fu pure cagione di lode per la pietà di
midoni che seguirono Achille alla guerra di Troia(2). Fu pure cagione
di
lode per la pietà di Eaco una strana siccità, con
Achille alla guerra di Troia(2). Fu pure cagione di lode per la pietà
di
Eaco una strana siccità, con cui i Numi afflisser
consultato l’oracolo rispose che la siccità sarebbe cessata, se il re
di
Egina avesse interceduto a pro della Grecia. Eaco
ig. del centauro Chirone, ebbe Peleo e Telamone ; e da Psammate, fig.
di
Nereo e di Dori, ebbe Foco, il quale, per le sue
tauro Chirone, ebbe Peleo e Telamone ; e da Psammate, fig. di Nereo e
di
Dori, ebbe Foco, il quale, per le sue virtù, dal
naco, fiume dell’Argolide, che nasce da Artemisio o dal Linceo, monti
di
Arcadia, e per ciò detta Inachide (Inachis) ; ma
Inachide (Inachis) ; ma Apollodoro la fa figliuola d’Iaso, ed altri,
di
Pireno. La favola d’Io era nello scudo di Turno,
figliuola d’Iaso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io era nello scudo
di
Turno, il quale discendeva da Inaco(2). Giove che
che Eschilo dice d’ignota origine (γηγενες) ; ed altri vogliono fig.
di
Arestore, pronipote di un altro Argo, fig. di Gio
ota origine (γηγενες) ; ed altri vogliono fig. di Arestore, pronipote
di
un altro Argo, fig. di Giove e di Niobe, diversa
ed altri vogliono fig. di Arestore, pronipote di un altro Argo, fig.
di
Giove e di Niobe, diversa dalla figliuola di Tant
ogliono fig. di Arestore, pronipote di un altro Argo, fig. di Giove e
di
Niobe, diversa dalla figliuola di Tantalo. Egli a
e di un altro Argo, fig. di Giove e di Niobe, diversa dalla figliuola
di
Tantalo. Egli avea il capo ornato di cento occhi,
i Niobe, diversa dalla figliuola di Tantalo. Egli avea il capo ornato
di
cento occhi, de’ quali due alla volta per dormire
er dormire si chiudevano, mentre gli altri erano aperti alla custodia
di
quella stranissima vacca. Da Euripide però si chi
però si chiama Panopte (πανοπτης), perchè avea tutto il corpo coperto
di
occhi. Or Giove comandò a Mercurio che, ucciso Ar
i per tutta la terra, agitata o da uno spettro, ch’era l’ombra stessa
di
Argo ; o da una furia ; o dall’animaletto che app
ia ; o dall’animaletto che appellasi estro (οιστρον, oestrum), specie
di
mosca assai molesta agli armenti, la quale colle
a lei prese il nome d’Ionio. Passò quindi nella Scizia per lo stretto
di
Costantinopoli, che da siffatto avvenimento ebbe
o stretto di Costantinopoli, che da siffatto avvenimento ebbe il nome
di
Bosforo. Giunse finalmente nell’Egitto per opera
ento ebbe il nome di Bosforo. Giunse finalmente nell’Egitto per opera
di
Mercurio, e quivi partorì Epafo. Allora Giove res
somigliassero ad Iside e ad Api. Questa Dea si vestiva dagli Egiziani
di
bianchissimo lino ; e di lino eziandio vestivano
ad Api. Questa Dea si vestiva dagli Egiziani di bianchissimo lino ; e
di
lino eziandio vestivano i Sacerdoti di lei(1) ; f
ziani di bianchissimo lino ; e di lino eziandio vestivano i Sacerdoti
di
lei(1) ; forse perchè Iside era stata una regina
ivano i Sacerdoti di lei(1) ; forse perchè Iside era stata una regina
di
Egitto che mostrò a quel popolo l’uso del lino. I
lino. In quanto ad Epafo, appena nato fu rapito da’ Cureti per ordine
di
Giunone. Ma, uccisi questi da Giove, Io andò lung
la Regina de’ Biblii, il riportò a regnare in Egitto, ove, per ordine
di
Giove medesimo, edificò una città famosa, che chi
cui ebbe una figliuola chiamata Libia, la quale, essendo stata regina
di
gran parte dell’Africa, a questo paese diede il n
stata regina di gran parte dell’Africa, a questo paese diede il nome
di
Libia. Questo fu quell’Epafo che cagionò la famos
l nome di Libia. Questo fu quell’Epafo che cagionò la famosa sventura
di
Fetonte, come si dirà nell’articolo di Apollo.
che cagionò la famosa sventura di Fetonte, come si dirà nell’articolo
di
Apollo. XXI. Dardano-Eolo. I Troiani, come
gnaggio e della lor nazione. Ed invero Dardano, lor primo re, fu fig.
di
Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran fi
ella lor nazione. Ed invero Dardano, lor primo re, fu fig. di Giove e
di
Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole di
, fu fig. di Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole
di
Atlante e di Pleione. Essa non vedesi comparire f
Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole di Atlante e
di
Pleione. Essa non vedesi comparire fra le sorelle
sorelle, perchè oltre modo dolente delle disavventure de’ discendenti
di
Dardano, e del miserando fato di Troia, abbandonò
e delle disavventure de’ discendenti di Dardano, e del miserando fato
di
Troia, abbandonò il suo posto e ritirossi presso
ebbe da Elettra Iasio, o Eezione. Dardano, il quale si vuole oriundo
di
Cortona ch’era l’antica Corito (Corythus), città
l’origine, uccise il fratello Iasio, essendo nata fra loro per ragion
di
successione gravissima discordia ; e temendo l’ir
suoi Dei, che si conservò lungo tempo in quelle contrade. Ideo, fig.
di
Dardano, co’ suoi compagni si stabilì nelle monta
roio o Troe (Τρως, Tros), suo figliuolo, che alla città diede il nome
di
Troia, e che fu padre d’Ilo, di Assaraco e di Gan
gliuolo, che alla città diede il nome di Troia, e che fu padre d’Ilo,
di
Assaraco e di Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte,
lla città diede il nome di Troia, e che fu padre d’Ilo, di Assaraco e
di
Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte, padre di Pria
dre d’Ilo, di Assaraco e di Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte, padre
di
Priamo, il quale morì sepolto fra le ceneri dell’
trovò i cocchi a quattro cavalli (quadrigae), i quali per altro prima
di
lui erano in uso presso gli Egiziani. A tempo del
stesso esercita un impero assoluto su i venti ; ma poscia, per opera
di
Giunone, il diede ad Eolo, e gli concesse di sede
i ; ma poscia, per opera di Giunone, il diede ad Eolo, e gli concesse
di
sedere alla mensa de’ Numi. Plinio(4) dice che fu
li concesse di sedere alla mensa de’ Numi. Plinio(4) dice che fu fig.
di
Elleno e che ritrovò la ragione de’venti ; ma da’
ttante figliuole ; e lo chiama caro agli Dei. Egli sedeva sulla vetta
di
un monte, e collo scettro frenava gli sdegni de’v
etta fuoco con grande splendore ; e quivi, dice Strabone, era la sede
di
Eolo. A queste isole approdò Ulisse, il quale da
bbe tutt’i venti in un grand’otre legato nella sua nave ad una catena
di
argento, salvo Zeffiro che spirar dovea a prosper
una catena di argento, salvo Zeffiro che spirar dovea a prospero fine
di
sua navigazione. Ma i compagni, per sospetto che
isse dormiva, ed i venti scatenati turbarono all’Eroe i dolci disegni
di
tosto rivedere la cara patria e gli amici(1). Eol
Diodoro Siculo, fig. d’Ippota, approdò con alcuni compagni all’isola
di
Lipari, ove, sposata la figliuola del vecchio re
gli abitatori delle isole Vulcanie, le quali gettano fuoco, dal fumo
di
essi prevedevano quali venti per tre giorni doves
avvenne che avendo Eolo il primo osservato i movimenti e le direzioni
di
quelle fiamme, e predetto qual vento dovesse spir
nti che se loro comandasse, fu stimato Dio de’venti. XXII. Oracolo
di
Giove Ammone e di Dodona. Celebri nell’antich
mandasse, fu stimato Dio de’venti. XXII. Oracolo di Giove Ammone e
di
Dodona. Celebri nell’antichità sono l’oracolo
i Giove Ammone e di Dodona. Celebri nell’antichità sono l’oracolo
di
Giove Ammone, nella Cirenaica, paese della Libia,
oracolo di Giove Ammone, nella Cirenaica, paese della Libia, e quello
di
Dodona, nell’Epiro ; tanto che negli antichi temp
chi tempi niuna cosa rilevante s’imprendeva senza consultar l’oracolo
di
Giove Ammone o quello di Dodona(3). E Strabone co
vante s’imprendeva senza consultar l’oracolo di Giove Ammone o quello
di
Dodona(3). E Strabone conghietturò, il tempio di
iove Ammone o quello di Dodona(3). E Strabone conghietturò, il tempio
di
Ammone un dì essere stato in mezzo al mare, perch
e da una parola greca (αμμος), che significa sabbia, perchè il tempio
di
Giove Ammone fu da Bacco fondato negli arenosi de
gò Giove che gli desse un ristoro. Quel nume gli apparve in sembianza
di
un montone, il quale col piede fece zampillare un
bianza di un montone, il quale col piede fece zampillare una sorgente
di
fresche acque. Allora Bacco quivi edificò un magn
Allora Bacco quivi edificò un magnifico tempio a Giove sotto il nome
di
Ammone, o arenario. Altri scrivono che un ariete
le pe’deserti della Libia guidava l’assetato suo esercito ; in premio
di
che fu quell’animale posto fra’segni celesti ; e
i avessero nella Libia. Il quale sorgeva in mezzo alle infocate arene
di
que’deserti, sebbene il sacro recinto intorniato
selva ; il che aveasi qual miracolo del nume. Una fontana ricchissima
di
acque che presso al tempio si divideva in mille r
e che presso al tempio si divideva in mille rigagnoli, era la cagione
di
quella verdura, cui Properzio aggiunge un freschi
n corna ritorte nascondeva la frente. Altri dicono che avea sembianza
di
ariete. Lucano afferma che il santuario era di se
ono che avea sembianza di ariete. Lucano afferma che il santuario era
di
semplice struttura, e povero di oro e di argento
. Lucano afferma che il santuario era di semplice struttura, e povero
di
oro e di argento ; ma altri descrivono il simulac
afferma che il santuario era di semplice struttura, e povero di oro e
di
argento ; ma altri descrivono il simulacro del nu
oro e di argento ; ma altri descrivono il simulacro del nume formato
di
smeraldi e di altre preziose gemme. In quest’orac
nto ; ma altri descrivono il simulacro del nume formato di smeraldi e
di
altre preziose gemme. In quest’oracolo le rispost
Celebre nella storia è la spedizione del grande Alessandro al tempio
di
Giove Ammone(1). Non contento egli del colmo dell
grandezza cui era giunto, si credeva o voleva esser creduto figliuolo
di
Giove ; e per dar colore a siffatta mensogna, imp
d un bosco amenissimo, in mezzo al quale era quella favolosa fontana,
di
cui le acque allo spuntar del sole erano tiepide
; e bollivano a mezza notte. Quivi l’eroe Macedone ritrovò il tempio
di
Giove Ammone, rappresentato sotto la figura di un
done ritrovò il tempio di Giove Ammone, rappresentato sotto la figura
di
un ariete, che i Sacerdoti portavano su di una na
presentato sotto la figura di un ariete, che i Sacerdoti portavano su
di
una nave dorata, da’cui fianchi pendevano molte l
portavano su di una nave dorata, da’cui fianchi pendevano molte lazze
di
argento, con il processional seguito di matrone e
fianchi pendevano molte lazze di argento, con il processional seguito
di
matrone e di verginelle, che cantavano inconditi
vano molte lazze di argento, con il processional seguito di matrone e
di
verginelle, che cantavano inconditi carmi per ren
bbe da’ Sacerdoti la risposta che dovea aspettarsi ; essere figliuolo
di
Giove e meritare divini onori. Plutarco racconta
Giove e meritare divini onori. Plutarco racconta ch’egli, a proposito
di
ciò, rispose, non doverne fare le maraviglie, per
doverne fare le maraviglie, perchè Giove, il quale per natura è padre
di
tutti, ama che gli ottimi sien chiamati suoi figl
ti, ama che gli ottimi sien chiamati suoi figliuoli. Vicino al tempio
di
Giove Ammone ritrovasi il così detto sale ammonia
che ha preso il nome o dalle arene, cui è frammischiato, o dal tempio
di
Ammone, presso al quale si raccoglieva(1). Dodona
così detta o dalla ninfa Dodona, fig. dell’ Oceano, o da Dodona, fig.
di
Giove e di Europa. Quivi era il famoso oracolo di
o dalla ninfa Dodona, fig. dell’ Oceano, o da Dodona, fig. di Giove e
di
Europa. Quivi era il famoso oracolo di Giove Dodo
, o da Dodona, fig. di Giove e di Europa. Quivi era il famoso oracolo
di
Giove Dodoneo, il più antico di quanti ne avesse
i Europa. Quivi era il famoso oracolo di Giove Dodoneo, il più antico
di
quanti ne avesse la Grecia, e che per molto tempo
he ne fu la prima sacerdotessa. Omero chiama Selli o Elli i Sacerdoti
di
quest’oracolo, che menavano vita austerissima. Or
he menavano vita austerissima. Or in quella città era una selva tutta
di
querce consacrate a Giove, le quali con umana voc
(4) dicono, che in quella selva dava gli oracoli una colomba dal ramo
di
una sacra quercia ; la quale finzione nacque da c
di una sacra quercia ; la quale finzione nacque da che nel linguaggio
di
quel paese sì le colombe, e sì le indovine aveano
nguaggio di quel paese sì le colombe, e sì le indovine aveano il nome
di
Peliadi. Altri finalmente dicono che a Dodona dav
Dodona davano gli oracoli due colombe, delle quali una volò al tempio
di
Apollo in Delfo ; e l’altra, a quello di Giove Am
lle quali una volò al tempio di Apollo in Delfo ; e l’altra, a quello
di
Giove Ammone. Un uomo importunamente loquace per
quace per modo proverbiale chiamavasi aes Dodonaeum, perchè l’oracolo
di
Giove Dodoneo era tutto circondato di certi vasi
aes Dodonaeum, perchè l’oracolo di Giove Dodoneo era tutto circondato
di
certi vasi di bronzo che si toccavano l’un l’altr
perchè l’oracolo di Giove Dodoneo era tutto circondato di certi vasi
di
bronzo che si toccavano l’un l’altro, sì che, per
va per ben lungo tempo. Ulisse andò a Dodona per conoscere la volontà
di
Giove, che dava oracoli dalla sua altissima querc
utrintò, co’più scelti compagni andò egli pure a consultare l’oracolo
di
Giove a Dodona. XXIII. Giuochi Olimpici. I
l’oracolo di Giove a Dodona. XXIII. Giuochi Olimpici. In onore
di
Giove Olimpico si celebravano i giuochi detti Oli
no da Luciano i grandi giuochi Olimpici (Ολυμπια μεγαλα) a differenza
di
altri meno considerevoli, che si celebravano in a
come in Dio, luogo della Macedonia, in Atene, a Smirne ec. ma quelli
di
Olimpia erano i grandi giuochi, a’quali si concor
iria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed era tanto lo splendore
di
que’giuochi, che Pindaro(2) ebbe a dire che sicco
dire che siccome l’acqua supera tutti gli elementi, e l’oro è da più
di
qualsivoglia preziosa cosa, così l’Olimpico certa
mente primeggia. Questi giuochi si vogliono istituiti da Ercole, fig.
di
Giove, e di Alcmena, il quale vi combattè il prim
gia. Questi giuochi si vogliono istituiti da Ercole, fig. di Giove, e
di
Alcmena, il quale vi combattè il primo con Acareo
o ogni grande e nobile impresa ; ma Strabone ne vuole autori i popoli
di
Etolia, i quali edificarono Olimpia e celebrarono
ma Olimpiade. Altri dicono che l’istituì Atreo per onorare i funerali
di
Pelope, suo padre. A tempo della guerra di Troia
reo per onorare i funerali di Pelope, suo padre. A tempo della guerra
di
Troia i giuochi olimpici o non vi erano, o aveano
ero non ne fa motto ne’suoi poemi. A tempo poi d’Ifito, contemporaneo
di
Licurgo, cioè 23 anni circa avanti la fondazione
to, contemporaneo di Licurgo, cioè 23 anni circa avanti la fondazione
di
Roma, e 776 prima di G. C. erano quasi dimenticat
Licurgo, cioè 23 anni circa avanti la fondazione di Roma, e 776 prima
di
G. C. erano quasi dimenticati, o almeno assai rar
ti, o almeno assai rari ; ed egli fu che li richiamò a nuova vita più
di
quattro secoli dopo la guerra di Troia. Da quest
fu che li richiamò a nuova vita più di quattro secoli dopo la guerra
di
Troia. Da quest epoca si contano le Olimpiadi, ch
di Troia. Da quest epoca si contano le Olimpiadi, che sono lo spazio
di
cinque anni, o meglio, di quattro anni compiuti,
si contano le Olimpiadi, che sono lo spazio di cinque anni, o meglio,
di
quattro anni compiuti, trascorsi i quali doveansi
a Olimpiade. Da questo tempo nella storia greca si legge qualche cosa
di
certo, giacchè i fatti che precedono il periodo d
olimpiade ; e lo storico, dalla prima olimpiade sino a noi. La città
di
Olimpia era illustre per l’oracolo di Giove Olimp
olimpiade sino a noi. La città di Olimpia era illustre per l’oracolo
di
Giove Olimpico, e per un magnifico tempio di ques
a illustre per l’oracolo di Giove Olimpico, e per un magnifico tempio
di
questo Nume, ricco de’ doni della Grecia, ove gra
questo Nume, ricco de’ doni della Grecia, ove grandeggiava la statua
di
Giove Olimpico, di avorio e di oro, capolavoro di
de’ doni della Grecia, ove grandeggiava la statua di Giove Olimpico,
di
avorio e di oro, capolavoro di Fidia e che Plinio
lla Grecia, ove grandeggiava la statua di Giove Olimpico, di avorio e
di
oro, capolavoro di Fidia e che Plinio chiama supe
ndeggiava la statua di Giove Olimpico, di avorio e di oro, capolavoro
di
Fidia e che Plinio chiama superiore ad ogni imita
lavoro di Fidia e che Plinio chiama superiore ad ogni imitazione. Era
di
tanta grandezza, che parve essersi peccato contro
overe delle sopraceiglia fa tremare l’olimpo. Nelle vicinanze adunque
di
questo tempio ed alla riva dell’Alfeo si celebrav
e’quali il fiore della greca gioventù si esercitava in cinque maniere
di
pubblici cimenti, ch’erano la lotta, il disco, il
ombattere, dava il suo nome dieci mesi prima, e nel pubblico ginnasio
di
Elide occupavasi in esercizii preparatori i. L’or
mbattenti era regolato dalla sorte, mettendosi delle palle in un’urna
di
argento. Qualche volta anche gli esercizii d’inge
anche gli esercizii d’ingegno ebbero luogo ne’giuochi olimpici, come
di
eloquenza, di poesia e simili. Isocrate vi recitò
rcizii d’ingegno ebbero luogo ne’giuochi olimpici, come di eloquenza,
di
poesia e simili. Isocrate vi recitò il suo panegi
enza, di poesia e simili. Isocrate vi recitò il suo panegirico, opera
di
dieci anni ; e Pindaro ebbe il dispiacere di vede
il suo panegirico, opera di dieci anni ; e Pindaro ebbe il dispiacere
di
vedervi i versi di Corinna preferiti a’suoi. Si s
opera di dieci anni ; e Pindaro ebbe il dispiacere di vedervi i versi
di
Corinna preferiti a’suoi. Si sa che Tucidide, fan
storia. Il vincitore dei giuochi olimpici avea per premio una corona
di
appio o di ulivo, ed alle volte di alloro, la qua
vincitore dei giuochi olimpici avea per premio una corona di appio o
di
ulivo, ed alle volte di alloro, la quale bastava
limpici avea per premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte
di
alloro, la quale bastava ad infondere ne’combatte
alloro, la quale bastava ad infondere ne’combattenti un nobile amore
di
gloria. Ma, oltre a ciò, la lode de’vincitori era
ra grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle statue nel bosco
di
Giove, in Olimpia, e ritornando alla patria, vi e
i sopra cocchi a qualtro cavalli, ed ogni nazione a gara li ricolmava
di
privilegii. XXIV. Giore Capitolino, suo tempio
privilegii. XXIV. Giore Capitolino, suo tempio, e giuochi in onore
di
Giove e di Giunone. Al tempio di Giove Olimpi
XXIV. Giore Capitolino, suo tempio, e giuochi in onore di Giove e
di
Giunone. Al tempio di Giove Olimpico, nella G
, suo tempio, e giuochi in onore di Giove e di Giunone. Al tempio
di
Giove Olimpico, nella Grecia, soggiungiamo quello
e. Al tempio di Giove Olimpico, nella Grecia, soggiungiamo quello
di
Giove Capitolino che a Roma n’emulò la magnificen
i il custode ed il conservatore dell’impero. E però teneva lo scettro
di
oro o di avorio, ed avea il tempio nel luogo più
ode ed il conservatore dell’impero. E però teneva lo scettro di oro o
di
avorio, ed avea il tempio nel luogo più elevato d
nel luogo più elevato del Campidoglio, per significare la maggioranza
di
lui sopra gli altri Dei(1). Teneva la destra arma
la maggioranza di lui sopra gli altri Dei(1). Teneva la destra armata
di
un fulmine di oro, e di oro eziandio la barba ; d
di lui sopra gli altri Dei(1). Teneva la destra armata di un fulmine
di
oro, e di oro eziandio la barba ; donde la ridevo
pra gli altri Dei(1). Teneva la destra armata di un fulmine di oro, e
di
oro eziandio la barba ; donde la ridevole follia
fulmine di oro, e di oro eziandio la barba ; donde la ridevole follia
di
Caligola, che per imitare Giove portava il fulmin
lica arrivò ad una magnificenza degna del nome romano(2). L’aia n’era
di
otto iugeri, e ciase un lato era lungo circa duge
scaglioni, che ne rendevano più maestoso il prospetto. Le porte eran
di
bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il si
devano più maestoso il prospetto. Le porte eran di bronzo, ed i vasi,
di
argento ; ed in alto, il simulacro di Giove su di
orte eran di bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il simulacro
di
Giove su di un cocchio dorato. Ma, distrulta Cart
bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il simulacro di Giove su
di
un cocchio dorato. Ma, distrulta Cartagine, se ne
dorò riccamente la soffitta, e le tegole ; e le porte furon ricoperte
di
lamine di oro, oltre e candelieri e statue e coro
mente la soffitta, e le tegole ; e le porte furon ricoperte di lamine
di
oro, oltre e candelieri e statue e corone tutte d
icoperte di lamine di oro, oltre e candelieri e statue e corone tutte
di
oro, ed altri splendidi doni senza numero. Fra le
e di oro, ed altri splendidi doni senza numero. Fra le più rare opere
di
scoltura vi era il cane che lambisce la propria f
ria ferita, l’Ercole Capitolino, l’Apollo colossale, e l’aurea statua
di
Giove, la cui destra vibra il fulmine a tre punte
ultima, da Domiziano, il quale fece venir dalla Grecia quelle colonne
di
pietra pentelica, che tuttavia si ammirano nella
le colonne di pietra pentelica, che tuttavia si ammirano nella chiesa
di
Aracoeli. Ed in questo tempio l’antica Roma vide
iano istituire il certame Capitolino, in cui gareggiavano e suonatori
di
cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il pre
o e suonatori di cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il premio
di
una corona e di un ramo ornato di nastri(2). E gi
cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il premio di una corona e
di
un ramo ornato di nastri(2). E giunsero questi gi
istrioni, i quali aveano il premio di una corona e di un ramo ornato
di
nastri(2). E giunsero questi giuochi a tanta rino
giuochi Capitolini computavano gli anni. Rimase poi a Roma il costume
di
coronarsi solennemente i poeti ed i retori dagli
erano in tanto onore nell’Italia e nella Germania. XXV. Iconologia
di
Giove. Giove si rappresentava sotto sembianza
XXV. Iconologia di Giove. Giove si rappresentava sotto sembianza
di
un vecchio venerando, con lunga barba ed il capo
mbianza di un vecchio venerando, con lunga barba ed il capo corona to
di
alloro o di ulivo, talvolta velato o cinto di pic
n vecchio venerando, con lunga barba ed il capo corona to di alloro o
di
ulivo, talvolta velato o cinto di piccola benda ;
ba ed il capo corona to di alloro o di ulivo, talvolta velato o cinto
di
piccola benda ; è seduto su trono di avorio, coll
i ulivo, talvolta velato o cinto di piccola benda ; è seduto su trono
di
avorio, collo scettro nella sinistra, nella destr
di, un’aquila. Alle volte per iscettro gli si dava il fulmine ; e non
di
rado vedesi in atto di fulminare i giganti che ti
te per iscettro gli si dava il fulmine ; e non di rado vedesi in atto
di
fulminare i giganti che tiene sotto i piedi. Il G
giganti che tiene sotto i piedi. Il Giove Pluvio si figurava a guisa
di
vecchio con capelli e barba lunga, e con le bracc
capelli e barba lunga, e con le braccia aperte e spenzolate, in atto
di
versare copiosa pioggia. In un intonaco Pompeiano
iosa pioggia. In un intonaco Pompeiano vi è Giove barbato, con corona
di
quercia ed adagiato sulle nuvole che addensa col
che, come quella del leone, gli scende giù dal capo. Il Winckelmann è
di
parere che il capo di Giove abbia sempre gli stes
eone, gli scende giù dal capo. Il Winckelmann è di parere che il capo
di
Giove abbia sempre gli stessi caratteri che dagli
nticamente adorato. Si vede pure Giove Serapide con la testa fregiata
di
raggi. In una medaglia di Alessandria vi è Giove
e pure Giove Serapide con la testa fregiata di raggi. In una medaglia
di
Alessandria vi è Giove Serapide col modio circond
a’sette pianeti e dallo zodiaco. In una corniola del gabinetto del Re
di
Francia, l’Olimpo è indicato da un Giove, che sie
attro cavalli, nella destra tenendo uno scettro, la cui cima è ornata
di
un fiore, e con la sinistra scagliando i fulmini
iganti. É certamente difficilissimo l’immaginar cavalli in attitudine
di
maggiore vivacità e fierezza, di caratterizzare G
mo l’immaginar cavalli in attitudine di maggiore vivacità e fierezza,
di
caratterizzare Giove con espressione più degna di
ivacità e fierezza, di caratterizzare Giove con espressione più degna
di
lui e di formare i giganti con più terribile aspe
fierezza, di caratterizzare Giove con espressione più degna di lui e
di
formare i giganti con più terribile aspetto, ment
n le loro maestose facce minacciano il supremo Nume, che vibra contro
di
loro ì fulmini ». In una statua di Giove in terra
il supremo Nume, che vibra contro di loro ì fulmini ». In una statua
di
Giove in terra cotta rinvenuta in un tempio di Po
lmini ». In una statua di Giove in terra cotta rinvenuta in un tempio
di
Pompei, quel Nume si vede con corona di quercia,
cotta rinvenuta in un tempio di Pompei, quel Nume si vede con corona
di
quercia, che gli circonda le chiome cadenti. Giov
circonda le chiome cadenti. Giove Dodoneo avea il capo inghirlandato
di
quercia, albero a lui sacro. Giove Ammone dipinge
quali sono cocentissimi nella Libia. Ebe si dipinge col capo coronato
di
fiori, e con una coppa d’oro in una mano, come qu
in una mano, come quella che versava il nettare agli Dei ; e pasceva
di
ambrosia l’aquila di Giove. Castore e Polluce poi
ella che versava il nettare agli Dei ; e pasceva di ambrosia l’aquila
di
Giove. Castore e Polluce poi si disegnavano dagli
ve. Castore e Polluce poi si disegnavano dagli Spartani con due pezzi
di
legno paralleli insieme uniti a due traversi pur
ani con due pezzi di legno paralleli insieme uniti a due traversi pur
di
legno ; e questa primitiva configurazione si ravv
diaco son figurati i Gemini o Gemelli(1). XXVI. Principali epiteti
di
Giove. Iupiter Aegiochus, Αιγιοχος, Giove Eg
ti di Giove. Iupiter Aegiochus, Αιγιοχος, Giove Egioco ; epiteto
di
Giove assai frequente in Omero, Esiodo ec. così d
, capra, ed οχη, alimento, perchè Giove fu nudrito in Creta col latte
di
una capra ; o perchè porta l’egida. Iupiter Anxu
a capra ; o perchè porta l’egida. Iupiter Anxurus si chiama in forma
di
giovinetto imberbe. Così veneravasi particolarmen
giovinetto imberbe. Così veneravasi particolarmente nell’antica città
di
Terracina, detta Anxur. Da Giovenale si appella I
giorno stesso chiamavasi Giove(2). Iupiter Dictaeus, da Ditte, monte
di
Creta, ch’ebbe un tal nome dalla ninfa Ditte, che
ch’ebbe un tal nome dalla ninfa Ditte, che vi si adorava. In un antro
di
quel monte fu nudrito Giove(3). Iupiter Elicius,
rano o dedicavano le spoglie opime, cioè quel bottino che il generale
di
un esercito riportava sul re o capitano dell’eser
la pace, quod pacem ferre putaretur. Romolo riportò le spoglie opime
di
Acrone, re de’ Ceninesi ; e dedicatele a Giove Fe
i Acrone, re de’ Ceninesi ; e dedicatele a Giove Feretrio, edificò in
di
lui onore il primo tempio a Roma(5). Iupiter Ful
ter Idaeus, così detto o da Ida, monte della Frigia ; o da Ida, monte
di
Creta, ov’era la culla e la tomba di quel nume.
e della Frigia ; o da Ida, monte di Creta, ov’era la culla e la tomba
di
quel nume. Iupiter Lapis, detto dalla pietra che
costume era il giurare per Iovem Lapidem. Iupiter Latialis. In onore
di
lui si celebravano sul monte Albano le ferie lati
ali duravano quattro giorni, e vi assistevano i consoli co’magistrati
di
47 popoli del Lazio, de’quali i principali, dopo
, gli Ernici ed i Volsci. Iupiter Olympius, così detto o dalla città
di
Olimpia, ov’era il famoso suo tempio ; o dal mont
che diceasi Olimpo. Nei conviti il primo bicchiere si bevea in onore
di
Giove Olimpico(2). Ζευς ορκιος, da ορκος, giurame
omini giurare. Nel luogo ove gli Elei tenean senato, era un simulacro
di
Giove che nelle mani avea i fulmini, pronto a pun
, o perchè era a dorato in ogni ling uaggio, o perchè ascolta le voci
di
tutti. Iupiter Pater ; epiteto principale di Gio
perchè ascolta le voci di tutti. Iupiter Pater ; epiteto principale
di
Giove spesso chiamato da’poeti padre degli uomini
amente davanti a’ Sabini, a sistendo (2). XXVII. Alcune altre cose
di
Giove. L’albero consacrato a Giove era la que
(3). Si sa che Giove richiamò gli antichissimi uomini dal ferino cibo
di
carne umana a quello più mite delle ghiande, di c
omini dal ferino cibo di carne umana a quello più mite delle ghiande,
di
cui si cibavano prima che s’introducesse l’uso de
oce iuglans, noce, è quasi Iovis glans, perchè quest’albero dà frutti
di
miglior sapore che la ghianda. A Giove si sacrifi
ri dicono che se gli poteva sacrificare(4). Tra i pianeti vi è quello
di
Giove, di cui la luce dagli Astrologi si reputa b
che se gli poteva sacrificare(4). Tra i pianeti vi è quello di Giove,
di
cui la luce dagli Astrologi si reputa benigna e p
i reputa benigna e prospera al genere umano, a differenza del pianeta
di
Marte che l’ha terribile e sanguigna(5). Omero(6)
neta di Marte che l’ha terribile e sanguigna(5). Omero(6) fa menzione
di
Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere gli uomini ne
a), la quale fa cadere gli uomini negli errori, ed è per loro cagione
di
sventure ; e la chiama veneranda figliuola di Gio
, ed è per loro cagione di sventure ; e la chiama veneranda figliuola
di
Giove, ìl quale adirato per aver dato mano ad un
avata dalla soverchia moltitudine de’malvagi pregò Giove a sollevarla
di
sì molesto peso ; e che per ciò quel Nume mandò p
la di sì molesto peso ; e che per ciò quel Nume mandò prima la guerra
di
Tebe, e poi quella di Troia. Percui le guerre più
; e che per ciò quel Nume mandò prima la guerra di Tebe, e poi quella
di
Troia. Percui le guerre più che i fulmini e le in
ove è l’anima del mondo ; e però i poeti dicevano che tutto era pieno
di
Giove, e che tutto dee cominciare da Giove. Omero
tto era pieno di Giove, e che tutto dee cominciare da Giove. Omero(3)
di
passaggio dice che le timide colombe recano l’amb
le timide colombe recano l’ambrosia a Giove. Giunone I. Nomi
di
questa Dea e lor ragione. Cicerone(4) crede c
. Cicerone(4) crede che il nome Iuno venga a iuvando, come quello
di
Giove ; e riferisce che, secondo gli Stoici, Giun
ne era l’aere posto in mezzo alla terra ed al cielo. E diceasi moglie
di
Giove, perchè l’aere, o sia Giunone, ha molta som
i affermano che Ηρα sia detta quasi αηρ, per metatesi, o trasposizion
di
lettere. II. Storia favolosa di Giunone. G
αηρ, per metatesi, o trasposizion di lettere. II. Storia favolosa
di
Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e di Cibe
on di lettere. II. Storia favolosa di Giunone. Giunone fu fig.
di
Saturno e di Cibele. Samo era il suo soggiorno gr
. II. Storia favolosa di Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e
di
Cibele. Samo era il suo soggiorno gradito, perchè
abbia avuto il suo natale, vicino al fiume Imbraso e sotto una pianta
di
vetrice(1). Nella sua fanciullezza fu educata da
bea, Prosinna ed Ascrea, fig. del fiume Asterione ; o da Temeno, fig.
di
Pelasgo, che abitava nella città di Stinfalo. Ome
ume Asterione ; o da Temeno, fig. di Pelasgo, che abitava nella città
di
Stinfalo. Omero(2) però fa dire a Giunone che qua
ntata e restaurata dall’acqua. Alcuni però affermano che l’educazione
di
Giunone fu affidata alle Ore. La Dea adunque ebbe
lare ; e si vuole che il pavone, uccello caro a Giunone, nato a Samo,
di
là si fosse propagato in altri luoghi ; e che per
se propagato in altri luoghi ; e che perciò fosse consacrato alla Dea
di
Samo(3) ; ed i pavoni di quell’isola sono in gran
ghi ; e che perciò fosse consacrato alla Dea di Samo(3) ; ed i pavoni
di
quell’isola sono in gran pregio. Omero racconta l
i pavoni di quell’isola sono in gran pregio. Omero racconta la favola
di
Argo, ma non fa motto della trasformazione di lui
mero racconta la favola di Argo, ma non fa motto della trasformazione
di
lui in pavone. Mosco, e dopo lui Ovidio, favolegg
ulacro ; e niuna cosa era più rispettata nella Grecia che i Sacerdoti
di
Giunone in Argo. Secondo Virgilio(5) Giunone alla
o le sue armi ed il cocchio, tanto che meditava farla donna e signora
di
tutte le altre città. I Cartaginesi la veneravano
era un suo antico tempio ed una statua che la rappresentava in abito
di
novella sposa. Queste nozze celebraronsi con sole
abito di novella sposa. Queste nozze celebraronsi con solennità degna
di
siffatti numi : e Mercurio ebbe da Giove l’incari
ed uomini ed animali. La ninfa Chelone con inudita temerità beffossi
di
tal matrimonio, e fu sola a non intervenirvi. All
che chelone (Χελωνη) in greco vuol dire testuggine. III. Carattere
di
Giunone. Emo e Rodope. Gerane. Antigone. Giun
la Dea de’ regni e delle ricchezze, percui spesso salutasi col titolo
di
Regina(1). I poeti la dipingono oltremodo superba
. I poeti la dipingono oltremodo superba e pertinace nel suo sdegno ;
di
che nelle favole sono non pochi esempi. L’Emo ed
i si favoleggia ch’erano in quella regione un fratello ed una sorella
di
tal nome, i quali sì forte si amavano, che, per u
rella di tal nome, i quali sì forte si amavano, che, per un tal vezzo
di
stolta superbia, chiamavansi, Emo col nome di Gio
, che, per un tal vezzo di stolta superbia, chiamavansi, Emo col nome
di
Giove, e Rodope, con quello di Giunone. Per la qu
ta superbia, chiamavansi, Emo col nome di Giove, e Rodope, con quello
di
Giunone. Per la qual follia questa Dea li cangiò
altissimi, che serbano ancora que’nomi(2). Fu pure bersaglio all’ira
di
Giunone l’infelice Oenoe, o Gerane(3), regina de’
Oenoe, o Gerane(3), regina de’Pigmei, la quale in bellezza vantandosi
di
vincere le stesse Dee, fu da Giunone trasformata
battimento. Il Troiano esercito, dice Omero(4), marciava Come stormo
di
augei, forte gridando E schiamazzando, col romor
Monti. Gameron crede che Pigmeo (a πυγμη, pugnus), significhi uomo
di
braccio forte, e che poscia male a proposito l’ab
che poscia male a proposito l’abbiano trasportato a denotare un uomo
di
bassa statura. Iaquelot vuole che la favola de’Pi
nata dal costume degli Etiopi, i quali metter soleano piccoli uomini
di
paglia, o Pigmei, ne’loro campi, per ispaventare
via il grano seminato. Ma secondo Mad. Dacier, i Pigmei erano popoli
di
Etiopia di sì bassa statura, che i Greci li chiam
no seminato. Ma secondo Mad. Dacier, i Pigmei erano popoli di Etiopia
di
sì bassa statura, che i Greci li chiamarono Pigme
sì bassa statura, che i Greci li chiamarono Pigmei, cioè dell’altezza
di
un cubito. E come le grù di verno abbandonano le
i li chiamarono Pigmei, cioè dell’altezza di un cubito. E come le grù
di
verno abbandonano le regioni settentrionali per a
Omero finse la guerra de’ Pigmei colle grù. Finalmente Antigone, fig.
di
Laomedonte, re di Troia, per la sua bellissima ch
rra de’ Pigmei colle grù. Finalmente Antigone, fig. di Laomedonte, re
di
Troia, per la sua bellissima chioma osò agguaglia
e che per compassione degli Dei fu trasformata in cicogna ch’è nemica
di
questi rettili. E Cinira, re di Cipro, ebbe delle
fu trasformata in cicogna ch’è nemica di questi rettili. E Cinira, re
di
Cipro, ebbe delle figliuole, le quali, perchè ard
angiate ne’marmorei gradini, del suo tempio(1). Ma più conto è l’odio
di
questa Dea contro i Troiani per l’oltraggio recat
tentò ogni mezzo per vederne l’estrema rovina, tanto che non finì mai
di
perseguitare il pio Enea, miserabile avanzo di Tr
tanto che non finì mai di perseguitare il pio Enea, miserabile avanzo
di
Troia, sino a porre fra le due eterne rivali Roma
bile che la loro ostinata lotta non finì che colla totale distruzione
di
quest’ultima. E poichè il pertinace sdegno della
toccò sì al vivo l’animo altero della Dea, e che fu la fatale cagione
di
tanti famosi avvenimenti. IV. Cagioni del fata
e cagione di tanti famosi avvenimenti. IV. Cagioni del fatale odio
di
Giunone contra i Troiani. Laomedonte e Priamo.
in quell’anno sarebbe nato nel suo regno, se gli avessero circondata
di
mura la città di Troia, o la sola cittadella dett
rebbe nato nel suo regno, se gli avessero circondata di mura la città
di
Troia, o la sola cittadella detta Pergamo. Finita
ro re mancò alla giurata promessa ; percui Nettuno inondò la campagna
di
Troia, ed Apollo mandò micidiale pestilenza. Omer
ta che Giove sdegnato con Nettuno ed Apollo che avea seguito le parti
di
Giunone contra di lui, li avea condannati a servi
ato con Nettuno ed Apollo che avea seguito le parti di Giunone contra
di
lui, li avea condannati a servir Laomedonte nel f
di lui, li avea condannati a servir Laomedonte nel fabbricar le mura
di
Troia ; e Pindaro(2) aggiunge che sapendo que’ Nu
ad essere divorata da una balena. Dopo alcuni anni cadde la sorte su
di
Esione, fig. di Laomedonte, la quale legata ad un
ata da una balena. Dopo alcuni anni cadde la sorte su di Esione, fig.
di
Laomedonte, la quale legata ad uno scoglio aspett
na ventura la regale donzella fu liberata da Ercole, e Telamone, fig.
di
Eaco, che ritornavano dalla spedizione contro le
tornavano dalla spedizione contro le Amazzoni. Il padre avea promesso
di
dar loro, oltre la figliuola, alcuni cavalli ch’e
ni e de’ loro posteri, tanto che Virgilio(1) afferma che lo spergiuro
di
Laomedonte era la cagione delle civili discordie
che lo spergiuro di Laomedonte era la cagione delle civili discordie
di
Roma. Ercole offeso assedia Troia, uccide Laomedo
mone, che primo era entrato nella città. Ad Esione fu data la facoltà
di
liberare un prigioniere, ed ella scelse Podarcete
suo piccolo fratello, e per prezzo del riscatto diede un serto d’oro,
di
cui avea il capo inghirlandato ; percui fu il gio
Priamo (a πριαμαι, redimere). Ercole al giovane Priamo diede il regno
di
Troia, e Telamone portò a Salamina Esione, dalla
to Teucro(2). Priamo dopo Arisba, sua prima moglie, sposò Ecuba, fig.
di
Dimante, re di Tracia, da cui ebbe molti figliuol
riamo dopo Arisba, sua prima moglie, sposò Ecuba, fig. di Dimante, re
di
Tracia, da cui ebbe molti figliuoli, de’ quali i
ne conta sino a 90, Igino 54, ed altri 17. V. Continuazione. Sogno
di
Ecuba. Paride ed Elena. Or Ecuba, essendo gra
zione. Sogno di Ecuba. Paride ed Elena. Or Ecuba, essendo gravida
di
Paride, sognò di partorire una fiaccola, che tutt
cuba. Paride ed Elena. Or Ecuba, essendo gravida di Paride, sognò
di
partorire una fiaccola, che tutta quanta incendia
ta la sua Corte nella più grande costernazione ; si corre all’oracolo
di
Apollo, e vien risposto che sarebbe nato un fanci
uel parto, che dovea essere un giorno l’infelice cagione della rovina
di
Troia. Priamo pieno di affanno comanda che appena
sere un giorno l’infelice cagione della rovina di Troia. Priamo pieno
di
affanno comanda che appena nato il fatale fanciul
alcuni pastori, l’educarono come loro figliuolo, e gli posero il nome
di
Paride o Alessandro. Il quale cresciuto in età ed
ralmente giustissimo nel dirimere le controversie, venne in gran fama
di
equità in tutto il paese ; ma una famosa lite fec
ine del giudicare. Assai celebrate presso gli antichi furono le nozze
di
Peleo, a cui, benchè mortale, dice Omero, gli Dei
tti avranno cara la lingua del Lazio. Peleo adunque, e Telamone, fig.
di
Eaco, fuggendo dalla patria Egina per avere uccis
n Teti, sarebbe nato un figliuolo maggiore del padre. Perciò si tenne
di
sposarla, temendo che un tal figliuolo l’avesse a
ritto : Pulchriori detur : diasi alla più bella. Fu questo il segno
di
fiera contesa fra le tre Dee Giunone, Pallade e V
non volendo seder giudice fra la moglie e due figliuole, impose loro
di
rimettersi al giudizio del pastorello Paride. Le
ricco e potente reame, se a lei aggiudicato avesse il pomo ; Minerva,
di
dargli doviziosi tesori di sapienza ; e Venere, d
lei aggiudicato avesse il pomo ; Minerva, di dargli doviziosi tesori
di
sapienza ; e Venere, di farlo sposo di bellissima
il pomo ; Minerva, di dargli doviziosi tesori di sapienza ; e Venere,
di
farlo sposo di bellissima fanciulla. Paride sente
va, di dargli doviziosi tesori di sapienza ; e Venere, di farlo sposo
di
bellissima fanciulla. Paride sentenziò a favore d
re, di farlo sposo di bellissima fanciulla. Paride sentenziò a favore
di
questa Dea ; e d’allora in poi Minerva e più la n
pomo è mio . Or dopo qualche tempo fu Paride conosciuto per figliuolo
di
Priamo e però accolto nella reggia. Poco dopo, al
ò accolto nella reggia. Poco dopo, allestita una flotta, sotto specie
di
legazione, fu da Priamo mandato nella Grecia in c
con grandissima cortesia fu accolto nella sua reggia da Menelao, fig.
di
Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re d
sima cortesia fu accolto nella sua reggia da Menelao, fig. di Atreo e
di
Europa, fratello di Agamennone, e re di Sparta, i
olto nella sua reggia da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fratello
di
Agamennone, e re di Sparta, il quale avea per mog
a da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re
di
Sparta, il quale avea per moglie Elena, fig. di G
o di Agamennone, e re di Sparta, il quale avea per moglie Elena, fig.
di
Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce,
none, e re di Sparta, il quale avea per moglie Elena, fig. di Giove e
di
Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale er
a, il quale avea per moglie Elena, fig. di Giove e di Leda, e sorella
di
Castore e Polluce, la quale era di straordinaria
fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale era
di
straordinaria bellezza. Or Menelao andò per suoi
fu che Paride, mancando alle sante leggi dell’ospitalità, col favore
di
Venere rapì Elena, e seco la condusse a Troia, o
erevoli mali. Il vecchio Eumeo appresso Omero(1), vinto dal desiderio
di
rivedere Ulisse, si rivolge sdegnoso ad Elena che
e perdizione. Ed in Ovidio(2) Penelope lagnandosi della lunga assenza
di
Ulisse, desidera che dalle insane onde del mare f
osse stata coperta quella nave che portò a Sparta il fatale figliuolo
di
Priamo, cagione di tanti mali ; ed Enone : oh ! D
quella nave che portò a Sparta il fatale figliuolo di Priamo, cagione
di
tanti mali ; ed Enone : oh ! Dei, esclama, sommer
Enone : oh ! Dei, esclama, sommergete, vi prego, la malaugurosa nave
di
Paride. Ahi ! di quanto sangue Troiano viene essa
, esclama, sommergete, vi prego, la malaugurosa nave di Paride. Ahi !
di
quanto sangue Troiano viene essa ricolma ! Partì
ga guerra ed infinito pianto alla patria, chè il seguirono cento navi
di
Greci Eroi, a vendicare l’oltraggiato onore di Me
l seguirono cento navi di Greci Eroi, a vendicare l’oltraggiato onore
di
Menelao, i quali fermato aveano in lor cuore di n
e l’oltraggiato onore di Menelao, i quali fermato aveano in lor cuore
di
non ritornare, se non se distrutta Troia(3). Allo
armi ripeterà la Grecia congiurata a distruggere la spergiura reggia
di
Priamo. Ahi ! di quanto sudore grondano e cavalli
Grecia congiurata a distruggere la spergiura reggia di Priamo. Ahi !
di
quanto sudore grondano e cavalli e cavalieri ! e
egni guerrieri(1). Ed il vaticinio fu vero sì che l’ostinata vendetta
di
Giunone rimase pienamente appagata. Dopo un assed
inata vendetta di Giunone rimase pienamente appagata. Dopo un assedio
di
ben dieci anni, dopo tanti avvenimenti famosi, ca
dopo tanti avvenimenti famosi, cadde ridotta in cenere la sacra città
di
Troia, tomba fatale di Asia e di Europa, e che di
famosi, cadde ridotta in cenere la sacra città di Troia, tomba fatale
di
Asia e di Europa, e che distrusse il fior degli E
dde ridotta in cenere la sacra città di Troia, tomba fatale di Asia e
di
Europa, e che distrusse il fior degli Eroi e tant
poeti, Giunone depose alla fine il suo sdegno contra l’invisa stirpe
di
Priamo. Al dir di Orazio(3), morto Romolo, nel ce
pose alla fine il suo sdegno contra l’invisa stirpe di Priamo. Al dir
di
Orazio(3), morto Romolo, nel celestial consiglio,
Al dir di Orazio(3), morto Romolo, nel celestial consiglio, in grazia
di
Marte, Giunone consentì che questo suo nipote fos
consentì che questo suo nipote fosse annoverato fra gli Dei, contenta
di
aver veduta Troia distrutta, e che Roma distendes
ta la terra, purchè però fra Troia e Roma fosse frapposto gran tratto
di
procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e di Pa
e Roma fosse frapposto gran tratto di procelloso mare, ed al sepolcro
di
Priamo e di Paride insultassero gli armenti. Virg
frapposto gran tratto di procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e
di
Paride insultassero gli armenti. Virgilio(4) al c
carattere capriccioso ed importuno orgoglio muoveva spesso la collera
di
Giove, col quale non era mai d’accordo, e garriva
ndecoroso. Avvedutosi una volta Giove, dice Omero(5), degli artifizii
di
Giunone, pe’ quali i Greci mettevano in rotta i T
immenso vôto Tu pendola ondeggiavi, e per l’eccelso Olimpo ne fremean
di
rabbia i Numi, Ma sciorti non potean. Monti. Dic
Ma sciorti non potean. Monti. Dicono che Vulcano, volendosi vendicar
di
Giunone, le regalò un trono di oro, sul quale app
Dicono che Vulcano, volendosi vendicar di Giunone, le regalò un trono
di
oro, sul quale appena assisa, vi restò legata. Ba
rò per indurre Vulcano a sciorre la povera Giunone. A Sparta un’opera
di
scoltura rappresentava Vulcano in atto di sciogli
Giunone. A Sparta un’opera di scoltura rappresentava Vulcano in atto
di
sciogliere Giunone. Il ch. Heyne dice che per Giu
a l’etere e la terra, e si figurò il mare e la terra sotto il simbolo
di
due pesi attaccati a’ piedi di Giunone. L’orgogli
rò il mare e la terra sotto il simbolo di due pesi attaccati a’ piedi
di
Giunone. L’orgoglio della nostra Dea la rendea in
a rendea inquieta ed infelice, e spesso le conveniva giungere ad atti
di
sommissione poco degni della sua grandezza, di mo
eniva giungere ad atti di sommissione poco degni della sua grandezza,
di
modo che il titolo di regina del cielo, ed il tro
di sommissione poco degni della sua grandezza, di modo che il titolo
di
regina del cielo, ed il trono di oro che le dà Ca
sua grandezza, di modo che il titolo di regina del cielo, ed il trono
di
oro che le dà Callimaco, lo scettro ed il diadema
ì che biondeggiano le biade nel suolo, ove un dì era Troia ; ma piena
di
cruccio vede la flotta di Enea navigare alla volt
e nel suolo, ove un dì era Troia ; ma piena di cruccio vede la flotta
di
Enea navigare alla volta dell’Italia per farvi ri
na Troia novella e più potente ; prevede la grandezza della posterità
di
lui, che un dì signoreggiar dovea tutt’i popoli e
ta Cartagine ; richiama alla memoria i ricevuti torti, ed al paragone
di
Pallade, la quale per più lieve cagione avea fulm
evole pregarlo che scatenasse i venti per disperdere la nemica flotta
di
Enea. Ma i suoi disegni sempremai le fallivano ;
fallivano ; giacchè le convenne vedere da una fredda nube il trionfo
di
Enea, e permettere suo malgrado che fosse posto n
suoi posteri regnassero su tutta la terra. VII. Grandezza e maestà
di
Giunone. Iride. Da quanto dicono i poeti di G
I. Grandezza e maestà di Giunone. Iride. Da quanto dicono i poeti
di
Giunone e del suo carattere, siam costretti a cre
grandezza e potenza vi è assai a dire, ed i poeti stessi non lasciano
di
raccontarci grandi e belle cose della Regina degl
unone esser dovea la lor regina. Quindi era tutta sua propria un’aria
di
maestà nel portamento, di cui si vanta presso Vir
egina. Quindi era tutta sua propria un’aria di maestà nel portamento,
di
cui si vanta presso Virgilio(2). Spesso a Giove e
le medesime prerogative e gli stessi attributi ; e Stazio non dubitò
di
attribuire a Giunone Argiva la potenza di scaglia
ibuti ; e Stazio non dubitò di attribuire a Giunone Argiva la potenza
di
scagliare il fulmine. E se a Giove davasi l’aggiu
va la potenza di scagliare il fulmine. E se a Giove davasi l’aggiunto
di
ottimo massimo, anche Giunone da Virgilio(1) si c
). Eolo(3) riceve gli ordini della Regina de’ cieli colla sommessione
di
un suddito rispettoso innanzi alla sua sovrana ;
alla sua sovrana ; e le dice ch’è tutta sua mercè se gode del favore
di
Giove, se ha l’impero de’ venti e siede alla mens
e alla mensa de’ Numi. Il che può spiegarsi dicendo che per beneficio
di
Giunone, cioè dell’aria, Eolo signoreggiava i ven
li produce. Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il quale da’ più dicesi fig.
di
Giove e di Protogenia, fig. di Deucalione e di Pi
Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il quale da’ più dicesi fig. di Giove e
di
Protogenia, fig. di Deucalione e di Pirra. Etlio
g. Etlio, il quale da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig.
di
Deucalione e di Pirra. Etlio da Giove fu ammesso
le da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig. di Deucalione e
di
Pirra. Etlio da Giove fu ammesso in cielo ; ma pe
confinato giù nell’Inferno. Abbiamo pure un argomento della grandezza
di
Giunone in quel che dicono i poeti d’Iride. È ver
i poeti d’Iride. È vero che in Omero(4) Ebe pone le ruote al cocchio
di
Giunone, e vi attacca il bel giogo e le leggiadre
el giogo e le leggiadre pettiere ; ma propriamente Iride era l’intima
di
lei cameriera e la sua messaggiera fedele(5). Giu
i suoi ; e quando moveva a fare le imposte cose, tutta facevasi bella
di
mille colori, ed invisible ad occhio mortale, col
bella di mille colori, ed invisible ad occhio mortale, col suo piede
di
rose segnava velocemente quel sentiere arcuato di
tale, col suo piede di rose segnava velocemente quel sentiere arcuato
di
più colori che in tempo di pioggia si vede nell’a
segnava velocemente quel sentiere arcuato di più colori che in tempo
di
pioggia si vede nell’aria di riucontro al sole, d
tiere arcuato di più colori che in tempo di pioggia si vede nell’aria
di
riucontro al sole, detto arco baleno o celeste, e
he in greco significa ammirabile, perchè non vi è cosa più ammirabile
di
quell’arco formato dalle gocce di acqua di una nu
perchè non vi è cosa più ammirabile di quell’arco formato dalle gocce
di
acqua di una nube posta di rincontro al sole ; e
n vi è cosa più ammirabile di quell’arco formato dalle gocce di acqua
di
una nube posta di rincontro al sole ; e da Elettr
mirabile di quell’arco formato dalle gocce di acqua di una nube posta
di
rincontro al sole ; e da Elettra, che significa s
’arco-baleno mostra le mutazioni dell’aria. Omero le dà il soprannome
di
piè-leggiera. VIII. Varie incumbenze di Giunon
Omero le dà il soprannome di piè-leggiera. VIII. Varie incumbenze
di
Giunone. Fortuna. Pluto. Come Giunone era la
ed ogni altro bene temporale, e che dal Guidi chiamasi superba al par
di
Giuno. Era essa là Dea della buona e della trista
pingono calva, cieca, colle ali a’ piedi, uno de’ quali appoggiato al
di
sopra di una ruota, e l’altro, sospeso in aria. D
alva, cieca, colle ali a’ piedi, uno de’ quali appoggiato al di sopra
di
una ruota, e l’altro, sospeso in aria. Da ciò la
in aria. Da ciò la frase, essere al colmo, o nell’infimo della ruota
di
Fortuna. La rappresentavano pure con un sole ed u
rnucopia, segno dell’abbondanza, ed a Tebe si rappresentava nell’atto
di
condurre per mano, in forma di fanciullo, Pluto,
, ed a Tebe si rappresentava nell’atto di condurre per mano, in forma
di
fanciullo, Pluto, Dio delle ricchezze, ponendo il
tesse ; nè deesi confondere con Plutone, Dio dell’Inferno. Nel Timone
di
Luciano, Pluto si finge zoppo, allorchè da Giove
ontrario e più veloce degli uccelli, quando vuole abbandonare la casa
di
altri ; e ciò perchè le ricchezze tardi ed a sten
di, e poveri gli uomini dabbene. Ritornando alla Fortuna, negli scavi
di
Pompei si è ritrovata una statuetta di argento ch
ando alla Fortuna, negli scavi di Pompei si è ritrovata una statuetta
di
argento che rappresenta la Fortuna vestita di tun
ritrovata una statuetta di argento che rappresenta la Fortuna vestita
di
tunica talare, con un diadema ornato della mezza
a di tunica talare, con un diadema ornato della mezza luna e del fior
di
loto, i capelli fluttuanti su gli omeri ; un timo
il corno dell’abbondanza, nella sinistra ; ed una smaniglia figurata
di
un serpente le cinge il braccio diritto. Alla For
azio(1) si attribuisce un grosso chiodo o per significare la fermezza
di
lei, o per esprimere la forza e la potenza della
nte credevano dipendere gl’incerti avvenimenti della guerra. Il motto
di
Cesare era : Virtute duce, comite Fortuna ; ed
presedeva alla cerimonia, con cui la sposa ungeva la porta della casa
di
suo marito prima di entrarvi, in segno che dovea
onia, con cui la sposa ungeva la porta della casa di suo marito prima
di
entrarvi, in segno che dovea recarvi l’abbondanza
I Greci davano un tal carico a Diana, detta perciò Lucina. Le calende
di
ciascun mese, anzi tutt’i mesi, erano consacrati
devano la luna, il corso della quale regola i mesi. IX. Iconologia
di
Giunone. Da Pindaro(1) si chiama Giunone la D
ama Giunone la Dea che siede sull’aureo trono. Il pavone è sì proprio
di
lei, che nel cerchio marmoreo de’ dodici Dei co’
eo de’ dodici Dei co’ segni zodiacali, già Borghese, ed ora nel Museo
di
Parigi, basta sol esso per indicarla. Appresso Fu
. I Latini le davano l’asta ; ed è nota la Giunone Curite de’ Sabini,
di
cui parla Servio. Nel tempio di Platea era una st
è nota la Giunone Curite de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio
di
Platea era una statua di Giunone in piedi e maggi
de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea era una statua
di
Giunone in piedi e maggiore del naturale, opera d
tea era una statua di Giunone in piedi e maggiore del naturale, opera
di
Prassitele, il quale fu il primo a dare lo sfendo
dare lo sfendone a questa Dea. Era esso un ornamento del capo a guisa
di
corona, detto volgarmente diadema, che usavasi da
ov’erano i nastri per legarsi. Giunone il più dipingesi collo scettro
di
oro, qual Regina del cielo(2), come vedesi nella
boope, e la sublime nobiltà de’ lineamenti del volto. In un intonaco
di
Pompei, oltre lo sfendone, lo scettro ed il pavon
cettro ed il pavone, vi è pure un piccolo simulacro della Vittoria su
di
una colonna ; e Cicerone rimproverava a Verre di
ro della Vittoria su di una colonna ; e Cicerone rimproverava a Verre
di
aver tolto alcune Vittorie di oro ch’erano nel te
lonna ; e Cicerone rimproverava a Verre di aver tolto alcune Vittorie
di
oro ch’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si no
rava a Verre di aver tolto alcune Vittorie di oro ch’erano nel tempio
di
Giunone a Malta. Si noti che lo sfendone non era
’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendone non era
di
metallo, ma tessuto o lavorato a rete. « Giunone,
Giunone, dice il ch. Winckelmann(3), oltre il diadema rialzato a modo
di
collina, è riconoscibile agli occhi grandi ed all
ticolarmente proprii a questa Dea, che ad un semplice profilo rimasto
di
una testa muliebre in un guasto cammeo del Museo
unone. » Massimo Tirio(1) dice che Policleto fece in Argo una statua
di
Giunone, colle braccia bianche o di avorio ; dal
Policleto fece in Argo una statua di Giunone, colle braccia bianche o
di
avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario r
ne, colle braccia bianche o di avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste
di
vario ricamo ; di regal sembiante ed assisa su tr
bianche o di avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario ricamo ;
di
regal sembiante ed assisa su trono di oro. Nella
; dalla veste di vario ricamo ; di regal sembiante ed assisa su trono
di
oro. Nella Galleria Giustiniani, a Giunone si dà
iebre detto credemno, o teristrio (θεριστριον, ο ιματιον). La Giunone
di
Samo avea sul capo la corona, per cui chiamavasi
capo la corona, per cui chiamavasi Giunone la Regina, ed era coperta
di
un gran velo nel rimanente del corpo. In una mone
erta di un gran velo nel rimanente del corpo. In una moneta de’ tempi
di
Gordiano vedesi Giunone Samia in piedi col velo e
re la sua statua che nel Campidoglio si venerava, come da’ medaglioni
di
Adriano apparisce, ne’ quali si rappresentano le
ità Capitoline. Giunone Lucina in un’antica moneta dipingesi in forma
di
matrona che sta ritta in piedi, avendo una tazza
elle donne, per ciò ne’ vasi etruschi si vede spesso dipinta in forma
di
leggiadra ed alata giovinetta. X. Principali e
a in forma di leggiadra ed alata giovinetta. X. Principali epiteti
di
Giunone. Iuno Argiva, detta dalla città di A
X. Principali epiteti di Giunone. Iuno Argiva, detta dalla città
di
Argo a lei cara, ove in suo onore celebravansi al
ra, ove in suo onore celebravansi alcune feste (ηραια) col sacrificio
di
un’ecatombe. Nella statua di Giunone Argiva(2) la
ansi alcune feste (ηραια) col sacrificio di un’ecatombe. Nella statua
di
Giunone Argiva(2) la Dea si rappresenta assisa su
a statua di Giunone Argiva(2) la Dea si rappresenta assisa sul trono,
di
straordinaria grandezza e tutta di oro e di avori
a si rappresenta assisa sul trono, di straordinaria grandezza e tutta
di
oro e di avorio colla corona sul capo, tenendo ne
resenta assisa sul trono, di straordinaria grandezza e tutta di oro e
di
avorio colla corona sul capo, tenendo nella sinis
ettro. Vi erano le Grazie e le Ore bellamente scolpite ; ed era opera
di
Policleto. Iuno aspera, atrox, iniqua, saeva, to
, e quindi crudele ed ingiusto. Βοωπις, occhigrande, che ha gli occhi
di
bue. Appresso i Greci gli occhi grandi reputavans
gli occhi grandi reputavansi i più belli ; quindi(1) avere gli occhi
di
Giunone vuol dire averli grandi e belli. Viene da
Iuno Gabina ; detta così perchè era in grande onore presso il popolo
di
Gabio, antica città nella campagna di Roma(2). I
n grande onore presso il popolo di Gabio, antica città nella campagna
di
Roma(2). Iuno Gamelia, Γαμηλια (a γαμος, nuptiae
to(3). Iuno Kalendaris ; perchè a lei era consacrato il primo giorno
di
ciascun mese. Iuno Lacinia. da un promontorio de
da’ sacri boschi a lei dedicati ; o meglio a luce, perchè coll’aiuto
di
lei i bambini uscivano alla luce del giorno ; e p
degli uomini. Le donne nel giorno della loro nascita sacrificavano in
di
lei onore, come gli uomini, al loro genio(5). Ma
litia o Lucina. Iuno Moneta, detta a monendo, perchè ammonì i Romani
di
sacrificare una troia gravida per divertire i mal
gli Aurunci. Allora le fu dedicato un tempio. Iuno Samia, dall’isola
di
Samo, celebre per la nascita, per le nozze e pel
dall’isola di Samo, celebre per la nascita, per le nozze e pel tempio
di
Giunone. Iuno Saturnia, o solo Saturnia, perchè
tempio di Giunone. Iuno Saturnia, o solo Saturnia, perchè figliuola
di
Saturno. Iuno Unxia, dall’antico costume de’ Rom
orta, quando entrava nella casa dello sposo. XI. Alcune altre cose
di
Giunone. Il pittore Zeusi, ad istanza de’ Cro
usi, ad istanza de’ Crotoniati, abbelli con insigni pitture il tempio
di
Giunone Lacinia da loro tenuto in somma venerazio
pio di Giunone Lacinia da loro tenuto in somma venerazione. E per uso
di
esso dipinse un’Elena, che rappresentar dovea il
della bellezza ; percui copiò da più sembianti quel che ciascuno avea
di
più leggiadro e perfetto. Terminata l’opera, e co
aspettò che gli uomini ne giudicassero, ma tosto vi appose quel verso
di
Omero : Volto ha simile alle immortali Dee. Nic
one avea al suo servigio quattordici bellissime Ninfe(1) ; ma più che
di
ogni altra, ella servivasi dell’opera d’Iride, su
da’ pavoni ch’erano sacri alla nostra Dea, per essere uccello superbo
di
se stesso ed ambizioso. Secondo Buffon il pavone
l’allocco, a Giunone. Questo difatti è l’aquila della notte, e il re
di
quella tribù di uccelli che temono la luce del gi
unone. Questo difatti è l’aquila della notte, e il re di quella tribù
di
uccelli che temono la luce del giorno e volano so
anti contro gli Dei, Giunone erasi nascosta in Egitto sotto la figura
di
una vacca. Giunonie si chiamavano alcune feste Ro
ura di una vacca. Giunonie si chiamavano alcune feste Romane in onore
di
questa Dea. Si vuole che Giano avesse introdotto
i questa Dea. Si vuole che Giano avesse introdotto in Italia il culto
di
lei, il quale era molto diffuso presso gli antich
rime statue degli Dei consistevano in pietre informi. Le sacerdotesse
di
lei le tessevano delle corone, e coprivano i suoi
erdotesse di lei le tessevano delle corone, e coprivano i suoi altari
di
un’erba che nasceva nel fiume Asterione, sulle cu
e se le prestava in Olimpia, ove ogni anno si facevano de’ giuochi in
di
lei onore, a’ quali soprintendevano sedici donne,
chi in di lei onore, a’ quali soprintendevano sedici donne, e schiere
di
donzelle si disputavano il premio della corsa nel
io della corsa nello stadio degli olimpici giuochi, ch’era una corona
di
ulivo. Quelle donne ricamavano un velo o stoffa d
i e Bitone, i quali, vedendo che la madre Cidippe andava al tempio su
di
un carro tirato da buoi, percui non vi potea giun
ella stessa guisa dopo il sacrificio, ella pregò la Dea che in premio
di
ciò concedesse a’ figliuoli il maggior bene che p
or bene che può toccare all’uomo. Si addormentarono essi placidamente
di
un sonno, da cui mai più non si svegliarono ; con
ero degli uomini(2) ; o perchè colle sue armi inspira timore e sembra
di
minacciare (quia minatur. Cic.). Cornificio pure
rmi (minitans armis). Altri finalmente dalla memoria derivano il nome
di
Minerva, quasi Meminerva ; ed ognun sa che gli an
nun sa che gli antichi aveano Minerva per la memoria, o per figliuola
di
quella. Questa Dea poi chiamavasi Pallade (Pallas
empre chiamata Pallade Minerva (Παλλας Αθηνη). II. Storia favolosa
di
Minerva. Cicerone(1) conta sino a cinque Mine
inariamente si confondono dagli antichi poeti. Riguardo al nascimento
di
lei, alcuni la vogliono nata da Giove e da Metide
gliono nata da Giove e da Metide ; e presso Eusebio si dice figliuola
di
Giove e di Temi. Stesicoro fu il primo che finse,
da Giove e da Metide ; e presso Eusebio si dice figliuola di Giove e
di
Temi. Stesicoro fu il primo che finse, Minerva es
emi. Stesicoro fu il primo che finse, Minerva esser nata dal cervello
di
Giove ; e Luciano in un suo dialogo lepidamente i
ine armata da capo a piedi, che scuoteva lo scudo ed agitava l’asta ;
di
età matura e bellissima, benchè di occhi azzurri.
oteva lo scudo ed agitava l’asta ; di età matura e bellissima, benchè
di
occhi azzurri. Anche Esiodo racconta che Giove, q
degli eserciti, che chiamavasi Tritone o Tritogenia. Quindi negl’inni
di
Orfeo appellasi figliuola unigenita (μονογενης) d
lasi figliuola unigenita (μονογενης) del Dio sovrano, uscita del capo
di
lui. Pindaro(2) volendo lodare l’isola di Rodi, c
io sovrano, uscita del capo di lui. Pindaro(2) volendo lodare l’isola
di
Rodi, cara a Minerva per le belle arti che vi fio
inerva per le belle arti che vi fiorivano e per la doviziosa felicità
di
cui godeva, finge nobilmente che quando dal cerve
iosa felicità di cui godeva, finge nobilmente che quando dal cervello
di
Giove, per un colpo di mannaia datogli da Vulcano
deva, finge nobilmente che quando dal cervello di Giove, per un colpo
di
mannaia datogli da Vulcano, uscir dovea Minerva,
e’ sacrificii. Di ciò il Sole fece intesi i suoi figliuoli, cioè que’
di
Rodi, affinchè fossero stati i primi a far sacrif
sacrificii alla nata Dea. Ma quelli saliti sulla rocca dimenticarono
di
portar seco il sacro fuoco, e però furono dagli A
i si resero famosi nella scoltura, vedendosi nelle loro strade statue
di
uomini e di animali, che sembravano aver moto e v
famosi nella scoltura, vedendosi nelle loro strade statue di uomini e
di
animali, che sembravano aver moto e vita. Pallade
he sembravano aver moto e vita. Pallade(1) uscita appena del cervello
di
Giove, si mostrò nella Libia, che credevasi la pi
a del mondo e più vicina al cielo, come argomentavano dal gran calore
di
quella regione ; e quivi nelle acque della palude
gione ; e quivi nelle acque della palude Tritonia si specchiò, e paga
di
se volle chiamarsi Tritonia : e però nelle vicina
cchiò, e paga di se volle chiamarsi Tritonia : e però nelle vicinanze
di
quella palude, nel giorno natale della Dea, molte
e della Dea, molte vergini donzelle il celebravano con diverse specie
di
giuochi. Ma Omero dice che in Alalcomenio, città
on diverse specie di giuochi. Ma Omero dice che in Alalcomenio, città
di
Beozia, nacque Minerva ; e che un Beozio chiamato
to Alalcomeno allevò quella Dea e le consacrò un tempio ed una statua
di
avorio, la quale fu da Silla recata a Roma. Euseb
one, nell’Africa, o del fiume Tritone, in Beozia, famosa per le opere
di
lana ; e perchè le arti son frutto della mente, s
e arti son frutto della mente, si finse ch’ella era nata dal cervello
di
Giove. L’opinione più comune è che Minerva sia st
cervello di Giove. L’opinione più comune è che Minerva sia stata fig.
di
Cecrope, primo re di Atene, e che si crede il Gio
opinione più comune è che Minerva sia stata fig. di Cecrope, primo re
di
Atene, e che si crede il Giove degli Ateniesi ; e
alle belle lettere ed alle armi soprantende, e ch’era uscita del capo
di
suo padre. Ma più veramente volevano dirci i poet
o già un ritrovato dell’ingegno umano, ma piuttosto un parto del capo
di
Giove, cioè dell’inesausta fonte della mente e sa
inerva è pur qualche volta celebrata per l’avvenenza della forma ; ma
di
rado i poeti ne lodano la chioma di bellezza. In
per l’avvenenza della forma ; ma di rado i poeti ne lodano la chioma
di
bellezza. In Tibulto vi è chi giura pe’crini di M
i ne lodano la chioma di bellezza. In Tibulto vi è chi giura pe’crini
di
Minerva, come in Properzio si giura per gli occhi
i giura pe’crini di Minerva, come in Properzio si giura per gli occhi
di
questa Dea(2). La sua chioma poi era bionda al di
a per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bionda al dir
di
Stazio(3). III. Potenza e maestà di Minerva. A
a chioma poi era bionda al dir di Stazio(3). III. Potenza e maestà
di
Minerva. Aiace di Oileo. Fra tutt’ i Numi, Mi
ionda al dir di Stazio(3). III. Potenza e maestà di Minerva. Aiace
di
Oileo. Fra tutt’ i Numi, Minerva più si avvic
utt’ i Numi, Minerva più si avvicinava a Giove, il quale de’ consigli
di
lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio di G
il quale de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio
di
Giove Olimpico era una statua che lo rappresentav
Per ciò Minerva(3) adoravasi a Roma nel tempio Capitolino alla destra
di
Giove, che avea Giunone alla sua sinistra. Essa,
ua sinistra. Essa, dice il citato Aristide, sopra gli altri figliuoli
di
Giove, sola ha conseguito tutte le prerogative e
’ Tebani presso Sofocle prima s’invoca Minerva, l’immortale figliuola
di
Giove, e poscia Diana ed Apollo(4). Minerva, seco
la di Giove, e poscia Diana ed Apollo(4). Minerva, secondo il pensare
di
Omero, era l’intelletto stesso e la provvidenza d
secondo il pensare di Omero, era l’intelletto stesso e la provvidenza
di
Giove(5) ; ed Esiodo dice che quella Dea ha una p
Padre de’ Numi(6). Quindi si disse(7) che Minerva era la forza stessa
di
Giove ; che tutto era comune a lei con quel Nume
a la forza stessa di Giove ; che tutto era comune a lei con quel Nume
di
modo che quanto essa disponeva, tutto era dal suo
lemaco, al quale la Dea della sapienza, sotto le sembianze ed il nome
di
Mentore, si fece, nella varia sua fortuna, fedeli
ta. In segno della sua potenza davasi a Minerva anche il fulmine, ma
di
minor forza che quello di Giove ; e però quando v
tenza davasi a Minerva anche il fulmine, ma di minor forza che quello
di
Giove ; e però quando volle vendicarsi di Aiace,
a di minor forza che quello di Giove ; e però quando volle vendicarsi
di
Aiace, il dimandò a quel Nume e lo scagliò, chè i
tutte le calamità sofferte nel ritorno alle lor patrie dopo l’eccidio
di
Troia, da Omero(1) a Minerva principalmente si at
) a Minerva principalmente si attribuiscono, come Virgilio(2), quello
di
Aiace, fig. di Oileo, re de’ Locresi, il quale co
ncipalmente si attribuiscono, come Virgilio(2), quello di Aiace, fig.
di
Oileo, re de’ Locresi, il quale con venti navi an
, il quale con venti navi andò cogli altri principi Greci alla guerra
di
Troia. Per aver egli profanato il tempio di Miner
rincipi Greci alla guerra di Troia. Per aver egli profanato il tempio
di
Minerva, dopo la rovina di quella città, sdegnata
i Troia. Per aver egli profanato il tempio di Minerva, dopo la rovina
di
quella città, sdegnata la Dea gli eccitò contro g
ovina di quella città, sdegnata la Dea gli eccitò contro gran fortuna
di
mare, e le sue navi ruppero presso il promontorio
farea, sul quale essendosi egli rifuggito, Minerva scagliò il fulmine
di
Giove e fece morire il sacrilego Aiace divorato d
sbattuto, e morì inghiottito dalle onde ; percui chiamossi lo scoglio
di
Aiace. Altro argomento della potenza di questa De
; percui chiamossi lo scoglio di Aiace. Altro argomento della potenza
di
questa Dea è il sapere che quando Prometeo di fan
argomento della potenza di questa Dea è il sapere che quando Prometeo
di
fango formò il corpo dell’uomo, Minerva, cioè la
nelle quali più chiaro si scorge vigore d’intelletto ed un non so che
di
divino, eran soliti gli antichi di attribuirle a
gore d’intelletto ed un non so che di divino, eran soliti gli antichi
di
attribuirle a Minerva. E pare che per ciò abbian
fare un’opera crassa Minerva, cioè grossolanamente(6) ; e quell’altra
di
Petronio, omnis Minervae homo, per dire un uomo i
enze e delle arti. Atene. Essendo che Minerva nacque dal cervello
di
Giove ; e l’ingegno o la sapienza dell’uomo, con
rte ; e che le lettere ed i letterati erano sotto la guardia e tutela
di
lei. Da ciò pure avvenne che questa Dea fu qual s
ra fra Nettuno e Minerva pel nome che dar si dovea alla novella città
di
Atene, percui cantò l’Alighieri : ……. se tu se’
a lite, E onde ogni scienzia disfavilla. Secondo Apollodoro, a tempo
di
Cecrope, usavan gli Dei scegliere le città, nelle
iantato a terra il suo tridente, fece ov’era Atene, uscire un braccio
di
mare. Venne poscia Minerva, ed alla presenza di C
ne, uscire un braccio di mare. Venne poscia Minerva, ed alla presenza
di
Cecrope piantò un verdeggiante e bellissimo ulivo
an lite, sedendo Giove in mezzo a’ primarii Numi, sulla testimonianza
di
Cecrope, sentenziò per Minerva, la quale chiamò l
acconta che, regnando Cecrope, nacque da se un ulivo nella cittadella
di
Atene, e presso a quello, una copiosa vena di acq
ulivo nella cittadella di Atene, e presso a quello, una copiosa vena
di
acqua. Si consultò l’oracolo, ed Apollo rispose,
per Nettuno, e per Minerva, le donne. La quale vinse per un suffragio
di
più ; e però Nettuno adirato coprì di acqua il pa
La quale vinse per un suffragio di più ; e però Nettuno adirato coprì
di
acqua il paese dell’Attica. Virgilio dice(1) che
nascere da Minerva, quando ella venne a contesa con Nettuno. Il capo
di
Minerva era il tipo delle medaglie di Atene, la q
a contesa con Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle medaglie
di
Atene, la quale tenevasi dagli antichi per la sed
nell’Attica, ed avendo ritrovato gli uomini del paese dediti al culto
di
Nettuno, cioè inchinati alla navigazione ed al co
ggiare, si studiò a suo potere d’introdurre fra quella gente il culto
di
Minerva, o sia l’amore delle arti e dell’agricolt
amore delle arti e dell’agricoltura. Da ciò venne grande ribellamento
di
quel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò di acche
venne grande ribellamento di quel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò
di
acchetare col trarre dalla sua parte principalmen
parte principalmente le donne. E ciò vuol dire la vittoria dell’ulivo
di
Minerva. V. Continuazione. Aracne. Tiresia. In
’Lidii. Or questa fu una giovinetta d’ignobili natali, fig. d’Idmone,
di
Colofone, il quale tingeva la lana di porpora. Il
ignobili natali, fig. d’Idmone, di Colofone, il quale tingeva la lana
di
porpora. Il soggiorno di quella valorosa era Ipep
dmone, di Colofone, il quale tingeva la lana di porpora. Il soggiorno
di
quella valorosa era Ipepa, oscura terra della Lid
, o avvolgerla al fuso, o far bellissimi ricami. Ma una gran maestria
di
rado è disgiunta da cieco orgoglio. Aracne non du
ran maestria di rado è disgiunta da cieco orgoglio. Aracne non dubitò
di
provocare Minerva, con soggettarsi, se vinta foss
nto, ed imprendono a tessere ciascuna un nobilissimo drappo istoriato
di
varii favolosi racconti. L’infelice Aracne tutta
toriato di varii favolosi racconti. L’infelice Aracne tutta si studiò
di
vincere la sua divina rivale, e fece un broccato
a divina rivale, e fece un broccato da reggere al paragone con quello
di
Minerva. Ma la Dea gelosa motteggiò l’opera di Ar
al paragone con quello di Minerva. Ma la Dea gelosa motteggiò l’opera
di
Aracne, e dispettosamente colla spola le percosse
e trasformolla in ragno. Il quale animaletto tesse una tela finissima
di
sì bello e maraviglioso artifizio che ha dato occ
ma di sì bello e maraviglioso artifizio che ha dato occasione a’poeti
di
foggiare quell’Aracne industriosa, che da Minerva
ustriosa, che da Minerva fu trasformata in ragno e che pur non lascia
di
esercitare l’arte sua prediletta, tessendo tuttav
ia di esercitare l’arte sua prediletta, tessendo tuttavia quella tela
di
sì mirabil lavoro. Ed in greco aracne vuol dire i
tela. (Suida). E incerto a qual Nume debba attribuirsi l’acerbo fato
di
Tiresia, Tebano e figliuol di Evero o di Peneto,
al Nume debba attribuirsi l’acerbo fato di Tiresia, Tebano e figliuol
di
Evero o di Peneto, e della ninfa Caricle. Al qual
ba attribuirsi l’acerbo fato di Tiresia, Tebano e figliuol di Evero o
di
Peneto, e della ninfa Caricle. Al quale ancor gio
, mentre coi veltri andava per que’ sacri boschi discorrendo, avvenne
di
veder Pallade al fonte d’Ippocrene(1). E come niu
divenne insigne indovino per quelle contrade. Ebbe ancora lunga vita
di
sette o di otto secoli ; e al dir d’Omero(2) gli
signe indovino per quelle contrade. Ebbe ancora lunga vita di sette o
di
otto secoli ; e al dir d’Omero(2) gli fu pur conc
avesse senno ed accorgimento, e che tutti gli altri vagassero a modo
di
ombre. Alla Dea delle arti attribuivasi ancora l’
enzione del flauto (tibia), alla quale(3) diedero occasione i lamenti
di
Steno e di Euriale, ed i sibili de’ serpenti con
flauto (tibia), alla quale(3) diedero occasione i lamenti di Steno e
di
Euriale, ed i sibili de’ serpenti con quelli misc
isto pianto. Igino però racconta che Minerva la prima fece il flauto
di
un osso di cervo ritrovato a caso. Lo suonò alla
. Igino però racconta che Minerva la prima fece il flauto di un osso
di
cervo ritrovato a caso. Lo suonò alla tavola degl
lla gara con Apollo pagò il fio del suo ardimento, come nell’articolo
di
quel Nume diremo. I suonatori di flauto (tibicine
el suo ardimento, come nell’articolo di quel Nume diremo. I suonatori
di
flauto (tibicines) veneravano la Dea nel dì festi
prima nave che portò Giasone alla conquista del vello d’oro, fu opera
di
lei, o di Giasone medesimo, ma sotto la direzione
che portò Giasone alla conquista del vello d’oro, fu opera di lei, o
di
Giasone medesimo, ma sotto la direzione della Dea
ntinente eran passate ad abitare rimote isole(1) ; e che Minos II, re
di
Creta, che visse 120 anni prima degli Argonauti,
o che riuscì sì fatale a Troia, fu eziandio per opera e per consiglio
di
Minerva fabbricato(1). Epeo, fig. di Panopeo, fu
iandio per opera e per consiglio di Minerva fabbricato(1). Epeo, fig.
di
Panopeo, fu il fabbro della gran machina, sulla q
i Greci già vicini a partire questo dono consacrano. Ma lo Scoliaste
di
Omero afferma che il cavallo Troiano fu un trovat
Ma lo Scoliaste di Omero afferma che il cavallo Troiano fu un trovato
di
Ulisse, il quale in ogni sua azione era dalla Pru
denza, cioè da Minerva, diretto ; e che però ebbe dal poeta l’epiteto
di
sterminatore di città. Si osservi che un artefice
inerva, diretto ; e che però ebbe dal poeta l’epiteto di sterminatore
di
città. Si osservi che un artefice, il quale lavor
di sterminatore di città. Si osservi che un artefice, il quale lavora
di
legno, da Esiodo si chiama servo di Minerva. Molt
che un artefice, il quale lavora di legno, da Esiodo si chiama servo
di
Minerva. Molte altre erano le arti e le invenzion
percui in Atene a lei si sacrificava la pecora. Ed in Omero per opera
di
Minerva s’intende il lanificio ed il tessere. Ave
’ panni (fullones), i calzolai, i pittori, gli scultori, ed i maestri
di
scuola. I discepoli nel mese di Marzo pagavano lo
i pittori, gli scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel mese
di
Marzo pagavano lo stipendio a’ maestri, il quale
, il quale da Minerva chiamavasi minerval, e davasi prima delle feste
di
Minerva dette Quinquatria, nelle quali gli scolar
aestri novelli offerivano le primizie de’ loro studii ad una immagine
di
Minerva che ponevano ne’ ginnasii. Anche la medic
altra apparteneva a questa Dea. Esiodo fa uscir Pallade dal cervello
di
Giove, e la chiama Tritonia dagli occhi azzurri,
era la protettrice e la custode delle città. L’acropoli, o cittadella
di
Atene fu opera delle sue mani ; ed in Eretria era
; ed in Eretria era un tempio consacrato a Minerva Poliade o custode
di
città. Al dir di Pausania, i Trezenii le diedero
era un tempio consacrato a Minerva Poliade o custode di città. Al dir
di
Pausania, i Trezenii le diedero il nome di Poliad
o custode di città. Al dir di Pausania, i Trezenii le diedero il nome
di
Poliade, perchè erasi dichiarata protettrice dell
nome di Poliade, perchè erasi dichiarata protettrice della loro città
di
accordo con Nettuno. VII. Minerva la stessa ch
ttuno. VII. Minerva la stessa che l’Iside degli Egiziani. Areopago
di
Atene. Il Sig. di Santa Croce nel suo libro s
la stessa che l’Iside degli Egiziani. Areopago di Atene. Il Sig.
di
Santa Croce nel suo libro su i Misteri del Pagane
. di Santa Croce nel suo libro su i Misteri del Paganesimo, si studia
di
dimostrare che i Greci foggiarono la loro Minerva
dimostrare che i Greci foggiarono la loro Minerva sul tipo dell’Iside
di
Egitto. Di fatto Platone ed Erodoto(1) affermano
d Erodoto(1) affermano che Minerva era l’Iside venerata a Sais, città
di
Egitto, sotto il nome di Neith. La civilizzazione
e Minerva era l’Iside venerata a Sais, città di Egitto, sotto il nome
di
Neith. La civilizzazione, come dicono, del genere
roteggeva le arti ; nel che si vede Minerva, inventrice e protettrice
di
esse. In Ermopoli Iside si credeva la prima delle
a una nave ; ed i Greci dissero che Minerva avea insegnata la maniera
di
costruire le navi. Minerva presedeva alla guerra
che nella scrittura geroglifica significa un soldato, era il simbolo
di
quella Dea. La città di Sais dicevasi fondata da
oglifica significa un soldato, era il simbolo di quella Dea. La città
di
Sais dicevasi fondata da Iside ; ed Atene fece lo
La città di Sais dicevasi fondata da Iside ; ed Atene fece lo stesso
di
Minerva, sicchè chiamavasi città di Pallade, e l’
a Iside ; ed Atene fece lo stesso di Minerva, sicchè chiamavasi città
di
Pallade, e l’Attica, terra di Minerva(1). Celebre
sso di Minerva, sicchè chiamavasi città di Pallade, e l’Attica, terra
di
Minerva(1). Celebre nella greca istoria è il trib
ς, Mars, et παγος, collis), così detto, perchè assembravasi sul colle
di
Marte, ch’era non lungi da Atene. Non è qui luogo
ravasi sul colle di Marte, ch’era non lungi da Atene. Non è qui luogo
di
favellare della incorruttibile severità di quel t
da Atene. Non è qui luogo di favellare della incorruttibile severità
di
quel tribunale che presso gli antichi ebbe tanta
everità di quel tribunale che presso gli antichi ebbe tanta rinomanza
di
saviezza e di giustizia. Socrate(2) affermava di
l tribunale che presso gli antichi ebbe tanta rinomanza di saviezza e
di
giustizia. Socrate(2) affermava di non conoscere
ebbe tanta rinomanza di saviezza e di giustizia. Socrate(2) affermava
di
non conoscere uomini che giudicassero con maggior
liberarsi da’ mostri che notte e giorno il tormentavano, va al tempio
di
Apollo a Delfo ed implora il soccorso di quel Num
l tormentavano, va al tempio di Apollo a Delfo ed implora il soccorso
di
quel Nume. Apollo lo purifica, e dopo le solite a
ifica, e dopo le solite abluzioni e gli offerti sacrificii, gl’impone
di
andare in Atene e mettersi sotto la protezione di
crificii, gl’impone di andare in Atene e mettersi sotto la protezione
di
Minerva, pregandola ch’ella stessa lo assolvesse.
este ubbidisce e giunge al tempio della Dea, portando in mano un ramo
di
ulivo. Prostrato all’altare di lei, la prega a li
io della Dea, portando in mano un ramo di ulivo. Prostrato all’altare
di
lei, la prega a liberarlo dalle Furie, che ad ont
berarlo dalle Furie, che ad onta delle espiazioni, non avean lasciato
di
tormentarlo. Minerva se gli mostra propizia ; ma
i più sapienti e probi fra gli Ateniesi, e loro affiderò la decisione
di
questa causa. Essi legati dalla religione del giu
» Minerva adunque stabilì l’Areopago come il tribunale de’ figliuoli
di
Egeo, e come il baluardo della Grecia e la salvez
de’ figliuoli di Egeo, e come il baluardo della Grecia e la salvezza
di
Atene. Apollo stesso difende la causa di Oreste ;
o della Grecia e la salvezza di Atene. Apollo stesso difende la causa
di
Oreste ; si raccolgono i voti, i quali ritrovati
in favore del reo, ed egli fu assoluto. Chiamossi questo il suffragio
di
Minerva (Ψηφος της Αθηνας. Lucian.), e passò in l
gio di Minerva (Ψηφος της Αθηνας. Lucian.), e passò in legge a favore
di
tutti i colpevoli. Gli Areopagiti davano il loro
alcune pietruzze bianche e nere, le quali mettevansi in due urne, una
di
rame, chiamata di assoluzione ; l’altra di legno,
ianche e nere, le quali mettevansi in due urne, una di rame, chiamata
di
assoluzione ; l’altra di legno, chiamata di morte
ettevansi in due urne, una di rame, chiamata di assoluzione ; l’altra
di
legno, chiamata di morte. Alcuni storici dicono q
ne, una di rame, chiamata di assoluzione ; l’altra di legno, chiamata
di
morte. Alcuni storici dicono questo tribunale ist
natenee. Erittonio. L’asta, lo scudo e l’elmo erano tanto proprii
di
Pallade, che per questi soli, nel tempio di Giuno
’elmo erano tanto proprii di Pallade, che per questi soli, nel tempio
di
Giunone in Elea, il suo simulacro distinguevasi d
he un bel peplo. Callimaco(2) descrive Pallade e la sua ninfa vestite
di
peplo ; e Teocrito loda Cerere dal peplo. Omero i
nerva, or Teti, ed ora Venere ornate del loro peplo ; e chiama quello
di
Venere, più fulgido del fuoco. Allorchè facevasi
Minerva l’offerta del peplo, questo o si gettava addosso al simulacro
di
lei a guisa di veste, o si deponeva umilmente app
ta del peplo, questo o si gettava addosso al simulacro di lei a guisa
di
veste, o si deponeva umilmente appiè della Dea(1)
Dea(1). Nelle grandi feste Panatenee celebratissima cosa era il peplo
di
Minerva. Per via di occulte machine portavasi per
feste Panatenee celebratissima cosa era il peplo di Minerva. Per via
di
occulte machine portavasi per le strade al tempio
machine portavasi per le strade al tempio della Dea una nave fornita
di
remi e che per vela avea un peplo. Se questo foss
più verisimile. In quell’arazzo erano istoriate le più belle imprese
di
Pallade, e principalmente la pugna di lei co’ Tit
istoriate le più belle imprese di Pallade, e principalmente la pugna
di
lei co’ Titani e co’ Giganti(2). Queste feste Pan
nori, ogni anno. Si vogliono istituite da Teseo, o da Erittonio, fig.
di
Vulcano, il quale per avere i piedi di serpente,
da Teseo, o da Erittonio, fig. di Vulcano, il quale per avere i piedi
di
serpente, era stato da Minerva segretamente in un
nte in un suo tempio allevato. Giunto ad età adulta e fattosi padrone
di
Atene, fabbricò sulla rocca di quella città un te
Giunto ad età adulta e fattosi padrone di Atene, fabbricò sulla rocca
di
quella città un tempio a Minerva ed istituì le fe
mpio a Minerva ed istituì le feste Panatenee. Questo re inventò l’uso
di
andare in cocchio per nascondere la deformità de’
etta Enioco. Nelle Panatenee maggiori si cantavano da’Rapsodi i versi
di
Omero per una legge d’Ipparco, fig. di Pisistrato
i cantavano da’Rapsodi i versi di Omero per una legge d’Ipparco, fig.
di
Pisistrato(3) ; ed alcuni vecchi e vecchie portav
fig. di Pisistrato(3) ; ed alcuni vecchi e vecchie portavan de’ rami
di
ulivo. In dette feste, fra gli altri giuochi, cel
te dell’Attica in una città ; e perciò vi erano ammessi tutt’i popoli
di
quella regione. I Romani in onore di Minerva cele
ò vi erano ammessi tutt’i popoli di quella regione. I Romani in onore
di
Minerva celebravano in marzo ed in giugno le fest
cesso delle loro opere ; e non pochi chiedevano l’eloquenza e la fama
di
Demostene e di Cicerone(2). Chiamavansi pure Quin
o opere ; e non pochi chiedevano l’eloquenza e la fama di Demostene e
di
Cicerone(2). Chiamavansi pure Quinquatria le fest
uinquatria le feste o giuochi annuali istituiti da Domiziano in onore
di
Minerva, che si celebravano sul monte Albano, e n
e Albano, e ne’quali gareggiavano poeti ed oratori. IX. Iconologia
di
Minerva. Massimo Tirio(3) dice che Fidia rapp
rio(3) dice che Fidia rappresentò Minerva in nulla inferiore a quella
di
Omero, cioè in sembianza di una vergine avvenente
sentò Minerva in nulla inferiore a quella di Omero, cioè in sembianza
di
una vergine avvenente, cogli occhi azzurri, di al
ero, cioè in sembianza di una vergine avvenente, cogli occhi azzurri,
di
alta statura, coll’egida al petto, e con elmo, as
con elmo, asta e scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo
di
oro ed ornato di crini di cavallo, e colle chiome
scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato
di
crini di cavallo, e colle chiome bionde e sparse
n una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato di crini
di
cavallo, e colle chiome bionde e sparse a guisa d
o rettile è simbolo della prudenza. In una sardonica della collezione
di
Stosch, Minerva Salutare o Medica è preceduta da
ente, ed ba un parazonio, o scimitarra pendente al fianco. Nel tempio
di
Minerva Elidia, il casco di questa Dea era sormon
scimitarra pendente al fianco. Nel tempio di Minerva Elidia, il casco
di
questa Dea era sormontato da un gallo, animale, c
a un gallo, animale, cui piacciono le battaglie. Quello della Minerva
di
Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo
cui piacciono le battaglie. Quello della Minerva di Atene era montato
di
una sfinge ; ed in un cammeo si vede una Minerva
Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede una Minerva
di
bel lavoro, sull’elmo della quale son quattro sim
imbolo della fama e della sapienza ; ed un cocchio a quattro cavalli,
di
cui Minerva dicesi inventrice. Pausania parla di
o a quattro cavalli, di cui Minerva dicesi inventrice. Pausania parla
di
una statua della Dea che avea un gallo sul cimier
na statua della Dea che avea un gallo sul cimiero ; ed il Montfaucon,
di
un’altra ch’è nel Museo del Monastero Sangermanes
allo sul cimiero, ed una borsa nella sinistra. Callimaco le dà l’elmo
di
oro ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche di oro
Callimaco le dà l’elmo di oro ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche
di
oro. In un antico dipinto di Pompei, Minerva ha l
o ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche di oro. In un antico dipinto
di
Pompei, Minerva ha l’elmo crestato. Nella pugna d
un antico dipinto di Pompei, Minerva ha l’elmo crestato. Nella pugna
di
Giove contro i Giganti, questa Dea fece grandi pr
giganti. In un monumento riferito da Gorleo vedesi la Dea vincitrice
di
un gigante, che ha steso a terra colla sua asta ;
de’ giganti sparte. Plinio(1) fra gli argomenti della gran maestria
di
Fidia annovera la statua di Minerva, in Atene, al
(1) fra gli argomenti della gran maestria di Fidia annovera la statua
di
Minerva, in Atene, alta 26 cubili, tutta di avori
Fidia annovera la statua di Minerva, in Atene, alta 26 cubili, tutta
di
avorio e di oro. Nello scudo vi avea scolpito la
era la statua di Minerva, in Atene, alta 26 cubili, tutta di avorio e
di
oro. Nello scudo vi avea scolpito la battaglia de
u le scarpe, quella de’ Lapiti e de’ Centauri ; alla base, la nascita
di
Pandora, con venti immagini di Numi, e segnatamen
e de’ Centauri ; alla base, la nascita di Pandora, con venti immagini
di
Numi, e segnatamente della Vittoria, di quattro c
i Pandora, con venti immagini di Numi, e segnatamente della Vittoria,
di
quattro cubiti, e di avorio, e con un serpente ch
immagini di Numi, e segnatamente della Vittoria, di quattro cubiti, e
di
avorio, e con un serpente ch’era forse Erittonio,
e di avorio, e con un serpente ch’era forse Erittonio, ed una sfinge
di
bronzo. Spesso si dà a questa Dea il trono a guis
, ed una sfinge di bronzo. Spesso si dà a questa Dea il trono a guisa
di
regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio
sa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio ed una statua
di
Minerva Poliade assisa su di un trono colla conoc
i Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva Poliade assisa su
di
un trono colla conocchia in una mano ed un globo
Se si rappresentava vicino a Giove, stava ritta in piedi. La Minerva
di
Troia, o il Palladio(3), teneva nella destra la l
uno scudo, secondo Virgilio(4). Una patera rappresenta Minerva armata
di
scudo e di lancia, mentre esce del capo di Giove.
secondo Virgilio(4). Una patera rappresenta Minerva armata di scudo e
di
lancia, mentre esce del capo di Giove. Alcuni dic
rappresenta Minerva armata di scudo e di lancia, mentre esce del capo
di
Giove. Alcuni dicono che quando uscì dal cervello
no la lancia, e nell’altra, uno scudo risplendente ; e ch’era vestita
di
una veste, sulla quale brillavano i colori dell’i
avano i colori dell’iride(1). L’egida(2) alle volte era come le pelli
di
cui van coperti alcuni pastori, veggendosi che Pa
erto non solo il petto, ma la schiena ancora ; ed alle volte, a guisa
di
mantello. Dice il Winckelmann « che quasi tutte l
a guisa di mantello. Dice il Winckelmann « che quasi tutte le figure
di
Minerva hanno la chioma di dietro raccolta e lega
il Winckelmann « che quasi tutte le figure di Minerva hanno la chioma
di
dietro raccolta e legata con una stringa, la qual
questa chioma si spande e si slarga verso il fine…. Da questa foggia
di
le gare i capelli di dietro, propria delle figure
nde e si slarga verso il fine…. Da questa foggia di le gare i capelli
di
dietro, propria delle figure di Pallade, sembra q
Da questa foggia di le gare i capelli di dietro, propria delle figure
di
Pallade, sembra questa Dea essere stata cognomina
è Pallade in piedi con una tibia in ciascuna mano. Sopra una medaglia
di
Atene vedesi Minerva che disputa con Nettuno sul
Minerva Pacifera, con l’elmo e lo scudo ; tiene la lancia ed un ramo
di
ulivo. I Greci attribuivano a Minerva un aspetto
vedesi Pallade colla Vittoria in una mano, e che con un piede posa su
di
un globo, per indicare che la sapienza regola il
pienza regola il mondo. Gli Ateniesi veneravano Minerva sotto il nome
di
Pallade vincitrice. Alcuni dicono che Minerva por
a ; ma comunemente le si attribuisce l’asta. X. Principali epiteti
di
Minerva. Minerva Alalcomenia (Αθηνα αλαλκομεν
si da Omero o da Alalcomenia, città della Beozia, ov’era un simulacro
di
lei ; o da Alalcomena, nutrice di questa Dea ; o
à della Beozia, ov’era un simulacro di lei ; o da Alalcomena, nutrice
di
questa Dea ; o dal verbo greco αλαλκω, iuvo, perc
. Αματωρ ο αμητρος, senza madre, così detta, perchè nata dal cervello
di
Giove. Armipotente ed Armisona, armipotens ; gr.
re a Minerva Marziale, il quale chiamavasi Αρειας Αθηνας βωμος, l’ara
di
Minerva Marziale. Capta. Con questo nome avea in
, sul monte Celio. Fu così detta o quasi Capita, perchè nata dal capo
di
Giove ; o da captus, voce degli Auguri, che signi
ca o Calcidica (a χαλκος, aes, et οικος, domus) dicevasi o dal tempio
di
bronzo a Minerva edificato dagli esuli di Calcide
omus) dicevasi o dal tempio di bronzo a Minerva edificato dagli esuli
di
Calcide, nell’Eubea ; o perchè in uno de’suoi tem
ell’Eubea ; o perchè in uno de’suoi tempii era un altare o una statua
di
rame ; o perchè ella insegnò l’uso del rame. Cor
asia (a κορυφη, caput, e γενος, genus) detta o perchè uscita del capo
di
Giove ; o perchè figlia di Giove e di Corifa, sec
νος, genus) detta o perchè uscita del capo di Giove ; o perchè figlia
di
Giove e di Corifa, secondo Cicerone. Δεσποινα, re
detta o perchè uscita del capo di Giove ; o perchè figlia di Giove e
di
Corifa, secondo Cicerone. Δεσποινα, regina o sign
οινα, regina o signora. In generale a tutti gli Dei davasi l’aggiunto
di
signore ; ma gli Ateniesi con questo nome salutav
ristofane e da altri(1). Εργανη, laboriosa ; Ευρεσιτεχνος, inventrice
di
arti, dicevasi per le tante arti ed opere, cui pr
; soprannome assai frequente presso Omero. Il color glauco è il verde
di
mare, o il color celeste, ch’è misto tra il bianc
lle armi, come dicono gl’Italiani. Così potrebbe spiegarsi l’aggiunto
di
caesius dato da Catullo(2) ad un feroce leone del
dato da Catullo(2) ad un feroce leone della Libia. Innupta ; epiteto
di
Minerva adoperato da Virgilio, che vuol dire verg
erato da Virgilio, che vuol dire vergine. Itonia, Ιτωνια, soprannome
di
Minerva, la quale veneravasi in ispecial modo ad
ma Virgo secondo alcuni chiamasi Minerva da Catullo(3), perchè nacque
di
padre senza madre. Ma altri dicono che patrimus s
e. Poliade, ερισυπτολις, guardiana delle città ; πολιουχος, custode
di
città, da πολις, urbs, ed εχειν, habere. Tritoni
da τριτω, che appo i Cretesi significava capo, perchè nacque dal capo
di
Giove. XI. Alcune altre cose di Minerva.
icava capo, perchè nacque dal capo di Giove. XI. Alcune altre cose
di
Minerva. Minervium chiamavasi un tempio cons
a ; ed il luogo, ove si congregavano gli uomini studiosi per trattare
di
cose letterarie, da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sul
are di cose letterarie, da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sulla cittadella
di
Atene era un tempio di Pallade detto il Partenone
da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sulla cittadella di Atene era un tempio
di
Pallade detto il Partenone ; dietro al quale stav
ne ; dietro al quale stava il tesoro pubblico, affidato alla custodia
di
Giove Sotere e di Pluto. Fu così detto dal simula
le stava il tesoro pubblico, affidato alla custodia di Giove Sotere e
di
Pluto. Fu così detto dal simulacro di Minerva det
alla custodia di Giove Sotere e di Pluto. Fu così detto dal simulacro
di
Minerva detta la Vergine (παρθενος), opera di Fid
osì detto dal simulacro di Minerva detta la Vergine (παρθενος), opera
di
Fidia. Partenione poi è l’erba detta camamilla, o
per guarire un operaio a lui caro caduto da un ponte o dalla sommità
di
un tempio. Alla civetta attribuivano i Greci la c
vigilanza. Anche il gallo era sacro alla nostra Dea, che nelle monete
di
molti antichi popoli si vede effigiata con un gal
dorme mai, essendo il gallo simbolo della vigilanza ; o perchè esso è
di
sua natura pugnacissimo ; percui conveniva alla D
sa in luogo, ove se ne ha dovizia, attesochè in Atene era gran numero
di
siffatti uccelli. Cicerone(1) domandò all’amico A
Termini. Altri credono che un’Ermatena sia un pilastro, o colonna su
di
cui veggasi allogata una testa o un busto di Mine
n pilastro, o colonna su di cui veggasi allogata una testa o un busto
di
Minerva senza braccia. Fulvio Orsini pensò che un
braccia. Fulvio Orsini pensò che un’Ermatena fosse una Minerva armata
di
cimiero, di asta e di scudo, la quale alle sole g
vio Orsini pensò che un’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero,
di
asta e di scudo, la quale alle sole gambe vada a
pensò che un’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e
di
scudo, la quale alle sole gambe vada a terminare
ppo quadrato. Ma per Ermatena deesi intendere propriamente una statua
di
mezzo busto, la quale sulla medesima base present
con un sol nome composto dinotavano due numi, come Ermeracle, statua
di
Mercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di
me composto dinotavano due numi, come Ermeracle, statua di Mercurio e
di
Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Erm
e numi, come Ermeracle, statua di Mercurio e di Ercole ; Zenoposidon,
di
Giove e di Nettuno ; Ermapollo, di Mercurio e di
e Ermeracle, statua di Mercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e
di
Nettuno ; Ermapollo, di Mercurio e di Apollo ec.
ercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Ermapollo,
di
Mercurio e di Apollo ec. Or Mercurio e Minerva pr
rcole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Ermapollo, di Mercurio e
di
Apollo ec. Or Mercurio e Minerva presso gli antic
comuni aveano i sacrificii. E nelle scuole mettevansi pure le statue
di
Mercurio e di Minerva, essendo Mercurio Dio dell’
i sacrificii. E nelle scuole mettevansi pure le statue di Mercurio e
di
Minerva, essendo Mercurio Dio dell’eloquenza, dal
ata la sapienza cui presiede Minerva, essa non è che un vano strepito
di
parole(1). Il Palladio era una statua di Minerva,
a non è che un vano strepito di parole(1). Il Palladio era una statua
di
Minerva, o secondo altri, un piccolo scudo simile
al cielo, mentre Ilo fabbricava la fortezza d’Ilio, l’oracolo comandò
di
costruirsi un tempio su quella rocca per custodir
e conservato quel fatale deposito. Altri raccontano che una figliuola
di
Pallante, avendo sposato Dardano nell’Arcadia, gl
. I suoi nepoti andarono a Troia e nella più riposta parte del tempio
di
Pallade ch’era nella cittadella, allogarono quell
Enea avendo seco portato il vero in Italia, essi lo posero nel tempio
di
Vesta, affidandone la custodia alle Vestali. E si
done la custodia alle Vestali. E si racconta che a tempo dell’assedio
di
Troia, sapendo i Greci che il Palladio rendeva qu
o ove custodivasi la fatale effigie ; ed uccisi i custodi, col favore
di
Antenore, che avea per moglie una sacerdotessa di
custodi, col favore di Antenore, che avea per moglie una sacerdotessa
di
Pallade, con sacrilega mano la rapirono. Del qual
gato a Lavinio, e poscia in Alba Longa dal figliuolo Ascanio, a tempo
di
Tullo Ostilio recato a Roma fu posto nel tempio d
o Ascanio, a tempo di Tullo Ostilio recato a Roma fu posto nel tempio
di
Vesta, ove a niuno era lecito vederlo, se non se
quale dice che i Greci credevano, Apollo essere lo stesso Sole(1) ; e
di
essi parleremo in un solo articolo. La voce Apoll
co che significa perdere (απολλυμι), e par che voglia dire apportator
di
rovina, perchè il soperchio calore del Sole è dan
hè libere vagatur per gli spazii del cielo(3). II. Storia favolosa
di
Apollo. Gli antichi contavano cinque Dei di q
II. Storia favolosa di Apollo. Gli antichi contavano cinque Dei
di
questo nome ; de’quali il primo si finge fig. di
contavano cinque Dei di questo nome ; de’quali il primo si finge fig.
di
Vulcano e signore di Eliopoli, in Egitto ; il sec
di questo nome ; de’quali il primo si finge fig. di Vulcano e signore
di
Eliopoli, in Egitto ; il secondo nacque in Creta
ui avean gli Arcadia ricevuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo è fig.
di
Giove e di Latona, il quale nacque ad un parto co
i Arcadia ricevuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo è fig. di Giove e
di
Latona, il quale nacque ad un parto con Diana nel
i Giove e di Latona, il quale nacque ad un parto con Diana nell’isola
di
Delo. Della quale raccontano i Poeti che Giove tr
elo. Della quale raccontano i Poeti che Giove trasformò Asteria, fig.
di
Titano, in quaglia, per essere stato da lei dispr
nata un’isola, detta Ortigia o isola delle quaglie (ορτυξ, coturnix),
di
cui quell’isola abbondava, ed era una delle Cicla
elle Cicladi, nell’ Egeo. Era mobile a segno che ad un leggier soffio
di
vento vedeasi galleggiare sulle acque ; il che fi
re quell’isola scossa da frequenti tremuoti(1). Or Latona ch’era fig.
di
Polo e di Tebe, essendo gravida di Apollo, avvenn
sola scossa da frequenti tremuoti(1). Or Latona ch’era fig. di Polo e
di
Tebe, essendo gravida di Apollo, avvenne che Pito
tremuoti(1). Or Latona ch’era fig. di Polo e di Tebe, essendo gravida
di
Apollo, avvenne che Pitone, serpente nato dalla p
che Pitone, serpente nato dalla putredine della terra dopo il diluvio
di
Deucalione, sapendo da’fatali libri che un figliu
po il diluvio di Deucalione, sapendo da’fatali libri che un figliuolo
di
Latona dovea ucciderlo, si diede a perseguitaria
ircondava il Parnaso ; e Stazio(3) dice che uccisa occupava lo spazio
di
ben cento iugeri. Esso dava le risposte da un ora
todir qualche luogo ; e nelle medaglie veggonsi tripodi attortigliati
di
un serpente che credeasi animale dotato della vir
animale dotato della virtù d’indovinare. Latona intanto, per comando
di
Giove, fu dal vento borea portata a Nettuno, il q
il quale prese a proteggerla ; e non potendo un Nume disfare il fatto
di
un altro Nume(4), non volle far fronte apertament
apertamente a Giunone, e però menolla nell’isola Ortigia che ricoprì
di
acque ; il che la salvò dal dente di quel mostro.
a nell’isola Ortigia che ricoprì di acque ; il che la salvò dal dente
di
quel mostro. La favola di questo serpente(5) venn
icoprì di acque ; il che la salvò dal dente di quel mostro. La favola
di
questo serpente(5) venne da un tiranno chiamato P
sia dissipò e distrusse colla forza de’suoi raggi, che son le saette
di
Apollo. Or Nettuno fece uscir fuori delle acque l
le ossa sul tripode o cortina che pose nel suo tempio, ed in memoria
di
ciò istituì solenni giuochi funebri detti Pizii c
detti Pizii che celebravansi ogni quattro anni, non lungi dalla città
di
Crissa, detta Pito, e poscia Delfo. Omero(1) dice
degli Dei. Bellissime cose ci dicono i poeti della eterna giovinezza
di
Apollo, che dipingevano co’ più dolci colori dell
ngevano co’ più dolci colori della bellezza, e che non mai per volger
di
anni scadeva. Quindi leggiadrissimo e con biondi
leggiadrissimo e con biondi e ben lunghi capelli il rappresentavano,
di
modo che, scriveva Tibullo(2). Febo e Bacco avean
i eterna la giovinezza ; e per lodare una bella chioma, la dice degna
di
ornare il capo di Apollo e di Bacco. Or Latona(3)
ezza ; e per lodare una bella chioma, la dice degna di ornare il capo
di
Apollo e di Bacco. Or Latona(3) sgravatasi de’suo
lodare una bella chioma, la dice degna di ornare il capo di Apollo e
di
Bacco. Or Latona(3) sgravatasi de’suoi divini gem
uolo della Terra, perchè i poeti dicevan nati dalla terra que’ch’eran
di
mostruosa corporatura(4) ; ovvero di Giove e di E
van nati dalla terra que’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; ovvero
di
Giove e di Elara, la quale avendolo partorito ed
lla terra que’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; ovvero di Giove e
di
Elara, la quale avendolo partorito ed allevato in
ue saette, e confinandolo all’inferno, ove disteso occupava lo spazio
di
nove iugeri ; ed il fegato di lui, sempre rinasce
inferno, ove disteso occupava lo spazio di nove iugeri ; ed il fegato
di
lui, sempre rinascendo, pasce un grande avvoltoio
o. A strani accidenti andò soggetto questo Nume per la catastrofe
di
Fetonte, o secondo altri, per quella di Esculapio
questo Nume per la catastrofe di Fetonte, o secondo altri, per quella
di
Esculapio. Da Climene, fig. dell’Oceano e di Teti
econdo altri, per quella di Esculapio. Da Climene, fig. dell’Oceano e
di
Teti, ebbe Apollo un figlio chiamato Fetonte, e t
quale giovinetto, dandosi assai vanto de’ suoi natali, da Epafo, fig.
di
Giove e d’Io, fu motteggiato, quasi non fosse egl
ssene Fetonte, e tutto lagrimoso fu tosto dalla madre a far doglianze
di
quell’oltraggio. Climene, per acchetare il dolore
migliore che andar dal padre a chiarirsi del vero ; e Fetonte vi andò
di
buona voglia. Sopra altissime colonne era edifica
. Sopra altissime colonne era edificata la magione del Sole, la quale
di
oro e di fiammeggianti piropi per tutto risplende
ltissime colonne era edificata la magione del Sole, la quale di oro e
di
fiammeggianti piropi per tutto risplendeva. Il te
di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risplendeva. Il tetto era
di
candido avorio, e le porte di argento. Il lavoro
opi per tutto risplendeva. Il tetto era di candido avorio, e le porte
di
argento. Il lavoro vinceva la materia, perchè Vul
natura. Sopra un trono d’inestimabile bellezza sedeva Apollo, vestito
di
luce ; il quale al veder Fetonte non si tenne dal
andolo ch’era veramente suo figlio. Giurò poscia per la stigia palude
di
volergli concedere quanto avesse dimandato. Allor
avesse dimandato. Allora Fetonte, mosso da giovanile vaghezza, chiese
di
guidare per un giorno i cavalli del cocchio pater
dare per un giorno i cavalli del cocchio paterno. Si argomentò Apollo
di
distornarlo da sì pericolosa voglia, ma indarno ;
narlo da sì pericolosa voglia, ma indarno ; e Fetonte prese le redini
di
que’ destrieri, i quali mal sapendo governare, or
inandosi alla terra, l’abbruciava ; ora discostandosene, faceva morir
di
freddo gli uomini e gli animali. Il che vedendo G
ir di freddo gli uomini e gli animali. Il che vedendo Giove, percosse
di
un fulmine l’audace giovane, che precipitò nel Po
ovvero Eridano, come quel fuoco scintillante che a ciel sereno vedesi
di
notte trascorrere per l’aria(1). Egli fu poscia d
da Febo allogato nel cielo e trasformato in costellazione. Or le tre
di
lui sorelle, dolenti del tristo fato di Fetonte,
o in costellazione. Or le tre di lui sorelle, dolenti del tristo fato
di
Fetonte, alla riva dell’Eridano lo piangevano con
’elettro o sia l’ambra. Fu pianto eziandio Fetonte da Cigno (Cycnus),
di
lui parente ed amico, e fig. di Stenelo, re de’Li
o eziandio Fetonte da Cigno (Cycnus), di lui parente ed amico, e fig.
di
Stenelo, re de’Liguri, il quale pel dolore fu can
retto il lume, Quando fu pianto il fabuloso elettro, E Cigno si vestì
di
bianche piume. Alcuni per Fetonte intendono qual
o, il quale, dedito ad osservare il corso del Sole, fosse morto prima
di
compiere l’audace opera delle sue astronomiche co
ti. Ovidio dice che Febo si sdegnò sì fortemente pel lagrimevole caso
di
Fetonte che volea lasciar la cura del suo cocchio
io. Ma le maggiori sue sventure ebbero quest’altra cagione. Figliuolo
di
Apollo e della ninfa Coronide fu Esculapio nella
i due fig. Podalirio e Macaone, avendo seguito Agamennone alla guerra
di
Troia, coll’arte loro a que’ guerrieri furono di
amennone alla guerra di Troia, coll’arte loro a que’ guerrieri furono
di
grandissimo aiuto. Or avendo egli colla virtù del
egli colla virtù della medicina restituita la vita ad Ippolito, fig.
di
Teseo, ne andò Giove in grandissima collera ; ed
ve in grandissima collera ; ed indottovi eziandio dalle gravi querele
di
Plutone, il quale si doleva per vedersi rapito un
ale si doleva per vedersi rapito un abitatore del suo regno, percosse
di
un fulmine Esculapio, e così tolse la vita a chi
i la dava(1). Esculapio vuolsi inventore della Clinica, e sotto forma
di
serpente adoravasi ad Epidauro, città del Pelopon
tempio ; e da’ medici è reputato lor Dio e protettore. Polluce parla
di
alcune feste in di lui onore, dette Asclepie. Dio
ici è reputato lor Dio e protettore. Polluce parla di alcune feste in
di
lui onore, dette Asclepie. Dionigi il vecchio, ti
ne feste in di lui onore, dette Asclepie. Dionigi il vecchio, tiranno
di
Siracusa, veduta in Epidauro la statua di Esculap
Dionigi il vecchio, tiranno di Siracusa, veduta in Epidauro la statua
di
Esculapio con barba d’oro, comandò che gli fosse
. Continuazione. Admeto. Dafne. Giacinto. Or Apollo, per la morte
di
Esculapio adirato, volle farne vendetta, e non po
lle farne vendetta, e non potendo l’ira sua sfogare con Giove, uccise
di
saetta i Ciclopi, fabbricatori del fulmine ; per
nità e cacciollo dal cielo. Fu pure obbligato a pascolare gli armenti
di
Admeto, re di Fere, in Tessaglia, lungo il fiume
lo dal cielo. Fu pure obbligato a pascolare gli armenti di Admeto, re
di
Fere, in Tessaglia, lungo il fiume Anfriso(2). Om
lungo il fiume Anfriso(2). Omero dice che Apollo pascolò le giumente
di
Fere, agguagliate in velocità agli uccelli ; ma a
guagliate in velocità agli uccelli ; ma altri vogliono ch’eran mandre
di
tori(3). Admeto fu uno del principi greci che con
buona accoglienza ; e specialmente volendo egli sposare Alceste, fig.
di
Perilao, e consentendolo questi a condizione che
cchio tirato da un leone e da un cinghiale, Apollo gl’insegnò il modo
di
aggiogare sì feroci animali. Gli ottenne pure dal
ì generosamente a perder la vita. Proserpina mossa a pietà del dolore
di
quel Re, volea rendergli Alceste ; ma non consent
e ; ma non consentendolo Plutone, Ercole che albergava allora in casa
di
Admeto, pugnò colla morte, ed andato all’inferno,
no, ne liberò la generosa Alceste(1). A questi tempi accadde il fatto
di
Dafne, leggiadrissima ninfa, fig. del Peneo, nobi
il fatto di Dafne, leggiadrissima ninfa, fig. del Peneo, nobile fiume
di
Tessaglia, il quale, a piè del monte Pindo scorre
l quale, a piè del monte Pindo scorrendo, innaffia la deliziosa valle
di
Tempe(2). La quale avvezza alle arti della caccia
lle arti della caccia ed alla solitudine, fuggendo un giorno la vistu
di
Apollo, quand’era per nascondersi nelle paterne a
nelle paterne acque del Peneo, fu da quel Nume trasformata in alloro,
di
cui staccò un verde ramoscello ed ornossene le te
ramoscello ed ornossene le tempia. Questa pianta fu a lui dedicata, e
di
essa s’inghirlandava ogni cosa che gli appartenev
’ giuochi Pizii ec. e le sue statue ne’ monumenti veggonsi o coronate
di
alloro o con in mano un ramoscello di esso. Gl’in
’ monumenti veggonsi o coronate di alloro o con in mano un ramoscello
di
esso. Gl’indovini ne mangiavano le frondi(3), che
e le Muse nel farlo poeta gli diedero come per iscettro un ramoscello
di
verde alloro. Giacinto poi fu un giovinetto Spart
scello di verde alloro. Giacinto poi fu un giovinetto Spartano, amico
di
Apollo, col quale presso l’Eurota trovossi un gio
sua vendetta, spirò più gagliardo e spinse il disco a colpire il capo
di
quel bellissimo fanciullo, il quale, morendo, fra
capo di quel bellissimo fanciullo, il quale, morendo, fra le braccia
di
Apollo il piegò, come un bel papavero dall’aratro
dolore, e dal suo sangue fece nascere un fiore del colore dell’ostro
di
Tiro, che chiamasi giacinto, nelle cui frondi, in
ll’ostro di Tiro, che chiamasi giacinto, nelle cui frondi, in memoria
di
tanto dolore volle scritte le greche lettere αι,
anto. Amico ancora del nostro Apollo fu il bellissimo Ciparisso, fig.
di
Telefo. Amava egli moltissimo un cervo di grande
bellissimo Ciparisso, fig. di Telefo. Amava egli moltissimo un cervo
di
grande bellezza, consacrato alle Ninfe dell’isola
tissimo un cervo di grande bellezza, consacrato alle Ninfe dell’isola
di
Zea, una delle Cicladi, il quale sì per le campag
pagne, e sì per le case andava a diletto ; e le ramose corna fregiate
di
oro, un bel monile di gemme al collo ed altri orn
e andava a diletto ; e le ramose corna fregiate di oro, un bel monile
di
gemme al collo ed altri ornamenti ne facevano il
emme al collo ed altri ornamenti ne facevano il più piacevole diporto
di
quel paese, e sopra tutti, di Ciparisso, il quale
ti ne facevano il più piacevole diporto di quel paese, e sopra tutti,
di
Ciparisso, il quale ora al prato, ora all’acqua c
opra tutti, di Ciparisso, il quale ora al prato, ora all’acqua chiara
di
un fiumicello il menava. Ma un giorno, stando que
vedersene, il ferì con un dardo ; e ne fu sì dolente che pregò i Numi
di
poterlo piangere sempre. Allora Apollo il cangiò
Allora Apollo il cangiò in cipresso, albero luttuoso e segno funesto
di
morte. V. Orfeo. Lino. Mida. Marsia. Niobe. Ar
stero toccava la lira e sì dolcemente cantava che non solo gli uomini
di
fiera indole, ma le tigri ancora ed i feroci leon
fra l’erbe, le ferì il piede e l’uccise. Di che fu sì grave il dolore
di
Orfeo che ne piangeva senza speranza di conforto,
Di che fu sì grave il dolore di Orfeo che ne piangeva senza speranza
di
conforto, e l’estinta consorte dì e notte chiamav
dimenticare le proprie pene ; ed allora fu che le Eumenidi stupirono
di
quell’insolito canto, il Cerbero si tenne di latr
he le Eumenidi stupirono di quell’insolito canto, il Cerbero si tenne
di
latrare e fermossi la volubile ruota d’ Issione.
ore donò la sposa, ma con patto che non si voltasse a guardarla prima
di
uscire del doloroso regno. Questa finzione ha pot
sta finzione ha potuto avere origine dalla sacra istoria della moglie
di
Loth, che fu trasformata in una statua di sale. O
sacra istoria della moglie di Loth, che fu trasformata in una statua
di
sale. Or l’infelice Orfeo, mentre pel fosco aere
celebrò tutt’i numi, salvo che Bacco, il quale per ciò spinse contro
di
lui le Baccanti, le quali crudelmente il fecero i
are giunse a Lesbo ; e la lira fu cangiata in una costellazione bella
di
nove chiarissime stelle, ch iamasi la lira. Orfeo
erno, ed ove si evocavano le ombre de’morti. Quivi egli evocò l’ombra
di
Euridice ; e credendosi da lei seguito, quando si
egnò pure l’astronomia a’ Greci ; ed il suono della sua lira composta
di
sette corde rappresentava l’armonia de’pianeti. D
cevano i Tracî che gli usignuoli i quali nidificavano presso la tomba
di
lui, facevano un canto più soave che altreve. Ari
no un canto più soave che altreve. Aristeo che fu cagione della morte
di
Euridice, nacque da Apollo e da Cirene, fig. d’ I
llo portata in quel luogo della Libia, ove dopo fu edificata la città
di
Cirene, così detta dal suo nome. Nato appena Aris
suo nome. Nato appena Aristeo, Apollo il diede ad allevare alle Ninfe
di
que’ luoghi ; dalle quali avendo egli appreso a c
dice che Aristeo ritrovò pure il fattoio. È fama(2) che un dì, morte
di
morbo e di fame le industriose pecchie del buon A
risteo ritrovò pure il fattoio. È fama(2) che un dì, morte di morbo e
di
fame le industriose pecchie del buon Aristeo, dal
morbo e di fame le industriose pecchie del buon Aristeo, dalla valle
di
Tempe andò egli doloroso al fonte, da cui nasce i
lla madre Cirene. Quivi lagrimando la prega che il modo gli additasse
di
riprodurre le sue api. La quale, accoltolo amorev
riprodurre le sue api. La quale, accoltolo amorevolmente, gli propone
di
andare da Proteo, Dio marino, il quale si mutava
suoi sciami per gli oltraggi fatti ad Euridice, e per placare l’ombra
di
Orfeo. Allora Cirene al figlio prescrive il sacri
are l’ombra di Orfeo. Allora Cirene al figlio prescrive il sacrificio
di
quattro tori e di altrettante giovenche ; dalle p
eo. Allora Cirene al figlio prescrive il sacrificio di quattro tori e
di
altrettante giovenche ; dalle putrefatte viscere
i, dopo nove giorni, vide con grata maraviglia volare infinito numero
di
api che ronzando aggrupparonsi a’ rami degli albe
api che ronzando aggrupparonsi a’ rami degli alberi, pendendo a guisa
di
grossi grappoli di uva. Plinio(3) dice che quando
grupparonsi a’ rami degli alberi, pendendo a guisa di grossi grappoli
di
uva. Plinio(3) dice che quando le pecehie son tut
reputa ciò una favola. Ad Orfeo convien soggiungere Lino, fig. ancora
di
Apollo e della musa Tersicore. Nel suonar la lira
ici. Insegnò la musica ad Orfeo, ad Ercole ed a Tamira, poeta insigne
di
Tracia e cantore sì nobile che osò gareggiare nel
ucciso dal suo discepolo Ercole colla propria lira, perchè, vedendolo
di
poca attitudine al canto, ne lo avea un di poca a
ia lira, perchè, vedendolo di poca attitudine al canto, ne lo avea un
di
poca attitudine al canto, ne lo avea un dì aspram
VI. Continuazione. Celebre ancora è nelle favole l’avvenimento
di
Mida, fig. di Cibele, o meglio, di Gordio, re del
azione. Celebre ancora è nelle favole l’avvenimento di Mida, fig.
di
Cibele, o meglio, di Gordio, re della Frigia. Si
ncora è nelle favole l’avvenimento di Mida, fig. di Cibele, o meglio,
di
Gordio, re della Frigia. Si ritrovò egli una volt
ollo(2). Imolo, re della Lidia, che n’era l’arbitro, giudieò a favore
di
questo Nume. Piacque a tutti la sentenza ; ma Mid
ane. Allora Apollo in pena gli fece crescere due lunghissime orecchie
di
asino ; il che volendo egli celare, portava una t
un fosso, con fievole e paurosa voce ripeteva : Mida ha le orecchie
di
asino ; ed alcune canne mosse dal vento ripeteva
; ed alcune canne mosse dal vento ripetevano : Mida ha le orecchie
di
asino . Il che fece a tutti aperto il difetto del
A principio Marsia vinse ; ma quel nume, avendo temperata la cetra su
di
altro tuono, il satiro non potè colla piva seguir
o. E però vinto pagò il fio della sua temerità, perchè Apollo, geloso
di
sua gloria, legatolo ad un albero, il fece vivo v
la pelle qual trofeo della vittoria, sospese in un tempio della città
di
Celene. I Satiri e le Ninfe piansero con tante la
Celene. I Satiri e le Ninfe piansero con tante lagrime l’acerbo fato
di
lui, che di quelle si fece un fiume, detto Marsia
atiri e le Ninfe piansero con tante lagrime l’acerbo fato di lui, che
di
quelle si fece un fiume, detto Marsia, ch’è nella
rigia, non lungi dal Meandro. Presso ai rostri in Roma era una statua
di
Marsia, ove univansi i causidici per le loro facc
comporre le liti(1). La sorgente del fiume Marsia è una palude spessa
di
cannucce buone per le linguette de’ pifferi. Un q
ri. Un qualche uomo d’ingegno, chiamató Marsia, forse in quel luogo e
di
quelle cannucce fece la prima volta i pifferi ; d
se in quel luogo e di quelle cannucce fece la prima volta i pifferi ;
di
che fu tanto superbo che parlò in modo da paragon
che Marsia fu un filosofo che ritrovò il flauto e disputò con Apollo
di
cose filosofiche. Fu pure segno alla vendetta di
e disputò con Apollo di cose filosofiche. Fu pure segno alla vendetta
di
questo Nume l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e d
he. Fu pure segno alla vendetta di questo Nume l’infelice Niobe, fig.
di
Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelop
egno alla vendetta di questo Nume l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e
di
Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie d
endetta di questo Nume l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e di Dione o
di
Taigeta, sorella di Pelope, e moglie di Anfione,
me l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella
di
Pelope, e moglie di Anfione, re di Tebe ed insign
fig. di Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie
di
Anfione, re di Tebe ed insigne suonatore di lira.
o e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie di Anfione, re
di
Tebe ed insigne suonatore di lira. Di costui ella
rella di Pelope, e moglie di Anfione, re di Tebe ed insigne suonatore
di
lira. Di costui ella partorì sette figliuoli, ed
ira. Di costui ella partorì sette figliuoli, ed altrettante figliuole
di
grandissima bellezza ; di che venne in molta supe
ì sette figliuoli, ed altrettante figliuole di grandissima bellezza ;
di
che venne in molta superbia. La fatidica Manto, f
ma bellezza ; di che venne in molta superbia. La fatidica Manto, fig.
di
Tiresia, imposto avea alle donne Tebane di offrir
a. La fatidica Manto, fig. di Tiresia, imposto avea alle donne Tebane
di
offrir sacrificii a Latona. Niobe ne fu gelosa, e
cii a Latona. Niobe ne fu gelosa, e fra la raccolta moltitudine parlò
di
Latona con assai villanie : aver ella per avo mat
per avo materno Atlante, e Giove, per suocero ed avo ; esser signora
di
ampio reame ed aver sembianze degne di una Dea, o
suocero ed avo ; esser signora di ampio reame ed aver sembianze degne
di
una Dea, oltre sette figliuoli ed altrettante fig
anze degne di una Dea, oltre sette figliuoli ed altrettante figliuole
di
una bellezza che non avea pari sotto le stelle ;
gato un luogo a partorire, ed aver solo due figliuoli ; ed altre cose
di
grande dispregio. Allora Latona sul monte Cinto f
alla vendetta. Era vicino a Tebe uno spazioso campo, ove i figliuoli
di
Niobe si esercitavano alla palestra. Quivi Apollo
sua empietà verso i Numi e dell’ acerbità del suo dolore. Niobe, fig.
di
Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta era n
umi e dell’ acerbità del suo dolore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella
di
Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò
e sorella di Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò il re
di
Tebe ; il quale matrimonio fu felice per numerosa
osa e bellissima prole. Dovea questa regina avere un animo orgoglioso
di
sua felicità a segno di sconfortare i Tebani dal
Dovea questa regina avere un animo orgoglioso di sua felicità a segno
di
sconfortare i Tebani dal culto de’ Numi. Timagora
e’ Numi. Timagora dice che i Tebani a tradimento uccisero i figliuoli
di
Anfione, forse per dispetto dell’alterigia e dell
irono in una pestilenza ; il che i poeti dissero effetto delle saette
di
Apollo. E l’empia Regina n’ebbe sì gran dolore ch
ato vuole che sia nata la favola dall’aver Niobe posta una sua statua
di
pietra sul sepolcro de’ suoi figliuoli. Finalment
sepolcro de’ suoi figliuoli. Finalmente Pausania racconta che fu egli
di
persona sulla vetta del Sipilo per vedervi la fav
lo per vedervi la favolosa Niobe, e che quivi vide una rupe, la quale
di
lontano avea sembianza di una donna mesta e piang
Niobe, e che quivi vide una rupe, la quale di lontano avea sembianza
di
una donna mesta e piangente. In Firenze vi è un’a
ima Niobe co’ figliuoli, forse quella trasportata dalla villa Medicea
di
Roma, opera d’inestimabile bellezza, non si sa se
la villa Medicea di Roma, opera d’inestimabile bellezza, non si sa se
di
Scopa o di Prassitele(1). VII. Crise – Crine
dicea di Roma, opera d’inestimabile bellezza, non si sa se di Scopa o
di
Prassitele(1). VII. Crise – Crine – Cassandra
ssandra. Nel primo libro dell’ Iliade si legge la favolosa storia
di
Crise, sacerdote di Apollo Sminteo e padre di Ast
mo libro dell’ Iliade si legge la favolosa storia di Crise, sacerdote
di
Apollo Sminteo e padre di Astinome, detta da lui
egge la favolosa storia di Crise, sacerdote di Apollo Sminteo e padre
di
Astinome, detta da lui Criseide. Agamennone, sovr
ino fatto nella Misia. Il desolato genitore, fidando sulla protezione
di
Apollo, degli abiti sacerdotali vestito andò agli
con villani modi rigetta le preghiere del sacerdote, il quale, l’ira
di
lui temendo, senza la figliuola se ne ritorna, e
se la figliuola Astinome con preziosi doni ad Apollo. Ma nella favola
di
Crine sì ha una più nobile vendetta, ed una glori
etta, ed una gloriosa spedizione, per cui Apollo meritò il soprannome
di
Sminteo, o sia distruggitore dei topi. In Crisa,
truggitore dei topi. In Crisa, castello della Frigia, fu un sacerdote
di
Apollo, chiamato Crine, il quale, avendo lasciato
fu un sacerdote di Apollo, chiamato Crine, il quale, avendo lasciato
di
fare alcuni sacrificii di quel Nume, in pena vide
, chiamato Crine, il quale, avendo lasciato di fare alcuni sacrificii
di
quel Nume, in pena vide miseramente darsi il guas
vide miseramente darsi il guasto al suo campo da grandissima schiera
di
topi. Per allontanare tanto male placò con molti
di topi. Per allontanare tanto male placò con molti sacrificii l’ira
di
Apollo ; il quale, volendo liberare da quella pes
ndo liberare da quella peste il campo del suo sacerdote, in sembianza
di
uomo accolto in casa da Orde, di lui pastore, col
ampo del suo sacerdote, in sembianza di uomo accolto in casa da Orde,
di
lui pastore, colle saette uccise tutti que’ topi
que’ topi ; e comandò al pastore che dicesse a Crine, avergli Apollo
di
persona sgomberato i campi di que’ nocevoli anima
ore che dicesse a Crine, avergli Apollo di persona sgomberato i campi
di
que’ nocevoli animali, il che udendo Crine, fece
ininteo. Un più strano gastigo dal nostro Apollo ebbe Cassandra, fig.
di
Priamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdo
più strano gastigo dal nostro Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e
di
Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdotessa donata
riamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdotessa donata la virtù
di
presagire il futuro ; ma poscia, di lei mal conte
sua sacerdotessa donata la virtù di presagire il futuro ; ma poscia,
di
lei mal contento, volle che non le si prestasse m
E forse Troia sarebbe aucora, se avessero i Troiani creduto a’ veraci
di
lei pronostici, chè quando essi inconsideratament
dar fede a’ suoi presagi(1). Sposò Corebo che perì nell’ultima notte
di
Troia ; e questa incendiata, toccò in sorte ad Ag
to banchetto da Egisto e dalla disleale consorte. VIII. Incumbenze
di
Apollo-Nove Muse. Luoghi del loro soggiorno.
del loro soggiorno. Non poche e tutte nobilissime erano le incumbenze
di
Apollo. E primieramente egli era il Dio de’ carmi
ente egli era il Dio de’ carmi e della poesia, non che della musica e
di
tutte le belle arti. I poeti erano suoi sacerdoti
tt’i cultori delle arti belle. Qual signore del canto, andava superbo
di
una bella lira di oro che avea ricevuta da Mercur
arti belle. Qual signore del canto, andava superbo di una bella lira
di
oro che avea ricevuta da Mercurio ; ed era il duc
rcurio ; ed era il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran esse fig.
di
Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci
era il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran esse fig. di Giove e
di
Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci ; o di Giov
ran esse fig. di Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci ; o
di
Giove e di Minerva che secondo alcuni era la Memo
g. di Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci ; o di Giove e
di
Minerva che secondo alcuni era la Memoria. Fedro(
he significa ricercare, investigare, essendo l’investigazione origine
di
tutte le umane conoscenze. Furon dette pure Camen
na pasceva il suo gregge ; e donandogli, quasi scettro, un ramoscello
di
alloro, il consacraron poeta(3). Le Muse ed Apoll
ean per vergini, era il loro felice soggiorno. Un suolo tutto coperto
di
alberi e di erbette salubri di gratissimo odore ;
ini, era il loro felice soggiorno. Un suolo tutto coperto di alberi e
di
erbette salubri di gratissimo odore ; un boschett
lice soggiorno. Un suolo tutto coperto di alberi e di erbette salubri
di
gratissimo odore ; un boschetto sacro a quelle De
Dee fu dato viver tranquille ; e molti vi furono ardimentosi a segno
di
sfidarle nel canto. Filammone, fig. di Apollo e d
vi furono ardimentosi a segno di sfidarle nel canto. Filammone, fig.
di
Apollo e della ninfa Chione, uno de’ più antichi
Chione, uno de’ più antichi Musici(1), ed il primo che istituì i cori
di
donzelle, fu amico dei versi e del canto. Venuto
rese le ali, fuggirono velocissime per l’aria ; ed egli che salito su
di
un’alta torre del suo palagio, volea follemente s
zzatore delle scienze e delle arti, o perchè disturbò la tranquillità
di
quel paese con continue guerre, si disse da’ Poet
elebratissima è la gara delle Pieridi colle Muse. Alcuni per un luogo
di
Strabone avvisano che la regione detta Pieria ed
itato da’ popoli della Macedonia(3). Pierio adunque era probabilmente
di
Pella, in Macedonia ; e da Evippe, di Peonia, ebb
ierio adunque era probabilmente di Pella, in Macedonia ; e da Evippe,
di
Peonia, ebbe nove figliuole, le quali, della cogn
da Evippe, di Peonia, ebbe nove figliuole, le quali, della cognizione
di
molte scienze ed arti dotate, osarono le Muse ste
lte scienze ed arti dotate, osarono le Muse stesse provocare in fatto
di
canto. Accettata la disfida e scelte le Ninfe a g
le Ninfe a giudici della contesa, cantarono prima le audaci figliuole
di
Piero ; e poscia le Muse sciolsero la lingua ad u
lora le Ninfe affermarono, alle Muse doversi la vittoria ; ed in pena
di
lor presunzione furono le figliuole di Evippe tra
versi la vittoria ; ed in pena di lor presunzione furono le figliuole
di
Evippe trasformate in piche, la cui voce è tanto
se. Forse sotto il simbolo delle gazze si volle significare l’audacia
di
tanti poeti infelici, la loquacità de’ quali, sim
e. Pegaso. Parnaso. Persio(2) per dire che non era poeta, afferma
di
non aver bagnato le labbra nel fonte del cavallo.
fiume Termesso, essendo naturale che una fontana si chiami figliuola
di
un fiume. L’Ariosto, parlando delle donne che acq
da Medusa ; ma comunemente si vuole che quando Perseo recise il capo
di
Medusa, dal sangue che gocciolonne sul suolo, nac
sa, dal sangue che gocciolonne sul suolo, nacque un destriero fornito
di
ali velocissime, che fu appunto il Pegaso, il qua
ll’Elicona col piede percosse una pietra, da cui spicciò un bel fonte
di
chiarissima acqua, la quale bevuta dava virtù di
spicciò un bel fonte di chiarissima acqua, la quale bevuta dava virtù
di
poetare ; e questo fu l’Ippocrene. A questa favol
ale cercando nella Beozia un luogo per edificare una città, mentre su
di
un bel destriero girava per varie contrade, fu il
del Parnasso aveano in grandissima venerazione. Era tutto ombreggiato
di
pregevole alloro, ed avea due sommità, Cirra e Ni
lungi il monte Citerone pur sacro a Bacco ed alle Muse. Alla custodia
di
quel fonte stava un dragone di strana grandezza ;
ro a Bacco ed alle Muse. Alla custodia di quel fonte stava un dragone
di
strana grandezza ; de’ quali ritroviamo moltissim
dar qualche giardino, edificio o antro, anzi a rappresentare il Genio
di
qualche luogo. Cadmo uccise o colla sua spada, o
di qualche luogo. Cadmo uccise o colla sua spada, o con un gran colpo
di
pietra quel mostro, il quale, uscendo di un antro
a spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro, il quale, uscendo
di
un antro del Parnasso, ove stavasi rìntanato, ave
ell’acqua per un sacrificio. Il qual fonte chiamavasi pure Aretias, o
di
Marte ; e da Seneca fu detto Dirceo. Secondo alcu
ublime allievo delle Muse, appellasi cigno Dirceo(1). Antiope fu fig.
di
Nitteo o del fiume Asopo, e moglie di Lico, re di
igno Dirceo(1). Antiope fu fig. di Nitteo o del fiume Asopo, e moglie
di
Lico, re di Tebe, il quale, dopo averla da se dis
1). Antiope fu fig. di Nitteo o del fiume Asopo, e moglie di Lico, re
di
Tebe, il quale, dopo averla da se discacciata, sp
origine ; e per vendicare l’onta della madre legarono Dirce alla coda
di
un indomito toro. La quale così per più tempo mis
ssione degli Dei convertita in una fontana del suo nome. Il supplizio
di
Dirce è rappresentato in un bel gruppo del palazz
Farnese, detto il toro Farnese, che ritrovasi nel R. Museo Borbonico
di
Napoli. Alcuni dicono che Anfione e Zeto furon fi
useo Borbonico di Napoli. Alcuni dicono che Anfione e Zeto furon fig.
di
Giove e di Antiope ; che per comando di Apollo ci
ico di Napoli. Alcuni dicono che Anfione e Zeto furon fig. di Giove e
di
Antiope ; che per comando di Apollo circondaron d
che Anfione e Zeto furon fig. di Giove e di Antiope ; che per comando
di
Apollo circondaron di mura la città di Tebe, e ch
on fig. di Giove e di Antiope ; che per comando di Apollo circondaron
di
mura la città di Tebe, e che discacciato dal tron
e di Antiope ; che per comando di Apollo circondaron di mura la città
di
Tebe, e che discacciato dal trono Laio, fig. di L
aron di mura la città di Tebe, e che discacciato dal trono Laio, fig.
di
Labdaco, quivi essi regnarono. Le Muse donarono a
e donarono ad Anfione la lira, che toccava sì dolcemente, che al suon
di
quelle corde i sassi, movendosi da se, andarono i
ni a portar le pietre per le mura della città. Orazio(2) coll’esempio
di
lui e di Orfeo dimostra la virtù prodigiosa della
ar le pietre per le mura della città. Orazio(2) coll’esempio di lui e
di
Orfeo dimostra la virtù prodigiosa della poesia e
denti. Ne’ loro giardini e sacri boschetti vi eran fontane e ruscelli
di
mele, da cui i Poeti, i quali si assomigliavano a
è qual’ape industriosa del monte Matino, che negli ombrosi boschetti
di
Tivolì, dal timo fabbrica il mele de’ suoi dolci
ero(3). Le Muse cantavano in cielo le lodi dei Numi, e principalmente
di
Giove, lor padre. Il quale rimasto vincitore de’
vincitore de’ giganti, Apollo e le Muse un sublime inno cantarono in
di
lui onore(4). Quindi l’Ariosto rivolto a Febo dic
crede che la favola delle Muse ebbe origine da una qualche accademia
di
musica da Giove stabilita in Creta, in cui primeg
egli fu chiamato lor padre tra perchè la poesia pare inspirata virtù
di
un Nume, e perchè egli il primo fra’ Greci ritrov
Jubal della Sacra Scrittura, che fu, per così dire, il primo maestro
di
cappella, (Pater canentium cithara. Genes). Il Pi
ovea esservi un boschetto sacro alle Muse, perchè Properzio(1) invece
di
poetare adopera la frase abitare il bosco Ascreo.
il bosco Ascreo. Ed in altro luogo chiama Ascrei i fonti d’Ippocrene,
di
Aganippe, ec. a’ quali beono i poeti maggiori, tu
di Aganippe, ec. a’ quali beono i poeti maggiori, tutto al contrario
di
lui che bevea al Permesso, fiumicello che scorre
benchè nato a Cuma, perchè educato in Ascra. Libetra fu pure un fonte
di
Magnesia, nella Macedonia, sacro alle Muse, da es
n Catullo vuol dire attendere alla poesia. Pirene chiamavasi un fonte
di
limpidissime acque sull’Acrocorinto, monte, alle
dissime acque sull’Acrocorinto, monte, alle cui radici stava la città
di
Corinto. Pirene, fig. di Acheloo, o di Oebalo, pi
rinto, monte, alle cui radici stava la città di Corinto. Pirene, fig.
di
Acheloo, o di Oebalo, piangendo oltremodo il figl
alle cui radici stava la città di Corinto. Pirene, fig. di Acheloo, o
di
Oebalo, piangendo oltremodo il figlio Cencria, pe
onte. Il caval Pegaso fu preso da Bellorofonte, mentre bevea al fonte
di
Pirene. Anzi Stazio(3) afferma che questa fontana
ol suo piè diede il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa era una statua
di
Apollo, e le sue acque davano pure la virtù di po
ad essa era una statua di Apollo, e le sue acque davano pure la virtù
di
poetare. Notisi infine che in generale gli antri
detti sì spesso lor sacerdoti ed amici, con far bere ad essi l’acqua
di
alcuno de’ mentovati fonti(1), la quale aver cred
(1), la quale aver credeano non so quale virtù d’infondere la facoltà
di
verseggiare. XII. Incumbenzè e breve iconologi
Le Muse si dipingono belle e vestite con molta semplicità e modestia,
di
modo che possonsi riconoscere pel solo carattere
icità e modestia, di modo che possonsi riconoscere pel solo carattere
di
un decente abbigliamento. Alla loro testa si vede
di un decente abbigliamento. Alla loro testa si vede Apollo coronato
di
alloro e colla lira in mano. Non di rado negli an
oro testa si vede Apollo coronato di alloro e colla lira in mano. Non
di
rado negli antichi monumenti si veggono vestite d
lira in mano. Non di rado negli antichi monumenti si veggono vestite
di
lunghe tonache, ed una o due piume sul capo, per
e celebra le azioni degli uomini grandi. Rappresentavasi in sembianza
di
una giovane coronata di alloro. Ila in mano un fa
i uomini grandi. Rappresentavasi in sembianza di una giovane coronata
di
alloro. Ila in mano un fascio di carte ed uno sti
in sembianza di una giovane coronata di alloro. Ila in mano un fascio
di
carte ed uno stile per segnarvi le memorabili ges
no stile per segnarvi le memorabili gesta ed i fatti storici. La Clio
di
Ercolano ha vicino a se uno scrigno pieno di mano
i fatti storici. La Clio di Ercolano ha vicino a se uno scrigno pieno
di
manoscritti. Euterpe, (ab ευ, bene, et τερπω, del
isce l’invenzione del flauto ; percui sul basso rilievo dell’apoteosi
di
Omero questa Musa tiene un doppio flauto. Si dipi
usa tiene un doppio flauto. Si dipinge come una giovane inghirlandata
di
fiori, con carte musicali ed un flauto in mano, e
n carte musicali ed un flauto in mano, e con altri strumenti appresso
di
se. Talia, (a θαλεω, floreo), quasi fiorente, pre
se. Talia, (a θαλεω, floreo), quasi fiorente, presedeva alla commedia
di
cui vuolsi inventrice, ed all’agricoltura. Tiene
socco comico a’ piedi. La Talia del Museo Pio-Clementino era coronata
di
ellera, pianta consacrata a Bacco, ch’era Dio deg
pianta consacrata a Bacco, ch’era Dio degli spettacoli. Nelle pitture
di
Ercolano, Talia è in piedi, vestita di una tonaca
egli spettacoli. Nelle pitture di Ercolano, Talia è in piedi, vestita
di
una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata di
Nelle pitture di Ercolano, Talia è in piedi, vestita di una tonaca, e
di
una palla fimbriata, coronata di alloro, e col pe
è in piedi, vestita di una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata
di
alloro, e col pedo o bastone pastorale, perchè pr
erchè presedeva agli studii campestri. Nel bassorilievo dell’apoteosi
di
Omero, Talia è quella che tiene la lira ed è in a
eosi di Omero, Talia è quella che tiene la lira ed è in atteggiamento
di
recitare. Melpomene, (a μελπομαι, cano), era la M
mano tiene scettri e corone, e nell’altra, un pugnale. In una pittura
di
Ercolano si rappresenta vestita di una tonaca col
’altra, un pugnale. In una pittura di Ercolano si rappresenta vestita
di
una tonaca colle maniche sino a’ gomiti, di un pe
no si rappresenta vestita di una tonaca colle maniche sino a’ gomiti,
di
un peplo e di un pallio attaccato alla cintura ;
nta vestita di una tonaca colle maniche sino a’ gomiti, di un peplo e
di
un pallio attaccato alla cintura ; ha la testa ci
di un peplo e di un pallio attaccato alla cintura ; ha la testa cinta
di
alloro o di una benda ; colla destra si appoggia
e di un pallio attaccato alla cintura ; ha la testa cinta di alloro o
di
una benda ; colla destra si appoggia ad una clava
lei si attribuisce l’invenzione della cetra. Si rappresenta in forma
di
una giovane inghirlandata, e che ha in mano un’ar
Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’ giovani romani nel mese
di
Aprile. È molto simile a Tersicore ; e si rappres
di Aprile. È molto simile a Tersicore ; e si rappresenta in sembianza
di
una giovane coronata di mirto e di rose, avendo i
e a Tersicore ; e si rappresenta in sembianza di una giovane coronata
di
mirto e di rose, avendo in una mano la lira, e ne
re ; e si rappresenta in sembianza di una giovane coronata di mirto e
di
rose, avendo in una mano la lira, e nell’altra, u
o in una mano la lira, e nell’altra, un arco o plettro. Nelle pitture
di
Ercolano, Erato è in piedi ed ha in mano la cetra
brati da’poeti, li tramanda alla posterità. Il più dipingesi coronata
di
fiori, e qualche volta di perle e di pietre prezi
a alla posterità. Il più dipingesi coronata di fiori, e qualche volta
di
perle e di pietre preziose, vestita di bianco, co
erità. Il più dipingesi coronata di fiori, e qualche volta di perle e
di
pietre preziose, vestita di bianco, colla destra
nata di fiori, e qualche volta di perle e di pietre preziose, vestita
di
bianco, colla destra in atto di arringare, uno sc
i perle e di pietre preziose, vestita di bianco, colla destra in atto
di
arringare, uno scettro nella sinistra, ed un roto
etro al suo capo una stella. Catullo la fa madre d’Imeneo ; ed Igino,
di
Lino. Calliope infine, (a καλος, pulcher, et οψ,
d Esiodo(3), la più nobile delle altre tutte. Si rappresenta in forma
di
una giovane coronata di alloro, di sembianza maes
le delle altre tutte. Si rappresenta in forma di una giovane coronata
di
alloro, di sembianza maestosa, tenendo nella dest
tre tutte. Si rappresenta in forma di una giovane coronata di alloro,
di
sembianza maestosa, tenendo nella destra una trom
ventò la cetra(5), e ch’ebbe la lira da Mercurio(6). XIII. Oracoli
di
Apollo. Tempio di Delfo. Callimaco loda il no
e ch’ebbe la lira da Mercurio(6). XIII. Oracoli di Apollo. Tempio
di
Delfo. Callimaco loda il nostro Apollo dalla
pollo dalla moltiplice cognizione delle cose ; e secondo lo Scoliaste
di
Omero, le principali arti di cui egli era duce e
ione delle cose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le principali arti
di
cui egli era duce e maestro, furono la musica, de
abbiam parlato, la divinazione, la medicina e l’arte sagittaria, cioè
di
maneggiar l’arco. Quindi sotto la tutela di lui e
e l’arte sagittaria, cioè di maneggiar l’arco. Quindi sotto la tutela
di
lui erano gli arcieri, i musici, i cantori e suon
, i musici, i cantori e suonatori, i vati e gli auguri. Lo Scoliaste
di
Pindaro afferma che Apollo appreso avea da Pan la
o ch’ei era il dio della divinazione. Rappresentavasi quindi coronato
di
alloro ch’era simbolo della conoscenza del futuro
ndi coronato di alloro ch’era simbolo della conoscenza del futuro ; e
di
alloro si coronavano le imposte de’suoi tempii ;
ro si coronavano le imposte de’suoi tempii ; e quando Apollo mostrava
di
esser presente, tutto si scuoteva il sacro lauro(
sser presente, tutto si scuoteva il sacro lauro(1). Da ciò il costume
di
gettare nel fuoco le frondi di quella pianta ; le
a il sacro lauro(1). Da ciò il costume di gettare nel fuoco le frondi
di
quella pianta ; le quali se facevano un certo str
a funesto, se nol facevano(2). Or qui dobbiam favellare degli oracoli
di
Apollo, e prima di quello famoso di Delfo, città
acevano(2). Or qui dobbiam favellare degli oracoli di Apollo, e prima
di
quello famoso di Delfo, città della Focide, sulla
i dobbiam favellare degli oracoli di Apollo, e prima di quello famoso
di
Delfo, città della Focide, sulla vetta del monte
dagli antichi allogata giusto nel mezzo non solo della Grecia, ma pur
di
tutta la terra, e però la chiamavano l’ombelico d
lla Grecia, ma pur di tutta la terra, e però la chiamavano l’ombelico
di
essa(3). Notano i dotti che lo stesso credevano i
ombelico di essa(3). Notano i dotti che lo stesso credevano i Giudei,
di
Gerusalemme, gli Ateniesi, di Atene, e così di al
dotti che lo stesso credevano i Giudei, di Gerusalemme, gli Ateniesi,
di
Atene, e così di altre città. E si racconta che G
so credevano i Giudei, di Gerusalemme, gli Ateniesi, di Atene, e così
di
altre città. E si racconta che Giove, volendo sap
esto centro del mondo era il celebre oracolo ed il nobilissimo tempio
di
Apollo, ricco delle dovizie di tutt’ i popoli e d
lebre oracolo ed il nobilissimo tempio di Apollo, ricco delle dovizie
di
tutt’ i popoli e di molti monarchi, non che de’ p
nobilissimo tempio di Apollo, ricco delle dovizie di tutt’ i popoli e
di
molti monarchi, non che de’ più pregevoli monumen
re al determinato valore. Il tempio poi, ov’era allogato un simulacro
di
Apollo tutt’oro, stava su di una rupe altissima i
tempio poi, ov’era allogato un simulacro di Apollo tutt’oro, stava su
di
una rupe altissima intorno intorno tagliata, ed i
ttà ; e del tempio e della città le balze ed i dirupi facevan le veci
di
mura, sicchè non era certo, se più mirabile fosse
del luogo, o la maestà del Nume. Il mezzo della città avea sembianza
di
vasto teatro, e quando vi era assai gridare di uo
a città avea sembianza di vasto teatro, e quando vi era assai gridare
di
uomini e forte suono di trombe, rintronando le ru
i vasto teatro, e quando vi era assai gridare di uomini e forte suono
di
trombe, rintronando le rupi, si udiva più grande
dava profetiche risposte dal sacro tripode ch’era posto sull’apertura
di
quella grotta. In questo tempio scrissero gli ant
. In questo tempio scrissero gli antichi a lettere d’oro tre precetti
di
Chilone Lacedemonio : Conosci te stesso ; non de
i .. Ed appresso i Greci correva voce che Socrate dall’oracolo stesso
di
Delfo era stato dichiarato il più sapiente di tut
ate dall’oracolo stesso di Delfo era stato dichiarato il più sapiente
di
tutti gli uomini. Omero(2) riferisce, avere Apoll
guiderdone pari alla fatica, cioè quella cosa che gli fosse sembrata
di
loro maggior vantaggio. Apollo significò che di l
he gli fosse sembrata di loro maggior vantaggio. Apollo significò che
di
là a tre giorni avrebbero veduto l’effetto della
to della preghiera ; il quale fu, essersi ritrovati morti nell’ultimo
di
essi. Volle con ciò Apollo dare ad intendere, niu
re, niuna cosa essere per l’uomo migliore che la morte(3). Nel tempio
di
Delfo era il celebre tripode o cortina. Servio di
e tripode o cortina. Servio dice che i tripodi erano mense nel tempio
di
Apollo Delficio, sopra le quali le sacerdotesse d
o mense nel tempio di Apollo Delficio, sopra le quali le sacerdotesse
di
quel nume profetavano. E Plinio per cortina inten
l quale la Pitonessa dava gli oracoli(1), ispirata dal Nume per mezzo
di
un vento o vapore che usciva da un freddo sotterr
do sotterraneo, quando essa sedea sul tripode. Dicono che Flegia fig.
di
Marte e re de’ Lapiti, ’in Tessaglia, per vendett
che Flegia fig. di Marte e re de’ Lapiti, ’in Tessaglia, per vendetta
di
un grave oltraggio recatogli da Apollo, incendiò
tta di un grave oltraggio recatogli da Apollo, incendiò il suo tempio
di
Delfo. E perciò quel Nume il fulminò e cacciollo
e cacciollo all’inferno, ove sedendo sotto un gran sasso che minaccia
di
cadere, è condannato a sempre temerne la rovina(2
annato a sempre temerne la rovina(2). I Greci dicevano che nel tempio
di
Delfo la radice del rafano era stata posta innanz
rafano era stata posta innanzi agli altri cibi, essendo essa figurata
di
oro, la bietola, di argento, e la rapa di piombo(
ta innanzi agli altri cibi, essendo essa figurata di oro, la bietola,
di
argento, e la rapa di piombo(3). Nè a Delfo solo,
cibi, essendo essa figurata di oro, la bietola, di argento, e la rapa
di
piombo(3). Nè a Delfo solo, ma in più altri luogh
mbo(3). Nè a Delfo solo, ma in più altri luoghi erano celebri oracoli
di
Apollo. In Claro, città della Ionia, era un tempi
della Ionia, era un tempio che in magnificenza appena cedeva a quello
di
Diana in Efeso, ed ove Apollo dava i suoi oracoli
pollo dava i suoi oracoli in versi. Si vuole edificato da Manto, fig.
di
Tiresia, la quale, presa Tebe, sua patria, dagli
a, la quale, presa Tebe, sua patria, dagli Epigoni, erasi nella città
di
Claro ritirata. Un altro oracolo era in Cirra, la
e proprio il verno, in Patara, città dell’Asia Minore(4), e sei mesi
di
està, in Delo. Teseo, dovendo partire per combatt
partire per combattere il Minotauro, promise con voto ad Apollo Delio
di
far sì che gli Ateniesi ogni anno facessero un vi
quasi quel serpente gli avesse vietato il prender l’acqua. Ma in pena
di
aver voluto gabbare il Dio degl’indovini, fu cond
i astri il corvo, il serpe e la tazza. Alcuni scrittori sull’autorità
di
Aristotele(3) hanno asserito che i corvi verament
ristotele(3) hanno asserito che i corvi veramente non beono nel tempo
di
està ; il che ha potuto dar luogo alla favola. Gl
sua morte, la quale esso annunzia con un canto dolcissimo. Figliuolo
di
Apollo e d’Ipermestra o Ipermnestra, fu Anfiarao,
e morto, si tenne celato a tutti, salvo che alla moglie Erifile, fig.
di
Talao e sorella di Adrasto, il quale, per iscopri
elato a tutti, salvo che alla moglie Erifile, fig. di Talao e sorella
di
Adrasto, il quale, per iscoprire il cognato, le d
i Adrasto, il quale, per iscoprire il cognato, le diede un bel monile
di
oro e gemmato, fatto da Vulcano ; ed ella di quel
, le diede un bel monile di oro e gemmato, fatto da Vulcano ; ed ella
di
quel dono invaghita tradì il consorte. Anfiarao i
no invaghita tradì il consorte. Anfiarao impose al figliuolo Alcmeone
di
vendicar dopo la sua morte il tradimento della ma
so afferma ch’egli avea trovata la medicina, e che conosceva la virtù
di
ciascun’erba ; nel che gliantichi facevan consist
attribuisce l’invenzione della medicina oculare. Da non pochi luoghi
di
Omero si scorge che ad Apollo attribuivan gli ant
i, come a Diana, quelle delle femmine. Così Ecuba assomiglia il corpo
di
Ettore ad un fiore, che Apollo uccide co’ dolci s
nti. Eurito, nell’Odissea, muore repentinamente, perchè avendo osato
di
venire a contesa con Apollo sulla perizia nel man
cose dissero i poeti, perchè alle volte il calore del sole è cagione
di
subitanee morti. Ad Apollo poi, come a Dio della
ardi uccisero il mostruoso Pitone ed i Ciclopi, come pure i figliuoli
di
Niobe. Da Orazio(1) chiamasi Febo tremendo per l’
l gigante Tizio, avendo usato poco rispetto a Latona, fu dalle saette
di
Apollo ucciso e condannato nel tartaro ad occupar
aette di Apollo ucciso e condannato nel tartaro ad occupare lo spazio
di
ben nove iugeri collo smisurato suo corpo. Altri
iugeri collo smisurato suo corpo. Altri dicono che fu da Giove ucciso
di
un fulmine. Morto Ettore, l’indomito Achille, app
un fulmine. Morto Ettore, l’indomito Achille, appressandosi alle mura
di
Troia, con gran voce diceva ch’egli solo bastava
eva ch’egli solo bastava ad espugnare quella città infelice. Sdegnato
di
ciò Apollo prende la figura di Paride e coll’inev
ugnare quella città infelice. Sdegnato di ciò Apollo prende la figura
di
Paride e coll’inevitabile suo strale mortalmente
Apollo diresse il suo dardo. Infine è certo che principale attributo
di
Apollo è l’arco ed il turcasso ; da che ebbe i so
ttributo di Apollo è l’arco ed il turcasso ; da che ebbe i soprannomi
di
Arciero, di Ecaergo, o che colpisce da lungi, e p
Apollo è l’arco ed il turcasso ; da che ebbe i soprannomi di Arciero,
di
Ecaergo, o che colpisce da lungi, e più altri ; i
tri ; i quali dinotano che il sole co’ suoi raggi che sono gli slrali
di
Apollo, da lontano fa sentire la sua influenza. S
da Vulcano e l’arco e le sue frecce inevitabili. Sotto la protezione
di
Apollo erano inoltre i fondatori delle città ; e
le colonie o fondar doveano qualche città, eran soliti presso i Greci
di
consultare l’oracolo di Delfo sì riguardo al luog
ano qualche città, eran soliti presso i Greci di consultare l’oracolo
di
Delfo sì riguardo al luogo ed al modo d’impadroni
re l’impresa(1). Callimaco(2) afferma che Apollo non solo era maestro
di
fondare città, ma che n’era pure fondatore egli s
era pure fondatore egli stesso. Quindi molte città si davano il vanto
di
avere avuto questo Nume a fondatore, e Cirene, e
ne, e Tere o Terea, e Carne, e Nasso in Sicilia, e Delo specialmente,
di
cui parlando il poeta fa menzione dell’ara cornea
a Apollo, ed una delle maraviglie del mondo. Era essa tutta costrutta
di
corna di capra che Diana ucciso avea sul monte Ci
ed una delle maraviglie del mondo. Era essa tutta costrutta di corna
di
capra che Diana ucciso avea sul monte Cinto, le q
ai ingegnosamente dispote ed intrecciate insieme senza alcuna maniera
di
cemento. Una tradizione attribuiva ad Apollo la c
emento. Una tradizione attribuiva ad Apollo la costruzione delle mura
di
Megara ; e si vuole che avesse aiutato Alcatoo, f
ne delle mura di Megara ; e si vuole che avesse aiutato Alcatoo, fig.
di
Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una dell
gara ; e si vuole che avesse aiutato Alcatoo, fig. di Pelope e nipote
di
Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quell
, fig. di Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una delle fortezze
di
quella città, ove a tempo di Pausania mostravasi
Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quella città, ove a tempo
di
Pausania mostravasi ancora la pietra, sulla quale
lira, e che da quell’istante rendeva toccata un suono simile a quello
di
questo strumento. Il dice Ovidio(3). Quando fè f
si non fu muto ; Ma da marmo o d’acciar percosso alquanto Puro rendea
di
quella cetra il canto. Anguillara. Era pure Dio
gge. Quindi chiamossi Nomio o pastorale fin da che guardò gli armenti
di
Admeto. Se gl’immolava il lupo, ch’è animale pern
, Apollo : Nel tenebroso fondo d’una torre, Ove mai non entrò raggio
di
Apollo. Secondo Macrobio, il Sole era adorato da
do Macrobio, il Sole era adorato dagli antichi sotto varii nomi, come
di
Bacco, di Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sol
o, il Sole era adorato dagli antichi sotto varii nomi, come di Bacco,
di
Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sole era il B
era adorato dagli antichi sotto varii nomi, come di Bacco, di Apollo,
di
Mercurio ecc. E forse il Sole era il Baal o Belo
incipio dal culto del sole, e che quest’astro fosse stato la divinità
di
quasi tutte le antiche nazioni. Avea i suoi tempi
acrificii, e si diceva fig. d’Iperione, mentre Apollo riputavasi fig.
di
Giove e di Latona. Omero il fa figliuolo d’Iperio
e si diceva fig. d’Iperione, mentre Apollo riputavasi fig. di Giove e
di
Latona. Omero il fa figliuolo d’Iperione e di Eur
utavasi fig. di Giove e di Latona. Omero il fa figliuolo d’Iperione e
di
Eurifessa ; ed Esiodo, d’Iperione e di Tia o Tea.
o il fa figliuolo d’Iperione e di Eurifessa ; ed Esiodo, d’Iperione e
di
Tia o Tea. Cicerone(4) numera cinque Soli ; il pr
e e di Tia o Tea. Cicerone(4) numera cinque Soli ; il primo figliuolo
di
Giove e nipote dell’ Etere ; il secondo, d’Iperio
lo di Giove e nipote dell’ Etere ; il secondo, d’Iperione ; il terzo,
di
Vulcano, fig. del Nilo, al quale gli Egiziani ave
lcano, fig. del Nilo, al quale gli Egiziani avean consacrata la città
di
Eliopoli ; il quarto che in Rodi ebbe per figliuo
ell’isola Eèa in un superbo palagio che sorgeva in mezzo ad una selva
di
annose querce. Da Omero chiamasiDiva terribile, d
ed egli racconta che, approdato Ulisse a quell’isola, ebbe il dolore
di
vedersi molti suoi compagni trasformati in porci
dolore di vedersi molti suoi compagni trasformati in porci per virtù
di
alcuni di lei farmaci, ed al tocco della sua magi
vedersi molti suoi compagni trasformati in porci per virtù di alcuni
di
lei farmaci, ed al tocco della sua magica verga.
o sarebbe accaduto ad Ulisse, se Mercurio non gli avesse dato un’erba
di
stupenda virtù, chiamata moli (μωλυ, moly)(1). «
(μωλυ, moly)(1). « Bruna, dice Omero, N’è la radice, il fior bianco
di
latte ; Moli i Numi la chiamano : resiste Alla m
suolo Staccarla ; ai Dei che tutto ponno, cede. Pindem. Colla virtù
di
quest’erba sciolse Ulisse l’incanto, ed ottenne d
i immondi, come sono tutt’i voluttuosi. Per modo proverbiale la tazza
di
Circe si adopera da Cicerone(3) per dinotare un u
ente veggasi cambiato in altro. Dicono dippiù(4) che desiderosa Circe
di
vendicare alcuni torti ricevuti da Scilla, bellis
di vendicare alcuni torti ricevuti da Scilla, bellissima ninfa, fig.
di
Forco e di Cretide, con alcuni suoi magici farmac
re alcuni torti ricevuti da Scilla, bellissima ninfa, fig. di Forco e
di
Cretide, con alcuni suoi magici farmaci avvelenò
anza, subito sentì cangiarsi la metà inferiore del suo corpo in forma
di
rabbiosi cani. Della quale sua deformità forte ve
forte vergognandosi, gettossi nel mare presso la Sicilia, e per opera
di
Glauco fu convertita in dea marina. Scilla era un
assorbiva i vascelli con rumoreggiare spaventoso ; da ciò la finzione
di
Omero, che Scilla, mostro marino, presso alla Sic
la, mostro marino, presso alla Sicilia, avea divorato alcuni compagni
di
Ulisse ; e da ciò pure quella rabbia Scillea di V
orato alcuni compagni di Ulisse ; e da ciò pure quella rabbia Scillea
di
Virgilio(1). Circe ancora(2) avverti Ulisse che s
gran numero tra buoi e pecore pe’fertili campi della Sicilia ed eran
di
loro natura immortali. Venivan guidati al pascolo
Fetusa e Lampezie, fig. del Sole, e della ninfa Neera. Ma i compagni
di
quell’eroe, mentre esso dormiva, vinti dalla fame
to al Sole che pregò Giove a punir quell’oltraggio ; e ciò fu cagione
di
gravi disastri all’infelice Ulisse. XVI. Conti
rora e la Notte. I solari destrieri erano bianchi e tutti sfolgoranti
di
luce. Son essi Eoo, cioè l’orientale, Eto, o l’ar
so a tuffarsi nel mare che colora delle sue vampe. I Greci asserivano
di
sentire un certo rumore verso occidente, allorchè
discendere in esso il Sole. Da questa opinione ebbe origine la favola
di
considerare il Sole come un Nume portato sul cocc
occhio, dopo essere stato trasportato pel settentrione all’oriente su
di
un vascello d’oro, lavoro misterioso di Vulcano.
l settentrione all’oriente su di un vascello d’oro, lavoro misterioso
di
Vulcano. Quindi cantò l’Ariosto : Il Sole appena
. Quindi cantò l’Ariosto : Il Sole appena avea il dorato crine Tolto
di
grembo alla nutrice antica. Ed altrove : Era ne
’ora che traea i cavalli Febo del mar con rugiadoso pelo ; E l’Aurora
di
fior vermigli e gialli Venia spargendo d’ogn’into
l sole, che apriva le porte rosseggianti dell’oriente e le sale piene
di
rose(1). Percui cantò il nostro Torquato : Già l
incontrano siffatte comparazioni. Omero spesso l’addita cogli epiteti
di
figliuola del mattino (ηως ηριγενεια), di Dea dal
esso l’addita cogli epiteti di figliuola del mattino (ηως ηριγενεια),
di
Dea dalle rosee dita (ροδοδακτυλος), e dall’ aure
ς). Nell’Odissea(2) si rappresenta nell’atto che sorge dall’oceano su
di
un cocchio a due cavalli, Lampo e Fetonte, i qual
te, quantunque candida si appella, come Virgilio(1) la rappresenta su
di
un cocchio con due rosei cavalli, benchè la dica
alla bella luce del giorno nascente. Or l’Aurora fu fig. d’Iperione e
di
Tea, la quale era fig. del Cielo e della Terra(2)
di Tea, la quale era fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperione e
di
Eurïfessa(3) ; o di Titano e della Terra ; o di P
fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperione e di Eurïfessa(3) ; o
di
Titano e della Terra ; o di Pallante, detta perci
a(2) ; o d’Iperione e di Eurïfessa(3) ; o di Titano e della Terra ; o
di
Pallante, detta perciò Pallantiade (4). Chiamossi
n gran velo sulla testa rivoltato indietro, e dice che colle sue dita
di
rose apre le porte dell’oriente ; e ch’ ella vers
iede sul suo tirato da due cavalli bianchi, secondo Teocrito, o color
di
rosa, secondo Virgilio. Marito dell’ Aurora fu Ti
ndo Virgilio. Marito dell’ Aurora fu Titono, fratello, o meglio, fig.
di
Laomedonte e fratello di Priamo. Fu uomo di grand
’ Aurora fu Titono, fratello, o meglio, fig. di Laomedonte e fratello
di
Priamo. Fu uomo di grande bellezza, ed ottenne da
fratello, o meglio, fig. di Laomedonte e fratello di Priamo. Fu uomo
di
grande bellezza, ed ottenne da Giove(6) il dono d
ero anche dalla vecchiezza, il povero Titono dovea tollerare i disagi
di
un’ età decrepita senza che potesse morire ; tant
decrepita senza che potesse morire ; tanto che si dice la vecchiezza
di
Titone per una età molto inoltrata. Or egli avea
una età molto inoltrata. Or egli avea avuto dall’ Aurora un figliuolo
di
grande bellezza, chiamato Mennone, che recò socco
ercui da Catullo si chiama l’Etiope Mennone, e da Properzio la reggia
di
Mennone si pone per l’Etiopia. Presso Troia uccis
di Mennone si pone per l’Etiopia. Presso Troia uccise Antiloco, fig.
di
Nestore, ed egli stesso fu ucciso da Achille. Tit
o fu ucciso da Achille. Titono ne fu sì dolente che dagli Dei ottenne
di
esser cangiato in cicala. La madre poi pianse ama
mente l’estinto figliuolo, ed il piange tuttavia, giacchè le gocciole
di
matutina rugiada che cadono sull’ erba e sui fior
liuolo Mennone(1). Dalle ceneri dell’estinto Mennone uscì gran numero
di
uccelli, detti Mennonidi (Memnonides), i quali og
(Memnonides), i quali ogni anno dall’ Etiopia si recavano al sepolcro
di
lui, e dopo molti disperati lai, combattendo fra
rse era l’Amenofi degli Egiziani, o sia il sole nascente divinizzato,
di
cui è celebre la statua colossale in Tebe di Egit
le nascente divinizzato, di cui è celebre la statua colossale in Tebe
di
Egitto, la quale(3), quando era illuminata da’pri
gi del sol nascente, formava un suono articolato. XVII. Iconologia
di
Apollo. Nel Museo Borbonico vi è una statua d
XVII. Iconologia di Apollo. Nel Museo Borbonico vi è una statua
di
Apollo detta da Winckelmann la più bella fra le s
una statua di Apollo detta da Winckelmann la più bella fra le statue
di
questo nume ; e la sua testa, il colmo dell’umana
umana bellezza. Esso in piedi e con le gambe incrocicchiate è in atto
di
unire il canto al dolce suono della sua lira. Un
dolce suono della sua lira. Un cigno sta a’ suoi piedi. Gli abitanti
di
Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di
piedi. Gli abitanti di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera
di
un loro concittadino che visse a tempo di Dedalo.
una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino che visse a tempo
di
Dedalo. Il Nume teneva l’arco nella destra, e nel
le tre Grazie, la prima con una lira, la seconda col flauto, e quella
di
mezzo con la sampogna in bocca. La magnifica stat
a di mezzo con la sampogna in bocca. La magnifica statua dell’ Apollo
di
Belvedere ritrovata fra le rovine di Anzio, antic
La magnifica statua dell’ Apollo di Belvedere ritrovata fra le rovine
di
Anzio, antica città d’Italia, verso la fine del s
diglione del Belvedere in Vaticano, donde trae il suo nome. Alla pace
di
Tolentino nel 1797 fu trasportata in Francia ; ma
ritornò nel Vaticano. È verisimile che fra le statue della Casa aurea
di
Nerone tolte alla Grecia vi fosse anche questa, l
sibile. Questa mirabile statua tanto supera tutti gli altri simulacri
di
quel nume, quanto l’Apollo di Omero è più grande
tanto supera tutti gli altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo
di
Omero è più grande di quelli descritti dagli altr
i altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo di Omero è più grande
di
quelli descritti dagli altri poeti. Il complesso
imavera eterna, qual regnà ne’ beati Elisî, spande sulle virili forme
di
un’età perfetta i tratti della piacevole gioventù
rzi sull’altera struttura delle sue membra…… Gli occhi suoi son pieni
di
quella dolcezza che mostrar suole allorchè le cir
e e più altre parole ; nell’estasi della sua ammirazione per l’Apollo
di
Belvedere, diceva il ch. Winckelmann. E l’immorta
appena si affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e nel labbro
di
sotto alquanto sporto in fuori, non giunge ad osc
sguardi, e la faretra appesa agli omeri sembra che, secondo la frase
di
Omero, suoni sulle spalle del Dio sdegnato. Un’et
fonde mollemente sul suo mollissimo corpo, così giudiziosamente misto
di
agilità, di vigore, di eleganza, che vi si vede i
ente sul suo mollissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità,
di
vigore, di eleganza, che vi si vede il più bello,
o mollissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore,
di
eleganza, che vi si vede il più bello, il più att
vi si vede il più bello, il più attivo degli Dei, senza la morbidezza
di
Bacco, e senza le affaticate musculature di Ercol
Dei, senza la morbidezza di Bacco, e senza le affaticate musculature
di
Ercole, ancorchè deificato. L’aurea sua clamide s
ide si allaccia gentilmente sull’omero destro, ed i piedi sono ornati
di
bellissimi calzari, forse di quel genere che dai
ull’omero destro, ed i piedi sono ornati di bellissimi calzari, forse
di
quel genere che dai Greci si appellavanosandalia
quel genere che dai Greci si appellavanosandalia leptoschide, sandali
di
sottili strisce ec. » In questa statua chi ravvis
tri, dopo la strage che fece degli orgogliosi giganti, o de’figliuoli
di
Niobe ; e chi dopo l’uccisione del serpente Piton
i di Niobe ; e chi dopo l’uccisione del serpente Pitone. Molte statue
di
Apollo avevano il capo coronato di alloro ; e son
del serpente Pitone. Molte statue di Apollo avevano il capo coronato
di
alloro ; e sono ovvii in esse i capelli raccolti
, il Zodiaco, e simili. Così in una pietra antica è inciso il colosso
di
Rodi, opera di Carete Lindio e di Lachete, ed una
simili. Così in una pietra antica è inciso il colosso di Rodi, opera
di
Carete Lindio e di Lachete, ed una delle maravigl
a pietra antica è inciso il colosso di Rodi, opera di Carete Lindio e
di
Lachete, ed una delle maraviglie del mondo, alto
lie del mondo, alto 105 piedi, ch’era allogato all’ingresso del porto
di
Rodi. Da una parte si vede la testa del simulacro
porto di Rodi. Da una parte si vede la testa del simulacro circondata
di
raggi, come rappresentavasi il Sole o Febo Apollo
a il cocchio, che corre sì veloce le strade del cielo(1). I due piedi
di
questa famosa statua di bronzo poggiavano sopra i
sì veloce le strade del cielo(1). I due piedi di questa famosa statua
di
bronzo poggiavano sopra i due moli che formavano
a statua di bronzo poggiavano sopra i due moli che formavano il porto
di
Rodi ; e le navi a vele gonfie passavano liberame
melli. Nel dipingere Apollo i poeti ed i pittori adoperano ogni fiore
di
bellezza. Egli va superbo per la bella sua chioma
o per la bella sua chioma lunghissima(2), che portava tutta profumata
di
odorosi unguenti e di assirio nardo. Secondo Call
oma lunghissima(2), che portava tutta profumata di odorosi unguenti e
di
assirio nardo. Secondo Callimaco, avea la clamide
econdo Callimaco, avea la clamide fermata sulle spalle con una fibbia
di
oro ; ed alle volte la veste lunga citaredica, o
dice Tibullo, agli amaranti si unissero bianchi gigli. Alla sinistra
di
lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata di ge
i unissero bianchi gigli. Alla sinistra di lui pendeva la sonora lira
di
oro ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro.
i gigli. Alla sinistra di lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata
di
gemme, opera di mirabil lavoro. La sua eterna gio
nistra di lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata di gemme, opera
di
mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più ca
ra di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più cara per cagione
di
una fiorente avvenenza che ornava le fresche sue
per la quale noi mortali siam sordi(1). XVIII. Principali epiteti
di
Apollo. Apollo arcitenens, cioè arciero, per
ξοφορος, che porta l’arco ; τοξοτης, arciero ; αργυροτοξος, dall’arco
di
argento ; εκαεργος, il lungi saettante, e più alt
one. Gr. προοψιος. Apollo Actius, così detto dal celebre promontorio
di
Azio, ove Augusto vinse Antonio e Cleopatra. Vi a
i detti Actia, che quell’imperatore trasportò a Roma dopo la vittoria
di
Azio. Apollo αλεξικακος, che allontana il male. E
ste, la carestia ed ogni pubblica calamità. E però nel Carme secolare
di
Orazio si fanno preghiere a que’numi per la felic
e’ Branchidi, e che fu bruciato da Serse. Fu così detto da un giovane
di
Tessaglia assai amato da Apollo. Quest’oracolo er
assai amato da Apollo. Quest’oracolo era il più veridico dopo quello
di
Delfo. Apollo Cinzio, Κυνθιος, Cynthius, da Cint
Delfo. Apollo Cinzio, Κυνθιος, Cynthius, da Cinto, monte nell’isola
di
Delo, ove nacquero Apollo e Diana, la quale per c
la quale per ciò fu pur detta Cinzia. Stefano vuole che tutta l’isola
di
Delo un tempo si chiamava Cinto. Apollo Cirreo,
angiò in alloro. Con questo soprannome avea un tempio ed un boschetto
di
alloro presso Antiochia. Chiamavasi pure Dafnefor
ovane ministro, il quale nelle feste Dafneforie portava un ramoscello
di
alloro, con sopra un globo di rame, da cui molti
feste Dafneforie portava un ramoscello di alloro, con sopra un globo
di
rame, da cui molti altri piccoli pendevano. Quest
ano. Queste feste si celebravano ogni nove anni nella Beozia in onore
di
Apollo. Apollo Delfico, Δελφικος, Delphicus, da D
ia in su la lieta Delfica Deità dovria la fronda Peneia, quando alcun
di
se asseta. Apollo Delio, Delius, da Delo, isola
ης, cioè fig. d’Iperione, il quale, secondo alcuni mitologi, era fig.
di
Urano, marito di Tia e padre del Sole, della Luna
perione, il quale, secondo alcuni mitologi, era fig. di Urano, marito
di
Tia e padre del Sole, della Luna e di tutti gli a
logi, era fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, della Luna e
di
tutti gli astri. In Omero trovasi Ηελιος υπεριων,
nio, Latonius, Latous, λητοιδης, appellavasi Apollo, perchè figliuolo
di
Latona. Apollo Licigenete, λυκηγενης, dicesi da
Nomio, Nomius, νομιος, cioè pastorale, forse perchè guidò gli armenti
di
Admeto. Apollo Palatino, Platinus, dicevasi da’
el tempio edificatogli da Augusto sul monte Palatino dopo la vittoria
di
Azio. Apollo Paean, παιαν, così detto o dal verb
a i morbi e li guarisce ; o perchè, quando Latona, partita dall’isola
di
Eubea, co’ suoi figli Apollo e Diana, passando vi
assando vicino all’antro del serpente Pitone, ed uscito questo contro
di
loro, gridò ιω παιαν, ferisci ; il quale grido di
loro, gridò ιω παιαν, ferisci ; il quale grido divenne l’intercalare
di
tutti gl’inni di Apollo (1). Παυδερκης, (a πας, o
αιαν, ferisci ; il quale grido divenne l’intercalare di tutti gl’inni
di
Apollo (1). Παυδερκης, (a πας, omnis, et δερκω, v
o che avea a Patara, antica città dell’ Asia Minore, ove ne’ sei mesi
di
inverno dava i suoi oracoli. Apollo Sosiano, Sos
e Orazio(1) che i Sosii erano i principali. XIX. Alcune altre cose
di
Apollo. M. Fulvio Nobiliore dalla città di Am
XIX. Alcune altre cose di Apollo. M. Fulvio Nobiliore dalla città
di
Ambracia nell’ Epiro, trasportò a Roma le statue
ro, trasportò a Roma le statue delle nove Muse, che allogò nel tempio
di
Ercole. Eumenio(2) dice che Fulvio nella Grecia a
ttime e si dava la morte a’ malfattori(3). Il Liceo, celebre ginnasio
di
Atene destinato all’educazione della gioventù, er
icle. Peana o Peane (παιαν, paean) chiamavasi un inno cantato in onor
di
Apollo, feritore del serpente Pitone, o dopo qual
nare alcuna sciagura. Peani pure chiamavansi gl’inni cantali in onore
di
qualsivoglia altro nume od eroe, quando era immin
’eliotropio o girasole. Clizia, ninfa Babilonese, fig. dell’ Oceano e
di
Teti, avendo commesso non so qual fallo contro di
fig. dell’ Oceano e di Teti, avendo commesso non so qual fallo contro
di
Febo, ne fu sì dolente che ricusò di prender cibo
ommesso non so qual fallo contro di Febo, ne fu sì dolente che ricusò
di
prender cibo, stando sempre cogli occhi rivolti a
onsacrato ad Apollo, perchè col suo canto annunzia il vicino apparire
di
Febo, cioè del Sole. Talora se gl’immolavano degl
o Pausania, anche un toro. I cigni poi chiamansi da Callimaco cantori
di
Febo ; e Plutarco dice che Apollo dilettavasi del
avasi della musica e della voce de’cigni. Platone afferma che l’anima
di
Orfeo avea scelto di abitare nel corpo di un cign
della voce de’cigni. Platone afferma che l’anima di Orfeo avea scelto
di
abitare nel corpo di un cigno. Carme secolare (c
Platone afferma che l’anima di Orfeo avea scelto di abitare nel corpo
di
un cigno. Carme secolare (carmen saeculare) era
e si celebravan da’ Romani con gran pompa per tre giorni al terminare
di
ogni secolo dalla fondazione di Roma. In essi uno
ran pompa per tre giorni al terminare di ogni secolo dalla fondazione
di
Roma. In essi uno scelto coro di giovanetti e di
nare di ogni secolo dalla fondazione di Roma. In essi uno scelto coro
di
giovanetti e di donzelle di cui eran viventi e pa
olo dalla fondazione di Roma. In essi uno scelto coro di giovanetti e
di
donzelle di cui eran viventi e padre e madre (pat
ndazione di Roma. In essi uno scelto coro di giovanetti e di donzelle
di
cui eran viventi e padre e madre (patrimi et matr
e di cui eran viventi e padre e madre (patrimi et matrimi.) al numero
di
ventisette e gli uni e le altre cantavan quel car
umero di ventisette e gli uni e le altre cantavan quel carme in onore
di
Apollo e di Diana, numi tutelari della Repubblica
tisette e gli uni e le altre cantavan quel carme in onore di Apollo e
di
Diana, numi tutelari della Repubblica. Ignorasi i
arà in pregio presso i letterati sino a che si gusterà al mondo fiore
di
poesia. In esso si cantano le lodi de’due figliuo
al mondo fiore di poesia. In esso si cantano le lodi de’due figliuoli
di
Latona e si fanno voti per la felicità dell’imper
loro istituzione vedi Livio e Macrobio, chè noi abbiamo assai parlato
di
Apollo. Diana o la Luna. I.Nomi divers
to rischio Ne porgi aita. Caro Ove vedesi dato alla Luna l’aggiunto
di
regina de’ boschi, ch’era proprio di Diana. Onde
vedesi dato alla Luna l’aggiunto di regina de’ boschi, ch’era proprio
di
Diana. Onde cantò l’Ariosto(2) : O santa Dea che
ll’inferno mostri L’alta bellezza tua sotto più forme ; E nelle selve
di
fere e di mostri Vai cacciatrice seguitando l’orm
mostri L’alta bellezza tua sotto più forme ; E nelle selve di fere e
di
mostri Vai cacciatrice seguitando l’orme. Quindi
tando l’orme. Quindi comunemente si dice che una sola è la figliuola
di
Latona, la quale appellasi Luna nel cielo, Diana
agitta. Noi, per maggior distinzione, ragioneremo in questo articolo
di
Diana – Luna ; nella seconda parte, di Diana prop
ragioneremo in questo articolo di Diana – Luna ; nella seconda parte,
di
Diana propriamente detta ; e nella terza, di Dian
a ; nella seconda parte, di Diana propriamente detta ; e nella terza,
di
Diana-Ecate o Proserpina. Ed in quanto a’ nomi de
condo alcuni deriva dal verbo luceo, quasi Lucina, toltane la sillaba
di
mezzo ; ovvero perchè di notte sola risplende (so
erbo luceo, quasi Lucina, toltane la sillaba di mezzo ; ovvero perchè
di
notte sola risplende (sola lucet). Altri vogliono
vasi Σεληνη da σελας, che vuol dire splendore. II. Storia favolosa
di
questa Dea. La Luna era la più grande divinit
l Sole, percui adoravasi dalla maggior parte degli Orientali col nome
di
Urania o Dea Celeste. Gli Egiziani la chiamavano
E veramente i primi uomini colpiti dalla grandezza e dallo splendore
di
questi due corpi luminosi, agevolmente s’indusser
li Dei che tutte le cose governano. La Luna da Omero ora si dice fig.
di
Pallante, ed ora d’Iperione, e di Eurifessa. Ma E
. La Luna da Omero ora si dice fig. di Pallante, ed ora d’Iperione, e
di
Eurifessa. Ma Esiodo dice che da Iperione e da Te
a notte. Le sue influenze si temeano assai dagli antichi, come quelle
di
una Dea che si mostra solo di notte. Da ciò gl’in
emeano assai dagli antichi, come quelle di una Dea che si mostra solo
di
notte. Da ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale,
e si mostra solo di notte. Da ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale,
di
quelle di Crotone ec. le quali colla virtù de’ lo
a solo di notte. Da ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale, di quelle
di
Crotone ec. le quali colla virtù de’ loro magici
iberare dal drago che volea divorarla ; il che accadeva nell’ecclissi
di
questo corpo celeste, le quali eran riputate come
quali eran riputate come deliquii, cui esso era soggetto per la paura
di
quel mostro ; ed a ciò credevasi poter porgere ai
ura di quel mostro ; ed a ciò credevasi poter porgere aiuto col suono
di
alcuni bronzi percossi(2). Gli antichi confondeva
orte. La Notte si dipingeva qual donna sopra un carro, alata, coperta
di
un gran velo, o di un peplo nero (μελαμπεπλος νυξ
ipingeva qual donna sopra un carro, alata, coperta di un gran velo, o
di
un peplo nero (μελαμπεπλος νυξ, Nox nigro-peplo.
) dipinge la Notte che attacca al suo cocchio i destrieri, ed un coro
di
stelle che il sieguono ; ella si porta dietro il
armonico movimento degli astri, loro attribuivano i poeti una specie
di
ballo ; anzi Luciano(3) afferma che gli astri die
o e della Notte, e fratello della Morte, perchè esso sembra una morte
di
breve tempo. E come il sonno è uno de’più maravig
lpebre . Presso Virgilio(1), il Sonno con un ramo intinto nel liquore
di
Lete stilla il placido riposo negli occhi di Pali
ramo intinto nel liquore di Lete stilla il placido riposo negli occhi
di
Palinuro. Quindi l’Ariosto : Il Sonno venne e sp
Il Sonno venne e sparse il corpo stanco Col ramo intinto del liquor
di
Lete. Callimaco gli dà l’ala Letea ; ed in Ovidi
Letea ; ed in Ovidio(2) la reggia del Sonno è bagnata da un ruscello
di
acqua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era n
uscello di acqua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era nell’isola
di
Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii che gli antichi
ntorni della Campania presso Baia e Pozzuoli, che abitava negli antri
di
quella contrada. In un antro dei Cimmerii Ovidio
a una valletta amena Lontana da cittadi e da villaggi, Che all’ ombra
di
due monti è tutta piena D’antichi abeti e di robu
villaggi, Che all’ ombra di due monti è tutta piena D’antichi abeti e
di
robusti faggi. Il sole indarno il chiaro dì vi me
cacciato ognuno. Il silenzio va intorno e fa la scorta, Ha le scarpe
di
feltro e ’l mantel bruno, Ed a quanti n’incontra
rta, Ha le scarpe di feltro e ’l mantel bruno, Ed a quanti n’incontra
di
lontano, Che non debban venir, cenna con mano. L
il Sonno avea la sua reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva
di
alti papaveri e di mandragore, piante soporifere,
a reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva di alti papaveri e
di
mandragore, piante soporifere, su cui stavan de’
pipistrelli. E presso il Winckelmann(1) la Notte dipingesi colle ali
di
pipistrello. Riferisce Pausania (2), che i Lacede
ii il Sonno e la Morte insieme ; e negli antichi monumenti l’immagine
di
un fanciullo alato col papavero ed una lucerna ra
coprisse quelli che voleva addormentare. Il vediamo pure in sembianza
di
un fanciullo alato immerso nel sonno e col capo a
nno e col capo appoggiato sopra i papaveri, mentre abbraccia la testa
di
un leone sdraiato. Figliuoli del Sonno erano i so
abitavano al vestibolo dell’inferno, onde uscivano per due porte, una
di
corno, dalla quale i veraci, l’altra d’avorio, da
sso che Icelo, mandava i sogni paurosi e si cangiava in istrane forme
di
animali. Gli antichi hanno variamente rappresenta
pra un carro preceduto dagli astri ; ora con grandi ali ; ora coperta
di
un largo e nero velo stellato che tiene con una m
ione – Endimione. Leggesi nel Banier che la prima delle figliuole
di
Urano, chiamata per eccellenza Basilea o la Regin
una, insigni tutti e due per bellezza e per senno. I Titani, fratelli
di
Basilea, temendo che l’impero dell’universo potes
di Basilea, temendo che l’impero dell’universo potesse venire in mano
di
Elio, uccisero Iperione ed annegarono il figliuol
l cercò lungamente, ma indarno ; percui lassa si addormentò alla riva
di
un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplende
indarno ; percui lassa si addormentò alla riva di un fiume, ove sognò
di
vedere il figlio risplendente di una aureola di l
ntò alla riva di un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplendente
di
una aureola di luce e trasformato nella sostanza
i un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplendente di una aureola
di
luce e trasformato nella sostanza del Sole. Selen
rmati in due astri, il Sole e la Luna, ebbero onori divini. Nel fatto
di
Elio si ravvisa il Sole che nel suo tramontare si
ifica il gran fiume che Omero chiama Oceano. E qui è mestieri parlare
di
Endimione, fig. di Etlio, o piuttosto di Giove e
che Omero chiama Oceano. E qui è mestieri parlare di Endimione, fig.
di
Etlio, o piuttosto di Giove e della ninfa Calice,
no. E qui è mestieri parlare di Endimione, fig. di Etlio, o piuttosto
di
Giove e della ninfa Calice, fig. di Eolo. E’ fu p
mione, fig. di Etlio, o piuttosto di Giove e della ninfa Calice, fig.
di
Eolo. E’ fu pastore o cacciatore, ovvero re di El
lla ninfa Calice, fig. di Eolo. E’ fu pastore o cacciatore, ovvero re
di
Elide, il quale dimandò ed ottenne da Giove l’imm
zia e probità, accolto lo avesse in cielo ; ma che, avendo egli osato
di
oltraggiare Giunone, ne fosse stato discacciato e
Luna godeva a rimirarlo dal cielo. E Plutarco pensa che il conversare
di
alcuni Dei cogli uomini, come i Romani finsero di
a che il conversare di alcuni Dei cogli uomini, come i Romani finsero
di
Egeria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e
ei cogli uomini, come i Romani finsero di Egeria con Numa ; i Frigii,
di
Cibele con Ati ; e gli Arcadi, della Luna con End
con Endimione, voleva significare in linguaggio poetico quella specie
di
commercio che la Divinità tiene cogli uomini inte
za ed al conseguimento della vera beatitudine. V. Breve iconologia
di
Diana Luna. Diana, o la Luna, o Selene sovent
a Luna. Diana, o la Luna, o Selene sovente si dipingeva assisa su
di
un carro con una face in mano e colla mezza luna
rappresenta con una fiaccola in mano ; percui le donne ne’ sacrificii
di
questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto, nel
; percui le donne ne’ sacrificii di questa Dea detti Artemia, agl’idi
di
Agosto, nel sacro bosco di Aricia, portavano in m
ficii di questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto, nel sacro bosco
di
Aricia, portavano in mano fiaccole ardenti. Quest
in ambedue le mani. Il che donotava che Selene o Diana Luna illumina
di
notte il mondo, come il Sole, di giorno. Ed in un
ava che Selene o Diana Luna illumina di notte il mondo, come il Sole,
di
giorno. Ed in un bassorilievo(1) si vede la Luna
ull’orizzonte. Il suo cocchio era portato da due cavalli, e nell’arco
di
Costantino a Roma vedesi su di un cocchio con Esp
ra portato da due cavalli, e nell’arco di Costantino a Roma vedesi su
di
un cocchio con Espero che fa le veci di cocchiere
i Costantino a Roma vedesi su di un cocchio con Espero che fa le veci
di
cocchiere. L’immortale Raffaello dipinse la Luna
aretra e le frecce, attributi della Diana de’ Romani. Sopra un gruppo
di
nubi vedesi sul suo cocchio notturno tirato da du
o. In un antico monumento Diana Lucifera o la Luna si dipinge coperta
di
un gran velo seminato di stelle, con una mezza lu
Diana Lucifera o la Luna si dipinge coperta di un gran velo seminato
di
stelle, con una mezza luna sul capo, ed in mano u
elle, con una mezza luna sul capo, ed in mano una face. Nell’articolo
di
Diana diremo altre cose che riguardano l’iconolog
ose che riguardano l’iconologia della Luna. VI. Principali epiteti
di
Diana Luna. Luna bicornis appellasi da Orazi
corno. Da Orazio chiamasi Noctiluca, e regina siderum, che risplende
di
notte, e regina degli astri. Da’ Greci dicevasi ν
olla sua luce la notte. E credo che si chiamò Fascelis non dal fascio
di
legna, in cui Oreste ed Ifigenia portarono avvolt
io di legna, in cui Oreste ed Ifigenia portarono avvolto il simulacro
di
Diana Taurica, come dice il Calepino, ma dal grec
Latmia Luna, dal monte Latmo, nella Caria. VII. Alcune altre cose
di
Diana Luna. Giovenale(3) festivamente descriv
una. Giovenale(3) festivamente descrive l’intollerabile loquacità
di
una donna letterata e saccente, la quale, col sol
io che Rufo pone nel duodecimo rione della città (2). Tacito(3) parla
di
un tempio edificato da Servio Tullio. Gli Arcadi(
a di un tempio edificato da Servio Tullio. Gli Arcadi(4) si vantavano
di
essere al mondo prima della Luna. Heyne(5) crede
ssere al mondo prima della Luna. Heyne(5) crede assai oscuro il senso
di
questa favola ; e Krebsio vuole che forse vi fu u
nel numero delle Dee ; ed ecco gli Arcadi nati prima della Luna, cioè
di
Selene. Bacco I. Nomi dati a questo Nume
Dicevasi pure Iaccus dal greco ιαχω, gridare, per le grida tumultuose
di
coloro che sacrificavano a questo nume. Gli si da
e di coloro che sacrificavano a questo nume. Gli si dava pure il nome
di
Dionisio, o perchè da Giove fu affidato all’educa
ure il nome di Dionisio, o perchè da Giove fu affidato all’educazione
di
Niso, o dall’isola di Nisa ove fu educato. Macrob
o, o perchè da Giove fu affidato all’educazione di Niso, o dall’isola
di
Nisa ove fu educato. Macrobio(7) dimostra che Lib
vuole chiamato Libero dalla voce liberi, figliuoli, perchè figliuolo
di
Cerere. II. Storia favolosa di Bacco. Igin
liberi, figliuoli, perchè figliuolo di Cerere. II. Storia favolosa
di
Bacco. Igino fra’ figliuoli di Giove e di Pro
di Cerere. II. Storia favolosa di Bacco. Igino fra’ figliuoli
di
Giove e di Proserpina annovera anche Bacco o Libe
II. Storia favolosa di Bacco. Igino fra’ figliuoli di Giove e
di
Proserpina annovera anche Bacco o Libero. Diodoro
acchi ; uno Indiano che fu il primo a piantar le viti ; l’altro, fig.
di
Giove e di Proserpina, inventore dell’agricoltura
Indiano che fu il primo a piantar le viti ; l’altro, fig. di Giove e
di
Proserpina, inventore dell’agricoltura ; ed il te
. di Giove e di Proserpina, inventore dell’agricoltura ; ed il terzo,
di
Giove e di Semele, cui i Greci attribuiscono le v
e di Proserpina, inventore dell’agricoltura ; ed il terzo, di Giove e
di
Semele, cui i Greci attribuiscono le vittorie e l
si raccontano. Ampelio dice che vi sono cinque Liberi ; il primo fig.
di
Giove e di Proserpina, il quale fu agricoltore e
no. Ampelio dice che vi sono cinque Liberi ; il primo fig. di Giove e
di
Proserpina, il quale fu agricoltore e trovò il vi
di Proserpina, il quale fu agricoltore e trovò il vino, e fu fratello
di
Cerere ; il secondo, di Merone o Melone, ch’era u
fu agricoltore e trovò il vino, e fu fratello di Cerere ; il secondo,
di
Merone o Melone, ch’era un antico nome del Nilo(4
il secondo, di Merone o Melone, ch’era un antico nome del Nilo(4), e
di
Flora ; il terzo, di Cabito o Cabiro che regnò ne
e o Melone, ch’era un antico nome del Nilo(4), e di Flora ; il terzo,
di
Cabito o Cabiro che regnò nell’Asia ; il quarto,
Flora ; il terzo, di Cabito o Cabiro che regnò nell’Asia ; il quarto,
di
Saturno e di Semele ; ed il quinto di Niso e di E
rzo, di Cabito o Cabiro che regnò nell’Asia ; il quarto, di Saturno e
di
Semele ; ed il quinto di Niso e di Esione. Cicero
he regnò nell’Asia ; il quarto, di Saturno e di Semele ; ed il quinto
di
Niso e di Esione. Cicerone(5)finalmente dice che
ell’Asia ; il quarto, di Saturno e di Semele ; ed il quinto di Niso e
di
Esione. Cicerone(5)finalmente dice che abbiamo pi
. Cicerone(5)finalmente dice che abbiamo più Dionisii ; il primo nato
di
Giove e di Proserpina ; il secondo, dal Nilo il q
5)finalmente dice che abbiamo più Dionisii ; il primo nato di Giove e
di
Proserpina ; il secondo, dal Nilo il quale si dic
stituì le feste Trieteridi. Non veggo però perchè non faccia menzione
di
Bacco, fig. di Giove e di Semele, ch’è più noto d
Trieteridi. Non veggo però perchè non faccia menzione di Bacco, fig.
di
Giove e di Semele, ch’è più noto degli altri. Or
. Non veggo però perchè non faccia menzione di Bacco, fig. di Giove e
di
Semele, ch’è più noto degli altri. Or di tanti Ba
ne di Bacco, fig. di Giove e di Semele, ch’è più noto degli altri. Or
di
tanti Bacchi i poeti hanno fatto un solo, fig. ap
i altri. Or di tanti Bacchi i poeti hanno fatto un solo, fig. appunto
di
Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e di E
di tanti Bacchi i poeti hanno fatto un solo, fig. appunto di Giove e
di
Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Ar
anno fatto un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La quale, fig.
di
Cadmo e di Ermione o Armonia, era incinta di ques
un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e
di
Ermione o Armonia, era incinta di questo fanciull
i Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia, era incinta
di
questo fanciullo. Giunone che la odiava, prese le
ncinta di questo fanciullo. Giunone che la odiava, prese le sembianze
di
una vecchia appellata Beroe, secondo il costume d
e degl’Iddii, i quali, per ingannare i mortali, predevan la sembianza
di
qualche persona loro familiare(1). La vecchia adu
sa maniera, induce Semele a chiedere che Giove le si mostrasse armato
di
fulmini e nello splendore della sua maestà. Divie
splendore della sua maestà. Diviene vaga oltremodo l’incauta giovane
di
tanta visione, e sì ardentemente ne prega Giove c
nto ; ma non sostenne l’infelice quella grandezza e morì o pel timore
di
una folgore che le scoppiò innanzi, o pel fuoco,
cco, e compiuti i nove mesi, fu dato nascostamente ad educare ad Ino,
di
lui zia, perchè fig. di Cadmo e di Armonia, come
esi, fu dato nascostamente ad educare ad Ino, di lui zia, perchè fig.
di
Cadmo e di Armonia, come Semele, e poscia raccoma
o nascostamente ad educare ad Ino, di lui zia, perchè fig. di Cadmo e
di
Armonia, come Semele, e poscia raccomandato alle
di Cadmo e di Armonia, come Semele, e poscia raccomandato alle ninfe
di
Nisa, le quali in un loro antro lo allattarono. A
alle ninfe di Nisa, le quali in un loro antro lo allattarono. Al dir
di
Plinio(2) molti ponevano la città di Nisa nell’ I
oro antro lo allattarono. Al dir di Plinio(2) molti ponevano la città
di
Nisa nell’ India, come pure il monte Mero consacr
o a Giove ; e ch’era fama, in quella esser nato Bacco, ed in un antro
di
detto monte essere stato nudrito ; il che diede l
ro di detto monte essere stato nudrito ; il che diede luogo e materia
di
favoleggiare a’ greci poeti. Strabone(4) afferma
eria di favoleggiare a’ greci poeti. Strabone(4) afferma che la città
di
Nisa era stata edificata da Bacco ; ed il monte M
rastare alla città, e nascervi ellera e viti. Quanto poi alle nutrici
di
Bacco si dee sapere che le stelle le quali sono n
di (Υαδες). Ferecide fu il primo a dire ch’esse sono le ninfe nutrici
di
Baceo, e che chiamavansi pure Dodonidi da Dodona,
lla famosa maga a far lo stesso colle ninfe che nudrito lo aveano ; e
di
fatto per di lei opera tornarono a bellissima gio
ga a far lo stesso colle ninfe che nudrito lo aveano ; e di fatto per
di
lei opera tornarono a bellissima giovinezza. Ma a
furon da Giove convertite in altrettante stelle per sottrarle all’ira
di
Giunone. Ovidio(1) finalmente racconta ch’eran fi
trarle all’ira di Giunone. Ovidio(1) finalmente racconta ch’eran fig.
di
Atlante e di Etra, fig. dell’ Oceano e di Teti, e
a di Giunone. Ovidio(1) finalmente racconta ch’eran fig. di Atlante e
di
Etra, fig. dell’ Oceano e di Teti, e che molto am
mente racconta ch’eran fig. di Atlante e di Etra, fig. dell’ Oceano e
di
Teti, e che molto amavano un lor fratello detto I
a seguì pure cinghiali e feroci leoni. Un giorno, cercando nel covile
di
una lionessa i suoi leoncelli, fu posto a morte c
attogli dalle ninfe. In un vaso dello Spon si vede Mercurio nell’atto
di
affidare Bacco alla ninfa Leucotoe ; ed in un mar
vato dal vino, vi scorse una bellezza, in cui traluceva un non so che
di
divino, tanto che se gli raccomandò fortemente. D
pur legarlo ; ma le catene gli caddero da se, Destatosi il nume disse
di
voler andare a Nasso, ma que’ ribaldi volgono alt
o perchè prestò a questo nume un’ amichevole ospitalità o perchè era
di
viti fra le Cicladi feracissima(1). Allora fu che
a ; e resa immobile la nave, ed i remi e le vele vestite ad un tratto
di
ellera e di corimbi, si vide egli stesso agitare
mmobile la nave, ed i remi e le vele vestite ad un tratto di ellera e
di
corimbi, si vide egli stesso agitare il tirso ing
lera e di corimbi, si vide egli stesso agitare il tirso inghirlandato
di
pampini, ed attorniato stranamente di tigri, di p
agitare il tirso inghirlandato di pampini, ed attorniato stranamente
di
tigri, di pantere e di altri siffatti animali. O
l tirso inghirlandato di pampini, ed attorniato stranamente di tigri,
di
pantere e di altri siffatti animali. O per paura
rlandato di pampini, ed attorniato stranamente di tigri, di pantere e
di
altri siffatti animali. O per paura di questa sub
namente di tigri, di pantere e di altri siffatti animali. O per paura
di
questa subita mutazione, o per un cieco furore ma
ta mutazione, o per un cieco furore mandato loro da Bacco, i compagni
di
Acete saltano nelle acque e son di presente conve
mandato loro da Bacco, i compagni di Acete saltano nelle acque e son
di
presente convertiti in delfini ; ed Acete, riceve
e più esempii riferisce Luciano stesso e Plinio(2), fra’ quali quello
di
Arione è notissimo. Vuolsi pure(3) che sieno molt
) che sieno molto amanti della musica ; e però si disse che col suono
di
musicali strumenti Bacco fece che i Tirreni corsa
lfino fra gli astri. Or Acete giunto a Nasso fu tutto inteso al culto
di
Bacco ; ma pur ebbe a temere del furibondo Penteo
ere, onde uscì libero. Ovidio dice, che Bacco stesso, presa la figura
di
Acete, fu presentato a Penteo, di cui racconterem
, che Bacco stesso, presa la figura di Acete, fu presentato a Penteo,
di
cui racconteremo l’acerbo fato. Bacco era il dio
nteremo l’acerbo fato. Bacco era il dio del vino, e perciò descrivesi
di
un carattere, quale al nume dell’ubbriachezza si
za si conveniva. Eran lungi da lui le cure ed il pianto ; dilettavasi
di
fiori, e cingeva la fronte di corimbi o grappoli
lui le cure ed il pianto ; dilettavasi di fiori, e cingeva la fronte
di
corimbi o grappoli di ellera, i quali, secondo Pl
nto ; dilettavasi di fiori, e cingeva la fronte di corimbi o grappoli
di
ellera, i quali, secondo Plutarco, hanno virtù d’
i quali, secondo Plutarco, hanno virtù d’inebbriare ; e spesso ancora
di
pampini. Vestiva un abito di color d’oro che giun
nno virtù d’inebbriare ; e spesso ancora di pampini. Vestiva un abito
di
color d’oro che giungeva sino a’delicati suoi pie
zzevoli occupazioni che per le guerriere imprese(1). Questo carattere
di
effeminatezza ed i vergognosi disordini delle org
ed i vergognosi disordini delle orgie mossero Penteo a tal dispregio
di
Bacco ed a tanto sdegno per le sue feste, che a t
e, che a tutto potere cercò distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig.
di
Echione e di Agave, fig. di Cadmo. Ovidio il chia
o potere cercò distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig. di Echione e
di
Agave, fig. di Cadmo. Ovidio il chiama dispregiat
distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig. di Echione e di Agave, fig.
di
Cadmo. Ovidio il chiama dispregiatore de’ Numi e
fig. di Cadmo. Ovidio il chiama dispregiatore de’ Numi e specialmente
di
Bacco, ed il dipinge più stranamente furioso, anz
eroce, che non fa Euripide nelle sue Baccanti. Il cieco vate Tiresia,
di
cui Penteo derideva i pronostici, gli avea presag
i avea presagita una morte funesta pel dispregiar che faceva le orgie
di
Bacco ; ma quegli, schernendo i suoi detti, cerca
i dal celebrar que’ misteri, a’ fatti aggiungendo l’onta : esser cosa
di
grande vergogna che uomini avvezzi a non temere i
mici brandi, sien vinti da insani ululati donneschi e da sozzo gregge
di
avvinazzati ; che conveniva alla Tebana gioventù
eniva alla Tebana gioventù impugnar la spada, non il tirso ; coprirsi
di
celata, non di una ghirlanda di ellera ; che pens
na gioventù impugnar la spada, non il tirso ; coprirsi di celata, non
di
una ghirlanda di ellera ; che pensassero all’onor
nar la spada, non il tirso ; coprirsi di celata, non di una ghirlanda
di
ellera ; che pensassero all’onor della patria, e
e l’imbelle straniero, cioè Bacco, senza indugio gli recassero carico
di
catene. Bacco dalla Lidia era venuto a Tebe, ed e
a era venuto a Tebe, ed egli stesso presso Euripide(2) dice che prima
di
ogni altra greca città aveva ripiena Tebe de’ cla
aso, a Bacco ed alle Muse consacrato. All’arrivo del Nume le campagne
di
Tebe, risuonano di festose grida, e la gente a ga
e Muse consacrato. All’arrivo del Nume le campagne di Tebe, risuonano
di
festose grida, e la gente a gara e senza ordine s
teo rampogna i suoi, dileggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze
di
Cadmo, di Atamante e di altri più accesi nell’ira
na i suoi, dileggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze di Cadmo,
di
Atamante e di altri più accesi nell’ira, vola nel
eggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze di Cadmo, di Atamante e
di
altri più accesi nell’ira, vola nel Citerone a fa
più accesi nell’ira, vola nel Citerone a far mal governo de’ seguaci
di
Bacco. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo
, vola nel Citerone a far mal governo de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo
di
quel monte era un luogo nudo di alberi ; quivi, p
verno de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo
di
alberi ; quivi, prima di ogni altra la madre Agav
o. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo di alberi ; quivi, prima
di
ogni altra la madre Agave il crede un mostruoso c
gni altra la madre Agave il crede un mostruoso cinghiale e coll’aiuto
di
Autonoe e d’Ino, di lei sorelle, e di altre Bacca
gave il crede un mostruoso cinghiale e coll’aiuto di Autonoe e d’Ino,
di
lei sorelle, e di altre Baccanti, colle proprie m
ostruoso cinghiale e coll’aiuto di Autonoe e d’Ino, di lei sorelle, e
di
altre Baccanti, colle proprie mani fa in pezzi il
. Il qual fatto atroce fece grande in que’ luoghi il nome e la gloria
di
Bacco. È verisimile che Penteo fosse stato un re
ini ed al pericoloso furore che nelle intere città destavano le orgie
di
Bacco, o sia l’uso soperchio e sregolato del vino
pure sì spaventoso esempio non ritenne altri dal dispregiar le orgie
di
Bacco. Tiresia(1), dopo il fatto di Penteo, avea
nne altri dal dispregiar le orgie di Bacco. Tiresia(1), dopo il fatto
di
Penteo, avea invitato le donne Tebane a fare una
Penteo, avea invitato le donne Tebane a fare una gran festa in onore
di
quel nume, minacciando lo sdegno di lui a chiunqu
ne a fare una gran festa in onore di quel nume, minacciando lo sdegno
di
lui a chiunque avesse ricusato di farla. Quelle d
di quel nume, minacciando lo sdegno di lui a chiunque avesse ricusato
di
farla. Quelle donne corrono volenterose a celebra
o ogni altra lor cura domestica. Erano a que’ dì a Tebe tre figliuole
di
Mineo, fiume di Tessaglia, dette Leuconoe, Alcato
cura domestica. Erano a que’ dì a Tebe tre figliuole di Mineo, fiume
di
Tessaglia, dette Leuconoe, Alcatoe, e Leucippe, l
neschi lavori più che impazzare colle altre ed aver parte a’disordini
di
quelle feste, col racconto di piacevoli novellett
e colle altre ed aver parte a’disordini di quelle feste, col racconto
di
piacevoli novellette alleggerivano la noia della
alleggerivano la noia della fatica. Ma ben tosto pagarono esse il fio
di
tal dispregio, ché il lor lavoro fu turbato da fo
il fio di tal dispregio, ché il lor lavoro fu turbato da forte suonar
di
timpani e di altri strumenti che lor pareva udire
dispregio, ché il lor lavoro fu turbato da forte suonar di timpani e
di
altri strumenti che lor pareva udire. Le misere d
la vendetta del Nume, che mostrasi presente per l’improvviso apparire
di
varie fiere ed il risplendere di cento faci, si a
i presente per l’improvviso apparire di varie fiere ed il risplendere
di
cento faci, si appiattano fuggendo il lume, e fin
tano fuggendo il lume, e finalmente si veggon mutate in brutte figure
di
pipistrelli. Alcuni dicono che quelle donzelle pr
re di pipistrelli. Alcuni dicono che quelle donzelle prese dal furore
di
Bacco lacerarono Ippaso, fig. di Leucippe, e che
che quelle donzelle prese dal furore di Bacco lacerarono Ippaso, fig.
di
Leucippe, e che andarono ad unirsi alle Baccanti,
in pipistrelli cangiate. Eliano dice che le Mineidi erano trè sorelle
di
saviezza, e di onestà, quale a donna ben nata si
cangiate. Eliano dice che le Mineidi erano trè sorelle di saviezza, e
di
onestà, quale a donna ben nata si conviene, le qu
che i sapienti reggitori de’popoli mal volentieri vedevano, il culto
di
Bacco allignare ne’loro paesi. Omero(1) racconta
di Bacco allignare ne’loro paesi. Omero(1) racconta che Licurgo, fig.
di
Driante e re di Tracia, armato di un pungolo da b
re ne’loro paesi. Omero(1) racconta che Licurgo, fig. di Driante e re
di
Tracia, armato di un pungolo da buoi inseguiva le
Omero(1) racconta che Licurgo, fig. di Driante e re di Tracia, armato
di
un pungolo da buoi inseguiva le nutrici di Bacco
nte e re di Tracia, armato di un pungolo da buoi inseguiva le nutrici
di
Bacco e ne faceva mal governo, tanto che furon co
pugnar contro i numi. Igino però racconta che Licurgo, essendo nemico
di
Bacco e non volendolo riconoscere per dio, il cac
a medicina che le umane menti trasforma. Onde reso furioso per ope ra
di
Bacco, la moglie ed il figliuolo uccise, ed esso
antere esposto. Avverso eziandio a Bacco fu Acrisio, re d’ Argo, fig.
di
Abante e padre di Danae. Egli(1) ebbe di Bacco sì
verso eziandio a Bacco fu Acrisio, re d’ Argo, fig. di Abante e padre
di
Danae. Egli(1) ebbe di Bacco sì poca stima, che n
fu Acrisio, re d’ Argo, fig. di Abante e padre di Danae. Egli(1) ebbe
di
Bacco sì poca stima, che non volle riconoscerlo p
ebbe di Bacco sì poca stima, che non volle riconoscerlo per figliuolo
di
Giove ; che anzi, armata mano, gl’impedì ch’entra
Argo ; nè mai permise che nella sua città prendessero piede le orgie
di
quel nume. Parliamo ora d’Icaro e della figliuola
e della figliuola Erigone, che non riportarono gran pro dall’amicizia
di
Bacco, il quale, quando andava per le città mostr
one, lttima e Penelope. Ora a sì buon ospite donò Bacco un otre pieno
di
generoso vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi
eno di generoso vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi ; ed egli su
di
un cocchio con Erigone e col fedel cane Mera andò
e l’uso del novello liquore. Alcuni agricoltori, avendone bevuto fuor
di
misura, caddero in grave letargo ; e credendo che
redendo che Icaro avesse lor data qualche avvelenata bevanda, a colpi
di
bastone l’uccisero. Allora il cane Mera col suo m
egli Dei fu trasportata in cielo e detta la Vergine. Per le preghiere
di
lei Icaro fu cangiato nella costellazione detta B
tato detto cane o canicola pei rabbiosi calori che spesso son cagione
di
pericolose infermità. Or per vendicare la morte d
spesso son cagione di pericolose infermità. Or per vendicare la morte
di
Erigone, Bacco mandò tal morbo agli Ateniesi, che
cadute in gran furore, si davano da loro stesse la morte. Per rimedio
di
tanto male volle l’oracolo che gli Ateniesi punis
re a ciò istituirono certi giuochi, ne’ quali, in memoria della morte
di
Erigone, ad alcuni alberi mettevan de’lacci, a cu
carole e con canti facevan quel giorno più lieto. Anche da Eneo, fig.
di
Partaone e marito di Altea(1), fu lietamente acco
cevan quel giorno più lieto. Anche da Eneo, fig. di Partaone e marito
di
Altea(1), fu lietamente accolto il nostro Bacco,
per sì liberale ospitalità, il regalò della vite e gli additò il modo
di
coltivarla ; che anzi il vino chiamò οινος dall’o
νος dall’ospite ; ma è più verisimile che la favola sia nata dal nome
di
Eneo, ovvero Oeneo che in greco significa vino.
vvero Oeneo che in greco significa vino. V. Propagazione del culto
di
Bacco. Spedizione delle Indie. Ma, ad onta di
pagazione del culto di Bacco. Spedizione delle Indie. Ma, ad onta
di
tante contraddizioni, Bacco trionfò dei nemici, e
ata prese piede e si propagò mirabilmente. Forse Orfeo portò il culto
di
lui dall’Egitto ; il quale per far onore a Cadmo,
ncipe della famiglia Cadmea, qual’era Bacco, le favole e le cerimonie
di
una divinità Egiziana, cioè di Osiride, in guisa
al’era Bacco, le favole e le cerimonie di una divinità Egiziana, cioè
di
Osiride, in guisa che il Bacco de’ Greci era l’Os
adizione poetica, nella guerra de’ giganti Bacco, coperto della pelle
di
una tigre, liberò Giove da’loro assalti, e ne fu
a pezzi ; il che han dovuto i Greci copiare dalla storia della morte
di
Osiride ucciso dal gigante Tifone, suo fratello.
igan ti vollero scacciare Giove dal suo trono, Bacco, presa la figura
di
animoso leone, fece prodigii di valore ed atterrò
dal suo trono, Bacco, presa la figura di animoso leone, fece prodigii
di
valore ed atterrò il gigante Reto, mentre Giove g
« coraggio, mio figlio ! » Ma ciò non si può attribuire al figliuolo
di
Semele, perchè la guerra de’ giganti avvenne molt
lo di Semele, perchè la guerra de’ giganti avvenne molti secoli prima
di
Cadmo. Oltre a ciò ad Osiride era consacrata l’el
Sicolo dice che Osiride fu il primo a trovare la vite nel territorio
di
Nisa, e che avendo scoperto il modo di coltivarla
trovare la vite nel territorio di Nisa, e che avendo scoperto il modo
di
coltivarla, fu il primo a bere il vino, ed agli a
, fu il primo a bere il vino, ed agli altri uomini insegnò la maniera
di
farlo ; cose tutte che convengono a Bacco. Marzia
ano Capella afferma che gli Egiziani indicavano il sole sotto il nome
di
Osiride ; e da Virgilio e da Macrobio sappiamo ch
i ricorda che Osiride dagli Egiziani era rappresentato sotto la forma
di
un toro. Ma niuna cosa meglio dimostra che il Bac
assai esperte nel canto, delle quali era capo Apollo, e da una turba
di
uomini velluti che chiamavansi Satiri ; la quale
acco divenuto adulto partì per l’oriente, fermato avendo in suo cuore
di
portare in que’ lontani paesi la civiltà e l’arte
ndo in suo cuore di portare in que’ lontani paesi la civiltà e l’arte
di
fare il vino. Di questo viaggio fu pur cagione l’
ltà e l’arte di fare il vino. Di questo viaggio fu pur cagione l’odio
di
Giunone, di cui fu Bacco il bersaglio, come gli a
di fare il vino. Di questo viaggio fu pur cagione l’odio di Giunone,
di
cui fu Bacco il bersaglio, come gli altri figliuo
io di Giunone, di cui fu Bacco il bersaglio, come gli altri figliuoli
di
Giove. Così un’altra volta fuggendo lo sdegno di
gli altri figliuoli di Giove. Così un’altra volta fuggendo lo sdegno
di
lei, si addormentò in una campagna, ove fu assali
due teste, detto anfesibena ; ed egli destatosi l’uccise con un colpo
di
sermento. Fu pure per l’odio della Dea che il pov
compagnò Cerere, quando cercava la perduta figliuola. A fine eziandio
di
sottrarsi alle persecuzioni di Giunone, trascorse
la perduta figliuola. A fine eziandio di sottrarsi alle persecuzioni
di
Giunone, trascorse quasi tutta l’Asia seguito da
ioni di Giunone, trascorse quasi tutta l’Asia seguito da un esercito,
di
cui non erasi mai veduto altro più strano. Era es
cito, di cui non erasi mai veduto altro più strano. Era esso composto
di
uomini e di donne, tutti agitati dal divino furor
non erasi mai veduto altro più strano. Era esso composto di uomini e
di
donne, tutti agitati dal divino furore del loro d
o furore del loro duce. Molto han detto i poeti delle Ninfe, compagne
di
Bacco, il quale da Orazio(1) chiamasi signore del
re e Sileno, ebbe compagni in tale impresa i Satiri, i Pani, i Cabiri
di
Samotracia, i Coribanti ed i Cureti, ministri di
ri, i Pani, i Cabiri di Samotracia, i Coribanti ed i Cureti, ministri
di
Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandat
motracia, i Coribanti ed i Cureti, ministri di Cibele. Bacco, vestito
di
porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli
ureti, ministri di Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato
di
pampini e di grappoli di uva, col tirso in mano,
ri di Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e
di
grappoli di uva, col tirso in mano, ed i calzari
. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli
di
uva, col tirso in mano, ed i calzari ricamati d’o
oli di uva, col tirso in mano, ed i calzari ricamati d’oro, sedeva su
di
un cocchio tirato da tigri, o da linci, avendo a
il vecchio Sileno. Questo strano esercito era preceduto da una banda
di
Satiri, ed i soldati invece di armi portavane tir
no esercito era preceduto da una banda di Satiri, ed i soldati invece
di
armi portavane tirsi, cembali, flauti e tamburi,
i e tamburi, mentre le donne aveano le chiome sciolte ed eran vestite
di
pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran c
ri, mentre le donne aveano le chiome sciolte ed eran vestite di pelli
di
tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati d
le donne aveano le chiome sciolte ed eran vestite di pelli di tigri e
di
pantere ; e gli uomini eran coronati di ellera e
n vestite di pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati
di
ellera e di pampini. In una gemma vedesi Bacco su
pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati di ellera e
di
pampini. In una gemma vedesi Bacco su di un cocch
ni eran coronati di ellera e di pampini. In una gemma vedesi Bacco su
di
un cocchio tirato da due centauri, de’quali uno s
centauri, de’quali uno suona il doppio flauto, e l’altro, una specie
di
cembalo, solito a suonarsi ne’ sacrificii di Bacc
o, e l’altro, una specie di cembalo, solito a suonarsi ne’ sacrificii
di
Bacco. Il che finsero per significare che i centa
o in Esichio ch’esso nella sua greca origine significa qualunque cosa
di
figura acuminata e quasi conica, e dinotava pure
que cosa di figura acuminata e quasi conica, e dinotava pure il gambo
di
qualunque frutice. Ma in un senso più ristretto v
di qualunque frutice. Ma in un senso più ristretto vuol dire un’asta
di
legno o bastone attorcigliato di pampini e di ell
enso più ristretto vuol dire un’asta di legno o bastone attorcigliato
di
pampini e di ellera, usato dal nostro nume nelle
retto vuol dire un’asta di legno o bastone attorcigliato di pampini e
di
ellera, usato dal nostro nume nelle sue guerre de
le sue guerre dell’ India, e che i suoi seguaci portavano nelle feste
di
lui ; e perciò lo ritroviamo sì spesso in quasi t
i ; e perciò lo ritroviamo sì spesso in quasi tutte le rappresentanze
di
Bacco. Ne’ soli vasi del Museo Borbon. Ritrovasi
appresentanze di Bacco. Ne’ soli vasi del Museo Borbon. Ritrovasi piú
di
quaranta volte. Si vuole che questo tirso si foss
rozzi Indiani, che non avean cognizione delle armi, giacchè la punta
di
essa asta, o lancia o giavellotto, era celata tra
e combattè con prospero evento ed impose la sua legge a tutt’i popoli
di
quella penisola, da’ quali fu accolto come una di
’Oronte e l’Idaspe, che arrestarono il loro corso, dando all’esercito
di
Bacco di poterli passare a piedi asciutti. In ciò
l’Idaspe, che arrestarono il loro corso, dando all’esercito di Bacco
di
poterli passare a piedi asciutti. In ciò si scorg
re a piedi asciutti. In ciò si scorge copiato il prodigioso passaggio
di
Mosè e del popolo ebreo pel mar rosso. VI. Con
lo ebreo pel mar rosso. VI. Continuazione. Sileno. Mida. Figliuole
di
Anio. Capo e conduttore della festosa schiera
apo, e figuravansi quasi sempre ubbriachi. Sileno poi si credeva fig.
di
Mercurio o di Pan, e di una ninfa ; ed avea la te
ansi quasi sempre ubbriachi. Sileno poi si credeva fig. di Mercurio o
di
Pan, e di una ninfa ; ed avea la testa calva e co
sempre ubbriachi. Sileno poi si credeva fig. di Mercurio o di Pan, e
di
una ninfa ; ed avea la testa calva e cornuta, nas
a, naso grosso e voltato in su, statura piccola e corpulenta con aria
di
viso gioconda, o piuttosto beffarda ; e se gli dà
a. In un cammeo del Museo Borbon. Vedesi un Sileno caudato, assiso su
di
una nebride all’ombra di un albero, cui è sospesa
Borbon. Vedesi un Sileno caudato, assiso su di una nebride all’ombra
di
un albero, cui è sospesa la siringa e due pive. N
abbia omesso le corna, delle quali costantemente son munite le altre
di
lui immagini. Diodoro Sicolo dice che il primo Si
la sua posterit Nel Museo Borb. Vi è un Sileno vecchio, basso, calvo,
di
caricata e truce fisonomia, di barba folta, ispid
Vi è un Sileno vecchio, basso, calvo, di caricata e truce fisonomia,
di
barba folta, ispido e panciuto, come Apuleio desc
satiro Marsia. Or il nostro Sileno era sempre ubbriaco(1) ; percui su
di
un asino, ove a stento si reggeva, accompagnò Bac
accompagnò Bacco nei suoi viaggi e specialmente nelle Indie, coronato
di
edera e con una tazza in mano. Or avvenne un gior
enne un giorno(2) che Sileno addormentatosi non potè seguire l’armata
di
Bacco. Ansi si racconta che il re Mida avea fatto
’armata di Bacco. Ansi si racconta che il re Mida avea fatto un fonte
di
vino per ubbriacare e quindi impadronirsi del buo
ise accordargli qualunque grazia chiesto gli avesse ; ed egli domandò
di
cangiare in oro tutto ciò che toccato avesse. Ma
regò che se gli togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco gli comanda
di
lavarsi nel Pattolo, fiume della Lidia, che da qu
olo, fiume della Lidia, che da quel tempo ebbe l’arena d’oro ; percui
di
cosa preziosa, e di grandi ricchezze dicesi l’oro
ia, che da quel tempo ebbe l’arena d’oro ; percui di cosa preziosa, e
di
grandi ricchezze dicesi l’oro di Lidia, o le ricc
a d’oro ; percui di cosa preziosa, e di grandi ricchezze dicesi l’oro
di
Lidia, o le ricchezze del Pattolo. Il ch. Goguet(
ò dire che tutto converta in oro. Ritrovò pure l’ancora ; e Demodoce,
di
lui moglie, l’arte di coniare le monete. Le ricch
rta in oro. Ritrovò pure l’ancora ; e Demodoce, di lui moglie, l’arte
di
coniare le monete. Le ricchezze di Mida andavano
e Demodoce, di lui moglie, l’arte di coniare le monete. Le ricchezze
di
Mida andavano in proverbio. Egli fu successore di
onete. Le ricchezze di Mida andavano in proverbio. Egli fu successore
di
Gordio, suo padre, che fondò il regno di Frigia.
roverbio. Egli fu successore di Gordio, suo padre, che fondò il regno
di
Frigia. Anio(4), vecchio sacerdote di Apollo, rac
, suo padre, che fondò il regno di Frigia. Anio(4), vecchio sacerdote
di
Apollo, racconta all’amico Anchise la trasformazi
te di Apollo, racconta all’amico Anchise la trasformazione in colombe
di
quattro sue figlie, alle quali avea Bacco data la
in colombe di quattro sue figlie, alle quali avea Bacco data la virtù
di
cangiare in frumento, in vino, o in olio tutto ci
ì non mancassero vettovaglie all’esercito ; ma esse, invocato l’aiuto
di
Bacco, furon cangiate in colombe. VII. Continu
cco, furon cangiate in colombe. VII. Continuazione. Arianna. Feste
di
Bacco. Baccanti. Bacco è spesso chiamato vinc
co oriente domator glorioso. Molti monumenti rappresentano il trionfo
di
Bacco, dopo quella famosa spedizione, di cui han
nti rappresentano il trionfo di Bacco, dopo quella famosa spedizione,
di
cui han cantato tanti poeti, e specialmente Nonno
’suoi Dionisiaci. Ed appunto nel ritorno dalle Indie accadde il fatto
di
Arianna, fig. di Minos, re di Creta, e di Pasifae
Ed appunto nel ritorno dalle Indie accadde il fatto di Arianna, fig.
di
Minos, re di Creta, e di Pasifae. Allorchè Teseo
el ritorno dalle Indie accadde il fatto di Arianna, fig. di Minos, re
di
Creta, e di Pasifae. Allorchè Teseo giunse a Cret
alle Indie accadde il fatto di Arianna, fig. di Minos, re di Creta, e
di
Pasifae. Allorchè Teseo giunse a Creta per pugnar
gnare col Minotauro, quella giovane principessa gl’insegnò la maniera
di
vincerlo, dandogli un gomitolo di filo(1) che ell
e principessa gl’insegnò la maniera di vincerlo, dandogli un gomitolo
di
filo(1) che ella teneva per un capo, stando alla
avea in mano l’eroe Ateniese, il quale, ucciso il mostro, coll’aiuto
di
quel gomitolo, forse dato ad Arianna dallo stesso
o, forse dato ad Arianna dallo stesso Dedalo, potè ritrovare l’uscita
di
quell’inestrigabile luogo. Poscia, temendo l’ira
di quell’inestrigabile luogo. Poscia, temendo l’ira del padre, fuggì
di
Creta insieme con Teseo, il quale, dimentico del
abbandonò l’infelice donzella, mentre dormiva, sulla deserta spiaggia
di
Nasso, isola dell’ Arcipelago. Quivi approdò poco
ondo Omero, Diana stessa trattenne Arianna in quell’isola per volontà
di
Bacco che intendeva menarla in moglie. Le fece po
che intendeva menarla in moglie. Le fece poscia il dono d’una corona
di
oro, che avea ricevuta da Venere. Era essa lavoro
a corona di oro, che avea ricevuta da Venere. Era essa lavoro egregio
di
Vulcano ; e Bacco, dopo la morte di Arianna, la p
a Venere. Era essa lavoro egregio di Vulcano ; e Bacco, dopo la morte
di
Arianna, la pose fra gli astri, ed è una costella
po la morte di Arianna, la pose fra gli astri, ed è una costellazione
di
nove stelle detta dagli astronomi la corona di Ar
ed è una costellazione di nove stelle detta dagli astronomi la corona
di
Arianna, o corona settentrionale, o Gnossia. Seco
oso. Nelle feste baccanali si rappresentava in certa guisa il trionfo
di
Bacco o la spedizione delle Indie. Si vedeva Bacc
lle Indie. Si vedeva Bacco accompagnato dalle Baccanti, da’ suonatori
di
flauto, da donzelle con crotali e timpani in mano
si celebravano da’ Tebani ogni terzo anno con notturni, discorrimenti
di
donne, e con arcane cerimonie sul monte Citerone
onne, e con arcane cerimonie sul monte Citerone ; e perchè si facevan
di
notte, dicevansi nitterne (a νυξ, nox.). I Tracii
i le introdussero nella Grecia, e si contano fra le più antiche orgie
di
Bacco. A questa specie di orgie appartiene la bel
ecia, e si contano fra le più antiche orgie di Bacco. A questa specie
di
orgie appartiene la bellissima comparazione, con
da sacro furore, quando alle orgie trieteriche la chiama l’udito nome
di
Bacco e le notturne grida del Citerone. Questo mo
Bacco ed alle Muse, ed era famoso per le orgie che vi si celebravano
di
notte, tanto che Ovidio(3) il chiama monte fatto
tanto che Ovidio(3) il chiama monte fatto per le cose sacre. Le feste
di
Bacco si chiamavano Baccanali, Dionisiache, e più
osi furori con cui celebravansi dalle Baccanti, le qualì si cingevano
di
serpenti sì la chioma che il resto del corpo(4) ;
i serpenti sì la chioma che il resto del corpo(4) ; andavano coronate
di
edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pell
sì la chioma che il resto del corpo(4) ; andavano coronate di edera e
di
pampini ; sulle spalle aveano una pelle di cervo
davano coronate di edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pelle
di
cervo o di cavriuiolo detta nebide ; e portavano
nate di edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pelle di cervo o
di
cavriuiolo detta nebide ; e portavano in mano il
Alcune fanciulle dette Cistofore portavan le mistiche ceste o panieri
di
Bacco, nei quali, fra le altre cose misteriose, e
ludeva o a’ due aggiunti misteriosi che Orfeo dà a Bacco, chiamandolo
di
tre generazioni (τριγονος), o di tre nature (τριφ
si che Orfeo dà a Bacco, chiamandolo di tre generazioni (τριγονος), o
di
tre nature (τριφυης) ; o alle feste trieteriche.
vede mezzo aperta e pare che n’esca un serpente ; ed è tutta coronata
di
edera. Vi erano pure le Canefore, cioè alcune don
ioè alcune donzelle nobili che portavano piccoli canestri d’oro colmi
di
ogni maniera di frutta ; forse perchè a Bacco era
lle nobili che portavano piccoli canestri d’oro colmi di ogni maniera
di
frutta ; forse perchè a Bacco eran esse consacrat
i licnofori, che portavano il misterioso vaglio (μυστικον λικνον)(3)
di
Bacco, di cui non potevasi fare a meno in tutte l
ri, che portavano il misterioso vaglio (μυστικον λικνον)(3) di Bacco,
di
cui non potevasi fare a meno in tutte le feste di
ικνον)(3) di Bacco, di cui non potevasi fare a meno in tutte le feste
di
lui. Nel tempo poi di queste solennità, una turba
cui non potevasi fare a meno in tutte le feste di lui. Nel tempo poi
di
queste solennità, una turba innumerabile di uomin
ste di lui. Nel tempo poi di queste solennità, una turba innumerabile
di
uomini e di donne vestite in modo assai strano co
Nel tempo poi di queste solennità, una turba innumerabile di uomini e
di
donne vestite in modo assai strano correva per le
lle feste baccanali erano sì vituperevoli e pericolosi che l’anno 568
di
Roma il Senato fu obbligato a proibirne la celebr
u obbligato a proibirne la celebrazione, sebbene non si tennero molto
di
ritornare alla primiera sfrenata licenza di quell
bene non si tennero molto di ritornare alla primiera sfrenata licenza
di
quelle feste obbrobriose. In Atene però, donde pa
che da’ Baccanali o feste Dionisiache si contavano gli anni. In onore
di
Bacco si celebravano pure le feste antesterie, in
hiavi, e tutt’i cittadini si consideravano uguali, come ne’ Saturnali
di
Roma. Le Baccanti si chiamavan pure Bistonidi, ci
pure Bistonidi, cioè donne Tracie, perchè Bistonii erano gli abitanti
di
una parte della Tracia, in cui le orgie principal
to gridare ; Tiadi, o da θυω, celebrare le orgie ; o da una figliuola
di
Cefisso, fiume della Beozia, chiamata Tiade, che
ozia, chiamata Tiade, che fu la prima iniziata nelle misteriose orgie
di
Bacco. VIII. Varie incumbenze di Bacco. Ba
a iniziata nelle misteriose orgie di Bacco. VIII. Varie incumbenze
di
Bacco. Bacco fu il primo che insegnò agli uom
Bacco fu il primo che insegnò agli uomini l’uso del vino, ed il modo
di
colfivare le viti, per cui spesso da’poeti chiama
pel fuoco ; ed in un antico poeta si rappresenta Bacco stesso in atto
di
pigiare le uve (2). Quindi a Nasso, ove egli era
o Bacco, ovvero il vino, generato da igneo seme. Ed in Pellene, città
di
Acaia (3), in onore di Bacco Lamptero si celebrav
, generato da igneo seme. Ed in Pellene, città di Acaia (3), in onore
di
Bacco Lamptero si celebravano alcune feste nottur
i torce accese, e qua e là per le contrade collocavansi crateri pieni
di
vino ; il che, al dire di Diodoro Siculo(4), sign
per le contrade collocavansi crateri pieni di vino ; il che, al dire
di
Diodoro Siculo(4), significava il Sole che in vin
ampelos, così quel poeta(2) favoleggiò che vi fu un tale Ampelo, fig.
di
un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi a
uel poeta(2) favoleggiò che vi fu un tale Ampelo, fig. di un Satiro e
di
una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e
Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici
di
Bacco e forse suo sacerdote, il quale abitava sul
rdote, il quale abitava sull’ Ismaro, monte della Tracia fin da’tempi
di
Omero(3) insigne per le viti. Egli un giorno cadd
li bellicosi della Tessaglia. Il centauro Euritione, avvinazzato fuor
di
misura, come lo erano gli altri commensali, commi
ano gli altri commensali, commise a zioni molto indegne, specialmente
di
quella lieta circostanza, per cui fu maltrattato
pugna de’ Centauri e de’ Lapiti avverte a non oltrepassare i confini
di
un moderato bere. In Bacco vediamo espresso il Pa
vio a coltivar la terra e piantò una vigna ; ed avendo fatto il vino,
di
cui non conosceva la forza, ne bevve sino a resta
aco, come la Scrittura racconta. Ritrovò pure il nostro Bacco il modo
di
estrarre e di apparecchiare il mele ; ed in Eurip
crittura racconta. Ritrovò pure il nostro Bacco il modo di estrarre e
di
apparecchiare il mele ; ed in Euripide(1) leggiam
la terra promessa, ove Mosè condur dovea gl’ Israeliti, avea ruscelli
di
latte e di mele. Ovidio (2) seriamente ci raccont
omessa, ove Mosè condur dovea gl’ Israeliti, avea ruscelli di latte e
di
mele. Ovidio (2) seriamente ci racconta che viagg
ono, percui Bacco, riunite quelle industriose pecchie, ebbe la gloria
di
aver ritrovata l’arte di fare il mele. A Bacco ez
e quelle industriose pecchie, ebbe la gloria di aver ritrovata l’arte
di
fare il mele. A Bacco eziandio si attribuisce l’i
e l’invenzione dell’aratro, percui da Pindaro(3) si chiama assistente
di
Cerere, e da Strabone(4), il genio di Cerere. E g
Pindaro(3) si chiama assistente di Cerere, e da Strabone(4), il genio
di
Cerere. E gli Spartani(5) dicevano che avea pur r
r questa ragione ancora credo che Pausania(6), descrivendo una statua
di
Bacco fatta da Policleto, dice che i coturni che
he i coturni che appartenevano alla tragedia, erano i calzari proprii
di
quel nume, mentre in una mano teneva un vaso da b
ti ed alle gozzoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisce l’invenzione
di
una specie di danza ; e celebre è il tiaso, ch’er
zoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisce l’invenzione di una specie
di
danza ; e celebre è il tiaso, ch’era una danza de
io ; percui Tiasarca era il preside ai tripudii ed a’conviti in onore
di
Bacco. E propriamente per tiaso s’intende una mol
in onore di Bacco. E propriamente per tiaso s’intende una moltitudine
di
tripudianti o di convitati. Il giovinetto Cisso,
. E propriamente per tiaso s’intende una moltitudine di tripudianti o
di
convitati. Il giovinetto Cisso, amico di Bacco, d
moltitudine di tripudianti o di convitati. Il giovinetto Cisso, amico
di
Bacco, danzando avanti a lui, o sia facendo parte
sformato in edera che chiamasi pure cisso (κισσος). IX. Iconologia
di
Bacco. Fanno conoscere Bacco, volto bello ed
ere Bacco, volto bello ed effeminato ; molle delicatezza delle mani e
di
tutte le altre parti del corpo ; corona di pampin
e delicatezza delle mani e di tutte le altre parti del corpo ; corona
di
pampini e di ellera ; bionda e lunga chioma inane
delle mani e di tutte le altre parti del corpo ; corona di pampini e
di
ellera ; bionda e lunga chioma inanellata che gli
a ; bionda e lunga chioma inanellata che gli cade su gli omeri ; vaso
di
oro per uso di bere nella destra : e nella sinist
nga chioma inanellata che gli cade su gli omeri ; vaso di oro per uso
di
bere nella destra : e nella sinistra, il tirso or
oro per uso di bere nella destra : e nella sinistra, il tirso ornato
di
ellera e nella sommità guernito di acuto ferro. C
e nella sinistra, il tirso ornato di ellera e nella sommità guernito
di
acuto ferro. Così Penteo descrive Bacco nella tra
acuto ferro. Così Penteo descrive Bacco nella tragedia delle Baccanti
di
Euripide(1). Egli non meno che Apollo celebravasi
i non meno che Apollo celebravasi per un’eterna bellezza, e pel fiore
di
una gioventù che non veniva mai meno. Quindi da O
eniva mai meno. Quindi da Orazio(2) fu detto candido, epiteto proprio
di
un bel volto ; e le arti del disegno fecero a gar
a natura le forme più leggiadre e più care, le quali con bell’accordo
di
grazia potessero esprimere questa divina giovinez
n bell’accordo di grazia potessero esprimere questa divina giovinezza
di
Bacco. Di una lunga chioma ancora e bellissima ve
e picciole corna che potea levarsi a suo talento : il che era simbolo
di
maestà e di potenza(3)). Tibullo rappresenta Bacc
orna che potea levarsi a suo talento : il che era simbolo di maestà e
di
potenza(3)). Tibullo rappresenta Bacco con dolci
maestà e di potenza(3)). Tibullo rappresenta Bacco con dolci grappoli
di
uva pendenti dalle sue corna. Nella così detta ca
vede un Bacco, le cui bionde chiome son cinte della solita ghirlanda
di
corimbi, i quali intessuti a foggia di serto eran
n cinte della solita ghirlanda di corimbi, i quali intessuti a foggia
di
serto erano indizio di un simulacro di quel nume
irlanda di corimbi, i quali intessuti a foggia di serto erano indizio
di
un simulacro di quel nume (4). Ornato di corona f
bi, i quali intessuti a foggia di serto erano indizio di un simulacro
di
quel nume (4). Ornato di corona fatta di corimbi
oggia di serto erano indizio di un simulacro di quel nume (4). Ornato
di
corona fatta di corimbi che sono i frutti dell’ed
rano indizio di un simulacro di quel nume (4). Ornato di corona fatta
di
corimbi che sono i frutti dell’edera, ed armato d
to di corona fatta di corimbi che sono i frutti dell’edera, ed armato
di
tirso il vide Filostrato il vecchio ; e Callistra
so il vide Filostrato il vecchio ; e Callistrato(5) ammirò una statua
di
Bacco, ch’era avvenente, pieno di delicata mollez
e Callistrato(5) ammirò una statua di Bacco, ch’era avvenente, pieno
di
delicata mollezza, conmolti vezzi negli occhi, e
e, pieno di delicata mollezza, conmolti vezzi negli occhi, e coronato
di
edera, come Euripide il dipinge nelle Baccanti. I
e co’crini raccolti e pendenti a guisa delle donzelle ; ha una corona
di
pampini con grappoli di uva, come il descrive Ovi
ndenti a guisa delle donzelle ; ha una corona di pampini con grappoli
di
uva, come il descrive Ovidio(2), e la mitra sul c
rive Bacco con un vaso nella destra che fors’era il cantaro potatorio
di
Arnobio, ed il tirso nella sinistra. Nell’arca di
l cantaro potatorio di Arnobio, ed il tirso nella sinistra. Nell’arca
di
Cipselo descritta da Pausania vedevasi Bacco con
Nell’arca di Cipselo descritta da Pausania vedevasi Bacco con un vaso
di
oro nella destra ; ed altri artefici gli ponevano
nella destra ; ed altri artefici gli ponevano in mano diverse specie
di
vasi, come il carchesio ed il corno(7). Di Bacco
le scendeva sino a’ teneri piedi(8). I poeti rappresentano il cocchio
di
Bacco tirato o da tigri, o da pantere, o da linci
nte come un grassotto e ben colorito giovane, senza barba, co’capelli
di
un biondo oro, e sovente ancora come un fanciullo
capelli di un biondo oro, e sovente ancora come un fanciullo coronato
di
edera e di pampini. Ha in una mano un tirso ; nel
un biondo oro, e sovente ancora come un fanciullo coronato di edera e
di
pampini. Ha in una mano un tirso ; nell’altra, de
ppoli d’uva, e qualche volta un rython, cioè un vaso da bere in forma
di
corno, o un chantharus, cioè una coppa a due mani
coppa a due manichi. Effigiasi talvolta nudo ; talvolta con una pelle
di
pantera alle spalle ; or sul dosso di Pane, or fr
a nudo ; talvolta con una pelle di pantera alle spalle ; or sul dosso
di
Pane, or fra le braccia di Sileno che fu il suo b
elle di pantera alle spalle ; or sul dosso di Pane, or fra le braccia
di
Sileno che fu il suo balio ; or sopra un carro ci
braccia di Sileno che fu il suo balio ; or sopra un carro circondato
di
edera e di pampini, tirato da due pantere o da du
Sileno che fu il suo balio ; or sopra un carro circondato di edera e
di
pampini, tirato da due pantere o da due tigri ; o
i, tirato da due pantere o da due tigri ; or colle corna in testa, ma
di
oro, come cel rappresenta Orazio ; e sovente come
bei monumenti relativi a Bacco è il vaso d’oro del museo d’antichità
di
Parigi trovato nella città di Rennes. Questo rapp
o è il vaso d’oro del museo d’antichità di Parigi trovato nella città
di
Rennes. Questo rappresenta nel mezzo Bacco ed Erc
un caprone ; Sileno coricato sopra un cammello, e per ultimo un coro
di
musici che assistono alla festa. Ercole comparisc
stato obbligato ad abbandonare a’ Fauni che gli sono accanto, la cura
di
portare l’enorme sua clava, ma non potrebbe regge
n potrebbe reggersi in piedi, se non fosse sostenuto da altri seguaci
di
Bacco. Quanto a questo dio, egli è assiso tranqui
pra il suo carro tirato da pantere ; ha una mano nella testa in segno
di
riposo, e rimira con indifferenza il vinto suo an
ona il cembalo. Vi è un Fauno, dal cui omero sinistro pende una pelle
di
tigre, ed ha in bocca due tibie diritte. Vi è un
dipingere. Presso De La Chausse(1) si dipingono le Baccanti coronate
di
pampini, di edera e di serpenti. In un antico dip
Presso De La Chausse(1) si dipingono le Baccanti coronate di pampini,
di
edera e di serpenti. In un antico dipinto Pompeia
a Chausse(1) si dipingono le Baccanti coronate di pampini, di edera e
di
serpenti. In un antico dipinto Pompeiano vi è un
nella sua conta e bella giovinezza siede maestosamente sopra un trono
di
oro borchiato di gemme, e strato di porpora. Il p
bella giovinezza siede maestosamente sopra un trono di oro borchiato
di
gemme, e strato di porpora. Il peplo che dagli om
iede maestosamente sopra un trono di oro borchiato di gemme, e strato
di
porpora. Il peplo che dagli omeri gli discende si
l peplo che dagli omeri gli discende sino a’piedi è violaceo foderato
di
verde. Il suo solito serto di corimbi gli cinge i
scende sino a’piedi è violaceo foderato di verde. Il suo solito serto
di
corimbi gli cinge i biondi ed intonsi capelli, ed
d armacollo. Colla destra tiene in mano un cratere a due manichi pure
di
oro, e colla sinistra si appoggia al tirso. La pa
La pantera ed i cembali si veggono da un lato e dall’altro del trono
di
questo dio che sta dipinto sopra un fondo rosso(2
o riferisce che Bacco, dopo aver ritrovato il vino, bevea in un corno
di
bue. X. Epiteti principali di Bacco. Acra
ritrovato il vino, bevea in un corno di bue. X. Epiteti principali
di
Bacco. Acratoforo, ακρατοφορος, che porta vi
κρατοφορος, che porta vin puro ; ed Acratapote, ακρατοποτης, bevitore
di
vino puro, sono soprannomi di Bacco. Bassareo, B
; ed Acratapote, ακρατοποτης, bevitore di vino puro, sono soprannomi
di
Bacco. Bassareo, Bassareus, fu detto Bacco dalla
fica volpe, perchè le Baccanti dette Bassaridi, facevano uso non solo
di
pelli di cervo, ma anche di pelli volpine ; o da
e, perchè le Baccanti dette Bassaridi, facevano uso non solo di pelli
di
cervo, ma anche di pelli volpine ; o da βαζω, gri
ti dette Bassaridi, facevano uso non solo di pelli di cervo, ma anche
di
pelli volpine ; o da βαζω, gridare ; o da Bassa,
nutrici. Persio chiama Briseo il poeta Accio a cagion della tragedia
di
Bacco da lui composta ; o perchè i poeti tragici
o da lui composta ; o perchè i poeti tragici sono sotto la protezione
di
quel nume. Bromio, βρομιος, Bromius, così detto
, Ιακλος βουκερος, tauriformis, perchè rappresentavasi o con un corno
di
toro in mano, ch’era l’antica forma de’ vasi per
lo stesso che Bacco, o meglio il sole, che rappresentavasi con testa
di
toro, e faccia di uomo. Edonio, Edonus, dal mont
co, o meglio il sole, che rappresentavasi con testa di toro, e faccia
di
uomo. Edonio, Edonus, dal monte Edon, nella Trac
nella Tracia, ove era singolarmente onorato. Evante o Evan, cognome
di
Bacco, dal grido delle Baccanti evan, che corrisp
che ha una chioma delicata ; κρυσοκομης, dall’aurea chioma ; epiteti
di
Bacco per la sua bella e delicata capellatura. Κρ
bella e delicata capellatura. Κρισσοκομης, e κισσοστεφανος, coronato
di
edera. Plinio(1) dice che Bacco fu il primo a por
ce che Bacco fu il primo a porsi in testa una corona, e che questa fu
di
edera. Leneo, Lenaeus pater, da λυαιος, torchio
uesta fu di edera. Leneo, Lenaeus pater, da λυαιος, torchio da vino,
di
cui credevasi inventore. In onore di Bacco invent
ter, da λυαιος, torchio da vino, di cui credevasi inventore. In onore
di
Bacco inventore del torchio si celebravano le fes
ove Bacco fu educato. Racemifer, cioè Bacco che ha il capo coronato
di
grappoli. Semeleius, Semeleia proles, Bacco, fig
l capo coronato di grappoli. Semeleius, Semeleia proles, Bacco, fig.
di
Semele. Tioneo, Θυωνευς, Thyoneus, fu detto Bacc
che Giove, ad istanza del figliuolo, allogò fra le immortali col nome
di
Tione. Tirsigero, θυρσοφορος, Thyrsiger, Bacco c
οφορος, Thyrsiger, Bacco che porta il tirso. XI. Alcune altre cose
di
Bacco. Niuno ignora l’uso de’ serpenti nelle
altre cose di Bacco. Niuno ignora l’uso de’ serpenti nelle orgie
di
Bacco. Euripide(1) ci fa sapere che Bacco appena
o. Euripide(1) ci fa sapere che Bacco appena nato portò il capo cinto
di
una corona di serpenti ; e Nonno(2) afferma che B
ci fa sapere che Bacco appena nato portò il capo cinto di una corona
di
serpenti ; e Nonno(2) afferma che Bacco, in segno
hè il serpente mutando la spoglia, ringiovanisce. Quindi ne’sacrifizi
di
quel nume un coro di Baccanti in alcune ceste por
o la spoglia, ringiovanisce. Quindi ne’sacrifizi di quel nume un coro
di
Baccanti in alcune ceste portava de’ serpenti, fo
nume un coro di Baccanti in alcune ceste portava de’ serpenti, forse
di
quella specie, che anche mordendo, non nuoce. Alt
do, non nuoce. Altri dicono che non eran mica veri serpenti, ma fatti
di
oro o di altro metallo ; ed il Vossio(3) avvisa c
uoce. Altri dicono che non eran mica veri serpenti, ma fatti di oro o
di
altro metallo ; ed il Vossio(3) avvisa che le scu
isa che le scuriate che quelle strane sacerdotesse tenevano in mano e
di
cui si cingevano, non eran serpenti vivi e veri,
n mano e di cui si cingevano, non eran serpenti vivi e veri, ma fatti
di
cuoio e di crini a guisa di serpenti. Da Cicerone
cui si cingevano, non eran serpenti vivi e veri, ma fatti di cuoio e
di
crini a guisa di serpenti. Da Cicerone e da Ovidi
, non eran serpenti vivi e veri, ma fatti di cuoio e di crini a guisa
di
serpenti. Da Cicerone e da Ovidio(4) sappiamo che
Cicerone e da Ovidio(4) sappiamo che i giovanetti Romani nelle feste
di
Bacco dette Liberalia, prendevano la viril toga,
prendevano la viril toga, e ciò o per indicare la perpetua giovinezza
di
quel nume, o perchè i padri di famiglia volevan p
o per indicare la perpetua giovinezza di quel nume, o perchè i padri
di
famiglia volevan porre sotto la protezione del pa
e (διθυρω). Or da questo suo cognome fu chiamato ditirambo un inno in
di
lui onore. Le poesie ditirambiche a principio can
lui onore. Le poesie ditirambiche a principio cantavansi nelle feste
di
Bacco da uomini invasati dal suo furore, e senza
mini invasati dal suo furore, e senza legge alcuna ; ma Laso, maestro
di
Pindaro, le ridusse ad una forma più regolare. In
iù regolare. In esse, volendosi in certo modo imitare la sregolatezza
di
una mente alterata dal vino, dee regnare una lice
al soperchio suo estro, passa senza legge da una ad un’altra maniera
di
versi. Ciò attesta Orazio(1) di Pindaro ; ed egli
enza legge da una ad un’altra maniera di versi. Ciò attesta Orazio(1)
di
Pindaro ; ed egli stesso in due odi a Bacco(2) pa
la forma esteriore. Degli antichi non vi sono restati esempi perfetti
di
ditirambica poesia, che potessero farci concepire
di ditirambica poesia, che potessero farci concepire una giusta idea
di
siffatto componimento ; ma gl’Italiani vantano il
porre. Da’ poeti ditirambici nacque il proverbio, aver più poco senno
di
un poeta ditirambico, per dinotare un uomo stupid
mbico, per dinotare un uomo stupido e furioso. L’ordinario sacrificio
di
Bacco fu quello di un capro ch’era animale assai
un uomo stupido e furioso. L’ordinario sacrificio di Bacco fu quello
di
un capro ch’era animale assai dannoso alle viti(3
fra le loro divinità tre Dee dette le tre Grazie che finsero compagne
di
Venere. I Greci le chiamarono Cariti (χαριτες) da
gratia ; ed i latini Charites o Gratiae, perchè esse eran la sorgente
di
tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile, di
harites o Gratiae, perchè esse eran la sorgente di tutte le grazie, o
di
quanto vi ha di amabile, di giocondo e di piacevo
e, perchè esse eran la sorgente di tutte le grazie, o di quanto vi ha
di
amabile, di giocondo e di piacevole in tutte le c
se eran la sorgente di tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile,
di
giocondo e di piacevole in tutte le cose. II.
gente di tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile, di giocondo e
di
piacevole in tutte le cose. II. Storia favolos
, di giocondo e di piacevole in tutte le cose. II. Storia favolosa
di
Venere. Venere, una delle più celebri divinit
istinguevano parecchie. Cicerone(3) dice che una era fig. del Cielo o
di
Urano, e della Luce o del Giorno ; l’altra uscita
amata Astarte, che sposò Adone. Or la ninfa Dione, fig. dell’Oceano e
di
Teti, era la madre di Venere, percui Cesare che s
sò Adone. Or la ninfa Dione, fig. dell’Oceano e di Teti, era la madre
di
Venere, percui Cesare che si vantava discendere d
cui Cesare che si vantava discendere da Venere e da Anchise per parte
di
Enea, chiamasi Dioneo da Virgilio(1). I poeti per
ribuiscono ciò ch’è proprio delle altre tre. Omero chiama Venere fig.
di
Giove ; ed Esiodo la dice nata dalla schiuma del
Giove ; ed Esiodo la dice nata dalla schiuma del mare presso l’isola
di
Cipro ; percui Museo(2) la chiama donna e signora
onna e signora del mare ; e da Orazio(3) appella vasi sovrana padrona
di
Cipro, ove nacque ed esercitava in modo particola
ome dea della marina. Plinio(4) riferisce che Augusto pose nel tempio
di
Giulio Cesare un quadro che rappresentava Venere
tempio di Giulio Cesare un quadro che rappresentava Venere nell’atto
di
uscire dalle onde del mare, detta perciò Anadiome
. I pesci che portaron quell’uovo alla riva, e le colombe, ad istanza
di
Venere, furon da Giove allogate tra gli astri ; e
dice Esiodo, nacque Venere, la più bella delle Dee, presso all’isola
di
Cipro, e portata da una conchiglia approdò a Cite
ll’isola di Cipro, e portata da una conchiglia approdò a Citera, cit.
di
quell’isola, ove i fiori e le tenere erbette le g
i e degli Dei. Fu poscia portala da Zeffiro, mentre le Stagioni, fig.
di
Giove e di Temi, l’attendevano sulla spiaggia. Es
ei. Fu poscia portala da Zeffiro, mentre le Stagioni, fig. di Giove e
di
Temi, l’attendevano sulla spiaggia. Esse l’ornaro
osì la condussero all’Olimpo, ove la sua bellezza destò la maraviglia
di
tutt’i numi. Giove volendo dare un compenso a Vul
ie. I poeti, dice Banier, seguendo queste ridenti idee, han procurato
di
vincersi scambievolmente nel descrivere i pregi d
dee, han procurato di vincersi scambievolmente nel descrivere i pregi
di
lei ; ed i pittori e gli scultori, a loro imitazi
o imitazione, ne hanno formato una Dea che in se riunisce quanto vi è
di
più bello e di più amabile. Secondo Lattanzio, Ve
e hanno formato una Dea che in se riunisce quanto vi è di più bello e
di
più amabile. Secondo Lattanzio, Venere non era al
ti ne foggiarono una dea. Ma il Banier ricerca l’origine della favola
di
Venere nella Fenicia. Questa dea, egli dice, era
isole del mediterraneo e nella Grecia, vi recarono eziandio il culto
di
quella dea. Essi dovettero in prima fermarsi a Ci
rmarsi a Cipro ch’è la più vicina alle coste della Siria, ed il culto
di
lei vi fu generalmente abbracciato. Di là andaron
teso parlare. E come i Fenicii che i primi avean recato colà il culto
di
Venere, eran venuti per mare ; così i Greci che p
Fenicii, e vuolsi nata in Tiro, si era maritata con Adone, giovanetto
di
grandissima bellezza, e fig. di Cinira, re di Cip
si era maritata con Adone, giovanetto di grandissima bellezza, e fig.
di
Cinira, re di Cipro. Amava(1) egli oltremodo la c
a con Adone, giovanetto di grandissima bellezza, e fig. di Cinira, re
di
Cipro. Amava(1) egli oltremodo la caccia, e Vener
non occuparvisi troppo pel pericolo delle fiere ch’egli inseguiva. E
di
fatto un giorno sul monte Idalo, di Cipro(2), fu
delle fiere ch’egli inseguiva. E di fatto un giorno sul monte Idalo,
di
Cipro(2), fu mortalmente ferito da un grosso cing
che Apollo, cangiato in cinghiale, avesse ucciso Adone per vendicarsi
di
Venere, la quale avea privato di vista Erimanto,
, avesse ucciso Adone per vendicarsi di Venere, la quale avea privato
di
vista Erimanto, di lui figliuolo, che l’avea vedu
ne per vendicarsi di Venere, la quale avea privato di vista Erimanto,
di
lui figliuolo, che l’avea veduta nel bagno. Alle
giovane Venere accorse, sparse del nettare sulla ferita e dal sangue
di
lui fece nascere un fiore che Bione crede essere
o (ανεμος, ventus). Altri vogliono che l’anemone nacque dalle lagrime
di
Venere, la quale, entrando nella foresta in tracc
a quale, entrando nella foresta in traccia del ferito Adone, la spina
di
un rosaio le punse il piede, ed una goccia del su
ch’eran tutte bianche. Adonie erano feste che si celebravano in onore
di
Adone. In esse tutta la città vestivasi a lutto,
o. Adone avea un tempio insieme con Venere in Amatunta ; e nel tempio
di
Giove Conservatore a Roma avea una cappelletta, o
o. Bione, poeta buccolico, ha fatto un idillio bellissimo sulla morte
di
Adone ; e Teocrito la cantò in versi anacreontici
ia ha il celebre poema del cav. Marini intitolato l’ Adone. La favola
di
Atalanta e d’Ippomene si racconta nelle Metamorfo
nta e d’Ippomene si racconta nelle Metamorfosi(3), insieme con quella
di
Adone. Fu essa figliuola di Scheneo, re di Argo.
nelle Metamorfosi(3), insieme con quella di Adone. Fu essa figliuola
di
Scheneo, re di Argo. Un oracolo avea predetto che
osi(3), insieme con quella di Adone. Fu essa figliuola di Scheneo, re
di
Argo. Un oracolo avea predetto che maritandosi sa
e maritandosi sarebbe stata cangiata in altra forma ; per cui fuggiva
di
dare la mano a chicchessia ed attendeva solo alla
a ch’era velocissima, vinse molti concorrenti, i quali ebbero la pena
di
morte giusta la convenzione. Or Venere ad Ippomen
orte giusta la convenzione. Or Venere ad Ippomene o Ippomedonte, fig.
di
Megaro o di Marte, dato avea tre pomi d’oro colti
la convenzione. Or Venere ad Ippomene o Ippomedonte, fig. di Megaro o
di
Marte, dato avea tre pomi d’oro colti nel giardin
mi d’oro colti nel giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isola
di
Cipro. Il quale con arte gettò nel meglio della c
endo la donzella raccogliere, con tal ritardo diede luogo ad Ippomene
di
giungere prima di lei alla designata meta. In pre
accogliere, con tal ritardo diede luogo ad Ippomene di giungere prima
di
lei alla designata meta. In premio della vittoria
della vittoria sposò egli Atalanta ; ma Venere, cui dimenticato avea
di
rendere le dovute grazie, sdegnata fece che profa
di rendere le dovute grazie, sdegnata fece che profanassero un tempio
di
Cibele, la quale di ciò oltremodo offesa vendicò
grazie, sdegnata fece che profanassero un tempio di Cibele, la quale
di
ciò oltremodo offesa vendicò l’oltraggio, trasfor
, trasformando entrambi in leoni che attaccò al suo cocchio. La corsa
di
Atalanta e d’Ippomene è il soggetto di due belle
taccò al suo cocchio. La corsa di Atalanta e d’Ippomene è il soggetto
di
due belle figure del giardino delle Tuilèries. Qu
linio(1) attesta che i giardini in generale erano sotto la protezione
di
Venere ; e negli orti Sallustiani era un tempio d
otto la protezione di Venere ; e negli orti Sallustiani era un tempio
di
Venere colla iscrizione : « Gli Editui di Venere
i Sallustiani era un tempio di Venere colla iscrizione : « Gli Editui
di
Venere degli orti Sallustiani. » Si racconta che
onato le avesse de’ pomi d’oro co’ ramoscelli. Giunone pregò la Terra
di
poterne piantare ne’ suoi giardini ch’eran vicini
monte Atlante. Ora l’Esperidi ch’eran tre sorelle poste alla guardia
di
detti pomi e fig. di Atlante e di Esperide, fig.
’Esperidi ch’eran tre sorelle poste alla guardia di detti pomi e fig.
di
Atlante e di Esperide, fig. di Espero, ne cogliev
eran tre sorelle poste alla guardia di detti pomi e fig. di Atlante e
di
Esperide, fig. di Espero, ne coglievano spesso ;
oste alla guardia di detti pomi e fig. di Atlante e di Esperide, fig.
di
Espero, ne coglievano spesso ; per cui Giunone li
coglievano spesso ; per cui Giunone li diede in guardia ad un dragone
di
enorme grandezza detto Ladone e nato da Tifone e
etusa ; ma sul loro numero e nome variano i Mitologi. IV. Vittoria
di
Venere sopra Giunone e Minerva, e sue conseguenze
nze nella condotta dell’Iliade e dell’ Eneide. Si è nell’articolo
di
Giunone favellato del fatal pomo della discordia,
olo di Giunone favellato del fatal pomo della discordia, del giudizio
di
Paride e della vittoria che riportò la nostra Dea
on fu la sola cagione che spinse Venere a proteggere l’infelice città
di
Troia, e gli odiati avanzi di essa. Ella da Anchi
se Venere a proteggere l’infelice città di Troia, e gli odiati avanzi
di
essa. Ella da Anchise, principe Troiano e nipote
gli odiati avanzi di essa. Ella da Anchise, principe Troiano e nipote
di
Priamo, che alcuni dicono fig. di Assaraco, e ch’
Anchise, principe Troiano e nipote di Priamo, che alcuni dicono fig.
di
Assaraco, e ch’era bellissimo, avea avuto un figl
tò gli effetti del pernicioso suo sdegno su tutti gli eroi del sangue
di
lei. Ed ecco ne’ due grandi teatri dell’ Iliade e
della Eneide, Giunone e Pallade tutte intese alla finale distruzione
di
Troia ed a spegnere in Enea ogni scitilla di quel
alla finale distruzione di Troia ed a spegnere in Enea ogni scitilla
di
quella città sventurata ; mentre Venere pone in o
lena e i suoi tesori. Si viene al combattimento, e Paride è nel punto
di
essere ucciso da Menelao ; ma Venere fatta accort
e divino, degno degl’immortali. Omero, ella dice, non si è contentato
di
attribuire agli Dei le passioni ed i vizii degli
suoi, che questi Dei inferiori, cioè, avessero i loro corpi, sebbene
di
altra natura che i nostri, e che per ciò potevano
iutati da Nettuno fecero de’ Troiani. Giove interdetto avea agl’Iddii
di
prender parte alla guerra di Troia ; per cui Giun
Troiani. Giove interdetto avea agl’Iddii di prender parte alla guerra
di
Troia ; per cui Giunone scaltramente ottiene il m
a di Troia ; per cui Giunone scaltramente ottiene il misterioso cinto
di
Venere, fingendo che volea avvalersene per compor
reci e fare grande strage de’ Troiani. Rinomato è il misterioso cinto
di
Venere detto zona da’ Greci (ζονη, et κεστος, acu
l quale erano chiuse e raccolte tutte le lusinghe e che avea la virtù
di
rendere amabile chi lo portava, tanto che Luciano
l discorso. Il Tasso ha imitato la descrizione che fa Omero del cinto
di
Venere, quando descrive la cintura di Armida.
crizione che fa Omero del cinto di Venere, quando descrive la cintura
di
Armida. V. Continuazione. Ma i fati traevan
a dover sostenere l’ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti,
di
Marte di Venere, di Apollo e degli altri numi che
ostenere l’ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte
di
Venere, di Apollo e degli altri numi che ne favor
ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte di Venere,
di
Apollo e degli altri numi che ne favorivano la ca
destinato eccidio. Troia cadde e ne fu miserando avanzo il figliuolo
di
Venere e di Anchise, il pio Enea. Il volere del f
ccidio. Troia cadde e ne fu miserando avanzo il figliuolo di Venere e
di
Anchise, il pio Enea. Il volere del fato il porta
Anchise, il pio Enea. Il volere del fato il portava in Italia ; l’ira
di
Giunone a tutto potere volea tenerlo lontano da q
a regione ; e Venere dovè proteggerlo dall’odio ostinato della moglie
di
Giove. Ecco in breve qual figura fa Venere nell’
a ad Anchise(1) che l’ Italia sarebbe stata il termine delle sventure
di
Enea ; ed è noto che Apollo avea presagita la ser
ed è noto che Apollo avea presagita la serie fatale degli avvenimenti
di
quell’eroe, de’ suoi posteri e della nuova città
na flotta dalla Sicilia alla volta del Lazio, una tempesta ad istanza
di
Giunone suscitata da Eolo, fa sì che l’eroe troia
coste della Libia. Di ciò afflitta la madre Venere, cogli occhi molli
di
dolci lagrime, si fa innanzi a Giove sull’Olimpo,
che avrebbe riposto in cielo il magnanimo Enea ; le rivela la nascita
di
Romolo, il quale fondar dovea la gran città di Ma
; le rivela la nascita di Romolo, il quale fondar dovea la gran città
di
Marte e dirla Roma dal suo nome, città ch’esser d
dovea l’eterna imperatrice del mondo ; e le predice infine la gloria
di
Cesare, il quale ripeteva l’origine da Giulio o A
oria di Cesare, il quale ripeteva l’origine da Giulio o Ascanio, fig.
di
Enea e nipote di Venere(1), tanto che nello stemm
l quale ripeteva l’origine da Giulio o Ascanio, fig. di Enea e nipote
di
Venere(1), tanto che nello stemma della famiglia
tanto che nello stemma della famiglia Giulia vedeasi segnato il nome
di
Venere. Per ciò Cesare consacrò a questa Dea il m
gnato il nome di Venere. Per ciò Cesare consacrò a questa Dea il mese
di
Aprile, che Ovidio(2) afferma, essere stato così
. Da siffatte solenni promesse del Padre de’ numi Venere rincorata il
di
vegnente si fece incontro al figliuolo, il quale
pinti. Era ella(3). Donzella a l’armi, a l’abito, al sembiante Parea
di
Sparta, o qual in Tracia Arpalice Leggera e sciol
ompagno Acate distornati fossero o trattenuti, tutti intorno coprilli
di
folta nebbia, la quale allora si disciolse, quand
disciolse, quando riveduti i compagni, si mostrò a Didone sfolgorante
di
singolare dignità e bellezza. Temendo intanto(2),
onsacrata a Giunone, qual’era Cartagine, e per la naturale incostanza
di
una donna, il suo Enea non avesse quivi a ritrova
sacri boschetti del monte Idalo, fa sì che Cupido, preso il sembiante
di
lui, ispirasse a Didone grandissimo amore verso l
pirasse a Didone grandissimo amore verso l’eroe Troiano. Anzi si pose
di
accordo con Giunone, e per diversi fini le nemich
ed Enea in marital nodo si stringano ; Giunone, per impedire ad Enea
di
porre il piede in Italia e fondarvi il destinato
ura la dimora del figliuolo in Cartagine, chè ben sapeva, le promesse
di
Giove e la venuta di Enea nel Lazio non potersi d
liuolo in Cartagine, chè ben sapeva, le promesse di Giove e la venuta
di
Enea nel Lazio non potersi da forza alcuna distor
potersi da forza alcuna distornare. Nettuno intanto, per le preghiere
di
Venere, rende il mare tranquillo, ed Enea, dopo l
a dell’antica Cuma. Quivi colla scorta della Sibilla, pel vicino lago
di
Averno, pone il piede nel buio regno di Plutone,
ella Sibilla, pel vicino lago di Averno, pone il piede nel buio regno
di
Plutone, e Venere manda una coppia di amorose col
o, pone il piede nel buio regno di Plutone, e Venere manda una coppia
di
amorose colombe, che col fausto lor volo gli most
mo. Giunto finalmente Enea nel Lazio, e timorosa la madre pel turbine
di
guerra che addensar si vedeva sul capo del dilett
. Or avendo Giove nel consesso de’ numi imposto a Venere ed a Giunone
di
venire ad amichevole concordia e non più brigarsi
atti degli uomini, Venere rinnova le sue lagnanze pel pernicioso odio
di
Giunone contro i Troiani, per la salute de’ quali
ntro i Troiani, per la salute de’ quali ella supplica, e specialmente
di
Ascanio ; e Giunone dall’altra parte con avventat
lmente di Ascanio ; e Giunone dall’altra parte con avventato discorso
di
tanti mali accagiona i Troiani, e quindi Venere s
ni, e quindi Venere stessa ; percui Giove vedendo che indarno tentava
di
richiamare quelle Dee alla concordia, per non off
determinazioni del fato interamente commette. Arde intanto gran fuoco
di
guerra fra Turno ed Enea per la promessa mano del
; ma vana riesce ogni arte. Allora Venere da Creta portò un cespuglio
di
dittamo, col quale risanò di repente la piaga, pe
llora Venere da Creta portò un cespuglio di dittamo, col quale risanò
di
repente la piaga, percui Enea, ristorate le forze
i Enea, ristorate le forze, ritorna alla pugna, e dopo orrenda strage
di
Rutuli, vittorioso dà morte all’infelice Turno, s
rebbe Il nome de’ Latini, il regno d’Alba, E le mura e l’imperio alto
di
Roma. Caro. Le avventure di Enea sono descritte
regno d’Alba, E le mura e l’imperio alto di Roma. Caro. Le avventure
di
Enea sono descritte nell’Eneide di Virgilio, bel
alto di Roma. Caro. Le avventure di Enea sono descritte nell’Eneide
di
Virgilio, bel poema che pe’ Romani potea dirsi po
l poema che pe’ Romani potea dirsi poema nazionale, come era l’Iliade
di
Omero pe’ Greci. Enea mo rì in una battaglia pres
a mo rì in una battaglia presso il Numicio, fiumicello nella Campagna
di
Roma ; e si disse che Venere, a malgrado di Giuno
fiumicello nella Campagna di Roma ; e si disse che Venere, a malgrado
di
Giunone, l’avesse portato in cielo. Ebbe un tempi
grado di Giunone, l’avesse portato in cielo. Ebbe un tempio alla riva
di
quel fiume, e si numerava fra gli Dei indigeti o
numerava fra gli Dei indigeti o tutelari del paese (1). VI. Corte
di
Venere – Cupido ed Antero – Le Grazie. Imene
Armonia. Orazio (2) descrive Venere accompagnata dalla galante corte
di
Cupido, delle Grazie, della Gioventù e di Mercuri
pagnata dalla galante corte di Cupido, delle Grazie, della Gioventù e
di
Mercurio. Nicearco (3) dipinse Venere in mezzo al
) dipinse Venere in mezzo alle Grazie ed agli Amori. Anche in un inno
di
Omero, nel seguito di Venere si pone la Gioventù
zzo alle Grazie ed agli Amori. Anche in un inno di Omero, nel seguito
di
Venere si pone la Gioventù o Ebe, che Igino dice
nel seguito di Venere si pone la Gioventù o Ebe, che Igino dice fig.
di
Giove e di Giunone, che sposò Ercole in cielo. Ap
o di Venere si pone la Gioventù o Ebe, che Igino dice fig. di Giove e
di
Giunone, che sposò Ercole in cielo. Apuleio poi a
a Imero (Ιμερος). E Venere presso Luciano nel giudizio delle Dee dice
di
avere due belli figliuoli, Imero ed Ero, cioè il
terra preceduta dall’alato Zeffiro, come da suo foriere. E nell’inno
di
Apollo dice Omero che le Grazie intrecciano nell’
rano i numi col dolce lor canto. Era questa la gaia e splendida corte
di
Venere ; ma dei suoi figliuoli il principale era
Da’Greci si appellava Eros (Ερως), come Antero che pur si voleva fig.
di
Venere e di Marte, era il suo contrario, cioè l’A
appellava Eros (Ερως), come Antero che pur si voleva fig. di Venere e
di
Marte, era il suo contrario, cioè l’Amore o l’Ami
roca, o il Contr’Amore. Secondo Cicerone (4), il primo Cupido fu fig.
di
Mercurio e di Diana prima ; il secondo, di Mercur
tr’Amore. Secondo Cicerone (4), il primo Cupido fu fig. di Mercurio e
di
Diana prima ; il secondo, di Mercurio e di Venere
), il primo Cupido fu fig. di Mercurio e di Diana prima ; il secondo,
di
Mercurio e di Venere seconda ; ed il terzo, detto
pido fu fig. di Mercurio e di Diana prima ; il secondo, di Mercurio e
di
Venere seconda ; ed il terzo, detto Antero, di Ve
secondo, di Mercurio e di Venere seconda ; ed il terzo, detto Antero,
di
Venere terza e di Marte. Alcuni lo dicono fig. de
io e di Venere seconda ; ed il terzo, detto Antero, di Venere terza e
di
Marte. Alcuni lo dicono fig. del Caos e della Ter
rza e di Marte. Alcuni lo dicono fig. del Caos e della Terra ; altri,
di
Venere e del Cielo ; ma comunemente si dice nato
li occhi bendati, colle ali, per ciò detto alato, ed aligero ; armato
di
strali, e col turcasso, per cui si chiama il fare
Arciero. Qualche volta vedesi Venere che tiene alta la faretra piena
di
strali, e Cupido che saltando si sforza di afferr
iene alta la faretra piena di strali, e Cupido che saltando si sforza
di
afferrarla. Ne’ vasi di Millin si rappresenta Ven
na di strali, e Cupido che saltando si sforza di afferrarla. Ne’ vasi
di
Millin si rappresenta Venere che abbraccia Cupido
e era la Venere Urania o celeste, è assisa sopra un monticello sparso
di
fiori, veste un gran manto seminato di stelle ed
isa sopra un monticello sparso di fiori, veste un gran manto seminato
di
stelle ed è adorna di pendenti, di collane e di b
o sparso di fiori, veste un gran manto seminato di stelle ed è adorna
di
pendenti, di collane e di braceialetti, ed il fan
iori, veste un gran manto seminato di stelle ed è adorna di pendenti,
di
collane e di braceialetti, ed il fanciullo vi è n
n gran manto seminato di stelle ed è adorna di pendenti, di collane e
di
braceialetti, ed il fanciullo vi è nudo. Spesso q
mare, ed alle volte suona qualche strumento. Egli infine era non solo
di
grande bellezza, ma da Ovidio (1), che ne descriv
rionfo, chiamasi aureo, e si descrive colle ali e le chiome screziate
di
gemme, e su di un cocchio che ha le ruote dorate,
i aureo, e si descrive colle ali e le chiome screziate di gemme, e su
di
un cocchio che ha le ruote dorate, mentre la madr
mo ora alle Grazie. Esse erano le compagne indivisibili e le ministre
di
Venere. Si lavavano nel fonte Acidalio ch’ è pres
nificava che i beneficii debbono essere puri e senza sordida speranza
di
retribuzione. In detta città eran quelle Dee con
ron dette da Pindaro regine della ricca Orcomeno. Quivi Eteocle, fig.
di
Cefisso, fiume che bagna Orcomeno, sacrificò la p
ig. di Cefisso, fiume che bagna Orcomeno, sacrificò la prima volta in
di
loro onore ; e però Teocrito chiama le Grazie, le
ma volta in di loro onore ; e però Teocrito chiama le Grazie, le dive
di
Eteocle. Le Grazie (Χαριτες, Charites) erano tre,
erano tre, Pasitea, Egiale ed Eufrosine, secondo il Boccaccio, e fig.
di
Giove e di Autonoe. Alcuni però le vogliono nate
Pasitea, Egiale ed Eufrosine, secondo il Boccaccio, e fig. di Giove e
di
Autonoe. Alcuni però le vogliono nate da Giove e
caro a tutti. Ed in altro luogo (3), una delle Grazie, ornata il capo
di
eleganti bende, dicesi vezzosa moglie di Vulcano,
delle Grazie, ornata il capo di eleganti bende, dicesi vezzosa moglie
di
Vulcano, ed essa introduce Teti nella magione aff
sa moglie di Vulcano, ed essa introduce Teti nella magione affumicata
di
quel nume. Omero, dice Mad. Dacier, dà per moglie
bro divino. Da Esiodo si appellano Aglaia, Eufrosine e Talia e figlie
di
Giove e della bella Eurinome, una delle Oceanine.
Muse ; ed in Delfo le statue delle Grazie erano collocate alla destra
di
Apollo. Gli abitanti dell’ isola di Delo consacra
razie erano collocate alla destra di Apollo. Gli abitanti dell’ isola
di
Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di
abitanti dell’ isola di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera
di
un loro concittadino. Il nume teneva l’arco nella
Da Orfeo si chiamano madri dell’allegrezza (Χαρμωσυνης γενετειρα) ; e
di
rado facevansi deliziosi banchetti senza invocarl
decoro e l’ornamento dell’olimpo. Omero (1) dice che le due cameriere
di
Nausicaa, fig. di Alcinoo, ricevevano dalle Grazi
to dell’olimpo. Omero (1) dice che le due cameriere di Nausicaa, fig.
di
Alcinoo, ricevevano dalle Grazie la loro bellezza
n numero delle Divinità degli antichi alcuna non vi è che sia vestita
di
più amabili circostanze che le Grazie, dalle qual
uali tutte le altre prendono in prestito, per così dire, quanto hanno
di
amabile e di vezzoso. Esse erano la sorgente di t
altre prendono in prestito, per così dire, quanto hanno di amabile e
di
vezzoso. Esse erano la sorgente di tutto ciò che
sì dire, quanto hanno di amabile e di vezzoso. Esse erano la sorgente
di
tutto ciò che vi è di dilettevole e di gaio in na
di amabile e di vezzoso. Esse erano la sorgente di tutto ciò che vi è
di
dilettevole e di gaio in natura ; esse danno a’ l
ezzoso. Esse erano la sorgente di tutto ciò che vi è di dilettevole e
di
gaio in natura ; esse danno a’ luoghi, alle perso
i avere quel dono, senza il quale ogni altro è inutile, cioè, il dono
di
piacere. Perciò esse avevano più che tutte le alt
iacere. Perciò esse avevano più che tutte le altre Dee un gran numero
di
adoratori : tutti gli stati, tutte le professioni
perzio (1), equivale alle altre « in disgrazia delle Muse, a dispetto
di
Minerva » (Musis iniquis, invita Minerva). E Plut
Minerva). E Plutarco (2) riferisce che, essendo il Filosofo Senocrate
di
volto austero e tetrico, soleva dirgli Platone «
olto austero e tetrico, soleva dirgli Platone « Vedi, caro Senocrate,
di
sacrificare alle Grazie ». Queste Dee per lo più
congiunte, per indicare la concordia degli amici (3). Anacreonte dice
di
loro che spargon rose a piene mani (ροδα βρυουσι)
belle e ridenti, vestite più con garbo che con magnificenza, coronate
di
fiori, con in mano alcune rose senza spine, che v
Un poeta (4) finalmente invita le Grazie a venirne a lui dalla città
di
Orcomeno, ed in prima Aglaia che si distingue al
ngue al lieto e decoroso sembiante ; Talia che ha il sacro capo cinto
di
verdeggiante ghirlanda ; ed Eufrosine, dalle bell
fingon loro compagne. Esiodo le chiama Eunomia, Dice ed Irene, e fig.
di
Giove e di Temi ; ed afferma che le Grazie e Suad
compagne. Esiodo le chiama Eunomia, Dice ed Irene, e fig. di Giove e
di
Temi ; ed afferma che le Grazie e Suada ornarono
i Giove e di Temi ; ed afferma che le Grazie e Suada ornarono Pandora
di
aureo monile, e le Ore, de’ più bei fiori di prim
e Suada ornarono Pandora di aureo monile, e le Ore, de’ più bei fiori
di
primavera. Presso Omero le Ore sono le portinaie
mavera. Presso Omero le Ore sono le portinaie del cielo, e le ancelle
di
Giunone. Presso i Greci esse corrispondevano alle
dici parti uguali, finsero che le Ore fossero dodici sorelle ministre
di
Giove e compagne delle Grazie, che avean cura de’
succinte, come le danzatrici, fino alle ginocchia ; la testa coronata
di
foglie di palma che si raddrizzano. I moderni di
come le danzatrici, fino alle ginocchia ; la testa coronata di foglie
di
palma che si raddrizzano. I moderni di ordinario
; la testa coronata di foglie di palma che si raddrizzano. I moderni
di
ordinario le rappresentano con ali di farfalla, a
a che si raddrizzano. I moderni di ordinario le rappresentano con ali
di
farfalla, accompagnate da Temi, e portanti oriuol
omesse in matrimonio. E le novelle spose consacravano a Venere, prima
di
sposare, i loro fantocci, per indicare che davano
ci, per indicare che davano un addio a’puerilì trastulli. E figliuolo
di
Venere e di Bacco si vuole Imene o Imeneo, dio de
care che davano un addio a’puerilì trastulli. E figliuolo di Venere e
di
Bacco si vuole Imene o Imeneo, dio delle nozze, c
Bacco si vuole Imene o Imeneo, dio delle nozze, che altri dicono fig.
di
Apollo e di Calliope. Catullo (1) l’appella abita
le Imene o Imeneo, dio delle nozze, che altri dicono fig. di Apollo e
di
Calliope. Catullo (1) l’appella abitatore dell’El
tore dell’Elicona e fig. della musa Urania. Egli fu un nobile giovane
di
Atene, di cui fecero il dio delle nozze, nelle qu
Elicona e fig. della musa Urania. Egli fu un nobile giovane di Atene,
di
cui fecero il dio delle nozze, nelle quali assai
va. Catullo stesso, con dolcissimi versi il rappresenta inghirlandato
di
odorosa maggiorana ; col flammeo ch’era un velo g
colore della fiamma, proprio delle novelle spose ; con calzari anche
di
colore giallo, che portavansi dagli uomini studio
ortavansi dagli uomini studiosi del vestire elegante ; e con una face
di
pino in mano, di cui solevan far uso nelle nozze,
omini studiosi del vestire elegante ; e con una face di pino in mano,
di
cui solevan far uso nelle nozze, mentre con sonor
matrimonio. Quindi agli sposi novelli si augurava la sua felicità ; e
di
lui si fece un nume dell’innocenza e del buon cos
’ principali Padri, eran menate loro a casa da certi della plebe, che
di
ciò avevano avuto commissione. Tra le quali si di
avuto commissione. Tra le quali si dice che, essendo stata presa una
di
eccelente bellezza dalla compagnia di un certo Ta
ce che, essendo stata presa una di eccelente bellezza dalla compagnia
di
un certo Talassio ; e domandando molti che la rin
; coloro i quali la menavano, perchè non le fosse fatta violenza, che
di
Talassio era e che a Talassio era menata, rispond
r ricordare alla sposa il dovere ehe ha la donna, quando va a marito,
di
attendere alla fatica ed alle faccende domestiche
voce si adopera spesso a significare le stesse nozze (2). In un inno
di
Omero insieme con Venere e colle Grazie s’introdu
alla collisione (3) ; per cui Eraclito poneva la guerra per principio
di
tutte le cose, che potrebbe essere l’amicizia e l
le fecero de’ doni. Vulcano e Minerva (1) le donarono una veste tinta
di
ogni maniera di vizii e di scelleratezze ; il che
ni. Vulcano e Minerva (1) le donarono una veste tinta di ogni maniera
di
vizii e di scelleratezze ; il che fu cagione di t
e Minerva (1) le donarono una veste tinta di ogni maniera di vizii e
di
scelleratezze ; il che fu cagione di tutt’i delit
tinta di ogni maniera di vizii e di scelleratezze ; il che fu cagione
di
tutt’i delitti de’ posteri di Cadmo. Venere le fe
e di scelleratezze ; il che fu cagione di tutt’i delitti de’ posteri
di
Cadmo. Venere le fece il dono della fatale collan
tti de’ posteri di Cadmo. Venere le fece il dono della fatale collana
di
oro, per la quale Erifile scoprì a Polinice il lu
i oro, per la quale Erifile scoprì a Polinice il luogo, ove Anfiarao,
di
lei marito, erasi nascosto per non andare alla gu
ve Anfiarao, di lei marito, erasi nascosto per non andare alla guerra
di
Tebe, come in altro luogo si è detto. VIII. Lu
era venerato, e che avea sotto la sua tutela, era per esso argomento
di
maggior dignità ; per cui non di rado gli Dei ste
a sua tutela, era per esso argomento di maggior dignità ; per cui non
di
rado gli Dei stessi con un certo sentimento di ia
dignità ; per cui non di rado gli Dei stessi con un certo sentimento
di
iattanza noveravano i luoghi dedicati al lor cult
edicati al lor culto. Cosi la nostra Dea presso Virgilio (2) si vanta
di
esser signora di Amatunta, di Pafo, di Citera e d
lto. Cosi la nostra Dea presso Virgilio (2) si vanta di esser signora
di
Amatunta, di Pafo, di Citera e della città d’Idal
nostra Dea presso Virgilio (2) si vanta di esser signora di Amatunta,
di
Pafo, di Citera e della città d’Idalia. Catullo (
a presso Virgilio (2) si vanta di esser signora di Amatunta, di Pafo,
di
Citera e della città d’Idalia. Catullo (3) chiama
lia del mare e signora del sacro Idalio bosco, delle Assirie pianure,
di
Ancona, di Gnido, di Amatunta, di Golgo e di Dura
e e signora del sacro Idalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona,
di
Gnido, di Amatunta, di Golgo e di Durazzo. Orazio
a del sacro Idalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido,
di
Amatunta, di Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infin
dalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta,
di
Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Vene
, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta, di Golgo e
di
Durazzo. Orazio (4) infine invoca Venere col tito
ta, di Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Venere col titolo
di
regina di Gnido e di Pafo, e la prega ad abbandon
go e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Venere col titolo di regina
di
Gnido e di Pafo, e la prega ad abbandonare per po
azzo. Orazio (4) infine invoca Venere col titolo di regina di Gnido e
di
Pafo, e la prega ad abbandonare per poco la sua d
mo brevemente de’ principali. Amatunta era città marittima dell’isola
di
Cipro, specialmente consacrata a Venere che vi av
frequentato. Il tempio poi eretto a Citera era tenuto pel più antico
di
quanti ne avea questa Dea nella Grecia ; il che d
quanti ne avea questa Dea nella Grecia ; il che dimostra che il culto
di
lei da quella città dovè passare nella Grecia ste
città dovè passare nella Grecia stessa. Era ivi adorata sotto il nome
di
Venere Urania, e gli abitanti erano a lei in part
ti erano a lei in particolar modo consacrati. Presso a quest’isola su
di
una conchiglia approdò Venere già nata dalla spum
approdò Venere già nata dalla spuma del mare. Ma Cipro, isola natale
di
Venere, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luo
a del mare. Ma Cipro, isola natale di Venere, nel Mediterraneo, è più
di
ogni altro luogo celebrata pel culto di quella de
nere, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luogo celebrata pel culto
di
quella dea. Di quest’isola era capitale Pafo, in
uella dea. Di quest’isola era capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio
di
Venere, nel quale, al dir di Virgilio (1), su cen
capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere, nel quale, al dir
di
Virgilio (1), su cento altari bruciavano Sabei in
tari bruciavano Sabei incensi e spargevan grato odore molte ghirlande
di
freschi fiori. Qui Virgilio fa menzione solo d’in
ghirlande di freschi fiori. Qui Virgilio fa menzione solo d’incenso e
di
fiori offerti a Venere, e non di uccise vittime,
irgilio fa menzione solo d’incenso e di fiori offerti a Venere, e non
di
uccise vittime, perchè su gli altari di essa non
fiori offerti a Venere, e non di uccise vittime, perchè su gli altari
di
essa non si spargeva mai sangue e specialmente in
cialmente in Pafo. Tacito racconta che Tito, navigando presso l’isola
di
Cipro, volle visitare il tempio di Venere celebre
che Tito, navigando presso l’isola di Cipro, volle visitare il tempio
di
Venere celebre pel concorso di cittadini e di for
ola di Cipro, volle visitare il tempio di Venere celebre pel concorso
di
cittadini e di forestieri. Le antiche memorie, eg
olle visitare il tempio di Venere celebre pel concorso di cittadini e
di
forestieri. Le antiche memorie, egli dice (2), lo
mare, fosse quivi approdata. Era proibito spargere sangue sull’altare
di
lei, ma solo se le porgevano preghiere e vi ardev
ide. Clemente Alessandrino (3) a proposito riflette che queste figure
di
Venere e di altri Dei e Dee, che non aveano figur
e Alessandrino (3) a proposito riflette che queste figure di Venere e
di
altri Dei e Dee, che non aveano figura umana, era
re e di altri Dei e Dee, che non aveano figura umana, erano argomento
di
assai rimota antichità, in cui non ancora si cono
ento di assai rimota antichità, in cui non ancora si conosceva l’arte
di
dare al legno ed al marmo forme di uomini o di an
cui non ancora si conosceva l’arte di dare al legno ed al marmo forme
di
uomini o di animali. Gnido, città della Caria, er
ra si conosceva l’arte di dare al legno ed al marmo forme di uomini o
di
animali. Gnido, città della Caria, era puro tutta
uomini o di animali. Gnido, città della Caria, era puro tutta propria
di
Venere. In essa un bellissimo bosco di gradevoli
Caria, era puro tutta propria di Venere. In essa un bellissimo bosco
di
gradevoli piante e specialmente di mirti, rendeva
enere. In essa un bellissimo bosco di gradevoli piante e specialmente
di
mirti, rendeva delizioso quel soggiorno e degno d
che vi si adorava. Vi andavano a folla per ammirarne la statua, opera
di
Prassitele e di perfetta bellezza, descritta eleg
a. Vi andavano a folla per ammirarne la statua, opera di Prassitele e
di
perfetta bellezza, descritta elegantemente da Luc
egantemente da Luciano. Plinio (4) afferma che quella statua non solo
di
tutte le altre opere di quell’insigne statuario e
Plinio (4) afferma che quella statua non solo di tutte le altre opere
di
quell’insigne statuario era la più bella, ma che
a simile, e che molti solo per vederla andavano a Gnido. Nicomede, re
di
Bitinia, volea comprarla a patto di pagare tutto
la andavano a Gnido. Nicomede, re di Bitinia, volea comprarla a patto
di
pagare tutto il debito della città ch’era grandis
ch’era grandissimo ; ma que’ generosi cittadini non vollero privarsi
di
un tesoro che avea tanto nobilitato la loro patri
Ciprigna ? o chi mai ha posto sì a mabile avvenenza in un sasso ? Fu
di
Prassitele la mano ; e credo che Venere stessa, a
ndonato l’olimpo, venuta sia ad abitare a Gnido. « Ed in un epigramma
di
Eveno : » Giunone e Pallade, come videro la Vener
in un epigramma di Eveno : » Giunone e Pallade, come videro la Venere
di
Gnido, ah ! dissero, ingiustamente noi ci lagniam
idero la Venere di Gnido, ah ! dissero, ingiustamente noi ci lagniamo
di
Paride ». E finalmente sull’Erice, monte della Si
almente sull’Erice, monte della Sicilia, fu uno de’ più ricchi tempii
di
Venere, che vuolsi edificato insieme colla città
più ricchi tempii di Venere, che vuolsi edificato insieme colla città
di
tal nome da Erice, fig. di Venere e di Bute, e re
, che vuolsi edificato insieme colla città di tal nome da Erice, fig.
di
Venere e di Bute, e re di una parte della Sicilia
edificato insieme colla città di tal nome da Erice, fig. di Venere e
di
Bute, e re di una parte della Sicilia, che fu ucc
ieme colla città di tal nome da Erice, fig. di Venere e di Bute, e re
di
una parte della Sicilia, che fu ucciso da Ercole
ra stato provocato a singolar tenzone, quando portò in Sicilia i buoi
di
Gerione. Virgilio, però racconta(2), che avendo E
rgilio, però racconta(2), che avendo Enea fondato in Sicilia la città
di
Acesta, edificò sul monte Erice un magnifico temp
alia, ben descritto da Polibio e da Diodoro Siculo. IX. Iconologia
di
Venere. Eratostene riferisce che Canace Sicio
ia di Venere. Eratostene riferisce che Canace Sicionio avea fatta
di
oro e di avorio una statua bellissima di Venere,
ere. Eratostene riferisce che Canace Sicionio avea fatta di oro e
di
avorio una statua bellissima di Venere, la quale
e Canace Sicionio avea fatta di oro e di avorio una statua bellissima
di
Venere, la quale portava in mano un pomo in segno
n segno della vittoria riportata sulle Dee rivali, come in una moneta
di
Plautilla era Venere col pomo e coll’epigrafe « a
sacrata da molti antichi monumenti, e specialmente dal sublime quadro
di
Apelle, ove la Dea era rappresentata in atto di a
te dal sublime quadro di Apelle, ove la Dea era rappresentata in atto
di
asciugarsi la chioma nell’istante ch’esce delle o
quale opera, se crediamo a Properzio, fu riposta la principal gloria
di
quell’insigne pittore. È noto poi che si rapprese
l gloria di quell’insigne pittore. È noto poi che si rappresentava su
di
una conchiglia, come si vede in molti antichi mon
e celeste che nacque da Giove e da Armonia, e diversa dall’altra fig.
di
Dione, era caratterizzata da un diadema sul capo
e a quello che porta Giunone. La Venere Vittoriosa (victrix) è adorna
di
un simile serto. La più bella statua di questa De
Vittoriosa (victrix) è adorna di un simile serto. La più bella statua
di
questa Dea, ma senza braccia e che pone il sinist
ua di questa Dea, ma senza braccia e che pone il sinistro piede sopra
di
uncasco, è stata scoperta negli scavi del teatro
istro piede sopra di uncasco, è stata scoperta negli scavi del teatro
di
Capua, ed ora orna il real palazzo di Caserta. Wi
scoperta negli scavi del teatro di Capua, ed ora orna il real palazzo
di
Caserta. Winckelmann pretende che il diadema sia
mano, e qualche volta con un fiore, il quale forse indicava il potere
di
lei su’giardini, di cui i Greci ed i Romani la ri
a con un fiore, il quale forse indicava il potere di lei su’giardini,
di
cui i Greci ed i Romani la riputavano signora. Om
ed i Romani la riputavano signora. Omero fa menzione del nitido peplo
di
Venere, col quale ella ricoprì il figliuolo Enea
enderlo da’ dardi de’ Greci. La Venere de’ Medici ch’è nella galleria
di
Firenze fondata da’ principi della famiglia de’ M
uesta Venere non può essere che la Gnidia, vale a dire, il capolavoro
di
Prassitele in marmo, che fu portata a Gnido ed al
lla sua rinomanza e del concorso de’ forestieri. Questa statua ch’era
di
marmo pentelico, è la più maravigliosa di quante
tieri. Questa statua ch’era di marmo pentelico, è la più maravigliosa
di
quante ne vanta l’antichità. Luciano la chiama op
iano la chiama opera bellissima, e ne propone il capo, come esemplare
di
una perfetta bellezza. Alcuni dicono ch’essa sia
e esemplare di una perfetta bellezza. Alcuni dicono ch’essa sia opera
di
Fidia o di Scopa, la cui Venere, collocata di rin
di una perfetta bellezza. Alcuni dicono ch’essa sia opera di Fidia o
di
Scopa, la cui Venere, collocata di rincontro al c
icono ch’essa sia opera di Fidia o di Scopa, la cui Venere, collocata
di
rincontro al circo Flaminio, superava(1)la stessa
ta di rincontro al circo Flaminio, superava(1)la stessa Venere Gnidia
di
Prassitele. Al piede sinistro della Dea si vede u
letti Amori(2). La Venere del Museo Capitolino si è conservata meglio
di
tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu tras
del Museo Capitolino si è conservata meglio di tutte le altre statue
di
questa Dea. Essa fu trasportata nel Museo di Pari
di tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu trasportata nel Museo
di
Parigi, e si annovera fra le più belle statue di
rasportata nel Museo di Parigi, e si annovera fra le più belle statue
di
questa maniera. Invece del deifino della Venere M
a una parte un gran vaso da profumi, su cui è gettato un panno orlato
di
frange. La Venere Lennia fu opera di Fidia ; e Lu
su cui è gettato un panno orlato di frange. La Venere Lennia fu opera
di
Fidia ; e Luciano la preferisce a tutte le altre
ia fu opera di Fidia ; e Luciano la preferisce a tutte le altre opere
di
quell’insigne scultore, il quale vi appose anche
gne scultore, il quale vi appose anche il suo nome. Ma opera stupenda
di
Apelle fu la Venere di Coo, nella quale, dice Pro
vi appose anche il suo nome. Ma opera stupenda di Apelle fu la Venere
di
Coo, nella quale, dice Properzio (3), di quell’in
penda di Apelle fu la Venere di Coo, nella quale, dice Properzio (3),
di
quell’inimitabile pittore fu riposta la gloria ma
u riposta la gloria maggiore. « L’opera più celebre, dice Carlo Dati,
di
questo artefice insigne fu la Venere di Coo,Anadi
più celebre, dice Carlo Dati, di questo artefice insigne fu la Venere
di
Coo,Anadiomene, cioè emergente o sorgente dal mar
e con folgoranti pupille accender fiamme nell’acque. Ridean le labbra
di
rose, e facea sì bel riso giocondare ogni cuore.
le membra divine, per farsi dolci al cui soave contatto detto avresti
di
veder correre a gara le onde, eccitando nella cal
pesta. Sollevavan dalle acque le mani candidissime il prezioso tesoro
di
bionda chioma ; e mentre quella spremeano, parea
mentre quella spremeano, parea che da nugola d’oro diluviasse pioggia
di
perle. Sì stupenda pittura dedicò Augusto nel tem
iasse pioggia di perle. Sì stupenda pittura dedicò Augusto nel tempio
di
G. Cesare, consacrando al padre l’origine e l’aut
o nel tempio di G. Cesare, consacrando al padre l’origine e l’autrice
di
casa Giulia ; e per averla da’ cittadini di Coo,
dre l’origine e l’autrice di casa Giulia ; e per averla da’ cittadini
di
Coo, rimesse loro cento talenti dell’imposto trib
loro cento talenti dell’imposto tributo. Essendosi guasta nella parte
di
sotto, non si trovò chi osasse restaurarla ; onde
si trovò chi osasse restaurarla ; onde tale offesa ridondò in gloria
di
Apelle. I tarli finalmente affatto la consumarono
iasse così bella cosa alla terra ; e Nerone nel suo principato invece
di
quella ve ne pose una fatta da Doroteo…. Cominciò
e ne pose una fatta da Doroteo…. Cominciò un’altra Venere a’ medesimi
di
Coo, della quale fece la testa e la sommità del p
non fu meno ammirata, perchè fosse imperfetta, e succedette in luogo
di
encomio il dolor della perdita, sospirandosi quel
umano. » Fu in grande stima, dice lo stesso Dati, un Cupido coronato
di
rose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene nel
o coronato di rose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene nel tempio
di
Venere, del quale forse fece menzione Aristofane(
ere, del quale forse fece menzione Aristofane(2). Anche Fidia(3) fece
di
marmo di Paro una statua di Venere di esimia bell
quale forse fece menzione Aristofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo
di
Paro una statua di Venere di esimia bellezza, che
nzione Aristofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo di Paro una statua
di
Venere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma ne
stofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo di Paro una statua di Venere
di
esimia bellezza, che vedevasi a Roma nel portico
statua di Venere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma nel portico
di
Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese, di lui discepol
che vedevasi a Roma nel portico di Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese,
di
lui discepolo, ne fece anche una bellissima, cui
cui Fidia stesso diede l’ultima mano. Essa era allogata fuori le mura
di
Atene nella contrada detta degli orti(εν κεποις),
i(εν κεποις), percui chiamavasi Venere Ortense, ov’era pure un tempio
di
Venere Urania, non lungi da quello di Apollo. Qu
Ortense, ov’era pure un tempio di Venere Urania, non lungi da quello
di
Apollo. Questa Dea(1) il più si dipingeva a guis
lungi da quello di Apollo. Questa Dea(1) il più si dipingeva a guisa
di
bellissima donzella che sta sulle acque del mare
del mare e con una conchiglia in mano ; ed avea sul capo un bel serto
di
rosse e di bianche rose, mentre candide colombe l
con una conchiglia in mano ; ed avea sul capo un bel serto di rosse e
di
bianche rose, mentre candide colombe le svolazzan
ano d’intorno. Comunemente però si rappresenta portata per le onde su
di
una conchiglia ; si vede anche spesso su di un co
ta portata per le onde su di una conchiglia ; si vede anche spesso su
di
un cocchio tirato da cigni, o da bianche colombe
), uccelli a lei consacrati ; ed Ovidio(3) anche il cocchio trionfale
di
Cupido fa tirare dalle colombe. Le sue chiome fur
fa tirare dalle colombe. Le sue chiome furono inghirlandate dalle Ore
di
un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono
Le sue chiome furono inghirlandate dalle Ore di un’assai bella corona
di
oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti di oro e
landate dalle Ore di un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono
di
bei pendenti di oro e di un prezioso monile. Fina
e di un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti
di
oro e di un prezioso monile. Finalmente Venere si
ssai bella corona di oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti di oro e
di
un prezioso monile. Finalmente Venere si rapprese
un gloho celeste in mano, per indicare Venere Urania ; ora assisa su
di
un delfino, con una colomba in grembo ; ora con A
con Cupido e colle Grazie ; ma più spesso come uscente del mare sopra
di
una conchiglia portata da due Tritoni, o su di un
uscente del mare sopra di una conchiglia portata da due Tritoni, o su
di
un cocchio tirato da due cavalli marini ; o da un
eggermente, mentre Cupido le nuota a fianco. X. Principali epiteti
di
Venere. Acidalia, Ακιδαλια ; fu così detta V
erivi da απο, e ροδιτης, cangiata in απο la tenue π nell’aspirata φ ;
di
modo che αφροδιτη sia quasi απροδιτη, cioè simile
atusia, Αμαθουσια, Amathusia, così detta daAmatunta, città dell’isola
di
Cipro, alla quale diede il nome Amatusia, madre d
, città dell’isola di Cipro, alla quale diede il nome Amatusia, madre
di
Cinira. Anadiomene, Αναδιομενη, da αναδυμι, esco
Forse per la bellezza, perchè diceasi aureo tutto ciò che ha ragione
di
bellezza. Orazio chiamòaurea la mediocrità dello
chè credevasi regina del cielo e della terra. Crazio la chiama regina
di
Pafo e di Guido. Celeste o Urania, Ουρανια, quas
asi regina del cielo e della terra. Crazio la chiama regina di Pafo e
di
Guido. Celeste o Urania, Ουρανια, quasi madre de
amor puro. Cipria o Ciprigna, Κυπρις, Κυπρογενης, Cypria, dall’isola
di
Cipro, ove nacque ed era venerata. Dante disse :
erzo epiciclo. E stella ciprigna chiamossi dall’ Ariosto il pianeta
di
Venere : Fra le più adorne non parea men bella,
e citereo, perchè consacrato a Venere. Dionea, Dionaea, Venere, fig.
di
Diane ; percui G. Cesare fu detto Dioneo, come di
lontano dal capo Lilibeo, sul quale fu edificato un memorabile tempio
di
Venere. Filomede, φιλομμειδης Αφροδιτη, Venere c
d Aprile, il primo a Marte, suo padre, ed il secondo, a Venere, madre
di
Enca, affinchè lanno cominciasse sotto il patroci
Venere, madre di Enca, affinchè lanno cominciasse sotto il patrocinio
di
que’ numi, da’ quali avea avuto origine la città
tto il patrocinio di que’ numi, da’ quali avea avuto origine la città
di
Roma ; per cui ne’sacrificii invocavasi Marte col
ne la città di Roma ; per cui ne’sacrificii invocavasi Marte col nome
di
padre (Marspiter), e Venere con quello di genitri
i invocavasi Marte col nome di padre (Marspiter), e Venere con quello
di
genitrice (Venus genitrix). In mezzo al foro Giul
di genitrice (Venus genitrix). In mezzo al foro Giulio era il tempio
di
Venere Genitrice, che quel gran generale, la nott
Genitrice, che quel gran generale, la notte precedente alla battaglia
di
Farsaglia, promesso aveva alla dea, se riportato
o, città, ove Venere era particolarmente onorata. Idalia, soprannome
di
Venere dal culto resole in Idalia, città dell’iso
ia, soprannome di Venere dal culto resole in Idalia, città dell’isola
di
Cipro. Libitina, Lubentina o Libentina, lat.Libi
dono con Venere ; ed altri dicono essere stata Proserpina. Nel tempio
di
questa dea si conservavano le cose necessarie pe’
a’ giardini. Stratonica chiamasi Venere da Tacito(4), forse in onore
di
Stratonica, ava di Seleuco II, detto Callinico, i
onica chiamasi Venere da Tacito(4), forse in onore di Stratonica, ava
di
Seleuco II, detto Callinico, il quale nel decreto
co, il quale nel decreto degli Smirnesi avea dichiarato che il tempio
di
Venere Stratonica godesse del dritto di asilo.
avea dichiarato che il tempio di Venere Stratonica godesse del dritto
di
asilo. XI. Alcune altre cose di Venere. Fr
nere Stratonica godesse del dritto di asilo. XI. Alcune altre cose
di
Venere. Fra gli animali erano specialmente co
o della bella Ciprigna era portato per l’aria or da una bianca coppia
di
amorose colombe, or da’ cigni ed ora da due neri
lier fiori. Cupido volea superare la madre ; per cui s’incollerì fuor
di
misura, quando vide che la ninfa Peristera era ve
sa ed il mirto erano consacrati a Venere ; ed anticamente i simulacri
di
quella dea si coronavano di rose(3). Ovidio(4) af
ati a Venere ; ed anticamente i simulacri di quella dea si coronavano
di
rose(3). Ovidio(4) afferma che Venere l’avvertì t
afferma che Venere l’avvertì toccandolo leggermente con un ramoscello
di
mirto, come a suo poeta. Nel giuoco de’ dadi il p
to, come a suo poeta. Nel giuoco de’ dadi il punto fortunato dicevasi
di
Venere, come il contrario si chiamava del cane. I
va del cane. I Genii aveano una certa affinità colle Grazie, compagne
di
Venere. Gli antichi credevano, che tutte le arti
i ad esprimere le varie faccende del macinare, Sono sette e fanciulli
di
aspetto assai giulivo ed alati, quali appunto son
li chiama figli delle ninfe, e fanciulli belli ed alati. Nel dipinto
di
una parete Pompeiana si rappresenta un genio in s
dipinto di una parete Pompeiana si rappresenta un genio in sembianza
di
vaghissima giovane colle ali spiegate, il corno d
le ali spiegate, il corno dell’ abbondanza nella sinistra, ed un ramo
di
ulivo nella destra. Fu poi antica credenza che i
ome Giunone, delle donne, e si onorava specialmente nel giorno natale
di
ciascuno, per cui fu detto Dio Natalizio (Deus Na
ed i luoghi aveano i loro Genii tutelari ; per cui vi era il costume
di
salutare una città o un luogo, quando vi entravan
tutelare(4) ; i quali Genii spesso si rappresentavano sotto la forma
di
serpenti. All’articolo di Venere e di Cupido appa
ii spesso si rappresentavano sotto la forma di serpenti. All’articolo
di
Venere e di Cupido appartiene la favola di Narcis
rappresentavano sotto la forma di serpenti. All’articolo di Venere e
di
Cupido appartiene la favola di Narciso, fig. di C
di serpenti. All’articolo di Venere e di Cupido appartiene la favola
di
Narciso, fig. di Cefisso, fiume della Beozia, e d
’articolo di Venere e di Cupido appartiene la favola di Narciso, fig.
di
Cefisso, fiume della Beozia, e della ninfa Liriop
co, che il fatto dimostrò vero ; perocchè nel meglio della gioventu e
di
una fiorentissima bellezza attese solo alla cacci
pel caldo, si ritirò in una fresca ed amena valletta, ov’era un fonte
di
limpidissime acque, di cui nè pastore, nè armento
una fresca ed amena valletta, ov’era un fonte di limpidissime acque,
di
cui nè pastore, nè armento avea mai intorbidato l
re e veggendo nello specchio delle acque la sua immagine, fu attonito
di
quella singolare e freschissima bellezza che non
vaneggiando per sì folle amore, dopo lungo languire, morì, alla riva
di
quel fonte, di puro disagio ; sebbene alcuni dico
r sì folle amore, dopo lungo languire, morì, alla riva di quel fonte,
di
puro disagio ; sebbene alcuni dicono che fosse in
e ninfe cangiato in un bel fiore che tiene il suo nome. In un dipinto
di
Pompei rappresentasi Narciso in forma di bel garz
e il suo nome. In un dipinto di Pompei rappresentasi Narciso in forma
di
bel garzone che al margine di un fonte si specchi
i Pompei rappresentasi Narciso in forma di bel garzone che al margine
di
un fonte si specchia nelle acque, tenendo due dar
inistra ed a fianco due veltri. L’acqua chiamasi da Dante lo specchio
di
Narciso. Questa favola significa l’amor folle e d
ecchio di Narciso. Questa favola significa l’amor folle e disordinato
di
se stesso, che i Greci dissero filauzia (φιλαυτια
ω, fut. αρω,distruggere, ben convenendo al dio della guerra il titolo
di
distruggitore sì degli uomini che delle città. Da
tolo di distruggitore sì degli uomini che delle città. Da questo nome
di
Marte forse nacque la voce greca αρετη, virtù, e
linguaggio significano forte. Ed egli col Vossio riprova l’etimologia
di
Cicerone, il quale(1) fa derivare la parola Mavor
orchè stava tranquillo. Avea un tempio dentro la città col soprannome
di
Quirino, quasi tranquillo custode della medesima
Quirino, quasi tranquillo custode della medesima ; ed un altro fuori
di
essa, nella via Appia, come nume bellicoso. Vogli
da gradior, io cammino, perchè questo nome gli si dava solo in tempo
di
guerra, quando rappresentavasi armato di picca e
me gli si dava solo in tempo di guerra, quando rappresentavasi armato
di
picca e nell’attitudine di chi cammina velocement
o di guerra, quando rappresentavasi armato di picca e nell’attitudine
di
chi cammina velocemente. Bellona poi, detta antic
Enyo, dal verbo ενυω, che significa uccidere. II. Storia favolosa
di
Marte. Marte, dio della guerra, fu fig. di Gi
II. Storia favolosa di Marte. Marte, dio della guerra, fu fig.
di
Giove e di Giunone(2) ; o secondo alcuni di Enio.
ia favolosa di Marte. Marte, dio della guerra, fu fig. di Giove e
di
Giunone(2) ; o secondo alcuni di Enio. Giunone il
dio della guerra, fu fig. di Giove e di Giunone(2) ; o secondo alcuni
di
Enio. Giunone il partori nella Tracia(3), ove, al
condo alcuni di Enio. Giunone il partori nella Tracia(3), ove, al dir
di
Callimaco(4), egli siede sull’alto vertice del mo
Scizia Europea, spesso confusi coi Traci. Or come la gente Tracia era
di
un’indole feroce e bellicosa, accortamente i poet
ortamente i poeti fecero nascere Marte in quella regione. Ma il culto
di
questo nume derivò dall’Egitto, ove la teologia e
u i pretesi loro influssi. Il torbido e rossastro aspetto del pianeta
di
Marte fecegli attribuire la virtù di diseccare, e
e rossastro aspetto del pianeta di Marte fecegli attribuire la virtù
di
diseccare, e quindi nella zona torrida quella ezi
re la virtù di diseccare, e quindi nella zona torrida quella eziandio
di
far morire. Da ciò venne che al dio Marte fu asse
un solo. Il primo fu il Belo degli Egiziani che i Greci dissero fig.
di
Nettuno e di Libia, e che fu padre di Danao e di
primo fu il Belo degli Egiziani che i Greci dissero fig. di Nettuno e
di
Libia, e che fu padre di Danao e di Egitto ; egli
iziani che i Greci dissero fig. di Nettuno e di Libia, e che fu padre
di
Danao e di Egitto ; egli fu il primo inventore de
i Greci dissero fig. di Nettuno e di Libia, e che fu padre di Danao e
di
Egitto ; egli fu il primo inventore della spada,
di Egitto ; egli fu il primo inventore della spada, e ritrovò l’arte
di
schierare un esercito(1) ; il secondo fu un re di
a, e ritrovò l’arte di schierare un esercito(1) ; il secondo fu un re
di
Egitto ; il terzo fu un re di Tracia, chiamato Od
re un esercito(1) ; il secondo fu un re di Egitto ; il terzo fu un re
di
Tracia, chiamato Odino, assai bellicoso e che fec
ma la danza e gli altri esercizii ginnastici che servir doveano quasi
di
preludio all’arte della guerra, per cui divenne u
o che il suo educatore ne avea fatto un perfetto danzatore. In premio
di
ciò Giunone diede a Priapo la decima del bottino
rebbe fatto Marte nelle battaglie ; e nella Bitinia durava il costume
di
offerire a quel buono educatore il decimo delle s
cerdoti detti Salii, con molta gravità e religione danzavano in onore
di
Marte. Ed Omero dà al nume della guerra il sopran
ano in onore di Marte. Ed Omero dà al nume della guerra il soprannome
di
danzatore. Diodoro Siculo(1) racconta che Marte f
arato il nume. Nella guerra contro i giganti(2), Oto ed Efialte, fig.
di
Aloeo, giganti di strana grandezza, giunsero ad i
la guerra contro i giganti(2), Oto ed Efialte, fig. di Aloeo, giganti
di
strana grandezza, giunsero ad incatenar Marte e t
to ch’ebbe a sostenere con Ercole. Avea quest’eroe ucciso Cicno, fig.
di
Marte e di Pelopea(3), da cui era stato sfidato a
a sostenere con Ercole. Avea quest’eroe ucciso Cicno, fig. di Marte e
di
Pelopea(3), da cui era stato sfidato a singolar t
’altro la paura (Metus). III. Continuazione. Nel famoso assedio
di
Troia il nostro Marte ebbe a sostenere e gravi av
Scamandro con Achille e calmato lo sdegno de’ due rivali per volontà
di
Giunone(4), più risorse la contesa fra’ numi che
gne l’ insanguinato Marte avventò il gran telo e ferì l’orrenda egida
di
quella Dea, la quale con un macigno colpì nel col
i vergognosamente al suolo. Ma certo fu più ontoso per Marte il fatto
di
Diomede. Incoraggiava Marte i Troiani(1), e, già
Incoraggiava Marte i Troiani(1), e, già prevalendo Ettore coll’aiuto
di
quel nume, Diomede, dopo le più mirabili pruove,
nel ventre, ed allora mugolò il ferito nume, e ruppe in un tuon pari
di
nove o dieci mila combattenti al grido. I Troi l’
oso salì alle sfere, e col padre de’ numi lamentossi della tracotanza
di
Minerva che stimolato avea il figliuol di Tideo a
lamentossi della tracotanza di Minerva che stimolato avea il figliuol
di
Tideo a guerreggiar pazzamente co’numi ; ma Biec
Mad. Dacier, la quale è tutta dolcezza, tranquillità e pace, odia più
di
ogni altra cosa le sregolate e brutali passioni ;
nato e le devastatrici discordie delle ingiuste guerre. Nel fatto poi
di
Minerva che vince ed abbatte l’impetuoso Marte, O
vittoriosi della forza cieca ed insensata. Peone intanto, per comando
di
Giove, guarì a Marte la ferita fattagli da Diomed
con brusche ed acerbe parole ritenne pure Minerva lo impetuoso furore
di
Marte(2), allorchè, udito avendo questo nume che
do questo nume che Deifobo avea ucciso nella pugna un suo figliuolo e
di
Astioche, chiamato Ascalafo, il quale, capitano d
uale, capitano degli Orcomenii, avea condotto trenta navi alla guerra
di
Troia, erasi mosso per andar di presente a farne
avea condotto trenta navi alla guerra di Troia, erasi mosso per andar
di
presente a farne spaventosa vendetta. IV. Cont
i presente a farne spaventosa vendetta. IV. Continuazione. Seguito
di
Marte e di lui carattere. Ma il seguito del n
a farne spaventosa vendetta. IV. Continuazione. Seguito di Marte e
di
lui carattere. Ma il seguito del nostro Marte
la Discordia d’insaziabil furore (αμοτον μεμανια), sorella e compagna
di
Marte, l’accompagnano. Da Marte, rompitore di scu
ια), sorella e compagna di Marte, l’accompagnano. Da Marte, rompitore
di
scudi (ρινοτορος), dice Esiodo, e da Venere, nacq
ense falangi de’ prodi campioni pongono in iscompiglio. E nello scudo
di
Ercole si rappresentano del terribile Marte gli a
cocchio, allato al quale sta il Terrore e la Paura, che lo Scoliaste
di
Eschilo chiama ministri o servi di Marte. Bellona
rrore e la Paura, che lo Scoliaste di Eschilo chiama ministri o servi
di
Marte. Bellona, sorella del nume, gli metteva in
va al combattimento. Essa avea in mano un flagello ed una verga tinta
di
sangue, le chiome sparse e gli occhi di fuoco. Vi
n flagello ed una verga tinta di sangue, le chiome sparse e gli occhi
di
fuoco. Virgilio(1) con Marte accompagna le Furie,
Bellona, Sgominavan le genti. Caro. Orazio(1) chiama Bellona amante
di
sangue, perchè le stragi ed il sangue sono l’infe
il carattere. Omero ed Esiodo il chiamano nume insaziabilmente avido
di
guerra e di battaglie ; bruttato di stragi e di s
e. Omero ed Esiodo il chiamano nume insaziabilmente avido di guerra e
di
battaglie ; bruttato di stragi e di sangue ; omic
iamano nume insaziabilmente avido di guerra e di battaglie ; bruttato
di
stragi e di sangue ; omicida e devastatore delle
insaziabilmente avido di guerra e di battaglie ; bruttato di stragi e
di
sangue ; omicida e devastatore delle città. Nelle
o e colla sferza ne sollecita i veloci destrieri. Orazio(4), parlando
di
quelli che muoiono in guerra, con bella immagine
l guerriero furore danno un grato spettacolo all’insaziabile crudeltà
di
Marte. Egli è un nume audace e terribile, spoglia
gli è un nume audace e terribile, spogliatore pernicioso e spezzatore
di
scudi. Omero spesso lo chiama impetuoso (θουρος Α
o l’elmo, mentre la Fama da per tutto gli andava innanzi. V. Culto
di
Marte appresso i Romani. Sacerdoti Salii. Ancili.
Roma ed il popolo romano aveano dal dio della guerra preso il nome
di
città e popolo di Marte ; ed il culto di lui pres
lo romano aveano dal dio della guerra preso il nome di città e popolo
di
Marte ; ed il culto di lui presso quella gente er
o della guerra preso il nome di città e popolo di Marte ; ed il culto
di
lui presso quella gente era fin dalla sua origine
a gente era fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero un popolo
di
natura sua bellicoso e che al valore guerriero do
o adunque che Romolo fosse nato da Marte e da Ilia o Rea Silvia, fig.
di
Numitore ; ed un eroe d’indole feroce e guerriera
eroce e guerriera, come Romolo, poteva assai bene chiamarsi figliuolo
di
Marte. Fu egli quindi meritamente inteso a promuo
ò Martius, da Marte, il primo mese dell’ anno, che allora non era che
di
dieci mesi(1). Una lupa, animale dedicato al dio
a guerra, perchè rapace e feroce, porse il suo latte a’ due figliuoli
di
Marte, Romolo e Remo ; e Properzio(2), rivolto a
e sua feroce. Or si finse Romolo nato da Marte anche perchè l’origine
di
cotanta città ed il principio di quell’impero che
nato da Marte anche perchè l’origine di cotanta città ed il principio
di
quell’impero che dopo il potere degl’Iddii avea a
ntissimo, doveva esser fatale(3). Ed in quanto alla morte ed apoteosi
di
Romolo, si racconta(4), ch’egli, nel frastuono di
a morte ed apoteosi di Romolo, si racconta(4), ch’egli, nel frastuono
di
una gran tempesta, fosse stato rapito e portato i
tali opere, e rassegnando un dì l’esercito nel piano vicino al padule
di
Capre, mentre ch’ei parlamentava, incontanente si
, incontanente si levò una tempesta con grandissimo strepito e romore
di
tuoni, e con sì folta nebbia e caligine lo circon
rcondò, che privò i circostanti interamente della vista della persona
di
lui ; nè fu poscia veduto più in terra. La gioven
dio nato d’Iddio, re e padre della città romana. Ma allora vi furono
di
quelli che tacitamente seco stessi giudicassero,
ero, Romolo essere stato lacerato per le mani de’ senatori nel tempio
di
Vulcano, donde si credeva che ciascun senatore av
ascun senatore avesse sotto la toga portata fuori una parte del corpo
di
lui, acciocchè il fatto non si manifestasse. Al p
lle Sabine rapite, fu do po morte annoverata fra’ numi col soprannome
di
Orta o di Ora (1). Ma non fu Romolo che avesse il
rapite, fu do po morte annoverata fra’ numi col soprannome di Orta o
di
Ora (1). Ma non fu Romolo che avesse il primo int
di Ora (1). Ma non fu Romolo che avesse il primo introdotto il culto
di
Marte in quelle contrade. Gli antichi Latini(2),
in quelle contrade. Gli antichi Latini(2), prima che fosse Roma, più
di
ogni altro nume il veneravano ; e ciò per l’indol
, più di ogni altro nume il veneravano ; e ciò per l’indole bellicosa
di
essi popoli. Anche Varrone asserisce che i Romani
Romani aveano preso il nome de’ mesi da’ popoli latini, e che il mese
di
Marzo fu così chiamato da Marte, non perchè era i
e il mese di Marzo fu così chiamato da Marte, non perchè era il padre
di
Romolo, ma perchè così dicevasi da’ popoli del La
dicevasi da’ popoli del Lazio. Quello poi ch’è più celebre nel culto
di
Marte è il sacerdozio de’ Salii, così detti da sa
sacerdoti a Marte Gradivo, chiamati Salii, e diede loro il distintivo
di
una tunica ricamata, e sopra la tunica nel petto
i una tunica ricamata, e sopra la tunica nel petto un certo pettorale
di
bronzo ; ed ordinò che portassero quegli scudi ch
nemente. Plutarco poi in Numa racconta che nell’ottavo anno del regno
di
Numa, mentre un’ orribile pestilenza devastava Ro
tilenza devastava Roma e l’Italia, si vide cadere dal cielo uno scudo
di
bronzo. Allora Numa, sulla parola di Egeria, fece
vide cadere dal cielo uno scudo di bronzo. Allora Numa, sulla parola
di
Egeria, fece intendere al popolo che quello scudo
ò racconta(1) che Giove con frequenti e spaventosi fulmini pieno avea
di
gran terrore e Numa ed il popolo romano. Egeria,
olla quale quel religioso monarca avea segrete conferenze sul governo
di
Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pi
o monarca avea segrete conferenze sul governo di Roma, gli suggerisce
di
consultar l’oracolo di Pico e di Fauno, da’ quali
conferenze sul governo di Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo
di
Pico e di Fauno, da’ quali appreso avrebbe il mod
sul governo di Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pico e
di
Fauno, da’ quali appreso avrebbe il modo di allon
ultar l’oracolo di Pico e di Fauno, da’ quali appreso avrebbe il modo
di
allontanare quel male sì grave. Numa consulta l’o
ntanare quel male sì grave. Numa consulta l’oracolo e coll’intervento
di
que’ numi ottiene da Giove la promessa che sarebb
un pubblico segno. Ed il dimani fattosi il popolo innanzi alla reggia
di
Numa, a ciel sereno tuonò tre volte e tre volte b
e si vide scendere dal cielo uno scudo ch’era il pegno della salvezza
di
Roma. Per impedire che involato fosse, Numa ne fe
e assai ingegnoso, il quale dal re altra mercede non volle che quella
di
porre il suo nome, a perpetua memoria, ne’ carmi
ui ne’ carmi saliari trovasi scritto ancisia. Numa affidò la custodia
di
siffatto scudo a’ Salii, ma insieme agli altri un
i, potesse con difficoltà esser rubato. Questi sacerdoti alle calende
di
Marzo facevano una danza per la città in onore di
erdoti alle calende di Marzo facevano una danza per la città in onore
di
Marte, la quale rassomigliava molto alla pirrica
e, la quale rassomigliava molto alla pirrica de’ Greci, ch’ era ballo
di
gente armata. Essi accordavano il loro canto ed i
al tintinnio degli scudi che percuotevano con una bacchetta o specie
di
pugnali. La festa durava tredici giorni, ed in tu
cantavano e che si attribuivano a Numa, eran tanto oscuri e composti
di
voci sì strane, che Quintiliano afferma, appena i
rsi dagli stessi sacerdoti(3). In mezzo al foro era in Roma un tempio
di
grande magnificenza, ove si venerava Marte Ultore
mine Marziale, che in dignità si avvicinava al Diale, cioè al Flamine
di
Giove, e si sceglieva sempre mai fra i patrizii.
e si sceglieva sempre mai fra i patrizii. VI. Di alcuni figliuoli
di
Marte. Oltre a Romolo e Remo, figliuola di Ma
I. Di alcuni figliuoli di Marte. Oltre a Romolo e Remo, figliuola
di
Marte fu Alcippe, la quale essendo stata oltraggi
rte fu Alcippe, la quale essendo stata oltraggiata da Alirrozio, fig.
di
Nettuno e della ninfa Eurite, Marte ne fece vende
rte del figliuolo, chiamò Marte in giudizio ; ma i migliori cittadini
di
Atene, che formavano il tribunale destinato a sì
o (αρεοπαγος ab Αρης, Mars, et παγος, vicus), cioè la rupe o la rocca
di
Marte, perchè quel tribunale era posto su di un r
cioè la rupe o la rocca di Marte, perchè quel tribunale era posto su
di
un rialto. I giudici in questa famosa causa furon
uesta famosa causa furon dodici, ed appartenevano alle prime famiglie
di
Atene ; e però si disse che Marte fu giudicato da
ii, favorevoli. Ma dell’Areopago si è detta alcuna cosa nell’articolo
di
Minerva. Igino chiama Otrera moglie di Marte ; ma
etta alcuna cosa nell’articolo di Minerva. Igino chiama Otrera moglie
di
Marte ; ma altri la dicono di lui figliuola. Era
di Minerva. Igino chiama Otrera moglie di Marte ; ma altri la dicono
di
lui figliuola. Era essa una celebre Amazzone, o l
sa una celebre Amazzone, o lor regina, che fabbricò il celebre tempio
di
Diana in Efeso ; e da lei ebbe Marte una figliuol
liuola chiamata Ippolita, la quale portava il cingolo o sia la fascia
di
Marte (balteus Martis) per segno della sua diguit
o sia la fascia di Marte (balteus Martis) per segno della sua diguità
di
regina delle Amazzoni. Ercole, per compiacere Eur
, per compiacere Euristeo, volle farne acquisto ; percui mosse contro
di
lei e l’uccise. Ma Plutarco dice che Ippolita fu
lei e l’uccise. Ma Plutarco dice che Ippolita fu schiava e poi moglie
di
Teseo, dalla quale ebbe l’infelice Ippolito. Anch
quale ebbe l’infelice Ippolito. Anche la valorosa Pentesilea fu fig.
di
Marte e di Otrera(1) ; anzi vogliono(2) che le Am
l’infelice Ippolito. Anche la valorosa Pentesilea fu fig. di Marte e
di
Otrera(1) ; anzi vogliono(2) che le Amazzoni nacq
alla naiade Armonia ; o da Marte e da Venere. E veramente una nazione
di
donne bellicosissime, com’eran le Amazzoni, con m
riori ad Omero introdussero anche queste donne bellicose nella guerra
di
Troia, e finsero che un drappello di esse portò a
ste donne bellicose nella guerra di Troia, e finsero che un drappello
di
esse portò ainto a Priamo. Ed a proposito di Pent
finsero che un drappello di esse portò ainto a Priamo. Ed a proposito
di
Pentesilea, son bellissimi due luoghi di Virgilio
nto a Priamo. Ed a proposito di Pentesilea, son bellissimi due luoghi
di
Virgilio che la descrivono. Mentre Enea(3) in una
i Virgilio che la descrivono. Mentre Enea(3) in una parete del tempio
di
Giunone a Cartagine contempla maravigliando i fat
ete del tempio di Giunone a Cartagine contempla maravigliando i fatti
di
Troia, Scorge d’altronde di lunati scudi Guidar
artagine contempla maravigliando i fatti di Troia, Scorge d’altronde
di
lunati scudi Guidar Pentesilea le armate schiere
Amazzoni sue vide in battaglia Attorneggiar Ippolita, e col carro Gir
di
Pantasilea le schiere aprendo Con femminei ululat
te, ed il loro nome significa un’eroina, una donna guerriera e capace
di
ardite e pericolose imprese. In quanto poi a Pent
e imprese. In quanto poi a Pentesilea, essa, combattendo nell’assedio
di
Troia, fu uccisa da Achille. Altro degno figliuol
do nell’assedio di Troia, fu uccisa da Achille. Altro degno figliuolo
di
Marte e di Cirene fu Diomede, re de’ Bistonii, po
edio di Troia, fu uccisa da Achille. Altro degno figliuolo di Marte e
di
Cirene fu Diomede, re de’ Bistonii, popolo guerri
e’ Bistonii, popolo guerriero della Tracia. Esso avea quattro cavalli
di
natura sì feroce che doveano star legati con cate
uattro cavalli di natura sì feroce che doveano star legati con catene
di
ferro, e non mangiavano che carne umana, chiamati
a lui quei cavalli che poscia donò ad Euristeo. Anche Enomao fu fig.
di
Marte e di Asterope, o di Arpina, fig. di Danao.
cavalli che poscia donò ad Euristeo. Anche Enomao fu fig. di Marte e
di
Asterope, o di Arpina, fig. di Danao. Egli da Eva
scia donò ad Euristeo. Anche Enomao fu fig. di Marte e di Asterope, o
di
Arpina, fig. di Danao. Egli da Evarete, fig. di A
isteo. Anche Enomao fu fig. di Marte e di Asterope, o di Arpina, fig.
di
Danao. Egli da Evarete, fig. di Acrisio, procreò
arte e di Asterope, o di Arpina, fig. di Danao. Egli da Evarete, fig.
di
Acrisio, procreò Ippodamia, vergine di esimia bel
i Danao. Egli da Evarete, fig. di Acrisio, procreò Ippodamia, vergine
di
esimia bellezza, che a niuno dar volea in matrimo
masero vinti, e secondo la convenzi one anche uccisi. Ma Pelope, fig.
di
Tantalo, ricevuti da Nettuno cavalli alati, e tra
da Nettuno cavalli alati, e tratto al suo partito Mirtilo, cocchiere
di
Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle
i alati, e tratto al suo partito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig.
di
Mercurio e di Fatusa, una delle Danaidi, al quale
tto al suo partito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig. di Mercurio e
di
Fatusa, una delle Danaidi, al quale avea promesso
nse Enomao nel corso per essersi rovesciato il cocchio pel tradimento
di
Mirtilo ; la quale caduta costò a quel principe i
la al perfido Mirtilo, il precipitò nel mare che da lui prese il nome
di
Mirtoo. Da Ippodamia Pelope ebbe Ippalco, Atreo e
rtoo. Da Ippodamia Pelope ebbe Ippalco, Atreo e Tieste. Enomao era re
di
Pisa in Elide. Mirtilo fu dal padre Mercurio coll
masi Enioco o il cocchiere. Pelope e la sua famiglia per questo fatto
di
Mirtilo, furon costantemente da Mercurio persegui
alzato un tempio ed a Mirtilo un funebre monumento. Lico infine, fig,
di
Marte, che regnava in una parte dell’Africa, in o
infine, fig, di Marte, che regnava in una parte dell’Africa, in onore
di
suo padre sacrificava tutti gli stranieri che giu
suo paese. A Diomede sarebbe toccata la stessa sorte, se la figliuola
di
quel barbaro re, mossane a compassione, non gli a
ane a compassione, non gli avesse salvata la vita. VII. Iconologia
di
Marte e di Bellona. Marte si rappresentava ar
ssione, non gli avesse salvata la vita. VII. Iconologia di Marte e
di
Bellona. Marte si rappresentava armato da cap
a, col volto infocato, qualche volta colla barba, ma per lo più senza
di
essa ; sopra un cocchio tratto da cavalli, ovvero
di essa ; sopra un cocchio tratto da cavalli, ovvero da lupi, armato
di
asta e di flagello. Spesso si rappresentava con u
sopra un cocchio tratto da cavalli, ovvero da lupi, armato di asta e
di
flagello. Spesso si rappresentava con una corazza
si rappresentava con una corazza sulla quale erano dipinti più mostri
di
varie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava
iù mostri di varie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava coperto
di
una corazza di diamante. I due quadri di Rubens a
rie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava coperto di una corazza
di
diamante. I due quadri di Rubens a Firenze, i qua
ice che Marte andava coperto di una corazza di diamante. I due quadri
di
Rubens a Firenze, i quali rappresentano Marte nel
due quadri di Rubens a Firenze, i quali rappresentano Marte nell’atto
di
andare e di ritornare dalla battaglia, danno la p
i Rubens a Firenze, i quali rappresentano Marte nell’atto di andare e
di
ritornare dalla battaglia, danno la più grande id
to di andare e di ritornare dalla battaglia, danno la più grande idea
di
questo nume. Gli Spartani rappresentavano Marte i
rapacità e ferocia, era a quel nume consacrato. Ed a piè delle statue
di
lui si vede spesso un gallo, uccello che gli era
. Non è difficile rinvenire Marte con l’egida in petto e con la testa
di
Medusa. Marte vincitore si rappresentava con un t
trofeo in mano ; e Marte Gradivo vedevasi dipinto nell’atteggiamento
di
un uomo che marcia a gran passi. In una parola, g
n, rappresentano Marte in una maniera molto uniforme, sotto la figura
di
un uomo armato di un elmo, della picca e di uno s
arte in una maniera molto uniforme, sotto la figura di un uomo armato
di
un elmo, della picca e di uno scudo ; or nudo, or
uniforme, sotto la figura di un uomo armato di un elmo, della picca e
di
uno scudo ; or nudo, or coll’ abito militare, ed
rbuto, ma il più delle volte senza barba. VIII. Epiteti principali
di
Marte e di Bellona. Αλαλαξιος, soprannome di
l più delle volte senza barba. VIII. Epiteti principali di Marte e
di
Bellona. Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che
. Epiteti principali di Marte e di Bellona. Αλαλαξιος, soprannome
di
Marte, che deriva dalla voce αλαλα, la quale era
rra, ovvero Enio o Bellona. Arete, da Αρης, virtù, forza, soprannome
di
Marte, che forse è l’αρετη de’ Greci. Armiger, ο
i Marte, che forse è l’αρετη de’ Greci. Armiger, οπλοφορος ; epiteto
di
questo nume da οπλα, arma, e φερω, occido. Da Ovi
del nume della guerra. Anche Bellona da Omero si chiama devastatrice
di
città, πτολιπορθος Ενυω. Bisultor, che si vendic
dica due volte. Fu così detto da Augusto, per aver vendicato la morte
di
Cesare colla sconfitta di Bruto e di Cassio ; e l
tto da Augusto, per aver vendicato la morte di Cesare colla sconfitta
di
Bruto e di Cassio ; e l’uccisione di Crasso, coll
sto, per aver vendicato la morte di Cesare colla sconfitta di Bruto e
di
Cassio ; e l’uccisione di Crasso, colla vittoria
morte di Cesare colla sconfitta di Bruto e di Cassio ; e l’uccisione
di
Crasso, colla vittoria riportata su i Parti(2).
esercito proprio, colle proprie forze, presa la metafora da’ Generali
di
armata ; percui disse Plauto meis copiis invece d
afora da’ Generali di armata ; percui disse Plauto meis copiis invece
di
meo Marte. Enialio ; Ενυαλιος ; così chiamasi Ma
ingueva Marte da Enialio, giacchè nell’ Aiace dice « o il nume armato
di
corazza di bronzo, cioè Marte, ovvero Enialio ».
te da Enialio, giacchè nell’ Aiace dice « o il nume armato di corazza
di
bronzo, cioè Marte, ovvero Enialio ». Presso Omer
la voce Enialio alle volte dinota Marte, ed alle volte è un aggiunto
di
questo nume. Quindi Merione da Omero chiamasi ugu
arspiter presso i Romani salutavasi ne’ sacrificii(1), o perchè padre
di
Romolo, o perchè nelle preghiere tutti gli Dei in
i Romolo, o perchè nelle preghiere tutti gli Dei invocavansi col nome
di
padre(2). Nel sacrificio ambarvale si dice Marspi
e vendicatore. Pitisco crede che debbonsi riconoscere due tempii, uno
di
Marte ultore, nel foro Augusto, da questo monarca
, da questo monarca edificato con rara magnificenza dopo la battaglia
di
Filippi(4) ; e l’altro di Marte bisultor, nel Cam
ato con rara magnificenza dopo la battaglia di Filippi(4) ; e l’altro
di
Marte bisultor, nel Campidoglio. Altri però pensa
da Augusto dedicato a Marte Ultore. Χαλκεος Αρης, Mars aereus, Marte
di
bronzo, per indicare la fortezza del dio della gu
indicare la fortezza del dio della guerra. Quindi Χαλκοχιτων, vestito
di
bronzo ; Χαλκεωθωρηξ, che ha il petto armato di u
i Χαλκοχιτων, vestito di bronzo ; Χαλκεωθωρηξ, che ha il petto armato
di
una corazza di bronzo, sono epiteti frequenti pre
estito di bronzo ; Χαλκεωθωρηξ, che ha il petto armato di una corazza
di
bronzo, sono epiteti frequenti presso Omero. I
bronzo, sono epiteti frequenti presso Omero. IX. Alcune altre cose
di
Marte e di Bellona Oltre il lupo, il pico anc
o epiteti frequenti presso Omero. IX. Alcune altre cose di Marte e
di
Bellona Oltre il lupo, il pico ancora era con
a un pico eziandio furono nutriti. Da Ovidio il pico chiamasi uccello
di
Marte (Martia avis). Come dio della guerra, prese
, popolo bellicoso e devoto a Marte, aveano nelle selve i loro tempii
di
Marte, che chiamavasi pure Silvano(6) Ovidio(1)
mpii di Marte, che chiamavasi pure Silvano(6) Ovidio(1) fa menzione
di
una festa in onore di Marte solita a celebrarsi i
amavasi pure Silvano(6) Ovidio(1) fa menzione di una festa in onore
di
Marte solita a celebrarsi in Roma alle calende di
una festa in onore di Marte solita a celebrarsi in Roma alle calende
di
Giugno fuori della porta Capena ; ed in Livio(2)
Giugno fuori della porta Capena ; ed in Livio(2) ritroviamo un tempio
di
Marte avanti a questa porta, che si vuole ristaur
rte avanti a questa porta, che si vuole ristaurata da Silla. Nel mese
di
Ottobre poi gli s’immolava ogni anno il mìglior c
allo de’ cocchi vincitori nel campo Marzio, ed appellavasi il cavallo
di
ottobre (equus october. Fest.). Bellona poi avea
us october. Fest.). Bellona poi avea un celebre tempio fuori le porte
di
Roma, nel quale si assembrava il Senato per ricev
lla città i generali romani che aveano l’onore del trionfo. Una turba
di
fanatici, credendosi agitati dal divino furore di
trionfo. Una turba di fanatici, credendosi agitati dal divino furore
di
Bellona, spacciavano di predire il futuro. Potreb
anatici, credendosi agitati dal divino furore di Bellona, spacciavano
di
predire il futuro. Potrebbe dirsi che questa supe
superstizione sia venuta dalla Cappadocia, come quella de’ sacerdoti
di
Cibele, ai quali molto si rassomigliavano que’ di
uella de’ sacerdoti di Cibele, ai quali molto si rassomigliavano que’
di
Bellona. Tibullo(3) dice che la sacerdotessa di q
rassomigliavano que’ di Bellona. Tibullo(3) dice che la sacerdotessa
di
quella Dea, invasata dal suo furore, prima di pre
ice che la sacerdotessa di quella Dea, invasata dal suo furore, prima
di
predire il futuro al poeta, si flagella, non teme
e la spada(5) ; ed i guerrieri presso Omero si appellano ora ministri
di
Marte (θερακοντες Αρηος), ed ora di lui figliuoli
o Omero si appellano ora ministri di Marte (θερακοντες Αρηος), ed ora
di
lui figliuoli (οζοι Αρηος), ed uguali a Marte (Αρ
derivare dal verbo ειρω, annunziare, per l’ufficio che Mercurio avea
di
messaggiere de’ numi. Meglio è però attenerci a D
è però attenerci a Diodoro Siculo, il quale afferma che il nome greco
di
Mercurio è parola egiziana, giacchè Hermes presso
dire, in mezzo agli uomini, secondo S. Agostino(4) ; o perchè, al dir
di
Servio(5), questo dio sempre corre dal cielo all’
pre corre dal cielo all’ inferno, e viceversa. II. Storia favolosa
di
Mercurio. Il nostro Mercurio era il Thoth deg
i Etruschi, l’Ermete de’ Greci ed il Theutate de’ Galli. Lo Scoliaste
di
Stazio(1) conta quattro Mercurii ; il primo, figl
. Lo Scoliaste di Stazio(1) conta quattro Mercurii ; il primo, figlio
di
Giove e di Maia ; il secondo, del Cielo o del Gio
ste di Stazio(1) conta quattro Mercurii ; il primo, figlio di Giove e
di
Maia ; il secondo, del Cielo o del Giorno ; il te
o di Giove e di Maia ; il secondo, del Cielo o del Giorno ; il terzo,
di
Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e
di Maia ; il secondo, del Cielo o del Giorno ; il terzo, di Libero e
di
Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene,
lo o del Giorno ; il terzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto,
di
Giove e di Cillene, dal quale fu ucciso Argo. Cic
orno ; il terzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e
di
Cillene, dal quale fu ucciso Argo. Cicerone(2) ne
annovera cinque : il primo, fig. del Cielo o del Giorno ; il secondo,
di
Valente e di Coronide, ch’è lo stesso che Trofoni
ue : il primo, fig. del Cielo o del Giorno ; il secondo, di Valente e
di
Coronide, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo,
do, di Valente e di Coronide, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo,
di
Giove terzo e di Maia, dal quale e da Penelope na
di Coronide, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo, di Giove terzo e
di
Maia, dal quale e da Penelope nacque Pan ; il qua
Pan ; il quarto, nato dal Nilo, che gli Egiziani non credevan lecito
di
nominare ; il quinto adorato nella città di Feneo
ziani non credevan lecito di nominare ; il quinto adorato nella città
di
Feneo, in Arcadia, il quale dicesi avere ucciso A
o. Ed in questo mese gli Egiziani celebravano una gran festa in onore
di
Mercurio(3). Servio(4), pur dice che Mercurio, uc
to l’uso delle lettere e de’ numeri. Ma i poeti tutto ciò che narrasi
di
Mercurio, l’attribuiscono al Mercurio greco, fig.
ciò che narrasi di Mercurio, l’attribuiscono al Mercurio greco, fig.
di
Giove e di Maia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò
rrasi di Mercurio, l’attribuiscono al Mercurio greco, fig. di Giove e
di
Maia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò Pleione, un
tribuiscono al Mercurio greco, fig. di Giove e di Maia. Atlante, fig.
di
Giapeto, sposò Pleione, una delle Oceanitidi, la
la luce sullo stesso monte Cilleno, sul pendio del quale era la città
di
Cillene. Fu quindi questo nume assai venerato dag
l’Arcadia colla madre, prima che fosse Roma, portò nel Lazio il culto
di
Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume
Roma, portò nel Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era fig.
di
quel nume e di una ninfa di Arcadia, che i Greci
Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume e
di
una ninfa di Arcadia, che i Greci chiamavan Temi,
to di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume e di una ninfa
di
Arcadia, che i Greci chiamavan Temi, ed i Latini
rmen)(1). Quindi è che Mercurio chiamavasi facondo ed illustre nipote
di
Atlante (2). E si vuole che Mercurio avesse dato
uinto mese dell’anno, chiamandolo Maius dal nome della madre Maia ; e
di
fatto i mercatanti in questo mese facevano in Rom
d a Mercurio(3). Questo nume, dice Pausania, nacque sul monte Coricio
di
Arcadia, ed appena nato, le Ninfe lo lavarono in
ia a Mercurio stesso consacrate ; e le Stagioni, e le Ore ebbero cura
di
allevarlo. Ma dell’infanzia di Mercurio mirabili
; e le Stagioni, e le Ore ebbero cura di allevarlo. Ma dell’infanzia
di
Mercurio mirabili cose ci narrano gli antichi. Lu
gli antichi. Luciano descrive con molta grazia alcune furtive imprese
di
lui ancor bambino ed avvolto nelle fasce (εν τοις
; e che a Giove pure avrebbe rubato il fulmine, se non avesse temuto
di
restarne bruciato. E Vulcano, mentre queste cose
ate involate le tanaglie ed altri fabbrili strumenti. Omero nell’inno
di
Mercurio dice che questo nume nacque la mattina,
o quì notiamo che Guinone gli volle dar latte e che da poche gocciole
di
esso a caso cadute ebbe origine la via lattea. La
adute ebbe origine la via lattea. La quale avventura si racconta pure
di
Ercole. III. Continuazione. Il Mercurio de’ Gr
ne. Il Mercurio de’ Greci è l’Ermete degli Egiziani. Varie incumbenze
di
questo nume. Autolico. Da Diodoro Siculo e da
ρεις, tres, e μεγιστος, maximus), forse per le sue tre grandi qualità
di
altissimo Filosofo, di sommo Sacerdote e di grand
maximus), forse per le sue tre grandi qualità di altissimo Filosofo,
di
sommo Sacerdote e di grandissimo Monarca. Incredi
le sue tre grandi qualità di altissimo Filosofo, di sommo Sacerdote e
di
grandissimo Monarca. Incredibili cose si dicono d
sommo Sacerdote e di grandissimo Monarca. Incredibili cose si dicono
di
lui e degl’innumerevoli libri da lui composti. Eg
finalmente fu riputato il padre dell’eloquenza, percui meritò il nome
di
Ermete, cioè di oratore ; il che ben conviene al
putato il padre dell’eloquenza, percui meritò il nome di Ermete, cioè
di
oratore ; il che ben conviene al Mercurio de’ Gre
o e l’egiziano Mercurio intercede, vedremo quali furono le incumbenze
di
questo nume il più affaccendato di quanti mai vi
vedremo quali furono le incumbenze di questo nume il più affaccendato
di
quanti mai vi ebbero Iddii nel cielo. Della qual
cielo. Della qual cosa forte si duole colla madre Maia in un dialogo
di
Luciano, dicendo che non v’era fra’ celesti aleun
go di Luciano, dicendo che non v’era fra’ celesti aleuno più infelice
di
lui, (εν ουρανω θεος αθλιωτερος) per le tante fac
rosia. Ed il peggio è che neppure la notte mi è dato dormire, dovendo
di
notte guidare le anime a Plutone ed assistere al
oro giudizio, come se fossero picciole occupazioni quelle giornaliere
di
attendere alla palestra, di farla da araldo, d’is
o picciole occupazioni quelle giornaliere di attendere alla palestra,
di
farla da araldo, d’istruire i retori e cento altr
da araldo, d’istruire i retori e cento altre. Ma lasciamo il celiare
di
Luciano e passiamo a divisare partitamente le inc
l celiare di Luciano e passiamo a divisare partitamente le incumbenze
di
Mercurio. E primieramente egli presedeva al comme
rotettore de’mercatanti. Quindi (1) chiunque era addetto alla vendita
di
qualsivoglia merce, offeriva incenso a Mercurio p
hi dice, essere suo costume, quando ritornava a casa con molto lucro,
di
ringraziare Mercurio, il quale lo avea aiutato ne
pongono in vendita le merci, chiamasi officina mercuriale. Alcuni son
di
parere che i Greci abbiano preso il loro Mercurio
di parere che i Greci abbiano preso il loro Mercurio da Chanaan, fig.
di
Cham, perchè chanaan in ebraico significa mercata
ad esercitare con molta gloria la mercatura ed il commercio. Agl’idi
di
Maggio era in Roma solenne festa pe’ mercatanti i
. Agl’idi di Maggio era in Roma solenne festa pe’ mercatanti in onore
di
Mercurio che si voleva nato in quel giorno ; e gl
o, immolando una troia gravida, e se stessi e le loro merci, per modo
di
espiazione, lavandosi nel fonte detto di Mercurio
si e le loro merci, per modo di espiazione, lavandosi nel fonte detto
di
Mercurio, ch’era vicino alla porta Capena (4). Co
curio accompagnato colla Fortuna tenere un’ancora e sedere sul rostro
di
una nave. Ma non solo de’ mercatanti ; egli fu pu
Racconta poscia in qual guisa, ancora fanciallo, avendo rubato i buoi
di
Admeto, che Apollo avea in guardia, nell’atto ste
stesso che n’era da lui fortemente rampognato, gli rubò il turcasso ;
di
che avvedutosi Apollo, non potè tenersi dal rider
Mercurio rubò i buoi ad Apollo, fu solo veduto da un vecchio pastore
di
que’ dintorni chiamato Batto, al quale, affinchè
infedeltà Mercurio oltremodo adirato il trasformò nella pietra detta
di
paragone, della quale ci serviamo per saggiare l’
gine. In un monte della Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza
di
uomo e nel quale gli antichi dicevano ch’era stat
e d’Indice. Battologia poi (βαττολογια) vuol dire inutile ripetizione
di
parole, ed è un vizio di elocuzione consistente i
i (βαττολογια) vuol dire inutile ripetizione di parole, ed è un vizio
di
elocuzione consistente in una moltiplicità di par
i parole, ed è un vizio di elocuzione consistente in una moltiplicità
di
parole che non contengono alcun sentimento. Secon
idio avesse seguita siffatta etimologia. Erodoto (2) finalmente parla
di
un tale Batto, principe della città di Cirene, il
. Erodoto (2) finalmente parla di un tale Batto, principe della città
di
Cirene, il quale avea una voce esile e balbutiva
in greco vuol dire uomo balbuziente. E per argomento della destrezza
di
questo nume nell’ingannare, Omero (3) racconta ch
i questo nume nell’ingannare, Omero (3) racconta ch’egli, per volontà
di
Giove, guidò l’infelice Priamo sino alla tenda di
h’egli, per volontà di Giove, guidò l’infelice Priamo sino alla tenda
di
Achille, per riscattare con molti doni il corpo d
lento il sonno, Nella destra si reca e scioglie il volo. In un batter
di
ciglio all’Ellesponto Giunge e al campo Troian. Q
vecchio re co’ doni introduce inosservato nel padiglione del figlinol
di
Peleo. Così, secondo che dice Orazio (4), il ricc
leo. Così, secondo che dice Orazio (4), il ricco Priamo, colla scorta
di
Mercurio, deluse i superbi Atridi, ed i Tessali f
amenti a Troia infesti. Forse un qualche greco comandante, per volere
di
Achille, di notte andò incontro a Priamo, per gui
ia infesti. Forse un qualche greco comandante, per volere di Achille,
di
notte andò incontro a Priamo, per guidarlo con si
urezza alla tenda dell’eroe, il quale avea pure ordinato alle guardie
di
aprire le porte e non molestare il re troiano ; e
i ravvisa destrezza e sagacità d’ingegno, e perciò riputavasi maestro
di
ogni dolo e frode, cioè di quella scaltra accorte
ità d’ingegno, e perciò riputavasi maestro di ogni dolo e frode, cioè
di
quella scaltra accortezza che impone agli altri e
tri ed illude sì nella civile e bellica scienza, e sì in que’ giuochi
di
mano ed altre maniere d’inganni fatti per diporto
enso dissero che Mercurio era ladro, e dio de’ ladri. Da Chione, fig.
di
Dedalione, e da Mercurio nacque Autolico (1). La
hione, fig. di Dedalione, e da Mercurio nacque Autolico (1). La madre
di
lui fu a tal segno superba che osò vantarsi di es
Autolico (1). La madre di lui fu a tal segno superba che osò vantarsi
di
essere più bella di Diana ; percui questa dea in
re di lui fu a tal segno superba che osò vantarsi di essere più bella
di
Diana ; percui questa dea in una caccia le forò l
aquila, o in isparviere. Autolico poi dal padre Mercurio ebbe il dono
di
una singolar destrezza nel rubare, e di cangiar c
l padre Mercurio ebbe il dono di una singolar destrezza nel rubare, e
di
cangiar ciò che involava in qualunque forma, in g
nza corna ; anzi esso stesso varie forme prendeva. Or era egli solito
di
rubare le pecore di Sisifo, il quale disperando d
o stesso varie forme prendeva. Or era egli solito di rubare le pecore
di
Sisifo, il quale disperando di poter conoscere l’
Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il quale disperando
di
poter conoscere l’autore del furto, pensò di marc
ifo, il quale disperando di poter conoscere l’autore del furto, pensò
di
marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo
marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso gli armenti
di
Autolico, con siffatto mezzo giunse a scoprire il
ire il rubatore delle sue pecore. Piacque tanto ad Autolico l’astuzia
di
Sisifo che volle dargli in moglie la figliuola An
; le quali se vanno disgiunte, la prima non sarà che un vano strepito
di
parole. E per ciò pure gli antichi offerivano sac
) ; che inventò la palestra e la lira, e che presedeva a quanto hanno
di
bello le scienze e le arti. Ed Igino (4) afferma
ô alcune lettere greche dal volo delle gru, le quali imitano la forma
di
quelle lettere. Non fa quindi maraviglia se gli a
ettere. Non fa quindi maraviglia se gli antichi (5) aveano il costume
di
sacrificare a Mercurio la lingua ; e se i cittadi
ano il costume di sacrificare a Mercurio la lingua ; e se i cittadini
di
Listri (6), vedendo quel che operava il Signore p
ittadini di Listri (6), vedendo quel che operava il Signore per mezzo
di
S. Barnaba e di S. Paolo, chiamarono Giove il pri
ri (6), vedendo quel che operava il Signore per mezzo di S. Barnaba e
di
S. Paolo, chiamarono Giove il primo, ed il second
primo, ed il secondo, Mercurio, appunto perchè destava la maraviglia
di
tutti colla sua sovrumana eloquenza (quoniam ipse
m ipse erat dux verbi). E se gli antichi diedero a Mercurio la gloria
di
avere il primo istituito un culto e de’ sacrifici
re il primo istituito un culto e de’ sacrificii agli Dei, come ancora
di
aver ridotto gli uomini che vivevano a guisa di b
agli Dei, come ancora di aver ridotto gli uomini che vivevano a guisa
di
bestie, alla vita socievole ed umana, dobbiam ric
lla vita socievole ed umana, dobbiam ricordarci che, giusta le parole
di
Cicerone (1), niun’altra forza salvochè quella de
onora. Si vuole (4) che Mercurio, avendo per caso ritrovato il guscio
di
una testuggine alla riva del Nilo, ed i soli nerv
avuto un suono ; il che diede la prima idea della lira, che facevasi
di
tartaruga. Essa per lo più avea sette corde ; ed
ortata a Lirnesso, città della Frigia, pervenne finalmente nelle mani
di
Achille (7). Un’altra principale incumbenza di Me
finalmente nelle mani di Achille (7). Un’altra principale incumbenza
di
Mercurio fu quella di essere il messaggiere degli
di Achille (7). Un’altra principale incumbenza di Mercurio fu quella
di
essere il messaggiere degli Dei, e specialmente d
Mercurio fu quella di essere il messaggiere degli Dei, e specialmente
di
Giove. Era quindi considerato qual ministro ed ar
de’ viandanti e de’ pastori, e condottiere delle anime all’inferno. E
di
fatto presso Plauto (1) egli stesso afferma, esse
stesso afferma, esser noto a tutti che gli Dei aveano a lui concesso
di
farla da lor messaggiere e di presedere a’ lucri.
tutti che gli Dei aveano a lui concesso di farla da lor messaggiere e
di
presedere a’ lucri. Giove gli avea posto le ali a
bella guisa descrivono Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini
di
Giove. Il quale gl’ impone di recarsi a Calipso p
o che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. Il quale gl’ impone
di
recarsi a Calipso per indurla a liberare da quell
’ impone di recarsi a Calipso per indurla a liberare da quella specie
di
prigionia il divino Ulisse ; ed allora Obbedì il
na ancora, E con quella tra man l’aure fendea. Pindem. Ad imitazione
di
Omero, Virgilio descrive Mercurio che si accinge
ero, Virgilio descrive Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini
di
Giove. « Udito ch’ebbe Mercurio, ad eseguir tost
rchi, e le teste si sollevano l’una contro l’altra, spesso un poco al
di
sopra dell’estremità della verga, mentre le code
erva che Mercurio da’ poeti è quasi sempre adoperato come messaggiero
di
pace, laddove Iride per lo più annunzia guerra e
a loro frapponendola. Si racconta che quando Apollo pasceva le greggi
di
Admento, Mercurio gli regalò una lira, e n’ebbe i
qual simbolo della pace. Al caduceo gli antichi poeti davano la virtù
di
conciliare e di togliere il sonno, detto perciò s
la pace. Al caduceo gli antichi poeti davano la virtù di conciliare e
di
togliere il sonno, detto perciò sonnifero da Ovid
alla testa, nella destra tiene una borsa, e nella sinistra un caduceo
di
antichissima forma, cioè senza serpi. Era antica
gliono ch’esso li apriva piuttosto, alludendosi al costume de’ Romani
di
aprire sul rogo gli occhi de’ cadaveri, che avean
Non s’intende però, perchè lo stesso poeta (2), parlando della morte
di
Didone, finge che l’infelice Regina non potea mor
or la sua testa all’Orco inferno. Caro. Allora Giunone, avendo pietà
di
quella morte affannosa, mandò Iride dal cielo, la
o o Caronte che porta in mano una spada per tagliare la ciocca fatale
di
Alceste. Ma comunque ciò sia, certa cosa è che pr
te. Ma comunque ciò sia, certa cosa è che principale e nobile ufficio
di
Mercurio era quello di accompagnare le anime de’
, certa cosa è che principale e nobile ufficio di Mercurio era quello
di
accompagnare le anime de’ trapassati o ai beati E
ndaro a Plutone piuttosto attribuisca siffatto incarico ; ma la verga
di
Mercurio, dice Virgilio (4), e quella che ha sua
grato sì a’ celesti che agl’infernali Iddii. E ne’ dialoghi de’ morti
di
Luciano si ritrova spesso occupato a trattar coll
a trattar colle ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure
di
notte gli era dato di riposare alquanto, essendo
e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte gli era dato
di
riposare alquanto, essendo obbligato di condurre
neppure di notte gli era dato di riposare alquanto, essendo obbligato
di
condurre le anime de’ defonti a Plutone, e farla
i, de’ quali Ulisse avea fatto grandissima strage : Mercurio intanto
di
Cillene il Dio, L’alme de’ Proci estinti a se chi
i al lieto soggiorno degli Elisi, e che coll’aurea sua verga, a guisa
di
pastore, si mena innanzi le ombre leggiere de’ tr
passati (levem turbam, ειδωλα καμοντων. Hom.). Quanto finsero i Greci
di
Mercurio, fu loro insegnato da Orfeo, che l’avea,
loro insegnato da Orfeo, che l’avea, appreso dagli Egizii. L’Oceano,
di
cui parla Omero, era il Nilo : le porte del sole
ui parla Omero, era il Nilo : le porte del sole voglion dire la città
di
Eliopoli, cioè la città del sole (ηλιος, sol, et
na palude non lontana da Menfi, chiamata Acherusia, ch’era circondata
di
verdeggiante loto e di canne. E Mercurio presso g
a Menfi, chiamata Acherusia, ch’era circondata di verdeggiante loto e
di
canne. E Mercurio presso gli Egiziani era un uomo
Mercurio presso gli Egiziani era un uomo che acompagnava il cadavere
di
Api, re e dio da loro adorato sotto la figura di
mpagnava il cadavere di Api, re e dio da loro adorato sotto la figura
di
un bue, sino ad un luogo, ove lo consegnava ad un
e a Mercurio si dee l’invenzione della palestra, lodando l’accortezza
di
quel nume, il quale i primi uomini ancora fieri e
za, ed i loro corpi co’ ginnastici esercizii della palestra si studiò
di
rafforzare. La palestra era un luogo, ove gli ant
ignificare la lotta stessa ed i certami ginnastici. Palestra era fig.
di
Mercurio, o di Ercole, a cui debbesi l’invenzione
otta stessa ed i certami ginnastici. Palestra era fig. di Mercurio, o
di
Ercole, a cui debbesi l’invenzione della palestra
cui debbesi l’invenzione della palestra. Altri dicono che Corico, re
di
Arcadia, ebbe due figliuoli, Plesippo ed Eneto, e
arte della lotta, Palestra insegnolla a Mercurio, il quale in memoria
di
quella donzella, diede alla nuova arte della lott
memoria di quella donzella, diede alla nuova arte della lotta il nome
di
palestra. V. Iconologia di Mercurio. Ordin
ede alla nuova arte della lotta il nome di palestra. V. Iconologia
di
Mercurio. Ordinariamente si dipingeva questo
a’ piedi un gallo ed un becco(2) E com’egli formò la lira del guscio
di
una testuggine, così spesso questo animale si ved
adri ; e si rappresentava colle ali a’ piedi, forse perchè il pianeta
di
Mercurio credevasi il più veloce fra tutti gli al
rchè gli si attribuiva la coltura del genere umano. Vi era una statua
di
Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito di tonaca
e umano. Vi era una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito
di
tonaca, e di una clamide, e che porta un ariete s
ra una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito di tonaca, e
di
una clamide, e che porta un ariete sotto il bracc
una clamide, e che porta un ariete sotto il braccio. Ed in una strada
di
Corinto vedeasi un Mercurio di bronzo, che seduto
ete sotto il braccio. Ed in una strada di Corinto vedeasi un Mercurio
di
bronzo, che seduto avea un artete a lato(2), fors
sua protezione gli armenti e li faceva crescere(3) Anche negli scavi
di
Pompei si è trovato un idoletto di bronzo grazios
ceva crescere(3) Anche negli scavi di Pompei si è trovato un idoletto
di
bronzo graziosamente lavorato che rappresenta Mer
lin, avea in Lesbo, ov’era onorato con quel titolo, una statua, opera
di
Calamide, che lo rappresentava nell’attodi portar
ch’era il dio de’ pastori. Altri dicono che avea liberato i cittadini
di
Tanagra dalla peste, girando tre volte in forma e
un montone sulle spalle. Chiamasi Mercurio Crioforo un bell’intaglio
di
Dioscoride, ov’è rappresentato Mercurio che porta
taglio di Dioscoride, ov’è rappresentato Mercurio che porta una testa
di
montone in un piatto ». In alcuni antichi monumen
numenti(4) si vede rappresentato Mercurio con una catena che gli esce
di
bocca e si attacca alle orecchie di coloro che vo
curio con una catena che gli esce di bocca e si attacca alle orecchie
di
coloro che volea seco condurre ; bel simbolo dell
eo, in punta al quale è una mezza luna. Si dipinge come un giovinetto
di
bello aspetto, di svelta corporatura, e per lo pi
ale è una mezza luna. Si dipinge come un giovinetto di bello aspetto,
di
svelta corporatura, e per lo più con un mantello
e per lo più con un mantello alle spalle. Una delle più belle statue
di
Mercurio è quella del Museo Pio-Clementino, credu
da Winckelmann, un Meleagro. Sopra una pietra incisa si vede in atto
di
ricondurre un’anima fuori dell’inferno. Vicino a
ali esso si reputa il più accorto e sagace. VI. Principali epiteti
di
Mercurio. Αγγελος των θεων, messaggiere degli
in Esiodo ; e Mercurius ministrator nelle iscrizioni tutti soprannomi
di
Mercurio, che significano l’ufficio di messaggier
le iscrizioni tutti soprannomi di Mercurio, che significano l’ufficio
di
messaggiere e di ministro de’numi. Agoreo, Αγορα
ti soprannomi di Mercurio, che significano l’ufficio di messaggiere e
di
ministro de’numi. Agoreo, Αγοραιος (αγορα, forum
affico ; Κερδεμπορος, (a κερδος, lucrum, et πορος, transitus), datore
di
lucri, κερδωος, che presiede at lucro o apportato
situs), datore di lucri, κερδωος, che presiede at lucro o apportatore
di
lucro ; πολυτροπος, versipelle ; ποικιλοβουλος, a
lle piazze. Ales o Alipes Deus chiamato da’ poeti(1), perchè fornito
di
ali a’ piedi ed al petaso. Argicida, Αργειφοντης
oè uccisore del pastore Argo che avea cento occhi, come nell’articolo
di
Giove si è detto. Arcas, Arcas aliger, così dett
. Arcas, Arcas aliger, così detto, perchè allevato in Cillene, monte
di
Arcadia. Atlantiade, Mercurio nipote di Atlante,
è allevato in Cillene, monte di Arcadia. Atlantiade, Mercurio nipote
di
Atlante, padre di Maia. Caducifero e Caduceatore
ene, monte di Arcadia. Atlantiade, Mercurio nipote di Atlante, padre
di
Maia. Caducifero e Caduceatore (2), che porta il
rta il caduceo. Da Omero dicesi Χρυσορραπις, cioè che porta una verga
di
oro, e Vergadoro, secondo il Salvini. Gli antichi
no, così detto per vedersi spesso nell’inferno a trattar colle ombre,
di
cui era il conduttore. Enodio, Viale (ab εν, in,
, ed arbitro della pace da Ovidio chiamasi Mercurio, come messaggiere
di
pace. Psicagoge, ψυχαγωγος (a ψυχη, anima, et αγ
προστατης (praeses somni), perchè portava’ il caduceo che avea virtù
di
conciliare il sonno. Χαρμοφρων o Χαρμοφερων, Hom.
ων o Χαρμοφερων, Hom. (a Χαρμα, laetitia, et φρην, mens), apportatore
di
allegrezza, forse perchè dio del guadagno. VII
allegrezza, forse perchè dio del guadagno. VII. Alcune altre cose
di
Mercurio. Nella gigantomachia, Mercurio coll’
e altre cose di Mercurio. Nella gigantomachia, Mercurio coll’elmo
di
Plutone sul capo che rendeva invisibile chi lo po
avvinto co’ suoi serpentini stragrandi ravvolgimenti(2) ; per comando
di
Giove stesso andò da Deucalione per trattare la r
ne del genere umano dopo il suo famoso diluvio(3) ; per comando anche
di
Giove attaccò l’audace Issione alla ruota che lo
ruota che lo tormenta nell’inferno(4) ; inchiodò Prometeo con chiodi
di
ferro ad un sasso smisurato del monte Caucaso e g
va (5) ; trasportò Castore e Polluce in Pallene ; accompagnò il carro
di
Plutone che andava a rapire Proserpina ; aiutò Pe
si per tutto, in cielo, in terra ed anche nell’inferno. Da Lara, fig.
di
Almone, ebbe Mercurio i Lari (Lares) ch’erano la
, ritrovandosi nelle iscrizioni Lares viarum ; ed in loro onore a’ 22
di
Dicembre si celebrava una festa delta Compitalia.
urgativa(2). Lattanzio(3) dice che Mercurio fu un uomo antichissimo e
di
gran dottrina fornito, non che della conoscenza d
omo antichissimo e di gran dottrina fornito, non che della conoscenza
di
molte arti e scienze. Perciò fu innalzato agli on
e nel tempo stesso il nume che presedeva a quel fiume. Nell’articolo
di
Saturno abbiam detto che la moglie di lui chiamav
eva a quel fiume. Nell’articolo di Saturno abbiam detto che la moglie
di
lui chiamavasi Opi, cioè ricca, forse dall’antico
sì per le biade e pe’ frutti, e sì pe’ metalli è la perenne sorgente
di
ogni nostra ricchezza (1) ; o secondo Macrobio(2)
biade. Varrone(1) finalmente vuole che la Terra fu detta Opi, perchè
di
essa abbiamo bisogno per vivere, (nobis opus est
t ad vivendum), essendo madre universale, produttrice e dispensatrice
di
tutt’i beni. II. Storia favolosa della Terra o
ispensatrice di tutt’i beni. II. Storia favolosa della Terra o sia
di
Opi. Igino dice che la Terra insieme col Ciel
opria conservazione, percui chiamaron Dea la Terra, ch’è la donatrice
di
quelle cose, per le quali vivono essi e godono mo
ti gli esseri. E però spesso chiamavasi la Gran Madre, perchè, al dir
di
Aristotele(3), siccome naturalmente tocca alle ma
E Plinio(4) dice che per ragione de’ grandi meriti della Terra verso
di
noi le abbiam dato il venerando nome di madre. Di
andi meriti della Terra verso di noi le abbiam dato il venerando nome
di
madre. Di fatto essa nel nostro nascimento ci acc
degli Dei ; ed il più degli antichi credevano che l’uomo fosse fatto
di
terra ed acqua riscaldata da’ raggi del sole. Qui
siedono alle nozze (1), perchè riputavasi la madre e quasi la nutrice
di
tutte le cose. È noto finalmente il fatto di Brut
madre e quasi la nutrice di tutte le cose. È noto finalmente il fatto
di
Bruto che baciò la Terra come madre comune di tul
oto finalmente il fatto di Bruto che baciò la Terra come madre comune
di
tull’i mortali (2). Pare che gli antichi avessero
icerone (3) leggiamo che alcuni credevano, la cessazione dell’oracolo
di
Delfo essere avvenuta, perchè, a cagione del lung
vestita dava gli oracoli. E qual virtù, prosegue a dire, è più divina
di
quella esalazioni, le quali la mente muovono, e l
le quali la mente muovono, e la rendono previdente del futuro a segno
di
; predirlo anche in versi ? Secondo Plutarco, La
Apollo ; ed aggiunge, quivi essere stato comune oracolo della Terra e
di
Nettuno ; e che poscia la Terra avesse ceduto il
uo oracolo a Temi, e questa ad Apollo. Euripide (4) chiama il tripode
di
Apollo, tripode di Temi ; e dice che a lei erano
e questa ad Apollo. Euripide (4) chiama il tripode di Apollo, tripode
di
Temi ; e dice che a lei erano suggerite le rispos
madre de’ sogni. Essa predisse a Giove la vittoria sopra i Titani ; e
di
lei figliuolo era il serpente Pitone, il quale av
Pitone, il quale avea il dono della divinazione e custodiva l’oracolo
di
Delfo. Pausania (1) finalmente fa menzione di un
e e custodiva l’oracolo di Delfo. Pausania (1) finalmente fa menzione
di
un oracolo della Dea Tellure vicino ad Olimpia. E
no collocati in luoghi sotterranei ; percui, dice Fontenelle, i paesi
di
scoscese montagne, e però piene di caverne, abbon
; percui, dice Fontenelle, i paesi di scoscese montagne, e però piene
di
caverne, abbondavano più degli altri di oracoli.
oscese montagne, e però piene di caverne, abbondavano più degli altri
di
oracoli. Tale era la Beozia, che, al dir di Pluta
bondavano più degli altri di oracoli. Tale era la Beozia, che, al dir
di
Plutarco, ne avea moltissimi. La quale cosa era c
ligioso orrore. Così sappiamo che a principio si consultava l’oracolo
di
Delfo coll’appressarsi ad un’oscura caverna ch’er
n’oscura caverna ch’era nel monte Parnaso, e respirarne il vapore che
di
essa usciva. Ma non pochi fanatici essendovi cadu
fronzuto allora, custodiva il sotterraneo oracolo. A Claro l’oracolo
di
Apollo era una caverna ed un fonte, di cui bevend
neo oracolo. A Claro l’oracolo di Apollo era una caverna ed un fonte,
di
cui bevendo l’acqua, predicevano il futuro ; la v
n fonte, di cui bevendo l’acqua, predicevano il futuro ; la vita però
di
chine bevea, era breve. Nella Tracia era un antro
mana descritto da Virgilio(2) era un antro immenso scavato nel fianco
di
una rupe, a cui si andava per cento vie e cento p
me, quando la Sibilla dava le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig.
di
Ergino, re di Tebe, o di Apollo, con mirabile mae
Sibilla dava le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re
di
Tebe, o di Apollo, con mirabile maestria edificav
a le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re di Tebe, o
di
Apollo, con mirabile maestria edificavano tempii
maestria edificavano tempii e regali palagi ; fabbricarono il tempio
di
Delfo, e fecero il nuzial talamo di Alcmena, madr
i palagi ; fabbricarono il tempio di Delfo, e fecero il nuzial talamo
di
Alcmena, madre di Ercole. Trofonio fu inghiottito
arono il tempio di Delfo, e fecero il nuzial talamo di Alcmena, madre
di
Ercole. Trofonio fu inghiottito dalla terra in qu
dalla terra in quel luogo della Livadia, ove si vedeva la fossa detta
di
Agamede, o la caverna di Trofonio. « L’oracolo, d
della Livadia, ove si vedeva la fossa detta di Agamede, o la caverna
di
Trofonio. « L’oracolo, dice Fontenelle, era sopra
oracolo, dice Fontenelle, era sopra una montagna, in un recinto fatto
di
pietre bianche, su cui si alzavano obelischi di r
, in un recinto fatto di pietre bianche, su cui si alzavano obelischi
di
rame. In questo recinto era una caverna a foggia
lzavano obelischi di rame. In questo recinto era una caverna a foggia
di
un forno, fatta a scalpello. Quivi aprivasi un pe
istendersi in terra , prendere nell’una e nell’altra mano certe paste
di
mele, senza le quali non potevasi entrare ; si me
o tirar dentro con forza e prestezza grande ». III.Storia favolosa
di
alcuni figliuoli della Terra. Abbiam notato ne
ostruosa statura e stratordinaria robustezza (1). Quindi ogni maniera
di
giganti si volle procreata dalla Terra, avvisando
ra di giganti si volle procreata dalla Terra, avvisando che ad uomini
di
strana corporatura ben conveniva una madre di smi
avvisando che ad uomini di strana corporatura ben conveniva una madre
di
smisurata grandezza. Perciò vediamo che oltre i T
i dicono fig. del Cielo e della Terra , sebbene alcuni li dicano fig.
di
Nettuno e di Anfitrite. Anche Apollodoro dice che
del Cielo e della Terra , sebbene alcuni li dicano fig. di Nettuno e
di
Anfitrite. Anche Apollodoro dice che la Terra, do
tendono il sole. E dalla forma rotonda del loro occhio ebbero il nome
di
Ciclopi (a κυκλος, orbis, et ωψ, ωπος, oculus). E
Secondo Esiodo (1) essi erano divina progenie nata da Crono, non più
di
tre, e ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmi
essi erano divina progenie nata da Crono, non più di tre, e ministri
di
Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove. Ma sec
Crono, non più di tre, e ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini
di
Giove. Ma secondo Omero(2), essi erano mostruosi
za religione. A’ medesimi per altro si attribuisce un particolar modo
di
fabbricare, detto ciclopeo (4). Servio dice che c
diosa ; ed Aristotele chiama i Ciclopi inventori delle torri. Le mura
di
Micene, e specialmente una porta sormontata da le
ta da leoni, fu opera loro ; ed essi fabbricarono al re Preto le mura
di
Tirinto, città dell’Argolide. Quindi le rovine de
le mura di Tirinto, città dell’Argolide. Quindi le rovine delle mura
di
Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più di trem
Tirinto, città dell’Argolide. Quindi le rovine delle mura di Tirinto,
di
Micene e di Nauplia, dopo più di tremila anni, di
tà dell’Argolide. Quindi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e
di
Nauplia, dopo più di tremila anni, dimostrano la
ndi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più
di
tremila anni, dimostrano la prima immagine ed i p
i primi a connettere, senza alcun cemento, grandi e grossolani massi
di
forma irregolare, per cui adoperavano piccole pie
an tra loro i massi rozzi ed informi. Fu loro invenzione ancora Parte
di
fabbricare il ferro (1) ; e come Vulcano, antico
e ancora Parte di fabbricare il ferro (1) ; e come Vulcano, antico re
di
Egitto, aveva insegnato il primo a mettere in ope
tere in opera il ferro ; così i poeti , introdotto in Grecia il culto
di
quel nume, con lui congiunsero i Ciclopi ch’erano
lto di quel nume, con lui congiunsero i Ciclopi ch’erano fabbricatori
di
ferro, e li posero a ministri nella fucina di lui
i ch’erano fabbricatori di ferro, e li posero a ministri nella fucina
di
lui. Che i Ciclopi non avessero che un sol occhio
olifemo acciecato da Ulisse. Strabone(2) parla delle caverne o specie
di
laberinti cavati da’Ciclopi a Nauplia nel seno de
r trarne delle pietre. E come gli Egiziani nelle miniere facevano uso
di
una lucerna legata alla fronte che li scorgesse i
tenebre ; così nacque la favola che i Ciclopi fossero giganti forniti
di
un sol occhio circolare in mezzo alla fronte. Anc
occhio circolare in mezzo alla fronte. Anche figliuolo della Terra e
di
Nettuno fu Anteo, giganti alto sessanta quattro c
lla Libia. Il quate, avendo promesso in voto agli Dei un altare tutto
di
cranii umani, costringeva a lottar seco tutt’i vi
i non dobbiamo omettere i Centimani Briareo, Gige e Cotto, i quali(1)
di
cento braccia e cinquanta teste forniti, sì per e
tere e della Terra. Essi, nella guerra de’Titani, sostennero le parti
di
Giove, comechè alcuni l’annoverano fra i giganti
altrove(3) dice che ad Egeone arde il petto, perchè provocò i fulmini
di
Giove, il quale confinollo nel tartaro. IV. Co
o nel tartaro. IV. Continuazione – Superficie della Terra popolata
di
numi. Dio Pan, La Terra non solamente ebbe mol
sa in tutta quanta la sua superficie fosse stata da’ gentili popolata
di
varie e numerose classi di Dei. Di fatto e boschi
uperficie fosse stata da’ gentili popolata di varie e numerose classi
di
Dei. Di fatto e boschi, e monti, e fiumi, e fonta
monti, e fiumi, e fontane, e città, e campagne ed ogni altra maniera
di
luoghi, tutti si credevano da grandi schiere di n
ed ogni altra maniera di luoghi, tutti si credevano da grandi schiere
di
numi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia
chiere di numi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia là truppe
di
Satiri e di Egipani ; altrove e Napee e Driadi, e
mi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia là truppe di Satiri e
di
Egipani ; altrove e Napee e Driadi, ed Oreadi e s
e di Egipani ; altrove e Napee e Driadi, ed Oreadi e simili drappelli
di
Ninfe ; e quasi non poter dare un passo senza abb
a che la Divinità è in tutt’i luoghi. Or noi per ragionare con ordine
di
tante specie di numi, favelleremo prima del Dio P
à è in tutt’i luoghi. Or noi per ragionare con ordine di tante specie
di
numi, favelleremo prima del Dio Pan, ch’era la na
ni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e
di
tutti gli abitanti della campagna. Quindi lo dipi
campagna. Quindi lo dipingevano in modo da sembrare che partecipasse
di
tutto l’universo. Avea le corna per significare i
viso, per esprimere il rosseggiare dell’etere ; avea il ventre sparso
di
stelle, per indicare gli astri ; la barba ed i ca
ab αιξ, αιγος, capra), perchè rappresenta vasi colle gambe ed i piedi
di
capra ; sebbene Egipani o Semicapri erano propria
pani o Semicapri erano propriamente uomini favolosi, che aveano forma
di
capra dal mezzo all’ingiù. E da Pane, lor capo, f
i Satiri, o sia gli Dei delle foreste e de’campi ; e per la deformità
di
essi avvenne che tutt’i mostruosi e segnalali per
i essi avvenne che tutt’i mostruosi e segnalali per qualche sconcezza
di
corpo si chiamassero Satiri, o Pani, o Egipani. E
, che ne sono scompigliati e posti in fuga. Or questo dio Pan fu fig.
di
Demogorgone, o di Giove e di Fimbride ; o di Merc
pigliati e posti in fuga. Or questo dio Pan fu fig. di Demogorgone, o
di
Giove e di Fimbride ; o di Mercurio. Pan suggerì
posti in fuga. Or questo dio Pan fu fig. di Demogorgone, o di Giove e
di
Fimbride ; o di Mercurio. Pan suggerì agli Dei ch
r questo dio Pan fu fig. di Demogorgone, o di Giove e di Fimbride ; o
di
Mercurio. Pan suggerì agli Dei che si fossero can
Mercurio. Pan suggerì agli Dei che si fossero cangiali in varie forme
di
animali, allorchè si rifuggirono in Egitto, per l
irono in Egitto, per lo spavento del crudele Tifone ; e che in grazia
di
sì prudente consiglio, fu da essi trasformato nel
indovinare ; ma che poi vennero a contesa sulla perizia del suono ; e
di
ciò fu cagione l’esser venuto Pan in gran superbi
o siringa (συριγξ, fistula) ch’è strumento musicale da fiato, formato
di
varie cannucce con certa proporzione disuguale, p
varie cannucce con certa proporzione disuguale, per lo più in numero
di
sette e congiunte con cera ; il quale era diverso
pogna, con cui per altro spesso si confonde. Or vi furono tre maniere
di
quesio strumento, quello ad una canna (μονοκαλαμο
to, quello ad una canna (μονοκαλαμος), che ritrovò Mercurio ; l’altro
di
più cannucce formalo (πολυκαλαμος), di cui fu inv
che ritrovò Mercurio ; l’altro di più cannucce formalo (πολυκαλαμος),
di
cui fu inventore Sileno ; ed il terzo in cui le c
el plagiaulo (πλαγιαυλος, tibia obliqua) o flauto traverso. Ed al dir
di
Ovidio (4), in fistola fu trasformata Siringa, un
elle più belle Naiadi che abitavano un monte vicino a Nonaera , città
di
Arcadia, e figliuola del Ladone, bel fiume che si
adone , fu per pietà delle ninfe sorelle, cangiata in palustre canna,
di
cui Pan formò la fistola che dal nome di quella n
cangiata in palustre canna, di cui Pan formò la fistola che dal nome
di
quella ninfa fu detta siringa. Lucrezio (5) vuole
lare che fa naturalmente un leggiero venticello intromesso pe’ forami
di
una cannuccia , abbia data a’ rusticani uomini l’
fistola e della sampogna, la quale (6) essendo la più semplice forma
di
musicale strumento, fu eziandio la più semplice f
mplice forma di musicale strumento, fu eziandio la più semplice forma
di
musicale strumento, fu eziandio la più antica ; e
astorale Arcadia , ove a lui eran sacri il Menalo ed il Liceo , monti
di
Arcadia tanto celebrati da’ poeti. Orazio (8) per
ficare Pan dice il nume cui piacciono gli armenti ed i piniferi monti
di
Arcadia. E chiamavasi Menalio, dal Menalo ; e Teg
adia ov’era in particolar modo venerato. A lui era consacrato il pino
di
cui portava inghirlandato il capo, come anche fac
o (ilex). V.Continuazione – Fauni – Silvani. Dopo aver parlato
di
Pan, dio della natura e capo de’ rusticani Iddii,
mo lo sguardo a’ varii luoghi della Terra che vedransi tutti popolati
di
numi. E primieramente i boschi eran abitati da nu
ti di numi. E primieramente i boschi eran abitati da numerose schiere
di
Satiri, di Fauni, di Silvani e di altri siffatti
E primieramente i boschi eran abitati da numerose schiere di Satiri,
di
Fauni, di Silvani e di altri siffatti Dei ; anzi
amente i boschi eran abitati da numerose schiere di Satiri, di Fauni,
di
Silvani e di altri siffatti Dei ; anzi ogni alber
hi eran abitati da numerose schiere di Satiri, di Fauni, di Silvani e
di
altri siffatti Dei ; anzi ogni albero avea una ni
pur troppo conte le Driadi e le Amadriadi ec. I monti erano popolati
di
Oreadi ; le valli, di Napee ; i prati, di Limonia
riadi e le Amadriadi ec. I monti erano popolati di Oreadi ; le valli,
di
Napee ; i prati, di Limoniadi ; i fiumi, di Potam
ec. I monti erano popolati di Oreadi ; le valli, di Napee ; i prati,
di
Limoniadi ; i fiumi, di Potamidi ; le fontane, di
ati di Oreadi ; le valli, di Napee ; i prati, di Limoniadi ; i fiumi,
di
Potamidi ; le fontane, di Naiadi ; e così di molt
di Napee ; i prati, di Limoniadi ; i fiumi, di Potamidi ; le fontane,
di
Naiadi ; e così di molte altre generazioni di nin
di Limoniadi ; i fiumi, di Potamidi ; le fontane, di Naiadi ; e così
di
molte altre generazioni di ninfe. Se volgiamo gli
Potamidi ; le fontane, di Naiadi ; e così di molte altre generazioni
di
ninfe. Se volgiamo gli occhi a’campi, vedremo e V
a de’pastori, ed il dio Termine. I giardini erano sotto la protezione
di
Flora, di Pomona, di Priapo ec. Le città e le cas
ri, ed il dio Termine. I giardini erano sotto la protezione di Flora,
di
Pomona, di Priapo ec. Le città e le case aveano i
io Termine. I giardini erano sotto la protezione di Flora, di Pomona,
di
Priapo ec. Le città e le case aveano i loro Penal
iascun uomo, e forse ciascun luogo, il suo Genio. Delle quali maniere
di
numi qui brevemente discorreremo. I poeti latini
confondono Fauno con Pan, perchè le favole degli antichi Italiani non
di
rado si mescolavano con quelle de’ Greci ; ed all
i mescolavano con quelle de’ Greci ; ed allora a Fauno davano i piedi
di
capra. Alcuni vogliono ancora che Silvano fosse l
a lui compagni, Vengan con le zampogne a schiera a schiera. Fauno,
di
cui si parlò nell’articolo di Saturno, detto pure
zampogne a schiera a schiera. Fauno, di cui si parlò nell’articolo
di
Saturno, detto pure Fatuo, era il padre de’ Fauni
losi de’ campi, de’ monti e delle selve, che rappresentavansi a guisa
di
Satiri. Si consideravano come semidei, ma credeva
consacrato il pino e l’olivo selvatico. Si rappresentavano in figura
di
becco dalla cintura in giù, e con le corna di cap
ppresentavano in figura di becco dalla cintura in giù, e con le corna
di
capra (semicaper Faunus. Ovid. ) ; ma con lineame
vid. ) ; ma con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più allegra
di
quella de’ Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fa
a più allegra di quella de’ Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fauno
di
bronzo ben conservato e di ammirabile lavoro, rit
Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fauno di bronzo ben conservato e
di
ammirabile lavoro, ritrovato in una bellissima ca
n conservato e di ammirabile lavoro, ritrovato in una bellissima casa
di
Pompei, la quale da questo prezioso monumento ha
asa di Pompei, la quale da questo prezioso monumento ha preso il nome
di
casa del Fauno.Esso ha le corna, è coronato di pi
mento ha preso il nome di casa del Fauno.Esso ha le corna, è coronato
di
pino e vedesi in atto di danzare tutto ebbrifesta
casa del Fauno.Esso ha le corna, è coronato di pino e vedesi in atto
di
danzare tutto ebbrifestante. Furon poi detti Faun
Giustino significa io son preso da divino furore. Finalmente in onore
di
Fauno nelle selve e nelle campagne si celebravano
onore di Fauno nelle selve e nelle campagne si celebravano alle none
di
Dicembre alcune feste dette Faunalia, per le qual
de ch’è una specie d’inno. I Luperci poi eran sacerdoti del dio Pan o
di
Fauno ; e Lupercali si dicevano alcune feste in o
el dio Pan o di Fauno ; e Lupercali si dicevano alcune feste in onore
di
quel nume(2), che celebravansi a’15 di Febbraio.
dicevano alcune feste in onore di quel nume(2), che celebravansi a’15
di
Febbraio. Lupercale poi era un luogo o antro sott
n suo tempio era l’ippodromo e lo stadio, ove si celebravano in onore
di
Pan le feste dette Licee. Or Evandro dall’Arcadia
ficavano. In un marmo (2) si vede un Silvano che ha in mano il tronco
di
un picciolo cipresso ; e si sa che Virgilio (3) a
a con un giovane cipresso in mano. E spesso si dipinge con una corona
di
frondi di alberi, o di grandi fiori, o di canne,
iovane cipresso in mano. E spesso si dipinge con una corona di frondi
di
alberi, o di grandi fiori, o di canne, e col cipr
so in mano. E spesso si dipinge con una corona di frondi di alberi, o
di
grandi fiori, o di canne, e col cipresso in mano.
o si dipinge con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori, o
di
canne, e col cipresso in mano. Orazio (4) lo chia
ono coi Fauni e cogli altri numi abitalori de’ boschi. Ed a proposito
di
questa folla di boscherecci Iddii giova qui rifer
cogli altri numi abitalori de’ boschi. Ed a proposito di questa folla
di
boscherecci Iddii giova qui riferire un bel luogo
di questa folla di boscherecci Iddii giova qui riferire un bel luogo
di
Lucrezio (5), il quale, parlando dell’eco, così e
ozzo villan sente da lungi Qualor scotendo del biforme capo La corona
di
pino il dio de’ boschi, Spesso con labbro adunco
liro era propriamente un dio boschereccio ; e Satiri erano una specie
di
semidei, abitatori delle selve, cornuti e co’ pie
ς, τραγοποδες. Capripedes Satyri. Lucret.). Orazio(1) dà loro i piedi
di
capra e le orecchie acute. Sino alla cintura avea
aveano forma umana e due corna nella fronte ; tutto il resto poi era
di
capra. Plinio dice de’ Satiri, essere animali vel
ando sono infermi o vecchi. In un ninfeo, luogo sacro presso la città
di
Apollonia, fu preso un Satiro che dormiva a terra
presso la città di Apollonia, fu preso un Satiro che dormiva a terra,
di
quella sembianza appunto, in cui viene dai pittor
pre. Il gran solitario S. Antonio in una sassosa valle vide una forma
di
uomo di picciola statura, col naso adunco, col ca
gran solitario S. Antonio in una sassosa valle vide una forma di uomo
di
picciola statura, col naso adunco, col capo cornu
omo di picciola statura, col naso adunco, col capo cornuto e che avea
di
capra l’altra metà del corpo. Ed a tempo di Costa
l capo cornuto e che avea di capra l’altra metà del corpo. Ed a tempo
di
Costantino un simile animale fu portato vivo nell
d a tempo di Costantino un simile animale fu portato vivo nella città
di
Alessandria, ove servì di maraviglioso spettacolo
simile animale fu portato vivo nella città di Alessandria, ove servì
di
maraviglioso spettacolo a quel gran popolo ; e ch
peratore stesso volle vederlo. Plinio riferisce che sul monte Atlante
di
giorno era gran silenzio ; ma che la notte vi si
silenzio ; ma che la notte vi si vedeano fuochi accesi ed un danzare
di
Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpa
a che la notte vi si vedeano fuochi accesi ed un danzare di Egipani e
di
Satiri con suono di trombe, di timpani e di cemba
vedeano fuochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono
di
trombe, di timpani e di cembali. Il ch. Shaw(1) d
ochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe,
di
timpani e di cembali. Il ch. Shaw(1) dice, quel m
d un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpani e
di
cembali. Il ch. Shaw(1) dice, quel monte essere a
ali, pel soverchio calore del sole, il giorno vivono nelle caverne, e
di
notte accendono de’ fuochi e fanno lieto strepito
nelle caverne, e di notte accendono de’ fuochi e fanno lieto strepito
di
canti e di suoni. Forse la specie di scimmia dett
ne, e di notte accendono de’ fuochi e fanno lieto strepito di canti e
di
suoni. Forse la specie di scimmia detta orang-out
e’ fuochi e fanno lieto strepito di canti e di suoni. Forse la specie
di
scimmia detta orang-outang (simia satyrus) che mo
mana, ma sozza e deforme, con picciole corna, come quelle de’capretti
di
fresco nati, con coda, cosce setolose e piedi com
lle de’capretti di fresco nati, con coda, cosce setolose e piedi come
di
becco. Erano inchinati ad un ballo comico, che co
sfacciali, fu nominata una rappresentazione da’ Greci detta Satirica,
di
cui servivansi per rallegrare gli animi dopo la t
gedia. Satira poi chiamasi eziandio una poesia mordace che si propone
di
riprendere i vizi degli uomini, come quelle di Or
mordace che si propone di riprendere i vizi degli uomini, come quelle
di
Orazio, di Giovenale ec. Dette sermones, e scritt
si propone di riprendere i vizi degli uomini, come quelle di Orazio,
di
Giovenale ec. Dette sermones, e scritte piuttosto
o stile. Ebbe un tal nome da una scodella (a lance satura), che piena
di
varii frutti si offeriva a Cerere ; e così la sat
se cose abbraccia(4). E satura significava ancora una vivanda formata
di
varie specie di cibi. E Pescennio Festo scrisse l
a(4). E satura significava ancora una vivanda formata di varie specie
di
cibi. E Pescennio Festo scrisse le sue storie per
ra ebbe nome da’ Satiri, i quali portavan piatti e cestellini ricolmi
di
ogni generazione di frutti e ne facevan dono alle
iri, i quali portavan piatti e cestellini ricolmi di ogni generazione
di
frutti e ne facevan dono alle Ninfe. Le Ninfe poi
unghissima, come a’ Fauni, a’ Satiri ec. e che riputavansi una specie
di
Genii locali che aveano un culto particolare ed a
or consacrati eran tempietti, o antri, da cui spicciava qualche polla
di
fresche e limpide acque. Orfeo le chiama abitatri
spiaggia della Libia, ove dopo la nota tempesta presero porto le navi
di
Enea, alloga un antro ombroso che chiama abitazio
e sorgenti dei fiumi ed i prati erbosi. Di fatto vi eran molte specie
di
Ninfe, che il nome prendevano da’luoghi. Le Oread
b ορος, mons) eran ninfe abitatrici de’ monti che si voglion compagne
di
Diana. La Terra, dice Esiodo (4), partorì gli alt
), partorì gli alti mouti, grate abitazioni delle divine Ninfe che su
di
essi dimorano. Le valli aveano le loro Napee (a ν
l Chiabrera : I regii alberghi spaziosi, gli orti Mirabili soggiorni
di
Napee. Ed altrove : A’sospiri di Zeffiro soavi
ziosi, gli orti Mirabili soggiorni di Napee. Ed altrove : A’sospiri
di
Zeffiro soavi E per li campi se ne va succinta In
vano con queglistessi, sotto la cui corteccia eran rinchiuse. Il nome
di
Driadi però si dava a quelle Ninfe boscherecce ch
virae (1) ; e vi era un tempietto consacrato alle Amadriadi col nome
di
sacellum Querquetulanum (2). Le Limoniadi (a λειμ
i degli uomini ed a’ loro cambiamenti, come quegli che poteva cangiar
di
forma, come Proteo. Era anche il simbolo di una n
quegli che poteva cangiar di forma, come Proteo. Era anche il simbolo
di
una naturale attitudine e destrezza di agire, per
e Proteo. Era anche il simbolo di una naturale attitudine e destrezza
di
agire, per la quale ad alcuno ogni cosa felicemen
cemente succede (res bene vertit. Orazio (3) chiamò nato in disgrazia
di
Vertunno un uomo volubile e che non è padrone de’
olino, il Palatino e l’Aventino (a verso amne)(4) ; altri dal volgere
di
un anno (ab anno vertente), perchè gli si offriva
una statua vedesi Vertunno tutto vestito, colla barba e colla spoglia
di
un animale ; e sopra una piega della coda vi sono
ono molti frutti. Si rappresenta pure come un giovane, con una corona
di
diverse piante, nella sinistra, alcuni frutti, ne
i frutti, nella destra, un cornucopia. Nel foro romano era una statua
di
Vertunno, presso alla quale stavano molte bottegh
era una statua di Vertunno, presso alla quale stavano molte botteghe
di
mercatanti e librai(2). A Vertunno soggiungiamo P
rai(2). A Vertunno soggiungiamo Pomona, dea de’giardini e de’fruti, e
di
lui moglie. Ovidio(3) la dice una delle Amadriadi
zio che per la sua destrezza nel coltivare i giardini, meritò la mano
di
Vertunno. Visse a’ tempi di Proca, re de’ Latini
nel coltivare i giardini, meritò la mano di Vertunno. Visse a’ tempi
di
Proca, re de’ Latini ; ed avea un sacerdote (flam
ceasi Clori, che sposò il vento Zeffiro, detto perciò l’alato cavallo
di
Clori (4), perchè i venti per la velocità si para
esentano a cavallo. Secondo Varrone essa fu un’antica Dea de’ Sabini,
di
cui T. Tazio introdusse il culto a Roma. Nel Muse
introdusse il culto a Roma. Nel Museo Borb. vi è una statua colossale
di
Flora in marmo pentelico panneggiata di tunica, d
rb. vi è una statua colossale di Flora in marmo pentelico panneggiata
di
tunica, di peplo e di pallio, il quale, formando
a statua colossale di Flora in marmo pentelico panneggiata di tunica,
di
peplo e di pallio, il quale, formando un picciol
lossale di Flora in marmo pentelico panneggiata di tunica, di peplo e
di
pallio, il quale, formando un picciol seno verso
a caratterizzano per la Dea della primavera. Si rappresentava vestita
di
un abito cangiante, co’capelli fatti in trecce e
va vestita di un abito cangiante, co’capelli fatti in trecce e sparsi
di
fiori ; i nudi e delicati suoi piedi sfiorar semb
solleva e la regge in aria sopra i leggieri suoi vanni. Ad ogni passo
di
lei spunta dal suolo un nuovo fiore ; la sua fron
ie rose freschissime, ed il suo fiato spira fragranza. Le vere statue
di
Flora sono molto rare. A Pompei vedesi una bella
lto rare. A Pompei vedesi una bella Flora, colle chiome inghirlandate
di
frondi e di fiori, e nel collo un monile : la sua
Pompei vedesi una bella Flora, colle chiome inghirlandate di frondi e
di
fiori, e nel collo un monile : la sua rossa tunic
affibbiata sulla sinistra spalla, e con un braccio sostiene un cesto
di
fiori, e colla destra, un serto anche di fiori. È
un braccio sostiene un cesto di fiori, e colla destra, un serto anche
di
fiori. È adorna di quattro ali rosse ed occhiute,
un cesto di fiori, e colla destra, un serto anche di fiori. È adorna
di
quattro ali rosse ed occhiute, come quelle delle
perchè dalla Terra ci vengono tutt’i beni della vita. Fu essa moglie
di
Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la sua modest
a Terra ci vengono tutt’i beni della vita. Fu essa moglie di Fauno, o
di
Giano, o di Numa, e per la sua modestia meritò gl
engono tutt’i beni della vita. Fu essa moglie di Fauno, o di Giano, o
di
Numa, e per la sua modestia meritò gli onori divi
i riti si celebravano in casa del Pontefice Massimo, o del Console, o
di
qualche altro alto magistrato. Se le sacrificava
edificato un tempio sull’Aventino, poscia ristorato da Livia, moglie
di
Augusto. Priapo, fig. di Bacco, e di Venere, era
’Aventino, poscia ristorato da Livia, moglie di Augusto. Priapo, fig.
di
Bacco, e di Venere, era il dio degli orti, da’ qu
oscia ristorato da Livia, moglie di Augusto. Priapo, fig. di Bacco, e
di
Venere, era il dio degli orti, da’ quali teneva l
adri e degli uccelli (2). Era pure venerato da’ pastori e da’ padroni
di
mandre e di sciami ; e gli si offeriva latte e qu
uccelli (2). Era pure venerato da’ pastori e da’ padroni di mandre e
di
sciami ; e gli si offeriva latte e qualche focacc
eriva i primi frutti della villa. Spesso si rappresentava sotto forma
di
Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed u
i della villa. Spesso si rappresentava sotto forma di Erma, con corna
di
becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie
so si rappresentava sotto forma di Erma, con corna di becco, orecchie
di
capro, ed una corona di foglie di vite o di allor
o forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona
di
foglie di vite o di alloro. Da’ poeti (3) chiamas
Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie
di
vite o di alloro. Da’ poeti (3) chiamasi rubicond
corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie di vite o
di
alloro. Da’ poeti (3) chiamasi rubicondo, perchè
ite o di alloro. Da’ poeti (3) chiamasi rubicondo, perchè dipingevasi
di
minio. Pale, secondo alcuni, era un Dio, e al dir
rchè dipingevasi di minio. Pale, secondo alcuni, era un Dio, e al dir
di
Ovidio, una Dea de’ pastori, cui facevan voti pel
lice parto del gregge ed affinchè ne tenesse lontani i lupi ; e prima
di
condurlo a’ pascoli di primavera, con dei sacrifi
d affinchè ne tenesse lontani i lupi ; e prima di condurlo a’ pascoli
di
primavera, con dei sacrificii alla Dea, eran soli
rlo a’ pascoli di primavera, con dei sacrificii alla Dea, eran soliti
di
purificarlo. Se le offeriva del latte, e di latte
cii alla Dea, eran soliti di purificarlo. Se le offeriva del latte, e
di
latte si spargeva la statua di lei (4) ; ed i suo
rificarlo. Se le offeriva del latte, e di latte si spargeva la statua
di
lei (4) ; ed i suoi sacrificii si chiamavan Palil
Palilia o Parilia. Nel suo giorno festivo Romolo gettò le fondamenta
di
Roma ; e perciò ogni anno i Romani con grande all
mpi e vindice delle usurpazioni. Numa il fece adorare sotto la figura
di
una pietra quadrata, a cui si facevan sacrificii
piantato ne’ campi, o antica pietra incontrasse in un trivio coronata
di
fiori ; il che intendono gl’interpetri dell’erme
6). Numa istituì le feste del dio Termine dette Terminalia, pel dì 20
di
Febbraio, Livio (7) racconta che volendo Tarquini
Giove, acciocchè la piazza del monte libera fosse per la edificazione
di
esso, ordinò di esaugurare tutt’i tempii di quel
la piazza del monte libera fosse per la edificazione di esso, ordinò
di
esaugurare tutt’i tempii di quel luogo, ma che qu
fosse per la edificazione di esso, ordinò di esaugurare tutt’i tempii
di
quel luogo, ma che quello del dio Termine non fu
guri. Per siffatto augurio parve che non essendo stata mossa la sedia
di
Termine e il non aver ceduto quel dio solo tra tu
vere ad essere quivi ferma e stabile ; e ciò fu ricevuto qual augurio
di
fermezza e perpetuità dell’imperio. IX. Alcuni
o seno, cioè delle vaste sue pianure. Curotrofa, κουροτροφα, nudrice
di
giovanetti. Con questo nome avea un tempio nell’A
tempio nell’Attica. Μεγαλη Θεος, la gran Dea. Ολβοδοτειρα, donatrice
di
ricchezze, perchè dalla terra tutte le ricchezze
perchè dalla terra tutte le ricchezze provengono. Omni parens, madre
di
tutti, appellasi da Virgilio (3) ; gr. παμμητηρ,
riens. Παντροφος, epiteto della Terra presso Orfeo, cioè nutricatrice
di
tutti. X. Alcune altre cose della Terra. G
sacrificavano delle vacche pregne, forse per significare la fecondità
di
essa. Cerere. I. Nomi diversi dati a que
a madre, essendo Cerere la stessa cosa che la Terra. Forse diminutivo
di
tal nome è l’altro Δηω, come chiamasi dai Greci ;
i faceva lieto augurio col dire : la troverai. II. Storia favolosa
di
Cerere. Cerere fu figliuola di Saturno e di O
a troverai. II. Storia favolosa di Cerere. Cerere fu figliuola
di
Saturno e di Opi, e secondo il Boccaccio, ve ne f
II. Storia favolosa di Cerere. Cerere fu figliuola di Saturno e
di
Opi, e secondo il Boccaccio, ve ne fu un’altra fi
di Opi, e secondo il Boccaccio, ve ne fu un’altra figlia del Cielo e
di
Vesta, sorella di Saturno e moglie di Sicano, ant
il Boccaccio, ve ne fu un’altra figlia del Cielo e di Vesta, sorella
di
Saturno e moglie di Sicano, antichissimo re della
fu un’altra figlia del Cielo e di Vesta, sorella di Saturno e moglie
di
Sicano, antichissimo re della Sicilia, il quale a
ui gli uomini, selvatici ancora, durando lor vita ne’ boschi a foggia
di
belve e liberamente vagando senza tetto e senza l
i belve e liberamente vagando senza tetto e senza leggi, si pascevano
di
vili ghiande e nelle acque dei fonti spegnevano l
rvo aratro insegnò agli uomini a coltivar la terra e ad usare, invece
di
quel ferino cibo delle ghiande, l’eletto frumento
ssima, era posta in mezzo all’isola, quindi detta il suo ombilico, su
di
un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed
ssimi fiori. Quella città non già una città pareva, ma un gran tempio
di
Cerere, ed i cittadini, tanti di lei sacerdoti. O
una città pareva, ma un gran tempio di Cerere, ed i cittadini, tanti
di
lei sacerdoti. Or vicino ad Enna era una spelonca
ad Enna era una spelonca, onde uscì Plutone a rapir Proserpina, fig.
di
Cerere, la quale essendo stata in quel dì dalla n
ini, E agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese
di
Vulcano, E die lor non potere esser mai spenti ;
tagni, i torrenti, La terra, il mare ; e poi che tutto il mondo Cercò
di
sopra, andò al tartareo fondo. III. Continuaz
ise sì forte un giovinetto che la dea adirata il trasformò in ramarro
di
vario colore(1), che fuggì tosto di mano alla dol
a adirata il trasformò in ramarro di vario colore(1), che fuggì tosto
di
mano alla dolente vecchia e si ascose in un foram
in Sicilia la nostra Cerere, guarda per tutto e pure all’amico fonte
di
Ciane, la quale più lingua non avea da dire alla
e della figliuola. Ma pur vide su le sue acque galleggiare la cintura
di
Proserpina ; il che fu argomento di essere stata
sue acque galleggiare la cintura di Proserpina ; il che fu argomento
di
essere stata per que’ luoghi rapita ; di che pian
erpina ; il che fu argomento di essere stata per que’ luoghi rapita ;
di
che pianse, e fu in collera colla Sicilia tutta,
colla Sicilia tutta, quasi ingrata a’ suoi beneficii, percui privolla
di
tutt’i suoi doni. Allora, per pietà di sì gravi m
uoi beneficii, percui privolla di tutt’i suoi doni. Allora, per pietà
di
sì gravi mali, la ninfa Aretusa, dalle sue chiare
serpina per forza rapita, già moglie del dio dell’inferno, era regina
di
quel tenebroso regno, come Giunone del cielo. Cer
, come Giunone del cielo. Cerere rimane attonita a tal nuova, e piena
di
dispetto ne va al cielo, sopra il suo cocchio, e
nire che se l’abbia in moglie quel villano rapitore con sì grave onta
di
Giove stesso e della madre. Giove la racconsola,
mala ventura, Proserpina, andando un giorno per certi giardini ricchi
di
alberi fruttiferi, ne colse una bellissima melagr
rdini ricchi di alberi fruttiferi, ne colse una bellissima melagrana,
di
cui mangiò sette granelli. Ascalafo, fig. dell’Ac
agrana, di cui mangiò sette granelli. Ascalafo, fig. dell’Acheronte e
di
Orfne, ninfa dell’inferno, svelò un tal fatto ; p
lo, e sei altri nell’inferno con Plutone. Allora acchetossi lo sdegno
di
Cerere, e la terra, quasi lieta per l’allegrezza
terra, quasi lieta per l’allegrezza della dea, ringiovanì e vestissi
di
bellissime messi. Cerere fu regina di Sicilia ed
ella dea, ringiovanì e vestissi di bellissime messi. Cerere fu regina
di
Sicilia ed insegnò a que’ popoli l’agricoltura, l
Tesmofora. Si finse in Sicilia particolarmente venerata, per ragione
di
quella fertilità delle sue campagne, per la quale
ttolemo. Ovidio racconta che quando Proserpina, essendo nei campi
di
Enna a coglier fiori, fu rapita da Plutone, eran
’Acheloo, fiume della Grecia che ha la sua origine dal monte Pindo, e
di
Sterope. Le quali, dolenti oltremodo di tanta per
ua origine dal monte Pindo, e di Sterope. Le quali, dolenti oltremodo
di
tanta perdita, furon subito a cercarla per ogni l
riuscendo vana ogni lor cura, pregaron gli dei che potessero, fornite
di
ale, andar sulle acque del mare per averne contez
re per averne contezza. E però furon trasformate in uccelli con volto
di
donzella e dolcissima voce umana. Igino dice che
iglio. Comunemente si dice che le Sirene dal mezzo in su aveano forma
di
donzella, e dal mezzo in giù, di pesce, con due c
Sirene dal mezzo in su aveano forma di donzella, e dal mezzo in giù,
di
pesce, con due code. L’una dolcemente cantava ; l
che la Sirena Leucasia fu sepolta in un’isoletta o scoglio nel golfo
di
Pesto, detto oggidì la Licosa. Si vuole poi che N
dì la Licosa. Si vuole poi che Napoli fu detta Partenope dalla Sirena
di
questo nome, la quale presso quella ridente e del
che Aristotele chiama delle Sirene. Le quali, intese ad ogni maniera
di
malvagi diletti, tiravano i forestieri alla lor c
voce delle Sirene in linguaggio poetico ; i quali fra tanti sollazzi
di
quella corte perdevan la virtù e l’avere ; erano,
a virtù e l’avere ; erano, cioè, divorati dalle Sirene. La favola poi
di
Alfeo e di Aretusa non ha che fare propriamente c
’avere ; erano, cioè, divorati dalle Sirene. La favola poi di Alfeo e
di
Aretusa non ha che fare propriamente con Cerere ;
ge ingegnosamente che la ninfa Aretusa, vedendo sterilite le campagne
di
Sicilia per l’ira di Cerere che volea ad ogni mod
la ninfa Aretusa, vedendo sterilite le campagne di Sicilia per l’ira
di
Cerere che volea ad ogni modo trovar la figliuola
ando sulle onde il ceruleo capo, io fui una delle ninfe d’Acaia, fig.
di
Nereo e di Dori ; e fra le seguaci di Diana, di m
onde il ceruleo capo, io fui una delle ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e
di
Dori ; e fra le seguaci di Diana, di me non vi fu
i una delle ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e fra le seguaci
di
Diana, di me non vi fu altra più amica de’ boschi
e ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e fra le seguaci di Diana,
di
me non vi fu altra più amica de’ boschi e della c
evano bellissima ; ma, ad altri studii intesa, poco o nulla mi caleva
di
ciò ; che anzi vedendo un giorno non poter io fug
iorno non poter io fuggire da Alfeo che mi perseguitava, pregai Diana
di
aiuto, e la buona dea mi cangiò di presente in be
che mi perseguitava, pregai Diana di aiuto, e la buona dea mi cangiò
di
presente in bellissimo fonte. E così cangiata, pe
a fontana Aretusa : « In una isoletta ch’è l’ultima parte della città
di
Siracusa, vi è un fonte di acqua dolce, chiamato
a isoletta ch’è l’ultima parte della città di Siracusa, vi è un fonte
di
acqua dolce, chiamato Aretusa, di grandezza incre
la città di Siracusa, vi è un fonte di acqua dolce, chiamato Aretusa,
di
grandezza incredibile ed abbondantissimo di pesci
dolce, chiamato Aretusa, di grandezza incredibile ed abbondantissimo
di
pesci ; il quale tutto da’ fiotti sarebbe coperto
i pesci ; il quale tutto da’ fiotti sarebbe coperto, se argini e moli
di
pietra dal mare nol disgiungessero. » Pausania(2)
ro. » Pausania(2) inclina a credere l’unione delle acque dell’Alfeo e
di
Aretusa, indotto da una risposta dell’oracolo di
e acque dell’Alfeo e di Aretusa, indotto da una risposta dell’oracolo
di
Delfo, il quale, inanimando un tale Archia di Cor
a risposta dell’oracolo di Delfo, il quale, inanimando un tale Archia
di
Corinto a mandare una colonia a Siracusa, disse :
hi Olimpici si uccidono le vittime e nell’Alfeo si getta il soperchio
di
quegli animali. Ma è tutto ciò una favola ; perch
bisca le onde ; percui non par possibile che rimangono dolci le acque
di
un fiume che passa pel mare o sotto ad esso. Trit
sa pel mare o sotto ad esso. Trittolemo finalmente fu il caro allievo
di
Cerere(1), la quale giunta nell’Attica, dopo lung
nta nell’Attica, dopo lungo cercare, stanca e mesta presso alla città
di
Eleusi sedè su di un sasso vicino ad un ulivo, pe
opo lungo cercare, stanca e mesta presso alla città di Eleusi sedè su
di
un sasso vicino ad un ulivo, perciò chiamato piet
fu amorevolmente invitata a casa loro, avendo la dea presa sembianza
di
una vecchia. Era Celeo padrone di quel podere e m
loro, avendo la dea presa sembianza di una vecchia. Era Celeo padrone
di
quel podere e marito di Metanira che piangeva per
a sembianza di una vecchia. Era Celeo padrone di quel podere e marito
di
Metanira che piangeva per un suo figliuolino infe
fermo. Entrata che fu la dea, donò al fanciullo il vigor della vita ;
di
che fu lietissima quella famigliuola. E poscia l’
migliuola. E poscia l’amò tanto che volle con latte divino nutricarlo
di
giorno, mentre di notte il passava pel fuoco, per
a l’amò tanto che volle con latte divino nutricarlo di giorno, mentre
di
notte il passava pel fuoco, per renderlo immortal
r renderlo immortale ; il che dalla madre osservato, fu cagione a lei
di
spavento, ed a Cerere di disgusto ; percui Tritto
che dalla madre osservato, fu cagione a lei di spavento, ed a Cerere
di
disgusto ; percui Trittolemo restò mortale, ma vo
di disgusto ; percui Trittolemo restò mortale, ma volle la dea che su
di
un cocchio tirato da dragoni alati, discorrendo p
umento ed insegnasse l’agricoltura ; e ciò fu prima in Atene, a tempo
di
Eretteo, sesto re di quella città. Poscia trascor
l’agricoltura ; e ciò fu prima in Atene, a tempo di Eretteo, sesto re
di
quella città. Poscia trascorse i paesi dell’Europ
Asia, ed arrivò nella Scizia, ove allora regnava Linco, uomo astuto e
di
crudeli costumi. Il quale, conosciuto il fine deg
e di crudeli costumi. Il quale, conosciuto il fine degli aerei viaggi
di
Trittolemo, n’ebbe invidia ; e perciò con finta a
vidia ; e perciò con finta amorevolezza accoltolo nella reggia, tentò
di
ucciderlo. Ma Cerere non mancò al suo Trittolemo
lla reggia, tentò di ucciderlo. Ma Cerere non mancò al suo Trittolemo
di
pronto aiuto, e punì tosto la gelosa crudeltà di
cò al suo Trittolemo di pronto aiuto, e punì tosto la gelosa crudeltà
di
Linco, cangiandolo in lince, fiera di vario color
e punì tosto la gelosa crudeltà di Linco, cangiandolo in lince, fiera
di
vario colore che significa la sua indole astuta ;
ltri animali addetti all’agricoltura ; ed in Atene credevasi ministro
di
Cerere e di Trittolemo e fu allogato fra gli astr
addetti all’agricoltura ; ed in Atene credevasi ministro di Cerere e
di
Trittolemo e fu allogato fra gli astri più splend
lemo e fu allogato fra gli astri più splendidi. Dal bue venne il nome
di
Buzige, Ateniese, che fu il primo a porre i buoi
se, che fu il primo a porre i buoi all’aratro. VII. Feste in onore
di
Cerere – Misteri Eieusini. I Siciliani e gli
Siciliani e gli abitanti dell’Attica istituirono delle feste in onore
di
Cerere ; la prima Proarosia, avanti la semina ; l
vano in Eleusi, città fra Megara ed Atene, così detta da Eleusi, fig.
di
Ogige e maestro di Mercurio. In questa città cele
tà fra Megara ed Atene, così detta da Eleusi, fig. di Ogige e maestro
di
Mercurio. In questa città celebravansi le feste e
questa città celebravansi le feste eleusine istituite da Eretteo, re
di
Atene, o da Museo, o da Eumolpo o da Orfeo. Avend
zioni, bagnandosi nel fiume Ilisso. Questi piccioli misteri servivano
di
preparazione a’ grandi di Eleusi, per essere a pa
e Ilisso. Questi piccioli misteri servivano di preparazione a’ grandi
di
Eleusi, per essere a parte dei quali era mestieri
te dei quali era mestieri sottoporsi a molte pruove e ad un noviziato
di
cinque anni, ne’ quali era permesso solo di entra
pruove e ad un noviziato di cinque anni, ne’ quali era permesso solo
di
entrare nel vestibolo del tempio e non già nel sa
ù celebre de’ grandi Misteri Eleusini da Cerere stessa istituiti dopo
di
aver somministrato agli Ateniesi molto frumento i
uiti dopo di aver somministrato agli Ateniesi molto frumento in tempo
di
carestia. Il famoso tempio di Eleusi era destinat
o agli Ateniesi molto frumento in tempo di carestia. Il famoso tempio
di
Eleusi era destinato a queste misteriose cerimoni
a queste misteriose cerimonie, ove i Greci concorrevano verso il mese
di
Agosto. Passati i cinque anni di pruova, a chi vo
e i Greci concorrevano verso il mese di Agosto. Passati i cinque anni
di
pruova, a chi volea iniziarsi si aprivano i segre
ea iniziarsi si aprivano i segreti riti, salvo pochî ch’era riserbato
di
sapere a’ soli sacerdoti. Due giovani Acarnani ch
ondannati a morte, comechè stato fosse manifesto che quello era fallo
di
pura ignoranza. Il Gerofante o sommo sacerdote ap
te o sommo sacerdote apriva agl’iniziati alcuni segreti che giuravano
di
non manifestare ; e chi mancava, riputavasi esecr
tto disprezzare questi misteri e questa fu una delle principali reità
di
Socrate. Molti grandi uomini s’iniziarono a quest
altri Cicerone, il quale dice (1) che gli uomini v’imparavano l’arte
di
ben vivere ed erano aiutati a menare una vita mig
ni pretendono che in essi s’insegnavano i principali dommi dell’unità
di
Dio, della sua provvidenza, della creazione, de’
io, della sua provvidenza, della creazione, de’ gastighi e de’ premii
di
un’altra vita ec ; i quali, per timore del popolo
i. Ma i Padri della Chiesa ci fanno certi che sotto il venerando nome
di
misteri nascondevano quei ciechi Pagani le più co
evoli scelleratezze. VIII. Erisittone – Mestra. Erisittone, re
di
Tessaglia, in disprezzo di Cerere tagliò una selv
I. Erisittone – Mestra. Erisittone, re di Tessaglia, in disprezzo
di
Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel
ramosa quercia, intorno a cui le Driadi facevano i loro balli, e che
di
una Driade era pure il grato albergo. Cerere, in
alli, e che di una Driade era pure il grato albergo. Cerere, in forma
di
sacerdotessa, cercò distornarlo da sì reo disegno
figliuola Mestra o Metra, la quale, ricevuto da Nettuno il privilegio
di
potere cangiar forma, si fece vendere più volte p
l quale con tutto ciò finì miserabilmente la vita. Pelope poi fu fig.
di
Tantalo e di Taigete. Volendo questi sperimentare
utto ciò finì miserabilmente la vita. Pelope poi fu fig. di Tantalo e
di
Taigete. Volendo questi sperimentare la divinità
itornò Pelope in vita, e per la spalla mangiata da Cerere ne pose una
di
avorio. IX. Iconologia di Cerere. In un af
la spalla mangiata da Cerere ne pose una di avorio. IX. Iconologia
di
Cerere. In un affresco di Pompei vedesi Cerer
e pose una di avorio. IX. Iconologia di Cerere. In un affresco
di
Pompei vedesi Cerere in maestosa attitudine, con
n fiaccola nella destra, e sostenendo colla sinistra un cesto ricolmo
di
spighe. La sua bionda chioma è all’apollinea, con
icolmo di spighe. La sua bionda chioma è all’apollinea, con ghirlanda
di
spighe intrecciata con un lungo vezzo di perle o
all’apollinea, con ghirlanda di spighe intrecciata con un lungo vezzo
di
perle o di ghiande. Altrove sì vede assisa con ma
ea, con ghirlanda di spighe intrecciata con un lungo vezzo di perle o
di
ghiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col
rle o di ghiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col capo cinto
di
corona di foglie fermate con un diadema ; colla d
hiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col capo cinto di corona
di
foglie fermate con un diadema ; colla doppia fiac
a prende un lembo del manto, nel quale Mercurio mette una borsa piena
di
danaro, per indicare che i due grandi mezzi di ri
mette una borsa piena di danaro, per indicare che i due grandi mezzi
di
ricchezza sono l’agricoltura ed il commercio. Sul
mezzi di ricchezza sono l’agricoltura ed il commercio. Sulle medaglie
di
Feres, nella Tessaglia, dice Millin, vedesi Cerer
antichi monumenti figuravasi il più come una donna robusta, coronata
di
spighe, bionda e quasi rossiccia le chiome, acces
con de’ papaveri in mano. In un’antica moneta vedesi Cerere coronata
di
molte spighe ; e Tibullo (1) ci fa sapere che gli
ighe ; e Tibullo (1) ci fa sapere che gli antichi ponevano una corona
di
spighe avanti la porta del tempio di quella Dea.
gli antichi ponevano una corona di spighe avanti la porta del tempio
di
quella Dea. In un dipinto di Pompei essa siede so
ona di spighe avanti la porta del tempio di quella Dea. In un dipinto
di
Pompei essa siede sopra un trono di oro, coronata
mpio di quella Dea. In un dipinto di Pompei essa siede sopra un trono
di
oro, coronata di spighe intrecciate fra un velo b
a. In un dipinto di Pompei essa siede sopra un trono di oro, coronata
di
spighe intrecciate fra un velo bianco che le disc
za maniche, ed un peplo giallo con pieghe fluttuanti. Tiene un fascio
di
spighe nella sinistra ed una face accesa nella de
la sinistra ed una face accesa nella destra. X. Principali epiteti
di
Cerere. Alma (ab alo), soprannome di Cerere
a. X. Principali epiteti di Cerere. Alma (ab alo), soprannome
di
Cerere inventrice del grano con cui gli uomini si
aie. Aleteria (αληθω, molo) ; soprannome della Dea, perchè in tempo
di
carestia avea impedito a’ mugnai di rubar la fari
annome della Dea, perchè in tempo di carestia avea impedito a’ mugnai
di
rubar la farina. Ctonia (Χθων, terra), epiteto d
ificò Ctonia sul monte Prono nel Peloponneso. Si celebravano in onore
di
lei alcune feste dette Ctonie. Eleusina, dalla c
ano in onore di lei alcune feste dette Ctonie. Eleusina, dalla città
di
Eleusi, celebre pel tempio e pe’ misteri della De
e (taedis) andò in cerca della figliuola(5). XI. Alcune altre cose
di
Cerere. Cerere presedeva alla costellazione d
llazione della Vergine, perchè questo segno del zodiaco cade nel mese
di
agosto, in cui la messe suol esser matura ; e per
ncora la troia precidanea (hostia vel porca praecidanea. Gell.) prima
di
mietere le biade ; sebbene vittime precidanee era
re a qualche rito trascurato. A questa Dea si facevau pure sacrificii
di
erba verdeggiante in tempo di primavera(1). I giu
A questa Dea si facevau pure sacrificii di erba verdeggiante in tempo
di
primavera(1). I giuochi cereali si celebravano in
e in tempo di primavera(1). I giuochi cereali si celebravano in onore
di
Cerere dalle matrone romane vestite di bianco e c
ereali si celebravano in onore di Cerere dalle matrone romane vestite
di
bianco e con fiaccole in mano, in memoria di Cere
e matrone romane vestite di bianco e con fiaccole in mano, in memoria
di
Cerere che andava in cerca della sua Proserpina ;
la corsa de’cavalli(2). Infine, essendo Cerere l’inventrice dell’arte
di
seminare il grano, da’ poeti si prende pel frumen
lcire il ferro. Da’ Greci chiamavasi Ηφαιστος. II. Storia favolosa
di
questo Nume. Vulcano, secondo Omero(1), fu fi
toria favolosa di questo Nume. Vulcano, secondo Omero(1), fu fig.
di
Giove e di Giunone ; ma Cicerone(2) annovera molt
osa di questo Nume. Vulcano, secondo Omero(1), fu fig. di Giove e
di
Giunone ; ma Cicerone(2) annovera molti Vulcani ;
l primo fig. del Cielo, da cui e da Minerva nacque Apollo, protettore
di
Atene ; il secondo, fig. del Nilo, detto Opa dagl
il secondo, fig. del Nilo, detto Opa dagli Egiziani ; il terzo, fig.
di
Giove terzo e di Giunone, che avea la sua fucina
del Nilo, detto Opa dagli Egiziani ; il terzo, fig. di Giove terzo e
di
Giunone, che avea la sua fucina a Lenno ; ed il q
rzo e di Giunone, che avea la sua fucina a Lenno ; ed il quarto, fig.
di
Menalo, signore di alcune isole dette Vulcanie. O
he avea la sua fucina a Lenno ; ed il quarto, fig. di Menalo, signore
di
alcune isole dette Vulcanie. Or Vulcano nacque sì
na gamba e rimase zoppo. E peggio gli sarebbe venuto, se gli abitanti
di
Lenno per caso non lo avessero fra Ie loro bracci
isola si dice che fosse stato nudrito da Eurinome, fig dell’Oceano e
di
Teti. Giove il volle in parte consolare di sì gra
urinome, fig dell’Oceano e di Teti. Giove il volle in parte consolare
di
sì grave oltraggio, dandogli a fabbricare i fulmi
are di sì grave oltraggio, dandogli a fabbricare i fulmini. Le fucine
di
questo nume erano a Lenno, a Lipari e sotto il mo
bro Siciliano. Quindi Lenno dicesì Vulcania(3). Ma per testimonianza
di
Omero, Vulcano nacque da Giove e da Giunone ; e G
to alla madre posta dal marito in prigione. Caduto Vulcano nell’isola
di
Lenno e per tal caduta reso zoppo, Teti ne prese
ari, ch’e una delle Eolie o Vulcanie. Or ciò si finse, perchè l’isola
di
Lenno, l’Etna e le Vulcanie, fra le quali è Lipar
Vulcanie, fra le quali è Lipari, son soggette a’tremuoti ed abbondano
di
fuochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco
ndano di fuochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco nel tentare
di
uscire di sotterra, si disse ch’erano i colpi de’
uochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco nel tentare di uscire
di
sotterra, si disse ch’erano i colpi de’ martelli
otterra, si disse ch’erano i colpi de’ martelli dei Ciclopi, ministri
di
Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove, chiama
e’ martelli dei Ciclopi, ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini
di
Giove, chiamati da’ poeti Bronte, Sterope e Pirac
onte, Sterope e Piracmone. I quali furono i primi ad inventare l’arte
di
lavorare il ferro ; e perciò si finse che avesser
no nel fabbricare i fulmini. Or quantunque insigne fosse la deformità
di
questo nume, pure, in compenso del discacciamento
e e suoi pregiati lavori. I poeti han foggiato il loro Vulcano su
di
Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogn
avori. I poeti han foggiato il loro Vulcano su di Tubalcain, fig.
di
Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori d
iato il loro Vulcano su di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice
di
ogni sorta di lavori di rame e di ferro(1). Gougu
ulcano su di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta
di
lavori di rame e di ferro(1). Gouguet dice che gl
di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori
di
rame e di ferro(1). Gouguet dice che gli Egizii e
in, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori di rame e
di
ferro(1). Gouguet dice che gli Egizii ebbero a re
i foggiarono i Greci il loro Dio del fuoco, ch’era pure il protettore
di
quelli che lavorano il ferro. Ed era sì perfetto
erfetto nell’arte sua che tutte le armi degli Dei, ed anche i fulmini
di
Giove, si fingono fabbricati da Vulcano e da’ Cic
iù illustri eroi. Esso diede ad Ercole la corazza d’oro ; ad Eèta, re
di
Colco, due grandi tori che aveano piedi di bronzo
orazza d’oro ; ad Eèta, re di Colco, due grandi tori che aveano piedi
di
bronzo e gettavan fuoco dalla bocca ; a Minerva,
e gettavan fuoco dalla bocca ; a Minerva, alcuni crotali o campanelli
di
bronzo che poscia la Dea donò ad Ercole. Cadmo ne
nze degl’Iddii sull’Olimpo, e de’ belli sedili ne’ portici della casa
di
Giove ; il talamo di questo nume, ed uno scettro
limpo, e de’ belli sedili ne’ portici della casa di Giove ; il talamo
di
questo nume, ed uno scettro che Vulcano diede a G
trono d’oro che Giunone promise al Sonno in guiderdone ; e la corazza
di
Diomede, e la tazza di argento che Fedimo, re di
promise al Sonno in guiderdone ; e la corazza di Diomede, e la tazza
di
argento che Fedimo, re di Sidone, donato avea a M
rdone ; e la corazza di Diomede, e la tazza di argento che Fedimo, re
di
Sidone, donato avea a Menelao ; ed i cani d’oro e
o che Fedimo, re di Sidone, donato avea a Menelao ; ed i cani d’oro e
di
argento nella reggia di Alcinoo, re de’ Feaci, ch
ne, donato avea a Menelao ; ed i cani d’oro e di argento nella reggia
di
Alcinoo, re de’ Feaci, che pareau vivi(1). Mirabi
a reggia di Alcinoo, re de’ Feaci, che pareau vivi(1). Mirabile opera
di
Vulcano fu pure la reggia del Sole con tanto sfog
a corona da lui donata a Venere e da Venere ad Arianna(3) ; e le armi
di
Enea fabbricate ad istanza di Venere e sì bene da
e e da Venere ad Arianna(3) ; e le armi di Enea fabbricate ad istanza
di
Venere e sì bene da Virgilio(4) descritte. Si vuo
Venere e sì bene da Virgilio(4) descritte. Si vuole(5) che la collana
di
Armonia fosse stata ad Erifile, moglie di Anfiara
Si vuole(5) che la collana di Armonia fosse stata ad Erifile, moglie
di
Anfiarao e sorella di Adrasto, data in premio da
llana di Armonia fosse stata ad Erifile, moglie di Anfiarao e sorella
di
Adrasto, data in premio da Polinice, per avere pe
mente scoperto il marito ch’erasi nascosto per non andare alla guerra
di
Tebe, ove sapeva dover morire, come avvenne(6) M
o da Minerva e da Vulcano un uomo che faccia molte e bellissime opere
di
arte. Ma di tutte le opere attribuite al Dio del
e da Vulcano un uomo che faccia molte e bellissime opere di arte. Ma
di
tutte le opere attribuite al Dio del fuoco la più
i tutte le opere attribuite al Dio del fuoco la più famosa è lo scudo
di
Achille descritto con arte maravigliosa da Omero(
il primo pittor delle memorie antiche. Ucciso Patroclo, grande amico
di
Achille, dal Troiano Ettore, questi s’impossessa
amico di Achille, dal Troiano Ettore, questi s’impossessa delle armi
di
lui ch’eran quelle del figliuol di Peleo e se ne
re, questi s’impossessa delle armi di lui ch’eran quelle del figliuol
di
Peleo e se ne riveste. Alla nuova della morte del
, lo esorta a soprassedere, finchè gli porti una nuova armatura. Ella
di
fatto si presenta a Vulcano e ne lo prega istante
e accoglienze, volenteroso si accinge all’opera e fabbrica uno scudo,
di
cui Omero fa una descrizione ch’è il più bel pezz
rica uno scudo, di cui Omero fa una descrizione ch’è il più bel pezzo
di
poesia che ci abbia conservata la greca favella.
conservata la greca favella. Si vuole che la descrizione dello scudo
di
Enea fatta da Virgilio sia mollo inferiore a quel
Virgilio sia mollo inferiore a quella del poeta greco. Anche lo scudo
di
Ercole descritto da Esiodo fu opera di Vulcano. P
el poeta greco. Anche lo scudo di Ercole descritto da Esiodo fu opera
di
Vulcano. Per comando di Giove egli ancora di fang
scudo di Ercole descritto da Esiodo fu opera di Vulcano. Per comando
di
Giove egli ancora di fango fece la prima donna, d
ritto da Esiodo fu opera di Vulcano. Per comando di Giove egli ancora
di
fango fece la prima donna, detta Pandora, che pre
ngo fece la prima donna, detta Pandora, che presentò agli Dei coperta
di
velo e con aurea corona in capo. In breve, Vulcan
aurea corona in capo. In breve, Vulcano si diceva inventore dell’arte
di
lavorare il ferro, il rame, l’oro, l’argento e tu
lo fu egli Dio del fuoco e de’ fabbri, ma esercitò eziandio l’ufficio
di
coppiere alla mensa di Giove nell’Olimpo. Or come
o e de’ fabbri, ma esercitò eziandio l’ufficio di coppiere alla mensa
di
Giove nell’Olimpo. Or come la sua deformità non e
lla Ebe. Era insorta fra Giove e Giunone pericolosa contesa pel fatto
di
Teti, cui Giove promessa avea la vittoria de’ Tro
. Veggasene in Omero(1) il grazioso racconto. IV.Di alcune imprese
di
Vulcano e di alcuni suoi figliuoli. Nella gue
n Omero(1) il grazioso racconto. IV.Di alcune imprese di Vulcano e
di
alcuni suoi figliuoli. Nella guerra contro i
clito zoppo Vulcano, malgrado la debolezza delle sue gambe, non mancò
di
adoperarsi per la salvezza degli altri Dei, avend
ucciso il gigante Clito con una mazza. Allorchè Diomede, coll’aiuto
di
Pallade, fece le più mirabili pruove, era fra i T
, fece le più mirabili pruove, era fra i Troiani un Darete, sacerdote
di
Vulcano, al quale fu ucciso da quell’eroe il prim
il secondo avrebbe schivata la morte, se Vulcano non lo avesse cinto
di
nebbia e così sottratto al furor del nemico. Famo
di nebbia e così sottratto al furor del nemico. Famosa poi è la lotta
di
Achille collo Scamandro, fiume della Frigia, chia
a Frigia, chiamato Xanto dagl’Iddii, e dagli uomini Scamandro, al dir
di
Omero(1). Il figliuol di Peleo, dopo grandi prode
dagl’Iddii, e dagli uomini Scamandro, al dir di Omero(1). Il figliuol
di
Peleo, dopo grandi prodezze, fatta avea terribile
arte nello Scamandro, il quale, al vedere il suo letto iugombro tutto
di
cadaveri, irato parla ad Achille, Io minaccia, lo
o a Vulcano, il quale, all’invito della madre, un vasto foco accende,
di
cui la vampa si rivolge contro il fiume, il quale
mme. Ah ! cessa Della contesa ; immantinente Achille Scacci pur tutti
di
cittade i Teucri ec. Monti Ecco come Omero descr
o come Omero descrive la forza del fuoco, simboleggiato sotto il nome
di
Vulcano, a cui niuna cosa o nume vale a resistere
hi popoli d’Italia. Egli era(2) un ladrone famoso in quelle contrade,
di
gigantesca statura, di truce sembianza, e grande
i era(2) un ladrone famoso in quelle contrade, di gigantesca statura,
di
truce sembianza, e grande calamità di chi in que’
ontrade, di gigantesca statura, di truce sembianza, e grande calamità
di
chi in que’luoghi capitava(3) ; e che da Virgilio
Ercole, poscia ch’ebbe morto Gerione(1), condusse in que’ luoghi buoi
di
maravigliosa bellezza ; e presso al Tevere fermat
al viaggio, quivi profondamente addormentossi. Allora Caco, invaghito
di
que’ buoi e scelti i più belli, ed attesochè le p
rcuotendo Caco colla sua clava, l’uccise. Altro famoso ladrone e fig.
di
Vulcano e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il
o colla sua clava, l’uccise. Altro famoso ladrone e fig. di Vulcano e
di
Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale era gig
e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale era gigante che armato
di
una mazza di ferro, uccideva i viandanti che capi
fu Perifete o Corinete, il quale era gigante che armato di una mazza
di
ferro, uccideva i viandanti che capitavano ad Epi
Epidauro, città del Peloponneso. Teseo l’uccise e gli tolse la clava,
di
cui poscia fece uso egli stesso. Cercione, ancora
la clava, di cui poscia fece uso egli stesso. Cercione, ancora, fig.
di
Vulcano, attaccava i viandanti a due alberi piega
o fecegli provare ciò che faceva soffrire agli altri. V.Iconologia
di
Vulcano. Presso De La Chausse(2) si vede Vulc
Presso De La Chausse(2) si vede Vulcano col cappello, ed a guisa
di
fabbro deforme e zoppo, col martello nella destra
ella stessa guisa ; folta barba, capellatura negletta ; mezzo coperto
di
un abito che gli giunge sopra il ginocchio, cou u
ano che Vulcano era zoppo, pure in nessuna delle immagini che abbiamo
di
questo nume, si rappresenta con siffatta deformit
to, e pare zoppo, ma senza alcuna deformità. VI.Epiteti principali
di
Vulcano. Anfigieo, αμφιγυηεις, zoppo da ambe
ucina. Κυλλοποδιων, zoppo, da κυλλος, claudus, e πους, pes ; aggiunto
di
Vulcano assai frequente in Omero. Ignipotens, ci
ens, cioè arbitro del fuoco,si chiama da Virgilio, perchè ritrovatore
di
esso. Iunonigena, cioè fig. di Giunone, si appel
hiama da Virgilio, perchè ritrovatore di esso. Iunonigena, cioè fig.
di
Giunone, si appella da Ovidio. Lennio, Lemnius,
è fig. di Giunone, si appella da Ovidio. Lennio, Lemnius, dall’isola
di
Lenno, ove cadde dal cielo. Pandamo (a παν, omne
ove cadde dal cielo. Pandamo (a παν, omne, et δαμαω, domo), domatore
di
tutte le cose, perchè il fuoco tutto doma. VII
i tutte le cose, perchè il fuoco tutto doma. VII.Alcune altre cose
di
Vulcano. Luciano racconta(1), che vennero a g
no, un uomo. Il dio Momo, scelto ad arbitro della contesa, nell’opera
di
Vulcano notò questo difetto, che non avea fatto u
se egli dicesse il vero o mentisse. Vulcanalia erano feste in onore
di
Vulcano, in cui i Romani facevano un picciol sagg
acevano un picciol saggio del loro studio per una certa superstizione
di
buouo augurio. Plinio il giovane.(2), descrivendo
stizione di buouo augurio. Plinio il giovane.(2), descrivendo il modo
di
vivere del suo zio, racconta ch’egli cominciava l
el suo zio, racconta ch’egli cominciava le sue letterarie vigilie net
di
delle feste Volcanali, e che ciò faceva non per r
vigilie net di delle feste Volcanali, e che ciò faceva non per ragion
di
augurio, ma per attendere a’ serii suoi studii. I
e. Finalmente, dice Apollodoro, Vulcano fu quello che per commessione
di
Giove, attaccò Prometeo al monte Caucaso in pena
e per commessione di Giove, attaccò Prometeo al monte Caucaso in pena
di
aver rubato il fuoco dal cielo. Si vuole che per
pena di aver rubato il fuoco dal cielo. Si vuole che per ciò si servì
di
catene d’oro e di chiodi di diamante. Diana
o il fuoco dal cielo. Si vuole che per ciò si servì di catene d’oro e
di
chiodi di diamante. Diana I.Nomi diversi
dal cielo. Si vuole che per ciò si servì di catene d’oro e di chiodi
di
diamante. Diana I.Nomi diversi dati a qu
I.Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Nell’articolo
di
Giano si disse che Diana fu detta quasi Jana, agg
sse che Diana fu detta quasi Jana, aggiunta la lettera D per dolcezza
di
suono, come afferma Macrobio(1), il quale riferis
così detta dal greco διος, Giove, quasi Joviana, a Jove, perchè fig.
di
Giove. Da’ Greci chiamavasi Αρτεμις, da αρτεμης,
erfetto, dice Platone, perchè Diana fu vergine. II.Storia favolosa
di
questa Dea. Cicerone(4) annovera tre Diane :
sa di questa Dea. Cicerone(4) annovera tre Diane : la prima, fig.
di
Giove e di Proserpina ; la seconda, più conosciut
a Dea. Cicerone(4) annovera tre Diane : la prima, fig. di Giove e
di
Proserpina ; la seconda, più conosciuta, che nacq
conosciuta, che nacque da Giove terzo e da Latona ; e la terza, fig.
di
Upi e di Glauce. Quella adunque di cui si parla c
ta, che nacque da Giove terzo e da Latona ; e la terza, fig. di Upi e
di
Glauce. Quella adunque di cui si parla comunement
rzo e da Latona ; e la terza, fig. di Upi e di Glauce. Quella adunque
di
cui si parla comunemente, è la fig. di Giove e di
pi e di Glauce. Quella adunque di cui si parla comunemente, è la fig.
di
Giove e di Latona, che nacque gemella con Apollo
uce. Quella adunque di cui si parla comunemente, è la fig. di Giove e
di
Latona, che nacque gemella con Apollo nell’isola
a fig. di Giove e di Latona, che nacque gemella con Apollo nell’isola
di
Delo. Callimaco nel bell’inno di Diana dice che G
nacque gemella con Apollo nell’isola di Delo. Callimaco nel bell’inno
di
Diana dice che Giove amò assai questa sua figliuo
rginità ; e ch’egli le avea donato l’arco, gli strali ed il drappello
di
sessanta ninfe Oceanine per suo corteggio, oltre
ltre che le custodivano l’arco, i coturni ed i cani. Le concesse pure
di
presedere alla caccia, alle vie ed a’parti. Quind
fa Pirene, il quale fu dalla Dea che cacciava, per imprudenza ucciso,
di
che la madre sparse tante lagrime da farne un fon
e ed in cui dicesi che fu ella convertita. Nè meno funesto fu il fato
di
Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re di
che fu ella convertita. Nè meno funesto fu il fato di Atteone, nipote
di
Cadmo e fig. di Aristeo, re di Arcadia, e di Auto
ertita. Nè meno funesto fu il fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig.
di
Aristeo, re di Arcadia, e di Autonoe. Era nella B
funesto fu il fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re
di
Arcadia, e di Autonoe. Era nella Beozia una valle
fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re di Arcadia, e
di
Autonoe. Era nella Beozia una valle ombrosa chiam
Partenio. In esso Diana, stanca per la lunga caccia, in un bel giorno
di
està, si lavava. Or Atteone che là vicino passava
va. Or Atteone che là vicino passava coi suoi veltri, seguendo l’orme
di
una fiera, fu da Diana trasformato in cervo ; nel
rabbiosi contro l’infelice Atteone. III.Continuazione – Carattere
di
Diana – Cinghiale Caledonio. Da non pochi fat
a – Cinghiale Caledonio. Da non pochi fatti della storia favolosa
di
questa Dea si scorge che il suo carattere era que
oria favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere era quello
di
una Dea gelosa della sua bellezza, non che della
e ed inchinevole a punire coloro che l’oltraggiavano. Ed i sacrificii
di
vittime umane di cui si compiaceva, ce la fanno c
a punire coloro che l’oltraggiavano. Ed i sacrificii di vittime umane
di
cui si compiaceva, ce la fanno credere anche crud
di cui si compiaceva, ce la fanno credere anche crudele. Chione, fig.
di
Dedalione, chiamata da altri Filonide, ebbe la fo
Chione, fig. di Dedalione, chiamata da altri Filonide, ebbe la follia
di
vantarsi più bella di Diana ; la quale di ciò sde
one, chiamata da altri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella
di
Diana ; la quale di ciò sdegnata la uccise con un
ri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella di Diana ; la quale
di
ciò sdegnata la uccise con uno strale. Dedalione
o, ma Apollo per compassione il cangiò in isparviere(1). Le figliuole
di
Niobe, come si disse nell’articolo di Apollo, fur
in isparviere(1). Le figliuole di Niobe, come si disse nell’articolo
di
Apollo, furono da Diana nella propria reggia ucci
ticolo di Apollo, furono da Diana nella propria reggia uccise a colpi
di
freccia per averla dispregiata a cagione della su
eccia per averla dispregiata a cagione della sua veste corta a foggia
di
uomo. Di Orione ancora raccontasi che avendo oltr
ne ancora raccontasi che avendo oltraggiata la nostra Dea, fu da essa
di
presente ucciso colle saette, o da uno scorpione
arte. Ma fra tutte le altre strepitosa fu la vendetta che fece Diana
di
Eneo, re di Caledone o Calidonia, città della Gre
a tutte le altre strepitosa fu la vendetta che fece Diana di Eneo, re
di
Caledone o Calidonia, città della Grecia ; favola
della Grecia ; favola assai conta fra gli antichi poeti. Egli fu fig.
di
Partaone, o di Porteo (Πορθευς. Hom.) e di Eurite
favola assai conta fra gli antichi poeti. Egli fu fig. di Partaone, o
di
Porteo (Πορθευς. Hom.) e di Eurite, fig. d’Ippoda
ntichi poeti. Egli fu fig. di Partaone, o di Porteo (Πορθευς. Hom.) e
di
Eurite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea
ς. Hom.) e di Eurite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea, fig.
di
Testio, dalla quale ebbe Meleagro, Deianira e Tid
, apparvero ad Altea le tre Parche, le quali filavano lo stame fatale
di
quel fanciullo, e che vaticinando avessero detto
di quel fanciullo, e che vaticinando avessero detto : Durerà la vita
di
questo fanciullo fino a che durerà questo fanciul
ino a che durerà questo acceso tizzone . Spaventata la madre, e preso
di
fretta il fatale tizzone, il nascose in una cassa
mi, fra’quali sola Diana fu a bella posta trascurata. La Dea per fare
di
tanto oltraggio una vendetta degna di lei, fece u
sta trascurata. La Dea per fare di tanto oltraggio una vendetta degna
di
lei, fece uscire di una foresta presso la città d
ea per fare di tanto oltraggio una vendetta degna di lei, fece uscire
di
una foresta presso la città di Caledone, un cingh
una vendetta degna di lei, fece uscire di una foresta presso la città
di
Caledone, un cinghiale mostruoso e di straordinar
di una foresta presso la città di Caledone, un cinghiale mostruoso e
di
straordinaria ferocia, celebrato sotto il nome di
nghiale mostruoso e di straordinaria ferocia, celebrato sotto il nome
di
cinghiale Caledonio. Il quale orribilmente devast
donio. Il quale orribilmente devastando quelle contrade faceva strage
di
armenti e di uomini e così impediva la coltura de
le orribilmente devastando quelle contrade faceva strage di armenti e
di
uomini e così impediva la coltura de’ campi. A li
o, e quasi tutti gli eroi che presero parte alla prima, non mancarono
di
cercare argomento di gloria in quella caccia, gia
eroi che presero parte alla prima, non mancarono di cercare argomento
di
gloria in quella caccia, giacchè ne’ tempi eroici
mortalità. Oltre Castore e Polluce, Giasone, Piritoo e l’amico Teseo,
di
cui dicevasi che non vi era impresa senza Teseo,
i che non vi era impresa senza Teseo, vi eran Plesippo e Tosseo, fig.
di
Testio e fratelli di Altea, e Telamone, e Peleo,
esa senza Teseo, vi eran Plesippo e Tosseo, fig. di Testio e fratelli
di
Altea, e Telamone, e Peleo, padre di Achille ; ed
osseo, fig. di Testio e fratelli di Altea, e Telamone, e Peleo, padre
di
Achille ; ed oltre più altri la quanto bella, alt
ltre più altri la quanto bella, altrettanto valorosa Atalanta, ch’era
di
Arcadia e fig. di Giasio, re degli Argivi, compag
quanto bella, altrettanto valorosa Atalanta, ch’era di Arcadia e fig.
di
Giasio, re degli Argivi, compagna di Diana, veloc
alanta, ch’era di Arcadia e fig. di Giasio, re degli Argivi, compagna
di
Diana, velocissima nel corso e sì valente cacciat
ice che Ovidio la chiama onore de’boschi. Riunito sì nobile drappello
di
eroi, si diede la caccia alla feroce belva. Anfia
lo di eroi, si diede la caccia alla feroce belva. Anfiarao, sacerdote
di
Febo, fu il primo a ferire quel mostro ; ma Diana
imo a ferire quel mostro ; ma Diana ne allontanò il colpo ; nè quello
di
Castore e Polluce fu più felice. Lo strale che do
. Lo strale che dovea ucciderlo, fu lanciato dalla giovane Atalanta ;
di
che ebbero vergogna que’ forti eroi. Meleagro che
iso cinghiale, cose che in que’ tempi si desideravano quasi argomenti
di
fortezza, come le spoglie de’vinti nemici. Ma i f
argomenti di fortezza, come le spoglie de’vinti nemici. Ma i fratelli
di
Altea, mal soffrendo che il premio del valore si
a donzella, violentemente le tolgono la pelle dell’ucciso cinghiale ;
di
che sdegnato Meleagro non dubitò di uccidere i fr
la pelle dell’ucciso cinghiale ; di che sdegnato Meleagro non dubitò
di
uccidere i fratelli della madre ; la quale, udito
i a poco a poco, come quel tizzone si consumava nel fuoco. Pel dolore
di
sì acerbo fato due sorelle di Meleagro furono da
zone si consumava nel fuoco. Pel dolore di sì acerbo fato due sorelle
di
Meleagro furono da Diana cangiate in quella speci
ato due sorelle di Meleagro furono da Diana cangiate in quella specie
di
galline che noi chiamiamo di Faraone e che forse
urono da Diana cangiate in quella specie di galline che noi chiamiamo
di
Faraone e che forse è l’uccello Africano (Afra av
noi chiamiamo di Faraone e che forse è l’uccello Africano (Afra avis)
di
Orazio. Fra gli antichi monumenti ci restano var
d’opera dell’antichità. Nel giardino delle Tuilleries vi è una statua
di
Meleagro, il quale è appoggiato ad una lancia ed
l teschio dell’ucciso cinghiale. Nel Museo Borb. si ammira un dipinto
di
Pompei, in cui vedesi al dorso di una montagna su
el Museo Borb. si ammira un dipinto di Pompei, in cui vedesi al dorso
di
una montagna su di una colonna allogato un simula
mmira un dipinto di Pompei, in cui vedesi al dorso di una montagna su
di
una colonna allogato un simulacro di Diana : sied
desi al dorso di una montagna su di una colonna allogato un simulacro
di
Diana : siede Meleagro in mezzo al dipinto, e for
eleagro fa ad Atalanta il dono fatale, che sono certamente i fratelli
di
Altea. IV. Continuazione – Oreste ed Ifigenia.
a Tauride, paese della Scizia, pareva che Diana fosse stata più avida
di
sangue umano ; e quivi i suoi sacrificii partecip
sangue umano ; e quivi i suoi sacrificii partecipavano della fierezza
di
que’ popoli. Non lungi da noi, diceva l’esule di
avano della fierezza di que’ popoli. Non lungi da noi, diceva l’esule
di
Sulmona(1), è un luogo detto la Tauride, ove l’ar
ulmona(1), è un luogo detto la Tauride, ove l’ara della faretrata Dea
di
crudeli vittime si pasce ; ed il bianco marmo di
della faretrata Dea di crudeli vittime si pasce ; ed il bianco marmo
di
essa dello sparso sangue de’ forestieri rosseggia
ali contrade capitato ; e che quella vergine credeva essere Ifigenia,
di
cui e di Oreste ecco la celebre favola. Agamenno
ade capitato ; e che quella vergine credeva essere Ifigenia, di cui e
di
Oreste ecco la celebre favola. Agamennone avea o
eletto egli supremo duce de’ Greci contro Troia, per una gran fortuna
di
mare suscitata dall’ira di Diana, era trattenuto
’ Greci contro Troia, per una gran fortuna di mare suscitata dall’ira
di
Diana, era trattenuto colla flotta in Aulide, cit
itata dall’ira di Diana, era trattenuto colla flotta in Aulide, città
di
Beozia sull’Euripo. Allora si consultò. Calcante,
n Asia ; e che perciò doveasi placare col sacrificio d’Ifigenia, fig.
di
Agamennone ; il quale ricusò di ubbidire, ma dovè
acare col sacrificio d’Ifigenia, fig. di Agamennone ; il quale ricusò
di
ubbidire, ma dovè cedere ; ed Ulisse con Diomede
pietà dell’ innocente fanciulla, la tolse al sacrificio, ricoprendola
di
folta nebbia e sostituendo in suo luogo una cerva
d un toro ; ed essa per aria fu portata nella Tauride, ove nel tempio
di
Diana esercitò le funzioni di sacerdotessa. Alcun
u portata nella Tauride, ove nel tempio di Diana esercitò le funzioni
di
sacerdotessa. Alcuni antichi scrittori (1) dicono
2) dimostra che anche i Greci qualche volta ebbero il barbaro costume
di
sacrificare agl’Iddii vittime umane. Or a que’di
e regnava Toante, il quale destinò Ifigenia a sacrificare sull’altare
di
Diana gli stranieri che nei confini del suo regno
avvenimento tolse la vergine da que’ barbari luoghi. Oreste era fig.
di
Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, r
e la vergine da que’ barbari luoghi. Oreste era fig. di Agamennone, e
di
Clitennestra, fig. di Tindaro, re di Sparta, la q
arbari luoghi. Oreste era fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig.
di
Tindaro, re di Sparta, la quale coll’aiuto dello
Oreste era fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, re
di
Sparta, la quale coll’aiuto dello scellerato Egis
scellerato Egisto uccise il proprio consorte. Allora fu che Elettra,
di
lui sorella, vedendo il fanciullo Oreste in peric
che Elettra, di lui sorella, vedendo il fanciullo Oreste in pericolo
di
essere dalla madre trucidato, mandollo segretamen
lo di essere dalla madre trucidato, mandollo segretamente nella corte
di
Strofio, re della Focide, che avea per moglie una
la corte di Strofio, re della Focide, che avea per moglie una sorella
di
Agamennone. Il quale accolse il giovanetto princi
iù famose amicizie della Grecia. Oreste intanto già adulto si propone
di
vendicare l’uccisione del padre, e coll’aiuto di
ià adulto si propone di vendicare l’uccisione del padre, e coll’aiuto
di
Pilade uccide Egisto insieme colla propria madre
icidio, tosto si turbò la mente dell’infelice Oreste ; piombano sopra
di
lui le furie infernali armate di serpenti, i cui
ell’infelice Oreste ; piombano sopra di lui le furie infernali armate
di
serpenti, i cui occhi infiammati stillavano sangu
ue ; e notte e giorno l’inseguono, mentre alle sue orecchie risuonano
di
continuo le grida della madre uccisa. I greci poe
ù vivi colori porre avanti gli occhi del popolo lo stato spaventevole
di
un cuore tormentato da’rimorsi. Or l’infelice pri
dovea nella Tauride dal re Toante, rapire da quel tempio il simulacro
di
Diana e trasportarlo in Argo. Avuta questa rispos
ni della Tauride, furon presi e condotti a Toante e portati al tempio
di
Diana per esservi immolati. Allora i due generosi
endo Toante dar morte ad Oreste, tanto questi, che Pilade affermavano
di
essere Oreste, perchè l’uno volea per l’altro mor
conobbe ch’eran greci ; e che la sacerdotessa stessa propose che uno
di
loro fosse immolato e rimandato l’altro libero al
era diretta al fratello Oreste che credeva in Argo ; e ciò fu cagione
di
riconoscersi con indicibile allegrezza. Allora se
riconoscersi con indicibile allegrezza. Allora senza indugio pensano
di
fuggire da que’barbari lidi, dal tempio rapiscono
tornano alla patria. Questa favola non ritrovasi in Omero ; ma i casi
di
questa principessa e della famiglia di Agamennone
ritrovasi in Omero ; ma i casi di questa principessa e della famiglia
di
Agamennone formano il soggetto di molte tragedie
questa principessa e della famiglia di Agamennone formano il soggetto
di
molte tragedie ; e l’Ifigenia in Tauride è una de
tto di molte tragedie ; e l’Ifigenia in Tauride è una delle più belle
di
Euripide. V. Varie incumbenze di Diana. Ab
in Tauride è una delle più belle di Euripide. V. Varie incumbenze
di
Diana. Abbiam di sopra avvertito che Diana er
le più belle di Euripide. V. Varie incumbenze di Diana. Abbiam
di
sopra avvertito che Diana era Dea della caccia. P
te(1) scrive che la caccia ed i cani da caccia erano stati invenzione
di
Apollo e di Diana. La quale tutto dì era intesa a
che la caccia ed i cani da caccia erano stati invenzione di Apollo e
di
Diana. La quale tutto dì era intesa a cacciare, e
sa a cacciare, ed abitava in mezzo a’boschi, accompagnata da una muta
di
cani e da un drappello di ninfe, specialmente Ore
in mezzo a’boschi, accompagnata da una muta di cani e da un drappello
di
ninfe, specialmente Oreadi, anche cacciatrici. Pe
pei monti, e tra questi nomina il Taigete e l’Erimanto, dilettandosi
di
ferire i cervi ed i cinghiali. E si noti che pres
ella caccia delle lepri, per ciascuno si pagavano due oboli al tesoro
di
Diana. Vi era ancora una danza solita a farsi in
i al tesoro di Diana. Vi era ancora una danza solita a farsi in onore
di
questa Dea dalle donzelle che prendevansi tutte i
a Dea. In Delo ed in altre città della Grecia vi erano danze in onore
di
Apollo e di Diana Cacciatrice ; e presso Euripide
lo ed in altre città della Grecia vi erano danze in onore di Apollo e
di
Diana Cacciatrice ; e presso Euripide nelle Troad
ulle che al suono delle tibie danzano tutte unite ed in giro in onore
di
Diana. Molte ninfe e Marine, e Fluviatili, ed Ore
ella stessa guisa che dai poeti ci venne rappresentata Diana su’monti
di
Delo o sulle sponde dell’ Eurota in mezzo alle ni
Diana oltre a ciò presedeva a’parti, deta perciò da Macrobio (2) duce
di
coloro che nascono e de’mortali corpi autrice. Da
i dice che essa nove volte avea chiamata Lucina in aiuto. Da un luogo
di
Orazio(6) si scorge che quantunque presso i Latin
ed era come ispettrice e custode de’porti(7) ; e per ciò il simulacro
di
lei era collocato in capo alle vie ed anche avant
lle case. Ciò si scorge eziandio da moltissime medaglie coll’immagine
di
Diana battute dalle città marittime di Efeso, di
tissime medaglie coll’immagine di Diana battute dalle città marittime
di
Efeso, di Smirne, di Napoli ec. VI. Culto pres
daglie coll’immagine di Diana battute dalle città marittime di Efeso,
di
Smirne, di Napoli ec. VI. Culto prestato a Dia
’immagine di Diana battute dalle città marittime di Efeso, di Smirne,
di
Napoli ec. VI. Culto prestato a Diana – Tempio
feso, di Smirne, di Napoli ec. VI. Culto prestato a Diana – Tempio
di
Efeso. Il culto di Diana fu molto esteso ed a
oli ec. VI. Culto prestato a Diana – Tempio di Efeso. Il culto
di
Diana fu molto esteso ed antico. Dalla Media negl
le coste del Mar Nero, e nell’Asia Minore, ove si confuse con quello
di
Cibele. Nella Scizia fu adorata sotto il nome di
i confuse con quello di Cibele. Nella Scizia fu adorata sotto il nome
di
Diana Taurica, cui si offerivano vittime umane ;
cui si offerivano vittime umane ; passò nella Grecia e fu l’ Artemide
di
quel paese ; ed i Romani l’invocarono col nome di
ia e fu l’ Artemide di quel paese ; ed i Romani l’invocarono col nome
di
Diana. Il novello culto de’figliuoli di Latona pe
Romani l’invocarono col nome di Diana. Il novello culto de’figliuoli
di
Latona perseguitato da’sacerdoti delle antiche Di
itato da’sacerdoti delle antiche Divinità, fu bene accolto nell’isola
di
Delo, ov’era un altare di Apollo, da lui stesso f
ntiche Divinità, fu bene accolto nell’isola di Delo, ov’era un altare
di
Apollo, da lui stesso fatto colle corna delle cap
ssai venerata in Aricia, città del Lazio, edificata da Ippolito, fig.
di
Teseo, e di Antiope. Nella Grecia non vi era borg
a in Aricia, città del Lazio, edificata da Ippolito, fig. di Teseo, e
di
Antiope. Nella Grecia non vi era borgo o città ch
non avesse tempii e simulacri della nostra Dea ; ma pare che il culto
di
lei avesse avuto la principale sua sede in Efeso,
suo onore celebravansi le feste dette Efesie. Ciò si pruova dal fatto
di
Demetrio(1), capo degli orefici che vivevano del
capo degli orefici che vivevano del lucro ricavato da certi tempietti
di
argento ch’essi vendevano, ne’ quali era il simul
ti tempietti di argento ch’essi vendevano, ne’ quali era il simulacro
di
Diana e l’effigie del tempio di Efeso. Il quale,
vendevano, ne’ quali era il simulacro di Diana e l’effigie del tempio
di
Efeso. Il quale, vedendo che S. Paolo allontanava
lto, suscitò grave tumulto fra quegli artefici, dicendo che per opera
di
Paolo si perdeva l’onore prestato al tempio della
lla grande Diana degli Efesii e che cominciava ad obbliarsi la maestà
di
esso venerata dall’Asia tutta, anzi da tutto il m
ta, anzi da tutto il mondo (2). In quella città adunque era il tempio
di
Diana Efesina, il più magnifico ed il più ricco c
) ; e tutta l’Asia concorse ad ornarlo ed arricchirlo con quanto avea
di
più prezioso(4). Vi erano 127 colonne del più bel
avea di più prezioso(4). Vi erano 127 colonne del più bel marmo, dono
di
altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea
l marmo, dono di altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea era
di
ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo di osc
no di altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea era di ebano o
di
legno di cedro. Erostrato, uomo di oscuri natali,
rettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea era di ebano o di legno
di
cedro. Erostrato, uomo di oscuri natali, desidera
la statua della Dea era di ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo
di
oscuri natali, desiderando di acquistare celebrit
no o di legno di cedro. Erostrato, uomo di oscuri natali, desiderando
di
acquistare celebrità al suo nome, incendiò quel g
istare celebrità al suo nome, incendiò quel gran tempio. I magistrati
di
Efeso proibirono con gravi pene di porre il suo n
diò quel gran tempio. I magistrati di Efeso proibirono con gravi pene
di
porre il suo nome nelle pubbliche carte ; ma ciò
me fosse tramandato alla posterità insieme colla storia dell’incendio
di
quel tempio(1). VII. Iconologia di Diana.
ieme colla storia dell’incendio di quel tempio(1). VII. Iconologia
di
Diana. Diana, come Dea della caccia, si vede
lca una cerva. I poeti tanto al sole che alla luna assegnano il trono
di
oro ; ma sembra più proprio di Diana il trono di
sole che alla luna assegnano il trono di oro ; ma sembra più proprio
di
Diana il trono di Argento. In un’antica medaglia
a assegnano il trono di oro ; ma sembra più proprio di Diana il trono
di
Argento. In un’antica medaglia di Perga, in Panfi
embra più proprio di Diana il trono di Argento. In un’antica medaglia
di
Perga, in Panfilia, la Dea ha il capo coronato no
antica medaglia di Perga, in Panfilia, la Dea ha il capo coronato non
di
dittamo, ma di alloro ; sta in piedi, in abito su
di Perga, in Panfilia, la Dea ha il capo coronato non di dittamo, ma
di
alloro ; sta in piedi, in abito succinto, con una
ttamo, ma di alloro ; sta in piedi, in abito succinto, con una corona
di
lauro nella destra, colla sinistra appoggiata ad
, il turcasso su gli omeri, un cane a’fianchi ed un arco teso in atto
di
scoccare una freccia. Una statua del Museo Napole
Una statua del Museo Napoleone rappresenta Diana cacciatrice, calzata
di
ricco coturno ; posa una mano sulla faretra, tien
a una cerva. Dice Millin che le due trecce che formano la pettinatura
di
Diana e che vengono a congiungersi ed attaccarsi
non avesse alcun altro de’suoi attributi. VIII. Principali epiteti
di
Diana. Agrotera, gr. αγροτερα, presso Omero,
αγροτις κουρα, donzella cacciatrice. Aricina, così detta dalla selva
di
Aricia, ove avea un culto particolare. Aventina,
eva sul monte aventino. Cinzia, Cynthia, dal Cinto, monte dell’isola
di
Delo, ove nacque con Apollo. Dicevasi pure Delia.
Efesia, dal magnifico tempio che avea in Efeso. Elafiea, soprannome
di
Diana, col quale era adorata in Elide e che signi
di Diana, col quale era adorata in Elide e che significa cacciatrice
di
cervi cervus et βολος, iactus. Il decimo mese del
saeva dicesi da Ovidio(1), perchè Dea vendicativa, iraconda ed avida
di
sangue. Virgo per eccellenza chiamasi la nostra
ii ne’ Iuoghi, ove ponevano capo tre strade. IX. Alcune altre cose
di
Diana. Callimaco pone al servizio di Diana ve
de. IX. Alcune altre cose di Diana. Callimaco pone al servizio
di
Diana venti ninfe dette Annisiadi, le quali avean
’ calzari venatorii della Dea e de’ suoi cani, attaccavano al cocchio
di
lei le cerve e le distaccavano ec. Secondo Virgil
i lei le cerve e le distaccavano ec. Secondo Virgilio(4) le fanciulle
di
Tiro godevano di portare siffatti calzari a mezza
le distaccavano ec. Secondo Virgilio(4) le fanciulle di Tiro godevano
di
portare siffatti calzari a mezza gamba che ben co
a origine col maraviglioso delle favole. Furono quindi i primi albori
di
quel gran popolo come un riflesso di gloria che g
le. Furono quindi i primi albori di quel gran popolo come un riflesso
di
gloria che gli veniva dall’eroismo de’suoi fondat
dall’eroismo de’suoi fondatori e de’suoi primi sovrani ; e la storia
di
quel tempo che passò dalla fondazione degli antic
ltro divennero regolate repubbliche, non è che un quadro maraviglioso
di
favole bellamente dipinto dalla vivace fantasia d
di favole bellamente dipinto dalla vivace fantasia de’ greci poeti su
di
un fondo istorico ; una tela di Eroi e di Semidei
la vivace fantasia de’ greci poeti su di un fondo istorico ; una tela
di
Eroi e di Semidei, colla quale la greca poesia ha
fantasia de’ greci poeti su di un fondo istorico ; una tela di Eroi e
di
Semidei, colla quale la greca poesia ha saputo tr
dei, colla quale la greca poesia ha saputo trarsi sopra l’ammirazione
di
tutt’i secoli. E quest’ammirabile poesia ben sepp
ed ignobile, come quelli che discendevano da uomini, i quali, a guisa
di
fiere, viveano senza freno di leggi e senza coltu
iscendevano da uomini, i quali, a guisa di fiere, viveano senza freno
di
leggi e senza coltura, finsero che i loro maggior
poi, vedendo essi alcune loro opere veramente grandi ed eroiche, come
di
Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e di tanti al
cune loro opere veramente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo,
di
Teseo, di Minos e di tanti altri, non gli stimaro
opere veramente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo, di Teseo,
di
Minos e di tanti altri, non gli stimarono mortali
ente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e
di
tanti altri, non gli stimarono mortali, ma disser
davano a memoria ; il loro linguaggio era sommamente poetico, e pieno
di
sublimi immagini e di audaci metafore ; il loro b
loro linguaggio era sommamente poetico, e pieno di sublimi immagini e
di
audaci metafore ; il loro bel cielo, il suolo, tu
lanci la loro fantasia. Così i sommi uomini erano trasformati in Eroi
di
divina origine ; e que’ vecchi tempi divennero un
di divina origine ; e que’ vecchi tempi divennero un informe ammasso
di
stranissimi avvenimenti e di favolose tradizioni.
ecchi tempi divennero un informe ammasso di stranissimi avvenimenti e
di
favolose tradizioni. Ora è qui da notare che l’ep
zioni. Ora è qui da notare che l’epoca degli Eroi della Grecia, ricca
di
memorandi fatti, de’ quali la storia ci aprirà un
ricca di memorandi fatti, de’ quali la storia ci aprirà un bel campo
di
dilettevoli conoscenze, termina colla guerra di T
i aprirà un bel campo di dilettevoli conoscenze, termina colla guerra
di
Troia ed arriva sino alla fondazione del regno di
ermina colla guerra di Troia ed arriva sino alla fondazione del regno
di
Sicione, forse il più antico degli altri tutti. S
un uomo che si era reso celebre per prodigiosa forza, o per una serie
di
belle azioni, ed a cui dopo la morte prestavansi
, ed a cui dopo la morte prestavansi onori divini. Davasi poi il nome
di
Semidei (ημιθεοι) agli Dei di second’ordine che t
avansi onori divini. Davasi poi il nome di Semidei (ημιθεοι) agli Dei
di
second’ordine che traevano la loro origine da’Num
rigine da’Numi. Da Esiodo(1) si appellano gli Eroi divina generazione
di
uomini che diconsi Semidei ; ma Omero dà questo t
nome l’espressione generale della fortezza. Ragion vuole adunque che
di
lui si parli in primo luogo. Ercole o Alcide.
ti Ercoli, e Cicerone sei ; ma il più celebre è l’Ercole Tebano, fig.
di
Giove e di Alcmena, o di Anfitrione e della detta
e Cicerone sei ; ma il più celebre è l’Ercole Tebano, fig. di Giove e
di
Alcmena, o di Anfitrione e della detta Alcmena. G
; ma il più celebre è l’Ercole Tebano, fig. di Giove e di Alcmena, o
di
Anfitrione e della detta Alcmena. Gli Autori Ingl
ale ed il Lavaur credono che la maggior parte delle decantate imprese
di
Ercole sieno state ritratte dalla storia di Sanso
e delle decantate imprese di Ercole sieno state ritratte dalla storia
di
Sansone, seguendo le orme di S. Agostino, il qual
Ercole sieno state ritratte dalla storia di Sansone, seguendo le orme
di
S. Agostino, il quale sostiene che da Sansone pri
tezza e della ferocia portata oltre l’ordinario ; per cui, parlandosi
di
uomo robustissimo, suol dirsi ch’egli è un Ercole
obustissimo, suol dirsi ch’egli è un Ercole ; e fatica erculea dicesi
di
fatica grandissima. Or quest’eroe fin dall’infanz
; ed Ercole, senza restar punto atterrito, li uccise. Plinio(1) parla
di
un Ercole fanciullo che vuolsi opera della mano d
e. Plinio(1) parla di un Ercole fanciullo che vuolsi opera della mano
di
Zeusi ; ed in una pittura di Ercolano si vede Erc
le fanciullo che vuolsi opera della mano di Zeusi ; ed in una pittura
di
Ercolano si vede Ercole bambino che strangola i d
nella medicina, e Lino, a suonare la lira. Fatto adulto e cresciuto,
di
straordinaria statura e di forza stragrande, avve
suonare la lira. Fatto adulto e cresciuto, di straordinaria statura e
di
forza stragrande, avvenue, come racconta Senofont
pensieroso medita sul partito da abbracciare, gli apparvero due donne
di
grande statura, una di sembianza nobile ed avvene
artito da abbracciare, gli apparvero due donne di grande statura, una
di
sembianza nobile ed avvenente, e l’altra, di colo
e di grande statura, una di sembianza nobile ed avvenente, e l’altra,
di
colore e di sembianze non naturali e con veste so
statura, una di sembianza nobile ed avvenente, e l’altra, di colore e
di
sembianze non naturali e con veste soperchiamente
era la Virtù, la seconda la Voluttà, ciascuna delle quali procurando
di
guadagnarlo colle promesse, Ercole abbracciò il p
procurando di guadagnarlo colle promesse, Ercole abbracciò il partito
di
seguire la prima. Dopo ciò l’eroe si presentò ad
to di seguire la prima. Dopo ciò l’eroe si presentò ad Euristeo, fig.
di
Stenelo, il quale, avuta la signoria di Micene, g
si presentò ad Euristeo, fig. di Stenelo, il quale, avuta la signoria
di
Micene, guardava Ercole con somma gelosia, poichè
con somma gelosia, poichè questi avendo dritto alla corona, come fig.
di
Anfitrione, facealo forte temere di essere da lui
ndo dritto alla corona, come fig. di Anfitrione, facealo forte temere
di
essere da lui sbalzato dal trono. Quindi a ragion
to dal trono. Quindi a ragione Euristeo fece ogni sforzo per disfarsi
di
siffatto competitore. Accortosi di ciò Ercole e v
steo fece ogni sforzo per disfarsi di siffatto competitore. Accortosi
di
ciò Ercole e vedendosi gravato di tante pericolos
di siffatto competitore. Accortosi di ciò Ercole e vedendosi gravato
di
tante pericolose imprese, consultò l’oracolo, da
l’impose dodici ardue imprese che diconsi i dodici travagli o fatiche
di
Ercole (αθλα, aerumnae. Petron.). La prima fatica
e di Ercole (αθλα, aerumnae. Petron.). La prima fatica fu l’uccisione
di
un leone di enorme grandezza ch’era in una selva
(αθλα, aerumnae. Petron.). La prima fatica fu l’uccisione di un leone
di
enorme grandezza ch’era in una selva d’Acaia dett
sciva per infestare gli uomini e gli armenti. Enorme era la grandezza
di
quel mostro che avea sette teste, ed anche più, s
a sette teste, ed anche più, secondo alcuni. Dice Igino che il veleno
di
questo serpente era sì pestifero che il solo alit
e immedicabili, del quale morì egli stesso. La terza fatica fu quella
di
portar viva a Micene la cerva Cerinitide che avea
aggio del Ladone, già stanca la ferì, e sulle spalle, col beneplacito
di
Diana, la portò viva a Micene. Questa cerva da’ G
Diana, la portò viva a Micene. Questa cerva da’ Greci chiamasi da’piè
di
bronzo (2), per dinotare la robustezza e velocità
o sulle spalle il cinghiale Erimanzio, il quale, dall’Erimanto, monte
di
Arcadia, sbucando, devastava il paese della Psofi
sofide. Alcuni dicono che l’avesse ucciso. La quinta fatica fu quella
di
ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re d
he l’avesse ucciso. La quinta fatica fu quella di ripurgare la stalla
di
Augia, fig. di Elio e re di Elide, il quale, aven
iso. La quinta fatica fu quella di ripurgare la stalla di Augia, fig.
di
Elio e re di Elide, il quale, avendo un bovile am
a fatica fu quella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re
di
Elide, il quale, avendo un bovile ampissimo con t
eroe eseguito, facendo passare il fiume Alfeo, o il Peneo, a traverso
di
quella grande stalla. Ma Augia, non volendo stare
’ patti, fu da Ercole ucciso. Da ciò il proverbio : nettare la stalla
di
Augia (3), che vuol dire, fare un’opera d’immensa
3), che vuol dire, fare un’opera d’immensa fatica. La sesta fu quella
di
purgare il lago Stinfalo, dell’Arcadia, dagli ucc
ta fu quella di purgare il lago Stinfalo, dell’Arcadia, dagli uccelli
di
rapina che si pascevano di carne umana, i quali f
lago Stinfalo, dell’Arcadia, dagli uccelli di rapina che si pascevano
di
carne umana, i quali furon [dal nostro eroe colle
ro eroe colle saette uccisi, e discacciati da quella palude col suono
di
campanelli di bronzo fatti da Vulcano e che aveag
saette uccisi, e discacciati da quella palude col suono di campanelli
di
bronzo fatti da Vulcano e che aveagli donato Mine
imi, si disse ch’eran nati da Marte. In settimo luogo gli fu ingiunto
di
prendere il famoso toro di Creta ; nella quale sp
da Marte. In settimo luogo gli fu ingiunto di prendere il famoso toro
di
Creta ; nella quale spedizione aiutò Giove ad att
ortò vivo ad Euristeo. Tolse in ottavo luogo dalla Tracia le giumente
di
Diomede, fig. di Marte e di Cirene, e tiranno cru
steo. Tolse in ottavo luogo dalla Tracia le giumente di Diomede, fig.
di
Marte e di Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bis
in ottavo luogo dalla Tracia le giumente di Diomede, fig. di Marte e
di
Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bistonii, popo
te e di Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bistonii, popolo bellicoso
di
una parte della Tracia, il quale le tenea legate
licoso di una parte della Tracia, il quale le tenea legate con catene
di
ferro e le alimentava della carne di coloro che p
quale le tenea legate con catene di ferro e le alimentava della carne
di
coloro che passavano per que’ luoghi. Ercole, ave
dusse ad Euristeo che le consacrò a Giunone. La nona fatica fu quella
di
togliere il cingolo ad Ippolita, regina delle Ama
ngolo ad Ippolita, regina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura
di
Marte, di cui ella era figliuola. Ercole, ricevut
ppolita, regina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura di Marte,
di
cui ella era figliuola. Ercole, ricevuto il coman
tura di Marte, di cui ella era figliuola. Ercole, ricevuto il comando
di
Euristeo, assalì e vinse il popolo bellicoso dell
llicoso delle Amazzoni, e fatta prigioniera Ippolita, portò la famosa
di
lei cintura ad Admeta, fig. di Euristeo, ch’era t
prigioniera Ippolita, portò la famosa di lei cintura ad Admeta, fig.
di
Euristeo, ch’era tanto vaga di possederla. La dec
famosa di lei cintura ad Admeta, fig. di Euristeo, ch’era tanto vaga
di
possederla. La decima fu quella d’impadronirsi de
tanto vaga di possederla. La decima fu quella d’impadronirsi de’ buoi
di
Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe, una del
sederla. La decima fu quella d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig.
di
Crisaorre e di Calliroe, una delle Oceanidi. Era
ima fu quella d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisaorre e
di
Calliroe, una delle Oceanidi. Era egli un gigante
lissimi armenti per offrirli ad Euristeo. L’undecima fatica fu quella
di
cogliere i pomi d’oro del giardino delle Esperidi
llodoro che il nostro eroe giunto nel paese dell’Esperidi, per avviso
di
Prometeo, fece sì che Atlante fosse andato a cogl
ma d’oro nell’atto ch’esso sugli omeri suoi sosteneva il cielo invece
di
lui ; sebbene altri affermano che Ercole stesso,
inferno. In non pochi monumenti si osservano rappresentati i travagli
di
Ercole. Un bassorilievo, dice Millin, fa vedere l
Un bassorilievo, dice Millin, fa vedere l’eroe che saetta gli uccelli
di
Stinfalo, che abbatte l’idra e che s’impadronisce
l’idra e che s’impadronisce de’ pomi d’oro dell’Esperidi. Un bel vaso
di
marmo del Card. Albani rappresenta in rilievo le
aso di marmo del Card. Albani rappresenta in rilievo le varie fatiche
di
Ercole ch’egli rassegna alla presenza di Euristeo
in rilievo le varie fatiche di Ercole ch’egli rassegna alla presenza
di
Euristeo. Ma, oltre queste dodici fatiche, innume
Euristeo. Ma, oltre queste dodici fatiche, innumerevoli altre imprese
di
Ercole si raccontano. Egli debellò i giganti che
lirono il cielo ; giacchè essendo ne’libri del fato che senza l’ainto
di
un mortale non potean esser vinti, per consiglio
che senza l’ainto di un mortale non potean esser vinti, per consiglio
di
Minerva Giove chiamò Ercole in aiuto, ed egli ucc
fra que’ mostri. Famoso è poi il combattimento che per Deianira, fig.
di
Eneo, re di Caledonia, ebbe a sostenere con Achel
tri. Famoso è poi il combattimento che per Deianira, fig. di Eneo, re
di
Caledonia, ebbe a sostenere con Acheloo, fiume de
nere con Acheloo, fiume della Grecia ed il maggior fig. dell’Oceano e
di
Teti, il quale si trasformò prima in serpente, e
serpente, e poscia in toro ; ma Ercole lo vinse e gli tolse un corno,
di
cui le ninfe, dopo averlo ripieno di frutti e di
e lo vinse e gli tolse un corno, di cui le ninfe, dopo averlo ripieno
di
frutti e di fiori, fecero il Cornucopia, o corno
gli tolse un corno, di cui le ninfe, dopo averlo ripieno di frutti e
di
fiori, fecero il Cornucopia, o corno dell’abbonda
dell’abbondanza. Si noti che gli antichi davano a’ fiumi capo e corna
di
toro ; e negli antichi monumenti(2) Acheloo vedes
i toro ; e negli antichi monumenti(2) Acheloo vedesi col capo fornito
di
corna. Pausania descrive un monumento ch’era a Me
escrive un monumento ch’era a Megara, il quale rappresentava la pugna
di
Ercole coll’Acheloo, in cui Marte era dalla parte
Acheloo, in cui Marte era dalla parte del fiume, e Minerva, da quella
di
Ercole. Uccise Eurizione, Centauro, fig. d’Ission
di Ercole. Uccise Eurizione, Centauro, fig. d’Issione, che pretendeva
di
sposar la detta Deianira ; e nelle nozze di Pirit
d’Issione, che pretendeva di sposar la detta Deianira ; e nelle nozze
di
Piritoo fece strage de’ Centauri, i quali ubbriac
quali ubbriachi, avendo fatto insulti non leggieri a Deidamia, sposa
di
quell’eroe, erano venuti ad un serio combattiment
Delle sue spedizioni stabilì pure un termine nelle così dette colonne
di
Ercole, ch’erano i due monti Abila e Calpe, uno i
monti Abila e Calpe, uno in Africa e l’altro in Europa sullo stretto
di
Gibilterra. Quivi giunto il figliuol di Giove e c
altro in Europa sullo stretto di Gibilterra. Quivi giunto il figliuol
di
Giove e credendo che que’ due monti fossero il te
mondo, vi fece innalzare due colonne, dette da Plinio meta de’ viaggi
di
Ercole. Innumerevoli altre imprese si attribuisco
he troppo lungo sarebbe qui riferirle tutte ; per cui ora della morte
di
lui favelleremo. Ercole, per comando dell’oracolo
velleremo. Ercole, per comando dell’oracolo, abitar dovea nella città
di
Tirinto ch’era vicina ad Argo e da cui fu detto T
se mai Ercole l’avesse indossata, cresciuto sarebbe l’amor suo verso
di
lei. Ma a quel sangue era misto il veleno dell’Id
amor suo verso di lei. Ma a quel sangue era misto il veleno dell’Idra
di
Lerna, di cui eran tinte le saette dell’eroe. Or
erso di lei. Ma a quel sangue era misto il veleno dell’Idra di Lerna,
di
cui eran tinte le saette dell’eroe. Or dopo qualc
nira per conciliarsi vie più l’amore dello sposo, gli mandò per Lica,
di
lui servo, il fatale regalo della camicia di Ness
oso, gli mandò per Lica, di lui servo, il fatale regalo della camicia
di
Nesso. Della quale vestito, sentendosi tutto bruc
leone Nemeo e la sua clava, vi fece attaccar fuoco da Filottete, fig.
di
Peante, al quale donato avea la faretra e le avve
roia espugnarsi, e vi morì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi era
di
mortale nel figliuolo di Giove, per volere del qu
ì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi era di mortale nel figliuolo
di
Giove, per volere del quale fu egli ammesso nel n
ono e lo portò in cielo, ove sposò Ebe, Dea della gioventù e coppiera
di
Giove. L’albero consacrato ad Ercole era il piopp
ntù e coppiera di Giove. L’albero consacrato ad Ercole era il pioppo,
di
cui si coronavano i suoi sacerdoti e gli eroi che
menti, dice Noel, Ercole vien rappresentato ordinariamente co’ tratti
di
un uomo forte e robusto, colla clava in mano e co
che volta sopra un braccio ed alle volte sopra la testa. La più bella
di
tutte le statue di questo eroe è l’Ercole Farnese
braccio ed alle volte sopra la testa. La più bella di tutte le statue
di
questo eroe è l’Ercole Farnese, Iavoro di Glicone
iù bella di tutte le statue di questo eroe è l’Ercole Farnese, Iavoro
di
Glicone, Ateniese. Antico regno di argo. Qu
eroe è l’Ercole Farnese, Iavoro di Glicone, Ateniese. Antico regno
di
argo. Questo regno fu così detto da Argo, uno
di argo. Questo regno fu così detto da Argo, uno de’suoi re e fig.
di
Giove. I suoi pascoli erano di tanta rinomanza ch
ì detto da Argo, uno de’suoi re e fig. di Giove. I suoi pascoli erano
di
tanta rinomanza che si finge, Nettuno avervi pasc
llo Egitto, re dell’Egitto ; e l’oracolo avea detto che uno de’generi
di
Danao lo avrebbe ucciso ; percui ricusò di darle
ea detto che uno de’generi di Danao lo avrebbe ucciso ; percui ricusò
di
darle in matrimonio a’figli di Egitto ; il quale,
anao lo avrebbe ucciso ; percui ricusò di darle in matrimonio a’figli
di
Egitto ; il quale, ciò mal soffrendo, cacciò il f
ecò in Argo, dove fece valere il dritto che vi avea, come discendente
di
Epafo, fig. d’Io, ch’era nata da Inaco, primo re
suo re, Egitto sotto la condotta de’cinquanta suoi figli mandò contro
di
lui poderoso esercito e l’ obbligò a dar loro in
tal misfatto, salvò il marito Linceo, col quale fuggissene alla città
di
Lircea. Essa intanto ricuperò la grazia del padre
no lungo tempo, muggendo, per l’Argolide ; e ciò, per essersi vantate
di
superare Ginnone in bellezza. Ma furon guarite da
are Ginnone in bellezza. Ma furon guarite da Melampode con buona dose
di
elleboro. Acrisio poi ebbe una figliuola chiamata
elleboro. Acrisio poi ebbe una figliuola chiamata Danae, che fu madre
di
Perseo, che uccise Acrisio e fondò Micene. Dopo E
Acrisio e fondò Micene. Dopo Euristeo salì su quel trono Atreo, fig,
di
Pelope e nipote di Tantalo. Il quale, per un grav
cene. Dopo Euristeo salì su quel trono Atreo, fig, di Pelope e nipote
di
Tantalo. Il quale, per un gravissimo fallo commes
degli nomini, così avea in orrore le malvage loro azioni. La famiglia
di
Atreo ha dato agli antichi argomento di molte tra
vage loro azioni. La famiglia di Atreo ha dato agli antichi argomento
di
molte tragedie ; ed Orazio(1) per dire che la tra
un verseggiare dimesso, nomina la famosa cena Tiestea. Atreo fu padre
di
Agamennone e di Menelao ; e Tieste, di Egisto, il
imesso, nomina la famosa cena Tiestea. Atreo fu padre di Agamennone e
di
Menelao ; e Tieste, di Egisto, il quale esposto i
a cena Tiestea. Atreo fu padre di Agamennone e di Menelao ; e Tieste,
di
Egisto, il quale esposto in un bosco e ritrovato
esposto in un bosco e ritrovato da un pastore, fu nutricato con latte
di
capra e per ciò detto Egisto (ab, αιξ, αιγος, cap
a. L’unico figliuolo rimasto ad Agamennone fu Oreste, a cui nel trono
di
Argo successe Pentilo, a lui Adrasto, e poscia il
cia il figliuolo Egialeo. Dopo del quale salì sul trono Diomede, fig.
di
Tideo, il quale, dopo l’impresa di Tebe, cogli al
quale salì sul trono Diomede, fig. di Tideo, il quale, dopo l’impresa
di
Tebe, cogli altri Greci andò alla guerra di Troia
il quale, dopo l’impresa di Tebe, cogli altri Greci andò alla guerra
di
Troia, dopo la quale tornò in Grecia ; ma disgust
lla moglie passò nell’Apulia o Puglia ; ove avendo liberato Dauno, re
di
quel tratto della Puglia da esso detto Daunia, da
della Puglia da esso detto Daunia, da’nemici che forte lo stringevano
di
assedio, ne ottenne buona parte del regno, e quiv
uno. Antico regno dell’attica. Il paese dell’Attica era sterile
di
sua natura, ma per l’industria degli abitanti reu
, e che per ciò portavano sul capo una locusta d’oro(1). Fra le città
di
quel paese primeggiava Atene chiamata occhio dell
ni onori a Giove ; e dopo più altri re salì sul trono Pandione, padre
di
Progne e Filomela. Era la prima moglie di Tereo,
ì sul trono Pandione, padre di Progne e Filomela. Era la prima moglie
di
Tereo, re di Tracia, il quale avendo con gravissi
andione, padre di Progne e Filomela. Era la prima moglie di Tereo, re
di
Tracia, il quale avendo con gravissimo oltraggio
ggio che con lei faceva da Atene nella Tracia, l’infelice donzella su
di
un fazzoletto scrisse con sottil ricamo il suo in
cante, nelle feste ; Dionisiache, liberò la sorella, e per vendicarsi
di
tanta ingiuria, uccise Iti, suo figliuolo, e lo d
nta ingiuria, uccise Iti, suo figliuolo, e lo diede al padre in forma
di
vivanda, acciocchè il mangiasse. Di che avvedutos
e a cercar esca ai figliuoli ita era E trova il nido voto Successore
di
Pandione fu Eretteo, stimato il più possente prin
Successore di Pandione fu Eretteo, stimato il più possente principe
di
que’tempi ; per cui Borea, re di Tracia, bramando
eo, stimato il più possente principe di que’tempi ; per cui Borea, re
di
Tracia, bramando di stringere con lui parentela,
ossente principe di que’tempi ; per cui Borea, re di Tracia, bramando
di
stringere con lui parentela, chiesegli in isposa
egata dal padre, che avea fresco ancora nella memoria l’orrendo fatto
di
Tereo, quel barbaro re se la condusse via per for
gono alati ne’piedì e nel capo, come gli altri venti. Procri, sorella
di
Oritia, sposò Cefalo, fig. di Deioneo, o di Mercu
, come gli altri venti. Procri, sorella di Oritia, sposò Cefalo, fig.
di
Deioneo, o di Mercurio, e nipote di Eolo. Regnò p
ri venti. Procri, sorella di Oritia, sposò Cefalo, fig. di Deioneo, o
di
Mercurio, e nipote di Eolo. Regnò pure in Atene E
lla di Oritia, sposò Cefalo, fig. di Deioneo, o di Mercurio, e nipote
di
Eolo. Regnò pure in Atene Egeo, il quale non cred
Atene Egeo, il quale non credendo poter durare sul trono orbo com’era
di
figli, consultò l’oracolo di Delfo, da cui ebbe s
endo poter durare sul trono orbo com’era di figli, consultò l’oracolo
di
Delfo, da cui ebbe sì oscura risposta che, non ba
li l’ingegno ad intenderla, si recò a Trezene da Pitteo, che con fama
di
gran sapienza reggea quella città. Il quale, rica
vello ospite d’impalmare la sua figliuola Etra. Egeo intanto, temendo
di
condurre in Atene una straniera per moglie, fece
, temendo di condurre in Atene una straniera per moglie, fece disegno
di
abbandonarla ; e perchè già era incinta, per non
abbandonarla ; e perchè già era incinta, per non perdere la speranza
di
un figliuolo da lei, condotta Etra in un alpestre
condotta Etra in un alpestre luogo, sollevò un gran macigno ch’era su
di
una cavità, nella quale, riposta la sua spada, so
ngendole che se partorisse un maschio, subito che giunto fosse in età
di
poter sollevare quel sasso, col contrassegno dell
o, col contrassegno della spada, lo avesse inviato da lui in Atene. E
di
fatto Etra partorì un figlio che si chiamò Teseo,
manico della spada. Nel viaggio da Trezene ad Atene, udite le imprese
di
Ercole, e bramoso d’imitarlo, uccise Perifete ed
arlo, uccise Perifete ed il masnadiere Sinnide, non che Scirone, fig.
di
Eaco, e famoso ladrone dell’Attica, il quale prec
viandanti. Si segnalò ne’giuochi Eleusini, avendo ucciso Cercione, re
di
Eleusi ed inventore della lotta. Uccise ancora il
Procuste, il quale costringeva i viandanti a stendersi sopra un letto
di
ferro, stirandoli sino a che divenissero della st
ndo loro i piedi, s’eran più lunghi. E finalmente essendogli riuscito
di
allacciare il famoso toro di Maratona, il conduss
lunghi. E finalmente essendogli riuscito di allacciare il famoso toro
di
Maratona, il condusse vivo in Atene, sacrificando
bianca ; la prima, segno d’infausto evento al ritorno, e la seconda,
di
prospero. Giunto a Creta ottiene da Minos il perm
la seconda, di prospero. Giunto a Creta ottiene da Minos il permesso
di
combattere col mostro, ed uccisolo, libera gli At
a, fig. del re, che Teseo avea sposata, dato avesse a lui un gomitolo
di
filo, col quale potè trovare il modo di sortire d
dato avesse a lui un gomitolo di filo, col quale potè trovare il modo
di
sortire dal laberinto. Dopo questo successo veleg
eleggiò per Atene, avendo ingratamente abbandonata Arianna nell’isola
di
Nasso, mentre dormiva ; ed avvicinandosi alla cit
dosi alla città, trasportato dalla soperchia allegrezza, si dimenticò
di
far inalberare la vela bianca ch’era il convenuto
io divorato dal Minotauro, gittossi nel mare che da lui prese il nome
di
mare Egeo. Oltre le mentovate imprese, Teseo vins
Plutone ottenne la loro liberazione ; sebbene altri dicono che niuno
di
loro fosse di là uscito(1). Antico regno di te
ne la loro liberazione ; sebbene altri dicono che niuno di loro fosse
di
là uscito(1). Antico regno di tebe. Nell’an
altri dicono che niuno di loro fosse di là uscito(1). Antico regno
di
tebe. Nell’antica Beozia erano assai luoghi di
1). Antico regno di tebe. Nell’antica Beozia erano assai luoghi
di
grandissima rinomanza, e fra gli altri la grotta
ssima rinomanza, e fra gli altri la grotta Trofonia, ov’era l’oracolo
di
Giove Trofonio ; la città di Tespia, sul fiume Te
tri la grotta Trofonia, ov’era l’oracolo di Giove Trofonio ; la città
di
Tespia, sul fiume Tespio, alla quale faceva ombra
ona, percui le Muse che l’abitavano furon delle Tespiadi ; e la città
di
Tebe, edificata da Cadmo, ove, dopo la morte di A
Tespiadi ; e la città di Tebe, edificata da Cadmo, ove, dopo la morte
di
Anfione e Zeto, sali sul trono Laio, che sposò Gi
orte di Anfione e Zeto, sali sul trono Laio, che sposò Giocasta, fig.
di
Creonte, dalla quale ebbe un figlio che fu dal pa
per compassione il lasciò vivo nella campagna, donde da un guardiano
di
armenti fu condotto a Polibo, re di Corinto, il q
a campagna, donde da un guardiano di armenti fu condotto a Polibo, re
di
Corinto, il quale, fattigli risanare i piedi, per
olo. Edipo intanto, cresciuto in età, e sapendo che non era figliuolo
di
Polibo, andò a consultare l’oracolo di Delfo nel
sapendo che non era figliuolo di Polibo, andò a consultare l’oracolo
di
Delfo nel tempo stesso che Laio viaggiava per que
be, ove per avere spiegato l’enigma della sfinge, ottenne la signoria
di
quella città. La Sfinge era un mostro che infesta
elle mani rassembrava una donzella, e nel corpo, un cane, ed avea ali
di
uccello, voce di uomo, unghie di leone e coda di
rava una donzella, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce
di
uomo, unghie di leone e coda di dragone. Esso div
a, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce di uomo, unghie
di
leone e coda di dragone. Esso divorava i viandant
un cane, ed avea ali di uccello, voce di uomo, unghie di leone e coda
di
dragone. Esso divorava i viandanti ; e l’oracolo
che nella fanciullezza cammina spesso colle mani e co’piedi, a guisa
di
quadrupede ; nella giovinezza, a due piedi ; e ne
uoi figliuoli Eteocle e Polinice, dopo la morte del padre, convennero
di
regnare a vicenda un anno per ciascuno ; ma il fr
e, il quale in Argo sposò la figliuola del re Adrasto che gli promise
di
riporlo sul trono. E di fatto preparò una famosa
ò la figliuola del re Adrasto che gli promise di riporlo sul trono. E
di
fatto preparò una famosa spedizione, nella quale
no Anfiarao prevedendo dover tutti perire salvo che Adrasto, ricusava
di
prendervi parte e ne dissuadeva anche gli altri.
se a seguire la poderosa armata che Adrasto condusse alle sette porte
di
Tebe ; percui sette furono i capitani che l’accom
Tebe ; percui sette furono i capitani che l’accompagnarono, Adrasto,
di
Argo ; Polinice, Tebano ; Tideo, Caledonio ; Anfi
o, Adrasto, di Argo ; Polinice, Tebano ; Tideo, Caledonio ; Anfiarao,
di
Pilo ; Capaneo, Argivo ; Ippomedonte, di Argo, e
Tideo, Caledonio ; Anfiarao, di Pilo ; Capaneo, Argivo ; Ippomedonte,
di
Argo, e Partenopeo, fig. di Meleagro e di Atalant
di Pilo ; Capaneo, Argivo ; Ippomedonte, di Argo, e Partenopeo, fig.
di
Meleagro e di Atalanta, Arcade. Or tutti e sette
aneo, Argivo ; Ippomedonte, di Argo, e Partenopeo, fig. di Meleagro e
di
Atalanta, Arcade. Or tutti e sette questi princip
nta, Arcade. Or tutti e sette questi principi perirono avanti le mura
di
Tebe salvo che Adrasto, il quale salvossi per la
chè prediceva il futuro. Raccontasi che i nemici fratelli, convennero
di
decidere l’affare, venendo a singolar tenzone, la
go, su cui si bruciavano i loro cadaveri. E questa fu la prima guerra
di
Tebe tanto celebrata da’poeti ; ed i sette duci c
ι Θηβας). Ma più famosa ancora è la seconda intrapresa da’discendenti
di
que’ primi sette. I quali, essendosi uniti insiem
or), cioè figliuoli e posteri de’primi eroi che caddero sotto le mura
di
Tebe. Scelto Alcmeone per duce, dieci anni dopo l
lcmeone per duce, dieci anni dopo la prima spedizione, strinsero Tebe
di
assedio, e vedendo ucciso il re Laodamante, fig.
e, strinsero Tebe di assedio, e vedendo ucciso il re Laodamante, fig.
di
Eteocle, i Tebani di notte uscirono della città c
assedio, e vedendo ucciso il re Laodamante, fig. di Eteocle, i Tebani
di
notte uscirono della città colle loro famiglie, l
e degli Epigoni, e ne fabbricarono altrove un’ altra. Antico regno
di
tessaglia. La Tessaglia era un paese assai cel
ove abitarono i Centauri. Quivi erano gli ameni giardini della valle
di
Tempo, la quale era in un sito assai delizioso fr
l’Olimpo, ed era bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ricca
di
tutt’i pregi di natura, talchè fu riputata il dol
a bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ricca di tutt’i pregi
di
natura, talchè fu riputata il dolce soggiorno del
chiama Tessalo. Celebri poi erano i cavalli della Tessaglia, i quali,
di
razza assai bella, eran pure ben maneggiati da qu
de’ Centauri, i quali aveano nella parte superiore del corpo la forma
di
uomo ; e nel resto, quella di cavallo. Dicono alc
ella parte superiore del corpo la forma di uomo ; e nel resto, quella
di
cavallo. Dicono alcuni che l’idea de’ Centauri na
e mezzo cavalli. Da’poeti si dicono fig. d’Issione, re de’ Lapiti, e
di
Nefele. In un trapezoforo o sia piede di mensa, d
d’Issione, re de’ Lapiti, e di Nefele. In un trapezoforo o sia piede
di
mensa, del Museo Borb. si vede un centauro ricope
o o sia piede di mensa, del Museo Borb. si vede un centauro ricoperto
di
una nebride svolazzante e senza barba, che tiene
a impresa più memoranda della spedizione degli Argonauti. Esone, fig.
di
Creteo, volle, già vecchio, destinar Pelia, suo f
e non divenisse maggiore Giasone, suo figliuolo. Pelia però, risoluto
di
assicurare il regno per se, ne consultò l’oracolo
trovandosi dalla parte opposta del fiume Anauro, mentre si affrettava
di
varcarlo, gli cadde dal piede una scarpa ; il che
rlo, gli cadde dal piede una scarpa ; il che fece credere a Pelia che
di
lui dovea guardarsi, secondo l’oracolo. Laonde, a
do l’oracolo. Laonde, avendo domandato al nipote che dovesse mai fare
di
una persona, da cui esso per detto dell’oracolo a
conquista del vello d’oro. Or raccontano le favole che Atamante, fig.
di
Eolo, e re di Orcomeno, nella Beozia, ebbe da Nef
vello d’oro. Or raccontano le favole che Atamante, fig. di Eolo, e re
di
Orcomeno, nella Beozia, ebbe da Nefele un fig. ch
n fig. chiamato Frisso ed una fig. detta Elle. Sposò poscia Ino, fig.
di
Cadmo ; e come Giunone avea un odio implacabile c
di Cadmo ; e come Giunone avea un odio implacabile contro la famiglia
di
costui, volle sfogarlo anche contro Ino ed Ataman
e sfogarlo anche contro Ino ed Atamante ; ed alla prima pose in cuore
di
far perire i figliuoli di Nefele. Percui, avendo
o ed Atamante ; ed alla prima pose in cuore di far perire i figliuoli
di
Nefele. Percui, avendo Atamante consultato l’orac
uoli di Nefele. Percui, avendo Atamante consultato l’oracolo sul modo
di
far cessare una gran carestia, Ino trovò il modo
’oracolo sul modo di far cessare una gran carestia, Ino trovò il modo
di
far dire a’sacerdoti ch’era mestieri sacrificar F
o a condurre all’altare quel principe infelice. Ma Nefele, col favore
di
Giove, trovò la maniera di liberarlo, dandogli un
l principe infelice. Ma Nefele, col favore di Giove, trovò la maniera
di
liberarlo, dandogli un ariete donatole da Mercuri
igne pel suo vello d’oro ; sul quale montati Frisso ed Elle tentarono
di
passare il mare e recarsi nella Colchide per quiv
la vita ; ma l’infelice Elle cadde nel mare che da lei prese il nome
di
Ellesponto. Forse quest’ariete era una nave chiam
a una nave chiamata l’Ariete che in su la prora avea la figura dorata
di
quest’animale. Frisso intanto giunto a Colco, ove
co, ove regnava Eeta, fig. del Sole e della ninfa Perseide e fratello
di
Circe e di Pasifae, sacrificò l’ariete dal vello
nava Eeta, fig. del Sole e della ninfa Perseide e fratello di Circe e
di
Pasifae, sacrificò l’ariete dal vello d’oro a Mar
le l’appese ad una quercia in un boschetto consacrato a Marte o in un
di
lui tempio, ov’era custodito da un dragone che se
nteroso si offrì ad eseguire i comandi del zio, e chiamato Argo, fig.
di
Frisso e di Calciope, fece da lui, sotto la direz
ffrì ad eseguire i comandi del zio, e chiamato Argo, fig. di Frisso e
di
Calciope, fece da lui, sotto la direzione di Mine
o Argo, fig. di Frisso e di Calciope, fece da lui, sotto la direzione
di
Minerva, fabbricare la prima nave che dall’artefi
la prima nave che avesse solcato l’infido elemento e che fu costruita
di
pini tagliati sul monte Pelio. Questa nave famosa
e costellazioni, come anche l’ariete che portò Frisso e ch’è il segno
di
Ariete. Allestita la nave, Giasone indusse ad abb
sse ad abbracciar quell’impresa molti altri giovani ch’erano il fiore
di
tutta la Grecia per nobiltà e per valore, conosci
di tutta la Grecia per nobiltà e per valore, conosciuti sotto il nome
di
Argonauti, de’quali nomineremo i principali ; Tif
’quali nomineremo i principali ; Tifi, a cui Giasone affidò il timone
di
quella nave e che morì nel viaggio presso i Maria
ggio presso i Mariandinii, ed ebbe per successore Anceo ; Orfeo, fig.
di
Eagro ; Zete e Calai, di Borea ; Castore e Polluc
, ed ebbe per successore Anceo ; Orfeo, fig. di Eagro ; Zete e Calai,
di
Borea ; Castore e Polluce, di Giove ; Telamone e
; Orfeo, fig. di Eagro ; Zete e Calai, di Borea ; Castore e Polluce,
di
Giove ; Telamone e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Gi
e e Calai, di Borea ; Castore e Polluce, di Giove ; Telamone e Peleo,
di
Eaco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e
a ; Castore e Polluce, di Giove ; Telamone e Peleo, di Eaco ; Ercole,
di
Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo,
uce, di Giove ; Telamone e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Giove ; Teseo,
di
Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo, il quale Linceo a
e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo,
di
Afareo, il quale Linceo aveva una vista sì acuta
vista lincea si disse proverbialmente una vista acutissima ; Laerte,
di
Acrisio ; Autolico, di Mercurio ; Atalanta, di Sc
proverbialmente una vista acutissima ; Laerte, di Acrisio ; Autolico,
di
Mercurio ; Atalanta, di Scheneo ; Meleagro, di En
a acutissima ; Laerte, di Acrisio ; Autolico, di Mercurio ; Atalanta,
di
Scheneo ; Meleagro, di Eneo ; Augia, del Sole ; I
di Acrisio ; Autolico, di Mercurio ; Atalanta, di Scheneo ; Meleagro,
di
Eneo ; Augia, del Sole ; Ificlo, di Testio ; ed a
Atalanta, di Scheneo ; Meleagro, di Eneo ; Augia, del Sole ; Ificlo,
di
Testio ; ed altri non pochi. Or a questi avventur
llicose simili alle Amazzoni, delle quali era regina Issipile, moglie
di
Toante, da cui furono que’ prodi assai cortesemen
esero il viaggio verso il paese de’ Dolioni, ove regnava Cizico, fig.
di
Apollo o di Eneo, il quale li accolse con somma u
ggio verso il paese de’ Dolioni, ove regnava Cizico, fig. di Apollo o
di
Eneo, il quale li accolse con somma umanità ; ma
Apollo o di Eneo, il quale li accolse con somma umanità ; ma partiti
di
notte tempo dall’isola, furon respinti indietro d
uti ne furon dolenti a dismisura, e con molte lagrime diedero l’onore
di
magnifica sepoltura a quel principe infelice, da
ruppe, e mentre che andava nel bosco per farsene un altro, Ila, fig.
di
Tiodamante e molto caro a quell’eroe, fu per la s
che bevea ad una fonte. Or mentre si tratteneva Ercole, inconsolabile
di
tal perdita, a cercarlo, ma invano, facendo, dice
ile di tal perdita, a cercarlo, ma invano, facendo, dice Virgilio(1),
di
quel nome risuonare tutta la spiaggia, gli Argona
, città della Tracia, ove consultarono il famoso indovino Fineo, fig.
di
Agenore, o di Nettuno, intorno alla riuscita dell
Tracia, ove consultarono il famoso indovino Fineo, fig. di Agenore, o
di
Nettuno, intorno alla riuscita della loro spedizi
o fu da Giove reso cieco, perchè apriva il futuro a’ mortali ; ed era
di
continuo molestato dalle Arpie che infestavano il
dalle Arpie che infestavano il paese. Erano queste mostruosi uccelli
di
rapina, col volto di donna, sempre pallido per la
stavano il paese. Erano queste mostruosi uccelli di rapina, col volto
di
donna, sempre pallido per la fame, con lunghi cri
onna, sempre pallido per la fame, con lunghi crini, e con mani armate
di
difformi e rapaci artigli. Spargevano esse un odo
toccavano e rapivano dalle tavole le vivande(1). Si chiamavano i cani
di
Giove e di Giunone, de’ quali servivansi contro q
rapivano dalle tavole le vivande(1). Si chiamavano i cani di Giove e
di
Giunone, de’ quali servivansi contro quelli che v
la sola Celeno ; ed Esiodo, Aello ed Ocipede, il quale le chiama fig.
di
Taumante, fig. del Ponto, e della Terra, e di Ele
il quale le chiama fig. di Taumante, fig. del Ponto, e della Terra, e
di
Elettra, fig. dell’Oceano e di Teti. Or giunti gl
ante, fig. del Ponto, e della Terra, e di Elettra, fig. dell’Oceano e
di
Teti. Or giunti gli Argonauti alla corte di Fineo
ettra, fig. dell’Oceano e di Teti. Or giunti gli Argonauti alla corte
di
Fineo, questi li pregò che lo avessero liberato d
rte di Fineo, questi li pregò che lo avessero liberato dalla molestia
di
que’ mostri, chè così avrebbe loro additato il mo
dalla molestia di que’ mostri, chè così avrebbe loro additato il modo
di
giungere salvi nella Colchide. Venute quindi le A
hide. Venute quindi le Arpie a fare il solito mal governo della mensa
di
Fineo, Zete e Calai, alati fig. di Borea, colla s
il solito mal governo della mensa di Fineo, Zete e Calai, alati fig.
di
Borea, colla spada in mano diedero loro la caccia
erto), perchè là giunti i due volanti eroi, fu loro disdetto da Giove
di
più inseguirle e quindi dovettero tornare indietr
dell’indovino lasciano volare avanti una colomba e non si cimentarono
di
passare lo stretto fintanto che non la videro sal
entarono di passare lo stretto fintanto che non la videro salva fuori
di
esso ; e le Simplegadi da quel tempo divennero im
compiacerlo, ma volle prima far pruova del suo valore, comandandogli
di
sottoporre al giogo due grandi, e fierissimi tori
ssimi tori e che avesse con essi solcata la terra, seminandovi alcuni
di
que’ denti didragone già seminati da Cadmo ed a l
ati da Cadmo ed a lui donati da Minerva. Questi buoi aveano le unghie
di
bronzo e mandavano per la bocca e per le nari viv
onzo e mandavano per la bocca e per le nari vive flamme ; dono fatale
di
Vulcano. Giasone accettò l’arduo cimento, ed istr
one accettò l’arduo cimento, ed istruito da Medea, insigne maga, fig.
di
Eeta, che da lui si avea fatto promettere con giu
aga, fig. di Eeta, che da lui si avea fatto promettere con giuramento
di
sposarla e portarla seco nella Grecia, ricevuto d
di sposarla e portarla seco nella Grecia, ricevuto da lei un unguento
di
mirabile virtù, non fu punto offeso da que’ feroc
to ucciso, se, col consiglio della stessa Medea, non avesse procurato
di
introdurre fra loro una strana discordia. Ciò fat
nda ad Eeta l’adempimento della promessa ; ma vedendo ch’egli cercava
di
uccidere gli Argonauti ed incendiare la loro nave
il viaggio per la Grecia. Eeta, oltremodo adirato, inseguì Giasone ;
di
che accortasi Medea fece in pezzi Absirto e qua e
re dolentissimo trattenendosi a raccogliere, diede tempo a’ fuggitivi
di
ritirarsi in Tessaglia. Egli poi seppellì i brani
felice figliuolo in un luogo chiamato Tomi (a τομη, sectio) dal fatto
di
Absirto e celebre per l’esilio di Ovidio(1). Giun
ato Tomi (a τομη, sectio) dal fatto di Absirto e celebre per l’esilio
di
Ovidio(1). Giunto intanto Giasone da Pelia e trov
abbandonata, mandò a fuoco il palagio del re, uccise tutt’i figliuoli
di
lui e fuggissene in Atene. Giasone dopo morte ebb
in Atene. Giasone dopo morte ebbe onori divini Ora diremo brevemente
di
Bellerofonte, fig. del mentovato Glauco o Creonte
lo, si rifuggì da Preto, dal quale fu espiato. Ma per le cattive arti
di
Stenobea, moglie di Preto, entrato in sospetto ne
eto, dal quale fu espiato. Ma per le cattive arti di Stenobea, moglie
di
Preto, entrato in sospetto nell’animo di questo p
ive arti di Stenobea, moglie di Preto, entrato in sospetto nell’animo
di
questo principe, fu da lui mandato a lobate, re d
della Licia e padre dì Stenobea, con lettere, nelle quali lo pregava
di
dar morte all’infelice giovane ; e da ciò si chia
gava di dar morte all’infelice giovane ; e da ciò si chiamano lettere
di
Bellerofonte quelle che sono dannose a chi le por
la Chimera che infestava un monte della Licia. Questo mostro era fig.
di
Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto
he infestava un monte della Licia. Questo mostro era fig. di Tifone e
di
Echidna, ed avea il capo ed il petto di leone, il
o mostro era fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto
di
leone, il ventre di capra, e la coda di dragone,
Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto di leone, il ventre
di
capra, e la coda di dragone, e vomitava fuoco dal
, ed avea il capo ed il petto di leone, il ventre di capra, e la coda
di
dragone, e vomitava fuoco dalla bocca. Bellerofon
da di dragone, e vomitava fuoco dalla bocca. Bellerofonte, col favore
di
Minerva ed avendo ottenuto da Nettuno il cavallo
onta che dopo l’impresa della Chimera, l’eroe tentò coll’alato Pegaso
di
salire in cielo ; e che avendo Giove mandato un a
l cavallo fece precipitare l’audace cavaliere al suolo, il quale morì
di
tal caduta. Da Properzio(1) il Pegaso si chiama c
quale morì di tal caduta. Da Properzio(1) il Pegaso si chiama cavallo
di
Bellerofonte ; e da Orazio(2) la Chimera dicesi i
zio(2) la Chimera dicesi ignea, cioè ignivoma. Storia dell’assedio
di
troia. Ecco, dice Banier, un avvenimento che s
a considerevole nella Grecia all’infuora delle guerre de’ discendenti
di
Ercole con Euristeo. Ma quale fu mai la fatale ca
ai la fatale cagione che mosse il fiore de’ Greci guerrieri a cingere
di
sì ostinato assedio quell’infelice città, il qual
no de’ numi, dicono i poeti(3), pel quale avvenne il famoso rapimento
di
Elena. Di sopra(4) abbiam discorso ed il fatale o
oso rapimento di Elena. Di sopra(4) abbiam discorso ed il fatale odio
di
Giunone contra i Troiani, ed il pomo della Discor
Giunone contra i Troiani, ed il pomo della Discordia, ed il giudizio
di
Paride ed il rapimento di Elena ; ora rimane a di
ed il pomo della Discordia, ed il giudizio di Paride ed il rapimento
di
Elena ; ora rimane a dire quel che tocca più da v
da vicino la greca celebratissima spedizione contra l’infelice città
di
Priamo. La più bella e naturale narrazione di que
contra l’infelice città di Priamo. La più bella e naturale narrazione
di
questa guerra è quella di Omero nella sua Iliade,
Priamo. La più bella e naturale narrazione di questa guerra è quella
di
Omero nella sua Iliade, poema inimitabile, che no
più antiche storie della Grecia. Uopo è adunque distinguere nel poema
di
Omero quello ch’è storia e quello ch’è mera finzi
oria e quello ch’è mera finzione. Egli descrive lo stato della Grecia
di
quel tempo, la quale era divisa in molti piccioli
ale era divisa in molti piccioli principati ; dice che Agamennone, re
di
Micene, di Sicione e di Corinto, era il più poten
isa in molti piccioli principati ; dice che Agamennone, re di Micene,
di
Sicione e di Corinto, era il più potente principe
piccioli principati ; dice che Agamennone, re di Micene, di Sicione e
di
Corinto, era il più potente principe di tutta la
e, re di Micene, di Sicione e di Corinto, era il più potente principe
di
tutta la Grecia e che fu eletto supremo capitano
con infinite altre cose, che sono pura istoria. Quindi è che il poema
di
Omero merita di esser tenuto per la più antica st
re cose, che sono pura istoria. Quindi è che il poema di Omero merita
di
esser tenuto per la più antica storia della Greci
i Omero merita di esser tenuto per la più antica storia della Grecia,
di
cui i primi tempi sono sepolti nell’obblio, per n
dai Greci in questa spedizione ; secondo Omero erano 1186 ; ed al dir
di
Tucidide, 1200. In questa guerra erano impegnate
e de’Greci, salvo che quelle degli Acarnani. Troia sostenne l’assedio
di
quel formidabile esercito per ben dieci anni. Olt
i anni. Oltre i popoli della Frigia, della Licia e della Misia, venne
di
Tracia in soccorso dell’infelice città Reso con f
i ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si era assembrata nel porto
di
Aulide, ove Calcante, celebre indovino, senza il
na da’ Greci, predisse che sarebbero stati ben dieci anni all’assedio
di
Troia, e dichiarò che Diana era quella che oppone
nell’Asia co’ contrarii venti ; e che doveasi placare col sacrificio
di
una vittima, la quale fu Ifigenia, come di sopra
asi placare col sacrificio di una vittima, la quale fu Ifigenia, come
di
sopra si è detto. Giunti finalmente i Greci alla
e stato ucciso chiunque il primo avesse posto il piede sulla spiaggia
di
Troia. Percui, quivi approdate le greche navi e t
. Percui, quivi approdate le greche navi e tutti indugiando a smontar
di
nave per timore dell’oracolo, Iolao, fig. d’Ificl
ndo a smontar di nave per timore dell’oracolo, Iolao, fig. d’Ificle e
di
Diomedea. fu il primo a porre il piede a terra e
morto il primo fra tutti. Il che saputosi dalla moglie Laodamia, fig.
di
Acasto, ottenne dagli Dei di poter parlare coll’e
che saputosi dalla moglie Laodamia, fig. di Acasto, ottenne dagli Dei
di
poter parlare coll’estinto sposo non più che tre
empo ricondotto Protesilao fra le ombre da Mercurio, Laodamia ne morì
di
dolore. Poco tempo intanto dopo il cominciamento
iamento dell’assedio, fu il campo greco percosso da grave pestilenza,
di
cui l’origine da Omero(1) è attribuita ad Apollo
’origine da Omero(1) è attribuita ad Apollo ; perchè Crise, sacerdote
di
quel nume, essendo venuto alle navi de’ Greci per
le navi de’ Greci per riscattare la figliuola Criseide ch’era schiava
di
Agamennone, fu da questo principe villanamente di
questo principe villanamente discacciato. Il sacerdote pregò il nume
di
vendicarlo del torto, ed Apollo mandò la peste ne
sciagura nacque pure una gara funesta fra Agamennone ed Achille, fig.
di
Peleo, fig. di Eaco, detto spesso per ciò Eacide,
pure una gara funesta fra Agamennone ed Achille, fig. di Peleo, fig.
di
Eaco, detto spesso per ciò Eacide, dall’avo, e Pe
to spesso per ciò Eacide, dall’avo, e Pelide, dal padre. Peleo era re
di
Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bella dell
lle quali nozze fu dalla Discordia sulla mensa gittato il fatal pomo,
di
cui si è nella prima parte favellato. Teti, appen
cina. Avendo poi predetto l’oracolo ch’egli sarebbe morto all’assedio
di
Troia, Teti nascose il giovanetto eroe travestito
, Teti nascose il giovanetto eroe travestito da fanciulla nella corte
di
Licomede, re dell’isola di Sciro, ove, sotto nome
o eroe travestito da fanciulla nella corte di Licomede, re dell’isola
di
Sciro, ove, sotto nome di Pirra, si trattenne sin
ulla nella corte di Licomede, re dell’isola di Sciro, ove, sotto nome
di
Pirra, si trattenne sino a che avendo Calcante pr
do Calcante predetto che Troia non potea espugnarsi senza il soccorso
di
Achille, Ulisse lo scoprì sotto le mentite spogli
i Mirmidoni, popoli della Ftiolide, andò cogli altri duci alla guerra
di
Troia. Di lui non vi era più forte e prode guerri
lui non vi era più forte e prode guerriero, siechè da Omero chiamasi
di
tutt’i Greci gran baluardo, e da Ovidio, muro de’
peravano nella prerogativa del comando, Achille ed essi ed ogni altro
di
bellezza e di valore avanzava(1), e la sua veloci
prerogativa del comando, Achille ed essi ed ogni altro di bellezza e
di
valore avanzava(1), e la sua velocità oltremodo c
iamasi Achille dal piè veloce (ποδυκης). Orazio(2) ci dà il carattere
di
quest’eroe come quello di un uomo pronto, iracond
oce (ποδυκης). Orazio(2) ci dà il carattere di quest’eroe come quello
di
un uomo pronto, iracondo, inesorabile, altero. Or
sti restituita al padre la sua schiava Criseide per placare lo sdegno
di
Apollo, in vece di essa per forza si prese Brisei
adre la sua schiava Criseide per placare lo sdegno di Apollo, in vece
di
essa per forza si prese Briseide ch’era toccata i
prese Briseide ch’era toccata in sorte ad Achille nella ripartizione
di
un bottino. Per tal cagione il figliuol di Peleo,
Achille nella ripartizione di un bottino. Per tal cagione il figliuol
di
Peleo, sdegnato oltre misura, si ritira sopra le
oltre misura, si ritira sopra le navi con tutta la sua gente e ricusa
di
più combattere pe’ Greci. Noi dobbiamo a quest’ir
poemi conosciuti. Achille si rinchiuse nella sua tenda, ove procurava
di
consolarsi di quell’ingiusto oltraggio, cantando
ti. Achille si rinchiuse nella sua tenda, ove procurava di consolarsi
di
quell’ingiusto oltraggio, cantando al suon della
hiere de’principi greci, continua lo stesso autore, nè le rimostranze
di
Fenice, suo antico precettore, nè le instigazioni
è le rimostranze di Fenice, suo antico precettore, nè le instigazioni
di
tutt’i suoi amici erano state valevoli a farlo us
instigazioni di tutt’i suoi amici erano state valevoli a farlo uscire
di
questa specie d’inazione ; allorchè, avendo udito
e d’inazione ; allorchè, avendo udito che in una zuffa Patroclo, fig.
di
Menezio, cui Achille avea promesso di riportargli
che in una zuffa Patroclo, fig. di Menezio, cui Achille avea promesso
di
riportargli sano e salvo il figlio dopo la guerra
le avea promesso di riportargli sano e salvo il figlio dopo la guerra
di
Troia, era stato ucciso da Ettore, fig. di Priamo
o il figlio dopo la guerra di Troia, era stato ucciso da Ettore, fig.
di
Priamo, dimenticando il suo antico risentimento c
la morte del suo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amicizia
di
Patroclo e di Achille si annovera fra le più cont
uo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo e
di
Achille si annovera fra le più conte della Grecia
vittoria coll’aver fatto strascinare per tre volte intorno alle mura
di
Troia l’infelice cadavere di Ettore attaccato pe’
ascinare per tre volte intorno alle mura di Troia l’infelice cadavere
di
Ettore attaccato pe’ piedi al suo cocchio ed espo
ltoi. Ma essendo andato Priamo a gittarsi a’suoi piedi, supplicandolo
di
restituirgli il cadavere di suo figlio, commosso
mo a gittarsi a’suoi piedi, supplicandolo di restituirgli il cadavere
di
suo figlio, commosso Achille dalle lagrime dell’i
lio, commosso Achille dalle lagrime dell’infelice vecchio gli permise
di
portarselo via. Rendendo a Patroclo i funebri ono
mbra, gli sacrificò dodici giovani prigionieri troiani ch’egli uccise
di
propria mano sul rogo dell’estinto amico. Ovidio
gno, ove solamente l’eroe era vulnerabile. Omero però non fa menzione
di
tale prerogativa, ma il dice morto in un combatti
tale prerogativa, ma il dice morto in un combattimento presso le mura
di
Troia(1). Dopo la sua morte nacque una famosa gar
e da Vulcano, le quali si ottennero da Ulisse con grandissimo cruccio
di
Aiace, il quale, per tal ragione, si uccise(2). E
cio di Aiace, il quale, per tal ragione, si uccise(2). E questo basti
di
Achille. I Greci intanto ch’erano stanchi di un a
ccise(2). E questo basti di Achille. I Greci intanto ch’erano stanchi
di
un assedio sì lungo, si determinarono alla fine d
o ch’erano stanchi di un assedio sì lungo, si determinarono alla fine
di
venire ad uno stratagemma. Coll’aiuto di Pallade(
, si determinarono alla fine di venire ad uno stratagemma. Coll’aiuto
di
Pallade(3), fabbricano un cavallo di legno di smi
e ad uno stratagemma. Coll’aiuto di Pallade(3), fabbricano un cavallo
di
legno di smisurata grandezza, di cui fu fabbro Ep
stratagemma. Coll’aiuto di Pallade(3), fabbricano un cavallo di legno
di
smisurata grandezza, di cui fu fabbro Epeo, fig.
di Pallade(3), fabbricano un cavallo di legno di smisurata grandezza,
di
cui fu fabbro Epeo, fig. di Panopeo, atleta, arch
cavallo di legno di smisurata grandezza, di cui fu fabbro Epeo, fig.
di
Panopeo, atleta, architetto e guerriero all’assed
bro Epeo, fig. di Panopeo, atleta, architetto e guerriero all’assedio
di
Troia. In esso rinchiudono buon drappello di scel
e guerriero all’assedio di Troia. In esso rinchiudono buon drappello
di
scelti guerrieri, e fingendo esser quello un voto
a Minerva che aveano offesa col rapimento del Palladio, fanno mostra
di
ritornare in Grecia col resto dell’armata. I cred
rare il fatale cavallo che allogano sul Pergamo, ch’era la cittadella
di
Troia. Si danno ad una gioia immoderata, e la not
venuto seguo alla greca flotta’ che si era nascosta dietro l’isoletta
di
Tenedo, col suo aiuto mettono a sacco ed a fuoco
, se crediamo a Virgilio, in una notte sola fu interamente distrutta,
di
modo che altro non vi restò che il solo nome(1) ;
nel viaggio sofferte. In quanto a’Troiani, quelli ch’ebbero la sorte
di
campa re dalla comune strage, andarono a fissare
tenore si fermò in Italia e fondò la nazione degli Eneti. Eleno, fig.
di
Priamo, andò in Macedonia, e vi fabbricò la città
i fabbricò la città d’Ilio. In quanto ad Enea, principe troiano, fig.
di
Venere e di Anchise, tutti gli serittori romani l
a città d’Ilio. In quanto ad Enea, principe troiano, fig. di Venere e
di
Anchise, tutti gli serittori romani lo dicono ven
ori romani lo dicono venuto in Italia, e lo fanno fondatore del regno
di
Alba Longa. I Cesari ambiziosamente affettavano d
ondatore del regno di Alba Longa. I Cesari ambiziosamente affettavano
di
essere suoi discendenti, siccome i Romani non las
fettavano di essere suoi discendenti, siccome i Romani non lasciarono
di
derivare la loro origine da’ Troiani che seguiron
embra che sia stato dubbioso in affermare un tal fatto, e si protesta
di
non avere pruove sufficienti per ammettere o rige
Bocarto(2) ha raccolto validissimi argomenti a provare che la venuta
di
Enea in Italia sia una mera favola. Per dire poi
ra favola. Per dire poi le sue avventure bisognerebbe ripetere quanto
di
lui cantò l’immortal Mantovano nel gran poema del
diversi dati a questo nume e lor ragione. Dio del mare e fratello
di
Giove e di Plutone era Nettuno, detto da’ Latini
i a questo nume e lor ragione. Dio del mare e fratello di Giove e
di
Plutone era Nettuno, detto da’ Latini Neptunus. C
isa, egli dice, da ogni parola derivare un’altra col solo cambiamento
di
qualche lettera. Il Vossio però approva l’etimolo
o cambiamento di qualche lettera. Il Vossio però approva l’etimologia
di
Varrone, che fa nascere questo nome da un’altra p
re coll’impeto delle sue onde scuote la terra. II. Storia favolosa
di
Nettuno. Omero(2) dice che Giove e Nettuno er
osa di Nettuno. Omero(2) dice che Giove e Nettuno erano figliuoli
di
un medesimo padre, ma che il primo il vinceva in
turno, a Nettuno toccò in sorte l’impero del mare, come nell’articolo
di
Giove si è detto. Quindi è che spesso appo i poet
li sdegnato con Eolo, che senza saputa sua suscitato avea, ad istanza
di
Giunone, fiera tempesta contro le navi di Enea, r
suscitato avea, ad istanza di Giunone, fiera tempesta contro le navi
di
Enea, raffrena il furore de’ venti, accheta le on
desiderata. Anche magnifica è l’idea che Omero(3) ci dà della potenza
di
Nettuno, ch’era del partito de’ Greci contro i Tr
e bellissimi sono i versi con cui il gran poeta il descrive nell’atto
di
recarsi a soccorrere i Greci e risvegliare il cor
vidio(4) Venere dice a Nettuno che la sua potenza è prossima a quella
di
Giove. Egli dallo stesso poeta(5) chiamasi l’asso
voce. Col suo tridente percuote la terra, e ne sgorgano larghi fiumi
di
acqua(6). Anzi qualche volta ad un colpo del trid
erra, egli dimostrava particolarmente col tridente che era una specie
di
scettro a tre punte, che sempre mai portava in ma
forse, secondo Millin, non era che un istrumento da prendere i pesci,
di
cui anche al presente fanno uso i greci pescatori
a Giove, l’elmo a Plutone ed a Nettuno il tridente ; e che coll’aiuto
di
siffatte armi vinsero i Titani e li rinchiusero n
liato contra il promontorio detto Nisiro che avea staccato dall’isola
di
Coo. III. Continuazione – Potenza di Nettuno –
che avea staccato dall’isola di Coo. III. Continuazione – Potenza
di
Nettuno – Alcuni dei principali suoi figliuoli.
lla terra esercita quell’infido elemento, e tremendi sono gli effetti
di
esso, che noi tuttodì sperimentiamo. Di fatto al
i affermavano che la valle per la quale scorre il fiume Peneo a guisa
di
un canale, sia stata opera di Nettuno ; ed a ragi
la quale scorre il fiume Peneo a guisa di un canale, sia stata opera
di
Nettuno ; ed a ragione, egli soggiunge, perchè cr
ota la terra e che tutte le grandi aperture fatte in essa sieno opera
di
lui, o sia del mare, al vedere quella famosa vall
ttuno era il nume che avea più potere degli altri. Ed una grande idea
di
questa sua potenza sul mare ci dà Virgilio(3), qu
do intorno al loro re. La terra con dolce fremito attesta la presenza
di
lui. Sotto al suo cocchio si curvano i fiotti, e
avi. Anzi Virgilio(2) afferma che la terra percossa dal gran tridente
di
Nettuno produsse un generoso destriero. Perciò ch
destriero. Perciò chiamasi Ippio o Equestre ; e Pausania fa menzione
di
tempii ed altari innalzati a Nettuno Equestre. E
di tempii ed altari innalzati a Nettuno Equestre. E nella prima parte
di
quest’ operetta abbiam raccontata la famosa gara
m raccontata la famosa gara che fu fra Nettuno e Minerva per la città
di
Atene, e come Nettuno fece uscir della terra un b
come Nettuno fece uscir della terra un bel cavallo, che qual simbolo
di
guerra fu nel consiglio degli Dei giudicato meno
di guerra fu nel consiglio degli Dei giudicato meno utile dell’ulivo
di
Minerva, ch’era simbolo della pace. Per tutto ciò
Grecia, in Italia e specialmente ne’luoghi marittimi furono in onore
di
lui innalzati molti tempii, ed istituiti de’ giuo
ti tempii, ed istituiti de’ giuochi e delle feste. Per questa potenza
di
Nettuno e per una tale idea di ferocia e di crude
ochi e delle feste. Per questa potenza di Nettuno e per una tale idea
di
ferocia e di crudeltà che gli uomini meritamente
feste. Per questa potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia e
di
crudeltà che gli uomini meritamente attribuiscono
ttribuiscono al mare, è avvenuto che i poeti, come chiamano figliuoli
di
Giove tutti quelli che per insigne virtù si disti
distinguono, quasi fossero progenie del cielo ; così dicono figliuoli
di
Nettuno, cioè quasi partecipi della inumanil à de
secondi, i Ciclopi, i Lestrigoni, Scirone, Polifemo e molti altri. E
di
questi diremo brevemente qualche cosa. E qui mett
oso Polifemo, detto da Omero il Ciclope per eccellenza. Egli era fig.
di
Nettuno e della ninfa Toosa, fig. di-Forco. Quest
a un sol occhio in mezzo alla fronte e mangiava carne umana(2) ed era
di
una statura pari all’altezza di un monte. Molti p
onte e mangiava carne umana(2) ed era di una statura pari all’altezza
di
un monte. Molti poeti mettono presso all’Etna la
ifemo chiamasi da Tibullo(3) abitatore della rupe Etnea. Telemo, fig.
di
Eurimo, famoso indovino, gli avea predetto che un
so avvenimento è assai piacevolmente raccontato da Omero(5), e merita
di
esser letto da’giovani studiosi. Il Chiabrera, al
to da’giovani studiosi. Il Chiabrera, alludendo al vino che per opera
di
Ulisse imbriacò Polifemo, cantò leggiadramente :
er opera di Ulisse imbriacò Polifemo, cantò leggiadramente : Lagrime
di
piropo, Onde lo scaltro Ulisse Spense l’unico cig
ll’immenso Ciclopo. È noto pure il nostro Polifemo per l’avvenimento
di
Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig.
er l’avvenimento di Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig.
di
Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia.
mento di Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig. di Fauno e
di
una ninfa di Simete, fiume di Sicilia. Per cagion
giovane ed avvenente pastore siciliano, fig. di Fauno e di una ninfa
di
Simete, fiume di Sicilia. Per cagione di Galatea
ente pastore siciliano, fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume
di
Sicilia. Per cagione di Galatea l’inumano Ciclope
fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia. Per cagione
di
Galatea l’inumano Ciclope irato fuor di misura l’
fiume di Sicilia. Per cagione di Galatea l’inumano Ciclope irato fuor
di
misura l’uccise, lanciando uno scoglio di enorme
’inumano Ciclope irato fuor di misura l’uccise, lanciando uno scoglio
di
enorme grandezza che lo schiacciò. Il quale, per
uno scoglio di enorme grandezza che lo schiacciò. Il quale, per opera
di
Galatea, fu cangiato nel fiume oggidì detto fredd
ella ninfa gittossi nel mare e si uni alle Nereidi, sue sorelle. Dopo
di
Polifemo dirò alcuna cosa de’ Lestrigoni, che Gel
o di Polifemo dirò alcuna cosa de’ Lestrigoni, che Gellio chiama fig.
di
Nettuno : ed uno Scoliaste dell’Odissea parla di
e Gellio chiama fig. di Nettuno : ed uno Scoliaste dell’Odissea parla
di
un Lestrigone, fig. di quel nume, dal quale fa di
Nettuno : ed uno Scoliaste dell’Odissea parla di un Lestrigone, fig.
di
quel nume, dal quale fa discendere il popolo de’
quale fa discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano questi una razza
di
uomini di gigantesca statura e feroci, che cibava
discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano questi una razza di uomini
di
gigantesca statura e feroci, che cibavansi di car
sti una razza di uomini di gigantesca statura e feroci, che cibavansi
di
carne umana, ed abitavano nella Sicilia, o second
Formia, città della Campania. Antichissimo re de’ Lestrigoni fu Lamo,
di
eui fa menzione Omero ed Ovidio ; ma quando, per
ero, era alta come una montagna. Essi fecero mal governo de’ compagni
di
Ulisse, come raccontasi nell’ Odissea(1) Figliuo
o de’ compagni di Ulisse, come raccontasi nell’ Odissea(1) Figliuoli
di
Nettuno furono eziandio Beoto ed Eolo o Elleno, c
rono eziandio Beoto ed Eolo o Elleno, ch’egli ebbe da Melanippe, fig.
di
Desmonte. Il primo diede il nome alla Beozia, ed
lia. Pausania dice che Eumolpo fu pure figliuolo del nostro Nettuno e
di
Chione, fig. di Borea, re di Tracia. Egli diede i
ce che Eumolpo fu pure figliuolo del nostro Nettuno e di Chione, fig.
di
Borea, re di Tracia. Egli diede il nome agli Eumo
o fu pure figliuolo del nostro Nettuno e di Chione, fig. di Borea, re
di
Tracia. Egli diede il nome agli Eumolpidi, sacerd
idi diede un ferofante agli Eleusini fino a che fu fra loro il tempio
di
quella Dea. Molti altri figli ebbe Nettuno ; Ergi
re della Sicilia. che per avere posto fra i suoi armenti uno de’buoi
di
Gerione, che Ercole avea smarrito, fu da questo e
Marte ; e molti altri, dice Millin, erano considerati come figliuoli
di
Nettuno ; la quale moltitudine di figli deriva a
n, erano considerati come figliuoli di Nettuno ; la quale moltitudine
di
figli deriva a quel nume dall’essere stato dato g
figli deriva a quel nume dall’essere stato dato generalmente il nome
di
figlio di Nettuno a tutti coloro che si distinser
iva a quel nume dall’essere stato dato generalmente il nome di figlio
di
Nettuno a tutti coloro che si distinsero nelle ma
time pugne, e per la loro abilità nelta nautica. Sesto Pompeo, gonfio
di
sue vittorie in mare e della gloria acquistata, v
e della gloria acquistata, volle anche egli essere chiamato figliuolo
di
Nettuno ; titolo che trovasi sulle medaglie di lu
ere chiamato figliuolo di Nettuno ; titolo che trovasi sulle medaglie
di
lui. Da Orazio fu detto Neptunius dux (1) IV.
L’ Oceano, secondo Esiodo, era fig. del Cielo e della Terra, e marito
di
Teti, diversa dalla Nereide Teti che fu madre di
ella Terra, e marito di Teti, diversa dalla Nereide Teti che fu madre
di
Achille. Da Omero e da Virgilio chiamasi padre de
di Achille. Da Omero e da Virgilio chiamasi padre degli Dei, e padre
di
tutte le cose. La quale favola, dice M. Dacier, h
a quale favola, dice M. Dacier, ha dovuto avere origine dall’opinione
di
alcuni antichi filosofi, i quali credevano che tu
l’Oceano, e dalla terra, o sia da Teti. Nella descrizione dello scudo
di
Achille si dice che il gran fiume Oceano chiudea
ello scudo di Achille si dice che il gran fiume Oceano chiudea l’orlo
di
esso ; dalle quali parole argomentano alcuni che
figliuoli del Cielo ; e per ciò spesso da’ poeti se gli dà l’aggiunto
di
vecchio, e gli Dei stessi per lui, come per la mo
oeti padre de’più gran fiumi, de’quali Esiodo ne conta venticinque, e
di
moltissime figliuole dette Oceanidi, ovvero Ocean
lo(2) vien detto padre delle ninfe. Lo troviamo poi figurato in forma
di
un vecchio assiso sulle onde del mare con una pic
e che spesso si adopera a dinotare il mare(1). Essa si rappresenta su
di
una conchiglia tirata da delfini o da cavalli mar
su di una conchiglia tirata da delfini o da cavalli marini, nell’atto
di
andare a diporto su per le onde del mare, accompa
e marine deità. Vi era Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello
di
Nereo, il quale era quasi duce del coro degli alt
era quasi duce del coro degli altri marini Iddii e de Tritoni. Figlie
di
questo Forco e di Ceto erano le Farciadi, cioè le
coro degli altri marini Iddii e de Tritoni. Figlie di questo Forco e
di
Ceto erano le Farciadi, cioè le Gree, le Gorgoni,
le Gree, le Gorgoni, il drago delle Esperidi, Scilla ; e Toosa, madre
di
Polifemo. Da Omero Forco si chiama principe del m
emo. Da Omero Forco si chiama principe del mare. Vi era Tritone, fig.
di
Anfitrite e di Nettuno, al quale serviva di tromb
orco si chiama principe del mare. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e
di
Nettuno, al quale serviva di trombettiere, detto
are. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al quale serviva
di
trombettiere, detto perciò canoro, precedendolo e
d annunziandolo col suonare una conca marina ritorta e fatta a foggia
di
cono, di cui anche gl’ Indiani si servivano in ve
andolo col suonare una conca marina ritorta e fatta a foggia di cono,
di
cui anche gl’ Indiani si servivano in vece di buc
fatta a foggia di cono, di cui anche gl’ Indiani si servivano in vece
di
buccina. I poeti a lui attribuivano pure l’uffici
rvivano in vece di buccina. I poeti a lui attribuivano pure l’ufficio
di
calmare i fiotti e far cessare le tempeste ; anzi
avuto senso, ubbidivano al suo impero. Veniva rappresentato in figura
di
mezzo uomo e mezzo pesce, con buccina in mano, o
in figura di mezzo uomo e mezzo pesce, con buccina in mano, o in atto
di
suonarla. Gli antichi ammettevano diversi Tritoni
a stessa figura e le stesse incumbenze ; ed ora son figura, che serve
di
ornamento all’architettura ed in certi dipinti. I
inti. In un calcedonio(4) vedesi Venere per le onde portata sul dorso
di
un enorme Tritone. Nel corteggio del signore del
mare posto sull’erba alcuni pesci, questi ritornati a vita per virtù
di
quell’erba, saltarono di nuovo nel mare. Di che a
uni pesci, questi ritornati a vita per virtù di quell’erba, saltarono
di
nuovo nel mare. Di che avvedutosi Glauco e fatto
saltarono di nuovo nel mare. Di che avvedutosi Glauco e fatto accorto
di
quella occulta virtù, per essa gettossi nel mare
ito in uno de’marini Iddii, ai quali i marinari salvati dalle fortune
di
mare sciolgono sul lido i loro voti insieme con P
loro voti insieme con Panopea e Melicerta(1). Questa Panopea era fig.
di
Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e
nsieme con Panopea e Melicerta(1). Questa Panopea era fig. di Nereo e
di
Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e Melicerta d
ra fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e Melicerta
di
cui Ovidio(2) ha bellamente descritta la trasform
(2) ha bellamente descritta la trasformazione in Dio marino, era fig.
di
Atamante, e d’Ino, fig. di Cadmo, percui dicesi I
la trasformazione in Dio marino, era fig. di Atamante, e d’Ino, fig.
di
Cadmo, percui dicesi Inoo da Virgilio. Giunone, g
dicesi Inoo da Virgilio. Giunone, gelosa della prosperità d’Ino, come
di
tutta la famiglia di Cadmo, pose sì strano furore
io. Giunone, gelosa della prosperità d’Ino, come di tutta la famiglia
di
Cadmo, pose sì strano furore nell’animo di quel r
come di tutta la famiglia di Cadmo, pose sì strano furore nell’animo
di
quel re, che pigliando Ino per una leonessa, ed i
re da un’alta rupe del promontorio Lecheo. Nettuno allora, ad istanza
di
Venere di cui Ino era nipote, perchè fig. di Armo
lta rupe del promontorio Lecheo. Nettuno allora, ad istanza di Venere
di
cui Ino era nipote, perchè fig. di Armonia, li tr
ttuno allora, ad istanza di Venere di cui Ino era nipote, perchè fig.
di
Armonia, li trasformò in due divinità marine. Ino
moderazione. A lui, come agli altri Dei marini, attribuivano la virtù
di
presagire il futuro, forse perchè il mare dà de’s
ava i giorni fra i canti e le danze delle Nereidi, ninfe marine. fig.
di
lui e di Dori. Omero(1) afferma che le Nereidi in
rni fra i canti e le danze delle Nereidi, ninfe marine. fig. di lui e
di
Dori. Omero(1) afferma che le Nereidi in un antro
di in un antro ch’era nel fondo del mare, formavano il’ bel corteggio
di
Teti, madre di Achille, la quale con esse compian
ch’era nel fondo del mare, formavano il’ bel corteggio di Teti, madre
di
Achille, la quale con esse compiange l’infelice f
) in un antro ch’era sotto la sorgente del Peneo, stanno in compagnia
di
Cirene, madre di’ Aristeo ; e nell’ Eneide(3) ess
rene, madre di’ Aristeo ; e nell’ Eneide(3) esse formano il corteggio
di
Nettuno e ne circondano il cocchio. Catullo(4) le
Nettuno e ne circondano il cocchio. Catullo(4) le rappresenta in atto
di
sollevare il capo sulle onde del mare e di ammira
(4) le rappresenta in atto di sollevare il capo sulle onde del mare e
di
ammirare stupefatte la prima nave Argo che per lo
chi monumenti. Esse finalmente si rappresentavano per lo più a foggia
di
donzelle avvenenti, co’capelli intrecciati di per
ano per lo più a foggia di donzelle avvenenti, co’capelli intrecciati
di
perle, sopra delfini e cavalli marini, portando p
delfini e cavalli marini, portando per lo più in una mano il tridente
di
Nettuno, e nell’altra, un delfino, o alcuni rami
mano il tridente di Nettuno, e nell’altra, un delfino, o alcuni rami
di
corallo. Alle volte però ritrovansi rappresentate
so si veggono assise sopra Tritoni od altri mostri marini. Le pitture
di
Ercolano ci offrono tre Nereidi, la prima colloca
Le pitture di Ercolano ci offrono tre Nereidi, la prima collocata su
di
un cavallo marino ; la seconda sopra un grosso pe
un cavallo marino ; la seconda sopra un grosso pesce ; e la terza su
di
un giovane toro, che finisce in delfino. A lutte
tte queste divinità aggiungiamo il celebre Proteo, fig. dell’Oceano e
di
Teti, e di Nettuno e di Fenice. Egli avea la virt
divinità aggiungiamo il celebre Proteo, fig. dell’Oceano e di Teti, e
di
Nettuno e di Fenice. Egli avea la virtù di presag
ungiamo il celebre Proteo, fig. dell’Oceano e di Teti, e di Nettuno e
di
Fenice. Egli avea la virtù di presagire il futuro
. dell’Oceano e di Teti, e di Nettuno e di Fenice. Egli avea la virtù
di
presagire il futuro, ed Orfeo dice ch’egli conosc
ersi cantavano l’origine delle cose, e ponevano l’acqua per principio
di
tutt’i corpi ; opinione abbracciata da molti anti
indovini non predicevano il futuro, se non quando si avea il coraggio
di
sorprenderli e legarli, come di Sileno e dello st
ro, se non quando si avea il coraggio di sorprenderli e legarli, come
di
Sileno e dello stesso Proteo afferma Virgilio(1).
irgilio(1). Da Omero si scorge che Proteo era il guardiano del gregge
di
Nettuno, ch’era composto di foche, animali anfibi
ge che Proteo era il guardiano del gregge di Nettuno, ch’era composto
di
foche, animali anfibii che hanno voce simile a qu
era composto di foche, animali anfibii che hanno voce simile a quella
di
un fanciullo, e di altri mostri marini : pereui d
he, animali anfibii che hanno voce simile a quella di un fanciullo, e
di
altri mostri marini : pereui disse Orazio(2), che
altri mostri marini : pereui disse Orazio(2), che a tempo del diluvio
di
Deucalione, Proteo guidava il suo gregge sopra le
il suo gregge sopra le cime delle più alte montagne. V. Iconologia
di
Nettuno. Nettuno(3) si rappresenta coronato d
. V. Iconologia di Nettuno. Nettuno(3) si rappresenta coronato
di
palustri giunchi, con chioma e barba ritorta e lu
sguardo fiero e dall’atteggiamento, con cui tiene un piede sulla cima
di
uno scoglio : allusione alla potenza ch’egli eser
ola talvolta col suo tridente. Winckelmann dice che la configurazione
di
Nettuno è alquanto diversa da quella di Giove, av
nn dice che la configurazione di Nettuno è alquanto diversa da quella
di
Giove, avendo la barba più increspata, ed essendo
quieto, ed or turbato. Si rappresenta pure sopra un cocchio in forma
di
conchiglia, tirato da cavalli marini, e col tride
da cavalli marini, e col tridente in mano. Una delle più belle statue
di
questo nume in piedi è quella del Museo Pio-Cleme
n piedi è quella del Museo Pio-Clementino. Sulle medaglie della città
di
Berito nella Fenicia i cavalli marini che portano
rito nella Fenicia i cavalli marini che portano il suo cocchio, hanno
di
cavallo tutta la parte superiore del corpo, mentr
utta la parte superiore del corpo, mentre l’inferiore termina in coda
di
pesce, come tutt’i mostri marini. « Assiso sopra
n due delfini che nuotano sulla superficie dell’acqua, e con la prora
di
un vascello carico di grano, indica l’abbondanza
ano sulla superficie dell’acqua, e con la prora di un vascello carico
di
grano, indica l’abbondanza arrecala da una prospe
azione. Sopra una medaglia, in cui la vittoria comparisce sulla prora
di
una nave, suonando la tromba, mentre Nettuno nel
i una nave, suonando la tromba, mentre Nettuno nel rovescio in figura
di
combattente vibra il tridente per mettere in fuga
ere in fuga i nemici, è stata rappresentata la grande vittoria navale
di
Demetrio Poliorcete sopra Tolomeo. Nettuno sopra
no che negli antichi monumenti non si vede mai Nettuno con una corona
di
giunchi ; ma d’ordinario, a guisa di Giove, porta
vede mai Nettuno con una corona di giunchi ; ma d’ordinario, a guisa
di
Giove, porta un diadema, o pure una benda regale.
guisa di Giove, porta un diadema, o pure una benda regale. La corona
di
giunchi non vien data se non se a’ Tritoni e ad a
ue antiche del Dio del mare sono rarissime. VI. Principali epiteti
di
Nettuno. Enosigeo, Ενοσιγαιος, lat. Ennosiga
Enosigeo, Ενοσιγαιος, lat. Ennosigaeus presso Giovenale ; soprannome
di
Nettuno o del mare deificato, da ενοσις, concussi
Equestre o Ippio, gr. Ἱππιος ; fu così detto, perchè ritrovò l’arte
di
cavalcare, secondo Pausania. Istmio, gr. ισθμιος
rte di cavalcare, secondo Pausania. Istmio, gr. ισθμιος ; soprannome
di
Nettuno, dal culto a lui prestato sull’istmo di C
ισθμιος ; soprannome di Nettuno, dal culto a lui prestato sull’istmo
di
Corinto. Neptunus Pater, da un picciolo tempio c
a buon porto, ed a cui i marinari offerivano sacrificii in rendimento
di
grazie, trovasi mentovato in un’antica iscrizione
è l’insegna sua principale era il tridente. VII. Alcune altre cose
di
Nettuno. Fra le piante erano a Nettuno specia
rano bianco o veloce, sapendosi che a quel nume si sacrificavano tori
di
color nero(6). Le sue feste chiamavansi Neptunali
feste chiamavansi Neptunalia, e si celebravano sotto capanne formate
di
rami di alberi sulle sponde del Tevere. Scilla d
hiamavansi Neptunalia, e si celebravano sotto capanne formate di rami
di
alberi sulle sponde del Tevere. Scilla da’più di
di rami di alberi sulle sponde del Tevere. Scilla da’più dicesi fig.
di
Nettuno e della ninfa Crateide, sebbene altri la
fig. di Nettuno e della ninfa Crateide, sebbene altri la dicano fig.
di
Forco e di Ecate, o di Tifone e di Echidna. Racco
ttuno e della ninfa Crateide, sebbene altri la dicano fig. di Forco e
di
Ecate, o di Tifone e di Echidna. Raccontasi (1) c
a ninfa Crateide, sebbene altri la dicano fig. di Forco e di Ecate, o
di
Tifone e di Echidna. Raccontasi (1) che la maga C
eide, sebbene altri la dicano fig. di Forco e di Ecate, o di Tifone e
di
Echidna. Raccontasi (1) che la maga Circe, ingelo
di Tifone e di Echidna. Raccontasi (1) che la maga Circe, ingelosita
di
Scilla, de’ suoi veleni contaminò un bel fonte, o
ani marini che orribilmente latravano. Alcuni vogliono che per ragion
di
Nettuno, la moglie Anfitrite avesse indotto Circe
arino. Pare che Virgilio abbia confuso questa Scilla con l’altra fig.
di
Niso, di cui si è parlato nella prima parte. Nè q
re che Virgilio abbia confuso questa Scilla con l’altra fig. di Niso,
di
cui si è parlato nella prima parte. Nè questo poe
ma parte. Nè questo poeta è uniforme nel descrivere la trasformazione
di
Scilla ; poichè se nell’Eneide dice ch’essa al di
e la trasformazione di Scilla ; poichè se nell’Eneide dice ch’essa al
di
sopra è una leggiadra donzella, mentre termina in
ch’essa al di sopra è una leggiadra donzella, mentre termina in corpi
di
lupi colle code di delfini (2), in una egloga poi
è una leggiadra donzella, mentre termina in corpi di lupi colle code
di
delfini (2), in una egloga poi afferma che finiva
’è fra la Sicilia e la Calabria. Or Cariddi era una vecchia figliuola
di
Nettuno e della Terra, la quale, rubato avendo ad
ttuno e della Terra, la quale, rubato avendo ad Ercole alcuni de’buoi
di
Gerione, fu da Giove fulminata e trasformata nell
trasformata nella voragine che porta il suo nome e ch’è nello stretto
di
Messina in faccia allo scoglio di Scilla. Questa
ta il suo nome e ch’è nello stretto di Messina in faccia allo scoglio
di
Scilla. Questa voragine detta violenta da Tibullo
a voragine detta violenta da Tibullo, e non altrimenti che lo scoglio
di
Scilla, celebratissima nell’epopea greca e latina
de (5) ; il che tutto deriva dal noto flusso e riflusso dello stretto
di
Messina. Ed i latrati di Scilla non son altro che
iva dal noto flusso e riflusso dello stretto di Messina. Ed i latrati
di
Scilla non son altro che lo strepito ed il rumore
nfrangono fra quegli scogli. E come avvicinandosi troppo allo scoglio
di
Scilla o alla caverna di Cariddi, si corre perico
li. E come avvicinandosi troppo allo scoglio di Scilla o alla caverna
di
Cariddi, si corre pericolo di naufragare, così, p
o allo scoglio di Scilla o alla caverna di Cariddi, si corre pericolo
di
naufragare, così, per esprimere che spesso il tim
orre pericolo di naufragare, così, per esprimere che spesso il timore
di
un male ci conduce in un altro peggiore, si disse
chi detti Consuali, che porsero il destro alla feroce gioventù romana
di
rapire le Sabine donzelle (1) Parte III.
, vedere ; per cui Aide dinota un luogo tenebroso, o secondo la frase
di
Virgilio, una casa senza luce (sine luce domus),
ell’inferno, immaginato da’ poeti nel centro della terra, per servire
di
eterna prigione a coloro, i cui delitti non erano
e dalla Terra ; ed era propriamente un luogo dell’inferno, ove prima
di
passare agli Elisii dimoravano le anime de’ buoni
prende per l’inferno stesso. Sovente si chiama pure Orco, ch’era nome
di
Plutone ; e però da Properzio dicesi Minos giudic
gia, o per l’Orco, fiume che nasceva da quella palude. Or questi nomi
di
Aide, Tartaro, Erebo ed Orco, quantunque propriam
tesso ; come Virgilio disse che notte e dì stassi aperta l’atra porta
di
Dite (1). E Dante cantò : E’l buon maestro disse
e ha nome Dite. Averno pure da’ poeti dicesi l’inferno (2), dal Iago
di
Averno, il quale, come diremo, era per folte selv
quali sognarono, passare essa, dopo la morte, per molti e varii corpi
di
animali, e ciò per lo spazio di ben tremila anni.
opo la morte, per molti e varii corpi di animali, e ciò per lo spazio
di
ben tremila anni. Da che nacque la loro gran cura
mila anni. Da che nacque la loro gran cura d’imbalsamare i cadaveri e
di
fabbricare quelle tombe magnifiche che fecero dir
’immortalità dell’anima, e quella della metempsicosi, e quindi l’idea
di
due luoghi che accoglier debbono le anime dopo la
’idea di due luoghi che accoglier debbono le anime dopo la morte, uno
di
pena, detto Inferno, l’altro di premio, detto Eli
r debbono le anime dopo la morte, uno di pena, detto Inferno, l’altro
di
premio, detto Elisio o Campi Elisii. Or ecco in q
poli posti all’estremità dell’Oceano, e coperti da tenebre eterne. Or
di
quali Cimmerii parla il greco poeta ? Sappiamo ch
osforo da essi detto Cimmerio, non lungi dalla Palude Meolide. L’aere
di
quei luoghi era assai crasso e coperto di perpetu
alla Palude Meolide. L’aere di quei luoghi era assai crasso e coperto
di
perpetua nebbia, per cui di rado godevano della v
di quei luoghi era assai crasso e coperto di perpetua nebbia, per cui
di
rado godevano della vista del Sole. percui tenebr
però parla de’Cimmerii, antichi popoli della Campania, presso il lago
di
Averno, ov’era la grotta della Sibilla, vicino a
rranei, e la notte uscivano a commettere mille ruberie. Or i Cimmerii
di
Omero sono quelli presso Baia e Pozzuoli, perchè
Epiro o della Tesprozia, come vuole Le Clerc, o quelli del Bosforo, o
di
altre parti del mondo (2). É dunque poetica licen
à dell’Oceano i Cimmerii dell’Italia. Strabone afferma che i Cimmerii
di
Omero erano sulle coste d’Italia, e che gli antic
ia, e che gli antichi ponevano presso al lago d’Averno la Negromanzia
di
Omero, cioè l’undecimo libro dell’Odissea, ove si
’undecimo libro dell’Odissea, ove si parla dell’evocazione dell’ombra
di
Tiresia. Plinio (3) pone la città de’ Cimmerii ne
resia. Plinio (3) pone la città de’ Cimmerii nelle vicinanze del lago
di
Averno non lungi da Pozzuoli, da’Campi Flegrei e
re que’luoghi bassi ed oscuri e circondati da montagne che impedivano
di
vedere il tramontar del sole. Nell’Iliade (4) Gio
vedere il tramontar del sole. Nell’Iliade (4) Giove proibisce a’ numi
di
prender parte alla guerra di Troia e minaccia di
Nell’Iliade (4) Giove proibisce a’ numi di prender parte alla guerra
di
Troia e minaccia di precipitarli nel Tartaro, ove
ve proibisce a’ numi di prender parte alla guerra di Troia e minaccia
di
precipitarli nel Tartaro, ove sotterra è un barat
cipitarli nel Tartaro, ove sotterra è un baratro profondissimo, porte
di
ferro e soglia di bronzo ; e che tanto è di sotto
aro, ove sotterra è un baratro profondissimo, porte di ferro e soglia
di
bronzo ; e che tanto è di sotto all’Orco, quanto
atro profondissimo, porte di ferro e soglia di bronzo ; e che tanto è
di
sotto all’Orco, quanto la terra al cielo. Il Tart
so luogo, che tanto è lontano dalla terra, quanto questa dal cielo. E
di
fatto un’incudine di ferro fatta cadere dal cielo
lontano dalla terra, quanto questa dal cielo. E di fatto un’incudine
di
ferro fatta cadere dal cielo non giungerebbe sull
a si facesse cadere giù nel Tartaro. Intorno ad esso avvi una trincea
di
solido bronzo, e porte e mura di bronzo fabbricat
ro. Intorno ad esso avvi una trincea di solido bronzo, e porte e mura
di
bronzo fabbricate da Nettuno, ove dimora il Sonno
e da Nettuno, ove dimora il Sonno e la Morte, nè vi giunge mai raggio
di
sole ; ed un terribile mastino che fa mille moine
come Enea offrì sacrificii agli Dei Mani e come ottenne l’aureo ramo,
di
cui non poteva fare a meno chi volea penetrare ne
eo ramo, di cui non poteva fare a meno chi volea penetrare nella casa
di
Plutone, descrive nobilmente l’entrata di quell’e
volea penetrare nella casa di Plutone, descrive nobilmente l’entrata
di
quell’eroe negli oscuri regni di Dite ; e dopo av
utone, descrive nobilmente l’entrata di quell’eroe negli oscuri regni
di
Dite ; e dopo aver raccontato quanto quivi maravi
ato quanto quivi maravigliando vide, passa a descrivere la gran città
di
Plutone o il Tartaro, il quale, secondo il poeta,
ne o il Tartaro, il quale, secondo il poeta, ha in tutto la sembianza
di
un’orrenda prigione, in cui Radamanto ha la sopri
econdo lui, una strada silenziosa e declive, fiancheggiata mestamente
di
tassi che danno un’ombra funesta, conduce all’inf
ta nebbia esala dalla Stigia palude. Per quella via scendono le ombre
di
fresco uscite de’corpi che sono stati sepolti. Il
o le ombre de’morti che ignorano la strada che mena alla feral reggia
di
Plutone. La vasta infernale città ha mille porte
tta la terra accoglie i fiumi nel suo seno, così quel luogo, Ie anime
di
ogni paese. Quivi errano le ombre esangui, che so
urie, fig. della Notte, divinità crudeli ed inesorabili, colle chiome
di
atri serpenti, stanno avanti le porte della tarta
tanno avanti le porte della tartarea prigione chiuse con chiavistelli
di
diamante. In simil guisa Tibullo(1) con elegantis
e. In simil guisa Tibullo(1) con elegantissimi versi descrive la casa
di
Plutone. Secondo ch’egli dice, il paese degli emp
ace da noi discosto in profonda notte avvolto, intorno al quale fiumi
di
nera acqua risuonano. Quivi l’orrenda Tisifone ch
le fiumi di nera acqua risuonano. Quivi l’orrenda Tisifone che invece
di
crini ha il capo attorto di crudeli serpenti, i r
nano. Quivi l’orrenda Tisifone che invece di crini ha il capo attorto
di
crudeli serpenti, i rei flagella ; e per timbre q
labbro, più avviva la rabbiosa sua sete. Quivi infine è l’empia prole
di
Danao, la quale per avere offesa Venere, invano i
ale per avere offesa Venere, invano il cavo doglio delle vicine acque
di
Lete riempie. Passiamo ora a desc rivere l’amenit
più comune li pone in alcune isole dell’Oceano dette Isole Fortunate,
di
cui anche Pindaro fa menzione. Or gli antichi poe
o guiderdone delle loro buone e gloriose azioni, trasportarono quanto
di
ameno e dilettevole può immaginare una bella fant
acevole varietà della natura. Poscia la Grecia, coltivando gli studii
di
una migliore filosofia, a’materiali piaceri di un
coltivando gli studii di una migliore filosofia, a’materiali piaceri
di
un luogo ameno e di un clima beato, aggiunse il g
ii di una migliore filosofia, a’materiali piaceri di un luogo ameno e
di
un clima beato, aggiunse il gaudio di una mente p
ali piaceri di un luogo ameno e di un clima beato, aggiunse il gaudio
di
una mente placida e serena, il quale nasce dalla
gaudio di una mente placida e serena, il quale nasce dalla coscienza
di
una virtù pura e costante. Pindaro finge due regn
o, ove giudica Radamanto, che tutti gli altri poeti pongono nel regno
di
Plutone. Dice poi che coloro i quali saranno ritr
asseranno a soggiornare nelle Isole Fortunate, ov’è l’augusto palagio
di
Saturno. Amabili venticelli ch’escon del mare, ri
mani ed il crine adorno. Il tutto si governa secondo i giusti decreti
di
Radamanto che sempremai siede allato a Saturno, p
adamanto che sempremai siede allato a Saturno, padre de’numi e marito
di
Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti g
to a Saturno, padre de’numi e marito di Rea, il cui trono si eleva al
di
sopra di tutti gli altri. Pindaro, nel descrivere
rno, padre de’numi e marito di Rea, il cui trono si eleva al di sopra
di
tutti gli altri. Pindaro, nel descrivere in tal g
egna Saturno. Quivi soggiornano le anime felici degli eroi che godono
di
una coscienza tranquilla e sicura, a’quali un ter
eggiare formano dolci melodie. Quivi il terreno senza coltura è ricco
di
cassia, ed odorifere rose il suol benigno tutto g
ed odorifere rose il suol benigno tutto germoglia ; e quivi drappelli
di
donzelle e di giovani si stanno fra liete danze,
ose il suol benigno tutto germoglia ; e quivi drappelli di donzelle e
di
giovani si stanno fra liete danze, avendo il capo
e di giovani si stanno fra liete danze, avendo il capo inghirlandato
di
mirto. Meglio però Virgilio (2) e con più lodevol
uivi, al dir del poeta, non giovanetti e donzelle, ma magnanimi eroi,
di
sangue divino e nati in secoli più felici, vivono
si per mano a quel fortunato soggiorno. Ma i versi del poeta meritano
di
esser letti per la loro bellezza. Or raccogliendo
olpe, si chiamava Inferno, cioè luogo basso e sotterraneo. L’ingresso
di
questo regno è oltre i confini dell’oceano fra le
iumi Cocito e Piriflegetonte urtandosi cadono nell’Acheronte. Il lago
di
Averno, per folte tenebre che il circondavano, sp
era una delle porte del regno delle ombre ; come ancora una spelonca
di
spaventosa profondità, ch’era nel Tenaro, promont
rge al cielo le annose braccia ; sotto ogni fronda del quale, a guisa
di
vani fantasmi, si annidano i Sogni. Anche Omero (
de’ Sogni. Oltre a ciò vi sono sulle porte varie mostruose apparenze
di
fiere ; i biformi Centauri e le biformi due Scill
a Chimera, e l’Idra Lernea, e Gerione, e le Gorgoni e le Arpie. Prima
di
giungere alla casa di Plutone ed al tribunale di
rnea, e Gerione, e le Gorgoni e le Arpie. Prima di giungere alla casa
di
Plutone ed al tribunale di Minos è mestieri passa
ni e le Arpie. Prima di giungere alla casa di Plutone ed al tribunale
di
Minos è mestieri passar l’Acheronte, comechè gene
hè generalmente si dica che le Ombre debban passare il fiume Slige su
di
una barca guidata da Caronte, a cui ciascuna di e
are il fiume Slige su di una barca guidata da Caronte, a cui ciascuna
di
esse dar debbe una moneta per nolo. Cerbero, cane
, per impedirne l’entrata a’ vivi, e l’uscita a’ morti. Le ombre però
di
quelli, i cui cadaveri eran rimasti insepolti, er
Caronte sono ammesse nella vecchia sua barca che dopo sì lungo spazio
di
tempo. Nè quel nocchiero in essa accoglie alcun u
coglie alcun uomo vivente, il quale non avesse mostrato il fatal ramo
di
oro che dovea staccare da un albero sacro a Prose
go la calunnia e la mensogna ; Minos ad essi superiore decide in caso
di
oscurità e di dubbio. Dopo la loro sentenza vanno
e la mensogna ; Minos ad essi superiore decide in caso di oscurità e
di
dubbio. Dopo la loro sentenza vanno le ombre al l
osi vagiti de’ bambini morti sul nascere ; nel secondo, eran le ombre
di
quelli che per falsi delitti apposti, furono ingi
giorno de’ buoni o i Campi Elisii. IV. Descrizione più particolare
di
alcuni luoghi dell’ Inferno. Primieramente os
lutone e cogl’infernali luoghi, davasi dagli antichi poeti l’aggiunto
di
pallido e di nero. E perciò ancora essi opachi e
’infernali luoghi, davasi dagli antichi poeti l’aggiunto di pallido e
di
nero. E perciò ancora essi opachi e tenebrosi si
nebrosi si fingevano da’poeti ; ed avvedutamente Omero fra le tenebre
di
cui erano i Cimmerii eternamente coperti, pose il
onda spelonca trovata in rozza e scheggiosa roccia, difesa da un lago
di
nere acque e cinta da annose e folte selve. Della
iva un alito, anzi una peste, percui gli uccelli non vi poteano volar
di
sopra senza lasciarvi la vita ; per la qual cosa
ivi Orfeo avesse evocata l’ombra della consorte Euridice. Ma l’Averno
di
Virgilio ch’è il più celebrato da’ poeti, è quell
essere quivi una bocca dell’inferno, per la quale entrò il figliuolo
di
Anchise guidato dalla Sibilla Cumana, come pel se
che l’Averno negli antichissimi tempi era da una selva inaccessibile
di
grandi alberi circondato, percui non vi penetrava
ibile di grandi alberi circondato, percui non vi penetrava mai raggio
di
sole, e che il volgo credeva, gli uccelli che sop
ava mai raggio di sole, e che il volgo credeva, gli uccelli che sopra
di
esso volavano, dalle pestifere esalazioni cadere
abbondanza del nutrimento che loro offre. In alcuni siti ha 180 piedi
di
profondità, ma non ha più quell’aspetto tenebroso
neti. Si osservano tuttavia sulle sue sponde, da una parte gli avanzi
di
un tempio di Apollo, dall’altra, la celebre grott
rvano tuttavia sulle sue sponde, da una parte gli avanzi di un tempio
di
Apollo, dall’altra, la celebre grotta della Sibil
lla Sibilla Cumana. Infine non vi è cosa più pittoresca che l’aspetto
di
questo lago che gli antichi riguardavano come la
dimoravano lungo tempo nascoste sotto terra ; da che nacque la favola
di
essere quello un fiume infernale. Dal fatto di Al
a che nacque la favola di essere quello un fiume infernale. Dal fatto
di
Alessandro, re dell’Epiro, che distesamente si ra
te nella Molossia, parte dell’antico Epiro, passava vicino alla città
di
Pandosia ch’era propriamente nella Tesprozia, e s
ropriamente nella Tesprozia, e si gettava nel golfo Tesprozio, oggidì
di
Butrintò ; l’altro che scorreva presso ad un’altr
dal mar Tirreno. E vicino a questa Pandosia fu ucciso Alessandro, re
di
Epiro. Nella palude Acherusia insieme col Cocito
ndo i poeti della Grecia collocata nell’ Epiro il regno della Notte e
di
Plutone, i fiumi di quel paese divennero per cons
ecia collocata nell’ Epiro il regno della Notte e di Plutone, i fiumi
di
quel paese divennero per conseguenza fiumi dell’I
nte, fiume dell’inferno che deriva dallo Stige. Esso volgeva torrenti
di
fiamme e da ogni lato circondava il Tartaro. Da u
n fiume. Il Cocito, dice Virgilio (1), fiume limaccioso e che abbonda
di
canne, colla tarda sua onda, e lo Stige che con n
ui ripe appellansi da Properzio sorde, cioè inesorabili, è una palude
di
orrida pece e di solfo limaccioso e fumante. Le s
i da Properzio sorde, cioè inesorabili, è una palude di orrida pece e
di
solfo limaccioso e fumante. Le sue acque mandavan
appellasi da Ovidio. Per essa gli Dei stessi ed anche Giove temevano
di
spergiurare (2) : « L’acqua dello Stige forma un
la decima parte è riservata pel gastigo degli Dei spergiuri. Chiunque
di
essi siasi renduto colpevole, rimane per un anno
unque di essi siasi renduto colpevole, rimane per un anno senza segno
di
vita ; è egli steso su di un letto in un perfetto
o colpevole, rimane per un anno senza segno di vita ; è egli steso su
di
un letto in un perfetto sopore, e privo del netta
i de’ beati Elisii. Le acque del qual fiumicello beveansi dalle anime
di
coloro che passar doveano ad albergare in nuovi c
oro che passar doveano ad albergare in nuovi corpi, avendo esse virtù
di
far dimenticare interamente il passato ; per cui
o quasi tutt’i poeti, dice il Dizionario Storico-mitologico, le acque
di
Lete e tutte le cose che di quelle acque venivano
l Dizionario Storico-mitologico, le acque di Lete e tutte le cose che
di
quelle acque venivano asperse, oltre l’oblio, ind
nel quinto libro dell’Eneide diede al Dio del sonno un ramo stillante
di
umor Leteo ; ed Ovidio, nelle Metamorfosi, descri
fosi, descrivendo la casa del Sonno, vi fece scorrere intorno un ramo
di
questo fiume. L’Ariosto, nel Furioso, imitò l’ide
ella luna un gran fiume, nel quale erano da un vecchio gittati i nomi
di
tutt’i mortali. tranne alcuni pochi che certi ben
, prendevano un altro corpo per così dire ombratile e leggiero, privo
di
sangue, di carne e di ossa (1). Da Omero queste o
o un altro corpo per così dire ombratile e leggiero, privo di sangue,
di
carne e di ossa (1). Da Omero queste ombre chiama
corpo per così dire ombratile e leggiero, privo di sangue, di carne e
di
ossa (1). Da Omero queste ombre chiamansi simulac
po, o secondo altri, intorno alla palude Stigia, che loro era vietato
di
varcare, per lo spazio di cento anni (3). Credeva
no alla palude Stigia, che loro era vietato di varcare, per lo spazio
di
cento anni (3). Credevano pure i gentili che un c
ense su i sepoleri, che dicevansi inferiae. E principalmente le anime
di
coloro ch’eran da immatura morte rapiti, vagando
o si radunavano chi al foro per attendere alle liti, chi nella reggia
di
Plutone, e chi si occupava nelle arti professate
fessate in vita. Presso Omero le ombre trattano le cause al tribunale
di
Minos, ed Arione si esercita, come in vita, alla
rsi dalle ombre de’ morti, intendendo alcuni per Dei Mani una maniera
di
Dei Infernali che si placavano con certi sacrific
eri, e finalmente le pene stesse dell’inferno, come nel celebre luogo
di
Virgilio, ove si dice che ciascuno soffre i suoi
are ch’esce da tre gole, fa echeggiare quelle orrende bolge e riempie
di
spavento le ombre esangui (2). Omero(3) fa parola
bolge e riempie di spavento le ombre esangui (2). Omero(3) fa parola
di
questo mostro ch’egli chiama il mastino di Pluton
ui (2). Omero(3) fa parola di questo mostro ch’egli chiama il mastino
di
Plutone, ma non gli dà il nome di Cerbero. Esiodo
to mostro ch’egli chiama il mastino di Plutone, ma non gli dà il nome
di
Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice for
i dà il nome di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito
di
una voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa f
di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito di una voce
di
bronzo e di cinquanta teste ; lo fa fig. del giga
Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito di una voce di bronzo e
di
cinquanta teste ; lo fa fig. del gigante Tifeo e
voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa fig. del gigante Tifeo e
di
Echidna. Comunemente però a questo famoso cane si
nno tre capi e tre gole ; e Virgilio (4) gli dà pure il collo crinito
di
serpenti. Alcuni poeti han finto che Cerbero tocc
o di serpenti. Alcuni poeti han finto che Cerbero toccato dalla verga
di
Mercurio restava assopito ; ma presso Virgilio (5
una mistura sonnifera. Orazio (6) finalmente, facendo plauso al canto
di
Orfeo, dice che alla dolcezza di quello dovette d
finalmente, facendo plauso al canto di Orfeo, dice che alla dolcezza
di
quello dovette darsi vinto il crudele guardiano d
altro luogo (7) il chiama bestia dalle cento teste. Le Furie, al dir
di
Virgilio (8), aveano nel primo entrar dell’Infern
far da carnefice delle anime condannate agli eterni supplicii. Al dir
di
Ovidio esse sedevano avanti le porte dell’eterno
l’eterno carcere, ed aveano serpenti per crini, o crini frammischiati
di
serpenti ; percui da’ Greci Tisifone si chiama da
otto all’insania, i ferali pensieri ed i rimorsi della coscienza sono
di
noi stessi il carnefice ; questi sono degli empii
urie che giorno e notte tormentano i parricidi. E Nerone, quel mostro
di
crudeltà, come Svetonio racconta (2), confessava
rone, quel mostro di crudeltà, come Svetonio racconta (2), confessava
di
non essersi potuto liberare dalle Furie che conti
arca le anime de’morti, chiamavasi Caronte, detto da Orazio satellite
di
Plutone. Il nostro Dante il descrive come un vecc
ome un vecchio bianco per antico pelo, ed il chiama Dimonio con occhi
di
bragia. Virgilio il fa nocchiero dell’Acheronte ;
e de’ morti, non già i corpi de’vivi ; percui con gravi parole ricusò
di
ricevere Enea nella sua nave e portarlo di là del
ui con gravi parole ricusò di ricevere Enea nella sua nave e portarlo
di
là della stigia palude (1). E di fatto ricordavas
evere Enea nella sua nave e portarlo di là della stigia palude (1). E
di
fatto ricordavasi Caronte che avendo per timore a
do per timore accolto Ercole nella sua barca, quando questo figliuolo
di
Giove volle andare all’inferno, donde portò via l
fio in una prigione. E temeva pure ch’ Enca imitato avesse l’audacia
di
Teseo e di Piritoo, che un dì tentarono di rapire
prigione. E temeva pure ch’ Enca imitato avesse l’audacia di Teseo e
di
Piritoo, che un dì tentarono di rapire la stessa
a imitato avesse l’audacia di Teseo e di Piritoo, che un dì tentarono
di
rapire la stessa Proserpina. Ma come vide l’aureo
vide l’aureo ramo, cadde l’ira del vecchio nocchiero, ed il figliuolo
di
Anchise fu tosto nell’affumicato legno accolto. Q
tosto nell’affumicato legno accolto. Questo nume infernale fu nipote
di
Demogorgone e fig. dell’Erebo e della Notte ; ed
di Demogorgone e fig. dell’Erebo e della Notte ; ed il nome Caronte è
di
origine egiziana, nel quale idioma esso significa
ifica un nocchiero. I gentili ponevano in bocca a’cadaveri una moneta
di
oro o di argento per pagare a Caronte il nolo del
nocchiero. I gentili ponevano in bocca a’cadaveri una moneta di oro o
di
argento per pagare a Caronte il nolo del loro pas
are il fio delle commesse scelleratezze. Si sa che Radamanto era fig.
di
Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale
delle commesse scelleratezze. Si sa che Radamanto era fig. di Giove e
di
Europa, come lo era l’altro infernale giudice Min
vea giustissime leggi a’Cretesi. Radamanto regnò nella Licia con fama
di
grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure di Gi
ò nella Licia con fama di grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure
di
Giove e di Europa, o di Egina, fig. del fiume Aso
ia con fama di grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure di Giove e
di
Europa, o di Egina, fig. del fiume Asopo, con ugu
i grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure di Giove e di Europa, o
di
Egina, fig. del fiume Asopo, con ugual fama di gi
i Giove e di Europa, o di Egina, fig. del fiume Asopo, con ugual fama
di
giustizia regnò in quella contrada che dicevasi E
o Enone e che Eaco stesso chiamò. Egina dal nome della madre. La lode
di
giustissimo re gli meritò presso i poeti un posto
fa dire ad Ulisse, aver veduto nell’inferno Minos, l’illustre figlio
di
Giove, che assiso, con aureo scettro in mano, giu
hi in piedi, stavano al suo tribunale avanti la porta dell’ampia casa
di
Plutone. È noto infine che questo gran principe d
ta dell’ampia casa di Plutone. È noto infine che questo gran principe
di
Creta, di cui abbiam parlato nell’articolo di Gio
pia casa di Plutone. È noto infine che questo gran principe di Creta,
di
cui abbiam parlato nell’articolo di Giove, dettò
he questo gran principe di Creta, di cui abbiam parlato nell’articolo
di
Giove, dettò leggi di grandissima sapienza e fu p
e di Creta, di cui abbiam parlato nell’articolo di Giove, dettò leggi
di
grandissima sapienza e fu per fama di molta giust
’articolo di Giove, dettò leggi di grandissima sapienza e fu per fama
di
molta giustizia lodato a cielo da tutt’i poeti, p
usto per eccellenza ; e da Omero e da Orazio dicesi coscio de’segreti
di
Giove. VII. Storia de’più famosi malvagi posti
si malvagi posti da’poeti nell’inferno. Cominciamo da Tantalo, re
di
Lidia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e
da’poeti nell’inferno. Cominciamo da Tantalo, re di Lidia e fig.
di
Giove. Egli fu padre di Pelope e di Niobe ; e Gio
Cominciamo da Tantalo, re di Lidia e fig. di Giove. Egli fu padre
di
Pelope e di Niobe ; e Giove (2) era solito confid
mo da Tantalo, re di Lidia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e
di
Niobe ; e Giove (2) era solito confidargli ogni s
, avendolo pure ammesso alla sua mensa ; ma Tantalo ebbe l’imprudenza
di
svelare agli uomini le segrete cose del padre de’
per ciò da Giove condannato a stare nell’inferno in mezzo ad un lago
di
fresche e limpide acque che gli giungevano sino a
lla caduta del quale era continuamente atterrito. Quindi chiama sasso
di
Tantalo il timore di una guerra imminente. Orazio
era continuamente atterrito. Quindi chiama sasso di Tantalo il timore
di
una guerra imminente. Orazio (3) paragona a Tanta
ps). Dell’empia vivanda poi da Tantalo preparata agli Dei colle carni
di
Pelope, suo figlio, abbiamo altrove ragionato. A
o, gli va rodendo le viscere sempre rinascenti ; e ciò per aver osato
di
oltraggiare Diana. Pindaro (1) dice ch’egli fu da
are Diana. Pindaro (1) dice ch’egli fu da Diana stessa ucciso a colpi
di
frecce. Era di enorme statura, e da’più si dice c
aro (1) dice ch’egli fu da Diana stessa ucciso a colpi di frecce. Era
di
enorme statura, e da’più si dice che il suo corpo
norme statura, e da’più si dice che il suo corpo occupava nove iugeri
di
terra. Lucrezio (2) afferma che i poeti sotto l’i
ve iugeri di terra. Lucrezio (2) afferma che i poeti sotto l’immagine
di
Tizio ci han voluto rappresentare il tormento per
l’immagine di Tizio ci han voluto rappresentare il tormento perpetuo
di
un cuore signoreggiato da qualche veemente passio
e signoreggiato da qualche veemente passione. Sisifo poi, discendente
di
Eolo, regnò a Corinto dopo che Medea se ne allont
ell’inferno, condannato a dovere eternamente sollevare sino alla cima
di
un monte un gran macigno, donde, appena giunto, r
, ricadeva per un potere supremo nella valle sottoposta. Lo Scoliaste
di
Omero afferma che fu condannato a tal pena per av
sasso. A Sisifo soggiungiamo il famoso Issione, re de’Lapiti, e fig.
di
Flegias, chiamato perfido da Orazio, perchè ammes
hiamato perfido da Orazio, perchè ammesso da Giove alla sua mensa osò
di
oltraggiare la stessa Giunone. In pena della qual
one. In pena della quale arroganza ed ingratitudine Giove lo percosse
di
un fulmine e lo precipitò nel Tartaro, ove Mercur
recipitò nel Tartaro, ove Mercurio lo attaccò ad una ruota circondata
di
serpenti, che gira velocemente senza fermarsi un
attinsero dall’Egitto il loro Inferno ed i Campi Elisii. Diodoro
di
Sicilia riferisce che i Sacerdoti di Egitto trova
o ed i Campi Elisii. Diodoro di Sicilia riferisce che i Sacerdoti
di
Egitto trovavano scritto ne’loro annali che Orfeo
oro annali che Orfeo, Museo, Omero, Pittagora, Platone ed altri Greci
di
gran rinomanza, erano stati in quell’antichissimo
ltare la loro riposta sapienza ; e che quanto poteano vantare i Greci
di
più ammirabile, tutto l’aveano attinto da’loro sa
zioni, tutte erano state da Orfeo portate dall’Egitto nella Grecia. E
di
fatto Ermete chiamavasi in Egitto quegli che acco
fatto Ermete chiamavasi in Egitto quegli che accompagnava il cadavere
di
Api fino ad un certo luogo, ove da lui era conseg
certo luogo, ove da lui era consegnato ad un’uomo mascherato a guisa
di
Cerbero. Da Orfeo l’appresero i Greci ; e però Om
gli Egiziani nel linguaggio del popolo così chiamavasi quel fiume ; e
di
là delle porte del Sole, cioè di Eliopoli (ab ηλι
opolo così chiamavasi quel fiume ; e di là delle porte del Sole, cioè
di
Eliopoli (ab ηλιος, sol, et πολις, urbs), città d
che un luogo presso la palude Acherusia non lungi da Menfi, irrigato
di
belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di
Acherusia non lungi da Menfi, irrigato di belle acque ed ombreggiato
di
ameni boschetti di canne e di loto. Ora gli Egizi
i da Menfi, irrigato di belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti
di
canne e di loto. Ora gli Egiziani erano soliti pe
irrigato di belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di canne e
di
loto. Ora gli Egiziani erano soliti per quella pa
vano Caronte, davasi un obolo pel trasporto ; da che è nata la favola
di
Caronte e della sua barca. Le varie dimore, dice
oltissime stanze, dagli anditi e dalle giravolte del famoso laberinto
di
Egitto, e sopra tutto da quelle ch’eran sotterra,
laberinto di Egitto, e sopra tutto da quelle ch’eran sotterra, al dir
di
Erodoto. I Coccodrilli sacri che gli Egiziani nud
Egiziani nudrivano in que’ luoghi sotterranei, han dovuto dare l’idea
di
que’mostri che i poeti allogarono nel regno di Pl
han dovuto dare l’idea di que’mostri che i poeti allogarono nel regno
di
Plutone e specialmente all’entrata di esso. Dall’
he i poeti allogarono nel regno di Plutone e specialmente all’entrata
di
esso. Dall’Egitto eziandio venne l’idea de’ giudi
i esso. Dall’Egitto eziandio venne l’idea de’ giudici dell’Inferno. E
di
fatto, dice Rollin, è noto che non era permesso i
tenere da un pubblico giudizio un tale onore. Si radunavano i giudici
di
là da un lago che tragittavano in una barca. Appe
no alla morte stendevasi, e ciascuno mosso dall’altrui esempio temeva
di
disonorare la sua memoria e la sua famiglia. Quan
re la sua memoria e la sua famiglia. Quando il morto non era convinto
di
alcun mancamento, sepellivasi con onore. Or chi n
iose dell’Egitto. L’Acheronte de’greci poeti fu inventato sul modello
di
un lago di Egitto, presso Menfi, detto Acherusa,
gitto. L’Acheronte de’greci poeti fu inventato sul modello di un lago
di
Egitto, presso Menfi, detto Acherusa, nelle spond
Mani (quasi summus Manium. Capell.), sebbene Ovidio (1) ne parla come
di
una divinità incerta. Ad esso attribuivansi i ful
ribuivansi i fulmini notturni, come a Giove quelli che si scagliavano
di
giorno (2). Presso Plauto (3) si adopera la voce
priv. et ειδω, video) che significano non vedere, perchè era signore
di
quel regno tenebroso ed oscuro, ovvero un Dio inv
eo (Αιδωνευς Hesiod.) che significa lo stesso. II. Storia favolosa
di
Plutone. Plutone (4) fu fig. di Saturno e di
lo stesso. II. Storia favolosa di Plutone. Plutone (4) fu fig.
di
Saturno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di
II. Storia favolosa di Plutone. Plutone (4) fu fig. di Saturno e
di
Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e di Ne
Plutone (4) fu fig. di Saturno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello
di
Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di lo
) fu fig. di Saturno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e
di
Nettuno. Egli era il più giovane di loro, e nel m
Opi, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane
di
loro, e nel modo stesso che i due primi, fu sottr
enitore. Nella divisione dell’universo a lui toccò l’inferno. Diodoro
di
Sicilia vuole che questa favola abbia avuto origi
o origine dall’essere stato Plutone il primo ad introdurre il costume
di
seppellire i morti e di rendere loro gli altri fu
ato Plutone il primo ad introdurre il costume di seppellire i morti e
di
rendere loro gli altri funebri onori. Ma pare più
chiama padre e giudice dell’inferno ; e Stazio il descrive nell’atto
di
giudicare le ombre senza misericordia di alcuno,
Stazio il descrive nell’atto di giudicare le ombre senza misericordia
di
alcuno, circondato dalle Furie e da ogni maniera
enza misericordia di alcuno, circondato dalle Furie e da ogni maniera
di
tormenti (2). Di Plutone poi, come degli altri in
poeti che hanno un cuore crudele ed inesorabile ; e ci vien descritto
di
una maestà truce e tremenda. Il suo capo, al dir
ci vien descritto di una maestà truce e tremenda. Il suo capo, al dir
di
Claudiano, è in oscura nube ravvolto ; dalla qual
oscura nube ravvolto ; dalla qual cosa ha potuto avere origine l’elmo
di
Plutone (Orci galea), armatura che rendeva invisi
onore (3). E la stessa Dacier osserva che gli antichi davano il nome
di
Giove non solo al signore del cielo, ma ancora al
volessero trarne lo stesso Plutone. III. Continuazione. Mitologia
di
Plutone di origine Egiziana e contenente un’alleg
trarne lo stesso Plutone. III. Continuazione. Mitologia di Plutone
di
origine Egiziana e contenente un’allegoria astron
, essere certa cosa che gli antichi sacerdoti greci, seguendo le orme
di
quelli di Egitto, hanno spesso inventato delle fa
erta cosa che gli antichi sacerdoti greci, seguendo le orme di quelli
di
Egitto, hanno spesso inventato delle favole che a
Luciano discorre dell’ Astrologia, fa chiaramente vedere che ne’poemi
di
Omero e di Esiodo vi ha un’ analogia grandissima
corre dell’ Astrologia, fa chiaramente vedere che ne’poemi di Omero e
di
Esiodo vi ha un’ analogia grandissima fra l’astro
l Plutone de’ Greci era il Serapide degli Egiziani, come dice Diodoro
di
Sicilia ; il quale Serapide era la stessa cosa ch
i Egizii rappresentavano il Sole, cioè il Genio solare, sotto il nome
di
Osiride, bisogna dire che il Plutone o il Giove i
isogna dire che il Plutone o il Giove infernale de’Greci, o l’Osiride
di
Egitto, era il sole d’inverno, cioè il sole che a
sconosciuto e nascosto emisfero percorre, come si ha da un frammento
di
Porfirio (1). Con questo principio possiamo spieg
to di Porfirio (1). Con questo principio possiamo spiegare l’opinione
di
coloro, i quali hanno preso Plutone per le ricche
viscere della terra per virtù degl’ influssi solari. Quest’ allegoria
di
Plutone, pel quale intendevasi il sole d’inverno,
che possa confermarsi con ciò che i mitologi dicono del celebre elmo
di
Plutone. Quando i giganti diedero la scalata al c
ale, sebbene non sembrasse formidabile a’giganti, nulladimeno fu loro
di
grandissimo danno, poichè avea la virtù di render
ganti, nulladimeno fu loro di grandissimo danno, poichè avea la virtù
di
rendere invisibili coloro che il portavano. Esiod
sibili coloro che il portavano. Esiodo, nella descrizione dello scudo
di
Ercole, dice che l’elmo di Plutone, di folte tene
ano. Esiodo, nella descrizione dello scudo di Ercole, dice che l’elmo
di
Plutone, di folte tenebre circondato, stava sul c
nella descrizione dello scudo di Ercole, dice che l’elmo di Plutone,
di
folte tenebre circondato, stava sul capo di quell
ce che l’elmo di Plutone, di folte tenebre circondato, stava sul capo
di
quell’eroe. Or le nubi di cui il sole nell’invern
di folte tenebre circondato, stava sul capo di quell’eroe. Or le nubi
di
cui il sole nell’inverno è sempre coperto, hanno
erno è sempre coperto, hanno senza dubbio fatto immaginare quest’elmo
di
Plutone. Oltre a ciò il Sig. Dupuis fa vedere che
oreale, bella costellazione posta presso il serpentario, secondo tipo
di
Giove terrestre o infernale. Questo au tore dimos
itrovi in Egitto o nella Fenicia ; dalla quale cosa presero argomento
di
fingere che in quell’isola Proserpina sia stata r
di fingere che in quell’isola Proserpina sia stata rapita da Plutone,
di
collocarla nell’inferno per sei mesi, e per altri
di collocarla nell’inferno per sei mesi, e per altri sei nel cielo, e
di
chiamarla sposa di Autunno, come la dice Orfeo in
inferno per sei mesi, e per altri sei nel cielo, e di chiamarla sposa
di
Autunno, come la dice Orfeo in un suo inno. IV
posa di Autunno, come la dice Orfeo in un suo inno. IV. Iconologia
di
Plutone. Alcuni vogliono che negli antichi mo
e aveano il capo inghirlandato, come dice Furnuto. Un raro medaglione
di
Adriano offre una figura ritta in piedi, avente l
condo Vaillant, questo straordinario tipo rappresenta i tre figliuoli
di
Saturno riuniti, che si riconoscono Giove, per l’
a, ed ora un’asta ; una volta sola la forca, e due soltanto col modio
di
Serapi-Plutone. Spesso i monumenti numismatici ci
mismatici ci offrono Plutone che rapisce Proserpina da lui portata su
di
una quadriga. Questo Dio rappresentasi sempre con
li da’ Ciclopi. I poeti ed i mitologi, dice Millin, ornarono la testa
di
Plutone di una corona di ebano, altri, di adianto
opi. I poeti ed i mitologi, dice Millin, ornarono la testa di Plutone
di
una corona di ebano, altri, di adianto o capelven
d i mitologi, dice Millin, ornarono la testa di Plutone di una corona
di
ebano, altri, di adianto o capelvenere, pianta ch
e Millin, ornarono la testa di Plutone di una corona di ebano, altri,
di
adianto o capelvenere, pianta che nasce nei luogh
i, profondi e scogliosi. Egli compariva sovente assiso sopra un trono
di
ebano ; così lo rappresentò in rilievo e circonda
lo rappresentò in rilievo e circondato dalle Ore sulla base del trono
di
Amiclea, il celebre scultore di Magnesia, Baticle
ondato dalle Ore sulla base del trono di Amiclea, il celebre scultore
di
Magnesia, Baticlete. Sovente vedesi sopra un carr
scultore di Magnesia, Baticlete. Sovente vedesi sopra un carro d’oro
di
antica forma, tirato da quattro neri e focosi cav
do che conveniva al principe delle tenebre. Il suo aspetto era quello
di
un uomo terribile assiso su di un trono di zolfo,
lle tenebre. Il suo aspetto era quello di un uomo terribile assiso su
di
un trono di zolfo, col regio scettro nella destra
Il suo aspetto era quello di un uomo terribile assiso su di un trono
di
zolfo, col regio scettro nella destra, mentre tie
iumi Lete, Cocito, Flegetonte, ed Acheronte. V. Principali epiteti
di
Plutone. Ades o Adesio, Adesius, Αδης, sopra
ali epiteti di Plutone. Ades o Adesio, Adesius, Αδης, soprannome
di
Plutone, da αδης pro αιδης, Orcus, o mors. Altor
Dio delle purificazioni che facevansi per le ombre de’ morti nel mese
di
Febbraio dagli antichi Romani. Esse dicevansi Feb
, purgare, espiare. Plutone eziandio fu detto Giove coll’aggiunto ora
di
nero, Iupiter niger, ora di Stigio, Iupiter Stygi
eziandio fu detto Giove coll’aggiunto ora di nero, Iupiter niger, ora
di
Stigio, Iupiter Stygius, ed ora di Ctonio, ευς Χθ
to ora di nero, Iupiter niger, ora di Stigio, Iupiter Stygius, ed ora
di
Ctonio, ευς Χθονιος, Giove terrestre. Ferale, so
imo riposo degli uomini. Tellumo, a tellus. VI. Alcune altre cose
di
Plutone. Omero(2) racconta che Ercole osò fer
ne altre cose di Plutone. Omero(2) racconta che Ercole osò ferire
di
saetta lo stesso Plutone alla porta del Tartaro,
saetta lo stesso Plutone alla porta del Tartaro, per cui diede grida
di
grandissimo dolore, e ne fu guarito da Peone, med
fu guarito da Peone, medico degli Dei, che avea pur sanata una ferita
di
Marte fattagli da Diomede. Lo scultore Cefisodoto
va, sono il frutto della pace. Ovidio dice che Plutone portava redini
di
rugginoso ferro, ch’era colore proprio di tutte l
che Plutone portava redini di rugginoso ferro, ch’era colore proprio
di
tutte le infernali cose, in guisa che di color fe
ferro, ch’era colore proprio di tutte le infernali cose, in guisa che
di
color ferrigno dicesi da Claudiano la sopravveste
se, in guisa che di color ferrigno dicesi da Claudiano la sopravveste
di
quel nume. Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli
o la sopravveste di quel nume. Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli
di
questo nume, di cui la cura era affidata ad Alett
di quel nume. Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli di questo nume,
di
cui la cura era affidata ad Aletto, che facevali
cui la cura era affidata ad Aletto, che facevali pascolare sulle rive
di
Cocito, e li attaccava al cocchio del suo signore
attaccava al cocchio del suo signore. A Plutone si offerivano vittime
di
color nero. Così Medea (4), volendo render propiz
capre si bruciavano sopra i suoi altari(5). Il cipresso era l’albero
di
Plutone, e perciò ponevasi qual segno funebre ava
on vi è speranza che mai più risorga. Nella Grecia era generale l’uso
di
ornare la porta delle case che rinchiudevano un c
le l’uso di ornare la porta delle case che rinchiudevano un cadavere,
di
rami di cipresso, perchè quest’albero vi era comu
di ornare la porta delle case che rinchiudevano un cadavere, di rami
di
cipresso, perchè quest’albero vi era comune. Ma i
erciò l’uso n’era riserbato a’ soli ricchi. Quindi Orazio afferma che
di
tutt’i beni nessuno lo seguirà alla tomba, salvo
Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Dovendo noi parlare
di
Proserpina, Dea dell’inferno, diciamo che questo
reco εϰας, procul, perchè dimora assai lungi da noi ; o un soprannome
di
Apollo, di lei fratello, detto Ecato, perchè come
procul, perchè dimora assai lungi da noi ; o un soprannome di Apollo,
di
lei fratello, detto Ecato, perchè come da Febo di
rgine, donzella, assolutamente si adopera a dinotare Proserpina, fig.
di
Cerere (2). II. Storia favolosa di Proserpina.
era a dinotare Proserpina, fig. di Cerere (2). II. Storia favolosa
di
Proserpina. Secondo Cicerone (3), Libera era
ndo Cicerone (3), Libera era la stessa che Proserpina, ed era sorella
di
Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi fig. di Gi
erpina, ed era sorella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi fig.
di
Giove primo e di Cerere, cioè del Cielo e della T
rella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi fig. di Giove primo e
di
Cerere, cioè del Cielo e della Terra, e reputavas
rapita da Plutone, signore dell’inferno, come a lungo si è raccontato
di
sopra ; e come consorte del fratello di Giove, fu
come a lungo si è raccontato di sopra ; e come consorte del fratello
di
Giove, fu tosto dichiarata regina de’silenziosi r
do mettere il piede negl’infernali luoghi, ad imitazione dell’ Ulisse
di
Omero, sacrifica all’uno ed all’altra per renders
o luogo abbiam detto, che Proserpina strappava pochi capelli dal capo
di
chi dovea morire e che così ne condannava la vita
e destinate al Dio dell’inferno ; e si sa che costumavano gli antichi
di
svellere de’peli dalla fronte di una vittima che
e si sa che costumavano gli antichi di svellere de’peli dalla fronte
di
una vittima che dovea sacrificarsi agli Dei e get
ttarli nel fuoco ; perciò si finge che Proserpina toglieva una ciocca
di
capelli agli uomini destinati quasi vittime alla
i destinati quasi vittime alla morte. Il Tartaro adunque era il regno
di
Proserpina ; percui presso Orazio vedere il regno
nel tempo loro prescritto dall’imperiosa Proserpina. E pure, ad onta
di
tanta potenza che vantar potea la moglie di Pluto
oserpina. E pure, ad onta di tanta potenza che vantar potea la moglie
di
Plutone, Piritoo e Teseo osarono con inudito cora
passaporto del ramo dalle foglie d’oro, essendoche, pel bel racconto
di
Virgilio(3), niuno entrar potea ne’bui regni dell
a Proserpina. Claudiano(1) introduce Plutone che, usando ogni maniera
di
argomenti per mitigare il dolore di Proserpina in
Plutone che, usando ogni maniera di argomenti per mitigare il dolore
di
Proserpina indegnamente rapita, fra le altre cose
ne de’loro arcani sacrificii(2), ne’quali era mestieri principalmente
di
grandissimo silenzio. Non di rado le maghe, le qu
2), ne’quali era mestieri principalmente di grandissimo silenzio. Non
di
rado le maghe, le quali alle loro erbe univano i
e le rive de’fiumi che alle maghe somministravano in gran copia erbe
di
efficacia e virtù incredibile ; le quali nascevan
ed infernali Iddii. E veramente esse ebbero gran parte nel rapimento
di
Proserpina. Plutone, dice Claudiano(4), volendo d
ccettar volesse lo scettro del tenebroso suo regno, irritato minaccia
di
scuotere l’universo fin dalle fondamenta. Ma le P
re, avendo appreso da Pan qual fosse il luogo, ove, dopo il rapimento
di
Proserpina, erasi ritirata Cerere, spedì a lei le
rche. Le loro preghiere calmarono quell’afflitta madre che acconsentì
di
rivedere la luce e di presentarsi al sovrano degl
e calmarono quell’afflitta madre che acconsentì di rivedere la luce e
di
presentarsi al sovrano degli Dei, il quale giurò
ivedere la luce e di presentarsi al sovrano degli Dei, il quale giurò
di
restituirle la figliuola, purchè la stessa gustat
rche(1). Il mentovato Claudiano dice che durante il tempo delle nozze
di
Plutone, esse cessarono da’loro lavori, e che fur
ze di Plutone, esse cessarono da’loro lavori, e che furono incaricate
di
ricondurre Proserpina sulla terra, allorchè giung
terra, allorchè giungea l’istante in cui il Destino le avea permesso
di
ritornare fra le braccia della propria madre. Or
oso nel Tartaro, erano riguardate come padrone dispotiche della sorte
di
tutti, di cui regolavano i destini, in guisa che
rtaro, erano riguardate come padrone dispotiche della sorte di tutti,
di
cui regolavano i destini, in guisa che quanto avv
ro. Lo Spanheim dimostra che gli antichi davano al Fato anche il nome
di
Parche ; e Lattanzio afferma che al Fato gli Dei
s) il tagliava. Secondo Tibullo(2), le Parche predicevano sul nascere
di
ciascuno il tenore della sua vita, filando quello
a sua vita, filando quello stame fatale che a nessuno de’ numi è dato
di
sciogliere. Secondo Igìno, esse erano fig. dell’E
bile della nostra sorte che, come dice, Orazio(1), la Divinità cuopre
di
caliginosa notte. Apollodoro però le dice fig. di
la Divinità cuopre di caliginosa notte. Apollodoro però le dice fig.
di
Giove e di Temi. Alcuni vogliono che furon dette
à cuopre di caliginosa notte. Apollodoro però le dice fig. di Giove e
di
Temi. Alcuni vogliono che furon dette Parche per
οιρα, fato, perchè le Parche spesso si confondono col fato. Nell’inno
di
Mercurio attribuito ad Omero, il soggiorno delle
il Parnasso ; il che conviene molto bene colla bellissima invenzione
di
Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sull
nvenzione di Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sulle nozze
di
Peleo e di Teti, introduce le Parche che cantano
i Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e
di
Teti, introduce le Parche che cantano i grandi de
arche che, volgendo i loro fusi, cantano gli eterni decreti del Fato,
di
cui erano ministre(2). Da un verso del lodato poe
Da un verso del lodato poeta(3) si scorge che le Parche erano vestite
di
un abito ricamato di rami di quercia, come alcuni
o poeta(3) si scorge che le Parche erano vestite di un abito ricamato
di
rami di quercia, come alcuni interpetri vogliono,
3) si scorge che le Parche erano vestite di un abito ricamato di rami
di
quercia, come alcuni interpetri vogliono, sebbene
di quercia, come alcuni interpetri vogliono, sebbene altri intendano
di
una corona di quercia che portano sul capo, perch
ome alcuni interpetri vogliono, sebbene altri intendano di una corona
di
quercia che portano sul capo, perchè anche Platon
ano sul capo, perchè anche Platone dice ch’esse aveano il capo ornato
di
corone ; e ne’frammenti di Sofocle Proserpina si
Platone dice ch’esse aveano il capo ornato di corone ; e ne’frammenti
di
Sofocle Proserpina si finge coronata di frondi di
to di corone ; e ne’frammenti di Sofocle Proserpina si finge coronata
di
frondi di quercia. Secondo lo stesso Catullo la v
ne ; e ne’frammenti di Sofocle Proserpina si finge coronata di frondi
di
quercia. Secondo lo stesso Catullo la veste delle
Secondo lo stesso Catullo la veste delle Parche era bellamente orlata
di
porpora di Tiro ; ed Orfeo le dice coperte della
stesso Catullo la veste delle Parche era bellamente orlata di porpora
di
Tiro ; ed Orfeo le dice coperte della più risplen
lla più risplendente e lucida porpora. Baticlete sulla base del trono
di
Amicleo pose le Parche insieme colle Ore intorno
a Plutone ; ed a Megara erano state scolpite da Teocosmo sulla testa
di
un Giove, forse per dinotare che anche questo num
ve, forse per dinotare che anche questo nume era soggetto al Destino,
di
cui le Parche erano ministre. Nel palazzo Pitti a
le Parche erano ministre. Nel palazzo Pitti a Firenze vi è un quadro
di
Michelangelo rappresentante le Parche colla conoc
o rappresentante le Parche colla conocchia, col fuso e colle forbici,
di
così grande espressione che riempiono di spavento
a, col fuso e colle forbici, di così grande espressione che riempiono
di
spavento a vederle. Il destino di ciascuno dagli
sì grande espressione che riempiono di spavento a vederle. Il destino
di
ciascuno dagli antichi si credeva scritto in un l
gge che Giove stesso con Venere va a consultarlo per leggervi il fato
di
Giulio Cesare. Questa specie di archivio, in cui
va a consultarlo per leggervi il fato di Giulio Cesare. Questa specie
di
archivio, in cui la fatale serie delle cose vedev
l luogo, ove soggiornano le tre sorelle, cioè le Parche, ed era fatto
di
bronzo e di solido ferro, sebbene la fatal sorte
soggiornano le tre sorelle, cioè le Parche, ed era fatto di bronzo e
di
solido ferro, sebbene la fatal sorte de’monarchi
e la fatal sorte de’monarchi vi era scritta sul diamante, come quella
di
Cesare, in quella guisa che presso Claudiano A tr
a che presso Claudiano A tropo sul diamante segna le fatidiche parole
di
Giove. Alle volte vediamo le Parche occupate a ca
ve. Alle volte vediamo le Parche occupate a cantare il felice destino
di
alcuni, come nell’epitalamio di Catullo predicano
occupate a cantare il felice destino di alcuni, come nell’epitalamio
di
Catullo predicano il fato glorioso di Achille ; e
di alcuni, come nell’epitalamio di Catullo predicano il fato glorioso
di
Achille ; e spesso prescrivono il tempo che l’uom
ge, allorchè parla del fatale tizzone, al quale era attaccata la vita
di
Meleagro. Esse presiedono al ritorno dall’inferno
ttaccata la vita di Meleagro. Esse presiedono al ritorno dall’inferno
di
tutti coloro che, essendovi entrati, a veano da P
oloro che, essendovi entrati, a veano da Plutone ottenuto il permesso
di
uscirne, come Cerere, Bacco, Ercole, Teseo ed alt
e si servono del ministero degli uomini per togliere la vita a coloro
di
cui è compiuto il corso. Così elegantemente Virgi
ilio(3) per significare che Aleso dovea morire per mano del figliuolo
di
Evandro, dice che le Parche gli posero le mani ad
che le Parche gli posero le mani addosso e lo consacrarono alle armi
di
Evandro, cioè di Pallante, suo figlio. Il veloce
i posero le mani addosso e lo consacrarono alle armi di Evandro, cioè
di
Pallante, suo figlio. Il veloce avvolgersi de’lor
Parche con immutabile volontà regolavano(4). Per significare un uomo,
di
cui la vita fosse stata una serie di sventure, di
ano(4). Per significare un uomo, di cui la vita fosse stata una serie
di
sventure, dicevasi che in sul suo nascere la Parc
con volto nugoloso(1). E questo basti delle Parche. IV. Iconologia
di
Proserpina. Proserpina per ordinario si rappr
per ordinario si rappresenta assisa allato a Plutone, sopra un trono
di
ebano e con una fiaccola in mano ; ovvero sopra u
no de’ narcissi ch’ella raccoglieva, quando fu rapita da Plutone. Non
di
rado si vede col calato sul capo, il qual vaso o
si vede col calato sul capo, il qual vaso o paniere simile a quelli,
di
cui servivansi in Grecia per coglier fiori, era s
ro che teneva Proserpina, allorchè fu rapita da Plutone. Il rapimento
di
questa Dea è quasi il solo avvenimento della sua
scultori abbiano rappresentato. Plinio(2) scrive che Prassitele fece
di
bronzo una Proserpina rapita, opera ch’egli chiam
rpina rapita, opera ch’egli chiama bellissima. Lo stesso autore parla
di
un ratto di Proserpina rappresentato in un quadro
, opera ch’egli chiama bellissima. Lo stesso autore parla di un ratto
di
Proserpina rappresentato in un quadro di Nicomaco
sso autore parla di un ratto di Proserpina rappresentato in un quadro
di
Nicomaco, che vedevasi nel Campidoglio in un temp
o in un quadro di Nicomaco, che vedevasi nel Campidoglio in un tempio
di
Minerva. Sopra un vaso della galleria del princip
on ampio peplo ; sulla testa ha un diadema gemmato ed è adorna ancora
di
una collana e di due braccialetti con perle. Sopr
sulla testa ha un diadema gemmato ed è adorna ancora di una collana e
di
due braccialetti con perle. Sopra i medaglioni e
ana e di due braccialetti con perle. Sopra i medaglioni e le medaglie
di
Siracusa vedesi la testa di Proserpina che fu pre
n perle. Sopra i medaglioni e le medaglie di Siracusa vedesi la testa
di
Proserpina che fu presa da alcuni per quella di A
acusa vedesi la testa di Proserpina che fu presa da alcuni per quella
di
Aretusa, credendo di raffigurarvi delle foglie di
di Proserpina che fu presa da alcuni per quella di Aretusa, credendo
di
raffigurarvi delle foglie di canne, nelle spighe
a alcuni per quella di Aretusa, credendo di raffigurarvi delle foglie
di
canne, nelle spighe che le servono di corona ; ma
do di raffigurarvi delle foglie di canne, nelle spighe che le servono
di
corona ; ma la parola Κορας, donzella, che trovas
te medaglie, prova ch’essa è una Proserpina, la quale, essendo figlia
di
Cerere, può benissimo essere coronata di spighe,
na, la quale, essendo figlia di Cerere, può benissimo essere coronata
di
spighe, come la madre. V. Epiteti principali d
mo essere coronata di spighe, come la madre. V. Epiteti principali
di
Proserpina. Antesforia, da ανθος, fiore, e φ
ta. Core, gr. Κορη, donzella ; soprannome che leggesi nelle medaglie
di
Sicilia, come abbiam detto. Clonia, gr. Χθονιϰ,
trove si è detto. Libera, lat. Libera, così detta da Libero o Bacco,
di
cui si voleva sorella. Libitina, lat. Libitina,
ie eran feste celebrate in Sicilia ed in Atene in memoria delle nozze
di
Proserpina con Plutone. VI. Alcune altre cose
moria delle nozze di Proserpina con Plutone. VI. Alcune altre cose
di
Proserpina. Proserpina, dice il Banier, o Giu
Banier, o Giunone Stigia, la quale spesso disputa ad Atropo l’uffizio
di
reci dere il filo della nostra vita, fu posta anc
nel numero delle Parche. Or ecco come questo Autore spiega la favola
di
esse. La loro grande vecchiezza significa l’etern
le Muse, ciò vuol dire che quelle Dee regolano l’armonia maravigliosa
di
esse, in cui consiste l’ordine ed il sistema dell
terile(1), in segno della sua sterilità. Il simbolo poi più ordinario
di
questa Dea era il papavero, come l’emblema del so
papavero, come l’emblema del sonno de’morti. Consiglio generale
di
pubblica instruzione Napoli 13 Settembre 1856
Vista la domanda del tipografo Andrea Festa, con la quale ha chiesto
di
porre a stampa l’opera intitolata : Compendio di
la quale ha chiesto di porre a stampa l’opera intitolata : Compendio
di
Mitologia per uso de’ giovanetti del Sacerdote D
che non si darà se prima lo stesso Regio Revisore non avrà attestato
di
aver riconosciuto nel confronto esser l’impressio
o esser l’impressione uniforme all’originale approvato. Il Consultore
di
Stato Presidente Provvisorio Cav. Capomazza Il
s Cyttarus. Georg. III. v. 89. Amicla era città della Laeouia, reggia
di
Tindaro, ove furono allevati Castore e Polluce.
(2). In Eliac. cap. 18. (3). Aen. VI, v. 864 sqq. (1). Labus Mus.
di
Mantova. vol. III. tav. 13. (1). Met. XV, v. 196
rer. v. 10, sqq. (3). Virg. Georg. I, v. 212. (1). Stellio, specie
di
lucertola. (1). Cic. Verr. II, cap. 2. (2). De
ai migliori mitologi tanto Italiani, che oltramontani, e si è pensato
di
escluderne non solo quanto riguardar poteva la pa
o di escluderne non solo quanto riguardar poteva la parte più sublime
di
questa Scienza, e non ancora a portata de’ princi
tile, istruttivo : accresciuto e corretto dall’autore, e colla giunta
di
un trattato sulle Divinità favolose adorate dai N
Storia, e la spiegazione della favola. L’indica il suo nome composto
di
due voci Greche, le quali unite significano disco
lici favole : noi le consideriamo come piacevoli invenzioni, o tratti
di
spirito destinati talvolta a spiegare, o piuttost
on doversene punto dubitare, e non vedevano nel tutto, che il sistema
di
religione dagl’Iddj ad essi presentato, e che i P
dotti si sono a maggior segno affaticati per rintracciare la sorgente
di
tali invenzioni : essi hanno azzardato le più pla
he potessero appagare almeno la fantasia : ma non mai loro è riuscito
di
poter dire : ecco la verità. Taluni hanno rinvenu
dire : ecco la verità. Taluni hanno rinvenuto nelle favole l’abbozzo
di
varj effetti naturali2 : altri hanno creduto, che
rj effetti naturali2 : altri hanno creduto, che contenessero precetti
di
morale ; parecchi si sono avvisati, che racchiude
visati, che racchiudessero istoriche verità sfigurate dalla bizzarria
di
una immaginazione amica della menzogna : non escl
diverse figure simboliche de’ lavori dell’agricoltura. A qual dunque
di
tanti sistemi ci appiglieremo ? L’incertezza, e l
problema non lascia luogo alla scelta. Vi sono bensì delle favole, il
di
cui sviluppo è si chiaro, che per negarlo bisogne
nunciare all’istessa evidenza. In quelle solamente non si può perdere
di
vista l’oggetto misterioso, che l’antichità si ha
nota. Ma tali sistemi, ed interpetrazioni sarebbero all’intutto fuori
di
proposito in un’ opera fatta per darci le idee pr
uzione, e la pubblica felicità, come chiaramente rilevasi dalle opere
di
Omero, e di Esiodo1. Del vantaggio della Mitolo
pubblica felicità, come chiaramente rilevasi dalle opere di Omero, e
di
Esiodo1. Del vantaggio della Mitologia. Ma d
l frutto non può essere che scarsissimo : ma per l’opposto ci fornirà
di
grandi vantaggi per bene intendere le opere degli
e opere degli antichi, per la lettura de’ poeti, e per l’intelligenza
di
tanti lavori dell’ultima perfezione usciti dallo
che rimbomba nell’acre, è una Ninfa, che si duole, o piange la morte
di
Narciso. Così il poeta nella nobile combinazione
o piange la morte di Narciso. Così il poeta nella nobile combinazione
di
tante finzioni aleggia nella sua fantasia : adorn
o assai spesso i poeti cangiato le favole a lor talento, non è facile
di
tenere un metodo esatto delle loro vantate invenz
re un metodo esatto delle loro vantate invenzioni. Omero non è sempre
di
accordo con Esiodo : e Ovidio, che visse molto do
ostanza ci avverte, che gli antichi scrittori si assumevano il dritto
di
far parlare, ed agire a lor talento gli Dei : e t
are, ed agire a lor talento gli Dei : e talvolta abusavano pur troppo
di
un tal privilegio. Se non è agevole cosa il conci
ielo ad un novello Dio1. Ma fa d’uopo osservare, che la maggior parte
di
questi Dei sconosciuti nel sistema mitologico, o
, o molto poco vi sono nominati, o per nulla vi entrano. La divisione
di
quest’opera ci darà un’ idea della Mitologia in g
, Vesta, Apollo, Diana, Venere, Marte, Vulcano. I rimanenti otto numi
di
prim’ordine erano il Destino, Saturno, Genio, Plu
Bacco, Amore, Cibele, e Proserpina 2. Vedremo in seguito le Divinità
di
secondo ordine, che preseggono ai campi, ai fiori
Tra questi Agamennone, Ulisse, ec. ec. Vi ha altresì una moltitudine
di
favole accoppiate alla storia degli Dei, ma che p
altro non forma una parte del sistema religioso. Tali erano le favole
di
Bauci, e Filemone, di Piramo, e Tisbe, ed altre c
rte del sistema religioso. Tali erano le favole di Bauci, e Filemone,
di
Piramo, e Tisbe, ed altre consimili. Finalmente g
Tisbe, ed altre consimili. Finalmente gli Uomini fermi nel principio
di
un’idea sublime, e consolante, che la Divinità re
uardiamo tali Divinità come semplici figure allegoriche1. Divinità
di
prim’ordine. Il Destino. Non perchè abb
r questo noi considerarlo come il più degno fra gli Dei, e nel dritto
di
riscuotere gli omaggi de’ mortali : che anzi a lu
cuotere gli omaggi de’ mortali : che anzi a lui non si faceva offerta
di
veruna sorta, poichè niente poteva sperarsi dal m
tien un libro ove è descritto il futuro : gli Dei avevano la facoltà
di
poter consultare cotesto libro2. Spesse fiate i p
ibro2. Spesse fiate i poeti confondono il nome del Destino con quello
di
Legge immutabile, privandolo della Divinità. I
e materie, ond’è composto l’Universo. Vien egli rappresentato in atto
di
assegnare ad ogni elemento il suo posto. Agitando
di assegnare ad ogni elemento il suo posto. Agitandosi in un ammasso
di
luce sembra dissipare da per ogni dove la densità
el zodiaco comincia a comparire sulla sua testa. Si dà ancora il nome
di
Caos alla mole indigesta, che formavano gli eleme
vano gli elementi prima che fossero segregati. Ecco il sublime tratto
di
Ovidio tradotto dall’Anguillara, nel quale trovia
locato seme : Anzi era l’un contrario all’altro opposto Per le parti
di
mezzo, e per l’estremo : Fea guerra il lieve al g
l secco l’umor, col freddo il caldo. ……………………………… Ma quel che ha cura
di
tutte le cose, La natura migliore, e ’l vero Dio,
blime loco. ……………………………… Abbiamo quì rapportato un picciolo squarcio
di
questo celebre pezzo di Ovidio, per far conoscere
Abbiamo quì rapportato un picciolo squarcio di questo celebre pezzo
di
Ovidio, per far conoscere l’idea, che avevano gli
in moto per formarne l’universo. Il dippiù si potrà leggere nel testo
di
Ovidio, e presso il suo anzidetto traduttore.
a certa età, si rivoltarono contro lo stesso loro padre, ad eccezione
di
Oceano. Ma Urano ebbe il di sopra, e li condannò
contro lo stesso loro padre, ad eccezione di Oceano. Ma Urano ebbe il
di
sopra, e li condannò ad essere eternamente legati
eternamente legati : il solo Saturno andò esente da tal pena per cura
di
Titea per essere il prediletto. Questi animato da
cura di Titea per essere il prediletto. Questi animato dallo spirito
di
vendetta spezzò le catene de’ suoi fratelli, e s’
ungendo all’usurpazione il parricidio, mutilò suo padre con una falce
di
ferro, che sua madre gli avea dato. Dal sangue di
padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato. Dal sangue
di
Urano, che si sparse sulla terra nacquero i Gigan
ma. Saturno. Titano, perchè il primogenito, dovea essere l’erede
di
Urano : egli dunque reclamò l’imperio : ma Saturn
aggiustamento, che gli propose Titano, col quale Saturno si obbligava
di
non allevar figli maschi, affinchè il governo fos
evar figli maschi, affinchè il governo fosse ritornato nella famiglia
di
Titano. Tantoppiù Saturno prestò orecchio a tale
ata la vita. Il solo Giove fu esente da tale disgrazia, mercè le cure
di
Cibele sua madre, che accorgendosi essere incinta
retamente da Titèa si ritirò in una grotta Chiamata Dittèa nell’isola
di
Creta, ed ivi partorì Giove, e Giunone ; affidò i
o raccomandò ai Cureti, o sieno Coribanti, Sacerdoti vestiti a foggia
di
guerrieri ; ma bensì ritenne presso di se Giunone
ti, Sacerdoti vestiti a foggia di guerrieri ; ma bensì ritenne presso
di
se Giunone, poichè il trattato stabilito con Tita
ale gli fece recere i figli da lui precedentemente divorati. Il Regno
di
Saturno però non ebbe molta durata. Il torbido su
turno però non ebbe molta durata. Il torbido suo umore, e ’l coraggio
di
Giove turbarono la sua felicità. Egli in fine fu
così dal Latino latere, perchè ivi si nascose per sottrarsi dall’ira
di
Giove. Fu accolto da Giano, principe Tessalo, che
e Tessalo, che regnava allora nel Lazio. Col consiglio, ed assistenza
di
questo Dio, Giano civilizzò i suoi popoli, insegn
dagli uomini. Fu ascritto egli stesso al numero degli Dei, col titolo
di
Dio della pace. Il suo Tempio era chiuso, allorch
era chiuso, allorchè la guerra era finita : onde in seguito dicevasi
di
qualche principe Romano, che aveva data la pace a
omano, che aveva data la pace all’imperio : Egli ha chiuso il tempio
di
Giano . Egli era effigiato a due facce : sia perc
era effigiato a due facce : sia perchè avendo egli il dritto sul mese
di
Gennajo riguardasse l’anno scorso, e quello, che
a, e sopraffatto dalla disperazione ritirossi nella Sicilia, ove morì
di
dispiacere. Questa è la favola di Saturno : una d
e ritirossi nella Sicilia, ove morì di dispiacere. Questa è la favola
di
Saturno : una delle più chiare, e facili a spiega
mente ci restituisce i giorni, e le notti. Cibele. Cibele figlia
di
Urano, presso i Greci Cibebe, era la sorella, e l
le figlia di Urano, presso i Greci Cibebe, era la sorella, e la sposa
di
Saturno, a cui partorì molti figli. Varj furono i
rno, a cui partorì molti figli. Varj furono i suoi nomi. Ebbe il nome
di
Cibele da una montagna della Frigia : come pure T
ta ; fu chiamata Magna Mator, o Mater Deum, qual Madre delle Divinità
di
prim’ordine ; come altresì Vesta l’antica per dis
Titèa sua madre. Questa Dea ci viene rappresentata sotto le sembianze
di
una donna robusta, coronata di foglie di quercia,
viene rappresentata sotto le sembianze di una donna robusta, coronata
di
foglie di quercia, avendo in mano una chiave, ed
resentata sotto le sembianze di una donna robusta, coronata di foglie
di
quercia, avendo in mano una chiave, ed un timpano
rcia, avendo in mano una chiave, ed un timpano con sopravveste sparsa
di
fiori, assisa sopra di un carro tirato da’ lioni1
a chiave, ed un timpano con sopravveste sparsa di fiori, assisa sopra
di
un carro tirato da’ lioni1. Talvolta è figurata a
lioni1. Talvolta è figurata all’impiedi, o cavalcando un lione, e non
di
rado con un piede in terra, ed un altro sul rostr
un lione, e non di rado con un piede in terra, ed un altro sul rostro
di
una nave, per dinotare il di lei dominio sull’uno
n piede in terra, ed un altro sul rostro di una nave, per dinotare il
di
lei dominio sull’uno, e l’altro elemento. In pare
uno, e l’altro elemento. In parecchi templi dell’antichità, le statue
di
Cibele altro non erano, che semplici piramidi, pe
del suo sopracciglio tremava l’Universo : il Fato solamente aveva su
di
lui la preminenza(1). Dopo aver vinto Saturno, eg
e, un tridente per Nettuno ; a Giove fu riserbato il fulmine composto
di
grandine, di acqua, di fuoco, di vento, con framm
e per Nettuno ; a Giove fu riserbato il fulmine composto di grandine,
di
acqua, di fuoco, di vento, con frammischiarvi la
uno ; a Giove fu riserbato il fulmine composto di grandine, di acqua,
di
fuoco, di vento, con frammischiarvi la luce, lo s
ove fu riserbato il fulmine composto di grandine, di acqua, di fuoco,
di
vento, con frammischiarvi la luce, lo scoppio, il
ro la sua reggia, sovrapposero montagne sopra montagne. Temendo Giove
di
soccombere, chiamò in suo ajuto tutte le divinità
ajuto tutte le divinità. La Dea Stige, che regnava sopra ai fiumi, le
di
cui acque circondavano l’inferno, fu la prima ad
ui acque circondavano l’inferno, fu la prima ad accorrere in soccorso
di
Giove, recando seco la Vittoria, il Potere, l’Emu
da lei nati. Per compenso volle Giove, che i giuramenti fatti in nome
di
Stige neppure i Dei potessero violare. Il Destino
a altresì predetto, che per ultimar questa guerra ci voleva la destra
di
un uomo : Giove a tal tempo si servì di Ercole, c
ta guerra ci voleva la destra di un uomo : Giove a tal tempo si servì
di
Ercole, che diede non equivoci contrassegni del s
oprattutto si distinse Minerva, che seppellì Encelado sotte l’Etna, i
di
cui sforzi si risentono tuttavia, al dire de’ Poe
fiamme, e sassi per liberarsi dal grave peso, che l’opprime. Per mano
di
Minerva cadde pur il Gigante Pallante, della di c
e l’opprime. Per mano di Minerva cadde pur il Gigante Pallante, della
di
cui pelle ella si coprì, con prenderne anche il n
pelle ella si coprì, con prenderne anche il nome ad eterna ricordanza
di
tale vittoria. Cadde finalmente in questa guerra
il terrore, che ispirava. Egli aveva cento teste con serpenti armati
di
lingue nere, ed avvelenate, vibranti urli che inc
i presero la fuga, e si nascosero colà nell’Egitto sotto le sembianze
di
diversi animali ; ma Giove più coraggioso abbattè
tente nemico : lo rovesciò, e restituì la pace all’Olimpo. In seguito
di
tale vittoria, che sommamente accrebbe la potenza
impo. In seguito di tale vittoria, che sommamente accrebbe la potenza
di
Giove, volle questi occuparsi del governo del Mon
i si diede in preda sì fattamente, che la sua maestà fu più degradata
di
quello, che sarebbe avvenuto ad un uomo. Noi avre
quello, che sarebbe avvenuto ad un uomo. Noi avremo sovente occasione
di
parlare delle diverse sembianze, sotto le quali s
la sua dignità. Omero, che ci ha data fra i poeti un’idea più nobile
di
Giove, ce lo dipinge accigliato, colla fronte cov
che a suo talento distribuisce. Talvolta è rappresentato assiso sopra
di
un carro, e spessissimo sopra l’aquila, che per t
o sopra l’aquila, che per tale ragione chiamasi comunemente l’Augello
di
Giove. L’armatura, che difendeva questo Dio, era
Capra, che in progresso fu donata a Minerva, che ci appiccò la testa
di
Medusa. Vedremo non di rado Giove sotto la figura
o fu donata a Minerva, che ci appiccò la testa di Medusa. Vedremo non
di
rado Giove sotto la figura di un ariete, o almeno
appiccò la testa di Medusa. Vedremo non di rado Giove sotto la figura
di
un ariete, o almeno colle corna di questo animale
non di rado Giove sotto la figura di un ariete, o almeno colle corna
di
questo animale, detto perciò Giove Ammone, o sia
per cavarsi la sete. Appena che questo Dio ebbe implorato il soccorso
di
Giove, si vide innanzi un ariete, che battendo la
n ariete, che battendo la terra col suo piede ne scaturì una sorgente
di
acqua. Bacco riconoscente innalzò un altare al su
onoscente innalzò un altare al suo benefattore sotto la denominazione
di
Giove Ammone (2). Giunone. Giunone era sorell
zione di Giove Ammone (2). Giunone. Giunone era sorella, e moglie
di
Giove. Per tale gli Dei la riconoscevano. La sua
maestà del suo grado : ma il suo orgoglio era insoffribile. Parlando
di
se stessa, ella dicea « Io sposa, e sorella di ch
insoffribile. Parlando di se stessa, ella dicea « Io sposa, e sorella
di
chi regge il tuono, Regina degli Dei, del Cielo,
palese al Mondo, che questi Dei sì potenti nulla possono al paragone
di
me » ! Virg. I risultati di questo rispettabile m
Dei sì potenti nulla possono al paragone di me » ! Virg. I risultati
di
questo rispettabile matrimonio non furono altrett
impo era testimonio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perdeva giammai
di
vista tutti gli andamenti del suo sposo, e perseg
nti del suo sposo, e perseguitava a morte chiunque poteva darle ombra
di
sospetto. Sfogò il suo sdegno principalmente sopr
eva darle ombra di sospetto. Sfogò il suo sdegno principalmente sopra
di
Io, Europa, Semele, e Latona. Argo fornito di cen
no principalmente sopra di Io, Europa, Semele, e Latona. Argo fornito
di
cent’occhi, che aveva in guardia Io cangiata da G
zzato da Mercurio, e transformato in pavone. La Dea in compenso della
di
lui fedeltà appiccò gli occhi del suddetto alla c
perchè accompagnava la sposa alla casa del marito. Per testimonianza
di
Cicerone fu altresì detta Moneta dal Latino moner
Latino monere per una voce, che fu udita nel suo tempio in occasione
di
un fiero terremoto, colla quale si avvertivano i
occasione di un fiero terremoto, colla quale si avvertivano i Romani
di
sacrificare una troja gravida per placare lo sdeg
rticolarmente. Crucciata Giunone per essere nata Minerva dal cervello
di
Giove senz’averci avuta parte, volle altresì ella
ndicato un fiore, che appena toccato dalla Dea la fece diventar madre
di
Marte. La sempre bella Ebe era la Dea della giovi
. La sempre bella Ebe era la Dea della giovinezza. Il suo impiego era
di
porgere il nettare agli Dei : ma cessarono le sue
are agli Dei : ma cessarono le sue funzioni, dacchè ebbe la disgrazia
di
cadere una volta al di loro cospetto. A tale uffi
rono le sue funzioni, dacchè ebbe la disgrazia di cadere una volta al
di
loro cospetto. A tale uffizio fu destinato il gen
elo sulla terra con un calcio. Vulcano non curò questo maltrattamento
di
suo padre, ma non perdonò a sua madre, che lo ave
cano volle essere il ministro. Egli sospese in aria Giunone per mezzo
di
due pietre di calamita colle incudini attaccate a
ere il ministro. Egli sospese in aria Giunone per mezzo di due pietre
di
calamita colle incudini attaccate ai calcagni, do
dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei si affaticarono
di
liberarla : il solo Vulcano poteva darle ajuto :
rla : il solo Vulcano poteva darle ajuto : ma questi non si determinò
di
farlo, se non a condizione, che gli si darebbe in
e, che gli si darebbe in isposa Venere la più bella fralle Dee. Oltre
di
Argo aveva Giunone al suo servizio anche una mess
a Giunone al suo servizio anche una messaggiera per nome Iride figlia
di
Taumante, e di Elettra, e sorella delle Arpìe. El
o servizio anche una messaggiera per nome Iride figlia di Taumante, e
di
Elettra, e sorella delle Arpìe. Ella era assai ca
rco celeste. Giunone è rappresentata riccamente vestita, assisa sopra
di
un carro tirato da pavoni, portando lo scettro in
cettro in mano, ed un pavone al suo fianco. Cerere. Cerere figlia
di
Soturno, e di Cibele era la Dea delle biade, e de
, ed un pavone al suo fianco. Cerere. Cerere figlia di Soturno, e
di
Cibele era la Dea delle biade, e de’ campi. Ella
diva benefica ebbe da Giove la rinomata Proserpina, infelice cagione
di
tante sue sciagure. Mentre un giorno questa giova
tante sue sciagure. Mentre un giorno questa giovane Dea in compagnia
di
alcune Ninfe passeggiava per le praterìe di Sicil
giovane Dea in compagnia di alcune Ninfe passeggiava per le praterìe
di
Sicilia accanto la fontana di Enna, incontrossi c
lcune Ninfe passeggiava per le praterìe di Sicilia accanto la fontana
di
Enna, incontrossi con Plutone, che lasciato per p
orrisposto, la rapì, e la fece sedere nel suo carro tirato da cavalli
di
color nero a dispetto delle lagnanze di Minerva,
l suo carro tirato da cavalli di color nero a dispetto delle lagnanze
di
Minerva, e Cianea, che fu punita per tal cagione
tal cagione da Plutone, con averla cangiata in un fonte ne’ contorni
di
Siracusa. Al momento, che Cerere si accorse della
ontorni di Siracusa. Al momento, che Cerere si accorse della mancanza
di
sua figlia, l’andò di notte, e di giorno cercando
l momento, che Cerere si accorse della mancanza di sua figlia, l’andò
di
notte, e di giorno cercando per tutta la terra co
he Cerere si accorse della mancanza di sua figlia, l’andò di notte, e
di
giorno cercando per tutta la terra con fiaccole a
nell’Etna. Ritrovò ella il velo, che a Proserpina era caduto sul lago
di
Siracusa nel volersi difendere dalla violenza di
era caduto sul lago di Siracusa nel volersi difendere dalla violenza
di
Plutone : e dalla Ninfa Aretusa, le cui acque sco
nferno, che nel solo caso ch’ella non avesse gustato alcun nutrimento
di
qualunque sorta. Ascalafo l’accusò di aver mangia
avesse gustato alcun nutrimento di qualunque sorta. Ascalafo l’accusò
di
aver mangiato de’ granelli di un pomo granato, pe
o di qualunque sorta. Ascalafo l’accusò di aver mangiato de’ granelli
di
un pomo granato, per la qual denuncia fu cangiato
r la qual denuncia fu cangiato in gufo : ma fu accordato a Proserpina
di
poter passare sei mesi con sua madre, ed altretta
vamente all’agricoltura con insegnarne i principj a Trittolemo figlio
di
Celèo Re di Eleusi, inculcando al medesimo che ne
agricoltura con insegnarne i principj a Trittolemo figlio di Celèo Re
di
Eleusi, inculcando al medesimo che ne avesse isti
ando al medesimo che ne avesse istituiti altresì gli uomini. In vista
di
tal comando scorse Trittolemo l’Asia, e l’Europa.
’Europa. Mancò poco però, che nella Scizia non fosse perito per parte
di
Linco geloso della preminenza, che in tal mestier
nza, che in tal mestiere a Trittolemo aveva Cerere accordata. In pena
di
sua perfidia Linco fu trasmutato in Lince, animal
tato in Lince, animale ch’è simbolo della crudeltà. Cadde la vendetta
di
questa Dea altresì sopra di Erisittone, uno de’ p
simbolo della crudeltà. Cadde la vendetta di questa Dea altresì sopra
di
Erisittone, uno de’ primi di Tessaglia per aver q
la vendetta di questa Dea altresì sopra di Erisittone, uno de’ primi
di
Tessaglia per aver questi tagliata una foresta co
ri per soddisfarla. Cerere vien rappresentata ordinariamente coronata
di
spighe con una fiaccola in una mano, e nell’altra
ronata di spighe con una fiaccola in una mano, e nell’altra un fascio
di
biade1. Vesta. Parimente figlia di Saturno, e
a mano, e nell’altra un fascio di biade1. Vesta. Parimente figlia
di
Saturno, e Cibele era Vesta Dea della verginità,
o il fuoco, che ai raggi solari ogni anno si raccendeva nelle calende
di
Marzo. Le sue Sacerdotesse dette Vestali erano ob
a chi non manteneva il fuoco acceso sopra il suo altare. La pena era
di
essere seppellita viva all’istante. Apollo. A
oeti ; come pure lo è della musica, dell’eloquenza, della medicina, e
di
tutte le belle arti. Riguardavano gli antichi que
erato come il Sole medesimo. Lo chiamavano altresì Febo, assiso sopra
di
un carro sfavillante, e tirato da quattro furiosi
la sorpresa dove tu spandi i tuoi raggi. » Quinault. L’Aurora figlia
di
Titano, e della Terra apre ogni mattina le porte
del Cielo al carro del Sole. Questo carro circondato dalle Ore figlie
di
Giove, e di Temi, impiega dodici ore a fare il su
carro del Sole. Questo carro circondato dalle Ore figlie di Giove, e
di
Temi, impiega dodici ore a fare il suo giro. Al f
e Muse. La sua Reggia è in Parnaso, in Pindo, in Elicona ; sulle rive
di
Permesso, del fonte Castalio, o d’Ippocrene, luog
fonte Castalio, o d’Ippocrene, luoghi poco discosti dall’amene valli
di
Tempe nella Tessaglia. Talvolta questo Dio annunc
questo Dio annuncia ai mortali la loro sorte ; l’oracolo più celebre
di
questa divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì s
seguir Diana sua sorella nel più forte delle boscaglie sotto la forma
di
un giovine leggiadro, con capelli ondeggianti sug
adro, con capelli ondeggianti sugli omeri, con turcasso dorato, pieno
di
frecce, e con arco alla mano, come appunto si oss
o alla mano, come appunto si osserva nella superba statua dell’Apollo
di
Belvedere. L’artista servendosi del marmo di Carr
perba statua dell’Apollo di Belvedere. L’artista servendosi del marmo
di
Carrara ignoto ai Greci, ma il più atto a potere
fierezza, e ’l disprezzo dopo aver ucciso il serpente Pitone in atto
di
guardarlo mentre spira. Di questo mostro ecco la
arlo mentre spira. Di questo mostro ecco la favola. Latona era figlia
di
Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e di Diana. Acc
re spira. Di questo mostro ecco la favola. Latona era figlia di Ceo e
di
Febe, e madre di Apollo, e di Diana. Accortasi Gi
to mostro ecco la favola. Latona era figlia di Ceo e di Febe, e madre
di
Apollo, e di Diana. Accortasi Giunone della prope
o la favola. Latona era figlia di Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e
di
Diana. Accortasi Giunone della propensione di Gio
e, e madre di Apollo, e di Diana. Accortasi Giunone della propensione
di
Giove per questa giovanetta, ebbra di sdegno la s
rtasi Giunone della propensione di Giove per questa giovanetta, ebbra
di
sdegno la scacciò dal Cielo, e per non darle treg
lo, e per non darle tregua in verun luogo, obbligò la Terra a giurare
di
non darle un asilo neppure nel suo seno. Di più f
resso uno stagno ; i terrazzani che tagliavano giunchi, le proibirono
di
dissetarsi. Sdegnato Giove dal Cielo di tanta bar
iavano giunchi, le proibirono di dissetarsi. Sdegnato Giove dal Cielo
di
tanta barbarie, e mosso dai prieghi di Latona, ca
arsi. Sdegnato Giove dal Cielo di tanta barbarie, e mosso dai prieghi
di
Latona, cangiò questi uomini insensibili in ranoc
nocchi, e li condannò ad abitare ne’ pantani. Ad onta però del potere
di
Giove, non avrebbe Latona ritrovato un sito ove s
del suo tridente non avesse fatta sorgere dal fondo del mare l’isola
di
Delo, non inclusa nel giuramento fatto dalla Terr
ramento fatto dalla Terra. Colà rifugiossi Latona, e sotto una pianta
di
palma partorì Apollo, e Diana. Apollo per gratitu
pria errante nel mare : e tosto che fu adulto, ed istruito nell’arte
di
maneggiar l’arco, ammazzò il serpente Pitone, che
bocca, ed i suoi urli arrivavano fino al Cielo. Il suo corpo coverto
di
piume al di sopra, e di serpenti al di sotto tocc
suoi urli arrivavano fino al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al
di
sopra, e di serpenti al di sotto toccava il cielo
rrivavano fino al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e
di
serpenti al di sotto toccava il cielo, e la terra
al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e di serpenti al
di
sotto toccava il cielo, e la terra. Moltiplici fu
di sotto toccava il cielo, e la terra. Moltiplici furono le avventure
di
Apollo, riguardandolo in qualità di un giovane ga
a. Moltiplici furono le avventure di Apollo, riguardandolo in qualità
di
un giovane gajo di età sempre fresca, ed istruito
o le avventure di Apollo, riguardandolo in qualità di un giovane gajo
di
età sempre fresca, ed istruito nelle belle arti.
ta Ninfa. Un giorno mentre l’inseguiva a tutta possa, ella per timore
di
cadere fralle di lui mani, chiamò in suo ajuto Pe
no mentre l’inseguiva a tutta possa, ella per timore di cadere fralle
di
lui mani, chiamò in suo ajuto Penèo suo padre, e
o suo padre, e fu tosto cangiata in alloro. Il Dio, ad eterna memoria
di
questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la
di questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la lira delle foglie
di
questa pianta, e volle altresì, che la corona di
la lira delle foglie di questa pianta, e volle altresì, che la corona
di
alloro fosse in seguito il premio de’ guerrieri,
o il premio de’ guerrieri, e de’ poeti. Amò ancora Leucotoe figliuola
di
Orcamo Re di Babilonia, presso la quale egli s’in
e’ guerrieri, e de’ poeti. Amò ancora Leucotoe figliuola di Orcamo Re
di
Babilonia, presso la quale egli s’introdusse sott
mo Re di Babilonia, presso la quale egli s’introdusse sotto l’aspetto
di
Eurinome sua madre. Clizia figlia dell’Oceano, ch
potè salvarla, la tramutò in una pianta, che dà l’incenso. Il rimorso
di
un tal attentato condusse a morte Clizia cangiata
che gli estinti, e fra questi a restituire la vita ad Ippolito figlio
di
Tesèo. Un potere così grande ingelosì lo stesso G
roncò i giorni ad Esculapio, e lo situò poi nel Cielo sotto l’aspetto
di
una costellazione detta Serpentario, ascrivendolo
come Dio della medicina. Era rappresentato questo Dio sotto la figura
di
un uomo grave, coperto da un mantello con bastone
una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il tempio più famoso
di
questo Dio era in Epidauro, dove i Sacerdoti pret
e i Sacerdoti pretendevano, che loro si manifestasse sovente in forma
di
serpente. La morte di Esculapio fu cagione di una
vano, che loro si manifestasse sovente in forma di serpente. La morte
di
Esculapio fu cagione di una ben seria sventura di
stasse sovente in forma di serpente. La morte di Esculapio fu cagione
di
una ben seria sventura di Apollo. Non potendo que
serpente. La morte di Esculapio fu cagione di una ben seria sventura
di
Apollo. Non potendo questo Dio attaccar Giove di
a ben seria sventura di Apollo. Non potendo questo Dio attaccar Giove
di
fronte per vendicarsi, ammazzò a furia di frecce
o questo Dio attaccar Giove di fronte per vendicarsi, ammazzò a furia
di
frecce i Ciclopi, che avevano fabbricato il fulmi
retto, per non perir della fame, ad avvilirsi a pascolare gli armenti
di
Admeto Re di Tessaglia. Qual impiego avendo lasci
n perir della fame, ad avvilirsi a pascolare gli armenti di Admeto Re
di
Tessaglia. Qual impiego avendo lasciato per i fur
i di Admeto Re di Tessaglia. Qual impiego avendo lasciato per i furti
di
Mercurio, non trovò altra via, che di fare il mur
ego avendo lasciato per i furti di Mercurio, non trovò altra via, che
di
fare il muratore con offrire unito a Nettuno, par
lla divinità, al Re Laomedonte la sua opera nella fabbrica delle mura
di
Troja. La mercede fu convenuta : ma questi che no
uesti che non aveva molta dilicatezza, terminato il lavoro, gli mancò
di
parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una p
olta dilicatezza, terminato il lavoro, gli mancò di parola. Lo sdegno
di
Apollo fu cagione, che una pestilenza attaccò gli
Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una pestilenza attaccò gli stati
di
questo principe spergiuro. Da Nettuno contemporan
va promessa in isposa a questo Eroe : ma al suo solito pure gli mancò
di
parola. Infuriato Ercole per tale indegnità, asse
reso Laomedonte, lo ammazzò. Volle in seguito, che Telamone figliuolo
di
Eaco Re di Salamina sposasse Esione, in guiderdon
onte, lo ammazzò. Volle in seguito, che Telamone figliuolo di Eaco Re
di
Salamina sposasse Esione, in guiderdone del corag
sere stato il primo nell’assalto. Rimesso finalmente Apollo in grazia
di
Giove, comparì nuovamente nel Cielo rivestito del
gli attirò una nuova disgrazia. Fetonte a lui nato da Climene figlia
di
Teti, e dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe
di Teti, e dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe con Epafo figlio
di
Giove, e di Jo, per avergli quest’ultimo rinfacci
dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe con Epafo figlio di Giove, e
di
Jo, per avergli quest’ultimo rinfacciato di non e
Epafo figlio di Giove, e di Jo, per avergli quest’ultimo rinfacciato
di
non essere nato da Apollo, come egli credeva. Il
ne Fetonte portò le sue doglianze a Climene sua madre, che gl’insinuò
di
recarsi ad Apollo per assicurarsene, locchè senza
contrassegno della paterna tenerezza. Fetonte gli chiedette in grazia
di
poter condurre per un sol giorno il suo carro per
il carro risplendente, e si allontana pur troppo, malgrado il divieto
di
suo padre. Ma i cavalli indocili all’insolita voc
il Cielo talora, talora verso la terra, portano dappertutto la forza
di
un fuoco distruttore. I monti s’incendiano, le pi
zza a Giove i suoi prieghi. Il Re degli Dei mosso a compassione diede
di
piglio al suo fulmine, e lo scagliò contro Fetont
Pò. Le Eliadi figlie del Sole Lampetusa, Lampezia, e Faetusa, sorelle
di
Fetonte sentirono il più vivo dolore di sua morte
Lampezia, e Faetusa, sorelle di Fetonte sentirono il più vivo dolore
di
sua morte : furono cangiate in pioppi, e le di lo
ono il più vivo dolore di sua morte : furono cangiate in pioppi, e le
di
loro lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno
furono cangiate in pioppi, e le di loro lagrime diventarono granelli
di
ambra. Cicno amico di Fetonte ne morì di dolore,
oppi, e le di loro lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno amico
di
Fetonte ne morì di dolore, e fu trasformato in Ci
lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno amico di Fetonte ne morì
di
dolore, e fu trasformato in Cigno. Apollo dopo av
pente Pitone, volle altresì vendicarsi dell’orgoglio, e del disprezzo
di
Niobe Regina di Tebe, figliuola di Tantalo, e mog
lle altresì vendicarsi dell’orgoglio, e del disprezzo di Niobe Regina
di
Tebe, figliuola di Tantalo, e moglie di Anfione.
rsi dell’orgoglio, e del disprezzo di Niobe Regina di Tebe, figliuola
di
Tantalo, e moglie di Anfione. Ella superba per av
del disprezzo di Niobe Regina di Tebe, figliuola di Tantalo, e moglie
di
Anfione. Ella superba per aver sette figli maschi
fione. Ella superba per aver sette figli maschi, e sette femmine ardì
di
aver la preminenza su di Latona, che non ne aveva
ver sette figli maschi, e sette femmine ardì di aver la preminenza su
di
Latona, che non ne aveva che due, portando la sua
di Latona, che non ne aveva che due, portando la sua empietà al segno
di
frastornare le feste, che si celebravano in onore
empietà al segno di frastornare le feste, che si celebravano in onore
di
questa Dea, che per punirla si rivolse a’ suoi fi
questa Dea, che per punirla si rivolse a’ suoi figli. Apollo a colpi
di
frecce uccise i maschi, che si esercitavano in un
egli meritava ; fu soggetto ai colpi dell’invidia. Pane ebbe l’ardire
di
mettere al paragone il suo flauto alla lira del f
be l’ardire di mettere al paragone il suo flauto alla lira del figlio
di
Latona : gli propose una disfida, che Apollo vole
na : gli propose una disfida, che Apollo volentieri accettò. Tmolo Re
di
Lidia fu scelto per giudice, ed il suo voto fu pe
o per giudice, ed il suo voto fu per Apollo. Mida ivi pur presente fu
di
contrario avviso ; Apollo sdegnato della sua teme
i a quelli dell’asino. Il povero Mida disperato per tal regalo, cercò
di
nascondergli sotto un’alta berretta. Per disgrazi
Marsia satiro, e musico valentissimo, che parimente ebbe il coraggio
di
sfidare il Dio delle Muse. Accettò Apollo la sfid
l Dio delle Muse. Accettò Apollo la sfida a patto, che chi restava al
di
sotto, fosse stato a discrezione del vincitore. M
n albero, vivo fu scorticato. Le Ninfe si dilettavano delle cantilene
di
questo satiro, e lo piansero tanto, che colle di
vano delle cantilene di questo satiro, e lo piansero tanto, che colle
di
loro lagrime crebbe di molto il volume delle acqu
questo satiro, e lo piansero tanto, che colle di loro lagrime crebbe
di
molto il volume delle acque di un fiume della Fri
anto, che colle di loro lagrime crebbe di molto il volume delle acque
di
un fiume della Frigia detto Marsìa. Questi sono i
rigia detto Marsìa. Questi sono i principali avvenimenti della storia
di
Apollo. Diana. Diana figlia di Giove, e di La
rincipali avvenimenti della storia di Apollo. Diana. Diana figlia
di
Giove, e di Latona, sorella gemella di Apollo ven
venimenti della storia di Apollo. Diana. Diana figlia di Giove, e
di
Latona, sorella gemella di Apollo veniva riguarda
pollo. Diana. Diana figlia di Giove, e di Latona, sorella gemella
di
Apollo veniva riguardata in tre diversi aspetti,
cioè nel Cielo, nella terra, e nell’inferno. Nel Cielo sotto il nome
di
Selene, o di Febe, durante la notte, guidava il c
lo, nella terra, e nell’inferno. Nel Cielo sotto il nome di Selene, o
di
Febe, durante la notte, guidava il carro lunare,
terra ella era tutta dedíta alla caccia, e chiamavasi Diana. Il nome
di
Ecate a lei si appropriava nell’inferno, dove il
ai ciurmadori. Triplice Ecate talvolta perciò la chiamavano. Era ella
di
più la Dea della verginità, e de’ parti. Come nac
Dea della verginità, e de’ parti. Come nacque alquanti momenti prima
di
Apollo, non sì tosto vide la luce del giorno, che
atona, e tocca dai dolori, che provava sua madre nel partorire, giurò
di
serbare in perpetuo la sua verginità. Il suo pudo
grande, che arrivò a punire severamente Attèone, ch’ebbe la sventura
di
vederla nel bagno. Questi era un insigne cacciato
ura di vederla nel bagno. Questi era un insigne cacciatore, figliuolo
di
Aristèo, e nipote di Cadmo. Sdegnato la Dea per l
gno. Questi era un insigne cacciatore, figliuolo di Aristèo, e nipote
di
Cadmo. Sdegnato la Dea per l’involontario fallo,
. Ella castigò altresì le Ninfe, che la seguivano. Callisto figliuola
di
Licaone fu amata da Giove, che per sedurla più fa
ne fu amata da Giove, che per sedurla più facilmemte, prese l’aspetto
di
Diana istessa. La Dea venuta in cognizione del tu
isto, che dopo qualche tempo diede alla luce Arcade. Furono a notizia
di
Giunone i nuovi intrighi del suo sposo, e Callist
none i nuovi intrighi del suo sposo, e Callisto pagò il fio del reato
di
Giove : Giunone implacabile trasformò in orsa que
ta da Arcade suo figlio, e valente cacciatore. Questi non era al caso
di
riconoscerla, stava già sul punto di scagliarle i
cciatore. Questi non era al caso di riconoscerla, stava già sul punto
di
scagliarle i suoi dardi, se Giove non si fosse af
ul punto di scagliarle i suoi dardi, se Giove non si fosse affrettato
di
evitare un parricidio con aver sottratto la madre
uò nel cielo tra ’l numero delle costellazioni. Callisto ebbe il nome
di
Orsa maggiore, ed Arcade quello di Orsa minore, o
stellazioni. Callisto ebbe il nome di Orsa maggiore, ed Arcade quello
di
Orsa minore, o Boote, Bifolco. Diana assai gelosa
folco. Diana assai gelosa de’ suoi dritti avvolse ne’ malanni la casa
di
Enéo Re di Calidonia, per non essersi questi rico
a assai gelosa de’ suoi dritti avvolse ne’ malanni la casa di Enéo Re
di
Calidonia, per non essersi questi ricordato di le
nni la casa di Enéo Re di Calidonia, per non essersi questi ricordato
di
lei in un sacrifizio che offrì a tutti gli Dei, c
un sacrifizio che offrì a tutti gli Dei, con aver inviato un cignale
di
enorme grandezza negli stati di questo principe.
gli Dei, con aver inviato un cignale di enorme grandezza negli stati
di
questo principe. Molti de’ primi guerrieri della
guerrieri della Grecia si unirono per dargli caccia. Atalanta figlia
di
Glasio Re di Arcadia fu la prima a ferirlo. Melea
lla Grecia si unirono per dargli caccia. Atalanta figlia di Glasio Re
di
Arcadia fu la prima a ferirlo. Meleagro figliuodi
sio Re di Arcadia fu la prima a ferirlo. Meleagro figliuodi Enèo finì
di
ucciderlo, e spinto dal coraggio che aveva mostra
esta giovane principessa, le offrì il teschio del cignale. I fratelli
di
Altea moglie di Enèo credettero, che questa spogl
ncipessa, le offrì il teschio del cignale. I fratelli di Altea moglie
di
Enèo credettero, che questa spoglia dovesse esser
di Altea moglie di Enèo credettero, che questa spoglia dovesse essere
di
loro pertinenza. La contesa andò avanti, si venne
nenza. La contesa andò avanti, si venne alle mani, o riuscì a Melagro
di
vincere i suoi nemici : in seguito egli sposò Ata
nemici : in seguito egli sposò Atalanta. Malgrado che Diana giurasse
di
esser casta, e sommo fosse il suo contegno, s’inv
na giurasse di esser casta, e sommo fosse il suo contegno, s’invagchì
di
Endimione leggiadro pastorello di Caria, nipote d
o fosse il suo contegno, s’invagchì di Endimione leggiadro pastorello
di
Caria, nipote di Giove, e dal medesimo condannato
ntegno, s’invagchì di Endimione leggiadro pastorello di Caria, nipote
di
Giove, e dal medesimo condannato a dormire per se
edesimo condannato a dormire per sempre nell’inferno, per avere osato
di
pretendere sopra Giunone. Ma Diana, che sotto il
avere osato di pretendere sopra Giunone. Ma Diana, che sotto il nome
di
Ecate aveva una grande influenza nell’impero di P
na, che sotto il nome di Ecate aveva una grande influenza nell’impero
di
Plutone, di là il trasse, e lo nascose in una gro
o il nome di Ecate aveva una grande influenza nell’impero di Plutone,
di
là il trasse, e lo nascose in una grotta del mont
atmos nella Caria. Vedesi Diana ordinariamente rappresentata in abito
di
cacciatore col turcasso sulle spalle, e coll’arco
à sono rivolte verso il Cielo : ornamento, che indica, il suo impiego
di
condurre il carro della luna. Talvolta è tirata s
il suo impiego di condurre il carro della luna. Talvolta è tirata su
di
un carro da due cervi : qualche volta porta una f
stinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La sua effigie è coronata
di
allori con qualche papiro alla mano, o con un lib
l doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa : la sua corona era
di
ellera, recando in mano una maschera, e ’l pedum,
ndo in mano una maschera, e ’l pedum, o sia bastone pastorale. Ornata
di
corona regale Melpomene spiegava i suoi dritti su
eggiata da piccoli amori. Polimnia è la musa della memoria. L’indole
di
tal nome porta seco il significato di molti Inni,
la musa della memoria. L’indole di tal nome porta seco il significato
di
molti Inni, per indicare i diversi soggetti, che
perciò la Musa dell’astronomia. La sua testa è coronata da un diadema
di
stelle : ha per insegna un compasso, un globo, ed
l’imperi, Con rendere immortali uomini, e Dei. Canta Calliope al suon
di
dolce lira, Ed alte imprese scopo son del canto.
vità Melpomene narrando Tragici eventi, a pianger ci riduce. Coronata
di
mirti Erato esalta Le dolcezze di amore, e le con
enti, a pianger ci riduce. Coronata di mirti Erato esalta Le dolcezze
di
amore, e le conquiste. Di piccol flauto i suoni a
ia insegna, Atteggiando cogli occhi, e col sembiante. Destasi al suon
di
musico stromento Terpsicore, e danzar snella si v
danzar snella si vede. Col spirto animator dell’opre belle Le figlie
di
Memoria Apollo investe Le guida ognor, e l’immort
lio. Appena uscita alla luce questa Dea, Zefiro la condusse all’Isola
di
Cipro, dove le Ore presero cura della sua educazi
a tale che fu giudicata la più bella fra le Dee, ed a lei in concorso
di
Pallade, e Giunone, fu dato da Paride il pomo di
ed a lei in concorso di Pallade, e Giunone, fu dato da Paride il pomo
di
oro, che la Discordia aveva gittato dove si celeb
o di oro, che la Discordia aveva gittato dove si celebrarono le nozze
di
Teti, e di Peleo. Ma altrettanto indecente e scon
he la Discordia aveva gittato dove si celebrarono le nozze di Teti, e
di
Peleo. Ma altrettanto indecente e sconvenevole fu
iamo quì piuttosto miglior partito indicare un’ altra Venere celeste,
di
cui parla Platone, tutta spirante decenza, e graz
irante decenza, e grazie non affettate, e riposta saviezza. La Venere
di
cui parliamo, non è certamente un sogno di Platon
iposta saviezza. La Venere di cui parliamo, non è certamente un sogno
di
Platone. Parecchi accreditati scrittori ci assisi
Cipro, in Atene, e presso i Fenicj, dove non era permesso agli uomini
di
entrare1. Osserviamo ordinariamente Venere accomp
rdinariamente Venere accompagnata dalle Grazie, o da Amore, assisa su
di
un carro tirato da cigni, o da colombe. Queste fu
rato da cigni, o da colombe. Queste furono a lei sacrate al proposito
di
un picciolo avvenimento. Stava la Dea un giorno c
la Dea un giorno cogliendo dei fiori in un boschetto : Amore vantossi
di
esser egli più sollecito in raccoglierli : ed agi
ciato perciò Amore cangiò la Ninfa in colomba. L’ornamento principale
di
Venere era una zona, o sia cintura, che aveva la
ncipale di Venere era una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà
di
darle sempre nuove attrattive. Giunone una volta
comparir più bella al suo sposo. I luoghi dove si esercitava il culto
di
Venere, erano principalmente Gnido, Amatunte, Paf
Pafo, Idea, Citera 1. Cupido, o sia Amore. Amore era figliuolo
di
Venere, e di Marte. Egli è sempre figurato qual f
Citera 1. Cupido, o sia Amore. Amore era figliuolo di Venere, e
di
Marte. Egli è sempre figurato qual fanciullino pi
di Venere, e di Marte. Egli è sempre figurato qual fanciullino pieno
di
grazie, e di astuzie con un arco alla mano, ed un
di Marte. Egli è sempre figurato qual fanciullino pieno di grazie, e
di
astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su
rco alla mano, ed un turcasso su gli omeri2. Le sue picciole ali sono
di
colore azzurro, di porpora, e dorate. Il Riso, il
n turcasso su gli omeri2. Le sue picciole ali sono di colore azzurro,
di
porpora, e dorate. Il Riso, il Gioco, il Piacere,
Piacere, il Vezzo vengono espressi egualmente che lui sotto le forme
di
alati Amoretti. Sul nascere di Cupido ognuno prev
essi egualmente che lui sotto le forme di alati Amoretti. Sul nascere
di
Cupido ognuno prevedeva, che sarebbe il più trist
succhiò il latte delle bestie feroci. Appena che Amore arrivò all’età
di
poter maneggiare l’arco, se ne formò uno di frass
che Amore arrivò all’età di poter maneggiare l’arco, se ne formò uno
di
frassino, e si servì de’ rami di cipresso per far
r maneggiare l’arco, se ne formò uno di frassino, e si servì de’ rami
di
cipresso per fare le frecce. I primi suoi saggi f
degli uomini. Amò Psiche, e la fece da Zefiro trasportare in un luogo
di
delizie, ove la trattenne per molto tempo, senza
se conosciuto. Venere afflitta per vedere il suo figlio fatto suddito
di
questa giovane, la perseguitò con tanta stizza, c
che infelicemente alla fine se ne morì. Ma Giove, ch’era della parte
di
Cupido, restituì a Psiche la vita, e gliela desti
isposa. Psiche è rappresentata come una ragazza ingenua, e colle ali
di
farfalla. Vulcano. Si è già detto, che Vulcan
lungo tempo nell’aria, e sarebbe senza dubbio morto, se gli abitatori
di
Lenno non lo avessero raccolto nel cadere fralle
se gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel cadere fralle
di
loro braccia. Egli si ruppe ciò non ostante una c
e dove poteva far mostra de’ suoi rari talenti, che fu appunto quella
di
fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di Le
che fu appunto quella di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola
di
Lenno, in quella di Lipari, e secondo alcuni poet
la di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di Lenno, in quella
di
Lipari, e secondo alcuni poeti, sotto l’Etna2. Co
oeti, sotto l’Etna2. Compagni de’ suoi lavori erano i Ciclopi, specie
di
giganti figli della Terra, che avevano un occhio
erope, e Piracmone. Vulcano fece uscire dalla sua fucina una quantità
di
capi d’opera, che formavano l’ammirazione degli D
one degli Dei, e degli uomini. Opera delle sue mani furono il fulmine
di
Giove, e le saette di Amore. Alle preghiere di Te
uomini. Opera delle sue mani furono il fulmine di Giove, e le saette
di
Amore. Alle preghiere di Teti egli s’indusse a la
mani furono il fulmine di Giove, e le saette di Amore. Alle preghiere
di
Teti egli s’indusse a lavorare l’armatura di Achi
di Amore. Alle preghiere di Teti egli s’indusse a lavorare l’armatura
di
Achille, e ad istanza di Venere fece quella di En
di Teti egli s’indusse a lavorare l’armatura di Achille, e ad istanza
di
Venere fece quella di Enea. Vulcano finalmente er
a lavorare l’armatura di Achille, e ad istanza di Venere fece quella
di
Enea. Vulcano finalmente era il Dio del fuoco, e
va non pertanto un altro nel Cielo molto più decente, qual’era quello
di
porgere il nettare agli Dei. Vero è, che la poca
i Dei. Vero è, che la poca grazia, colla quale esercitava le funzioni
di
coppiere, fu cagione che Ebe avesse un tale incar
tto Urano, che questa donna avrebbe dato alla luce una bambina dotata
di
una perfetta saviezza, ed uu fanciullino a cui il
ero del mondo, egli divorò Meti. Dopo qualche tempo gli venne un male
di
capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un
ne un male di capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un colpo
di
accetta gli aprì il cervello, ed immantinente ne
ualmente gelosa de’ suoi dritti. Ella non la perdonò ad Aracne figlia
di
Idimone nativo di Colofone per essersi vantata di
’ suoi dritti. Ella non la perdonò ad Aracne figlia di Idimone nativo
di
Colofone per essersi vantata di sapere l’arte del
nò ad Aracne figlia di Idimone nativo di Colofone per essersi vantata
di
sapere l’arte del ricamo al pari di Minerva istes
o di Colofone per essersi vantata di sapere l’arte del ricamo al pari
di
Minerva istessa. La Dea in segno di disprezzo le
sapere l’arte del ricamo al pari di Minerva istessa. La Dea in segno
di
disprezzo le diede varj colpi di navicella sulla
di Minerva istessa. La Dea in segno di disprezzo le diede varj colpi
di
navicella sulla testa. Disperata Aracne per tale
bbe con Tiresia, terminò all’istante. Avendo questi avuta la temerità
di
guardarla mentre stava nel bagno, fu privato dell
il dritto con Nettuno pel nome, che doveva darsi alla nascente città
di
Atene. I Dei decisero, che chi de’ due rendesse u
terra, e fece uscire un cavallo. Minerva ivi fece nascere una pianta
di
ulivo, ed ottenne l’intento. Iu seguito questo ar
o armato dell’Egida, ch’era per l’appunto uno scudo fatto dalla pelle
di
un mostro chiamato Egi, che Minerva aveva ammazza
anti. Ella aveva sopra questo scudo fatto incidere la terribile testa
di
Medusa con i capelli di serpenti. Vi ha chi dice,
uesto scudo fatto incidere la terribile testa di Medusa con i capelli
di
serpenti. Vi ha chi dice, che l’Egida era fatta d
rlo concepì Marte. Questa è l’origine per altro gentile della nascita
di
un Dio così terribile, qual’era quello della guer
ma1 i Greci, che in lingua loro chiamano Marte Ares lo dicono figlio
di
Giove, e di Giunone. Marte è rappresentato armato
, che in lingua loro chiamano Marte Ares lo dicono figlio di Giove, e
di
Giunone. Marte è rappresentato armato da capo a p
, avendo un gallo a lui vicino, simbolo della vigilanza. Il suo carro
di
acciajo è guidato da Bellona Dea similmente della
mansi il Terrore, e lo Spavento. Parecchi mostri sono effigiati sulla
di
lui carrozza : il Furore, e lo Sdegno formano l’o
re gli sta d’accanto. Eccone ne’ seguenti versi il ritratto. Armato
di
fierezza il rio Terrore Con minaccevol voce, e in
ede accanto, Con occhi torvi, e spada in alto alzata, Con alma, e cor
di
sicurezza pieno, Seco traendo la sfidata morte, D
mbi orrendi, Che il Mondo d’evitar invan procura. Terribil questo Dio
di
lampi cinto Calpesta al suo passar scettri, e cor
rcurio Dio del commercio, e messaggiero degli Dei. Atlante figliuolo
di
Giove, e di Climene ebbe sette figliuole, chiamat
del commercio, e messaggiero degli Dei. Atlante figliuolo di Giove, e
di
Climene ebbe sette figliuole, chiamate le Atlanti
Climene ebbe sette figliuole, chiamate le Atlantidi. Maja la maggiore
di
esse fu la madre di Mercurio2. Egli nacque il mat
igliuole, chiamate le Atlantidi. Maja la maggiore di esse fu la madre
di
Mercurio2. Egli nacque il mattino ; al mezzo gior
isposizioai a saper rubare, così fra tanti suoi attributi ebbe quello
di
Dio de’ ladroncelli, e rubatori. Non ancor grande
tore per nome Batto fu il solo, che se ne avvide. Mercurio per timore
di
essere scoverto gli donò la più bella delle vacch
bella delle vacche, che aveva involate : ma non fidandosi interamente
di
lui, finse di ritirarsi : e ricomparso sotto un a
cche, che aveva involate : ma non fidandosi interamente di lui, finse
di
ritirarsi : e ricomparso sotto un altro aspetto g
apeva : allora Mercurio diedesi a conoscere, e lo trasformò in pietra
di
paragone : pietra che ha la virtu di scoprire la
oscere, e lo trasformò in pietra di paragone : pietra che ha la virtu
di
scoprire la natura de’ metalli da essa toccati. N
ato Ermafrodito, voce greca indicante il nome de’ suoi genitori, cioè
di
Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio e
greca indicante il nome de’ suoi genitori, cioè di Ermete Mercurio, e
di
Afrodite Venere. Mercurio era fra gli Dei il più
Venere. Mercurio era fra gli Dei il più occupato : era il confidente
di
tutti, ed in particolare di Giove, ed il Messaggi
i Dei il più occupato : era il confidente di tutti, ed in particolare
di
Giove, ed il Messaggiere dell’Olimpo. Egli si mis
rcigliati due serpenti. Come protettore del commercio porta una borsa
di
cuojo : allorchè poi è incaricato di condurre le
re del commercio porta una borsa di cuojo : allorchè poi è incaricato
di
condurre le ombre de’ morti all’inferno, gli si d
dà una semplice bacchetta1. Bacco Dio del Vino. Bacco è figliuolo
di
Giove, e di Semele nata da Cadmo2. Ella ad insinu
ice bacchetta1. Bacco Dio del Vino. Bacco è figliuolo di Giove, e
di
Semele nata da Cadmo2. Ella ad insinuazione di Gi
figliuolo di Giove, e di Semele nata da Cadmo2. Ella ad insinuazione
di
Giunone, che le comparve sotto l’aspetto di Beroe
mo2. Ella ad insinuazione di Giunone, che le comparve sotto l’aspetto
di
Beroe sua nutrice, chiedette a Giove una grazia,
Mercurio, che accompagnava il Sovrano degli Dei, ebbe appena il tempo
di
salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora nel
na il tempo di salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora nel seno
di
sua madre. Ma siccome non era giunto il tempo, ch
uesti lo educò nelle caverne del Monte Nisa nell’Arabia. Le figliuole
di
Atlante, e ’l vecchio Sileno satiro, che amava mo
Bacco a suo tempo contestò la sua gratitudine, cangiando le figliuole
di
Atlante in stelle dette Jadi, e facendo presso di
giando le figliuole di Atlante in stelle dette Jadi, e facendo presso
di
se restare il giocoso Sileno, che lo seguiva sopr
disceso in terra conquistò le Indie. Tutta la sua armata era composta
di
uomini, e donne, che portavano un tirso, cioè fre
ta di uomini, e donne, che portavano un tirso, cioè frecce circondate
di
pampini, e di edere, che ne nascondevano la punta
e donne, che portavano un tirso, cioè frecce circondate di pampini, e
di
edere, che ne nascondevano la punta. Per tale con
ericolosissima l’irritare questo Nume, che acremente volle vendicarsi
di
Penteo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe pr
a l’irritare questo Nume, che acremente volle vendicarsi di Penteo, e
di
Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe proibito a’ suo
acremente volle vendicarsi di Penteo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re
di
Tebe proibito a’ suoi sud diti di celebrare le fe
teo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe proibito a’ suoi sud diti
di
celebrare le feste di Bacco, questo Dio ispirò al
ndo Penteo Re di Tebe proibito a’ suoi sud diti di celebrare le feste
di
Bacco, questo Dio ispirò alla madre del Re, ed al
mmazzarono senza conoscerlo. Licurgo Re della Tracia, che aveva osato
di
dichiararsi nemico di Bacco, si ruppe le gambe, m
cerlo. Licurgo Re della Tracia, che aveva osato di dichiararsi nemico
di
Bacco, si ruppe le gambe, mentre s’impegnava di t
di dichiararsi nemico di Bacco, si ruppe le gambe, mentre s’impegnava
di
tagliare tutte le vigne che stavano ne’ suoi stat
suoi stati. Vedesi ordinariamente rappresentato Bacco sotto l’aspetto
di
un bel giovane imberbe1 con capelli biondi inanel
di un bel giovane imberbe1 con capelli biondi inanellati, e coronati
di
edera2, o di pampini. In una mano tiene un tirso,
ovane imberbe1 con capelli biondi inanellati, e coronati di edera2, o
di
pampini. In una mano tiene un tirso, e nell’altra
tirso, e nell’altra de’ grappoli d’uva, o un vaso da bere. Una pelle
di
pantera gli covre gli omeri si talvolta assiso so
, e tirato da due tigri1. Nettuno Dio del mare. Nettuno figliuolo
di
Saturno, e di Clbele nella divisione del Mondo eb
due tigri1. Nettuno Dio del mare. Nettuno figliuolo di Saturno, e
di
Clbele nella divisione del Mondo ebbe, come si è
del mare, dove principalmente esercitava il suo potere, come Sovrano
di
tutt’i Dei delle acque. Si suole rappresentare in
delle acque. Si suole rappresentare in piedi sopra un carro, formato
di
conchiglie, tirato da cavalli marini : tiene in m
valli marini : tiene in mano il tridente, col quale comanda ai flutti
di
sollevarsi, o di mettersi in calma : impone altre
ene in mano il tridente, col quale comanda ai flutti di sollevarsi, o
di
mettersi in calma : impone altresì ai venti, o di
ti di sollevarsi, o di mettersi in calma : impone altresì ai venti, o
di
spirare per tutta la terra, o di rinserrarsi nell
n calma : impone altresì ai venti, o di spirare per tutta la terra, o
di
rinserrarsi nelle loro caverne. La sua corte è co
a terra, o di rinserrarsi nelle loro caverne. La sua corte è composta
di
Tritoni, che fanno echeggiare l’aere al suono del
ndo vola sulle acque. Noi abbiamo già osservato le principali vicende
di
Nettuno : ve ne ha di più ancora ; ma è inutile d
Noi abbiamo già osservato le principali vicende di Nettuno : ve ne ha
di
più ancora ; ma è inutile di quì rapportarle. Egl
principali vicende di Nettuno : ve ne ha di più ancora ; ma è inutile
di
quì rapportarle. Egli sposò Amfitrite figliuola d
ile di quì rapportarle. Egli sposò Amfitrite figliuola dell’Oceano, e
di
Dori Dea del mare. Plutone Dio dell’inferno.
di Dori Dea del mare. Plutone Dio dell’inferno. Plutone figliuolo
di
Saturno, e di Cibele, germano di Giove, e di Nett
l mare. Plutone Dio dell’inferno. Plutone figliuolo di Saturno, e
di
Cibele, germano di Giove, e di Nettuno, ebbe in p
Dio dell’inferno. Plutone figliuolo di Saturno, e di Cibele, germano
di
Giove, e di Nettuno, ebbe in porzione il regno de
erno. Plutone figliuolo di Saturno, e di Cibele, germano di Giove, e
di
Nettuno, ebbe in porzione il regno degli estinti,
che stava nelle viscere della terra. Si figura assiso sopra un trono
di
ebano, avendo uno scettro a due punte in una mano
iavi, per dinotare, che a chi entrava nel suo regno, non era permesso
di
più uscirne. Cerbero cane con tre teste stava imm
permesso di più uscirne. Cerbero cane con tre teste stava immobile ai
di
lui piedi. Abbiamo già osservato in qual maniera
bbiamo già osservato in qual maniera egli involò Proserpina figliuola
di
Cerere, per farla divenir sua moglie. Questo Dio
più ridente ; ed in conseguenza non si sarebbe ritrovata una Dea, che
di
tutto suo genio si fosse a lui accoppiata. Des
pali per ivi penetrare. Alla porta dell’inferno stava una moltitudine
di
Esseri malefici, fra i quali soprattutto le Malat
eronte fiume grande, e torbido, che deponeva il suo limo nello stagno
di
Cocito, dopo avere attraversato l’impero di Pluto
il suo limo nello stagno di Cocito, dopo avere attraversato l’impero
di
Plutone. Bisognava tragittarlo. Appena che Mercur
rio armato della sua verga, aveva condotte le ombre novelle alla riva
di
questo fiume, Caronte figlio dell’Erebo, e della
iglio dell’Erebo, e della Notte le riceveva nella sua barca al prezzo
di
una piccola moneta, e le trasportava nella ripa o
vecchio, ma la sua vecchiaja era sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo
di
stoffa di color bigio legata sopra delle spalle e
ma la sua vecchiaja era sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo di stoffa
di
color bigio legata sopra delle spalle era il suo
gio legata sopra delle spalle era il suo vestire2. Sulla riva opposta
di
Acheronte stava Cerbero, cane di enorme grandezza
il suo vestire2. Sulla riva opposta di Acheronte stava Cerbero, cane
di
enorme grandezza, che aveva tre teste, e tre gole
divisione dell’Inferno Cinque fiumi ivi scorrevano, cioè l’Acheronte
di
cui abbiamo già parlato : il fiume Stige, le cui
re a vuoto : Cocito da sole lagrime formato : Flegetonte, che in vece
di
acqua correva in fiamme : e ’l fiume Lete, o sia
di acqua correva in fiamme : e ’l fiume Lete, o sia dell’Obblìo 1, le
di
cui acque facevano perdre la memoria del passato.
’ giusti. Esse passeggiavano tranquillamente per que’ boschetti pieni
di
ogni delizia, si sollazzavano in mille guise per
si sollazzavano in mille guise per quelle vaste praterie, e godevano
di
una felicità non mai interrotta. Ben diverso era
tavano ristrette le ombre de’ delinquenti soggette ad una moltitudine
di
pene. Da tale separazione di buoni, e di cattivi
delinquenti soggette ad una moltitudine di pene. Da tale separazione
di
buoni, e di cattivi si argomenta, che tutte le om
soggette ad una moltitudine di pene. Da tale separazione di buoni, e
di
cattivi si argomenta, che tutte le ombre erano gi
ombre erano giudicate al loro arrivo all’Inferno. Discese dalla barca
di
Caronte, all’istante erano condotte innanzi a tre
se, Eaco, e Radamanto, che colà perpetuamente dimoravano, sedendo nel
di
loro tribunale con una bacchetta alla mano in seg
da per tutto spiravano ferocia : il loro abbigliamento era un gruppo
di
colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e n
colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e nell’altra una sferza
di
serpenti, colla quale ffagellavano le ombre a lor
offrivano nel Tartaro1. Sisifo, che durante la sua vita aveva colmata
di
delitti la Grecia, era condannato a trascinare pe
cia, era condannato a trascinare per sempre un enorme sasso alla cima
di
una montagna, d’onde gravitando pel proprio peso
icadeva immantinente. Flegia, che aveva appiccato il fuoco al tempio
di
Apollo, stava inchiodato a’ piedi di una rupe, ch
eva appiccato il fuoco al tempio di Apollo, stava inchiodato a’ piedi
di
una rupe, che sembrava ad ogn’istante di schiacci
o, stava inchiodato a’ piedi di una rupe, che sembrava ad ogn’istante
di
schiacciarlo colla sua caduta. Il gigante Tizio,
’istante di schiacciarlo colla sua caduta. Il gigante Tizio, che ardì
di
attentare all’onore di Latona, sentiva lacerarsi
o colla sua caduta. Il gigante Tizio, che ardì di attentare all’onore
di
Latona, sentiva lacerarsi i visceri da un avoltoj
, che si rinnovavano. Issione era attaccato ad una ruota, che girava
di
continuo. Egli aveva osato di aspirare al possess
era attaccato ad una ruota, che girava di continuo. Egli aveva osato
di
aspirare al possesso di Giunone. Giove per assicu
ota, che girava di continuo. Egli aveva osato di aspirare al possesso
di
Giunone. Giove per assicurarsi del suo delitto, g
si del suo delitto, gli avea consegnata una figura fantastica formata
di
nuvole, e che s’assomigliava perfettamente alla D
gli stimoli della fame, e della sete, malgrado che una pianta carica
di
frutta gli penda sulla testa, ed egli stesso stìa
che non avea fondo. La loro istoria esige qualche dettaglio. Danao Re
di
Argo padre delle suddette, le aveva promesse in m
elle suddette, le aveva promesse in matrimonio ai cinquanta figliuoli
di
Egitto suo fratello Re dell’Egitto : ma fu un tem
de’ figli del suo germano lo avrebbe rovesciato dal trono, egli diede
di
nascosto a ciascuna delle sue figlie un pugnale c
i diede di nascosto a ciascuna delle sue figlie un pugnale con ordine
di
ammazzare i loro sposi nella prima notte, che ad
ella prima notte, che ad essi si univano. La sola Ipermnestra rifiutò
di
obbedire, salvando il suo sposo Linceo, che amava
Parte seconda Divinità del second’ordine. GL’Iddj maggiori,
di
cui abbiamo già letta la storia, partecipavano de
ria, partecipavano della natura reale, e della natura immaginaria. Il
di
loro potere era più, o meno esteso. Essi avrebber
umane debolezze, credette indispensabile l’immaginare delle divinità
di
second’ordine, che si occupavano dei dettagli, ch
ndo le corna sulla testa, il volto umano, le cosce irsute, ed i piedi
di
capra. Il flauto composto di più canne, che porta
volto umano, le cosce irsute, ed i piedi di capra. Il flauto composto
di
più canne, che porta fralle mani, ci fa sovvenire
flauto composto di più canne, che porta fralle mani, ci fa sovvenire
di
un avvenimento de’ più particolari di sua vita. A
ta fralle mani, ci fa sovvenire di un avvenimento de’ più particolari
di
sua vita. Amò questo Dio Siringa ninfa del seguit
più particolari di sua vita. Amò questo Dio Siringa ninfa del seguito
di
Diana : ma come questa non voleva per niente asco
i Diana : ma come questa non voleva per niente ascoltarlo, tentò egli
di
usare la forza : la ninfa si diede alla fuga, e s
adonte suo padre, dal quale fu cangiata in canna. Pane per consolarsi
di
tal perdita, tagliò alcune canne accozzandole ins
e, chiamato Siringa dal nome della ninfa. Fauno. Fauno figliuolo
di
Pico Re del Lazio cra altresì il Dio de’ pastori,
ltresì il Dio de’ pastori, ed è rappresentato sotto la forma medesima
di
Pane. Pico suo padre non avendo voluto ascoltar C
Sono rappresentati così gli uni, come gli altri colle corna, e piedi
di
becco, non altrimenti che Fauno, e Pane. Silen
ecco, non altrimenti che Fauno, e Pane. Sileno. Sileno figliuolo
di
una ninfa, aveva educato Bacco, e passò tutti i s
omo viaggiava per la Lidia, smontato dal suo asinello si fermò presso
di
un fonte, ed ivi prese sonno. Mida che lo seppe,
ò presso di un fonte, ed ivi prese sonno. Mida che lo seppe, bramando
di
averlo per un poco nella Corte, mentre dormiva, f
verlo per un poco nella Corte, mentre dormiva, fece empire la fontana
di
vino in luogo dell’acqua che conteneva. Svegliato
e alla sua Reggia, e lo trattò così bene, che Sileno ritornato presso
di
Bacco parlava sempre in lode di questo re. Bacco
osì bene, che Sileno ritornato presso di Bacco parlava sempre in lode
di
questo re. Bacco in compenso di tanti favori pres
resso di Bacco parlava sempre in lode di questo re. Bacco in compenso
di
tanti favori prestati al suo caro Sileno, disse a
to un bene inestimabile. Tal grazia ottenne : ma si accorse ben tosto
di
aver ottenuto un dono dei più funesti. Allorchè v
acco da lui nuovamente chiamato in soccorso non lo avesse consigliato
di
andare a lavarsi le mani nelle acque del fiume Pa
o il suo dolce carattere. Una volta due ninfe lo sorpresero nel fondo
di
una grotta, ove egli erasi addormentato : da lung
de, le ninfe lo legarono con alcune ghirlande, e gli tinsero il volto
di
mora spina : sorrise Sileno svegliato nel vedersi
sorrise Sileno svegliato nel vedersi fralle loro mani : dimandò loro
di
esser posto in libertà, e non l’ottenne, che dopo
i : dimandò loro di esser posto in libertà, e non l’ottenne, che dopo
di
avere adempiuto alla sua promessa. Silvano. È
rma umana ; il più apparteneva al cavallo. Si crede nata l’invenzione
di
questi esseri favolosi, per designare i primi uom
i primi uomini domatori de’ cavalli. Chirone. Chirone figliuolo
di
Saturno, e di Filira ninfa dell’Oceano, era il pi
i domatori de’ cavalli. Chirone. Chirone figliuolo di Saturno, e
di
Filira ninfa dell’Oceano, era il più saggio ed is
onosceva la forza dei semplici, ed era eccellente medico. Come figlio
di
Saturno aveva il dono dell’immortalità : ma essen
urno aveva il dono dell’immortalità : ma essendosi fatta cadere sopra
di
un piede una freccia avvelenata di Ercole, provò
: ma essendosi fatta cadere sopra di un piede una freccia avvelenata
di
Ercole, provò un dolore tanto sensibile che cercò
Ercole, provò un dolore tanto sensibile che cercò in grazia agli Dei
di
poter morire : il suo voto fu esaudito, e dopo mo
fu esaudito, e dopo morte ottenne un luogo nel Zodiaco sotto il nome
di
Sagittario. Ociroe sua figlia parimente istruita
sapeva altresì presagire il futuro : ella volla annunziare il destino
di
Esculapio, e ne fu punita con perdere la sua figu
Vertunno,ABCD e Pomona. Vertunno era il Dio dell’autunno, e sposo
di
Pomona Dea de’ frutti. Allorchè arrivarono entram
ezza, e non ismentirono quella fedeltà, che a vicenda avevano giurato
di
mantenere. Era rappresentato Vertunno sotto l’asp
vano giurato di mantenere. Era rappresentato Vertunno sotto l’aspetto
di
un bel giovine coronato di foglie di diverse pian
Era rappresentato Vertunno sotto l’aspetto di un bel giovine coronato
di
foglie di diverse piante, portando nella sinistra
sentato Vertunno sotto l’aspetto di un bel giovine coronato di foglie
di
diverse piante, portando nella sinistra mano dell
rutta, e nella destra il corno dell’abbondanza. Una giovanetta armata
di
una biscia, e recando un ramo carico di frutta, e
ndanza. Una giovanetta armata di una biscia, e recando un ramo carico
di
frutta, era l’effigie di Pomona. Termine. Il
mata di una biscia, e recando un ramo carico di frutta, era l’effigie
di
Pomona. Termine. Il Dio Termine, la cui statu
Dio Termine, la cui statua non era altro che una pietra, o un tronco
di
albero, vegliava ai confini delle campestri posse
Termine sii tu pietra, o informe tronco, Il tuo poter egual è a quel
di
Giove. Salva tu l’orto mio, e ’l campicello Dalle
l è a quel di Giove. Salva tu l’orto mio, e ’l campicello Dalle trame
di
avaro, e rio vicino : Che ingordo ognor se d’usur
i : Ricalca il tuo terren : io sol quì impero. Priapo. La statua
di
Priapo collocavasi ne’ giardini ad uso di fantocc
ero. Priapo. La statua di Priapo collocavasi ne’ giardini ad uso
di
fantoccio per ispauracchio : questo basta per dim
basta per dimostrare, che questo Dio non era bello : aveva l’aspetto
di
un satiro. La sua effigie consisteva nella sola p
adattava una falce alla mano. Ancorchè brutto, era pertanto figliuolo
di
Venere, e fratello di Cupido. Giunone che per eff
a mano. Ancorchè brutto, era pertanto figliuolo di Venere, e fratello
di
Cupido. Giunone che per effetto di rivalità odiav
to figliuolo di Venere, e fratello di Cupido. Giunone che per effetto
di
rivalità odiava Venere, mercè i suoi incantesimi,
orgente, ed al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro figura era
di
vecchi con capelli, e barba grondanti acqua, e so
era di vecchi con capelli, e barba grondanti acqua, e sovente in vece
di
barba, e capelli avevano minutissime canne. Essi
dei fiumi sottoposta alla loro sorveglianza. Spesso portano le corna
di
bue, e talvolta l’intiera testa di questo animale
veglianza. Spesso portano le corna di bue, e talvolta l’intiera testa
di
questo animale. Le Ninfe. Nereo, e Dori figl
di questo animale. Le Ninfe. Nereo, e Dori figli dell’Oceano, e
di
Teti diedero alla luce un’ infinità di figliuole
o, e Dori figli dell’Oceano, e di Teti diedero alla luce un’ infinità
di
figliuole conosciute sotto il nome di Ninfe. I pa
diedero alla luce un’ infinità di figliuole conosciute sotto il nome
di
Ninfe. I particolari loro nomi derivavano dai div
e le montagne. Ella abitava le sponde del Cefiso. Aveva la proprietà
di
parlare tutte le lingue : ma abusò di un tal dono
del Cefiso. Aveva la proprietà di parlare tutte le lingue : ma abusò
di
un tal dono, e quindi fu condannata a ripetere so
rupe. Sopravisse solamente la sua voce, per ripetere le ultime parole
di
chi la interrogava. Narciso. Narciso passò i
sò i suoi giorni alla caccia. Un giorno mentre si riposava sulla riva
di
un fonte, vide la sua immagine che traspariva nel
l’acqua : fu talmente sorpreso della sua bellezza, che divenne amante
di
se stesso. Ma inutilmente egli si studiava di ott
zza, che divenne amante di se stesso. Ma inutilmente egli si studiava
di
ottenere l’oggetto de’ suoi desiri : le onde cris
lusinghiera immagine. Non volle pertanto abbandonarla, e si contentò
di
morire sulla riva di quel fonte ; fu cangiato in
. Non volle pertanto abbandonarla, e si contentò di morire sulla riva
di
quel fonte ; fu cangiato in un fiore, che conserv
ti. Dopo Nettuno, il più grande de’ Dei marini, era Oceano figliuolo
di
Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua
ttuno, il più grande de’ Dei marini, era Oceano figliuolo di Urano, e
di
Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua germana, da
i, come si è detto, procrearono le Ninfe, e le Nereidi. Tra il numero
di
quest’ultime vi ha Teti, che bisogna distinguere
ha Teti, che bisogna distinguere da Teti sua madre. Giove la guardava
di
buon occhio : ma avendo saputo dal Destino che da
uella nascerebbe un bambino, che avrebbe un giorno superato la gloria
di
suo padre, la maritò con Peleo, dalla qual coppia
ra gli Eroi della favolosa antichità. Tritone. Tritone figliuolo
di
Nettuno, e della ninfa Salacia, altri dicono Amfi
ttuno, e della ninfa Salacia, altri dicono Amfitrite, aveva la figura
di
uomo fino alla cintura : il resto del corpo termi
esto del corpo terminava in pesce con doppia coda. Il suo impiego era
di
dar fiato ad una conca avanti il carro di Nettuno
ia coda. Il suo impiego era di dar fiato ad una conca avanti il carro
di
Nettuno. I suoi figliuoli chiamavansi al par di l
conca avanti il carro di Nettuno. I suoi figliuoli chiamavansi al par
di
lui Tritoni. Proteo. Proteo figliuolo dell’O
i al par di lui Tritoni. Proteo. Proteo figliuolo dell’Oceano, e
di
Teti era il conduttore degli armenti di Nettuno.
oteo figliuolo dell’Oceano, e di Teti era il conduttore degli armenti
di
Nettuno. Questo gregge componevasi di foche, ed a
era il conduttore degli armenti di Nettuno. Questo gregge componevasi
di
foche, ed altri mostri marini. Proteo possedeva i
omponevasi di foche, ed altri mostri marini. Proteo possedeva il dono
di
presagire il futuro : ma bisognava stentare molti
ere sempre nuova forma, e figura. Virgilio ci ha fatta la descrizione
di
questo Dio nel quarto libro delle sue Georgiche.
dente ai porti chiamavasi Melicerta nella sua infanzia. Ino figliuola
di
Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie di Atamant
ti chiamavasi Melicerta nella sua infanzia. Ino figliuola di Cadmo, e
di
Ermione fu la terza moglie di Atamante re di Tebe
sua infanzia. Ino figliuola di Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie
di
Atamante re di Tebe, dalla qual coppia nacque Mel
no figliuola di Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie di Atamante re
di
Tebe, dalla qual coppia nacque Melicerta, Frisso,
e di Tebe, dalla qual coppia nacque Melicerta, Frisso, ed Helle figli
di
Atamante nati da un altro matrimonio divennero l’
di Atamante nati da un altro matrimonio divennero l’oggetto dell’odio
di
Ino loro madrigna. Intimoriti volendo sottrarsi d
ione, sen fuggirono seco portando un superbo Ariete, la cui pelle era
di
oro. Traversando il mare sul dorso di questo magn
uperbo Ariete, la cui pelle era di oro. Traversando il mare sul dorso
di
questo magnifico Ariete, Helle cadde nelle onde,
e col figlio, dove furono ammessi fra i Dei marini. Ino prese il nome
di
Leucotoe, e Melicerta quello di Palemone, che i R
i fra i Dei marini. Ino prese il nome di Leucotoe, e Melicerta quello
di
Palemone, che i Romani chiamarono Portunno. Gl
no Portunno. Glauco. Glauco era un celebre pescatore della Città
di
Anteona nella Beozia. Un giorno si avvide, che al
na proprietà particolare : ne mangiò, e si senti al momento la voglia
di
tuffarsi nelle onde. I Dei marini lo accolsero, e
ro classe. Eolo Dio dei venti. Eolo regnava nelle isole chiamate
di
Vulcano poste fra la Sicilia, e l’Italia, e dipen
te di Vulcano poste fra la Sicilia, e l’Italia, e dipendeva dai cenni
di
Nettuno, che gli ordinava di mettere i venti in l
cilia, e l’Italia, e dipendeva dai cenni di Nettuno, che gli ordinava
di
mettere i venti in libertà, o d’incatenarli nelle
il più impetuoso partiva dal settentrione. Egli rapì Orizia figliuola
di
Erettèo re di Atene, dalla quale ebbe Zeto, e Cal
so partiva dal settentrione. Egli rapì Orizia figliuola di Erettèo re
di
Atene, dalla quale ebbe Zeto, e Calai effigiati c
più dolce, e lusinghiero : lo invocano, e lo credono uno de’ compagni
di
Amore. I poeti sovente lo dipingono in aria di un
edono uno de’ compagni di Amore. I poeti sovente lo dipingono in aria
di
un bel garzone colle ali di farfalla. Le Siren
ore. I poeti sovente lo dipingono in aria di un bel garzone colle ali
di
farfalla. Le Sirene. Le Sirene erano tre ninf
o tre ninfe leggiadre chiamate Leucosia, Ligia, e Partenope 1, dotate
di
estrema bellezza, e di una voce bellissima, segua
hiamate Leucosia, Ligia, e Partenope 1, dotate di estrema bellezza, e
di
una voce bellissima, seguaci di Proserpina. Allor
nope 1, dotate di estrema bellezza, e di una voce bellissima, seguaci
di
Proserpina. Allorchè questa Dea fu rapita da Plut
chiesero le ali agli Dei per andarla cercando : ma nell’impossibilità
di
trovarla, fissarono la loro sede sulla sommità de
ovarla, fissarono la loro sede sulla sommità delle rocce, occupandosi
di
dar la morte ai naviganti tirati dalla dolcezza d
itrovato chi sapesse ingannarle. Al saggio Ulisse spettò l’esecuzione
di
un tale decreto. Evitò il loro canto insidioso, t
facendosi egli stesso legare ad un albero del naviglio. Per la rabbia
di
essere stata elusa la loro arte, le Sirene si pre
la cintura in giù. Le Arpie. Malgrado che le Arpie fossero figlie
di
Nettuno, e della Terra, non appartenevano però al
enevano però alla classe della divinità marine. Erano mostri col viso
di
donna fornite di ali con orecchi di orso, ed arti
classe della divinità marine. Erano mostri col viso di donna fornite
di
ali con orecchi di orso, ed artigli alle mani, ed
ità marine. Erano mostri col viso di donna fornite di ali con orecchi
di
orso, ed artigli alle mani, ed a’ piedi. Carid
ubato alcuni bovi : indi cangiata in mostro marino. Scilla figliuola
di
Forco Dio del mare, e di Ecate, o sia della Notte
cangiata in mostro marino. Scilla figliuola di Forco Dio del mare, e
di
Ecate, o sia della Notte era altresì un altro mos
lla comparve con sei teste orribili, con altrettante gole, tre ordini
di
denti, e dodici braccia armate di artigli. Ingozz
i, con altrettante gole, tre ordini di denti, e dodici braccia armate
di
artigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la
tigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la sua cintura era armata
di
cani che abbajavano senza interruzione, e che div
vano senza interruzione, e che divoravano chiunque aveva la disgrazia
di
cadere in poter loro. Scilla, e Cariddi spogliate
no due scogli pericolosi. Scilla è un golfo tra Reggio, e Messina, il
di
cui fragore rassomiglia all’abbajare de’ cani. Ca
ano. Come spesso accadeva che i naviganti mentre volevano evitare uno
di
questi scogli incorrevano nell’altro, ebbe origin
in un carro tirato da due cavalli neri. Il suo velo, e la veste sono
di
color nero ornato di stelle. Porta talvolta una f
a due cavalli neri. Il suo velo, e la veste sono di color nero ornato
di
stelle. Porta talvolta una fiaccola rivolta verso
atello della Morte, ch’è un sonno perpetuo. La pittura, che fa Ovidio
di
questo Dio, è sì bella, che ci fa chiaramente con
del sonno. Situa egli il suo palazzo nel paese de Cimmerj1 ove raggio
di
luce non penetra, ed altro non si sente che il so
entare i mortali. Riposa il Nume in una stanza sopra il letto coverto
di
piume circondato da cortine di color nero. Gli si
e in una stanza sopra il letto coverto di piume circondato da cortine
di
color nero. Gli si vede appresso una quantità di
ircondato da cortine di color nero. Gli si vede appresso una quantità
di
sogni, che dormono ammonticchiati l’uno sopra l’a
e era collocato presso quello delle Muse per dinotare, che gli uomini
di
lettere hanno bisogno del riposo, e della calma d
suoi piedi una ruota per correre da pertutto, e giudicare del merito
di
ognuno. Divinità domestiché. I Dei Lari,
di ognuno. Divinità domestiché. I Dei Lari, ed i Penati. Fa
di
mestieri distinguere di Lari dai Penati. I Lari e
domestiché. I Dei Lari, ed i Penati. Fa di mestieri distinguere
di
Lari dai Penati. I Lari erano Dei particolari del
tempi nostri, e persiste tuttavia in questa opinione una moltitudine
di
sciocchi, ed ignoranti2. Di varie altre Divin
il Dio delle ricchezze. Era questi il Dio delle ricchezze figliuolo
di
Cerere, e Giasone. Vedesi rappresentato qual vecc
ll’abbondanza, e gli occhi bendati con un piede in aria, e l’altro su
di
una ruota, che gira con velocità. Gli antichi cre
a Fortuna le ali ai piedi, indizio della sua incostanza, ed un ciuffo
di
capelli sulla testa, che fa d’uopo afferrare, per
a d’uopo afferrare, perchè non iscappi dalle mani. La Fortuna, al dir
di
Cicerone, è un nome vano ; e si potrebbe credere
rebbe credere lo avesse l’antichità inventato per evitare l’occasione
di
lagnarsi contro la Providenza1. Arpocrate. A
losofo Greco. Egli è rappresentato con un dito sulla bocca, è vestito
di
una pelle di lupo picchiettata d’occhi, e di orec
Egli è rappresentato con un dito sulla bocca, è vestito di una pelle
di
lupo picchiettata d’occhi, e di orecchi per indic
o sulla bocca, è vestito di una pelle di lupo picchiettata d’occhi, e
di
orecchi per indicare, che bisogna vedere, e senti
nch’essi il silenzio nel numero degl’Iddii, e lo dipingevano in forma
di
una donna che chiamarono Muta. Temi. Figliuol
Giustizia. Fu creduta da Eusebio quella tale Carmenta donna savissima
di
Arcadia, che presagiva il futuro. Le matrone Roma
trea. Vi ha tra poeti, chi crede Temi la stessa che Astrea, figliuola
di
Giove, e di Temi. Durante il secolo di oro Astrea
tra poeti, chi crede Temi la stessa che Astrea, figliuola di Giove, e
di
Temi. Durante il secolo di oro Astrea conversò co
a stessa che Astrea, figliuola di Giove, e di Temi. Durante il secolo
di
oro Astrea conversò cogli uomini : ma stanca, ed
io de’ piaceri, e della mensa era Como. Egli è rappresentato coronato
di
fiori, e con una fiaccola in mano, perchè gran pa
ella notte era a lui consagrata. Momo. Era questo l’amico stretto
di
Como. La buffoneria ben si accoppia con i piaceri
ria ben si accoppia con i piaceri della mensa. Il primo degli oggetti
di
Momo era mettere in ridicolo le azioni degli Dei,
on poteva cangiar sito, dove ci fosse un vicino pericoloso. L’origine
di
Momo non sembra conveniente al suo carattere, gia
donne invocato allorchè si maritavano. Vedesi Imenèo sotto l’aspetto
di
un giovane leggiadro, coronato di rose, e con una
vano. Vedesi Imenèo sotto l’aspetto di un giovane leggiadro, coronato
di
rose, e con una fiaccola in mano. Le Grazie.
ose, e con una fiaccola in mano. Le Grazie. Le Grazie eran figlie
di
Giove, e di Venere. Seguivano per lo più la loro
na fiaccola in mano. Le Grazie. Le Grazie eran figlie di Giove, e
di
Venere. Seguivano per lo più la loro madre, ed as
evano sortite dalla natura. Vengono rappresentate ignude, dandosi fra
di
loro la mano. Avevano picciola statura ; ma un’ar
resentati con que’ caratteri, ed attributi che avvertivano gli uomini
di
quanto potevano temere, o sperare. Eccone un esem
resenta Temi, Dea della giustizia. Colla bilancia ella pesa le azioni
di
ciascuno, ed egualmente giudica del merito di chi
cia ella pesa le azioni di ciascuno, ed egualmente giudica del merito
di
chicchessia : colla spada punisce i malfattori. I
dica del merito di chicchessia : colla spada punisce i malfattori. Il
di
lei tranquillo aspetto annunzia, che i suoi giudi
l di lei tranquillo aspetto annunzia, che i suoi giudizj sono sceveri
di
qualunque prevenzione. Talvolta è dipinta con ben
e Tigrane. Crede il Vossio che la Felicità adorata da Greci col nome
di
Ευδαιμονια sia la stessa che Salus la salute pubb
alute pubblica. L’Abbondanza. Vedesi l’abbondanza sotto la figura
di
una donna robusta, rovesciando un corno pieno di
anza sotto la figura di una donna robusta, rovesciando un corno pieno
di
frutta di ogni sorta. La Povertà. Era questa
la figura di una donna robusta, rovesciando un corno pieno di frutta
di
ogni sorta. La Povertà. Era questa figliuola
l Lusso, e dell’Ozio dipinta come una donna pallida, magra, e coverta
di
cenci, spesso in atto di darsi alla disperazione.
nta come una donna pallida, magra, e coverta di cenci, spesso in atto
di
darsi alla disperazione. La Speranza. A quest
pia guisa è rappresentata : cioè col corno dell’abbondanza con frutta
di
ogni specie, e fiori : ma per lo più vedesi appog
o all’onore. La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella
di
una donna di fresca età con veste bianca, e seden
La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella di una donna
di
fresca età con veste bianca, e sedendo sopra di p
a quella di una donna di fresca età con veste bianca, e sedendo sopra
di
pietra quadrata per indicare la fermezza, ed aggi
a, ed aggiustatezza del suo carattere. La Verità. La sua figura è
di
una giovane vergine vestita di un abito bianco, e
attere. La Verità. La sua figura è di una giovane vergine vestita
di
un abito bianco, e semplicissimo, e talvolta vede
issimo, e talvolta vedesi nuda con uno specchio alla mano. Era figlia
di
Saturno, o piuttosto del Tempo. La Menzogna.
a Menzogna. Vediamo la Menzogna spesso rappresentata sotto l’aspetto
di
Mercurio Dio dell’eloquenza, bugiardo e facile ad
er palesare il bene, ed il male. Gli antichi la credevano messaggiera
di
Giove. Virgilio ce la rappresenta come una donna
evano messaggiera di Giove. Virgilio ce la rappresenta come una donna
di
statura orribile, e gigantesca, ornata di piume,
rappresenta come una donna di statura orribile, e gigantesca, ornata
di
piume, occhi, lingue, e bocche. « Ella, al dir di
gigantesca, ornata di piume, occhi, lingue, e bocche. « Ella, al dir
di
un poeta, è una Diva, o piuttosto un mostro di st
bocche. « Ella, al dir di un poeta, è una Diva, o piuttosto un mostro
di
straordinaria grandezza coverto di occhi, e di or
è una Diva, o piuttosto un mostro di straordinaria grandezza coverto
di
occhi, e di orecchi, la cui voce imita lo scrosci
o piuttosto un mostro di straordinaria grandezza coverto di occhi, e
di
orecchi, la cui voce imita lo scroscio del tuono
La Concordia. Due tempj aveva in Roma la Concordia. Era figliuola
di
Giove, e di Temi. Il suo potere si estendeva sull
dia. Due tempj aveva in Roma la Concordia. Era figliuola di Giove, e
di
Temi. Il suo potere si estendeva sulle famiglie,
ονοια, ed aveva un tempio in Olimpia. La Pace. Era altresì figlia
di
Giove, e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata
eva un tempio in Olimpia. La Pace. Era altresì figlia di Giove, e
di
Temi la Pace. Vien ella rappresentata con corona
iglia di Giove, e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata con corona
di
alloro, con una immaginetta di Pluto in una mano,
ce. Vien ella rappresentata con corona di alloro, con una immaginetta
di
Pluto in una mano, e nell’altra un ramo di ulivo.
lloro, con una immaginetta di Pluto in una mano, e nell’altra un ramo
di
ulivo. Questa Dea si ricovera nel Cielo, allorchè
eltà. La fedeltà, o la buona Fede aveva il suo culto nel Lazio prima
di
Romolo. Ella presedeva ai trattati, alle alleanze
iolabili erano i giuramenti concepiti per lei. Vien dipinta con veste
di
color bianco, e colle mani giunte, segno della fe
una veste parimente bianca. Le Preghiere. Omero le chiama figlie
di
Giove. Egli le rappresenta umili, timide, e zoppi
ti, e sovente malconce1. Il Pudore. Vedesi il Pudore in sembianza
di
una donna coverta da un velo. La Sanità. Vien
lla è denominata anche Igia. La Voluttà. Una femina nuda coronata
di
rose con coppa d’oro dove beve una biscia, è l’ef
amo. Vien ella rappresentata qual donna robusta, avendo doppio ordine
di
mammelle per indicare la sua fecondità, e la cura
indicare la sua fecondità, e la cura che si prende per la sussistenza
di
quanto ha creato. La Providenza. Gli antichi
creato. La Providenza. Gli antichi la dipingevano sotto l’aspetto
di
una venerabile matrona col corno dell’abbondanza
i ben molti ne innalzarono. I Romani la figuravano qual donna vestita
di
una tunica, nel di cui lembo si leggeva questo mo
lzarono. I Romani la figuravano qual donna vestita di una tunica, nel
di
cui lembo si leggeva questo motto : la morte, e l
nel di cui lembo si leggeva questo motto : la morte, e la vita. Sulla
di
lei fronte era altresì scritto : l’està, e l’inve
va per genitori il Sonno, e la Notte. Erano a lei sagrati due animali
di
lentissimo moto, la tartaruga, e la lumaca. Gli a
meglio ingannare. Il resto del corpo terminava in serpente colla coda
di
scorpione. Una stretta di questa coda cagionava l
del corpo terminava in serpente colla coda di scorpione. Una stretta
di
questa coda cagionava la morte1. Il Terrore.
stretta di questa coda cagionava la morte1. Il Terrore. Una testa
di
lione sopra il corpo di una donna disegnava il Te
agionava la morte1. Il Terrore. Una testa di lione sopra il corpo
di
una donna disegnava il Terrore. Portava in mano u
ne. È rappresentata presso a poco come la Fortuna con un piede sopra
di
una ruota che gira rapidamente. La sua testa è ca
iede sopra di una ruota che gira rapidamente. La sua testa è calva al
di
dietro : nella parte d’avanti presenta soltanto u
enta soltanto un ciuffo che bisogna afferrare. La sua mano era armata
di
un rasojo1. La Necessità. Figlia della Fortun
a della Fortuna comandava agli Dei, ed agli uomini. Le sue mani erano
di
bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli
i erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli abitanti
di
Corinto le avevano innalzato un tempio. L’Invi
no innalzato un tempio. L’Invidia. L’Invidia abita sotto la volta
di
una rupe sterile, e senza verdura. Si asconde in
ile, e senza verdura. Si asconde in un antro spaventevole, ove raggio
di
luce non penetra. Smunta, pallida, con ciglio tor
a. Le lodi e gli encomj offendono il suo orecchio. Il suo supplizio è
di
vedere innalzati i talenti. In somma è un mostro,
stesso si macera, e da tutti è detestato. La Vittoria. Era figlia
di
Stige, e del gigante Pallante. Si dipinge alata c
di Stige, e del gigante Pallante. Si dipinge alata con un ramoscello
di
palma in una mano, e nell’altra con una corona te
ramoscello di palma in una mano, e nell’altra con una corona tessuta
di
alloro, e di ulivo. La Primavera. È rappresen
i palma in una mano, e nell’altra con una corona tessuta di alloro, e
di
ulivo. La Primavera. È rappresentata sotto l’
alloro, e di ulivo. La Primavera. È rappresentata sotto l’effigie
di
Flora con ghirlanda, ed un cestellino di rose.
appresentata sotto l’effigie di Flora con ghirlanda, ed un cestellino
di
rose. L’Està. Per esprimere questa stagione v
questa stagione vedesi Cerere col corno dell’abbondanza, e una corona
di
spighe. L’Autunno. Un giovane con corba di fr
bondanza, e una corona di spighe. L’Autunno. Un giovane con corba
di
frutta, e carezzando un cane rappresenta l’Autunn
L’Inverno. Vedesi ordinariamente dipinto l’Inverno sotto l’aspetto
di
un vecchio che si riscalda, o stassene rinchiuso
o che si riscalda, o stassene rinchiuso in una grotta. Egli è vestito
di
un abito che tutto lo circonda ; i suoi capelli,
he tutto lo circonda ; i suoi capelli, e la barba bianca sono coverti
di
ghiaccio1. La Discordia. Una donna con serpen
che circondano l’umano genere. Essi li credevano tanti Esseri capaci
di
allontanare, o di attirarci le disgrazie. Così sa
umano genere. Essi li credevano tanti Esseri capaci di allontanare, o
di
attirarci le disgrazie. Così sagrificavano alla F
ndò tanto innanzi, che immaginarono un Nume, che non abbiamo l’ardire
di
nominare in lingua nostra, detto crepitus ventris
dire di nominare in lingua nostra, detto crepitus ventris 1 La serie
di
tante stravaganze, nel momento che prova la debol
za dello spirito umano, ci avverte del bisogno che abbiamo della mano
di
Dio in tutti gli eventi della nostra vita. Non av
i della nostra vita. Non avendo potuto gli antichi aver l’idea giusta
di
un Dio vero, unico, e creatore dell’Universo, for
Dio vero, unico, e creatore dell’Universo, formarono altrettanti Dei
di
tutti gli attributi, che al vero Ente supremo si
o, e da una mortale, oppur da un uomo, e da una Dea. Davasi il titolo
di
Eroe a chi per qualche impresa segnalata o illust
ennone, Ulisse, e tanti altri. Le gesta dei primi vanno sotto il nome
di
Storia favolosa, perchè combinata da un miscuglio
no sotto il nome di Storia favolosa, perchè combinata da un miscuglio
di
fatti veri, e di favole. Storia eroica diremo que
di Storia favolosa, perchè combinata da un miscuglio di fatti veri, e
di
favole. Storia eroica diremo quella che narra i f
con una particella del fuoco celeste. Prometeo. Prometeo figliuolo
di
Giapeto, e di Climene figlia dell’Oceano, era il
ella del fuoco celeste. Prometeo. Prometeo figliuolo di Giapeto, e
di
Climene figlia dell’Oceano, era il più ingegnoso
’Oceano, era il più ingegnoso de’ Titani. Egli per emulare la potenza
di
Giove ardì creare, un uomo, servendosi del sempli
si del semplice limo della terra cui diede l’anima con una particella
di
quel fuoco celeste, che dal carro del sole aveva
gato, che la notte si rinnovellava per essere al dì vegnente divorato
di
nuovo. Eterno sarebbe stato il suo supplizio, se
nuovo. Eterno sarebbe stato il suo supplizio, se Ercole che si trovò
di
là passando, non lo avesse liberato. Non contento
e si trovò di là passando, non lo avesse liberato. Non contento Giove
di
tale vendetta, e per punire gli uomini delle loro
nato al testè detto supplizio. Epimeteo meno sospettoso, e diffidente
di
suo fratello Prometeo, volle aprir questo vaso do
mpo fu detto l’età dell’oro, tanto decantala da’ poeti sotto il regno
di
Saturno. A questa tenne dietro l’età dell’argento
tenne dietro l’età dell’argento, ed ebbe meno puri costumi. Nell’età
di
bronzo spuntarono i primi semi della guerra, e de
ntarono i primi semi della guerra, e dei delitti. Finalmente nell’età
di
ferro non potendo più gli Dei tollerare la perver
a ; ma per non confondere i giusti cogli empj, intraprese colla guida
di
Mercurio un viaggio sulla terra, e si fermò press
ese colla guida di Mercurio un viaggio sulla terra, e si fermò presso
di
Licaone re dell’Arcadia. Questi dubitando della d
Irritato Giove per tale indegnità, incenerì con un fulmine il palazzo
di
questo mostro. Licaone tentò sottrarsi alla vende
del genere umano ; ma senza far danno alla terra, che voleva popolare
di
una nuova specie. Ordinò ai venti, che avessero u
monte Parnaso, e dopo aver ringraziato i Dei, pensarono alla maniera
di
ripopolare la terra. A tale oggetto consultaron T
legio, ma riflettendo, che la gran madre era la terra, e le pietre le
di
lei ossa, eseguirono a puntino il consiglio. Dai
propriamente nel luogo, dove Atene fu fabbricata. Sposò la figliuola
di
Attèo re del paese, e della sua colonia se ne for
colonia se ne formarono dodici borghi, che diedero principio al Regno
di
Atene. Al culto degli Dei del paese aggiunse quel
to degli Dei del paese aggiunse quello de’ suoi, e sopra tutto quello
di
Minerva, e di Giove, e di tanti che aveva dall’Eg
el paese aggiunse quello de’ suoi, e sopra tutto quello di Minerva, e
di
Giove, e di tanti che aveva dall’Egitto portati.
iunse quello de’ suoi, e sopra tutto quello di Minerva, e di Giove, e
di
tanti che aveva dall’Egitto portati. Cadmo. F
ve, e di tanti che aveva dall’Egitto portati. Cadmo. Figliuolo fu
di
Agenore re di Fenicia, e fratello della bella Eur
che aveva dall’Egitto portati. Cadmo. Figliuolo fu di Agenore re
di
Fenicia, e fratello della bella Europa rapita da
enicia, e fratello della bella Europa rapita da Giove sotto l’aspetto
di
un toro. Disperato Agenore, che non aveva nouve d
ve sotto l’aspetto di un toro. Disperato Agenore, che non aveva nouve
di
sua figlia, impose a Cadmo di andarla cercando si
Disperato Agenore, che non aveva nouve di sua figlia, impose a Cadmo
di
andarla cercando sin che la trovasse. Essendo sta
un bove. La novella sua patria fu detta per tal ragione Beozia. Prima
di
edificare la città capitale, volle offrire de’ sa
i ritornare, si recò egli stesso sulla faccia del luogo, e gli riuscì
di
ammazzare quel mostro. Per ordine di Minerva semi
a faccia del luogo, e gli riuscì di ammazzare quel mostro. Per ordine
di
Minerva seminati i denti del dragone produssero d
denti del dragone produssero de’ nuovi soldati che si scannarono fra
di
loro, restandone soli cinque che lo ajutarono all
tto dalle disgrazie si ritirò nell’Illiria perseguitato dalla gelosia
di
Giunone, e finalmente dagli Dei fu cangiato in se
finalmente dagli Dei fu cangiato in serpente. Perseo. La nascita
di
Perseo fu assai singolare. Acrisio re di Argo ave
ente. Perseo. La nascita di Perseo fu assai singolare. Acrisio re
di
Argo aveva una figliuola di rara bellezza chiamat
di Perseo fu assai singolare. Acrisio re di Argo aveva una figliuola
di
rara bellezza chiamata Danae. Come l’oracolo gli
ato la morte all’avo, rinchiuse Acrisio la sua figliuola in una torre
di
bronzo. Spinto Giove dalla curiosità di vedere qu
la sua figliuola in una torre di bronzo. Spinto Giove dalla curiosità
di
vedere questa giovane, si trasformò in pioggia di
ove dalla curiosità di vedere questa giovane, si trasformò in pioggia
di
oro, e mentre i custodi erano intenti a raccorre
ro, e mentre i custodi erano intenti a raccorre l’oro, riuscì a Giove
di
penetrare nella torre. Divenne Danae madre di Per
e l’oro, riuscì a Giove di penetrare nella torre. Divenne Danae madre
di
Perseo : del che accortosi Acrisio la fece metter
accolse la madre col bambino, con prendere somma cura dell’educazione
di
questo principe. Ma in seguito Polidette divenuto
ducazione di questo principe. Ma in seguito Polidette divenuto amante
di
Danae, e temendo di Perseo, cercò di allontanarlo
principe. Ma in seguito Polidette divenuto amante di Danae, e temendo
di
Perseo, cercò di allontanarlo fingendo di volere
eguito Polidette divenuto amante di Danae, e temendo di Perseo, cercò
di
allontanarlo fingendo di volere sposare una princ
amante di Danae, e temendo di Perseo, cercò di allontanarlo fingendo
di
volere sposare una principessa di Grecia, ed in t
seo, cercò di allontanarlo fingendo di volere sposare una principessa
di
Grecia, ed in tale occasione per ostentare il suo
Grecia, ed in tale occasione per ostentare il suo fasto voleva quanto
di
più raro esistesse nel mondo. Per rendere adunque
uanto di più raro esistesse nel mondo. Per rendere adunque il viaggio
di
Perseo più lungo, e pericoloso gli ordinò di anda
ndere adunque il viaggio di Perseo più lungo, e pericoloso gli ordinò
di
andare in cerca della testa di Medusa, ch’ era un
seo più lungo, e pericoloso gli ordinò di andare in cerca della testa
di
Medusa, ch’ era una delle tre Gorgoni figliuole d
cerca della testa di Medusa, ch’ era una delle tre Gorgoni figliuole
di
Forco Dio marino, che regnavano nelle isole Gorgo
solo dente, che s’improntavano a vicenda. La loro chioma era composta
di
serpenti, che si rizzavano, e fischiavano di cont
loro chioma era composta di serpenti, che si rizzavano, e fischiavano
di
continuo. Taluni poeti credono che tal sorte infe
credono che tal sorte infelice avesse avuta solamente Medusa per odio
di
Minerva, che in tal guisa la sfigurò perchè amata
n tal guisa la sfigurò perchè amata da Nettuno, che con poco rispetto
di
questa Dea attestò la sua premura per questa giov
to di questa Dea attestò la sua premura per questa giovane nel tempio
di
Minerva. Poichè Perseo fu allontanato dalla reggi
sto sotto l’egida vinse le tre Gorgoni, e ritornò in Argo colla testa
di
Medusa, di cui si servì per cangiar gli uomini in
’egida vinse le tre Gorgoni, e ritornò in Argo colla testa di Medusa,
di
cui si servì per cangiar gli uomini in pietra. Ta
hi guardava questa testa era soggetto ad un tale destino, e le stille
di
sangue che ne grondarono, divennero serpenti. Con
, Perseo liberò Andromeda1 legata nuda ad uno scoglio per esser preda
di
un mostro marino, che uccise all’istante, ed in p
, che uccise all’istante, ed in premio sposò questa giovane figliuola
di
Cefèo, e di Cassiope. Perseo sbrigatosi da’ suoi
all’istante, ed in premio sposò questa giovane figliuola di Cefèo, e
di
Cassiope. Perseo sbrigatosi da’ suoi nemici ritor
ificato l’oracolo. Bellerofonte. Ascoltiamone la storia per bocca
di
Glauco suo discendente. « Questo Eroe (diceva a D
uesto Eroe (diceva a Diomede durante la guerra Trojana) era figliuolo
di
Glauco re di Corinto : Giove lo aveva sottoposto
iceva a Diomede durante la guerra Trojana) era figliuolo di Glauco re
di
Corinto : Giove lo aveva sottoposto a Preto re d’
to a Preto re d’Argo. Come aveva una vantaggiosa figura, Antea moglie
di
Preto ebbe per lui qualche inclinazione, ma senza
nti, lo mandò a Giobate suo suocero re della Licia con ordini segreti
di
prendere vendetta dell’oltraggio a lui fatto. Bel
avendo aperto le lettere del re d’Argo, impose immantinente all’Eroe
di
andare a combattere con un mostro terribile chiam
e di andare a combattere con un mostro terribile chiamato la Chimera,
di
razza immortale colla testa di lione, il corpo di
mostro terribile chiamato la Chimera, di razza immortale colla testa
di
lione, il corpo di capra, la coda di serpente, e
hiamato la Chimera, di razza immortale colla testa di lione, il corpo
di
capra, la coda di serpente, e che gittava fiamme
, di razza immortale colla testa di lione, il corpo di capra, la coda
di
serpente, e che gittava fiamme dalla gola. L’intr
a di serpente, e che gittava fiamme dalla gola. L’intrepido figliuolo
di
Glauco alla vista de’ segnali a lui mostrati dagl
e riportò compiuta vittoria. Conoscendo allora Giobate, che il valore
di
Bellerofonté era superiore ai perigli, gli diede
no ». Minosse. Gli Ateniesi avendo assassinato Androgeo figliuolo
di
Minosse re di Creta, questo principe alla testa d
se. Gli Ateniesi avendo assassinato Androgeo figliuolo di Minosse re
di
Creta, questo principe alla testa di una armata p
Androgeo figliuolo di Minosse re di Creta, questo principe alla testa
di
una armata poderosa assediò Atene, e non si ritir
che non fu segnato un trattato, col quale gli Ateniesi si obbligarono
di
dargli annualmente sette donzelle, ed altrettanti
, e liberò Atene da sì crudele tributo. Minosse servendosi dell’opera
di
Dedalo architetto ingegnosissimo, formò un edifiz
e rinchiudere il Minotauro ; e lo stesso Dedalo ch’ era incorso nella
di
lui disgrazia con il suo figlio Icaro. Questi per
con il suo figlio Icaro. Questi però escogitò la maniera come uscire
di
prigione coll’ajuto delle ali composte di cera, e
gitò la maniera come uscire di prigione coll’ajuto delle ali composte
di
cera, e di penne per se, e per Icaro. Avvertì per
iera come uscire di prigione coll’ajuto delle ali composte di cera, e
di
penne per se, e per Icaro. Avvertì pertanto il fi
suo nome. Icarus Icariis nomina fecit aquis, Ovidio. Minosse fu padre
di
molti figli : i più conosciuti furono Androgèo, F
udici nell’inferno con Eaco, e Radamanto. Teseo. Etra, ed Egèo re
di
Atene furono i genitori di Teseo. Volendo questo
, e Radamanto. Teseo. Etra, ed Egèo re di Atene furono i genitori
di
Teseo. Volendo questo Eroe fin dalla fanciullezza
i Teseo. Volendo questo Eroe fin dalla fanciullezza imitare il valore
di
Ercole, e ritrovandosi nella Corte di Piteo re di
fanciullezza imitare il valore di Ercole, e ritrovandosi nella Corte
di
Piteo re di Trezenia, e padre di Etra volle intra
a imitare il valore di Ercole, e ritrovandosi nella Corte di Piteo re
di
Trezenia, e padre di Etra volle intraprendere un
i Ercole, e ritrovandosi nella Corte di Piteo re di Trezenia, e padre
di
Etra volle intraprendere un viaggio per Atene per
n facendo diede i primi saggi del suo valore. Passando pel territorio
di
Epidauro, uccise Perifeto che lo aveva sfidato a
ifeto che lo aveva sfidato a battersi seco. Di là traversando l’istmo
di
Corinto, punì Sinni assassino, che aveva una forz
forza prodigiosa, solito ad attaccare le vittime che cadevano fra le
di
lui mani, a due rami di pino curvati, che poscia
o ad attaccare le vittime che cadevano fra le di lui mani, a due rami
di
pino curvati, che poscia si raddrizzavano collo s
i. Teseo lo fece morire nella stessa guisa. Passando per le frontiere
di
Megara precipitò dall’alto di una rupe l’infame S
stessa guisa. Passando per le frontiere di Megara precipitò dall’alto
di
una rupe l’infame Scirrone che spogliava i vianda
gante Procruste. Questo scellerato faceva stendere i forestieri sopra
di
un letto di ferro, e tagliava le parti che sporge
ste. Questo scellerato faceva stendere i forestieri sopra di un letto
di
ferro, e tagliava le parti che sporgevano in fuor
ad Atene, dove non potendosi vedere ozioso volle combattere col toro
di
Maratona, che menò vivo in Città per sacrificarlo
Città per sacrificarlo ad Apollo. Vennero dopo poco tempo i deputati
di
Minosse a chiedere per la terza volta il solito t
te donzelle. Volle Teseo ascriversi fra quelli, e malgrado le lagrime
di
suo padre si pose in viaggio ad oggetto di combat
lli, e malgrado le lagrime di suo padre si pose in viaggio ad oggetto
di
combattere col Minotauro, e liberare Atene da sì
bio perito in questa per altro gloriosa impresa, se Arianna figliuola
di
Minosse non lo avesse consigliato di attaccare un
sa impresa, se Arianna figliuola di Minosse non lo avesse consigliato
di
attaccare un filo all’entrata del Laberinto ove i
aglia il Minotauro, e coll’ajuto del filo uscì dagl’intrighi tortuosi
di
quel luogo. Volle Arianna seguire i passi di ques
ì dagl’intrighi tortuosi di quel luogo. Volle Arianna seguire i passi
di
quest’Eroe, che amava per il suo valore : ma ques
quest’Eroe, che amava per il suo valore : ma questi ebbe la crudeltà
di
abbandonare nell’isola di Nasso colei, che gli av
il suo valore : ma questi ebbe la crudeltà di abbandonare nell’isola
di
Nasso colei, che gli aveva salvata la vita. Restò
vata la vita. Restò l’infelice Arianna in quell’isola fino all’arrivo
di
Bacco, che ritornava vincitore dall’Indie ; quest
si nel mare, che dal suo nome fu chiamato Egèo. Teseo montò sul trono
di
Atene : promulgò delle leggi, che contribuirono m
gò delle leggi, che contribuirono moltissimo ad accrescere la potenza
di
quel popolo. Il resto di sua vita fu un misto di
ibuirono moltissimo ad accrescere la potenza di quel popolo. Il resto
di
sua vita fu un misto di azioni grandiose, e ripre
ccrescere la potenza di quel popolo. Il resto di sua vita fu un misto
di
azioni grandiose, e riprensibili talvolta, come a
u un misto di azioni grandiose, e riprensibili talvolta, come altresì
di
felicità, e di disgrazie. Trovò in fine da pertut
zioni grandiose, e riprensibili talvolta, come altresì di felicità, e
di
disgrazie. Trovò in fine da pertutto occasioni pe
utto occasioni per accrescere la riputazione che godeva. In compagnia
di
Ercole fece la guerra alle Amazoni, donne sommame
Accompagnò Meleagro alla caccia del cignale Calidonio. Dopo la morte
di
Antiopa, Teseo sposò Fedra figliuola di Minosse,
nale Calidonio. Dopo la morte di Antiopa, Teseo sposò Fedra figliuola
di
Minosse, e sorella di Arianna. Ben sapendo egli,
a morte di Antiopa, Teseo sposò Fedra figliuola di Minosse, e sorella
di
Arianna. Ben sapendo egli, che le madrigne guarda
sse, e sorella di Arianna. Ben sapendo egli, che le madrigne guardano
di
mal occhio i figli del primo letto, inviò Ippolit
venne questo figlio in seguito l’odio del padre per una nera calunnia
di
Fedra. Volendo Teseo vendicarsene, pregò Nettuno
a di Fedra. Volendo Teseo vendicarsene, pregò Nettuno che gli promise
di
esaudire i suoi voti. Un giorno, mentre Ippolito
amicizia strettissima con Piritoo re de’ Lapiti. Alla fama del valore
di
questo Eroe, Piritoo volle farne la pruova, e lo
volle farne la pruova, e lo sfidò a singolar tenzone. Nel punto però
di
azzuffarsi, furono entrambi sorpresi del proprio
o entrambi sorpresi del proprio coraggio : quindi mossi da sentimenti
di
vera stima, si diedero vicendevolmente la mano, e
podamia. I Centauri invitati alle nozze ebbri, ed impazzati tentarono
di
rapire la sposa. I Lapiti diedero di piglio alle
ze ebbri, ed impazzati tentarono di rapire la sposa. I Lapiti diedero
di
piglio alle armi, e Teseo non si fece pregare per
pregare per fare lo stesso. In ricompensa Piritoo contribuì al ratto
di
Elena figliuola di Tindaro, e di Leda, per averla
o stesso. In ricompensa Piritoo contribuì al ratto di Elena figliuola
di
Tindaro, e di Leda, per averla veduta Teseo balla
icompensa Piritoo contribuì al ratto di Elena figliuola di Tindaro, e
di
Leda, per averla veduta Teseo ballare con molta g
duta Teseo ballare con molta grazia nel tempio. Questa indegna azione
di
Teseo fu causa di una guerra terribile. Castore,
con molta grazia nel tempio. Questa indegna azione di Teseo fu causa
di
una guerra terribile. Castore, e Polluce germani
di Teseo fu causa di una guerra terribile. Castore, e Polluce germani
di
Elena ostilmente entrarono ne’ suoi stati, ed i s
oo suo amico, e compagno d’armi volendo imitarlo, gli venne la smania
di
rapir Proserpina. Arrivati all’Inferno, Plutone f
ferno, Plutone fu avvertito della trama, e fatte sciogliere le catene
di
Cerbero, si avventò questi a Piritoo, e lo strang
o a restar per sempre nel Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne
di
potere abbreviare la sua pena. Teseo di ritorno a
ua fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare la sua pena. Teseo
di
ritorno alla terra procurò di rientrare ne’ suoi
di potere abbreviare la sua pena. Teseo di ritorno alla terra procurò
di
rientrare ne’ suoi stati che aveva occupati Mnest
ne’ suoi stati che aveva occupati Mnesteo : ma i sudditi malcontenti
di
un re che loro attirava una folla di sventure, no
esteo : ma i sudditi malcontenti di un re che loro attirava una folla
di
sventure, non vollero in niun conto riceverlo. Qu
ure, non vollero in niun conto riceverlo. Quindi si ritirò nell’isola
di
Sciro, ove Licomede regnava. Ivi visse miserabilm
o aveva meritati. Castore, e Polluce. Rapito Giove dalla bellezza
di
Leda sposa di Tindaro re di Sparta, volle un dì v
ti. Castore, e Polluce. Rapito Giove dalla bellezza di Leda sposa
di
Tindaro re di Sparta, volle un dì visitarla trasf
, e Polluce. Rapito Giove dalla bellezza di Leda sposa di Tindaro re
di
Sparta, volle un dì visitarla trasformatosi in ci
lo accolse nel seno, e ritrovandosi incinta dopo nove mesi si sgravò
di
due ovi, in uno de’ quali stava rinchiuso Polluce
tro Castore, e Clitennestra. I primi due furono riguardati come figli
di
Giove, e gli altri due per figliuoli di Tindaro,
furono riguardati come figli di Giove, e gli altri due per figliuoli
di
Tindaro, detti in seguito indifferentemente tutti
Amico al giuoco del cesto. Castore si segnalò nel corso, e nell’arte
di
domare i cavalli. Entrambi andarono al conquisto
irazione degli Ateniesi. Mercè la nobile cura che entrambi si presero
di
purgar l’Arcipelago dai corsari che lo infestavan
capo de’ due fratelli, e cessò tosto quel fiero temporale. Le fiamme
di
tal sorta che apparivano nel sorgere, o nel mezzo
orale. Le fiamme di tal sorta che apparivano nel sorgere, o nel mezzo
di
qualche tempesta si credevano segni felici, chiam
ezzo di qualche tempesta si credevano segni felici, chiamati i fuochi
di
Castore, e di Polluce. Amarono i due fratelli nel
e tempesta si credevano segni felici, chiamati i fuochi di Castore, e
di
Polluce. Amarono i due fratelli nel tempo istesso
, e di Polluce. Amarono i due fratelli nel tempo istesso le figliuole
di
Leucippe, Febe, e Talaria, che bisognò rapire, pe
colla morte del primo. Polluce vendicò parimente Castore colla morte
di
Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale
e vendicò parimente Castore colla morte di Ida. Polluce perchè figlio
di
Giove era immortale. Ma il vivere gli era insoffr
Giasone. Regnando in Tessaglia Esone principe debole, ed incapace
di
difendere i dritti del suo popolo ; fu sbalzato d
rono da Pelia suo fratello. Questi per palliare l’usurpazione promise
di
restituire il regno a suo nipote Giasone, allorch
di restituire il regno a suo nipote Giasone, allorchè venisse all’età
di
poter governare. Divenuto adulto gli fu proposto
proposto dallo zio la conquista del vello d’oro, che il giovane avido
di
gloria non esitò punto d’intraprendere a traverso
il giovane avido di gloria non esitò punto d’intraprendere a traverso
di
tanti pericoli, che ne impedivano il possesso. Bi
tanti pericoli, che ne impedivano il possesso. Bisogna sovvenirsi quì
di
quanto sì è detto riguardo a Frisso, ed Elle figl
venirsi quì di quanto sì è detto riguardo a Frisso, ed Elle figliuoli
di
Atamante re di Tebe. Perseguitati questi da Ino l
quanto sì è detto riguardo a Frisso, ed Elle figliuoli di Atamante re
di
Tebe. Perseguitati questi da Ino loro madrigna, s
be. Perseguitati questi da Ino loro madrigna, sen fuggirono sul dorso
di
un ariete, la cui lana era di oro, e traversarono
loro madrigna, sen fuggirono sul dorso di un ariete, la cui lana era
di
oro, e traversarono un canale del mar nero. Elle
di oro, e traversarono un canale del mar nero. Elle ebbe la disgrazia
di
cadere, e diede il nome di Ellesponto a quel mare
anale del mar nero. Elle ebbe la disgrazia di cadere, e diede il nome
di
Ellesponto a quel mare. Frisso più fortunato guad
poi collocato in un campo consagrato a quel Dio, e sotto la custodia
di
un dragone terribile. Fu Marte tanto contento di
e sotto la custodia di un dragone terribile. Fu Marte tanto contento
di
questa offerta che promise immense ricchezze a ch
uesta offerta che promise immense ricchezze a chi avrebbe il possesso
di
quella lana, e ne propose a tutti gli Eroi la con
la lana, e ne propose a tutti gli Eroi la conquista. Giasone risoluto
di
partire, chiamò a parte della gloria di quell’imp
a conquista. Giasone risoluto di partire, chiamò a parte della gloria
di
quell’impresa tutti gli Eroi della Grecia. Il vas
Grecia. Il vascello detto Argo fu quello che trasportò questa schiera
di
Eroi, perciò detti Argonauti. Noi non ci daremo l
ta schiera di Eroi, perciò detti Argonauti. Noi non ci daremo la pena
di
fare la diceria di tutte le avventnre precedenti
perciò detti Argonauti. Noi non ci daremo la pena di fare la diceria
di
tutte le avventnre precedenti al viaggio, e degli
enti al viaggio, e degli ostacoli che sormontarono mercè l’assistenza
di
Giunone, e di Minerva. Il viaggio però era il min
o, e degli ostacoli che sormontarono mercè l’assistenza di Giunone, e
di
Minerva. Il viaggio però era il minore de’ mali a
iunone, e di Minerva. Il viaggio però era il minore de’ mali a fronte
di
quelli dell’acquisto del vello. Bisognava in prim
gnava in primo luogo rompere una barriera custodita da due tori (dono
di
Vulcano) che avevano le corna, e i piedi di bronz
stodita da due tori (dono di Vulcano) che avevano le corna, e i piedi
di
bronzo, dalle cui fauci correvano torrenti di fuo
ano le corna, e i piedi di bronzo, dalle cui fauci correvano torrenti
di
fuoco, indi assoggettarli al giogo, e lavorare un
ggettarli al giogo, e lavorare un campo vergine con seminarci i denti
di
un dragone, da’ quali dovevano venir fuora alcuni
tasse un solo : finalmente uccidere un mostro, che stava alla guardia
di
sì prezioso deposito. Il più difficile era che tu
più difficile era che tutto questo doveva effettuarsi nel breve corso
di
un giorno. L’impresa avrebbe sgomentato lo stesso
o ispirato amichevoli sentimenti per Giasone a Medèa figliuola del re
di
Celco, maga espertissima, al cui potere ubbidiva
manieri, si sottoposero al giogo, fu lavorata la terra, uscirono dal
di
lei seno gli armati, che in vista di una pietra a
lavorata la terra, uscirono dal di lei seno gli armati, che in vista
di
una pietra ad essi lanciata posti in iscompiglio
i scannarono : fu assopito, indi ucciso quel mostro mercè l’efficacia
di
alcune erbe, o di una bevanda apprestata da Medèa
assopito, indi ucciso quel mostro mercè l’efficacia di alcune erbe, o
di
una bevanda apprestata da Medèa. S’impadronì Gias
e con istupore de’ suoi compagni, che si erano scoraggiti all’aspetto
di
tanti pericoli. Ciò fatto di concerto con Medèa,
gni, che si erano scoraggiti all’aspetto di tanti pericoli. Ciò fatto
di
concerto con Medèa, che sposò, pensarono di fuggi
tanti pericoli. Ciò fatto di concerto con Medèa, che sposò, pensarono
di
fuggirsene col favore della notte trasportando se
arono di fuggirsene col favore della notte trasportando seco i tesori
di
Eta padre di Medèa. Questi senza perdita di tempo
irsene col favore della notte trasportando seco i tesori di Eta padre
di
Medèa. Questi senza perdita di tempo cominciò ad
rasportando seco i tesori di Eta padre di Medèa. Questi senza perdita
di
tempo cominciò ad inseguirli : ma la perfida figl
l medesimo a raccogliere gli avanzi dell’infelice garzone. Il ritorno
di
Giasone, e degli Argonauti riempì di gioja tutta
ell’infelice garzone. Il ritorno di Giasone, e degli Argonauti riempì
di
gioja tutta la Tessaglia. Ivi si celebrarono dell
rinto dove Giasone la seguì. Ma incostante quest’ultimo cercò la mano
di
Creusa figliuola di Creonte re di Corinto, e l’ot
a seguì. Ma incostante quest’ultimo cercò la mano di Creusa figliuola
di
Creonte re di Corinto, e l’ottenne. Sdegnata Medè
costante quest’ultimo cercò la mano di Creusa figliuola di Creonte re
di
Corinto, e l’ottenne. Sdegnata Medèa per tanta in
re di Corinto, e l’ottenne. Sdegnata Medèa per tanta infedeltà, finse
di
volere intervenire alle nozze per felicitare la n
nozze per felicitare la nuova coppia, con aver fatto il dono a Creusa
di
una veste avvelenata, ma coverta di diamanti. La
, con aver fatto il dono a Creusa di una veste avvelenata, ma coverta
di
diamanti. La sventurata figlia di Creonte appena
di una veste avvelenata, ma coverta di diamanti. La sventurata figlia
di
Creonte appena ne fu vestita, che fu consumata da
stita, che fu consumata da un fuoco sul momento. Non contenta la maga
di
tale strepitosa vendetta prese i figli che aveva
e barbaramente li trucidò : indi montato un carro s’involò alla vista
di
tutti, e recossi ad Atene, dove procurò di sedurr
carro s’involò alla vista di tutti, e recossi ad Atene, dove procurò
di
sedurre il vecchio Egèo. Passò Giasone il resto d
o sul vascello Argo che stava sulla riva, fu schiacciato dalla caduta
di
una trave che si era staccata. Ercole. Nacque
ve, che la sedusse sotto l’aspetto del suo sposo Anfitrione figliuolo
di
Alcèo. Come Giove aveva detto nel concilio degli
divenuto un Eroe, irritata Giunone spiegò un odio implacabile contro
di
Ercole, detto anche Alcide, perchè nipote di Alcè
odio implacabile contro di Ercole, detto anche Alcide, perchè nipote
di
Alcèo. Standosi ancora in culla, la Dea gli aizzò
e serpi per farlo affogare. In questo rincontro fece Ercole conoscere
di
esser egli figliuolo di Giove, avendo preso ambo
re. In questo rincontro fece Ercole conoscere di esser egli figliuolo
di
Giove, avendo preso ambo i serpenti, e stretti ta
eso ambo i serpenti, e stretti talmente, che li schiacciò. Creonte re
di
Tebe prese cura della sua educazione, che fu qual
Ercole gli mostrò tutta la gratitudine, avendo liberata Tebe nell’età
di
anni dieci dal giogo de’ Miniani. Ammazzò Ergino
suo valore, e preludj de’ travagli, che gli aveva riserbati lo sdegno
di
Giunone, che noi in un fiato accenneremo. Il prim
i pelle si vestì. Il secondo fu contro l’Idra, che desolava le paludi
di
Lerna presso Argo. Questo mostro aveva cento coll
rinascendo a misura, che si tagliavano. Ercole le sterminò coll’ajuto
di
Jolo suo cugino, a cui impose di bruciarle appena
avano. Ercole le sterminò coll’ajuto di Jolo suo cugino, a cui impose
di
bruciarle appena ch’egli le recidesse. Temprò egl
ch’egli le recidesse. Temprò egli in seguito le sue frecce nel sangue
di
quest’Idra, che conteneva un veleno potentissimo.
sangue di quest’Idra, che conteneva un veleno potentissimo. Per mano
di
Ercole caddero caddero altresì gli augelli straor
a tanto numeroso il loro stuclo che oscurava l’aria. Avevano il becco
di
ferro, e dal rostro lanciavano delle particelle d
tesso metallo. Furono questi mostri abbattuti, e scacciati dal rumore
di
alcuni timpani di bronzo, che Minerva gli aveva d
ono questi mostri abbattuti, e scacciati dal rumore di alcuni timpani
di
bronzo, che Minerva gli aveva donati. La quarta s
pedizione fu la presa della cerva del monte MenaIo, che aveva i piedi
di
bronzo, e le corna di oro, che per un anno intero
della cerva del monte MenaIo, che aveva i piedi di bronzo, e le corna
di
oro, che per un anno intero inseguì. Fu ucciso pa
nno intero inseguì. Fu ucciso parimente da Ercole il famoso cinghiale
di
Erimanto che trasportò vivo sulle spalle. Era tan
he in vederlo ritornare Euristeo si nascose per la paura in una botte
di
bronzo. Erano tante sporche le stalle di Augìa re
se per la paura in una botte di bronzo. Erano tante sporche le stalle
di
Augìa re di Argo, che l’Eroe per nettarle deviò i
ura in una botte di bronzo. Erano tante sporche le stalle di Augìa re
di
Argo, che l’Eroe per nettarle deviò il corso del
fiume Alfeo. Un toro che gittava fiamme dalle narici desolava l’isola
di
Creta. Nettuno colà lo aveva spiccato perchè Mino
là lo aveva spiccato perchè Minosse non gli aveva sagrificato un bove
di
maravigliosa bellezza, come gli aveva promesso. E
no tutt’i forestieri, ch’entravano ne’ suoi stati. Il secondo pasceva
di
carne umana i suoi cavalli. La pena medesima fu l
e ammazzò. L’Esperidi erano tre, Egle, Aretusa, ed Esperusa figliuole
di
Espero germano di Atlante, che fu cangiato in una
idi erano tre, Egle, Aretusa, ed Esperusa figliuole di Espero germano
di
Atlante, che fu cangiato in una stella che compar
ma accorto ladrone nel rubare ad Ercole alcuni bovi ebbe l’avvertenza
di
condurli nella sua caverna, tirandoli per la coda
uccise l’indegno ladrone. Stupenda è la descrizione, che fa Virgilio
di
questa grotta nel lib. 8. Dell’Eneide. Stava nell
ti. Aveva questi promesso a Nettuno suo padre d’innalzargli un tempio
di
cranj, ed ossa umane. Ercole andò a fargli una vi
le lo tenne sospeso in aria finchè spirò l’ultimo fiato. Una fucinata
di
uomini che avevano picciolissima statura detti Pi
che avevano picciolissima statura detti Pigmei per vendicare la morte
di
Antèo loro re si affollò intorno di Ercole, che r
tti Pigmei per vendicare la morte di Antèo loro re si affollò intorno
di
Ercole, che ridendo li pose in fuga. Questo Eroe
eese duc volte all’Inferno per liberare Teseo, indi Alceste figliuola
di
Pelia, ed Anassabia. Suo padre per sottrarla dall
fece loro sentire che per ottenerla in isposa dovevano condurla sopra
di
un carro tirato da due bestie feroci di different
sposa dovevano condurla sopra di un carro tirato da due bestie feroci
di
differente specie. Admeto ebbe la fortuna d’impal
n cinghiale che Apollo gli diede. Ma il Destino geloso della felicità
di
Admeto era presso a troncare i suoi giorni, quand
care i suoi giorni, quando Alceste che lo amava alla follìa, si offrì
di
morire per lui. Fu questa l’unica fiata che le Pa
ata che le Parche s’intenerirono : recisero quindi il filo della vita
di
Alceste, e lasciarono vivere Admeto. Mentre si ce
Alceste, e lasciarono vivere Admeto. Mentre si celebravano i funerali
di
questa grande Eroina, esempio dell’amor conjugale
grande Eroina, esempio dell’amor conjugale, arrivò Ercole alla corte
di
Admeto. Commosso dalla sposizione del fatto non v
e rimenò la tenera Alceste al suo sposo fedele, malgrado la renitenza
di
Plutone. Volle Ercole per la seconda volta marita
tone. Volle Ercole per la seconda volta maritarsi, e chiese la destra
di
Jole figliuola di Eurito, che domandò tempo per p
per la seconda volta maritarsi, e chiese la destra di Jole figliuola
di
Eurito, che domandò tempo per pensarci, sull’idea
on potesse essere contenta accoppiata ad un uomo, che aveva ammazzato
di
propria mano i suoi figli. Ercole che fra le sue
edendo tal pretesto un vero rifiuto, crucciato si portò via i cavalli
di
Eurito : suo figlio Ifito, che volle reclamarli,
lli di Eurito : suo figlio Ifito, che volle reclamarli, cadde vittima
di
Ercole. Il suo rimorso avendo costretto Ercole a
bblicamente lasciato vendere. Ercole vi acconsentì, e diventò schiavo
di
Onfale regina di Lidia Da schiavo divenne amante,
ato vendere. Ercole vi acconsentì, e diventò schiavo di Onfale regina
di
Lidia Da schiavo divenne amante, e per guadagnars
egina di Lidia Da schiavo divenne amante, e per guadagnarsi l’affetto
di
Onfale si ridusse colla conocchia a filare tra le
plus ultra. Finalmente ritornando nella Grecia sposò Dejanira sorella
di
Meleagro, che volendo condurre alla patria, pregò
che volendo condurre alla patria, pregò Nesso centauro a trasportarla
di
là del fiume Eveno. Nesso gli avrebbe nel passagg
a. Questo mostro si vendicò in una maniera terribile. Consigliò prima
di
morire alla credula Dejanira di conservare una ca
na maniera terribile. Consigliò prima di morire alla credula Dejanira
di
conservare una camicia intrisa nel suo sangue per
risa nel suo sangue perchè la dasse allo sposo, allorchè aveva motivo
di
sospettare della di lui fedeltà. Questa principes
perchè la dasse allo sposo, allorchè aveva motivo di sospettare della
di
lui fedeltà. Questa principessa volendo interamen
o così funesto. Finalmente gittossi in un rogo, pregando i suoi amici
di
appiccarvi il fuoco. Il solo Filottete fra tanti
eva cader Troja. Le fiamme consumarono solamente quel tanto che aveva
di
mortale ; ma come figlio di Giove dopo morto fu d
onsumarono solamente quel tanto che aveva di mortale ; ma come figlio
di
Giove dopo morto fu dal medesimo trasportato nel
al medesimo trasportato nel Cielo. Filottete. Filottete figliuolo
di
Peano mercè l’amicizia di Ercole fu collocato nel
l Cielo. Filottete. Filottete figliuolo di Peano mercè l’amicizia
di
Ercole fu collocato nel numero degli Eroi. Dicemm
nel numero degli Eroi. Dicemmo già ch’egli aveva assistito alla morte
di
questo Eroe con aver giurato di non rivelare il l
ià ch’egli aveva assistito alla morte di questo Eroe con aver giurato
di
non rivelare il luogo della sua tomba ; ma i Grec
rendere Troja, lo fecero mancare al giuramento. Egli intanto credette
di
eludere il sacro voto battendo col piede la terra
voto battendo col piede la terra, in quel luogo ove stavano le ceneri
di
Ercole : ma gli Dei lo punirono egualmente che se
nfezione, ed il fetore era tale, che i Greci lo lasciarono nell’isola
di
Lenno, ove menò un vita miserabile. Intanto come
miserabile. Intanto come le sue frecce erano necessarie per la presa
di
Troja, i Greci dopo la morte di Achille furono co
frecce erano necessarie per la presa di Troja, i Greci dopo la morte
di
Achille furono costretti di ricorrere a lui. Cruc
la presa di Troja, i Greci dopo la morte di Achille furono costretti
di
ricorrere a lui. Crucciato Filottete dal tradimen
unque, e giunto al campo de’ Greci, il bravo medico Macaone figliuolo
di
Esculapio trovò la maniera di guarire la di lui p
reci, il bravo medico Macaone figliuolo di Esculapio trovò la maniera
di
guarire la di lui piaga. Orfèo. La saggia ant
medico Macaone figliuolo di Esculapio trovò la maniera di guarire la
di
lui piaga. Orfèo. La saggia antichità ha onor
lle altre Divinità, ch’aveva nella Grecia introdotte. Egli era figlio
di
Eagro re della Tracia, e della Musa Calliope. Apo
l’inferno per chiedere in grazia a Plutone la sua sposa, lusingandosi
di
ammansire que’ mostri al suono della sua lira. Gl
di ammansire que’ mostri al suono della sua lira. Gli riuscì in fatti
di
riavere da Plutone la cara sua sposa a condizione
e non fosse uscito dall’inferno. Lo smanioso Orfèo dimenticò l’ordine
di
Plutone, e sparì per la seconda fiata Euridice. Q
seconda fiata Euridice. Questa perdita lo afflisse in modo, che giurò
di
fuggire per sempre la compagnia delle donne. Le f
che giurò di fuggire per sempre la compagnia delle donne. Le femmine
di
Tracia furono sì offese da tale disprezzo, che av
a tale disprezzo, che avendolo incontrato mentre celebravano le feste
di
Bacco, lo fecero in pezzi, e ne dispersero le mem
ielo1. Non possiamo dispensarci qui dal rapportare il divino squarcio
di
Virgilio su tale proposito. Descrivendo questo su
Virgilio su tale proposito. Descrivendo questo sublime poeta la morte
di
Euridice, ne attribuisce la cagione al pastore Ar
ri, e nella fuga fu da una serpe morsicata. Quindi Aristèo a consigli
di
sua madre avendo consultato Proteo, così questi g
lumine ripae. Haec Proteus, etc. Virg. Georg. IV. Edipo. Lajo re
di
Tebe aveva sposata Giocasta figliuola di Creonte,
org. IV. Edipo. Lajo re di Tebe aveva sposata Giocasta figliuola
di
Creonte, che aveva prima di Lajo parimente regnat
di Tebe aveva sposata Giocasta figliuola di Creonte, che aveva prima
di
Lajo parimente regnato in Tebe.Gli fu predetto da
liare, che avesse esposto il bambino in un deserto. Ma questi in vece
di
abbandonarlo alle bestie feroci, lo legò ad un al
ad un albero per un piede. Per tal ragione il faneiullo ebbe il nome
di
Edipo, voce Greca, che dinotò piè gonfio. Forba g
ipo, voce Greca, che dinotò piè gonfio. Forba guardiano degli armenti
di
Polibo re di Corinto a caso lo trovò, e mosso a c
ca, che dinotò piè gonfio. Forba guardiano degli armenti di Polibo re
di
Corinto a caso lo trovò, e mosso a compassione de
la sventura d’incontrarsi con Lajo, che avendogli imposto bruscamente
di
scostarsi, Edipo che nol conosceva, credendosi of
afflissero Tebe. Un mostro alato chiamato Sfinge colla testa, e mani
di
donna, il corpo di un cane desolava le campagne d
n mostro alato chiamato Sfinge colla testa, e mani di donna, il corpo
di
un cane desolava le campagne di Tebe, e standosi
olla testa, e mani di donna, il corpo di un cane desolava le campagne
di
Tebe, e standosi in aguato in un passo del monte
to ai medesimi degli cnigmi indissolubili. Creonte, che dopo la morte
di
Lajo aveva ripreso le redini del governo, fece no
bbe sposato Giocasta. La vita del mostro dipendeva dallo scioglimento
di
uno degli enigmi che proponeva. Edipo intraprende
proponeva. Edipo intraprendente, ed ardito, malgrado che tanti prima
di
lui fossero periti, ebbe il coraggio di presentar
ito, malgrado che tanti prima di lui fossero periti, ebbe il coraggio
di
presentarsi al mostro, che gli dimandò qual era q
tone. Appena spiegato questo enigma, la sfinge si precipitò dall’alto
di
una roccia, e spirò. Così Tebe fu liberata : Edip
e la risposta fu, che il flagello cesserebbe allora quando l’uccisore
di
Lajo fosse stato riconosciuto, e punito. Lo svent
, si diede da se stessa la morte. Eteocle, e Polinice. Il delitto
di
Edipo fu cagione di altre disgrazie nella sua fam
ssa la morte. Eteocle, e Polinice. Il delitto di Edipo fu cagione
di
altre disgrazie nella sua famiglia. Eteocle, e Po
sgrazie nella sua famiglia. Eteocle, e Polinice suoi figli convennero
di
regnare un anno per ciascuno. Eteocle come primo
figli convennero di regnare un anno per ciascuno. Eteocle come primo
di
età prese le redini del governo : ma terminato l’
e le redini del governo : ma terminato l’anno, non si sentì la voglia
di
deporre il comando. Sdegnato Polinice ritirossi i
de accoglienza, e gli diede una sua figliuola in isposa. Questi tentò
di
aggiustare le differenze tra i due fratelli, invi
sto a vendicare i suoi dritti colle armi. Dopo lunga, e varia fortuna
di
questa guerra, stanchi i due fratelli risolvetter
e varia fortuna di questa guerra, stanchi i due fratelli risolvettero
di
terminarla in un combattimento a corpo a corpo. S
nti. Nomi de’ principali Guerrieri, che si distinsero nella guerra
di
Tebe. La guerra di Tebe fu una delle più famose
ncipali Guerrieri, che si distinsero nella guerra di Tebe. La guerra
di
Tebe fu una delle più famose nei tempi eroici. El
delle più famose nei tempi eroici. Ella è stata il soggetto del canto
di
molti poeti, come quella di Troja, che diede occa
roici. Ella è stata il soggetto del canto di molti poeti, come quella
di
Troja, che diede occasione al poema di Omero. Tra
to di molti poeti, come quella di Troja, che diede occasione al poema
di
Omero. Tra i capi che allora si distinsero, si co
e, e Partenopèo. Adrasto, come si è già detto, fu la molla principale
di
questa guerra, avendo aceolto nella sua reggia Po
disfece più volte Eteocle ; incontrò non ostante la morte all’assedio
di
Tebe. Egli fu padre del celebre Diomede, che si s
Tebe. Egli fu padre del celebre Diomede, che si segnalò nella guerra
di
Troja. Amfiarao famoso indovino, sposo di Erifile
che si segnalò nella guerra di Troja. Amfiarao famoso indovino, sposo
di
Erifile figliuola di Adrasto, fu anche pressato a
guerra di Troja. Amfiarao famoso indovino, sposo di Erifile figliuola
di
Adrasto, fu anche pressato ad armarsi : ma sapend
apendo egli che doveva perire in questa guerra, si ritirò dalla corte
di
suo cognato, e si nascose. La sola Erifile sapeva
le sapeva il luogo della sua ritirata, che non tardò a scoprire mercè
di
una bella collana a lei donata da Polinice. Amfia
aver però imposto al suo figlio Alcmeone, che appena intesa la nuova
di
sua morte, avesse tolta di vita Erifile. Morì egl
iglio Alcmeone, che appena intesa la nuova di sua morte, avesse tolta
di
vita Erifile. Morì egli in fatti : ed Alcmeone es
li in fatti : ed Alcmeone esegui l’ordine paterno. Ma tosto il sangue
di
Erifile fu vendicato, essendo stato consegnato al
rifugiò a Psofi in Arcadia, per ivi fare de’ sacrifizj colla speranza
di
riacquistare la perduta tranquillità. Fegèa re de
a fatale collana. Avendola però dopo ripudiata per Calliroe figliuola
di
Acheloo, chiese di nuovo questa collana ai fratel
vendola però dopo ripudiata per Calliroe figliuola di Acheloo, chiese
di
nuovo questa collana ai fratelli, che vendicarono
l perfido Alcmeone. Capanèo è l’Eroe, che forma il soggetto del poema
di
Stazio intitolato la Tebaide. Questo principe era
el poema di Stazio intitolato la Tebaide. Questo principe era fornito
di
un feroce coraggio, ma accompagnato dalla prudenz
feroce coraggio, ma accompagnato dalla prudenza. Sprezzava il fulmine
di
Giove, che credeva incapace di offendere. Giove v
o dalla prudenza. Sprezzava il fulmine di Giove, che credeva incapace
di
offendere. Giove volle punire tale empietà, e col
le punire tale empietà, e col fulmine appunto lo schiacciò sulle mura
di
Tebe, ove era salito il primo di tutti. La sua sp
mine appunto lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove era salito il primo
di
tutti. La sua sposa Evadne figliuola d’Ifi per lo
a massima indifferenza si gettò sul rogo, ove si bruciava il cadavere
di
Capanèo, e mischiò le sue ceneri con quelle del m
Ippomedonte, e Partenopèo ebbero poca fama, e perirono sotto le mura
di
Tebe. Adrasto fu il solo, che ritornò alla patria
ugli attributi de’ due sessi, fu chiamato Tiresia, che decise a favor
di
Giove, e contro di Giunone. Spiacque alla Dea una
due sessi, fu chiamato Tiresia, che decise a favor di Giove, e contro
di
Giunone. Spiacque alla Dea una tale decisione, e
ro di Giunone. Spiacque alla Dea una tale decisione, e per vendicarsi
di
Tiresia, lo privò della vista. Giove però lo comp
r vendicarsi di Tiresia, lo privò della vista. Giove però lo compensò
di
tanta perdita conpermettergli di poter leggere ne
della vista. Giove però lo compensò di tanta perdita conpermettergli
di
poter leggere nel libro dell’ avvenire, e col don
leggere nel libro dell’ avvenire, e col dono della vita cinque volte
di
più del resto de’ mortali. Dopo la morte de’ figl
ta cinque volte di più del resto de’ mortali. Dopo la morte de’ figli
di
Edipo, cioè Eteocle, e Polinice, Creonte fratello
morte de’ figli di Edipo, cioè Eteocle, e Polinice, Creonte fratello
di
Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle
cioè Eteocle, e Polinice, Creonte fratello di Giocasta salì sul trono
di
Tebe, e la prima delle sue cure fu di proibire ch
ello di Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle sue cure fu
di
proibire che si desse la sepoltura alle ceneri di
a delle sue cure fu di proibire che si desse la sepoltura alle ceneri
di
Polinice, perchè aveva chiamati de’ forestieri pe
igone non tollerando quest’ultimo insulto fatto al suo fratello, uscì
di
notte, e rendette al fratello gli ultimi uffizj.
li ultimi uffizj. Ciò saputosi dal re, condannò Antigone a morte, che
di
sua mano precedentemente si era uccisa prevedendo
e, che di sua mano precedentemente si era uccisa prevedendo lo sdegno
di
Creonte. Tal morte fu seguita da quella di Emone
ccisa prevedendo lo sdegno di Creonte. Tal morte fu seguita da quella
di
Emone amante di Antigone, e figliuolo di Creonte
lo sdegno di Creonte. Tal morte fu seguita da quella di Emone amante
di
Antigone, e figliuolo di Creonte : e la madre di
l morte fu seguita da quella di Emone amante di Antigone, e figliuolo
di
Creonte : e la madre di Emone non potendo reggere
ella di Emone amante di Antigone, e figliuolo di Creonte : e la madre
di
Emone non potendo reggere al dolore parimente da
enchè regnasse sovranamente, era non pertanto considerato qual tutore
di
Leodamante, figliuolo di Eteocle. Giunto questi a
te, era non pertanto considerato qual tutore di Leodamante, figliuolo
di
Eteocle. Giunto questi all’età della ragione, si
i Eteocle. Giunto questi all’età della ragione, si riaccese la guerra
di
Tebe per opera di Adrasto, che stuzzicava i guerr
questi all’età della ragione, si riaccese la guerra di Tebe per opera
di
Adrasto, che stuzzicava i guerrieri della Grecia
: Leodamante fu spogliato del trono, e vi ascese Tersandro figliuolo
di
Polinice. Tantalo. Rimontiamo frattanto ai te
figurò molto in tal’epoca. Tantalo ne fu il capo : egli era figliuolo
di
Giove, e della ninfa Plota, e regnava nella Frigi
questi stato chiamato da Troe in una festa che si celebrò nella città
di
Troja, per vendicarsi di tale oscitanza, rapì al
Troe in una festa che si celebrò nella città di Troja, per vendicarsi
di
tale oscitanza, rapì al padre il gentile Ganimede
animede. Ecco la prima scintilla, che produsse a suo tempo l’incendio
di
Troja. Abbenchè di stirpe divina, Tantalo non fu
ima scintilla, che produsse a suo tempo l’incendio di Troja. Abbenchè
di
stirpe divina, Tantalo non fu punto attaccato all
alla pruova la divinità, con preparar loro in un banchetto le membra
di
Pelope suo figlio. Fremettero di orrore gli Dei :
parar loro in un banchetto le membra di Pelope suo figlio. Fremettero
di
orrore gli Dei : la sola Cerere stordita dal disp
ara Proserpina, si rivolse a tali odiose vivande, e mangiò una spalla
di
Pelope. Con un fulmine Giove incenerì Tantalo : i
luogo della spalla mangiata da Cerere, gliene sostituirono un’ altra
di
avorio. Suo padre gli lasciò in retaggio una guer
orio. Suo padre gli lasciò in retaggio una guerra cagionata dal ratto
di
Ganimede, onde fu obbligato di abbandonare la Fri
etaggio una guerra cagionata dal ratto di Ganimede, onde fu obbligato
di
abbandonare la Frigia, e ritirarsi presso Enomao
e fu obbligato di abbandonare la Frigia, e ritirarsi presso Enomao re
di
Elide. Questo principe aveva una figliuola chiama
lli, ch’erano velocissimi, perchè figli del vento. Pelope che anelava
di
ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Eno
nto. Pelope che anelava di ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga
di
Enomao, che gli promise di spezzare l’asse che so
ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Enomao, che gli promise
di
spezzare l’asse che sosteneva le ruote del carro,
sò de’ suoi stati, facendo gittare nel mare Mirtilo sotto il pretesto
di
vendicare la morte di Enomao. Pelope s’impadronì
endo gittare nel mare Mirtilo sotto il pretesto di vendicare la morte
di
Enomao. Pelope s’impadronì del paese, che fu dett
seguito Peloponneso, oggi la Morea. Atrèo, e Tieste. Fra i figli
di
Pelope sono celebri Atrèo, e Tieste. Ad insinuazi
oro madre ammazzarono il loro fratello Crisippo nato da una concubina
di
Pelope chiamata Astiochea ; perlochè furono cacci
a di Pelope chiamata Astiochea ; perlochè furono cacciati dalla Corte
di
Crisippo insieme con Ippodamia. Rifuggironsi pres
te di Crisippo insieme con Ippodamia. Rifuggironsi presso Euristeo re
di
Argo, la cui figlia Erope sposò Atrèo, che divenn
Eraclidi nell’Attica. Tieste che restò in sua corte corruppe il cuore
di
Erope, e ne ottenne due figli. Avendo Atrèo scove
i. Avendo Atrèo scoverto l’incestuoso commercio, si contentò da prima
di
cacciare il fratello dalla sua corte : ma non cre
tello dalla sua corte : ma non credendosi vendicato abbastanza, finse
di
riconciliarsi con lui. Lo richiamò quindi alla Co
esposto dalla madre fu allevato da’ pastori. Atrèo, seguita la morte
di
Erope, sposò Pelopea che non riconosceva per sua
a anche Egisto insieme con Agamennone, e Menelao. Tanta complicazione
di
errori finalmente si scoprì. Atrèo spirando nuova
pirando nuova vendetta, mandò Agamennone, Menelao, ed Egisto in cerca
di
Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla
one, Menelao, ed Egisto in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio
di
Delfo. Alla vista di quella spada Tieste riconobb
to in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla vista
di
quella spada Tieste riconobbe il suo figlio Egist
none, e Menelao. Agamennone, e Menelao detti gli Atridi perchè figli
di
Atrèo, cacciati dalla patria dopo la morte del pa
alla patria dopo la morte del padre, si ritirarono presso Polifide re
di
Sicione, che gl’inviò ad Eneo re dell’Ecalia. Mar
ione, che gl’inviò ad Eneo re dell’Ecalia. Maritati entrambi per opra
di
questo principe generoso alle due figliuole di Ti
tati entrambi per opra di questo principe generoso alle due figliuole
di
Tindaro Clitennestra, ed Elena, giurarono la vend
ue figliuole di Tindaro Clitennestra, ed Elena, giurarono la vendetta
di
Atrèo, e perseguitarono Tieste, che per altro non
l trono d’Argo che trasferì a Micene, e Menelao divenne il successore
di
Tindaro re di Sparta. Essi regnarono in pace, qua
che trasferì a Micene, e Menelao divenne il successore di Tindaro re
di
Sparta. Essi regnarono in pace, quando Paride fig
Tindaro re di Sparta. Essi regnarono in pace, quando Paride figliuolo
di
Priamo re di Troja recossi alla Grecia per reclam
Sparta. Essi regnarono in pace, quando Paride figliuolo di Priamo re
di
Troja recossi alla Grecia per reclamare Esione su
one sua zia, che Telamone altra volta aveva menata via sotto il regno
di
Laomedonte. Il giovane ambasciadore, che spirava
nte. Il giovane ambasciadore, che spirava galanteria, ebbe l’attività
di
sedurre Elena moglie di Menelao, indi la rapì. Fu
dore, che spirava galanteria, ebbe l’attività di sedurre Elena moglie
di
Menelao, indi la rapì. Furono spedite a Priamo in
amo in tale circostanza diverse ambascerie : ma il veochio re in vece
di
restituir Elena, affacciò fuori tempo diverse rag
ir Elena, affacciò fuori tempo diverse ragioni, e sopratutto l’affare
di
Ganimede figliuolo di Troe, rapito da Tantalo. Ec
ri tempo diverse ragioni, e sopratutto l’affare di Ganimede figliuolo
di
Troe, rapito da Tantalo. Ecco la terribile guerra
Ecco la terribile guerra, che interessò tanto tutta la Grecia contro
di
Troja. Agamennone fu il generale in capo di quest
to tutta la Grecia contro di Troja. Agamennone fu il generale in capo
di
quest’armata, che doveva vendicare l’insulto fatt
che doveva vendicare l’insulto fatto a suo fratello. Questo re prima
di
partire si riconciliò sinceramente con Egisto, a
a, ed i figli. Il perfido Egisto lungi dal corrispondere all’amicizia
di
Agamennone, sedusse la di lui sposa, e fece uccid
Egisto lungi dal corrispondere all’amicizia di Agamennone, sedusse la
di
lui sposa, e fece uccidere un rapsodo 1, che il r
sapere tutto ciò che si faceva nella sua corte. Giunse tant’oltre la
di
lui scandalosa condotta, che fece assassinare Aga
rra. Oreste, e Pilade. Clitennestra vedutasi libera dopo la morto
di
Agamennone sposò Egisto, e lo fece montar sul tro
e montar sul trono. Oreste suo figlio sarebbe stato parimente vittima
di
sua madre, se Elettra sua sorella non lo avesse c
re per la Focide, ove regnava Strofio, che aveva in moglie la sorella
di
Agamennone. Colà Oreste trovò Pilade figlio di St
a in moglie la sorella di Agamennone. Colà Oreste trovò Pilade figlio
di
Strofio, ed alla parentela unì puranche la più st
tra segretamente lo fece entrare in Micene, e sparse dei falsi rumori
di
sua morte. Egisto, e Clitennestra caddero nella r
orte. Egisto, e Clitennestra caddero nella retc, e recatisi al tempio
di
Apollo per rendere grazie al nume, entrato Oreste
Apollo per rendere grazie al nume, entrato Oreste con i suoi soldati
di
propria mano ammazzò la rea coppia. Ciò fatto, Or
a che non liberò sua sorella Ifigenìa, che languiva sotto la tirannia
di
Toante. Da costci fu riconosciuto in Tauride, e n
tirannia di Toante. Da costci fu riconosciuto in Tauride, e nel punto
di
dover essere sacrificato a Diana, il suo amico Pi
la sua sincera amicizia. Avendo finalmente Oreste ricuperato il trono
di
suo padre, diede Elettra per isposa a Pilade, e v
o questo, se si eccettuino le ultime cose, accadde prima della guerra
di
Troja, di cui daremo una minuta descrizione nella
se si eccettuino le ultime cose, accadde prima della guerra di Troja,
di
cui daremo una minuta descrizione nella seguente
una minuta descrizione nella seguente quarta parte del presente corso
di
Mitologia. Parte quarta Origine della guer
presente corso di Mitologia. Parte quarta Origine della guerra
di
Troja. L’origine di questa guerra bisogna rip
gia. Parte quarta Origine della guerra di Troja. L’origine
di
questa guerra bisogna ripeterla, al dir de’ poeti
infedele a Giunone sentiva una forte inclinazione per Teti figliuola
di
Nereo, e di Dori, che fa d’uopo distinguere da Te
Giunone sentiva una forte inclinazione per Teti figliuola di Nereo, e
di
Dori, che fa d’uopo distinguere da Teti moglie de
d’uopo distinguere da Teti moglie dell’Oceano. Sapendo però per detto
di
Temi, che il figlio che nascerebbe da Teti avanze
ò per detto di Temi, che il figlio che nascerebbe da Teti avanzerebbe
di
gran lunga la gloria di suo padre, rinunziò di bu
il figlio che nascerebbe da Teti avanzerebbe di gran lunga la gloria
di
suo padre, rinunziò di buona gana agl’impulsi del
be da Teti avanzerebbe di gran lunga la gloria di suo padre, rinunziò
di
buona gana agl’impulsi del suo cuore, e maritò Te
buona gana agl’impulsi del suo cuore, e maritò Teti a Peleo figliuolo
di
Eaco re della Ftiotide nella Tessaglia. Achille,
a. Tali nozze furono celebrate con gran pompa. Crucciata la Discordia
di
non esservi stata chiamata gittò un pomo di oro n
a. Crucciata la Discordia di non esservi stata chiamata gittò un pomo
di
oro nella sala del festino, col motto alla più be
cidere a chi delle tre Dive spettasse quel pomo. Era questi figliuolo
di
Priamo re di Troja, e di Ecuba, allora occupato a
delle tre Dive spettasse quel pomo. Era questi figliuolo di Priamo re
di
Troja, e di Ecuba, allora occupato a custodire i
ve spettasse quel pomo. Era questi figliuolo di Priamo re di Troja, e
di
Ecuba, allora occupato a custodire i suoi armenti
pena nato lo facesse morire ; ma avendone compassione quest’uffiziale
di
Priamo, lo consegnò ad alcuni pastori. Alla fama
le di Priamo, lo consegnò ad alcuni pastori. Alla fama della bellezza
di
questo pastorello volle Priamo vederlo : ne restò
ra suo figlio, e malgrado la minaccia dell’oracolo, ebbe la debolezza
di
volerlo tenere presso di se nella reggia. Mercuri
la minaccia dell’oracolo, ebbe la debolezza di volerlo tenere presso
di
se nella reggia. Mercurio intanto condusse le tre
io intanto condusse le tre Dive da questo fortunato pastore. Ciascuna
di
esse procurò di corrompere il di lui cuore. Giuno
sse le tre Dive da questo fortunato pastore. Ciascuna di esse procurò
di
corrompere il di lui cuore. Giunone gli promose d
a questo fortunato pastore. Ciascuna di esse procurò di corrompere il
di
lui cuore. Giunone gli promose degli onori : Mine
: Venere la più bella donna ch’ esistesse. La lite fu decisa a favore
di
quest’ultima. Giunone, le Minerva giurarono di ve
ite fu decisa a favore di quest’ultima. Giunone, le Minerva giurarono
di
vendicarsene, e mantennero esattamente la loro pa
te alla sua promessa. Essendo Paride partito per la Grecia per ordine
di
suo padre, ebbe colà l’occasione di vedere Elena
partito per la Grecia per ordine di suo padre, ebbe colà l’occasione
di
vedere Elena la più bella tra le donne di que’ te
adre, ebbe colà l’occasione di vedere Elena la più bella tra le donne
di
que’ tempi : se ne invaghi, e favorito dalla Dea
mpi : se ne invaghi, e favorito dalla Dea degli amori ebbe la fortuna
di
piacerle. Egli tentò un volo più sublime. Menelao
a fortuna di piacerle. Egli tentò un volo più sublime. Menelao marito
di
Elena er’assente : la rapì, e la condusse seco a
ta a Menelao pose in rivolta tutta la Grecia, e tutti lo assicurarono
di
secondare la sua vendetta. Furono non pertanto in
mbasciatori a Priamo per finir colle buone la faccenda, ma tali mezzi
di
riconciliazione non ebbero l’effetto desiderato,
llorchè fu rapito Ganimede, come sopra si è detto. Fu quindi risoluto
di
farsi la guerra, e dopo lunghi preparamenti si fe
giammai favorevole il vento, se prima non si fosse placato lo sdegno
di
Diana contro di Agamennone, che le aveva uccisa u
ole il vento, se prima non si fosse placato lo sdegno di Diana contro
di
Agamennone, che le aveva uccisa una cerva a lei c
va a lei cara : questo delitto non poteva espiarsi, se non col sangue
di
una principessa della famiglia del reo. Mostrossi
alla collera della Dea, che placatasi dell’offerta sostituì in luogo
di
quella una cerva, e trasportò Ifigenia in Tauride
eci, e trovarono i Trojani ben disposti a riceverli. Durante il corso
di
nove anni varia fu la fortuna delle armi. La pres
urante il corso di nove anni varia fu la fortuna delle armi. La presa
di
Troja, che accadde nel decimo anno della guerra,
va soltanto dal coraggio degli aggressori, ma dall’adempimento ancora
di
molte fatalità. In primo luogo doveva trovarsi in
à. In primo luogo doveva trovarsi in quest’armata uno de’ discendenti
di
Eaco, che aveva in compagnia di Apollo, e di Nett
i in quest’armata uno de’ discendenti di Eaco, che aveva in compagnia
di
Apollo, e di Nettuno faticato ad edificare le mur
mata uno de’ discendenti di Eaco, che aveva in compagnia di Apollo, e
di
Nettuno faticato ad edificare le mura di Troja. A
va in compagnia di Apollo, e di Nettuno faticato ad edificare le mura
di
Troja. Achille discendeva da questo principe : ma
e il figlio morirebbe nell’assedio, lo aveva vestito sotto le spoglie
di
donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla
bbe nell’assedio, lo aveva vestito sotto le spoglie di donna col nome
di
Pirra, e lo aveva inviato alla corte di Licomede
le spoglie di donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla corte
di
Licomede re di Sciro fra le damigelle di Deidamia
donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla corte di Licomede re
di
Sciro fra le damigelle di Deidamia sua figlia. Ul
lo aveva inviato alla corte di Licomede re di Sciro fra le damigelle
di
Deidamia sua figlia. Ulisse il più astuto, e prud
a sua figlia. Ulisse il più astuto, e prudente fra i Greci s’incaricò
di
condurre Achille alla guerra. Egli si mascherò pe
guerra. Egli si mascherò per la strada, ed introdottosi nella reggia
di
Licomede, espose innanzi alle donne varj giojelli
osa. Un altro decreto del fato comandava, che si cercassero le frecce
di
Filottete lasciategli da Ercole, che i Greci avev
che i Greci avevano vilmente abbandonato, come si è detto, nell’isola
di
Lenno : riuscì anche ad Ulisse di condurlo a Troj
donato, come si è detto, nell’isola di Lenno : riuscì anche ad Ulisse
di
condurlo a Troja. Ma la più difficile tra le legg
ndurlo a Troja. Ma la più difficile tra le leggi imposte dal Fato era
di
portar via una statuetta di Minerva chiamata Pall
fficile tra le leggi imposte dal Fato era di portar via una statuetta
di
Minerva chiamata Palladium, nella quale consistev
a per ogni dove, colla sua destrezza seppe involarla coll’ajuto bensì
di
Diomede. Impedì parimente che i cavalli di Reso r
involarla coll’ajuto bensì di Diomede. Impedì parimente che i cavalli
di
Reso re della Tracia bevessero nel fiume Xanto. T
eso re della Tracia bevessero nel fiume Xanto. Trovò anche la maniera
di
far venire Telefo figliuolo di Ercole ferito da A
el fiume Xanto. Trovò anche la maniera di far venire Telefo figliuolo
di
Ercole ferito da Achille con un colpo di lancia,
far venire Telefo figliuolo di Ercole ferito da Achille con un colpo
di
lancia, e che si era dichiarato nemico de’ Greci.
to nemico de’ Greci. Come questi non poteva guarire, se non per mezzo
di
quella lancia medesima, il saggio re d’Itaca glie
lancia medesima, il saggio re d’Itaca glie ne portò la ruggine. Tolti
di
mezzo questi ostacoli, sarebbe Troja caduta prima
questi ostacoli, sarebbe Troja caduta prima del tempo, se lo spirito
di
partito, e di divisione non fosse entrato nell’ar
li, sarebbe Troja caduta prima del tempo, se lo spirito di partito, e
di
divisione non fosse entrato nell’armata : divisio
divino poema del grande Omero. Analisi dell’Iliade. Del figliuol
di
Pelèo, del divo Achille Al par nell’odio, e nell’
eccidio final terribil pegno, Cantami, o Musa etc. etc. Ces. traduz.
di
Omero. Nella divisione del bottino dopo la pres
. Ces. traduz. di Omero. Nella divisione del bottino dopo la presa
di
Tebe spettò ad Agamennone Criseide figliuola di C
bottino dopo la presa di Tebe spettò ad Agamennone Criseide figliuola
di
Crise gran sacerdote di Apollo. Si affrettò quest
Tebe spettò ad Agamennone Criseide figliuola di Crise gran sacerdote
di
Apollo. Si affrettò questi di venire al campo de’
seide figliuola di Crise gran sacerdote di Apollo. Si affrettò questi
di
venire al campo de’ Greci carico di doni per risc
ote di Apollo. Si affrettò questi di venire al campo de’ Greci carico
di
doni per riscattare la sua figlia, che Agamennone
cattare la sua figlia, che Agamennone volle onninamente tenere presso
di
se. Sdegnato Apollo suscitò nell’armata una fiera
più risentito giunse a minacciare Agamennone, che vinto dalle premure
di
tutti, fu costretto a cedere la prigioniera, ma p
cedere la prigioniera, ma per vendicarsi spedì due araldi alla tenda
di
Achille, che rapirono Briscide schiava del figliu
di alla tenda di Achille, che rapirono Briscide schiava del figliuolo
di
Pelco, e che amava alla follìa. Montato in furie
olo di Pelco, e che amava alla follìa. Montato in furie Achille giurò
di
non combattere più per la Grecia, se prima non si
vendicati i suoi torti. Teti fin dal fondo del mare intese le querele
di
suo figlio, ed immantinente volò sull’Olimpo per
o conoscesse il danno che poteva produrre alla Greca armata il riposo
di
Achille. Mosso Giove ai prieghi di Teti, inviò ad
odurre alla Greca armata il riposo di Achille. Mosso Giove ai prieghi
di
Teti, inviò ad Agamennone un sogno ingannatore on
in battaglia vengono alle mani. Nel forte dell’azione Paride, cagione
di
questa guerra, uscito dalle file propose una pugn
momento a condizione, che il vincitore sarebbe il pacifico possessore
di
Elena. Ma al semplice balenar delle armi Paride c
ar delle armi Paride ch’ era un vile cominciò a tremare, e prevedendo
di
dover restarci di sotto, si raccomandò alle gambe
de ch’ era un vile cominciò a tremare, e prevedendo di dover restarci
di
sotto, si raccomandò alle gambe. Il poeta per pal
l trattato, ma gli Dei che si erano radunati per decidere sulla sorte
di
Troja, vollero che l’assedio si fosse prolungato.
Minerva stessa, che non sapeva perdonarla ai Trojani per il giudizio
di
Paride, discese sulla terra, e regolò la mano di
jani per il giudizio di Paride, discese sulla terra, e regolò la mano
di
uno de’ combattenti a lanciare una freccia dirett
ò la mano di uno de’ combattenti a lanciare una freccia diretta al re
di
Sparta. Il colpo arrivò leggiermente a Menelao ;
schierò il suo esercito, e cominciò la pugna con maggior accanimento
di
prima. L’invincibil Diomede, figliuolo di Tidèo,
gna con maggior accanimento di prima. L’invincibil Diomede, figliuolo
di
Tidèo, oprò prodigj in questa battaglia. Lo spave
Dei medesimi. Ferì Venere, che voleva torgli d’innanzi Enea al punto
di
essere sagrificato : diede altresì un colpo a Mar
rte Dio della guerra. Finalmente Ettore il solo de’ Trojani, che ardì
di
farglisi innanzi, ritornò in città a consiglio di
’ Trojani, che ardì di farglisi innanzi, ritornò in città a consiglio
di
Eleno suo fratello a fine di persuadere sua madre
si innanzi, ritornò in città a consiglio di Eleno suo fratello a fine
di
persuadere sua madre, e le matrone Trojane di rec
eno suo fratello a fine di persuadere sua madre, e le matrone Trojane
di
recarsi al tempio di Pallade, per pregare la Dea,
ne di persuadere sua madre, e le matrone Trojane di recarsi al tempio
di
Pallade, per pregare la Dea, che allontanasse Dio
iglio : ma l’Eroe dopo aver abbracciato il fanciullo, e la sposa volò
di
nuovo al campo, portando lo scompiglio nelle file
che favoriva i Trojani, s’incontra colla Dea, ed insieme stabiliscono
di
suggerire ad Ettore il progetto di chiedere una t
colla Dea, ed insieme stabiliscono di suggerire ad Ettore il progetto
di
chiedere una tenzone singolare col più forte de’
ro innanzi, e gittarono i loro nomi in un elmo : cadde la sorte sopra
di
Ajace figliuolo di Telamone. Corre questi alla pu
rono i loro nomi in un elmo : cadde la sorte sopra di Ajace figliuolo
di
Telamone. Corre questi alla pugna, che malgrado t
suo carro, e si diresse sul monte Ida. Disperando intanto Agamennone
di
poter sottoporre i Trojani, pensò di sciogliere l
a. Disperando intanto Agamennone di poter sottoporre i Trojani, pensò
di
sciogliere l’assedio : ma i Greci tutti credendo
ciogliere l’assedio : ma i Greci tutti credendo ciò una viltà, furono
di
contrario avviso. Ciascun diceva essere miglior c
, furono di contrario avviso. Ciascun diceva essere miglior consiglio
di
persuadere ad Achille di tornare, e fargli presen
iso. Ciascun diceva essere miglior consiglio di persuadere ad Achille
di
tornare, e fargli presente quanto fosse necessari
he la sua collera finalmente doveva aver fine, e gli promise da parte
di
Agamennone dieci talenti di oro, venti vasi dello
doveva aver fine, e gli promise da parte di Agamennone dieci talenti
di
oro, venti vasi dello stesso metallo, sette tripo
venti vasi dello stesso metallo, sette tripodi, altrettante donzelle
di
Lesbo, e quel ch’era più, la sua cara Briseide. Q
cara Briseide. Queste grandiose promesse, accompagnate dall’eloquenza
di
Ulisse, furono inutili : Achille fu inflessibile.
inflessibile. Nel dì seguente le due armate si schierarono in ordine
di
battaglia. Ma Giove, che voleva donare la vittori
oleva donare la vittoria ai Trojani, inviò Iride ad Ettore con ordine
di
ritirarsi dal campo, e ricomparirvi, allorchè Aga
o obbligato a ritirarsi nella sua tenda. Così fu fatto, e la presenza
di
Ettore animò talmente i Trojani, che respinsero i
astrinsero a ricovrarsi ai loro vascelli. Agamennone nuovamente parlò
di
levare l’assedio, ma Ulisse lo distolse. Mentre G
Ella dimandò a Venere una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà
di
aggiungere nuovi vezzi, e maggior pregio alla bel
n fuga, allorchè Giove si svegliò. Accortosi del cambiamento per arte
di
sua moglie, la rimproverò fortemente : ma riuscì
er arte di sua moglie, la rimproverò fortemente : ma riuscì a Giunone
di
placarlo prima di partire. Vedendo Giove il bisog
lie, la rimproverò fortemente : ma riuscì a Giunone di placarlo prima
di
partire. Vedendo Giove il bisogno di aiutar Priam
uscì a Giunone di placarlo prima di partire. Vedendo Giove il bisogno
di
aiutar Priamo, spedisce Iride a Nettuno con ordin
iove il bisogno di aiutar Priamo, spedisce Iride a Nettuno con ordine
di
ritirarsi, e nel tempo stesso comanda ad Apollo d
Nettuno con ordine di ritirarsi, e nel tempo stesso comanda ad Apollo
di
recarsi al padiglione di Ettore ferito da Ajace f
irarsi, e nel tempo stesso comanda ad Apollo di recarsi al padiglione
di
Ettore ferito da Ajace figliuolo di Telamone. L’E
d Apollo di recarsi al padiglione di Ettore ferito da Ajace figliuolo
di
Telamone. L’Eroe erasi già ristabilito, e questo
volta dovettero ritirarsi ai loro vascelli. I Trojani erano al punto
di
attaccarvi il fuoco, ed Ettore si era già accosta
elli, quando sopraggiunse arditamente Ajace, per opporsi al figliuolo
di
Priamo. Patroclo intanto vedendo minacciata la fl
roclo intanto vedendo minacciata la flotta corse ad implorare l’ajuto
di
Achille : lo scongiurò a prendere le armi : ma tu
ngiurò a prendere le armi : ma tutto fu inutile. Gli permise soltanto
di
servirsi delle armi, e de suoi soldati a condizio
soltanto di servirsi delle armi, e de suoi soldati a condizione però
di
niente intraprendere all’infuori della difesa del
re all’infuori della difesa della flotta. Vestito Patroclo delle armi
di
Achille, e seguito da’ Tessali si gitta in mezzo
ito da’ Tessali si gitta in mezzo ai nemici, che credendolo il figlio
di
Peleo, si danno alla fuga. Superbo pel terrore ch
one, l’uccise. Patroclo nel cadere gli predisse la sua morte per mano
di
Achille. Ettore si burlò del presagio, e lo spogl
el presagio, e lo spogliò delle sue armi. Appena che giunse a notizia
di
Achille la morte di Patroclo, il suo dolore non e
ogliò delle sue armi. Appena che giunse a notizia di Achille la morte
di
Patroclo, il suo dolore non ebbe limiti. La sentì
nco del vecchio Nereo, intese Teti negli abissi dell’Oceano il pianto
di
suo figlio : si affrettò di asciugare le sue lagr
e Teti negli abissi dell’Oceano il pianto di suo figlio : si affrettò
di
asciugare le sue lagrime con promettergli le armi
i ella da Vulcano che spese tutta la notte a fabbricarne delle nuove,
di
cui armato Achille ricomparve fra i capi dell’Arm
era. Agamennone per non farsi vincere in generosità, mandò alla tenda
di
Achille la cara Briseide, carica di que’ doni, ch
e in generosità, mandò alla tenda di Achille la cara Briseide, carica
di
que’ doni, che gli aveva inutilmente prima offert
ue’ doni, che gli aveva inutilmente prima offerti. Impaziente Achille
di
sfogare la sua rabbia col sangue de’ Trojani, app
are la sua rabbia col sangue de’ Trojani, appena diede tempo ai Greci
di
prendere il necessario riposo. Fu deciso di darsi
pena diede tempo ai Greci di prendere il necessario riposo. Fu deciso
di
darsi una nuova battaglia, e’ gli Dei stessi fra
e gli si opponeva : ma queste vittime erano per lui volgari : anelava
di
versare tutto il sangue di Ettore. S’incontrarono
te vittime erano per lui volgari : anelava di versare tutto il sangue
di
Ettore. S’incontrarono alla fine i due guerrieri,
le fino alla ferocia : negò allo spirante nemico fino la consolazione
di
sapere, se la sua spoglia mortale si recasse all’
o trascinò intorno le mura della città. Funesto spettacolo agli occhi
di
un vecchio padre, di una madre, d’una sposa ! Pri
mura della città. Funesto spettacolo agli occhi di un vecchio padre,
di
una madre, d’una sposa ! Priamo, Ecuba, Andromaca
dre, di una madre, d’una sposa ! Priamo, Ecuba, Andromaca dalle torri
di
Ilio ebbero la sciagura di guardare l’infelice Et
osa ! Priamo, Ecuba, Andromaca dalle torri di Ilio ebbero la sciagura
di
guardare l’infelice Ettore intriso di sangue, ed
orri di Ilio ebbero la sciagura di guardare l’infelice Ettore intriso
di
sangue, ed asperso di polvere. Le lagrime di dolo
sciagura di guardare l’infelice Ettore intriso di sangue, ed asperso
di
polvere. Le lagrime di dolore, e le grida arrivar
’infelice Ettore intriso di sangue, ed asperso di polvere. Le lagrime
di
dolore, e le grida arrivarono al Cielo : l’aria r
suonava de’ loro lamenti : l’intera città era in lutto. La prima cura
di
Achille fu d’innalzare un rogo alla riva del mare
il fuoco consumò tutto, furono raccolte le ceneri, e rinchiuse entro
di
un’ urna d’oro, e portate nel padiglione di Achil
ceneri, e rinchiuse entro di un’ urna d’oro, e portate nel padiglione
di
Achille. Per celebrare ancora con maggior pompa l
eccitare l’emulazione. Tutto questo non bastò a soddisfare la collera
di
Achille. Per lo spazio di nove giorni trascinò tr
to questo non bastò a soddisfare la collera di Achille. Per lo spazio
di
nove giorni trascinò tre volte il mattino il cada
covrì col suo scudo per non farlo corrompere. Finalmente si contentò
di
cederlo al vecchio Priamo, che in persona era ven
n persona era venuto supplichevole a dimandarlo, e che offrì de’ doni
di
gran valore rifiutati peraltro da Achille. Ecco i
ice in questo poema in qual maniera fu presa Troja, contento soltanto
di
aver descritto gli effetti dell’ira di Achille. S
presa Troja, contento soltanto di aver descritto gli effetti dell’ira
di
Achille. Si accenna nell’Odissea la distruzione d
i effetti dell’ira di Achille. Si accenna nell’Odissea la distruzione
di
quest’ infelice città, e l’artifizio che usarono
ifizio che usarono i Greci per rendersene padroni. Fine della vita
di
Achille. Achille morì per mano del più vigliacco
ta di Achille. Achille morì per mano del più vigliacco de’ figliuoli
di
Priamo. Quest’Eroe divenne amante di Polissena fi
del più vigliacco de’ figliuoli di Priamo. Quest’Eroe divenne amante
di
Polissena figliuola di Priamo, che aveva veduta s
figliuoli di Priamo. Quest’Eroe divenne amante di Polissena figliuola
di
Priamo, che aveva veduta sulle mura di Troja. La
amante di Polissena figliuola di Priamo, che aveva veduta sulle mura
di
Troja. La chiedette a suo padre con promessa di r
eva veduta sulle mura di Troja. La chiedette a suo padre con promessa
di
rivolgere le sue armi a difesa degli stati di que
suo padre con promessa di rivolgere le sue armi a difesa degli stati
di
questo re. Priamo accettò l’offerta ; ma nel punt
no, da Paride fu lanciata una freccia, che Apollo diresse al calcagno
di
Achille. Era questa la sola parte del suo corpo s
ue salutari. È inutile quì notare, che Omero non abbia fatta menzione
di
tale favola : il suo Eroe sarebbe stato meno gran
: il suo Eroe sarebbe stato meno grande, se lo avesse dipinto fornito
di
un tal dono. I poeti che scrissero dopo di Omero,
lo avesse dipinto fornito di un tal dono. I poeti che scrissero dopo
di
Omero, immaginarono questa favola, come accessori
opo di Omero, immaginarono questa favola, come accessoria alla storia
di
Achille. Fu un punto stesso l’esser ferito, e mor
di Achille. Fu un punto stesso l’esser ferito, e morire il figliuolo
di
Peleo. I Greci per potergli fare gli onori della
urono obbligati a fare altrettanto che fece Priamo per avere il corpo
di
Ettore. Pel corso di dieciassette giorni furono c
e altrettanto che fece Priamo per avere il corpo di Ettore. Pel corso
di
dieciassette giorni furono celebrate l’esequie co
rso di dieciassette giorni furono celebrate l’esequie coll’intervento
di
Teti, e delle Nereidi. A lui fu eretta una superb
iglio immolò sulla sua tomba Polissena, innocente cagione della morte
di
quest’Eroe. Ajace figliuolo di Telamone, ed Uliss
lissena, innocente cagione della morte di quest’Eroe. Ajace figliuolo
di
Telamone, ed Ulisse si contrastarono le sue armi
iuolo di Telamone, ed Ulisse si contrastarono le sue armi al cospetto
di
tutta l’armata : ma questa volle che si dessero a
ace ne fu tanto indispettito, che giunse a massacrare una moltitudine
di
porci, credendo di sacrificare Agamennone con tut
ispettito, che giunse a massacrare una moltitudine di porci, credendo
di
sacrificare Agamennone con tutt’i Greci. Ritornat
, ed indi fu cangiato in un fiore. Analisi dell’Odissèa. L’Iliade
di
Omero ci ha presentate delle sanguinose battaglie
non equivoche del più sublime coraggio. Abbiamo osservato in persona
di
Achille un esempio funesto delle umane passioni.
questo Eroe a far morire il migliore dei suoi amici, ed una quantità
di
guerrieri, che avrebbe potuto soccorrere. Abbiamo
correre. Abbiamo per l’opposto veduto gl’Iddj dominati da uno spirito
di
partito : il ritratto che il poeta ce ne ha lasci
iando per brevità altre riflessioni che potrebbero farsi. L’ Odissèa,
di
cui ci accingiamo a fare l’analisi, racchiude la
di cui ci accingiamo a fare l’analisi, racchiude la storia de’ viaggi
di
un Eroe, la cui prudenza e saviezza abbiamo già a
eziosi, ed interessanti per la società. Vedremo Ulisse senza perdersi
di
coraggio far fronte ai perigli, ed alle disgrazie
es hominum multorum vidit, et urbes. Traduce così Orazio il principio
di
questo secondo parto di Omero. Ulisse partì alla
t, et urbes. Traduce così Orazio il principio di questo secondo parto
di
Omero. Ulisse partì alla volta della Grecia dopo
do parto di Omero. Ulisse partì alla volta della Grecia dopo la presa
di
Troja : ma ritenuto da Calipso nell’isola di Ogig
lla Grecia dopo la presa di Troja : ma ritenuto da Calipso nell’isola
di
Ogigia, ove regnava, aveva quasi perduto la spera
so nell’isola di Ogigia, ove regnava, aveva quasi perduto la speranza
di
ritornare ad Itaca sua patria. Bramava Calipso di
perduto la speranza di ritornare ad Itaca sua patria. Bramava Calipso
di
divenire sua sposa : ma questo principe stancava
divenire sua sposa : ma questo principe stancava gli Dei, pregandoli
di
fargli rivedere la sua cara Penelope, e’ l giovan
iegata per lui la sua protezione, discesa dall’Olimpo sotto l’aspetto
di
Menta Re de’ Tafj, si presentò a Telemaco, consig
Re de’ Tafj, si presentò a Telemaco, consigliandolo a recarsi presso
di
Nestore, o pure alla corte di Menelao, dove proba
lemaco, consigliandolo a recarsi presso di Nestore, o pure alla corte
di
Menelao, dove probabilmente avrebbe avuto nuove d
o pure alla corte di Menelao, dove probabilmente avrebbe avuto nuove
di
suo padre. Si avvide Telemaco, che Minerva stessa
inerva stessa gli parlava per essersi ritirata la Dea sotto la figura
di
un uccello, come altresì perchè si sentì animato
e. Intima pel dì vegnente un’assemblea generale : si duole aspramente
di
quei che aspiravano alla mano di sua madre : ordi
mblea generale : si duole aspramente di quei che aspiravano alla mano
di
sua madre : ordina che siano cacciati dalla reggi
: ordina che siano cacciati dalla reggia, scongiurando i suoi sudditi
di
ajutarlo a reprimere la loro temerità. La notte s
ppena arrivato, è chiamato ad una festa che si celebrava per le nozze
di
una figliuola di quel re, che gli disse aver inte
chiamato ad una festa che si celebrava per le nozze di una figliuola
di
quel re, che gli disse aver inteso da Proteo Dio
ecchè non consolante, apportò nondimeno grande sollievo alle angustie
di
Telemaco. Lascia quì il poeta questo giovanetto p
il giorno fissato dal Destino, in cui Ulisse doveva uscire dall’isola
di
Calipso, spicca Mercurio a questa ninfa coll’inti
all’isola di Calipso, spicca Mercurio a questa ninfa coll’intimazione
di
lasciarlo partire. Convenne ubbidire, il figliuol
oll’intimazione di lasciarlo partire. Convenne ubbidire, il figliuolo
di
Laerte si aveva già costruito un battello : lo as
battello : lo ascende, e si dà tosto in balìa del mare. Per il corso
di
dieciassette giorni la sua navigazione fu felice
a lui contrario suscita una burrasca cotanto furiosa, che il naviglio
di
Ulisse ne resta fracassato, ed egli stesso resta
stesso resta seppellito negli abissi dell’oceano. Non si perde l’Eroe
di
coraggio : in preda del pericolo comparisce sulla
retto a quello si tiene, errando a discrezione dell’onda furiosa. Ino
di
fresco ammessa fralle divinità del mare viene a s
o ammessa fralle divinità del mare viene a soccorrerlo : lo consiglia
di
andare a nuoto nell’isola de’ Feaci, dove ritrove
ezza : gli dà un velo, che lo garantisce da ogui periglio, con ordine
di
gittarlo nel mare allorchè avrà afferrato il lido
il lido. Ulisse ubbidisce, e dopo dieci giorni, ed altrettante notti
di
fatica, e di timori arriva all’imboccatura di un
sse ubbidisce, e dopo dieci giorni, ed altrettante notti di fatica, e
di
timori arriva all’imboccatura di un fiume, e pren
i, ed altrettante notti di fatica, e di timori arriva all’imboccatura
di
un fiume, e prende terra alla fine. Fuor di peric
ri arriva all’imboccatura di un fiume, e prende terra alla fine. Fuor
di
pericolo, ma nudo si veste di secche foglie di al
n fiume, e prende terra alla fine. Fuor di pericolo, ma nudo si veste
di
secche foglie di alberi, e si mette placidamente
terra alla fine. Fuor di pericolo, ma nudo si veste di secche foglie
di
alberi, e si mette placidamente a dormire. Minerv
Minerva intanto sempre intenta a proteggerlo corre a volo alla reggia
di
Alcinoo, re de’ Feaci : apparisce in sogno a Naus
sua figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle
di
più, che le sue nozze erano vicine a celebrarsi.
caricato un carro de’ suoi pannilini, si affretta colle sue compagne
di
andare al fiume per lavarli. Ciò fatto, e dopo br
gnarsi, chi per giocare alla palla. Desta allora Minerva il figliuolo
di
Laerte, che prima di farsi innanzi a Nausicae si
re alla palla. Desta allora Minerva il figliuolo di Laerte, che prima
di
farsi innanzi a Nausicae si avvolge in un vestito
he prima di farsi innanzi a Nausicae si avvolge in un vestito formato
di
foglie, e di piccoli ramicelli. Ma asperso ancora
arsi innanzi a Nausicae si avvolge in un vestito formato di foglie, e
di
piccoli ramicelli. Ma asperso ancora di polvere s
vestito formato di foglie, e di piccoli ramicelli. Ma asperso ancora
di
polvere spaventa le giovani donzelle, che fuggono
venta le giovani donzelle, che fuggono da pertutto. La sola figliuola
di
Alcinoo non si sgomenta, che anzi lo aspetta. Uli
ne, gli dà degli abiti, della biancheria, ed un’ampollina d’oro piena
di
odori per potersi profumare. L’eroe essendosi lav
rice con nobile contegno, e con aria maestosa, onde guadagnò il cuore
di
tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la sua fame
on aria maestosa, onde guadagnò il cuore di tutti. Aveva gran bisogno
di
ristorar la sua fame : gli si apprestano de’ cibi
ittà. Lasciata Nausicae alle porte, si presenta ad Aleinoo in qualità
di
uno straniero, rifiuto delle onde furiose. Il buo
riose. Il buon re lo accoglie con quella bontà che forma il carattere
di
quei temdi remoti. Ulisse in contracambio del gen
to espone la cagione, ond’era stato spinto dalla tempesta negli stati
di
Alcinoo : soggiunge, che un fulmine di Giove aven
nto dalla tempesta negli stati di Alcinoo : soggiunge, che un fulmine
di
Giove avendo sfasciato il suo naviglio, egli si s
n fulmine di Giove avendo sfasciato il suo naviglio, egli si salvò su
di
una panca nell’isola di Ogigia ; isola dove regna
o sfasciato il suo naviglio, egli si salvò su di una panca nell’isola
di
Ogigia ; isola dove regnava Calipso, Dea pericolo
emblea de’ grandi del Regno : loro presenta il suo ospite : espone la
di
lui trista situazione, e li dispose a fargli de’
a melodia della sua voce, cantando varie avventure, durante l’assedio
di
Troja. Alla rimembranza de’ fatti colà accaduti n
se narra quanto gli era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa
di
Troja, egli con i suoi compagni si pose alla vela
ni vascello. Scappato dalle loro mani dopo una pugna sanguinosa, uscì
di
strada per la seconda fiata con averlo il vento s
nti offrirono a suoi compagni il loto2, frutto che aveva la proprietà
di
far dimenticare la patria a chi lo mangiava. Ulis
far dimenticare la patria a chi lo mangiava. Ulisse usò l’accortezza
di
far legare sulle panche de’ navigli chiunque avev
far legare sulle panche de’ navigli chiunque aveva avuta la disgrazia
di
gustarlo. Lo stesso vento portò la di lui flotta
iunque aveva avuta la disgrazia di gustarlo. Lo stesso vento portò la
di
lui flotta all’isola de’ Ciclopi, fermandosi in u
i compagni entrò in una vasta caverna dove abitava Polifemo figliuolo
di
Nettuno, gigante di enorme grandezza, che avea un
una vasta caverna dove abitava Polifemo figliuolo di Nettuno, gigante
di
enorme grandezza, che avea un occhio solo nel mez
gente nella caverna, ne chiuse l’ingresso con un sasso, che la forza
di
venti uomini non avrebbe potuto smuovere. Al prim
contro divorò due marinari : e ’l dì vegnente altri due gli servirono
di
colezione. Ulisse che per tutte le vie trovava me
isse preso un forte bastone, che aveva aguzzato, lo ficcò nell’occhio
di
Polifemo, che al sentirsi ferito cominciò ad urla
o mi ha ferito, ripigliò Polifemo1 : (aveva Ulisse avuta l’accortezza
di
dirgli che questo era il suo nome). Credettero i
lopi, che avesse perduta la ragione, e lo lasciarono così. Trattavasi
di
uscire dalla grotta : anche a questo pensò l’astu
ri Ulisse con i compagni, volle inseguirli, e gittò a caso un macigno
di
straordinaria mole, di cui fu facile evitare l’in
i, volle inseguirli, e gittò a caso un macigno di straordinaria mole,
di
cui fu facile evitare l’incontro. Indi corsero al
itare l’incontro. Indi corsero al lido, e s’imbarcarono colla perdita
di
soli quattro socj dal gigante ingojati. La flotta
ve regnava Eolo re de’ venti : Volendo questi favorire la navigazione
di
Ulisse, dopo avergli fatto una gentile accoglienz
. Erano già a vista d’Itaca : si vedevano oramai torreggiare i palagi
di
quest’isola, quando i socj di Ulisse, credendo ch
si vedevano oramai torreggiare i palagi di quest’isola, quando i socj
di
Ulisse, credendo che in quell’otre si conservasse
cj di Ulisse, credendo che in quell’otre si conservasse qualche sorta
di
vino prezioso, lo aprirono. All’istante scapparon
lla fin fine verso il paese dei Lestrigoni, popoli che si dilettavano
di
mangiar la carne umana, ed in fatti furono divora
a carne umana, ed in fatti furono divorati due compagni del figliuolo
di
Laerte. Di là la flotta approdò all’isola di Circ
e compagni del figliuolo di Laerte. Di là la flotta approdò all’isola
di
Circe, famosa maga figlia del Sole, i di cui inca
la flotta approdò all’isola di Circe, famosa maga figlia del Sole, i
di
cui incantesimi sorpassavano le forze della natur
rì una bevanda, che li trasformò al momento in porci. Avvisato l’Eroe
di
questo nuovo disastro, strada facendo ricevè da M
un’ erba, che lo garantiva dalle più funeste malìe. Ulisse al coverto
di
ogni pericolo snudò la spada minacciando Circe di
. Ulisse al coverto di ogni pericolo snudò la spada minacciando Circe
di
ucciderla, se tentasse a sorte d’ingannarlo. Inti
a sorte d’ingannarlo. Intimorita la Dea cadde a suoi ginocchi : giurò
di
far quanto avrebbe dimandato, e restituì allo sta
nocchi : giurò di far quanto avrebbe dimandato, e restituì allo stato
di
prima i suoi compagni. Ulisse si trovò così conte
’ Cimmerj1, per ivi invocare le ombre de’ morti, e consultare l’anima
di
Tiresia Tebano. Istruito dalla maga seppe evitare
i abbracciato ad un albero della nave. Le onde lo portarono all’isola
di
Ogigia, come si è detto, dove regnava, la vaga Ca
a Calipso, sovrana dell’isola. Questo fu il contenuto della narrativa
di
Ulisse, che Alcinoo, ed i Feaci ascoltarono con a
a : i marinari non, vollero per rispetto destarlo, e lasciatolo sopra
di
un letto di verdura, ripresero il camino verso l’
ri non, vollero per rispetto destarlo, e lasciatolo sopra di un letto
di
verdura, ripresero il camino verso l’isola de’ Fe
non riconobbe affatto il proprio suo regno : ma Minerva sotto l’abito
di
un pastore l’avvertì del luogo ov’egli si trovava
a caverna. Indi la Dea toccandolo con una bacchetta, cangiò gli abiti
di
Ulisse in tanti cenci, ed immantinente involandos
te involandosi recossi a Sparta, dove stava Telemaco. Sotto la figura
di
pitoccante, e fingendosi un vecchio Cretese, il f
a figura di pitoccante, e fingendosi un vecchio Cretese, il figliuolo
di
Laerte portossi alla casa di Eumeo suo amico, dov
gendosi un vecchio Cretese, il figliuolo di Laerte portossi alla casa
di
Eumeo suo amico, dove bene accolto si tenne scono
meo suo amico, dove bene accolto si tenne sconosciuto fino al ritorno
di
Telemaco, a cui Minerva aveva ispirato il desider
ino al ritorno di Telemaco, a cui Minerva aveva ispirato il desiderio
di
lasciare Sparta1. Poichè Ulisse e Telemaco furono
emaco furono riuniti, pensarono a mezzi onde disfarsi de’ persecutori
di
Penelope. Entrano separatamente in città. Ulisse
elope, le narra una falsa istoria delle sue avventure, con aggiungere
di
aver egli in Creta accolto Ulisse in sua casa, e
i con i suoi persecutori. Nel dì vegnente questa principessa promette
di
dar la sua mano a chi meglio sapesse maneggiare l
sa promette di dar la sua mano a chi meglio sapesse maneggiare l’arco
di
Ulisse. Tutt’i pretendenti sono radunati, non esc
. Ulisse parimente si fa innanzi : i principi danno del ridicolo alla
di
lui pretenzione, e non gli permettono d’impugnar
, e non gli permettono d’impugnar l’arco, se non a forza degli ordini
di
Penelope. L’Eroe prende l’arco, lo carica di una
non a forza degli ordini di Penelope. L’Eroe prende l’arco, lo carica
di
una freccia, e la fa passare per dodici anelli at
avvicinatosi a lui snuda la sua spada, e piomba sopra ai persecutori
di
Penelope. In un istante le strade sono inondate d
ecutori di Penelope. In un istante le strade sono inondate dal sangue
di
questi perfidi, e da quello dei loro aderenti. I
ne riconosciuto, e corre da suo padre Laerte, che piangeva la perdita
di
un figlio, che credeva di non mai più rivedere. R
a suo padre Laerte, che piangeva la perdita di un figlio, che credeva
di
non mai più rivedere. Restituito Ulisse a suoi st
illità nel suo regno. Analisi dell’Eneide. Virgilio ad imitazione
di
Omero ha cantato i viaggi, e le imprese guerriere
io ad imitazione di Omero ha cantato i viaggi, e le imprese guerriere
di
Enea, figliuolo di Venere, e di Anchise. Questo p
Omero ha cantato i viaggi, e le imprese guerriere di Enea, figliuolo
di
Venere, e di Anchise. Questo poeta Latino nell’En
tato i viaggi, e le imprese guerriere di Enea, figliuolo di Venere, e
di
Anchise. Questo poeta Latino nell’Eneide ha imita
ioso, quanto Achille. L’oggetto che si ha prefisso Virgilio, è quello
di
dare una origine illustre ai Romani, facendoli di
a grande comparsa nell’Eneide, dove Virgilio ce lo dipinge in qualità
di
un uomo pietoso, saggio, e valoroso. Seguiamolo p
valoroso. Seguiamolo pertanto. Era memore ancora Giunone del giudizio
di
Paride, e voleva perseguitare gli avanzi di Troja
cora Giunone del giudizio di Paride, e voleva perseguitare gli avanzi
di
Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col veleno ne
o il mare in iscompiglio, ed avesse ingojato i vascelli del figliuolo
di
Venere. Eolo ubbidisce, ed all’istante una terrib
uo impero, non fusse uscito dall’umida sua reggia, ordinando ai venti
di
rientrare nelle proprie caverne. Enea che vedeva
ro divenuti preda dell’infuriato elemento, entra in una picciola baja
di
Libia. Ivi frattanto i suoi compagni pensano a ri
suo figlio : si presenta a Giove, e gli rammenta le promesse fatte in
di
lui favore. Questo Dio le rinnova, ed assicura Ve
regnerebbe per lungo tempo. Spedisce intanto Mercurio a Didone regina
di
Cartagine per indurla a bene accogliere il princi
nochè un solo, in un porto vicino, indi dopo averlo coverto per mezzo
di
una nuvola per involarlo alla vista di tutti, gli
dopo averlo coverto per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista
di
tutti, gli ordina di recarsi a Cartagine. Seguito
per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista di tutti, gli ordina
di
recarsi a Cartagine. Seguito dal suo fedele Acate
Trojano. Venere allora fa sgombrare la nuvola, e vedesi Enea in atto
di
offrire i suoi omaggi alla regina. Didone incanta
offrire i suoi omaggi alla regina. Didone incantata dall’aria nobile
di
questo Eroe, e sensibile alle di lui disgrazie, g
a. Didone incantata dall’aria nobile di questo Eroe, e sensibile alle
di
lui disgrazie, gli contesta la gioja che sente pe
oni per una grandiosa festa. Sul finir del banchetto è richiesto Enea
di
fare il racconto dell’assedio di Troja, e dei mal
finir del banchetto è richiesto Enea di fare il racconto dell’assedio
di
Troja, e dei malanni da lui sofferti dopo un’epoc
osì funesta. « Stanchi i Principi della Grecia, Enea imprese a dire,
di
anni dieci di assedio, che li teneva lontani dall
« Stanchi i Principi della Grecia, Enea imprese a dire, di anni dieci
di
assedio, che li teneva lontani dalla patria, esco
itarono uno stratagemma per sorprendere Troja. Costruirono un cavallo
di
legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero n
no stratagemma per sorprendere Troja. Costruirono un cavallo di legno
di
straordinaria grandezza, e rinchiusero nel di lui
ono un cavallo di legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero nel
di
lui fianco i più accreditati guerrieri. Indi fing
chiusero nel di lui fianco i più accreditati guerrieri. Indi fingendo
di
sciogliere l’assedio si nascosero dietro l’isola
ri. Indi fingendo di sciogliere l’assedio si nascosero dietro l’isola
di
Tenedo. Credendo allora i Trojani di essere sicur
edio si nascosero dietro l’isola di Tenedo. Credendo allora i Trojani
di
essere sicuri corrono a vedere questo smisurato c
uoco : taluni la vogliono introdurre nella città. Laocoonte sacerdote
di
Nettuno è di avviso che si abbatta questo mostruo
la vogliono introdurre nella città. Laocoonte sacerdote di Nettuno è
di
avviso che si abbatta questo mostruoso cavallo, e
a questo mostruoso cavallo, ed egli stesso lancia un dardo nel fianco
di
quello. Arrestano intanto i Trojani un giovine Gr
nto, dicendo, esser egli l’odio de’ Greci : soggiunge, che il cavallo
di
legno è un’offerta fatta a Minerva prima di parti
soggiunge, che il cavallo di legno è un’offerta fatta a Minerva prima
di
partire per placarla : di più li consiglia ad int
di legno è un’offerta fatta a Minerva prima di partire per placarla :
di
più li consiglia ad introdurre questo colosso nel
te che aveva scagliata la sua asta contro del cavallo, stando in atto
di
fare un sagrifizio a Nettuno, fu assalito da due
. Questi rettili prodigiosi si attorcigliarono al corpo de’ due figli
di
Laocoonte, e si avviticchiarono sopra di lui mede
arono al corpo de’ due figli di Laocoonte, e si avviticchiarono sopra
di
lui medesimo, ch’era venuto per soccorrerli. Ciò
perfido Sinone : si abbatte un’ ala delle mura, e s’introduce a forza
di
uomini il cavallo fatale nella città : indi ciasc
mini il cavallo fatale nella città : indi ciascuno si ritira, e pieni
di
sicurezza si danno in preda ai piaceri della mens
cire gli armati ivi nascosti ; in un istante l’infelice città è piena
di
soldati, che portano da per tutto il ferro, il fu
a. Ettore gli apparisce in sogno, lo avverte dell’arrivo de’ Greci, e
di
essere oramai giunto l’esterminio di Troja. Enea
avverte dell’arrivo de’ Greci, e di essere oramai giunto l’esterminio
di
Troja. Enea vuol morire colle armi alla mano, ed
rminio di Troja. Enea vuol morire colle armi alla mano, ed alla testa
di
pochi suoi amici attacca quanti Greci incontra. M
concittadini, che non li riconoscono. Corre pertanto Enea in soccorso
di
Priamo, assediato nel suo palazzo da Pirro, che i
, si affretta per la difesa della sua sposa Creusa, del figlio suo, e
di
Anchise suo padre. Presi gli Dei Penati, che died
suo, e di Anchise suo padre. Presi gli Dei Penati, che diede in mano
di
Anchise, si accolla questo vecchio rispettabile s
ispettabile sulle sue spalle, traversa l’incendiata città col disegno
di
ritirarsi sul monte Ida. Fuori le porte inseguito
ai Greci perde Creuso. Col favore delle fiamme ritorna colla speranza
di
rinvenirla, ma gli apparve l’ombra soltanto della
i che avevano abbracciata la stessa sua sorte, Enea forma il progetto
di
andare in cerca di quella terra che il Destino gl
cciata la stessa sua sorte, Enea forma il progetto di andare in cerca
di
quella terra che il Destino gli prometteva. Fa co
liati sul monte Ida, e si scosta dai patrj lidi con venti legni. Dopo
di
essersi fermato nella Tracia, in Delo, in Creta,
adre Anchise. Trapani fu il termine de’ suoi viaggi, allorchè volendo
di
là far vela per l’Italia, un Dio tutelare l’aveva
à far vela per l’Italia, un Dio tutelare l’aveva condotto nell’impero
di
Didone. » Avendo Enea dato fine al suo racconto,
che gli aveva assegnati la regina. Rapita intanto Didone dalla virtù
di
Enea, confessa la sua inclinazione ad Anna sua ge
a farlo suo sposo. Giunone per impedire il corso dei destini a favore
di
Enea propose a Venere queste nozze, che finse di
dei destini a favore di Enea propose a Venere queste nozze, che finse
di
acconsentirvi. Profittano le due Dive del momento
nozze, che finse di acconsentirvi. Profittano le due Dive del momento
di
una tempesta suscitatasi mentre tutta la Corte de
la partenza, e fa preparare segretamente la flotta. Penetra Didone il
di
lui disegno : lo rimprovera, e si duole di sì bar
flotta. Penetra Didone il di lui disegno : lo rimprovera, e si duole
di
sì barbaro tradimento. Cerca Enea di scusarsi, ma
egno : lo rimprovera, e si duole di sì barbaro tradimento. Cerca Enea
di
scusarsi, ma nel tempo stesso dispone il tutto pe
to con tanta cortesia. Accortasi del tradimento Didone monta il piano
di
una loggia a vista delle fuggenti vele : carica l
ano di una loggia a vista delle fuggenti vele : carica l’ingrato Enea
di
maledizioni, che dopo molti socoli si verificaron
i Cartaginesi, ed i Romani, e non potendo resistere al dolore risolve
di
darsi la morte. Fingendo di volere fare un sagrif
e non potendo resistere al dolore risolve di darsi la morte. Fingendo
di
volere fare un sagrificio agli Dei dell’inferno,
pericoli, ad insinuazione d’Iride inviata da Giunone sotto l’aspetto
di
una vecchia, appiccarono il fuoco alle navi. La f
urono bruciati. Nella seguente notte apparve in sogno ad Enea l’ombra
di
Anchise, che lo consigliò a lasciare in Trapani i
ne, ed a condur seco soltanto gli uomini d’armi. Gl’insinuò parimente
di
portarsi a Cuma per consultar la Sibilla, che lo
che lo avrebbe condotto all’inferno. Eseguì a puntino Enea gli ordini
di
Anchise. Arrivato a Cuma, recossi all’antro della
Deifobe, che gli predisse quanto doveva accadergli nell’Italia prima
di
fondare una città. Indi gli ordinò di penetrare i
va accadergli nell’Italia prima di fondare una città. Indi gli ordinò
di
penetrare in una oscura foresta, dove avrebbe rit
trare nell’inferno, per offrirlo in dono a Proserpina. Riuscì ad Enea
di
trovar questa pianta. Finalmente colla scorta del
a pianta. Finalmente colla scorta della Sibilla, passando per lo Lago
di
Averno, discende al soggiorno de’ morti : ivi rit
i : ivi ritrova molti de’ suoi amici, e gli addita Anchise sulle rive
di
Lete le ombre di quelli Eroi, che dovevano un gio
olti de’ suoi amici, e gli addita Anchise sulle rive di Lete le ombre
di
quelli Eroi, che dovevano un giorno formare la gl
di quelli Eroi, che dovevano un giorno formare la gloria dell’impero
di
Roma. Ritornato sulla terra il figliuolo di Vener
are la gloria dell’impero di Roma. Ritornato sulla terra il figliuolo
di
Venere, levò l’ancora, dirigendo la sua flotta ve
a sarebbe divenuto suo genero. Piccata Giunone de’ fortunati successi
di
questo principe, si affrettò ad interromperne il
tto : inviò questa furia alla reggia d’Amata, ispirandole il progetto
di
nascondere sua figlia Lavinia in seno delle vicin
etto di nascondere sua figlia Lavinia in seno delle vicine montagne :
di
là la Furia passò alla corte di Turno, lo stimola
vinia in seno delle vicine montagne : di là la Furia passò alla corte
di
Turno, lo stimola a prendere le armi col nerbo de
o. Enea, e Turno si avanzano in mezzo dell’armata schierata in ordine
di
battaglia, e con pari accanimento si azzuffano. R
minò così una guerra, che mettea sossopra l’Italia intera1. Giunta
di
varie altre favole. Comecchè le seguenti favole
nti che possano illustrare la storia de’ tempi eroici, come la guerra
di
Tebe, l’incendio di Troja, ecc., è necessario non
strare la storia de’ tempi eroici, come la guerra di Tebe, l’incendio
di
Troja, ecc., è necessario nondimeno di formarne u
la guerra di Tebe, l’incendio di Troja, ecc., è necessario nondimeno
di
formarne un’ idea per aver piena cognizione della
negarono. Bauci, e Filemone abitavano in una meschina capanna coperta
di
giunchi, dove appena si trovava una tavola di leg
eschina capanna coperta di giunchi, dove appena si trovava una tavola
di
legno, che ne formava tutto l’addobbo. Furono que
un’ oca, ch’ era tutta la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti nel
di
vegnente per punire gli abitanti del paese, e per
are il loro potere a chi gli aveva alloggiati, li conducono alla cima
di
una montagna con far loro vedere tutto il villagg
olti, che fu cangiata in un tempio magnifico. Bauci, e Filemone pieni
di
riconoscenza dimandarono in grazia di essere i sa
nifico. Bauci, e Filemone pieni di riconoscenza dimandarono in grazia
di
essere i sacerdoti di questo tempio, e di morire
one pieni di riconoscenza dimandarono in grazia di essere i sacerdoti
di
questo tempio, e di morire in un giorno istesso p
cenza dimandarono in grazia di essere i sacerdoti di questo tempio, e
di
morire in un giorno istesso per non soffrire il d
mpio, e di morire in un giorno istesso per non soffrire il dispiacere
di
dover uno di essi piangere la morte dell’altro. Q
rire in un giorno istesso per non soffrire il dispiacere di dover uno
di
essi piangere la morte dell’altro. Questa grazia
ma i rispettivi parenti, che appartenevano a due principali famiglie
di
Tebe, per antica nimicizia non erano di accordo.
ano a due principali famiglie di Tebe, per antica nimicizia non erano
di
accordo. Quindi non potendosi i due amanti accopp
non potendosi i due amanti accoppiare con i nodi d’imeneo, pensarono
di
fuggire dalla patria, e stabilirsi in un paese lo
cadde un velo, che preso dal lione, dopo averlo lacerato, lo intrise
di
sangue della sua gola. Sopraggiunto Piramo, vide
Piramo, vide questo velo, e credendo che Tisbe fosse stata la vittima
di
qualche belva, con un pugnale si diede la morte.
zampillando sulla pianta del moro, le sue frutta da bianche divennero
di
color rosso. Polifemo, e Galatea. Il ruvido C
olifemo amava alla follìa la bella Galatea, una delle tante figliuole
di
Nereo. Assiso sulla riva del mare, ad alta voce l
reo. Assiso sulla riva del mare, ad alta voce la chiamava, pregandola
di
venir fuori dalle onde. Ma il povero Ciclope non
a sorda, malgrado che non fosse insensibile. Ella amava Aci figliuolo
di
Fauno. Sorprese un giorno Polifemo la bella coppi
gliuolo di Fauno. Sorprese un giorno Polifemo la bella coppia a piedi
di
una roccia. Galatea ebbe tempo di tuffarsi nell’o
no Polifemo la bella coppia a piedi di una roccia. Galatea ebbe tempo
di
tuffarsi nell’onde : ma Aci ebbe la sventura di e
a. Galatea ebbe tempo di tuffarsi nell’onde : ma Aci ebbe la sventura
di
essere schiacciato da un gran sasso, che il Ciclo
lope gli scagliò. Inconsolabile la ninfa, pregò gli Dei, ed il sangue
di
Aci diede la nascita ad un fiume che fu chiamato
che fu chiamato Aci dal nome del pastorello. Driope. Driope ninfa
di
Arcadia, e sposa di Andremone strappò alcuni rami
dal nome del pastorello. Driope. Driope ninfa di Arcadia, e sposa
di
Andremone strappò alcuni rami di una pianta detta
e. Driope ninfa di Arcadia, e sposa di Andremone strappò alcuni rami
di
una pianta detta Loto, per darne a mangiare le fr
detta Loto, per darne a mangiare le frutta a suo figlio. Alcune gocce
di
sangue caddero da questa pianta che prima era sta
ermogliarsi sotto i piedi le radici, diventando ancor essa una pianta
di
simile natura. Pigmalione. Pigmalione fu uno
lione la sposò, e da questa coppia nacque Pafo, che fabbricò la città
di
Pafo nell’isola di Cipro. Ifide. Era tanta la
a questa coppia nacque Pafo, che fabbricò la città di Pafo nell’isola
di
Cipro. Ifide. Era tanta la miseria di un abit
la città di Pafo nell’isola di Cipro. Ifide. Era tanta la miseria
di
un abitante di Festo in Creta chiamato Ligda, che
o nell’isola di Cipro. Ifide. Era tanta la miseria di un abitante
di
Festo in Creta chiamato Ligda, che fece sentire a
nta crudeltà, si raccomandò alla Dea Iside, che le ispirò il progetto
di
allevare la bambina sotto spoglie maschili. Così
fece la povera madre, ma stava per iscoprirsi il segreto all’istante
di
doversi maritare Ifide (tale era il nome della fa
insieme. Leandro ogni notte traversava a nuoto lo stretto alla vista
di
un fanale, ch’ Ero accendeva su di una torre. Lea
sava a nuoto lo stretto alla vista di un fanale, ch’ Ero accendeva su
di
una torre. Leandro aveva acquistato la superiorit
eda dell’infido elemento. Avendo il mattino osservato Ero il cadavere
di
Leandro dal mare gittato sul lido, vinta dal dolo
ssa nel mare. Aconzio, e Cidippe. Era Cidippe una delle più belle
di
Delo. Aconzio la vide nel tempio di Diana, e la c
Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide nel tempio
di
Diana, e la chiedette per isposa ai suoi parenti
a. Gittò nel tempio una palla, dove era scritto : io giuro per Diana
di
essere la sposa di Aconzio . Cidippe prese quella
una palla, dove era scritto : io giuro per Diana di essere la sposa
di
Aconzio . Cidippe prese quella palla, e lesse il
a palla, e lesse il giuramento. Allorchè questa giovane era sul punto
di
maritarsi, era sorpresa da una febbre violenta, f
rpresa da una febbre violenta, finchè i suoi parenti si determinarono
di
darla a Aconzio. Anassarte. Amava Ifi inutilm
a Aconzio. Anassarte. Amava Ifi inutilmente Anassarte, figliuolo
di
un ricco abitante di Cipro. Legò una notte Ifi al
rte. Amava Ifi inutilmente Anassarte, figliuolo di un ricco abitante
di
Cipro. Legò una notte Ifi alla porta di Anassarte
igliuolo di un ricco abitante di Cipro. Legò una notte Ifi alla porta
di
Anassarte una corda, e con quella per disperazion
ella durezza del suo cuore. Coreso, e Calltroe. Calliroe donzella
di
Calidonia non volle giammai corrispondere all’inc
ai corrispondere all’inclinazione, che aveva per lei Coreso sacerdote
di
Bacco, che vendicò il suo ministro con far sorger
quando si fosse sacrificata a Bacco una vittima umana, ed in mancanza
di
questa la stessa Calliroc. Nessuno ebbe la voglia
, ed in mancanza di questa la stessa Calliroc. Nessuno ebbe la voglia
di
morire, onde Calliroe fu condotta all’ara. Coreso
Calliroe fu condotta all’ara. Coreso generoso all’eccesso, nel punto
di
sagrificarla, rivolse contro se stesso il coltell
grificarla, rivolse contro se stesso il coltello, e si diede la morte
di
propria mano. Conobbe allora Calliroe la fedeltà
si diede la morte di propria mano. Conobbe allora Calliroe la fedeltà
di
quel cuore, e mossa da compassione volle immolars
mossa da compassione volle immolarsi per placare in tal guisa l’ombra
di
Coreso. Cleobide, e Bitone. Questi due giovan
mbra di Coreso. Cleobide, e Bitone. Questi due giovani, figliuoli
di
una sacerdotessa di Argo, sono l’esempio dell’amo
leobide, e Bitone. Questi due giovani, figliuoli di una sacerdotessa
di
Argo, sono l’esempio dell’amor filiale. Essi tras
Dei renderli abbastanza contenti sulla terra. Ceneo. In compenso
di
essere stata amata Ceneo da Nettuno, ottenne in g
In compenso di essere stata amata Ceneo da Nettuno, ottenne in grazia
di
essere cangiata in uomo, e colla proprietà di ess
tuno, ottenne in grazia di essere cangiata in uomo, e colla proprietà
di
essere invulnerabile. Perì questa ninfa nella gue
i ammonticchiati ne nacque un uccello. Ceice, e Alcione. Ceice re
di
Trachinia nella Tessaglia morì naufragato, mentre
nella Tessaglia morì naufragato, mentre andava a consultare l’oracolo
di
Apollo a Claro. Alcione sua moglie, che teneramen
do con impazienza, ma Giunone in sogno le fece intendere la disgrazia
di
suo marito. Spaventata la misera Alcione del sini
o gittato dal mare sulla riva. Al momento che si accostava, si avvide
di
avere sul dorso le ali, che la sostenevano all’ar
eice ancor esso fu trasformato in uccello, ed entrambi ebbero il nome
di
Alcioni. Dicono i poeti che questi uccelli fanno
lo formano, e ne nascono i figli. L’Aurora. L’Aurora non contenta
di
aver amato Titono figliuolo di Laomedonte, volle
i. L’Aurora. L’Aurora non contenta di aver amato Titono figliuolo
di
Laomedonte, volle altresì trasportarlo nel cielo,
tono chiedette una vita lunghissima, ma non avendo avuta l’accortezza
di
domandar benanche una perpetua gioventù unita all
a per compassione lo cangiò in cicala. Deifobe. Deifobe figliuola
di
Glauco, e Sibilla di Cuma ebbe presso a poco la m
cangiò in cicala. Deifobe. Deifobe figliuola di Glauco, e Sibilla
di
Cuma ebbe presso a poco la medesima sorte di Tito
ola di Glauco, e Sibilla di Cuma ebbe presso a poco la medesima sorte
di
Titono. Ella fu amata da Apollo, al quale dimandò
a medesima sorte di Titono. Ella fu amata da Apollo, al quale dimandò
di
poter vivere tanti anni, per quanti granellini di
o, al quale dimandò di poter vivere tanti anni, per quanti granellini
di
arena poteva stringere in mano sua. Il Nume la es
L’Aurora avendo concepito una forte inclinazione per Cefalo figliuolo
di
Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro
concepito una forte inclinazione per Cefalo figliuolo di Mercurio, e
di
Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla
di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla caccia, facendo
di
tutto per fargli dimenticare Procri sua sposa. Ma
o : quindi dovette rimandarlo con dirgli, che un giorno si pentirebbe
di
tanta poca sua sensibilità. Tal minaccia fece div
lo geloso, e sospettoso. Travestito volle mettere a pruova la fedeltà
di
sua moglie, che per vergogna sen fuggì fra le sel
ellotto che si scagliava a colpo sicuro, e ritornava dopo fralle mani
di
chi lo aveva lanciato. Per parte sua Procri diven
entre Cefalo si riposava stanco dalle fatiche della caccia, si avvide
di
un certo calpestio in un vicino cespuglio : crede
osi, che cangiò in due stelle. Filomela, e Tereo. Tereo figliuolo
di
Marte sposò Progne figlia di Pandione re di Atene
. Filomela, e Tereo. Tereo figliuolo di Marte sposò Progne figlia
di
Pandione re di Atene, e la condusse nella Tracia,
e Tereo. Tereo figliuolo di Marte sposò Progne figlia di Pandione re
di
Atene, e la condusse nella Tracia, ov’egli regnav
er nome Filomela, che amava colla massima tenerezza. Dopo cinque anni
di
lontananza volle Progne rivederla. S’incaricò Ter
po cinque anni di lontananza volle Progne rivederla. S’incaricò Tereo
di
fare il viaggio di Atene per contentare la sua sp
ontananza volle Progne rivederla. S’incaricò Tereo di fare il viaggio
di
Atene per contentare la sua sposa, ma nel condurl
o un secondo delitto, le strappò barbaramente la lingua per impedirle
di
poter palesare la sua disgrazia. Continua lo scel
le risentita escogitò una terribile vendetta. Profittando delle feste
di
Bacco prese l’abito di una baccante : liberò sua
na terribile vendetta. Profittando delle feste di Bacco prese l’abito
di
una baccante : liberò sua sorella dalla prigione
lo diede a mangiare a Tereo in un solenne banchetto. Cercando questi
di
vedere suo figlio, allora Filomela infuriata si p
riso nel sangue dell’infelice figliuolo. Avvampando d’ira Tereo diede
di
piglio alla spada per inseguire le due sorelle :
e lo stesso Tereo in uno sparviero. Aristeo. Fu Aristeo figliuolo
di
Apollo, e della ninfa Cirene. Egli si occupò dell
vi, e sopratutto ebbe cura delle api. Sposò Aristeo Autonoe figliuola
di
Cadmo, fu padre di Atteone, che Diana cangiò in c
be cura delle api. Sposò Aristeo Autonoe figliuola di Cadmo, fu padre
di
Atteone, che Diana cangiò in cervo. Dopo la morte
Cadmo, fu padre di Atteone, che Diana cangiò in cervo. Dopo la morte
di
questo suo figlio, si ritirò in Sardegna da lui p
tori gl’innalzarono degli altari. Pico, e Canente. Fu Pico figlio
di
Saturno, padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò
o degli altari. Pico, e Canente. Fu Pico figlio di Saturno, padre
di
Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola
Pico, e Canente. Fu Pico figlio di Saturno, padre di Fauno, ed avo
di
Latino. Sposò Canente figliuola di Giano, e di Ve
di Saturno, padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola
di
Giano, e di Venilia. Fu amato da Circe famosa mag
padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola di Giano, e
di
Venilia. Fu amato da Circe famosa maga, e figlia
famosa maga, e figlia del Sole, e che lo vide mentre andava in cerca
di
erbe, e dalla medesima fu cangiato in picchio1.
i erbe, e dalla medesima fu cangiato in picchio1. Egeria. Seguace
di
Diana era la ninfa Egeria. Credevasi ch’ella cons
ninfa Egeria. Credevasi ch’ella consigliasse Numa Pompilio secondo re
di
Roma per ben governare. La morte di Numa le cagio
igliasse Numa Pompilio secondo re di Roma per ben governare. La morte
di
Numa le cagionò tanto dolore, che fu cangiata in
ta in una fontana. Arione. Arione fu un musico celeberrimo nativo
di
Metimna di Lenno, molto amato da Periandro re di
ontana. Arione. Arione fu un musico celeberrimo nativo di Metimna
di
Lenno, molto amato da Periandro re di Corinto. Un
o celeberrimo nativo di Metimna di Lenno, molto amato da Periandro re
di
Corinto. Un giorno mentre navigava, i marinari lo
tare nel mare, per arricchirsi delle sue spoglie. Lusingandosi Arione
di
poterli intenerire, dimandò in grazia di poter to
spoglie. Lusingandosi Arione di poterli intenerire, dimandò in grazia
di
poter toccare un’altra volta la sua lira : ma non
lle Muse. Anfione. Era questi un altro eccellente cantore, figlio
di
Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono dell
Anfione. Era questi un altro eccellente cantore, figlio di Giove, e
di
Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira,
sti un altro eccellente cantore, figlio di Giove, e di Antiope regina
di
Tebe. Il suono della sua lira, e la sua voce era
ietro le pietre, e si situarono in tal modo, che ne formarono le mura
di
Tebe. Ciò basti per un corso di Mitologia element
in tal modo, che ne formarono le mura di Tebe. Ciò basti per un corso
di
Mitologia elementare. Potranno i giovani lettori
quali ci siamo contenuti. Avviso. Si è creduto opportuno
di
quì inserire il seguente trattalo dello stesso Si
o di quì inserire il seguente trattalo dello stesso Sig. Tomeo autore
di
quest’opera, pubblicato fin dall’anno 1817 - per
ozzato l’origine, lo scopo, lo sviluppo della Favola. Nel breve corso
di
poche pagine ci siamo studiati di accennarne alme
luppo della Favola. Nel breve corso di poche pagine ci siamo studiati
di
accennarne almeno l’applicazione, l’oggetto, la m
gran numero degli Dei adorati dal Gentilesimo. Questa serie numerosa
di
false Divinità sarebbe stata maggiore, laddove pe
no, che da principio ci abbiamo proposto : riserbandoci non per tanto
di
darne cammin facendo un’ idea, benchè superficial
trice delle belle arti, e delle scienze. Dapertutto veggonsi de’ capi
di
opera della pittura, e scultura, e della più rice
e scultura, e della più ricercata architettura, che malgrado il corso
di
tanti secoli, l’edace tempo ha rispettato. Non vi
lingua, che ci mettono al giorno de’ sacri riti, e della vita civile
di
que’ tempi. Se non altro, gli scavi di Ercolano,
acri riti, e della vita civile di que’ tempi. Se non altro, gli scavi
di
Ercolano, e di Pompei ci hanno aperto un campo la
lla vita civile di que’ tempi. Se non altro, gli scavi di Ercolano, e
di
Pompei ci hanno aperto un campo larghissimo, dove
Greche città andò superba la nostra Napoli, che favorita dalla natura
di
un dolce clima, e fertile terreno, formava il dom
tranquilla 1. Fin dall’epoca della sua fondazione anteriore a quella
di
Roma, avrebbe potuto dirsi di lei : Quam tu Urbe
della sua fondazione anteriore a quella di Roma, avrebbe potuto dirsi
di
lei : Quam tu Urbem hanc cernis, quae regna futu
icchezze non possiamo con certezza e precisione dar fuori un trattato
di
quanto riguarda il nostro assunto. Le tante vicen
icende, alle quali è stata soggetta la nostra Patria, il lungo andare
di
tanti secoli ha dovuto per necessità contribuire
ribuire alla perdita d’infiniti monumenti. Possiamo solamente per via
di
congetture stabilire le basi del nostro argomento
i giuochi, e giornalieri esercizj. Oltre a ciò le rispettive reliquie
di
templi che ancor oggi ammiriamo, fanno fede abbas
oletane, e della magnificenza della loro città : giacchè quanto vi ha
di
grande e magnifico nelle più vaste Capitali, per
alche cosa riguardante le Deità comuni alle altre nazioni. Quantunque
di
questa ne abbiamo abbastanza parlato nella prima
e di questa ne abbiamo abbastanza parlato nella prima parte, era però
di
somma necessità rinnovarne il discorso per l’inte
e a nostri giorni sono esistenti. Senza dipartirci punto dall’oggetto
di
dare delle cognizioni elementari, potrà di leggie
artirci punto dall’oggetto di dare delle cognizioni elementari, potrà
di
leggieri acquistare la Gioventù le idee necessari
non è nuovo : ma piace lusingarci che l’ordine almeno, e ’l vantaggio
di
veder tutto ad un colpo di occhio potrà dargli un
ngarci che l’ordine almeno, e ’l vantaggio di veder tutto ad un colpo
di
occhio potrà dargli un’ aria di novità ; risparmi
vantaggio di veder tutto ad un colpo di occhio potrà dargli un’ aria
di
novità ; risparmiando ai giovani la pena, e noja
aria di novità ; risparmiando ai giovani la pena, e noja lunghissima
di
andar rintracciando le patrie memorie sparse quà,
e memorie sparse quà, e là in tanti libri, e scrittori per lo più fra
di
loro discordi. A tale proposito abbiamo procurato
i per lo più fra di loro discordi. A tale proposito abbiamo procurato
di
scegliere quello che pareva più plausibile, avend
primitive costumanze, ed osservare il delirio, e le fantastiche idee
di
religione de’ nostri maggiori, che ad imitazione
nta nostra Religione Cattolica, nel cui seno abbiamo avuto la fortuna
di
nascere. I. Partenope. Dicemmo già che
lle Sirene chiamata Partenope, che colle altre abitava nella spiaggia
di
Sorrento, e che in vicinanza di Napoli cessò di v
he colle altre abitava nella spiaggia di Sorrento, e che in vicinanza
di
Napoli cessò di vivere, diede il nome alla nostra
bitava nella spiaggia di Sorrento, e che in vicinanza di Napoli cessò
di
vivere, diede il nome alla nostra Città. Fra le a
stra Città. Fra le altre così dette, la più celebre credesi figliuola
di
Eumelo re di Fera in Tessaglia. Scrivono taluni c
ra le altre così dette, la più celebre credesi figliuola di Eumelo re
di
Fera in Tessaglia. Scrivono taluni che questa gio
esse il suolo dove oggi è Napoli per sua abitazione, guidata dal volo
di
una colomba, della quale così cantò il nostro Sta
trattandosi dell’origine delle grandi città sogliono essere, al dire
di
Livio, se non favolose, almeno sospette, volentie
atterremo al sentimento dell’insigne geografo Strabone. Attesta egli
di
essere stata Napoli edificata dai Cumani, chiamat
la da Palepoli, cioè vecchia città. Andò però quasi in disuso il nome
di
Napoli, ritenendo per lo più quello di Partenope
ò però quasi in disuso il nome di Napoli, ritenendo per lo più quello
di
Partenope fino a che Augusto, al dire di Solino,
ritenendo per lo più quello di Partenope fino a che Augusto, al dire
di
Solino, dopo di aver ornato di marmi il di lei fa
o più quello di Partenope fino a che Augusto, al dire di Solino, dopo
di
aver ornato di marmi il di lei fabbricato, volle
Partenope fino a che Augusto, al dire di Solino, dopo di aver ornato
di
marmi il di lei fabbricato, volle che Napoli, o s
ino a che Augusto, al dire di Solino, dopo di aver ornato di marmi il
di
lei fabbricato, volle che Napoli, o sia nuova cit
enominata. Alla testè lodata favolosa Sirena, o alla pudica figliuola
di
Eumelo furono assegnati gli onori divini, e frall
artenope un luogo distinto. Vedesi nelle nostre monete inciso il capo
di
Partenope ; ed attesta Licofrone antichissimo poe
l capo di Partenope ; ed attesta Licofrone antichissimo poeta, che al
di
lei sepolcro bruciavano saci i Napoletani, e l’At
l’ameno Giacomo Sannazaro poeticamente scherzando, celebrano le nozze
di
Partenope col Sebeto, annoverato anch’ esso fra i
ia, che anche a dì nostri osservasi una grande testa presso la Chiesa
di
S. Eligio, che credevano essere appunto quella ch
credevano essere appunto quella che apparteneva alla statua colossale
di
Partenope. Ignorasi il luogo preciso del sepolcro
statua colossale di Partenope. Ignorasi il luogo preciso del sepolcro
di
lei, da molti situato nel monticello, dove oggi è
polcro di lei, da molti situato nel monticello, dove oggi è la Chiesa
di
S. Giovanni Maggiore. Altri, e fra questi il Pont
moso così pure cantò il nostro concittadino Stazio piangendo la morte
di
suo padre : Exere semirutos subito de pulvere
Partenope a cacciar fuori la testa dalla tomba, ruinata dalla scossa
di
un gran terremoto (afflato monte), e compiangere
fflato monte), e compiangere la morte del suo allievo, cioè del padre
di
Stazio. II. Il Sebeto. L’antichissimo
l Sebeto. L’antichissimo culto che professavano i primi abitatori
di
Napoli a questo patrio siumicello, esige da noi d
i primi abitatori di Napoli a questo patrio siumicello, esige da noi
di
doversene quì far parola, ed appunto dietro l’art
la, ed appunto dietro l’articolo Partenope. Quale sia stata l’origine
di
questo nome Sebeto, si disputa dagli antiquarj. V
ne di questo nome Sebeto, si disputa dagli antiquarj. Vi ha chi crede
di
ricavarla dal Sabbato degli Ebrei, giorno in cui
dicvlam Restituit Sebetho. Dov’è da notarsi che questo tale Eutico
di
origine Greca rinnovò l’antichissimo culto dovuto
hè i primi fondatori delle Città in vicinanza de’ fiumi, erano soliti
di
attribuire ai medesimi gli onori divini, e presso
mi, erano soliti di attribuire ai medesimi gli onori divini, e presso
di
noi si celebravano in Capua le feste del Volturno
rchè con gravissima perdita dell’Architettura rovinò il famoso tempio
di
Castore, e Polluce, oggi Chiesa di S. Paolo, ritr
chitettura rovinò il famoso tempio di Castore, e Polluce, oggi Chiesa
di
S. Paolo, ritrovossi una elegantissima Greca iscr
, stupefatto esclamò : Minuit praesentia famam. Il gran poeta Cesareo
di
lui scrisse : Quanto ricco d’onor, povero d’onde
a Città, dovettero per conseguenza accordare il culto Divino anche al
di
lei padre Eumelo. Fralle antichissime Fratrie1 ch
. Fralle antichissime Fratrie1 che in Napoli esistevano ad imitazione
di
Atene, trovasi annoverata quella degli Eumelidi,
regione Capuana. Citano gli antiquarj diverse iscrizioni in conferma
di
quanto da noi si assersce. A questa Fratria crede
stato ascritto Stazio poeta, nostro concittadino, che vivea a’ tempi
di
Domiziano. IV. Eunosto. Di questo giova
tarco, il cui testo alquanto lungo in poche parole esporremo. Eunosto
di
Tanagra nella Boezia fu un giovane eroe conosciut
la castità. Di costui innamorossi una ragazza chiamata Ocna figliuola
di
Colono. Accortosi il giovane Eroe di tale inclina
ragazza chiamata Ocna figliuola di Colono. Accortosi il giovane Eroe
di
tale inclinazione, oltre di averla bruscamente ca
uola di Colono. Accortosi il giovane Eroe di tale inclinazione, oltre
di
averla bruscamente cacciata via, denunciò schiett
bruscamente cacciata via, denunciò schiettamente l’affare ai fratelli
di
lei. Ocna pensò di prevenirlo, ed indusse i frate
a via, denunciò schiettamente l’affare ai fratelli di lei. Ocna pensò
di
prevenirlo, ed indusse i fratelli ad ammazzare Eu
i prevenirlo, ed indusse i fratelli ad ammazzare Eunosto, accusandolo
di
avere il mdesimo attentato alla sua pudicizia. Se
essa con un laccio si diede la morte. I Tanagrei ad eterna ricordanza
di
questo avvenimento, innalzarono un tempio ad Euno
era permesso alle donne l’ingresso. Ciò diede occasione ai Napoletani
di
ascrivere anch’ essi Eunosto fralle patrie tutela
ove adoravasi Eunosto, azzardò una congettura, che in seguito dopo la
di
lui morte il tempo verificò. Credeva egli che una
ta una tale opinione : ma scavandosi li fondamenti parecchi anni sono
di
una casa in vicinanza della porta di S. Gennaro,
li fondamenti parecchi anni sono di una casa in vicinanza della porta
di
S. Gennaro, si avvidero i muratori di alcune vecc
a casa in vicinanza della porta di S. Gennaro, si avvidero i muratori
di
alcune vecchie fabbriche sepolte molti palmi al d
vvidero i muratori di alcune vecchie fabbriche sepolte molti palmi al
di
sotto del livello della strada. Pervenuto ciò a n
ratria o sia Curia degli Eunostidi. Siffatta scoverta avrebbe colmato
di
gioja il Martorelli già trapassato se avesse vedu
sse stato il Dio che presiedeva ai mulini ; opinione che ha procurato
di
confutare a tutta possa il mentovato Martorelli.
torelli. V. Apollo. Oltre quanto si è detto in questo corso
di
Mitologia nell’articolo Apollo, è da notarsi rigu
emigrantis Apollo. E virgilio nel 6 dell’Eneide parlando del famoso
di
lui tempio : Arces, quibus altus Apollo Praeside
o di lui tempio : Arces, quibus altus Apollo Praesidet. Le vestigia
di
questo tempio ancor oggi si veggono accanto all’a
Fusaro. Sotto diverse sembianze fu Apollo in Napoli adorato col nome
di
Ebone, di Mitra, di Serapide. Di ognuno di questi
otto diverse sembianze fu Apollo in Napoli adorato col nome di Ebone,
di
Mitra, di Serapide. Di ognuno di questi nomi impr
se sembianze fu Apollo in Napoli adorato col nome di Ebone, di Mitra,
di
Serapide. Di ognuno di questi nomi imprendiamo a
in Napoli adorato col nome di Ebone, di Mitra, di Serapide. Di ognuno
di
questi nomi imprendiamo a distintamente parlare.
Una nostra Greca antica iscrizione ci fa acquistare la conoscenza
di
questo nume tutelare. ΗΒΩΝΙ ΕΠΙΦΑΝΕΣΤΑΤΩΙ ΘΕΩΙ H
tutelare. ΗΒΩΝΙ ΕΠΙΦΑΝΕΣΤΑΤΩΙ ΘΕΩΙ Heboni clarissimo Deo. L’ etimo
di
questa voce benchè alquanto stiracchiato, potrebb
Ebraico Abir, taurus. In fatti era egli rappresentato sotto l’aspetto
di
un bove con faccia di uomo, e propriamente di un
In fatti era egli rappresentato sotto l’aspetto di un bove con faccia
di
uomo, e propriamente di un vecchio con lunga barb
sentato sotto l’aspetto di un bove con faccia di uomo, e propriamente
di
un vecchio con lunga barba. Nelle nostre antiche
nostre antiche monete segnate col motto Heboni, e Neapolitae, si vede
di
altri emblemi fregiato. Macrobio ne’ suoi Saturna
bio ne’ suoi Saturnali ci dice la ragione, onde Ebone sotto la figura
di
un toro era adorato : Taurum vero multiplici rat
mplo consecratum Soli colunt taurum . Nè è da dispregiarsi l’opinione
di
taluni, che credono adorato il toro in Napoli, in
o il toro in Napoli, in Pozzuoli, Atella, Capua, ed in tutta la terra
di
Lavoro per essere questo animale il più utile e n
imale il più utile e necessario per l’agricoltura. Della varia figura
di
questo Nume, secondo lo stesso Macrobio, dee dirs
o Macrobio, dee dirsi, che i Napoletani lo veneravano sotto l’aspetto
di
un vecchio, a differenza delle altre nazioni, che
hio, a differenza delle altre nazioni, che lo riconoscevano col volto
di
un fanciullo, di un giovanetto, di un uomo : allu
delle altre nazioni, che lo riconoscevano col volto di un fanciullo,
di
un giovanetto, di un uomo : alludendo alle quattr
ni, che lo riconoscevano col volto di un fanciullo, di un giovanetto,
di
un uomo : alludendo alle quattro età del Sole nel
rofessato un culto particolare verso il principe de’ pianeti col nome
di
Ebone. La nostra Cattedrale edificata sulle ruine
nome di Ebone. La nostra Cattedrale edificata sulle ruine del tempio
di
questo Dio abbastanza ce ne assicura. Anche il no
uesto Dio abbastanza ce ne assicura. Anche il nostro Pontano parlando
di
Ebone, così cantava : Urbs Hebone salutat, agriq
alla virtù de’ raggi solari, che vibrati sulla terra hanno l’attività
di
animare quanto contiensi nelle viscere di lei. Un
ulla terra hanno l’attività di animare quanto contiensi nelle viscere
di
lei. Una antica iscrizione ci somministra piena c
viscere di lei. Una antica iscrizione ci somministra piena cognizone
di
questa esotica Divinità. Omnipolenti Dei Mithr
pius Claudius Terronius Dexter Dicavit. A questo, Mitra, al dire
di
Suida, immolavano i Persiani molte vittime, e spe
esta, che il gran Ciro giurava per questo Dio, e Lampridio nella vita
di
Commodo fa menzione de’ sacri riti praticati ne’
lla vita di Commodo fa menzione de’ sacri riti praticati ne’ sacrifiz
di
lui. La sua figura eccola espressa da Lattanzio G
VII. Serapide. Ecco in iscena nuovamente il sole col nome
di
Serapide. Il di lui culto era etesissimo nell’Egi
apide. Ecco in iscena nuovamente il sole col nome di Serapide. Il
di
lui culto era etesissimo nell’Egitto. Crede Varro
u riposto dopo morto, onde i Greci prima lo chiamarono Sorapis. Oltre
di
un tempio grandioso a lui eretto in Pozzuoli, i d
ono Sorapis. Oltre di un tempio grandioso a lui eretto in Pozzuoli, i
di
cui superbi avanzi ancor oggi si ammirano, credes
antica. Oltre le mentovate denominazioni si dava ad Apollo l’epiteto
di
servator, sanator. Quindi alla buona salute (Hygi
na salute (Hygiae) furono altresì eretti monumenti, ed altari. Presso
di
Orazio : Sic me servavit Apollo. Troviamo il so
e servavit Apollo. Troviamo il sole insignito ancora degli attributi
di
Bacco, presso alcune delle nostre monete, cioè co
entino, Massico, e tanti altri diedero occasione alle piacevoli feste
di
Bacco in Pozzuoli. Ivi queste feste erano colla m
. Artemisia, o sia la Luna. In grandissimo credito era a tempi
di
Napoli Greca Artemisia, o sia la Luna, sì perchè
a a tempi di Napoli Greca Artemisia, o sia la Luna, sì perchè germana
di
Apollo, sì perchè erano trasportati i Napoletani
on questo motto eran segnate le antiche nostre monete. Nelle medaglie
di
Sicilia vien denominata altresì Σωτειρα, servatri
ric, crede che il tempio della luna fosse dov’è al presente la Chiese
di
S. Maria Maggiore (la Pietrasanta), luogo in cui
ondatrice della Chiesa suddetta, si conservavano moltissimi monumenti
di
questo tempio famoso. Il circondario del tempio d
famoso. Il circondario del tempio della luna era il più rispettabile
di
Napoli. Colà a sentimento dell’accurato Capaccio
a la Fratria, o sia Curia degli Artemisj, addetti all’amministrazione
di
questo tempio, e dov’era, al dire di Martorelli,
isj, addetti all’amministrazione di questo tempio, e dov’era, al dire
di
Martorelli, ascritto il nostro concittadino egreg
’arte sua musicale : ed in questo sito fu ritrovato l’insigne cavallo
di
bronzo di Greco lavoro, antico stemma della Città
musicale : ed in questo sito fu ritrovato l’insigne cavallo di bronzo
di
Greco lavoro, antico stemma della Città, la cui t
pera del Cardinal Caraffa. Colà tuttavia si ammirano diverse reliquie
di
fabbriche a mattoni, che ritengono presso di noi
mmirano diverse reliquie di fabbriche a mattoni, che ritengono presso
di
noi il nome di Anticaglie. IX. Orione.
reliquie di fabbriche a mattoni, che ritengono presso di noi il nome
di
Anticaglie. IX. Orione. Secondo la test
il nome di Anticaglie. IX. Orione. Secondo la testimonianza
di
Esiodo, ebbe questo Nume a padre Nettuno, e sua m
una freccia ad un punto nero che nel mare si vedeva (ch’era la testa
di
Orione), fu pronta costei, come abilissima nel tr
o, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone una costellazione col nome
di
Orione. La di lui statua osservasi oggigiorno nel
arlo nel Zodiaco, formandone una costellazione col nome di Orione. La
di
lui statua osservasi oggigiorno nel luogo detto S
Orione. La di lui statua osservasi oggigiorno nel luogo detto Seggio
di
Porto, portando in mano un pugnale, e vestito il
etto Seggio di Porto, portando in mano un pugnale, e vestito il corpo
di
lunghi ispidi peli, indicanti o i raggi solari, o
della pioggia. Era questo Dio tutelare adorato in Napoli dalla gente
di
mare, e nel sito da noi enunciato è probabile che
ino a’ tempi da noi non molto remoti avevano per costume i Napoletani
di
celebrare una festa in onore di Orione, nella qua
moti avevano per costume i Napoletani di celebrare una festa in onore
di
Orione, nella quale fralle altre formalità si bru
ità si bruciava una barchetta in ogni anno nella notte della Natività
di
Nostro Signore. Chiamasi oggi questa statua dal v
statua dal volgo falsamente il pesce Nicolò : ingannato dalla storia
di
un tale Nicola Pesce espertissimo nuotatore, che
cui semper anhelo Votivam taciti quassamus lampada mystae. Le feste
di
questa Dea erano celebrate con grandissima pompa
rante : il loro corso, e con assegnate cerimonie si alludeva al ratto
di
Proserpina, figliuola di Cerere rapita da Plutone
con assegnate cerimonie si alludeva al ratto di Proserpina, figliuola
di
Cerere rapita da Plutone nelle fertili campagne d
da un basso rilievo situato nella sommità della facciata della Chiesa
di
S. Giovanni Evangelista, appartenente alla nobile
egli stesso il nostro Stazio, portando accese faci nelle mani in atto
di
andare in cerca della rapita Proserpina. Tra i mi
ni in atto di andare in cerca della rapita Proserpina. Tra i ministri
di
questa Dea erano ammesse altresì le donne. I sacr
vano conservarne gli arcani, come rilevasi dalle parole taciti mystae
di
Stazio. Il tempio di questa Dea, secondo il più v
arcani, come rilevasi dalle parole taciti mystae di Stazio. Il tempio
di
questa Dea, secondo il più volte citato Capaccio,
econdo il più volte citato Capaccio, ed altri, era la presente Chiesa
di
S. Gregorio Armeno, dove nello scavo dei fondamen
llo scavo dei fondamenti furono ritrovati diversi monumenti, e statue
di
marmo. XI. Castore, e Polluce. La prese
marmo. XI. Castore, e Polluce. La presente magnifica Chiesa
di
S. Paolo era il tempio dedicato ai due gemelli Nu
iversi altri monumenti furono nell’anno 1591 rinvenute le immaginette
di
questi due fratelli. Questo gran tempio scosso da
ervarne almeno gli avanzi grandiosi, furono lasciate due sole colonne
di
ordine Corintio, come al presente si osservano. M
ntovata testè iscrizione ci manifesti un’epoca recente, qual’è quella
di
Tiberio, il culto non pertanto assegnato dai Napo
apoletani ai Dioscuri è molto anteriore. I busti, e gli altri emblemi
di
Castore, e Polluce erano scolpiti nel teatro, e s
ciò essendo questi Numi immediati protettori de’ naviganti, come nel
di
loro articolo abbiamo dimostrato, sembra naturale
ato, vivendo Tiberio. XII. Ercole. Merita quì in certo modo
di
farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuet
io. XII. Ercole. Merita quì in certo modo di farsi menzione
di
Ercole. Le centinaja di statuette e di marmo, e d
Merita quì in certo modo di farsi menzione di Ercole. Le centinaja
di
statuette e di marmo, e di bronzo rappresentanti
n certo modo di farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuette e
di
marmo, e di bronzo rappresentanti questo Eroe, fa
di farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuette e di marmo, e
di
bronzo rappresentanti questo Eroe, fanno credere
tte e di marmo, e di bronzo rappresentanti questo Eroe, fanno credere
di
essere stato egli ascritto fra i Penati e gl’Iddj
isitò varie contrade del nostro regno, a cui diede il suo nome. Oltre
di
Eraclea nella magna Grecia, chiamasi in Napoli vi
di Eraclea nella magna Grecia, chiamasi in Napoli vico Eraclio, o sia
di
Ercole, una straduccia nelle vicinanze della Chie
Eraclio, o sia di Ercole, una straduccia nelle vicinanze della Chiesa
di
S. Agostino Maggiore. L’antico Ercolano, oggi Res
oggi Resina, vanta da Ercole la sua origine, come altresì il Portico
di
Ercole, Portici, di cui parla Petronio nella cena
da Ercole la sua origine, come altresì il Portico di Ercole, Portici,
di
cui parla Petronio nella cena di Trimalchione. Cr
tresì il Portico di Ercole, Portici, di cui parla Petronio nella cena
di
Trimalchione. Credesi però che tali luoghi ripeta
mediatamente al Vesuvio1. XII. Vesta. L’antichissima Chiesa
di
S. Maria della Rotonda a nostri giorni demolita,
la rotonda figura del medesimo, ed alcuni marmi colà rinvenuti, oltre
di
un tripode, ed un lavacro di marmo, possono abbas
o, ed alcuni marmi colà rinvenuti, oltre di un tripode, ed un lavacro
di
marmo, possono abbastanza persuaderci di una tale
di un tripode, ed un lavacro di marmo, possono abbastanza persuaderci
di
una tale verità. Affermano taluni che di forma ro
ssono abbastanza persuaderci di una tale verità. Affermano taluni che
di
forma rotonda era il tempio di Vesta per indicare
una tale verità. Affermano taluni che di forma rotonda era il tempio
di
Vesta per indicare la rotondità della terra, o pe
iamavano Vesta. Osservavasi questo tempio accanto il palazzo del Duca
di
Casacalenda, e propriamente a fronte della porta
Casacalenda, e propriamente a fronte della porta grande della Chiesa
di
S. Angelo a Nilo. In questa regione abitavano gli
ata da varj simboli, e diversi putti indicanti le molte ramificazioni
di
questo fiume. Colà altresì stava la Fratria degli
Alessandrini (Cynaeorum, da Κυων, il cane) poichè gli Egiziani oltre
di
Osiride, Iside ed altri, adoravano Anubi, effigia
siride, Iside ed altri, adoravano Anubi, effigiato sotto le sembianze
di
un cane. XIV. La Fortuna. Anche alla Fo
Anche alla Fortuna indrizzavano i loro voti gli antichi abitatori
di
Napoli, come dal motto ΤΥΧΗΙ ΝΕΑΠΟΛΕΟΣ, Fortunae
Neapolis. Dalla seguente antichissima iscrizione ritrovata sul colle
di
Posilipo verso la parte che guarda Euplea, la Gaj
olle di Posilipo verso la parte che guarda Euplea, la Gajola o scuola
di
Virgilio, apparisce che a lei erano consegrati te
Pantheum sua pecunia D. Secondoche attesta Strabone dal promontorio
di
Nettuno fino alla Magna Grecia erano innalzati de
nti, ed affini in contrassegno e conferma del comune attaccamento fra
di
loro. Proxima cognati dixere Charistia Chari :
ιον Demonio. Censorino lo crede un continuo assistente ed osservatore
di
tutte le nostre azioni. Servio parla di due Genj
nuo assistente ed osservatore di tutte le nostre azioni. Servio parla
di
due Genj : uno che ci esorta a bene operare, l’al
apolï ci dimostrano il culto che al Genio si professava. Nelle monete
di
Adriano, e Diocleziano viene espresso il Genio co
monete di Adriano, e Diocleziano viene espresso il Genio colla figura
di
un giovine guerriero con lunga veste, portando in
mano una patera, e nell’altra il corno dell’ za. Celebre fu il Genio
di
Socrate, ed a questi Genj che noi chiamiamo folle
ntati. XVI. Le Grazie. Resta a dire brevemente qualche cosa
di
quelle Divinità, a cui la nostra patria dispensav
parte si leggeva. Νεοπ. Nepolitae, e dall’altra era impressa la testa
di
una delle Grazie col motto Χὰριτες, Charites. Di
azie col motto Χὰριτες, Charites. Di Priapo sappiamo, che nelle feste
di
Cerere, di cui sopra abbiamo parlato, si portava
tto Χὰριτες, Charites. Di Priapo sappiamo, che nelle feste di Cerere,
di
cui sopra abbiamo parlato, si portava processiona
di cui sopra abbiamo parlato, si portava processionalmente l’immagine
di
questa sozza Divinità : costume peraltro indecent
um Flavia Artemisia uxore Jovi Ejazio libens votum solvit. La radice
di
questa voce è affatto ignota, se pure non si dove
vi Sabbazio dal Greco σαϐάζειν, saltare, come praticavasi nelle feste
di
Bacco. Probabile è altresì che la vera lezione fo
e, ma poco soddisfacenti. Finalmente ciascuna delle Fratrie ne’ tempi
di
Napoli Greca aveva il proprio Nume tutelare. In e
nia, a stratis lectis, nei quali sedevano gl’invitati. Questi al dire
di
Livio, s’imbandivano presso i Romani colle carni
divano presso i Romani colle carni delle vittime immolate, e nei casi
di
qualche seria disgrazia della Repubblica. Si è gi
mente si conservano, mercè le provvide cure del Re nostro Signore. Il
di
più la gioventù medesima potrà ricavarlo dalla le
Signore. Il di più la gioventù medesima potrà ricavarlo dalla lettura
di
tanti scrittori, che diffusamente hanno trattato
jae 176 3 temdi tempi 181 28 non, vollero non vollero 214 5
di
questa di queste 222 17 Boezia Beozia 240 8
6 3 temdi tempi 181 28 non, vollero non vollero 214 5 di questa
di
queste 222 17 Boezia Beozia 240 8 inclinati
ventori delle favole. La Mitologia degli antichi comincia dall’unione
di
Urano, o del Cielo con la Terra, e termina per lo
l’unione di Urano, o del Cielo con la Terra, e termina per lo ritorno
di
Ulisse ad Itaca. Tutto questo periodo si chiama κ
questo periodo si chiama κυκλος μυθικος il cerchio mitico, o il corso
di
tutta la favola. 1. I poeti primi teologi, ed in
I poeti primi teologi, ed inventori d’immaginarie sostanze animate o
di
Dei, o di Eroi spacciavano presso il popolo tutto
rimi teologi, ed inventori d’immaginarie sostanze animate o di Dei, o
di
Eroi spacciavano presso il popolo tuttociò che pe
to, che abbellivano poi con i parti della loro fantasia. Ecco al dire
di
Vico l’origine delle favole, o siano favelle cont
volta gli effetti, o gli attributi del mondo fisico. Vulcano, a modo
di
esempio, vien preso per il fuoco, Giunone per l’a
ria, Nettuno per l’acqua, e cet. 1. Omero, ed Esiodo primi scrittori
di
favole nella Grecia. Prima di questi non abbiamo
t. 1. Omero, ed Esiodo primi scrittori di favole nella Grecia. Prima
di
questi non abbiamo altri scrittori profani all’in
ecia. Prima di questi non abbiamo altri scrittori profani all’infuori
di
Sanconiatone Fenicio, e Ermete Egizio, di cui par
rittori profani all’infuori di Sanconiatone Fenicio, e Ermete Egizio,
di
cui parlan Porfirio, e Manetone antico Storico Eg
antico Storico Egiziano. Da Suida, e dall’anzidetto Porfirio parlasi
di
Abari, che credono sia vissuto a’ tempi della gue
firio parlasi di Abari, che credono sia vissuto a’ tempi della guerra
di
Troja. Delle sue opere appena i titoli sono a noi
. Delle sue opere appena i titoli sono a noi pervenuti, cioè l’arrivo
di
Apollo ne’ paesi degl’Iperborei, le nozze del fiu
rei, le nozze del fiume Ebro, e la Teogonia. Credesi lo stesso autore
di
amuleti e talismani, e che avesse costruito il fa
eti e talismani, e che avesse costruito il famoso Palladio colle ossa
di
Pelope che vendette ai Trojani. 1. Marco Terenzi
de’ poeti faceva nascere nel mondo allora bambino i Dei all’occasione
di
qualche umana necessità, o utilità. Quindi l’orig
s proprios in fabellas transtulit. 1. Così Giove in Omero si duole
di
non potere piegare il destino, e salvar da morte
il fato prende la bilancia ; e perchè il lato, che decide della morte
di
quest’eroe, trabocca, è obbligato di abbandonarlo
il lato, che decide della morte di quest’eroe, trabocca, è obbligato
di
abbandonarlo al destino. 1. Era indivisibilment
piata al Fato, o sia Destino. Alla Necessità lo stesso Giove, al dire
di
Filemone, fu soggetto. Vien ella descritta da Ora
. Cosi Giove entra con Venere in questo luogo, per leggere il destino
di
Giulio Cesare. 3. Noi trattiamo in questo luogo
a’ venti del primo ordine. 1. S. Girolamo nella versione del cantico
di
Giuditta rassomiglia ai Titani i guerrieri di Olo
la versione del cantico di Giuditta rassomiglia ai Titani i guerrieri
di
Oloferne : Non enim cecidit potens eorum in juve
iei suae dissolvit eum . 1. Parecchi altri animali crano al servizio
di
questa Dea, a lungo descritti da Lucrezio nel lib
te pronunziavano, affinchè anche il nome ci avesse dato un’idea della
di
Lui grandezza. 1. Tale rassembrava anche agli Eb
ella di Lui grandezza. 1. Tale rassembrava anche agli Ebrei il volto
di
Mosè sfavillante di luce, allorchè discese dal Si
a. 1. Tale rassembrava anche agli Ebrei il volto di Mosè sfavillante
di
luce, allorchè discese dal Sina. (2). Giove ebbe
issimi soprannomi : e se Varrone fa montare sino a trecento il numero
di
quei, che gli vennero da’ Romani, e dagli altri p
magnifico tempio in Roma detto Capitolium da caput, cioè da una testa
di
un uomo chiamato Tolo, che si trovò nel cavare le
uomo chiamato Tolo, che si trovò nel cavare le fondamenta. Gli avanzi
di
questo tempio veggonsi tuttavia in Roma nella Chi
a. Gli avanzi di questo tempio veggonsi tuttavia in Roma nella Chiesa
di
Ara Coeli. 1. Questo è il tipo ordinario di Cere
via in Roma nella Chiesa di Ara Coeli. 1. Questo è il tipo ordinario
di
Cerere su le medaglie di Sicilia, e di Metaponto.
di Ara Coeli. 1. Questo è il tipo ordinario di Cerere su le medaglie
di
Sicilia, e di Metaponto. Si vede sovente sopra di
1. Questo è il tipo ordinario di Cerere su le medaglie di Sicilia, e
di
Metaponto. Si vede sovente sopra di un carro tira
rere su le medaglie di Sicilia, e di Metaponto. Si vede sovente sopra
di
un carro tirato da serpenti ; talora aver nelle m
o nelle mani. Con quest’attributo l’adoravano gli Achei sotto il nome
di
Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa
ano gli Achei sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio
di
questa Dea di Efeso era una delle sette meravigli
sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea
di
Efeso era una delle sette meraviglie del Mondo pe
sette meraviglie del Mondo per i tesori, e le statue d’oro, d’avorio,
di
marmo, e di bronzo per lo spazio di cinquecento a
glie del Mondo per i tesori, e le statue d’oro, d’avorio, di marmo, e
di
bronzo per lo spazio di cinquecento anni ivi amma
ori, e le statue d’oro, d’avorio, di marmo, e di bronzo per lo spazio
di
cinquecento anni ivi ammassati. Erostrato ci atta
cinquecento anni ivi ammassati. Erostrato ci attaecò fuoco per voglia
di
cosi poter tramandare il suo nome alla posterità
posterità ; il che gli riuscì, malgrado il decreto fatto dagli Efesj
di
non doversi giammai pronunziare il suo nome. 1.
del Giorno ; la seconda nata dalla schiuma del mare ; la terza figlia
di
Giove, e di Dione ; la quarta Astarte, che sposò
la seconda nata dalla schiuma del mare ; la terza figlia di Giove, e
di
Dione ; la quarta Astarte, che sposò Dione. Ma i
; la quarta Astarte, che sposò Dione. Ma i poeti che nulla han curato
di
esser conseguenti nelle favole inventate dalla fe
e dei sensi. 1. Esistono tuttavia in Citera, oggi Cerigo, gli avanzi
di
una torre antica, una volta tempio di Venere, dal
Citera, oggi Cerigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio
di
Venere, dal quale credono essere stata rapita Ele
Suol dipingersi Cupido colla benda su gli occhi per dinotare, al dire
di
Vico, l’amor cieco, e sregolato, per distinguerlo
Vulcani ; il primo figlio del Cielo, il secondo del Nilo, ed il terzo
di
Giove, e Giunone. Quest’ultimo abitava le isole V
chi scultori, e pittori hanno soppresso questo difetto, o l’esprimono
di
una maniera poco sensibile. Il Vulcano d’Atene fa
dono taluni, che Vulcano favoloso sia una copia del famoso Tubalcain,
di
cui parlasi nel libro della Genesi, inventore de’
nesi, inventore de’ fornelli, ed espertissimo nel lavorare ogni sorta
di
metalli. 1. Era Vulcano particolarmente adorato
nell’altra. Giovine però, e senza barba si vede sulle patere Etrusche
di
Dempstero, e sulle medaglie Romane. 1. Palladiu
mpstero, e sulle medaglie Romane. 1. Palladium era la famosa statua
di
questa Dea che conservavasi in Troja, e trasporta
ortata da Enea in Italia, fu gelosamente custodita in Roma nel tempio
di
Vesta. 2. La civetta, ed il serpente erano gli a
ati a questa Dea. Il che diè luogo a Demostene bandito dagli Ateniesi
di
dire, che Minerva si compiaceva di tre villane be
a Demostene bandito dagli Ateniesi di dire, che Minerva si compiaceva
di
tre villane bestie, del serpente, della civetta,
Il Dio delle battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio
di
Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latin
e battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e
di
Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si leg
i Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto
di
Giunone di voler concepir Marte senza di Giove.
Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone
di
voler concepir Marte senza di Giove. 1. Il Dio d
che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza
di
Giove. 1. Il Dio delle battaglie fu secondo Omer
Il Dio delle battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio
di
Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latin
e battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e
di
Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si leg
i Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto
di
Giunone di voler concepir Marte senza di Giove.
Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone
di
voler concepir Marte senza di Giove. 1. Marte p
che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza
di
Giove. 1. Marte porta molti soprannomi, la più
armi, Armigero, Bellicoso ec. Dato gli venne da Augusto il soprannome
di
Bisultor, che accorda due vittorie, allorchè i Pa
vittorie, allorchè i Parti gli resero le aquile perdute dalle legioni
di
Crasso. 2. Questi è quel Mercurio, di cui parla
e aquile perdute dalle legioni di Crasso. 2. Questi è quel Mercurio,
di
cui parla Cicerone de nat. Deor. che trovò le leg
no la voce Theos, cioè Dio. Al suddetto Mercurio trismegisto, al dire
di
Gramblico de mysteriis Aegyptiorum, si attribuisc
, che vennero dopo, seguirono il loro esempio. Bellissima è la statua
di
bronzo, che si conserva nel Real Museo Borbonico,
di bronzo, che si conserva nel Real Museo Borbonico, e più espressiva
di
quella che si ammira nelle ville Negroni, e Ludov
n Roma. 2. Tullio nel libro III. della Natura degli Dei c. 25. parla
di
cinque Bacchi, aggiungendone duc ai tre rapportat
ortati da Diodoro, e da Filostrato. Di essi il più famoso è il figlio
di
Semele conosciuto sotto il nome di Tebano, o il B
Di essi il più famoso è il figlio di Semele conosciuto sotto il nome
di
Tebano, o il Bacco de’ Greci. 1. Questo è il car
to il nome di Tebano, o il Bacco de’ Greci. 1. Questo è il carattere
di
Bacco il Tebano : per contrario l’Indiano è rappr
o l’Indiano è rappresentato vecchio con lunga barba, ond’ebbe il nome
di
Bacco Barbato Καταπωγων. 2. Simbolo della stabil
hi erano sommamente scrupolosi nel seppellire gli estinti. Enea prima
di
scendere all’Inferno fu astretto dalla Sibilia a
insepolto. Virg. Æneid. lib. VI. 2. Avevano gli Egiziani il costume
di
trasportare colle barchette al di là del Nilo i c
2. Avevano gli Egiziani il costume di trasportare colle barchette al
di
là del Nilo i cadaveri in un sito destinato alle
n tale incarico chiamavasi Charon, onde i poeti inventarono la favola
di
Caronte, e del fiume Stige. 1. Credesi chiamato
iume Stige. 1. Credesi chiamato Lete uno de’ rami del Nilo. L’autore
di
questa favola forse fu Orfeo, che viaggiò nell’Eg
questa favola forse fu Orfeo, che viaggiò nell’Egitto, e visse prima
di
Omero. 1. Anche oggidi si veggono alcune grotte
a di Omero. 1. Anche oggidi si veggono alcune grotte nel promontorio
di
Tenaro, al presente Capo Maina, che gli antichi s
rno. 1. Afferma un dotto scrittore, che Chirone fu eletto precettore
di
Achille per dinotare che gli Eroi debbonsi servir
Centauro Chirone. 1. Quest’ultima ha dato il nome alla nostra Città
di
origine egualmente favolosa, come quella di Roma,
il nome alla nostra Città di origine egualmente favolosa, come quella
di
Roma, e di tutte le grandi Città. Credono i poeti
a nostra Città di origine egualmente favolosa, come quella di Roma, e
di
tutte le grandi Città. Credono i poeti, che le Si
randi Città. Credono i poeti, che le Sirene abitassero nella spiaggia
di
Sorrento, o di Capri. Leggasi su di questo artico
edono i poeti, che le Sirene abitassero nella spiaggia di Sorrento, o
di
Capri. Leggasi su di questo articolo, quanto ha s
Sirene abitassero nella spiaggia di Sorrento, o di Capri. Leggasi su
di
questo articolo, quanto ha scritto il gran Mazzoc
an Mazzocchi. L’Autore dell’opera intitolata i Fenicj primi abitatori
di
Napoli, crede che il nome Partenope, come infinit
tori di Napoli, crede che il nome Partenope, come infiniti altri, sia
di
origine Fenicia, composto di due voci Part. Nop.
nome Partenope, come infiniti altri, sia di origine Fenicia, composto
di
due voci Part. Nop. clima felix. 1. Omero nell’O
rotte, ed in luoghi oscuri, e tenebrosi nella Campania presso il lago
di
Averno. 1. Il corno, e l’avorio, che porta in ma
l’avorio, che porta in mano questo Nume, ha data occasione a Virgilio
di
dire al sesto Libro dell’Eneide, che i sogni nell
ro dell’Eneide, che i sogni nell’inferno entravano per due porte, una
di
corno, l’altra di avorio. Per quella di corno com
e i sogni nell’inferno entravano per due porte, una di corno, l’altra
di
avorio. Per quella di corno come trasparente entr
entravano per due porte, una di corno, l’altra di avorio. Per quella
di
corno come trasparente entravano i sogni veri : p
quella di corno come trasparente entravano i sogni veri : per quella
di
avorio, come materia meno diafana passavano i fal
ell’immortale Alessandro Guidi, che comincia Una donna superba al par
di
Giuno. 1. Descrizione pur troppo ruvida. Pare, c
are, che le preghiere si dovessero piuttosto rappresentare in qualità
di
donzelle nude, semplici, colle mani giunte, capel
omani per contrario ne fecero una Dea, perchè il suo nome in latino è
di
genere feminino. 1. Leggansi le canzonette sulle
di genere feminino. 1. Leggansi le canzonette sulle quattro stagioni
di
Paolo Rolli ameno, e leggiadro poeta. 1. Si è d
so che la Natura nello stato dell’innocenza. La temerità, e la smania
di
voler saper tutto figurata nella curiosità di Epi
a temerità, e la smania di voler saper tutto figurata nella curiosità
di
Epimeteo ha cagionato i malanni, e le disgrazie d
questa favola un’ allusione dell’universale diluvio accaduto ai tempi
di
Noè ? Come questa generale inondazione forma un’
essandrino crede essere ciò avvenuto trecento anni prima della guerra
di
Troja : in conseguenza nel 2540 del mondo, e 1514
lla guerra di Troja : in conseguenza nel 2540 del mondo, e 1514 prima
di
Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re
2540 del mondo, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia
di
Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava
do, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re
di
Etiopia, e di Cassiope che si vantava di essere p
ma di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re di Etiopia, e
di
Cassiope che si vantava di essere più bella di Gi
omeda era figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava
di
essere più bella di Giunone. La Dea per punirla d
Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava di essere più bella
di
Giunone. La Dea per punirla di tale vanità, volle
ope che si vantava di essere più bella di Giunone. La Dea per punirla
di
tale vanità, volle vendicarsene per mezzo di Nett
none. La Dea per punirla di tale vanità, volle vendicarsene per mezzo
di
Nettuno, che inviò un mostro marino che desolava
ttuno, che inviò un mostro marino che desolava le spiagge degli stati
di
Cefèo. Fu consultato l’Oracolo in tale occasione,
ui risposta fu che non sarebbe cessato il flagello, se la primogenita
di
Cassiope, ch’era Andromeda, non si fosse lasciata
del mostro. Così fu fatto. 1. Chiamavansi anche Dioscuri, cioè figli
di
Giove ; siccome Romolo, e Remo potrebbero essere
essere i Dioscuri de’ Latini. 1. Vedesi tuttavia in Roma la spelonca
di
Caco alle falde del Monte Aventino. 1. Sembra ch
re allusione al seguente fatto attestato dalle sacre carte. La moglie
di
Loth era in Sodoma, allorchè questa Città andò in
allorchè questa Città andò in fiamme. Le virtù, ed i buoni andamenti
di
Loth piacquero tanto a Dio, che fu esente dalla p
andamenti di Loth piacquero tanto a Dio, che fu esente dalla pioggia
di
fuoco che cadde in Sodoma. L’aspetto di questa Ci
, che fu esente dalla pioggia di fuoco che cadde in Sodoma. L’aspetto
di
questa Città pareva un inferno. Il divieto impost
’aspetto di questa Città pareva un inferno. Il divieto imposto a Loth
di
non rivoltarsi in dietro fino a che non fosse fuo
imposto a Loth di non rivoltarsi in dietro fino a che non fosse fuori
di
pericolo colla moglie, è lo stesso di quello che
etro fino a che non fosse fuori di pericolo colla moglie, è lo stesso
di
quello che diede Plutone ad Orfèo. Gli antichi im
co nero, oscuro, come Loth nell’Ebreo idioma oscurare. Calliope madre
di
Orfèo vuol dir canto, ed Orfèo appunto era il can
racia. Euridice vuol dire due volte perduto, come accadde alla moglie
di
Loth dal marito posta in salvo, e che poi nuovame
de’ rinomati poeti. Tali erano quei, che in seguito cantarono i pezzi
di
Omero. Molti critici, e fra questi il nostro Vico
ro. Molti critici, e fra questi il nostro Vico, credono, che il poema
di
Omero sia composto di tanti piccioli squarci comp
ra questi il nostro Vico, credono, che il poema di Omero sia composto
di
tanti piccioli squarci composti, e messi insieme
la Scienza nuova dell’Autore suddetto. 1. Ecatombe era un sacrifizio
di
cento bovi, che si faceva agli Dei in qualche gra
scritto dall’autore dell’opera intitolata : I Fenicj primi abitatori
di
Napoli, il quale sostiene, che quasi tutta la nav
bitatori di Napoli, il quale sostiene, che quasi tutta la navigazione
di
Ulisse si aggirò nel seno di Baja. 1. Sembra str
sostiene, che quasi tutta la navigazione di Ulisse si aggirò nel seno
di
Baja. 1. Sembra strano che Ulisse non sia stato
Omero ci assicura che un suo cane per nome Argo diede segni manifesti
di
aver ravvisato il suo padrone saltellando, e dime
ravvisato il suo padrone saltellando, e dimenando la coda. 1. Niente
di
più favoloso quanto l’incontro di Enea con Didone
do, e dimenando la coda. 1. Niente di più favoloso quanto l’incontro
di
Enea con Didone, che visse 300 anni dopo. Bisogna
che visse 300 anni dopo. Bisogna dire, che Virgilio, tuttochè conscio
di
questo anacronismo, volle servirsi di questo bell
che Virgilio, tuttochè conscio di questo anacronismo, volle servirsi
di
questo bellissimo episodio nel suo poema. L’Abate
asio in uno de’ suoi meravigliosi drammi ha parimente seguito le orme
di
Virgilio. 1. Non appartiene a noi di fare il pa
i ha parimente seguito le orme di Virgilio. 1. Non appartiene a noi
di
fare il paragone fra Omero, e Virgilio. Un’ infin
artiene a noi di fare il paragone fra Omero, e Virgilio. Un’ infinità
di
critici si sono occupati di questo argomento, e p
agone fra Omero, e Virgilio. Un’ infinità di critici si sono occupati
di
questo argomento, e pende tuttavia incerta la lit
occupati di questo argomento, e pende tuttavia incerta la lite, a chi
di
questi due valenti uomini debba darsi il primo lu
debba darsi il primo luogo. Basta a noi dire che Virgilio sulle orme
di
Omero ha lavorato il divino suo poema, che malgra
a lavorato il divino suo poema, che malgrado varj difetti, non lascia
di
essere uno de’ migliori squarci che l’antichità c
nacque in un villaggio presso Mantova : visse gran tempo nella Corte
di
Augusto, principe che amava a maggior segno i let
usto, principe che amava a maggior segno i letterati. Fu grande amico
di
Orazio, di Tucca, Vario, Mecenate, Pollione, e di
ipe che amava a maggior segno i letterati. Fu grande amico di Orazio,
di
Tucca, Vario, Mecenate, Pollione, e di tanti altr
ti. Fu grande amico di Orazio, di Tucca, Vario, Mecenate, Pollione, e
di
tanti altri insigni personaggi, e poeti, che in q
irono. Ritornando da Atene con Augusto, si ammalò in Brindisi : prima
di
morire ordinò, che si desse alle fiamme la sua En
entem ignobilis oti. Fu seppellito (per quanto si dice) sulla grotta
di
Coccejo volgarmente detta di Pozzuoli, in una tom
ellito (per quanto si dice) sulla grotta di Coccejo volgarmente detta
di
Pozzuoli, in una tomba, che ancora oggi si vede.
detta di Pozzuoli, in una tomba, che ancora oggi si vede. Poco prima
di
morire compose egli stesso il seguente distico da
et nunc Parthenope : cecini pascua, rura, duces. 1. La circostanza
di
essere stato Pico un celebre indovino, e l’aver s
anza di essere stato Pico un celebre indovino, e l’aver sempre presso
di
se tenuto un picchio ha data l’occasione ai poeti
altri molti. 1. Classis Abantia, colonia venuta dalla Grecia sopra
di
una flotta. 2. Volucrem, eioè la colomba da noi
trani. 1. La voce φρατρια, fratria altro non indica che un’ adunanza
di
cittadini che formavano un corpo, un collegio in
asi a questo proposito l’opera intitolata : I Fenicj primi abitatori
di
Napoli. 1. Ovid. Fast.
r regale aspetto ; e Dante che lo pose nell’ Inferno come ingannatore
di
femmine, non tace però di alcune sue egregie doti
che lo pose nell’ Inferno come ingannatore di femmine, non tace però
di
alcune sue egregie doti, facendo dire a Virgilio
l monton privati fene. » Medea se ne invaghì ; e Giasone le promise
di
sposarla e di condurla seco ad esser regina in Gr
ti fene. » Medea se ne invaghì ; e Giasone le promise di sposarla e
di
condurla seco ad esser regina in Grecia, se lo ai
desse parte alle preaccennate prove, ma stettero tutti a vedere pieni
di
maraviglia, specialmente allorquando Giasone semi
quando vide che il padre stesso li inseguiva con un esercito, invece
di
fidare nel valore degli Argonauti, ove mai s’impe
do delitto ottenne l’intento, e dimostrò a tutti, non che allo sposo,
di
qual tempra ella fosse72. Quanto alla strada che
che ora direbbesi erculea (benchè vi mancasse, come sappiamo, l’aiuto
di
Ercole che aveva lasciati molto prima i compagni)
fra breve in altri capitoli. In questo convien continuare il racconto
di
Giasone e Medea. Poco lieto di questo ritorno fu
questo convien continuare il racconto di Giasone e Medea. Poco lieto
di
questo ritorno fu Pelia usurpatore del regno di G
e e Medea. Poco lieto di questo ritorno fu Pelia usurpatore del regno
di
Giasone, poichè aveva sperato di essersi tolto di
itorno fu Pelia usurpatore del regno di Giasone, poichè aveva sperato
di
essersi tolto di mezzo per sempre il nipote ; ed
surpatore del regno di Giasone, poichè aveva sperato di essersi tolto
di
mezzo per sempre il nipote ; ed ora lo vedeva tor
tolto di mezzo per sempre il nipote ; ed ora lo vedeva tornare colmo
di
gloria col prezioso vello ed una fiera moglie di
vedeva tornare colmo di gloria col prezioso vello ed una fiera moglie
di
lui più tremenda. E qui ricominciano gli atroci f
ui ricominciano gli atroci fatti e le magiche frodi. È una invenzione
di
alcuni poeti, e specialmente di Ovidio, che Medea
e le magiche frodi. È una invenzione di alcuni poeti, e specialmente
di
Ovidio, che Medea col sugo di certe erbe trasfuso
enzione di alcuni poeti, e specialmente di Ovidio, che Medea col sugo
di
certe erbe trasfuso nelle vene del vecchio Esone
Esone lo ringiovanisse,73 poichè tutti gli altri dicono che il padre
di
Giasone fosse stato molto prima ucciso da Pelia ;
sserire che Medea per punir crudelmente Pelia fe’ credere alle figlie
di
lui che potrebbero ringiovanire il vecchio padre
lla moglie ed avutine due figli, ricominciò una vita errante in cerca
di
straordinarie avventure ; ed essendosi fermato lu
straordinarie avventure ; ed essendosi fermato lungamente alla corte
di
Creonte re di Corinto, si sparse la fama che egli
avventure ; ed essendosi fermato lungamente alla corte di Creonte re
di
Corinto, si sparse la fama che egli avrebbe sposa
e trovando che la fama non era stata bugiarda, finse rassegnazione e
di
voler fare anch’essa un dono alla novella sposa,
no alla novella sposa, e le diede un abito ed anche un cinto spalmati
di
magici succhi, che divamparono in fiamme nell’app
orì carbonizzata, e l’incendio si comunicò anche alla reggia. Nè solo
di
questa atroce vendetta fu paga la furibonda Medea
e anche i figli, potendo più in lei l’odio contro Giasone che l’amore
di
madre ; e poi, benchè chiusa nella reggia fuggì p
penti alati, e se ne andò ad Atene nella corte del vecchio Egeo padre
di
Teseo. Quel che ivi macchinasse sarà detto nel ra
el che ivi macchinasse sarà detto nel racconto particolare della vita
di
questo Eroe. Giasone colpito cru- delmente nelle
nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore nel suo regno
di
Tessaglia ; e di lui null’altro più si racconta c
re affezioni tornò affranto dal dolore nel suo regno di Tessaglia ; e
di
lui null’altro più si racconta che la trista fine
base come un glorioso trofeo, e che Giasone frequentemente all’ombra
di
essa arrestavasi ripensando ai dì che furono, qua
ro state altre anche avanti. Si può bene ammettere che fosse la prima
di
quella particolare ed egregia costruzione, ma non
ppiamo dalla Storia della scoperta dell’America, che anche i selvaggi
di
quella parte del mondo adopravano piccole barche
selvaggi di quella parte del mondo adopravano piccole barche formate
di
un sol tronco d’albero scavato naturalmente per v
ente per vecchiezza, oppure artificialmente col fuoco o con stromenti
di
pietra. Anzi gli scrittori filosofi che studiano
che rapì Europa non fosse altro che una nave coll’insegna o col nome
di
quell’animale, e così il montone di Frisso ed Ell
una nave coll’insegna o col nome di quell’animale, e così il montone
di
Frisso ed Elle ; mentre poi per l’ aureo vello in
ue opere filosofiche riporta una scena della tragedia degli Argonauti
di
Lucio Accio, nella quale il poeta finge, che un p
ore che non aveva mai prima veduto una nave, nello scorgere dall’alto
di
un monte il vascello degli Argonauti traversare i
lvaggi dell’America, quando videro avvicinarsi alle loro rive le navi
di
Colombo. Ma di tutte le invenzioni mitologiche di
rica, quando videro avvicinarsi alle loro rive le navi di Colombo. Ma
di
tutte le invenzioni mitologiche di cui fu abbelli
e loro rive le navi di Colombo. Ma di tutte le invenzioni mitologiche
di
cui fu abbellito il racconto della spedizione deg
cconto della spedizione degli Argonauti, nessuna divenne più popolare
di
quella del fiero carattere di Medea. I Drammatici
Argonauti, nessuna divenne più popolare di quella del fiero carattere
di
Medea. I Drammatici Greci e Latini vi trovarono u
bile, per dirlo col vocabolo usato dall’Alfieri ; ed anche nel secolo
di
Augusto sembra che si recitassero frequentemente
to sembra che si recitassero frequentemente tragedie sui fatti atroci
di
Medea, poichè Orazio nella poetica avverte che ne
roci di Medea, poichè Orazio nella poetica avverte che nelle tragedie
di
tale argomento non si deve introdurre Medea ad uc
a poi lasciato gran desiderio nei letterati la perdita della tragedia
di
Ovidio intitolata Medea, perchè tutti i più celeb
rdita in quanto che nessuna altra tragedia ci resta dell’aureo secolo
di
Augusto. XLVII Origine della Civiltà simboleg
lo di Augusto. XLVII Origine della Civiltà simboleggiata nei miti
di
Orfeo e di Anfione La forza del braccio e degl
to. XLVII Origine della Civiltà simboleggiata nei miti di Orfeo e
di
Anfione La forza del braccio e degli stromenti
. Questa deriva ed è prodotta soltanto dalla persuasione e dalle arti
di
pace. Quindi la guerra è giustificata soltanto qu
ittadino, e stanno ad indicare nel primitivo loro significato il modo
di
vivere della città, ossia dei cittadini ; quindi,
he civili nel senso morale, essendo invece le più incivili e immorali
di
tutte, e segno manifesto di decadenza della civil
essendo invece le più incivili e immorali di tutte, e segno manifesto
di
decadenza della civiltà ; poichè questa se non è
tteri poetici dei primi civilizzatori dei popoli. Essendo incerto chi
di
loro due esistesse prima, comincierò da Anfione,
nfione, del quale è più breve il racconto. Anfione fu creduto figlio
di
Giove e di Antiope (o secondo altri di Mercurio),
quale è più breve il racconto. Anfione fu creduto figlio di Giove e
di
Antiope (o secondo altri di Mercurio), e che foss
to. Anfione fu creduto figlio di Giove e di Antiope (o secondo altri
di
Mercurio), e che fosse re di Tebe. Di lui si narr
o di Giove e di Antiope (o secondo altri di Mercurio), e che fosse re
di
Tebe. Di lui si narra un solo fatto mirabile, che
lo fatto mirabile, che val per mille ; e quasi nessun poeta tralascia
di
accennarlo, e tra questi anche Dante. Dicono che
posero in giro l’uno sopra l’altro intorno a lui, e formarono le mura
di
Tebe80. È facile intendere che questa favolosa in
sugli animi delle persone più rozze e dure per attirarle a un genere
di
vita più umano e sociale. A questo fine e con que
voca Dante le Muse a dare alla sua poesia una efficacia pari a quella
di
Anfione : « Ma quelle donne aiutino il mio verso
ir non sia diverso. » Se quest’ Anfione era quel desso che fu marito
di
Niobe, come dice Ovidio81, egli ebbe a provar la
81, egli ebbe a provar la più crudele sventura domestica, quella cioè
di
perder tutti i figli per colpa e in punizione del
cioè di perder tutti i figli per colpa e in punizione della superbia
di
sua moglie (V. il N. XVI). Di Orfeo creduto figli
della superbia di sua moglie (V. il N. XVI). Di Orfeo creduto figlio
di
Apollo e della Musa Calliope si narrano innumerev
n dai Mitologi attribuiti anche ad altri civilizzatori dei popoli83 :
di
Orfeo soltanto e non d’altri è propria la gloria
ri dei popoli83 : di Orfeo soltanto e non d’altri è propria la gloria
di
avere operato prodigii anche nel regno delle Ombr
egli in prima vita. Narrano i poeti, e tra questi più splendidamente
di
tutti Virgilio, che Orfeo nel giorno stesso desti
morì per essere stata morsa in un piede da una vipera. La desolazione
di
Orfeo è indescrivibile : basti il dire che egli o
, che lo stesso Can Cerbero ne rimase ammaliato, e le Furie cessarono
di
tormentare i dannati per ascoltarlo, e Plutone e
e Plutone e Proserpina inteneriti gli accordarono la grazia implorata
di
riprender la sua diletta Euridice. Vi aggiunsero
Ma quando furon vicini allo sbocco dell’Inferno presso il promontorio
di
Tenaro, Orfeo udì del romore, e temendo per Eurid
ndo per Euridice, si voltò a mirare ; ed allora Euridice diè un grido
di
dolore, e gli disse per sempre addio. Fu inutile
empre addio. Fu inutile correre per raggiungerla, o tentar nuovamente
di
penetrare nel regno delle Ombre : il Destino vi s
ine indispettite dei suoi rifiuti, percorrendo nel giorno delle feste
di
Bacco quelle regioni, trovarono Orfeo, e furibond
elle regioni, trovarono Orfeo, e furibonde lo fecero a brani. Il capo
di
lui ruotolando giù per le balze del Rodope cadde
ato dal busto e trasportato dalla fiumana ripeteva pur sempre il nome
di
Euridice. Fu poi raccolto dai Lesbii e datogli on
costellazione boreale che ne porta tuttora il nome e vedesi fregiata
di
21 stella. Al racconto mitologico di Euridice tro
uttora il nome e vedesi fregiata di 21 stella. Al racconto mitologico
di
Euridice trovasi sempre congiunto nei poeti quell
onto mitologico di Euridice trovasi sempre congiunto nei poeti quello
di
Aristeo, che fu il primo Apicultore dell’Antichit
erciò fu da taluni considerato come uno dei Semidei. Ambiva anch’egli
di
sposare Euridice, e quando seppe che era stato pr
a calpestò una vipera, pel cui morso velenoso morì, come abbiam detto
di
sopra. Le Ninfe per vendicar la morte della loro
Ninfe per vendicar la morte della loro compagna uccisero tutte le api
di
Aristeo, e così lo privarono delle sue rendite. N
nsigliato dalla Madre ricorse a Proteo, che dopo i soliti sutterfugii
di
molteplici trasformazioni finalmente gli disse di
soliti sutterfugii di molteplici trasformazioni finalmente gli disse
di
sacrificar quattro giovenche in espiazione della
i : tant’è vero che il volgo dice che è un Ercole chiunque sia dotato
di
robustezza e forza straordinaria. Ma le imprese c
i attribuiscono al greco Eroe son tante, perchè tanti furono gli eroi
di
questo nome, e ad un solo Ercole si ascrissero le
gli eroi di questo nome, e ad un solo Ercole si ascrissero le imprese
di
tutti. Fra i molti Eroi di questo nome (Cicerone
ad un solo Ercole si ascrissero le imprese di tutti. Fra i molti Eroi
di
questo nome (Cicerone ne conta 6 e Varrone 43) fu
3) fu il più fortunato quello Tebano, perchè arricchito delle spoglie
di
tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re
, perchè arricchito delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio
di
Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; m
to delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re
di
Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che er
poglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e
di
Alcmena sua moglie ; ma fu detto che era figlio d
rione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che era figlio
di
Giove, per render più credibili, secondo le idee
to che era figlio di Giove, per render più credibili, secondo le idee
di
quei tempi, le sue straordinarie e prodigiose ges
uali generalmente si afferma che fossero 12, conosciute sotto il nome
di
fatiche d’Ercole, ed imposte ad esso dal re Euris
e trovasse da uccider mostri o tiranni. Ammesso che egli fosse figlio
di
Giove e di Alcmena v’è da aspettarsi che Giunone
da uccider mostri o tiranni. Ammesso che egli fosse figlio di Giove e
di
Alcmena v’è da aspettarsi che Giunone lo persegui
l fanciullo, che, per quanto dicono i poeti, anche in culla era degno
di
Giove, strangolò loro. Questo fatto divenne tanto
to, che anche i pittori, e principalmente gli scultori si dilettarono
di
rappresentare Ercole infante che stringe in ciasc
Ercole infante che stringe in ciascuna mano un serpente e sta in atto
di
strangolarli entrambi84.Questa insidia di Giunone
o un serpente e sta in atto di strangolarli entrambi84.Questa insidia
di
Giunone contro un bambino parve troppo atroce e c
udele a tutti gli Dei, che le ne fecero un rimprovero ; ed essa finse
di
cangiar l’odio in benevolenza, e per illuder megl
astra, che perciò gli antichi chiamarono Via lattea ; la quale invece
di
esser prodotta dal latte di Giunone è un incommen
i chiamarono Via lattea ; la quale invece di esser prodotta dal latte
di
Giunone è un incommensurabile strato di milioni e
e di esser prodotta dal latte di Giunone è un incommensurabile strato
di
milioni e milioni di stelle. Galassia la chiamava
al latte di Giunone è un incommensurabile strato di milioni e milioni
di
stelle. Galassia la chiamavano i Greci in lor lin
so illustre da Era, ossia da Giunone, vale a dire per le persecuzioni
di
questa Dea. I Latini con poca differenza di ortog
dire per le persecuzioni di questa Dea. I Latini con poca differenza
di
ortografia lo dissero Hercules che noi traduciamo
zione ; ed Ercole ebbe maestri ed occupazioni non solo in ogni genere
di
esercizii ginnastici e guerreschi, ma pur anco ne
tramandarono un tristo esempio gli Antichi, il solo che sia a disdoro
di
quest’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro
he sia a disdoro di quest’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro
di
musica chiamato Lino, gli ruppe la testa colla li
se spontaneamente la via della Virtù, e si rassegnò al voler del Fato
di
star sottoposto ad Euristeo. A questo tempo della
o. A questo tempo della sua vita si riferisce il moralissimo racconto
di
Ercole al Bivio, in cui si finge che il giovane e
conto di Ercole al Bivio, in cui si finge che il giovane eroe, invece
di
sceglier la via della Voluttà, per quanto sembras
rima le 12 imprese impostegli da Euristeo, e conosciute sotto il nome
di
fatiche d’Ercole, e poi le altre non meno celebri
elle medesime ne indica lo scopo, cioè : 1ª il Leon Nemeo ; 2ª l’Idra
di
Lerna ; 3ª il Cinghiale d’Erimanto ; 4ª la Cerva
Nemeo ; 2ª l’Idra di Lerna ; 3ª il Cinghiale d’Erimanto ; 4ª la Cerva
di
Menalo ; 5ª le Arpie ; 6ª le Amazzoni ; 7ª le sta
; 4ª la Cerva di Menalo ; 5ª le Arpie ; 6ª le Amazzoni ; 7ª le stalle
di
Augia ; 8ª il Toro Cretense ; 9ª il tiranno Diome
vello, che portò sempre in dosso per manto e come il suo primo trofeo
di
gloria. Questi due distintivi, la clava e la pell
corporatura dell’Eroe fanno riconoscere Ercole nelle molte statue che
di
lui vedonsi ovunque. L’estinto Leone, non si sa p
zione che ne porta il nome, ed è uno dei 12 segni del Zodiaco, adorno
di
93 stelle. 2ª Fatica : L’Idra di Lerna La
dei 12 segni del Zodiaco, adorno di 93 stelle. 2ª Fatica : L’Idra
di
Lerna La parola Idra derivando da un vocabolo
enti aquatici. I Naturalisti moderni, invece, lo hanno dato ai polipi
di
acqua dolce, assomigliando forse i microscopici t
i polipi di acqua dolce, assomigliando forse i microscopici tentacoli
di
questi alle molteplici teste dell’Idra favolosa.
a testa ne rinascessero due. Questa Idra avea per soggiorno la palude
di
Lerna in Grecia. Quanto fosse difficile e pericol
le ferite produceva quel terribile effetto ; e Giunone per impedirgli
di
compier l’impresa gli mandò un enorme Cancro a mo
re in aiuto il suo servo o amico Jolao che lo schermisse dalle offese
di
uno dei due nemici, in mezzo a cui si trovava : s
ci, in mezzo a cui si trovava : schiacciò prima il Cancro, e poi finì
di
tagliar le teste all’Idra, e nel sangue di essa t
rima il Cancro, e poi finì di tagliar le teste all’Idra, e nel sangue
di
essa tinse le sue freccie che divennero in appres
nero in appresso tanto famose anche nei poetici racconti della guerra
di
Troia. Il Cancro per questo maligno e sciagurato
rato servigio prestato a Giunone fu trasformato nel segno del Zodiaco
di
tal nome e fregiato di 85 stelle. Anche l’Idra fu
a Giunone fu trasformato nel segno del Zodiaco di tal nome e fregiato
di
85 stelle. Anche l’Idra fu trasportata nel firmam
tronomi antichi chiamata l’Idra femmina, costellazione boreale adorna
di
52 stelle, la più grande e lucente delle quali fu
’Idra. Gli Astronomi moderni dopo la scoperta dell’America e del Capo
di
Buona Speranza avendo osservate le costellazioni
e costellazioni australi non mai viste dagli antichi, diedero il nome
di
Idra maschio ad una di esse composta di sole 8 st
i non mai viste dagli antichi, diedero il nome di Idra maschio ad una
di
esse composta di sole 8 stelle. 3ª Fatica : Il
agli antichi, diedero il nome di Idra maschio ad una di esse composta
di
sole 8 stelle. 3ª Fatica : Il Cinghiale di Eri
ad una di esse composta di sole 8 stelle. 3ª Fatica : Il Cinghiale
di
Erimanto Questo cinghiale uscito dalle selve
lve del monte Erimanto menava stragi e devastazioni come il cinghiale
di
Calidonia. Ercole da sè solo compiè una più ardua
rese vivo e lo portò ad Euristeo, che soltanto a vederlo ebbe a morir
di
paura. 4ª Fatica : La Cerva di Mènalo Non
che soltanto a vederlo ebbe a morir di paura. 4ª Fatica : La Cerva
di
Mènalo Non sarebbe stata una gran fatica se E
e distintivo, cioè le corna d’oro, ed alcuni aggiungono anche i piedi
di
bronzo, Euristeo voleva possederla viva ; perciò
a per un anno intero, e finalmente la raggiunse in un angolo o lingua
di
terra alla foce del fiume Ladone. 5ª Fatica :
ica : Le Arpie Questi mostri furono descritti da noi colle parole
di
Virgilio e di Dante nel parlare della spedizione
Questi mostri furono descritti da noi colle parole di Virgilio e
di
Dante nel parlare della spedizione degli Argonaut
a che la fatica d’Ercole, riferibile alle Arpie, fosse compiuta prima
di
quel tempo, poichè in questo fatto le Arpie son c
io, ed esse fuggirono in Tracia a tormentar Fineo ; discacciate anche
di
là da Calai e Zete si fermarono nelle Isole Stròf
nne antiche eran più fiere delle moderne. Oltre quelle che nell’isola
di
Lenno « Tutti li maschi loro a morte dienno, »
enno, » e si costituirono in repubblica, troviamo ora un regno tutto
di
donne, le quali non solo avevano ucciso tutti li
greci che significano senza mammella, ed allude a quel che raccontano
di
queste guerriere i Mitologi, che cioè per esser p
n,) quindi nella Cappadocia sul fiume Termodonte.Ad Ercole fu imposto
di
combatter con esse per togliere ad Ippolita loro
con esse per togliere ad Ippolita loro regina un preziosissimo cinto
di
cui si era invogliata Admeta figlia di Euristeo.
regina un preziosissimo cinto di cui si era invogliata Admeta figlia
di
Euristeo. Coloro che dissero che Ercole oltre a t
nticamente, ma anche dopo la scoperta dell’America, e fu dato il nome
di
fiume delle Amazzoni al più gran fiume di quel nu
’America, e fu dato il nome di fiume delle Amazzoni al più gran fiume
di
quel nuovo continente e del mondo, perchè si pres
quel nuovo continente e del mondo, perchè si prestò fede al racconto
di
Orellana compagno di Pizzarro, che nel 1540, quan
e e del mondo, perchè si prestò fede al racconto di Orellana compagno
di
Pizzarro, che nel 1540, quand’egli primo vi penet
d’egli primo vi penetrò, avesse trovato su quelle rive una repubblica
di
Amazzoni87. 7ª Fatica : Le Stalle di Augia
su quelle rive una repubblica di Amazzoni87. 7ª Fatica : Le Stalle
di
Augia Augìa era un re d’Elide, che possedend
to mitologico dicesi ancora oggidì, come in antico, che par la stalla
di
Augia qualunque abituro ove sia poca nettezza.
Toro Cretense Dopo che Ercole ebbe ucciso il Leon Nemeo e l’Idra
di
Lerna, e preso vivo il Cinghiale di Erimanto, non
bbe ucciso il Leon Nemeo e l’Idra di Lerna, e preso vivo il Cinghiale
di
Erimanto, non dovè sembrargli una straordinaria f
atica il liberar Creta da un Toro furioso mandato da Nettuno ai danni
di
quel popolo. Se poi lo prendesse vivo o lo uccide
non li risparmia. Seppe che Diomede re dei Bistonii in Tracia pasceva
di
sangue e di carne umana certi suoi strani cavalli
rmia. Seppe che Diomede re dei Bistonii in Tracia pasceva di sangue e
di
carne umana certi suoi strani cavalli carnivori,
ndo : anche Dante diceva, « Che le terre d’Italia tutte piene « Son
di
tiranni, ed un Marcel diventa « Ogni villan che p
an che parteggiando viene. » Ci vorrebbe sempre un Ercole « Valente
di
consiglio e pro’ di mano, » come l’antico, a pur
viene. » Ci vorrebbe sempre un Ercole « Valente di consiglio e pro’
di
mano, » come l’antico, a purgarne la Terra. Erco
urgarne la Terra. Ercole aveva saputo che nella Spagna esisteva un re
di
statura gigantesca e di forma mostruosa, con tre
aveva saputo che nella Spagna esisteva un re di statura gigantesca e
di
forma mostruosa, con tre corpi, tre teste e sei a
e sei ale ; e più mostruoso era l’ animo suo crudele che dilettavasi
di
straziare i popoli, e dar, come Diomede, la carni
arni umane in cibo alle sue giovenche. Ercole lo uccise e s’impadronì
di
tutte le mandre, varcando con esse i Pirenei e le
Di questo viaggio che diede occasione ad altre straordinarie imprese
di
Ercole, non comandate a lui da Euristeo, parlerem
i convien dire che quando egli fu giunto allo stretto, che ora dicesi
di
Gibilterra e allora di Gades, ivi arrestò il cors
do egli fu giunto allo stretto, che ora dicesi di Gibilterra e allora
di
Gades, ivi arrestò il corso delle sue spedizioni
llora di Gades, ivi arrestò il corso delle sue spedizioni dalla parte
di
ponente, e, secondo i Mitologi, pose in questo st
eduto che fosse questo un avvertimento, che dava Ercole ai naviganti,
di
non avanzarsi nell’Oceano Atlantico. Anche Dante
l’uom più oltre non si metta. » Perciò poco più oltre, fino al tempo
di
Colombo, si azzardarono gli uomini ad avanzarsi n
l’iscrizione Non plus ultra delle colonne d’Ercole divenne un assioma
di
cautela e di confine dell’umano ardire. Gli Spagn
Non plus ultra delle colonne d’Ercole divenne un assioma di cautela e
di
confine dell’umano ardire. Gli Spagnoli coniarono
te colonne d’Ercole fossero fatte come quelle delle monete spagnole o
di
uno dei quattro o cinque ordini dell’architettura
cinque ordini dell’architettura, ma erano due montagne sullo stretto
di
Gibilterra, chiamate Abila e Calpe, la 1ª apparte
1ª Fatica : I pomi del giardino delle Esperidi Da Espero fratello
di
Atlante deriva il patronimico di Espèridi che per
elle Esperidi Da Espero fratello di Atlante deriva il patronimico
di
Espèridi che perciò significa le figlie di Espero
ante deriva il patronimico di Espèridi che perciò significa le figlie
di
Espero ; le quali erano tre, chiamate Egle, Aretu
ano esse nell’Affrica un bel giardino con alberi che producevano pomi
di
solido oro ; ma perchè questi avrebbero allettato
omi di solido oro ; ma perchè questi avrebbero allettato la cupidigia
di
molti, eran guardati da un terribil dragone con c
ran guardati da un terribil dragone con cento teste pronte all’offesa
di
chi si accostasse. Ercole uccise il dragone, e pr
le vi si accinse ben più volentieri che alle altre, perchè trattavasi
di
liberar l’amico suo Teseo, il quale per secondare
ondare il suo inseparabile Piritoo si unì ad esso nella folle impresa
di
rapir Proserpina. Piritoo fu fatto a brani dal ca
imale. Dante ci fa supporre che Cerbero trascinato da Ercole tentasse
di
resistere, e puntasse il muso in terra come fanno
tentasse di resistere, e puntasse il muso in terra come fanno i cani
di
questo mondo, quando non voglion seguir chi li ti
cendogli rimaner pelato il mento e il gozzo, secondo le parole stesse
di
Dante89 Oltre le dodici fatiche impostegli da Eu
Dante89 Oltre le dodici fatiche impostegli da Euristeo, compì Ercole
di
proprio moto e di spontanea volontà anche altre i
dodici fatiche impostegli da Euristeo, compì Ercole di proprio moto e
di
spontanea volontà anche altre imprese non meno im
chiamate dai Greci con una sola parola composta parerga, cioè fatiche
di
giunta o di soprappiù ; delle quali converrà alme
Greci con una sola parola composta parerga, cioè fatiche di giunta o
di
soprappiù ; delle quali converrà almeno accennare
amose. Combattè Ercole spontaneamente col Libico gigante Antéo figlio
di
Nettuno e della Terra ; e benchè l’Eroe Tebano lo
ttesse più volte, quegli appena steso sul terreno risorgeva più forte
di
prima a combattere : la madre Terra rendevagli no
li nel cap. 12 del lib. ii dei suoi celebri Discorsi sulla prima Deca
di
Tito Livio : « Anteo re di Libia assaltato da Erc
dei suoi celebri Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio : « Anteo re
di
Libia assaltato da Ercole Egizio fu insuperabile,
entro a’confini del suo regno ; ma come e’ se ne discostò per astuzia
di
Ercole, perdè lo Stato e la vita. E ne deduce que
uno impeto che non possono ad assaltare altrui. » Questo Anteo è uno
di
quei giganti che Dante dice di aver veduto nell’I
ssaltare altrui. » Questo Anteo è uno di quei giganti che Dante dice
di
aver veduto nell’Inferno, anzi fu quello stesso c
più gran malvagio che sia mai esistito. I poeti dicono che era figlio
di
Vulcano e che abitava in una caverna del Monte Av
na del Monte Aventino, che egli chiudeva con un macigno e con ordigni
di
ferro fattigli da suo padre. Di là scendeva a rub
endeva a rubare ed uccidere ; e il terreno all’ intorno biancheggiava
di
ossa umane delle sue vittime. Giunse Ercole nel p
a quelli delle loro compagne ; ed aperta a forza la caverna, a colpi
di
clava uccise Caco che inutilmente gettava contro
caverna, a colpi di clava uccise Caco che inutilmente gettava contro
di
lui fumo e fiamme dalla bocca e dalle narici. Tut
o agli ultimi tempi del Paganesimo. Tutte le più minute particolarità
di
tale avvenimento furono a gara descritte da Virgi
esso : « Lo mio Maestro disse : Quegli è Caco « Che sotto il sasso
di
monte Aventino « Di sangue fece spesse volte laco
Mitologi raccontano che Ercole per far riposare Atlante dalla fatica
di
sostenere la volta del Cielo colle spalle, si sot
r un giorno ; e suppongono che l’Eroe Tebano fosse già adulto a tempo
di
Perseo, il quale per mezzo della testa di Medusa
no fosse già adulto a tempo di Perseo, il quale per mezzo della testa
di
Medusa cangiò Atlante nel monte di tal nome, come
eo, il quale per mezzo della testa di Medusa cangiò Atlante nel monte
di
tal nome, come dicemmo. Non apparisce però da alt
tri fatti o invenzioni della Mitologia che Ercole fosse contemporaneo
di
Perseo. Non staremo a narrar la mischia che ebbe
taremo a narrar la mischia che ebbe Ercole coi Centauri, perchè nulla
di
straordinario vi fu, oltre le ferite e le morti,
inario vi fu, oltre le ferite e le morti, solito e necessario effetto
di
tutte le risse e di tutte le guerre. Diremo solta
le ferite e le morti, solito e necessario effetto di tutte le risse e
di
tutte le guerre. Diremo soltanto che i Centauri e
o al collo ; invece del quale avevano il petto, le braccia e la testa
di
uomo. Così rappresentati posson vedersi in pittur
tati posson vedersi in pittura e in scultura ; ed è celebre il gruppo
di
Ercole e del Centauro sotto le loggie dell’Orgagn
cole e del Centauro sotto le loggie dell’Orgagna in Firenze, scultura
di
Gio. Bologna. Di altra più tremenda e famosa pugn
a più tremenda e famosa pugna de’Centauri converrà parlare nella vita
di
Teseo. Quanto poi alla liberazione di Esìone, fig
uri converrà parlare nella vita di Teseo. Quanto poi alla liberazione
di
Esìone, figlia di Laomedonte re di Troia, dall’es
re nella vita di Teseo. Quanto poi alla liberazione di Esìone, figlia
di
Laomedonte re di Troia, dall’esser divorata da un
Teseo. Quanto poi alla liberazione di Esìone, figlia di Laomedonte re
di
Troia, dall’esser divorata da un mostro marino, e
re di Troia, dall’esser divorata da un mostro marino, e alla vendetta
di
Ercole perchè non gli furono da quel re spergiuro
osservati i patti, sarà più a proposito ragionare nel racconto dei re
di
Troia. Basti qui l’avere accennate queste imprese
esso racconteremo più a lungo. È tempo ormai che Ercole abbia un poco
di
riposo dalle sue molteplici e sovrumane fatiche,
e sue molteplici e sovrumane fatiche, e che noi assistiamo alle nozze
di
lui, senza trascurar però di notare in appresso q
fatiche, e che noi assistiamo alle nozze di lui, senza trascurar però
di
notare in appresso qualche sua debolezza che in u
prima Mègara figlia del re Creonte tebano92 e poscia Deianira figlia
di
Oeneo re d’Etolia e sorella di Meleagro. I Mitolo
onte tebano92 e poscia Deianira figlia di Oeneo re d’Etolia e sorella
di
Meleagro. I Mitologi gli attribuiscono molte altr
e in Grecia, ed anche una in Italia, e questa dicono che fu la figlia
di
Evandro. Ebbe perciò molti figli, che nella Mitol
nella Mitologia e nella Storia Greca son tutti compresi sotto il nome
di
Eràclidi, patronimico significante figli e discen
tto il nome di Eràclidi, patronimico significante figli e discendenti
di
Eracle, che è il greco nome, come abbiam detto, d
igli e discendenti di Eracle, che è il greco nome, come abbiam detto,
di
Ercole. Ma fra tutte le mogli di lui merita speci
è il greco nome, come abbiam detto, di Ercole. Ma fra tutte le mogli
di
lui merita special menzione Deia-nira, perchè per
u il solo pretendente che non cedesse al nome ed alla fama del valore
di
Ercole, il solo che osò cimentarsi con lui in sin
con lui in singolar tenzone, fidandosi forse nel privilegio che avea
di
trasformarsi in toro e in serpente. Infatti comba
e. Infatti combattè anche sotto queste due forme, oltre che in quella
di
Nume fluviatile ; ma Ercole avvezzo a strangolar
e giganti, vinse con molta facilità Acheloo sotto qualunque forma, e
di
più gli ruppe un corno, onor della fronte degli D
n via per ritornar colla sposa a Tebe, trovò il fiume Evèno sì gonfio
di
acque da non potersi guadare. Sopraggiunto il Cen
acque da non potersi guadare. Sopraggiunto il Centauro Nesso si offrì
di
passar Deianira all’altra riva sull’equino suo do
l’altra riva sull’equino suo dorso ; ma appena l’ebbe in groppa tentò
di
rapirla correndo in altra direzione. Ercole lo ra
ole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel sangue dell’Idra
di
Lerna ; e Nesso sentendosi mortalmente ferito si
sua veste insanguinata sarebbe un talismano per conservarle l’affetto
di
suo marito. E infatti quella veste o camicia di N
conservarle l’affetto di suo marito. E infatti quella veste o camicia
di
Nesso fu in ultimo la causa della morte di Ercole
tti quella veste o camicia di Nesso fu in ultimo la causa della morte
di
Ercole, come diremo. Dante ci ricorda questo fatt
io : « …………Quegli è Nesso « Che morì per la bella Deianira, « E fe’
di
sè la vendetta egli stesso. » Ercole dopo qualch
tesso. » Ercole dopo qualche tempo ricominciò la sua vita randagia e
di
avventure, e la Fama divulgò che a menomar la glo
enomar la gloria delle sue imprese eroiche, avesse avuto la debolezza
di
filare, vestito da donna fra le ancelle di Onfale
avesse avuto la debolezza di filare, vestito da donna fra le ancelle
di
Onfale regina di Lidia ; e fu detto inoltre che e
debolezza di filare, vestito da donna fra le ancelle di Onfale regina
di
Lidia ; e fu detto inoltre che egli voleva sposar
detto inoltre che egli voleva sposare la bella e giovane Jole figlia
di
Eurito re dell’Oecalia. Deianira credè giunto il
di Eurito re dell’Oecalia. Deianira credè giunto il momento decisivo
di
provar l’effetto del talismano di Nesso. Ne fece
ra credè giunto il momento decisivo di provar l’effetto del talismano
di
Nesso. Ne fece lavare l’insanguinata tunica o cam
: il veleno dell’Idra cominciava a fare il suo effetto. Tentò l’Eroe
di
strapparsi di dosso quella tunica, ma era sì ader
ell’Idra cominciava a fare il suo effetto. Tentò l’Eroe di strapparsi
di
dosso quella tunica, ma era sì aderente alla pell
e la sua clava. Lasciò soltanto le freccie tinte nel sangue dell’Idra
di
Lerna all’amico Filottete che era presente, impon
Idra di Lerna all’amico Filottete che era presente, imponendogli però
di
sotterrarle e di non manifestarne il luogo ad alc
’amico Filottete che era presente, imponendogli però di sotterrarle e
di
non manifestarne il luogo ad alcuno. Il suo corpo
moglie Ebe Dea della Gioventù. Gli Astronomi antichi diedero il nome
di
Ercole ad una delle costellazioni boreali che è c
o il nome di Ercole ad una delle costellazioni boreali che è composta
di
128 stelle ; e gli Astronomi moderni, incomincian
mmentare l’Ercole Farnese, scultura greca ; l’Hercules furens, gruppo
di
Canova, ove Ercole tenendo sospeso Lica per un pi
di Canova, ove Ercole tenendo sospeso Lica per un piede, sta in atto
di
scagliarlo nel mare, e l’Ercole appoggiato alla c
Ercole appoggiato alla clava, inciso da Benvenuto Cellini nel sigillo
di
Cosimo I granduca di Toscana. I poeti cantarono c
a clava, inciso da Benvenuto Cellini nel sigillo di Cosimo I granduca
di
Toscana. I poeti cantarono concordemente inni a q
osto in cielo e nel numero degli Dei « Non già perchè figliuol fosse
di
Giove, « Ma per mille che ei fece illustri prove9
tri prove95. » XLIX CastoRe e Polluce L’ origine mitologica
di
Càstore e Pollùce è delle più strane e incredibil
migerate presso gli Antichi. Storicamente Castore e Polluce son figli
di
Tindaro re di Sparta e di Leda sua moglie ; mitol
o gli Antichi. Storicamente Castore e Polluce son figli di Tindaro re
di
Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son
i. Storicamente Castore e Polluce son figli di Tindaro re di Sparta e
di
Leda sua moglie ; mitologicamente son figli di Gi
Tindaro re di Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son figli
di
Giove, di cui fu detto che comparve a Leda sotto
di Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son figli di Giove,
di
cui fu detto che comparve a Leda sotto la forma d
on figli di Giove, di cui fu detto che comparve a Leda sotto la forma
di
Cigno. Inventata questa trasformazione di Giove i
parve a Leda sotto la forma di Cigno. Inventata questa trasformazione
di
Giove in cigno, i Mitologi fantasticarono che Led
affermarono che Polluce ed Elena, nati dallo stesso uovo, eran figli
di
Giove, e perciò Semidei, mentre Castore e Clitenn
ntre Castore e Clitennestra, che uscirono dall’altro uovo, eran figli
di
Tindaro, e perciò semplici mortali. Orazio poi as
ltro immortale. Quindi allorchè i poeti classici li considerano figli
di
Tindaro li chiamano Tindàridi, e se figli di Giov
ici li considerano figli di Tindaro li chiamano Tindàridi, e se figli
di
Giove Diòscuri, essendo il vocabolo Dios uno dei
figli di Giove Diòscuri, essendo il vocabolo Dios uno dei greci nomi
di
Giove, sinonimo di Zeus. Nè questa disparità di a
scuri, essendo il vocabolo Dios uno dei greci nomi di Giove, sinonimo
di
Zeus. Nè questa disparità di asserzioni dovrà rec
os uno dei greci nomi di Giove, sinonimo di Zeus. Nè questa disparità
di
asserzioni dovrà recar maraviglia : la finzione e
a quello cioè da cui nacque la bella Elena, la quale fu la vera causa
di
quella guerra, come vedremo97. Castore e Polluce
vedremo97. Castore e Polluce diedero il più grande e celebre esempio
di
amor fraterno. Erano sempre insieme in tutte le i
i, nè mai si disgiunsero in qualunque altra occasione sino alla morte
di
Castore. Divennero eccellenti ambedue negli eserc
Elena che era stata rapita da Teseo ; ma avendola trovata nella città
di
Afidna con Etra madre di Teseo, le condussero via
a da Teseo ; ma avendola trovata nella città di Afidna con Etra madre
di
Teseo, le condussero via entrambe senza incontrar
ostacolo. L’impresa più utile che fecero a vantaggio della umanità fu
di
purgare il mare dai pirati ; quindi i Mitologi li
e che Polluce, per vendicar la morte del fratello, uccise l’uccisore
di
esso. Ida fu poco dopo fulminato da Giove. I poet
ncipalmente Ilaira o Talaira che serbò fede sino alla morte all’ombra
di
Castore. Polluce, per ultimo e impareggiabil trat
orte all’ombra di Castore. Polluce, per ultimo e impareggiabil tratto
di
amor fraterno, volle anche comunicare la propria
care la propria immortalità all’estinto fratello, e ottenne dagli Dei
di
star per lui la metà dell’anno nel regno delle Om
cui, secondo l’antico linguaggio astronomico, entra il sole nel mese
di
maggio. In questa costellazione si vedono col tel
elescopio sino a 85 stelle, ma quasi tutte piccolissime, meno che due
di
prima grandezza, le quali perciò si scorgono beni
ueste furono e son chiamate Castore e Polluce ; e quindi ebbe il nome
di
Gemelli l’intera costellazione. Perciò questi due
ll’Ode 12ª del lib. i 98 ; ma è probabile che confondessero le stelle
di
Castore e Polluce colle stelle di Sant’Elmo (come
obabile che confondessero le stelle di Castore e Polluce colle stelle
di
Sant’Elmo (come le chiamano i marinari), fenomeno
uce colle stelle di Sant’Elmo (come le chiamano i marinari), fenomeno
di
luce elettrica che sovente si osserva sulle punte
nfermo, « Sull’antenna da prua muoversi in giro « L’oricrinite stelle
di
Santermo 99. Dante parla più volte della costel
azione dei Gemelli nella Divina Commedia, perchè egli nacque nel mese
di
maggio, e perciò, secondo il linguaggio astrologi
o, e perciò, secondo il linguaggio astrologico, era sotto l’influenza
di
questa costellazione. La rammenta da prima col no
to l’influenza di questa costellazione. La rammenta da prima col nome
di
Castore e Polluce nei seguenti versi del Canto il
il del Purgatorio : « …..Se Castore e Polluce « Fossero in compagnia
di
quello specchio « Che su e giù del suo lume condu
» Al qual segno o costellazione, rivolge un saluto ed un rendimento
di
grazie col linguaggio astrologico di quei tempi,
volge un saluto ed un rendimento di grazie col linguaggio astrologico
di
quei tempi, e intanto ci fa sapere ch’ei nacque n
trologico di quei tempi, e intanto ci fa sapere ch’ei nacque nel mese
di
maggio sotto quella costellazione : « O glorïose
ce fossero nati da un uovo partorito da Leda, chiama la costellazione
di
questi gemelli il bel nido di Leda nella seguente
torito da Leda, chiama la costellazione di questi gemelli il bel nido
di
Leda nella seguente terzina del C. xxvii del Para
del Paradiso : « E la virtù che lo sguardo m’indulse, « Del bel nido
di
Leda mi divelse, « E nel ciel velocissimo m’impul
legislatore dei Cretesi Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio
di
Giove e di Europa, la quale fu rapita da Giove st
e dei Cretesi Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio di Giove e
di
Europa, la quale fu rapita da Giove stesso trasfo
rapita da Giove stesso trasformato in toro, e trasportata nell’isola
di
Creta. In quell’isola nacque e crebbe Minosse e d
la nacque e crebbe Minosse e divenne ottimo re e sapiente legislatore
di
quel popolo. Nella sua vita pubblica appartiene p
alla Storia che alla Mitologia ; ed all’opposto nella vita privata, o
di
famiglia, più alla Mitologia che alla Storia. La
perchè erano ancora dirette alla educazione della gioventù, imponendo
di
abituarla alle fatiche affinchè divenisse forte e
le leggi affinchè divenisse morigerata e civile. Nella vita privata o
di
famiglia, per altro, egli fu poco fortunato ; ma
r altro, egli fu poco fortunato ; ma le sue sventure domestiche furon
di
certo magnificate e accresciute dai Mitologi, poi
sono stimate favolose dagli storici e dai filosofi greci e latini. Ma
di
queste appunto noi dobbiamo principalmente parlar
. Ma di queste appunto noi dobbiamo principalmente parlare, trattando
di
Mitologia. Minosse prese in moglie Pasifae, una d
ole, dalla quale ebbe un figlio che fu chiamato Androgeo e due figlie
di
nome Arianna e Fedra. Dipoi i Mitologi aggiunsero
zo toro ; il quale fu chiamato il Minotauro, parola composta dei nomi
di
Minosse e di Tauro, ossia toro101. Di più fu dett
quale fu chiamato il Minotauro, parola composta dei nomi di Minosse e
di
Tauro, ossia toro101. Di più fu detto che questo
01. Di più fu detto che questo mostro era carnivoro e pascevasi anche
di
carne umana. Minosse per allontanarlo dalla vista
pascevasi anche di carne umana. Minosse per allontanarlo dalla vista
di
tutti lo fece chiudere nel labirinto, ove gli era
o dati a divorare i condannati a morte. Era il Labirinto una fabbrica
di
un gran numero di stanze e anditi tortuosi (alcun
i condannati a morte. Era il Labirinto una fabbrica di un gran numero
di
stanze e anditi tortuosi (alcuni dicono tre mila)
rta per uscirne. Gli Antichi rammentano quattro labirinti : 1° quello
di
Egitto, il più grande di tutti ; 2° questo dell’i
chi rammentano quattro labirinti : 1° quello di Egitto, il più grande
di
tutti ; 2° questo dell’isola di Creta fatto a som
: 1° quello di Egitto, il più grande di tutti ; 2° questo dell’isola
di
Creta fatto a somiglianza di quello, ma molto più
ù grande di tutti ; 2° questo dell’isola di Creta fatto a somiglianza
di
quello, ma molto più piccolo ; 3° il labirinto de
quello, ma molto più piccolo ; 3° il labirinto dei Cabiri nell’isola
di
Lenno ; e 4° quello di Chiusi, attribuito al re P
iccolo ; 3° il labirinto dei Cabiri nell’isola di Lenno ; e 4° quello
di
Chiusi, attribuito al re Porsena. Quest’ultimo, p
i : degli altri 3 è più difficile indovinare lo scopo o l’uso. Quello
di
Creta fu costruito per ordine di Minosse da Dedal
indovinare lo scopo o l’uso. Quello di Creta fu costruito per ordine
di
Minosse da Dedalo, ingegnoso architetto e meccani
ieme col suo figlio Icaro nel labirinto. Per altro egli trovò il modo
di
uscirne. Fingendo di voler costruire qualche nuov
caro nel labirinto. Per altro egli trovò il modo di uscirne. Fingendo
di
voler costruire qualche nuovo meccanismo per offr
andar nell’Asia Minore. Aveva prima dato ad Icaro saggi avvertimenti
di
tenersi, volando, in una via di mezzo ; ma il gio
rima dato ad Icaro saggi avvertimenti di tenersi, volando, in una via
di
mezzo ; ma il giovinetto li trascurò, e per boria
inore : il qual mare dagli antichi fu perciò chiamato Icario dal nome
di
questo incauto giovinetto che vi annegò102. I cla
vi annegò102. I classici antichi encomiano tanto l’ingegno inventivo
di
Dedalo, che del suo nome formarono un aggettivo c
Anche l’Ariosto chiamò Dedalo Architetto chi costruì il gran palazzo
di
gemme e d’oro che il Duca Astolfo trovò nel mondo
ò nel mondo della Luna. Dante nel Canto xxix dell’Inferno usò il nome
di
Dedalo per significar volatore, o uomo volante a
alo per significar volatore, o uomo volante a somiglianza e coll’arte
di
Dedalo, facendo così dire a Capocchio : « Ver è
mmenta anche il volo d’Icaro là dove assomiglia la sua paura a quella
di
questo giovanetto, « …..quando Icaro misero le r
cono a Dedalo un grave delitto a cui lo spinse l’invidia, quello cioè
di
aver precipitato dalla fortezza di Atene il suo n
i lo spinse l’invidia, quello cioè di aver precipitato dalla fortezza
di
Atene il suo nipote Perdice che dimostrava con nu
suo nipote Perdice che dimostrava con nuove invenzioni ingegnosissime
di
dover divenire eccellente nelle arti stesse di cu
enzioni ingegnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse
di
cui gli era stato maestro lo zio. Sin qui potrebb
ora per gli straordinarii effetti che ne derivarono. Androgeo figlio
di
Minosse ed erede del trono era così valente negli
iglio fece loro la guerra, e avendoli vinti impose ad essi un tributo
di
sangue, esigendo cioè che fossero mandati in Cret
sero mandati in Creta 7 giovanetti e 7 giovanette Ateniesi per servir
di
cibo al Minotauro ; il qual tributo dovea rinnova
Egeo. A questo punto cessano i fatti notabili della vita particolare
di
Minosse, e tutte le altre vicende della sua famig
se, e tutte le altre vicende della sua famiglia dipendono dalle gesta
di
Teseo ; perciò le rammenteremo qui appresso nel p
alle gesta di Teseo ; perciò le rammenteremo qui appresso nel parlare
di
quest’Eroe. LI Teseo Gli Ateniesi ambiron
nto è debitrice l’Attica civiltà ne’suoi primordii, avesse un’aureola
di
poetica gloria non inferiore a quella di Ercole ;
primordii, avesse un’aureola di poetica gloria non inferiore a quella
di
Ercole ; e perciò a forza d’invenzioni favolose s
Vite degli Uomini illustri tanti insulsi prodigii, scrivendo la vita
di
Teseo per farne il parallelo con quella di Romolo
rodigii, scrivendo la vita di Teseo per farne il parallelo con quella
di
Romolo, si trova molto impacciato a sceverarne il
Pompei : « Ora mi fosse possibile purgare il racconto da quanto v’ha
di
favoloso e ridurlo a prendere aspetto di Storia !
e il racconto da quanto v’ha di favoloso e ridurlo a prendere aspetto
di
Storia ! Dove però non si possa renderlo in alcun
colgano senza rigore ciò che si narra intorno a fatti sì antichi. » E
di
certo neppur la decima parte di quel che egli nar
narra intorno a fatti sì antichi. » E di certo neppur la decima parte
di
quel che egli narra di Teseo è da considerarsi co
ì antichi. » E di certo neppur la decima parte di quel che egli narra
di
Teseo è da considerarsi come verità istorica, ess
riporsi tra le favole. Più volte prima d’ora abbiamo avuto occasione
di
rammentar questo Eroe : i suoi concittadini lo ha
suoi concittadini lo hanno introdotto in tutte le più celebri imprese
di
quei tempi, nella caccia del cinghiale di Calidon
utte le più celebri imprese di quei tempi, nella caccia del cinghiale
di
Calidonia, nella spedizione degli Argonauti e nel
spedizione degli Argonauti e nella guerra delle Amazzoni in compagnia
di
Ercole : quindi nacque il proverbio : Non senza T
e i pretesi miracoli. Non bastò agli Ateniesi che Teseo fosse figlio
di
un loro re, ma dissero che era figlio di Nettuno,
niesi che Teseo fosse figlio di un loro re, ma dissero che era figlio
di
Nettuno, e così lo fecero appartenere al numero d
numero dei Semidei. Per altro poco giovò a quest’Eroe l’esser figlio
di
un Dio, chè anzi, come vedremo in appresso, gli n
in appresso, gli nocque. Contenti dalla boria che il loro Eroe fosse
di
origine divina, non vollero per altro minorare la
ribuirne il merito ad una special protezione soprannaturale. Egeo re
di
Atene, figlio di Pandione e nipote di Cecrope, av
o ad una special protezione soprannaturale. Egeo re di Atene, figlio
di
Pandione e nipote di Cecrope, aveva sposato Etra
ezione soprannaturale. Egeo re di Atene, figlio di Pandione e nipote
di
Cecrope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re d
ne, figlio di Pandione e nipote di Cecrope, aveva sposato Etra figlia
di
Pitteo re di Trezene nel tempo che era ospite in
Pandione e nipote di Cecrope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re
di
Trezene nel tempo che era ospite in casa di lui ;
Etra figlia di Pitteo re di Trezene nel tempo che era ospite in casa
di
lui ; ma dovendo partir per la guerra, lasciò ad
iglio fu chiamato Teseo ; il quale nel crescere diede segni manifesti
di
gran forza e coraggio ; e sentendo encomiare le g
ni manifesti di gran forza e coraggio ; e sentendo encomiare le gesta
di
Ercole n’ebbe invidia, e agognava di poterlo imit
; e sentendo encomiare le gesta di Ercole n’ebbe invidia, e agognava
di
poterlo imitare. Quando poi egli seppe la sua ver
d Atene per mare con viaggio più breve e più sicuro ; ma egli preferì
di
viaggiar per terra desiderando non già di schivar
iù sicuro ; ma egli preferì di viaggiar per terra desiderando non già
di
schivare, ma di affrontare i pericoli dei masnadi
gli preferì di viaggiar per terra desiderando non già di schivare, ma
di
affrontare i pericoli dei masnadieri e dei mostri
quali combattè è da rammentarsi l’assassino Perifete, che era armato
di
una clava di rame ; Teseo lo uccise, e presa quel
tè è da rammentarsi l’assassino Perifete, che era armato di una clava
di
rame ; Teseo lo uccise, e presa quella clava la p
a quella clava la portò sempre come il suo primo trofeo, a imitazione
di
quel che fece Ercole della pelle del Leon Nemeo.
ospizio in casa sua, li legava in un letto, e poi se eran più lunghi
di
quello tagliava loro le gambe che sopravanzavano,
he sopravanzavano, e se eran più corti li faceva giungere alla misura
di
quel letto tirando e dislocando le loro membra107
quel letto tirando e dislocando le loro membra107. Teseo con un colpo
di
clava liberò la Terra da quel mostro di crudeltà.
membra107. Teseo con un colpo di clava liberò la Terra da quel mostro
di
crudeltà. Preceduto dalla fama di questi ed altri
lava liberò la Terra da quel mostro di crudeltà. Preceduto dalla fama
di
questi ed altri mirabili fatti giunse Teseo in At
la Maga Medea, fuggita da Corinto dopo essersi crudelmente vendicata
di
Giasone, come dicemmo ; ed avendo acquistato molt
adronirsi del regno ; e quindi lo persuase a toglierlo insidiosamente
di
vita avvelenandolo in un pranzo. Teseo fu invitat
tto il regno in iscompiglio ed in lutto, perchè appressavasi il tempo
di
mandar per la terza volta il tributo di sangue a
perchè appressavasi il tempo di mandar per la terza volta il tributo
di
sangue a Minosse. Il giovane Eroe, come erede del
ue a Minosse. Il giovane Eroe, come erede del trono, credè suo dovere
di
liberare il suo popolo da questo vergognoso tribu
. La nave che portava a Creta queste innocenti vittime aveva in segno
di
lutto le vele nere. Egeo ordinò che al ritorno, s
Egeo ordinò che al ritorno, se era reduce il figlio, vi si mettessero
di
color porpureo ad annunziargli da lontano la liet
ad annunziargli da lontano la lieta novella e liberarlo quanto prima
di
pena. Giunse la nave a Gnosso capitale dell’isola
rlo quanto prima di pena. Giunse la nave a Gnosso capitale dell’isola
di
Creta il giorno avanti i funebri giuochi che Mino
hiudevansi le Ateniesi vittime nel labirinto. Teseo chiese ed ottenne
di
prender parte anch’egli a quei giuochi ; e destò
titori ; e a tutti dispiacque, e più che agli altri ad Arianna figlia
di
Minosse, che quel giovane Eroe dovesse sì tosto m
quel giovane Eroe dovesse sì tosto miseramente perire. Arianna pensò
di
salvarlo, sperandone in premio di esser fatta sua
o miseramente perire. Arianna pensò di salvarlo, sperandone in premio
di
esser fatta sua sposa e quindi regina di Atene. D
lvarlo, sperandone in premio di esser fatta sua sposa e quindi regina
di
Atene. Due erano i pericoli di morte per chi foss
esser fatta sua sposa e quindi regina di Atene. Due erano i pericoli
di
morte per chi fosse entrato nel labirinto : quell
quello d’incontrare il Minotauro ed esser da lui divorato, e l’altro
di
morir di fame per non poter ritrovare l’uscita. D
’incontrare il Minotauro ed esser da lui divorato, e l’altro di morir
di
fame per non poter ritrovare l’uscita. Dal primo,
un mezzo semplicissimo a sua disposizione. Diede a Teseo un gomitolo
di
filo, perchè fissandone l’un dei capi all’ingress
notauro, potesse ritrovare, tornando indietro, la porta. L’invenzione
di
Arianna riuscì egregiamente. Teseo dopo avere ucc
vela, e si diressero tutti insieme verso Atene. L’invenzione del filo
di
Arianna divenne tanto famigerata, che anche nelle
lo del discorso o del ragionamento e simili. Del Minotauro e del filo
di
Arianna parla anche Dante nell’Inferno, ove affer
evano difetti e vizii, come abbiamo notato più volte, non è sperabile
di
trovar perfetti i Semidei e gli Eroi mitologici.
rovar perfetti i Semidei e gli Eroi mitologici. Teseo commise un atto
di
perfidia e di barbarie, da non potersi in modo al
i Semidei e gli Eroi mitologici. Teseo commise un atto di perfidia e
di
barbarie, da non potersi in modo alcuno scusare,
la sua salvezza ; ed egli invece l’abbandonò sola nella deserta isola
di
Nasso. Fortunatamente per essa giunse il giorno s
so in quell’isola Bacco, che la fece sua sposa, come dicemmo parlando
di
questo Dio. Intanto Teseo si avanzava per mare se
do di questo Dio. Intanto Teseo si avanzava per mare senza ricordarsi
di
cangiar le vele alla nave. Egeo che tutti i giorn
i fu detto Mare Egeo quello che ora chiamasi l’Arcipelago. La letizia
di
Teseo nel giunger salvo ad Atene si cangiò subito
augurio incominciò egli a regnare. Molte però furono le opere egregie
di
lui ; ma non tutto gli andò a seconda, come vedre
emente da lui compiuti, rammenteremo che egli prese vivo il cinghiale
di
Maratona e lo sacrificò ad Apollo ; combattè una
« uccise Tèrmero cozzando insieme col capo. » Di questo nuovo genere
di
duello ad imitazione degli arieti, e prescelto in
Plutarco stesso : « perchè percuotendo Tèrmero col capo suo nel capo
di
coloro co’quali s’incontrava, mandavali a morte ;
vali a morte ; così pur Teseo andò gastigando i ribaldi usando contro
di
loro quella violenza che essi usavano contro degl
lcuni Mitologi asserirono che Teseo uccidesse ancora Falàride tiranno
di
Agrigento in Sicilia. Questo tiranno propose un p
o propose un premio a chi inventasse un nuovo e più tormentoso genere
di
supplizio ; e un tal Perillo valente artefice ate
pplizio ; e un tal Perillo valente artefice ateniese fabbricò un toro
di
rame in atto di mugghiare ; nelle interne cavità
al Perillo valente artefice ateniese fabbricò un toro di rame in atto
di
mugghiare ; nelle interne cavità del quale doveva
e così arroventando a poco a poco il metallo, gli urli e gli spasimi
di
chi v’era dentro tormentato imitassero i muggiti
ossia fu pena ben meritata dall’iniquo artefice che si fece ministro
di
crudeltà del più efferato tiranno. Ecco come Dant
dell’Inferno : « Come ‘l bue Cicilian che mugghiò prima « Col pianto
di
colui (e ciò fu dritto), « Che l’avea temperato c
« Mugghiava con la voce dell’afflitto, « Sì che, con tutto ch’e’fosse
di
rame, « Pure el pareva dal dolor trafitto. » Toc
or trafitto. » Toccò poi al tiranno Falaride a entrar dentro il toro
di
rame, o ciò fosse per opera di Teseo, come dicono
ranno Falaride a entrar dentro il toro di rame, o ciò fosse per opera
di
Teseo, come dicono alcuni Mitologi, o per solleva
ndetta popolare, come afferma Cicerone109. Il quale parla molte volte
di
questo toro nelle sue opere, e dice fra le altre
opera d’arte antica fu rapito dai Cartaginesi, e dopo la distruzione
di
Cartagine restituito da Scipione agli Agrigentini
da Scipione agli Agrigentini110. Si raccontano ancora diverse imprese
di
Teseo compiute in compagnia del suo maggiore amic
compiute in compagnia del suo maggiore amico Piritoo ; ed ecco prima
di
tutto come nacque la loro amicizia. Piritoo re de
i poeti, dirò soltanto che anche Cicerone rammenta Teseo come esempio
di
vera amicizia. Quando Piritoo sposò Ippodamia, s’
olta la sposa e la vita dai Centauri convitati anch’essi al banchetto
di
nozze. Storicamente i Centauri eran popoli della
, credè che uomo e cavallo fossero un solo animale mostruoso composto
di
queste due forme o nature111. Mitologicamente poi
nzione, anche Dante la riporta nella Divina Commedia, e trova il modo
di
farla rammentare nel Purgatorio in questi versi :
rmati, che satolli « Teseo combattêr co’doppi petti. » I principali
di
essi invitati alle nozze di Piritoo, quando furon
combattêr co’doppi petti. » I principali di essi invitati alle nozze
di
Piritoo, quando furono al termine del pranzo, ess
l vino, manifestarono la loro natura più bestiale che umana, tentando
di
rapire la sposa ed altre donne convitate : onde c
vono o almeno vi alludono112. Se non v’era Teseo che facesse prodigii
di
valore, la vittoria restava ai Centauri ; i quali
(il che non sarebbe un gran vanto) ma fra tutti gli antichi Eroi ; e
di
lui dovremo parlare particolarmente altrove. Dan
mente altrove. Dante ha posto nell’Inferno « ….. i Centauri armati
di
saette « Come solean nel mondo andare a caccia, »
econdo le descrizioni mitologiche ; ed uno dei più celebrati è quello
di
Giovan Bologna sotto le Loggie dell’Orgagna in Fi
Giovan Bologna sotto le Loggie dell’Orgagna in Firenze. Tralasciando
di
parlare di altri fatti che nulla hanno di straord
ogna sotto le Loggie dell’Orgagna in Firenze. Tralasciando di parlare
di
altri fatti che nulla hanno di straordinario o si
na in Firenze. Tralasciando di parlare di altri fatti che nulla hanno
di
straordinario o singolare, la maggior prova d’imp
strane e perigliose imprese che o all’uno o all’altro venisse in idea
di
tentare. E la più strana davvero e la più pericol
dea di tentare. E la più strana davvero e la più pericolosa fu quella
di
Piritoo di andare all’Inferno per rapir Proserpin
are. E la più strana davvero e la più pericolosa fu quella di Piritoo
di
andare all’Inferno per rapir Proserpina moglie di
u quella di Piritoo di andare all’Inferno per rapir Proserpina moglie
di
Plutone ; e Teseo ciecamente lo secondò. Ma, come
di Plutone ; e Teseo ciecamente lo secondò. Ma, come dicemmo parlando
di
Ercole, Piritoo fu lacerato dal Can Cerbero, e Te
Inferno114. Restano ora da raccontarsi soltanto le vicende domestiche
di
Teseo e la sua morte. Da prima aveva sposato Ippo
o alcuni chiamata Antiope) gli era nato un figlio a cui diede il nome
di
Ippolito. Dipoi rapì la bella Elena, ma gli fu ri
da Castore e Polluce, come dicemmo. In appresso sposò Fedra, sorella
di
Arianna, da lui abbandonata nell’isola di Nasso :
presso sposò Fedra, sorella di Arianna, da lui abbandonata nell’isola
di
Nasso : e qui non si sa intendere come Fedra, dop
, dopo quel che era accaduto alla sorella, non sospettasse della fede
di
Teseo. Ma, sposatolo, fu essa a lui causa di grav
n sospettasse della fede di Teseo. Ma, sposatolo, fu essa a lui causa
di
gravissimo lutto. Essendo già adulto Ippolito, pa
dra, deposto il madrignal talento, come direbbe l’Alfieri, lo vedesse
di
buon occhio ; ma poi sembrandole altero e scortes
uesta favola colle seguenti parole : « Nettuno aveva promesso a Teseo
di
appagare tre suoi desiderii : desiderò Teseo irat
chi le richiede115. Il modo che tenne Nettuno per appagar Teseo si fu
di
far comparire all’improvviso un mostro marino nel
morsi, si diede la morte. È questo il soggetto della celebre tragedia
di
Racine, intitolata Fedra. Anche Teseo finì misera
chio ; poichè discacciato dal regno da Menesteo, si ritirò alla corte
di
Licomede re di Sciro, ed ivi fu ucciso o col ferr
iscacciato dal regno da Menesteo, si ritirò alla corte di Licomede re
di
Sciro, ed ivi fu ucciso o col ferro, o coll’esser
nza. In Atene per altro dopo la morte dell’invasore Menesteo, i figli
di
Teseo, tra i quali il più noto chiamavasi Demofoo
cuperarono il regno paterno. Ci vollero per altro miracoli e risposte
di
Oracoli per eccitare il popolo a ricercar le ossa
acoli e risposte di Oracoli per eccitare il popolo a ricercar le ossa
di
Teseo e riportarle con onore ad Atene. E allora,
on onore ad Atene. E allora, come dice Plutarco, « gli Ateniesi pieni
di
allegrezza le ricevettero con splendida pompa e c
iovani liberati dal Minotauro ; ed inoltre l’onoravano agli otto pure
di
ogni altro mese. LII Atrocità Tebane La c
li otto pure di ogni altro mese. LII Atrocità Tebane La città
di
Tebe per fatti storici straordinari è meno rammen
La città di Tebe per fatti storici straordinari è meno rammentata
di
Atene e di Sparta, ma per racconti mitologici non
à di Tebe per fatti storici straordinari è meno rammentata di Atene e
di
Sparta, ma per racconti mitologici non cede il pr
ogici non cede il primato a nessun’altra città della Grecia. Parlando
di
Cadmo dicemmo della origine mirabilissima di Tebe
à della Grecia. Parlando di Cadmo dicemmo della origine mirabilissima
di
Tebe, di cui altra non havvene che sia più maravi
recia. Parlando di Cadmo dicemmo della origine mirabilissima di Tebe,
di
cui altra non havvene che sia più maravigliosa :
iù maravigliosa : sappiamo inoltre che da madre Tebana nacque Bacco ;
di
sangue Tebano furono la Dea Leucotoe e il Dio Pal
e Bacco ; di sangue Tebano furono la Dea Leucotoe e il Dio Palemone ;
di
Atamante re di Tebe era l’ariete col vello d’oro
ngue Tebano furono la Dea Leucotoe e il Dio Palemone ; di Atamante re
di
Tebe era l’ariete col vello d’oro ; Tebano fu Erc
ra sono da raccontarsi atroci fatti della corte Tebana, fiera materia
di
ragionare, come direbbe il Certaldese. Fra i succ
ra materia di ragionare, come direbbe il Certaldese. Fra i successori
di
Cadmo, circa due secoli dopo la fondazione di Teb
ldese. Fra i successori di Cadmo, circa due secoli dopo la fondazione
di
Tebe, troviamo nella Cronologia Greca Laio II ; e
zione di Tebe, troviamo nella Cronologia Greca Laio II ; e della vita
di
questo re raccontansi soltanto due fatti : il pri
si soltanto due fatti : il primo, che egli avendo saputo dall’Oracolo
di
dover essere ucciso dal figlio di cui era incinta
che egli avendo saputo dall’Oracolo di dover essere ucciso dal figlio
di
cui era incinta Giocasta sua moglie, diede ordine
cciso dal figlio di cui era incinta Giocasta sua moglie, diede ordine
di
farlo perire appena nato ; il secondo, che non os
samente salvato. Ed ecco in qual modo : Nato appena il figlio, invece
di
essere ucciso immediatamente nella reggia, fu esp
assero le fiere, ed appeso per un piede a un ramo d’albero. Ma invece
di
una fiera crudele passò prima di là un pietoso pa
piede a un ramo d’albero. Ma invece di una fiera crudele passò prima
di
là un pietoso pastore, che lo prese e lo portò al
ra suo padre, e andò a interrogare intorno ai suoi genitori l’Oracolo
di
Delfo ; il quale gli rispose di non cercarne, per
re intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il quale gli rispose
di
non cercarne, perchè avrebbe ucciso il padre e sp
la madre. Ma egli non potendo tollerare un’umile ed oscura condizione
di
vita, si diè a percorrer la Grecia in cerca di av
e ed oscura condizione di vita, si diè a percorrer la Grecia in cerca
di
avventure, e incontratosi in Laio in una strada s
a in cerca di avventure, e incontratosi in Laio in una strada stretta
di
una solinga campagna venne a questione col cocchi
trada stretta di una solinga campagna venne a questione col cocchiere
di
lui e lo uccise : e poichè Laio voleva difendere
complicano, e vi predomina l’invenzione mitologica. Creonte fratello
di
Giocasta, dopo la morte di Laio prese le redini d
l’invenzione mitologica. Creonte fratello di Giocasta, dopo la morte
di
Laio prese le redini del regno ; e poichè in quel
e le redini del regno ; e poichè in quel tempo infestava le vicinanze
di
Tebe un mostro chiamato la Sfinge, che aveva ucci
no figli eredi del trono. La Sfinge era un mostro col capo e le zampe
di
leone alato, e col petto e la testa di donna. Ess
un mostro col capo e le zampe di leone alato, e col petto e la testa
di
donna. Essa fermava i passeggieri e proponeva lor
un enigma ; e se non lo indovinavano li strangolava ; il nome stesso
di
Sfinge che le fu dato dai Greci significa Strango
ovinasse il suo enigma, sarebbe toccato ad essa a morire. Edipo passò
di
là, e la Sfinge lo fermò e gli diede a indovinar
dosi guadagnato il promesso premio, sposò Giocasta e fu proclamato re
di
Tebe. Gli nacquero in appresso due figli che furo
sposto che per farla cessare conveniva bandire dallo Stato l’uccisore
di
Laio. Edipo si diè premura di farne le più minute
onveniva bandire dallo Stato l’uccisore di Laio. Edipo si diè premura
di
farne le più minute investigazioni ; e dalle circ
veva esposto nel bosco il regio infante, comprese che egli era figlio
di
Laio e parricida, e che Giocasta era sua madre. A
di Laio e parricida, e che Giocasta era sua madre. Allora inorridito
di
questo suo perverso destino, esclamò, come dice S
osa sua figlia Antigone ; e Giocasta si diede la morte. I tristi casi
di
Edipo furono il soggetto di molte tragedie ; ed o
Giocasta si diede la morte. I tristi casi di Edipo furono il soggetto
di
molte tragedie ; ed ogni scrittore li modificò o
perava : tutti però si accordano nel dire che egli morì lungi da Tebe
di
disagio e di cordoglio. Intanto Eteocle come prim
i però si accordano nel dire che egli morì lungi da Tebe di disagio e
di
cordoglio. Intanto Eteocle come primogenito incom
no. Polinice si trovò costretto ad esulare, e ricoveratosi alla corte
di
Adrasto re degli Argiesi ne sposò la figlia Argia
rasto re degli Argiesi ne sposò la figlia Argia, e così impegnò anche
di
più quel re, divenuto suo suocero, ad aiutarlo a
detta dei sette Prodi, perchè sette furono i valorosi capi o generali
di
questa guerra, cioè : Adrasto, Polinice, Tideo, C
Capaneo, Ippomedonte, Anfiarao e Partenopeo. Ma poichè i fatti d’arme
di
questa guerra, per quanto sanguinosi e strenui, n
to terminò con un duello tra i due fratelli, ci affretteremo a parlar
di
questo, tacendo delle inutili stragi che lo prece
iserbandoci in ultimo a dar notizia soltanto delle gesta e della fine
di
questi prodi. Eteocle, quantunque non ignorasse
e di questi prodi. Eteocle, quantunque non ignorasse questo apparato
di
guerra, non volle prestare orecchio a nessuna tra
una transazione o accordo ; e istigato dallo zio Creonte, che sperava
di
profittare della discordia dei nipoti per impadro
ch’egli alla guerra ; e dopo molte battaglie combattute sotto le mura
di
Tebe, restando sempre indecisa la sorte delle arm
linice. Eteocle cadde mortalmente ferito : e in quegli ultimi istanti
di
vita fingendo di volersi riconciliare col fratell
adde mortalmente ferito : e in quegli ultimi istanti di vita fingendo
di
volersi riconciliare col fratello, ma furente in
fingendo di volersi riconciliare col fratello, ma furente in cuor suo
di
lasciarlo in vita vincitore e re, chiese di abbra
o, ma furente in cuor suo di lasciarlo in vita vincitore e re, chiese
di
abbracciarlo per l’ultima volta ; e, raccolte tut
ra le vesti, uccise proditoriamente Polinice, e vedendolo morto prima
di
lui, con questa infernale soddisfazione spirò. I
infernale soddisfazione spirò. I poeti inventarono che posti i corpi
di
entrambi i fratelli ad ardere nello stesso rogo,
gli animi loro erasi comunicata a tutte le molecole dei loro corpi. E
di
questo mitologico prodigio fa menzione anche Dant
dove parlando della duplice fiamma che ricuopre nell’Inferno le anime
di
Ulisse e di Diomede, egli dice che quella fiamma
o della duplice fiamma che ricuopre nell’Inferno le anime di Ulisse e
di
Diomede, egli dice che quella fiamma « ……. par s
nni. E per primo atto inumano proibì che fossero seppellite le ceneri
di
Polinice, dichiarandolo traditore e ribelle. Non
belle. Non curando il barbaro divieto Antigone sorella e Argia vedova
di
Polinice, ne raccolsero in un’urna le ceneri e le
ppellirono ; e il tiranno condannolle entrambe a morte, stimando così
di
render più sicuro il possesso del trono per la su
delitti esser felice com’egli credeva ; poichè avvenne che il figlio
di
lui Emone essendo invaghito di Antigone, e non po
credeva ; poichè avvenne che il figlio di lui Emone essendo invaghito
di
Antigone, e non potendo salvarla dalla crudeltà d
essendo invaghito di Antigone, e non potendo salvarla dalla crudeltà
di
suo padre, si uccise per disperazione. Anche Isme
ella medesima. Così rimase solo Creonte nell’orrida e luttuosa reggia
di
Tebe. Su questi atroci fatti esiste un poema lati
Tebaide, esistono tragedie antiche e moderne. E per parlare soltanto
di
queste, chi non conosce il Polinice e l’Antigone
il Polinice e l’Antigone d’Alfier i, e in francese Les Frères Ennemis
di
Racine ? Troppo lungo sarebbe l’enumerare soltant
Dante che molte volte ne parla o vi allude. Oltre l’esempio riportato
di
sopra, l’Alighieri immaginò di avere incontrato n
o vi allude. Oltre l’esempio riportato di sopra, l’Alighieri immaginò
di
avere incontrato nel Purgatorio il poeta Stazio a
to nel Purgatorio il poeta Stazio autore della Tebaide, con cui parla
di
questo poema, e fa dire all’autore stesso : « Ca
on cui parla di questo poema, e fa dire all’autore stesso : « Cantai
di
Tebe e poi del grande Achille ; » e da Virgilio
; » e da Virgilio fa chiamare Eteocle e Polinice la doppia tristizia
di
Giocasta, e narrare che trovansi nel Limbo « An
a come fue. » Dei prodi generali che aiutarono Polinice nella guerra
di
Tebe parleremo separatamente nel prossimo numero,
ìgoni Adrasto re degli Argiesi o Argivi aveva soltanto due figlie
di
nome Argìa e Deifile, le quali teneva guardate co
e quali teneva guardate con diligentissima cura senza farle mai uscir
di
città, perchè l’Oracolo gli aveva predetto (o egl
nuti contemporaneamente alla corte Argiva Polinice e Tideo, e chiesto
di
sposare queste due principesse, Adrasto vi accons
le, portava sulle spalle per distintivo, e quasi per manto, una pelle
di
leone, e Tideo come fratello di Meleagro una pell
tintivo, e quasi per manto, una pelle di leone, e Tideo come fratello
di
Meleagro una pelle di cinghiale, Adrasto interpre
anto, una pelle di leone, e Tideo come fratello di Meleagro una pelle
di
cinghiale, Adrasto interpretò che le parole dell’
ia, e secondo alcuni, il proprio fratello. Ma Adrasto prese l’assunto
di
riconquistare ad entrambi col proprio esercito l’
ad entrambi col proprio esercito l’avito regno ; e cominciò da quello
di
Polinice, la causa del quale era molto più urgent
a causa del quale era molto più urgente e più giusta. Prima per altro
di
dichiarar la guerra ad Eteocle volle tentare se e
suo genero. Bisogna credere che Adrasto non conoscesse bene l’indole
di
questo suo genero, affidandogli una sì delicata m
ne a fare il diplomatico, ma piuttosto l’Antropofago : infatti invece
di
conciliare, inasprì sempre più, perchè non solo a
di conciliare, inasprì sempre più, perchè non solo altercò, ma diede
di
piglio alla spada nella reggia stessa ed al convi
ercò, ma diede di piglio alla spada nella reggia stessa ed al convito
di
Eteocle ; e poi inseguito da una schiera di solda
ggia stessa ed al convito di Eteocle ; e poi inseguito da una schiera
di
soldati, li mise in rotta ed in fuga egli solo, l
dunque la guerra e incominciate le regolari battaglie, fece prodigii
di
valore, e la destra sua valeva per cento mani ; m
i ; ma finalmente colpito da uno strale avvelenato morì sotto le mura
di
Tebe. Ebbe da Deifile un figlio che fu il famoso
so, dopo Achille, fra tutti i capitani greci che andarono alla guerra
di
Troia. Di Ippomedonte è da dirsi soltanto che egl
erra di Troia. Di Ippomedonte è da dirsi soltanto che egli era nipote
di
Adrasto e valorosissimo ; ma di lui non si narran
da dirsi soltanto che egli era nipote di Adrasto e valorosissimo ; ma
di
lui non si narrano fatti straordinarii degni di p
e valorosissimo ; ma di lui non si narrano fatti straordinarii degni
di
particolar menzione. Egli pure morì alla guerra d
traordinarii degni di particolar menzione. Egli pure morì alla guerra
di
Tebe. Capanèo era un Argivo arditissimo, che pri
guerra di Tebe. Capanèo era un Argivo arditissimo, che primo inventò
di
dar la scalata alle fortezze. Al suo ardire univa
nsolente ed empio disprezzo per gli Dei ; e giunse perfino a vantarsi
di
prender Tebe egli solo a dispetto di Giove, i cui
ei ; e giunse perfino a vantarsi di prender Tebe egli solo a dispetto
di
Giove, i cui fulmini, a quanto egli diceva, non g
ferenza che v’era, fulminandolo mentre egli dava la scalata alle mura
di
Tebe, e precipitandolo nell’Inferno. Dante che ab
ro Dio, ci narra che egli vide Capaneo nell’Inferno sotto una pioggia
di
fuoco che cadeva dall’alto « ……….. in dilatate f
ggia di fuoco che cadeva dall’alto « ……….. in dilatate falde, « Come
di
neve in alpe senza vento ; » e aggiunge che anch
sfidava il supremo dei Numi, dicendo che quantunque Giove lo sættasse
di
tutta sua forza, « Non ne potrebbe aver vendetta
vansi al marito i funebri onori. Dal loro connubio era nato un figlio
di
nome Stènelo, che fu poi uno dei più valorosi gue
i nome Stènelo, che fu poi uno dei più valorosi guerrieri all’assedio
di
Troia. Orazio lo dice : Pugnæ Sthenelus sciens. P
o lo dice : Pugnæ Sthenelus sciens. Poche ed incerte notizie si hanno
di
Partenopeo. Alcuni lo credono fratello di Adrasto
ed incerte notizie si hanno di Partenopeo. Alcuni lo credono fratello
di
Adrasto, ed altri figlio di Atalanta, la famosa c
di Partenopeo. Alcuni lo credono fratello di Adrasto, ed altri figlio
di
Atalanta, la famosa cacciatrice che fu la prima a
Atalanta, la famosa cacciatrice che fu la prima a ferire il cinghiale
di
Calidonia. Per quanto fosse valoroso, anch’egli p
di Calidonia. Per quanto fosse valoroso, anch’egli perì nella guerra
di
Tebe. Molto invece fu narrato di Anfiarao e dell
loroso, anch’egli perì nella guerra di Tebe. Molto invece fu narrato
di
Anfiarao e della sua famiglia. Essendo egli indov
vido capitano, regalò una preziosissima collana ad Erifile pregandola
di
persuadere Anfiarao di accompagnarlo alla guerra.
na preziosissima collana ad Erifile pregandola di persuadere Anfiarao
di
accompagnarlo alla guerra. Erifile non potendo in
Erifile non potendo indurvi il marito colle parole, tradì il segreto
di
lui, scuoprendo il posto o nascondiglio ov’egli s
scondiglio ov’egli si era celato. Costretto allora Anfiarao per punto
di
onore e per comando del re a partir cogli altri p
ore e per comando del re a partir cogli altri per la guerra, e sicuro
di
dovervi perire, lasciò detto al figlio Alcmeone,
al figlio Alcmeone, che appena udita la sua morte lo vendicasse. Perì
di
fatti sotto le mura di Tebe ed in un modo straord
appena udita la sua morte lo vendicasse. Perì di fatti sotto le mura
di
Tebe ed in un modo straordinario e mirabile, a qu
re egli osservava gli astri, per trame, come gli Astrologi, argomento
di
predizioni, gli si aperse sotto i piedi la terra
’Inferno con tutti gli altri pretesi Indovini antichi e moderni. Dice
di
averlo veduto egli stesso, e che Virgilio glielo
tutti : Dove rui, « Anfiarao ? perchè lasci la guerra ? « E non restò
di
ruinare a valle « Fino a Minòs che ciascheduno af
in una similitudine del Canto iv del Paradiso : « Come Alcmeone che
di
ciò pregato « Dal padre suo, la propria madre spe
o. » E a questo adornamento diè opportunamente l’Alighieri l’epitelo
di
sventurato, perchè oltre all’essere stato causa d
pitelo di sventurato, perchè oltre all’essere stato causa della morte
di
Anfiarao e di Erifile, riuscì funesto anche al fi
turato, perchè oltre all’essere stato causa della morte di Anfiarao e
di
Erifile, riuscì funesto anche al figlio Alcmeone
a Alfesibea ; ma poi ripudiatala per isposar Callirœ, questa desiderò
di
possedere la famosa collana di Erifile ; ed Alcme
a per isposar Callirœ, questa desiderò di possedere la famosa collana
di
Erifile ; ed Alcmeone per contentar la nuova spos
na di Erifile ; ed Alcmeone per contentar la nuova sposa, pretendendo
di
ritogliere il prezioso monile alla ripudiata Alfe
e il prezioso monile alla ripudiata Alfesibea, fu ucciso dai fratelli
di
lei. Così la discordia dei figli di Edipo produss
Alfesibea, fu ucciso dai fratelli di lei. Così la discordia dei figli
di
Edipo produsse una serie infinita di guai e di sc
lei. Così la discordia dei figli di Edipo produsse una serie infinita
di
guai e di sciagure che di conseguenza in consegue
la discordia dei figli di Edipo produsse una serie infinita di guai e
di
sciagure che di conseguenza in conseguenza duraro
figli di Edipo produsse una serie infinita di guai e di sciagure che
di
conseguenza in conseguenza durarono per molti ann
drasto, il solo dei Sette Prodi rimasto in vita, quantunque per causa
di
quella guerra avesse perduto ambedue i suoi gener
ti ed atti alle battaglie. Ma dei fatti d’arme e degli effetti ultimi
di
questa guerra scarseggiano e sono incerte le noti
n ne mancarono ; e v’è chi afferma che fu anche saccheggiata la città
di
Tebe e che Tersandro figlio di Polinice ne prende
rma che fu anche saccheggiata la città di Tebe e che Tersandro figlio
di
Polinice ne prendesse il governo ; e inoltre che
governo ; e inoltre che molti Tebani prima del saccheggio preferirono
di
andar profughi dalla patria in cerca di nuove sed
ma del saccheggio preferirono di andar profughi dalla patria in cerca
di
nuove sedi. Quest’ultimo fatto è rammentato ancor
ammentato ancora dall’Alighieri, ov’egli parla dell’indovino Tiresia,
di
Manto figlia di lui, e dell’origine di Mantova pa
dall’Alighieri, ov’egli parla dell’indovino Tiresia, di Manto figlia
di
lui, e dell’origine di Mantova patria di Virgilio
i parla dell’indovino Tiresia, di Manto figlia di lui, e dell’origine
di
Mantova patria di Virgilio. Noi avremo occasione
ino Tiresia, di Manto figlia di lui, e dell’origine di Mantova patria
di
Virgilio. Noi avremo occasione di tenerne proposi
i, e dell’origine di Mantova patria di Virgilio. Noi avremo occasione
di
tenerne proposito in un altro Capitolo destinato
i antichi tragici e delle antiche plebi ; ed alcuni non hanno cessato
di
comparire anche sui moderni teatri francesi ed it
he sui moderni teatri francesi ed italiani. Basterà citare la Pelopea
di
Pellegrin e l’Atreo di Crebillon e di Voltaire ;
rancesi ed italiani. Basterà citare la Pelopea di Pellegrin e l’Atreo
di
Crebillon e di Voltaire ; il Tieste di Ugo Foscol
iani. Basterà citare la Pelopea di Pellegrin e l’Atreo di Crebillon e
di
Voltaire ; il Tieste di Ugo Foscolo, l’Agamennone
Pelopea di Pellegrin e l’Atreo di Crebillon e di Voltaire ; il Tieste
di
Ugo Foscolo, l’Agamennone e l’Oreste di Alfieri.
lon e di Voltaire ; il Tieste di Ugo Foscolo, l’Agamennone e l’Oreste
di
Alfieri. Inoltre appartenenti a questa stirpe dei
stirpe dei Pelopidi furono due dei principali personaggi del l’Iliade
di
Omero, a istigazione dei quali s’imprese e si con
, a istigazione dei quali s’imprese e si condusse a termine la guerra
di
Troia. È dunque indispensabile nella classica let
a guerra di Troia. È dunque indispensabile nella classica letteratura
di
tutti i popoli e di tutti i tempi il conoscere al
dunque indispensabile nella classica letteratura di tutti i popoli e
di
tutti i tempi il conoscere almeno i fatti princip
ti i popoli e di tutti i tempi il conoscere almeno i fatti principali
di
questa stirpe funesta e troppo famosa per infami
l parlare dei dannati celebri dell’ Inferno pagano, dicemmo che padre
di
Pelope fu Tantalo condannato alle pene del Tartar
e risuscitato da Giove. Ora è a dirsi che egli sposò Ippodamia figlia
di
Enomao, re d’ Elide e Pisa119, ed ebbe molti figl
figliuoli e discendenti che sono in comune appellati col patronimico
di
Pelopidi. Ma il modo con cui Pelope ottenne la sp
allontanare i pretendenti proponeva loro condizioni durissime, cioè o
di
superarlo nella corsa dei cocchi (ed egli co’ suo
cocchi (ed egli co’ suoi cavalli figli del Vento era insuperabile), o
di
essere uccisi se perdevano. E già più d’uno aveva
ua patria, e volle tentare anch’egli il periglioso arringo ; ma cercò
di
uscirne vittorioso colla frode e col tradimento.
terra morì. Pelope rimase senza contrasto vincitore, e divenne sposo
di
Ippodamia e re di Elide. Quanto poi al premio pro
e rimase senza contrasto vincitore, e divenne sposo di Ippodamia e re
di
Elide. Quanto poi al premio promesso a Mirtilo no
rto, » ma fingendosi irritato delle indiscrete e ardite pretenzioni
di
lui, lo fece gittar nel mare. Per altro nell’ amm
a quella penisola della Grecia che ora chiamasi Morea, e che dal nome
di
Pelope fu detta dagli antichi Peloponneso. Da Ipp
fame furono Atreo e Tieste. L’inimicizia e la perfidia impareggiabile
di
questi due mostruosi fratelli furono rese più orr
tornò indietro dal suo corso. All’opposto la plebe antica dilettavasi
di
veder rappresentato sulle scene questo ferale spe
ferale spettacolo. Orazio nella Pœtica dà per precetto agli scrittori
di
tragedie di non far cuocere al nefando Atreo le c
acolo. Orazio nella Pœtica dà per precetto agli scrittori di tragedie
di
non far cuocere al nefando Atreo le carni umane s
eo : « È sepolcro ai suoi figli il padre loro121. » L’odio esecrando
di
Atreo e di Tieste non solo durò finchè vissero qu
polcro ai suoi figli il padre loro121. » L’odio esecrando di Atreo e
di
Tieste non solo durò finchè vissero questi fratel
eremo implicato Egisto nei loro domestici casi. Infatti occorre prima
di
tutto di dover dire che Egisto uccise a tradiment
licato Egisto nei loro domestici casi. Infatti occorre prima di tutto
di
dover dire che Egisto uccise a tradimento Atreo s
to Atreo suo zio, e quindi con Tieste suo padre s’impadronì del regno
di
Micene e ne cacciò Agamennone e Menelao legittimi
imi eredi. Questi si rifugiarono a Sparta nella corte del re Tindaro,
di
cui sposarono le figlie Clitennestra ed Elena ; q
Tieste ed Egisto, ricuperando il paterno regno ; del quale per patto
di
famiglia divenne re il solo Agamennone, essendo M
miglia divenne re il solo Agamennone, essendo Menelao erede del trono
di
Sparta, poichè eran già morti e divenuti Dei ed A
ltre delle molte fila ond’ è formata la lunga epica tela della guerra
di
Troia. LV Gli Antenati di Achille Dopo es
rmata la lunga epica tela della guerra di Troia. LV Gli Antenati
di
Achille Dopo esserci contristati gli occhi e ’
chi e ’l petto nel leggere e nell’intendere gli orrori degli Antenati
di
Agamennone e Menelao, ci sorride la speranza di c
orrori degli Antenati di Agamennone e Menelao, ci sorride la speranza
di
confortarci nel riandar la vita e le gesta degli
speranza di confortarci nel riandar la vita e le gesta degli Antenati
di
Achille, di quell’Erœ che fu invidiato da Alessan
confortarci nel riandar la vita e le gesta degli Antenati di Achille,
di
quell’Erœ che fu invidiato da Alessandro Magno, p
o Magno, perchè ebbe per banditore delle sue lodi Omero. La prosapia
di
Achille deriva da Giove : genus ab Jove summo ; p
eriva da Giove : genus ab Jove summo ; poichè Eaco suo avo era figlio
di
Giove e di Egina. Eaco nacque in quell’isola dell
ove : genus ab Jove summo ; poichè Eaco suo avo era figlio di Giove e
di
Egina. Eaco nacque in quell’isola dell’Arcipelago
o nacque in quell’isola dell’Arcipelago che portò anticamente il nome
di
sua madre, e che ora con poca differenza di suono
portò anticamente il nome di sua madre, e che ora con poca differenza
di
suono chiamasi Engía o Enghía. Quest’isola fu don
a di suono chiamasi Engía o Enghía. Quest’isola fu donata da Asopo re
di
Beozia a sua figlia Egina, e perciò divenne il re
a da Asopo re di Beozia a sua figlia Egina, e perciò divenne il regno
di
Eaco. Ma la stizzosa e vendicativa Giunone, usa a
ripopolò quel regno in un modo miracoloso : fece uscire da un tronco
di
quercia una gran quantità di grosse formiche, le
do miracoloso : fece uscire da un tronco di quercia una gran quantità
di
grosse formiche, le quali appena toccata terra di
grosse formiche, le quali appena toccata terra divennero uomini tutti
di
ferro e di valore armati. Così raccontano i pœti,
iche, le quali appena toccata terra divennero uomini tutti di ferro e
di
valore armati. Così raccontano i pœti, i quali er
mati. Così raccontano i pœti, i quali erano in quell’epoca più arditi
di
Darwin e compagni Antropologi a far derivare gli
ri derivati dalle formiche son quei prodi Mirmìdoni sudditi e soldati
di
Achille all’ assedio di Troia. Forse la radicale
he son quei prodi Mirmìdoni sudditi e soldati di Achille all’ assedio
di
Troia. Forse la radicale del loro nome, che in gr
zia « Fosse in Egina il popol tutto infermo, « Quando fu l’ær sì pien
di
malizia, « Che gli animali, infino al picciol ver
le genti antiche « Secondo che i pœti hanno per fermo, « Si ristorâr
di
seme di formiche ; « Ch’era a veder per quella os
i antiche « Secondo che i pœti hanno per fermo, « Si ristorâr di seme
di
formiche ; « Ch’era a veder per quella oscura val
to Foco. Di Telamone abbiamo già detto che fu uno degli Argonauti ; e
di
altre sue imprese e vicende, come pure de’ suoi d
e Teucro, parleremo più opportunamente in appresso. Ora convien dire
di
Peleo che fu il padre di Achille. Peleo dopo la
opportunamente in appresso. Ora convien dire di Peleo che fu il padre
di
Achille. Peleo dopo la morte di Eaco abbandonò (
onvien dire di Peleo che fu il padre di Achille. Peleo dopo la morte
di
Eaco abbandonò (non si sa bene per quali motivi)
la morte di Eaco abbandonò (non si sa bene per quali motivi) l’isola
di
Egina, e seguìto dai Mirmidoni andò nella Grecia
no in quella parte della Tessaglia che era detta Ftiòtide dalla città
di
Ftia sua capitale. Quantunque piccolo principe me
dalla città di Ftia sua capitale. Quantunque piccolo principe meritò
di
sposare una Dea ; e questa fu Teti ninfa marina,
tino essendo conosciuto da Giove e dagli altri Dei, trattenne ciascun
di
loro dallo sposar Teti, e tutti d’accordo convenn
tenne ciascun di loro dallo sposar Teti, e tutti d’accordo convennero
di
unirla in matrimonio con quel mortale che ne foss
nirla in matrimonio con quel mortale che ne fosse più degno per bontà
di
animo e per parentela coi Numi ; e il prescelto f
arentela coi Numi ; e il prescelto fu Peleo, ottimo principe e nipote
di
Giove. Furono queste le più splendide nozze che f
le Dee, esclusa soltanto la Discordia. Ma questa Dea maligna e nemica
di
pace trovò il modo di spargere dissensioni tra i
to la Discordia. Ma questa Dea maligna e nemica di pace trovò il modo
di
spargere dissensioni tra i convitati gettando dal
le Dee, e cagionato un grande impæcio agli Dei, nell’esser richiesti
di
pronunziare un verdetto così pericoloso. Giove st
to così pericoloso. Giove stesso se ne scusò prudentemente, e propose
di
farne giudice un semplice pastore che senza preve
se senza voler cedere, cioè Giunone, Minerva e Venere, e consentirono
di
starsene al lodo dell’arbitro rusticano. Furono d
moglie. Il pastore consegnò l’aureo pomo a Venere. Fu giusto giudice
di
certo, poichè Venere, come tutti sanno, era la De
a Paride la promessa sarà detto nel parlar dell’origine della guerra
di
Troia. Ora è a dirsi che dal matrimonio di Peleo
dell’origine della guerra di Troia. Ora è a dirsi che dal matrimonio
di
Peleo con Teti nacque un figlio che fu chiamato A
apeva già dal libro del Fato che questo suo figlio sarebbe un fulmine
di
guerra ; quindi per maggior sicurezza procurò di
o sarebbe un fulmine di guerra ; quindi per maggior sicurezza procurò
di
renderlo invulnerabile tuffandolo nelle acque del
se a prendere una nuova precauzione, a trafugare il figlio nell’isola
di
Sciro e nasconderlo in gonna femminile tra le dam
nell’isola di Sciro e nasconderlo in gonna femminile tra le damigelle
di
Deidamia figlia del re Licomede. Ivi rimase Achil
amo giunti col racconto all’ epoca in cui ebbe luogo la famosa guerra
di
Troia, è tempo di parlare di questa città e dei s
conto all’ epoca in cui ebbe luogo la famosa guerra di Troia, è tempo
di
parlare di questa città e dei suoi re, come pure
epoca in cui ebbe luogo la famosa guerra di Troia, è tempo di parlare
di
questa città e dei suoi re, come pure della vera
di parlare di questa città e dei suoi re, come pure della vera causa
di
quella guerra. LVI La città di Troia e i suo
oi re, come pure della vera causa di quella guerra. LVI La città
di
Troia e i suoi re Dalla Grecia convien passare
one fra l’Ellesponto ed il monte Ida esisteva l’antica e famosa città
di
Troia. Sino al 1870 non si seppe neppur dire con
a città di Troia. Sino al 1870 non si seppe neppur dire con sicurezza
di
non errare : qui fu ; di modo che taluni dubitaro
1870 non si seppe neppur dire con sicurezza di non errare : qui fu ;
di
modo che taluni dubitaron perfino se la città di
on errare : qui fu ; di modo che taluni dubitaron perfino se la città
di
Troia fosse mai esistita. Lo stesso Cantù nelle p
za risolverlo ; e soltanto si affermò da qualcuno che sopra una parte
di
quel classico terreno sorge un villaggio turco ch
nn avendo fatte escavazioni in quella regione perfino alla profondità
di
14 metri, è giunto a dissotterrare una gran parte
ità di 14 metri, è giunto a dissotterrare una gran parte delle rovine
di
quella celebre città, ed asserisce pubblicamente
ubblicamente per le stampe nel suo libro intitolato Antichità Troiane
di
essere stato il primo a scuoprire l’identità di p
ato Antichità Troiane di essere stato il primo a scuoprire l’identità
di
posizione della esistente Hissarlik con l’antica
di posizione della esistente Hissarlik con l’antica e distrutta città
di
Troia. E poichè un inglese di nome Frank Calvert,
issarlik con l’antica e distrutta città di Troia. E poichè un inglese
di
nome Frank Calvert, da molti anni abitante e poss
un inglese di nome Frank Calvert, da molti anni abitante e possidente
di
terreni nella regione asiatica presso lo stretto
egione asiatica presso lo stretto dei Dardanelli, reclamò la priorità
di
tale scoperta, questa è pel mondo letterario una
n solo l’esistenza, ma anche la precisa ubicazione della famosa città
di
Troia123. Il nome di Troia, con cui questa città
anche la precisa ubicazione della famosa città di Troia123. Il nome
di
Troia, con cui questa città è passata ai posteri,
Canto i dell’Inferno, facendo dire a Virgilio : « Pœta fui e cantai
di
quel giusto « Figliuol d’Anchise che venne da Tro
e dovrà dedurre dalla Mitologia e dai classici antichi la differenza
di
significato di quei due termini per intendere il
e dalla Mitologia e dai classici antichi la differenza di significato
di
quei due termini per intendere il preciso concett
el dar la spiegazione degli altri nomi della stessa città. I vocaboli
di
Dardania, Teucria, Ilio e Troia adoprati comuneme
prati comunemente come sinonimi della stessa città, derivano dal nome
di
altrettanti re Troiani : e, se di questi fosse ac
lla stessa città, derivano dal nome di altrettanti re Troiani : e, se
di
questi fosse accertata la cronologia e la Storia,
a la cronologia e la Storia, sarebbe molto facile determinare l’epoca
di
quelle denominazioni e la diversa estensione dell
versale non ha potuto dare un giudizio sicuro sulla genealogia dei re
di
Troia e sulla verità dei fatti che di loro si rac
sicuro sulla genealogia dei re di Troia e sulla verità dei fatti che
di
loro si raccontano. Dovendosi quindi ricorrere al
rirò per lo scopo del mio racconto mitologico le splendide asserzioni
di
Omero, di Virgilio e di Dante alle sparute anatom
o scopo del mio racconto mitologico le splendide asserzioni di Omero,
di
Virgilio e di Dante alle sparute anatomie o anali
o racconto mitologico le splendide asserzioni di Omero, di Virgilio e
di
Dante alle sparute anatomie o analisi critiche di
mero, di Virgilio e di Dante alle sparute anatomie o analisi critiche
di
certi antichi eruditi e di taluni moderni filolog
e alle sparute anatomie o analisi critiche di certi antichi eruditi e
di
taluni moderni filologi. Ed ecco prima di tutto l
di certi antichi eruditi e di taluni moderni filologi. Ed ecco prima
di
tutto la genealogia dei re Troiani quale Omero fa
Troiani quale Omero fa dirla da Enea ad Achille : « Ma se più brami
di
mia stirpe udire « Al mondo chiara, primamente Gi
ente Erittonio……. « ……. D’Erittonio nacque « Trœ re de’Troiani, e poi
di
Trœ « Generosi tre figli Ilo ed Assaraco « E il
aomedonte ; « Titone a questo e Priamo e Lampo e Clizio « E l’alunno
di
Marte Icetaone ; « Assaraco ebbe Capi e Capi Anch
ardano come fondatore e primo re della città che da lui prese il nome
di
Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra u
re della città che da lui prese il nome di Dardania. Egli era figlio
di
Giove e di Elettra una delle 7 figlie di Atlante.
ittà che da lui prese il nome di Dardania. Egli era figlio di Giove e
di
Elettra una delle 7 figlie di Atlante. In tutto c
di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie
di
Atlante. In tutto ciò concorda anche Virgilio, ch
è anche Giulio Cesare dittatore discendeva dai Troiani, e il suo nome
di
Giulio derivava da quello di Giulo Ascanio figlio
re discendeva dai Troiani, e il suo nome di Giulio derivava da quello
di
Giulo Ascanio figlio di Enea, come asserisce Virg
i, e il suo nome di Giulio derivava da quello di Giulo Ascanio figlio
di
Enea, come asserisce Virgilio125. Nella Cronologi
l Cantù tra i Documenti della sua Storia Universale, è posto il regno
di
Dardano dal 1568 al 1537 avanti G. C. ; ma sono i
dano, cioè Scamandro e Teucro ; e da questo re si fa derivare il nome
di
Teucria dato alla città ed anche al territorio Tr
per altro son quegli stessi rammentati da Omero. Di Erittonio figlio
di
Dardano i mitologi non raccontano alcun fatto not
ontano alcun fatto notabile ; e molti danno questo nome ad Eretteo re
di
Atene che fu figlio di Vulcano. Anche Omero, come
bile ; e molti danno questo nome ad Eretteo re di Atene che fu figlio
di
Vulcano. Anche Omero, come abbiam veduto, lo dice
no. Anche Omero, come abbiam veduto, lo dice soltanto il più opulento
di
ogni altro re. Da Erittonio nacque Trœ, o Troo, o
i ogni altro re. Da Erittonio nacque Trœ, o Troo, onde vennero i nomi
di
Troia e di Troiani, come dal nome del figlio suo
o re. Da Erittonio nacque Trœ, o Troo, onde vennero i nomi di Troia e
di
Troiani, come dal nome del figlio suo Ilo derivò
di Troia e di Troiani, come dal nome del figlio suo Ilo derivò quello
di
Ilion (in italiano Ilio) alla città stessa. Omero
ma gli altri pœti usano per lo più indiscriminatamente i diversi nomi
di
Troia : solo alcuni intendono per Ilio l’interno
Questa distinzione che riconoscesi più d’una volta nelle espressioni
di
Virgilio fu adottata dall’Alighieri nelle due ter
sioni di Virgilio fu adottata dall’Alighieri nelle due terzine citate
di
sopra. Il nome poi di Pèrgamo era dato soltanto a
dottata dall’Alighieri nelle due terzine citate di sopra. Il nome poi
di
Pèrgamo era dato soltanto alla parte più alta e p
evato ; e per questa stessa etimologia pergamo in italiano è sinonimo
di
pulpito. Tra i figli di Trœ o Troo è da notarsi n
ssa etimologia pergamo in italiano è sinonimo di pulpito. Tra i figli
di
Trœ o Troo è da notarsi non solo Ilo che fu re di
ulpito. Tra i figli di Trœ o Troo è da notarsi non solo Ilo che fu re
di
Troia dopo la morte del padre, ma anche Assàraco
e Ganimede. « Assàraco ebbe Capi e Capi Anchise, » che fu genitore
di
Enea, come fa dire Omero da Enea stesso ; quindi
tesso ; quindi Assàraco è lo stipite della stirpe e della discendenza
di
Enea, e perciò i Romani, discendenti dai Troiani,
Eneidi da Virgilio, son detti ancora Gens Assaraci, ossia discendenti
di
Assaraco. Quanto poi a Ganimede dicemmo già nel N
Quanto poi a Ganimede dicemmo già nel N° XV che fu rapito dall’aquila
di
Giove e trasportato in cielo per far da coppiere
to parola quasi tutti i pœti ; ed anche nella prosa del volgo il nome
di
Ganimede è usato per indicare un giovane azzimato
iovane azzimato e lezioso. Dagli Antichi per altro ebbe anche l’onore
di
esser posto nella Costellazione detta dell’ Aquar
detta dell’ Aquario, che è uno dei dodici segni del Zodiaco e rifulge
di
127 stelle. Dante non si è già dimenticato di ra
del Zodiaco e rifulge di 127 stelle. Dante non si è già dimenticato
di
rammentar Ganimede. Nel Canto ix del Purgatorio n
già le notti al mezzo dì sen vanno. » Laomedonte fu l’unico figlio
di
Ilo e il penultimo re di Troia ; e di lui parlano
sen vanno. » Laomedonte fu l’unico figlio di Ilo e il penultimo re
di
Troia ; e di lui parlano più a lungo i Mitologi c
Laomedonte fu l’unico figlio di Ilo e il penultimo re di Troia ; e
di
lui parlano più a lungo i Mitologi che di tutti i
l penultimo re di Troia ; e di lui parlano più a lungo i Mitologi che
di
tutti i suoi predecessori ; ma lo rappresentano c
ntano con caratteristiche poco favorevoli, cioè come un gran mancator
di
fede, non però impunemente. L’ultima cinta delle
ran mancator di fede, non però impunemente. L’ultima cinta delle mura
di
Troia fu ordinata da Laomedonte, ed i pœti aggiun
mali dovevano tutti gli anni esporre a un mostro marino una fanciulla
di
lor nazione per esser divorata come vittima espia
lor nazione per esser divorata come vittima espiatoria. Sulla scelta
di
questa decideva la sorte, la quale dopo qualche a
rreva quella regione limitrofa alla Troade. Avuta notizia dell’editto
di
Laomedonte, s’impegnò col re di uccidere l’orca,
lla Troade. Avuta notizia dell’editto di Laomedonte, s’impegnò col re
di
uccidere l’orca, a patto però che gli desse in pr
non stette a pregar gli Dei che punissero il re spergiuro e mancator
di
parola ; ma col proprio braccio e coll’aiuto di T
spergiuro e mancator di parola ; ma col proprio braccio e coll’aiuto
di
Telamone e di pochi altri compagni s’impadronì di
ancator di parola ; ma col proprio braccio e coll’aiuto di Telamone e
di
pochi altri compagni s’impadronì di Troia, la sac
raccio e coll’aiuto di Telamone e di pochi altri compagni s’impadronì
di
Troia, la saccheggiò, uccise Laomedonte, prese Es
o ed infelicissimo re Troiano passò alla posterità. Degli altri figli
di
Laomedonte rammentati da Omero nei versi sopracit
endo l’Aurora ottenuto per esso dagli Dei l’immortalità, si dimenticò
di
chiedere ad un tempo la perpetua giovinezza del s
ciò Titone invecchiò tanto che venne in uggia a sè stesso, e desiderò
di
morire. Gli Dei lo cangiarono in cicala, trasform
nell’estrema sua vecchiezza. Riscattato che fu Priamo e proclamato re
di
Troia, sposò Ècuba figlia di Dimante re di Tracia
Riscattato che fu Priamo e proclamato re di Troia, sposò Ècuba figlia
di
Dimante re di Tracia, e da essa ebbe molti figli,
fu Priamo e proclamato re di Troia, sposò Ècuba figlia di Dimante re
di
Tracia, e da essa ebbe molti figli, di ciascuno d
osò Ècuba figlia di Dimante re di Tracia, e da essa ebbe molti figli,
di
ciascuno dei quali dovrà parlarsi nel raccontare
contare le estreme sventure della loro patria ; e prima converrà dire
di
quello che ne fu causa, cioè di Paride. I poeti s
a loro patria ; e prima converrà dire di quello che ne fu causa, cioè
di
Paride. I poeti si fanno dalla lontana, e veramen
lla lontana, e veramente ab ovo, narrando che Ecuba quand’era incinta
di
questo figlio sognò di aver partorito una fiamma
e ab ovo, narrando che Ecuba quand’era incinta di questo figlio sognò
di
aver partorito una fiamma che incendiava tutta l’
appena nato i genitori lo fecero esporre in un bosco, perchè perisse
di
disagio, o fosse divorato da qualche fiera ; ma i
sse di disagio, o fosse divorato da qualche fiera ; ma invece avvenne
di
lui come di Edipo, che fu trovato vivo da un past
io, o fosse divorato da qualche fiera ; ma invece avvenne di lui come
di
Edipo, che fu trovato vivo da un pastore ed allev
tre Dee, come dicemmo. In qual modo poi egli desse causa alla guerra
di
Troia si dirà subito nel prossimo capitolo. LV
si dirà subito nel prossimo capitolo. LVII Origine della guerra
di
Troia e preparativi per la medesima Dopo che V
rativi per la medesima Dopo che Venere ebbe riportato pel giudizio
di
Paride il più splendido trionfo nel vanto della b
e, convenne pure che pensasse a mantener la promessafatta al giudice,
di
procurargli cioè per moglie la più bella donna de
e del re Menelao, come dicemmo : e questa stessa, secondo le promesse
di
Venere, doveva divenir moglie dell’umile pastore
facilmente neppur da una Dea. In quanto al pastore fu trovato il modo
di
farlo riconoscere per figlio di Priamo e di Ecuba
quanto al pastore fu trovato il modo di farlo riconoscere per figlio
di
Priamo e di Ecuba in un torneo in cui Paride vins
astore fu trovato il modo di farlo riconoscere per figlio di Priamo e
di
Ecuba in un torneo in cui Paride vinse tutti i fi
utti i figli del re ; e in tale occasione investigando essi l’origine
di
lui, scuoprirono che egli era il loro fratello es
bino nelle selve, e per tale lo riconobbero senza pensar più al sogno
di
Ecuba e all’interpretazione di quello. Così Parid
riconobbero senza pensar più al sogno di Ecuba e all’interpretazione
di
quello. Così Paride divenne principe reale, e per
terpretazione di quello. Così Paride divenne principe reale, e perciò
di
nascita pari a quella di Elena ; e come fanno tut
Così Paride divenne principe reale, e perciò di nascita pari a quella
di
Elena ; e come fanno tutti i giovani principi and
ollero rendere nè l’una nè gli altri. Ecco la vera causa della guerra
di
Troia, perchè Menelao offeso nei sentimenti di am
era causa della guerra di Troia, perchè Menelao offeso nei sentimenti
di
amor proprio e nell’interesse, giurò vendetta e l
e, giurò vendetta e l’ottenne. D’accordo col suo fratello Agamennone,
di
lui più potente e più ardito, rappresentò a tutti
sulto nazionale, come un’ onta all’intera Grecia ; e la maggior parte
di
questi principi accorse ad un generale congresso
un generale congresso in Argo, ove mossi dalle parole e dall’autorità
di
Agamennone consentirono a portar guerra di esterm
lle parole e dall’autorità di Agamennone consentirono a portar guerra
di
esterminio ai Troiani, ed elessero Agamennone ste
di esterminio ai Troiani, ed elessero Agamennone stesso Duce supremo
di
quell’impresa nazionale e capo di tutti i princip
sero Agamennone stesso Duce supremo di quell’impresa nazionale e capo
di
tutti i principi collegati. Ecco perchè egli è ch
e dei re, e da Dante lo Gran Duca dei Greci. Fu risoluto che il luogo
di
convegno per far tutti insieme il passaggio per m
far tutti insieme il passaggio per mare nella Troade sarebbe il porto
di
Aulide nella Beozia in faccia all’isola di Eubea.
la Troade sarebbe il porto di Aulide nella Beozia in faccia all’isola
di
Eubea. Vi accorsero infatti principi ed armati da
rti della Grecia, ma non tanto in fretta, perchè molti ebbero bisogno
di
prender tempo per prepararsi ; altri pensandovi m
he meritarono in appresso, per le loro grandi gesta in quell’impresa,
di
esser fatti da Omero i protagonisti dei suoi due
o i protagonisti dei suoi due poemi l’Iliade e l’Odissea. E veramente
di
Achille non sapevasi dove fosse, ed Ulisse diceva
Fortunatamente essendo venuto in Aulide tra i primi Palamede figlio
di
Nauplio, re della vicina isola di Eubea, egli, in
Aulide tra i primi Palamede figlio di Nauplio, re della vicina isola
di
Eubea, egli, ingegnosissimo qual era, sospettò ac
i, ingegnosissimo qual era, sospettò accortamente che Ulisse fingesse
di
esser pazzo per non andare alla guerra e non lasc
Penelope e il suo Telemaco ; e recatosi in Itaca scuoprì la finzione
di
lui e lo indusse a seguirlo. Ulisse poi si diede
i nascondesse in abito femminile) fu questo : Si travestì da mercante
di
gioie, e andò ad offrirle nelle corti alle princi
fece palese Achille ; il quale dimenticando il suo travestimento, su
di
essa fissò il suo sguardo, e a quella diè di pigl
il suo travestimento, su di essa fissò il suo sguardo, e a quella diè
di
piglio, quando appositamente Ulisse fingendo un i
itamente Ulisse fingendo un improvviso assalto, fe’ suonare la tromba
di
guerra. Fu allora deciso dei futuri destini di Ac
fe’ suonare la tromba di guerra. Fu allora deciso dei futuri destini
di
Achille. All’eloquente invito di Ulisse s’infiamm
Fu allora deciso dei futuri destini di Achille. All’eloquente invito
di
Ulisse s’infiammarono gli spiriti guerreschi del
a effemminata ed oscura preferì una breve esistenza terrena, ma piena
di
gloria immortale ; nè valse a ritardarlo e tratte
ia immortale ; nè valse a ritardarlo e trattenerlo in Sciro l’affetto
di
Deidamia figlia del re, che egli aveva segretamen
aveva segretamente sposata ; e dalla mollezza e dagli agi della corte
di
Licomede partì con Ulisse per i duri travagli del
uerrieri, che per quanto fece dire Dante a Virgilio, « ……. Grecia fu
di
maschi vota « Sì, che appena rimaser per le cune
soggiunge : « Onde pianse Ifigènia il suo bel volto « E fe’ pianger
di
sè i folli e i savi « Che udîr parlar di così fat
uo bel volto « E fe’ pianger di sè i folli e i savi « Che udîr parlar
di
così fatto cólto. » Secondo altri però la Dea Di
ima fune. » LVIII Decenne assedio e battaglie intorno alle mura
di
Troia Nel tempo che i Greci si preparavano per
raevano delle nuove. Priamo era già vecchio ; ma aveva un gran numero
di
figli esercitati tutti nelle armi, e più valente
fu giunta in vista delle coste della Troade, scorse in diversi punti
di
quelle schierato l’esercito troiano, o ad impedir
mano dello stesso Ettore. È ricordata con somme lodi Laodamia moglie
di
lui affettuosissima, la quale desiderando di vede
mme lodi Laodamia moglie di lui affettuosissima, la quale desiderando
di
veder l’ombra del marito e poi morire, fu trovata
e non ebbero ugual fama, e colla loro morte pagarono il primo tributo
di
sangue al Dio della guerra. Ma, finalmente, respi
onvien dire che ai tempi nostri non si capisce facilmente qual genere
di
guerra intendessero i Greci di fare ai Troiani, o
non si capisce facilmente qual genere di guerra intendessero i Greci
di
fare ai Troiani, ossia qual fosse la loro tattica
attica e il loro disegno, o, come suol dirsi francescamente, il piano
di
guerra, perchè non cinsero mai la città di Troia
i francescamente, il piano di guerra, perchè non cinsero mai la città
di
Troia in modo che non potesse ricever di fuori e
chè non cinsero mai la città di Troia in modo che non potesse ricever
di
fuori e viveri e truppe ausiliarie, nè mai, per n
rovarono forse degli ostacoli che non avevano preveduti : la mancanza
di
provvisioni li costringeva a sbandarsi per vettov
ente d’assedio la città da bloccarla ; nè fino al decimo anno osarono
di
assaltarla ; nè i Troiani di abbandonare il siste
occarla ; nè fino al decimo anno osarono di assaltarla ; nè i Troiani
di
abbandonare il sistema difensivo. I fatti perciò
di abbandonare il sistema difensivo. I fatti perciò e gli avvenimenti
di
quei primi nove anni si riducono a pochi : la noi
ochi, fatalità e superstizioni per tenere a bada i soldati, e pascere
di
speranze la loro credulità. Attribuivasi infatti
delle sentinelle e delle evoluzioni militari ; e si aggiunge inoltre
di
quattro lettere dell’alfabeto greco. Il suo ingeg
eco. Il suo ingegno straordinario meritava però miglior sorte, poichè
di
lui si racconta che fu condannato a morte dai Gre
ui si racconta che fu condannato a morte dai Greci per falso sospetto
di
tradimento ; e questo giudizio fu dichiarato iniq
o da Socrate ai giudici che lo condannarono 129. Fu un infame delitto
di
Ulisse quello di far comparir reo Palamede per me
iudici che lo condannarono 129. Fu un infame delitto di Ulisse quello
di
far comparir reo Palamede per mezzo di falsi docu
nfame delitto di Ulisse quello di far comparir reo Palamede per mezzo
di
falsi documenti di corrispondenza col nemico, sot
isse quello di far comparir reo Palamede per mezzo di falsi documenti
di
corrispondenza col nemico, sotterrati a bella pos
ti di corrispondenza col nemico, sotterrati a bella posta nella tenda
di
esso. Anche Virgilio nel libro ii dell’Eneide par
ta nella tenda di esso. Anche Virgilio nel libro ii dell’Eneide parla
di
Palamede, e ne fa da Sinone attribuire la morte a
de, e ne fa da Sinone attribuire la morte all’invidia e al tradimento
di
Ulisse in questi termini, secondo la traduzione d
ia e al tradimento di Ulisse in questi termini, secondo la traduzione
di
Annibal Caro : « Non so se, ragionandosi, agli o
nnibal Caro : « Non so se, ragionandosi, agli orecchi « Ti venne mai
di
Palamede il nome, « Che nomato e pregiato e glorï
maramente il piansi. » Ma che Ulisse avesse ciò fatto per vendicarsi
di
Palamede, che aveva scoperto la sua simulazione d
esiste, qualunque ne fosse il motivo, nessuno scusa nè assolve Ulisse
di
avere inventato una sì nera calunnia. Immaginaron
oia potesse esser presa dai Greci ; e perciò furono dette le fatalità
di
Troia. Se ne contano sei : 1ª Fatalità. — Doveva
Se ne contano sei : 1ª Fatalità. — Doveva prender parte alla guerra
di
Troia un discendente di Eaco ; e questa fatalità
Fatalità. — Doveva prender parte alla guerra di Troia un discendente
di
Eaco ; e questa fatalità si avverò la prima colla
scendente di Eaco ; e questa fatalità si avverò la prima colla venuta
di
Achille, che era figlio di Peleo e nipote di Eaco
a fatalità si avverò la prima colla venuta di Achille, che era figlio
di
Peleo e nipote di Eaco, e perciò chiamato dai poe
rò la prima colla venuta di Achille, che era figlio di Peleo e nipote
di
Eaco, e perciò chiamato dai poeti il Pelìde e l’E
ccie d’Ercole, che quest’Eroe morendo lasciò a Filottete coll’obbligo
di
non manifestarle ad alcuno, come dicemmo. I Greci
reci pregarono tanto Filottete che ei le portò in Aulide ; ma in pena
di
aver mancato alla promessa fatta ad Ercole, nel m
le, nel maneggiar quelle freccie che erano tinte nel sangue dell’Idra
di
Lerna, glie ne cadde una in un piede, e gli cagio
nte, che i Greci nell’andare a Troia lo abbandonarono solo nell’isola
di
Lenno. In appresso però avendo bisogno di quelle
bandonarono solo nell’isola di Lenno. In appresso però avendo bisogno
di
quelle freccie, lo andarono a riprendere e lo fec
e lo fecero curare dai medici dell’armata Macaone e Podalirio, figli
di
Esculapio, che lo guarirono. 3ª Fatalità. — Dovev
Fatalità. — Doveva divenire amico un nemico ; e questi era Tèlefo re
di
Misia. Telefo, quantunque di sangue greco per par
amico un nemico ; e questi era Tèlefo re di Misia. Telefo, quantunque
di
sangue greco per parte di padre perchè era figlio
era Tèlefo re di Misia. Telefo, quantunque di sangue greco per parte
di
padre perchè era figlio di Ercole, essendo divenu
lefo, quantunque di sangue greco per parte di padre perchè era figlio
di
Ercole, essendo divenuto re di Misia, regione lim
o per parte di padre perchè era figlio di Ercole, essendo divenuto re
di
Misia, regione limitrofa alla Troade, dovè, per r
divenuto re di Misia, regione limitrofa alla Troade, dovè, per ragion
di
Stato, fare alleanza con Priamo contro i Greci ;
ggir dal suo regno ; e per maggiore sciagura rimase colpito dall’asta
di
Achille, le cui ferite erano insanabili. Consulta
e sottostare a qualunque condizione. Guarito colla limatura del ferro
di
quell’asta rimase nel campo greco in adempimento
co in adempimento dei patti, e divenne amico dei Greci per sentimento
di
gratitudine. Dante rammenta questa virtù dell’ast
per sentimento di gratitudine. Dante rammenta questa virtù dell’asta
di
Achille nei seguenti versi del Canto xxx dell’Inf
e soleva la lancia « D’Achille e del suo padre esser cagione « Prima
di
trista e poi di buona mancia. » 4ª Fatalità. — B
ia « D’Achille e del suo padre esser cagione « Prima di trista e poi
di
buona mancia. » 4ª Fatalità. — Bisognava impedir
i di buona mancia. » 4ª Fatalità. — Bisognava impedire che i cavalli
di
Reso re di Tracia, bevessero le acque del fiume X
mancia. » 4ª Fatalità. — Bisognava impedire che i cavalli di Reso re
di
Tracia, bevessero le acque del fiume Xanto ; il c
re di Tracia, bevessero le acque del fiume Xanto ; il che significava
di
impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed er
sero le acque del fiume Xanto ; il che significava di impedire a Reso
di
recar soccorsi a Troia ; ed era questa non già un
d era questa non già una superstizione, ma una necessaria precauzione
di
guerra. Ulisse e Diomede provvidero che si avvera
ima che arrivasse a Troia e portando nelle greche trinciere i cavalli
di
lui. 5ª Fatalità. — Dovevano i Greci impadronirsi
lità. — Dovevano i Greci impadronirsi del Palladio che era nel tempio
di
Pallade dentro alla rocca di Troia. Ulisse e Diom
dronirsi del Palladio che era nel tempio di Pallade dentro alla rocca
di
Troia. Ulisse e Diomede essendo penetrati in Troi
io pena vi si porta. » 6ª Fatalità. — Dovevasi abbattere il sepolcro
di
Laomedonte : e questa fatalità fu compiuta per op
a loro città, come vedremo. Nel decimo anno del lungo e lento assedio
di
Troia avvennero intorno alle mura di essa le più
o anno del lungo e lento assedio di Troia avvennero intorno alle mura
di
essa le più memorabili battaglie, che furono narr
contiene la lunga serie ; e perciò per traslato suol dirsi un’iliade
di
sventure a significare una lunga serie di esse. S
aslato suol dirsi un’iliade di sventure a significare una lunga serie
di
esse. Sebbene il titolo d’Iliade che diede Omero
ero al suo poema, derivando da Ilio, appelli in generale alle vicende
di
Troia, il poeta sovrano ne ristrinse così i limit
Achei, molte anzi tempo all’Orco « Generose travolse alme d’eroi, « E
di
cani e di augelli orrido pasto « Le salme abbando
te anzi tempo all’Orco « Generose travolse alme d’eroi, « E di cani e
di
augelli orrido pasto « Le salme abbandonò (così d
roi, « E di cani e di augelli orrido pasto « Le salme abbandonò (così
di
Giove « L’alto consiglio s’adempia), da quando «
di Atride e il divo Achille. » Omero dunque cantò nell’Iliade l’ira
di
Achille e le funeste conseguenze di quella. Il po
ro dunque cantò nell’Iliade l’ira di Achille e le funeste conseguenze
di
quella. Il poema comincia dal narrare la causa ch
icizia fra Achille ed Agamennone, e termina con la morte e le esequie
di
Ettore. Il tempo in cui avvennero tutti i fatti i
ia prima d’ora letto l’Iliade, potrà, dopo l’introduzione da me fatta
di
sopra a questa lettura, intender tutto il poema s
e i fatti principali che vi si contengono, per l’obbligo che mi corre
di
non lasciar lacune nel mio umile racconto. La cau
cose. — Aveva Agamennone una schiava chiamata Crisèide perchè figlia
di
Crisa sacerdote e re ; e venuto il padre a riscat
po infierendo una pestilenza nel campo greco, fu creduta una vendetta
di
Apollo per l’insulto fatto al suo sacerdote. Ciò
placare quel Nume e far cessare la pestilenza. Agamennone s’impermalì
di
trovarsi costretto a render Criseide, e imbizzarr
costretto a render Criseide, e imbizzarrito insultò Calcante, e disse
di
volere un’altra schiava in compenso, diversamente
le e frasi sì poco parlamentari, che fu per terminare colla uccisione
di
Agamennone per mano di Achille, se questi non era
amentari, che fu per terminare colla uccisione di Agamennone per mano
di
Achille, se questi non era trattenuto dalle eloqu
fiero Pelide, a tutti occulta, « A lui sol manifesta, » e gl’impedì
di
uccidere il re dei re. Obbedì Achille, ma giurò p
l’impedì di uccidere il re dei re. Obbedì Achille, ma giurò per altro
di
non più combatter per esso. E ritiratosi nelle su
nemici. Infatti i Troiani, conosciuta l’ira e la volontaria inazione
di
Achille, presero coraggio ad assaltare i Greci, e
l più debole artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale
di
Achille e di Diomede colle spade e colle lance. C
artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale di Achille e
di
Diomede colle spade e colle lance. Convien qui no
acile indovinare che Venere favorirà i Troiani in grazia del giudizio
di
Paride, e che Marte campione di Venere la seconde
rirà i Troiani in grazia del giudizio di Paride, e che Marte campione
di
Venere la seconderà in tutto e per tutto ; e per
le opposte ragioni Giunone e Minerva, per dispetto cioè del giudizio
di
Paride e per invidia di Venere, perseguiteranno i
one e Minerva, per dispetto cioè del giudizio di Paride e per invidia
di
Venere, perseguiteranno i Troiani e favoriranno i
an nome d’Immortali. » Per quanto i capitani greci facessero prodigi
di
valore a gara con Diomede, la sorte era contraria
iamento dei superstiti ed illesi. Si notò allora con dolore l’assenza
di
Achille, e sorse vivissimo in tutti i cuori il de
l’assenza di Achille, e sorse vivissimo in tutti i cuori il desiderio
di
lui : lo stesso Agamennone si pentì di averlo ins
in tutti i cuori il desiderio di lui : lo stesso Agamennone si pentì
di
averlo insultato. E Achille intanto nelle sue sic
o dei più illustri personaggi della sua armata, oltre la restituzione
di
Briseide, i più ricchi doni ed una delle proprie
lle stette fermo al niego e respinse sdegnosamente qualunque proposta
di
conciliazione. Qualche giorno dopo, peggiorando s
anti « Eran dianzi i miglior, tutti alle navi « Giacean feriti, quale
di
saetta, « Qual di fendente : di saetta il forte «
i miglior, tutti alle navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual
di
fendente : di saetta il forte « Tidìde Diomede, e
tti alle navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual di fendente :
di
saetta il forte « Tidìde Diomede, e di fendente «
i saetta, « Qual di fendente : di saetta il forte « Tidìde Diomede, e
di
fendente « L’inclito Ulisse e Agamennòn ; » si p
Agamennòn ; » si presentò Patroclo piangendo ad Achille, e lo pregò
di
permettergli almeno di combatter egli con le divi
entò Patroclo piangendo ad Achille, e lo pregò di permettergli almeno
di
combatter egli con le divine armi di lui per trat
lo pregò di permettergli almeno di combatter egli con le divine armi
di
lui per trattenere alquanto l’impeto dei Troiani
ottenne ; ma la sua pietà gli costò cara, perchè dopo aver dato prove
di
mirabil valore facendo strage dei nemici, quand’e
battenti spingendo furiosamente il suo cocchio in cerca dell’uccisore
di
Patroclo. Trovatolo e costringendolo subito a com
olo e costringendolo subito a combattere non volle udir patti, neppur
di
render la salma ai parenti e al sepolcro ; con im
suo carro, lo trascinò per tre volte nella polvere intorno alle mura
di
Troia ; e poi tornato alle sue tende lo trascinò
oi tornato alle sue tende lo trascinò altre volte intorno al cadavere
di
Patroclo, quasi che l’estinto amico dovesse esult
amico nell’urna stessa destinata ad accoglier le sue, aveva risoluto
di
lasciar pasto alle fiere dell’aria e della terra
risoluto di lasciar pasto alle fiere dell’aria e della terra il corpo
di
Ettore ; quando la sera vede comparire nella sua
ngendo quella mano che gli uccise il figlio, e lo prega singhiozzando
di
rendergli il corpo di Ettore per dargli sepoltura
gli uccise il figlio, e lo prega singhiozzando di rendergli il corpo
di
Ettore per dargli sepoltura, offrendo per riscatt
rda il corpo del suo figlio senza alcun riscatto. Anzi per aver tempo
di
far lavare e sparger di balsami quel deformato ca
lio senza alcun riscatto. Anzi per aver tempo di far lavare e sparger
di
balsami quel deformato cadavere, obbliga Priamo a
tte nella sua tenda, e la mattina gli fa trovare imbalsamata la salma
di
Ettore in un funebre carro coperto di un ricchiss
fa trovare imbalsamata la salma di Ettore in un funebre carro coperto
di
un ricchissimo manto e gli assegna un drappello d
ebre carro coperto di un ricchissimo manto e gli assegna un drappello
di
Mirmidoni che lo accompagnino sino a Troia. Colla
issime parole : « Questi furo gli estremi onor renduti « Al domatore
di
cavalli Ettorre. » Anche Ugo Foscolo termina il
che Ugo Foscolo termina il suo celebre Carme sui Sepolcri con le lodi
di
quest’Eroe Troiano morto in difesa della patria :
di di quest’Eroe Troiano morto in difesa della patria : « E tu onore
di
pianti, Ettore, avrai « Ove fia santo e lagrimato
« Risplenderà sulle sciagure umane 133. » Parrebbe che dopo la morte
di
Ettore, che era il più formidabil guerriero Troia
battaglie e per le gravi ferite che avevano tocche i più dei capitani
di
ambe le parti, vi fosse, senza bisogno di pattuir
o tocche i più dei capitani di ambe le parti, vi fosse, senza bisogno
di
pattuirla, una tregua necessaria indispensabile.
rsi intenerito per Priamo s’intenerisse non meno per Polissena figlia
di
lui, poichè aderì alla proposta fattagli di sposa
meno per Polissena figlia di lui, poichè aderì alla proposta fattagli
di
sposarla, e per trattarne andò nel tempio di Apol
ì alla proposta fattagli di sposarla, e per trattarne andò nel tempio
di
Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì nel calca
nerabile, e tagliatogli quel tendine, che d’allora in poi fu chiamato
di
Achille, gli cagionò la morte. Dolenti i Greci di
in poi fu chiamato di Achille, gli cagionò la morte. Dolenti i Greci
di
aver perduto il loro principal sostegno, gli rese
orio Sigèo, e chiusero le sue ceneri nella stessa urna ov’eran quelle
di
Patroclo, com’egli avea desiderato. Insorse quind
ontesa per decidere chi dovesse possedere quelle armi che furono opra
di
Vulcano, impareggiabili per tempra e per lavoro.
stinati a contrastarsele Aiace Telamonio ed Ulisse ; quegli più prode
di
braccio, questi più valente di consiglio. In pubb
Telamonio ed Ulisse ; quegli più prode di braccio, questi più valente
di
consiglio. In pubblico parlamento esposero entram
divenuto furibondo, mentre errava per la campagna incontrò una mandra
di
porci, e credendoli altrettanti greci li uccise t
tuale si tolse da sè stesso la vita colla propria spada. Per la morte
di
Achille veniva a mancare nel campo greco la prese
Per la morte di Achille veniva a mancare nel campo greco la presenza
di
un Eacide, e perciò la prima delle fatalità di Tr
ampo greco la presenza di un Eacide, e perciò la prima delle fatalità
di
Troia, di cui abbiamo parlato. Ma Ulisse sapeva b
la presenza di un Eacide, e perciò la prima delle fatalità di Troia,
di
cui abbiamo parlato. Ma Ulisse sapeva bene che di
fatalità di Troia, di cui abbiamo parlato. Ma Ulisse sapeva bene che
di
Achille esisteva un figlio nato da Deidamia, e vi
o suo Licomede in Sciro : quindi andò ad invitarlo a recarsi al campo
di
Troia per vendicar la morte del padre ; e Pirro,
ampo di Troia per vendicar la morte del padre ; e Pirro, degno figlio
di
Achille, non ebbe mestieri di altre parole per se
morte del padre ; e Pirro, degno figlio di Achille, non ebbe mestieri
di
altre parole per seguire Ulisse ; e quantunque gi
i fior quando n’usciro i frutti. » I Greci gli posero il soprannome
di
Neottòlemo, che significa il nuovo venuto alla gu
Al tempo stesso Ulisse, al suo ritorno con Pirro, passò per l’isola
di
Lenno per ricondurre al campo greco Filottete, ab
donato, come dicemmo, in quell’isola, ove pel dolor della sua ferita,
di
cui non era ancora guarito, condusse una vita pie
la sua ferita, di cui non era ancora guarito, condusse una vita piena
di
affanni e di privazioni. Non fu già in Ulisse com
, di cui non era ancora guarito, condusse una vita piena di affanni e
di
privazioni. Non fu già in Ulisse commiserazione p
e di privazioni. Non fu già in Ulisse commiserazione per la disgrazia
di
Filottete, ma calcolo di politica per aver nuovam
ià in Ulisse commiserazione per la disgrazia di Filottete, ma calcolo
di
politica per aver nuovamente nel campo greco le f
er aver nuovamente nel campo greco le freccie d’Ercole in adempimento
di
una delle fatalità di Troia. Filottete infatti no
campo greco le freccie d’Ercole in adempimento di una delle fatalità
di
Troia. Filottete infatti non si fidava di Ulisse,
mento di una delle fatalità di Troia. Filottete infatti non si fidava
di
Ulisse, e solo consentì e si risolse di andar con
lottete infatti non si fidava di Ulisse, e solo consentì e si risolse
di
andar con lui, rassicurato che fu dalle parole de
hille. Giunto nel campo greco fu guarito da Macaone e Podalirio figli
di
Esculapio ; e allora mise in opera subito una di
ne e Podalirio figli di Esculapio ; e allora mise in opera subito una
di
quelle freccie saettando Paride, che di quella fe
lora mise in opera subito una di quelle freccie saettando Paride, che
di
quella ferita morì. La qual morte del rapitore di
ettando Paride, che di quella ferita morì. La qual morte del rapitore
di
Elena diede la maggior soddisfazione all’offeso M
e di Elena diede la maggior soddisfazione all’offeso Menelao, e tolse
di
mezzo un altro ostacolo a terminar finalmente in
r finalmente in qualche modo la lunga e disastrosa guerra. Prima però
di
raccontare l’eccidio di Troia, convien far parola
modo la lunga e disastrosa guerra. Prima però di raccontare l’eccidio
di
Troia, convien far parola, almeno incidentalmente
ntare l’eccidio di Troia, convien far parola, almeno incidentalmente,
di
quei principi e guerrieri, amici ed alleati dei T
ta in battaglia. Fra questi v’eran due Semidei, cioè Sarpèdone figlio
di
Giove e di Laodamia, e Mènnone figlio dell’Aurora
glia. Fra questi v’eran due Semidei, cioè Sarpèdone figlio di Giove e
di
Laodamia, e Mènnone figlio dell’Aurora e di Titon
rpèdone figlio di Giove e di Laodamia, e Mènnone figlio dell’Aurora e
di
Titone. Essendo ambedue re, il primo della Licia
icia ed il secondo dell’Etiopia, andarono alla guerra con una schiera
di
lor gente, e furono entrambi uccisi in battaglia
altri da Ulisse. Dopo la loro morte accaddero dei miracoli : il corpo
di
Sarpèdone fu trasportato invisibilmente (si dice
Sarpèdone fu trasportato invisibilmente (si dice da Apollo per ordine
di
Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popol
invisibilmente (si dice da Apollo per ordine di Giove) nel suo regno
di
Licia perchè i suoi popoli gli rendessero solenne
è i suoi popoli gli rendessero solennemente i funebri onori. Dal rogo
di
Mènnone, mentre il suo corpo ardeva uscirono degl
al rogo di Mènnone, mentre il suo corpo ardeva uscirono degli uccelli
di
una nuova specie non prima veduta, che furon chia
li Ornitologi. Si racconta ancora un altro miracolo, che dalla statua
di
Mènnone, quando era percossa dai raggi del Sole,
era percossa dai raggi del Sole, uscivano suoni musicali come quelli
di
una cetra : i sacerdoti facevan credere al volgo
li di una cetra : i sacerdoti facevan credere al volgo che lo spirito
di
Mènnone animando quella statua tramandasse quei s
rgilio così la descrive nel lib. i dell’Eneide : « Scorge d’altronde
di
lunati scudi « Guidar Pentesilèa l’armate schiere
alier, non teme intoppo. » (Traduzione del Caro). E Dante asserisce
di
averla veduta nel Limbo colle Eroine : « Vidi Ca
Vidi Camilla e la Pentesilea « Dall’altra parte. » LIX Eccidio
di
Troia L’invenzione del cavallo di legno per pr
altra parte. » LIX Eccidio di Troia L’invenzione del cavallo
di
legno per prender la città di Troia è non solo di
io di Troia L’invenzione del cavallo di legno per prender la città
di
Troia è non solo di nuovo genere, ma unica nel su
enzione del cavallo di legno per prender la città di Troia è non solo
di
nuovo genere, ma unica nel suo genere. Omero dice
no per dire. Omero nel libro viii dell’Odissea, parlando del cavallo
di
legno, lo chiama « ……………. l’edifizio « Del gran
ma insigne !) « Degli eroi per cui Troia andò in faville. » (Traduz.
di
Pindemonte.) E Virgilio nel libro ii dell’ Eneid
l libro ii dell’ Eneide facendo narrare da Enea la presa e l’incendio
di
Troia palesa pur anco il motivo per cui ricorsero
e edificaro. « Poscia finto che ciò fosse per vóto « Del lor ritorno,
di
tornar sembiante « Fecero tal che se ne sparse il
elle grotte, « Che molte erano e grandi in sì gran mole, « Rinchiuser
di
nascoso arme e guerrieri « A ciò per sorte e. per
accortissimo Ulisse, fu un grande azzardo chiudersi come in una torre
di
legno nelle vicinanze di Troia, mentre il rimanen
n grande azzardo chiudersi come in una torre di legno nelle vicinanze
di
Troia, mentre il rimanente dell’esercito era già
dell’esercito era già partito sulle navi e ritiratosi dietro l’isola
di
Tènedo, venti e più miglia distante. Nè mancò fra
tante. Nè mancò fra i Troiani chi proponesse d’incendiar quel cavallo
di
legno, o gettarlo nel mare, o farlo a pezzi, sosp
r l’opposta deliberazione, inventando superstizioni, miracoli e frodi
di
Sinone, non son mai riusciti a far creder perdona
alvo altrove. Ecco in poche parole il tragico avvenimento della presa
di
Troia ; ma gli episodii son tanti che empirebbero
conviene almeno accennarne i principali e più famigerati. L’episodio
di
Laocoonte fu reso celebre non solo da Virgilio, m
solo da Virgilio, ma anche dalla greca scultura. Laocoonte sacerdote
di
Apollo fu uno di quei Troiani che volevano incend
, ma anche dalla greca scultura. Laocoonte sacerdote di Apollo fu uno
di
quei Troiani che volevano incendiare o in qualunq
volevano incendiare o in qualunque altro modo distruggere il cavallo
di
legno, e inoltre gli scagliò un dardo che rimase
strangolarono tutti e tre. Fu detto subito che questo era un castigo
di
Minerva, perchè Laocoonte aveva violato quel dono
del Vaticano) nel quale vedesi Laocoonte con i due suoi figli in atto
di
fare i supremi sforzi per liberarsi da quelli spa
re nemico dei Greci e indurre i Troiani a portare in Troia il cavallo
di
legno, oltre al farne la più eloquente narrazione
» Quanto ai principali guerrieri che entrarono nel cavallo sarà bene
di
conoscerne i nomi riferiti da Virgilio, per inten
e Toante e Macaone « E Pirro e Menelao con lo scaltrito « Fabbricator
di
quest’inganno, Epeo. » (Traduz. del Caro.) Virgi
che la minacci. » Fu in quel giorno che si avverò l’ultima fatalità
di
Troia, che consisteva, come dicemmo, nell’atterra
tà di Troia, che consisteva, come dicemmo, nell’atterrare il sepolcro
di
Laomedonte ; il qual sepolcro essendo addossato a
sere atterrato dai Troiani stessi. Ma più che all’insidia del cavallo
di
legno è probabile che dovessero i Greci la presa
sidia del cavallo di legno è probabile che dovessero i Greci la presa
di
Troia al tradimento. Tal ne corse la fama che fu
questi dall’Alighieri. Fu detto antichissimamente che Antènore nipote
di
Priamo ex sorore tradisse i Troiani, e che perciò
Priamo ex sorore tradisse i Troiani, e che perciò potè uscire illeso
di
mezzo alle argive schiere e trasportarsi in Itali
re e trasportarsi in Italia, ove fondò Padova. Che anche Dante avesse
di
lui questa opinione lo dimostrò coll’aver dato il
ante avesse di lui questa opinione lo dimostrò coll’aver dato il nome
di
Antenòra a quella divisione dell’Inferno in cui s
dei loro Eroi nascosero più che poterono il tradimento, talchè a noi
di
quel fatto così remoto « Debil’aura di fama appe
o il tradimento, talchè a noi di quel fatto così remoto « Debil’aura
di
fama appena giunge. » Il sospetto di tradimento
fatto così remoto « Debil’aura di fama appena giunge. » Il sospetto
di
tradimento cresce ancora dal sapersi che Elena do
petto di tradimento cresce ancora dal sapersi che Elena dopo la morte
di
Paride, pur restando nella corte troiana, aveva s
aride, pur restando nella corte troiana, aveva saputo trovare il modo
di
persuader Menelao a riprenderla per moglie al suo
erla per moglie al suo ritorno in Grecia, come difatti avvenne. Anche
di
Enea fu detto da qualche scrittore di minor conto
ia, come difatti avvenne. Anche di Enea fu detto da qualche scrittore
di
minor conto che egli fosse stato in qualche modo
e egli fosse stato in qualche modo d’accordo coi Greci ; ma oltre che
di
sì grave accusa non si trova traccia alcuna in Om
o, egli è poi sì altamente encomiato come il pio Enea nel poema epico
di
Virgilio, che lo stesso Dante ha detto di lui :
il pio Enea nel poema epico di Virgilio, che lo stesso Dante ha detto
di
lui : « Ch’ei fu dell’alma Roma e del suo impero
re a lungo in un capitolo a parte. Fra gli episodii però dell’eccidio
di
Troia uno dei più lagrimevoli è quello della mort
diti, e presa e incendiata dai Greci la sua città, fu ucciso per mano
di
Pirro. Nè qui si arrestò la vendetta del giovane
è qui si arrestò la vendetta del giovane guerriero, che impadronitosi
di
Polissèna, causa innocente della morte di Achille
uerriero, che impadronitosi di Polissèna, causa innocente della morte
di
Achille, la uccise sulla tomba del padre, in sacr
ella morte di Achille, la uccise sulla tomba del padre, in sacrifizio
di
espiazione all’ombra di lui. Nè meno miseranda è
a uccise sulla tomba del padre, in sacrifizio di espiazione all’ombra
di
lui. Nè meno miseranda è la fine di Ecuba. Fu all
acrifizio di espiazione all’ombra di lui. Nè meno miseranda è la fine
di
Ecuba. Fu allora che « Ecuba trista, misera e ca
etamorfosi, e pietosamente la modificò dicendo, come abbiam riportato
di
sopra : « Forsennata latrò siccome cane, » e co
o i suoi giorni gemendo ed urlando. Tutti gli altri e figli e parenti
di
ambo i sessi della famiglia di Priamo divennero s
ndo. Tutti gli altri e figli e parenti di ambo i sessi della famiglia
di
Priamo divennero schiavi dei Greci, e principalme
ella famiglia di Priamo divennero schiavi dei Greci, e principalmente
di
Pirro e di Agamennone : e delle loro vicende parl
ia di Priamo divennero schiavi dei Greci, e principalmente di Pirro e
di
Agamennone : e delle loro vicende parleremo in ap
ndo l’ordine cronologico degli avvenimenti. Le incomparabili sciagure
di
questa regia famiglia hanno sempre ispirato gli a
marmi ; ed anche il vivente scultore Pio Fedi col suo mirabil gruppo
di
quattro statue, chiamato volgarmente il ratto di
l suo mirabil gruppo di quattro statue, chiamato volgarmente il ratto
di
Polissena (ratto ben diverso pel significato dell
i e della Mitologia. In quel gruppo vedesi Pirro che si è impadronito
di
Polissena e la sostiene col braccio sinistro soll
la spada minaccia Ecuba che inginocchiata e supplicante tenta invano
di
trattenerlo e di commuoverlo a rendergli la figli
a Ecuba che inginocchiata e supplicante tenta invano di trattenerlo e
di
commuoverlo a rendergli la figlia ; e sul suolo f
erlo e di commuoverlo a rendergli la figlia ; e sul suolo fra i piedi
di
Pirro giace moribondo Polite, uno dei figli di Pr
sul suolo fra i piedi di Pirro giace moribondo Polite, uno dei figli
di
Priamo. 135. LX Ritorno dei Greci in patria
iamo. 135. LX Ritorno dei Greci in patria Incendiata la città
di
Troia, e divise fra i vincitori le prede, nessun’
i vincitori le prede, nessun’altra maggior premura ebbero i Greci che
di
ritornare in patria dopo tanti anni, tanti perico
i della più tremenda e memorabil vendetta. Le prede non eran soltanto
di
schiavi e di schiave, ma anche di ricchi tesori c
remenda e memorabil vendetta. Le prede non eran soltanto di schiavi e
di
schiave, ma anche di ricchi tesori che i Greci no
endetta. Le prede non eran soltanto di schiavi e di schiave, ma anche
di
ricchi tesori che i Greci non avevan dimenticato
schiave, ma anche di ricchi tesori che i Greci non avevan dimenticato
di
rapire dai troiani palagi prima che vi giungesser
ima che vi giungesser le fiamme. Furon tutti contenti della lor parte
di
preda ; ma la dissenzione si manifestò tra loro p
a e cessato il pericolo, ognuno si credè sciolto da qualunque vincolo
di
subordinazione al comandante supremo ; e lo stess
lui, e volle partire con pochi altri il secondo giorno dopo la presa
di
Troia. Si unirono ad esso il vecchio Nestore, Uli
chio Nestore, Ulisse e Diomede, e veleggiarono insieme sino all’isola
di
Tenedo. Costì nuovamente si divisero : Ulisse tor
o. Costì nuovamente si divisero : Ulisse tornò indietro alle spiaggie
di
Troia, e gli altri si diressero verso la patria,
azioni. Agamennone era rimasto accampato intorno alle fumanti rovine
di
Troia insieme con Pirro figlio di Achille e gli a
campato intorno alle fumanti rovine di Troia insieme con Pirro figlio
di
Achille e gli altri capitani che non vollero part
to compassionevole in uno dei superstiti della infelicissima famiglia
di
Priamo. Tra gli schiavi di Pirro v’era Andròmaca,
ei superstiti della infelicissima famiglia di Priamo. Tra gli schiavi
di
Pirro v’era Andròmaca, vedova del famoso Ettore.
o come stella, dice Omero, unica speranza della madre, unico rampollo
di
quell’eroe. La madre al primo romore della presa
e, unico rampollo di quell’eroe. La madre al primo romore della presa
di
Troia lo mandò a nascondere nel sepolcro di Ettor
primo romore della presa di Troia lo mandò a nascondere nel sepolcro
di
Ettore fuori della città ; e poi divenuta schiava
ere nel sepolcro di Ettore fuori della città ; e poi divenuta schiava
di
Pirro andava segretamente a portar cibo al piccol
a Pirro che tiene sospeso in aria il piccolo Astianatte, ed è in atto
di
scagliarlo lontano da sè, mentre l’infelice madre
cagliarlo lontano da sè, mentre l’infelice madre inginocchiata ai piè
di
lui lo supplica indarno per la salvezza del figli
rno per la salvezza del figlio136. Quando Agamennone credè opportuno
di
partire, tutti i principi greci che erano rimasti
he erano rimasti con esso salparono contemporaneamente dalle spiaggie
di
Troia e insieme navigarono verso la Grecia finchè
empesta non li divise ; la quale piombò loro addosso vicino all’isola
di
Eubea. Ivi viveva ancora Nauplio padre dell’infel
perciò per vendicar la morte del figlio aveva Nauplio sempre cercato
di
nuocere in ogni modo alle famiglie ed agli Stati
io sempre cercato di nuocere in ogni modo alle famiglie ed agli Stati
di
quei Greci che erano andati alla guerra di Troia.
lle famiglie ed agli Stati di quei Greci che erano andati alla guerra
di
Troia. Egli dunque all’avvicinarsi della greca fl
farei (al sud-ovest dell’ Eubea) perchè i Greci li credessero segnali
di
un porto amico ove ripararsi dalla tempesta, ed i
invece percuotendovi naufragassero ; ma non vi perì che Aiace figlio
di
Oileo, e tutti gli altri si salvarono, con gran d
figlio di Oileo, e tutti gli altri si salvarono, con gran dispiacere
di
Nauplio, principalmente perchè ne seppe scampato
campato Ulisse, contro il quale era maggiore l’ira sua e il desiderio
di
vendetta. Aiace stesso Oilèo (detto anche il mino
ce Telamonio che si uccise da sè stesso), perì, anzichè per l’insidia
di
Nauplio, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Mine
cise da sè stesso), perì, anzichè per l’insidia di Nauplio, per l’ira
di
Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che nel t
esso), perì, anzichè per l’insidia di Nauplio, per l’ira di Minerva e
di
Nettuno : Minerva sdegnata che nel tempio di lei
, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che nel tempio
di
lei avesse egli insultato la profetessa Cassandra
el tempio di lei avesse egli insultato la profetessa Cassandra figlia
di
Priamo ; Nettuno, perchè Aiace sbattuto dalle ond
figlia di Priamo ; Nettuno, perchè Aiace sbattuto dalle onde si vantò
di
scampare dal naufragio ad onta degli Dei e dello
l tempo della sua più che decenne assenza, Egisto suo cugino e figlio
di
Tieste continuando a nutrire l’odio del padre con
rire l’odio del padre contro gli Atridi, si era insinuato nella corte
di
Agamennone e nell’animo di Clitennestra ; ed aven
o gli Atridi, si era insinuato nella corte di Agamennone e nell’animo
di
Clitennestra ; ed avendo fatto sparger voce che A
a a ritornar nel suo regno. Tra le sue schiave eravi Cassandra figlia
di
Priamo, profetessa veridica in tutte le sue predi
Priamo, profetessa veridica in tutte le sue predizioni, ma per volere
di
Apollo con essa adirato, non mai creduta da alcun
nella sua propria reggia. L’iniquo Egisto sentendo imminente l’arrivo
di
lui, raggirò talmente il debole e corrotto animo
mminente l’arrivo di lui, raggirò talmente il debole e corrotto animo
di
Clitennestra, da renderla convinta che per evitar
corrotto animo di Clitennestra, da renderla convinta che per evitare
di
essere uccisi entrambi da Agamennone non v’era al
gisto, e Cassandra da Clitennestra, non chè tutti i più fidi compagni
di
Agamennone ivi presenti, dagli sgherri dell’usurp
, dagli sgherri dell’usurpatore tiranno. Egisto, il quale molto prima
di
Machiavelli sapeva che « è necessario all’usurpat
e molto prima di Machiavelli sapeva che « è necessario all’usurpatore
di
un trono estirpare tutti i « rampolli della famig
n trono estirpare tutti i « rampolli della famiglia che regnava prima
di
lui, » avea tese insidie alla vita del piccolo Or
prima di lui, » avea tese insidie alla vita del piccolo Oreste figlio
di
Agamennone e di Clitennestra ; ma la sorella Elet
avea tese insidie alla vita del piccolo Oreste figlio di Agamennone e
di
Clitennestra ; ma la sorella Elettra, più assenna
pietosa della madre, lo aveva segretamente posto in salvo nella corte
di
Strofio re della Fòcide. Questa saggia precauzion
lvo nella corte di Strofio re della Fòcide. Questa saggia precauzione
di
Elettra, congiunta alla voce che in appresso fece
re della morte del fratello, rese possibile la ben meritata punizione
di
Egisto e di Clitennestra, perchè Oreste giunto ap
te del fratello, rese possibile la ben meritata punizione di Egisto e
di
Clitennestra, perchè Oreste giunto appena alla pu
nnestra, perchè Oreste giunto appena alla pubertà, essendo impaziente
di
ricuperare il trono di suo padre e vendicarne la
giunto appena alla pubertà, essendo impaziente di ricuperare il trono
di
suo padre e vendicarne la morte, accompagnato dal
ne la morte, accompagnato dall’incomparabile amico suo Pilade, figlio
di
Strofio, ritornò nascostamente nella sua reggia,
l tiranno, uccise anch’essa collo stesso pugnale grondante del sangue
di
Egisto. Ma accortosi di avere ecceduto nella vend
ssa collo stesso pugnale grondante del sangue di Egisto. Ma accortosi
di
avere ecceduto nella vendetta fu invaso dalle Fur
rica Chersoneto (ora Crimea) furon consegnati a Toante re e sacerdote
di
quella regione, il quale sacrificava all’idolo di
ante re e sacerdote di quella regione, il quale sacrificava all’idolo
di
Diana vit time umane, scelte tra i forestieri che
vi approdavano nel suo Stato. Quei Mitologi i quali dicono che invece
di
Ifigenia fosse sacrificata una cerva, asseriscono
ade, riconobbe il fratello, e quindi si accordò con esso e coll’amico
di
lui ad uccider Toante. Ciò fatto, portaron via la
oll’amico di lui ad uccider Toante. Ciò fatto, portaron via la statua
di
Diana e tornarono insieme in Grecia, ove Oreste l
ecia, ove Oreste liberato finalmente dalle Furie sposò Ermìone figlia
di
Menelao e di Elena, e regnò non solo in Argo e in
ste liberato finalmente dalle Furie sposò Ermìone figlia di Menelao e
di
Elena, e regnò non solo in Argo e in Micene, ma a
el Peloponneso. Egli ebbe un figlio chiamato Tisamène, che fu re dopo
di
lui ; e l’amico Pilade sposando l’eroica Elettra
lettra unì ai vincoli dell’amicizia quelli della affinità. Le vicende
di
Agamennone e di Oreste diedero ampio argomento a
ncoli dell’amicizia quelli della affinità. Le vicende di Agamennone e
di
Oreste diedero ampio argomento a molte tragedie a
mento a molte tragedie antiche e moderne, e tra le altre a quelle due
di
Alfieri che hanno per titolo il nome del gran re
i che hanno per titolo il nome del gran re dei re e quello del figlio
di
lui 137. Menelao ed Elena dopo esser partiti da
artiti da Tenedo erano stati spinti dalla tempesta sino in Egitto ; e
di
là tornati a Sparta vissero insieme in pace più a
u Menelao, essendo odiata da tutti come causa della disastrosa guerra
di
Troia, fu costretta a fuggire dal regno di Sparta
sa della disastrosa guerra di Troia, fu costretta a fuggire dal regno
di
Sparta che era il regno dei suoi antenati, e rico
ua parente a cui era morto il marito in quella guerra, fu, per ordine
di
essa, soffocata in un bagno da tre sue ancelle tr
tre sue ancelle travestite da Furie. Neottolemo, ossia Pirro figlio
di
Achille, tornando in Grecia co’ suoi Mirmidoni, c
co’ suoi Mirmidoni, condusse seco tra gli altri schiavi Eleno figlio
di
Priamo e Andromaca vedova di Ettore. Di schiava l
seco tra gli altri schiavi Eleno figlio di Priamo e Andromaca vedova
di
Ettore. Di schiava la fece divenire sua moglie, e
ed ebbe da essa un figlio a cui alcuni Mitologi antichi danno il nome
di
Molosso ; poi la ripudiò e la fece sposare ad Ele
r volontà della nazione, o per conquista. Quindi sposò Lanassa nipote
di
Ercole, ed ebbe da essa più figli. La fine però d
osò Lanassa nipote di Ercole, ed ebbe da essa più figli. La fine però
di
quest’eroe fu poco gloriosa, e non per disgrazia,
per disgrazia, ma per colpa sua. Volle rapire Ermione promessa sposa
di
Oreste, ed Oreste venuto alle mani con esso lo uc
. I suoi figli e discendenti si mantennero per molti secoli nel regno
di
Epiro, e formarono la dinastia detta dei Pirridi
dei Pirridi o Eàcidi 138, fra i quali il più celebre è quel Pirro re
di
Epiro che venne in Italia cogli elefanti a combat
amiglia, in cui però mancava il figlio Antìloco, ucciso sotto le mura
di
Troia per mano di Ettore, o, secondo altri, di Me
rò mancava il figlio Antìloco, ucciso sotto le mura di Troia per mano
di
Ettore, o, secondo altri, di Mennone. Diomede, i
, ucciso sotto le mura di Troia per mano di Ettore, o, secondo altri,
di
Mennone. Diomede, il più prode guerriero dopo Ac
o Achille, arrivò salvo in Argo, ma non volle ritornare nel suo regno
di
Etolia, perchè seppe alienato da lui l’animo di s
tornare nel suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui l’animo
di
sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la
pe alienato da lui l’animo di sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura
di
far la fine di Agamennone. Venne invece in Italia
lui l’animo di sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la fine
di
Agamennone. Venne invece in Italia nella Puglia,
che gli diede per dote una parte del suo regno, ed ivi fondò la città
di
Arpi, e, secondo altri, anche Siponto, presso il
lorquando giunse in Italia Enea, ed essendo allora richiesto da Turno
di
unirsi con lui per distruggere quest’ultimo avanz
hiesto da Turno di unirsi con lui per distruggere quest’ultimo avanzo
di
Troia, ricusò dicendo che la guerra con quella na
zione era stata dannosa agli stessi vincitori. Anche Filottete invece
di
tornare nella sua patria venne in Italia e fondò
nella sua patria venne in Italia e fondò nella Magna Grecia la città
di
Petilia, alla quale credesi corrispondere ora Pol
di Petilia, alla quale credesi corrispondere ora Policastro sul golfo
di
questo nome. Alcuni attribuiscono a Idomeneo re d
licastro sul golfo di questo nome. Alcuni attribuiscono a Idomeneo re
di
Creta e nipote di Minosse la fondazione di questa
di questo nome. Alcuni attribuiscono a Idomeneo re di Creta e nipote
di
Minosse la fondazione di questa città ; ma Omero
ttribuiscono a Idomeneo re di Creta e nipote di Minosse la fondazione
di
questa città ; ma Omero che parla più volte con g
questa città ; ma Omero che parla più volte con gran lode del valore
di
Idomeneo, quanto al suo ritorno dice soltanto che
ivi Mitologi che Idomeneo avesse fatto un voto imprudente come quello
di
Jefte ; e che volendo adempierlo coll’uccidere il
dai suoi sudditi e si rifugiò nella Magna Grecia, ove fondò il regno
di
Salento. Resta ora soltanto a parlare del ritorno
e fondò il regno di Salento. Resta ora soltanto a parlare del ritorno
di
Ulisse ; ma poichè sulle straordinarie e mirabili
ritorno di Ulisse ; ma poichè sulle straordinarie e mirabili vicende
di
quest’Eroe dopo l’eccidio di Troia, Omero trovò d
è sulle straordinarie e mirabili vicende di quest’Eroe dopo l’eccidio
di
Troia, Omero trovò da scrivere un intero poema di
Eroe dopo l’eccidio di Troia, Omero trovò da scrivere un intero poema
di
ventiquattro Canti, converrà almeno accennarne le
o accennarne le principali in un capitolo separato. LXI I Viaggi
di
Ulisse « Già tutti i Greci che la nera Parca
e dalla casta donna « Rimanea lungi Ulisse. » (Om., Odiss., i. Trad.
di
Pindemonte.) E lungi rimase dieci anni dopo la p
s., i. Trad. di Pindemonte.) E lungi rimase dieci anni dopo la presa
di
Troia senza che di lui giungesse alla sua famigli
demonte.) E lungi rimase dieci anni dopo la presa di Troia senza che
di
lui giungesse alla sua famiglia novella alcuna. E
nza e del suo forte braccio per discacciar dalla sua reggia una turba
di
principi greci delle Isole Ionie, che credendolo
into pretendevano che Penelope sua moglie si risolvesse a sposare uno
di
loro. Erano questi i Proci (cioè i pretendenti) d
esse a sposare uno di loro. Erano questi i Proci (cioè i pretendenti)
di
cui tanto a lungo favella Omero nell’Odissea 139,
o favella Omero nell’Odissea 139, narrando che divoravano le sostanze
di
Ulisse e passavano il tempo in conviti, in canti
sse e passavano il tempo in conviti, in canti e in balli nella reggia
di
lui. Penelope, sperando sempre nel ritorno del ma
a di lui. Penelope, sperando sempre nel ritorno del marito, differiva
di
giorno in giorno a sposare qualcuno di loro ; e t
ritorno del marito, differiva di giorno in giorno a sposare qualcuno
di
loro ; e trovandosi finalmente costretta a determ
o ; e trovandosi finalmente costretta a determinare il tempo, promise
di
far la scelta di uno dei Proci dopo di aver finit
finalmente costretta a determinare il tempo, promise di far la scelta
di
uno dei Proci dopo di aver finito un tela che ave
determinare il tempo, promise di far la scelta di uno dei Proci dopo
di
aver finito un tela che avea incominciata ; ma di
uno dei Proci dopo di aver finito un tela che avea incominciata ; ma
di
giorno la tesseva e di notte la distesseva, e la
aver finito un tela che avea incominciata ; ma di giorno la tesseva e
di
notte la distesseva, e la tela non finiva mai. Qu
stesseva, e la tela non finiva mai. Quindi passò in proverbio la tela
di
Penelope a significare un lavoro che non ha mai t
o l’accorta ed affettuosa moglie tenne a bada i Proci sino al ritorno
di
Ulisse. Intanto Telemaco impaziente di aver qualc
a bada i Proci sino al ritorno di Ulisse. Intanto Telemaco impaziente
di
aver qualche notizia di suo padre, partì segretam
itorno di Ulisse. Intanto Telemaco impaziente di aver qualche notizia
di
suo padre, partì segretamente da Itaca accompagna
, partì segretamente da Itaca accompagnato da Minerva sotto la figura
di
Mentore e andò a Pilo da Nestore e a Sparta da Me
o la tempesta che avea divisa la flotta greca nessuno seppe più nulla
di
Ulisse. V’ era però speranza che egli vivesse, pe
uno aveva detto o sentito dire che ei fosse morto. Infatti Omero dice
di
Ulisse, « ….. che molto errò, poi ch’ebbe a ter
oi compagni, « Che delle colpe lor tutti periro. » (Odiss., i. Trad.
di
Pindemonte.) I viaggi di Ulisse dopo la guerra di
colpe lor tutti periro. » (Odiss., i. Trad. di Pindemonte.) I viaggi
di
Ulisse dopo la guerra di Troia si trovano chiamat
(Odiss., i. Trad. di Pindemonte.) I viaggi di Ulisse dopo la guerra
di
Troia si trovano chiamati ancora gli errori di Ul
Ulisse dopo la guerra di Troia si trovano chiamati ancora gli errori
di
Ulisse, perchè egli, come dice Omero, molto errò,
forza del vento e delle tempeste. Solamente dall’isola dei Feaci (ora
di
Corfù) andò direttamente ad Itaca sua patria, com
che Ulisse errò per dieci anni, crederà che egli in quel lungo spazio
di
tempo fosse stato chi sa quante volte agli antipo
iù volte la circumnavigazione del nostro globo. Invece la navigazione
di
Ulisse in dieci anni non si estese al di là delle
globo. Invece la navigazione di Ulisse in dieci anni non si estese al
di
là delle acque del Mediterraneo, qualunque sia il
Mediterraneo, qualunque sia il nome speciale che prende dallo stretto
di
Gibilterra alle foci del Don nel Mar d’ Azof. Ma
nea la nominasse ; » e poi fu trattenuto dalla Ninfa Calipso per più
di
sette anni nell’isola di Ogige 140, talchè restan
oi fu trattenuto dalla Ninfa Calipso per più di sette anni nell’isola
di
Ogige 140, talchè restano meno di due anni per tu
so per più di sette anni nell’isola di Ogige 140, talchè restano meno
di
due anni per tutte le navigazioni e traversate da
ti, ossia evocazione delle anime degli estinti che un’impresa propria
di
Ulisse. Infatti egli stesso così narra quel suo m
« Là dal crin crespo e dal canoro labbro « Dea veneranda un gonfiator
di
vele « Vento in poppa mandò, che fedelmente « Ci
, la cura « Al timonier lasciandone ed al vento. » (Odiss.,xi. Trad.
di
Pindemonte.) E questo viaggio fu compiuto in un s
io fu compiuto in un sol giorno prima che Ulisse abbandonasse l’isola
di
Circe, mentre a compierlo con mezzi umani, dove p
quei tempi un anno per andare e tornare. Ristretti dunque gli errori
di
Ulisse dentro i loro veri limiti di tempo e di sp
nare. Ristretti dunque gli errori di Ulisse dentro i loro veri limiti
di
tempo e di spazio, determiniamo i luoghi che, sec
etti dunque gli errori di Ulisse dentro i loro veri limiti di tempo e
di
spazio, determiniamo i luoghi che, secondo Omero,
lotta greca capitanata da Agamennone, e diviso da quella per violenza
di
una tempesta, Ulisse fu spinto ad Ismaro, città d
l’Affrica ; quindi nel paese dei Ciclopi fra l’Affrica e la Sicilia ;
di
là nell’Eolia, ossia in una delle isole Eolie fra
tornò indietro e passò davanti all’isola delle Sirene lungo la costa
di
Napoli, e poi fra Scilla e Cariddi nello stretto
ne lungo la costa di Napoli, e poi fra Scilla e Cariddi nello stretto
di
Messina, e si fermò alquanto nella Trinacria, oss
mpagni che perirono in una tempesta, arrivò Ulisse nuotando all’isola
di
Ogige, e di là salpando in una nave da lui stesso
erirono in una tempesta, arrivò Ulisse nuotando all’isola di Ogige, e
di
là salpando in una nave da lui stesso costruita e
olto onorevolmente dal re Alcinoo e con larghissimi doni ricompensato
di
tutti i danni sofferti, ritornò di là comodamente
con larghissimi doni ricompensato di tutti i danni sofferti, ritornò
di
là comodamente in Itaca su di una nave dei Feaci
sato di tutti i danni sofferti, ritornò di là comodamente in Itaca su
di
una nave dei Feaci stessi. Tra i casi più straord
Charybdim, » cioè quel che avvenne ad Ulisse nel paese dei Lestrìgoni
di
cui era re Antifate, poi fra Scilla e Cariddi e n
osse Antifate re dei Lestrìgoni e qual sorte incontrassero i compagni
di
Ulisse nella città e nella reggia di quello, sarà
l sorte incontrassero i compagni di Ulisse nella città e nella reggia
di
quello, sarà bene sentirlo narrare da Omero stess
del padre. « Tocco ne aveano il limitare appena, « Che femmina trovâr
di
sì gran mole, « Che rassembrava una montagna ; e
montagna ; e un gelo « Si sentiro d’orror correr pel sangue. « Costei
di
botto Antifate chiamava « Dalla pubblica piazza,
igoni l’udiro, « E accorrean chi da un lato e chi dall’altro, « Forti
di
braccio, in numero infiniti « E giganti alla vist
e, io, sguainato il brando, « E la fune recisa, a’miei compagni « Dar
di
forza nel mar co’remi ingiunsi, « Se il fuggir mo
altri tutti « Colà restaro sfracellati e spersi. » (Odiss., x. Trad.
di
Pindemonte.) Di Scilla e di Cariddi ho già parlat
fracellati e spersi. » (Odiss., x. Trad. di Pindemonte.) Di Scilla e
di
Cariddi ho già parlato nel Cap. XXVIII, trattando
cadevano. Ma quando « I salsi flutti ringhiottiva, tutta « Commoveasi
di
dentro, ed alla rupe « Terribilmente rimbombava i
endo, una azzurigna « Sabbia parea nell’imo fondo : verdi « Le guance
di
paura a tutti io scôrsi. « Mentre in Cariddi tene
vam le ciglia, « Una morte temendone vicina, « Sei de’compagni, i più
di
man gagliardi, « Scilla rapimmi dal naviglio. Io
i ! per l’estrema volta. « Qual pescator che su pendente rupe « Tuffa
di
bue silvestre in mare il corno « Con lunghissima
getto mai « Di cotanta pietà non mi s’offerse. » (Odiss., xii. Trad.
di
Pindemonte.) Ma se Ulisse nell’andare in Sicilia
in Sicilia potè passare fra Scilla e Cariddi con la perdita soltanto
di
6 compagni, nel ritorno li perdè tutti, e si trov
ritorno li perdè tutti, e si trovò spinto dalla tempesta nel vortice
di
Cariddi. In qual modo strano e mirabile ei ne sca
rimase inerme. « Poi la base dell’albero l’irata « Onda schiantò : ma
di
taurino cuoio « Rivestialo una striscia, ed io co
intera notte « Scorsi sui flutti ; e col novello Sole « Tra la grotta
di
Scilla e la corrente « Mi ritrovai della fatal v
o vennero a galla. « Nella stagion che il giudicante, sciolte « Varie
di
caldi giovani contese, « Sorge dal foro e per cen
ieami amica, e in molte guise « Mi confortava. » (Odiss., xii. Trad.
di
Pindemonte). Da questa descrizione, che è una del
ravigliose rammentate da Orazio nella Poetica, apparisce, che a tempo
di
Omero, o non era stata ancora inventata l’altra f
ccennato nel Cap. XXVIII, o che egli non l’adottò, e preferì soltanto
di
abbellire poeticamente quel vortice tanto temuto
trova il compendio in Virgilio, che ne pone il racconto sulle labbra
di
Achèmene, uno dei compagni di Ulisse : « ……….. È
o, che ne pone il racconto sulle labbra di Achèmene, uno dei compagni
di
Ulisse : « ……….. È questo un antro « Opaco, imme
, che macello è sempre « D’umana carne, onde ancor sempre intriso « È
di
sanie e di sangue. Ed è il Ciclopo « Un mostro sp
lo è sempre « D’umana carne, onde ancor sempre intriso « È di sanie e
di
sangue. Ed è il Ciclopo « Un mostro spaventoso, u
Un mostro spaventoso, un che col capo « Tocca le stelle (o Dio, leva
di
terra « Una tal peste), chè a mirarlo solo, « Sol
a, « Di sanguinosa bava il mento asperso, « Frangea co’ denti a guisa
di
maciulla. « Ma nol soffrì senza vendetta Ulisse,
enti a guisa di maciulla. « Ma nol soffrì senza vendetta Ulisse, « Nè
di
sè stesso in sì mortal periglio « Punto obliossi
po chino « Giacer nell’antro, e sonnacchioso e gonfio « Ruttar pezzi
di
carne e sangue e vino, « Che ne restrinse. Ed inv
al foco aguzzo « Sopra gli fummo ; e quel ch’unico avea « Di targa e
di
febea lampade in guisa « Sotto la torva fronte oc
di miracoli della poetica facoltà, o vogliam dire del genio inventivo
di
Omero : nè Orazio intese di far l’enumerazione di
coltà, o vogliam dire del genio inventivo di Omero : nè Orazio intese
di
far l’enumerazione di tutti, ma soltanto di citar
del genio inventivo di Omero : nè Orazio intese di far l’enumerazione
di
tutti, ma soltanto di citarne alcuni dei più stra
Omero : nè Orazio intese di far l’enumerazione di tutti, ma soltanto
di
citarne alcuni dei più straordinarii e mirabili a
stesso Dante trovò il modo d’inserire nella Divina Commedia il canto
di
una Sirena, alla quale fa dire, tra le altre cose
vicino per udirla cantare. Mi affretto dunque a terminar la biografia
di
Ulisse dicendo che, secondo Omero, Ulisse fu rico
Ulisse fu ricondotto dai Feaci nella sua isola nativa dopo venti anni
di
assenza ; ed ivi poste in opera tutte le sue più
le sue più mirabili astuzie, potè finalmente coll’aiuto del figlio e
di
alcuni suoi sudditi che gli erano rimasti fedeli,
sse tornò in Itaca ; anzi alcuni asseriscono che egli fu ucciso prima
di
giungervi, ed altri che non tornò più in patria e
Dante nella Divina Commedia. Anzi è qui da notarsi una gran diversità
di
opinione fra Omero e Dante rispetto alla stima da
ero e Dante rispetto alla stima da aversi dell’indole e delle imprese
di
Ulisse non meno che di Achille. Omero poeta pagan
la stima da aversi dell’indole e delle imprese di Ulisse non meno che
di
Achille. Omero poeta pagano e cantore di Eroi mez
prese di Ulisse non meno che di Achille. Omero poeta pagano e cantore
di
Eroi mezzi barbari, ammira la forza e l’astuzia,
oi due poemi il più forte e il più astuto dei personaggi della guerra
di
Troia, e giudicando soltanto dagli effetti, come
rista, » non poteva esser così indulgente come Omero per gli eccessi
di
Achille e di Ulisse. Ma…. (com’egli giustamente o
poteva esser così indulgente come Omero per gli eccessi di Achille e
di
Ulisse. Ma…. (com’egli giustamente osserva), « M
assai meno indulgente con Ulisse che con Achille. Infatti gli eccessi
di
Achille dipendevano dall’impeto degli affetti, ch
…… e vidi il grande Achille « Che con amore alfine combatteo. » Ma
di
Ulisse ragiona a lungo nel Canto xxvi dell’Infern
uesta : che Ulisse volle passar le colonne d’Ercole, ossia lo stretto
di
Gibilterra, per andare in cerca di nuove regioni
colonne d’Ercole, ossia lo stretto di Gibilterra, per andare in cerca
di
nuove regioni nell’Oceano atlantico ; e, quel che
; e, quel che è più notabile, tenne presso a poco la stessa direzione
di
Colombo, 2600 anni prima di lui, ma piegando un p
, tenne presso a poco la stessa direzione di Colombo, 2600 anni prima
di
lui, ma piegando un poco più al sud ; e dopo 5 me
ossia l’equatore, quando vide in distanza una montagna bruna più alta
di
quante mai ne avesse vedute, e da quella nuova te
tti i suoi compagni. Queste particolarità, che son tutte d’invenzione
di
Dante, dimostrano che egli quasi due secoli prima
tte d’invenzione di Dante, dimostrano che egli quasi due secoli prima
di
Colombo e di Paolo Toscanella supponeva l’esisten
one di Dante, dimostrano che egli quasi due secoli prima di Colombo e
di
Paolo Toscanella supponeva l’esistenza di nuove t
e secoli prima di Colombo e di Paolo Toscanella supponeva l’esistenza
di
nuove terre in mezzo all’Oceano, ma credeva che n
l suddetto Canto xxvi è mirabile in ogni sua parte, e non merita meno
di
quelli della Francesca da Rimini e del Conte Ugol
n merita meno di quelli della Francesca da Rimini e del Conte Ugolino
di
essere studiato e imparato a memoria. Io ne ripor
to soltanto le ultime terzine che contengono la narrazione della fine
di
Ulisse posta da Dante sulle labbra di Ulisse stes
engono la narrazione della fine di Ulisse posta da Dante sulle labbra
di
Ulisse stesso ; e ciò per dimostrazione e conferm
te sulle labbra di Ulisse stesso ; e ciò per dimostrazione e conferma
di
quanto ho accennato di sopra : « E volta nostra
se stesso ; e ciò per dimostrazione e conferma di quanto ho accennato
di
sopra : « E volta nostra poppa nel mattino, « De
r del marin suolo. « Cinque volte racceso e tanto casso « Lo lume era
di
sotto della luna, « Poi ch’entrati eravam nell’al
acque, « In fin che ‘l mar fu sopra noi richiuso. » LXII Venuta
di
Enea in Italia Per quanto Omero parli onorevol
II Venuta di Enea in Italia Per quanto Omero parli onorevolmente
di
Enea nell’Iliade, e ne rammenti gl’illustri natal
e ne rammenti gl’illustri natali, dicendolo figlio della Dea Venere e
di
Anchise principe troiano, e divenuto in appresso
a Venere e di Anchise principe troiano, e divenuto in appresso genero
di
Priamo per averne sposata la figlia Creusa, e ino
usa, e inoltre ne celebri pur anco le pugne e il valore sotto le mura
di
Troia, non ostante Enea, secondo Omero, è sempre
o inferiore ad Ettore, il solo antagonista che potesse stare a fronte
di
Achille. Tutta la fama che rese uno dei più illus
ronte di Achille. Tutta la fama che rese uno dei più illustri il nome
di
Enea e degno di poema e d’istoria ei l’acquistò d
. Tutta la fama che rese uno dei più illustri il nome di Enea e degno
di
poema e d’istoria ei l’acquistò dopo l’eccidio di
ome di Enea e degno di poema e d’istoria ei l’acquistò dopo l’eccidio
di
Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno ne
iamo ad un tempo in Enea l’Eroe mitologico e lo stipite del fondatore
di
Roma, l’ufficio del Mitologo è compiuto dove di E
stipite del fondatore di Roma, l’ufficio del Mitologo è compiuto dove
di
Enea s’impadronisce lo Storico per narrar di lui
Mitologo è compiuto dove di Enea s’impadronisce lo Storico per narrar
di
lui ciò che crede conforme alla verità, o almeno
o in che egli concorda coi Mitologi e coi poeti. Enea ebbe il titolo
di
Pio per aver salvato dall’incendio di Troia il ve
coi poeti. Enea ebbe il titolo di Pio per aver salvato dall’incendio
di
Troia il vecchio suo padre Anchise portandolo sul
sua emigrazione, non potè averne notizia alcuna. Dipoi con una flotta
di
20 navi partì dalle spiaggie della Troade in cerc
con una flotta di 20 navi partì dalle spiaggie della Troade in cerca
di
nuove terre per fondarvi un regno ; e nel suo cor
ente Virgilio, diverse terre e diverse isole, cioè la Tracia, l’isola
di
Delo, l’isola di Creta, le isole Strofadi, l’isol
verse terre e diverse isole, cioè la Tracia, l’isola di Delo, l’isola
di
Creta, le isole Strofadi, l’isola di Leucate, l’E
Tracia, l’isola di Delo, l’isola di Creta, le isole Strofadi, l’isola
di
Leucate, l’Epiro, la Sicilia, le coste settentrio
i Leucate, l’Epiro, la Sicilia, le coste settentrionali dell’Affrica,
di
nuovo la Sicilia e finalmente giunse in Italia. I
per altro dice soltanto che Enea profugo dalla patria dopo l’eccidio
di
Troia andò prima nella Macedonia, poi nella Sicil
po l’eccidio di Troia andò prima nella Macedonia, poi nella Sicilia e
di
là nel territorio di Laurento. Tutto ciò che di m
andò prima nella Macedonia, poi nella Sicilia e di là nel territorio
di
Laurento. Tutto ciò che di maraviglioso raccontas
, poi nella Sicilia e di là nel territorio di Laurento. Tutto ciò che
di
maraviglioso raccontasi di questo viaggio sino al
nel territorio di Laurento. Tutto ciò che di maraviglioso raccontasi
di
questo viaggio sino all’arrivo di Enea in Italia
ciò che di maraviglioso raccontasi di questo viaggio sino all’arrivo
di
Enea in Italia è dunque totalmente d’invenzione p
Mitologia, e noi dobbiamo, sia pur brevemente, parlarne. Il prodigio
di
cui Enea fu testimone in Tracia è il primo non so
gicamente, ma pur anco per la sua importanza, poichè fu creduto degno
di
essere imitato dall’Alighieri, dall’Ariosto e dal
itato dall’Alighieri, dall’Ariosto e dal Tasso. Converrà dunque prima
di
tutto sentirlo narrare da Virgilio stesso, o alme
lito « Un picciol monticello, a cui sorgea « Di mirti in sulla cima e
di
cornioli « Una folta selvetta. In questa entrando
lla cima e di cornioli « Una folta selvetta. In questa entrando « Per
di
frondi velare i sacri altari, « Mentre de’suoi pi
’apparve un mostro ; chè divelto il primo « Dalle prime radici, uscîr
di
sangue « Luride goccie, e ne fu il suolo asperso.
o. « Ghiado mi strinse il core ; orror mi scosse « Le membra tutte, e
di
paura il sangue « Mi si rapprese. lo le cagioni a
scitico Marte i santi Numi « Adorando, porgea preghiere umili, « Che
di
sì fiera e portentosa vista « Mi si togliesse, o
do che grida e dice : « Ah perchè sì mi laceri e mi scempi ? « Perchè
di
così pio, così spietato « Enea ver me ti mostri ?
to ? a che contamini « Col sangue mio le consanguinee mani ? « Chè nè
di
patria, nè di gente esterno « Son io da te ; nè q
tamini « Col sangue mio le consanguinee mani ? « Chè nè di patria, nè
di
gente esterno « Son io da te ; nè questo atro liq
o « Umor preso e radici han fatto selva. » Che Polidoro fosse figlio
di
Priamo e di Ecuba lo abbiamo accennato parlando d
so e radici han fatto selva. » Che Polidoro fosse figlio di Priamo e
di
Ecuba lo abbiamo accennato parlando della trista
di Priamo e di Ecuba lo abbiamo accennato parlando della trista fine
di
questa infelice regina ; ma poichè Virgilio ne fa
areggiato mirabilmente con Virgilio estendendo il virgiliano prodigio
di
un solo albero ad un’intera selva infernale, imma
ad un’intera selva infernale, immaginando cioè che in ciascun albero
di
quella selva fosse chiusa come nel proprio corpo
un albero di quella selva fosse chiusa come nel proprio corpo l’anima
di
un dannato suicida. Questa scena dolorosa e funes
e Dante che quella selva era animata, e venisse poi a scuoprire in un
di
quegli alberi l’anima di Pier delle Vigne, è preg
era animata, e venisse poi a scuoprire in un di quegli alberi l’anima
di
Pier delle Vigne, è pregio dell’opera riferirlo c
« E ‘l tronco suo gridò : Perchè mi schiante ? « Da che fatto fu poi
di
sangue bruno, « Ricominciò a gridar : Perchè mi s
bruno, « Ricominciò a gridar : Perchè mi scerpi ? « Noi hai tu spirto
di
pietate alcuno ? « Uomini fummo, ed or sem fatti
pi ; « Ben dovrebb’esser la tua man più pia, « Se state fossim’ anime
di
serpi. « Come d’un stizzo verde, ch’arso sia « Da
de’capi che dall’altro geme, « E cigola per vento che va via ; « Così
di
quella scheggia usciva insieme « Parole e sangue
la selva incantata ; ma conviene aver lette le loro descrizioni prima
di
quella di Dante, affinchè non perdano nulla del l
ncantata ; ma conviene aver lette le loro descrizioni prima di quella
di
Dante, affinchè non perdano nulla del loro presti
inario avvenne ad Enea ed ai suoi compagni nelle isole Strofadi, e fu
di
trovarvi le Arpie. Noi descrivemmo questi mostri
nche Dante e l’Ariosto. Virgilio racconta che i Troiani per non morir
di
fame furon costretti a cacciare le Arpie colle la
are le Arpie colle lancie e coi dardi, perchè sempre, com’eran solite
di
far dovunque, rapivano quante vivande potevano af
, e infettavano le rimanenti ; e aggiunge che Celeno 145, la maggiore
di
esse, presagì ai Troiani che in pena di averle of
e che Celeno 145, la maggiore di esse, presagì ai Troiani che in pena
di
averle offese soffrirebbero talmente la fame da d
le mense che i Troiani divorarono furono le focacce che servivan loro
di
piatto e di tavola quando nelle spedizioni mangia
i Troiani divorarono furono le focacce che servivan loro di piatto e
di
tavola quando nelle spedizioni mangiavano sulla n
lva delle anime dei suicidi, ed accresce colla loro presenza l’orrore
di
quella, negli alberi della quale « Non frondi ve
l’orrore di quella, negli alberi della quale « Non frondi verdi, ma
di
color fosco « Non rami schietti, ma nodosi e invo
chi con tosco. » Inoltre le Arpie sono ivi destinate a far l’ufficio
di
demòni, a tormentar cioè quegli zoofiti infernali
celta ; « Ma là dove fortuna la balestra, « Quivi germoglia come gran
di
spelta ; « Surge in vermena ed in pianta silvestr
entato da Virgilio, che cioè Enea sospinto dalla tempesta sulle coste
di
Barberia, avesse trovato in quel territorio, ove
rio, ove ora è Tunisi, la regina Didone che facea fabbricare la città
di
Cartagine. Secondo i Cronologisti più accreditati
Cronologisti più accreditati, Didone viveva tre secoli dopo la guerra
di
Troia, e perciò era impossibile che avesse conosc
a ; ma per quanto vi sia questo non piccolo anacronismo, l’invenzione
di
Virgilio fu ritenuta per una verità istorica ed e
ginesi contro i Romani sino allo stipite della dinastia del fondatore
di
Roma ed a quei compagni di Enea, dai quali vantav
allo stipite della dinastia del fondatore di Roma ed a quei compagni
di
Enea, dai quali vantavansi discesi molti dei più
li ed illustri Romani. Didone, chiamata altrimenti Elisa, era figlia
di
Belo re di Tiro e Sidone nella Fenicia ; ed ebbe
tri Romani. Didone, chiamata altrimenti Elisa, era figlia di Belo re
di
Tiro e Sidone nella Fenicia ; ed ebbe per marito
; ed ebbe per marito Sichèo che poi fu ucciso da Pigmalione fratello
di
lei, per impadronirsi delle ricchezze e del regno
r mare con molti tesori e molti compagni o sudditi e fondare la città
di
Cartagine in Affrica. Gettato su quelle coste dal
accolto umanamente dalla regina, la quale offrì ad esso ed ai Troiani
di
fare un sol popolo coi Tirii, e credendo accettat
uo nuovo regno, e lasciò correr la fama che Enea fosse divenuto sposo
di
lei che prima avea rifiutato le nozze con altri p
a avea rifiutato le nozze con altri principi per serbar fede al cener
di
Sicheo 148 Ma Enea chiamato dai Fati a fondare un
Ad Enea era già morto in Sicilia il vecchio padre Anchise nella città
di
Drèpano (ora Trapani), ove regnava Alceste di san
dre Anchise nella città di Drèpano (ora Trapani), ove regnava Alceste
di
sangue troiano. L’Ariosto ha voluto significare q
o una perifrasi allusiva alla sepoltura che ivi diede Enea alla salma
di
suo padre ; e così la rammenta nel descrivere un
lla salma di suo padre ; e così la rammenta nel descrivere un viaggio
di
uno degli eroi del suo poema : « Passa gli Umbri
de, a cui commise « Il pietoso figliuol l’ossa d’Anchise 150. Prima
di
andar nel Lazio, Enea si fermò a Cuma, « Ove in
Prima di andar nel Lazio, Enea si fermò a Cuma, « Ove in alto sorgea
di
Febo il tempio, « E là dov’era la spelonca immane
illa Cumana, che era solita dare agli altri le sue risposte per mezzo
di
foglie sparse qua e là geroglificamente nella sua
ente nella sua caverna, ad Enea fece singolare accoglienza e si offrì
di
guidarlo nel regno delle Ombre per vedere e consu
frì di guidarlo nel regno delle Ombre per vedere e consultare l’anima
di
suo padre Anchise. In questo sotterraneo viaggio
o Stato delle anime dopo la morte secondo la religione pagana ; e noi
di
questi soggetti importantissimi per la classica M
parlato a lungo nei Cap. XXIX, XXX e XXXI. E qui è bene osservare che
di
questo viaggio, che nell’Eneide di Virgilio è un
e XXXI. E qui è bene osservare che di questo viaggio, che nell’Eneide
di
Virgilio è un episodio, Dante ha fatto il soggett
ggetto della Divina Commedia, adattando e subordinando le idee pagane
di
Virgilio alla teologia cristiana, e senza allonta
Virgilio alla teologia cristiana, e senza allontanarsi dalle dottrine
di
questa, descrivendo con mirabil fantasia e sapien
bil fantasia e sapienza l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Prima
di
narrare come finalmente Enea giunse nel Lazio ed
one, ebbero il nome, che tuttora conservano, da qualcuno dei compagni
di
Enea. I più notabili sono il capo Misèno 151 e la
i compagni di Enea. I più notabili sono il capo Misèno 151 e la città
di
Gaeta. E perchè Virgilio stesso ne dà la spiegazi
la lingua latina. Nè può credersi che sia questa una mera invenzione
di
Virgilio, poichè oltre i poeti Properzio, Silio I
anche i geografi Solino e Mèla confermano la stessa origine del nome
di
questo promontorio. Non lungi dal promontorio v’
Augusto a guardia dell’Italia. L’altro nome, quello cioè della città
di
Gaeta, ha pur esso un’origine troiana ; e Virgili
ggettivo Caietanus divenne Gaetano. Anche Dante ripete che alla città
di
Gaeta fu dato questo nome da Enea, poichè nel Can
’Italia prima che vi giungesse Enea, come difatti si deduce dai poemi
di
Omero e di Virgilio. Finalmente Enea entrando nel
ma che vi giungesse Enea, come difatti si deduce dai poemi di Omero e
di
Virgilio. Finalmente Enea entrando nella foce del
uella regione che doveva divenir sì celebre nella storia con la città
di
Roma e il popol di Quirino. Gli storici latini, i
oveva divenir sì celebre nella storia con la città di Roma e il popol
di
Quirino. Gli storici latini, incominciando da Tit
nte con Virgilio, ad asserire che Enea strinse alleanza con Latino re
di
Laurento nel paese dei Latini, e ne sposò la figl
sò la figlia Lavinia ; che sostenne una pericolosissima guerra contro
di
Turno re dei Rutuli, pretendente e, secondo alcun
di Turno re dei Rutuli, pretendente e, secondo alcuni, promesso sposo
di
Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in
omesso sposo di Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor
di
sua moglie la città di Lavinio, e che in appresso
, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor di sua moglie la città
di
Lavinio, e che in appresso Ascanio figlio suo e d
ua moglie la città di Lavinio, e che in appresso Ascanio figlio suo e
di
Creusa, fabbricò la città di Alba Lunga, così chi
, e che in appresso Ascanio figlio suo e di Creusa, fabbricò la città
di
Alba Lunga, così chiamata, secondo Tito Livio, pe
morì due anni dopo, e fu adorato come un Indigete Dio. Ma dalla morte
di
Enea sino alla nascita di Romolo son molto scarsi
dorato come un Indigete Dio. Ma dalla morte di Enea sino alla nascita
di
Romolo son molto scarsi di notizie, o vere o inve
. Ma dalla morte di Enea sino alla nascita di Romolo son molto scarsi
di
notizie, o vere o inventate, tanto gli storici qu
entate, tanto gli storici quanto i poeti. Appena appena sono in grado
di
farci sapere i nomi dei re d’Alba, per ordine di
appena sono in grado di farci sapere i nomi dei re d’Alba, per ordine
di
successione sino a Numitore padre di Rea Silvia,
i nomi dei re d’Alba, per ordine di successione sino a Numitore padre
di
Rea Silvia, dalla quale nacquero Romolo e Remo. E
le nacquero Romolo e Remo. E sebbene a questo punto intenda la Storia
di
sostituirsi alla Mitologia, la sana critica per a
a, la sana critica per altro ci fa conoscere che nei primi tre secoli
di
Roma alla verità istorica è quasi sempre frammist
credenze religiose o vogliam dire superstiziose, ma pur anco le cause
di
certi usi od abusi od errori dei popoli pagani, a
lle principali superstizioni del Paganesimo, che derivarono dal culto
di
tali Dei : il che faremo nei seguenti capitoli.
in generale Avevano gli antichi Pagani un irrefrenabile desiderio
di
conoscere il futuro, e al tempo stesso una classi
ò credetter possibile, si trovaron subito gl’impostori che asserirono
di
possederne il privilegio o il segreto. Così nacqu
l segreto. Così nacquero ed ebbero credito gli Oracoli ed ogni genere
di
Divinazione. Degli Oracoli ragionammo a lungo nel
ici fu il perpetuo corredo della pagana religione e sorgente continua
di
nuove superstizioni. La parola Divinazione è di o
e e sorgente continua di nuove superstizioni. La parola Divinazione è
di
origine latina : deriva a divis, cioè dagli Dei,
dagli Dei, e sta perciò a significare l’interpretazione della volontà
di
essi. Quindi è fondata sulla credenza che gli Dei
ni sensibili più o meno evidenti. E siccome la volontà e l’intenzione
di
chiunque si riferisce sempre alle cose da farsi,
farsi, ossia future, perciò la Divinazione fu considerata come l’arte
di
conoscere l’avvenire. Infatti Cicerone la definì
ostrare che la Divinazione non esiste 155 ; ma noi non avremo bisogno
di
una simile dimostrazione, dopo quanto abbiam dett
altri, diede origine a molte altre denominazioni delle diverse specie
di
Divinazione, e principalmente alla Negromanzia, c
soltanto i vaticinii ed i sogni : l’artificiale tutte le altre specie
di
divinazione, che si facevano derivare dal canto e
li pratiche religiose del Paganesimo suol darsi comunemente il titolo
di
superstizioni ; perciò è da vedersi ancora qual’è
olo di superstizioni ; perciò è da vedersi ancora qual’è l’etimologia
di
questa parola e quale estensione di significato l
edersi ancora qual’è l’etimologia di questa parola e quale estensione
di
significato le attribuivano i Politeisti romani.
ficato le attribuivano i Politeisti romani. La parola superstizione è
di
origine latina, e Cicerone la fa derivare da supe
uron chiamati superstiziosi 157 ; » ed aggiunge poi che quel vocabolo
di
superstizione ebbe in appresso un più esteso sign
he egli credeva superstiziose, a noi basta il sapere, per l’argomento
di
questo capitolo, aver egli dichiarata vana e insu
vinazione in tutte le sue parti, specie e distinzioni, come indicammo
di
sopra : il che in altri termini equivale a dire c
di sopra : il che in altri termini equivale a dire che la Divinazione
di
qualunque genere o specie era una vera superstizi
pecie era una vera superstizione. Ma perchè gli scrupolosi politeisti
di
quel tempo non credessero che dicendo egli così m
e si purifica e si nobilita eliminandone ciò che vi sia stato intruso
di
vano e di irrazionale dalla imbecillità degli uom
ica e si nobilita eliminandone ciò che vi sia stato intruso di vano e
di
irrazionale dalla imbecillità degli uomini 159.
LXIV Gl’Indovini dei tempi eroici Trattandosi in questo capitolo
di
quel genere di divinazione soltanto che credevasi
ini dei tempi eroici Trattandosi in questo capitolo di quel genere
di
divinazione soltanto che credevasi derivare da sp
ini, che erano considerati come i profeti dei Pagani, basterà parlare
di
qualcuno dei più celebri dell’Epoca eroica. Tra i
a guerra dei sette Prodi. Di lui si raccontano più mirabili fatti che
di
qualunque altro indovino. Basti il rammentare che
che sette anni dopo ritrovando quegli stessi serpenti attortigliati e
di
nuovo percuotendoli, ritornò maschio. Questa favo
Virgilio così gli dice : « Vedi Tiresia che mutò sembiante « Quando
di
maschio femmina divenne, « Cangiandosi le membra
che egli conosceva più d’ogni altro i pregi e i difetti delle persone
di
ambedue i sessi ; e perciò appunto inventarono i
e vinta, se per la patria avesse sacrificato sè stesso un discendente
di
Cadmo, Menèceo figlio di Creonte udendo questo, n
avesse sacrificato sè stesso un discendente di Cadmo, Menèceo figlio
di
Creonte udendo questo, non dubitò di uccidersi, o
endente di Cadmo, Menèceo figlio di Creonte udendo questo, non dubitò
di
uccidersi, o gettandosi dalle mura di Tebe, come
eonte udendo questo, non dubitò di uccidersi, o gettandosi dalle mura
di
Tebe, come narrano alcuni, o trafiggendosi colla
ssè, secondo Omero, andò nel regno delle Ombre, come dicemmo parlando
di
quest’Eroe, per consultare l’indovino Tiresia, e
ma elesse, « Mantova l’appellar senz’altra sorte. » Tale è l’origine
di
Mantova, che Dante fa raccontare a Virgilio stess
iuse, e ove rendeva oracoli a chi andasse a consultarlo ; ed ivi morì
di
fame. Si aggiunse dipoi che un Genio andò ad abit
e a dar responsi in quella caverna che si continuò a chiamare l’antro
di
Trofonio ; ma che era un luogo così orrido che ch
poi tanto serio e mesto che non rideva mai più finchè vivesse. Perciò
di
un uomo malinconico e che sembrasse spaurato dice
ato dicevasi dai Greci, come in proverbio, che era disceso nell’antro
di
Trofonio. Dell’indovino Anfiarao abbiamo parlato
Trofonio. Dell’indovino Anfiarao abbiamo parlato a lungo nella guerra
di
Tebe ; di Calcante e di Euripilo abbastanza nella
Dell’indovino Anfiarao abbiamo parlato a lungo nella guerra di Tebe ;
di
Calcante e di Euripilo abbastanza nella guerra di
Anfiarao abbiamo parlato a lungo nella guerra di Tebe ; di Calcante e
di
Euripilo abbastanza nella guerra di Troia, Di alt
la guerra di Tebe ; di Calcante e di Euripilo abbastanza nella guerra
di
Troia, Di altri indovini antichi di minor fama fi
Euripilo abbastanza nella guerra di Troia, Di altri indovini antichi
di
minor fama fia laudabile tacerci, e concluder di
tri indovini antichi di minor fama fia laudabile tacerci, e concluder
di
tutti in generale quel che abbiamo accennato in p
incipio, che cioè l’arte loro era un effetto d’impostura da un lato e
di
stupida credulità dall’altro ; e decisiva è la se
un lato e di stupida credulità dall’altro ; e decisiva è la sentenza
di
Dante, che li condanna tutti quanti, antichi e mo
responsi colle foglie nella sua caverna, come abbiamo detto parlando
di
Enea : « Così al vento nelle foglie lievi « Si p
i Enea : « Così al vento nelle foglie lievi « Si perdea la sentenzia
di
Sibilla. » (Parad., xxxiii, v. 65). Anche gli sc
alcune profezie sulla venuta del Messia e su diversi fatti della vita
di
lui 163. Quindi è che le immagini delle Sibille s
i delle Sibille si trovano anche nelle Chiese, come per es. nel Duomo
di
Siena si vedono sul pavimento in niello o graffit
a una iscrizione latina che accenna qual fosse la profezia a ciascuna
di
esse attribuita164. Non dovrà dunque recar maravi
ne e la interpretazione a un Magistrato o Collegio sacerdotale, prima
di
dieci e poi di quindici persone ; e secondo il se
etazione a un Magistrato o Collegio sacerdotale, prima di dieci e poi
di
quindici persone ; e secondo il senso palese o su
ieci e poi di quindici persone ; e secondo il senso palese o supposto
di
questi libri si regolavano spesso in Roma i più a
pposto di questi libri si regolavano spesso in Roma i più alti affari
di
Stato ; e si ricorreva talvolta a consultarli qua
a consultarli quando veniva meno ogni umano consiglio, come nei casi
di
pestilenza o di qualche altra pubblica sventura.
uando veniva meno ogni umano consiglio, come nei casi di pestilenza o
di
qualche altra pubblica sventura. Non potremo amme
pestilenza o di qualche altra pubblica sventura. Non potremo ammetter
di
certo che le Sibille fossero profetesse ispirate
ammetter di certo che le Sibille fossero profetesse ispirate dal Dio
di
Abramo, nè che gli Dei falsi e bugiardi potessero
ue cercarne la spiegazione nel soprannaturale, che può essere oggetto
di
fede nelle idee religiose, non già di ragionament
aturale, che può essere oggetto di fede nelle idee religiose, non già
di
ragionamento nelle scienze umane. Solo potremo re
obabile riflettendo che Sibille chiamavansi le sacerdotesse del culto
di
Apollo nell’ Asia Minore, le quali a guisa e somi
sia Minore, le quali a guisa e somiglianza della Pitonessa del tempio
di
Delfo pretendevano di essere anch’esse ispirate d
guisa e somiglianza della Pitonessa del tempio di Delfo pretendevano
di
essere anch’esse ispirate dallo stesso Dio e di d
di Delfo pretendevano di essere anch’esse ispirate dallo stesso Dio e
di
dar veridici responsi, poichè avevano imparato an
buiti alle Sibille ; e siccome si credè, e forse era vero, che alcune
di
queste Sacerdotesse preferissero una vita girovag
e. Quindi si raccolsero i loro responsi, veri o supposti, e una copia
di
queste raccolte erano i così detti libri sibillin
eriose che si spacciavano per Sibille fossero state o no sacerdotesse
di
Apollo, nessuno avrebbe potuto assicurarlo, e si
le positivo. E poichè era utile ai reggitori degli Stati per facilità
di
governo che il popolo fosse così credulo ed ignor
erudito del Paganesimo ; e sono le seguenti : 1ª La Sibilla Persica,
di
cui fece menzione Nicànore che scrisse le gesta d
a Sibilla Persica, di cui fece menzione Nicànore che scrisse le gesta
di
Alessandro Magno. 2ª La Sibilla Libica rammentata
ammentata da Euripide nel prologo della Lamia. 3ª La Sibilla Dèlfica,
di
cui parlò il filosofo Crisippo in quel libro che
libro che egli compose sulla Divinazione. 4ª La Sibilla Cumea, ossia
di
Cuma in Italia, che è rammentata da Nevio, da Pis
Apollodoro, asserendo che era sua concittadina. 6ª La Sibilla Samia,
di
cui Eratòstene lasciò scritto che ne era stata fa
uale fu detto che vaticinò in Ancira. 10ª La Sibilla Tiburtina, ossia
di
Tivoli, aveva nome Albunea, della quale è ramment
Phasis, erat. » E i Naturalisti confermano quel che dice il fagiano
di
Marziale ; poichè chiamano Fagiano del Fasi la sp
a nelle fagianiere. 72. Ovidio, che fu relegato nell’antica città
di
Tomi sul Mar Nero presso Odessa, ci dice in una e
lo che significa dissezione (e dal quale fu composto pur anco il nome
di
Anatomia) : « Inde Tomis dictus locus hic ; quia
l’elegia ; ma prima ha raccontato poeticamente tutto l’atroce delitto
di
Medea, ed asserito con sicurezza che questo nome
l’atroce delitto di Medea, ed asserito con sicurezza che questo nome
di
Tomi lo aveva il territorio anche prima che vi fo
i cœde fuisse loco. » I Geografi moderni credono che l’attuale città
di
Ovidiopol, fabbricata da Caterina II verso la foc
annata anche per legge. Non ostante si asserisce da alcuni autori che
di
tanto in tanto i medici francesi ne abbiano riten
esi ne abbiano ritentato la prova. Peraltro la trasfusione del sangue
di
una bestia nelle vene dell’ uomo o della donna no
; ed anche in Italia, e precisamente in Napoli, fu eseguita nel mese
di
novembre 1872 con prospero successo l’operazione
1872 con prospero successo l’operazione della trasfusione del sangue
di
un agnello nelle vene di una signora non anco tre
so l’operazione della trasfusione del sangue di un agnello nelle vene
di
una signora non anco trentenne, in caso di anemia
e di un agnello nelle vene di una signora non anco trentenne, in caso
di
anemia grave per ripetute emorragie. (V. il giorn
3 novembre 1872). È da sapersi inoltre che il Reale Istituto Lombardo
di
Scienze e Lettere in Milano, pubblicò tra gli alt
Lombardo di Scienze e Lettere in Milano, pubblicò tra gli altri temi
di
concorso anche il seguente Tema per l’anno 1875 :
nno 1875 : La trasfusione del sangue nell’uomo, studiata nel concetto
di
innesto ematico ; e promise un premio di lire 150
’uomo, studiata nel concetto di innesto ematico ; e promise un premio
di
lire 1500 e una medaglia d’oro di lire 500. 74.
nesto ematico ; e promise un premio di lire 1500 e una medaglia d’oro
di
lire 500. 74. Per chi studia o sa il latino, e s
i lire 500. 74. Per chi studia o sa il latino, e si diletta non solo
di
studi letterarii, ma pur anco dei filosofici, rip
ici, riporterò la celebre osservazione del romano oratore e filosofo,
di
cui ho fatto cenno di sopra nel testo : « Ergo ut
bre osservazione del romano oratore e filosofo, di cui ho fatto cenno
di
sopra nel testo : « Ergo ut hic (pastor) primo as
dai retori e dai logici, ed è il seguente posto dal poeta sul labbro
di
Medea : « Servare potui, perdere an possim rogas
vidio stesso, che per lo più rammenta modestamente altre sue Opere, e
di
talune confessa ancora i difetti, parla poi più v
el Diritto Internazionale, per cui meritò e merita il glorioso titolo
di
Precursore di Grozio. 78. « Aliud civitas non es
ernazionale, per cui meritò e merita il glorioso titolo di Precursore
di
Grozio. 78. « Aliud civitas non est quam concors
r ritornare altrove su questo stesso argomento (poichè si tratterebbe
di
un’epoca meno remota di quella eroica), parlerò q
uesto stesso argomento (poichè si tratterebbe di un’epoca meno remota
di
quella eroica), parlerò qui brevemente della prin
ui brevemente della principal maraviglia che gli Antichi raccontavano
di
Arione, vissuto sei in sette secoli prima dell’ è
suto sei in sette secoli prima dell’ èra volgare, ossia verso i tempi
di
Tarquinio Prisco. — Ritornando Arione dalla corte
ia verso i tempi di Tarquinio Prisco. — Ritornando Arione dalla corte
di
Periandro re di Corinto, colmo di ricchezze acqui
di Tarquinio Prisco. — Ritornando Arione dalla corte di Periandro re
di
Corinto, colmo di ricchezze acquistate col canto
co. — Ritornando Arione dalla corte di Periandro re di Corinto, colmo
di
ricchezze acquistate col canto e col suono, i mar
uono, i marinari che lo riconducevano a Metimna sua patria nell’isola
di
Lesbo, congiurarono di ucciderlo per impadronirsi
riconducevano a Metimna sua patria nell’isola di Lesbo, congiurarono
di
ucciderlo per impadronirsi dei suoi tesori. Egli
ua narrazione con le lodi del delfino e col premio che ebbe dagli Dei
di
esser cangiato nella costellazione che porta quel
phina recepit « Jupiter, et stellas jussit habere novem. » Ma invece
di
sole nove stelle, come ne vedevano gli Antichi ad
inciando da Omero che accenna a cantici e poemi antichissimi in onore
di
questo Eroe, troviamo per altro in Pindaro la pri
lle in brani. » (Traduz. del Borghi.) 85. Lino fu creduto figlio
di
Apollo e della Musa Terpsicore e nato qualche ann
to figlio di Apollo e della Musa Terpsicore e nato qualche anno prima
di
Orfeo. I poeti li considerano entrambi, e maestro
rambi, e maestro e discepolo, valentissimi nel suono e nel canto ; ma
di
Lino non hanno saputo inventare aneddoti maravigl
suprema est meta laboris. » 87. Il Naturalista Buffon diede il nome
di
Amazzoni ai pappagalli colle estremità delle ali
il nome di Amazzoni ai pappagalli colle estremità delle ali colorate
di
rosso e di giallo, i quali vivono lungo le rive d
Amazzoni ai pappagalli colle estremità delle ali colorate di rosso e
di
giallo, i quali vivono lungo le rive del fiume de
e delle Amazzoni. In Mineralogia fu chiamata Amazzonìte quella specie
di
pietra preziosa (feldspato) ordinariamente di col
mazzonìte quella specie di pietra preziosa (feldspato) ordinariamente
di
colore verdastro o olivastro, che si scava nelle
ato in quella stella omonima che prima comparisce la sera dalla parte
di
occidente : dalla qual voce Espero derivò poi la
ro in italiano. Ma questa stella non è veramente altro che il pianeta
di
Venere. Infatti, troviamo che anche Cicerone nel
hè più lontana dalla stessa parte. 89. « Che giova nelle fata dar
di
cozzo ? « Cerbero vostro, se ben vi ricorda, « Ne
liano le parole cacofonia (cattivo suono) ; cacografia (cattiva forma
di
scritto) ; cacodèmone (cattivo genio o spirito) e
scritto) ; cacodèmone (cattivo genio o spirito) ecc. 92. Col titolo
di
Mègara móglie di Ercole esiste in greco un elegan
èmone (cattivo genio o spirito) ecc. 92. Col titolo di Mègara móglie
di
Ercole esiste in greco un elegantissimo Idillio d
itamente da quel sommo ingegno del Leopardi. 93. Ved. le Metamorfosi
di
Ovidio,lib. ix, dal principio. 94. Vedasi l’inno
no che Virgilio nel lib. viii dell’Eneide afferma cantato nelle feste
di
Ercole. 95. Vedasi la canzone di Fulvio Testiint
’Eneide afferma cantato nelle feste di Ercole. 95. Vedasi la canzone
di
Fulvio Testiintitolata : La virtù più che la nobi
r., Epist.) 97. Orazio nella Poetica volendo dar precetti sul modo
di
ordinare e comporre il poema epico non fa altro c
or., Od. i, 12ª.) 99. Questo fenomeno elettrico è chiamato il fuoco
di
S. Elmo anche in fisica e meteorologia ; e si man
. In questo stesso anno 1875, il dì 27 febbraio fu osservato un fuoco
di
S. Elmo a Monte Cassino. Il parafulmine situato s
a. Però è da notare che il parafulmine della cupola si eleva molto al
di
sopra degli altri. Il fenomeno incominciò alle or
era, i buoi muggivano tanto da far paura, e tentavano con ogni sforzo
di
svincolarsi per fuggire. Questo fenomeno del fuoc
con ogni sforzo di svincolarsi per fuggire. Questo fenomeno del fuoco
di
S. Elmo è stato osservato in Monte Cassino ora pe
ni Mitologi inventarono ancora che Dedalo facesse a Pasifae una vacca
di
legno tanto al naturale che i tori mugghiavano in
poi adopra l’aggettivo Dœdalea nella seguente celebre strofa in lode
di
Pindaro : « Pindarum quisquis studet æmulari « J
retto che vedesi nella Galleria Farnese. 105. Lo stesso nome greco
di
questo giovinetto (Perdix) fu dato anche in latin
. — Ovidio nel lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita facilità
di
verso e di locuzione, accenna, tra le altre somig
nel lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita facilità di verso e
di
locuzione, accenna, tra le altre somiglianze che
vii.) 107. Benedetto Menzini nella sua Poetica assomiglia al letto
di
Procuste il Sonetto, perchè dev’essere di soli qu
Poetica assomiglia al letto di Procuste il Sonetto, perchè dev’essere
di
soli quattordici versi, nè più nè meno ; e notand
e di soli quattordici versi, nè più nè meno ; e notando le difficoltà
di
chiuder bene e senza sforzo un bel concetto poeti
etto, dissuade dal cimentarvisi chi non sia nato poeta : « In questo
di
Procuste orrido letto « Chi ti sforza a giacer ?
time parole sembrerebbe che Plutarco lodasse e dichiarasse più giusta
di
tutte la pena del taglione. Notino peraltro i gio
on trovasi oggidì in nessun Codice dei popoli civili ; tranne la pena
di
morte in caso di omicidio premeditato. 109. « In
in nessun Codice dei popoli civili ; tranne la pena di morte in caso
di
omicidio premeditato. 109. « In Phalarim, cujus
dosi predire il suo esilio, assomiglia sè stesso all’innocente figlio
di
Teseo. La predizione è posta sulle labbra del suo
si partì Ippolito d’Atene « Per la spietata e perfida noverca, « Tal
di
Fiorenza partir ti conviene. » 117. « Subdu
t facto pius et sceleratus codem. » (Ibid,, v. 406.) 119. La città
di
Pisa in Toscana credesi fondata (per quanto asser
o asserisce Strabone nel lib. ii) da quei guerrieri della greca città
di
Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla
reca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra
di
Troia furono spinti dalla tempesta sulle coste de
iavelli non ha creduto indegno dell’alta sua mente il trarre precetti
di
politica dai miti dell’Antichità pagana e dei tem
roi antichi erano dati ad educare ed istruire (come noi abbiamo detto
di
Ercole e di Giasone, ed ora diciamo di Achille) a
erano dati ad educare ed istruire (come noi abbiamo detto di Ercole e
di
Giasone, ed ora diciamo di Achille) al Centauro C
truire (come noi abbiamo detto di Ercole e di Giasone, ed ora diciamo
di
Achille) al Centauro Chirone, che era, come tutti
dà il Machiavelli : « Dovete dunque sapere come sono due generazioni
di
combattere : l’una con le leggi, l’altra con la f
dagli antichi scrittori, i quali scrivono come Achille e molti altri
di
quelli principi antichi furono dati a nutrire a C
er consiglieri meno Centauri che sia possibile. 123. Chi fosse vago
di
conoscere le particolarità relative a questa scop
noscere le particolarità relative a questa scoperta ed alla questione
di
priorità fra il dott. Schliemann e il Calvert, pu
priorità fra il dott. Schliemann e il Calvert, può leggere la lettera
di
quest’ultimo riportata nell’ Atheneum, del 7 nove
materiale della città, ed il secondo i cittadini ed anche il diritto
di
cittadinanza ; come pure dei due appellattivi Rom
le Tusculane, riporta tradotta da lui stesso in latino questa parlata
di
Socrate ; della quale il punto riferibile a Palam
id., Trist., i, 2ª.) 133. È famigerato ed assiomatico il bel verso
di
Orazio : « Dulce et decorum est pro patria mori.
ragione ammirava le opere del Bartolini, vivente a tempo suo, scrisse
di
lui nella Terra dei Morti : « E tu, giunto a com
fosse ammirata ed applaudita dal pubblico quella scena della tragedia
di
Pacuvio, in cui Oreste e Pilade gareggiano a dar
a vita per salvare quella dell’amico, quando Egisto voleva sapere chi
di
loro due fosso Oreste, ed entrambi si affaticavan
bi si affaticavano a dire : Io sono Oreste. Riporto le precise parole
di
Cicerone : « Qui clamores tota cavea nuper in ho
el Purgatorio queste parole : Io sono Oreste, come un esempio sublime
di
amor del prossimo, conosciuto anche dai Pagani.
s vincere posse, » Pirro è chiamato Eacide, alludendosi allo stipite
di
quella dinastia, che fu Eaco, avo di Achille. 1
Eacide, alludendosi allo stipite di quella dinastia, che fu Eaco, avo
di
Achille. 139. La parola Odissea deriva da Odiss
le. 139. La parola Odissea deriva da Odisseo, che era il greco nome
di
Ulisse ; e perciò quel poema potrebbe in italiano
o i Latini e non si fa altro che tradurli. Essi conservarono al poema
di
Omero il greco titolo di Odissea, e diedero al pr
tro che tradurli. Essi conservarono al poema di Omero il greco titolo
di
Odissea, e diedero al protagonista di esso il nom
poema di Omero il greco titolo di Odissea, e diedero al protagonista
di
esso il nome di Ulisse ; e così fecero e fanno gl
il greco titolo di Odissea, e diedero al protagonista di esso il nome
di
Ulisse ; e così fecero e fanno gl’Italiani. 140.
nome di Ulisse ; e così fecero e fanno gl’Italiani. 140. Quest’isola
di
Ogige dicevasi e credevasi che fosse situata nel
a favolosa, come la Dea che vi risiedeva. 141. Essendo Ulisse figlio
di
Laerte e di Anticlea ambedue mortali, non apparte
come la Dea che vi risiedeva. 141. Essendo Ulisse figlio di Laerte e
di
Anticlea ambedue mortali, non appartenne al numer
e che Ulisse fosse annegato nell’Oceano Atlantico, e ripete l’epiteto
di
folle applicandolo parimente all’ardire di quell’
antico, e ripete l’epiteto di folle applicandolo parimente all’ardire
di
quell’eroe : « Si ch’io vedea di là da Gade il v
e applicandolo parimente all’ardire di quell’eroe : « Si ch’io vedea
di
là da Gade il varco « Folle d’Ulisse, » ecc.
ato come gli faceva comodo ; ma forse è più probabile che nelle copie
di
Virgilio vedute da Dante fosse scritto Cur invece
che nelle copie di Virgilio vedute da Dante fosse scritto Cur invece
di
Quid, come dicesi che si trovi tuttora in qualche
contro me giusto. » 145. I poeti ci hanno conservato il nome anche
di
due altre Arpie, che eran chiamate Occìpete e Ael
ternario si trova spesso nella Mitologia, incominciando dai tre figli
di
Saturno, sino alle tre Arpie ora rammentate. 14
no alle tre Arpie ora rammentate. 146. Dante non dimentica neppure
di
far cenno della funesta predizione delle Arpie ai
o fanno, « Che cacciar delle Strofade i Troiani « Con tristo annunzio
di
futuro danno. » 147. Dante fa la perifrasi d
annunzio di futuro danno. » 147. Dante fa la perifrasi del nome
di
Didone rammentando di chi essa era figlia e la su
nno. » 147. Dante fa la perifrasi del nome di Didone rammentando
di
chi essa era figlia e la sua malaugurata predilez
sua malaugurata predilezione per Enea : « Che più non arse la figlia
di
Belo, « Noiando ed a Sicheo ed a Creusa. » (Para
, 97.) Rammenta ancora col biasimo che si merita Pigmalione, fratello
di
lei : « Noi ripetiam Pigmalïone allotta, « Cui t
dell’oro ghiotta. » (Purgat. xx, 103.) 148. Perciò Dante, parlando
di
Didone, disse di lei che ruppe fede al cener di S
» (Purgat. xx, 103.) 148. Perciò Dante, parlando di Didone, disse
di
lei che ruppe fede al cener di Sicheo. 149. E c
erciò Dante, parlando di Didone, disse di lei che ruppe fede al cener
di
Sicheo. 149. E celebre in Virgilio (Eneide, lib
icheo. 149. E celebre in Virgilio (Eneide, lib. iv) l’imprecazione
di
Didone che sembra un presagio delle guerre Punich
he sembra un presagio delle guerre Puniche e delle tremende battaglie
di
Annibale che tanta strage fecero dei Romani e mis
e tanta strage fecero dei Romani e misero in forse l’esistenza stessa
di
Roma : « Jam vos, o Tyrii, stirpem et genus omne
« Madre, alla tua pria ch’all’altrui ruina. » Dante asserisce ancora
di
aver veduto nel Limbo « ………….il re Latino « Ch
— (Cic., De Divinat., ii, 72.) 160. Si noti come Dante avendo detto
di
sopra che Tiresia diventò femmina, usa qui il pro
he Tiresia diventò femmina, usa qui il pronome le, cioè a lei, invece
di
gli, cioè a lui, perchè Tiresia finchè non ebbe r
i con la verga era non più maschio, ma femmina. Perciò usa il pronome
di
genere femminile. 161. Alcuni credono che quella
ella Galleria Capitolina in Roma) rappresenti Meneceo. — E questa una
di
quelle statue che dai primi repubblicani francesi
primi repubblicani francesi furono portate a Parigi, e dopo la caduta
di
Napoleone I restituite a Roma. 162. Il nome stes
dopo la caduta di Napoleone I restituite a Roma. 162. Il nome stesso
di
Sibilla ha qualche cosa di misterioso, poichè, se
I restituite a Roma. 162. Il nome stesso di Sibilla ha qualche cosa
di
misterioso, poichè, secondo alcuni Etimologisti,
le Dies iræ, è rammentata l’autorità della Sibilla insieme con quella
di
David : Teste David cum Sybilla. 164. Tra le più
164. Tra le più celebri pitture delle Sibille basterà citare quella
di
Baldassarre Peruzzi nella chiesa detta di Fonte G
bille basterà citare quella di Baldassarre Peruzzi nella chiesa detta
di
Fonte Giusta in Siena, quella del Guercino nella
ri in Torino, singolarmente nell’anno 1862, da quando ebbi la ventura
di
conoscervi dappresso nella conversazione del cele
ella Biblioteca Universitaria e passeggiando talora con voi nelle vie
di
cotesta veramente italiana città, al mio cuore ca
tà, al mio cuore carissima e dai buoni venerata, nella compagnia pure
di
quel dolcissimo Giovanni Boglino, fratello a me p
intima amicizia, e nel quale già parvemi riabbracciare le sante anime
di
Silvio Pellico e di Vincenzo Gioberti, poiché e’
el quale già parvemi riabbracciare le sante anime di Silvio Pellico e
di
Vincenzo Gioberti, poiché e’ visse per lungo temp
ragrossa, e voi con erudita e limpida parola, e con abbondevole copia
di
argomenti e d’esempi, sponevate parecchie verità
ente commendato in Europa. Non isgradite ora, che io, a testimonianza
di
grato animo e di affetto, che non iscema per lont
n Europa. Non isgradite ora, che io, a testimonianza di grato animo e
di
affetto, che non iscema per lontananza nè per tem
ettò il nostro Poeta nell’anno 1807-8 per gli Artisti queste Lezioni,
di
guisa che non possiam ricercarvi quel più peregri
a. Ad ogni modo, non cancellate da’ vostri affettuosi ricordi, quello
di
un ammiratore ed amico, che bramò anche in questa
71. Corrado Gargiolli . Avvertimento. Dei pregj delle Lezioni
di
Mitologia di G. B. Niccolini, pubblicate nell’ann
Gargiolli . Avvertimento. Dei pregj delle Lezioni di Mitologia
di
G. B. Niccolini, pubblicate nell’anno 1855 in Fir
1855 in Firenze, favellarono molto saviamente i critici e i biografi
di
lui, e tali giudizj riporteremo a suo tempo, come
n questa raccolta. — Dei difetti, o mancamenti, parlò l’Autore meglio
di
qualunque lettore, scrivendo, è gran tempo, a chi
io di qualunque lettore, scrivendo, è gran tempo, a chi lo richiedeva
di
stampare il suo Corso; « Son grato alla cortese o
ato alla cortese opinione che il Prof. Valeri ha delle mie Lezioni
di
Mitologia ; ma, dopo le opere di Creuzer e d’al
Prof. Valeri ha delle mie Lezioni di Mitologia ; ma, dopo le opere
di
Creuzer e d’altri letterati Tedeschi, gli antic
e lettera, colla quale, trenta anni appresso, e’ consentiva la stampa
di
una parte del Corso medesimo agli Editori Fiorent
i Fiorentini: « Ben volentieri permetto loro, secondo che desiderano,
di
stampare le Lezioni da me recitate nell’Accadem
he desiderano, di stampare le Lezioni da me recitate nell’Accademia
di
Belle Arti nel primo anno del mio Corso. Li prego
emia di Belle Arti nel primo anno del mio Corso. Li prego nulladimeno
di
fare avvertire che sono scritte coll’ unico scopo
rego nulladimeno di fare avvertire che sono scritte coll’ unico scopo
di
porre nei giovani il desiderio di leggere i Class
che sono scritte coll’ unico scopo di porre nei giovani il desiderio
di
leggere i Classici, il cui studio tanto aiuta la
ola parte dei loro scritti; e se nella gioventù fosse entrato l’amore
di
questi studj io avrei fatto di più » 2. Veramente
e nella gioventù fosse entrato l’amore di questi studj io avrei fatto
di
più » 2. Veramente unanime fu l’ammirazione per l
e valse a preparare, e da’ quali dovrebbe sorgere, insieme colle voci
di
alta riconoscenza per lui, frutto più copioso di
, insieme colle voci di alta riconoscenza per lui, frutto più copioso
di
nobili ed efficaci opere, onde l’Italia non falli
stava la dignità della origine loro. E consegnato infatti agli annali
di
tutte le genti che agli astri, e specialmente al
n genere disperso. E certo, se fra le cose create degna avvene alcuna
di
ammirazione, egli è il ministro maggiore della Na
l’universo ride e si rinnova, il vincitor delle tenebre, la vera sede
di
Dio, che, al dir del Profeta, vi pose il suo padi
ità l’origine delle nazioni per essi ordinate. Quindi è che l’istoria
di
tutte le genti (se quella dei Giudei se ne eccett
o deposito del suo culto) comincia dalle favole: onde io ho giudicato
di
dover con queste dar principio alle mie Lezioni,
e Lezioni, ed aprire quel vasto arringo, in cui inoltrandomi sì pieno
di
lusinghiera fiducia sul vostro compatimento, ho q
dell’impresa a che accinto mi sono. Non fu mai maggiore l’opportunità
di
ripetere col divino Alighieri; « Che chi pensass
che arduo è l’assunto, ed accrescere ad un tempo in voi il desiderio
di
impadronirvi di quelle notizie che sono l’oggetto
ssunto, ed accrescere ad un tempo in voi il desiderio di impadronirvi
di
quelle notizie che sono l’oggetto delle mie fatic
di quelle notizie che sono l’oggetto delle mie fatiche, ho deliberato
di
darvi il prospetto delle Lezioni che formeranno i
i ostacoli che s’incontrano in così lungo cammino. Essendomi prefìsso
di
cominciare dalle Favole per quindi condurle dove,
ei e del mondo avevano le diverse idolatre nazioni; poiché la notizia
di
questa formazione è fondamento di tutta la Mitolo
idolatre nazioni; poiché la notizia di questa formazione è fondamento
di
tutta la Mitologia, e in molti vetusti monumenti,
simboli direbbero agli occhi ineruditi. Percorsa che avremo l’istoria
di
questi vaneggiamenti coi quali l’umana ragione ar
oi quali l’umana ragione architettò l’universo, si renderà necessario
di
mostrare come dai Pagani si adoravano questi Dei,
l’oggetto delle nostre ricerche. Questo esame ci porgerà l’occasione
di
dividere le divinità pagane in due classi: maggio
e le divinità pagane in due classi: maggiori, e minori. Sarà mia cura
di
non omettere veruno dei simboli coi quali questi
tere veruno dei simboli coi quali questi Dei vengono rappresentati, e
di
combinare per quanto potrò la Mitologia scritta c
vivamente e con dignità non rappresenti l’originale, avrò io l’ardire
di
volgarizzarlo per vostro vantaggio, come la tenui
stro vantaggio, come la tenuità dei miei lumi il comportano. Gli Inni
di
Omero e di Callimaco, le Metamorfosi d’ Ovidio, p
gio, come la tenuità dei miei lumi il comportano. Gli Inni di Omero e
di
Callimaco, le Metamorfosi d’ Ovidio, poeta sopra
le Metamorfosi d’ Ovidio, poeta sopra ogni altro pittore, e le opere
di
molti altri famosi diventeranno a voi familiari,
nobile e antica gara che regna fra la Pittura e la Poesia. L’amenità
di
questi studj, nei quali desidero avervi compagni
ono dei più celebrati antichi poemi. Il lungo viaggio degli Argonauti
di
cui fu prezzo il vello d’oro conquistato da Giaso
inse tanti pericoli, somministrerà materia a molte Lezioni, e potrete
di
mille immagini far tesoro udendo i versi di Orfeo
molte Lezioni, e potrete di mille immagini far tesoro udendo i versi
di
Orfeo, di Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, ne
ioni, e potrete di mille immagini far tesoro udendo i versi di Orfeo,
di
Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, nelle di cui
lle immagini far tesoro udendo i versi di Orfeo, di Apollonio Rodio e
di
Valerio Flacco, nelle di cui carte vivono ancora
dendo i versi di Orfeo, di Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, nelle
di
cui carte vivono ancora « Quei gloriosi che pass
te vivono ancora « Quei gloriosi che passaro a Coleo: » vi sembrerà
di
errare sulle sponde del Fasi estremo, e di veder
ro a Coleo: » vi sembrerà di errare sulle sponde del Fasi estremo, e
di
veder veramente dalle glebe incantate nascere fat
eri; spirar fiamma i tori che tardano a riconoscere lo stesso tiranno
di
Coleo, e domato il terrore custode del vello di F
ere lo stesso tiranno di Coleo, e domato il terrore custode del vello
di
Frisso dai potenti incantesimi di Medea, della qu
domato il terrore custode del vello di Frisso dai potenti incantesimi
di
Medea, della quale Euripide finirà di narrarci le
Frisso dai potenti incantesimi di Medea, della quale Euripide finirà
di
narrarci le sciagure e i delitti. Ma maggiore arg
ide finirà di narrarci le sciagure e i delitti. Ma maggiore argomento
di
pianto vi daranno gli squallidi campi di Tebe, co
litti. Ma maggiore argomento di pianto vi daranno gli squallidi campi
di
Tebe, contrastati dagli odj profani di due fratel
vi daranno gli squallidi campi di Tebe, contrastati dagli odj profani
di
due fratelli destinati alla colpa ed all’odio vic
mo ancora in Eschilo ed in Euripide i Sette Re congiurati all’eccidio
di
Tebe. Ed eccoci giunti a quell’epoca in cui la Gr
iegò tutte le sue forzo por vendicare l’ingiuria del violato ospizio
di
Menelao; eccoci all’istoria d’Ilio sciagure d’Ili
Menelao; eccoci all’istoria d’Ilio sciagure d’Ilio che fama divennero
di
Omero, « Di quel signor dell’altissimo canto. Ch
’aquila vola. » Chi fra voi non rivolgorà la sua attenzione ai versi
di
tanto poeta, del « Primo pittor delle memorie an
i versi di tanto poeta, del « Primo pittor delle memorie antiche. »
di
quello che colla divina Iliade dettò i più sublim
quante carte, a quante statue, a quante pitture atlìdata fu la t’ama
di
quelli ho pugnarono e cadiloro sotto le mura, ope
otto le mura, opera degli Dei! Dopo che Omero ci avrà descritto l’ira
di
Achille, la discordia degli Dei, il tenero addio
à descritto l’ira di Achille, la discordia degli Dei, il tenero addio
di
Andromaca ad lettore, che rimprovera a Paride lo
aiutati dal tradimento e dalla fortuna, adeguarono al suolo l’altezza
di
Troia convertita in cenere e caverne. Nè senza ve
farei ruppero le navi trionfali dei Greci ingannati dalle infide faci
di
Nauplio. Sul soglio del Re si assise l’adultero E
assise l’adultero Egisto. L’amore e le tempeste resero lungo l’errore
di
Ulisse, mentre i Proci insidiavano la fedeltà di
esero lungo l’errore di Ulisse, mentre i Proci insidiavano la fedeltà
di
Penelope, che aspettandolo, canuta divenne. Sofo
ne. Sofocle ed Euripide comanderanno il nostro pianto sulle sciagure
di
molti dei vincitori dell’Asia. Le avventure dell’
re di molti dei vincitori dell’Asia. Le avventure dell’accorto figlio
di
Laerte narrate ci saranno da Omero nel suo poema.
nell’Iliade egli è simile al sole quando nel mezzo del giorno riempie
di
sua luce l’universo, nell’Odissea ancora imita l’
raggi mandare l’ultimo saluto alla terra. Ma poco compenso ai nipoti
di
Bardano sarebbero i diversi infortunj degli Achei
gine e gli augusti principj della gente romana, e nella divina Eneide
di
lui avrà il suo compimento l’istorica Mitologia.
istituto se, esaurite le favole teologiche ed istoriche, tralasciassi
di
parlarvi delle divinità adorate da quelle nazioni
ità quasi gareggia colla famosa istoria dell’arte del disegno. I lumi
di
tanto scrittore diminuiranno le difficoltà delle
parla, e che tuttora si vedono nei loro monumenti. Difficile è l’arte
di
esprimere le idee col mezzo delle immagini, in ch
a difficil pittura del pensiero, agevolmente vi si presenterà il modo
di
ritrarre con simboli semplici e chiari gli esseri
che i falsi numi adorate furono dai filosofi dell’antichità, che meno
di
noi le nominavano, ma più n’erano fedeli ai vener
ano, ma più n’erano fedeli ai venerati precetti. Vorrei nel prospetto
di
queste Lezioni aver potuto imitare l’architetto,
reti divisamenti, e costringe a percorrerlo l’attonito pellegrino che
di
esso ha piena la vista. Ma se la conoscenza delle
cando, rivolgerete la mente alla dignità dell’impresa, e agli scritti
di
quei grandi dei quali le idee possono farsi vostr
possono farsi vostre; giacché i concetti della mente dirigono la mano
di
coloro che nati sono alla gloria dell’arte. Miche
ati sono alla gloria dell’arte. Michelangelo, leggendo gli alti versi
di
quel magnanimo suo concittadino, che sdegnando tr
uta. E voi pure vi esalterete in voi stessi, udendo i versi immortali
di
quei sommi intelletti che trionfano di tanti seco
essi, udendo i versi immortali di quei sommi intelletti che trionfano
di
tanti secoli, e dei quali la fama durerà quanto i
nemici del nome Italiano l’invidia e l’ammirazione, per cui disperino
di
emularci, conoscendo che il genio non può mai col
ipio si prenderà dai Caldei, popolo antichissimo, ove nacque l’autore
di
quell’insensato progetto, che Iddio arrestò e pun
esce comparve verso Babilonia, abbandonando il mare Eritreo. La testa
di
uomo sovrastava sopra quella di pesce, e piedi um
bbandonando il mare Eritreo. La testa di uomo sovrastava sopra quella
di
pesce, e piedi umani pure stavano uniti alla coda
alla coda. Questo mostro era robusto, aveva favella umana, ed erudiva
di
giorno i mortali nelle scienze, nella religione,
i ed animali mostruosi, simili a quelli che erano ritratti nel tempio
di
Belo da Erodoto descritto. Omorca, che signoreggi
l’universo, narra lo stesso, fu da Belo divisa in due parti: con una
di
queste formò la terra, coli’ altra il cielo, ucci
leravano la luce, s’accorse essere il mondo deserto, impose a un nume
di
troncargli la testa, e col sangue che dalla^ piag
e i pianeti, dando compimento alla creazione. Non so se questa serie
di
assurdità sia un’alterazione della Genesi di Mosè
. Non so se questa serie di assurdità sia un’alterazione della Genesi
di
Mosè; che io non sono nè curioso nè ardito per in
Fenicj, come si rileva da Eusebio, che ci ha conservato un frammento
di
Sanconiatone, che forse egli trasse da Filone, tr
Sanconiatone, che forse egli trasse da Filone, traduttore delle opere
di
questo antichissimo sacerdote. Il principio dell’
sacerdote. Il principio dell’universo, secondo esso, era uno spirito
di
aere oscuro, ed un turbato caos di folte tenebre
rso, secondo esso, era uno spirito di aere oscuro, ed un turbato caos
di
folte tenebre ingombro. Ciò per molti secoli fu i
uzione nata dalla mistura delle acque, onde derivarono le generazioni
di
tutto l’universo. Vi furono oltre a ciò alcuni an
zioni di tutto l’universo. Vi furono oltre a ciò alcuni animali privi
di
seotimento, dai quali furono prodotti altri dotat
tti furono contemplatori dei cieli Zophasemen. Ebbero questi la forma
di
ovo, e generato il fango, cominciarono a risplend
arono a risplender col sole e con gli altri pianeti. L’aria si riempì
di
luce; dal calore furono generati i venti e le nub
U’aria; le nuvole si urtarono fra loro, e vita diedero al folgore, il
di
cui tuono riscosse gli animali ragionevoli, che c
ito, pure sembra a questo data l’eternità e l’indipendenza, attributo
di
Dio; onde il sistema fenicio non conduce direttam
fenicio non conduce direttamente all’ateismo, come sembrò ad Eusebio
di
Cesarea. Forse questa cosmogonia a tanto sospetto
cosmogonia a tanto sospetto soggiacque, perchè fu derivata da quella
di
Thoth, che fu pure agli Egiziani comune, dei qual
un dipresso si esprime. Una era la forma della terra e del cielo, le
di
cui nature erano in sieme confuse. Separatesi, il
i onde è popolata la terra. Quelle che avevano ricevuto maggior grado
di
calore divennero volatili; quelle che in loro ave
avevano più terra, furono rettili ed animali terrestri; quelle nella
di
cui generazione preponderò l’acqua, balzarono com
o del tempo la terra, inaridita dal sole e dai venti, perde il potere
di
produrre animali, che quindi moltiplicarono col m
la sola degli Egiziani, ninno potrebbe scusargli dall’ateismo, poiché
di
alcuna divinità nell’esposta cosmogonia non si fa
Parve altrimenti al dottissimo Cudworth, che mostrò le contradizioni
di
Eusebio di Cesarea. Non è del nostro istituto il
imenti al dottissimo Cudworth, che mostrò le contradizioni di Eusebio
di
Cesarea. Non è del nostro istituto il comporre sì
dorata fra l’altre una certa divinità detta Neph, da cui era opinione
di
alcuno che fosse formata la macchina del mondo. Q
formata la macchina del mondo. Questa era simboleggiata nel sembiante
di
un uomo di color celeste, che avea nelle mani una
macchina del mondo. Questa era simboleggiata nel sembiante di un uomo
di
color celeste, che avea nelle mani una cintura ed
i moti. Nell’evo era simboleggiato l’universo. Eppure, sotto la forma
di
serpente col capo di sparviere, è sentimento di a
simboleggiato l’universo. Eppure, sotto la forma di serpente col capo
di
sparviere, è sentimento di alcuni che fosse da lo
ppure, sotto la forma di serpente col capo di sparviere, è sentimento
di
alcuni che fosse da loro Iddio ancora adorato. Se
dio ancora adorato. Se questo apriva gli occhi, l’universo si erapiva
di
luce; le tenebre occupavano tutte le cose se li c
iose istituì colla divinità dei suoi versi, viene accusato per alcuni
di
avere a suo capriccio inventati i nomi degli Dei
Altri, al contrario, lo difendono da tanto rimprovero, asserendo che
di
Dìo ebbe idee più giuste di ogni altro pagano. Or
endono da tanto rimprovero, asserendo che di Dìo ebbe idee più giuste
di
ogni altro pagano. Orazio, infatti, lo chiama int
dio che Timoteo fece della cosmogonia orfica, egli potrebbe trionfare
di
tutte le calunnie dei suoi avversarj. In tanta di
trionfare di tutte le calunnie dei suoi avversarj. In tanta discordia
di
opinioni, non posso che riportare le parole del m
principio Iddio formò l’Etere, ove abitavano gli Dei, e da ogni parte
di
questo erano il Caos e la Notte che sta sotto l’E
plendore. Questa luce era la primogenita degli esseri, e il principio
di
essa avea dato vita a tutte le cose ed all’uomo i
de Dopo questo, diminuirò la noia che forse avrà ca gionata l’istoria
di
tanti delirj, leggendovi la descri zione della ba
a copia tutta l’anima dell’originale: non so se avrò avuto la fortuna
di
riescirvi. Udite intanto l’origine e la genealogi
voluttà degli uomini e degli Dei, indivisibil compagna delle Grazie e
di
Amore, a cui mille altari fumarono in Pafo, in Am
Citerà. Regnava intanto la discordia fra gli Dei, e Cielo minacciava
di
punire i Titani suoi figli. La Notte, benché niun
i Titani suoi figli. La Notte, benché niun dio degnasse il suo letto
di
tenebre, generò da sé stessa l’inesorabil Destino
a Fame, degli Affanni, delle Guerre, delle Stragie delle Sconfitte, e
di
tutto ciò che i mortali tormenta, come le querele
ereo e da Dori, figliuola dell’Oceano, nacquero le Nereidi nel numero
di
cinquanta. Taumante sposò Elettra figlia deirOcea
ale avendo sposata Calliroe figlia dell’Oceano, n’ebbe Gerione mostro
di
tre teste. La stessa Calliroe die la vita ad un a
Esperidi. Tati dall’Oceano ebbe tutti i fiumi, ed innumerabile stuolo
di
ninfe abitatrici delle fontane. Esiodo le fa asce
fa ascendere a tremila, e ad altrettanto i fiumi figli dell’Oceano e
di
Teti. Ftia ed Iperione generarono il Sole la Luna
eti. Ftia ed Iperione generarono il Sole la Luna, l’Aurora colle dita
di
rosa; e Creio dal suo matrimonio con Eurita otten
ro unico ai mali Le nate a vaneggiar menti mortali.6 » Dal commercio
di
Fallante con Stige figlia dell’Oceano e di Teti n
mortali.6 » Dal commercio di Fallante con Stige figlia dell’Oceano e
di
Teti nacquero Zelo, la bella Nice, o Vittoria, la
lo, la bella Nice, o Vittoria, la Forza, la Violenza, eterne compagne
di
Giove, ch’egli chiamò in sua difesa quando far vo
que a Giove che doni ed onori le rese in gui derdone; ritenne i figli
di
lei, e volle che nel di lei nome temessero di spe
onori le rese in gui derdone; ritenne i figli di lei, e volle che nel
di
lei nome temessero di spergiurare gli Dei. Febea
erdone; ritenne i figli di lei, e volle che nel di lei nome temessero
di
spergiurare gli Dei. Febea ebbe da Geo l’amabile
lo e della terra e del mare, che sempre era fra gli antichi principio
di
sacrifizj e preghiere, e presiedeva ai consigli d
consigliatasi coi suoi genitori presentò a Saturno una pietra coperta
di
fasce, invece del figlio che occultò in Creta; on
occultò in Creta; onde questa isola va superba per essere stata culla
di
Giove; e i Cretesi mendaci ardiscono di mostrare
uperba per essere stata culla di Giove; e i Cretesi mendaci ardiscono
di
mostrare ancora il sepolcro del padre degli uomin
o, il perfido Menezio, l’astuto Prometeo, l’incauto Epimeteo, cagione
di
lacrime eterne al genere umano. Giove fece piomba
rne al genere umano. Giove fece piombare nell’inferno Menezio ripieno
di
mille colpe, die la cura ad Atlante di sostenere
e nell’inferno Menezio ripieno di mille colpe, die la cura ad Atlante
di
sostenere coi forti omeri il Cielo nel paese dell
il Cielo nel paese dell’Esperidi, e sul Caucaso incatenò Prometeo, le
di
cui interiora rinascevano alla pena sotto il rost
ò Prometeo, le di cui interiora rinascevano alla pena sotto il rostro
di
un avvoltoio. Dopo la guerra contro Saturno e con
che sembra creder questi confinati in pena, giacché come avremo luogo
di
vedere, stettero nella battaglia dei Titani dalla
remo luogo di vedere, stettero nella battaglia dei Titani dalla parte
di
Giove. Si unì la Terra col Tartaro, volendo vendi
i, e generò l’ultimo e il più terribile dei suoi figli. Tifone, dalle
di
cui spalle nascevano cento teste di serpente. Per
ile dei suoi figli. Tifone, dalle di cui spalle nascevano cento teste
di
serpente. Pericolava il Cielo; Giove stava in for
ono; ma rimediò alla comune paura l’arme per cui trionfò dei fratelli
di
questo, il fulmine, col quale lo precipitò nel Ta
à dicendo, che quando le Parche rendevano ragione, figlie chiamavansi
di
Giove; allorché il caso guidava le forbici fatali
ta coatradizione, e mille altre, abbiano origine dall’essere il poema
di
Esiodo stato soggetto a molti cangiamenti, come v
itone; Venere generò da Marte lo Spavento, il Timore, eterni compagni
di
questo dio, ed Armonia la bella. Maia figlia di A
more, eterni compagni di questo dio, ed Armonia la bella. Maia figlia
di
Atlante partorì Mercurio a Giove, che ebbe pure d
congiunse all’abbandonata Arianna, ed Ercole fatto dio diventò marito
di
Ebe. La bella Perseide partorì al Sole Circe ed E
la generazione degli Dei, secondo i Greci, conservataci da Esiodo, il
di
cui poema non è del tutto privo di bellezze, come
Greci, conservataci da Esiodo, il di cui poema non è del tutto privo
di
bellezze, come Banier sentenzia arditamente. Voi
quel che comanda Il core a me nell’animoso petto Dica: Gran tempo fra
di
noi pugnammo, Numi Titani, e di Saturno figli, De
ll’animoso petto Dica: Gran tempo fra di noi pugnammo, Numi Titani, e
di
Saturno figli, Della vittoria e dell’ impero ince
dei potenti Le percosse: dall’una all’altra parte Volan dardi, cagion
di
pianto alterno. D’ambo la voce al ciel stellato a
o ardor l’Èrebo investe, Ode, e vede la pugna, e con la terra Par che
di
nuovo si confonda il cielo, E il caos antico l’un
escon fremiti, polve, e grida, e pianto, E tutto il fulmin vince arme
di
Giove. Già la battaglia inchina. Era il valore In
erta: Ma fra le prime schiere ivano Gige E Cotto e Briareo, che avean
di
guerra Insaziabil sete, e dalle forti Mani trecen
pietre ad un sol tratto Scagliavan spesso, e ai pallidi Titani Facean
di
mille dardi ombra tremenda: Ma il mesto suol già
eterna le superbe mani; E Giove solo col poter del ciglio Li circondò
di
triplicati nodi. Lezione terza. Dei Templi e
a zolle ed informi pietre offrivano sacri fizj al padre degli uomini,
di
cui, al dire di Cicerone, degno tempio è solament
mi pietre offrivano sacri fizj al padre degli uomini, di cui, al dire
di
Cicerone, degno tempio è solamente l’universo. Pe
lere nei templi circoscrivere Iddio. Banier reputa che il tabernacolo
di
Mosè costruito nel deserto fosse il primo: ma que
dolatria, che grandeggiava innanzi lui nell’Egitto. Vi è anzi ragione
di
credere che da questo paese piuttosto derivasse i
ragione di credere che da questo paese piuttosto derivasse il costume
di
edificare i templi fra le altre nazioni. Ma sicco
tume di edificare i templi fra le altre nazioni. Ma siccome la vanità
di
ogni popolo cerca di arrogarsi le invenzioni di t
empli fra le altre nazioni. Ma siccome la vanità di ogni popolo cerca
di
arrogarsi le invenzioni di tutte le cose, la Grec
Ma siccome la vanità di ogni popolo cerca di arrogarsi le invenzioni
di
tutte le cose, la Grecia ne fa autore Deucalione,
, divennero col tempo miracoli dell’arte, come il tempio antichissimo
di
Belo, quello di Giove Olimpico e quello di Diana
tempo miracoli dell’arte, come il tempio antichissimo di Belo, quello
di
Giove Olimpico e quello di Diana in Efeso, dal di
ome il tempio antichissimo di Belo, quello di Giove Olimpico e quello
di
Diana in Efeso, dal di cui incendio cercò Erostra
imo di Belo, quello di Giove Olimpico e quello di Diana in Efeso, dal
di
cui incendio cercò Erostrato di acquistar fama. S
mpico e quello di Diana in Efeso, dal di cui incendio cercò Erostrato
di
acquistar fama. Sarà mia cura descriverli quando
volti all’oriente disegnavano col lituo, o bastone ritorto, una parte
di
cielo, e questa dicevasi tempio: però Lucrezio di
di fu comune questa denominazione a tutti i luoghi destinati al culto
di
qualche nume. Si dividevano in più parti i templi
a quale i sacerdoti attingevano l’acqua necessaria per le lustrazioni
di
coloro ch’entravano nel tempio. Succedeva a quest
; il corintio per Vesta: e qualche volta gli univano, come nel tempio
di
Minerva presso i Tegeati, dove queste diverse nor
hitettura furono da Scopa Pario con solenne artificio distribuite. Ma
di
questa varietà erano causa i moltiplici attributi
rtali che credevano abitarvi, poiché lunghi e scoperti erano i templi
di
Giove, di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Ve
credevano abitarvi, poiché lunghi e scoperti erano i templi di Giove,
di
Cielo, della Luna, rotondi quelli di Venere, del
coperti erano i templi di Giove, di Cielo, della Luna, rotondi quelli
di
Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadr
i di Giove, di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Venere, del Sole,
di
Cerere e di Bacco, e riquadrato era quello di Gia
di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Venere, del Sole, di Cerere e
di
Bacco, e riquadrato era quello di Giano. Nè ciò b
li di Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadrato era quello
di
Giano. Nè ciò bastava: conveniva pure che il luog
a semplicità dei loro templi; ed eran pure assicurati dalla riverenza
di
que’ rozzi mortali non corrotti dai vizj e dalle
sempio i Galli guidati dal sacrilego Brenno, che derubarono il tempio
di
Delfo, e deridendo la religione dei sepolcri cerc
i, in celesti, marini ed infernali. Succederà a questi la descrizione
di
quelli coi quali gli antichi sancivano il giurame
antichi sancivano il giuramento, placavano le ombre degli estinti, le
di
cui tombe bevvero qualche volta umano sangue. Ach
ppo vendicato amico quello dei prigionieri Troiani; Pirro sulla tomba
di
lui uccise Polissena guidato dal paterno furore.
o furore. Ma gli Dei aveano già dato l’esempio della colpa: che r ara
di
Diana era stata tinta in Aulide col sangue d’Ifig
he furono « Famoso pianto della scena Argiva. » Favelleremo intanto
di
quelli che si offrivano ai celesti. — Erano solit
primo luogo quando le gote dell’aurora, per servirmi dell’espressione
di
Dante, pallide divenivano, ed il sole appariva su
, altri il collo. S’indoravano le corna delle vittime, e si cingevano
di
bende: nè a questo uso sceglievasi il rifiuto, ma
oteva innanzi all’ara degli Dei. Chiunque toccasse l’altare macchiato
di
delitto, grato non era il sacrifizio, e sicura la
non era il sacrifizio, e sicura la collera dei numi. Infatti, al dir
di
Giovenale, qual’ostia non merita di vivere più de
collera dei numi. Infatti, al dir di Giovenale, qual’ostia non merita
di
vivere più del colpevole? La viva acqua dei fiumi
del colpevole? La viva acqua dei fiumi purgar doveva le mani asperse
di
stragi recenti ancora a coloro che escivano dalle
iacere pure m^ani e core innocente alla divinità nelle tenebre ancora
di
una falsa religione: Nè minor cura adopravasi nel
legittimi legni, cioè ordinati dalle leggi, che prescrivevano il modo
di
sacrificare. Doveva ardere il mirto a Venere, il
gnavano, giacché allora erano credute poco accette; e ciò pareva loro
di
esplorare, spargendole con una mistura di sale e
accette; e ciò pareva loro di esplorare, spargendole con una mistura
di
sale e farina di orzo, detta mola, e strisciando
areva loro di esplorare, spargendole con una mistura di sale e farina
di
orzo, detta mola, e strisciando loro l’obliquo co
fronte sino alla coda. Osservate queste cose, il sacerdote ammantato
di
bianca o purpurea veste dettava le preci, e sparg
e bellissima, che tenendo dalla destra la patera, diffonde il liquore
di
Bacco sulla candidissima ostia, pregando voti ine
estra, e finalmente la vittima percossa cadeva nel proprio sangue, il
di
cui spruzzo sovente sulla bianca veste del sacerd
veste del sacerdote rosseggiava. Purgate ed aperte le vittime, nelle
di
cui viscere palpitanti cercavano l’ ira degli Dei
inità dell’aria, oltre il fumo delle vittime, caro era ancora l’odore
di
eletti incensi; onde Me dea bruciò soavi farmachi
aventato; e Virgilio ne rappresenta il suo eroe, che ornato le chiome
di
ulivo, getta dalla prora nei flutti parte della v
, getta dalla prora nei flutti parte della vittima e il liquore, dono
di
Bacco, di cui tre volte al padre dell’onde fa lib
lla prora nei flutti parte della vittima e il liquore, dono di Bacco,
di
cui tre volte al padre dell’onde fa libazioni il
ra gli atri animali, che mansuefar doveano l’eterna mestizia e del re
di
Stige e dei numi consorti nell’impero e nella pen
il sacrifizio che loro facevasi da quei che scampati erano al furore
di
una malattia chiamavasi lustrazione, o ringraziam
a chiamavasi lustrazione, o ringraziamento, perchè aveano risparmiato
di
uccidere. All’Eumenidi in silenzio sacrificavano
’Eumenidi in silenzio sacrificavano gli Esichidi, così detti dal nome
di
Esico eroe, al quale un ariete era prima immolato
orte il vigile custode; E tregua al duolo ancor nel mesto sonno Trova
di
estinti figli afflitta madre, » passeggia chiusa
Omero, tradotto dall’ immortai Cesarotti, che osserva la derivazione
di
questo rito dall’Egitto, ove le bestie a ciò dest
o rito dall’Egitto, ove le bestie a ciò destinate si chiamavano ostie
di
maledizione, se ne tagliava la testa, e carica d’
e masse, E gli splendidi bronzi, ed i superbi Dodici corridori, e le
di
Lesbo Sette donzelle, a cui splendeva in mezzo D’
venerande Erinni Punitrici degli empj; a tutti io giuro Che ‘l pudor
di
Briseide e la beltade Mi furon sacri, che l’amore
ssò: l’araldo il teschio Spiccò, roteilo, e lo scagliò nel mare Carco
di
tutti sopra sé raccolti I tristi augurj e minacci
no, come mi sono prefisso nella mia Lezione. Quindi Omero ci occuperà
di
nuovo, leggendovi nella traduzione del sq pra lod
a fu degli antichi pianger gli estinti parenti per tre giorni, avanti
di
rendere alla gelida spoglia i debiti onori. Allor
ltimo dono, le ponevano, non senza pianto, nei sepolcri. E chi ardirà
di
riprendere questi tributi, i quali solo seguivano
loro quell’onore « Che solo in terra avanzo è della morte? » Nulla
di
più santo presso gli antichi che le tombe: onde T
Nulla di più santo presso gli antichi che le tombe: onde Tibullo, ne’
di
cui versi odi ancora i sospiri dell’amore, diceva
nell’Oriente, quando il cadavere del marito incendevasi, vi era gara
di
morte. Cessata la fiamma, incenerito il rogo ed i
te fra le faville; il che appare chiaramente in Virgilio nel funerale
di
Miseno, quantunque Teofrasto ne dica che una piet
. Steril giovenca all’ignudo spirto immolavasi: bende cerulee, frondi
di
funebre cipresso circondavano gli altari ed i ves
l tumulo, chiamavano tre volte l’anima del trapassato, ne spruzzavano
di
chiarissime acque i compagni con un ramo di ulivo
rapassato, ne spruzzavano di chiarissime acque i compagni con un ramo
di
ulivo, e così tutti piangendo gli dicevano l’ulti
ulivo, e così tutti piangendo gli dicevano l’ultimo addio. Funerali
di
Patroclo. ………………………………… Ma grande Ed ammirando in
e sacrata un giorno Dispersa avria sull’onde tue, se salvo E vincitor
di
Troia alle sue braccia Ritornato m’avessi. Invan,
a al petto. Nuovi lai, nuovi pianti: al Re si voglie Pelide allora, e
di
riposo e cibo. Disse, ha d’uopo la turba; alle su
su lui riversa Da doppia urna d’argento un doppio rivo Di biondo mei,
di
liquid’olio. A questo, Quasi a seguir del lor Sig
’olio. A questo, Quasi a seguir del lor Signor la sorte, Tristo pegno
di
fé, mescono il sangue Quattro destrier d’alta cer
o il tergo avvinti Dodici Troi presso la bara: il fero Va coll’acciar
di
gola in gola, e tutti Sul feretro gli stende, ind
r di gola in gola, e tutti Sul feretro gli stende, indi mettendo Alto
di
tetra gioia orrido strido: — Patroclo, esclama, q
or promette Sacrifizio gradito; essi a quel grido Corrono ufìzìosi, e
di
lor possa Tutta investon la pira; ale rugghianti
combattere sull’etimologia della voce altare, e sarà per noi soggetto
di
dubbio ancora se sussista veramente la differenza
mortali: quindi è che nel principio gli altari non furono che ammassi
di
erbe, pietre informi, mucchi di terra, come attes
pio gli altari non furono che ammassi di erbe, pietre informi, mucchi
di
terra, come attestasi per Pausania essere stata l
ormi, mucchi di terra, come attestasi per Pausania essere stata l’ara
di
Giove Licio. Coi costumi si mutò la materia onde
a onde erano composti; e piacque ogni forma, quantunque si osservasse
di
costruire più alti quelli ch’esser sacri doveano
elesti, più bassi tenendo i destinati agli Dei della terra. Di marmo,
di
bronzo, di oro si formavano le are; raramente si
bassi tenendo i destinati agli Dei della terra. Di marmo, di bronzo,
di
oro si formavano le are; raramente si trovavano d
marmo, di bronzo, di oro si formavano le are; raramente si trovavano
di
legno, come per Pausania si osserva. La cenere st
ve Olimpio fu eretto da Ercole Ideo in faccia al Pelopio ed al tempio
di
Giunone. Questo, secondo il mentovato scrittore,
di Giunone. Questo, secondo il mentovato scrittore, era dell’altezza
di
ventidue piedi, in varj ordini diviso, cinto di s
ore, era dell’altezza di ventidue piedi, in varj ordini diviso, cinto
di
scale, di cenere e pietre composte. Altari di con
ell’altezza di ventidue piedi, in varj ordini diviso, cinto di scale,
di
cenere e pietre composte. Altari di consimil mate
rj ordini diviso, cinto di scale, di cenere e pietre composte. Altari
di
consimil materia sorgevano nel tempio stesso d’Ol
’Olimpia a Giunone e alla Terra. Miracolo del mondo era l’ara formata
di
corna inalzata ad Apollo in Delo, che niun glutin
va; onde Callimaco, lusingando la credula superstizione, disse, esser
di
tanto artificio solamente lo stesso nume capace.
i voti e i sospiri. Infatti antichissimo era fra gl’idolatri il rito
di
sacrificare su luoghi elevati, onde nelle sacre c
errore così caro all’umano intelletto. Sei are sorgevano sull’Olimpo,
di
molte erano popolati rimetto, il Parnete, l’Anche
lido del mar risonante erger un altare ad Apollo, fu loro prima cura
di
elevarlo eccessivamente, come se imitar volessero
i altari, e tribomi dicevansi, e sembra che si praticassero nel culto
di
divinità, di ufficj e di parentela congiunte, gia
ribomi dicevansi, e sembra che si praticassero nel culto di divinità,
di
ufficj e di parentela congiunte, giacché nell’Egi
ansi, e sembra che si praticassero nel culto di divinità, di ufficj e
di
parentela congiunte, giacché nell’Egitto, maestro
ità, di ufficj e di parentela congiunte, giacché nell’Egitto, maestro
di
scienze e di superstizioni, vi erano di tal sorta
j e di parentela congiunte, giacché nell’Egitto, maestro di scienze e
di
superstizioni, vi erano di tal sorta dedicati a L
giacché nell’Egitto, maestro di scienze e di superstizioni, vi erano
di
tal sorta dedicati a Latona, Apollo e Diana. Fra
icità sola raccomanda, altre l’ornamento, gli Dei, i genj, i sonatori
di
flauto che vi sono scolpiti; la maggior parte di
, i genj, i sonatori di flauto che vi sono scolpiti; la maggior parte
di
esse ha negli angoli teste di animali. Numerosi a
che vi sono scolpiti; la maggior parte di esse ha negli angoli teste
di
animali. Numerosi al pari degli Dei erano gli alt
i Dei erano gli altari, e Virgilio ci mostra larba, il barbaro rivale
di
Enea, che cento, così traduce Annibal Caro, « N’
e di Enea, che cento, così traduce Annibal Caro, « N’avea sacrati, e
di
continui fochi Mantenendo agli Dei vigilie eterne
i, e di continui fochi Mantenendo agli Dei vigilie eterne Di vittime,
di
fiori e di ghirlande, Gli tenea sempre riveriti e
tinui fochi Mantenendo agli Dei vigilie eterne Di vittime, di fiori e
di
ghirlande, Gli tenea sempre riveriti e colti. »
he la divinità. Esiste ancora in Narbona l’ara dedicata ad Augusto, e
di
molte iscrizioni la memoria non ci è stata invidi
per onorar Giove in Olimpia; la seconda edificò Ercole dopo la morte
di
Caco, « Che sotto il sasso di monte Aventino Di
a seconda edificò Ercole dopo la morte di Caco, « Che sotto il sasso
di
monte Aventino Di sangue fece spesse volte laco.
fece spesse volte laco. Onde cessar le sue opere bieco Sotto la mazza
di
Ercole, che forse Gliene die cento, e non sentì l
che forse Gliene die cento, e non sentì le diece. » Quest’ara, opera
di
quelle mani onde fu la terra vendicata e difesa,
credevasi la pena degli spergiuri. I re vi giuravano sopra i trattati
di
pace; erano abbracciate dai colpevoli e dagl’ inf
aggiungeva il giuramento; onde Giovenale disse che gli empj venditori
di
spergiuri, che intrepidamente vi si accostavano,
i accostavano, ponevano la mano, non solo sull’ara, ma pure sul piede
di
Cerere, divinità venerata. Si celebravano gli spo
ità determinato. Assai degli altari. Intorno ai sacrifìzj eccovi quel
di
pili che importa sapere; poiché, se tener conto s
voti, parlerò delle ostie che allora si offrivano, poiché ogni genere
di
sacrifìzj può in queste due classi esser compreso
i genere di sacrifìzj può in queste due classi esser compreso. Quando
di
lungo viaggio erano fuggiti ai perìcoli, propizia
ito dal cielo una moglie pudica, e le offrivano incenso sotto il nome
di
Lucina, perchè ne favorisse il parto quando era p
e di Lucina, perchè ne favorisse il parto quando era per farli ricchi
di
prole. Un bianco toro, una corona, opime spoglie
vino; gli agricoltori offrivano agnelli e giovenchi a Cerere, vestiti
di
bianco, e legate le mani con rami d’olivo, perchè
lla messe. I sacrifizj statuiti avevano luogo in tutti i mesi. Quelli
di
Giano, di Giunone, di Esculapio nel gennaio, di N
I sacrifizj statuiti avevano luogo in tutti i mesi. Quelli di Giano,
di
Giunone, di Esculapio nel gennaio, di Nettuno e d
statuiti avevano luogo in tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone,
di
Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei inf
tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone, di Esculapio nel gennaio,
di
Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Mi
Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio,
di
Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apol
di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Minerva nel marzo,
di
Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Merc
infernali nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile,
di
Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Gio
o, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio,
di
Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cere
di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno,
di
Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulca
e, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio,
di
Cerere nell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì
, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto,
di
Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di
Cerere nell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre,
di
Diana nel novembre, di Vesta nel dicembre. Ovidio
Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel novembre,
di
Vesta nel dicembre. Ovidio nei Fasti alla curiosi
lissena, ch’ Euripide e Seneca, tradotti, vi narreranno. — Seneca, la
di
cui descrizione ho tradotta come le forze del mio
rze del mio ingegno il permettevano, vi racconterà il secondo, che fu
di
doppio dolore cagione ad Ecuba, al pari d’Ilio, s
ri d’Ilio, splendido documento dell’instabil sorte. Serberemo i versi
di
Euripide alla seguente Lezione. Precedevano le os
ersi di Euripide alla seguente Lezione. Precedevano le ostie coronati
di
lauro i tibicini. Quindi seguivano vaghi fanciull
sultore, distribuiva secondo l’ordine i vasi per le libazioni ripieni
di
vino. I così detti vittimari conducevano gli anim
popa consegnavanla che succinto e mezzo nudo la percoteva. Gli ufficj
di
questi ultimi non sono abbastanza distinti, e qui
no preceduti i sacrifizj dalle lustrazioni, che facevansi con un ramo
di
ulivo, o con istrumento a ciò destinato, del qual
iò destinato, del quale può vedersi la figura nelle medaglie argentee
di
Giulio Cesare e di Antonino Pio. Presentata che
uale può vedersi la figura nelle medaglie argentee di Giulio Cesare e
di
Antonino Pio. Presentata che si era l’ostia, il
o detto dolabra, delle palpitanti vittime radevano la pelle: le parti
di
esse ponevano in vasi detti in genere anclabri, c
a in vasi detti sfagbii, dei quali la figura si scorge nelle medaglie
di
Caligola e di Augusto. I pezzi della vittima dest
i sfagbii, dei quali la figura si scorge nelle medaglie di Caligola e
di
Augusto. I pezzi della vittima destinati ai numi,
rostivano nelli spiedi, come in Omero si lecere. Si faceva ancora uso
di
due altri vasi, detti salino e patella. Le acerne
nsi le primizie che si offrivano agli eterni. Accrescerei il catalogo
di
questi sacri utensili, se in queste cose la vista
il catalogo di questi sacri utensili, se in queste cose la vista, più
di
ogni descrizione, non ammaestrasse; onde per voi
lie e i monumenti, mentre io adempio al mio scopo venendo a favellare
di
quei sacrifìzj, i quali vorrei per onore del gene
rancese pretende. A questa opinione, che onora il core e non la mente
di
chi la produsse, si oppone in primo luogo l’autor
non la mente di chi la produsse, si oppone in primo luogo l’autorità
di
Erodoto, il quale afferma che i popoli della Taur
Plutarco ha lasciato scritto, non vietò così barbaro costume. Volete
di
più? Udite come Cicerone rimprovera ai Galli ques
erone rimprovera ai Galli questo costume nella sua Orazione in difesa
di
Fonteio. Egli dice, volendo dimostrare la poca fe
dimostrare la poca fede dei loro giuramenti: « Cosa volete che vi sia
di
santo e di religioso per coloro i quali, se qualc
la poca fede dei loro giuramenti: « Cosa volete che vi sia di santo e
di
religioso per coloro i quali, se qualche volta da
ncora ai dì nostri? Laonde quale reputate voi che esser possa la fede
di
chi i numi crede doversi placare colle colpe e co
rimediassi colla brevità alla noia che in voi deve produrre l’aridità
di
queste ricerche. Seneca intanto, coi suoi versi i
i queste ricerche. Seneca intanto, coi suoi versi immaginosi, vi sarà
di
sollievo. Il Sacrificio di Astianatte e Polissen
tanto, coi suoi versi immaginosi, vi sarà di sollievo. Il Sacrificio
di
Astianatte e Polissena. Fra le troiane mura eccel
dirupo. Lo circonda a gara Il volgo, i duci, e son vote le navi. Chi
di
colle minor le vette ingombra, d’altra rupe sull’
e ingombra, d’altra rupe sull’acuta cima Libra i tremuli piedi; altri
di
un faggio Abbraccia il tronco, un lauro altri ric
lterezza. In core acheo Breve è pietà: che già ripete Ulisse Le preci
di
Calcante, e al crudo rito Chiama numi di sangue.
e già ripete Ulisse Le preci di Calcante, e al crudo rito Chiama numi
di
sangue. Allora, oh vera Prole d’Ettorre: il ferro
to reteo. L’avversa parte Chiusa è da colle facile, che sorge A guisa
di
teatro. Era ogni lido Ingombro, e presso la spera
teatro. Era ogni lido Ingombro, e presso la sperata terra Già credea
di
vedere il facil volgo Che odia e mira i delitti.
Già credea di vedere il facil volgo Che odia e mira i delitti. Ancor
di
Troia La schiava gente al proprio pianto accorsa
ci. Troncar l’ultima speme il ferro argivo. Quando improvviso balenar
di
tede Percosse i lumi della turba incerta, E Polis
Ogni Troiano Dicea sommessamente: Abi quella face Splenda alle nozze
di
tua figlia, o vile Spartana, e così te la Grecia
a regina antica. Tace attonito il volgo, e chi commove Beltade, e chi
di
gioventude il fiore, Tutti fortuna; e il fermo co
ti fortuna; e il fermo cor che morte Incontrar sembra, e desta in cor
di
tutti Maraviglia e pietade. È sul paterno Sepolcr
quinta. Dei sacrifizj umani. I mortali non contenti nel princìpio
di
offrire alla divinità, erbe ed incensi, quindi an
e vittime contaminarono le loro mani e i templi degli Dei. È opinione
di
alcuni che questa orribile costumanza avesse prin
questa orribile costumanza avesse principio coli’ idolatria al tempo
di
Saruch nella quinta generazione; e se ciò sussist
alute della patria immolò la figlia; che i Tiri sacrificarono i figli
di
Sisifo, persuasi al misfatto dall’oracolo di Apol
ri sacrificarono i figli di Sisifo, persuasi al misfatto dall’oracolo
di
Apollo. Lo stesso autore infama la memoria di Tes
l misfatto dall’oracolo di Apollo. Lo stesso autore infama la memoria
di
Teseo, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antio
Lo stesso autore infama la memoria di Teseo, cui lo stesso dio ordinò
di
uccidere Antiope sua moglie e figliuola di Marte,
, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antiope sua moglie e figliuola
di
Marte, che Adrasto ed Ipponoo suoi figli seguiron
i seguirono gettandosi nel fuoco8; vittima volontaria per la salvezza
di
Tebe sua patria si offerse Meneceo, e di questi f
a volontaria per la salvezza di Tebe sua patria si offerse Meneceo, e
di
questi furori e di questi delitti sono ricchi gli
salvezza di Tebe sua patria si offerse Meneceo, e di questi furori e
di
questi delitti sono ricchi gli annali del genere
tè consigliare la superstizione ! Fuggiva la pietà dai crudeli altari
di
Teutate e d’Eso orribile, sui quali palpitavano v
ni sacrificavano i Cerasti; ninna divinità si compiacque maggiormente
di
questi sacrifìzj che Diana, e lo mostreremo quand
giormente di questi sacrifìzj che Diana, e lo mostreremo quando della
di
lei statua in Tauride si avrà nel corso della pre
tatua in Tauride si avrà nel corso della presente Lezione opportunità
di
parlare. Causa di tanta empietà era la credenza c
i avrà nel corso della presente Lezione opportunità di parlare. Causa
di
tanta empietà era la credenza che questa abominaz
leraggini, quasi le colpe con altre colpe potessero espiarsi. Seneca,
di
cui la descrizione serbiamo alla seguente Lezione
o alla seguente Lezione, ci mostra per questo motivo immolati i figli
di
Tieste, e maggiore compassione desterà nei vostri
ati i figli di Tieste, e maggiore compassione desterà nei vostri cori
di
quella che sentiste udendo del sacrificio di Asti
desterà nei vostri cori di quella che sentiste udendo del sacrificio
di
Astianatte e di Polissena. Sacrificavansi ancora
tri cori di quella che sentiste udendo del sacrificio di Astianatte e
di
Polissena. Sacrificavansi ancora umane vittime pe
e e di Polissena. Sacrificavansi ancora umane vittime per la salvezza
di
un moribondo amico o congiunto; e quando un tiran
ei, discendevano al supplizio degl’innocenti. Lo stesso Giove Laziale
di
umane ostie già compiacevasi, ma Numa, di mansuet
ti. Lo stesso Giove Laziale di umane ostie già compiacevasi, ma Numa,
di
mansueti costumi maestro ai Romani, eluse con acc
sueti costumi maestro ai Romani, eluse con accorta ripulsa la dimanda
di
quel dio che parlar facevano i sacerdoti crudeli.
gli scampati dalla morte, e resi loro per tutta la vita felici. Degni
di
lode i Siri, che tutti i sacrifizj cruenti vietar
da cui ho tradotto quei versi immortali ai quali è consegnato il fato
di
Polissena e d’Ifigenia. Ambedue queste descrizion
ia. Ambedue queste descrizioni sono meno adorne d’immagini che quella
di
Seneca: ma pure di molta compassione percotono il
descrizioni sono meno adorne d’immagini che quella di Seneca: ma pure
di
molta compassione percotono il core per la stessa
nunzio: Perchè vuoi che il dolor rinnovi, o donna, Narrando il fato
di
tua figlia? Assai Piansi in mirarla alla funesta
e funeste stille, E placa la sdegnosa anima: sorgi, E bevi il sangue:
di
donzella è sangue: La Grecia, il figlio te lo don
ennon gridava: All’infelice giovinetta. Achei, Almen lasciate libertà
di
morte. — E la vergine udendo i regi detti, I bei
po esangue Compose, e i lini. Del cadere onesto In te la cura trionfò
di
morte, Magnanima donzella: e frondi e fiori Sparg
e Timante nella pittura che lo rappresentava avendo tutte le immagini
di
mestizia esauste nel volto dei circostanti, le se
ircostanti, le sembianze del misero padre, imitando Euripide, coperse
di
un velo, quasi disperasse dell’arte, Pausania, ch
quasi disperasse dell’arte, Pausania, che dovrebbe essere nelle mani
di
tutti gli artisti, dice che presso gli Egineti vi
secondo mentovato scrittore, ne mostrano la tomba. Molta il discordia
di
pareri regna sull’esito di questo sacrifizio. Alc
, ne mostrano la tomba. Molta il discordia di pareri regna sull’esito
di
questo sacrifizio. Alcuni dicono che Ifigenia fos
a portata nella Tauride nel momento dell’ espiazione, e mise in luogo
di
essa una cerva. Ovidio l’ha posta nel numero dell
Metamorfosi. Antonino Liberale riporta che fu cangiata in una specie
di
Genio immortale, e che nell’isola di Leuce si con
ta che fu cangiata in una specie di Genio immortale, e che nell’isola
di
Leuce si congiunse ad Achille. Evvi un’altra opin
lirici, e specialmente da Stesicoro, la quale narra che una donzella
di
questo nome fu in Aulide sagrificata, ma che di T
arra che una donzella di questo nome fu in Aulide sagrificata, ma che
di
Teseo, e non di Agamennone era figlia, e che Elen
zella di questo nome fu in Aulide sagrificata, ma che di Teseo, e non
di
Agamennone era figlia, e che Elena a lui l’aveva
ta credenza, ed io ho reputato farvi cosa grata traducendo la parlata
di
Clitennestra, e la descrizione del sacrifizio, ch
endo la parlata di Clitennestra, e la descrizione del sacrifizio, che
di
bellezze classiche ridonda. Udite, innanzi, i div
io, che di bellezze classiche ridonda. Udite, innanzi, i divini versi
di
Lucrezio sull’istesso soggetto, che ho desunti da
pol tutto Stillar per gli occhi in larga vena il pianto Sol per pietà
di
lei, che muta e mesta Teneva a terra le ginocchia
nocente e casta Povera verginella in tempo tale Che prima al re titol
di
padre desse; Che tolta dalla man de’ suoi più car
co’1 soave nodo D’un illustre imeneo; ma per cadere Nel tempo istesso
di
sposarsi, offerta Dal padre in sacrifìcio ostia d
or tengono a gara, E ancor trema e rifugge. Eramo giunti Della figlia
di
Giove al sacro bosco Ed ai floridi prati ove dei
che sicura al ferro Offro il collo animoso. — In questi detti Figlia
di
re conosce ognuno. In mezzo Taltibio stava, e all
ffre e Agamennon ch’è padre. A noi concedi il navigar felice. Possiam
di
Troia conquistar le mura. — All suol rivolte le p
ani, e prega, Ed attento osservò dove alla gola Vibrasse il ferro. Io
di
dolor nei lacci Preso, alla terra dechiiiava i lu
uesto giorno valicar l’Egeo. Euripide, Ifigenia in Aulide. Parlata
di
Clitennestra. Apra il mar nuovi abissi, i Greci i
secrata terra D’Atreo ravvisi il vero erede, il figlio, E dalla mensa
di
delitto piena Un dì torcesti l’atterrito raggio,
Spaventa, e i numi fa discordi in cielo. Di mille dardi all’ombra il
di
si cela, E primizia di strage il sangue scorre. M
discordi in cielo. Di mille dardi all’ombra il di si cela, E primizia
di
strage il sangue scorre. Ma Calcante si avanza: a
ni rozze furono nel loro principio, e non giunsero a quell’alto grado
di
bellezza e di perfezione in che collocate sono, s
o nel loro principio, e non giunsero a quell’alto grado di bellezza e
di
perfezione in che collocate sono, se non arricchi
anta vita da gareggiare quasi colle vive sembianze. È impossibil cosa
di
rintracciare la patria di questo ritrovato, e non
asi colle vive sembianze. È impossibil cosa di rintracciare la patria
di
questo ritrovato, e non vi ha motivo per conceder
r vi può dove non sia nato quest’ uso, e chi non scorge che l’origine
di
esso nelle tenebre della più remota antichità sta
ta nascosa? Osserva Winkelman, che coloro i quali trattano del nascer
di
un’arte, sogliono il più delle volte, fidati a po
cer di un’arte, sogliono il più delle volte, fidati a poche relazioni
di
rassomiglianza, dedurre da queste generali conseg
di rassomiglianza, dedurre da queste generali conseguenze, e tessere
di
tutti i ritrovati false genealogie, nelle quali u
e di tutti i ritrovati false genealogie, nelle quali una sola nazione
di
tutte l’altre è maestra. Per evitare questo error
e di tutte l’altre è maestra. Per evitare questo errore sarò contento
di
osservare che nelle più antiche statue egizie non
sti informi sassi in Fera città dell’Arcadia. Altro non fu la Giunone
di
Tespi, la Diana d’Icaro: colonne erano il Giove M
colonne erano il Giove Milichio a Sidone, la Diana Patroa, la Venere
di
Pafo. Sotto questa forma Bacco rappresentavasi. S
tanto nei vocaboli sta l’origine delle cose racchiusa. Con due pezzi
di
legno paralleli, insieme uniti a due traversi pur
. Con due pezzi di legno paralleli, insieme uniti a due traversi pure
di
legno, disegnavano gli Spartani Castore e Polluce
dditati. Furono collocate col progresso del tempo le teste sulla cima
di
queste pie tre: cosi a Tricoloni e a Tegea in Arc
alle quali, con profondo scherzo, paragona Giovenale gl’inetti nobili
di
Roma, che si appoggiavano sulla fama degli avi. A
nei simulacri; convenienti forme si effigiarono nella parte superiore
di
essi, indicando con taglio longitudinale la divis
fama eterna ottenne, e diede a questi simulacri il suo nome. Il nome
di
erme non si dava solamente alle statue di Mercuri
ulacri il suo nome. Il nome di erme non si dava solamente alle statue
di
Mercurio, ma a tutte quelle ancora che ne imitava
ità rappresentata. Ancora nei bei giorni dell’arte per le città tutte
di
Grecia questi simulacri erano sparsi, ed Alcibiad
ade fé’ troncare il capo a tutti quelli che erano in Atene, a riserva
di
quello che stava avanti la porta di Andocide, che
lli che erano in Atene, a riserva di quello che stava avanti la porta
di
Andocide, che per questo motivo la prigionia soff
iché, appena partì colla flotta, fu accusato e coU’esiglio punito. Ma
di
tutte le teste rimaste fu modello il volto di Alc
coU’esiglio punito. Ma di tutte le teste rimaste fu modello il volto
di
Alcibiade; al che allude l’eleofante Ariste lieto
he allude l’eleofante Ariste lieto in una sua lettera, dove una donna
di
sue bellezze gloriosa scrive che norma il sembian
dove una donna di sue bellezze gloriosa scrive che norma il sembiante
di
lei, e non quello di Alcibiade, esser doveva dell
bellezze gloriosa scrive che norma il sembiante di lei, e non quello
di
Alcibiade, esser doveva dell’erme. Era lecito il
gie degli Dei. Nel Giove Olimpico, che veruno emulò, e neir Esculapio
di
Epidauro, l’avorio erano con artificio, che vince
ta serviva alle statue degli Dei che furono detti Fictilia, dall’arte
di
gettarle, e Plinio dice che la semplicità dei pri
l’oro ancora dalle figure degli Dei. Giovenale, favellando del Giove
di
Creta di Tarquinio Prisco, lo chiamò di creta, e
cora dalle figure degli Dei. Giovenale, favellando del Giove di Creta
di
Tarquinio Prisco, lo chiamò di creta, e non viola
ovenale, favellando del Giove di Creta di Tarquinio Prisco, lo chiamò
di
creta, e non violato ancora dall’oro. Marco Acili
la prima statua in Italia, eh’ eresse nel tempio della Pietà al padre
di
lui Glabrione. Nè legge veruna prescrivea l’ alte
d affronti, e gli ebbero da Cambise allora che a Memfi vide il tempio
di
Vulcano. Però quando l’Egitto fu conquistato da A
itarono i greci costumi nel rappresentare la divinità; il che fu loro
di
doppio vantaggio cagione, giacché del vincitore e
a loro mitologia veniva interamente dall’ Egitto. In questa diversità
di
statura data ai numi furono seguiti dai Greci e d
tatura data ai numi furono seguiti dai Greci e dai Romani, quantunque
di
alcune divinità le statue fossero comunemente pic
vo timore dei mortali, che vi adoravano lo stesso silenzio, e l’ombre
di
divinità ignota e terribile ripiene. In questi lu
ove gli Ebrei, varcato l’Eritreo, si accamparono. Pei Greci la selva
di
Dodona fu solenne oggetto di venerazione; trentad
treo, si accamparono. Pei Greci la selva di Dodona fu solenne oggetto
di
venerazione; trentadue boschi sacri si numeravano
o questi ultimi erano stati costruiti in luogo non selvoso, cercavano
di
rimediarvi cingendoli di alberi intorno. Mosè, pr
ti costruiti in luogo non selvoso, cercavano di rimediarvi cingendoli
di
alberi intorno. Mosè, prefìggendosi di vietare ag
avano di rimediarvi cingendoli di alberi intorno. Mosè, prefìggendosi
di
vietare agli Ebrei l’idolatria, verso la quale li
il loro genio e delle altre genti l’esempio, non permise che l’altare
di
Dio fosse circondato da alberi a foggia di selva.
, non permise che l’altare di Dio fosse circondato da alberi a foggia
di
selva. Pure, tanto l’inclinazione prevalse, che G
oni vi appendeva la superstizione, prodiga tanto, che appena, al dire
di
Stazio, luogo restava ai rami. Tagliarli intieram
on sacrifizio al nume del luogo. Celebri sono nell’antichità i boschi
di
Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina,
io al nume del luogo. Celebri sono nell’antichità i boschi di Apollo,
di
Lucina, di Feronia, di Diana Aricina, di Giove La
del luogo. Celebri sono nell’antichità i boschi di Apollo, di Lucina,
di
Feronia, di Diana Aricina, di Giove Laziale, di A
elebri sono nell’antichità i boschi di Apollo, di Lucina, di Feronia,
di
Diana Aricina, di Giove Laziale, di Augusto, e mo
ntichità i boschi di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina,
di
Giove Laziale, di Augusto, e molti altri, dei qua
di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina, di Giove Laziale,
di
Augusto, e molti altri, dei quali la descrizione
gli antichi si legge. Famosa è quella che Lucano ne ha data del bosco
di
Marsiglia, che i soldati romani atterrarono, non
ore comandato dalla maestà del loco, ma pesata, come egli dice, l’ira
di
Cesare e quella degli Dei. Tradurrei per vostro v
di Cesare e quella degli Dei. Tradurrei per vostro vantaggio i versi
di
questo ingegno sovrano, se il Tasso avendone deri
tuosa questa impresa. Quindi ho voi garizzato quella parte del Tieste
di
Seneca, ove si descrive il bosco che era presso a
e era presso alla reggia degli empj fratelli. Confido che vi riempirà
di
maraviglia e di terrore non meno il sacrifizio es
a reggia degli empj fratelli. Confido che vi riempirà di maraviglia e
di
terrore non meno il sacrifizio eseguitovi dal mos
nge delle ricche stanze La fuga artificiosa antica selva. Alto arcano
di
regno. Educa il mesto Suolo non liete piante, o v
Mirtoo Infamia e nome. Qui stan tutte altere L’avite colpe, gran base
di
regno. Nasce fra l’ombre che ogni augello teme Un
ombre che ogni augello teme Un rivo, e pigro qual palude stagna. Così
di
Stige è l’inviolabil onda Sacramento dei numi. Od
erali, e suonar gli antri Per le scosse catene, ulular l’ombre. Ombre
di
sangue. Qui, con gli occhi vedi Ciò che udire è t
edi Ciò che udire è terror; splende la selva Come da fiamme accesa, e
di
latrati Triplice suona. Inusitati mostri Nell’att
nte, che purpurea benda Mestamente circonda: incensi, il sacro Liquor
di
Bacco Atreo sparge sull’ara: Atrocemente sugi’ ig
roppo soffristi, e la tua fuga è tarda: Già banchetta Tieste, e assai
di
luce Vi è perchè scorga il feral cibo, e cessi II
Lezioni ho cercato, quanto la povertà dell’ingegno mio lo concedeva,
di
rendere vostre tutte quelle notìzie, che preceder
Pausania l’attesta, sarebbe il numerare le nazioni che si gloriarono
di
aver data a Giove l’educaziono o la cuna, o perch
presso gli antichi questo nome, sia che la patria dei sommi fu sempre
di
dubbi e di contrasto argomento. Creta, più d’ogni
antichi questo nome, sia che la patria dei sommi fu sempre di dubbi e
di
contrasto argomento. Creta, più d’ogni altra grec
reca città, questo vanto si arroga; e l’antro del monte Ditteo ferace
di
querci fu della puerizia di lui testimone famoso.
arroga; e l’antro del monte Ditteo ferace di querci fu della puerizia
di
lui testimone famoso. Si oppongono alla gloria de
no alla gloria dei Cretesi mendaci, i quali additano pure il sepolcro
di
Giove, i Messenj, che?ul giogo d’Itome mostrano u
egli uomini e degli Dei, quando i Cureti lo sottrassero alla crudeltà
di
Saturno. E l’Arcadia è illustre ancora pel fiume
dalla fame cagionate, fu loro risposto che cesserebbero quando l’ossa
di
Ettore fossero da Obrino trasportate in quella ci
brino trasportate in quella città che non avesse militato all’eccidio
di
Troia, e che fosse ad un tempo patria di Giove; e
avesse militato all’eccidio di Troia, e che fosse ad un tempo patria
di
Giove; ed ambedue queste qualità si trovarono riu
e, città della nominata regione. Che che ne sia, l’istoria dei natali
di
Giove, del parto di R.ea, dell’inganno di Saturno
ata regione. Che che ne sia, l’istoria dei natali di Giove, del parto
di
R.ea, dell’inganno di Saturno deluso da un sasso
e sia, l’istoria dei natali di Giove, del parto di R.ea, dell’inganno
di
Saturno deluso da un sasso fasciato, si trova esp
crizioni Doniane. Nè minor lite reo’na fra a:ìi antichi sulle nutrici
di
tanto fanciullo, poiché Luciano e Arato, con molt
, con molti altri, dicono che alimento gli fosse il latte della Capra
di
nome Amaltea, ma chiamata ancora Olenia dei Class
ltea, ma chiamata ancora Olenia dei Classici, perchè presso una città
di
Beozia detta Oleno fu nutrita. Una medaglia battu
città di Beozia detta Oleno fu nutrita. Una medaglia battuta in onore
di
Antonino Pio esprime nel rovescio Giove b'ambino
esto animale. Virgilio nelle Georgiche dice che dalle Api fu pasciuto
di
miele nell’antro Ditteo Giove, che in mercede lor
lioso intelletto. Reda, Itome, Adrastea, le sorelle dei Cureti figlie
di
Melissea, Tisoa, Agno, si disputano nell’antichit
ea, Tisoa, Agno, si disputano nell’antichità l’aurea culla del fi"lio
di
Saturno. Nè mancò chi le colombe e l’aquile minis
che in un tempio veneratissìmo vedevasi la statua della Fortuna, dal
di
cui seno beato suggeva Giove con Giunone il primo
Secondo alcuni erano così le cure divise: Adrastea lusingava il sonno
di
Giove; le ninfe Melie, recandolo in seno, lo nutr
Così sono rappresentati in due medaglie dei Laodicesi e degli Apamesi
di
Frigia, destinate ad onorare due imperatori roman
i romani, Caracalla e Decio. Titano si accorse che Giove e i fratelli
di
lui erano contro il giuramento educati; onde di t
he Giove e i fratelli di lui erano contro il giuramento educati; onde
di
tale sdegno arse che Saturno e Rea circondò di ca
uramento educati; onde di tale sdegno arse che Saturno e Rea circondò
di
catene. Udì Giove adulto il fato dei genitori; ra
catene. Udì Giove adulto il fato dei genitori; raccolse gran schiera
di
soldati cretesi e di stranieri esuli, e nel primo
ulto il fato dei genitori; raccolse gran schiera di soldati cretesi e
di
stranieri esuli, e nel primo impeto di battaglia
n schiera di soldati cretesi e di stranieri esuli, e nel primo impeto
di
battaglia debellò i Titani, e ripose sul soglio O
attaglia debellò i Titani, e ripose sul soglio Opi e Saturno. Innanzi
di
combattere fece sacrifizio in Nasso, e gli apparv
a vittoria futura; perciò volle che sacra gli fosse, e quando, al dir
di
Orazio, l’esperimento fedele in rapire il biondo
concesse l’impero. Perciò nei monumenti è sempre posta al destro lato
di
Giove, e nel Museo Guarnacci si vede un simulacro
e alte venture. Non placarono i henefizj del figliuolo 1’ troce animo
di
Saturno, il quale memore degli oracoli fatali, in
gli preparava. Giove, avvertito, riunì il primiero esercito, e cercò
di
aggiungere i Cecropi fallaci, che ricevuti gli st
è bastò al sire dell’Olimpo questa vendetta: tolse a Saturno il mezzo
di
generare altri figli. Drepano fu chiamato Corcira
enerare altri figli. Drepano fu chiamato Corcira dalla falce ministra
di
quell’ingiuria, a cui deve il suo nascere la madr
la madre degli amori. Favoleggiarono gli antichi che Apollo coronato
di
lauro e vestito di porpora cantasse dopo la pugna
ri. Favoleggiarono gli antichi che Apollo coronato di lauro e vestito
di
porpora cantasse dopo la pugna famosa, e coll’ete
pugna famosa, e coll’eterna armonia della sua cetra e dei suoi versi
di
incognita e maravigliosa dolcezza così riempisse
Apollo, alludendo al canto famoso: « Vieni splendido e bello; copriti
di
veste purpurea, ed ordina bellamente le lunghe ch
i a Giove vincitore dopo che fu posto in fuga Saturno. » Ma col regno
di
Giove vennero sciagure e delittiPrima la terra no
producevano tutti i frutti. Veleno non avevano i serpenti, nè avidità
di
sangue i lupi; il mare non aveva procelle. Fuggir
mutando avventa contro il cielo le sue fiam me, fa crollar le caverne
di
Vulcano e cadere gli stessi fulmini, onde fu vint
ni dell’Oriente, instituì i re, che secondo Omero, sono la prima cura
di
lui. Domò altri giganti dei quali era capitano Ti
ensieri perfetti costrinsero i fratelli secondo lui a non invidiargli
di
possedere il cielo quasi propria sua casa. Lattan
tanzio spiega questa favola istoricamente, asserendo che l’oriente fu
di
Giove, l’occidente di Plutone, e le regioni marit
avola istoricamente, asserendo che l’oriente fu di Giove, l’occidente
di
Plutone, e le regioni marittime di Nettuno. Non o
l’oriente fu di Giove, l’occidente di Plutone, e le regioni marittime
di
Nettuno. Non ostante, fu opinione degli antichi c
time di Nettuno. Non ostante, fu opinione degli antichi che il potere
di
Giove non solamente al cielo si limitasse, ma che
nume. Così effisriato era Giove Patroo veduto da Pausania nel tempio
di
Minerva in Corinto. Era fama presso quei cittadin
resso quei cittadini che davanti a quella statua Priamo, nell’eccidio
di
Troia, tentasse fuggire l’imminente fortuna, igno
ricreazione dei potenti sicuri. L’amore divenne gran parte della vita
di
Giove che vestì mille sembianze per deludere il g
ita di Giove che vestì mille sembianze per deludere il geloso ingegno
di
Giunone, e macchiando i talami de’mortali, gl’ill
upero, associando in tal maniera col cielo la terra. Il celebre ratto
di
Europa che die nome ad una parte del mondo, è fra
uropa che die nome ad una parte del mondo, è fra le segnalate imprese
di
Giove. Teocrito, ovvero altro greco poeta, lo dà
dire. Uditene la traduzioue che ho tentata, e che sarà copia infelice
di
così leggiadro originale. Già Venere ad Europa u
copre gli stancati letti, Allor dormia nelle sublimi stanze La figlia
di
Fenice, e le parea Veramente veder due terre in l
e le parea Veramente veder due terre in lite. Per lei sembianza avean
di
donna entrambe: Una è simile a peregrina; ha l’al
dei numi La vision m’offerse, e chi fu quella Straniera? oh come amor
di
lei mi prese ! Quanto m’accolse dolcemente: i lum
niliaco flutto, Oro era Giove, e bronzo Io: le donava Forme più care
di
bellezze eterne Il nume: del canestro all’orlo es
e sulla fronte Sorgon le corna, e son fra loro eguali, Siccome quelle
di
crescente luna, Venne sul prato, nè terror la vis
or che lunge Dalla terra già sua non vide Europa Più lido e monti, ma
di
sopra il cielo, E sotto il mare immenso, intorno
furor dell’onde Ridi: io son Giove; e l’amor tuo mi fece Vestir forme
di
toro; e per te sola Tanto seritier misuro. E te f
llustri, Scettrati regi all’universo intero. — Disse, e fu fatto, che
di
Giove i detti Son fato. Apparve Creta, e spogliò
Lezione ottava. Gli amori, le trasformazioni, i figli e i terapli
di
Giove. A diverse sembianze favoleggiarono i po
omini e degli Dei, onde essere dei suoi amori contento. Dopo le nozze
di
Meti figlia dell’Oceano, che a mostruoso fato sog
ti figlia dell’Oceano, che a mostruoso fato soggiacque, e quella pure
di
Temi, amore lo prese della sorella; nè la reveren
renza del sangue comune protesse Giunone delusa. Il pudore vietavagli
di
manifestare i voti nascosi nel cuore, onde si can
al dio che a sua voglia il cielo oscura e rasserena, coperse la terra
di
unica nuvola: Giunone si rifuggì sull’accennato c
mentito aspetto`. ed a un dio innamorato chi resiste? Dal primo furto
di
Giove nacquero le Preci, che, al dir d’ Omero, se
delle mortali in onta agli sdegni gelosi della moglie. Leda figliuola
di
Tindaro gli piacque, ed in candido cigno trasform
andido cigno trasformato volò presso lei, fìngendo evitare l’artiglio
di
un’aquila che sopra gli pendeva. Elena e Polluce
alle voluttà del dio, dicesi collocato fra gli astri alla destra mano
di
Cefeo. Teocrito vi ha narrato nella passata Lezio
mano di Cefeo. Teocrito vi ha narrato nella passata Lezione il ratto
di
Europa. x\ggiungerò che Giove ehbe da lei Minosse
x\ggiungerò che Giove ehbe da lei Minosse e Radamanto. Fra le amanti
di
Giove infelicissima fu Antiope, argomento dei tra
i Giove infelicissima fu Antiope, argomento dei tragici incolti versi
di
Pacuvio. Costei, fìgha di Nitteo e moglie di Lieo
ntiope, argomento dei tragici incolti versi di Pacuvio. Costei, fìgha
di
Nitteo e moglie di Lieo re dei Tebani, fu violata
ei tragici incolti versi di Pacuvio. Costei, fìgha di Nitteo e moglie
di
Lieo re dei Tebani, fu violata da Giove mutato in
repudiò la consorte, e le successe nel talamo Dirce, che alle tenebre
di
una prigione condannò la rivale. Sua propizia for
e tenebre di una prigione condannò la rivale. Sua propizia fortuna, o
di
Giove il volere, fé’ che vicina a partorire fuggi
terna, e pii e scellerati ad un tempo uccisero Lieo e la matrigna. Nò
di
minore compassione percuotono il cuore le vicende
esente Lezione, Giova intanto compire brevemente la serie dello colpe
di
Giove, poiché i semidei celebrati dai versi dei g
la gloria dell’origine e la felicità delle imprese. Calisto, l’emula
di
Diana, felicissima fra tutte le ninfe (se Giove n
e Giove non le avesse rapito il pudore mentendo le forme della dea, i
di
cui studj seguiva) diede alla luce Arcade: e la c
lavacri dell’oceano, cioè non tramonta. Danae non difesa dalla torre
di
bronzo (tanta è la possanza dell’oro:) deve a Gio
di bronzo (tanta è la possanza dell’oro:) deve a Giove l’esser madre
di
Perseo, di quel famoso che liberò Andromeda bella
(tanta è la possanza dell’oro:) deve a Giove l’esser madre di Perseo,
di
quel famoso che liberò Andromeda bella, benché br
e (che tanta lode ottenne pugnando sotto le mura d’Ilio) furono figli
di
Deidamia, da Giove delusa. Che dirò d’Ercole, pri
ono figli di Deidamia, da Giove delusa. Che dirò d’Ercole, prima lode
di
Giove, che in tante imprese vincitore stancò la f
mena, che ingannò colle sembianze d’Anfitrione marito. Nè minor vanto
di
Giove partorì Semole, punita della dimanda superb
celebre al pari d’Ercole è Bacco, che empì l’ Oriente e 1’ Occidente
di
sua fama, e fu causa d’invidia e di conquiste ad
he empì l’ Oriente e 1’ Occidente di sua fama, e fu causa d’invidia e
di
conquiste ad Alessandro. A questi s’aggiunga Piri
one, e che l’ardire e l’amicizia rendono illustre. Eccovi il catalogo
di
altri figli meno chiari. Deu calione da lodoma, B
iove nelle sue galanterie si dimenticò delle dee. Latona lo fé’ padre
di
Apollo e Biana, li due occhi del cielo; la bionda
, che col primo sorriso mansuefece la severa mestizia dell’imperatore
di
Bite. ‘Mnemosine, seco unita nelle spiagge Pierie
gloria dell’invenzione. Ma tutto quello che d’isterico hanno preteso
di
ritrovare gli antichi nelle divinità é per la cri
elle divinità é per la critica dubbio; e qualora vi sia qualche parte
di
vero, é colla favola tanto confuso che é impresa
impresa ardita ed inutile lo sceverarlo, abbandonandosi alla licenza
di
congetture difficili ed infelici. Beve render cau
nza di congetture difficili ed infelici. Beve render cauti coloro che
di
mendace fama in traccia non vanno, il vaneggiare
cauti coloro che di mendace fama in traccia non vanno, il vaneggiare
di
molti illustri, che tanto differiscono nei result
icerche. E a questo fato soggiacer dovevano brancolando nelle tenebre
di
una religione così diversa per origine, indole, t
d’esempio Giove quanta incertezza regni nella Mitologia, Tre (al dir
di
Cotta in Cicerone nel suo libro Della Natura degl
adia; uno dall’Etere, l’altro dal cielo: il terzo in Creta, figliuolo
di
Saturno. Ma lo stesso Cicerone mille altri ne nom
iove confuso col destino. Abbandonando tanti ‘dubbj e tanta diversità
di
opinioni, vi parlerò dei templi più famosi di Gio
dubbj e tanta diversità di opinioni, vi parlerò dei templi più famosi
di
Giove e dei nomi diversi che l’evento, i luoghi e
ppresentato. Udite intanto come viene da Pausania descritto il tempio
di
Giove Olimpico nell’Attica. — « Avanti di entrarv
ausania descritto il tempio di Giove Olimpico nell’Attica. — « Avanti
di
entrarvi (così favella il mentovato scrittore) co
l’ha consacrato, ponendovi quella bella statua che converte gli occhi
di
tutto il mondo, non per la sua grandezza, perchè
Voi vedete in questo tempio due statue dell’imperatore Adriano, fatte
di
marmo di Taso, e due altre di marmo egiziano. Sul
e in questo tempio due statue dell’imperatore Adriano, fatte di marmo
di
Taso, e due altre di marmo egiziano. Sulle colonn
e statue dell’imperatore Adriano, fatte di marmo di Taso, e due altre
di
marmo egiziano. Sulle colonne del tempio sono rap
presentate in bronzo tutte le città che gli Ateniesi chiamano colonie
di
Adriano. Il recinto del tempio è per lo meno di q
iesi chiamano colonie di Adriano. Il recinto del tempio è per lo meno
di
quattro stadj (cinquecento passi geometrici), ed
i), ed in così lungo circuito voi non trovate luogo che non sia pieno
di
statue, perchè ciascuna città ha voluto segnare i
e tanto spazio molte antichità: un Giove in bronzo, un vecchio tempio
di
Saturno e Rea, una selva sacra, chiamata bosco di
, un vecchio tempio di Saturno e Rea, una selva sacra, chiamata bosco
di
Olimpia. Ivi si vede un’apertura, per la quale le
si vede un’apertura, per la quale le acque scolarono dopo il diluvio
di
Deucalione. Tutti gli anni praticano di gittarvi
que scolarono dopo il diluvio di Deucalione. Tutti gli anni praticano
di
gittarvi una specie di pasta composta di farina d
iluvio di Deucalione. Tutti gli anni praticano di gittarvi una specie
di
pasta composta di farina di grano e miele. Fra qu
ne. Tutti gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta composta
di
farina di grano e miele. Fra queste antichità io
gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta composta di farina
di
grano e miele. Fra queste antichità io pongo anco
Fra queste antichità io pongo ancora una colonna, su cui è la statua
di
Socrate, uomo degno di memoria, che alla posterit
o pongo ancora una colonna, su cui è la statua di Socrate, uomo degno
di
memoria, che alla posterità lasciò tre grandi ese
gno di memoria, che alla posterità lasciò tre grandi esempj: il primo
di
costanza, perchè all’età di novantotto anni non a
terità lasciò tre grandi esempj: il primo di costanza, perchè all’età
di
novantotto anni non avea cessato d’insegnare e di
nza, perchè all’età di novantotto anni non avea cessato d’insegnare e
di
avere discepoli; il secondo di una modestia rara,
to anni non avea cessato d’insegnare e di avere discepoli; il secondo
di
una modestia rara, che dagli affari pubblici e da
i affari pubblici e dalle cure del governo lontano lo tenne; il terzo
di
amore supremo per la libertà, che attestò essergl
atta degli Ateniesi a Cheronea, volontario pose fine alla vita. « Fa
di
mestieri porre nella stessa classe quei Persiani
alla vita. « Fa di mestieri porre nella stessa classe quei Persiani
di
marmo frigio, che sostengono un treppiede di bron
ssa classe quei Persiani di marmo frigio, che sostengono un treppiede
di
bronzo, e che sono capilavori tanto essi che il t
che sono capilavori tanto essi che il treppiede. Del resto, il tempio
di
Giove Olimpico è antico: si pretende che da Deuca
si pretende che da Deucalione fosse edificato; ed in prova, la tomba
di
lui presso il tempio si addita. » Fin qui Pausani
ani Prideaux, che osserva come questo tempio era grande quanto quello
di
Salomone, e minore al solo tempio di Belo che in
tempio era grande quanto quello di Salomone, e minore al solo tempio
di
Belo che in Babilonia sorgeva. Pisistrato gli die
Belo che in Babilonia sorgeva. Pisistrato gli die principio: i figli
di
lui, Ippia ed Ipparco, lo continuarono. Perseo re
incipio: i figli di lui, Ippia ed Ipparco, lo continuarono. Perseo re
di
Macedonia, Antioco Epifane siro lo accrebbero; la
Perseo re di Macedonia, Antioco Epifane siro lo accrebbero; la gloria
di
compirlo e di consacrarlo toccò, come fu detto so
acedonia, Antioco Epifane siro lo accrebbero; la gloria di compirlo e
di
consacrarlo toccò, come fu detto sopra, ad Adrian
e circondavano l’esterno: il loco, dove era fabbricato, avea la forma
di
peristilio. L’altezza era di sessantotto piedi, l
loco, dove era fabbricato, avea la forma di peristilio. L’altezza era
di
sessantotto piedi, la larghezza di novantacinque,
forma di peristilio. L’altezza era di sessantotto piedi, la larghezza
di
novantacinque, la lunghezza di dugentotrenta. Bel
era di sessantotto piedi, la larghezza di novantacinque, la lunghezza
di
dugentotrenta. Bellissimo marmo tratto dal monte
onte Pentelieo lo copriva: dal mezzo della volta pendeva una Vittoria
di
bronzo dorato, e sotto il simulacro di essa stava
lla volta pendeva una Vittoria di bronzo dorato, e sotto il simulacro
di
essa stava uno scudo d’oro dove era effigiata Med
artifìcio effigiata era nella facciata anteriore del tempio la pugna
di
Enomao e di Pelope. Giove stava in mezzo, ed alla
ffigiata era nella facciata anteriore del tempio la pugna di Enomao e
di
Pelope. Giove stava in mezzo, ed alla destra di l
la pugna di Enomao e di Pelope. Giove stava in mezzo, ed alla destra
di
lui il re, la consorte Sterope, e l’auriga Mirtil
cavalli. Pelope, Ippodamia e lo scudiere tenevano la sinistra. Opera
di
Peonio erano tutte queste figure. La facciata pos
rappresentava il combattimento dei Centauri e dei Lapiti nelle nozze
di
Pirotoo: dalle mani di Alcamene, emulo e scolare
ttimento dei Centauri e dei Lapiti nelle nozze di Pirotoo: dalle mani
di
Alcamene, emulo e scolare di Fidia, erano nate le
apiti nelle nozze di Pirotoo: dalle mani di Alcamene, emulo e scolare
di
Fidia, erano nate le sembianze famose. Nel intern
olpita era la caccia del cignale, terrore dell’Erimanto, e le imprese
di
Ercole contro Diomede e Gerione ed altri mostri,
la terra vendicata e difesa. Sotto due loggie sostenute da due ordini
di
colonne si arrivava al trono e al simulacro dì Gi
ordini di colonne si arrivava al trono e al simulacro dì Giove, opera
di
Fidia, che niuno, al dir di Quintiliano, potè emu
a al trono e al simulacro dì Giove, opera di Fidia, che niuno, al dir
di
Quintiliano, potè emulare; in cui l’oro e l’avori
, che la preziosa materia era vinta. Una corona che imitava le foglie
di
ulivo cingeva la fronte del nume, che nella destr
cingeva la fronte del nume, che nella destra tenea una Vittoria, pure
di
avorio e di oro, nella sinistra uno scettro mirab
ronte del nume, che nella destra tenea una Vittoria, pure di avorio e
di
oro, nella sinistra uno scettro mirabile sovrasta
uno scettro mirabile sovrastato dall’aquila. Nei calzari e nel manto
di
Giove era compreso ogni genere di animali e di fi
all’aquila. Nei calzari e nel manto di Giove era compreso ogni genere
di
animali e di fiori. Splendeva per l’oro e per le
ei calzari e nel manto di Giove era compreso ogni genere di animali e
di
fiori. Splendeva per l’oro e per le pietre prezio
re preziose il trono variato dall’ebano e dall’a vorio e dalle figure
di
animali diversi: agli angoli vi erano quattro Vit
tavano ai piedi del nume. I gradiniMalla parte anteriore erano ornati
di
sfìngi; al di sotto Apollo e Diana miravansi puni
i del nume. I gradiniMalla parte anteriore erano ornati di sfìngi; al
di
sotto Apollo e Diana miravansi punire nei figli l
gi; al di sotto Apollo e Diana miravansi punire nei figli la superbia
di
Niobe. Le traverse ch’erano ai piedi dello stesso
bia di Niobe. Le traverse ch’erano ai piedi dello stesso trono, erano
di
mille figure adornate; in una erano figurati sett
Oltre i gradini del trono, vi erano ancora due colonne che gli erano
di
sostegno. Finalmente una gran balaustrata dipinta
ne che gli erano di sostegno. Finalmente una gran balaustrata dipinta
di
figure tutta 1’ opera racchiudeva. Paneno fratell
ustrata dipinta di figure tutta 1’ opera racchiudeva. Paneno fratello
di
Fidia vi avea ritratto Atlante che sosteneva il c
tanto peso: Teseo e Piritoo fra i seguaci dell’eroe: il combattimento
di
lui col leone nemeo: l’attentato d’ Aiace verso C
simulacro, vi erano le Grazie e le Ore, le une e le altre nel numero
di
tre. Nella base di questa macchina Fidia avea sco
o le Grazie e le Ore, le une e le altre nel numero di tre. Nella base
di
questa macchina Fidia avea scolpito da una parte
’estremità, e parea sopra un cavallo correre velocemente. Una cortina
di
velo tessuto dagli Assirii e tinto dai Fenici: (d
la sommità fino al suolo. Sarebbe lungo annoverare gli splendidi doni
di
ogni nazione che accresceano la maestà di questo
noverare gli splendidi doni di ogni nazione che accresceano la maestà
di
questo tempio misurato dalla statua e dal trono d
resceano la maestà di questo tempio misurato dalla statua e dal trono
di
Giove. Basterà dirne che dagli antichi, nel loro
al patrio speco Giove, e disse ver lei con caldo affetto: O ben degna
di
me, chi fìa, che teco Vorrai bear nel tuo felice
tenesse nascosto; Qui lei fermata ed ai suoi preghi volta, Non pensa
di
partirsi così tosto, Ma seco quel piacer sì grato
sua fede. Noi ritrovando in cielo, è più che certa, Che sian contro
di
sé fraudi ed offese: Discende in terra, e quella
e toro, Che goderà così leggiadra fera! Cerca saper qual sia, donde e
di
cui, E di che armento, e chi l’ha data a lui. Per
e goderà così leggiadra fera! Cerca saper qual sia, donde e di cui, E
di
che armento, e chi l’ha data a lui. Per troncar G
no facean la sentinella. Ovunque il bel pastor la faccia gira. Ch’ha
di
si ricche gemme il capo adorno, Alla giovenca sua
po adorno, Alla giovenca sua per forza mira, Perch’egli scuopre ancor
di
dietro il giorno; Nè gli è d’uopo, s’altrove ella
he d’ascoltar gli piaccia, Ma come il suo muggire orribil ode, Scorre
di
qua, di là tutto quel sito, Fuggendo sé medesma e
oltar gli piaccia, Ma come il suo muggire orribil ode, Scorre di qua,
di
là tutto quel sito, Fuggendo sé medesma e’I suo m
la figlia: Tutto quel ch’esse fan vuol fare anch’ ella, Dando a tutti
di
sé gran meraviglia: Toccar si lascia, e fugge, e
zando ella s’aggira ed erra, Il mesto padre suo grato ed umano Svelle
di
propria man l’erba di terra, A lei la porge e mos
erra, Il mesto padre suo grato ed umano Svelle di propria man l’erba
di
terra, A lei la porge e mostra di lontano; Ella s
umano Svelle di propria man l’erba di terra, A lei la porge e mostra
di
lontano; Ella s’accosta, e leggermente afferra L’
r con la mia morte L’intenso e dispietato dolor mio, Che a fin verrei
di
sì perversa sorte. Veggo or quanto mi neccia esse
contr’Argo ir s’apparecchi: E perchè non sia più sì vigilante, Vegga
di
tor la luce a tanti specchi. Tosto ei la verga e
parte sogna, E non dà noia al discorso il sognare, Col pensier desto
di
sapere agogna, E il pastor prega che voglia conta
quei cent’ occhi svelle, E fa le penne al suo pavon più belle. Empie
di
gioie la superba coda Del suo pavone, e gli occhi
il petto, Per l’acque giura del tartareo regno, Che mai più non avrà
di
lei sospetto, E tenga il giuramento Stigio in peg
na faccia, I pie dinanzi suoi si fer due braccia. L’unghia sua fessa
di
nuovo si fende D’altri tre fessi, che fan cinque
buon successo. » Metamorfosi, lib. I. Lezione nona. Dei cognomi
di
Giove. I nomi che diedero a Giove le nazioni,
nomi che diedero a Giove le nazioni, presso le quali fu adorato, sono
di
non lieve importanza nella Mitologia, giacché, co
di non lieve importanza nella Mitologia, giacché, come ho avuto luogo
di
riflettere nella passata Lezione, contribuirono n
ra i varii poteri che gli erano attribuiti. Generalmente il simulacro
di
lui facevasi sedente: nuda n’era la parte superio
ivano gli Spartani. Gli Eliopoliti lo effigiarono colla destra armata
di
sferza, a guisa di auriga, e tenente nella sinist
Gli Eliopoliti lo effigiarono colla destra armata di sferza, a guisa
di
auriga, e tenente nella sinistra i fulmini e le s
mio scopo, vi tesso il catalogo dei più famosi cognomi dati al figlio
di
Saturno. Padre, Re, Ottimo, Massimo, fu da tutti
ibuito l’impero del mondo, e l’arbitrio delle sorti mortali. Col nome
di
Custode particolarmente adoravasi presso i Romani
ustode particolarmente adoravasi presso i Romani, ed è nelle medaglie
di
Nerone ritratto assiso sul soglio, col fulmine ne
fu venerato in molte greche città, e specialmente in Corinto col nome
di
Corifeo? E noto che non solo il tetto, ma le pare
l’arme del Saturnio, e vi alludeva Orazio dicendo: « Nè. la gran mano
di
Giove fulminante. » Tonante lo dissero gli Auguri
, dopo la guerra Cantabrica, gii eresse un simulacro nel Campidoglio,
di
cui Plinio forse favella, commendandolo sopra le
glio, di cui Plinio forse favella, commendandolo sopra le altre opere
di
Leocrate insigne scultore. In alcune medaglie del
cultore. In alcune medaglie del nominato imperatore vi è l’iscrizione
di
Giove Tonante. Molte sono l’etimologie del cognom
arono opime spoglie Romolo, Cornelio Cosso, e Marco Marcello uccisore
di
Viridomaro re dei Galli. Perchè Giove fosse chiam
fuga vergognosa: in questo luogo stesso io ti prometto sotto il nome
di
Giove Statore un monumento, che ai posteri attest
ai Roma salvata. — In alcune antiche medaglie, specialmente in quelle
di
Antonino Pio e di Gordiano, scorgesi nel rovescio
In alcune antiche medaglie, specialmente in quelle di Antonino Pio e
di
Gordiano, scorgesi nel rovescio un’immagine nuda
o nel terzo libro, degli edifizi peritteri ragionando, ne avverte che
di
tal genere era il tempio di Giove Statore nel por
fizi peritteri ragionando, ne avverte che di tal genere era il tempio
di
Giove Statore nel portico di Metello. Onorato era
avverte che di tal genere era il tempio di Giove Statore nel portico
di
Metello. Onorato era presso i Romani Giove Lapide
apideo. Così chiamavasi per la pietra che adoperavano nel giuramento,
di
cui ci ha conservato memoria Polibio nella guerra
perche ai Romani assediati dai Galli fama era che avesse consigliato
di
gettare del pane negli accampamenti di Brenne, on
ama era che avesse consigliato di gettare del pane negli accampamenti
di
Brenne, onde togliergli la speranza di vincere i
re del pane negli accampamenti di Brenne, onde togliergli la speranza
di
vincere i Romani col mezzo della fame. È opinione
rgli la speranza di vincere i Romani col mezzo della fame. È opinione
di
alcuni, ma ridicola, che la statua detta Marforio
di alcuni, ma ridicola, che la statua detta Marforio sia il simulacro
di
Giove Pistore. Pistio dai Greci, Fidio, Santo e S
un marmo dice averlo così veduto scolpito Lilio Giraldi nella figura
di
due ingenui fanciulli in mezzo a due figure, una
ta Onore, 1’ altra muliebre su cui si leggeva Verità: come simulacro,
di
Fidio inscritto era sulla testa dei fanciulli. Gi
fanciulli. Giove Pluvio ricorda Pausania, Furnuto, ed il commentatore
di
Pindaro: i Pagani gli attribuirono quel miracolo
gli attribuirono quel miracolo che fece il Redentore per le preghiere
di
una legione cristiana. Gli Ateniesi con questo no
o Giove Vimineo, che diede, o più probabilmente ebbe nome da un colle
di
Roma, dove fra i vimini l’antica semplicità altar
de Giove Vendicatore ebbe adorazioni dai Romani; e da Agrippa, al dir
di
Plinio, il Panteon gli fu consacrato. Museo disse
nne. Sarò breve, e per quanto sarà in mio potere, alleggerirò la noia
di
queste ricerche, nelle quali l’utilità difficilme
nelle quali l’utilità difficilmente può mescolarsi col diletto. Assai
di
Giove Olimpico. Da Ida, e Ditte, monti di Creta,
scolarsi col diletto. Assai di Giove Olimpico. Da Ida, e Ditte, monti
di
Creta, fu nominato Ideo, Ditteo. Egioco, secondo
, e che sortì questo nome dalla pelle della capra Amaltea. Del titolo
di
Patroo dato al dio, e della maniera colla quale f
emore della pietà paterna. Fu anche chiamato Panonteo, perchè il nome
di
lui volava nelle bocche di tutti i mortali. Carco
Fu anche chiamato Panonteo, perchè il nome di lui volava nelle bocche
di
tutti i mortali. Carco della sua altezza lo cogno
li amici e dei parenti ne abbracciava l’altare che in Olimpia, al dir
di
Pausania, sorgeva. Con somma religione Giove ospi
esso che sacerdotessa., ha la favola originata. E dove lascio l’antro
di
Trofonio che diede a Giove l’oracolo e il nome? F
ella vita dell’impostore Apollonio Tianeo. Giove Epidoto, cioè datore
di
beni, onorò Sparta severa. Giove Polieo, o custod
i, fu cognominato, e famoso tempio gli edificò Adriano. Sotto il nome
di
Aratrio lo adorarono i Fenici i. Ammone fu detto
ole e degne d’un nume che rispose a Labieno Catone, quando fu pregato
di
interrogarne l’oracolo sugli eventi futuri. Assab
bino fu detto Giove dagli Arabi; Ermontide dagli Egiziani dalla città
di
Ermonto. Con Belo fu confuso dagli Assiri, benché
ata il padre del famoso Ennio Quirino Visconti, che secondo il parere
di
molti si giovò totalmente dei lumi del figlio. A
totalmente dei lumi del figlio. A questa succederà la promessa Elegia
di
Properzio, che ho tradotta, quantunque disperi ch
io, che ho tradotta, quantunque disperi che le straordinarie bellezze
di
cui ridonda possano in altra lingua trasportarsi.
ridonda possano in altra lingua trasportarsi. « Il più bel simulacro
di
Giove che ne abbia, come si esprime Visconti, las
e. Siede egli qual si conviene a sovrano. Ha l’aquila ministra presso
di
se; ed appoggiandosi colla manca allo scettro, so
vece del fulmine reggesse, come divinità propizia, una patera in atto
di
gradire e ricever le offerte, come il Giove Custo
o di gradire e ricever le offerte, come il Giove Custode nelle monete
di
Nerone, o la Vittoria, come il Vin citore in quel
e nelle monete di Nerone, o la Vittoria, come il Vin citore in quelle
di
Domiziano, e come ancor le tre Grazie che adornav
miziano, e come ancor le tre Grazie che adornavano il trono del Giove
di
Fidia in Olimpia, e vedonsi in mano di Giunone in
adornavano il trono del Giove di Fidia in Olimpia, e vedonsi in mano
di
Giunone in una rara medaglia mezzana, di Faustina
n Olimpia, e vedonsi in mano di Giunone in una rara medaglia mezzana,
di
Faustina giuniore, del Museo Albani, e finalmente
Museo Albani, e finalmente le Ore, o Stagioni, come in un medaglione
di
Commodo in Vaticano. Il capo, a cui servono d’orn
arba e i capelli inanellati, è lievemente inchinato quasi in attudine
di
concedere. Fu disegnata dal celebre LeBrun fra i
di concedere. Fu disegnata dal celebre LeBrun fra i più bei monumenti
di
Roma, e ne fu disotterrata una copia in piccolo,
ove è la Curia; il bevve Di sudor generoso ancor fumante Il destrier
di
battaglia. All’acque il piede Tarpea volgeva: al
l primo Fumo scorgea sulla città levarsi, Salia sul Campidoglio. Eran
di
sangue, (Tanta è l’offesa degli irsuti pruni) Tin
ll’ausonie donzelle io sarò colpa Empia ministra del virgineo foco, E
di
quell’ara che il mio pianto irriga. Diman si pugn
via lubrica, infida, E tacit’acque nel confìn fallace Nasconde. Aiuto
di
potenti carmi Io vorrei darti, o bello; a te conv
ro. Al regio letto in questo modo ascese Chi le fiamme ingannar tentò
di
Vesta. E fu data la morte al tradimento. Prope
. Lezione decima. Giunone. Argo e Samo gareggiarono per l’onore
di
esser patria a Giunone, regina degli Dei, consort
i, consorte e sorella del Tonante. La prima città colla testimonianza
di
Omero dà forza alle sue ragioni; la seconda op po
seconda op pone il grido volgare, gli annui sacrifizii, e l’auto rità
di
non meno venerati scrittori. Contento d’ indi car
ppena il fulmine vinse, e che vinti minacciavano dalle ruine. La cura
di
educare la divina fanciulla fu affidata ad Eubea,
rfosi alle figlie dell’Oceano; e questa opinione si avvicina a quella
di
Omero, ove Giunone andando a visitare Teti, l’Oce
elle loro case già fu da essi beatamente nutrita. In questa diversità
di
nutrici e di patria, la fortuna della dea a quell
e già fu da essi beatamente nutrita. In questa diversità di nutrici e
di
patria, la fortuna della dea a quella di Giove ra
uesta diversità di nutrici e di patria, la fortuna della dea a quella
di
Giove rassomiglia. È inutile il ripetervi a quale
iungerò solamente che vi alludevano gli Argivi, onorando un simulacro
di
lei assiso sul trono, e collo scettro su cui posa
tto, dissero i poeti, partorì Marte, supremo danno, e cagione perenne
di
lacrime al genere umano. Gran scusa alla collera
e cagione perenne di lacrime al genere umano. Gran scusa alla collera
di
Giunone erano i continui furti di Giove; i quali
nere umano. Gran scusa alla collera di Giunone erano i continui furti
di
Giove; i quali sempre ingiustamente puniva nelle
alità all’inimicizia famosa. Favoleggiarono gli antichi che lo sdegno
di
Giunone andasse tant’ oltre che fuggitasi nella E
o ritiro toglierla veruna promessa del ravveduto marito. Il consiglio
di
Giove non trovava mezzi di placarla. Citerone, re
romessa del ravveduto marito. Il consiglio di Giove non trovava mezzi
di
placarla. Citerone, re dei Plateensi, il più astu
iterone, re dei Plateensi, il più astuto dei mortali, persuase al dio
di
fabbricare un simulacro di legno, e dopo averlo o
il più astuto dei mortali, persuase al dio di fabbricare un simulacro
di
legno, e dopo averlo ornato delle più splendide s
, spargendo al tempo stesso la fama delle sue nozze con Platea figlia
di
Asopo. Prestò lede Giunone alla falsa novella: ac
iò scritto. Venerata con somma religione era specialmente la divinità
di
lei in Sparta, in Argo, in Micene, quantunque anc
in Sparta, in Argo, in Micene, quantunque ancora presso gli abitanti
di
Elide fossero stabiliti per ogni quinto anno giuo
prescelse la dea questa forma per celare le sue sembianze. Col sangue
di
un’agnella le propiziavano, a tenore di una legge
le sue sembianze. Col sangue di un’agnella le propiziavano, a tenore
di
una legge di Numa, le donne famose per impudicizi
anze. Col sangue di un’agnella le propiziavano, a tenore di una legge
di
Numa, le donne famose per impudicizia che avesser
una legge di Numa, le donne famose per impudicizia che avessero osato
di
profanare il tempio colla loro presenza. Devote p
giamento: il secondo, perchè nacque, al dir dei Mitologi, dalla morte
di
Argo, cui fu inutile la vigilia dei cento lumi co
i coi quali custodiva la misera Io. Una delle più grandi disavventure
di
Giunone fu l’essere sospesa alla volta dell’etere
dini aiutarono il dio, cui l’infermo piede i passi ritardava. Ancelle
di
Giunone furono quattordici ninfe, ma prevalevasi
lmente espressa dal marmo (così il Visconti), nè quanto possiamo dire
di
questa eccellente statua quasi colossale dell’alt
ossiamo dire di questa eccellente statua quasi colossale dell’altezza
di
palmi tredici, può farne al giusto comprendere tu
to sicuramente con Omero per esprimerne la bellezza, pregio singolare
di
questa dea sopranominata costantemente λευκώλενος
e la maestà de’ grandi occhi, onde Giunone fu appellata βοωπις, occhi
di
bue, l’eleganza e la gentilezza dei panneggiament
la finitezza del lavoro in ogni minima parte ce la danno per un’opera
di
un grande artefice della Grecia. Se non ci mancas
per ve rificarne l’identità, si potrebbe dire cbe fosse quella stessa
di
Prassitele, che si ammirava nel tempio di Platea
ire cbe fosse quella stessa di Prassitele, che si ammirava nel tempio
di
Platea in piedi appunto, e molto maggior del natu
el naturale. Ma ora nè possiamo distinguere con precisione la maniera
di
quel gran maestro, delle cui opere non conosciamo
fu nel passato secolo, cioè nel 600, disotterrata sotto il Monastero
di
San Lorenzo in Panisperna, ove collocano i topogr
il Monastero di San Lorenzo in Panisperna, ove collocano i topografi
di
Roma le Terme d’Olimpiade, personaggio incerto, i
e medaglie sulla testa della Giustizia, creduta esprimere il ritratto
di
Livia, col nome di questa prima Augusta, fu contr
sta della Giustizia, creduta esprimere il ritratto di Livia, col nome
di
questa prima Augusta, fu contradistinta, non rifl
a fisonomia affatto ideale, che non combina coli’ immagini più sicure
di
quell’Augusta, e che lo stile stesso della scultu
te se si considera lo stile della testa, ci ravviseremo un non so che
di
quel quadrato, secondo la frase di Varrone, ramme
esta, ci ravviseremo un non so che di quel quadrato, secondo la frase
di
Varrone, rammentato da Plinio; e se si fa rifless
della drapperia sul fianco sinistro un serpeggiamento, o successione
di
pieghe uniformi, solita osservarsi nei monumenti
to, o successione di pieghe uniformi, solita osservarsi nei monumenti
di
quello stile più antico che noi chia miamo etrusc
antico che noi chia miamo etrusco. Questi caratteri ci danno il tempo
di
questa scultura per molto remoto, e per quello ap
a maniera più antica che l’avea preceduta, come appunto nelle pitture
di
Raffaello si ravvisano talvolta i vestigi delle m
l’ornamento del capo gentilmente ripiegato al dinanzi. Questa specie
di
corone, dette volgarmente diademi, erano appunto
zi. Questa specie di corone, dette volgarmente diademi, erano appunto
di
quelle usate dalle donne greche, chiamate στεφανα
chiamate στεφαναι, e coronœ dai Latini. Il nome però più particolare
di
queste si fatte, che sorgono verso il mezzo e van
remità, per le quali si lega dietro la testa. — La esatta descrizione
di
un ornato che si vede sul capo di tante statue e
o la testa. — La esatta descrizione di un ornato che si vede sul capo
di
tante statue e busti muliebri, senz’essere mai st
re mai stato bastantemente illustrato, mi è sembrato meritare un poco
di
riflessione. Lo meritano ancora le crespe della t
όες dai Greci appallavansi, e le vesti così pieghettate στολιδωτοι, e
di
una di queste così pieghettate fa menzione Senofo
Greci appallavansi, e le vesti così pieghettate στολιδωτοι, e di una
di
queste così pieghettate fa menzione Senofonte. Os
pieghettate fa menzione Senofonte. Osserva Polluce che solevano esser
di
lino, e che col tenerle piegate si obbligavano a
ero, tradotto dal celebre Cesarotti, vi mostrerà la dea che col cinto
di
Venere accresce la sua eterna bellezza per distog
ni, e le animate Paci, E i molli Scherzi, e Voluttà spirante Ebbrezza
di
delizia, e quanto alfine Forma il senso inefFabbi
i frammisto Fulgido elettro de’ suoi rai l’asperge. Tra ‘1 scintillar
di
quei raggianti lampi Mezzo ascoste traspaiono a v
istade, Che più che in sé vive in altrui; l’ignudo Non fucato Candor;
di
sé sicura Nobil Fiducia che alla fede invita; E l
alla fede invita; E l’ingenuo Pudore, amabil velo Di compresso desio;
di
nebbie sgombra Placida Ilarità; Dolcezza umile Ch
umile Che l’ire ammorza, e Sofferenza accorta Che i tempi esplora, e
di
contrasti ignara Condiscendenza, che alle proprie
he senza Leggiadra ésca vital langue e si spegne. Con tai due nuove e
di
diversa tempra Arti, che all’uopo adattamente app
il già pentito sposo Chieder gemendo de’ suoi proprii oltraggi, Quasi
di
proprie colpe, a lei perdono. Con questo a Giuno
l corso volse Dell’erma Tracia alle pendici alpestri, Seffsrio eterno
di
nevi: indi sul dorso Poggia dell’Ida; al Gargare
Gargare sublime Lieta s’avanza, ed improvvisa al guardo S’appresenta
di
Giove. In lei s’affisa Muto il gran Nume, e nel s
ve. In lei s’affisa Muto il gran Nume, e nel suo volto ammira Un fior
di
leggiadrissima beltade, Che di dolcezza insolita
n Nume, e nel suo volto ammira Un fior di leggiadrissima beltade, Che
di
dolcezza insolita l’inonda. Quasi dessa non pargl
insolita l’inonda. Quasi dessa non pargli, e al par sorpreso Di lei,
di
se: Tu qui dal ciel? domanda, Compagna amata, e c
le, alla piacevol voce, Ai cari vezzi già l’arcana forza Dell’ arnese
di
Venere serpeggia Soavemente a Giove in sen; già t
on tuo: che ignota forza Esce da te, dai detti tuoi: qual nova Spezie
di
bello in te risplende, e tutto M’empie lo spirto
pirosetta con sogghigno accorto, Scherzi o t’infinofi: e che? t’uscir
di
mente La candida Latona, e Cerer bionda, Semole,
a a questi Deve Alcide, e Polluce, e Perseo, e Bacco, Veraci eroi che
di
tiranni e mostri Purgar cittadi e disertar forest
cielo Con terra innesta, e l’universo attempra. Non un afi’etto sol,
di
tutti è un misto Quel ch’io sento per te: lievi f
questo Ch’alma e sensi m’investe. Il giorno istesso Che colsi il fior
di
tua beltà non arsi Di tale ardor; vieni al mio se
etto (impaziente Ripiglia il re del cielo): occhio profano Di nume, o
di
mortai non fìa che turbi Le nostre gioie: inacces
i; il dio la stringe Cupidamente; un’azzurrina nube D’ oro trapunta e
di
purpurei solchi Cela i riti d’amor. Sentì la terr
hiude D’amorosette pallide viole. Di m.olle loto e teneri giacinti, E
di
candidi gigli, e d’aureo croco Messe odorosa, che
rosia amico letto; Mentre dal sen della dorata nube Che gli circonda,
di
nettaree stille Rugiada soavissima discende. Sorr
sche Di lieti augei, d’ implacidite belve, E garrir d’aure, e fremito
di
fronde, Crollar di rami e gorgogliar di fonti Al
, d’ implacidite belve, E garrir d’aure, e fremito di fronde, Crollar
di
rami e gorgogliar di fonti Al gioir del suo nume
e, E garrir d’aure, e fremito di fronde, Crollar di rami e gorgogliar
di
fonti Al gioir del suo nume Ida festeggia. » Il
Iliade, Canto XIV, v. 267 e segg. Lezione decimaprima. Dei cognomi
di
Giunone. Moltiplici, quasi al pari di quelli d
one decimaprima. Dei cognomi di Giunone. Moltiplici, quasi al pari
di
quelli di Giove, furono i cognomi che la verità d
prima. Dei cognomi di Giunone. Moltiplici, quasi al pari di quelli
di
Giove, furono i cognomi che la verità degli uffic
one delle nazioni impose a Giunone. Lo scopo della presente Lezione è
di
parlare de’ più famosi, esponendovi le maniere ne
e’ più famosi, esponendovi le maniere nelle quali fa la dea, a tenore
di
essi, rappresentata. Lucina, quantunque questo no
donne nei dolori del parto affidata le era la tutela. Nelle medaglie
di
Faustina è effigiata nelle sem. bianze di una mat
a la tutela. Nelle medaglie di Faustina è effigiata nelle sem. bianze
di
una matrona stolata, che ha nella destra la pater
rchè nelle nozze onoravasi, e fra i precetti che il sommo filosofante
di
Cheronea diede ai maritati, yì è quello di far sa
i che il sommo filosofante di Cheronea diede ai maritati, yì è quello
di
far sacrifizio a Giunone Gamelia. Cinzia dicevanl
doglio che C. Flaminio nella sua guerra contro i Liguri avea promesso
di
edificare alla consorte del Tonante. Insigne nell
erchè accenna l’epoca in cui la pittura fu conosciuta nel Lazio mercè
di
Marco Ludio oriundo d’ Etolia. Di Giunone Moneta
ne Moneta è frequente menzione negli scrittori, ed [è dubbio se onore
di
tempio avesse sul Campidoglio, o sull’Aventino. C
are, e il pontefice massimonella curia celebre propiziava. Col titolo
di
Curi, perchè così l’asta significavano i Sabini,
di Curi, perchè così l’asta significavano i Sabini, Roma la invocò, e
di
qui vogliono che derivasse il costume di dividere
i Sabini, Roma la invocò, e di qui vogliono che derivasse il costume
di
dividere coU’asta le chiome degli sposi. Un promo
a le chiome degli sposi. Un promontorio dell’ Italia le diede il nome
di
Lacinia, e santo a tutti i popoli era il suo temp
nto a tutti i popoli era il suo tempio: e Fulvio Censore che lo scemò
di
marmi per ornar il tempio della Fortuna Equestre,
unone Caprivora fu adorata dai Lacedemoni, e Pausania vuole che l’uso
di
sacrificarle quell’animale fosse stabilito da Erc
fu detta dalle due greche città, che vi accennai disputarsi la gloria
di
esser patria. La statua della dea che in Argo amr
esser patria. La statua della dea che in Argo amruiravasi, era opera
di
Policleto, composta di avorio ed oro, come il Gio
a della dea che in Argo amruiravasi, era opera di Policleto, composta
di
avorio ed oro, come il Giove Olimpico ed altri si
. Sedeva coronata sopra un soglio circondato dalle Grazie e dall’Ore,
di
maravigiioso lavoro. Avea in una mano un pomo, e
’altra. Simile effìgie, nata dalla stessa mano famosa, era nel tempio
di
Giunone detta Prosimna dal nome di una sua nutric
stessa mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome
di
una sua nutrice. Giunone Citeronia commemora Plut
e di una sua nutrice. Giunone Citeronia commemora Plutarco nella vita
di
Aristide. Di Telchinia, così detta dai Telchini,
o. Aggiungerò la descrizione che Visconti nel Museo Pio Clementino dà
di
due statue di Giunone velata, e di Giunone lattan
la descrizione che Visconti nel Museo Pio Clementino dà di due statue
di
Giunone velata, e di Giunone lattante. Udirete, c
sconti nel Museo Pio Clementino dà di due statue di Giunone velata, e
di
Giunone lattante. Udirete, ch’egli porta opinione
endo il mio costume, ho ardito tradurre. Giunone velata. « La statua
di
Giunone velata, disotterrata presso Castel di Gui
one velata. « La statua di Giunone velata, disotterrata presso Castel
di
Guido, sito corrispondente all’antica Lorio, è co
ncontra e colla patera nelle antiche medaglie, che portano l’epigrafe
di
Giunone regina. E velata era la sua statua che su
genzio, vissuti in un tempo nel quale i filosofi pagani si sforzavano
di
scusare con industri allegorie tutte le assurdità
piegazioni. « Il primo intende pel velo le nubi che ofi’uscano Taria,
di
cui questo nume è il simbolo; l’altro crede addit
tichi artefici, i quali la velarono come matrona, o come ancora sposa
di
Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Plat
a sposa di Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera
di
Callimaco. Velata era la sua statua antichissima
in Platea, opera di Callimaco. Velata era la sua statua antichissima
di
legno in Samo, lavoro di Smilide, contemporaneo d
imaco. Velata era la sua statua antichissima di legno in Samo, lavoro
di
Smilide, contemporaneo di Dedalo, come apparisce
tatua antichissima di legno in Samo, lavoro di Smilide, contemporaneo
di
Dedalo, come apparisce dalle sue medaglie; ed olt
dalle sue medaglie; ed oltre il velo aveva ancora sul capo una specie
di
modio: lo che più volentieri osservo, perchè nel
e dai numi le loro dovizie: nella nostra statua, che non è certamente
di
uno stile così antico, può ditsi aggiunto per imi
ertamente di uno stile così antico, può ditsi aggiunto per imitazione
di
qualche vetusta immagine della dea, o per dimostr
o Pio. » Giunone lattante. « Singolare è pel soggetto questa statua
di
Giunone lattante. Ma quanto siamo certi che la de
e. Ma quanto siamo certi che la dea sia appunto la sposa e la germana
di
Giove, e per l’ornamento del capo, e per una cert
ngannata da Giove, come crede Pausania, o persuasa da Pallade, al dir
di
Tzetze. Si aggiunge che il robusto infante la mor
l cielo. « Quantunque però si faccia negli antichi epigrammi menzione
di
un’effigie di Giunone in simile atto, non avendo
ntunque però si faccia negli antichi epigrammi menzione di un’effigie
di
Giunone in simile atto, non avendo il bambino nes
atto, non avendo il bambino nessun segno che lo distingua pel figlio
di
Giove e di Alcmena, non siamo sicuri di questo so
avendo il bambino nessun segno che lo distingua pel figlio di Giove e
di
Alcmena, non siamo sicuri di questo soggetto. Sem
o che lo distingua pel figlio di Giove e di Alcmena, non siamo sicuri
di
questo soggetto. Sembra anzi che Albrico abbia su
erchè tutti si siano apposti a credere in braccio della gelosa moglie
di
Giove un parto delle sue rivali, quando era ella
glie di Giove un parto delle sue rivali, quando era ella stessa lieta
di
triplice prole, d’Ebe, cioè, di Vulcano e di Mart
rivali, quando era ella stessa lieta di triplice prole, d’Ebe, cioè,
di
Vulcano e di Marte. Siccome il sesso esclude la p
do era ella stessa lieta di triplice prole, d’Ebe, cioè, di Vulcano e
di
Marte. Siccome il sesso esclude la prima, non esi
i Vulcano e di Marte. Siccome il sesso esclude la prima, non esiterei
di
scegliere Marte tra i figli di Giunone per suppor
l sesso esclude la prima, non esiterei di scegliere Marte tra i figli
di
Giunone per supporlo il bambino rappresentato nel
a perchè alcune medaglie imperiali vengono opportunamente in soccorso
di
tale congettura. « Fra le medaglie in gran bronzo
ente in soccorso di tale congettura. « Fra le medaglie in gran bronzo
di
Giulia Mammea madre di Alessandro Severo, una ve
e congettura. « Fra le medaglie in gran bronzo di Giulia Mammea madre
di
Alessandro Severo, una ve ne ha, nella quale è ef
iamo da Ovidio che offesa Giunone per non aver avuta parte nel natale
di
Pallade, voleva anch’essa avere una prole che fos
che fosse sua unicamente, doride o Flora fu quella che trovò il mezzo
di
appagarla presentandole un fiore nato ne’ campi o
vò il mezzo di appagarla presentandole un fiore nato ne’ campi olenii
di
Acaia, che col solo contatto la rese feconda. La
tto la rese feconda. La prole fu Marte, il fiore, secondo Servio, era
di
gramigna. Ora se la Giunone nella medaglia di Mam
re, secondo Servio, era di gramigna. Ora se la Giunone nella medaglia
di
Mammea ha in braccio Marte bambino, ò questo un i
sto suo epiteto, e l’erba o il fiore che ha nella destra nelle monete
di
Gallo e di Volusiano, da alcuni antiquari preso p
teto, e l’erba o il fiore che ha nella destra nelle monete di Gallo e
di
Volusiano, da alcuni antiquari preso per una tana
guerra. Mi resta solo ad osservare che Giunone ebbe ancora il titolo
di
Natalis, ed allora è lo stesso che Lucina, uffici
corso dei secoli ne abbia assai rispettata l’ integrità. » Nascita
di
Marte narrata da Flora. Io già fui ninfa del beat
tei la cara preda Portar, strisciando al delicato volto La gran barba
di
nembi umida e grave. Ma il fallo emenda, e a me d
olto La gran barba di nembi umida e grave. Ma il fallo emenda, e a me
di
sposa il nome Concesse, e mai nel fortunato letto
r sei lode, Perchè simile a te non fer gli Dei Altro fanciullo. A che
di
Croco io parlo E d’Ati e del fìgiiuol di Mirra in
i Dei Altro fanciullo. A che di Croco io parlo E d’Ati e del fìgiiuol
di
Mirra infame. Famoso pianto della Cipria dea, E d
ella m’espone A un tempo il loco e del cammin la meta: Le do conforto
di
soavi detti; Ella risponde: Il mio dolor non chie
la terra Alla mia cura ignote erbe potenti. Nò il mare immenso? ancor
di
Lete in riva Io coglier voglio i ferruginei fiori
mio tu potresti Non so che… Per tre volte io le volea Darle promessa
di
soccorso, e tante Morì sul labbro la parola. E Gi
Ten prego, o Ninfa: noi saprà quel forte Che paventi: e giurò l’acque
di
Stige, Pallor dei numi, Allor risposi: In questo
ele che fermato il genitore avea coi Titani comandò all’amore materno
di
celarlo, dandolo in custodia ai pastori, e fra la
ziò la crudeltà, e ne persuase r inganno. È troppo grande la divinità
di
Nettuno perchè gli antichi non siano discordi sul
nità di Nettuno perchè gli antichi non siano discordi sull’educazione
di
lui; la quale, alcuni opponendosi all’accennata o
zia dei potenti fu sempre miracolosa, sono contento d’ indicare e non
di
comporre questa lite; e seguendo l’ istoria del n
le quali ebbe dopo che Saturno fu balzato dal trono. Il felice evento
di
queste, permise ai fratelli di gittare le sorti p
fu balzato dal trono. Il felice evento di queste, permise ai fratelli
di
gittare le sorti per dividere il governo dell’uni
bitrio delle onde. Divenuto abitatore del nuovo regno, amore lo prese
di
Anfitrite ribelle ai desiderii dello dio. L’impeg
amore lo prese di Anfitrite ribelle ai desiderii dello dio. L’impegno
di
conciliarla alle sue voglie commise al delfino, c
fortunato nell’impresa n’ ebbe in premio (come lasciò scritto Igino)
di
risplendere nel cielo non lungi dal Capricorno. E
Igino) di risplendere nel cielo non lungi dal Capricorno. E opinione
di
alcuni che Venilia, e non Anfitrite, fosse moglie
orno. E opinione di alcuni che Venilia, e non Anfitrite, fosse moglie
di
Nettuno; il quale, imitatore di Giove fratello, i
enilia, e non Anfitrite, fosse moglie di Nettuno; il quale, imitatore
di
Giove fratello, in fiume, in toro, in delfino mut
deluse trasformato in cavallo; ed ebbe da varie ninfe infinito numero
di
figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e d
; ed ebbe da varie ninfe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre
di
Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, B
a varie ninfe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice,
di
Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Ori
fe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e
di
Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno
di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa
di
Asopo, Bilie di Orione, Celeno di uno dei Tritoni
lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie
di
Orione, Celeno di uno dei Tritoni, Tirro di Palem
nice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno
di
uno dei Tritoni, Tirro di Palemone e Neleo, Vener
e; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno di uno dei Tritoni, Tirro
di
Palemone e Neleo, Venere di Erice; e Teseo ancora
Orione, Celeno di uno dei Tritoni, Tirro di Palemone e Neleo, Venere
di
Erice; e Teseo ancora, secondo la Mitologia, era
ndo la Mitologia, era suo figlio, quantunque Plutarco, che nella vita
di
lui ha soggiogate le favole col vero, ne avverta
olata l’antica semplicità mitologica, finsero che Nettuno, come padre
di
Teseo, mandasse quella foca, o mostro marino, ond
i che avea colle proprie mani nutriti. Devono pure agli amorosi furti
di
Nettuno la vita Bronte, Busiride, Lestrigone, Efi
con gli altri per legar Giove, che fatto accorto da Teti, fu contento
di
punire la ribellione in Apollo e Nettuno, comanda
contento di punire la ribellione in Apollo e Nettuno, comandando loro
di
servire a Laomedonte per la costruzione delle mur
rgine salute, e morte il mostro vendicatore. Erodoto spiega l’origine
di
questa favola dicendo, che Laomedonte si servi pe
commemorò Luciano che Nettuno formò un toro. Minerva inventò il modo
di
costruire una casa, e da Vulcano fu l’uomo compos
demia, domò, come Sofocle accenna nell’Edipo Colonco. Il commentatore
di
Apollonio gli contrasta questo vanto, che attribu
ide e Osiride fu figlio. Eccovi esposto quello che intorno alle gesta
di
Nettuno favoleggiarono i poeti. Conviene adesso a
eti lo mostrarono assiso nudo sopra la conca col tridente, e talvolta
di
cerulea veste coperto. Al cocchio del nume alcuni
e alcuni aggiunsero i destrieri, altri i vitelli marini. Gran schiera
di
Dei e di Ninfe dell’ Oceano lo accompagnava, tutt
aggiunsero i destrieri, altri i vitelli marini. Gran schiera di Dei e
di
Ninfe dell’ Oceano lo accompagnava, tutta varia d
n schiera di Dei e di Ninfe dell’ Oceano lo accompagnava, tutta varia
di
sembianze. A destra gli pone Virgilio le smisurat
anze. A destra gli pone Virgilio le smisurate balene, e l’antico coro
di
Glauco, Palemone, i celeri Tritoni, e tutto l’ese
antico coro di Glauco, Palemone, i celeri Tritoni, e tutto l’esercito
di
Forco: a sinistra Teti, Melite, Panopea, le Nisee
i fati d’Enea oppose l’ira dei venti, che prima dormiva nelle caverne
di
Eolo re loro, fìnse il poeta che Nettuno al tumul
avesse la suscitata tempesta. Udite Virgilio nella celebre traduzione
di
Annibal Caro: « Così dicendo, in quanto appena i
g. Filostrato nelle Immagini unisce i cavalli e le balene al cocchio
di
Nettuno, che fa ridere il seno del tranquillo Oce
tranquillo Oceano. Platone, presso gii Atlantidi, rammenta un tempio
di
maravigliosa struttura, nel quale il dio col subl
toccando il soffitto sedeva sopra un cocchio, e governava la briglia
di
alati cavalli. Cento Nereidi posate sopra i delfi
reidi posate sopra i delfini gii facevan corona. In due medaglie, una
di
Vespasiano, l’altra di Adriano, intitolate a Nett
lfini gii facevan corona. In due medaglie, una di Vespasiano, l’altra
di
Adriano, intitolate a Nettuno Reduce, si scorge l
l’altra di Adriano, intitolate a Nettuno Reduce, si scorge l’immagine
di
lui, che colla sinistra vibra triplice scutica, e
fu edificato un tempio. Un promontorio della Laconia gli die il nome
di
Tenario, e nel tempio di lui, narra Tucidide, dai
Un promontorio della Laconia gli die il nome di Tenario, e nel tempio
di
lui, narra Tucidide, dai barbari Spartani furono
i cavalli. Ippico lo chiamò la Grecia, sia che maestro lo reputassero
di
frenare i destrieri, o perchè dalla terra percoss
la terra percossa dal tridente balzasse fremente cavallo. Nell’ istmo
di
Corinto, ove celebravansi i giuochi, dei quali i
mmenso Pindaro, sorgeva un tempio a Nettuno Ismico dedicato. Col nome
di
Petreo, perchè divise le montagne, adoravasi dai
di Petreo, perchè divise le montagne, adoravasi dai Tessali; cognome
di
Eliconio Elice gli diede, città sessanta stadii d
el terremoto, secondo essi prodotto dalle acque; onde è che in figura
di
toro vengono rap. presentati nelle antiche monete
mi dal Paganesimo dati a Nettuno, che ninno atteggiò con maestà degna
di
un dio quanto Omero descrivendone il viaggio sul
reci soccorso. Questa passo dell’ Iliade, ammirato da Longino, merita
di
esservi letto nella traduzione del celebre Monti.
uuo, che su l’alte assiso Selvose cime della tracia Samo, Contemplava
di
là l’aspro conflitto; E tutto l’Ida e Troia, e de
ta si ravvolge tutta La divina persona; ed impugnato L’aureo flagello
di
gentil lavoro, Monta il carro, e legger vola su l
strazione. « Rarissima (così il Visconti) è fra le antiche la statua
di
Nettano: noi vi distinguiamo l’immagine del dio d
non solo dall’ idea del volto, che ha qualche tratto della fìsonomia
di
Giove senza però averne l’aspetto egualmente maes
are; ma dal tridente principalmente, chiamato da Eschilo 10 l’insegna
di
Nettuno, ch’egli stringe nella sinistra. Benché l
quadrangolare, e che perciò non dovea essere uno scettro, non lascia
di
determinare questo strumento, pel tridente del di
ntato è un Nettuno, che affatto nudo é rappresentato in una statuetta
di
bronzo dell’ Ercolano 11. Plutone non s’ incontra
marmi e nelle medaglie suole accompagnarlo. Osservabile è l’integrità
di
questo simulacro, e la grana finissima del marmo,
ecimaterza. Mercurio. La favola non essendo in parte che una serie
di
racconti alterati dalla maraviglia, dal terrore e
poeti dispensatori della fama, sono spesse volte attribuite le azioni
di
molti, che ebbero la sventura di un nome comune.
no spesse volte attribuite le azioni di molti, che ebbero la sventura
di
un nome comune. Infatti, al dire di Cicerone, seg
di molti, che ebbero la sventura di un nome comune. Infatti, al dire
di
Cicerone, seguito da Arnobio, quattro, oltre il f
furono i Mercurii: il primo nacque dal Cielo e dal Giorno, il secondo
di
Valente e di Foronide, ed è lo stesso che Trofoni
urii: il primo nacque dal Cielo e dal Giorno, il secondo di Valente e
di
Foronide, ed è lo stesso che Trofonio: il terzo d
ma fu anch’ egli adorato dagli egiziani, e gli attribuivano la morte
di
Argo e la scoperta dell’ argento. Nonostante a Me
rte di Argo e la scoperta dell’ argento. Nonostante a Mercurio figlio
di
Maia e di Giove, nipote di Atlante e di Pleione,
o e la scoperta dell’ argento. Nonostante a Mercurio figlio di Maia e
di
Giove, nipote di Atlante e di Pleione, appropria
ell’ argento. Nonostante a Mercurio figlio di Maia e di Giove, nipote
di
Atlante e di Pleione, appropria la Mitologia ogni
Nonostante a Mercurio figlio di Maia e di Giove, nipote di Atlante e
di
Pleione, appropria la Mitologia ogni vanto degli
canne, trapassò con queste il dorso dell’ucciso animale, lo circondò
di
bovina pelle, con accorto consiglio v’impose i cu
ò di bovina pelle, con accorto consiglio v’impose i cubiti e li fornì
di
due gioghi, vi tese sopra sette corde, e tentando
ava all’indietro. Nè bastò questo accorgimento all’ineffabile astuzia
di
Mercurio. Gettò i sandali nell’arena del mare, e
stuzia di Mercurio. Gettò i sandali nell’arena del mare, e con foglie
di
mirto e di mirica ordì pei piedi nuovo riparo. Lo
ercurio. Gettò i sandali nell’arena del mare, e con foglie di mirto e
di
mirica ordì pei piedi nuovo riparo. Lo vide dall’
affaticherai prima che ti rendano il frutto sperato; ma ora fai vista
di
esser cieco e sordo, e taci, poiché io non porto
luna col recente raggio illuminava la terra quando il potente figlio
di
Giove arrivò al fiume Alfeo, dove in una stalla n
i non s’udiva il latrare. Entrò con tacito piede nell’antro, si cinse
di
nuovo delle fasce, credendo di fare inganno a Mai
con tacito piede nell’antro, si cinse di nuovo delle fasce, credendo
di
fare inganno a Maia. Ma ad essa, come a dea, tutt
nchesto, scoperse l’autore del furto dagl’indizii datigli dal vecchio
di
cui favellammo, volò al selvoso monte Cillenio; i
invincibili tenebre della morte. L’infanzia fu la scusa e la risposta
di
Mercurio, che dopo molte frodi e parole andò col
dopo molte frodi e parole andò col Saettante sull’Olimpo al tribunale
di
Giove, che rise vedendo l’accorto fanciulletto, c
ella destra negava accortamente l’imputato delitto. Impose ad amendue
di
essere amici, e fe’comandamento a Mercurio di mos
itto. Impose ad amendue di essere amici, e fe’comandamento a Mercurio
di
mostrare dove avesse nascoso i rapiti giovenchi a
, e più dell’accennato istrumento, che celermente percosso dal figlio
di
Maia suonò incognita armonia, che l’amabil voce s
eguiva. A quel concento gli Dei immortali e la terra tenebrosa parean
di
nuovo confondersi, e risentire l’antico amore. Qu
nuovo confondersi, e risentire l’antico amore. Questo canto fu pegno
di
pace fra gli Dei: il re delle Muse imparò l’arte
to canto fu pegno di pace fra gli Dei: il re delle Muse imparò l’arte
di
percorrere le corde della sacra cetra allegratric
compensa concesse a Mercurio la cura della 2:reo’2’ia, ed aurea verga
di
tre foglie, potente ad eseguire tutti i consigli
a, ed aurea verga di tre foglie, potente ad eseguire tutti i consigli
di
Giove. Questi sono i principii dell’infanzia del
i consigli di Giove. Questi sono i principii dell’infanzia del nipote
di
Atlante narrati per Omero. Luciano, che sovraname
narrati per Omero. Luciano, che sovranamente era fornito del talento
di
spargere il ridicolo su tutto, amplificò il racco
o del talento di spargere il ridicolo su tutto, amplificò il racconto
di
Omero dicendo che, mentre Vulcano educavalo, gli
ggiunge. Dicesi che a Batto, in pena della perfidia, cangiò in pietra
di
paragone il petto spergiuro, e l’arte insegnò di
ia, cangiò in pietra di paragone il petto spergiuro, e l’arte insegnò
di
rubare ad Autolieo avo di Ulisse. Dio dell’arment
ragone il petto spergiuro, e l’arte insegnò di rubare ad Autolieo avo
di
Ulisse. Dio dell’armento lo venerarono i pastori,
essere senza amori: frutto ne furono diversi figli. Da Aglauro figlia
di
Cecrope ebbe Erico, da Daira Eleusina, Buno da Al
ra Eleusina, Buno da Alcidamea, Calco da Ociroe, Evandro dalla figlia
di
Cadmo, e da Cleobula Mirtillo. Lungo sarebbe 1’ a
delle maniere nelle quali fu Mercurio rappresentato, e la descrizione
di
due statue di lui data dal Visconti nel Museo Pio
nelle quali fu Mercurio rappresentato, e la descrizione di due statue
di
lui data dal Visconti nel Museo Pio Clementino. D
o Clementino. Da Omero è narrata la pietosa cura che il nume si prese
di
Priamo, che verso la tenda di Achille avviavasi p
ta la pietosa cura che il nume si prese di Priamo, che verso la tenda
di
Achille avviavasi per chiedere il corpo dell’esti
a facendo del dono esperimento. Degli altri simboli ed ufficii propri
di
questa divinità favellerò nella seguente Lezione,
llo, la venustà del soggetto, rendono pregevolissima questa statuetta
di
grandezza naturale, di Mercurio fanciullo. L’ali
getto, rendono pregevolissima questa statuetta di grandezza naturale,
di
Mercurio fanciullo. L’ali che ha sulla testa assa
te frammischiate ai capelli, come simbolo della velocità dell’ingegno
di
questo nume inventore, secondo Macrobio, non ne r
umenti le ali appariscano sul suo petaso, o cappello, in una medaglia
di
Metaponto si vedono legate al capo con un semplic
ma del naso alquanto ripiegata all’insù, caratterizza l’astuto figlio
di
Maia come Omero l’appella, παιδα πολυτροπον` nè l
bra, possa convenire anche al Sonno. Questo gesto è proprio per altro
di
Mercurio, come ne fan fede molte antiche gemme, f
de, narra che avendo egli involato lo stesso giorno che nacque i buoi
di
Apolline, per quanto colla sua avvedutezza si avv
que i buoi di Apolline, per quanto colla sua avvedutezza si avvisasse
di
celare ogni indizio del furto, non potè sfuggire
isasse di celare ogni indizio del furto, non potè sfuggire alla vista
di
un vecchio lavoratore dei campi di Onchesto, al q
urto, non potè sfuggire alla vista di un vecchio lavoratore dei campi
di
Onchesto, al quale raccomandò con tutta energia c
suoi Dialoghi, in cui delinea collo spiritoso suo stile il carattere
di
Mercurio infante, similissimo a quello che ha seg
nte, similissimo a quello che ha segnato l’antico scultore nei tratti
di
questa graziosa figura col suo maestrevole scalpe
istro mancava nell’antico ed ora porta la borsa, distintivo notissimo
di
questo dio, a cui si attribuiva il lucro ed il co
rve per farlo al primo colpo d’occhio conoscere. L’abito è una specie
di
camicia o suhucida, che si osserva qualche volta
tti antichi. Fu dissot terrato questo gentil monumento nel territorio
di
Tivoli; nel predio dei Sabi a Quintiliato, contra
ei Sabi a Quintiliato, contrada cosi detta dalle reliquie della villa
di
Quintilio Varo. Gli eruditi spositori delle antic
à Tiburtine convengono che in questo sito fose precisamente il predio
di
Cintia celebre nei versi di Properzio. » Mercur
n questo sito fose precisamente il predio di Cintia celebre nei versi
di
Properzio. » Mercurio agoreo. « Il caduceo, in
io. » Mercurio agoreo. « Il caduceo, in greco ααδυκειον, cioè verga
di
banditore e di araldo, rende assai distinta quest
o agoreo. « Il caduceo, in greco ααδυκειον, cioè verga di banditore e
di
araldo, rende assai distinta questa statua di Mer
oè verga di banditore e di araldo, rende assai distinta questa statua
di
Mercurio, giacché è la sola nella quale siasi con
cui gli furono anche attribuite le ali alle piante. Questa verga era
di
oro, onde sortì Mercurio il soprannome di verga d
le piante. Questa verga era di oro, onde sortì Mercurio il soprannome
di
verga d’oro κρυσορραπις e vien detto la verga del
da Igino, che ha lo stesso significato. « Benché il simulacro non sia
di
greca scultura ha però una certa nobila semplicit
che raccomanda quasi sempre le opere degli antichi. Adornava il Foro
di
Preneste, nelle cui ruine fu dissotterrato, e dev
nza, ma ancora come divinità tutelare del Commercio. La verificazione
di
quanto affermiamo è un risultato degli schiavi in
un risultato degli schiavi intrapresi nell’orto dei Padri Dottrinarii
di
Palestrina, che resta immediatamente sotto le sus
che resta immediatamente sotto le sustruzioni arcuate che servono ora
di
muro alla città. Questo è il piano sottoposto al
na Primigenia, che ne abbelliva le falde fino ad una certa altezza, e
di
maniera che se ne godeva nel Foro il maestoso pro
toso prospetto, compartito con simmetria e varietà in diversi ordini,
di
sustruzioni, portici ed edifizii, nella guisa app
ali un Lucio Vero giovine, maggiore del naturale, un’Augusta in forma
di
Venere, un istrione, un gruppo d’Esculapio e d’Ig
forma di Venere, un istrione, un gruppo d’Esculapio e d’Igia, questa
di
Mercurio Agoreo, e diverse altre che si riportera
erse altre che si riporteranno a suo luogo, si sono scoperte due basi
di
gran mole con singolari iscrizioni, le quali dimo
entemente che spettavano questi avanzi al Foro Prenestino, che in una
di
esse vien menzionato: e non altrove appunto che n
otti dal Salvini. Lezione decimaquarta. Dei simboli e degli uffìcj
di
Mercurio. Fra i cosinomi che l’antichità diede
i Mercurio. Fra i cosinomi che l’antichità diede all’astuto figlìo
di
Maia, non ve n’ha forse alcuno più ripetuto che q
tuto figlìo di Maia, non ve n’ha forse alcuno più ripetuto che quello
di
Cillenio, il quale da Cillene, monte di Arcadia e
lcuno più ripetuto che quello di Cillenio, il quale da Cillene, monte
di
Arcadia e patria del nume, secondo la più comune
. L’alato Cillenio lo chiamò Virgilio che apportatore lo fa dei cenni
di
Giove ad Enea immemore della Italia promessagli d
orgea, delle cui spalle il Cielo è soma; D’Atlante, la cui testa irta
di
pini, Di nubi involta, a pioggia, a venti, a nemb
r gel canuto e curvo E da fiumi rigato. In questo monte. Che fu padre
di
Maia, avo di lui, Primamente fermossi: indi calan
e curvo E da fiumi rigato. In questo monte. Che fu padre di Maia, avo
di
lui, Primamente fermossi: indi calando Si gittò s
ndo…………………… » Eneide, lib. IV, v. 237 e segg. Di questa descrizione
di
Virgilio si giovò GianBologna nel simulacro del n
tto, e per tanto ufficio attribuito gli fu il caduceo, che come segno
di
pace scolpito si mira nelle antiche monete. Intor
ffidò degli armenti. I mitologi più recenti aggiungono che col potere
di
questo l’ire separò nell’Arcadia di due serpenti,
recenti aggiungono che col potere di questo l’ire separò nell’Arcadia
di
due serpenti, onde vi furono uniti per significar
i più efferati. Jamblico, che col velo dell’allegoria adonestar volle
di
soverchio le favole per opporle con insana fiduci
nume dell’eloquenza. Checché ne sia, il caduceo distingueva i legati
di
pace; e gli atleti nella palestra lo adoperavano
e da Ateneo si rileva. Di Mercurio chiamato Acacesio, da Acaco figlio
di
Licaone educatore del nume, era celebre il tempio
i dai quattro ritrovati dei quali fé’ ricca l’umana gente; e al parer
di
altri, più probabile, dalla figura della statua d
gente; e al parer di altri, più probabile, dalla figura della statua
di
lui Erme nominata, colla quale comunemente gli an
Così scolpito gli antichi lo ponevano per indicare le strade, e verso
di
esse rivolgevano la testa del nume, sotto la qual
dio come narra Giulio Cesare nei suoi Commentarj. Di Mercurio Agoreo,
di
cui il simulacro vi descrisse il Visconti nella p
perchè alle beate sedi dell’ Eliso le conduceva, ed allora l’epiteto
di
infernale gli davano. Onde Claudiano disse: Tegeo
’epiteto di infernale gli davano. Onde Claudiano disse: Tegeo, nipote
di
Atlante deità comune ai celesti e agli infernali,
, nipote di Atlante deità comune ai celesti e agli infernali, cagione
di
commercio fra la terra e l’averno. — Crioforo, o
’Anubi de2:li Eo’iziani è lo stesso che Mercurio. Esaminerò la verità
di
questa asserzione favellando delle divinità egizi
cui come suo ministro favoleggiarono che Giove affidasse pure la cura
di
Bacco fanciullo, come rilevasi da Plinio, da Paus
illustrazione del famoso Visconti sopra la statua chiamata l’Antinoo
di
Belvedere, ma riconosciuta dal consenso dei dotti
a dal consenso dei dotti e’degli artisti per rappresentante il figlio
di
Maia. Farò a questa succedere una breve Ode di Or
ppresentante il figlio di Maia. Farò a questa succedere una breve Ode
di
Orazio in lode del nume, la quale ho volgarizzata
di Orazio in lode del nume, la quale ho volgarizzata non con fedeltà
di
traduttore, ma con licenza d’interpetre. Mercuri
di traduttore, ma con licenza d’interpetre. Mercurio detto l’Antinoo
di
Belvedere. « Ecco la prima volta che questa insig
mbedue le accennate classi s’erano giù avvisti che le immagini sicure
di
quel famoso Bitino non avvaloravano, ma smentivan
sentivano sull’altro della nuova denominazione, Alcuni s’immaginavano
di
ravvisarvi Teseo, altri fra i quali il celebre Me
celebre Mengs, un Ercole imberbe, i più finalmente, dietro l’autorità
di
Winkelmann, un Meleagro. Se di Teseo per altro ha
e, i più finalmente, dietro l’autorità di Winkelmann, un Meleagro. Se
di
Teseo per altro ha la nostra statua la serena avv
e colla benda, nè finalmente i capelli che crespi in nessuna immagine
di
Teseo s’incontrano. Se d’Ercole ha una certa robu
delle tre: non ha forse altro fondamento che una leggera somiglianza
di
attitudine conia celebre statua di quell’eroe, ch
amento che una leggera somiglianza di attitudine conia celebre statua
di
quell’eroe, che si con serva in questo stesso Mus
l’abitudine delle membra molto più robusta e per così dire atletica,
di
quella che si osserva nei Meleagri; disconviene l
erva nei Meleagri; disconviene la graziosa pendenza del capo, propria
di
un nume che s’ inchina ad ascoltar le preghiere d
e finalmente l’assenza totale dei distintivi del vincitor della belva
di
Calidone, che non solamente nella nostra statua p
ono affatto, e non si conserva verun vestigio. Io non ho mai dubitato
di
ravvisare Mercurio in uno dei più bei simulacri d
il crine vezzosamente increspato. A lui secondo la minuta descrizione
di
Galeno, l’aria soave del volto e lo sguardo dolce
delle membra che palesa l’inventore o il padre della palestra, al dir
di
Filostrato. sua figlia; a lui finalmente è tutto
incombenze delle sue moltiplici attribuzioni. Mancano è vero, i segni
di
Mercurio più comuni; l’ali, il petaso, il caduceo
. Non sono però questi simboli tanto suoi proprii che senza uno o più
di
questi non s’incontrino immagini di Mercurio; e f
suoi proprii che senza uno o più di questi non s’incontrino immagini
di
Mercurio; e forse non convenivano alla destinazio
trino immagini di Mercurio; e forse non convenivano alla destinazione
di
questa statua, non essedovene alcuno caretteristi
de alla palestra e agli atleti, che n’era forse il soggetto. « Alcuno
di
questi simboli, e singolarmente il caduceo, potev
le mani. Che più? per ridurre la congettura a dimostrazione si chiede
di
vederne un’antica copia in cui esistano tuttora i
vederne un’antica copia in cui esistano tuttora i segni non equivoci
di
Mercurio? Questa è sotto gli occhi del pubblico n
la Galleria Farnese, dove con piacevol sorpresa può vedersi l’Antinoo
di
Belvedere coi talari ai piedi e col caduceo alla
inoo di Belvedere coi talari ai piedi e col caduceo alla manca. Parte
di
questi simboli è indubitatamente antica, e il ris
più certo per decifrare simili ambiguità. Che se alcuno fosse curioso
di
apprendere onde avesse il nostro Mercurio tratta
l’avvenenza del volto e l’increspatura dei capelli suscitarono l’idea
di
questa rassomiglianza, che non ha poi retto alla
, che non ha poi retto alla diligente osservazione dei ritratti certi
di
Antinoo. Credettero ancora di avere un altro fond
ligente osservazione dei ritratti certi di Antinoo. Credettero ancora
di
avere un altro fondamento per tale opinione nel n
ettero ancora di avere un altro fondamento per tale opinione nel nome
di
Adrianello che davasi, ai tempi del Nardini, al s
tuto derivare da un’aggiunta fatta da quell’Augusto alle vicine Terme
di
Tito; come se una statua, dissot» terrata dalle r
icine Terme di Tito; come se una statua, dissot» terrata dalle rovine
di
un edifizio ch’ebbe per fondatore Adriano, non po
appartenere ad altri che al suo favorito. « Paolo III la reputò degna
di
figurare nel giardino di Belvedere presso al Laoc
al suo favorito. « Paolo III la reputò degna di figurare nel giardino
di
Belvedere presso al Laocoonte e all’Apollo, e que
to dall’ammirazione dell’ età susseguenti. Non vi è sicuramente opera
di
scultura nella quale sia giunta a tanta perfezion
avi dell’ Ercolano, è ora in Francia, ed è stata pubblicata dal conte
di
Caylus. Non si dee per altro porre, nel numero de
l conte di Caylus. Non si dee per altro porre, nel numero delle copie
di
questa statua quella di bronzo di Salisburgo, qua
i dee per altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella
di
bronzo di Salisburgo, quantunque nella Storia del
altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bronzo
di
Salisburgo, quantunque nella Storia delle Arti ci
ella Storia delle Arti ciò si asserisca. È questo uno dei piccoli nei
di
quelr opera classica, che non ne oscurano il meri
la totale diversità. È ben vero che si dice rappresentare r immagine
di
Antinoo come si vede nel marmo Vaticano, e l’asse
r immagine di Antinoo come si vede nel marmo Vaticano, e l’asserzione
di
questa pretesa rassomiglianza ha sedotto Winkelma
ntico nel quale è incassato il piantato della statua, è tutto segnato
di
colpi di scalpello; lo che indica essere stato ri
quale è incassato il piantato della statua, è tutto segnato di colpi
di
scalpello; lo che indica essere stato rivestito d
o segnato di colpi di scalpello; lo che indica essere stato rivestito
di
più preziosa materia. » Ode di Orazio sopra Mer
lo che indica essere stato rivestito di più preziosa materia. » Ode
di
Orazio sopra Mercurio. Parafrasata Cillenio dio,
vono i venti Coll’eterno vigor dei piedi alati: Scendi fra noi quando
di
dio gli accenti Seguono i Fati. Nume pietoso ai m
dei mali. Non regie bende. Baciò le mani al vincitor tremendo Sparse
di
sangue, ed ammutir le squadre Achille nel senil v
ca notte. Lezione decimaquinta. Apollo. Fra i più chiari figli
di
Giove, Apollo si distingue, il signore del canto,
canto, l’eterno rettore dei corsieri del sole, il custode del futuro,
di
cui dilegua le tenebre; il re della Delfica terra
ode del futuro, di cui dilegua le tenebre; il re della Delfica terra,
di
Claro, di Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio
turo, di cui dilegua le tenebre; il re della Delfica terra, di Claro,
di
Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio di Saturno
la Delfica terra, di Claro, di Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio
di
Saturno lo partorì Latona con la sorella, emula i
perseguitata si appoggiò, partoriente (per servirmi dell’espressione
di
Dante) li due occhi del cielo. Apollo, benché dio
llo, benché dio, soggiacque a molte sventure: onde veruno dei numi fu
di
esso più compassionevole, avendo fatto degli uman
avendo fatto degli umani mali esperimento. Illustre fra gl’infortunii
di
lui è quello che gli procurò l’amore paterno. Ave
aterno. Aveva Esculapio, peritissimo della medicina, trovato il mezzo
di
sottrarre i mortali alla più terribile delle dee,
diresse infallibili saette sui Ciclopi fabbricatori del fulmine, arme
di
Giove, e ministro della morte vendicata. Sdegnato
fu debitore il primo d’infiniti benefizii, onde nell’insigne tragedia
di
Euripide il nume col suo pietoso ministero aiuta
fine, poiché la povertà lo costrinse a dividere con Nettuno l’impresa
di
costruire le mura troiane. Non adoprò il dio, sec
o i popoli per la colpa del re, ma propizio ai Troiani diresse l’arco
di
Paride contro Achille, di lui solamente minore. E
l re, ma propizio ai Troiani diresse l’arco di Paride contro Achille,
di
lui solamente minore. Egli, che al dire di Orazio
di Paride contro Achille, di lui solamente minore. Egli, che al dire
di
Orazio, del mentito destriero col timido inganno
ti i figli nascosi ancora nelle viscere materne, cadde, benché figlio
di
dea, e il collo superbo bruttò nella polvere troi
e in altre opere servili domò la divina alterezza perchè fu aiutatore
di
Alcatoo per edificare l’ inestricabile errore del
estimonianza. Nel suo mortale pellegrinaggio cercò Apollo l’oblivione
di
tante cure, ed inventò la musica; scoperta che da
to: conciliano alcuni questa difficoltà, concedendo la lira al figlio
di
Maia, ad Apollo la cetra. Il nume non fu nell’amo
non fu nell’amore felice, benché fra gli immortali bellissimo e ricco
di
tanti doni. Superbo pel vinto Pitone, vide Amore
difficil vittoria doveva sullo spazioso serpente. Sdegnato il figlio
di
Venere volò sul Parnaso, e due dardi di diversa o
serpente. Sdegnato il figlio di Venere volò sul Parnaso, e due dardi
di
diversa opera tolse dalla faretra. Col primo, dor
di di diversa opera tolse dalla faretra. Col primo, dorato e ministro
di
amore, ferì Apollo; col secondo, di piombo, d’inv
tra. Col primo, dorato e ministro di amore, ferì Apollo; col secondo,
di
piombo, d’invincibil odio cagione, saettò la figl
o, d’invincibil odio cagione, saettò la figlia del fiume Peneo, emula
di
Diana nella castità e nei comuni studj. Non giova
ui si cangiò l’amata ninfa, che quindi divenne « Onor d’imperadori e
di
poeti. » Misere pure furono le amanti che a Febo
ancora il suo affanno. Cara gli era soprattutto quando amore lo prese
di
Leucotoe, ch’egli deluse nelle sembianze della ge
e invidiò gli amplessi immortali la ninfa affannosa, diffamò la colpa
di
lei, onde il padre spietato sotterrò viva la mise
isera, che invano al consapevol nume tendeva le braccia. Tentò Apollo
di
richiamare il calore nelle gelide membra. Si oppo
Elitropio, trasformata. Ma assai per la presente Lezione degli amori
di
Apollo. Un simulacro di lui chiamato Saurottono,
Ma assai per la presente Lezione degli amori di Apollo. Un simulacro
di
lui chiamato Saurottono, v’illustrerà il Visconti
ano piene le case e le ville de’ grandi, i luoghi pubblici e i templi
di
Roma. In questa elegantissima statua siamo sicuri
blici e i templi di Roma. In questa elegantissima statua siamo sicuri
di
ravvisare il celebre Saurottono, lavoro di bronzo
issima statua siamo sicuri di ravvisare il celebre Saurottono, lavoro
di
bronzo dei più rinomati dello spesse volte lodato
voro di bronzo dei più rinomati dello spesse volte lodato Prassitele,
di
cui non solo in marmo, ma in bronzo ancora ed in
anciullo insidioso, perdona alla strisciante lucertola: ella desidera
di
morire per le tue mani. — Poco più c’insegna ques
dera di morire per le tue mani. — Poco più c’insegna questo epigramma
di
ciò che il nome stesso della statua ci apprendere
certola. Nò il soggetto rappresentato in questa azione, nè l’artefice
di
sì bell’opera, sono menzionati nel distico. La de
accurata, e servì per far riconoscere in simile statua il Saurottono
di
Prassitele al celebre Winkelmann mio antecessore.
Prassitele al celebre Winkelmann mio antecessore. Fece (son le parole
di
Plinio dove parla delle opere di Prassitele in br
mio antecessore. Fece (son le parole di Plinio dove parla delle opere
di
Prassitele in bronzo), fece un Apollo jmbere insi
ola con una saetta da vicino. L’età della nostra figura, l’attitudine
di
scagliare una freccia da vicino e senza l’arco, l
ra giovane e fanciullo, che fa prova contro una lucertola puerilmente
di
quelli strali inevitabili, che dovevano un giorno
ice lo ha caratterizzato, ce la fanno conoscere per un nume. L’azione
di
saettare non può essere equivoca che fra Apollo e
mente raccolta, e quasi all’ uso donnesco, è tutta propria del figlio
di
Latona, sebbene conviene particolarmente all’età
ndi, ed alcune, fra le quali la nostra e quella della Villa Borghese,
di
più elegante lavoro. » Inno di Callimaco. Come
ostra e quella della Villa Borghese, di più elegante lavoro. » Inno
di
Callimaco. Come si scosse l’apollineo ramo E l’at
dio combatte. Apollo il coro onorerà se canta A senno suo: chi al par
di
lui lo puote. Che siede a destra del gran Giove,
. E chi più ricco E dello dio? Per me Delfo lo dica : Decoro è in lui
di
gioventude eterna, E neppur l’ombra di lanugin pr
elfo lo dica : Decoro è in lui di gioventude eterna, E neppur l’ombra
di
lanugin prima Oltraggio fece al delicato volto: N
to, E il poeta e l’arcier ama, e le sorti. Le mediche insegnò cure, e
di
morte All’invitta ragione oppor dimora. E pastor
adre, Che all’uom ti partorì pronto soccorso. A te il livore sussurrò
di
furto: Io non ammiro quel cantor che lascia Di na
ll’assirio fiume E l’onda, ma sua preda è solo il fango, E va superba
di
sozzura. All’alta Cerere, madre delle bionde spig
lusinga l’auretta e chiama il sole. Lezione decimasesta. I templi
di
Apollo. Non posso dar principio migliore alla
o dalle imprese, dal tempio e dall’oracolo del nume. Pausania, tesoro
di
pellegrine cognizioni per l’artista, c’istruirà c
arole. «Vi sono molte tradizioni, e tutte diverse, intorno alla città
di
Delfo, e più ve n’ha ancora sull’oracolo di Apoll
verse, intorno alla città di Delfo, e più ve n’ha ancora sull’oracolo
di
Apollo, perchè dicesi che anticamente Delfo era i
onde vi presedesse. I Greci hanno antiche poesie intitolate Consigli
di
Eumolpó, che attribuiscono a Museo figlio di Anti
esie intitolate Consigli di Eumolpó, che attribuiscono a Museo figlio
di
Antifemo. È fama che la Terra pronunziasse ella s
a i suoi oracoli in questo luogo, e pure i suoi Nettuno col ministero
di
Pircone. Si pretende che snccessivamente la dea d
Temi ne facesse dono ad Apollo, e che quest’ultimo, per aver la parte
di
Nettuno, gli cedesse Calaurea che è dirimpetto a
oeo nativa del luogo, e conosciuta per Inni che fece per gli abitanti
di
Delfo, attribuisce a stranieri venuti dalle contr
« Si pretende che la prima cappella del dio fosse composta dai remi
di
un lauro di Tempo, e non era che una semplice cap
nde che la prima cappella del dio fosse composta dai remi di un lauro
di
Tempo, e non era che una semplice capanna. È grid
ondo un’altra tradizione, questa seconda cappella fu edificata da uno
di
Delfo chiamato Ptera, che coll’equivoco del suo n
e luogo alla favola mentovata. Credono, in terzo luogo, che il tempio
di
Apollo fosse composto di rame; il che non deve se
vata. Credono, in terzo luogo, che il tempio di Apollo fosse composto
di
rame; il che non deve sembrare incredibile, poich
ateria per la sua figlia, la quale si vede ancora a Sparta nel tempio
di
Minerva Calcieca, così chiamata perchè era tutta
Sparta nel tempio di Minerva Calcieca, così chiamata perchè era tutta
di
rame. In Roma, il luogo ove si amministra la gius
nde per la sua gran dezza: ma ciò che più vi si ammira è un pavimento
di
rame che per tutto si stende. « Così non è incred
rame che per tutto si stende. « Così non è incredibile che il tempio
di
Apollo in Delfo fosse di rame, ma che Vulcano lo
ende. « Così non è incredibile che il tempio di Apollo in Delfo fosse
di
rame, ma che Vulcano lo fabbricasse; il che non c
la maniera che Pindaro ha immaginato, giovandosi, a quel ch’io penso,
di
ciò che Omero disse sulle Sirene. « Vi è discordi
ltri che si fuse il rame onde era composto. Che che ne sia, il tempio
di
Apollo fu rifatto di pietra la quarta volta da Ag
ame onde era composto. Che che ne sia, il tempio di Apollo fu rifatto
di
pietra la quarta volta da Agamede e da Trofonio.
fatto di pietra la quarta volta da Agamede e da Trofonio. Fu bruciato
di
nuovo sotto l’arcontato di Ersiclide in Atene, il
olta da Agamede e da Trofonio. Fu bruciato di nuovo sotto l’arcontato
di
Ersiclide in Atene, il primo anno della Lvm Olimp
rimo anno della Lvm Olimpiade, illustrato dalla vittoria che Diognete
di
Crotone riportò ai giuochi olimpici. Quanto al te
costruzione col danaro dal popolo consacrato per quest’uso. Spiritare
di
Corinto n’è stato l’architetto. « Si vuole clie n
o, e la selva, da lui ebbero, il nome. Aggiungono che trovasse l’arte
di
conoscere l’avvenire col volo degli uccelli, e ch
l’arte di conoscere l’avvenire col volo degli uccelli, e che la città
di
cui è fondatore fosse sommersa nel diluvio di Deu
uccelli, e che la città di cui è fondatore fosse sommersa nel diluvio
di
Deucalione. « I pochi uomini che avanzarono all’a
so coi lupi e le altre hestie feroci, che con gli urli servivano loro
di
scorta, vi edificarono una città chiamata Licorea
ninfa Coricia Licoro, che diede il suo nome al detto luogo, e quello
di
sua madre ad un altro, che Coricio ai tempi nostr
una fanciulla chiamata Tia, che fu la prima insignita del sacerdozio
di
Bacco, e celebrò Torgie in onore del dio; dal che
empo la gente del paese chiamò la città non solamente Delfo, ma Pito:
di
che Omero fa testimonianza nella enumerazione dei
fa testimonianza nella enumerazione dei Focesi. Coloro che si piccano
di
sapere le genealogie, pretendono che Delfo avesse
inione più comune è che Apollo vi.uccidesse un uomo colle freccio. il
di
cui corpo essendo rimasto insepolto, infettò gii
do rimasto insepolto, infettò gii abitanti, e pose alla città il nome
di
Pito, cioè cattivo odore. Infatti Omero ha detto
avano orecchie a queste incantatrici morivano, ed i loro corpi, privi
di
tomba, avvelenavano l’aria dell’isola. « I poeti
eva un figlio scelerato che ardì saccheggiare a mano armata il tempio
di
Apollo, e le case di molti ricchi particolari. Po
to che ardì saccheggiare a mano armata il tempio di Apollo, e le case
di
molti ricchi particolari. Porse il popolo preghie
me perchè in tanto pericolo non lo abbandonasse, e Femonoe interprete
di
lui risposegli in versi esametri, dei quali è tal
ntro il bandito del Parnaso, e lo distenderà ai suoi piedi. Macchiato
di
un sangue così vile, ricorrerà ai Cretesi per ess
ificato, e questo avvenimento sarà celebre eternamente. — « Il tempio
di
Apollo fu dunque esposto fino dal suo principio a
celerati. Infatti, dopo questo bandito dell’isola Eubea, gli Orcomeni
di
Flegia, e quindi Pirro figlio di Achille, si pref
ndito dell’isola Eubea, gli Orcomeni di Flegia, e quindi Pirro figlio
di
Achille, si prefissero di saccheggiarlo. Una part
i Orcomeni di Flegia, e quindi Pirro figlio di Achille, si prefissero
di
saccheggiarlo. Una parte dell’armata di Serse ebb
lio di Achille, si prefissero di saccheggiarlo. Una parte dell’armata
di
Serse ebbe lo stesso scopo. I Focesi per le istig
mpio, e lo possederono lungamente. Quindi i Galli vennero all’assedio
di
Delfo. Finalmente era nei fati di questo tempio d
Quindi i Galli vennero all’assedio di Delfo. Finalmente era nei fati
di
questo tempio di non scampare all’ empietà di Ner
ennero all’assedio di Delfo. Finalmente era nei fati di questo tempio
di
non scampare all’ empietà di Nerone. Egli portò v
Finalmente era nei fati di questo tempio di non scampare all’ empietà
di
Nerone. Egli portò via cinquecento statue di bron
on scampare all’ empietà di Nerone. Egli portò via cinquecento statue
di
bronzo, tanto d’uomini illustri che dei numi. « P
itici. Dicesi che questi giuochi consistevano anticamente in una gara
di
musica e di poesia, nella quale il premio concede
i che questi giuochi consistevano anticamente in una gara di musica e
di
poesia, nella quale il premio concedevasi a colui
i) più bell’inno in onor del nume. Nella prima celebrazione Crisotemi
di
Creta fu vincitore: egli era figlio di quel Carma
a prima celebrazione Crisotemi di Creta fu vincitore: egli era figlio
di
quel Carmanore che aveva purificato Apollo. « Dop
l Carmanore che aveva purificato Apollo. « Dopo lui Filamrnone figlio
di
Crisotemi, ed in seguito Tamiri figlio di Filammo
Dopo lui Filamrnone figlio di Crisotemi, ed in seguito Tamiri figlio
di
Filammone, poiché si vuole che nò Orfeo, il quale
’oracolo: ma che essendo divenuto cieco, facesse poco uso del talento
di
ma-ritare il suono colla voce. « Nella XLVIII oli
to di ma-ritare il suono colla voce. « Nella XLVIII olimpiade Glaucia
di
Crotone fu proclamato vincitore in Olimpia. Il te
Glaucia di Crotone fu proclamato vincitore in Olimpia. Il terzo anno
di
questa olimpiade gli Anfizioni fecero delle varia
ori. Si tolse l’accompagnatura dei flauti, perchè aveva un non so che
di
tristo, e non poteva convenire che alle lamentazi
re Duce d’ogni altro, e per te solo, o Dio, Ineguale guerrier, benché
di
Teti Figlio scotesse le Dardanie mura Con la, fat
uerrier, benché di Teti Figlio scotesse le Dardanie mura Con la, fato
di
Troia, asta tremenda. Qual pin reciso da bipenne
sta tremenda. Qual pin reciso da bipenne acuta, O querce, ch’il furor
di
Noto atterra, E di larga mina il bosco ingombra.
pin reciso da bipenne acuta, O querce, ch’il furor di Noto atterra, E
di
larga mina il bosco ingombra. Cade il Pelide, e n
Tu gli animosi spirti Mi desti, e la divina arte dei versi Ed il nome
di
vate. voi, che siete Fra le vergini prime, e voi
versi Ed il nome di vate. voi, che siete Fra le vergini prime, e voi
di
chiara Stirpe fanciulli, alla gran dea tutela Che
razio, Ode V, lib. iv. Lezione decimasettima. Monumenti del tempio
di
Delfo. Pausania, nell’enumerazione dei doni c
elfo. Pausania, nell’enumerazione dei doni che ornavano il tempio
di
Delfo, tesse la storia delle imprese di quelle na
i doni che ornavano il tempio di Delfo, tesse la storia delle imprese
di
quelle nazioni, dalle quali erano stati offerti.
le quali erano stati offerti. Io sopprimerò questa parte del racconto
di
lui, perchè non conviene allo scopo delle mie Lez
e si può discendere per tutte le parti con un facil pendio. Il tempio
di
Apollo ha la stessa posizione ed occupa gran part
i e degli atleti, che hanno nell’arte loro riportata la palma, Faille
di
Crotone sarà da me solo rammentato, illustre per
ro una statua in Delfo. Nel recinto del tempio vedrete subito un toro
di
bronzo, opera di Teopropo di Egina, offerta dai C
Delfo. Nel recinto del tempio vedrete subito un toro di bronzo, opera
di
Teopropo di Egina, offerta dai Corciresi, Si pres
ecinto del tempio vedrete subito un toro di bronzo, opera di Teopropo
di
Egina, offerta dai Corciresi, Si presenta quindi
ste in un Apollo, in una Vittoria con le statue degli eroi originarii
di
Tegea; come Callisto figlia di Licaone Arcade che
ia con le statue degli eroi originarii di Tegea; come Callisto figlia
di
Licaone Arcade che diede il suo nome a tutta la c
i Licaone Arcade che diede il suo nome a tutta la contrada, il figlio
di
lui Elato, Afida e Azano, Trifilo, che ebbe per m
a e Azano, Trifilo, che ebbe per madre non Erato, ma Laodamia, figlia
di
Amicla re di Macedonia, ed Eraso figlio di Trifil
ifilo, che ebbe per madre non Erato, ma Laodamia, figlia di Amicla re
di
Macedonia, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e
Erato, ma Laodamia, figlia di Amicla re di Macedonia, ed Eraso figlio
di
Trifilo. L’Apollo e la Callisto sono di Pausania
di Macedonia, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e la Callisto sono
di
Pausania di Apollonia; la Vittoria e la statua di
, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e la Callisto sono di Pausania
di
Apollonia; la Vittoria e la statua di Arcade sono
e la Callisto sono di Pausania di Apollonia; la Vittoria e la statua
di
Arcade sono di Dedalo Sicionio; Trifilo ed Azano
sono di Pausania di Apollonia; la Vittoria e la statua di Arcade sono
di
Dedalo Sicionio; Trifilo ed Azano sono di Samola
e la statua di Arcade sono di Dedalo Sicionio; Trifilo ed Azano sono
di
Samola Arcadie. Finalmente Elato, Afida ed Eraso
d Azano sono di Samola Arcadie. Finalmente Elato, Afida ed Eraso sono
di
Antifane Argivo. Innanzi a questi simulacri ne st
a questi simulacri ne stanno altri nuovi dei Lacedemoni in rendimento
di
grazie per la vittoria che riportarono sopra gli
niesi. j) Dietro queste statue, nel secondo posto, si scorgono quelle
di
quegli animosi guerrieri greci, che favorivano ad
uegli animosi guerrieri greci, che favorivano ad Egospotamo l’impresa
di
Lisandro. Patrocle e Canaco se ne credono gli aut
autori. Gli Argivi, che in questo combattimento ebbero la presunzione
di
credersi vittoriosi, inviarono a Delfo un cavallo
o la presunzione di credersi vittoriosi, inviarono a Delfo un cavallo
di
bronzo ad imitazione di quello di Troia, opera di
ersi vittoriosi, inviarono a Delfo un cavallo di bronzo ad imitazione
di
quello di Troia, opera di Antifane Argivo. « Sul
riosi, inviarono a Delfo un cavallo di bronzo ad imitazione di quello
di
Troia, opera di Antifane Argivo. « Sul piedistall
a Delfo un cavallo di bronzo ad imitazione di quello di Troia, opera
di
Antifane Argivo. « Sul piedistallo del medesimo v
bottino, che gli Ateniesi conqaistarono dai Persiani nella battaglia
di
Maratona. « Dette state sono in prima Minerva ed
si: Eretteo, Cecrope, Pandione, Leo, Antioco, Egeo ed Acamante figlio
di
Teseo. Vi si ammira ancora Codro figlio di Melant
o, Egeo ed Acamante figlio di Teseo. Vi si ammira ancora Codro figlio
di
Melanto, Teseo e Fileo, benché tribù alcuna non a
Fileo, benché tribù alcuna non abbia il loro nome. Dalle mani famose
di
Fidia sono nati tutti questi simulacri. « Presso
consistono nelle immagini dei principali capi che presero il partito
di
Polinice, e si unirono con lui per l’assedio di T
he presero il partito di Polinice, e si unirono con lui per l’assedio
di
Tebe; Adrasto figlio di Talao, Tideo figlio di En
Polinice, e si unirono con lui per l’assedio di Tebe; Adrasto figlio
di
Talao, Tideo figlio di Eneo, i discendenti di Pre
con lui per l’assedio di Tebe; Adrasto figlio di Talao, Tideo figlio
di
Eneo, i discendenti di Preto, come Capaneo nato d
di Tebe; Adrasto figlio di Talao, Tideo figlio di Eneo, i discendenti
di
Preto, come Capaneo nato da Ipponoo, ed Eteocto d
si; finalmente lo stesso Polinice ed Ippomedonte, nato da una sorella
di
Adrasto. Là pure vedesi il carro di Anfiarao con
Ippomedonte, nato da una sorella di Adrasto. Là pure vedesi il carro
di
Anfiarao con Batone suo parente e suo scudiere, c
uo parente e suo scudiere, che tiene le briglie dei cavalli. L’ultima
di
queste statue è di Aliterse; l’altre sono di Ipat
udiere, che tiene le briglie dei cavalli. L’ultima di queste statue è
di
Aliterse; l’altre sono di Ipatodoro e di Aristogi
ie dei cavalli. L’ultima di queste statue è di Aliterse; l’altre sono
di
Ipatodoro e di Aristogitone. Offrirono pure ad Ap
L’ultima di queste statue è di Aliterse; l’altre sono di Ipatodoro e
di
Aristogitone. Offrirono pure ad Apollo gli Argivi
Offrirono pure ad Apollo gli Argivi le statue degli Epigoni, e quella
di
Danae re di Argo con Ipermestra, figlia di lui, s
re ad Apollo gli Argivi le statue degli Epigoni, e quella di Danae re
di
Argo con Ipermestra, figlia di lui, sola innocent
ue degli Epigoni, e quella di Danae re di Argo con Ipermestra, figlia
di
lui, sola innocente. Accanto ad essa è Linceo, e
antico. « Succede il presente dei Tarentini, che consiste in cavalli
di
bronzo e nelle immagini de’prigionieri. Questo mo
onzo e nelle immagini de’prigionieri. Questo monumento è della scuola
di
Agelada Argivo. Accanto vi è il tesoro dei Sicion
l delfico tempio. Segue il dono dei Gnidii, eh’ è una statua equestre
di
Triopa loro fondatore, Latona, Apollo e Diana: qu
membra forate. Gli Ateniesi ed i Tebani hanno pur costruita col nome
di
tesoro una specie di cappella, i primi per lascia
teniesi ed i Tebani hanno pur costruita col nome di tesoro una specie
di
cappella, i primi per lasciar una memoria della p
o una specie di cappella, i primi per lasciar una memoria della pugna
di
Maratona, i secondi di quella di Leuttra. Gli Ate
a, i primi per lasciar una memoria della pugna di Maratona, i secondi
di
quella di Leuttra. Gli Ateniesi hanno ancora edif
per lasciar una memoria della pugna di Maratona, i secondi di quella
di
Leuttra. Gli Ateniesi hanno ancora edificato un p
colle ricchezze dei popoli del Peloponneso e dei loro alleati. Rostri
di
navi e scudi di bronzo ne stavano sospesi alla vo
dei popoli del Peloponneso e dei loro alleati. Rostri di navi e scudi
di
bronzo ne stavano sospesi alla volta. Sopra quest
billa quando gli oracoli proferiva. Vedrete ancora in Delfo una testa
di
toro di Peonia in bronzo, donata da Dropione re d
ando gli oracoli proferiva. Vedrete ancora in Delfo una testa di toro
di
Peonia in bronzo, donata da Dropione re di quella
in Delfo una testa di toro di Peonia in bronzo, donata da Dropione re
di
quella contrada. Davanti alla nominata testa sta
a. Davanti alla nominata testa sta un simulacro donato dagli abitanti
di
Andro, che credesi rappresentare Andreo loro fond
Focesi; Giove Ammone sul carro, dono dei Cirenei, popolo della Libia
di
origine greca; una statua equestre di Achille, de
dei Cirenei, popolo della Libia di origine greca; una statua equestre
di
Achille, dei Tessali; un Apollo con una cerva, de
Tessali; un Apollo con una cerva, dei Macedoni, che abitano la città
di
Dione sotto il monte Pierio. La statua di Ercole,
edoni, che abitano la città di Dione sotto il monte Pierio. La statua
di
Ercole, che quindi si scorge, è dono dei Tebani,
ina dei Filasi, l’Apollo della stessa materia, appartiene agli Arcadi
di
Mantinea. Un poco più lontano vi è Apollo ed Erco
co più lontano vi è Apollo ed Ercole che disputano un tripode: ognuno
di
loro vuole averlo, e sono per battersi: ma Latona
ritengono Apollo; Minerva pacifica Ercole. La Minerva e la Diana sono
di
Chioni, le aitre statue del monumento di Dillo e
. La Minerva e la Diana sono di Chioni, le aitre statue del monumento
di
Dillo e di Amicle scnltori di Corinto. Ve tradizi
a e la Diana sono di Chioni, le aitre statue del monumento di Dillo e
di
Amicle scnltori di Corinto. Ve tradizione in Delf
i Chioni, le aitre statue del monumento di Dillo e di Amicle scnltori
di
Corinto. Ve tradizione in Delfo che Ercole figlio
Amicle scnltori di Corinto. Ve tradizione in Delfo che Ercole figlio
di
Anfitrione, essendo venuto per consultare l’oraco
portò via dal tempio un treppiede, e la sacerdotessa gridò: E Ercole
di
Tirinto, e non quello di Canopo, — perchè innanzi
treppiede, e la sacerdotessa gridò: E Ercole di Tirinto, e non quello
di
Canopo, — perchè innanzi Ercole egiziano era pure
tenne quello che desiderava, e quindi i poeti hanno presa l’occasione
di
fingere ch’Ercole aveva pugnato con Apollo per un
ria che i Greci riportarono insieme a Platea, la nazione intera stimò
di
suo dovere il fare un dono ad Apollo, che consist
ono ad Apollo, che consistè in un tripode d’oro sostenuto da un drago
di
bronzo. Il serpente rimane ancora: ma il tripode
l’armata focose. « L’ascia che si vede fu offerta da Periclito figlio
di
Eutimaco. Ecco quello che intorno ad essa si racc
i Eutimaco. Ecco quello che intorno ad essa si racconta. Cigno figlio
di
Nettuno, che regnò a Colono città della Troade, v
lono città della Troade, verso l’isola Leucofri, sposò Proclea figlia
di
Clizio e sorella di quel Caletore che, secondo Om
ade, verso l’isola Leucofri, sposò Proclea figlia di Clizio e sorella
di
quel Caletore che, secondo Omero nell’Iliade, fu
Omero nell’Iliade, fu ucciso da Aiace, mentre voleva bruciare la nave
di
Protesilao. Cigno ebbe da Proclea un maschio ed u
econda, Morta la prima moglie, sposò in seconde nozze Filonome figlia
di
Craugaso, che s’innamorò di Tene figliastro. Non
e, sposò in seconde nozze Filonome figlia di Craugaso, che s’innamorò
di
Tene figliastro. Non essendo riescita nella sua p
gliastro. Non essendo riescita nella sua passione, l’accusò al marito
di
averla volata violare. Cigno, ingannato da questa
l mare. Salvati per loro ventura, arrivarono a Leucofri, che dal nome
di
Tene Tenedo fu detta. Qualche tempo dopo. Cigno s
taglia la fune, la nave s’allontana, e fugge preda dei venti. L’ascia
di
Tene ha fondato un proverbio che si applica a que
lessibili nel loro sdegno. « I Greci inviarono pure a Delfo un Apollo
di
bronzo egualmente che che un Giove in Olimpia, do
gualmente che che un Giove in Olimpia, dopo le due vittorie marittime
di
Artemisio e di Salamina. Due altre statue del num
he un Giove in Olimpia, dopo le due vittorie marittime di Artemisio e
di
Salamina. Due altre statue del nume sono ofierta
sono ofierta degli Epidauri e dei Megaresi. Nel pavimento del tempio
di
Delfo bellissime sentenze leggevansi, e di somma
. Nel pavimento del tempio di Delfo bellissime sentenze leggevansi, e
di
somma utilità per la condotta della vita. Tralasc
leggevansi, e di somma utilità per la condotta della vita. Tralascio
di
riportarle, giacché sono notissime, spettando ai
re qual’è la tua patria: limita la tua curiosità a conoscere il paese
di
tua madre: ella era dell’isola d’Io, ove terminer
mente da un enigma. — Però gli abitanti d’Io mostrano ancora la tomba
di
Omero nella loro isola, e quella di Olimene in un
nti d’Io mostrano ancora la tomba di Omero nella loro isola, e quella
di
Olimene in un luogo separato. « Presso la fontana
te sopra un muro a man dritta un gran quadro che rappresenta la presa
di
Troia, e a sinistra i Greci che s’imbarcano per i
he porta dei vestiti, ed Echeace che discende da un ponte con un’urna
di
bronzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfanno il padi
on un’urna di bronzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfanno il padiglione
di
Menelao, che era un poco lontano dalla nave, ed A
no dalla nave, ed Anfialo ne tende un altro più vicino. Sotto i piedi
di
Anfialo v’è un fanciullo di cui s’ignora il nome.
tende un altro più vicino. Sotto i piedi di Anfialo v’è un fanciullo
di
cui s’ignora il nome. Fronti è il solo che abbia
iullo di cui s’ignora il nome. Fronti è il solo che abbia la barba, e
di
cui Polignoto abbia preso il nome da Omero. Brise
de: Diomede sopra essa, ed Ifi accanto, sembrano ammirare la bellezza
di
Elena. Questa bella donna è seduta: presso di lei
no ammirare la bellezza di Elena. Questa bella donna è seduta: presso
di
lei è Eu ribate araldo d’ Ulisse, benché manchi d
a è seduta: presso di lei è Eu ribate araldo d’ Ulisse, benché manchi
di
barba. Elena ha due donne seco, Pantali ed Elettr
a sua padrona; la seconda le attacca la sua calzatura. Omero si serve
di
altri nomi nell’Iliade, quando ci sappresenta Ele
e verso le mura della città. Sopra Elena vi è un uomo seduto, vestito
di
porpora, ed esternamente afflitto. Non vi è bisog
to. Non vi è bisogno d’iscrizione per conoscere che è Eleno figliuolo
di
Priamo. — (È da notarsi questo passo di Pausania,
noscere che è Eleno figliuolo di Priamo. — (È da notarsi questo passo
di
Pausania, perchè ci fa intendere che in questa pi
ausania, perchè ci fa intendere che in questa pittura, ove vi era più
di
ottanta figure, ogni principale era distinta col
nella stessa attitudine che Lesche lo dipinge nel suo poema sul sacco
di
Troia, poiché dice che il medesimo fu ferito da A
a notte stessa che la città loro fu presa. Dopo lui é Licomede figlio
di
Creonte, ferito nel pugno, come il mentovato poet
ta narra ch’egli fu da Agenore. Polignoto avea dunque lette le poesie
di
Lesche, altrimenti non avrebbe potuto sapere tutt
de ferito in due altre parti alla testa e nel tallone. Eurialo figlio
di
Mecesteo ha pure due ferite, una nel capo, l’altr
ferite, una nel capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure sono al
di
sopra di Elena situate. » Questa pittura che ci
una nel capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure sono al di sopra
di
Elena situate. » Questa pittura che ci convince
tinuerà Pausania a descriverci nella seguente Lezione. Udite la sorte
di
Niobe e dei figli di lei da Ovidio, che in questa
scriverci nella seguente Lezione. Udite la sorte di Niobe e dei figli
di
lei da Ovidio, che in questa parte ho volgarizzat
o insigne traduttore, dividendo cogli artisti dell’età sua il difetto
di
dare moderni costumi agli antichi, nuoce allo sco
lla propria sorte Non eri. In mezzo alle tebane vie, Ripiena il petto
di
furor presago. Manto scorrea: sulle tremanti bend
e date ai figli Di Latona ed a lei preghi ed incensi. Cingete il crin
di
lauro: io vel comando. La Diva il vuole. Le presc
avo E per socero Giove: il Frigio aspetta I miei cenni tremante; a me
di
Cadmo Serve là reggia, e Tebe, a cui le mura Del
ri delle regie stanze In ogni parte: a questo aggiungi un volto Degno
di
diva, e sette figli, e sette Giovinette, che son
gi un volto Degno di diva, e sette figli, e sette Giovinette, che son
di
mille amanti E speranza e sospiro. Ancor cercate
si chiuse: alfine Dielle l’errante Delo instabil suolo. Qui fu madre
di
due figli, che sono Settima parte della nostra pr
ue figli, che sono Settima parte della nostra prole. Io son felice, e
di
fortuna rido Le minacce: me fa copia sicura. Molt
rabbia all’animoso petto. E sì parlava colla doppia prole Sulla vetta
di
Cinto. Io che son madre Di voi superba, e fra le
a di Cinto. Io che son madre Di voi superba, e fra le dee minore Solo
di
Giuno, non avrò gli altari Che i secoli onorar, n
miei figli, e ai numi eterni I mortali anteporre: e me chiamava Priva
di
prole: dell’altero detto In lei cada l’ingiuria,
sangue. Egli già prono Dai crini del corsier balza, e la terra Bagna
di
sangue. Dell’avito nome Tantalo erede, e il suo m
Dell’avito nome Tantalo erede, e il suo minor fratello Fedirne, prova
di
novelle forze Facean nella palestra, e petto a pe
rato era dall’arco L’irrevocabil strale: entrò nel core Poco, e causa
di
morte è breve piaga. La fama e il pianto dei cong
mar l’altre, sempre Correre a morte per diverso fato. L’ultima avanza
di
cotanta prole: Colla vesta e col suo corpo la mad
sta e col suo corpo la madre La protegge gridando: Una ti chiedo, Una
di
tante: e in mezzo ai prieghi muore La giovinetta.
i stessi Immoti stanno nelle guance meste, E nell’immagin sua nulla è
di
vivo. Fredda è la lingua: più non scorre il sangu
Ovidio , Metamorf., lib. vi. Lezione decimottava. Apollo detto
di
Belvedere. Voleva compiere la descrizione di q
mottava. Apollo detto di Belvedere. Voleva compiere la descrizione
di
quelle pitture colle quali Polignoto celebrò Delf
ma pensando che veruna lode per Apollo è più grande che il simulacro
di
lui, detto di Belvedere, non ho voluto ritardare
he veruna lode per Apollo è più grande che il simulacro di lui, detto
di
Belvedere, non ho voluto ritardare neppur un mome
di lui, detto di Belvedere, non ho voluto ritardare neppur un momento
di
aprirvi il tesoro di quelle cognizioni, colle qua
edere, non ho voluto ritardare neppur un momento di aprirvi il tesoro
di
quelle cognizioni, colle quali Winkelmann e Visco
olle quali Winkelmann e Visconti illustrarono l’origine e le bellezze
di
questa statua, eterna maraviglia e disperazione d
el marmo, che sembra aver realizzato la sua idea con un semplice atto
di
volontà. Ha rap presentato il figlio di Latona qu
sua idea con un semplice atto di volontà. Ha rap presentato il figlio
di
Latona quando è sdegnato e ha ritratto nel suo vo
a la soave bellezza, nè la interna serenità inseparabile dalla natura
di
un nume. L’arco, ch’ei regge ancora in alto colla
vine sue ire; ma contro chi ha vibrato gli strali? non dubitano tutti
di
rispondere unanimemente contro Pitone. Ma perchè
’occasione dell’ Iliade? Perchè non piuttosto contro l’infelice prole
di
Niobe onde la materna offesa non resti inulta? Pe
Perchè non contro dell’infedele Coronide, che faceva essere il figlio
di
Giove geloso di un uomo mortale? Tutti questi sog
o dell’infedele Coronide, che faceva essere il figlio di Giove geloso
di
un uomo mortale? Tutti questi soggetti son più no
i soggetti son più nobili e più degni d’esser immaginati che la morte
di
un rettile, e il suo sguardo sollevato non sembra
suolo. Qualunque però sia stato lo scopo delle sue freccie, l’ azione
di
aver saettato è tanto evidentemente espressa, che
i e ravvolti, che danno idea della sorprendente bellezza della chioma
di
Febo più che gli epiteti di χρυσοκομοςe di, ακερσ
della sorprendente bellezza della chioma di Febo più che gli epiteti
di
χρυσοκομοςe di, ακερσερσεκομης, chioma d’oro, e i
ente bellezza della chioma di Febo più che gli epiteti di χρυσοκομοςe
di
, ακερσερσεκομης, chioma d’oro, e intonso, co’ qua
appena s’affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e nel labbro
di
sotto alquanto esposto in fuori, non giunge ad os
fonde mollemente sul suo bellissimo corpo, così giudiziosamente misto
di
agilità, di vigore e di eleganza, che vi si vede
ente sul suo bellissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità,
di
vigore e di eleganza, che vi si vede il più bello
bellissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore e
di
eleganza, che vi si vede il più bello e il più at
i si vede il più bello e il più attivo degli Dei, senza la morbidezza
di
Bacco, e senza le affaticate muscolature di Ercol
Dei, senza la morbidezza di Bacco, e senza le affaticate muscolature
di
Ercole, ancorché deificato. L’aurea sua clamide s
amide s’allaccia gentilmente sull’omero destro, e i piedi sono ornati
di
bellissimi calzari, forse di quel genere che i Gr
sull’omero destro, e i piedi sono ornati di bellissimi calzari, forse
di
quel genere che i Greci chiamavano sandali, di so
lissimi calzari, forse di quel genere che i Greci chiamavano sandali,
di
sottili strisce. Il tronco stesso, riservato per
insignificante, ma vi è scolpito un serpe, o alludente alla vittoria
di
Pitone, che allora non potrebbe esser 1’ argoment
llora non potrebbe esser 1’ argomento del simulacro, o alla medicina,
di
cui Apollo è il nume, e il simbolo la serpe. « Qu
« Questa incomparabile figura fu ritrovata a Capo d’Anzo fra le ruine
di
quell’antica città, celebre nella storia romana e
a Fortuna, e per le delizie imperiali chiamate da Filostrato col nome
di
reggia dei- Cesari, che tale poteano dirsi, attes
dei- Cesari, che tale poteano dirsi, attesa la premura che si presero
di
abbellirle tanti imperalori romani da Augusto fin
glia dunque che tante insigni sculture lo adornassero, come l’ApoUine
di
Vaticano, e la celebre statua del Gladiatore Borg
rezione, come si crede, del Buonarroti. Il marmo è un finissimo greco
di
somma conservazione, non mancando che la mano sin
dilÌ2^ente osservazione fattavi espressamente dai periti e professori
di
questo genere e in ciò la forza della verità mi o
da un grand’uomo dei nostri tempi (il celebre Mengs) che non contento
di
aver rapita la meraviglia del secolo colle sue so
del secolo colle sue sorprendenti pitture, ha meritato ancora la fama
di
autore, mercè l’amicizia di persona distinta per
denti pitture, ha meritato ancora la fama di autore, mercè l’amicizia
di
persona distinta per impieghi e per letteratura,
Mi conviene, dissi, dissentire in ciò che riguarda il marmo, non solo
di
questa statua, ma in ciò che ne deduce; cioè che
ica non sieno che copie d’alti perfetti originali, o almeno originali
di
second’ordine, impareggiabili, se si confrontino
’arte rediviva fra le nazioni moderne ha saputo produrre, ma molto al
di
sotto dell’opere ammirate dalla Grecia. Questa op
e, comecché faccia onore a chi l’ha proposta, perchè nasce da un’idea
di
perfezione assai superiore alla comune capacità c
o che si sforzava ritrarre nelle sue pitture, formata sull’astrazione
di
ciò, che vi ha di più sorprendente nei pezzi dei
ritrarre nelle sue pitture, formata sull’astrazione di ciò, che vi ha
di
più sorprendente nei pezzi dei più insigni della
a greca scultura, non è però confermata dalla verità, ed è appoggiata
di
vacillanti argomenti, quando si voglia estendere
ifetti osservati nella figura, riconosciuta d’altra parte per ciò che
di
più bello esista nell’arte. « L’opinione falsa ch
che di più bello esista nell’arte. « L’opinione falsa che fosse marmo
di
Carrara, era la ragion più forte, come quello ch’
lunque altra scultura. « Verificato pertanto che sia marmo delle cave
di
Grecia e del più bello, cade il fondamento di di
he sia marmo delle cave di Grecia e del più bello, cade il fondamento
di
di tutto il discorso. L’essere stato collocato pi
sia marmo delle cave di Grecia e del più bello, cade il fondamento di
di
tutto il discorso. L’essere stato collocato piutt
a quanto giungesse il lusso dei Cesari e la non curanza del pubblico
di
Roma per le arti del disegno. E poi, una villa ch
d’opera della scultura che si vedeano tal volta ornare come l’Ercole
di
Mirone e il Giove di Prassitele, i portici e i gi
ra che si vedeano tal volta ornare come l’Ercole di Mirone e il Giove
di
Prassitele, i portici e i giardini privati. I dif
ontrar più d’una risposta. E per lasciare la generale che nulla vi ha
di
veramente perfetto, e che perciò si trovano degli
tore eccellente non è tanto l’assenza dei difetti, quanto l’esistenza
di
certe bellezze e di certi pregi, che non possono
è tanto l’assenza dei difetti, quanto l’esistenza di certe bellezze e
di
certi pregi, che non possono esser il prodotto ch
erte bellezze e di certi pregi, che non possono esser il prodotto che
di
talenti non comuni: può dirsi ancora che è stato
enti non comuni: può dirsi ancora che è stato consiglio dell’artefice
di
allentanarsi in ciò dal rigido vero per servire a
late queste scorrezioni, ma ne avrebbe ritratto qualche maggior grado
di
bellezza e di effetto. Che se s’insistesse ancora
orrezioni, ma ne avrebbe ritratto qualche maggior grado di bellezza e
di
effetto. Che se s’insistesse ancora, e si oppones
ezza e di effetto. Che se s’insistesse ancora, e si opponesse, perchè
di
una statua così eccellente non abbiano parlato gl
tatua così eccellente non abbiano parlato gli antichi, non mi curerei
di
rispondere, che poche memorie ci sou restate nell
oche memorie ci sou restate nelli scritti a noi pervenuti, e soltanto
di
quelle che o per la situazione in luoghi assai fr
econdo Plinio, poteva render l’autore illustre; non mi curerei, dico,
di
questa risposta, ma sosterrei piuttosto, che vera
marmo rammentati da Plinio, ma che non può determinarsi per mancanza
di
piìi accurata descrizione, Lasciando da parte que
e non possono convenire all’azione del nostro, ne rammenta Plinio due
di
Filisco, un di Prassitele, ed uno di Calamide. Qu
onvenire all’azione del nostro, ne rammenta Plinio due di Filisco, un
di
Prassitele, ed uno di Calamide. Quei di Filisco e
l nostro, ne rammenta Plinio due di Filisco, un di Prassitele, ed uno
di
Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici di Ot
nta Plinio due di Filisco, un di Prassitele, ed uno di Calamide. Quei
di
Filisco erano nei Portici di Ottavia, uno nel suo
di Prassitele, ed uno di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici
di
Ottavia, uno nel suo tempio, l’altro per ornament
embra inferirsi che l’altro fosse vestito. Ma l’essere anche ai tempi
di
Plinio situati ambedue in luogo pubblico e sacro,
nsigne scultura. « Più facilmente può credersi questa statua l’Apollo
di
marmo di Prassitele che Plinio annovera fra le pi
ultura. « Più facilmente può credersi questa statua l’Apollo di marmo
di
Prassitele che Plinio annovera fra le più belle o
llo di marmo di Prassitele che Plinio annovera fra le più belle opere
di
quello scultore, senza additare il sito preciso d
ove si custodiva. Potrebbe anche con maggior probabilità esser quello
di
Calamide esistente ai tempi di Plinio negli Orti
e con maggior probabilità esser quello di Calamide esistente ai tempi
di
Plinio negli Orti Serviliani, appartenenti agli A
linio negli Orti Serviliani, appartenenti agli Augusti fino dai tempi
di
Nerone, donde può essere stata trasferita nelle d
i mali, ed era stata a questo nume eretta in Atene dopo la cessazione
di
un male epidemico. Ben conveniva in questa occasi
pidemico. Ben conveniva in questa occasione una simile rappresentanza
di
Apollo in atto appunto di saettare infermità e mo
questa occasione una simile rappresentanza di Apollo in atto appunto
di
saettare infermità e morte, ma nel tempo stesso c
confuse col diluvio universale, perciò adattatissimo simbolo del fine
di
una mortalità impetrato dalla potenza d’Apollo. «
ni su tanto incomparabile simulacro, non voglio defraudare il lettore
di
una descrizione piena d’estro di questa statua de
ro, non voglio defraudare il lettore di una descrizione piena d’estro
di
questa statua dettata a Winkelmann dall’entusiasm
aginazione le straordinarie bellezze. Eccola: « La statua dell’Apollo
di
Belvedere è il più sublime ideale dell’arte, fra
tatua tanto supera tutti gli altri simulacri del dio, quanto l’Apollo
di
Omero è più grande degli altri descritti dai suss
imavera eterna, qual regna nei beati Elisi, spande sulle virili forme
di
un’età perfetta i piacevoli tratti della ridente
Genio, e prendi una natura celeste per riempier l’anima tua coll’idea
di
un bello sovrumano; potrai formartene allora una
artene allora una giusta immagine, poiché in quella figura nulla vi è
di
mortale, nessuno indizio si scorge dell’umana fra
ta la superfìcie. Eccolo: egli ha inseguito il serpente Pitone contro
di
cui ha per la prima volta piegato il suo arco, e
ollevato in una piena compiacenza, portasi quasi all’infinito bene al
di
là della sua vittoria. Siede nelle sue labbra il
dell’animo rimaner sembrano inalterabili, e gli occhi suoi sono pieni
di
quella dolcezza, che mostrar suole allorché lo ci
he si avvicini a quella sublimità in cui egli manifestossi alla mente
di
Omero: ma. in questa statua del figlio di Giove s
gli manifestossi alla mente di Omero: ma. in questa statua del figlio
di
Giove seppe l’ artefice, eguale a quel gran poeta
ze particolari, che ad ognuna delle altre deità sono proprie. Egli ha
di
Giove la fronte gravida della dea della Sapienza,
a degli Dei in maniera dignitosa inarcati; é la sua bocca un’immagine
di
quella dell’amato Branco, in cui respirava la vol
uo capo, in cima a cui sembra con bella pompa annodata dalle Grazie e
di
aromi celesti profumata. Mirando questo prodigio
ando questo prodigio dell’arte, tutte l’altre opere ne oblio, e sovra
di
me stessa e dei sensi mi sollevo per degnamente e
à mi sento trasportato in Delo, e nelle Licie selve, che Apollo onorò
di
sua presenza. Farmi già che l’immagine, che io me
’immagine, che io men formo, vita acquisti e moto come la bella opera
di
Pigmalione. Ma come potrò io ben dipingerla e des
e più sensibili tratti, che n’ho abbozzati. Depongo pertanto a’ piedi
di
questa statua l’idea che ne ho dato, imitando cos
mutò d’opinione riguardo all’autore della celebre statua dell’Apollo
di
Belvedere, e alla qualità del marmo in cui è scol
alità del marmo in cui è scolpita. Affermò non potersi supporre opera
di
Ca. lamide un lavoro sì perfetto, dove la più sev
tore dell’Apollo abbia imitata questa statua da una delle più antiche
di
Calamide, correggendone i difetti, aggiungendovi
lezze. Così facevano gli antichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole
di
Farnese quel di Lisippo, di cui esiste una copia
vano gli antichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole di Farnese quel
di
Lisippo, di cui esiste una copia antica in Firenz
ichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole di Farnese quel di Lisippo,
di
cui esiste una copia antica in Firenze: così Cleo
Visconti dice sostenersi dai mineralogisti che nelle cave abbandonate
di
Carrara si trovan vene di marmo perfettamente sim
ai mineralogisti che nelle cave abbandonate di Carrara si trovan vene
di
marmo perfettamente simili a quella dell’Apollo,
perfettamente simili a quella dell’Apollo, e vide in Parigi un marmo
di
Carrara, che si credeva greco. Udite adesso da Ov
greco. Udite adesso da Ovidio, che, incoraggito dal voNicccLiNi. Lez.
di
Mit. ecc. 30 stro compatimento, ho tradotto, quan
u Dafne a Febo il primo amor, che diede Non sorte ignara, ma il furor
di
un nume Iva superbo del domato mostro. Quando mir
rattiene Sull’ombroso Parnaso, e li due strali Dalla faretra liberò:
di
piombo È l’uno, d’oro l’altro, ed hanno effetto C
’amante aborre il nome; Sol delle selve a lei piace il secreto; Emula
di
Diana, ama alle belve, Terror dei boschi, contras
contrastar le spoglie; Ai capelli l’error frena una benda. Ed ai voti
di
mille amanti oppone Odio e rifiuto, e amor dispre
d’Imeneo la face: E dolcemente nel paterno collo Trattien le braccia,
di
rossore onesto Ornata il volto, e dice: A me conc
e per largo incendio il campo, Tal regna nel Febeo petto la fiamma, E
di
sterile amor nutre la speme; Vede pender sul coll
pruno Non ti punga il bel pie, che non è degno Di essere oifeso, che
di
pianto io sia Cagione: aspra è la via dove ti aff
E il gregge inculto non osservo — ignori. Temeraria, chi fuggi: a me
di
Delfo Serve la reggia e Claro, io son di Giove Fi
. Temeraria, chi fuggi: a me di Delfo Serve la reggia e Claro, io son
di
Giove Figlio: degli anni io sono il padre: io sol
u custode Fida starai presso l’auguste porte Tutela del sacrato arbor
di
Giove. Fia teco il vanto di perpetue frondi, Sico
l’auguste porte Tutela del sacrato arbor di Giove. Fia teco il vanto
di
perpetue frondi, Sicome regna gioventude eterna N
asi capo Scosse l’onor della frondosa cima, Raro dono al Poeta, e che
di
Giove E del fulmine suo l’ire prescrive. Ovidi
escrive. Ovidio Metamorf., lib. I. Lezione decimanona. Imagini
di
Apollo in pittura e in scultura. Altri lumi da
al Winkelmann e dal Visconti derivar voglio sopra Apollo, primo vanto
di
Latona, innanzi di tesservi il catalogo dei diver
Visconti derivar voglio sopra Apollo, primo vanto di Latona, innanzi
di
tesservi il catalogo dei diversi nomi coi quali l
elle sue figure si ravvisano in bella armonia combinate la robustezza
di
un’età perfetta, e le molli forme di una florida
armonia combinate la robustezza di un’età perfetta, e le molli forme
di
una florida gioventù. Queste forme sono grandiose
i eziandio nella loro giovine morbidezza; nè rassomigliano già quelle
di
un amante effemminato e molle, allevato fra le fr
ato fra le fresche ombre, e come dice Ibico, da Venere stessa nutrito
di
rose, ma son degne di un garzone nobile, e nato a
re, e come dice Ibico, da Venere stessa nutrito di rose, ma son degne
di
un garzone nobile, e nato a grandi imprese. Si ve
sua figura una sanità vivace che annunzia la forza, simile all’aurora
di
un bel giorno. Non pretendo però che tanta beltà
giorno. Non pretendo però che tanta beltà si trovi in tutte le statue
di
Apollo. « La più bella testa del nume, dopo la c
le statue di Apollo. « La più bella testa del nume, dopo la celebre
di
Belvedere, è senza dubbio quella d’una poco osser
senza dubbio quella d’una poco osservata statua sedente del medesimo,
di
grandezza maggiore del naturale, nella Villa Ludo
maggiore del naturale, nella Villa Ludovisi. È questa intatta al pari
di
quella, e anco meglio esprime un Apollo benigno e
vole per esser la sola, che io sappia, che ha un particolar attributo
di
Apollo, cioè il bastone di pastore incurvato, app
io sappia, che ha un particolar attributo di Apollo, cioè il bastone
di
pastore incurvato, appoggiato alla pietra su cui
ος) per indicare l’arte pastorizia da lui esercitata presso Admeto re
di
Tessaglia. Vi hanno quattro teste di Apollo perfe
lui esercitata presso Admeto re di Tessaglia. Vi hanno quattro teste
di
Apollo perfettamente simili: una è quella statua
nno quattro teste di Apollo perfettamente simili: una è quella statua
di
Belvedere, l’altra unita al busto, e affatto inte
olino, e la quarta nella Farnesina. Da questa si può prendere un’idea
di
quell’acconciatura di capelli che i Greci chiamav
la Farnesina. Da questa si può prendere un’idea di quell’acconciatura
di
capelli che i Greci chiamavano κρωβυλος, e che pr
precisione descritta. Questa voce significa nei maschi quella maniera
di
acconciarsi che nelle fanciulle chiamavasi κορυμβ
on dovea vedersi il laccio che li sosteneva. « Tale è la capigliatura
di
una figura muliebre in una delle più belle pittur
elli in amendue i sessi può scusare coloro i quali hanno dato il nome
di
Berenice ad un bell’Apollo di bronzo nel Museo di
usare coloro i quali hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo
di
bronzo nel Museo di Ercolano che ha i capelli vol
hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo di bronzo nel Museo
di
Ercolano che ha i capelli voltati all’insù, e leg
a lodato Autore intorno alla chioma del nume. « La capellatura bionda
di
Apollo può essere considerata egualmente come all
magine: ma senza attaccarci questo senso bisognava dargli dei capelli
di
questo colore come al più bello dei giovini, poic
oduce un effetto meno piacevole che quello dei capelli biondi; verità
di
pratica, riconosciuta da tutti gli artisti. Un pa
iondi; verità di pratica, riconosciuta da tutti gli artisti. Un passo
di
Ateneo che contiene due espressioni di Simonide
a tutti gli artisti. Un passo di Ateneo che contiene due espressioni
di
Simonide m’impegna a fare questa osservazione. La
e m’impegna a fare questa osservazione. La prima è il tono della voce
di
una vergine che esce da una bocca di porpora, ed
e. La prima è il tono della voce di una vergine che esce da una bocca
di
porpora, ed il personaggio messo in scena da Ate
mbra egli bello ai Greci? — La seconda espressione riguarda l’epiteto
di
Apollo dagli aurei capelli, perchè, come dice ris
i Greci avranno fatta la stessa osservazione, perchè tutte le figure
di
Apollo, conformemente a l’epiteto in quistione e
e figure di Apollo, conformemente a l’epiteto in quistione e ad altri
di
simil genere che gii hanno dati i poeti, saranno
na capellatura bionda, come noi possiamo giudicare dal piccolo numero
di
pitture che sono giunte sino a noi, nelle quali q
ità giovanili, neppur Zeffiro eccettuato. Sembra dunque che nel passo
di
Ateneo , che ho citato, bisogni porre un interro
i capelli del suo favorito: gli voleva neri nell’interno e splendidi
di
fuori: non ch’eglino fossero neri, ma solamente o
si forma delle cavità. Così mi sembra che deva intendersi dei capelli
di
color blu che Omero dà ad Ettore ed a Bacco: va
, che interiormente, e nei luoghi ove sono ombrati, offrono una tinta
di
questi colori. » Scusate, per amore di Winkelman
no ombrati, offrono una tinta di questi colori. » Scusate, per amore
di
Winkelmann, questa digressione di lui medesimo so
uesti colori. » Scusate, per amore di Winkelmann, questa digressione
di
lui medesimo sopra i capelli biondi, che può esse
essione di lui medesimo sopra i capelli biondi, che può esservi forse
di
qualche utilità, e mostrarvi almeno quanto si pos
elle medaglie con una patera in mano, e tiene al tempo stesso un ramo
di
mirto, attributo ordinario alle sue figure nell’i
esso un ramo di mirto, attributo ordinario alle sue figure nell’isola
di
Lesbo, perchè, secondo l’opinione degli antichi,
avorisce la divinazione. Per questa ragione in Atene si diede il nome
di
θαυμαντις13, indovino del dio, vale a dire di Apo
Atene si diede il nome di θαυμαντις13, indovino del dio, vale a dire
di
Apollo, a quelli che morendo di fame masticavano
ντις13, indovino del dio, vale a dire di Apollo, a quelli che morendo
di
fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una me
a dire di Apollo, a quelli che morendo di fame masticavano le foglie
di
lauro. Sopra una medaglia di argento di Antioco I
he morendo di fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una medaglia
di
argento di Antioco III re di Siria i due sassi so
di fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una medaglia di argento
di
Antioco III re di Siria i due sassi sono indicati
o le foglie di lauro. Sopra una medaglia di argento di Antioco III re
di
Siria i due sassi sono indicati in una figura sed
ntioco III re di Siria i due sassi sono indicati in una figura seduta
di
Apollo, coi capelli annodati sopra la sommità del
nno i capelli annodati nella stessa maniera. Il pomo posto nella mano
di
Apollo indicava il premio che si dava nei primi t
nificantissima, che si trova in una medaglia. La medaglie della città
di
Tessalonica offrono Apollo che si corona da sé st
della città di Tessalonica offrono Apollo che si corona da sé stesso
di
lauro come vincitore nel suo combattimento con Ma
l suo combattimento con Marsia. Sopra una pietra incisa del Gabinetto
di
Stosch, Temi gli presenta una tazza di ambrosia,
na pietra incisa del Gabinetto di Stosch, Temi gli presenta una tazza
di
ambrosia, immagine tolta da Omero. Apollo si trov
con questi attributi era nominato Agreo, cioè cacciatore: ma l’Apollo
di
Vaticano non può essere un Apollo cacciatore, com
pence pretende. La cerva sopra un altare, con altri attributi propri:
di
Apollo, rappresenta la ninfa Arge, che fu trasfor
tata, seguendolo, che ella l’avrebbe raggiunto ancora che la velocità
di
lui fosse rapida quanto quella del Sole. « Pluta
à di lui fosse rapida quanto quella del Sole. « Plutarco fa menzione
di
un Apollo tenente un gallo sulla mano per indicar
enzione di un Apollo tenente un gallo sulla mano per indicare il Sole
di
cui annunzia il comparir sull’orizzonte. Il front
’orizzonte. Il frontispizio del settimo volume dell’ Antichità Greche
di
Gronovio, mostra Apollo che tiene il piede sopra
rovare da che questo simbolo sia derivato. Un topo accanto alla testa
di
Apollo sulle medaglie di Tenedo indica il soprann
olo sia derivato. Un topo accanto alla testa di Apollo sulle medaglie
di
Tenedo indica il soprannome Smìnteo di questo dio
testa di Apollo sulle medaglie di Tenedo indica il soprannome Smìnteo
di
questo dio, che nel dialetto cretese significa To
un arco nella destra, e le tre Grazie poste sulla sinistra: ciascuna
di
esse teneva istrumento musicale: una il flauto, l
l mezzo la lira: si pretendeva che questa statua fosse fino dai tempi
di
Ercole. Il delfino di cui si fa uso nei tripodi d
etendeva che questa statua fosse fino dai tempi di Ercole. Il delfino
di
cui si fa uso nei tripodi di Apollo, è un ornamen
sse fino dai tempi di Ercole. Il delfino di cui si fa uso nei tripodi
di
Apollo, è un ornamento allegorico che significa l
odi di Apollo, è un ornamento allegorico che significa la metamorfosi
di
questo dio in pesce: può ancora applicarsi al cre
orfosi di questo dio in pesce: può ancora applicarsi al creduto amore
di
questo animale per la musica. Apollo non è stato
non è stato mai rappresentato col berretto frigio, e le teste fornite
di
questo e con lunghi capelli effigiate nei lati di
e le teste fornite di questo e con lunghi capelli effigiate nei lati
di
una tomba di marmo antico trovata in Francia, non
ornite di questo e con lunghi capelli effigiate nei lati di una tomba
di
marmo antico trovata in Francia, non sono che mas
ncia, non sono che maschere che trovansi frequentemente nei monumenti
di
simil genere, onde si è ingannato De Boze nella D
verà adesso la statua dell’Apollo Citaredo. « Nell’insigne simulacro
di
Apollo, che abbiamo descritto (l’Apollo del Belve
el Belvedere), ci ha rappresentato r artefice la possanza e lo sdegno
di
questo nume: in quello che ora spieghiamo, ravvis
altre nove delle Muse, che fan corona al loro corifeo, ci rammentiamo
di
quello scolpito a bassorilievo sull’ arca di Cips
corifeo, ci rammentiamo di quello scolpito a bassorilievo sull’ arca
di
Cipselo unitamente al coro delle nove dee d’Elico
ste son le Muse, Amabil coro che il circonda e segue. « La maraviglia
di
chi considera il movimento e l’espressione di que
segue. « La maraviglia di chi considera il movimento e l’espressione
di
questa bellissima statua è giustificata dal pregi
gono. È noto, per infamia della storia augusta, il fanatico trasporto
di
Nerone pel suono della cetra e pel canto, che lo
canto, che lo fece discendere sino a comparire su i palchi d’Italia e
di
Grecia a contrastare la palma coi professori più
Italia e di Grecia a contrastare la palma coi professori più rinomati
di
queste arti, e a compiacersi di riportarla come d
la palma coi professori più rinomati di queste arti, e a compiacersi
di
riportarla come di uno dei più gloriosi suoi fast
ssori più rinomati di queste arti, e a compiacersi di riportarla come
di
uno dei più gloriosi suoi fasti. Ci narra Svetoni
polline, e come tale nelle statue e nelle monete effigiato. Parecchie
di
queste medaglie greche e latine si conservano tut
. ciò che più singolarmente fa al nostro proposito si è che la figura
di
Nerone Citaredo è tanto simile a questa statua di
si è che la figura di Nerone Citaredo è tanto simile a questa statua
di
Apollo, che ne sembra copiata nel modo e nell’att
chiome. È credibile che l’adulazione, in un secolo specialmente pieno
di
gusto e d’intelligenza nelle belle arti, non abbi
o e d’intelligenza nelle belle arti, non abbia scelto fra i simulacri
di
Febo che il più nobile e il più celebrato, perchè
mulacri di Febo che il più nobile e il più celebrato, perchè servisse
di
emblema del citaredo imperatore. Possiamo dunque
e presso gli antichi la più bella figura che offrisse Apollo in abito
di
Citaredo. E se mi sarà lacito d’inoltrare le conf
una replica, o una copia fatta da mano maestra, dell’Apollo sonatore
di
cetra di Timarchide Ateniese, famosa scultura che
ica, o una copia fatta da mano maestra, dell’Apollo sonatore di cetra
di
Timarchide Ateniese, famosa scultura che accompag
di Timarchide Ateniese, famosa scultura che accompagnava nei portici
di
Ottavia le nove Muse di Filisco. La mae stria del
famosa scultura che accompagnava nei portici di Ottavia le nove Muse
di
Filisco. La mae stria del lavoro, non meno che la
che ci sono rimaste in attitudini simili forse a quelle delle lodate
di
Filisco, come andremo a suo luogo notando. « Racc
ccogliamoci alquanto dallo stupore in cui ci trasporta l’osservazione
di
così bel simulacro per esaminar ciò che d’istrutt
orona tanto propria dei citaredi che nel certame delfico dei sonatori
di
cetra comparivano questi coronati di lauro. Osser
nel certame delfico dei sonatori di cetra comparivano questi coronati
di
lauro. Osserva Luciano a tal proposito che i più
contentavano dell’alloro naturala, mentre i più ricchi si adornavano
di
lauree d’oro, ornate di smeraldi in luogo di bacc
o naturala, mentre i più ricchi si adornavano di lauree d’oro, ornate
di
smeraldi in luogo di bacche. La gemma che disting
più ricchi si adornavano di lauree d’oro, ornate di smeraldi in luogo
di
bacche. La gemma che distingue la corona del nost
eziose, come lo dimostrano molte medaglie, fra le quali un medaglione
di
Commodo del Museo Carpegna ora in Vaticano, un bu
one di Commodo del Museo Carpegna ora in Vaticano, un busto colossale
di
Traiano in Campidoglio, e una singolarissima test
busto colossale di Traiano in Campidoglio, e una singolarissima testa
di
Augusto in età senile in questo nostro Museo. L’a
n tutta la proprietà. (La palla dei Latini era, secondo Tosservazione
di
Servio, la stessa cosa che il peplo dei Greci). Q
la nostra statua, dove l’artefice ha voluto significare la ricchezza
di
questo abito di Apollo colla gemma che lo guarnis
a, dove l’artefice ha voluto significare la ricchezza di questo abito
di
Apollo colla gemma che lo guarnisce sul petto. La
clamide che gli sta sospesa agli omeri con due borchie è anche parte
di
questo abito citaredico, per testimonianza degli
a, come può ancora congetturarsi dalle immagini della Musa tragica, e
di
quella delle tibie, fornite nei monumenti antichi
Musa tragica, e di quella delle tibie, fornite nei monumenti antichi
di
simil fascia. La cetra apta baltheo, secondo la e
ntichi di simil fascia. La cetra apta baltheo, secondo la espressione
di
Apuleio, pende dagli omeri del nume per una speci
la espressione di Apuleio, pende dagli omeri del nume per una specie
di
armacollo. Tali cetre più grandi, che così per co
hio dette φορμιγγες, parola greca con cui talora si denota ogni sorta
di
cetra o lira: nomi dagli antichi stessi usati tal
usati talvolta promiscuamente. La nostra è notabile pel basso rilievo
di
Marsia appeso, che ne adorna uno dei corni, o bra
desso quanto voglia significarsi da Tibullo colle citate parole opera
di
rara arte, e come convenientemente Luciano descri
descriva Orfeo e le Muse affigiate nelle cesellature dell’aurea cetra
di
Evangelo. Intendiamo ancora con quanta ragione fo
are Nerone, che mostrava una somma emulazione coi più famosi sonatori
di
cetra, e nei pubblici certami di Grecia fìngea as
a emulazione coi più famosi sonatori di cetra, e nei pubblici certami
di
Grecia fìngea assoggettarsi al libero giudizio de
ettarsi al libero giudizio de’ Presidenti dei giuochi per aver motivo
di
più compiacersi della vittoria. Quel corpo rettan
degli espositori delle antichità ercolanesi. » Per la vittoria navale
di
Azio Tacete tutti: nuovi versi io canto, Sacerdot
. Innanzi ai lari Cada percossa una giovenca. L’urna Ministri l’acque
di
Cirene: il serto Lazio con l’edra Filitea gareggi
Del tuo favor l’impresa è degna. Augusto Chiede versi; si taccia anco
di
Giove Quando Augusto si canta: a Febo un porto S’
nocchier non detta i voti. Qui del mondo pugnar le mani: ascose Mole
di
pini con diverso fato L’onde soggette. Eran d’Ant
no, e in la feminea destra Avvilita tremò l’asta romana. Dell’augurio
di
Giove avea le vele Piene l’Augusta nave, e l’altr
I legni Vadano ad incontrarsi: io son degli anni Il padre: io guiderò
di
Giulio i rostri Con la man trionfale. — In questi
Per quelle vie che incatenato scorse Giugurta. Avresti, o Febo, onor
di
tempio, Che dieci navi nel Leucadio flutto Uno st
no. Properzio, libro IV, eleg. vi. Lezione vigesima. Dei cognomi
di
Apollo. Questa Lezione, ultima fra quelle che
cognomi di Apollo. Questa Lezione, ultima fra quelle che trattano
di
Apollo, è destinata a tesservi la serie dei nomi
non il più grande dei numi. Pulio fu detto, perchè autore ai mortali
di
salute, e Teseo gli fé’ voti sotto tal cognome, q
cara Atene volle profondere la vita esponendosi al Minotauro infamia
di
Creta. Sopra Pachino, promontorio della Sicilia,
elo cuna del dio, e sola fra tutte le terre pietosa a Latona, gli die
di
Delio la volgare denominazione, ed P^pidelio fu d
di Delio la volgare denominazione, ed P^pidelio fu detto il simulacro
di
lui, il quale, dopo che l’isola predetta fu da un
mulacro di lui, il quale, dopo che l’isola predetta fu da un Prefetto
di
Mitridate saccheggiata, la fortuna dell’onde recò
ortuna dell’onde recò alle spiaggie del Peloponneso per farlo oggetto
di
culto ai Greci presso Malea. Regna discordia sull
vvicina è quella che derivar fa questo nome dalla luce, prima qualità
di
questo dio, che simboleggia il Sole « Il ministr
contradice, perchè nel Viaggio in Attica lo deduce da Lieo figliuolo
di
Pandione, e nel Viaggio a Corinto, dal lupo che s
ignificare. Lucigenete Apollo fu chiamato da Omero, non come generato
di
Licia (poiché questa favola, come osserva Eraclid
enita degli esseri e dell’universo, Latoo lo dissero per Latona madre
di
lui, e frequenti esempi di questo cognome si legg
niverso, Latoo lo dissero per Latona madre di lui, e frequenti esempi
di
questo cognome si leggono in tutti i poeti. Spodi
ollo sorgeva. Stazio volendo esprimere il dolore del dio per la morte
di
Anfìarao, reputò di non poter meglio giungere al
volendo esprimere il dolore del dio per la morte di Anfìarao, reputò
di
non poter meglio giungere al suo scopo che dicend
di non poter meglio giungere al suo scopo che dicendo: « Sarai sempre
di
Febo eterno e nuovo dolore^ e lungamente in Delfo
tori nei giuochi che sacri gli erano ne riportavano in premio tripodi
di
bronzo. Diede al dio il nome d’Ismenio il colle I
dio il nome d’Ismenio il colle Ismene, che sorgeva della destra porta
di
Tebe all’ingresso, celebrato da due statue, una d
della destra porta di Tebe all’ingresso, celebrato da due statue, una
di
Fidia, l’altra di Scopa, rappresentanti Mercurio
di Tebe all’ingresso, celebrato da due statue, una di Fidia, l’altra
di
Scopa, rappresentanti Mercurio e Minerva. Patroo
Mercurio e Minerva. Patroo cognominarono Apollo, non come protettore
di
una città sola, ma quasi padre di tutte. Rendevan
inarono Apollo, non come protettore di una città sola, ma quasi padre
di
tutte. Rendevano famoso il tempio, che sotto ques
no famoso il tempio, che sotto questo titolo aveva in Atene, le opere
di
Eufranore, che primeggia fra gli antichi pittori.
minose spire la terra spaventata. Cintio Apollo fu chiamato dal monte
di
Delo, e divise questo nome colla sorella. Didimeo
dell’Asia, nella quale ebbe oracoli ed altari fondato da Manto figlia
di
Tiresia, che qui fuggiva la vendetta degli Epigon
iglia di Tiresia, che qui fuggiva la vendetta degli Epigoni vincitori
di
Tebe. Come Teossenio, cioè ospitale, fu venerato
econdo Pindaro, una veste, e secondo Pausania, dell’argento. Col nome
di
Parrasio s’onorava Apollo in Arcadia; Agieo fu de
Arcadia; Agieo fu detto dalle vie, e così lo nomina Orazio in un’Ode,
di
cui vi ho letta la traduzione. 14 Patareo da Pat
ava colla pura rugiada Castalia, che tiene i gioghi e la selva nobile
di
Licia. » Amicleo lo nomarono ancora da Amicla, lu
edificato era un tempio insigne per ricchezza e per lavoro. Col nome
di
Carneo si trova frequentemente Apollo mentovato d
i scrittori e specialmente da CaUimaco: alcuni rintracciano il motivo
di
questo nome in Carno figliuolo di Giove e di Euro
maco: alcuni rintracciano il motivo di questo nome in Carno figliuolo
di
Giove e di Europa, che fu educato dal nume, altri
i rintracciano il motivo di questo nome in Carno figliuolo di Giove e
di
Europa, che fu educato dal nume, altri in diversa
e inventata ìa favola che Apollo dirigesse l’arco dell’imbelle figlio
di
Priamo, perchè ivi un tempio gli sorgeva. Apollo
d are. Virgilio disse: « Ci promette l’Italia Apollo Grineo. » L’arco
di
argento gii diede l’epiteto di Argirotosso, e per
mette l’Italia Apollo Grineo. » L’arco di argento gii diede l’epiteto
di
Argirotosso, e per l’arco sua arma fu chiamato Ar
le Muse. Presso gli Eliopolitani effigiato era Apollo nelle sembianze
di
un giovine senza barba, che colla destra teneva i
ovine senza barba, che colla destra teneva inalzata la sferza a guisa
di
auriga, e il fulmine e le spighe confondea colla
riga, e il fulmine e le spighe confondea colla sinistra. Dal catalogo
di
questi cognomi potete ricavare che Apollo presso
nque i Mitologi diano a quest’ultimo origine differente. Prevalendomi
di
questa conseguenza, narrerò l’avventura di Fetont
e differente. Prevalendomi di questa conseguenza, narrerò l’avventura
di
Fetonte; che ho tradotto dalle Metamorfosi di Ovi
za, narrerò l’avventura di Fetonte; che ho tradotto dalle Metamorfosi
di
Ovidio, giacché voi, col vostro compatimento mi a
te incoraggito a tentare simile impresa dopo l’Anguillara. Avventura
di
Fetonte. Per sublimi colonne era del Sole Alta la
ra, ed a sinistra stanno Altrettanti. Calcò le chiare soglie La prole
di
Climene, e vide i tetti Del dubitato padre, e rat
paterno. Il pie ritenne Lungi, perchè non soffre occhio mortale Luce
di
Febo, che sul soglio siede Di smeraldi distinto,
sul soglio siede Di smeraldi distinto, ed ha velate L’eterne mem.bra
di
purpurea veste. Stanno al lato del nume i mesi, i
ii eguali Ore e Stagioni: a Primavera il crine Cingono i fiori: ed ha
di
spighe un serto La nuda Estate: dell’Autunno i pi
i piedi Tingon le uve calcate; al freddo Inverno Le chiome irsute son
di
neve asperse. Stupisce all’alta novità del loco I
: Dell’immenso mondo Pubblica luce, Febo padre, l’uso Se a me concedi
di
cotanto nome, Nè vera colpa sotto iramagin falsa
ra i fulmini suoi, paventa, o figlio, Questo mio carro, e chi maggior
di
Giove? Arduo è il primo cammin: lo vince appena I
i tu gire e trattener dell’asse La fuga? forse col desio figuri Città
di
numi, e selve e ricchi templi. Forme e insidie di
desio figuri Città di numi, e selve e ricchi templi. Forme e insidie
di
belve all’aspra strada Crescon tema, e se ninno e
lusinghieri amplessi? avrai, non temi. Quello che brami: ch’io giurai
di
Stige L’inviolabil acque: ah tu più saggio Sii ne
invan frappose II genitore: alfin conduce il figlio Al cocchio, dono
di
Vulcano: è l’asse D’oro, d’oro il timone e delle
mezzo: il resto, o figlio. Alla fortuna raccomando: io bramo Che sia
di
te più savia: a me si vieta Libertà di dimore, e
a raccomando: io bramo Che sia di te più savia: a me si vieta Libertà
di
dimore, e già la notte Toccò le mete dell’esperio
igro Boote Col tuo plaustro fuggisti. Allor che vide Giù giù la terra
di
Olimene il figlio Impallidì, tremar le guance, e
quando vide colla torta coda Lo scorpione vibrar l’atro veneno, Fuor
di
sé per paura il freno errante Abbandona. Lo sente
i suoi la fuga accresce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua,
di
là, di su, di giù gli mena: Ora toccan le stelle,
la fuga accresce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua, di là,
di
su, di giù gli mena: Ora toccan le stelle, or Cin
accresce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua, di là, di su,
di
giù gli mena: Ora toccan le stelle, or Cintia amm
Fetonte, e larga fiamma Gli depreda le chiome: un lungo tratto Segnò
di
luce nel turbato cielo: Così membra cader stella
torno alla natura degli Dei ha scritto, più furono le Diane. Una nata
di
Giove e di Proserpina e madre dell’Amore; l’altra
natura degli Dei ha scritto, più furono le Diane. Una nata di Giove e
di
Proserpina e madre dell’Amore; l’altra figlia di
Una nata di Giove e di Proserpina e madre dell’Amore; l’altra figlia
di
Giove e di Latona; la terza di Upi e di Glauce, c
i Giove e di Proserpina e madre dell’Amore; l’altra figlia di Giove e
di
Latona; la terza di Upi e di Glauce, che i Greci
ina e madre dell’Amore; l’altra figlia di Giove e di Latona; la terza
di
Upi e di Glauce, che i Greci sovente chiamano col
re dell’Amore; l’altra figlia di Giove e di Latona; la terza di Upi e
di
Glauce, che i Greci sovente chiamano col vocabolo
di Glauce, che i Greci sovente chiamano col vocabolo paterno. I vanti
di
tutte s’arroga la seconda, che è sorella di Apoll
vocabolo paterno. I vanti di tutte s’arroga la seconda, che è sorella
di
Apollo e custode delle selve ed onore degli astri
or Fallante. Fingono i Mitologi che prima del fratello nata, uffìcii
di
levatrice prestasse alla madre, onde differente n
ente n’è la patria, e al dire dell’innografo conosciuto sotto il nome
di
Omero, nacque in Ortigia la prima, in Delo il sec
ad un parto stesso, come da Cornelio Tacito si rileva. Ecco le parole
di
lui. « Primi fra tutti vennero gli Efesii commemo
stesso una selva, ove Apollo dopo l’uccisione dei Ciclopi evitò l’ira
di
Giove. » Nè questa differenza deve farci maravig
trice. Questa opinione fu seguita da Eschilo, che chiamò Diana figlia
di
Cerere, la quale, al dire di Pausania, era lo ste
uita da Eschilo, che chiamò Diana figlia di Cerere, la quale, al dire
di
Pausania, era lo stesso che l’Iside degli Egizian
cida le belve selvagge. Concedimi sessanta ballatrici oceanine, tutte
di
nove anni, non cinte ancora, tutte fanciulle. Yog
disse: - — Ah se le dee mi partorissero tali figli, poco curerei Tire
di
Giunone gelosa. Abbiti, figliuola, quello che dim
ermò colla testa i suoi detti. Andò quindi la fanciulla a Leuce monte
di
Creta, crinito di boschi; poscia all’Oceano, e sc
suoi detti. Andò quindi la fanciulla a Leuce monte di Creta, crinito
di
boschi; poscia all’Oceano, e scelse le ninfe che
. Gioì Cerato, gioì Teti perchè mandarono le loro figlie in compagnia
di
Diana. Circondata da queste andò ai Ciclopi, e gl
n eco spaventoso. Diana solo non mutò faccia, perchè fanciulla ancora
di
tre anni, quando fu posta a sedere dà Latona sui
ra di tre anni, quando fu posta a sedere dà Latona sui forti ginocchi
di
Brente, a lui con la mano pargoletta strappò dal
tto le lane ferruginee. Eccovi esposti i principii della fanciullezza
di
questa diva, i cui attributi unì l’ Ariosto nella
ll’inferno mostri L’alta bellezza tua sotto più forme, E per le selve
di
fere e di mostri Vai cacciatrice seguitando l’orm
mostri L’alta bellezza tua sotto più forme, E per le selve di fere e
di
mostri Vai cacciatrice seguitando l’orme, Mostram
tanti, Che vivendo imitò tuoi studi santi. » Unisco la illustrazione
di
due simulacri di questa divinità, tratta dal Muse
o imitò tuoi studi santi. » Unisco la illustrazione di due simulacri
di
questa divinità, tratta dal Museo Clementino del
vidio, che ho tradotto seguendo il mio costume, vi narrerà il destino
di
Atteone. « Uno de’ più nubili simulacri di Diana
me, vi narrerà il destino di Atteone. « Uno de’ più nubili simulacri
di
Diana questa tavola ci presenta, scultura belliss
tamente la stimò la più bella fra le figure non succinte della figlia
di
Latona. Si vede la dea in atto di estrarre dal tu
le figure non succinte della figlia di Latona. Si vede la dea in atto
di
estrarre dal turcasso, che tiene appeso agii omer
o nudo incominciando dagli omeri e che si vedeva in moltissime statue
di
divinità femminili. Due sole borchie sostengono s
ssime statue di divinità femminili. Due sole borchie sostengono sopra
di
essa una specie di peplo; tutto l’abito insomma è
inità femminili. Due sole borchie sostengono sopra di essa una specie
di
peplo; tutto l’abito insomma è tanto semplice qua
attitudine non è il riposo, col quale ha creduto il senator Bonarroti
di
render ragione dell’abito che giunge fino a’ pied
nator Bonarroti di render ragione dell’abito che giunge fino a’ piedi
di
una sua Diana. La sua azione è quella di saettare
ito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella
di
saettare, nè dee farci maraviglia che tuttavia no
rdi o contro il tentatore Orione, come canta Orazio, o contro i figli
di
Niobe per vendicare la madre. Omero stesso nella
er vendicare la madre. Omero stesso nella sua Necromanzia fa menzione
di
qualche eroina estinta dalle sue freccio, e la pr
amente il credemnum de’ Greci, ed io rifletto che l’etimologia stessa
di
quella voce lo insegna. Credemnum non è altro, an
tribuirsi, perchè Clemente Alessandrino dà il credemno per distintivo
di
Leucotea. Il fondamento di ciò è la favola Omeric
Alessandrino dà il credemno per distintivo di Leucotea. Il fondamento
di
ciò è la favola Omerica, nella quale si narra che
diva del mare die il suo credemno al naufrago Ulisse perchè gii fosse
di
scampo. Deducesi da tutto ciò che Ino o Leucotea
in figure virili, e anche barbate, che sono per altro della compagnia
di
Bacco, per tacere l’immagine di questo nume, che
e, che sono per altro della compagnia di Bacco, per tacere l’immagine
di
questo nume, che ne hanno cinta la fronte. E dunq
to il credemno un ornato bacchico che si dava a Leucotea come nudrice
di
Bacco, non così proprio per altro di questa secon
si dava a Leucotea come nudrice di Bacco, non così proprio per altro
di
questa seconda divinità che non possa attribuirsi
ell’opinione del Winkelmann, dà il credemno ad Andromaca, nuzial dono
di
Venere; lo dà a Penelope, come abbian sopra notat
lla campagna, era ancora una delle deità della caccia. Spesso in atto
di
cacciatori veggonsi i Fauni e anche i Centauri, c
ai cacciatori si attribuisce, non si osserva ora che nelle immao’ini
di
Bacco de’ suoi seguaci. E questo l’ephaptis, che
ndono per lo più una sola mano, si veggono soltanto in qualche figura
di
Bacco, in alcuni busti di Sileno, uno dei quali i
mano, si veggono soltanto in qualche figura di Bacco, in alcuni busti
di
Sileno, uno dei quali in bronzo, è presso di me e
i Bacco, in alcuni busti di Sileno, uno dei quali in bronzo, è presso
di
me e in altre immagini, che pure a simili soggett
donna con corona e abbiggliamento da baccaute. Questo bronzo mi serve
di
lume per riconoscere Ercole in abito femminile ne
spiegato per Clodio da certi antiquarii. E questi un giovine robusto
di
capelli ricci, con un collo erculeo, coperto di v
ti un giovine robusto di capelli ricci, con un collo erculeo, coperto
di
veste muliebre e con una mano nella stessa guisa
tima circostanza indicati nel marmo della Villa Panfili, e nel bronzo
di
Napoli dalla corona di pampani. « Finalmente se t
ti nel marmo della Villa Panfili, e nel bronzo di Napoli dalla corona
di
pampani. « Finalmente se taluno vi fosse che amas
pampani. « Finalmente se taluno vi fosse che amasse tanto l’opinione
di
Winkelmann che volesse assolutamente avere per Le
Agave madre del cacciatore Atteone, e cacciatrice anch’essa e in atto
di
cacciatrice dipinta una volta da Lesche, a cui sa
i sarebbe stato dato il credemno come ad una Cadmeide, e però germana
di
Leucotea. Non voglio tralasciare di rilevar la ma
e ad una Cadmeide, e però germana di Leucotea. Non voglio tralasciare
di
rilevar la materia di questa statua, ch’è un marm
erò germana di Leucotea. Non voglio tralasciare di rilevar la materia
di
questa statua, ch’è un marmo bianco greco, compos
var la materia di questa statua, ch’è un marmo bianco greco, composto
di
vari strati, detto volgarmente Cipolla. In questo
na. Tale appunto la veggiamo in tante greche medaglie particolarmente
di
Mitilene, e tanto simile è quella figura alla pre
da un medesimo originale. Sarà stata questa qualche eccellente opera
di
rinomati artefici, della quale non vi è restata n
è restata negli scrittori memoria. Ha questa bella statua una specie
di
stivaletti, ch’erano i coturni venatorii degli an
ni venatorii degli antichi, de’ quali doveva esser calzata l’immagine
di
Diana che le promette in voto il virgiliano Micen
a che le promette in voto il virgiliano Micene in que’ versi: « Tutta
di
levigato marmo starai con roseo coturno avvinte l
, allorché dice ch’ ella desiderava d’esser ministra della luce, « E
di
portar la tunica succinta Sino al ginocchio, e
diti han creduto che il portar alle spalle il turcasso sìa distintivo
di
questa dea, ma i monumenti li contradicono. Delle
e segnatamente Atalanta nel bel bassorilievo Borghesiano della morte
di
Meleagro. Fu trovata la presente statua negli ort
lle arti favorevole. La nicchia dove era collocata vedevasi rivestita
di
alabastri, e l’abside n’era messo a musaico. »
ar felice; il fato Soceri t’accordò Venere e Marte; La prole aggiungi
di
cotanta moglie, Figli e figlie, nipoti, amabil pe
ir beato Anzi l’ultimo dì si vieta all’uomo. Tu primiera cagion fosti
di
pianto, misero Atteon, mutato in cervo Con non tu
a, e voi, cani feroci. Ch’il sangue saziò del signor vostro. Colpa fu
di
fortuna, e non delitto: Ahi qual può nell’error e
delitto: Ahi qual può nell’error esser delitto: Sorgeva un monte che
di
varie belve Macchiò la strage: il sole in mezzo a
etto i suoi compagni, Che gian pei boschi con error diverso: Compagni
di
fatica, ei dice, assai Reti e ferro macchiò di be
rror diverso: Compagni di fatica, ei dice, assai Reti e ferro macchiò
di
belve il sangue Nel fortunato dì; quando l’aurora
iorno sul rosato carro Ricondurranne, alla proposta caccia Torneremo
di
nuovo. Apre la terra Di Febo il raggio, e lo star
a succinta. Antro selvoso Cupo vaneggia nel recesso estremo: Arte par
di
natura, e qui fìngea L’imitatrice sua col proprio
e con Seca: coU’usato umore Mentre si terge la Titania dea. Il nipote
di
Cadmo al bosco arriva Per ignoto sentier con pass
so Fiammeggia, o come è dell’Aurora il volto Quando le briglie sparse
di
rugiada Le presentano l’Ore, e invan la chiama Il
nza velo Mi vedesti se il puoi: — nè più minaccia. Giunge alla fronte
di
vivace cervo Le corna, il collo gli prolunga, acu
ili gambe Muta i piedi e le braccia, e il bianco corpo Tutto gli vela
di
macchiata pelle, E d’ignoto timor gli colma il pe
più del vento, Ileo feroce, E Lelape, e Teronte, Agre che trova Orme
di
belve con sagaci nari, E mille veltri che è il ri
agaci nari, E mille veltri che è il ridir dimora. La turba, che furor
di
preda infiamma, Fra rupi e tane, fra scoscesi sas
onoscete il vostro Signore: al suo desio manca la voce: L’aer risuona
di
latrati; il tergo Melan chete il primier fere coi
suo pianto il suono Non è, nò meno si conviene a cervo. I noti gioghi
di
querele meste Riempie; a terra le ginocchio inchi
ve atroci Dei feri cani, che immergean la bocca Nel petto, e in forma
di
fallace cervo Sbranano il signor loro; in molte p
, Metamorf., lib. III. Lezione vigesimaseconda. Gesta e simulacri
di
Diana. « L’animosa fanciulla in mezzo al terr
lle compagne, ch’avriano con le mani sopraposte agli occhi desiderato
di
celarsi nel grembo alle loro genitrici, cosi diss
— Su via, fabbricatemi un arco Cidonio (così dicevasi da Cidone città
di
Creta, celebre per questo genere di armi), le fre
io (così dicevasi da Cidone città di Creta, celebre per questo genere
di
armi), le freccie, la faretra: io sono figlia di
re per questo genere di armi), le freccie, la faretra: io sono figlia
di
Latona come Apollo: che s’io prenderò in caccia q
rmi, in men ch’il dico, le compirono i Ciclopi. Vola armata alla casa
di
Pane in Arcadia, e quel nume barbuto le fé’ dono
armata alla casa di Pane in Arcadia, e quel nume barbuto le fé’ dono
di
cinque cani capaci di strascinare per la pelle gl
ane in Arcadia, e quel nume barbuto le fé’ dono di cinque cani capaci
di
strascinare per la pelle gli stessi leoni, e di a
di cinque cani capaci di strascinare per la pelle gli stessi leoni, e
di
altrettante cagnoletto credute prestissime a segu
restissime a seguire i cavrioli, le lepri, ed a guidare sulla traccia
di
qualunque animale. Di qui partita trovò sulla vet
. Stupefatta così disse al suo core: — Questa prima caccia sarà degna
di
me. — Di cinque, quattro ne prese senza il corso
ce. Una fiigoita sul fiume Celadone ricevè il masso Cerineo per voler
di
Giunone, acciocché fosse d’Ercole l’ultima impres
hé fosse d’Ercole l’ultima impresa. « Tu, virginea Diana, ucciditrice
di
Tizio, cui un avoltoio divora il core rinascente,
le cerve. Dove queste ti condussero per la prima volta? Sul monte Emo
di
Tracia, ove il turbine di Borea i mortali con gra
ondussero per la prima volta? Sul monte Emo di Tracia, ove il turbine
di
Borea i mortali con grave gelo flagella. Qui da u
una belva, la quarta scoccasti le infallibili saette sopra una città
di
scelerati, che contro i suoi, contro gli stranier
io sia quegli; abbia sempre a cuore il canto in cui si odano le nozze
di
Latona, e tu molto regni con Apollo, e di tutte l
to in cui si odano le nozze di Latona, e tu molto regni con Apollo, e
di
tutte l’imprese tue si favelli, dei cani, degli a
, dei cocchi, che leggermente ti trasportano quando vai verso la sede
di
Giove. Qui gl’immortali incontro ti si fanno nel
ti gli Dei, e specialmente la stessa suocera Giunone quando ti prende
di
sul cocchio un toro assai grande, o per un pie di
ne quando ti prende di sul cocchio un toro assai grande, o per un pie
di
dietro smisurato palpitante cignale, e quindi con
: lascia pascere sui monti le capre selvaggie e le lepri: e che fanno
di
male? ma i cignali offendono i seminati, e i bovi
o, e recano loro il trifoglio facile a nascere, che mietono dai prati
di
Giunone, e che pascon i destrieri di Giove. Tu va
a nascere, che mietono dai prati di Giunone, e che pascon i destrieri
di
Giove. Tu vai, diva, intanto nella casa paterna,
anti. Dolica, una delle Cicladi, fra l’isole ti fu la più cara; Perga
di
Panfilia tra le città; Taigeto fra le montagne; E
to fra le montagne; Euripo fra i porti. La ninfa Gortinia ucciditrice
di
cervi amasti sopra le altre; Britomarte certa sae
ice di cervi amasti sopra le altre; Britomarte certa saettatrice, del
di
cui amore preso Minosse errò pei monti di Creta.
arte certa saettatrice, del di cui amore preso Minosse errò pei monti
di
Creta. La ninfa or sotto querci irsute si nascond
ssò mai finche avendola quasi afferrata ella si precipitò dalla punta
di
una montagna nel mare, e quivi balzata nelle reti
eressero altari, vi fanno sacrifizii, e in quel giorno la ghirlanda è
di
pino, giunco; ma si vieta il cingersi di mirto, p
n quel giorno la ghirlanda è di pino, giunco; ma si vieta il cingersi
di
mirto, perchè un ramo di quest’albero si attaccò
a è di pino, giunco; ma si vieta il cingersi di mirto, perchè un ramo
di
quest’albero si attaccò al velo della donzella me
ora Cirene, cui desti due cani da caccia, e la bionda Procri consorte
di
Cefalo Peionide amato dall’Aurora. Dicono ancora
cani. La lodano quelli che furono chiamati per la caccia del cignale
di
Calidone: infatti i segni della vittoria vennero
arla nell’inferno: che non mentirebbero le loro viscere, che sparsero
di
sangue la Menalia montagna. « O Diana, tu hai mol
ittà: tu abiti Mileto, che fondò sotto i tuoi auspici Neleo figliuolo
di
Codro, il quale dalla terra di Cecrope sciolse le
ò sotto i tuoi auspici Neleo figliuolo di Codro, il quale dalla terra
di
Cecrope sciolse le navi. Agamennone pose nel tuo
tari, toccarono in sorte pugne infelici: nè vi sia alcuno che ardisca
di
contrastarle l’arte di ferir cervi, che premio do
e pugne infelici: nè vi sia alcuno che ardisca di contrastarle l’arte
di
ferir cervi, che premio doloroso di questo vanto
he ardisca di contrastarle l’arte di ferir cervi, che premio doloroso
di
questo vanto riportò Agamennone sulle rive dell’E
ambirono le tue nozze. Non ricusate la solenne danza annuale in onore
di
lei; che questo rifiuto costò lacrime a Ippona. »
rifiuto costò lacrime a Ippona. » Fin qui Callimaco vi ha raccontate
di
questa di vinità le geste più illustri. Ora convi
stò lacrime a Ippona. » Fin qui Callimaco vi ha raccontate di questa
di
vinità le geste più illustri. Ora conviene parlar
el Museo d’Ercolano, così Winkelmann si esprime, sta in atteggiamento
di
andare come lo sono per lo più le figure di quest
ime, sta in atteggiamento di andare come lo sono per lo più le figure
di
questa divinità. Gli angoli della bocca sono un p
coli ricci, e lateralmente le scendono in lunghe treccie sugli omeri:
di
dietro sono legati a molta distanza dalla testa,
compresse, viene nell’orlo esteriore circondato da una stretta fascia
di
color d’oro, sopra alla quale sta immediatamente
lor d’oro, sopra alla quale sta immediatamente altra fascia più larga
di
color rossigno, sparsa di fiori bianchi per indic
e sta immediatamente altra fascia più larga di color rossigno, sparsa
di
fiori bianchi per indicare il ricamo: nella stess
a, che dalla spalla destra viene a passare sulla mammella sinistra, e
di
tal colore sono pure i lacci dei calzari. Stava q
ono pure i lacci dei calzari. Stava questa statua in un piccol tempio
di
una villa, che apparteneva alla sepolta città di
in un piccol tempio di una villa, che apparteneva alla sepolta città
di
Pompeia. « Generalmente Diana più che ogni altra
aggiori ha la figura e le sembianze d’una vergine, eh’ essendo dotata
di
tutte l’attrattive del suo sesso, sembra ignorarl
appunto si conviene ad una dea, che per lo più rappresentasi in atto
di
correre; cioè diretto orizzontalmente in guisa ch
ti. I suoi capelli sono d’ogni intorno della testa ripiegati in su, e
di
dietro alla maniera delle fanciulle legati sopra
rale, eh’ è nella casa Accoramboni, ove è rappresentato il sacrifizio
di
Oreste e di Pilade, si vede Diana Taurica che tie
nella casa Accoramboni, ove è rappresentato il sacrifizio di Oreste e
di
Pilade, si vede Diana Taurica che tiene un ferro
e un ferro nel fodero per indicare i sacrifizi umani; e il soprannome
di
questa deità vi è indicato per una testa di toro
zi umani; e il soprannome di questa deità vi è indicato per una testa
di
toro scorticato, sospesa ad un albero che ad essa
to, sospesa ad un albero che ad essa è vicino. « La sola antica testa
di
Diana,’sulla quale la mezza luna si sia conservat
,’sulla quale la mezza luna si sia conservata, appartiene alla figura
di
questa dea eh’ è nella Villa Borghese in Roma. Le
uesta dea eh’ è nella Villa Borghese in Roma. Le sue Oreadi, o ninfe,
di
cui Obi è la più conosciuta, hanno delle lunghe a
eadi, o ninfe, di cui Obi è la più conosciuta, hanno delle lunghe ali
di
aquila, come le aveva la dea nella famosa arca di
no delle lunghe ali di aquila, come le aveva la dea nella famosa arca
di
Cipselo. Sopra un’urna eh’ è nel Campidoglio, e s
lla Villa Borghese, queste ninfe tengono i cavalli attaccati al carro
di
Diana, quando discende per dare un bacio a Endimi
si vede in niun luogo le Oreadi col turcasso. Nel numero delle ninfe
di
Diana si trovano ancora le Driadi, vale a dire le
ire le custodi delle foreste, e sopra tutto delle querce. Una pittura
di
Ercolano ci rappresenta una Driade, di cui la par
utto delle querce. Una pittura di Ercolano ci rappresenta una Driade,
di
cui la parte inferiore è formata di foglie, e che
colano ci rappresenta una Driade, di cui la parte inferiore è formata
di
foglie, e che tiene un’ asce nelle sue mani: la p
queste si chiamava Figalia. » Non solamente le donne seguaci furono
di
Diana, ma fra gli uo’mini ancora vi ebbe chi imit
gli studii. Giova rammentare fra molti Ippolito, emulo della castità
di
questa dea, tanto da meritare l’ira di Venere, cu
Ippolito, emulo della castità di questa dea, tanto da meritare l’ira
di
Venere, cui soddisfece l’amore della delusa matri
, cui soddisfece l’amore della delusa matrigna. Diana, nella tragedia
di
Euripide intitolata l’ Ippolito coronato, introdo
creduto potere aggiungere a questa Lezione la descrizione della morte
di
Ippolito, la quale ho tra ciotta da Racine, che n
zze derivate dal nominato tragico greco. Morte d’ Ippolito. Lasciata
di
Trezene avea la porta Ippolito: facea corona al c
: facea corona al cocchio Schiera ch’imita il suo silenzio, e gara Ha
di
mestizia col signor, che segue Pensoso il calle M
spuma è rosso il morso. Fama è che un nume nel tumulto orrendo Pungea
di
sproni il polveroso fianco Ai corridori fra l’acu
a: terror la voce Accresce a loro: una ferita sola Son le sue membra:
di
querele e gridi Risuona il piano. Si rallenta alf
dre. Racine, Fedra, Atto v. Sc. 6. Lezione vigesimaterza. Tempio
di
Diana in Efeso. Quando nelle prime Lezioni, br
ppresso, poiché, secondo Plinio, tutta 1’ Asia concorse per lo spazio
di
dugento ventanni, o come dice altrove, di quattro
Asia concorse per lo spazio di dugento ventanni, o come dice altrove,
di
quattrocento, cfd ornarlo, ad abbellirlo. Asseris
i. Ma Pausania dice che a questo gran poeta non era nota 1’ antichità
di
questo tempio mentre le stesse Amazzoni vennero d
vennero dalle rive del Termodonte per sacrificare a Diana Efesina nel
di
lei tempio, del quale avevano cognizione; e ciò p
alche tempo prima disfatte da Ercole, e precedentemente da Bacco, nel
di
lei tempio si erano rifugiate. Ci vien riferito d
n una nicchia scavata in un olmo, in cui apparentemente era la statua
di
Diana. Quello del quale io parlo era meno antico.
del quale io parlo era meno antico. Ecco la descrizione che fa Plinio
di
questa magnifica mole. « Fu fabbricato questo, t
ure, che alcune volte nella terra si fanno; ed affinchè le fondamenta
di
un sì pesante edifizio avessero della sodezza in
inzuppato d’acqua, vi posero del carbone pestato, e sopra esso pelli
di
montone colla lor lana. Aveva (Questo tempio, con
lor lana. Aveva (Questo tempio, continua lo stesso autore, 425 piedi
di
lunghezza e 200 di larghezza: le 127 colonne che
uesto tempio, continua lo stesso autore, 425 piedi di lunghezza e 200
di
larghezza: le 127 colonne che sostenevano Tedifiz
e sostenevano Tedifizio sono state donate da altrettanti re, ed erano
di
60 piedi alte. Fra queste colonne ve n’eran 36 be
. Fra queste colonne ve n’eran 36 ben lavorate collo scalpello, e una
di
mano del celebre Scopa. L’architetto che condusse
one, ed è cosa mirabile che siansi potuti mettere in opera architravi
di
sì gran peso. L’artificio di cui servissi questo
iansi potuti mettere in opera architravi di sì gran peso. L’artificio
di
cui servissi questo valente artefice per ve nirne
golare. Distese sulla sommità delle colonne certi gran sacchi ripieni
di
rena: poi lasciando scorrere leggermente questa s
loro posto. Chersifrone ebbe maggior difficoltà a collocar una pietra
di
maggior mole sopra la porta del tempio. » Creder
qual maniera era riuscito a situare questa enorme macchina: ma invece
di
questo riferisce freddamente e con serietà una vi
i dovea collocare. Si potrà ben credere che il tetto del tempio fosse
di
tavole di cedro, conforme avverte lo stesso autor
llocare. Si potrà ben credere che il tetto del tempio fosse di tavole
di
cedro, conforme avverte lo stesso autore; ma non
cui salivasi sino alla cima del tetto e ch’era fatta d’un solo tronco
di
vite, quantunque nei terreni dell’Asia ingrossi e
grande e magnifica. Altri architetti vi travagliarono, e ben 220 anni
di
tempo ci vollero prima che fosse interamente comp
ci vollero prima che fosse interamente compita. Dovevano le ricchezze
di
questo tempio essere immense, giacche tanti re co
ti re contribuirono ad abbellirlo: nò in Asia vi era cosa piìi famosa
di
questo edificio, non tanto per la divozione, quan
questo edificio, non tanto per la divozione, quanto pel gran concorso
di
gente che portavasi ad Efeso. Quel che racconta S
so. Quel che racconta San Paolo della sedizione tramata dagli orefici
di
questa città, che tiravano il loro sostentamento
ittà, che tiravano il loro sostentamento nel formar piccole statuette
di
Diana in argento, può ben provare la celebrità de
statuette di Diana in argento, può ben provare la celebrità del culto
di
quella dea. Sembra peraltro che la descrizione fa
Dinocrate, o, secondo Plinio, Dinocare, ristesse che disegnò la città
di
Alessandria, e che del monte Atos voleva fare una
Quest’ultimo, che fu veduto da Strabene, era altrettanto vago e pieno
di
ricchezze quanto era il primo, e vi si vedevano l
si vedevano l’opere dei più famosi scultori. Era quasi tutto l’altare
di
mano di Prassitele. Parla Senofonte di una statua
ano l’opere dei più famosi scultori. Era quasi tutto l’altare di mano
di
Prassitele. Parla Senofonte di una statua d’oro m
tori. Era quasi tutto l’altare di mano di Prassitele. Parla Senofonte
di
una statua d’oro massiccio, della quale Erodoto,
ico era dipterico, vale a dire tutto ai lati circondato da due ordini
di
colonne in forma di un doppio portico, che aveva
ale a dire tutto ai lati circondato da due ordini di colonne in forma
di
un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghe
ordini di colonne in forma di un doppio portico, che aveva 71 pertica
di
lunghezza, più di 36 di larghezza, e che vi si co
in forma di un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghezza, più
di
36 di larghezza, e che vi si contavano 127 colonn
ma di un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghezza, più di 36
di
larghezza, e che vi si contavano 127 colonne tilt
di all’intorno. Mitridate l’aveva limitato per quanto portava un tiro
di
freccia. Marcantonio raddoppiò questo spazio; ma
spazio; ma Tiberio per evitare gli abusi che commettevansi col favore
di
tali privilegi, abolì quest’asilo. Non troviamo i
col favore di tali privilegi, abolì quest’asilo. Non troviamo in oggi
di
un così celebre edifizio che alcune ruine, delle
io che alcune ruine, delle quali può vedersi la relazione nel viaggio
di
Spencer. Le medaglie ci rappresentano spesso ques
Le medaglie ci rappresentano spesso questo questo tempio colla figura
di
Diana: ma il frontespizio, nel breve spazio che h
igura di Diana: ma il frontespizio, nel breve spazio che ha tal sorta
di
monumenti, non è adornato che di sole otto colonn
o, nel breve spazio che ha tal sorta di monumenti, non è adornato che
di
sole otto colonne, qualche volta di sei, di quatt
di monumenti, non è adornato che di sole otto colonne, qualche volta
di
sei, di quattro, o solamente di due. Darò compime
menti, non è adornato che di sole otto colonne, qualche volta di sei,
di
quattro, o solamente di due. Darò compimento alla
e di sole otto colonne, qualche volta di sei, di quattro, o solamente
di
due. Darò compimento alla presente Lezione ricord
te di due. Darò compimento alla presente Lezione ricordando la Caccia
di
Meleagro, e le sventure e i delitti onde venne ac
delitti onde venne accompagnata, e che ho tradotto da Ovidio. Caccia
di
Meleagro. Dedalo stanco nella terra etnea Stava,
oni, vario onor d’incensi. Per l’argive città la fama errante Spargea
di
Teseo il nome, e quei che chiude L’Achea ferace a
rutti, Biade a Cerer libasse, e vino a Bacco, A Pallade l’umor biondo
di
olivo, Onde a tutti gli Dei giunse l’onore Ambizi
ittà sicura appena, Finché desio d’onore arse nel petto A Meleagro, e
di
compagni illustri A schiera eletta. Vi è la doppi
nave primiera; evvi Teseo, Piritoo d’amistade unica fede, I due figli
di
Testi e Linceo, il fero Leucippo, e per saette in
ciulla pueril potresti Dirlo, e virgineo in giovinetto. Appena L’eroe
di
Calidon la vide, ed arse, E felice, esclamò, colu
glie i cani, e segue L’orme dei piedi nell’arena impresse, E ha desio
di
trovare il suo periglio. Vi era concava valle, ov
e piogge unisce. Qui violento i suoi nemici incontra Il cinghial, più
di
folgore veloce, Che vien da nube che squarciata t
consiglier canuto Se, sull’afRssa asta librato, i rami Non afferrava
di
vicina querce Ove mirò sicuro il suo nemico, Che
unco rostro D’Otriade, ch’ai recenti anni si fida, L’anche divora. Ma
di
Leda i figli, Non stelle ancora eh’ il nocchiero
iò l’orecchia: il sangue Sul nero vello rosseggiò: più lieto Meleagro
di
lei fu certo: il primo Il sangue vide, e l’addita
or temerario. — Ai detti aggiunse Strale potente del seguace voto, Ma
di
pioppo s’oppon frondoso ramo. Yibra un dardo Gias
ergo del fidato cane. Che si volge al signore e muor latrando. La man
di
Meleagro ebbe diverso Fato: in terra la prima ast
o irrita Il suo nemico, e nell’avverso fianco Nasconde il dardo. Ecco
di
plauso un grido Le gioie attesta dei compagni: e
imposto piede Schiaccia il capo fatale e dice: A parte Vieni Atalanta
di
mia gloria, e prendi Questa spoglia mio dritto: e
nefando colpo Il sicuro Plexippe uccide. Incerto Fra vendetta e timor
di
fato eguale Stava il fratello: i suoi dubbi inter
utor della recente morte Noto le fu, lascia il dolore, e muta In amor
di
vendetta il vano pianto. Eravi un ramo, che le tr
uno all’altra Dubbia ubbidisce: così Testia ondeggia In gran tempesta
di
contrarli affetti. Or depon l’ira, or la nutrisce
Sentite: abbiate per le tombe un dono, Un dono grande, il figlio mio,
di
questo Percosso petto scelerato pegno. Ahimè, dov
deggio? Dei fratelli mi stanno innanzi agli occhi Ancor le piaghe, e
di
cotanta strage Immagine maggiore: or mi percote,
di cotanta strage Immagine maggiore: or mi percote, O figlio, il core
di
pietà materna. Lassa! vincete, e mal vincete, o m
Lassa! vincete, e mal vincete, o miei Fratelli: ecco vendetta, ombre
di
sangue, E poi vi seguirò. — Disse; e col volto Ri
tode della muta polve Si stringe, il nome sulla tomba impresso Bagnan
di
nuovo pianto. Alfìn Diana Per tanto lutto impieto
Metamorf., lib. viii. Lezione vigesimaquarta. Dei nomi più famosi
di
Diana. Diana, onde non esser minore del fratel
rchè non altro che questo astro reputavasi, come dal consenso risulta
di
tutti i poeti. E favoleggiano che per Endimione p
lla finzione diede forse Endimione perchè primo ad osservare il corso
di
questo pianeta, norma alle pastorali fatiche. Dav
da un cavallo bianco e da un nero, ovvero da bovi. Per testimonianza
di
Festo, anche il mulo univasi al carro della diva.
e fu da molti reputata lo stesso che Diana e la Luna. Non è qui luogo
di
discutere 1’ origine di questa opinione. Osserver
o stesso che Diana e la Luna. Non è qui luogo di discutere 1’ origine
di
questa opinione. Osserverò solamente che secondo
conservata l’antica semplicità delle favole, questa prima era figlia
di
Asteria, sorella di Latona e moglie di Perseo. Ti
semplicità delle favole, questa prima era figlia di Asteria, sorella
di
Latona e moglie di Perseo. Titania fu cognominata
avole, questa prima era figlia di Asteria, sorella di Latona e moglie
di
Perseo. Titania fu cognominata Diana, perchè da u
disse dall’ amor della castità, o più propabilmente da Partenio monte
di
Arcadia, atto alla caccia, occupazione favorita d
da Partenio monte di Arcadia, atto alla caccia, occupazione favorita
di
questa dea. Lucifera, o Portaluce cognominavasi,
sta dea. Lucifera, o Portaluce cognominavasi, e nei Monumenti Inediti
di
Winkelmann per ciò espressa si vede colla face e
azione dei fanciulli fino all’effusione del sangue. Gli altri cognomi
di
questa divinità hanno relazione ai luoghi, ove le
si attributi che stimavano spettarle. Quanto al simulacro ed al culto
di
Diana Efesina v’ instruirà Visconti nella seguent
ce ne giunge nuova la rappresentanza, altro non faremo che considerar
di
passaggio il rapporto de’ moltiplici attributi de
^etto. A ragione si è lamentato Gronovio degli antiquarii, che invece
di
spiegare tutti que’ simboli coll’arcana teologia
a la dea degli Efesii. Quantunque non siamo stati iniziati ai misteri
di
questo nume, possiamo pure da un solo passo di Sa
ti iniziati ai misteri di questo nume, possiamo pure da un solo passo
di
San Girolamo indovinare il sistema dei Gentili ri
Così si esprime quel dottissimo Padre ne’ suoi commenti all’Epistola
di
San Paolo agli Efesini: — Diana con molte mammell
c) affinchè con quella effìgie ancora mentissero esser lei la nutrice
di
tutte le bestie e di tutti i viventi. — Tanto bas
a effìgie ancora mentissero esser lei la nutrice di tutte le bestie e
di
tutti i viventi. — Tanto basta per poter riguarda
ella terra medesima confusa colla natura stessa per essere la nudrice
di
quanto quaggiù vediamo. « Su questo principio and
iamo. « Su questo principio andremo spiegando tutto quel che ci offre
di
misterioso questa bizzarra figura. Incominciando
l’antichità del simulacro. Siccome ne’ vetusti tempi i sassi in forma
di
mete, di piramidi, di colonne furono per divinità
tà del simulacro. Siccome ne’ vetusti tempi i sassi in forma di mete,
di
piramidi, di colonne furono per divinità venerati
cro. Siccome ne’ vetusti tempi i sassi in forma di mete, di piramidi,
di
colonne furono per divinità venerati, così nella
venerati, così nella forma della nostra figura ravvisiamo le traccie
di
simili rozzi idoli, a’ quali si andò a poco a poc
e sulle arti della Grecia e dell’Asia qualche influenza, non dubiterò
di
ravvisarvi lo stile egiziano di rappresentare com
’Asia qualche influenza, non dubiterò di ravvisarvi lo stile egiziano
di
rappresentare come fasciate le loro immagini, che
ummie trarre 1’ origine. Questo rozzo corpo del simulacro è stato poi
di
varii emblemi arricchito, che tutti han relazione
arie fasce che la circondano, dove hanno alcuni travedute, o le vitte
di
Cerere, o i circoli, e fin le stesse fasi lunari.
vitte di Cerere, o i circoli, e fin le stesse fasi lunari. « Siccome
di
legno era quest’idolo vetustissimo, il rozzo arte
mili agli spiedi, armi da caccia, e così confacenti a Diana. Un luogo
di
Minucio Felice l’attesta, che, guasto da’ critici
Questa descrizione vien confermata da tutte le antiche medaglie, che
di
simili sostegni fornita ce la presentano. Siccome
onservarci simile particolarità. La testa della nostra Diana coronata
di
torri si assomiglia in ciò a quella della Cibele
sco lunare, come lo è sovente nelle antichità dell’ Egitto, e il nome
di
(grec), o lunette, che avevano presso i Greci sim
ità per tal congettura. « Essendo tutto il simulacro della dea ornato
di
figure di animali, tutti prodotti da lei e nutric
l congettura. « Essendo tutto il simulacro della dea ornato di figure
di
animali, tutti prodotti da lei e nutricati, non è
guarnire sino il suo nimbo: quelli però su d’esso effigiati, forniti
di
ali, e perciò collocati nella parte più sublime,
si veggono sulle spalle e sulle braccia della dea: ma quello che v’è
di
più osservabile è il suo petto e la sua collana.
boli della propas^azione e della fecondità. La seconda scende a guisa
di
luna crescente, ed è tutta tramezzata da ghiande,
di luna crescente, ed è tutta tramezzata da ghiande, sotto un festone
di
varie frutta, denotanti il più antico cibo degli
ivamente sullo Zodiaco, e così alate appunto, e come ninfe, o seguaci
di
Diana, o della Luna, rappresentate ne’ bassi rili
Endimione. Ne’ vani delle fasce è tutta coperta la statua al dinanzi
di
mezze figure d’ animali, capri, tori, grifi e sim
di mezze figure d’ animali, capri, tori, grifi e simili; dai fianchi,
di
fiori e d’api; e sulla sommità, di due mezze figu
tori, grifi e simili; dai fianchi, di fiori e d’api; e sulla sommità,
di
due mezze figure femminili nude ed alate. Si scor
lla immaginazione. Io per me credo che le lor gambe dovrebbero essere
di
volatile in corrispondenza delle ali, e che quest
n alcuni rami che sono nel Tesoro Gronoviano uniti alla dissertazione
di
Menestrier rappresentanti questa Diana medesima.
alcuni scrittori, che iianno rappresentato questi uccelli come mostri
di
sembianze feminee: ma siccome nella maggior parte
empre più credibile che sien sirene. « Enumerati così i varii simboli
di
questa immagine misteriosa, e conosciuto che abbi
emblemi della natura, altro non ci resta a notare, senonchè le statue
di
Diana in tal guisa espresse, sono una prova di qu
re, senonchè le statue di Diana in tal guisa espresse, sono una prova
di
quanto fosse divulgata ancora per l’Italia e per
a e per Roma questa asiatica religione, conformemente a quelle parole
di
un certo Demetrio, che leggiamo negli Atti degli
ento dei tempietti della dea con una certa somiglianza al gran tempio
di
Efeso, una delle maraviglie del mondo, anzi la pi
Efeso, una delle maraviglie del mondo, anzi la più stupenda, al dire
di
parecchi autori; costui mosse a tumulto la moltit
e, perchè le dottrine evangeliche predicate da San Paolo aveano fatto
di
molto decrescere lo spaccio di queste sue opere.
he predicate da San Paolo aveano fatto di molto decrescere lo spaccio
di
queste sue opere. Una somiglianza di quel gran te
o di molto decrescere lo spaccio di queste sue opere. Una somiglianza
di
quel gran tempio, o piuttosto del sacello della d
n piccolo, lavorata in oro dagli antichi, e sta rinchiusa nel castone
di
un anello, la cui gemma trasparente, eh’ era una
endeva. Si vedono in questo lavoro come tre porte, delle quali quella
di
mezzo è la maggiore. Si erge sopra di questa la m
e tre porte, delle quali quella di mezzo è la maggiore. Si erge sopra
di
questa la mezza luna, simbolo di Diana, e il suo
i mezzo è la maggiore. Si erge sopra di questa la mezza luna, simbolo
di
Diana, e il suo simulacro, che dovea esservi in a
gli corrispondeva. Nelle porte laterali si vedono due candelabri: al
di
sopra sembrano collocati due vasi, e al di sotto
vedono due candelabri: al di sopra sembrano collocati due vasi, e al
di
sotto due volatili con alcune piccole perle. Una
i con alcune piccole perle. Una sì rara antichità mi è sembrata degna
di
una sì minuta descrizione, e perchè illustra il c
oni, che ora si è smarrita, e che certameute alludeva alla fondazione
di
quel gran tempio, alle Amazoni attribuita da pare
Amazoni attribuita da parecchi scrittori. » Illustre fra le compagne
di
Diana fu Calisto, ed è prezzo dell’opera riportar
gne di Diana fu Calisto, ed è prezzo dell’opera riportar le avventure
di
questa infelice, che Giove sedusse, mentre s’aggi
rava sulla terra bisognosa de’ suoi uffìcii pei danni dall’ ardimento
di
Fetonte prodotti. Uditene il racconto da Ovidio c
Or nelle mani ha l’arco, Or le saette: e può vera chiamarsi Guerriera
di
Diana: a lei più cara Non fu veruna fra l’eletta
se noto ancora Le fosse, vale, sì, vale una lite Quel volto: e ratto
di
Diana il manto E le sembianze veste, e dice: ninf
nco Dal riposo dell’erba alza la ninfa Dicendo: Salve, o dea, maggior
di
Giove, Giudice me. L’ascolta il nume, e ride, E c
on dà fanciulla, Sopra la bocca alla risposta pronta Stampa. La ninfa
di
un color di rosa Tinge la faccia, ed i mutati amp
lla, Sopra la bocca alla risposta pronta Stampa. La ninfa di un color
di
rosa Tinge la faccia, ed i mutati amplessi, E sen
a, Va lungi, e non macchiar 1’ onde scerete. — Sapea la maritai colpa
di
Giove L’alta matrona, e differia la pena, Qual uo
o aspetta. Or d’indugio ragion non v’è; fanciullo Arcade è già (dolor
di
Giuno): è nato Dalla rivale sua: biechi rivolse G
a Che tu feconda colla prole al mondo La nostra ingiuria e il disonor
di
Giove Attestassi: ma pena avrai. Le forme, Tuo va
or di Giove Attestassi: ma pena avrai. Le forme, Tuo vanto, e a Giove
di
peccar cagione, Io ti torrò. - — Disse, e pel cri
ei pie gli uffici adempie. Per vasta bocca ecco deforme il volto Lode
di
Giove: il favellar l’è tolto. Onde pietà col suo
azioni, alla mala fede degli scrittori, e più ancora a quella mistura
di
diverse opinioni or popolari or filosolìche, che
odoto, citato da Pausania, lasciò scritto che Minerva dicevasi figlia
di
Nettuno e della palude Tritonide, e questo favolo
ita della dea. Inventore dell’opinione che vuol Pallade nata dal capo
di
Giove fu Stesicoro, che volle forse con questo ra
i mortali che la sapienza in Pallade figurata era interamente fisrlia
di
dio. Luciano, che burlando or insegnò, or perver
è tutta sua, Giove afflitto dai dolori del parto, che non il soccorso
di
Lucina implora, ma quello di Vulcano, che con acu
ai dolori del parto, che non il soccorso di Lucina implora, ma quello
di
Vulcano, che con acutissima scure fa gli uffizii
mplora, ma quello di Vulcano, che con acutissima scure fa gli uffizii
di
levatrice, onde sonora nell’armi balzò dal capo d
dell’ Iliade, non dalla palude Tritonide, ma da Alalcomenio castello
di
Beozia, Alalcomenia disse Minerva; e questo luogo
ta quindi ne formò l’effìgie, e le pose sul petto quell’arme, cagione
di
terrore e di morte. Questo simulacro è fama che f
formò l’effìgie, e le pose sul petto quell’arme, cagione di terrore e
di
morte. Questo simulacro è fama che fosse il celeb
ama che fosse il celebre Palladio che Troia difendeva. Tale discordia
di
natali e di genitori derivò, secondo Cicerone, da
e il celebre Palladio che Troia difendeva. Tale discordia di natali e
di
genitori derivò, secondo Cicerone, dalTesserci st
, secondo Cicerone, dalTesserci state cinque Minerve. La prima, madre
di
Apollo; la seconda nata dal Nilo, e dagli Egizii
a dagli Arcadi Coria, ed inventrice delle quadrighe; la quinta figlia
di
Pallante ed ucciditrice di lui, perchè tentava di
ventrice delle quadrighe; la quinta figlia di Pallante ed ucciditrice
di
lui, perchè tentava di violarla. A Pallade genera
e; la quinta figlia di Pallante ed ucciditrice di lui, perchè tentava
di
violarla. A Pallade generata dal capo di Giove si
trice di lui, perchè tentava di violarla. A Pallade generata dal capo
di
Giove si attribuiscono tutte le glorie dell’altre
si attribuiscono tutte le glorie dell’altre, e dicono che Teducazione
di
lei fu subito confidata a Dedale ingegnosissima d
stette per Giove: le armi terribili, il cocchio e le cavalle macchiò
di
molto sangue, e vogliono alcuni che in tal circos
lle macchiò di molto sangue, e vogliono alcuni che in tal circostanza
di
Pallade sortisse il cognome, perchè alle fraterne
, e l’asta Avean dall’altra parte incominciati De l’armigera Palla, e
di
commesso Lo fregiavano a gara. Erano i fregi Nel
mmesso Lo fregiavano a gara. Erano i fregi Nel petto della dea groppi
di
serpi. Che d’oro avean le scaglie, e cento intric
serpi. Che d’oro avean le scaglie, e cento intrichi Facean guizzando
di
Medusa intorno Al fiero teschio, che così com’era
» Una deità così terribile dovea dividere con Marte la gloria feroce
di
presiedere alla guerra; ed infatti Omero, o chi s
a; ed infatti Omero, o chi sia l’autore delllnno a Venere, così parla
di
Minerva, dicendo che ignote le erano le dolcezze
va, dicendo che ignote le erano le dolcezze dell’amore: « Alla figlia
di
Giove dagli occhi glauchi piacquero i doni di Mar
ll’amore: « Alla figlia di Giove dagli occhi glauchi piacquero i doni
di
Marte, le stragi, le guerre, le tenzoni, le pugne
le pugne: insegnò la prima ai mortali fare i cocchi e le rote armate
di
bronzo. » Gli stessi versi detti Ortrii le si tri
ti animavano nella zuffa. Il celebre Monti cantò le qualità guerriere
di
Minerva in questi versi: « Alma figlia di Giove
cantò le qualità guerriere di Minerva in questi versi: « Alma figlia
di
Giove Che alla destra t’assidi Del tuo gran padre
udi, Delle rote il fragor; che la grand’asta Sull’egida battendo empi
di
lampi Di Maratona i campi E le rupi Erettee: tu c
ro, ovvero al fremente cavallo nato dal tridente del nume, la maniera
di
edificare una casa. A lei, per testimonianza di T
del nume, la maniera di edificare una casa. A lei, per testimonianza
di
Teocrito, di Virgilio, di Ovidio, si devono le tr
maniera di edificare una casa. A lei, per testimonianza di Teocrito,
di
Virgilio, di Ovidio, si devono le trombe, le tibi
dificare una casa. A lei, per testimonianza di Teocrito, di Virgilio,
di
Ovidio, si devono le trombe, le tibie, i fusi, il
, di Ovidio, si devono le trombe, le tibie, i fusi, il ricamo, l’arte
di
tessere ogni genere di lanificio, e fino le leggi
le trombe, le tibie, i fusi, il ricamo, l’arte di tessere ogni genere
di
lanificio, e fino le leggi. Ma per ninno ritrovat
ò maggior fama e riconoscenza dai mortali che pel dono dell’oliva, il
di
cui albero, al dire di Erodoto, non trovavasi ant
scenza dai mortali che pel dono dell’oliva, il di cui albero, al dire
di
Erodoto, non trovavasi anticamente che presso gli
rodoto, non trovavasi anticamente che presso gli Ateniesi. La castità
di
Minerva è posta in dubbio. Senza parlare di Vulca
gli Ateniesi. La castità di Minerva è posta in dubbio. Senza parlare
di
Vulcano e di Erictoneo, il quale nacque in modo c
. La castità di Minerva è posta in dubbio. Senza parlare di Vulcano e
di
Erictoneo, il quale nacque in modo ch’è bello il
. Assai delle azioni e degli attributi della dea. Passiamo a trattare
di
più interessante soggetto, cioè delle maniere nel
i era dagli antichi sentata. Dopo, Visconti v’illustrerà un simulacro
di
lei nel Museo Capitolino. Pallade è stata rappres
pitolino. Pallade è stata rappresentata con Giunone, allato del trono
di
Giove, in piedi. La sua figura, vale a dire il Pa
a la civetta, il suo attributo era la cornacchia. Una statua in marmo
di
grandezza naturale lavorata nel più antico stile
esenta Pallade con la sua egida attaccata al collo con delle strisele
di
pelle, e gettata sopra il braccio sinistro per se
le strisele di pelle, e gettata sopra il braccio sinistro per servire
di
difesa, nella stessa maniera che i Greci portavan
, nella stessa maniera che i Greci portavano i loro scudi all’assedio
di
Troia, perchè a quest’epoca non si era ancora sco
perchè a quest’epoca non si era ancora scoperta la maniera più comoda
di
porre delle strisce nella parte interiore dello s
o: circostanza che si avrebbe potuto riportare per schiarire un passo
di
Snida. Nel combattimento si voltava lo scudo in m
dica la sua vittoria sopra Nettuno cagionata dal nome che si trattava
di
dare ad Atene. Quando ella è col serpente, ella s
o che Gronovio abbia potuto prendere simil figura per Circe. La testa
di
toro ornata di bende, che si vede da un lato nell
abbia potuto prendere simil figura per Circe. La testa di toro ornata
di
bende, che si vede da un lato nelle medaglie aten
allade Mecanica, che sopra un basso rilievo presiede alla costruzione
di
Capua, è egualmente rara. Si è portati a prender
rtati a prender per una trombetta il carcasse che una figura mutilata
di
una pittura di Ercolano armata di arco e di frecc
per una trombetta il carcasse che una figura mutilata di una pittura
di
Ercolano armata di arco e di freccia portata sull
il carcasse che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata
di
arco e di freccia portata sulla spalla, per farne
e che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata di arco e
di
freccia portata sulla spalla, per farne una Palla
ia portata sulla spalla, per farne una Pallade che avea il soprannome
di
trombetta. La veste di questa dea è rossa, ed il
, per farne una Pallade che avea il soprannome di trombetta. La veste
di
questa dea è rossa, ed il manto, o la drapperia c
ente gialla nelle antiche pitture, come le copie dei quadri dai bagni
di
Tito conservati alla biblioteca del Vaticano lo p
ade è stata riguardata come l’immagine del fuoco etereo. Nel rovescio
di
una medaglia di Marc’Aurelio si vede Pallade mont
ardata come l’immagine del fuoco etereo. Nel rovescio di una medaglia
di
Marc’Aurelio si vede Pallade montata sopra una sf
una sfinge, la quale ha, come vi è noto, l’ali d’uccello, gli artigli
di
leone, il viso e il busto di fanciulla: e Pausani
vi è noto, l’ali d’uccello, gli artigli di leone, il viso e il busto
di
fanciulla: e Pausania c’insegna che gli Ateniesi
forte e sagace. Gli Etruschi attaccarono ali alle spalle ed ai piedi
di
Minerva, forse perchè figlia di Pallante, « Pall
taccarono ali alle spalle ed ai piedi di Minerva, forse perchè figlia
di
Pallante, « Pallade, come Diana (al dire di Wink
rva, forse perchè figlia di Pallante, « Pallade, come Diana (al dire
di
Winkelmann) ha sempre l’aspetto serio, e par l’im
a sempre l’aspetto serio, e par l’immagine del pudor verginale scevra
di
ogni debolezza di sesso, in guisa che sembra aver
serio, e par l’immagine del pudor verginale scevra di ogni debolezza
di
sesso, in guisa che sembra aver domato lo stesso
, in guisa che sembra aver domato lo stesso amoreIndi è che gli occhi
di
Pallade servono ad ispiegare quel nome che aveano
, che suona lo stesso. Ha gli occhi meglio tondeggianti e meno aperti
di
Giunone; non solleva la testa orgogliosa, ed ha m
lo sguardo, come chi tranquillamente medita. Tale però non è la testa
di
Pallade posta per simbolo di Roma, ove qual domin
lamente medita. Tale però non è la testa di Pallade posta per simbolo
di
Roma, ove qual dominatrice dei regni mostra nell’
gni mostra nell’atteggiamento una franchezza e superiorità da sovrana
di
quasi tutto il mondo allora conosciuto, ed ha, si
rò osservare che questa dea sulle greche monete d’argento della città
di
Veha in Lucania, ove ha un elmo alato, tiene bene
ei crini a lei propria ha preso Pallade il soprannome poco conosciuto
di
(grec); Polluce spiegando questa voce con quest’
a idea: ma probabilmente quest’epiteto indica una maniera particolare
di
legare le chiome: maniera che ha pur voluto spieg
to, per cui sulla sua chioma biònda giurar si solea. Si trova, sebben
di
rado, qualche volta Pallade tenente la destra sul
, qual vedesi presso il Giove seduto in cima alla facciata del tempio
di
questo dio sul basso rilievo del sacrifìcio di Ma
la facciata del tempio di questo dio sul basso rilievo del sacrifìcio
di
Marc’ Aurelio, e su una medaglia di Adriano nella
sul basso rilievo del sacrifìcio di Marc’ Aurelio, e su una medaglia
di
Adriano nella biblioteca Vaticana. » Udite adess
isconti nota sopra una statua della dea. « Questo elegante simulacro
di
Minerva Armata ha segni troppo distinti per ricon
lmo in capo, suo ornamento insieme e sua difesa, onde trasse i titoli
di
(grec), e (grec), cìoò che ha bella ed aurea cela
ta non respirava che battaglie e stragi. Ha F egida al petto, corazza
di
Giove, fatta dal cuoio della capra Amaltea, ove è
onfa nel mezzo. Ecco come ce la descrive Omero: « E la tunica messasi
di
Giove Ammassatore delle nubi, armossi Di forti ar
gonia testa D’un crudel mostro, cruda testa orrenda, Di Giove allievo
di
capra portento. » « Questo capo fatale ai riguard
a colla lingua fuor della labbra; e così esistono in Roma varie teste
di
Medusa, e si trova anche nel basso rilievo nell’u
Medusa, e si trova anche nel basso rilievo nell’urna sincrolarissima
di
porfido nero, ch’è sotto l’aitar maggiore di San
ell’urna sincrolarissima di porfido nero, ch’è sotto l’aitar maggiore
di
San Nicola in Carcere. Ciò non ostante alcuni ant
in Carcere. Ciò non ostante alcuni antiquari: tanto si son dilettati
di
misteriose interpretazioni, che in una simile tes
a spoglia istessa del mostro piuttosto che la sua immagine sull’egida
di
Minerva, lo ricavo da ciò che narra Pausania, che
egida di Minerva, lo ricavo da ciò che narra Pausania, che nel tempio
di
Minerva Itonia essendo apparsa la dea alla sua sa
gnia più propria che quella delle Belle Arti, e il parto del cervello
di
Giove che colle figlie di lui e della Memoria. Si
a delle Belle Arti, e il parto del cervello di Giove che colle figlie
di
lui e della Memoria. Si vedevano perciò queste di
di lui e della Memoria. Si vedevano perciò queste divinità nel tempio
di
Minerva Alea in Tegea, e molti antichi sarcofagi
hi sarcofagi ce le mostrano a Pallade unite. » Descrizione delle armi
di
Pallade. « Ma l’altra dea ch’è del gran padre imm
to fiocchi sanguinoso lume: L’Egida cui d’intorno erano accolti Tutti
di
guerra gli abborriti mostri , Spaventevol corona:
la Rabbia Schiumosa i labbri, ivi la Zuffa e l’Ira Lacere i volti, e
di
flagello armata La Caccia inseguitrice, e la stri
bil asta Di mura atterratrice, a folgor pari. Domatrice d’eserciti, e
di
troni Disperditrice, ove di Giove al fianco Lasci
e, a folgor pari. Domatrice d’eserciti, e di troni Disperditrice, ove
di
Giove al fianco Lascia la Diva, e a noi scende mi
Iliade, Canto V, v. 875 e segg. Lezione vigesimasesta. Dei cognomi
di
Minerva. Gli attributi delle divinità antiche,
vano sono consegnate ai diversi cognomi, il numero dei quali indicava
di
un nume la gloria e la possanza. Minerva, dea del
continuamente chiama Minerva dagli occhi glauchi, e per testimonianza
di
Pausania così ancora effigiavasi, poiché in Atene
l Ceramico vi era un tempio, ove il simulacro della dea era con occhi
di
questo colore figurato. Pensano alcuni che di ciò
della dea era con occhi di questo colore figurato. Pensano alcuni che
di
ciò fosse cagione la libica credenza che ascrive
ni che di ciò fosse cagione la libica credenza che ascrive la nascita
di
Minerva alla palude Tritonide ed a Nettuno, cui p
ognome, e Gellio crede con probabilità maggiore che glauchi gli occhi
di
Pallade si dicessero perchè tremendi di aspetto,
aggiore che glauchi gli occhi di Pallade si dicessero perchè tremendi
di
aspetto, e simili a quelli del biondo imperator d
tto, e simili a quelli del biondo imperator delle foreste. Col titolo
di
Marziale, o Guerriera, fu adorata dagli antichi,
hi, ed ebbe un’ara nell’Areopago che le consacrò Oreste, assoluto pel
di
lei voto della pena decretata al matricidio, onde
ole, guidato dalle furie paterne, divenne. Gli Ateniesi colle spoglie
di
Maratona le costrussero un tempio. Ippia, od Eque
più felice della tibia, giacché favoleggiarono che dopo l’invenzione
di
questa, avendone tentato il suono, si vide nell’a
direte chiamata Minerva da Callimaco nella celebre Elegia sui lavacri
di
lei, la quale per vostro vantaggio ho tradotta. D
demoni fu cognominata Calcieca, perchè aveva presso loro un simulacro
di
bronzo, che Gitiade, pure spartano, aveva compost
nzo, che Gitiade, pure spartano, aveva composto. E nella nona regione
di
Roma antica afferma P. Vittore che fu col titolo
ella nona regione di Roma antica afferma P. Vittore che fu col titolo
di
Calcidica venerata: anzi è parere di alcuni che c
rma P. Vittore che fu col titolo di Calcidica venerata: anzi è parere
di
alcuni che consecrato le fosse il tempio ove si a
onsecrato le fosse il tempio ove si adora adesso, vero nume, la Madre
di
Cristo, e che conserva nonostante coli’ unito ‘co
re di Cristo, e che conserva nonostante coli’ unito ‘convento il nome
di
Minerva. Minerva fu Ellolide appellata, perchè ne
nome di Minerva. Minerva fu Ellolide appellata, perchè nell’incendio
di
Corinto presa dai Doriesi, due sorelle, Euritio e
mico nel reo. I Telchini, per origine Cretesi, ma abitanti nell’isola
di
Cipro, essendo celebri per l’artificio d’imitare
o. Rinomato presso i Danni, antichi popoli della Puglia, fu il tempio
di
Pallade Achea, dove fama era che si conservassero
pio di Pallade Achea, dove fama era che si conservassero tutte l’armi
di
Diomede, che dall’opportunità del luogo invitato,
nvitato, scese coi suoi compagni in questo loco, ove, ardendo le navi
di
lui, le Troiane donne fuggire poterono la servitù
erva col titolo d’ Igiea, o dea della Salute, ebbe statua nella rocca
di
Atene, che Pericle le pose facendo credere al vol
esta divinità gli si era in sogno manifestata per insegnargli il modo
di
guarire un artefice insigne, caro alla plebe, che
che era caduto nell’assistere alla costruzione delle porte. Col nome
di
Vittoria era pure dagli Ateniesi adorata, e il si
Col nome di Vittoria era pure dagli Ateniesi adorata, e il simulacro
di
lei senza ali teneva un melagrano nella destra, u
. Po liade, Civile, la istessa nazione la disse, onde nelle ‘medaglie
di
Atene si vede da una parte il tridente, dall’ alt
aglie di Atene si vede da una parte il tridente, dall’ altra la testa
di
Pallade, perchè col dio del mare divideva di ques
te, dall’ altra la testa di Pallade, perchè col dio del mare divideva
di
questa città l’impero e la tutela. Nella cittadel
mare divideva di questa città l’impero e la tutela. Nella cittadella
di
Elide vi era un tem.pio di Minerva col titolo di
ttà l’impero e la tutela. Nella cittadella di Elide vi era un tem.pio
di
Minerva col titolo di Ergane, così detta perchè p
la. Nella cittadella di Elide vi era un tem.pio di Minerva col titolo
di
Ergane, così detta perchè presiedeva all’arte del
a lana, della gloria della quale era gelosa, come lo indica la favola
di
Aracne mutata in ragno per aver voluto contrastar
ta in ragno per aver voluto contrastare alla dea il primato nell’arte
di
tessere le tele. Il simulacro di lei era d’avorio
astare alla dea il primato nell’arte di tessere le tele. Il simulacro
di
lei era d’avorio e d’oro, ed opera di Fidia, per
i tessere le tele. Il simulacro di lei era d’avorio e d’oro, ed opera
di
Fidia, per quello che si credeva. Sul casco della
ferita in una coscia, che dice aver veduta Pausania con una legatura
di
purpureo colore. Spiega lo stesso il motivo di qu
sania con una legatura di purpureo colore. Spiega lo stesso il motivo
di
questo modo di rappresentarla, narrando che Teuti
egatura di purpureo colore. Spiega lo stesso il motivo di questo modo
di
rappresentarla, narrando che Teuti, il quale died
dannata a sterilità eterna. Col tempo i popoli consultarono l’oracolo
di
Dodona, che loro propose di placare coll’accennat
Col tempo i popoli consultarono l’oracolo di Dodona, che loro propose
di
placare coll’accennato simulacro Minerva. « L’at
propose di placare coll’accennato simulacro Minerva. « L’attitudine
di
questa figura (così il Visconti) che tien posato
sse il suo olivo, pianta diletta a Pallade, ed emblema del soprannome
di
Pacifera. Benché lo stile di questa statua non si
tta a Pallade, ed emblema del soprannome di Pacifera. Benché lo stile
di
questa statua non sia eccellente, pure ci present
ccellente, pure ci presenta un bell’insieme, e una buona disposizione
di
panneggiamento sì nella tonaca che nel manto, ed
ggiamento sì nella tonaca che nel manto, ed in oltre ci offre le armi
di
Pallade in una maniera assai distinta. Chi osserv
guerniscono, cbe ci dà qualche idea come dovesse essere quella famosa
di
Desilao, ammirata in Atene col nome di Minerva Mu
e dovesse essere quella famosa di Desilao, ammirata in Atene col nome
di
Minerva Musica, i serpenti di bronzo della di cui
di Desilao, ammirata in Atene col nome di Minerva Musica, i serpenti
di
bronzo della di cui armatura erano con tanta sott
irata in Atene col nome di Minerva Musica, i serpenti di bronzo della
di
cui armatura erano con tanta sottigliezza ed arti
con tanta sottigliezza ed artifizio lavorati che risuonavano al sonar
di
una cetra. Lo scudo finalmente è rotondo, quale d
reci scudo argolico, attribuito dai classici a questa dea. Così parla
di
questo Polibio: — La parma è forte per la sua str
ì parla di questo Polibio: — La parma è forte per la sua struttura, e
di
sufficiente grandezza per la difesa, essendo di f
r la sua struttura, e di sufficiente grandezza per la difesa, essendo
di
figura rotonda, ed avendo il suo diametro di tre
a per la difesa, essendo di figura rotonda, ed avendo il suo diametro
di
tre piedi. — Non solo la forma, ma anche la grand
riferita descrizione della parma. Che poi tale si fin gesse lo scudo
di
Pollade apparisce da Plinio, che lo chiama parma
che lo chiama parma al libro xxvi. Gli scudi argolici dei Greci erano
di
questa maniera, secondo l’osservazione di Winkelm
di argolici dei Greci erano di questa maniera, secondo l’osservazione
di
Winkelmann (Monumenti antichi inediti, tomo II);
tichi inediti, tomo II); quindi un simile scudo, che cadde dal tempio
di
Pallade in Argo, nello sposalizio delle figlie di
he cadde dal tempio di Pallade in Argo, nello sposalizio delle figlie
di
Adrasto, è chiamato da Stazio orbe di bronzo. In
, nello sposalizio delle figlie di Adrasto, è chiamato da Stazio orbe
di
bronzo. In quello della nostra statua è osservabi
’imbracciatura, detta dai Greci (grec), diversa dal (grec) o striscia
di
cuoio, per cui si porta van gli scudi in tempi pi
porta van gli scudi in tempi più vetusti appesi al collo. « La statua
di
Pallade che presentiamo è interessante pel movime
e della vergine guerriera, ed insieme l’etimologia del suo nome greco
di
Pallade e del latino di Minerva. Se il secondo ha
a, ed insieme l’etimologia del suo nome greco di Pallade e del latino
di
Minerva. Se il secondo ha avuto l’origine dal fur
asta, colla quale rompe l’ intere squadre d’eroi, contro cui, al dire
di
Omero, si adira la figlia del forte padre. E se i
dice il poeta, per gli ordini delle battaglie, e in questa attitudine
di
combattente è rappresentata ancora nelle greche m
, che a lei forse si dava perchè le armature fabbricate in Argo erano
di
pregio maggiore. Nel centro di questo è figurata,
è le armature fabbricate in Argo erano di pregio maggiore. Nel centro
di
questo è figurata, anzi è ripetuta l’egida che ha
a guisa d’ammanto si osserva nell’insigne cammeo della santa cappella
di
Parigi, rappresentante l’apoteosi di x\ugusto. È
igne cammeo della santa cappella di Parigi, rappresentante l’apoteosi
di
x\ugusto. È da notarsi che rari sono i simulacri
usata questa espressione quasi in altri soggetti fuorché nelle figure
di
Diana cacciatrice, di Minerva guerreggiante, e di
ne quasi in altri soggetti fuorché nelle figure di Diana cacciatrice,
di
Minerva guerreggiante, e di Cupido che scocca il
uorché nelle figure di Diana cacciatrice, di Minerva guerreggiante, e
di
Cupido che scocca il dardo. M’era caduto in pensi
ido che scocca il dardo. M’era caduto in pensiero se questi simulacri
di
una guerriera tanto espressivi non si avessero pi
gettura, tanto piiì che l’attitudine minacciosa, all’idea che avevano
di
Minerva i Gentili ed ai nomi che le dierono ben c
inerva i Gentili ed ai nomi che le dierono ben corrisponde. La statua
di
scalpello -infelice non ci conserva che il bel mo
che distingue al primo sguardo questa maestosa figura, é stato motivo
di
attribuirla a Minerva, e di risarcirla con altri
do questa maestosa figura, é stato motivo di attribuirla a Minerva, e
di
risarcirla con altri simboli proprii di questa de
o di attribuirla a Minerva, e di risarcirla con altri simboli proprii
di
questa dea del valore e del sapere. Non è già che
in qualche rara statua femminile si osservano, ed esser propriamente
di
quel genere che paludamento appellavasi ed insign
greci le clamidi virili, regie e militari, e quale appunto era quella
di
cui Minerva medesima volle adorno Giasone, poiché
pagno nel lavoro della nave d’Argo. Osservando attentamente le pieghe
di
questo nobile panneggiamento appariscono queste s
la dea si suppone armato, la quale coi rilievi dei suoi orli guerniti
di
serpi sospenda così il sovrapjosto paludamento: n
damento: nè al certo altra cagione saprei immaginare per un tal getto
di
pieghe, forse vero, ma sicuramente non imitabile.
itabile. « Sono diverse negli antichi monumenti le immagini della dea
di
Atene coperta del paludamento della guisa stessa
a che la nostra è rappresentata: fra l’altre così vestita è l’effigie
di
lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il g
è rappresentata: fra l’altre così vestita è l’effigie di lei nel vaso
di
argento di Zopiro esprimente il giudicio di Orest
tata: fra l’altre così vestita è l’effigie di lei nel vaso di argento
di
Zopiro esprimente il giudicio di Oreste, e nel ba
l’effigie di lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio
di
Oreste, e nel bassorilievo simile del Palazzo Giu
poi in tali monumenti, ove Pallade si mostra paludata, non è in atto
di
guerra, non si è stimato improprio aggiungere all
ce le si è fatto reggere colla destra, come lo regge nel bassorilievo
di
un’ ara Capitolina, ed in una mezza figura singol
a ch’ò nella Villa Ludovisi. Nella sinistra le si è collocato il ramo
di
ulivo, nato, secondo la favola, presso la rocca d
collocato il ramo di ulivo, nato, secondo la favola, presso la rocca
di
Atene per suo volere; è simbolo di Minerva quando
secondo la favola, presso la rocca di Atene per suo volere; è simbolo
di
Minerva quando ha il titolo di Pacifera, e viene
cca di Atene per suo volere; è simbolo di Minerva quando ha il titolo
di
Pacifera, e viene considerata come dea tutelare d
li’ anno le vergini Argive con solenni cerimonie portare il simulacro
di
Pallade, ed unitamente collo scudo di Diomede bag
cerimonie portare il simulacro di Pallade, ed unitamente collo scudo
di
Diomede bagnarlo nel fiume Inaco. Prende dalla so
bas’natura occasione Callimaco nel sesruente Inno, in cui si propone
di
cantare le lodi della dea, alle quali dà principi
a ai cavalli, la sua natia beltà, la nettezza e l’abbigliamento. Reca
di
poi la ragione perchè col di lei simulacro s’imme
ltà, la nettezza e l’abbigliamento. Reca di poi la ragione perchè col
di
lei simulacro s’immerga ancora lo scudo di Diomed
poi la ragione perchè col di lei simulacro s’immerga ancora lo scudo
di
Diomede. Indi propone alcuni riti e precetti di c
merga ancora lo scudo di Diomede. Indi propone alcuni riti e precetti
di
cerimonie, affinchè lo fanciulle in tal giorno an
anco; Nè allor che vinti della terra i figli Tutte l’armi portò lorde
di
sangue: Ma pria dal cocchio alle cavalle sciolse
e un riccio. Il doppio stadio due volte sessanta Percorso aveva, qual
di
Leda i figli, Che stelle or sono: allo spartano E
he a lei stillar del proprio orto le piante, E le corse un color come
di
rosa Mattutina sul volto, o quale è il frutto Del
, ecco che grata Schiera t’incontra d’Acestorie figlie. Lo scudo a te
di
Diomede arreca, Come in Argo è costume antico. Eu
n dirupate balze. Che Pallatìdi han nome. Esci, Minerva Sterminatrice
di
città, che l’elmo Dorato porti, della bionda test
ivolga. Per l’estrema volta Queste mura vedrà chi mira ignuda Minerva
di
città custode. Ah vieni, O veneranda diva: intese
che? Toglieste gii occhi al mio fanciullo: o figlio, Figlio infelice:
di
Minerva i fianchi Scorgesti e il petto; ma di nuo
iglio, Figlio infelice: di Minerva i fianchi Scorgesti e il petto; ma
di
nuovo il sole Non vedrai certo. me misera, o mont
Ella tornando ammira L’insolito silenzio, e l’albor caro Mira sparso
di
sangue, ed errar vede Le note piume per lo sparso
sparso di sangue, ed errar vede Le note piume per lo sparso nido. Ma
di
Minerva il cor pietà percosse, E all’amica dicea:
che grato a Palla Non è rapir gii occhi ai fanciulli; è questa Legge
di
Giove: chi gli eterni mira. Se non l’elegge Iddio
premio. Ahi quanto offerte Autonoe n’arderà, quante Aristeo, Pregando
di
veder cieco soltanto Atteon giovinetto, il caro f
i Fra le figlie il concesse: o donne, alcuna Madre non srenerò la dea
di
Giove. Balzò nelle paterne armi sonante Dalla tes
Salve, o dea: proteggi Tu l’Argiva cittade, e qua rivolgi I destrieri
di
nuovo, e i Danai salva. Lezione vigesimasetti
sangue della disonesta ferita, colla quale Saturno mutilò Celo padre
di
lui, e dalla spuma del mare. Appena nata, dai cap
ivina, maraviglia e delizia dell’universo. Antipatro Sidonio parlando
di
questa famosa pittura in tal maniera favella: Rim
nere nella bellezza. — Dicesi che concepita in una conchiglia ripiena
di
perle, navigò con questa a Cipro, onde Stazio fac
ena di perle, navigò con questa a Cipro, onde Stazio facendo l’elogio
di
una bella donna fa dire alla dea: Questa sarebbe
do l’elogio di una bella donna fa dire alla dea: Questa sarebbe degna
di
sorgere meco dai flutti cerulei, e di sedere nell
alla dea: Questa sarebbe degna di sorgere meco dai flutti cerulei, e
di
sedere nella nostra conchiglia. — L’autore degli
ia. — L’autore degli Inni Omerici al contrario narra l’aura rugiadosa
di
Zeffìro, che dolcemente spirando la porta sopra m
elli in reti dorate accolti ricevono amabilmente la dea, la ricoprono
di
veste incorruttibile, e sopra il capo immortale p
casa paterna. Poiché ogni ornamento ebbero disposto intorno al corpo
di
Venere, la condussero dai numi che gareggiavauo p
ussero dai numi che gareggiavauo per abbracciarla, ed ognuno chiedeva
di
prenderla in moglie, ammirando le forme della div
iedeva di prenderla in moglie, ammirando le forme della diva coronata
di
viole, e dalle nere palpebre. Fin qui Omero: ma C
o le Veneri adorate dagli antichi, nate da genitori diversi. La prima
di
queste, del Cielo e del Giorno figlia, ebbe tempi
ste, del Cielo e del Giorno figlia, ebbe tempio in Elide; la seconda,
di
cui abbiamo favellato, generata dalla spuma, died
a al secondo Cupido; la terza, da Giove e da Dionea creata, fu moglie
di
Vulcano. Platone vuole che vi siano due Veneri, l
. Epimenide Cretese, seguendo un parere del tutto op posto, pensa che
di
Saturno ed Evenirne Venere fosse figlia. L’opinio
e più comune si è quella che alla spuma del mare fecondata dal sangue
di
Celo ascrive il nascere di questa divinità, ed il
e alla spuma del mare fecondata dal sangue di Celo ascrive il nascere
di
questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, c
ngue di Celo ascrive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso
di
Afrodite, col quale i Greci chiamavano Venere, no
nella Teogonia vuole che appena nata andasse al monte Citerò, da cui
di
Citerea sortì il cognome, e quindi a Cipro, dove
unsero d’olio immortale, coll’odoroso peplo le coprirono le membra, e
di
ogni altra veste adornata andava ad Ilio veloceme
rigendosi a traverso le nubi. Giunse prestamente al monte Ida ripieno
di
belve, e mentre s’avviava verso Anchise. i lupi,
hise lo vide, che in disparte dagli altri suonava la cetra. La figlia
di
Giove gli si fé’ innanzi simile ad indomita vergi
a ad un tempo della figura e delle vesti stupende, poiché era coperta
di
un peplo più risplendente di un raggio di fuoco;
delle vesti stupende, poiché era coperta di un peplo più risplendente
di
un raggio di fuoco; collane di vario ornamento ci
tupende, poiché era coperta di un peplo più risplendente di un raggio
di
fuoco; collane di vario ornamento cingevano il de
a coperta di un peplo più risplendente di un raggio di fuoco; collane
di
vario ornamento cingevano il delicato collo; e il
le, ed invidiata vecchiezza. Dissimulò Venere la sua divinità dicendo
di
esser figlia di Otreo, che alla ben munita Frigia
vecchiezza. Dissimulò Venere la sua divinità dicendo di esser figlia
di
Otreo, che alla ben munita Frigia comandava, e ra
, che alla ben munita Frigia comandava, e rapita da Mercurio dal coro
di
Diana come destinata in sposa d’Anchise. Crebbe l
come dea le inspirava, e condusse al talamo coperto da pelli d’orse e
di
leoni di propria mano uccisi la creduta fanciulla
le inspirava, e condusse al talamo coperto da pelli d’orse e di leoni
di
propria mano uccisi la creduta fanciulla, che ind
si volgeva chinando a terra gli occhi verecondi. Qui sciolse il cinto
di
Venere, giacque fra le braccia immortali, e fu co
ere, giacque fra le braccia immortali, e fu concepito Enea. Ma quando
di
nuovo i pastori riconducono alle stalle l’armento
o alle stalle l’armento dalle fiorite pasture, stette Venere sul capo
di
Anchise a dolce sonno in preda, d’eterna bellezza
bianza. — Sollevò la testa Anchise, ma allor che vide le divine forme
di
Citerea rivolse altrove gli occhi impauriti, si c
ste il bel volto, e gridò: Tu m’ ingannasti, diva: ma pietà ti prenda
di
me che poco vivrò ed infermo fra i mortali, perch
i me che poco vivrò ed infermo fra i mortali, perchè questa è la pena
di
chi giace con le dee. — Consolò Venere i timori d
nsolò Venere i timori dell’eroe; scusò il proprio errore coll’esempio
di
altri beati: illustre figlio ed ancor più famosi
ancor più famosi nipoti promise all’amante. Ma gli fé’ severo comando
di
tacere la vera madre del figlio che nascerebbe, e
se egli avesse manifestata la sua fortuna provato avrebbe il fulmine
di
Giove e l’ira degli altri numi. Ma non fu Anchise
i numi. Ma non fu Anchise il solo fortunato fra gli uomini pei favori
di
Venere. Adone aveva fama maggiore ed annual tribu
ini pei favori di Venere. Adone aveva fama maggiore ed annual tributo
di
lacrime, come udirete nel fine della presente Lez
suaso da tentare la stessa fatica. Gli altri amori e le altre imprese
di
Venere riserbo ad un’altra volta, per trattenervi
nervi sulle diverse maniere nelle quali vien rappresentata, argomento
di
tanto interesse per voi, e scopo principale dei m
uesto frutto gettato dall’amante alla fanciulla era una dichiarazione
di
amore, come da molti antichi scrittori si rileva.
e, ma tali che esser non devono sansruinose. Una meda2:lia dell’isola
di
Citerà rappresenta Venere coU’arco nella mano sin
. Saffo dipinge Venere sopra un carro tirato da dei passeri, immagine
di
cui l’arte non pare che abbia profittato, poiché
e è fatte delle Giunoni, ma la voluttà e la forma degli occhi proprii
di
Venere vi fa conoscere questa dea piuttosto che G
sta dea piuttosto che Giunone, della quale gli occhi avevano un’ aria
di
maestà e di grandezza. Si crede di trovare ancora
tosto che Giunone, della quale gli occhi avevano un’ aria di maestà e
di
grandezza. Si crede di trovare ancora la Venere C
a quale gli occhi avevano un’ aria di maestà e di grandezza. Si crede
di
trovare ancora la Venere Celeste in una bella fig
re ancora la Venere Celeste in una bella figura vestita delle pitture
di
Ercolano, che dalla mano diritta porta un ramo co
incise offrono Venere a cavalcioni sopra un ariete: ma il soprannome
di
Epitragia che significa lo stesso, sembra apparte
ta, per significare la fedeltà costante nell’amore. La Venere Celeste
di
Fidia posava un piede sopra una testuggine per in
ine per indicare (secondo Plutarco) alle donne che il loro dovere era
di
custodire la casa come questo animale, e di occup
ne che il loro dovere era di custodire la casa come questo animale, e
di
occuparvisi delle domestiche fatiche. Come simbol
esto animale, e di occuparvisi delle domestiche fatiche. Come simbolo
di
un amore puro e spogliato di ogni desiderio sensu
i delle domestiche fatiche. Come simbolo di un amore puro e spogliato
di
ogni desiderio sensuale, è stata rappresentata an
stata rappresentata ancora con dell’ali. Famosa in Plinio è la statua
di
Venere composta di calamita col fine di attrarre
ancora con dell’ali. Famosa in Plinio è la statua di Venere composta
di
calamita col fine di attrarre quasi per grazie se
Famosa in Plinio è la statua di Venere composta di calamita col fine
di
attrarre quasi per grazie segrete un Marte di fer
ta di calamita col fine di attrarre quasi per grazie segrete un Marte
di
ferro. Udite da Winkelmann altre pregevoli cogniz
una più compiuta forma, e comincia il seno a sollevarsi. Io mi figuro
di
vedere in lei quella Laide che Apelle iniziava ai
i figuro di vedere in lei quella Laide che Apelle iniziava ai misteri
di
amore, e me la immagino appunto qual dovette per
la immagino appunto qual dovette per la prima volta ignuda esporsi al
di
lui sguardo. È nella stessa attitudine una Venere
guasta; tal pure è altra statua, la quale è copia fatta da Menofanto
di
una Venere che stava presso Troade, come scorgesi
ta in quell’età in cui sposò Peleo. « Venere Celeste, cioè quella che
di
Giove e d’Armonia è figlia, distinguesi per un di
Armonia è figlia, distinguesi per un diadema (ciò vi avvertii io pure
di
sopra) simile a quello eh’ è proprio a Giunone. P
o eh’ è proprio a Giunone. Porta pure questo diadema Venere vittrice,
di
cui una statua che posa un piede su un elmo fu di
osa un piede su un elmo fu dissotterrata nel teatro dell’antica città
di
Capua, e sta ora in Caserta. Essa è bellissima, s
no le braccia. In alcuni bassi rilievi che rappresentano il rapimento
di
Proserpina, e singolarmente nella più bella delle
delle due urne esistenti nel Palazzo Barberini, ha così cinto il capo
di
diadema una Venere vestita, la quale in compagnia
sì cinto il capo di diadema una Venere vestita, la quale in compagnia
di
Pallade, di Diana e di Proserpina medesima, sta c
capo di diadema una Venere vestita, la quale in compagnia di Pallade,
di
Diana e di Proserpina medesima, sta cogliendo fio
dema una Venere vestita, la quale in compagnia di Pallade, di Diana e
di
Proserpina medesima, sta cogliendo fiori nei prat
sima, sta cogliendo fiori nei prati del l’Etna in Sicilia. Tal fregio
di
capo è stato pure attribuito a Teti nella pittura
ilia. Tal fregio di capo è stato pure attribuito a Teti nella pittura
di
un bel vaso di terra cotta esistente nella Biblio
o di capo è stato pure attribuito a Teti nella pittura di un bel vaso
di
terra cotta esistente nella Biblioteca Vaticana.
ti indicanti lascivia, coi quali alcuni moderni artisti hanno creduto
di
caratterizzare le loro Veneri. L’amore dagli anti
ri. L’amore dagli antichi maestri, come dai pili ragionevoli filosofi
di
quei tempi, consideravasi, per valermi dell’espre
i filosofi di quei tempi, consideravasi, per valermi dell’espressione
di
Euripide, come il consigliere della saviezza. « Q
Venere si rappresentasse costantemente ignuda. Vestita era la Venere
di
Prassitele a Coo, vestita è una bella statua di q
Vestita era la Venere di Prassitele a Coo, vestita è una bella statua
di
questa dea, che dianzi vedevasi nel Palazzo Spada
bene nell’aggruppamento delle membra darci l’idea dell’azione che fa
di
sorger dal bagno, che resta a prima vista evident
rappresentato nè il putto collo sciugatoio, nè indicata l’attitudine
di
tergersi come in altre gemme e statue dello stess
izio con cui ha ancora impiegato per sostegno dell’ anca sinistra uno
di
quei vasi d’unguento senza manichi, che alabastri
esto vaso rovesciato l’azione del bagno, dove era stile degli antichi
di
ungersi, è ancora un utensile tutto proprio di Ve
ra stile degli antichi di ungersi, è ancora un utensile tutto proprio
di
Venere, che amava i preziosi unguenti a segno che
egno che il poeta Agatia in un epigramma dell’ A ntolos^ia non dubita
di
chiamare simili vasi arli alabastri della dea. Qu
che adorna alla dea il solo braccio sinistro, e che è formato a guisa
di
un piccol serpe che se le sia avvolto. Questo cos
mato a guisa di un piccol serpe che se le sia avvolto. Questo costume
di
portare simili abbigliamenti a un solo braccio, e
i è illustrato da Festo, che lo appella spinther, e lo spiega: genere
di
braccialetto che le donne sogliono portare nella
pressamente le serpi. Fu rinvenuta questa bella scultura nella tenuta
di
Salone a destra della Via Prenestina in un sito a
anza del possessore avrà anticamente falsificato. Quanto fosse lecito
di
portare nelle tenebre di una tanta antichità la l
anticamente falsificato. Quanto fosse lecito di portare nelle tenebre
di
una tanta antichità la luce di qualche debole con
fosse lecito di portare nelle tenebre di una tanta antichità la luce
di
qualche debole congettura, potremmo supporla una
bole congettura, potremmo supporla una replica della Venere nel bagno
di
Policarmo ammirata in Roma e rammentata da Plinio
Policarmo ammirata in Roma e rammentata da Plinio. » Canto funerale
di
Adone. « Io piango, Adone: è morto il bello Adone
nguisce l’occhio sotto al morto ciglio; Dal labbro fugge il bel color
di
rosa, E intorno al labbro langue il moribondo Bac
e e sposo, L’Assirio sposo suo alto chiamando. A lui sul corpo un rio
di
sangue andava, E giù dal fianco rosseggiava il pe
, E giù dal fianco rosseggiava il petto, E il costato, che dianzi era
di
neve, Di porpora era fatto al morto Adone. Ahi ah
Adone, ahi ahi! Dicon le querce, e i monti: ahi lasso Adone! Piangono
di
Ciprigna i fiumi il lutto, Piangon sulle montagne
l dolor fansi vermigli. Venere la cittade e la campagna Tutta riempie
di
doglioso canto. Ahi ahi Criprigna: è morto il bel
rto il bello Adone! L’Eco risuona: È morto il bello Adone. Ahi l’amor
di
Ciprigna e chi non piagne? Tosto che vide e che c
i, al crudo e disamabil rege. Ed io vivo infelice, perchè dea Sono, e
di
te seguir non m’è permesso. Ricevi, Proserpina, i
permesso. Ricevi, Proserpina, il mio marito; Che in ciò tu sei molto
di
me migliore; E tutto il bello a te ne scende, e a
bello a te ne scende, e a Pluto. Tutta misera son, tutta dolente. Nè
di
doler mi veggio mai satolla. Piango Adon, che m’è
o i pargoletti Amori. Teco perì, nè più possiede incanto Olà sì pieno
di
grazia il mio bel cinto. Perchè, audace garzon, s
i sacri sonni Nel letto aurato, or corca il tristo Adone. Gitta sopra
di
lui ghirlande e fiori; E ogni cosa con lui tu git
i sol risonar si sente. Ai ai Adone, ai Imeneo, ai. Piangon le Grazie
di
Cinéra il figlio: È morto il bello Adon, tra lor
e di Cinéra il figlio: È morto il bello Adon, tra lor dicendo. Queste
di
te maggiori alzan le strida, Citerea; piangono Ad
nto. Idillio, XXIII. Lezione vigesimottava. Cognomi più illustri
di
Venere. La presente Lezione è destinata a tess
e Lezione è destinata a tesservi colla serie dei cognomi più illustri
di
Venere l’altre maniere di effigiarla che rilevar
sservi colla serie dei cognomi più illustri di Venere l’altre maniere
di
effigiarla che rilevar si possono dai monumenti e
monumenti e dagli scrittori, le quali la brevità prefissami mi vietò
di
comprendere nel passato ragionamento. Il nome di
prefissami mi vietò di comprendere nel passato ragionamento. Il nome
di
Venere, come osserva Varrone in Macrobio, non fu
ò ai grammatisi il disputare più a lungo, contentandomi dell’autorità
di
tant’ uomo. Non solo, come osservai, figurarono l
i, figurarono la diva sorgente sopra una conchiglia dal mare in forma
di
giovinetta, ma pure con sembianze di donna che te
una conchiglia dal mare in forma di giovinetta, ma pure con sembianze
di
donna che teneva la stessa conchiglia ornata di r
ma pure con sembianze di donna che teneva la stessa conchiglia ornata
di
rose, e ch’era circondata dalle Grazie e dagli Am
ento, con sandali e con fibbie dorate. Canaco Sicionio fé’ l’immagine
di
Venere sedente col capo ornato di nimbo, che in u
ate. Canaco Sicionio fé’ l’immagine di Venere sedente col capo ornato
di
nimbo, che in una mano aveva un papavero, nell’al
dei Grccì, adoravano i creduli amanti antichi, stimando che in potere
di
lei fosse il dare, o togliere l’amore. Venere Ast
i lei fosse il dare, o togliere l’amore. Venere Astarte, cioè l’astro
di
Venere, fu adorato dai Bidoni, ed è opinione di a
Astarte, cioè l’astro di Venere, fu adorato dai Bidoni, ed è opinione
di
alcuni che fosse lo stesso che la dea Siria, quan
one adorassero la luna. Amatusia fu chiamata la dea da Amatunta città
di
Cipro, ove veneravasi sommamente. Di Citerea è fr
— Venere fu cognominata ancora Morfo dagli Spartani, ed il simulacro
di
lei era sedente col capo coperto, e coi piedi inc
eretto un tempio alla dea colr indicato cognome. Aggiungo alla serie
di
questi cognomi tre descrizioni di statue di Vener
dicato cognome. Aggiungo alla serie di questi cognomi tre descrizioni
di
statue di Venere del Visconti, dalle quali quante
nome. Aggiungo alla serie di questi cognomi tre descrizioni di statue
di
Venere del Visconti, dalle quali quante cognizion
ante, si conoscono in varie collezioni, ed ora il nome e le sembianze
di
Muse, ora di ninfe, ora di altre divinità hanno s
scono in varie collezioni, ed ora il nome e le sembianze di Muse, ora
di
ninfe, ora di altre divinità hanno sortito dal ca
collezioni, ed ora il nome e le sembianze di Muse, ora di ninfe, ora
di
altre divinità hanno sortito dal capriccio dei ri
o dal capriccio dei ristauratori e degli antiquarii. Pure le medaglie
di
Sabina Augusta e di altre imperatrici ne mostrano
ristauratori e degli antiquarii. Pure le medaglie di Sabina Augusta e
di
altre imperatrici ne mostrano la figura medesima
a nella stessa attitudine, e precisamente nell’abito stesso, col nome
di
Venere Genitrice: onde potersi accertare con buon
nto qual fosse il vero soggetto delle accennate sculture. « Le statue
di
Venere non ignudo non sono state abbastanza osser
n parte discoperto, lo abbiamo considerato come proprio dell’ effigie
di
Venere: ora mi sono avvenuto in un passo degli Ar
effigie di Venere: ora mi sono avvenuto in un passo degli Argonautici
di
Apollonio Rodio che dà gran lume a siffatte immag
escrizione delle figure travagliate da Minerva stessa nel paludamento
di
Giasone, non omette l’ immagine di Venere collo s
da Minerva stessa nel paludamento di Giasone, non omette l’ immagine
di
Venere collo scudo in mano del dio Marte: l’affib
e ne adombra l’ignudo, sono anch’esse da’ greci poeti alle, immagini
di
Venere attribuite. Apparisce evidentemente da un
mmagini di Venere attribuite. Apparisce evidentemente da un epigramma
di
Antipatro nella greca Antologia che la maniera pi
pigramma di Antipatro nella greca Antologia che la maniera più comune
di
rappresentare Venere era di vestirla di tuniche a
greca Antologia che la maniera più comune di rappresentare Venere era
di
vestirla di tuniche artificiosamente piegate. Anc
gia che la maniera più comune di rappresentare Venere era di vestirla
di
tuniche artificiosamente piegate. Anche dell’ ele
di tuniche artificiosamente piegate. Anche dell’ eleganza dell’ atto
di
sollevarsi dietro all’omero il manto si è avuto l
a dell’ atto di sollevarsi dietro all’omero il manto si è avuto luogo
di
ragionare per riconoscervi una leggiadria introdo
re per riconoscervi una leggiadria introdotta nelle arti greche assai
di
buon’ora, e almeno fin dai tempi di Polignoto. Pe
ntrodotta nelle arti greche assai di buon’ora, e almeno fin dai tempi
di
Polignoto. Per quel che riguarda le Veneri vestit
he riguarda le Veneri vestite non mi tratterrò a confutare l’opinione
di
Winkelmann sul preteso cesto di Venere, ch’egli r
n mi tratterrò a confutare l’opinione di Winkelmann sul preteso cesto
di
Venere, ch’egli ravvisa in un cinto intorno ai lo
preteso cesto di Venere, ch’egli ravvisa in un cinto intorno ai lombi
di
alcune figure femminili: mi ha prevenuto in ciò i
to l’aria del volto e le graziose fattezze convenienti alla più bella
di
tutte le dee; non tanto la gentil positura in cui
entil positura in cui è situata, reggendo colla manca un panno ornato
di
frange per asciugarsi, che cade aggruppato sopra
a un panno ornato di frange per asciugarsi, che cade aggruppato sopra
di
un’urna, rende singolare questo bel simulacro di
ade aggruppato sopra di un’urna, rende singolare questo bel simulacro
di
Venere, quanto il presentarci una immagine della
simulacro di Venere, quanto il presentarci una immagine della Venere
di
Guido, capo d’opera di Prassitele, anzi della sco
uanto il presentarci una immagine della Venere di Guido, capo d’opera
di
Prassitele, anzi della scoltura, lavoro inclito n
i della scoltura, lavoro inclito nell’universo, secondo l’espressione
di
Plinio. Avea giudiziosamente riflettuto il cavali
flettuto il cavalier Mengs, che la straordinaria bellezza della testa
di
questa statua, superiore al resto delle membra, b
al resto delle membra, benché non mai disgiunte, e più la simiglianza
di
un’altra testa meravigliosa nella reggia di Madri
nte, e più la simiglianza di un’altra testa meravigliosa nella reggia
di
Madrid, la dimostravano copia di qualche sorprend
ltra testa meravigliosa nella reggia di Madrid, la dimostravano copia
di
qualche sorprendente originale. Ma come indovinar
re? Quel che sembrava difficilissimo è reso facile, anzi è posto fuor
di
dubbio dalle medaglie, sicuro deposito delle più
econdite erudizieni. Due medaglioni greci imperiali battuti in Guido,
di
Caracalla e Plautilla, uno dei quali è in Francia
illa, uno dei quali è in Francia nel Real Gabinetto, e l’altro presso
di
me, rappresentano nel rovescio la famosa Venere d
, e l’altro presso di me, rappresentano nel rovescio la famosa Venere
di
Prassitele. Nessuno vorrà dubitare che la Venere
re di Prassitele. Nessuno vorrà dubitare che la Venere de’ medaglioni
di
Guido, replicata la stessa in diversi conii, non
rsi conii, non sia tratta dal loro mirabile originale. « Or la figura
di
Venere in questi medaglioni è perfettamente simil
ciatura dei capelli, che non sono, come la maggior parte delle statue
di
Venere, raccolti in un nodo sopra la fronte. Ques
hità e delle arti poter vedere così intiera e conservata una immagine
di
quel nobile simulacro, che i Gnidi per somme imme
, che i Gnidi per somme immense d’oro non voller cedere a Nicomede re
di
Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’o
Nicomede re di Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’opera
di
Scopa e di Briasside; per cui tanti navigavano a
e di Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’opera di Scopa e
di
Briasside; per cui tanti navigavano a bella posta
o degli antichi giunse agli eccessi i. più stravaganti. La perfezione
di
quest’ opera avea impegnato l’artefice a replicar
e a replicarla in bronzo, e si ammirava il duplicato in Roma ai tempi
di
Claudio, dove perì nell’incendio Neroniano. Il fa
Roma ai tempi di Claudio, dove perì nell’incendio Neroniano. Il fato
di
quella di marmo non ci è noto. Chi sa che la test
empi di Claudio, dove perì nell’incendio Neroniano. Il fato di quella
di
marmo non ci è noto. Chi sa che la testa che è in
to per l’acqua del bagno; la cura della beltà han cercato gli antichi
di
esprimere con questi accessorii nelle statue di V
n cercato gli antichi di esprimere con questi accessorii nelle statue
di
Venere; così in quella di Troade, di cui esiste i
sprimere con questi accessorii nelle statue di Venere; così in quella
di
Troade, di cui esiste in Roma una copia antica di
n questi accessorii nelle statue di Venere; così in quella di Troade,
di
cui esiste in Roma una copia antica di Menofanto,
ere; così in quella di Troade, di cui esiste in Roma una copia antica
di
Menofanto, ha invece dell’urna una scatola d’abbi
sul vivo sasso, da quella parte appunto ov’è stata scoperta una cava
di
nobilissimo alabastro. La presente statua di Vene
stata scoperta una cava di nobilissimo alabastro. La presente statua
di
Venere era già in Vaticano, collocata probabilmen
te e l’Apollo, nel cortile detto perciò delle statue, allora giardino
di
agrumi. Venere vincitrice. « Dagli scavi d’Otrico
enere coll’armi, quale ha talvolta nelle medaglie imperiali il titolo
di
Vincitrice. La prima era che la presente statua a
gligenza cadente, foggia usata dagli antichi bene spesso nelle figure
di
Venere vestita, e particolarmente in quella di Ve
ne spesso nelle figure di Venere vestita, e particolarmente in quella
di
Venere Vincitrice coli’ armi, al rovescio delle m
e in quella di Venere Vincitrice coli’ armi, al rovescio delle monete
di
Giulio Cesare. La seconda riguardava quel frammen
o delle monete di Giulio Cesare. La seconda riguardava quel frammento
di
pilastro o di colonnetta, su cui ora tien posato
di Giulio Cesare. La seconda riguardava quel frammento di pilastro o
di
colonnetta, su cui ora tien posato un elmo che su
etta, su cui ora tien posato un elmo che suole accompagnare parecchie
di
siffatte immagini di Venere, e nelle gemme e nell
posato un elmo che suole accompagnare parecchie di siffatte immagini
di
Venere, e nelle gemme e nelle medaglie non ad alt
medaglie non ad altro effetto che a sostenere alcun pezzo d’armatura
di
quelli che Venere ostenta. Fu dunque ristaurata s
ata su questa idea, e le fu aggiunta la palma allusiva al suo epiteto
di
Vincitrice, che in più monumenti si scorge. Se la
o epiteto di Vincitrice, che in più monumenti si scorge. Se la favola
di
Virgilio, il quale introduce Venere che reca ad E
, il quale introduce Venere che reca ad Enea suo figlio l’armi, opera
di
Vulcano, non fosse di sua invenzione, ma come par
enere che reca ad Enea suo figlio l’armi, opera di Vulcano, non fosse
di
sua invenzione, ma come parecchie altre del suo p
lesti. Ma troppo è chiara in questo episodio virgiliano l’ imitazione
di
Omero per credere anteriore tal favola al latino
al latino poeta: sembra piuttosto che gloriandosi la famiglia Giulia
di
quell’origine, origine anche in certo modo di tut
dosi la famiglia Giulia di quell’origine, origine anche in certo modo
di
tutto il nome Romano, non abbia voluto rappresent
me la dea della mollezza, ma in una guisa che convenisse ad una madre
di
Roma e di Enea. Siccome dunque non mancavano già
della mollezza, ma in una guisa che convenisse ad una madre di Roma e
di
Enea. Siccome dunque non mancavano già nella Grec
Enea. Siccome dunque non mancavano già nella Grecia antichi simulacri
di
Venere coll’armi, questi furono scelti per adombr
to allude Properzio in quel verso: Portò Venere stessa ai suoi l’armi
di
Cesare — e a questo si riferiscono tutte le roman
l’armi di Cesare — e a questo si riferiscono tutte le romane immagini
di
Venere colle armi. Non sono però queste giammai e
nere colle armi. Non sono però queste giammai equivoche coi simulacri
di
Pallade. Venere tratta le armi, ma o per adornarn
ma o per adornarne un trofeo come vincitrice, o per riporlo in tempo
di
pace, allorché accarezzando Marte sospende il fur
ti. La colonia otriculana avrà venerato in questo simulacro l’origine
di
Roma e degli Augusti. Quantunque la figura sia co
glie succede il poco avventurato marito Vulcano, che, secondo Esiodo,
di
Giunone e di Giove fu figlio, come ad altri piace
il poco avventurato marito Vulcano, che, secondo Esiodo, di Giunone e
di
Giove fu figlio, come ad altri piace, deve intera
dre. A questo dio furono dati i vanti d’altri, che ebbero la sventura
di
aver seco lui il nome comune, giacché al dire di
e ebbero la sventura di aver seco lui il nome comune, giacché al dire
di
Cicerone, più furono i Vulcani oltre il mentovato
sto dio, come piace ad Euripide, le fiaccole nelle nozze, ed in onore
di
lui celebravansi delle corse con le dette fiaccol
ravansi delle corse con le dette fiaccole nella mano. Si affaticavano
di
portarle accese fino alla meta prescritta: quello
i secoli avvenire. Che primo Vulcano ritrovasse il fuoco non è fuori
di
questione. Questo utile ritrovato attribuiscono a
o attribuiscono a Prometeo, più antico del dio, secondo lo Scoliaste
di
Sofocle, e ch’ebbe con esso ara comune. Ma delle
tore è creduto, e divide, secondo l’Inno Omerico, l’onore con Minerva
di
avere insegnato agli uomini che abitavano nelle s
l’inutil tentativo fu figlio Erittonio. Il Sole gli svelò l’adulterio
di
Venere, che ottenne in moglie (quantunque alcuni
venne, e non vi fu alcuno deg’ Immortali, che non invidiasse la sorte
di
Marte. La piromanzia, cioè la pretesa maniera d’
maniera d’ indovinare col mezzo del fuoco, ascrivono pure a Vulcano,
di
cui Virgilio così descrive la fucina: « Giace tr
olita. Parte abbozzata con tre raggi attorti Di grandinoso nembo; tre
di
nube Pregna di pioggia; tre d’acceso fuoco, E tre
bozzata con tre raggi attorti Di grandinoso nembo; tre di nube Pregna
di
pioggia; tre d’acceso fuoco, E tre di vento impet
inoso nembo; tre di nube Pregna di pioggia; tre d’acceso fuoco, E tre
di
vento impetuoso e fiero. I tuoni vi aggiungevano
tre di vento impetuoso e fiero. I tuoni vi aggiungevano e i baleni, E
di
fiamme e di furie e di spavento Un cotal misto. A
impetuoso e fiero. I tuoni vi aggiungevano e i baleni, E di fiamme e
di
furie e di spavento Un cotal misto. Altrove erano
e fiero. I tuoni vi aggiungevano e i baleni, E di fiamme e di furie e
di
spavento Un cotal misto. Altrove erano intorno Di
9 e segg. Vulcano è stato rappresentato nelle pitture con un cappello
di
colore violetto per indicare il fuoco celeste, de
n l’iscrizione al Re dell’Arte; il che si riporta all’arte monetaria,
di
cui l’inspezione sembra qui essere attribuita a q
e Polignac, hanno fatto nascere con ragione dei dubbii sull’antichità
di
questo monumento. I sacrifizii propri a questo di
e Marcello dopo la disfatta dei Cartaginesi verso Nola. Cabiro figlio
di
Vulcano è indicato col martello sulle medaglie di
Nola. Cabiro figlio di Vulcano è indicato col martello sulle medaglie
di
Tessalonica. Vulcano fu l’artefice dell’infausta
nica. Vulcano fu l’artefice dell’infausta Pandora, del cane in bronzo
di
Procri, e di quel famoso scettro che, fatto per G
fu l’artefice dell’infausta Pandora, del cane in bronzo di Procri, e
di
quel famoso scettro che, fatto per Giove, passò d
reo, da Atreo a Tieste, e da Tieste ad Agamennone. Era anche ai tempi
di
Pausania la principale divinità dei Cheronei. Fra
ti fochi accende Diversamente: in più fornaci immerse Di fulgid’oro e
di
forbito argento E schietto stagno e rosseggiante
da; ha nella manca Salda tenaglia, e colla destra inalza Pesante mole
di
martel, che cala Con grossi colpi: il docile meta
visto lavor d’immenso scudo Di tempra impenetrabile, e più d’arte Che
di
materia prezioso: il cinge D’oro fiammante un tri
l chiaror delle notturne faci Al desiato talamo si guida Da uno stuol
di
congiunti, Imene, Imene! Suona d’intorno: di garz
mo si guida Da uno stuol di congiunti, Imene, Imene! Suona d’intorno:
di
garzoni un coro Tesse liete carole, e bossi e cet
e bossi e cetre Ne raddoppian la gioia, e su le soglie Garrula frotta
di
donzelle e donne Mesce domande e meraviglie e pla
popolo frequente Corre al fóro in tumulto, ove s’alterca Ai ministri
di
Temide dinanzi Per impensata uccision: nel mezzo
nun sospeso, incerto Guarda i lor atti, e la sentenza attende. Mostra
di
guerra travaglioso aspetto L’altra cittade. Ella
Ella d’assedio è cinta Da squadra ostil, che nel suo cor già certa È
di
pronta conquista, e sol consulta Della sorte dei
cquattato e tacito aspettando Che pur giungesse pastoral masnada, Che
di
cornuta e di lanuta torma Traeva al campo nutriti
acito aspettando Che pur giungesse pastoral masnada, Che di cornuta e
di
lanuta torma Traeva al campo nutritivo aiuto. Gli
o nutritivo aiuto. Gli spensierati villanzon trastullo Lieti prendean
di
lor zampegne, e al varco S’eran già tratti in rip
fiume: allora Sbucan d’agguato i giovini nascosti E van lor sopra, e
di
pastori e mandre Fanno preda e macello. All’impro
pastori e mandre Fanno preda e macello. All’improvviso Romor d’arme e
di
grida il campo in fretta I nemici abbandonano, e
so Romor d’arme e di grida il campo in fretta I nemici abbandonano, e
di
botto Corrono a quella volta: aspra battaglia Qui
e appare Quel che dianzi passò rappella e arresta. Di rustisch’opre e
di
campestre vita Grate vicende rappresenta altrove
vicende rappresenta altrove L’atteggiato metallo. Ampio là vedi Ricco
di
pingui rammollite zolle Stendersi un campo, in cu
e zolle Stendersi un campo, in cui tre volte il dente Fisse l’aratro;
di
cultor callosi Robusta turba l’aggiogate coppie D
attende, e lor presenta Ricolma tazza, guiderdon dell’opra E ristoro
di
lena: essi d’un sorso La si votan giocondi, e più
e per mirabil’ arte Vivido in suo fulgor l’oro s’imbruna. Dei tesori
di
Cerere poc’oltre Altro campo biondeggia, e vi sta
ersano: raccorle Gode scherzoso fanciullesco stormo, Ch’indi alla man
di
villanelle industri Le trasmette a vicenda, e que
enda, e queste attente Nodi formando delle vote paglie Ne fan cataste
di
covoni e monti. Cheto in disparte su d’un trono e
noril; nè lente Dei polverosi mietitor le mogli E le figlie sollecite
di
bianco Fior di frumento triturato e d’erbe Sapide
Dei polverosi mietitor le mogli E le figlie sollecite di bianco Fior
di
frumento triturato e d’erbe Sapide e pingui e di
ecite di bianco Fior di frumento triturato e d’erbe Sapide e pingui e
di
rappreso latte, Non senza i doni del licer celest
ente nereggiano, le viti Regge un lungo filar d’olmi d’argento. Siepe
di
stagno lo ripara, e fosca Di ceruleo metal fossa
amente, e i moti Dell’agii piede al dotto suono accorda. Erboso pasco
di
cornuti armenti Colà si scorge; stagno ad òr fram
spettacolo giocondo Offre amena valletta, ove belando D’agnelletti e
di
pecore saltella Candida greggia: una selvetta, un
vergini Palma a palma stringendo un ballo intessono. Quelle in gonne
di
lin sottile e candido, Che scosse all’aura vagame
ndido. Vaghe ghirlande a quelle il crine infiorano, Coltella a questi
di
dorato manico In guaine d’argento a’ fianchi pend
nacque Marte da Giunone col mezzo d’ un fiore indicatole dalla moglie
di
Zeftìro vi esposi allora che questa gelosa matron
ustode della prima semplicità delle favole non nega a Giove la gloria
di
esser padre del dio della guerra. Tero, che in gr
dei meno culti popoli dovrebbe essere propria la guerra: ma la storia
di
tutte le età ha mostrato quanto all’intentenzione
storia di tutte le età ha mostrato quanto all’intentenzione lodevole
di
coloro, che sotto il velo di strane immaginazioni
strato quanto all’intentenzione lodevole di coloro, che sotto il velo
di
strane immaginazioni nascosero profonde dottrine,
egittima moglie, e visse ancora in questo, com’è costume dei soldati,
di
rapina: non ostante, alcuni gli hanno dato per co
rtaone, Cupido, Armonia, Calibe, Romolo e Remo ed altri si gloriarono
di
dovergli i natali. Favoleggiano che sia tratto in
che gallo, e porta ancora la pena della sua negligenza e del rossore
di
Marte, annunciando ai mortali il giorno col batte
i verri, quantunque il cavallo per la simiglianza della ferocia fosse
di
lui propria offerta. Si annovera fra i vanti del
santità dei giudizi, che Areopago si disse. Dicesi che Marte accusato
di
avere ucciso Alirrozio figlio di Nettuno, perchè
si disse. Dicesi che Marte accusato di avere ucciso Alirrozio figlio
di
Nettuno, perchè violar voleva Alcippe sua figlia,
sua figlia, difese con successo la causa della sua vita alla presenza
di
dodici Dei, e ne fu per comun suffragio assoluto.
al nume, le quali è prezzo dell’opera il ridire, giacché della storia
di
esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli di Alo
e, giacché della storia di esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli
di
Aloeo con catene di bronzo legato lo tennero per
ria di esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli di Aloeo con catene
di
bronzo legato lo tennero per tredici mesi, e peri
bronzo legato lo tennero per tredici mesi, e perito forse sarebbe se
di
questa disavventura non fosse stato fatto accorto
on fosse stato fatto accorto Mercurio, che con le arti usate lo tolse
di
furto. Ascalafo figliuolo di Marte, che comandava
Mercurio, che con le arti usate lo tolse di furto. Ascalafo figliuolo
di
Marte, che comandava ai Beoti, nell’assedio di Tr
to. Ascalafo figliuolo di Marte, che comandava ai Beoti, nell’assedio
di
Troia ucciso cagionò al nume tanto dolore che sen
di Troia ucciso cagionò al nume tanto dolore che senza temere l’ ira
di
Giove, il quale avea vietato agli Dei il prender
ender parte in favore, contro i Troiani, ordinò al Furore e alla Fuga
di
apprestare il suo carro e prendere le sue armi ri
o e prendere le sue armi rilucenti. Era egli per accendere nell’animo
di
Giove terribile furore se la dea Minerva non lo a
:?2:iunto. Gli trasse l’elmo, lo scudo e l’asta, ed in un tuono pieno
di
asprezza gli disse: Furioso ed insensato che sei,
la collera che t’ inspira la morte del figliuolo. Anche dei più prodi
di
lui hanno già morsa la polvere, o la morderanno b
la morderanno ben tosto: È forse possibile nei sanguinosi combattenti
di
salvare dalla morte tutti i figliuoli degl’Immort
mede, al contrario, coU’asta guidata da Minerva penetrò ben avanti al
di
sotto le coste, e ferì il corpo divino. Marte nel
vino. Marte nel ritirarla gettò un grido spaventevole, quale è quello
di
un’intera armata che segue il nemico. In mezzo ad
uello di un’intera armata che segue il nemico. In mezzo ad una nuvola
di
polvere s’inalzò verso l’Olimpo, e col core oppre
trò a Giove il sangue immortale che scorreva dalla ferita, lagnandosi
di
Diomede e di Minerva, che tanto gli aveva fatto o
l sangue immortale che scorreva dalla ferita, lagnandosi di Diomede e
di
Minerva, che tanto gli aveva fatto osare. Giove g
a, che tanto gli aveva fatto osare. Giove guardandolo con occhi pieni
di
collera: Incostante e perfido, gli disse, fra tut
ferita un balsamo eccellente che lo risanò senza, fatica; che nulla è
di
mortale in un Dio. Omero nell’Odissea racconta g
Dei, come vi esposi nella passata Lezione, risero dell’incauta trama
di
Vulcano. Nettuno, il più severo, pregò istantemen
nella Tracia. Palefato spiega questa favola dicendo che Sol figliuolo
di
Vulcano re di Egitto volendo far osservare con tu
Palefato spiega questa favola dicendo che Sol figliuolo di Vulcano re
di
Egitto volendo far osservare con tutto il rigore
dama della sua corte avea commercio impudico con un cortigiano, entrò
di
notte nella sua casa, ed avendola sorpresa coll’a
iliò al principe tutta la benevolenza del popolo. L’equivoco del nome
di
Sol e Sole, dice questo autore, ha potuto dar mot
e di Sol e Sole, dice questo autore, ha potuto dar motivo alla favola
di
Omero. Dare un senso istorico alle favole è impre
ortì Marte dagli antichi. Dio comune fu detto; e fra i diversi motivi
di
questa appellazione il più probabile è quello di
fra i diversi motivi di questa appellazione il più probabile è quello
di
Servio, che lo vuole derivato perchè nelle guerre
risce. Gradivo e Quirino presso i Latini furono i due principali nomi
di
Marte. Il primo gli davano quando era tranquillo;
iava. Leggiamo che avesse due templi: il primo nella città col titolo
di
Quirino, come della pubblica sicurezza custode; i
ona, ed è del nume sorella, come ad altri piace, genitrice. Il tempio
di
Marte Ultore, o Vendicatore, in Roma, fu dedicato
ore, o Vendicatore, in Roma, fu dedicato da Augusto dopo la battaglia
di
Filippi, nella quale questo fortunato usurpatore
i, nella quale questo fortunato usurpatore vinse nelle pubbliche armi
di
Cassio e di Bruto la libertà dell’ universo. L’os
le questo fortunato usurpatore vinse nelle pubbliche armi di Cassio e
di
Bruto la libertà dell’ universo. L’osservazione d
e armi di Cassio e di Bruto la libertà dell’ universo. L’osservazione
di
Vitruvio che ordinariamente i templi di Marte era
ell’ universo. L’osservazione di Vitruvio che ordinariamente i templi
di
Marte erano fuori delle mura, onde nel popolo dis
ensione non nascesse, è smentita dall’istoria, giacché dentro le mura
di
Alicarnasso e di Roma stessa vi erano templi cons
sse, è smentita dall’istoria, giacché dentro le mura di Alicarnasso e
di
Roma stessa vi erano templi consacrati al dio del
essa vi erano templi consacrati al dio della guerra. I soli sacerdoti
di
Marte formavano in Roma un collegio detto dei Sal
tto dei Salii. Mi riserbo a favellarne nelle mie Lezioni sull’istoria
di
tanta nazione. Conviene adesso indagare nei monum
monumenti le maniere nelle quali fu Marte rappresentato. Marte armato
di
una sferza come vendicatore, si trova sopra delle
e alla favola accennatavi della prigionia fattagli soffrire dai figli
di
Aloeo, o alla maniera dei più antichi Greci che a
gli di Aloeo, o alla maniera dei più antichi Greci che aveano costume
di
effigiarlo coi piedi incatenati. Gli Spartani add
i effigiarlo coi piedi incatenati. Gli Spartani adducevano in ragione
di
questo uso di figurarlo, il vano timore che gli a
oi piedi incatenati. Gli Spartani adducevano in ragione di questo uso
di
figurarlo, il vano timore che gli abbandonasse. V
donasse. Vedesi con un olivo in mano il Marte Pacifero in un rovescio
di
una medaglia dell’imperator Massimino. E così pre
ator Massimino. E così pretesero, come osserva il senator Buonarroti,
di
adulare questo imperatore nelle sue maggiori crud
l’Impero. Marte che va presso Rea Silvia, origine favolosa del potere
di
Roma, era rappresentato sugli elmi dei soldati ro
un antico scrittore. Ma un Marte, qual lo vorrebbe il signor Vatelet,
di
cui ogni minima fibra esprimesse la forza, il cor
certamente fra tutti i lavori degli antichi. Le due più belle figure
di
questo dio. soqo una statua sedente coll’Amore ai
udovisi, ed un piccolo Marte su una delle basi dei due bei candelabri
di
marmo, che erano dianzi nel Palazzo Barberini: am
cosi efìSgiato sulle monete e sulle gemme. » Da questa osservazione
di
Winkelmann forse il conte Rangiaschi nella Disser
aschi nella Dissertazione sul Marte Ciprio ha pensato che dalla barba
di
Adriano, il quale nell’immagine del dio della gue
sentato in una statua del Museo dementino, siano derivate le immagini
di
Marte barbato, una delle quali è il chiamato Pirr
che, ma alcune d’oro della Repubblica romana offrono la testa barbata
di
Marte colla medesima fìsonomia. Udite da Stazio l
colla medesima fìsonomia. Udite da Stazio la descrizione della reggia
di
Marte, alla quale Giove manda Mercurio per movere
logia. Io ho tradotto questo episodio della Tebaide, il quale è pieno
di
bellissime immagini, come lo concedono le mie for
elata, con error diverso Lo trae del loco la tempesta eterna. Schiere
di
nubi contro il cielo opposte E’I primo soffio d’A
rotegge la difesa alata Il divin capo: fra sterili boschi Sorger vede
di
Marte il tempio, e trema In rimirarlo. Opposta ad
ad Euro giace L’implacabile casa, e i suoi furori Le fan corona. Son
di
ferro i muri, E di ferro le soglie e le colonne.
placabile casa, e i suoi furori Le fan corona. Son di ferro i muri, E
di
ferro le soglie e le colonne. Quivi i suoi raggi
on sanguinosa faccia Siede la Morte armata, e sopra l’are Fuma sangue
di
guerra, e sol vi splende Un fuoco alle cittadi ar
, i lamenti; e Marte in mezzo Urtar le file, e comandar le stragi: Sì
di
Vulcan l’arte divina espresse, Che a lui mostrato
ante. Ecco ritorna, ^E le belle ire del valor guerriero Ha nel volto;
di
sangue Ircano è lordo II manto, ed il crudel spru
Tebaide, lib. 7. Lezione trentesimaprima. Cerere. Fra le figlie
di
Saturno e di Rea bellissima fu Cerere, onde Giove
7. Lezione trentesimaprima. Cerere. Fra le figlie di Saturno e
di
Rea bellissima fu Cerere, onde Giove, che coi dom
o dolore della madre, e regina delrinferno. Non vi è cosa più potente
di
un esempio illustre, onde la colpa ne’ grandi è m
e Here chiamavansi essa e la madre. Vi furono alcuni che dall’incesto
di
Cerere dissero nato un cavallo, onde favoleggioss
ata. Pane errando per la caccia nell’Arcadia scoperse l’antro custode
di
tanto pegno, lo indicò a Giove che mandò le Parch
ta sua collera deponesse. Alcuni attribuiscono questo evento al ratto
di
Proserpina, che infinita tristezza cagionò alla d
alla diva. Cerere discendendo dagli Dei ai mortali amò Jasione figlio
di
Elettra e di Giove, come attesta Omero nel quinto
rere discendendo dagli Dei ai mortali amò Jasione figlio di Elettra e
di
Giove, come attesta Omero nel quinto libro dell’
ffrendo nel suo figlio un rivale, col fulmine l’uccise. Lo Scoliaste
di
Teocrito vuole che da questo amore infelice nasce
rca. Abitò Cerere in Corcira, o Corfù, la quale innanzi che la figlia
di
Asopo ivi sepolto le dasse il suo nome, si chiamò
Asopo ivi sepolto le dasse il suo nome, si chiamò Drepano dalla falce
di
Saturno, come è la più comune opinione, o da quel
pinione, o da quelle che Cerere fé’ fabbricare a Vulcano onde il modo
di
mietere agli uomini insegnasse. La Sicilia tutta
crini. Agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese
di
Vulcano, E die lor non potere esser mai spenti, E
stagni, i torrenti, La terra, il mare; e poiché tutto il mondo Cercò
di
sopra, andò al Tartareo fondo. » Orlando Fur.,
12, St. 1, 2. Andando in traccia della figlia pervenne ad un castello
di
cui era signore Eleusio, cui la moglie Jona avend
utrice. La dea si offerse per questo ufficio, ed il fanciullo nutrito
di
latte divino maravigliosamente cresceva. Ammirava
vano i genitori la robustezza del fanciullo, e loro cadde in pensiero
di
osservare gli andamenti della nutrice. Scorse il
n carro tratto dai serpenti, perchè agli uomini insegnasse la maniera
di
seminare le biade. Altri narrano la stessa avvent
se la maniera di seminare le biade. Altri narrano la stessa avventura
di
Celeo, soggiungendo che fu padre di Trittolemo, e
Altri narrano la stessa avventura di Celeo, soggiungendo che fu padre
di
Trittolemo, e che amendoe furono da Cerere nella
e fu scoperto dal Mattei, e dal Runchenio pubblicato. Potè coll’aiuto
di
questi versi il celebre Visconti dare la spiegazi
uesti versi il celebre Visconti dare la spiegazione del basso rilievo
di
una patera non ancora compreso. Tanto è vero che
i artefici si formavano sui poeti, perciò con loro dividono la gloria
di
serbarci la religione e la storia delle nazioni.
bilimento dell’altra. Quindi è che gli antichi attribuivano la gloria
di
tutte due a Cerere, che i Latini confusero da pri
, la Terra. Distinta da questa, ella fu nonostante chiamata la regina
di
tutte le cose, la distributrice di tutte le ricch
a fu nonostante chiamata la regina di tutte le cose, la distributrice
di
tutte le ricchezze, la madre di tutte le piante e
na di tutte le cose, la distributrice di tutte le ricchezze, la madre
di
tutte le piante e di tutti gli animali; finalment
la distributrice di tutte le ricchezze, la madre di tutte le piante e
di
tutti gli animali; finalmente ella ebbe una folla
utte le piante e di tutti gli animali; finalmente ella ebbe una folla
di
epiteti consimili, che l’autore degl’Inni, falsam
ti relativi alle messi ed alla cultura della terra. Ora vi è coronata
di
spighe di grano; ora molte ne tiene nella mano; a
i alle messi ed alla cultura della terra. Ora vi è coronata di spighe
di
grano; ora molte ne tiene nella mano; altre volte
testa e tiene un’asta. Ella porta ancora la cornucopia, e dei piatti
di
frutti. Giove avendo promesso a Cerere che Proser
mmaginare dopo questa tradizione tutti gli epiteti, dei quali il nome
di
Cerere è accompagnato presso i poeti greci e lati
poeti greci e latini. Son troppo conosciuti per fermarvisi, e servirà
di
notare che l’uso di rappresentare la dea con le s
. Son troppo conosciuti per fermarvisi, e servirà di notare che l’uso
di
rappresentare la dea con le spighe di grano le av
, e servirà di notare che l’uso di rappresentare la dea con le spighe
di
grano le avea fatto consacrare il segno della Ver
tto consacrare il segno della Vergine, essendo la spiga un bell’astro
di
questa costellazione. Non solo i templi di Cerere
ndo la spiga un bell’astro di questa costellazione. Non solo i templi
di
Cerere erano ornati di fasci di spighe, ma degl’i
tro di questa costellazione. Non solo i templi di Cerere erano ornati
di
fasci di spighe, ma degl’istrumenti ancora della
esta costellazione. Non solo i templi di Cerere erano ornati di fasci
di
spighe, ma degl’istrumenti ancora della mietitura
ma degl’istrumenti ancora della mietitura. Si poneva la maggior parte
di
questi edifìzi fuori delle città, sia perchè la d
suo simbolo sopra molti monumenti. Ovidio, Virgilio, e un gran numero
di
poeti latini si sono serviti del nome di Cerere p
, Virgilio, e un gran numero di poeti latini si sono serviti del nome
di
Cerere per significare il pane. Si faceva onore d
o serviti del nome di Cerere per significare il pane. Si faceva onore
di
tutto ciò che si referisce all’agricoltura a ques
che volta confuso. Il primo rassomigliava a un cilindro, e si trovano
di
questa forma nelle vicinanze di Palestrina; il se
omigliava a un cilindro, e si trovano di questa forma nelle vicinanze
di
Palestrina; il secondo oflriva la figura di un gr
sta forma nelle vicinanze di Palestrina; il secondo oflriva la figura
di
un gran vaso, del quale l’ apertura è larga. Quan
so, del quale l’ apertura è larga. Quando se ne servivano nelle feste
di
Minerva era ripieno di lana, perchè questa dea, c
ra è larga. Quando se ne servivano nelle feste di Minerva era ripieno
di
lana, perchè questa dea, come vi accennai, aveva
di lana, perchè questa dea, come vi accennai, aveva insegnata l’arte
di
lavorarla. Al contrario in quelle di Cerere il ca
accennai, aveva insegnata l’arte di lavorarla. Al contrario in quelle
di
Cerere il calato, o canestro, rinchiudeva dei fio
l simbolo della Primavera, come quello dell’estate quando era ripieno
di
spighe. Una statua di Cerere trovata nelle rovine
era, come quello dell’estate quando era ripieno di spighe. Una statua
di
Cerere trovata nelle rovine di Eleusi offre quest
ando era ripieno di spighe. Una statua di Cerere trovata nelle rovine
di
Eleusi offre questa dea col calato sulla testa. I
sta ragione che sopra alcune medaglie si vede Cerere con delle spighe
di
grano, in mezzo delle quali si scorge una testa d
e con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si scorge una testa
di
papavero. Il serpente che è, per così dire, figli
redini, dall’altra una fiaccola, che in origine non era che un pezzo
di
pino. N’era rigorosamente prescritto l’uso nelle
pino. N’era rigorosamente prescritto l’uso nelle cerimonie del culto
di
Cerere. Le offrivano delle vitelle, e qualche vol
frivano delle vitelle, e qualche volta è rappresentata con. una testa
di
toro. Quantunque tutto questo possa aver relazion
i toro. Quantunque tutto questo possa aver relazione ad Iside modello
di
Cerere, io non penso che questa maniera di rappre
relazione ad Iside modello di Cerere, io non penso che questa maniera
di
rappresentare la dea greca sia tanto antica. Noi
ora nei monumenti antichi Cerere tenente della mano diritta una testa
di
montone, animale che le sacrificavano. Ma il porc
edue le mani, e con una troia ai piedi. Degli altri simboli e maniere
di
rappresentare Cerere, e di tutte le altre cose in
ia ai piedi. Degli altri simboli e maniere di rappresentare Cerere, e
di
tutte le altre cose interessano la storia ed il c
re Cerere, e di tutte le altre cose interessano la storia ed il culto
di
questa divinità famosa, parlerò nelle seguenti Le
ivinità famosa, parlerò nelle seguenti Lezioni. Nè sarà per me omesso
di
trattare delle feste di lei e dei misteri Eleusin
nelle seguenti Lezioni. Nè sarà per me omesso di trattare delle feste
di
lei e dei misteri Eleusini, i quali, sui teatri s
perdonando alla fatica pel vostro vantaggio, ho tradotto il poemetto
di
Claudiano sul ratto di Proserpina, che può presta
pel vostro vantaggio, ho tradotto il poemetto di Claudiano sul ratto
di
Proserpina, che può prestare tante immagini al pi
onamenti sopra Cerere, Udite intanto parte del primo libro: Il ratto
di
Proserpina. Lungi, profani: io piiì mortai non so
: Il ratto di Proserpina. Lungi, profani: io piiì mortai non sono, E
di
Febo il furor mi agita il petto. Nelle sedi trema
esti meditò la guerra. Perchè, dannato a steril vita, ignora Dolcezza
di
marito, e non ascolta Nome di padre Dall’abisso i
dannato a steril vita, ignora Dolcezza di marito, e non ascolta Nome
di
padre Dall’abisso in torma Escono tutti dell’Aver
pposte Briareo sanguigno. Le custodi Parche Le minacele vietar del re
di
Dite. Avanti il soglio del severo capo Sparsero l
ommo imperator dell’ombre. Per cui corrono sempre i nostri fusi. Che,
di
tutto principio e fin, compensa Con le veci di vi
re i nostri fusi. Che, di tutto principio e fin, compensa Con le veci
di
vita alterna morte, Per cui s’avviva la materia,
una consorte, e Giove Non fia che a te la neghi. — Udì le preci Il re
di
Dite, e n’arrossì: l’atroce Indocil’alma illangui
arrossì: l’atroce Indocil’alma illanguidiva, eguale A Borea allor che
di
pruine armato L’ispido mento e le sonanti penne I
cosse indietro Le sonore procelle agli antri loro. Quindi comanda che
di
Maja il figlio Si faccia innanzi, onde gli ardent
notte, Ch’ ultimo nella sorte io sol possiedo Informi spiaggie, e te
di
luce il cielo Cinge, e calpesti con altero piede
posi Tu dal fulmine stanco in grembo a Giuno. Gli ascosi furti tacerò
di
Temi E di Cerer gli amplessi, onde di figli Beata
l fulmine stanco in grembo a Giuno. Gli ascosi furti tacerò di Temi E
di
Cerer gli amplessi, onde di figli Beata turba ti
Giuno. Gli ascosi furti tacerò di Temi E di Cerer gli amplessi, onde
di
figli Beata turba ti corona. Io traggo Oscuri gio
questa Pace infernale: dell’antica notte 1 principi ne attesto, e te
di
Stige, Pallor del cielo, inviolato flutto. Se Gio
flutto. Se Giove non consente, a nuova guerra Trarrò l’aperta Dite, e
di
Saturno Fransfere io vosrlio le catene antiche: S
: del richiesto nodo Qual sarà il frutto? e chi col puro sole L’ombre
di
Stige Gambiera? Piaceva Alfin questo consiglio al
, abbiano degli artefici guidata la mano. L’istinto che ha la formica
di
riunire il grano l’avrà fatta porre nell’opere a
iunge. I galli piacevano a Cerere, ed uno si mira sul modio, o moggio
di
lei, stringere nel becco un topo, considerato con
a dea delle biade. Ecco la ragione per la quale si trova nel rovescio
di
molte medaglie che hanno una spiga di grano, sull
la quale si trova nel rovescio di molte medaglie che hanno una spiga
di
grano, sulla quale siede uno di questi animali. L
di molte medaglie che hanno una spiga di grano, sulla quale siede uno
di
questi animali. Le gru passavano ancora per fedel
uno di questi animali. Le gru passavano ancora per fedeli interpreti
di
Cerere, e le erano con sacrate. L’immaginazione d
li adottati nel principio dal popolo, ne ha creati grandissimo numero
di
altri, che ad altra divinità possono riferirsi. E
sedente sul globo. Lo scettro ed il fulmine ch’ella tiene, sono segni
di
possanza, che comuni le sono con altri numi. Simi
che si vede ancora sopra alcuni monumenti non è particolare attributo
di
lei; e non può essere che l’offerta di capitani c
ti non è particolare attributo di lei; e non può essere che l’offerta
di
capitani che abbiano creduto doverle dell’armi lo
bbiano creduto doverle dell’armi loro la fortuna. La palma, la corona
di
lauro altra origine non hanno; ed il leone, che s
era simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadia Cerere era vestita
di
nero, con un delfino in una mano, con una colomba
una colomba nell’altra, lo che accennava i mal graditi abbracciamenti
di
Nettuno, e il dolore in cui l’immerse Plutone rap
racciamenti di Nettuno, e il dolore in cui l’immerse Plutone rapitore
di
Proserpina, eterna cura della dea. La diversità d
iù remota antichità Cerere non ebbe tutti questi attributi: le statue
di
lei non furono che informi pietre, legni, come qu
i: le statue di lei non furono che informi pietre, legni, come quelle
di
tutte le divinità più famose. Questa forma fu con
ivinità più famose. Questa forma fu conservata a Cerere sotto il nome
di
Paria, o Egiziana, perchè poco da Iside differisc
gressi dei Greci nelle arti fecero loro abbandonare rapidamente l’uso
di
quelle masse informi, di quelle figure mostruose,
ti fecero loro abbandonare rapidamente l’uso di quelle masse informi,
di
quelle figure mostruose, e di quelli atteggiament
idamente l’uso di quelle masse informi, di quelle figure mostruose, e
di
quelli atteggiamenti sforzati che caratterizzano
rere espressa con un velo che cade sulla parte posteriore della veste
di
lei: porta un alto diadema, dal quale escono di s
osteriore della veste di lei: porta un alto diadema, dal quale escono
di
sopra foglie e spighe. Quella parte di capelli, c
alto diadema, dal quale escono di sopra foglie e spighe. Quella parte
di
capelli, che non è nascosa, con felice disordine
isordine adombra la fronte. Qual variazione fatta non si era ai tempi
di
Albrico: Cerere dal dolore distinta viene indicat
mpi di Albrico: Cerere dal dolore distinta viene indicata con l’abito
di
una vecchia contadina seduta sopra un bove: ella
sopra un bove: ella portava, ed aveva al braccio un canestro ripieno
di
sementa. Dai lati erano due agricoltori, dei qual
lica i simboli, e diviene tutto enimma e confusione. Tale è la statua
di
Cerere con ali, che hanno neir estremità un raggi
opie, delle quali escono due figure allegoriche. Stanno sulle braccia
di
lei Castore e Polluce: sta in piedi accanto ad un
o ad un altare con una patera nella mano. Chi cercherà la spiegazione
di
questo monumento? E un poco meno difficile di pen
cercherà la spiegazione di questo monumento? E un poco meno difficile
di
penetrare il senso allegorico di un altro, che of
monumento? E un poco meno difficile di penetrare il senso allegorico
di
un altro, che ofi’re la fisrura di Cerere fra due
e di penetrare il senso allegorico di un altro, che ofi’re la fisrura
di
Cerere fra due alberi carichi di frutta. Si vede
o di un altro, che ofi’re la fisrura di Cerere fra due alberi carichi
di
frutta. Si vede a destra Giunone dea delle nuvole
aglie con spighe nella mano, da Cerere non differisca. Che che ne sia
di
questa congettura, egli è certo che grande amiciz
to che grande amicizia regnava fra le dee. Perciò Cofìsidoro immaginò
di
fare una statua della Pace, che avesse in seno il
are una statua della Pace, che avesse in seno il giovine Pluto figlio
di
Cerere. L’allegoria divien sensibile pei racconti
ine Pluto figlio di Cerere. L’allegoria divien sensibile pei racconti
di
Esiodo e di Omero.- Dicono essi che questo dio de
glio di Cerere. L’allegoria divien sensibile pei racconti di Esiodo e
di
Omero.- Dicono essi che questo dio delle ricchezz
- Dicono essi che questo dio delle ricchezze fu il frutto degli amori
di
Cerere con Jasione. Gli scrittori seguenti hanno
a questo racconto il senso il più semplice ed il più vero. Petellide
di
Cnosso assicurava che Pluto ebbe il fratello Filo
ebbe dalla fatica sussistenza migliore. Ammirando Cerere il ritrovato
di
lui, lo rapì, e lo pose nel cielo fra le costella
lui, lo rapì, e lo pose nel cielo fra le costellazioni sotto il nome
di
Bifolco. Questa favola non mi sembra così antica
dente, ma l’allegoria rinchiude in sé un’eguale evidenza. La fatica è
di
compenso al povero per le ricchezze, e somministr
è di compenso al povero per le ricchezze, e somministrandogli il modo
di
soddisfare alle necessità della vita, può fargli
nel santuario profetico successe. Per la cessione libera e volontaria
di
lei, Febe sua sorella ne divenne la terza sovrana
la nascita del suo nipote gliene fece un dono, e gli diede il cognome
di
Febo. — Apollo fu dunque il quarto che rispose gl
dato luogo alla favola, la quale suppone che Cerere divori la spalla
di
Pelope, alla quale ne fu sostituita un’ altra di
ere divori la spalla di Pelope, alla quale ne fu sostituita un’ altra
di
avorio. Non è difficile comprendere il senso dell
ll’avorio significfite. Conviene adesso accennare brevemente il ratto
di
Proserpina, uno dei principali avvenimenti della
e il ratto di Proserpina, uno dei principali avvenimenti della storia
di
Cerere. Ai primi poeti, e fra gli altri Fante, ch
Prassitele, rappresentarono questo fatto inciso ancora sulle medaglie
di
molti popoli della Sicilia e dell’Asia Minore. In
antico si vede Plutone che rapisce Proserpina malgrado le dissuasioni
di
Minerva. Mercurio, utile in questa intrapresa, pr
sa, precede il carro del rapitore, e sembra voler consolare la figlia
di
Cerere. Questa composizione allegorica può essere
to. In quello si vede sopra una colonna la Persuasione; sotto i piedi
di
lei Venere seduta, che ha sulle ginocchia Paride
sione, nè attributi che possano fargli conoscere. Ritornando al ratto
di
Proserpina io non credo antichissima l’ idea di f
. Ritornando al ratto di Proserpina io non credo antichissima l’ idea
di
fare trasportare il carro di Plutone da dei cigni
erpina io non credo antichissima l’ idea di fare trasportare il carro
di
Plutone da dei cigni, o da cavalli guidati dall’A
Amore, come si vede in due gemme del Museo Stosciano. E mi si conceda
di
portare lo stesso giudizio sulla rappresentazione
lo che si riferisce alle relazioni immaginate più tardi fra la favola
di
Proserpina ed il sistema astronomico. Il ratto d
ardi fra la favola di Proserpina ed il sistema astronomico. Il ratto
di
Proserpina. (continuazione). Etna al Cielo antepo
tra la getula Teti E scote i lilibei bracci spumando; Quinci sdegnosa
di
ripari scote Peloro opposto la Tirrena rabbia. In
ed adorna. Etna innanzi ai fuggenti occhi decresce: Ahi quante volte
di
presago pianto Bagnò le gote: e volse indietro i
rra, Più cara a me del cielo; io del mio sangue La gioia ed il dolor,
di
questo petto Caro dolor, ti raccomando. Avrai Tu
rere. L’agricoltura e le leggi affidate a Cerere, ricca la rendono
di
attributi e di simboli più di ogni altra dea. La
coltura e le leggi affidate a Cerere, ricca la rendono di attributi e
di
simboli più di ogni altra dea. La presente Lezion
ggi affidate a Cerere, ricca la rendono di attributi e di simboli più
di
ogni altra dea. La presente Lezione è destinata a
nn in due belle figure della Villa Negroni, credute Cariatidi, dubita
di
ravvisarvi due simulacri di Cerere. Sopra una pie
Villa Negroni, credute Cariatidi, dubita di ravvisarvi due simulacri
di
Cerere. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di
isarvi due simulacri di Cerere. Sopra una pietra incisa del Gabinetto
di
Stosch questa dea è in un carro tirato da due ele
In un’ altra si vede presso lei una formica, che trasporta una spiga
di
grano. Credesi trovare in una figura riportata da
leone. Alcuni hanno creduto riconoscere Trittolemo sulla bella coppa
di
Farnese, già nel Gabinetto del re di Napoli: quel
ere Trittolemo sulla bella coppa di Farnese, già nel Gabinetto del re
di
Napoli: quello che è tenuto da questa figura semb
Napoli: quello che è tenuto da questa figura sembra essere una specie
di
sacco. Un’urna sepolcrale, pubblicata da Montfauc
n carro tirato da due serpenti. Cerere è rappresentata sulle medaglie
di
Palermo come Giunone, cioè col capo coperto da un
ile, come Lessing ha riflettuto nella sua famosa opera sul Laocoonte,
di
trovare nei monumenti delle arti le divinità con
ata con sì belle sembianze quanto in una moneta d’argento della città
di
Metaponto nella Magna Grecia, esistente nel Museo
apoli. Nel rovescio vi sono, secondo il solito, impresse delle spiche
di
frumento, sulle cui foglie posa un sorcio. Essa h
posa un sorcio. Essa ha qui, come sopra altre monete, il manto tirato
di
dietro sulla veste, e porta intrecciato fra le sp
ntrecciato fra le spighe e le foglie un diadema elevato alla marniera
di
Giunone, coperto in parte dai capelli che ha giud
à della Ma^na Grecia e della Sicilia sem brano essersi molto studiate
di
dare sulle loro monete sì alla madre che alla fig
ezza: e diffìcilmente si troveranno ancora pel conio monete più belle
di
alcune siracusane rappresentanti una testa di Pro
conio monete più belle di alcune siracusane rappresentanti una testa
di
Proserpina, e nel rovescio un Vincitore con una q
a collezione del signor Pellerin. Si vede in esse Proserpina coronata
di
frondi lunghe e appuntate, simile a quelle che or
e appuntate, simile a quelle che ornano insieme alle spiche la testa
di
Cerere: e quindi le credo foglie dello stelo del
sta di Cerere: e quindi le credo foglie dello stelo del grano anziché
di
canna palustre, quali furono giudicate da alcuni
quali furono giudicate da alcuni scrittori, che perciò si avvisarono
di
vedere in quelle monete l’effigie della ninfa Are
uzione delle forme principali del nudo e senza affettata ricercatezza
di
partiti, rendono questa scultura un esemplare nel
ale, i papaveri e le spighe che ha nella manca sono le qualificazioni
di
Cerere: ma conviene avvertire ch’essendo la sinis
a conviene avvertire ch’essendo la sinistra mano con quanto contiene,
di
moderno risarcimento, non siamo sicuri che siasi
’opinione del Venuti che la credeva una Giulia Pia: men strana quella
di
Paolo Alessandro Maffeì, che nel pub])licarla fra
olo Alessandro Maffeì, che nel pub])licarla fra le più insigni statue
di
Roma, l’appellò Crispina, quantunque non simigli
issime e verisimilmente ideali. In questa oscurità non posso omettere
di
lodare l’avvedimento di chi l’ha fatta ristaurare
ideali. In questa oscurità non posso omettere di lodare l’avvedimento
di
chi l’ha fatta ristaurare per Cerere, però che la
ere alle medesime idee nel figurarla velata. « Di altezza colossale e
di
nobile artifizio è ancor la presente statua, tolt
ntentare 1’ occhio egualmente che la riflessione, la quale non lascia
di
distinguervi la scelta e l’ideale. Si può dire ch
sali, restandone i dintorni tutti assai distinti ed osservabili ancor
di
lontano, e non offrendo neppure d’appresso punto
osservabili ancor di lontano, e non offrendo neppure d’appresso punto
di
rozzo, di trascurato: ma essendo quelle linee par
i ancor di lontano, e non offrendo neppure d’appresso punto di rozzo,
di
trascurato: ma essendo quelle linee parallele, ch
e pieghe del panneggiamento, con tale intelligenza disposte e variate
di
spazi che al tempo istesso che non cagionano veru
na esatta imitazione della natura. Insomma se il precedente fa mostra
di
maggior grazia e di maggiore eleganza, questo sem
della natura. Insomma se il precedente fa mostra di maggior grazia e
di
maggiore eleganza, questo sembra eseguito con mag
iore maestria. « Questa figura femminile priva delle braccia, vestita
di
una semplice tunica talare stretta e alquanto rip
gue tutto l’andamento della veste soprapostavi; priva ancora nel capo
di
ogni ornamento straordinario che simbolico potess
conseguenti nelle loro pratiche, come altre forme davano alle membra
di
un dio che a quelle d’un eroe e d’un uomo, altre
a quelle d’un eroe e d’un uomo, altre a quelle d’Apollo che a quelle
di
Bacco, o di Mercurio, di Marte, così di altre rag
un eroe e d’un uomo, altre a quelle d’Apollo che a quelle di Bacco, o
di
Mercurio, di Marte, così di altre ragioni si serv
n uomo, altre a quelle d’Apollo che a quelle di Bacco, o di Mercurio,
di
Marte, così di altre ragioni si servissero per un
quelle d’Apollo che a quelle di Bacco, o di Mercurio, di Marte, così
di
altre ragioni si servissero per una Venere, d’alt
ta proporzione meno svelta che in altre figure, una maggior larghezza
di
spalle, maggior rilievo di petto e di fianchi che
che in altre figure, una maggior larghezza di spalle, maggior rilievo
di
petto e di fianchi che Tordmario, ho creduto che
e figure, una maggior larghezza di spalle, maggior rilievo di petto e
di
fianchi che Tordmario, ho creduto che siasi volut
uadrata e robusta così bene espressa da Lucrezio con quei due epiteti
di
doppia e mammosa, che sembrano aver suggerito al
che sembrano aver suggerito al nostro artefice il carattere generale
di
questa scultura destinata, come suppongo, per eff
ere generale di questa scultura destinata, come suppongo, per effigie
di
quella dea che fu propriamente cognominata Alma,
farà specie che le si ergessero simulacri colossali, e che forse uno
di
questi fosse collocato nel teatro di Pompeo, esse
lacri colossali, e che forse uno di questi fosse collocato nel teatro
di
Pompeo, essendo le rappresentazioni teatrali entr
l culto greco e romano, ed essendo particolarmente Cerere la compagna
di
Bacco, nume propriamente autore e preside del tea
iamente autore e preside del teatro. » Udite il fine del primo libro
di
Claudiano sul ratto di Proserpina. Il ratto di P
e del teatro. » Udite il fine del primo libro di Claudiano sul ratto
di
Proserpina. Il ratto di Proserpina. (Continuazio
fine del primo libro di Claudiano sul ratto di Proserpina. Il ratto
di
Proserpina. (Continuazione). E sede augusta Ida a
a, Di mie cure il segreto affido: il fato Vuol Proserpina unita al re
di
Dite. Così Temi predisse: Atropo incalza La preda
ompie il suo decreto il tempo. Invadi la Sicilia, opra le frodi, Armi
di
te; quando l’Aurora appare Sul balzo d’Oriente, a
aterno cenno Obbediente la seguì Minerva: Si fé’ terza la dea, terror
di
belve. Splende la strada sotto i pie divini: Dell
e divini: Dell’attonito mondo augurio scende La Cometa cosi; splendon
di
sangue I crini, e d’essi la minaccia accenna Temp
ccia accenna Tempesta ai legni, alle città nemica. Vennero a loco ove
di
Cerer splende La sede, già sudor lungo ai Ciclopi
a loco ove di Cerer splende La sede, già sudor lungo ai Ciclopi: Son
di
ferro le mura, e ferro sono Le porte. Stanchi Pir
erfetta La gradita fatica, e sopra il volto A lei corse un color come
di
rose. Cui l’opposto candor beltade accresce. Era
andor beltade accresce. Era nell’Oceàn celato il sole Spargeva i doni
di
quiete amica L’umida notte, e la cerulea biga Seg
i stagni, onde lor spuma D’oblio sicuro l’assopita lingua. Orfneo che
di
crudel luce risplende, Eton che indietro la saett
o la saetta lascia, E Nitteo gloria dello stigio armento, Alastor che
di
Dite il fumo segna, Si stanno innanzi alle alte s
saghi Sian della preda che il signore attende. (Fine del primo libro
di
Claudiano). Lezione trentesimaquarta. Feste Te
ne trentesimaquarta. Feste Tesmoforie e misteri Eleusini. Le feste
di
Cerere dette Tesmoforie furono, secondo Demostene
doro Siculo e Plutarco, trasferite dall’Egitto nella Grecia col mezzo
di
Orfeo, che le cerimonie sacre ad Osiride ed Iside
onie sacre ad Osiride ed Iside ridusse al culto della dea ed a quello
di
Bacco. A Trittolemo, secondo altri, figlio di Cel
o della dea ed a quello di Bacco. A Trittolemo, secondo altri, figlio
di
Celeo devesi delle mentovate feste l’instituzione
nx^^ggior fede il primo, perchè Esichio cristiano era meno a portata
di
conoscer le pratiche dell’idolatria. Presedevano
tiche dell’idolatria. Presedevano alle Tesmoforie due donne maritate,
di
legittimi natali, scelte da un’assemblea del loro
sse della Gran Dea chiamate Miste. Il signor D’Hancarville ha preteso
di
escludere questa opinione, ma il famoso Visconti
ute, portavano sul capo libri legali, come si ricava dallo Scoliaste
di
Teocrito. Si astenevano dall’opera di Venere per
come si ricava dallo Scoliaste di Teocrito. Si astenevano dall’opera
di
Venere per alcuni giorni, e gran rimedio alle vog
an rimedio alle voglie impudiche credevano il dormire sopra le foglie
di
vetrice. Mangiavano ancora l’aglio per studio di
mire sopra le foglie di vetrice. Mangiavano ancora l’aglio per studio
di
castità. Per togliere ancora il sospetto dell’imp
luogo, che perciò Tesmoforio era detto. Era sacrilegio l’usar corone
di
fiori, perchè a Cerere rammentavano le sventure d
avano le sventure della rapita figlia, e con eguale rigore proibivasi
di
mangiare il melagrano, giacché Proserpina, per av
rario i misteri eleusini ebbero per oggetto il diverso pellegrinaggio
di
Cerere per la rapita Proserpina, e i doni dell’ag
iorno delle feste celebrare un sacrifizio detto ^V7f/t« coli’ oggetto
di
allontanare lo sdegno della dea, se per caso nell
scorgerle nel celebre vaso etrusco della Galleria, qualora l’opinione
di
Visconti sia vera. E prezzo dell’opera il favella
rà che tutta la Grecia vi concorreva, che i Romani istituirono a gara
di
quelli i celebri giuochi secolari, documento dell
a gara di quelli i celebri giuochi secolari, documento dell’ altezza
di
quel popolo signore del mondo, che fissò i limiti
. Vien riferita ad Eamolpo per altri, che ne prendono motivo dal nome
di
Eumolpidi, che i sacerdoti dei Misteri avevano in
questo particolare. Tertulliano nel suo Apologetico divide la gloria
di
questa impresa, dicendo che Orfeo in Pieria, Muse
ia obbligarono gli uomini a queste iniziazioni. Ma quale è la cagione
di
questi misteri? Scorrendo Cerere in traccia della
cioè sensa riso, presso il pozzo Callicoro. Poscia venuta nella sede
di
Celeo, che comandava agli Eleusini, rinacque dopo
tituito un coro, cantarono un inno alla dea. Secondo Cicerone, niente
di
più divino diede Atene di questi misteri, pei qua
un inno alla dea. Secondo Cicerone, niente di più divino diede Atene
di
questi misteri, pei quali dalla rozza e feroce vi
usa: i secondi si devono al fatto seguente. Doveva Ercole per comando
di
Euristeo trar Cerbero dall’ Inferno, e non volend
domanda d’Ercole amico e benemerito degli Ateniesi. Si trovò il modo
di
conciliare questa difficoltà. Piglio adottò Ercol
nicarsi. I maggiori erano sacri a Cerere, i minori a Proserpina fìgha
di
lei. Differivano ancora nel luogo e nel tempo, gi
si, i secondi in Agrea nell’Attica. I maggiori avevano luogo nel mese
di
(grec)Agosto; i minori nel Gennaio (grec). Nei mi
all’iniziazione colle lustrazioni. Queste facevansi ponendo le pelli
di
vittime immolate a Giove sotto i piedi di quelli
facevansi ponendo le pelli di vittime immolate a Giove sotto i piedi
di
quelli che avevano dei sacrilegi commessi. D’uopo
di di quelli che avevano dei sacrilegi commessi. D’uopo vi era ancora
di
corone e fiori; ed Idrano, dall’acqua, si chiamav
ti del Pireo. Nei primi tempi non v’ era spesa, ma Aristogitone pensò
di
trarre una ^rendita per l’erario di Atene fissand
era spesa, ma Aristogitone pensò di trarre una ^rendita per l’erario
di
Atene fissando una mercede per coloro che volevan
parte interiore del tempio. Dei veli pendenti assicuravano il segreto
di
ciò che si faceva nel sacrario. Che più? vi erano
ntimi erano solo conosciuti, e conveniva aspettare cinque anni avanti
di
essere ammesso all’iniziazione che si celebrava d
cinque anni avanti di essere ammesso all’iniziazione che si celebrava
di
notte. Il ratto di Proserpina. (Continuazione).
i essere ammesso all’iniziazione che si celebrava di notte. Il ratto
di
Proserpina. (Continuazione). Gl’Ionii flutti col
rati La Verginella dei materni detti Immemore: cosi voUer le Parche E
di
Vener l’inganno: il vicin fato Con mesto cigolio
gio alcuno, e seco Volgon il piò le dee sorelle: è prima Venere lieta
di
sua frode: in core, Conscia di tanto furto, essa
ò le dee sorelle: è prima Venere lieta di sua frode: in core, Conscia
di
tanto furto, essa misura Del rapitor l’inusitata
e fa le Pandionie rocche; Una ministra della guerra, e l’altra Terror
di
belve: è nel cimiero aurato Tifon scolpito, che n
dido manto Alla Gorgone adombra il crin fìschiante. Dolce è r aspetto
di
Diana, e molto Fratello era nel viso, e vedi i lu
to di Diana, e molto Fratello era nel viso, e vedi i lumi E le guance
di
Febo: il sesso solo Gli distingue. Splendean le n
ristide, il tempio Eleusino accoglieva nel suo recinto maggior numero
di
persone che ogni città di Grecia nelle sue feste.
o accoglieva nel suo recinto maggior numero di persone che ogni città
di
Grecia nelle sue feste. Il sacrario, secondo Stra
pavimento e le congiunse cogli epistilii; altri architetti decorarono
di
ben intesi ornamenti. Gl’iniziandi si coronavano
itetti decorarono di ben intesi ornamenti. Gl’iniziandi si coronavano
di
mirto, si tergevano le mani coiraccjua sacra avan
si coronavano di mirto, si tergevano le mani coiraccjua sacra avanti
di
entrar nel tempio, che senza un sacrifizio non s’
figure d’animali, mille arcani segni impedivano al profano la lettura
di
questi libri, e n’assicuravano al sacerdote il se
erano letti innanzi dal gran sacerdote detto Jerofante: eran composti
di
allegorie dirette ad incutere orrore e meraviglia
ondevano: Digiunai, e bevvi il ciceone, — ch’era una bevanda composta
di
molti liquori, che Cerere per le persuasioni di u
una bevanda composta di molti liquori, che Cerere per le persuasioni
di
una donna chiamata Baubone, bevve nel suo dolore
ora si udivano gridi, lamenti: ora tenebre, ora luce, ora apparizione
di
fulmini, di mostri spaventavano, come ho notato d
no gridi, lamenti: ora tenebre, ora luce, ora apparizione di fulmini,
di
mostri spaventavano, come ho notato di sopra, gl’
e, ora apparizione di fulmini, di mostri spaventavano, come ho notato
di
sopra, gl’iniziandi fra il canto e la danza. Coll
r delle fasce ai fanciulli. Il sacerdote, o maestro dei misteri, come
di
sopra per me vi fu detto, Jerofante si chiamava,
Jerofante si chiamava, ed era delitto per l’iniziato rivelare in nome
di
lui. Si ornava nelle sembianze di Creatore, ed er
tto per l’iniziato rivelare in nome di lui. Si ornava nelle sembianze
di
Creatore, ed era insigne per l’ammanto, per la ch
la benda, e per la voce e per l’età venerando, Atene aveva il diritto
di
dare questi ministri, che dedicandosi ad una perp
icandosi ad una perpetua verginità, stimavano gran rimedio agl’impeti
di
amore il liquore della cicuta. Oltre l’Jerofante
tro dell’ara la Luna. Presedeva poi ai misteri un prefetto col titolo
di
re, il quale comandava che ogni nemico dalle ceri
e cose che si fossero fatte contro il rito. Ad altri quattro col nome
di
Curatori, scelti dal popolo, per legge era commes
i Greci tutti. Demonace e Socrate l’omisero. Quanto vaglia l’autorità
di
quest’ultimo lo sa chiunque ama la virtù, e non c
a l’autorità di quest’ultimo lo sa chiunque ama la virtù, e non cerca
di
scemarle la fede del genere umano con insensati s
Nè dimenticherò lo Scita Anacarsi, reso ancor più famoso dall’ opera
di
Barthélemy, che combina il gusto e l’erudizione.
al maniera si consacravano furono chiamate Melissee. Uno dei vantaggi
di
questi misteri era che gl’iniziati obbligati si c
cizio della virtù più severa. Cicerone dice che non solo erano causa
di
vivere con allegrezza, ma pure di morire con buon
erone dice che non solo erano causa di vivere con allegrezza, ma pure
di
morire con buone speranze. Era opinione che le de
a opinione che le dee Eleusine, Cerere e Proserpina, fossero liberali
di
buoni consigli. Il merito di questi prestigi segu
e, Cerere e Proserpina, fossero liberali di buoni consigli. Il merito
di
questi prestigi seguiva ancora nell’Inferno l’omb
a ancora nell’Inferno l’ombre dei devoti, onde la morte era principio
di
un migliore avvenire. I non iniziati erano allont
di un migliore avvenire. I non iniziati erano allontanati dal tempio
di
Cerere; e ciò fu cagione di guerra fra Filippo e
non iniziati erano allontanati dal tempio di Cerere; e ciò fu cagione
di
guerra fra Filippo e gli Ateniesi, che dell’antic
, che dell’antica fortuna non conservano che la superbia. Due giovani
di
Acarnia ignari di queste cerimonie entrarono nel
fortuna non conservano che la superbia. Due giovani di Acarnia ignari
di
queste cerimonie entrarono nel tempio cogl’inizia
perse per profani, e condotti ai prefetti del tempio furono, come rei
di
grave colpa, uccisi. I non iniziati erano dall’op
icidi ancora involontarii, i magi, i prestigiatori (forse per gelosia
di
mestiere), e finalmente quelli ch’erano macchiati
orse per gelosia di mestiere), e finalmente quelli ch’erano macchiati
di
qualunque delitto. Era delitto divulgare i riti d
ch’erano macchiati di qualunque delitto. Era delitto divulgare i riti
di
Cerere ai profani, ed erano obbligati al segreto
rve in alcune sue opere avere toccato con profana curiosità i misteri
di
Cerere. Orazio, forse il più filosofo dei poeti,
uesto soggetto, nella seguente Lezione. Udite parte del secondo libro
di
Claudiano. Il ratto di Proserpina. (Continuazion
guente Lezione. Udite parte del secondo libro di Claudiano. Il ratto
di
Proserpina. (Continuazione). Di Cerere la prole è
trali sembrar Diana, e Palla Se lo scudo portasse: arte felice, Emula
di
natura, a lei pingea La veste, e qui l’Iperionia
al tripudio le Meonie ninfe, Che l’Ermo nutre, nel solenne rito Fanno
di
Bacco, e le paterne ripe Scorron con ebra gioia:
genitor soave, Che pei miei prati con lascivo volo Regni, e fai lieto
di
rugiada l’anno, Mira le ninfe, e del signor del t
ei fior serto dei numi. — Disse, e Zeffir scotea tosto le penne Umide
di
rugiada, e col fecondo Umor marita le soggette gl
lor: sparge le rose Di sanguigno splendore, e dolce tinge Le violette
di
color ferrigno.. Non tanti nelle penne Iride acco
esse Altra i candidi gigli, e chi le tempia Coll’amaraco adorna, e va
di
rose Coronata, e del bel ligustro adorna Il sen,
i, gran parte dell’antica religione. Nel decimoquinto giorno del mese
di
Agosto, detto dai Greci Boedromione, aveva princi
oedromione, aveva principio la solennità, come da Plutarco nella vita
di
Camillo e di Alessandro si rileva. È incerto per
veva principio la solennità, come da Plutarco nella vita di Camillo e
di
Alessandro si rileva. È incerto per quanto tempo
Nel secondo il banditore della cerimonia avvertiva i Misti iniziati,
di
portarsi al mare. Nel terzo si facevano dei sacri
sacrifizii, s’immolava la triglia sacra a Cerere, la quale vietavasi
di
gustare agl’iniziati. Si aggiungeva alle libazion
campo Rario, ed era sacrilegio il gettare niente fuora. Il sacerdote
di
Giunone non poteva gustare di veruna cosa, e quan
o il gettare niente fuora. Il sacerdote di Giunone non poteva gustare
di
veruna cosa, e quando si solennizava la festa di
e non poteva gustare di veruna cosa, e quando si solennizava la festa
di
Cerere chiudevasi il tempio della dea, come quell
nizava la festa di Cerere chiudevasi il tempio della dea, come quello
di
Cerere quando era la festività di Giunone. Nel qu
si il tempio della dea, come quello di Cerere quando era la festività
di
Giunone. Nel quarto giorno vi era la processione
to rito ai fiori colti da Proserpina nei prati siciliani, ed al ratto
di
lei, cagione di perpetuo dolore alla madre. Quest
colti da Proserpina nei prati siciliani, ed al ratto di lei, cagione
di
perpetuo dolore alla madre. Questo carro aveva le
sto, che lentamente procedeva, veniano le donne con le ceste mistiche
di
purpurea fascia circondate. Avean la forma di arc
e con le ceste mistiche di purpurea fascia circondate. Avean la forma
di
arca, e vi eran nascosi serpenti, piramidi, volum
Avean la forma di arca, e vi eran nascosi serpenti, piramidi, volumi
di
lane e melagrani, che vietarono a Proserpina di e
nti, piramidi, volumi di lane e melagrani, che vietarono a Proserpina
di
esser restituita a Cerere. Nel quinto giorno anda
di esser restituita a Cerere. Nel quinto giorno andavano gl’iniziati
di
ambidue i sessi portando di notte con volto truce
e. Nel quinto giorno andavano gl’iniziati di ambidue i sessi portando
di
notte con volto truce le fiaccole, intorno alla g
grandezza delle quali si gareggiava. Alludevano in ciò al lungo errar
di
Cerere dopo avere accese le faci al monte Etneo.
accese le faci al monte Etneo. Nel sesto giorno vi era la processione
di
Bacco, coronato di mirto e non di edera, come con
onte Etneo. Nel sesto giorno vi era la processione di Bacco, coronato
di
mirto e non di edera, come con error manifesto lo
sesto giorno vi era la processione di Bacco, coronato di mirto e non
di
edera, come con error manifesto lo rappresenta Cl
festo lo rappresenta Claudiano. Questo Bacco non era il Tebano figlio
di
Giove e di Semele, ma un altro che dal re degli D
ppresenta Claudiano. Questo Bacco non era il Tebano figlio di Giove e
di
Semele, ma un altro che dal re degli Dei e da Cer
entavano gli Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi era una specie
di
caccia, certame, che giovani a piedi e a cavallo
ertame, che giovani a piedi e a cavallo facevano coi tori. Una misura
di
orzo n’era il premio, perchè questo vegetabile er
ilievo antico pubblicato dal Lami nell’opera del Meursio sul soggetto
di
cui si tratta. L’ottavo giorno si diceva Epidauri
giorno si diceva Epidaurio, perchè instituito dagli Ateniesi in onore
di
Esculapio, che venne da Epidauro dopo i celebrati
la solennità erano i rei e i debitori sicuri. Era vietato alle donne
di
andare ad Eleusi colle bighe, e gli asini avean l
alle donne di andare ad Eleusi colle bighe, e gli asini avean l’onore
di
portare tutto quello che era necessario pei miste
i cristiani, e che Valentiniano, che proibir gli voleva, fu costretto
di
concederne alle preghiere di un uomo illustre la
no, che proibir gli voleva, fu costretto di concederne alle preghiere
di
un uomo illustre la continuazione. Teodosio il ma
lasi, dai Feniati, dagli Spartani e dai Cretesi. Claudio Cesare tentò
di
trasportarli presso i Romani, e la sua intenzione
rtanti intorno ad un soggetto tanto rammentato dagli scrittori, e non
di
rado espresso nei monumenti. Voi ancora potete di
enti. Voi ancora potete dire d’ essere iniziati. Claudiano terminerà
di
raccontarvi di Proserpina le avventure. Il ratto
a potete dire d’ essere iniziati. Claudiano terminerà di raccontarvi
di
Proserpina le avventure. Il ratto di Proserpina.
udiano terminerà di raccontarvi di Proserpina le avventure. Il ratto
di
Proserpina. (Continuazione). Ogni altra ninfa nel
o dei fiori Di Cerere vincea l’unica speme: Il ridente canestro empie
di
foglie Agresti e i fiori accoppia, e sé corona Fa
con nuovi serti insegna. La ferrea cima lussureggia, e fugge L’orror
di
Marte, e la placata cresta Tien Primavera. Coi sa
gaci cani Colei che scorre del Partenio i boschi Or sprezza i cori, e
di
frenar con vago Serto del crin la libertà non sde
l fumante giro. Come occulto guerrier cerca la strada Dentro le fosse
di
scavato campo Onde il sicuro oste sorprenda, e vi
in che prepara a Giove. L’udì l’abitator dei ghiacci alpini, Il Tebro
di
trionfi ancor non cinto. Ma poiché vinta dalla ma
iume; Vincon del Parto la saetta, i venti, II volo del pensier: spuma
di
sangue Il freno, e tinge le fumanti arene. Fuggon
gli Sbrana il petto, poiché nel tergo immenso Il furor consumò, scote
di
sangue I tinti velli, e dei pastor disprezza I vi
ti velli, e dei pastor disprezza I vili sdegni. Gli dicea Minerva: Re
di
vigliacca plebe, o dei fratelli Pessimo, con la f
e qui ti spinse? ed osi Profanar con la tua quadriga il mondo? Per te
di
Lete è il pigro stagno, e sono Spose degne di te
adriga il mondo? Per te di Lete è il pigro stagno, e sono Spose degne
di
te le stigie ancelle. Torna alla notte tua, lasci
al nero carro, L’asta fiammeggia, e già saria vibrata, Ma puro raggio
di
tranquilla luce Giove ne torse, e con tonante nem
I gioghi Te piangeranno del Menalio monte, E il mesto cinto, e tacerà
di
Delfo Il fraterno delubro. — E tratta intanto L’E
ove è l’amor d’un padre? Qual delitto in me tanta ira commove? Non io
di
Flegra nel fatai tumulto Portai l’insegne contro
ma schiava. O male amati fiori, o della madre Disprezzati consigli, o
di
Ciprigna Arti tardi scoperte. madre naia, Aita; a
on funeste cure Proserpìna il tuo cor? scettro maggiore Avrai, nè son
di
te consorte indegno. Io pur son prole di Saturno,
ettro maggiore Avrai, nè son di te consorte indegno. Io pur son prole
di
Saturno, e serve A me la mole delle cose: il gior
reno, E gli guidan fumanti ai noti prati. Parte tiene la reggia, orna
di
rami Le soglie, e il letto con adorni vasi Inalza
anto, e son più rari Li orrori eterni; non l’incerte sorti Agita Fuma
di
Minòs, è muto Ogni flagello, non urli, non pianti
oprio Espero lascia. Proserpina al nuzial letto è condotta, Ed ornata
di
stelle il nero ammanto Pronuba notte le sta press
gomento delle nostre ricerche. Intorno alle altre divinità ho cercato
di
esporvi le opinioni degli antichi, e d’illustrarl
va la tenuità delle mie forze e la vastità del subietto. È sentimento
di
alcuni che due Veste vi siano state: una, madre"
tto. È sentimento di alcuni che due Veste vi siano state: una, madre"
di
Saturno, che Pale ancora fu detta; e Y altra figl
e: una, madre" di Saturno, che Pale ancora fu detta; e Y altra figlia
di
lui. La somiglianza del nome le fece confondere,
vedovasi per attestare, secondo Posidonio, che a lei dovevasi l’arte
di
fabbricarle. Narra Aristocrito che dopo la vittor
dopo la vittoria riportata sui Giganti, Giove diede a Vesta la scelta
di
ciò che più le piacesse, ed essa, oltre le prime
i ciò che più le piacesse, ed essa, oltre le prime libazioni, ottenne
di
castità perpetua il dono. Reputavasi il fuoco ete
oni, ottenne di castità perpetua il dono. Reputavasi il fuoco etereo,
di
che simbolo è Vesta, perpetuo degli antichi, onde
nascer da questa alcun corpo. — Infatti, in Corinto vi era un tempio
di
Vesta senza alcuna statua, e vi si vedeva solamen
in Roma un tempio alla dea Vesta, e lo fece costruire quasi in forma
di
un globo, non già, dice Plutarco, per significare
tutto l’universo, nel mezzo del quale stava quel fuoco che chiamavano
di
Vesta. Pure lo stesso nei Problemi, indagando la
ente probabile il parere accennatovi sulla confusione tra Vesta madre
di
Saturno, e Vesta sorella di Giove. Nel tempio acc
ennatovi sulla confusione tra Vesta madre di Saturno, e Vesta sorella
di
Giove. Nel tempio accennato mantenevano i Romani
evano più accenderlo con altro fuoco: bisognava, dice Plutarco, farne
di
nuovo, esponendo qualche materia atta a prender f
e di nuovo, esponendo qualche materia atta a prender fuoco nel centro
di
un vaso concavo presentato al Sole. Ciò forse pot
to però pretende, che questo nuovo fuoco si facesse collo sfregamento
di
un legno, a ciò atto, forandolo. Lo rinnovavano o
gno, a ciò atto, forandolo. Lo rinnovavano ogni anno nel primo giorno
di
Marzo ancora che non si estinguesse. Il fuoco sac
l primo giorno di Marzo ancora che non si estinguesse. Il fuoco sacro
di
Vesta non conservavasi solamente nei templi, ma a
di Vesta non conservavasi solamente nei templi, ma ancora alla porta
di
ogni casa particolare, da che la parola vestibolo
ni casa particolare, da che la parola vestibolo è derivata. Il tempio
di
Vesta in Roma era aperto a tutti nel giorno, ma n
perto a tutti nel giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo starvi
di
notte, e nel giorno stesso gli uomini non potevan
ura in una donna sedente circondata da delle piante, e da ogni genere
di
animali, che l’accarezza. È chiaro che confonde V
accarezza. È chiaro che confonde Vesta colla Terra. Sopra una lampade
di
bronzo del Museo Romano si vede la dea che tiene
el Museo Romano si vede la dea che tiene una fiaccola accesa in forma
di
lancia nella mano destra, ed una patera, simbolo
unemente una lampade per indicare il fuoco eterno. Sopra un monumento
di
forma circolare eh’ è, ovvero era, nel Campidogli
lare eh’ è, ovvero era, nel Campidoglio, inciso nei Monumenti inediti
di
Winkelmann, Vesta è la sola dea che abbia un lung
elmann, Vesta è la sola dea che abbia un lungo scettro. L’abito suo è
di
matrona; qualche volte invece della lampade ha un
piccola Vittoria. I titoli che ha nelle medaglie e nei monumenti sono
di
Santa, Felice, Eterna, Antica, Madre. Sarebbe qui
menti sono di Santa, Felice, Eterna, Antica, Madre. Sarebbe qui luogo
di
favellare delle sacerdotesse della dea dette Vest
oria e delle costumanze romane, opportunità migliore mi si presenterà
di
trattarne quando, dopo avere indagata nelle favol
le la religione degli antichi, vi narrerò gli usi e i magnanimi fatti
di
quel popolo signore dell’universo. Il vostro cuor
l popolo signore dell’universo. Il vostro cuore dimanda che avvenisse
di
Cerere quando si accorse che le era stata rapita
ta la figlia. Soddisfarà a così giusto desiderio Claudiano: Il ratto
di
Proserpina. (Continuazione.) Cerer spaventa nelle
nta nelle sacre rupi, Ch’il suono degli scudi empie, sicuro Simulacro
di
mal; notte ripete I timori del giorno; in ogni so
ammanto i panni allegri, E nei lari fiorir gli orni infecondi. Sorgea
di
tutto il bosco a lei più caro Un lauro, ed eran l
el virgineo letto: Questo, reciso fin dall’imo, trarre Vede, e brutti
di
polve i rami incolti. Cercò la colpa, e rispondea
ché sorprese la notizia antica Nel dubbio volto, le dicea la madre: O
di
qual colpa sei punita, e donde Questo pallore? A
: Crudele Madre, ed immemor dell’estinta figlia, Tanto ti prese oblio
di
me? disprezzi Così l’unica prole? e caro un giorn
in tormentoso abisso, Mentre tu, cruda, tra le Frigie danze Esulti, e
di
rumor vano riempi L’Idea montagna: Se il materno
erno affetto Tutto dal core non scacciasti, e sei Cerere santa, e che
di
tigre ircana Il sen non ti nutrì, da questi lacci
, ed ogni giorno Tremendi auguri: al mio dolor minaccia. Quante volte
di
spighe i biondi fasci Cadon spontanei dalle chiom
rda il vento: Non sì gli ozii del ciel Giove avviliro Che alla difesa
di
cotanto pegno II suo fulmin non vibri: Or vai, ma
non mertata sferza. Cerca Sicilia, e d’Ida appena è scesa, E paventa
di
tutto, e nulla spera. Sì teme augel che non pennu
gradito Portar la pargoletta al sommo Giove, E locarla con dolce atto
di
madre Nel ginocchio paterno, ed era a lei Genitri
enitrice seconda. Allora avea La canizie del suo capo tremante Sparsa
di
polve, e gran pianto spargea Sull’alunna divina.
lunga pace dei tranquilli lari. (Fine della traduzione del Poemetto
di
Claudiano). Lezione trentesimottava. Il Caos,
ella sua Teogonia, se crediamo ad Erodoto, divise con Omero la gloria
di
dare un sistema alle opinioni religiose, quantunq
on violata l’antica semplicità delle favole, le adornassero solamente
di
alcune circostanze. Nel principio, dice Esiodo, e
rincipio, dice Esiodo, era il Caos, quindi la larga Terra sede sicura
di
tutti gì’ immortali, i quali tengono i gioghi del
immortali, i quali tengono i gioghi del nevoso Olimpo, e nei recessi
di
essa stava il Tartaro tenebroso. V’era ancora l’A
ortali e degli uomini la mente e il prudente consiglio. Dal principio
di
Esiodo traendo l’argomento della mia Lezione, rag
lla Terra, e dell’Amore. Secondo Ovidio Caos fu detto l’unico aspetto
di
tutta la natura nell’universo, che consisteva in
ed indigesta mole, in un inerte peso, ed in ammucchiati semi discordi
di
cose non ben congiunte. Il rintracciare altro neg
iche testimonianze. Esiodo, come avete veduto, non descrive l’origine
di
lei, ma immediatamente dopo il Caos la pone. V’è
di lei, ma immediatamente dopo il Caos la pone. V’è chi la fa moglie
di
Titano. L’autore delllnno Omerico la chiama gran
uesta dea un’agnella nera, come rilevasi dal terzo libro dell’ Iliade
di
Omero. Orazio le assegna altra vittima nel porco,
so rintracciare nei monumenti antichi e nelle medaglie i modi diversi
di
rappresentare la Terra. In una pittura antica del
a la pugna tra Ercole ed Anteo, la Terra è rappresentata nella figura
di
una donna assisa sopra una rupe. Ella avea luogo
i una donna assisa sopra una rupe. Ella avea luogo nella composizione
di
questa tavola come madre di Anteo, che rinnuovava
rupe. Ella avea luogo nella composizione di questa tavola come madre
di
Anteo, che rinnuovava le sue forze ogni volta che
mincia il suo corso; il disegno n’è bello, e rammenta i celebri versi
di
Ovidio: La via è ripida, terribile, ma sono i qua
re il carro, dicendogli che s’egli fosse salito sui fiammanti Coc chi
di
Febo, la Terra niente pel mutato auriga avrebbe t
ione indirizzata a Comodo. Nerone era eccellente a guidare un cocchio
di
carriera. » Fin qui Addison, del quale ho riporta
artefici possono trarre dalle combinazioni dei poeti. In una medaglia
di
Giulia Augusta esposta dal Begero, siede la Terra
ielo e delle Stelle fìngesi madre. Stassi adagiatamente sotto l’ombra
di
una palma per dinotare la sua continua fecondità,
do questo albero simbolo della fertilità e della durata. Scorgonsi al
di
sopra del suddetto globo sorger le quattro stagio
te nei quattro fanciullini, tutti rivolti verso la Terra; ed il primo
di
essi, che rappresenta l’Inverno, ha un manto che
esprimevano con giovani uomini o fanciulli le stagioni, perchè presso
di
loro chiamavansi neutramente i tempi dell’anno, a
come appunto da Macrobio viene espressa. La Terra è turrita, ed ha al
di
sopra alla destra Mercurio, come si distingue dal
odate pongono in mezzo la Terra: sotto a Marte stassi la Luna, che ha
di
fronte Giove, ed in mezzo tutto raggiante mirasi
nostre ricerche. I Latini, come nota Servio, diedero ad Amore il nome
di
Cupido. Ma questa regola non è generale, come in
ed alla Terra. Secondo Cicerone vi furono tre Amori. Il primo, figlio
di
Mercurio e Diana: il secondo di Mercurio e Venere
vi furono tre Amori. Il primo, figlio di Mercurio e Diana: il secondo
di
Mercurio e Venere; il terzo nato dalla Venere ter
nato dalla Venere terza e da Marte, ed Antero chiamato: lo Scoliaste
di
Teocrito lo favoleggia nato dal Caos e dalla Terr
e Lezione a ciò che riguarda Cerere col leggervi il delitto e la pena
di
Eresittone. che da Ovidio ho tradotto: Eresitton
oso, e sola è bosco: Memori segni la cingean, corone Varie, argomento
di
potente voto. Le Driadi all’ombra dei sacrati ram
mpiva: era del bosco Maggior, quanto sovrasta all’erba il bosco . Non
di
Triope pertanto il figlio astenne Dall’arbor sacr
glio astenne Dall’arbor sacro il ferro, e allorché vide La pia dimora
di
tremante servo. Gli rapisce la scure, e in questi
In colpo obliquo, Ciò detto libra la bipenne; trema, E par che pianga
di
Dodona il legno, E colle frondi impallidir le ghi
col cenno del divino capo Scosse i campi ove gran messe biondeggia, E
di
tormento lacrimabil serto Ordia; ma chi sopra Ere
v. 741 e segg. Lezione tremesimanona. Gli attributi e i simulacri
di
Amore. La Notte. Vi esposi nella passata Lezio
da^li antichi intorno a questa divinità potente. Nella famosa pittura
di
Zeusi in Atene vedevasi Amore coli’ ali e coronat
famosa pittura di Zeusi in Atene vedevasi Amore coli’ ali e coronato
di
rose. Col tempo gli furono afirsriunti non solame
, la Contesa. Seguì l’idee degli antichi il Petrarca allora che disse
di
questo dio: « Ei nacque d’ozio e di lascivia uma
chi il Petrarca allora che disse di questo dio: « Ei nacque d’ozio e
di
lascivia umana Nutrito di pensier dolci e soavi,
disse di questo dio: « Ei nacque d’ozio e di lascivia umana Nutrito
di
pensier dolci e soavi, Fatto signore e dio da gen
ettati, e la nostra volontà muta loco. « Meritamente è armata la mano
di
saette formate a guisa di amo18, e la faretra pen
à muta loco. « Meritamente è armata la mano di saette formate a guisa
di
amo18, e la faretra pende dall’una all’altra spal
e delle più celebri statue dell’antichità è nel viaggio è nel Yiaggio
di
lui rammentata. Neir ingresso dell’Academia vi er
scolpito da Scopa insieme col Desiderio e la Passione. Fra le pitture
di
Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si a
iderio e la Passione. Fra le pitture di Pausia contemporaneo ed emulo
di
Apelle, che si ammiravano nel tempio di Esculapio
Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si ammiravano nel tempio
di
Esculapio in Epidauro, distinguevasi un Amore, ch
rme non mai adoprata. Successivamente Lisippo fece per essi un Cupido
di
bronzo, e Prassitele ne aveva per l’ innanzi scol
Cajo imperatore dei Romani, che Claudio lo rimandò, ed ultimamente fu
di
nuovo rubato da Nerone e situato in Roma, ove fu
ove fu consumato dal fuoco. Il Cupido che vedovasi in Tespi ai tempi
di
Pausania era di Metrodoro Ateniese, che aveva imi
o dal fuoco. Il Cupido che vedovasi in Tespi ai tempi di Pausania era
di
Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statua d
pi di Pausania era di Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statua
di
Prassitele, la quale aveva tanta celerità, che si
i Prassitele, la quale aveva tanta celerità, che si faceva il viaggio
di
Tespi unicamente per vederla. I tespiesi celebrav
spi unicamente per vederla. I tespiesi celebravano una festa in onore
di
Cupido, nella quale vi era il premio non solo pei
in Elide vedevasi sullo stesso piedistallo delle Grazie alla diritta
di
loro. In Egira l’Amore alato stava in una piccola
all’infinito. Una delle sue immagini più dotte è quella del Gabinetto
di
Stosch, che l’offre tenente un gruppo di chiavi i
dotte è quella del Gabinetto di Stosch, che l’offre tenente un gruppo
di
chiavi in mano, che egli è il padrone ed il guard
o di chiavi in mano, che egli è il padrone ed il guardiano del talamo
di
Venere, come Euripide si esprime. Rappresentato i
grec) o chiavigero. Si rappresentava ancora l’Amore con gli attributi
di
tutte le grandi divi^nità per denotare l’estensio
le si veggono dodici piccoli Amori, dei quali il primo porta la clava
di
Ercole sulla spalla, e il secondo il martello di
primo porta la clava di Ercole sulla spalla, e il secondo il martello
di
Vulcano, L’Amore sotto la figura di Giove è in pi
spalla, e il secondo il martello di Vulcano, L’Amore sotto la figura
di
Giove è in piedi nel mezzo, appoggiato sopra un c
eroi, e tiene il fulraine nella mano, L’Amore, secondo l’espressione
di
Plutarco, è il compagno delle Muse, delle Grazie
o l’espressione di Plutarco, è il compagno delle Muse, delle Grazie e
di
Venere. Una gemma del Museo Fiorentino ci offre A
iga sopra un’anfora, e questa immagine sembra esser tolta dall’Ercole
di
Omero. Sopra una pietra conosciutissima, l’Amore
forme. Con ragione quindi l’autore degl’Inni, che vanno sotto il nome
di
Orfeo, la chiamò madre degli uomini e degli Dei.
el quale cominciavano a risplender le stelle. Euripide disse: Coperta
di
nere vesti sale sul cocchio la Notte, e gli astri
ia, la Vecchiezza, le Tenebre, la Miseria, sono sua prole, per tacere
di
molti altri. Vogliono alcuni che senza marito la
ito la generasse, ed altri, coll’Èrebo congiunta. La Notte tenente al
di
sopra della sua testa una vesr,e volante seminata
Notte tenente al di sopra della sua testa una vesr,e volante seminata
di
stelle si scorge in una gemma antica, ove il Maff
ica, ove il Maffei ha creduto vedere la dea dell’Ore. Monfaucon parla
di
una consimil figura dipinta in un antico manoscri
o rilievo del Palazzo Albani, che esprime la scoperta dell’ adulterio
di
Venere con Marte, questa dea assisa sopra un lett
lterio di Venere con Marte, questa dea assisa sopra un letto tiene al
di
sopra di essa un manto volante, per indicare prob
Venere con Marte, questa dea assisa sopra un letto tiene al di sopra
di
essa un manto volante, per indicare probabilmente
to volante, per indicare probabilmente che questo delitto fu commesso
di
notte. Sopra un altro monumento, che rappresentav
soggetto, ma che non esiste più, la Notte era effigiata nella figura
di
una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrell
tte era effigiata nella figura di una donna nuda con delle lunghe ali
di
pipistrello, e con una fiaccola nella mano. Compi
na fiaccola nella mano. Compirò il mio ragionamento colla descrizione
di
un simulacro di Arùore del Museo dementino, data
a mano. Compirò il mio ragionamento colla descrizione di un simulacro
di
Arùore del Museo dementino, data dal celebre Visc
no, data dal celebre Visconti. Succederà a questa un’elegante Canzone
di
Lodovico Savioli sopra Amore e Psiche. Si present
e di Lodovico Savioli sopra Amore e Psiche. Si presenterà l’occasione
di
ritornare col tempo su questa favola ingegnosa, c
tanta venustà raccontata da L. Apuleio: « Maggior sarebbe il pregio
di
questa bellissima mezza figura quando colla stess
intracciar l’autore. « La grazia e la venustà sono le doti principali
di
questa scultura, che non manca nè di verità, nè d
venustà sono le doti principali di questa scultura, che non manca nè
di
verità, nè di morbidezza. La celeste fisonomia ce
le doti principali di questa scultura, che non manca nè di verità, nè
di
morbidezza. La celeste fisonomia ce lo farebbe ra
i morbidezza. La celeste fisonomia ce lo farebbe ravvisare pel figlio
di
Venere compagno delle Grazie, anche senza riflett
e, anche senza riflettere che aveva in antico le ali, riportate forse
di
bronzo, rimanendovi sopra gli omeri i vani per in
ovi sopra gli omeri i vani per inserirvele. « In due repliche antiche
di
questo elegante simulacro, inferiori però al nost
però al nostro frammento per la finezza dell’esecuzione, le ali sono
di
marmo. Una di queste assai conservata, coll’arco
o frammento per la finezza dell’esecuzione, le ali sono di marmo. Una
di
queste assai conservata, coll’arco della destra e
e del Viminale, nel sito ove gli espositori della topografia marmorea
di
Roma antica leggono Bagno di Agrippina. Quantunqu
gli espositori della topografia marmorea di Roma antica leggono Bagno
di
Agrippina. Quantunque però non esista monumento a
ista monumento antico a mia conoscenza che possa illustrare l’origine
di
questa graziosa figura, inclinerei molto ad attri
tele. Sappiamo da Plinio ch’egli scolpì l’Amore a Tespi piccola città
di
Beozia, che per questo solo era visitata dai fore
la rimosse per restituirla loro: che Nerone tornò a ritorla e la fece
di
hel nuovo trasportare nella metropoli, dove perì
o si ammirava, come vuole Plinio, anche ai suoi giorni ne’ porticati
di
Ottavia. Asserisce questo autore che Prassitele s
re che Prassitele scolpì un’ altra volta Cupido tutto nudo pel tempio
di
Parlo dove ebbe fama e avventure pari a quelle de
Parlo dove ebbe fama e avventure pari a quelle del simulacro materno
di
Guido. Quel che sicuro è, che la moltiplicità del
ltiplicità delle copie ce lo attesta per una delle più celebri statue
di
questo nume; ed io la crederei volentieri un’imma
oglio, nel Palazzo Laute e altrove, potrebbe essere imitato da quello
di
Tespi. » Amore e Psiche « E tu, cura soave Di tac
igliando alla giurata guerra. Ma la vendetta invano Volgean gli occhi
di
Psiche. Ardesti, e a te l’antiche Arme cadeau di
no Volgean gli occhi di Psiche. Ardesti, e a te l’antiche Arme cadeau
di
mano. Vittima incerta entro a funereo letto Trado
valli profonde in ricco tetto Peso a un Zefiro amico ella scendea. Là
di
se in forse i vuoti dì vivea Fra tema e speme a s
mortal lavoro. Ivi alle tue fatiche Ofiria dolce ristoro Il molle sen
di
Psiche Irrequieta Diva, Che nelle gioie altrui t’
i Per l’aure lievi a volo. Te ritenne Citerà. Ivi t’accolse La rosata
di
Psiche emula antica, E medicava la pietosa mano L
il cibo e gli occhi il sonno chiude. Elia passa, e il soggiorno Tenta
di
Pluto, e il fatai dono chiede: Ricusa i cibi, e a
sommo Olimpo l’ali, E innanzi al Re, che i maggior Dii governa, Narrò
di
Psiche e di se stesso i mali, E chiedea modo a ta
l’ali, E innanzi al Re, che i maggior Dii governa, Narrò di Psiche e
di
se stesso i mali, E chiedea modo a tanta ira mate
egli offre agli infelici dei sogni, coi quali l’immaginazione, stanca
di
vere sciagure, cerca un miglior avvenire. Certo è
rca un miglior avvenire. Certo è che i sogni sono la compagnia eterna
di
questa cara divinità, come appare da Tibullo, che
to piede. — Questa immagine da lui derivò il Casa nella prima terzina
di
questo famoso Sonetto, che voi udirete volentieri
e l’ali Tue brune sopra me distendi e posa. Ov’è il silenzio, che il
di
fugge e il lume? E i lievi sogni, che con non sec
e il di fugge e il lume? E i lievi sogni, che con non secure Vestigia
di
seguirti han per costume? Lasso: che invan te chi
o coltre: Sanza la qual chi sua vita consuma, Cotal vestigio in terra
di
sé lascia, Qual fumo in aere od in acqua la schiu
a, Qual fumo in aere od in acqua la schiuma. » Quindi è che fratello
di
Lete lo disse con ragione Orfeo, che chiamò pure
o quel faceto scrittore, in una vasta pianura circondata da una selva
di
papaveri grossi come alberi, e di mandragore: mil
sta pianura circondata da una selva di papaveri grossi come alberi, e
di
mandragore: mille erbe che producono il sonno fio
i all’odio. Nasce da due fonti, che sgorgano in sconosciuto loco. Uno
di
questi si chiama il Nero, l’altro Tutta-Notte. Ne
chiama il Nero, l’altro Tutta-Notte. Nella città sono due porte: uno
di
corno lavorata con grande artifizio mostra espres
e, come in basso rilievo, tutte le immagini che cadono nella fantasia
di
chi dorme. Nell’altra di avorio bianchissimo non
tutte le immagini che cadono nella fantasia di chi dorme. Nell’altra
di
avorio bianchissimo non sono i sogni espressi per
condo si adora l’Apatia. Nel terzo la Verità. Sono popolate le strade
di
Sogni, tutti di figura diversa. Alcuni sono graci
’Apatia. Nel terzo la Verità. Sono popolate le strade di Sogni, tutti
di
figura diversa. Alcuni sono gracili, piccoli, gob
diversa. Alcuni sono gracili, piccoli, gobbi, con gambe torte. Altri
di
bella statura e non men leggiadri di volto e di p
i, gobbi, con gambe torte. Altri di bella statura e non men leggiadri
di
volto e di portamento. Vi sono Sogni che alati mi
on gambe torte. Altri di bella statura e non men leggiadri di volto e
di
portamento. Vi sono Sogni che alati minacciano, c
a graziosa pittura può presentare molte idee al vostro criterio, come
di
non poco lume per l’arte vi possono essere le seg
per l’arte vi possono essere le seguenti notizie, che intorno ai modi
di
figurare il Sonno derivo dagli antichi monumenti.
Questo dio è rappresentato per una figura addormentata nelle braccia
di
Morfeo suo figlio, secondo Ovidio. Così in due ur
Così in due urne cinerarie al Campidoglio si vede Endimione, l’amante
di
Diana, dormire sul monte Latmo. Morfeo è ordinari
enta lo stesso genio addormentato coli’ ali ripiegate, e con dei capi
di
papavero nella mano. In un altare di Trezene si o
i’ ali ripiegate, e con dei capi di papavero nella mano. In un altare
di
Trezene si offrivan dei sacrifizi al Sonno, come
onno, come l’amico delle Muse. Quindi nel Museo Clementine una statua
di
lui è posta dopo le figlie di Mnemosine dal Visco
Quindi nel Museo Clementine una statua di lui è posta dopo le figlie
di
Mnemosine dal Visconti, che illustra due altri si
, che illustra due altri simulacri dello stesso Nume, che erano parte
di
quella preziosa raccolta delle più belle statue d
raccolta delle più belle statue del mondo. Io non voglio defraudarvi
di
tante cognizioni preziose per l’Arti e per la Mit
de inserirò in questo mio ragionamente, come soglio, le illustrazioni
di
tanto antiquario. « Non farà maraviglia che nel
i di tanto antiquario. « Non farà maraviglia che nel Museo Tiburtino
di
Cassio fosse stata unita la statua del Sonno a qu
eressero in Trezene un’ara comune a questa divinità. « Nè tal maniera
di
pensare deve sembrare affatto strana a chi riflet
ce ne resti. (Notate che ancora non si erano scoperti gli altri due,
di
cui parla Visconti nel terzo tomo. « Ha già avver
vertito Winkelmann che quello della Villa Borghesi scolpito in pietra
di
paragone, è opera moderna dell’ Algardi, come ris
rticolarmente nelle palpebre mollemente chiuse, e nel capo, che pieno
di
grave sonnolenza pende sull’omero manco. « Così p
no in una bell’ara del Palazzo Albani, dal quale è stata presa l’idea
di
porgli in mano una face rovesciata, simbolo dei s
i che per lui si estinguono. L’ara che è ai suoi piedi é forse quella
di
Trezene, ch’ebbe comune colle Muse, e la pianta è
Capitolino, oltre l’ali alle tempie, ha più agli omeri due altre ali
di
farfalla che lo adornano ancora nel Museo Matteia
edaglie della famiglia Tizia. Chi riflette che in altre vi è la testa
di
Bacco, nume anch’esso del Parnaso, e che al roves
vi è la testa di Bacco, nume anch’esso del Parnaso, e che al rovescio
di
tutte è il Pegaseo, che diede origine al celebre
rigine al celebre Ippocrene, e che inoltre poeta rinomato fu ai tempi
di
Augusto uno di questa famiglia, il quale si suppo
re Ippocrene, e che inoltre poeta rinomato fu ai tempi di Augusto uno
di
questa famiglia, il quale si suppone essere stato
o relazione veruna, e perchè non gli può competere quell’acconciatura
di
capo, che pur ci offrono le più sicure immagini d
quella delle citate medaglie, eccetto nell’ali delle tempia, che sono
di
farfalla. È stata dagli antiquari attribuita a Pl
co a un uomo, e meno ad un filosofo convenienti, e il ritratto stesso
di
quel grand’ uomo conservatoci in alcune di quelle
enti, e il ritratto stesso di quel grand’ uomo conservatoci in alcune
di
quelle medaglie contornate, che cotroni comunemen
nostro Museo, e nella nostra statua medesima, e finalmente per le ali
di
farfalla che adornano gli omeri di quel Nume in v
medesima, e finalmente per le ali di farfalla che adornano gli omeri
di
quel Nume in vari bassirilievi, e segnatamente ne
egnatamente nel sar cofago Capitolino. L’ingegnosa allegoria nell’ali
di
farfalla, come simbolo dell’immortalità dell’anim
a testa simile alle monete della famiglia Tizia, ha le ali come fatte
di
piume, che non sostengono simile allusione, e che
ò in verun conto rappresentare quel filosofo. « Fra le molte immagini
di
questo placido nume, colle quali spesso compiacev
i di questo placido nume, colle quali spesso compiacevasi l’antichità
di
rallegrar la tristezza dei sepolcri, poche sono e
za dei sepolcri, poche sono egualmente conservate, ninna è così ricca
di
simboli come la presente. « Il Sonno rappresentat
l Sonno rappresentato qui come un genio, o fanciullo alato, è in atto
di
tranquillo riposo, disteso tutto sul suolo, ed un
eso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che gli serva
di
morbido letto. « I letei papaveri, parte ancora f
I letei papaveri, parte ancora fiorenti, parte già formati in guscio
di
semi, pendono dalla sua lenta sinistra, e tre pic
ggio per simbolo del Sonno, le cui apparenze mentisce l’iemal torpore
di
questo piccolo quadrupede. Nè semplicemente del S
pede. Nè semplicemente del Sonno è simbolo, ma ancora della salubrità
di
quella ristorante interruzione dei sensi, poiché
geto e pingue apparisse il gentile animale dopo il sonno e il digiuno
di
un’intera stagione. « Presso al Sonno è scolpita
r virtù del Sonno sembrò libera da’ lacci della materia, e più capace
di
conversar colle sostanze spirituali e divine. « M
l’apparente sua sonnolenza durante la fredda stagione. « Tal replica
di
simboli, per così dire sinonimi, parrebbemi alqua
inonimi, parrebbemi alquanto inelegante. Io congetturo che l’immagine
di
questo rettile vi sia aggiunta con più mistero. «
ulo non avea altro simbolo della sacra sua professione che l’immagine
di
un ramarro, che parea strisciargli dall’omero ver
to in compagnia del Sonno potrà significare i presagi, che gli uomini
di
ogni secolo e di ogni nazione si sono lusingati p
el Sonno potrà significare i presagi, che gli uomini di ogni secolo e
di
ogni nazione si sono lusingati poter ritrarre dai
llo stesso rettile. Si trova la lucertola aggiunta ad alcune immagini
di
Mercurio, a quelle dell’Amore dormente, a quelle
magini di Mercurio, a quelle dell’Amore dormente, a quelle finalmente
di
Apollo stesso. Mercurio è il dator de’ sogni: le
è il dator de’ sogni: le storie degli antichi e moderni amori mancano
di
rado di una qualche avventura, che i sogni degli
or de’ sogni: le storie degli antichi e moderni amori mancano di rado
di
una qualche avventura, che i sogni degli amanti n
tato dalle rozze nazioni attribuito al alcune più che ad altre specie
di
viventi, dovrà attribuirsi a quei cangiamenti del
non si dubiti della loro rappresentanza. « Il celebre Lessing è stato
di
parere che sì fatti genii, giovinetti, o fanciull
te interpretarsi uno per la Morte e l’altro pel Sonno, giacché simili
di
sembianza erano rappresentati nell’arca di Cipsel
pel Sonno, giacché simili di sembianza erano rappresentati nell’arca
di
Cipselo e simili; come gemelli par li supponga Om
a riflessione del signor Herder, pure in qualche monumento una figura
di
questo genere, e simile in gran parte alle accenn
nca, il quale è scolpito nei bassi rilievi rappresentanti la tragedia
di
Medea, ed accompagna i doni avvelenati che i fanc
gedia di Medea, ed accompagna i doni avvelenati che i fanciulli figli
di
Giasone recano alla sposa, che dee divenir loro m
la morte; e la natura della rappresentanza non sofire l’addolcimento
di
nessun eufemismo. La seconda riguarda l’interpret
. La seconda riguarda l’interpretazione dello stesso Lessing al luogo
di
Pausania, ove dice che nell’arca di Cipselo la Mo
one dello stesso Lessing al luogo di Pausania, ove dice che nell’arca
di
Cipselo la Morte e il Sonno erano due fanciulli c
e greca possa significare altra cosa, anzi voler indicare la positura
di
sovrappor una all’altra gamba, in cui sono espres
ostumato sovente anche nei genii dì altre classi, forse ad imitazione
di
Cupido. « Le chiome del nostro Genio sono distint
bergo e tempio; Di Febo ignoto ad ogni raggio il suolo, E sola nebbia
di
caligin mista. Con vigil canto non invoca il gior
. Con vigil canto non invoca il giorno Chi soffre il danno del rossor
di
Marte: Le frondi immote non lusinga il vento, Abi
non lusinga il vento, Abita muta quiete. Esce dagl’imi Sassi ruscello
di
liquor Leteo: Invita i sonni il mormorio dell’ond
trider non renda: Niun custode ba la soglia: in mezzo all’antro Sorge
di
ebano un letto, e nero velo Lo copre. Qui giace l
e lo dio: le membra Il languor gli discioglie: i vani sogni Imitatori
di
diverse forme Giacciongli intorno, e non ba tante
Cicerone nel libro terzo dà per genitori allo dio quelli che il poeta
di
Ascra gli assegna per fratelli. Celo sposò col te
Celo sposò col tempo la Terra, che lo fé’ padre d’insigne moltitudine
di
figli. Questi sono Ceo, Crio, Iperione, Giapeto,
dei figli della Terra e del Cielo, fu creduto dagli antichi genitore
di
tutti gli animali e di tutti gli Dei. Forse in qu
e del Cielo, fu creduto dagli antichi genitore di tutti gli animali e
di
tutti gli Dei. Forse in questa opinione influì l’
relativamente a Giunone. Fu credenza degli antichi che avesse il capo
di
toro, come attesta Euripide nell’Oreste. Io penso
reputavano i fiumi, i quali nelle medaglie sono indicati colle fòrme
di
toro. L’ Oceano fu amico dell’ infelice Prometeo,
ani, che contro Giove prese le armi illustrando l’ardimento e la pena
di
Promoteo suo figlio. Avanti la guerra dei Giganti
ia. Di Mnemosine non sappiamo se non che fu madre delle Muse ed amica
di
Giove, che per sedurla si trasformò in Pastore. L
di Giove, che per sedurla si trasformò in Pastore. L’unico simulacro
di
lei che ne resti è nel Museo Clementine, e così v
i più singolari per la rarità e per l’erudizione è la presente statua
di
Mnemosine, o sia la Memoria, figlia della Terra e
to in vetusti caratteri sulla sua base, non solo ci dà il significato
di
questo simulacro, che sarebbe restato oscurissimo
to oscurissimo, ma ci è servito per riconoscere con maggior chiarezza
di
quella che potevamo sperare l’immagine della sua
ntiquaria sian le troppo sottili interpretazioni, pure questa maniera
di
portare la sopravvesta, che costantemente si osse
basti a giustificare un simil divisamento. «La dea eh’ è il soggetto
di
questa scultura abbastanza è nota pei carmi non m
l’unica statua, e forse, più generalmente parlando, l’unica immagine
di
questa dea. Avea creduto il Cupero di vederla nel
ente parlando, l’unica immagine di questa dea. Avea creduto il Cupero
di
vederla nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero i
dea. Avea creduto il Cupero di vederla nel bassorilievo dell’Apoteosi
di
Omero in quella figura istessa che abbiamo ricono
atte sul Parnaso in quel monumento, credo che la decima alla sinistra
di
Apollo sia piuttosto la Pizia. Piacemi estremamen
alle statue fìnor pubblicate, un volume, ma piuttosto un disco veduto
di
profilo per presentarvi sopra le offerte, una cas
co veduto di profilo per presentarvi sopra le offerte, una cassettina
di
profumi che i Latini chiamavano acerra. « Se poi
fra le ministre d’Apollo, io risponderei che la credo Femonoe, prima
di
quel ministero, ed inventrice dei versi esametri,
inventrice dei versi esametri, anzi reputata figlia, secondo alcuni,
di
Febo istesso. « Lodevole è l’interpretazione che
si rende verisimile quanto è certo dall’annessa epigrafe che il borgo
di
Priene, patria di questo savio, lo era altresì di
e quanto è certo dall’annessa epigrafe che il borgo di Priene, patria
di
questo savio, lo era altresì di Apollonio scultor
igrafe che il borgo di Priene, patria di questo savio, lo era altresì
di
Apollonio scultore di tal monumento. Osservo solt
Priene, patria di questo savio, lo era altresì di Apollonio scultore
di
tal monumento. Osservo soltanto che il soggetto d
Apollonio scultore di tal monumento. Osservo soltanto che il soggetto
di
quel simulacro potrebbe essere il Licio Oleno poe
imulacro potrebbe essere il Licio Oleno poeta vetustissimo, e profeta
di
Apollo, che secondo alcuni tenne l’oracolo di Del
vetustissimo, e profeta di Apollo, che secondo alcuni tenne l’oracolo
di
Delfo pria delle Pizie, e fu il primo a servirsi
primo a servirsi dei versi esametri. Il tripode indica il suo uffizio
di
Vate Apollineo e se la sua testa non è ornata di
ndica il suo uffizio di Vate Apollineo e se la sua testa non è ornata
di
corona, o di benda, come a sacerdote si converreb
uffizio di Vate Apollineo e se la sua testa non è ornata di corona, o
di
benda, come a sacerdote si converrebbe, non dee c
di benda, come a sacerdote si converrebbe, non dee ciò farci cangiar
di
pensiero poiché il capo è di moderno restauro, nè
i converrebbe, non dee ciò farci cangiar di pensiero poiché il capo è
di
moderno restauro, nè possiamo avere il piacere, o
poiché il capo è di moderno restauro, nè possiamo avere il piacere, o
di
verificare l’opinione dello Scott col confronto d
e, o di verificare l’opinione dello Scott col confronto dell’immagine
di
Biante dissotterrata nella villa di Cassio a Tivo
Scott col confronto dell’immagine di Biante dissotterrata nella villa
di
Cassio a Tivoli, con questo stesso, di rigettarla
ante dissotterrata nella villa di Cassio a Tivoli, con questo stesso,
di
rigettarla. « Debbo avvertire che in questo insig
iferirsi a Mnemosine poiché rappresenta la Memoria, col nome però non
di
(grec), Memoria, ma di (grec), cioè Ricordanza. E
iché rappresenta la Memoria, col nome però non di (grec), Memoria, ma
di
(grec), cioè Ricordanza. E questa nel piano infer
el piano inferiore del bassorilievo dove i personaggi, eccetto quello
di
Omero, son tutti allegorici piuttosto che mitolog
ate una dietro l’altra, così ancora l’epigrafi corrispondono al piano
di
tutte e due: una però è scritta sotto dell’altra.
re quella della Memoria, quantunque l’epigrafe (grec) sia nella linea
di
sopra. Sembra probabile la lor congettura all’att
1’ iscrizione Sofia, o la Sapienza, tiene la mano aperta come in atto
di
favellare. Quantunque queste figure corrispondano
ei tempi andati, e la Sapienza poi è la donna velata e quasi in abito
di
filosofessa immersa in profonde meditazioni, non
prire novelle verità. Il velo sul capo che vedremo dato all’ immagine
di
Aspasia unica nel nostro Museo col suo nome greco
egregio fresco la madre delle Muse la mano all’orecchio quasi in atto
di
volersi eccitare qualche rammemoranza. E non è gi
e ha avuto un esempio nelle antiche gemme servite, come si suol dire,
di
ricordino, nelle quali si vede incisa una mano in
suol dire, di ricordino, nelle quali si vede incisa una mano in atto
di
stropicciare un orecchio col motto greco (grec) R
io mi tirò, e mi avvertì. « Giacché è caduta in questo luogo menzione
di
questa eccellente pittura, osservo con piacere ch
i notando in queste esposizioni, e che egli avea dall’antico dedotti,
di
cui era oltre modo amatore e studioso.» Temi fig
Temi figliuola anch’essa del Cielo e della Terra era sorella maggiore
di
Saturno e zia di Giove. Ella si distinse colla su
ch’essa del Cielo e della Terra era sorella maggiore di Saturno e zia
di
Giove. Ella si distinse colla sua prudenza ed amo
il nome. Attese ancora all’astrologia e divenne peritissima nell’arte
di
predir l’avvenire, e dopo la sua morte ebbe dei t
templi dove si aveano degli oracoli. Pausania favella dì un tempio e
di
un oracolo che avea sul monte Parnaso insieme col
delle Parche. Temi, dice Feste, era quella che comandava agli uomini
di
chiedere agli Dei ciò che era giusto e ragionevol
lutone ed altri, ch’ella generò da Saturno, e sottrasse alla crudeltà
di
così mostruoso padre. Questa dea, come osserva il
essero santuarii diversi in Grecia e in Roma. Differisce pure il modo
di
rappresentarle: sono tanto distinte che spesse vo
nto distinte che spesse volte è rappresentata giacente sotto il carro
di
Rea la Terra, che spessissimo nei bassirilievi vi
, come afferma il sopra lodato scrittore, e a ciò mi muove l’autorità
di
Luciano, cui veruno negherà la notizia perfetta d
idero Cibele e Rea come la stessa divinità. L’ introduzione del culto
di
Cibele, o Rea, si deve agli Ateniesi, che dopo av
Gallo (così chiamavansi i sacerdoti della dea) che apportò i misteri
di
lei, furono afflitti dalla fame. Quindi per consi
, furono afflitti dalla fame. Quindi per consiglio della sacerdotessa
di
Apollo detta Pizia, placarono la dea ergendole un
ncipii della religione; il quale avendo veduta con Olimpico, sonatore
di
flauto, la madre degli dei che con fragore e lamp
ono i Tebani, dopo che, colpiti dalla novità, interrogarono l’oracolo
di
Delfo, che rispose loro di alzare un tempio alla
piti dalla novità, interrogarono l’oracolo di Delfo, che rispose loro
di
alzare un tempio alla Dea. Roma nella guerra di A
lfo, che rispose loro di alzare un tempio alla Dea. Roma nella guerra
di
Annibale chiese ad Attalo re di Pessinunte nella
un tempio alla Dea. Roma nella guerra di Annibale chiese ad Attalo re
di
Pessinunte nella Galazia il simulacro di Cil)ele,
Annibale chiese ad Attalo re di Pessinunte nella Galazia il simulacro
di
Cil)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra
to dal cielo in terra, il quale non era che una pietra grigia informe
di
mediocre grandezza. Fu incontrata la nave ricca d
tra grigia informe di mediocre grandezza. Fu incontrata la nave ricca
di
tanto dono da immensa folla verso l’imboccatura d
pinta più innanzi, e che Quinta Claudia donna d’illustre famiglia, ma
di
contrastata onestà, chiedesse alla dea di poter d
nna d’illustre famiglia, ma di contrastata onestà, chiedesse alla dea
di
poter dar pubblica testimonianza dell’inno cenza
ava, e trasse con picciolo sforzo la nave nel porto. L’idolo al suono
di
voci e strumenti fu lavato da sacerdoti Frigii do
lla Vittoria. Quattordici anni dopo le fu dedicato un tempio in forma
di
Tolo, o cupoletta, e la pietra di Pessinunte che
o le fu dedicato un tempio in forma di Tolo, o cupoletta, e la pietra
di
Pessinunte che somigliava per la sua scabrosità u
iava per la sua scabrosità una testa umana, videsi sopraposta a guisa
di
volto nella statua che ivi le fu eretta. Altro si
el Circo. Celebravansi alla dea in Roma ogni anno solennità alla metà
di
Aprile, ed erano chiamate megalesie, cioè feste d
madre. Quando la Repubblica stava, verun romano prese parte nel culto
di
Cibele figlio della frigia mollezza. Col tempo i
timpani in mano e con leoni a basso del trono, poiché nelle medaglie
di
genere così viene effigiata. ed è verisimile che
edaglie di genere così viene effigiata. ed è verisimile che la statua
di
tanto scultore servisse di modello a tutti gli al
e effigiata. ed è verisimile che la statua di tanto scultore servisse
di
modello a tutti gli altri simulacri esposti alla
pubblica ad orazione. Diffìcilmente si trova senza l’accompagnamento
di
uno o più leoni, emblema favorito della sovranità
solenne lo stare a sedere che nelle monete, le quali come protettrice
di
Smirne la rappresentano in unione con altri numi,
ante senza verun appoggio. Un basso rilievo conservato nella libreria
di
San Marco in Venezia ci offre Cibele che ha sul c
esta in piedi tenendo nella destra un’asta, nella sinistra un timpano
di
insolita grandezza. Ella è volta alla sinistra ve
timpano di insolita grandezza. Ella è volta alla sinistra verso Ati,
di
cui narreremo le avventure, il quale abbigliato a
ure, il quale abbigliato alla Frigia rimane parimenti in piedi veduto
di
prospetto, la sinistra appoggiata sopra un grosso
inistra appoggiata sopra un grosso bastone, la destra oziosa. Accanto
di
questo vedesi una punta di fabbrica, avanti cui s
grosso bastone, la destra oziosa. Accanto di questo vedesi una punta
di
fabbrica, avanti cui stanno due figure muliebri d
o vedesi una punta di fabbrica, avanti cui stanno due figure muliebri
di
statura molto minore, matronalmente vestite, la p
cola, portando fra le mani uno schifo. Ma gli attributi piiì costanti
di
Cibele sono la torre che il capo le fregia, e il
egge colla sinistra il timpano, mentre lo percote colla destra armata
di
un plettro a più sferze, che invece di nodi hanno
lo percote colla destra armata di un plettro a più sferze, che invece
di
nodi hanno di quegli ossi, che tali si dicono: or
la destra armata di un plettro a più sferze, che invece di nodi hanno
di
quegli ossi, che tali si dicono: ora il timpano l
o appiè d’un pino. Rade volte tiene nella sinistra un’asta, attributo
di
risorsa per non lasciare la mano oziosa. Vi è anc
come padrona dell’universo. I leoni sogliono sedere per terra a guisa
di
satelliti, uno a destra, uno a sinistra del trono
alto si sollevano. Vi è ancora ove la dea rimane assisa sulla schiena
di
un leone, come nel quadro da Plinio celebrato Nic
e. Tale è l’unione tra Cibele e il leone, che talvolta la sola figura
di
questo in medaglie, ed anche la sola testa, simbo
ed anche la sola testa, simbolo comparisca del suo culto. Il compagno
di
Cibele suo ministro e favorito, è il frigio eunuc
icato da Zoega scorgesi incontro il cocchio della dea quasi all’ombra
di
un pino, al cui tronco egli si appoggia. L’abbigl
all’ombra di un pino, al cui tronco egli si appoggia. L’abbigliamento
di
esso da quello degli altri Frigii si distingue pe
mani ricopre sino alle noci dei piedi, e sino dentro le scarpe, e che
di
taglio aperto a riprese, con bottoncini astretto
marmo, dice Zoega, sembra che siasi voluto alludere all’ occultazione
di
Ati, e che Cibele ne vada in cerca risuonar facen
tirato sotto il pino porta la destra mano alla guancia come chi finge
di
nascondersi, nella sinistra tenendo il timpano so
ue tibie, una diritta, l’altra curva, consuete ad accompagnare i riti
di
Cibele, erano scolpite, dice Zoega, in una delle
ima segata in due pezzi, egli le ha fatte incidere secondo gl’indizi:
di
Grutero. Nell’altra delle fiancate contigue all’a
’angolo ove è il carro della dea erano due faci rovesciate ed un paio
di
cembali, cose relative alla cerca dello smarrito
embali, cose relative alla cerca dello smarrito giovinetto. La favola
di
Ati è in diversi modi narrata. Ovidio narra che A
ratosi della ninfa Sangaride ruppe il voto, e perciò da Cibele accesa
di
furore si privò di quelle parti che mancano ai so
Sangaride ruppe il voto, e perciò da Cibele accesa di furore si privò
di
quelle parti che mancano ai soprani. I ministri d
che ne sia, Ati è celebre nella Mitologia, e noi abbiamo un poemetto
di
Catullo ove descrive il pentimento che successe d
uccesse dopo la dolorosa operazione. Non starò a indagare se l’Eunuco
di
cui parla questo poeta sia per l’appunto il Frigi
etrusca. « Entro veloce legno, Tenuto già per alto mar viaggio, Pien
di
caldo desire il giovin Ati Rapidamente corse al f
piante intorno cinto, U’ da rabbioso alto furor sospinto, Tratto fuor
di
sua mente. Con selce si sanò dura e tagliente. Du
come piuttosto ella s’accorse Della cangiata sua forma nativa (E già
di
fresco sangue, ovunque corse. Tingendo il suolo e
ue corse. Tingendo il suolo e imporporando giva) Tosto le bianche man
di
neve porse Al tuo lieve timballo, o frigia Diva,
e bianche man di neve porse Al tuo lieve timballo, o frigia Diva, Che
di
tromba ti tien luogo, e con cui Consacri, o madre
compagne prese a dir tremante: Per l’erto calle Gitene, o Galle Tutte
di
schiera, Tutte alla nera Alta foresta, Di lei che
resta, Di lei che al Dindimo Monte si venera: Su, greggia tenera, Su,
di
Cibelle Erranti Ancelle: Voi che vaghe di terra s
ra: Su, greggia tenera, Su, di Cibelle Erranti Ancelle: Voi che vaghe
di
terra straniera. Della patria, com’ esuli, uscist
, e la fera Rabbia meco del mare soffriste, E in grand’ odio alla dea
di
Citerà L’aspro taglio di fare patiste: Su, vagand
el mare soffriste, E in grand’ odio alla dea di Citerà L’aspro taglio
di
fare patiste: Su, vagando, Carolando, Vostra ment
orgo, ov’è L’ostello frigio, La selva frigia Della Dea Cibele. La ‘ve
di
cembalo Squilli risuonano, Là ‘ve di timpano Mugg
frigia Della Dea Cibele. La ‘ve di cembalo Squilli risuonano, Là ‘ve
di
timpano Mugghi rintuonano; Dove fa il barbaro Son
pieveloce guida Sieguon le Galle rattamente in Ida. Giunte al tempio
di
Cibelle Spossatene Pel soverchio ronzare, Senza c
E veggendo chiaramente Qual’ ei fosse, e fra che gente, Piena il cor
di
tempesta Alle sponde del mar si ricondusse: Ivi d
enni frai boschi D’Ida solinghi e foschi: Dove a nevi, meschinella, E
di
fere ad antri gelidi Sempre accanto vivrò: Ed ora
albergo inghirlandato e adorno. Io, io dei numi ancella? Io ministra
di
Rea m’appellerò? Io una delle menadi. Io di me pa
numi ancella? Io ministra di Rea m’appellerò? Io una delle menadi. Io
di
me parte, io steril uom sarò? Io del verd’Ida i l
om sarò? Io del verd’Ida i luoghi Per fredda neve algenti abiterò? Io
di
Frigia i gran gioghi Di stanza in luogo eternamen
tatrice cerva, Ov’è il torvo cignal boschivagante? Or sì dolore Porto
di
ciò che fai; Or sì l’errore Poter mutar vorrei. C
belva, Vanne, e quinci ritrarsi alla selva Per marcia forza Di furor,
di
follìa Costui ne sforza, Che baldanzoso Troppo e
Squassa in atto terribile e fero. Così torva parlò Cibele, e il giogo
di
sua man lento. Va la belva orribile ed aspera. S’
o, A lui si stringe addosso, Ond’egli a più non posso Fugge, già fuor
di
mente, e si rinselva, E nella fera selva Sempre d
selva, E nella fera selva Sempre d’esser seguìo Ministra a Rea finché
di
vita uscio. O dea, magna dea, diva Dindimea, Cibe
io. O dea, magna dea, diva Dindimea, Cibelle, o signora. Lungi, lungi
di
casa mia Stiesi affatto la tua frenesia. Altri pu
esmaterza. Feste d’Ati. — Saturno Nella passata Lezione tralasciai
di
dirvi che Ati. l’amante o il sacerdote di Cibele,
passata Lezione tralasciai di dirvi che Ati. l’amante o il sacerdote
di
Cibele, era con annue feste onorato. La solennità
e durava sei giorni. Il primo giorno tagliavasi dalla selva un albero
di
pino e portavasi in processione al santuario dell
dea per essere ivi erettto. Il secondo impiegavasi per cercare a suon
di
trombe lo smarrito Ati. Il terzo rappresentava la
mbe lo smarrito Ati. Il terzo rappresentava la consacrata mutilazione
di
esso all’ombra del venerato pino: tutto era in qu
egno della dea, ed assunto Ati fra gl’immortali. Il quinto era giorno
di
riposo. Il sesto terminava la solennità colla pur
rati, portavasi in coperta lettiga, ovvero sotto carro coperto ad uso
di
carpento, tirato da buoi, per essere con segreti
ed indi con licenziosa pompa riconducevasi al tempio. Il significato
di
questa favola fu indagato da quelli che nel decad
fu indagato da quelli che nel decadimento del Paganesimo si armarono
di
platoniche sottigliezze per difendere l’assurdità
relativa ad Ati e Cibele, pubblicata dal signor Zoega, si fa menzione
di
un sacrifizio di toro ed ariete chiamato Taurobol
Cibele, pubblicata dal signor Zoega, si fa menzione di un sacrifizio
di
toro ed ariete chiamato Taurobolo e Criobolo, ed
i i mentovati animali, che colle bende pei sacrifizj stanno all’ombra
di
un pino. Questo, dice il prelodato scrittore, è c
o all’ombra di un pino. Questo, dice il prelodato scrittore, è carico
di
arnesi delle cerimonie frigie, cimbali, zampogna
ppor si può il falcone, scherzo della madre Idea. I cembali hanno ciò
di
particolare, che nel centro della concavità appar
à apparisce un quasi campanello, che l’illustratore dei bassi rilievi
di
Roma non si ricorda di avere altrove in simili mo
mpanello, che l’illustratore dei bassi rilievi di Roma non si ricorda
di
avere altrove in simili monumenti osservato. Conv
ar mi antichi. Cavavasi per questo oggetto una profonda fossa coperta
di
un intavolato fornito di una quantità di pertugj
er questo oggetto una profonda fossa coperta di un intavolato fornito
di
una quantità di pertugj a modo di crivello: occul
o una profonda fossa coperta di un intavolato fornito di una quantità
di
pertugj a modo di crivello: occultavasi sotto que
sa coperta di un intavolato fornito di una quantità di pertugj a modo
di
crivello: occultavasi sotto questo la persona che
tavasi sotto questo la persona che ricever dovea il taurobolo, ornata
di
ricca veste, corona d’oro e sacre bende, e sopra
indi il cadavere dissanguato della vittima, ascendeva sul paleo tutto
di
sangue grondante il tauroboliato, che mediante ta
ne l’adorava in distanza qual persona sacra ed amica degli Dei. Assai
di
Rea, o Cibele. Saturno marito di lei si presenta
sona sacra ed amica degli Dei. Assai di Rea, o Cibele. Saturno marito
di
lei si presenta alle nostre ricerche. Ora di Celo
o Cibele. Saturno marito di lei si presenta alle nostre ricerche. Ora
di
Celo, or dell’Oceano, or della Terra, ora di Teti
lle nostre ricerche. Ora di Celo, or dell’Oceano, or della Terra, ora
di
Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più
a di Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più comune è quella
di
Esiodo che ne attribuisce l’origine a Celo ed all
e da Giove, ed avendo liberato i fratelli, ottenne facilmente da loro
di
succeder nel regno del padre. Oltre i Ciclopi, pe
on Saturno nel priijcipio, e che quindi, essendo ogni re intollerante
di
compagno, la madre Vesta, o la Terra, le sorelle
izione che educasse i tigli maschi che da lui nascessero, onde in uno
di
esso pervenisse per diritto ereditario il dominio
ed avendo udito che un figlio lo avrebbe cacciato dal trono, stabilì
di
uccidergli tutti. Incresceva al core di Rea tanta
e cacciato dal trono, stabilì di uccidergli tutti. Incresceva al core
di
Rea tanta crudeltà, onde fuggì in Creta per parto
uggì in Creta per partorire Giove, come vi esposi allora che favellai
di
questo dio. Si crede per alcuni che sì mostruosa
da essi incatenato. Giove volò per liberare il padre, e col soccorso
di
soldati Cretesi vìnse i Giganti, e restituì il tr
no a tramare insidie al proprio figlio, che accortosene, col soccorso
di
Prometeo nel Tartaro incatenò l’ingrato genitore.
nsiglio governava quei popoli fortunati. Perciò in Italia come autore
di
un miglior modo di vivere fu Saturno onorato con
uei popoli fortunati. Perciò in Italia come autore di un miglior modo
di
vivere fu Saturno onorato con Rea, e Virgilio fé’
generando, a poco a poco Si fé’ d’altro colore e d’altra lega. Quinci
di
guerreggiar venne il furore; L’ingordigia, l’aver
urno non fuggisse, e che legge eterna lo tenesse con Oiapeto fratello
di
lui, come piace ad Omero, nel l’Èrebo incatenato.
antichi l’invenzione della falce, o sia perchè insegnasse la maniera
di
mietere, ovvero perchè si servi di quest’arme, an
o sia perchè insegnasse la maniera di mietere, ovvero perchè si servi
di
quest’arme, ancora per lui fatale, per mutilare i
ncora per lui fatale, per mutilare il genitore. Saturno, benché padre
di
tre Dei principali, non ebbe però fra i poeti il
nché padre di tre Dei principali, non ebbe però fra i poeti il titolo
di
Padre degli Dei, forse per la crudeltà ch’esercit
or rimprovero, che la posterità abbia fatto a questa Nazione. Diodoro
di
Sicilia riferisce che essendo i Cartaginesi stati
ma nobiltà dugento giovani per essere sacrificati, e ve ne furono più
di
trecento altri, i quali, sentendosi colpevoli, si
l fanciullo sacrificato. I Cartaginesi però non furono soli colpevoli
di
questa odiosa superstizione: anche gli antichi Ga
dei Romani, sacrificavano pure a Saturno vittime umane. Narra Dionigi
di
Alicarnasso che Ercole, volendo abolire in Italia
ra Dionigi di Alicarnasso che Ercole, volendo abolire in Italia l’uso
di
questi sacrifizii, eresse un altare sul colle Sat
o stesso la religione dei popoli, acciò non si potessero rimproverare
di
aver abbandonati i loro antichi usi, insegnò agli
aver abbandonati i loro antichi usi, insegnò agli abitanti la maniera
di
placare l’ira di Saturno col sostituire, invece d
i loro antichi usi, insegnò agli abitanti la maniera di placare l’ira
di
Saturno col sostituire, invece degli uomini, che,
aturno. Tulio Ostilio istituì, secondo Macrobio, i saturnali in onore
di
lui. L’oggetto di queste feste era di conservare
lio istituì, secondo Macrobio, i saturnali in onore di lui. L’oggetto
di
queste feste era di conservare la memoria del sec
Macrobio, i saturnali in onore di lui. L’oggetto di queste feste era
di
conservare la memoria del secol d’oro, nel quali
regalavano generosamente. Cominciava questa solennità tumultuosa i 16
di
dicembre, e durava tre giorni, e qualche volta qu
elle costumanze romane, ne parlerò più a lungo nell’esporvi l’istoria
di
quella nazione. A Saturno si sacrificava colla te
pietra inviluppata in un drappo. Si mettevano dei legami alla statua
di
Saturno che rappresentava il Tempo, e questi cons
i Saturno che rappresentava il Tempo, e questi consistevano in fascie
di
lana, che si toglievano il giorno della sua festa
scie di lana, che si toglievano il giorno della sua festa. Una statua
di
Saturno, riportato da Montfaucon ha delle piccole
per indicare non il tempo in generale, ma solamente una piccola parte
di
questo. Lezione quarantesimaquarta. Dei Ciclop
tti gli autori non annettevano a questo nome Fistessa idea. I Ciclopi
di
Esiodo sono figliuoli del Cielo e della Terra, si
lle leggi della società, nè dell’arti più necessarie. Polifemo figlio
di
Nettuno è loro capo, e porta lo stesso nome che u
degli eroi dell’Iliade. Non vi ha alcuna cosa che meno si rassomigli
di
queste due sorta di Ciclopi. Quelli di Esiodo son
ade. Non vi ha alcuna cosa che meno si rassomigli di queste due sorta
di
Ciclopi. Quelli di Esiodo sono esseri allegorici,
na cosa che meno si rassomigli di queste due sorta di Ciclopi. Quelli
di
Esiodo sono esseri allegorici, meteore personific
’iride o l’arcobaleno, le arpie i venti tempestosi e nocevoli. Quelli
di
Omero sono personaggi poetici e di pura immaginaz
enti tempestosi e nocevoli. Quelli di Omero sono personaggi poetici e
di
pura immaginazione, simili a quelli delle nostre
simili a quelli delle nostre novelle. Se ne conosce una terza specie,
di
cui la memoria si era conservata nell’Argolide, e
ione, riportata da Strabene, attribuiva la costruzione delle fortezze
di
Tirinto e di Nauplia, fabbricate da Acrisie avo d
ta da Strabene, attribuiva la costruzione delle fortezze di Tirinto e
di
Nauplia, fabbricate da Acrisie avo di Perseo. Egl
one delle fortezze di Tirinto e di Nauplia, fabbricate da Acrisie avo
di
Perseo. Eglino erano sette, tutti originari di Li
bricate da Acrisie avo di Perseo. Eglino erano sette, tutti originari
di
Licia. Mostravansi ai tempi, di Strabene le reliq
. Eglino erano sette, tutti originari di Licia. Mostravansi ai tempi,
di
Strabene le reliquie della loro opera, e questi a
ari somministrati dal signor Fourmont dopo il suo ritorno dal viaggio
di
Levante. Egli ne parlava come di massi inalzati a
mont dopo il suo ritorno dal viaggio di Levante. Egli ne parlava come
di
massi inalzati a forza di braccia, e posti gli un
al viaggio di Levante. Egli ne parlava come di massi inalzati a forza
di
braccia, e posti gli uni sopra gli altri; i framm
zati a forza di braccia, e posti gli uni sopra gli altri; i frammenti
di
altre pietre vi sono mescolati per riempire i vuo
tre vi sono mescolati per riempire i vuoti; vi si scorge delle specie
di
volte, o grotte, con volte in forma di arcata. Ac
oti; vi si scorge delle specie di volte, o grotte, con volte in forma
di
arcata. Acrisie e Prete, pei quali i Ciclopi lavo
Ciclopi lavorarono, devono aver vissuto dugento anni avanti la presa
di
Troia. Callimaco e i poeti posteriori, come Virg
osteriori, come Virgilio e Ovidio, hanno immaginato una quarta specie
di
Ciclopi, dei quali fanno dei fabbri che lavorano
specie di Ciclopi, dei quali fanno dei fabbri che lavorano nell’Isola
di
Lipari. Euripide nella sua tragedia di Alceste fa
fabbri che lavorano nell’Isola di Lipari. Euripide nella sua tragedia
di
Alceste fa uccidere i Ciclopi da Apollo per aver
er aver fabbricato il fulmine col quale Giove uccise Esculapio figlio
di
lui. Questi Ciclopi di Euripide sono quelli di Es
ulmine col quale Giove uccise Esculapio figlio di lui. Questi Ciclopi
di
Euripide sono quelli di Esiodo, figli del Cielo e
ccise Esculapio figlio di lui. Questi Ciclopi di Euripide sono quelli
di
Esiodo, figli del Cielo e fratelli di Saturno, ma
Ciclopi di Euripide sono quelli di Esiodo, figli del Cielo e fratelli
di
Saturno, ma il poeta tragico dimenticava che egli
ito da statue d’oro, che sono il capolavoro della sua arte. I Ciclopi
di
Callimaco sono probabilmente quelli che portano i
I Ciclopi di Callimaco sono probabilmente quelli che portano il nome
di
Cabiri su molte medaglie, nelle quali li vediamo
nelle quali li vediamo rappresentati con attributi relativi all’ arte
di
fabbro. L’isola di Lenno era consacrata a Vulcano
amo rappresentati con attributi relativi all’ arte di fabbro. L’isola
di
Lenno era consacrata a Vulcano: vi aveva dei temp
e prime armature. Lenno ebbe già un Vulcano, che le fece dare il nome
di
Etalia, ma di cui non resta alcun vestigio. Quest
re. Lenno ebbe già un Vulcano, che le fece dare il nome di Etalia, ma
di
cui non resta alcun vestigio. Questa circostanza
uesta isola al dio del fuoco. I suoi sacerdoti avevano la reputazione
di
guarire le morsicature dei serpenti: lo che eglin
Fin qui il signor Fréret, le si cui dotte osservazioni mi faro lecito
di
rettificare e di supplire. Non può asserirsi che
Fréret, le si cui dotte osservazioni mi faro lecito di rettificare e
di
supplire. Non può asserirsi che i Ciclopi d’ Euri
clopi d’ Euripide siano figliuoli del Cielo e della Terra come quelli
di
Esiopò, giacche egli nella tragedia, che porta il
titolo, ne fa padre Nettuno. Polifemo il piu potenti e il piu famoso
di
essi, che furono cento, nacque, secondo Apollonio
nto, nacque, secondo Apollonio, dal nominato dio del mare e da Europa
di
Tizio figliuola. Omero nel primo libro dell’Odiss
frutti loro produce spontanea la terra. La vite stessa si arrichisce
di
grappoli, che Giove accresce colla pioggria. Igno
Natale Conti ha male interpretato questo passo d’ Omero, dicendo che
di
cose importanti dava sentenza la moglie, il figli
figliuolo. Abbastanza dei Ciclopi, giacche mi hi presenterà occasione
di
parlarrjedi nuovr^ rjuando l’ordine delle mie Lez
Lezioni ne condurra al viaggio rti [jli.sse, che scampo alla crudeltà
di
[-"olifemo lasciandogli doloroso ricordo. Nel fir
firjc dei mio ra^onamento udirete quanto que;,to mo.struo.so ardesse
di
Oalatea, da 7’eocrito, di cui l’Idillio, detto il
udirete quanto que;,to mo.struo.so ardesse di Oalatea, da 7’eocrito,
di
cui l’Idillio, detto il CìcIojjC, ho tradotto, ‘;
ui l’Idillio, detto il CìcIojjC, ho tradotto, ‘;,~;[jero che ofjTiurj
di
voi ^’onv.-rra con Quiri tiliano che questo poeta
arietà dei Ciclopi. Così conviene considerarli sotto difierenti punti
di
vista. Come inventori dell’arte di fabbricare il
onsiderarli sotto difierenti punti di vista. Come inventori dell’arte
di
fabbricare il ferro e di lavorare i metalli relat
nti punti di vista. Come inventori dell’arte di fabbricare il ferro e
di
lavorare i metalli relativamente ai Greci, perchè
perchè quest’arte era molto più antica nell’Oriente: come una specie
di
medici e d’ incantatori, che univano all’ applica
edi naturali certe formule magiche, alle quali si attribuiva la virtù
di
sopire i dolori, e ancora di dissiparli: come que
giche, alle quali si attribuiva la virtù di sopire i dolori, e ancora
di
dissiparli: come quelli che stabilirono nella Gre
i dissiparli: come quelli che stabilirono nella Grecia il nuovo culto
di
Giove: finalmente come i custodi, i nutritori di
recia il nuovo culto di Giove: finalmente come i custodi, i nutritori
di
questo dio e Genii addetti al servizio di Rea, qu
come i custodi, i nutritori di questo dio e Genii addetti al servizio
di
Rea, qualità che loro si dà, confondendoli coi Cu
tà che loro si dà, confondendoli coi Cureti e coi Coribanti. 11 tempo
di
questi Dattili, considerati come inventori dell’a
nti. 11 tempo di questi Dattili, considerati come inventori dell’arte
di
fabbricare il ferro, risale molto alto nell’Istor
di fabbricare il ferro, risale molto alto nell’Istoria Greca. L’epoca
di
questa scoperta è del terzo secolo avanti la pres
Greca. L’epoca di questa scoperta è del terzo secolo avanti la presa
di
Troia, ma posteriore alla spedizione di Sesostri
terzo secolo avanti la presa di Troia, ma posteriore alla spedizione
di
Sesostri nell’Asia minore e nella Tracia. Questo
urna nizzare paesi fin allora abitati da selvaggi. Questa difi’usione
di
cognizioni e di lumi portò l’arte di lavorare i m
si fin allora abitati da selvaggi. Questa difi’usione di cognizioni e
di
lumi portò l’arte di lavorare i metalli nella Fri
da selvaggi. Questa difi’usione di cognizioni e di lumi portò l’arte
di
lavorare i metalli nella Frigia, e dalla Frigia p
o che eglino aveano passato dalla Frigia in questa isola e lo sbaglio
di
quelli che s’allontanano in questo punto dal sent
a due montagne situate una in Creta, in Frigia l’altra. Il frammento
di
Foronide nomina tre Dattili: Ohelmi, Damnaneo ed
o di Foronide nomina tre Dattili: Ohelmi, Damnaneo ed Acmone ministri
di
Adrastia o di Cibelle, dice il poeta, scoprirono
nomina tre Dattili: Ohelmi, Damnaneo ed Acmone ministri di Adrastia o
di
Cibelle, dice il poeta, scoprirono il ferro nelle
Perito, e caro delle muse al coro. Polifemo traea sì facil vita, Odio
di
Galatea, Ciclope illustre. Ed ardea per la ninfa
chi ti ama aborri? O nel sembiante più bianca del latte, Più morbida
di
agnella, e più lasciva Di vitelletta, ma dell’uva
ida di agnella, e più lasciva Di vitelletta, ma dell’uva acerba Aspra
di
più, ten vieni allor eh’ un sonno Dolce mi prende
i fuggi, e fuggi Qual pecorella che canuto lupo Rimiri. Io m’invaghii
di
te, fanciulla. Allorché a corre di Giacinto i fio
canuto lupo Rimiri. Io m’invaghii di te, fanciulla. Allorché a corre
di
Giacinto i fiori Sul mio monte venisti, e scorta
era Per quella via. Gran tempo è ch’io ti vidi, Ma t’amo ancora, e tu
di
me non curi. Donzella vaga, io so perché mi fuggi
e mille io pasco, L’ottimo umore che da lor si munge Mi bevo, e copia
di
rappreso latte Ho nell’estate, ho nell’autunno, e
nell’autunno, e sempre Le mie fiscelle ne son curve. Io canto Meglio
di
ogni Ciclope, e di te canto. Mio dolce pomo, e di
mpre Le mie fiscelle ne son curve. Io canto Meglio di ogni Ciclope, e
di
te canto. Mio dolce pomo, e di me, spesso a molte
ve. Io canto Meglio di ogni Ciclope, e di te canto. Mio dolce pomo, e
di
me, spesso a molte Ore di notte. Per te sola alle
i Ciclope, e di te canto. Mio dolce pomo, e di me, spesso a molte Ore
di
notte. Per te sola allevo Undici cavrioli e quatt
a in formidabil’onde, E se io ti sembro troppo irsuto, io tengo Legno
di
querce, e inestinguibil foco Sotto il cerere mio
potrei Soffrir che l’alma ancor tu mi bruciassi E l’unico occhio mio
di
te men caro. O madre mia, perchè non farmi l’ali
insieme, Meco mungi, o rappiglia il latte. madre. Tu sol m’iugiurii,
di
te sol mi dolgo: Punto bene di me ti disse, e mag
ia il latte. madre. Tu sol m’iugiurii, di te sol mi dolgo: Punto bene
di
me ti disse, e magro, Sottil mi vede ogni dì più.
danni degl’incatesimi. I Dattili Idei portarono nella Grecia il culto
di
Giove e lo stabilirono, secondo Pausania, in Olim
ualmente singolare per la materia e per la forma. Avea ventidue piedi
di
elevazione, e trentadue di larghezza. Era compost
ateria e per la forma. Avea ventidue piedi di elevazione, e trentadue
di
larghezza. Era composto l’altare di ceneri sulle
piedi di elevazione, e trentadue di larghezza. Era composto l’altare
di
ceneri sulle quali si manteneva un fuoco eterno.
insensibilmente in polvere, si riparava tutti gli anni nell’equinozio
di
primavera, che cadeva dell’anno Olimpico nell’ult
o i Telchini padri o figli dei Dattili Idei. Questi nomi, come quelli
di
Coribanti e di Cureti, non erano nomi di popoli o
dri o figli dei Dattili Idei. Questi nomi, come quelli di Coribanti e
di
Cureti, non erano nomi di popoli o di famiglie, m
ei. Questi nomi, come quelli di Coribanti e di Cureti, non erano nomi
di
popoli o di famiglie, ma semplici epiteti. Dalla
omi, come quelli di Coribanti e di Cureti, non erano nomi di popoli o
di
famiglie, ma semplici epiteti. Dalla più leggera
piteti. Dalla più leggera attenzione su ciò che significava la parola
di
Telchini sarebbero stati i critici disingannati.
ore. Non ostante col tempo questo nome divenne ingiurioso, e sinonimo
di
demonio, d’incantatore. I Telchini con tutto ciò
to delle loro scoperte. Secondo Diodoro fu loro affidata l’educazione
di
Nettuno, e chiamati furono figli del mare: lo che
lità nella metallurgia: èglino (era fama) avevano fabbricata la falce
di
cui Rea armò Saturno, e il tridente di Nettuno. P
a) avevano fabbricata la falce di cui Rea armò Saturno, e il tridente
di
Nettuno. Probabilmente eglino impararono nell’iso
e il tridente di Nettuno. Probabilmente eglino impararono nell’isola
di
Cipro celebrata per le sue miniere, l’arte di lav
o impararono nell’isola di Cipro celebrata per le sue miniere, l’arte
di
lavorare il ferro e il rame dagli abitanti, che s
ini nel fiore degli anni. In terzo luogo si dissero Cureti i ministri
di
Giove nell’Isola di Creta, e quelli di Rea nella
anni. In terzo luogo si dissero Cureti i ministri di Giove nell’Isola
di
Creta, e quelli di Rea nella Frigia, perlochè sot
o si dissero Cureti i ministri di Giove nell’Isola di Creta, e quelli
di
Rea nella Frigia, perlochè sotto questo ultimo si
rano chiamati perchè erano i più giovani fra i sacerdoti incumbenzati
di
questo ufficio nelle processioni di Giove e di Re
vani fra i sacerdoti incumbenzati di questo ufficio nelle processioni
di
Giove e di Rea. I Salii in Roma camminavano facen
sacerdoti incumbenzati di questo ufficio nelle processioni di Giove e
di
Rea. I Salii in Roma camminavano facendo ogni tan
banti era per lo contrario accompagnata da movimenti quasi convulsivi
di
tutto il corpo e di tutta la testa. Eccovi quel c
trario accompagnata da movimenti quasi convulsivi di tutto il corpo e
di
tutta la testa. Eccovi quel che importa sapere de
rò che i Cabiri erano presso gli antichi considerati come i sacerdoti
di
alcune divinità. Come Dei subalterni, Erodoto chi
lterni, Erodoto chiama Cabiri alcuni Dei Egiziani che dicevansi figli
di
Vulcano, la più antica divinità dell’Egitto. Nell
ncora nella Macedonia e nell’Asia Minore. I Cabiri adorati nell’isola
di
Samotracia erano considerati come divinità di pri
biri adorati nell’isola di Samotracia erano considerati come divinità
di
primo ordine, giacché si chiamavano Dei grandi. D
imo ordine, giacché si chiamavano Dei grandi. Dei potenti. Come figli
di
Vulcano Tessalonica li onorava di un culto singol
Dei grandi. Dei potenti. Come figli di Vulcano Tessalonica li onorava
di
un culto singolare, e sulle medaglie di questa ci
ulcano Tessalonica li onorava di un culto singolare, e sulle medaglie
di
questa città si vedono col berretto del dio, di f
are, e sulle medaglie di questa città si vedono col berretto del dio,
di
forma conica, tenenti da una mano un martello, da
i la somiglianza delle loro arti e dei loro ritrovati mi ha obbligato
di
unire i Dattili, i Cureti, i Coribanti, i Cabiri,
ri, Esiodo pone le Furie primogenite del sangue che esci dalla ferita
di
Celo. Ma io credo necessario ragionare innanzi de
a di Celo. Ma io credo necessario ragionare innanzi del loro re, cioè
di
Plutone, e quindi di tutta la corte infernale: on
o necessario ragionare innanzi del loro re, cioè di Plutone, e quindi
di
tutta la corte infernale: onde discendete meco co
l pensiero nell’Inferno degli Idolatri, che prestò all’ immaginazione
di
Polignoto una pittura tanto celebre fra i Greci,
i Polignoto una pittura tanto celebre fra i Greci, quanto lo è quella
di
Michelangiolo fra noi. Nella seguente Lezione Pau
suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso gli Ateniesi una statua
di
questo dio fanciullo con la Pace per nutrice, for
rse per significare che questa dea regna solo fra i morti. È opinione
di
alcuni che la favola dell’Inferno assegnatogli in
o, fu detto che Plutone abitava nel centro della terra. La corta vita
di
coloro che si applicano a questo lavoro può avere
uesto lavoro può avere accreditata la volgare superstizione. Le geste
di
questo dio si limitano al suo ratto di Proserpina
olgare superstizione. Le geste di questo dio si limitano al suo ratto
di
Proserpina, che Claudiano da me tradotto vi ha de
elle passate Lezioni. Converrà dunque favellare delle diverse maniere
di
rappresen tarlo. Plutone, secondo Winkelmann, non
rma 1’ opinione del principe degli antiquarii la seguente descrizione
di
una statua di Plutone del Museo dementino data da
e del principe degli antiquarii la seguente descrizione di una statua
di
Plutone del Museo dementino data da Quirino Visco
il Giove Sotterraneo, il Giove Dite, conosciuto comunemente col nome
di
Plutone, o Dio Ricco, nome che al latino dite si
run monumento. Conviene bensì al suo capo il medio, o calato, emblema
di
ricchezze e d’abbondanza, come a quel nume cui le
Plutone il nume dei morti, essendo stato costume antichissimo quello
di
servirsi delle spelonche e di altri luoghi sotter
sendo stato costume antichissimo quello di servirsi delle spelonche e
di
altri luoghi sotterra per seppellire i cadaveri,
ia. « Il Cerbero che sta ai piedi del nume è rappresentato in figura
di
un cane tricipite, come in tutti i monumenti anco
a noi sono pervenute. « Quello che nel nostro simulacro interessa più
di
ogni altra cosa lo sguardo del sagace conoscitore
sagace conoscitore, è la perfetta somiglianza che ha con le immagini
di
Serapide. Sì osservi, fra 1’ altre quella riporta
ra a Serapide dedicata. La Storia antica e la Mitologia rendono conto
di
tal somiglianza. « Sappiamo dalla teologia pagana
otivo d’un suo sogno, trasportare in Alessandria un vetusto simulacro
di
Giove Dite, o Infernale, venerato con antichissim
, e riconosciuto per Plutone dal Cerbero e dal Serpente, ebbe il nome
di
Serapide, o Sarapide, divinità indigena ed analog
ide, divinità indigena ed analoga al greco Plutone, col quale amarono
di
confonderla. Esigeva ciò il genio dei Greci, e be
ci, e ben conveniva alle circostanze degli Egiziani. Godevano i primi
di
ritrovare nel culto delle nazioni la lor teologia
itrovare nel culto delle nazioni la lor teologia; desideravano questi
di
uniformarsi alle opinioni religiose della nazione
o Giove Dite, dei Sinopiti, fu venerato dal Paganesimo sotto il nome
di
Serapide. Così ebbe fama una divinità dell’Egitto
rapide. Così ebbe fama una divinità dell’Egitto, oscura fino ai tempi
di
Alessandro Magno, e fu ritratta in figura, attrib
ionisio il geografo, ch’era Alessandrino, lo riconosce pel gran Giove
di
Sinope ; e nelle monete di questa città, che dive
Alessandrino, lo riconosce pel gran Giove di Sinope ; e nelle monete
di
questa città, che divenne poi colonia romana, s’i
, che divenne poi colonia romana, s’incontra frequentemente l’effigie
di
questo nume. Osserva ancora che il calato, modio,
di questo nume. Osserva ancora che il calato, modio, si vede sul capo
di
quasi tutte le antichissime divinità asiatiche, c
asi tutte le antichissime divinità asiatiche, come del Giove Labradeo
di
Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi di Sm
divinità asiatiche, come del Giove Labradeo di Milaso, della Giunone
di
Samo, della Nemesi di Smirne, delle Diane di Perg
ome del Giove Labradeo di Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi
di
Smirne, delle Diane di Perga ed Efeso: e vogliasi
di Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi di Smirne, delle Diane
di
Perga ed Efeso: e vogliasi questo attributo spieg
hi, voglia interpretarsi per simbolo dell’abbondanza e della dovizia,
di
cui si riguardarono questi numi come dispensatori
cato che voglia darsi a quel modio, sempre dovrà riconoscersi per uno
di
quei fregi chiamati da Giovenale: « antichi ornam
no di quei fregi chiamati da Giovenale: « antichi ornamenti degli Dei
di
Asia. » « Infatti per quanto cariche di pompose d
« antichi ornamenti degli Dei di Asia. » « Infatti per quanto cariche
di
pompose dec orazioni sian le teste delle figure e
tà asiatiche si assomigli. Quindi comparisce in verisimile l’opinione
di
alcuni Padri, i quali supponendo al modio di Sera
in verisimile l’opinione di alcuni Padri, i quali supponendo al modio
di
Serapide un’origine egizia, han pensato alludersi
da Giuseppe all’Egitto, e han traveduto quel patriarca nell’immagine
di
Serapide. « Quantunque la scultura del nostro Plu
accusi l’epoca della decadenza dell’arti, epoca nella quale il culto
di
Serapide riuniva quasi in un solo oggetto la molt
ile per la sua integrità e per rappresentarci forse l’immagine stessa
di
Plutone da Sinope trasportata in Alessandria. Cer
a Sinope trasportata in Alessandria. Certo che il vedere sulle monete
di
tante città greco-asiatiche impressa la stessa ef
solo in bassi rilievi, ma ancora in statue, come in quella del tempio
di
Pozzuolo, ora a Portici, ed in un’altra in Villa
dei popoli ne fosse divenuto l’originale. Il nostro marmo non lascia
di
esprimere nell’aria del volto quel non so che di
tro marmo non lascia di esprimere nell’aria del volto quel non so che
di
torvo e di feroce notato da Winkelmann come carat
on lascia di esprimere nell’aria del volto quel non so che di torvo e
di
feroce notato da Winkelmann come caratteristico d
so che di torvo e di feroce notato da Winkelmann come caratteristico
di
Plutone, cui sovente è apposto dai Greci l’epitet
caratteristico di Plutone, cui sovente è apposto dai Greci l’epiteto
di
(grec), che vale odioso. L’amor della vita avea d
rec), che vale odioso. L’amor della vita avea destato quel sentimento
di
avversione che si ebbe pel dio della morte: quind
tichi Dualisti.» Tornando al simulacro è da notarsi che le mani sono
di
moderno ristauro, che la destra doveva reggere la
sinistra stringere un’asta, o uno scettro, quale suol vedersi in mano
di
Serapide nei monumenti: scettro che ben conviene
chiara. Ciò non ostante il vedere costantemente replicata l’immagine
di
tali piante e sul calato d’un piccol Plutone pres
o e glandifero. L’elee era, come il cipresso, una pianta sepolcrale e
di
tristo augurio: quindi può riputarsi consacrata a
Winkelmann l’avea veduto. Rappresenta Amore e Psiche presso al trono
di
Plutone e di Proserpina, favola narrata con tanto
’avea veduto. Rappresenta Amore e Psiche presso al trono di Plutone e
di
Proserpina, favola narrata con tanto vezzo da L.
n ha sul capo, benché sembrasse a Winkelmann, forse per dimenticanza,
di
avervelo osservato. L’ abito, come nella statua,
ica pittura col capo velato: onde presso i Greci avea sortito il nome
di
(grec), il cui senso vale oscuro, invisibile.»
nso vale oscuro, invisibile.» Lezione quarantesimasesta. L’Inferno
di
Polignoto. Pausania nel suo Viaggio nella Gre
aylus, disegnatore valente ed erudito, ne dà per prova la descrizione
di
due pitture di Polignoto fatta da questo autore.
ore valente ed erudito, ne dà per prova la descrizione di due pitture
di
Polignoto fatta da questo autore. Vi regna una co
ra la distribuzione delle parti pittoriche. Il prelodato Caylus cercò
di
rimediarvi; e, pose tanta chiarezza nella descriz
izione, che il signor Lorrain potè eseguire ad acqua forte il dipinto
di
Polignoto. Vi esporrò il secondo perchè riguarda
erchè riguarda l’Inferno, ove Ulisse discende per consultare 1’ anima
di
Tiresia sui mezzi di ritornare felicemente ne’ su
rno, ove Ulisse discende per consultare 1’ anima di Tiresia sui mezzi
di
ritornare felicemente ne’ suoi stati. Si vede sub
i. Si vede subito un fiume ch’è l’Acheronte: le sue rive sono ripiene
di
giunchi. Vi si distinguono dei pesci, ma leggeris
sue ginocchia una cista, eguale a quelle che sono in uso nelle feste
di
Cerere: ella fu la prima che trasportò dall’isola
uso nelle feste di Cerere: ella fu la prima che trasportò dall’isola
di
Paro in quella di Taso il culto di questa dea. La
i Cerere: ella fu la prima che trasportò dall’isola di Paro in quella
di
Taso il culto di questa dea. La composizione comi
la prima che trasportò dall’isola di Paro in quella di Taso il culto
di
questa dea. La composizione comincia in questo fi
sta dea. La composizione comincia in questo fiume: cosi dice il conte
di
Caylus: bisogna tagliarlo pel terreno, e non most
o partecipar del bianco ch’egli sarà possibile col giorno, che si usa
di
spargere per illuminare gli oggetti dei quali l’I
e per illuminare gli oggetti dei quali l’Inferno è ripieno. La figura
di
quest’ombre deve essere molto allungata: questo è
quali parla Pausania, Caylus sospetta che questo autore abbia creduto
di
vedervi un artifizio, al quale Polignoto non avrà
rpi. Sulla ripa del fiume vi ha cosa degna d’osservazione, e che è al
di
sotto della barca di Caronte; un figlio snaturato
iume vi ha cosa degna d’osservazione, e che è al di sotto della barca
di
Caronte; un figlio snaturato è strozzato da suo p
gio da una donna perita nella composizione dei veleni, e so prattutto
di
quelli che sono stati ritrovati pel supplizio dei
essa è inumana, bisogna diminuirne l’orrore per non scancellare ridea
di
giustizia. Egli era impossibile di far capire che
l’orrore per non scancellare ridea di giustizia. Egli era impossibile
di
far capire che queste bevande erano veleni prepar
e della pittura: ma ciò sa rebbe contrario allo spirito dell’arte. Al
di
sopra di questi due gruppi si vede Eurinome, che
ittura: ma ciò sa rebbe contrario allo spirito dell’arte. Al di sopra
di
questi due gruppi si vede Eurinome, che ha un col
ha un color nero che al blu si avvicina, ed è assiso sopra una pelle
di
avoltoio. Quelli che spiegano questa pittura a De
a carne dei morti, e loro non lascia che le ossa. I poeti non parlano
di
questa Eurinome. Per servire al testo conviene ra
esta Eurinome. Per servire al testo conviene rappresentare circondato
di
scheletri questo dio d’altronde sconosciuto. Si v
omigliante al padre. Ifidemea ebbe grandi onori dai Carli della città
di
Milasso. Più alto due compagni di Ulisse, Peremed
grandi onori dai Carli della città di Milasso. Più alto due compagni
di
Ulisse, Peremede ed Euriloco, conducono dei monto
ibile. Quindi è Arianna seduta sopra uno scoglio, e guarda la sorella
di
lei Fedra sospesa ad una corda che tiene con due
i. Questa disposizione presenta con orror minore la funesta avventura
di
Fedra. Questo esempio dato dagli antichi ne inseg
e equivalgono. Un tal compenso, dice Caylus, mi sorprende dalla parte
di
un artista così antico. Al di sopra di Fedra, Glo
, dice Caylus, mi sorprende dalla parte di un artista così antico. Al
di
sopra di Fedra, Glori è giacente sulle ginocchia
ylus, mi sorprende dalla parte di un artista così antico. Al di sopra
di
Fedra, Glori è giacente sulle ginocchia di Tia. E
a così antico. Al di sopra di Fedra, Glori è giacente sulle ginocchia
di
Tia. Elleno si erano vicendevolmente amate in vit
chia di Tia. Elleno si erano vicendevolmente amate in vita. Glori era
di
Orcomene in Beozia, e sposò Neleo figlio di Nettu
amate in vita. Glori era di Orcomene in Beozia, e sposò Neleo figlio
di
Nettuno. Tia ebbe commercio con Nettuno stesso. A
bbe commercio con Nettuno stesso. Accanto a Tia si vede Procri figlia
di
Eretteo, e dopo essa Glimene che le volge le spal
, e dopo essa Glimene che le volge le spalle. L’istoria rende ragione
di
questa attitudine. L’avventura di Procri è nota.
le spalle. L’istoria rende ragione di questa attitudine. L’avventura
di
Procri è nota. Dopo la sua morte Gefalo sposò Gli
ntura di Procri è nota. Dopo la sua morte Gefalo sposò Glimene figlia
di
Minia e n’ebbe Ifìclo. In un piano più da lungi s
li che da essa aveva avuti, la repudiò come una sposa disgraziata. Al
di
sopra delle donne delle quali abbiamo parlato è l
iata. Al di sopra delle donne delle quali abbiamo parlato è la figlia
di
Salmoneo seduta sopra una pietra, ed accanto a le
etra, ed accanto a lei Erifìle in piedi, che fa passar la sua mano al
di
sotto della sua tunica, come per nascondere il mo
sotto della sua tunica, come per nascondere il monile così famoso. Al
di
sopra di Erifìle Polignoto ha rappresentato Elpen
la sua tunica, come per nascondere il monile così famoso. Al di sopra
di
Erifìle Polignoto ha rappresentato Elpenore, ed U
tiene la sua spada stesa sopra la fossa. L’indovino Tiresia arriva al
di
là della fossa. Dietro lui si vede Anticlea madre
iresia arriva al di là della fossa. Dietro lui si vede Anticlea madre
di
Ulisse seduta sopra una pietra. Elpenore è vestit
a pietra. Elpenore è vestito da marinaro con una tunica corta tessuta
di
giunchi o di corda. Più basso, al di sotto di Uli
enore è vestito da marinaro con una tunica corta tessuta di giunchi o
di
corda. Più basso, al di sotto di Ulisse, Teseo e
aro con una tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più basso, al
di
sotto di Ulisse, Teseo e Piritoo stanno assisi su
na tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più basso, al di sotto
di
Ulisse, Teseo e Piritoo stanno assisi su delle se
o stanno assisi su delle sedie. Teseo tiene con ambe le mani la spada
di
Piritoo e la sua: Piritoo fìssa gli occhi su ques
esso: le posizioni delle fìgure son variate con arte. Benché l’azione
di
Ulisse sia l’oggetto principale di questa composi
variate con arte. Benché l’azione di Ulisse sia l’oggetto principale
di
questa composizione, Polignoto non l’ha distinta
stinta con alcuna affettazione, e concorre con le altre per l’effetto
di
un ricco e magnifico insieme. Si veggono in segui
di un ricco e magnifico insieme. Si veggono in seguito le due figlie
di
Pandaro, Camiro e Clitia: elleno sono coronate di
guito le due figlie di Pandaro, Camiro e Clitia: elleno sono coronate
di
fiori, e giocano ai dadi. Pausania racconta qui l
coronate di fiori, e giocano ai dadi. Pausania racconta qui l’istoria
di
queste fanciulle com’è narrata nell’Odissea. Egli
o scettro; egli tiene una bacchetta nella mano. Il gioco delle figlie
di
Pandaro sparge una varietà grata. L’ attitudine d
gioco delle figlie di Pandaro sparge una varietà grata. L’ attitudine
di
Antiloco, che posa il piede sopra una pietra, si
ggio più solido alle loro statue. Questa bacchetta nella mano diritta
di
Agamennone è diffìcile a spiegarsi. Il pittore av
egarsi. Il pittore avrebbe egli dato a questo principe questo bastone
di
comando, perchè lo scettro, che ne era il segno n
Protesilao seduto riguarda Achille, e Patroclo è in piedi al disopra
di
Achille: sono tutti senza barba, Agamennone eccet
one eccettuato. Più alto è il giovin Foco: le sue forme hanno un’aria
di
nobiltà, egli ha un anello in uno dei diti della
che dalla sua barba sembra più avanzato, tira questo anello dal dito
di
Foco: quest’ultimo, figlio di Aiace, passò in Egi
ù avanzato, tira questo anello dal dito di Foco: quest’ultimo, figlio
di
Aiace, passò in Egina in un paese che si chiamò d
anello, e Foco lo lascia prendere come pegno dell’amicizia antica. Al
di
sopra di queste due figure è Mera seduta sopra un
Foco lo lascia prendere come pegno dell’amicizia antica. Al di sopra
di
queste due figure è Mera seduta sopra una pietra:
di queste due figure è Mera seduta sopra una pietra: ella era figlia
di
Prete e proni potè di Sisifo: morì fanciulla. Sul
è Mera seduta sopra una pietra: ella era figlia di Prete e proni potè
di
Sisifo: morì fanciulla. Sullo stesso piano è Atte
i potè di Sisifo: morì fanciulla. Sullo stesso piano è Atteone figlio
di
Arìsteo. La sua madre gli accanto; eglino tengono
i accanto; eglino tengono un cerbiatto, e sono seduti sopra una pelle
di
cervo. Un cane da caccia è seduto ai loro piedi.
ccia è seduto ai loro piedi. Il Conte Caylus ha fatto uso dell’anello
di
Foco per provare l’ antichità degli anelli. Si ve
egli tiene la sua lira dalla mano sinistra, e nella diritta dei rami
di
salcio: gli alberi accanto ai quali siede, sembra
i dicono che era un Greco amante della musica e sopra tutto dei canti
di
Orfeo. Schedio che comandava i Focei all’assedio
a tutto dei canti di Orfeo. Schedio che comandava i Focei all’assedio
di
Troia ha una corona d’erbe campestri sulla testa,
ta, e ne sono rotto le corde. Tutte queste rappresentazioni, composte
di
re, di regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini
e sono rotto le corde. Tutte queste rappresentazioni, composte di re,
di
regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini celebr
o le corde. Tutte queste rappresentazioni, composte di re, di regine,
di
guerrieri, di poeti, e d’uomini celebri nel l’ist
tte queste rappresentazioni, composte di re, di regine, di guerrieri,
di
poeti, e d’uomini celebri nel l’istoria e nella r
religione, avevano nell’antichità un effetto che più non sussiste. Al
di
sopra di Tamiri è Marsia seduto sopra una pietra,
, avevano nell’antichità un effetto che più non sussiste. Al di sopra
di
Tamiri è Marsia seduto sopra una pietra, ed accan
ra una pietra, ed accanto a lui Olimpo, rappresentato nelle sembianze
di
un giovine che impara a suonare la tibia. Se voi
gli occhi alla sommità della tavola, voi scorgete, sullo stesso piano
di
Atteone, di Aiace di Salamina, Palamede e Tersite
la sommità della tavola, voi scorgete, sullo stesso piano di Atteone,
di
Aiace di Salamina, Palamede e Tersite, che giuoca
à della tavola, voi scorgete, sullo stesso piano di Atteone, di Aiace
di
Salamina, Palamede e Tersite, che giuocano agli s
Tersite, che giuocano agli scacchi inventati dal primo. Aiace figlio
di
Oileo guarda il loro giuoco. Si vede che ha naufr
ato dalla spuma che lo copre: Polignoto ha qui riuniti tutti i nemici
di
Ulisse. Pausania avrebbe dovuto notare che l’art
lisse. Pausania avrebbe dovuto notare che l’artista aveva avuto cura
di
allontanare il re d’ Itaca da questo gruppo. L’os
ne che fa sulla schiuma, della quale Aiace è coperto, cade nel numero
di
quei minuti particolari, dai quali il genio dell’
ore: ma conviene rammentarsi che gli antichi reputavano questo genere
di
morte la maggior disgrazia, perchè gli privava de
sa considerazione giustifica Virgilio, che fa gemere Enea all’aspetto
di
una violenta tempesta. Un poco al di sopra d’ Aia
, che fa gemere Enea all’aspetto di una violenta tempesta. Un poco al
di
sopra d’ Aiace figlio di Oileo si vede Meleagro f
aspetto di una violenta tempesta. Un poco al di sopra d’ Aiace figlio
di
Oileo si vede Meleagro figlio di Eneo, che guarda
Un poco al di sopra d’ Aiace figlio di Oileo si vede Meleagro figlio
di
Eneo, che guarda questo eroe. Fra questi personag
ppoggia la testa sulle mani. Memnone tiene una delle sue sulle spalle
di
Sarpedone. Il pittore ha rappresentato degli ucce
lle di Sarpedone. Il pittore ha rappresentato degli uccelli sul manto
di
Memnone; questi uccelli si chiamano Memnonidi. Ac
idi. Accanto a lui si vede uno schiavo etiope per indicare che era re
di
quella nazione. Sopra Sarpedone e Memnone si vede
ede Paride giovine e senza barba: egli batte le mani come fa la gente
di
campagna, e sembra invitare Pentesilea ad avvicin
ma dal suo volto si vede che lo disprezza: è ritratta nelle sembianze
di
una giovine che tiene un arco scitico, e che ha l
ne che tiene un arco scitico, e che ha le spalle coperte da una pelle
di
leopardo. Più in alto vi sono due donne che porta
este donne sono fra le non iniziate. Più alto si vede Callisto figlia
di
Licaone, la ninfa Nomia, e Pero figlia di Neleo.
lto si vede Callisto figlia di Licaone, la ninfa Nomia, e Pero figlia
di
Neleo. Una pelle d’ orso serve di tappeto a Calli
aone, la ninfa Nomia, e Pero figlia di Neleo. Una pelle d’ orso serve
di
tappeto a Callisto, che ha i piedi sulle ginocchi
e d’ orso serve di tappeto a Callisto, che ha i piedi sulle ginocchia
di
Nomia. Gli Arcadi dicono che Nomia era una ninfa
infe vivono per molto tempo, ma non sono immortali. Questa abbondanza
di
Polignoto può somministrare alla pittura moderna
i Polignoto può somministrare alla pittura moderna un numero infinito
di
bellissimi soggetti, dei quali Tesecuzione riesci
circondano si vede una balza dirupata. Sisifo figlio d’Eolo si sforza
di
spingere in su una grossa pietra. Se vede nello s
una grossa pietra. Se vede nello stesso luogo un doglio, e un gruppo
di
figure composto di un vecchio, di un fanciullo e
Se vede nello stesso luogo un doglio, e un gruppo di figure composto
di
un vecchio, di un fanciullo e di molte donne post
stesso luogo un doglio, e un gruppo di figure composto di un vecchio,
di
un fanciullo e di molte donne poste sopra uno sco
glio, e un gruppo di figure composto di un vecchio, di un fanciullo e
di
molte donne poste sopra uno scoglio: una di quest
ecchio, di un fanciullo e di molte donne poste sopra uno scoglio: una
di
queste è accanto a un vecchio, ed è molto vecchia
sania, che questo gruppo rappresenti quelli che disprezzano i imsteri
di
Cerere, perchè gli antichi Greci ponevano questi
antichi Greci ponevano questi misteri tanto al disopra delle pratiche
di
Religione, quanto gli dei sono maggiori degli ero
e lo divora. Ma Pausania osserva che Polignoto ha seguito il racconto
di
Archiloco, che ha parlato di questo scoglio. Tale
rva che Polignoto ha seguito il racconto di Archiloco, che ha parlato
di
questo scoglio. Tale è la descrizione che dà Paus
e ha parlato di questo scoglio. Tale è la descrizione che dà Pausania
di
uno dei più celebri dipinti, stupore della Grecia
consiglio la letttura, onde possiate arricchire il vostro intelletto
di
cognizioni, che possono guidarvi nei vostri studi
to di cognizioni, che possono guidarvi nei vostri studii. L’avventura
di
Orfeo, che coli’ armonia del suo canto potè riave
perde, violando la legge impostagli da Proserpina, è con tanta maestà
di
stile descritta nella Georgica di Virgilio, che i
i da Proserpina, è con tanta maestà di stile descritta nella Georgica
di
Virgilio, che io ho tentata la traduzione di quei
descritta nella Georgica di Virgilio, che io ho tentata la traduzione
di
quei versi, benché persuaso dell’impossibilità di
ntata la traduzione di quei versi, benché persuaso dell’impossibilità
di
esprimere, non che di pareggiare la bellezza di q
quei versi, benché persuaso dell’impossibilità di esprimere, non che
di
pareggiare la bellezza di quei versi immortali.
so dell’impossibilità di esprimere, non che di pareggiare la bellezza
di
quei versi immortali. Te fuggendo: Aristeo, pel
e empì gli ultimi monti: La rocca Rodopea ti pianse, e l’alto Pangeo,
di
Reso la Mavorzia terra Con Orizia d’Atene, e Geti
asce e quando muore il giorno. E le Tenarie foci, e le profonde Porte
di
Dite, e per paura cieco Il nero bosco ei vide; al
e ai cari sposi Rapite, e figli ai genitori in faccia Posti sul rogo:
di
Oocito il nero Fango gli lega e le deformi canne,
ase istesse E i regni della morte, e avvinto il crine Le stigie suore
di
cerulei serpi; Cessò il latrato nell’aperte gole
vietava traghettar Caronte L’opposto stagno: e come mai poteva Seguir
di
nuovo la rapita moglie, O piegar con qual canto i
ntri sonava Che le tigri placò, trasse le querci. Tal mesto all’ombra
di
frondoso pioppo Piange usignolo li smarriti figli
dele dolor le Tracie donne, Fra le feste dei numi e le notturne Orgie
di
Bacco disperdean pei larghi Campi infamati lacera
oi potrete difficilmente rintracciare queste notizie nei libri comuni
di
Mitologia, che spesse volte ingannano più di quel
notizie nei libri comuni di Mitologia, che spesse volte ingannano più
di
quello che illuminino gli artisti, onde vi esorto
inino gli artisti, onde vi esorto a sentire maggiormente l’importanza
di
questi studii. La figura di Plutone ha in ogni ri
sorto a sentire maggiormente l’importanza di questi studii. La figura
di
Plutone ha in ogni riguardo il carattere di Giove
questi studii. La figura di Plutone ha in ogni riguardo il carattere
di
Giove, ma di. Giove truce ed iracondo, quale Sene
i. La figura di Plutone ha in ogni riguardo il carattere di Giove, ma
di
. Giove truce ed iracondo, quale Seneca tragico ce
ibuisce a Plutone la chioma calante giù sopra la fronte, al contrario
di
quella di Giove che si solleva: ma non è in ciò d
Plutone la chioma calante giù sopra la fronte, al contrario di quella
di
Giove che si solleva: ma non è in ciò d’accordo c
tano, del quale la chioma ed anche il vestiario si conformano all’uso
di
Giove. Il basso rilievo Ostiense, ora al Museo Pi
porti la tunica: in ciò da Giove diverso, ed accostantesi al costume
di
Serapide, di cui però non ha in testa il medio, c
ica: in ciò da Giove diverso, ed accostantesi al costume di Serapide,
di
cui però non ha in testa il medio, come per inavv
notata, asserisce Winkelmann; ma ha la chioma legata con benda ad uso
di
Giove, Col capo velato lo veggiamo in una delle p
l sepolcro dei Nasoni illustrate dal Bellori, ove Visconti ha creduto
di
riconoscere Saturno, quantunque il velo, come dis
que il velo, come distintivo, niun antico scultore gli assegni. Assai
di
Plutone. Nessun reo è assoluto davanti al tribuna
scellerati. Eumenidi furono chiamate da Oreste, perchè col consiglio
di
Pallade potè in Argo placarle. Licofrone ed Eschi
i Proserpina e Plutone; Esiodo nella Teogonia le vuol nate dal sangue
di
Saturno, quantunque nel suo libro intitolato L’op
ano, secondo Virgilio, nel vestibolo dell’Inferno con altra compagnia
di
loro ben degna. « Nel primo entrar del doloroso
de le Furie I ferrati covili: il Furor folle. L’empia Discordia, che
di
serpi ha il crine E di sangue mai sempre il volto
covili: il Furor folle. L’empia Discordia, che di serpi ha il crine E
di
sangue mai sempre il volto intriso.» Così tradus
6 verso 402 e segg.); E nel duodecimo libro le fa assistere al soglio
di
Giove. Siccome il rimorso segue nel momento la co
evo pubblicato da Zoega, rappresentante Oreste in Delfo, sono fornite
di
grandi ali alle spalle, che gli Etruschi, e senza
ate n’è priva, e l’altra senz’ali lo porta. Sarà piuttosto una specie
di
legami destinati a reggere l’abito succinto a fog
to una specie di legami destinati a reggere l’abito succinto a foggia
di
grembiule, che generalmente vestono le figure che
ono le figure che tal cintura hanno, usata ancora dalle figure egizie
di
solo grembiule vestite. Gli stivaletti che in que
nei monumenti etruschi, forse accennano la velocità, con cui, a guisa
di
cacciatori inseguono i rei, quantunque sembrerebb
pesanti da inverno, si crederebbero dagli Etruschi per solo capriccio
di
tal foggia calzate, usitata da loro in molte altr
rie avendo intorno i fianchi un largo cinto, che in alcune è fregiato
di
perle. Una di essa tiene nella destra un pugnale,
orno i fianchi un largo cinto, che in alcune è fregiato di perle. Una
di
essa tiene nella destra un pugnale, nella sinistr
ra che le tre restanti, che molto hanno sofferto dal tempo, parimente
di
torcie fossero armate. Le teste conservate sono t
sima è moderna. Nel basso rilievo le Furie sono cinque, ed il nu mero
di
tre, che vien loro assegnato, non altro denota ch
nota che pluralità, onde sul più antico teatro greco comparivano cori
di
Furie fino al numero di cinquanta. 1 nomi delle t
sul più antico teatro greco comparivano cori di Furie fino al numero
di
cinquanta. 1 nomi delle tre Furie così sono espre
i che non osavano proferirne il nome. Quindi Elettra dice nell’Oreste
di
Euripide: Le Furie, che io non ardisco nominare,
no guardare, e non senza terrore. Ed era fama che se alcuno macchiato
di
delitto fosse entrato nel tempio, che Oreste loro
dell’Achea, fosse nell’istante da furori e paure agitato. Gli antichi
di
nere vesti credevano che fossero ammantate, poich
e nera. Questi sacrifizi si facevano nel maggior silenzio, e in tempo
di
notte, ed era vietato ai nobili l’intervenirvi. E
Infatti Edipo giunto nella loro selva fu ammaestrato dao^li Ateniesi
di
portar acqua di fonte perenne, e di versarla in v
iunto nella loro selva fu ammaestrato dao^li Ateniesi di portar acqua
di
fonte perenne, e di versarla in vasi preparati a
va fu ammaestrato dao^li Ateniesi di portar acqua di fonte perenne, e
di
versarla in vasi preparati a quest’uso, dei quali
e di versarla in vasi preparati a quest’uso, dei quali dovea cingere
di
pelle d’agnello nero gli orli ed i manichi. Quind
e, e dopo questa libazione piegare a terra con ambe le mani nove rami
di
ulivo. Le corone che si ponevano quelli che si sa
e corone che si ponevano quelli che si sacrificavano alle Furie erano
di
narciso e di croco. Furnuto ed Eustazio allegano
si ponevano quelli che si sacrificavano alle Furie erano di narciso e
di
croco. Furnuto ed Eustazio allegano una ragione r
tivamente al primo fiore. Questi autori pretendono che la derivazione
di
questo nome provenga da (grec) sbalordimento, ed
a a sinistra della via maestra un tempio dedicato a Dee, che le genti
di
quel luogo chiamano Manie, e tutto il cantone d’
urioso. Molto d’appresso al tempio si vede un piccolo terreno coperto
di
una specie di tomba, sulla quale è incisa la figu
d’appresso al tempio si vede un piccolo terreno coperto di una specie
di
tomba, sulla quale è incisa la figura di un dito.
erreno coperto di una specie di tomba, sulla quale è incisa la figura
di
un dito. Eglino chiamano questo luogo sepoltura d
ficato un tempio all’ Eumenidi. Raccontano che alla prima apparizione
di
queste Dee, quando elleno levaron di cervello Ore
ntano che alla prima apparizione di queste Dee, quando elleno levaron
di
cervello Oreste, egli le vide tutte nere, che all
ll’ombre de’ morti, ma che sacrificò alle seconde. Ed ancora ai tempi
di
Pausania in memoria del narrato avvenimento credo
ncora ai tempi di Pausania in memoria del narrato avvenimento credono
di
poter sacrificare a queste Dee, ed alle Grazie ad
rive le Furie. «Ove in un punto vidi dritte ratto Tre furie infernal
di
sangue tinte, Che membra femminili aveano ed atto
resente. Quindi Cloto, ch’era la più giovane delle sorelle, avea cura
di
presedere al punto nel quale si nasce, e di tener
delle sorelle, avea cura di presedere al punto nel quale si nasce, e
di
tener la conocchia: Lachesi filava tutti gli avve
ava tutti gli avvenimenti della nostra vita; ed Atropo, la più matura
di
tutte, tagliava colle forbici il filo. I Mitologi
ltima le eseguisce. Altri fanno scrivere le Parche sotto la dettatura
di
Plutone. L’opinione più comune è che il Fato, il
che il Fato, il quale comandava a Giove, ed agli altri Dei, sia pure
di
esse il padrone. Platone fa vedere queste tre de
ueste tre dee nel mezzo delle sfere celesti con abiti bianchi coperti
di
stelle, coronate il capo, ed assise sopra troni r
perti di stelle, coronate il capo, ed assise sopra troni risplendenti
di
luce, dove accordano la loro voce col canto delle
nata, ed Atropo quelle che avverranno un giorno, Pausania ci ragiona
di
alcuni templi, che avevano nella Grecia: i Lacede
Lacedemoni ne avevano eretto uno in una loro città vicino al sepolcro
di
Oreste, ed i Sicionii gliene aveano dedicato un a
le Furie, vale a dire che loro sacrificavano pecore nere. Nella città
di
Olimpia vi era un altare consacrato a Giove condu
Parche, vicino al quale ne avevano un altro queste dee. In una statua
di
Teocosmo, nella quale lavorò ancora Fidia, le Par
me coli’ Ore, erano nella testa del nominato Dio. Vicino al ‘sepolcro
di
Eteocle e Polinice stava scolpita una delle tre P
ria feroce, gran denti, mani adunche; insomma sembianze più terribili
di
una fiera, per additare il terribile destino di q
mbianze più terribili di una fiera, per additare il terribile destino
di
quei due fratelli nati al delitto. Ma generalment
li antichi monumenti. Esse trovansi generalmente espresse nella morte
di
Meleagro, e son belle fanciulle, ora con l’ali al
capo, or senza, distinguendosi fra loro pei singolari attributi. Una
di
esse viene costantemente effigiata in atto di scr
ingolari attributi. Una di esse viene costantemente effigiata in atto
di
scrivere su un rotolo. Talora non vi sono cbe due
guicrinite, e con faci accese nelle mani, e con braccia ignudo contro
di
Oreste armate, su un vaso di terra cotta della Co
nelle mani, e con braccia ignudo contro di Oreste armate, su un vaso
di
terra cotta della Collezione Porcinari, pubblicat
a della Collezione Porcinari, pubblicato nella seconda parte dei Vasi
di
Hamilton. Così giovani e belle vengono rappresent
ste vindici dee su varii bassi rilievi in Roma, ove la stessa vicenda
di
Oreste si figura. Fra la gente tormentata nell’In
rata. Eccovene brevemente r istoria. Queste erano cinquanta figliuole
di
Danao re d’Argo, che negava di sposarle ad altret
oria. Queste erano cinquanta figliuole di Danao re d’Argo, che negava
di
sposarle ad altrettanti figli di Egitto suo frate
iuole di Danao re d’Argo, che negava di sposarle ad altrettanti figli
di
Egitto suo fratello, perchè l’oracolo gli aveva p
lla guerra a sacrificare il proprio timore alla pubbUca salute, cercò
di
evitare la minaccia del fato, ordinando alle figl
Linceo suo sposo. Udirete in Ovidio, tradotto da Remigio, la pittura
di
quella orribile notte, narrata al fuggito sposo d
ostra fantasia potrà forse da questa descrizione ricavare il soggetto
di
una pittura. Già spargeva la notte il fosco e l’
evuto a mensa Miseri aveano, e dall’ignaro vulgo Compressi intorno, e
di
novelli fiori Cinti i capei, che preziosi unguent
i novelli fiori Cinti i capei, che preziosi unguenti Facevan molli, e
di
letizia pieni Da lor fato crudel portati furo Ent
e volve e scuote II gelato Aquilon frondosa chioma D’arbore antico, o
di
frondoso pioppo, Tal io tremava, o se tremar più
o al suo cugin la vita. Ma se questa mia destra ardito avesse Di trar
di
vita alcun, non sarebb’ella Prima del sangue mio
eregrini amanti? Ma presuppongo, e lo confermo vero. Che fosser degni
di
morir: che abbiamo Misere noi commesso? or per qu
affretti, questa Agli occhi tuoi sarà l’ultima notte. Onde d’orrore e
di
spavento pieno Sorgesti presto, o ti fuggìa dagli
o d’ogni stagion rimiro Spaventi e morti, ov’io dogliosa seggio Cinta
di
ferro i pie, le braccia e il collo.» Ovidio ,
onai in parte quando le mie ricerche ebbero per soggetto Cerere madre
di
lei: ma l’ampiezza dell’istoria e degli attributi
tto Cerere madre di lei: ma l’ampiezza dell’istoria e degli attributi
di
questa dea non mi permise d’ inserirvi le altre n
resente argomento. Non tutti opinarono che Proserpina fosse figliuola
di
Cerere, e quelli che con Ecate la confusero le di
emplicità delle Favole, le dà Cerere per genitrice, contro l’opinione
di
Apollodoro, che figliuola la dice di Stige e di G
per genitrice, contro l’opinione di Apollodoro, che figliuola la dice
di
Stige e di Giove. È inutile il ridirvi come fu ra
ce, contro l’opinione di Apollodoro, che figliuola la dice di Stige e
di
Giove. È inutile il ridirvi come fu rapita in Sic
nutile il ridirvi come fu rapita in Sicilia; solamente aggiungerò che
di
questa credenza erano tanto persuasi gli abitanti
e aggiungerò che di questa credenza erano tanto persuasi gli abitanti
di
quell’Isola, che usavano di giurar sempre per |Pr
redenza erano tanto persuasi gli abitanti di quell’Isola, che usavano
di
giurar sempre per |Proserpina. Ora cani, ora nere
tà della Magna Grecia e della Sicilia sembrano essersi molto studiate
di
dare sulle loro monete, sia a Cerere che a Proser
zza: e difficilmente si troveranno ancora pel conio, monete più belle
di
alcune siracusane, rappresentanti una testa di Pr
onio, monete più belle di alcune siracusane, rappresentanti una testa
di
Proserpina, e nel rovescio un vincitore su di una
appresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un vincitore su
di
una quadriga. Queste monete avrebbero dovuto esse
ero dovuto esser meglio disegnate e incise nella Collezione del Museo
di
Pellerin. Si vede in esse Proserpina coronata di
Collezione del Museo di Pellerin. Si vede in esse Proserpina coronata
di
frondi lunghe e appuntate simili a quelle che orn
e e appuntate simili a quelle che ornano insieme alle spighe la testa
di
Cerere, e quindi Winkelmann le crede foglie dello
e, e quindi Winkelmann le crede foglie dello stelo del grano, anziché
di
canna palustre, quali furono giudicate da alcuni
quali furono giudicate da alcuni scrittori, che perciò si avvisarono
di
vedere in quelle monete l’effigie della Ninfa Are
artisti, sopra tutto il celebre Prassitele, rappresentarono il ratto
di
Proserpina, inciso ancora su molte medaglie della
sce Proserpina non ostante le ragioni della severa Minerva. Mercurio,
di
cui l’intervento non è inutile in questo genere d
Minerva. Mercurio, di cui l’intervento non è inutile in questo genere
di
avvenimenti, precede il carro del rapitore, e sem
questo genere di avvenimenti, precede il carro del rapitore, e sembra
di
Cerere voler consolare la figlia. Questa composiz
gorica, che potrete riscontrar nel primo tomo dell’Antichità spiegata
di
Montfaucon, può essere dei bei tempi della Grecia
onumento da Winkelmann pubblicato. Non credo però molto antica l’idea
di
attaccare al carro del suo rapitore due cigni, du
e si vede in due gemme incise del Museo Stosciano. Che mi si permetta
di
portare simil giudizio sulla rappresentazione del
tesso soggetto, che si trova pure nel primo tomo dell’opera mentovata
di
Montfaucon, ove in fondo del basso rilievo sono e
che fa allusione alle relazioni, immaginate più tardi, tra la favola
di
Proserpina e il sistema astronomico. Sopra un bas
n monumento rappresentato, e dà peso alla sua congettura un certo che
di
mesto e di riserbato che si vede nella figura di
rappresentato, e dà peso alla sua congettura un certo che di mesto e
di
riserbato che si vede nella figura di lei, come s
gettura un certo che di mesto e di riserbato che si vede nella figura
di
lei, come se ancora si ricordasse della madre, e
l mento, inculta ed irta Pende canuta barba. Ha gli occhi accesi Come
di
bragia. Ha con un groppo al collo Appeso un lordo
ll’altra riva ogrior la gente morta: Vecchio è d’aspetto e d’anni, ma
di
forze Come dio vigoroso e verde è sempre.» Enei
aro, che così tradusse Virgilio, ebbe per certo in mente questi versi
di
Dante, che così introduce Caronte nel suo Inferno
nose gote Al nocchier della livida palude, Che’ntorno agli occhi avea
di
fiamme rote. Ma quell’anime ch’eran lasse e nude,
renti, L’umana specie, il luogo, il tempo, e il seme Di lor semenza e
di
lor nascimenti. Poi sì ritrasser tutte quante ins
ia, Ch’attende ciascun uom che Dio non teme. Caron dimenio, con occhi
di
bragia. Loro accennando, tutte le raccoglie; Batt
pittori antichi, come udiste da Pausania nella descrizione del quadro
di
lui, vecchio lo ritrasse. Questo dio stimavasi cr
utti noi nudi scendiamo nel sepolcro. Plutone per sollevare il dolore
di
Proserpina l’idea della sua nuova grandezza, così
la morte. Ella solo infatti confessa quanto piccola cosa sia l’uomo
di
cui ristabilisce i diritti e fa sicure vendette b
iù d’ogni altro popolo al regno dell’ombre. Tre, come vi ho accennato
di
sopra, sono i giudici dell’Inferno secondo i Mito
Eaco. Minosse nacque da Giove e da Europa, figliuola, secondo alcuni,
di
Fenice, secondo altri, di Agenore^ e che dal furt
ove e da Europa, figliuola, secondo alcuni, di Fenice, secondo altri,
di
Agenore^ e che dal furto di Giove partorì pure Sa
secondo alcuni, di Fenice, secondo altri, di Agenore^ e che dal furto
di
Giove partorì pure Sarpedonte e Radamanto. Nato d
orì pure Sarpedonte e Radamanto. Nato da padre furtivo, dopo la morte
di
Giove Asterie, i Cretesi non volevano ch’egli sal
te comparve un toro dal mare, ed i Cretesi maravigliati gli permisero
di
regnare. Non sono d’accordo sulla sua patria gli
rdo sulla sua patria gli antichi. Chi lo vuole forestiero, chi nativo
di
Creta, e non figlio di Giove. Omero, fra gli alt
i antichi. Chi lo vuole forestiero, chi nativo di Creta, e non figlio
di
Giove. Omero, fra gli altri, nell’Odissea, lo vu
lio di Giove. Omero, fra gli altri, nell’Odissea, lo vuole discepolo
di
Giove, e dice che in quest’isola regnò per nove a
tanto potente per mare da imporre tributo agli Ateniesi per la morte
di
Andro geo, come dichiarerò a suo luogo parlandovi
esi per la morte di Andro geo, come dichiarerò a suo luogo parlandovi
di
Teseo. Nacquero da lui (non contando Androgeo) Gl
rinto venisse in Sicilia da Cocalo, che gli fu ospite liberale. Ma le
di
lui figlie ingannate da Dedalo, lo uccisero getta
ttando all’improvviso acqua bollente nel bagno. Ma quello che è fuori
di
dubbio si è che per la fama della sua giustizia m
che è fuori di dubbio si è che per la fama della sua giustizia meritò
di
esser creduto figliuolo di Giove e giudice all’In
che per la fama della sua giustizia meritò di esser creduto figliuolo
di
Giove e giudice all’Inferno. L’avventura di Niso
i esser creduto figliuolo di Giove e giudice all’Inferno. L’avventura
di
Niso giustissimo lo dimostra. Regnava questi in N
iono spiegar coli’ istoria la favola, dicono che nel purpureo capello
di
Niso sono significate le chiavi della città conse
do gli antichi, il presidente della Corte infernale, e a lui spettava
di
giudicare delle cose che erano dubbie. Omero ce
i, fu anch’esso per la sua prudenza ed amore del giusto stimato degno
di
tanto uffizio. Focilide lo celebra come l’uomo il
: certamente giustissimi furono sempre riputati gli antichi reggitori
di
Creta, e le leggi di quelr isola famosa servirono
imi furono sempre riputati gli antichi reggitori di Creta, e le leggi
di
quelr isola famosa servirono di norma al divino L
ntichi reggitori di Creta, e le leggi di quelr isola famosa servirono
di
norma al divino Licurgo. Nell’Inferno gli attribu
o di norma al divino Licurgo. Nell’Inferno gli attributi del fratello
di
Minos così da Virgilio sono esposti: « Questo è
buti del fratello di Minos così da Virgilio sono esposti: « Questo è
di
Radamanto il tristo regno, Là dove egli ode, esam
egno, Là dove egli ode, esamina, condanna, E discuopre i peccati, che
di
sopra Son dalle genti o vanamente ascosi In vita,
enti o vanamente ascosi In vita, o non purgati anzi la morte. Nè pria
di
Radamanto esce il precetto Che Tesifone è presta
I, v. 844 e segg. L’istoria però ci fa molto dubitare della giustizia
di
Radamanto, narrandoci che fuggì da Creta per aver
ggiunge agli altri due giudici dell’inferno, e fu anch’esso figliuolo
di
Giove. Al Tonante lo partorì Egina figlia di Asop
e fu anch’esso figliuolo di Giove. Al Tonante lo partorì Egina figlia
di
Asopo, dopo essere stata ingannata dal dio nelle
figlia di Asopo, dopo essere stata ingannata dal dio nelle sembianze
di
fuoco. Ella diede il suo nome a un’Isola dove, su
ta ed antica. Questi nuovi mortali furono chiamati Mirmidoni, e ninno
di
voi ignorerà che di essi fu condottiero Achille,
nuovi mortali furono chiamati Mirmidoni, e ninno di voi ignorerà che
di
essi fu condottiero Achille, che ad Eaco fu nipot
fu nipote. Egli ebbe tre figli da due donne. Foco da Sam mete figlia
di
Nereo, Telamone e Peleo padre dell’eroe d’ Omero
di Nereo, Telamone e Peleo padre dell’eroe d’ Omero da Endaide figlia
di
Chirone. Del resto Eaco fu in tanta riputazione,
one, che essendo tutta la Grecia travagliata dalla siccità, l’oracolo
di
Delfo rispose, che se volevano placare Giove si s
oracolo di Delfo rispose, che se volevano placare Giove si servissero
di
Eaco per intercessore. Egli giudicava i morti eur
Flegetonte. Tutte l’anime per passar nell’Inferno varcano sulla barca
di
Caronte questo fiume torbo e fangoso, pieno di vo
no varcano sulla barca di Caronte questo fiume torbo e fangoso, pieno
di
voragini, che bolle e si frange, e che col suo ne
suo nero loto si perde in Cocito. Alcuni fanno figliuolo questo fiume
di
Titano e della Terra, e dicono che discese fino n
condo l’opinione riportata dal Boccaccio, nacque da Oerere nell’Isola
di
Oreta, e non potendo sostenere la luce, si ritirò
e era un fiume della Tesprozia, che avea le sue sorgenti dalle paludi
di
Acherusa, e scaricavasi accanto Ambracia nel golf
herusa, lago dell’Egitto presso Menfi, circondato da campagne ripiene
di
tombe. E il giudizio che si esercitava in questo
onde egli in premio le concesse che il giuramento pel nume e l’acque
di
lei sarebbe stato formidabile e tremendo agli ste
tato formidabile e tremendo agli stessi numi. Quelli che fra loro nel
di
lei nome spergiuravano erano per del tempo allont
e fosse il fiume divenuto favoloso. Opinano alcuni che fosse nel seno
di
Baia vicino al lago Averno, e che i Sacerdoti ava
ri avvalorassero quest’opinione, per godere dell’amenità e dei frutti
di
quel clima beato; secondo altri è un fonie dell’A
le, secondo Pausania, agli animali ed all’uomo, ed aveva la proprietà
di
spezzare i vasi di ogni terra e di qualunque meta
a, agli animali ed all’uomo, ed aveva la proprietà di spezzare i vasi
di
ogni terra e di qualunque metallo. L’unghie sole
ed all’uomo, ed aveva la proprietà di spezzare i vasi di ogni terra e
di
qualunque metallo. L’unghie sole del cavallo resi
rono che Plutone ruppe la fedeltà giurata a Proserpina con una figlia
di
questo fiume, chiamata Minta, che fu dalla regina
fiume si perde con Flegetonte nell’Acheronte, e che non è che un rivo
di
Stige. Il nome di esso deriva dalle querele e dai
Flegetonte nell’Acheronte, e che non è che un rivo di Stige. Il nome
di
esso deriva dalle querele e dai pianti onde riemp
e dei malvagi. Di Flegetonte sappiamo solo che vi sgorgavano torrenti
di
fiamme, e che gli erano corona le carceri dei con
gli erano corona le carceri dei condannati da Radamanto. Dirò adesso
di
Nemesi, che vendicava gli oppressi in vita, dai s
a della Giustizia, che i lievi fremiti dei mortali contieni con freno
di
adamante, odiando la perniciosa superbia degli uo
dei diti, significa la misura che i Greci chiamavano (grec), simbolo
di
una retribuzione giusta ed equa di tutte le azion
i Greci chiamavano (grec), simbolo di una retribuzione giusta ed equa
di
tutte le azioni. Lo sguardo che ella volge nel su
occupa per discoprire i segreti più nascosi; ed è sotto questo punto
di
vista eh’ Esiodo la chiama figlia della Notte. Pe
iano la rappresenta con un dito sulla bocca. Il ramo eh’ ella tiene è
di
melo selvaggio per mostrare la durezza e l’infles
r mostrare la durezza e l’inflessibilità de’ suoi decreti. Una figura
di
marmo alla Villa Albani è stata creduta da Winkel
si, ma da lui con ragione dissente, come udirete, Visconti. La figura
di
una donna alata, che in un quadro dell’ Ercolano
ave che si allontana, e che non è stata determinata nella spiegazione
di
quella pittura, è Nemesi probabilmente, ed hanno
egli Etiopi rappresentati sulla coppa che teneva nella mano la Nemesi
di
Fidia, della quale Pausania non ha spiegato il si
to da Omero a questa nazione. Quindi Fidia può avere avuto intenzione
di
rappresentare i favoriti di Nemesi, i quali per u
. Quindi Fidia può avere avuto intenzione di rappresentare i favoriti
di
Nemesi, i quali per una condotta virtuosa dei ben
i favoriti di Nemesi, i quali per una condotta virtuosa dei beneficii
di
lei si rendono degni. Visconti così illustra una
beneficii di lei si rendono degni. Visconti così illustra una statua
di
Nemesi del Museo Pio dementino. « Quando la penn
stra una statua di Nemesi del Museo Pio dementino. « Quando la penna
di
un antiquario ha da versare sull’esposizione di u
o. « Quando la penna di un antiquario ha da versare sull’esposizione
di
un argomento interessante e sicuro, acquista egli
na più viva confidenza nella sua facoltà, e si dimentica delle taccie
di
frivolo, immaginario, che sogliono darsi da’ bell
lo, immaginario, che sogliono darsi da’ belli spiriti a questo genere
di
letteratura. « La bella statuetta della dea Nemes
ente i surriferiti caratteri per incoraggirne l’espositore. Le figure
di
Nemesi sono assai note nelle greche medaglie, spe
figure di Nemesi sono assai note nelle greche medaglie, specialmente
di
Smirne, ove erano venerate due Nemesi in un tempi
’lor beni e del loro potere. Il freno le pendeva dalla manca, simbolo
di
moderazione, specialmente nelle parole: alle volt
moderazione, specialmente nelle parole: alle volte stringeva un ramo
di
frassino, inteso pel flagello onde percuotere i d
he a questo gesto si riferisse ciò che dissero gli antichi del cubito
di
Nemesi, dalla maggior parte spiegato per una verg
r una verga, che il simulacro della dea stringesse in mano. Il dubbio
di
Spanhemio parve a ragione a Winkelmann una certez
nkelmann una certezza, o egli stesso senza riflettere alla congettura
di
Spanhemio così pensò e scrisse: lodevole in quest
ma non egualmente nell’applicare la sua osservazione ad una statuetta
di
Villa Albani, la quale solleva, è vero, il manto
grembo alcuna cosa, ma non già per presentare la consueta attitudine
di
Nemesi cognita dalle medaglie, dalle gemme e dai
che nella statua osserviamo, la quale combina coir indubitate figure
di
Nemesi, e fra le altre colle più certe che sono i
mesi, e fra le altre colle più certe che sono in un medaglione del re
di
Francia, ove si rappresenta Y apparizione delle N
ione delle Nemesi Smirne ad Alessandro, mentre il conquistatore sotto
di
un platano prendea riposo: apparizione, a meglio
nuova edificazione e la sua grandezza. Lo scultore, qualunque fosse,
di
quei vetusti simulacri, inventò quel gesto, onde
o l’intera misura del cubito. Sembra però che il braccio delle Nemesi
di
Smirnee restasse afi’atto isolato, nè reggesse al
e alcun poco il peplo o l’orlo della soprave sta, come nelle immagini
di
Nemesi ne’ bassi rilievi e nelle gemme osserviamo
hanno nell’antica tradizione verun appoggio. « Se ardissi avanzar su
di
ciò la mia opinione direi che invano si cerca il
no si cerca il mistero in un ripiego dello scultore, che non contento
di
questo braccio isolato delle Nemesi di Smirne, co
llo scultore, che non contento di questo braccio isolato delle Nemesi
di
Smirne, come di un’attitudine secca e forzata, ha
e non contento di questo braccio isolato delle Nemesi di Smirne, come
di
un’attitudine secca e forzata, ha pensato ingegno
rne, come di un’attitudine secca e forzata, ha pensato ingegnosamente
di
dare al braccio stesso un’ azione che lo fissasse
deata, ebbe una folla d’imitatori, che la replicarono in varii generi
di
lavoro, ed in varii tempi. Così è rappresentata N
e. Questo bel simulacro fu trovato nella Villa Adriana, mancante però
di
un braccio, il quale è stato ristaurato con in ma
e però di un braccio, il quale è stato ristaurato con in mano un ramo
di
frassino, simbolo di cui danno esempio i monument
il quale è stato ristaurato con in mano un ramo di frassino, simbolo
di
cui danno esempio i monumenti, e che ci accennano
tro sarebbesi dovuto porre in mano il freno per imitare le due Nemesi
di
Smirne, una delle quali nella mano sinistra ha il
rne, una delle quali nella mano sinistra ha il freno, l’altra il ramo
di
frassino. La perdita però dei simboli secondari n
li secondari non ci si rende molto sensibile, attesa la conservazione
di
quel gesto che esprime il cubito e la misura. Que
o che esprime il cubito e la misura. Questo è l’indubitato distintivo
di
Nemesi, che ce la fa riconoscere in questo unico
a tal denominazione dagli autori, dalle medaglie, dalla combinazione
di
tutti i monumenti che ci rimangono. Più non chied
che ci rimangono. Più non chiederebbesi ad una tal quale esposizione
di
questo nobilissimo marmo, se non domandasse qualc
che periodo la descrizione lasciataci da Pausania della famosa Nemesi
di
Ramnunte borgo dell’Attica, simulacro per la divo
va già preceduti il secol d’oro dell’arte. Agoracrito Parlo discepolo
di
Fidia n’era stato l’artefice, e tanta eccellenza
efiSgiare una Venere, soggetto che volea rappresentare in concorrenza
di
Alcamene suo condiscepolo. « Il favore e la passi
n concorrenza di Alcamene suo condiscepolo. « Il favore e la passione
di
Fidia per questo secondo gli procurarono il socco
della mano maestra. Non avrebbe perciò soccombuto al paragone l’opera
di
Agoracrito, se il pubblico d’Atene parziale pel s
no il cangiamento, nè assai difficile, non avendo ancora lo scalpello
di
Prassitele osato di rappresentar nuda la dea dell
è assai difficile, non avendo ancora lo scalpello di Prassitele osato
di
rappresentar nuda la dea della beltà, e di mischi
lpello di Prassitele osato di rappresentar nuda la dea della beltà, e
di
mischiare la lascivia alla religione. Ebbeperò il
ltà, e di mischiare la lascivia alla religione. Ebbeperò il simulacro
di
Nemesi Ramnusia simboli tali, che poco felicement
plicabili. Il confronto degli antichi scrittori ci pone ora in istato
di
rischiarare i dubbi, che non seppero dileguare in
are i dubbi, che non seppero dileguare in Pausania i più colti Attici
di
quel borgo: tanto la servitù dei Romani aveva già
ni aveva già degradata la Grecia! « Il simulacro avea in mano un ramo
di
pomi,, che alludeva alla vittoria d’Ida, e che po
, che alludeva alla vittoria d’Ida, e che poi fu confuso col frassino
di
Nemesi. Dall’altra reggeva un’ampolla, sul cui co
erano rappresentate le figure degli Etiopi. Qui è la maggior esitanza
di
Pausania: ma non è questa ampolla che una fiala d
a maggior esitanza di Pausania: ma non è questa ampolla che una fiala
di
preziosi unguenti tutta propria di Venere, su cui
non è questa ampolla che una fiala di preziosi unguenti tutta propria
di
Venere, su cui sono scolpiti gli Etiopi, non per
Etiopi, non per la loro giustizia, come vanno ideando i commentatori
di
quel classico, ma per indicare o la Libia, o l’Ar
bbastanza che non sono le vittorie dei forti. » Questa illustrazione
di
Visconti non è esente da molti sbagli, come ha ri
gli Artisti, fuggisse con Icaro suo mal avventurato figlio a Minosse,
di
cui vi favellai nella passata Lezione. Dedal, ch
ripeterà: s’inalza Sulle penne, e precede il suo compagno. Timido sol
di
lui: così dall’alto Nido tenera prole al cielo av
ente Lezione, nella quale favellerò pure della Vittoria all’ arbitrio
di
lei soggetta. L’autore di un inno su Cerere, attr
favellerò pure della Vittoria all’ arbitrio di lei soggetta. L’autore
di
un inno su Cerere, attribuito ad Omero, figlia la
annovera fra l’altre ninfe oceanine, compagne dei malaugurati studii
di
Proserpina sui prati siciliani. Dal sangue nata l
splendida, ma la men vera fra le sorti umane, fu quasi sempre prezzo
di
sangue o cittadino o straniero. Prova infatti l’I
Dee, come parve a Giovenale, e se molto ella possa negli avvenimenti
di
quaggiù, e se qualche volta, più che al coraggio
potenti l’esito felice delle loro imprese. Dante stimò che il potere
di
quest’ Essere morale combinarsi potesse coi princ
mani: Perchè una gente impera, e l’altra langue. Seguendo lo giudicio
di
costei, Che è occulto come in erba l’angue. Vostr
ia dirò che Omero non parla della Fortuna, non perchè, com’è pensiero
di
alcuni, commettesse il governo delle cose a Dio s
rive avere Omero nominato (grec), o Fortuna, sarà stato come si crede
di
quegli altri che ci restano, a lui falsamente att
imili a Nemesi, e con lei fu sovente confusa. In fatti in un rovescio
di
una medaglia pubblicata dal senator Buonarroti, N
ito delle Nemesi con essa identificata, scrive Pausania che nè quella
di
Raamunte, nè altra, che antica fosse, ne aveva; m
o ch’egli crede, invocandosi questa dea dagli amanti le davano le ali
di
Cupido. Ma forse sarà stata un’invenzione degli a
. Ma forse sarà stata un’invenzione degli artefici, dopo che il padre
di
Bupalo aggiunse il primo le ali a Cupido e alla V
to si volge una ruota. Costantino, dice lo stesso Buonarroti, compose
di
molti simboli la sua statua della Fortuna, ch’ere
e: le diede la corona murale, le ali, la cornucopia, la nave, il ramo
di
ulivo; bisogna più lodarne la buona intenzione ed
concepiva per l’impero che il buon gusto. Per escludere ogni sospetto
di
gentilesimo le pose col tempo in testa una croce
strare la sua dipendenza da Dio. Ciò diede motivo a Giuliano Apostata
di
levare questa statua, e di nasconderla sotto terr
Dio. Ciò diede motivo a Giuliano Apostata di levare questa statua, e
di
nasconderla sotto terra. Il simulacro però posto
conderla sotto terra. Il simulacro però posto nel senato fu occasione
di
scandalo, posciachè lo stesso imperatore, dandogl
il significato della Gentilità, gli fece sacrifizii. Da questo fatto
di
Costantino forse ne venne che molti imperatori cr
oma e con tanta cura conservavano nel Senato, avendola, dopo la morte
di
Costanzo, che l’avea fatta levare, rimessa, e rit
la ancora sotto Valentiniano il Giovine, come si vede dalla relazione
di
Simmaco, e da Sant’Ambrogio, e da Prudenzio che n
Prudenzio che ne scrissero contro. La Fortuna felice in una medaglia
di
Giulia Pia è fatta con un putto avanti, con il co
he non può meritare per l’arte. Comunissimo sono l’immagini in bronzo
di
questa deità, com’anche in gemme e in medaglie: n
nostra, dissotterrata nello scavo aperto pochi anni sono sulla piazza
di
San Marco non lungi dall’ antico Foro Trajano, ci
uali la vetusta superstizione caricò questo nume ignoto alla teologia
di
Omero e di Esiodo. Molti indagatori delle cose an
usta superstizione caricò questo nume ignoto alla teologia di Omero e
di
Esiodo. Molti indagatori delle cose antiche hanno
odo. Molti indagatori delle cose antiche hanno attribuito il silenzio
di
quei padri della Mitologia su tal proposito ad id
zio di quei padri della Mitologia su tal proposito ad idee più giuste
di
quelle che si ebbero nell’età susseguenti, come a
come altra Fortuna non avessero ravvisata che la volontà e il decreto
di
Giove. Io però sospetto che si voglia con tal div
sospetto che si voglia con tal divisamento far onore a quei due Poeti
di
una filosofia che non hanno mai immaginata. Esiod
non hanno mai immaginata. Esiodo dà alle Parche tutti quegli ufnzii,
di
che i posteriori mitologi hanno investita la Fort
estita la Fortuna. « E presso Omero quel Fato più forte della volontà
di
Giove non é molto consentaneo all’ esattezza dell
i circonscrivevano la possanza del loro Dio, e con cui si lusingavano
di
spiegare l’origine del male: necessità che i Poet
all’arbitrio della Fortuna. Quindi è nominata in alcune lapidi prima
di
Giove; quindi il suo simulacro Prenestino sostene
quindi il suo simulacro Prenestino sosteneva fra le braccia, in forma
di
due bambini, il re e la regina degli Dei. Questo
e la regina degli Dei. Questo dominio è indicato nel timone, simbolo
di
governo, e nel globo. La ruota, altro suo distint
città, le famiglie. Bupalo fu il primo a fregiare la Fortuna Smirnea
di
questo attributo: altri, prima di lui, le avevano
primo a fregiare la Fortuna Smirnea di questo attributo: altri, prima
di
lui, le avevano collocato in braccio Pluto bambin
prima di lui, le avevano collocato in braccio Pluto bambino. « Anche
di
un altro simbolo adornò Bupalo questo suo simulac
uni si contentano d’ intendere per questa voce il Cielo senza curarsi
di
sapere sotto che forma, e in qual guisa posava su
« Gli altri spiegano questo polo pel modio, o calato, fregio consueto
di
molte antiche divinità. « A me sembra che la paro
ficato. Questa voce non ci dà altra idea presso gli scrittori, se non
di
qualche cosa di concavo, quindi fu tratta a denot
oce non ci dà altra idea presso gli scrittori, se non di qualche cosa
di
concavo, quindi fu tratta a denotare il cielo, ch
ll’uomo, e fino l’orologio solare, il quale da una concava superficie
di
segmento sferico venia formato, e vien perciò com
erico venia formato, e vien perciò comparato da Polluce ad una specie
di
scodella o di conca. Come dunque si vuol questa v
rmato, e vien perciò comparato da Polluce ad una specie di scodella o
di
conca. Come dunque si vuol questa volta appropria
erviti gli antichi per denotare il calato della Diana Efesina, quello
di
Serapide, quello della Diana Pergea, e tante altr
e, che simili al modio della Fortuna torreggiano sulla testa venerata
di
tanti dii? « Io per me non credo dovermi allontan
r me non credo dovermi allontanare dal senso più naturale e più certo
di
quel vocabolo, quando vedo che i monumenti non me
vedo che i monumenti non mei contrastano. Intendo per polo una specie
di
celata, pìleo, quale appunto osservo sul capo a m
gini somiglia quasi ad un berretto frigio. Ecco adunque quella specie
di
callotta che copriva la testa della Fortuua Smirn
ella Fortuua Smirnea, forse per indicare l’oscurità delle risoluzioni
di
lei, quella della sua origine, per imitazione dei
ivenuto simbolo proprio della Fortuna, ci darà una chiara spiegazione
di
quelle espressioni di Orazio: — Di qui l’apice la
o della Fortuna, ci darà una chiara spiegazione di quelle espressioni
di
Orazio: — Di qui l’apice la rapace fortuna inalzò
Di qui l’apice la rapace fortuna inalzò con stridore acuto, qui gode
di
averlo deposto: — espressioni, le quali non ci of
rimenti che un’ immagine assai fredda e indeterminata, non degna però
di
quel sommo lirico fra quanti ci sono restati. « F
l solito ornamento del calato non manca alla nostra statua, ma è però
di
una figura molto comune, e che somiglia quasi all
iù monumenti, e che gli ottenero forse da Pindaro il magnifico titolo
di
(grec); cioè portatrice, o ancora sostenitrice del
sostenitrice delle città. » La Vittoria, secondo Esiodo, è figliuola
di
Stige e di Fallante. Aveva molti tempii in Roma e
e delle città. » La Vittoria, secondo Esiodo, è figliuola di Stige e
di
Fallante. Aveva molti tempii in Roma e nella Grec
Fallante. Aveva molti tempii in Roma e nella Grecia, e Siila in onore
di
questa divinità istituì pubblici giuochi dopo ave
giavano questa dea nella forma dell’aquila, alla quale Giove, al dire
di
Orazio, diede il dominio sugli erranti uccelli, p
à, la Vittoria è rappresentata, come per l’ordinario, sotto la figura
di
una donna seduta, mezza vestita, che tiene il cad
uta, mezza vestita, che tiene il caduceo nella destra. In una pittura
di
Ercolano questa dea tiene nella mano destra una c
una pittura di Ercolano questa dea tiene nella mano destra una corona
di
foglie di. querce, ed uno scudo dalla sinistra. U
a di Ercolano questa dea tiene nella mano destra una corona di foglie
di
. querce, ed uno scudo dalla sinistra. Una Vittori
e Filippo. Indica una Vittoria certa immagine, che ci rammenta l’idea
di
quel quadro, col quale si rimproverò a Timoteo ca
iche che si vedono nella Villa Albani, e Winkelmann ha data la stampa
di
uno di questi monumenti nella sua Storia dell’Art
e si vedono nella Villa Albani, e Winkelmann ha data la stampa di uno
di
questi monumenti nella sua Storia dell’Arte. Nel
resistenza e indegnazione del Senato, quanto la Storia e gli scritti
di
Simmaco ci rammentano. « Rari ciò non ostante so
i simulacri d’una certa grandezza, o perchè fossero per maggior parte
di
bronzo, distrutti perciò dal bisogno e dall’ ava
cendesse alla resistenza del Senato romano, ad abolire ogni monumento
di
questa idolatria. « Fra i pochi che ne restano in
il nostro. « Esprime una vittoria navale coll’appoggiare il piede su
di
un rostro di nave, ad esempio di quella che si ve
Esprime una vittoria navale coll’appoggiare il piede su di un rostro
di
nave, ad esempio di quella che si vede nelle meda
a navale coll’appoggiare il piede su di un rostro di nave, ad esempio
di
quella che si vede nelle medaglie. Non perciò è p
portata per terra e per mare, o forse ancora il trofeo non indica uno
di
quelli che si ergevano sul campo di battaglia, ma
e ancora il trofeo non indica uno di quelli che si ergevano sul campo
di
battaglia, ma uno di quegli altri, dei quali i te
n indica uno di quelli che si ergevano sul campo di battaglia, ma uno
di
quegli altri, dei quali i templi, i portici, gli
ne a proposito l’artefice del nostro marmo ha dunque preso il partito
di
farla riposare sul trofeo, per indicare la sicure
ta dall’aver volto in fuga e disarmato i nemici. A questa espressione
di
sicurezza parebbe che possa alludere la situazion
a parte più intera, non ci apprendesse che la sua vera attitudine era
di
coprirsi il capo, quasi per gioco, dell’elmo sosp
ittoria non è, qual la descrive Prudenzio, vestita le tumide mammelle
di
pieghe ondeggianti, ma quasi nuda: così ce l’offr
gemme, nelle quali la Vittoria sacrifica un toro, o presso all’antro
di
Mitra, per denotare vittime de’ trionfi. La coron
usti esemplari. « Questa statuetta era forse destinata all’ ornamento
di
qualche architettura con altre simili. L’occasion
o navale nei tempi in che fiorirono le arti in Roma. Pur nelle monete
di
Vespasiano e di Tito, si vede la Vittoria col ros
pi in che fiorirono le arti in Roma. Pur nelle monete di Vespasiano e
di
Tito, si vede la Vittoria col rostro di nave. Chi
nelle monete di Vespasiano e di Tito, si vede la Vittoria col rostro
di
nave. Chi sa che non fosse una semplice imitazion
oria col rostro di nave. Chi sa che non fosse una semplice imitazione
di
quelle tante immagini, che nell’auge dell’impero
ziaca. La Canzone del celebre Alessandro Guidi sulla Fortuna ridonda
di
bellissime immagini, onde io credo che vi sarà ut
, onde io credo che vi sarà utile udirla. « Una donna superba al par
di
Giuno Con le trecce dorate a l’aura sparse, E co’
par di Giuno Con le trecce dorate a l’aura sparse, E co’ begli occhi
di
cerulea luce, Ne la capanna mia poc’anzi apparse:
ò allor maravigliosi accenti, Che tutti erano intenti A torsi in mano
di
mia mente il freno. Ponmi, disse, la destra entro
enir con aureo piede al tuo soggiorno: Allor vedrai ch’io sono Figlia
di
Giove: e che germana al Fato, Sovra il trono immo
a col sereno piede: Entro l’eolie rupi Lego l’ali de’ venti, E soglio
di
mia mano De’ turbini spezzar le rote ardenti, E d
abilonia in fronte, R,ecò sul Tigri le corone al Perso, Espose al pie
di
Macedonia i troni: Del mio poter fur doni I trion
eali Di Roma i gran natali; E l’aquile superbe Sola in prima avvezzai
di
Marte al lume, Ond’alto in su le piume Cominciaro
ume Cominciaro a sprezzar l’aure vicine, E le palme sabine: Io senato
di
regi Su i sette colli apersi: Me ne gli alti peri
ta e duce I romani consigli: Io coronai d’allori Di Fabio le dimore E
di
Marcello i violenti ardori: Africa trassi in sul
nto mondo fei gran dono a Roma. So che ne’ tuoi pensieri Altre figlie
di
Giove Ragionano d’imperi, E de le voglie tue fans
. Così il pallido aspetto ancor non scorge De le misere cure: L’orror
di
queste spoglie E di questo capanna ancor non vede
petto ancor non scorge De le misere cure: L’orror di queste spoglie E
di
questo capanna ancor non vede: Vive fra l’auree M
e l’Oriente corsi Co’ piedi irati, e a le provincie impressi Il petto
di
profonde orme di morte? Squarciai le bende imperi
Co’ piedi irati, e a le provincie impressi Il petto di profonde orme
di
morte? Squarciai le bende imperiali e il crine A
battaglie il giunsi E con le stragi de le turbe perse Tingendo al mar
di
Salamina il volto, Che ancor s’ammira sanguinoso
a Combattuta e confusa L’aifricana virtute, E al Punico feroce Recate
di
mia man l’atre cicute. Per me Roma avventò le fia
ccise. Nè il ferro che de’ Cesari le membra Cominciò a violar per man
di
Bruto. Teco non tratterò l’alto furore Sterminato
nte invocate dai poeti, secondo la più antica Mitologia, erano figlie
di
Celo, come Saturno e i primi degli Dei. Ma l’opin
Dei. Ma l’opinione meno inveterata e più seguita è che fossero figlie
di
Mnemosine e di Giove. Dagli antichi, non solament
one meno inveterata e più seguita è che fossero figlie di Mnemosine e
di
Giove. Dagli antichi, non solamente del canto, ma
e di Mnemosine e di Giove. Dagli antichi, non solamente del canto, ma
di
ogni sapienza moderatrici furono stimate queste d
parti dell’umane cognizioni alle quali presiedono, hanno data materia
di
contrasto a diversi scrittori; ma ogni querela ha
egli scrittori coi monumenti, ha indicato agli artisti i mezzi sicuri
di
rappresentarle distintamente. Io non posso preval
antichi, e per la maggior parte trovate insieme nella Villa Tiburtina
di
Cassio. Dappoiché la rinomata Collezione delle Mu
Cristina perì nel mare, non si lusingavano gli amatori dell’antichità
di
rivederne una più completa e più conservata qual
« Nell’incominciarne la descrizione non mi allontanerò dall’ordine
di
Esiodo e di Erodoto, esponendo per la prima la st
cominciarne la descrizione non mi allontanerò dall’ordine di Esiodo e
di
Erodoto, esponendo per la prima la statua di Clio
dall’ordine di Esiodo e di Erodoto, esponendo per la prima la statua
di
Clio. « La distinguo per tale dal volume che ha i
pitture dell’Ercolano, ove si leggono inoltre i nomi e i dipartimenti
di
ciascuna Musa. Vero è che il volume è ancora in m
dipartimenti di ciascuna Musa. Vero è che il volume è ancora in mano
di
Calliope musa dell’Epopea nelle stesse pitture: m
e ultime a chi scrive dei versi come Calliope, e che ha spesso d’uopo
di
cancellare o di riformare dove all’incontro sareb
crive dei versi come Calliope, e che ha spesso d’uopo di cancellare o
di
riformare dove all’incontro sarebbe assai impropr
riformare dove all’incontro sarebbe assai improprio darli per simbolo
di
Clio musa deiristoria, che siccome rammenta i sec
tanto diffondersi nei suoi scritti, che male a proposito cercherebbe
di
registrarli nei pugillari. Perciò l’altrove lodat
ntando la musa dell’Epopea colle solite tavolette. « Non dubito punto
di
assegnar francamente l’Istoria a Clio, ed in ciò,
llio xx d’ Apuleio, e la testimonianza finalmente del dotto scoliaste
di
Apollonio, che dice la storia invenzione di Clio.
mente del dotto scoliaste di Apollonio, che dice la storia invenzione
di
Clio. Una prova dell’impiego di questa Musa è il
llonio, che dice la storia invenzione di Clio. Una prova dell’impiego
di
questa Musa è il suo nome medesimo. Diodoro e Plu
depositaria delle grandi azioni. Ma il senso più antico e più genuino
di
questa voce, in che è con preferenza adoprata da
o di questa voce, in che è con preferenza adoprata da Omero, è quello
di
esprimere piuttosto che gloria, fama soltanto e r
memoria dei posteri le memorabili azioni, o sieno esse reputate degne
di
lode, ovvero di biasimo. Il sasso su cui siede la
eri le memorabili azioni, o sieno esse reputate degne di lode, ovvero
di
biasimo. Il sasso su cui siede la Musa può simbol
di biasimo. Il sasso su cui siede la Musa può simboleggiare le rocche
di
Parnaso, dell’Elicona, e ci fa sovvenire il nome
come quelle della maggior parte delle statue mitologiche, ma sembrano
di
cuoio, che coprono il piede nè mostrano allacciat
ta sacra ad Apollo, e perchè la testa, antica bensì, ma probabilmente
di
una Musa, non è la propria di questa statua che n
a testa, antica bensì, ma probabilmente di una Musa, non è la propria
di
questa statua che ne fu trovata mancante. Merita
e. Merita osservazione il volume che ha in seno. Quello che vi rimane
di
antico è bastante a dimostrare non esser di membr
eno. Quello che vi rimane di antico è bastante a dimostrare non esser
di
membrana, ma di papiro, tanto comparisce arrendev
vi rimane di antico è bastante a dimostrare non esser di membrana, ma
di
papiro, tanto comparisce arrendevole nelle pieghe
e dei volumi ancora presso i Greci, dacché la reser nota le conquiste
di
Alessandro, prima specialmente che la gelosia di
er nota le conquiste di Alessandro, prima specialmente che la gelosia
di
Tolomeo Fi ladelfo negandole l’estrazione di Egit
cialmente che la gelosia di Tolomeo Fi ladelfo negandole l’estrazione
di
Egitto facesse inventare nella biblioteca di Perg
o negandole l’estrazione di Egitto facesse inventare nella biblioteca
di
Pergamo le cartepecore dette perciò pergamene. Se
ore dette perciò pergamene. Se queste statue delle Muse fossero copie
di
quelle celebri di Filisco, che abbellivano i port
ergamene. Se queste statue delle Muse fossero copie di quelle celebri
di
Filisco, che abbellivano i portici di Ottavia, qu
fossero copie di quelle celebri di Filisco, che abbellivano i portici
di
Ottavia, questo volume potrebbe servire di una co
che abbellivano i portici di Ottavia, questo volume potrebbe servire
di
una congettura per fissare 1’età incerta di quell
o volume potrebbe servire di una congettura per fissare 1’età incerta
di
quell’artefice, e crederlo posteriore ad Alessand
ciare un bel monumento appartenente a Clio dissotterrato fra le ruine
di
Castro Nuovo sul lido del mare Tirreno in vicinan
o fra le ruine di Castro Nuovo sul lido del mare Tirreno in vicinanza
di
Civitavecchia. È questo un Termine, o erma, manca
in vicinanza di Civitavecchia. È questo un Termine, o erma, mancante
di
capo, coir iscrizione latina che significa: A Giu
usa della Storia, che non è altro che il Genio o la Divinità tutelare
di
essa, onorata sotto questo nome. — Telefo e Prisc
lmente a notare che la Musa Clio, nel celebre monumento dell’Apoteosi
di
Omero è a mio credere la seconda figura nel piano
so Calliope che ha i pugillari. La Storia nel piano più basso in atto
di
sacrificare ha un simile distintivo. Dissento in
n ciò dallo Schott, che dà questo nome alla Musa colla lira del piano
di
mezzo. Così nel sarcofago del Campidoglio sarà Cl
e quella della cetra che è la prima sulla facciata. Stimo a proposito
di
rammentare questi monumenti delle Muse, che sono
ecenza del vestimento ci determina a questa seconda opinione, giacché
di
rado le Ninfe in altra guisa s’incontrano che sem
mente sortito il suono dei flauti. « Di simile ufficio, tutto proprio
di
Euterpe, fa fede l’antico scoliaste dell’ Antolog
questi versi: Infonde Euterpe alle forate canne Il fiato, ch’è forier
di
melodia. « E consentono a’ Greci i Latini Orazio,
i Latini Orazio, Ausonio, Petronio, Afranio: quantunque lo scoliaste
di
Apollonio le attribuisca le Matematiche, e Plutar
lle verità fisiche. Non però a caso se l’è dato piuttosto l’attributo
di
Euterpe che quelle di Urania, perchè nell’abito d
n però a caso se l’è dato piuttosto l’attributo di Euterpe che quelle
di
Urania, perchè nell’abito di questa Musa vi è qua
ttosto l’attributo di Euterpe che quelle di Urania, perchè nell’abito
di
questa Musa vi è qualche cosa ove fondare una mag
o, oltre non esservi vestigio alcuno del globo, principale distintivo
di
Urania, a cui corrisponde il radio, o bacchetta,
additare i segni. La Musa rappresentata in questo bel marmo è ornata
di
una gemma sull’orlo superiore della tunica in mez
ore della tunica in mezzo al petto. Simili ornamenti più sono proprii
di
una musa teatrale qual’era Euterpe, che della sev
ai Classici, e può bastarne per una prova l’iscrizione delle Commedie
di
Terenzio in molti antichi testi che hanno: — rapp
e nel sarcofago Capitolino Euterpe coi flauti è rappresentata vestita
di
un abito simile a quello delle muse teatrali dell
petto che fosser copie d’insigni originali, e forse delle lodate Muse
di
Filisco; al qual proposito giova riflettere che n
ante però del capo, e che nell’altro palazzo a Velletri era la statua
di
Urania, che ora compisce il numero delle nostre M
osservazione del marmo si è che la cetra posata in terra resta presso
di
questa Musa, e non è, come nelle copie in rame, v
delle tibie, al quale la rico noscono lo Spon e gli altri espositori
di
quel monumento, Talia. « La musa della Co
e caricata, principalmente, come dal baston pastorale e dalla corona
di
edera di cui ha fregiata la chioma. Questa corona
ta, principalmente, come dal baston pastorale e dalla corona di edera
di
cui ha fregiata la chioma. Questa corona è sacra
spettacoli teatrali, e conviene perciò alla sagace Talia, inventrice
di
quel ramo dell’arte scenica, che se non è il più
ventrice di quel ramo dell’arte scenica, che se non è il più utile, è
di
sicuro il più generalmente gustato. Talia i comic
suo doppio uffìzio, sì ai piaceri e ai divertimenti, che sono i fiori
di
cui si sparge il disastroso sentiero della vita,
go Matteiano. Questi stessi attributi la caratterizzano nelle pitture
di
Erodano ugualmente che nel lodato bassorilievo Ca
lmente che nel lodato bassorilievo Capitolino, dove anzi è abbigliata
di
un manto, che dall’omero sinistro le scende sotto
o marmo è calzata Melpomene: quantunque la poca esattezza del disegno
di
questo insigne sarcofago abbia data occasione di
sattezza del disegno di questo insigne sarcofago abbia data occasione
di
equivoco al dotto illustratore dei bassirilievi C
stratore dei bassirilievi Capitolini. « Nel nobil marmo dell’Apoteosi
di
Omero nessuna Musa ha la maschera, e Talia non pu
superiore, che ha la cetra nella sinistra, e sta colla destra in atto
di
gestire e recitare. Questo gesto simile a molti d
me colla nostra Musa, e che perciò dovevano esserle sacri. Fi vestita
di
una tunica colle maniche sino a mezzo braccio str
ne Bacchica degli spettacoli teatra li. È stato supplito sull’indizio
di
un vestigio circolare, che altro non poteva indic
e per vostro vantaggio traduco dai poeti non sono sempre suscettibili
di
esser rappresentate nella pittura. Per soddisfare
ddisfare a questo vostro desiderio ho trovato un mezzo migliore, ed è
di
tradurvi in ogni Lezione, finché non saremo giunt
finché non saremo giunti alla Mitologia Bacchica, una delle Immagini
di
Filostrato. Queste non sono che descrizioni di qu
ca, una delle Immagini di Filostrato. Queste non sono che descrizioni
di
quadri antichi, ma fatte con quell’ eleganza che
i di quadri antichi, ma fatte con quell’ eleganza che è tutta propria
di
questo scrittore. Ve ne sia d’esempio la seguente
a. — Questa è Tebe, perchè vi sono sette porte nelle mura, e l’armata
di
Pohnice, figlio di Edipo, divisa in altrettante s
perchè vi sono sette porte nelle mura, e l’armata di Pohnice, figlio
di
Edipo, divisa in altrettante schiere. Fra queste
misuri con occhi arditi le mura, delle quali si ride perchè è facile
di
scalarle. Pure non 1’ hanno offeso ancora coi sas
le. Pure non 1’ hanno offeso ancora coi sassi i Tebani, che paventano
di
dare principio alla battaglia. E qui si manifesta
, che s’allontanano e vanno quanto la vista. Inoltre Tebe non è priva
di
predizioni, perchè Tiresia, il profeta, dà un ora
erchè Tiresia, il profeta, dà un oracolo, che riguarda Meneceo figlio
di
Creonte. Tebe, egli dice, sarà liberata dal peric
arsi nella grotta del serpente. Però Meneceo va a morire senza saputa
di
suo padre: degno certamente di grandissima compas
Però Meneceo va a morire senza saputa di suo padre: degno certamente
di
grandissima compassione per la sua tenera giovine
delicato, ma animoso, capace della palestra come sono quei brunastri
di
pelle olivastra che Platone loda tanto. E l’ha mu
ei brunastri di pelle olivastra che Platone loda tanto. E l’ha munito
di
stomaco e di lianchi rilevati, con cosce muscolos
di pelle olivastra che Platone loda tanto. E l’ha munito di stomaco e
di
lianchi rilevati, con cosce muscolose, largo e ro
lianchi rilevati, con cosce muscolose, largo e robusto nelle spalle,
di
collo fermo ed indomabile, senza lunaa chioma e s
elpomene, Tersicore, Erato. Melpomene. « Questa bella statua
di
Melpomene ci manifesta al primo sguardo la musa d
destr-a la bellézza del volto nobilmente austero, la fronte ingombra
di
capelli, la corona bacchica di pampini e grappoli
nobilmente austero, la fronte ingombra di capelli, la corona bacchica
di
pampini e grappoli, la positura eroica di appoggi
capelli, la corona bacchica di pampini e grappoli, la positura eroica
di
appoggiare sopra un sasso il pie sinistro: sono t
iare sopra un sasso il pie sinistro: sono tanti distintivi del genere
di
poesia a cui generalmente presiede. « Infatti nul
ivi del genere di poesia a cui generalmente presiede. « Infatti nulla
di
piìi proprio per denotare la Tragedia che la masc
nfatti nulla di piìi proprio per denotare la Tragedia che la maschera
di
Ercole, la cui clava suole esser il suo simbolo p
ggior parte dei monumenti. Qui però è da osservarsi che la capigliera
di
queste maschere detta dai Greci ò’/xo;, dai Latin
detta dai Greci ò’/xo;, dai Latini Superficies, è coperta della pelle
di
leone, che secondo Polluce formava una parte del
olluce formava una parte del l’apparato tragico. Sembra che ì simboli
di
questo eroe siano stati prescelti per adombrare l
rescelti per adombrare la tragedia perchè si comprendesse qual genere
di
personaggi e d’azioni formasse il suo più opportu
, e i rustici furono i primi attori che le recitarono, tinto il volto
di
mosto. Il suo nome stesso Tragedia, che vale cant
una sequela del sacrificio, che facevasi al nume inventore del vino,
di
questo quadrupede danneggiatore delle viti. Perci
r la sua sovrintendenza alla Tragedia fu venerato in Atene col titolo
di
Melpomeno. Non a caso ho annoverato fra i distint
caso ho annoverato fra i distintivi della Tragedia anche la positura
di
questa Musa, poiché con somma giustezza aveva rif
la statua Capitolina, che non dovrebbe perciò riguardarsi come quella
di
un semplice Pancraziaste. « Che Melpomene sia la
otremmo pure argomentare dai metri stessi dei drammi greci. « L’abito
di
questa Musa è una tonaca talare e lunghe maniche
ca talare e lunghe maniche con sopra un peplo, o tonaca pili corta, e
di
piiì il sirma teatrale bizzarramente aggruppato.
a qual replica serve a provar sempre più la celebrità degli originali
di
queste Muse. La nostra era in antico stata ristau
ata ristaurata, e il ristauratore avea cangiato la spada in una clava
di
cui rimanevano le vestigia in alcuni perni ruggin
stato riposto sulla sinistra il più antico suo simbolo. Non è calzata
di
coturno, ma di una semplice aluta, calcare già da
ulla sinistra il più antico suo simbolo. Non è calzata di coturno, ma
di
una semplice aluta, calcare già da noi in altre s
statue delle Muse osservato. « Per continuare nell’intrapreso metodo
di
distinguere nei celebri monumenti ciascuna Musa,
stinguere nei celebri monumenti ciascuna Musa, dirò che nell’Apoteosi
di
Omero Melpomene è la figura muliebre velata, più
primersi nel rame il coturno non avea data occasione a questi eruditi
di
poter giungere alla vera idea dell’artefice, a cu
apitolino: ha la maschera tragica alzata dal volto, che le serve come
di
cuffia ed ornamento del capo, ed altissimi coturn
tra statua, lo che sempre più ci assicura che r artefice non ha usata
di
questa situazione senza mistero. Nel sarcofago di
tefice non ha usata di questa situazione senza mistero. Nel sarcofago
di
Villa Mattei Meipomene è la seconda Musa della fa
ciata, come l’accusa la maschera tragica nella manca, e l’abito cinto
di
gran fascia di cui è adorna. Tersicore. «
ccusa la maschera tragica nella manca, e l’abito cinto di gran fascia
di
cui è adorna. Tersicore. « Due sono, seco
ulla rupe del Parnaso, vestita della tunica a mezze maniche, coronata
di
alloro, calzata di quel genere di scarpe che abbi
so, vestita della tunica a mezze maniche, coronata di alloro, calzata
di
quel genere di scarpe che abbiamo ravvisate per l
la tunica a mezze maniche, coronata di alloro, calzata di quel genere
di
scarpe che abbiamo ravvisate per le antiche alute
ell’armoniosa sua lira? La credo Tersicore per la somiglianza appunto
di
questo musicale istrumento con quello che ha la T
uesta Lira la testuggine che ne forma il corpo, secondo l’ invenzione
di
Mercurio, descritta diffusamente nell’Inno Omeric
ne di Mercurio, descritta diffusamente nell’Inno Omerico; e due corna
di
capra ne formano le braccia, che perciò si trovan
si trovano spesso appellate corna della cetra. Tale appunto è la Lira
di
Tersicore nell’accennate pitture. « Il nome di Te
Tale appunto è la Lira di Tersicore nell’accennate pitture. « Il nome
di
Tersicore, che vale dilettante della danza, non s
ntate danzando, particolarmente intorno all’ are dei numi. L’impronta
di
questa origine si trova ancora nelle greche canzo
igine si trova ancora nelle greche canzoni, e singolarmente in quelle
di
Pindaro divise in strofe, antistrofe ed epodo. Le
rime parole derivano dal Greco(grec), volgere, ed allude alla maniera
di
girare da destra a sinistria e da sinistra a dest
crittori, a distinguerla con tal simbolo. « La grazia dell’attitudine
di
questo simulacro la rende pregevolissima da osser
imile alla nostra era ancor questa Musa nella Collezione della Regina
di
Svezia. Il rincontro dei monumenti è una prova de
i è una prova della stima in cui si avevano anticamente gli originali
di
queste figure delle Muse, che eran forse, come ab
pite da Filisco, ed ammirate dall’antica Roma e da Plinio nei portici
di
Ottavia. Questa statua era mancante del capo: ma
La Lira distingue Tersicore nel singolare bassorilievo dell’Apoteosi
di
Omero, ed è la prima che siede sul secondo piano
ampa, ha preso il plettro per un volume, ed ha dato alla Musa il nome
di
Clio. Con tal nome è distinta ancora la nostra Mu
al dotto espositore dei bassi rilievi Capitolini, che si è contentato
di
seguire l’epigramma di Callimaco, già da noi osse
bassi rilievi Capitolini, che si è contentato di seguire l’epigramma
di
Callimaco, già da noi osservato come il più lonta
o epigramma abbia confuso gli antiquarii nel riconoscere nelle figure
di
Tersicore piuttosto la Musa Clio contro la testim
le figure di Tersicore piuttosto la Musa Clio contro la testimonianza
di
Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture di E
Tersicore piuttosto la Musa Clio contro la testimonianza di Ausonio,
di
Petronio Afranio e delle pitture di Ercolano. « C
ntro la testimonianza di Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture
di
Ercolano. « Così nel sarcofago Matteiano, Tersico
so. Nelle monete romane della famiglia Pomponia si riconosce la testa
di
questa Musa dal plettro ch’è nell’area del dritto
nza accompagnata dal suono, le allegrie delle nozze, ecco gli ufficii
di
Erato secondo la maggior parte degli antichi, che
. Apollonio nel terzo libro dove incomincia la narrazione degli amori
di
Medea con Giasone, chiama Erato con questi bei ve
alla sua lolco. Amore Tanto in Medea potè. Vezzosa Musa, Tu le parti
di
Venere sortisti, Induci tu le rigide fanciulle Ad
le rigide fanciulle Ad amar, donde avesti il caro nome. « Le pitture
di
Ercolano hanno Erato la saltria, che regola cioè
a e del suono, come hanno a maraviglia provato i dottissimi spositori
di
quei monumenti: onde Ausonio nell’Idillio xx diss
o salta coi piedi, coi carmi, col volto. — Finalmente i due scoliasti
di
Apollonio e dell’ Antologia attribuiscono ad Erat
statua, nella quale si vede Erato similissima a quella della pittura
di
Ercolano nella situazione, nel movimento, nell’ab
nel movimento, nell’abito, che sta suonando la cetra per dar il tempo
di
qualche lieta danza nuziale. E vestita, come la m
che lieta danza nuziale. E vestita, come la maggior parte delle Muse,
di
una tonaca a mezze maniche, fermata con piccole b
r insigne bassorilievo Colonna, dove si vede danzante per le pendici
di
Elicona, ravvisata ancor dallo Schott, e l’altro
Erato non potrà esser che la terza figura, che posando la sinistra su
di
una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di
ando la sinistra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto
di
una specie di velo stretto a guisa di rete che (g
ra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di una specie
di
velo stretto a guisa di rete che (grec) dai Greci
ensierosa ed ha il capo coperto di una specie di velo stretto a guisa
di
rete che (grec) dai Greci appellavasi. Nel rame c
sa; giacché la Filosofia era, secondo gli antichi, lo studio favorito
di
Erato, onde alcuni han dedotto il suo nome dalla
testa, ch’è la stessa colla quale si rappresenta Safi’o nelle monete
di
Lesbo. Infatti, non sotto altre sembianze che sot
monete di Lesbo. Infatti, non sotto altre sembianze che sotto quelle
di
Erato dovea rappresentarsi la decima musa di Miti
mbianze che sotto quelle di Erato dovea rappresentarsi la decima musa
di
Mitilene, la più celebrata maestra delle nostre c
la più celebrata maestra delle nostre canzoni.» Udite da Filostrato
di
altre due pitture la descrizione, che ho tradotta
lustre per sapienza. Fra questi sette che a Polinice Tebano tentavano
di
restituire V impero, nessuno ritornò fuori che Ad
nessuno ritornò fuori che Adrasto ed Anfìarao; gli altri ha la città
di
Cadmo: perirono per l’aste, pei sassi e per le sc
e ferito dal fulmine, avendo il primo arrogantemente ferito Giove. Ma
di
questi convien dire altrove. La pittura ci comand
erito Giove. Ma di questi convien dire altrove. La pittura ci comanda
di
guardare al solo Anfìarao colle stesse corone e c
sotto terra. I cavalli sono bianchi, le rote con impeto si aggirano:
di
spuma è sparsa la terra, i crini si riversano ad
ano: di spuma è sparsa la terra, i crini si riversano ad esso bagnati
di
sudore-, si è sparsa intorno una lieve polvere, c
e vaticinante. È ancora Oropo rappresentato giovine in mezzo a donne
di
color glauco: esse denotano il mare. È dipinto an
e di color glauco: esse denotano il mare. È dipinto ancora l’ora colo
di
Anfìarao nell’antro e divino. Ivi è la verità in
vino. Ivi è la verità in bianca veste, ivi la porta dei sogni, poiché
di
sonno hanno bisogno quelli che interrogano l’orac
on faccia tranquilla, ed ha una veste bianca sopra una nera, poiché è
di
suo dominio la notte e il giorno. Tiene ancora un
il giorno. Tiene ancora un corno nelle mani, come quello che è solito
di
condurci i sogni per la vera porta. — Agamennon
o, questi che spirano sulla mensa, questo nappo rovesciato dal calcio
di
un uomo che gli palpita accanto, questa fanciulla
litennestra Agamennone, cosi ebro, che lo stesso Egisto non ha temuto
di
osare tanto delitto. Clitennestra poi, coir insid
ri più grandi si taglierebbero. Se noi riguardassimo ciò come un atto
di
tragedia, grandi cose in poco spazio di tempo sar
iguardassimo ciò come un atto di tragedia, grandi cose in poco spazio
di
tempo sarebbero state con gran compassione rappre
ate dunque: le fiaccole sono ministre della luce, perchè ciò successe
di
notte: i nappi ove il vino spumava risplendono pi
calci, parte rotto, parte versato sopra loro: e alcune coppe ripiene
di
sangue cadono dalle tremule mani perchè nell’ubri
nti, vi è chi ha il collo tagliato, cercando d’inghiottire un boccone
di
vivanda o un sorso di vino, questo ha la testa re
llo tagliato, cercando d’inghiottire un boccone di vivanda o un sorso
di
vino, questo ha la testa recisa di sotto le spall
e un boccone di vivanda o un sorso di vino, questo ha la testa recisa
di
sotto le spalle nella stessa attitudine che si ab
o si rovescia prono sulla testa e sulle spalle. Vi é alcuno che cerca
di
evitare la morte, un altro vorrebbe fuggire, ma l
vino, il colore non così presto gli abbandona. Ma il punto principale
di
tutto questo mistero é Ao’amennone, ucciso non ne
rincipale di tutto questo mistero é Ao’amennone, ucciso non nei campi
di
Troia, nò sulle rive dello Scamandro, ma tra fanc
ra merita ciò che accade a Cassandra, poiché Clitennestra si affretta
di
alzare tutta la scure sopra lei con uno sguardo f
ribile dal furore: dove la misera, tutta delicata e divina, si sforza
di
andare a cadere sopra Agamennone, strappandosi le
one, strappandosi le sue ghirlande dalla chioma per porle sulla testa
di
lui. Finalmente la scure è alzata: ella vi rivolg
è alzata: ella vi rivolge gli occhi paurosi, ed esclama un non so che
di
compassionevole, affinchè Agamennone, udendola in
ssionevole, affinchè Agamennone, udendola in quel poco che gli rimane
di
vita, ne sia commosso: egli racconterà tutto ques
o gesto è quello che la determina. Non sembrerà strana questa maniera
di
rappresentarla quando veniamo in un’esatta cogniz
nità ed il silenzio. Col dito al labbro l’esprimono le lodate pitture
di
Ercolano, il quale atto resta a maraviglia illust
a un greco epigramma sfuggito all’immensa erudizione degli espositori
di
quei monumenti. Eccolo: Taccio, ma parla in grazi
mano, e taciturna in atto Un loquace silenzio a tutti accenno. « Dopo
di
ciò non sembrerà punto dubbio qual Musa onorasse
i ciò non sembrerà punto dubbio qual Musa onorasse Numa sotto il nome
di
Musa Tacita Silenziosa. Siccome però la ricordanz
la fecero presiedere questa Musa all’ arte dei Pantomimi, che a forza
di
gesti sapevano rendere facondo il loro silenzio,
a di gesti sapevano rendere facondo il loro silenzio, e rappresentare
di
tutto il cielo poetico le avventure più dilettevo
tutto il cielo poetico le avventure più dilettevoli. Che questa sorta
di
danze fosse diretta dalla Musa Polinnia, è consen
dda ed estrema sfera del tardo Saturno. La nostra Polinnia è coronata
di
rose, corona che attribuiscono alle Muse i greci
nale, e che nel nostro Museo è una statua, la cui testa è il ritratto
di
una matrona romana, tal quale anch’ essa alla Pol
nto è nella nostra statua con tal’ eleganza trattato, che può servire
di
esemplare, vedendosi trasparire al di sotto la ma
ganza trattato, che può servire di esemplare, vedendosi trasparire al
di
sotto la mano della Musa come da un velo. « Consi
e così colla destra si sostiene il mento che non le sarebbe possibile
di
favellare. Simile situazione ben conviene alla Mu
ile di favellare. Simile situazione ben conviene alla Musa Silenziosa
di
Numa, eh’ era la nostra Polinnia, giacché non seg
la nostra Polinnia, giacché non seguiremo in ciò l’erudito espositore
di
quel monumento che la chiama Erato, e dà il nome
rudito espositore di quel monumento che la chiama Erato, e dà il nome
di
Polinnia alla Musa dei pugillari da noi creduta C
lla situazione medesima, ‘ s’ incontra nel bassorilievo dell’Apoteosi
di
Omero, ed è la terza del secondo piano presso Apo
che 1’ ha creduta Calliope, non avea bene considerata la combinazione
di
questi dae bassirilievi, essendo, come abbiamo de
volette che ha nella mano in quello del Campidoglio. La particolarità
di
esser involta nel manto è ancor più chiaramente i
l capo; l’altra eguale al vero, moderna per altro dal mezzo in su, ma
di
eccellente scalpello, nella Villa Pinciana. « Nel
elle attrattive, colle quali Paride s’ insinuò nell’animo della sposa
di
Menelao. Polinnia, eh’ è la Musa del Gesto e dell
’ è la Musa del Gesto e dell’Azione, è qui posta per le belle maniere
di
Paride, come in altri simili monumenti si vede Pi
asione: le altre due indicano la sua perizia nella musica e nel suono
di
varii istrumenti, che possedeva egli in un grado
parlano espressamente i Classici: fra gli altri Omero mette in bocca
di
Ettore questo rimprovero al germano: Non varratti
così minaccia Paride presso Orazio: — Invano feroce della protezione
di
Venere pettinerai la chioma, e dividerai sull’imb
epiteto grati alle donne, mostra con quanta ragione abbia lo scultore
di
quel bel bassorilievo rappresentata Erato colla c
, come ministra della seduzione della bella Spartana. « Questa figura
di
Polinnia in atto di sostenersi il mento colla man
a seduzione della bella Spartana. « Questa figura di Polinnia in atto
di
sostenersi il mento colla mano, e tanto replicata
n atto di sostenersi il mento colla mano, e tanto replicata, la stimo
di
molto antica invenzione, appunto per trovarsi nel
ntica invenzione, appunto per trovarsi nel bassorilievo dell’Apoteosi
di
Omero, nel quale tutte le altre Muse sono rappres
del Giardino Quirinale, quella del Palazzo Lancellotti, e una figura
di
Matrona del Museo Pio-Clementino, sarà forse stat
na figura di Matrona del Museo Pio-Clementino, sarà forse stata opera
di
Filisco, dalle cui Muse sospetto copiata la nostr
e una maschera ai piedi per simbolo delle pantomime teatrali, proprie
di
Polinnia. Siccome questo attributo disconverrebbe
che avea aggiunto a ciascheduna il nome e 1’ ufficio, stimò superfluo
di
sottoporre epigrafe alcuna a questa Musa come abb
suoi attributi. « E vero che nella nostra statua cotesti simboli sono
di
moderno ristauro, ma altri non potevano essere qu
ma altri non potevano essere quando fosse stata pur questa la figura
di
Urania: e che la statua a questa Musa si apparten
on genuine e non riportate. « È stata una fortuna pel Museo dementino
di
poter possedere con tutta sicurezza la statua di
pel Museo dementino di poter possedere con tutta sicurezza la statua
di
Urania, la quale nella Collezione Tiburtina aveva
à la ravvisò e fu presentata a Pio VI. Abbattuto perciò quanto vi era
di
modernosi rese alla statua la sua vera espression
lobo e il radio la contrassegnano dappertutto: è perciò nell’Apoteosi
di
Omero la seconda nel secondo piano; nel sarcofago
astronomi hanno segnati in cielo, quali appunto si veggono sul globo
di
Urania nella medaglia della famiglia Pomponia, e
ponia, e in un’altra pittura dell’Ercolano; e perchè l’abbiglia mento
di
tal figura conviene perfettamente a una Musa. È c
lia mento di tal figura conviene perfettamente a una Musa. È coronata
di
fiori come la nostra Polinnia, ed è vestita di un
a una Musa. È coronata di fiori come la nostra Polinnia, ed è vestita
di
un abito teatrale a lunghe maniche, che abbiamo o
, che abbiamo osservato esser la palla citaredica l’ortostadio, cinto
di
una gran fascia quale appunto veggiamo e nel prot
o con maggior forza quest’ ultima conformità perchè dalla somiglianza
di
queste due statue colossali neir abito e nella mo
re che sieno due delle nove Muse che adornavano forse l’antico teatro
di
Pompeo, nelle cui ruine si suppone trovata quella
invenne anche la Farnesiana, come la vicinanza del sito ne può essere
di
qualche indizio. La fabbrica al cui abbellimento
statue destinate fu forse la ragione perchè si vestisse anche Urania
di
un abbigliamento teatrale.» Eccovi altre descriz
rato. Antigone. — Gli Ateniesi avendo intrapresa la guerra pei corpi
di
quelli che caddero davanti Tebe, daranno qui sepo
apaneo, ed ancora ad Ippomedonte e a Partenopeo. Ma a Polinice figlio
di
Edipo sarà reso questo ufficio dalla sorella Anti
sto ufficio dalla sorella Antigone, essendo per questa effetto uscita
di
notte fuori del recinto delle mura, contro l’edit
into delle mura, contro l’editto fatto da Creonte, che nessuno osasse
di
seppellirlo nella terra che egli avea tentato di
, che nessuno osasse di seppellirlo nella terra che egli avea tentato
di
render serva. Ecco ciò eh’ è nel piano. Morti sop
Morti sopra morti, cavalli accanto ai loro signori, e fango irabevuto
di
sangue e sudore, del quale la crudele Bellona tan
ni: ma Capaneo è pari a un gigante. Quanto a Polinice, ananch’ esso è
di
grande statura, ed in ciò a loro eguale. Antigone
inalzato il corpo, il quale ella seppellisce aggiungendolo alla tomba
di
Eteocle, cercando con questo di riconciliare i du
seppellisce aggiungendolo alla tomba di Eteocle, cercando con questo
di
riconciliare i due fratelli. Ma che diremo noi de
esto di riconciliare i due fratelli. Ma che diremo noi dell’artifizio
di
questa pittura? Poiché la luna sparge non so qual
ancora abbastanza fedele alla vista; e l’infelice principessa, piena
di
orrore e di spavento, vorrebbe lamentarsi s’ella
stanza fedele alla vista; e l’infelice principessa, piena di orrore e
di
spavento, vorrebbe lamentarsi s’ella ardisse, abb
obuste braccia. Ella rattiene non ostante le sue lacrime avendo paura
di
quelli che sono in sentinella. E quantunque ella
do paura di quelli che sono in sentinella. E quantunque ella desideri
di
guardare in qua e in là all’ intorno, tien pur l’
ente fisso su Polinice piegando il ginocchio in terra. Ecco un tronco
di
melagrano nato nell’istante da se, il quale si di
acceso onde rendere le dovute esequie ai due corpi, non vuole essere
di
accordo nè mescolare le sue fiamme, ma le allonta
l’Indiani: ma gli Etiopi, e un Greco nell’Etiopia, e il combattimento
di
questo che di buona voglia ha intrapreso per amor
gli Etiopi, e un Greco nell’Etiopia, e il combattimento di questo che
di
buona voglia ha intrapreso per amore. Io penso ch
ona voglia ha intrapreso per amore. Io penso che avrete udito parlare
di
Perseo, che dicesi avere ucciso nell’Etiopia un g
r divorare gli uomini e gli animali. Perlochè il pittore facendo caso
di
questo, ed avendo compassione di Andromeda per es
li. Perlochè il pittore facendo caso di questo, ed avendo compassione
di
Andromeda per esser stata esposta a questa bestia
orrerlo. Quanto alla giovinetta, ella é piacevole e gentile per esser
di
una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per
una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per la sua beltà. Perchè
di
delicatezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà
ra per la sua beltà. Perchè di delicatezza ella vincerebbe una Lidia,
di
maestà un’Ateniese, di costanza, di grandezza, di
rchè di delicatezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese,
di
costanza, di grandezza, di coraggio tutte le Spar
atezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese, di costanza,
di
grandezza, di coraggio tutte le Spar tane. È dipi
ncerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese, di costanza, di grandezza,
di
coraggio tutte le Spar tane. È dipinta in un gest
mbra essere in dubbio, e godere con spavento e terrore. Ella riguarda
di
un lato dell’occhio Perseo, al quale ella invia d
ore. Ella riguarda di un lato dell’occhio Perseo, al quale ella invia
di
già un sorrìso, un’imbasciata. Egli giace sulla t
so, un’imbasciata. Egli giace sulla tenera erba spargendo gran stille
di
sudore, ed ha messo da parte la sua spaventevole
co già dei pastori che gli presentano latte e vino eh’ egli riceve, e
di
cui si compiace. Certo questi Etiopi sono piacevo
cui si compiace. Certo questi Etiopi sono piacevoli a vedersi, benché
di
un colore diverso: ridono smodatamente, e sono in
po stesso la giovinetta, lasciando ondeggiare al vento la sua clamide
di
porpora tutta sparsa di stille di sangue, che la
lasciando ondeggiare al vento la sua clamide di porpora tutta sparsa
di
stille di sangue, che la bestia nel combattimento
ondeggiare al vento la sua clamide di porpora tutta sparsa di stille
di
sangue, che la bestia nel combattimento ha spruzz
contro lui. Vadano a nascondersi i Pelopidi in paragone delle spalle
di
Perseo, perchè essendo belle per sé stesse e di u
paragone delle spalle di Perseo, perchè essendo belle per sé stesse e
di
un vivo color sanguigno, la fatica le tinge ancor
tica le tinge ancora, le vene si gonfiano mentre egli anela. La vista
di
Andromeda ne accresce il moto. — Lezione cin
nquantesimaquarta. Urania sedente, Calliope. Dopo la illustrazione
di
queste altre due statue Yoi avrete avuto da Visco
e è questa eleganti:.^sima statua, le supera forse tutte in finitezza
di
lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata ne
a statua, le supera forse tutte in finitezza di lavoro ed in maestria
di
scalpello. Fu trovata nel fondo Cassiano di Tivol
di lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata nel fondo Cassiano
di
Tivoli dove le altre, e quantunque vi siano indiz
ata colle altre alla medesima collezione, e per la notabile diversità
di
grandezza, e per essere di un’altra ma niera di a
ma collezione, e per la notabile diversità di grandezza, e per essere
di
un’altra ma niera di artifizio. Le altre Muse, be
la notabile diversità di grandezza, e per essere di un’altra ma niera
di
artifizio. Le altre Muse, bellissime nella invenz
omposizione del tutto insieme, aveano le teste incassate e amovibili,
di
lavoro più elegante e gentile, come apparisce dal
iligenza. Son tali insomma quali possiamo figurarci delle belle copie
di
bellissimi originali. Questa all’incontro, il cui
più piccola e men significante sua parte, che non possiamo far a meno
di
crederla un elegante originale. » È stata ristora
appunto l’Urania fra le muse Tiburtine, e perchè non mostra vestigio
di
aver avuto la cetra, o i pugillari, il volume, e
la caratterizzasse, determinandola al tempo stesso per una delle muse
di
Pindo lo star seduta come le altre sovra un sasso
ico nel nostro marmo si è che circa la metà della vita varia il panno
di
essa, vedendovisi diligentemente segnata la cucit
luce una tonaca detta catonace perchè appunto avea le parti inferiori
di
pelle: abbiamo in Senofonte menzione di un’altra,
punto avea le parti inferiori di pelle: abbiamo in Senofonte menzione
di
un’altra, ch’era soltanto pieghettata dal mezzo i
n giù. Questi esempi possono farci sembrare cosa strana simil varietà
di
drappo nello stesso pezzo del vestimento, ma non
stesso pezzo del vestimento, ma non ci mostrano cosa dobbiamo pensare
di
quel che abbiamo sott’ occhi. Io vado pensando ch
e la tonaca dal mezzo in su è trasparente, sia fatta dal mezzo in giù
di
più grosso drappo non per altra ragione che per q
vvertito, onde sfuggire le taccio che incontravano presso i moralisti
di
quei tempi simili abiti trasparenti, che Coe, ves
so i moralisti di quei tempi simili abiti trasparenti, che Coe, vesti
di
vetro, o lucide dai Latini eran dette. « Notabili
i, essendo stretti dai lacci sopra il nudo piede, che tengon ferma al
di
sotto la suola, la quale é di un’altezza non comu
opra il nudo piede, che tengon ferma al di sotto la suola, la quale é
di
un’altezza non comune, e pari quasi a quella dei
i più lodati monumenti. Benché possa perciò competere ad essi il nome
di
coturni, mi sembra di riconoscervi piuttosto i sa
. Benché possa perciò competere ad essi il nome di coturni, mi sembra
di
riconoscervi piuttosto i sandali Tirrenici, così
Polluce quali li veggiamo scolpiti. Aggiunge il mentovato autore che
di
questi era calzata la Pallade di Fidia, onde non
ti. Aggiunge il mentovato autore che di questi era calzata la Pallade
di
Fidia, onde non debbonsi avere per abbigliamento
Pallade di Fidia, onde non debbonsi avere per abbigliamento improprio
di
una Musa, che ol’ tre r essere come tale amica di
gliamento improprio di una Musa, che ol’ tre r essere come tale amica
di
Pallade, lo è maggiormente perchè presiede alle S
che la testa riportata per essere antica. Si vede adorna sulla fronte
di
una penna, fregio non insolito delle Muse come tr
loro voluto competere nella perizia del canto. Qualunque si abbracci
di
questi motivi, si escluderà sempre quello arrecat
antasie dei poeti. Queste e simili fredde allegorie non son più degne
di
presentarsi alla buona critica del secol nostro.
ella Poesia. In questa attitudine appunto Laide incontrò nei giardini
di
Corinto il tenero Euripide, che stava componendo
stava componendo dei versi: e così forse il più privilegiato allievo
di
Calliope reggendo i pugillari sulle ginocchia, co
ve del paterno Mela scriveva quei carmi, che dovevano esser l’incanto
di
tutte le generazioni avvenire. Se dunque da Omero
zioni avvenire. Se dunque da Omero fin a Orazio i poeti han costumato
di
registrare i loro versi su di simili tavolette, c
mero fin a Orazio i poeti han costumato di registrare i loro versi su
di
simili tavolette, che, colla facilità che offriva
loro versi su di simili tavolette, che, colla facilità che offrivano
di
cancellare lo scritto, animavan l’autore a quei m
le quali non avvien quasi mai che possa scriversi cosa la qual meriti
di
esser letta, nessun simbolo più adattato di quest
versi cosa la qual meriti di esser letta, nessun simbolo più adattato
di
questo potrà darsi a Calliope, che è la musa prop
della poesia Epica, ende fu riputata la compagna dei re e la nudrice
di
Omero. Questo genere di poesia si è dovuto esprim
e fu riputata la compagna dei re e la nudrice di Omero. Questo genere
di
poesia si è dovuto esprimere cui pugillarì, e per
larì, e perchè appunto Omero, eh’ è il maestro dei versi eroici, dice
di
averli scritti sulle tavolette, e perchè la liric
si registra o si legge. Il volume le hanno assegnato anche i pittori
di
Ercolano, e hanno avuto perciò il bisogno dell’ep
ato un utile insegnamento ai giovani poeti, mostrando loro quanto più
di
riflessione e di ponderazione richiegga lo scrive
gnamento ai giovani poeti, mostrando loro quanto più di riflessione e
di
ponderazione richiegga lo scrivere ciò che in ver
e pensierosa che ha saputo dare a questa figura, per la quale merita
di
essere con meraviglia considerata da chiunque ama
a chiunque ama le belle arti: essendo questo il lor più sublime grado
di
scolpire l’anima e di rappresentare il pensiero.
e arti: essendo questo il lor più sublime grado di scolpire l’anima e
di
rappresentare il pensiero. « Il simbolo dei pugil
obili delle Muse: li ha la seconda Musa del primo piano dell’Apoteosi
di
Omero, non osservati però dagli illustratori di q
o piano dell’Apoteosi di Omero, non osservati però dagli illustratori
di
quel celebre marmo: li ha la Calliope scolpita ne
e ve gli ha ravvisati il chiarissimo signor Abate Amaduzzi espositore
di
quel monumento, e con scelta erudizione, tratta d
ta senza considerargli i pugillari che ha nella manca: in una pittura
di
Ercolano è questa Musa così parimente rappresenta
entata; e il quadro stesso, per torre ogni dubbio, ci offre la figura
di
un Poeta coronato di edera e col volume fra le ma
tesso, per torre ogni dubbio, ci offre la figura di un Poeta coronato
di
edera e col volume fra le mani. « Questo bel simu
questa non cade alcun dubbio. La seconda presenta al dritto la testa
di
una musa coronata, come tutte le seguenti, di all
enta al dritto la testa di una musa coronata, come tutte le seguenti,
di
alloro, e che ha nell’area un volume coi suoi lac
adio i circoli segnati su del globo che vien sostentato da una specie
di
tripode. La quinta moneta rappresenta una Musa se
secondo me, è Polinnia; Erato, secondo il Begero. La laurea, propria
di
tutte le Muse, è qui data a Polinnia, perchè appu
o, mentre al rovescio è rappresentata questa dea della Lirica in atto
di
suonare il suo favorito istrumento. È detta dal B
el dritto, e con una sola in mano nel tipo del rovescio. « Le ragioni
di
queste denominazioni sono le medesime da noi acce
i e dei monumenti, e principalmente nelle immagini delle Muse fornite
di
una greca epigrafe, le quali si ammirano fra le t
servate per tanti secoli, per farne poi all’ età nostra ed al sovrano
di
quella bella parte d’ Italia un dono splendido e
ia un dono splendido e inaspettato. » Ed ora udite altre descrizioni
di
antiche pitture che io traggo da Filostrato. Ari
na l’abbandonasse in Dia, isola, quantunque ciò non per ingratitudine
di
lui, ma per volontà di Bacco pensino alcuni che s
a, isola, quantunque ciò non per ingratitudine di lui, ma per volontà
di
Bacco pensino alcuni che sia avvenuto, avrai fors
orse udito ancora dalla nutrice. Poiché esse esercitate in tal genere
di
favole, le accompagnano, quando vogliono, ancora
mpagnano, quando vogliono, ancora col pianto. Non avrò dunque bisogno
di
dirti che Teseo è quello che è nella nave, Bacco
e è nella nave, Bacco quello eh’ è in terra, nè a te come ignaro dirò
di
riguardare la fanciulla come giaccia sui sassi in
nfatti dipingere Arianna bella, bello Teseo non è difficile a veruno:
di
Bacco ancora vi sono innumerabili forme in che pu
nima, ha fatto lo dio, poiché i corimbi tessuti in serto sono indizio
di
Bacco, ancora che l’opera sia inetta, e il corno
il corno nato nelle tempie accusa Bacco, e pure la pardalide, o pelle
di
pantera, è manifesto segno dello dio. Ma qui Bacc
rtuni in questa circostanza, son rigettati. Nè le Baccanti si servono
di
cimbali, nè i Satiri di tibie presentemente che l
nza, son rigettati. Nè le Baccanti si servono di cimbali, nè i Satiri
di
tibie presentemente che lo stesso Pane frena il s
suo saltare perchè non turbi il sonno della fanciulla. Bacco vestito
di
porpora, coronato di rose, si accosta ad Arianna,
on turbi il sonno della fanciulla. Bacco vestito di porpora, coronato
di
rose, si accosta ad Arianna, ebro di Amore, come
cco vestito di porpora, coronato di rose, si accosta ad Arianna, ebro
di
Amore, come dice Anacreonte di quelli che amano s
o di rose, si accosta ad Arianna, ebro di Amore, come dice Anacreonte
di
quelli che amano smisuratamente. Teseo poi ama, m
creonte di quelli che amano smisuratamente. Teseo poi ama, ma il fumo
di
Atene, e può dirsi che Arianna non abbia conosciu
che sono innanzi la prora. Rimira anche Arianna, o piuttosto il sonno
di
lei. Il petto è nudo fino al bellico: supino il c
rgogni. Che soave respiro, o.Bacco: tu baciandola, ne dirai se sappia
di
pomi o di vite. — Antiloco. — Che Achille amass
e soave respiro, o.Bacco: tu baciandola, ne dirai se sappia di pomi o
di
vite. — Antiloco. — Che Achille amasse Antiloco
voi potete averlo rilevato da Omero, quando lo vedete il più giovane
di
tutti i Greci, e pensate a quel mezzo talento d’o
il più giovane di tutti i Greci, e pensate a quel mezzo talento d’oro
di
cui gli fece dono nei giuochi. Da lui pure gli fu
cui gli fece dono nei giuochi. Da lui pure gli fu annunziata la morte
di
Patroclo, e gli fu impedito di uccidersi sul corp
Da lui pure gli fu annunziata la morte di Patroclo, e gli fu impedito
di
uccidersi sul corpo del diletto amico. Queste son
dito di uccidersi sul corpo del diletto amico. Queste sono le pitture
di
Omero, ma il soggetto di questa è Mennone, che ve
po del diletto amico. Queste sono le pitture di Omero, ma il soggetto
di
questa è Mennone, che venuto di Etiopia uccide An
o le pitture di Omero, ma il soggetto di questa è Mennone, che venuto
di
Etiopia uccide Antiloco che difendeva Nestore suo
o padre, ed il terrore che spaventa i Greci, perchè avanti all’arrivo
di
Mennone stimavano una favola i Negri. Ora avendo
di si mettono a piangere Antiloco; con essi il re d’ Itaca, il figlio
di
Tideo e tutti gli altri parenti ed amici. Ulisse
del suo viso; Agamennone dalla sua divina presenza: quanto al figlio
di
Tideo una libertà generosa lo esprime. Voi ben di
eo una libertà generosa lo esprime. Voi ben discernerete ancora Aiace
di
Telamone alla sua terribil fierezza, e quello di
rnerete ancora Aiace di Telamone alla sua terribil fierezza, e quello
di
Locri alla sua agile velocità. I soldati poi che
l’uno coll’altro piede sopra l’aste fissate in terra. Ma non crediate
di
distinguere Achille dalla sua lunga chioma perchè
chille dalla sua lunga chioma perchè egli se l’è recisa dopo la morte
di
Patroclo; non ostante la sua bellezza ve lo mostr
e i suoi rasi capelli. Presentemente egli piange prostrato sul petto
di
Antiloco promettendogli, come io credo, magnifich
endogli, come io credo, magnifiche esequie, e forse l’armi e la testa
di
Mennone, ed egual vendetta finalmente alla memora
e, ed egual vendetta finalmente alla memoranda che fece sull’uccisore
di
Patroclo. Mennone è non ostante in piedi fra i su
chierati in battaglia: aspro e terribile, la lancia in pugno, vestito
di
una pelle di leone, con un volto lieto e risoluto
attaglia: aspro e terribile, la lancia in pugno, vestito di una pelle
di
leone, con un volto lieto e risoluto getta un sor
ntrario par che sorrida e porta nella sua faccia impresso il contento
di
aver salvata la vita a suo padre. Egli è morto di
mpresso il contento di aver salvata la vita a suo padre. Egli è morto
di
un colpo d’asta: l’anima ha abbandonato il viso,
ne cinquantesimaquinta. Le Grazie. Quali dee hanno maggior diritto
di
succedere alle Muse che le Grazie, ch’ebbero fra
antichi comune il tempio con loro, e che dispensatrici sono anch’esse
di
tanti doni agli uomini, ed alle quali ninno è in
anch’esse di tanti doni agli uomini, ed alle quali ninno è in obbligo
di
sacrificare più che l’artista? Disputata è pure l
obbligo di sacrificare più che l’artista? Disputata è pure l’origine
di
queste amabili divinità. Esiodo nella sua Teogoni
Talia ed Eufrosine. Gli Spartani però n’ adoravano due sole col nome
di
Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con es
ufrosine. Gli Spartani però n’ adoravano due sole col nome di Olita e
di
Penna: gli Ateniesi combinavano con essi nel nume
ione, fu annoverata da Pausania fra le Grazie, ed Egle la più giovine
di
tutte fu data in moglie a Vulcano. Consentono tut
lcano. Consentono tutti gli scrittori nel farle compagne indivisibili
di
Venere. Secondo Pausania erano in antico rapprese
loro abito, continua egli, era dorato: la faccia, le mani ed i piedi
di
marmo bianco: una teneva una rosa, l’altra un dar
marmo bianco: una teneva una rosa, l’altra un dardo, la terza un ramo
di
mirto. Bupalo pure le fé’ vestite a Smirne, e que
e dell’antichità, da Apelle. Pitagora in Pergamo, e Socrate figliuolo
di
Sofronisco, nelle statue che fece in Atene, prati
poco come si trovano nei monumenti che ne sono rimasti. Giova intanto
di
sapere che sino dai tempi di Pausania vi era 1’ u
menti che ne sono rimasti. Giova intanto di sapere che sino dai tempi
di
Pausania vi era 1’ uso di dipingerle ignude, fors
Giova intanto di sapere che sino dai tempi di Pausania vi era 1’ uso
di
dipingerle ignude, forse perchè essendosi negli u
orie volevano significare che queste amabili divinità non abbisognano
di
alcuno ornamento, e che a coloro ai quali elleno
o su queste divinità, come fra l’altre cose lo mostra l’uso singolare
di
collocare le Grazie in mezzo ai Satiri più sozzi,
za le quali la bellezza perde le sue attrattive, la saviezza il mezzo
di
giovare, e la scienza allontana dal suo santuario
cessare del flauto il suono. Quest’ avventura stabilì in Paros 1’ uso
di
sacrificare senza flauto nè corona. Generalmente
rona. Generalmente i templi sacri- a Venere e ad Amore, e quelli pure
di
Mercurio, erano ancora alle Grazie dedicati, per
a danzare. — S’invocavano nei conviti, e con tre brindisi era costume
di
onorarle. Mille belle allegorie possono da queste
ono dagli antichi maggior venerazione. Osserva Macrobio che le statue
di
Apollo portano nella destra le Grazie, nella sini
dà la sanità è più pronta dell’altra. Crisippo così ragiona nel libro
di
Seneca sui benefìzii; «Ora dirò perchè le Grazie
a lo riceva, la terza lo renda. Pensano altri che vi siano tre generi
di
benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli c
la terza lo renda. Pensano altri che vi siano tre generi di benefizi:
di
quelli che gli meritano, di quelli che gli rendon
ltri che vi siano tre generi di benefizi: di quelli che gli meritano,
di
quelli che gli rendono, di quelli che gli ricevon
i di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendono,
di
quelli che gli ricevono e gli rendono. Ma in qual
i che gli ricevono e gli rendono. Ma in qualunque maniera si giudichi
di
queste cose, che n’ importa di questa scienza? Pe
o. Ma in qualunque maniera si giudichi di queste cose, che n’ importa
di
questa scienza? Perchè quelle mani unite fra loro
po delle illusioni, che può trarre la morale da queste dee, ragionerò
di
quello che più v’ interessa, cioè degli antichi m
li antichi monumenti nei quali sono rappresentate. Le Grazie compagne
di
Venere non si trovano vestite che sull’ altare et
trusco così spesso citato, che è nella Villa Borghese. Sono effigiate
di
tutto rilievo, ma le teste ne sono moderne. Un ma
ffigiate di tutto rilievo, ma le teste ne sono moderne. Un marmo pure
di
tutto rilievo, ma di mediocre scultura. come pens
ievo, ma le teste ne sono moderne. Un marmo pure di tutto rilievo, ma
di
mediocre scultura. come pensa Visconti, in Siena
comodano la chioma. Può essere illustrata da questa delicata immagine
di
Claudiano, che ho espressa in questi versi: Cosi
in questi versi: Cosi d’intorno a Venere Stan l’Idalie sorelle: Una
di
largo nettare Le bionde chiome asperge; L’ altra
terza In lunghe anella e ride. Al gruppo del Palazzo Ruspoli servono
di
sostegno due vasi collocati alle due estremità, s
le due estremità, simili a quelli che sogliono accompagnare le statue
di
Venere. A ciò mirava, come è stato osservato dal
vesti mentre che si lavavano. Tre donzelle nude che adornano il piede
di
un vaso nella Villa Borghese sono forse le immagi
nte vestite, e in quelle dei Germani presso Vaillant sono tutte volte
di
fronte. Quando si cominciò a rappresentare le Gra
gono per le mani su qualche medaglia) altra differenza che il vestito
di
queste ultime. In un vetro riportato dal Fabbrett
Palazzo Ruspoli siano ritratti fondati sulla particolare acconciatura
di
capelli. Non è nuovo il rappresentare i mortali n
più scellerato fra gì’ imperatori romani fu ritratto nelle sembianze
di
Apollo. In un bel cammeo del cavalier Wortley l’u
alier Wortley l’ultima Grazia a destra ha un berretto simile a quello
di
Vulcano. Questa è probabilmente Aglaia o Egle, la
vine delle Grazie, che, come vi ho accennato, i mitologi fanno moglie
di
Vulcano. Simil berretto sospetta il Visconti che
. Mercurio, egli dice, scorge mi ad Esculapio un uomo barbato vestito
di
pallio, che rende grazie al Nume con un ginocchio
ngraziamento, ha introdotte appresso Esculapio le Grazie, una rivolta
di
schiena, e l’altre due di fronte, e tutte nude, i
e appresso Esculapio le Grazie, una rivolta di schiena, e l’altre due
di
fronte, e tutte nude, in quella guisa appunto che
mpo, nè conservano i consueti attributi del ramoscello e delle spiche
di
grano. Pensa a ragione Visconti che sia una tavol
posate sulla patera, che ha in mano Gi anone in una medaglia inedita
di
Faustina minore della Collezione Albani, offerta
one Albani, offerta forse alla dea per ringraziamento della fecondità
di
quell’Augusta. Eccovi due altre pitture antiche d
fieramente e con una certa audacia contro le onde, è Aiace Locrense,
di
cui la nave dal fulmine è già stata colpita. Egli
i stessi numi. Però Nettuno terribile ed irritato sopraggiunge, pieno
di
tempeste e di procelle gli irti capelli. Già sole
Però Nettuno terribile ed irritato sopraggiunge, pieno di tempeste e
di
procelle gli irti capelli. Già soleva combattere
te e di procelle gli irti capelli. Già soleva combattere in compagnia
di
Aiace contro 1 Troiani (perchè savio e modesto ri
te. Quindi una larga fiamma accresciuta dal vento, onde il foco serve
di
vela al naviglio fuggente. Aiace ritornando in se
gli urti dello Dio. — Mennone. — I soldati che voi vedete qui sono
di
Mennone: ma non hanno armi perchè si propongono d
oi vedete qui sono di Mennone: ma non hanno armi perchè si propongono
di
fare l’esequie del più grande fra loro, che ha ri
ta nel petto. Vedendo qui questo largo e spazioso piano tutto coperto
di
tende e di padiglioni, munito a guisa di accampam
o. Vedendo qui questo largo e spazioso piano tutto coperto di tende e
di
padiglioni, munito a guisa di accampamento, e una
spazioso piano tutto coperto di tende e di padiglioni, munito a guisa
di
accampamento, e una città ben cinta di mura, io n
di padiglioni, munito a guisa di accampamento, e una città ben cinta
di
mura, io non so perchè non sarebbero questi gli E
arrivato por soccorrere i Troiani fu ucciso da Achille, benché fosse
di
statura niente a lui minore. Infatti guardate qua
l suo caro figlio contrista il Sole, e prega la Notte che si affretti
di
venire più presto del solito per arrestare l’eser
arrestare l’esercito, onde ella possa togliersi il corpo col consenso
di
Giove. Ecco lo trasporta già: essendo la premura
la premura che si dà espressa nell’estremità del quadro. La sepoltura
di
Mennone non si trova. Solo si vede in Etiopia tra
olo si vede in Etiopia trasformato in una pietra nera nelle sembianze
di
un uomo seduto: ma quando il raggio del sole ne p
Esculapio. Esculapìo, secondo la più comune opinione, fu figliuolo
di
Apollo e di Coronide, come attesta l’autore degli
Esculapìo, secondo la più comune opinione, fu figliuolo di Apollo e
di
Coronide, come attesta l’autore degli Inni ed Ome
la conducesse, non consapevole dell’amore del nume. Ella nei confini
di
Epidauro partorì Esculapio, il quale fu esposto i
elpusi avvenisse. Ivi è fama ohe il fanciullo fosse nutrito dal latte
di
una capra custodita dal cane d’una greggia. Il pa
cane, la capra, il fanciullo. Divina luce -vide scintillare dal volto
di
lui, e il grido di questo prodigio si sparse per
fanciullo. Divina luce -vide scintillare dal volto di lui, e il grido
di
questo prodigio si sparse per quelle regioni. Si
questo prodigio si sparse per quelle regioni. Si vuole che questo aio
di
Esculapio fosse un bastardo di Arcade, e che pres
uelle regioni. Si vuole che questo aio di Esculapio fosse un bastardo
di
Arcade, e che presto pure si diffondesse l’opinio
do di Arcade, e che presto pure si diffondesse l’opinione che il nume
di
poco nato guariva da ogni malat tia. Trigone fu l
risentire gli effetti della sua scienza salutare fosse un certo Asole
di
Epidauro tiranno, e che in memoria del benefìzio
idauro tiranno, e che in memoria del benefìzio fosse aggiunto il nome
di
lui al dio, che prima Apio era detto. Io penso ch
il nome di lui al dio, che prima Apio era detto. Io penso che il nome
di
Esculapio derivi dagli effetti che produceva la m
dagli effetti che produceva la medicina semplice degli antichi, cioè
di
acquietare i dolori, non riducendosi allora quest
a da madre mortale. Ippolito essendo ritornato in vita per la perizia
di
lui, Giove si sdegnò tanto che gli uomini potesse
o. Si celebravano nell’Arcadia in un bosco, ove eredevasi il sepolcro
di
Esculapio, i giuochi ogni cinque anni, ma i templ
uata fra i Carii e gl’Ionii, era il mentovato edifizio sempre ripieno
di
ammalati, e le pareti coprivano innumerabili tavo
rivano innumerabili tavolette, ove erano scritte le malattie e i nomi
di
quei creduli, che stimavano essere stati coll’aiu
uli, che stimavano essere stati coll’aiuto del nume guariti. Il culto
di
Esculapio fu portato in Asia da Epidauro, secondo
nia nelle Corintiache, dove poco prima, in Titano, descrive la statua
di
questo dio velata di un gran panno (di modo che s
, dove poco prima, in Titano, descrive la statua di questo dio velata
di
un gran panno (di modo che si vedeva solamente la
in Titano, descrive la statua di questo dio velata di un gran panno (
di
modo che si vedeva solamente la faccia, le mani,
differente dal solito pallio, che si vede nel rovescio del medaglione
di
Vero pubblicato dal Buonarotti, e che vien descri
otti, e che vien descritto da Tertulliano, per ornamento delle statue
di
Esculapio. In quanto al bastone col serpente avvi
a, particolarmente con i preservativi, onde si vede solo nelle monete
di
Coo città a lui consacrata; e Pausania dal serpen
l serpente avviticchiato allo scettro, in mano a due statue del bosco
di
Trofonio, dice che da quello avrebbe qualcheduno
onio, dice che da quello avrebbe qualcheduno congetturato che fossero
di
Esculapio e della Salute. Era sovente questa dea
quale proviene Igia, sia la buona salute: onde Apollo era fatto padre
di
Esculapio, perchè il Sole con i suoi annuali giri
dato il serpente per l’attenenza con Esculapio: e lo facevano in atto
di
dargli da mangiare, per alludere ai serpenti in v
atto di dargli da mangiare, per alludere ai serpenti in varii templi
di
Esculapio nutriti, ai quali coloro che sacrificav
iscono alla salute dei corpi, sono forse i serpenti fatti per simbolo
di
quei due principali pianeti, il moto dei quali, s
i, il moto dei quali, siccome delle stelle tutte, veniva, al riferire
di
San Clemente Alessandrino, espresso dagli Egizi c
o per nutrice Trigone, forse per essere il cibo del grano più salubre
di
tutti; e per moglie Epione, che secondo altri gl’
icare i medicamenti lenitivi; sicché dall’autore che va sotto il nome
di
Orfeo, viene invocato Epiodoro, cioè che dà le co
nacea, e la Salute stessa, i quali tutti, secondo scrive lo scoliaste
di
Aristofane, son presi dal sanare; a’ quali Snida
ofane, son presi dal sanare; a’ quali Snida aggiunge Acesio Sanatare,
di
cui fa menzione Pausania insieme con Evamerione,
cui fa menzione Pausania insieme con Evamerione, che significa esser
di
buona salute e complessione, e dice essere una me
re che vuol dire Scacciatore dei mali. Plinio annovera per figliuola
di
Esculapio anche Egle, cioè risplendente per il sa
ano colore delle carni; e Marino poeta de’ Lupercali dà per figliuola
di
Esculapio anche Roma, che significa forza, che i
forza, che i Romani chiamarono valetudine. Era tutta questa comitiva
di
Dei fatta molte volte insieme, quando in più, qua
particolari e il sentimento degli artefici, come dai precitati luoghi
di
Pausania e Plinio si conosce: ma con verun altro
, che Pausania dice esser così chiamato da’ Pergameni, Acesio da quei
di
Epidauro, e Evamerione in Titano: onde si legge a
ipode a Giove Esculapio, a ciascun piede del quale vi era un’immagine
di
questi tre Dei. Telesforo in una medaglia dei Nic
pubblicato dallo Sponio si vede un fanciullo colla penula cuculiata,
di
cui è rivestita la figura del mese di Dicembre in
nciullo colla penula cuculiata, di cui è rivestita la figura del mese
di
Dicembre in un antico calendario: questo abito pe
adottato. In molte statue vedesi esser chiuso da per tutto; in quella
di
Telesforo è fatto in forma di un piccolo piviale
si esser chiuso da per tutto; in quella di Telesforo è fatto in forma
di
un piccolo piviale da potersi serrare, e accostar
el medaglione del Buonarroti è aperto dalle parti solamente, a foggia
di
un certo mantello portato ancora dai navicellai.
lla patera, sul bastone, e sul serpe, lor simboli, nè sulla giustizia
di
quest’ allegorica figliazione. Raro è bensì quest
rica figliazione. Raro è bensì questo gruppo trovato nell’antico fòro
di
Preneste, per esser l’unico in marmo di tutto ril
uppo trovato nell’antico fòro di Preneste, per esser l’unico in marmo
di
tutto rilievo che ci offra unite queste divinità
in iscrizioni, in medaglie e in bassirilievi. « Dico l’unico, perchè
di
quello di Firenze nella Galleria non resta che la
ioni, in medaglie e in bassirilievi. « Dico l’unico, perchè di quello
di
Firenze nella Galleria non resta che la statua di
o, perchè di quello di Firenze nella Galleria non resta che la statua
di
Esculapio e una sola mano della Salute. In quello
e il nostro assai più pregevole, poiché lo possiamo credere una copia
di
quello descrittoci da Pausania, come il più illus
o descrittoci da Pausania, come il più illustre fra tutti i simulacri
di
Esculapio. Dice egli: — Il più celebre fino ai mi
culapio. Dice egli: — Il più celebre fino ai miei tempi dei simulacri
di
Esculapio, secondo gli Argivi, rappresenta in can
ratore, conservano però le fisonomie e i caratteri conosciuti propri:
di
queste divinità. « Ad Esculapio è stata adattata
onumenti, cominciando dalla stupenda gemma del Museo Stosch, col nome
di
Aulo. Non è però che di Esculapii imberbi non fac
lla stupenda gemma del Museo Stosch, col nome di Aulo. Non è però che
di
Esculapii imberbi non facciano menzione gli antic
one gli antichi, e non ne abbiano rinvenuto alcuno i moderni. È degno
di
memoria quello ultimamente trovato nel giardino d
inale maggior del naturale, nel cui viso imberbe sospetto il ritratto
di
qualche Medico illustre. È ottimamente conservato
vede nella bella statua degli Orti Farnesiani, che si crede la stessa
di
quella dell’Isola Tiberina, e si osserva ancora i
gnor Bracci Cista, Mistica. » Eccovi da Filostrato un altro soggetto
di
pittura antica. Ercole furioso. — Assalite ardit
entre i due altri giacciono per terra: egli ha ancora la mano in atto
di
ferire, poiché crede di essere in Argo, e di ucci
ono per terra: egli ha ancora la mano in atto di ferire, poiché crede
di
essere in Argo, e di uccidere i figli di Euristeo
a ancora la mano in atto di ferire, poiché crede di essere in Argo, e
di
uccidere i figli di Euristeo. Voi avete udito in
atto di ferire, poiché crede di essere in Argo, e di uccidere i figli
di
Euristeo. Voi avete udito in Euripide che affrett
cheggiar la casa del vile fratello. Il furore lo inganna: è difficile
di
persuaderlo con gli oggetti presenti. Che ciò vi
ttime sono sparse qua e là per l’altare insieme alla pelle del Leone:
di
questi due miseri fanciulletti, ad uno la freccia
spalle la punta del dardo entrata pel petto: le loro gote sono sparse
di
lagrime e di sangue. I servi circondano il forsen
ta del dardo entrata pel petto: le loro gote sono sparse di lagrime e
di
sangue. I servi circondano il forsennato padre co
e e di sangue. I servi circondano il forsennato padre come si farebbe
di
un toro arrabbiato. Unocerca di legarlo d’agguato
o il forsennato padre come si farebbe di un toro arrabbiato. Unocerca
di
legarlo d’agguato, l’altro di prenderlo nel corpo
farebbe di un toro arrabbiato. Unocerca di legarlo d’agguato, l’altro
di
prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso all
alta al collo. Ercole non conosce nulla: spinge ferocemente chi cerca
di
avvicinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca
. Voi avete sovente udito dire nelle tragedie che le Furie sono causa
di
tutto questo, ma adesso non le vedete perchè dent
sono celate. — Lezione cinquantesimasettima. Bacco. Argomento
di
sogni eruditi e di ardimentose congetture è la di
Lezione cinquantesimasettima. Bacco. Argomento di sogni eruditi e
di
ardimentose congetture è la divinità ed il culto
i sogni eruditi e di ardimentose congetture è la divinità ed il culto
di
Bacco. Famoso al pari di Ercole per le conquiste:
mentose congetture è la divinità ed il culto di Bacco. Famoso al pari
di
Ercole per le conquiste: l’Oriente e l’Occidente
riente e l’Occidente è pieno della sua fama: nè poca gloria è per lui
di
essere stato causa d’ invidia e di conquiste ad A
sua fama: nè poca gloria è per lui di essere stato causa d’ invidia e
di
conquiste ad Alessandro. Non è fuor d’ogni dubbio
usa d’ invidia e di conquiste ad Alessandro. Non è fuor d’ogni dubbio
di
chi fosse figlio e dove nascesse. Diodoro Siculo
culo riferisce, dagli Egiziani asserirsi che tutto quello che narrasi
di
Semele e Giove, genitori di lui secondo la volgar
ni asserirsi che tutto quello che narrasi di Semele e Giove, genitori
di
lui secondo la volgare opinione, era menzogna tes
a volgare opinione, era menzogna tessuta da Orfeo iniziato ai misteri
di
Osiride, coli’ oggetto di lusingare la greca ambi
nzogna tessuta da Orfeo iniziato ai misteri di Osiride, coli’ oggetto
di
lusingare la greca ambizione. Cadmo, ripiglia lo
matrimonio, aveva con Osiride, e della circostanza della pronta morte
di
questo, istituì in suo onore dei sacrifizii, insi
perdonar si deve all’antichità questo errore, poiché lo deve ai versi
di
tanto poeta. Ed il sentimento dei sacerdoti egizi
erdoti egiziani avvalorato viene da Erodoto, che paragonando le feste
di
Bacco e di Osiride, sorprende la rassomiglianza d
iani avvalorato viene da Erodoto, che paragonando le feste di Bacco e
di
Osiride, sorprende la rassomiglianza di queste du
ragonando le feste di Bacco e di Osiride, sorprende la rassomiglianza
di
queste due divinità, e crede trasportato in Greci
ueste due divinità, e crede trasportato in Grecia da Melampo il culto
di
Osiride, sotto il nome di Bacco. Nisa in Arabia e
e trasportato in Grecia da Melampo il culto di Osiride, sotto il nome
di
Bacco. Nisa in Arabia era la patria del dio, e pa
e fu deposto dopo la sua nascita: ciò viene attestato ancora dal nome
di
Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova osservar
ita: ciò viene attestato ancora dal nome di Dionisio, vale a dire dio
di
Niso. Giova osservare che di Osiride qui era la f
ra dal nome di Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova osservare che
di
Osiride qui era la famosa colonna. Le imprese del
i era la famosa colonna. Le imprese del Nume sono consegnate al poema
di
Nonno, da cui estrarrò quello che per voi vi ha d
onsegnate al poema di Nonno, da cui estrarrò quello che per voi vi ha
di
più interessante. Non vi è nulla di più necessari
estrarrò quello che per voi vi ha di più interessante. Non vi è nulla
di
più necessario per voi che il sapere quale idea g
ninno può meglio soddisfare che Visconti nella seguente illustrazione
di
una delle più belle statue che rappresentino il d
statue che rappresentino il dio del Vino. « La sorprendente bellezza
di
questa scultura non può rappresentarsi abbastanza
a e quella carnosità a cui è ridotta la pietra, nè quella delicatezza
di
lineamenti, che serpeggiando quasi insensibilment
nte. « Questo superbo monumento delle arti greche fu trovato mancante
di
tutte l’estremità: del capo, cioè, delle braccia
iare dai mitologi nè tutti gli epiteti, nè tutte le lodi della chioma
di
Bacco, come cose troppo note e comuni: basta il r
to forse è il più costante degli attributi bacchici, poiché il figlio
di
Semele si trova talvolta rappresentato con lunga
rova talvolta rappresentato con lunga barba, nonostante il soprannome
di
fanciullo eterno; si trova tutto vestito, non ost
osì sparse intorno al collo, agli omeri, al petto. Coi ricci pendenti
di
qua e di là lo descrive Luciano. « L’analogia di
e intorno al collo, agli omeri, al petto. Coi ricci pendenti di qua e
di
là lo descrive Luciano. « L’analogia di teste sic
. Coi ricci pendenti di qua e di là lo descrive Luciano. « L’analogia
di
teste sicuramente bacchiche, colle chiome nella s
ser particolarmente rammentata: è quella che si ammira nella Galleria
di
Firenze sul corpo di un Bacco appoggiato ad un Fa
ammentata: è quella che si ammira nella Galleria di Firenze sul corpo
di
un Bacco appoggiato ad un Fauno. La testa, benché
me lo indica il differente lavoro dei capelli che pendono dal capo, e
di
quelli rimasti congiunti alle spalle. Presentato
le, la testa antica della nostra statua. Or quella testa è certamente
di
Bacco, come la corona di pampini, e la fascia che
nostra statua. Or quella testa è certamente di Bacco, come la corona
di
pampini, e la fascia che stringe la fronte, lo pr
la fronte, lo provano. Ma un’altra prova non meno certa del soggetto
di
questa statua è quello appunto dove si fonda la c
punto dove si fonda la contraria opinione, cioè il carattere feminile
di
tutti i contorni, e particolarmente la situazione
a situazione, il rilievo, e la rotondità dei fianchi. Non vi ha nulla
di
più proprio di Bacco: o provenisse ciò dall’uso e
l rilievo, e la rotondità dei fianchi. Non vi ha nulla di più proprio
di
Bacco: o provenisse ciò dall’uso e dal capriccio
voluto rappresentare il dio dei piaceri e della mollezza, il compagno
di
Venere e delle ninfe, o da dogmi di un’antica teo
eri e della mollezza, il compagno di Venere e delle ninfe, o da dogmi
di
un’antica teologia rediviva nei tempi che precede
nei tempi che precedettero la caduta del culto pagano, o da un genio
di
moralizzare, che fosse dai poeti passato agli art
ue principio, ho detto, ciò provenisse, certo è che uno dei caratteri
di
Bacco fu quello di essere rappresentato di forme
tto, ciò provenisse, certo è che uno dei caratteri di Bacco fu quello
di
essere rappresentato di forme feminili. Quindi un
to è che uno dei caratteri di Bacco fu quello di essere rappresentato
di
forme feminili. Quindi un latino epigramma così l
latino epigramma così lo descrive: « E trae il tenero Bacco la forma
di
una vergine. » Quindi Momo, presso Luciano, rile
di una vergine. » Quindi Momo, presso Luciano, rileva tra i difetti
di
Bacco la sua complessione feminile e donnesca; qu
itore, ora cornuto per emblema dell’ebrietà, ora barbato come in aria
di
maestro e di legislatore. Da ciò dee ripetersi ta
rnuto per emblema dell’ebrietà, ora barbato come in aria di maestro e
di
legislatore. Da ciò dee ripetersi tanta varietà d
aria di maestro e di legislatore. Da ciò dee ripetersi tanta varietà
di
rappresentarlo, tanto più che gli statuarii han v
imulacro è un modello impareggiabile per un corpo maschile bellissimo
di
una bellezza effeminata; questa espressione è por
portata fino air ideale: volendo indicarci in certo modo i due sessi
di
questo nume, i contorni ne sono mirabili e fuggen
e perdono in estensione. » Ma prima che v’ inoltriate in questo mare
di
Mitologia adempirò alla mia promessa ritornando a
esto mare di Mitologia adempirò alla mia promessa ritornando all’ uso
di
leggervi la descrizione dei poeti, dopo aver quas
ggervi la descrizione dei poeti, dopo aver quasi esaurite le Immagini
di
Filostrato. Ho scelta la viva pittura fatta da Va
trato. Ho scelta la viva pittura fatta da Valerio Fiacco della strage
di
Lenno, che vi accennai parlando di Vulcano, a cui
tta da Valerio Fiacco della strage di Lenno, che vi accennai parlando
di
Vulcano, a cui la riconoscenza rendeva cara quest
i Vulcano, a cui la riconoscenza rendeva cara quest’isola. Sarà colpa
di
me che ho tentato tradurre questa parte del poema
sola. Sarà colpa di me che ho tentato tradurre questa parte del poema
di
lui, nella quale gareggia con Stazio, se non sent
to. Già presso è il dì che, vincitor nell’armi. Disperso i Traci avea
di
Lenno il Duce, Che tesser navi osò di fragil cann
ell’armi. Disperso i Traci avea di Lenno il Duce, Che tesser navi osò
di
fragil canna: Lieto pel mar move i vessilli, e pi
patria, o per diverse cure Affannose consorti, eccovi ancelle Premio
di
lunga guerra. — In cupo nembo La Diva avvolta, pe
pena Tacque la Dea, che alla cittade in mezzo Vola lieta la Fama. Era
di
Codro Eurinome pudica ai lari accanto, Che dalle
r: Colui che cerchi E coi voti e col pianto, arde l’indegno Dell’amor
di
una schiava: arde, e ritorna Coll’adultera sua, c
che al casto letto Già s’avvicina: Non per fama eguale E non per lode
di
pudore e d’arte A te, gran prole Doriclea: gli pi
iglior fìa che tu scelga Altri Penati: pei tuoi figli io tremo: Privi
di
madre, odio alla druda: io veggo Già la torva mat
lta e dice Le intese voci ognuna, e fede al danno Non v’ha chi neghi:
di
querele e gridi Empiono i templi, e sulle soglie
lami infelici Non riveggono più: nel cielo aperto Stanno ammassate, e
di
dolore han gara, E d’orribili voti. A loro in mez
ar fulmini e strage, Strage dei Numi? poiché gli altri danni Soffriam
di
guerra: Me schiava destina Il furioso? Me, perchè
ina Il furioso? Me, perchè raminga Lasci i figli, la patria? Ah: pria
di
spade, E di foco, rapito all’are istesse, Non arm
so? Me, perchè raminga Lasci i figli, la patria? Ah: pria di spade, E
di
foco, rapito all’are istesse, Non armerem le dest
La notte, e traggon colle schiave spose I nuovi sonni, un non so che
di
grande Amor c’ispirerà. — Disse, e rivolse Gli oc
un non so che di grande Amor c’ispirerà. — Disse, e rivolse Gli occhi
di
foco in giro, e sulla terra Lanciò dal seno gli s
i strappati figli. II cor materno e l’infiammate menti Il gemer sacro
di
Ciprigna vince. Riguardan tutte il mare e fingon
prigna vince. Riguardan tutte il mare e fingon danze: Ornano i templi
di
festive frondi, E ai reduci mariti ostentan gioia
eseo appresso Sta Tisifone, e liba i crudi cibi Ed i nappi ferali, e,
di
tormento Novità, con i neri angui l’abbraccia. Sc
pazza, E col pallido volto Ire feroci, E la Rabbia e l’Inganno: alza
di
Morte L’imaorine maggior le truci mani Quando di
ia e l’Inganno: alza di Morte L’imaorine maggior le truci mani Quando
di
Marte la chiamò tonando La moglie, e alzò la sang
lzò la sanguinosa insegna. Ma delitto maggior Venere imprende: Gemiti
di
chi cade e di chi spira Finge, scorre le case, e
osa insegna. Ma delitto maggior Venere imprende: Gemiti di chi cade e
di
chi spira Finge, scorre le case, e nella destra P
vibra, e le guida Ai talami, e alle dubbie un ferro trova. Ahi: come
di
delitti io tanti aspetti, E tanti fati di diverse
e un ferro trova. Ahi: come di delitti io tanti aspetti, E tanti fati
di
diverse morti Seguirò? fra quai mostri, ordin cru
i Seguirò? fra quai mostri, ordin crudele, II poeta conduci? Oh: qual
di
colpe Serie orrenda si svela: Oh, chi mi ferma Me
: gli occhi soltanto Tien chiusi a tutti la paura, come Mirin squadre
di
furie, e sopra il ferro Di Bellona fiammeggi: Alt
sede Di tanto regno. Eran consorti e figlie Contaminate, e sol piene
di
mostri E l’isola crudel. La man pietosa Armata, a
a mente incerta. Padre, trattieni alla tua figlia il brando! Disse, e
di
Bacco al consapevol tempio Guidò piangendo il gen
Valerio Flacco , Argon. lib. II, v. 78. Udite adesso la fine infelice
di
Penteo, che dal Poema di Nonno ho tradotto. Vide
ib. II, v. 78. Udite adesso la fine infelice di Penteo, che dal Poema
di
Nonno ho tradotto. Vide dell’ arbor sulla cima a
con voce insana! Quasi corona a lui circola intorno La turba feminil;
di
foglie ornato Laccio l’arbore stringe, e in un co
lumi, 11 senno, ahimè, chi t’ha rapito? Addio, Citerone, addio monti
di
Tebe, Arbori male ascesi: madre, addio, Cara Agav
madre, addio, Cara Agave, che il tuo fanciullo uccidi. Mira le guance
di
lanugin prima Vestite appena, e ogni sembianza um
i nutristi. — inutil voce, Cessa da tuoi discorsi: è sorda Agave!— Se
di
Bacco mi vuoi vittima, uccidi Sola il tuo figlio,
he nella polve Si rivolge, traeva: altra gli svelle La destra in atto
di
pregar: lo tira Per l’altra mano Autouoe a se, la
i leoni. Cadmo, appella Penteo compagno del tuo soglio, e miri L’opre
di
Bacco con gelosi lumi. Affrettatevi, o servi, e a
atevi, o servi, e alla Cadmea Soglia fìggete il sanguinoso capo, Dono
di
mia vittoria. Ahi che tal belva Mai non uccise In
ia mie lieta lo pose Armonia, e quindi le porgeva il petto. Spettator
di
tue glorie il figlio cerchi, Misero: e come il ch
llustri Doni mi diede alle divine nozze D’Armonia Giove, e degni eran
di
Marte E di Vener Celeste: Il mar nasconde Ino, e
i mi diede alle divine nozze D’Armonia Giove, e degni eran di Marte E
di
Vener Celeste: Il mar nasconde Ino, e la chiesta
sua vecchiezza: Hai Penteo morto, ed Atteon nascondi. — Sì diceva, e
di
lacrime un torrente Di Citerone la canuta fronte
on sazia il sangue Della tua stirpe. A me la rabbia antica Rendi: che
di
furor specie più cruda Ho, la saviezza. Fa che un
Giove Salvava il figlio dal materno scempio Tutta la stirpe ad abolir
di
Cadmo. Or sii pietoso: al sangue mio fa guerra Un
Penteo, infelice: il reo fu Bacco: Agave E innocente. Che dico? ancor
di
sano’ue Grondano le mie mani, e pel reciso Capo r
enditi o Bacco: è sangue Del figlio mio: Pel mio delitto io vissi Più
di
lui: ma fedele a questo pianto Gl’inalzerò la tom
, Dionisiache, lib. XLVI. Lezione cinquantesimottava. Generazione
di
Bacco. Le avventure di Bacco cominciano nel se
Lezione cinquantesimottava. Generazione di Bacco. Le avventure
di
Bacco cominciano nel settimo Canto del poema di N
acco. Le avventure di Bacco cominciano nel settimo Canto del poema
di
Nonno; onde da questo io dò principio all’estratt
di Nonno; onde da questo io dò principio all’estratto che ho promesso
di
darvi di questo poema. Ci presenta il poeta Amore
onde da questo io dò principio all’estratto che ho promesso di darvi
di
questo poema. Ci presenta il poeta Amore occupato
trovare Giove per rappresentargli l’infelicità dell’uomo. Egli ricusa
di
governare da qui innanzi un mondo destinato a tan
inato a tanti mali, ed uomini, la vita dei quali è così breve e piena
di
pene. Invano, egli dice, si è inventata la lira:
ì breve e piena di pene. Invano, egli dice, si è inventata la lira: i
di
lei suoni armoniosi non dissipano tutti i dolori.
i di lei suoni armoniosi non dissipano tutti i dolori. Accusa Pandora
di
aver aperto il vaso fatale, da cui sono escite tu
le, da cui sono escite tutte le sciagure, e non riconosce la prudenza
di
Prometeo, che per rimediarvi non ha pensato dì to
nettare, piuttosto che il fuoco sacro. Giove dopo averlo udito, cerca
di
assicurarlo, svelandogli i segreti del destino, e
i i segreti del destino, e gli rivela il mistero della nascita futura
di
Bacco suo figlio, che deve portare agli uomini un
e dolce quanto il nettare. Cerere, egli dice, ha coperti recentemente
di
spighe i solchi, e presto mio figlio farà scorrer
te di spighe i solchi, e presto mio figlio farà scorrere dei ruscelli
di
vino che spremerà dai frutti dell’autunno. Tutta
a volta eterea a percorrere la via degli astri, e a tenere il fulmine
di
Giove suo padre. Egli risplenderà delle grazie de
e. Egli risplenderà delle grazie della gioventù, e una mitra in forma
di
serpenti attortigliati coronerà la sua testa. Egl
e le Ore. Il dio del Tempo ritornò presso Armonia, e Giove al palazzo
di
Giunone. Non ostante l’Amore, quel nume accorto,
del Caos, si avanzava col suo turcasso che rinchiudeva i dodici dardi
di
fuoco destinati a trapassare il core di Giove nel
he rinchiudeva i dodici dardi di fuoco destinati a trapassare il core
di
Giove nelle sue metamorfosi diverse. Ogni dardo a
la sua iscrizione. Egli scelse il quinto, che renderlo doveva amante
di
Semole: lo allacciò di edera, lo intinse nel nett
i scelse il quinto, che renderlo doveva amante di Semole: lo allacciò
di
edera, lo intinse nel nettare, afiinchè Bacco fac
par dell’Aurora, sferzava i muli attaccati a un carro, in conseguenza
di
un sogno, che aveva avuto, e del quale il poeta r
lla sua coscia, finché avesse condotto al termine un fanciullo armato
di
corna di toro, e che sembrava essere della natura
oscia, finché avesse condotto al termine un fanciullo armato di corna
di
toro, e che sembrava essere della natura di quest
fanciullo armato di corna di toro, e che sembrava essere della natura
di
questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia
ale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa sua figlia nel tempio
di
Minerva per sacrificare a Giove dio del Fulmine u
crificare a Giove dio del Fulmine un toro, che rappresenta l’immagine
di
Bacco, ed un capro nemico dei frutti autunnali. Q
ll’Asopo ove scese per bagnarsi. Amore vibrò la sua freccia nel cuore
di
Giove, che per meglio osservare la sua amante si
, che solo fra gì’ immortali li vibra. Egli la consola, e le promette
di
situarla un giorno nei campi dell’Olimpo, ove spl
quello delle altre amanti, Giove risale al cielo, e lascia la figlia
di
Cadmo incinta nel palazzo di suo padre. Già le su
iove risale al cielo, e lascia la figlia di Cadmo incinta nel palazzo
di
suo padre. Già le sue forme, che diventano rotond
deggianti, accusano la sua colpa. Ella già prende gusto per 1’ edera,
di
cui ella intralcia la corona ornamento della sua
la intralcia la corona ornamento della sua testa. Se ascolta il suono
di
qualche strumento già si prepara a danzare, e a i
eno sembra accompagnare la madre. Ben presto l’Invidia sotto le forme
di
Marte le suscita per nemiche Minerva e Giunone. E
ti vi mescola il suo splendore con quello della luna: Apollo è figlio
di
Latona: Ganimede nato mortale abiterà dunque i ci
ortali. Io vado a ritirarmi in Tracia, piuttosto che esser testimonio
di
questa profanazione del tempio degli Dei, e veder
azione del tempio degli Dei, e vedere Andromeda, Perseo, la sua testa
di
Medusa e la sua scimitarra, e le forme orribili d
e orribili della balena. — Così parlava l’ Invidia gelosa dei destini
di
Semele, che la chiamavano al cielo col suo fiolio
uo fiolio. Giunone medita nell’istante uno stratagemma per vendicarsi
di
questa nuova amante. Ella s’indirizza alla dea de
. Ella s’indirizza alla dea della Furberia, che errava sulle montagne
di
Creta sua casa: le racconta i suoi dispiaceri e i
sua casa: le racconta i suoi dispiaceri e i suoi timori: ella le dice
di
temer che Giove non finisca per bandirla dal ciel
a per bandirla dal cielo, e ne faccia Semele la regina. Ella la prega
di
prestarle il suo magico cinto affinchè ella possa
eria, ingannata ella stessa da Giunone, le accorda la dimanda. Armata
di
questo cinto, Giunone va nelle stanze di Semele n
e accorda la dimanda. Armata di questo cinto, Giunone va nelle stanze
di
Semele nelle sembianze della vecchia nutrice dì E
le stanze di Semele nelle sembianze della vecchia nutrice dì Europa e
di
Cadmo. Finge d’intenerirsi sulla sorte della giov
Cadmo. Finge d’intenerirsi sulla sorte della giovine principessa, il
di
cui onore è pubblicamente attaccato. La interroga
e della sua gloria, ed armato del suo fulmine; questo è il solo mezzo
di
assicurarsene. La giovine principessa accecata da
tto divide. Io non vi ho ancora veduto, le dice, nelle forme maestose
di
un Dio. Giove si affligge di questa dimanda in di
ra veduto, le dice, nelle forme maestose di un Dio. Giove si affligge
di
questa dimanda in discreta, ed accusa le Parche n
iccome prevede le conseguenze, e vuol salvar Bacco, incarica Mercurio
di
togliere il fanciullo ai fuochi. terribili che co
finalmente coli’ accordarle ciò che richiede. Semele s’ insuperbisce
di
questo favor singolare, che la pone infinitamente
insuperbisce di questo favor singolare, che la pone infinitamente al
di
sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra di o
pone infinitamente al di sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra
di
orgoglio e di gioia, vuol toccare il fulmine terr
ente al di sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra di orgoglio e
di
gioia, vuol toccare il fulmine terribile, e ne pe
e, e ne perisce in mezzo al fuoco. Il suo figlio per mezzo delle cure
di
Mercurio fugge all’incendio che consuma sua madre
compagni Mercurio, Marte, Venere e la Luna. Voi vedete dalla sciagura
di
Semele quanto fosse terribile l’ira di Giunone. I
una. Voi vedete dalla sciagura di Semele quanto fosse terribile l’ira
di
Giunone. Il caso di Atamante e d’ Ino che ho trad
a sciagura di Semele quanto fosse terribile l’ira di Giunone. Il caso
di
Atamante e d’ Ino che ho tradotto da Ovidio n’ è
che ho tradotto da Ovidio n’ è un esempio ancor più tremendo. Innanzi
di
passare alla descrizione del poeta vi espongo la
vi espongo la favola brevemente. Irritata Giunone, che dopo la morte
di
Semele Ino sua sorella si fosse adossata la cura
che dopo la morte di Semele Ino sua sorella si fosse adossata la cura
di
allevare Bacco, giurò di vendicarsene. Mandò ad A
le Ino sua sorella si fosse adossata la cura di allevare Bacco, giurò
di
vendicarsene. Mandò ad Atamante Tisifone, la qual
Uetto: ed Ino a un tale spettacolo sorpresa da un trasporto furibondo
di
terrore, fuggì, tenendo nelle braccia, l’altro fi
espone La causa della via, dell’odio, ed apre Suo feroce volere, onde
di
Cadmo Non stia la reggia, ed il furor conduca Ata
in un confonde Preghi, impero, promesse, onde commova Le dive. Appena
di
parlar Giunone Cessò, che scosse l’arruffata chio
chioma Tisifone, e divise i serpi opposti Dalla pallida fronte. Uopo
di
detti, Dicea, non avvi, che fatto figura Quello c
e torna all’aura antica Di miglior cielo. — Già la face impugna Grave
di
sangue, e la purpurea vesta, Sparsa di stragi, co
o. — Già la face impugna Grave di sangue, e la purpurea vesta, Sparsa
di
stragi, con ritorte serpi Ricinge, e lascia la tr
no entrambi, Ma la Furia le soglie assedia, e stende Le braccia cinte
di
viperei nodi: Scote le chiome, e sibilar del capo
lingua: alfine della fronte al mezzo Svelle due serpi, e con la man,
di
morte Apportatrice, lor dà via: percorrono Il sen
ri vaganti, e della cieca Mente l’oblio, colpe, furori e pianto. Amor
di
strage, con recente sangue In cavo bronzo la fera
onzo la feral cicuta: Tutto unito n’avea. Mentre paventa L’alta prole
di
Cadmo, in sen le vibra Il composto furor, che le
ni, le reti: or qui m’apparve Di doppia prole lionessa altera. — Come
di
belva, della moglie insegue L’orme, e rapisce dal
a, con le nude braccia. Evoè Bacco, suona: e rise Giuno Sotto il nome
di
Bacco, e disse: Questi Usi ti doni il tuo beato a
IV, v. 463 e seg. Lezione cinquantesimanona. Nascita ed educazione
di
Bacco. Origine della vite. Dopo la morte di Se
Nascita ed educazione di Bacco. Origine della vite. Dopo la morte
di
Semele, il re degli Dei depose nella sua coscia i
suo termine, e non ve lo tolse che per darlo alla luce. Nell’istante
di
questa nuova nascita di Bacco l’Ore si trovano pr
o tolse che per darlo alla luce. Nell’istante di questa nuova nascita
di
Bacco l’Ore si trovano pronte per riceverlo, e po
ongono sulla sua testa una corona d’edera. Intralciano ì suoi capelli
di
un serpente tortuoso, di cui la fronte è armata d
a corona d’edera. Intralciano ì suoi capelli di un serpente tortuoso,
di
cui la fronte è armata di corna, coll’oggetto di
ano ì suoi capelli di un serpente tortuoso, di cui la fronte è armata
di
corna, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura
n serpente tortuoso, di cui la fronte è armata di corna, coll’oggetto
di
ritrarre la doppia natura di Bacco, cioè di toro
a fronte è armata di corna, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura
di
Bacco, cioè di toro e di serpente. Quindi il poet
ta di corna, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura di Bacco, cioè
di
toro e di serpente. Quindi il poeta ci dipinge Me
a, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura di Bacco, cioè di toro e
di
serpente. Quindi il poeta ci dipinge Mercurio, ch
ninfe dell’Acque, chiamate ladi. Queste erano sette sorelle figliuole
di
Atlante e di Etra, chiamate Ambrosia, Eudora, Cor
que, chiamate ladi. Queste erano sette sorelle figliuole di Atlante e
di
Etra, chiamate Ambrosia, Eudora, Coronide, Pesile
Poliso, e Tiona. Giunone avendole rese furiose, Mercurio fu obbligato
di
levar loro Bacco per confidarlo ad Ino figliuola
urio fu obbligato di levar loro Bacco per confidarlo ad Ino figliuola
di
Cadmo e sorella di Semele, dea marina, madre di P
i levar loro Bacco per confidarlo ad Ino figliuola di Cadmo e sorella
di
Semele, dea marina, madre di Palemone. Ma Giunone
arlo ad Ino figliuola di Cadmo e sorella di Semele, dea marina, madre
di
Palemone. Ma Giunone avendo minacciata della sua
le. Così Bacco cresceva, e diveniva forte ogni giorno sotto la tutela
di
Rea. Nonno dipinge i Pani che danzano intorno al
al giovine Bacco, e compongono il corteggio del dio, che ha le forme
di
toro. Celebrano queste danze, ripetendo il nome d
ibele e Giove. Nonostante Giunone irritata contro Ino che aveva osato
di
nutrire, Bacco si dichiara contro essa, e riempie
sato di nutrire, Bacco si dichiara contro essa, e riempie la sua casa
di
quelle infelicità, che Ovidio vi descrisse in par
del Fattolo. Qui scherzando sulle coste della Frigia fece conoscenza
di
un giovine Satiro chiamato Ampelo, o la Vigna. Il
non è contento che con lui, e si affligge della sua assenza. L’amore
di
Ampelo gli tien luogo di tutto: finisce per chied
ui, e si affligge della sua assenza. L’amore di Ampelo gli tien luogo
di
tutto: finisce per chiederlo a Giove, e sollecita
che ama. Ampelo è sempre vincitore alla lotta e alla corsa. È facile
di
avvedersi che tutto ciò non è che un’ allegoria s
facile di avvedersi che tutto ciò non è che un’ allegoria sull’ amore
di
Bacco per la vigna. Diodoro espone ciò sempliceme
ei due amici. Ampelo è vincitore ancora nel nuoto; ma ha l’imprudenza
di
voler scherzare con gii animali delle foreste, e
ri da Bacco, che tutti i pericoli gli dimostra: lo avverte sopratutto
di
guardarsi dalle corna del toro. Ma questo avverti
vvertimento fu inutile ad Ampelo, quantunque Bacco avesse sempre cura
di
accompagnarlo. La dea del Male gli persuade di mo
cco avesse sempre cura di accompagnarlo. La dea del Male gli persuade
di
montar sopra un toro, come Bellerofonte sul Pegas
ra un toro, come Bellerofonte sul Pegaso, e con altrettanta sicurezza
di
Europa che non ebbe bisogno di freno per condur q
ul Pegaso, e con altrettanta sicurezza di Europa che non ebbe bisogno
di
freno per condur quello che la rapì. Il caso cond
sceso dalle montagne per bere: il giovine audace osa salirvi, e tenta
di
condurlo: toglie dei giunchi del fiume per farne
condurlo: toglie dei giunchi del fiume per farne una frusta, e cinge
di
fiori lo corna dell’animale. In questa positura s
vescia il giovine Ampelo che muore della caduta. Un Satiro testimonio
di
questa sventura l’annunzia a Bacco, che inconsola
ta sventura l’annunzia a Bacco, che inconsolabile diviene. Egli bagna
di
lacrime il corpo del suo amico steso sulla polver
gna di lacrime il corpo del suo amico steso sulla polvere, e lo copre
di
rose e di gigli. Versa nelle piaghe l’ambrosia do
rime il corpo del suo amico steso sulla polvere, e lo copre di rose e
di
gigli. Versa nelle piaghe l’ambrosia donatagli da
rsa nelle piaghe l’ambrosia donatagli da Rea, che dopo la metamorfosi
di
Ampelo in vite, bastò per dare al suo frutto un o
sa l’ Inferno inesorabile che non rende le sue prede. Scongiura Giove
di
voler rendere la vita al suo amico per qualche is
dere la vita al suo amico per qualche istante. L’Amore sotto la forma
di
Sileno, portando in mano il tirso, viene a consol
o, portando in mano il tirso, viene a consolar Bacco, e gli consiglia
di
formare dei nuovi amori onde dimenticare il perdu
n’ allegoria fisica sulla spiga e sul gambo che la sostiene, nei nomi
di
Calamo e Carpo. Ma nulla può mitigare il dolore d
sostiene, nei nomi di Calamo e Carpo. Ma nulla può mitigare il dolore
di
Bacco. Le Stagioni intanto, delle quali il poeta
uali il poeta fa la descrizione, vanno alla reggia del Sole, e ognuna
di
loro ha ornamenti che la caratterizzano. Il Canto
o del Sole loro padre, ove riscontrano Espero e la Luna crescente, il
di
cui carro è tirato dai bovi. Vi si legge la descr
izza a Giove una delle Stagioni, quella dell’Autunno, che gli dimanda
di
non restar sola senza funzioni, e di affidarle la
la dell’Autunno, che gli dimanda di non restar sola senza funzioni, e
di
affidarle la cura di maturare i nuovi frutti che
gli dimanda di non restar sola senza funzioni, e di affidarle la cura
di
maturare i nuovi frutti che produrrà la vigna. Gi
rrà la vigna. Giove le dà lusinghiere speranze, e le addita le tavole
di
Armonia nelle quali sono scritti i destini dell’
e presiede al nettare delizioso che si spreme dalla vite, e la figura
di
Ganimede cht; inalza la sua coppa. Uditi questi d
diluvio che gli compisce. Nella terza l’avventura dTo, d’Argo, quella
di
Filomela, e molte altre. La ninfa delle Stagioni
cerca cogli occhi la quarta Tavola, che offre l’immagine della coppa
di
Ganimede dalla quale il nettare scorre, e vede ch
veva a Febo il lauro, a Minerva l’ulivo, a Cerere le spighe. È rapita
di
gioia a questa vista, va a raggiungere le sue sor
tto; che non passerà l’Acheronte, e diverrà per i mortali la sorgente
di
un liquore delizioso, che sarà la consolazione de
o che produce l’uva, e forma una vite. Il nuovo albero prende il nome
di
Ampelo, come il suo amico, e divien carico di un
o albero prende il nome di Ampelo, come il suo amico, e divien carico
di
un frutto nero, mentre il giovin Cisso, cangiato
utto, lo spreme fra le sue dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno
di
bove che gli serve di coppa. Lo gusta, e s’applau
sue dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno di bove che gli serve
di
coppa. Lo gusta, e s’applaudisce della sua scoper
s’applaudisce della sua scoperta. Apostrofa l’ombra del suo amico, la
di
cui morte ha preparata la felicità dei mortali. D
a, crescesse sulle rupi, quando un serpente volle mangiare del frutto
di
lei, e raccoglierne il liquore. La sua bocca dive
umore, e Bacco •ch’errava per le montagne se n’ avvide, e si rammentò
di
un antico oracolo di Rea. In conseguenza fece un
rava per le montagne se n’ avvide, e si rammentò di un antico oracolo
di
Rea. In conseguenza fece un foro in questa rupe p
In conseguenza fece un foro in questa rupe per procurarsi una specie
di
strettoio in cui mettere l’ uve. Egli le preme co
mpagnano, e questo episodio termina il duodecimo Canto. La spedizione
di
Bacco nelle Indie cantata in tutte le istorie del
a narrarla nella seguente Lezione. Udite da Filostrato la descrizione
di
due pitture antiche relative alla storia di Bacco
Filostrato la descrizione di due pitture antiche relative alla storia
di
Bacco. Semele. — Questo fulmine, in apparenza co
gli Dei, tutto ciò si riferisce a quest’ avventura. Una grossa nuvola
di
fiamme inviluppando la città, di Tebe si dirige f
quest’ avventura. Una grossa nuvola di fiamme inviluppando la città,
di
Tebe si dirige furiosamente contro il palazzo di
viluppando la città, di Tebe si dirige furiosamente contro il palazzo
di
Cadmo. Giove va a visitare Semole, la quale è già
e Bacco nasce in mezzo al fuoco, mentre che la madre nelle sembianze
di
un’ ombra sale nel cielo, dove le Muse la celebre
le Muse la celebreranno. Ma Bacco esce dal seno materno più rilucente
di
una stella, mentre che la fiamma, separandosi, gl
mentre che la fiamma, separandosi, gli forma una grotta più piacevole
di
quelle di Lidia e di Siria. L’edere coi loro grap
la fiamma, separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle
di
Lidia e di Siria. L’edere coi loro grappoli le co
separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia e
di
Siria. L’edere coi loro grappoli le corrono intor
ben tosto i lacrimevoli casi che vi avverranno. Ha per ora una corona
di
edera che gli pende con negligenza sulla testa, e
on negligenza sulla testa, e sembra pronta a cadere, perchè gli duole
di
dovere essere ornato per la nascita di Bacco. Ecc
nta a cadere, perchè gli duole di dovere essere ornato per la nascita
di
Bacco. Ecco l’arrabbiata Megera che pianta dei sa
alci accanto a lui, e fa sorgere una fontana d’ acqua viva pel sangue
di
Atteone e di Penteo che sparger vi si deve. — P
a lui, e fa sorgere una fontana d’ acqua viva pel sangue di Atteone e
di
Penteo che sparger vi si deve. — Penteo. — Qui
anno gettato a terra il misero Penteo, smembrandolo sotto l’apparenza
di
un leone, e adesso lacerano la preda, e sono la p
cano le mani, l’altra tira il proprio figlio pe’ capelli. Voi direste
di
vederle veramente, e che gridino dalla gioia: tan
o, e punge le donne coi suoi sdegni violenti. Elleno non s’ avveggono
di
quello che fanno, nè come Penteo loro gridi miser
nno, nè come Penteo loro gridi misericordia: non odono che il ruggito
di
un leone. Ecco le cose che passano sopra la monta
sopra la montagna. Quanto a quello che dopo vedete, è Tebe, la reggia
di
Cadmo, e un gran pianto nel Fòro. I parenti, gli
i, gli amici, che riuniscono il corpo onde porlo sulla pira. La testa
di
Penteo è talmente sfigurata che Bacco stesso n’ha
l non avere infuriato con Bacco: Ma ciò che accade alle donne è degno
di
gran compassione: quel che non conobbero nel Cite
cate, ma ancora la forza che le rese forsennate. Sulla montagna piene
di
ardore di combattere facevano risuonare le valli
ncora la forza che le rese forsennate. Sulla montagna piene di ardore
di
combattere facevano risuonare le valli dei loro g
, ma non ardisce toccarlo: che ha le mani, il seno, le gote tinte del
di
lui sangue. Vi sono ancora Armonia e Cadmo, ma no
e la metamorfosi del rimanente. — Lezione sessantesima. Avventure
di
Bacco. Decretata dal fato la conquista dell’In
retata dal fato la conquista dell’Indie, Giove invia Iride al palazzo
di
Rea per comandare a Bacco che vada a combattere g
da il principe Deriade, che significa Bissa, loro re, che sotto forma
di
Cerasta nata dall’acqua dei fiumi, si era reso te
questi popoli le sue orgie e i doni della vite. E noto che i misteri
di
Bacco e l’invenzione del vino si celebravano come
dunque vola da Rea, beve il nuovo liquore, intima a Bacco gli ordini
di
Giove, che gli comanda di sterminare una nazione
il nuovo liquore, intima a Bacco gli ordini di Giove, che gli comanda
di
sterminare una nazione che non sa rispettare gli
armata, che deve esser comandata da Bacco. Si legge il lungo cataloga
di
tutti quelli che si riuniscono sotto gli stendard
oi eh’ erano stati cogli Argonauti, nè vi manca l’ordinario corteggio
di
Cibele, che rassomiglia molto quello dei misteri
dinario corteggio di Cibele, che rassomiglia molto quello dei misteri
di
Bacco. Vi è pure Aristeo inventore del miele, al
le, al quale la Cosmogonia dei popoli della Libia affida l’educazione
di
Bacco. Tutte le genti dell’Attica hanno parte in
che gl’Italiani da Fauno comandati. Emazione conduce i suoi guerrieri
di
Samotracia: e già tutte le schiere erano riunite
di Samotracia: e già tutte le schiere erano riunite sotto il vessillo
di
Bacco, quando la Pleiade Elettra brillando nel ci
Bacco il segnale felice del combattimento e della vittoria. Il resto
di
questo Canto comprende l’enumerazione dei differe
cco. Nel Canto seguente il poeta ci dipinge Cibele che arma in favore
di
Bacco i suoi Genii e i suoi Dei. Ella chiama al s
oi Genii e i suoi Dei. Ella chiama al suo soccorso i due Cabiri figli
di
Vulcano, i Dattili, i Coribanti, i Telcbinii, i C
tili, i Coribanti, i Telcbinii, i Centauri, i Ciclopi, i dodici figli
di
Pane, Sileno, tutta la truppa dei Satiri, i figli
ne, Sileno, tutta la truppa dei Satiri, i figli delle ladi, le figlie
di
Lamo che aveano nutrito Bacco. Le ninfe Oreadi, l
ano il cielo e le stelle. Con questo treno lo dio lascia il soggiorno
di
Cibele, e s’ incammina verso i luoghi occupati da
indiano Astraide, che accampa il suo esercito sulle rive dell’Astaco,
di
cui vuole a Bacco contrastare il passaggio. Ne ra
l contegno delle due armate nemiche trincierate sulle rive del fiume,
di
cui le acque son cangiate in vino da Bacco dopo l
fiume, di cui le acque son cangiate in vino da Bacco dopo la disfatta
di
una parte degl’Indiani. Quelli che avanzano, mara
a loro perdita, bevono 1’ onda del fiume, che prendono per nettare, e
di
cui non possono mai saziarsi. Il nume si approfit
amato Imno, che si era innamorato della ninfa. E espressa la passione
di
lui, con l’ostinazione di Nice, che ribelle a’ su
amorato della ninfa. E espressa la passione di lui, con l’ostinazione
di
Nice, che ribelle a’ suoi voti respinge le sue pr
a una freccia sul misero amante. Le ninfe lo piangono, ed Amore giura
di
vendicarlo, sottomettendo questa bellezza feroce
e coir aiuto del suo cane fedele donatogli da Pane, al quale promette
di
collocarlo nel cielo accanto a Sirio ed a Procion
o, che coglie la favorevole occasione per commettere così caro furto,
di
cui Pane stesso è geloso. La Ninfa si sveglia, e
ardi. E costretta ad esiliarsi dalle selve a lei così care per timore
di
riscontrarvi Diana, di soffrirne i rimproveri: li
iliarsi dalle selve a lei così care per timore di riscontrarvi Diana,
di
soffrirne i rimproveri: linalmente si avvede di e
i riscontrarvi Diana, di soffrirne i rimproveri: linalmente si avvede
di
esser madre. Dà alla luce una figlia chiamata Tel
ttoria dopo la disfatta degl’Indiani, contro i quali riprende le armi
di
nuovo. Il diciassettesimo Canto ci rappresenta Ba
le armi di nuovo. Il diciassettesimo Canto ci rappresenta Bacco, che
di
nuovo marcia contro gl’Indiani, prosegue le sue c
’Indiani, prosegue le sue conquiste in Oriente coli’ apparecchio meno
di
un guerriero che del capo di una festa Bacchica.
quiste in Oriente coli’ apparecchio meno di un guerriero che del capo
di
una festa Bacchica. Arriva sulla terra fertile di
rriero che del capo di una festa Bacchica. Arriva sulla terra fertile
di
Alibe, che il tranquillo Eudi bagna colle sue acq
n ricompensa a gustare del suo nuovo liquore, e gli dà pur una pianta
di
vite da coltivare. Bacco continua il suo cammino,
ino, e marcia contro Oronte capo degl’Indiani, al quale Astraide avea
di
già partecipata la furberia impiegata da Bacco co
due armate animate alla battaglia dai loro generali. Oronte dà esempi
di
valore ai proprii soldati, e nulla resiste ai suo
toria dello dio, e Blemi, capo degl’ Indiani, si presenta con un ramo
di
ulivo per domandargli la pace. Il seguente Libro
fatta allo dio. L’autore ci dà pure la descrizione del palazzo del re
di
Assiria, delle ricchezze delle quali fa pompa, e
tazza esortandolo a seguitare le sue vittorie, e gli rammenta quella
di
Giove sul serpente Campe e sopra i Giganti: quell
rammenta quella di Giove sul serpente Campe e sopra i Giganti: quella
di
Marte sul mostro figlio di Echidna: quella di Per
l serpente Campe e sopra i Giganti: quella di Marte sul mostro figlio
di
Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, all
sopra i Giganti: quella di Marte sul mostro figlio di Echidna: quella
di
Perseo sulla belva marina, alla quale Andromeda e
erseo sulla belva marina, alla quale Andromeda era esposta. Il figlio
di
Danae, dic’egli. liberò lei, e voi salverete la v
Astrea, oltraggiata dai delitti degl’Indiani. Dopo questa esortazione
di
Stafilo, Bacco invia un araldo al capo degl’India
, Bacco invia un araldo al capo degl’Indiani, a Deriade per proporgli
di
accettare i suoi doni, o di prepararsi al combatt
apo degl’Indiani, a Deriade per proporgli di accettare i suoi doni, o
di
prepararsi al combattimento, ed aspettare il dest
suoi doni, o di prepararsi al combattimento, ed aspettare il destino
di
Oronte. Perisce Stafilo, e la morte di lui move i
mento, ed aspettare il destino di Oronte. Perisce Stafilo, e la morte
di
lui move il dolore di tutta la sua famiglia e del
destino di Oronte. Perisce Stafilo, e la morte di lui move il dolore
di
tutta la sua famiglia e della sua casa. Il Canto
. Il Canto diciannovesimo comincia dallo spettacolo della principessa
di
Assiria desolata per la perdita del suo sposo. El
l suo liquore per consolarsi. Serve, dic’ella, eh’ io vegga una tazza
di
questa deliziosa bevanda, ed io non piangerò più.
passo non si accorda con la dignità degli altri Canti. Meti dichiara
di
esser pronta a sacrificar tutto per unirsi a Bacc
ella raccomanda il giovine Botri e Pito. Bacco l’assicura e promette
di
associare alle sue feste Meti, Stafilo e Botri. C
ltimi, il primo nei grani dell’uva, nel grappolo il secondo. Il resto
di
questo Canto contiene la descrizione dei giuochi
la descrizione dei giuochi che fa celebrare Bacco accanto al sepolcro
di
Stafilo. Eagro di Tracia ed Eretteo di Atene si d
giuochi che fa celebrare Bacco accanto al sepolcro di Stafilo. Eagro
di
Tracia ed Eretteo di Atene si disputano il premio
rare Bacco accanto al sepolcro di Stafilo. Eagro di Tracia ed Eretteo
di
Atene si disputano il premio del canto. La vittor
Avete udito nella presente Lezione proporsi a Bacco in esempio Perseo
di
Andromeda liberatore: vi sarà caro l’udire da Man
beratore: vi sarà caro l’udire da Manilio poeta latino la descrizione
di
questo avvenimento, che ho tradotta. Il fatto è t
avvenimento, che ho tradotta. Il fatto è troppo noto per aver bisogno
di
spiegazione: dirò solo che Andromeda era figliuol
er aver bisogno di spiegazione: dirò solo che Andromeda era figliuola
di
Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea che aveva avu
gno di spiegazione: dirò solo che Andromeda era figliuola di Cefeo re
di
Etiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire
ione: dirò solo che Andromeda era figliuola di Cefeo re di Etiopia, e
di
Cassiopea che aveva avuto r ardire di credersi pi
iuola di Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire
di
credersi più bella di Giunone. Nettuno per vendic
tiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire di credersi più bella
di
Giunone. Nettuno per vendicar la sorella mandò un
ubblico danno, fa esposta Andromeda, secondo la risposta dell’oracolo
di
Giove Ammone. Soffria la pena dell’error materno
il dubbio evento. L’innocente cagion mirava, e teme Del suo liberator
di
sé scordata: Sospira, e il cor più che le membra
vicino fonte. Indi volò maggiore all’ alto scoglio, E alla fanciulla
di
rossor dipinta Le catene togliendo, i primi baci
v. 543 e segg. Lezione sessantesimaprima. Continuano le avventure
di
Bacco. Bacco nel ventesimo Canto è occupato a
Bacco nel ventesimo Canto è occupato a consolar Mete e tutta la casa
di
Stafilo. La notte invita tutti al sonno, ed Eupet
notte invita tutti al sonno, ed Eupetale, o la bella foglia, nutrice
di
Bacco, prepara gli appartamenti per dormire. Vi è
e di Bacco, prepara gli appartamenti per dormire. Vi è la descrizione
di
un sogno che ha lo dio, nel quale la Discordia, c
ne di un sogno che ha lo dio, nel quale la Discordia, colle sembianze
di
Cibele, viene a rimproverargli i suoi ozii, e 1’
e Pito si uniscono ai Satiri e alle Baccanti, che compongono l’armata
di
Bacco. Lo dio dirige le sue schiere per Tiro e pe
ro e per Biblo sulle rive del fiume Adone presso il Libano e le coste
di
Nisa in Arabia. In questi luoghi regnava Licurgo
e coste di Nisa in Arabia. In questi luoghi regnava Licurgo figliuolo
di
Marte, principe feroce, del quale il poeta fa un
a fa un ritratto così terribile, come quello che Y antichità ha fatto
di
Enomao, col quale Licurgo era stato allevato. Orn
ro Bacco. Iride, per adempire al desiderio della dea, prende le forme
di
Marte, e gli tiene un lungo discorso. Di già il r
e forme di Marte, e gli tiene un lungo discorso. Di già il re prevede
di
esser vincitore. La dea va in seguito a trovar Ba
La dea va in seguito a trovar Bacco, e prende per ingannarlo la forma
di
Mercurio: lo impegna a trattar con riguardi di am
er ingannarlo la forma di Mercurio: lo impegna a trattar con riguardi
di
amicizia Licurgo ed a presentarsegli inerme. Bacc
l dio, armandosi della sferza del bifolco, perseguita le ladi nutrici
di
Bacco, e tutta la turba delle Baccanti. Il nume s
e che ha ricevuto Bacco. Il Canto seguente comincia col combattimento
di
Ambrosia contro Licurgo, che la fa prigioniera. L
a ella incatena il suo vincitore coi suoi giri tortuosi. Invano tenta
di
liberarsi. Le ladi, Poliso, Tiona e Fesile corron
cammino. Intanto le Nereidi, o le ninfe del Mar Rosso, si occupavano
di
Bacco fra le loro acque, e gareggiavano neir acca
annunzia il ritorno del loro capo. Questo inviato avea corna a guisa
di
luna, e una veste di pelle di becco. Deriade disp
del loro capo. Questo inviato avea corna a guisa di luna, e una veste
di
pelle di becco. Deriade disprezza l’armata di Bac
capo. Questo inviato avea corna a guisa di luna, e una veste di pelle
di
becco. Deriade disprezza l’armata di Bacco, e si
sa di luna, e una veste di pelle di becco. Deriade disprezza l’armata
di
Bacco, e si prepara a combattere. Rinnuova contro
eriade, ed annunziagli che io l’aspetto. Intanto la gioia pel ritorno
di
Bacco occupava i Satiri e le Baccanti. Proteo gli
già manifestato ciò ch’era successo nella sua assenza: l’ accecamento
di
Licurgo e la metamorfosi di Ambrosia già collocat
uccesso nella sua assenza: l’ accecamento di Licurgo e la metamorfosi
di
Ambrosia già collocata fra le stelle. L’araldo ri
à collocata fra le stelle. L’araldo ritorna, e gli arreca la risposta
di
Deriade, onde lo dio rivolge il suo carro verso l
rma gl’Indiani, e si accampa vicino ad una oscura boscaglia. L’armata
di
Bacco giunge sulle rive dell’ Idaspe, e la presen
glia. L’armata di Bacco giunge sulle rive dell’ Idaspe, e la presenza
di
questo dio sparge il coraggio e la gioia in tutte
pongono alla pugna. Ma un Amadriade scopre il loro disegno ai soldati
di
Bacco, che s’ armano segretamente. Gl’Indiani sch
, che s’ armano segretamente. Gl’Indiani schierati assalgono l’armata
di
Bacco, che fugge con inganno per condurli neUa pi
neUa pianura. Incontanente la presenza del nume li spaventa, e si fa
di
loro orribil macello. Le acque dell’ Idaspe si ti
sangue degl’Indiani. Baco ed Erette© si distinguono fra i combattenti
di
Bacco. Il vigesimo terzo Libro contiene il seguit
ntiene il seguito della battaglia data sulle rive dell’ Idaspe, nelle
di
cui acque sono precipitati gl’Indiani fuggenti in
. È descritta la confusione che questo avvenimento pone neir esercito
di
Bacco. Lo dio minaccia il fiume, che diviene più
Giove pone d’accordo l’Oceano e Bacco, al quale l’idaspe è costretto
di
dimandar grazia. Lo dio del Vino si placa, e nelr
ei dell’ Olimpo. Apollo vuol proteggere Aristeo, Mercurio prende cura
di
Pane figlio di Penelope, e Vulcano dei suoi Cabir
. Apollo vuol proteggere Aristeo, Mercurio prende cura di Pane figlio
di
Penelope, e Vulcano dei suoi Cabiri. Bacco s’inol
iri. Bacco s’inoltra alla testa della sua armata; e Giove nelle forme
di
un’ aquila gli serve di guida portando nell’aria
a testa della sua armata; e Giove nelle forme di un’ aquila gli serve
di
guida portando nell’aria Eaco suo figlio. Intanto
rive dell’Idaspe. È descritto il dolore che sparse la nuova nel campo
di
Deriade, e la gioia che regnava in quello di Bacc
parse la nuova nel campo di Deriade, e la gioia che regnava in quello
di
Bacco. I vincitori, fra i piaceri della mensa, ca
ntano le antiche Cosmogonìe, la guerra dei Giganti, l’imprigionamento
di
Saturno, che negli abissi del Tartaro impiega van
ente le armi dell’Inferno per difendersi, e Venere che lavora l’opera
di
Minerva. Quindi i soldati si abbandonano al sonno
cantare la guerra delle Indie, e si protesta che, seguendo l’esempio
di
Omero, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacc
do l’esempio di Omero, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacco al
di
sopra di Perseo, di Ercole, e degli eroi che pugn
pio di Omero, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacco al di sopra
di
Perseo, di Ercole, e degli eroi che pugnarono sot
o, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacco al di sopra di Perseo,
di
Ercole, e degli eroi che pugnarono sotto le mura
sopra di Perseo, di Ercole, e degli eroi che pugnarono sotto le mura
di
Troia. Quindi descrive il timore e la desolazione
la desolazione degli abitanti sulle rive del Gange, e la disperazione
di
Deriade, che avea saputo che le acque dell’Idaspe
cque dell’Idaspe si erano cangiate in vino, e presagivano le vittorie
di
Bacco. Il nume vergognandosi del riposo in cui la
ole degli ostacoli che Giunone ai suoi trionfi frappone. Ati l’amante
di
Cibele, di cui il poeta ci rammenta la famosa cas
stacoli che Giunone ai suoi trionfi frappone. Ati l’amante di Cibele,
di
cui il poeta ci rammenta la famosa castrazione, v
dalle sette porte; l’aquila che rapisce Ganimede, e il combattimento
di
Damasene contro un orribile serpente. Nè trionfa:
il serpente è risuscitato per virtù d’ una certa pianta chiamata fior
di
Giove, che applicata richiama pure in vita Tilo v
r di Giove, che applicata richiama pure in vita Tilo vittima infelice
di
questo animale. Si vedeva pur Rea che aveva parto
ima infelice di questo animale. Si vedeva pur Rea che aveva partorito
di
poco; e Saturno che divora le pietre che prende p
i sul magnifico scudo inviato da Rea a Bacco, e che attraeva la vista
di
tutte le schiere. Giunge la notte, e stendendo su
ichiama al sonno i mortali. Nel Canto seguente Minerva sotto le forme
di
Oronte appare in sogno a Deriade, e lo muove a co
numeroso, deve egli dormire quando il nemico è alle porte? L’uccisore
di
Oronte tuo genero vive ancora, ed egli non è vend
ferita che vi ha fatto il tirso del tuo nemico. Perchè Licurgo figlio
di
Marte non è qui? tu vedresti fuggire Bacco subito
e. Entrano nella lega tutti gli abitanti delle rive dell’Indo; mandre
di
elefanti compaiono. Comanda questo esercito numer
ti compaiono. Comanda questo esercito numeroso Deriade, che si gloria
di
discendere dall’Idaspe e da Astraide una delle fi
to contiene notizie curiose sui costumi, gli usi e l’istoria naturale
di
questo paese. Di già l’Aurora aveva aperte le por
la nascente luce del Sole era riflessa dalle acque del Gange; i raggi
di
quest’ astro avevano scacciate le ombre dalla ter
uest’ astro avevano scacciate le ombre dalla terra quando una pioggia
di
sangue venne a predire agl’Indiani la loro sicura
redire agl’Indiani la loro sicura disfatta. Non ostante Deriade pieno
di
un’orgogliosa fiducia dispone i suoi Indiani cont
ispone i suoi Indiani contro lo dio, e loro rivolge un discorso pieno
di
disprezzo per nemici e per Bacco, nel quale il ba
zzo per nemici e per Bacco, nel quale il barbaro rammenta molti fatti
di
Mitologia Greca. L’armata degl’Indiani, la loro v
ni, la loro veste, la loro armatura è descritta del pari che l’armata
di
Bacco, la quale si distribuisce in quattro corpi.
a gì’ immortali, e invita molte divinità a interessarsi per la difesa
di
Bacco, mostrando loro le diverse ragioni che esig
i Dei si dividono: Pallade, Apollo, Vulcano, Minerva secondano i voti
di
Giove, mentre che Giunone riunisce contro Bacco M
imprese del dio. Ora udite da Flostrato, che traduco, la descrizione
di
antiche pitture. Pelope ed Ippodamia. — La marav
ppodamia. — La maraviglia, che qui vedete, deriva da Enomao arcade, e
di
Arcadia sono pure quelli che gridando incontro gl
no pure quelli che gridando incontro gli si fanno, perchè la quadriga
di
lui si è spezzata per l’artifìcio di Mirtillo. Ne
gli si fanno, perchè la quadriga di lui si è spezzata per l’artifìcio
di
Mirtillo. Nelle imprese della guerra non vi era a
adoprati nei solenni combattimenti. I Lidii, benché esperti nell’arte
di
guidare, usavano bighe ai tempi di Pelope: ma col
I Lidii, benché esperti nell’arte di guidare, usavano bighe ai tempi
di
Pelope: ma col tempo divennero così valenti da ac
coppiar insieme otto cavalli. Guardate ora come sono terribili quelli
di
Enomao, ed impetuosi al corso. Spinti dal furore,
li di Enomao, ed impetuosi al corso. Spinti dal furore, tutti coperti
di
spuma e quanto cupamente neri, come sogliono esse
tutti coperti di spuma e quanto cupamente neri, come sogliono essere
di
Arcadia tutti i cavalli. Quelli di Pelope al cont
pamente neri, come sogliono essere di Arcadia tutti i cavalli. Quelli
di
Pelope al contrario sono tutti bianchi. agili, ob
iderate Enomao rovesciato, fiero ed orribile, e simigliante a Diomede
di
Tracia, che il suo destriero pasceva di sangue. R
bile, e simigliante a Diomede di Tracia, che il suo destriero pasceva
di
sangue. Riconoscerete alla bellezza Pelope, che g
a il vino agli Dei sul monte Sipilo, onde Nettuno talmente s’ invaghì
di
lui che gli fé’ dono di questo cocchio, col quale
onte Sipilo, onde Nettuno talmente s’ invaghì di lui che gli fé’ dono
di
questo cocchio, col quale potrebbe traversare il
mbedue assisi sul cocchio, e sono trasportati da un ardente desiderio
di
abbracciarsi. Pelope è vestito molto delicatament
ume Alfeo si alza dalle sue acque profonde onde presentare una corona
di
ulivo selvaggio al vincitore che passa lungo le s
d’Ippodamia sono sepolti nei monumenti che vedete, e sono nel numero
di
tredici: la terra ha prodotti dei fiori intorno a
, tutto ciò è stato dipinto con questo oggetto. I parenti e gli amici
di
Capaneo lo seppelliscono in Argo, essendo stato u
e. Poiché dunque i duci e tutti gli altri perirono davanti alla città
di
Cadmo, gli Ateniesi ottennero a forza per essi l’
Tideo, Ippomedonte e gli altri. Di più la sua moglie Evadne deliberò
di
morire sopra il suo rogo. Mirate: ella si dirige
più caro agli Dei. Non rivolge indietro lo sguardo, ma sembra in atto
di
chiamare il suo marito. Intanto dei piccoli amori
fiamma sia destinata a così nobile uso, poiché qual vittima più degna
di
una moglie che s’ immola per amor del marito: —
el marito: — Lezione sessantesimaseconda. Continuano le avventure
di
Bacco. Fauno, Aristeo ed Eaco più di tutti s’i
onda. Continuano le avventure di Bacco. Fauno, Aristeo ed Eaco più
di
tutti s’inoltrano contro gl’Indiani. Il poeta nel
poeta ne rappresenta quello dei cavalieri. Argilippo combatte armato
di
torcie infiammate, uccide molti Indiani, e ferisc
to di torcie infiammate, uccide molti Indiani, e ferisce con un colpo
di
pietra Deriade stesso. Il resto del canto passa i
i mede, i Ciclopi, e i Coribanti, Damnaneo, Ocitoo e Acmone educatori
di
Bacco. Giunone avvertita della disfatta degrindia
ella disfatta degrindiani viene per rianimare il coraggio e il furore
di
Deriade loro capo, che unisce le sue truppe, e co
nnova la battaglia. Morreo rompe la linea dei Satiri, Imeneo favorito
di
Bacco sostiene l’urto dell’esercito, animato dall
ce Imeneo nella coscia. Bacco n’ è vivamente afflitto, e ha gran cura
di
sanare il suo favorito. Incontanente il giovine I
è pur la descrizione della zuffa eccitata fra Aristeo, i Càbiri figli
di
Vulcano, e le Baccanti. Calice pugna al fianco de
Pafo, a Lenno, e quindi al cielo ritorna. Bacco profitta dell’assenza
di
Marte per assalire gl’Indiani, e per far guerra a
all’ala sinistra. Morreo manifesta la sua meraviglia perchè i soldati
di
Bacco armati del solo tirso battono gì’ Indiani.
e vivamente, e n’accusa la vile paura. Morreo ferisce Eurimedonte, al
di
cui soccorso vola Alcone suo fratello. Eurimedont
ano loro padre, che copre Morreo colle sue fiamme. Ma l’I daspe padre
di
Deriade l’ estingue: uccide Flogio, ed insulta al
erribile spada sconvolge l’armata dei Satiri, e perisce sotto i colpi
di
Eurimedonte. Qui il poeta descrive il dolore di M
perisce sotto i colpi di Eurimedonte. Qui il poeta descrive il dolore
di
Meroe sua figlia, numera le altre vittime di Morr
poeta descrive il dolore di Meroe sua figlia, numera le altre vittime
di
Morreo, Alcimachia ed altre Menadi, che hanno i n
adi comune. Giunone sostiene Deriade, e terribile lo rende agli occhi
di
Bacco che prende la fuga: Minerva lo richiama al
ue codardia. Lo dio riprende coraggio, ritorna all’assalto, fa strage
di
gran quantità d’Indiani, e ferisce Melanione il n
a Giunone sempre costante nel suo odio contro Bacco cerca nuovi mezzi
di
nuocergli. Discende all’ Inferno per trovarvi Pro
quarto arriva sulle sponde del Gange. Quivi mostra alla Furia mucchi
di
morti, reliquie infelici dell’ armata indiana. La
uie infelici dell’ armata indiana. La tremenda s’irrita delle fortune
di
Bacco più della stessa Giunone, che a lei si rivo
o, mentre la Furia si ritira in un antro, ove si spoglia della figura
di
serpente, e prende quella di gufo, aspettando che
in un antro, ove si spoglia della figura di serpente, e prende quella
di
gufo, aspettando che Giunone le annunzi il sonno
, e prende quella di gufo, aspettando che Giunone le annunzi il sonno
di
Giove, secondo gli avvertimenti a lei dati dalla
e colla sua quiete gli occhi del re degli Dei, onde servire al furore
di
Giunone. Lo dio del Sonno obbedisce, ed Iride va
questo cinto potente, onde io prevenga questi mali, risvegli l’amore
di
Giove per me, e possa aiutar gl’Indiani, mentre i
Immortali è dal sonno dell’amore domato. Venere aderisce alle dimando
di
Giunone, che tosto dirige il suo volo verso l’Oli
a si arma contro Bacco, e già fischiano i suoi serpenti. Nella figura
di
un leone infuriato si precipita sopra Bacco, e gl
e profittando del disordine assale le Baccanti. Marte nelle sembianze
di
Morreo accende la battaglia, e fa prodezze dalla
battaglia, e fa prodezze dalla parte degl’Indiani. Molti dei compagni
di
Bacco prendono la fuga e si nascondono nei boschi
si precipitava negli accessi della sua rabbia, Cari, la Grazia figlia
di
Bacco e di Venere, spettatrice del furore di suo
ava negli accessi della sua rabbia, Cari, la Grazia figlia di Bacco e
di
Venere, spettatrice del furore di suo padre, si a
, Cari, la Grazia figlia di Bacco e di Venere, spettatrice del furore
di
suo padre, si afiliggeva sulla misera sorte di lu
spettatrice del furore di suo padre, si afiliggeva sulla misera sorte
di
lui. Ella era occupata a formare una corona di fi
eva sulla misera sorte di lui. Ella era occupata a formare una corona
di
fiori per Venere, e sale al cielo, onde veder la
anda la cagione. Non la tace, e la prega ad interessarsi per la sorte
di
suo padre. Venere commossa, invia Aglae a Cupido,
lle sommità dell’Olimpo. Aveva accanto il giovine Imeneo suo compagno
di
giuochi: ambidue avevano scommesso trastulli fanc
sero premio al più bravo, ed il poeta ne fa una piacevole descrizione
di
que’ giuochi innocenti. Il giovine Ganimede era i
. Il giovine Ganimede era il giudice. Aglae chiama Amore col pretesto
di
una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la regg
e col pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la reggia
di
sua madre, che teneramente lo abbraccia. Gli espo
presentemente è neir armata delle Baccanti, e lo invita a innamorare
di
essa Morreo tremendo. Amore si arma contro l’eroe
accende dell’amore il più ardente per la bella Calcomedia, che finge
di
amarlo. L’insensato credeva di potere, benché ner
nte per la bella Calcomedia, che finge di amarlo. L’insensato credeva
di
potere, benché nero, ispirar questa passione, e C
Intanto ella profitta del silenzio della notte per andare in traccia
di
Bacco fra le selve. Il fiero Morreo più non pensa
Morreo più non pensa alla guerra. Sosroùoo’ato dall’ amore acconsente
di
essere incatenato da Bacco. Il poeta dopo averci
lo spettacolo che offre il cielo nella notte. Yi si distingue il toro
di
Europa posto fra le costellazioni, Calisto cangia
orsa, Mirtillo in cocchiere celeste, ed accanto a Cassiopea l’Aquila
di
Egìna. Morreo pure desidererebbe di mutar figura,
, ed accanto a Cassiopea l’Aquila di Egìna. Morreo pure desidererebbe
di
mutar figura, e di prendere le sembianze di Giove
iopea l’Aquila di Egìna. Morreo pure desidererebbe di mutar figura, e
di
prendere le sembianze di Giove nei suoi amori con
Morreo pure desidererebbe di mutar figura, e di prendere le sembianze
di
Giove nei suoi amori con Antiope, onde goder pote
di Giove nei suoi amori con Antiope, onde goder potesse, nella forma
di
Satiro, dei favori della sua amante. La ninfa ter
recipitarsi nel mare piuttosto che sposarlo. Ma Teti, sotto l’aspetto
di
una Baccante, la distoglie da questa disperata ri
e dice eh’ ella pure ha custodita la sua verginità contro gli assalti
di
Giove che l’ha perseguitata: le consiglia d’ingan
il fiero Indiano con apparente condiscendenza: questo è il solo mezzo
di
salvare l’armata delle Baccanti. Aggiunge che se
to il destino del padre, che in sogno le apparve. Credo utile innanzi
di
esporvi brevemente la favola. Essendo stato Bacco
nsarlo, facendogli gustare il nuovo liquore, ed insegnandogli il modo
di
coltivare la vite che lo produce. Icaro fece part
d altri contadini che divenuti ubriachi uccisero il donatore. L’ombra
di
lui apparve in sogno alla figlia, che disperata a
na. Giove impietosito pose Icaro, Erigone e il cane nel cielo. Morte
di
Erigone. D’Icaro l’alma le sembianze antiche Pres
va nella nota casa. Avea la veste, che l’ incerta strage Dicea, rossa
di
sangue, e per la polve Squallida, e aperta dagli
anuto petto Queste ferite. — Mise acuto grido Erigono: nei suoi sonni
di
pianto Desiava abbracciarlo, e le parea Che contr
: Infelice, ti sveglia, e cerca il padre, Il padre tuo, che nel furor
di
Bacco I barbari villani han colle scuri Ucciso. f
este rimira: a me d’intorno S’aggiravano gli ebrii: era fra loro Gara
di
crudeltà; gridai: Pastori, Aita: e non mi udiano.
rte. Sian vedove l’acque, Sterile Torto, e più la vite aborri, Cagion
di
morte al genitore, e piangi. — Sì dicendo fuggì l
ori, Ma s’egli è morto, e più viti non pianta. Io morir voglio al par
di
lui. — Sì disse, E sopra il dorso del vicino bosc
li Bacco è effigiato. Dopo avervi in gran parte narrata l’ istoria
di
Bacco, per accrescere la vostra attenzione io pas
e su questa divinità e ad un tempo la Teologica Mitologia. Nel quadro
di
Filo strato che rappresenta Bacco ed Arianna, que
strato che rappresenta Bacco ed Arianna, questo dio porta un vestito
di
porpora, egualmente che in due pitture scoperte a
era nella sua spedizione contro gl’Indiani, e porta ancora una corona
di
alloro in segno della vittoria eh’ egli riportò;
vittoria eh’ egli riportò; e questa corona è conosciuta sotto il nome
di
Grande. Una singolar foggia di rappresentarlo è q
esta corona è conosciuta sotto il nome di Grande. Una singolar foggia
di
rappresentarlo è quella che si scorge in un picco
r foggia di rappresentarlo è quella che si scorge in un piccolo Bacco
di
bronzo con un Genio alato, di cui la testa è ador
uella che si scorge in un piccolo Bacco di bronzo con un Genio alato,
di
cui la testa è adornata del lungo collo di un’ oc
bronzo con un Genio alato, di cui la testa è adornata del lungo collo
di
un’ oca, che tenendosi in ginocchio sopra le sue
arroti che questa figura rappresenti Bacco, quando, temendo lo sdegno
di
Licurgo, si nascose nel mare presso Teti, come av
nel mare presso Teti, come avete udito nel darvi l’estratto del poema
di
Nonno sopra lo dio. In una medaglia dell’isola di
’estratto del poema di Nonno sopra lo dio. In una medaglia dell’isola
di
Samo si vede la rappresentazione unica di Bacco v
In una medaglia dell’isola di Samo si vede la rappresentazione unica
di
Bacco vincitore d’un’Amazone: e Plutarco è il sol
le vicinanze d’Efeso fino a Samo, finché Bacco la raggiunse. Il carro
di
questo dio è condotto da tigri e pantere perchè q
i amano il vino. Nei primi tempi si rappresentava Bacco con una testa
di
toro; e si congettura da un Inno degli abitanti d
acco con una testa di toro; e si congettura da un Inno degli abitanti
di
Elide, commemorato da Plutarco, le sue statue pur
ommemorato da Plutarco, le sue statue pure devono avere avuti i piedi
di
questo animale. Omero dà a Bacco la capellatura
ere avuti i piedi di questo animale. Omero dà a Bacco la capellatura
di
color blu, che ad Ettore pure assegna: Winkelmann
he interiormente e nei luoghi ove sono ombreggiati mostrano una tinta
di
questo colore. Con tutta la venerazione che aver
ne che aver si debbe al maestro dell’antiquaria, io non sono contento
di
questa spiegazione, e reputo che Omero abbia dato
esta spiegazione, e reputo che Omero abbia dato un colore alle chiome
di
Bacco simile a quello dell’uva, che sovente è blu
iome di Bacco simile a quello dell’uva, che sovente è blu. Una statua
di
Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un
a quello dell’uva, che sovente è blu. Una statua di Bacco nell’isola
di
Nasso era stata fatta con un ceppo di vite, ed un
Una statua di Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un ceppo
di
vite, ed un’altra rappresentante lo stesso dio co
eppo di vite, ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome
di
dolce, era di legno di fico per allusione alla do
ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era
di
legno di fico per allusione alla dolcezza dei fru
ra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era di legno
di
fico per allusione alla dolcezza dei frutti di qu
di dolce, era di legno di fico per allusione alla dolcezza dei frutti
di
questo albero. Fra le maniere rare di rappresenta
usione alla dolcezza dei frutti di questo albero. Fra le maniere rare
di
rappresentare Bacco, delle quali veruna è giunta
in Atene, secondo quello che racconta Pausania, si vedeva una statua
di
Jacco, il quale era lo stesso che Bacco, con la f
face. E Libanio, descrivendo Alcibiade come vestito da Bacco in atto
di
celebrare gli Orgii, mostra che aveva una face. S
ebravano la notte, come si vede in Pausania dove parla delle Baccanti
di
Sidone, della festa del Padre Libero, cioè Bacco,
to chiamavansi Lamptera, cioè festa delle fiaccole, e da molti luoghi
di
San Clemente Alessandrino nell Ammonizione ai Gen
: e appresso Euripide interrogato Penteo se gli Orgii si celebrassero
di
dì o di notte, risponde di notte per lo più, perc
esso Euripide interrogato Penteo se gli Orgii si celebrassero di dì o
di
notte, risponde di notte per lo più, perchè le te
rogato Penteo se gli Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde
di
notte per lo più, perchè le tenebre portano vener
Bacco, il nume porta per bicchiere un corno, che finisce in una testa
di
capro: siccome sono fatti quei due grandi di marm
che finisce in una testa di capro: siccome sono fatti quei due grandi
di
marmo tutti rabescati duellerà o di vite nella Vi
iccome sono fatti quei due grandi di marmo tutti rabescati duellerà o
di
vite nella Villa Borghese, che hanno per fondo un
duellerà o di vite nella Villa Borghese, che hanno per fondo un capo
di
vitella; e nella Pompa Bacchica di Tolomeo vi era
ghese, che hanno per fondo un capo di vitella; e nella Pompa Bacchica
di
Tolomeo vi era condotto su un carro uno di questi
la; e nella Pompa Bacchica di Tolomeo vi era condotto su un carro uno
di
questi corni d’oro di trenta cubiti: e dei Centau
hica di Tolomeo vi era condotto su un carro uno di questi corni d’oro
di
trenta cubiti: e dei Centauri medesimi, dei quali
edete tante volte espresso nei bassirilievi, ed è uno degli attributi
di
Bacco. Io mi prevarrò delle notizie che intorno a
ria dello stratagemma usato cogl’ Indiani, portavano la punta coperta
di
ellera, al che allude San Giustino dicendo: Come
ongetturare che quella pannocchia che si suol vedere in cima all’aste
di
Bacco rappresenti l’istesso ferro coperto di elle
vedere in cima all’aste di Bacco rappresenti l’istesso ferro coperto
di
ellera, tessuto insieme a scaglie di pesce, la qu
presenti l’istesso ferro coperto di ellera, tessuto insieme a scaglie
di
pesce, la quale forse per la similitudine fu chia
retti a dire che la portassero sui tirsi: quando per altro le scaglie
di
quella pannocchia nei marmi sono basse assai senz
rmi sono basse assai senza risalto conveniente ad una pina, e sovente
di
proporzione maggiore di quelle che sieno le corte
za risalto conveniente ad una pina, e sovente di proporzione maggiore
di
quelle che sieno le cortecce di fuori di quel fru
na, e sovente di proporzione maggiore di quelle che sieno le cortecce
di
fuori di quel frutto, come si potrà osservare nel
ente di proporzione maggiore di quelle che sieno le cortecce di fuori
di
quel frutto, come si potrà osservare nel bel camm
gura lo chiamavano ellera: se noi vogliamo che la sia quella in cima,
di
rado e forse non mai potremo ritrovare in tanti a
ma che in questa, eccetto che alcune volte si vede un’asta circondata
di
tralci e di foglie bensì, ma che sono piuttosto d
esta, eccetto che alcune volte si vede un’asta circondata di tralci e
di
foglie bensì, ma che sono piuttosto di vite, seco
un’asta circondata di tralci e di foglie bensì, ma che sono piuttosto
di
vite, secondo quello d’ Ovidio: Agita l’asta vela
sono piuttosto di vite, secondo quello d’ Ovidio: Agita l’asta velata
di
fronde di pampano. — Le quali aste erano co mimem
osto di vite, secondo quello d’ Ovidio: Agita l’asta velata di fronde
di
pampano. — Le quali aste erano co mimemente dai p
attaccate ai rami. Poiché per lo più, senza che vi fosse altro ferro
di
sotto e dentro, dovevano fare quelle pannocchie t
altro ferro di sotto e dentro, dovevano fare quelle pannocchie tutte
di
foglie d’ellera cucite insieme per semplice e sol
, ci mettevano quel tirso, onde Euripide chiama la ferula bene ornata
di
tirso. Che poi quest’aste, le quali si veggono ne
come istrumenti sacri, si sogliono vedere adornati: onde nella Pompa
di
Bacco di Tolomeo, da citarsi sovente, vi era la s
rumenti sacri, si sogliono vedere adornati: onde nella Pompa di Bacco
di
Tolomeo, da citarsi sovente, vi era la statua che
omeo, da citarsi sovente, vi era la statua che rappresentava la città
di
Nisa, la quale aveva nella sinistra un tirso circ
a la città di Nisa, la quale aveva nella sinistra un tirso circondato
di
mitre. Ma siccome dall’ aste col ferro coperto di
un tirso circondato di mitre. Ma siccome dall’ aste col ferro coperto
di
ellera ebbero origine i tirsi, così è molto proba
ilitudine che avevano coi tirsi, chiamate aste tirssi; e forse furono
di
tal sorte quelle dette da Appiano di capo largo,
mate aste tirssi; e forse furono di tal sorte quelle dette da Appiano
di
capo largo, ch’erano adoprate anche dai cacciator
cacciatori, e si veggono in mano del centauro celeste fatto in forma
di
cacciatore. A questa necessaria digressione sul t
aria digressione sul tirso aggiungo la descrizione d’una mezza figura
di
Bacco datane da Visconti. Voi ci troverete rammen
arattere, e quasi un’eguale bellezza si ammira in questa mezza statua
di
Bacco, trovata nel cavamente degli Orti Carpensi
ensi presso il Tempio. Per comodo dei trasporti si facevano le statue
di
più pezzi, e comunemente di due, quelle (cred’io)
omodo dei trasporti si facevano le statue di più pezzi, e comunemente
di
due, quelle (cred’io) che lungi dal luogo della l
oro destinazione si lavoravano per uso, o per ornamento dei palazzi e
di
ville particolari, per potersi a loro piacimento
nto con più facilità trasferire. Si crede comunemente che tal costume
di
lavorare sia stato usato dagli Egizii. A questo p
iamo ascrivere la perdita della metà inferiore del nostro Bacco, come
di
tre belle statue feminili del Museo Capitolino, e
he si è conservato ci fa desiderare il rimanente: con tanta sublimità
di
contorni, con tanta maestria di scalpello è stato
are il rimanente: con tanta sublimità di contorni, con tanta maestria
di
scalpello è stato scolpito. « La testa antica ha
esta antica ha un’idea bella divinamente, e ben conviene a quel nume,
di
cui si potea dire: Tu bellissimo sei riguardato n
del dio Tebano, che questo nume a un tempo voluttuoso e guerriero era
di
mezzo alla pace e alla guerra. Vi ammiriamo quell
alla robustezza del più antico dei conquistatori. La testa è coronata
di
pampani, e la fronte è fasciata della benda bacch
Il fonte rappresenta Narciso, e la pittura il fonte, e tutte le cose
di
Narciso. Un giovinetto tornato di poco dalla cacc
a pittura il fonte, e tutte le cose di Narciso. Un giovinetto tornato
di
poco dalla caccia vi sta sopra: trae amore da lui
propria bellezza. Nell’acqua poi, come vedi, quasi folgora. L’antro è
di
Acheloo e delle Ninfe. La pittura segue il verisi
il verisimile: le statue sono rappresentate con poca arte lavorate, e
di
pietra qui nata; e altre sono rose dal tempo: par
quello che lo dio apparir fece in grazia delle Baccanti. Così abbonda
di
viti, di edera, di bei pampini, e vi sono ancora
e lo dio apparir fece in grazia delle Baccanti. Così abbonda di viti,
di
edera, di bei pampini, e vi sono ancora dei tirsi
pparir fece in grazia delle Baccanti. Così abbonda di viti, di edera,
di
bei pampini, e vi sono ancora dei tirsi. Si ralle
ell’ombra pei diti rovesciati. L’anelito ch’è nel petto non so se sia
di
cacciatore, o di amante: gli occhi sono sicuramen
i rovesciati. L’anelito ch’è nel petto non so se sia di cacciatore, o
di
amante: gli occhi sono sicuramente d’ innamorato;
ro glauchi e feroci sono mitigati dall’amore che vi siede. Egli crede
di
esser amato, perchè l’ombra lo riguarda nello ste
in maniere infinite la move il vento. Ma non tralasceremo nemmen ora
di
narlarne. E densa, e di color d’oro: parte è sul
move il vento. Ma non tralasceremo nemmen ora di narlarne. E densa, e
di
color d’oro: parte è sul collo, parte dividono gl
gli orecchi, parte è agitata sulla fronte, parte è sul mento a guisa
di
barba. Vi sono due Narcisi di uguale bellezza: un
sulla fronte, parte è sul mento a guisa di barba. Vi sono due Narcisi
di
uguale bellezza: uno è in aria, l’altro è immerso
. — Leggete in questo fiore Giacinto, perchè vi è scritto, ed attesta
di
essere stato procreato dalla terra per amore di u
è scritto, ed attesta di essere stato procreato dalla terra per amore
di
un bel giovinetto che piange quando è primavera.
sia stato commesso. Ma siccome qui venuti non siamo coli’ intenzione
di
riprender la favola, nè disposti all’incredulità,
da bastare ad uno che sta in piedi. Quest’ altura sostenendo le parti
di
dietro e la gamba destra, fa oblique le parti din
eve insieme saltare e seguire la mano destra. E questa è l’attitudine
di
uno che sostiene il disco: conviene che abbassand
erchè hai rivolto ildisco contro il giovinetto: Ma tu ridi del dolore
di
Apollo: e colle ali alle tempia con insultante fì
na del dio del canto. — Lezione sessantesimaquarta. Altre maniere
di
rappresentar Bacco. I Sileni, i Satiri, e i Fauni
Bacco è rappresentato; quindi ai Pani, ai Satiri, ai Fauni, argomento
di
molte questioni, si estenderà il mio ragionamento
il mio ragionamento. Qualche volta il nume incontrasi con breve pelle
di
fiera, o spesso con lunga vesta, che Tibullo e St
che Polluce crede la Lidia, Snida la Tracia. Ma le più volte è ornato
di
un panno, o di una nebride, che è quanto dire di
de la Lidia, Snida la Tracia. Ma le più volte è ornato di un panno, o
di
una nebride, che è quanto dire di una pelle di ce
e più volte è ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire
di
una pelle di cerbiatto, in memoria della metamorf
ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire di una pelle
di
cerbiatto, in memoria della metamorfosi che di lu
anto dire di una pelle di cerbiatto, in memoria della metamorfosi che
di
lui in questo animale fece Giove per salvarlo, qu
ne. Non solo l’alloro, ma ancora la querce e la smilace furono fregio
di
lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente d
lace furono fregio di lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente
di
lui e di tutto il coro ò l’ellera e le sue coccol
no fregio di lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente di lui e
di
tutto il coro ò l’ellera e le sue coccole, perchè
per esser latore del vino; spesso asta o tirso, qualche volta un ramo
di
ferula, che come simbolo d’iniziazione ai suoi mi
orti, si conseerasse questo benefizio col darne a Bacco il soprannome
di
porta ferule. Alle gambe per lo più ha coturni, c
sendo egli il dio della Tragedia, per cui il giudizio fra le tragedie
di
Eschilo presso Aristofane nelle Rane è devoluto a
presso Aristofane nelle Rane è devoluto a lui. Che più? sul sepolcro
di
Sofocle fu posta la statua di Bacco. I Pani, come
è devoluto a lui. Che più? sul sepolcro di Sofocle fu posta la statua
di
Bacco. I Pani, come rileva il dottissimo Lanzi, f
i Bacco. I Pani, come rileva il dottissimo Lanzi, furono più compagni
di
Bacco in guerra che compagni deirOrgie e dei Bacc
e gli Arcadi ingentilirono il loro Pan in qualche medaglia, facendolo
di
coscie e gambe e piedi d’uomo, non par che fosser
on restano che i Satiri e i Sileni, e con questa compagnia nell’Isola
di
Nasso è dipinto Bacco dal dottissimo Catullo. Ma
Lanzi, uno dei più grandi antiquarii dei nostri tempi. I Satiri erano
di
figura umana, somiglianti al cavallo solo nella c
le quali, se alcuna cosa si aggiunge d’ircino, par fosse per fantasia
di
artefice e di poeta. Nonno attesta l’opinione esp
lcuna cosa si aggiunge d’ircino, par fosse per fantasia di artefice e
di
poeta. Nonno attesta l’opinione esposta con quest
questi versi, così elegantemente dal Lanzi tradotti: « Doppia punta
di
corna in cima acute, Sopra le tempie in fronte a
in giuso. » I Sileni, secondo il più comune sistema greco, non sono
di
una genia diversa dai Satiri. Tutta questa famigl
moderni artefici pare che non conoscessero se non il Sileno educatore
di
Bacco, che ritraggono simo, calvo, basso, panciut
basso, panciuto. I Sileni in Roma antica ci si rappresentano vestiti
di
pelose tuniche con pallio fiorato: in Grecia pure
con pallio fiorato: in Grecia pure con vesti villose, che nella Pompa
di
Tolomeo erano rosse o di porpora: talora aveano p
ecia pure con vesti villose, che nella Pompa di Tolomeo erano rosse o
di
porpora: talora aveano pallio rosso e calzari di
olomeo erano rosse o di porpora: talora aveano pallio rosso e calzari
di
color bianco, e si fa pur menzione di cappello. S
a aveano pallio rosso e calzari di color bianco, e si fa pur menzione
di
cappello. Si rileva da ciò l’enorme difi’erenza c
nsi i pantomimi. Solenni difficoltà hanno i Fauni, divinità anch’essi
di
Bacco. Cosa potremo dirne noi se il pontefice lat
Greci: questa spira soavità ed eleganza: in tutto vi è l’originalità
di
un popolo pieno d’ingegno per inventare, pieno di
vi è l’originalità di un popolo pieno d’ingegno per inventare, pieno
di
fantasia per abbellire, pieno di scrittori per co
pieno d’ingegno per inventare, pieno di fantasia per abbellire, pieno
di
scrittori per conservare ciò che gli antichi avea
to. I suoi figli sono creduti deità fatidiche, sino ad Augusto. Sotto
di
lui perdono la profezia, e sono mescolati coi Sat
ti Fauni, non possono comunemente riputarsi per tali, perchè i Greci,
di
cui sono opera i vasi, non conobbero Fauni, ma Sa
Italiani che ne fecero, ne dipinsero, e in barbaro latino in alquanti
di
essi scrissero, furono più antichi che non la fav
o in alquanti di essi scrissero, furono più antichi che non la favola
di
questi numi uniti al coro di Bacco. Sebbene le fo
ro, furono più antichi che non la favola di questi numi uniti al coro
di
Bacco. Sebbene le forme d’uomo siano pari nel Fau
omia. Quello del Fauno parmi più uniforme: lo distingue un non so che
di
lieto e di semplice, come nei villanelli un riso
o del Fauno parmi più uniforme: lo distingue un non so che di lieto e
di
semplice, come nei villanelli un riso innocente,
scono nel genere caprigno, e spesso simboli adattati alla professione
di
campagna. Invéce di spoglie di lince a lui convie
rigno, e spesso simboli adattati alla professione di campagna. Invéce
di
spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o
esso simboli adattati alla professione di campagna. Invéce di spoglie
di
lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora;
essione di campagna. Invéce di spoglie di lince a lui conviensi pelle
di
capra o di pecora; in luogo di tirsi e di flauti
campagna. Invéce di spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o
di
pecora; in luogo di tirsi e di flauti il ricurvo
spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora; in luogo
di
tirsi e di flauti il ricurvo baston pastorale det
lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora; in luogo di tirsi e
di
flauti il ricurvo baston pastorale detto pedo, e
baston pastorale detto pedo, e la sampogna; e dove il Satiro è ornato
di
ellera, egli ha spesso corona e rami di pino: si
na; e dove il Satiro è ornato di ellera, egli ha spesso corona e rami
di
pino: si aggiunge talora un carico di frutte e di
a, egli ha spesso corona e rami di pino: si aggiunge talora un carico
di
frutte e di spighe. Tra i libri degli antiquarii
pesso corona e rami di pino: si aggiunge talora un carico di frutte e
di
spighe. Tra i libri degli antiquarii il Lanzi non
credo farvi cosa grata inserendo nel mio discorso la descrizione, che
di
un Fauno del Museo dementino ha data Visconti. Ne
za, sulle attitudini delle figure, se vi accostate all’antico digiuni
di
queste cognizioni, delle quali vi scongiuro a sen
ficare le tanto variate immagini dei numi agresti, seguaci e compagni
di
Bacco. Osservandoli ora colle membra inferiori ca
a e colle corna; or in senile, or in giovenile età, si è dato il nome
di
Satiro a quelli che nell’aria del volto, nelle co
ro a quelli che nell’aria del volto, nelle corna, nelle anche e gambe
di
capro somigliavano le antiche rappresentanze del
di capro somigliavano le antiche rappresentanze del dio Pan; il nome
di
Fauni a quelli che coll’orecchie sole e colla cod
che coll’orecchie sole e colla coda e qualche volta con un principio
di
corna si veggono, ma le gambe e coscie dei quali
e hanno pur voluto distinguere con differenti nomi le diverse maniere
di
Fauni, lasciando questa appellazione a quelli che
Fauni, lasciando questa appellazione a quelli che in forma umana han
di
capra gli orecchi, le corna, la coda, e chiamando
gli orecchi, le corna, la coda, e chiamando Titiri quelle rare figure
di
Baccanti che nulla tengono del caprino. — Merita
tengono del caprino. — Merita sicuramente qualche lode l’accuratezza
di
tali scrittori, giacché si studiano di far corris
nte qualche lode l’accuratezza di tali scrittori, giacché si studiano
di
far corrispondere a diversi nomi diverse idee; lo
far corrispondere a diversi nomi diverse idee; lo che alla chiarezza
di
queste molto contribuisce. Sembra però che troppo
dere affatto simile opinione hasta riflettere che si trovano immagini
di
lavoro greco e di remota antichità di tutti i div
e opinione hasta riflettere che si trovano immagini di lavoro greco e
di
remota antichità di tutti i divisati generi di Ba
lettere che si trovano immagini di lavoro greco e di remota antichità
di
tutti i divisati generi di Baccanti: eppur sappia
gini di lavoro greco e di remota antichità di tutti i divisati generi
di
Baccanti: eppur sappiamo che i Greci non conobber
eppur sappiamo che i Greci non conobbero giammai i Fauni, ma col nome
di
Satiri e di Sileni chiamarono promiscuamente i se
mo che i Greci non conobbero giammai i Fauni, ma col nome di Satiri e
di
Sileni chiamarono promiscuamente i seguaci di Bac
ma col nome di Satiri e di Sileni chiamarono promiscuamente i seguaci
di
Bacco. Non è però che talvolta non distinguessero
he talvolta non distinguessero ancora i Greci i caratteri individuali
di
vari numi di simil genere, e forse niuna più sole
on distinguessero ancora i Greci i caratteri individuali di vari numi
di
simil genere, e forse niuna più solenne distinzio
numi di simil genere, e forse niuna più solenne distinzione conobbero
di
quella di Pane e di Sileno. Il primo in sembianze
mil genere, e forse niuna più solenne distinzione conobbero di quella
di
Pane e di Sileno. Il primo in sembianze semicapri
, e forse niuna più solenne distinzione conobbero di quella di Pane e
di
Sileno. Il primo in sembianze semicaprine fu comu
vinità d’Arcadia e dei pastori, in Sileno l’aio, il compagno, il duce
di
Bacco. Tutti i Classici sono conformi ne’ due acc
conformi ne’ due accennati caratteri, e niuna descrizione è più viva
di
quella che fa di loro Luciano, additandoceli alla
accennati caratteri, e niuna descrizione è più viva di quella che fa
di
loro Luciano, additandoceli alla testa delle arma
tremante; un altro, uomo mostruoso, dal mezzo in giù simile a capro,
di
gambe peloso, con corna, barba lunga, e stizzoso.
gambe peloso, con corna, barba lunga, e stizzoso. Questi due ritratti
di
Sileno o di Pan servono per farceli rico noscere
, con corna, barba lunga, e stizzoso. Questi due ritratti di Sileno o
di
Pan servono per farceli rico noscere nei monument
medesima, che scorgiamo negli autori che ne discorrono. E dove alcuni
di
questi ultimi ce lo danno per un vecchio ubbriaco
cose, ed ha pieno il petto d’una sincera filosofìa. Questa idea ci dà
di
Sileno la sesta Egloga di Virgilio, e una simile
d’una sincera filosofìa. Questa idea ci dà di Sileno la sesta Egloga
di
Virgilio, e una simile ne dovette avere il Greco
ia moderno restauro ciò che ha nelle mani, pure non è dubbia l’azione
di
aver premuto il grappolo dell’uva nel nappo; in q
ersi da chi non ha sotto gli occhi il marmo stesso: la testa coronata
di
frondi d’ellera e di corimbi è d’un carattere sor
tto gli occhi il marmo stesso: la testa coronata di frondi d’ellera e
di
corimbi è d’un carattere sor prendente; e la natu
ane maligno, ma che ha indotto i moderni a dar la hella denominazione
di
Socrate e d’Alcibiade ad alcuni gruppi lascivi, c
pi lascivi, che rappresentano la licenza de’ Baccanali. Questa statua
di
Sileno è assai stimabile, ed è affatto diversa da
rappresentato secondo Virgilio: Enfiato le vene come sempre dal vino
di
ieri — e finalmente da quella curiosissima del Pa
da quella curiosissima del Palazzo Gentili, ove Sileno vedesi vestito
di
un abito teatrale lavorato a maglia, che si ponea
ri per meglio rappresentare le membra pingui ed irsute |del nutritore
di
Bacco, abito che finora è stato cagione di molti
i ed irsute |del nutritore di Bacco, abito che finora è stato cagione
di
molti equivoci a chi si è accinto a dar l’esposiz
tato cagione di molti equivoci a chi si è accinto a dar l’esposizione
di
quel marmo. » Lezione sessantesimaquima. I Ce
marmo. » Lezione sessantesimaquima. I Centauri. Fra i seguaci
di
Bacco furono i Centauri, di cui vi esporrò l’orig
tesimaquima. I Centauri. Fra i seguaci di Bacco furono i Centauri,
di
cui vi esporrò l’origine, i nomi, le imprese, qui
antichi monumenti nei quali vengono rappresentati. Issione figliuolo
di
Flegia, e secondo altri di Marte e di Pisidice, p
i vengono rappresentati. Issione figliuolo di Flegia, e secondo altri
di
Marte e di Pisidice, prese in moglie Dia figlia d
appresentati. Issione figliuolo di Flegia, e secondo altri di Marte e
di
Pisidice, prese in moglie Dia figlia di Eineo, pr
a, e secondo altri di Marte e di Pisidice, prese in moglie Dia figlia
di
Eineo, promettendo di dare al suocero molti doni
Marte e di Pisidice, prese in moglie Dia figlia di Eineo, promettendo
di
dare al suocero molti doni come era costume degli
tore della propria moglie ad un convito con finta amicizia, asserendo
di
volersi dal suo obbligo liberare. Trovò Eineo la
a morte nella casa del perfido genero, che cader lo fece in una fossa
di
carboni accesi, alla quale avea fragili tavole so
ice ritornò scellerato; e sconoscente ai benefizii dello dio, tentava
di
sedurne la moglie. Rivelò questa al consorte gl’i
spiste scellerato; ma il re degli Dei volendo accertarsi della verità
di
quello che asserito gli veniva, diede ad una nuvo
à di quello che asserito gli veniva, diede ad una nuvola le sembianze
di
Giunone. Strinse il credulo adultero fra le sue b
ro, e del suo vano delitto furono frutto i Centauri. Vantavasi quindi
di
avere del Tonante violata la moglie; ma questi st
avasi quindi di avere del Tonante violata la moglie; ma questi stanco
di
esser clemente, lo precipitò nell’Inferno, dove f
sser clemente, lo precipitò nell’Inferno, dove fu legato ad una ruota
di
ferro circondata di serpenti. Eccovi esposta 1’ o
ecipitò nell’Inferno, dove fu legato ad una ruota di ferro circondata
di
serpenti. Eccovi esposta 1’ origine dei Centauri.
prese si riducono alla pugna coi Lapiti nella circostanza delle nozze
di
Piritoo con Deidamia o Ippodamia. Vinti dal vino
odamia. Vinti dal vino e dall’amore volevano fare ingiuria alla sposa
di
Piritoo e alle altre mogli dei Lapiti; ma furono
Piritoo e alle altre mogli dei Lapiti; ma furono superati con l’aiuto
di
Teseo nella pugna, in cui da principio volavano l
questo. Nonno al principio del Libro XIV delle Dionisiache, o imprese
di
Bacco, delle quali vi ho dato r estratto, gli ann
sai dei Satiri desiderio del dolce vino, mezzo perfetto, l’uomo misto
di
cavallo nitriva, bramando alzare con le sue spall
esso negli antichi bassirilievi si veggono i Centauri tirare il carro
di
Bacco. In questa guisa sono scolpiti in un bel ca
are il carro di Bacco. In questa guisa sono scolpiti in un bel cammeo
di
cinque strati di diverso colore riportato dal Buo
acco. In questa guisa sono scolpiti in un bel cammeo di cinque strati
di
diverso colore riportato dal Buonarroti, e che ra
aglioni antichi. In questo si rappresenta forse Bacco, che dall’isola
di
Nasso conduce in cielo Arianna: guida il carro Im
Giù basso in terra accosto all’ onde del mare vi è la Ninfa, o Genio
di
quell’isola, con una vela che le svolazza sulla t
si suol dare ai venti, quasi che per festeggiare ancor egli le nozze
di
Bacco, le rive e il paese intorno a quel fiume re
uell’isola, e che diedero occasione alla favola che vi fosse un fonte
di
vino. Ma per tornare al nostro proposito principa
, e uniti alle Baccanti, siccome si vedevano in quello scifo, fattura
di
Acragante, il quale, secondo riferisce Plinio, si
e, il quale, secondo riferisce Plinio, si conserva in Rodi nel tempio
di
Bacco. In molti monumenti antichi, particolarment
di Bacco. In molti monumenti antichi, particolarmente nel medaglione
di
Giulia Augusta di Nicea stampato dal Sequino, si
i monumenti antichi, particolarmente nel medaglione di Giulia Augusta
di
Nicea stampato dal Sequino, si vede un Centauro e
o onocentauri, cioè mezzi uomini e mezzi asini, animale puranco amico
di
Bacco, e destinato a portare il vecchio e corpule
oll’altra una lampade, o face accesa, che soleva portarsi nelle feste
di
Bacco, come vi ho accennato nella passata Lezione
altro Centauro fu costumato dagli antichi, in quella loro semplicità
di
vivere, per bicchiere, come a lungo fa vedere Ate
ettentrionali: e incominciatosi poscia ad arricchirgli e poi a fargli
di
metalli anche preziosi, ne fu sovente in molti bi
ordinato la prima volta da Tolomeo Filadelfo per adornarne la statua
di
Arsinoe: onde si può credere che fosse simile a q
e che fosse simile a quei due cornucopi che si veggono nelle medaglie
di
quella regina. Le Centauresse si trovano ancora c
, in certi buchi o tagli Vi mettevano alcune piccole e sottili lamine
di
rame infilate eoa un fìl di ferro, di modo che ba
mettevano alcune piccole e sottili lamine di rame infilate eoa un fìl
di
ferro, di modo che battendo colle mani il cembalo
alcune piccole e sottili lamine di rame infilate eoa un fìl di ferro,
di
modo che battendo colle mani il cembalo, venivano
tendo colle mani il cembalo, venivano a risonare. In un cammeo antico
di
vetro riportato dal Buonarroti, in cui Bacco sta
le vigorose palme — ed erano perciò leggieri e semplicemente composti
di
un cerchio e d’ una pelle tiratavi sopra, secondo
all’ altra Centauressa del mentovato cammeo, erano in uso nelle feste
di
Bacco, come quelle che furono prese da’ Misteri d
’ Misteri della madre degli Dei. Ancora la Centauressa nel medaglione
di
Giulia di Nicea riferito di sopra, suona le tibie
della madre degli Dei. Ancora la Centauressa nel medaglione di Giulia
di
Nicea riferito di sopra, suona le tibie, siccome
Dei. Ancora la Centauressa nel medaglione di Giulia di Nicea riferito
di
sopra, suona le tibie, siccome quella nel sarcofa
fossero ado prate da’ Baccanti, dicendo che in molti luoghi è usanza
di
sonarle mentre si vendemmia; al che allude quel d
ti luoghi è usanza di sonarle mentre si vendemmia; al che allude quel
di
Euripide: Rallegrarsi colla tibia, posar le cure
grarsi colla tibia, posar le cure quando verrà l’uva. — E nella Pompa
di
Tolomeo vi era un carro carico di uve, ch’erano p
quando verrà l’uva. — E nella Pompa di Tolomeo vi era un carro carico
di
uve, ch’erano pigiate da sessanta Satiri, i quali
ro carico di uve, ch’erano pigiate da sessanta Satiri, i quali a suon
di
tibie cantavano versi della vendemmia. Hanno fina
imo anno si chiamavano (grec) poi dai Greci. E Lattanzio commentatore
di
Stazio pretende che si chiamassero pure nebridi l
mentatore di Stazio pretende che si chiamassero pure nebridi le pelli
di
daino. Polluce fra le vesti dei Satiri, e per co
e pelli di daino. Polluce fra le vesti dei Satiri, e per conseguenza
di
Bacco, annovera ancora le pelli di capra e quella
esti dei Satiri, e per conseguenza di Bacco, annovera ancora le pelli
di
capra e quella della pantera, imitata per lo più
immaginar le Centauresse par che Luciano l’ insinui. E da una pittura
di
lui, crede Winkelmann, imitata una gemma eh’ egli
orta nei Monumenti inediti, e che rappresenta una Centauressa in atto
di
allattare un piccolo Centauro. Rare ciò non ostan
tante pur sono le loro rappresentanze nei monumenti, e per lo più fan
di
se mostra, come nel nostro marmo, in compagnia di
i, e per lo più fan di se mostra, come nel nostro marmo, in compagnia
di
Bacco e dei suoi seguaci. « Le tredici figure com
l’ aureo secolo delle arti. Rappresentano Bacco inebriato dal ritorno
di
un banchetto. Preceduto da un Fauno barbato e cin
lato e il braccio destro, ha il capo inchinato sugli omeri e coronato
di
edera. Una Centauressa lo segue, e i crotali, ist
ra. Una Centauressa lo segue, e i crotali, istrumento sonoro composto
di
due verghette rotonde di metallo da una parte più
gue, e i crotali, istrumento sonoro composto di due verghette rotonde
di
metallo da una parte più sottili che dall’altra d
a una parte più sottili che dall’altra dove terminano come in un capo
di
chiodo mal difende dalla petulanza di un giovin B
dove terminano come in un capo di chiodo mal difende dalla petulanza
di
un giovin Baccante, che salito in ginocchio sulla
ccante porta anch’egli accesa la face, che un Fauno barbato e fornito
di
tirso tenta involargli. Due fanciulli coi tirsi g
ardono incensi. Un vecchio Fauno coturnato e cinto intorno a’ fianchi
di
breve pallio gli segue colla sua face; e il grupp
orno a’ fianchi di breve pallio gli segue colla sua face; e il gruppo
di
un’ altra Centauressa, la quale insieme con un Fa
ito, chiude il bassorilievo. Centauro. « È stato questo bel simulacro
di
marmo bianco statuario recentemente scavato press
ue famosi Centauri del Museo Capitolino, conosciuti già sotto il nome
di
Centauri di Furietti, nobili avanzi della Villa A
ntauri del Museo Capitolino, conosciuti già sotto il nome di Centauri
di
Furietti, nobili avanzi della Villa Adriana: la c
morato, pure oltre la rarità del soggetto hanno un grandissimo merito
di
lavoro, e per alcune parti, che si sono in questo
tendo che il color nero del marmo, in cui han lavorato i due artefici
di
Cipro, esigeva qualche maggior risentimento di fo
avorato i due artefici di Cipro, esigeva qualche maggior risentimento
di
forme e certe decisioni di contorni più segnate p
ipro, esigeva qualche maggior risentimento di forme e certe decisioni
di
contorni più segnate perchè potessero distinguers
l’orma del piccolo cavaliere. « L’Amorino, che è sul secondo, è cinto
di
una fascia per sospendervi la faretra. Queste fig
ma alle presenti sculture. Si vede nel Borghesiano un Centauro adulto
di
robusta corporatura e di fiera indole, che domato
. Si vede nel Borghesiano un Centauro adulto di robusta corporatura e
di
fiera indole, che domato dal nume infante ha perd
maneva nel torso un attacco, che additava aver sostenuto qualche cosa
di
massiccio, non si è seguito in ciò l’esempio del
, se gli è posta in mano una lepre, preda riportata nella sua caccia,
di
cui dimostra la gioia negli occhi e nel volto: ma
. Non è molto differente questo concetto da quello del secondo Idilio
di
Bione, dov’è descritto un giovine cacciatore, che
sse l’inutil caccia, e che anzi a suo tempo Amore avrebbe fatto preda
di
lui, e si sarebbe seduto vincitore sul suo capo:
l suo capo: — Sul capo tuo s’assiderà renente. Oltreché simile azione
di
cacciatore data al Centauro ne nobilita ed abbell
tauro ne nobilita ed abbellisce l’espressione: ed è poi tutta propria
di
questi selvaggi misti di uomo e cavallo. Sappiamo
llisce l’espressione: ed è poi tutta propria di questi selvaggi misti
di
uomo e cavallo. Sappiamo anche coll’analogia dell
omprendiamo da Omero che molto tempo prima che si cavalcasse si usava
di
attaccare i cavalli a’ carri, e altri cavalieri n
nell’Iliade e nell’Odissea che combattenti sui cocchi. La favola però
di
Fedro, del cavallo e del cinghiale, ci fa conosce
che l’occasione della caccia fu quella che introdusse la prima 1’ uso
di
sedere sul dorso del destriero. Non furono dunque
uestri, quantunque l’etimologia del nome che sembra indicare feritori
di
tori abbia fatto inventare un’altra origine stori
icare feritori di tori abbia fatto inventare un’altra origine storica
di
questo mostro, da Palefato diffusamente descritta
o si è copiato il pedo, che si osserva antico nel Capitolino, a norma
di
cui si è supplita ogni altra parte mancante. Con
rici quasi mosse al nitrito, e nella forma dell’orecchio un certo che
di
cavallino, che si mesce colle sembianze umane, e
maginarsi, uniforme. Si è situata questa rarissima statua nel seguito
di
Bacco, essendo noto il trasporto di tali mostri p
esta rarissima statua nel seguito di Bacco, essendo noto il trasporto
di
tali mostri pel vino, che servì ad Ercole per cav
i antichi bassirilievi e cam mei accompagnare, o ancor trarre i carri
di
Bacco. Nel tronco che sostiene il ventre del Cent
ro simile al Capitolino, si vede scolpita una siringa con alcuni rami
di
pino, arnesi proprii dei seguaci di Bacco. »
lpita una siringa con alcuni rami di pino, arnesi proprii dei seguaci
di
Bacco. » Lezione sessantesimasesta. Le seguac
rii dei seguaci di Bacco. » Lezione sessantesimasesta. Le seguaci
di
Bacco. Vi ho parlato dei Satiri, dei Sileni, d
uri. L’ordine prefissomi mi conduce a favellarvi delle donne compagne
di
Bacco, che si distinguono tra loro col mezzo dell
o, che si distinguono tra loro col mezzo delle diverse denominazioni:
di
Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Nai
tinguono tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti,
di
Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome
tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene,
di
Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome di Baccan
col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di Tie,
di
Mimallonidi, di Naiadi. Il nome di Baccanti deriv
diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi,
di
Naiadi. Il nome di Baccanti deriva dalla greca pa
oni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome
di
Baccanti deriva dalla greca parola (grec), che si
greca parola (grec), che significa ululare smodatamente, come quello
di
Menadi ha sua origine da (grec) che equivale ad i
nume, ove affettavano e mentivano il furore bacchico solito a trarre
di
se chiunque n’era inspirato: sicché Agave sbranò
suo figlio, Licurgo imperversò col ferro contro se stesso. Le femmine
di
Lemno spensero tutto il sesso virile che aveano n
rsi le bende crinali, sparger la chioma ai venti, come Virgilio canta
di
Amata, levar alto le fiaccole e il grido, urlando
ersona violenti e fanatici, non misurati con legge alcuna: scotimenti
di
capo, stralunamenti di occhi, vibramenti di tutto
ici, non misurati con legge alcuna: scotimenti di capo, stralunamenti
di
occhi, vibramenti di tutto il corpo, quali si veg
legge alcuna: scotimenti di capo, stralunamenti di occhi, vibramenti
di
tutto il corpo, quali si veggono negli uccelli de
penti attorti intorno alla vita, o cinti al capo. Questi eccessi però
di
furore, per cui sappiamo che i serpenti si facean
i facean mansuefare, non sono ovvii nei vasi d’Italia, ove tra i cori
di
più trasporto la stessa scompigliatura dei cappel
ove tra i cori di più trasporto la stessa scompigliatura dei cappelli
di
rado si vede nelle Baccanti. Le Tie sono introdot
che tutte fossero egualmente Tie, tenute solo, se non erro, nel grado
di
sacerdotesse. Catullo par distinguere i Baccanti
ù particolarmente dice dei secondi, celebravano oscure Orgie, misteri
di
Bacco nelle cave ciste. Quelli che considerar vog
e, prendono l’etimologia da (grec), sacrifico, o da Tuia sacerdotessa
di
Bacco, la prima che istituì le Orgie. Pausania ti
Pausania tiene la seconda sentenza, e da Tuia dice derivato quel coro
di
donne attiche, che insieme con le delfiche donne
n ignorò questo rito, e scrisse: Spesso l’errante Bacco nella sommità
di
Parnaso spinse le Tiadi gridanti Evoe con le spar
uegli le deponevano. In Atene, e forse altrove, era un collegio quasi
di
Tiadi, e diceansi Gerare; eran quattordici di num
, era un collegio quasi di Tiadi, e diceansi Gerare; eran quattordici
di
numero, e dovean fare l’arcano sacrificio per la
le uccidevano i malcauti, sebbene a queste ancora Pausania dà il nome
di
Menadi. Ad esse andavano miste l’Amazzoni, nell’e
il resto han comune colle Baccanti trovandosi per titolo dell’ Idilio
di
Teocrito Lene, o le Baccanti, e tenendo lo stesso
nque da dubitarsi che quelle nei vasi dipinti dispensan vino, o siano
di
questa classe o ne imitino il ministero: potrian
che alcuno ha detto aver temprato coli’ acqua il vino alla compagnia
di
Bacco, perchè non nocesse, ma vi è altra più plau
ma vi è altra più plausibile ragione per inserirvele. Le Naiadi sono
di
un ordine superiore all’ altre seguaci di Bacco f
inserirvele. Le Naiadi sono di un ordine superiore all’ altre seguaci
di
Bacco finora descritte; sono semidee, sono ninfe.
sono ninfe. Il creduto Orfeo sembra chiaramente insinuarlo nell’Inno
di
Sileno, ove lui saluta come condottiero di Naiadi
mente insinuarlo nell’Inno di Sileno, ove lui saluta come condottiero
di
Naiadi e di Baccanti. E Ovidio nel fine del iv li
arlo nell’Inno di Sileno, ove lui saluta come condottiero di Naiadi e
di
Baccanti. E Ovidio nel fine del iv libro De Ponto
ltre. Con qualche verisimiglianza si rincontreranno le Naiadi nutrici
di
Bacco, dette anco Nereidi, e più comunemente Nise
Secondo i creduti Omero, Orfeo, Apollodoro, Igino, furono educatrici
di
Bacco negli antri di Nisa in Arabia, anzi l’accom
ero, Orfeo, Apollodoro, Igino, furono educatrici di Bacco negli antri
di
Nisa in Arabia, anzi l’accompagnarono nei suoi vi
soccorsero contro Licurgo: quindi possono considerarsi come la norma
di
tutte l’altre Baccanti. Non è inverisimile che si
i. Non è inverisimile che si riscontrino nei vasi al vestito seminato
di
stelle, quale nella cista Kircheriana lo ha Bacco
sta Kircheriana lo ha Bacco Nictelio, e in oltre alla ferula, insegna
di
chi presiede alle sue orgie, e qualche particolar
in un toro, che vuol credersi Bacco con corno potorio in mano, levasi
di
terra dipinta in un vaso della Galleria. Le più c
i fra loro sono Ippa, Nisa e Bacca. Udite da Visconti l’illustrazione
di
un bassorilievo Bacchico esposto continuamente al
teressante, quando si consideri la sua forma non lascia dubbio alcuno
di
aver servito per ara sepolcrale, comecché la sua
circa due l’altezza; rastremato alcun poco verso la sommità. E ornato
di
cornici e di membri intagliati sì nella superiore
ltezza; rastremato alcun poco verso la sommità. E ornato di cornici e
di
membri intagliati sì nella superiore che nell’est
gge sospeso su quattro piedi cavati dal pezzo medesimo, che han forma
di
quattro alate chimere. La sua superfìcie superior
e da vetusti scrittori e alcuna pur ne sussiste. Più raro è l’esempio
di
are bislunghe, ma non è unico: poiché tale appunt
dicato a Bacco, nume annoverato fra gli Dei terrestri. A questa sorta
di
divinità era costume ordinario ergere are, che po
r prova a confermare il suo sentimento abbastanza valido al confronto
di
tanti monumenti, i quali cimostran Bacco espresso
figura. Il Bellori che lo chiamò Trimalcione, trascurò al suo solito
di
osservare che i ministri della mensa eran Fauni.
osate su d’un altro letto d’incontro Bacco, scorgonsi due figure, una
di
giovin seminudo, l’altro di donna, involte ambedu
incontro Bacco, scorgonsi due figure, una di giovin seminudo, l’altro
di
donna, involte ambedue nella sintesi, e fìsse amb
e piedi caprini è senza tovaglia, e collocata fra due letti e coperta
di
vasi destinati alla bevanda. « Cinque figure segu
alla bevanda. « Cinque figure seguono il Dio, che s’affretta a godere
di
quel licore di cui ha beato i mortali. Due sembra
Cinque figure seguono il Dio, che s’affretta a godere di quel licore
di
cui ha beato i mortali. Due sembrano preparargli
l primo accompagnando la danza al canto, il secondo unendovi il suono
di
un doppio flauto. Il primo è un giovine Baccante
un timpano o tamburello, e vien sorretta da un altro Fauno. La statua
di
Priapo in profilo, che termina dal mezzo in giù a
rale, denominato perciò Ercole Silvano. Un’ altra pastorella studiasi
di
sottrarre il capretto dalle poppe della madre, pr
continuando il soggetto, ha due Centauri, mostri mansuefatti dal dio
di
Nisa, al quale gli abbiamo veduti prestar servigi
tro colla ferula e diademati ambedue, perchè il diadema fu invenzione
di
Bacco. Sostengo il primo una piccola Menade cinta
cco. Sostengo il primo una piccola Menade cinta piuttosto che vestita
di
nebride, l’altra un fanciullo citaredo. Ma nel me
a di nebride, l’altra un fanciullo citaredo. Ma nel mezzo un focolare
di
assai vaga forma, ove sono appoggiate due faci ar
iato anch’egli a quei venerati misteri sperava distinguersi in grazia
di
ciò dal volgo dei trapassati, o ancora che pur co
ei trapassati, o ancora che pur cotento sull’esempio del dio del Vino
di
una vita lieta e voluttuosa, cedeva poi alla sort
satollo da ricca mensa. » Il Visconti ha presa questa idea del verso
di
Lucrezio. Cur non ut plenus vita conviva recedis
Lezione sessantesimasettima. Monumenti più celebri rappresentanti
di
Bacco. Vi ho esposto nelle passate Lezioni tut
tanti di Bacco. Vi ho esposto nelle passate Lezioni tutte le gesta
di
Bacco; e sui compagni che gli dava la religione p
di Bacco; e sui compagni che gli dava la religione pagana ho cercato
di
portare la luce delle congetture aiutata dai monu
inguono l’artista erudito dal volgo degl’ignoranti. Dopo questa serie
di
memorie avanzate agli sdeigni di colui che muta i
go degl’ignoranti. Dopo questa serie di memorie avanzate agli sdeigni
di
colui che muta i regni, nell’interpetrazione dell
i più sublimi concetti. Interrogato Fidia, dopo aver fatto la statua
di
Giove Olimpico, se lo dio stesso si fosse degnato
fatto la statua di Giove Olimpico, se lo dio stesso si fosse degnato
di
manifestarsegli, additò il maestro di tanto mirac
lo dio stesso si fosse degnato di manifestarsegli, additò il maestro
di
tanto miracolo dell’arte, recitando questi divini
il maestro di tanto miracolo dell’arte, recitando questi divini versi
di
Omero, nei quali il nume è ritratto: Disse, ed i
cerò dalla famosa statua creduta, prima Visconti, Sardanapalo: quindi
di
due bassirilievi Bacchici si darà l’illustrazione
ro soggetto del simulacro. Il mio parere è molto diverso sì da quello
di
Winkelmann, sì dal comune. Lo sottopongo al giudi
tatua con tutte le sue circostanze. È effigiato nel marmo un uomo, il
di
cui volto maestoso e sereno è decorato da una lun
atone dai nostri maggiori solea attribuirsi, e che vedesi ripetuto su
di
tanti ermi. I capelli più della barba acconciamen
osità dell’abito corrisponde al lusso della sua capigliera. È vestito
di
una larga tunica sovrabbondante ancora in lunghez
sovrabbondante ancora in lunghezza a foggia delle teatrali, composta
di
sotti: drappo, forse di bisso pieghettato minutam
n lunghezza a foggia delle teatrali, composta di sotti: drappo, forse
di
bisso pieghettato minutamente: è poi avvolto in u
stato perchè da alcuni si riconoscesse nel simulacro il lussurioso re
di
Nini ve: e ben sembrava conveniente al soggetto e
chia che veniva da quattro feminili statue sorretta, le quali a guisa
di
Cariatidi facevan le veci di colonne, e tal compa
minili statue sorretta, le quali a guisa di Cariatidi facevan le veci
di
colonne, e tal compagnia era ben conveniente al c
an le veci di colonne, e tal compagnia era ben conveniente al costume
di
quel voluttuosissimo re. Feriva ad alcuni la fant
za del volto della statua principale coi volgarmente creduti ritratti
di
Platone, e siccome quel filosofo da qualche tacci
reduti ritratti di Platone, e siccome quel filosofo da qualche taccia
di
mollezza non andò esente, sospettavan diretta in
ad un più antico e sobrio Sardanapalo rammentatoci da Snida. Nessuna
di
tali opinioni mi sembra tanto fondata da poter re
to, e perchè la lunga barba alla sua storia non corrisponde, e perchè
di
fatti le greche medaglie ce ne rappresentano l’im
ben si discerne il mento sbarbato. Nè può abbracciarsi il sentimento
di
chi lo volle un ritratto di Platone. Oltre le rag
arbato. Nè può abbracciarsi il sentimento di chi lo volle un ritratto
di
Platone. Oltre le ragioni rilevate in contrario d
ario da Winkelmann, l’unico fondamento della somiglianza coi ritratti
di
quel filosofo riman distrutto dalla cognizione de
osofo riman distrutto dalla cognizione del sincero e genuino ritratto
di
Platone, assolutamente diverso da’creduti volgara
tamente diverso da’creduti volgaramente, e che si vede nella Galleria
di
Firenze. L’opinione poi di Winkelmann non è affat
volgaramente, e che si vede nella Galleria di Firenze. L’opinione poi
di
Winkelmann non è affatto probabile, poiché non ve
oiché non verisimile che tanti ritratti e simulacri ci sien pervenuti
di
un principe, la cui storia rimaneva isolata da qu
ed assai dubbiamente da qualche notizia indiretta. Io penso che prima
di
dar nome alla statua, secondo l’epigrafe che port
figura precisamente scorgiamo nei bassirilievi detti volgarmente Cene
di
Trimalcione, dove un corteggio di Sileni e di Fau
bassirilievi detti volgarmente Cene di Trimalcione, dove un corteggio
di
Sileni e di Fauni la contradistingue per Bacco. L
detti volgarmente Cene di Trimalcione, dove un corteggio di Sileni e
di
Fauni la contradistingue per Bacco. La stessa coi
comparabile cammeo presso il signor Jenkins, rappresenta il simulacro
di
Bacco fra le offerte dei dei suoi seguaci; la ste
ro statue muliebri, e un simile accompagnamento avea il Bacco vestito
di
Sicione. Il numero di quattro corrisponde alla tr
un simile accompagnamento avea il Bacco vestito di Sicione. Il numero
di
quattro corrisponde alla tradizione dell’anonimo,
rano fallaci ai simulacri delle Pretidi in Sicione, e a quelli stessi
di
Temistocle e di Milziade in Atene. La statua di O
simulacri delle Pretidi in Sicione, e a quelli stessi di Temistocle e
di
Milziade in Atene. La statua di Oreste nell’Ereo,
ne, e a quelli stessi di Temistocle e di Milziade in Atene. La statua
di
Oreste nell’Ereo, se si leggeva l’epigrafe, dovea
contradditorie? La stessa testa che nel Campidoglio ha il nome greco
di
Pindaro, nel Museo Clementine ha quello di Sofocl
mpidoglio ha il nome greco di Pindaro, nel Museo Clementine ha quello
di
Sofocle. Il bassorilievo di tre figure, che in Vi
i Pindaro, nel Museo Clementine ha quello di Sofocle. Il bassorilievo
di
tre figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antic
l bassorilievo di tre figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antichi
di
Anfione, di Zeto, di Antiope, in una replica a Na
vo di tre figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antichi di Anfione,
di
Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quel
figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antichi di Anfione, di Zeto,
di
Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orf
hi di Anfione, di Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quello
di
Orfeo, di Euridice, di Mercurio. Se dunque le fal
one, di Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orfeo,
di
Euridice, di Mercurio. Se dunque le false epigraf
di Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orfeo, di Euridice,
di
Mercurio. Se dunque le false epigrafi non impediv
rcurio. Se dunque le false epigrafi non impedivano i Greci antiquarii
di
decidere sui migHori indizii del vero soggetto de
napalo, quantunque antica non sarà genuina. Difatti sembra posteriore
di
molto alla scultura: la duplicità del a non è con
ndi la buona critica c’insegna che se non debbono avvicinarci l’epoca
di
un monumento che abbia tutti i segni dell’anterio
teriorità, servono però a confermarci neiropinione della posteriorità
di
un’altro, che già ne somministri non leggieri sos
gieri sospetti. Che se mi si chiedesse qual può esser stata l’origine
di
questa falsa denominazione, e se l’impostura, o l
chi espositori delle più antiche rappresentanze. Sembra che tal sorta
di
gente si moltiplicasse verso il tempo degli Anton
e scritti i nomi delle statue loro. Colui che die alla nostra il nome
di
Sardanapalo cadde in un errore conforme a quello
o dei moderni antiquarii, che hanno dato ad una figura simile il nome
di
Trimalcione: leggendo esagerate in Petronio la cr
imalcione: leggendo esagerate in Petronio la crapula e la delicatezza
di
questo soggetto, gli hanno attribuito quelle imma
co. Gli antichi presso i quali erano in proverbio le cene, e il lusso
di
Sardanapalo, con simile oscitanza l’avranno ricon
quelle rappresentanze, e quindi nella nostra statua, che alla figura
di
quei tanti bassirilievi perfettamente somiglia. T
ttamente somiglia. Tanto più facile era 1’ equivoco, quanto la statua
di
Sardanapalo in Anchialo dalle statue Bacchiche ne
ci avrebbe fatti certi la conservazione del destro braccio. La statua
di
Sardanapalo alzava la destra colle dita disposte
dava dagli antichi ancora alle figure Bacchiche, come la bella statua
di
bronzo d’ un Baccante ubriaco lo comprova. E sicc
iccome in espressione per lo più voluttuosa solcano esser tali figure
di
Bacco: la nostra, per avventura, avea la mano, ch
er quel che riguarda l’arte, il nostro Bacco barbato è un pezzo degno
di
qualche studio. La voluttà, la mollezza nell’età
vestito e colto, ma l’anima stessa mostra quella stupida contentezza
di
una persona abbandonata a’ piaceri, e che non sen
e nobile, qual si conviene ad un dio, e la fìsonomia lo mostra capace
di
grandi idee. Può dirsi veramente un dio d’Epicuro
inebriato ai piaceri, che però non giungono ad alterarlo, e spogliato
di
tutte le cure. I capelli sembrano stillanti di pr
alterarlo, e spogliato di tutte le cure. I capelli sembrano stillanti
di
preziosi balsami, e l’abito è eseguito con una so
d è ben diversa dalle consuete: non saprei assomigliarla che a quella
di
un Bacco barbato, o di un sacerdote sotto le semb
onsuete: non saprei assomigliarla che a quella di un Bacco barbato, o
di
un sacerdote sotto le sembianze del nume dipinto
agnavano la figura del nostro nume sono alla Villa Albani ove servono
di
Cariatidi. Mancavano del capo e delle braccia, ma
avano del capo e delle braccia, ma sono state risarcite in attitudine
di
Canefore, seguendo l’indicazione delle braccia me
Canefore, seguendo l’indicazione delle braccia medesime. La scultura
di
Bacco è però di gran lunga superiore a quella del
ndo l’indicazione delle braccia medesime. La scultura di Bacco è però
di
gran lunga superiore a quella delle figure access
la delle figure accessorie. Bacco nascente. « Il soggetto singolare
di
questo grandioso bassorilievo, la sua conservazio
suo stile possono farlo considerare, come uno dei più rari monumenti
di
simil genere che ne’ Musei si conservino. La nasc
ari monumenti di simil genere che ne’ Musei si conservino. La nascita
di
Bacco dalla coscia di Giove è un avvenimento che
genere che ne’ Musei si conservino. La nascita di Bacco dalla coscia
di
Giove è un avvenimento che abbiamo sovente udito
ento che abbiamo sovente udito ricordare dai mitologi e dai poeti, ma
di
cui non avevamo finora incontrato negli avanzi de
to negli avanzi dell’arti antiche memoria alcuna. Ctesiloco discepolo
di
Apelle scelse questo argomento per soggetto di un
a. Ctesiloco discepolo di Apelle scelse questo argomento per soggetto
di
una poco religiosa pittura, nella quale avea rapp
le dee levatrici. Ma questa pittura convien dire che fosse una specie
di
parodia d’ altre composizioni esprimenti il fatto
se il senso arcano che i misteri vi aveano congiunto. « Due monumenti
di
questo genere sono il presente bassorilievo, e la
colle del puerperio quindi fu detta. Egli è certamente in attitudine
di
un qualche sforzo, ma senza pregiudicare alla sua
na alcun poco Mercurio, che ha fatto seno del gomito, e lo ha coperto
di
una pelle di capriolo detta nebride e sacra alla
Mercurio, che ha fatto seno del gomito, e lo ha coperto di una pelle
di
capriolo detta nebride e sacra alla nascente deit
no. Il pargoletto nume si scioglie dalle membra paterne, ed è in atto
di
lanciarsi in braccio al germano. I suoi capelli s
tto di lanciarsi in braccio al germano. I suoi capelli sono cinti già
di
diadema come a re si conviene, e come a istitutor
sono cinti già di diadema come a re si conviene, e come a istitutore
di
religione. « Il petaso di Mercurio angoloso, la s
come a re si conviene, e come a istitutore di religione. « Il petaso
di
Mercurio angoloso, la sua clamide, i suoi calzari
nte a quelli coi quali è stato rappresentato da Salpione nel bel vaso
di
Gaeta, il cui soggetto è quasi la seconda scena d
il cui soggetto è quasi la seconda scena del nostro, cioè la consegna
di
Bacco infante fatta da Mercurio a Leucotea. Nè ma
che Plinio chiamò Dee levatrici: anche qui tre dee assistono al parto
di
Giove, alla nascita di quel nume, che fu detto l’
evatrici: anche qui tre dee assistono al parto di Giove, alla nascita
di
quel nume, che fu detto l’allegria de’ mortali. H
de’ parti, e gesto perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua
di
questa dea nel suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dal
abbastanza vien contrassegnata per Cerere. Aggiungo che quella specie
di
rete che le raccoglie le chiome è la solita accon
la specie di rete che le raccoglie le chiome è la solita acconciatura
di
Proserpina nelle medaglie di Sicilia, e serve nel
oglie le chiome è la solita acconciatura di Proserpina nelle medaglie
di
Sicilia, e serve nel bassorilievo ad accrescer se
ro una stretta ed evidente unione nel culto del paganesimo. L’ amistà
di
Cerere con Bacco sembra esser nata dall’affinità
sembra esser nata dall’affinità delle loro invenzioni, poiché l’ una
di
miglior cibo, l’altro provvede i mortali di migli
invenzioni, poiché l’ una di miglior cibo, l’altro provvede i mortali
di
miglior bevanda, ed amendue un genere di alimenti
, l’altro provvede i mortali di miglior bevanda, ed amendue un genere
di
alimenti introdussero da procurarsi difficilmente
eo Carpegna, ora del Vaticano, e in molti altri monumenti. « L’unione
di
Bacco e di Proserpina ha motivi meno evidenti, co
, ora del Vaticano, e in molti altri monumenti. « L’unione di Bacco e
di
Proserpina ha motivi meno evidenti, come quelli c
uelli che nei Misteri soltanto si rilevavano, ma certo è che il culto
di
queste tre divinità fu congiunto, sì nei gran mis
del Paganesimo. A Pirea non lungi da Sicione erano insieme le statue
di
Cerere, di Proserpina e di Bacco: tre simulacri d
simo. A Pirea non lungi da Sicione erano insieme le statue di Cerere,
di
Proserpina e di Bacco: tre simulacri di bronzo al
n lungi da Sicione erano insieme le statue di Cerere, di Proserpina e
di
Bacco: tre simulacri di bronzo alle stesse divini
insieme le statue di Cerere, di Proserpina e di Bacco: tre simulacri
di
bronzo alle stesse divinità s’eressero in Roma co
non men dei Greci onorarono con Cerere, Libero e Libera: e monumento
di
questo culto è anche il presente bassorilievo, il
di questo culto è anche il presente bassorilievo, il quale, comecché
di
stile soltanto accennato e poco finito, mostra un
comecché di stile soltanto accennato e poco finito, mostra un lavoro
di
molta antichità, e forse degli ultimi tempi della
blica; e alla semplicità e bellezza delle figure può giudicarsi copia
di
greco nobilissimo originale. Bacco e Baccanti.
pia di greco nobilissimo originale. Bacco e Baccanti. « Niun genere
di
soggetti nei monumenti di antiche arti più sovent
riginale. Bacco e Baccanti. « Niun genere di soggetti nei monumenti
di
antiche arti più sovente s’ incontra di quello ch
ere di soggetti nei monumenti di antiche arti più sovente s’ incontra
di
quello che le favole, le feste, i simboli, i riti
ci ne rappresenta. sia ch’essendo stato riputato quel nume protettore
di
tutte le arti teatrali, la pittura e la scultura
le arti teatrali, la pittura e la scultura gareggiassero ad adornare
di
simile rappresentazione i luoghi dei pubblici div
limento dei cenacoli; o sia finalmente ohe quale istitutore e corifeo
di
misteri riputati allor sacrosanti, le allusioni a
à presso degli avanzi delle arti vetuste son memorie ancora del culto
di
questo nume. Il presente bassorilievo staccato da
i: hanno, è vero, il minor pregio nell’esecuzione, che non manca però
di
quella forza e sicurezza di stile necessaria a &g
regio nell’esecuzione, che non manca però di quella forza e sicurezza
di
stile necessaria a >far distinguere ancor da l
aria a >far distinguere ancor da lontano tutte le parti essenziali
di
un lavoro. « Il principal gruppo ch’è nel mezzo d
giare l’ondeggiamento della mal ferma persona. Il suo capo è coronato
di
edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, i
lla mal ferma persona. Il suo capo è coronato di edera, la sua fronte
di
una fascia, o credemno, il suo petto di un serto
onato di edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, il suo petto
di
un serto d’ alloro che dal sinistro omero scende
, che lo sostiene, e Mete dall’altra parte scuote un timpano, simbolo
di
quell’ insana compiacenza che accompagna il delir
Vicino al gruppo, alla manca dei riguardanti, è scolpito l’educatore
di
Bacco, Sileno, che rattempra al suono della cetra
l suo bastone pastorale: si rivolge indietro verso una Beccante cinta
di
nebride, la quale sembra invitarlo alla danza: qu
fiamma accesa e face rovesciata appresso, 1’ altra con delle offerte
di
frutta soprappostevi. Le tre figure a sinistra no
i serpenti Bacchici sono stretti nella destra, la sua tunica è cinta
di
campanelli adoperati forse nei misteri e nei riti
, che dava allo strepito dei bronzi l’antica superstizione. « Il nome
di
Titiri é particolarmente appropriato a siff’atti
« Il nome di Titiri é particolarmente appropriato a siff’atti seguaci
di
Bacco addetti alla vita di pastori e caprai. « Un
colarmente appropriato a siff’atti seguaci di Bacco addetti alla vita
di
pastori e caprai. « Un giovine quasi nudo, se non
ne quasi nudo, se non quanto ha gettata sull’omero sinistro una pelle
di
pardo, suona con forza un istrumento da fiato, ti
ta ed accesa è presso questa figura, la quale è poi seguita da quella
di
una Menade, o Baccante furiosa, che può sembrare
i misteriosi arredi dei Baccanali. Delle linci o pantere con canestri
di
frutti, e teschi di capro, maschera di bocca chiu
dei Baccanali. Delle linci o pantere con canestri di frutti, e teschi
di
capro, maschera di bocca chiusa, e un Fauno con u
e linci o pantere con canestri di frutti, e teschi di capro, maschera
di
bocca chiusa, e un Fauno con una capra empiono il
no con una capra empiono il basso del quadro. Que st’ ultimo gruppo è
di
minor proporzione che non esige il resto delle fi
ne sessantesimottava. Altri monumenti bacchici. Un’ altra immagine
di
Bacco barbato, una statua di un Fauno ed un’ altr
onumenti bacchici. Un’ altra immagine di Bacco barbato, una statua
di
un Fauno ed un’ altra ninfa Bacchica, e diversi b
aranno argomento della presente Lezione. Confido che le illustrazioni
di
questi monumenti saranno utili per l’ intelligenz
ato. « Che le immagini simili al presente, rare al ^erto in simulacri
di
tutto rilievo, in altro genere d’antico assai com
ni, debbano ascriversi a Bacco Indiano e barbato, si è già con luoghi
di
scrittori, con osservazioni di monumenti posto in
Indiano e barbato, si è già con luoghi di scrittori, con osservazioni
di
monumenti posto in sufficiente chiarezza. A tali
di monumenti posto in sufficiente chiarezza. A tali immagini appunto
di
Bacco alludeva Plinio, e più apertamente Solino q
deva Plinio, e più apertamente Solino quando paragonavano all’ arredo
di
questo nume, l’ abito del re di Taprobana. Simile
olino quando paragonavano all’ arredo di questo nume, l’ abito del re
di
Taprobana. Simile per avventura al pallio che avv
o l’altra conosciuta prima per Sardanapalo, era il grandioso ammanto
di
cui una statuetta di Bacco sostenuta in mano da u
prima per Sardanapalo, era il grandioso ammanto di cui una statuetta
di
Bacco sostenuta in mano da un Fauno vedovasi cope
un Fauno vedovasi coperta, ed al quale ha dato Plinio stesso il nome
di
Palla, nome equivalente a quello di peplo, che gr
ale ha dato Plinio stesso il nome di Palla, nome equivalente a quello
di
peplo, che grecamente qualunque ampio mantello o
come che avessero poi strettamente lo stesso nome due diversi generi
di
abbigliamenti donneschi. « La testa del simulacro
e diversi generi di abbigliamenti donneschi. « La testa del simulacro
di
nobile e serena fìsonomia ha la sua lunga e ben a
a chioma avvinta dal diadema, dec orazione inventata da questo figlio
di
Giove: onde ne ha il capo cinto persino in quel b
l suo nascimento. « E credibile che in antico si vedessero nelle mani
di
questa statua il tirso e la fiala, insegne propri
nume, come si osservano in varii monumenti che ci presentano immagini
di
Bacco barbato. Queste immagini appunto provano an
el culto Bacchico, secondo il costume accennato altrove dei sacerdoti
di
mentir l’abito e le sembianze delle divinità a cu
abito e le sembianze delle divinità a cui si consacravano: e immagini
di
numi agresti e del corteggio Bacchico saran quell
ni di numi agresti e del corteggio Bacchico saran quelle, che a guisa
di
erme e di termini adornarono gli antichi giardini
agresti e del corteggio Bacchico saran quelle, che a guisa di erme e
di
termini adornarono gli antichi giardini. « La scu
a di erme e di termini adornarono gli antichi giardini. « La scultura
di
questo marmo è diligente, e tratta da buono esemp
o con fedeltà ma con una certa durezza. Fauno. « I festosi compagni
di
Bacco, divinità sempre liete e scherzevoli, ora o
itate danze, onde saltanti furono cognominati dai poeti, e più mobili
di
tutti gli animali, quasi da senno furon detti da
i vuote, ma reca delle frutta, primizie dei campi e oblazione propria
di
Bacco, nella sua nebride, che pendente dall’omero
oronata è la sua testa come proprio è dei sacrificanti, e la corona è
di
pino, arbore onde questi silvestri semidei circon
onservati. « La somiglianza che accenno è argomento della provenienza
di
figure sì fatte da nobile originale, di cui però
è argomento della provenienza di figure sì fatte da nobile originale,
di
cui però nelle scarse notizie che ci sono pervenu
e amiche e le madri dei Satiri e dei Sileni, le nutrici e le compagne
di
Bacco, sono anche le divinità locali dei fiumi, d
fonti, e perciò ben s’uniscono coir immagine del serpe, eh’ è simbolo
di
quelle oscure divinità dei luoghi dette Genii, de
e acque colle immagini delle Ninfe dormenti: quindi cotanti simulacri
di
siffatte semidee tutti giacenti, e in atto di rec
uindi cotanti simulacri di siffatte semidee tutti giacenti, e in atto
di
reclinar suU’ urne le addormentate cervici. A que
ono vedersi col serpe: ho perciò distinto la presente figura col nome
di
ninfa Bacchica per esser fornita di questo simbol
tinto la presente figura col nome di ninfa Bacchica per esser fornita
di
questo simbolo Dionisiaco. Dorme però ed è cinta
per esser fornita di questo simbolo Dionisiaco. Dorme però ed è cinta
di
un gran serpe la ninfa di un fonte in un bassoril
o simbolo Dionisiaco. Dorme però ed è cinta di un gran serpe la ninfa
di
un fonte in un bassorilievo del Palazzo Giustinia
assorilievo del Palazzo Giustiniani, ove è rappresentata la punizione
di
Penteo per aver tentato di proscrivere i Baccanal
stiniani, ove è rappresentata la punizione di Penteo per aver tentato
di
proscrivere i Baccanali. Un angue striscia pure s
tentato di proscrivere i Baccanali. Un angue striscia pure sul petto
di
una piccola ninfa, che dorme appoggiata all’urna,
che dorme appoggiata all’urna, simile in atto alla pretesa Cleopatra
di
questa Collezione, e di un’ altra che è ancor sen
l’urna, simile in atto alla pretesa Cleopatra di questa Collezione, e
di
un’ altra che è ancor senz’ urna come la nostra,
un’ altra che è ancor senz’ urna come la nostra, edita fra le statue
di
Dresda. Tutto ciò prova la ragionevolezza della p
che per nobilitare con qualche celebrata avventura la rappresentanza
di
questo marmo, pretendevano ravvisarvi Olimpiade,
e del gran Macedone, col serpe in cui si pretese trasformato per amor
di
lei Giove Ammone. « Più al caso parrebbemi di far
se trasformato per amor di lei Giove Ammone. « Più al caso parrebbemi
di
far ricerca perchè la nostra statua sia senz* urn
verisimile che il soggetto del nostro marmo sia piuttosto r immagine
di
una defunta rappresentata sul coperchio del suo m
i una defunta rappresentata sul coperchio del suo monumento in foggia
di
ninfa Bacchica, come, al dir di Properzio, stanca
coperchio del suo monumento in foggia di ninfa Bacchica, come, al dir
di
Properzio, stanca dall’assidue danze cade sull’er
ia che si è usata nel vestiario delle figure, quando sotto le spoglie
di
un soggetto mitologico dovea rappresentarsi qualc
ondotto il rilievo della figura, la quale, come suol vedersi in molte
di
si fatte immagini sepolcrali, non può dirsi assol
di si fatte immagini sepolcrali, non può dirsi assolutamente eseguita
di
tutto rilievo; ma tranne le estremità e le parti
esto del corpo è più basso che non sarebbe nel vero, e trattato quasi
di
mezzo rilievo. Una tal pratica mai da me non osse
stiziosa credenza, che molto quei misteri e quelle cerimonie avessero
di
valore per conciliare all’anime dei defunti ripos
azioso bassorilievo rappresentante Sileno tutto ravvolto in una pelle
di
pantera e calzato i pie di coturno son degne di q
entante Sileno tutto ravvolto in una pelle di pantera e calzato i pie
di
coturno son degne di qualche attenzione la vivaci
ravvolto in una pelle di pantera e calzato i pie di coturno son degne
di
qualche attenzione la vivacità della mossa, la na
’eleganza dello scalpello. Gli orecchi umani distinguono il nutritore
di
Bacco dalla torma dei Fauni, e le striscie di cuo
istinguono il nutritore di Bacco dalla torma dei Fauni, e le striscie
di
cuoio che stringe nella manca trattengono alcun p
cee del dio Pan si usavano simili striscie, colle quali nelle licenze
di
quei giuochi percuotevano quelli che incontravano
ai Romani le solennità lupercali istituite da Evandro. La connessione
di
Sileno con Pan non ha bisogno di esser provata: i
istituite da Evandro. La connessione di Sileno con Pan non ha bisogno
di
esser provata: il nome stesso di Fauno è corrotto
one di Sileno con Pan non ha bisogno di esser provata: il nome stesso
di
Fauno è corrotto dal greco Pan, e quel di Sileno
ser provata: il nome stesso di Fauno è corrotto dal greco Pan, e quel
di
Sileno competeva, secondo Pausania, a tutti i Sat
uel di Sileno competeva, secondo Pausania, a tutti i Satiri, o Fauni,
di
età senile. Altri monumenti bacchici rappresentan
onumenti bacchici rappresentano quindi Satiri, Fauni e Sileni forniti
di
questa specie di sferza. Bacco sul carro tirato
rappresentano quindi Satiri, Fauni e Sileni forniti di questa specie
di
sferza. Bacco sul carro tirato da Centauri. « I
centauro a destra, e tiene nelle mani un vessillo simile ai romani, e
di
quella figura ch’ebbe poi il labaro degl’imperato
cristiani, cioè un drappo quasi quadrato, che pende da ambe le parti
di
un bastone incrociato nella sommità d’ un’ asta.
ne incrociato nella sommità d’ un’ asta. Questo può forse da un passo
di
Plinio rilevarsi come invenzione di Bacco. « Acra
sta. Questo può forse da un passo di Plinio rilevarsi come invenzione
di
Bacco. « Acrato, che vuol dire vin puro, è, come
esentato in questo fanciullo, e sì le altre sue immagini, sì lo stato
di
ubbriachezza in cui Bacco si presenta me lo fanno
ato su d’un carro a quattro ruote su cui è steso un origliere a guisa
di
letto. Egli sembra ubriaco, e sostiene in ambe le
uisa di letto. Egli sembra ubriaco, e sostiene in ambe le mani corone
di
fiori secondo il costume de’ banchetti. La donna
o sorge un rustico altare. Innanzi un Fauno ed una Canefora, cioè una
di
quelle donne che portavano nei canestri le primiz
te da una pantera e da un leone, sul cui dorso, giusta la descrizione
di
Nonno, siede senza freno il fanciullo Ampelo. V
scrizione di Nonno, siede senza freno il fanciullo Ampelo. Vittoria
di
Bacco. « Che nelle favole Bacchiche siansi trasfu
ria di Bacco. « Che nelle favole Bacchiche siansi trasfuse le imprese
di
Sesostri, o d’ altro antichissimo conquistatore,
o d’ altro antichissimo conquistatore, che l’Oriente fosse la patria
di
quell’uomo singolare che insegnò ai Greci tante a
dipingonci la sua venuta da quelle contrade come il ritorno trionfale
di
un capitano sì prode, che non trovò altri emuli d
o del presente bassorilievo è relativo appunto alle vittorie del nume
di
Nisa. Vedesi la sua comitiva uscir lieta e carica
ittorie del nume di Nisa. Vedesi la sua comitiva uscir lieta e carica
di
prede dalle porte di vinta città. L’abito barbari
isa. Vedesi la sua comitiva uscir lieta e carica di prede dalle porte
di
vinta città. L’abito barbarico dei prigionieri, e
i l’elefante, ci additano che l’azione è nell’Indie, famosa conquista
di
Bacco. « Son tre Fauni e due Baccanti che conduco
appunto come si descrive nelle Dionisiache, in questi versi D’altri
di
Bacco la vagante schiera Lega al tergo le mani,
iamo altronde aver conosciuto gli antichi naturalisti anche un genere
di
minori elefanti, che dicevano avvezzi nell’India
minudo. Una Baccante lo stimola col suo tirso. Altri portano canestri
di
frutta forse esotiche, ed accompagnano una panter
a, empie il campo con naturalezza e senza confusione. Pompa nuziale
di
Bacco e di Arianna. « L’argomento di questo basso
campo con naturalezza e senza confusione. Pompa nuziale di Bacco e
di
Arianna. « L’argomento di questo bassorilievo è d
enza confusione. Pompa nuziale di Bacco e di Arianna. « L’argomento
di
questo bassorilievo è dei men comuni fra i ‘sogge
le orgie, i trieterici, feste che si facevano ogni tre anni in onore
di
Bacco, altre solennità Dionisiache, ma una delle
a una delle più famose favole fra quelle che alla storia appartengono
di
questo nume. ch’egli s’invaghisse di Arianna abba
lle che alla storia appartengono di questo nume. ch’egli s’invaghisse
di
Arianna abbandonata già da Teseo, o che a forza e
sse, tutti consentono Dell’attribuire a Bacco per sua sposa la figlia
di
Minosse e di Pasifae. Parecchie sono le antiche s
nsentono Dell’attribuire a Bacco per sua sposa la figlia di Minosse e
di
Pasifae. Parecchie sono le antiche sculture che c
suna, che ci ofirano, come il presente bassorilievo, la pompa nuziale
di
Bacco e di Arianna. « La schiera dei Baccanti pre
i ofirano, come il presente bassorilievo, la pompa nuziale di Bacco e
di
Arianna. « La schiera dei Baccanti precede i cocc
inetto Baccante sotto l’omero destro 1’ appoggia, e serve all’ufficio
di
Paraninfo. Imeneo sta sul carro medesimo, e solle
, e sembra che la governi, « I pettorali, o phalerɶ delle fiere, sono
di
fiori e di pampani. Una Baccante lì presso dà fia
che la governi, « I pettorali, o phalerɶ delle fiere, sono di fiori e
di
pampani. Una Baccante lì presso dà fiato ad una s
di fiori e di pampani. Una Baccante lì presso dà fiato ad una specie
di
buccina, o tromba, e così accenna la musica non t
ta mai nella letizia degli Imenei. Più curioso e singolare è il carro
di
Bacco: è tratto da cavalli, come in nessun altro
hio medesimo, e il nume colla ferula nella manca, e la destra in atto
di
riposo ripiegata sul capo, giace in seno di una d
anca, e la destra in atto di riposo ripiegata sul capo, giace in seno
di
una dea seminuda, velata anch’essa come la sposa,
seno di una dea seminuda, velata anch’essa come la sposa, e che serve
di
pronuba a queste nozze. Se costei sia Venere, i d
sposa, e che serve di pronuba a queste nozze. Se costei sia Venere, i
di
cui amori con Bacco non sono ignoti, e dai quali
che ad onta dell’antica gelosia e del primiero odio contro il figlio
di
Semele, condiscese pure a porgere a lui adulto il
quella corona che fu poi riposta fra le stelle. Un Fauno veduto quasi
di
schiena sostiene sulla spalla sinistra un’otre, e
ure sono tutte elegantissime: si distinguono però fra le altre quelle
di
Arianna e di Venere sì per la grandiosità dei pan
e elegantissime: si distinguono però fra le altre quelle di Arianna e
di
Venere sì per la grandiosità dei panneggiamenti,
enti, sì per la grazia delle situazioni. Merita per la sua semplicità
di
essere ancora osservata la figura del Fauno coli’
esattezza o correzione che non s’intendono abbastanza. « La positura
di
Cupido, che parte siede sulla pantera, parte stri
questo bassorilievo, che studiata e corretta non possa divenir degna
di
qualunque nome più grande che illustrasse a quegl
santesimanona. Altri monumenti bacchici. Questa Lezione é l’ultima
di
quelle che trattano della teologia mitologica, ed
ti al pittore, e più ne presentano l’amore, gl’incantesimi, i delitti
di
Medea. Seguendo il mio costume vi esporrò quelli
gli antichi monumenti che riguardano questa famosa impresa. Vi prego
di
accrescere la vostra attenzione. Bacco ed Ercole
. Bacco ed Ercole sul carro tirato dai Centauri. « Il raro argomento
di
questo bassorilievo compensa largamente il difett
retta unione che riconosceva la pagana mitologia fra questi due figli
di
Giove, Ercole e Bacco. L’antichità che gli consid
propria assessori, ravvisava in questi eroi divinizzati molte maniere
di
rassembrarsi. Sono accennate presso che tutte in
questo greco epigramma: Ambo Tehani, ambo guerrieri, ed ambo Prole
di
Giove: un tratta il tirso, ed uno Della possent
divisa ad Ercole e Bacco perseverò nell’impero romano anche nel regno
di
Caracalla. « Mi sembra assai verisimile che il no
desi usato con sì poco risparmio nell’antica scultura fin dall’impero
di
Severo stesso da quel di Comodo. « Il bassoriliev
sparmio nell’antica scultura fin dall’impero di Severo stesso da quel
di
Comodo. « Il bassorilievo rappresenta un carro tr
sugli omeri un cratere: le redini del cocchio sono in mano del Genio
di
Bacco, il quale appressandosi colla destra alle l
cantaro, il tirso, o la ferula nella manca. Ercole siede alla destra
di
Bacco quantunque nume inferiore, perchè lo sculto
ha ricevuto nel suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guernita
di
una testa di pantera, gl’intagli del giogo rappre
nel suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guernita di una testa
di
pantera, gl’intagli del giogo rappresentanti delf
mmagine vedansi aggiunti ancora al carro d’Alcide. Di questa alleanza
di
Bacco e di Ercole è ancora un monumento il famoso
ansi aggiunti ancora al carro d’Alcide. Di questa alleanza di Bacco e
di
Ercole è ancora un monumento il famoso bassorilie
nza di Bacco e di Ercole è ancora un monumento il famoso bassorilievo
di
stucco arricchito di greche epigrafi, già Farnesi
ole è ancora un monumento il famoso bassorilievo di stucco arricchito
di
greche epigrafi, già Farnesiano, ora Albano, che
epigrafi, già Farnesiano, ora Albano, che ha per soggetto l’apoteosi
di
quest’ultimo. Egli giace sulle spoglie del leone
arsi uno dei più eccellenti ohe sian mai stati eseguiti in tal genere
di
lavoro. La festività del soggetto e la caricatura
ti in tal genere di lavoro. La festività del soggetto e la caricatura
di
alcune l’orme sono combinate così bene con quella
iltà d’idee, eh’ è pur l’anima delle antiche arti, che poco ha in ciò
di
comparabile, forse nulla di superiore. « Sileno e
ma delle antiche arti, che poco ha in ciò di comparabile, forse nulla
di
superiore. « Sileno evidentemente contrassegnato
abbandonandosi con tutta la persona piegata al dinanzi fra le braccia
di
un giovinetto Fauno veduto di schiena, leva la de
rsona piegata al dinanzi fra le braccia di un giovinetto Fauno veduto
di
schiena, leva la destra in atto di acclamazione e
ccia di un giovinetto Fauno veduto di schiena, leva la destra in atto
di
acclamazione e di accompagnare col gesto i clamor
tto Fauno veduto di schiena, leva la destra in atto di acclamazione e
di
accompagnare col gesto i clamorosi Evoè. Il tirso
ccompagnare col gesto i clamorosi Evoè. Il tirso che gli dovea servir
di
sostegno, non è più in suo potere, ma gli ricade
o della sua situazione: mentre un altro Faunetto che il segue, veduto
di
profilo, cerca distrigarlo dall’avvolgimento dell
erizzar meglio la rappresentanza, e ad indicar chiaramente la cagione
di
tanto disordine. Baccanale. « I bassirilievi sc
nale. « I bassirilievi scolpiti attorno a questa grande e nobil vasca
di
greco marmo dissotterrata nei fondamenti del sont
nate ai sepolcri, vediamo qui più attamente adoperato alla condizione
di
uno di quei gran tini appellati dai Romani lacus,
sepolcri, vediamo qui più attamente adoperato alla condizione di uno
di
quei gran tini appellati dai Romani lacus, e anch
bra dai Greci, che servivano alla vendemmia. L’ orlo superiore adorno
di
bellissimi ovoli, che sembrano averlo terminato s
mi ovoli, che sembrano averlo terminato senza coperchio: le due teste
di
leone poste ad abbellimento di due fori pei quali
erminato senza coperchio: le due teste di leone poste ad abbellimento
di
due fori pei quali potea scorrere il premuto lico
danza ebra e scomposta propria dei Satiri e dei Sileni sotto il nome
di
Cordace conosciuta dai Greci. Sì varie, sì elegan
eate a seconda della lor natura caprina e non infrequente in immagini
di
Fauni. La positura dell’ultimo, verso la destra d
itura dell’ultimo, verso la destra dei riguardanti, è la medesima che
di
un’elegantissima statuetta in bronzo dell’Ercolan
i però non gli cedono nè in bellezza de’ movimenti, nè in naturalezza
di
situazioni. Son tutti e cinque coronati la testa
nè in naturalezza di situazioni. Son tutti e cinque coronati la testa
di
pino, egualmente dalle sue capillate frondi che d
ero diletto a Pan duce dei Satiri e dei Fauni, quindi nelle cerimonie
di
Pan introdotto, ed usato al par delle viti e dell
ciulle comparvero nella pompa Bacchica del Filadelfo recinte il crine
di
corone d’oro imitanti le foglie di pino. Le spogl
ica del Filadelfo recinte il crine di corone d’oro imitanti le foglie
di
pino. Le spoglie di fiere che hanno intorno alle
cinte il crine di corone d’oro imitanti le foglie di pino. Le spoglie
di
fiere che hanno intorno alle membra non son già n
e hanno intorno alle membra non son già nebridi, ma pardalidi o pelli
di
pantere e di tigri. « I loro tirsi, come quei del
no alle membra non son già nebridi, ma pardalidi o pelli di pantere e
di
tigri. « I loro tirsi, come quei delle lor compag
ome nelle guerre Indiche ci vengono descritti, e quali ebbero il nome
di
aste-tirsi. « Le duplici tibie, le verghe pastori
i. « Le duplici tibie, le verghe pastorizie, i prefericoli, cioè vasi
di
bronzo senza manichi, aperti come catini, sono i
Quattro delle Baccanti sollevansì sulle punte dei piedi in movimento
di
danza concitata e violenta, che al gettar la test
o, mentre la seconda in leggiadrissimo atto solleva soltanto le falde
di
un breve ammanto che le s’inarca dietro le spalle
’ultima fìgura che sembra la corifea del Triaso, è forse Nisa nudrice
di
Bacco, il cui simulacro colossale e mobile da per
piedi spargendo latte dalla fiala eh’ era nella sua destra e tornava
di
tempo in tempo a sedersi. Se non che la nostra fi
o ha una gran face nella manca, arnese ugualmente proprio delle feste
di
Bacco che di quelle di Cerere. « I teschi dei cap
face nella manca, arnese ugualmente proprio delle feste di Bacco che
di
quelle di Cerere. « I teschi dei capri scolpiti n
a manca, arnese ugualmente proprio delle feste di Bacco che di quelle
di
Cerere. « I teschi dei capri scolpiti nel terrazz
enii che cavalcano le pantere son genii Bacchici, e le due gran teste
di
leone ci ricordano i rapporti Dionisiaci di quest
hici, e le due gran teste di leone ci ricordano i rapporti Dionisiaci
di
questa fiera che, sacra alla madre degli Dei, pas
i questa fiera che, sacra alla madre degli Dei, passò nelle solennità
di
Bacco a quelle di Cibele confuse, e ci danno argo
, sacra alla madre degli Dei, passò nelle solennità di Bacco a quelle
di
Cibele confuse, e ci danno argomento di quel furo
e solennità di Bacco a quelle di Cibele confuse, e ci danno argomento
di
quel furore da cui comprese le Menadi rendeansi p
forti delle più forti belve, onde sì vantarono in un epigramma greco
di
ritornar dalla caccia colla testa di uccisi leoni
vantarono in un epigramma greco di ritornar dalla caccia colla testa
di
uccisi leoni. Le Baccanti. « Quantunque Euripid
ia intitolata Le Baccanti la modestia e la decenza che queste seguaci
di
Bacco sapevano conservare nel furore stesso dell’
li artefici preferissero, per dare alla loro opera un vezzo maggiore,
di
rappresentare piuttosto ciò che accadeva talvolta
ma le ninfe dei monti, dei boschi e delle fontane, come la compagnia
di
veri Satiri e Fauni lo fa arguire. « La Baccante
come la compagnia di veri Satiri e Fauni lo fa arguire. « La Baccante
di
questo bel bassorilievo è quasi del tutto ignuda,
i compagni. Un flauto è alla bocca del Fauno abbigliato della spoglia
di
una pantera, e il Satiretto, che viene appresso,
di una pantera, e il Satiretto, che viene appresso, è ancora in atto
di
dar fiato a un’altra tibia. L’altro Satiro fanciu
che la precede, sembra intento anch’ esso a trar suono da una specie
di
piva conosciuta presso gli antichi sotto il nome
ono da una specie di piva conosciuta presso gli antichi sotto il nome
di
tibia otricularia, cioè tibia coll’otre. « Il suo
ibia otricularia, cioè tibia coll’otre. « Il suolo sassoso, che serve
di
terrazzo alla composizione, ci richiama alla ment
anali del Citerone, del Tmolo, deirElicona e del Taigeto, e r epiteto
di
frequentatore di montagne, dato a Bacco dai Poeti
e, del Tmolo, deirElicona e del Taigeto, e r epiteto di frequentatore
di
montagne, dato a Bacco dai Poeti per dimostrare c
bia saputo l’arte ritrarre, è certamente il pargoletto Fauno coronato
di
edera, che seduto a terra con espressione maravig
no coronato di edera, che seduto a terra con espressione maravigiiosa
di
avidità si tracanna il vino da una tazza da lui c
antiche sanno combinare così i pregi opportì, perchè non perdono mai
di
vista il prototipo della più scelta natura. L’ az
iullo. « Sembrerà strano, cred’io, a chi non ha idea della negligenza
di
molti espositori di cose antiche, essere ancora u
rano, cred’io, a chi non ha idea della negligenza di molti espositori
di
cose antiche, essere ancora un Fauno il famoso Gi
ne sono state pubblicate finora. Darò fine all’istoria, ai monumenti
di
Bacco, e nel tempo stesso alla Mitologia Teologic
o descrivono: « Dall’altra parte la bella Arianna Con le sorde acque
di
Teseo si dole, E dell’aura e del sonno che la ing
palustre canna. Par che in atto abbia impresso tai parole: Ogni fiera
di
te meno è crudele; Ognun di te più mi saria fedel
tto abbia impresso tai parole: Ogni fiera di te meno è crudele; Ognun
di
te più mi saria fedele. Vien sopra un carro d’ell
dele; Ognun di te più mi saria fedele. Vien sopra un carro d’ellera e
di
pampino Coperto Bacco, il qual duo tigri guidano,
iotola, Qual ha preso una ninfa, e qual si rotola. Sopra l’asin Silen
di
ber sempre avido Con vene grosse, nere, e di most
tola. Sopra l’asin Silen di ber sempre avido Con vene grosse, nere, e
di
mosto umide, Marcido sembra, sonnacchioso e gravi
e di mosto umide, Marcido sembra, sonnacchioso e gravido. Le luci ha
di
vin rosse, enfiate e fumide. L’ardite Ninfe l’asi
Dobbiamo esser certi, che ancora degli ultimi avanzamenti negli studj
di
Mitologia farebbe tesoro il Niccolini, se vivendo
l Niccolini, se vivendo ricomponesse le sue Lezioni, perchè l’ingegno
di
lui, non ci stancheremo di ripeterlo, era altamen
omponesse le sue Lezioni, perchè l’ingegno di lui, non ci stancheremo
di
ripeterlo, era altamente progressivo. Vedi la nos
XI e XII, e nel Vol. 7.º il Proemio, pag. XII, ecc. ecc. 2. Lezioni
di
Mitologia a uso degli artisti, Firenze 1855, Barb
sua lettera bellissima e inedita. 5. Porfirio, adducendo l’opinione
di
Numerio intorno al racconto di Mosè sulla creazio
a. 5. Porfirio, adducendo l’opinione di Numerio intorno al racconto
di
Mosè sulla creazione, ove dicesi che lo spirito d
ntorno al racconto di Mosè sulla creazione, ove dicesi che lo spirito
di
Dio era portato sopra l’acque, narra che le divin
ato quel ch’egli insegnava del moversi la terra sopra l’acque a guisa
di
una nave; e di essa trovansi le traccio in alcuni
i insegnava del moversi la terra sopra l’acque a guisa di una nave; e
di
essa trovansi le traccio in alcuni monumenti dell
onumenti dell’antichità. Nella Villa Ludovisi vi ha una piccola Iside
di
marmo, che tiene sopra una nave il pie sinistro;
edi Luciano , De sacrificiis. 17. Jasione è figlio, secondo Isacio,
di
Minos e di Fronia. 18. Dalle saette formate in g
o , De sacrificiis. 17. Jasione è figlio, secondo Isacio, di Minos e
di
Fronia. 18. Dalle saette formate in guisa d’amo
rni Bacchici simili ai venatorii, e diversi dai teatrali, eran specie
di
stivaletti propri di chi frequentava la campagna,
i venatorii, e diversi dai teatrali, eran specie di stivaletti propri
di
chi frequentava la campagna, che difendevano i pi
Introduzione. Se col volgere degli anni si videro
di
quando in quando anche le Scienze pressochè tutte
carle l’Età trascorse. Non saprei però, se finalmente oggidì ciascuna
di
esse fosse da risguardarsi come a tale grado di p
mente oggidì ciascuna di esse fosse da risguardarsi come a tale grado
di
perfezione ridotta ; che più non abbisognasse di
si come a tale grado di perfezione ridotta ; che più non abbisognasse
di
lavoro alcuno. Tale per certo non è la Mitologia,
abbisognasse di lavoro alcuno. Tale per certo non è la Mitologia, il
di
cui studio è poi sì necessario a costituire l’uom
cui studio è poi sì necessario a costituire l’uomo erudito ; e capace
di
ravvisare molti preziosi avanzi della più rimota
i fatti se nell’ applicarsi a qualsivoglia Scienza quell’ordine prima
di
tutto conviene seguire ; il quale a guisa di lumi
ienza quell’ordine prima di tutto conviene seguire ; il quale a guisa
di
luminosa face suole guidare agevolmente il nostro
nosa face suole guidare agevolmente il nostro intelletto all’acquisto
di
ogni più sublime e difficile cognizione ; questa
ta esattezza d’ordine non venne fin’ora osservata dalla maggior parte
di
quegli Scrittori, che nella nostra Italiana favel
fabeticamente esposti, possono con tutta facilità offrirsi agli occhi
di
chi or l’uno or l’altro vuole separatemente conos
cui cosi concatenate risultassero, che potessero acquistarsi il nome
di
Mitologica Istoria. Ciò da alcuni già si fece ; m
l’opra loro non è poi così abbastanza compita, che non ci lasci privi
di
molte e molte interessanti cognizioni. Al difetto
olte e molte interessanti cognizioni. Al difetto loro pertanto tentai
di
supplirvi io : non che abbracciando siffatto argo
omento in tutta la sua estensione, v’abbia introdotta una connessione
di
Fatti in forma di perpetua, nè mai interrotta nar
sua estensione, v’abbia introdotta una connessione di Fatti in forma
di
perpetua, nè mai interrotta narrazione : disegno
utte le Favole ad un ragionato ordine, non omettessi nel tempo stesso
di
soddisfare anche a quelli, che bramosi di leggere
omettessi nel tempo stesso di soddisfare anche a quelli, che bramosi
di
leggere o questa solamente o quella, niente delle
ima si descrivono le Maggiori Divinità, e delle Minori pure per mezzo
di
Annotazioni al fine di ogni Capo, onde non interr
ggiori Divinità, e delle Minori pure per mezzo di Annotazioni al fine
di
ogni Capo, onde non interrompere il filo della le
terza finalmente trattasi delle Virtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali
di
questa vita, secondochè furono dal Gentilesimo di
à e là indicate, in guisa però, che non resti mai violata quell’unità
di
disegno, a cui mira la tessitura della presente I
eparatamente presa. Che se tra le Belle-Lettere alcune ve ne sono, il
di
cui principalissimo oggetto è quello di costituir
Lettere alcune ve ne sono, il di cui principalissimo oggetto è quello
di
costituire lo spirito virtuoso ; la Mitologia al
o spirito virtuoso ; la Mitologia al certo, facendoci ammirare quanto
di
bello la Grecia spezialmente e il Lazio cantarono
ad un eterno obblio, mentre se ne risvegliava la piacevole ricordanza
di
quello. Questo è ciò, di che c’instruiva anche M.
re se ne risvegliava la piacevole ricordanza di quello. Questo è ciò,
di
che c’instruiva anche M. Rollin, quando trattava
a promuovere i grandi oggetti del piacere e dell’utilità, altrettanto
di
attenzione vi si usa, affinchè varie altre di que
ll’utilità, altrettanto di attenzione vi si usa, affinchè varie altre
di
quelle o si mostrino corrette riguardo alle licen
zione sia per derivare alla presente Opera, p rchè spoglia comparisce
di
qualsivoglia spiegazione. Le rivoluzioni successi
i abbagli degli Etimologisti, l’iperbole sì familiare agli Entusiasti
di
ogni genere, tutto ciò concorse a stabilire la va
terreno ; esposto indifferentemente a tutti, e dove tutti credettero
di
scuoprirvi ciò che le loro idee, o i loro partico
carono lo scioglimento d’ogni Favoloso racconto ; altri si avvisarono
di
aver trovata la vera spiegazione delle Favole, me
me dunque in così oscure materie, e in mezzo a tanta e sì yaria copia
di
giudizj e opposizioni altrui, come non avrebbesi
ni altrui, come non avrebbesi a trovare vacillante e incerto il passo
di
chi volesse salire alla vera sorgente di siffatte
acillante e incerto il passo di chi volesse salire alla vera sorgente
di
siffatte Descrizioni ? La Pagana Teologia non è a
agana Teologia non è agli occhi delle persone sensate, che un tessuto
di
stravaganti idee, e un cumulo (come dice il saggi
uto di stravaganti idee, e un cumulo (come dice il saggio Fontenalle)
di
menzogne non meno strane, che manifeste. Il voler
gazione sarebbe lo steaso, che voler costituirsi interprete de’ sogni
di
chi delira. La migliore spiegazione (soggiunge He
spiegazione (soggiunge Heyne) che far si possa delle Favole, è quella
di
presentarle quali furono, seguendone la traccia e
, qualunque siasi lavoro, a cui lio da varj anni consecrato i ritagli
di
tempo, che le altre occupazioni della vita mi las
mpo, che le altre occupazioni della vita mi lasciavano, possa servire
di
gradimento agli amatori delle Belle-Lettere. I
i nozioni preliminari. L’Uomo volontariamente divenuto cieco
di
mente in mezzo a’ più evidenti lumi della natural
enti lumi della naturale ragione, ed empiamente costituitosi perverso
di
cuote, non ostante i possenti ajuti della Divina
ostante i possenti ajuti della Divina Grazia, perdette la giusta idea
di
quell’Ente unico e supremo, ch’è la causa prima e
l’Ente unico e supremo, ch’è la causa prima efficiente, e regolatrice
di
tutte le cose. Quindi in tale esecrando eccesso d
nte, e regolatrice di tutte le cose. Quindi in tale esecrando eccesso
di
follia ei cadde, che non isdegnò di ammettere con
Quindi in tale esecrando eccesso di follia ei cadde, che non isdegnò
di
ammettere con apertissima contraddizione più Natu
e con apertissima contraddizione più Nature Divine, nè ebbe in orrore
di
tributare alle più vili creature quel culto, che
enta mila ; e Plinio soggiunge, che più Dei si adoravano da’ Gentili,
di
quel che uomini v’avesseto sulla terra. Le tante
e’ sacri e profani Scrittori non lasciano stabilire con sicurezza chi
di
sì enormi delirj ne sia stato l’autore. Certo è,
latria è quasi così antica, come lo è il mondo ; ed è parimenti fuori
di
ogni dubbio, ch’essa con tale e sì ampio corso si
ate Deità ben presto si acquistarono quasi da per tutto immensa turba
di
adoratori. Queglino stessi, che saggi Filosofi er
fi erano creduti, mentre internamente deridevano il mostruoso ammasso
di
tante chimeriche Divinità, ad esse-poi con sacril
ere, Nettuno. Minerva, Marte, Vulcano, Mercurio, ed Esculapio. Dodici
di
questi si dissero Consenti, o perchè aveano il di
pio. Dodici di questi si dissero Consenti, o perchè aveano il diritto
di
prestare il loro assenso alle deliberazioni di Gi
rchè aveano il diritto di prestare il loro assenso alle deliberazioni
di
Giove(a), o perchè erano riputati assessori e con
oto(c) primi gli Egiziani a introdurre il culto a questi dodici Dei :
di
là passò poi nella Grecia, dove sino da’ tempi di
questi dodici Dei : di là passò poi nella Grecia, dove sino da’ tempi
di
Pisistrato fu loro dedicato in Atene un tempio. A
stessi vennero istituite le Feste Consenzie, così dette dal consenso
di
molti, i quali si facevano ad anorare questi Dei,
i divinizzati(a). I Romani innoltre ammisero tra’ loro Dei moltissimi
di
quelli delle altre Nazioni, e li chiamarono Aggiu
delle altre Nazioni, e li chiamarono Aggiunti. V’erano pure appresso
di
loro gli Dei Novensili, e questi al dire di Varro
ti. V’erano pure appresso di loro gli Dei Novensili, e questi al dire
di
Varrone erano quelli, che da’ Sabini si trasferir
riconoscono le nove Divinità, alle quali Giove accordò il privilegio
di
scagliare il fulmine(c). Servio poi per Dei Noven
gli Eroi e gli altri mortali, che per le loro esimie gesta meritarono
di
essere annoverati tra gli Dei(d). Più verisimile
venerarne anch’ eglino i Numi, così abbiano dato agli stessi il noms
di
Dei Novensili(e). Saturno. Saturno al dire
li stessi il noms di Dei Novensili(e). Saturno. Saturno al dire
di
Platone(a) era figlio di Oceano e di Teti ; ma Es
Novensili(e). Saturno. Saturno al dire di Platone(a) era figlio
di
Oceano e di Teti ; ma Esiodo nella sua Teogonia,
. Saturno. Saturno al dire di Platone(a) era figlio di Oceano e
di
Teti ; ma Esiodo nella sua Teogonia, ossia Canto
ore. Saturno lo fece perire. L’impeto del mondo passò allora appresso
di
lui, di Titano, e di Giapeto ; ma poi lo ritenne
urno lo fece perire. L’impeto del mondo passò allora appresso di lui,
di
Titano, e di Giapeto ; ma poi lo ritenne il solo
perire. L’impeto del mondo passò allora appresso di lui, di Titano, e
di
Giapeto ; ma poi lo ritenne il solo Saturno a pat
non lasciasse vivere alcun figliuolo maschio, affinchè il regno dopo
di
lui passasse a chi per diritto creditario apparte
no de’ proprj figli lo avrebbe scacciato dal regno(d). Tra’ figliuoli
di
Saturno, i quali incontrarono la trista sorte, si
divorò(a) (9). Una certa bevanda, che poi Meti, figlia dell’ Oceano e
di
Teti, gli somministrò, fece sì, ch’ egli restitui
ell’ Oceano e di Teti, gli somministrò, fece sì, ch’ egli restituisse
di
nuovo alla luce tutti i figliuoli, che avea divor
one, e unitosi quindi a’ suoi figliuoli, caricò Saturno, e sua moglie
di
pesanti catene. Giove però, raccolta una numerosa
ua moglie di pesanti catene. Giove però, raccolta una numerosa truppa
di
Cretesi e di altri esuli, debellò i Titani, e rim
pesanti catene. Giove però, raccolta una numerosa truppa di Cretesi e
di
altri esuli, debellò i Titani, e rimise sul trono
, debellò i Titani, e rimise sul trono il genitore. Questi per timore
di
esserne nuovamente da Giove stesso scacciato, com
(d). Il Nume, accolto benignamente da quel re, gl’ insegnò la maniera
di
vivere, e di coltivare le campagne. Giano in rica
accolto benignamente da quel re, gl’ insegnò la maniera di vivere, e
di
coltivare le campagne. Giano in ricambio lo assoc
a una nave, che ricordasse quella, su cui Saturno avea approdato alle
di
lui sponde(e) (14). Giano altresì instituì in ono
approdato alle di lui sponde(e) (14). Giano altresì instituì in onore
di
questo Nume le Feste Saturnali, le quali poi cont
ata ogni occupazione, si viveva solamente tra’ piaceri(15). La statua
di
Saturno, mentre tutto l’ anno vedeasi carita di c
iaceri(15). La statua di Saturno, mentre tutto l’ anno vedeasi carita
di
catene, simbolo di quelle, con cui egli era stato
ua di Saturno, mentre tutto l’ anno vedeasi carita di catene, simbolo
di
quelle, con cui egli era stato avvinto da Giove,
gli era stato avvinto da Giove, allora si scioglieva, per indicare la
di
lui liberazione, ovvero la libertà, di cui godeva
si scioglieva, per indicare la di lui liberazione, ovvero la libertà,
di
cui godevano allora spezialmente i Servi(16). Cos
Costoro in que’ giorni assumevano il berettino, detto pileo, simbolo
di
libertà appresso quelle Genti. Eglino venivano al
Sintesi(18) (a). Tra mezzo a tali Feste eravi anche un combattimento
di
Gladiatori(19). Gli Ateniesi pure celebrarono sim
stizione. Un empio e barbaro sentimento d’ omaggio versò sugli altari
di
lui sangue umano ; e i padri stessi col più feroc
ma, a Saturno eretta nella via, che conduceva al Campidoglio. Al dire
di
Festo correva fama, che la medesima fosse stata i
reva fama, che la medesima fosse stata innalzata dagli Epei, compagni
di
Ercole, o da Ercole stesso. Cerei pure ardevano i
il lume dell’ umana vita(e). Saturno rappresentasi sotto l’ aspetto
di
un vecchio incurvato, co’ capelli bianchi, con lu
erra(c). Cibele. Cibele nacque da Urano e da Titea, e fu moglie
di
Saturno. Venne così denominata dal monre Cibelo,
a Frigia, e sopra il quale fu da principio venerata(a). Sotto ii nome
di
questa Dea riconoscevasi la Terra, benchè questa,
riconoscevasi la Terra, benchè questa, come abbiamo osservato, fosse
di
lei madre ; ma non è da maravigliarsi, giacchè ap
appellò anche Tellure e Vesta(1), i quali nomi corrispondono a quello
di
Terra(b). Come Vesta, chiamata in vece da’ Greci
cchi opposti al Sole(i). Esso però si rinovava ogni anno alle Calende
di
Marzo(l). Il medesimo conservavasi sospeso in vas
alle Calende di Marzo(l). Il medesimo conservavasi sospeso in vasetti
di
terra(a), e vi si gettavano con profusione fiori
ed anche cose preziose. Dal crepitare diverso e dal diverso scherzare
di
quella fiamma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebb
mma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebbe da ciò origine quella spezie
di
Divinazione, chiamata Piromanzia.(4). Nel predett
a Piromanzia.(4). Nel predetto tempio non pote ano entrare gli uomini
di
notte, nè penetrare giammai in quella parte del m
ormata Giuturna(c) (6). Eravi finalmente appresso i Romani il costume
di
tenere il mentovato fuoco anche nell’ ingresso de
7) e dalle città, ove spezialmente era onorata. Ebbe innoltre il nome
di
Maja, ossia Magna-Madre, di Rea, di Buona-Dea, di
lmente era onorata. Ebbe innoltre il nome di Maja, ossia Magna-Madre,
di
Rea, di Buona-Dea, di Ope, e d’ Iside. Si chiamò
ra onorata. Ebbe innoltre il nome di Maja, ossia Magna-Madre, di Rea,
di
Buona-Dea, di Ope, e d’ Iside. Si chiamò Maja(h),
be innoltre il nome di Maja, ossia Magna-Madre, di Rea, di Buona-Dea,
di
Ope, e d’ Iside. Si chiamò Maja(h), ossia Magna M
sendo ella risguardata come la Genitrice comune degli Dei(i). Il nome
di
Rea le derivò dal verbo Greco rin, scorrere, perc
a terra(l). Venne denominata Buona Dea, perchè la terra è la sorgente
di
moltissimi beni(m) (8). Dalla voce latina opes, r
Isiaci, i quali menavano una vita assai austera : non facevano uso nè
di
sale, nè di vino ; vestivano di lino ; andavano c
ali menavano una vita assai austera : non facevano uso nè di sale, nè
di
vino ; vestivano di lino ; andavano colla testa r
a assai austera : non facevano uso nè di sale, nè di vino ; vestivano
di
lino ; andavano colla testa rasa ; e si cuoprivan
, chiamate Isie, nelle quali si portavano in giro vasi pieni d’orzo e
di
grano, perchè diceasi, ch’ ella ne aveva insegnat
vea un tempio, sacro sì a Lei, che a Serapide(12). Sotto il Consolato
di
Pisone e di Gabinio ne fu proibito il culto, ma p
o, sacro sì a Lei, che a Serapide(12). Sotto il Consolato di Pisone e
di
Gabinio ne fu proibito il culto, ma poi dall’ Imp
e di Gabinio ne fu proibito il culto, ma poi dall’ Imperatore Comodo
di
nuovo venne introdotto(f). E’ celebre il grande a
nde affetto, che Iside dimostrò ad Ifide. In Festo, Città dell’ Isola
di
Creta, dimorava un certo Ligdo, uomo oscuro e pov
à dell’ Isola di Creta, dimorava un certo Ligdo, uomo oscuro e povero
di
condizione, ma di costumi irreprensibile. Egli, v
reta, dimorava un certo Ligdo, uomo oscuro e povero di condizione, ma
di
costumi irreprensibile. Egli, vedendo gravida Tal
Nacque una bellissima bambina ; ma Teletusa, cui Iside avea commesso
di
serbarla in vita, destramente fece credere al mar
avea commesso di serbarla in vita, destramente fece credere al marito
di
aver partorito un bambino. Ligdo lo chiamò Ifide
ò Ifide ; e scorsi tredici anni, gli destinò in moglie Giante, figlio
di
Teleste, suo connazionale, la quale fralle giovan
Giante, figlio di Teleste, suo connazionale, la quale fralle giovani
di
Festo si decantava per la più bella. Teletusa, co
si decantava per la più bella. Teletusa, conoscendo l’ impossibilità
di
tale sposalizio, usò ogni studio per trarlo in lu
più differirlo, si recò colla figlia all’altare d’ Iside, e la pregò
di
soccorso. Uscì finalmente la madre dal tempio. La
nte in isposa(a) (13). Tra i molti, che si consecrarono al sacerdozio
di
Cibele, sono pur celebri i Galli, e le Vestali. I
lebri i Galli, e le Vestali. I primi furono detti Galli, perchè prima
di
sacrificare alla loro Dea beveano al fiume Gallo.
’ agitare che facevano il capo, mentre ballavano, e in mezzo il suono
di
timpani e altri musicali stromenti orribilmente u
donne, e andavano quà e là mendicando, fingendo che Cibele si cibasse
di
ciò che veniva loro offerto : dal che acquistaron
e di ciò che veniva loro offerto : dal che acquistarono anche il nome
di
Matragirti, ossia raccoglitori per la Madre, come
llana, che gli discendeva sino al petto, e da cui pendevano due busti
di
Ati(a). Era stato questi un bellissimo pastore de
a ne prese vendetta. Sangaride era una delle Ninfe Amadriadi. La vita
di
queste dipendeva dall’ esistenza di certe quercie
na delle Ninfe Amadriadi. La vita di queste dipendeva dall’ esistenza
di
certe quercie, cosicchè mancando queste, anche qu
Ninfe perivano. Cibele atterrò la quercia ; a cui era affissa la vita
di
Sangaride ; e questa più non esistette. Ati volev
o(c) (17). Quindi una delle ceremonie, che si praticavano nelle Feste
di
Cibele era il portare per la città un pino, e rip
Cibele era il portare per la città un pino, e riporlo poi dinanzi al
di
lei tempio. Questa ceremonia si appellava Dendrof
uegli, che portava l’albero(d). Gli anzidetti Sacerdoti oltre il nome
di
Galli ebbero anche quello di Dattili, d’ Idei, e
). Gli anzidetti Sacerdoti oltre il nome di Galli ebbero anche quello
di
Dattili, d’ Idei, e di Cureti. Dattili, perchè dà
oti oltre il nome di Galli ebbero anche quello di Dattili, d’ Idei, e
di
Cureti. Dattili, perchè dà principio erano solame
a nella Frigia ; appresso il quale soggiornavano ; Cureti dall’ Isola
di
Creta, ove poscia si trasferirono(e). Altri poi p
o fu affidato alla loro cura(b) : e quindi dicesi ch’ eglino al suono
di
certi scudi di bronzo solevano aggiungervi il can
lla loro cura(b) : e quindi dicesi ch’ eglino al suono di certi scudi
di
bronzo solevano aggiungervi il canto di certi ver
glino al suono di certi scudi di bronzo solevano aggiungervi il canto
di
certi versi, detti poscia Datsili, affinchè Satur
scia Datsili, affinchè Saturno, cui voleasi tenere occulta la nascita
di
quel bambino, non ne udisse i vagiti(c). Le Vesta
a Tarquinio Prisco alquanto dopo ve ne aggiunse altre due. La facoltà
di
eleggerle apparteneva prima a’ Re ; e scacciati q
ontefioi. Era vietato l’ammettervi quelle, cho non ancor aveano l’età
di
sei anni, o aveano oltre passati i dieci(d). Al m
passati i dieci(d). Al momento della loro elezione ricevevano il nome
di
Amata, la quale era stata la prima Vestale(e). Ad
la quale era stata la prima Vestale(e). Addette una volta al servigio
di
Vesta, doveano rimanorvi trenta anni, dieci per a
rarvi le altre, che vi si sostituivano. Il loro principale dovere era
di
serbarsi vergini, e di attendere alla conservazio
si sostituivano. Il loro principale dovere era di serbarsi vergini, e
di
attendere alla conservazione del sacro fuoco. Se
tia si affidava dal Sommo Pontefice a gravi Matrone le quali ambivano
di
averne la cura(b). Le Ve stali finalmente godevan
b). Le Ve stali finalmente godevano molti privilegi : avevane diritto
di
testamentare, anche essendo vivo il loro padre ;
era permesso il celebrare ogni anno le Feste Argee(c) (20). In onore
di
Cibele s’istituirono le Feste Vestalie, le Megale
a Dea Vesta ; gli asini si conducevano in giro per la città, coronati
di
fiori, e portando essi come certe collane, format
città, coronati di fiori, e portando essi come certe collane, formate
di
pane ; finalmente si ornavano le macine di corone
ome certe collane, formate di pane ; finalmente si ornavano le macine
di
corone(d). I Libri Sibillini(21) aveano predetto
e sempre più accresciuto, qualora avessero potuto trasferire appresso
di
se Cibele da Pessimunte, città della Galazia nell
enne nella propria casa, tinchè le si eresse un tempio(b). In memoria
di
tutto ciò Roma adottò le Feste, solite a celebrar
a, chiamata Lavazione, perchè essa consisteva nel lavare il simulacro
di
Cibele nel piccolo fiume Almone, che trovavasi su
allora ogni lutto e ceremonia funebre. Ciascuno innanzi al simulacro
di
Cibele faceva pompa di ciò che aveva di più prezi
remonia funebre. Ciascuno innanzi al simulacro di Cibele faceva pompa
di
ciò che aveva di più prezioso. Tutti vestivano a
Ciascuno innanzi al simulacro di Cibele faceva pompa di ciò che aveva
di
più prezioso. Tutti vestivano a loro capriccio, e
eramente usavano delle insegne delle dignità le più cospicue. Il fine
di
tali Feste era quello di ottenere in copia le fru
segne delle dignità le più cospicue. Il fine di tali Feste era quello
di
ottenere in copia le frutta dalla terra(e). Le Or
nche Fordicali, o Fordicidie(g). Una carestia avvenuta sotto il regno
di
Numa Pompilio diede occasione alle medesime. Quel
di Numa Pompilio diede occasione alle medesime. Quel re dell’ oracolo
di
Fauno, di cuì parleremo altrove, udi che per far
mpilio diede occasione alle medesime. Quel re dell’ oracolo di Fauno,
di
cuì parleremo altrove, udi che per far cessare qu
ar cessare quelle desolazione conveniva placaro Cibele col sacrifizio
di
due vittime, nate da una sola giovenca. Trenta di
bele col sacrifizio di due vittime, nate da una sola giovenca. Trenta
di
queste gravide s’immolarono in quel giorno, e la
a divenne nuovamente fertile(a). Cibele comparisce dipinta con corona
di
toni il capo, donde le derivò appresso i Greci il
erivò appresso i Greci il nome a Pirgofora, porta-torri (b), e quello
di
Turrita e le Turrigora appresso i Latini(c). Sta
onessa. Finalmente le si diede anche le scettro in mano. Le torri sul
di
lei capo indicano, che Cibe le fu la prima, che i
che Cibe le fu la prima, che insegnò a fortificare le città co mezzo
di
quelle(d). I due animali, da cui viene tirato il
le città co mezzo di quelle(d). I due animali, da cui viene tirato il
di
lei carro, ricordano Ippomene, figlio de Macareo
, ricordano Ippomene, figlio de Macareo o Megareo, e Atalanta, figlia
di
Scheneo re di Scito, cangiati da questa Dea negli
pomene, figlio de Macareo o Megareo, e Atalanta, figlia di Scheneo re
di
Scito, cangiati da questa Dea negli anzideetti an
gli altri prodotti della terra(f). Cerere. Cerere era figliuola
di
Saturno e di Cibele(a). Gli Antichi la venerarono
dotti della terra(f). Cerere. Cerere era figliuola di Saturno e
di
Cibele(a). Gli Antichi la venerarono come la Dea
a tutelare de’ campi(1), perchè fu la prima che insegnasse la maniera
di
seminare le biade per sostituirle alle ghiande, d
a(3), Persefone(c), e Core(4). A tale oggetto Cerere soleva accendere
di
notte due fiaccole sull’ Etna, monte della Sicili
due fiaccole sull’ Etna, monte della Sicilia, da cui esalavano globi
di
fuoco ; e però fu detta Tedifera(d). Il viaggio i
appressò ad una capanna per ricercarvi dell’acqua. Una vecchierella,
di
nome Baubo(c), prontamente ne la soddisfece, Ment
ntre Cerere si dissetava, il giovinetto Abante, figlio d’ Ipotoonte e
di
Metanira, si fece a motteggiarla di soverchia ing
tto Abante, figlio d’ Ipotoonte e di Metanira, si fece a motteggiarla
di
soverchia ingordigia. Se ne offese la Dea, e lo c
bbia nell’indicato modo castigato Abante, perchè quegli avea deriso i
di
lei sacrifizj(g). Anche Celeo, re d’ Eleusi, aven
endo sopra una pietra, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una delle
di
lui serve, cercò di rallegrarla con varj ridicoli
a, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò
di
rallegrarla con varj ridicoli racconti(a). La Dea
re quel re dell’ accoglienza, che le avea fatto, prese ad allevare il
di
lui figliuolo, Trittolemo(5) ; e volendo renderlo
l fuoco. Ne venne interrotta da Celeo(b), e in vece gl’insegnò l’arte
di
seminare il frumento(6). La stessa Dea gli sommin
dragoni alati(7), onde potesse indicare a tutti gli uomini la maniera
di
fare lo stesso(c). Trittolemo, scorse le Provinci
i, appenachè vide lo straniero, e ne intese il nome e il motivo della
di
lui venuta, arse d’invidia, ch’egli fosse autore
e il motivo della di lui venuta, arse d’invidia, ch’egli fosse autore
di
sì bel dono ; ma tuttavia, fingendo amicizia, lo
di sì bel dono ; ma tuttavia, fingendo amicizia, lo accolse appresso
di
se, per trucidarlo poi, qualora fosse caduto in p
o. Non vi riuscì però, poichè Cerere, la quale vegliava alla salvezza
di
Trittolemo, cangiò il perfido Linco in lince, ani
lla salvezza di Trittolemo, cangiò il perfido Linco in lince, animale
di
acutissima vista(d). Trittolemo poi, ritornato da
da’ suoi viaggi, restituì a Cerere il carro(8), e stabilì in Eleusi a
di
lei onore una festa(e) (9). Non altrimenti Cerere
quel tempo ignota a tutti gli uomini(f). La Dea inoltre volle, che i
di
lui discendenti, chiamati Fitalidi, presiedessero
olle, che i di lui discendenti, chiamati Fitalidi, presiedessero alle
di
lei sacre ceremonie : il quale onore fu loro conf
fu loro confermato da Teseo(a). Cerere pure si presentò a Plemneo, re
di
Sicione, e figlio di Perato, e veggendolo afflitt
Teseo(a). Cerere pure si presentò a Plemneo, re di Sicione, e figlio
di
Perato, e veggendolo afflittissimo, perchè tutti
cione, e figlio di Perato, e veggendolo afflittissimo, perchè tutti i
di
lui figliuoli, appena nati, morivano, si offerse
o, perchè tutti i di lui figliuoli, appena nati, morivano, si offerse
di
allevargli quello, che in que’giorni era comparso
Dea in Nettuno, il quale, trasformatosi in cavallo, la rendette madre
di
una figlia, che fu nominata Era(c). Altri dicono
i dicono che Cerere in quella circostanza abbia partorito un cavallo,
di
cui poscia così se ne vergognò, che copertasi di
artorito un cavallo, di cui poscia così se ne vergognò, che copertasi
di
nera veste, e fuggendo l’aspetto degli altri Numi
degli altri Numi, si nascose in oscurissima spelonca. La terra per la
di
lei assenza divenne sterile, e grave pestilenza i
ngo sarebbe il ridire quante terre e quanti mari girasse Cerere prima
di
ritornarsene in Sicilia. Non le restava più luogo
luogo ad esplorare nell’ Universo ; sicchè abbandonata ogni speranza
di
ritrovare la figlia, si fermò desolata presso una
rattanto la fronte dal fondo delle acque la Ninfa Aretusa, originaria
di
Pisa in Elide, e le natrò di aver véduto la di le
delle acque la Ninfa Aretusa, originaria di Pisa in Elide, e le natrò
di
aver véduto la di lei figliuola sedere in trono s
fa Aretusa, originaria di Pisa in Elide, e le natrò di aver véduto la
di
lei figliuola sedere in trono sposa di Plutone (a
, e le natrò di aver véduto la di lei figliuola sedere in trono sposa
di
Plutone (a). Pausania soggiunge, che fu la Ninfa
ania soggiunge, che fu la Ninfa Crisantide quella che indicò il ratto
di
Proserpina a Cerere, quando questa Dea giunse in
a a Cerere, quando questa Dea giunse in Argo appresso Pelasgo, figlio
di
Triopa (b). A sì tristo avviso restò per lungo te
tempo attonita la dolente madre, ma rasserenato poi lo spirito, volò
di
nuovo all’ Olimpo, e ricorse a’ Giove pet riavere
limpo, e ricorse a’ Giove pet riavere Proserpina, ch’ era pure figlia
di
hai. Il Nume promise di soddisfarla, qualora la g
e pet riavere Proserpina, ch’ era pure figlia di hai. Il Nume promise
di
soddisfarla, qualora la giovine non avesse gustat
ddisfarla, qualora la giovine non avesse gustato alcun cibo nel Regno
di
Plutone. Proserpina v’ avea mangiato alquante gra
o nel Regno di Plutone. Proserpina v’ avea mangiato alquante granella
di
melogranato. L’ avea veduta Ascalafo, partorito a
tto, e fu quindi da Proserpina cangiato in Gufo, uccello annunziatore
di
funesti eventi. Sembrava, che per Cerere dovesse
eventi. Sembrava, che per Cerere dovesse essere perduta ogni speranza
di
ricuperare la figlia ; ma Giove fece sì che per s
lia ; ma Giove fece sì che per sei mesi dell’ anno la avesse appresso
di
se la madre, e per altrettanti il marito (c). Cer
una statua, con tale artifizio formata, che chi la mirava, o credeva
di
vedere Cerere stessa, o la dilei effigie discesa
panda, perchè somministrava del pane a coloro, che si rifugiavano nel
di
lei asilo (b) (11). Si disse Mallofora, ossia por
o un gran tempio in Ermione, città della Laconia, nel quale ogni anno
di
Estate se ne celebrava la festa con una processio
uale ogni anno di Estate se ne celebrava la festa con una processione
di
Sacerdoti di varie Divinità e di Magistrati. Li s
o di Estate se ne celebrava la festa con una processione di Sacerdoti
di
varie Divinità e di Magistrati. Li seguivano uomi
lebrava la festa con una processione di Sacerdoti di varie Divinità e
di
Magistrati. Li seguivano uomini, donne, e fanciul
guivano uomini, donne, e fanciulli, vestiti a bianco, inghirlan, dati
di
fiori, e cantando inni. Venivano dietro giovenche
o, e successivamente vi s’ immolavano da quattro matrone (e). Il nome
di
Raria le derivò dal campo Rario in Eleusi, che fu
leusi, che fu il primo ad essere seminato da Trittolemo (f). In onote
di
Cerere s’instituirono varie altre Feste. Tra ques
dell’ Attica, ove si celebravano, ebbero per eccellenza anche il nome
di
Misterj, perchè in esse tutto era mistico. Dicesi
te dalla stessa Cerere ; altri dal re Eretteo ; altri da Museo, padre
di
Eumolpo ; altri dallo stesso Eumolpo(12). Si sole
vittime a Giove e a Cerere ; si facevano libazioni con due vasi pieni
di
vino, uno de’ quali versavasi dalla parte d’ Orie
iù volte fermandosi, cantando inni, e sacrificando (d). Ne’ sacrifizj
di
questa Dea si usavano corone di mirto o di narcis
ni, e sacrificando (d). Ne’ sacrifizj di questa Dea si usavano corone
di
mirto o di narciso, per ricordare la tristezza, a
ficando (d). Ne’ sacrifizj di questa Dea si usavano corone di mirto o
di
narciso, per ricordare la tristezza, a cui Cerere
so, per ricordare la tristezza, a cui Cerere soggiacque dopo il ratto
di
sua figlia. Queste Feste ebbero principio nell’ A
ossia bella danza, da’ balli sacri, che vi facevano le donne in onore
di
questa Dea. Non molto lungi eravi un sasso, chiam
to, su cui Cerere si riposò stanca e afflitta. Le stesse Feste furono
di
due sorta, maggiori e minori. Le maggiori, delle
ggiori, delle quali abbiamo fin’ ora parlato, s’instituirono in onore
di
Cerere, le minori in onore di Proserpina. Quelle
n’ ora parlato, s’instituirono in onore di Cerere, le minori in onore
di
Proserpina. Quelle si celebravano, come abbiamo d
queste in Agri, appresso il fiume Ilisso. Le minori erano una spezie
di
preparazione alle maggiori. Niuno poteva esservi
i secondi ne penetravano l’ interno, e loro dopo un anno si concedeva
di
poter conoscere i più occulti riti e ceremonie di
n anno si concedeva di poter conoscere i più occulti riti e ceremonie
di
tali Solennità. L’iniziazione si faceva di notte,
ù occulti riti e ceremonie di tali Solennità. L’iniziazione si faceva
di
notte, e ad essa non solo gli Ateniesi, ma tutti
zioni concorrevano (c). V’ erano ammesse anche le donne sotto il nome
di
Melisse. Credevasi, che l’essere fatto partecipe
nne sotto il nome di Melisse. Credevasi, che l’essere fatto partecipe
di
questi Misterj producesse una dolce tranquillità
e fatto partecipe di questi Misterj producesse una dolce tranquillità
di
vita in questo mondo, e la speranza di una miglio
ducesse una dolce tranquillità di vita in questo mondo, e la speranza
di
una migliore nell’ altra (d). Niuno poteva palesa
nza di una migliore nell’ altra (d). Niuno poteva palesare il secreto
di
quelle sacre ceremonie senza soggiacere alla pena
esare il secreto di quelle sacre ceremonie senza soggiacere alla pena
di
morte. Gl’ iniziati pure si coronavano di mirto,
senza soggiacere alla pena di morte. Gl’ iniziati pure si coronavano
di
mirto, e si cuoprivano di una veste nuova, la qua
a di morte. Gl’ iniziati pure si coronavano di mirto, e si cuoprivano
di
una veste nuova, la quale non deponevano, se non
lmente, che le predette Feste minori sieno state introdotte in grazia
di
Ercole, il quale per legge non poteva essere amme
to distance da Pellene, città dell’ Acaja. Si solemizzavano pel corso
di
tre giorni. Nel terzo le donne scacciavano dal te
i(a). Chi celebrava le Demetrie, si percuoteva con flagelli, composti
di
corteccie d’alberi (b). In Eleuti v’ erano pure a
cie d’alberi (b). In Eleuti v’ erano pure ad anore della stessa Dea e
di
Proserpina certi Giuochi(14) detti Demetrj, ne’ q
ferto era una Festa, in cui i Romani portavano delle spighe al tempio
di
Cerere (d). Le Tesmoforie furono così dette da Ce
a Trittolemo, re d’ Eleusi (g) (15). Si celebravano da donne nobili e
di
onesta vita, e due di loro ciascun giorno venivan
eusi (g) (15). Si celebravano da donne nobili e di onesta vita, e due
di
loro ciascun giorno venivano scelte a presiedervi
i loro ciascun giorno venivano scelte a presiedervi. Queste vestivano
di
bianco, ed erano obbligate a vivere tre o cinque
erdote, detto Stefanoforo dalla corona, che portava in capo. Al tempo
di
tali Feste le predette donne portavano sulla test
lligenia, che secondo alcuni fu nutrice, e secondo altri sacerdotessa
di
Cerere (a). Queste Feste si dissero anche Cereali
ue’ d’ Eleusi, consistevano in sactifizj, offerti alcuni giorni prima
di
seminare la terra. S’instituirono per comando di
alcuni giorni prima di seminare la terra. S’instituirono per comando
di
un certo vate, chiamato Autia, il quale asserì, c
o vate, chiamato Autia, il quale asserì, che quello era il solo mezzo
di
placare la Dea, che affliggeva tutta la Grecia co
llio (c). Le Ambarvali erano Feste o private, e si facevaco da’ padri
di
famiglia ; o pubbliche, e si solenizzavano da’ Fr
tre volte conducevano intorno alle stesse ne’ campi le vittime prima
di
sacrificarle. Un talé sacrifizio dicevasi Suoveta
di sacrificarle. Un talé sacrifizio dicevasi Suovetaurilio (d), ossia
di
una pecora, di un porco, e di un toro (e). Il sac
. Un talé sacrifizio dicevasi Suovetaurilio (d), ossia di una pecora,
di
un porco, e di un toro (e). Il sacrificatote, cor
fizio dicevasi Suovetaurilio (d), ossia di una pecora, di un porco, e
di
un toro (e). Il sacrificatote, coronato di querci
una pecora, di un porco, e di un toro (e). Il sacrificatote, coronato
di
quercia, seguito dal popolo, e saltando, intuonav
alcuna distinzione tralle Feste Ambarvali e le Amburbie (g). Al tempo
di
queste prima del sacrifizio si conduceva la vitti
iesi in memoria del dolore, che Cerere ebbe a soffrire per la perdita
di
sua figliuola (i). Tra’ varj tempj, eretti a Cere
nimali se ne cuopriva il pavimento, affinchè nol profanassero i piedi
di
coloro, che aveano commesso qualche delitto. Tre
che aveano commesso qualche delitto. Tre erano i principali Sacerdoti
di
questo Tempio, il Gerofante, il Daduco o Lampadef
to Daduco o Lampadeforo, ossia Porta-fiaccola, perchè nelle Solennità
di
questa Dea do vea portare una fiaccola, come face
vea portare una fiaccola, come faceva Cerere, quan do andava in cerca
di
Proserpina (b). Il terzo final mente si chiamò Ce
celebre il castigo, con cui Cerere puni il Tessalo Erisittone, figlio
di
Triope. Costui, com’ era disprezzatore di tutti i
Tessalo Erisittone, figlio di Triope. Costui, com’ era disprezzatore
di
tutti i Numi, così osò di tagliare anche un bosco
o di Triope. Costui, com’ era disprezzatore di tutti i Numi, così osò
di
tagliare anche un bosco a Cerere consecrato. Erav
sittone atterrò pure quell’ albero. Se ne sdegnò Cerere, e si propose
di
cruciarl col mezzo della Fame. Non conveniva però
a il Fato, che la Fame si unisse con Cerere ; quindi costei per mezzo
di
una delle Oreadi la eccitò a recarsi entro le vis
ei per mezzo di una delle Oreadi la eccitò a recarsi entro le viscere
di
Erisittone, nè a lasciarvisi giammai vincere dall
scere di Erisittone, nè a lasciarvisi giammai vincere dall’ affluenza
di
qualsivoglia cibo. Così avvenne : la Fame volò di
ere dall’ affluenza di qualsivoglia cibo. Così avvenne : la Fame volò
di
notte a spargere il suo veleno sopra lo scellerat
lerato, mentre dormiva. Appenachè egli si destò dal sonno, le viscere
di
lui si trovarono per avidità di mangiare in somma
è egli si destò dal sonno, le viscere di lui si trovarono per avidità
di
mangiare in somma agitazione e tormento. In mezzo
di mangiare in somma agitazione e tormento. In mezzo a immensa copia
di
cibi si querelava di trovarsi digiuno, e altri co
agitazione e tormento. In mezzo a immensa copia di cibi si querelava
di
trovarsi digiuno, e altri continuamente ne cercav
suo martirio. Di tutti i suoi beninon gli restava che una figliuola,
di
nome Metra, e questa pure egli vendette per isfam
questa pure egli vendette per isfamarsi. Ella però, de mal comportava
di
vivere in servitù, pregò Nettuno, che ne la liber
vestì da pescatore. Non molto dopo Metra ritornò alla primiera forma
di
donna ; ed Erisittone, avvedutosi del privilegio,
nna ; ed Erisittone, avvedutosi del privilegio, che godeva la figlia,
di
tramutarsi, di nuovo la vendette. Non cessava la
tone, avvedutosi del privilegio, che godeva la figlia, di tramutarsi,
di
nuovo la vendette. Non cessava la meschina di pre
figlia, di tramutarsi, di nuovo la vendette. Non cessava la meschina
di
prendere ora questo ed ora quell’ aspetto per ali
rdente, dall’ardore della sua fame (b). Cerere rappresentasi coronata
di
spighe, e con fiaccola accesa in mano. Altri la d
anche assisa sopra un carro, tirato da Dragoni alati, con un fascetto
di
papaveri nella destra, e una fiaccola nella sinis
nella sinistra. Le si dà il papavero, o perchè anche questo è simbolo
di
fertilità ; o perchè a Dea, addolorata per la per
to è simbolo di fertilità ; o perchè a Dea, addolorata per la perdita
di
Proserpina, nè potendo addormentarsi, usò di quel
ddolorata per la perdita di Proserpina, nè potendo addormentarsi, usò
di
quel fiore, che ha l’ittività di conciliare il so
rpina, nè potendo addormentarsi, usò di quel fiore, che ha l’ittività
di
conciliare il sonno (d). Giove. Moltissimi
onno (d). Giove. Moltissimi appresso gli Antichi ebbero il nome
di
Giove. Il Vossio ne numera trecento (a), Il famos
ssio ne numera trecento (a), Il famoso però, e quello, a cui le gesta
di
tutti gli altri si attribuiscono, è il figliuolo
o, a cui le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figliuolo
di
Saturno e di Cibele. Costei, per sottrarlo alla m
esta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figliuolo di Saturno e
di
Cibele. Costei, per sottrarlo alla morte, che Sat
abbiamo esposto, gli avrebbe dato, lo spedì secretamente nell’ Isola
di
Creta, in un antro del monte Ida, appresso i Cori
in un antro del monte Ida, appresso i Coribanti(1). Questi, fingendo
di
sacrificare, e strepitando con cembali e timpani,
o. Lattanzio dice, che ne furono incaricate Melissa e Amaltea, figlie
di
Melisseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il
e, che ne furono incaricate Melissa e Amaltea, figlie di Melisseo, re
di
Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume di mele e
tea, figlie di Melisseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume
di
mele e di latte di capri (c). Apollodoro, Grammat
e di Melisseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume di mele e
di
latte di capri (c). Apollodoro, Grammatico Atenie
sseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume di mele e di latte
di
capri (c). Apollodoro, Grammatico Ateniese, soggi
. Apollodoro, Grammatico Ateniese, soggiunge, che altre due figliuole
di
Melisseo, le quali furono Adrastea e Ida, atteser
o col latte della capra Amaltea (d). In Igino leggesi, che la nutrice
di
Giove fu Adamantea ; che questa sospendeva la cul
ove fu Adamantea ; che questa sospendeva la culla del bambino a’ rami
di
un albero, onde poter affermare a Saturno, che il
bambino a’ rami di un albero, onde poter affermare a Saturno, che il
di
lui figliuolo non trovavasi nè in cielo, nè sulla
rra, nè in mare ; e che finalmente ella, acciocchè non si udissero le
di
lui grida, radunava vicino a quell’ albero i giov
i udissero le di lui grida, radunava vicino a quell’ albero i giovani
di
que’ dintorni, e dava loro a suonare dei piccoli
o i giovani di que’ dintorni, e dava loro a suonare dei piccoli scudi
di
bronzo, e delle picche (a), Pausania numera trall
i scudi di bronzo, e delle picche (a), Pausania numera tralle nutrici
di
Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una st
i di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una statua nel tempio
di
Minerva presso i Tegeati (b). Aglaosténe nomina t
he Giove abbia per questo cangiato il loro colore, il quale prima era
di
ferro, in quello d’oro (g) (3). V’è finalmente ch
i, Ossa, Pelio, e Olimpo, e cominciarono a scagliare contro la Reggia
di
Giove grossi macigni ed alberi ardenti (a). Giove
precipitosamente quasi tutti a nascondersi in Egitto sotto la figura
di
varie piante e animali (b) (5). Correva fama allo
, quando non avesse avuto in suo ajuto qualche mortale. Per consiglio
di
Minerva si cercò di Ercole, il quale v’accorse, e
avuto in suo ajuto qualche mortale. Per consiglio di Minerva si cercò
di
Ercole, il quale v’accorse, e fece grande strage
lirono vivi sotto il monte Erna (c) (6). Passato il mondo dal governo
di
Saturno sotto quello di Giove, finirono le altre
te Erna (c) (6). Passato il mondo dal governo di Saturno sotto quello
di
Giove, finirono le altre tre età, l’una detta d’a
o di Giove, finirono le altre tre età, l’una detta d’argento, l’altra
di
bronzo o di r me, e la terza di ferro. In quella
finirono le altre tre età, l’una detta d’argento, l’altra di bronzo o
di
r me, e la terza di ferro. In quella d’argento si
e età, l’una detta d’argento, l’altra di bronzo o di r me, e la terza
di
ferro. In quella d’argento si abbreviò l’antica p
di ferro. In quella d’argento si abbreviò l’antica primavera ; quella
di
rame o di bronzo fu produttrice di genj bellicosi
In quella d’argento si abbreviò l’antica primavera ; quella di rame o
di
bronzo fu produttrice di genj bellicosi e feroci
breviò l’antica primavera ; quella di rame o di bronzo fu produttrice
di
genj bellicosi e feroci ; e quella di ferro diven
rame o di bronzo fu produttrice di genj bellicosi e feroci ; e quella
di
ferro divenne sorgente fonesta di tutte le scelle
genj bellicosi e feroci ; e quella di ferro divenne sorgente fonesta
di
tutte le scelleraggini (d). Giove quindi seppellì
uomini in un abisso d’acque, nè lasciò in vita che Deucalione, figlio
di
Prometeo (e) (7) e re della Tessaglia, e la di lu
che Deucalione, figlio di Prometeo (e) (7) e re della Tessaglia, e la
di
lui moglie, Pirra, nata da Epimeteo eda Pandora,
soli, i quali si fossero serbati senza colpa (f). Giove poi per mezzo
di
questi due ripopolò in maravigliosa guisa la terr
ione, in breve tempo si viddero cangiati in uomini, e in donne quelli
di
Pirra (a). Deucalione, allora offrì solenni sacri
lleno(c), e una figlia, Protogenia (d), che fu da Giove renduta madre
di
Etlio, padre di Endimione (e), del quale parlerem
figlia, Protogenia (d), che fu da Giove renduta madre di Etlio, padre
di
Endimione (e), del quale parleremo. In onore di G
madre di Etlio, padre di Endimione (e), del quale parleremo. In onore
di
Giove s’instituirono le Olimpiadi, ossia i Giuoch
agna d’Olimpia, città d’Elea, vicino al fiume Alfeo (f). Niente si sa
di
certo intorno all’origine di essi. V’è chi dice c
vicino al fiume Alfeo (f). Niente si sa di certo intorno all’origine
di
essi. V’è chi dice che uno de’Dattili, di nome Er
i certo intorno all’origine di essi. V’è chi dice che uno de’Dattili,
di
nome Ercole, trasferitosi con altri quattro suoi
Ercole, trasferitosi con altri quattro suoi fratelli dall’Ida, monte
di
Creta, in Elide, ivi li abbia introdotti (g). Alt
i disfece i Titani ; e soggiuagono che Apollo rimase allora vincitore
di
Mercurio nella Corsa, e Marte nel Pugilato (h). A
re Nettuno, che gli avea fatto conseguire in moglie Ippodamia, figlia
di
Enomao, come più diffusamente vedremo. Altri vogl
vedremo. Altri vogliono che sieno stati instituiti da Ercole, figlio
di
Alcmena, in onore di Pelope, da cui egli traeva o
ono che sieno stati instituiti da Ercole, figlio di Alcmena, in onore
di
Pelope, da cui egli traeva origine per parte di m
di Alcmena, in onore di Pelope, da cui egli traeva origine per parte
di
madre, e che i medesimi, essendo stati per qualch
ualche tempo sospesi, si sieno poi rinovati da Ifito o Ificlo, figlio
di
Ercole (a). Altri narrano, che Ercole li introdus
ere a’medesimi Giuochi, volle tuttavia farlo sotto le mentite spoglie
di
Atleta (d) (9). Col progresso poi del tempo anche
citori, fu una corona d’ulivo selvatico (f). Vi si diedero poi corone
di
gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di querc
a corona d’ulivo selvatico (f). Vi si diedero poi corone di gramigna,
di
salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma,
ulivo selvatico (f). Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio,
di
lauro, di mirto, di quercia, di palma, e di appio
atico (f). Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio, di lauro,
di
mirto, di quercia, di palma, e di appio. I medesi
Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto,
di
quercia, di palma, e di appio. I medesimi vincito
ro poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia,
di
palma, e di appio. I medesimi vincitori conseguir
e di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma, e
di
appio. I medesimi vincitori conseguirono altresì
’Elide. Era loro uffizio il dare degli avvertimenti agli Atleti prima
di
ammetterli a que’ Giuochi, e il farli giurare, ch
emo de’ Giuochi (a). Notiamo per ultimo che i Giuochi Olimpici furono
di
nuovo int rrotti a’ tempi di Corebo(b), e che si
per ultimo che i Giuochi Olimpici furono di nuovo int rrotti a’ tempi
di
Corebo(b), e che si ristabilirono da Climeno, fig
otti a’ tempi di Corebo(b), e che si ristabilirono da Climeno, figlio
di
Arcade, uno de’ discendenti d’Ercole Ideo (c). Tr
figlio di Arcade, uno de’ discendenti d’Ercole Ideo (c). Tralle Feste
di
Giove si fa menzione della Bufonia, così detta, p
ufonia, così detta, perchè si celebrava dagli Ateniesi col sacrifizio
di
molti buoi (d). La medesima Solennità chiamavasi
orzo mescolato con frumento. Tostochè uno de’ buoi, che dovei servire
di
vittima, mangiava di quel grano, il sacerdote con
umento. Tostochè uno de’ buoi, che dovei servire di vittima, mangiava
di
quel grano, il sacerdote con una scure feriva que
sere spezzata, e giudicando che il bue non avesse più a sopravvivere,
di
comune consenso lo sacrificavano (f). Altri dicon
iede, che intorno ad esso si facevano girare dei buoi, e che il primo
di
questi, il quale toccava quel cibo, veniva sacrif
i, il quale toccava quel cibo, veniva sacrificato. Tre soli, ciascuno
di
diversa famiglia, potevano fare in Atene siffatto
i, l’altro li feriva, e il terzo li sacrificava. Vuolsi che l’origine
di
tal ceremonia sia stata questa : un sacerdote di
Vuolsi che l’origine di tal ceremonia sia stata questa : un sacerdote
di
Giove, detto Taulone, o Diomo, o Sopatro, vide ma
n giudizio la scure, e si assolvette il Sacerdote (a). Tra’ Sacerdoti
di
Giove il maggiore si appellava Flamine Diale. Que
ed era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’era fregiato, usava
di
una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un a
ta tra tutti i Flamini. Chi n’era fregiato, usava di una veste reale,
di
una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La di l
hi n’era fregiato, usava di una veste reale, di una sefia d’avorio, e
di
un anello d’oro. La di lui beretta era formata de
a di una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La
di
lui beretta era formata della pelle di qualche bi
orio, e di un anello d’oro. La di lui beretta era formata della pelle
di
qualche bianca pecora, ch’egli avea sacrificato a
a stessa beretta v’avea una piccola verga d’ulivo ; ed egli solo avea
di
itto di portar a in ogni tempo, mentre gli altri
beretta v’avea una piccola verga d’ulivo ; ed egli solo avea di itto
di
portar a in ogni tempo, mentre gli altri Flamini
l suo Nume. Non poteva nè andare a cavallo, nè dormire la notte fuori
di
Roma, nè rimirare un esercito disposto in battagl
un luogo, ove vi giacesse un morto. Se alcun reo metteva piede nella’
di
lui casa, o si gettava a’ di lui piedi, non andav
morto. Se alcun reo metteva piede nella’ di lui casa, o si gettava a’
di
lui piedi, non andava più soggetto la meritato su
(a). Gli altri nomi, dati a Giove, sono pressochè innumerabili. Altri
di
essi gli derivarono, ov’ era in ispezial modo ven
Padre, e Re, perchè si considerava come il Sovrano degli altri Dei, e
di
tutti gli uomini (b). Gli si diede il nome di Sta
rano degli altri Dei, e di tutti gli uomini (b). Gli si diede il nome
di
Statore, ossia che ferma, perchè Romolo, combatte
i, ed essendo per rimanerne vinto, invocò Giove, acciocchè fermasse i
di
lui soldati, che cominciavano a darsi alla fuga.
olo alle falde del monte Palatino eresse al Nume un tempio col titolo
di
Giove Statore (c). La statua di questo Dio ivi st
o eresse al Nume un tempio col titolo di Giove Statore (c). La statua
di
questo Dio ivi stringeva una picca nella destra,
arciando contro Annibale, cadde col suo cavallo dinnauzi al simulacro
di
Giove Statore. I di lui soldati ebbero tal fatto
bale, cadde col suo cavallo dinnauzi al simulacro di Giove Statore. I
di
lui soldati ebbero tal fatto per infausto presagi
questo titolo Augusto gli alzò un tempio nel Campidoglio, in memoria
di
essere stato salvato dal fulmine, che colpì la di
idoglio, in memoria di essere stato salvato dal fulmine, che colpì la
di
lui lettica, e uccise chi la dirigeva, mentre egl
e, che colpì la di lui lettica, e uccise chi la dirigeva, mentre egli
di
notte viaggiava verso la Spagna (d). Vuolsi, che
Greco, citato da Plutarco, soggiunge, che Teseo le istituì in memoria
di
Ecale, donna vecchia e povera, ma virtuosissima,
, donna vecchia e povera, ma virtuosissima, la quale aveagli promesso
di
sacrificare ella stessa a Giove, se egli fosse ri
ì, primachè (g). Teseo ritornasse da quella spedizione. Prese il nome
di
Mecaneo dal verbo greco micanevome, intraprendere
proteggesse le imprese degli uomini. V’avea in Argo presso il tempio
di
Cerere un bronzo, che sosteneva le statue di Giov
in Argo presso il tempio di Cerere un bronzo, che sosteneva le statue
di
Giove, di Diana, e di Minerva (h). Appresso Pausa
esso il tempio di Cerere un bronzo, che sosteneva le statue di Giove,
di
Diana, e di Minerva (h). Appresso Pausania legges
io di Cerere un bronzo, che sosteneva le statue di Giove, di Diana, e
di
Minerva (h). Appresso Pausania leggesi, che quel
he gli Argivi dinanzi a quel simulacro, prima d’andarsene all’assedio
di
Troja, giurarono tutti di perire, piuttostochè ab
el simulacro, prima d’andarsene all’assedio di Troja, giurarono tutti
di
perire, piuttostochè abbandonare quell’impresa(a)
to dagli Antichi per lo stesso Cielo(b). Giove sulla più alla pendice
di
quel monte radunava sovente a consiglio gli altri
lla Città d’Olimpia il più magnifico tempio, che fu chiamato il Trono
di
Giove. Il Dio era ivi assiso sopra un trono, cint
Trono di Giove. Il Dio era ivi assiso sopra un trono, cinto la fronte
di
una corona, che imitava la foglia di ulivo. La st
sopra un trono, cinto la fronte di una corona, che imitava la foglia
di
ulivo. La stessa statua era d’oro e d’avorio. Ave
ria, parimenti d’oro e d’avorio ; nella sinistra uno scettro, formato
di
tutte le sorta di metalli Erano pur d’oro la capi
ro e d’avorio ; nella sinistra uno scettro, formato di tutte le sorta
di
metalli Erano pur d’oro la capigliatura e il mant
gliatura e il mantello del Nume (d). Questo simulacro era stato opera
di
Fidia, figlio di Carmida (e). Le fondamenta del p
tello del Nume (d). Questo simulacro era stato opera di Fidia, figlio
di
Carmida (e). Le fondamenta del predetto tempio fu
amenta del predetto tempio furono gettate da Pisistrato, e moltissimi
di
lui successori v’aggiunsero sempre qualche orname
Venne appellato Ideo dal monte Ida, ove fu allevato (i). Ne’ dintorni
di
Celeno, Città della Frigia, si aperse una vasta e
la libertà (b). Queste soleano essere celebrate appresso Asopo, fiume
di
Platea, da ambasciatori, spediti da quasi tutte l
essione, anounziata colle trombe. Vi concorrevano molti corri, ornati
di
ghirlande di fiori, e sopra uno di essi eravi rip
nziata colle trombe. Vi concorrevano molti corri, ornati di ghirlande
di
fiori, e sopra uno di essi eravi riposto un nero
i concorrevano molti corri, ornati di ghirlande di fiori, e sopra uno
di
essi eravi riposto un nero toro. Certi giovani po
si eravi riposto un nero toro. Certi giovani portavano dei vasi pieni
di
vino, di Iatte, d’oglio, e di profumi. V’interven
riposto un nero toro. Certi giovani portavano dei vasi pieni di vino,
di
Iatte, d’oglio, e di profumi. V’intervenive final
Certi giovani portavano dei vasi pieni di vino, di Iatte, d’oglio, e
di
profumi. V’intervenive finalmente il principale M
imban ivano un sacro convito, a cui ad alta voce invitavano le ombre
di
quegli Eroi (e). Fu detto Dodoneo, perchè in Dod
ttà della Tessaglia, da altri dell’Epiro (a), eravi una foresta piena
di
quercie, da dove credevasi che il Nume desse i su
e acque, le estingueva, e le riaccendeva estinte (d). La Sacerdotessa
di
quel luogo faceva credere, che il mormorio della
una venerabile quercia, donde dava le sue misteriose risposte(13). La
di
lei riputazione s’accrebbe ; s’alzò un tempio a G
stare maggiore riputazione all’anzidetto Oracolo. Si formò una statua
di
rame, che rappresentava Giove armato di una sferz
Oracolo. Si formò una statua di rame, che rappresentava Giove armato
di
una sferza dello stesso metallo. Essa ne’ giorni,
ta quercia, e si appendevano pure intorno alla medesima parecchi vasi
di
bronzo. La statua, scossa dal vento, percuoteva c
el concavo delle altre quercie circonvicine, rendevano la spiegazione
di
sì confusa armonia ; e per tale motivo tutti queg
ello stesso nome, che fu il primo ad alzargli un tempio (b). Appresso
di
questo scorreva una fonte indovina, detta l’ Acqu
sacro ministero (c). Nel mezzo al predetto tempio v’avea il simulacro
di
Giove, fonnato di bronzo, e fornito di pietre pre
). Nel mezzo al predetto tempio v’avea il simulacro di Giove, fonnato
di
bronzo, e fornito di pietre preziose. Il piedesta
tto tempio v’avea il simulacro di Giove, fonnato di bronzo, e fornito
di
pietre preziose. Il piedestallo del medesimo era
etre preziose. Il piedestallo del medesimo era d’oro, e avea la forma
di
navicella. Questo Nume ivi avea altresì cento are
a la forma di navicella. Questo Nume ivi avea altresì cento are e più
di
cento sacerdoti. La pelle di ariete gli cuopriva
to Nume ivi avea altresì cento are e più di cento sacerdoti. La pelle
di
ariete gli cuopriva la testa, e scendevagli pel d
testa dello stesso animale. Non si va d’accordo riguardo alla ragione
di
tale particolarità. Dicono alcuni, che Giove non
iove non volendo mostrarsi ad Ercole, suo figlio, il quale desiderava
di
vederlo, nè potendo più resistere alle di lui ist
figlio, il quale desiderava di vederlo, nè potendo più resistere alle
di
lui istanze, uccise un ariete, si ravvolse nella
istere alle di lui istanze, uccise un ariete, si ravvolse nella pelle
di
quello, e in tal guisa gli comparve (d). Altri so
soggiungono, che Bacco ne’ deserti dell’Arabia, trovandosi languente
di
sete, implorò l’ajuto di Giove. Questi sotto la s
e’ deserti dell’Arabia, trovandosi languente di sete, implorò l’ajuto
di
Giove. Questi sotto la sembianza di ariete percos
anguente di sete, implorò l’ajuto di Giove. Questi sotto la sembianza
di
ariete percosse col piede la terra, e così gli ad
e Oracolo, cui si facesse rispondere con più solennità, quanto quello
di
Giove Ammone, ma i suoi detti erano molto intrica
nava dove voleva andarsene ; e faceva altri moti, che interpretati da
di
lui Ministri, servivano di risposta a chi ne lo c
; e faceva altri moti, che interpretati da di lui Ministri, servivano
di
risposta a chi ne lo consultava. Così Alessandro
di risposta a chi ne lo consultava. Così Alessandro il Grande ottenne
di
essere da questo Oracolo dichiarato figliuolo di
ro il Grande ottenne di essere da questo Oracolo dichiarato figliuolo
di
Giove (b). Anche Iarba, re dell’Africa, pretenden
rato figliuolo di Giove (b). Anche Iarba, re dell’Africa, pretendendo
di
essere discendente dallo stesso Dio, gli eresse c
esse un altare, e gli sacrificò sul monte Aventino (a). Al soprannome
di
Elicio corrisponde quello di Epifane, ossia che a
cò sul monte Aventino (a). Al soprannome di Elicio corrisponde quello
di
Epifane, ossia che apparisce, in quanto che Giove
Luceno o Lucezio (c). Si disse Erceo, perchè si venerava in un luogo
di
ciascuna casa, chiuso all’intorno, e il quale chi
otivo della fame, Giove comparve a questi in sogno, e loro disse, che
di
tutto il frumento, il quale aveano, formassero de
Giove un’ara nel Campidoglio, e diede allo stesso Nume il soprannome
di
Pistore (e). Giove sotto il nome di Patroo avea n
de allo stesso Nume il soprannome di Pistore (e). Giove sotto il nome
di
Patroo avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo
rannome di Pistore (e). Giove sotto il nome di Patroo avea nel tempio
di
Minerva, eretto in Argo, una statua di legno, la
nome di Patroo avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua
di
legno, la quale oltre i due soliti occhi ne aveva
i Musici tra loro gareggiavano (b). Dicesi che Aristomene, cittadino
di
Messene, abbia sacrificato trecento uomini a Giov
l Lazio, ov’era sul monte Albano in singolare modo onorato. L’origine
di
siffatto culto si deriva da Tarquinio il Superbo.
ni, cogli Ernici, e co’Volsci, per assicurarne la perpetuità, propose
di
alzare a Giove sul predetto monte un tempio, che
lleati ogni anno avessero a radunarsi per sacrificarvi un toro, delle
di
cui viscere ne venisse distribuita a ciascun popo
tre, e finalmente quattro. In questo dì v’erano nel Campidoglio corse
di
quadrighe (f). Questi quattro giorni si denominar
ine(g). Tra’varj nomi, pe’ quali i Greci e i Romani giuravano, quello
di
Giove era uno de’ principali. Quindi questo Nume,
si nominò Orcio. Que’ d’ Olimpia aveano collocato nel loro Senato la
di
lui statua, e per inspirare alle genti maggior te
mani (h). Giove, per conservare la memoria della capra Amaltea, col
di
cui latte era stato nutrito nella suainfanzia, ne
tte era stato nutrito nella suainfanzia, ne cuoprì il suo scudo cotta
di
lei polle, e lo chiamò Egide. Da ciò anch’egli fu
che, offerse, il sacrifizio a Giove, e quelle tosto si ritiraro no al
di
là del fiume Alfeo (b) (16). E’stato detto Pluvio
Alfeo (b) (16). E’stato detto Pluvio ; ossia Piovoso, perchè in tempo
di
siccità se ne implorava la pioggia (c). Sotto que
a in Roma un altare nel tempio del Campidoglio, Narrasi, che l’armata
di
Trajano, vedendosi agli estremi della vita per ma
tosto discose dal Cielo dirottissima pioggia. Per eternare la memoria
di
tal fatto, si scolpì sulla colonna Trajana la fig
re la memoria di tal fatto, si scolpì sulla colonna Trajana la figura
di
questo Nume, e de’ soldati in atto di raccorre l’
sulla colonna Trajana la figura di questo Nume, e de’ soldati in atto
di
raccorre l’acqua nel concavo de’loro scudi (d). A
e), in tale occasione si faceva anche girare da’ sacerdoti per le vie
di
Roma con grande pompa la sacra Pietra, detta Mana
Manale, la quale trovavasi fuori della Porta Capena presso un tempio
di
Marre. Diceasi che subito dopo questa ceremonia s
api mediante la celebrazione de’ Giuochi Consnali(17), a’ quali molte
di
quelle erano concorse (a). I predetti popoli, par
molte di quelle erano concorse (a). I predetti popoli, par vendicarsi
di
siffatta violenza, portarono tosto le armi contro
si di siffatta violenza, portarono tosto le armi contro gli abitatori
di
Roma. Romolo li rispinse, uccise Acrone, re de’ C
ure eresse il primo tempio allo stesso Nume, e a questo diede il nome
di
Feretrio, dal verbo latino fero, porre. Da ciò ne
eretrio, dal verbo latino fero, porre. Da ciò ne avvenne, che anche i
di
lui posteri colà vi recavano le spoglie nemiche,
tina praeda, spoglia de’ nemici (c). Domiziano impose a Giove il nome
di
Conservatore, perchè credette, che lo avesse salv
o Capitolino (e). Servio Tullio ivi gli eresse un maestoso temoio, le
di
cui fondamenta erano sute gettate da Tarquinio Pr
al Senato. Alcuni poi pretendono, che lo dessero nello stesso tempio
di
Giove (b). In questo inoltre si pronunziavano i g
di Giove (b). In questo inoltre si pronunziavano i giuramenti solenni
di
fedeltà a’ magistrati. I Generali pure d’armata v
’ magistrati. I Generali pure d’armata vi porgevano i loro voti prima
di
andarsene al campo. Anche il Senato vi si radunav
ene al campo. Anche il Senato vi si radunava pertrattare degli affari
di
grande importanza (c). Di questo tempio finalment
Di questo tempio finalmente si racconta, che Tarquinio Prisco, prima
di
fondarlo, ordinò, che si rimovessero da quel luog
Dio Termine(22), e la Dea Ebe, riconosciuta da’ Romani sotto il nome
di
Giuventa, ossia Dea della Gioventù (23), non voll
o lasciati entro il recinto del nuovo tempio (d). L’immobile fermezza
di
Termine ebbesi per buon augurio della perpetuità
’altra dall’Imperatore Vespasiano, l’ultima da Domiziano(a). In onore
di
Giove Capitolino, che avea salvato il Campidoglio
salvato il Campidoglio dalle armi de’ Galli, il Senato per consiglio
di
Camillo instituì certi Giuochi, denominati Capito
stituì certi Giuochi, denominati Capitolini, e introdusse un Collegio
di
scelte persone, il quale ne regolava tutte le cer
tte le ceremonie (b). A Giove Capitolino si diede anche il soprannome
di
Ottimo Massimo (c). Si chiamò Licco dal monte Lic
eda, e Agno (d). Eravi colà una fontana, che avea il nome della terza
di
queste Ninfe. In tempo di siccità il Sacerdote di
à una fontana, che avea il nome della terza di queste Ninfe. In tempo
di
siccità il Sacerdote di Giove, dopo aver sacrific
il nome della terza di queste Ninfe. In tempo di siccità il Sacerdote
di
Giove, dopo aver sacrificato, agitava l’acqua di
siccità il Sacerdote di Giove, dopo aver sacrificato, agitava l’acqua
di
quella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da
er sacrificato, agitava l’acqua di quella fontana con un piccolo ramo
di
quercia. Da di là si alzava tosto una nuvoletta,
agitava l’acqua di quella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da
di
là si alzava tosto una nuvoletta, che andava cond
nte ebbe un tempio e un bosco. In questo chiunque metteva piede prima
di
aver fatto le dovute lustrazioni, necessariamente
nchè fossero opposti a’ raggi del Sole, producessero ivi alcuna ombra
di
se medesimi (f). Altri poi dicono, che Giove fu d
una certa palude, venivano da lui cangiati in lupi, e a que’medesimi
di
loro, i quali dopo nove anni nello stesso modo la
so modo la ripassavano, senza essersi mai per tutto quel tempo cibati
di
carne urnana, era pet virtù di lui restituita la
ssersi mai per tutto quel tempo cibati di carne urnana, era pet virtù
di
lui restituita la figura d’uomini (a). Ebbe il no
era pet virtù di lui restituita la figura d’uomini (a). Ebbe il nome
di
Lapide o Lapideo, perchè i Romani, quando stabili
vvero perchè Rea, come abbiamo raccontato, presentò a Saturno in vece
di
Giove una pietra, che fu da quello divorata (c).
pio vicino alla fontana Asbamea, amendue a lui sacri, presso la città
di
Tiana nella Cappadocia (d). Le acque della stessa
amente si denominava Atabiria (f). Colà avea Giove un tempio con tori
di
bronzo, i quali co’ loro muggiti predicevano le s
o muggiti predicevano le sventure (g). Tra Sigeo e Reteo, Proinontorj
di
Troja, sorgeva un ara sacra a Giove, appellato Pa
acra a Giove, appellato Panonfeo (h), o perchè egli ascoltava la voce
di
tutti, o perchè dalla voce di tutti era onorato (
eo (h), o perchè egli ascoltava la voce di tutti, o perchè dalla voce
di
tutti era onorato (i). Giove in un tempio di Terr
tti, o perchè dalla voce di tutti era onorato (i). Giove in un tempio
di
Terracina, città della Campania Romana, si venera
i Terracina, città della Campania Romana, si venerava sotto il titolo
di
Ansuro o Ansiro o Ansiro, ossia giovine e senza b
era anche tenuto per l’aria o pel Cielo. Quindi da lui sotto il nome
di
Mematte se no implorava in Atene la serenità con
solenni sacrifizj, detti parimenti Mematterj (a). Gli derivò il nome
di
Ceraunio, ossia Fulminatore, dal fulmine, il qual
fulmine, il quale veniva scagliato spezialmente da lui (b) (25). Que’
di
Megara eressero un tempio senza tetto a questo Di
ara eressero un tempio senza tetto a questo Dio : lo che diede motivo
di
chiamarlo Conio, ossia Polveroso (c). Venne denom
ssia Polveroso (c). Venne denominato Milichio, ossia Placido (d), e a
di
lui onore si celebrarono fuori della città d’Aten
vano solenni conviti e sacrifizj. L’oggetto delle medesime era quello
di
essere immuni da’ pericoli e disastri (e). Esichi
gli Ateniesi gli offrivano biade d’ogni sorte, oglio, e latte (h). La
di
lui statua si riponeva nel pubblico erario (i). E
). La di lui statua si riponeva nel pubblico erario (i). Ebbe il nome
di
Trifilio a cagione del magnifico tempio, ch’ egli
. Tarquinio il Superbo eresse a Giove un tempio in Roma sotto il nome
di
Giove Sponsore (b). Come tale presiedeva alla rel
libazioni agli Dei (a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati
di
doni, i quali da loro si conservavano poi con som
ma durante la solennità de’Lettisterni esercitavasi verso ogni ordine
di
persone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè
sone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè tutti potevano servirsi
di
ogni cosa che vi trovavano, senza però portarne v
no una religiosa ceremonia, praticata da’Romani spezialmente in tempo
di
pubbliche calamità per placare gli Dei. Essa cons
gli Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denominato il Convito
di
Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle a
banchetto, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue
di
lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel
le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio
di
Giove si drizzavano varj letti, affinchè stando s
passero della mensa, che veniva loro imbandita. Alle Dee però in vece
di
letti si preparavano dei sedili (f). Il presieder
lae, vivande (g), perchè eglino mangiavano i cibi, imbanditi al tempo
di
tale solennità agli Dei (a). Eglino erano da prin
(b). . Giove premiò in singolar modo la benevolenza esercitata verso
di
quelli. Egli e Mercurio sotto le sembianze di via
olenza esercitata verso di quelli. Egli e Mercurio sotto le sembianze
di
viaggiatori ricercatono alloggio da molte case in
sse Divinità, le quali chiesero, che fosse lasciata in vita. Alzatisi
di
mensa i due personaggi, si manifestarono per quel
abbassati gli occhi, viddero sommerse nelle acque tutte le abitazioni
di
que’ dintorni, fuorchè la loro capanna, la quale
vacchierelli, che ne divenissero i sacerdoti, e die dopo lungo tratto
di
vita avessero a morire nel medesimo istante, onde
rire nel medesimo istante, onde l’uno non avesse a soffrire il dolore
di
condurre l’altro alla tomba. Erano giunti all’est
adia Costui faceva morire tutti gli stranicri, i quali giungevano ne’
di
lui Stati. Giove sotto la figura d’uomo si recò s
iove sotto la figura d’uomo si recò sulla sera ad alloggiare appresso
di
lui. Licaone subito si propose di farlo perire ;
ò sulla sera ad alloggiare appresso di lui. Licaone subito si propose
di
farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se era
olle assicurarsi, se era egli un Nume, quale lo aveano riconosciuto i
di
lui sudditi : Stabilì quindi di ucciderlo, mentre
Nume, quale lo aveano riconosciuto i di lui sudditi : Stabilì quindi
di
ucciderlo, mentre dormiva, nè essendovi riuscito,
riuscito, fece un altro tentativo. Gli presentò sullamensa le membra
di
un giovane, che i Molossi aveano spedito agli Arc
o spedito agli Arcadi in ostaggio. Il Padre de’Numi, pieno d’orrore e
di
sdegno, scagliò in quello stesso istante un fulmi
pe’loro inganni e spergiuri. Costoro promisero con giuramento a Giove
di
ajutarlo, allorchè si accingeva a scacciare Satur
utarlo, allorchè si accingeva a scacciare Saturno dal trono ; ma dopo
di
aver ricevuti gli stipendj, gli mancarono di fede
urno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti gli stipendj, gli mancarono
di
fede, e presero innoltre ad insultarlo. Il Nume l
esso alla Sicilia, nelle quali coloro abitavano (a). Prometeo, figlio
di
Giapeto e Temide, o di Climene, o della Ninfa Asi
e quali coloro abitavano (a). Prometeo, figlio di Giapeto e Temide, o
di
Climene, o della Ninfa Asia (b), volle prendersi
Temide, o di Climene, o della Ninfa Asia (b), volle prendersi giuoco
di
Giove. Fece uccidere due tori ; riempì delle carn
rendersi giuoco di Giove. Fece uccidere due tori ; riempì delle carni
di
questi la pelle d’uno degli stessi, ne pose tutte
adirò, che tolse agli uomini il fuoco (c). Prometeo allora coll’ajuto
di
Minerva ascese in Cielo ; e, appressata una face
ia preso per animare gli uomini, che aveva formati (e). Giove, offeso
di
questo nuovo insulto, commise al Dio Vulcano, ch’
al Dio Vulcano, ch’ei pure formasse una donna, a cui si diede il nome
di
Pandora, ossia fornita di tutti i doni, perchè va
formasse una donna, a cui si diede il nome di Pandora, ossia fornita
di
tutti i doni, perchè varie Divinità la ornarono p
sia fornita di tutti i doni, perchè varie Divinità la ornarono poscia
di
molte belle prerogative. Costei venne da Mercurio
ice. Prometeo sprezzò il dono, e Pandora lo recò in vece ad Epimeteo,
di
lui fratello. Questi, spinto da stolta curiosità,
, spinto da stolta curiosità, aprì il vaso fatale ; e tutti subito da
di
là si sparsero sulla terra i rinchiusivi mali, nè
si sparsero sulla terra i rinchiusivi mali, nè altro restè nel fondo
di
quello che la speranza, unico conforto de’ miseri
ì, che quelle si riproducessero, onde il rapace uccello avesse sempro
di
che cibarsi. In quesco sì do loroso stato Promete
si nomina, Calamo, figlio del fiume Moandro. Egli amava Carpo, figlio
di
Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenere
alamo, figlio del fiume Moandro. Egli amava Carpo, figlio di Zefiro e
di
una delle Ore, da cui con pari tenerezza n’era co
te la vita. Calamo, inconsolabile per sì trista sventura, pregò Giove
di
togliere lui pure dal mondo, e di riunirlo all’am
per sì trista sventura, pregò Giove di togliere lui pure dal mondo, e
di
riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume lo cangiò i
e crescere lungo le rive de’ fiumi, e a cui diedesi parimenti il nome
di
Calamo (g). Giove amò altresì molte donne, e per
arie guise, come vedremo. Quì solamente ricordiamo, ch’egli s’invaghì
di
Leda, figlia di Testio, e moglia di Tindaro, re d
vedremo. Quì solamente ricordiamo, ch’egli s’invaghì di Leda, figlia
di
Testio, e moglia di Tindaro, re di Sparta (a) ; c
nte ricordiamo, ch’egli s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglia
di
Tindaro, re di Sparta (a) ; che cangiatosi in Cig
ch’egli s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglia di Tindaro, re
di
Sparta (a) ; che cangiatosi in Cigno, finse d’ess
iove rappresentasi in varie guise, ma la più comune è sotto la figura
di
maestoso personaggio, conlunga e folta barba, ass
egio scettro (c), ovvero con una Vittoria nella sinistra. Appresso al
di
lui soglio siede Eunomia, e vi sta osservando tut
iede Eunomia, e vi sta osservando tutte le azioni de’ mortali (d). A’
di
lui piedi vi sta pure un’Aquila colle ale spiegat
rasformò in Aquila per rapire Ganimede, figlio della Ninfa Calliroe e
di
Troe, re della Frigia(37), e per farsi porgere da
la Frigia(37), e per farsi porgere da lui in Cielo il nettare in vece
di
Ebe (f). L’Aquila talvolta stringe tragli artigli
collocata sulla cima dell’anzidetto scettro. Alcuni pongono appresso
di
Giove la Fama, figlia di Titano e della Terra, in
l’anzidetto scettro. Alcuni pongono appresso di Giove la Fama, figlia
di
Titano e della Terra, in qualità di sua ambasciat
appresso di Giove la Fama, figlia di Titano e della Terra, in qualità
di
sua ambasciatrice, colle ale sparse d’occhi, e co
. Giove finalmente fu rappresentato come fanciullo, che avea appresso
di
se la Capra Amaltes, e le Ninfe di Creta, me nutr
come fanciullo, che avea appresso di se la Capra Amaltes, e le Ninfe
di
Creta, me nutrici. Sotto questo aspetto Romolo gl
gliene presagì la futura vittoria (c) : lo che fece sì che l’effigie
di
un’ Aquila per volere dello stesso Nume divenisse
per volere dello stesso Nume divenisse anche l’Insegna militare nelle
di
lui posteriori spedizioni (d) (40). Secondo perch
è un’Aquila, come abbiamo osservato, gli somministrò il nettare nella
di
lui infanzia. Terzo perchè il Nume, come pure si
anzia. Terzo perchè il Nume, come pure si è riferito, sotto la figura
di
tal volatile rapì Ganimede. Evvi finalmente chi d
scuoteva gli onori divini, ed era in un tempio venerato sotto il nome
di
Giove Conservatore. Ciò talmente promosse lo sdeg
Aquila, gli affidasse la custodia del suo fulmine, e gli permettesse
di
avvicinarsi al di lui trono, quando voleva (e) (4
asse la custodia del suo fulmine, e gli permettesse di avvicinarsi al
di
lui trono, quando voleva (e) (41). Si può consid
(41). Si può consideraro come sacro a Giove anche il Nibbio, uccello
di
rapina. La terra avea prodotto un mostro, il qual
ichiarato, che colui, il quale avesse potuto abbruciarne le interiora
di
quel mostro, avrebbe anche potuto vincere gli Dei
d era anche per abbruciarne le interiora, quando un Nibbio per ordine
di
Giove le portò via. Giove stesso allora, dopo d’a
giore (a). Bacco. Furonvi molti, à quali venne imposto il nome
di
Bacco. Quegli però, di cui favellano tutti i Poet
Furonvi molti, à quali venne imposto il nome di Bacco. Quegli però,
di
cui favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al
ò, di cui favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al quale le gesta
di
tutti gli altri si attribuiscono, è il figlio di
e al quale le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figlio
di
Giove e di Semele (a) (1). Giunone, gelosa dell’a
le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figlio di Giove e
di
Semele (a) (1). Giunone, gelosa dell’affetto, che
ll’affetto, che Giove dimostrava per Semele, prese le sembianze della
di
lei nutrice, Beroe, e la eccitò a ricercare da qu
ove, che prevedeva quanto era per riuscirle fatale l’inchiesta, tentò
di
dissuadernela, ma sempre in vano. Ascese quindi s
ppena costei lo vide, che ne rimase incenerita(2). Era allora gravida
di
Bacco. Giove s’inserì tosto il non ancor maturo i
ue oscie (b) (3). Da ciò ne avvenne, che Bacco acquistò il soprannome
di
Pirisporo, ossia nato dal fuoco (c), e quello alt
l soprannome di Pirisporo, ossia nato dal fuoco (c), e quello altresì
di
Ditirambo, e di Bimatre. Fu detto Ditirambo, perc
Pirisporo, ossia nato dal fuoco (c), e quello altresì di Ditirambo, e
di
Bimatre. Fu detto Ditirambo, perchè essendo due v
imatre. Fu detto Ditirambo, perchè essendo due volte venuto al mondo,
di
questo per così dire ne avea passato due volte la
ipose, come abbiamo testè accennato, in una coscia, e ne fece le veci
di
madre(a). Alcuni dicono, che Bacco sia nato in Te
a la maggior patte soggiunge, ch’ ei trasse i suoi natali nella città
di
Nisa, donde prese poi il nome di Dionisio, per al
ei trasse i suoi natali nella città di Nisa, donde prese poi il nome
di
Dionisio, per alludere nello stesso tempo al padr
iama Dios (c). Neppure si va d’ accordo riguardo i nomi delle nutrici
di
Bacco. Ovidio dice, ch’ egli fu prima allevato da
ici di Bacco. Ovidio dice, ch’ egli fu prima allevato da Ino, sorella
di
Semele, e che da quella venne poi affidato alle N
Ino, sorella di Semele, e che da quella venne poi affidato alle Ninse
di
Nisa, dette Niseidi (d), o Nisiadi (e), le quali,
Niseidi (d), o Nisiadi (e), le quali, per sottrarlo alle persecuzioni
di
Giunone, lo nascosero ne’ loro antri, e lo alimen
loro antri, e lo alimentarono del proprio latte. Oppiano nomina come
di
lui nutrici, Ino, Autonoe, e Agave(f). Demarco sc
to dalle Ore (g). Luciano soggiunge, che Mercurio lo pottò alle Ninfe
di
Nisa(h). Altri sono di parere, che lo abbiano all
no soggiunge, che Mercurio lo pottò alle Ninfe di Nisa(h). Altri sono
di
parere, che lo abbiano allevato sette figlie di A
i Nisa(h). Altri sono di parere, che lo abbiano allevato sette figlie
di
Atlante, re della Mauritania, dette le Iadi, e le
ure, Pito, e Tiche o Tite(i) (4). V’ è chi asserisce, che nell’ Isola
di
Nasso ebbero cura della di lui infanzia le Ninfe,
) (4). V’ è chi asserisce, che nell’ Isola di Nasso ebbero cura della
di
lui infanzia le Ninfe, Filia, Coronide, e Clida(l
ida(l). Orfeo non nomina come tale, che Ippa(m). Finalmente Apollonio
di
Rodi vuole, che Bacco siasi portato nell’ Isola d
’ Aristeo, inventore del mele e dell’ olio(a). Una delle prime azioni
di
questo Nume fu quella di discendere nell’Inferno
mele e dell’ olio(a). Una delle prime azioni di questo Nume fu quella
di
discendere nell’Inferno per trarne fuori sua madr
lla di discendere nell’Inferno per trarne fuori sua madre. Nel tempio
di
Diana, eretto in Trezene, v’ aveano due altari, s
i Bacco avea ricondotto Semele sulla terra(b). Tralle altre gesta poi
di
lui la più celebre è la sua conquista dell’ Arcad
, con cui lo perseguitava Giunone. Egli radunò moltitudine d’uomini e
di
donne, e seco loro s’accinse alla grande impresa.
Idaspe, ed ei lo disectò. Conquistate le Indie, vi fabbricò la città
di
Nisa, ove insegnò l’arte di coltivare le viti : e
onquistate le Indie, vi fabbricò la città di Nisa, ove insegnò l’arte
di
coltivare le viti : e quindi fu venerato come il
re le viti : e quindi fu venerato come il Dio del vino(c). In memoria
di
tale conquista, per cui il Nume avea impiegato tr
te Trieteriche(d), o Triennie(e), o Trieteridi(f). Queste si facevano
di
notte solamente dalle matrone e dalle vergini, le
one e dalle vergini, le quali si abbandonavano allora ad ogni eccesso
di
frenesia(g). Bacco fu anche appellato Antio, Bris
o Evio, Tioneo, e Sabazio. Si chiamò Antio, ossia fiorito, perchè le
di
lui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Br
Antio, ossia fiorito, perchè le di lui statue in Atene erano coperte
di
fiori(a). Briseo, dal nome di una delle di lui nu
le di lui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome
di
una delle di lui nutrici ; o perchè aveva un temp
tue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome di una delle
di
lui nutrici ; o perchè aveva un tempio in Brisa,
nutrici ; o perchè aveva un tempio in Brisa, promontorio dell’ Isola
di
Lesbo ; o perchè egli fu il primo, che insegnò ag
empo delle quali si mangiava in pubblico, e ciascuno aveva la libertà
di
dire tutto quello, che voleva. Innoltre alcune ve
chie, coronate d’ ellera, stavano allora assise alla porta del tempio
di
Bacco, alzavano dinanzi a se un focolare, e invit
cco(b) (5) o Bromio (c), dallo strepito, che si faceva al tempo delle
di
lui solennità, ovvero da quello, che sogliono far
romio dalla Ninfa, Brome o Bromie, che lo educò(d). Dal predetto nome
di
Eleleo anche le di lui Sacerdotesse, delle quali
Brome o Bromie, che lo educò(d). Dal predetto nome di Eleleo anche le
di
lui Sacerdotesse, delle quali quanto prima parler
vino, ma anche de’ fichi (g). I Potniesi, mentre celebravano le Feste
di
Bacco, talmente si ubbriacarono, che ne uccisero
Nume tosto li afflisse con grave pestilenza. Consultarono l’ Oracolo
di
Apollo, e questo loro prescrisse d’ immolate a Ba
vinetto. Così per molti anni si fece da loro, e finalmente per volere
di
Bacco stesso sostituirono in luogo del giovinetto
o in luogo del giovinetto una capra, per cui il Nume acquistò il nome
di
Egobolo(h). Evante o Evio, perchè nel tempo delle
acquistò il nome di Egobolo(h). Evante o Evio, perchè nel tempo delle
di
lui Feste andavasi gridando evan, evan (i) : dond
elle di lui Feste andavasi gridando evan, evan (i) : donde anche alle
di
lui Sacerdotesse derivò il nome di Evanti(a). Alt
evan, evan (i) : donde anche alle di lui Sacerdotesse derivò il nome
di
Evanti(a). Altri dicono, che la voce Evio signifi
n quella circostanza siasi trasformato in leone, e abbia sbranato uno
di
que’ nemici(c). Tioneo, dal verbo Greco, thyn, sa
va sulta terra(d) ; ovvero dall’ essere stata anche chiamata Tione la
di
lui madre, Semele (e). Sabazio, da’ Sabi, gente d
Sabazj si appellarorono pure i sacrifizj, che gli si offerivano, e i
di
lui misterj(g) (6). Le altre Feste di Bacco furon
izj, che gli si offerivano, e i di lui misterj(g) (6). Le altre Feste
di
Bacco furono le Baccanali, le Scierie o Sciere, l
e nelle sacre ceremonie (a). Ne’ primi tempi si offriva un vaso pieno
di
vino, una cesta di fichi, e il sacrifizio di un I
onie (a). Ne’ primi tempi si offriva un vaso pieno di vino, una cesta
di
fichi, e il sacrifizio di un Irco, animale odioso
si offriva un vaso pieno di vino, una cesta di fichi, e il sacrifizio
di
un Irco, animale odioso al Nume, perchè esso sue
Feste si distinsero poscia in grandi e piccole (c). Queste servivano
di
preparazione a quelle(d), si celebravano in apert
anche. Lenee dal greco linos, torchio (e). Alle grandi davasi il nome
di
Dionisie, o Dionisiache dall’ anzidetto soprannom
davasi il nome di Dionisie, o Dionisiache dall’ anzidetto soprannome
di
Dionisio, proprio di Bacco ; e quelle si facevano
onisie, o Dionisiache dall’ anzidetto soprannome di Dionisio, proprio
di
Bacco ; e quelle si facevano nella Primavera (f).
allora d’ ellera. Non si udivano che voci clamorose, e forte strepito
di
timpani e tamburi. Alcuni ubbriachi comparivano v
e strepito di timpani e tamburi. Alcuni ubbriachi comparivano vestiti
di
pelli d’irco o di tigre, e colla testa entre le c
ani e tamburi. Alcuni ubbriachi comparivano vestiti di pelli d’irco o
di
tigre, e colla testa entre le corna di un giovane
vano vestiti di pelli d’irco o di tigre, e colla testa entre le corna
di
un giovane cervo (h). Un ragazzo sopra un carro,
ava Bacco, mentre altri gli saltellavano d’intorno sotto le sembianne
di
Satiri e di Fauni(8) (i). Un vecchio, che rappres
entre altri gli saltellavano d’intorno sotto le sembianne di Satiri e
di
Fauni(8) (i). Un vecchio, che rappresentava uno d
tutti all’ allegrezza. Si portavano certi altari, formati come ceppi
di
vite, e coronati anch’ essi d’ellera, su’ quali a
este mistiche(10) in queste Feste era solenne assai più che in quelle
di
qualunque altro Nume(a). Le predette racchiudevan
lle di qualunque altro Nume(a). Le predette racchiudevano le primizie
di
tutte le frutta, le quali si consecravano al Nume
ie di tutte le frutta, le quali si consecravano al Nume(b). La statua
di
Bacco era collocata sulla Tensa(11), tirata da an
no si celebravano in Alea, città d’Arcadia. Per comando dell’ Oracolo
di
Delfo allora le donne si battevano con verghe all
Oracolo di Delfo allora le donne si battevano con verghe all’ altare
di
Bacco, e la statua del medesimo si portava sotto
; eche le une e le altre si chiamassero anche Vinali(m) (12). Il nome
di
Apaturie derivò della voce, apati, inganne. La Be
a ad Atene per un Territorio limitrofo. Santio, re de’ Beozj, propose
di
dar fine al contrasto con un particolare com-batt
, che lo risiutò, fu deposto, e venne eletto Melanto Messenio, siglio
di
Neleo e di Periclimene, che lo accettò. Essendo s
siutò, fu deposto, e venne eletto Melanto Messenio, siglio di Neleo e
di
Periclimene, che lo accettò. Essendo sul punto di
, siglio di Neleo e di Periclimene, che lo accettò. Essendo sul punto
di
venire alle mani, Melanto tacciò Santio di aver v
accettò. Essendo sul punto di venire alle mani, Melanto tacciò Santio
di
aver violati i patti, avendo egli al suo fianco u
avendo egli al suo fianco un altro guerriero, coperto con nera pelle
di
capra. Santio girò il capo per vedere chi era sec
ra seco, e restò frattanto da Melanto ucciso. Gli Ateniesi in memoriz
di
questo avvenimento alzarono un tempio a Bacco Mel
esto avvenimento alzarono un tempio a Bacco Melanegiro, ossia vestito
di
ner a pelle di capra, perchè si credette, ch’ egl
o alzarono un tempio a Bacco Melanegiro, ossia vestito di ner a pelle
di
capra, perchè si credette, ch’ egli fosse allora
dopo la vendemia appresso i Pellenj, popoli d’Acaja. Si andava allora
di
notte con fiaccole accese al tempio di Bacco. In
poli d’Acaja. Si andava allora di notte con fiaccole accese al tempio
di
Bacco. In tutti i borghi della città si esponevan
io di Bacco. In tutti i borghi della città si esponevano anfore piene
di
vino, le quali servivano per i passeggieri. Da ta
perchè si gustava il vino : il secondo coa, cogno, ossia gran misura
di
vino, perchè ne’ conviti ciascuno bevea da una ta
a per lui solo. Voleasi cou ciò ricordare un fatto, avvenuto a’ tempi
di
Pandione, o come altri yogliono, di Demofconte, r
rdare un fatto, avvenuto a’ tempi di Pandione, o come altri yogliono,
di
Demofconte, re d’ Atene. Oreste, avendo ucciso su
del suo delitto, giunse in Atene, mentre si celebravano le solennità
di
Bacco. Pendione lo invitò a banchettare seco lui
banchettare seco lui ; ma temendo che gli altri convitati ricusassero
di
bere con Oreste, ordinò che a ciascuno di quelli
altri convitati ricusassero di bere con Oreste, ordinò che a ciascuno
di
quelli fosse dato un bicchiere : e così tolse l’i
besi potuto recare a quell’ ospite. In questo dì si faceva grande uso
di
vino, e chi nel bere superava ogni altro, consegu
chi nel bere superava ogni altro, conseguiva in premio un vaso pieno
di
vino, e una corona intrecciata di foglie, e la qu
conseguiva in premio un vaso pieno di vino, e una corona intrecciata
di
foglie, e la quale talvolta era anche d’oro. Anda
o chitra, ossia pignatta, perchè in essa si faceva bollire ogni sorte
di
legumi, e questi si offrivano in sacrifizio a Bac
o una festa particolare, ma con tal nome si chiamavano tutte le Feste
di
Bacco(a). Le Nittelie erano le Orgie, così dette,
cco(a). Le Nittelie erano le Orgie, così dette, perchè si celebravano
di
noste, correndo con torcla accese per Atene(b). C
che v’intervenivano, tenevano una tazza in mano, e faceano nel tempio
di
Bacco ampie libazioni. Tali Feste si celebravano
tempio nell’ Attica presso una Cittadella, detta Caria da Car, siglio
di
Foroneco(d). Le Agrionie o Agranie o Agrianie era
d’ellera. Elleno le cominciavano, corrando da tutte le parti in cerca
di
Bacco ; e non trovandolo, lo credevano ritirato a
nevano dégli enigmi e delle intricate questioni (f). Tra gli Orcomenj
di
Beozia v’ avea di particolate in queste Feste, ch
i e delle intricate questioni (f). Tra gli Orcomenj di Beozia v’ avea
di
particolate in queste Feste, che le donne n’erano
te in queste Feste, che le donne n’erano escluse. Quindi un sacerdote
di
Bacco con nuda spada le inseguiva, ed eragli perm
un sacerdote di Bacco con nuda spada le inseguiva, ed eragli permesso
di
uccidere tutte quelle, che poteva raggiungere. Co
e poteva raggiungere. Così fece Zoilo, Sacerdote Cheronese. Le figlie
di
Minia, che uecisero Ippaso, figlio di Leucippe, e
Sacerdote Cheronese. Le figlie di Minia, che uecisero Ippaso, figlio
di
Leucippe, e lo recarono sulla mensa furono con tu
. Tre vasi vuoti allora si riponevano nella Cappella del Nume a vista
di
tutti. I Sacerdoti ne sigillavano le porte. Al nu
. Al nuovo dì rientravano nella Cappella, e si trovavano i vasi pieni
di
vino(b). I Contadini dell’ Attica al tempo delle
al tempo delle vendemmie sacrificavano a Bacco un irco, e colla pelle
di
questo formavano un vaso, detto otre, ora gonfio
co, e colla pelle di questo formavano un vaso, detto otre, ora gonfio
di
sola aria, ora pieno di vino. Al di fuori lo unge
sto formavano un vaso, detto otre, ora gonfio di sola aria, ora pieno
di
vino. Al di fuori lo ungevano d’olio, e poi vi sa
o un vaso, detto otre, ora gonfio di sola aria, ora pieno di vino. Al
di
fuori lo ungevano d’olio, e poi vi saltavano sopr
Al di fuori lo ungevano d’olio, e poi vi saltavano sopra, studiandosi
di
rimanervi ritti con un solo piede. Chi cadeva, er
riportava in premio o quello stesso otre, o un altro, ma sempre pieno
di
vino. Questa Festa fu detta Ascolia dal greco ver
ri più alti e più vicini alle stesse vigne attaccavano certe figurine
di
Bacco, dette oscille per la piccolezza del loro v
, dette oscille per la piccolezza del loro volto(c). Le Sacerdotesse
di
Bacco si chiamarono Baccani,(a), Tiadi(b), Menadi
dicano il furore, a cui elleno si abbandonavano nel tempo delle Feste
di
Bacco(d). Pausania vuole, che sieno state dette T
ieno state dette Tiadi da una certa Tia, che fuila prima Sacerdotessa
di
Bacco(e). Le sole Tiadi aveano la cognizione dell
re Mimalloni(f) o Mimallonidi(g), Edonidi(h), e Bassaridi(i). Il nome
di
Mimallonidi derivò loro da Mimante, monte della J
’era stato solito a farsi vedere il loro Nume. Quindi vestivano pelli
di
tigri, portavano i capelli sparsi dietto le spall
gri, portavano i capelli sparsi dietto le spalle, cingevano la fronte
di
ellera, e di corna, ed aveano in mano delle fiacc
o i capelli sparsi dietto le spalle, cingevano la fronte di ellera, e
di
corna, ed aveano in mano delle fiaccole accese, o
lle fiaccole accese, o il tirso(l). Era questo un asta, attortigliata
di
frondi di vite o d’ellera(14). Edonidi poi erano
le accese, o il tirso(l). Era questo un asta, attortigliata di frondi
di
vite o d’ellera(14). Edonidi poi erano quelle, ch
e o d’ellera(14). Edonidi poi erano quelle, che celebravano i misterj
di
Bacco sul monte Edone, a’confini della Tracia e d
te Edone, a’confini della Tracia e della Macedonia(m). Ebbero il nome
di
Bassaridi, o perchè solevano cuoprirsi di una lun
acedonia(m). Ebbero il nome di Bassaridi, o perchè solevano cuoprirsi
di
una lunga veste, detta da’ Traci bassaride ; o da
mevasi anche col verbo bazin ; o perchè elleno si vestivano con pelli
di
volpi, dette in lingua Tracia bassari ; o finalme
o per aver un tempio in Bassata, borgo della Lidia(a). Tra’ Sacerdoti
di
Bacco il più famoso fu Coreso. Questi divenne tal
uesti divenne tale per l’amore, che nutriva per Calliroe, Principessa
di
Calidone, da cui però altro non otteneva che indi
, li riduceva finalmente a morte. Quella città, vedendosi in pericolo
di
divenire un deserto, consultò l’Oracolo di Dodona
ttà, vedendosi in pericolo di divenire un deserto, consultò l’Oracolo
di
Dodona ; e questo rispose, che si doveva placare
Oracolo di Dodona ; e questo rispose, che si doveva placare lo sdegno
di
Bacco col sacrificargli per mano di Coreso la gio
, che si doveva placare lo sdegno di Bacco col sacrificargli per mano
di
Coreso la giovine Calliroe, o qualche altro, che
ine Calliroe, o qualche altro, che avesse voluto sostituirono in vece
di
lei. Niuno avendo voluto farlo, fu condotta la Pr
Principessa all’altare ; ma Coreso, accesosi allora più d’affetto che
di
vendetta, rivolse contro di se medesimo il ferro,
Coreso, accesosi allora più d’affetto che di vendetta, rivolse contro
di
se medesimo il ferro, e cadde morto a’di lei pied
o egli la amava, nè volendo neppure ella sopravvivere a lui, si privò
di
vita appresso una fontana, che prese poi il di le
vivere a lui, si privò di vita appresso una fontana, che prese poi il
di
lei nome(b). Fu pure a Bacco molto caro Icario, o
di lei nome(b). Fu pure a Bacco molto caro Icario, o Icaro(c), figlio
di
Ebalo, re degli Spartani. Questi lo accolse nella
artani. Questi lo accolse nella sua casa, e il Nume gl’insegnò l’arte
di
fare il vino. Icario ne fece bere ad alcuni pasto
Attica in sì copiosa quantità, che si ubbriacarono. Egliso stimarono
di
essore stati avvelenati ; e dopo aver ucciso Icar
ristezza(a). Molti vennero puniti da Bacco, tra’quali Licurgo, figlio
di
Driante, e re degli Edonj, popoli vicinial predet
te, e re degli Edonj, popoli vicinial predetto monte Edone ; Cianippo
di
Siracusa ; Driope, figlia bellissima di Eurite ;
edetto monte Edone ; Cianippo di Siracusa ; Driope, figlia bellissima
di
Eurite ; Orfe e Lico, figlie di Dione, re di Laco
Siracusa ; Driope, figlia bellissima di Eurite ; Orfe e Lico, figlie
di
Dione, re di Laconia ; certi nocchieri della Lidi
riope, figlia bellissima di Eurite ; Orfe e Lico, figlie di Dione, re
di
Laconia ; certi nocchieri della Lidia ; Penteo, f
i Dione, re di Laconia ; certi nocchieri della Lidia ; Penteo, figlio
di
Echione e di Agave ; Alcitoe colle altre sorelle,
i Laconia ; certi nocchieri della Lidia ; Penteo, figlio di Echione e
di
Agave ; Alcitoe colle altre sorelle, dette Miniei
di da Minia, loro padre. Licurgo perseguitò sul monte Nisa Bacco e le
di
lui Sacerdotesse. Queste spaventate gettarono a t
asso(b). Il castigo, che n’ebbe Licurgo, fu, che Giove alle preghiere
di
Bacco lo rendette cieco, e lo fece morire di tris
che Giove alle preghiere di Bacco lo rendette cieco, e lo fece morire
di
tristezza(c). V’è chi dice, che Licurgo avea coma
fecero fare a brani da’cavalli(a). Cianippo avea disprezzato le Orgie
di
Bacco. Questi lo fece cadere in sì forte ubbriach
a nefanda scelleraggine. Lo stesso Nume desolò inoltre colla peste la
di
lui città. L’Oracolo, consultato sopra tale disas
si sarebbe placato, qualora non si fosse sacrificato Cianippo. Ciane,
di
lui figliuola, penetrata dall’infelicità de’suoi
isso, avuto da Andremone, e per divertirlo gli diede in mano un fiore
di
Loto(16), pianta sacra a Bacco. Il Nume se ne sde
sacra a Bacco. Il Nume se ne sdegnò, e convertì lei pure in un albero
di
Loto(c). Bacco, presentatosi a Dione, ne venne on
atosi a Dione, ne venne onorevolmente accolto. Il Dio s’invaghì della
di
lui figliuola, Caria ; ma non poteva mai trattene
Caria ; ma non poteva mai trattenersi con essa sola, perchè le altre
di
lei sorelle, Orfe e Lico, sempre glielo impedivan
rito anche Caria, e che l’abbia trasformata in albero, che ritenne il
di
lei nome(d) (17). Certi nocchieri della Lidia ric
o nel loro naviglio un fanciullo bellissimo. Era stato predato da uno
di
loro stessi, di nome Ofelte, in solitaria campagn
lio un fanciullo bellissimo. Era stato predato da uno di loro stessi,
di
nome Ofelte, in solitaria campagna ; e aggravato
allora immerso nel sonno. Il piloto della nave, cui Omero dà il nome
di
Medede(a), e Ovidio quello di Acete, lo riconobbe
piloto della nave, cui Omero dà il nome di Medede(a), e Ovidio quello
di
Acete, lo riconobbe per un Nume, e si fece a preg
vidio quello di Acete, lo riconobbe per un Nume, e si fece a pregarlo
di
ristorarli da’loro travagli marittimi, e di perdo
ume, e si fece a pregarlo di ristorarli da’loro travagli marittimi, e
di
perdonare a chi lo avea ivi trasportato. Dittide
he il giovinetto fosse posto in libertà ; ma vi si opposero gli altri
di
lui compagni, Libide, Melanto, Alcimedonte, Epope
alla patria. Allo strepito delle voci il fanciullo si destò, e chiese
di
essere condotto a Nasso. I nocchieri giurarono pe
di essere condotto a Nasso. I nocchieri giurarono per le marine Deità
di
compiacernelo ; ma poi presero, malgrado d’ Acete
risparmiò industria e sudori l’attonita ciurma per rimetterlo a forza
di
vele e remi in corso ; ma questi, e quelle si cuo
ò co’sacrifizj(d). Sparsasi la voce, che Bacco s’avvicinava alle mura
di
Tebe, il popolo corse ad incontrarlo con giulivi
sero dinanzi il Nume strettamente legato. Ritornati coloro, grondanti
di
sangue, riferirono di non averlo trovato, e gli p
trettamente legato. Ritornati coloro, grondanti di sangue, riferirono
di
non averlo trovato, e gli presentarono in vece un
sentarono in vece uno de’di lui seguaci. Penteo volle saperne il nome
di
lui, e quello de’genitori, la patria, e la ragion
ne plebea. Indi gli narrò le maraviglie, che Bacco avea operato nella
di
lui nave. Penteo, sciolto il freno ad un subitane
eo poi si recò al Citerone, monte, ove le Tebane celebravano le Feste
di
Bacco : e perchè quelle nol vedessero, montò sopr
Feste di Bacco : e perchè quelle nol vedessero, montò sopra un albero
di
un piccolo bosco(18). Agave tuttavia, di lui madr
ssero, montò sopra un albero di un piccolo bosco(18). Agave tuttavia,
di
lui madre, lo osservò, e fu la prima ad avventars
re, lo osservò, e fu la prima ad avventarsegli furibonda. Nè contenta
di
essere sola, chiamò anche in suo ajuto le due sor
brani(c). Avea intimato il sacro Ministro, che le padrone e le serve
di
Tebe ; abbandonato ogni lavoro, solennizzassero l
le serve di Tebe ; abbandonato ogni lavoro, solennizzassero le Feste
di
Bacco. Tutte ubbidirono ; le sole Minieidi ostina
i Bacco. Tutte ubbidirono ; le sole Minieidi ostinatamente ricusarono
di
farlo ; Ognuna di loro, per rendere frattanto le
idirono ; le sole Minieidi ostinatamente ricusarono di farlo ; Ognuna
di
loro, per rendere frattanto le ore meno nojose in
si fece a tenere vatj dilettevoli racconti, e tra questi la mutazione
di
colore delle more del Gelso(19). Rimbombò all’imp
loro tele divenivano verdi, e fronzute a foggia d’ellera, e che parte
di
esse si convertiva in viti, parte in tralci, e pa
rte in tralci, e parte in pampani. Sulla sera udirono uno scuotimento
di
tutta la casa. Questa comparve poscia illuminata
rve poscia illuminata da molte fiaccole, e si sentirono orribili urli
di
feroci belve. Le Sorelle smarrite a sì strano eve
ite a sì strano evento fuggirono a nascondersi ; ma in vano tentarono
di
sottrarsi alla pena, che sovrastava al loro delit
ro cangiate in Nottole(a) (20). Pausania riferisce, che queste figlie
di
Minia divennero allora sì acciecate, che estrasse
di Minia divennero allora sì acciecate, che estrassero a sorte quale
di
esso tre avrebbe dato uno de’proprj figliuoli a m
e sopra Leucippe, che sacrificò Ippaso, suo figlio(b). Tra’ figliuoli
di
Bacco si nominano Stafilo(21), e Narce(22). Plini
figliuoli di Bacco si nominano Stafilo(21), e Narce(22). Plinio parla
di
un tempio di Bacco nell’ Isola di Andro, appresso
Bacco si nominano Stafilo(21), e Narce(22). Plinio parla di un tempio
di
Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il quale v’a
filo(21), e Narce(22). Plinio parla di un tempio di Bacco nell’ Isola
di
Andro, appresso il quale v’avea una fontana, la d
Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il quale v’avea una fontana, la
di
cui acqua cangiavasi ogni anno in vino : qualità,
ttà della Focide, v’avea un celebre tempio, dedicato a questo Dio, il
di
cui sacrificatore prediceva l’avvenire. Pausania
are per guarire le loro malattie. Era pure sacra a Bacco una quantità
di
vasi, atti a contenere il vino. I più famosi però
vino. I più famosi però erano i Colatoi Vinarj(a). Questi erano vasi
di
sottilissimi e fitti buchi traforati, chiamati da
elle tazze delle mense(b). I poveri, non potendo procacciarsi Colatoi
di
rame, o d’altro metallo, usavano un panno, detto
mo detto, dipingesi ora giovine, ed ora vecchio. Cinge egli la fronte
di
corona, da cui pendono varj corimbi, ossia grappo
i, ossia grappoli d’ellera, per cui fu anche detto Corimbifero(d). Il
di
lui volto è rubicondo e allegro ; bionda la chiom
da la chioma, e ondeggiante sulle spalle(e). La sua veste è una pelle
di
pantera. Tiene in mano un tirso(23). Sta assiso s
inci(g). Virgilio dice che le redini del predetto carro crano formate
di
pampini(h). Fu talora questo Nume veduto anche co
o formate di pampini(h). Fu talora questo Nume veduto anche con corna
di
toro nella fronte, e tal’altra con testa dello st
ale(i). Finalmente gli si diede in mano un grappolo d’uva, o un corno
di
bue, perchè gli Antichi soleano bere con quello i
cco fu denominato Tauricorno(m). Giuonone Giunone era figliuola
di
Saturno e di Cibele (a). Variano gli Scrittori ne
nato Tauricorno(m). Giuonone Giunone era figliuola di Saturno e
di
Cibele (a). Variano gli Scrittori nel riferirci i
he la Dea fu allevata in Sinfalo, città d’ Arcadia, da Temeno, figlio
di
Pelasgo, il quale le alzò tre tempj sotto tre nom
o, come quanto prima riferiremo (g). Giove invaghitosi della bellezza
di
questa Dea, e volendo ridorla sensibile al suo am
al suo amore, rendette l’aria estremamente fredda, e sotto la figura
di
cuculo si rifugiò appresso Ia Dea. Questa, veggen
allora le sue premiere sembianze, e la sposò. Ciò avvenne nell’ Istmo
di
Corinto sul Tornace, monte della Laconia, il qual
a monte del cuculo (a). Per la medesima ragione gli Argivi nel tempio
di
Giunone posero la di lei statua sopra un trono co
). Per la medesima ragione gli Argivi nel tempio di Giunone posero la
di
lei statua sopra un trono collo scettro, e con un
la di lei statua sopra un trono collo scettro, e con un cuculo sopra
di
quello (b). Quando si celebrarono le nozze di Giu
, e con un cuculo sopra di quello (b). Quando si celebrarono le nozze
di
Giunone con Giove, Mercurio v’invitò tutti gli De
mini, e perfino tutti gli animali. La sola Ninfa. Chelone, se ne rise
di
tale matrimonio, nè volle intervenirvi. Mercurio
ise di tale matrimonio, nè volle intervenirvi. Mercurio portossi alla
di
lei casa, situata lungo le rive di un fiume, e la
tervenirvi. Mercurio portossi alla di lei casa, situata lungo le rive
di
un fiume, e la sommerse colla stessa Ninfa. Quest
inoltre, cangiata in Testuggine, fu costretta a sempre portare sopra
di
se la propria casa, e fu condannata in pena delle
e derisioni ad un perpetuo silenzio (c). Dicesi, che la maggior parte
di
quelli, che assistettero alle anzidette nozze, fe
presentarono dei pomi d’oro, raccolti dal loro giardino. La bellezza
di
quelle frutta talmente piacque alla Dea, che mand
na armonia con Giove, e unita a Pallade e a Nettuno perfino lo caricò
di
catene. Il Gigante Briareo però sciolse que’ceppi
due ancudini, che le pendevano a piedi (a). Gli altri Numi tentarono
di
scioglierle que’legami, ma non potetono mai riusc
d). E ben ebbero a sperimentame i tristi effetti anche Lamla, figlial
di
Nettuno (e) o di Belo o di Libia (f), e le Ninfa
a sperimentame i tristi effetti anche Lamla, figlial di Nettuno (e) o
di
Belo o di Libia (f), e le Ninfa Io, nata dal fium
tame i tristi effetti anche Lamla, figlial di Nettuno (e) o di Belo o
di
Libia (f), e le Ninfa Io, nata dal fiume Inaco e
(f), e le Ninfa Io, nata dal fiume Inaco e da Ismene, e sacerdotessa
di
questa Divinità (g). Lamia per la sua sorprendent
iore dell’ erà la trasse a forza in un bosco d’ Acaja, fra gli orrori
di
una caligine, fatta porgere all’ improvviso, dond
Nume stava conversando con una mortale(3). Giunone, sollecita sempre
di
Giove, lo andò cercando, nè potendolo trovare in
co, e ne sgombrò la caligine. Ma Giove ; il quale erasì accorio della
di
lei vesuta, avea giù cangiata Io in candida giove
ata Io in candida giovenca. Ammirò Giunonò sì vago animale, e chiese,
di
qual armento e pastoro egli fosse. Giove rispose,
i fosse. Giove rispose, che lo avea partorito la terra. Finse, la Dea
di
crederlo, e pregò il marito che a lei donasse que
mente cedette l’animale. Giunone lo diede in custodia ad Argo, figlio
di
Arestore, detto da’ Greci Panopte, ossia tutte oc
tta giovenca all’ importuno custode. Calò Mercurio. da Cielo in abito
di
pastore, e al suono di rusticale sampogna addorme
tuno custode. Calò Mercurio. da Cielo in abito di pastore, e al suono
di
rusticale sampogna addormentò tutti gli occhi d’
tò tutti gli occhi d’ Argo. Mentre però erasi per eseguire il comando
di
Giove, giovane Jerace svegliò Argo. Mercurio, non
vane Jerace svegliò Argo. Mercurio, non potendo più allora verificare
di
nascosto il suo furto, uccise quel custode(4), e
uel custode(4), e cangiò Jerace nell’ uccello a cui si diede il nonte
di
Sparviero (a) (5). Se ne afflisse Giunone, e racc
ti della terra, finchè si precipitò alla fine nel cuare, che dal nome
di
lei fu detto Jonio (a). I Poeti Greci pretendono,
da’ Latini Asilo, e dagl’ Italiani Tafano. Tale intetto è una spezie
di
mosca, ch’ estremamente traraglia i greggi (b). T
placò Giunone, restituì ad Io la priniera figura, e la rendette madre
di
Epafo (c) (6). Nè solemente gelosa, ma superba al
hè nacquero da Preto, re d’ Argo nel Peloponeso(8) ; Antigone, figlia
di
Laomedonte ; Aedoe, figlia di Pandareo Efesino, e
go nel Peloponeso(8) ; Antigone, figlia di Laomedonte ; Aedoe, figlia
di
Pandareo Efesino, e Politecno, artefie della citt
; Aedoe, figlia di Pandareo Efesino, e Politecno, artefie della città
di
Colofone nella Lidia ; e Sida, moglio el Gigante
e Pretidi preferirono la casa el loro padre alle ricchezze de Itempio
di
Giunone, overo, come vuole Igino, la loro bellezz
Dea. Giunone talmente agitò il loro pirito, che tutte due credettero
di
essere divenute iovenche, e si misero a correro p
ivenute iovenche, e si misero a correro per le campagne. Ina malattia
di
tal fatta era di gran dolore all’ aimo di Preto.
e si misero a correro per le campagne. Ina malattia di tal fatta era
di
gran dolore all’ aimo di Preto. Usò questi di tut
r le campagne. Ina malattia di tal fatta era di gran dolore all’ aimo
di
Preto. Usò questi di tutti i mezzi per uarirnele,
lattia di tal fatta era di gran dolore all’ aimo di Preto. Usò questi
di
tutti i mezzi per uarirnele, e perfino promise un
le in matrimonio a chi le avesse ritornate a salute. Melampode, aglio
di
Amitaone e di Dorippe, ne intrapreso la guarigion
io a chi le avesse ritornate a salute. Melampode, aglio di Amitaone e
di
Dorippe, ne intrapreso la guarigione.(9). Cominci
ndusse a felice esito l’impresa. Ebbe in isposa Ifianassa (a) (10) ma
di
ciò non contento, fece sì, che Preto cedesse un’a
ello, Biante (b) (11). Giunone cangiò Antigone in Cicognà per punirla
di
essersi paragonata a lei in bellezza (c). Aedone
c). Aedone e Politecno erano due sposi felici, ma da che si vantarono
di
amarsi piucchò Giove e Giunone, questa Dea mandò
nire una seuia curule, e la moglie la tessitura d’una tela. Proposero
di
gareggiaro, e stabilirono che chi di loro fosse p
tessitura d’una tela. Proposero di gareggiaro, e stabilirono che chi
di
loro fosse per compire più presto la sua opera, a
icercare a Pandareo l’altra una figliuola, Chelidone, fingendo che la
di
lei sorella desiderasse di vederla. La ottenne, l
una figliuola, Chelidone, fingendo che la di lei sorella desiderasse
di
vederla. La ottenne, la condusse in un bosco, le
La ottenne, la condusse in un bosco, le recise i capelli, la cuo prì
di
abbiette vesti, e dopo di averle minacciata la mo
n un bosco, le recise i capelli, la cuo prì di abbiette vesti, e dopo
di
averle minacciata la morte, se mai avesse indicat
, e dopo di averle minacciata la morte, se mai avesse indicata alcuna
di
tali cosa ad Aedone, appresso di questa la condus
morte, se mai avesse indicata alcuna di tali cosa ad Aedone, appresso
di
questa la condusse secondo il patto in qualità di
ad Aedone, appresso di questa la condusse secondo il patto in qualità
di
serva. La sorella, non ricono scendola, andava ag
ualità di serva. La sorella, non ricono scendola, andava aggravandola
di
fatiche e travagli continui. Udendola finalmente
stino, tali e sì pressanti ri cerche le fece, che venne in cognizione
di
tutte ciò, ch’erale accaduto. L’ una e l’altra ri
izione di tutte ciò, ch’erale accaduto. L’ una e l’altra risolvettero
di
far mangiare a Politecno l’unico suo figliuolo, I
Politecno se ne accorse, e perseguitò le due sorelle sino nella casa
di
Pandareo. Questi lo caricò di catene, gli unse’ i
rseguitò le due sorelle sino nella casa di Pandareo. Questi lo caricò
di
catene, gli unse’ il corpo di mele, e nudo Io las
ella casa di Pandareo. Questi lo caricò di catene, gli unse’ il corpo
di
mele, e nudo Io lasciò esposto in un campo. Aedon
ire, quando Giove, penetrato dalle triste disavventure della famiglia
di
Pandareo, cangiò in uccelli tutti quelli, che la
ce che Giunone fece perire Sida, perchè anche questa erasi millantata
di
essere più bella di lei. Benchè Giunone non sia q
perire Sida, perchè anche questa erasi millantata di essere più bella
di
lei. Benchè Giunone non sia quasi mai vissuta in
trimonj (c) (13). Quindi le si diedero i nomi d’ Iterduca o Domiduca,
di
Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite, di Popu
(13). Quindi le si diedero i nomi d’ Iterduca o Domiduca, di Pronuba,
di
Gamelia, di Curite o Quirite, di Populonia, di Fe
le si diedero i nomi d’ Iterduca o Domiduca, di Pronuba, di Gamelia,
di
Curite o Quirite, di Populonia, di Febroa o Febru
d’ Iterduca o Domiduca, di Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite,
di
Populonia, di Febroa o Februale o Februla o Febru
Domiduca, di Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite, di Populonia,
di
Febroa o Februale o Februla o Februata, d’ Opigen
di Populonia, di Febroa o Februale o Februla o Februata, d’ Opigena,
di
Lucina, d’ Unsia, di Giuga, e di Cinsia. Come Ite
roa o Februale o Februla o Februata, d’ Opigena, di Lucina, d’ Unsia,
di
Giuga, e di Cinsia. Come Iterduca (d) o Domiduca,
le o Februla o Februata, d’ Opigena, di Lucina, d’ Unsia, di Giuga, e
di
Cinsia. Come Iterduca (d) o Domiduca, avea cura,
e Pronuba, la invocarono gli sposi nel sacrifizio, che facevano prima
di
unirsi in matrimonio. Tale sacrifizio consisteva
offerire alla Dea porzione del capelli della sposa, e una vittima, il
di
cui fiele gettavasi lungi dal tempio, o a piedi d
desimo sacrifizio chiamavasi Eratelia da Era, nome proprio della Dea,
di
cui quanto prima parleremo, e da telos, voce, che
to prima parleremo, e da telos, voce, che anticamente usavasi in vece
di
gamos, nozze : onde Eratelia secondo tale etimolo
va sacrifizio fatto a Giunone, preside delle nozze (b). Anche il nome
di
Gamelia la caratterizza tale. Sotto questo titolo
a, perchè era spezialmente invocata dal popolo (b) (14). Ebbe il nome
di
Februa o Februalo o Februla o Februata, perchè pr
minarono, perchè in modo particolare era onorata co sacrifizj il mese
di
Febbrajo (d). Fu chiamata Opigena a cagione dell’
icono, che fu così detta, perchè nacque da Ope (f). Le derivò il nome
di
Lucina, ed anche di Lucezia, perchè si credeva, c
etta, perchè nacque da Ope (f). Le derivò il nome di Lucina, ed anche
di
Lucezia, perchè si credeva, ch’ella conferisse la
non potevano più partorire. Un augure sacrificò un becco. Colla pelle
di
questa vittima furono sferzate quelle donne, ed e
icesi che da ciò ne sia derivato, che le donne, le quali desideravano
di
aver prole, si sottomettessero a’colpi di sferza,
onne, le quali desideravano di aver prole, si sottomettessero a’colpi
di
sferza, che i Sacerdoti del Dio Pane(15) al tempo
a tutti coloro, che incontravano per istrada (h) (17). Sotto il nome
di
Unsia presiedeva all’ unzione, che faceva la spos
ella Dea era tenuta da’ Romani in grande venerazione, nè alcuno osava
di
toccarla (f). Come Era ottenne in Argo, in Samo,
tenne in Argo, in Samo, ed in Egina cette Feste, dette Eree. Al tempo
di
queste que’ d’ Argo, dopo d’averle offerto il sac
acrifizio, detto Ecatombe(19), si disputavano ciascun anno una corona
di
mirto, e uno scudo di bronzo, preposto in premio
mbe(19), si disputavano ciascun anno una corona di mirto, e uno scudo
di
bronzo, preposto in premio a chi ascendeva sul te
preposto in premio a chi ascendeva sul teatro, penetrava in un luogo,
di
cui n’era difficile l’ingresso, e staccava uno sc
resso, e staccava uno scudo, che colà era confiscato. Un’ altra Festa
di
questo nome ogni cinque anni sì celebrava in Elid
inocchia. Quella, che vinceva, ridevea una corona d’ulivo, e porzione
di
un bue sacrificato, e potea consecrare alla Dea l
lei, ma ella vi dimostrava sempre una forte resistenza. Citerone, re
di
Platea nella Beozia, e il più astuto di que’ temp
orte resistenza. Citerone, re di Platea nella Beozia, e il più astuto
di
que’ tempi, lo consigliò che formasse una statua
, e il più astuto di que’ tempi, lo consigliò che formasse una statua
di
legno, che la vestisse pomposamente, e che la fac
lui (a). E perchè Citerone n’era stato l’autore, perciò ella dal nome
di
lui fu detta Citeronia (b). Giove poi per ricompe
lebrò la Festa delle Dedali (così anticamente si chiamavano le statue
di
legno) per onorare la memoria della predetta rico
attordici delle principali città, della Grecia preparavano una statua
di
legno, adoma de’ più ricchi abbigliamenti. Nel gi
doma de’ più ricchi abbigliamenti. Nel giorno della Festa una Matrona
di
ciascuna città, coperta di lunga veste, e seguita
amenti. Nel giorno della Festa una Matrona di ciascuna città, coperta
di
lunga veste, e seguita da numerosa moltitudine di
cuna città, coperta di lunga veste, e seguita da numerosa moltitudine
di
Beozj, portava la statua sull’ anzidetto monte, o
portava la statua sull’ anzidetto monte, ove stava preparato un Rogo
di
straordinaria grandezza. Là s’immolavano quattord
i veneravano prima d’ intraprendere alcuna fabbrica (a) (21). Il nome
di
Lacinia le derivo da Lacinio, promontorio d’ Ital
animali, parimenti sacri alla Dea. Plinio aggionge, che sull’ingresso
di
quel tempio si trovava un’ara allo scoperto, su c
no de’ quali si fabbricò da C. Cornelio. Dicono, che i Consoli, prima
di
assumere la loro carica, v’ andassero ad offerire
uoi limiti (e). Ebbe il nome d’ Imbrasia dal fiume Imbraso nell’Isola
di
Samo, in cui i Sacerdoti lavavano la statua di qu
ume Imbraso nell’Isola di Samo, in cui i Sacerdoti lavavano la statua
di
questa Dea ; e però quelle acque erano riputate s
stodime il tempio. Gli Argivi promisero ad alcuni Tirreni gran sonina
di
danaro, se avessero rubato quella statua, sperand
gran sonina di danaro, se avessero rubato quella statua, sperando poi
di
far postare ad Adniete la pena del furto, e di ve
a statua, sperando poi di far postare ad Adniete la pena del furto, e
di
vendicersi così della di lei fuga. Coloro vi rius
far postare ad Adniete la pena del furto, e di vendicersi così della
di
lei fuga. Coloro vi riuscirono ; ma trasportata l
o, un castigo della Dea, ne deposero a terra la statua, e procurarono
di
placare da Deità, cui essa rappresentava. Sul far
orse, che mancava nel tempio la statua. Subito ne diede avviso a que’
di
Samo. Costoco, avendola trovata sulla spiaggia de
i ogni anno portavano la medesima statua sulle rive del mare ; e dopo
di
a verle offerto certe focacce, la riportavano a s
avano a suo luogo (a). Vuolsi che sia stata detta Feronia dalla città
di
questo nome, situata alle radici del monte Soratt
la città di questo nome, situata alle radici del monte Soratte, nella
di
cui sommità ella aveva un tempio (b) (22). Non si
dosi il volto e le mani nella fontana sacra, che scorreva al lato del
di
lei tempio (c). Virgilio racconta, che rimasto co
la statua ; ma che essendosi lo stesso bosco all’ improvviso coperto
di
foglie, la statua fu fasciata, dov’ era (a). Stra
fatti liberi, tenevano Feronia per loro protettrice e assumovano nel
di
lei tempio il pileo (c). Era chiamata Boopide, pe
(d). Si diceva Calendaride, perchè le erano consecrati i primi giorni
di
ciascun meso, denominael Calende (e). Allora le s
ra (f). Al tempo della guetra degli Arunci i Romani furono minacciati
di
grande terremoto Giunone li avvertì, che per allo
idoglio (h). Suida dà un origine differente sì al nome, che al tempio
di
Moneta. I, Romani, dio’ egli, mauravano d’argento
to. Così avvenne ; e i Romani onorarono quindi la Dea sotto il titolo
di
Moneta, cominciarono a coniare le monete nel di l
a Dea sotto il titolo di Moneta, cominciarono a coniare le monete nel
di
lei tempio, e la venerarono, come preside alle me
tumio Livio, Dittatore de’ Fidenatì, il quale, accampatosi alle porte
di
Roma, ricercò al Senato le madri di famiglia, e I
il quale, accampatosi alle porte di Roma, ricercò al Senato le madri
di
famiglia, e Ie figlie loro. Una schiava, di nome
icercò al Senato le madri di famiglia, e Ie figlie loro. Una schiava,
di
nome Filotide o Tutela o Retania (a), accitò le a
di nome Filotide o Tutela o Retania (a), accitò le altre sue compagne
di
vestire gli abiti delle padrone, e di offerirsi a
), accitò le altre sue compagne di vestire gli abiti delle padrone, e
di
offerirsi a’ nemici, come le : elleno fossero que
o quelle, ch’ eglino ricercavano. Distribuise tralle milizie, finsero
di
celebraro tra loro una festa, e talmente ubbriaca
cemente riuscito, prese dal predetto albero ad onorarla sotto il nome
di
Caprotina, e a lei instituì un sacrifizio, il qua
, furono marine a spese del pubblico erario, ed ebbero la permissione
di
vestire gli abiti delle Matrone Romane (b). Ebbe
missione di vestire gli abiti delle Matrone Romane (b). Ebbe il nome
di
Lanuvia per cansa del tempio che aveva in Lanuvio
a venerare Giunone Lanuvia. Cicerone dice, che ivi la Dea era vestita
di
una pelle di capra, armata di un’asta e di uno sc
unone Lanuvia. Cicerone dice, che ivi la Dea era vestita di una pelle
di
capra, armata di un’asta e di uno scudo(a). Fu de
cerone dice, che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata
di
un’asta e di uno scudo(a). Fu detta Tropea, perch
che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata di un’asta e
di
uno scudo(a). Fu detta Tropea, perchè presiedeva
(a). Fu detta Tropea, perchè presiedeva a’ trionfi, e perchè al tempo
di
quelli le si offerivano dei sacrifizj (b). Si den
le si offerivano dei sacrifizj (b). Si denominò Conservatrice, perchè
di
cinque cerve colle corna d’oro, alle quali Diana
saglia, una ne venne salvasa da Giunone (c). Derivò a Giunone il nome
di
Natale dall’esiere onorata da ognuno nel di lui g
Derivò a Giunone il nome di Natale dall’esiere onorata da ognuno nel
di
lui giorno natalizio (d) (23). Si chiamò Acrea, p
), che poi nestò connimato dalle fiamme(25). Era pur celebre la festa
di
questa Dea in quella città Essa consisteva in una
buoi inghirlandati precedevano pel sacrifizio, le carni de’ quali si
di
stribuivano poi in gran parte agli assistenti. Se
i di stribuivano poi in gran parte agli assistenti. Se guiva un corpo
di
giovani Argivi, coperti d’armi, che deponevano pr
o un cantico composto de Livio Poeta. Mentro lo imparavano nel tempio
di
Giove Statore, cadde un fulmine su quello di Giun
lo imparavano nel tempio di Giove Statore, cadde un fulmine su quello
di
Giunone Regina nell’Aventino. A questo avveniment
ini, i quali risposero, che le Dame Romane doveano placare la sorella
di
Gìove con sacrifizj e offerte. Presentarono quest
Apollo nella città per la porta Carmentale. Si portarono due immagini
di
Giunone Regina, fatte di cipresso. Seguirono poi
porta Carmentale. Si portarono due immagini di Giunone Regina, fatte
di
cipresso. Seguirono poi le ventisette giovani con
cemviri le accompagnarono, coronati d’alloro, e colla veste ricamata
di
porpora. Questa processione, dopo essersi fermata
ata di porpora. Questa processione, dopo essersi fermata nella piazza
di
Roma, ove le predette giovani ballarono, continuò
a di Roma, ove le predette giovani ballarono, continuò sino al tempio
di
Giunone. Le vittime furono scannate da’ Decemviri
o di Giunone. Le vittime furono scannate da’ Decemviri, e le immagini
di
cipresso vennero collocate nel tempio. Giunone ne
o, in cui, gettandosi delle focacce, se queste s’immergevano, ciò era
di
buon augurio ; se altrimenti, di cattivo (a). Giu
ce, se queste s’immergevano, ciò era di buon augurio ; se altrimenti,
di
cattivo (a). Giunone fu altresì onorata in Olimpi
artagine. Si pretendeva che la Dea avesse presieduto alla costruzione
di
questa città, e che la proteggesse al pari dell’I
costruzione di questa città, e che la proteggesse al pari dell’Isola
di
Samo. Avea ivi un tempio magnifico, che Didone av
’Isola di Samo. Avea ivi un tempio magnifico, che Didone aveva ornato
di
pitture, le quali rappresentavano i principali av
le quali rappresentavano i principali avvenimenti dell’ultima guerra
di
Troja (b). Ebbe pure nell’Isola di Lesbo un tempi
ali avvenimenti dell’ultima guerra di Troja (b). Ebbe pure nell’Isola
di
Lesbo un tempio, in cui le donne si radunavano pe
uno de’quali le sta anche d’appresso (e). Cinge la fronte con diadema
di
rose e di gigli (f). Talvolta in figura di giovin
li le sta anche d’appresso (e). Cinge la fronte con diadema di rose e
di
gigli (f). Talvolta in figura di giovinetta colle
inge la fronte con diadema di rose e di gigli (f). Talvolta in figura
di
giovinetta colle ali spiegate e di varj colori st
e di gigli (f). Talvolta in figura di giovinetta colle ali spiegate e
di
varj colori sta a’ di lei piedi Iride, soprannomi
ta in figura di giovinetta colle ali spiegate e di varj colori sta a’
di
lei piedi Iride, soprannominata Taumanziade (g),
ziade (g), o Taumantide (a), perchè nacque da Taumante. Era questa la
di
lei ambasciatrice (b) (26). Tralle altre Ninfe, l
tà dell’Argolide (e). Plutone. Plutone fu considerato figliuolo
di
Saturno e di Cibele. Egli, come abbiamo detto, re
ide (e). Plutone. Plutone fu considerato figliuolo di Saturno e
di
Cibele. Egli, come abbiamo detto, regna nell’ Inf
no e di Cibele. Egli, come abbiamo detto, regna nell’ Inferno(a) (1),
di
cui è bellissima la descrizione, che ce ne dà Vir
ne, che ce ne dà Virgilio(b). Due porte, dic’ egli, ha l’Inferno, una
di
corno e l’altra d’avorio. All’ ingresso dello ste
no la loro abitazione le Furie(5), le Arpie(6), la Chimera(7), l’Idra
di
Lerna(8) ; le Gorgoni(9), le Parche(10), e gli De
a i condannati a ingiusta morte, e quelli, che, stanchi delle miserie
di
quaggiù, spontaneamente si privarono di vita. Sta
i, che, stanchi delle miserie di quaggiù, spontaneamente si privarono
di
vita. Stannovi d’ appresso i campi, abitati dagli
rada apresi in due : alla destra v’ è quella, che conduce alla Reggia
di
Plutone, e a’ Campi Elisj, pieni d’ogni puro piac
a avvi quella, che mette all’ orrida carcere, detta il Tartaro(19), e
di
cui abbiamo favellato. Un altro luogo finalmente
hè nè la menzogna, nè la calunnia possono mai introdurvisi. I Giudici
di
colà sono Minos, primo re di Creta, siglio di Gio
nnia possono mai introdurvisi. I Giudici di colà sono Minos, primo re
di
Creta, siglio di Giove, e di Europa ; Radamanto,
introdurvisi. I Giudici di colà sono Minos, primo re di Creta, siglio
di
Giove, e di Europa ; Radamanto, di lui fratello ;
. I Giudici di colà sono Minos, primo re di Creta, siglio di Giove, e
di
Europa ; Radamanto, di lui fratello ; ed Eaco, na
o Minos, primo re di Creta, siglio di Giove, e di Europa ; Radamanto,
di
lui fratello ; ed Eaco, nato dalla Ninfa Egina(20
o Dio, che, aprendosi la terre in voragini, penetrasse qualche raggio
di
luce giù negli abissi, e mettesse in iscompiglio
. Quivi lungo le rive del lago Pergusa(b), o Pergo, vicino alla città
di
Enna, Proserpina, figlia di Giove e di Cerere, ga
go Pergusa(b), o Pergo, vicino alla città di Enna, Proserpina, figlia
di
Giove e di Cerere, gareggiava colle compagne(21)
b), o Pergo, vicino alla città di Enna, Proserpina, figlia di Giove e
di
Cerere, gareggiava colle compagne(21) in cogliere
la memoria, fece germogliare negli Elisj un pioppo, cui diede il nome
di
quella Ninfa(b). Quindi Omero dà al pioppo il sop
e il nome di quella Ninfa(b). Quindi Omero dà al pioppo il soprannome
di
pianta Acherusia, ossia infernale (c). Varj altri
che una sola volta si discende all’ Inferno(g). Gli si diede il nome
di
Februo, attesochè i Romani gli sacrificavano nel
iede il nome di Februo, attesochè i Romani gli sacrificavano nel mese
di
Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero anche Qu
i Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero anche Quietale, perchè nel
di
lui regno, ossia dopo morte si gode perfetto ripo
dell’ opulenza(b) (24). Finalmente fu detto Giove Stigio(c). In onore
di
Plutone si celebrarono i Giuochi Taurilj(d) o Tau
ni de’ tori allora immolati. Tali Giuochi sempre si celebravano fuori
di
Roma nel Circo Flaminio, onde gli Dei Infernali,
il loro nome da Terento, luogo del Campo Marzio, ov’ eravi il tempio
di
Plutone, e un’ ara sotterra(f), la quale si lasci
ara sotterra(f), la quale si lasciava vedere solamente all’ occasione
di
tali Giuochi(g) (25) (26). Questi si denominarono
no(h). Altri poi soggiungono, che siccome tali Giuochi si celebravano
di
raro, così volgarmente si disse, che succedevano
mai più per vederli. Per tre giorni si celebravano con ogni genere e
di
giuochi sì nel Circo che nel teatro, e di sacrifi
lebravano con ogni genere e di giuochi sì nel Circo che nel teatro, e
di
sacrifizj, fatti in tutti i tempj non solo a Plut
in Pilo, ed ebbe ivi un assai magnifico tempio(c). Non molto lungi da
di
là evvi il monte Menta, così detto da Menta, giov
iovine amata da Plutone, e da lui convertita in erba, che conservò il
di
lei nome(d). Ovidio vuole, che sia stata Proserpi
ue nelle fosse, come se quello avesse dovuto penetrare fino nel regno
di
lui(g). La vittima la più ordinaria, dice Diodoro
il toro. Questo Autore soggiugne, che i Siracusani gliene offerivano
di
neri tutti gli anni sulla fontana di Ciane, per d
e i Siracusani gliene offerivano di neri tutti gli anni sulla fontana
di
Ciane, per dove credevano, ch’ egli avesse preso
una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la quale gli serve
di
scettro, ed ha nell’ altra varie chiavi. Queste i
ro, ed ha nell’ altra varie chiavi. Queste indicano, che le porte del
di
lui Regno sono talmente custodite, che chi v’ ent
one, Orfnco, Nitteo, e Alastore(c). Apollo Cicerone fa menzione
di
quattro Apolli (a). Comunemente però non si ricon
o, il quale nacque da Giove e da Latona (b), figlia secondo Omero (c)
di
Saturno, e secondo Apollodoro (d) del Titano Ceo
condo Omero (c) di Saturno, e secondo Apollodoro (d) del Titano Ceo e
di
Febe. Giunone sdegnata, perchè Giove amava la mad
l Titano Ceo e di Febe. Giunone sdegnata, perchè Giove amava la madre
di
questo Nume, lo scacciò dal Cielo, e fece giurare
gliere Latona in alcun luogo, quando fosse per partorire. Nè contenta
di
ciò, suscitò contro di Latona il mostro Pitone(1)
luogo, quando fosse per partorire. Nè contenta di ciò, suscitò contro
di
Latona il mostro Pitone(1), affinchè da per tutto
che fu chiamata Delo(2), acciocchè divenisse sicuro asilo alla figlia
di
Ceo per dare alla luce Apollo e Diana (e) (3). Ap
orre alle radici del fiume Parnasso (g). Apollo poi, secondo l’ordine
di
Giove, ando a purificarsi in Tempe, valle delizio
alle deliziosa della Tessaglia (4) Indi in memoria della strage fatta
di
quel mosto instituì i Giuochi Pitici (a) (5). Gli
e fatta di quel mosto instituì i Giuochi Pitici (a) (5). Gli abitanti
di
quasi tutte le Isole del mare Egeo, conosciute so
tanti di quasi tutte le Isole del mare Egeo, conosciute sotto il nome
di
Cicladi, celebravano questi Giuochi verso il prin
ncitori, che pure si appellarono Pitonici, vennero poi anche regalati
di
certi pomi, sacri ad Apollo (g). A tali vincitori
, o d’argento. Orazio la chiama Sabina, perchè i Sabini ne lavoravano
di
eccellenti (h). Finalmente in Delfo ogni nove ann
ità, denominata Septerio. Mostravasi allora l’indicato Pitone in atto
di
essere inseguito da Apollo (i). Apollo non dimorò
i essere inseguito da Apollo (i). Apollo non dimorò sempre nell’isola
di
Delo, ma fu poscia trasferito in Cielo. Avvenne p
to esiliò Apollo dal Cielo (a). Si ritirò il Nume appresso Admeto, re
di
Fere nella Tessaglia. Egli lungo le rive del fium
imaco (c) cavalle. Ferecide dice, che Apollo se ne stette nella corte
di
quel re un solo anno (d) ; Servio soggiunge nove
iunge nove (e). Il Nume apportò molti vantaggi ad Admeto. Rendette le
di
lui giovenche sì feconde, che partorivano due vit
ano due vitelli alla volta (f) ; e si constituì il Dio tutelare della
di
lui casa. Ottenne dalle Parche, che Admeto, già v
vesse, purchè qualche altro avesse voluto incontrare la morte in vece
di
lui. La sola Alceste, la quale Admeto per favore
la morte in vece di lui. La sola Alceste, la quale Admeto per favore
di
Apollo avea conseguito in matrimonio(6), si trovò
se genetosamente la sua (g) : lo che le meritò da Omero il soprannome
di
Divina (h) (7). Apollo durante il suo esilio sull
uo esilio sulla terra prese pure ad amare il giovane Giacinto, figlio
di
Amicla Volle un dì divertirsì seco lui al gioco d
i al gioco del disco ; ed essendo questo ricaduto con impeto sul capo
di
Giacinto, talmente lo colpì, che lo mise a morte.
ella Troade. Laomedonte, figlio d’Ilo, stava allora alzandovi le mura
di
Troja. Il Nume insieme con Nettuno, ramingo del p
del pari sulla terra, esibì la sua assistenza a quel re per una somma
di
danaro. Compito il faticoso lavoro, Laomedonte ri
er una somma di danaro. Compito il faticoso lavoro, Laomedonte ricusò
di
soddisfare alla convenuta mercede (b). Quindi Apo
alla convenuta mercede (b). Quindi Apollo fece perire una gran parte
di
quegli abitanti con una peste desolatrice (c). Nè
trice (c). Nè fu solamente in Troja, dove Apollo esercitò il mestiere
di
muratore. Egli ajutò anche Alcatoo, figlio di Pel
lo esercitò il mestiere di muratore. Egli ajutò anche Alcatoo, figlio
di
Pelope, ad ergere un labirinto in Megara, città d
nato stromento (d). Apollo, riconcillatosi finalmente con Giove, sali
di
nuovo all’Olimpo, e fu venerato come una Divinità
na Divinità (e). Il tempio più famoso, che gli si fabbricò, fu quello
di
Delfo (f), per cui il Nume conseguì anche il nome
bricò, fu quello di Delfo (f), per cui il Nume conseguì anche il nome
di
Delfico (g). Dicevano gli Antichi, che questo tem
tempio era stato prima costruiro con rami d’alloro, tolti dalla valle
di
Tempe, e che avea la forma di capanna. Soggiungev
ro con rami d’alloro, tolti dalla valle di Tempe, e che avea la forma
di
capanna. Soggiungevano, che le Api, distrutto il
. Soggiungevano, che le Api, distrutto il primo, ne alzarono un altro
di
cera, e di penne d’uccelli. S’inventò poi un terz
vano, che le Api, distrutto il primo, ne alzarono un altro di cera, e
di
penne d’uccelli. S’inventò poi un terzo tempio, e
elli. S’inventò poi un terzo tempio, e si disse, che quello era opera
di
Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gruppo di fi
n terzo tempio, e si disse, che quello era opera di Vulcano, e ch’era
di
bronzo, con bel gruppo di figure sul frontespizio
, che quello era opera di Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gruppo
di
figure sul frontespizio, le quali davano grato su
mpj non furono che immaginarj. Uno realmente n’esistette, e fu quello
di
pietra, eretto nell’anno primo della V. Olimpiade
ino furono trovati morti (b) (8). Anche Antifane d’Argo, e Androstene
di
Tebe, statuarj, molto cooperarono col loro ingegn
di Tebe, statuarj, molto cooperarono col loro ingegno agli ornamenci
di
quel tempio (c). In esso v’aveano cinque Ministri
estò, ch’egli dallo stesso tempio voleva dare i suoi Oracoli. Diodoro
di
Sicilia narra, che sul monte Parnasso v’avea un a
redizioni. Conchiude col riferire, che, essendo pericolosa l’apertura
di
quella fossa, vi si soprappose un trepiede, perch
o poi, per rendere noti i suoi Oracoli nel tempio anzidetto, si servà
di
una Sacerdotessa, denominata Sternomantide, o Pit
Presa allora da violentissimo e improvviso tremore, faceva risuonare
di
grida e urli il tempio, e riempiva di sacro orror
vviso tremore, faceva risuonare di grida e urli il tempio, e riempiva
di
sacro orrore l’animo degli astanti (e). Proferiva
una presta morte sorpresa. Molte precauzioni si usavano nella scelta
di
tale Sacerdotessa. Dovea essera vergine, e di osc
si usavano nella scelta di tale Sacerdotessa. Dovea essera vergine, e
di
oscuri natali(f). La prima femmina, che nell’anzi
i(f). La prima femmina, che nell’anzidetto tempio enunciò gli Oracoli
di
Apollo, fu Femonoe, la quale fece parlare il Nume
la gioventù ; ma da che Echecrate, giovino Tessalo, rapì la Pitonessa
di
quel tempo, si pubblicò una legge, per cui quelle
tempo, si pubblicò una legge, per cui quelle donne doveano avere più
di
cinquanta anni(b). Tralle medesime sono celebri L
avere più di cinquanta anni(b). Tralle medesime sono celebri Lampusia
di
Colofone(9), figlia di Calcante ; Nicostrata(10),
anni(b). Tralle medesime sono celebri Lampusia di Colofone(9), figlia
di
Calcante ; Nicostrata(10), nata da Ionio, re d’Ar
rata(10), nata da Ionio, re d’Arcadia ; e la Ninfa Egeria(11), moglie
di
Numa. Benchè talvolta l’Oracolo di Delfo riusciss
ia ; e la Ninfa Egeria(11), moglie di Numa. Benchè talvolta l’Oracolo
di
Delfo riuscisse fallace, e avesse espostimoltissi
, se crediamo a Teopompo, consistevano da principio in un gran numero
di
vasi, e tripodi di rame. Questa semplicità non du
pompo, consistevano da principio in un gran numero di vasi, e tripodi
di
rame. Questa semplicità non durò lungo tempo, e v
. Gige, re della Lidia, fu il primo ad offerirvi grandissima quantità
di
vasi d’oro e d’argento(12). Venne poi imitato da
l tempio tripodi(13), vasi, scudi, corone, e statue d’oro e d’argento
di
varia grandezza(14). Narrasi, che Apollo per mezz
. Narrasi, che Apollo per mezzo della Pitonessa ricercò agli abitanti
di
Sifno, isola del mare Egeo, la decima parte di ci
ricercò agli abitanti di Sifno, isola del mare Egeo, la decima parte
di
ciò, che ritraevano dalle loro ricchissime minier
o e d’argento. Queglino cominciarono a deporre annualmenns nel tempio
di
Delfo il richiesto tributo ; ma avendo in seguito
nondò le loro miniere, e le fece intieramente sparire(a). La custodia
di
tutti questi tesori fu affidata a Ione, figlio d’
custodia di tutti questi tesori fu affidata a Ione, figlio d’Apollo e
di
Creusa, nata da Eretteo, re d’Atene(b) (15). Il p
i per comando degli Anfizioni(16) gli Alcmeonidi, ossia i discendenti
di
Alcmeone, famiglia potente d’Atene, scacciati dal
patria da’Pisistratidi, costruirono il medesimo tempio con molto più
di
magnificenza, di quel che era stato proposto dal
ratidi, costruirono il medesimo tempio con molto più di magnificenza,
di
quel che era stato proposto dal nobile architetto
eta. Poco tempo dopo avvenne agli Egialesi una pestilenza desolatrice
di
tutto il loro paese. Consultarono gl’Indovini, e
este, dette Apollonie, nelle quali la principale ceremonia era quella
di
far usoire dalla città lo stesso numero di fanciu
ipale ceremonia era quella di far usoire dalla città lo stesso numero
di
fanciulle e di giovani, i quali andassero in cert
era quella di far usoire dalla città lo stesso numero di fanciulle e
di
giovani, i quali andassero in certa guisa cercand
i, o solamente, come vuole Plutarco, il settimo giorno del primo mese
di
primavera, perchè que’di Delfo pretendevano, che
omontorio d’Azio in Epiro. Si celebravano cun combattimenti d’Atloti,
di
cavalli, e di navi (e). Uccidevasi allora un buc
io in Epiro. Si celebravano cun combattimenti d’Atloti, di cavalli, e
di
navi (e). Uccidevasi allora un buc per le mosche,
e di navi (e). Uccidevasi allora un buc per le mosche, le quali sazie
di
quel sangue volavano via, nè più vi ritornavano(a
gusto dopo la vittoria, che riportò sopra Marc’Antonio e Cleopatra, e
di
cui si credette debitore ad Apollo, rinovò queste
in Azio, egli ne trasferì in Roma la celebrazione, la quale si faceva
di
cinque in cinque anni. Anche Apollo dal predetto
o Promontorio fu denominato Azio(b). Augusto poi gli aggiunse il nome
di
Palatino, perchè sul monte dello stesso nome gli
n tempio assai celebre pe’portici e per la Biblioteca Greca e Latina,
di
cui era fornito(c) (17). Le Giacinzie venivario s
enivario solennizzate dagli Spartani per tre giorni appresso la tomba
di
Giacinto, sopra di cui vedeasi la figura d’Apollo
te dagli Spartani per tre giorni appresso la tomba di Giacinto, sopra
di
cui vedeasi la figura d’Apollo, alla quale si off
pollo, alla quale si offerivano sacrifizj. Il primo e il terzo giorno
di
queste Feste erano consecrati a piangere la morte
il terzo giorno di queste Feste erano consecrati a piangere la morte
di
Giacinto : Il secondo dì eta tutto allegrezza, e
utto allegrezza, e gli schiavi sedevano a mensa co’loro padroni. Cori
di
giovanetti suonavano la lira, o cantavano inni al
roni. Cori di giovanetti suonavano la lira, o cantavano inni al suono
di
flauto a Giacinto. Altri danzavano, o a cavallo f
ono di flauto a Giacinto. Altri danzavano, o a cavallo facevano prova
di
loro maestria ne’pubblici luoghi. La pompa s’inca
luoghi. La pompa s’incamminava verso Amicle, guidata da uno col nome
di
Legato, il quale offeriva i voti della nazione ne
col nome di Legato, il quale offeriva i voti della nazione nel tempio
di
Apollo. Giunta colà, vi si sacrificava, comincian
allo spargere in libazione vino e latte. L’altare era la stessa tomba
di
Giacinto(d). Le Poliie si celebravano in Tebe ad
e solennità i Tebani solevano sacrificangli dei tori, ma per mancanza
di
questi fu poi introdotto il costume d’immolargli
memoria del pellegrinaggio d’Apollo sulla terra(c). Dopo la battaglia
di
Canne si credette d’aver trovato ne’versi d’un ce
bbligarsi con voto solenne a celebrare ogni anno de’ Giuochi in onore
di
Apollo, perciò a persuasione di Cornelio Rufo Dec
ebrare ogni anno de’ Giuochi in onore di Apollo, perciò a persuasione
di
Cornelio Rufo Decenviro furono subito instituiti
i Cornelio Rufo Decenviro furono subito instituiti sotto il Consolato
di
Appio Claudio e di. Q. Fulvio Flacco, e dal nome
enviro furono subito instituiti sotto il Consolato di Appio Claudio e
di
. Q. Fulvio Flacco, e dal nome del Nume chiamati A
tà ; che il medesimo andò loro incontro, e li mise in fuga coll’ajuto
di
Apollo ; e che questi vibrò contro di loro moltis
o, e li mise in fuga coll’ajuto di Apollo ; e che questi vibrò contro
di
loro moltissime frecce. Da principio non era fiss
Oropo, città dell’Eubea, dove dava Oracoli(c) ; Pitio dall’uccisione
di
Pitone(d) ; Nomio, ossia Pastore, per aver avuto
di Pitone(d) ; Nomio, ossia Pastore, per aver avuto cura delle greggi
di
Admeto : dal che ne derivò altresì, ch’egli fosse
senio, Tirseo, Epidelio, Iperboreo, e Febo. Si disse Delio dall’isola
di
Delo, ov’ebbe i natali, e dava oracoli sei mesi d
a, città della Licia, nell’ Asia Minore, donde acquistò anche il nome
di
Patareo(f). Plutarco dice d’aver veduto in Delo u
appellavasi Ceraton, perchè era stata da Apollo fanciulletto composta
di
corna di capri, uccisi da Diana sul monte Cinto(a
si Ceraton, perchè era stata da Apollo fanciulletto composta di corna
di
capri, uccisi da Diana sul monte Cinto(a). Su que
a un ricco tempio, e un celebre oracolo(c). I Greci aveano il costume
di
alzare degli altari nelle strade. Alcuni di quest
I Greci aveano il costume di alzare degli altari nelle strade. Alcuni
di
questi furono sacri anche ad Apollo, il quale fu
preside alle strade (d). Pausania poi narra, che un certo Iperboreo,
di
nome Agieo, trasferitosi nella Focide insieme con
ocide insieme con un certo Pagaso gittò i primi fondamenti del tempio
di
Delfo, sacro ad Apollo, e che perciò il Nume fu d
rciò il Nume fu detto Agieo, o Iperboreo(e). Derivò ad Apollo il nome
di
Peane o di Peone(19), perchè era egli considerato
e fu detto Agieo, o Iperboreo(e). Derivò ad Apollo il nome di Peane o
di
Peone(19), perchè era egli considerato come il Di
menti Pean,dopochè erasi riportata qualche vittoria(g). Anche il nome
di
Alessicaco significa quello che guarisce ; e come
la guerra, che sostenevano con alcuni popoli del Peloponneso a’giorni
di
Pericle (a). Al nome di Alessicaco corrisponde qu
no con alcuni popoli del Peloponneso a’giorni di Pericle (a). Al nome
di
Alessicaco corrisponde quello altresì di Apotrope
orni di Pericle (a). Al nome di Alessicaco corrisponde quello altresì
di
Apotropeo(b) (21), e di Epicurio. Sotto questo ul
nome di Alessicaco corrisponde quello altresì di Apotropeo(b) (21), e
di
Epicurio. Sotto questo ultimo il Nume era in modo
perchè lo stesso Dio avea liberato quel luogo dalla peste(c). Al dire
di
Clemente i discendenti di Teucro, usciti dall’Iso
liberato quel luogo dalla peste(c). Al dire di Clemente i discendenti
di
Teucro, usciti dall’Isola di Creta, per cercare a
te(c). Al dire di Clemente i discendenti di Teucro, usciti dall’Isola
di
Creta, per cercare altrove il loro stabilimento,
e una notte lungo le rive dell’Ellesponto, avvenne che un gran numero
di
topi divorò i loro scudi. Il dì seguente i Cretes
e greca sminthos, topo ; v’eressero un tempio ad Apollo sotto il nome
di
Sminteo ; e risguardarono come sacri tutti i topi
lo sotto il nome di Sminteo ; e risguardarono come sacri tutti i topi
di
que’dintorni(d). Polemone poi, citato dallo stess
n’altra origine al predetto tempio. Apollo, dicono, aveva nella città
di
Crisa in Misia un sacerdote, di nome Crine. Il Nu
io. Apollo, dicono, aveva nella città di Crisa in Misia un sacerdote,
di
nome Crine. Il Nume per punirlo della negligenza,
con cui esercitava il suo ministero, mandò de’topi a desolare tutti i
di
lui giardini. Orde, pastore di quello, lo avvisò
tero, mandò de’topi a desolare tutti i di lui giardini. Orde, pastore
di
quello, lo avvisò della commessa negligenza. Si r
Si ravvide il Sacerdote, e il Nume uccise i topi. Crine in rendimento
di
grazie gl’innalzò quel tempio(a). Curotrofo si ch
mi capelli, e consecrarli a questo Nume(b). Diedesi ad Apollo il nome
di
Didimeo, perchè in Didima, luogo vicino a Mileto
aro, città della Ionia, fabbricata appresso Colofone da Manto, figlia
di
Tiresia, e grande Indovina, come lo era il di lei
lofone da Manto, figlia di Tiresia, e grande Indovina, come lo era il
di
lei padre(a) (23). Dicesi, che quella fonte siasi
ovina, e quella della sua patria(b). Strabone aggrunge, che chi bevea
di
quelle acque, contraeva la virtù di predire le co
Strabone aggrunge, che chi bevea di quelle acque, contraeva la virtù
di
predire le cose future(c). E’ stato denominato Is
acerdozio d’ Apollo Ismenio ad un giovane, nato da nobile famiglia, e
di
avvenente aspetto(e). Licogene o Licottono da lic
e, fu cangiata in quell’ animale. Per questa ragione anche nel tempio
di
Delfo vedeasi un simulacro di lupo in bronzo. V’
le. Per questa ragione anche nel tempio di Delfo vedeasi un simulacro
di
lupo in bronzo. V’ è però chi soggiunge, che per
rto ; e collo zampe smosse la terra, che lo tenea coperto(f). Il nome
di
Spondio, che deriva da spondì, trattato, diedesi
sochè i Beozj gli aveano alzata nel tempio d’ Ercole un’ ara, formata
di
ceneri di vittime, sacrificate in onore dello ste
ozj gli aveano alzata nel tempio d’ Ercole un’ ara, formata di ceneri
di
vittime, sacrificate in onore dello stesso Dio(a)
re dello stesso Dio(a). E’ incerto, donde derivasse ad Apollo il nome
di
Carneo. Altri dicono da Carneo Trojano ; altri da
dicono da Carneo Trojano ; altri dal bellissimo giovine Carno, figlio
di
Giove e di Europa, cui il Nume teneramente amava
arneo Trojano ; altri dal bellissimo giovine Carno, figlio di Giove e
di
Europa, cui il Nume teneramente amava ; altri da
arno d’ Acarnania, che Apollo erudì nell’ arte dell’ indovinare, e la
di
cui strage, commessa da’ Dorj, venne vendicata da
de, che le abbiano introdotte i Greci, perchè aveano provocato contro
di
loro le sdegno d’ Apollo, quando sul monte Ida ta
i loro le sdegno d’ Apollo, quando sul monte Ida tagliarono un albero
di
rami simili nella durezza e rigidezza alle corna,
nella durezza e rigidezza alle corna, per formare il cavallo Trojano,
di
cui parleremo. Altri finalmente sono di parere, c
r formare il cavallo Trojano, di cui parleremo. Altri finalmente sono
di
parere, che sieno state così denominate dall’ ess
l quale, essendo per portarsi contro Troja, avea fatto voto ad Apollo
di
tributargli cospicui onori, se la di lui imptesa
Troja, avea fatto voto ad Apollo di tributargli cospicui onori, se la
di
lui imptesa avesse avuto felice riuscita. Le anzi
o(b). Si denominò Triopio dal proporsi in un certo giuoco dei tripodi
di
bronzo in premio a’ vincitori. Ma questi tripodi
casa(c). Fu detto Soratte dall’ essergli stata consecrata la montagna
di
questo nome, situata nel paese de’ Falisci, poco
nel paese de’ Falisci, poco lontana dal Tevere(d) (24). Ebbe il nome
di
Teosenio, ossia Dio dell’ ospitalità ; e come tal
Teosenio, ossia Dio dell’ ospitalità ; e come tale lo veneravano que’
di
Pellene, città d’ Acaja. Eglino ogni anno celebra
avano que’ di Pellene, città d’ Acaja. Eglino ogni anno celebravano a
di
lui onore certe Feste, dette parimenti Teosenie.
intagliato(e), ovvero una veste, detta clena, come vuole lo Scoliaste
di
Pindaro(f). Apollo Teosenio aveva un tempio e una
Scoliaste di Pindaro(f). Apollo Teosenio aveva un tempio e una statua
di
bronzo in quella città(g). Apollo sotto il nome d
empio e una statua di bronzo in quella città(g). Apollo sotto il nome
di
Tirseo era onorato in Cianea, città della Licia.
a lui sacra, in cui vedeasi indicato tutto quello, che si desiderava
di
sapere(h). Saccheggiatasi l’Isola di Delo, e il t
tutto quello, che si desiderava di sapere(h). Saccheggiatasi l’Isola
di
Delo, e il tempio d’Apollo, che vi si trovava, la
i l’Isola di Delo, e il tempio d’Apollo, che vi si trovava, la statua
di
questo Dio per disprezzo fu gettata in mare. I fl
neravano Apollo, perchè credevano, che nella loro Isola fosse nata la
di
lui madre, Latona. Queglino per così dire erano S
nata la di lui madre, Latona. Queglino per così dire erano Sacerdoti
di
questo Nume, e continuamenté cantavano Inni a di
dire erano Sacerdoti di questo Nume, e continuamenté cantavano Inni a
di
lui onore. Gli aveano dedicato un vasto terreno,
tavano Inni a di lui onore. Gli aveano dedicato un vasto terreno, nel
di
cui mezzo eravi un magnifico tempio, rotondo, e p
terreno, nel di cui mezzo eravi un magnifico tempio, rotondo, e pieno
di
ricchi doni. La loro stessa città era consecrata
cchi doni. La loro stessa città era consecrata ad Apollo, e abbondava
di
musici e suonatori. Credevano, che ogni diciannov
sse tra loto, suonasse la lira, e danzasse ogni notte dall’ Equinozio
di
Primavera sino all’ apparire delle Plejadi. Per t
utti. Da prima erano due o tre vergini, accompagnate da cento giovani
di
grande coraggio, le quali portavano quelle offert
gio, le quali portavano quelle offerte. Fecero poi passare i donativi
di
mano in mano per mezzo di que’popoli, che si trov
elle offerte. Fecero poi passare i donativi di mano in mano per mezzo
di
que’popoli, che si trovavano sulla strada dal lor
. Tra’ Sacerdoti d’ Apollo Iperboreo è famoso Abaride Scita, e figlio
di
Seuta. Egli fu regalato dal Nume d’ una freccia d
ia, e scorreva per qualsisia inaccessibile luogo. Lo stesso vantavasi
di
predire il futuro, e spezialmente il terremoto ;
alcuni non mangiava mai, ed era stato quegli, che con uno degli ossi
di
Pelope avea formato il Palladio(a). Apollo si den
che il Sole(b). Sotto questo aspetto ebbe per padre Iperione, figlio
di
Urano e di Titea(c). In onore di Febo s’ insituir
e(b). Sotto questo aspetto ebbe per padre Iperione, figlio di Urano e
di
Titea(c). In onore di Febo s’ insituirono le Fest
etto ebbe per padre Iperione, figlio di Urano e di Titea(c). In onore
di
Febo s’ insituirono le Feste Dafnefotie, e le Tar
i nove anni da’ Beozj. Allora la cima del tronco d’un ulivo, coronato
di
alloro e altri fiori, si cuopriva con un globo di
’un ulivo, coronato di alloro e altri fiori, si cuopriva con un globo
di
rame, il quale rappresentava il Sole. Sotto di qu
cuopriva con un globo di rame, il quale rappresentava il Sole. Sotto
di
quello se ne collocava un altro minore che indica
quello se ne collocava un altro minore che indicava la Luna. Intorno
di
essi due ponevasi un gran numero di plù piccoli,
ore che indicava la Luna. Intorno di essi due ponevasi un gran numero
di
plù piccoli, i quali rappresentavano le Stelle. A
pompa in giro. Chi ciò faceva, chiamavasi Dafneforo. Egli era coperto
di
magnifica e lunga veste, co’ capelli sparsi, e ci
e cingeva in capo una corona d’ oro. Venivano poscia due cori, l’ uno
di
giovani, che stringevano in mano una bacchetta in
’ uno di giovani, che stringevano in mano una bacchetta inghirlandata
di
fiori, e l’ altro di donzelle, che portavano rami
stringevano in mano una bacchetta inghirlandata di fiori, e l’ altro
di
donzelle, che portavano rami d’ ulivo, e cantavan
rico. Così si andava al tempio d’ Apollo Ismenio o Galasio. L’origine
di
tale Festa è questa : gli Eolj ; che abitavano in
vicini, per obbedite ad un Oracolo, andarono a guastare il territorio
di
Tebe, allora assediata da’ Pelasgi. Le due armate
da’ Pelasgi. Le due armate si trovarono nello stesso tempo obbligate
di
celebrate una Festa d’ Apollo. Si fece pertanto u
altri tagliarono degli allori, per portarli poi in mano coll’ oggetto
di
onorare il Nume. Polemata, capo de’Beozj, vide in
sogno un giovane, che lo regalava d’una intera armata, e comandavagli
di
consecrare ogni nove anni degli allori alla stess
dopo il sogno questo Generale disfece i nemici. Egli perciò ebbe cura
di
celebrare la comandata festa ; e questa poscia si
si portavano in giro ; nell’ altro si purificavano le città. Un coro
di
musici gareggiava poi nel canto. Era lecito nel t
ttà. Un coro di musici gareggiava poi nel canto. Era lecito nel tempo
di
queste Festo scrivere ne’pubblici Registri i figl
ad un cervo, protestò che lo avrebbe raggiunto, quand’ anche il corso
di
lui fosse stato rapido al par di quello del Sole(
bbe raggiunto, quand’ anche il corso di lui fosse stato rapido al par
di
quello del Sole(c). Il Sole arse d’amore per la v
, e da Orcamo, re degli Assirj(d). Il lucido Dio, prese le sembbianze
di
Eurinome, si appressò a Leucotoe ; che con alquan
ò questi una fossa, e vi seppellì viva la figlia. Il Sole, spettatore
di
tale barbarie, cercò coll’ attività de’ suoi ragg
ole, spettatore di tale barbarie, cercò coll’ attività de’ suoi raggi
di
aprire la strada alla misera, onde ritornasse all
o il terreno, trovò egli Leucotoe già morta. Ne asperse quindi allora
di
nettare il corpo e il terreno. Questo mandò tosto
simboleggiare l’ abbondanza, ch’ egli produce. Ha in capo una corona
di
raggi, ed è tirato sopra un carro da quattro cava
a Musica, e però viene tenuto come il capo delle Muse(d) (32), figlie
di
Giove e di Mnemosina(e) (33). Con queste il Nume
però viene tenuto come il capo delle Muse(d) (32), figlie di Giove e
di
Mnemosina(e) (33). Con queste il Nume soggiornava
o. Tra questi si nominano Marsia, Satiro della Frigia ; Niobe, figlia
di
Tantalo, re della Lidia, e di Eurianassa ; il Gig
ia, Satiro della Frigia ; Niobe, figlia di Tantalo, re della Lidia, e
di
Eurianassa ; il Gigante Tizio, figlio di Giove e
i Tantalo, re della Lidia, e di Eurianassa ; il Gigante Tizio, figlio
di
Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di
re della Lidia, e di Eurianassa ; il Gigante Tizio, figlio di Giove e
di
Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di Teti ; Mida
nassa ; il Gigante Tizio, figlio di Giove e di Elara ; Caanto, figlio
di
Oceano e di Teti ; Mida, figlio di Gordio, e re d
igante Tizio, figlio di Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e
di
Teti ; Mida, figlio di Gordio, e re della Frigia
Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di Teti ; Mida, figlio
di
Gordio, e re della Frigia ; e certi Argivi. Marsi
Argivi. Marsia(41) presumeva che niuno potesse uguagliarlo nell’ arte
di
suonare la tibia, stromento da fiato, simile al n
uonare la tibia, stromento da fiato, simile al nostro flauto(42). Osò
di
provocare Apollo a confronto, colla condizione, c
iacere il vinto. Apollo, essendone giudici le Muse(a), o gli abitanti
di
Nisa(b), vi riuscì superiore. Egli appese Marsia
ne Tebane ad offerire voti e incensi a Latona, come madre d’ Apollo o
di
Diana, Niobe andava sgridando quelle donne riguar
do quelle donne riguardo al culto, che rendevano a Latona ; e tentava
di
persuaderle, che una madre di due soli figliuoli,
lto, che rendevano a Latona ; e tentava di persuaderle, che una madre
di
due soli figliuoli, qual’ era stata colei, non do
figliuoli, qual’ era stata colei, non dovea essere posta a confronto
di
chi ne avea assai più. Se ne querelò Latona con D
o frecce li misero tutti a morte. Lo stesso fine incontrarono pure le
di
lei figliuole, eccettuata Clori, la quale fu lasc
vvìssute Melibea e Amicla, perchè elleno ne implorarono la protezione
di
Latona ; e che le medesime inalzarono a Latona st
go(a). Apollodoro soggiunge, che fu risparmiata la morte anche ad uno
di
que’ maschi, nominato Anfione(b) (44). Niobe poi,
ta in sasso(c). Scrisse Ferecide(d), che Elara, come si trovò gravida
di
Tizio, Giove la nascose sotterra per sottrarla al
i Tizio, Giove la nascose sotterra per sottrarla alle furiose gelosie
di
Giunone. Morì la madre, e nacque il bambino fin d
bino fin d’ allora d’estraordinaria grandezza. La terra fu incaricata
di
nutrirlo ; e quindi fu creduto di lei figliuolo(e
a grandezza. La terra fu incaricata di nutrirlo ; e quindi fu creduto
di
lei figliuolo(e). Igino narra, che Giunone, gelos
). Tizio nell’ Inferno è tormentato secondo Igino da un serpente, che
di
continuo gli rode il fegato e il cuore. Virgilio
ojo(h), ovvero due, corne altri pretendono(a), vanno pascendosi delle
di
lui viscere, le quali divorate rinascono di nuovo
), vanno pascendosi delle di lui viscere, le quali divorate rinascono
di
nuovo. Caanto doveva andare in traccia di sua sor
le quali divorate rinascono di nuovo. Caanto doveva andare in traccia
di
sua sorella. Melia, ch’era stata rapita da Apollo
rella. Melia, ch’era stata rapita da Apollo, e fatta madre d’Ismeno e
di
Tenero(45). Egli, come seppe, ch’ella trovavasi a
bosco Ismenio, a lui consecrato. Apollo per tal delitto scoccò contro
di
lui una freccia, che gli diede la morte(b). Pane
ontro di lui una freccia, che gli diede la morte(b). Pane in presenza
di
certe Ninfe soleva cantare al suono della zampogn
e Ninfe soleva cantare al suono della zampogna. Egli, benchè ineguale
di
fotze, ardì di anteporsi in ciò ad Apollo, e di v
cantare al suono della zampogna. Egli, benchè ineguale di fotze, ardì
di
anteporsi in ciò ad Apollo, e di venire seco lui
Egli, benchè ineguale di fotze, ardì di anteporsi in ciò ad Apollo, e
di
venire seco lui a confronto. Sedette giudice dell
a(46), diede la preferenza a Pane. Se ne sdegnò Apollo, e rendette le
di
lui orecchie sìmili a quelle dell’asino. Il Re, v
dette le di lui orecchie sìmili a quelle dell’asino. Il Re, vedendosi
di
sì deforme aspetto, studiò di celarne la bruttezz
i a quelle dell’asino. Il Re, vedendosi di sì deforme aspetto, studiò
di
celarne la bruttezza col cuoprìrsì le tempia di p
forme aspetto, studiò di celarne la bruttezza col cuoprìrsì le tempia
di
purpurea tiara. Con tutto ciò se ne accorse quell
servi, che gli accorciava ì capelli, quando erano lunghi : e smanioso
di
pubblicare, che il suo Re aveva le orecchie asini
e il suo Re aveva le orecchie asinine, ma non osando nel tempo stesso
di
farlo per timote di castigo, scavò in rimota camp
orecchie asinine, ma non osando nel tempo stesso di farlo per timote
di
castigo, scavò in rimota campagna una fossa, ed i
gò il suo desiderio. Qualche tempo dopo uscì da quel terreno quantità
di
canne ; e queste, agitate dal vento, andarono rip
orare da’cani un figliuolo, che Apollo aveva avuto da Psamate, figlia
di
Crotopo. Il Nume per punirli suscitò il mostro Pe
Nume, e colla peste desolò la città d’Argo. Corebo consultò l’Oracolo
di
Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò di pi
ebo consultò l’Oracolo di Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò
di
più ritornarsone tra’ suoi. Gli soggiunse, che pr
dal tempio un tripode, e che nel luogo, ove quello fosse per cadergli
di
mano, ergesse un tempio ad Apollo, ed ivi fissass
uesti sono celebri Cirene, figlia del fiume Peneo ; Ciparisso, figlio
di
Telefo ; Sinope, figlia d’Asopo ; la Ninfa Stilbe
o di Telefo ; Sinope, figlia d’Asopo ; la Ninfa Stilbe ; Iapi, figlio
di
Jaso ; Rea, figlia di Stafilo e di Crisotemi ; la
figlia d’Asopo ; la Ninfa Stilbe ; Iapi, figlio di Jaso ; Rea, figlia
di
Stafilo e di Crisotemi ; la Ninfa Acacalide ; la
o ; la Ninfa Stilbe ; Iapi, figlio di Jaso ; Rea, figlia di Stafilo e
di
Crisotemi ; la Ninfa Acacalide ; la figlia di Mac
ea, figlia di Stafilo e di Crisotemi ; la Ninfa Acacalide ; la figlia
di
Macareo, detta Isse(47) ; e la Ninfa Bolina. Cire
arte dell’ Africa, che poscia fu detta Cirenaica, e la rendette madre
di
molti figliuoli, tra’quali si nomina Aristeo(a).
a ne dimostrò estremo dolore, e chiese agli Dei, che gli concedessero
di
piangere sempre. Infruttuosa non rimase la di luì
i, che gli concedessero di piangere sempre. Infruttuosa non rimase la
di
luì preghiera, e in tal dilovio di lagrime egli p
sempre. Infruttuosa non rimase la di luì preghiera, e in tal dilovio
di
lagrime egli proruppe, che divenne verde cipresso
questa metamorfosi, ordinò, che il cipresso fosse in avvenire simbolo
di
lutto, ch’esso servisse d’ornamento nelle pompe f
llo rapì pure Sinope, e recatosi secolei nel Ponto, la rendette madre
di
Siro, il quale diede poi il suo nome a’Sirj. Dice
da alcuni, ch’ella abbia ottenuto da Giove e da Apollo la prerogativa
di
conservarsi sempre vergine(c). Da Stilbe e da Apo
iti, e dall’altro i Centauri, popoli della Tessaglia(d). Iapi fu vate
di
somma riputazione, ed esimio suonatore di cetra.
Tessaglia(d). Iapi fu vate di somma riputazione, ed esimio suonatore
di
cetra. Virgilio dice, che Apollo gl’inseghò l’art
. Virgilio dice, che Apollo gl’inseghò l’arte degli augurj, e il modo
di
conoscere l’attività delle piante, e che lo regal
gurj, e il modo di conoscere l’attività delle piante, e che lo regalò
di
celeri frecce, e di un’armoniosissima cetra(e).
onoscere l’attività delle piante, e che lo regalò di celeri frecce, e
di
un’armoniosissima cetra(e). Rea partorì ad Apoll
niosissima cetra(e). Rea partorì ad Apollo un figlio. Se ne adirò il
di
lei padre, e la fece gettare nel mare. I flutti l
la fece gettare nel mare. I flutti la portarono sulle rive dell’Isola
di
Delo, dove fu raccolta col bambino. A questo ella
la di Delo, dove fu raccolta col bambino. A questo ella diede il nome
di
Anio. Lo depose poscia sull’altare d’Apollo, e lo
de il nome di Anio. Lo depose poscia sull’altare d’Apollo, e lo pregò
di
prenderne cura. Così fece il Nume(a). Apollo ebbe
derne cura. Così fece il Nume(a). Apollo ebbe da Acacalide nell’Isola
di
Creta due figli, Filandro e Filacide. Questi furo
Questi furono esposti alle bestie, e nutriti da una capra. In memoria
di
tal fatto gli abitanti di Elira, città situara so
bestie, e nutriti da una capra. In memoria di tal fatto gli abitanti
di
Elira, città situara sopra una delle montagne di
l fatto gli abitanti di Elira, città situara sopra una delle montagne
di
Creta, spedirono al tempio d’Apollo in Delfo una
le montagne di Creta, spedirono al tempio d’Apollo in Delfo una capra
di
bronzo, che allattava due bambini(b). Apollo, per
lti figliuoli, tra’quali i più rinomati sono Lino, nativo della città
di
Tebe nella Beozia(48), Filamone(49), Anfione(50),
lcuni fu trasformata in quell’animale per sottrarla alle persecuzioni
di
Giunone, sì perchè Apollo, come Dio de’Pastori, v
he agli augurj, i quali spezialmente si traevano dal volo e dal canto
di
quell’uccello(c) (55). Ovidio racconta, che Apoll
5). Ovidio racconta, che Apollo, volendo celebrare una festa in onore
di
Giove, commise ad un Corvo di recargli pel sacrif
o, volendo celebrare una festa in onore di Giove, commise ad un Corvo
di
recargli pel sacrifizio dell’acqua, tratta da una
spiegò a tale oggetto il volo, ma avendo osservato un albero, carico
di
fichi, si fermò appresso lo stesso, finchè quelli
use, dipingesi assiso sulla cima del Parnasso, circondato dalle Muse,
di
bell’aspetto, senza barba, co’capelli biondi, e o
consecrata. Dietro alle spalle porta il turcasso. Talvolta ha intorno
di
se gli stromenti di varie Arti. Con una mano stri
lle spalle porta il turcasso. Talvolta ha intorno di se gli stromenti
di
varie Arti. Con una mano stringe pure una corona
o, per cui divenne sacro ad Apollo l’alloro, è questo ; Dafne, figlia
di
Peneo, uno de’fiumi maggiori della Tessaglia, era
o la terra la nascondesse nelle sue viscere, ovvero ch’ella cambiasse
di
forma. Nè in vano pregò, poichè d’improvviso vide
una pianta d’alloro(a). Ecate. ECate secondo alcuni era figlia
di
Perse e di Asteria, secondo altri del Sole e dell
d’alloro(a). Ecate. ECate secondo alcuni era figlia di Perse e
di
Asteria, secondo altri del Sole e della Notte, o
figlia di Perse e di Asteria, secondo altri del Sole e della Notte, o
di
Cerere e di Giove, o di Giove e di Latona. Fu det
rse e di Asteria, secondo altri del Sole e della Notte, o di Cerere e
di
Giove, o di Giove e di Latona. Fu detta Ecate, o
eria, secondo altri del Sole e della Notte, o di Cerere e di Giove, o
di
Giove e di Latona. Fu detta Ecate, o perchè riten
do altri del Sole e della Notte, o di Cerere e di Giove, o di Giove e
di
Latona. Fu detta Ecate, o perchè riteneva cento a
di Giove e di Latona. Fu detta Ecate, o perchè riteneva cento anni al
di
là del fiume Stige chi dopo morte era rimasto sen
ia Proserpina, nell’ Inferno (a). Esiodo dice, che la Luna era figlia
di
uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il quale la ebb
idi, per cui la Luna fu chiamata Titania (b). Ecate poi sotto il nome
di
Diana comparve alla luce del giorno sull’altissim
omparve alla luce del giorno sull’altissimo monte, Cinto, nell’ Isola
di
Delo, donde fu anche denominata Cinzia. Ella vene
nità, e ne dimostrò gelosia in sommo grado (c). Quindi uccise a colpi
di
frecce Bufago, figlio di Giapeto, perchè costui s
ia in sommo grado (c). Quindi uccise a colpi di frecce Bufago, figlio
di
Giapeto, perchè costui sul monte Foloe avea tenta
i Giapeto, perchè costui sul monte Foloe avea tentato d’ insultare al
di
lei pudore (d). Fece altresì esperimentare gli ef
d Atteone, cacciatore, nato dal celebre Aristeo, e da Autonoe, figlia
di
Cadmo. Quegli, avento fatta una grande strage di
e da Autonoe, figlia di Cadmo. Quegli, avento fatta una grande strage
di
selvaggina in boschi e in monti, desistette dalla
distante da quel luogo eravi la valle Gargafia, solitaria e ingombra
di
cipressi e di pini. Nell’estremità della stessa v
uel luogo eravi la valle Gargafia, solitaria e ingombra di cipressi e
di
pini. Nell’estremità della stessa v’avea una sorg
ro le Ninfe, che, formata alla meglio una corona a Diana, procurarono
di
nasconderla. Ranide spezialmente, Fiale, e Nife a
stinsero ; ma inutilmente, poichè la Dea era dal collo in su più alta
di
ciascheduna. Diana spruzzò di quell’acqua sul vol
chè la Dea era dal collo in su più alta di ciascheduna. Diana spruzzò
di
quell’acqua sul volto ad Atteone, e lo cangiò in
a brani straziato (a). Lo Scoliaste d’Apollonio chiama Atteone figlio
di
Melisso, e soggiunge ch’egli fu lacerato da color
soggiunge ch’egli fu lacerato da coloro, i quali celebravano le Orgie
di
Bacco (b). Diodoro di Sicilia però vuole, che Att
acerato da coloro, i quali celebravano le Orgie di Bacco (b). Diodoro
di
Sicilia però vuole, che Atteone abbia incontrato
e pretende, che colui ne sia stato così punito, perchè ebbe la vanità
di
credersi più abile di Diana nell’arte della cacci
ne sia stato così punito, perchè ebbe la vanità di credersi più abile
di
Diana nell’arte della caccia (c) (2). Nè sarebbe
è sarebbe da maravigliarsi, che ciò avesse potuto essere la causa del
di
lui castigo. Sappiamo da Omero, che questa Dea co
ppiamo da Omero, che questa Dea come intese, che anche Orione, figlio
di
Nettuno e di Brille(3), oltre essere famosissimo
ro, che questa Dea come intese, che anche Orione, figlio di Nettuno e
di
Brille(3), oltre essere famosissimo Astronomo, er
a altresì celebre cacciatore, ne concepì gelosia(4), e privò lui pure
di
vita(5). Ella poi se ne pentì, e ottenne da Giove
dippe, e Melanippo con Cometo. La Dea colpì con una freccia la lingua
di
Chione, figlia di Dedalione, perchè ella aveva os
con Cometo. La Dea colpì con una freccia la lingua di Chione, figlia
di
Dedalione, perchè ella aveva osato di credersi pi
cia la lingua di Chione, figlia di Dedalione, perchè ella aveva osato
di
credersi più bella di lei. L’infelice per tale fe
e, figlia di Dedalione, perchè ella aveva osato di credersi più bella
di
lei. L’infelice per tale ferita morì (b) (7). Aco
nfelice per tale ferita morì (b) (7). Aconzio, giovinetto dell’ Isola
di
Cea, nel mare Egeo, fornito di singolare avvenenz
) (7). Aconzio, giovinetto dell’ Isola di Cea, nel mare Egeo, fornito
di
singolare avvenenza, erasi recato al tempio di Di
nel mare Egeo, fornito di singolare avvenenza, erasi recato al tempio
di
Diana in Delo per vedere le Feste di quella Dea.
vvenenza, erasi recato al tempio di Diana in Delo per vedere le Feste
di
quella Dea. Quivi osservò la bella Cidippe, nata
n troppo nobile condizione, e la povertà, in cui trovavasi, gli erano
di
ostacolo per giungere a possederla. Per riuscirvi
ll’artifizio. Sapeva, che quando facevasi qualche promessa nel tempio
di
Diana, non v’avea più maniera di dispensarsene. S
facevasi qualche promessa nel tempio di Diana, non v’avea più maniera
di
dispensarsene. Scrisse sopra un bellissimo pomo d
r non esperimentarlo più a lungo sposò Aconzio (a). Melanippo, figlio
di
Marte, avendo veduto in un tempio di Diana la gio
ò Aconzio (a). Melanippo, figlio di Marte, avendo veduto in un tempio
di
Diana la giovine sacerdotessa, Cometo, si unì a l
la giovine sacerdotessa, Cometo, si unì a lei col più stretto vincolo
di
cordiale amore : e perchè eglino non potevano mar
alattia, per cui poco tempo dopo moritono. Nè quì ebbe fine lo sdegno
di
Diana. Ella prese ad opprimere eziandio quegli ab
no questo sacrifizio (b). I più cari a Diana furono Endimione, figlio
di
Calice e di Etlio, e re d’ Elide ; Britomarti, de
crifizio (b). I più cari a Diana furono Endimione, figlio di Calice e
di
Etlio, e re d’ Elide ; Britomarti, detta da Diodo
di Etlio, e re d’ Elide ; Britomarti, detta da Diodoro Britona, Ninfa
di
Creta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretu
lide ; Britomarti, detta da Diodoro Britona, Ninfa di Creta, e figlia
di
Giove e di Carme (c) ; e Aretusa, figlia di Nereo
omarti, detta da Diodoro Britona, Ninfa di Creta, e figlia di Giove e
di
Carme (c) ; e Aretusa, figlia di Nereo e di Corid
Ninfa di Creta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretusa, figlia
di
Nereo e di Coride, nata in Elide. Endimione per l
reta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretusa, figlia di Nereo e
di
Coride, nata in Elide. Endimione per la sua giust
Elide. Endimione per la sua giustizia ottenne da Giove il privilegio
di
sempre dormire(8) in una spelonca del Latmo, mont
ricolo d’essere divorata da qualche bestia selvaggia, implorò l’ajuto
di
Diana, che ne la liberò. Britomarti, grata a tant
grata a tanta beneficenza, fabbricò un tempio alla Dea sotto il nome
di
Dittinna, che significa la Dea delle reti (10). A
ti (10). Altri dicono, che Britomarti per sottrarsi alle persecuzioni
di
Minos, re di Creta, si gettò in mare, e che dopo
i dicono, che Britomarti per sottrarsi alle persecuzioni di Minos, re
di
Creta, si gettò in mare, e che dopo morte fu da D
da Diana ammessa tralle Divinità (a). Avvertasi altresì, che il nome
di
Britomarti fu dato alla stessa Diana (b). Aretusa
a. A tale prerogativa vi si aggiungeva l’altra, ch’ella, benchè fosse
di
non ordinaria avvenenza, pure non amava di essere
tra, ch’ella, benchè fosse di non ordinaria avvenenza, pure non amava
di
essere riconosciuta per tale, anzi arrossiva dell
ò d’inseguirla. Ella, non potendo più reggersi, implorò la protezione
di
Diana. Questa Dea la involse in una nuvola, e la
rotezione di Diana. Questa Dea la involse in una nuvola, e la adombrò
di
sì folta caligine, che per quanto Alfeo la cercas
non mai poteva ritrovarla. Aretusa tuttavia era in angustie, nè osava
di
muovere un piede, nè di respirare per non iscopri
a. Aretusa tuttavia era in angustie, nè osava di muovere un piede, nè
di
respirare per non iscoprirsi. Un freddo sudore sc
i respirare per non iscoprirsi. Un freddo sudore scorse allora per le
di
lei membra, e in un istante trovossi convertita i
in lei avvenuta, e spogliatosi delle umane sembianze, ripigliò quelle
di
fiume. Così voleva pure raggiungerla, ma Diana la
la verginità, solevano portare in canestri certi sacrifizj al tempio
di
Diana, e divenute gravide, nè potendo più usare d
custodivano la verginità (c). E’ stata detta Panagea dal suo scorrere
di
foresta in foresta ; o dal trovarsi ora in cielo,
ora sulla terra, ed ora nell’ Inferno ; o finalmente dal suo cangiare
di
forma e di figura (d). In Elide fu onorata sotto
erra, ed ora nell’ Inferno ; o finalmente dal suo cangiare di forma e
di
figura (d). In Elide fu onorata sotto il nome di
cangiare di forma e di figura (d). In Elide fu onorata sotto il nome
di
Elafebola (e), o di Elafia, ossia cacciatrice del
di figura (d). In Elide fu onorata sotto il nome di Elafebola (e), o
di
Elafia, ossia cacciatrice del cervo, perchè in ci
assarono appresso quasi tutti i popoli della Grecia (a). Lo Scoliaste
di
Stazio dice, che alcune giovani della Laconia, da
di Stazio dice, che alcune giovani della Laconia, danzando nel tempio
di
Diana, chiamata perciò Cariatide, s’accorsero, ch
va rovina. Si rifugiarono sopra una noce, e restarono sospese a’ rami
di
quella (b). Elleno perciò ogni anno al tempo dell
’ campi(d), o perchè avea un tempio in Agri, città dell’ Attica, e il
di
cui terreno era opportunissimo alla caccia. In qu
ia. In quel tempio si offeriva ogni anno dagli Ateniesi un sacrifizio
di
cinquecento capre. Intorno all’ instituzione di t
teniesi un sacrifizio di cinquecento capre. Intorno all’ instituzione
di
tale sacrifizio Senofonte dice, che fattasi nell’
o Senofonte dice, che fattasi nell’ Attica un’ irruzione da Dario, re
di
Persia, Callimaco fece voto di sacrificare a Dian
ell’ Attica un’ irruzione da Dario, re di Persia, Callimaco fece voto
di
sacrificare a Diana tante capre, quanti Persiani
momento un numero corrispondente degli accennati animali, si decretò
di
sacrificarne cinquecento ciascun anno (e). La sta
i, si decretò di sacrificarne cinquecento ciascun anno (e). La statua
di
Diana Cindiade avea il privilegio, che nè pioggia
ccola città del’ Lazio, fabbricata, come vedremo, da Ippolito, figlio
di
Teseo (a). Questi le eresse un tempio, e v’introd
ebbe altresì un bosco. Un servo fuggitivo n’era il Sacerdote col nome
di
Re del bosco. Esso doveva aver ucciso di propria
n’era il Sacerdote col nome di Re del bosco. Esso doveva aver ucciso
di
propria mano il suo predecessore, e stringeva sem
redecessore, e stringeva sempre una spada per resistere a chi tentava
di
privare lui pure di vita. Quì si celebrava anche
geva sempre una spada per resistere a chi tentava di privare lui pure
di
vita. Quì si celebrava anche una festa, in cui i
i Romani si astenevano per qualche dì dalla caccia, coronavano i cani
di
fiori, e con fiaccole accese si recavano nella pr
r sacrificare alla Dea (b). Fu denominata Saronia da Sarone, terzo re
di
Trezene. Questi amò assaissimo la caccia(11). Ins
si trovò senza accorgersi in alto mare, dove vi perdette la vita. Il
di
lui corpo fu portato nel bosco sacro di Diana, e
dove vi perdette la vita. Il di lui corpo fu portato nel bosco sacro
di
Diana, e poi sepolto nell’atrio di quel tempio. P
i corpo fu portato nel bosco sacro di Diana, e poi sepolto nell’atrio
di
quel tempio. Per tale motivo i di lui sudditi in
di Diana, e poi sepolto nell’atrio di quel tempio. Per tale motivo i
di
lui sudditi in seguito celebrarono a Diana certe
dette parimenti Saronie (c). Fu detta Munichia dal re Munico, figlio
di
Pentacleo ; o da quella parte del Pireo, che si c
nichie, nelle quali le si offerivano delle focacce (d). Ebbe il nome
di
Brauronia da Brauron, borgo dell’ Attica (a). Ivi
di Brauronia da Brauron, borgo dell’ Attica (a). Ivi eravi un tempio
di
Diana, fabbricato da Oreste, colla statua della D
spada sul capo d’ una vittima umana ; e alcune gocce, sparse in orore
di
Diana, n’erano il sacrifizio (b). A Diana Brauron
n quegli abitanti. Un’incauta fanciulla divenne sua preda. I fratelli
di
lei uccisero quell’animale. Venne perciò la peste
sia delle strade che si dividevano in tre, sulle quali si riponeva il
di
lei simulacro (c). Si chiamò Febe da Febo, suo fr
il quale le comunica parte della propria luce, affinchè ella illumini
di
notte la terra (d). Conseguì il nome di Egemone,
luce, affinchè ella illumini di notte la terra (d). Conseguì il nome
di
Egemone, ossia di conduttrice, perchè ella di not
la illumini di notte la terra (d). Conseguì il nome di Egemone, ossia
di
conduttrice, perchè ella di notte serve in certo
a (d). Conseguì il nome di Egemone, ossia di conduttrice, perchè ella
di
notte serve in certo modo di guida a’ viaggiatori
emone, ossia di conduttrice, perchè ella di notte serve in certo modo
di
guida a’ viaggiatori. Come tale rappresentasi con
a per placarla, mentr’era adirata per causa del delitto, commesso nel
di
lei tempio da Cometo e Melanippo (g). Si disse No
io da Cometo e Melanippo (g). Si disse Nottiluca, ossia che risplende
di
notte. Ebbe un tempio sul monte Palatino, in cui
ltimo de’ predetti nomi avea un tempio, nel quale le nutrici al tempo
di
certe Feste, dette Titenidie, portavano i fanciul
mentre si sacrificavano alla Dea lattanti porci per la conservazione
di
que’ bambini. Si faceva allora anche un pubblico
bblico convito (c). Fu chiamata Brimo, perchè avendo Mercurio tentato
di
conversare seco lei, ella ne fremette (d). Altri
i, che soleva destare questa Dea (e). Il Vossio pretende, che il nome
di
Levana derivi dall’altro Ebraico Levanà, che nel
atrice lo poneva sul terreno, e il padre poi, o altra persona in vece
di
lui ne lo alzava e abbracciava. Era sì necessario
fizj (f). Ecate finalmente, considerata come Proserpina, ebbe il nome
di
Libitina(12), e si risguardò come la Dea preside
come la Dea preside a’ funerali(13). Roma le inalzò un tempio, adorno
di
colonne, e di statue di bronzo, e circondato da u
eside a’ funerali(13). Roma le inalzò un tempio, adorno di colonne, e
di
statue di bronzo, e circondato da un bosco sacro.
unerali(13). Roma le inalzò un tempio, adorno di colonne, e di statue
di
bronzo, e circondato da un bosco sacro. Ivi compe
lla Dea. Coloro, ch’erano stabiliti a riceverla, registravano il nome
di
ciascun inorto in un libro, detto il Registro di
registravano il nome di ciascun inorto in un libro, detto il Registro
di
Libitina. Per mezzo di questo si sapeva il numero
ciascun inorto in un libro, detto il Registro di Libitina. Per mezzo
di
questo si sapeva il numero de’ morti in Roma ogni
questo si sapeva il numero de’ morti in Roma ogni anno (a). In onore
di
Libitina finalmente ogni novilunio si celebravano
icevano, che lo avea fatto Libitina (b). Anche i Stratonicesi al dire
di
Strabone (c) solennizzavano con grande concorso l
Acaja. Augusto, avendo spopolata Calidone, diede a’ Patresi una parte
di
quelle spoglie, tralle quali eravi la statua di D
a’ Patresi una parte di quelle spoglie, tralle quali eravi la statua
di
Diana, chiamata da’ Calidonj Lafria, da che crede
a, da che credettero che si fosse calmata la sua collera contro Eneo,
di
cui parleremo. Que’ popoli la custodivano gelosam
isponevano in giro legni verdi, e Innghi cinquanta braccia. Nel mezzo
di
essi collocavano quantità di legno secco. Portava
i, e Innghi cinquanta braccia. Nel mezzo di essi collocavano quantità
di
legno secco. Portavano in processione la predetta
due cervi. Si preparava il sacrifizio d’ogni sorta d’animali vivi, e
di
frutta. Gli animali, dal calore resi furiosi, ten
li vivi, e di frutta. Gli animali, dal calore resi furiosi, tentavano
di
fuggire. Si riprendevano, e si riconducevano all’
nie o Neomenie vennero così dette, perchè si celebravano al principio
di
tutti i mesilunari. Gli Ateniesi allora offerivan
i nobili, ornate a gran pompa, offerivano alla Dea cestelli, coronati
di
fiorì, e pieni di rarj doni, e tra questi eranvi
gran pompa, offerivano alla Dea cestelli, coronati di fiorì, e pieni
di
rarj doni, e tra questi eranvi i più belli lavori
onere un felice matrimonio (c) (15). L’Efesie s’instituirono da que’
di
Efeso, la principale ceremonia delle quali consis
do il Pitisso si celebravano con pompa nel tempio della Dea contratti
di
nozze. Dietro il tempio stesso eravi un bosco, in
nella quale gli Spartani sull’altare della Dea venerata sotto il nome
di
Ortia, sì aspramente fla’ gellavano con verghe i
o con verghe i più nobili giovinetti, che questi sempre si ritraevano
di
là aspersi di sangue, e talvolta anche spiravano
più nobili giovinetti, che questi sempre si ritraevano di là aspersi
di
sangue, e talvolta anche spiravano sotto i micidi
mento. Quelli, che morivano sotto le battiture, si coronavano a guisa
di
vincitori, e aveano onorovole sepoltura. Una sace
acevano alla flagellazione, finchè solamente ne usciva qualche stilla
di
sangue (a). A proposito poi di Diana Ortia notia
hè solamente ne usciva qualche stilla di sangue (a). A proposito poi
di
Diana Ortia notiamo, che Anfiteno o Anfisteno, il
A proposito poi di Diana Ortia notiamo, che Anfiteno o Anfisteno, il
di
lui padre, Anficle, Irbo, suo figlio, e i suoi né
co, e Alopeco, Spartani, divennero maniaci per aver toccata la statua
di
Diana Orcia (a). Ecate oltre gl’ indicati tempj n
ebbe molti altri. Tre furono i più famosi, erecti a lei sotto il nome
di
Diana : l’uno sul monte Aventino, l’altro in Efes
Chersoneso Taurica. Sulle porte del primo si appendevano delle corna
di
bue. Plutarco dice, che ciò forse si facesse per
facesse per conservare la memoria d’un Fatto, avvenuto sotto il regno
di
Servio Tullio. Un certo Antrone Coracio, Sabino,
a gioventa, e ne attaccò le corna alla porta del tempio, a differenza
di
tutti gli altri tempj di Diana, sulle porte de’ q
le corna alla porta del tempio, a differenza di tutti gli altri tempj
di
Diana, sulle porte de’ quali erano appese delle c
altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano appese delle corna
di
cervo (b). Il tempio di Efeso si fabbricò in duge
ulle porte de’ quali erano appese delle corna di cervo (b). Il tempio
di
Efeso si fabbricò in dugento venti anni dal celeb
cò in dugento venti anni dal celebre Architetto Chersifrone. Era esso
di
sorprendente magnificenza, e conteneva cento vent
o di sorprendente magnificenza, e conteneva cento venti sette colonne
di
maravigliosa lunghezza e bellezza, le quali erano
rtale il suo nome (b). Il predetto Alessandro propose a que’ d’ Efeso
di
somministrare loro tutto ciò, che poteva rendere
alla Dea, purchè nell’ Iscrizione del medesimo avessero ricordato il
di
lui nome. Non v’ acconsentirono, e le donne in ve
di lui nome. Non v’ acconsentirono, e le donne in vece si spogliarono
di
tutti i loro preziosi ornamenti, cosiochè questo
tempio niente era minore nella magnificenza del primo (c). Gli Sciti
di
nuovo lo distrussero (d). Il tempio eretto a Dian
rica divenne famoso pel barbaro costume, introdotto da Toante(16), re
di
quel paese, il quale sacrificava alla Dea i fores
, il quale sacrificava alla Dea i forestieri, che giungevano appresso
di
lui. Quìndi Diana per ironia fu detta Orsiloche,
della caccia, rappresentasi con una mezza luna sulla fronte, calzata
di
coturni, con arco e turcasso, e con un cane a’suo
ro, tirato da bianchi servi (f). Venere. ALcuni Antichi parlano
di
più Veneri. Platone ne riconobbe due, Venere Uran
re ; la terza, nata da Giove e da Dione, da cui ella acquistò il nome
di
Dejonea(b). I Poeti però Greci e Latini non fanno
me di Dejonea(b). I Poeti però Greci e Latini non fanno menzione, che
di
quella, la quale sortì dalla schiuma del mare, e
ellezza e del piacere(c). La medesima secondo Esiodo passò nell’isola
di
Citera(d), e secondo Omero in quella di Cipro(e).
condo Esiodo passò nell’isola di Citera(d), e secondo Omero in quella
di
Cipro(e). Ella vi fu portata da Zefiro. Le Ore la
isposa ; ma finalmente fu data in matrimonio a Vulcano, il più brutto
di
tutti gli Dei(g). Venere fu particolarmente vener
(g). Venere fu particolarmente venerata in Amatunte, città nell’Isola
di
Cipro. Dicesi, che gli abitanti di quella città,
rata in Amatunte, città nell’Isola di Cipro. Dicesi, che gli abitanti
di
quella città, chiamati Cerasti, perchè aveano la
e, essendochè gli sacrificavano i forestieri, che giungevano appresso
di
loro. Venere, sdegnata per tale inumanità, cangiò
anità, cangiò quelle genti in tori, affinchè elleno stesse servissero
di
vittime pe’sacrifizj(a). La Dea medesima fu anche
il nome d’Idalia(b) ; in Citera, Isola dell’Arcipelago, dov’eravi il
di
lei più antico tempio(c) ; in Cnido, antica città
go, dov’eravi il di lei più antico tempio(c) ; in Cnido, antica città
di
Caria, la quale divenne celebre per una maravigli
città di Caria, la quale divenne celebre per una maravigliosa statua
di
marmo, formata da Prassitele, la quale rappresent
rappresentava questa Dea(d) ; in Isparta, ove trovavansi molte statue
di
lei(1) ; in Lesbo, Isola del mare Egeo ; in Pafo,
di lei(1) ; in Lesbo, Isola del mare Egeo ; in Pafo, città dell’Isola
di
Cipro. Cinira, figlio di Pigmalione(2), e ricchis
la del mare Egeo ; in Pafo, città dell’Isola di Cipro. Cinira, figlio
di
Pigmalione(2), e ricchissimo re di Cipro(e), rico
ell’Isola di Cipro. Cinira, figlio di Pigmalione(2), e ricchissimo re
di
Cipro(e), riconoscendosi ricolmato dalla Dea di f
(2), e ricchissimo re di Cipro(e), riconoscendosi ricolmato dalla Dea
di
favori, le consecrò la città di Pafo, da lui fabb
), riconoscendosi ricolmato dalla Dea di favori, le consecrò la città
di
Pafo, da lui fabbricata, e le alzò un tempio, di
le consecrò la città di Pafo, da lui fabbricata, e le alzò un tempio,
di
cui egli stesso volle costituirsene il sacerdote(
lle costituirsene il sacerdote(f). Ne avvenne quindi, che i sacerdoti
di
Pafo erano sempre scelti dalla famiglia reale, e
. Quindi si sa, che Catone offerì al Re Tolommeo la gran Sacerdotessa
di
quello, ond’egli volesse cedere Cipro a’Romani. S
Sonovi poi alcuni Scrìttori, i quali dicono, che la città e il tempio
di
Pafo, dedicato a Venere, furono fabbricati da Paf
cagione delle impudiche Propetidi, abia tatrici della predetta città
di
Amatunte in Cipro. Queste femmine si trovarono ca
n sassi, perchè alla loro sfrenata dissolutezza v’aggiunsero l’ardire
di
negare o deridere la potenza di Venere. Frattanto
ta dissolutezza v’aggiunsero l’ardire di negare o deridere la potenza
di
Venere. Frattanto la Scultura, cui Pigmalione ama
alione amava e conosceva perfettamente, era il continuo oggetto della
di
lui applicazione. Formò egli d’avorio una giovine
uo oggetto della di lui applicazione. Formò egli d’avorio una giovine
di
tale bellezza e leggiadria, che ne restò pazzamen
leggiadria, che ne restò pazzamente innamorato. Giunto il dì festivo
di
Venere in quell’ Isola, si appressò Pigmalione al
Ciò fece sì, che mentr’egli per lo innanzi erasi dichlarato odiatore
di
donne, e nemico di nozze, fu poi veduto a sposare
entr’egli per lo innanzi erasi dichlarato odiatore di donne, e nemico
di
nozze, fu poi veduto a sposare pieno di contentez
o odiatore di donne, e nemico di nozze, fu poi veduto a sposare pieno
di
contentezza l’opera stessa delle sue mani. Egli n
di contentezza l’opera stessa delle sue mani. Egli n’ebbe un figlio,
di
nome Pafo, di cui abbiamo testè fatta menzione(a)
a l’opera stessa delle sue mani. Egli n’ebbe un figlio, di nome Pafo,
di
cui abbiamo testè fatta menzione(a). Ritornando p
ui abbiamo testè fatta menzione(a). Ritornando poi al predetto tempio
di
Venere in Cipro, dicesi che in esso col progresso
racconta innoltre, che nello stesso tempio siasi fatto venire Tamira
di
Cilicia per istabilirvi la scienza degli Aruspici
allo scoperro, pure non veniva mai bagnato dalla pioggia(c), nè sopra
di
quello si offerivano che incenso e fiori(a). Fina
incenso e fiori(a). Finalmente Venere era venetata anche nella città
di
Sesto, situata sulle rive dell’ Ellesponto(3). Ve
esse avuto parte nella creazione del mondo(m). Cesare, che pretendeva
di
descendere da questa Dea per mezzo di Julo, figli
ondo(m). Cesare, che pretendeva di descendere da questa Dea per mezzo
di
Julo, figlio d’Enea, le fece ergere un tempio sot
me. Plinio dice, che quel Dittatore spedì al medesimo tempio quantità
di
pietre preziose(a). Ebbe il nome di Tritonia, per
spedì al medesimo tempio quantità di pietre preziose(a). Ebbe il nome
di
Tritonia, perchè veniva portata da’ Tritoni. Ques
to. Altri dicono, elle la Dea ricevette tal nome, perchè Jone, figlio
di
Suto, mentre offeriva un sacrifizio, vide un corv
te della vittima, e la depose sul predetto Promontorio(d). Nel tempio
di
Venere Coliade v’erano delle statue, le quali rap
mirto, ch’erale sacro ; e che tal nome fu poi corrotto nell’anzidetto
di
Murcia o Murzia. Ella aveva, una Capella non lung
io alle radici del monte Aventino(a) (5). Plinio fa menzione del nome
di
Cloacina(b). Egli lo deriva dal verbo latino clue
a omicida, e fu attribuita a Venere, attesochè una certa donna Greca,
di
noma Laide, figlia di Timandra, restò uccisa nel
uita a Venere, attesochè una certa donna Greca, di noma Laide, figlia
di
Timandra, restò uccisa nel di lei tempio a colpi
erta donna Greca, di noma Laide, figlia di Timandra, restò uccisa nel
di
lei tempio a colpi d’aghi da alcune donne Tessale
colpi d’aghi da alcune donne Tessale, ch’erano divenute gelose della
di
lei bellezza(d). Dicesi, che per la medesima ragi
Dicesi, che per la medesima ragione siasi dato a Venere anche il none
di
Anosia, empia (e). Sotto il nome di Libentina ebb
siasi dato a Venere anche il none di Anosia, empia (e). Sotto il nome
di
Libentina ebbe un tempio in Roma, in cui le giova
io d’Esculapio. Strabone riferisce, che i Romani, per averla appresso
di
loro, offerirono a quelle genti di renderli esent
che i Romani, per averla appresso di loro, offerirono a quelle genti
di
renderli esenti di cento talenti sul tributo, che
averla appresso di loro, offerirono a quelle genti di renderli esenti
di
cento talenti sul tributo, che pagavano alla loro
a’ Galli, si avevano reciso i capelli per formarne delle corde ad uso
di
certe macchine di guerra(b). L’altro tempio le fu
no reciso i capelli per formarne delle corde ad uso di certe macchine
di
guerra(b). L’altro tempio le fu fabbricato, perch
abbricato, perchè le predette donne, essendosi rasa la testa a motivo
di
certa malattia, ottenero mercè la protezione di q
asa la testa a motivo di certa malattia, ottenero mercè la protezione
di
questa Dea di riacquistare in brevissimo tempo i
motivo di certa malattia, ottenero mercè la protezione di questa Dea
di
riacquistare in brevissimo tempo i loro capelli(c
elli(c). Un fatto, avvenuto in Efeso, diede motivo alla consecrazione
di
due tempj in onore di Venere. Alesside e Melibea
enuto in Efeso, diede motivo alla consecrazione di due tempj in onore
di
Venere. Alesside e Melibea si amavano teneramente
amavano teneramente, e aveansi reciprocamente promesso con giuramento
di
sposarsi, quando accadde, che i genitori della gi
i mise in viaggio. I venti la portarono al luogo stesso, ove l’amante
di
lei erasi ritirato ; ed ella v’arrivò nel momento
a tavola con alcuni amici. I due giovani si maritarono, e in memoria
di
tale avvenimento alzarono i due predetti tempj a
venimento alzarono i due predetti tempj a Venere, l’uno sotto il nome
di
Automata, perchè improvvisamente si erano rotte l
si erano rotte le gomone del predetto naviglio ; l’altro sotto quello
di
Epideta, perchè Melibea era arrivata, quando si s
li, città d’ Arcadia(b). Una statua, ch’ella ebbe a Sparta nel tempio
di
Giunone Iperchiria, le acquistò il nome di Venere
a ebbe a Sparta nel tempio di Giunone Iperchiria, le acquistò il nome
di
Venere Giunone. Questa statua era antichissima ;
e nubili recavansi a farle offerte e sacrifizj(c). Sotto il Consolato
di
M. Acilio e di C. Porzio la figlia d’un cittadino
nsi a farle offerte e sacrifizj(c). Sotto il Consolato di M. Acilio e
di
C. Porzio la figlia d’un cittadino Romano fu colp
bri Sibillìni, e se ne intese, che le giovani Romane erano minacciate
di
castigo, perchè avevano abbandonata la virtù. A t
Cangia-cuori (d). Cadmo la chiamò in vece Apostrofia(e). L’onore poi
di
consecrare quella statua fu concesso a Sulpicia,
’onore poi di consecrare quella statua fu concesso a Sulpicia, figlia
di
Patercolo, e moglie di Fulvio Flacco, come quella
e quella statua fu concesso a Sulpicia, figlia di Patercolo, e moglie
di
Fulvio Flacco, come quella, ch’era la donna la pi
e moglie di Fulvio Flacco, come quella, ch’era la donna la più pudica
di
Roma(f). Venere Verticordia al tempo di Marcello
ch’era la donna la più pudica di Roma(f). Venere Verticordia al tempo
di
Marcello ebbe anche un tempio fuori della porta C
à, o per riacquistarla, se la aveano perduta. Fu detta Euploea, ossia
di
felice navigazione, perchè era la protettrice de’
re sopra un monte presso Napoli. In esso eravi la statua la più bella
di
questa Dea, che si fosse fatta da Prassitele, e d
tatua la più bella di questa Dea, che si fosse fatta da Prassitele, e
di
cui un ragguardevole giovine ne divenne amante(a)
vogliono, che questo tempio sia stato eretto da Enea Trojano. Diodoro
di
Sicilia poi dice, che il medesimo sussisteva prim
medesimo in gran copia l’oro e le gemme. Dedalo, eccellente artefice,
di
cui parleremo, v’avea riposto una giovenca d’oro,
quale perfettamente imitava il naturale, e avea decorato quel tempio
di
molti altri ammirabili lavori. Notte e giorno vi
; e ne’ primi tempi si aveva tanto rispetto per esso, che niuno osava
di
porre mano ne’tesori, che vi si custodivano. Amil
a’suoi soldati. Si finge, ch’egli perciò abbia dovuto vedere a perire
di
pestilenza la sua armata, e ch’egli stesso sia st
onto. Sotto questo nome aveva un tempio in Ermione, città dell’ Istmo
di
Corinto, e la di lei statua era colà molto pregia
o nome aveva un tempio in Ermione, città dell’ Istmo di Corinto, e la
di
lei statua era colà molto pregiabile per la sua g
za e bellezza. Ivi le giovani avanti le loro nozze, e le vedove prima
di
rimaritarsi, andavano ad offerire sacrifizj(a). F
e da un tempio, che Agamennone le consecrò nella Beozia dopo la morte
di
Arginno, il quale era stato da lui teneramente am
fiume Cefiso(c). Agoracrito e Alcameno, celebri statuarj e discepoli
di
Fidia, contrastarono chi di loro era per formare
e Alcameno, celebri statuarj e discepoli di Fidia, contrastarono chi
di
loro era per formare la più bella Venere. Quella
vesse a restare in Atone, la vendette a certi stranieri sotto il nome
di
Nemesì, e queglino la trasportarono in Ranno(d).
d). Dalla maggiot parte delle Greche città vennero celebrate in onore
di
questa Dea le Feste Afrodisie. Le più celebri era
uesta Dea le Feste Afrodisie. Le più celebri erano quelle dell’ Isola
di
Cipro, introdotte da Cinira. Niuno v’era ammesso,
allora abbandonasse Erice per andarsene nella Libia dietro la scorta
di
quegli uccelli. Nove giorni dopo quelle stesse ge
rano Priapo(7), Imene o Imeneo(8), le Grazie(9), Cupido(10), ed Enea,
di
cui parleremo altrove. La stessa Dea amò assai Ad
Enea, di cui parleremo altrove. La stessa Dea amò assai Adone, figlio
di
Cinira (11), re di Cipro, e di Mirta. Costei dopo
emo altrove. La stessa Dea amò assai Adone, figlio di Cinira (11), re
di
Cipro, e di Mirta. Costei dopo averlo partorito f
La stessa Dea amò assai Adone, figlio di Cinira (11), re di Cipro, e
di
Mirta. Costei dopo averlo partorito fu dagli Dei
averlo partorito fu dagli Dei trasformata nell’albero, che ritenne il
di
lei nome(b). Altri dicono, ch’ella fu da Venere a
iungono che a Mirra toccò sì trista avventura, perchè Cencride, madre
di
lei, si milantava d’avere in Mirra una figliuola
idetto albero, primachè partorisse Adone ; ch’essendo venuto il tempo
di
darlo alla luce, l’albero s’aprì ; e che ne compa
venne raccolto dalle Najadi, e nominato Adone. Quelle Ninfe, al dire
di
questi ultimi Scrittori, ebbero cura di lui, lo n
Adone. Quelle Ninfe, al dire di questi ultimi Scrittori, ebbero cura
di
lui, lo nascosero sotto l’erba, e lo bagnarono de
l giovine non fu sì facile a prevalersi delle prudenti esortazioni. E
di
lui cani trassero fuori dalla macchia uno smisura
a essa strappandosi col dente dalla pelle il ferro, lo svelse intriso
di
sangue, inseguì il cacciatore, lo afferrò, e lo s
bellezza, nè più il guardò. Così se ne afflisse il Pastore, che morì
di
tristezza. Venere lo cangiò in fiume ; ma tuttavi
i tristezza. Venere lo cangiò in fiume ; ma tuttavia egli non cessava
di
amare Argira, ch’era stata pure trasformata in fo
ch’era stata pure trasformata in fontana. Venere, cui la trista sorte
di
Selinno continuava a destare compassione, gli fec
tinuava a destare compassione, gli fece obbliare del tutto la memoria
di
quella Ninfa. Per questo si credette, che le acqu
questo si credette, che le acque del predetto fiume avessero la virtù
di
far perdere a chi ne bevea, o vi si bagnava, la r
la ricordanza de’loro amori (a). Venere castigò Anasarete, e le donne
di
Lenno. Ad Ifide, leggiadro giovinetto di Salamina
astigò Anasarete, e le donne di Lenno. Ad Ifide, leggiadro giovinetto
di
Salamina in Cipro, bastò di rimirare un giorno An
di Lenno. Ad Ifide, leggiadro giovinetto di Salamina in Cipro, bastò
di
rimirare un giorno Anasarete, nata da Teucro, per
ncepirne un amore senza limiti. La disuguanglianza de’natali tenne il
di
lui cuore ondeggiante per qualche tempo. Non pote
la giovine le sue tenerezze, e talora drizzava i suoi voti alla porta
di
colei, come a una Divinità, e l’aspergeva di vino
a i suoi voti alla porta di colei, come a una Divinità, e l’aspergeva
di
vino e odori, e la cingeva di fiori, e la baciava
lei, come a una Divinità, e l’aspergeva di vino e odori, e la cingeva
di
fiori, e la baciava. Anasarete per altro lo sprez
la baciava. Anasarete per altro lo sprezzava e derideva. Egli, stanco
di
tolerare più a lungo siffatto martirio, attaccò u
ù a lungo siffatto martirio, attaccò una fune alla soglia della porta
di
colei, se l’annodò alla gola, e pendulo se ne mor
bi, e che dice non esservi nel Dizionario Mitologico. Arsinoe, figlia
di
Nicocreonte, re di Cipro, fu cangiata da Venere i
esservi nel Dizionario Mitologico. Arsinoe, figlia di Nicocreonte, re
di
Cipro, fu cangiata da Venere in pietra, perchè fu
o, fu cangiata da Venere in pietra, perchè fu spettatrice de’funerali
di
Arceofonte, che morì per non poterla sposare (b).
unerali di Arceofonte, che morì per non poterla sposare (b). Le donne
di
Lenno sacrificarono a tutte le Deità, fuorchè a V
a. Frammischiò tra loro la Dea Mefiti (13), la quale, com’era proprio
di
lei, le rese, tutte d’un odore sì fetido, che se
no allora, sdegnate per siffatta separazione, implorarono il soccorso
di
Poliso. Costei era Sacerdotessa d’Apollo, e donna
i vaticinj avea talmente reso famoso in Lenno e in tutta la Grecia il
di
lei nome, che senza il suo consiglio o comando ni
on solo autrice, ma ministra eziandio dell’esterminio. Toante, figlio
di
Bacco e d’Arianna, e re di Lenno, avea avuto da M
a eziandio dell’esterminio. Toante, figlio di Bacco e d’Arianna, e re
di
Lenno, avea avuto da Mirina, sua moglie, una figl
Arianna, e re di Lenno, avea avuto da Mirina, sua moglie, una figlia,
di
nome Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore
e Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore, lo nascose nel tempio
di
Bacco, e poi lo fece passare secretamente nell’is
se nel tempio di Bacco, e poi lo fece passare secretamente nell’isola
di
Chio appresso il fratello Enopio, che là vi regna
pile fuggì da Lenno, e presa da’corsari, fu venduta a Licurgo, figlio
di
Pronace, e re di Nemea (c). Tra gli ustelli il p
no, e presa da’corsari, fu venduta a Licurgo, figlio di Pronace, e re
di
Nemea (c). Tra gli ustelli il più caro a Venere
lomba. Dicesi, che la Dea anche si trasformasse in questo uccello. Il
di
lei figlio, Cupido, si vantò di poter cogliere in
si trasformasse in questo uccello. Il di lei figlio, Cupido, si vantò
di
poter cogliere in un giardino più fiori di sua ma
i figlio, Cupido, si vantò di poter cogliere in un giardino più fiori
di
sua madre. Venere prese a gareggiare seco lui ; m
eggiare seco lui ; ma egli coll’ajuto delle ali sì velocemente girava
di
fiore in fiore, ch’era per riportarne la vittoria
a, perchè era stata tinta del sangue d’Adone, quando si punse con una
di
quelle spine, per la quale puntura la rosa divenn
gie del mare per asciugarsi i capelli, e veggendo da lungi una ciurma
di
Satiri, corse a nascondersi tra alcuni mirti (c)
le sue sacerdotesse(16). Le perle altresì erano particolare ornamento
di
Venere, come quella, che si voleva nata nel mare
ere, come quella, che si voleva nata nel mare in una conchiglia piena
di
margarite (d). Plinio (e), e Macrobio (a) ci narr
l’aceto, fu divisa in due parti per farne gli orocchini ad una statua
di
Venere. Lampridio lasciò scritto, che l’Imperator
ceste (e). Sul Libano poi, ov’era molto onorata, e avea il soprannome
di
Architide (f), compariva afflitta, col capo coper
ariva afflitta, col capo coperto, e appoggiato sulla sinistra in atto
di
piangere in morte di Adone. Nettuno. Nettun
apo coperto, e appoggiato sulla sinistra in atto di piangere in morte
di
Adone. Nettuno. Nettuno fu considerato figl
re in morte di Adone. Nettuno. Nettuno fu considerato figliuolo
di
Saturno e di Cibele. Il di lui padre, dopo d’aver
i Adone. Nettuno. Nettuno fu considerato figliuolo di Saturno e
di
Cibele. Il di lui padre, dopo d’averlo mangiato,
ttuno. Nettuno fu considerato figliuolo di Saturno e di Cibele. Il
di
lui padre, dopo d’averlo mangiato, lo restituì po
Secondo un’altra tradizione più seguita, e citata da Pausania(a), la
di
lui madre, tostochè lo partorl, lo nascose tra’pa
un pulodro, il quale da lui venne tosto divorato. Arno fu la nutrice
di
Netteno(b) (1). Questo Nume nella divisione dell’
sione dell’Impero del mondo ebbe la signoria del mare, delle isole, e
di
tutti i luoghi circonvicini(c). Egli però, trovan
o a Giove, ch’ei regnasse nel Cielo, cospirò insiome co’Titani contro
di
lui, ma finalmente ne venne relegato sulla terra(
ielo, nè sapendo come vivere, si unì a lui per ajutare Laomedonte, re
di
Troja, il quale stava fabbricando le mura dì quel
mura dì quella città. Egli, attesa la promessa, che gli fece quel re,
di
grossa somma di danaro, s’accinse a rendere quell
ittà. Egli, attesa la promessa, che gli fece quel re, di grossa somma
di
danaro, s’accinse a rendere quelle mura conforti
conforti argini sicure dalle inondazioni. Laomedonte ricusò alla fine
di
pagarlo. Non tollerò Nettuno l’oltraggio, e fece
i le acque, che portarono estrema rovina alla nascente città. Nè pago
di
tale vendetta, intimò per mezzo ed’un oracolo, ch
pago di tale vendetta, intimò per mezzo ed’un oracolo, che la figlia
di
quello stesso re servisse di pasto ad un mostro m
ò per mezzo ed’un oracolo, che la figlia di quello stesso re servisse
di
pasto ad un mostro marino(a) (2). Nettuno fu chia
tabile e fu data a Nettuno, perchè secondo Servio egli avea il potere
di
rendore tale la terra(b). Strabone racconta ; che
(b). Strabone racconta ; che il mare da quattro giorni videsi coperto
di
fiamme, che estremamente lo agitavano, quando fin
di fiamme, che estremamente lo agitavano, quando finalmente dal mezzo
di
quelle comparve quantità di rupi ardenti, le qual
lo agitavano, quando finalmente dal mezzo di quelle comparve quantità
di
rupi ardenti, le quali, unitesi insieme, presero
(c). Con tale titolo ebbe altri tempj nella Grecia(d), e uno al Capo
di
Tenaro, nella Laconia, sull’ingresso della grotta
si faceva al tempo de’Giuochi Circensi, ma anche perchè trovò l’arte
di
cavalcare(a), ovvero perchè egli fece dono del ca
i ad alcuna fatica, e si conducevano per le strade e campagne, adorni
di
bellissimi arnesi, e inghirlandati di fiori. Le s
er le strade e campagne, adorni di bellissimi arnesi, e inghirlandati
di
fiori. Le stesse Feste si celebravano anche da’Ro
ati di fiori. Le stesse Feste si celebravano anche da’Romani col nome
di
Giuochi Consuali. Appresso Mantinsa, città del Pe
nsa, città del Peloponneso nell’Arcadia, eravi un antichissimo tempio
di
Nettuno Ippio, fabbricato da Agamede e Trofonio :
ieco(c). Si chiamò Enosictone, per indicare il potere, ch’egli aveva,
di
scuotere la terra, e di suscitarvi i terremoti(d)
ctone, per indicare il potere, ch’egli aveva, di scuotere la terra, e
di
suscitarvi i terremoti(d). Fu denominato Onchesti
lui suscitate, soventi volte cigionano tal’effetto. Si celebravano a
di
lui onore le Feste Posidie o Posidonie. Questo Nu
lui onore le Feste Posidie o Posidonie. Questo Nume aveva nell’Isola
di
Tenedo, una delle Cicladi, un gran tempio, consid
dò la maggior parte del loro paese. Il Nume finalmente alle preghiere
di
Giunone ne sospese il castigo, e quegli abitanti
castigo, e quegli abitanti fabbricarono un tempio a lui sotto il nome
di
. Prosclistio, ossia inondante, nel luogo, ove le
si crano titirate(b). Nettuno, non potendo indurre Anfitrite, figlia
di
Nereo e di Dori(3), a divenire sua moglie, spedì
itirate(b). Nettuno, non potendo indurre Anfitrite, figlia di Nereo e
di
Dori(3), a divenire sua moglie, spedì un Delfino,
del fiume Acheloo, come più comunemente si crede, e la rendette madre
di
Leche e di Cencreo(5). Molti figliuoli nacquero a
cheloo, come più comunemente si crede, e la rendette madre di Leche e
di
Cencreo(5). Molti figliuoli nacquero a Nettuno. I
iareo, uno de’Ciclopi, scelto per giudice, decise, che il Promontorio
di
Corinto dovesse appartenere al Sole, e a Nettuno
bravano(15). I medesimi erano riputati sì sacri, che non si tralasciò
di
celebrarli neppure dopochè la città di Corinto ve
sì sacri, che non si tralasciò di celebrarli neppure dopochè la città
di
Corinto venne distrutta da Mummio, Duce de’Romani
nti dell’Istmo(c). I vincitori da principio si coronavano con fron li
di
pino, indi con foglie d’appio secco(d). I loro no
te nella pubblica piazza. Fu loro aggiunta finalmente anche una somma
di
danaro, che da Solone si fissò a cento dramme. I
za in patria da’suoi concittadini. L’onore, che si riportava a motivo
di
questo Inno, era maggiore d’ogni altro(a). Oltre
ano il costume d’offerirgli il fiele degli animali, perchè l’amarezza
di
quello avea relazione con quella del mare(f). Non
sacrifizio al Nume(16). I Romani gli avevano consecrato tutto il mese
di
Febbrajo, affinchè egli fosse propizio nella Prim
ore, fu popolata da dieci figliuoli, che partorì a Nettuno una figlia
di
Clitone e di Leucippe. Questo Nume sul pendìo del
ata da dieci figliuoli, che partorì a Nettuno una figlia di Clitone e
di
Leucippe. Questo Nume sul pendìo del Campidoglio
doglio aveva un tempio, e nel Circo Flaminio un’ara, la quale al dire
di
Tito Livio grondava di sudore. E’pur famoso il te
e nel Circo Flaminio un’ara, la quale al dire di Tito Livio grondava
di
sudore. E’pur famoso il tempio, che aveva in Tena
omontorio della Laconia, e ch’eragli stato eretto da Tenaro, fratello
di
Geresto, e figlio di Giove, che diede il suo nome
ia, e ch’eragli stato eretto da Tenaro, fratello di Geresto, e figlio
di
Giove, che diede il suo nome al predetto Promonto
no era eziandio dedicata la piccola isola, situata in faccia al porto
di
Trezene, e detta Calavria da Calavro, figlio di N
ta in faccia al porto di Trezene, e detta Calavria da Calavro, figlio
di
Nettuno : così narra Filostefano, citato dallo Sc
ia si sa aver servito d’asilo, ed esservisi ritirato anche Demostene,
di
cui vi si mostrava il sepolcro. Era altresì celeb
no aveva in Geresto, città dell’Eubea, donde gli derivò il soprannome
di
Gerestio ; e Gerestie si diceano le Feste, che in
Ippocampi, vale a dire cavalli, che aveano due piedi soli, e la coda
di
pesce(d). Comparisce Nettuno anche in atto di sed
e piedi soli, e la coda di pesce(d). Comparisce Nettuno anche in atto
di
sedere sopra un mare tranquillo con due pesci, de
Nercidi e da’Tritoni. Lo precede Nerco, il quale, suonando una spezie
di
tromba, formata d’una conca marina, annunzia la p
cangiata in giumenta(f). V’è chi soggiunge, che Nettuno con un colpo
di
tridente abbia prodotto Arione, quando egli e Min
da Nettuno, e fu poi adottata da Giove(a). Altri la chiamarono figlia
di
Pallante(b). La maggior parte de’ Mitologi dicono
che lo stesso Nume, poco tempo dopo sorpreso da gagliardissimo dolor
di
capo, ricorse a Vulcano, il quale con un colpo d’
etto nome, perchè offesa da Pallante, suo padre, lo scorticò, e della
di
lui pelle si fece uno scudo, detto egide. Evvi fi
, uno de’ Giganti, i quali aveano mosso guerra a Giove(d). Le nutrici
di
questa Dea furono Alalcomenia, Aulide, e Telsinia
lo pe’ rei, e in cui si conservò poi la pelle e i denti del Cinghiale
di
Calidone(a) (2). Ebbe il nome di Boarmia da’ Beoz
poi la pelle e i denti del Cinghiale di Calidone(a) (2). Ebbe il nome
di
Boarmia da’ Beozj, perchò queglino credevano, ch’
llata Partenia, ossia Vergine, perchè quantunque fosse divenuta madre
di
varj figliuoli, tuttavia, bagnandosi ogni anno ne
tto nome il tempio, distrutto da’ Persiani, e rifabbricato per ordine
di
Pericle dal celebre Architetto Ittino insieme con
edi. Il medesimo tempio chiamavasi anche Ecatompedon, ossia il tempio
di
cento piedi, perchè tanti ne avea di lunghezza(c)
che Ecatompedon, ossia il tempio di cento piedi, perchè tanti ne avea
di
lunghezza(c). Custodi dello esso erano de’serpent
i primo dì del mese ricevevano dagli Agremoni sacerdoti il sacrifizio
di
una schiacciati, fatta col mele(a). Fu chiamata E
delle arti, perchè le si attribuiva l’invenzione della maggior parte
di
esse(b). Sul qual proposito è famosa l’istoria di
della maggior parte di esse(b). Sul qual proposito è famosa l’istoria
di
Aracne, figlia d’Idmone. Costei in Colofone, citt
Colofone, città della Lidia, così eccellentemente riusciva ne’ lavori
di
tapezzerie, che moltissimi stranieri si recavano
issimi stranieri si recavano da lontani paesi ad ammirare la bellezza
di
quelli. Gli elogi, che Aracne ne riceveva, le ins
ogi, che Aracne ne riceveva, le inspirarono tale presunzione, che osò
di
preferirsi in quell’arte alla stessa Minerva. La
rime la bramava corretta e non punita, a lei si presentò in sembianza
di
vecchia, la esortò ad essere meno vana, e a chied
meno vana, e a chiedere perdono a Minerva d’averla provocata, sicura
di
conseguirlo. Aracne trattò da insensata la donna,
ttò da insensata la donna, e protestò che non sarebbe mai per mutarsi
di
parere. Minerva allora si, diede a conoscere per
o la rabbia, che il rossore ridussero la infelico a disperato partito
di
sospendersi con un laccio, e morire. Minerva però
ellato Sciro(5) ; o dalla voce greca sciros, calcina, o gesso, perchè
di
tal materia era composta la statua di lei, fatta
ciros, calcina, o gesso, perchè di tal materia era composta la statua
di
lei, fatta da Teseo, ritornato da Creta ; o final
a Creta ; o finalmente dall’altra voce sciron, ombrella, perchè sotto
di
questa portavasi la di lei statua dal sacerdote E
dall’altra voce sciron, ombrella, perchè sotto di questa portavasi la
di
lei statua dal sacerdote Eretteo, o da uno degli
a sacerdotale in Atene, e consecrata a Minerva. Gli Ateniesi iu onore
di
questa Dea celebravano le Feste Scire, o Scirofor
forte e valorosa. I Plateesi delle spoglie, riportate nella battaglia
di
Maratona, le innalzarono sotto questo titolo un t
le innalzarono sotto questo titolo un tempio(c). Le si diede il nome
di
Calinitide da chalinòs, freno, perchè aveva in Co
e per combattere la Chimera. La statua della Dea in questo tempio era
di
legno, il volto poi e le mani di bianca pietra(d)
tatua della Dea in questo tempio era di legno, il volto poi e le mani
di
bianca pietra(d). Si chiamò Ippia, ossia Equestre
u appellate Lafira dalla voce greca lafira, spoglie de’nemici, perchè
di
queste s’impadronivano quegli eserciti, cui ella
riva(c). Insorta contesa tra Nettuno e Minerva riguardo al Territorio
di
Trezene, Giove propose, che tutte le due Divinità
, che tutte le due Divinità vi fossero onorate, Minerva sotto il nome
di
Poliade, ossia protectrice della città, e Nettuno
ome di Poliade, ossia protectrice della città, e Nettuno sotto quello
di
re di Trezene(d). Ciò si conferma dalle due medag
Poliade, ossia protectrice della città, e Nettuno sotto quello di re
di
Trezene(d). Ciò si conferma dalle due medaglie, i
indicate dal Goltzio, sopra una delle quali v’è il tridente, simbolo
di
Nettuno, e sull’altra la testa di Minerva col mot
elle quali v’è il tridente, simbolo di Nettuno, e sull’altra la testa
di
Minerva col motto Poliade. Il tempio, che Minerva
remota antichità, e fabbricato sopra una rupe. Vi si vedeva al tempo
di
Strabone(e) una lampada inestinguibile, e un edif
ve soggiornavano le vergini, consecrate al culto della Dea. La statua
di
Minerva era d’avorio, e passava per uno de’più ce
atua di Minerva era d’avorio, e passava per uno de’più celebri lavori
di
Fidia. Minerva Poliade ebbe pure un tempio sopra
di Fidia. Minerva Poliade ebbe pure un tempio sopra una delle colline
di
Sparta presso la Cittadella. Ebbe altresì un temp
n tempio in Tegoa nell’Arcadia. In quello si conservavano dei capelli
di
Medusa, i quali Minerva aveva donato a Cefeo, fig
, che Tegea non sarebbe mai stata presa da nemiche armi. Il Sacerdote
di
questo tempio v’entrava una sola volta all’anno(a
a). Questa Dea ebbe parimenti un tempio in Eritre, nell’Acaja, ove la
di
lei statua era di straordinaria grandezza. La Min
e parimenti un tempio in Eritre, nell’Acaja, ove la di lei statua era
di
straordinaria grandezza. La Minerva Poliade, che
zio. Era attribuito quell’animale a questa Divinità, perchè è simbolo
di
sapienza, attesa la sua perspicacia e accortezza.
a, o perchè la educò Tritone ; o perchè ella nacque appresso il fiume
di
questo nome, il quale trovasi nella Beozia(b) ; o
o del mese, come vuole Callistene, citato da Tzétze(c). Sotto il nome
di
Tritonia aveva un tempio in Arcadia presso i Fene
lla Beozia presso d’Alalcomene(d). I Dorj s’impadronirono della città
di
Corinto. Due sorelle, chiamate Ellotide ed Eurizi
Due sorelle, chiamate Ellotide ed Eurizione, si ritirarono nel tempio
di
Minerva per sottrarsi agl’insulti del vincitore.
dell’Oracolo dovea cessare ; se non qualora si fosse placata l’ombra
di
Ellotide e di sua sorella. Così si eseguì coll’in
dovea cessare ; se non qualora si fosse placata l’ombra di Ellotide e
di
sua sorella. Così si eseguì coll’innalsare un nuo
Così si eseguì coll’innalsare un nuovo tempio a Minerva sotto il nome
di
Ellotide. S’instituì allora anche una Festa, dett
ittà, fabbricata da Gecrope nella Grecia. Gli Dei, scelti per giudici
di
tale questione, stabilirono, che quella delle due
squarciata col tridente la terra, ne fece uscire un cavallo, simbolo
di
guerra ; Minerva alli opposto fece pullulare un g
a ; Minerva alli opposto fece pullulare un germoglio d’ulivo, simbolo
di
pace. I Numi decisero, che questa fosse migliore
che significa Minerva(b). Per la stessa ragione vennero instituite in
di
lei onore le Feste, dette Niceterie(c). Si denomi
nia(b). Fu denominata Calcieco dalla voce greca chalcòs, rame, perchè
di
tal metallo era formata la statua e il tempio, ch
mata la statua e il tempio, che questa Dea avea in Isparta. I giovani
di
questa città oclebravano le Feste, chiamate Calci
ssero le conne d’Istide, perchè furono esaudite ; quando la pregarono
di
renderle in una sola notte madri di varj figli pe
no esaudite ; quando la pregarono di renderle in una sola notte madri
di
varj figli per accrescere il poco numero d’uomini
gli per accrescere il poco numero d’uomini, che si trovavano appresso
di
loro(d). Si chiamò Piletide dal nome greco pili,
aschile, che le si attribuiva(f). Le altre Feste, instituite in onore
di
questa Dea, furono le Quinquatrie, l’Arreforia, e
, l’Arreforia, e le Panatenec. Le prime si celebravano per onorare il
di
lei giorno natalizio(g). Si dissero Quinquatrie,
uatrie, o perchè venivano solennizzate dopo il quinto giorno degl’Idi
di
Marzo(a) ; o perchè esse duravano cinque giorni,
ano dei sacrifizj, e negli altri eranvi nel teatro varj combattimenti
di
Gladiatori(b). Sonovi alcuni, i quali riferiscono
aturnali(c). Narrasi inoltre, che gli Scolari durante la celebrazione
di
tali Feste spedivano a’ loro Maestri certi doni,
a misteriosa, e fero, portare, fu così detta, perchè quattro vetgini,
di
nascita illustre, coperte di vesti bianche, e orn
, fu così detta, perchè quattro vetgini, di nascita illustre, coperte
di
vesti bianche, e ornate d’oro, portavano le Misti
nate d’oro, portavano le Mistiche Ceste(e). Le Panatence, ossia Feste
di
tutta Atene, perchè tutti gli Ateniesi doveano in
e maggiori. Le prime si celebravano, ogni anno, o come altri dicono,
di
tre in tre anni ; le maggiori poi ogni cinque ann
convenne impiegarvi maggior tempo. Nelle minori si facevano tre sorta
di
giuochi. Il primo era la corsa a piedi e a cavall
cavallo con torcia accese ; il secondo la lotta ; il terzo una spezie
di
gara tra’ Poeti e Musici. Il premio di questi Giu
la lotta ; il terzo una spezie di gara tra’ Poeti e Musici. Il premio
di
questi Giuochi era un vaso pieno d’oglio e una co
natence maggiori il primo dì si considerava come quello della nascita
di
Minerva, e vi si facevano certe offerte e sacrifi
zj alla Dea ; i tre giorni seguenti si solennizzavano con ogni genere
di
giuochi ; il quinto era il più festivo, e si face
tà una magnifica cavalcata, alla testa della quale si portava a guisa
di
vessillo il Peplo di Minerva(6). Era quello una v
lcata, alla testa della quale si portava a guisa di vessillo il Peplo
di
Minerva(6). Era quello una veste bianca, a ricamo
senza maniche, sopra la quale erano espresse le azioni più memorabili
di
questa e delle altre Divinità(a) (7). Nel predett
ette Difrefore ; perchè portavano piecole sedie e ombrelle. Le Feste,
di
cui parliamo, prima di Teseo, si chiamavano Atenc
portavano piecole sedie e ombrelle. Le Feste, di cui parliamo, prima
di
Teseo, si chiamavano Atence, perchè si celebravan
omuni a tutti gli abitanti dell’Attica, e allora acquistarono il nome
di
Panatence(c). Il primo institutore delle medesime
so, e Aglauro o Agraulo, nate da Cecrope, re d’Atene, e da una figlia
di
Atteo, antico abitatore dell’Attica, e le quali s
tico abitatore dell’Attica, e le quali servivano a Minerva in qualità
di
sacerdotesse(9). La Dea avea loro intimato di non
no a Minerva in qualità di sacerdotesse(9). La Dea avea loro intimato
di
non aprire giammai l’anzidetto cestello, perchè v
il comando, ma l’altra sorella nol fece. Ciò accese talmente Minerva
di
sdegno, che per punire Aglauro della sua disobbed
i precipitò nel mare(b). Altri dicono, che Minerva le inspirò gelosia
di
Erse, la quale però ne veniva impedita di vedere
Minerva le inspirò gelosia di Erse, la quale però ne veniva impedita
di
vedere Mercurio, da cui era sommamente amata ; e
i finalmente pretendono, che Pandroso sola abbia osservato il comando
di
non aprire il cestello ; e che perciò gli Atenies
; e che perciò gli Ateniesi le abbiano eretto un tempio presso quello
di
Minerva, e instituita una festa, detta Pandroso(d
a. Ecco come ciò avvenne : Ausesia, e Lamia o Damia, ve ni dell’Isola
di
Creta, nell’andarsene a Trezene, vi rimasero lapi
due statue, l’una ad Ausesia, e l’altra a Lamia. Coloro interrogarono
di
nuovo l’Oracolo per sapere di qual materia le due
e l’altra a Lamia. Coloro interrogarono di nuovo l’Oracolo per sapere
di
qual materia le due comandate statue doveano form
sere in varie altre parti della torra, prova la grande estensione del
di
lei culto. Ella n’ebbe in Egitto, nella Fenicia,
uì grandi onori e moltissimi tempj(b). Questa Dea amò Eretteo, figlio
di
Pandione I, e sesto re d’Atene. La terra, dice Om
’Atene. La terra, dice Omero, lo diede alla luce, e Minerva ebbe cura
di
allattarlo ella medesima ; e lo ripose nel suo te
lla medesima ; e lo ripose nel suo tempio d’Atene(c) (11). Una figlia
di
Coroneo, Principe della Focide, era richiesta da
o Nettuno se n’era invaghito, e in varj modi avea più volte procurato
di
conciliarsi il di lei affetto. Ella mercè l’ajuto
invaghito, e in varj modi avea più volte procurato di conciliarsi il
di
lei affetto. Ella mercè l’ajuto di Minerva non gl
volte procurato di conciliarsi il di lei affetto. Ella mercè l’ajuto
di
Minerva non gli prestò veruna corrispondenza, fin
a, finchè la stessa Dea trasformolla in cornacchia, e la tenne presso
di
se, come ministra e compagna. Minerva poi la allo
la corse a riferisle, che Aglauro avea aperto il cestello ; e in vece
di
lei prese ad lamare la Civetta, nella quale era s
d lamare la Civetta, nella quale era stata cangiata Nittimene, figlia
di
Nitteo, re di Lesbo(d). Questo uccello ordinatiam
vetta, nella quale era stata cangiata Nittimene, figlia di Nitteo, re
di
Lesbo(d). Questo uccello ordinatiamente si confon
bre, diviene simbolo della sapienza. Minerva si rappresenta in divise
di
guerriera, collo scudo imbracciato, con una Civet
n divise di guerriera, collo scudo imbracciato, con una Civetta sopra
di
quello, coll’Egide al petto, e coll’asta alla man
. MArte secondo Esiodo (a) e quasi tutti i Poeti Greci era figlio
di
Giove e di Giunone. Ovidio poi, seguito da altri
secondo Esiodo (a) e quasi tutti i Poeti Greci era figlio di Giove e
di
Giunone. Ovidio poi, seguito da altri Poeti Latin
glie, che si consecravano a Marte (c). Questo Nume ebbe anche il nome
di
Quirite, Bisultore, Turio, Salisubsolo, Arete, Gr
re, ossia due volte vendicatore, perchè avea vendicato la morte prima
di
Cesare, e poi de’ due Crassi, cioè di M. il padre
è avea vendicato la morte prima di Cesare, e poi de’ due Crassi, cioè
di
M. il padre, e di P. il figlio (a). Si denominò T
a morte prima di Cesare, e poi de’ due Crassi, cioè di M. il padre, e
di
P. il figlio (a). Si denominò Turio dal greco ver
dal greco verbo theo, essere in furore : lo che esprime l’impetuosità
di
lui ne’ combattimenti(b). E’ stato chiamato Salis
. E’ stato chiamato Salisubsolo a cagione delle danze, che facevano i
di
lui Sacerdoti, detti Salj, de’ quali quanto prima
ivo dal verbo latino gradior, camminare, per darlo a divedere in atto
di
marciare. Roma sotto questo titolo gli eresse un
questo titolo gli eresse un tempio nella via Appia(e). Aerope, figlia
di
Cefeo, nel partorire un figlio morì di dolore. Be
a via Appia(e). Aerope, figlia di Cefeo, nel partorire un figlio morì
di
dolore. Benchè morta, non lasciò di pascere in gr
feo, nel partorire un figlio morì di dolore. Benchè morta, non lasciò
di
pascere in gran copia il bambino col proprio latt
dalla voce afenos, abbondanza (f). Venne appellato Ginecotene da que’
di
Tegea, quando le donne di quella città gli offeri
nza (f). Venne appellato Ginecotene da que’ di Tegea, quando le donne
di
quella città gli offerirono un sacrifizio, cui no
furono dette Equirie da equus, cavallo, perchè consistevano in corse
di
cavalli. Le medesime Feste si trasportavano sul m
ncilie trassero il loro nome da certi piccoli scudi, incavati a forma
di
conca da due parti, i quali si chiamavano ancili.
arti, i quali si chiamavano ancili. In Roma cadde dal Cielo uno scudo
di
rame. Numa Pompilio, il quale allora vi regnava,
ò con altri undici, del tutto simili a quello, affinchè la difficoltà
di
riconoscerlo facesse sì, che non venisse rubato.
, eccellente artefice, li lavorò. Tutti dodici si riposero nel tempio
di
Marte, e se ne affidò la custodia ad altrettanti
tio, com’egli avea ricercato in premio del suo lavoro (c). Altri sono
di
parere, che gli anzidetti Sacerdoti sieno stati d
figliuoli. La terza, acciocchè la fecondità, che ha la terra nel mese
di
Marzo, si concedesse anche alle Matrone Romane. L
ale, come abbiamo esposto, presiedeva alle nozze e a’ parti. Al tempo
di
queste Feste le donne ricevevano dei regali da’ l
o, perchè questi uccelli sono rapaci (a). Marte sposò Bellona, figlia
di
Forci e di Ceto (b) (4). Plauto dà il nome di Ner
uesti uccelli sono rapaci (a). Marte sposò Bellona, figlia di Forci e
di
Ceto (b) (4). Plauto dà il nome di Nerieue alla m
e sposò Bellona, figlia di Forci e di Ceto (b) (4). Plauto dà il nome
di
Nerieue alla moglie di questo Dio(c). Bellona poi
di Forci e di Ceto (b) (4). Plauto dà il nome di Nerieue alla moglie
di
questo Dio(c). Bellona poi secondo alcuni Scritto
sso Marte (e). I Poeti dicono, ch’ella preparava il carro e i cavalli
di
Marte, quando questi andava alla guerra (f). Mart
andava alla guerra (f). Marte prese ad amare anche Filonomia, figlia
di
Nittino, re d’ Arcadia, e della Ninfa Arcadia. El
assava gran parte della sua vita nelle foreste. Marte prese la figura
di
pastora, e la rendette madre di due gemelli. Ella
nelle foreste. Marte prese la figura di pastora, e la rendette madre
di
due gemelli. Ella per timore del padre li getto a
allattati da una lupa. Il pastore Telefo poi li raccolse, prese cura
di
loro, e denominò uno Parrasio, e l’altro Licasto.
soggetto a varie vicende. Ei volle opporsi agli Aloidi, che tentavano
di
rapire le Dee, Giunone e Diana. Coloro lo fecero
ecero prigioniero, e per varj mesi lo tennero rinchiuso in una gabbia
di
bronzo. Non avrebbe più riacquistata la libertà,
toglierlo da quell’ infelice stato (a). Marte inoltre alle preghiere
di
Venere, ferita da Diomede, figlio di Tideo, avea
a). Marte inoltre alle preghiere di Venere, ferita da Diomede, figlio
di
Tideo, avea preso a proteggere i Trojani. Minerva
ojani. Minerva, che odiava Venere, eccitò Diomede a combattere contro
di
Marte. Questo Dio, appenachè lo vide, tentò di fe
de a combattere contro di Marte. Questo Dio, appenachè lo vide, tentò
di
ferirlo ; ma Minerva fece sì, che Diomede invece
degli Dei, lo risanò (b). Marte finalmente uccise Allirrozio, figlio
di
Nettuno e della Ninfa Eurite, perchè colui aveva
figlio di Nettuno e della Ninfa Eurite, perchè colui aveva offeso la
di
lui figliuola, Alcippe. Nettuno se ne querelò app
pe sì bene difendersi che ne partì assolto (c) (7). Pare che il culto
di
Marte non siasi molto esteso tra’ Greci, perciocc
iocchè Pausania, il quale fece menzione degli Dei loro, non fa parola
di
alcun tempio di Marte, ma solamente parla di due
il quale fece menzione degli Dei loro, non fa parola di alcun tempio
di
Marte, ma solamente parla di due o tre delle di l
Dei loro, non fa parola di alcun tempio di Marte, ma solamente parla
di
due o tre delle di lui statue (d). Per lo contrar
arola di alcun tempio di Marte, ma solamente parla di due o tre delle
di
lui statue (d). Per lo contrario non fuvi luogo,
o onorato, quanto in Roma, perchè questa lo risguardava come il padre
di
Remo e Romolo, e il protettore del suo Imperio. T
ebbe appresso i Romani, quello, fabbricato nella piazza sotto il nome
di
Marte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia di
iazza sotto il nome di Marte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia
di
Filippo, era uno de’ più celebri. Nell’ ingresso
era uno de’ più celebri. Nell’ ingresso del medesimo eravi la statua
di
Venere a lato di quella di Marte (a). Un altro te
celebri. Nell’ ingresso del medesimo eravi la statua di Venere a lato
di
quella di Marte (a). Un altro tempio, pellaro Reg
ell’ ingresso del medesimo eravi la statua di Venere a lato di quella
di
Marte (a). Un altro tempio, pellaro Reggia, ebbe
io, pellaro Reggia, ebbe pure in Roma. Ivi gli s’immolava un cavallo,
di
cui la gioventù, divisa in due partiti, se ne dis
o Eremartea, Divinità, che gli Antichi onoravano con certi rendimenti
di
grazie, quando aveano conseguito qualche eredità.
ndimenti di grazie, quando aveano conseguito qualche eredità. Il nome
di
quella era composto dalle due voci eredità e Mart
ità e Marte (c). Il picchio era uccello, sacro a Marte, perchè esso è
di
natura molto coraggioso, ed ha il becco sì forte,
eri sino alla midolla (d) (8). Marte rappresentasi sotto le sembianze
di
gigante, con elmo in testa, armato di asta e scud
appresentasi sotto le sembianze di gigante, con elmo in testa, armato
di
asta e scudo, coperto di vesti militari, e con ma
bianze di gigante, con elmo in testa, armato di asta e scudo, coperto
di
vesti militari, e con manto sulle spalle. Alcuni
no a lui il gallo, per ricordare, che questo Nume cangiò nella figura
di
tale uccello il giovane Alettrione in pena di ess
ume cangiò nella figura di tale uccello il giovane Alettrione in pena
di
essersi addormentato, quando dovea fare la sentin
addormentato, quando dovea fare la sentinella alla porta del palagio
di
Vulcano, finchè Marte si tratteneva con Venere (f
ia le Spavento e il Timore (a). Plutarco vuole, che Fobo fosse figlio
di
questo Dio, e che a lui pure si sacrificasse per
alle armate (b). Vulcano. VUlcano secondo alruni era figliuolo
di
Giunone e di Giove(a). Cicerone riconobbe quattro
b). Vulcano. VUlcano secondo alruni era figliuolo di Giunone e
di
Giove(a). Cicerone riconobbe quattro Vulcani, uno
lcani, uno de’ quali era figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il terzo
di
Menalio, e il quarto di Giove e di Giunone(b). La
figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il terzo di Menalio, e il quarto
di
Giove e di Giunone(b). La maggior parte però de’
Cielo, l’altro del Nilo, il terzo di Menalio, e il quarto di Giove e
di
Giunone(b). La maggior parte però de’ Teogonisti
ano sia nato dalla sola Giunone(c) ; e però gli diedero il soprannome
di
Apator, ossia senza padre (d). Comparve sino dal
nge, che fa Giove quegli, il quale lo precipitò dal Cielo nell’ Isola
di
Lenno, perchè egli volle prestare soccorso a Giun
li si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che gli acquistò il nome
di
Tardipede, ossia tardo di piede (g). Ne presero c
divenne zoppo : lo che gli acquistò il nome di Tardipede, ossia tardo
di
piede (g). Ne presero cura di lui bambino que’ di
uistò il nome di Tardipede, ossia tardo di piede (g). Ne presero cura
di
lui bambino que’ di Lenno(h). Omero vuole, che lo
dipede, ossia tardo di piede (g). Ne presero cura di lui bambino que’
di
Lenno(h). Omero vuole, che lo abbia educato Teti(
vano in Lenno, nelle caverne del monte Etna in Sicilia, e nelle Isole
di
Lipari, dette perciò da’ Greci Efestiadi, e da’ L
ndo un’antica tradizìone, riferita da Pausania, una delle prime opere
di
Vulcano fu una sedia d’oro, la quale egli spedì i
endicarsi del disprezzo, ch’ella gli aveva dimostrato per causa della
di
lui bruttezza. La Dea, che non diffidava del figl
ne rimase stretta da certi occulti legami, che diede motivo agli Dei
di
grande riso(g). Bacco finalmente ubbriacò Vulcano
i(h). Vulcano dopotal fatto costruì nell’ Olimpo un magnifico palagio
di
bronzo, e vi piantò una fucina, nella quale vi la
tuosi trattenimenti don Marte(2). Vulcano formò una sottilissima rete
di
ferro, la distese sul terreno, ove soleano adagia
proruppe in altissime risa, e per qualche tempo si parlò nell’ Olimpo
di
questa ridicola scena. Vulcano finalmente alle pr
l’ Olimpo di questa ridicola scena. Vulcano finalmente alle preghiere
di
Nettuno pose Venere e Marte in libertà. Questi si
rso Pafo(b). Vulcano ebbe due figli, Broteo(3), e Ceculo(4). In onore
di
Vulcano oltre le Feste Lampadeforie, della quali
a, calcòs, rame, perchè si solennizzavano spezialmente dagli artefici
di
rame, per ricordare che nella loro città si trovò
artefici di rame, per ricordare che nella loro città si trovò l’arte
di
portre in opera il predetto metallo(c). Questo Nu
bbe molti tempj anche in Roma. Se ne ricorda uno, fabbricato al tempo
di
Romolo, e di Tazio. Questo era fuori della città,
pj anche in Roma. Se ne ricorda uno, fabbricato al tempo di Romolo, e
di
Tazio. Questo era fuori della città, come lo eran
Romolo, e di Tazio. Questo era fuori della città, come lo erano que’
di
Marte. Gli Auguri aveano giudicato, che il Dio de
del fuoco e quello della guerra non dovessero starsene entro le mura
di
Roma, affinchè l’uno non vi cagionasse incendj, l
ensioni tra il popolo(a) I Cani d’ordinario erano i custodi de’ tempj
di
Vulcano(b). Eliano riferisce, che intorno al temp
(5). Vulcano rappresentasi con barba e capigliatura negletta, coperto
di
veste, che appena gli giunge alle ginocchia, con
alle ginocchia, con beretta rotonda e appuntita in capo, tutto sparso
di
sudore, e annerito la fronte dal fumo, con maltel
ra, e con tanaglie nella sinistra(c). Albrico lo dipinse coll’aspetto
di
fabbro, deforme e zoppo, che con una mano alza in
sopra un’incudine delle tanaglie per lavorate un fulmine. Al lato poi
di
lui evvi un’aquila, che attende il predetto fulmi
e). Arnob. l. 3. adv. Gent. (a). In Timao. (1). Il Caos al dire
di
Esiodo(a) fu il principio di tutte le cose. Ovidi
(a). In Timao. (1). Il Caos al dire di Esiodo(a) fu il principio
di
tutte le cose. Ovidio più chiaramente lo definisc
vidio più chiaramente lo definisce per quel miscuglio rozzo e confuso
di
tutte le cose, il quale servì di prima materia al
e per quel miscuglio rozzo e confuso di tutte le cose, il quale servì
di
prima materia alla produzione del Mondo(b). (2).
Inferno(d). (3). Oceano fu riconosciuto come un Dio del mare, marito
di
Teti, sorella di Saturno, e Dea parimenti delle a
Oceano fu riconosciuto come un Dio del mare, marito di Teti, sorella
di
Saturno, e Dea parimenti delle acque. Questo Nume
cquero Asia e Libia, dall’ altra ebbe Europa e Trace. Oceano fu padre
di
moltissimi altri figliuoli, delle fontane, e de’
primi capelli de’ fanciulli. I fiumi si rappresentano sotto la figura
di
uomo e di bue, perchè il loro strepito si rassomi
lli de’ fanciulli. I fiumi si rappresentano sotto la figura di uomo e
di
bue, perchè il loro strepito si rassomiglia al mu
a di uomo e di bue, perchè il loro strepito si rassomiglia al muggito
di
tal animale(f). Gli Antichi monumenti ce li mostr
on un gomito sopra un’ urna, co’ capelli bagnati, e col capo coronato
di
canne, delle quali ne tengono talvolta alcune anc
lvolta alcune anche in mano. Oceano poi rappresentasi sotto l’aspetto
di
un vecchio, assiso sulle onde, con picca o lancia
ecchio, assiso sulle onde, con picca o lancia in mano, ed ha appresso
di
se un mostro marino. (4). Comunemente dicesi, ch
o. (4). Comunemente dicesi, che Giapeto abbia sposasito Asia, figlia
di
Oceano e di Partenope, da cuigli vennero partorit
unemente dicesi, che Giapeto abbia sposasito Asia, figlia di Oceano e
di
Partenope, da cuigli vennero partoriti Espero, At
te, Menezio, Prometeo, ed Epimeteo(a). Esiodo però vuole che la madre
di
questi sia stata Climene, figlia d’Oceano e di Te
erò vuole che la madre di questi sia stata Climene, figlia d’Oceano e
di
Teti(b). (b). Hesiod. Theog. V. 123. (5). I Ci
od. Theog. V. 123. (5). I Ciclopi furono così detti, perchè ciascuno
di
loro aveva un solo occhio rotondo nel mezzo della
icilia, viveano senza leggi e senza religione ; si cibavano solamente
di
ciò, che la terra da se produceva ; e divoravano
ieri, che cadevano nelle loro mani(d). Furono anche creduti figliuoli
di
Nettuno e d’Anfitrite(e). Eurìpide vuole, che il
infa Toosa e da Nettuno(g). Apollonio gli dà per madre Europa, figlia
di
Tizio(h). V’ è chi lo dice figlio di Elaso e dell
gli dà per madre Europa, figlia di Tizio(h). V’ è chi lo dice figlio
di
Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di A
izio(h). V’ è chi lo dice figlio di Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi
di
Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo era d
è chi lo dice figlio di Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e
di
Amimone(i). Il corpo di Polifemo era di straordin
Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo
di
Polifemo era di straordinaria grandezza(l), e ave
infa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo era
di
straordinaria grandezza(l), e avea secondo alcuni
frutta, perpetua era la primavera, scorrevano per le pianure ruscelli
di
latte, e dagli alberi stillava in gran copia il m
venire ; come pensavasi, che l’urna, la quale trovasi talvolta tralle
di
lui mani, racchiudesse la sorte de’ mortali. Il D
mai eretto alcun tempio, nè statua alcuna. Solamente nella Cittadella
di
Corinto v’ ebbe un piccolo tempio, sacro alla Nec
ella di Corinto v’ ebbe un piccolo tempio, sacro alla Necessità, e il
di
cui ingresso non permettevasi che a’ ministri del
esiod. in Theog. v. 484. (9). La pietra, divorata da Saturno in vece
di
Giove, fu da’ Latini detta Abadir, e da’ Greci Be
abbia spontaneamente rinunziato a Giove il regno e l’amministrazione
di
tutte le altre cose(a). (c). Nat. Com. Myth. l.
erchè questo va sempre in giro, perciò a Giano si diede anche il nome
di
Eano dal verbo latino eo, andare (b). (12). Gli
popoli del Peleponneso, passati a stabil rsi in Italia sotto la guida
di
Enotro, figlio di Licaone, re d’Arcadia(c). (d).
neso, passati a stabil rsi in Italia sotto la guida di Enotro, figlio
di
Licaone, re d’Arcadia(c). (d). Virg. Aen. l. 7.
e d’Arcadia(c). (d). Virg. Aen. l. 7. (13). Giano acquistò il nome
di
Bifronte(d) e di Biforme(e) o dalle due faccie, c
(d). Virg. Aen. l. 7. (13). Giano acquistò il nome di Bifronte(d) e
di
Biforme(e) o dalle due faccie, colle quali era im
colle quali era impresso nelle monete ; o perchè avea la prerogativa
di
ricordarsi il passato e di prevedere il futuro ;
elle monete ; o perchè avea la prerogativa di ricordarsi il passato e
di
prevedere il futuro ; ovvero secondo Plutarco per
ci Divinità maggiori si aggiunsero in Roma. Quivi egli ebbe un tempio
di
dodici porte, le quali in tempo di guerra stavano
in Roma. Quivi egli ebbe un tempio di dodici porte, le quali in tempo
di
guerra stavano aperte ; e cessata quella, tosto s
o, il quale in certa guisa apriva l’anno ; giacchè questo con Feste a
di
lui onore sempre cominciavasi da’ Romani(l). Le F
ri, fichi, e mele ; sulle soglie delle porte faceva ascendere il fumo
di
grati odori ; ivi pure imbandiva mense a’ passegg
case trartava a lauti conviti. Tutti reciprocamente si spedivano doni
di
buon augurio, detti Strene(a), i quali da prima c
in oro e in argento. In quel tempo inoltre recavasi il popolo, adorno
di
nuove vesti, sul monte Tarpeo a porgere voti per
bbliche ne veniva liberato. Ogni altro reo finalmente, a cui riusciva
di
toccare la toga dell’ Imperatore, ne rimaneva ass
si doveano fare. A Giano oltre i mentovati nomi si diede anche quello
di
Quadrifonte, e di Clavigero : il primo, in quanto
Giano oltre i mentovati nomi si diede anche quello di Quadrifonte, e
di
Clavigero : il primo, in quanto ch’ egli si risgu
i che gli animali. Quindi potevano essere venduti, niente possedevano
di
proprio, nè guadagnavano per se cosa alcuna. Tutt
na porzione de’ritratti guadagni, chiamata peculio (b). Questa classe
di
Servi aveva i suoi Dei particolari, deteti Anculi
i Dei particolari, deteti Anculi(c). (17). I Greci e i Romani, prima
di
sedersi a tavola, eleggevano co’ dadi uno de’ con
a tavola, eleggevano co’ dadi uno de’ convitati, a cui davano il nome
di
Simposiarco, ossia Re del Convito, perchè presied
chè presiedeva alla mensa, eprescriveva a tutti gli altri la quantità
di
vino(d). Quello, a cui sortiva la figura di Vener
tti gli altri la quantità di vino(d). Quello, a cui sortiva la figura
di
Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una
la figura di Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una corona
di
fiori(e). Non bisogna confondere il simposiarco c
il simposiarco coll’Architriclino, il quale si stabiliva dal padrone
di
casa, e avea la cura, che fosse ben disposto tutt
che apparteneva al convito. Le tazze, in cui beveano, erano coronate
di
fiori. Nel fine del pranzo si ungevano il capo d’
quali giudicavano opportuni a preservare da’tristi effetti del vino,
di
cui allora piucchè mai a dismisura usavano. Per l
hè mai a dismisura usavano. Per la medesima ragione si ornavano anche
di
fiori il capo, il collo, e’l petto(a). (18). La
olori. (a). Macrob. Saturn. l. 14. (19). Anticamente i prigionieri
di
guerra s’immolavano alle ombre di coloro, che glo
4. (19). Anticamente i prigionieri di guerra s’immolavano alle ombre
di
coloro, che gloriosamente erano morti sul campo.
sero in vece combattero gli uni contro gli altri, giacchè così alcuno
di
loro avrebbe potuto evitare la morte. Tali combat
ino poi, che li sostenevano, si dissero Gladiatori da gladium, spada,
di
cui per lo più facevano uso. Quando l’offeso alza
abbassava l’arma, ciò era indizio, che davasi per vinto. La vita però
di
lui dipendeva dalla volontà degli spettatori, o d
into. La vita però di lui dipendeva dalla volontà degli spettatori, o
di
chi vi presiedeva ; e allora soltanto facilmente
ri, da prima consisteva in una palma, in danaro, e in una rozza verga
di
legno, detta da’ Latini rudis (b), e dalla quale
(b), e dalla quale al Gladiatore, che la conseguiva, derivava il nome
di
Rudiario(c). (b). Macrob. Saturn. l. 12. (c).
cosa. Rappresentasi con piedi alati, assisa sopra una ruota, in atto
di
volgersi con somma rapidità in giro, con moltissi
tà in giro, con moltissimi capelli al dinanzi della testa, e calva al
di
dietto(d). Que’ d’ Eleusi le consecrarono un temp
parisce velata, e appoggiata a una colonna(b). Vedevasi anche in atto
di
portare sopra un globo l’uccello, detto Fenice. F
sua spezie, che dopo essere vissuto cinquecento anni, formisi un nido
di
odorose legna, che sopra di queste da se si abbru
vissuto cinquecento anni, formisi un nido di odorose legna, che sopra
di
queste da se si abbruci, e che rinasca poi dalle
(c). (21). I sacrifizj da principio consistevano in semplici offerte
di
erbe e piante, svelte colle radici, colle foglie,
ificò mai alcun animale(g). S’introdusse finalmente l’orrendo costume
di
sacrificare gli stessi uomini. Qualora si faceva
Qualora si faceva il sacrifizio degli an mali, il Sacerdote, coperto
di
splendida veste, e coronato la fronte, eccitava p
acidamente sacrificare (lo che conoscevasi, traendo un coltello dalla
di
lei fronte sino alla coda), perchè altrimenti si
, se ne indoravano le corna e la fronte. Questa talora ornavasi anche
di
corone, formate dell’ albero sacro alla Divinità,
oco. Sulta testa pure della vittima si riponeva un miscuglio d’orzo e
di
sale, detto mola salsa, donde derivò la voce immo
teriora dello stesso animale per trarne de’ presagi, e si aspergevano
di
farina, o di vino, o di latte, o del sangue della
stesso animale per trarne de’ presagi, e si aspergevano di farina, o
di
vino, o di latte, o del sangue della stessa vitti
male per trarne de’ presagi, e si aspergevano di farina, o di vino, o
di
latte, o del sangue della stessa vittima. Al temp
. Al tempo del sacrifizio si abbruciava pure dell’incenso, e dal fumo
di
quello si presagiva parimenti l’avvenire : Io che
n terra o sul fuoco vino puro, ovvero mescolato con acqua. Ogni sorte
di
vino però non era opportuno a fare tal ceremonia,
però non era opportuno a fare tal ceremonia, poichè non era permesso
di
prenderne da una vigna, che non ancora fosse stat
e dal fulmine, o contaminate per aversi alcuno data la morte appresso
di
esse(c). Le libazioni si facevano a tazze piene,
i erasi per sacrificate, il Sacerdote assaggiava prima egli una tazza
di
vino puro, indi ne faceva gustare agli astanti pi
id. Fast. l. 4. (1). Il Gentilesimo riconobbe un’altra Vesta, figlia
di
Saturna(a), e sotto il nome di questa venerava eg
esimo riconobbe un’altra Vesta, figlia di Saturna(a), e sotto il nome
di
questa venerava egli il fuoco(b). I Poeti però co
in Virg. Aeneid. l. 4. (2). Atene ebbe quel fuoco perpetuo sulle are
di
Minerva, e Delfo su quello di Apollo : e sì in De
tene ebbe quel fuoco perpetuo sulle are di Minerva, e Delfo su quello
di
Apollo : e sì in Delfo, che in Atene si custodiva
’ Numi, colla quale eglino indicavano quelle arcane e future cose, la
di
cui cognizione non poteasi conseguire dal lume or
non poteasi conseguire dal lume ordinario della natura. Niente v’ebbe
di
più opportuno, quanto gli Oracoli, per alimentare
gli astuti Sacerdoti del Paganesimo ne ritraevano, fece sì che sempre
di
nuovi da per tutto se ne stabilissero(e). I Minis
per più lungo tempo si mantennero in grande riputazione. Di questi e
di
molti altri ancora parleremo altrove. Quì soltant
colla Teomanzia.Questa era un vaticinio, che i Numi davano per mezzo
di
certi uomini, detti perciò Teomanti. Costoro si d
i prima per qualche tempo, e talora anche per qualche anno mostravano
di
trovarsi fuori de’sensi, e come morti ; e titorna
e’sensi, e come morti ; e titornati poi in sestessi, narravano quanto
di
maraviglioso pretendevano di aver veduto o udito.
ornati poi in sestessi, narravano quanto di maraviglioso pretendevano
di
aver veduto o udito. Ciò era conforme alla falsa
era necessario a ben dirigere l’umana vita. Alle tre accennate classi
di
Teomanti si può aggiungervi quella de’ Moribondi,
ate classi di Teomanti si può aggiungervi quella de’ Moribondi, ossia
di
quelli, che vicini a morte credevano di conoscere
i quella de’ Moribondi, ossia di quelli, che vicini a morte credevano
di
conoscere l’avvenire(a). (4). L’uomo, sempre in
L’uomo, sempre inquieto intorno all’avvenire, cercò in tutti i tempi
di
penetrarne i più profondi secreti. Fu quindi trov
ti. Fu quindi trovata la Divinazione, ossia l’arte, con cui per mezzo
di
sensibili indizj si credeva di poter iscuoprire i
zione, ossia l’arte, con cui per mezzo di sensibili indizj si credeva
di
poter iscuoprire il futuro. Da ciò ebbe principio
l primo sia stato Tage. Festo lo fa figliuolo del Dio Genio, e nipote
di
Giove. Altri dicono ch’egli era di oscuri natali,
figliuolo del Dio Genio, e nipote di Giove. Altri dicono ch’egli era
di
oscuri natali, e che divenne illustre, tostochè p
, tostochè professò l’arte d’indovinare(b). Cicerone poi intorno alla
di
lui origino ce ne fa il seguente racconto : smuov
raccolse intorno a lui la Toscana gente. Tage, che sotto le sembianze
di
fanciullo riuniva in se la prudenza e gravità del
avità dell’ età matura, si mise allora a favellare, e tutte le parole
di
lui, scrupolosamente raccolte e scritte, formaron
. Per la medesima ragione divenne pure assai celebre Ermotimo, nativo
di
Clazomene, città della Ionia nell’ Asia Minore. D
tivo di Clazomene, città della Ionia nell’ Asia Minore. Dicesi che la
di
lui anima soleva separarsi dal corpo, e che vi ri
e la di lui anima soleva separarsi dal corpo, e che vi rientrava dopo
di
essersi trasferita in differenti luoghi a predirv
erita in differenti luoghi a predirvi l’avvenire. Si aggiunge, che la
di
lui moglie in una di tali circostanze ne fece sep
uoghi a predirvi l’avvenire. Si aggiunge, che la di lui moglie in una
di
tali circostanze ne fece seppellire o abbruciare
ne fece seppellire o abbruciare il corpo : lo che impedì allo spirito
di
Ermotimo di rimettersi nel corpo, donde se n’era
ellire o abbruciare il corpo : lo che impedì allo spirito di Ermotimo
di
rimettersi nel corpo, donde se n’era partito. Que
possibile tagliare una cote col rasojo ; e l’ Indovino alla presenza
di
lui tosto lo fece. Più nomi appresso i Romani si
omi appresso i Romani si diedero agl’ Indovini, e spezialmente quello
di
Auspici, Auguri, e Aruspici. I primi, detti anche
re(b). Tale distinzione però col progresso del tempo svanì, e il nome
di
Auspici si estese anche a quello di Auguri(c). Qu
gresso del tempo svanì, e il nome di Auspici si estese anche a quello
di
Auguri(c). Questi erano tenuti in sommo onore, e
uardavano come persone sacre(d). Sotto Romolo componevano un Collegio
di
tre, poi di cinque, e finalmente di quindici. Il
me persone sacre(d). Sotto Romolo componevano un Collegio di tre, poi
di
cinque, e finalmente di quindici. Il più vecchio
to Romolo componevano un Collegio di tre, poi di cinque, e finalmente
di
quindici. Il più vecchio d’età n’era il capo, ech
tuoni, e la direzione degli stessi, l’origine orientale de’fulmini, o
di
altra plaga, le Comete, l’ecclissi, e i venti alt
ervazione de’fulmini, si dicevano Fulguratori, ed erano i più stimati
di
tutti(a). Solevano parimenti gli Auguri porsi a s
ali uccelli, e da qual parte vi comparivano. I segni a sinistra erano
di
buon augurio, di cattivo a destra(b). Il luogo, d
qual parte vi comparivano. I segni a sinistra erano di buon augurio,
di
cattivo a destra(b). Il luogo, dove si prendevano
ittime e le interiora loro per trarne dei presagi(d). L’arte pertanto
di
costoro, chiamat Aruspicina o Estipicio, versava
erano tutte, e in perfettissimo stato. Se comparivano vivide, ciò era
di
buon augurio ; se pallide e languide, di cattivo.
comparivano vivide, ciò era di buon augurio ; se pallide e languide,
di
cattivo. Queste bene spesso si asserivano essere
ia della Divinazione, abbiano emanato molte leggi contro i professori
di
essa, e benche il tempo n’abbia sempre più manife
he professa la Chiromanzia, ossia la stolta scienza, con cui pretende
di
trarre vaticinj dalla particolare composiziono de
j dalla particolare composiziono dellemani. Divengono quindi soggetti
di
pesata osservazione in quest’ arto non solo le po
, che le medesime eminenze lasciano tra loro. Si fa gran caso altresì
di
conoscere, se quelle linee siono grosse o sottili
riguardo all’antica Piromanzia notiamo essere stata quella una spezie
di
Divinazione, la quale si faceva col fuoco, osserv
strepito(b). (b). Herodian. l. 1. (5). Il Palladio era una statua
di
legno, la quale rappresentava la Dea Minerva in a
ra una statua di legno, la quale rappresentava la Dea Minerva in atto
di
tenere nella sinistra una conocchia col fuso(c),
scudo(d). Altri dicono, che questo simulacro siasi formato delle ossa
di
Pelope(e). Comunemente però pretendesi, che Ilo,
le ossa di Pelope(e). Comunemente però pretendesi, che Ilo, quarto re
di
Troja nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno,
a nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno, il quale gli fosse stato
di
buon augurio per la durata della città d’Ilo, che
quella statua(a). La medesima, come vedremo anche nella seconda Parte
di
quest’ Opera ; fu tolta a’ Trojani dai due Greci,
ito in Italia(c). Altri poi vogliono, che Diomede dopo la distruzione
di
Troja, trasportato da una burrasca in Italia, sia
trasportato da una burrasca in Italia, sia stato dagli Dei avvertito
di
restituire a’ Trojani il Palladio, e ch’ egli per
il Palladio, e ch’ egli perciò lo abbia ceduto ad Enea, o ad uno de’
di
lui amici, chiamato Naute(d). Comunque ciò sia, c
one. Cecilio Metello per sottrarlo alle fiamme, appiccatesi al tempio
di
Vesta, ov’ erasi riposto sotto la custodia delle
ov’ erasi riposto sotto la custodia delle Vestali, si gettò nel mezzo
di
quelle(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (6). Giuturna era figlia
di
Dauno, e sorella di Turno, re de’ Rutuli. Giove a
ob. Hofman. Lex. Univ. (6). Giuturna era figlia di Dauno, e sorella
di
Turno, re de’ Rutuli. Giove avea preso ad amarla.
ella di Turno, re de’ Rutuli. Giove avea preso ad amarla. Ella ricusò
di
corrispondergli, e come lo vide avvicinarsele, si
o Larunda, figlia del fiume Almone, palesò a Giunone e a Giuturna la
di
lui volontà. Giove se ne sde gnò, e dopo avero tr
e sde gnò, e dopo avero troncata a Lara la lingua, comandò a Mercurio
di
trasferirla nell’ Inferno. Costei perciò fu denom
ì da Giove l’immortalità, e venne cangiata in fontana, che ritenne il
di
lei nome, e la quale dalle donne spezialmente si
onne spezialmente si onorava, perchè speravano d’incontrare per mezzo
di
essa un matrimonio e un parto felice(b) (d). O
(8). Per Buona Dea si riconosceva anche una Divinità misteriosa, il
di
cui nome non era noto che alle donne. Plutarco la
arco la confonde con Flora, detta da’ Greci Clori, Dea dei fiori, e a
di
cui onore s’istituirono le Feste ei Giuochi Flora
i si celebravano(d). Varrone dice che Buona-Dea fu chiamata la moglie
di
Fauno, re d’Italia, perchè ella visse sì pudica,
questo le sole donne Romane le sacrificavano : e perchè ciò facevano
di
notte in occulto(f) ; però il loro sacrifizio per
ri credono essere stata Clausa, ed altri Claudia Vestale(g). Dal nome
di
Fauno conseguì anche la predetta di lui moglie qu
ltri Claudia Vestale(g). Dal nome di Fauno conseguì anche la predetta
di
lui moglie quello di Fauna. Ella inoltre si appel
g). Dal nome di Fauno conseguì anche la predetta di lui moglie quello
di
Fauna. Ella inoltre si appellò Fatua, ossia farid
ente notiamo, che appresso i Romani conseguì gli onori Divini ande il
di
lei figliuolo, Sterculio o Stercuzio, così detto,
agli Dei, ma anche le ricchezze de’ particolari(c). Cesare nel tempio
di
Ope depositò il suo tesoro, che fu poi dissipato
pulej. Metam. l. 2. (10). Osiride nacque da Giove e da Niobe, figlia
di
Foroneo, a cui successe nel regno degli Argivi. A
pio nella città, detta Jeracopoli, città degli sparvieri. I Sacerdoti
di
quel tempio erano tenuti ad alimentarvi un gran n
I Sacerdoti di quel tempio erano tenuti ad alimentarvi un gran numero
di
siffatti uccelli, donde derivò poi loro il nome d
rvi un gran numero di siffatti uccelli, donde derivò poi loro il nome
di
Jeracobosci, nutritori degli sparvieri. Chiunque
. Chiunque per qualsisia anche non voluto accidente avesse ucciso uno
di
quegli uccelli, era inevitabilmente condannato al
i rendevano gli onori Divini. Dicesi finalmente, che una certa Pamila
di
Tebe in Egitto, ritornando dal tempio di Giove, o
lmente, che una certa Pamila di Tebe in Egitto, ritornando dal tempio
di
Giove, ov’ erasi recata per attignere dell’acqua,
cata per attignere dell’acqua, aveva udito una voce, che le comandava
di
pubblicare la nascita di Osiride ; ch’ ella n’era
cqua, aveva udito una voce, che le comandava di pubblicare la nascita
di
Osiride ; ch’ ella n’era stata scelta a di lui ba
a di pubblicare la nascita di Osiride ; ch’ ella n’era stata scelta a
di
lui balia ; e che gli Egiziani, avendo voluto ch’
partecipasse agli onori Divini, aveano stabilito certe Feste in onore
di
Osiride, dette dal nome di lei Pamilie(a). (11).
ini, aveano stabilito certe Feste in onore di Osiride, dette dal nome
di
lei Pamilie(a). (11). Oro fece guerra a Tifone,
11). Oro fece guerra a Tifone, che aveva fatto morire Osiride, e dopo
di
averlo vinto e ucciso salì sul trono del padre, m
mortale, e gl’insegnò la medicina e l’arte della Divinazione. Fornito
di
tali prerogative, ricolmò l’Egitto di benefizj, e
arte della Divinazione. Fornito di tali prerogative, ricolmò l’Egitto
di
benefizj, e ne divenne un Nume(b). Matrobio dice,
ne divenne un Nume(b). Matrobio dice, che gli Egiziani sotto il nome
di
Oro adoravano il Sole(c). (c). Joan. Jacob. Hof
iv. (a). Ovid. Metam. l. 9. (13). Antonio Liberale(a) dà il nome
di
Lampro a Ligdo, di Galatea a Teletusa, e di Leuci
etam. l. 9. (13). Antonio Liberale(a) dà il nome di Lampro a Ligdo,
di
Galatea a Teletusa, e di Leucippo ad Ifide. (b).
io Liberale(a) dà il nome di Lampro a Ligdo, di Galatea a Teletusa, e
di
Leucippo ad Ifide. (b). Nat. Com. Mythol. l. 9.
si credevano presiedere alle acque, e generalmente riputavansi figlie
di
Oceano e di Teti. Elleno si distinguevano in vari
presiedere alle acque, e generalmente riputavansi figlie di Oceano e
di
Teti. Elleno si distinguevano in varie classi : q
presiedevano a’ fonti e a’ fiumi(o), da’ quali presero anche il nome
di
Potamidi(p). Tra queste la più bella era Egle(a),
i Potamidi(p). Tra queste la più bella era Egle(a), figlia del Sole e
di
Neera(b). Cinque delle Najadi fecero un sacrifici
glia del Sole e di Neera(b). Cinque delle Najadi fecero un sacrificio
di
dieci tori, a cul invitarono tutte le Deità campe
ono istituite appresso i Romani le Feste Fontinali, giacchè nel tempo
di
quelle si gettavano ne’ fonti ghirlande di fiori,
ntinali, giacchè nel tempo di quelle si gettavano ne’ fonti ghirlande
di
fiori, e se ne coronavano anche i pozzi(d). Scali
ena, per cui anche la stessa Porta fu detta Fontinale(e). Il nome poi
di
Ninfe per catacresi si diede anche a quelle Divin
dimoravano ne’ monti(f). Omero le chiama Orestiadi, e le fa figliuole
di
Giove(g). Strabone dice, che nacquero da Foroneo
me abbiamo indicato, nascevano col nascere delle quercie, e cessavano
di
esistere, quando quelle pure mancavano(f). Notiam
sebbene non avessero le Ninfe alcun tempio, nulladimeno erano onórate
di
particolare culto. Latte ed oglio loro si offriva
15). Pausania dice che Sagaritide o Sangaride non fu amante, ma madre
di
Ati, e riferisce la seguente favola : Giove, dic’
la luce un mostro, ch’ era maschio e femmina, e a cui diedesi il nome
di
Agdesti o Agdisto. Nacque da questo un mandorlo,
diedesi il nome di Agdesti o Agdisto. Nacque da questo un mandorlo, i
di
cui frutti erano bellissimi. La predetta Sagariti
di cui frutti erano bellissimi. La predetta Sagaritide si ripose uno
di
quelli nel seno, e partorì un fanciullo. Una capr
artorì un fanciullo. Una capra lo nutrì in una selva, e sotto il nome
di
Ati crebbe egli di sì rara bellezza fornito, che
. Una capra lo nutrì in una selva, e sotto il nome di Ati crebbe egli
di
sì rara bellezza fornito, che Agdesti medesimo se
invaghì. Giunto quegli all’età virile, si trasferì alla Corte del Re
di
Pessinunte per isposarne la figliuola. Agdesti vi
a figliuola. Agdesti vi sopravvenne, e tal furore inspirò nell’ animo
di
Ati, che questi si fece eunuco(h). Notisi altresì
sacri alle Divinità si risguardavano dagli Antichi con sommo rispetto
di
religione, ed erano onorati di particolare culto.
avano dagli Antichi con sommo rispetto di religione, ed erano onorati
di
particolare culto. Si circondavano di fasce(c), e
di religione, ed erano onorati di particolare culto. Si circondavano
di
fasce(c), e ad essi si appendevano corone, voti,
iatori si fermavano appresso i medesimi, come appresso tempj o statue
di
Numi(f). (d). Inscript. apud Gruter. pag. 64
erza una Vestale, che avea lasciato spegnersi il sacro fuoco in tempo
di
notte(g). Tralle Vestali parimenti una certa Emil
roprio velo sulla fredda cenere, dicesi che all’improvviso comparvero
di
nuovo le fiamme(h). (19). Numa Pompilio condanna
e, per cui era loro reciso il capo. S’introdusse poi anche il costume
di
seppellirle vive in un sotterraneo, che si trovav
nite Minucia(l), e Oppia(m). E’ pur celebre questo proposito il fatto
di
Tuccia o Tuzia : costei falsamente accusata d’ave
cusata d’aver violata la castità, prese un crivello, e supplicò Vesta
di
poter attingete con esso dell’ acqua al Tevere, e
sta di poter attingete con esso dell’ acqua al Tevere, e portarla nel
di
li tempio. Così fu ; e la Vestale rimase giustifi
però d’Alicarnasso vuole, che colei non abbia potuto evitare la pena
di
essere flagellata e che sia stata poscia sepolta
. in Caesare. (c). Plutare. in Numa (20). Le Feste Argee al dire
di
Festo si celebravano col gettarsi dalle Vestali n
lle Vestali nel Tevere trenta figure d’Argei, ossia d’Argivi, formate
di
giunchi, e dette esse pure Argee. Plutarco dice,
iunchi, e dette esse pure Argee. Plutarco dice, che i primi abitatori
di
que’ dintorni soleano gettare nell’anzidetto fium
l’Istoria e nelle tenebre della Favola, che appena si rende probabile
di
poter asserirne la verità. Platone, il primo fra
atone, il primo fra gli Antichi, che ne parlasse, non fa menzione che
di
una sola Sibilla(e). Parecchi ne’ secoli posterio
sola Sibilla(e). Parecchi ne’ secoli posteriori seguirono l’opinione
di
questo Filosofo, e riconobbero la sola Erofila, n
Samia, la Sardica, e l’Egizia(d). Il più comune parere però e quello
di
Varrone, il quale asserisce ch’erano dieci, la Pe
la Cumana(e). La Persica, o Caldea, come adaltri piace chiamarla, era
di
nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei, i
i nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei, i quali abitavano al
di
sopra della Palestina, la denominavano Saba, e la
di sopra della Palestina, la denominavano Saba, e la facevano figlia
di
Beroso. Ella, continua lo stesso Storico, e quell
stesso Storico, e quella stessa, che da alcuni si appella la Sibilla
di
Babilonia, e da altri la Sibilla d’Egitto(g). La
onia, e da altri la Sibilla d’Egitto(g). La Libica era creduta figlia
di
Giove e di Lamia. Il suo proprio nome era Elissa.
altri la Sibilla d’Egitto(g). La Libica era creduta figlia di Giove e
di
Lamia. Il suo proprio nome era Elissa. Dicono die
sse prima dell’ ottantesima Olimpiade : lo che si accorda coll’ Epoca
di
Euripide(h). La Delfica chiamavasi Dafue, figlia
elfica chiamavasi Dafue, figlia del Tebano Tiresia, celebre Indovino,
di
cui parleremo. Fu sopranuominata Delfica, perchè
rleremo. Fu sopranuominata Delfica, perchè venne consecrata al tempio
di
Apollo in Delfo. Sebbene desse risposte una sola
esse risposte una sola volta all’anno, pure si raccolse gran quantità
di
versi ; e dicesi che anche Omero n’ abbi sparso n
e. Celio Rodigir o finalmente asserisce che questa Sibilla era figlia
di
Dardano e di Neso, nata da Teucro, e ch’era parti
gir o finalmente asserisce che questa Sibilla era figlia di Dardano e
di
Neso, nata da Teucro, e ch’era particolmente onor
cuni poi la denominano Femonoe(d). Virgilio la chiama Deifobe, figlia
di
un certo Glauco(e). Narrasi di questa Sibilla, ch
d). Virgilio la chiama Deifobe, figlia di un certo Glauco(e). Narrasi
di
questa Sibilla, che Apollo non solamente le conce
o(e). Narrasi di questa Sibilla, che Apollo non solamente le concesse
di
cohoscere l’avvenire, ma le offerse eziandio qual
rse eziandio qualsivoglia altra cosa, che bramar potesse. Ella chiese
di
vivere tanti anni, quanti granelli di sabbia racc
che bramar potesse. Ella chiese di vivere tanti anni, quanti granelli
di
sabbia racchiudeva nella mano, ma non avvertì di
nni, quanti granelli di sabbia racchiudeva nella mano, ma non avvertì
di
ricercarne al tempo stesso permanente la freschez
tesso permanente la freschezza della sua gioventù. Quindi tutti sopra
di
lei si accumularono i danni del tempo ; e dicesi
. anni, quando la interrogò Enea intorno il suo viaggio all’ Inferno,
di
cui parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le
parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le sue risposte nel tempio
di
Apollo dal fondo di un antro, uscendo da cento pa
). Questa Sibilla dava le sue risposte nel tempio di Apollo dal fondo
di
un antro, uscendo da cento parti del medesimo orr
la le rimetteva nell’ ordine primiero donde nasceva che i consultanti
di
frequente delut se ne partissero senza risposta v
isposta veruna(a). All’ Eritrea, come abbiamo detto, si diede il nome
di
Erofila. Lattanzio vuole, che sia stata con no me
li in Babilonia(b). Pausania riferisce, che no bosco sacro del tempio
di
Apollo Sminteo sussistevi ancora a’ suoi giorni i
tempio di Apollo Sminteo sussistevi ancora a’ suoi giorni il sepolcro
di
questa femmin(c). E quì si noti, che i boschi fur
lto delle Divinità(d), perchè credevasi, che il silenzio e l’oscurità
di
que’ recinti fossero opportuni a rendere più risp
ue’ recinti fossero opportuni a rendere più rispettabili gli esercizj
di
Religione. Ivi s’innalzavano altari, e si facevan
l sacro bosco era gravissimo delitto. Neppure era lecito il levare da
di
là se non gli alberi, i quali si credeva che attr
ati da danze e da altri indizj d’allegrezza(e). La Samia avea il nome
di
Fitò(f). Eusebio pei la denomina Erofile, e dice
Fitò(f). Eusebio pei la denomina Erofile, e dice che vivesse a’ tempi
di
Numa Pompilio(g). Da Isidoro finalmente fu chiama
Igino lo fa nascere da Tifone e da Echidna(b). La Dea Giunone, nemica
di
Tebe, prese cura di allevare questo Mostro, e poi
da Tifone e da Echidna(b). La Dea Giunone, nemica di Tebe, prese cura
di
allevare questo Mostro, e poi lo lasciò ne’ dinto
e, prese cura di allevare questo Mostro, e poi lo lasciò ne’ dintorni
di
quella città sul colle Ficeo. Esso avea la voce d
sul colle Ficeo. Esso avea la voce d’uomo, le ali d’uccello, il volto
di
donna, il corpo di cane, la coda di dragone, e le
so avea la voce d’uomo, le ali d’uccello, il volto di donna, il corpo
di
cane, la coda di dragone, e le unghie di leone. E
’uomo, le ali d’uccello, il volto di donna, il corpo di cane, la coda
di
dragone, e le unghie di leone. E perchè la Sfinge
il volto di donna, il corpo di cane, la coda di dragone, e le unghie
di
leone. E perchè la Sfinge proponeva certi enigmi,
deva tutti coloro che non ne davano la giusta spiegazione(c), però la
di
lei figura si usò per indicare, che la sopraddett
rogava. Eraclide vuole che costei enunziasse i suoi vaticinj a’ tempi
di
Solone e di Ciro(d). La Frigia fu tenuta in sommo
lide vuole che costei enunziasse i suoi vaticinj a’ tempi di Solone e
di
Ciro(d). La Frigia fu tenuta in sommo onore nell’
sue risposte. La Tiburtina venne così detta, perchè salita alla fama
di
eccellente vaticinatrice in Tivoli, fu ivi adorat
tre un bosco e una fonte, sacri alla stessa Sibilla(a). Dicesi che la
di
lei statut con un libro in mano siasi trovata nel
che il Senato Romano con solenne pompa l’abbia trasferita nel tempio
di
Giove Capitoli no. Questa Sibilla chiamavasi Albu
de(d). Fu denominata Jerofile, e Demofile(e). Costei recò nove volumi
di
predizioni a Tarquinio Prisco, e ne ricercò per e
ettò l’inchiesta, ed ella fu tenuta per pazza. La Sibilla in presenza
di
Tarquinio ne bruciò allora tre, e gli offerse gli
alle fiamme, e fece la medesima ricerca per i tre ultimi. La fermezza
di
lei fece sì, che Tarquinio consultasse gli Auguri
i Auguri, per consiglio de’ quali sborsò finalmente l’anzidetta somma
di
danaro. Que’ libri poscia si ammisero tralle cose
se ne affidò la custodia a due Patrizj, detti Duunviri(f). Il numero
di
questi da’ Tribuni, C. Licinio e L. Sesto, fu poi
a a quindici, denominati Quindicenviri. Questi soli aveano il diritto
di
leggere e interpretare i medesimi libri, i quali
di leggere e interpretare i medesimi libri, i quali erano una spezie
di
Oracolo, cui Roma spesso consultava(a). Era stabi
ezie di Oracolo, cui Roma spesso consultava(a). Era stabilita la pena
di
morte a quello, che avesse lasciato leggere que’
dopo 450. anni perì nell’ incendio del Campidoglio sotto la Dittatura
di
Cornelio Silla(b). Il Console C. Curione, per rip
i Cornelio Silla(b). Il Console C. Curione, per riparare alla perdita
di
que’ fatidici Libri, propose al Senato di spedire
, per riparare alla perdita di que’ fatidici Libri, propose al Senato
di
spedire ambasciatori in Eritrea per farne una nuo
icinato(c). Dicesi che nel favoloso impasto, il quale portava il nome
di
Libri Sibillini, alcuni ve ne sieno stati, i qual
ti, i quali comprendessero varie predizioni riguardo a Cristo, e alla
di
lui Religione(d). (a). Herod. l. 1. Valer. l.
. Mythol. l. 9. (e). Ovid. Metam. l. 10 (22). E’ celebre l’istoria
di
Atalanta, figlia di Scheneo. Ella era assai pregi
. Ovid. Metam. l. 10 (22). E’ celebre l’istoria di Atalanta, figlia
di
Scheneo. Ella era assai pregi bile in bellezza, e
idio pretende, che li abbia fatti perire Driante al tempo delle nozze
di
Piritoo(a), dell quali parletemo altrove. Comuncu
cue ciò sia, Atalanta importunata da molti, affinchè siscegliesse uno
di
loro in isposo, dichiarò finalmente, che tale le
insero all’ impresa, e vi perdettero la vita. Ippomene alfine, figlio
di
Macareo o Megareo, e di Merope, aspirò anch’ egli
i perdettero la vita. Ippomene alfine, figlio di Macareo o Megareo, e
di
Merope, aspirò anch’ egli a quelle nozze, nè si s
ope, aspirò anch’ egli a quelle nozze, nè si sbigottì del tristo fine
di
tanti altri, ma supplice ricorse a Venere onde ri
La Dea gli diede tre pomi d’oro, colti in Tamaseno, campo dell’ Isola
di
Cipro, e lo instruì dell’ uso che far ne doveva.
la mossa, e come Ippomene videsi non molto dopo perdente, gettò fuori
di
strada e quanto più lungi potè uno de’ pomi, rice
uanto più lungi potè uno de’ pomi, ricevuti da Venere. Avida Atalanta
di
farne l’acquisto, uscì di via per raccorlo, e die
e’ pomi, ricevuti da Venere. Avida Atalanta di farne l’acquisto, uscì
di
via per raccorlo, e diede tempo intanto al giovin
’acquisto, uscì di via per raccorlo, e diede tempo intanto al giovine
di
oltrepassarla. Atalanta, rinforzata la corsa, lo
al giovine di oltrepassarla. Atalanta, rinforzata la corsa, lo passò
di
nuovo, ma poi tornò a distrarsi dal trasporto di
a la corsa, lo passò di nuovo, ma poi tornò a distrarsi dal trasporto
di
fare suo l’altro pomo, che le si presentò dinanzi
prenderne vendetta, inspirò sì a lui che ad Atalanta l’empio progetto
di
profanare un empio di Cibele, situato in folta bo
spirò sì a lui che ad Atalanta l’empio progetto di profanare un empio
di
Cibele, situato in folta boscaglia. Così fecero ;
non è da confondersi questa Atalanta coll’altra d’ Arcadia, e figlia
di
Giasio o Giasone, la quale fu presa in moglie da
delle sementi sotto terra (a). Quando poi le stesse ne comparivano al
di
sopra, ella era invocata sotto il nome di Segezia
le stesse ne comparivano al di sopra, ella era invocata sotto il nome
di
Segezia (b), o di Segesta (c). Occatore vegliava,
rivano al di sopra, ella era invocata sotto il nome di Segezia (b), o
di
Segesta (c). Occatore vegliava, allorchè si orpic
ruggine (r). Varrone vuole, che fosse un Nume chi ciò faceva, e che a
di
lui onore si celebrassero le Feste Robigali (s),
offrivano al predetto Dio vino, incenso, e le interiora una pecora e
di
un cane (a). Runcina era invorata allo svellersi
2). Alcuni confusero Cerere con Cotitto, Dea della lascivia. Il culto
di
questa si professava nella Tracia, nella Grecia,
sava nella Tracia, nella Grecia, e in Corinto. Tutto era laidezza. Le
di
lei Feste, dette Cotittie, si facevano di notte,
nto. Tutto era laidezza. Le di lei Feste, dette Cotittie, si facevano
di
notte, e vi si osservava un impenetrabile secreto
rchè si bagnavano con acqua calda (i). (3). Proserpina sotto il nome
di
Ferefatta ebbe in Cizico certe Feste, detto Feref
b. Hofman. Lex. Univ. (5). Non si va d’accordo riguardo all’origine
di
Trittolemo. Gli Argivi al dira di Pausania (n) lo
i va d’accordo riguardo all’origine di Trittolemo. Gli Argivi al dira
di
Pausania (n) lo fanno figliuolo di Trochilo, gran
di Trittolemo. Gli Argivi al dira di Pausania (n) lo fanno figliuolo
di
Trochilo, gran Sacerdote d’Argo, ch’erasi ritirat
o, ch’erasi ritirato in Eleusi a cagione dell’odio d’ Agenore, figlio
di
Triopa, re d’Argo, e dove avea sposato una donna,
lo fa nascere da Raros, Principe Ateniese, e da quella tralle figlie
di
Anfizione, la quale ebbe da Nettuno il figlio Cer
lle figlie di Anfizione, la quale ebbe da Nettuno il figlio Cercione,
di
cui parleremo (b). V’è chi credette, che Trittole
mo (b). V’è chi credette, che Trittolemo ed Eubuleo fossero figliuoli
di
Disaule, fratello di Celeo, ch’eglino sieno stati
tte, che Trittolemo ed Eubuleo fossero figliuoli di Disaule, fratello
di
Celeo, ch’eglino sieno stati quelli ; i quali avv
, ch’eglino sieno stati quelli ; i quali avvertirono Cerere del ratto
di
sua figlia, e che la Dea per gratitudine abbia lo
mano figlio del re Eleusio : Secondo questo ultimo Scrittore la madre
di
Trittolemo appellavasi Iona (f), e secondo Apollo
sebbene dimostrasse per lui pure somma tenerezza, e si fosse proposta
di
renderlo immortale. Soleva quindi la Dea riporlo
ea riporlo la notte sul fuoco, ed ungerlo d’ambrosia il giorno. Ma la
di
lui madre, sorpresa da si strano spettacolo, mise
a da si strano spettacolo, mise un grido, con cui interroppe l’azione
di
Cerere ; e questa, salita di nuovo sopra il suo c
se un grido, con cui interroppe l’azione di Cerere ; e questa, salita
di
nuovo sopra il suo carro, lasciò Deifonte in pred
iliti a custodire le cose preziose (i) : ed ebbe da ciò origine l’uso
di
na scondere la loro testa sotto le soglie delle p
j instituissero (d). Finalmente altri Dei eziandio sotto le sembianze
di
quelli, come vedremo, si rappresentarono. (c).
etta Serpentario, fu da Cerere convertito uno de’ Re de’ Geti, popoli
di
Misia, perchè egli fece morire uno de’ Dragoni de
erpente collocato tragli Astri (f). Altri soggiungono, che Triopa, re
di
Tessaglia, per aver saccheggiato un tempio di Cer
iungono, che Triopa, re di Tessaglia, per aver saccheggiato un tempio
di
Cerere, fu primieramente punito con una tormentos
to con una tormentosissima fame, e che poi fu messo a morte dal morso
di
un serpente, e con questo trasferito in Cielo. Da
soggiungesi, che il predetto Triopa colà salì, perchè liberò l’isola
di
Rodi da’ serpenti, che la infestavano (g). Eratos
di Rodi da’ serpenti, che la infestavano (g). Eratostene finalmente è
di
parere, che sotto il nome di Serpentario debbasi
infestavano (g). Eratostene finalmente è di parere, che sotto il nome
di
Serpentario debbasi riconoscere Esculapio (h), di
, che sotto il nome di Serpentario debbasi riconoscere Esculapio (h),
di
cui parleremo. (e). Hyg. fab. 147. (9). Tritt
o. (e). Hyg. fab. 147. (9). Trittolemo, attesochè insegnò il modo
di
seminare la terra, fu onorato come un Dio dagli A
o un tempio e un altare, e gli consecrarono un’ Aja, ossia uno spazio
di
terreno, ove si seccava e si batteva il frumento
Com. Mythol. l. 5. (e). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (10). Que’
di
Siracusa solevano sacrificare ogni anno alcuni to
a stato il primo a porgervi sactifizio, quando, conducendo via i buoi
di
Gerione, attraversò la Sicilia (b). (a). Ovid.
. (a). Cic. Verr. 7. (b). Varro apud Non. (11). Sotto il nome
di
Empanda si ricombbe un’altra Divinità, preside a’
Corinth. (f). Job. Iacob. Hofman. Lex. Univ. (12). I discendenti
di
Eumolpo, detti Eumolpidi, ebbero eglino soli pel
discendenti di Eumolpo, detti Eumolpidi, ebbero eglino soli pel corso
di
moltissimi anni il privilegio, che uno di loro fo
bbero eglino soli pel corso di moltissimi anni il privilegio, che uno
di
loro fosse sempre il Gerofante del tempio di Cere
i il privilegio, che uno di loro fosse sempre il Gerofante del tempio
di
Cerere in Eleusi. Chi avea conseguito tale dignit
). L’iniziazione ne’ Misterj consisteva nell’essere ammessi per mezzo
di
certe ceremonie al conoscimento di alcune arcane
teva nell’essere ammessi per mezzo di certe ceremonie al conoscimento
di
alcune arcane cose, appartenenti alla Religione (
isco, il Pugilato, e la Lotta, detta anche Palestra (c). La Corsa era
di
tre sorte, a piedi, a cavallo, e sopra i carri. L
Ippodromia (e), sì onorevole, che intraprendevasi anche dalle persone
di
alto grado. Qualche volta si faceva con due caval
ano gli Eroi e i Principi stessi, i quali non meno ambivano la gloria
di
riportarvi il premio, che quella di trionfare de’
quali non meno ambivano la gloria di riportarvi il premio, che quella
di
trionfare de’ loro nemici (g). Il Salto consistev
r trapassare uno spazio più o meno esteso (a). Il Disco era una palla
di
figura piana e rotonda, pesantissima, perchè form
era una palla di figura piana e rotonda, pesantissima, perchè formata
di
ferro, o di piombo, o di pietra. Conveniva gettar
a di figura piana e rotonda, pesantissima, perchè formata di ferro, o
di
piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alt
iana e rotonda, pesantissima, perchè formata di ferro, o di piombo, o
di
pietra. Conveniva gettarla o più alto, o più lung
o di piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alto, o più lungi
di
una determinata meta (b). Queglino, che vi si ese
no chiamati Discoboli (c). Il Pugilato s’intraprendeva da due, armati
di
bracciale, guernito di piombo, o di ferro, o di r
c). Il Pugilato s’intraprendeva da due, armati di bracciale, guernito
di
piombo, o di ferro, o di rame, e denominato Cesto
to s’intraprendeva da due, armati di bracciale, guernito di piombo, o
di
ferro, o di rame, e denominato Cesto, con cui l’u
endeva da due, armati di bracciale, guernito di piombo, o di ferro, o
di
rame, e denominato Cesto, con cui l’uno avventand
avventandosi centro l’altro vicendevolmente si battevano, finchè uno
di
loro cedeva, o cadeva morto (d). La Lotta finalme
(d). La Lotta finalmente si faceva pure da due, i quali si sforzavano
di
suambievolmente atterrarsi. Chi più vi resisteva,
i resisteva, n’era premiato (e). Sì la Lotta, che il Pugilato al dire
di
alcuni (f) venivano indicati dal solo nome Pancra
per impedire il freddo nel momento del sudore, usavano un certo abito
di
lungo pelo, detto Endromide (o). Il premio, che d
iportavano a tali Giuochi, era una semplice corona d’erba. Quando uno
di
loro non avea competitore, gli era permesso di pr
ona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore, gli era permesso
di
prendersela. Così fece Ercole, non avendo trovato
messo di prendersela. Così fece Ercole, non avendo trovato chi osasse
di
cimentarsi seco lui (a). La loro celebrità altres
a come nobile e sacra. I re stessi la escritavano. Vestivano un abito
di
porpora, si ornavano di una corona il capo, e str
re stessi la escritavano. Vestivano un abito di porpora, si ornavano
di
una corona il capo, e stringevano in mano una bac
lestra (h), Circo (a), Anfiteatro, ed Arena. Lo Stadio era uno spazio
di
terreno di cento venticinque passi (b), ove si fa
Circo (a), Anfiteatro, ed Arena. Lo Stadio era uno spazio di terreno
di
cento venticinque passi (b), ove si faceva la cor
ad addestrasi negli esercizj atletici (d), Il preside all’ istruzione
di
questa gioventù si appellava Efebarca. A tale ogg
li si esercitavano i Gladiatori (g). L’uno e l’altra erano uno spazio
di
terreno, circondato di gradini e sedili, i quali
adiatori (g). L’uno e l’altra erano uno spazio di terreno, circondato
di
gradini e sedili, i quali andavano alzandosi in g
spettacolo, in cui veniva rappresentata una selva piena delle frutta
di
tutti gli alberi (h). L’Arena poi si chiamò anche
so, quando si facevano le Naumachie ; ossia i Ginochi formati a guisa
di
combattimenti navali (a). (c). Meurs. Graec. F
(g). Nat. Com. Mythol. l. 5. (15). Erodoto vuole, che le figliuole
di
Danao abbiano potiato dall’ Egitto le Feste Tesmo
Ibid. (16). Le Feste Talisie secondo alcuni si celebravano in onore
di
tutti gli Dei (d). (a). Declausire Diction. Myt
’illustri natali. Per insegna della loro dignità portavano una corona
di
spighe, legata con bianco nastro. Credesi, che qu
egata con bianco nastro. Credesi, che questa sia stata la prima sorte
di
corone, la quale siasi usata appresso i Romani (f
ne l’origine : Acca Laurenzia, moglie del pastore Faustolo, e nutrice
di
Remo e di Romolo, proceduta da dodici suoi figliu
ne : Acca Laurenzia, moglie del pastore Faustolo, e nutrice di Remo e
di
Romolo, proceduta da dodici suoi figliuoli, facev
rifizio per chiedere agli Dei abbondante raccolta dalle campagne. Uno
di
que’ figliuoli morì, e Romolo, per onorare la sua
oli morì, e Romolo, per onorare la sua nutrice, volle sostituirsi nel
di
lui luogo (h). E quì parlando della predetta donn
De Theolog. Gentil. l. I. (1). IN memoria della cura, che presero
di
Giove i Coribanti, in Cnosso, città di Creta, si
emoria della cura, che presero di Giove i Coribanti, in Cnosso, città
di
Creta, si celebrava una Festa, detta Coribantica
i, quando loro appativano le Api, le risguardavano come annunziatrici
di
funesti eventi (d). La vigilia della battaglia, i
atrici di funesti eventi (d). La vigilia della battaglia, in cui que’
di
Farsaglia videro Pompeo disfatto, uno sciame di A
attaglia, in cui que’ di Farsaglia videro Pompeo disfatto, uno sciame
di
Api si posò sugli altari (e). (h). Ovid. Metam.
Hom. Iliad. l. 16. (l). Lucan. l. 1. (4). I Giganti erano uomini
di
straordinaria figura e robustezza. Intorno all’or
rano uomini di straordinaria figura e robustezza. Intorno all’origine
di
costoro varie sono le opinioni degli Antichi. Alc
questa e da Urano (f), ovvero dal Tartaro (g). Omero li fa figliuoli
di
Nettuno e d’Ifimedea (h). Altri dicono, che sieno
(i). L’aspetto de’ Giganti era terribile, la barba lunga (l), i piedi
di
serpenti (m) ; e però furono soprannominati Serpe
o Tifeo(c), Gige, Cotto e Briareo(d). Gli Aloidi erano due fratelli,
di
nome Oto ed Efialte. Costoro nacquero da Ifimedia
e mentr’egli toccava co’piedi il più profondo del mare, la superfizie
di
questo appena gli arrivava alla eintura(g). Omeco
erchè Giove, come vedremo, avea posta al mondo Minerva senza il mezzo
di
una donna, pregò il Cielo, la Terra, e tutti gli
l mezzo di una donna, pregò il Cielo, la Terra, e tutti gli altri Dei
di
permettere, ch’ella pure da se sola partorisse ;
terra, ne usciroso dei vapori, i quali formarono Tifone(h). Il corpo
di
costui era di tale altezza, che arrivava alle ste
iroso dei vapori, i quali formarono Tifone(h). Il corpo di costui era
di
tale altezza, che arrivava alle stelle : con una
elle : con una mano toocava l’Oriente, e coll’altra l’Occidente ; da’
di
lui omeri si alzavano cento teste di dragoni ; e
, e coll’altra l’Occidente ; da’ di lui omeri si alzavano cento teste
di
dragoni ; e mandava flamme dagli occhi e dalla bo
Egeone(b). Egli avea cinquanta teste, e cento mani. Lo stesso dicesi
di
Gige e di Cotto(c) : e però questi tre Giganti da
. Egli avea cinquanta teste, e cento mani. Lo stesso dicesi di Gige e
di
Cotto(c) : e però questi tre Giganti da’ Greci so
quanta bocche, dalle quali mandava fuoco(f). Alcuni poi sotto il nome
di
Briareo e di Gige riconoscono un solo Gigante(g).
, dalle quali mandava fuoco(f). Alcuni poi sotto il nome di Briareo e
di
Gige riconoscono un solo Gigante(g). (a). Nat.
e gli Egiziani solevano rendere alle piante e alle bestie(h). Diodoro
di
Sicilia narra, che que’ popoli ridotti dalla care
ali ; e che anche allora quando si dosiderò da Tolommeo, re d’Egitto,
di
stringere alleanza co’ Romani, non si potè scampa
gere alleanza co’ Romani, non si potè scampare dalla morte un soldato
di
questi, perchè aveva ucciso, bonchè inavvedutamen
o scesso monte(m). Minerva uccise Pallante(n). Ippolito restò privato
di
vita da Mercurio, e Grazione da Diana(o). Clizio
Grazione da Diana(o). Clizio fu fatto morire da Vulcano con un colpo
di
massa di ferro infuocato(p) Porfirione fu colpito
da Diana(o). Clizio fu fatto morire da Vulcano con un colpo di massa
di
ferro infuocato(p) Porfirione fu colpito prima da
Porfirione fu colpito prima dalle frecce d’Ercole, e poi dal fulmine
di
Giove(a). Toone e Agrio vennero uccisi dalle Parc
o uccisi dalle Parche(b) Gli Aloidi furono messi a morte dalle frecce
di
Apollo e di Diana(c) Omero però dice, che li priv
le Parche(b) Gli Aloidi furono messi a morte dalle frecce di Apollo e
di
Diana(c) Omero però dice, che li privò di vita il
te dalle frecce di Apollo e di Diana(c) Omero però dice, che li privò
di
vita il solo Apollo(d)Polibote, inseguito da Nett
ita il solo Apollo(d)Polibote, inseguito da Nettuno, giunse all’Isola
di
Coo, quando il predetto Nume scaghò contro di lui
ttuno, giunse all’Isola di Coo, quando il predetto Nume scaghò contro
di
lui una parte di quella stessa Isola, chene cuopr
’Isola di Coo, quando il predetto Nume scaghò contro di lui una parte
di
quella stessa Isola, chene cuoprì il corpo, e for
hene cuoprì il corpo, e formò l’altra Isola, detta Nisiro(e)Apollonio
di
Rodi racconta, che Tifone, fulminato da Giove sul
e(f) Plutarco soggiunge, che gli Egiziani solevano dire, che i vapori
di
quella palude erano effetto del respirare, che vi
Gigante : e quindi l’anzidetta palude da loro chiamavasi lo spiraglio
di
Tifone(g). Virgilio vuole, che costui sia stato s
d. Ibid. l. 2. (e). Apollon. l. 3. (7). Omero dice, che il padre
di
Deucalione si chiamava Minos(m). (f). Nat. Com.
). Nat. Com. Mytol. l. 8. (a). Ovid. Met. l. 1. (8). In memoria
di
coloro, che per causa di quel Diluvio perirono, s
. (a). Ovid. Met. l. 1. (8). In memoria di coloro, che per causa
di
quel Diluvio perirono, si celebrarono dagli Ateni
tuttavia non fu secondo la legge punita, perchè si ebbe riguardo alla
di
lei nascita e valore(a). (e). Paus. l. 5. (f)
ob. Hofman. Lex. Univ. (h). Paus. l. 5. (10). Cinisca, figliuola
di
Archidamo, re di Sparta, fu la prima donna, la qu
Univ. (h). Paus. l. 5. (10). Cinisca, figliuola di Archidamo, re
di
Sparta, fu la prima donna, la quale siasi esercit
Mileto, tre volte riportò il premio negli anzidetti Giuochi. La forza
di
lui eguagliava la sua voracità. Invitato a pranzo
lui eguagliava la sua voracità. Invitato a pranzo da Ariobarzane, re
di
Persia, mangiò da se solo tutte le vivande, che d
ati(e). Più volte conseguì il premio in tali Giuochi Acusilao, figlio
di
Diagora, e fratello di Damagete, discendenti da q
guì il premio in tali Giuochi Acusilao, figlio di Diagora, e fratello
di
Damagete, discendenti da que’ di Rodi. Narrasi, c
silao, figlio di Diagora, e fratello di Damagete, discendenti da que’
di
Rodi. Narrasi, che la prima volta che Acusilao fu
e spargevano fiori per dove passava. Diagora, Damagete, Àcusilao, e i
di
lui figliuoli ebbero ciascuno una statua in Alti(
ede, dell’Isola d’ Astipalea, lottando con Icco, d’Epidauro, lo privò
di
vita con un solo pugno. L’azione di lui dagli Ell
do con Icco, d’Epidauro, lo privò di vita con un solo pugno. L’azione
di
lui dagli Ellanodici si giudicò un delittò, ed eg
. Cleomede, inseguito co sassi da quegli abitanti, entrò in un tempio
di
Minerva, e si nascose in un sepolero. Si consultò
e in un sepolero. Si consultò l’ Oracolo per sapere cosa era avvenuto
di
lui ; e si udì ch’egli era l’ultimo degli Eroi, e
li Eroi, e che conveniva onorarlo co’sacrifizj(c). Dicono, che Milone
di
Crotona siasi posto sulle spalle un toro di quatt
zj(c). Dicono, che Milone di Crotona siasi posto sulle spalle un toro
di
quattro anni, e che correndo ; lo abbia portato s
o Atleta portò altresì sulle spalle da Crotona sino ad Alti la statua
di
bronzo, cretta a Giovo(e). Egli innoltre teneva n
uovere. Alcune volte legavasi la fronte con grossissima fune a foggia
di
benda, e poi ritenendo il respiro, e chiudendo co
concittadino(c). Celebrandosi i mentovati Giuochi, Sotade, dell’Isola
di
Creta, fu premiato nella Corsa. Questo godeva sì
errò tutti coloro, i quali seco lui lottavano, e un fantasma sotto le
di
lui sembianze ne annunziò la vittoria agli Eginet
mbianze ne annunziò la vittoria agli Egineti(e). Teagene, della città
di
Taso, fu quello tra tutti gli Atleti, che abbia r
leti, che abbia riportato più corone a’ Giuochi pubblici. Egli in età
di
nove anni, ritornando dalla scuola, e avendo osse
do dalla scuola, e avendo osservato in una pubblica strada una statua
di
bronzo, la portò sino alla sua casa ; indi la rim
’avea presa. Dopo morte gli s’innalzò una statua, la quale da uno de’
di
lui nemici veniva frequentemente insultata. Avven
a fame, che poco dopo era insorta ad affliggerli(a). Teopompo, figlio
di
Demarato, riportò ne’ Giuochi Olimpici il premio
si segnalò. Tutti tre ebbero una statua in Altri(b). Timanto, nativo
di
Cleone, avea lasciata la professione d’Atleta a c
divenuta grave la vita, accese il rogo, e vi si precipitò(c). Fidola
di
Corinto, concorso a’Giuochi Olimpici, cadde in te
orso a’Giuochi Olimpici, cadde in terra sul principio della Corsa. Il
di
lui cavallo continuò a correre, oltrepassò gli al
alla Lotta, e il figlio alla Corsa de’cavalli. In Alti cravi il carro
di
Polifite sopra una colonna alto della statua di s
n Alti cravi il carro di Polifite sopra una colonna alto della statua
di
suo padre(a). Butacide di Crotona, uomo di straor
olifite sopra una colonna alto della statua di suo padre(a). Butacide
di
Crotona, uomo di straordinaria bellezza, restò uc
colonna alto della statua di suo padre(a). Butacide di Crotona, uomo
di
straordinaria bellezza, restò ucciso in un combat
gli offrirono dei sacrifizj(b). Ne’ mentovati Giuochi Eutimio, nativo
di
Locri, fu sempre premiato, eccettuata una sola vo
da Teagene(c). Fu pure ne’ medesimi Giuochi coronato Promaco, figlio
di
Drione, cittadino di Pellene, nel Peloponneso. Eb
re ne’ medesimi Giuochi coronato Promaco, figlio di Drione, cittadino
di
Pellene, nel Peloponneso. Ebbe una statua di bron
lio di Drione, cittadino di Pellene, nel Peloponneso. Ebbe una statua
di
bronzo in Alti, e un’altra di marmo in Pellene, i
llene, nel Peloponneso. Ebbe una statua di bronzo in Alti, e un’altra
di
marmo in Pellene, in una spezie di Academia, ovel
atua di bronzo in Alti, e un’altra di marmo in Pellene, in una spezie
di
Academia, ovela gioventù faceva i suoi primi eser
Olimpici(d). Appresso Pausania oltre i predetti Atleti si fa menzione
di
Pite, nato da Andromaco in Adbera, città della Tr
a menzione di Pite, nato da Andromaco in Adbera, città della Tracia ;
di
Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Mosc
i Pite, nato da Andromaco in Adbera, città della Tracia ; di Telesta,
di
Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di T
a Andromaco in Adbera, città della Tracia ; di Telesta, di Messenia ;
di
Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco, di C
ra, città della Tracia ; di Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio
di
Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ; di Pirilam
Tracia ; di Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ;
di
Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di
elesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco,
di
Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’El
ssenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ;
di
Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’Elea ; di Resib
glio di Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso,
di
Pittalo, d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Salea
i Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’Elea ;
di
Resibio, d’Opunte ; di Saleada Spartano ; e di Ag
; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ;
di
Saleada Spartano ; e di Agametore, di Mantinea(e)
, di Pittalo, d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Saleada Spartano ; e
di
Agametore, di Mantinea(e). (11). Il nome di Pare
d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Saleada Spartano ; e di Agametore,
di
Mantinea(e). (11). Il nome di Parentali davasi a
di Saleada Spartano ; e di Agametore, di Mantinea(e). (11). Il nome
di
Parentali davasi anche alle Feste, ossia a’convit
istor. l. 2. (12). Servio vuole, che quella colomba avesse le penne
di
colore d’oro. (d). Plin. l. 2. (e). Id. Ibid
(d). Plin. l. 2. (e). Id. Ibid. (13). Da principio gli Oracoli
di
Dodona al dire di Strabone erano manifestati da u
(e). Id. Ibid. (13). Da principio gli Oracoli di Dodona al dire
di
Strabone erano manifestati da uomini(a), detti To
omini(a), detti Tomari da Tomaro o Tmaro, monte della Tesprozia, alle
di
cui falde fu eretto il mentovato tempio(b). (f).
a). Potter. Archacol. Graec. l. 2. (14). Le Sorti erano una spezie
di
Divinazione, la quale si eseguiva in due modi : i
atte al senso de’proprj desiderj ; ovvero coll’aprire a caso un libro
di
qualche Poeta, e coll’interpretarvi il verso, che
il verso, che primo si offtiva agli occhi : ma questa ultima manlera
di
presagire il futuro si diceva anche Rapsodomanzia
il futuro si diceva anche Rapsodomanzia, dalle Rapsodie, ossia Poemi
di
Omero, perchè appresso gli Antichi, come alcuni c
ente Omero. L’altro modo, con cui si traevano le Sorti, era per mezzo
di
dali, o di piccole pietre, o di fave, sulle quali
L’altro modo, con cui si traevano le Sorti, era per mezzo di dali, o
di
piccole pietre, o di fave, sulle quali eranvi inc
i si traevano le Sorti, era per mezzo di dali, o di piccole pietre, o
di
fave, sulle quali eranvi incisi certi segni, di c
di piccole pietre, o di fave, sulle quali eranvi incisi certi segni,
di
cui se ne consultava la spiegazione in alcune Tav
molto coltivate dalle Ninfe Trie, nutridi d’ Apollo. A questa spezie
di
Divinazione si può ridurre anche quella eseguita
lzare la mano verso il Cielo ; indi col porla sull’altare(c). In vece
di
questo se ne servirono anche di una pietra(d). Il
ndi col porla sull’altare(c). In vece di questo se ne servirono anche
di
una pietra(d). Il giuramento appresso i Greci era
care il mutuo consenso. Vi si chiamavano poscia gli Dei in testimonio
di
ciò, che si stabiliva ; e si pronunziavano altres
sacrificava al. Dio Miode, si vedeva uscire dal Territorio una nuvola
di
Mosche. Il predetto Nume era invocato anche contr
effettuare il ratto delle donne Sabine (d). Tito Livio sotto il nome
di
Conso riconosce il Dio Nettuno, soprannominato Ip
Nettuno, soprannominato Ippio, ossia Equestre, dalla magnifica corsa
di
cavalli, la quale si faceva altempo di tali Giuoc
questre, dalla magnifica corsa di cavalli, la quale si faceva altempo
di
tali Giuochi. Oltre siffatta corsa eravi quel la
il vincitore, veniva condotto con molta pompa al tempio, e coronavasi
di
mirto. Narrasi, che un certo Ratumeno Romano, cor
atumeno Romano, correndo in questi Giuochi, cadde dal carro ; e che i
di
lui cavalli, avendo continuato il loro corso, e m
no quelle, che un Generale toglieva a quello dell’armata nemica, dopo
di
averlo ucciso di propria mano nel combattimento (
Generale toglieva a quello dell’armata nemica, dopo di averlo ucciso
di
propria mano nel combattimento (g). (b). Tit. L
remo (h). (e). Cic. pro Rabir. (20). Nello scavarsi le fondamenta
di
Giove Capitolino si trovò la testa di un certo To
). Nello scavarsi le fondamenta di Giove Capitolino si trovò la testa
di
un certo Tolo (i) : la che servì a’Romani d’augur
a’Romani d’augurio, che la loro città sarebbe divenuta la dominatrice
di
tutto il mondo (l). Quindi quel monte, che prima
in giro una, portata sopra un letticciuolo, e posta sopra un cuscino
di
stoffa preziosa (c). (b). Job. Jacob. Hofman. L
. Univ. (c). Pitise. (22). Il Dio Termine in Roma fino dal tempo
di
Numa Pompilio fu riconosciuto come il protettore
ali s’inghirlandavano i confini delle campagne, si facevano libazioni
di
latte e di vino, e si offrivano frutta e focacce
rlandavano i confini delle campagne, si facevano libazioni di latte e
di
vino, e si offrivano frutta e focacce di farina (
acevano libazioni di latte e di vino, e si offrivano frutta e focacce
di
farina (d). In seguito gli furono sacrificati anc
norò poscia nelle grandi strade, ov’era rappresentato sotto la figura
di
grossa pietra quadrata, o di ceppo, o d’uomo, ma
de, ov’era rappresentato sotto la figura di grossa pietra quadrata, o
di
ceppo, o d’uomo, ma senza braccia e piedi, accioc
Termine era quella stessa pietra, che Saturno avea divorato in luogo
di
Giove (a). Dionisio d’Alicarnasso pretende, che i
e rappresentavasi anch’egli, come abbiamo osservato, sotto la figura
di
una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu f
abbiamo osservato, sotto la figura di una pietra. (23). Ebe al dire
di
Apollodoro fu figlia di Giove e di Giunone (d) ;
o la figura di una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu figlia
di
Giove e di Giunone (d) ; ma secondo i Poeti Latin
di una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu figlia di Giove e
di
Giunone (d) ; ma secondo i Poeti Latini Giunone s
rata da que’di Fliasia, contrada della Grecia nel Peloponneso. Ivi il
di
lei tempio era inviolabile asilo pegl’infelici. O
ile asilo pegl’infelici. Ogni anno per più giorni vi si celebravano a
di
lei onore delle Feste (i). Anche que’di Corinto l
rinto le innalzarono un tempio (l). Finalmente in Roma fino da’ tempi
di
Servio Tullio era venerata nel Campidoglio. Legge
mpidoglio. Leggesi innoltre, che M. Livio, essendo Console, fece voto
di
fabbricarle un tempio nel giorno, in cui avesse v
rcad. (e). Nat. Com. Mythol. l.. 3 (24). Le tre predette nutrici
di
Giove furono cangiate in Orse, ma non si sa per q
(b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (25). Il sulmine era segno
di
sovrana potenza, a cui niuno poteva resistere. Pe
nza, a cui niuno poteva resistere. Per questo anche Apelle nel tempio
di
Diana Efesina distinse Alessandro col fulmine in
Diana Efesina distinse Alessandro col fulmine in mano. I felmini poi
di
Giove si figuravano in due maniere : o come una s
felmini poi di Giove si figuravano in due maniere : o come una spezie
di
tizzone fiammeggiante in ambe l’estremità, il qua
; ovvero come una macchina acuta in ognuna delle due parti, e armata
di
due frecce. Sotto questa seconda forma sembra, ch
rcelo a divedere anche Luciano, il quale v’aggiunse essere il fulmine
di
Giove lungo dieci piedi (e). Virgilio finalmente
Giove lungo dieci piedi (e). Virgilio finalmente vuole, che i fulmini
di
Giove sieno molti, e che ognuno di essi contenga
io finalmente vuole, che i fulmini di Giove sieno molti, e che ognuno
di
essi contenga tre raggi di grandine, tre di piogg
fulmini di Giove sieno molti, e che ognuno di essi contenga tre raggi
di
grandine, tre di pioggia, tre di fuoco, e tre di
sieno molti, e che ognuno di essi contenga tre raggi di grandine, tre
di
pioggia, tre di fuoco, e tre di vento. Lostesso P
he ognuno di essi contenga tre raggi di grandine, tre di pioggia, tre
di
fuoco, e tre di vento. Lostesso Poeta soggiunge,
i contenga tre raggi di grandine, tre di pioggia, tre di fuoco, e tre
di
vento. Lostesso Poeta soggiunge, che ne’medesimi
novi mescolati i lampi terribili, lo strepito spaventoso, le striscie
di
fiamma, la collera di Giove, e il terrore de’mort
terribili, lo strepito spaventoso, le striscie di fiamma, la collera
di
Giove, e il terrore de’mortali (a). Il fulmine er
e, e il terrore de’mortali (a). Il fulmine era la principale Divinità
di
Seleucia in Siria, e onoravasi con inni e altre p
. V’è chi pensa, che fosse così onorato Giove stesso sotto il simbolo
di
fulmine. Tutti i luoghi, percossi dal fulmine, er
i luoghi, percossi dal fulmine, erano riputati sacri, nè era permesso
di
più averli ad uso profano (b). Niuno, senza diven
on vi si fosse drizzato un altare, e offerta in sacrifizio una pecora
di
due anni, detta bidente, ossia alla quale erano n
i luoghi (e). Plinio dice, che non era permesso d’abbruciare il corpo
di
coloro ch’erano stati colpiti dal fulmine, ma che
o fulminato, ricevette gli onori del Rogo (g). Il Rogo era un mucchio
di
legna per abbruciare i morti (h). Esso era circon
le oggetto si aspergeva anche il corpo, che doveasi dare alle fiamme,
di
varj fragranti liquori. Il Rogo era formato a gui
uoco. Vi si gettavano ad ardere le più ricche vesti del defonto, e le
di
lui armi, se era stato guerriero. Innoltre gli an
davano a piangere. Le urne de’ricchi erano talvolta d’oro, d’argento,
di
bronzo, di porfido ; i poveri le aveano di creta.
angere. Le urne de’ricchi erano talvolta d’oro, d’argento, di bronzo,
di
porfido ; i poveri le aveano di creta. Un Sacerdo
talvolta d’oro, d’argento, di bronzo, di porfido ; i poveri le aveano
di
creta. Un Sacerdote tre volte aspergeva d’acqua l
ustrale tutti gli astanti per purificarli. Ognuno de’medesimi in atto
di
partire dava l’ultimo addio al morto, e augurava
in atto di partire dava l’ultimo addio al morto, e augurava alle ossa
di
lui la terra lieve. Finalmente chiudevano l’urna
eon era anche il nome delle Statue, che riunivano in se gli attributi
di
molti Numi (d). (b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. U
(b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (27). I Sabini sotto il nome
di
Filio riconoscevano Ercole (e). Questi fu anche d
sia stato eretto da Tarquinio il Superbo, e che quaranta anni dopo la
di
lui morte Spurio Postumio Console ne abbia fatta
libazioni agli Dei (a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati
di
doni, i quali da loro si conservavano poi con som
ma durante la solennità de’Lettisterni esercitavasi verso ogni ordine
di
persone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè
sone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè tutti potevano servirsi
di
ogni cosa che vi trovavano, senza però portarne v
no una religiosa ceremonia, praticata da’Romani spezialmente in tempo
di
pubbliche calamità per placare gli Dei. Essa cons
gli Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denominato il Convito
di
Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle a
banchetto, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue
di
lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel
le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio
di
Giove si drizzavano varj letti, affinchè stando s
passero della mensa, che veniva loro imbandita. Alle Dee però in vece
di
letti si preparavano dei sedili (f). Il presieder
lae, vivande (g), perchè eglino mangiavano i cibi, imbanditi al tempo
di
tale solennità agli Dei (a). Eglino erano da prin
he Licaone venne mutato in Lupo, perchè sacrificò un fanciullo, e col
di
lui sangue ne bagnò l’ara di Giove, che trovavasi
po, perchè sacrificò un fanciullo, e col di lui sangue ne bagnò l’ara
di
Giove, che trovavasi sul monte Liceo (c). Altri s
caro al suo popolo, a cui insegnò a condurre una vita meno selvaggia
di
prima ; ch’egli eresse su’monti d’Arcadia la citt
meno selvaggia di prima ; ch’egli eresse su’monti d’Arcadia la città
di
Licosura, la più antica di tutta la Grecia ; e ch
ch’egli eresse su’monti d’Arcadia la città di Licosura, la più antica
di
tutta la Grecia ; e che v’inalzò un altare a Giov
ggi, pubblicò, che Giove si recava spesso a visitarlo sotto la figura
di
straniero. I di lui figliuoli, per assicurarsene,
he Giove si recava spesso a visitarlo sotto la figura di straniero. I
di
lui figliuoli, per assicurarsene, nel momento, in
con gagliardissimo vento, e il fulmine, che incenerì tutti gli autori
di
quel delitto. (30). Tra’Cercopi sono famosi anch
si anche i due fratelli, Achemone o Acmone, e Passalo. La loro madre,
di
nome Sennone, donna fatidica, li avea avvertiti d
lo. La loro madre, di nome Sennone, donna fatidica, li avea avvertiti
di
schivare dall’incontrarsi in Melampigo, ossia in
titi di schivare dall’incontrarsi in Melampigo, ossia in colui che al
di
dietro era nero. Eglino, viaggiando, si abbattero
o, si abbatterono in Ercole, che dormiva sotto un albero, e tentarono
di
assalirlo colle stesse di lui armi. L’Eroe, essen
e, che dormiva sotto un albero, e tentarono di assalirlo colle stesse
di
lui armi. L’Eroe, essendosi in quello stesse mome
l qual nome gli Antichi riconoscevano la natura, come madre e nutrice
di
tutte le cose (c). (a). Nat. Com. Mythol. l. 2.
ette Lampadeforie, nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra
di
loro. Il primo di questi, estratto a sorte, dall’
nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di loro. Il primo
di
questi, estratto a sorte, dall’anzidetta Ara sino
ragione al teizo. Quegli, che giungeva al termine del corso, senzachè
di
si fosse mai smorzata la fiaccola, riportava il p
correvano una volta ogni tre anni. La prima si chiamava Atenea, ossia
di
Minerva ; la seconda Efestiea o Vulcania, ossia d
mava Atenea, ossia di Minerva ; la seconda Efestiea o Vulcania, ossia
di
Vulcano ; la terza Prometia, ossia di Prometeo (b
onda Efestiea o Vulcania, ossia di Vulcano ; la terza Prometia, ossia
di
Prometeo (b). Le predette Feste furono consecrate
n. Lex. Univ. (b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (32). Giove s’invaghì
di
Proserpina. Cerere, di lei madre, per allontanarl
at. Com. Mythol. l. 2. (32). Giove s’invaghì di Proserpina. Cerere,
di
lei madre, per allontanarla da quel Nume, la nasc
una grotta della Sicilia. Giove vi penetrò anche colà sotto la figura
di
serpente, e la rendette madre di Zagreo (e). Nonn
i penetrò anche colà sotto la figura di serpente, e la rendette madre
di
Zagreo (e). Nonno Dionisio dice che Giove traspor
portò il predetto bambino nell’Olimpo, e che i Titani per eccitamento
di
Giunone lo fecero in pezzi (f). (33). La madre d
delle frecce, e superava in vivacità e leggiadria ogni altra seguace
di
Diana (g). Ma poichè Giove sotto le sembianze del
volle più averla tralle sue Ninfe, e Giunone la trasformò in orsa. Il
di
lei figliuolo, andato anch’egli alla caccia, la i
a Callisto il nome d’Elice, ossia d’Orsa maggiore, e ad Arcade quello
di
Artofrlace, ossia di Custode della medesima. La C
Elice, ossia d’Orsa maggiore, e ad Arcade quello di Artofrlace, ossia
di
Custode della medesima. La Costellazione, in cui
bia riconosciuto che due, le quali denominò Tallote e Carpo. La prima
di
esse presiedeva a’fiori, e l’altra alle frutta (c
prima di esse presiedeva a’fiori, e l’altra alle frutta (c). Col nome
di
Ore appresso gli antichi Greci s’indicavano le St
bellezza (i). Sotto tal nome si riconosceva da’Romani Ersilia, moglie
di
Romolo, la quale dopo la morte di suo marito era
conosceva da’Romani Ersilia, moglie di Romolo, la quale dopo la morte
di
suo marito era stata da Giunone trasferita in Cie
ivini, che si rendevano a Romolo in un tempio erettogli sotto il nome
di
Quirino Questo tempio, in quanto era sacro ad Ort
amavano Ate e Cario, narrasi, che la loro madre, Talia, o Etna, prima
di
partorirli, appresso il fiume Simeto pregò la Ter
fiume Simeto pregò la Terra, che la ingojasse per celarla a Giunone,
di
cui ne temeva il furore. Ne fu esaudita ; ma venu
del giorno, la terra nuovamente si aprì, e queglino comparvero sopra
di
essa (d). Alcuni pretendono, che nel luogo, donde
, donde i due fratelli sortirono, si sieno subito aperte due voragini
di
fuoco : altri dicono due fontane o laghi, chiamat
ivano fiamme, e acqua bollente e fetida (e). Gli Antichi si servivano
di
tali acque per riconoscere la verità de’giurament
quello, che giurava, scriveva il suo giuramento sopra certe tavolette
di
legno, e gettavale in quelle acque : se era verac
te tavolette di legno, e gettavale in quelle acque : se era verace la
di
lui asserzione, le tavole galleggiavano sulle acq
ommerso nelle stesse acque (b). V’è chi dice, che l’anzidetta maniera
di
comprovare la verità di ciò che si affermava, si
ue (b). V’è chi dice, che l’anzidetta maniera di comprovare la verità
di
ciò che si affermava, si faceva nella fontana, de
ghi (c). I Palici si venerarono come Dei della Sicilia. Narra Diodoro
di
Sicilia, che il tempio di queste Divinità era ten
arono come Dei della Sicilia. Narra Diodoro di Sicilia, che il tempio
di
queste Divinità era tenuto in grandissima veneraz
asilo agli schiavi, oppressi da’loro padroni, i quali non osavano mai
di
violare il giuramento, fatto nello stesso tempio,
non osavano mai di violare il giuramento, fatto nello stesso tempio,
di
trattarli per l’avvenire più dolcemente (e). Nel
iando egli lungo le rive del fiume Torrebia, udì il canto delle Ninfe
di
quello, e ne apprese la Musica, la quale egli poi
i Divini, e gli eressero un tempio sopra una montagna, detta dal nome
di
lui Cario (a). (36). I tre Cabiri, che si denomi
er padre Vulcano, perchè si credeva ch’eglino avessero trovata l’arte
di
fabbricare gli stromenti di ferro (e). Mnasea tra
credeva ch’eglino avessero trovata l’arte di fabbricare gli stromenti
di
ferro (e). Mnasea tra gli Dei Cabiri nomina Asier
Cerere, Proserpina, e Plutone. Dionisiodoro ve ne aggiunse un quarto,
di
nome Casmilo, ossia Mercurio. Finalmente Atenione
e Dardano, i quali furono chiamati Cabiti (f). Erá celebre il tempio
di
questi Numi in Egitto, nel quale non era permesso
a’loro Sacerdoti. Un altro era stato eretto a’medesimi nel Territorio
di
Tebe (g). Queste Divinità ebbero eziandio delle F
Feste, dette Cabirie, e le quali vennero prima celebrate nelle Isole
di
Samotracia e d’Imbro, poi in Tebe, e in Lenno. I
niziare alcuno ne’predetti Misterj, egli si coronava d’ulivo, e cinto
di
una fascia di porpora, si faceva sedere sopra un
ne’predetti Misterj, egli si coronava d’ulivo, e cinto di una fascia
di
porpora, si faceva sedere sopra un trono, intorno
ossia intronizzazione (b). Tale iniziazione portava seco la credenza
di
essere dagli Dei disesi in mare e in guerra, e di
va seco la credenza di essere dagli Dei disesi in mare e in guerra, e
di
poter conseguire ciò, che onestamente si desidera
non fossero Dei, ma ministri degli Dei (d). Strabone li la Sacerdoti
di
Cibele, e secondo lui erano gli stessi che i Cori
Omero dice che Ganimede fu rapito dagli Dei per costituirlo coppiere
di
Giove (e). Altri lo vogliono rapito da un’Aquila,
io ci descrive la Fama con tanti occhi e tante bocche, quante sono le
di
lei piume. Egli v’aggiunge, che non minore n’è il
sempre attente ad ascoltare. Dice finalmente, che la Fama vola sempre
di
notte, e che digiorno siede sulle più alte torri,
spaventando le grandi città con triste novelle, e facendosi appresso
di
esse annunziatrice sà de’veri che de’falsi avveni
, per essere sacra a Giove, conseguì dallo stesso Nume la prerogativa
di
non restare mai colpita dal fulmine ; di poter fi
o stesso Nume la prerogativa di non restare mai colpita dal fulmine ;
di
poter fissare sempre gli occhi ne’raggi del Sole,
empre gli occhi ne’raggi del Sole, senza rimanerne abbagliata (f) ; e
di
essere la regina di tutti gli altri volatili (g).
aggi del Sole, senza rimanerne abbagliata (f) ; e di essere la regina
di
tutti gli altri volatili (g). (c). Nat. Com. My
(d). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (40). I Romani ad imitazione
di
Giove adottarono la figura dell’Aquila per loro I
lmine tragli artigli. Sotto la medesima si appendevano varj ornamenti
di
metallo, i doni militari, i busti degl’Imperatori
sso i Romani ebbe altresì parte negli augurj. Se volava a destra, era
di
buon presagio. Si prediceva il futuro anche dal m
ro anche dal modo, con cui lo stesso predava. Se i Principi sognavano
di
esserne rapiti, ciò aveasi per tristo augurio. Fi
Finalmente le Aquile ricevettero in Roma libazioni, e vennero onorate
di
aromi, e coronate di fiori (a). (e). Anton. Lib
ricevettero in Roma libazioni, e vennero onorate di aromi, e coronate
di
fiori (a). (e). Anton. Liberal. Metam. c. 6.
e di fiori (a). (e). Anton. Liberal. Metam. c. 6. (41). La moglie
di
Perifa, non potendo sopravvivere pel dolore al ma
di Perifa, non potendo sopravvivere pel dolore al marito, pregò Giove
di
cangiare lei pure in uccello, e lo ottenne (b).
alita a tale onore, e benchè Orfeo la chiami Pambasilea, ossia regina
di
tutto il monde (c) ; tuttavia non si sa, che le s
mente ricorda una statua, che le venne innalzata da’Tebani nel tempio
di
Cerere Tesmofora(d). (b). Ovid. Metam. l. 3. (
una delle Ninfe del fiume Acheloo, quella, che trasse Bacco dal seno
di
Semele per ordine di Giove, il quale poi se lo ri
fiume Acheloo, quella, che trasse Bacco dal seno di Semele per ordine
di
Giove, il quale poi se lo ripose in una coscia(e)
dine di Giove, il quale poi se lo ripose in una coscia(e). Appollonio
di
Rodi vuole, che Merourio abbia raccolto Bacco dal
lodoro dice, che Giova, volendo Semele occultare a Giunone li nascita
di
Bacco, cangiò il bambino in capretto, e lo conseg
o da un cinghiale o da una leonessa, fu da loro pianto sino a morire
di
dolore(e). Altri dicono, che fu loro dato il pred
, producono la pioggia(f). Altri soggiungono, che le Jadi erano Ninfe
di
Dodona, città dell’ Epiro, le quali perciò si den
onidi, e vennero da Giove trasportate in Cielo, per sottrarle all’ira
di
Giunone, e alla crudeltà di Licurgo, re della Tra
asportate in Cielo, per sottrarle all’ira di Giunone, e alla crudeltà
di
Licurgo, re della Tracia(g). Finalmente v’è chi l
ettri, Merope, Maja, Taigete, Celeno, e Sterope(c). Omero fa menzione
di
un’altra figlia di Atlante, chiamata Calipso(d) ;
, Taigete, Celeno, e Sterope(c). Omero fa menzione di un’altra figlia
di
Atlante, chiamata Calipso(d) ; e Pausania di un’a
zione di un’altra figlia di Atlante, chiamata Calipso(d) ; e Pausania
di
un’altra ancora, chiamata Mera, sposata a Tegeata
a di un’altra ancora, chiamata Mera, sposata a Tegeata, uno de’ figli
di
Licaone, re di Arcadia(e). Le figlie di Atlante f
ncora, chiamata Mera, sposata a Tegeata, uno de’ figli di Licaone, re
di
Arcadia(e). Le figlie di Atlante furono soprannom
sata a Tegeata, uno de’ figli di Licaone, re di Arcadia(e). Le figlie
di
Atlante furono soprannominate Atlantidi dal nome
rono soprannominate Atlantidi dal nome del loro padre(f). Il nome poi
di
Plejadi deriva dal verbo Greco, plin, navigare, p
no Vergilie dal nome Latino, ver, primavera, perchè circa l’Equinozio
di
questa stagione appariscono(g). Tralle Plejadi Me
quale al dire de’Poeti si lascia vedere meno delle altre per rossore
di
essersi unita in matrimonio con un mortale, che f
Hofman. Lex. Univ. (5). Alcuni pretendono, che Jacco fosse il nome
di
un figlio di Cerere ; ch’egli accompagnasse la De
Univ. (5). Alcuni pretendono, che Jacco fosse il nome di un figlio
di
Cerere ; ch’egli accompagnasse la Dea ne’ suoi vi
i(i) ; e che le facesse obbliare il dolore, che le apportava il ratto
di
Proserpina, dandole a bere il Ciceone(l), ch’era
to di Proserpina, dandole a bere il Ciceone(l), ch’era una mescolanza
di
molti liquori(m). (c). Declaustre Diction. Myth
Diod. Sicul. l. 4. (6). Diodoro Siculo riferisce, che sotto il nome
di
Sabazio si riconosceva un figlio di Giove e di Pr
culo riferisce, che sotto il nome di Sabazio si riconosceva un figlio
di
Giove e di Proserpina, assai più antico, che il B
sce, che sotto il nome di Sabazio si riconosceva un figlio di Giove e
di
Proserpina, assai più antico, che il Bacco, nato
, che il Bacco, per cui s’instituirono le Feste Sabazie, fosse figlio
di
Caprio, e avesse regnato in Asia(c). Clemente poi
appellavano Satiri(h). Questi nella parte superiore aveano la figura
di
uomini colle corna di capra in cesta, e nell’infe
. Questi nella parte superiore aveano la figura di uomini colle corna
di
capra in cesta, e nell’inferiore quella dello ste
iedi, e tutta la mezza vita i capra(l). I Fauni si coronavano altresì
di
rami i pino, albero loro assai caro(m). Abitavano
albero loro assai caro(m). Abitavano i sonti e le spelonche, cosicche
di
rado comparivano fra gli uomini(a). Pomponio Mela
vano fra gli uomini(a). Pomponio Mela lasciò scritto esservi state al
di
là del monte Atlante certe Isole, nelle quali di
tto esservi state al di là del monte Atlante certe Isole, nelle quali
di
notte si vedeano lumi, e si udiva lo strepito di
e Isole, nelle quali di notte si vedeano lumi, e si udiva lo strepito
di
varj stromenti, mentre poi di giorno non vi si ve
si vedeano lumi, e si udiva lo strepito di varj stromenti, mentre poi
di
giorno non vi si vedeva alcuno. Si credette, sogg
crittore, che tali Isole fossero abitate da’ Satiri(b). Sotto il nome
di
Satiri si riconoscevano anche certi Spiriti, i qu
i Spiriti, i quali prendevano la figura umana, ed erano pure compagni
di
Bacco(c). Questi da’ Greci si chiamavano Cobali(d
omi e delle uve(e). I Fauni poi furono così detti da Fauno, figliuolo
di
Pico, re de’ Latini in Italia. Egli viveva al tem
e ne’prati le Feste Faunali, nelle quali lo onoravano col sacrifizio
di
un capro, o con libazioni di vino. Si cessava all
nelle quali lo onoravano col sacrifizio di un capro, o con libazioni
di
vino. Si cessava allora da ogni lavoro, si viveva
e, ne distendeva le pelli delle vittime sulla terra, e sdrajato sopra
di
quelle, vi si addormentava. Credeva egli di veder
a terra, e sdrajato sopra di quelle, vi si addormentava. Credeva egli
di
vedere allora mille fantasmi, di udire diverse vo
le, vi si addormentava. Credeva egli di vedere allora mille fantasmi,
di
udire diverse voci, e di conversare cogli Dei. Al
redeva egli di vedere allora mille fantasmi, di udire diverse voci, e
di
conversare cogli Dei. Al rievegliarsi andava spac
opoli d’Italia, e particolarmente que’ d’Enotria. Fino da’primi tempi
di
Roma Fauno ebbe anche sul monte Celio un tempio r
ondato da colonne(a). La Ninfa Semetide gli avea partorito un figlio,
di
nome Acide. Questi divenne pastore di Sicilia, e
e gli avea partorito un figlio, di nome Acide. Questi divenne pastore
di
Sicilia, e fu assai amato dalla Ninfa Galatea, fi
enne pastore di Sicilia, e fu assai amato dalla Ninfa Galatea, figlia
di
Nereo e di Doride. Ebbe per rivale il Ciclope Pol
e di Sicilia, e fu assai amato dalla Ninfa Galatea, figlia di Nereo e
di
Doride. Ebbe per rivale il Ciclope Polifemo, cui
l Ciclope per vendetta e gelosia inseguì Acide, e svelta una porzione
di
monte, la scagliò contro di lui, e lo fece perire
osia inseguì Acide, e svelta una porzione di monte, la scagliò contro
di
lui, e lo fece perire. Gli Dei cangiarono il Past
perire. Gli Dei cangiarono il Pastore stesso in fiume, che ritenne il
di
lui nome(b). Ritornando a Fauno, notiamo, che Ser
e a’limiti delle campagne(d). Eliano(e), le Probo(f) lo fanno figlio
di
Cratide, pastore d’Italia, e di una capra : ed è
liano(e), le Probo(f) lo fanno figlio di Cratide, pastore d’Italia, e
di
una capra : ed è per questo, dicono essi, che Sil
rco lo fa nascere da Valeria Tusculanaria(a). Virgilio lo dice figlio
di
Pico(b). Fu soprannominato Littorale, perchè i Ro
pio lungo le rive del mare ; e si denominò anche Dendroforo, perchè i
di
lui altari si ornavano di rami di pino o di cipre
; e si denominò anche Dendroforo, perchè i di lui altari si ornavano
di
rami di pino o di cipresso(c). Gli Antichi parime
denominò anche Dendroforo, perchè i di lui altari si ornavano di rami
di
pino o di cipresso(c). Gli Antichi parimenti sott
nche Dendroforo, perchè i di lui altari si ornavano di rami di pino o
di
cipresso(c). Gli Antichi parimenti sotto il nome
di rami di pino o di cipresso(c). Gli Antichi parimenti sotto il nome
di
Silvani riconoscevano certi altri Spiriti, detti
ano certi altri Spiriti, detti anche Incubi, i quali solevano entrare
di
notte nelle case, si posavan sul corpo di quelli
i, i quali solevano entrare di notte nelle case, si posavan sul corpo
di
quelli che dormivano, e col loro peso fortemente
inchè Silvano, veggendo questi segni, non vi si avvicinasse(e). E quì
di
passaggio possiamo ricordare, che ogni parte dell
a della selva Elerna no’dintorni del Tevese, conosciuta sotto il nome
di
Grane, e la quale era molto amata da Giano(b). Gi
erano i Satiri stessi, i quali, divenuti vecchi, acquistavano il nome
di
Sileni(e). Tra questi va ne fu uno molto celebre,
iglio della Terra. Dicesi, che sia nato in Malsa, Capitale dell’Isola
di
Lesbo(g). A lui fu affidata l’educazione di Bacco
alsa, Capitale dell’Isola di Lesbo(g). A lui fu affidata l’educazione
di
Bacco. Egli altresì gli fu sempre compagno nelle
data l’educazione di Bacco. Egli altresì gli fu sempre compagno nelle
di
lui conquiste(h). Sul qual proposito Ovidio ci la
Non vi si trovò allora Sileno, perchè alcuni Frigj lo aveano avvinto
di
corone, e condotto al loro Re, Mida. Questi al ve
lla Lidia, e lo rendette a Bacco, che in ricompensa permise a quel re
di
chiedergli ciò, che più gli fosse piaciuto. Mida
10). Le Ceste mistiche erano certi ripostigli, ordinariamente formati
di
vimini o di scorze d’alberi, pieghevoli, e simili
e mistiche erano certi ripostigli, ordinariamente formati di vimini o
di
scorze d’alberi, pieghevoli, e simili a quelle, c
sime poi si dissero mistiche, perchè contenevano certi arcani per uso
di
varie iniziazioni e di altre sacre ceremonie. Que
tiche, perchè contenevano certi arcani per uso di varie iniziazioni e
di
altre sacre ceremonie. Queste Ceste si portavano
ano. Chi rivelava a’non iniziati i misterj ivi nascosti, diveniva reo
di
profanazione. Solamente nelle Orgie comparivano c
serpente ; o perchè Bacco stesso talvolta si venerò sotto l’immagine
di
serpente, essendo stato cinto di serpi, quando er
talvolta si venerò sotto l’immagine di serpente, essendo stato cinto
di
serpi, quando era bambino, o perchè le Baccanti,
erpi, quando era bambino, o perchè le Baccanti, mentre celebravano le
di
lui Feste, solevano inghirlandarsi il capo di que
, mentre celebravano le di lui Feste, solevano inghirlandarsi il capo
di
quegli animali, o cingersene il seno, o stringerl
tili. Donato ci lasciò scritto, che tali Ceste erano talvolta coperte
di
pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione di una
e erano talvolta coperte di pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione
di
una Cesta, adorna di corone. Alcune finalmente er
rte di pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione di una Cesta, adorna
di
corone. Alcune finalmente erano dorate al di fuor
one di una Cesta, adorna di corone. Alcune finalmente erano dorate al
di
fuori. Coloro, che le portavano, si chiamavano Li
sacro, non fosse riputato molto decoroso, giacchè Demostene si studia
di
mettere in ridicolo il suo avversario Eschine, ri
he le mistiche Ceste erano sacre anche a Proserpina perchè era figlia
di
Cerere, o perchè Bacco era figlio di lei(b). (a)
e a Proserpina perchè era figlia di Cerere, o perchè Bacco era figlio
di
lei(b). (a). Potter. Archarol. Graec. l. 2. (
. Elleno nel trasferirsi da uno all’altro paese ebbero sempre la cura
di
seco portare le statue de’loro Numi. A tele ogget
’loro Numi. A tele oggetto usavano certi sacri carri, formati a guisa
di
tempietti, coperti di panni preziosi, adorni alle
etto usavano certi sacri carri, formati a guisa di tempietti, coperti
di
panni preziosi, adorni alle volte d’oro, d’argent
li, sacri alle Deità, che si onoravano. A questi carri davasi il nome
di
Tense, o Carpenti. Gli Antiquarj nelle monete deg
e spezialmente delle Imperatrici divinizzate vi rilevano varie figure
di
queste Tense, le quali si sa, ch’erano molto usat
ion. Octoling. (12). Le Feste Vinali si celebravano in Roma sulfine
di
Aprile, e alla metà d’Agosto(b). Le prime erano s
ulane vietavano il condurre il vino in città prima della celebrazione
di
tali Feste(f). Finalmente in questo tempo si offr
guerreggiando contro Mezenzio, fecero allo stesso Nume una libazione
di
tutto il loro vino (a). (a). Job. Jacob. Hofman
Septerio e Carile. Queste seconde erano consecrate ad una fanciulla,
di
nome Carila, che si appiccò per aver ricevuto un
a, di nome Carila, che si appiccò per aver ricevuto un insulto dal re
di
Delfo. Nell’ occasione di queste Feste le Tiadi s
appiccò per aver ricevuto un insulto dal re di Delfo. Nell’ occasione
di
queste Feste le Tiadi sotterravano la statua di C
elfo. Nell’ occasione di queste Feste le Tiadi sotterravano la statua
di
Carila nello stesso luogo, ov’erasi sepolta. Il r
serpenti. Il medesimo, come sacro stromento, compariva altresì adorno
di
vitte e nastrì (c). I Poeti finalmente attribuisc
, dicono essi, battere con esso la terra, e ne scaturivano tosto rivi
di
vino, latte, e altri soavi liquori (d). (m). Jo
te d’ Icario, le loro figliuole avessero ad incontrare lo stesso fine
di
lei. L’ ottenne, poichè molte giovani d’ Atene si
E ora, ossia sospensione, peschè gli Ateniesi per espiare il suicidio
di
Erigone, si libravano in aria sopra corde appicca
de appiccate agli alberi (a). Il Bocaccio crede, che l’ Icario, padre
di
Erigone, fosse diverso dall’altro, ch’era figlio
l’ Icario, padre di Erigone, fosse diverso dall’altro, ch’era figlio
di
Ebalo, e padre di Penelope (b). Altri pretendono,
di Erigone, fosse diverso dall’altro, ch’era figlio di Ebalo, e padre
di
Penelope (b). Altri pretendono, che l’anzidetta F
anzidetta Festa, Eora, si fosse instituita in onore del re Temaleo, o
di
Egisto e di Clitennestra (c). (a). Hyg. fab. 13
sta, Eora, si fosse instituita in onore del re Temaleo, o di Egisto e
di
Clitennestra (c). (a). Hyg. fab. 130. (b). J
che la inseguiva, si trovò trasformata in quella pianta, che dal nome
di
lei si disse Loto (d). Narrasi che la medesima ri
g. 8. (17). Orfe, Caria, e Lico aveano conseguito da Apollo il dono
di
predire il futuro, perchè quel Nume, viaggiando p
su cui Penteo ascese per osservare le ceremonie delle Baccanti, que’
di
Corinto per ordine dell’ Oracolo ne formarono due
nti, que’ di Corinto per ordine dell’ Oracolo ne formarono due statue
di
Bacco, e le collocarono nella piazza della loro c
(19). In Babilonia viveano Piramo e Tisbe, eguali ambedue d’età, e
di
chiarezza di sangue. Era Piramo il più bello e ge
abilonia viveano Piramo e Tisbe, eguali ambedue d’età, e di chiarezza
di
sangue. Era Piramo il più bello e gentile fra tut
llo e gentile fra tutti i giovani, e Tisbe la più leggiadra e amabile
di
quante fanciulle mai vantasse l’ Oriente. L’esser
l’ Oriente. L’essere vicini d’abitazione fece sì, che si accendessero
di
reciproco amore. Le brame di tutti due tendevano
’abitazione fece sì, che si accendessero di reciproco amore. Le brame
di
tutti due tendevano ad un onesto imeneo ; ma un f
perabili le loro nozze, macchinarono una notturna fuga, e stabilirono
di
trovarsi in campagna alle radici dì un bianco Gel
alle radici dì un bianco Gelso, presso una fonte, vicina al sepolcro
di
Nino. Circa l’ora appuntata Tisbe impaziente uscì
epolcro di Nino. Circa l’ora appuntata Tisbe impaziente uscì la prima
di
casa poco prima della mezza notte, e s’incamminò
oco prima della mezza notte, e s’incamminò al luogo divisato, coperta
di
bianco velo. Al chiarore della Luna vide usciro d
Al chiarore della Luna vide usciro dalla foresta una leonessa, lorda
di
sangue, che a quella volta s’avviava o per lavars
ta s’avviava o per lavarsi, o per bere alla fonte. Cercò la fanciulla
di
salvarsi in qualche grotta, nè badò a raccorne il
da casa, all’appressarsi colà, s’abbattè nel velo, sbranato e intriso
di
sangue. Lo riconobbe, e credette divorata dalla f
assò l’umor sanguigno per le fibre del Gelso, e tinse le bianche more
di
color nero, mischiato col porporino. Sopraggiunse
re di color nero, mischiato col porporino. Sopraggiunse Tisbe ansiosa
di
raccontare a Piramo lo schivato pericolo Gelò d’o
, e un’altra alla spada, argomentò il mistero dell’avvenuto. Risoluta
di
morire coll’amante, impugnò anch’ella il ferro, s
iera bianchezza (a). (a). Ovid. Metam. l. 4. (20). Ovidio in vece
di
Leuconoe dice Climene (a). (b). l. 9. (21). S
l. 9. (21). Stafilo secondo Apollodoro (b), e Tzetze (c) era figlio
di
Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio di Sile
). Stafilo secondo Apollodoro (b), e Tzetze (c) era figlio di Bacco e
di
Arianna. Altri lo fanno figlio di Sileno o di Sil
e Tzetze (c) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio
di
Sileno o di Sileto. Fu il primo, che insegnò a me
) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio di Sileno o
di
Sileto. Fu il primo, che insegnò a mescolare l’àc
a col vino (d). (22). Narce nacque da una giovine della Bassa Elidé,
di
nome Fiscoa. Fece guerra a’ suoi vicini, si rende
i, si rendette molto potente, e alzò un tempio in Elide sotto il nome
di
Minerva Narcea. Egli il primo instituì in questa
in questa contrada della Grecia sacrifizj a Bacco, e compose in onore
di
sua madre un Coro di Musici, che fu per lungo tem
lla Grecia sacrifizj a Bacco, e compose in onore di sua madre un Coro
di
Musici, che fu per lungo tempo denominato il Coro
ua madre un Coro di Musici, che fu per lungo tempo denominato il Coro
di
Fiscoa (e). (c). Pitisc. (a). Pitisc. (b).
ropos. 4. (23). Pausania scrive d’aver veduto in Arcadia una statua
di
Bacco, sul di cui tirso eravi un’aquila (f). Il M
3). Pausania scrive d’aver veduto in Arcadia una statua di Bacco, sul
di
cui tirso eravi un’aquila (f). Il Meursio osserva
uale da prima erasi considerato Bacco, forse perchè il volo altissimo
di
quello esprimeva la loro sublime natura (g). (f)
m. Iliad. l. 1. (1). L’Esperidi, così denominate da Espero, fratello
di
Atlante, e loro padre, erano tre, Egle, Aretusa,
iodo le vuol nate dalla Notte (c). Elleno possedevano numeroso gregge
di
pecore, dette auree per la loro somma bellezza (d
te auree per la loro somma bellezza (d) ; ovvero perchè erano coperte
di
purpurea lana (e). Comunemente però dicesi, che l
nio lo fa nascere da Tifone e da Echidna (i) ; Esiodo lo vuole figlio
di
Ceto e di Forci (l) ; e Pisandro, citato dallo Sc
nascere da Tifone e da Echidna (i) ; Esiodo lo vuole figlio di Ceto e
di
Forci (l) ; e Pisandro, citato dallo Scoliaste d’
l. Gyrald. Syntagm. 15. (3). Inaco spedì Lirco, suo nipote e figlio
di
Fo’ roneo, affinchè cercasse d’ Io. Il giovane, n
inchè cercasse d’ Io. Il giovane, non avendo potuto trovarla, non osò
di
ritornarsene al suo paese, e si ritirò appresso i
sposò Menfi, figlia del Nilo, e fabbricò una città, cui diede il nome
di
sua moglie. Ebbe una figlia, detta Libia, che Net
. Ebbe una figlia, detta Libia, che Nettuno rendette madre d’Egitto e
di
Danao (d). (d). Calep. Sept. Ling. (7). Servi
). (d). Calep. Sept. Ling. (7). Servio chiama le Pretidi col nome
di
Lisippe, Ipponoe, e Cirianassa (e). Altri ne nomi
ro si chiamava Anzia (g), e secondo altri Stenobea (h). (9). Il nome
di
Melampode significa dal piede nero ; e fu così ap
di Melampode significa dal piede nero ; e fu così appellato il figlio
di
Amitaone, perchè avendolo la di lui ma re esposto
nero ; e fu così appellato il figlio di Amitaone, perchè avendolo la
di
lui ma re esposto col corpo tutto coperto fuorchè
tta malattia tutte le donne d’Argo, le quali erano divenute per causa
di
quella sì furibonde, che non potendo starsene nel
ne nelle loro case, correvano quà e là per le campagne. Anasagora, re
di
quella città, per ricompensare Melampode di sì ri
e campagne. Anasagora, re di quella città, per ricompensare Melampode
di
sì rilevante scivigio, divise seco lui il regno (
tra’ Semidei, ed ebbe tempj, Feste, e sacrifizj (f). Lasciò un figlio
di
nome Teodamante o Teodamante, il quale riuscì vat
a Biante dicesi, ch’egli divenne amante della bellissima Pero, figlia
di
Cloride e di Neleo, re di Pilo. Ma il di lei padr
si, ch’egli divenne amante della bellissima Pero, figlia di Cloride e
di
Neleo, re di Pilo. Ma il di lei padre non voleva
ivenne amante della bellissima Pero, figlia di Cloride e di Neleo, re
di
Pilo. Ma il di lei padre non voleva darla in ispo
ella bellissima Pero, figlia di Cloride e di Neleo, re di Pilo. Ma il
di
lei padre non voleva darla in isposa, se non a co
darla in isposa, se non a colui, che gli avesse condotto dalla città
di
Filaca i buoi d’Ercole, contro di cui egli nuttiv
che gli avesse condotto dalla città di Filaca i buoi d’Ercole, contro
di
cui egli nuttiva irreconciliabile odio. Biante co
ntro di cui egli nuttiva irreconciliabile odio. Biante coll’ajuto del
di
lui fratello, Melampode, vi riuscì nell’impresa,
(12). La favola d’Iti non è dissimile dalla seguente. Tereo, figlio
di
Marte, e re de’ Traci, ebbe in moglie Progne, per
re de’ Traci, ebbe in moglie Progne, perchè avea prestato soccorso al
di
lei padre, Pandione II, re d’Atene, e aveagli fat
ani. Progne, essendone stata trasferita nella Tracia, pregò il marito
di
lasciarla andare a rivedere Filomela, sua cara so
ito di lasciarla andare a rivedere Filomela, sua cara sorella, oppure
di
recarvisi egli medesimo per condurla appresso di
cara sorella, oppure di recarvisi egli medesimo per condurla appresso
di
lei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gl
gli medesimo per condurla appresso di lei. Andò il marito alla Reggia
di
Pandione, e gli espose il motivo di sua venuta. I
i lei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gli espose il motivo
di
sua venuta. Il re non v’aderì che con somma ripug
per accadere alla sua figliuola. Nè s’ingannò : il perfido Tereo, che
di
Filomela erasi oltremodo invaghito, giunto alle s
sguainò la spada, e le recise la lingua, ond’ella non manifestasse il
di
lui iniquo attentato. Lasciò poi la misera in que
uno, a cui potesse manifestare i casi suoi. Formò finalmente una tela
di
bianco velo, ed intersecatevi altre fila di color
Formò finalmente una tela di bianco velo, ed intersecatevi altre fila
di
color porporino, con queste descrisse l’atrocità
il lavoro, lo consegnò ad una delle custodi della prigione, e per via
di
moti la pregò di recarlo secretamente alla Sovran
segnò ad una delle custodi della prigione, e per via di moti la pregò
di
recarlo secretamente alla Sovrana. Progne, veduta
na. Progne, veduta la tela, vi rilevò la serie dolente delle sciagure
di
Filomela ; e altamente sdegnatasi, non pensò tost
nsò tosto che alla vendetta. Correvano i giorni, ne’ quali le Matrone
di
quella città celebravano le Orgie di Bacco. Uscit
o i giorni, ne’ quali le Matrone di quella città celebravano le Orgie
di
Bacco. Uscita allora di casa la Regina, corse fur
Matrone di quella città celebravano le Orgie di Bacco. Uscita allora
di
casa la Regina, corse furiosa con varie Sacerdote
Uscita allora di casa la Regina, corse furiosa con varie Sacerdotesse
di
quel Nume ; e arrivata al luogo, ove Filomela lan
su’ carboni. Progne chiamò poscia a mensa privata il marito, fingendo
di
voler celebrare un sacrifizio, com’era l’uso d’At
l’uso d’Atene nel tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, nè seppe
di
mangiare le sue carni in quelle del figlio. Non a
mangiare le sue carni in quelle del figlio. Non avea per anco finito
di
cibarsene, che ricercò del suo Iti per divertirsi
spada inseguì le barbare infanticide. Vano però gli riusci il disegno
di
trucidarle, poichè amendue coperte di penne, e tr
Vano però gli riusci il disegno di trucidarle, poichè amendue coperte
di
penne, e tramutate Filomela in Usignuolo, e Progn
tate Filomela in Usignuolo, e Progne in Rondine, sparvero dagli occhi
di
lui. Tereo anch’egli, perdute le umane sembianze,
chi di lui. Tereo anch’egli, perdute le umane sembianze, vestì quelle
di
Upupa, uccello di tristo augurio, e persecutore d
anch’egli, perdute le umane sembianze, vestì quelle di Upupa, uccello
di
tristo augurio, e persecutore degli Usignuoli e d
ecutore degli Usignuoli e delle Rondini. Giunto a Pandione l’annunzio
di
sì dolorose tragedie, se ne morì di dolore (a).
ini. Giunto a Pandione l’annunzio di sì dolorose tragedie, se ne morì
di
dolore (a). (b). l. 1. (c). Virg. Aeneid. l.
tutte le azioni della vita campestre (b). Variano gli Scrittori sulla
di
lui nascita. Erodoto lo fa nascere in Arcadia all
che molte Ninfe : d’Arcadia, e spezialmente Sinoe, presero cura della
di
lui infanzia : lo che gli acquistò il nome di Sin
noe, presero cura della di lui infanzia : lo che gli acquistò il nome
di
Sinoide. Sotto questo titolo egli ebbe una statua
itolo egli ebbe una statua in Megalopoli, città d’Arcadia, nel tempio
di
Giove Liceo (m). Omero soggiunge, che la di lui n
ttà d’Arcadia, nel tempio di Giove Liceo (m). Omero soggiunge, che la
di
lui nutrice, al vederlo, rimase talmente spaventa
l naso (a), colla barba, con due corna d’irco alla testa, e co’ piedi
di
capra (b), pe’ quali fu soprannominato Egipane (c
’ quali fu soprannominato Egipane (c). Luciano gli dà inoltre la coda
di
capra (d). Spesso egli teneva il bastone pastoral
pastorale e la sampogna (e). Questo stromento musicale prese il nome
di
Siringa da una Ninfa d’Arcadia, figlia del fiume
di Siringa da una Ninfa d’Arcadia, figlia del fiume Ladone. Era colei
di
avvenenza e leggiadria singolare. Ella non amava
nza e leggiadria singolare. Ella non amava che gl’innocenti trastulli
di
Diana, e imitavala nell’avversione agli amori, e
ala nell’avversione agli amori, e nell’esercizio della caccia. Accesi
di
lei erano i Fauni, e i Satiri, ma più d’ogni altr
deluso, ruppe con dispetto la canna, e legate insieme varie porzioni
di
quella, ineguali fra di esse, ne formò l’anzidett
tto la canna, e legate insieme varie porzioni di quella, ineguali fra
di
esse, ne formò l’anzidetto stromento, e lo appell
tto stromento, e lo appellò Siringa (f). A Pane si dà pure una corona
di
pino (g) in memoria della Ninfa Piti ; da lui par
da lui parimenti amata, e poi cangiata in quell’albero, quando Borea,
di
lui rivale, fu trasportato da sì grande gelosia,
, fu trasportato da sì grande gelosia, che la precipitò dalla sommità
di
una rupe. Quindi si credette, che il liquore, il
perdita dell’accennata Ninfa (a). Pane soleva empiere gli agricoltori
di
sì grande spavento, che molti di quelli morivano.
Pane soleva empiere gli agricoltori di sì grande spavento, che molti
di
quelli morivano. Per tal motivo tutto ciò, che ad
ialmente in Tegea, città dell’Arcadia, donde gli derivò il soprannome
di
Tegeeo (c). A lui parimenti erano sacri i monti,
e da Remo, per aver essi ottenuto dal loro Avo, Numitore, la facoltà
di
fabbricare la città di Roma sul monte Palatino V’
si ottenuto dal loro Avo, Numitore, la facoltà di fabbricare la città
di
Roma sul monte Palatino V’è finalmente chi asseri
scherzando gli uni cogli altri (b). S’introdusse poi anche il costume
di
spogliarsi delle vesti per ricordare, che Remo e
icuperarono il loro gregge (c). Vuolsi, che Romolo offerisse al tempo
di
tali Solennità anche un sacrifizio di cani, come
, che Romolo offerisse al tempo di tali Solennità anche un sacrifizio
di
cani, come animali grati al Dio Pane, perchè sogl
, detti i Quintiliani e i Fabiani, in memoria d’un certo Quintilio, e
di
un cetto Fabio, che n’erano stati i capi (e) ; e
n cetto Fabio, che n’erano stati i capi (e) ; e che Giulio Cesare, al
di
cui tempo le anzidette Feste non erano più in uso
dole rinovate, v’abbia anche aggiunto un terzo Collegio, che dal nome
di
lui fu appellato Giuliano (a). (h). Tit. Liv. l
u appellato Giuliano (a). (h). Tit. Liv. l. 1. (17). Sotto il nome
di
Lucina alcuni riconoscono Diana (b). I Greci poi
i le donne vicine a partorire consecravano delle aste, e promettevano
di
sacrificare delle giovenche, qualora avessero pot
Giunone medesima (f). Ilitia avea in Roma un tempio, dove per comando
di
Servio Tullio, sesto de’ re Romani, portavasi una
Servio Tullio, sesto de’ re Romani, portavasi una moneta alla nascita
di
ciascuno. Erasi stabilito questo uso per avere il
h), o come segno del loro scambievole amore, ovvero affinchè in forza
di
tal pegno vieppiù i loro cuori si unissero insiem
i unissero insieme (i). Plinio dice, che al suo tempo tale anello era
di
ferro, e senza gemma (l). Le nozze si celebravano
giorni, nel primo de’ quali lo sposo andava a trovare la sposa nella
di
lei casa paterna ; ivi nel dì seguente pernottava
eva la sposa dalla casa del padre alla sua. La sposa allora vestivasi
di
lunga e nuova tonaca, e ornavasi il capo di fiori
La sposa allora vestivasi di lunga e nuova tonaca, e ornavasi il capo
di
fiori, o d’erbe odorifere, ch’ella stessa doveva
parenti, chiamati da’ Greci Paraninfi, e Pronubi da’ Romani (c). Due
di
tali giovani in Roma conducevano per mano la spos
dopo d’averla estinta, non la nascondesse, o il marito non terminasse
di
abbruciarla in qualche sepolcro : lo che si risgu
tra (d). Giunti alla porta della casa del marito, la quale era ornata
di
rose, mirti, e allori, l’uno e l’altro degli spos
con quell’acqua soleano anche lavarsi i piedi. Finalmente certe donne
di
sperimentata pudicizia chiudevano la stanza degli
hiudevano la stanza degli Sposi, ed altre vergini amiche, standone al
di
fuori, cantavano un tessuto di certi versi, chiam
, ed altre vergini amiche, standone al di fuori, cantavano un tessuto
di
certi versi, chiamato Epitalamio, coa cui desider
thol. (19). L’Ecatombe, quantunque propriamente fosse un sacrifizio
di
cento buoi, tuttavia prendesi anche pel sacrifizi
e un sacrifizio di cento buoi, tuttavia prendesi anche pel sacrifizio
di
molti animali di qualsisia genere. Quindi altri d
i cento buoi, tuttavia prendesi anche pel sacrifizio di molti animali
di
qualsisia genere. Quindi altri derivarono il nome
di molti animali di qualsisia genere. Quindi altri derivarono il nome
di
Ecatombe da’ cento piedi di venticinque animali,
a genere. Quindi altri derivarono il nome di Ecatombe da’ cento piedi
di
venticinque animali, i quali solamente si sacrifi
imali, i quali solamente si sacrificavano. Altri vollero, che il nome
di
Ecatombe abbia tratta la sua origine dal numero s
Ecatombe abbia tratta la sua origine dal numero sì delle vittime, che
di
quelli, i quali intervenivano al sacrifizio (a).
ntro in cima del monte Citerone, è fama, che ispirassero gli abitanti
di
que’ dintorni (b), i quali però furono chiamati N
nnero appellate Sfragididi (d). Gli Ateniesi per comando dell’Oracolo
di
Delfo offerivano loro ogni anno un sacrifizio, pe
n sacrifizio, perchè eglino aveano perduta poca gente nella battaglia
di
Platea (e). (e). Nat. Com. Mythol. l. 7. (f).
h. l. 15. (b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (22). Sotto il nome
di
Feronia alcuni riconoscono una Dea de’ boschi (g)
li, ch’erano per accadere (g). Le Dee Carmenti predicevano il destino
di
ognuno che nasceva (h). Vagitano, o Vaticano pres
crificava un cane (p). Pavenzia allontanava da’ fanciulli gli oggetti
di
timore e di spavento (q). Gli Dei Epidoti presied
cane (p). Pavenzia allontanava da’ fanciulli gli oggetti di timore e
di
spavento (q). Gli Dei Epidoti presiedevano al lor
a il bambino intorno il fuoco dell’altare, e gettavasi dell’acqua sul
di
lui corpo (a). Educa, o Edulica (b), o Edusa atte
, verso Cidippe, loro madre. Costei dovea recarsi al predetto tempio,
di
cui n’era la sacerdotessa. Non avendo essa buoi,
ere. Que’ d’Argo alzarono delle statue a Bitone e a Cleobi nel tempio
di
Delfo (f). (25). Criseide, sacerdotessa di Giuno
one e a Cleobi nel tempio di Delfo (f). (25). Criseide, sacerdotessa
di
Giunone, per negligenza lasciò ardere il tempio d
stessa poscia si rifugiò in Tegea, città d’Arcadia, appresso l’altare
di
Minerva Alea. Gli Argivi, rifabbricato quel tempi
’Iride il preparare il letto a Giunone (a) ; il purificarla con acque
di
celeste rugiada, quando ritornava dall’Inferno (b
crine, detto fatale, perchè, tagliato quello, elleno tosto cessavano
di
esistere (c) Valerio Flacco poi fa, che Itide fos
istere (c) Valerio Flacco poi fa, che Itide fosse ambasciatrice anche
di
Giove (d). (c). Aeneid. l. 1. (d). Hom. Ilia
55. (1). L’Inferno secondo i Poeti è il luogo destinato al soggiorno
di
tutte le anime. Dal che s’inferisce, che l’uomo a
ia immortalità, e fu persuaso ; che la sua anima neppure allora cessa
di
esistere ; quando si separa dal corpo(a). (b).
pure gli vengono date(f). La coda del medesimo terminava colla testa
di
serpente. Egli stava legato con catena parimenti
inava colla testa di serpente. Egli stava legato con catena parimenti
di
serpenti in una spelonca dinanzi all’ Inferno, e
n altissimi e molto orrendi latrati spaventasse qualli, che cantavano
di
uscirne(g) : Esiodo anzi dioe, che li divorava(h)
ed educata dalla Notte(a). E perchè essa è veramente il sonno eterno,
di
cui quello de’viventi n’ è l’immagine ; però sogg
Questa Dea rappresentasi con due faccie, con bianca barba, e in atto
di
dormire. Vicina ad essa v’ è una falce, un ragno,
atto di dormire. Vicina ad essa v’ è una falce, un ragno, e quantità
di
ricchezze. Le due faccie significano, che la Mort
o assai più sopra i vecchi, che sopra i giovani. Sca sdrajata in atto
di
dormire, per indicare ch’ ella ci reca eterno dop
onno è il figliuolo dell’ Erebo e della Notte(a). Gli danno la figura
di
fanciullo, che coricato sea dormendo in profonda
’Italici Cimmerj(b). Omero colloca il soggiorno del Sonno nell’ Isola
di
Lenno ; e soggiunge, che il Sonno si trasformò ne
Cimindide dagli uomini, e Calcide dagli Dei, allorchè alle preghiere
di
Giunone egli addormentò sul monte Ida Giove, che
I primi, dice Omero, escono dalla mentovata porta dell’ Inferno, ch’è
di
corno, e i secondi da quella d’avorio(f). Sì gli
io(f). Sì gli uni, che gli altri, soggiunge Ovidio, sogliono vestirsi
di
tante varie forme, quante spighe ha una messe, fr
lto giudice tra Minerva, Nettuno, e Vulcano, i quali contendevano chi
di
loro avesse prodotto il miglior lavoro, trovò mot
tendevano chi di loro avesse prodotto il miglior lavoro, trovò motivo
di
motteggiare ciascuno di quelli(h). Minerva avea f
esse prodotto il miglior lavoro, trovò motivo di motteggiare ciascuno
di
quelli(h). Minerva avea formata una bellissima ca
i si fosse trovato appresso della stessa un cattivo vicino(a). Tacciò
di
difetto l’eccellente toro, fatto da Nettuno, perc
le spalle per vibrare dei colpi più forti(c). Rìputò finalmente degno
di
riprensione Vulcano, perchè questi al cuore dell’
ente degno di riprensione Vulcano, perchè questi al cuore dell’ uomo,
di
cui n’era stato l’artefice, non avea aperto un pi
otuto scorgere i più segreti pensìcri(d). Morfeo poi possedeva l’arte
di
contraffare l’andatura, il volto, l’atteggiamento
ngiavasi in fiume, in bosco, in rupe, e in altre infinite cose, prive
di
senso(g). Fobecore fu così denominato dal terrore
vaso nell’ altra(l). I Sogni ebbero una Statua in Sicione nel tempio
di
Ercole, a lato di quella del Sonno(a). Nè quì è f
l). I Sogni ebbero una Statua in Sicione nel tempio di Ercole, a lato
di
quella del Sonno(a). Nè quì è fuor di proposito i
ne nel tempio di Ercole, a lato di quella del Sonno(a). Nè quì è fuor
di
proposito il notare altresì, che gli abitanti di
no(a). Nè quì è fuor di proposito il notare altresì, che gli abitanti
di
Delo, e altri popoli della Grecia veneravano Briz
e la Dea de’ sogni, per mezzo de’ quali dava i suoi oracoli. Le donne
di
quella città offerivano a questa Deità delle picc
tà offerivano a questa Deità delle piccole barche, piene d’ogni sorta
di
ottime cose, fuorchè di pesci, per ottenere quals
eità delle piccole barche, piene d’ogni sorta di ottime cose, fuorchè
di
pesci, per ottenere qualsivoglia felicità, e spez
della Notte(d) ; Licofrone dice della sola Notte(e) ; Orfeo pretende
di
Plutone e di Proserpina(f). Esiodo poi le fa nasc
d) ; Licofrone dice della sola Notte(e) ; Orfeo pretende di Plutone e
di
Proserpina(f). Esiodo poi le fa nascere dalla Ter
di Proserpina(f). Esiodo poi le fa nascere dalla Terra, e dal sangue
di
Saturno(g) ; Sofocle dalla Terra e dalle Tenebre(
erano Tisifone, Megera, e Aletto(l). Sofocle ne introduce una quarta,
di
nome Lissa, ossia rabbia (m). Le Furie furono sem
chi scintillanti, con vesti nere e insanguinate, con capelli annodati
di
vipere, con fiaccole accese in una mano, e con un
vipere, con fiaccole accese in una mano, e con una ferza, sparsa pure
di
serpenti, nell’ altra(b). Quantunque fossero ines
nell’ altra(b). Quantunque fossero inesorabili, tuttavia si procurava
di
placarle con sacrifizj e preghiere. Quindi dopoch
acarle con sacrifizj e preghiere. Quindi dopochè Oreste per consiglio
di
Minerva lo fece, come più diffusamente vedremo, f
Minerva lo fece, come più diffusamente vedremo, fu loro dato il nome
di
Eumenidi, ossia benefiche (c), e venne ad esse da
e venne ad esse dallo stesso Oreste eretto un tempio sotto il titolo
di
Dee Candide, perchè gli comparvero coperte di bia
tempio sotto il titolo di Dee Candide, perchè gli comparvero coperte
di
bianche vesti(d). Alcuni però vogliono, che sieno
l’ Epiro(a) ; Aristofane le appella Cani del Cocito, e Apollonio Cani
di
Giove. Elleno finalmente si chiamarono le Dee ris
rispetto, che si aveva per loro, era sì grande, che quasi non osavasi
di
proferirne neppure il nome. Era un’ empietà l’ent
nel Peloponneso, avevano un tempio sì fatale a chiunque trovavasi reo
di
qualche delitto, ch’egli, tostochè v’ entrava, ve
). I Sicionj sacrificavano ad esse pecore pregne, e offerivano corone
di
Narcisso(e). Era pur celebre il culto, che loro r
Era pur celebre il culto, che loro rendevasi nell’ Arcadia. In tempo
di
notte, e in luogo sotterraneo vi s’ immolavano ne
mmolavano nere pecore, e osservavasi un tispettoso silenzio nel tempo
di
que’ sacrifizj, a quali non potevano assistere ch
acerdoti. Il fuoco, che vi s’impiegava, doveva essere fatto con legne
di
cedro. Non era permesso che il canto melanconico,
delle Furie, nè si usavano stromenti. Si facevano solamente libazioni
di
mele, latte, e acqua. Nella Grecia altresì ebbero
pj, i quali erano altrettanti asili Gli Areopagiti tenevano le Statue
di
queste Dee presso il loro tribunale, e ; Sacerdot
unale, doveva prima sacrificare alle Furie, e giurare sul loro altare
di
dire la verità(f). In Atene si celebravano certe
si celebravano certe Feste, dette dal nome loro Eumenidee. Nel tempo
di
quelle si sacrificavano parimenti pecore pregne,
rificavano parimenti pecore pregne, e si offerivano focecce, composte
di
mele e vino. I soli cittadini di somma integrità
e, e si offerivano focecce, composte di mele e vino. I soli cittadini
di
somma integrità potevano assistervi(a). Le Furie
tervi(a). Le Furie ebbero un tempio anche nella decima quarta Regione
di
Roma al di là del Tevere. (6). Le Arpie erano uc
e Furie ebbero un tempio anche nella decima quarta Regione di Roma al
di
là del Tevere. (6). Le Arpie erano uccelli rapac
; Asclepiade Ocitoe ; ed Acheo Ocipode(c). Omero dà a Celeno il nome
di
Podarge(d). Esiodo non fa menzione, che delle due
e da Elettra, figlia d’Oceano(e). Altri asserirono, ch’ erano figlie
di
Nettuno e della Terra(f). Avevano il volto di gio
irono, ch’ erano figlie di Nettuno e della Terra(f). Avevano il volto
di
giovine pallida per la fame(g), le orecchie simil
omigliante a quello degli avotoi, le ali a’ fianchi, e le mani armate
di
artigli(h). Divoravano tutte le vivande, e infett
. Altri dicono da Tifone e da Chedria(m). Essa era un mostro composto
di
una strana mescolanza di tre sorta d’ animali, pe
e da Chedria(m). Essa era un mostro composto di una strana mescolanza
di
tre sorta d’ animali, per cui fu soprannominata T
cui fu soprannominata Trisomato(n), ossia Triforme (o). Avea la testa
di
leone, il corpo di capra, e la coda di dragone. M
ta Trisomato(n), ossia Triforme (o). Avea la testa di leone, il corpo
di
capra, e la coda di dragone. Mandava dalla bocca
ia Triforme (o). Avea la testa di leone, il corpo di capra, e la coda
di
dragone. Mandava dalla bocca e dalle narici torre
ra, e la coda di dragone. Mandava dalla bocca e dalle narici torrenti
di
fuoco(a). Ipponomo, figlio di Glauco, re di Corin
ava dalla bocca e dalle narici torrenti di fuoco(a). Ipponomo, figlio
di
Glauco, re di Corinto nell’ Acaja, accidentalment
a e dalle narici torrenti di fuoco(a). Ipponomo, figlio di Glauco, re
di
Corinto nell’ Acaja, accidentalmente uccise il su
mato da altri Alcimeno, o Deliade, o Pirene, o Alcimene(b). Per causa
di
tale uccisione quegli fu soprannominato Bellerofo
le uccisione quegli fu soprannominato Bellerofonte(c), ossia uccisore
di
Bellero ; e fu costretto a ritirarsi appresso Pre
i appresso Preto, figlio d’Abante, re degli Argivi. Quivi fu accusato
di
falso delitto appresso lo stesso Preto da Stenobe
o di falso delitto appresso lo stesso Preto da Stenobea, o Antea,(d),
di
lui moglie. Preto, che non voleva imbrattarsi le
va imbrattarsi le mani nel sangue dell’ ospite, lo spedì a Jobate, re
di
Licia, onde lo facesse perire. Neppur quegli voll
te, re di Licia, onde lo facesse perire. Neppur quegli volle privarlo
di
vita, ma lo mandò invece a combattere la Chimera.
ostro, e dopo lungo contrasto lo uccise(e). Jobate allora gli commise
di
guerreggiare contro i Solimi con poco presidio, s
altri pericolosi cimenti sempre vi riuscì vincitore. Ammirò il re il
di
lui valore, gli diede la sua figliuola, Filonoe(f
rimonio, e una parte del suo regno(g). Dicesi, che l’anzidetta moglie
di
Preto, udite tutte queste cose, siasi data la mor
i data la morte(h). Bellerofonte poi voleva anche ascendere col mezzo
di
Pegaso perfino in Cielo ; ma Giove, per reprimere
. Ippoloco salì al paterno soglio. Laodamia fu da Giove renduta madre
di
Sarpedone, re di Licia(b). Essa amava la caccia,
l paterno soglio. Laodamia fu da Giove renduta madre di Sarpedone, re
di
Licia(b). Essa amava la caccia, e ne divenne sì o
Essa amava la caccia, e ne divenne sì orgogliosa, che Diana la privò
di
vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude di Lerna
liosa, che Diana la privò di vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude
di
Lerna, la quale trovavasi nel Territorio d’Argo,
impossible il troncarle tutte in un solo colpo. Il veleno finalmente
di
quest’ Idra era sì fatale, che una freccia, tinta
Steno, Euriale, e Medusa. Quest’ultima era mortale(h). Aveano le mani
di
bronzo, il capo pieno di serpenti, le ali di colo
Quest’ultima era mortale(h). Aveano le mani di bronzo, il capo pieno
di
serpenti, le ali di color d’oro all spalle, i den
rtale(h). Aveano le mani di bronzo, il capo pieno di serpenti, le ali
di
color d’oro all spalle, i denti lunghissimi, e il
li di color d’oro all spalle, i denti lunghissimi, e il corpo coperto
di
squame (a). Con una sola orchiata davano li morte
oprannominarono anche Gree, ossia canute, perchè nacquero co’ capelli
di
tal fatta. In tutte due non aveano che un occhio
la loro genealogia. Esiodo ora le nomina figlie della Notte(h), e ora
di
Giove e di Temi(i). Igino soggiunse che trassero
ealogia. Esiodo ora le nomina figlie della Notte(h), e ora di Giove e
di
Temi(i). Igino soggiunse che trassero origine dal
reci. Anche Sparta ne avea loro eretto uno. Non altrimenti fecero que
di
Sicione in un bosco sacro(c). (11). Gli Dei Mani
alla custodia de’ cadaveri, ch’eranvi rinchiusi(d). Sotto il nome poi
di
Mani si riconoscevano anche le ombre de’ morti(e)
rito ; 3. l’anima corporea e sensibile, vale a dire un corpo sottile,
di
cui n’era rivestito lo spirito, e che avea la fig
si dicevano Larve, Lemuri, Empuse, e Spettri(f). Nell’ incertezza poi
di
sapere quali anime appartenessero alla prima spez
spezie, e quali all’ altra, esse si denominavano colla voce generale
di
Mani(g). A proposito degli Spettri narrasi, chè c
oce generale di Mani(g). A proposito degli Spettri narrasi, chè certi
di
questi comparvero nell’aria a difendere Roma, qua
tornarsene indietro(a). I Mani si venerarono talvolta sotto la figura
di
serpenti. Silio Italico racconta, che essendo usc
. Silio Italico racconta, che essendo uscito un serpente dal sepolcro
di
Murro, e andato al mare, i Saguntini credettero,
ali per timore che rinscissero sciagurati, nè si aprivano che i tempj
di
Plutone e degli altri Numi Infernali(d). In quell
amavano Remurie, perchè le avea introdotte Romolo per placare l’ombra
di
suo fratello, Remo. In tali Feste si occupavano a
edire, che v’entrassero. Eccone le ceremonie : per tre notti il padre
di
famiglia si alzava dal letto, e recavasi ad una f
asi ad una fontana a piedi ignudi e in silenzio, facendo solo un poco
di
urepito colle dita. Dopochè si era lavato in quel
pochè si era lavato in quelle acque, ritornava in dietro, gettando al
di
sopra della sua testa delle fave nere, delle qual
e fave senza essere veduta. Prendeva poi dell’ acqua, batteva un vaso
di
bronzo, e nove volte pregava l’ombra ad uscire da
. (12). L’Acheronte, dicono alcuni, nacque da Cerere senza padre. La
di
lui madre, temendo i Titani, i quali tentavano di
ere senza padre. La di lui madre, temendo i Titani, i quali tentavano
di
sterminare i di lei figliuogli, lo partorì in un’
La di lui madre, temendo i Titani, i quali tentavano di sterminare i
di
lei figliuogli, lo partorì in un’oscura spelonca
o di sterminare i di lei figliuogli, lo partorì in un’oscura spelonca
di
Creta, e poi lo trasportò nell’ Inferno, dov’ egl
fiume amarissimo(b). Altri pretendono, che il medesimo sia figliuolo
di
Titano e della Terra, e che da Giove, perchè diss
al Cielo, sia stato assogettato al predetto cangiamento(c). Le acque
di
questo fiume entrano nella palude Acherusia(d). A
cento anni lungo quelle sponde, agitati sempre da violento desiderio
di
aver riposo negli Elisj. Quindi i Gentili fra i d
o desiderio di aver riposo negli Elisj. Quindi i Gentili fra i doveri
di
Religione osservavano rigorosamente quello di sep
i Gentili fra i doveri di Religione osservavano rigorosamente quello
di
seppellire i morti. A quelli poi, de’ quali non s
Erebo e della Notte, il quale sopra una leggierissima barca, formata
di
scorza d’olmo, trasferiva per l’anzidetto fiume l
ette anime nell’ Inferno(c). Colui non accoglieva mai alçuno appresso
di
se gratuitamente : quindi a chi moriva, si poneva
o, collocato nel mezzo d’una foresta vicina all’antro, ove la Sibilla
di
Cuma dava i suoi Oracoli. Appenachè veniva stacca
a rapire l’anima d’Alceste(a). Caronte finalmente comparisce vecchio,
di
terribile aspetto, con barba bianca, lunga, e rab
o, con barba bianca, lunga, e rabbuffata, con occhi incavati, coperto
di
lacera veste, e aggruppata sopra una spalla(b).
Stige trasse il suo nome dalla Ninfa Stige, figlia d’Oceano, e moglie
di
Pallante o Pirante(c). Pausania lo fa nascere da
fa al tempo della guerra de’ Giganti contro gli Dei spedì in soccorso
di
questi le sue figliuole, Vittoria, Fortezza, e Va
amente specchiandosi il giovine Narcisso, figlio del fiume Cefisso, e
di
Liriope, bella Ninfa della Beozia. Era stato pred
mavano. Egli però mostravasi insensibile, e nessun oggetto era capace
di
piacergli. Lo vide tendere a’cervi le reti anche
er l’affizione si consunse, che rimase convertita in sasso, nè lasciò
di
se che la voce, di cui pure non potè mai usarne p
onsunse, che rimase convertita in sasso, nè lasciò di se che la voce,
di
cui pure non potè mai usarne per parlare ella la
rui. Narcisso poi fu da Venere punito. Eravi in que’ luoghi una fonte
di
limpida acqua. Quì si fermò il giovine stanco dal
ch’egli era, vi si accostò per dissetarsi. Vide, bevendo, l’immagine
di
se stesso, che lo innamorò ; e figurandosela un c
s’accorse, che vaneggiava in un’ombra. A tal segno crebbe il delirio
di
lui, che finalmente sul fiore più fresco degli an
ato all’ Eumenidi(c). Plutarco dice, che un’avventura simile a quella
di
Narcisso accadde anche ad un certo Eutelida. Ques
la prima volta, che si mirò in una fontana, talmente restò invaghito
di
se medesimo, che morì di dolore(d). Finalmente co
irò in una fontana, talmente restò invaghito di se medesimo, che morì
di
dolore(d). Finalmente colle due anzidette Favole
. Finalmente colle due anzidette Favole ha qualche somiglianza quella
di
Acco. Costei, Greca di nazione, parlava e trattav
anzidette Favole ha qualche somiglianza quella di Acco. Costei, Greca
di
nazione, parlava e trattava colla sua immagine ne
onna. A tale pazzia poi ella ve ne aggiungeva varie altre. Pretendeva
di
conficcare chiodi con una spugna, e soleva ricusa
re ciò, che grandemente bramava(a). (14). Il Cocito era un fiume, le
di
cui acque si scaricavano nell’ Acheronte(b). Ques
fiume, le di cui acque si scaricavano nell’ Acheronte(b). Questo nome
di
Cocito significa gemito, pianto ; e però fu immag
e trassero il loro nome le Feste Cocizie, che si celebravano in onore
di
Proserpina(d). (15). Lete è voce greca, e vuol d
Inferno, perchè si fiuse, che le acque dello stesso avessero la virtù
di
togliere a chi le bevea, la ricordanza del passat
rdanza del passato(e). Tale immaginazione derivò dal favoloso sistema
di
alcuni Filosofi, detto la Metempsicosi, secondo i
delle anime da uno in un altro corpo succeda dopo un determinato giro
di
anni ; laddove la seconda non vi frammette interv
alcuno(a). Il fiume Lete bagna il prato, detto Asfodelo(b) dall’ erba
di
questo nome, ch’esso produce. Dicono i Poeti, che
oduce. Dicono i Poeti, che il medesimo trovasi ne’ campi Elisj, e che
di
quell’ erba sogliono ciharsene i Mani(c). (16).
d). (17). L’Averno era un lago vicino all’ ingresso dell’ Inferno, e
di
cui le acque erano nere e puzzolentissime. Fu det
Caligine, e padre della Notte(h). Cicerone però dice, che questa era
di
lui moglie(a). Virgilio parla dell’ Erebo, descri
Tartaro, i più famosi sono Sisifo, figlio d’Eolo ; Salmoneo, principe
di
Elide, e fratello di Sisifo ; Flegia, figlio di M
sono Sisifo, figlio d’Eolo ; Salmoneo, principe di Elide, e fratello
di
Sisifo ; Flegia, figlio di Marte, e re de’ Lapiti
; Salmoneo, principe di Elide, e fratello di Sisifo ; Flegia, figlio
di
Marte, e re de’ Lapiti nella Tessaglia ; Tantalo,
da Giove, e dalla Ninfa Plota, e re della Lidia(e) ; Issione, figlio
di
Flegia(f) ; e le Danaidi, figlie di Danao, re d’A
della Lidia(e) ; Issione, figlio di Flegia(f) ; e le Danaidi, figlie
di
Danao, re d’Argo. Non convengono i Mitologi nel r
ito a cruciare con varj tormenti gli ospiti, che si recavano appresso
di
lui(g). Ferecide vuole, che abbia ritenuto incate
ata nel suo palagio sì lungo tempo la Morte, che Marte alle preghiere
di
Plutone fu obbligato a liberarnela, perchè niuno
pimento d’ Egina, sua figlia, fattosi da Giove, trasformato in fiamma
di
fuoco(h). Altri riferiscono, che Sisifo, essendo
tri riferiscono, che Sisifo, essendo per motire, comandò a sua moglie
di
lasciara insepolto il suo corpo ; ch’egli poi chi
lie di lasciara insepolto il suo corpo ; ch’egli poi chiese a Plutone
di
ritornarsene sulla terra per punire la moglie, la
la quale avea eseguito il comando datole solamente per far prova del
di
lei amore ; che avendo ottenuto il permesso di ve
ente per far prova del di lei amore ; che avendo ottenuto il permesso
di
venire per pochi giorni in questo mondo, non vole
o castigo(a). Questo consistetto nel volgere continuamente un macigno
di
enorma grandezza sino alla sommità di un alto mon
olgere continuamente un macigno di enorma grandezza sino alla sommità
di
un alto monte, donde ricadendo quello pel suo pes
immensa fatica senza potersi mai riposare(b). Salmoneo ebbe l’audacia
di
farsi credere un Nume. A tale oggetto formò un po
bbe l’audacia di farsi credere un Nume. A tale oggetto formò un ponte
di
bronzo, che attraversava gran parte della sua cit
un carro, che produceva uno strepito simile a quello del tuono ; e da
di
là lanciava fiaccole accese a guisa di fulmine. G
mile a quello del tuono ; e da di là lanciava fiaccole accese a guisa
di
fulmine. Giove lo colpì col vero fulmine, e lo pr
non fu Salmoneo solo quegli, che cadde in sì folle orgoglio. Leggesi
di
un certo Annon Cartaginese, che coltivando anch’e
o finalmente, re della Tracia, e figlio del fiume Strimone, e Rodope,
di
lui moglie, vollero l’uno essere riconosciuto sot
odope, di lui moglie, vollero l’uno essere riconosciuto sotto il nome
di
Giove, e l’altra setto quello di Giunone. Il Padr
no essere riconosciuto sotto il nome di Giove, e l’altra setto quello
di
Giunone. Il Padre poi de’ Numi li cangiò in due m
scuna delle quali conservò il loro nome(b). Flegia incendiò il tempio
di
Apollo, perchè questo Nume rendette la di lui fig
. Flegia incendiò il tempio di Apollo, perchè questo Nume rendette la
di
lui figliuola, Coconide, madre d’Esculapio. Il Nu
rtaro ad essere continuamente agitato dal timore, che precipiti sopra
di
se un gran sasso, il quale sovrasta al suo capo(c
). I Mitografi neppure vanno d’accordo nell’ esporre le scelleraggini
di
Tantalo. Alcuni narrano, ch’egli, e non Sisifo, f
priato un cane, affidatogli da Giove, affinchè con esso custodisse il
di
lui tempio nell’ Isola di Creta(g). La maggior pa
i da Giove, affinchè con esso custodisse il di lui tempio nell’ Isola
di
Creta(g). La maggior parte poi dice, che Tantalo,
ngiarne la spalla destra ; e che gli altri Numi, conosciuta l’empietà
di
Tantalo, lo condannarono nell’ Inferno a provare
ondannarono nell’ Inferno a provare fame e sete rabbiosissima a vista
di
un albero pieno di frutta, che gli pendeva sul ca
nferno a provare fame e sete rabbiosissima a vista di un albero pieno
di
frutta, che gli pendeva sul capo, e di una sorgen
ima a vista di un albero pieno di frutta, che gli pendeva sul capo, e
di
una sorgente d’acqua, che gli toccava le labbra(a
cava le labbra(a). Cicerone vuole, che sovrastasse una gran pietra al
di
lui capo, e che questo ne venisse percosso, ogni
o, e che questo ne venisse percosso, ogni qual volta che egli tentava
di
assaggiare quelle acque(b). Riguardo poi a Pelope
luogo della spalla, mangiata da Cerere, gliene sostituirono un’altra
di
candidissimo avorio(c). Pindaro però non vuole, c
nej dì del predetto convito Nettuno lo abbia rapito onde gli servisse
di
coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pandareo, abitan
e gli servisse di coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pandareo, abitante
di
Mileto, era stato complice del mentovato delitto
andareo, abitante di Mileto, era stato complice del mentovato delitto
di
Tantalo, perciò Giove volle pure vendicarsene nel
tovato delitto di Tantalo, perciò Giove volle pure vendicarsene nelle
di
lui figliuole, Camiro e Clizia. Elleno erano stat
, Camiro e Clizia. Elleno erano state allevate da Venere, e ficolmate
di
favori dalle altre Dee. Cresciute nell’ età, Vene
te di favori dalle altre Dee. Cresciute nell’ età, Venere pregò Giove
di
loro accordare un felice maritaggio ; e in vece l
e). Strabone lasciò scritto ; che Issione era non figlio, ma fratello
di
Flegia(a) ; Eschilo soggiunge, che quegli ebbe pe
eso in moglie Dia, a patto, ch’egli dovesse fare, coni era il costume
di
quegli antichi tempi, molti doni al di lei padre,
esse fare, coni era il costume di quegli antichi tempi, molti doni al
di
lei padre, Dejoneo. Questi lo sollecitò più volte
, non attese, che a prenderne vendetta. Scavò una fossa, ed empiutala
di
fuoco, v’imbandì di sopra lauta mensa. V’invitò D
prenderne vendetta. Scavò una fossa, ed empiutala di fuoco, v’imbandì
di
sopra lauta mensa. V’invitò Dejoneo, ed essendovi
dovi questo intervenuto, ve lo fece miseramente perire. Tutti a vista
di
sì atroce delitto inorridirono, nè più v’era chi
ra chi volesse accogliere quel crudele Monarca. Giove però ebbe pietà
di
lui, e dopo averlo purificato, e ricevuto in Ciel
, fulmine, e ordinò a Mercurio d’incatenarlo nel Tartaro ad una ruota
di
serpenti, la quale andava sempre girando, nè lasc
i serpenti, la quale andava sempre girando, nè lasciavagli un momento
di
riposo(b). Le Danaidi, dette anche Belidi dal lor
anta. Danao, loro padre, le uni in matrimonio con cinquanta figliuoli
di
suo fratello, Egitto. Come poi Danao intese dall’
no e vita, foce giurare alle sue figliuole, che la prima notte ognuna
di
esse avrebbe ucciso il suo marito. Tutte eseguiro
na ad Argo. Dicesi, che mentre Linceo fuggì nella predetta città, la
di
lui moglie si ritirò in Larissa, dove sì l’uno ch
cole (a). Linceo poi mosse guerra a Danao, e fatrolo morire, salì sul
di
lui trono (b). Iperinnestra in memoria del predet
ea della Pessuasione, che i Greci denominano Pito (c). Tutte le altre
di
lei sorelle vennero condannate ad attingere conti
tte abbiano incontrato tale pena subito dopo il loro delitto, giaechè
di
Amimone, ch’era una di quelle, sposata ad Encelad
tale pena subito dopo il loro delitto, giaechè di Amimone, ch’era una
di
quelle, sposata ad Encelado, si sa, ch’essa, torm
fontana (e). (20). Minos, Eaco, e Radamanto conseguirono nel regno
di
Plutone l’onore di giudicare le anime de’trapassa
). Minos, Eaco, e Radamanto conseguirono nel regno di Plutone l’onore
di
giudicare le anime de’trapassati, perchè sulla te
gli attese a dirozzare i suoi sudditi con leggi, che poscia servirono
di
nonna a tutti i Legislatori della Grecia. Per con
lla Grecia. Per conciliare alle modesime maggior autorità, ritiravasi
di
quando in quando in un antro della sua Isola, e f
ioni. Gli sta dinanzi un’urna, detta fatale, perchè contiene la sorte
di
tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza
, detta fatale, perchè contiene la sorte di tutti i mortali ; ed egli
di
di là n’estrae senza figuardo nè ad età nè a cond
etta fatale, perchè contiene la sorte di tutti i mortali ; ed egli di
di
là n’estrae senza figuardo nè ad età nè a condizi
gli di di là n’estrae senza figuardo nè ad età nè a condizione i nomi
di
coloro, che il Destino ordina, che muojano (c). R
om. Mythol. l. 3. (b). Ovid. Metam. l. 5. (21). Una delle compagne
di
Proserpina fu Ercina, figlia di Trofonio. Costei,
etam. l. 5. (21). Una delle compagne di Proserpina fu Ercina, figlia
di
Trofonio. Costei, mentre scherzava colla figlia d
fu Ercina, figlia di Trofonio. Costei, mentre scherzava colla figlia
di
Cerere nel bosco sacro a Trofonio, si lasciò scap
sotto a quella pietra una sorgente d’acqua copiosa, la quale a motivo
di
ciò ebbe poi il nome d’Ercina. Sulle rive della m
altri dei narcisi. Panfo, poeta anteriore ad Omero, è del sentimento
di
questi ultimi (c). In Sicilia quindi s’instituiro
mento di questi ultimi (c). In Sicilia quindi s’instituirono in onore
di
Proserpina le Antesforie, feste così dette da’fio
a lei raccolti nel predetto tempo (d). In que’giorni eravi il costume
di
portarne al tempio di quella Dea (e). (a). Clau
detto tempo (d). In que’giorni eravi il costume di portarne al tempio
di
quella Dea (e). (a). Claud. l. 2. de Rapt. Pros
a). Claud. l. 2. de Rapt. Proserp. (23). In memoria del matrimonio
di
Plutone con Proserpina si celebrarono nella Sicil
le Feste Teoganrie, il qual nome propriamente significa celebrazione
di
nozze Divine (f). Proserpina, divenuta moglie di
gnifica celebrazione di nozze Divine (f). Proserpina, divenuta moglie
di
Plutone, fu riconosciuta Regina dell’Inferno. Niu
iuta Regina dell’Inferno. Niuno poteva entrare in quel Regno senza la
di
lei permissione. La morte stessa non sorprendeva
Calep. Sept. Ling. (25). Dite da’Greci si riconosce sotto il nome
di
Pluto (c) ; e vuolsi da Esiodo (d), da Aristofaue
Aristofaue (e), e da Igino (f), ch’egli non-sia Plutone, ma ministro
di
lui, nato nell’Isola di Creta da Cerere e da Iasi
ino (f), ch’egli non-sia Plutone, ma ministro di lui, nato nell’Isola
di
Creta da Cerere e da Iasione. Pluto al dire de’Po
rtù ; è zoppo, quando recasi ad arrichire ; laddove allorchè trattasi
di
abbandonarli, spiega le ali, e rapidamente fugge
n era cieco, ma aveva anzi una vista acutissima (h). Ebbe una figlia,
di
nome Euribea (i). Nè solamente Pluto era creduto
e all’ultima per ottenerne l’argento. Argentino era creduto figliuolo
di
Esculano, perchè da principio le monete erano di
ra creduto figliuolo di Esculano, perchè da principio le monete erano
di
rame (b). In Roma finalmente come preside agli sc
gravissima malattia. Il loro padre pregò gli Dei, che traessero sopra
di
lui la morte minaccinta a que’fanciulli. Venne in
ndotti sino a Terento. Valesio prese un bicchiere, attinse dell’acqua
di
quel fiume, e la portò, ove vide del fumo ; ma no
el fiume, e la portò, ove vide del fumo ; ma non trovandovi scintilla
di
fuoco, ne lo accese, riscaldò la raccolta acqua,
dovi scintilla di fuoco, ne lo accese, riscaldò la raccolta acqua, la
di
ede a bere a’suoi figliuoli, e con essa li guarì.
e a bere a’suoi figliuoli, e con essa li guarì. Coloro dissero allora
di
aver veduto in sogno un Nume, che aveva loro ordi
ssero allora di aver veduto in sogno un Nume, che aveva loro ordinato
di
celebrare de’Giuochi notturni in onore di Plutone
me, che aveva loro ordinato di celebrare de’Giuochi notturni in onore
di
Plutone e di Proserpina, e di sacrificare ad essi
loro ordinato di celebrare de’Giuochi notturni in onore di Plutone e
di
Proserpina, e di sacrificare ad essi delle vittim
celebrare de’Giuochi notturni in onore di Plutone e di Proserpina, e
di
sacrificare ad essi delle vittime rosse. Valesio
i delle Feste per tre continui giorni, perchè gli Dei entro lo spazio
di
quel tempo aveano accordato la guarigione a di lu
li Dei entro lo spazio di quel tempo aveano accordato la guarigione a
di
lui figliuoli. (h). Fest. (i). Cant. de Rom.
(c). Hymn. in Apoll. (d). l. I. (1). Pitone fu uno de’ serpenti
di
sorprendente grandezza, prodotti dal fango, rimas
otti dal fango, rimasto sulla terra dopo il Diluvio, avvenuto a’tempi
di
Deucalione(a). (2). L’Isola di Delo, per esservi
rra dopo il Diluvio, avvenuto a’tempi di Deucalione(a). (2). L’Isola
di
Delo, per esservi nato Apollo, divenne sì rispett
le Isole della Grecia, giunti con mille vascelli a Delo, non oserono
di
recarvi alcun danno(c). (e). Nat. Com. Mythol.
). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Latona era balia, e non madre
di
Apollo e di Diana(d). Comunque ciò sia, Latona do
lcuni, i quali dissero, che Latona era balia, e non madre di Apollo e
di
Diana(d). Comunque ciò sia, Latona dopo aver part
ò sia, Latona dopo aver partorito i due predetti figliuoli nell’Isola
di
Delo, non sicredette sicura in quel soggiorno. Se
viddero tosto trasformati in rane brutte e schifose. Malgrado l’odio
di
Giunone, Latona fu venerata come Dea. Ebbe un tem
a pure in Bute, e un Oracolo antichissimo. Finalmente in Festo, città
di
Creta, si celebrarono a Latona le Feste, dette Ec
Feste, dette Ecdisie, perchè ella cangiò in maschio Leucippe, figlia
di
Galatea, affinchè potesse unirsi in matrimonio co
di Galatea, affinchè potesse unirsi in matrimonio con Lampro, figlio
di
Pandione, a cui il di lei padre aveala promessa,
potesse unirsi in matrimonio con Lampro, figlio di Pandione, a cui il
di
lei padre aveala promessa, non avendo mai saputo,
f). Pind. In Pyth. (g). Dionys. lib. de sit. orb. (4). La valle
di
Tempe era bagnata dal fiume Penao, ed era sempre
urrasca appresso i Trezenj, dedicò un tempio ad Apollo, e instituì in
di
lui onore i Giuochi Pitici(d). (b). Dionys. lib
lia, perchè molti gli ricercavano Alceste in matrimonio, avea giurato
di
darla a colui, che avesse condotto in giro la sua
appresso il quale si erano ritirate, e lo fece prigioniero. Alceste,
di
venuta moglie dello stesso Admeto, vedendolo mina
nacciato della morte dal suo nemico, si offerì ad incontrarla in vece
di
lui. Acasto v’acconsentì, e sacrificò la sorella
in vece di lui. Acasto v’acconsentì, e sacrificò la sorella all’ombra
di
suo padre(a). (g). Apollod. l. 3. (h). Joh. J
a consorte(b). Altri dicono, ch’Ercole, sorpreso da quel raro esempio
di
amore conjugale, discese nell’Inferno, e ne ricon
di amore conjugale, discese nell’Inferno, e ne ricondusse Alceste al
di
lei marito(c). (a). Ovid. l. 10. (b). Nat. Co
celse i due predetti fratelli a fabbricare una torre per custodirvi i
di
lui tesori. Queglino la formarono in guisa, che p
che volevano. Il Principe finalmente osservando, che le sue ricchezze
di
giorno in giorno grandemente si scemavano, nè pot
po, affinchè nè il fratello fosse riconosciuto, nè egli come complice
di
lui fosse scoperto. Altri finalmente riguardo ad
almente riguardo ad Agamede soggiungono, che la terra si aprì sotto i
di
lui piedì, ed egli vi restò sepolto in una fossa,
vi restò sepolto in una fossa, detta poscia la Fossa d’Agamede, sopra
di
cui vi si eresse una colonna(a). Di Trofonio poi
tà della Beozia, un tempio sotterraneo, il quale fu poi detto l’autro
di
Trofonio. Ivi morì di fame, dando oracoli. Si con
mpio sotterraneo, il quale fu poi detto l’autro di Trofonio. Ivi morì
di
fame, dando oracoli. Si continuò a consultarlo an
stesso luogo. Chi ciò faceva, era solito a sedere nudo sull’ingresso
di
quell’antro, e a portare seco delle focacce per g
. 2. (9). Lampusia, istruita dal padre, e poi consecrata al servigio
di
Apollo, si perfezionò intieramente nella scienza
crata al servigio di Apollo, si perfezionò intieramente nella scienza
di
presagire il futuro. Dalla Grecìa trasferitasi in
a attonita ripeteva gli applausi alla decantata celebrità de’vaticinj
di
questa donna(e). (10). Nicostrata si trasferì in
a parte del Campidoglio, quando fu loro restituito l’uso del cocchio,
di
cui erano state private per decreto del Senato. I
l cocchio, di cui erano state private per decreto del Senato. Il nome
di
questa Dea fu dato da’ Romani anche ad una porta
della loro città, e a certe Feste, dette perciò Carmentali. Al tempo
di
queste queglino sacrificavano prima del mezzodì a
erazione alle leggi, che stava formando, pubblicò che la Ninfa Egeria
di
notte gliele dettava nel bosco d’Aricia. Dopo la
e la Ninfa Egeria di notte gliele dettava nel bosco d’Aricia. Dopo la
di
lui morte i Romani andarono a cercare quella Ninf
Giunone Lucina(d). (c). Id. Ibid. (12). Dicesi, che Gige, gonfio
di
se stesso, perthè era potentissimo in armi e in r
o, perthè era potentissimo in armi e in ricchezze, consultò l’Oracolo
di
Delfo per sapere, se v’era alcuno più felice di l
e, consultò l’Oracolo di Delfo per sapere, se v’era alcuno più felice
di
lui. Udì, che Aglao di Psofide, città d’Arcadia,
i Delfo per sapere, se v’era alcuno più felice di lui. Udì, che Aglao
di
Psofide, città d’Arcadia, lo superava. Costui non
superava. Costui non possedeva che poche campagne ; ma si contentava
di
ciò, che colla propria industria ne ritraeva(e).
, che colla propria industria ne ritraeva(e). (13). Tra’varj tripodi
di
quel tempio è rinomato quello, d’oro, di rui parl
(e). (13). Tra’varj tripodi di quel tempio è rinomato quello, d’oro,
di
rui parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pes
di di quel tempio è rinomato quello, d’oro, di rui parla lo Scoliaste
di
Aristofane(a) Certi pescatori di Mileto prima di
lo, d’oro, di rui parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pescatori
di
Mileto prima di gettare le reti in mare, vendette
i parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pescatori di Mileto prima
di
gettare le reti in mare, vendettero ad alcuni ast
che il tripode mentovato si desse al più sapiente. Fu offerto ad uno
di
que’sette Sapienti, i quali fiorivano nella Greci
da Lisandro, Generale degli Spartani, al famoso Indovino Abas, figlio
di
Cimeo e di Clitennestra(c). (a). Strab. l. 10.,
, Generale degli Spartani, al famoso Indovino Abas, figlio di Cimeo e
di
Clitennestra(c). (a). Strab. l. 10., Pomp. Mol.
llo ne trasse fuori il bambino, e lo trasferì in Delfo alla porta del
di
lui tempio. Il Nume inspirò alla sua sacerdotessa
rdotessa tanta pietà verso il fanciullo, ch’ella n’ebbe tutta la cura
di
allevarlo. Crebbe Jone all’ombra degli altari, se
istò tale stima, che finalmente divenne il depositario delle richezze
di
quel tempio. Apollo poi bramava, che Jone fosse c
zze di quel tempio. Apollo poi bramava, che Jone fosse creduto figlio
di
Zuto, re d’Atene, il quale erasi unito in matrimo
sa altro non fosse che un artifizio per collocare sul trono il figlio
di
qualche schiava da lui amata ; e però ella si det
il figlio di qualche schiava da lui amata ; e però ella si determinò
di
far perire Jone. Trovavasi egli allora occupato a
cita. In vece d’assaggiare la tazza, ch’eragli stata presentata piena
di
vele, no, ne fece una libazione agli Dei. Una col
fece una libazione agli Dei. Una colomba, a caso ivi volata, bevette
di
quel vino, sparso in terra, e cadde morta. Si scu
asilo, corse ad abbracciare Jone, e gli manifestò, che Apollo era il
di
lui genitore. Vi sopraggiunse Minerva, e comandò
erva, e comandò a Creusa, che non palesasse a Zuto, ch’ella era madre
di
Jone. Quindi il re rimase nel suo inganno, e Jone
re di Jone. Quindi il re rimase nel suo inganno, e Jone dopo la morte
di
lui salì sul trono d’Atene(a). (16). Gli Anfizio
delle Greche città, che rappresentavano la nazione con piena facoltà
di
provedere al pùbblico bene(a). Eglino presero il
dere al pùbblico bene(a). Eglino presero il nome da Anfizione, figlio
di
Deucalione, terzo re d’ Atene, che al dire di Pau
me da Anfizione, figlio di Deucalione, terzo re d’ Atene, che al dire
di
Pausania li instituì(b). Strabone però volle, che
Molte altre Deità si venerarono da’ Pastori. Le principali sono Pane,
di
cui abbiamo già parlato, e Pale(f). In onore di q
principali sono Pane, di cui abbiamo già parlato, e Pale(f). In onore
di
questa i Pastori celebravano nel principio del me
ltiplicasse. Le Feste anzidette consistevano nel fare delle libazioni
di
fresco latte, e nell’offerire vino e focacce di m
fare delle libazioni di fresco latte, e nell’offerire vino e focacce
di
miglio. Dopo di che si ascendevano certi mucchi d
zioni di fresco latte, e nell’offerire vino e focacce di miglio. Dopo
di
che si ascendevano certi mucchi di paglia, sopra
ire vino e focacce di miglio. Dopo di che si ascendevano certi mucchi
di
paglia, sopra i quali i pastori al suono di varj
ascendevano certi mucchi di paglia, sopra i quali i pastori al suono
di
varj stromenti saltavano per far mostra della lor
trezza e agilità. In quel dì si purificavano anche le greggi col fumo
di
solfo, d’alloro, e d’ulivo(a). Queste Feste al di
reggi col fumo di solfo, d’alloro, e d’ulivo(a). Queste Feste al dire
di
Suetonio si facevano anche per ricordare, che in
ni Romolo aveva gettato le prime fondamenta della sua città(b). E quì
di
passaggio notiamo, che siccome le pecore erano so
. Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (e). l. 10. (19). Sotto il nome
di
Peone i Poeti ricono scevano un celebre Medico de
Hofman. Lex. Univ. (20). Sulla sommità del Promontorio dell’ Isola
di
Leucade v’avea un tempio fabbricato ad Apollo, de
che per guarire dalla loro passione era necessario balzare dall’alto
di
quella rupe nel mare. (g). Nat. Com. Mythol. l.
b). Potter. Archacol. Graec. l. 2. (c). Id. Ibid. (22). La madre
di
Branco, vicina a partorirlo, sognò, che il Sole e
ca, e usciva per le sue viscere. Gl’ Indovini asserirono, che ciò era
di
buon augurio. Di fatti colei diede alla luce l’an
trovandosi in una selva, baciò Apollo, da cui venne preso e regalato
di
una corona e di una verga, per cui divenne giovin
na selva, baciò Apollo, da cui venne preso e regalato di una corona e
di
una verga, per cui divenne giovine fatidico. Per
. Diede anch’egli degli Oracoli, che furono i più celebri dopo quelli
di
Delfo. A nobilitarne vieppiù la memoria, Branchid
(e). Paus. l. 2. (a). Calep. Sept. Ling. (23). Manto nella presa
di
Tebe fu fatta prigioniera, e fu condotta a Claro,
ta a Claro, dove stabilì l’Oracolo d’Apollo. Ivi sposò Racio, Sovrano
di
quel paese, da cui ebbe il figlio Mopso(g). Trasf
sferitasi in Italia, si unì in matrimonio col Tevere, e divenne madre
di
Bianore, soprannominato Ocno. Questi fabbricò nel
Questi fabbricò nell’ Etrurià una città, che chiamò Mantova dal nome
di
sua madre(a). (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Uni
b. Hofman. Lex. Univ. (24). Sul monte Soratte eravi una fontana, la
di
cui acqua bolliva al levar del Sole, e faceva mor
o nacque Rodia, abbia fatto discendere dal Cielo oro, e gran quantità
di
fiori. Fu così detta dall’ Isola di Rodi, in cui
re dal Cielo oro, e gran quantità di fiori. Fu così detta dall’ Isola
di
Rodi, in cui comparve alla luce(d). (27). L’ Aur
cui comparve alla luce(d). (27). L’ Aurora era figlia d’ Iperione e
di
Tia(e). Alcuni la dicono nata da Titano e dalla T
la dicono nata da Titano e dalla Terra(f) ; altri da Pallante, figlio
di
Crio(g). Ella precede il Sole(h), coperta di gran
ltri da Pallante, figlio di Crio(g). Ella precede il Sole(h), coperta
di
gran velo, con una stella in capo, e assisa sopra
capo, e assisa sopra un carro, tirato da quattro(i), o da due cavalli
di
color bianco o rosso(l). Licofrone poi lasciò scr
ta dal cavallo Pegaso(m). Ella amò molto il bellissimo Titono, figlio
di
Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e nel suo carro
aso(m). Ella amò molto il bellissimo Titono, figlio di Laomedonte, re
di
Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell
e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove gli partorì Mennone,
di
cuì parleremo altrove (a). Nacque pure da loro il
o Fosforo, ossia Lucifero, che parimenti annunzia alla terra l’arrivo
di
sua madre. A Titono poi l’ Aurora ottenne dalle P
Aurora ottenne dalle Parche l’immortalità ; ma essendosi dimenticata
di
chiedero nello stesso tempo anche il privilegio,
(c). Ella era famosa Maga, e applicavasi allo studio della bottanica,
di
cui se ne serviva per avvelenare o per convertire
tirò in Italia sopra un Promontorio de’ Latini, detto poscia dal nome
di
lei Circeo(d). Erodiano scrisse, che fu dal Sole
gli effetti del suo sdegno anche a Pico, antico re del Lazio, figlio
di
Saturno, e Augure famoso. Quegli, perchè non corr
figlio di Saturno, e Augure famoso. Quegli, perchè non corrispose al
di
lei affetto, ma volle serbarsi fedele alla Ninfa
arimenti Bico. Canente così allora se ne afflisse, che anch’ella morì
di
dolore(a). Circe poi non ostante la sua malvagità
poi non ostante la sua malvagità ricevette gli onori divini. Al tempo
di
Cicerone era adorata nell’ Isola di Eca(b). Dices
evette gli onori divini. Al tempo di Cicerone era adorata nell’ Isola
di
Eca(b). Dicesi ch’ella sia stata anche detta Mari
anche detta Marica, e che sotto tal nome la venerassero gli abitanti
di
Minturno(c). Altri soggiungono, che così denomina
asi sempre della sua nasoita, originata da un Nunre. Epafo, figliuolo
di
Giove e della Ninfa Io, negò, che colui fosse fig
querelò appresso Climene, sua madre. Ella lo accertò, che Febo era il
di
lui padre, ed esortollo a récarsi alla Reggia di
rtò, che Febo era il di lui padre, ed esortollo a récarsi alla Reggia
di
lui per esserne viemaggiormente certificato. Così
certificato. Così fece il giovine ; e il Sole, udito il motivo della
di
lui comparsa, protestò d’essergli padre : e affin
ebbe per accordargli quanto mai gli avesse ricercato. Faetonte chiese
di
guidare almeno per un giorno il di lui carro, ins
avesse ricercato. Faetonte chiese di guidare almeno per un giorno il
di
lui carro, insigne lavoro di Vulcano, da cui diff
hiese di guidare almeno per un giorno il di lui carro, insigne lavoro
di
Vulcano, da cui diffondevasi la luce sulla terra.
trada che dovea tenere, nè ebbe forza sufficiente a reggere i cavalli
di
suo padre. Ne avvenne, che quelli ben presto trav
aviarono dal consueto cammino : ed ora troppo alzandosi, minacciavano
di
abbruciare il Cielo ; ed ora troppo abbassandosi,
il quale cadde morto nell’ Eridano. Le Ninfe dell’ Esperia resero al
di
lui corpo gli ultimi onori. Vennero pure sulle sp
ia resero al di lui corpo gli ultimi onori. Vennero pure sulle sponde
di
quel fiume le di lui sorelle, Faetusa e Lampezia,
ui corpo gli ultimi onori. Vennero pure sulle sponde di quel fiume le
di
lui sorelle, Faetusa e Lampezia, per piangerne co
avvenimenti sì strani erasi trovato presente il giovane Cicno, figlio
di
Stenelo, re della Liguria, e zio di Faetonte. Anc
presente il giovane Cicno, figlio di Stenelo, re della Liguria, e zio
di
Faetonte. Anch’egli n’ebbe tal’eccessivo dolore p
Apollodoro(a) da Titone e da Aurora. Finalmente riguardo alle sorelle
di
Faetonte notiamo, che Igino(b) ne riconobbe sette
. Climene, dopo aver partorito Faetonte, sposò Merope, re dell’ Isola
di
Cos, il quale si pretende, che poscia sia stato c
(32). Mimnermo riconobbe le Muse come figlie del Cielo, e più antiche
di
Giove. Altri le dissero figlie di Memnone e di Te
ome figlie del Cielo, e più antiche di Giove. Altri le dissero figlie
di
Memnone e di Tespia ; altri di Antiopa e di Giove
l Cielo, e più antiche di Giove. Altri le dissero figlie di Memnone e
di
Tespia ; altri di Antiopa e di Giove(g). La loro
iche di Giove. Altri le dissero figlie di Memnone e di Tespia ; altri
di
Antiopa e di Giove(g). La loro nutrice fu la Ninf
. Altri le dissero figlie di Memnone e di Tespia ; altri di Antiopa e
di
Giove(g). La loro nutrice fu la Ninfa Eufeme, il
ltri di Antiopa e di Giove(g). La loro nutrice fu la Ninfa Eufeme, il
di
cui figliuolo, Croco, dopo morte per le preghiere
ominate Melete, Mneme, e Aede(i). Cicerone ve ne aggiunge una quarta,
di
nome Telsiope(a). Divennero poi nove. Varrone app
tal numero, e Diodoro ce ne dà un’altra. Il primo dice, che la città
di
Sicione commise a tre celebri Scultori, che ciasc
che la città di Sicione commise a tre celebri Scultori, che ciascuno
di
loro formasse tre statue, le quali rappresentasse
viglia eseguirono il loro lavoro, che la medesuna città fece acquisto
di
tutte le nove Statue ; e che fin d’allora le Muse
tarono nove. Diodoro poi pretende, che Osiride avesse sempre appresso
di
se nove fanciulle, istruite in tutte le Arti rela
n un libro d’ Istoria nell’altra(d). La seconda inventò gli strumenti
di
fiato. E’ coronara di fiore e con due flauti nell
nell’altra(d). La seconda inventò gli strumenti di fiato. E’ coronara
di
fiore e con due flauti nelle mani. Le’ sta d’appr
elle mani. Le’ sta d’appresso Cupido, ossia Amore, sotto le sembianze
di
fanciullo, perchè per lo più è privo di ragione e
sia Amore, sotto le sembianze di fanciullo, perchè per lo più è privo
di
ragione e di raziocinio. Ha il medesimo gli occhi
tto le sembianze di fanciullo, perchè per lo più è privo di ragione e
di
raziocinio. Ha il medesimo gli occhi velati, perc
velati, perchè non osserva mai i difetti dell’oggetto amato. Le ali,
di
cui è fornito, dimostrano la sua leggierezza e in
incostanza. Finalmente stringe anch’egli un flauto, e lascia a’piedi
di
Euterpe l’arco e il turcasso, di cui egli si serv
nch’egli un flauto, e lascia a’piedi di Euterpe l’arco e il turcasso,
di
cui egli si serve per ferire i cuori (a). La terz
apo una corona, e ha in mano un flauto, o un’arpa, o una chitarra(d),
di
cui alcuni la fanno inventrice(e). Erato presiede
rato presiede alle Poesie amorose. Questa inventò la lira. Una corona
di
mirto e di rose le circonda la fronte, stringe un
de alle Poesie amorose. Questa inventò la lira. Una corona di mirto e
di
rose le circonda la fronte, stringe una lira nell
ira nella destra, e tratta colla sinistra un archetto. Anche appresso
di
lei vedesi Amore con una fiaccola accesa in mano(
l’eloquenza. Urania inventò l’ Astronomia, e però comparisce coronata
di
stelle, con veste azzurra, e con gran globo trali
ede alla Rettorica, e al verso Eroico. Dipingesi giovinetta, coronata
di
flori, con moltissime ghirlande d’alloro nella si
i poi pretendono che sieno state denominate Pieridi dalle nove figlie
di
Piero, ricchissimo Macedone(b). Quelle giovani ar
ove figlie di Piero, ricchissimo Macedone(b). Quelle giovani ardirono
di
assorire, che avrebbono superato nel canto le Mus
ono superato nel canto le Muse. Queste accettarono l’invito. Le Ninfe
di
que’dintorni furono stabilite arbitre della gara.
ta la condizione, che le Muse, perdendo, dovessero cedere alle figlie
di
Piero i due fiumi, Ippocrene, e Castalio ; e rima
dolcezza del loro canto(h). Varrone pretende che anticamente in vece
di
Camene si dicessero Carmene, e Casmene(a). Le ste
’quali si onoravano, erano denominati Aonii(d) ; Tespiadi dalla città
di
Tespia, dove parimeuti rendevasi loro particolare
era ad esse sacro(f) ; Ardalidi, o Ardaliotidi, perchè Ardalo, figlio
di
Vulcano, molto le onorava(g) ; Pegasidi dal caval
que colle ali ; e vuolsi da alcuni, che sia stato prodotto dal sangue
di
Medusa, sgorgato sul terreno, quando Perseo le re
che Nettuno, invaghitosi dell’anzidetta Medusa, e spezialmente delle
di
lei trocce, bionde al pari dell’oro, la trasse un
le di lei trocce, bionde al pari dell’oro, la trasse un dì nel tempio
di
Minerva, e la rendette madre del medesimo cavallo
ata, che avea il sapore del vino(c). (34). Il Parnasso è il più alto
di
tutti i montì della Focide(d). Da prima chiamavas
lla Focide(d). Da prima chiamavasi Larnasso da Larnace, che fu l’arca
di
Deucalione, la quale era stata ivi trasferita dal
uistò poi il predetto nome da Parnasso, figlio della Ninfa Cleodora e
di
Cleopompo, o, come altri dicono, di Nettuno(f). E
so, figlio della Ninfa Cleodora e di Cleopompo, o, come altri dicono,
di
Nettuno(f). Egli trovò l’arto di predire il futur
di Cleopompo, o, come altri dicono, di Nettuno(f). Egli trovò l’arto
di
predire il futuro per mezzo del volo degli uccell
del volo degli uccelli, e inoltre fabbricò una città ch’ebbe pure il
di
lui nome, e che poi rimase sommersa nel tempo del
a porta, perchè quel Sovrano voleva con violenza trattenerle appresso
di
se. Elleno allora spiegarono il volo, e uscirono
er le finestre. Deluso colui nel suo desiderio, si lusingò pazzamente
di
poter raggiungerle col librarsi anch’egli in aria
la cima d’un’ alta torre, così precipitò al basso, che finì ben tosto
di
vivere(b). Il Parnasso divenne famoso anche perch
to Coricio dalla Ninfa Coricia, la quale partorì ad Apollo un figlio,
di
nome Licoreo(d). Dal predetto luogo si denominaro
one(g). Sopra il medesimo monte trovavasi la tomba del celebre Orfeo,
di
cui parleremo(h). (36). Il Pierio era monte dell
ese appresso i Greci il nome d’ Ippocrene, e appresso i Latini quello
di
Caballino, ossia fonte del Cavallo (g). Secondo i
nti versi(h). (41). Non vanno d’accordo i Mitologi riguardo il padre
di
Marsia. Igino dice che fu Eagro(a) ; Plutarco Jag
presenza degli Dei, fu da Giunone e da Venere avvertita, che il suono
di
quello strumento gonfiava in modo assai sconcio l
a, che il suono di quello strumento gonfiava in modo assai sconcio le
di
lei guancie. Minerva per accertarsene si recò ad
e fu pianto dalle Ninfe, da’ Satiri, suoi fratelli, e da ogni pastore
di
que’ dintorni. Da tali lagrime si formò un fiume
s. in Attic. (b). l. 3. (44). Omero dice, che niuno de’ figliuoli
di
Niobe potè sottrarsi alla vendetta, che presero d
iuno de’ figliuoli di Niobe potè sottrarsi alla vendetta, che presero
di
lore Apollo e Diana(a). Niobe poi tal dolore conc
lo in sasso, il quale versava continuo pianto. Narrasi inoltre, che i
di
lei figliuoli rimaseto insepolti per nove giotni,
aver perduto sì miseramente tutta la sua famiglia, anch’egli si privò
di
vita(c). (c). Ovid. l. 1. de Pont. (d). Nat.
Nat. Com. Mythol. l. 6. (45). Apollo conferì a Tenero il privilegio
di
predire il futuro ; e volle, che il fiume Ladone
nome d’Ismenio, o Ismeno(d). (b). Paus. l. 9. (46). Gordio, padre
di
Mida, stupì al vedere, che un’ Aquila se ne stett
di Mida, stupì al vedere, che un’ Aquila se ne stette sul giogo della
di
lui carretta sino alla sera. Recavasi a consultar
, dotti nell’ arte d’ indovinare, quando si abbattè in una giovinetta
di
quella stirpe, a cui manifestò la causa dell’ int
redisse loro, che le medesime non avrebbono cessato, se non per mezzo
di
colui, che avessero veduto andarsene sopra un car
ezzo di colui, che avessero veduto andarsene sopra un carro al tempio
di
Giove. Non molto dopo vi giunse Mida, il quale po
e pose fine a tutte le loro questioni. Ciò erasi presagito fino dalla
di
lui fanciullezza, quando molte formiche empirono
sagito fino dalla di lui fanciullezza, quando molte formiche empirono
di
grano la bocca a lui, che dormiva(a). Mida dedicò
di grano la bocca a lui, che dormiva(a). Mida dedicò a Giove il carro
di
suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortez
arro di suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza. Il giogo
di
quello era attaccato al timone con un nodo d’ammi
sandro fece ogni tentativo per isciorlo, perchè un’ antica tradizione
di
quel paese avea indicato, che chi avesse potuto c
l. 9. (b). Paus. l. 1., Stat. Theh. l. 1. (47). Macareo era figlio
di
Eolo, re di Friotide nella Tessaglia. Egli rendet
Paus. l. 1., Stat. Theh. l. 1. (47). Macareo era figlio di Eolo, re
di
Friotide nella Tessaglia. Egli rendette la sua so
sua sorella, Canace, madre d’un figlio. Voleva la giovine celarlo al
di
lei padre, e con sacre frondi avealo coperto per
’ cani. Spedì egli nello stesso tempo una spada alla figlia, affinchè
di
sua mano si uccidesse. Macareo, informato dello s
Igino dice, ch’ egli si diede la morte(d). D’un amore simile a quello
di
Canace arse pur anche Bibli, figlia di Mileto e d
d). D’un amore simile a quello di Canace arse pur anche Bibli, figlia
di
Mileto e della Ninfa Gianea, per Cauno, suo frate
redetto strumento(c). Fuvi un altro Lino, figlio parimenti d’Apollo e
di
Psamate, figlia di Crotopo,-re d’Argo. Colei non
). Fuvi un altro Lino, figlio parimenti d’Apollo e di Psamate, figlia
di
Crotopo,-re d’Argo. Colei non appena lo partorì,
rania e da Anfiarao. Anch’ egli fu eccellente musico, ma avendo osato
di
paragonarsi ad Apollo, venne da questo Nume uccis
o di paragonarsi ad Apollo, venne da questo Nume ucciso. Gli abitanti
di
Elicona ogni anno ne celebravano l’anniversario p
Gli abitanti di Elicona ogni anno ne celebravano l’anniversario prima
di
sacrificare alle Muse. Egli fu compianto perfino
nti v’ avea espresso un giovine, il quale sulla lira cantava la morte
di
Lino(e). (49). Filamone riuscì anch’egli eccelle
i Lino(e). (49). Filamone riuscì anch’egli eccellentemente nell’arte
di
suo padre, e la comunicò anche al figlio, Tamirid
lla medesima fu dagli Sciti creato loro re. Egli poi ebbe la temerità
di
far prova del suo canto colle Muse ; ed essendone
rivarono della vista, della voce, dello spirito poetico, o dell’ arte
di
suonare la lira. Filamone disperato pel doloré si
disperato pel doloré si gettò in un fiume. Platone finse, che l’anima
di
Tamiride fosse passata nel corpo di un Rosignuolo
fiume. Platone finse, che l’anima di Tamiride fosse passata nel corpo
di
un Rosignuolo(a). (50). Anfione nacque sul monte
nuolo(a). (50). Anfione nacque sul monte Citerone da Antiope, figlia
di
Nitteo. Era peritissimo nella Musica. Ricevette d
giunse tre coide, e con essa operò grandi maraviglie. Volendo cingere
di
mura la città di Tebe, si valse della medesima, a
e con essa operò grandi maraviglie. Volendo cingere di mura la città
di
Tebe, si valse della medesima, al di cui suono le
Volendo cingere di mura la città di Tebe, si valse della medesima, al
di
cui suono le pietre, divenute sensibili, da se so
pretendono che ne sia stato regalato da Apollo(c). Ebbe un fratello,
di
nome Zeto. Eglino, per vendicare i barbari tratta
Zeto. Eglino, per vendicare i barbari trattamenti, che Dirce, moglie
di
Lico, re di Tebe, avea usato alla loro madre, s’i
o, per vendicare i barbari trattamenti, che Dirce, moglie di Lico, re
di
Tebe, avea usato alla loro madre, s’impossessaron
lie di Lico, re di Tebe, avea usato alla loro madre, s’impossessarono
di
quella città, uccisero Lico, attaccarono Dirce al
un toro indomito, il quale colla varietà del suo corso la fece morire
di
mille morti, e vi regnarono essi. Come Dirce avea
andava errando per la Grecia, quando Foco, figlio d’Ornizione per la
di
lei singolare bellezza la guarì e sposò(b). Apoll
Antiope siasi trasformato in satiro(e). (51). Arione era della città
di
Metinna nell’ Isola di Lesbo, e riputavasi il più
to in satiro(e). (51). Arione era della città di Metinna nell’ Isola
di
Lesbo, e riputavasi il più eccellente suonatore d
etinna nell’ Isola di Lesbo, e riputavasi il più eccellente suonatore
di
cetra a’ suoi tempi. Dopo essersi trattenuto lung
uoi tempi. Dopo essersi trattenuto lungo tempo appresso Periandro, re
di
Corinto, si trasferì in Italia e nella Sicilia ;
ia e nella Sicilia ; ed avendoviraccolto coll’ arte sua gran quantità
di
ricchezze, volle ritornarsene donde era partito.
era partito. I marinai del naviglio, su cui era salito, determinarono
di
privarlo di vita per impadronirsi delle di lui do
I marinai del naviglio, su cui era salito, determinarono di privarlo
di
vita per impadronirsi delle di lui dovizie. Egli
era salito, determinarono di privarlo di vita per impadronirsi delle
di
lui dovizie. Egli se ne accorse, e propose di ced
per impadronirsi delle di lui dovizie. Egli se ne accorse, e propose
di
cederle spontaneamente ad essi, purchè nol avesse
rivato a Corinto, li accusasse. Il suonatore chiese allora, che prima
di
morite almano gli fosse permesso di toccare ancor
uonatore chiese allora, che prima di morite almano gli fosse permesso
di
toccare ancora una sola volta la sua cetra, e ciò
de si rimise a Corinto. Periandro, udito da lui il perverso attentato
di
que’ marinai, volle, ch’ eglino colla morte ne pa
Delfino(b). (52). Orfeo era veramente figlio della Ninfa Calliope e
di
Eagro, re di Tracia(c) ; ma per aggiungere maggio
(52). Orfeo era veramente figlio della Ninfa Calliope e di Eagro, re
di
Tracia(c) ; ma per aggiungere maggior splendore a
ia(c) ; ma per aggiungere maggior splendore alla nascita e al talento
di
lui, si pubblicò, ch’ era figlio di Apollo(d). Eg
lendore alla nascita e al talento di lui, si pubblicò, ch’ era figlio
di
Apollo(d). Egli accoppiava con tanta dolcezza la
lve, e i monti. Fu il primo, che introdusse nella Grecia le solennità
di
Bacco(e). Trovò altresì molte cose utili nella ci
o da per tutto, e lo desideravano in isposo. La sola Euridice, figlia
di
Nereo o di Dori, egualmente saggia, che bella, po
tto, e lo desideravano in isposo. La sola Euridice, figlia di Nereo o
di
Dori, egualmente saggia, che bella, potè averlo i
he le Ninfe, per vendicare la morte d’Euridice, uccisero tutte le Api
di
Aristeo, e che questi assai più ne ottenne, dopoc
di Aristeo, e che questi assai più ne ottenne, dopochè per consiglio
di
Proteo sàcrificò quattro tori e altrettante giove
o la sua doglia ne’ campi del monte Rodope, nella Tracia, ma risoluto
di
discendere nel Regno di Plutone, se ne aprì il va
i del monte Rodope, nella Tracia, ma risoluto di discendere nel Regno
di
Plutone, se ne aprì il varco per l’ampia caverna
o di Plutone, se ne aprì il varco per l’ampia caverna del Promontorio
di
Tenaro. Giuntovi appena, v’ addormentò col tocco
enti, che intenerite le ombre de’ trapassati non poterono negare alla
di
lui disavventura le lagrime. Perfino Plutone e Pr
one e Proserpina, inesorabili per natura, si piegarono alle preghiere
di
lui, e gli permisero di seco condursi sulla terta
abili per natura, si piegarono alle preghiere di lui, e gli permisero
di
seco condursi sulla terta Euridice, a patto però,
la moglie nol seguisse, per accertarsene voltò indietro lo sguardo, e
di
nuovo la perdette. E perchè egli, trovandosi nell
rdette. E perchè egli, trovandosi nell’ Inferno, avea cantato le lodi
di
tutti gli Dei fuorchè di Bacco, perciò questo Num
ovandosi nell’ Inferno, avea cantato le lodi di tutti gli Dei fuorchè
di
Bacco, perciò questo Nume destò nelle sue Baccant
profana i più secreti Misterj. Dicesi eziandio, che il capo e la lira
di
lui, gettati nell’ Ebro, furono dalla forza del f
poi la stessa lira venne collocata tra gli Astri, e ornata dalle Muse
di
nove insigni stelle(a). V’ è altresì chi narra, c
ve insigni stelle(a). V’ è altresì chi narra, che Orfeo dopo la morte
di
Euridice non siasi più unito in matrimonio con al
e non siasi più unito in matrimonio con altre donne, e che da’ alcune
di
queste al tempo delle Orgie sia stato lacerato(a)
lmente si diede la morte da se medesimo(b). Le Muse piansero assai la
di
lui perdita, e sopra tutte Mnemosine e Calliope(c
che le Famiglie Irpie camminavano sul fuoco non in onore d’Apollo, ma
di
Feronia(d). (b). Id. Ibid. (54). Clatra era D
e Dea de’ cancelli. Il Muratori pubblicò un’ Iscrizione da una tavola
di
bronzo con due figure. L’ una rappresenta Apollo,
ente, con un canestro, con una misura nella sinistra, e con un rostro
di
nave a’ piedi(e). Tutto è oscurissimo malgrado la
dell’ Olivieri sull’ indicato Monumento nel. Tomo III dell’ Accademia
di
Cortona. Altri vogliono, che Clatra sia Iside, al
ol. l. 4. (55). Dafne era pur amata da Leucippo, figlio d’Enomao, re
di
Pisa. Questi, conoscendo l’avversione, che quella
delle sue compagne, ed egli niente omise per piacerle. Apollo, geloso
di
vedere Leucippo corrisposto da Dafne, inspirò sì
re Leucippo corrisposto da Dafne, inspirò sì a lei, che alle compagne
di
essa il desiderio di bagnarsi nel fiume Ladone. L
to da Dafne, inspirò sì a lei, che alle compagne di essa il desiderio
di
bagnarsi nel fiume Ladone. Leucippo fu allora ric
po fu allora riconosciuto per quello ch’ era, e rimase ucciso a colpi
di
frecce(a). (d). Fast. l. 1. (a). Ovid. Metam.
. Archacol. Graec. l. 4. (b). Theog. v. 371. (1). Tralle seguaci
di
Diana fuvi anche Polime figlia di Filante. Mercur
heog. v. 371. (1). Tralle seguaci di Diana fuvi anche Polime figlia
di
Filante. Mercurio la vide a danzare colle altre N
e a danzare colle altre Ninfe, ne divenne amante, e la rendette madre
di
Eudoro, il quale molto si distinse all’assedio di
e la rendette madre di Eudoro, il quale molto si distinse all’assedio
di
Troja. Polimela sposò poi Echecleo, figlio di Att
si distinse all’assedio di Troja. Polimela sposò poi Echecleo, figlio
di
Attore, che per averla in moglie dovette offerire
ecleo, figlio di Attore, che per averla in moglie dovette offerire al
di
lei padre varj doni (a). Quì si ricorda pure Poli
Quì si ricorda pure Polifonte, la quale ebbe per padre Ippono, figlio
di
Triballo ; e per madre Trassa o Traossa, figlia d
dre Ippono, figlio di Triballo ; e per madre Trassa o Traossa, figlia
di
Marte e di Terena. Ella abborriva gli uomini. Qui
figlio di Triballo ; e per madre Trassa o Traossa, figlia di Marte e
di
Terena. Ella abborriva gli uomini. Quindi di si a
aossa, figlia di Marte e di Terena. Ella abborriva gli uomini. Quindi
di
si allontanò dalla società, e andò a vivere ne bo
elle sue compagne. Venere, offesa dee disprezzo, che Polifonte faceva
di
lei, volle vendi. l carsene, e le inspirò dell’am
nspirò dell’amore per un orso. Come Diana lo seppe, eccitò ogni sorta
di
fiere a divorare la misera giovine. Costei però f
sorta di fiere a divorare la misera giovine. Costei però fu sì agile
di
piedi, che si salvò colla fuga, e ritornò alla pa
i, che divoravano tutti quelli, che incontravano. Mercurio per ordine
di
Giove era per farli in brani, quando Marte, perch
che canta solamente la notte, che non può nè bere, nè maugiare, e la
di
cui apparizione è un segno certo di sciagure, e d
on può nè bere, nè maugiare, e la di cui apparizione è un segno certo
di
sciagure, e di guerre. Oreio ricevette la forma d
nè maugiare, e la di cui apparizione è un segno certo di sciagure, e
di
guerre. Oreio ricevette la forma di corvo, e Agri
e è un segno certo di sciagure, e di guerre. Oreio ricevette la forma
di
corvo, e Agrio quella d’avoltojo, uccelli parimen
vette la forma di corvo, e Agrio quella d’avoltojo, uccelli parimenti
di
cattivo augurio (a). (c). Job. Jacob. Hofman. L
magnifici monumenti (b). (3). Orione non fu creduto da tutti figlio
di
Nettuno e di Brille, ma la di lui nascita venne d
numenti (b). (3). Orione non fu creduto da tutti figlio di Nettuno e
di
Brille, ma la di lui nascita venne da alcuni dive
. Orione non fu creduto da tutti figlio di Nettuno e di Brille, ma la
di
lui nascita venne da alcuni diversamente racconta
gli accordarono, che chiedesse tutto quel, che voleva. Colui ricercò
di
avere un figliuolo senza maritarsi. Così avvenne,
i avea loro sacrificato (f). Ferecide poi dice, che Orione era figlio
di
Nettuno e di Euriale, e che il padre suo gli avea
acrificato (f). Ferecide poi dice, che Orione era figlio di Nettuno e
di
Euriale, e che il padre suo gli avea conferito il
uno e di Euriale, e che il padre suo gli avea conferito il privilegio
di
camminare a piedi asciutti nel mare (g). Altri po
o di camminare a piedi asciutti nel mare (g). Altri poi dicono ch’era
di
sì eccedente grandezza, che non eravi mare sì pro
a di sì eccedente grandezza, che non eravi mare sì profondo, sopra la
di
cui superfizie i di lui omeri non si alzassero (a
andezza, che non eravi mare sì profondo, sopra la di cui superfizie i
di
lui omeri non si alzassero (a). Apollodoro finalm
me abbiamo riferito, fu fatta morire da Giunone, perchè erasì vantata
di
essere più bella di Ici (b). Orione ; cresciuto i
fu fatta morire da Giunone, perchè erasì vantata di essere più bella
di
Ici (b). Orione ; cresciuto in età, si recò nell’
più bella di Ici (b). Orione ; cresciuto in età, si recò nell’ Isola
di
Chio appresso Enopione, ove tentò d’insultare la
recò nell’ Isola di Chio appresso Enopione, ove tentò d’insultare la
di
lui moglie, Erope. Enopione per vendicarseno gli
e. Passò Orione in Lenno, e da Vulcano vi ricevette per guida uno de’
di
lui ministri, chiamato Cedalione. Da di là si tra
i ricevette per guida uno de’ di lui ministri, chiamato Cedalione. Da
di
là si trasferì in Orieute appresso il Sole, da cu
Dea lo uccise co’ dardi, perchè volle fat violenza ad Opi, una delle
di
lei seguaci (e), ovvero a lei stessa, come dice N
dice Nicandro (f). (5). Ovidio racconta, che Orione perì d’un morso
di
scorpione, che la Terra produsse per punirlo d’es
lo d’essersi vantato, che non eravi bestia, cui egli non fosse capace
di
fare resistenza (g). Lucano vuole, che il predett
ntendere a’ Tebani, che non se ne libererebbono se non col sacrifizio
di
due Principesse, le quali avessero tratta la loro
ipesse, le quali avessero tratta la loro origine dagli Dei. Le figlie
di
Orione, per salvate la loro patria, si trapassaro
Dalla terra, bagnata da quel sangue, sorsero due stelle, che in forma
di
corona s’innalzarono al Cielo (b). Ovidio pretend
mava sulla terra (d). (b). Ovid. Metam. l. 11. (7). Chione in età
di
quindici anni fu incontrata nella Bassa Tessaglia
a Tessaglia, sua patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali era
di
ritorno da Delfo, e l’altro dal monte Cilleno. I
al monte Cilleno. I due Numi se ne invaghirono, e la rendettero madre
di
Autolico e di Filammone, de’ quali parleremo. La
no. I due Numi se ne invaghirono, e la rendettero madre di Autolico e
di
Filammone, de’ quali parleremo. La morte poi di C
o madre di Autolico e di Filammone, de’ quali parleremo. La morte poi
di
Chione destò in Dedalione, suo padre, tale affliz
molto si rassomigliò Epimenide, Poeta Epico, nato in Creta, e figlio
di
Agiasarcò. Costui, entrato in un antro per riposa
orito dagli Dei. Gli Ateniesi lo chiamarono nella loro città al tempo
di
Solone, ed egli molto giovò ad essi co’consigli e
ad essi co’consigli e colle predizioni. Dicesi, che sia morto in età
di
dugento ottanta nove anni, e che dopo morte sia s
abbia partorito i tre figliuoli, Peone, Epeo, ed Etolo, e una figlia,
di
nome Euridice(d). Endimione propose la succession
scia venne chiamata Peonia. Notisi per ultimo, che secondo l’opinione
di
alcuni vi furono due Endimioni, quello cioè, di c
he secondo l’opinione di alcuni vi furono due Endimioni, quello cioè,
di
cui abbiamo parlato, e l’altro, Pastore delle mon
(f). Declaustre Diction. Mythol. (10). Altri dicono, che il nome
di
Dittinna fu dato alla stessa Britomarti, perchè e
dato alla stessa Britomarti, perchè essa fu l’inventrice delle reti,
di
cui si servono i cacciatori ; o perchè ella fu ra
atori, allorchè si precipitò nel mare per sottrarsi alle persecuzioni
di
Minos(a). (a). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
. Rhod. l. 13. (f). Declaustre Diction. Mythol. (12). E’opinione
di
Plutarco, che sotto il nome di Libitina si ricono
re Diction. Mythol. (12). E’opinione di Plutarco, che sotto il nome
di
Libitina si riconoscesse Venere Epitimbia, così d
cuno cadeva in gravissima malattia. Subito sì poneva alla porta della
di
lui casa un ramo di ranno, e uno d’alloro(d). Il
ssima malattia. Subito sì poneva alla porta della di lui casa un ramo
di
ranno, e uno d’alloro(d). Il primo per allontanar
per allontanare i cattivi Spiriti, affinchè essi non s’impadronissero
di
quell’anima. Spirato l’infermo, uno de’propinqui
il volto, e se ne lavava e ungeva il corpo. Questo dipoi si cuopriva
di
preziosa e splendida veste, e sì ornava di fiorit
. Questo dipoi si cuopriva di preziosa e splendida veste, e sì ornava
di
fiorite corone e di verdi tami : Io che si faceva
opriva di preziosa e splendida veste, e sì ornava di fiorite corone e
di
verdi tami : Io che si faceva da certi Ministri,
a verso la porta. Oltre le amare lagrime e i singulti si si aspergeva
di
cenere il capo(b). In Grecia i maschi al tempo di
lti si si aspergeva di cenere il capo(b). In Grecia i maschi al tempo
di
lutto nutrivano la chioma, e le femmine la recide
ti sul petto del morto, come ultimo dono. Molti altri esterni eccessi
di
dolore si manifestavano allora, strappatura cioè
i esterni eccessi di dolore si manifestavano allora, strappatura cioè
di
capelli, lacerazione del petto e de’fianchi sino
si contro i tempj, e se ne rovesciavano gli altari. I Ministri poscia
di
Libitina, detti Libitinarj, somministravano tutto
ch’era necessario pel funerale. Davasi in mano al morto una focaccia
di
miele e di papavero, onde Cerbero al vederla non
essario pel funerale. Davasi in mano al morto una focaccia di miele e
di
papavero, onde Cerbero al vederla non abbajasse c
di miele e di papavero, onde Cerbero al vederla non abbajasse contro
di
lui, mentre entrava nell’Inferno, e in bocca gli
trava nell’Inferno, e in bocca gli si riponeva per Caronte la moneta,
di
cui abbiamo parlato. I Greci ponevano anche alla
apelli tagliati del morto(a). La pompa funebre in Roma sempre seguiva
di
notte, e nella Grecia prima del nascere del Sole.
tti parenti, e anche da’personaggi i più illustri della città, se era
di
grado distinto. Precedevano i littori co’fasci, c
asci, ch’erano scuri, attaccate ad un manico, attorniato da un fascio
di
verghe. Oltre i fasci vi si portavano anche le In
rne più splendida la pompa, eranvi fiaccole e trombe, se il morto era
di
nobile condizione, oppure tibie, se volgare e pov
di nobile condizione, oppure tibie, se volgare e povero(d). Al suono
di
tali strumenti certe prezzolate donne, dette Pref
nne, dette Prefiche, intuonavano le Nenie, ch’erano lamentevoli versi
di
lode al defonto(a). Dicono che alla ceremonia di
no lamentevoli versi di lode al defonto(a). Dicono che alla ceremonia
di
queste donne presiedesse la Dea Nenia, a cui i Ro
ici e i parenti. Presso i Romani i figli comparivano col capo coperto
di
velo nero, e le figlie scoperte, e co’capegli sca
si abbruciare o soppellire. Se si abbruciava, ciò si faceva nel campo
di
Marte, che trovavasi fuori della città. Le ceremo
e, furono già da noi altrove esposte. Quì notiamo, che non si usò mai
di
abbruciare i fanciulli, i quali non ancor aveano
singolarmente d’appio. I Romani vlaggiungevano cette berette, o mitre
di
lana, dette tenie. Il funerale terminava coll’Epu
he Silicernj. Questi erano banchetti, i quali consistevano in offerte
di
fave, lattuca, pane, ova, lenticchia, sale, focac
ossero immuni dalle pene, e che potessero venire sulla terra a godere
di
que’cibi. Era grave delitto il toccare alcuna di
sulla terra a godere di que’cibi. Era grave delitto il toccare alcuna
di
quelle offerte(c). Nelle cene de’morti si parlava
o de’funerali si deponevano i predetti abiti, e si facevano libazioni
di
vino, latte, e sangue. Prima si usava un liquore,
i Ourificava dall’infezione contratta in quella circostanza. I giorni
di
tale ceremonia si dicevano Denicali(a). Notiamo p
ol. (14). Altri dicono che Diana fu detta Lafria, da Lafrio, figlio
di
Delfo, che le eresse il predetto tempio(c). (b).
. 3. (15). V’è chi pretende, che le Caneforie si facessero in onore
di
Minerva o di Bacco dalle giovani Ateniesi, onde r
V’è chi pretende, che le Caneforie si facessero in onore di Minerva o
di
Bacco dalle giovani Ateniesi, onde riuscisse feli
). Antonino Liberale vuole che Toante, re della Tauride, fosse figlio
di
Boristene(e). Gli altri Antichi nionte parlano de
fosse figlio di Boristene(e). Gli altri Antichi nionte parlano della
di
lui origine. (e). Declaustre Diction. Mythol.
). Apollodoro dice, che Cinira nacque da Tanace, e da Sandoco, figlio
di
Faetonte, e nipote di Titone e d’Aurora (b). (e)
e Cinira nacque da Tanace, e da Sandoco, figlio di Faetonte, e nipote
di
Titone e d’Aurora (b). (e). Erasm. Adag. tit. D
ulle rive dell’Ellesponto, soggiornava Erone, bellissima sacerdotessa
di
Venere. Sull’opposta riva del predetto mare trova
mamente amata. Egli non poteva trattenerri cella stessa, che passando
di
notte lo Stretto a nuoto. Erone teneva una face a
nè avendo forze bastanti a superarlo, si annegò. Le onde spinsero il
di
lui corpo sulle rive di Sesto, dove Erone la matt
i a superarlo, si annegò. Le onde spinsero il di lui corpo sulle rive
di
Sesto, dove Erone la mattina seguente lo riconobb
inquietudine ; e che la giovine gli significò la sua impaziente brama
di
rivederlo (a). (b). Catull. Epigr. 51. & 61
. Riguardo alle Genetillidi, Suida le considera come Genj del seguito
di
Venere. (a). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (
a, la quale rendeva attivi i pigri (c). A questa davasi anche il nome
di
Agenoria o Agenora dal verbo latino agere, operar
Buon-Senso ebbe un altro tempio, eretto da M. Marcello dopo la presa
di
Siracusa (e). (c). Declaustre Diction. Mythol.
e fruttiferi. Priapo rappresentasi colle corna d’irco, colle orecchie
di
capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’a
sentasi colle corna d’irco, colle orecchie di capra, e con una corona
di
foglie di vigna, o d’alloro. Le di lui statue qua
lle corna d’irco, colle orecchie di capra, e con una corona di foglie
di
vigna, o d’alloro. Le di lui statue qualche volta
recchie di capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’alloro. Le
di
lui statue qualche volta sono acompagnate da stro
paurice gli uccelli (a). Que’di Lampoaco erano i più dedicatial culto
di
questo Dio. Le teste, ch’eglino celebravano a di
più dedicatial culto di questo Dio. Le teste, ch’eglino celebravano a
di
lui onore, erano dette Fallalogie. Le altre cerem
, colle quali Atene venerava il sozzo Dio, Conisalo : anzi è opinione
di
molti, che l’uno e l’altro fossero la stessa Deit
lla Grocia, vicini a Corinto, da’quali egli preso anche il soprannome
di
Orneate (b). Anche le giovani di Colofone, città
quali egli preso anche il soprannome di Orneate (b). Anche le giovani
di
Colofone, città della Jonia, celebravano le Feste
, città della Jonia, celebravano le Feste, denominate Ornee, in onore
di
Priapo (c). Notisi per ultimo, che quale era Pria
na certa questione, lo uccise (d). (8). Imene, o Imeneo era fornito
di
ranissima bellezza, ma povero, e di abbietti nata
(8). Imene, o Imeneo era fornito di ranissima bellezza, ma povero, e
di
abbietti natali. Egli s’invaghì d’una giovine del
ti natali. Egli s’invaghì d’una giovine della sua città, ma non oszva
di
manifestarle il suo amore, perchè ella era di nob
sua città, ma non oszva di manifestarle il suo amore, perchè ella era
di
nobile prosapia ; e contentavasi di seguirla, ovu
rle il suo amore, perchè ella era di nobile prosapia ; e contentavasi
di
seguirla, ovunque se ne andava. Sotto mentite spo
donne Ateniesi, allorchè lungo le rive del mare celebravano i Misterj
di
Cerere, a’quali anche l’oggetto da lui amato dove
i amato doveva intervenire. Avvenne, che certi Pelasgi rapirono parte
di
quelle femmine, e le trasportarono ad altra remot
mise tutti a morte, ritornò ad Atene, raccontò l’avvenuto, e promise
di
ricondurvi tutte le rapite donne, qualora gli si
e, e gli tessero un’illustre genealogia. Gli uni lo dissero figliuolo
di
Bacco e di Venere, come abbiarno detto ; altri vo
ssero un’illustre genealogia. Gli uni lo dissero figliuolo di Bacco e
di
Venere, come abbiarno detto ; altri vollero, che
nalmente lo fecero discendere da Bacco e da Urania. Egli ha la figura
di
giovine biondo, coronato di fiori, con face nella
e da Bacco e da Urania. Egli ha la figura di giovine biondo, coronato
di
fiori, con face nella destra, e con velo di color
giovine biondo, coronato di fiori, con face nella destra, e con velo
di
color giallo nella sinistra, perchè con quello, c
empo delle loro nozze (a). Quando i Romani rapirono le Sabine, alcuni
di
loro destinarono in moglie la più bella di quelle
rapirono le Sabine, alcuni di loro destinarono in moglie la più bella
di
quelle a Talassio, giovine adorno non meno di val
in moglie la più bella di quelle a Talassio, giovine adorno non meno
di
valore, che di altre virtù. Anche quel matrimonio
iù bella di quelle a Talassio, giovine adorno non meno di valore, che
di
altre virtù. Anche quel matrimonio riuscì felicis
da’Beozj e da’Locresi era onorata come Dea delle nozze Euclia, sulla
di
cui ara se gli sposi non facevano libazione, non
erano anch’esse Divinità, oltre le quali i Poeti niente immaginarono
di
più leggiadro e bello. Gli Spartani ne riconobber
frosine, ed Egiale (e). I moderni Scrittori però diedero loro il nome
di
Talia, Eufrosine, e Aglaia (f). In un antico Monu
i per la vivacità del loro spirito, e per la loro bellezza moritarono
di
essere denominate le Grazie (g). Anche Suadela fu
i) ; e Lattanzio da Giove e da Armonia (l). Questi dà a Talia il nome
di
Pasitea, come no le dà quello di Pitone(a). Orfeo
monia (l). Questi dà a Talia il nome di Pasitea, come no le dà quello
di
Pitone(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di G
e di Pasitea, come no le dà quello di Pitone(a). Orfeo le dice figlie
di
Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Auton
come no le dà quello di Pitone(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e
di
Giove(b) ; altri di Giove e di Autonoe(c) ; ed al
o di Pitone(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di Giove(b) ; altri
di
Giove e di Autonoe(c) ; ed altri di Egle e del So
(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e
di
Autonoe(c) ; ed altri di Egle e del Sole(d). Esio
di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Autonoe(c) ; ed altri
di
Egle e del Sole(d). Esiodo finalmente dice, ch’el
Carisie, perchè elleno da’Greci venivano denominate Cariti. Al tempo
di
quelle Feste si danzava tutta la notte, e chi più
iù resisteva alla fatica e al sonno, riportava in premio una focaccia
di
miele, e delle confetture(g). Le Grazie erano ris
me le Dee della riconoscenza. Ciò veniva espresso anche dalla maniera
di
rappresentarle. Comparivano giovani, perchè la me
ecchiare ; vivaci, perchè è d’uopo beneficare con prontezza ; in atto
di
stringerci vicendevolmente le mani, perchè l’un l
e a regolarne il culto(a). (10). Variano i Mitologi sulla genealogia
di
Cupido. Simonide lo vuole nato da Venere e da Mar
). Finalmente Platone racconta, che, solennizzando gli Dei la nascita
di
Venere, Poro, Dio dell’abbondanza, si ubbriacò, e
’abbondanza, si ubbriacò, e rendette Penia, Dea della pover tà, madre
di
Cupido, il quale poscia fu stabilito al servigio
a pover tà, madre di Cupido, il quale poscia fu stabilito al servigio
di
Venere(e). Questa Dea, osservando, che Cupido non
iede alla luce Antero, ossia Contra-Amore. Tuttavia ambedue restatono
di
piccola statura(f). E’famosa l’Istoria del matrim
ue restatono di piccola statura(f). E’famosa l’Istoria del matrimonio
di
Cupido con Psiche. I genitori di questa consultar
). E’famosa l’Istoria del matrimonio di Cupido con Psiche. I genitori
di
questa consultarono Apollo intorno i di lei spons
Cupido con Psiche. I genitori di questa consultarono Apollo intorno i
di
lei sponsali, e n’ebbero in risposta, che dovesse
gni altro Nume. La giovine fu situata, ove Apollo avea indicato, e da
di
là il vento Zefiro la trasferì in un luogo delizi
ento Zefiro la trasferì in un luogo delizioso, e risplendente d’oro e
di
gemme preziose. Essa non vi trovò alcuno, ma solo
itarono a trattenervisi, ed era servita da invisibili Ninfe. In tempo
di
notte lo sposo recavasi a visitarla ; e come nasc
ra Cupido. Una goccia d’oglio cadde per accidente dalla lampada sopra
di
lui, e lo svegliò. Diede egli contrassegni di rin
nte dalla lampada sopra di lui, e lo svegliò. Diede egli contrassegni
di
rincrescimento, perchè Psiche erasi dimostrata co
ne la trattenne. Ella andò a cercarlo da per tutto, nè ebbe riguardo
di
ricorrere per fino a Venere, benchè sapesse, quan
per fino a Venere, benchè sapesse, quanto era quella irritata contro
di
lei. La Dea la diede in balia di due serve, chiam
e, quanto era quella irritata contro di lei. La Dea la diede in balia
di
due serve, chiamate la Tristezza e la Solitudine,
a e l’altra avessero a sempre più cruciarla. Venere poscia le commise
di
sottop orsi a varj travagli, i quali sembravano s
ise di sottop orsi a varj travagli, i quali sembravano superiori alle
di
lei forze. Un invisibile soccorso rese Psiche cap
uperiori alle di lei forze. Un invisibile soccorso rese Psiche capace
di
eseguire tutte quelle ardue imprese ; ma avendo d
scendere nell’Inferno per raccorre in un vaso porzione della bellezza
di
Proserpina, nel ritornarsene da di là, aprì per c
in un vaso porzione della bellezza di Proserpina, nel ritornarsene da
di
là, aprì per curiosità il vaso, che dovea tenere
o dopo al Cielo, e ottenne da Giove, che Venere non si opponesse alle
di
lui nozze con Psiche. Costei finalmente fu da Mer
l 8. (b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (1). Il vero nome della nutrice
di
Nettuno era, Sinousa, ma poi fu detta Arno, perch
rino fosse una balena. La misera Esione (tal’era il nome della figlia
di
Laomedonte) legata ad un sasso sull’orlo del mare
allorchè il mostro era per divorarla, Ercole ne la liberò, perchè il
di
lei padre aveagli promesso in premio certi cavall
li d’origine divina. Restituita la figlia a Laomedonte, questi ricusò
di
dare la pattuita ricompensa. Ercole, assistito da
di dare la pattuita ricompensa. Ercole, assistito da Euripilo, figlio
di
Desameno, re d’Olene, e da Oicleo, figlio d’Anrif
o di Desameno, re d’Olene, e da Oicleo, figlio d’Anrifato o Tifato, e
di
Zeusippa, figlia d’Ippocoone, mise a sacco Troja,
e la morte a colui, prese Esione, la stabilì in moglie a Telamone, re
di
Salamina, il più caro de’suoi seguaci, e fece pri
il più caro de’suoi seguaci, e fece prigioniero anche Podarce, figlio
di
Laomedonte. Esione ricercò di poter condurre seco
fece prigioniero anche Podarce, figlio di Laomedonte. Esione ricercò
di
poter condurre secolei in Salamina il fratello, P
a, se non a patto, che Podarce avesse continuato a servire in qualità
di
schiavo, ovvero che Esione lo avesse riscattato c
olei offerì un pennacchio libero, e ricevette da quel momento il nome
di
Priamo, che conservò poi per tutto il tempo della
amo, che conservò poi per tutto il tempo della sua vita(b). Nè è fuor
di
proposito il riferire altresì a questo luogo il f
ove il fiume Criniso, convertitosi in orso o cane, la rendette madre
di
Aceste. Questi fabbricò una città, e la chiamò Se
Capricorno(d). (5). Leche e Cencreo diedero i loro nomi a due porti
di
Corinto. Cencreo rimase ucciso da Diana. Pirene p
vallo Pegaso bevette alla medesima, primachè Bellerofonte si servisse
di
lui per combattere la Chimera(e). (6). Nereo pos
di lui per combattere la Chimera(e). (6). Nereo possedeva la scienza
di
presagire le cose futute. Orazio disse ch’egli an
e cose futute. Orazio disse ch’egli annunziò a Paride tutto quel, che
di
tristo era per accadere alla sua patria a motivo
el, che di tristo era per accadere alla sua patria a motivo del ratto
di
Elena, di cui parleremo(f). Pretendesi, ch’egli s
tristo era per accadere alla sua patria a motivo del ratto di Elena,
di
cui parleremo(f). Pretendesi, ch’egli sia stato p
e, dov’erano i pomi d’oro, de’quali pur ragioneremo(b). Questo figlio
di
Nettuno per lo più soggiornava nel mare Egeo, cir
Poeti era un Nume del mare antichissimo, e creduto figlio d’Oceano e
di
Teti (d). (7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Ocea
o d’Oceano e di Teti (d). (7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Oceano e
di
Teti, e non di Nettuno e di Fenice (e). Torone gl
Teti (d). (7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Oceano e di Teti, e non
di
Nettuno e di Fenice (e). Torone gli partorì due s
7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Oceano e di Teti, e non di Nettuno e
di
Fenice (e). Torone gli partorì due scellerati fig
, egli alfine ripigliava il suo primiero aspetto, e rispondeva a ciò,
di
che veniva interrogato, come vedremo altrove. Dic
ltimo che Proteo pascesse sott’acqua le Foche, ossia i Vitelli marini
di
Nettuno (a). V’è chi lo confonde cori Vertunno, D
i, perchè anche questi prese diverse figure per conciliarsi l’affetto
di
Pomona, Dea degli orti (b). Vertunno, non avendo
amorosi eccitamenti, si trasformò anche in vecchia, entrò negli orti
di
lei, fece mostra di ammirarne la coltura, e si st
, si trasformò anche in vecchia, entrò negli orti di lei, fece mostra
di
ammirarne la coltura, e si studiò di persuadere q
ò negli orti di lei, fece mostra di ammirarne la coltura, e si studiò
di
persuadere quella Dea ad unirsi con Vertunno in m
ciò che bramava ; ma finalmente l’ottenne, quando prese le sembianze
di
vago giovine (c). Vertunno aveva in Roma un tempi
n sapeva decidere, se cosa sì nuova si fosse prodotta o dalla potenza
di
qualche Deità, o dalla efficacia di quel terreno.
si fosse prodotta o dalla potenza di qualche Deità, o dalla efficacia
di
quel terreno. Credette alfine, che nell’erbe del
e virtù ; ne gustò alcune, e tosto si sentì trasportare dal desiderio
di
cangiare natura. Non potendo più starsene fermo i
olsero gli Dei marini, e pregarono Oceano e Teti, che lo spogliassero
di
tutto ciò, ch’era mortale. Il di lui corpo fu ass
o Oceano e Teti, che lo spogliassero di tutto ciò, ch’era mortale. Il
di
lui corpo fu assoggettato alla lavanda di cento f
tto ciò, ch’era mortale. Il di lui corpo fu assoggettato alla lavanda
di
cento fiumi, ed esso divenne diverso da quel di p
ggettato alla lavanda di cento fiumi, ed esso divenne diverso da quel
di
prima (a). A Glauco si attribuiva la cognizione d
uco si attribuiva la cognizione dell’avvenire ; e dicevasi che Nereo,
di
cui abbiamo favellato, lo avesse costituito suo i
è tutto questo avvenisse, Glauco s’invaghì della bella Scilla, figlia
di
Tifone (c), o di Forco ; e vedendosene disprezzat
venisse, Glauco s’invaghì della bella Scilla, figlia di Tifone (c), o
di
Forco ; e vedendosene disprezzato, ricorse a Circ
ea e figlia del Sole, più meritamente poteva divenire l’oggetto della
di
lui tenerezza. Non ascoltò Glauco siffatte insinu
e vissuta. Circe, estremamente sensibile a questa ripulsa, si propose
di
sfogare il suo sdegno colla misera Scilla, e co’v
i teste e dodici piedi. Altri dissero, ch’ella comparve con sei reste
di
cane, e col rimanente del corpo, simile a quello
diede dodici piedi e sei teste, ciascuna delle quali aveva tre ordini
di
denti spaventevoli (a). Si aggiunse, ch’ella aves
e ordini di denti spaventevoli (a). Si aggiunse, ch’ella avesse occhi
di
fuoco, e ogni collo di talelunghezza, che poteva
ntevoli (a). Si aggiunse, ch’ella avesse occhi di fuoco, e ogni collo
di
talelunghezza, che poteva trarre a se perfino le
trate la fallacia della predizione, si appressò alle libbra una tazza
di
vino, raccolto da quella vigna. Nel momento stess
un certo a riferirgl, che un grandissimo cinghiale guastava tutta la
di
lui vigna. Anceo tosto gettò via il ticchiere, co
vicina a quella d’Egina. Cencreo ne divenne il re, e le diede il nome
di
sua madre (a). (11). Tafio ebbe per madre Ippoto
Tafio ebbe per madre Ippotoe, nata da Nestore, e da Lisidice, figlia
di
Pelope. Egli divenne re delle Isole Teleboidi, le
Pelope. Egli divenne re delle Isole Teleboidi, le quali poi dal nome
di
lui furono delle Tafie. Sposò una Ninfa, e la ren
nome di lui furono delle Tafie. Sposò una Ninfa, e la rendette madre
di
Pterelao (b). (12). Beto o Boeto, ed Eolo ebbero
ppa. Eglino erano stati esposti alle bestie feroci. Metaponte, figlio
di
Sisifo, era allora per ripudiare Teano, sua mogli
arito d’averli essa partoriti. Qualche tempo dopo colei divenne madre
di
due figli, e osservando che Metaponte amava con d
ando che Metaponte amava con della preferenza i due primi, si propose
di
farli perire. Crebbero i di lei figli naturali, e
della preferenza i due primi, si propose di farli perire. Crebbero i
di
lei figli naturali, ed ella li eccitò ad effettua
suo progetto. Trovatisi tutti quattro in un luogo solitario, i figli
di
Teano si avventarono contro gli altri due per ucc
i suoi figliuoli, li istruì della loro nascita, e della trista sorte
di
Melanippa, la quale dal giorno, in cui eglino nac
Eolo si affrettarono a liberarnela. Metaponte, conosciuta la perfidia
di
Teano, la rigettò, e prese in moglie Melanippa (c
teo ebbe per madre Celene, figlia d’Atlante(a). Secondo Ovidio era re
di
Lesbo(b) ; secondo Pausania poi era re di Tebe ne
e(a). Secondo Ovidio era re di Lesbo(b) ; secondo Pausania poi era re
di
Tebe nella Beozia(c). Sposò Amaltea Cretese, da c
asa, la abbandonò, come abbiamo altrove raccontato, a’ maltrattamenti
di
Dirce, sua moglie(e). (14). La madre di Tritone
accontato, a’ maltrattamenti di Dirce, sua moglie(e). (14). La madre
di
Tritone secondo Esiodo(f), Apollodoro(g), e quasi
Tritone, come un Dio possente, che regna negli abissi del mare, e il
di
cui uffizio principale è quello di far cessare le
regna negli abissi del mare, e il di cui uffizio principale è quello
di
far cessare le procelle. Gli Antichi lo rappresen
’ furori del padre, si precipitò nel mare, e venne portato sull’Istmo
di
Corinto. Sisifo, re di quel luogo, gli diede sepo
precipitò nel mare, e venne portato sull’Istmo di Corinto. Sisifo, re
di
quel luogo, gli diede sepoltura, instituì i prede
iede sepoltura, instituì i predetti Giuochi Istmici, e cangio il nome
di
lui in Palemone, e quello d’Ino in Leucotea. V’è
Palemone, e quello d’Ino in Leucotea. V’è chi soggiunge, che il corpo
di
Melicerta, essendo rimasto insepolto sul predetto
mare, se prima non si fossero celebrati de’ giuochi funebri in onore
di
Melicerta. Ciò si fece solamente per qualche temp
inuò. Allora fu, che nuovamente per consiglio dell’Oracolo si stabilì
di
ripigliare per sempre gli anzidetti Giuochi. Altr
i. Altri pretendono, che questi sieno stati instituiti in onore prima
di
Nettuno, e poi di Melicerta(a). Plutarco poi tutt
o, che questi sieno stati instituiti in onore prima di Nettuno, e poi
di
Melicerta(a). Plutarco poi tutto all’opposto la d
Finalmente Museo riferisce, che su quell’Istmo si facevano due sorta
di
Giuochi, l’uno per onorare Nettuno, e l’altro Mel
tennero come Divinità marine ; che a Melicerta si diede anche il nome
di
Portuno ; e ch’egli si dipinse con una chiave in
gli si offerirono in sacrifizio perfino de’ fanciulli(e). Nel tempio
di
Nettuno in Corinto Portuno aveva un altare, e una
quale pure gli si sacrificava. Qualunque spergiuro, che avesse osato
di
mettervi piede, ne restava tosto dal Nume severam
e in Roma aveva un tempio vicino al ponte Emilio, in un bosco ripieno
di
pini. Portuno ebbe altresì delle Feste, dette Por
ultima denominazione dal re de’Venti, ch’era Eolo, figlio d’Ippoto, o
di
Giove(h). Eutidemo Ateniese gli dà per madre Mene
(a). E quì parlando d’Eolo, notiamo altresì, ch’egli ebbe una figlia,
di
nome Alcione. Costei amò grandemente Ceice, il qu
sse indarno voti ed offerte, ordinò ad Iride che commettesse al Sonno
di
far sapere ad Alcione per sogno l’infortunio del
mettesse al Sonno di far sapere ad Alcione per sogno l’infortunio del
di
lei marito, Ceice. Così si fece ; Morfeo, spedito
, Ceice. Così si fece ; Morfeo, spedito dal Sonno, prese il sembiante
di
Ceice, squallido e grondante d’acqua ; e presenta
del fiume Eveno, moglie d’Ideo, e primieramente chiamata Marpesia. Il
di
lei marito usò dell’arco e delle saette per riave
ebbe un’altra figlia, detta Tanagre, la quale sposò Pemandro, figlio
di
Cheresilao, e visse sì lungo tempo, che acquistò
lio di Cheresilao, e visse sì lungo tempo, che acquistò il soprannome
di
Grea, ossia Vecchia (a). Notiamo per ultimo ; che
nere, affinchè non nuocesse. Ella aveva un tempio nella prima Regione
di
Roma(c). Anche Panda o Pantica fu da’ Romani tenu
inarono tale dall’aprire ch’ella faceva le porte delle città in tempo
di
pace(e). Elio, citato da Varrone(f), crede, ch’el
eor. (d). Nat. Com. Mythol. l. 4. (e). Suid. (1). Gli abitanti
di
Aliarte, città della Beozia, alzarono un tempio a
ia e Aulide, figlie d’Ogige(a). (a). Paus. l. 8. (2). Eneo, figlio
di
Partaone, e re d’Etolia, celebrò una festa in ono
. Eneo, figlio di Partaone, e re d’Etolia, celebrò una festa in onore
di
tutti gli Dei per ringraziarli dell’abbondante ra
o degli altri Numi ne fu onorato con vittime e incensi. I soli altasi
di
Diana erano restati negletti. La Dea, spinta dall
stare i Territorj d’Etolia. Meleagro, figliuolo dell’anzidetto Eneo e
di
Altea, colla più scelta gioventù si accinse a far
far argine a tanta rovina. Comparve tra quelli anche Atalanta, figlia
di
Jasio, o Scheneo, re degli Argivi. Era questa mol
o. Un’orsa la aveva allattata, ed ella erasi consecrata agli esercizj
di
Diana. Nella selva Calidonia si raccolsero i pred
te colpì con una saetta la fiera sotto un orecchio, e ne vide asperso
di
sangue l’ispido corpo. Se fastosa ne andava la gi
scambievolmente, scagliarono le loro frecce con disordine e pericolo
di
nuocere l’uno all’altro. A Meleagro finalmente ri
e e pericolo di nuocere l’uno all’altro. A Meleagro finalmente riuscì
di
uccidere l’orrendo Cinghiale con uno spiedo, stro
e l’orrendo Cinghiale con uno spiedo, stromento, usato da’ cacciatori
di
fiere. Ei chiamò a parte della sua gloria Atalant
vennero per invidia tolte alla giovine da Plesippo e Tosseo, fratelli
di
Altea, madre di Meleagro. Meleagro non potè compo
dia tolte alla giovine da Plesippo e Tosseo, fratelli di Altea, madre
di
Meleagro. Meleagro non potè comportare l’affronto
i Meleagro. Meleagro non potè comportare l’affronto, e privò Plesippo
di
vita. Uccise pure Tosseo, accorso a prestare socc
o a prestare soccorso al fratello. La fama divulgatasi della vittoria
di
Meleagro avea mosso Altea a rere ne’ tempj prezio
eleagro avea mosso Altea a rere ne’ tempj preziosi doni in rendimento
di
grazie a’ Numi. Ad amareggiare il di lei contento
empj preziosi doni in rendimento di grazie a’ Numi. Ad amareggiare il
di
lei contento si presentarono agli occhi suoi i ca
eggiare il di lei contento si presentarono agli occhi suoi i cadaveri
di
Plesippo e di Tosseo, che si portavano a seppelli
lei contento si presentarono agli occhi suoi i cadaveri di Plesippo e
di
Tosseo, che si portavano a seppellire in città. C
ell’autore dello scempio, che al cordoglio sottentrò un genio barbaro
di
vendetta. Ella si ricordò, che nell’istante di pa
entrò un genio barbaro di vendetta. Ella si ricordò, che nell’istante
di
partorire Meleagro, le Parche le aveano manifesta
nte di partorire Meleagro, le Parche le aveano manifestato il destino
di
quel fanciullo. Cloto le disse, ch’egli sarebbesi
n nome col suo coraggio ; Lachesi soggiunse, che sarebbe stato dotato
di
straordinaria fortezza ; e Atropo, gettato ad ard
ad ardere un tronco nel fuoco, dichiarò che Meleagro avrebbe cessato
di
vivere, qualora quel tronco si fosse ridotto in c
qualora quel tronco si fosse ridotto in cenere. Si ricordò altresì la
di
lui madre, ch’ella, balzata tosto di letto, avea
in cenere. Si ricordò altresì la di lui madre, ch’ella, balzata tosto
di
letto, avea sottratto il tizzone alle fiamme, e i
, e il teneva custodito con tutta gelosia in un luogo secreto. Memore
di
tutto ciò, e trasportata dal furore, gettò nel fo
bbruciarlo. Lontano si trovava allora il figlio, e niente consapevole
di
sua sciagura, quando all’improvviso si sentì arde
erna violentissima fiamma. Non ne comprendeva la causa, e si studiava
di
superare col coraggio lo spasimo. Finalmente al l
’orrore e dal rimorso della sua colpa trafittasi il petto, mancò pure
di
vita. Furono indicibili i lamenti e la smanie del
ò pure di vita. Furono indicibili i lamenti e la smanie delle sorelle
di
Meleagro, dette Meleagridi. Fu altresì estrema la
Meleagridi. Fu altresì estrema la desolazione della bella Cleopatra,
di
lui moglie, e figlia d’Ida e di Marpesa. Ella fu
la desolazione della bella Cleopatra, di lui moglie, e figlia d’Ida e
di
Marpesa. Ella fu soprannominata Alcione, perchè,
ne, avea pianto la morte del suo marito. Diana alla fine, soddisfatta
di
tali e tante vendette, convertì le Meleagridi in
ea, Eneo prese in moglie Peribea, figlia d’Ipponoo, che divenne madre
di
Tideo, padre di Diomede. Eneo poi dopo la morte d
n moglie Peribea, figlia d’Ipponoo, che divenne madre di Tideo, padre
di
Diomede. Eneo poi dopo la morte di Meleagro fu de
che divenne madre di Tideo, padre di Diomede. Eneo poi dopo la morte
di
Meleagro fu detronizzato, e scacciato dal regno p
la morte di Meleagro fu detronizzato, e scacciato dal regno per opera
di
Agrio, suo cugino. Fu in seguito ristabilito sul
nuove sciagure, lasciò il governo ad Andremone, suo genero, e stabilì
di
ritirarsi nell’Argolide. Morì per viaggio, e il s
te in una città del Territorio d’ Argo, la quale portò poscia il nome
di
Enea (a). (b). Rhod. 14. (3). Non si sa, se qu
me di Enea (a). (b). Rhod. 14. (3). Non si sa, se quel Callicrate,
di
cui si parlò, fosse quel medesimo, il quale fece
e sotto l’ala d’una mosca ; scrisse dei versi d’ Omero sopra un grano
di
miglio ; e fermò delle formiche, di cui non era p
dei versi d’ Omero sopra un grano di miglio ; e fermò delle formiche,
di
cui non era possibile distinguerne le membra (b).
2. (a). Ovid. Met. l. 6. (4). Era cattivo augurio, quando le tele
di
ragno si attaccavano alle Insegne militari (c).
chaeol. Graec. l. 2. (7). Gli Ateniesi solevano descrivere nel Peplo
di
Minerva anche i nomi de’ benemeriti della Repubbl
oeti aggiungono che Erittonio, avendo osservato ch’egli aveva i piedi
di
dragone, percelare la sua deformità, inventò, l’u
. Ovid. Met. 2. (10). Altri ad altra cagione attribuiscono la morte
di
Aglauro o Agraulo. Pretendesi, che sotto il regno
uiscono la morte di Aglauro o Agraulo. Pretendesi, che sotto il regno
di
Cecrope una crudele malattia desolasse Atene. L’O
molarsi pel pubblico bene. Aglauro lo fece col precipitarsi dall’alto
di
una torre. Gli Ateniesi per riconoscenza le innal
un tempiob. Ella ebbe pure onori divini e vittime umane in Ciproc. A
di
lei onore si celebrarono altresì le Feste Plinter
altresì le Feste Plinterie, al tempo delle quali, si lavava la statua
di
Minerva, e il tempio di questa Dea stava chiuso i
ie, al tempo delle quali, si lavava la statua di Minerva, e il tempio
di
questa Dea stava chiuso in Atene. I giorni di que
di Minerva, e il tempio di questa Dea stava chiuso in Atene. I giorni
di
quelle Feste erano riputati funesti. Parimenti si
quelle Feste erano riputati funesti. Parimenti si celebrava in onore
di
Erse la Festa Arreforia, di cui abbiamo parlato,
funesti. Parimenti si celebrava in onore di Erse la Festa Arreforia,
di
cui abbiamo parlato, e la quale perciò diceasi an
ia, e Procride. Elleno sì strettamente si amavano, che aveano giurato
di
non sopravvivere le une alle altre. Il padre sacr
i stessi popoli ogni anno gli sacrificavano tori e agnelli nel tempio
di
Minerva (b). Egli, come riferisce lo Scoliaste di
agnelli nel tempio di Minerva (b). Egli, come riferisce lo Scoliaste
di
Apollonio, ebbe anche un figlio, di nome Falero,
Egli, come riferisce lo Scoliaste di Apollonio, ebbe anche un figlio,
di
nome Falero, che fu uno degli Argonauti. Questi,
n figlio, di nome Falero, che fu uno degli Argonauti. Questi, al dire
di
Pausania, fu autore di quel porto in Atene, che f
o, che fu uno degli Argonauti. Questi, al dire di Pausania, fu autore
di
quel porto in Atene, che fu poi detto Falereo (c)
loro Deità acquistassero forma umana, adoravano Marte sotto la figura
di
un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella di
rte sotto la figura di un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella
di
una spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribuito
a, come facevano gli Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi
di
Quirite, attribuito a Marte, anche Romolo, di lui
spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribuito a Marte, anche Romolo,
di
lui figliuolo, si chiamò Quirino. Altri soggiungo
chiamò Quirino. Altri soggiungono, che un certo Giulio Proculo, uomo
di
singolare probità, testificò dopo la morte di Rom
to Giulio Proculo, uomo di singolare probità, testificò dopo la morte
di
Romolo al Senato, ch’egli lo avea veduto rivestit
e d’ esserne il protettore ; conchiuse, che Romolo medesimo ricercava
di
venire adorato da’ suoi sotto il nome di Quirino.
he Romolo medesimo ricercava di venire adorato da’ suoi sotto il nome
di
Quirino. Così fu : i Romani gl’ inalzarono un tem
r anche le Feste e i sacrifizj, che ogni anno si celebravano in onore
di
Romolo (b). Al tempo di quelle Feste supplivano a
rifizj, che ogni anno si celebravano in onore di Romolo (b). Al tempo
di
quelle Feste supplivano alla loro mancanza quegli
. (2). L’espiazione, o lustrazione, generalmente presa, era un atto
di
Religione, stabilito per purificare i rei e tutto
ndo. Essa poi venne usata anche in molte altre circostanze. Il timore
di
qualche pubblica calamità, e la speranza di placa
re circostanze. Il timore di qualche pubblica calamità, e la speranza
di
placare gli Dei irati introdussero varie sorti di
mità, e la speranza di placare gli Dei irati introdussero varie sorti
di
tali ceremonie. Il Senato in Roma all’ apparire d
ussero varie sorti di tali ceremonie. Il Senato in Roma all’ apparire
di
qualche terribile prodigio consultava i Libri Sib
rdinava digiuni, giuochi, pubbliche preci, sacrifizj, ed altri indizj
di
universale dolore e costernazione. Non altrimenti
All’ espiazioni dovea parimenti sottoporsi chi s’iniziava ne’ Misterj
di
Religione, o celebrava le nozze, o intraprendeva
o intraprendeva qualche viaggio. Non avveniva per ultimo cosa alcuna
di
cattivo augurio, per cui non si ricorresse all’ e
fitta, data a’ Volsci, per comando del Console consacrò a Lua le armi
di
coloro, ch’ erano rimasti morti sul campo, onde c
. Anche Bellona aveva i suoi Sacerdoti. Questi si chiamavano dal nome
di
lei Bellonarj, e assumevano il loro ministero con
e tutti i partiti, ed erano adorati da tutte le Nazioni (c). Il culto
di
Bellona, se era celebre in Roma, molto più lo fu
ia, ove questa Dea era tenuta come una delle principali Divinità, e i
di
lei Sacerdoti erano i più considerati dopo i Re (
va sulla condotta de’ cittadini(h). Il medesimo si raccoglieva sempre
di
notte, onde nè l’accusatore, nè l’accusato colla
ero produrre alcuna alterazione sull’ animo de’ giudici(i). In faccia
di
questi v’erano due sedie d’argento, sopra le qual
è si leggevano le leggi, citate dagli Oratori, si sospendeva il corso
di
quella (b). A lato del medesimo Tribunale v’ eran
tenze. Gli Areopagiti da prima si radunavano solo i tre ultimi giorni
di
ciascun mose. Chiunque compariva dinanzi ad essi,
l’una chiamata della morte, e l’altra della misericordia (d). In caso
di
dissensione vi si aggiungeva in favore dell’ accu
caso di dissensione vi si aggiungeva in favore dell’ accusato il voto
di
Minerva, così denominato, perchè secondo un’ anti
one quella Dea avea dato il suo voto favorevole per decidere la causa
di
Oreste, di cui parleremo, e ch’ era rimasta indec
Dea avea dato il suo voto favorevole per decidere la causa di Oreste,
di
cui parleremo, e ch’ era rimasta indecisa dall’ u
gli Areopagiti (e). (c). Paus. l. 1., Apollod. l. 3. (7). La morte
di
Allirrozio si racconta anche in altro modo. Dices
rozio si racconta anche in altro modo. Dicesi ch’ egli erasi proposto
di
vendicare il padre suo, vinto da Minerva, allorch
gli ulivi, giacchè questi erano sacri a quella Dea. Ma la scure cadde
di
mano ad Allirrozio, e sì lo ferì, che perdette la
picchio era singolarmente venerato da’ Romani anche perchè un uccello
di
questa spezie portò un giorno nel suo becco di ch
nche perchè un uccello di questa spezie portò un giorno nel suo becco
di
che mangiare a Remo e a Romolo (b) (e). Declau
nace. L’uno presiedeva a’ focolari, i quali anticamente erano formati
di
mattoni, detti da’ Latini lateres (a) ; l’altra a
atini lateres (a) ; l’altra a’ forni. Numa Pompilio instituì in onore
di
Fornace le Feste Fornacali, al tempo delle quali
crificavano un cane e una pecora. Fu ad esse eretto fuori della città
di
Roma un tempio per voto, fatto da T. Ostilio, qua
o per la deformità della sua bocca(e). (4). Ceculo fu creduto figlio
di
Vulcano, perchè fu concepito in forza d’una favil
ulcano, perchè fu concepito in forza d’una favilla, che volò nel seno
di
sua madre, mentre questa stava appresso il fuoco.
zioni preliminari. G li Eroi, chiamati anche Semidei o Semoni, si
di
evano quegli uomini, de’ quali era stata illustre
ili le azioni. L’essere disceso da qualche Divinità, l’essere fornito
di
straordinario valore, l’aver fondato qualche citt
determinati tempi delle libazioni, e ad offerire dei doni (b). Ognuno
di
que’ sepolcri si appellava Monumento eroice, ed e
fassa(a) (1), e da Aganore, ro de’ Fenicj. Altri dicono, che la madre
di
Cadmo fu la Ninfa Melia(b) ; ed altri soggiungono
dopo si abbattè appresso la fonte Turia in una giovenca dell’armento
di
Pelagonte, la seguì sino nella Focide, ov’essa si
elagonte, la seguì sino nella Focide, ov’essa si fermò. La prima cura
di
lui fu quella di sacrificare quella giovenca agli
ì sino nella Focide, ov’essa si fermò. La prima cura di lui fu quella
di
sacrificare quella giovenca agli Dei patrj di que
a cura di lui fu quella di sacrificare quella giovenca agli Dei patrj
di
quel luogo. Commise pertanto a’suoi seguaci di ce
iovenca agli Dei patrj di quel luogo. Commise pertanto a’suoi seguaci
di
cercare acqua da qualche sorgente vicina. Non mol
n molto lungi eravi un’antica boscaglia. In un antro, posto nel mezzo
di
quella, v’avea purè una fontana. Là si avviarono
à si avviarono i Fenicj ; e al loro rumore ne uscì un Dragone, figlio
di
Marte e di Venere, il quale stava ivi appiattato,
ono i Fenicj ; e al loro rumore ne uscì un Dragone, figlio di Marte e
di
Venere, il quale stava ivi appiattato, e li uccis
rpreso Cadmo, perchè i compagni non mai ritornavano a lui, risolvette
di
rintracciare di loro. Entro nel bosco, li trovò t
rchè i compagni non mai ritornavano a lui, risolvette di rintracciare
di
loro. Entro nel bosco, li trovò tutti distesi sul
e vide il mostro, che ne lambiva le fresche ferite. S’accese l’ Eroe
di
furore, vibrò un dardo contro il Dragone, lo ucci
di furore, vibrò un dardo contro il Dragone, lo uccise, e per comando
di
Pallade ne seminò i denti(a). Ne nacquero molti u
a avvertì allora Cadmo, che con una pietra nascostamente colpisse uno
di
coloro. Quegli, cui essa arrivò, credendo che fos
o. Quegli, cui essa arrivò, credendo che fosse stata scagliata contro
di
lui da uno de’suoi fratelli, si avventò contro lo
lui da uno de’suoi fratelli, si avventò contro lo stesso, e lo privò
di
vita. A tale vista insorsero tutti gli altri ; e
nel fango ; ed estraendolo, ne sortì un fiume, che fu chiamato Piede
di
Cadmo (a). Cadmo prese in moglié Ermione, detta a
quelle nozze scesero dal Cielo tutti gli Dei, e ricolmarono la sposa
di
doni. Da quel matrimonio nacquero un maschio, di
ricolmarono la sposa di doni. Da quel matrimonio nacquero un maschio,
di
nome Polidoro, e quattro femmine, che si denomina
, poteva chiamarsi felice. La gloria d’aver ucciso l’orribile bestia,
di
aver fondato una cospicua città, e d’aver consegu
ttà, e d’aver conseguito sì illustre sposa, dovea riuscir gli oggetti
di
somma compiacenza. Ma n’uno può dirsi beato, prim
li occhi alla luce del giorno. Ad amareggiare la tranquillità e gioja
di
lui questo Eroe tali e tanti disastri sorpresero
illità e gioja di lui questo Eroe tali e tanti disastri sorpresero la
di
lui famiglia, ch’egli non potè più reggere all’ e
iglia, ch’egli non potè più reggere all’ eccedente dolore(6). Autrice
di
que’mali fu Giunone, la quale non poteva mirare d
dolore(6). Autrice di que’mali fu Giunone, la quale non poteva mirare
di
buon occhio la felicità di Cadmo, perchè era frat
ali fu Giunone, la quale non poteva mirare di buon occhio la felicità
di
Cadmo, perchè era fratello di Europa. Cadmo però
oteva mirare di buon occhio la felicità di Cadmo, perchè era fratello
di
Europa. Cadmo però attribuì tutte le sue seiagure
ensiero, che il Dragone, da lui ucciso, fosse vissuto sotto la tutela
di
qualche Deità, e che per tale motivo gli forsero
stacciato da Ansene e da Zete(b). Perseo. PErseo fu figliuolo
di
Giove e di Danae, nata da Euridice e da Acrisiore
da Ansene e da Zete(b). Perseo. PErseo fu figliuolo di Giove e
di
Danae, nata da Euridice e da Acrisiore d’Argo. Qu
alcun figliuolo, intese, che non ne avrebbe alcuno, e che in vece un
di
lui nipote lo ucciderebbe. Per impedire la verioc
to vaticinio. Acrisio rinchiuse la sua figliuola, Danao, in una torre
di
bronzo(1). Giove però, invaghitosi della di lei b
uola, Danao, in una torre di bronzo(1). Giove però, invaghitosi della
di
lei bellezza, si cangiò in pioggia d’oro ; penetr
penetrò, ove la giovine si custodiva ; e fece sì, che divenisse madre
di
Perseo(2). Acrisio, come ne venne in cognizione,
e il bambino, da lei partorito. Eglino vennero portati sulle spiaggie
di
Serifo, una delle Isole Cicladi(3). Un pescatore,
olse, e li presentò a Polidette, che ivi regnava(4). Questi s’invaghì
di
Danae, e avendo timore di Perseo, volle allontana
dette, che ivi regnava(4). Questi s’invaghì di Danae, e avendo timore
di
Perseo, volle allontanarlo da se. Sotto pretesto
nto alle spiaggie della Libia, quella deforme testa versò delle gocce
di
sangue su quelle arene, che fecondate produssero
gocce di sangue su quelle arene, che fecondate produssero gran copia
di
serpenti, i quali da di là si propagarono anche n
le arene, che fecondate produssero gran copia di serpenti, i quali da
di
là si propagarono anche nelle altre parti del Men
la Mauritania, dominata da Atlante. Questi oltre a parecchie migliaja
di
greggi e armenti possedeva degli orti, preziosi p
lberi, le foglie e frutta de’ quali erano d’oro. Perseo pregò quel re
di
accoglierlo appresso di se fino alla nuova aurora
a de’ quali erano d’oro. Perseo pregò quel re di accoglierlo appresso
di
se fino alla nuova aurora, manifestandogli, ch’eg
di se fino alla nuova aurora, manifestandogli, ch’egli era figliuolo
di
Giove. Memore Atlante d’aver inteso da un antico
figliuolo di Giove. Memore Atlante d’aver inteso da un antico Oracolo
di
Temi, che un figlio di Giove gli avrebbe tolti i
ore Atlante d’aver inteso da un antico Oracolo di Temi, che un figlio
di
Giove gli avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardin
Giove gli avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardini, M avea ben chiusi
di
mura, e affidati alla guardia d’un Dragone, tenen
ce per discacciare Perseo dal suo Regno. Questi gli presentò la testa
di
Medusa, la quale, come abbiamo detto, avea la vir
sentò la testa di Medusa, la quale, come abbiamo detto, avea la virtù
di
cangiare in pietra chiunque la rimirava. La vide
tiopi, popoli barbari, governati da Cefeo. Era allora, quando superba
di
se stessa Cassiope, moglie di quel re, avea osato
ti da Cefeo. Era allora, quando superba di se stessa Cassiope, moglie
di
quel re, avea osato di deridere le Nereidi. Quest
, quando superba di se stessa Cassiope, moglie di quel re, avea osato
di
deridere le Nereidi. Queste Ninfe se ne dolsero c
re le Nereidi. Queste Ninfe se ne dolsero con Nettuno, e lo pregarono
di
vendicarle. Il Dio del mare mandò un mostro a dev
Passò per colà Perseo, mentre andava sollevandosi sulle acque contro
di
lei l’anzidetta bestia. Ei piombò su quel mostro,
sse coll’asta, che gli tolse intieramente la vita. Risuonarono allora
di
liete acclamazioni quelle rive ; Cefeo e Cassiope
quelle rive ; Cefeo e Cassiope corsero ad abbracciare il prode figlio
di
Danae, e gli offerirono Andromeda in moglie. Pers
fferirono Andromeda in moglie. Perseo, volendo lavarsi le mani, tinte
di
sangue, depose la testa della Gorgone sopra certi
i, divennero duri e inflessibili. Stupefatte le Ninfe marine, e vaghe
di
rinovarne l’esperimento con altre verghe, egualme
fresche, osservarono lo stesso fenomeno, talchè si fecero un piacere
di
formarne una sementa nel fondo del mare(7). Perse
poscia in matrimonio con Andromeda : e fu allora, che Fineo, fratello
di
Cefeo, intollerante di vedere divenuta sposa di u
n Andromeda : e fu allora, che Fineo, fratello di Cefeo, intollerante
di
vedere divenuta sposa di uno straniero quella gio
, che Fineo, fratello di Cefeo, intollerante di vedere divenuta sposa
di
uno straniero quella giovine, di cui egli ne ambi
ntollerante di vedere divenuta sposa di uno straniero quella giovine,
di
cui egli ne ambiva il possesso, assistito da varj
i cui egli ne ambiva il possesso, assistito da varj partigiani, tentò
di
rapirla dalle mani di Perseo ; ma l’Eroe parte di
l possesso, assistito da varj partigiani, tentò di rapirla dalle mani
di
Perseo ; ma l’Eroe parte di coloro ne uccise, par
j partigiani, tentò di rapirla dalle mani di Perseo ; ma l’Eroe parte
di
coloro ne uccise, parte ne cangiò in sassi(a). Ov
avea scacciato Acrisio dal regno d’Argo(c). Ricornò poscia nell’isola
di
Serifo, e ne convertì pure in sassi tutti gli abi
tti gli abitanti(d), e Poliderte stesso, il quale per invidia tentava
di
nuocere alla di lui gloriosa riputazione(e). Altr
(d), e Poliderte stesso, il quale per invidia tentava di nuocere alla
di
lui gloriosa riputazione(e). Altri dicono, che Po
rissa, città de’ Pelasgi, si celebravano dei giuochi funebri in onore
di
Polidette, anch’ egli vi concorse, e molto vi si
chi v’assisteva pure Acrisio, il quale alla prima notizia dell’arrivo
di
Perseo nel Peloponneso avea abbandonata la città
e ciò, che l’Oracolo aveagli predetto. Avvenne, che il Disco, gettato
di
tutta forza da Perseo, lo colpì nel capo, e lo uc
tal’estremo dolore, che rinunziò il trono d’Argo a Megapente, figlio
di
Preto, e si portò a fabbricare la città di Micene
d’Argo a Megapente, figlio di Preto, e si portò a fabbricare la città
di
Micene(g). Dal matrimonio di Perseo con Andromeda
Preto, e si portò a fabbricare la città di Micene(g). Dal matrimonio
di
Perseo con Andromeda nacequaro Perse(8), Stenelo(
, e molti altri figliuoli, e una figlia, detta Gorgofone(13). Il fine
di
Perseo fu, che Megapente, figlio di Preto, per ve
lia, detta Gorgofone(13). Il fine di Perseo fu, che Megapente, figlio
di
Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io pr
di Perseo fu, che Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte
di
suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Ar
pente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io privò
di
vita. Que’ di Micene, d’Argo, e di Serifo gli alz
di Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io privò di vita. Que’
di
Micene, d’Argo, e di Serifo gli alzarone degli cr
re la morte di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Argo, e
di
Serifo gli alzarone degli croici monumenti. Atene
bbricò un tempio(a). Uno pure gli venne eretto in Egitto, nella città
di
Chemmis, vicino a quella di Tebe(b), Dicesi per u
e gli venne eretto in Egitto, nella città di Chemmis, vicino a quella
di
Tebe(b), Dicesi per ultimo, che Perseo, Andromeda
ve formano altrettante Costellazioni(c). Giasone. TIro, figlia
di
Salmoneo, re d’Elide, si rendette da Nettuno, tra
dette da Nettuno, trasformato nel fiume Enipeo, cui ella amava, madre
di
due figli, Pelia e Neleo. Ella poco tempo dopo sp
Pelia e Neleo. Ella poco tempo dopo sposò Creteo, figlio d’Eolo, e re
di
Iolco. Nacque da quel matrimonio Esone (a). Pelia
rimonio Esone (a). Pelia, divenuto grande, s’impadronì, dopo la morte
di
Creteo, del regno di Iolco, che apparteneva ad Es
lia, divenuto grande, s’impadronì, dopo la morte di Creteo, del regno
di
Iolco, che apparteneva ad Esone. Temendo, che la
gnudo (b). Fu per questo, che Esone, avendo avuto da Alcimede, figlia
di
Filaco(1), un figlio, sparse voce, che quello app
sul monte Pelio appresso il Centauro Chirone. Questi prese cura della
di
lui educazione, gl’insegnò molte scienze, e spezi
lte scienze, e spezialmente la medicina : lo che gli acquistò il nome
di
Giasone(c). Alcuni la discorrono diversamente : E
amente : Esone, dicono, trovandosi vicino a morte, affidò la custodia
di
Giasone al fratello Pelia, e a questo pure rinunz
ualora questi fosse divenuto idoneo a governare. Alcimede non si fidò
di
Pelia, e fece passare il figlio appresso Chirone.
e fece passare il figlio appresso Chirone. Il giovine, giunto all’età
di
vent’ anni, lasciò l’antro del Centauro, e si por
Giunone, da lui non conosciuta, perchè ella aveva preso le sembianze
di
vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue
iuta, perchè ella aveva preso le sembianze di vecchia. Egli si offerì
di
trasferirla sulle sue spalle al di là di quelle a
mbianze di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue spalle al
di
là di quelle acque ; e allora vi perdette un calz
e di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue spalle al di là
di
quelle acque ; e allora vi perdette un calzare. A
in Iolco ; e Pelia, al vederlo con un piede ignudo, si rammentò tosto
di
ciò, di cui l’Oracolo avealo minacciato(a). Tentò
; e Pelia, al vederlo con un piede ignudo, si rammentò tosto di ciò,
di
cui l’Oracolo avealo minacciato(a). Tentò quindi
Tentò quindi ogni mezzo onde farlo perire. A tale oggetto gli propose
di
segnalarsi in un’impresa quanto gloriosa, altrett
mpresa consisteva nel trasferirsi in Coleo a vendicare Frisso, figlio
di
Atamante, e nipote d’Eolo, che ivi era stato mass
e il Tosone, o Vello d’oro(4), che Frisso stesso avea colà portato, e
di
cui Eeta, figlio del Sole, e della Ninfa Perseide
tato, e di cui Eeta, figlio del Sole, e della Ninfa Perseide(5), e re
di
quel paese, erasi impadronito(c). Varie strane co
o primieramente rendere mansueti due feroci toti, che avevano i piedi
di
bronzo ; e mandavano fuoco dalla bocca e dalle na
ini armati, che da quel seme etano per mascere (d) (7). Giasone avido
di
gloria, si acciuse al proposto cimento. Prima di
) (7). Giasone avido di gloria, si acciuse al proposto cimento. Prima
di
spiegare le vele a’ venti, fece ergere sulle spia
ti, fece ergere sulle spiaggie un’ara, sopra la quale vi sparse fiore
di
farina, mescolato con olio e mele, e poscia immol
olò due tori a Nettuno e alle altre Deità, che potevano favorire alla
di
lui navigazione(a). Non intraprese poi solo l’ero
recia si unirono seco lui, per cogliere anch’ eglino quell’ occasione
di
segnalare il loro valore (b). Essi furono detti A
no detti Argonauti, perchè montarono una nave, detta Argo(8) dal nome
di
quello, che avoala fabbricata(c) (9). I più famos
store e Polluce, de’ quali parleremo altrove : inoltre si fa menzione
di
Tifi(10), di Linceo, figlio d’Afareo(11), d’Orfeo
ce, de’ quali parleremo altrove : inoltre si fa menzione di Tifi(10),
di
Linceo, figlio d’Afareo(11), d’Orfeo(12), di Mops
fa menzione di Tifi(10), di Linceo, figlio d’Afareo(11), d’Orfeo(12),
di
Mopso(13), d’Idmone(14), d’Ercole(15), di Echione
d’Afareo(11), d’Orfeo(12), di Mopso(13), d’Idmone(14), d’Ercole(15),
di
Echione(16), di Testore(17), e d’Ificlo(18). Il v
’Orfeo(12), di Mopso(13), d’Idmone(14), d’Ercole(15), di Echione(16),
di
Testore(17), e d’Ificlo(18). Il viaggio non sempr
aggio non sempre riuscì loro folice. Una procella li portò all’ Isola
di
Lenno. Là Giasone si affezionò ad Ipsipile, figli
ortò all’ Isola di Lenno. Là Giasone si affezionò ad Ipsipile, figlia
di
Toante, la quale ivi regnava, e la rendette madre
Ipsipile, figlia di Toante, la quale ivi regnava, e la rendette madre
di
due figliuoli. Egli le avea giurato, che dopo la
, che dopo la conquista del Vello d’oro sarebbesi restituito appresso
di
lei ; ma l’essersi poscia invaghito di Medea come
sarebbesi restituito appresso di lei ; ma l’essersi poscia invaghito
di
Medea come testè diremo, fece sì, che obbliò il d
no si trasferì a Cizico, città situata a’ piedi del monte Dindimo, il
di
cui re era Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (
à situata a’ piedi del monte Dindimo, il di cui re era Cizico, figlio
di
Eneo e di Eneta(e) (19). Quel Principe accolse gl
a’ piedi del monte Dindimo, il di cui re era Cizico, figlio di Eneo e
di
Eneta(e) (19). Quel Principe accolse gli Argonaut
) (19). Quel Principe accolse gli Argonauti gentilmente, e li ricolmò
di
doni Nella notte, che seguì il giorno della lofo
re nel medesimo porto. Cizico, credendo, ch’eglino fossero i Pelasgi,
di
lui nemici, dichiarò loro la guerra, nella quale
lzò un tempio sul monte Dindimo, donde derivò alla stessa Dea il nome
di
Dindimena(a).Un contrario vento spinse pure la na
tonide. Un Tritone comparve allura a que’ viaggiatori sotto la figura
di
un giovine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di
tori sotto la figura di un giovine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo
di
aver donato loro una gleba di terra, ad essi pure
vine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di aver donato loro una gleba
di
terra, ad essi pure additò la via di uscire senza
po di aver donato loro una gleba di terra, ad essi pure additò la via
di
uscire senza pericolo dal luogo, ove si trovavano
trovavano. Giasone lo ricompensò, regalandogli un bellissimo tripode
di
rame. Il Tritone lo ripose in un tempio, a lui co
tempio, a lui consecrato, e predisse a Giasone, che quando alcuno de’
di
lui discendenti lo avrebbe tolto, si sarebbono fa
e il loro cammino, lo stesso Tritone staccè uno de’ cavalli dal carro
di
Nettuno, e lo mandò innanzi ad essi, affinchè fos
dal carro di Nettuno, e lo mandò innanzi ad essi, affinchè fosse loro
di
sicura guida (b). Giunse finalmente Giasone in Co
nte Giasone in Colco, ove si abbattè nella famosa Maga, Medea, figlia
di
Eeta(20), mentre colei avviavasi verso un antico
avasi verso un antico altare, cretto ad Ecate nella parte più occulta
di
un bosco. L’età, la condizione, e sopra tutto l’a
opra tutto l’avvenente aspetto del Tessalo Eroe destarono nell’ animo
di
quella giovine ardente fiamma d’amore. Ella promi
no nell’ animo di quella giovine ardente fiamma d’amore. Ella promise
di
assisterlo nell’arduo cimento, purchè avesse volu
l’arduo cimento, purchè avesse voluto sposarla. Giasone alle promesse
di
nozze v’aggiunse i più solenni giuramenti. Medea
coll’uso delle quali ei potesse riuscire nella propostasi impresa. Il
di
seguente all’apparite dell’aurora si adunò immens
i seguente all’apparite dell’aurora si adunò immenso popolo nel campo
di
Marte, e al cenno del re comparvero i tori co’ pi
olo nel campo di Marte, e al cenno del re comparvero i tori co’ piedi
di
bronzo. A vista di quelli ognuno tremò di spavent
rte, e al cenno del re comparvero i tori co’ piedi di bronzo. A vista
di
quelli ognuno tremò di spavento : il solo Giasone
comparvero i tori co’ piedi di bronzo. A vista di quelli ognuno tremò
di
spavento : il solo Giasone videsi imperturbabile
tro Giasone. L’Eroe scagliò nel mezzo loro una grossa pietra, per cui
di
tale furore si accesero, che, abbandonato l’assak
per cui di tale furore si accesero, che, abbandonato l’assako contro
di
lui, si azzuffarono fra loro medesimi, e in breve
breve tempo l’un dopo l’altro caddero sul terreno estinti. Apollonio
di
Rodi, per sempre più rendere glorioso il nome di
o estinti. Apollonio di Rodi, per sempre più rendere glorioso il nome
di
Giasone, dice, ch’eglipure, da che cominiciarono
a vicendevolmente battersi, si mescolò tra coloro, e molti ne uccise
di
propria mano. Impadronitosi del Vello d’oro, in c
e uccise di propria mano. Impadronitosi del Vello d’oro, in compagnia
di
Medea, la quale aveva seco portato via una parte
co portato via una parte de’ paterni tesori, sciolse le vele dal lido
di
Colco (a) (21). Eeta lo inseguì, nè Giasone avreb
ccolo suo fratello, Absirto, chiamato anche Egialeo (a), nato al dire
di
Apollonio da Asteroclea(b), o da Eurilite, come r
a quà e là per la via, per cui Eeta era per passare, affinchè la cura
di
raccogliere quelle, e ’l dolore, che a vista del
unesto spettacolo lo avrebbono sorpreso, ritardassero la rapidità del
di
lui corso(c) (22). Gli Argonauti, pervenuti nell’
pidità del di lui corso(c) (22). Gli Argonauti, pervenuti nell’ Isola
di
Eea appresso di Circe, sorella di Eeta, vi si fec
i corso(c) (22). Gli Argonauti, pervenuti nell’ Isola di Eea appresso
di
Circe, sorella di Eeta, vi si feceto espiare dell
li Argonauti, pervenuti nell’ Isola di Eea appresso di Circe, sorella
di
Eeta, vi si feceto espiare dell’ uccisione di Abs
resso di Circe, sorella di Eeta, vi si feceto espiare dell’ uccisione
di
Absirto senza darsi a conoscere. Circe medesima p
. Circe medesima presiedette a’ sacrifizj, fece le libazioni in onore
di
Giove Espiatore, e placò con preghiere le Furie v
lco. Accorsero in folla i popoli al loro sbarco, e risuonarono i lidi
di
liete acclamazioni. Esone solo, padre di Giasone,
sbarco, e risuonarono i lidi di liete acclamazioni. Esone solo, padre
di
Giasone, non potè gustare la gioja di quelle fest
acclamazioni. Esone solo, padre di Giasone, non potè gustare la gioja
di
quelle feste, attesa la sua decrepita età. Il pie
messa, e continuava a ritenersi l’usurpata corona. Giasone col favore
di
Medea volle prenderne vendetta. Finse la Maga di
. Giasone col favore di Medea volle prenderne vendetta. Finse la Maga
di
essere in discordia col marito suo, e ricorse sup
e in discordia col marito suo, e ricorse supplichevole alle figliuole
di
Pelia. Elleno la accolsero cortesamente, e Medea
agerò l’ingratitudine. Esaltò come il maggiore de’ suoi meriti quello
di
aver ringiovinito Esone. Quelle la supplicarono d
suoi meriti quello di aver ringiovinito Esone. Quelle la supplicarono
di
procurare lo stesso bene anche al loro vecchio pa
i procurare lo stesso bene anche al loro vecchio padre. Medea promise
di
compiacerle, e per meglio accertarnele, fece che
rbe. Ne uscì un agnelletto senza corna. Stupide ne rimasero le figlie
di
Pelia, e vieppiù insistettero nella ricerca. Pass
ca. Passati tre giorni, Medea conciliò a Pelia un sonno poco meno che
di
morte. Appressatesi le giovani, che la Maga volev
mpirne con altro nuovo le vuote arterie. Così fecero : Pelia grondava
di
sangue, quando Medea gli recise inoltre la gola,
inchè venne dal fuoco intieramente consumato (a) (24). Timorosa colei
di
pagare la giusta pena dell’ esecrando delitto, sa
sessò del trono, e costrinse Giasone a ritirarsi appresso Creonte, re
di
Corinto. Quì Medea e Giasone per diesi anni tranq
e (a), o Creusa, figlia a dell’ anzidetto re(b). Medea non poteva che
di
mal animo sofferire il nuovo imeneo ; pure nascos
indosso l’una, e cinse dell’ altra la fronte, videsi tutta circondata
di
fuoco, che la incenerì(25). V’ accorse Creonte, e
eonte, ed egli pure rimase preda delle fiamme(c). Nè contenta la Maga
di
tutto ciò, prese i due figliuoli, Mermero e Fere,
iuoli, Mermero e Fere, avuti da Giasone (d), e li trucidò sugli occhi
di
lui medesimo (e). Indi fuggì da Corinto (f), e si
rinto (f), e si recò in Tebe appresso Ercole, il quale aveva promerso
di
vendicarla, qualora Giasone le fosse stato infede
ave stessa, con cui avea fatto il famoso viaggio, spirò sotto il peso
di
quella, che avea precipitato sopra di lui, come /
so viaggio, spirò sotto il peso di quella, che avea precipitato sopra
di
lui, come / Medea aveagli predetto (g). Altri pre
possibile avec potuto un uomo solo esaguirle tutte, è quindi opinione
di
tutti gli Scrittori, che parecchi siena stati gli
di opinione di tutti gli Scrittori, che parecchi siena stati gli Eroi
di
questo nome. Eglino secondo Erodoto furono due (a
. L’istoria poi della vita dì lui venne ornata co’ maravigliosi fatti
di
tutti gli altri(d). Il Sole per un giorno non ill
notte persette giomi continui (e). V’ è poi chi pretende, che il nome
di
Trivespero siasi attribuito ad Ercole, perchè ste
li doveano nascere, l’uno cioè da Alcmenà, l’altrò da Nicippe, figlia
di
Pelope, e moglie di Stenelo, re di Micene ; quegl
l’uno cioè da Alcmenà, l’altrò da Nicippe, figlia di Pelope, e moglie
di
Stenelo, re di Micene ; quegli, che fosse compars
lcmenà, l’altrò da Nicippe, figlia di Pelope, e moglie di Stenelo, re
di
Micene ; quegli, che fosse comparso il primo alla
tare sull’ altro assoluto dominio (a). Giunone fece sì, che la moglie
di
Stenelo innanzi tempo partorisse Euristeo ; e pon
nel seno : Galantide finalmente, una delle serve d’ Alcmena, s’avvide
di
ciò, che la Dea andava operando ; e per farnela d
ta la afferrò pe’ capelli, la gettò a terra, e dopo d’averla caricata
di
percosse, la cangiò in Donnola, animale ; che per
iunone poi insistette nell’ infierire contro il nato bambino, e cercò
di
metterlo a morte mediante il morso di due serpi,
contro il nato bambino, e cercò di metterlo a morte mediante il morso
di
due serpi, che introdusse nella di lui culla ; ma
metterlo a morte mediante il morso di due serpi, che introdusse nella
di
lui culla ; ma Ercole con intrepide mani talmente
li, Ercole cioè, ed Ificlo, così Anfitrione, volendo conoscere, quale
di
que’ due fosse stato conceputo per opera di Giove
volendo conoscere, quale di que’ due fosse stato conceputo per opera
di
Giove, gettò le due predette serpi nel mezzo loro
ra di Giove, gettò le due predette serpi nel mezzo loro ; che a vista
di
quelle Ificlo, preso dallo spavento, si diede all
abbiamo detto, a morte (b).Alcuni pretendono ; che Giunone ad istanza
di
Minerva abbia alquanto cessato dalle sue persecuz
ioni, ed abbia ella stessa somministrato ad Ercole del proprio latte,
di
cuì il bambino avendone lasciato cadere alcune go
re alcune gocce, avvenne, che le medesime si cangiarono in un ammasso
di
stelle, le quali formano nel Cielo una zona, chia
a zona, chiamata Via lattea (c) (4). Altri soggiungono, che l’affetto
di
Giunone verso d’Ercole non fu che momentaneo ; e
me quegli giunse all’adolescenza, ella risvegliò il suo sdegno contro
di
lui, e con maggiore ardore tentò di farlo perire.
la risvegliò il suo sdegno contro di lui, e con maggiore ardore tentò
di
farlo perire. La Dea quindi destò nell’animo d’Eu
di farlo perire. La Dea quindi destò nell’animo d’Euristeo sentimenti
di
gelosia riguardo a lui, e lo mise nel timore d’es
prese furono denominate le Fatiche d’Ercole (d). Tralle molte Fatiche
di
questo Eroe, le quali sieno degne di memoria, dod
Ercole (d). Tralle molte Fatiche di questo Eroe, le quali sieno degne
di
memoria, dodici principalmente se ne contano. La
isione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il quale era
di
prodigiosa grandezza, e da lungo tempo faceva orr
, la sbranò, e portolla sulle spalle a Micene. Euristeo, sorpreso del
di
lui valore, e preso nello stesso tempo dallo spav
per ritirarvisi, ogni qualvolta Ercole era per avvicinarsi alla volta
di
Micene. Euristeo inoltre mandava dal predetto luo
iamato Copreo. Dicesi, ch’ Ercole siasi formata una veste della pelle
di
quel leone, la quale a guisa di glorioso trionfo
e siasi formata una veste della pelle di quel leone, la quale a guisa
di
glorioso trionfo portò indosso tutto il tempo del
predetta fiera, si trattenne anche appresso Molorco, vecchio pastore
di
Cleone, città d’Argolide, dalla quale il predetto
il suo rispetto vero sì celebre ospite, voleva immolare una vittima a
di
lui onore. Ercole lo persuase di differirne il sa
spite, voleva immolare una vittima a di lui onore. Ercole lo persuase
di
differirne il sacrifizio al suo ritorno, e gli pr
isteo ad Ercole, consistette nel dover combattere l’Idra della palude
di
Lerna.L’Eroe sopra un carro, guidato da Iolao, fi
tosto lo schiacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò nel sangue
di
quella le sue frecce : dal che ne avveniva, che l
e foreste del monte Menalo nell’ Arcadia. Essa, benchè avesse i piedi
di
rame e le corna d’oro, tuttavia era sì veloce al
orna d’oro, tuttavia era sì veloce al corso, che niuno mai era capace
di
raggiungerla. Ercole bramava di prenderla senza u
ce al corso, che niuno mai era capace di raggiungerla. Ercole bramava
di
prenderla senza ucciderla, perchè era sacra a Dia
dintorni. L’Eroe lo inseguì, e sì stancò anche quello, che gli riuscì
di
legarlo, e di portarlo vivo in Micene(a). E’ quì
oe lo inseguì, e sì stancò anche quello, che gli riuscì di legarlo, e
di
portarlo vivo in Micene(a). E’ quì da notare, ch’
in Micene(a). E’ quì da notare, ch’ Ercole, mentre andava in traccia
di
quel Cinghiale, alloggiò appresso il Centauro Fol
traccia di quel Cinghiale, alloggiò appresso il Centauro Folo, figlio
di
Sileno e della Ninfa Melia, il quale gli diede a
va a tutti i Centauri. Se ne sdegnarono queglino fortemente, e armati
di
grossi alberi e di non dissimili pietre, tutti si
ri. Se ne sdegnarono queglino fortemente, e armati di grossi alberi e
di
non dissimili pietre, tutti si tecarono alla casa
grossi alberi e di non dissimili pietre, tutti si tecarono alla casa
di
Folo. Ercole stette ad attenderli, e parte ne tru
tenderli, e parte ne trucidò, parte ne mise in fuga. Folo stesso morì
di
una ferita, che gli aprì in una mano una freccia,
b). Era parimenti dovere d’Ercole l’uccidere gli uccelli della palude
di
Stinfalo, città dell’ Arcadia. Quelli erano molto
lli erano molto mostruosi, perchè aveano ali, testa, becco, ed unghie
di
ferro. Addestrati da Marte a combattere, vibravan
ravano dardi contro chi li assaliva. Erano poi in sì grande numero, e
di
tale grandezza, che quando volavano, impedivano c
on uccelli, ma certe donne Stinfalidi, perchè erano figlie d’un eroe,
di
nome Stinfalo ; e ch’ Ercole ciò fece, perchè éll
o l’ospizio a lui, mentre lo avevano accordato ad altri(b). Minos, re
di
Creta, avea stabilito di sacrificare a Nettuno un
lo avevano accordato ad altri(b). Minos, re di Creta, avea stabilito
di
sacrificare a Nettuno un giovane toro. Pasifae, m
ovane toro. Pasifae, moglie dello stesso re, invaghita della bellezza
di
quell’animale, ne impedì il sacrifizio, e persuas
lezza di quell’animale, ne impedì il sacrifizio, e persuase al marito
di
sostituirne un altro in luogo di quello. Nettuno,
il sacrifizio, e persuase al marito di sostituirne un altro in luogo
di
quello. Nettuno, irritato contro Minos, fece sort
ioso toro, il quale mandava fuoco dalle narici, e desolava i dintorni
di
Maratona. Euristeo intimò ad Ercole, che lo uccid
to a’ Numi, e in vece lo portò vivo in Micene(c) (7). Diomede, figlio
di
Marte e di Cirene, e re di Tracia, aveva dei fero
e in vece lo portò vivo in Micene(c) (7). Diomede, figlio di Marte e
di
Cirene, e re di Tracia, aveva dei ferocissimi cav
rtò vivo in Micene(c) (7). Diomede, figlio di Marte e di Cirene, e re
di
Tracia, aveva dei ferocissimi cavalli, e li pasce
i Cirene, e re di Tracia, aveva dei ferocissimi cavalli, e li pasceva
di
carne umana. Ercole fece divorare lui stesso da q
lui stesso da quegli animali, e seco li portò via. I Bistoni, sudditi
di
Diomede, presero le armi per vendicare la morte d
todia del giovanetto Abdero, suo favorito, e disfece la maggier parte
di
coloro. Al suo ritorno trovò, che i cavalli avean
o giovine, e appresso della medesima fabbricò una città, che dal nome
di
lui appellò Abdera(a) (8). V’è chi pretende, che
vaggie li divorarono(b). Ercole aveva ricevuto da Euristeo il comando
di
portargli la zona, ossia la cintura della Regina
ntiope. L’ Eroe insieme con Stenelo, figlio d’ Attore, e co’due figli
di
Deimaco, Flogio e Deilone(c), andò in cerca delle
u uccisa da Ercole(e). Augia, re d’ Elide, il quale, mentr’era figlio
di
Forbante(f), fu creduto figliuolo del Sole(g), po
campagne, le quali perciò divennero infruttuose. Ercole fu incaricato
di
ripurgarle, e quel re gli promise in ricompensa l
to di ripurgarle, e quel re gli promise in ricompensa la decima parte
di
tutti i suoi animali. Entro lo spazio d’un gior n
e alla sua promessa. Lo stesso re inoltre, unitosi con Leprea, figlio
di
Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Net
romessa. Lo stesso re inoltre, unitosi con Leprea, figlio di Glauco e
di
Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e di Ti
tosi con Leprea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio
di
Nettuno e di Tiro, e re di Pilo, scacciò Ercole d
ea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e
di
Tiro, e re di Pilo, scacciò Ercole da’suoi Stati
Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e di Tiro, e re
di
Pilo, scacciò Ercole da’suoi Stati ; e come seppe
alò. Volea egli fare la pace co’Molioni, ma queglino, informati della
di
lui malattia, si prevalsèro dell’occasione, e ucc
casione, e uccisero molti de’di lui compagni, e tra gli altri Ificlo,
di
lui fratello uterino(b) (11). Ercole finalmente l
i Ificlo, di lui fratello uterino(b) (11). Ercole finalmente li privò
di
vita presso Cleona, mentre erano per trasferisi i
Giuochi Istmici(c). Fece pur morire Augia, e vi sostituì nel trono il
di
lui figlio, Pileo, il quale era stato costretto a
tto a ritirarsi in Dulichio, perchè avea condannato l’ingiustizia del
di
lui padre nel non mantenere la parola data ad Erc
ato onorevolmente sepolto(e) (12). Ercole cercava alttesì l’occasione
di
vendicarsi di Leprea e di Neleo. Nol fece però co
nte sepolto(e) (12). Ercole cercava alttesì l’occasione di vendicarsi
di
Leprea e di Neleo. Nol fece però col primo per op
e) (12). Ercole cercava alttesì l’occasione di vendicarsi di Leprea e
di
Neleo. Nol fece però col primo per opera di Astid
di vendicarsi di Leprea e di Neleo. Nol fece però col primo per opera
di
Astidamia : bensì gli propose di far prova chi di
o. Nol fece però col primo per opera di Astidamia : bensì gli propose
di
far prova chi di essi due giuocasse meglio al Dis
col primo per opera di Astidamia : bensì gli propose di far prova chi
di
essi due giuocasse meglio al Disco ; chi fosse ca
tutti questi esercizj vi, riuscì superiore. Leprea finalmente, pieno
di
vino, sfidò di nuovo Ercole, e ne rimase ucciso n
sercizj vi, riuscì superiore. Leprea finalmente, pieno di vino, sfidò
di
nuovo Ercole, e ne rimase ucciso nel combattiment
li(13), che avea avuto da Clori, figlia d’ Anfione, eccettuatone uno,
di
no ne Nestore, perchè questi, essendo ancor fanci
Calliroe, era tricorporeo. Per custodi de’suoi armenti, i quali erano
di
rara bellezza, avea un Dragone di sette teste, na
todi de’suoi armenti, i quali erano di rara bellezza, avea un Dragone
di
sette teste, nato da Tifone e da Echidna, e un Ca
ea un Dragone di sette teste, nato da Tifone e da Echidna, e un Cane,
di
nome Ortro, il quale pure avea due teste. Ministr
di nome Ortro, il quale pure avea due teste. Ministro della crudeltà
di
Gerione era un certo Eurizione. Ercole lo privò d
tro della crudeltà di Gerione era un certo Eurizione. Ercole lo privò
di
vita, ne uccise il Dragone, e il Cane, e ne portò
passava con quegli animali perla Libia, Dercilo e Albione, figliuoli
di
Nettuno, glieli tolsero, e li portarono nella Tos
visata impresa. Altri dicono, che Ercole spedì Atlante alla conquista
di
quelle frutta, e ch’egli intanto sostenne in vece
e alla conquista di quelle frutta, e ch’egli intanto sostenne in vece
di
lui il Cielo(a). L’ultima impresa, commessa ad Er
in vece di lui il Cielo(a). L’ultima impresa, commessa ad Ercole, fu
di
condurre dall’ Inferno ad Euristeo il Cane Cerber
acevano crudelmente morire(d). Calai e Zete, figli del vento Borea, e
di
Oritia, nata da Eretteo, re d’ Atene(17), vennero
ata da Eretteo, re d’ Atene(17), vennero uccisi da Ercole nell’ Isola
di
Tenedo(18), perchè si erano adoperati, onde gli A
essero più nella loro nave lui, ch’era andato in cerra d’ Ila, figlio
di
Teodamante, re di Misia, il quale, come abbiamo d
oro nave lui, ch’era andato in cerra d’ Ila, figlio di Teodamante, re
di
Misia, il quale, come abbiamo detto, erasi annega
alche cibo a Teodamente per Illo, suo figlio, avendo quel re ricusato
di
soddisfarnelo, Ercole gli eolse uno de’di lui buo
contro l’ Eroe ; ma questi lo uccise, e seco condusse via il predetto
di
lui figliuolo, Ila(a) (19). Anteo, figlio di Nett
condusse via il predetto di lui figliuolo, Ila(a) (19). Anteo, figlio
di
Nettuno e della Terra, ere della Libia, era un fo
pre gli somministrava forze maggiori, per cui compariva più furibondo
di
prima. L’ Eroe se n’accorse, di nuovo lo afferrò,
iori, per cui compariva più furibondo di prima. L’ Eroe se n’accorse,
di
nuovo lo afferrò, lo strinse fortemente per aria,
he Ercole sposò poscia Tinga, moglie d’ Anteo ; che n’ebbe un figlio,
di
nome Siface, il quale divenne re della Mauritania
ella Mauritania ; e che fabbricò una città, che chiamò Tingi dal nome
di
sua moglie(c). Stanco poi Ercole de suoi travagli
e sulle arene della Libia. Quivi venne assalito da un infinito numero
di
Pigmei, sudditi di Anteo, i quali avevano due sol
Libia. Quivi venne assalito da un infinito numero di Pigmei, sudditi
di
Anteo, i quali avevano due soli piedi di altezza,
to numero di Pigmei, sudditi di Anteo, i quali avevano due soli piedi
di
altezza, ed erano sempre in guerra colle gru, le
e Nemeo, e li portò ad Euristeo(g). Dusiride, re d’ Egitto, e figlio
di
Nettuno, e di Libia o Lisianassa, si dimostrò il
portò ad Euristeo(g). Dusiride, re d’ Egitto, e figlio di Nettuno, e
di
Libia o Lisianassa, si dimostrò il più crudele di
iglio di Nettuno, e di Libia o Lisianassa, si dimostrò il più crudele
di
tutti i Principi Egiziani(a). Costui aveva fatto
tutti i Principi Egiziani(a). Costui aveva fatto rapire le figliuole
di
Atlante, perchè ne avea udito decantare la straor
l’ Indovino Trasea, o Trasio, e questi accertò Busiride che per avere
di
nuovo la fertilità nelle di lui campagne conveniv
, e questi accertò Busiride che per avere di nuovo la fertilità nelle
di
lui campagne conveniva sacrificare ogni anno uno
li, come videsi legato, infranse i ceppi, e vi sacrificò Busiride, il
di
lui figliuolo, Anfidamante, Calbe, suo araldo d’a
fidamante, Calbe, suo araldo d’armi, e tutti gli altri ministri della
di
lui crudeltà(d). Termero, famoso assassino del Pe
iacciando la loro testa colla sua. Ercole nella stessa guisa lo privò
di
vita(e). Eono, figlio di Licinnio, fratello d’ Al
olla sua. Ercole nella stessa guisa lo privò di vita(e). Eono, figlio
di
Licinnio, fratello d’ Alcmena, erasi rècato nella
ioventù. Mentre egli passava dinanzi alla porta d’ Ippocoonte, figlio
di
Ebalo e della Najade Batea, avvenne che un cane,
e, figlio di Ebalo e della Najade Batea, avvenne che un cane, custode
di
quella casa, gli si avvento contro. Eono scagliò
e, custode di quella casa, gli si avvento contro. Eono scagliò contro
di
quello una pietra, e i figliuoli d’ Ippocoonte lo
ontro di quello una pietra, e i figliuoli d’ Ippocoonte lo caricarono
di
percosse. Ercole prese a difenderlo, ma, essendo
consecrò un tempio ad Ercole(b). L’Eroe mise a morte Filolao, figlio
di
Minos, re di Creta, e della Ninfa Paria, perchè e
tempio ad Ercole(b). L’Eroe mise a morte Filolao, figlio di Minos, re
di
Creta, e della Ninfa Paria, perchè egli aveva ucc
s, re di Creta, e della Ninfa Paria, perchè egli aveva ucciso due de’
di
lui compagni(c). Albione e Borgione erano due gig
o andare a’monti Atlantici. L’ Eroe avea inutilmente scaricato contro
di
essi tutte le sue saette, e già trovavasi in gran
grande pericolo, quando Giove fece cadere dal Cielo immensa quantità
di
pietre, che li oppresse : e però quel luogo si de
a, venne rapita da’corsari, e venduta a Litierse o Litierside, figlio
di
Mida, e suo successore al trono di Colene. Dafnid
ta a Litierse o Litierside, figlio di Mida, e suo successore al trono
di
Colene. Dafnide, inconsolabile per la perdita di
successore al trono di Colene. Dafnide, inconsolabile per la perdita
di
Piplea, intraprese di cercarla da per tutto, nè d
i Colene. Dafnide, inconsolabile per la perdita di Piplea, intraprese
di
cercarla da per tutto, nè di mai riposare, finchè
ile per la perdita di Piplea, intraprese di cercarla da per tutto, nè
di
mai riposare, finchè la avesse trovata. Dopo d’av
incipe barbaro, che obbligava i passeggieri a mietere o a misurare le
di
lui biade ; e dopochè lo aveano fatto, eddeva lor
. Gli fu condotto Dafnide, il quale sarebbe pure caduto vittima della
di
lui crudetà, se non fosse giumo opportunamente Er
ide. S’aggiunge, ch’egli li unì in matrimonio, e loro donò il palagio
di
Litierse(a). Erice, figlio di Bute e di Venere, e
ì in matrimonio, e loro donò il palagio di Litierse(a). Erice, figlio
di
Bute e di Venere, e re d’un Cantone della Sicilia
monio, e loro donò il palagio di Litierse(a). Erice, figlio di Bute e
di
Venere, e re d’un Cantone della Sicilia, detta po
ella Lotta. Provocava tutti a quel giuoco, e ne uccideva i vinti. Osò
di
cimentarsi anche con Ercole, ch’era giunto ne’di
i cimentarsi anche con Ercole, ch’era giunto ne’di lui Stati co’ buoi
di
Gerione. Le condizioni della gara furono, che se
e conosceva lo straordinario valore, ma anche perchè avea bisogno del
di
lui ajuto. Quel Principe aveva una figlia, detta
ire(c). Ercole, andando a combattere le Amazoni, si fermò nell’ Isola
di
Paro. Gli abitanti, avendo ucciso due de’di lui c
quanti de’ loro concittadini avrebbe mai ricercato. Egli si contentò
di
due soli, di Alceo e di Stenelo, figli d’ Androge
oro concittadini avrebbe mai ricercato. Egli si contentò di due soli,
di
Alceo e di Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da M
adini avrebbe mai ricercato. Egli si contentò di due soli, di Alceo e
di
Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da Minos, re di
ue soli, di Alceo e di Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da Minos, re
di
Creta. Da di là continuando il suo viaggio, arriv
lceo e di Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da Minos, re di Creta. Da
di
là continuando il suo viaggio, arrivò in Misia, d
tinuando il suo viaggio, arrivò in Misia, dove combattè con Amico, re
di
Brebicia, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in
ttè con Amico, re di Brebicia, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in
di
lui luogo Lico, figliuolo di Dascilo(a). Caco, fi
, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in di lui luogo Lico, figliuolo
di
Dascilo(a). Caco, figliuolo di Vulcano, era un mo
stituì in di lui luogo Lico, figliuolo di Dascilo(a). Caco, figliuolo
di
Vulcano, era un mostro di smisurata grandezza, e
o, figliuolo di Dascilo(a). Caco, figliuolo di Vulcano, era un mostro
di
smisurata grandezza, e avea tre bocche, dalle qua
latrocinj e cogl’incendj tutto il Lazio. Ercole aveva condotto i buoi
di
Gerione lungo le rive del Tebro, ed erasi colà ad
di Gerione lungo le rive del Tebro, ed erasi colà addormentato. Caco
di
notte gliene rubò quattro paja, e per la coda le
l rimanente della sua mandra vicino alla caverna, e dal muggito d’uno
di
quegli animali rubati venne in cognizione del luo
per soccorrere Egimio, re de’Dorj ; li abbattè, uccise Corono, figlio
di
Foroneo e loro re, e li obbligò a ritasciare a’Do
esso (c). Ritornando sene da Trachina, vinse, ed uccise Cigno, figlio
di
Marte, il quale disputò secolui il premio della C
o. Marte, per vendicare la morte del figlio, s’accinse a battersi col
di
lui uccisore ; mal Giove li separò, scagliando il
io, formidabile malandrino, che soggiornava in Crotone : e in memoria
di
tal fatto l’Eroe fabbricò ivi un tempio a Giunone
lmente s’azzuffò perfino cogli Dei. Per vendicarsi delle persecuzioni
di
Giunone, vibrò contro di lei una freccia, e la la
cogli Dei. Per vendicarsi delle persecuzioni di Giunone, vibrò contro
di
lei una freccia, e la lasciò ferita nel seno. Mol
ò ferita nel seno. Molestato dagli ardori del Sole, tese pure contro,
di
lui il suo arco. Il Sole ammirò tanto coraggio, e
e ; finalmente il Dio, datosi a conoscere, si rallegiô col figlio pel
di
lui valore. Ercole per ultimo con una freccia off
e. Ercole per ultimo con una freccia offese Plutone, che fu costretto
di
salire al Cielo, per farsi guarire da Peone, medi
ole nelle anzidette circostanze ebbe per compagno anche Argeo, figlio
di
Licinnio. L’Eroe aveva giurato al di lui padre di
per compagno anche Argeo, figlio di Licinnio. L’Eroe aveva giurato al
di
lui padre di ricondurglielo, ma il giovinetto mor
anche Argeo, figlio di Licinnio. L’Eroe aveva giurato al di lui padre
di
ricondurglielo, ma il giovinetto morì per viaggio
del Peloponneso, vicina a quella d’Argo (c). Cicerone gli dà il nome
di
Prodicio, perchè Prodico, nativo dell’ Isola di C
cerone gli dà il nome di Prodicio, perchè Prodico, nativo dell’ Isola
di
Cea, e famoso Sofista, pubblicò un libro, in cui
acere, e che mentre l’una e l’altro volevano trarlo a se, egli scelse
di
seguire piuttosto la Virtù, che il Piacere (d). E
con Apollo ed Esculapio. Conobbe la botanica, e arricchì il suo paese
di
molte piante, delle quali esso mancava. Fu idraul
cio Filippo. Plinio ne fa la descrizione (c). Ercole acquistò il nome
di
Buraico da Bura, città dell’ Acaja. Ivi era celeb
nome di Buraico da Bura, città dell’ Acaja. Ivi era celebre l’Oracolo
di
questo Eroe divinizzato. Esso si consultava in un
consultava in un antro, gettando quattro dadi, scolpiti nelle faccie
di
figure, dalle quali si rilevavano le risposte del
hi n’era stato il ladro. Sofocle non ne fece parola con alcuno. Sognò
di
nuovo lo stesso, e neppure allora parlò. Per la t
i intieri, per cui venne sopranom’nato anche Bufago, ossia mangiatore
di
buoi (c). Era nominato Eritreo, perchè aveva un t
itreo, perchè aveva un tempio in Eritrea, citta dell’ Arcadia. Ivi la
di
lui statua era posta sopra una zattera, perchè gl
Eritrei pretendevano, che quella fosse così arrivata da Tiro appresso
di
loro. Dicesi, che la stezze zattera, entrata nel
i fermata tra Eritrea e Chio, e che amendue que’ popoli abbiano usato
di
tutte le loro forze per trarla a se, senzachè abb
a statua d’Ercole, nè permisero, che alle donne Tracie l’ingresso del
di
lui tempio (d). Qualsivoglia Deità, la quale col
nniale. Questo nome pertanto divenne proprio anche d’Ercole, perchè i
di
lui Oracoli alle volte si davano in quella manier
n quella maniera. Bene spesso si mandavano gli ammalati a dormire nel
di
lui tempio, affinchè sapessero in sogno, quando e
ò Ercole, corse dietro al cane, e ricuperò la preda. Diomo in memoria
di
tal fatto eresse un altare ad Ercole nello stesso
stesso luogo, ove il cane erasi fermato, e denominò Ercole col titolo
di
Cinosarge, ossia Cane bianco (b). Il nome Eracle
titolo di Cinosarge, ossia Cane bianco (b). Il nome Eracle è composto
di
due voci Greche, che significano Giunone e gloria
appellato, per indicare, che i travagli, da lui intrapresi per causa
di
Giunone, lo rendettero glorioso (c). Ercole ebbe
te le cinquanta giovani, chiamate Tespiadi dal loro padre, Tespio, re
di
Feozia ; Megara, figlia di Creonte, re di Tebe ;
iamate Tespiadi dal loro padre, Tespio, re di Feozia ; Megara, figlia
di
Creonte, re di Tebe ; e Dejanira, figlia d’Eneo,
dal loro padre, Tespio, re di Feozia ; Megara, figlia di Creonte, re
di
Tebe ; e Dejanira, figlia d’Eneo, ne di Calidone,
Megara, figlia di Creonte, re di Tebe ; e Dejanira, figlia d’Eneo, ne
di
Calidone, nell’ Etolia. Tespio fece sposare tutte
n una sola notte rendette ciascuna madre d’un figlio, ed alcune anche
di
più. Una sola di quelle ricusò d’unirsi ad Ercole
rendette ciascuna madre d’un figlio, ed alcune anche di più. Una sola
di
quelle ricusò d’unirsi ad Ercole, perchè voleva s
io (a). Tebe doveva pagare ad Ergino, re d’Orcomene, un annuo tributo
di
cento buoi, ed egli esigeva questo omaggio per ve
di cento buoi, ed egli esigeva questo omaggio per vendicare la morte
di
Climeno, suo padre, ucciso da un Tebano. Quel re
ò loro il naso, le orecchie, e le mani, le quali poi sospose al collo
di
ciascuno. Quindi egli prese il nome di Rinocolust
le quali poi sospose al collo di ciascuno. Quindi egli prese il nome
di
Rinocoluste. Ergino marciò allora contro i Tebani
zzi, ne uccise il re, e ne saccheggiò la città. Creonte in ricompensa
di
sì segnalato servigio diede in moglio all’ Eroe l
; e però insorse una sollevazione in Tebe. Viveva allora Lico, figlio
di
Nettuno e di Celeno, il quale aveva ajutato Ercol
rse una sollevazione in Tebe. Viveva allora Lico, figlio di Nettuno e
di
Celeno, il quale aveva ajutato Ercole a vincere l
er onorare il suo benefattone. Colui, fattosi capo de’ ribelli, privò
di
vita Creonte, s’impossessò del trono, e voleva an
anche distruggere tutta la famiglia d’Ercole, ma l’improvviso ritorno
di
lui dall’ Inferno cangiò tutta la scena. Megara c
tutta la scena. Megara co’ suoi figliuoli vennero liberati dalle mani
di
Lico, e costni per mano d’Ercole rimase ucciso (c
ndo. Partì dall’ altare, si trasferì el suo palagio, e quivi credendo
di
trovarsi ora in Corinto, ed ora in Micene, combat
ittorie. Giove se gli presentò per richiamarlo alla primiera serenità
di
mente ; ma Ercole, pensando, che quegli fosse Eur
uso in una stanza, ed ei ne spezzò le porte, che diceva essere quelle
di
Micene. Uccise i figli, che aveva avuto da Megara
to da Megara, credendoli figli del predetto Euristeo. Avrebbe privato
di
vita anche Anfitrione, creduto suo padre, se il d
o. Avrebbe privato di vita anche Anfitrione, creduto suo padre, se il
di
lui figliuolo. Pallante, non ne Io avesse impedit
te caduto in profondo sonno, fu legato, ad una colonna. Dopo alquanto
di
tempo si destò, guarito della sua frenesia. Conob
o tempo nascosto, fuggendo la società degli uomini (a). Ercole, prima
di
poter conseguire in moglie Dejanira dovette comba
moglie Dejanira dovette combattere con Acheloo, figlio dell’ Oceano e
di
Teti, o, come altri vogliono, del Sole della Terr
gliono, del Sole della Terra, perchè anche quegli aspirava alle nozze
di
colei(24). Acheloo alla fine, conoscendosi inferi
va alle nozze di colei(24). Acheloo alla fine, conoscendosi inferiore
di
forze ad Ercole, ricorse all’ artifizio di tramut
ne, conoscendosi inferiore di forze ad Ercole, ricorse all’ artifizio
di
tramutarsi in serpente. L’Eroe lo afferrò pel col
nse, che gia era per soffocarlo. Acheloo, vestite allora le sembianze
di
toro, rinoò l’attacco ; ed Ercole gli abbrancò un
figlie dello stesso Ar heloo, raccolsero quel corno, e lo riempirono
di
frutta e fiori odorosi (a). Dejanira poi aivenne
aivenne il premio del vincitore, e questi seco lei s’avviò alla volta
di
Tebe, sua patria. Giunto alle rive dell’ Eveno, f
ravasi affannoso per la sposa, nè azzardava d’esporla al rapido corso
di
quelle acque. In tale circostanza il Centauro Nes
asse nuotando all’ altra riva, e gli promise d’assicurarne anche alla
di
lui sposa il passaggio sulle sue spalle. Ercole a
to il piede sull’ opposta spiaggia, udì e conobbe la voce lamentevole
di
Dejanira, che dimandava soccorso contro di Nesso,
onobbe la voce lamentevole di Dejanira, che dimandava soccorso contro
di
Nesso, che tentava di rapirla. L’Eroe tese tosto
vole di Dejanira, che dimandava soccorso contro di Nesso, che tentava
di
rapirla. L’Eroe tese tosto l’arco, scaricò contro
, scaricò contro il Centauro una freccia, tinta del veleno dell’ Idra
di
Lerna, e gli trafisse il petto. Nesso vicino a mo
ra di Lerna, e gli trafisse il petto. Nesso vicino a morire, macchinò
di
vendicarsene. Toltasi di dosso la veste, intrisa
se il petto. Nesso vicino a morire, macchinò di vendicarsene. Toltasi
di
dosso la veste, intrisa del proprio sangue, ne fe
sangue, ne fece dono a Dejanira, dicendole, che quella avea la virtù
di
ravvivare le fiamme d’amor conjugale, qualora ess
ale, qualora esse languivano(26). Trascorsi parecchi anni dalla morte
di
Nesso, Ercole passò per. l’isola d’Eubea, ove s’i
alla morte di Nesso, Ercole passò per. l’isola d’Eubea, ove s’invaghi
di
lole, figlia d’Eurito, re d’Ecalia. Questi sfidav
to, re d’Ecalia. Questi sfidava tutti nel tirare d’arco, e prometteva
di
dare in moglie la predetta sua figlia chi lo aves
rapì la giovine, e nel suo furore precipitò dall’ alto delle mura il
di
lei fratello, Ifito, spedito dal padre a trovare
rubati da Autolico. Ercole dopo d’aver pregato inutilmente Neleo, re
di
Pilo, di purificarlo del commesso omicidio, si re
a Autolico. Ercole dopo d’aver pregato inutilmente Neleo, re di Pilo,
di
purificarlo del commesso omicidio, si rerò appres
tia, per liberarsi dalla quale l’Eroe si portò a consultare l’Oracolo
di
Delfo. Senoclea, sacerdotessa di quel tempio, non
Eroe si portò a consultare l’Oracolo di Delfo. Senoclea, sacerdotessa
di
quel tempio, non volle dargli alcuna risposta. Er
ale, qualora non fosse stato venduto, e non avesse servito in qualità
di
schiavo. Per eseguire la predizione dell’ Oracolo
chiavo. Per eseguire la predizione dell’ Oracolo, Mercurio per ordine
di
Giove lo condusse nella Lidia, e lo vendette ad O
ine di Giove lo condusse nella Lidia, e lo vendette ad Onfale, figlia
di
Giardano, e moglie di Tmolo, re di Lidia(27), il
se nella Lidia, e lo vendette ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie
di
Tmolo, re di Lidia(27), il quale, essendo morto s
a, e lo vendette ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie di Tmolo, re
di
Lidia(27), il quale, essendo morto senza figli, l
ella corona. Colei si valse superbanente del potere, acquistato sopia
di
Ercole, gli tolse la clava e la pelle di leone, l
del potere, acquistato sopia di Ercole, gli tolse la clava e la pelle
di
leone, lo vestì in abito donnesco ; e postagli in
là coperto l’Eroe de suoi vestiti, ed ella aveasi indossata la pelle
di
leone, ed erasi armata della di lui clava. Oppres
ti, ed ella aveasi indossata la pelle di leone, ed erasi armata della
di
lui clava. Oppressi amendue dal sonno, si coricar
i entrare nella grotta, preso dalla bellezza d’Onfale, erasi proposto
di
sorprenderla, mentr’ella dormiva. Verso la mezza
iva, divenne soggetto delle comuni risa (b). Onfale poi regalò Ercole
di
molti doni, perchè egli uccise un serpente, che f
o dicesi Agelao, (e), e da Palefato si chiama Laomede (f). Durante la
di
lui schiavitù appresso Onfale Ercole aveva distru
i quali costringevano gli ospiti a lavorare le loro vigne in qualità
di
servi (a). Ercole finalmente donò ad Onfale l’asc
ne in qualità di servi (a). Ercole finalmente donò ad Onfale l’ascia,
di
cui ne andava armata l’Amazone Ippolita(29). Rito
ei, come seppe, ch’Ercole avea preso ad amare l’anzidetta Jole, piena
di
gelosia e timori, spedì al marito per mano di Lic
l’anzidetta Jole, piena di gelosia e timori, spedì al marito per mano
di
Lica, suo servo, la veste di Nesso. L’Eroe Tebano
losia e timori, spedì al marito per mano di Lica, suo servo, la veste
di
Nesso. L’Eroe Tebano stava allora per offerire vi
nte veniva cruciato, ma il dolore e lo spasimo superando alla fine la
di
lui tolleranza, abbandonò egli il sacrifizio e l’
leranza, abbandonò egli il sacrifizio e l’altare, cominciò ad empiere
di
strida l’Oeta, monte della Tessaglia, e tentò di
cominciò ad empiere di strida l’Oeta, monte della Tessaglia, e tentò
di
spogliarsi della mortifera veste. Ovunque però la
formò un rogo. Indi chiamato a se Filottete figliodi Peane, gl’impose
di
ritenersi in retaggio il suo arro e le sue frecce
stesso si fece promettere con giuramento, ch’egli avrebbe raccolto le
di
lui ceneri, nè avrebbe mai scoperto il luogo, ove
mma, dilatatasi per ogni parte ridusse, in cenere le membra e le ossa
di
lui, che intrepido già la disprezzava (b) (31). D
che la famosa Colomba d’oro, la quale conferiva agli alberi la virtù
di
profetizzare, aveva presagito ad Ercole il tristo
esporre Fillo ed Ecmagora sul monte Ostracino, dov’erave moltitudine
di
belve. Una gaza dall’ udire continuamente i gemit
o, in cui si trovavano (d). L’Eroe aveva amato altresì Pirene, figlia
di
Bebrice, che regnava ne’ monti Pirenei. Ercole, p
Gerione, lasciò la giovine incinta. Pirene mise al mondo un serpente,
di
cui ne concepì sounno orrore ; e temendo l’ira de
e pure nella stessa città un’ Ara, detta Massima, perchè era maggiore
di
tutte le altre. Ad essa si portava la decima de’
iare cosa alcuna ivi posta : e ciò in pena d’avere una donna ricusato
di
somministrare dell’ acqua ad Ercole sitibondo, pe
e i capelli. Queglino portavano allora al tempio d’Ercole una misura
di
vino, ne facevano delle libazioni, e ne davano a
e d’Ercole certe Feste, dette Ergazie, perchè avevano relazione colle
di
lui azioni, dette in greco erga (d). Gli s’instit
este, chiamate Iolee, perchè conesse si onorava anche Iolao, compagno
di
lui nel domare l’Idra di Lerna. Allora dopo il sa
chè conesse si onorava anche Iolao, compagno di lui nel domare l’Idra
di
Lerna. Allora dopo il sacrifizio eravi un doppio
l’Idra di Lerna. Allora dopo il sacrifizio eravi un doppio spettacolo
di
giuochi. A’ vincitori si dava una corona di mirto
ravi un doppio spettacolo di giuochi. A’ vincitori si dava una corona
di
mirto, e un trepiede di bronzo (e). Il culto d’Er
o di giuochi. A’ vincitori si dava una corona di mirto, e un trepiede
di
bronzo (e). Il culto d’Ercole si estese nelle Gal
imo tempio, consecrato a questo Eroe, e dove v’avea un pilastro tutto
di
smeraldo, e una sedia di pietra preziosa (f). Il
questo Eroe, e dove v’avea un pilastro tutto di smeraldo, e una sedia
di
pietra preziosa (f). Il Fabretti rapporta due Isc
me il Nume, preside a’ pesi e alle misure. Varj popoli imploravano la
di
lui protezione in tempo di malattie, per cui egli
e alle misure. Varj popoli imploravano la di lui protezione in tempo
di
malattie, per cui egli acquistò il nome di Alessi
di lui protezione in tempo di malattie, per cui egli acquistò il nome
di
Alessicaco(a). Finalmente Ercole conseguì un temp
sicaco(a). Finalmente Ercole conseguì un tempio appresso gli abitanti
di
Cadice nella Spagna. Là non veniva rappresentato
tto alcuna figura, nè era permesso alle donne l’entrarvi. I Sacerdoti
di
quel tempio doveano serbarsi sempre casti, ed era
ardeva un fuoco perpetuo. Finalmente eranvi colà due colonne d’oro e
di
bronzo, sulle quali si vedevano espresse le mento
Gadaritane (c). Ercole apparve in sogno al leggiadro Miscelo, figlio
di
Alemone, cittadino d’Ar go ; e in tuono minaccevo
o ; e in tuono minaccevole gli comandò d’abbandonare la sua patria, e
di
trasferirsi sulle rive dell’ Esaro, fiume de’ Bru
cui doveva appigliarsi. Ercole lo voleva fuggiasco, e le leggi dalla
di
lui patria glielo vietavano sotto pena di morte.
fuggiasco, e le leggi dalla di lui patria glielo vietavano sotto pena
di
morte. In tale agitazione di spirito passo il gio
i lui patria glielo vietavano sotto pena di morte. In tale agitazione
di
spirito passo il giovane l’intera giornata. Sopra
te a dormire, ebbe la stessa visione, calchè risolvette d’ubbidire, e
di
portarsi in paese straniero. Trapelatasi in città
d’ubbidire, e di portarsi in paese straniero. Trapelatasi in città la
di
lui determinazione, venne accusato, e convinto pe
propizio vento per la Ionia, e giunse a’ lidi dell’ Esaro. Non lungi
di
là trovo la tomba, che racchiadeva le ceneri di u
ell’ Esaro. Non lungi di là trovo la tomba, che racchiadeva le ceneri
di
un certo Crotone, uomo saggio, moderato, e ospita
mi Sacerdoti d’Ercole sono famosi Pinazio e Potizio, due vecchi servi
di
Evandro, re del Lazio. Allorchè questo Principe r
Potizio solo, perchè Pinario non v’arrivò che tardi. Ercole, irritato
di
tale negligenza, comandò che Potizio e i di lui d
e tardi. Ercole, irritato di tale negligenza, comandò che Potizio e i
di
lui discendenti presiedessero a’ sacrifizj, che a
i si facevano in Italia sul monte Aventino, e che Pinario e la stirpe
di
lui non v’assistessero, che per servire in essi a
, giovine della Beozia. Iria, donna pure della Beozia, avea un figlio
di
rara bellezza, nominato Cigno. Fillio prese ad am
di rara bellezza, nominato Cigno. Fillio prese ad amarlo, e si studiò
di
piacergli. Cigno, che cercava di liberarsene, dop
Fillio prese ad amarlo, e si studiò di piacergli. Cigno, che cercava
di
liberarsene, dopo d’ averlo impegnato in altre du
verlo impegnato in altre due malagevolissime imprese(38), gli propose
di
prendere vivo, e di condurre all’ altare di Giove
ltre due malagevolissime imprese(38), gli propose di prendere vivo, e
di
condurre all’ altare di Giove un toro indomito, c
imprese(38), gli propose di prendere vivo, e di condurre all’ altare
di
Giove un toro indomito, che faceva un orribile gu
o, che faceva un orribile guasto in una vicina foresta. Fillio, prima
di
tentare l’arduo cimento, implorò il soccorso di E
oresta. Fillio, prima di tentare l’arduo cimento, implorò il soccorso
di
Ercole, e a tale oggetto gli offerì un sacrifizio
mediante la protezione d’Ercole restò liberato dalla fiamma d’amore,
di
cui ardeva per Cigno : lo che talmente avvilì l’o
lmente avvilì l’oggetto da prima cotanto amato, che si gettò nel lagò
di
Canopo, e venne convertito in Cigno (a) (39). L’E
ttò nel lagò di Canopo, e venne convertito in Cigno (a) (39). L’Eroe,
di
cui finora abbiamo parlato, rappresentasi di figu
Cigno (a) (39). L’Eroe, di cui finora abbiamo parlato, rappresentasi
di
figura gigantesca, vestito con pelle di leone, e
bbiamo parlato, rappresentasi di figura gigantesca, vestito con pelle
di
leone, e coronato di pioppo. Stringe in mano la c
esentasi di figura gigantesca, vestito con pelle di leone, e coronato
di
pioppo. Stringe in mano la clava, ed ha il turcas
coronato di pioppo. Stringe in mano la clava, ed ha il turcasso pieno
di
frecce. Talvolta comparisce col cornucopio sotto
olta comparisce col cornucopio sotto il braccio (b). Cinge una corona
di
pioppo, perchè viaggiando pel regno di Plutone, a
braccio (b). Cinge una corona di pioppo, perchè viaggiando pel regno
di
Plutone, avea trovato sulle rive del frume Achero
icesi inoltre, che quando questo Eroe discese nell’ Inferno, la parte
di
quelle foglie, che toccava la di lui testa, si co
Eroe discese nell’ Inferno, la parte di quelle foglie, che toccava la
di
lui testa, si conservò candida, laddove l’altra,
di lui testa, si conservò candida, laddove l’altra, ch’era esposta al
di
fuori, s’annerì pel denso fumo di quel tetro sogg
laddove l’altra, ch’era esposta al di fuori, s’annerì pel denso fumo
di
quel tetro soggiorno (c) Teseo. Egeo, re
(c) Teseo. Egeo, re d’Atene, trasferitosi appresso Pitteo, re
di
Trezene, ne ricevette in moglie la di lui figliuo
rasferitosi appresso Pitteo, re di Trezene, ne ricevette in moglie la
di
lui figliuola, Etra, la quale gli partorì Teseo.
suoi calzari e la sua spada sotto un grosso sasso, e commise ad Etra
di
spedirgli Teseo, allorchè fosse divenuto capace d
e commise ad Etra di spedirgli Teseo, allorchè fosse divenuto capace
di
smuovete quel sasso. Converiva, che Egeo tenesse
geo tenesse secreto il suo matrimonio a motivo de’cinquanta figliuoli
di
Pallante, suo fratello, detti però Pallantidi, i
aspiravano alla corona d’ Ateno. Pitteo quindi pubblicò, che il padre
di
Teseo era Nettuno(a). Crebbe il fanciullo in quel
a Nettuno(a). Crebbe il fanciullo in quella Reggia sotto l’educazione
di
un certo Connida(1), e fino dalla più tenera età
certo Connida(1), e fino dalla più tenera età diede non dubbie prove
di
sommo coraggio, e d’invitta fortezza. Ercole, tra
a fortezza. Ercole, trasferitosi appresso Pitteo, depose la sua pelle
di
leone per assidersi a mensa. Molti fanciulli, e t
sa. Molti fanciulli, e tra quelli anche Teseo, tratti dalla curiosità
di
vedere Ercole, erano accorsi al palagio reale ; m
uella pelle si spaventarono, eccettuato Teseo, che strappò dalle mani
di
uno schiavo un’ascia, e credendo di vedere un ver
ato Teseo, che strappò dalle mani di uno schiavo un’ascia, e credendo
di
vedere un vero leone, corse intrepido ad attaccar
ro leone, corse intrepido ad attaccarlo(b). Era giunto Teseo all’età
di
sedici anni, quando Etra gli manifestò il secreto
eo all’età di sedici anni, quando Etra gli manifestò il secreto della
di
lui nascita. Il giovane rovesciò l’anzidetto sass
accolse ciò, ch’eravi sottoposto. Fu allora, che la virtù e la gloria
di
Ercole lo animarono piucchè mai ad illustri azion
ai ad illustri azioni, e l’ammirazione, ch’eccitavano in lui le gesta
di
quell’ Eroe, produceva che le imprese dello stess
quell’ Eroe, produceva che le imprese dello stesso gli si offerissero
di
notte in sogno, e gli destassero ardente desideri
si offerissero di notte in sogno, e gli destassero ardente desiderio
di
emularle. Ad accrescere siffatta emulazione conco
concorreva la parentela, ch’eravi traloro, perchè Pitteo era fratello
di
Lisidice, madre di Alcmena, da cui, come vedemmo,
tela, ch’eravi traloro, perchè Pitteo era fratello di Lisidice, madre
di
Alcmena, da cui, come vedemmo, era n ato Ercole(a
eo se ne andò alla volta d’Atene, nè stette molto a trovare occasioni
di
far prova del suo valore. Sulle vie d’Epidauro s’
uo valore. Sulle vie d’Epidauro s’abbattè in Perifete, creduto figlio
di
Vulcano(2), e soprannominato Corinete, perchè por
, come il primo trionfo della sua virtù(c)Incontrò poscia nell’ Istmo
di
Corinto un altro gigante, assai più forte e formi
asseggieri a due pini, a gran forza curvati, affinchè al raddcizzarsi
di
essi, traessero seco una parte del corpo, squarci
esso gli altti(a). Perigona, figlia del predetto Scini, dopo la morte
di
suo padre ando a nascondersi tra morte di suo pad
edetto Scini, dopo la morte di suo padre ando a nascondersi tra morte
di
suo padre ando a nascondersi tra molte canne e al
e e altre piante selvaggie, perchè temeva d’incontrare lo stesso fine
di
lui. Teseo, il quale già sospettava ch’ella si fo
ndo, che non le avrebbe recato alcun male. La giovine si rimise nelle
di
lui mani, gli partorì Menalippo, e fu poi da Tese
esto era stato mandato, come abbiamo esposto, a devastare le campagna
di
Maratona. L’Etoe proseguì il suo viaggio, passò p
icino a Corinto, e v’uccise un cinghiale, ch’era divenuto lo spavento
di
quel Territorio(c). Assicurò il cammino a Megara,
(7), faceva coricare i viandanti sopra un letto : se erano più lunghi
di
quello, ne tagliava la parte che sopravanzava ; s
orire del medesimo supplizio(a). Egli poi ando appresso i discendenti
di
Fitalo, si fece purificare all’altare di Giove Me
ando appresso i discendenti di Fitalo, si fece purificare all’altare
di
Giove Melichio, perchè aveasi imbrattate le mani
altare di Giove Melichio, perchè aveasi imbrattate le mani nel sangue
di
tanta gente(b). Giunse finalmente in Atene, e vi
tanta gente(b). Giunse finalmente in Atene, e vi trovò Medea, figlia
di
Ecta, re di Colco, la quale, fuggita da Corinto,
(b). Giunse finalmente in Atene, e vi trovò Medea, figlia di Ecta, re
di
Colco, la quale, fuggita da Corinto, erasi ritira
le, fuggita da Corinto, erasi ritirata appresso Egeo, ed era divenuta
di
lui moglie. Colei, che aveva avuto qualche notizi
ed era divenuta di lui moglie. Colei, che aveva avuto qualche notizia
di
Teseo, tentò di farlo perire, onde assicurare il
di lui moglie. Colei, che aveva avuto qualche notizia di Teseo, tentò
di
farlo perire, onde assicurare il trono al figliuo
nemico. Mentre Teseo appressava le labbra alla tazza fatale, il padre
di
lui lo riconobbe, e strappatogli il bicchiere di
zza fatale, il padre di lui lo riconobbe, e strappatogli il bicchiere
di
mano, imbrandì la spada per uccidere l’ingannatri
mbrandì la spada per uccidere l’ingannatrice. La Maga si sottrasse al
di
lui furore, fuggì precipitosamente da Atene, e ti
, e tirata da Dragoni, si occultò fra le nuvole(c) (8). Pallante, e i
di
lui figliuoli come riconobbero Teseo, suscitarono
erta, e tosto dissipata colla morte dello stesso Pallante, e de’figli
di
lui, i quali caddero tutti sotto i colpi di Teseo
esso Pallante, e de’figli di lui, i quali caddero tutti sotto i colpi
di
Teseo. La uccisione di costoro obbligò questo Ero
li di lui, i quali caddero tutti sotto i colpi di Teseo. La uccisione
di
costoro obbligò questo Eroe ad allontanarsi per u
oso tributo, cui essa per la terza volta doveva pagare a Minos II, re
di
Creta. Androgeo, figlio di questo Monarca, per av
a terza volta doveva pagare a Minos II, re di Creta. Androgeo, figlio
di
questo Monarca, per aver riportato il premio ne’
teniesi e de’ Megaresi, che coloro gli tesero insidie, e lo privarono
di
vita (9)(9). Minos stava sacrificando nel tempio
numerose forze terrestri e marittime, mosse guerra ad Egeo, e a Niso,
di
lui fratello, che regnava in Megara (10)(10). Gli
li Ateniesi, oppressi dalle armi nemiche, furono nella dura necessità
di
segnare col re Megarese un trattato, per cui si o
essità di segnare col re Megarese un trattato, per cui si obbligarono
di
mandargli ogni nove anni(c), ovvero ogni anno set
irinto, fabbricato da Dedalo (11) S’accorse appena l’ afflitto Dedalo
di
tale caduta, che, calato dall’ alto, cercò incons
ene. Riprese poscia il volo verso l’ Italia, e discese sulle montagne
di
Cuma. Là v’ eresse un tempio ad Apollo in riagraz
a sua felice fuga, consecrò a quel Nume le sue ali, e sulla porta del
di
lui tempio vi scolpì la descrizione di tutto ciò,
le sue ali, e sulla porta del di lui tempio vi scolpì la descrizione
di
tutto ciò, ch’ eragli accaduto. Cocalo poi, re di
olpì la descrizione di tutto ciò, ch’ eragli accaduto. Cocalo poi, re
di
Sicilia, accolse appresso di se l’ industre artef
ciò, ch’ eragli accaduto. Cocalo poi, re di Sicilia, accolse appresso
di
se l’ industre artefice, ma poi, temendo il furor
ccolse appresso di se l’ industre artefice, ma poi, temendo il furore
di
Minos, che glielo aveva ricercato, lo soffocò in
elo aveva ricercato, lo soffocò in un bagno(b). Dicono, che le figlie
di
Cocalo diedero la stessa morte a Minos (c). e ave
tesso Minos, e figlia del Sole e della Ninfa Perseide. Aveva la testa
di
toro, e nel cimanente del corpo rassomigliava all
ente del corpo rassomigliava alla figura d’uomo(13), nè si cibava che
di
carne umana(d). All’avvicinarsi il tempo del terz
gli tra coloro, che la sorte destinava alla funesta spedizione. Prima
di
partire consultò l’Oracolo di Delfo, che gli comm
estinava alla funesta spedizione. Prima di partire consultò l’Oracolo
di
Delfo, che gli commise di prendersi Venere per gu
izione. Prima di partire consultò l’Oracolo di Delfo, che gli commise
di
prendersi Venere per guida, e di sacrificarle una
l’Oracolo di Delfo, che gli commise di prendersi Venere per guida, e
di
sacrificarle una capra in riva al mare. Così egli
al mare. Così egli fece, e la Dea tosto gli comparve sotto la figura
di
capra, per cui acquistò il nome di Epitragia(a).
tosto gli comparve sotto la figura di capra, per cui acquistò il nome
di
Epitragia(a). Non appena Teseo giunse in Creta, c
. Non appena Teseo giunse in Creta, che se ne invaghì Arianna, figlia
di
quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu
ì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu
di
guida per uscire dal Labirinto, dopochè uccise il
ncontrare lo stesso funesto fine(14). Egli rapì inoltre le due figlie
di
Minos ; e sciolte le vele da Creta, sbarcò verso
i Minos ; e sciolte le vele da Creta, sbarcò verso sera alle spiaggie
di
Nasso. Al nuovo dì abbandonò ivi Arianna, mentre
coforie(16). Teseo, ritornando da Creta, fece un sacrifizio ad Apollo
di
tutte le vettovaglie, ch’erano sopravanzate nel s
Pianepsia. Allora si portava anche d’intorno un ramo d’ulivo, coperto
di
lana, che si attaccava poi da un fanciullo sulle
poi da un fanciullo sulle porte per allontanare la carestia in onore
di
Minerva. Se era per Apollo, il ramo era d’alloro(
irono le Feste Delie, nelle quali ogni cinque anni recavasi un numero
di
Ateniesi, coronati d’alloro, ad Apollo in Delo. Q
de(17), ed era quello stesso, che avea trasportato in Creta Teseo e i
di
lui compagni(b). Un Sacerdote d’Apollo ne coronav
nte deponevano la loro corona, e la consecravano ad Apollo. Nel tempo
di
tali Feste non era permesso il punire reo alcuno
ccennato(c). Le Cibernesie furono Feste, instituite da Teseo in onore
di
Nausiteo e Feacide, che eransi seco lui uniti in
in onore di Nausiteo e Feacide, che eransi seco lui uniti in qualità
di
piloti nella sua famosa spedizione in Creta (d).
e Oscoforie vennero così denominate dalle due voci Greche oscos, ramo
di
vite, e fero, portare, attesochè certi nobili gio
attesochè certi nobili giovanetti, vestiti da donzelle(e), e con rami
di
vite, carichi d’uva, correvano dal tempio di Bacc
donzelle(e), e con rami di vite, carichi d’uva, correvano dal tempio
di
Bacco a quello di Minerva Scirade nel Porto Faler
n rami di vite, carichi d’uva, correvano dal tempio di Bacco a quello
di
Minerva Scirade nel Porto Falero(f). Chi prima v’
rifizio(g). Plutarco vuole, che queste Feste si celebressero in onore
di
Bacco e di Arianna(h). Secondo altri esse erano s
Plutarco vuole, che queste Feste si celebressero in onore di Bacco e
di
Arianna(h). Secondo altri esse erano state instit
o e di Arianna(h). Secondo altri esse erano state instituite in onore
di
Bacco e di Minerva(i) (18). Teseo, primachè parti
nna(h). Secondo altri esse erano state instituite in onore di Bacco e
di
Minerva(i) (18). Teseo, primachè partisse da Aten
a Atene per trasferirsi in Creta, aveva ricevuto ordine dal padre suo
di
spiegare al suo ritorno, se mai poteva riuscirvi,
del naviglio, su cui si spedivano in tribato i fanciulli, erano tutre
di
color nero, indizio di tristezza e di lutto. Egeo
spedivano in tribato i fanciulli, erano tutre di color nero, indizio
di
tristezza e di lutto. Egeo dall’alto d’Atene, det
ribato i fanciulli, erano tutre di color nero, indizio di tristezza e
di
lutto. Egeo dall’alto d’Atene, detta Acropoli, do
suo amore pel figlio lo aveva condotto, stava osservando, se la nave
di
Teseo ritornava fornita del concertato contrasseg
seo ritornava fornita del concertato contrassegno. Vide la nave senza
di
quello ; nè più dubitando, che il figlio fosse gi
to la cagione. Gli Ateniesi per consolarnelo esaltarono Egeo al grado
di
Nume marino, lo dichiararono figlio di Nettuno, e
rnelo esaltarono Egeo al grado di Nume marino, lo dichiararono figlio
di
Nettuno, e diedero il nome di lui a tutto il mare
di Nume marino, lo dichiararono figlio di Nettuno, e diedero il nome
di
lui a tutto il mare circonvicino(a), il quale poi
ifico possessore, attese a riformare le antiche leggi, e a stabilirne
di
nuove. Radunò in città tutti gli abitanti de’Borg
lò altresì îl culto de’ Numi, instituì varie Feste, e rinovò in onore
di
Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole avea rinov
do delle armi. Per tutte queste diverse instituzioni meritò il titolo
di
secondo fondatore d’Atene(a). Egli inoltre second
o da Ercole a combattere seco lui le Amazoni, e che dopo la sconfitta
di
quelle abbia introdotte le Feste, chiamate Boedro
i Boedromione (c) (20). Egli concorse anche alla caccia del Cinghiale
di
Calidone(d). La fama delle di lui imprese fece sì
oncorse anche alla caccia del Cinghiale di Calidone(d). La fama delle
di
lui imprese fece sì, che egli venisse provocato a
nisse provocato a singolare tenzone da Piritoo, figliuolo d’Issione e
di
Dia, e re de’ Lapiti (21). Ma quando i due Eroi f
abbracciarono, strinsero fra loro la più tenera amicizia, e giurarono
di
porgersi scambievole ajuto(e). Ciò ebbe a verific
ando discese nell’Inferno. Questo Eroe avea sposato Ippodamia, figlia
di
Atrace(f), che Omero chiama Laodamia(g), e Plutar
o Deidamia(h). Al convito nuziale, apparecchiato in una grotta, cinta
di
piante, furono invitati i Centauri, moltissimi Er
itò orribile contrasto tra’Lapiti e i Centauri. Eurito, il più feroce
di
tutti i Centauri, riscaldato soverchiamente dal v
aldato soverchiamente dal vino, mise sossopra tutta la mensa, e tentò
di
rapire la sposa. Sull’ esempio di lui fecero anch
se sossopra tutta la mensa, e tentò di rapire la sposa. Sull’ esempio
di
lui fecero anche gli altri Centauri la stessa vio
o. Vi rimasero morti molti Lapiti, che si erano opposti all’attentato
di
coloro. Tra quelli perì anche Censo, figlio di El
opposti all’attentato di coloro. Tra quelli perì anche Censo, figlio
di
Elato(22). Teseo, per vendicare l’ ingiuria, fatt
). Teseo, per vendicare l’ ingiuria, fatta all’ amico, e la morte de’
di
lui sudditi, si scagliò, ov’ era più folta la tur
ta la forza, squarciò la fronte a colui, il quale cadde tutto asperso
di
sangue, ed esalò lo spirito(23). Alcuni dicono, c
rlo si fece innanzi Farco, che, scavato da una rupe un macigno, tentò
di
scaricarlo sopra Teseo ; ma questi, lanciando con
acigno, tentò di scaricarlo sopra Teseo ; ma questi, lanciando contro
di
lui un grosso tronco di quercia, lo lasciò semivi
rlo sopra Teseo ; ma questi, lanciando contro di lui un grosso tronco
di
quercia, lo lasciò semivivo. Lo stesso Eroe assal
sa fece a Nedimno, a Liceto, esperto nel trattare l’ arco, ad Ippaso,
di
lunga barba, a Rifeo, che oltrepassava i più alti
e dalle radici un annoso pino ; ma non potendo sveller. Io, lo scosse
di
tal fatta ; che cadde alla fine, dove il Centauro
rta Fedra, sua moglie, e sorella della mentovata Arianna, stabilirono
di
procurarsene ciascuno un’ altra, la quale fosse n
uno un’ altra, la quale fosse nata da Giove. Teseo rapì Elena, figlia
di
quel Nume, e di Leda(25), mentr’ella in età di di
a quale fosse nata da Giove. Teseo rapì Elena, figlia di quel Nume, e
di
Leda(25), mentr’ella in età di dieci anni assiste
seo rapì Elena, figlia di quel Nume, e di Leda(25), mentr’ella in età
di
dieci anni assisteva ad una festa nel tempio di D
5), mentr’ella in età di dieci anni assisteva ad una festa nel tempio
di
Diana Orzia(b). Fu allora, che l’ Eroe presso Erm
l’ Istmo del Peloponneso, alzò anche un tempio a Venere sotto il nome
di
Ninfa, ossia novella sposa (c). Non potè però sem
infa, ossia novella sposa (c). Non potè però sempre ritenere appresso
di
se l’ anzidetta giovine, perchè Etra, a cui egli
cui egli aveala affidata, dovette restituirla a Castore e a Polluce,
di
lei fratelli (d) (26). Piritoo, ch’ erasi propost
re e a Polluce, di lei fratelli (d) (26). Piritoo, ch’ erasi proposto
di
sposare Proserpina, moglie di Plutone, eccitò Tes
i (d) (26). Piritoo, ch’ erasi proposto di sposare Proserpina, moglie
di
Plutone, eccitò Teseo ad unirsi seco lui in quell
do calò laggiù per trarne il Cane Cerbero, ottenne mediante il favore
di
Proserpina di ricondurlo sulla terra(f). Teseo eb
per trarne il Cane Cerbero, ottenne mediante il favore di Proserpina
di
ricondurlo sulla terra(f). Teseo ebbe da Fedra du
ce passare la sua famiglia nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Isola
di
Sciro. Licomede, figlio di Apollo e di Partenope,
nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio
di
Apollo e di Partenope, e re di quell’ Isola, pres
ed egli si ritirò nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio di Apollo e
di
Partenope, e re di quell’ Isola, preso da invilia
nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio di Apollo e di Partenope, e re
di
quell’ Isola, preso da invilia di sì grande perso
glio di Apollo e di Partenope, e re di quell’ Isola, preso da invilia
di
sì grande personaggio, lo precipitò dall’ alto d’
lto d’una rupe(a). Gli Ateniesi dopo molti secoli onorarono le ceneri
di
Teseo(b). Conone nel mezzo della città gli alzò u
stato da Teseo agl’ infelici (c). Nello stesso tempio l’ottavo giorno
di
ciascun mese si colebravano delle Feste a Teseo,
e mangiare alle pubbliche mense(d). Priamo Priamo fu figliuolo
di
Laomedonte, re di Troja (a) (1). Era pieno di cor
bbliche mense(d). Priamo Priamo fu figliuolo di Laomedonte, re
di
Troja (a) (1). Era pieno di coraggio, e fornito d
Priamo fu figliuolo di Laomedonte, re di Troja (a) (1). Era pieno
di
coraggio, e fornito di marziale valore. Posto da
di Laomedonte, re di Troja (a) (1). Era pieno di coraggio, e fornito
di
marziale valore. Posto da Ercole sul trono del pr
rono del predetto Laomedonte, suo padre, ne ampliò lo Stato per mezzo
di
varie conquiste, e ne accrebbe la gloria e lo spl
e una statua a Giove, soprannominato Erceo. Tutto era grandezza nella
di
lui Corte, e per molti anni visse nella prosperit
lui Corte, e per molti anni visse nella prosperità(b). Arisba, figlia
di
Merope, fu la prima moglie di Priamo, dalla quale
sse nella prosperità(b). Arisba, figlia di Merope, fu la prima moglie
di
Priamo, dalla quale nacque Esaco(c) (2). Lo stess
dalla quale nacque Esaco(c) (2). Lo stesso re poi sposò Ecuba, figlia
di
Dimante, che regnava in un cantone della Frigia(d
cuba, figlia di Dimante, che regnava in un cantone della Frigia(d), o
di
Cisseo, re de’ Trasi(e). Colei gli partorì diecis
onio anche Merope, figlia del fiume Sangario (a). L’anzidetto Paride,
di
cui diffusamente ne parleremo anche quanto prima,
cui diffusamente ne parleremo anche quanto prima, allestì una flotta
di
venti vascelli(13) per andarsene in Grecia a rido
ti vascelli(13) per andarsene in Grecia a ridomandare Esione, sorella
di
suo padre, ch’ Ercole avea rapito, e dato in ispo
Ercole avea rapito, e dato in isposa a Telamone, figlio d’Eaco, e re
di
Salamina. Arrivato prima il giovane Trojano a Spa
jano a Sparta, Menelao, che ivi regnava, lo accolse con dimostrazioni
di
singolare benevolenza. Ma paride, invaghitosi del
dimostrazioni di singolare benevolenza. Ma paride, invaghitosi della
di
lui moglie, Elena, figlia di Tindaro, approfittò
enevolenza. Ma paride, invaghitosi della di lui moglie, Elena, figlia
di
Tindaro, approfittò del momento, in cui Menelao e
rito suo, fuggì seco lui nella Troade(14). Priamo la accolse appresso
di
se, poichè da lungo tempo eravi tra’ Greci e i Tr
ptoci oltraggi(b). L’anzidetto abbominevole ratto assoggettò la città
di
Troja all’ira di tutta la Grecia(15), e a’ disast
. L’anzidetto abbominevole ratto assoggettò la città di Troja all’ira
di
tutta la Grecia(15), e a’ disastri di lunghissima
gettò la città di Troja all’ira di tutta la Grecia(15), e a’ disastri
di
lunghissima guerra(16), come nel decorso dell’ Op
quelli, che accorsero ad ajutarlo, i più famosi sono Mennone, figlio
di
Titane, e dell’ Aurora, e re d’ Etiopia(17) ; Pro
fratello d’ Arcesilao, e principe della Beozia(18) ; Ippotoo, figlio
di
Lito(19) ; Protoo, figlio di Tentredone(20) ; Api
ncipe della Beozia(18) ; Ippotoo, figlio di Lito(19) ; Protoo, figlio
di
Tentredone(20) ; Apisaone, figlio d’Ippaso(21) ;
Peoni, e figlio d’Aso secondo Ditti Cretese (a) (25) ; Rigmo, figlio
di
Pireo, e principe della Tracia(26) ; Satnio, figl
à in mano de’ Greci, voleva darsi la morte, ma Écuba(31) lo consigliò
di
rititarsi piuttosto all’altare di Giove Erceo, ov
la morte, ma Écuba(31) lo consigliò di rititarsi piuttosto all’altare
di
Giove Erceo, ove anch’ella colle sue figliuole er
, figlio d’Achille, uccise appresso il predetto altare Polite, figlio
di
Priamo. Il re Trojano a tale vista non potè frena
contro Pirro un dardo, il quale però appena giunse a toccare lo scudo
di
lui. Il Greco allora si scagliò sopra l’infelice
una mano lo prese pe’ canuti capelli, coll’altra immerse la spada nel
di
lui seno, e lo fece cadere appiè di quell’ara. Ac
, coll’altra immerse la spada nel di lui seno, e lo fece cadere appiè
di
quell’ara. Aceorsero i Greci a recidergli il capo
o una Tradizione, riferita da Servio, Pirro trasse Priamo fuori della
di
lui Reggia, gli recise la testa, la ripose sulla
are in giro per tutta la città(a). Ettore. Ettore fu figliuolo
di
Ecuba e di Priamo. Era risguardato come il sosteg
per tutta la città(a). Ettore. Ettore fu figliuolo di Ecuba e
di
Priamo. Era risguardato come il sostegno de’ Troj
tegno de’ Trojani ; e gli Oracoli aveano predetto, che l’ Imperio del
di
lui padre non si sarebbe potuto distruggere, finc
Egli divenne il terrore de’ Greci, e comparve il più forte e valoroso
di
tutti i suoi concittadini (b) (1). Questo Eroe tr
ori(d). Lo stesso portò il fuoco perfino ne’ vascelli nemici, e privò
di
vita Patroclo, il quale gli fàceva resistenza. Il
stenza. Il medesimo uccise Meneste, Anchialo (f), e Cerano, cocchiere
di
Merione (g). Fece pur cadere sotto il suo braccio
e di Merione (g). Fece pur cadere sotto il suo braccio Epigeo, figlio
di
Agacleo, e re di Budia(h). Vinse e disarmò Leito,
Fece pur cadere sotto il suo braccio Epigeo, figlio di Agacleo, e re
di
Budia(h). Vinse e disarmò Leito, figlio d’ Alettr
io d’ Alettrione ; e lo avrebbe inche ucciso, se non fosse accorso in
di
lui Idomeneo(i). Trionfò altresì di Protesilao, f
e ucciso, se non fosse accorso in di lui Idomeneo(i). Trionfò altresì
di
Protesilao, figlio d’ Ificlo, e re d’un Cantone d
tone della Tessaglia(a) (2). Finalmente nise a morte Anfimaco, figlio
di
Teato Attorione(b) ; Stichio, duce de’ Beozj ; Ar
ato Attorione(b) ; Stichio, duce de’ Beozj ; Arcesilao, fido compagno
di
Menesteo ; i due duci de’ Focesi, Schedio, figlio
o, fido compagno di Menesteo ; i due duci de’ Focesi, Schedio, figlio
di
Perimede(c), e Schedio, figlio d’ Ifito(d) ; Lico
lio di Perimede(c), e Schedio, figlio d’ Ifito(d) ; Licofrone, figlio
di
Mastore, e cocchiere d’ Ajace, Perifete, figlio d
Licofrone, figlio di Mastore, e cocchiere d’ Ajace, Perifete, figlio
di
Copreo(e). Il cocchiere d’ Ettore fu Cebrione, fi
fete, figlio di Copreo(e). Il cocchiere d’ Ettore fu Cebrione, figlio
di
Priamo(3), ed Eniopeo(4). Il di lui trombetta poi
cchiere d’ Ettore fu Cebrione, figlio di Priamo(3), ed Eniopeo(4). Il
di
lui trombetta poi fu Miseno, figlio d’ Eolo(f) (5
figlio d’ Eolo(f) (5). Ettore sposò Andromaca, figlia d’ Eozione, re
di
Tebe nella Cilicia, la quale era bella, coraggios
dinanzi alla Porta Scea, attendendo Achille, e mostravasi impaziente
di
venire alle mani con lui. Priamo ed Ecuba, treman
iamo ed Ecuba, tremanti per la vita del loro figlio, lo scongiuravano
di
rientrare in città ; ma nè le preghiere, nè le la
città ; ma nè le preghiere, nè le lagrime loro poterono smuoverlo da
di
là. Venne finalmente Achille colla picca alla man
ell’altro. Piombò quello del Trojano, e da quel momento tutti i colpi
di
lui riuscirono inutili Achille all’opposto vibrò
ti i colpi di lui riuscirono inutili Achille all’opposto vibrò contro
di
Ettore la picca, e lo stese a terra morto. Disono
e lo stese a terra morto. Disonorò poi la sua vittoria con un tratto
di
turpe crudeltà. Non contento d’aver insultato agl
di turpe crudeltà. Non contento d’aver insultato agli ultimi respiri
di
lui, lo attaccò al suo carro, per tre volte lo st
o, per tre volte lo strascinò col volto nella polvere intorno le mura
di
Troja, e comandò che fosse esposto ad essere cibo
e cibo de’cani e degli avoltoi (b). Priamo allora, gettatosi a’ piedi
di
lui, lo supplicò che volesse rendergli il morto f
; e Achille, tocco dale lagrime del dolente vecchio, ed eccitàto da’
di
lui generosi doni, v’acconsentì(c). In quella cir
tì(c). In quella circostanza Achille accordò pure a Priamo una tregua
di
dodici giorni, onde potesse rendere al figlio gli
ò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno. I fratelli, e gli amici
di
Ettore ne raccolsero le ceneri, e le rinchiusero
na magnifica tomba in Epiro, dove la avea condotta Neottolemo, figlio
di
Achille (e) (8) Pausania dice, che i Tebani di Be
tta Neottolemo, figlio di Achille (e) (8) Pausania dice, che i Tebani
di
Beozia si vantavano d’aver trasportato appresso d
dice, che i Tebani di Beozia si vantavano d’aver trasportato appresso
di
loro le ceneri di Ettore, perchè così avea prescr
di Beozia si vantavano d’aver trasportato appresso di loro le ceneri
di
Ettore, perchè così avea prescritto ad essi un Or
e fosse felice il loro Imperio(a). Paride. Paride fu figliuolo
di
Priamo e di Ecuba. Questi anche prima di nascere
ce il loro Imperio(a). Paride. Paride fu figliuolo di Priamo e
di
Ecuba. Questi anche prima di nascere fu conosciut
ide. Paride fu figliuolo di Priamo e di Ecuba. Questi anche prima
di
nascere fu conosciuto come quello, che doveva ess
quello, che doveva essere la rovina della sua pattia. Ecuba, rimasta
di
lui incinta, sognò che aveva partorito una faccol
o dell’infausto vaticinio, e commise ad Archelao, uno de’ suoi servi,
di
esporre il fanciullo, subitochè fosse nato, ne’ b
vano sul monte Ida(b) (1). Paride, cresciuto in età, ebbe ivi la cura
di
numeroso gregge ; il suo coraggio nel difenderlo
ra di numeroso gregge ; il suo coraggio nel difenderlo da chi cercava
di
rubarglielo, gli acquistò il nome di Alessandro(c
io nel difenderlo da chi cercava di rubarglielo, gli acquistò il nome
di
Alessandro(c). In differenti occasioni diede prov
cquistò il nome di Alessandro(c). In differenti occasioni diede prove
di
giustizia ed equità sì grande, che i vicini Pasto
e(a), o della Ninfa Egina(b) (2), essendo per isposare Tetide, figlia
di
Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei alle s
la Ninfa Egina(b) (2), essendo per isposare Tetide, figlia di Nereo e
di
Doride(3), invitô tutti gli Dei alle sue nozze, l
timore che’ vi cagionasse qualche disordine. Ella cercò tutti i mezzi
di
vendicarsene ; ed uno ne trovò, con cui fece molt
e tralle sole anzidette tre Divinità. Era difficile il decidere quale
di
loro fosse la più avvenente. Paride fu eletto giu
la più avvenente. Paride fu eletto giudice della questione. Ciascuna
di
esse fecegli generose offerte, onde giudicasse a
mperj ; Minerva gli promise la gloria delle armi ; e Venere s’impegnò
di
renderlo possessore della più bella donna, che vi
o a Venere. Giunone e Minerva fino da quel momento concepirono contro
di
lui implacabile odio, e stabilirono di prenderne
uel momento concepirono contro di lui implacabile odio, e stabilirono
di
prenderne vendetta sopra tutta la di lui famiglia
implacabile odio, e stabilirono di prenderne vendetta sopra tutta la
di
lui famiglia(c). Priamo volle celebrate certi Glu
Paride, e vi rimase vincitore. Deifobo (o Ettore(d)), mal comportando
di
essere rimasto superato in quelli da lui, che non
ora per quello ch’era, cangiò la gelosia in tenerezza, e fu da Priamo
di
nuovo accolto nella sua Reggia(a). Paride, mentre
nte Ida, prese ad amare Enone, figlia del fiume Cebreno, e pastorella
di
straordinaria bellezza, che per dono di Apollo pr
l fiume Cebreno, e pastorella di straordinaria bellezza, che per dono
di
Apollo prediceva l’avvenire, e conosceva la virtù
rnato a lei per esserne risanato, ma che sarebbe già riuscito vano il
di
lui ricorso(b). Paride volle cimentarsi co’ suoi
spavento, che ben tosto si ritirò tra’ suoi. Rianimato da’ rimproveri
di
Ettore, suo fratello, si presen ò di nuovo a comb
’ suoi. Rianimato da’ rimproveri di Ettore, suo fratello, si presen ò
di
nuovo a combattere contro Menelao. Era già per ca
i nuovo a combattere contro Menelao. Era già per cadere sotto i colpi
di
, quello, quando Venere lo trasportò in Troja(c).
campo, ferì Macaone, Euripilo, e Diomede(d). Uccise Euchenore, figlio
di
Poliido ; Deioco, uno de’ Capitani Greci(e) ; e M
o di Poliido ; Deioco, uno de’ Capitani Greci(e) ; e Menestio, figlio
di
Areitoo e di Filomedusa(f). Dicest pure, che abbi
; Deioco, uno de’ Capitani Greci(e) ; e Menestio, figlio di Areitoo e
di
Filomedusa(f). Dicest pure, che abbia dato la mor
i però si fece trasferire appresso Enone, cui erano noti varj secreti
di
medicina. La Pastorella impiegò tutto lo studio p
ma ogni rimedio fu inutile, perchè la freccia, che lò colpì, era una
di
quelle ch’erano state avvelenate da Ercole nel sa
na di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole nel sangue dell’Idra
di
Lerna. Paride spirò tralle braccia di Enone ; e q
da Ercole nel sangue dell’Idra di Lerna. Paride spirò tralle braccia
di
Enone ; e questa pure morì allora di dolore(e) (5
rna. Paride spirò tralle braccia di Enone ; e questa pure morì allora
di
dolore(e) (5). Enea. Enea, Principe Trojan
ittà, dove fu sepolta(b) (2). Qesto Eroe combattè con Diomede, figlio
di
Tideo e di Deifile, e ne rimase colpito con un sa
fu sepolta(b) (2). Qesto Eroe combattè con Diomede, figlio di Tideo e
di
Deifile, e ne rimase colpito con un sasso. Apollo
deo e di Deifile, e ne rimase colpito con un sasso. Apollo prese cura
di
lui ; e dopo averlo fornito di straordinario valo
olpito con un sasso. Apollo prese cura di lui ; e dopo averlo fornito
di
straordinario valore, lo fece comparire un’altra
Il Trojano finalmente stava per soccombere, quando Nettuno ad istanza
di
Venere lo tolse dal pericolo(d). Enea uccise Afar
dal pericolo(d). Enea uccise Afareo, uno de’ Greci Capitani, e figlio
di
Caletore(e). Privò pure di vita Cretone e Orsiloc
e Afareo, uno de’ Greci Capitani, e figlio di Caletore(e). Privò pure
di
vita Cretone e Orsiloco, figliuoli di Diocleo(f).
glio di Caletore(e). Privò pure di vita Cretone e Orsiloco, figliuoli
di
Diocleo(f). Sotto le mura di Troja si azzuffò con
re di vita Cretone e Orsiloco, figliuoli di Diocleo(f). Sotto le mura
di
Troja si azzuffò con Demoleo, Greco Capitano, lo
nesteo per ricompensarne il singolare valore(g). Vinse Abante, figlio
di
Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era d
nse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era
di
bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali ed altr
cui Troja fu presa da’ Greci, entrò nella Cittadella d’Ilio, e cercò
di
difenderla a tutto potere. Non vi ruscì : quindi,
padre, con lui sulle spalle, e col figlinolo, Ascanio(4), a mano uscì
di
città(5). Le fiamme lo rispettarono, e per non nu
oco distante dalla città(7), formò ivi co’ suoi seguaci(8) una flotta
di
venti navi per fuggire(a) (9). Si trasferì nella
ferì nella Tracia appresso Polinnestore, e v’intraprese la fondazione
di
una citta. Volendo prima offerire sulla spiaggia
elli, i quali andava svellendo per ornarne l’altare, stillavano gocce
di
sangue. Udì inoltre un grido lamentevole di Polid
’altare, stillavano gocce di sangue. Udì inoltre un grido lamentevole
di
Polidoro, figlio di Priamo, che lo dissuadeva di
gocce di sangue. Udì inoltre un grido lamentevole di Polidoro, figlio
di
Priamo, che lo dissuadeva di trattenersi in quell
un grido lamentevole di Polidoro, figlio di Priamo, che lo dissuadeva
di
trattenersi in quelle terre. Polidoro stesso gli
nea ne celebrò i funerali, gli eresse un sepolcro, e passò nell’Isola
di
Delo. Quì cartesemente Io accolse Anio, re di que
cro, e passò nell’Isola di Delo. Quì cartesemente Io accolse Anio, re
di
quelle genti, e sacerdote d’Apollo. Da questo Num
popolate un tempo da’ suoi antenati. Spiegò quindi le vele alla volta
di
Creta, poichè Anchise allora ricordò, che Teucro,
a dato l’origine a’ Trojani. Là fabbricò una città, cui diede il nome
di
Pergamo. Poco dopo sopraggiunse la peste, e gli D
mi per allontanare que’ rapaci uccelli ; e allora Celeno, la maggiore
di
quelli, chiaramente predisse loro, che non avrebb
e, e si trasferirono in Epiro. Vi regnava in quel tempo Eleno, figlio
di
Priamo. Questi dichiarò ad Enea, che sarebbe arri
e a consultae porto della Sicilia, ed ivi ebbe a sofferire il dolore
di
veder a morire il padre suo, Anchise(a) (10). Giu
irvi chiese ad Eolo, che suscitasse una tempesta. Così fu ; e le navi
di
Enea vennero spinte verso Cartagine, dov’egli fu
ennero spinte verso Cartagine, dov’egli fu motivo, che Didone, regina
di
quella città(11) si desse la morte. Colei, all’ud
le sue disavventure, si senti ardere d’amore per lui(12), lo ristorò
di
tutte le perdite fatte nella procella, lo trattò
to, e con generose offerte, e perfino colle più dolenti lagrime tentò
di
trattenerlo appresso di se. Il Trojano però si ma
te, e perfino colle più dolenti lagrime tentò di trattenerlo appresso
di
se. Il Trojano però si mantenne sempre costante n
che Cartagine vendicasse un giorno siffatto oltraggio sopra i posteri
di
Finea ; e risolta di morire, finse di voler fare
sse un giorno siffatto oltraggio sopra i posteri di Finea ; e risolta
di
morire, finse di voler fare un sacrifizio al mort
fatto oltraggio sopra i posteri di Finea ; e risolta di morire, finse
di
voler fare un sacrifizio al morto marito, ascese
) (13). Partito Enea da que’ lidi, i contratj venti ad istanza sempre
di
Giunoue lo trasferirono un’altra volta in Drepani
di Giunoue lo trasferirono un’altra volta in Drepani(14). Acesse, re
di
quel paese, e figlio del fiume Criniso, e di Eges
Drepani(14). Acesse, re di quel paese, e figlio del fiume Criniso, e
di
Egesta, donna Trojana, con tutta la benevolenza l
utta la benevolenza lo accolse. Enea vi celebrò allora l’anniversario
di
suo padre(15). In quel momento uscì dal sepolcuo
lcuo d’Anchise un serpente, che girò interno alla stessa tomba, gustò
di
tutte le vivande soprappostevi e, poi senza nuoce
di era partito. Stupì Enea, e venne in dubbio, ch’esso fosse il Genio
di
quella situazione(16). Egli si propose poscia di
’esso fosse il Genio di quella situazione(16). Egli si propose poscia
di
dissendere nell’Inferno par rivedere l’ombra d’An
ima a consultare la Sibilla Cumana. Ella, additandogli il ramo d’oro,
di
cui altrove abbiamo parlato, gli comandò, che lo
avrebbe dovuto per tale motivo sostenere(a). Dopo l’uscita dal Regno
di
Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gaeta. Da di
nere(a). Dopo l’uscita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie
di
Gaeta. Da di là con propizio vento, passati i per
l’uscita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gaeta. Da
di
là con propizio vento, passati i perigliosi lidi
e finalmente si trasferì in Laurento, paese del Lazio. Latino, figlio
di
Fauno, e della Ninfa Marica, n’era il re, ed avev
auno, e della Ninfa Marica, n’era il re, ed aveva un’unica figliuola,
di
nome Lavinia. Alle di lei nozze aspirava Turno, f
rica, n’era il re, ed aveva un’unica figliuola, di nome Lavinia. Alle
di
lei nozze aspirava Turno, figlio di Dauno e di Ve
figliuola, di nome Lavinia. Alle di lei nozze aspirava Turno, figlio
di
Dauno e di Venilia, e re de’ Rutuli. Ciò bramava
di nome Lavinia. Alle di lei nozze aspirava Turno, figlio di Dauno e
di
Venilia, e re de’ Rutuli. Ciò bramava anche Amata
osarsi sopra un antico alloro, posto in mezzo al cortile della Reggia
di
Latino, diede occasione di presagire, che in quel
ro, posto in mezzo al cortile della Reggia di Latino, diede occasione
di
presagire, che in quella Reggià era per giungervi
ione di presagire, che in quella Reggià era per giungervi moltitudine
di
forestieri. Da un altare uscì pure una fiamma, ch
e di forestieri. Da un altare uscì pure una fiamma, che cinse il capo
di
Lavinia, e poi si sparse per tutto il di lei pala
na fiamma, che cinse il capo di Lavinia, e poi si sparse per tutto il
di
lei palagio : dal che si congetturò, che somma gl
r derivare a quella giovine. Latino allora volle consultare l’Oracolo
di
Fauno, suo padre. La notte, mentre stava coricato
n sogno una voce, la quale lo avveriva, che sarebbe arrivato appresso
di
lui uno straniero, il di cui nome era per divenir
e lo avveriva, che sarebbe arrivato appresso di lui uno straniero, il
di
cui nome era per divenire famoso in tutto il mond
Enea non molto dopo spedì a quel re ambasciatori, che ne ottenessero
di
essere accolti nelle di lui terre. Latino v’accon
dì a quel re ambasciatori, che ne ottenessero di essere accolti nelle
di
lui terre. Latino v’acconsentì ; e diede anzi a c
Furia Aletto, affinchè questa destasse in Amata e in Turno sentimenti
di
furore contro que’ forestieri. Turno difatti pres
ti di furore contro que’ forestieri. Turno difatti prese costo contro
di
loro le armi ; e l’anzidetta Dea, discesa dal Cie
rì ella stessa il tempio, in cui non soleasi entrare, se non in tempo
di
guerra(a). Il Genio del Tevere non ostante compar
ifizio a Giunone. Strinse poi amicizia con Evandro, creduto figliuolo
di
Mercurio(18). Questi gli regalò quattrocento cava
. Poco dopo si collegarono con Enea anche i Tirreni sotto la condotta
di
Tarconte, i quali si erano ribellati contre Mezen
, i quali si erano ribellati contre Mezenzio, loro re, a motivo delle
di
lui crudeltà(19). Enea con tali soccorsi e con ar
elle navi vennero subito da Giove cangiate in Ninfe marine ad istanza
di
Cibele, che ne avea la cura, perchè erano state f
nte. Egli poi vendicò la lero morte privandosdi vita Mezenzio, Lauso,
di
lui figliuolo(a) (22), e Camilla, regina de’ Vols
Enea. Quegli vi restò morto(c), a questi sposò Lavinia, dopo la morte
di
Latino salì sul di lui trono, e fabbricò una citt
tò morto(c), a questi sposò Lavinia, dopo la morte di Latino salì sul
di
lui trono, e fabbricò una città, a cui diede il n
tino salì sul di lui trono, e fabbricò una città, a cui diede il nome
di
sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di D
, a cui diede il nome di sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella
di
Didone, la quale eravi stata portata da una burra
ravi stata portata da una burrasca, mentre fuggiva dalle persecuzioni
di
Pigmalione(d) (24). Il più fedele compagno, ch’eb
la vita(25). Altri dicono, che, essendo caduto nel fiume Numicio, il
di
lui corpo non fu trovato ; e però si credette, ch
erò si credette, che Venere lo avesse trasferito in Cielo. Sulla riva
di
quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nom
elo. Sulla riva di quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nome
di
Giove Indigete gli si rendettero gli onori divini
he divennero una fontana(g). Agamenonne. Agamenonne, figliuolo
di
Atreo secondo Omero (a), e di Plistelle secondo A
Agamenonne. Agamenonne, figliuolo di Atreo secondo Omero (a), e
di
Plistelle secondo Apollodoro (b), era destinato a
era destinato al trono d’Argo. Tieste, fratello d’Atreo, s’impadroni
di
quel regno, e Agamenonne dovette fitirarsi appres
i di quel regno, e Agamenonne dovette fitirarsi appresso Polifide, re
di
Sicione, il quale per timore di dispiacere a Ties
vette fitirarsi appresso Polifide, re di Sicione, il quale per timore
di
dispiacere a Tieste non volle accoglierlo, e lo s
Eneo, re d’Etolia. Questi amichevolmente lo ricevette, e si dichiarò
di
lui protettore. Poco tempo dopo Tindaro, re di Sp
cevette, e si dichiarò di lui protettore. Poco tempo dopo Tindaro, re
di
Sparta, diede la sua figliuola, Cliteanestra, in
e sì fortemente, che colui fu costretto a ritirarsi appresso l’altare
di
Giunone. Il vincitore non inferocì di più contro
o a ritirarsi appresso l’altare di Giunone. Il vincitore non inferocì
di
più contro il vinto, e solo si contentò di esilia
Il vincitore non inferocì di più contro il vinto, e solo si contentò
di
esiliarlo nell’Isola di Citera. Questa vittoria r
cì di più contro il vinto, e solo si contentò di esiliarlo nell’Isola
di
Citera. Questa vittoria rendette Agamenonne padro
enonne, divenuto il più possente tra’Greci Principi, stabilì la città
di
Micene per Capitale del suo Impero. Egli fu altre
(14), e le figliuole d’Anio, gran Sacerdote d’Apollo, e re dell’Isola
di
Delo(15). Fornito di queste e di altre forze anco
d’Anio, gran Sacerdote d’Apollo, e re dell’Isola di Delo(15). Fornito
di
queste e di altre forze ancora, voleva subito Aga
Sacerdote d’Apollo, e re dell’Isola di Delo(15). Fornito di queste e
di
altre forze ancora, voleva subito Agamenonne spie
o invece sulle ancore nel porto d’Aulide. Finalmente Calcante, figlio
di
Testore, e però soprannominato Testoride(16), dic
e con Clitennestra, sua madre. Il pubblico bene fece tacere nel cuore
di
Agamenonne i sentimenti delle paterne tenerezze t
Ministro per fevirla col fesso micidiale, quando Diana, mossa a pietà
di
quell’innocente vittima, ravvolta in densissima n
volta in densissima nobe, la trasportò nella Taurica Chersoneso, e in
di
lei mogo sostituì una cerva (b) (17). Cessò allor
ttori della navigazione(18), con propizio vento approdò alle spiaggie
di
Troja. Uccise Bienore (a) (19) ; Deicoonte, figli
ò alle spiaggie di Troja. Uccise Bienore (a) (19) ; Deicoonte, figlio
di
Pergaso (b) (20) ; Ifidamante e Coone, figli d’An
Pisandro e Ippoloco, nati da Antimaco. Dicesi, che questi due a vista
di
Agamenonne tremarono di spavento, e che colle pre
i da Antimaco. Dicesi, che questi due a vista di Agamenonne tremarono
di
spavento, e che colle preghiere, colle lagrime, e
ento, e che colle preghiere, colle lagrime, e colle offerte tentarono
di
salvare la propria vita ; ma il Greco Eroe non os
no di salvare la propria vita ; ma il Greco Eroe non ostante li privò
di
vita per vendicarsi di Antimaca, loro padre, ch’e
a vita ; ma il Greco Eroe non ostante li privò di vita per vendicarsi
di
Antimaca, loro padre, ch’erasi opposto, ond’Elena
tituita a Menelao (g). Nove anni impiegò Agamenonne nell’impadronirsi
di
molte città, tributarie a Priamo, e nell’espugnar
nell’espugnarne varie altre, le quali aveano preso le armi in difesa
di
lui. Finalmente nel decimo anno rimase vittorioso
he si fece tra’Greci Capitani, delle Donne Trojane, Cassandra, figlia
di
Priamo, e sposa di Corebo(22), toccò ad Agamenonn
i Capitani, delle Donne Trojane, Cassandra, figlia di Priamo, e sposa
di
Corebo(22), toccò ad Agamenonne. Costei gli aveva
ederlo ; e così poi avvenne. Clitennestra, mentr’egli era all’assedio
di
Troja, avea preso ad amare Egisto, figlio di Ties
ntr’egli era all’assedio di Troja, avea preso ad amare Egisto, figlio
di
Tieste, cui Agamenonne avea affidaso durante il t
rito, gli presentò una veste nel momento, in cui usciva del bagno. Le
di
lui braccia si trovarono intricate nelle maniche,
bagno. Le di lui braccia si trovarono intricate nelle maniche, perchè
di
queste n’erano chiuse le aperture. La moglie allo
ie allora lo assalì ; e assistita dall’anzidetto Egisto, con un colpo
di
accetta lo uccise. Altri dicono, ch’ella lo fece
e gl’imbandì, tostochè egli si rimise in patria (a). Era pur riuscita
di
grave danno ad Agamenonne anche Astinome, soprann
Agamenonne anche Astinome, soprannominata Criseide, perchè era figlia
di
Crise, gran sacerdote di Apollo, della città di L
, soprannominata Criseide, perchè era figlia di Crise, gran sacerdote
di
Apollo, della città di Limessa, e alleato de’Troj
de, perchè era figlia di Crise, gran sacerdote di Apollo, della città
di
Limessa, e alleato de’Trojani. Questi addolorato,
ojani. Questi addolorato, perchè Agamenonne avea fatta sua schiava la
di
lui figliuola, erasi recato al campo de’Greci per
per ridomandarla, e per offerire un ricco riscatto. Agamenonne ricusò
di
compiacernelo : anzi al rifiuto v’aggiunse anche
fece allontanare dalla sua presenza. Crise chiese ad Apollo vendetta
di
un affronto, che in lui ricadeva. L’armata de’Gre
e ne interrogò Calcante ; e questi rispose, che quello era un castigo
di
Apollo, e che il Nume nol avrebbe sospeso, qualor
gli da prima si mostrò alquanto restio, ma finalmente incaricò Ulisse
di
ri condurre la giovine a Crise. Apollo subito si
nda Laodice (a). Secondo alcuni Agamenonne ebbe pure un altro figlio,
di
nome Aleso(26). Agamenonne, e il di lui fratello,
enonne ebbe pure un altro figlio, di nome Aleso(26). Agamenonne, e il
di
lui fratello, Menelao, furono anche detti Attidi,
furono anche detti Attidi, perchè comunemente erano creduti figlinoli
di
Atreo. Per accordare poi questa opinione coll’alt
e coll’altra, secondo la quale si asseriva, ch’eglino erano figliuoli
di
Plistene, lo Scoliaste d’Omero (b) e lo Scoliaste
do quegli morto giovine, furono allevati da Atreo, e però considerati
di
lui figliuoli. Lo scettro di Agamenonne fu tenuto
no allevati da Atreo, e però considerati di lui figliuoli. Lo scettro
di
Agamenonne fu tenuto in grande estimazione appres
re lo avea nascosto sotterra con molto oro nella Focide. Gli abitanti
di
quel luogo lo trovarono, e avendo raccolto per se
o (d). Omero poi soggiunge, che il mentovato scettro era stato lavoro
di
Vulcano ; che questo Nume lo avea regalato a Giov
che Giove ne fece un dono a Mercurio ; da cui passò a Pelope, figlio
di
Tantalo, indi ad Atreo, poscia a Tieste, e finalm
e, e finalmente ad Agamenonne (a). Oreste. Oreste fu figliuolo
di
Agamennone e di Clitennestra. Fu allevato nella C
ad Agamenonne (a). Oreste. Oreste fu figliuolo di Agamennone e
di
Clitennestra. Fu allevato nella Corre di Strofio,
fu figliuolo di Agamennone e di Clitennestra. Fu allevato nella Corre
di
Strofio, figlio di Criso, e re della Focide, il q
mennone e di Clitennestra. Fu allevato nella Corre di Strofio, figlio
di
Criso, e re della Focide, il quale aveva sposato
iglio di Criso, e re della Focide, il quale aveva sposato una sorella
di
Agamennone, chiamata Anasibia (a). Appresso di qu
va sposato una sorella di Agamennone, chiamata Anasibia (a). Appresso
di
quello Elettra, sua sorella, lo fece secretamente
sua sorella, lo fece secretamente trasferire per sottratlo al furore
di
sua madre, che altrimenti lo avrebbe ucciso, come
ea fatto morire il padre(1). Oreste, cresciuto negli anni, e risoluto
di
vendicare la morte del genitore, si trasferì in A
tto strettissima amicizia. Ivi si dichiatò come incaricato da Strofio
di
portarvi la notizia della morte d’Oreste(2) ; e i
a uccise con Egisto (b). Euripide poi vuole, che Oreste abbra privato
di
vita Egisto nel tempio d’ Apollo, mentr’egli stav
ificato. Lo stesso Poeta soggiunge, che Oreste andò poscia in traccia
di
Clitennestra, e a lei pure immerse un pugnale nel
i, per evitare l’infamia del supplizio, a grande stento avea ottenuto
di
poter togliersi da se la vita ; ma Apollo, che gl
da se la vita ; ma Apollo, che gli aveva comandata l’uccisione della
di
lui madre, fece sì, che i di lui, concittadini si
he gli aveva comandata l’uccisione della di lui madre, fece sì, che i
di
lui, concittadini si contentassero solamente di e
madre, fece sì, che i di lui, concittadini si contentassero solamente
di
esiliarlo per un anno. Oreste intanto per eccitam
me passò in Atene, e si assoggettò al giudizio dell’ Areopago. I voti
di
quello erano divis. Minerva, che aveva pure il di
ago. I voti di quello erano divis. Minerva, che aveva pure il diritto
di
darvi il suo, si dichiarò a favore di Oreste, e q
erva, che aveva pure il diritto di darvi il suo, si dichiarò a favore
di
Oreste, e questi quindi ne rimase assolto (a). Or
o (a). Oreste allora onorò Minerva Area coll’innalzarle sulla collina
di
Marte il tempio, che abbiamo indicato(3). Nè cont
ulla collina di Marte il tempio, che abbiamo indicato(3). Nè contento
di
essere stato assolto, passò eziandio appresso i T
ette abitare in luogo solitario, perchè niun volle riceverlo appresso
di
se. Egli tutti i giorni veniva purificato, e poi
veniva purificato, e poi si sotterrava tutto quel, che avea servito a
di
lui uso. Altri Scrittori pei vogliono, che non os
Areopago le Furie continuassero a tormentarlo (b) (4). Oreste ricorse
di
nuovo all’ Oracolo di Delfo ; e il Nume gli promi
inuassero a tormentarlo (b) (4). Oreste ricorse di nuovo all’ Oracolo
di
Delfo ; e il Nume gli promise, che ne rimarrebbe
a avesse trasportato dalla. Taurica Chersoneso nella Gsecia la statua
di
Diana. Egli con Pilade si accinse all’impresa. Qu
e vennero tosto arrestati, e condotti a Toante, sommo secerdote, e re
di
qual paese. Quegli gli fece consegnare ad Ifigeni
essendo venuta in cognizione ch’egli era Greco, le venne in pensiero
di
far nota col di lui mezzo a’suoi congiunti la sua
in cognizione ch’egli era Greco, le venne in pensiero di far nota col
di
lui mezzo a’suoi congiunti la sua situazione. Pro
a col di lui mezzo a’suoi congiunti la sua situazione. Propose quindi
di
salvare uno di loro a patto, che promettesse con
zzo a’suoi congiunti la sua situazione. Propose quindi di salvare uno
di
loro a patto, che promettesse con giuramento di r
quindi di salvare uno di loro a patto, che promettesse con giuramento
di
recare una lettera in Argo. Allora fu, che nacque
Allora fu, che nacque generosa gara tra gli amici per determinare chi
di
loro dovea restare pel sacrifizio, e chi partire.
on vi volle, onde avessero a riconoscersi. e subito pensarono al modo
di
rapire il simulacro della Dea, e di fuggirsene. I
cersi. e subito pensarono al modo di rapire il simulacro della Dea, e
di
fuggirsene. Ifigenia finse, che i due stranieri,
la Dea, e di fuggirsene. Ifigenia finse, che i due stranieri, carichi
di
delitti, avessero colla loro presenza contaminato
nza contaminato il tempio e il simulacro della Dea ; disse, che prima
di
sacrificarli conveniva purificare sì quelli, che
a statua(5), e condusse seco anche Oreste e Pilade. Toante, avvertito
di
ciò, voleva inseguirli ; ma lo trattenne Minerva,
indicò essere il tutto avvenuto per volere degli Dei (a). Oreste dopo
di
ciò non si sentì più cruciato dalle Furie ; ritor
ruciato dalle Furie ; ritornò nella Grecia ; sposò Ermione, figliuola
di
Menelao, suo zio ; salì senza contrasto sul pater
, suo zio ; salì senza contrasto sul paterno soglio ; e dopo la morte
di
Menelao unì il regno di Spasta a quello d’Argo e
ontrasto sul paterno soglio ; e dopo la morte di Menelao unì il regno
di
Spasta a quello d’Argo e di Micene. Dicesi, che s
; e dopo la morte di Menelao unì il regno di Spasta a quello d’Argo e
di
Micene. Dicesi, che sia morto d’una puntura di se
asta a quello d’Argo e di Micene. Dicesi, che sia morto d’una puntura
di
serpente, mentre viaggiava per l’ Arcadia. Lasciò
nia soggiunge, che gli Spartani, avendo ricevuto ordine dall’ Oracolo
di
trasportare le ossa di Oreste nella loro città, u
Spartani, avendo ricevuto ordine dall’ Oracolo di trasportare le ossa
di
Oreste nella loro città, un certo Lica, loro conc
te con quelle d’ Agamennone (b). Menelao. MEnelao fu figliuolo
di
Plistene, ma creduto, come abbiamo detto, figliuo
o fu figliuolo di Plistene, ma creduto, come abbiamo detto, figliuolo
di
Atreo. Egli, mentre era re di Atene, salì al tron
creduto, come abbiamo detto, figliuolo di Atreo. Egli, mentre era re
di
Atene, salì al trono di Sparta, perchè sposò Elen
etto, figliuolo di Atreo. Egli, mentre era re di Atene, salì al trono
di
Sparta, perchè sposò Elena, figliuola di Tindaro,
a re di Atene, salì al trono di Sparta, perchè sposò Elena, figliuola
di
Tindaro, re di Sparta. Paride, come si è racconta
salì al trono di Sparta, perchè sposò Elena, figliuola di Tindaro, re
di
Sparta. Paride, come si è raccontato, gliela rapì
a, che per tale ragione si suscitò tra’Greci e i Trojani, diede saggi
di
gran, valore. Le due armate erano per azzuffarsi.
ngolare tenzone. Erasi proposto da Antenoré, che Elena e le ricchezze
di
lei fossero del vincitore. Paride da prima ri cus
le ricchezze di lei fossero del vincitore. Paride da prima ri cusava
di
stare a siffatto progetto, ma poi v’acconsentì. E
e nuovamente lo tolse dal combattimento(a). Allora Minerva per ordine
di
Giove prese le sembianze di Laodoco, figliuolo di
mbattimento(a). Allora Minerva per ordine di Giove prese le sembianze
di
Laodoco, figliuolo di Antenore, ed eccitò i Troja
Minerva per ordine di Giove prese le sembianze di Laodoco, figliuolo
di
Antenore, ed eccitò i Trojani a violare le stabil
Trojani a violare le stabilite convenzioni. Quindi Pandaro, figliuolo
di
Licaone, indotto dallo stesso Laodoco, scoccò un
ntro Menelao, e leggiermente lo ferì. Tanta perfidia divenne sorgente
di
nuove ostilità (a). Menelao fece prigione Adresto
Menelao fece prigione Adresto(b) ; uccise Toante(c), Euforbo, figlio
di
Panto, Pode, figlio d’Eczione (d), e Scamandrio,
bo, figlio di Panto, Pode, figlio d’Eczione (d), e Scamandrio, figlio
di
Strofio(e). Elena, conquistata Troja da’Greci, fu
a Menelao. Questi voleva immolarla al suo risentimento, e alle ombre
di
coloro, che per causa di quella guerra erano peri
immolarla al suo risentimento, e alle ombre di coloro, che per causa
di
quella guerra erano periti ; ma colei seppe così
lao che dopo otto anni, attesochè, partendo da Troja, avea trascurato
di
sacrificare a Giove e alle Divinità del mare per
te lo spinsero in Egitto, ove regnava allora Polibo. Questi lo regalò
di
due conche d’argento, di due tripodi, e di dieci
ove regnava allora Polibo. Questi lo regalò di due conche d’argento,
di
due tripodi, e di dieci talenti d’oro. La di lui
a Polibo. Questi lo regalò di due conche d’argento, di due tripodi, e
di
dieci talenti d’oro. La di lui moglie, Alcandra,
di due conche d’argento, di due tripodi, e di dieci talenti d’oro. La
di
lui moglie, Alcandra, ricolmò pure di doni Elena.
i, e di dieci talenti d’oro. La di lui moglie, Alcandra, ricolmò pure
di
doni Elena. Dopo tali cose la Ninfa Idotea, figli
a, ricolmò pure di doni Elena. Dopo tali cose la Ninfa Idotea, figlia
di
Proteo, apparve a Menelao, e gl’insegnò, come dov
apparve a Menelao, e gl’insegnò, come dovea regolarsi per sapere dal
di
lei padre la maniera di restituirsi alla sua patr
’insegnò, come dovea regolarsi per sapere dal di lei padre la maniera
di
restituirsi alla sua patria. Ella lo avvertì, che
e fuggire. Menelao prese seco tre de’più robusti suoi compagni, entrò
di
buon mattino nella grotta di Proteo, lo strinse f
tre de’più robusti suoi compagni, entrò di buon mattino nella grotta
di
Proteo, lo strinse fortemente, e più ancora, quan
rotta di Proteo, lo strinse fortemente, e più ancora, quando cangiava
di
figura ; cossicchè colui, veggendo vana ogni sua
, ed essendone sempre contrastato da’venti, fece uccidere due bambini
di
quel passe, e li aprì per conoscere nell’osservaz
o luogo venerata anche Elena(c). Achille. Achille fu figliuolo
di
Peleo, re della Tessaglia, e di Tetide, figlia di
Achille. Achille fu figliuolo di Peleo, re della Tessaglia, e
di
Tetide, figlia di Nereo e di Doride, e nipote d’O
chille fu figliuolo di Peleo, re della Tessaglia, e di Tetide, figlia
di
Nereo e di Doride, e nipote d’Oceano e di Teti, D
igliuolo di Peleo, re della Tessaglia, e di Tetide, figlia di Nereo e
di
Doride, e nipote d’Oceano e di Teti, Dea delle ac
saglia, e di Tetide, figlia di Nereo e di Doride, e nipote d’Oceano e
di
Teti, Dea delle acque. Questo Eroa ebbe anche il
e d’Oceano e di Teti, Dea delle acque. Questo Eroa ebbe anche il nome
di
Pitisoo, ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo
o, ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo avea strappato dalle mani
di
sua moglie, quando colei stava per porlo sulle fi
stava per porlo sulle fiamme, onde consumare tutto quel ch’era in lui
di
mortale(a) (1). Tetide poco tempo dopo lo tuffò n
gia, affinchè egli divenisse invulnerabile. Tutte quindi le parti del
di
lui corpo furono tali, trattone il calcagno, per
lo tenne, mentre lo’immerse nelle predette acque(b). L’educazione poi
di
Achille fu affidata al Centauro Chirone. Questi i
azione poi di Achille fu affidata al Centauro Chirone. Questi in vece
di
latte lo fece nutrire di midolle dì leoni, e di a
affidata al Centauro Chirone. Questi in vece di latte lo fece nutrire
di
midolle dì leoni, e di altre bestie selvaggie. Le
irone. Questi in vece di latte lo fece nutrire di midolle dì leoni, e
di
altre bestie selvaggie. Le Najadi secondo Apollon
le dì leoni, e di altre bestie selvaggie. Le Najadi secondo Apollonio
di
Rodi solevano apprestargli tale nutrimento(c) ; e
esso Apollonio furono Cariclo e Filira, madre questa, e quella moglie
di
Chirone. Cresciuto il giovane nell’età, Chirone l
nella medicina e nella musica(d). Allora quando i Greci deliberarono
di
muovere guerra a’Trojani, Tetide, la quale avea i
e in abito femminile appresso Licomede, suo fratello, e re dell’Isola
di
Sciro. Il naturale aspetto e la bellezza del giov
on potè sempre starsene ivi celato agli occhi altrui. Tralle Fatalità
di
Troja, ossia tralle cose che doveano succedere, p
loro non si fosse trovato anche Achille(b). Subito pertanto si cercò
di
lui, nè fu possibile il trovarlo, finchè un certo
si cercò di lui, nè fu possibile il trovarlo, finchè un certo spione,
di
nome Asio, non indicò il luogo, ov’egli stava nas
rirlo sotto quelle mentite vesti. Il sagace Ulisse recossi alla Corte
di
Licomede, seco portando varj ornamenti donneschi,
ortando varj ornamenti donneschi, e frammischiate a questi delle armi
di
ogni sorta. Tutte le giovani si scelsero le galan
nti merci, che più loro piacevano. Il solo Achille, sdegnando perfino
di
mirarle, come ad uomo generoso disconvenevoli, st
mi. Ulisse non cercò altra prova per riconoscere, in lui il figliuolo
di
Tetide ; e informatolo del motivo, per cui erasi
acrifizio la loro prima capigliatura a qualche fiume. Peleo fece voto
di
consecrare quella di Achille allo Sperchio, fiume
ma capigliatura a qualche fiume. Peleo fece voto di consecrare quella
di
Achille allo Sperchio, fiume della Tessaglia, se
uerra si fosse felicemente restituito alla sua patria(c) (3). L’Eroe,
di
cui parliamo, marciò contro Troja, seguito in cin
imidoni(d) (4), e da Menescio, suo parente(5), a cui diede il comando
di
una parte de’Tessali. Affidò pure il comando di a
cui diede il comando di una parte de’Tessali. Affidò pure il comando
di
altri suoi soldati al prode Eudoro, nato da Polim
mando di altri suoi soldati al prode Eudoro, nato da Polimela, figlia
di
Filante, e da Mercurio (e). Egli poi nell’avviars
lia di Filante, e da Mercurio (e). Egli poi nell’avviarsi all’assedio
di
Troja ferì Telefo, figlio di Ercole, e d’Auge, e
(e). Egli poi nell’avviarsi all’assedio di Troja ferì Telefo, figlio
di
Ercole, e d’Auge, e re de’Misj ; perchè egli tent
lo avea colpito. Il re pertanto si riconciliò con Achille, ne ottenne
di
essere guàrito nel modo indicato dall’Oracolo(f),
Claudiano dice, che Achille lo guari con un’erba, detta poi dal nome
di
lui Achillea. Molte altre gloriose imprese si ope
jani, Demoleonte, figlio d’Antenore, e Troe, figlio d’Alastore. Privò
di
vita Demuco, figlio di Filetore(b) ; Ennomo, cele
o d’Antenore, e Troe, figlio d’Alastore. Privò di vita Demuco, figlio
di
Filetore(b) ; Ennomo, celebre augure, che comanda
elebre augure, che comandava i Misj(c) ; Laogono e Dardano, figliuoli
di
Biante(d). L’Eroe sostenne altresì un lungo comba
ungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la quale era
di
valore sì grande, che uguagliava i più celebri co
ì grande, che uguagliava i più celebri combattenti ; e che alla testa
di
numerosa gente erasi portata in soccorso di Troja
ttenti ; e che alla testa di numerosa gente erasi portata in soccorso
di
Troja(7). Alfine la mise a morte(8), e nello spog
riferita da Servio(f). Achille avea amato questa Amazone anche prima
di
azzuffarsi secolei, e ne avea avuto un figlio, di
Amazone anche prima di azzuffarsi secolei, e ne avea avuto un figlio,
di
nome Caistro. Tersite, veggendo che Achille spand
ome Caistro. Tersite, veggendo che Achille spandeva lagrime sol corpo
di
quell’Eroina, sgridò la di lui debolezza sì aspra
ndo che Achille spandeva lagrime sol corpo di quell’Eroina, sgridò la
di
lui debolezza sì aspramente, che Achille con un p
Fece perire altresì Demolione ; figlio d’Antenore ; Polidoro, figlio
di
Priamo, ed Ifizione, figlio d’Otrinteo(a). Si azz
ed Ifizione, figlio d’Otrinteo(a). Si azzuffò anche con Cicno, figlio
di
Nettuno. Il corpo di colui era invulnerabile ; pe
’Otrinteo(a). Si azzuffò anche con Cicno, figlio di Nettuno. Il corpo
di
colui era invulnerabile ; però Achille, osservand
e ; però Achille, osservando, che ogni suo colpo riusciva vano contro
di
quello, scese dal carro, e colla spada investì il
nte gli stava dinanzi. Il ferro d’Achille traforava l’elmo e lo scudo
di
Cicno, ma nol offendeva. Intollerante il Greco Er
lmo e lo scudo di Cicno, ma nol offendeva. Intollerante il Greco Eroe
di
vedere vani tutti gli sforzi suoi, si levò alla f
ancor quel misero, Achille si fece a serrargli co’lacci della stessa
di
lui armatura la gola, ed a torgli in sì barbaro m
battere, perchè Agamennone, costretto da lui a restituire Criseide al
di
lei padre, avea spedito i due araldi, Euribate e
ia(c), giovine bellissima, soprannominata Briseide, perchè era figlia
di
Brise, sacerdote di Giove. Colei era stata sposat
ssima, soprannominata Briseide, perchè era figlia di Brise, sacerdote
di
Giove. Colei era stata sposata a Minete, re di Li
ia di Brise, sacerdote di Giove. Colei era stata sposata a Minete, re
di
Lirnesso, e poi era passata in potere di Achille,
a stata sposata a Minete, re di Lirnesso, e poi era passata in potere
di
Achille, quando egli prese quella città, e ne ucc
hille a guerreggiare tra’suoi faceva sì, che gli affari loro andavano
di
male in peggio, talmentechè Agamennone era d’opin
io d’Amintore, re de’Dolopi, nell’Epiro, e che dopo Chirone era stato
di
lui precettore(10). Queglino usarono di tutta la
e che dopo Chirone era stato di lui precettore(10). Queglino usarono
di
tutta la loro eloquenza appresso di lui, proposer
precettore(10). Queglino usarono di tutta la loro eloquenza appresso
di
lui, proposero di restituirgli, la rapita giovine
ueglino usarono di tutta la loro eloquenza appresso di lui, proposero
di
restituirgli, la rapita giovine, di colmarlo di d
quenza appresso di lui, proposero di restituirgli, la rapita giovine,
di
colmarlo di doni, e di dargli anche in isposa la
sso di lui, proposero di restituirgli, la rapita giovine, di colmarlo
di
doni, e di dargli anche in isposa la più bella de
proposero di restituirgli, la rapita giovine, di colmarlo di doni, e
di
dargli anche in isposa la più bella delle figliuo
ne. Achille non ostante si mantenne inalterabile nella determinazione
di
non più trattare le armi a favore della sua nazio
attimenti, e quasi sempre ne riusciva vittorioso. La morte finalmente
di
Patroclo soffocò in Achille lo sdegno, che nutriv
nnone ; si riconciliò con lui ; ricevette nuovamente Briseide, carica
di
ricchi doni ; e ritornato al campo, ristabilì la
con quelle fece orribile strage de’ Trojani(a). Uccise Asteropeo, re
di
Peonia, e figlio di Pelegone(b). Disfece Strambel
ibile strage de’ Trojani(a). Uccise Asteropeo, re di Peonia, e figlio
di
Pelegone(b). Disfece Strambelo figlio di Telamone
opeo, re di Peonia, e figlio di Pelegone(b). Disfece Strambelo figlio
di
Telamone. Dopo tale fatto l’Eroe si lavò in una f
to, e fu poi chiamata Achillea.(c). Andò anche a saccheggiare l’isola
di
Tenedo. Emitea, figlia di Cigno, erasi colà porta
llea.(c). Andò anche a saccheggiare l’isola di Tenedo. Emitea, figlia
di
Cigno, erasi colà portata per seguire il suo frat
ata per seguire il suo fratello, Tene(11). Achille, invaghitosi della
di
lei bellezza, voleva per forza farsela sua. Ne ve
a Tene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco nel voler impossessarsi
di
quella giovine ; ma gli Dei fecero, che la terra
terra si aprisse, e la ingojasse(d). Achille sorprese Licaone, figlio
di
Priamo, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un fi
Achille sorprese Licaone, figlio di Priamo, e lo vendette nell’Isola
di
Lenno a un figlio di Giesone pel prezzo di cento
aone, figlio di Priamo, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un figlio
di
Giesone pel prezzo di cento buoi. Eezione, amico
, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un figlio di Giesone pel prezzo
di
cento buoi. Eezione, amico di Priamo, lo riscattò
Lenno a un figlio di Giesone pel prezzo di cento buoi. Eezione, amico
di
Priamo, lo riscattò, e lo spedì in Arisba. Da di
buoi. Eezione, amico di Priamo, lo riscattò, e lo spedì in Arisba. Da
di
là Licaone fuggì, e ritornò alla paterna casa. Ca
aone fuggì, e ritornò alla paterna casa. Caduto nuovamente nelle mani
di
Achille, sirgettò a’piedi di lui, ptomettendogli
terna casa. Caduto nuovamente nelle mani di Achille, sirgettò a’piedi
di
lui, ptomettendogli trecento buoi, se lo avesse l
ttendogli trecento buoi, se lo avesse lasciato in vita ; ma il figlio
di
Peleo nol ascoltò, e gl’immerse la spada nel seno
scoltò, e gl’immerse la spada nel seno(e). Achille moltre s’impadronì
di
dodici città nemiche, tralle quali si conta, Monc
prenderla ; e già era per desistere dall’impresa, quando una giovine
di
quella città, la quale avea preso ad amarlo, gett
tà, la quale avea preso ad amarlo, gettò dall’alto delle muraglie nel
di
lu campo un pomo. Eranvi scritti due versi, co’qu
i ella lo avvertiva, che ancor per poco avesse sofferenza, giacchè Ia
di
lei città era per arrendersi per mancanza d’acqua
cqua. L’Eroe approfittò dell’avviso ; e quegli abitanti, che morivano
di
sete, non molto dopo gli aprirono lo porte della
cosa quasi del pari gli avvenne, mentre assediava Metimne nell’Isola
di
Lesbo. Anche quella città gli fece sì forte resis
gli fece sì forte resistenza, ch’egli oramai avea perduto la speranza
di
superarla. La figlia di quel re, la quale chiamav
enza, ch’egli oramai avea perduto la speranza di superarla. La figlia
di
quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì
rarla. La figlia di quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì
di
dare in potere di lui la sua città, se prometteva
i quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere
di
lui la sua città, se prometteva di sposarla. Achi
dice, gli offerì di dare in potere di lui la sua città, se prometteva
di
sposarla. Achille ne fece la promessa ; ma poi lu
omessa ; ma poi lungi dal mantenerla, ebbe tale orrore del tradimento
di
lei, che dopo d’aver conquistato Metimne, comandò
(b) (12). Ad Achille, per essere nato da Peleo, diedesi il soprannome
di
Pelide(c), e quello di Eacide, perchè il di lui p
er essere nato da Peleo, diedesi il soprannome di Pelide(c), e quello
di
Eacide, perchè il di lui padre era nato da Eaco(d
eo, diedesi il soprannome di Pelide(c), e quello di Eacide, perchè il
di
lui padre era nato da Eaco(d). Variano gli Scritt
o(d). Variano gli Scrittori sul fine d’Achille. La maggior parte però
di
loro asserisce, che Paride lo privò di vita. Allo
Achille. La maggior parte però di loro asserisce, che Paride lo privò
di
vita. Allorchè Priamo andò a ricercare ad Achille
le erasi nascosto dietro la statua del Nume, scoccò uno strale contro
di
Achille, e mortalmente lo ferì in quella parte de
ro il Greco Eroe. Così fece il Trojano, e, scoccato uno strale, privò
di
vita Achille(b) (13). Tetide uscì dalle acque ; e
figlio. Le Muse pure fecero sentire a vicenda i loro gemiti pel corso
di
dieci sette giorni. I Greci nel dì seguente ne ce
i sette giorni. I Greci nel dì seguente ne celebrarono i funerali. Il
di
lui corpo, riposto sul rogo, andò consumandosi, e
si, e se ne rinchiusero le ceneri in un’urna d’oro insieme con quelle
di
Patroclo, e di Antiloco, il quale pure era stato
chiusero le ceneri in un’urna d’oro insieme con quelle di Patroclo, e
di
Antiloco, il quale pure era stato uno de’di lui p
ed ebbe tempio anche nella Penisola del Ponto Eusino, detta dal nome
di
lui Achillea (c), mentre prima si chiamava Lence(
e alcun uccello(b). Essa finalmente ci vien descritta come una spezie
di
Campi Elisj, ove soggiornavano molti Eroi(c) (15)
iglia del Greco Ope, comperata da Laerte per venti buoi(2), e fornita
di
bellissime prerogative(c). Ricercò in isposa Pene
Ricercò in isposa Penelope, figlia d’Icario(3). Questi aveva proposto
di
darla a chi fosse rimasto vincitore in certi Giuo
vine accordata(d). Altri dicono, che la conseguì mediante il maneggio
di
Tindaro(4), il quale volle così ricompensare Ulis
icompensare Ulisse d’averlo consigliato ad impegnare tutti gli amanti
di
Elena al gia mentovato giuramento(e). Allorchè tu
a preso a lavorare l’arena del mare con aratro, tirato da due animali
di
diversa spezie, e che in vece di grano sia andato
re con aratro, tirato da due animali di diversa spezie, e che in vece
di
grano sia andato seminandovi del sale. Palamede p
vece di grano sia andato seminandovi del sale. Palamede però, figlio
di
Nauplio, re dell’Isola d’Eubea(5) sospettando che
i Nauplio, re dell’Isola d’Eubea(5) sospettando che non fosse vera la
di
lui pazzia, tolse dalle mani di Penelope Telemaco
(5) sospettando che non fosse vera la di lui pazzia, tolse dalle mani
di
Penelope Telemaco, e là adagiollo, ove il vomere
unirsi cogli altri Greci contro i Trojani(a). Ulisse, irritato contro
di
colui, concepì fin da quel momento il pensiero di
se, irritato contro di colui, concepì fin da quel momento il pensiero
di
farlo perire. Avvenne, che Ulisse fu inviato da’
i, ma se ne ritornò senza nulla averne recato. Palamede, spedito dopo
di
lui, portò al Greco campo moltissimo grano. Uliss
l Greco campo moltissimo grano. Ulisse allora contraffece una lettera
di
Priamo, in cui quel re ringraziava Palamede de’se
de de’segreti avvisi, che aveagli dati, e gl’indicava la grossa somma
di
danaro, di cui per tale motivo lo regalava. Nello
ti avvisi, che aveagli dati, e gl’indicava la grossa somma di danaro,
di
cui per tale motivo lo regalava. Nello stesso tem
va. Nello stesso tempo fece nascondere il predetto danaro nella tenda
di
Palamede. Ciò servì di prova manifesta del tradim
fece nascondere il predetto danaro nella tenda di Palamede. Ciò servì
di
prova manifesta del tradimento ; e Palamede per s
Ciò servì di prova manifesta del tradimento ; e Palamede per sentenza
di
tutto il Greco esereito venne lapidato(b) (6). Pa
è accennato anche altrove, il Palladio, perchè Troja senza la perdita
di
quel Simulacro non poteva cadere. Uccise Democoon
di quel Simulacro non poteva cadere. Uccise Democoonte, uno de’figli
di
Priamo ; il quale erasi recato da Abido a difende
vincere la città nemica, quando non si avesse impedito, che Reso, re
di
Tracia, si fosse unito a’ Trojani, e che i di lui
impedito, che Reso, re di Tracia, si fosse unito a’ Trojani, e che i
di
lui cavalli, di valore inestimabile, avessero pas
eso, re di Tracia, si fosse unito a’ Trojani, e che i di lui cavalli,
di
valore inestimabile, avessero pascolato ne’ prati
di lui cavalli, di valore inestimabile, avessero pascolato ne’ prati
di
Troja, e avessero bevuto fiume Santo. Verso il fi
lato ne’ prati di Troja, e avessero bevuto fiume Santo. Verso il fine
di
quella guerra le truppe di quel re etano per entr
avessero bevuto fiume Santo. Verso il fine di quella guerra le truppe
di
quel re etano per entrare di notte in Troja, quan
Verso il fine di quella guerra le truppe di quel re etano per entrare
di
notte in Troja, quando Ulisse e Diomede, avvertit
ccampati, parte ne massacrarono, e parte ne misero in fuga. Privarono
di
vita lo stesso Reso, che dormiva, e ne condussero
cosio(b), Ippodamo, Ipiroco, e Molione, Principe Trojano, e cocchiero
di
Timbreo, altro Trojano, che perì sotto Diomede, f
e cocchiero di Timbreo, altro Trojano, che perì sotto Diomede, figlio
di
Tideo(c). Privò pure di vita Toone(d), Alcandro,
altro Trojano, che perì sotto Diomede, figlio di Tideo(c). Privò pure
di
vita Toone(d), Alcandro, Cerano, Alastore, Cromio
iomede, come pretende Igino(g), sciolse le vele alla volta dell’Isola
di
Lenno, e da di là ricondusse al Greco campo Filot
etende Igino(g), sciolse le vele alla volta dell’Isola di Lenno, e da
di
là ricondusse al Greco campo Filottete(8), che ad
eano abbandonaro, non voleva più far ritorno a loro(h) (9). Ulisse fu
di
tutti i Greci il più perseguitato dall’avverso De
atria. Ei corse molti rischi, ne’ quali diede sempre memorabili saggi
di
sommo coraggio e d’invitta costanza. Fu primieram
i ritornarono poscia con forze maggiori, e uccisero gran quantità de’
di
lui compagni(a). Ulisse poco tempo dopo sofferì u
osta d’Africa, che abitavano i Lotofagi, così detti dal frutto, Loto,
di
cui abbiamo parlato. Fu accolto da quelle genti m
arlato. Fu accolto da quelle genti molto cortesemente ; ma i compagni
di
lui, da che si cibarono dell’anzidetto frutto, pe
si cibarono dell’anzidetto frutto, perdettero del tutto il desiderio
di
rivedere la loro citta ; e però fu d’uopo che Uli
sti buoi. Il Ciclope allo splendore del fuoco, che v’accese, s’avvide
di
que’forestieri, e due subito ne divorò. All’appar
on pari cibo. Chiese poi ad Ulisse, com’egli si chiamasse, e protestò
di
voler fargli un dono da Ciclope. L’Eroe rispose,
ultimo che mangierò. Il sagace Ulisse allora gli porse un otre, pieno
di
squisitissimo vino, donatogli da Marone, figlio d
sse in quell’antro una mazza d’ulivo, lunga, e grossa, come un albero
di
nave. Egli ne avea tagliato un pezzo ; e appuntit
Greco Eroe piantò l’anzidetta stanga, che avea nascosto sotterra, nel
di
lui occhio. Polifemo, destatosi dal dolore acerbi
bissimo, gettò urli spaventevoli, e chiamò in ajuto gli altri Ciclopi
di
que’dintorni. Queglino accorsero alla di lui cave
ò in ajuto gli altri Ciclopi di que’dintorni. Queglino accorsero alla
di
lui caverna, ansiosi di sapere, perchè così si do
lopi di que’dintorni. Queglino accorsero alla di lui caverna, ansiosi
di
sapere, perchè così si dolesse. Colui rispose, ch
ui rispose, che Niuno era la cagione de’ suoi mali. A tale risposta i
di
lui compagni lo eccitarono a pregare Nettuno, suo
allora all’udire Ulisse, che da lungi lo beffeggiava, svelse una cima
di
monte ; e rabbiosamente scagliatala contro il Gre
i monte ; e rabbiosamente scagliatala contro il Greco naviglio, tentò
di
sommergerlo, ma non potè recarvi danno alcuno(a)
all’isola d’Eolo, ne ottenne rinchiusi in un otre, ossia in una pelle
di
capro, i venti Boreali, acciocchè essi non gl’imp
a(11). Per nove giorni la nave avea tenuto il corso felice alla volta
di
quelle terre, quando Ulisse, sorpreso dal sonno,
un’altra volta all’Isola, dond’erano partiti. Invano Ulisse si studiò
di
destare nell’animo di Eolo sentimenti di compassi
la, dond’erano partiti. Invano Ulisse si studiò di destare nell’animo
di
Eolo sentimenti di compassione, poichè quegli non
iti. Invano Ulisse si studiò di destare nell’animo di Eolo sentimenti
di
compassione, poichè quegli non diede ascolto alle
Eolo sentimenti di compassione, poichè quegli non diede ascolto alle
di
lui preghiere, e gli commise di quanto prima part
poichè quegli non diede ascolto alle di lui preghiere, e gli commise
di
quanto prima partire. Passò il Greco Eroe dopo se
è mangiatori d’uomini, poichè tal’era il loro cibo. Vicino alla città
di
coloro si abbatterono i compagni d’Ulisse in una
liava ad alta montagna. Colei chiamò il marito, che divorò subito uno
di
que’ Greci. I sudditi d’Antifate, eccitati dalla
divorò subito uno di que’ Greci. I sudditi d’Antifate, eccitati dalla
di
lui spaventevole voce, tumultuosamente accorsero
cui regnava Circe. Alquanti de’di lui compagni si recarono al palagio
di
quella Maga, e nell’ingresso della Reggia vennero
lla Maga, e nell’ingresso della Reggia vennero accolti da gran numero
di
lupi, frammischiati con lionesse ed orse. Queste
mente li eccitarono ad avanzarsi nel cammino. Così fecero, e quantità
di
serve bellissime li introdusse nelle stanze di Ci
osì fecero, e quantità di serve bellissime li introdusse nelle stanze
di
Circe. Costei sedeva in alto trono, coperta di ve
ntrodusse nelle stanze di Circe. Costei sedeva in alto trono, coperta
di
veste magnifica, e tutta d’oro risplendente. Ella
stesso tempo porse loro una bevanda, che li cangiò in porci. Uno solo
di
loro, chiamato Euriloco, ch’era rimasto fuori di
ò in porci. Uno solo di loro, chiamato Euriloco, ch’era rimasto fuori
di
quel palagio, non incontrò la trista sciagura, e
ne de’suoi compagni. Recavasi l’Eroe alla Reggia della Maga con animo
di
prenderne vendetta, quando gli apparve Mercurio s
mo di prenderne vendetta, quando gli apparve Mercurio sotto l’aspetto
di
vago giovine, gli dimostrò il pericolo, a cui si
ericolo, a cui si esponeva, e gli diede un antidoto contro gl’incanti
di
Circe. Esso fu una pianta, che aveva nera la radi
er toccarlo colla sua verga ; ma egli, imbrandita la spada, la riempì
di
spavento, e minacciò d’ucciderla, se non avesse r
rinse innoltre seco lui amicizia, e per un anno lo trattenne appresso
di
se. Ulisse durante questo tempo visse tra l’abbon
ò che partisse, Circe, come abbiamo detto anche altrove, lo consigliò
di
discendere nell’Inferno a consultare l’ombra di T
altrove, lo consigliò di discendere nell’Inferno a consultare l’ombra
di
Tiresia, il quale per singolare favore di Proserp
nferno a consultare l’ombra di Tiresia, il quale per singolare favore
di
Proserpina conservava anche colaggiù lo spirito p
, preparate da’di lui compagni, Euriloco e Perimede, si recò al Regno
di
Plutone. Ivi scavò una fossa, vi fece delle libaz
anto dovea temere per causa dell’odio implacabile, che Nettuno contro
di
lui nutriva a motivo del male, che avea fatto a P
ell’ Isola, si abbattè tosto nelle Siene(13). Usò egli la precauzione
di
far turare a tutti i suoi compagni con cera le or
suoi compagni con cera le orecchie, onde non udissero il canto fatale
di
quelle. Egli stesso si fece legare all’albero del
ni d’Ulisse, cruciati dalla fame, mentr’egli dormiva, rapirono alcuni
di
quegli animali. Lampezia vo ò ad avvertirne il pa
ò ad avvertirne il padre. Questi se ne querelò con Giove, e minacciò
di
non più apparire sulla terra, qualora fosse rimas
o impunito l’insulto, sofferto da coloro. Giove non tardò a dar segni
di
sua collera : le pelli di quegli animali si miser
erto da coloro. Giove non tardò a dar segni di sua collera : le pelli
di
quegli animali si misero a camminare ; le carni,
d’Ogigia nel mare Mediterraneo(a). Ivi regnava la Dea Calipso, figlia
di
Teti e d’Oceano(b), ovvero di Atlante, come vuole
(a). Ivi regnava la Dea Calipso, figlia di Teti e d’Oceano(b), ovvero
di
Atlante, come vuole Omero(c). Ulisse al dire di q
e d’Oceano(b), ovvero di Atlante, come vuole Omero(c). Ulisse al dire
di
questo Poeta(d) per sette anni, o per sei, se att
er tutto quel tempo andò persuadendolo, onde volesse fissare appresso
di
lei la sua dimora, ma egli non mai v’acconsentì.
uire al Greco Eroe il suo viaggio. Così avvenne ; e Ulisse, proveduto
di
ben corredata nave, nuovamente si mise in mare(15
giò dieci sette giorni felicemente, quando Nettuno suscitò poi contro
di
lui spaventosa burrasca. Si rovesciò la nave, i v
costanza, e una presenza d’animo molto soprendente. Leucotea, figlia
di
Cadmo, e ch’era divenuta Dea del mare, non potè,
opizio, che lo trasportò al paese de’Feaci, i quali abitavano l’Isola
di
Corcira(a). Quì signoreggiava Alcinoo, che soleva
’Isola di Corcira(a). Quì signoreggiava Alcinoo, che soleva ricolmare
di
favori qualsivoglia straniero. Appenachè Ulisse v
ddormentò sulla riva d’un fiume. La mattina seguente Nausicaa, figlia
di
Alcinoo, si portò ivi a lavare alcuni panni. Il G
L’ Eroe verso sera giunse al reale palagio, e si gettò alle ginocchia
di
Arete, figlia di Ressenore, e moglie dello stesso
a giunse al reale palagio, e si gettò alle ginocchia di Arete, figlia
di
Ressenore, e moglie dello stesso re, chiedendole
er mano, lo fece sorgere, e sedere. Ordinò al suo coppiere, Pontonoo,
di
mescere olce vino ; bevuto il quale, Arete ricerc
e uno vi fu, che lo riconoscesse, poichè Minerva, i aveva cangiato il
di
lui aspetto in quello di povero e smunto vecchio.
oscesse, poichè Minerva, i aveva cangiato il di lui aspetto in quello
di
povero e smunto vecchio. Egli sotto tali sembianz
otto tali sembianze andò ad albergare appresso Eumeo, guardiano delle
di
lui greggi(18), e ne fu amorevolmente accolto(d).
eggi(18), e ne fu amorevolmente accolto(d). Giunse frattanto appresso
di
loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il quale e
accolto(d). Giunse frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio
di
Ulisse, il quale era ritornato dall’avere peolung
ra figura. Il figlio, sorpreso dall’improvviso cangiamento, non osava
di
mirarlo in volto, perchè credeva che fosse un Num
iglio, che solo ritornasse alla Reggia, e che a niuno manifestasse il
di
lui arrivo(19). Egli pure non molto dopo riprese
e il di lui arrivo(19). Egli pure non molto dopo riprese le sembianze
di
vecchio e mendico uomo, passò con Eumeo alla citt
io, venne tosto riconosciuto da uno de’suoi cani, che portava il nome
di
Argo. Là i Nobili erano allora assisi a mensa. Ul
Nobili erano allora assisi a mensa. Ulisse prese a mendicare appresso
di
loro. Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con
mensa. Ulisse prese a mendicare appresso di loro. Antinoo, ch’era uno
di
quelli, s’adirò con lui, e lo percosse con una pa
elò Ulisse appresso gli altri convitati, i quali biasimarono l’azione
di
Antimoo(b). Frattanto sopraggiunse un altro mendi
rchè sempre mangiava, e non ostante era sempre affamato. Il vero nome
di
colui era Arneo, ma si chiamava Iro, perchè era e
nero alle mani. Ulisse al primo colpo lo stese a terra, tutto coperto
di
sangue(c). Penelope poscia parlò a lungo con Ulis
ia d’un cinghiale sul Parnasso co’figli d’Autolico. L’Eroe le commise
di
non palesarlo(d). Penelope intanto per sottrarsi
ise, che chi vi sarebbe rimasto vincitore, avrebbe avuto in premio la
di
lei mano. Il giuoco consisteva nel dover tendere
se, e passare con esso dodici anella. Tutti que’ Nobili si studiarono
di
riuscirvi, ma sempre in vano. Ulisse prese allora
spogliò l’ Eroe de’cenci, che lo cuoprivano, armò la destra d’arco e
di
faretra, e contro gli amanti di sua moglie tali s
o cuoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e contro gli amanti
di
sua moglie tali scoccò e tante frecce, che li fec
e il cantore Femio, e Medone. Neppure la risparmiò a Melantio, figlio
di
Dolio, ed altro suo guardiano di capre. Costui av
pure la risparmiò a Melantio, figlio di Dolio, ed altro suo guardiano
di
capre. Costui avea insultato ad Ulisse, ed avea s
vea insultato ad Ulisse, ed avea somministrato delle armi agli amanti
di
Penelope, affinchè si difendessero. Anche in quel
Ulisse fu assistito da Minerva, la quale gli apparve sotto la figura
di
Mentore, l’amico fedele, a cui l’Eroe prima di pa
pparve sotto la figura di Mentore, l’amico fedele, a cui l’Eroe prima
di
partire, per Troja avea affidata la sua famiglia(
dopo il ritorno ne’suoi Stati. Egli avea avuto da Circe un figliuolo,
di
nome Telegano(d) (22). Questi era stato lasciato
arsi riconoscere da Ulisse. Venne gettato da una burrasca sulle coste
di
quell’Isola, di cui ne ignorava anche il nome. Ma
da Ulisse. Venne gettato da una burrasca sulle coste di quell’Isola,
di
cui ne ignorava anche il nome. Mancante di viveri
ulle coste di quell’Isola, di cui ne ignorava anche il nome. Mancante
di
viveri, fu costretto a saccheggiarne le campagne.
ti Cretese disse, che ciò avvenne alla porta del palagio d’Ulisse, le
di
cui guardie aveano negato l’ingresso a Telegono(a
rdie aveano negato l’ingresso a Telegono(a). Ulisse si ricordò allora
di
un Oracolo, che lo aveva avvertito di guardarsi d
no(a). Ulisse si ricordò allora di un Oracolo, che lo aveva avvertito
di
guardarsi da un suo figliuolo. Ei tuttavia volle
tavia volle sapere chi era quello, che lo aveva ferito, e morì tralle
di
lui braccia. Telegono allora per ordine di Minerv
veva ferito, e morì tralle di lui braccia. Telegono allora per ordine
di
Minerva sposò Penelope, e la rendette madre d’ It
Ajace oileo e Telamonio. AJace Oileo, così detto dal nome del
di
lui padre, era re di Locri. Egli alla testa di va
amonio. AJace Oileo, così detto dal nome del di lui padre, era re
di
Locri. Egli alla testa di varj popoli, raccolti a
osì detto dal nome del di lui padre, era re di Locri. Egli alla testa
di
varj popoli, raccolti anche dalle regioni vicine
e regioni vicine all’ Eubea, andò sopra quaranta vascelli all’assedio
di
Troja. Tra tutti i Greci non trovavasi alcuno, il
. Tra tutti i Greci non trovavasi alcuno, il quale maneggiasse meglio
di
lui l’asta(a) ; e con tanta destrezza muoveva le
imo alla corsa(c). Fece cadere sotto i suoi colpi Pulidamante, figlio
di
Pantoo(d) (1), e Cleobulo(e). La notte, in cui Tr
e, in cui Troja fu presa dalle armi Greche, insiurò Cassandra, figlia
di
Priamo, nel tempio di Minerva, dov’erasi ritirata
sa dalle armi Greche, insiurò Cassandra, figlia di Priamo, nel tempio
di
Minerva, dov’erasi ritirata per sottrarsi agli os
itirata per sottrarsi agli ostili insulti. Un tale fatto destò contro
di
lui lo sdegno degli uomini, e perfino degli Dei.
erto soggiaciuto a quella pena, se non avesse promesso con giuramento
di
purgarsi del commesso delitto. Minerva tuttavia n
icata la profanazione del suo tempio, e sì colpì con fulmine tutta la
di
lui flotta, ch’essa naufragò(f). Ajace però mercè
tta la di lui flotta, ch’essa naufragò(f). Ajace però mercè il favore
di
Nettuno si salvò sopra certi scogli, ma avendo po
allora col tridente lo scoglio, su cui Ajace erasi rifugiato ; e metà
di
quello cadendo in mare, seco vi trasse anche lui,
pire da un turbine in aria, lo attaccò ad uno scoglio(b). Nè contenta
di
tale vendetta, fece altre sì, che poco tempo dopo
le vendetta, fece altre sì, che poco tempo dopo la peste desolasse il
di
lui regno. Non cessò quel castigo, finchè per con
cessò quel castigo, finchè per consiglio dell’ Oracolo non si promise
di
spedire ogni anno due giovanette di Locri, estrat
glio dell’ Oracolo non si promise di spedire ogni anno due giovanette
di
Locri, estratte a sorte, onde servissere a Minerv
e, onde servissere a Minerva nel suo tempio, eretto in Troja(c). Que’
di
Locri ebbero sì alta stima del valore d’ Ajace Oi
valore d’ Ajace Oileo, che nel combattimento, il quale ebbero dopo la
di
lui morte contro i Crotoniati, vi lasciarono un l
upato da Ajace. Fu là, dove, Autoleone, Generale de’Crotoniati, tentè
di
attaccare l’armata de’ Locresi, ma rimase feriro
L’altro Ajace fu denominato Telamonio, perchè nacque da Telamone, re
di
Salamina e di Megara(3). Ercole, veggendo afflitt
fu denominato Telamonio, perchè nacque da Telamone, re di Salamina e
di
Megara(3). Ercole, veggendo afflitto Telamone, pe
me nacque il bumbino, Ercole lo fasciò eolla pelle dell’ucciso I eone
di
Nemea lo che rendette il fanciullo invulnerabile
vea ferita la belva(a). Ajace portossi con dodici vascelli alla volta
di
Troja, e si qualificò per uno de’più valorosi gue
si guerri ri, che vi fossero nella Greca armata. Uccise Anfio, figlio
di
Selago ; Acamante, figlio d’ Eussoro, e il più pr
e, figlio d’ Eussoro, e il più prode de’ Traci(b) ; Epicleo, compagno
di
Sarpedone(c) ;Archeloco, figlio di Antenore ; Irz
e de’ Traci(b) ; Epicleo, compagno di Sarpedone(c) ;Archeloco, figlio
di
Antenore ; Irzio, nenuolo di Girzio(d) ; Caletore
pagno di Sarpedone(c) ;Archeloco, figlio di Antenore ; Irzio, nenuolo
di
Girzio(d) ; Caletore, figlio di Clizio(e) ; Ippot
, figlio di Antenore ; Irzio, nenuolo di Girzio(d) ; Caletore, figlio
di
Clizio(e) ; Ippotoo Pelasgo ; Forcine, figlio di
) ; Caletore, figlio di Clizio(e) ; Ippotoo Pelasgo ; Forcine, figlio
di
Fenope(f). Ebbe pure la gloria di battersi con Et
; Ippotoo Pelasgo ; Forcine, figlio di Fenope(f). Ebbe pure la gloria
di
battersi con Ettore ma il conflitto restò interro
ette in dono una spada, ed Ettore un pendaglio(g). L’Eroe finalmente,
di
cui parliamo, esperimento gli effetti fatali dell
zione. Gli Dei lo punnodo colla pazzia, e dopo d’averlo fatto servire
di
trastullo a’suoi nemici, lo fecero anche cadere v
roprie mani. Egli, morto Achille, pretendeva, che sue fossero le armi
di
lui. Ulisse gliele contrastò in giudizio, e le ot
di lui. Ulisse gliele contrastò in giudizio, e le ottenne a confronto
di
lui. Ajace si accese di tanta collera, che divenn
ntrastò in giudizio, e le ottenne a confronto di lui. Ajace si accese
di
tanta collera, che divenne furioso. Si avventò co
di tanta collera, che divenne furioso. Si avventò contro una greggia
di
pecore, credendo ch’essa fosse coloro, ch’erano s
riportò una ferita, per cui poco dopo morì(c). La terra, imbevuta del
di
lui sangue, produsse un fiore simile a quello, ch
al sangue del giovine Giacinto, e marcato delle due prime lettere del
di
lui nome A I(d). I Greci alzarono ad Ajace una ma
ca tomba sul monte Reteo(e) (5). Questo Eroe ebbe inoltre nell’ isola
di
Salamina un tempio, una statua d’ebano, e certe F
d’ebano, e certe Feste, dette Ajanzie, nelle quali, per ricordare il
di
lui invitto valore, ornavasi un feretro d’un’ int
un’ intera armatura. Gli Ateniesi poi si dimostrarono tanto solleciti
di
tramandare a posteri la memoria d’Ajace, che ad u
teri la memoria d’Ajace, che ad una delle loro Tribù imposero il nome
di
Ajantide(a). Castore e Polluce. GIove s’in
ero il nome di Ajantide(a). Castore e Polluce. GIove s’invaghì
di
Leda, figlia di Testio, e moglie di Tenda o, re d
jantide(a). Castore e Polluce. GIove s’invaghì di Leda, figlia
di
Testio, e moglie di Tenda o, re di Sparta(1). Que
re e Polluce. GIove s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglie
di
Tenda o, re di Sparta(1). Quel Nume, come abbiamo
GIove s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglie di Tenda o, re
di
Sparta(1). Quel Nume, come abbiamo desto altrove,
stra. Altri finalmente pretendono, che Leda abbia concepito per opera
di
Giove un solo uovo, da cui trassero origine Pollu
Polluce ed Elena ; e che Tindaro poi abbia fitto divenire Leda madre
di
Castore e di Clitennestra. Castore e Polluce, app
lena ; e che Tindaro poi abbia fitto divenire Leda madre di Castore e
di
Clitennestra. Castore e Polluce, appena nati, ven
mpagni alle spiagge de’ Brebici, dovette azzuffarsi con Amico, figlio
di
Nertuno, e re di que’ popoli. Colui obbligava gli
ge de’ Brebici, dovette azzuffarsi con Amico, figlio di Nertuno, e re
di
que’ popoli. Colui obbligava gli stranieri a sost
quella città, riacquistarono la sorella, e condussero via in qualità
di
schiava Etra, madre di Teseo(a). Come Polluce riu
tarono la sorella, e condussero via in qualità di schiava Etra, madre
di
Teseo(a). Come Polluce riuscì ecoellente Atleta,
uscì ecoellente Atleta, così Castore moltissimo si distinse nell’arte
di
domare i cavalli(b) : anzi vuolsi, ch’egli sia st
egli sia stato il primo ad introdurre l’uso della cavalleria in tempo
di
guerra(c). Febe, e Talaira, detta anche Laira(d),
. Febe, e Talaira, detta anche Laira(d), Ilaira, ed Elaira, figliuole
di
Arsinoe, e di Leucippo, fratello di Tindaro(e), c
ira, detta anche Laira(d), Ilaira, ed Elaira, figliuole di Arsinoe, e
di
Leucippo, fratello di Tindaro(e), chiamate perciò
(d), Ilaira, ed Elaira, figliuole di Arsinoe, e di Leucippo, fratello
di
Tindaro(e), chiamate perciò Leucippidi(3), erano
erciò Leucippidi(3), erano per isposarsi con Linceo ed Ida, figliuoli
di
Afareo o Afarete, fondatore della città di Arene
n Linceo ed Ida, figliuoli di Afareo o Afarete, fondatore della città
di
Arene nella Messenia, la quale città egli così de
tori. Castore uccise Linceo, Ida fece morire Castore, e Polluce privò
di
vita Ida(a). Apollodoro dice, che Castore e Pollu
o per rubare certi greggi ; che questi, eseguito il furto, ricusarono
di
farne parue con quelli ; e che perciò nacque l’an
comunemente si riferisce, che Polluce, il quale per essere figliuolo
di
Giove era immortale, chiese al padre di poter com
il quale per essere figliuolo di Giove era immortale, chiese al padre
di
poter communicare tale privilegio anche all’estin
stinto fratello ; ch’egli ottenne ciò, che ricercò ; e che quando uno
di
loro moriva, l’altro rinasceva(c). Castore e Poll
ce furono anche denominati Tindaridi, perchè la loro madre era moglie
di
Tindaro(d). Si appellarono Afeterj, o Afesj, perc
ro singolari azioni, vennero soprannominati Dioscori, ossia figliuoli
di
Giove (g). I due mentovati fratelli si annoveraro
diaco, ove formano la Costellazione, detta i Gemelli(a). Gli abitanti
di
Talama, città situata ne’ dintorni di Pefno, altr
etta i Gemelli(a). Gli abitanti di Talama, città situata ne’ dintorni
di
Pefno, altra città marittima della Laconia, rappr
marittima della Laconia, rappresentarono questi Gemelli in due statue
di
bronzo, le quali, benchè fossero piccole, e sempr
consecrato a questi due fratelli, esso tuttavia chiamavasi il tempio
di
Castore. Aulo Postumo Dittatore fece voto, che se
tore e a Polluce. L’esito fu favorevole ; e il Senato, inteso il voto
di
Aulo, ne decretò l’adempimento. Que’ Giuochi si d
ulo, ne decretò l’adempimento. Que’ Giuochi si denominarono i Giuochi
di
Castore e di Polluce. Erano essi preceduti dallo
tò l’adempimento. Que’ Giuochi si denominarono i Giuochi di Castore e
di
Polluce. Erano essi preceduti dallo spettacolo de
a pubertà, e seguili da numerosa cavalleria, si recavano colle statue
di
Castore e Polluce dal Campidoglio alla piazza del
astore e Polluce dal Campidoglio alla piazza del gran Circo. La pompa
di
tori Giuochi durava otto giorni. Essa è descritta
lluce poi ebbe anche un tempio, dedicato a lui a lo appresso la città
di
Terapne nella Laconia. A lui era pur consecrata u
lui era pur consecrata una fontana, detta Polideuces ossia la fontana
di
Polluce, chiamato da’ Greci Polideuce(b). Castore
starmo a cavallo, con berretta in testa, e con una stella sulla punta
di
quella(c) (7). Panormo e Gonippo, giovani d’ Anda
tani si accostassero ad essi, e ne uccisero un gran numero. Per causa
di
sì reo tradimento ne avvenne, che Castore e Pollu
eziandio castigato un certo Scopa. Costui avea parlato con disprezzo
di
loro, e in pena di tale delitto rimase sepolto so
un certo Scopa. Costui avea parlato con disprezzo di loro, e in pena
di
tale delitto rimase sepolto sotte le rovine della
da due non conosciute persone(a). Pelope. PElope era figliuolo
di
Tantalo, re della Lidia Come gli Antichi vanno d’
Tantalo, re della Lidia Come gli Antichi vanno d’accordo sul nome del
di
lui padre, così variano tra loro sopra quello del
o sul nome del di lui padre, così variano tra loro sopra quello della
di
lui madre. Lo Scoliaste d’Euripide la chiama Euri
la di lui madre. Lo Scoliaste d’Euripide la chiama Eurianasse, figlia
di
Pattolo(a) ; Ferecide l’appella Euristemiste, fig
nasse, figlia di Pattolo(a) ; Ferecide l’appella Euristemiste, figlia
di
Santo(b) : e Igino la denomina Dione, figlia di A
Euristemiste, figlia di Santo(b) : e Igino la denomina Dione, figlia
di
Atlante(c). L’impresa più gloriosa per Pelope fu
uella d’aversi guadagnato in isposa Ippodamia, nata da Enomao, figlio
di
Marte(1), e re d’ Elide e di Pisa. L’anzidetta gi
isposa Ippodamia, nata da Enomao, figlio di Marte(1), e re d’ Elide e
di
Pisa. L’anzidetta giovine era l’oggetto dell’amor
ra l’oggetto dell’amore e delle premure de’ Principi circonvicini. Il
di
lei padre poi non voleva maritarla, perchè un Ora
chè un Oracolo gli avea predetto, ch’ei sarebbe perito per le insidie
di
un suo genero. A fine dunque di liberarsi da tutt
, ch’ei sarebbe perito per le insidie di un suo genero. A fine dunque
di
liberarsi da tutti quelli, che gliela ricercavano
liberarsi da tutti quelli, che gliela ricercavano in moglie, propose
di
darla a chi lo avesse oltrepassato, mentre egli c
to(2). Lo spazio da corrersi cominciava dal fume Clade sino all’Istmo
di
Corinto. Chi aspirava al possesso d’Ippodamia, do
o. Concorsero ad ajutarlo l’anzidetta Dea, Nettuno, e Mirtilo, figlio
di
Mercurio, e di Cleobula(4), e cocchiero di Enomno
d ajutarlo l’anzidetta Dea, Nettuno, e Mirtilo, figlio di Mercurio, e
di
Cleobula(4), e cocchiero di Enomno. Nettuno sommi
Nettuno, e Mirtilo, figlio di Mercurio, e di Cleobula(4), e cocchiero
di
Enomno. Nettuno somministrò a Pelope un carro e d
rro e due cavalli alati(b). Mirtilo, corrotto dalle generose promesse
di
Pelope, fece sì, che Enomao precipitò dal carro,
tale guisa Pelope conseguì Ippodamia in moglie, e salì sul trono del
di
lei padre. Enomao prima di morire espresse varie
Ippodamia in moglie, e salì sul trono del di lei padre. Enomao prima
di
morire espresse varie imprecazioni contro Mirtilo
o il Promontorio Geresto nel mare(5), il quale mare prese pol il nome
di
Mirtoo(d) (6). Istro lasciò scritto, che Mirtilo
elope così ampliò il suo dominio, che tutto il paese, il quale era al
di
là dell’Istmo, e formava una parte considerabile
dell’Istmo, e formava una parte considerabile della Grecia, dal nome
di
lui, e dalla Greca voce nitos, isola, fa denomina
dalla Greca voce nitos, isola, fa denominato Peloponneso, ossia isola
di
Pelope (a). Nacquero a Pelope varj figliuoli, tra
a’quali si nominano Atreo, Tieste(7), Alcatoo(8), e Crisippo. Il fine
di
Pelope fu, che il padae suo, come già abbiamo det
Giove relativamente agli altri Dei(b). Ercole gli consecrò uno spazio
di
terreno vicino al tempio di Giove in Olimpia. Si
ri Dei(b). Ercole gli consecrò uno spazio di terreno vicino al tempio
di
Giove in Olimpia. Si aggiunge, che quell’ Eroe gl
i della vittima, immolata a Pelope, non poteva più entrare nel tempio
di
Giove(d). Finalmente nel Peloponneso si celebrava
pio di Giove(d). Finalmente nel Peloponneso si celebravano alla tomba
di
Pelope certe Feste, dette Emacurie, nelle quali i
o quel sepolcro del loro sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo
di
Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola di Cre
cro del loro sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo di Lajo, re
di
Tebe, e di Giocasta, figliuola di Creonte, la qua
o sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo di Lajo, re di Tebe, e
di
Giocasta, figliuola di Creonte, la quale fu da Om
Edipo era figliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola
di
Creonte, la quale fu da Omero(a)nominata Epicastà
i. Ma colai, divenuto pietoso dell’infelice fanciulletto, si contentò
di
sospenderlo in vece ad un albero sul monte Citero
vece ad un albero sul monte Citeroné. Sorte volle, che aliro pastore,
di
nome Forba, per là passando, odisse le grida del
ccasse dall’albero, e veggendolo bello assai, lo portasse alla moglie
di
Polibo, re di Corinto, detta da Apollodoro(b) e d
bero, e veggendolo bello assai, lo portasse alla moglie di Polibo, re
di
Corinto, detta da Apollodoro(b) e da Igino(c) Per
non altrimenti che se fosse stato suo figliuolo, e gl’impose il nome
di
Edipo, dalle due voci Greche idima, tumore, epus,
ndicello, venne in cognizione, ch’ egli non era, come credeva, figlio
di
Polibo. Consultò l’Oracolo per sapere, qual’era i
avrebbe trovato nella Focide. Intraprese quindi il viaggio alla volta
di
quel paese ; e giumtovi nel momento, in cui era i
sorta tra quegli abitanti forte sedizione, uccise Lajo, che procurava
di
sedarne il tumulto(a) (1). Creonte, padre di Gioc
cise Lajo, che procurava di sedarne il tumulto(a) (1). Creonte, padre
di
Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo era sali
il tumulto(a) (1). Creonte, padre di Giocasta, il quale dopo la morte
di
Lajo era salito sul trono di Tebe, pubblicò per t
adre di Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo era salito sul trono
di
Tebe, pubblicò per tutta la Grecia, ch’egli ceder
darebbe eziandio in moglie Giocasta a quello, che avesse liberato la
di
lui città dalla Sange. Questo mostro, come abbiam
mostro, come abbiamo esposto anche altrove, se ne stava ne’ dintorni
di
Tebe, e proponeva a quelle genti certi enimmi, co
e genti certi enimmi, costrigendole a darne la spiegezione sotto pena
di
restare da esso altrimenti divorate. Tra i varj e
restare da esso altrimenti divorate. Tra i varj enimmi si fa menzione
di
questo : qual’ è quell’animale, che la mattina ha
a quattro piedi, due sul mezzodì, e tre la sera. Invano erasi tentato
di
spiegarlo, e già molti infelici erano rimasti vit
a si fosse spiegato il suo enimma(b) (2). Edipo quindi oltre il trono
di
Tebe conseguì anche Giocasta in isposa. Da tale m
due figliuole, Antigona ed Ismene(a). Fencide, citato dallo Scoliaste
di
Euripide(b), dà a Edipo una terza figlia, di nome
, citato dallo Scoliaste di Euripide(b), dà a Edipo una terza figlia,
di
nome Giocasta(3). Edipo non godatte sempre felice
flagello non sarebbe cessato ; finchè non si fosse punito l’uccisore
di
Lajo. Edipo ne fece subito le più diligenti perqu
sso, che lo avea salvato sul monte Citerone, seppe ch’egli era figlio
di
Lajo, e ch’egli stesso, n’era stato l’uccisore. I
sperazione ; e guidato da Antigona, sua figliuola, fuggì il consorzio
di
tutti gli altri uomini(d) (5). Sofocle gli dà per
presso Colono, borgo dell’Attica, in un bosco sacro all’Eumenidi, il
di
cui ingresso era vietato a tutti i profani, e più
uenti, perseguitati dalla celeste vendetta. Alcuni Ateniesi, sorpresi
di
vedervelo, vollero a forza discacciarnelo, e lo a
dove Teseo cortesemente lo accolse. Là Edipo si posè sopra una sedia
di
pietra, si spogliò delle sue vesti, si purificò,
a) (6). Eteocle e Polinice. ETeocle e Polinice erano figliuoli
di
Edipo e di Giocasta. Eglino, tostochè Edipo rinun
Eteocle e Polinice. ETeocle e Polinice erano figliuoli di Edipo e
di
Giocasta. Eglino, tostochè Edipo rinunziò al Regn
ocasta. Eglino, tostochè Edipo rinunziò al Regno, convennero fra loro
di
signoreggiare d’anno in anno alternativamente l’u
come maggiore d’età, salì il primo al paterno soglio ; ma poi ricusò
di
cederlo nel susseguente anno a Polinice. Questi,
rendo la violazione del patto, ricorse al suo genero, Adrasto, figlio
di
Talaone, e re d’Argo(1), il quale, collegato con
rrogante, che si credeva piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura
di
Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliaron
va piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti
di
quella città gli scagliarono contro tanti sasti,
la città gli scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolto sottò
di
quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli ave
quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli avesse avuto l’audàcia
di
voler prenderè l’anzidetta città, quand’anche Gio
che Giove, e qualsisia altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena
di
tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’
iderato anche dagli uomini come un empio, che avesse provocato contro
di
se lo sdegno del Cielo ; e fu abbruciato sopra un
o, separatò da quello, degli altri Eroi, i quali morirono all’assedio
di
Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statu
Colei fece conoscere l’eccessivo amore, che nutriva per lui, e diede
di
se medesima un grande spettacolo. Ella si trasfer
i ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo
di
Capaneo ; e a vista del di lei padre, e degli alt
rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del
di
lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra
; e a vista del di lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra
di
quello(e). , Anfiarao Anfiatao fu figliuolo d’E
nfiatao fu figliuolo d’Ecleo e d’Ipermnestra(f). Altri dicono, che il
di
lui padre fosse l’eccellente Indovino. Melampo, e
si nascose in un luogo, ove niuno l’avrebbe mai trovato, se Erifile,
di
lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto,
vette recarsi al campo ; ma prima commise al suo figliuolo, Alcmeone,
di
uccidere Deifile, tostochè avesse udito la di lui
uo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostochè avesse udito la
di
lui morte. Dicesi, che il primo giorno, in cui An
icesi, che il primo giorno, in cui Anfiarao erasi portato all’assedio
di
Tebe, un’aquila abbrancò la di lui lancia, la sol
cui Anfiarao erasi portato all’assedio di Tebe, un’aquila abbrancò la
di
lui lancia, la sollevò in alto, e poi lasciolla c
gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua
di
marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu i
). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spazio
di
ventiquatro ore, astenersi dal vino per tre giorn
rao, e da cui, credevasi, che fosse asceso al Cielo. Si riputava, reo
di
delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ;
vasi in essa de chi neoveniva risanato(b). Alcmeone dopo la morta del
di
lui padre, Anfiarao, uccise la madre. Indi, agita
olo si trasferì appresso l’altro fiume, Acheloo, e prese in moglie la
di
lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la co
rifile ; ed egli, ritornato a Fegeo per riavernela, rimase ucciso da’
di
lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe de
ciso da’ di lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe desiderava
di
vedere vendicata la morte del suo marito ; e otte
vedere vendicata la morte del suo marito ; e ottenne da Giove, che i
di
lei piccoli figliuoli, avuti da Alcmeone, divenis
va. Queglino partirono per eseguire il materno desiderio, e privarono
di
vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche
guire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori
di
Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui moglie(a).
arono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la
di
lui moglie(a). , Ippomedonte(5), e Partenopeo(6)
e(a). , Ippomedonte(5), e Partenopeo(6), prese a difendere i diritti
di
Polinice. Tutti questi guerrieri furono chiamati
nice. Tutti questi guerrieri furono chiamati i sette Capi, e ciascuno
di
loro ebbe Ceparatamente il comando d’un corpo d’e
, mentre marciava contro Tebe, passò co’ suoi compagni per la foresta
di
Nemea nell’Acaja. Tutti erano molestati estremame
tremamente dal caldo e dalla sete. Si abbatterono in Ipsipile, regina
di
Lenno(7), la quale stava allattando Ofelte, detto
e stava allattando Ofelte, detto anche Archemoro, nato da Licurgo, re
di
Nemea. Le ricercarono, ove avrebbono potuto trova
le disavventura, uccisero il serpente, salvarono, Ipsipile dalle mani
di
Licurgo che voleva farla morire, abbruciarono il
dalle mani di Licurgo che voleva farla morire, abbruciarono il cospo
di
quel bambino(a), e in di lui onore instituirono,
e voleva farla morire, abbruciarono il cospo di quel bambino(a), e in
di
lui onore instituirono, i Giuochi Nemei(b),(8). T
n di lui onore instituirono, i Giuochi Nemei(b),(8). Tideo per ordine
di
Adrasto si portò ad Eteocle, e ne esigette, che c
uegli dovea ritornarsene in Argo, cinquanta armati, che lo privassero
di
vita. Capi di coloro furono Meone, figlio di Emon
tornarsene in Argo, cinquanta armati, che lo privassero di vita. Capi
di
coloro furono Meone, figlio di Emone, e Licofonte
rmati, che lo privassero di vita. Capi di coloro furono Meone, figlio
di
Emone, e Licofonte, figlio di Autofono. Tideo, as
ta. Capi di coloro furono Meone, figlio di Emone, e Licofonte, figlio
di
Autofono. Tideo, assistito da Pallade, se ne dife
istito da Pallade, se ne difese con tanto valore, che non lasciò vivi
di
coloro, se non Meone, affinchè recasse ad Eteocle
iascuno, de’ predetti sette Capi dinanzi a ciascuna delle sette porte
di
Tebe. Eccocle del pari distribuì i suoi più valor
erciti nemici perdettero molta gente, Eteocle e Polinice stabilirono,
di
battersi essi soli. Eteocle simase il primo ferit
per questo ebbe fine la mentovata guerra. Dieci anni dopo i figliuoli
di
quegli Eroi, che in quella erano periti, presero
uovamente Ie armi per vendicare Ie ombre loro padri, e sotto la guida
di
Alcmeone, figlio d’Anfiarao, cinsero Tebe d’assed
significa nati dopo (e). Tra loro molto si distinse Euripilo, figlio
di
Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenel
loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, Promaco, figlio
di
Partenopeo, e Stenelo, figlio di Capaneo(a). I Te
figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenelo, figlio
di
Capaneo(a). I Tebani finalmente restarono vittori
te restarono vittoriosi mercè il sacrifizio, che fece Meneceo, figlio
di
Creonte. Era stato predetto a quelle genti, che f
te avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe
di
Cadmo, ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamen
se la immerse nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità
di
lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la s
iva alla stessa sua vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione
di
Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figl
oica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole
di
Antipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole,
la vittoria sarebbe stata pe’ Tebani, se il cittadino il più distinto
di
nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ su
rificato pèrida salute de’ suoi. E poichè al predetto Antipeno, nelle
di
cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piaciqu
eno, nelle di cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piacique fare
di
se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anz
o sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le
di
lui anzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzar
gliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento nel tempio
di
Diana Euclia(c). . Creonte, salito dopo la morte
mento nel tempio di Diana Euclia(c). . Creonte, salito dopo la morte
di
Eteocle sul di lui trono, proibì sotto pena di mo
o di Diana Euclia(c). . Creonte, salito dopo la morte di Eteocle sul
di
lui trono, proibì sotto pena di morte, che fosser
, salito dopo la morte di Eteocle sul di lui trono, proibì sotto pena
di
morte, che fossero sepolti gli Argivi, rimasti mo
Polinice, come quello che n’era stato il promotote(10). Argia, vedova
di
Polinice, spinta dalla brama di rendere al marito
stato il promotote(10). Argia, vedova di Polinice, spinta dalla brama
di
rendere al marito gli estremi doveri, andò la not
ne’ campi, acciocchè divenisse esca degli animali(b). Anche Antigona,
di
lui sorella, era uscita di Tebe per lo stesso fin
sse esca degli animali(b). Anche Antigona, di lui sorella, era uscita
di
Tebe per lo stesso fine. Tutte due vennero sorpre
orella, corse ad incontrare lo stesso supplizio, accusandosi complice
di
quel supposto misfatto. Ella però non soggiacque
anzidetto barbaro comando ; e strangolandosi colle proprie mani, finì
di
vivere nella sua più brillante gioventù(c) (11).
sizione, per cui si opera il bene. I Greci diedero alla Virtù il nome
di
Arete. I Poeti finsero, che fosse figliuola di Pr
ero alla Virtù il nome di Arete. I Poeti finsero, che fosse figliuola
di
Prassidice, altra Dea, che mostrava agli uomini i
loro. La Virtù ebbe in Roma tempj e altari. Scipione, il distruttore
di
Numanzia, fu il primo ad ergerle un tempio. M. Ma
appresso Clastidio, fece voto d’inalzarne un altro, il quale poi dal
di
lui figliuolo dieci sette anni dopo fu dedicato a
sava per quello : con che voleasi esprimere, che la vera ed unica via
di
procacciarsi onore è la virtù. Vicino alla Porta
; Dea del piacere, La medesima veniva figurata in quello qual regina,
di
pallido aspetto, che teneva le virtù sotto i suoi
tto i suoi piedi(a). La Virtù rappresentasi giovine, bella, ed ilare
di
volto, perchè essa non invecchia mai, ma anzi cre
risce, e diviene il migliore ornamento dell’uomo. La lancia è simbolo
di
maggioranza, ed è in mano della Virtù per indicar
questa Dea anche due faccie, colle quali dimostravasi, che le azioni
di
lei sono dirette dalla considerazione del passato
, che qualsivoglia altra età, quali azioni si deono operare. La veste
di
lui è lunga, per alludere alla Toga, di cui i Con
ni si deono operare. La veste di lui è lunga, per alludere alla Toga,
di
cui i Consiglieri si servivano per sostenere magg
allo studio ; e però si diede in mano a tale Divinità un libro. Sopra
di
questo sta riposandosi una, Civetta, animale, il
Si potrebbe anche dire, che siccome questo uccello, girando quà e là
di
notte, meglio discerne gli oggetti ; così chi vuo
di notte, meglio discerne gli oggetti ; così chi vuole riuscire uomo
di
sani consigli, conviene ch’egli mediti di notte c
osì chi vuole riuscire uomo di sani consigli, conviene ch’egli mediti
di
notte ciò, che dee risolvere il giorno, giacchè n
più perspicace e vigoroso. Il Consiglio finalmente dipingesi in atto
di
calcare col destro piede la testa di un Orso, e q
lio finalmente dipingesi in atto di calcare col destro piede la testa
di
un Orso, e quella d’un Delfino. L’Orso è iracondo
ato per lo più è dannoso. Accortezza. L’ Accortezza è prontezza
di
mente, con cui non solo si prevede ; si discerne,
a qualche lodevole intento. Questa Virtù comparisce in abito, sparso
di
varj occhi e orecchie, de’quali bene spesso se ne
è. Ha ella in mano una Pernice, perchè anche questo animale è fornito
di
sommo avvedimento, e con maravigliosa destrezza s
trezza si sottrae ad ogni pericolo. Le giace a’piedi un leone. Questo
di
sua natura dorme pochissimo, ed è di sorprendente
e giace a’piedi un leone. Questo di sua natura dorme pochissimo, ed è
di
sorprendente ingegno : qualità, che si devono tro
a virtù in età avanzata ; col comperso in mano, e col timone appresso
di
se. La cura de’beni proprj o degli altrui non s’i
gia direzione, che deo coltivare l’Economo per promuovere la felicità
di
chi egli ha cura. Diligenza. La Diligenza è
, ed assidua applicazione nell’operare. Questa virtù stringe un ramo
di
timo, su cui vola un’Ape. Benchè il timo sia erba
aspare, finchè tra gl’inutili grani ha scelto quelli, che gli servono
di
cibo. Il Diligente del pari va esaminando le cose
, grandi, ed oneste imprese. Questa virtù viene rappresentata coperta
di
pelle di leone, perchè questo animale ama le gran
ed oneste imprese. Questa virtù viene rappresentata coperta di pelle
di
leone, perchè questo animale ama le grandi, e sde
si appoggia sull’estremità d’una colonna, e coll’altra tiene un ramo
di
rovere, perchè questo resist al soffio de’più imp
e più grandi moli. Questa Dea impugna nel sinistro braccio uno scudo,
di
cui essendo proprio il rintuzzare l’arma nemica,
, che respinge i danni, i quali potrebbono essergli recati. Nel mezzo
di
quello scudo v’è un leone, che si azzuffa con un
quali cose tutte sono indizio della velocità, con cui l’ Emulo cerca
di
pareggiare e oltrepassare coloro, che operano il
ravvisa : del che n’è viva espressione sì lo sprone, che il fascetto
di
spine, di cui n’è ella adorna. Merito. Il M
del che n’è viva espressione sì lo sprone, che il fascetto di spine,
di
cui n’è ella adorna. Merito. Il Merito è il
i spine, di cui n’è ella adorna. Merito. Il Merito è il diritto
di
lode o d’altra ricompresa, il quale nasce dall’av
on cui si giunge a meritare. Ha egli la fronte cinta d’alloro, perchè
di
questo anticamente si ornavano quelli, che pe tor
questo anticamente si ornavano quelli, che pe toro meriti erano degni
di
gloria e onore. Questo Nume ha il braccio armato,
i, e dalla coltura delle scienze. Speranza. La Speranza è brama
di
qualche bene, unita alla cognizione della capacit
minazione d’ottenerlo. I Greci riconoscevano questa Dea sotto il nome
di
Elpide. I Romani le fabbricarono tre tempj, uno n
ella guerra Punica restò abbruciato da un fulmine, sotto il Consolato
di
Q. Fabio, e di Q. Sempronio Gracco. I Triumviri l
ica restò abbruciato da un fulmine, sotto il Consolato di Q. Fabio, e
di
Q. Sempronio Gracco. I Triumviri lorifabbticarono
. Fabio, e di Q. Sempronio Gracco. I Triumviri lorifabbticarono. Arse
di
nuovo ; e Attilio fece voto di ristabilirlo, e Ge
co. I Triumviri lorifabbticarono. Arse di nuovo ; e Attilio fece voto
di
ristabilirlo, e Germanico lo consacrò(a). La Sper
o consacrò(a). La Speranza comparisce in veste verde, e inghirlandata
di
fiori, perchè il verdeggiare e il fiorire delle p
fiori, perchè il verdeggiare e il fiorire delle piante danno speranza
di
vicina raccolta. Ha la Speranza appresso di se un
lle piante danno speranza di vicina raccolta. Ha la Speranza appresso
di
se un’ancora. Vedesi anche appoggiata ad una colo
traprende altre ardue e straordinarie virtù. Questa Virtù ha appresso
di
se un elefante e un leone. Siccome il primo di ta
esta Virtù ha appresso di se un elefante e un leone. Siccome il primo
di
tali animali non si duole delle saette, che contr
iccome il primo di tali animali non si duole delle saette, che contro
di
lui si avventano ; così il Magnanimo non cura i d
agnanimo non cura i disagi che gli sovrastano, nè si turba al momento
di
dover sostenerli. Il Leone poi non teme di ciment
no, nè si turba al momento di dover sostenerli. Il Leone poi non teme
di
cimentarsi a qualsivoglia malagevole impresa ; e
olari combattimenti. Questa Dea da’ Greci chiamavasi Nice. Era figlia
di
Stige e di Pallante. Aveva per sorella la Forza,
ttimenti. Questa Dea da’ Greci chiamavasi Nice. Era figlia di Stige e
di
Pallante. Aveva per sorella la Forza, per fratell
tempio, e la denominarono Aptera, ossia senza ali, perchè tal’era la
di
lei statua, affinchè non potesse in alcun tempo a
tempo allontanarsi da loro : come gli Spartani incatenarono la statua
di
Marte, onde questo Nume non avesse mai ad abbando
n tempio durante la guerra, che avevano co’Sanniti sotto il Consolato
di
L. Postumio e di M. Attilio Regolo. La stessa naz
la guerra, che avevano co’Sanniti sotto il Consolato di L. Postumio e
di
M. Attilio Regolo. La stessa nazione dopo la scon
Postumio e di M. Attilio Regolo. La stessa nazione dopo la sconfitta
di
Canne dedicò a questa Dea un altro tempio(c). L.
edicò a questa Dea un altro tempio(c). L. Silla, divenuto trionfatore
di
tutti i suoi nemici, le instituì anche dei pubbli
re ch’ella domina sulla terra(e). Le si danno le ali per esprimere la
di
lei in-[numerisation pages] [page 302 et 303 manq
hè durò l’Età d’oro, e insegnò a tutti le sue leggi. Venuta poi l’Età
di
ferro, in cui crebbero fuor di misura sulla terra
a tutti le sue leggi. Venuta poi l’Età di ferro, in cui crebbero fuor
di
misura sulla terra l’esecrabili scelleratezze, el
fusa con Tenti e con Dice. Temi veramente regnò nella Tessaglia, e fu
di
tanta saviezza ed equità, che si disse essare nat
, che si disse essare nata dal Cielo e dalla Terra(c). Pausania parla
di
un tempio e di un oracolo, ch’ella aveva sui mont
essare nata dal Cielo e dalla Terra(c). Pausania parla di un tempio e
di
un oracolo, ch’ella aveva sui monte Parnasso insi
llo. Temi aveva altresì un altro tempio nella cittadella d’Atene, nel
di
cui ingresso si vedeva la tomba d’Ippolito(d). Es
Dea e preside de’giudizj. Suo uffizio era accusare i rei al tribunale
di
Giove(f). Le di lei Ministri si appellavano Dicas
’giudizj. Suo uffizio era accusare i rei al tribunale di Giove(f). Le
di
lei Ministri si appellavano Dicasti, ossia giudic
ti, ossia giudici. Dicevasi, ch’era vergineper alludere all’integrità
di
tutte le sue operazioni(a). La Giustizia secondo
condo Igino ebbe una figliuola, vindice acertima delle scelleraggini,
di
nome Nemesi, la quale altri fanno figlia di Giove
tima delle scelleraggini, di nome Nemesi, la quale altri fanno figlia
di
Giove e della Necessità, ovvero dell’Oceano e del
ella se ne stava sopra la Luna per osservare più facilmente le azioni
di
quaggiù(b). A Nemesi altresì furono date le ali,
izio a questa Dea nel Campidoglio, e dare in suo onore uno spettacolo
di
gladiatori(d). A Nemesi si celebrarono pure le Ne
quale, essendo perfettamente eguale da ogni lato, indica il carattere
di
questa virtù, ch’è quello di mostrarsi eguale con
eguale da ogni lato, indica il carattere di questa virtù, ch’è quello
di
mostrarsi eguale con tutti. Ella si dipinge altre
ù, ch’è quello di mostrarsi eguale con tutti. Ella si dipinge altresì
di
terribile guardatura, colla bilancia nella destra
cbessia. Per questa medesima ragione gli Egiziani formavano le statue
di
questa Dea senza testa, volendo in tal modo signi
Pietà. La Pietà è ardente zelo della Religione, e vivò sentimento
di
compassione verso i miseri, e di tenerezza verso
o della Religione, e vivò sentimento di compassione verso i miseri, e
di
tenerezza verso la patria, i genitori, e i figli.
enitori, e i figli. Questa Dea si riconosceva da’ Greci sotto il nome
di
Eusebia. In Roma le fu eretto un tempio sotto il
il nome di Eusebia. In Roma le fu eretto un tempio sotto il Consolato
di
Quinzio e di Attilio dal Decemviro M. Attilio Gla
sebia. In Roma le fu eretto un tempio sotto il Consolato di Quinzio e
di
Attilio dal Decemviro M. Attilio Glabrione. Là pe
lio Glabrione. Là per mezzo d’una tavola si ricordava la bella azione
di
pietà che operò una figlia verso sua madre. Valer
sua madre. Valerio Massimo(a) la racconta così : una donna, convinta
di
capitale delitto, era stata condannata dal Pretor
. Il Triumviro che doveva eseguirne la sentenza, preso da compassione
di
quella rea, non volle imbrattarsi le mani nel di
preso da compassione di quella rea, non volle imbrattarsi le mani nel
di
lei sangue, è stabilì di lasciarla piuttosto mori
uella rea, non volle imbrattarsi le mani nel di lei sangue, è stabilì
di
lasciarla piuttosto morire di fame. Egli permise
si le mani nel di lei sangue, è stabilì di lasciarla piuttosto morire
di
fame. Egli permise altresì ad una figliuola di co
iarla piuttosto morire di fame. Egli permise altresì ad una figliuola
di
colei l’ingresso nella prigione ; ma prima la fac
e venissero alimentate dal pubblico erario. Notisi, che Fesso in vece
di
una madre nomina un padre(a). Tale Tradizione fu
oltanto dalle sue esimie azioni, nè coltiva ostentazione, o desiderio
di
vanagloria. Versa coll’altra mano un Cornucopio,
agloria. Versa coll’altra mano un Cornucopio, perchè, quando trattasi
di
mostrarsi qual’è, ella niente cura le dovizie di
chè, quando trattasi di mostrarsi qual’è, ella niente cura le dovizie
di
questa terra. Sta finalmente appresso questa Dea
empj in Roma. Il primo, ch’era antichissimo, e alzato appresso quello
di
Ercole, era sacro alla Pudicizia Patrizia, ossia
trizia, ossia delle Dame ; l’altro, che fu eretto da Virginia, figlia
di
Aulo, era dedicato alla Pudicizia Plebea, ossia d
udicizia Plebea, ossia del Popolo. Diede occasione a tale distinzione
di
nomi una contesa, ch’ebbe la predetta Virginia co
io, uomo della plebe ; e per tale matrimonio le altre Dame sdegnarono
di
mescolarsi seco lei nel tempio della Pudicizia, e
egnarono di mescolarsi seco lei nel tempio della Pudicizia, e usarono
di
tutti i mezzi per farnela uscire. Virginia poi gi
indi fabbricò un altro tempio alla stessa Dea Pudicizia sotto il nome
di
Plebea ; eccitò le donne più considerabili del po
si distinguessero colle virtù dalle Dame, quanto quoste pretendevano
di
essere distinte da esse per causa della loro nobi
le donne, le quali aveano avuto più d’un marito, il toccare la Statua
di
quella Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo,
un’impudicizia, tollerata dalle leggi(c). La Pudicizia avea la figura
di
donna velata, e modestissima nel portamento. O
Ciò dimostra, che non è diverso l’animo dell’uomo obbediente a’ cenni
di
chi legittimamente gli comanda. Sta a canto di le
mo obbediente a’ cenni di chi legittimamente gli comanda. Sta a canto
di
lei un cane, perchè questo è animale sì ubbidient
La Beneficenza è virtù, che promuove il bene altrui senza oggetto
di
ricompensa. Ha la Beneficenza un aspetto di singo
bene altrui senza oggetto di ricompensa. Ha la Beneficenza un aspetto
di
singolare bellezza, perchè il benefizio più d’ogn
olla destra le tre Grazie, le quali hanno le mani intrecciate a guisa
di
chi danza. Esse esprimono le tre sorta di benefat
le mani intrecciate a guisa di chi danza. Esse esprimono le tre sorta
di
benefattori : quelli che beneficano, quelli che c
enefizj sogliono passare dall’uno nell’altro, finchè tornano ad utile
di
chi primo li fece. La Beneficenza comparisce anch
vuole esercitare questa virtù, dee farlo con prontezza, onde l’azione
di
lui riesca più gradita a quello, a di cui favore
lo con prontezza, onde l’azione di lui riesca più gradita a quello, a
di
cui favore viene fatta. Questa Divinità stringe i
d’amore, con cui si unisce il beneficato al benefattore. V’è appresso
di
lei un’aquila, la quale, avendo fatto preda d’una
ine sotto gli artigli, e lascia, che se ne pascano verj altri uccelli
di
rapina. Liberalità La Liberalità è virtù, p
cui a proporzione delle proprie forze si somministra agli altri ciò,
di
che abbisognano. La veste di questa Dea è bianco,
rie forze si somministra agli altri ciò, di che abbisognano. La veste
di
questa Dea è bianco, perchè tal colore, essendo c
arsi liberale. Concordia. La Concordia è l’unione della volontà
di
molti, che vivono insieme. I Greci la denominano
onia, ovvero Omusia. Ella ebbe un tempio in Olimpia. Roma celebrava a
di
lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo d
a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo delle quali era
di
ristabilire l’unione tralle famiglie. Al pranzo,
ra di ristabilire l’unione tralle famiglie. Al pranzo, che al momento
di
quelle si faceva, non ammettevasi alcun straniero
a del Campidoglio. Lo fabbricò Furio Camillo Dittatore nell’anno 397.
di
Roma, dopo d’aver sedato la ribellione popolare c
popolare contro i patrizj. Avendolo un incendio rovinato, Liviamoglie
di
Augusto, lo ristabilì, e Tiberio lo consacrò. Man
dedicazione. Finalmente un terzo tempio le fu fabbricato nella Piazza
di
Vulcano, e fu consecrato da Cn. Flavio(a). Due sp
nella Piazza di Vulcano, e fu consecrato da Cn. Flavio(a). Due spighe
di
grano adornano la mano di questa Dea, per indicar
fu consecrato da Cn. Flavio(a). Due spighe di grano adornano la mano
di
questa Dea, per indicare l’abbondanza, che dalla
danza, che dalla Concordia suole derivare. Talora stringe un fascetto
di
verghe, perciocchè come quelle, unite insieme, di
pure il caduceo. Questa Dea finalmente rappresentasi anche per mezzo
di
due mani, congiunte insieme. E quì si noti, che o
pezialmeme furono dagli Antichi venerate o come Deità, o come simboli
di
quelle. Ce lo testificano anche moltissimi antich
no altrettanti voti, appesi talvolta ne tempj degli Dei in ricompensa
di
qualche grazia ricevuta, unite insieme, erano anc
bolo il più ordinario della Concordia. Pace. La Pace è lo stato
di
tranquillità e di buona armonia tra’ popoli. I Gr
rio della Concordia. Pace. La Pace è lo stato di tranquillità e
di
buona armonia tra’ popoli. I Greci Le davano il n
I Greci Le davano il nome d’Irene, e la risguardavano come figliuola
di
Giove e di Temi. Atene le eresse delle statue, e
davano il nome d’Irene, e la risguardavano come figliuola di Giove e
di
Temi. Atene le eresse delle statue, e fu la prima
ottata col mezzo del loro Generale, Timoteo ; ovvero dopo la vittoria
di
Cimone sopra i Persiani, come vuole Plutarco. I R
vi trasportò i più preziosi vasi, e i più belli ornamenti del tempio
di
Gerusalemme(a). Questo era pure il tempio, in cui
glievano coloro, che professavano le Belle Arti, affinchè la presenza
di
questa Dea allontanasse ogni disapore dalle loro
perchè i loro tempj erano presso le acque d’Appio, non lungi dal Foro
di
Cesare. Le altre quattro Divinità erano Pallade,
à erano Pallade, Vesta, Venere, e la Concordia(d). La Pace è coronata
di
spighe, simbolo dell’abondanza, che si produce e
pighe, simbolo dell’abondanza, che si produce e si mantiene per mezzo
di
essa. I Greci e i Romani nelle pubbliche Feste so
la destra tiene un ramo d’ulivo, o un caduceo. La dolcezza del frutto
di
quell’albero caratterizza la dolcezza, che nasce
tiene lègati insieme un leone e una pecora. Questi sono due animali,
di
natura affatto tra loro contrarj. Quindi uniti in
ffatto tra loro contrarj. Quindi uniti insieme simboleggiano la Pace,
di
cui è proprio il cangiare lo sdegno in placidezza
lo sdegno in placidezza. Gli Ateniesi poi la rappresentavano in atto
di
tenere tralle braccia Pluto bambino, per indicare
a il falso. Ella dicevasi da’ Greci Aletia, ed era considerata figlia
di
Saturno, e madre della Virtù(b). Pindaro le dà Gi
o grazioso un cuore. La candidezza del predetto augello indica quella
di
tale virtù, e il porgere graziosamente un cuore d
mprovero de’ vizj onde vederne l’emendazione. Comparisce questa virtù
di
età matura, perchè taletà, essendo di maggior ven
azione. Comparisce questa virtù di età matura, perchè taletà, essendo
di
maggior venerazione, ne trae d’ordinario più giov
d’assenzio sulla fronte. L’assenzio è pianta amarissima al gusto, ma
di
molta utilità allo stomaco. Non altrimenti la Rip
iova, qualora è attesa. La Riprensione ha in mano una lingua, nella ;
di
oui cima v’ è un occhio. Quella e questo avverton
vicino, perchè l’amicizia è sempre fedele, ossiachè si trovi appresso
di
chi ella ama, ossiachè ne sia lontana. Nell’ estr
i ella ama, ossiachè ne sia lontana. Nell’ estremità finalmente nella
di
lei veste leggonsi queste parole : la morte e la
j, che doveano essere fatti a spese del pubblico, e senza spargimento
di
sangue. I Sacerdoti, destinati al di lei culto, e
el pubblico, e senza spargimento di sangue. I Sacerdoti, destinati al
di
lei culto, erano vestiti di lino bianchissimo, pe
ento di sangue. I Sacerdoti, destinati al di lei culto, erano vestiti
di
lino bianchissimo, per dinotare la sincerità di q
culto, erano vestiti di lino bianchissimo, per dinotare la sincerità
di
questa virtù(a). La Fede tiene colla destra una c
sservare da questa virtù. Qualche volta viene rappresentata per mezzo
di
due figurine, che si danno la mano l’una coll’ al
ura ch’ essa da se si abbassa. La medesima Virtù vedesi anche in atto
di
conculcare una corona d’oro, per far conoscere, c
e più sacre, quali sono la religione, la patria, i parenti. L’aspetto
di
questo vizio ò truce. Nella sinistra ba Egli l’Ip
he le azioni dell’ empio tendono sempre alla distruzione della pietà,
di
cui il predetto animale n’è il simbolo. Superb
e n’è il simbolo. Superbia. La Superbia è disordinato desiderio
di
millantare la propria eccellenza, e di sovrastare
perbia è disordinato desiderio di millantare la propria eccellenza, e
di
sovrastare agli altri. Ella colla destra mostra u
i sovrastare agli altri. Ella colla destra mostra un pavone, il quale
di
natura sua si compiace di se medesimo, e disprezz
lla colla destra mostra un pavone, il quale di natura sua si compiace
di
se medesimo, e disprezza ogni altro animale. Ques
usso è un raffinamento in tutto quel, che concerne i comodi e piaceri
di
questa vita. Esso comparisce cinto la fronte di r
ne i comodi e piaceri di questa vita. Esso comparisce cinto la fronte
di
reale corona, e con ali alle tempia. Versa colla
no della gente plebea, la quale, invencando nuove mode, dagli amatori
di
queste ne ritraggono poi doviziose ricompense : l
naturale, per cercare in un’aria, presa ad imprestito, il sicuro modo
di
rendersi ridicolo. La stessa cosa viene dimostrat
piedi dell’ Affettazione. Vendetta. La Vendetta è offesa fatta
di
privata autorità, è con odio di chi primo offese.
ndetta. La Vendetta è offesa fatta di privata autorità, è con odio
di
chi primo offese. E’vestita di colore rosso, ed h
fatta di privata autorità, è con odio di chi primo offese. E’vestita
di
colore rosso, ed ha un pugnale nella destra, perc
le essere il segno, che danno coloro, i quali prendono la risoluzione
di
vendicarsi. A canto della Vendetta evvi un leone,
ndetta evvi un leone, perchè questo, qualora, viene offeso, s’accende
di
furore, e tenta ogni mezzo di prendere vendetta d
uesto, qualora, viene offeso, s’accende di furore, e tenta ogni mezzo
di
prendere vendetta del suo offensore. Gelosia.
re. Gelosia. La Gelosia è interna inquietudine, nata dal timore
di
perdere qualche bene, o dal sospetto, che altri n
e partecipino. Riguardo a questo Vizio è famosa la favola dì Cefalo e
di
Procride. Cefalo, come dicemmo, sposò Procride. U
la gelosia intorbidò la dolcezza della loro vita. L’Aurora s’invaghì
di
Cefalo, mentre questi sul primo albore del giorno
va Procride sulla boccà e nel cuore, non corrispose mai alle ricerche
di
colei. La Dea, sopraffatta dell’ ira, lo rimprove
rgli un tardo e inutile pentimento. Questa minaccia destò nell’ animo
di
Cefalo forte turbamento. Ei temette, che la di lu
ccia destò nell’ animo di Cefalo forte turbamento. Ei temette, che la
di
lui lontananza avesse prodotto qualche cangiament
la di lui lontananza avesse prodotto qualche cangiamento nell’ animo
di
Procride, e volle egli stesso esperimentarne la f
da alcuno, nella sua casa, trovò la consorte, che piangeva, e doleasi
di
vedersi da lui divisa. A tale vista talmente egli
serbava il suo affetto. Ciò doveva bastare ad assicurare Cefalo della
di
lei fede. Egli contuttociò non desistette dal ric
spondenza d’amore, usando ora preghiere lusinghevoli, ed ora promesse
di
larga mercede, alle quali la giovane finalmente c
ovane finalmente cedette. Cefalo allora si diede a conoscere, e pieno
di
furore la rimproverò d’infedele. Nulla rispose co
rore la rimproverò d’infedele. Nulla rispose colei, ma tinto il volto
di
vergognoso rossore, fuggì ne’ boschi, e si propos
o rossore, fuggì ne’ boschi, e si propose la caccia per unico oggetto
di
sue delizie. La privazione di sì amabile compagni
si propose la caccia per unico oggetto di sue delizie. La privazione
di
sì amabile compagnia destò ben presto nell’ animo
e. La privazione di sì amabile compagnia destò ben presto nell’ animo
di
Cefalo desiderio e smania di riacquistarla. S’acc
e compagnia destò ben presto nell’ animo di Cefalo desiderio e smania
di
riacquistarla. S’accinse a cercarla per foreste e
alze, e dopo lungo travaglio e fatica al fine la rinvenne. Si gettò a
di
lei piedi, la pregò di perdono, detestò il suo fa
aglio e fatica al fine la rinvenne. Si gettò a di lei piedi, la pregò
di
perdono, detestò il suo fallo, e prese a giustifi
la pregò di perdono, detestò il suo fallo, e prese a giustificare la
di
lei debolezza coll’ accertarla, ch’ egli medesimo
le offerte e de’ vezzi. Procride, o che la appagasse la sincerità de’
di
lui sentimenti, o che la scuotesse il rammarico d
e la sincerità de’ di lui sentimenti, o che la scuotesse il rammarico
di
vederlo in angustie, o che finalmente la confessi
mmarico di vederlo in angustie, o che finalmente la confessione della
di
lui debolezza raddoleisse il rincreseimento, che
he altrove, avea regalato a Cefalo il cane Lela po, e inoltre un’asta
di
mirabile virtù, giacchè essa e colpiva con sicure
ava colpo con essa, che andasse a vuoto : cosicchè sazio della strage
di
molte fiere, e stanco per la fatica, prendeva rip
e talora quella non si faceva sentire, ei la chiamava con espressioni
di
tenerezza, e la invitava a recargli refrigerio e
nvitava a recargli refrigerio e piacere. Intese questo replicato nome
di
aura un non so chi sfaccendato e maligno ; e imma
ente accorgendosi, che da lungi lo seguiva la sposa. Grondante alfine
di
sudore si sdrajò all’ ombra e invitò come lo scor
lo. Al proferire il nome d’aura udì, o parvegli d’udire una voce come
di
persona, che piangeva ; ma non ne fece caso, e co
che bersaglio del colpo era stata la sua Procride Precipitoso, e fuor
di
se medesimo colà s’ affrettò, seguendo la flebile
trovò la sposa semiviva fragli spasimi della ferita ; e tutta intrisa
di
sangue. La alzò di terra, la abbracciò, ne impedì
viva fragli spasimi della ferita ; e tutta intrisa di sangue. La alzò
di
terra, la abbracciò, ne impedì alla meglio lo sgo
ra, ch’ eragli tanto cara. Cefalo allora comprese l’arcano, e procurò
di
toglierla dàl suo errore, ma senza frutto. S’ abb
glierla dàl suo errore, ma senza frutto. S’ abbandonò la misera nelle
di
lui braccia, e non molto dopo esalò lo spirito(a)
erchè Cefalo la avea sorpresa, mentr’ella trattenevasi conun giovine,
di
nome Pteleone, il quale le avea regalata una coro
nza(b). Un altro fatto narrasi intorno alla Gelosia. Cianippo, figlio
di
Fatace Tessalo, sposò Leucona. Eglidopo tale matr
icava a etto, e subito si addormentava. La moglie cominiò a diffidare
di
lui, e per accertarsi, se egli veramente consumav
lla caccia, entrò li nascosio anch’ ella nella foresta, mentre i cani
di
Cìanippo inseguivano un cervo. Quelli, che avevan
per disperaziose si trafisse il petto, e cadde anch’egli morto sopra
di
lei(a). La Gelosia è in veste di colore turchino,
petto, e cadde anch’egli morto sopra di lei(a). La Gelosia è in veste
di
colore turchino, e tutta aspersa d’occhi e d’orec
hi e d’orecchie. Ha un Gallo nella sinistra, e nella destra un fascio
di
spine. Il predetto colore della veste rassomiglia
fferente, della persona, cui egli ama. V’ è il Gallo, perchè questo è
di
sua natura gelosissimo. Le spine finalmente manif
sissimo. Le spine finalmente manifestano i fastidj e le angustie, che
di
continuo pungono in certa guisa l’animo geloso.
sa l’animo geloso. Ambizione. L’Ambizione è eccessivo desiderio
di
costituirsi grande, e di salire a’sublimi onori.
izione. L’Ambizione è eccessivo desiderio di costituirsi grande, e
di
salire a’sublimi onori. Questa Dea ’ebbe in Roma
lire a’sublimi onori. Questa Dea ’ebbe in Roma un tempio, in a molto
di
frequente le si sacrificava(a). Ella comparisce i
o di frequente le si sacrificava(a). Ella comparisce in veste, sparsa
di
varj fregi edera. Questa pianta va sempre ascende
icino a se il Leone, perchè essa non va mai disgiunta dalla superbia,
di
cui quell’ animale n’è il simbolo. Vanagloria.
ello ne’prati quasi baldanzosamentè verdeggia, ma poi in breve spazio
di
tempo s’innaridisce ; così l’alterigia del Vanagl
colla destra una tromba, perchè chi è dominato da siffatta passione,
di
propria bocca e con magnificenza di parole decant
è dominato da siffatta passione, di propria bocca e con magnificenza
di
parole decanta se stesso. Questo Vizio finalmente
ili favi. Esso quindi qualifica il Vanaglorioso, che colle sue parole
di
vanto fa molto strepito, ma del resto è affatto i
ole di vanto fa molto strepito, ma del resto è affatto inutile, vuoto
di
senno, e privo d’ogni sapore. Disobbedienza.
te imposti. Questo Vizio si mostra con un freno sotto i piedi in atto
di
conculcarlo. In capo ha varie penne di Pavone. Qu
un freno sotto i piedi in atto di conculcarlo. In capo ha varie penne
di
Pavone. Queste alludono alla superbia, da cui la
rsi, che fa l’animale in tale guisa le orecchie per non udire la voce
di
chi a se lo chiama, mette in vista la proprietà d
L’Arroganza è vizio, per cui l’uomo dí poca abilità, per far pompa
di
se, si assume degl’ incarichi difficili e di grav
a abilità, per far pompa di se, si assume degl’ incarichi difficili e
di
grave importanza. Ella nasce dall’ ignoranza e da
L’Indocilità è resistenza nel fare quel che si dovrebbe. Sta sul
di
lei capo un velo nero, perchè ques colore, come n
uscettibile d’alcun altro, dimostra, che l’Indocile pure non è capace
di
sottome tersi a veruna disciplina. L’Indocilità s
Prodigalità è scialacquo delle proprie facoltì senza ragione. Ella è
di
volto ridente, e coa ambe le mani versa in gran c
lto ridente, e coa ambe le mani versa in gran copia oro ed altre cose
di
sommo pregio. Avarizia. L’Avarizia è deside
ose di sommo pregio. Avarizia. L’Avarizia è desiderio eccessivo
di
possedere. Viene dimostrata vecchia, smunta, e pa
de il continuo affanno d’accumulare ; pallida, perchè quando trattasi
di
fare nuovi acquisti, non si sottrae a disagi e in
Avarizia cresce in chi la coltiva, a misura che si moltiplica in mano
di
lui le ricchezze. Questo vizio tiene stretta una
canto un Lupo magrissimo. Questo è animale voracissimo, nè cessa mai
di
rapire i greggi. L’Avaro del pari è facile ad app
mai la sua ingorda passione. Furto. Il Furto è l’appropriazione
di
ciò, ch’è d’altrui contro la volontà di chi n’era
Il Furto è l’appropriazione di ciò, ch’è d’altrui contro la volontà
di
chi n’era il legittimo possessore. Vedesi di aspa
altrui contro la volontà di chi n’era il legittimo possessore. Vedesi
di
aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie
chi n’era il legittimo possessore. Vedesi di aspatto giovanile, tinto
di
pallore, con drecchie di lepre, con veste di pell
ssessore. Vedesi di aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie
di
lepre, con veste di pella di Lupo, colle braccia
aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste
di
pella di Lupo, colle braccia è co piedi ignudi. S
iovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste di pella
di
Lupo, colle braccia è co piedi ignudi. Sta in mez
veste di pella di Lupo, colle braccia è co piedi ignudi. Sta in mezzo
di
densa notte, ed ha nella destra un’arma. E’giovin
tinuo timore d’essere scoperto : lo che esprimesi anche dalle orechie
di
Lepre ; animale timidissimo. Il Lupo vive solo di
anche dalle orechie di Lepre ; animale timidissimo. Il Lupo vive solo
di
furti, come fanno i ladri. Le braccia e i piedi i
ri d’ordinario sono armati per usare anche violenza, quando si tratta
di
rubare. Malignità La Malignità è perversa v
si tratta di rubare. Malignità La Malignità è perversa volontà
di
procurare il male altrui. L’abito di questo Vizio
La Malignità è perversa volontà di procurare il male altrui. L’abito
di
questo Vizio è di colore simile a quello della ru
rversa volontà di procurare il male altrui. L’abito di questo Vizio è
di
colore simile a quello della ruggine, perchè come
erchè come questa consuma ogni metallo, così il maligno non cessa mai
di
nuocere ad altrui. La Malignità tiene una Coturni
ad altrui. La Malignità tiene una Coturnice in mano. Quell’animale è
di
sì pessima natura, che dopo aver esso bevuto, int
gno. Crudeltà La Crudeltà è insaziabile desiderio e compiacenza
di
vedere e anche di effettuare, qualota se ne apra
La Crudeltà è insaziabile desiderio e compiacenza di vedere e anche
di
effettuare, qualota se ne apra l’occasione, il ma
effettuare, qualota se ne apra l’occasione, il male altrui. E’vestita
di
color rosso, per significate, ch’essa si pasce di
e altrui. E’vestita di color rosso, per significate, ch’essa si pasce
di
sangue e di strage. Le sta sopta il capo un Ussig
vestita di color rosso, per significate, ch’essa si pasce di sangue e
di
strage. Le sta sopta il capo un Ussignuolo, per a
strage. Le sta sopta il capo un Ussignuolo, per alludere alla favola
di
Progne e di Filomela. E’in atto d’affogane un bam
sta sopta il capo un Ussignuolo, per alludere alla favola di Progne e
di
Filomela. E’in atto d’affogane un bambino, o di g
la favola di Progne e di Filomela. E’in atto d’affogane un bambino, o
di
guardare a ciglio asciutto un incendio, perchè le
è le uccisioni e gl’ incendj ne’ tempi antichi eranoi maggiori tratti
di
crudeltà. Il volto di questo Vizio è ilare, perch
ncendj ne’ tempi antichi eranoi maggiori tratti di crudeltà. Il volto
di
questo Vizio è ilare, perchè è proprio del medesi
eltà. Il volto di questo Vizio è ilare, perchè è proprio del medesimo
di
tripudiare a vista de’ danni altrui. Parzialit
a è asserire il falso, o negare il vero. Ama il vestito artifizioso e
di
color cangiante. Ha sopra di esso varie maschere
re il vero. Ama il vestito artifizioso e di color cangiante. Ha sopra
di
esso varie maschere e lingue. Va zopicando, e tie
ra di esso varie maschere e lingue. Va zopicando, e tienè un fascetto
di
paglia accèsa. L’essere artifiziosamente vestita
artifiziosamente vestita dimostra, ch’Ella colla sua arte s’industria
di
persuadere ciò, che non è, o di dissuadere ciò, c
a, ch’Ella colla sua arte s’industria di persuadere ciò, che non è, o
di
dissuadere ciò, ch’è. Il colore cangiante, le mas
e a dire che in breve viene riconosciuta per quella ch’è. Il fascetto
di
paglia accesa significa, che come quel fuoco pres
e presto altresì svanisce. Gola. La Gola è smoderato desiderio
di
ciò, che spetta al gusto. Si figura col collo lun
o di ciò, che spetta al gusto. Si figura col collo lungo, e con veste
di
colore simile alla ruggine. La lunghezza del coll
ene Ercinio. Costui era tanto goloso, che desiderava d’avere il collo
di
gru, per godere più a lungo del cibo, mentre ques
ungo del cibo, mentre questo gli discendeva nel ventre. Il colore poi
di
ruggine indica, che coloro, i quali si lasciano d
nze. Viltà. La Viltà è vizio, per cui l’ uomo, riputandosí meno
di
quello ch’è, non intraprende ciò, che potrebbe o
E’ malamente vestita, perchè nel Vile non risvegliasi mai il pensiero
di
migliorare la sua condizione. Giace in luogo sozz
, per non sofferico la difficeltà, che incontterebbe nel procurarsene
di
migliori. Le sta a lato il Coniglio, ch’è pure di
be nel procurarsene di migliori. Le sta a lato il Coniglio, ch’è pure
di
sua natura vilissimo. Adulazione. L’Adulazi
arie maniere. Altri la dipingono in abito vago e artifizioso, in atto
di
suonare il flauto, e con un Cervo a’ di lei piedi
o vago e artifizioso, in atto di suonare il flauto, e con un Cervo a’
di
lei piedi. V’è chi la dimostra coperta con veste
e con un Cervo a’ di lei piedi. V’è chi la dimostra coperta con veste
di
colore cangiante, con un mantice nella destra per
il fuoco, con una corda nella sinistra, e con un Camaleorite appresso
di
se. Altri ce la danno a divedere con due faccie,
te appresso di se. Altri ce la danno a divedere con due faccie, l’una
di
bella giovine, e l’altra di macilente vecchia. Se
la danno a divedere con due faccie, l’una di bella giovine, e l’altra
di
macilente vecchia. Secondo questi ultimi escono d
ra di macilente vecchia. Secondo questi ultimi escono delle Api dalle
di
lei mani, e le sta a canto un Cané. E’ vestita ne
uto, facilmente si lascia prendere dal cacciatore. E’ questa l’indole
di
chi ama d’essere adulato, di lasciarsi cioè trasp
ndere dal cacciatore. E’ questa l’indole di chi ama d’essere adulato,
di
lasciarsi cioè trasportare ove meglio piace all’
asciarsi cioè trasportare ove meglio piace all’ Adulatore. La veste è
di
color cangiante, perchè è proprio di chi coltiva
piace all’ Adulatore. La veste è di color cangiante, perchè è proprio
di
chi coltiva questo vizio, il cangiare volto parol
io, il cangiare volto parole e azioni, secondochè lo ricerca il genlo
di
coloro, co’ quali conversa. Il mantice è stroment
simulati. Il Cane accarezza chi lo cioa, nè ha riguardo a distinzione
di
meriti : anzi talvolta morde chi nol merita, e qu
merita, e quello stesso che lo cibava, se avviene, ch’egli tralascii
di
farlo Anche gli Adulatori si mostrano geniali, e
parlare. Sta questa colla bocca aperta, perchè ella sempre parla. La
di
lei veste è dipinta di Cicale, e di varie lingue.
lla bocca aperta, perchè ella sempre parla. La di lei veste è dipinta
di
Cicale, e di varie lingue. Le Cicale, quando comi
rta, perchè ella sempre parla. La di lei veste è dipinta di Cicale, e
di
varie lingue. Le Cicale, quando cominciano a fars
n cima del capo ha una Rondine, la quale, come la Cicala, sta in atto
di
cantare. Finalmente tiene in mano una Cornacchia.
mente tiene in mano una Cornacchia. Questo uccello perdette la grazia
di
Pallade, perchè egli le eta riuscito troppo impor
ll’avere ricevuto qualche ingluria, e accompagnata da forte desiderio
di
vendicarsi. Ella è giovine, perchè questa è l’età
n questo si fa strada alla vendetta. La face accesa mostra il favore,
di
cui arde continuamente chi si abbandona in preda
mostra il favore, di cui arde continuamente chi si abbandona in preda
di
questo Vizio. Invidia. L’Invidia è interna
e dì cui ne godono invece gli altri. Questo Vizio si dipinge pallido
di
volto, macilente di corpo, bieco negli occhi, con
invece gli altri. Questo Vizio si dipinge pallido di volto, macilente
di
corpo, bieco negli occhi, con denti lividi e rugg
bieco negli occhi, con denti lividi e rugginosi, e con lingua infetta
di
veleno e dì schiuma. Esso non mai ride se non del
mai ride se non del male, nè piange che del bene altrui. L’Invidia è
di
faccia pallida, perchè Ella, ossservando il bene,
rcia il petto : lo che esprime il sommo dolore, indivisibile compagno
di
questo Vizio. Ha ad un lato un legno e una veste.
altrui. Essa sta sedendo, perchè l’ozio è la cagione principalissima
di
questo Vizio. Tiene la bocca aperta, per signific
cca aperta, per significare la prontezza del Detrattore nel dire male
di
tutti. Ha sul capo un velo nero, perchè è proprio
oni. La sua veste è logora, tinta del colore della ruggine, e aspersa
di
lingue simili a quelle del serpente. Quella veste
tendere, che questo Vizio suole trovarsi principalmente nelle persone
di
bassa condizione, e ch’ esso logora, come la rugg
opo, perchè come questo rode il cibo altrui, così il Detrattore cerca
di
togliere quel che di buono v’è negli altri. Ac
to rode il cibo altrui, così il Detrattore cerca di togliere quel che
di
buono v’è negli altri. Accidia. L’Accidia è
ono v’è negli altri. Accidia. L’Accidia è il tedio e dispiacere
di
dover operare il bene. Vedesi mal vestita, posta
essa a sedere, colla guancia appoggiata sulla sinistra, e col gomito
di
questa sul ginocchio. Tiene il capo chino, e cint
tra il pesce, detto Torpedine. E’ malamente vestita, perchè è cagione
di
povertà. Lo starsene sedendo dimostra la vita ozi
a tale torpore, che lo rende insensato. Il pesce poi testè nominato è
di
natura tale, che toccato diviene stupido ; e tal’
intendere che l’Ozioso conduce vita abbietta. E’ vestito d’una pelle
di
Porco, ch’ è animale di somma viltà e dappocaggin
conduce vita abbietta. E’ vestito d’una pelle di Porco, ch’ è animale
di
somma viltà e dappocaggine. Ha appresso di se un
le di Porco, ch’ è animale di somma viltà e dappocaggine. Ha appresso
di
se un vomere irrugginito ; perchè se il vomere no
de e dorme, perchè essa cagiona stupidezza in chi la ama. Ha appresso
di
se gran quantità di spine, per esprimere, che al
ssa cagiona stupidezza in chi la ama. Ha appresso di se gran quantità
di
spine, per esprimere, che al Pigro ogni cosa ries
vori fattigli sieno a lui dovuti. Ha in mano l’edera, ed è circondata
di
nube. Quella innaridisce l’albero stesso, che le
d è circondata di nube. Quella innaridisce l’albero stesso, che le fu
di
sostegno per innalzarsi ; questa, che viene prodo
diffidenza. La diffidenza è perturbazione d’animo, per cui fuori
di
misura si teme d’altrui. Sta colla faccia rivolta
Sta colla faccia rivolta verso la terra, e colle mani sospese in àtto
di
temere. Ciò indica il profondo pensiero, in cui s
s’immergono coloro, che sono sopraffatti da questo Vizio. Ha appresso
di
se una Volpe, animale, che qualorà gira per qualc
che qualorà gira per qualche paludoso luogo, in tempo principalmente
di
gelo, non si fida mai, che il terreno sia sodo e
innanzi, ed ora indietro. La veste, con cui cuopresi l’ Incostanza, è
di
colore turchino, che rassomiglia alle onde del ma
ella perdita e del guadagno tra due o più persone. Si figura coronato
di
foglie di zucca, e vestito di colore verde, per s
ta e del guadagno tra due o più persone. Si figura coronato di foglie
di
zucca, e vestito di colore verde, per simboleggia
a due o più persone. Si figura coronato di foglie di zucca, e vestito
di
colore verde, per simboleggiare le speranze, cont
tito di colore verde, per simboleggiare le speranze, continuo pascolo
di
chi giuoca. In capo ha una mezza luna e un oriuol
o indica il mal uso, che si fa da’ Giuocatori, del tempo. Il Giuoco è
di
faccia torbida e agitata, perchè tali appariscono
co è di faccia torbida e agitata, perchè tali appariscono gli amatori
di
questo Vizio. Porta con se varie reti, le quali i
ulla sorte. Viene finalmente da quella agirato sopra una ruota, sotto
di
cui v’è un precipizio. Questo esprime il grave pe
ziosamente coltiva il giuoco. Felicità. La Felicità è godimento
di
que’ beni, che onestamente allettano lo spirito.
dinanzi la Curia Ostilia ; ma la morte ne lo impedì. Il disegno però
di
lui fu verificato da Lepido il Triumviro. Raccont
o da Lepido il Triumviro. Raccontasi finalmente, che sotto l’ Imperio
di
Claudio vi fu un tempio della Felicità, che rimas
oppuré due Cornucopj, che s’incrociano, e una spiga dritta nel mezzo
di
quelli. Il cornucopio e la spiga sono indizj dell
chezza è ampia possessione de’ beni, appartenenti all’uso e al comodo
di
questa vita. Rappresentasi di consolante aspetto,
beni, appartenenti all’uso e al comodo di questa vita. Rappresentasi
di
consolante aspetto, e in abito magnifico. Le sta
ò, abbondante d’oro e d’argento, sopra cui evvi una Nottola. Appresso
di
se ha una colonna. Il comico Aristofane vorrebbe,
ezza fosse dipinta cogli occhi chiusi. Dà piacere l’essere possessore
di
molti beni, e si ama di farli conossere anche agl
occhi chiusi. Dà piacere l’essere possessore di molti beni, e si ama
di
farli conossere anche agli altri : quindi il cons
no essere custoditi con attenzione in ogni tempo. La colonna, indizio
di
forza e di grandezza, fa conoscere, che il ricco
ustoditi con attenzione in ogni tempo. La colonna, indizio di forza e
di
grandezza, fa conoscere, che il ricco può essere
, fa conoscere, che il ricco può essere potente, e acquistarsi gloria
di
grande. Vorrebbe poi l’ accennato Poeta, che la R
i meritevoli. Abbondanza. Abbondanza è l’affluenza d’ogni sorta
di
beti. Questa Dea chiamavasi da’ Greci Eutenia. Un
sorta di beti. Questa Dea chiamavasi da’ Greci Eutenia. Una ghirlanda
di
varj fiori le cinge la fronte. I fiori sono segno
te. I fiori sono segno d’allegrezza, conseguenza dell’ abbondanza. La
di
lei veste è di colore verde, e ricamata d’oro. La
o segno d’allegrezza, conseguenza dell’ abbondanza. La di lei veste è
di
colore verde, e ricamata d’oro. La veste verde al
ro. La veste verde allude al verdeggiare delle campagne, ch’è indizio
di
fertile raccolta ; e il ricamo ad oro simboleggia
dell’ Abbondanza. Colla destra volge verso terra il Cornucopio, pieno
di
frutta e fiori ; e colla sinistra stringe un fasc
copio, pieno di frutta e fiori ; e colla sinistra stringe un fascetto
di
spighe di più sorta di grani, la maggior parte de
no di frutta e fiori ; e colla sinistra stringe un fascetto di spighe
di
più sorta di grani, la maggior parte de’ quali ca
e fiori ; e colla sinistra stringe un fascetto di spighe di più sorta
di
grani, la maggior parte de’ quali cadono sulla te
e’ quali cadono sulla terra. Nobiltà. La Nobiltà è l’eccellenza
di
virtù, o di nascità, o d’altra pregevole qualità.
ono sulla terra. Nobiltà. La Nobiltà è l’eccellenza di virtù, o
di
nascità, o d’altra pregevole qualità. Essa appres
e nel Nobile si ricercano. Tiene un’asta nella destra, e un simulacro
di
Minerva nella sinistra. Quella e questo fanno int
ampagna. I Romani parimenti le eressero molti tempj, e un gran numero
di
statue. Le consecrarono altresì molte piazze, cin
ro di statue. Le consecrarono altresì molte piazze, cinte all’incorno
di
portici. Tiberio Gracco alzò a questa Dea sul mon
Gracco alzò a questa Dea sul monte Aventino un bellissimo tempio, le
di
cui colonne erano di bronzo, e in cui v’aveano va
Dea sul monte Aventino un bellissimo tempio, le di cui colonne erano
di
bronzo, e in cui v’aveano varie bellissime statue
fosse inalzato a questa Divinità nel luogo, ove fu atterrata la casa
di
Cicerone. Morto Nerone, il quale avea tenuto il P
tò in monete e con statue la Libertà, che credetto rinascere appresso
di
se. Questa Deità tiene in una mano un pileo, perc
L’Allgrezza è contentezza d’animo, nata dalla vista, o dal possesso
di
qualche bene. Si dimostra d’aspetto grazioso e be
Si dimostra d’aspetto grazioso e bello. Ha il capo e la veste, sparsi
di
fiori, perchè di questi solevano gli Antichi coro
etto grazioso e bello. Ha il capo e la veste, sparsi di fiori, perchè
di
questi solevano gli Antichi coronare se stessi, g
nel tempo delle loro pubbliche Feste. Stringe colla destra una tazza
di
vino, perchè questo ha la virtù di rallegrare il
te. Stringe colla destra una tazza di vino, perchè questo ha la virtù
di
rallegrare il cuore. Alcuni le pongono in mano al
uore. Alcuni le pongono in mano alquante saette, parte d’oro, e parte
di
piombo. L’oro è simbolo d’allegrèzza, e il piombo
e d’oro, e parte di piombo. L’oro è simbolo d’allegrèzza, e il piombo
di
tristezza : sicchè quelle saette di diversa mater
simbolo d’allegrèzza, e il piombo di tristezza : sicchè quelle saette
di
diversa materia significano, che le allegrezze di
icchè quelle saette di diversa materia significano, che le allegrezze
di
quaggiù non sono mai sì compite, che non vengano
e non vengano turbate da qualche amarezza. Altri la dipingono in atto
di
porgere un ramo di mirto. Anche questo era segno
te da qualche amarezza. Altri la dipingono in atto di porgere un ramo
di
mirto. Anche questo era segno d’allegrezza ; e qu
nviti degli Antichi ciascuno faceva girare intorno alla mensa un ramo
di
quella pianta, e così invitava il suo vicino a ca
itava il suo vicino a cantare. Fortuna. La Fortuna è un’ unione
di
circostanze e avvenimenti prosperi o infausti, pe
e vere cagioni. Questa Divinità riconoscevasi da’ Greci sotto il nome
di
Tiche. Timoleonte, Generale de’ Corintj, alzò un
te, Generale de’ Corintj, alzò un tempio alla Fortuna sotto il titolo
di
Automatia, ossia Dea della sorte, perchè credette
sotto il titolo di Automatia, ossia Dea della sorte, perchè credette
di
dover a lei granpartè della sua gloria(a). Servio
Fortuna per onorare Veturia, la quale colle sue lagrime fece, che il
di
lei figlio, Coriolano, desistesse dall’assedio de
o alle Fortune Gemelle, cioè alla buona e alla cattiva. Ivi le statue
di
queste Divinità al dire di Macrobio si muovevano
è alla buona e alla cattiva. Ivi le statue di queste Divinità al dire
di
Macrobio si muovevano da se sole, e i loro divers
na, cui Servio Tullo fabbricò un tempio sulla sponda del Tevere fuori
di
Roma. Que’ Romani, che non esercitavano alcuna pr
un doppio Cornucopio, che la qualifica come la sovrana dispensatrice
di
tutti i beni. Nella destra ha un timone, il quale
ile globo. Pausania finalmente dice, ch’ella mostravasi anche in atto
di
portare Pluto fanciullo, per far intendere, che d
na face. E’ giovanetto, perchè in questa età spezialmente per difetto
di
cognizione e di esperienza si dubita d’ogni cosa.
anetto, perchè in questa età spezialmente per difetto di cognizione e
di
esperienza si dubita d’ogni cosa. Il trovarsi tra
incorrere in qualche male, unita alla del pari conosciuta probabilità
di
non poterlo fuggire. I Poeti ci descrivono questo
i non poterlo fuggire. I Poeti ci descrivono questo Nume, come figliò
di
Marte e di Venere. Altri dissero, ch’ egli nacque
lo fuggire. I Poeti ci descrivono questo Nume, come figliò di Marte e
di
Venere. Altri dissero, ch’ egli nacque dalla Mort
sso il tribunale degli Efori, perchè giudicavano, che niente vi fosse
di
più necessario in un Governo, quanto lo inspirare
ono al partito de’ nemici. Il timore ben tosto s’impadronì dell’animo
di
un soldato, e tutto si ridusse in disordine. Tull
. Tullo stesso trionfò de’ suoi nemici, e introdusse in Roma il culto
di
questa Divinità. Il Timore si rappresenta pallido
e si rappresenta pallido e co’ piedi alati. La pallidezza è l’offetto
di
questo male ; i piedi colle ali significano la fu
ui bene spesso si danno i timidi. Gli sta appresso una Lepre, animale
di
suà natura timidissimo. Indice I Numeri Ro
II. 34. 52. 81. Antipeno II. 292. Anto II. 82. Antro Delfico I. 250.
di
Trofouio I. 280. Antrone Coracio I. 323. Antropof
. Caneforie I. 321. 336. Canente I. 288. Cani del Cocito I. 223. Cani
di
Giove I. 223. Canifore I. 169. Canobo II. 207. Ca
I. 430. Cereali I. 66. Cerere I. 58. Cerice I. 68. Cero I. 22. Cerva
di
Menalo II. 49. Ceste mistiche I. 168. Cesto I. 76
no II. 125. Chelidonte I. 180. Chelone I. 176. Chimera I. 224. Chioma
di
Berenice II. 221. Chione I. 311. 328. 436. II. 83
I. 219. Cimone II. 307. Cindiade I. 315. Cinerario I. 127. Cinghiale
di
Calidone I. 400. Cinghiale di Cremonia II. 93. Ci
ade I. 315. Cinerario I. 127. Cinghiale di Calidone I. 400. Cinghiale
di
Cremonia II. 93. Cinghiale d’Erimanto II. 50. Cin
I. 207. Consiglio II. 296. Conso I. 121. Contra-Amore I. 360. Convito
di
Giove I. 129. Coone II. 176. Copreo II. 48. Coral
. Coritallia I. 319. Corito II. 114. 148. 152. Cornucopio I. 69. Coro
di
Fiscoa I. 174. Corona d’Arianna II. 110. Corone I
II. 229. 285. Domiduca I. 181. Domiduco I. 200. Domizio I. 200. Donne
di
Lenno I. 351. 363. Dorila II. 115. Draconigeni II
tiei I. 26. Estipici I. 39. Estipicio I. 39. Età d’argento I. 83. Età
di
bronzo I. 83. Età di ferro I. 83. Età d’oro I. 18
I. 39. Estipicio I. 39. Età d’argento I. 83. Età di bronzo I. 83. Età
di
ferro I. 83. Età d’oro I. 18. Età di rame I. 83.
I. 83. Età di bronzo I. 83. Età di ferro I. 83. Età d’oro I. 18. Età
di
rame I. 83. Etalide I. 436. Eteobutadi I. 390. Et
I. 219. 220. Fareo II. 101. Fascelide II. 202. Fasci I. 332. Fatalità
di
Troja II. 210. Fatiche d’ Ercole II. 47. Fato I.
i II. 339. Fulguratori I. 39. Fulmine I. 125. Fune ali I. 330. Fuochi
di
Castore e Polluce II. 265. Fuoco sacro I. 31. Fur
I. 122. Giuochi Consuali I. 121. 367. Giuochi Demetrj I. 65. Giuochi
di
Castoré e Polluce II. 261. Giuochi Florali I. 42.
I. 24. Idomeneo II. 134. 139. 175. 183. Idotea I. 376. II. 205. Idra
di
Lerna I. 226. II. 45. Idriafote I. 396. Idrofori
omee I. 96. Itometo I. 95. Itonia I. 393. Itonio I. 393. L LAbirinto
di
Creta II. 95. 108. Labradeo Il. 87. Lachesi I. 22
. 268. Lampro I. 45. 278. Lampterie I. 148. Lamptero I. 149. Lampusia
di
Colofone I. 252. 280. Lanuvia I. 191. Laocoonte I
. 27. Opigena I. 183. Oppia I. 48. Ora I. 133. Oracolo I. 35. Oracolo
di
Delfo I. 250. Oracolo di Dodona I. 92. 119. Orcam
ia I. 48. Ora I. 133. Oracolo I. 35. Oracolo di Delfo I. 250. Oracolo
di
Dodona I. 92. 119. Orcamo I. 266. 267. Orcio I. 9
Petreo II. 115. Pianepsia II. 96. Pico I. 288. Pidite II. 229. Piede
di
Cadmo II. 7. Pielo II. 144. Pieridi I. 294. Pieri
olo I. 229. Reggia I. 412. Regifugio II. 339. Regina I. 184. Registro
di
Libitina I. 320. Remutie I. 229. Resibio I. 118.
mo II. 188. Spettri I. 228. Spiniese I. 90. Spinojo II. 34. Spiraglio
di
Tifone I. 114. Spodio I. 262. Spoglie opime I. 12
I. 386. Tempio I. 39. Tempio della Chersoneso Taurica I. 324. Tempio
di
Delfo I. 249. Tempio d’Efeso I. 323. Tempio del m
ee I. 188. Toone I. 111. 113. II. 229. Toosa I. 17. Toro II. 10. Toro
di
Maratona II. 51. 81. 93. Torone I. 376. Tosone d’
I. 71. Troe II. 212. Trofonio I. 250. 279. Troilo II. 120. 127. Trono
di
Giove I. 90. Tronosi I. 137. Tropea I. 191. Tubi
tuno I. 356. Tuzia I. 49. U UCalegonte II. 164. Uccelli della palude
di
Stinfalo II. 50. Udeo II. 6. Ufente II. 171. Ulci
uoli per cercare Europa ; ed essendosi fermata nella Tracia, îvi finì
di
vivere(a). (b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (c).
(2). Insleme con Cadmo v’andò pure in corosi d’ Europa Taso, figlio
di
Nettuno, il quale poi si fermò a fabbricare una c
quale poi si fermò a fabbricare una città nell’ Isola, detta dal’nome
di
lui Taso, sulla costa della Tracia(b). Conone per
un toro bellissimo, che là pascolava. Giove aveva preso le sembianze
di
quell’animale. Ella salì sopra d’esso ; e il toro
osto al mare(e), la trasportò in quella porte del mondo, che dal nome
di
loi fu chiamata Europa(f), e quì la rendette madr
o, che dal nome di loi fu chiamata Europa(f), e quì la rendette madre
di
Minos, e di Radamanto(g). Altri pretendono, che l
ome di loi fu chiamata Europa(f), e quì la rendette madre di Minos, e
di
Radamanto(g). Altri pretendono, che l’anzidetta p
l’anzidetta parte del mondo siasi così denominata da Europa ; figlio
di
Egialo, secondo re di Sicione(h). Alcuni aggiungo
mondo siasi così denominata da Europa ; figlio di Egialo, secondo re
di
Sicione(h). Alcuni aggiungono, che Giove nascose
tesso nome(a). Euripide dice, che quel Nome, spogliatosi della figura
di
Toro, realizzo la stessa immagine, e ne fece ua A
ro, il quale forma uno de’dodici Segni del Zodiaco(b). L’opinione poi
di
altri è, che tale Costellazione sia la giovenca,
). L’opinione poi di altri è, che tale Costellazione sia la giovenca,
di
cui lo ne prese le sembianze, quando Giove volle
cui lo ne prese le sembianze, quando Giove volle celasla alla gelosia
di
sua moglie, Giunone(c). Si credette, che Europa f
che Europa fosse stata trasferira tragli Dei ; i Fenicj la onorarono
di
tempj, altari, e sacerdoti(d). Ella inoltre ebbe
ia. Si portavano allora solennemente le sossa d’Europa, ei una corona
di
mirto, la di cui circonferenza era di dieci cubit
ano allora solennemente le sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la
di
cui circonferenza era di dieci cubiti. Il nome di
e sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la di cui circonferenza era
di
dieci cubiti. Il nome di quelle Festa derivò dal
corona di mirto, la di cui circonferenza era di dieci cubiti. Il nome
di
quelle Festa derivò dal verbo greco eleste, esser
due sacre ; ma Tiresia nul sapenca. Per disunirle diede loro un colpo
di
basione, o in pena di tale delitto venne cangiato
nul sapenca. Per disunirle diede loro un colpo di basione, o in pena
di
tale delitto venne cangiato in donna. Dopo sette
o in donna. Dopo sette anni trovò nello stesso modo que’due Serpeati,
di
nuovo li percosse, e ripigliò la figura virile Av
o e dell’ altro sesso, fu ricercato per giudice. Egli decise a favore
di
Giove. Giunone in quello stesso istante lo privò
della Iuce degli occhic per quesso egli si vede appoggiato agli omeri
di
un giovine, che gli serve di guida. Non potè Ciov
uesso egli si vede appoggiato agli omeri di un giovine, che gli serve
di
guida. Non potè Ciove per legge di Fato restituir
omeri di un giovine, che gli serve di guida. Non potè Ciove per legge
di
Fato restituirgli la vista, ma in compenso gli co
Fato restituirgli la vista, ma in compenso gli conferì la prerogativa
di
presagire il futuro, e gli concesse una vita sett
re ella stava bagnandosi nella fonte d’Ippocrene insieme con Cariclo,
di
lui madre. Cariclo, continua lo stesso Scrittore,
ttore, desolata per l’anzidetto castigo, dato al figlio, pregò la Dea
di
restituirgli la vista. Minerva, non potendo in ci
occhi, e lo rendette peritissimo nell’ Ornitomanzia, ossia nell’arte
di
trarre augurj dal canto e dal volo degli uccelli(
dal canto e dal volo degli uccelli(b). Questa supposta cognizione fu
di
pochi prima di lui, e poi di moltissimi : anzi co
l volo degli uccelli(b). Questa supposta cognizione fu di pochi prima
di
lui, e poi di moltissimi : anzi corre fama, che u
ccelli(b). Questa supposta cognizione fu di pochi prima di lui, e poi
di
moltissimi : anzi corre fama, che un certo Democr
anzi corre fama, che un certo Democrito avesse notato perfino il nome
di
alcuni volatili, il sangue de’ quali, mescolato i
, che vi fosse in Arcadia una fontana, detta Telfussa, o Tilfossa, la
di
cui acqua era sì fredda, che Tiresia per averne b
to mori(b). Egli anche dopo morte ottenne da Proserpina il privilegio
di
conoscere il più rimoto avvenire. Quindi Circe ap
l più rimoto avvenire. Quindi Circe appresso Omero commette ad Ulisse
di
discendere nell’Inferno per consultare questo Inc
ncovino(c). Tiresia ebbe per più secoll un famoso Oracolo nella città
di
Orcomena, e vi fu tenuto come un Nume. La peste d
fine quella città, e l’Oracolo tosto ammutolì(d). Finalmente in onore
di
Tiresia si celebrarono in Tebe, nella Brozia, cer
nella Brozia, certe Feste, dette Efestrie, nelle quali si cuoptiva la
di
lui statua con veste muliebre ; e dopo essere sta
si vestiva con abito virile. Si voleva con ciò indicare il cangiamemo
di
sesso, che la favola attribuiva a quell’Indovino(
Dan. Crisp. Helves. Nos. ad. Ouid. Metam. l. 3. (5). Le figlivole
di
Cadmo furono chiamate Dee Madri. Altri sotto ques
nome riconoscono certe Divinitù, presidi alla campagna e alle frutta
di
essa, poichè si veggono con fiori e frutta in man
no, e calvolta col cornucopio. V’è chi per Dee Madri intende le balie
di
Giove, le quali presero cura di lui, senzachè Sat
’è chi per Dee Madri intende le balie di Giove, le quali presero cura
di
lui, senzachè Saturno se ne accorgesse. Il loro c
racciò, come abbiamo riferito, il suo figliuolo, Penteo. Autonoe morì
di
dolore al vedere Atteone, suo figlio, cangiato in
eguì onori divini. Ella ebbe feste in Creta, dette Inachie, forse dal
di
lei nome, e da achos, dolore, perchè venivano cel
tagno, sacro ad Ino. In esso durante i sacrifizj si gettavano focacce
di
fior di farina. Se quelle si sommergevano, ciò er
acro ad Ino. In esso durante i sacrifizj si gettavano focacce di fior
di
farina. Se quelle si sommergevano, ciò era di buo
ttavano focacce di fior di farina. Se quelle si sommergevano, ciò era
di
buon augurio ; se galeggiavano, di cattivo(d). In
Se quelle si sommergevano, ciò era di buon augurio ; se galeggiavano,
di
cattivo(d). Ino fu poi in Roma onorata sotto il n
galeggiavano, di cattivo(d). Ino fu poi in Roma onorata sotto il nome
di
Matuta. Servio Tullo fu il primo ad ergerle un te
pio, che Camillo rifabbricò dopo d’avervinti i Vejenti(e). L’ingresso
di
quello era interdetto alle schiave ; e se alcuna
isio, fu quegli, che s’introdusse nella torre, e rendette Danae madre
di
Perseo. Da ciò ebbe origine, dice il sopraccitato
(3). V’è chi dice, che le onde portarono da prima Danae e il figlio
di
lei al lido di Daunia ; che ivi furono raccolti d
dice, che le onde portarono da prima Danae e il figlio di lei al lido
di
Daunia ; che ivi furono raccolti da un pescatore,
bbia ricevuto la mentovata arma da Vulcano, e ch’essa avesse la forma
di
falee. (a). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (a
Jacob. Hofman. Lex. Univ. (a). Ovid. Met. l. 4. (6). Dal sangue
di
Medusa oltre il cavallo Pegaso nacque anche Crisa
da Medusa e da Nettuno ; e soggiunge, ch’egli sposò Calliroe, figlia
di
Oceano e di Teti (d). (b). Id. Ibid. (7). Da
da Nettuno ; e soggiunge, ch’egli sposò Calliroe, figlia di Oceano e
di
Teti (d). (b). Id. Ibid. (7). Da di là trasse
Calliroe, figlia di Oceano e di Teti (d). (b). Id. Ibid. (7). Da
di
là trassero origine al dire de’ Poeti i Coralli.
de’ Poeti i Coralli. Essi sott’acqua sono molli e flessibili, e fuori
di
essa acquistano la qualità di dure pietre(e). (a
’acqua sono molli e flessibili, e fuori di essa acquistano la qualità
di
dure pietre(e). (a). Ovid. Metam. l. 4. & 5
d’ Ercole, come vedremo (i). (10). Mestore ebbe in moglie una figlia
di
Pelope, detta Lisidice, che partorì Ippotoe, la q
le Eschinadi, partorì Tafio(l). (11). Alceo fu padre d’ Anfitrione e
di
Anasso, e avo d’Ercole, il quale da lui venne sop
rione regnò in Micene, sposò Anasso, sua nipote, e n’ebbe una figlia,
di
nome Alcmena. Costretto a guerreggiare contro i T
o nipote. Ritornossene vittorioso alla patria, e vi condusse quantità
di
mandre, tolte a’ nemici. Anfitrione gli andò inco
, e lo distese a terra morto (b). (13). Gorgofone fu la prima moglie
di
Periere, ela prima di tutte le donne, che sia pas
morto (b). (13). Gorgofone fu la prima moglie di Periere, ela prima
di
tutte le donne, che sia passata alle seconde nozz
. Odyss. l. II. (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (1). La madre
di
Giasone secondo Apollodoro fu una figlia di Autol
ex. Univ. (1). La madre di Giasone secondo Apollodoro fu una figlia
di
Autolico, chianata Polimede(a), o Polifema, come
ico, chianata Polimede(a), o Polifema, come vuole Erodoto(b). Diodoro
di
Sicilia la chiama Anfinome(c). Androne la dice Te
Declaustre Diction. Mythol. (4). Atamante era figlio d’Eolo, e re
di
Tebe, nella Beozia. Egli si unì in matrimonio con
Beozia. Egli si unì in matrimonio con Nefele, da cui ebbe un maschio,
di
nome Frisso, e una femmina, detta Elle(h). Questi
Atamantidi(i). Non molto dopo Atamante ripudiò Nefele, perchè questa
di
quando in quando davasegni dì pazzia ; e prese in
quando in quando davasegni dì pazzia ; e prese in moglie Ino, figlia
di
Cadmo, che gli partorì Melicerta e Learco. Questi
sendo rimasto invasato dalle Furie, lo credette un leone(l). A’ figli
di
Nefale spettavano la corona e le ricchezze d’ Ata
llo Delfico per averne un oracolo favorevole a suoi disegni. La città
di
Tebe venne non molto dope afflitta dalla fame ; e
pose, che per far cessare quel male conveniva sacrificare i figliuoli
di
Nefele. Nel momento, in cui erasi per eseguire il
cangitasi in nube, ne li avvertì. Eglino fuggirono, ascesi sul dorso
di
un montone, ricevuto in dono da Minerva, e nato d
di un montone, ricevuto in dono da Minerva, e nato da Teofane, figlia
di
Bisalto, per avvicinarsi alla quale Nettuno aveal
sformato in ariete(a). Quel montone avea la pelle d’oro, e la facoltà
di
parlare, e di alzarsi a volo. Che tale però fosse
iete(a). Quel montone avea la pelle d’oro, e la facoltà di parlare, e
di
alzarsi a volo. Che tale però fosse la pelle di q
facoltà di parlare, e di alzarsi a volo. Che tale però fosse la pelle
di
quell’ animale, non outti fragli Antichi lo accor
porporina. Medesimamente sulla facoltà, che avesse il detto montone,
di
parlate, non tutti lo dicono i Mitologi : anzi es
rente, che regnava in Colco(b). Altri dicono, che mentre Ino meditava
di
dare la morte a que’ doe giovinetti, si mandò il
a perfida trama d’Ino, lo consigliò a fuggirsene con Elle, e si esibì
di
trasportarli altrove sul proprio dorso. Cosi si f
si fece ; ma Elle, quando si vide andar volando opra il vasto tratio
di
mare, che divide l’Europa dall’ Asia, presa dallo
ia, presa dallo spavento, cadde nelle onde per cui quel mare dal nome
di
lei poscia fu detto Ellesponto(a), Frisso giunse
tto Ellesponto(a), Frisso giunse felicemente in Colco ; in rendimento
di
grazie vi sacrificò il montone a Marte(b), o come
di grazie vi sacrificò il montone a Marte(b), o come vuole Apollonio
di
Rodi, a Giove Fixio, ossia che favorisce a chi fu
altri, e da Igino in più luoghi Cilindro. Epimenide a’ predetti figli
di
Frisso ve ne aggiunse un quinto, chiamato Presbon
ati, Fronti, Soro, ed Elle(f). Gli Orcomenj poi in memoria della fuga
di
Frisso diedero a Giove il soprannome di Lafistio
enj poi in memoria della fuga di Frisso diedero a Giove il soprannome
di
Lafistio da lafistin, fuggire ; e da quel tempo l
dato come il Dio tutelare de’ fuggitivi(g). Alcuni però sotto il nome
di
Lafistio riconoscono Bacco, perchè questi aveva u
h). Ritornando al montone, sacrificato da Frisso, dicesi che la pelle
di
quello si chiamò Tosone, o Vello d’oro, e che ven
erminò i suoi giorni, perchè Eeta lo fece morire per impadronirsi de’
di
lui tesori(b). Erafostene soggiunge, che gli Dei
lo collocarono tragli Astri(c). Notisi per ultimo, che il sacrifizie
di
Frisso e di Elle secondo altri Scrittori doveasi
ono tragli Astri(c). Notisi per ultimo, che il sacrifizie di Frisso e
di
Elle secondo altri Scrittori doveasi eseguire per
Costei aveva partorito Spinojo e Orcomene, e andava cercando il mezzo
di
togliere la vita a Learco e a Melicerta, nati da
manifestò il reo disegno alla stessa Ino, la quale sotto le sembianze
di
schia va aveasi conciliata la di lei confidenza.
ssa Ino, la quale sotto le sembianze di schia va aveasi conciliata la
di
lei confidenza. Temisto medesima avea stabilito d
easi conciliata la di lei confidenza. Temisto medesima avea stabilito
di
troncare i giorni nella vegnente notte a’ predett
o, ed aveva commesso alla loro non conosciuta madre, che licuopris se
di
nere vesti per distinguerli da’ proprj. La suppos
sti per distinguerli da’ proprj. La suppost schiava fece all’ opposto
di
quel ch’ erale stato ordinato. Se ne avvide Temis
istante morì(e) (5). I Mitologi non convengono sul rome della madre
di
Eeta. Epimenide, citato dallo Scoliaste d’ Apollo
e il Dragone, custòde del Vello d’oro, era stato generato dalle gocce
di
sangue, cadute dalla testa dì Tifone, quando Giov
ffinchè si seminassero da Giasone, mentre Cadnio avea fattò lo stesso
di
alcuni altri degli stessi(d). (a). Declaustre D
a(a). Lo Scoliaste d’ Apollonie dice, che Pelia avea ordinato ad Argo
di
adoperare nella costruzione di quella chiodi debo
dice, che Pelia avea ordinato ad Argo di adoperare nella costruzione
di
quella chiodi deboli, affinchè si perdessero tutt
dessero tutti insiene gli Argonauti. Cotal nave fu la prima a vedersi
di
figura lunga, mentre i Greci per lo innanzi avean
fu considerata sacra e fatidica perchè la sua prora era stata formata
di
una quercia presa dal sacro bosco di Dodona(c), o
è la sua prora era stata formata di una quercia presa dal sacro bosco
di
Dodona(c), o dal monte Tomare(d), nell’ Epiro, ap
o dal monte Tomare(d), nell’ Epiro, appresso il quale eravi il tempio
di
Giove Dodoneo(e). La detta prora dirigeva il viag
nte Pelio(g). Vuolsi da Eratostene(h) e da Igino(i), che il naviglio,
di
cui parliamo, sia stato il primo, che solcasse il
cendola prima riguardo all’ essere stata lunga, ossià la più grande e
di
apparecchio e di mole di quante eransi fino allor
uardo all’ essere stata lunga, ossià la più grande e di apparecchio e
di
mole di quante eransi fino allora vedute(a).Difat
l’ essere stata lunga, ossià la più grande e di apparecchio e di mole
di
quante eransi fino allora vedute(a).Difatti che l
e, che, essendo vietato in quel tempo che nessuna nate contenesse più
di
cinque uominì(b), fu al solo Giasone permesso di
nate contenesse più di cinque uominì(b), fu al solo Giasone permesso
di
navigare con una, che ne conteneva cinquanta, det
detta perciò anche Pentecontoro, e qualificata da Teocrito per capace
di
trenta banchi. Nè è quì da tacersi, che la stessa
e da Imane(e). Egli concorse all’ impresa degli Argonauti in qualità
di
nocchiere. Morì prima d’ arrivare in Colco. Alcun
ndono, ch’ egli, essendosi fermati gli Argonati appresso Lico, figlio
di
Dascilo, e re de’ Mariandinj nella Propontide, iv
iglio di Dascilo, e re de’ Mariandinj nella Propontide, ivi sia morto
di
malattia(f). Si dice, che in mogo di lui siasi so
nella Propontide, ivi sia morto di malattia(f). Si dice, che in mogo
di
lui siasi sostituito Ergino(g). Altri soggiungono
stituito Ergino(g). Altri soggiungono, che vi sottentrò Anceo, figlio
di
Nettuno, il quale, ritornato da Colco, regnò nell
rfino nell’ Inferno. Era assai utile, perchè faceva schivare i banchi
di
sabbia, o gli scogli, i quali si trovavano sott’
uali si trovavano sott’ acqua. Irs quella spedizione lo seguì pure il
di
lui fratello, Ida(a). (12). Lo Scoliaste d’Apoll
fratello, Ida(a). (12). Lo Scoliaste d’Apollonio dice sull’ autorità
di
Eroloro, che Chirone, indovino com’era, consigliò
sigliò, agli Argonauti, che ammettessero tra loro Orfeo, perchè sonza
di
lui non avrebbono poluto oltrepassare le Sirene,
esso che l’Autore del Poema sull’ Argonautica, che corresotto il nome
di
Orfeo, perchè infatti quello Scrittore per tale r
può vedessi dal Fabricio(b), e dal Gesnero(c). (13). Mopso, Tessalo
di
patria, celebre indovino, nacque dalla Ninfa Clor
cui fu anche detto Ampicide(d).Ritornando da Colco, mori per un morso
di
serpe. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del
li dedicarono un tempio, donde dava Oracoli(e). (14). Idmone al dire
di
Ferecide, seguito da Apollonio Rodio, era figlio
era figlio d’ Apollo e della Ninfa Cirene. Orfeo poi lo vuole figlio
di
Abante, e quindi discendente da Eolo(f). Possedev
onquista del Vello d’oro. Essendosi gli Argonauti fermati nella corte
di
Lico, re di Bitinia, nell’ Asia Minore, Idmone pe
Vello d’oro. Essendosi gli Argonauti fermati nella corte di Lico, re
di
Bitinia, nell’ Asia Minore, Idmone perì pel morso
a Minore, Idmone perì pel morso d’un cinghiale. Flacco dice, che morì
di
semplice malattia. Giasone per molti giorni ne ce
per molti giorni ne celebrò con gran pompa i funerali, e diede segni
di
somma tristezza(a). I Beozj e i Nisei per comando
o Idmone per protettore della loro città, e l’onorarono sotto il nome
di
Agamestore, per alludere alla sua arte di vaticin
e l’onorarono sotto il nome di Agamestore, per alludere alla sua arte
di
vaticinare, e alla sua provenienza da Apollo(b).
unì agli Argonauti(c), Essendoglisi rotto il remo, sbarcò sulla costa
di
Misia per cercarvene un altro, e seco condusse il
Misia per cercarvene un altro, e seco condusse il giovane Ila, figlio
di
Teodamante, re di quel paese. Ercole, oppresso da
ne un altro, e seco condusse il giovane Ila, figlio di Teodamante, re
di
quel paese. Ercole, oppresso dal caldo e dalla fa
Erano molto erte quelle ripe, e nel chinarsi cadde al giovane l’urna
di
mano. Si avanzò per ripigliarla, e il peso del co
me, dove si annegò. Fingono i Poeti, che sia stato rapito dalle Ninfe
di
quel fiume. Ercole inconsolabile per la perdita d
econdo Orfeo dalla Ninfa Lootoa, perchè era astuto, ebbe l’incombinza
di
essere la spia della truppa. Aveva un fratello, d
ebbe l’incombinza di essere la spia della truppa. Aveva un fratello,
di
nome Erito(a). (17). Testore fu figlio d’Idmone
va un fratello, di nome Erito(a). (17). Testore fu figlio d’Idmone e
di
Laotoe(b). Ebbe un figlio, chiamato Calcante, che
b). Ebbe un figlio, chiamato Calcante, che divenne famoso indovino, e
di
cui ne parleremo altrove. Gli nacquero inoltre du
uni pirati, e venduta ad Icaro, re della Caria, nell’ Asia Minore. Il
di
lei padre, che teneramente la amava, ne inseguì t
asciata nel suo paese l’altra figliuola, Leucippe Ansiosa la medesima
di
avere qualche notizia del padre e della sorella,
ento, e gli manifestò ch’ella era sua figlia.Corse poscia alla stanza
di
Teonoe, risoluta di privarla di vita, e vi chiamò
ò ch’ella era sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, risoluta
di
privarla di vita, e vi chiamò anche Testore in su
a sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, risoluta di privarla
di
vita, e vi chiamò anche Testore in suo ajuto. A t
iconobbero ; ed Icaro, informato dello strano avvenimento, li ricolmò
di
doni, e li rimandò al loro paese (a). (18). Ific
rentela con Giasone. Tale parentela venne dall’essere Alcimede, madre
di
Giasone, sorella d’Ificlo, perchè nati amendue da
vi sia intervenuto solo per dare consigli (b).Ificlo ebbe un figlio,
di
nome Podarce, che da Omero dicesi essere stato un
Podarce, che da Omero dicesi essere stato uno degli Eroi alla guerra
di
Troja (c). (d). Ovid. Epist. 6. (e). Apollon.
Ovid. Epist. 6. (e). Apollon. l. I. (19). Cizico sposò una figlia
di
Merope, nativo di Percote, per nome Clite(d). Que
(e). Apollon. l. I. (19). Cizico sposò una figlia di Merope, nativo
di
Percote, per nome Clite(d). Questo Merope da Omer
d). Questo Merope da Omero viene nominato come re della Pineta, ossia
di
Lampsaco : e dallo stesso Omero si ha, ch’era pad
o, Eroi della guerra Trojana (e). Clite poi, morto Cizico, cessò pure
di
vivere. Apollonio dice che s’impiccò (f).Deiloco,
co, citato dallo Scoliaste d’ Apollonio, fa Clite semplicemente morta
di
dolore. Euforione, citato pure dal predetto Scoli
to Scoliaste, oltre il variare da Apollonio nella patria, e nel padre
di
Clite, la quale egli fa figlia di Piasio, e Traci
Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia
di
Piasio, e Tracia di patria, varia anche da esso n
ia, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio, e Tracia
di
patria, varia anche da esso nel dire, che nulla s
ip. in Med., Paus. l. 2. (21). Fuvi chi disse, che Eeta, comportando
di
mal’ animo la gloriosa impresa di Giasone, erasi
vi chi disse, che Eeta, comportando di mal’ animo la gloriosa impresa
di
Giasone, erasi proposto di trucidarlo in tempo di
portando di mal’ animo la gloriosa impresa di Giasone, erasi proposto
di
trucidarlo in tempo di notte insieme cogli altri
la gloriosa impresa di Giasone, erasi proposto di trucidarlo in tempo
di
notte insieme cogli altri di lui compagni, e di a
e, erasi proposto di trucidarlo in tempo di notte insieme cogli altri
di
lui compagni, e di abbruciarne la loronave ; ma c
i trucidarlo in tempo di notte insieme cogli altri di lui compagni, e
di
abbruciarne la loronave ; ma che queglino, essend
Vello d’oro, vennero invitati da Eeta a lautissimo convito, coll’idea
di
farli tutti perire, allorchè si fossero trovati a
2. Argon. (c). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (22). L’uccisione
di
Absirto è forse uno de’ punti più controversi nel
’ ha chi affatto la nega ; e a tale opinione può favorire il silenzio
di
Diodoro Siculo, il quale, mentre minutamente rife
gonautica, niente poi nomina Absirto : silenzio, cui dà forza l’altro
di
Erodoto, il quale, parlando degli ambasciatori, s
ele, che avrebbono anche dovuto fare, se fosse stata vera l’uccisione
di
Absirto. Di quelli poi, che tengono per vera l’uc
iso in nave (a). Ovidio pure lo fa ucciso in nave per la mano istessa
di
Medea ; e lo stesso Poeta soggiunge, che ne furon
Torno da temno, fare in pezzi, per ricordare il predetto sbranamento
di
membra (b).Etimologia però negata dagli stessi To
to ucciso da Giasone.Finalmente fuvi chi ebbe a dire, che Medea privò
di
vita il fratello, perchè questi aveva preso ad in
. Bacco, avendo osservato il prodigio, operato da Medea nella persona
di
Esone, chese a quella Maga il soccorso della sua
però, Diodoro Siculo (i), e Apollodoro (l) dicono, che Esone si privò
di
vita col bere il sangue di un toto per liberarsi
Apollodoro (l) dicono, che Esone si privò di vita col bere il sangue
di
un toto per liberarsi dalle persecuzioni di Pella
i vita col bere il sangue di un toto per liberarsi dalle persecuzioni
di
Pella. (a). Ovid. Metam. l. 7., Paus. l. 2., Hy
tam. l. 7., Paus. l. 2., Hyg. c. 24., Apollod. l. I. (24). Le figlie
di
Pelia, come si viddero ingannate da quella Maga ;
alcuni, che Medea abbia spedito a Creusa solamente una corona, piena
di
veleni, di cui essendosene Creusa cinta la fronte
e Medea abbia spedito a Creusa solamente una corona, piena di veleni,
di
cui essendosene Creusa cinta la fronte, ne seguì
affinchè egli li presentasse a Creusa ; e che per questa ragione que’
di
Corinto lo lapidarono (c). (c). Euripid. in Med
. 3. (1). Dicesi che Alcmena sia stata sposata ad Anfitrione, figlio
di
Alceo, e che Giove per renderla madre d’Ercole le
forse in memoria delle tre notti, le quali senza alcuna interruzione
di
giorno avvennero, quando ella partorì Ercole (b).
ella partorì Ercole (b). Alcmena dopo morte fu da Mercurio per ordine
di
Giove sposata con Radamanto (c). (e). Declaustr
a). Ovid. in Dejan. (3). Apollodoro vuole, ch’ Ercole allora fosse
di
otto mesi (d), e Teocrito di dieci (e). (b). Na
pollodoro vuole, ch’ Ercole allora fosse di otto mesi (d), e Teocrito
di
dieci (e). (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (c).
thol. l. 7. (c). Id. Ibid. (4). Igino dice, ch’ essendosi tentato
di
far allattare Ercole da Giunone, senzachè ella se
rata nell’ uccidere il Leone Nemeo, fu imitata da Polidamante, figlio
di
Nicia, e famoso Atleta della Tessaglia. Avea colu
, situata a’ piedi del monte Olimpo. Là Polidamante inerme uccise uno
di
que’ più grandi e furiosi animali. Egli un’ altra
. Egli un’ altra volta prese un fortissimo Toro per uno dei due piedi
di
cietro ; e non ostante gli sforzi, che quello fac
cietro ; e non ostante gli sforzi, che quello faceva per iscappargli
di
mano, lo tenne sempre fermo con sorprendente robu
sorprendente robustezza, finchè la bestia gli lasciò quella porzione
di
piede, per cui lo aveva afferrato. Dicesi anche,
a robustissimi cavalli, rapidamente correva. Dario finalmente, figlio
di
Artaserse, re di Persia, volendo esperimentare la
valli, rapidamente correva. Dario finalmente, figlio di Artaserse, re
di
Persia, volendo esperimentare la di lui forza, po
nalmente, figlio di Artaserse, re di Persia, volendo esperimentare la
di
lui forza, pose sopra il di lui capo tre de’ più
e, re di Persia, volendo esperimentare la di lui forza, pose sopra il
di
lui capo tre de’ più forti della sua Guardia, e P
to in una grotta con alquanti amici per salvarsi dalla tempesta, ardì
di
sostenerla a forza di braccia da quella parte, ov
lquanti amici per salvarsi dalla tempesta, ardì di sostenerla a forza
di
braccia da quella parte, ov’ essa precipitava, e
della stessa. Dopo tal fatto gli s’inalzò una statua nel bosco sacro
di
Giove Olimpico (a). (a). Ovid. Metam. l. 6., Si
. Ser. l. 3. Georg. (b). Apollod. l. 2., Paus. l. 2. (6). Diodoro
di
Sicilia dice, che Ercole, facendo il giro della S
endo il giro della Sicilia, dedicò un bosco a Iolao, e che ivi pure a
di
lui onore instituì feste e sacrifizj. Lo stesso S
obbligavano gli amanti a giurarsi scambievolmente fedeltà sulla tomba
di
Iolao, come sopra un altare, consecrato alla pi³
. Mythol. l. 7. (c). Apollod. l. 2., Diod. Sir. l. 4. (7). Il toro
di
Maratona fu da Tesco combattuto, trasferito in At
. ; Philostr. l. 2., Ovid. in Ibio. (8). Altri dicono, che la città
di
Abdera fu fabbricata da una sorella di Diomede, c
8). Altri dicono, che la città di Abdera fu fabbricata da una sorella
di
Diomede, che le impose il proprio nome(d). (b).
fu sepolto nell’ Elide appresso i Feneati, i quali onorarono pure il
di
lui sepolcro, come quello di un Eroe(g). (c). P
sso i Feneati, i quali onorarono pure il di lui sepolcro, come quello
di
un Eroe(g). (c). Paus. l. 2. 5. & 6., Apoll
città d’Atene(h). Non si sa, se egli parli del predetto Cal odone, o
di
quello, che fu padre di Elefenore, e restò ucciso
i sa, se egli parli del predetto Cal odone, o di quello, che fu padre
di
Elefenore, e restò ucciso da Anfitrione in una gu
l comandante(i). (a). Declaustre Diction. Mythol. (13). Tra’figli
di
Neleo si nomina Peticlimeno, il quale aveva conse
climeno, il quale aveva conseguito da Nettuno, suo Avo, il privilegio
di
trasformarsi a piacere in qualunque figura : ciò
in mosca(a). (b). Catep. Sept. Ling. (14). Nestore, rimasto solo
di
sua famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno,
(14). Nestore, rimasto solo di sua famiglia, sposo Euridice, figlia
di
Climeno, e n’ebbe una figlia, di nome Policaste,
sua famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno, e n’ebbe una figlia,
di
nome Policaste, e sette figliuoli, chiamati Antil
ia sposato Anasibia, figlia d’ Atreo. Gli Antichi niente dicono della
di
lui morte, e solo si accordano nel riferirci, ch’
utate tre secoli : sicchè i Greci, quando vol vano augurare lunghezza
di
vita, solevano desiderare gli anni di Nestore(g).
ndo vol vano augurare lunghezza di vita, solevano desiderare gli anni
di
Nestore(g). (c). Nat. Com. Mythol. l : 7. (d).
(15). Il giovane Zacinto, nato nella Beozia, ajutò Ercole a trionfare
di
Gerione. Egli mentre conduceva i buoi di quello a
ia, ajutò Ercole a trionfare di Gerione. Egli mentre conduceva i buoi
di
quello a Tebe, restò morsicato da una serpe, e mo
ceva i buoi di quello a Tebe, restò morsicato da una serpe, e morì. I
di
lui compagni lo trasportarono in un’Isola del mar
7. (16). Il Cane Cerbero, tostochè si trovò sulla terra, la asperse
di
marciosa schiuma, da cui nacquero certe erbe noci
d. (c). Paus. l. 6. (d). Apollod. l. 2. (17). Oritia, figliuola
di
Eretteo, re di Atene, fu negata in isposa a Borea
. l. 6. (d). Apollod. l. 2. (17). Oritia, figliuola di Eretteo, re
di
Atene, fu negata in isposa a Borea, re Trace, a m
gata in isposa a Borea, re Trace, a motivo dell’odio, che la famiglia
di
Pandione aveva contro di Tereo, e de’ Traci. Bore
e Trace, a motivo dell’odio, che la famiglia di Pandione aveva contro
di
Tereo, e de’ Traci. Borea usò la più convenevole
eo, e de’ Traci. Borea usò la più convenevole urbanità verso il padre
di
colei, acciocchè gliela accordasse per moglie ; m
ntr’ella stava sollazzandosi alle rive del fiume Ilisso ; e copertala
di
nube, la sollevò con una spezie di turbine oltre
ive del fiume Ilisso ; e copertala di nube, la sollevò con una spezie
di
turbine oltre le cime de’monti, e finalmente la t
due figlie, cioè Cleopatra, detta anche Stenobea, che sposò Fineo, re
di
Bitinia ; e Chione, che Nettuno rendette madre di
che sposò Fineo, re di Bitinia ; e Chione, che Nettuno rendette madre
di
Eumolpo. Da quel matrimonio nacquero eziandio i d
ue gemelli, Zete e Calai(b). Nè fu Oriti a sola l’oggetto degli amori
di
Borea. Il Poeta Cleante narra, che questo Vento a
Poeta Cleante narra, che questo Vento amò anche una figlia d’Arcturo,
di
nome Clori, e la trasportò sul monte Nifato, il q
me Clori, e la trasportò sul monte Nifato, il quale fu detto il monte
di
Borea, primachè prendesse il nome di monte Caucas
fato, il quale fu detto il monte di Borea, primachè prendesse il nome
di
monte Caucaso(c). (18). Calai e Zete liberarono
dalle Arpie, le quali ora infettavano, ora rapivano le vivande della
di
lui mensa. Eglino, armati di frecce, e coll’ajuto
fettavano, ora rapivano le vivande della di lui mensa. Eglino, armati
di
frecce, e coll’ajuto delle ali, colle quali erano
Isole Plote, dette poi Strofadi, nel mare Ionio. Là Iride per comando
di
Giove vietò loro d’inseguirle più oltre. I due pr
gli morta la prima moglie, erasi unito in matrimonio con Idea, figlia
di
Dardano, la quale lo persuase d’arcecare i figli,
persuase d’arcecare i figli, avuti da Cleopatra. Gli Dei, per ponirlo
di
sì ingiusta barbarie, non solamente fecero che le
indovinare(c). Altri soggiungono, che gli Argonauti trovarono il modo
di
restituirgli la vista, perchè egli additò loro la
la, si unì anche Polifemo Tessalo, figlio d’Elato e d’Ippea, e marito
di
Laonome, sorella uterina d’Ercole, e celebre per
). Anteo fu sotterrato in Tingi, città da lui fabbricata allo Stretto
di
Gibilterrà. Sertoric fece aprire la di lui temba,
da lui fabbricata allo Stretto di Gibilterrà. Sertoric fece aprire la
di
lui temba, e vi trovò ossa di smisurata grandezza
di Gibilterrà. Sertoric fece aprire la di lui temba, e vi trovò ossa
di
smisurata grandezza(a). (c). Morery Diction. Hi
g. 8. (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (21). Secondo Servio l’uccisore
di
Erice non fu Ercole, figlio di Alcmena, ma un alt
l. 7. (21). Secondo Servio l’uccisore di Erice non fu Ercole, figlio
di
Alcmena, ma un altro straniero, soprannominàto Er
egio, giacchè ne formarono una Divinità, cui veneravano sotto il nome
di
Adefagia. I Siciliani le eressero un tempio, e ne
iciliani le eressero un tempio, e ne posero la statua appresso quella
di
Cerere(c). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
. 7. (23). Alcuni dicono, che anche Megara cadde vittima del furore
di
Ercole(d). Apollodoro però soggiunge ch’ella sopr
furore di Ercole(d). Apollodoro però soggiunge ch’ella sopravvisse al
di
lui delirio ; ch’ Ercole la ripudiò, credendo di
’ella sopravvisse al di lui delirio ; ch’ Ercole la ripudiò, credendo
di
averla sposata sotto cattivi auspizj ; e che la c
hè colei avea corrisposto all’amore d’Acheloo, la precipitò dall’alto
di
una rupe. Ella era per partorire. Il suo amante,
accolse tralle braccia, e impedì che perisse. Nettuno alle preghiere
di
Acheloo, la cangiò in un’ Isola, conosciuta poi s
preghiere di Acheloo, la cangiò in un’ Isola, conosciuta poi sotto il
di
lei nom : (f). (a). Declaustre Diction Mythol.
(a). Declaustre Diction Mythol. (25). Eveno, re d’Etolia, figlio
di
Marte, fu padre di Marpesa. Ida la rapì, e la fec
Diction Mythol. (25). Eveno, re d’Etolia, figlio di Marte, fu padre
di
Marpesa. Ida la rapì, e la fece madre, come abbia
mo, detto anche altrove, della bella Cleopatra, che poi divenne sposa
di
Meleagro. Eveno inseguì Ida per riaverla, nè aven
gere, si precipitò nel fiume Licorma, che poi acquistò da lui il nome
di
Eveno(a). Dicesi, che Apollo avesse rapita ad Ila
Dicesi, che Apollo avesse rapita ad Ila l’anzidetta giovine nel tempo
di
una festa ; che Ida, armato d’arco, avesse insegu
icevuto ; e che Giove avesse allora deciso, che Marpesa sarebbe stata
di
quello, ch’ella si sarebbe scelto. La giovine, te
rebbe stata di quello, ch’ella si sarebbe scelto. La giovine, temendo
di
essere abbandonata da Apollo, quando fosse divenu
o marito(b). Notiamo per ultimo, che Plutarco chiama Sterope la madre
di
Eveno, Ulcippe la di lui moglie, Marpissa la figl
per ultimo, che Plutarco chiama Sterope la madre di Eveno, Ulcippe la
di
lui moglie, Marpissa la figlia, e Afarclo il rapi
, Ulcippe la di lui moglie, Marpissa la figlia, e Afarclo il rapitore
di
questa(c). (26). Nesso, ferito da Ercole, si rid
e, se ne invaghì, nè si ristette dall’insultarla perfino in un tempio
di
Diana, ov’erasi rifugiata. In pena dell’enorme de
norme delitto il perfido venne gettato da un toro sopra certi paletti
di
legno, appuntitì, ove spirò in mezzo a’più acerbi
n. Lex. Univ. (d). l. 4. (28). Lamo o Lamone succedette al trono
di
sua madre, ma poco dopo ne fu scacciato, e si rit
irò in Caria, dove uno de’suoi figli, detto Cuardo, fabbricò la città
di
Cuarda(a). (e). l. 2. (f). De Incredul. c. 4
, popoli dell’Asia Minore. Questi fecero scolpire un Giove, e in vece
di
scettro o di fulmine posero tralle di lui mani qu
’Asia Minore. Questi fecero scolpire un Giove, e in vece di scettro o
di
fulmine posero tralle di lui mani quell’ascia : d
ro scolpire un Giove, e in vece di scettro o di fulmine posero tralle
di
lui mani quell’ascia : dal che il Nume fu detto L
quegli, ch appiccò il fuoco al rogo, destinato ad abbruciare il corpo
di
Ercole, e che l’Eroe perciò lo regalò del suo arc
frecce(d) (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (31). Iole dopo la morte
di
Ercole passò al talamo d’ Illo, figlio dello stes
Sil. Hal. l. 3., Farnab. ad Senec. in Hyppolit. (32). Euristeo, re
di
Micene, perseguitava i discendenti di Ercole, sop
Hyppolit. (32). Euristeo, re di Micene, perseguitava i discendenti
di
Ercole, soprannominsti Eraclidi, e aveali costret
morte. Macaria spontaneamente esibì se stessa al sacrifizio(b). Illo,
di
lei fratello, e duce delle truppe Ateniesi, vinse
i fratello, e duce delle truppe Ateniesi, vinse ben tosto Euristeo, e
di
propria mano gli recise la testa, e la mandò ad A
opria mano gli recise la testa, e la mandò ad Alcmena, la quale, dopo
di
averla insultata, ne strappò anche gli occhi(c).
he gli occhi(c). Altri dicono, che Euristeo fu ucciso da Iolao, amico
di
Ercole(d). Que’ di Atene, per eternare la memoria
tri dicono, che Euristeo fu ucciso da Iolao, amico di Ercole(d). Que’
di
Atene, per eternare la memoria della generosa azi
cole(d). Que’ di Atene, per eternare la memoria della generosa azione
di
Macaria diedero il nome di lei alla fontana di Ma
eternare la memoria della generosa azione di Macaria diedero il nome
di
lei alla fontana di Maratona(e), e alla stessa gi
della generosa azione di Macaria diedero il nome di lei alla fontana
di
Maratona(e), e alla stessa giovine consecrarono u
Messenia(g). (34). Illo ebbe per madre Dejanira. Egli dopo la morte
di
suo padre fu quasi sempre infelice. Euristeo lo p
ente, protetto dagli Ateniesi, come abbiamo raccontato, vinse e privò
di
vita il suo nemico. Dopo il corso di alcuni anni
bbiamo raccontato, vinse e privò di vita il suo nemico. Dopo il corso
di
alcuni anni voleva rientrare nel Feloponneso, sua
lidi, ma ne, fu impedito da Echemo, re d’Arcadia, il quale alla testa
di
alquante truppe marciò contro di lui, e lo uccise
o, re d’Arcadia, il quale alla testa di alquante truppe marciò contro
di
lui, e lo uccise(a). (35). Licinnio, figlio d’El
ffizio, gli gettò un bastone, che colpì ed uccise Licinnio. Per causa
di
questo omicidio, benchè involontario, Tlepolemo f
causa di questo omicidio, benchè involontario, Tlepolemo fu costretto
di
abbandonare la sua patria, e ritirarsi nell’Isola
emo fu costretto di abbandonare la sua patria, e ritirarsi nell’Isola
di
Rodi. Quì a di lui onore si fecero dei Giuochi, d
o di abbandonare la sua patria, e ritirarsi nell’Isola di Rodi. Quì a
di
lui onore si fecero dei Giuochi, detti Tlepolemj.
ini e donne vi concorrevano, e il premio del vincitore era una corona
di
pioppo(b). (a). Potter. Archacol. Graec. l. 2.
Strabone leggesi, che gli Achei, avendo ricevuto ordine dall’Oracolo
di
andare a stabilire una colonia, spedirono allo st
, credendo d’aver trovato la spiegazione dell’Oracolo, fondò la città
di
Crotone(d). (a). Tis. Liu. l. 1. (38). Cigno
iu. l. 1. (38). Cigno impegnò Fillio a combattere senza il soccorso
di
alcun’arma un leone, che devastava le vicine comp
ne. Il giovine, che conosceva il pericolo della proposta impresa, usò
di
un astuto ritrovato. Empì il suo ventre di carne
ella proposta impresa, usò di un astuto ritrovato. Empì il suo ventre
di
carne e di vino, e quando fu vicino al famelico a
ta impresa, usò di un astuto ritrovato. Empì il suo ventre di carne e
di
vino, e quando fu vicino al famelico animale, vom
. Se ne caricò poscia le spalle, e portollo a Cigno. Questi, sorpreso
di
tanto coraggio, ma poco disposto a ricompensarnel
masugli d’una lepre, che poco tempo innanzi era stata divorata da uno
di
quegli avoltoi, se ne cuoprì il corpo, e si coric
icò sul terreno. Gli avoltoi, che lo credettero morto, calarono sopra
di
lui ; ed egli, avendone presi due pe’piedi, li le
lle lagrime, ch’ella avea versato, si formò un fiume, che acquistò il
di
lei nome(b). (b). Declanstre Diction. Mythol.
. Gli sacrificavano ogni anno un capro nel dì, che precedeva la Festa
di
Teseo. Quel giorno riputavasi sacro, e quella cer
o è il solo, che dia a Perifete per padre Nettuno (b). (3). La clava
di
Perifete secondo Pausania (c) ed Omero era di fer
uno (b). (3). La clava di Perifete secondo Pausania (c) ed Omero era
di
ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di legno
Pausania (c) ed Omero era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse
di
legno, ed armata di ferro nell’ estremità (e). (
o era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di legno, ed armata
di
ferro nell’ estremità (e). (b). Joh. Jacob. Hof
ythol. (f). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (5). Cercione al dire
di
Diodoro di Sicilia costringeva solamente i passeg
). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (5). Cercione al dire di Diodoro
di
Sicilia costringeva solamente i passeggieti a lot
, e uccideva i vinti (g). (6). Ippotoonte ebbe per padre Nettuno. La
di
lui madre, per occultare la nascita, lo espose, t
battè nel fanciullo, e lo portò a Cercione. Questi riconobbe l’ abito
di
Alope, e ordinò, che a colei fosse tolta la vita,
’ abito di Alope, e ordinò, che a colei fosse tolta la vita, e che il
di
lei figlio fosse di nuovo esposto. Nettuno cangiò
ordinò, che a colei fosse tolta la vita, e che il di lei figlio fosse
di
nuovo esposto. Nettuno cangiò quella misera madre
(g). Declaustre Diction. Mythol. (7). Apollodoro dice, che Scini,
di
cui abbiamo parlato, era figlio del mentovato Pol
Scini, di cui abbiamo parlato, era figlio del mentovato Polipemone, e
di
Silea, figlia di Corinteo (b). (a). Declaustre
iamo parlato, era figlio del mentovato Polipemone, e di Silea, figlia
di
Corinteo (b). (a). Declaustre Diction. Mythol.
trasferì nell’ Asia superiore, dove si maritò ad uno de’ maggiori re
di
quel paese, e n’ ebbe un figlio, detto Medo, il q
i quel paese, e n’ ebbe un figlio, detto Medo, il quale dopo la morte
di
suo padre salì sul trono, e diede a’ suoi sudditi
la morte di suo padre salì sul trono, e diede a’ suoi sudditi il nome
di
Medi (c). Altri dicono, che Medea ebbe il predett
(e) ; altri poi sotto questo nome riconoscono non Medea, ma un’ altra
di
lei sorella ; e soggiungono, (a). Declaustre Di
nnato dall’ Areopago, si ritirò col suo discepolo, Endeo, nell’ Isola
di
Creta (b). Minos con piacero accolse un uomo assa
ato tale, perchè era l’artefice il più eccellente della Grecia. Prima
di
lui le statue erano cogli occhi socchiusi, e coll
, e a distaccarne le mani dal corpò : lo che fece dire, che le statue
di
lui erato animate(c). Lo stesso artefice, trovand
rovandosi appresso Minos, formò un serraglio, che fu detto Labirinto,
di
cui per le molte replicate tortuosità di muraglie
lio, che fu detto Labirinto, di cui per le molte replicate tortuosità
di
muraglie, e per la copia e uniformità de’ giri e
Ivi Dedalo stesso col suo figliuolo, Icaro, per ordine del re in pena
di
un certo delitto venne rinchiuso. Egli per sortir
e alle più grandi e più lunghe succedevano. Indi legò con filo quelle
di
mezzo, e con cera strinse insieme le ultime, dand
ne. Altrettanto fece al figliuolo, e lo instruì d’ attenersi alla via
di
mezzo, affinchè col volare troppo basso, l’ umido
e sollevossi arditamente più in alto. Si avvicinò al Sole, e i raggi
di
quello tosto liquefecero la cera, che univa le di
al Sole, e i raggi di quello tosto liquefecero la cera, che univa le
di
lui penne, cosicchè Icaro, sfornito delle ali, ca
cosicchè Icaro, sfornito delle ali, cadde precipitoso in quel tratto
di
mare, ch’ è tra Micone e Giaro, e che da lui pres
eta, veniva da Minos non data al Minotauro, ma distribuita in qualità
di
schiavi a quelli, che più si erano distinti ne’ G
rano distinti ne’ Giuochi funebri, ch’ egli aveva instituito in onore
di
Androgeo. (13). Il Minotauro nelle Medaglie dell
i Androgeo. (13). Il Minotauro nelle Medaglie della Grecia Italica e
di
Sicilia viene rappresentato col capo d’uomo, e co
Italica e di Sicilia viene rappresentato col capo d’uomo, e col corpo
di
bue (a). (d). Apollod. l. 3. (a). Plut. in Vi
l Sole Arianna si destò, nè vide più Teseo. Corse quà e là in traccia
di
lui nè v’ incontrò che orride solitudini. Giunse
ntrò che orride solitudini. Giunse finalmente a scoprire dal più alto
di
uno scoglio il fuggitivo naviglio. Voleva dispera
ortunamente Bacco in quell’ Isola. Egli la sposò, e le impose il nome
di
Libera(b). La regalò inoltre di una corona d’ oro
a. Egli la sposò, e le impose il nome di Libera(b). La regalò inoltre
di
una corona d’ oro, adorna di sette stelle(c), e c
il nome di Libera(b). La regalò inoltre di una corona d’ oro, adorna
di
sette stelle(c), e che dopo la morte di lei fu co
di una corona d’ oro, adorna di sette stelle(c), e che dopo la morte
di
lei fu collocata in cielo(d). Altri poisono di pa
), e che dopo la morte di lei fu collocata in cielo(d). Altri poisono
di
parere, che Bacco abbia ricevuto quella corona da
i parere, che Bacco abbia ricevuto quella corona da Psalacanta, Ninfa
di
quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’ e
mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la quale, per aver tentato
di
vendicarsi con Arianna, sua rivale, fu dal predet
sua rivale, fu dal predetto Nume cangiata in pianta, che acquistò il
di
lei nome, e fu da lui stesso riposta sulla mentov
che con Teseo si erano trasferite in Creta, ve n’ era una bellissima
di
nome Peribea. Minos tostochè la vide, ne divenne
nte, e usò ogni sforzo per aver corrispondenza da colei, che ricusava
di
farlo. Teseo vi si oppose anch’egli, e per farsi
i farlo. Teseo vi si oppose anch’egli, e per farsi riconoscere capace
di
prendere le difese della giovine, dichiarò ch’ er
e capace di prendere le difese della giovine, dichiarò ch’ era figlio
di
Nettuno. Minos, per farsi beffe di lui, trasse da
a giovine, dichiarò ch’ era figlio di Nettuno. Minos, per farsi beffe
di
lui, trasse dal dito un anello d’oro, lo gettò ne
unse all’ Eroe, che se voleva essere creduto tale, quale si asseriva,
di
nuovo a lui recasse il medesimo anello. Ambizioso
a lui recasse il medesimo anello. Ambizioso nel tempo stesso quel re
di
farsi conoscere per figlio di Giove, pregò il pad
llo. Ambizioso nel tempo stesso quel re di farsi conoscere per figlio
di
Giove, pregò il padre suo di darne una prova. Un
so quel re di farsi conoscere per figlio di Giove, pregò il padre suo
di
darne una prova. Un improvviso lampo, ed en tuono
corona ad Arianna. Notisi per ultimo, che Arianna secondo l’ opinione
di
Plutarco non fu abbandonata da Teseo, ma gli fu r
bbandonata da Teseo, ma gli fu rapita in quell’ Isola da un Sacerdote
di
Bacco (d). In Nasso si celebrò una Festa, detta A
, perchè il mentovato Nausiteo, che ne fu il primo piloto, era nativo
di
Salamina(c). (b). Id. Ibid. (c). Plat. in Ph
a Festa si celebrasse dagli Ateniesi per espiare la morte d’ Icario e
di
Erigone, de’ quali abbiamo gia parlato(d). (a).
l’ Asia, allorchè seguita da una potente armata, disfece gli eserciti
di
Laomedonte, re di Troja (e). (a). Plut. in Vit.
seguita da una potente armata, disfece gli eserciti di Laomedonte, re
di
Troja (e). (a). Plut. in Vit. Thes. (b). Sta
agli Ateniesi per ricordare il soccorso, che loro prestò Ione, figlio
di
Suto, allorchè Eumolpo, figlio di Nettuno, mosse
corso, che loro prestò Ione, figlio di Suto, allorchè Eumolpo, figlio
di
Nettuno, mosse loro guerra al tempo del re Erette
en. (g). Odyss. l. 21. (h). In. Vit. Thes. (22). Ceneo, figlio
di
Elato, era nato femmina, e prima si chiamava Ceni
ò ritirossi ne’ più remoti lidi della Tessaglia. Là incontrò il genio
di
Nettuno, e ne ottenne d’essere trasformata in uom
enne d’essere trasformata in uomo invulnerabile. Al tempo delle nozze
di
Piritoo i Centauri lo affogarono vivo sotto il pe
affogarono vivo sotto il peso de’ grandi alberi, che gettarono sopra
di
lui. Nettuno si ricordò d’ averlo amato, e lo tra
llo. Così Ovidio(b) ; Virgilio poi soggiunge, che non in votatile, ma
di
nuovo in donna venne convertito(c). Ceneo ebbe un
atile, ma di nuovo in donna venne convertito(c). Ceneo ebbe un figlio
di
nome Corone, che da Apollonio viene ascritto tra
itto tra gli Argonauti(d). (a). Propert. l. 21 (23). Dopo la morte
di
Eurito nacque tra’ Lapiti e i Centauri orribile z
de, e morì sì deformato e malconcio, che più non si riconobbe. Belate
di
Pella, rotto un piede di tavola, lo scaricò sulla
malconcio, che più non si riconobbe. Belate di Pella, rotto un piede
di
tavola, lo scaricò sulla testa dell’ uccisore, ch
scagliatala tralla folla de’ Lapiti, schiacciò Brotea e Orione, figli
di
Miçala, di cui abbiamo parlato. Non seppe Esadio
tralla folla de’ Lapiti, schiacciò Brotea e Orione, figli di Miçala,
di
cui abbiamo parlato. Non seppe Esadio sofferire,
o sofferire, che colui restasse impunito ; e quindi pigliate le corna
di
un cervo, le quali erano state appese ad un pino
rvo, le quali erano state appese ad un pino da un Cacciatore in onore
di
Venere, con esse gli cavò gli occhi. Frattanto Re
ito ardeva sull’ ara, lo tirò nelle tempia a Caraso. S’incenerirono i
di
lui capelli, e bollente sgorgava il sangue dalla
pelli, e bollente sgorgava il sangue dalla ferita. Caraso si studiava
di
smorzare la fiamma ; e scavata una pesante soglia
raso si studiava di smorzare la fiamma ; e scavata una pesante soglia
di
porta, si provò di scagliarla addosso al nemico.
smorzare la fiamma ; e scavata una pesante soglia di porta, si provò
di
scagliarla addosso al nemico. Il peso non glielo
o al nemico. Il peso non glielo permise, e in vece del Centauro privò
di
vita con essa Conete, suo collegato, ch’era poco
ranio. Continuò l’ audace Reto a ruotare in aria il tizzone ; e presi
di
mira Corito, e Driante, stese Corito al suolo, co
stese Corito al suolo, come quello, ch’ era tra coloro il più tenero
di
complessione e di età. Afflitto Evagro di vedere
uolo, come quello, ch’ era tra coloro il più tenero di complessione e
di
età. Afflitto Evagro di vedere morto il compagno,
ra tra coloro il più tenero di complessione e di età. Afflitto Evagro
di
vedere morto il compagno, aveva aperto la bocca p
Driante ; ma colpito nel collo da una pertica abbrustolita, grondante
di
sangue si pose a fuggire. Secolui fuggirono anche
utilmente aveva esortato i compagni a non intraprendere quella spezie
di
combattimento. Colpiti però costoro alle spalle d
riante, molti, tra’ quali Areo, Imbreo, Eurinomo ; e Licida, finirono
di
vivere. Era in fuga anche Greneo, il quale, volta
oso sconquasso e ne dormiva profondamente Afida, sdrajato sulle pelli
di
un’ Orsa, predata nelle boscaglie dell’ Ossa, e t
, predata nelle boscaglie dell’ Ossa, e teneva egli in mano una tazza
di
vino. Lo vide appena Forbante, che, vibratogli un
va con ambe le braccia ogni sforzo per ischian are una quercia, piena
di
ghiande. Vi sopraggiunse il valoroso Piritoo, e c
ar cadere sopra Teseo, precipitò in vece addosso a Crantore, sculiere
di
Pelso, che lo aveva ricevuto in ostaggio dal debe
ostaggio dal debellato Amintore, re de’ Dolopi. Peleo, veluto appena
di
lontano l’ amato Crantore, sepolto sotto quel tro
legronte, Ilene, Clari, Ifinoo, e Dorila, che avea le tempia fesciate
di
pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava co
Ilene, Clari, Ifinoo, e Dorila, che avea le tempia fesciate di pelle
di
lupo, e che in vece di armi adoperava corna di bu
e Dorila, che avea le tempia fesciate di pelle di lupo, e che in vece
di
armi adoperava corna di bue, lorde di sangue. Uno
mpia fesciate di pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava corna
di
bue, lorde di sangue. Uno strale, scoccato da non
di pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava corna di bue, lorde
di
sangue. Uno strale, scoccato da non so chie, priv
, lorde di sangue. Uno strale, scoccato da non so chie, privò, allora
di
vita anche il bellissimo Centauro Cillaro, che av
degli urli ; e gettatasi sulla punta dello strale, confitto nel cuore
di
Cillaro, spirò seco lui strettamente abbracciata.
seco lui strettamente abbracciata. In tale circostanza Feocomete, le
di
cui membra erano copette da più pelli di Leoni, c
le circostanza Feocomete, le di cui membra erano copette da più pelli
di
Leoni, con un tronco sterminato alla mano vecise
quel Fonolenide sì nerboruto, che appena lo avrebbono mosso due paja
di
buoi. Volèva Feocomete anche spogliarlo del tutto
he spogliarlo del tutto, ma raggiunto da Nestore, sotto i colpi della
di
lui spada vi lasciò la vica. Appresso lo stesso N
Ctonio, e Teleboante, quello armato d’un tronco a due punte, e questo
di
strale. Perifante riuscì vincirore del Centauro P
o. Fu pure uno spettacolo il vadere steso a terra Erigdupo da Macateo
di
Peletronia con un colpo di stanga, datogli nel pe
l vadere steso a terra Erigdupo da Macateo di Peletronia con un colpo
di
stanga, datogli nel petto. Cimelo poi restò ferit
melo poi restò ferito da una freccia nell’inguinaglia. Sotto il ferro
di
Mopso, insigne indovino, e prode guerriero, nato
di Mopso, insigne indovino, e prode guerriero, nato da Ampiciue, finì
di
vivere Odite. I Centauri, Stifelo, Bromo, Antimac
e vennero trucidati da Ceneo. A vendicare i compagni s’avventò contro
di
Ceneo il formidabile Latreo, che faceva pomposa m
con cui avea tolto la vita e le spoglie al Tessalo Aleso. Ma il ferro
di
Latreo, benchè spinto con impeto, non mai offende
erro di Latreo, benchè spinto con impeto, non mai offendeva le membra
di
Ceneo, quando l’arma di questo uccise bensì colui
pinto con impeto, non mai offendeva le membra di Ceneo, quando l’arma
di
questo uccise bensì colui. Nella morte del compag
pagno accorsero a truppa i rabbiosi Centauri, che, con orribile tuono
di
voce empiendo l’aria di grida, scagliarono a un t
i rabbiosi Centauri, che, con orribile tuono di voce empiendo l’aria
di
grida, scagliarono a un tempo medesimo sopra di C
voce empiendo l’aria di grida, scagliarono a un tempo medesimo sopra
di
Ceneo quantità di strali ; ma essi, spuntati e ro
ria di grida, scagliarono a un tempo medesimo sopra di Ceneo quantità
di
strali ; ma essi, spuntati e rotti, caddero a ter
ccitò i compagni a scaricare travi, sassi, e monti interi sul giovane
di
Pilo. Ciò detto, Monico immantinente scagliò sopr
. Ciò detto, Monico immantinente scagliò sopra Ceneo un grosso tronco
di
pianta, schiantata da gagliardissimo vento. L’ese
so tronco di pianta, schiantata da gagliardissimo vento. L’esempio fu
di
stimolo agli altri, perchè eglino pure facessero
igliuoli, e tra gli altri Polipete, che molto si distinse all’assedio
di
Troja(b). (25). Alcuni popoli della Grecia al ri
ll’assedio di Troja(b). (25). Alcuni popoli della Grecia al riferire
di
Eratostene e di Pausania erano persuasi, ch’ Elen
oja(b). (25). Alcuni popoli della Grecia al riferire di Eratostene e
di
Pausania erano persuasi, ch’ Elena fosse figlia d
re di Eratostene e di Pausania erano persuasi, ch’ Elena fosse figlia
di
Nemesi, e che Leda fosse la di lei balia(c). Sono
erano persuasi, ch’ Elena fosse figlia di Nemesi, e che Leda fosse la
di
lei balia(c). Sonovi quindi degli Autori, che per
g). Eur. p. in Heraclit. (27). Demofoonte, ritornando dalla guerra
di
Troja, si trattenne appresso Fillide, figlia di C
tornando dalla guerra di Troja, si trattenne appresso Fillide, figlia
di
Crustumena e di Licurgo, re di Tracia. Colei, che
uerra di Troja, si trattenne appresso Fillide, figlia di Crustumena e
di
Licurgo, re di Tracia. Colei, che aveva ereditato
si trattenne appresso Fillide, figlia di Crustumena e di Licurgo, re
di
Tracia. Colei, che aveva ereditato dal padre il r
a, Demofoonte, obbligato a ritornarsene in Atene per affari del Regno
di
suo padre, promise a Fillide di ritornate a lei d
narsene in Atene per affari del Regno di suo padre, promise a Fillide
di
ritornate a lei dopo poco tempo. Moltro però di q
re, promise a Fillide di ritornate a lei dopo poco tempo. Moltro però
di
questo ne trascorse, senzachè la giovine nè lo av
senzachè la giovine nè lo avesse a rivedere, nè avesse alcuna notizia
di
lui. Ovidio fa, che colei gli scriva una lettera,
a una lettera, in cui lo rimprovera della sua indifferenza, e procura
di
riaccenderne l’affettó, dipingendogli al vivo il
tene, da cui il padre suo n’era stato escluso per opera de’partigiani
di
Mnesteo, non più si ricordava di lei. Fillide alf
tato escluso per opera de’partigiani di Mnesteo, non più si ricordava
di
lei. Fillide alfine disperata s’impiceò(a). I di
non più si ricordava di lei. Fillide alfine disperata s’impiceò(a). I
di
lei parenti le alzarono una tomba, su cui nacquer
orni dopo tale metamorfosi, corse ad abbraccare quell’albero, spoglio
di
frondi, e il qua le ne mise fuori in quell’istant
le, che il fatto testè descritto sia avvenuto non a Demofoonte, ma al
di
lui fratello, Arramanto(d). (h). Joh. Jacob. Ho
5., Pomp. Mel. l. 2., Tit. Liv. l. 1., Tacit. l. 16. (1). Figliuolo
di
Laomedonte fu pure Antenore, il quale, trasferito
te fu pure Antenore, il quale, trasferitosi in Italia, fondò la città
di
Padova ((a)). Vuolsi da alcuni, che egli pure sia
città di Padova ((a)). Vuolsi da alcuni, che egli pure sia stato uno
di
quelli, i quali tradirono la loro patria ((b)). A
due figliuoli, Elicaone cioè, e Polidamante, nati da Teano, figliuola
di
Cisseo, e sacerdotessa di Minerva(e). L’ultimo di
oè, e Polidamante, nati da Teano, figliuola di Cisseo, e sacerdotessa
di
Minerva(e). L’ultimo di questi sposò Licaste, fig
da Teano, figliuola di Cisseo, e sacerdotessa di Minerva(e). L’ultimo
di
questi sposò Licaste, figlia di Priamo(f). (b).
sacerdotessa di Minerva(e). L’ultimo di questi sposò Licaste, figlia
di
Priamo(f). (b). Dict. Cret. l. 1., Herod. l. 2.
della sua città uccise Ipsenore, figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio
di
Marte e di Astioche; il quale era stato uno degli
città uccise Ipsenore, figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio di Marte e
di
Astioche; il quale era stato uno degli Argonauti,
, e con lalmeno, suo fratello, avea condotto gli Orcomenj all’assedio
di
Troja. Due volte rimase ferito da Merione(c). Dop
ssedio di Troja. Due volte rimase ferito da Merione(c). Dopo la morte
di
Paride prese egli in moglie Elena ; ma questa int
dusse Menelao ed Ulisse, ove Deisobo dormiva, e queglino lo privarono
di
vita(d). (4). Antifo uccise Leuco ; uno degli am
rpo del Trojano Simoisio, figlio d’Antemione, ucciso da Ajace, figlio
di
Telamone. Achille sorprese e condusse schiavi al
Telamone. Achille sorprese e condusse schiavi al suo campo Antifo, il
di
lui fratello, Iso, i quali custodivano le greggi
rimasero uccisi da Agamennone(e). (5). Eleno fu il solo de’figliuoli
di
Priamo, che sopravvisse alla, rovina della sua pa
egli linguaggio degli uccelli, e del loro volo(a). Predisse l’eccidio
di
Troja per mezzo della Litomanzia, ossia coll’ajut
a per mezzo della Litomanzia, ossia coll’ajuto d’una certa gemma, che
di
notte si lavava alla luce d’una candela in acqua
o da’Greci, indicò loro i luoghi più opportuni per impadronirsi della
di
lui città. Divenuto schiavo di Pirro, figliuolo d
i più opportuni per impadronirsi della di lui città. Divenuto schiavo
di
Pirro, figliuolo d’Achille, lo consigliò a non ri
gliò a non ritornarsene per mare alla patria, e predisse il naufragio
di
tutti quegli altri Greci, che avrebbono voluto in
ccia, senza avvedersene lo uccise. Eleno ebbe da Andromaca un figlio,
di
nome Cestrino(d). (6). Priamo, per sottrarre Pol
ella sue figliuòle, chiamata Ilione. Polinnestore, come udì l’eccidio
di
Troja, violò i più sacri diritti dell’ospitalità,
esori(a). Igino racconta diversamente l’ Istoria del mentovato figlio
di
Priamo. Spedito Polidoro, dic’egli, dal padre nel
nella Tracia a sua sorella, Ilione, costei, che temeva della crudeltà
di
Polinnestore, suo marito, sostituì il fratello a
passare Deifilo per suo fratello. I Greci, dopo d’averpreso la città
di
Troja, volendo sterminare tutta la discendenza di
’averpreso la città di Troja, volendo sterminare tutta la discendenza
di
Priamo, inviarono ambasciatori a Polinnestore per
a accettò le offerte, e uccise Deifilo, credendo d’uccidere il figlio
di
Priamo. Qualche tempo dopo Polidoro intese dall’O
era stata incendiata la sua città. Ritornato nella Tracia, e sorpreso
di
avervi trovato vivo ancora quello, ch’egli credev
Virgilio dice, che Troilo, trasportato dalla giovanile audacïa, ardi
di
azzuffarsi con Achille, da cui senza fatica alcun
orrispondere ad Achille, il quale teneramente lo amava, ne fu privato
di
vita nel tempio d’Apollo (b). Tzetze finalmente c
redetto Greco sentimenti d’amore(c). (8). Polite, com’era agilissimo
di
piedi, stava fuori della sua città per ispiare, q
la medesima(d). (9). Polissena fu immolata da Pirro sul sepolcro del
di
lui padre, Achille, perchè l’ombra di questo Eroe
olata da Pirro sul sepolcro del di lui padre, Achille, perchè l’ombra
di
questo Eroe era apparsa a’Greci, e avea loro rice
Greci, dove onorevolmente venne accolta da Agamennone ; e ch’ella poi
di
notte sia andata sulla tomba del suo sposo, ed iv
nea, tostochè se ne accorse, ritornò in Troja a cercarla ; ma l’ombra
di
colei gli apparve, e gli disse, che Cibele la ave
atteggiato co’Greci, affinchè non sopravvivesse alcuno della famiglia
di
Priamo. Altri finalmente narrano, ch’ella dal mar
ano, ch’ella dal marito non fu uccisa, ma abbandonata, onde non fosse
di
ostacolo a lui, che andava cercando nuove sedi o
ove sedi o alleanze in lontani paesi(b). (11). Laodice dopo la morte
di
Acamante fu maritata con Elicaone, figlio d’Anten
Traci, che morì poco dopo d’averla sposata. Finalmente divenne moglie
di
Telefo, re di Misia, dal quale poi abbandonata, s
ì poco dopo d’averla sposata. Finalmente divenne moglie di Telefo, re
di
Misia, dal quale poi abbandonata, se ne ritornò a
o la sua famiglia(c). Alcuni pretendono, ch’ella al tempo della presa
di
Troja, per non cadere in ischiavitù, siasi precip
a di Troja, per non cadere in ischiavitù, siasi precipitata dall’alto
di
una rupe(d). (12). Cassandra era la più avvenent
o di una rupe(d). (12). Cassandra era la più avvenente tralle figlie
di
Priamo ; ed è fama, che fosse di singolare costum
a era la più avvenente tralle figlie di Priamo ; ed è fama, che fosse
di
singolare costumatezza. Sì belle doti le ottenner
singolare costumatezza. Sì belle doti le ottennero da Apollo il dono
di
conoscore i più secreti arcani dell’avvenire. Cas
spogliarla del dono concessole, fece sì che niuno prestasse fede alle
di
lei predizioni, e ch’ella perfino si rendesse odi
e venerazione(a). Altri ad altra cagione attribuiscono la prerogativa
di
Cassandra di profetizzare. Dicono, ch’ella ed Ele
(a). Altri ad altra cagione attribuiscono la prerogativa di Cassandra
di
profetizzare. Dicono, ch’ella ed Eleno, i quali e
mpio d’Apollo ; che ivi furono lasciati per un’interanotte ; e che il
di
seguente si trovarono attortigliati a’loro corpi
, che’loro lambivano le orecchie : lo che conferi a tutti due il dono
di
presagire il futuro(b). Cassandra vaticinò a Pari
mai prestarvi orecchio(c). Ella finalmente divenne schiava prediletta
di
Agamennone, e fu privata di vita dalla di lui mog
lla finalmente divenne schiava prediletta di Agamennone, e fu privata
di
vita dalla di lui moglie, Clitennestra. Fu sepolt
divenne schiava prediletta di Agamennone, e fu privata di vita dalla
di
lui moglie, Clitennestra. Fu sepolta in Amichea,
a a tutti i suoi oracoli(e) (a). L. 3. (13). I vascelli mentovati
di
Paride furono costruiti da Fereclo, figlio d’Arme
oi, combattendo per la sua patria, rimase ferito da Merione, I figlio
di
Molo, Principe Cretese, e cessò di vivere (f) (
rimase ferito da Merione, I figlio di Molo, Principe Cretese, e cessò
di
vivere (f) (14). Erodoto dioe, che Paride venne
lla Grecia, essendone Menelao lontano ; e che il Trojano, invaghitosi
di
Elena, espugnò Sparta, e rapì la giovine e tutti
Egitto, all’imboccatura del Nilo, detta Canopo ; e che il Governatore
di
quel luogo, avendo inteso ciò che le era avvenuto
ortemente a Paride L’enorme perfidia, dimostrata nel rapire la moglie
di
chi lo avea enorato della sua ospitalità. Soggium
o dall’imbrattarsi le mani nel sangue degli stranieri ; e si contentò
di
scacciallo da’suoi Stati, ritenendo appresso di s
nieri ; e si contentò di scacciallo da’suoi Stati, ritenendo appresso
di
se Elena per restituirla al marito. Appena giunse
. Omero(a) finalmente dice, ch’Elena fu regalata da Polidampa, moglie
di
Tone Egiziano, d’un erba, detta nepenthes, che, m
o, d’un erba, detta nepenthes, che, mescolata nel vino, avea la virtù
di
far dimenticore tutti gli affanni, e di raddolcir
olata nel vino, avea la virtù di far dimenticore tutti gli affanni, e
di
raddolcire qualsivoglia dolore. (b). Dict. Cret
o, suo padre, per consiglio d’Ulisse avea fatto, che tutti gli amanti
di
sua figlia giurassero d’approvare e proteggere la
tutti gli amanti di sua figlia giurassero d’approvare e proteggere la
di
lei sœlta : e tale giuramento erasi eseguito sopr
sepolto nel luogo della ceremonia(a). La giovine preferì Menelao, re
di
Sparta, a tutti i di lui competitori. Quegli pert
lla ceremonia(a). La giovine preferì Menelao, re di Sparta, a tutti i
di
lui competitori. Quegli pertanto, come se la vide
a tutti i mentovati Principi. Il giuramento prestato obbligo ciascuno
di
quelli a prendere le armi contro i Trojani (b).
quelli a prendere le armi contro i Trojani (b). (16). I Greci, prima
di
muovere guerra a’Trojani, spedirono loro alcuni a
donna. Antimaco, Capitano Trojano, corrotto dall’oro e da altri doni
di
Paride, non volle che colei fosse restituita ; e
i quegli ambasciatori. Tra i medesimi si trovò anche Acamante, figlio
di
Teseo e di Fedra. Questi in quel tempo ebbe da La
basciatori. Tra i medesimi si trovò anche Acamante, figlio di Teseo e
di
Fedra. Questi in quel tempo ebbe da Laodice ; nat
figlio, nominato Munito. Questo fanciullo fu allevato da Etra, madre
di
Teseo, che Paride avea condotto da Sparta con Ele
da Sparta con Elena. Come fu presa Troja, Etra mostrò ad Acamante il
di
lui figlio, ed egli salvò la vita a quello ed a l
Notisi per ultimo, che tra gli ambasciatori anzidetti alcuni in vece
di
Acamante nominano Ulisse (d). (17). Mennone alla
ni in vece di Acamante nominano Ulisse (d). (17). Mennone alla testa
di
dieci mila Persia ni, e di altrettanti Etiopi del
nano Ulisse (d). (17). Mennone alla testa di dieci mila Persia ni, e
di
altrettanti Etiopi dell’Asia operò a difesa di Tr
ieci mila Persia ni, e di altrettanti Etiopi dell’Asia operò a difesa
di
Troja varie gloriose imprese. Privò di vita anche
tiopi dell’Asia operò a difesa di Troja varie gloriose imprese. Privò
di
vita anche Antiloco, figlio di Nestore e di Eurid
di Troja varie gloriose imprese. Privò di vita anche Antiloco, figlio
di
Nestore e di Euridice(a). Ovidio però vuole, che
e gloriose imprese. Privò di vita anche Antiloco, figlio di Nestore e
di
Euridice(a). Ovidio però vuole, che quegli sia st
esti uscì tosto in campo, e coll’asta trafisse Mennone(c). Alla morte
di
costui il Cielo si cuoprì di nubi, e la di lui ma
oll’asta trafisse Mennone(c). Alla morte di costui il Cielo si cuoprì
di
nubi, e la di lui madre presse a piangere il perd
sse Mennone(c). Alla morte di costui il Cielo si cuoprì di nubi, e la
di
lui madre presse a piangere il perduto figluiolo,
l Cielo. Aggiungesi, che l’Aurora, non potendo sofferire che il corpo
di
Mennone si consumasse dalle fiamme sul rogo, preg
il corpo di Mennone si consumasse dalle fiamme sul rogo, pregò Giove
di
concedere al figlio qualche singolare quore. Cond
hiesta, e al cadere della pira, che consumava il cadavere, neri globi
di
fumo oscurarono il chiarore della luce. Videsi po
a volare in aria una fosca favilla, che si unì e si addensò con altre
di
somigliante natura, e prese non solo forina e col
nsò con altre di somigliante natura, e prese non solo forina e colore
di
corpo, ma spirito ancora, ed ali le somministrava
ol dibattimento delle ali, finchè caddero estinti sulle fredde ceneri
di
Mennone, e servirono di sacrifizio all’ombra di l
i, finchè caddero estinti sulle fredde ceneri di Mennone, e servirono
di
sacrifizio all’ombra di lui, e da lui pure ne pre
i sulle fredde ceneri di Mennone, e servirono di sacrifizio all’ombra
di
lui, e da lui pure ne presero il nome. A rendere
o morte. A Mennone altresì fu inalzata una grandissima Statua in Tebe
di
Egitto nel tempio di Serapide. Dicono, che quando
tresì fu inalzata una grandissima Statua in Tebe di Egitto nel tempio
di
Serapide. Dicono, che quando il Sole nascente la
sera ne rendeva un altro lugubre, quasi rattristandosi della partenza
di
sua madre, e rallegrandosi del suo ritorno(a). Ca
allegrandosi del suo ritorno(a). Cambise, sospettando che fosse opera
di
magia, fece rompere quella Statua dalla testa sin
un Oracolo ogni sette anni(b). (18). Protenore concorse alla difesa
di
Troja con otto vascelli (c). (19). Appotoo con P
difendere la predetta città (d). (20). Protoo armò quaranta vascelli
di
gente, che abitava sulle rive del Peneo, e sul mo
rive del Peneo, e sul monte Pelio(e). (21). Apisaone era alla testa
di
una truppa di Peoni. Egli molto si segnalò in que
o, e sul monte Pelio(e). (21). Apisaone era alla testa di una truppa
di
Peoni. Egli molto si segnalò in quella guerra, e
de’ Capi dell’armata nemica(a). (22). Asio avea condotto in soccorso
di
Priamo molte truppe, raccolte nella città d’Abido
tto in soccorso di Priamo molte truppe, raccolte nella città d’Abido,
di
Sesto, e di Arisbe(b). Egli perì sotto i colpi d’
rso di Priamo molte truppe, raccolte nella città d’Abido, di Sesto, e
di
Arisbe(b). Egli perì sotto i colpi d’ Idomeneo, r
do, di Sesto, e di Arisbe(b). Egli perì sotto i colpi d’ Idomeneo, re
di
Creta(c). (23). Pilemene mancò sotto i colpi di
olpi d’ Idomeneo, re di Creta(c). (23). Pilemene mancò sotto i colpi
di
Menelao. Il di lui cocchiere chiamavasi Midone, i
o, re di Creta(c). (23). Pilemene mancò sotto i colpi di Menelao. Il
di
lui cocchiere chiamavasi Midone, il quale venne r
venne rovesciato e ucciso da Antiloco(d). Pilemene lasciò un figlio,
di
nome Arpalione, ch’egli avea seco condotto a Troj
minavano Mestle e Antifo. Questi condussero seco un numeroso esercito
di
Meoni, nati appiè del monte Tmolo(f). (24). Asti
appiè del monte Tmolo(f). (24). Astinoo fu ucciso da Diomede, figlio
di
Tideo (g). (a). L. 2. & 3. (25). (25) Pire
(l). (27). Satnio, dopo aver combattuno con molto valore, fu privato
di
vita da Ajace, figlio d’ Oileo(a). (28). Mori, v
le sulle rive del fiume Xanto(c). (30). Adrasto ed Anfio erano figli
di
Merope, indovino della città di Percote nella Tro
. (30). Adrasto ed Anfio erano figli di Merope, indovino della città
di
Percote nella Troade. Il loro padre tentò di diss
pe, indovino della città di Percote nella Troade. Il loro padre tentò
di
dissuaderli che si portassero a quella guerra ; m
o a quella guerra ; ma eglino nol ascoltarono, e vi perirono per mano
di
Diomede, figlio di Tideo (d). (31). Niuno de’ Gr
ma eglino nol ascoltarono, e vi perirono per mano di Diomede, figlio
di
Tideo (d). (31). Niuno de’ Greci Principi nel ri
la confuse tralle sue schiave, e la condusse nella Tracia. Una delle
di
lei seguaci trovò sulle rive del mare il corpo di
a Tracia. Una delle di lei seguaci trovò sulle rive del mare il corpo
di
Polidoro, pochi giorni prima messo a morte da Pol
rpo di Polidoro, pochi giorni prima messo a morte da Polianestore, re
di
quel paese. Colei corse a recarne la trista nuova
nestore ne fosse stato il barbaro uccisore. La madre dolente, e prima
di
sdegno, ne macchinò ben tosto la vendetta. Il suo
oraggio agginase nuove forze alla sua vecchiezza. Si recò alla Reggia
di
Polinnestore, finse di essere affatto ignata dell
forze alla sua vecchiezza. Si recò alla Reggia di Polinnestore, finse
di
essere affatto ignata della morte del figlio, inv
lesargli l’arcano, giurando che tutto l’oro e l’argento sarebbe stato
di
Polidoro, com’era stato il trasmessogli ne’ tempi
in ajuto, do acciuffò, lo strinse, e colle dita gli svelse gli occhi
di
fronte, e uccine i di lui figli. I Traci, veggend
, lo strinse, e colle dita gli svelse gli occhi di fronte, e uccine i
di
lui figli. I Traci, veggendo sì maltrattato il lo
to il loro re, inseguirono Ecuba, che fuggiva, e con immensa quantita
di
sassi la fecero perire(a). Altri dicono, che Ulis
omunemente però si crede, che Ulisse stesso sia stasto l’autore della
di
lei morte ; e vuolsi, che lo stesso Eroe, arrivat
liberarsene abbia inalzato un piccolo tempio ad Ecuba appresso quello
di
Ecate(c). Il luogo poi, ove la Trojana Regina fu
e, e poi sepolta(a). Notisi ultimamente, che Agamennone ale preghière
di
Ecuba, è in riflesso di Cassandra relegò Polinnes
isi ultimamente, che Agamennone ale preghière di Ecuba, è in riflesso
di
Cassandra relegò Polinnestore in un’isola deserta
ofman. Lex. Univ. (b). Declaustre Diction. Mytbol. (1). Lo scudo
di
Ettore era stato formato da Tichio, celebre Artis
o d’Ile, città della Beozia. Omero dice, che quello scudo era copetto
di
sette pelli di tori(a). (c). Hom. Iliad. l. 13.
della Beozia. Omero dice, che quello scudo era copetto di sette pelli
di
tori(a). (c). Hom. Iliad. l. 13. (d). In Hero
tam. l. 12. (2). Protesilao venne al mondo in modo straordinario. Il
di
lui padre era vissuto lungo tempo con Astioche, s
a. Quegli lo consigliò d’introdurre un coltello in una certa quercia,
di
lasciarvelo arrugginire, di mescolare quella rugg
rodurre un coltello in una certa quercia, di lasciarvelo arrugginire,
di
mescolare quella ruggine col vino, e di berne per
, di lasciarvelo arrugginire, di mescolare quella ruggine col vino, e
di
berne per dieci giorni. Se ne ottenne il bramato
dieci giorni. Se ne ottenne il bramato effetto. Ificlo divenne padre
di
Filottete, di Podarce, e di Protesilao(b). Questo
Se ne ottenne il bramato effetto. Ificlo divenne padre di Filottete,
di
Podarce, e di Protesilao(b). Questo ultimo poco p
il bramato effetto. Ificlo divenne padre di Filottete, di Podarce, e
di
Protesilao(b). Questo ultimo poco prima, che comi
di Protesilao(b). Questo ultimo poco prima, che cominciasse la guerra
di
Troja, avea sposato Laodamia, figlia d’ Acasto. E
to. Ella dimostrò grande dolore, quando lo vide partire per l’assedio
di
Troja, perche dal di lei padre avea udito, che Pr
nde dolore, quando lo vide partire per l’assedio di Troja, perche dal
di
lei padre avea udito, che Protesilao sarebbe peri
le fosse disceso il primo sulle Trojane rive. Protesilao, sprezzatore
di
tale predizione, oso il primo di mettervi piode,
rojane rive. Protesilao, sprezzatore di tale predizione, oso il primo
di
mettervi piode, e tosto cadde sotto l’asta di Ett
redizione, oso il primo di mettervi piode, e tosto cadde sotto l’asta
di
Ettore(c). I Greci gli tendettero gli onori Eroic
perfino un tempio in Abido(d). I Chersonesj e i Tessali celebrarono a
di
lui onore una festa, detta Protesilaia(a). Laodam
onore una festa, detta Protesilaia(a). Laodamia poi, intesa la morte
di
Protesilao, fece fare una statua, che lo rassomig
ece fare una statua, che lo rassomigliava, e sempre la tenne appresso
di
so. Uno sohiavo, avendola veduta sul di loi letto
a, e sempre la tenne appresso di so. Uno sohiavo, avendola veduta sul
di
loi letto, andò a riferire ad Acasto, che la di l
, avendola veduta sul di loi letto, andò a riferire ad Acasto, che la
di
lui figliuola conversava con un uemo. Corse il ro
sto, che la di lui figliuola conversava con un uemo. Corse il ro alla
di
lei stanza, nè avendovi trovato che la mentovasa
che la mentovasa statua ; la fece abbruciare per togliere agli ecchi
di
bua figlia un oggetto, che altro non faceva se no
cchi di bua figlia un oggetto, che altro non faceva se non pastere la
di
loi affizione. Laodamia, amaroggiata per quella n
iata per quella nuova perdita, chiese agli Dei, cae le fosse permesso
di
vedere e ragionare per tre ore sole col suo marit
rescritto, solei non potè divideroi dal marito, e lo segial nel Regno
di
Plutone(b). Altri soggiungono, che Laodamia, ment
). Altri soggiungono, che Laodamia, mentre stava abbracciando l’ombra
di
Protesilao, spirò di dolore(c). Notisi per ultimo
che Laodamia, mentre stava abbracciando l’ombra di Protesilao, spirò
di
dolore(c). Notisi per ultimo, che a Protesilao si
Notisi per ultimo, che a Protesilao si dà soventi volte il soprannome
di
Filacide, peschè nacque in Filace, città della Te
. Iliad. l. 15. (3). Cebrione rimase ucciso da Patroclo con un colpo
di
pieltra, che gli spaccò la testa(e). (4). Eniope
spaccò la testa(e). (4). Eniopeo fu messo a morte da Diomede, figlio
di
Tideo(f). (f). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
ovò il corpo, e lo sappellì in un monte dell’ Italia, che acquistò il
di
lui nome(a). (g). Declaustre Diction. Mytbol.
Greci lo cercavano a morte, affinchè non avesse a vendicare la morte
di
suo padre, e a rifabbricare le mura della sua cit
fabbricare le mura della sua città. Andromaca lo nascose nel sepolcro
di
Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo, e lo preci
o di Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo, e lo precipitò dall’ alto
di
una torre Trojana(b). Euripide nella Tragedia del
a Pirro(c). Dionisio poi narra, che Astimatte, e gli altri figliuoli
di
Ettore furono condotti schiavi da Pirro nella Gre
. 24. (d). Id. Ibid. (7). Ne’ Giuochi funebri, celebrati in onore
di
Ettore, Darete, Capitano Trojano, nato nella Frig
, Capitano Trojano, nato nella Frigia, urcise l’Ateniese Bute, figlio
di
Teleonte e di Zeusippe, e discendente dall’ altro
jano, nato nella Frigia, urcise l’Ateniese Bute, figlio di Teleonte e
di
Zeusippe, e discendente dall’ altro Bute, figlio
di Zeusippe, e discendente dall’ altro Bute, figlio d’Amico, e padre
di
quell’Erice, di cui abbiamo favellato(e). (e).
discendente dall’ altro Bute, figlio d’Amico, e padre di quell’Erice,
di
cui abbiamo favellato(e). (e). Declaustre Dicti
(e). Declaustre Diction. Mytbol. (8). Andromaca, divenuta schiava
di
Pirto, fu da lui sommamente amata. Ella gli parto
vicina alla Troade, dove regnava Ario, uccise quel Sovrano, salì sul
di
lui trono, diede il suo nome ad una città, situat
o, da cui ne venne espiato. Concorso poscin alla caccia del Cinghiale
di
Calidone, vibrò inavvertentemente un dardo contro
brò inavvertentemente un dardo contro il predetto. Eurito, e lo privò
di
vita. Per tale motivo fu costretto ad allontanars
costretto ad allontanarsi anche da Ftia, ed a ricorrere ad Acasto, re
di
lolco, il quale parimenti ne lo purificò. Fu allo
, il quale parimenti ne lo purificò. Fu allora, che Astidamia, moglie
di
quel Sovrano, detta anche Astiadamia(b), Creteide
Sovrano, detta anche Astiadamia(b), Creteide, ed Ippolita, s’invaghì
di
Peleo ; e non veggendosene corrisposta, sdegnata
e non veggendosene corrisposta, sdegnata lo accusò appresso il marito
di
falso delitto. Acasto sotto pretesto di voler sec
lo accusò appresso il marito di falso delitto. Acasto sotto pretesto
di
voler seco lui esercitarsi alla caccia lo trasse
monte, affinchè fosse divorato dalle fiere ; e che gli Dei per in zzo
di
Mercurio gli abbiano spedito una spada, lavorata
e da altri suoi amici(a), rientrò in lolco, e vi uccise Acasto, e la
di
lui moglie(b). Sopravvisse molti anni dopo l’ecci
Acasto, e la di lui moglie(b). Sopravvisse molti anni dopo l’eccidio
di
Troja, e molto si addolorò, allorchè intese, che
orò, allorchè intese, che in quella guerra era perito Pirro, nato dal
di
lui figliuolo. Achille. Teti si fece a consolarlo
lle. Teti si fece a consolarlo, gli promise la Divinità, e gli ordinò
di
ritirarsi in una delle Isole fortunate, ove avreb
Achille deificato, e donde ella poi lo avrebbe trasferito nel palagio
di
Nereo per esservi onorato come uno de’ Semidei. N
rvi onorato come uno de’ Semidei. Notisi per ultimo, che gli abitanti
di
Pella nella Macedonia offerivano dei sacrifizj a
le proprie sembianze sotto quelle ora d’uccello, ora d’albero, ed ora
di
tigre. Peleo, non sapendo più come guadagnarsela,
Dei per esserne assistito. Gli apparve Proteo, e gli manifestò che i
di
lui voti sarebbono soddisfatti, qualora avesse po
ere la Ninfa, mentr’ella dormiva. Difatti in tal maniera egli ottenne
di
sposarla(a). (c). Declaustre Diction. Mythol.
iv. (a). Declaustre Diction. Mythol. (4). Enone, divenuta gelosa
di
Paride pel ratto di Elena, fattosi da lui, spedì
re Diction. Mythol. (4). Enone, divenuta gelosa di Paride pel ratto
di
Elena, fattosi da lui, spedì il suo figliuolo, Co
iero, il quale riferì ad Enone, che Paride si faceva portare appresso
di
lei, affinchè ne lo guarisse della ricevuta ferit
ndato indietro col commettergli, che suggerisse da parte sua a Paride
di
farsi piuttosto risanare da Elena. Un sentimento
sua a Paride di farsi piuttosto risanare da Elena. Un sentimento poi
di
tenerezza fece ben presto, che Enone si pentisse
Un sentimento poi di tenerezza fece ben presto, che Enone si pentisse
di
quanto aveva proferito ; ed ella risolvette di an
che Enone si pentisse di quanto aveva proferito ; ed ella risolvette
di
andare incontro a Paride co’necessarj rimedj ; ma
, che in quello stesso instante egli spirò. Enone allora con un colpo
di
pietra uccise il messaggiero, perchè quegli aveva
, perchè quegli aveva detto, ch’ella era stata la cagione della morte
di
Paride. Poscia la pastorella bagnò di lagrime il
ra stata la cagione della morte di Paride. Poscia la pastorella bagnò
di
lagrime il corpo di Paride, si attaccò la cintura
della morte di Paride. Poscia la pastorella bagnò di lagrime il corpo
di
Paride, si attaccò la cintura al collo, e si stra
li narrano diversamente il fatto ; come Paride, dicono essi, morì, il
di
lui corpo fu trasportato ad Enone, ond’ella avess
orì, il di lui corpo fu trasportato ad Enone, ond’ella avesse la cura
di
seppellirlo. Colei al vederlo ne restò talmente s
tato Paride con eccesso d’inumanità d’inumanità, allorchè prosteso a’
di
lei piedi, e già vicino a spirare, le chiedeva pe
no a spirare, le chiedeva perdono della sua infedeltà, e implorava la
di
lei assistenza. Aggiungesi che colei n’ebbe posci
rincrescimento, che da se si gettò sul rogo, e si abbruciò col corpo
di
Paride(a). (a). Hom. Iliad. l. 2. (1). Secondo
di Paride(a). (a). Hom. Iliad. l. 2. (1). Secondo alcuni la madre
di
Enea fu una donna Trojana, che portava il nome di
ndo alcuni la madre di Enea fu una donna Trojana, che portava il nome
di
Venere(a). (b). Virg. Aneid. l. 7. (2). Macare
Là egli s’incontrò con Enea, cui descrisse le sue avventure, e quelle
di
Ulisse(b). (c). Hom. Iliad. l. 5. (d). Id. Il
estici(c). Sembra, che il loro culto sia derivato dall’antico costume
di
seppellire nelle case i trapassati. E perchè essi
che vie ; però i Penati furono anche chiamati Viali(d). Sotto il nome
di
Penati si venerarono poi indistintamente anche gl
ocavano anche in una Cappelletta, denominata Penetrale(g), e Larario,
di
cui appresso i Grandi un servo, e un Liberto appr
Imperatori ne avea la cura(h). Venivano rappresentati sotto la figura
di
piccole Statue, coperte di una pelle di cane, ovv
h). Venivano rappresentati sotto la figura di piccole Statue, coperte
di
una pelle di cane, ovvero sotto quello di questo
rappresentati sotto la figura di piccole Statue, coperte di una pelle
di
cane, ovvero sotto quello di questo stesso animal
di piccole Statue, coperte di una pelle di cane, ovvero sotto quello
di
questo stesso animale(a), il quale simboleggiava
d ornare l’anzidetta Cappella, e ad inghirlandarne le statue predette
di
fiori, e spezialmente di viole, di mirto, e di ro
ella, e ad inghirlandarne le statue predette di fiori, e spezialmente
di
viole, di mirto, e di rosmarino. Dinanzi ad esse
inghirlandarne le statue predette di fiori, e spezialmente di viole,
di
mirto, e di rosmarino. Dinanzi ad esse ardevano s
rne le statue predette di fiori, e spezialmente di viole, di mirto, e
di
rosmarino. Dinanzi ad esse ardevano sempre le lam
e di rosmarino. Dinanzi ad esse ardevano sempre le lampade, fumavano
di
frequente gl’incensi, sacrificavasi in certi gior
ensi, sacrificavasi in certi giorni un porco, e si facevano libazioni
di
vino(c) in un vaso, detto da’ Latini Patella, dal
rò fu causà, che le medesime venissero in seguito proihite per timore
di
qualche cospirazione (a). Augusto le ristabilì, e
i per ultimo, che gli Dei Penati, i quali Enea sottrasse all’incendio
di
Trojà, erano due immagini di giovanetti, assisi,
ati, i quali Enea sottrasse all’incendio di Trojà, erano due immagini
di
giovanetti, assisi, e armati di lancia (c). (4).
incendio di Trojà, erano due immagini di giovanetti, assisi, e armati
di
lancia (c). (4). Tito Livio dubita, se Ascanio s
dubita, se Ascanio sia nato da Creusa, o da Lavinia. Questo figliuolo
di
Priamo da orima fu detto Ascanio da un fiume dell
prima lanugine della barba. Distrutta Troja, mentre l’avo e il padre
di
lui contrastavano tra loro intomo alla fuga, appa
adre di lui contrastavano tra loro intomo alla fuga, apparve sul capo
di
Ascanio una piccola fiamma, la quale nè gli recò
ò alcun danno, nè si potè estinguere colle mani : donde si presagì il
di
lui futuro Imperio. Difatti dopo la morte di Enea
ni : donde si presagì il di lui futuro Imperio. Difatti dopo la morte
di
Enea egli regnò trent’anni appresso Lavinio, e vi
ppresso Lavinio, e vi fondò Alba Longa (d). (5). Anche Panto, figlio
di
Otreo Focese, nella notte dell’eccidio di Troja,
. (5). Anche Panto, figlio di Otreo Focese, nella notte dell’eccidio
di
Troja, si salvò a traverso de’nemici, tenendo per
ndo coll’altra i suoi Dei Penati, e i vasi sacri del tempio d’Apollo,
di
cui egli n’era il sacerdote (a). (6). Un simile
o d’Apollo, di cui egli n’era il sacerdote (a). (6). Un simile fatto
di
filiale pietà dimostrarono i due fratelli Sicihan
ulle spalle i loro genitori, e per sottrarli alla morte non temettero
di
passare tralle fiamme, che li ambe le parti consu
e fiamme, che li ambe le parti consumavano ogni cosa. Gli Dei a vista
di
sì straordinaria pietà fecero, che il fuoco li ri
ase prigioniero de’Greci, e che fu dato con Andromaca a Pirro, figlio
di
Achille (c). Altri soggiungono, che i Greci lo la
d). Tra coloro, che in quella circostanza tradirono la patria, Darete
di
Frigia annovera anche Ucalegonte (a). Omero poi (
ta d’Africa (f) ; Ladone, che fu ucciso da Aleso (g) ; Eumede, figlio
di
Dolone ; Clizio, figlio d’Eolo, nato in Lirnessa,
Mnesteo, Principe Trojano, discendente d’Assaraco (i), e Naute, nelle
di
cui mani fu da Diomede rimesso il Pallade, rapito
da Troja. Daquel tempo Naute, e i suoi discendente ebbero la custodia
di
quel sacro simulacro (l). (a). Virg. Acneid. l.
cro simulacro (l). (a). Virg. Acneid. l. 2. (9). Piloto delle navi
di
Enea fu Palinuro. Questi, aggravato dal sonno, ca
ni fu giuoco de’venti e delle onde. Il quarto dì arrivò alle spiaggie
di
Velia, città della Lucania, i di cui abitanti, do
e. Il quarto dì arrivò alle spiaggie di Velia, città della Lucania, i
di
cui abitanti, dopo di averlo spogliato e ucciso,
alle spiaggie di Velia, città della Lucania, i di cui abitanti, dopo
di
averlo spogliato e ucciso, di nuovo lo gettarono
della Lucania, i di cui abitanti, dopo di averlo spogliato e ucciso,
di
nuovo lo gettarono in mare. Gli Dei, per punire t
o, di nuovo lo gettarono in mare. Gli Dei, per punire tanta inumanità
di
coloro, li àfflissero con fiera pestilenza. I Vel
acolo, che quella non sarebbe cossata, se non avessero placato i Mani
di
Palindro, gli consecrarono un bosco, e gli eresse
ero un cenotafio in un promontorio, il quale fu poi detto Prementorio
di
Palinuro (a). (a). Virg. Acneid. l. 3. (10). D
a). (a). Virg. Acneid. l. 3. (10). Dicono alcuni, che Anchise finì
di
vivere sul monte Ida (b). Pausania pretende che s
onte, che poscia si denominò Anchiso (c). Eustato soggiunge, che morì
di
ottant’anni (d). Igino (e) e Virgilio narrano, ch
è si vantò d’aver conversato con Venere (f). (11). Didone era figlia
di
Belo, re di Tiro, e sorella di Pigmalione. Fu dat
’aver conversato con Venere (f). (11). Didone era figlia di Belo, re
di
Tiro, e sorella di Pigmalione. Fu data in matrimo
n Venere (f). (11). Didone era figlia di Belo, re di Tiro, e sorella
di
Pigmalione. Fu data in matrimonio a Sicheo, chiam
matrimonio a Sicheo, chiamato anche Acerba (g), e Sicarba (h), figlio
di
Flistene, e il più picco sacerdote di Ercole, chè
erba (g), e Sicarba (h), figlio di Flistene, e il più picco sacerdote
di
Ercole, chè si trovasse tra tutti i Fenici. Pigma
di Ercole, chè si trovasse tra tutti i Fenici. Pigmalione sorprese il
di
lei marito, mentre questi sacrificava, e lo uccis
arito, mentre questi sacrificava, e lo uccise per impossessarsi delle
di
lui ricchezze. Il truce fatto per qualche tempo s
to per qualche tempo stette nascosto a Didone ; ma finalmente l’ombra
di
Sicheo, che fino allora era rimasto privo degli o
idone così fece, e si trasferì nell’Africa, ove regnava larba, figlio
di
Giove e della Ninfa Garamantide. Ella gli offerì
rì porzione de’suoi tesori, a patto, che volesse cederle tanto spazio
di
terreno, quanto ella ne avesse potuto misurare co
pazio di terreno, quanto ella ne avesse potuto misurare con una pelle
di
bue. L’ottenne : quindi, tagliata la pelle in ist
essa vi formò una Cittadella, a cui dalla pelle del bue diede il nome
di
Birsa, voce Greca, che significa pelle (a). (12)
a). (12). Varrone, citato da Servio (b), dice, che non Didone, ma la
di
lei sorella, Anna, concepì in quella circostanza
a). Id. Acneid. l. 4. (13). Altri raccontano in altro modo la morte
di
Didone. Dicono, che quando colei stabilì in Afric
volle acconsentirvi. E perchè temeva d’esservi costretta dalla forza
di
quel re, ricercò alquanto di tempo sotto pretesto
è temeva d’esservi costretta dalla forza di quel re, ricercò alquanto
di
tempo sotto pretesto di voler prima placare l’omb
etta dalla forza di quel re, ricercò alquanto di tempo sotto pretesto
di
voler prima placare l’ombra di Sicheo. Compito qu
cercò alquanto di tempo sotto pretesto di voler prima placare l’ombra
di
Sicheo. Compito quello, alzò un rogo, e sopra di
rima placare l’ombra di Sicheo. Compito quello, alzò un rogo, e sopra
di
quello finì i suoi giorni (c). Quesra sì intrepid
inì i suoi giorni (c). Quesra sì intrepida azione le acquistò il nome
di
Elisa parola Fenicia, la quale dicono significare
ferì in matrimonio ad Eolo la più bella tralle sue quattordici Ninfe,
di
nome Dejopeia, per eccitarlo a suscitare quella n
(15). Appresso gli Antichi, per celebrare l’Anniversario della morte
di
alcuno, si adunavano i parenti e gli amici al sep
alcuno, si adunavano i parenti e gli amici al sepolcro, lo cuoprivano
di
flori, frutta, e vivande, e si dedicavano a feste
a feste e a giuochi. Mentre Enea celebrava in Sicilia d’anniversario
di
suo padre, Entello, famoso Atleta, disputò il pre
nol avesse assistito (b). I Giuochi poi, instituiti da Enea in onore
di
Anchise, vennero chiamati i Giuochi Trojani. In e
i Trojani. In essi gli esercizj erano tutti militari. Ascanio, figlio
di
Enea, li insegnò agli Albani, e questi a’Romani.
ione degli uomini, o perchè si genera insieme con loro (d). Due sorta
di
Genj furono da altri riconosciuti : gli uni, che
inati Telchini, ed Alastori, ossia malefici, tra’quali si fa menzione
di
un certo Atteo. Credevasi, che i medesimi sparges
i, e quasi tutte le altre cose aveano il loro Genio (c). Demogorgone,
di
cui abbiamo parlato anche altrove, si tenne parim
un Genio, che presiedeva alla terra. Si rappresentava sotto l’aspetto
di
pallido e smunto vecchio, che soggiornava nelle v
rnità e il Caos. Paussania scrive, che vicino al confine delle stadio
di
Olimpia eravi un altare di figura rotonda, dedica
scrive, che vicino al confine delle stadio di Olimpia eravi un altare
di
figura rotonda, dedicato ad un Genio, denominato
esi dallo spavento, che più non ubbidivano nè alla voce, nè alla mano
di
chi li reggeva, e rovesciavano soventi volte il c
(a). Queste Deità comunemente si rappresentavano sotto la figura ora
di
vecchi, ed ora di giovanetti, qualche volta alati
comunemente si rappresentavano sotto la figura ora di vecchi, ed ora
di
giovanetti, qualche volta alati (b). Si coronavan
ora di giovanetti, qualche volta alati (b). Si coronavano con foglie
di
platano (c). Talora comparivano anche sotto le se
on foglie di platano (c). Talora comparivano anche sotto le sembianze
di
serpente (d). (b). Virg. Acneid. l. 5. (17). V
ver ucciso accidemalmente il padre, lasciò l’Artadia, e per consiglio
di
sua madre si trasferì in Italia. Quivi, ocacciati
nò a que’popoli l’agricoltura e l’uso delle lettere. Accolse appresso
di
se Ercole ; e corse seppe, ch’era figliuolo di Gi
tere. Accolse appresso di se Ercole ; e corse seppe, ch’era figliuolo
di
Giove, e che le di lui grandi azioni corrispondev
sso di se Ercole ; e corse seppe, ch’era figliuolo di Giove, e che le
di
lui grandi azioni corrispondevano all’alto sua na
(l). Virgilio poi narra, che Evandro ebbe a combattere con Erilo, re
di
Preneste, in Italia ; e che tre volte dovette dar
ni altra peste degli uni sopra quella degli altri, faceva morire così
di
orribile infezione tanti viventi (c). (b). Id.
ezione tanti viventi (c). (b). Id. Acneid. l. 8. (20). Nell’armata
di
Turno conoro Bnea molto si distinse Messapo, figl
). Nell’armata di Turno conoro Bnea molto si distinse Messapo, figlio
di
Nettuno, ed eccellente nell’arte di maneggiare i
molto si distinse Messapo, figlio di Nettuno, ed eccellente nell’arte
di
maneggiare i cavalli (d) ; Mago, che restò ucciso
ole dalla Sacerdotessa Rea, e che portava scoloita sullo scudo l’Idra
di
Lerna, per indicare la sua illustre origine (h).
). Virg. Aneid. l. 10. (22). Lauso riuscì eccellentemente nell’arte
di
maneggiare i cavalli, e nell’esercizio della cacc
eid. l. 11. (23). Camilla fu allevata ne’boschi, e nutrita col latte
di
un giumento. Venne consecrata a Diana da Metabo,
agile alla corsa, che avrebbe potuto correre sopra un campo, coperto
di
spighe, senza farle piegare sotto i suoi piedi, o
le onde del mare, senza restarne bagnata. La sua veste era una pelle
di
tigre. Quando marciò contro Enea, fece cadere sot
Quando marciò contro Enea, fece cadere sotto i suoi colpi un’infinità
di
Frigj. Rimase uccisa da Arunte, soldato Trojano,
in cui ella stava per ispogliare delle armi Cloreo, antico Sacerdote
di
Cibele. Arunte poi fu messo a morte da Diana (c).
l. 12. (d). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (24). Lavinia, moglie
di
Enea, concepì gelosia di Anna, e ordì contro di l
. Hofman. Lex. Univ. (24). Lavinia, moglie di Enea, concepì gelosia
di
Anna, e ordì contro di lei varie insidie. Anna, a
(24). Lavinia, moglie di Enea, concepì gelosia di Anna, e ordì contro
di
lei varie insidie. Anna, avvertita in sogno da Di
ipitarsi nel fiume Numicio, dove divenne una Ninfa, e assunse il nome
di
Anna Perenna. Altri poi sotto tal nome riconobber
Anna Perenna. Altri poi sotto tal nome riconobbero una certa vecchia
di
campagna, che somministrò viveri al Popolo Romano
che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi, la quale fu nutrice
di
Giove. Comunque ciò sia, notiamo per ultimo, che
otiamo per ultimo, che Anna Perenna fu venerata come una Dea, e che a
di
lei onore si celebrava lungo le rive del Tevere u
i partorì un figlio. cui dal luogo, ove nacque, venne imposto il nome
di
Silvio (c). E siccome il medesimo comparve alla l
di Silvio (c). E siccome il medesimo comparve alla luce dopo la morte
di
suo padre, così egli fu anche socrannominato Post
. L. 3. (b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (1). Il primo marito
di
Clitennestra fu Tantalo, figlio di Tieste, e ulti
Lex. Univ. (1). Il primo marito di Clitennestra fu Tantalo, figlio
di
Tieste, e ultimo nipote di Tantalo, re di Frigia
marito di Clitennestra fu Tantalo, figlio di Tieste, e ultimo nipote
di
Tantalo, re di Frigia (a). (c). Hyg. fab. 88.,
ennestra fu Tantalo, figlio di Tieste, e ultimo nipote di Tantalo, re
di
Frigia (a). (c). Hyg. fab. 88., Tzeizcs Chil. 1
iad. l. 2. (2). I Greci, come si divisero tra loro le ricche spoglie
di
Troja, furono tosto impazienti di ritornarsene al
divisero tra loro le ricche spoglie di Troja, furono tosto impazienti
di
ritornarsene alle loro città, malgrado la minacci
ne alle loro città, malgrado la minacciosa apparenza del Cielo. Molti
di
essi periròno per nautragio, e gli altri vennero
i altri vennero per lungo tempo portati quà e là per ignoti mari. Uno
di
questi ultimi fu anche Agapenore. Egli da una pro
ltimi fu anche Agapenore. Egli da una procella fu gettato sulle coste
di
Cipro ; e costretto dalla necessita, si stabilì i
in Pafo, ove fabbricò un tempio a Venere (b). (3). Teucro era figlio
di
Telamone, re di Salamina, e di Esione, figlia di
bricò un tempio a Venere (b). (3). Teucro era figlio di Telamone, re
di
Salamina, e di Esione, figlia di Laromedonte, e s
a Venere (b). (3). Teucro era figlio di Telamone, re di Salamina, e
di
Esione, figlia di Laromedonte, e sorella di Priam
). Teucro era figlio di Telamone, re di Salamina, e di Esione, figlia
di
Laromedonte, e sorella di Priamo. Omero ne parla,
lamone, re di Salamina, e di Esione, figlia di Laromedonte, e sorella
di
Priamo. Omero ne parla, come del miglior tiratore
nella Greca armata (c). Teucro uccise Clito, Principe Trojano, figlio
di
Pisenore, e cocchiera di Polidamante (d), Privò d
eucro uccise Clito, Principe Trojano, figlio di Pisenore, e cocchiera
di
Polidamante (d), Privò di vita un Imbrio guerrier
pe Trojano, figlio di Pisenore, e cocchiera di Polidamante (d), Privò
di
vita un Imbrio guerriero, figlio del ricco Mentor
Privò di vita un Imbrio guerriero, figlio del ricco Mentore, e marito
di
Medesicasta, figlia di Priamo (e). Fece spirare s
guerriero, figlio del ricco Mentore, e marito di Medesicasta, figlia
di
Priamo (e). Fece spirare sotto i suoi colpi Proto
irare sotto i suoi colpi Protoone (f). Essendo ritornato dall’assedio
di
Troja, senzachè avesse vendicata la morte di Ajac
o ritornato dall’assedio di Troja, senzachè avesse vendicata la morte
di
Ajace, suo fratello, non fu accolto dal padre. Si
Cipro, ove fondò una città, che denominò pure Salamina. Dopo la morte
di
Telamone voleva rimettersi in patria ; ma Eurisac
a morte di Telamone voleva rimettersi in patria ; ma Eurisace, figlio
di
Ajace, gli si oppose. Prese allora la strada dell
e s’impadronì de’luoghi, ne’quali poscia si fabbricò Cartagigine. Da
di
là passò in Gallecia, ed ivi finalmente si stabil
cro ritornò alla sua nuova Salamina. Allora fu, che vi eresse al dire
di
Lattanzio un tempio a Giove, in eui per comando d
vi eresse al dire di Lattanzio un tempio a Giove, in eui per comando
di
lui si sacrificava al Nume un uomo (c). (4). Eur
Euripilo nacque dal Tessalo Evemone (d). Egli uccise Apisaone, figlio
di
Fausio (e), ed Ipsenore, figlio di Dolopione (f).
(d). Egli uccise Apisaone, figlio di Fausio (e), ed Ipsenore, figlio
di
Dolopione (f). Nella divisione delle Trojane spog
lle Trojane spoglie gli toccò una cassa, che racchiudedeva una statua
di
Bacce, formata da Vulcano, e poi regalata da Giov
ia gli continuò per lungo tempo, nè gli lasciava, che brevi intervali
di
retto sentimento. Euripilo colse uno di quelli pe
lasciava, che brevi intervali di retto sentimento. Euripilo colse uno
di
quelli per andarsene a consultare l’Oracolo di Ap
to. Euripilo colse uno di quelli per andarsene a consultare l’Oracolo
di
Apollo Delfico. N’ebbe in risposta, che dovesse p
fece Euripilo ; e lasciatosi in balia de’venti, fu portato alla costa
di
Patrasso. V’osservò, che allora si stava sacrific
laria. Quivi si fermò, e trovossi libero dalla sua follia. In memoria
di
tale avvenimento que’di Patrasso dopo le Feste di
follia. In memoria di tale avvenimento que’di Patrasso dopo le Feste
di
Bacco celebravano ogni anno i funerali di Euripil
e’di Patrasso dopo le Feste di Bacco celebravano ogni anno i funerali
di
Euripilo, e rendevano grande onore al Nume, rinch
ortava l’anzidetta cassa in grande pompa (a). (5). Antifo, figliuolo
di
Tessalo, e nipote di Ercole, col fratello Fidippo
ssa in grande pompa (a). (5). Antifo, figliuolo di Tessalo, e nipote
di
Ercole, col fratello Fidippo, condusse trenta nav
Fidippo, condusse trenta navi contro Troja (b). (6). Nestore, figlio
di
Neleo e di Clori, in età di novant’anni intervenn
ndusse trenta navi contro Troja (b). (6). Nestore, figlio di Neleo e
di
Clori, in età di novant’anni intervenne all’assed
i contro Troja (b). (6). Nestore, figlio di Neleo e di Clori, in età
di
novant’anni intervenne all’assedio di Troja ; e c
lio di Neleo e di Clori, in età di novant’anni intervenne all’assedio
di
Troja ; e colla prudenza e sagacità de’consigli r
sue singolari prerogative gli si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re
di
Tenedo, la quale era stata fatta schiava da’Greci
impiegò al servigio della sua mensa (d). (7). Idomeneo fu figliuolo
di
Deucalione, re di Creta. Egli condusse contro Tro
io della sua mensa (d). (7). Idomeneo fu figliuolo di Deucalione, re
di
Creta. Egli condusse contro Troja ottanta vascell
Priamo avea promesso in moglie la sua figliuola, Cassandra(b). Privò
di
vita Festo, figlio di Boro, della Meonia(c). Mise
in moglie la sua figliuola, Cassandra(b). Privò di vita Festo, figlio
di
Boro, della Meonia(c). Mise a morte Erimante(d),
della Meonia(c). Mise a morte Erimante(d), Enomao, e Alcatoo, figlio
di
Esieta, e genero d’Anchise(e). Ritornando dall’as
too, figlio di Esieta, e genero d’Anchise(e). Ritornando dall’assedio
di
Troja fu colto da sì fiera burrasca, che stette p
sacrificato chiunque gli si fosse presentato il primo sulle spiaggie
di
Creta. Non molto dopo vi giunse. Il di lui figliu
entato il primo sulle spiaggie di Creta. Non molto dopo vi giunse. Il
di
lui figliuolo corse il primo ad abbracciarlo. Ido
re alla promessa, già fatta al Dio delmare, immerse il ferro nel seno
di
quello. Altri asseriscono, che nol fece, perchè i
ce, perchè il popolo ne lo impedì. Comunque sia, certo è, che tutti i
di
lui sudditi gli si sollevarono, lo scacciarono da
’Esperia, ove fondò Salento(f). Eragli stato compagno Merione, figlio
di
Molo, Principe Cretese. Anebe questi diede saggi
o Merione, figlio di Molo, Principe Cretese. Anebe questi diede saggi
di
grande valore nel tempo della guerra Trojana. Ucc
mo narrato, Fereclo, figlio d’Armonide, Adamante, e Arpalione, figlio
di
Pilemene, re de’Paflagonj(a). (8). Patroclo nacq
perchè avendo ucciso Cleonimo, o, come altri vogliono, Eante, figlio
di
Anfidamante, mentre giuocava seco lui, fu costret
eco lui, fu costretto a trasferirsi appresso Peleo, suo parente, e re
di
Ftia. Quegli lo fece allevare da Chirone insieme
memorabile, ch’egli allora operò, è questa : Achille, per vendicarsi
di
Agamennone, il quale, come piu diffusamente espor
aveagli tolto Briseide, non voleva più combattere. Prese Patroclo le
di
lui armi, eccettuatane l’asta, la quale per l’imm
me, come gia abbiamo detto, Pronoo, e Areilico caddero sotto si colpi
di
lui. Lo stesso fine incontrò Sarpedone, valoroso
o si colpi di lui. Lo stesso fine incontrò Sarpedone, valoroso figlio
di
Giove. L’indovino Adrasto, Autonoo, Echelo, Perim
Epistorre, Melanippo, Elaso, Molio, e Pharte spirarono pure sotto le
di
lui mani. Animato da sì feliciosuccessi, nè ancor
l combattimento. Apollo allora, che proteggeva i Trojani, gli comandò
di
non inferocire pìù oltre. Patroclo, pieno di spav
a i Trojani, gli comandò di non inferocire pìù oltre. Patroclo, pieno
di
spavento, balzò dal darro, e lanciò una grossa pi
nte la vittoria si dichiarò in favore de’Greci, che trassero il corpo
di
Cebrione alle loro rive. Patroclo tuttavia son de
gli mancarono, gli caddero le armi, e nestò immobile. Euforbo, figlio
di
Panto, veggendolo in quello stato, tentò di abbat
immobile. Euforbo, figlio di Panto, veggendolo in quello stato, tentò
di
abbatterlo, ma non vi riuscì. Iusque Ettore, e co
o, ma non vi riuscì. Iusque Ettore, e coll’asta lo uccise(a). Dopo la
di
lui morte nacque contesa pel di lui corpo. Ettone
re, e coll’asta lo uccise(a). Dopo la di lui morte nacque contesa pel
di
lui corpo. Ettone, non contento d’essersi impadro
sa pel di lui corpo. Ettone, non contento d’essersi impadronito delle
di
lui spoglie, voleva anche recider gli il capo ; m
e di lui spoglie, voleva anche recider gli il capo ; ma Ajace, figlio
di
Telamone, lo mise in fuga, e trasportò il corpo d
rasportò il corpo dell’estinto ne’suoi navigli. Dicesi, che i cavalli
di
Achille abbiano pianto la morte di Patioclo, che
uoi navigli. Dicesi, che i cavalli di Achille abbiano pianto la morte
di
Patioclo, che sieno rimasti immobili colla testa
rso terra, e che non abbiano voluto più marciare ad onta degli sforzi
di
Automedonte, che li guidava(b). Achille, intesa l
, che li guidava(b). Achille, intesa la morte dell’amito, diede segni
di
eccessivo dolore, e protestò, che non ne avrebbe
on ne fosse caduto in suo potere l’uccisore, e non avesse sacrificato
di
sua mano sul rogo di Patroclo dodici de’più illus
suo potere l’uccisore, e non avesse sacrificato di sua mano sul rogo
di
Patroclo dodici de’più illustri giovani Trojani(a
ustri giovani Trojani(a). Ma Patroclo comparve ad Achille, e lo pregò
di
sollecitare i suoi funerali, onde potesse aver in
Elisj. Achille prontamente lo fece : scannò molte vittime intorno al
di
lui rogo ; vi gottò nel mezzo di quello quattro d
ce : scannò molte vittime intorno al di lui rogo ; vi gottò nel mezzo
di
quello quattro de’suoi più belli cavalli, e due d
esto quanto sul rogo ardeva ; tre volte straseinò intorno il sepoloro
di
Patroclo e le triora del Troja il corpo di Ettore
aseinò intorno il sepoloro di Patroclo e le triora del Troja il corpo
di
Ettore, legato a’suoi cavalli ; e terminè que’ fu
lli molto si distinse, e ripottò il premio della corsa Eumela, figlio
di
Alceste, e di Admero, te di Pere(c). Egli erasi r
istinse, e ripottò il premio della corsa Eumela, figlio di Alceste, e
di
Admero, te di Pere(c). Egli erasi recato all’asse
ottò il premio della corsa Eumela, figlio di Alceste, e di Admero, te
di
Pere(c). Egli erasi recato all’assedio di Troja c
di Alceste, e di Admero, te di Pere(c). Egli erasi recato all’assedio
di
Troja con due cavalle di Fersziade, le quali Apol
te di Pere(c). Egli erasi recato all’assedio di Troja con due cavalle
di
Fersziade, le quali Apollo aveva allevato sul mon
l pati degli uccelli, portavano da per tutto il terrore e lo spavento
di
Marte(d). Nel giuoco del disco allora moltiscimo
giuoco del disco allora moltiscimo si segnalò anche Polipete, figlio
di
Piritoo e d’Ippodamia(a). Più Trojani caddero sot
lipete, figlio di Piritoo e d’Ippodamia(a). Più Trojani caddero sotto
di
lui, e tra gli altri Astialo(b), Damaso, Pilone,
altri Astialo(b), Damaso, Pilone, e Ormeno(c). (9). Anfimaco, figlio
di
Nomione, si recò all’asseuio di Troja tutto brill
, e Ormeno(c). (9). Anfimaco, figlio di Nomione, si recò all’asseuio
di
Troja tutto brillante d’oro, ein lusso femminile(
ja tutto brillante d’oro, ein lusso femminile(d). (10). Mege, figlio
di
Fileo, si portò contro i Trojani con quaranta vas
ccise Cresmo(e), e Pedeo, figlio d’Antenore(f). (11). Talpio, figlio
di
Eurito, armò contro Troja quaranta vascelli, de’q
sopra quaranta secondo Omero(i). Piro, capo de’Traci, spirò per mano
di
lui(l). Toante era sì stimato, che Nettuno prese
spirò per mano di lui(l). Toante era sì stimato, che Nettuno prese le
di
lui sembianze per animare i Greci al combattiment
Agamennone, volle ritornarsene nell’Arcadia. Minerva, presa la figura
di
Mela, figlio di Opi, procurò di dissuadere Teuti
e ritornarsene nell’Arcadia. Minerva, presa la figura di Mela, figlio
di
Opi, procurò di dissuadere Teuti dalla sua risolu
ell’Arcadia. Minerva, presa la figura di Mela, figlio di Opi, procurò
di
dissuadere Teuti dalla sua risoluzione. Questi, t
coscia, ed eseguì ciò, che avea stabilito. Arrivato a casa, gli parve
di
vedere Minerva, che gli mostrava la sua ferita. D
li mostrava la sua ferita. Dopo questa visione cadde ammalato, e morì
di
languidezza. La terra, in cui avea dimorato, non
più alcun frutto. Gli abitanti della medesima consultarono l’Oracolo
di
Dodona, che li consigliò di placare la predetta D
nti della medesima consultarono l’Oracolo di Dodona, che li consigliò
di
placare la predetta Divinità. Eglino le eressero
ennone ammesso tralla sua armata, affinchè facesse ridere, e servisse
di
divertimento. Colui sempre ciarlava, e diceva tut
che gli si rovesciavano sul petto. Era appuntito nel capo, e coperto
di
pochissimi capelli. Egli fece i più mordaci rimbr
più mordaci rimbrotti ad Agamenone intorno al buon esito dell’assedio
di
Troja, ed Ulisse perciò fortemente lo percosse(b)
chille, come più diffusamente vedremo, e quegli con un pugno lo privò
di
vita(c). (15). Le figliuole di Anio ebbero per m
dremo, e quegli con un pugno lo privò di vita(c). (15). Le figliuole
di
Anio ebbero per madre Dorippe, e si chiamavano En
chiamavano Eno, Spermo, ed Elaide. Aveano ottenuto da Bacco la virtù
di
cangiare in vino, grano, ed olio tutro quel, che
alcante era e sacerdote e indovino. Niuno de’mortali intendeva meglio
di
lui il volo o il linguaggio degli uccelli. Agamen
l Monarca s’accinse all’impresa e l’avvenimento comprovò il vaticinio
di
Mopso. Ciò talmente avvilì il di lui rivale, che
l’avvenimento comprovò il vaticinio di Mopso. Ciò talmente avvilì il
di
lui rivale, che questi morì di dolore(a). Altri p
cinio di Mopso. Ciò talmente avvilì il di lui rivale, che questi morì
di
dolore(a). Altri poi dicono, che, essendosi ricer
non proferi parola ; laddove Mopso soggiunse, che quella era gravida
di
sei figli, tra’quali ve ne sarebbe stato un solo
o ciò esattamente viddesi verificato ; e fu allora, che Calcante morì
di
tristezza(b). Questi dopo motte ebbe un tempietto
mpietto in Daunia sopra una collina appresso all’altro piccolo tempio
di
Podalirio, figlio di Esculapio(c). Mopso poi fu a
ra una collina appresso all’altro piccolo tempio di Podalirio, figlio
di
Esculapio(c). Mopso poi fu annoverato tra’Semidei
igenia, trasportata nella Taurica Chersoneso, divenne la Sacerdotessa
di
Diana, cosicchè toccava ad essa l’iniziare i fore
cchia donna(f). Virgilio ci fa credere, che realmente siasi sparso il
di
lei sangue sull’ara(a). Stesicore finalmente, che
crificata in quell’occasione, era una figlia, la quale Elena, sorella
di
Clitennestra, avea avuto da Tesseo, e che da lei
era stata mai dichiarata per sua figliuola, attesochè ella non osava
di
manifestare a Menelao il suo secreto matrimonio c
Nella sorpresa universale Calcante predisse allora, che la conquista
di
Troja avrebbe costato a’Greci tanti anni di stent
allora, che la conquista di Troja avrebbe costato a’Greci tanti anni
di
stenti e sudori, quanti erano stati gli uccelli d
l. 11. (19). Oileo, padre d’Ajace, avendo voluto vendicare la morte
di
Bienore, di cui n’era il cocchiere, rimase parime
). Oileo, padre d’Ajace, avendo voluto vendicare la morte di Bienore,
di
cui n’era il cocchiere, rimase parimenti ucciso d
Agamennone(c). (b). Id. Iliad. l. 5. (20). Deicoonte era compagno
di
Enea. I Trojani lo onoravano quanto i figliuoli d
oonte era compagno di Enea. I Trojani lo onoravano quanto i figliuoli
di
Priamo, poichè dava saggi di grande coraggio(d).
Trojani lo onoravano quanto i figliuoli di Priamo, poichè dava saggi
di
grande coraggio(d). (c). Id. Iliad. l. 11. (d)
trionfanti de’Greci si dovette spezialmente all’ingegnosa accortezza
di
Ulisse. Questi suggerì a’suoi, che fingessero di
ingegnosa accortezza di Ulisse. Questi suggerì a’suoi, che fingessero
di
ritirarsi dall’assedio, e di far ritorno alle lor
e. Questi suggerì a’suoi, che fingessero di ritirarsi dall’assedio, e
di
far ritorno alle loro città, ma che prima lascias
città, ma che prima lasciassero costruito dinanzi a Troja un cavallo
di
legno, capace di contenere quantità d’armati. Com
ima lasciassero costruito dinanzi a Troja un cavallo di legno, capace
di
contenere quantità d’armati. Com’egli consigliò,
citornavano alle loro città ; e intanto si occultarono dietro l’Isola
di
Tenedo, posta dirimpetto a Troja. Uscirono allora
loro nemici, e presero ad ammirare il gran Cavallo(b). Timete, figlio
di
Laomedonte secondo Ditti Cretese(c), comechè cono
e ciò abbia fatto per vendicarsi con Priamo, che avea fatto morire il
di
lui figliuolo(d). Capi all’opposto, ed altri migl
rovavano in due partiti divisi, disceso dalla rocca Laocoonte, figlio
di
Priamo e di Ecuba, e sacerdote di Nettuno. Quegli
due partiti divisi, disceso dalla rocca Laocoonte, figlio di Priamo e
di
Ecuba, e sacerdote di Nettuno. Quegli, seguito da
sceso dalla rocca Laocoonte, figlio di Priamo e di Ecuba, e sacerdote
di
Nettuno. Quegli, seguito da moltitudine di popolo
mo e di Ecuba, e sacerdote di Nettuno. Quegli, seguito da moltitudine
di
popolo, e pieno d’estro fatidico, si fece a dire,
urto si scosse, e risuonò d’un cupo rimbombo il cavo ventre. L’azione
di
Laocoonte si risguardò come un’empietà. Troja ne
tava sacrificando sulla spiaggia a Nettuno, si staccarono dall’ Isola
di
Tenedo due serpenti, che, strisciando prima con f
, si lanciarono poscia sulla riva, e assalirono due piccoli figliuoli
di
lui, e ne fecero orrendo scempio. In vano usò il
loro difesa : che anzi gli stessi serpenti si avventarono pure contro
di
lui, e lo tormentarono in guisa di fargli mettere
erpenti si avventarono pure contro di lui, e lo tormentarono in guisa
di
fargli mettere disperate grida. Tanto più dunque
re al sacro cavallo, a Ballade offerto. Quindi non attendendo a’detti
di
lui, lo trasferirono nella loro città. A ciò fare
ella loro città. A ciò fare aveali indotti anche prima Sinone, figlio
di
Sisifo, nipote d’Autolico, e soldato d’Achille. C
te prendere da’ Trojani, e diede loro a credere, che i Greci, stanchi
di
sì lungo assedio, e risoluti di abbandonarlo, ave
loro a credere, che i Greci, stanchi di sì lungo assedio, e risoluti
di
abbandonarlo, aveano ricevuto ordine dall’ Oracol
dio, e risoluti di abbandonarlo, aveano ricevuto ordine dall’ Oracolo
di
Febo, che prima sacrificassero uno di loro, affin
o ricevuto ordine dall’ Oracolo di Febo, che prima sacrificassero uno
di
loro, affinchè potessero rimettersi di nuovo con
, che prima sacrificassero uno di loro, affinchè potessero rimettersi
di
nuovo con favorevo le vento alle patrie terre. So
ricercarono con oual disegno i Greci avessero formata l’immensa mole
di
quel Cavallo. Rispose, che i suoi, dopochè rapiro
godettero più favorevole sorte nelle loro imprese ; che per consiglio
di
Calcante conobbero, ch’era necessario ritornarsen
are i sacri auspizj, placare l’offesa Dea, e poi ripigliare l’assedio
di
Troja. Conchiuse col dire, che intanto per espiar
annati da questi detti insidiosi, si affrettarono a ritirare appresso
di
loro il predetto Cavallo. Pet riuscirvi ruppero l
i abitanti (a). (22). Corebo, chiamato da Omero Ortrione, era figlio
di
Migdone. Egli, veggendo che i Greci conducevano v
veggendo che i Greci conducevano via, come schiava, Cassandra, tentò
di
far loro resistenza, e rimase ucciso da Peneleo (
sua figlia, madre d’un bambino. Per celare poi l’obbrobriosa nascita
di
quello, comandò, che lo stesso fosse esposto nell
male chiamasi da’ Greci ega, così a quel fanciullo fu imposto il nome
di
Egisto (b). (a). Hyg. fab. 116. 117. 240. (b).
Elettra a sposare un nobile, ma povero uomo. Questi la tenne appresso
di
se, finchè Oreste ascese nuovamente al trono. Ell
emide, come una giovine prudente, la quale seppe occultare agli occhi
di
sua madre il dolore, che sentiva per la morte di
occultare agli occhi di sua madre il dolore, che sentiva per la morte
di
suo padre. N’ era quindi ben veduta ; laddove Ele
er la morte di suo padre. N’ era quindi ben veduta ; laddove Elettra,
di
lei sorella, non potendo trattenere il pianto e i
esa (d). (a). Iliad. l. 9. (26). Aleso, spaventato del tristo fine
di
suo padre, e temendo d’incontrare anch’egli la st
ia salvato il giovine Oreste, facendolo passare appresso Idomeneo, re
di
Creta, il quale lo prese sotto la sua protezione
a, il quale lo prese sotto la sua protezione (d). (2). Nell’ Elettra
di
Sofocle Oreste e Pilade si fanno credere Focesi,
Pilade si fanno credere Focesi, i quali non solo annunziano la morte
di
Oreste, ma fingono anche di portarne per ordine d
esi, i quali non solo annunziano la morte di Oreste, ma fingono anche
di
portarne per ordine di Strofio le ceneri raccolte
nnunziano la morte di Oreste, ma fingono anche di portarne per ordine
di
Strofio le ceneri raccolte in un’urna. (b). Joh
risce, che Oreste fu accusato dinanzi all’ Areopago da Tindaro, padre
di
Clitennestra (e). V’è chi soggiunge, che lo abbia
(e). V’è chi soggiunge, che lo abbia fatto Erigona, figlia d’Egisto e
di
Clitennestra ; e che colei talmente si rattristò
continua a dire, che volendo Oreste ucciderla, Diana la sottrasse al
di
lui furore, e la stabilì sua sacerdotessa nell’ A
madre, perdette la mente. Vicino allo stesso tempio eravi una spezie
di
tomba, detta la sepoltura del dito, perchè sopra
eravi una spezie di tomba, detta la sepoltura del dito, perchè sopra
di
essa stava scolpita la figura d’un dito ; e si di
avesse troncato colà un dito della mano co’denti (a). (5). La statua
di
Diana fu collocata nel bosco d’Aricia, e venne so
tini Fascelide, perchè quando fu rapita, venne nascosta tra un fascio
di
legna (c). Pausania dice, che in Brauron, Borgo d
ania dice, che in Brauron, Borgo dell’ Attica, eravi un’antica statua
di
Diana, la quale credevasi essere quella, che fu r
oltre un’ignuda spada sulla testa d’una vittima umana, e alcune gocce
di
sangue, che da quella si facevano uscire, erano i
une gocce di sangue, che da quella si facevano uscire, erano in luogo
di
sacrifizio. Ifigenia fu la sacerdotessa di quel t
ano uscire, erano in luogo di sacrifizio. Ifigenia fu la sacerdotessa
di
quel tempio, e dopo morte viricevette onori divin
vini. (d). Lo stesso Storico soggiunge, che gli Spartani pretendevano
di
possedere essi la predetta Statua (e). Strabone f
bone finalmente (f), Dione (g), e Tzetze (h) dicono, che gli abitanti
di
Comana, città della Cappadocia, e que’di Castabal
, e que’di Castabalo, altra città della stessa Contrada, si vantavano
di
tenere il medesimo simulacro. Strabone aggiunge,
tenere il medesimo simulacro. Strabone aggiunge, che le Sacerdotesse
di
Diana, onorata in Castabalo sotto il nome di Pera
nge, che le Sacerdotesse di Diana, onorata in Castabalo sotto il nome
di
Perasia, camminavano a piedi ignudi sopra carboni
eclaustre Diction. Mythol. (1). Il piloto, che condusse il vascello
di
Menelao dall’assedio di Troja, chiamavasi Canobo.
l. (1). Il piloto, che condusse il vascello di Menelao dall’assedio
di
Troja, chiamavasi Canobo. Questi rimase punto da
un serpente, mentre Menelao era da’venti trattenuto in Egitto, e morì
di
quella puntura. Il re di Sparta, per onorarne la
ao era da’venti trattenuto in Egitto, e morì di quella puntura. Il re
di
Sparta, per onorarne la memoria, fabbricò ivi una
asciò tutti gl’inutili alla navigazione(a). (2). Elena dopo la morte
di
Menelao fu scacciata da Sparta, e dovette andarse
o fu scacciata da Sparta, e dovette andarsene appresso Poliso, moglie
di
Tlepolemo, re di Rodi. Poliso ; per vendicarsi di
Sparta, e dovette andarsene appresso Poliso, moglie di Tlepolemo, re
di
Rodi. Poliso ; per vendicarsi di Elena, cagione d
esso Poliso, moglie di Tlepolemo, re di Rodi. Poliso ; per vendicarsi
di
Elena, cagione della guerra, in cui era morto il
e’di Rodi fabbricarono ad Elena un tempio, che denominarono il tempio
di
Elena Dendrite, ossia attaccata all’albero (c). G
ali si celebravano dalle vergini, sedenti sopra mule, o cocchi, fatti
di
vinchi(e). Elena secondo Erodoto era invocata, on
vocata, onde rendesse belle le giovani deformi. Una ricchissima donna
di
Sparta partorì una bruttissima bambina, la mandò
partorì una bruttissima bambina, la mandò spesso nel predetto tempio
di
Elena ; e la bambina divenne sì avvenente, che Ar
tempio di Elena ; e la bambina divenne sì avvenente, che Aristone, re
di
Sparta, la sposò(a). Dicesi finalmente, che il Li
stato privato degli occhi da Castore e da Polluce, perchè avea osato
di
dir male di Elena in uno de’suoi Carmi, riacquist
to degli occhi da Castore e da Polluce, perchè avea osato di dir male
di
Elena in uno de’suoi Carmi, riacquistò poi la vis
tide d’aver tentato d’uccidere Achille, appena nato, come aveva fatto
di
altri sette prima di lui, indispettita di aver do
’uccidere Achille, appena nato, come aveva fatto di altri sette prima
di
lui, indispettita di aver dovuto sposare un morta
pena nato, come aveva fatto di altri sette prima di lui, indispettita
di
aver dovuto sposare un mortale. Furonvi alcuni, i
Univ. (2). Neottolemo fece perire sotto la sua mano un gran numero
di
prodi Trojani. Spezialmente poi si distinse in va
pezialmente poi si distinse in valore, quando uccise Euripilo, figlio
di
Telefo(c), il quale erasi portato in soccorso di
ise Euripilo, figlio di Telefo(c), il quale erasi portato in soccorso
di
Priamo, perchè erasi invaghito della di lui figli
ale erasi portato in soccorso di Priamo, perchè erasi invaghito della
di
lui figliuola, Cassandra, e il quale aveva ucciso
iso molti Capitani Greci, e tra gli altri il bellissimo Nireo, figlio
di
Caropo, e della Ninfa, Aglaja, e il celebre Macao
figlio di Caropo, e della Ninfa, Aglaja, e il celebre Macaone, figlio
di
Esculapio(d) ; benchè Orfeo fa sopravvivere. Maca
(d) ; benchè Orfeo fa sopravvivere. Macaone ad Euripilo(e). I sudditi
di
questo, come lo viddero morto, rimasero presi da
sì veemente dolore, che tutti si lasciarono uccidere intorno al corpo
di
lui(f). Neottolemo, ritornando dall’assedio di Tr
idere intorno al corpo di lui(f). Neottolemo, ritornando dall’assedio
di
Troja, attaccò e ferì Arpalico, re d’un popolo de
popolo della Tracia. Questo re ne sarebbe anche rimasto ucciso, se la
di
lui figliuola, Arpalice, eccellente nel maneggio
n fuga il nemico. Questa sì valorosa giovine, afflitta per la perdita
di
suo padre, che qualche tempo dopo era perito in u
empo dopo era perito in una sedizione, si ritirò ne’boschi, ove visse
di
rapine. Ella correva con somma rapidità, nè fu pr
data in moglie a Neottolemo. Non avendo Ennione prole, divenne gelosa
di
Andromaca, la quale, come abbiamo esposto, era to
ta a Neottolemo nel riparto delle donne Trojane ; e formò il progetto
di
farla perire, mentre Neottolemo era andato in Del
arta, e uccise Neottolemo(b). Altri raccontano in altro modo la morte
di
Neottolemo. Questi, dicono essi, giudicò Apollo a
di Neottolemo. Questi, dicono essi, giudicò Apollo autore della morte
di
suo padre. Si portò quindi in Delfo per saccheggi
rte di suo padre. Si portò quindi in Delfo per saccheggiare il tempio
di
quel Nume, ma in vece restò egli ivi ucciso(c). C
. Id. Iliad. l. 23. (3). Un simile voto fece anche Berenice, figlia
di
Tolommeo Filadelfo e di Arsinoe. Colei sposò Tolo
). Un simile voto fece anche Berenice, figlia di Tolommeo Filadelfo e
di
Arsinoe. Colei sposò Tolommeo Evergere, re d’Egit
dolo marciare alla testa de’ suoi eserciti contro gli Assirj, promise
di
consecrare la sua bella chioma a Venere, se egli
tempio dell’anzidetta Dea, eretto in Arsinoe, città del suo regno. Il
di
seguente non si trovò più quella chioma. Conone,
di seguente non si trovò più quella chioma. Conone, celebre Astronomo
di
Samo, fece credere, ch’essa fosse stata caugiata
h’essa fosse stata caugiata in una Costellazione, detta poi la Chioma
di
Berenice (a). (d). Id. Iliad. l. 2. (4). I Mir
ella Ftiotide, i quali avevano avuno origine nell’Isola Egina. L’odio
di
Giunone contro di Egina, madre di Eaco, ne di que
uali avevano avuno origine nell’Isola Egina. L’odio di Giunone contro
di
Egina, madre di Eaco, ne di quell’Iscea, avea fat
no origine nell’Isola Egina. L’odio di Giunone contro di Egina, madre
di
Eaco, ne di quell’Iscea, avea fatto perire di pos
ell’Isola Egina. L’odio di Giunone contro di Egina, madre di Eaco, ne
di
quell’Iscea, avea fatto perire di postilenza quas
contro di Egina, madre di Eaco, ne di quell’Iscea, avea fatto perire
di
postilenza quasi tutti quegli abitatori. Eaco si
tti quegli abitatori. Eaco si rivolse a Giove ; suo padre, e lo pregò
di
restituirgli i sudditi, o di accomunarlo con loro
rivolse a Giove ; suo padre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o
di
accomunarlo con loro nel generale esterminio. Ter
nel generale esterminio. Terminata la preghiera, un lampo e un ruono
di
prospero augurio lo empirono di coraggio, e accre
ata la preghiera, un lampo e un ruono di prospero augurio lo empirono
di
coraggio, e accrebbero fiducia a’suoi desiderj. P
pplicava il predetto Nume, eravi un’annosa quercia, prodotta dal seme
di
quelle di Dodona, sacra allo stesso Dio. Intorno
l predetto Nume, eravi un’annosa quercia, prodotta dal seme di quelle
di
Dodona, sacra allo stesso Dio. Intorno alla medes
oltissime formiche, clascuna delle quali portava in bocca un granello
di
frumento. Nell’osservare il re quel gruppo immens
cca un granello di frumento. Nell’osservare il re quel gruppo immenso
di
sì minuti animali, rinovò a Giove l’istanza, acci
sì minuti animali, rinovò a Giove l’istanza, acciocchè ripopolasse la
di
lui deserta città con una copia di abitatori, cot
’istanza, acciocchè ripopolasse la di lui deserta città con una copia
di
abitatori, cotrispondente a quella delle predette
e un Nume, ed ebbe un tempio, in cui i vincitori deponevano le corone
di
fiori, che aveano riportaro ne’Giuochi, celebrati
ano le corone di fiori, che aveano riportaro ne’Giuochi, celebrati in
di
lui onore, e però detti Eaci(b). (5). Menestio d
doveva i suoi natali al fiume Sperchio, e alla bella Polidora, figlia
di
Peleo, ma Boro, figlio di Periereo, passava per d
ume Sperchio, e alla bella Polidora, figlia di Peleo, ma Boro, figlio
di
Periereo, passava per di lui padre, perchè egli l
a Polidora, figlia di Peleo, ma Boro, figlio di Periereo, passava per
di
lui padre, perchè egli la aveva sposata, primachè
abriocchè la facesse morire. Quegli non volle imbrattarsi le mani nel
di
lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re di
rattarsi le mani nel di lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re
di
Misia in Asia, il quale la adotto per sua figliuo
e, ch’ella da se medesima si ritirò nella Misia par sottrarsi all’ira
di
suo padre(a). Telefo rimasto in Arcadia, e divenu
ia, e divenuto grande, consultò l’Oracolo per sapere, quali fossero i
di
lui genitori. L’Oracolo gli comandò, che passasse
spaventata implorò il soccorso d’Ercole, e ne intese, che Telefo era
di
lei figliuolo. Telefo allora prese in moglie Laod
o era di lei figliuolo. Telefo allora prese in moglie Laodice, figlia
di
Priamo. In forza di queste nozze avvenne, che Tel
lo. Telefo allora prese in moglie Laodice, figlia di Priamo. In forza
di
queste nozze avvenne, che Telefo si attaccò al pa
ando Bacco, che proteggeva i Greci, fece sortire dalla terra un ceppo
di
vigna ; ne’ di cui rami Telefo inciampò e cadde a
proteggeva i Greci, fece sortire dalla terra un ceppo di vigna ; ne’
di
cui rami Telefo inciampò e cadde a terra. Achille
ami Telefo inciampò e cadde a terra. Achille subito si avventò contro
di
lui, e sì lo ferì colla lan cia, che lo obbligò a
l. 20. (7). Pentesilea, come dicono Igino(c) e Servio(d), era figlia
di
Marte e di Ottera. (8). Darete di Frigia vuole,
. Pentesilea, come dicono Igino(c) e Servio(d), era figlia di Marte e
di
Ottera. (8). Darete di Frigia vuole, che Pentesi
o Igino(c) e Servio(d), era figlia di Marte e di Ottera. (8). Darete
di
Frigia vuole, che Pentesilea sia stata uccisa da
a donna vinse ed uccise Achille ; ma che questo Eroe per le preghiere
di
Tetide, sua madre, cisuscitò un momento per tronc
. l. 1. & 11. (9). Licofrone pretende, che Achille abbia privato
di
vita Tersite, perchè costui avea strappato gli oc
Hofman. Lex. Univ. (a). Hom. Iliad. l. 19. (10). Amintore, padre
di
Eenice, amava una certa Clizia, mentr’egli aveva
iamata dallo Scoliaste d’Omero Ippodamia(f). Questa persuase a Fenice
di
conciliarsi anch’egli l’affetto di colei. Il figl
damia(f). Questa persuase a Fenice di conciliarsi anch’egli l’affetto
di
colei. Il figlio non durò fatica nel riuscirvi. S
io non durò fatica nel riuscirvi. Se ne accorse il padre, e lo caricò
di
maledizioni. Fenice si ritirò nella Ftiotide appr
ioni. Fenice si ritirò nella Ftiotide appresso Peleo, che lo ricolraò
di
ricchezze, gli affidò l’educazione d’Achille, suo
o popolo, e spezialmente a’ Dolopi nella Tessaglia. Fenice alla testa
di
queste genti si portò all’assedio di Troja(g). Ap
lla Tessaglia. Fenice alla testa di queste genti si portò all’assedio
di
Troja(g). Apollodoro poi(h) e Licofrone(i) dicono
). Tene fu gettato dal padre in mare. I flutti lo portarono all’Isola
di
Leucofri. Gli abitanti di quella lo raccolsero, l
re in mare. I flutti lo portarono all’Isola di Leucofri. Gli abitanti
di
quella lo raccolsero, lo crearono loro re, e dopo
dopo morte lo venerarono come un Nume. L’anzidetta Isola poi dal nome
di
lui si chiamò Tenedo(a). (d). Heraclid. de Poli
Parthen. Erot. c. 21. (12). Un simile fatto avvenne a Cometo, figlia
di
Pterelao, re di Tafo, città dell’Argolide. Pterel
. 21. (12). Un simile fatto avvenne a Cometo, figlia di Pterelao, re
di
Tafo, città dell’Argolide. Pterelao avea ricevuto
o cogli altri della sua testa, e al quale era annessa la durata della
di
lui vita. Cometo s’invaghì d’Anfitrione, mentre q
. Cometo s’invaghì d’Anfitrione, mentre questi guerreggiava contro il
di
lei padre ; e lusingandosi di conseguirlo in ispo
e, mentre questi guerreggiava contro il di lei padre ; e lusingandosi
di
conseguirlo in isposo, tradì il genitore, reciden
cidio dallo stesso Anfitrione, poichè questi, com’ebbe in sua mano la
di
lei città, ordinò che colei fosse fatta morire(b)
ibuito per riavere il corpo d’Ettore(c). (14). Antiloco fu figliuolo
di
Nestore e di Euridice(d). Igino racconta, ch’egli
avere il corpo d’Ettore(c). (14). Antiloco fu figliuolo di Nestore e
di
Euridice(d). Igino racconta, ch’egli appena nato
imo molto si segnalò, combattendo contro i Trojani. Spirarono sotto i
di
lui colpi Echepolo, figlio di Talisio(f). Ablero(
ndo contro i Trojani. Spirarono sotto i di lui colpi Echepolo, figlio
di
Talisio(f). Ablero(g), Falce, Mermero(h), e Atimn
detto, lo uccise. Il solo Ovidio tragli Antichi lo fa cadere per mano
di
Ettore, figlio di Priamo(b). Senofonte dice, che
Il solo Ovidio tragli Antichi lo fa cadere per mano di Ettore, figlio
di
Priamo(b). Senofonte dice, che Antiloco fu sopran
ofonte dice, che Antiloco fu soprannominato Filopatore, ossia amatore
di
suo padre, perchè egli sacrificò la propria vita
(b). L. 10. (c). Declaustre Diction. Mythol. (15). I cocchieri
di
Achille furono Alcimedonte, e Automedonte, figlio
15). I cocchieri di Achille furono Alcimedonte, e Automedonte, figlio
di
Diore. Questo ultimo uccise Areto, Capitano Troja
. Poct. (1). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Sisifo, figliuolo
di
Eolo, pochi giorni prima che Anticlea si maritass
giorni prima che Anticlea si maritasse con Laerte, la lasciò incinta
di
Ulisse(a). (2). A’tempi d’Ulisse non si conoscev
monetato. Il commercio c’ordinario consisteva in un cambio reciproco
di
cose necessarie alla vita, e ciò che si comprava,
evata da certi uccelli, detti Penelopi, ella abbia acquistato il nome
di
Penelope, mentre per lo innanzi aveva quello di A
ia acquistato il nome di Penelope, mentre per lo innanzi aveva quello
di
Arne(b). (d). Declaustre Diction. Mythol. (4)
ioso. (e). Hyg. fab. 78. (5). Virgilio dà a Palamede il soprannome
di
Belide, perchè confonde Nauplio, di lui padre, co
gilio dà a Palamede il soprannome di Belide, perchè confonde Nauplio,
di
lui padre, con quello, che nacque da Aminome, una
che nacque da Aminome, una delle Danaidi, le quali, per essere nipoti
di
Belo, furono dette anche Belidi(d). (a). Nat. C
. Univ. (6). Filostrato riferisce, che Ajace ed Achille ebbero cura
di
seppellire Palamede appresso il mare, e che qualc
e che qualche tempo dopo gli alzarono una Capella ; dove gli abitanti
di
que’dintorni si recavano tutti gli anni a fare sa
per aver lapidato Palamede, n’ebbero a sofferire gran danno. Nauplio,
di
lui padre, prese a scorrere tutta la Grecia, e ad
rere tutta la Grecia, e ad attrarre nella dissolutezza un gran numero
di
giovani colle mogli de’principali Capi dell’armat
o, cosicchè vicendevolmente uccidendosi, avessero ad espiare la morte
di
Palamede. Dopo poi la presa di Troja venendo la f
idendosi, avessero ad espiare la morte di Palamede. Dopo poi la presa
di
Troja venendo la flotta de’ Greci spinta da furio
morte(c). Omero per altro dice solamente, che l’anzidetta donna morì
di
dolore per la lunga assenza di suo figlio(d). (c
solamente, che l’anzidetta donna morì di dolore per la lunga assenza
di
suo figlio(d). (c). Declaustre Diction. Mythol.
endo passato per que’dintorni, e avendo udito a decantare la bellezza
di
colei, cercò tutti i mezzi per farsi amare dalla
per farsi amare dalla medesima. Per meglio riuscirvi finse anch’égli
di
abborrire la società, e di amare soltanto la cacc
sima. Per meglio riuscirvi finse anch’égli di abborrire la società, e
di
amare soltanto la caccia. In tala modo si unì all
rojani, fece tutti gli sforzi per dissuadernelo. Quando poi intese la
di
lui morte, morì anch’ella di dolore(a). (b). Id
per dissuadernelo. Quando poi intese la di lui morte, morì anch’ella
di
dolore(a). (b). Id. Iliad. l. 6. (c). Id. Ili
li, memore del giuramento, dato all’amico, e desioso nel tempo stesso
di
soddisfare alle ricerche de’suoi, percosse col pi
evano le ceneri d’ Ercole. Non molto dopo una delle frecce avvelenate
di
quell’Eroe cadde accidentalmente a Filottete sul
sì puzzolente, che i Greci lo abbandonarono, come dicemmo, nell’Isola
di
Lenno(b). Altri dicono, che la predetta piaga fu
Lenno(b). Altri dicono, che la predetta piaga fu un effetto del morso
di
un serpente, mandato da Giunone, la quale, odiand
re Filottete, perchè egli aveva preso cura degli ultimi momenti della
di
lui vita(c). Teocrito soggiunge, che Filottete ri
imase in quel modo danneggiato da un serpente, mentre egli nel tempio
di
Apollo Timbreo stava contemplando il sepolcro di
ntre egli nel tempio di Apollo Timbreo stava contemplando il sepolcro
di
Troilo, ucciso da Achille(d). Macaone, figlio di
emplando il sepolcro di Troilo, ucciso da Achille(d). Macaone, figlio
di
Esculspio, finalmente lo guarì(a). Filottate subi
almente lo guarì(a). Filottate subito dopo si segnalò con varj tratti
di
valore, e fece orribile strage de’Trojani. Dopo l
rj tratti di valore, e fece orribile strage de’Trojani. Dopo la presa
di
Troja avendo udito, che i suoi gli si erano ribel
ali, e nella Calabria fondò, ovvero, come altri pretendono, fortificò
di
mura la città di Petilia(b). (h). Declaustre Di
bria fondò, ovvero, come altri pretendono, fortificò di mura la città
di
Petilia(b). (h). Declaustre Diction. Mythol.
Mythol. (9). Pausania vuole, che Diomede solo sia stato incaricato
di
andarsene a richiamare Filottete(c). (a). Hard.
. Hard. Stor. Poet. (a). Hom. Odyss. l. 9. (10). Uno de’compagni
di
Ulisse, che si chiamava Achemonide, figlio di Ada
(10). Uno de’compagni di Ulisse, che si chiamava Achemonide, figlio
di
Adamasto d’Itaca, rimase nelle terre de’ Ciclopi.
ì sensibile alla partenza del suo amante, che non cessava dal bagnare
di
calde lagrime i doni, che ne avea ricevuto. Eolo
l bagnare di calde lagrime i doni, che ne avea ricevuto. Eolo a vista
di
quelli riconobbe la causa del di lei dolore, e ta
, che ne avea ricevuto. Eolo a vista di quelli riconobbe la causa del
di
lei dolore, e talmente se ne sdegnò, che la avreb
nò, che la avrebbe uccisi, se non ne fosse stato trattenuto da Diore,
di
lei fratello. (12). Tra’ Greci, che da Circe fur
illo, il quale volle rimanersene sempre porco(f). Si fa pute menzione
di
un altro Greco, chiamato Elpenore, il quale riacq
a avendo poi eccessivamente bevuto, cadde giù dalle scale del palagio
di
Circe, si ruppe la testa, e morì(a). (a). Hom.
11. (13). Le Sirene erano Ninfe marine, figlie del fiume Acheloo, e
di
una Musa, che alcuni dicono essere stata Melpomen
Pattenope(e). Abitavano, dice Servio(f), in un’Isola, vicina al Capo
di
Sicilia, e detta Peloro, cinta da scoscesi scogli
cina al Capo di Sicilia, e detta Peloro, cinta da scoscesi scogli. Da
di
là traevano a se colla soavità del loro canto i p
o i passeggieri, i quali poi vi naufragavano(g). Secondo Tzetze l’una
di
esse cantava, l’altra suonava la lira, e la terza
che ciò sia avvenuto, perchè essendosi trovate presenti al rapimento
di
Proserpina, di cui erano compagne, chiesero agli
venuto, perchè essendosi trovate presenti al rapimento di Proserpina,
di
cui erano compagne, chiesero agli Dei di poter vo
al rapimento di Proserpina, di cui erano compagne, chiesero agli Dei
di
poter volare, finchè avessero potuto trovarla(i).
racconta, che Cerere le cangiò in que’mostri, perchè non difesero la
di
lei figlia, quando fu sorpresa da Plutone(a). (1
loro naviglio in iscoglio, mentre quello si trovava vicino all’ Isola
di
Corcira. L Oracolo avea predetto ad Alcinoo, che
re poi, per placare Nettuno, gi immolò dodici scelti tori, e promise
di
non più prestare soccorso ad alcun straniero(f).
reggi(a). Oltre Eumeo eravi anche Filezio, altro custode delle pecore
di
Ulisse. Quegli pure sospirava il ritorno del suo
i pure sospirava il ritorno del suo padrone. Ulisse, assicurato della
di
lui fedeltà, gli si manifestò(b) ; e il Pastore c
anifestò(b) ; e il Pastore concorse anch’egli a far perire gli amanti
di
Penelope. Tra gli altri colpì nel perto Ctesippo,
li amanti di Penelope. Tra gli altri colpì nel perto Ctesippo, figlio
di
Politerso, e uccise Pisandro, figlio di Polittore
pì nel perto Ctesippo, figlio di Politerso, e uccise Pisandro, figlio
di
Polittore(c). (d). Id. Odyss. l. 14. (19). App
nò alla Reggia del padre, gli amanti diPenelope cospirarono contro la
di
lui vita. Capo della congiura fu Antinoo, figlio
). Id. Odyss. l. 18. (20). Penelope, benchè sia stata per lo spazio
di
venti anni divisa da Ulisse, tuttavia corrispose
anni divisa da Ulisse, tuttavia corrispose con invitta costanza alla
di
lui fedeltà. Ella sperava sempre di rivederlo, e
rispose con invitta costanza alla di lui fedeltà. Ella sperava sempre
di
rivederlo, e quindi artifiziosamente deludeva le
e quindi artifiziosamente deludeva le forti e continue sollecitazioni
di
tutti coloro, che aspiravano alle di lei nozze. P
forti e continue sollecitazioni di tutti coloro, che aspiravano alle
di
lei nozze. Prese ella a tessere una tela, e promi
di lei nozze. Prese ella a tessere una tela, e promise a’suoi amanti
di
manifestare la sua risoluzione, quando avesse com
do avesse compito quel lavoro, che destivana per ravvolgervi il corpo
di
Laerte, suo suocero, allorchè fosse morto. In cot
chè la predetta tela vertisse mai ridotta al suo termine, perchè ella
di
notte disfaceva quel ch’era andata facendo il gio
hè Giove mandò due Aquile, le quali, volando con gran romore sul capo
di
coloro, presero a stracciare agli stessi le guanc
guance cogli artigli(a). Lo stesso aveva presagito Teoclimeno, figlio
di
Polifide, e discendente dall’altro famoso Indovin
glio di Polifide, e discendente dall’altro famoso Indovino, Melampode
di
Pilo. Colui, obbligato a lasciare Argo per un omi
si rifugiò in Pilo nel momento, in cui Telemaco stava per partire da
di
là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo p
r partire da di là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo pregò
di
riceverlo nel suo naviglio ; e il giovine Princip
o soddisfece. Arrivati in Itaca, l’ Indovino vide volare alla diritta
di
Telemaco uno sparviero, che teneva tragli artigli
d’ Ulisse, e del trionfo, ch’egli avrebbe riportato sopra gli amanti
di
Penelope(b). Così pure replicò, quando vide color
addero morti, si nominano Antinoo, figlio d’Eupiteo, Eurimaco, figlio
di
Polibo, Anfinomo, e Anfimedonte, figlio di Melanz
’Eupiteo, Eurimaco, figlio di Polibo, Anfinomo, e Anfimedonte, figlio
di
Melanzio. Questi due ultimi rimasero uccisi da Te
da Telemaco(d). Eupiteo, padre d’Antinoo, volendo vendicare la morte
di
suo figlio, si fece alla testa d’alcuni d’Itaca,
restò ucciso da Laerte, padre dello stesso Ulisse(a). Tra gli amanti
di
Penelope si fa pure menzione di Leode, figlio di
ello stesso Ulisse(a). Tra gli amanti di Penelope si fa pure menzione
di
Leode, figlio di Enope. Costui vantavasi di conos
e(a). Tra gli amanti di Penelope si fa pure menzione di Leode, figlio
di
Enope. Costui vantavasi di conoscere il futuro, m
elope si fa pure menzione di Leode, figlio di Enope. Costui vantavasi
di
conoscere il futuro, ma nè seppe prevedere la ven
tui vantavasi di conoscere il futuro, ma nè seppe prevedere la venuta
di
Ulisse, nè il colpo di quell’arma, che gli recise
ere il futuro, ma nè seppe prevedere la venuta di Ulisse, nè il colpo
di
quell’arma, che gli recise la testa(b). (b). Id
nacque la stessa notte, in cui venne al mondo anche Ettore, e fu dopo
di
lui il più valoroso difensore della sua patria(a)
l più saggio ed eloquente tra’ Trojani(b). Molti Greci perirono sotto
di
lui, e tragli altri Protoenore, figlio d’Areilico
d’Areilico(c). Egli spogliò altresì delle anni Oto Cillenio, compagno
di
Filide, e comandante degli Epei(d). (e). Id. Il
oh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (2). Pausania dà ad Autoleone il nome
di
Leonimo(e). (3). Telamone ebbe per madre Endeide
re per giustificarsi del commesso omicidio. Eaco nuovamente gl’intimò
di
non più comparirgli dinanzi ; e gli soggiunse, ch
amone si recò la notte seguente nel porto, e là, alzato un monticello
di
terra, trattò la sua causa. La perdette, e quindi
a, trattò la sua causa. La perdette, e quindi fece vela verso l’isola
di
Salamina(f). Quivi si conciliò il favore del re C
ola di Salamina(f). Quivi si conciliò il favore del re Cicreo, figlio
di
Nettuno e della Ninfa Salamide, che gli diede in
ssendo morto senza figli, lo lasciò erede del trono, perchè col mezzo
di
lui eransi liberate quelle terre da un serpente,
facendone orribile guasto(a). Telamone intervenne altresì alla presa
di
Troja, fattasi da Ercole sotto il regno di Laomed
ervenne altresì alla presa di Troja, fattasi da Ercole sotto il regno
di
Laomedonte. Egli allora ebbe la gloria di penetra
si da Ercole sotto il regno di Laomedonte. Egli allora ebbe la gloria
di
penetrare il primo in quella città. Ercole, non p
rcole, non potendo sofferire, che un altro fosse stimato più valoroso
di
lui, voleva sacrificarlo alla propria gelosia. Te
propria gelosia. Telamone, che se ne avvide, prese a formare un monte
di
pietre, protestando, che voleva alzare un altare
ciecato da tale adulazione, lo ricolmò d’elogi, e per ricompensare il
di
lui valore gli diede Esione, figlia di Laomedonte
d’elogi, e per ricompensare il di lui valore gli diede Esione, figlia
di
Laomedonte, che divenne la di lui seconda moglie(
di lui valore gli diede Esione, figlia di Laomedonte, che divenne la
di
lui seconda moglie(b). Telamone n’ebbe anche una
’accordano a dire, ch’ella era figlia d’Alcatoo, nato da Pelope, e re
di
Megara. E’ questa quella, che diede alla luce il
a sua tenda, soggiungono, che Ulisse, essendo stato preso in sospetto
di
tale omicidio, dovette fuggirsene, e lasciare il
i tale omicidio, dovette fuggirsene, e lasciare il Palladio in potere
di
Diomede. (c). Dares Phryg. de bello Troj, Sopho
se, avendo naufragato sull e coste della Sicilia, vi perdette le armi
di
Achille. Questé da una burrasca vennero portate s
e onde non ne portarono colà se non lò scudo. La tomba d’Ajace fu una
di
quelle, che Alessandro il Grande volle vedere e o
(1). Da Tindaró e da Leda nacque anche Filònoe, la quale per favore
di
Diana divenne immortale, e fu una delle di lei co
lònoe, la quale per favore di Diana divenne immortale, e fu una delle
di
lei compagne(a). (a). Nat. Com. Mythol. l. 8.
tudj, fecero sì, che nel medesimo Inogo si riducesse gran moltitudine
di
quelli, che si applicavano alla Filosofia, e che
itudine di quelli, che si applicavano alla Filosofia, e che bramavano
di
udire Platone : lo che a’ di lui discepoli acquis
licavano alla Filosofia, e che bramavano di udire Platone : lo che a’
di
lui discepoli acquistò il nome di Academici(b).
mavano di udire Platone : lo che a’ di lui discepoli acquistò il nome
di
Academici(b). (a). Nat. Com. Mythol. l. 8. (b)
Nat. Com. Mythol. l. 8. (3). Igino dice, che Febe era sacerdotessa
di
Minerva, e Ilaira dì Diana(c). Pausania soggiuage
(4). Anasi e Mnesinoo ebbero in Argo una statua equestre nel tempio
di
Castore e di Polluce(e). (a). Nat. Com. Mythol.
e Mnesinoo ebbero in Argo una statua equestre nel tempio di Castore e
di
Polluce(e). (a). Nat. Com. Mythol. l. 8. (b).
d. (e). Paus. in Lacon. (f). Plutarch. in. Thes. (5). Il nome
di
Anaci, primachè si conferisse a Castore e a Pollu
l. 3. (b). Paus. l. 3. (c). Hom. Hymn. in Diosc. (6). In tempo
di
burrasca compariscono alle volte certe meteore, o
rrasca compariscono alle volte certe meteore, ossia certi fuochi. Due
di
questi intorno alla testa di Castore e di Polluce
e certe meteore, ossia certi fuochi. Due di questi intorno alla testa
di
Castore e di Polluce furono veduti dagli Argonaut
re, ossia certi fuochi. Due di questi intorno alla testa di Castore e
di
Polluce furono veduti dagli Argonauti, mentre era
viaggio, che facevano per la Colchide. La burrasca però all’apparire
di
que’ fuochi cessò ; e di essi pertanto furono app
r la Colchide. La burrasca però all’apparire di que’ fuochi cessò ; e
di
essi pertanto furono appellati i Fuochi di Castor
e di que’ fuochi cessò ; e di essi pertanto furono appellati i Fuochi
di
Castore e di Polluce. Allorchè i medesimi compari
chi cessò ; e di essi pertanto furono appellati i Fuochi di Castore e
di
Polluce. Allorchè i medesimi comparivano tutti du
medesimi comparivano tutti due insieme, si risguardavano come indizio
di
buon tempo ; laddove quando se ne vedeva uno solo
so era segno d’imminente procella : e allora s’invocava la protezione
di
Castore e di Polluce(b). (d). Joh. Jacoh. Hofma
d’imminente procella : e allora s’invocava la protezione di Castore e
di
Polluce(b). (d). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ.
l. (c). Id. Ibid. (7). Anfistrato e Reca erano stati i cocchieri
di
Castore e di Polluce(c). Strabone poi li chiama A
. Ibid. (7). Anfistrato e Reca erano stati i cocchieri di Castore e
di
Polluce(c). Strabone poi li chiama Anfito e Telch
cit. (c). Fab. 9. 82. 83. (1). Pausania crede, che il vero padre
di
Enomao fosse Alsione(a). (2). Un quasi simile fa
padre di Enomao fosse Alsione(a). (2). Un quasi simile fatto narrasi
di
Pallene, figlia di Sitone, re della Tracia. Era c
se Alsione(a). (2). Un quasi simile fatto narrasi di Pallene, figlia
di
Sitone, re della Tracia. Era colei sì bella, che
sse rimasto vinto. Tutti coloro accettarono la proposizione, ma niuno
di
essi sopravvisse al combattimento. Driante e Clit
riante e Clito si presentarono anch’eglino al cimento. Sitone, poichè
di
giorno in giorno andava scemando di forze, ricusò
eglino al cimento. Sitone, poichè di giorno in giorno andava scemando
di
forze, ricusò di porsi in corso con loro ; e perm
. Sitone, poichè di giorno in giorno andava scemando di forze, ricusò
di
porsi in corso con loro ; e permise ad essi di co
mando di forze, ricusò di porsi in corso con loro ; e permise ad essi
di
combattere l’uno contro l’altro, promettendo la f
ndo la figlia e la corona al vincitore. Pallene aveva avuto occasione
di
vedere Clito, e se n’era già estremamente invaghi
amente invaghita. Ella temeva della vita del suo amante, ma non osava
di
manifestare l’interna agitazione. Frattanto avend
tamente superato il suo rivale. Il balio mediante considerabile somma
di
danaro corruppe il cocchiere di Driante per modo,
Il balio mediante considerabile somma di danaro corruppe il cocchiere
di
Driante per modo, che questi adattò le ruote del
la circostanza, uccise il suo rivale, e conseguì la figlia e il trono
di
Sitone(b). (d). Nat. Com. Myth. l. 7. (3). Epi
Com. Myth. l. 7. (3). Epimenide numera tredici Principi del vicinato
di
Pisa, che, superati da Enomao, ne rimasero anche
e uccisi. Cadde morto in quella circostanza anche un certo Cranone, a
di
cui onore i Tessali de nominarono Cranone la citt
prima si appellava Efira. Quì pure notiamo, che Enomao avea stabilito
di
alzare al Dio Marte un tempio, formato de cranj d
mao avea stabilito di alzare al Dio Marte un tempio, formato de cranj
di
coloro, i quali per aspirare alle nozze di sua fi
n tempio, formato de cranj di coloro, i quali per aspirare alle nozze
di
sua figlia, aveano per mano di lui perduto la vit
oloro, i quali per aspirare alle nozze di sua figlia, aveano per mano
di
lui perduto la vita(a). (a). Declaustre Diction
Id. Ibid. (c). Nat. Com. Mythol. l. 7. (5). Leggesi che il corpo
di
Mirtilo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneat
oggiungono, che Mirtillo fu collocato tra gli Astri in considerazione
di
Mercurio, suo padre. (d). Eurip. in Orest. (6
figlia dell’anzidetto Euristeo, e moglie d’Atreo, e la rendette madre
di
due figliuoli. Atreo lo allontanò dal Regno, ma d
allontanò dal Regno, ma dopo qualche tempo lo richiamò a se, fingendo
di
voler riconciliarsi con lui, ed ammetterlo a part
fine del pranzo gli, presentò le teste de’ medesimi, ond’egli sapesse
di
quali cibi erasi sino allora pasciuto(d). Dicono
luminare sì barbara azione(e). Nè altrimenti per certo conveniva dire
di
Arpalice, bella giovine d’Argo, nata da Climeno e
he colei si lasciò trasportare a somigliante eccesso, e ad imitazione
di
Atreo uccise il proprio fratello, e lo diede a ma
rle accordato Alastore in isposo, se n’era pentito, e lo avea privato
di
vita(f). Non è da confondersi la predetta Arpalic
zata da Ifielo, uno degli Argonauti, cui ella grandemente amava, morì
di
dolore. In quella circostanza s’instituirono dei
giovanette centavano una canzone, detta Arpalice, allusiva alla morte
di
quella giovine(a). (8). Alcatoo fu preso in sosp
). Alcatoo fu preso in sospetto, che avesse avato parte nell’omicidio
di
suo fratello, Crisippo ; e però dovette ritirarsi
uo fratello, Crisippo ; e però dovette ritirarsi appresso Megareo, re
di
Megara. Un leone allora devastava gli Stati di qu
i appresso Megareo, re di Megara. Un leone allora devastava gli Stati
di
quel Principe, e avea anche ucciso il di lui figl
e allora devastava gli Stati di quel Principe, e avea anche ucciso il
di
lui figliuolo, Eurippo. Megareo promise il regno
a suo onore delle annue feste, dette Alcatoe(c). (9). Dopo la morte
di
Pelope gl’ Indovini dichiararono, che Troja non s
poteva prendere da’ Greci, qualora eglino non avessero avuto uno de’
di
lui ossi. Ne fu incaricato Filottete, il quale lo
rmeno, lo raccolse nella rete. Sorpreso dalla straordinaria grandezza
di
quello, lo nascose sotto la sabbia, ne segnò la s
ne segnò la situazione, e se ne andò a Delfo per sapere dall’ Oracolo
di
chi fosse quell’osso, e qual’uso doveva farne. S’
, i quali si erano colà recati per ricercare allo stesso Nume il modo
di
far cessare la pestilenza, che desolava il loro p
che desolava il loro paese. L’Oracolo rispose loro, che procurasse ro
di
ricuperare l’osso di Pelope, che Filottete avea p
paese. L’Oracolo rispose loro, che procurasse ro di ricuperare l’osso
di
Pelope, che Filottete avea perduto ; e a Demarmen
e in ricompensa, che egli e i suoi discendenti avessero il privilegio
di
conservare quell’osso, il quale fu poi dedicato a
venne ad Edipo, successe anche a Crateo, nato da Minos, re dell’Isola
di
Creta, e ad Altemene, suo figliuolo. Quell’infeli
gli sarebbe stato ucciso da uno de’ suoi figliuoli. Altemene in forza
di
tale predizione si ritirò in Rodi. Creteo, crucia
rza di tale predizione si ritirò in Rodi. Creteo, cruciato dal dolore
di
vedersi diviso dal figlio, volle andare in tracci
dal figlio, volle andare in traccia del medesimo, e si recò all’isola
di
Rodi. Quegli abitanti lo giudicarono un nemico, c
mostro. Poichè vano riusciva ogni artifizio e studio, Cefalo, figlio
di
Dejone o Dejoneo, re di una parte della Focide, o
sciva ogni artifizio e studio, Cefalo, figlio di Dejone o Dejoneo, re
di
una parte della Focide, o, come altri vogliono, f
Dejoneo, re di una parte della Focide, o, come altri vogliono, figlio
di
Mercurio e di Erse, ne andò anch’egli alla caccia
una parte della Focide, o, come altri vogliono, figlio di Mercurio e
di
Erse, ne andò anch’egli alla caccia col cane Lela
ia col cane Lelapo, detto da Apollo loro(a) Fae, che Procride, figlia
di
Eretteo, o d’Ificlo, re d’Atene, e di lui moglie,
ro(a) Fae, che Procride, figlia di Eretteo, o d’Ificlo, re d’Atene, e
di
lui moglie, avea ricevute da Minos, re di Creta(b
, o d’Ificlo, re d’Atene, e di lui moglie, avea ricevute da Minos, re
di
Creta(b). Quel cane, tostochè si trovò in libertà
la fiera ; ma Cefalo, temendo la peggio dello stesso cane, risolvette
di
prevalersi dell’asta. Nel momento, in cui si prep
, vide la Volpe e Lelapo convertiti in marmo, quella in atteggiamento
di
fuggire, e questo d’inseguirla(c). (a). Joh. Ja
oggiunge, che i pred tti figli nacquero ad Edipo da Euriganea, figlia
di
Perifa, sposata da lui dopo la morte di Giocasta
ad Edipo da Euriganea, figlia di Perifa, sposata da lui dopo la morte
di
Giocasta ; che Edipo regnò secolei in Tebe ; e ch
rafisse il petto colla spada stessa, la quale stava immersa nel corpo
di
Eteocle, e cadde morta in mezzo di quelli(f). (d
, la quale stava immersa nel corpo di Eteocle, e cadde morta in mezzo
di
quelli(f). (d). Hyg. fah. 66. 67 (5). Apollodo
(d). Hyg. fah. 66. 67 (5). Apollodoro dice, che Edipo fu scacciato
di
Tebe dagli stessi suoi figliuoli, Eteocle e Polin
uali si chiamavano Argia e Deifile. Ne ricevette in risposta, chè una
di
esse si sposerebbe con un cinghiale, e l’altra co
hiale, e l’altra con un leone. Altri dicono, che parve a lui in sogno
di
averle maritate cogli anzidetti animali. Dopo qua
ali. Dopo qualche tempo Polinice si recò in Argo, coperto d’una pelle
di
leone, perchè gloriavasi d’aver indosso una veste
r indosso una veste simile a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, vestito
di
una pelle di cinghiale, con cui voleva ricordare,
veste simile a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, vestito di una pelle
di
cinghiale, con cui voleva ricordare, che Meleagro
icordare, che Meleagro, suo fratello, avea ucciso il famoso Cinghiale
di
Calidone. Adrasto non dubitò allora, che Polinice
imonio a Tideo, e Argia a Polinice(a). (2). Tideo nacque da Eneo, re
di
Calidone, e da Peribea, detta da altri Altea(b).
ta da altri Altea(b). Egli commise un omicidio, e fu quindi costretto
di
ritirarsi in Argo appresso Adrasto. Gli Antichi n
to. Gli Antichi non vanno d’accordo riguardo a colui, che Tideo privò
di
vita. Gli uni, dice Apollodoro(c), pretendono, ch
Tideo finalmente restò ferito a morte da una freccia, vibrata contro
di
lui dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pr
a una freccia, vibrata contro di lui dal Tebano Menalippo. Egli prima
di
morite pregò alcuni de’ suoi, che gli recassero l
uisa della già presa vendetta, esalò lo spirito(a). Lasciò un figlio,
di
nome Diomede. Anche questi al tempo della guerra
guerriero dopo Achille e Ajace Telamonio. Egli uccise Assilo, figlio
di
Teutrane, e al fianco di lui fece cadere morto an
Ajace Telamonio. Egli uccise Assilo, figlio di Teutrane, e al fianco
di
lui fece cadere morto anche il di lui cocchiere,
lo, figlio di Teutrane, e al fianco di lui fece cadere morto anche il
di
lui cocchiere, Caleno, ricco abitante d’Arisba(b)
’ interpretare i sogni. Pandaro, uno de’ Capitani Trojani, originario
di
Licìa, e figlio di’ Elcaone, vibiò un dardo contr
, vibiò un dardo contro Diomede, che lo ferì iu una spalla. Il figlìo
di
Tideo, furibondo per tale ferita ; e ajutato da M
ardore, e ne fece orribile carnificina. Pandaro allora salì sul carro
di
Enea, suo amico, e volò contro Diomede. Scoccò un
ine, se Venere nol cuopriva d’una nube, sarebbe stato simile a quello
di
Pandaro. In quella circostanza Diomede ferì la De
la Dea in una mano(c). Diomede uccise altresì Dolone, ch’erasi recato
di
notte al campo de’ Greci per ispiarne la situazio
più rapidi del vento. Il terzo ; quantunque fosse mortale, era degno
di
marciare cogli altri due(e). Dolone, per riuscire
per riuscire nel tentativo, erasi coperto tutto il corpo d’una pelle
di
lupo. Quando fu vicino a’ Greci imitò la maniera
lle di lupo. Quando fu vicino a’ Greci imitò la maniera del camminare
di
quell’animale per non essère scoperto da alcuno.
a Ulisse, manifestò loro tutti i progetti de’ Trojani, perchè sperava
di
salvare così la propria vita, ma tuttavia fu fatt
o morire(a). Ritornando a Diomede, dicesi ch’egli dopo la distruzione
di
Troja fece fabbricare in Trezene un tempio, ad Ap
Troja fece fabbricare in Trezene un tempio, ad Apollo sotto il titolo
di
Epibaterio, ossia del buon ritoruo, perchò questo
nto, o Sipo, città marittima, appiè delemonte Gargano, per non unirsi
di
nuovo a sua moglie, Egiale, figlia di Adrasto, re
lemonte Gargano, per non unirsi di nuovo a sua moglie, Egiale, figlia
di
Adrasto, re d’Argo, o di Egialeo, come altri vogl
unirsi di nuovo a sua moglie, Egiale, figlia di Adrasto, re d’Argo, o
di
Egialeo, come altri vogliono, perchè colei nel te
Argo, o di Egialeo, come altri vogliono, perchè colei nel tempo della
di
lui assenza erasi abbandonata a dissoluta vita co
lui assenza erasi abbandonata a dissoluta vita con Cillabaro, figlio
di
Stenelo, ovvero, come altri dicono, con qualsisia
il suo figliuolo, Enea(c). Durante la navigazione molti de’ compagni
di
Diomede parlavano con disprezzo dell’anzidetta De
rrogante, che si credeva piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura
di
Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliaron
va piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti
di
quella città gli scagliarono contro tanti sasti,
la città gli scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolto sottò
di
quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli ave
quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli avesse avuto l’audàcia
di
voler prenderè l’anzidetta città, quand’anche Gio
che Giove, e qualsisia altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena
di
tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’
iderato anche dagli uomini come un empio, che avesse provocato contro
di
se lo sdegno del Cielo ; e fu abbruciato sopra un
o, separatò da quello, degli altri Eroi, i quali morirono all’assedio
di
Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statu
Colei fece conoscere l’eccessivo amore, che nutriva per lui, e diede
di
se medesima un grande spettacolo. Ella si trasfer
i ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo
di
Capaneo ; e a vista del di lei padre, e degli alt
rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del
di
lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra
; e a vista del di lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra
di
quello(e). (4). Anfiatao fu figliuolo d’Ecleo
nfiatao fu figliuolo d’Ecleo e d’Ipermnestra(f). Altri dicono, che il
di
lui padre fosse l’eccellente Indovino. Melampo, e
si nascose in un luogo, ove niuno l’avrebbe mai trovato, se Erifile,
di
lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto,
vette recarsi al campo ; ma prima commise al suo figliuolo, Alcmeone,
di
uccidere Deifile, tostochè avesse udito la di lui
uo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostochè avesse udito la
di
lui morte. Dicesi, che il primo giorno, in cui An
icesi, che il primo giorno, in cui Anfiarao erasi portato all’assedio
di
Tebe, un’aquila abbrancò la di lui lancia, la sol
cui Anfiarao erasi portato all’assedio di Tebe, un’aquila abbrancò la
di
lui lancia, la sollevò in alto, e poi lasciolla c
gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua
di
marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu i
). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spazio
di
ventiquatro ore, astenersi dal vino per tre giorn
rao, e da cui, credevasi, che fosse asceso al Cielo. Si riputava, reo
di
delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ;
vasi in essa de chi neoveniva risanato(b). Alcmeone dopo la morta del
di
lui padre, Anfiarao, uccise la madre. Indi, agita
olo si trasferì appresso l’altro fiume, Acheloo, e prese in moglie la
di
lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la co
rifile ; ed egli, ritornato a Fegeo per riavernela, rimase ucciso da’
di
lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe de
ciso da’ di lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe desiderava
di
vedere vendicata la morte del suo marito ; e otte
vedere vendicata la morte del suo marito ; e ottenne da Giove, che i
di
lei piccoli figliuoli, avuti da Alcmeone, divenis
va. Queglino partirono per eseguire il materno desiderio, e privarono
di
vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche
guire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori
di
Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui moglie(a).
arono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la
di
lui moglie(a). (5). Ippomedonte nacque da Nisim
i moglie(a). (5). Ippomedonte nacque da Nisimaco e Mitidice, figlia
di
Talao, e sorella d’Adrasto(b), o da Nisimaco e Na
, ed a servire uolmente alla patria(d). (6). Partenopeo fu figliuolo
di
Meleagro e di Atalanta. Altri lo fanno nascere da
uolmente alla patria(d). (6). Partenopeo fu figliuolo di Meleagro e
di
Atalanta. Altri lo fanno nascere da Marte e da Me
alippe ; ed altri gli danno per padre Milanione, re d’Arcadia(e). Era
di
bell’aspetto, nè tanto colle sue grazione maniere
e maniere, quanto colla sua saggia condotta sapeva cattivarsi l’animo
di
tutti. Era fiero e intrepido in faccia al nemico,
alla loro isola. Ella andò a nascondersi lungo le rive del mare, e da
di
là fù presa da certi pirati, e venduta a Licurgo(
V’è chi pretende, che i Giuochi Nemei sieno stati introdotti in onore
di
Ercole per la vittoria, da lui ripottata sopra il
ore di Ercole per la vittoria, da lui ripottata sopra il Leone Nemeo,
di
cui abbiamo parlato altrove(b). Que’ Giuochi si c
’ Giuochi si celebravano ogni tre anni. I Greci v’assistevano vestiti
di
nero, per ricordare la morte d’Ofelte. Non vi si
per questo ebbe fine la mentovata guerra. Dieci anni dopo i figliuoli
di
quegli Eroi, che in quella erano periti, presero
uovamente Ie armi per vendicare Ie ombre loro padri, e sotto la guida
di
Alcmeone, figlio d’Anfiarao, cinsero Tebe d’assed
significa nati dopo (e). Tra loro molto si distinse Euripilo, figlio
di
Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenel
loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, Promaco, figlio
di
Partenopeo, e Stenelo, figlio di Capaneo(a). I Te
figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenelo, figlio
di
Capaneo(a). I Tebani finalmente restarono vittori
te restarono vittoriosi mercè il sacrifizio, che fece Meneceo, figlio
di
Creonte. Era stato predetto a quelle genti, che f
te avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe
di
Cadmo, ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamen
se la immerse nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità
di
lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la s
iva alla stessa sua vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione
di
Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figl
oica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole
di
Antipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole,
la vittoria sarebbe stata pe’ Tebani, se il cittadino il più distinto
di
nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ su
rificato pèrida salute de’ suoi. E poichè al predetto Antipeno, nelle
di
cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piaciqu
eno, nelle di cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piacique fare
di
se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anz
o sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le
di
lui anzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzar
gliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento nel tempio
di
Diana Euclia(c). (10). Adrasto implorò il socco
to nel tempio di Diana Euclia(c). (10). Adrasto implorò il soccorso
di
Teseo, re d'Atene, il quale obbligò i Techani, ch
morte, già comandata da Creonte(a). Dicesi inoltre, che Emone, figlio
di
Creonte, il quale aspirava alle nozze di colei, n
i inoltre, che Emone, figlio di Creonte, il quale aspirava alle nozze
di
colei, non avendo potuto salvarla dall’ira patern
go del supplizio, e disperato si trafisse il petto, ed egli pure finì
di
vivere. L’inumanità poi di Creonte non rimase lun
to si trafisse il petto, ed egli pure finì di vivere. L’inumanità poi
di
Creonte non rimase lungo tempo impunita. Teseo gl
lle grandi catastrofi della Terra, cioè diluvj, inondazioni, eruzioni
di
vulcani, sprofondamenti di paesi, apparizioni d’i
Terra, cioè diluvj, inondazioni, eruzioni di vulcani, sprofondamenti
di
paesi, apparizioni d’isole, pestilenze e carestie
oro rozzezza attribuire questi sconvolgimenti, se non che allo sdegno
di
altrettante potenze oceulte o Dei che presiedesse
e ; un Eolo dei venti ; un Plutone in sotterraneo regno con la reggia
di
fuoco e eon fiumi che menavano fiamme. 3. Le favo
mento delle favole ad essi relative sia storico. 4. I diluvj d’Ogige,
di
Deucalione, di Prometeo, di Proteo, d’Achelao, se
ole ad essi relative sia storico. 4. I diluvj d’Ogige, di Deucalione,
di
Prometeo, di Proteo, d’Achelao, se ne togliamo le
elative sia storico. 4. I diluvj d’Ogige, di Deucalione, di Prometeo,
di
Proteo, d’Achelao, se ne togliamo le strane parti
teo, d’Achelao, se ne togliamo le strane particolarità, sono immagini
di
quello di Noè ; e la favola dei Giganti ehe assal
elao, se ne togliamo le strane particolarità, sono immagini di quello
di
Noè ; e la favola dei Giganti ehe assalgono il ci
dei Giganti ehe assalgono il cielo rammenta la presunzione orgogliosa
di
coloro ehe fondarono la torre di Babele, o le gra
o rammenta la presunzione orgogliosa di coloro ehe fondarono la torre
di
Babele, o le grandi eruzioni vulcaniche anticamen
nte più frequenti, e per le quali preso aspetto diverso la superficie
di
vaste regioni. 5. Le favole filosofiche son creaz
a superficie di vaste regioni. 5. Le favole filosofiche son creazioni
di
poetiche fantasie, e. « sotto il velame delli ver
rani » ascondono antica sapienza e utili verità. Sicehè questa specie
di
favole è per lo più un modo di parlar figurato, c
a e utili verità. Sicehè questa specie di favole è per lo più un modo
di
parlar figurato, che poi negl’idioti divenne reli
figurato, che poi negl’idioti divenne religiosa credenza c fondamento
di
culti. 6. La favola, per esempio, dicc chc l’Ocea
re dei Fiumi ; ehe la Luna sposò l’Aere e generò la Rugiada ; c piena
di
sapienza è l’invenzion delle Furie, ministre ines
a è l’invenzion delle Furie, ministre inesorabili degli aeuti rimorsi
di
una eoscienza colpevole, nate dal sangue umano sc
e umano scelleratamente versato. 7. Le favole allegoriche sono specie
di
parabole o paragoni o similitudini, che descriven
e anima come in loro. 9. Le favole morali inchiudono precetti e norme
di
saviezza e lezioni di civil convivenza ; e va d’
9. Le favole morali inchiudono precetti e norme di saviezza e lezioni
di
civil convivenza ; e va d’ accordo con la morale
Furie scatenate contro Oreste, o l’ Avvoltojo che divorava le viscere
di
Prometeo, son quadri significanti il rimorso : e
manità, e la riconoscenza rese divini i guerrieri famosi, gli artisti
di
grande ingegno ed i legislatori dei popoli. Cosic
lioso e l’ immaginazione dei Greci fecero il resto. 14. Ad ogni corpo
di
questo universo fu assegnata la propria divinità
a propria divinità ; nè vi fu luogo che non fosse sotto la protezione
di
uno Dio. Sicchè gli uomini vollero, per così dire
: Tutto era deità, fuorchè Dio stesso. Gli antichi Dei Titani, figli
di
Celo e della Terra, forse non erano altro che le
o aver combattuto e vinto le prime, ossia i Titani, per dividersi tra
di
esse il regno del cielo e della terra. E così le
dersi tra di esse il regno del cielo e della terra. E così le origini
di
queste favole, che forse furon le prime ad essere
itologia e questa favola nell’ Oriente, nell’ Egitto, nella Fenicia ;
di
dove recata nell’ Occidente, fu accolta dai Greci
endere a trentamila il numero degli Dei. Gli antichi annoveravano più
di
trecento Giovi, ed almeno quaranta Ercoli ; perlo
nta Ercoli ; perlochè Giovenale, poeta satirico latino nato l’anno 42
di
G. C., compiange Atlante quasi schiacciato dal pe
tlante quasi schiacciato dal peso del cielo, a motivo del gran numero
di
Dei che vi erano stati collocati. 17. Gli Dei era
eva gli Dei supremi o i grandi Numi (Dii majores), ed erano in numero
di
venti. 18. La seconda era quella degli Dei subalt
terza eran collocati i Semidei, cioè tutte le divinità supposte prole
di
un Nume o di una Dea, come Ercole, Esculapio, Cas
llocati i Semidei, cioè tutte le divinità supposte prole di un Nume o
di
una Dea, come Ercole, Esculapio, Castore, Polluce
Olimpo, o presiedevano alla terra, al mare o all’ inferno ; e dodici
di
essi componevano il consiglio celeste, cioè : Gio
, poeta greco e contemporaneo d’Omero e che fiorì 9 o 10 secoli prima
di
G. C., nacque dal Caos e dalla Notte (238), ed er
e (238), ed era cieco.7 22. I pagani chiamarono Caos quella congerie
di
cose casuale ed informe, nella quale immaginarono
osi lib. I.) Uno Dio, pensarono i pagani, cambiò l’aspetto e lo stato
di
questa materia inerte ; ne trasse l’etere che for
la terra nè gli stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un trono
di
ferro, con gli occhi bendati e un piede sul nostr
scettro simbolo del supremo potere, nell’ altra un’ urna od un libro
di
bronzo contenente le umane sorti. Dietro a lui è
sorabile Necessità, figlia dell’ Intemperanza, recando nella sua mano
di
ferro e chiodi e cunei e graffi e liquido piombo,
stretta relazione delle cose terrene colle celesti. 26. Dall’ unione
di
Celo colla Terra nacquero Saturno (27), Cibele (4
’ impero del mondo apparteneva a Titano, perchè era fratello maggiore
di
Saturno ; ma ad istanza di Cibele, Titano lo cedè
eva a Titano, perchè era fratello maggiore di Saturno ; ma ad istanza
di
Cibele, Titano lo cedè al minore, a condizione ch
incaute, consigliate da sfrenata e crudele ambizione, tornino a danno
di
chi le fa. Intanto Cibele (40), sorella e moglie
, tornino a danno di chi le fa. Intanto Cibele (40), sorella e moglie
di
Saturno, avuti due figliuoli ad un parto, Giove (
13). 29. Giove fu dato a educare alle Ninfe del monte Ida nell’ Isola
di
Creta ed ai sacerdoti di Cibele, chiamati Cureti,
educare alle Ninfe del monte Ida nell’ Isola di Creta ed ai sacerdoti
di
Cibele, chiamati Cureti, Galli, Coribanti o Datti
ce. Narrasi che le Ninfe e i Coribanti, che furon poi anche sacerdoti
di
Giove, per celar meglio a Saturno i vagiti del Nu
onessero a ballare suonando i cembali e battendo fra loro molti scudi
di
bronzo. 30. Finalmente questa cautela non valse,
bele in angusto carcere ; ma poi Giove da buon figliuolo venne a capo
di
liberarli ambedue. Il più celebre tra i Titani fu
del genere umano ; od almeno non riconoscevano altro uomo più antico
di
lui ; sicchè nè le loro istorie nè le loro tradiz
re l’ Europa, nel tempo che Sem restò nell’ Asia e Cam passò l’ istmo
di
Suez per istabilirsi nell’ Affrica. 31. Poichè Sa
in quella parte d’ Italia ove poi fu eretta Roma, e che ebbe il nome
di
Lazio dal latino vocabolo Latere,8 forse perchè S
tere. 33. Saturno, per gratitudine dell’ ospitalità generosa, lo dotò
di
così raro intelletto e di tanta prudenza, che non
titudine dell’ ospitalità generosa, lo dotò di così raro intelletto e
di
tanta prudenza, che non dimenticava mai il passat
per conoscere tanto l’ uno che l’altro, ed ebbe perciò il soprannome
di
bifronte. 34. Il regno di Saturno e di Giano in
che l’altro, ed ebbe perciò il soprannome di bifronte. 34. Il regno
di
Saturno e di Giano in Italia fu chiamato Età dell
ed ebbe perciò il soprannome di bifronte. 34. Il regno di Saturno e
di
Giano in Italia fu chiamato Età dell’ oro, ossia
o, Recava al mondo eterna primavera. Zefiro i fior d’ aprile e i fior
di
maggio Nutria con aura tepida e leggera. Stillava
nto amor diè lor ricetto. S’accendon l’aspre ed orride giornate Piene
di
sanguinosi alti perigli, Che spingono a morir le
verno e senza padre. Astrea11 che con la libra e con la spada Conosce
di
ciascun l’ errore e il merto, Poi che s’ avvide c
selvaggia, senza religione e senza leggi. Ed esso migliorò i costumi
di
quei popoli, li radunò a vivere insieme nelle cit
ette loro l’ idea del giusto e dell’ onesto. Numa Pompilio secondo re
di
Roma (714 anni avanti Gesù Cristo) gli edificò un
uno per ciascun mese dell’anno ; il qual tempio stava aperto in tempo
di
guerra, e chiuso in tempo di pace. Gli fu consacr
o ; il qual tempio stava aperto in tempo di guerra, e chiuso in tempo
di
pace. Gli fu consacrato il monte Gianicolo che è
pace. Gli fu consacrato il monte Gianicolo che è uno dei sette colli
di
Roma ; e le porte delle case, dette in latino Jan
25). Secondo altri questo tempio era stato eretto da Romolo fondatore
di
Roma e da Tazio re dei Sabini, in memoria del tra
o fondatore di Roma e da Tazio re dei Sabini, in memoria del trattato
di
pace tra essi conchiuso. 36. È rappresentato in s
trattato di pace tra essi conchiuso. 36. È rappresentato in sembianze
di
giovine con una bacchetta in mano, quale Dio tute
per significare la misura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese
di
gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con
il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte
di
datteri, di fichi e di miele. Facevano ancora giu
gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri,
di
fichi e di miele. Facevano ancora giuochi e danze
l quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri, di fichi e
di
miele. Facevano ancora giuochi e danze, e si abba
e. Facevano ancora giuochi e danze, e si abbandonavano ad ogni specie
di
pubblica gioja. Nel primo giorno di questo mese i
e si abbandonavano ad ogni specie di pubblica gioja. Nel primo giorno
di
questo mese i Consoli designati entravano in cari
nverso me queste cotali Parole usò, e mai non furo strenne Che fosser
di
piacere a queste iguali. Dante, Purg., c. XXVII.
i e statuito le cerimonie del culto, quanto per esser tenuto in conto
di
valido intercessore ai supplichevoli mortali appo
hevoli mortali appo gli Dei. 38. Le feste istituite nel Lazio in onor
di
Saturno e in memoria della dimora da esso fattavi
n dette Saturnali, e celebrate ogni anno il dicembre. Cominciavano il
di
16, e duravano tre giorni, e tutto allora spirava
o con due leste, ossia il ritratto del re Giano. Si crede che fossero
di
bronzo ; e i Latini solevano offrirle in dono per
nemente rappresentato qual vecchio curvo dal peso degli anni e armato
di
falce, per indicare ch’ei presiede al tempo che t
gio a polvere, e talora un serpente che si morde la coda od è in atto
di
divorare un fanciullo. L’ orologio a polvere è la
. Chè più d’un giorno è la vita mortale, Nubilo, breve, freddo e pien
di
noja, Che può bella parer, ma nulla vale ? Qui l’
sa quanto si viva o moja. Veggio la fuga del mio viver presta ; Anzi
di
tutti ; e nel fuggir del sole, La ruina del mondo
Francesco prosegue : Vidi una gente andarsen queta queta Senza temer
di
tempo, o di sua rabbia : Chè gli avea in guardia
osegue : Vidi una gente andarsen queta queta Senza temer di tempo, o
di
sua rabbia : Chè gli avea in guardia istorico o p
…. Cibele. Vesta. Vestali. 40. Cibele, qual sorella e moglie
di
Saturno (27), era tenuta per genitrice della magg
ciò fu detta gran madre, e poi Berecinzia, Dindimena e Idea, dai nomi
di
tre montagne di Frigia (Asia minore) dove con spe
n madre, e poi Berecinzia, Dindimena e Idea, dai nomi di tre montagne
di
Frigia (Asia minore) dove con special culto era o
o, ricchezza, perchè stimavano che procacciasse ai mortali ogni sorta
di
beni. 42. Ebbe il nome di Rea, dal greco rhéin ch
vano che procacciasse ai mortali ogni sorta di beni. 42. Ebbe il nome
di
Rea, dal greco rhéin che vuol dire, scorrere, ess
sognevole al vivere umano ; e infine fu talor conosciuta sotto quello
di
Vesta. 43. Gli eruditi distinguono tre divinità
i Vesta. 43. Gli eruditi distinguono tre divinità con lo stesso nome
di
Vesta : una, detta anche Terra e moglie di Celo (
ivinità con lo stesso nome di Vesta : una, detta anche Terra e moglie
di
Celo (25), è la madre di Saturno (27) ; l’ altra,
e di Vesta : una, detta anche Terra e moglie di Celo (25), è la madre
di
Saturno (27) ; l’ altra, ossia Cibele gli è mogli
erza è sua figliuola. 44. A ragione immaginarono Cibele con sembianze
di
donna veneranda e forte, e le posero in capo una
mbianze di donna veneranda e forte, e le posero in capo una ghirlanda
di
quercia, perchè un tempo gli uomini semplici e ro
di quercia, perchè un tempo gli uomini semplici e robusti si nutriron
di
ghiande ; e le torri e le merlate mura, che le ri
lema della terra equilibrata nell’ aere pel proprio peso ; e le vesti
di
color verde alludono alla vegetazione che ne abbe
e procelle…. Terribile invero, e fantastica maestà d’ una Dea feconda
di
tanti beni e di tanti mali ! 45. Vesta, soprannom
ribile invero, e fantastica maestà d’ una Dea feconda di tanti beni e
di
tanti mali ! 45. Vesta, soprannominata la giovane
e di tanti mali ! 45. Vesta, soprannominata la giovane Vesta, figlia
di
Saturno e di Cibele e moglie d’ Urano (25), presi
ali ! 45. Vesta, soprannominata la giovane Vesta, figlia di Saturno e
di
Cibele e moglie d’ Urano (25), presiedeva al fuoc
lore feconda la terra ; od era lo stesso fuoco secondo il significato
di
quel nome. L’ onoravano in Frigia, di dove Enea (
so fuoco secondo il significato di quel nome. L’ onoravano in Frigia,
di
dove Enea (608) figliuol d’Anchise ne recò in Ita
) figliuol d’Anchise ne recò in Italia la statua ed il culto. Numa re
di
Roma le consacrò un tempio12 dov’ era custodito i
di Roma le consacrò un tempio12 dov’ era custodito il Palladio (570)
di
Troja, e dove sorgeva un altare con perpetua fiam
oncetti, stupendi i versi coi quali Ugo Foscolo parla del fuoco sacro
di
Vesta nel suo carme le Grazie :13 Solinga nell’
na fiamma Per proprio fato eterna ; e n’ è custode La veneranda Deità
di
Vesta. Vi s’ appressa e deriva indi una pura Luc
na pura Luce che, mista allo splendor del Sole, Tinge gli aerei campi
di
zaffiro, E i mari allor che ondeggiano al tranqui
he ondeggiano al tranquillo Spirto del vento, facili a’ nocchieri ; E
di
chiaror dolcissimo consola Con quel lume le notti
iseri col pianto. 46. Sei vergini donzelle furon create sacerdotesse
di
Vesta col nome di Vestali, destinate in Roma alla
46. Sei vergini donzelle furon create sacerdotesse di Vesta col nome
di
Vestali, destinate in Roma alla custodia del suo
re, e, abolita la monarchia, i pontefici ; e dovevano avere non meno
di
sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie
la monarchia, i pontefici ; e dovevano avere non meno di sei, nè più
di
dieci anni, ed essere di famiglie romane e di lib
i ; e dovevano avere non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere
di
famiglie romane e di libera condizione. Se per lo
non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie romane e
di
libera condizione. Se per loro negligenza il fuoc
i venivano punite severamente, poichè la superstizione allo spegnersi
di
quel fuoco attribuiva terribili conseguenze. I sa
r riaccenderlo adoperavano i raggi del sole o il fulmine, od un pezzo
di
legno secco incendiato col farvi girar dentro vel
lo. Le Vestali eran soggette a rigoroso celibato, e volevansi modello
di
castità e d’innocenza, sotto pena di essere sepol
so celibato, e volevansi modello di castità e d’innocenza, sotto pena
di
essere sepolte vive. Andavan poi onorevolmente di
uale ; e nei più serj negozj la loro semplice affermativa aveva forza
di
giuramento. Nelle loro mani erano depositati i te
Nelle loro mani erano depositati i testamenti e quanto poteva esservi
di
segreto e di sacro. Al circo ed a tutti gli spett
ni erano depositati i testamenti e quanto poteva esservi di segreto e
di
sacro. Al circo ed a tutti gli spettacoli avevano
o. Il pubblico erario le manteneva con splendidezza. Dopo trent’ anni
di
sacerdozio eran libere di abbandonare la custodia
anteneva con splendidezza. Dopo trent’ anni di sacerdozio eran libere
di
abbandonare la custodia del fuoco di Vesta per ac
’ anni di sacerdozio eran libere di abbandonare la custodia del fuoco
di
Vesta per accendere la face dell’ Imeneo ; ma per
Vesta per accendere la face dell’ Imeneo ; ma per lo più preferivano
di
rimanere nel tempio ed esser guida ed esemplare a
in Roma fino ai tempi dell’ Imperatore Teodosio. 47. Le feste in onor
di
Cibele furono dette Megalesiache, o giuochi megal
a nascondiglio, perchè agli schiavi era vietato l’entrarvi sotto pena
di
morte. I magistrati vi assistevano con abiti di p
l’entrarvi sotto pena di morte. I magistrati vi assistevano con abiti
di
porpora. 48. I sacerdoti di Cibele avevano il nom
te. I magistrati vi assistevano con abiti di porpora. 48. I sacerdoti
di
Cibele avevano il nome di Galli in latino, da Gal
evano con abiti di porpora. 48. I sacerdoti di Cibele avevano il nome
di
Galli in latino, da Gallus, fiume di Frigia, beve
erdoti di Cibele avevano il nome di Galli in latino, da Gallus, fiume
di
Frigia, bevendo l’ acqua del quale si fingevano f
di Frigia, bevendo l’ acqua del quale si fingevano furibondi a segno
di
lacerarsi il corpo con staffilate e coltelli, ind
falsa religione. Uscivano costoro dalla feccia del popolo, ed a guisa
di
ciarlatani andavano di città in città recando la
no costoro dalla feccia del popolo, ed a guisa di ciarlatani andavano
di
città in città recando la statua di Cibele, canta
ed a guisa di ciarlatani andavano di città in città recando la statua
di
Cibele, cantando inni in sua lode e mendicando. T
o seco alcune vecchie che facevano professione d’ impostura con versi
di
magia, con incantesimi e sortilegi, e turbavano s
iposo delle famiglie, appunto come fanno ancora le zingane a vergogna
di
un secolo incivilito. Furono detti anche Coribant
o. Furono detti anche Coribanti o Dattili (29),14 , servendo al culto
di
Giove ; e celebravano le feste di Cibele con imme
Dattili (29),14 , servendo al culto di Giove ; e celebravano le feste
di
Cibele con immenso tumulto, mischiando a’ loro ur
rcotendo gli scudi con le lance, ballando e movendo la testa con atti
di
frenesia. In prima abitarono il monte Ida nella F
a con atti di frenesia. In prima abitarono il monte Ida nella Frigia,
di
dove si trasferirono in Creta, e aiutarono i Cure
e a proteggere e creò suo sacerdote questo Ati, bellissimo pastorello
di
Frigia ; ma egli trascurò il suo ministero per is
nfa, e abbandonò lui in preda a tanta disperazione, che era sul punto
di
uccidersi ; quand’ella impietosita, lo trasformò
lo sciagurato spinto da soverchio affanno a levarsi la vita è oggetto
di
massimo terrore. Cerere. Proserpina. 51.
Proserpina. 51. Fu invero benefica divinità questa Cerere, figlia
di
Saturno (27) e di Cibele (40), se istruì gli uomi
. Fu invero benefica divinità questa Cerere, figlia di Saturno (27) e
di
Cibele (40), se istruì gli uomini nell’arte di co
glia di Saturno (27) e di Cibele (40), se istruì gli uomini nell’arte
di
coltivar la terra e di seminare il grano ; sicchè
di Cibele (40), se istruì gli uomini nell’arte di coltivar la terra e
di
seminare il grano ; sicchè gli antichi l’ adoraro
lo Giove (63) una figlia chiamata Proserpina (53) ; e Giasone, figlio
di
Giove e d’ Elettra, la fece madre di Pluto (254),
serpina (53) ; e Giasone, figlio di Giove e d’ Elettra, la fece madre
di
Pluto (254), Dio delle ricchezze. 53. Plutone (31
enfiate labbia, e lo chiama maledetto lupo, qual si conviene al nume
di
coloro in cui usa avarizia il suo soperchio) ; ed
in cui usa avarizia il suo soperchio) ; ed il suo regno, benchè pieno
di
dovizie, incuteva tale spavento, che nessuna Dea
erche al lume delle faci. Intanto per mostrarsi grata all’ ospitalità
di
Celeo, re d’Eleusi nell’ Attica, insegnò a Tritto
brate. 55. Nell’attraversare la Licia (Asia-minore) le intravvenne
di
voler estinguere la sete ad una fonte ov’ erano c
intorbidarono ; ed essa, quanto era stata generosa verso la cortesia
di
Celeo, altrettanto fu severa con essi trasformand
sia riprovevole la sgarbatezza. 56. Giove (63) commosso dall’ affanno
di
Cerere, promise di farle ricuperare la figlia, se
sgarbatezza. 56. Giove (63) commosso dall’ affanno di Cerere, promise
di
farle ricuperare la figlia, se questa nell’Infern
cibo ; ma per sua sventura Proserpina aveva assaggiato alcuni chicchi
di
melagrana, ed Ascalafo figliuolo dell’Acheronte (
e. Anguillara. Ascalafo poi sotto questa forma diventò il favorito
di
Minerva, indicando che quanto la coperta delazion
anca un giorno de’suoi viaggi, e tormentata dalla sete, entrò in casa
di
una vecchiarella per nome Bècubo, che amorevolmen
orevolmente le offerse da bevere, e le dette da mangiare una scodella
di
pappa. E Cerere a dir vero ne faceva onore alla v
andola sì ingordamente che il fanciullo Stelle o Stellio, all’aspetto
di
tanta avidità non potè fare a meno di riderne e d
o Stelle o Stellio, all’aspetto di tanta avidità non potè fare a meno
di
riderne e di beffarla. Di che offesa la Dea gli s
ellio, all’aspetto di tanta avidità non potè fare a meno di riderne e
di
beffarla. Di che offesa la Dea gli scaraventò in
ero non istà bene ai fanciulli pigliarsi beffe d’alcuno, e in ispecie
di
coloro che essendo per miseria o per altre necess
a ninfa Aretusa (323) le fece sapere come Proserpina fosse già moglie
di
Plutone (213) e regina dell’inferno. Laonde, acce
fiaccola al fuoco del monte Etna, entrò nelle viscere della terra ; e
di
lì nell’inferno per richiedere a Plutone la sua f
inione che Giove, impietosito da Cerere, concedesse a Proserpina (53)
di
passare sei mesi dell’anno colla madre e gli altr
, membra robuste, leggerissime vesti ; è incoronata con una ghirlanda
di
spighe o di papaveri ; e le sue mammelle piene di
uste, leggerissime vesti ; è incoronata con una ghirlanda di spighe o
di
papaveri ; e le sue mammelle piene di latte l’add
a con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le sue mammelle piene
di
latte l’additano nutrice del genere umano. Talora
l’additano nutrice del genere umano. Talora ha nella destra un covone
di
spighe od una falcetta, e nella sinistra una fiac
. Al suo carro vanno attaccati due leoni o due serpenti. 60. Le feste
di
Cerere furon chiamate Eleusine, o Eleusinie, perc
po Celeo re d’Eleusi.17 Oltre alle Eleusinie furono istituite in onor
di
Cerere parimente nell’Attica le Tesmoforie (thesm
ssistervi ; e nei cinque giorni della loro durata le donzelle vestite
di
bianco andavano da Atene ad Eleusi recando in cap
ro, un vaglio, alcune focacce ed altri simboli. In Sicilia, nel tempo
di
questa processione, le donne correvano qua e là c
2. Eresittone o Erisittone, tessalo, figlio della ninfa Driope nipote
di
Nettuno (185) e avo materno d’Ulisse (568), oltra
crifizj. Indi, forse per rapacità, o in onta a Cerere, ebbe l’audacia
di
tagliare parecchi alberi in un bosco a lei consac
era ridotto in estrema povertà. Allora la sua figliuola Metra, degna
di
miglior padre, studiando ogni via di liberarlo da
ra la sua figliuola Metra, degna di miglior padre, studiando ogni via
di
liberarlo da tanta miseria, ottenne da Nettuno di
studiando ogni via di liberarlo da tanta miseria, ottenne da Nettuno
di
potersi, come il marino Proteo (195), trasformare
itto sia l’empietà contro i Numi, e come il filiale affetto s’ingegni
di
mitigare il destino di un padre colpevole sì, ma
ro i Numi, e come il filiale affetto s’ingegni di mitigare il destino
di
un padre colpevole sì, ma troppo crudelmente puni
d’un colpo d’asce datosi da sè stesso mentre abbatteva il bosco sacro
di
Cerere. Giove. 63. Giove, figlio di Satur
abbatteva il bosco sacro di Cerere. Giove. 63. Giove, figlio
di
Saturno (27) e di Cibele (40), bandito il padre d
o sacro di Cerere. Giove. 63. Giove, figlio di Saturno (27) e
di
Cibele (40), bandito il padre dal cielo, s’imposs
85), e quello dell’inferno a Plutone (213). Disse ; e il gran figlio
di
Saturno i neri Sopraccigli inchinò : su l’immorta
ngiunto a Vesta (43). 65. Ma il suo regno, che gli costava un delitto
di
violenza incontro al padre, non fu mai lieto ; po
nza incontro al padre, non fu mai lieto ; poichè la Terra (25) moglie
di
Celo (25) per vendicare i Titani suoi nipoti prec
(69) figliuoli degli stessi Titani. Questi enti favolosi erano uomini
di
statura e di forza tanto straordinaria, che osaro
i degli stessi Titani. Questi enti favolosi erano uomini di statura e
di
forza tanto straordinaria, che osarono d’assalire
e osarono d’assalire il re del cielo. 66. Deliberati dunque i Giganti
di
combattere contro Giove, presero ad assalirlo sul
ponendo Ossa a Pelio, ed Olimpo ad Ossa, tutte montagne della Grecia,
di
sulle quali s’argomentarono dar la scalata al cie
agli Dei massi enormi ed interi monti. Non sai qual contro a Dio Fé
di
sue forze abuso, Con temeraria fronte, Chi monte
so, Con temeraria fronte, Chi monte impose a monte ? Parini. Alcuni
di
quei monti ricadendo nel mare diventarono isole,
aron nuove montagne. Ecco un’altra immagine delle eruzioni vulcaniche
di
quei tempi, ingrandita dal terrore dei popoli che
saperne spiegare le cause. 67. Lo stesso Giove, sgomentato alla vista
di
sì tremendi nemici, chiamò in soccorso gli altri
mendi nemici, chiamò in soccorso gli altri Dei, ma tutti temevano più
di
lui, e si rifugiarono nell’Egitto ove stettero ce
no nell’Egitto ove stettero celati sotto varie forme d’animali. Forse
di
qui, secondo alcuni, ebbero origine gli onori div
ne, combattè per qualche tempo con intrepidezza, animato da Giove che
di
continuo gli gridava : Coraggio, figlio mio, cora
ittorioso. I più terribili tra’suoi nemici in questa così detta pugna
di
Flegra (valle della Tessaglia) furono Encelado, c
morando esala, E tutte intorno le campagne e’l cielo Di tuoni empie e
di
pomici e di fumo. Virgilio, Eneide, trad. del C
a, E tutte intorno le campagne e’l cielo Di tuoni empie e di pomici e
di
fumo. Virgilio, Eneide, trad. del Caro.19 70.
da temere, s’occupò della formazione dell’uomo. Indi Prometeo, figlio
di
Giapelo (30) e nipote d’Urano (promethéomai, io p
acro rapito al carro del Sole.20 71. Ma Giove, sdegnato dell’audacia
di
Prometeo, ordinò a Vulcano d’incatenarlo ad uno s
mente divorare le viscere, le quali, rinascendo sempre, erano cagione
di
continuo martirio allo sventurato. Con tal favola
oeti volessero indicare la prepotenza dispotica, la quale si studiava
di
tenere oppressi coloro che, illuminando le menti
o talora i despoti per aver parte nell’ambizioso potere, così la pena
di
Prometeo appariva ordinata da Giove. Ma lo stesso
veva presagito che alfine la forza della giustizia avrebbe trionfato
di
quella della tirannide ; e infatti Ercole, (364)
Silvestro Centofanti. 72. Addolorati gli altri Dei per la severità
di
Giove, e ingelositi nel vedere che egli solo si a
i Giove, e ingelositi nel vedere che egli solo si arrogava il diritto
di
creare gli uomini, si concertarono fra di loro, e
solo si arrogava il diritto di creare gli uomini, si concertarono fra
di
loro, e formarono una donna facendole ciascuno di
si concertarono fra di loro, e formarono una donna facendole ciascuno
di
essi un dono particolare. Pallade (263) le donò l
) l’eloquenza ; e la chiamarono Pandora, vale a dire formata coi doni
di
tutti gli Dei (pan tutto, dôron dono, gr.). « E i
o, il trovar le quali è effetto della fortuna. Sicchè sotto la favola
di
Pandora è compreso il regno della Fortuna (332),
età del mondo. » (Mario Pagano, Saggi politici.) 73. Simulando Giove
di
voler ricolmare anch’egli dei suoi doni Pandora,
ch’egli dei suoi doni Pandora, le regalò un vaso chiuso, con l’ordine
di
recarlo a Prometeo ; il quale, prevedendo qualche
respinse Pandora ed il vaso ; ma Epimeteo suo fratello, meno accorto
di
lui, l’accolse e la sposò. Allora fu aperto il va
e, la quale partorì Minosse (228) e Radamanto (230) ; prese la figura
di
un cigno per trasportare in cielo Leda figlia di
0) ; prese la figura di un cigno per trasportare in cielo Leda figlia
di
Testio re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di S
er trasportare in cielo Leda figlia di Testio re dell’Etolia e moglie
di
Tindaro re di Sparta, la quale fu madre di Castor
in cielo Leda figlia di Testio re dell’Etolia e moglie di Tindaro re
di
Sparta, la quale fu madre di Castore e Clitennest
io re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di Sparta, la quale fu madre
di
Castore e Clitennestra (441), di Polluce e d’Elen
daro re di Sparta, la quale fu madre di Castore e Clitennestra (441),
di
Polluce e d’Elena (601) ;22 poi comparve da satir
) ;22 poi comparve da satiro ad Antiope regina delle Amazzoni e madre
di
Zeto e d’Anfione (481) ; e sotto le sembianze d’A
to le sembianze d’Anfitrione (amphi, intorno tryo, io fatieo, gr.) re
di
Micene nell’Argolide, ebbe favori dalla di lui mo
o tryo, io fatieo, gr.) re di Micene nell’Argolide, ebbe favori dalla
di
lui moglie Alcmena, che fu madre d’Ercole (364).
rcole (364). 75. Si cangiò in pioggia d’oro per penetrare nella torre
di
metallo dov’era ehiusa Danae figlia d’Acrisio e p
la torre di metallo dov’era ehiusa Danae figlia d’Acrisio e poi madre
di
Perseo (353) ; sotto la figura di un giovine appa
Danae figlia d’Acrisio e poi madre di Perseo (353) ; sotto la figura
di
un giovine apparve a Semele figlia di Cadmo (485)
Perseo (353) ; sotto la figura di un giovine apparve a Semele figlia
di
Cadmo (485) e madre di Bacco (146) ; e fintosi Di
a figura di un giovine apparve a Semele figlia di Cadmo (485) e madre
di
Bacco (146) ; e fintosi Diana (137), dette a Cali
tte a Calisto (140) il figliuolo Arcade ; e finalmente in rozza veste
di
pastore si palesò alla madre delle nove Muse (274
da perì e phaino, io splendo intorno), che era uno dei Lapiti, popoli
di
Tessaglia famosi per le loro guerre contro i Cent
per le loro guerre contro i Centauri (430), e che fu re d’Atene prima
di
Cecrope, per le sue belle azioni aveva meritato a
erendo che un mortale acconsentisse d’essere adorato in terra al pari
di
uno Dio, voleva fulminarlo. Apollo intereedette p
tte per lui, e Perifa, cangiato in aquila, diventò l’uccello favorito
di
Giove e il eustode delle sue folgori. 77. La capr
in dono un corno della stessa capra. Quel corno aveva la prerogativa
di
produrre tutto ciò ch’elleno a vesser bramato ; e
. Licaone, principe dell’Arcadia, fu il primo ad immaginare sacrifizj
di
animali agli Dei, e per questa assuefazione alle
sapendo che gli Dei solevan talora scendere sulla terra, s’argomentò
di
scoprire se per avventura il nuovo ospite fosse u
a, s’argomentò di scoprire se per avventura il nuovo ospite fosse uno
di
loro, e scelleratamente gl’imbandì carne umana. A
andì carne umana. Allora una fiamma vendicatrice distrusse per ordine
di
Giove il palazzo di Licaone, e l’empio fu convert
lora una fiamma vendicatrice distrusse per ordine di Giove il palazzo
di
Licaone, e l’empio fu convertito in lupo. Questa
gura la crudeltà e la rapacità dei despoti, e nasce dallo stesso nome
di
Licaone che in greco significa lupo. 79. Giove h
perchè, mentre Ercole sacrificava agli Dei, fu assalito da uno sciame
di
mosche trattovi dall’odore della vittima ; ma and
dall’odore della vittima ; ma andando poi a sacrificare al simulacro
di
Giove, gl’importuni insetti si dileguarono. In Ro
tto anche Giove Statore, stator dalla parola stare, perchè alle preci
di
Romolo aveva rattenuto i Romani fuggenti innanzi
o stesso che Pistius, altra sua denominazione. Lo invocavano col nome
di
Terminale quando ponevano sotto la sua protezione
la sua protezione i termini o limiti dei campi. Quando si figuravano
di
costringerlo a mostrarsi ai mortali, invocando il
ar fuori, ec. 80. Egli era poi onorato anche in Affrica sotto il nome
di
Giove Ammone, ed ecco perchè : Bacco (146) essend
ome di Giove Ammone, ed ecco perchè : Bacco (146) essendo in pericolo
di
morir di sete nei vasti deserti della Libia, impl
ove Ammone, ed ecco perchè : Bacco (146) essendo in pericolo di morir
di
sete nei vasti deserti della Libia, implorò il so
o di morir di sete nei vasti deserti della Libia, implorò il soccorso
di
Giore ; ed il padre degli Dei, apparsogli in form
. Allora Bacco, per gratitudine, gli consacrò un tempio sotto il nome
di
Giore Ammone (Ammone in greco significa rena o sa
appresentato sotto le forme d’ariete, le corna del quale sono simbolo
di
forza e di coraggio. Ma i più sono di sentimento
o sotto le forme d’ariete, le corna del quale sono simbolo di forza e
di
coraggio. Ma i più sono di sentimento che questo
le corna del quale sono simbolo di forza e di coraggio. Ma i più sono
di
sentimento che questo Giove Ammone altro non sia
l suo tempio più celebre fu in Olimpia, ed ivi era la mirabile statua
di
Giove Olimpico, scolpita da Fidia, e annoverata t
nnoverata tra le sette maraviglie del mondo (135, 143). Sotto il nome
di
Giove Statore (79) n’ebbe uno in Roma erettogli d
imi altri per tutto. I suoi tre Oracoli (667) principali erano quelli
di
Dodona nell’Epiro, di Libia, e di Trofonio 24 in
suoi tre Oracoli (667) principali erano quelli di Dodona nell’Epiro,
di
Libia, e di Trofonio 24 in Beozia. Comunemente gl
acoli (667) principali erano quelli di Dodona nell’Epiro, di Libia, e
di
Trofonio 24 in Beozia. Comunemente gli immolavano
Gli antichi consacrarono a Giove la quercia, perch’egli a somiglianza
di
Saturno aveva insegnato agli uomini a cibarsi di
h’egli a somiglianza di Saturno aveva insegnato agli uomini a cibarsi
di
ghiande. Credevano poi che le querci della forest
ghiande. Credevano poi che le querci della foresta vicina alla città
di
Dodona nell’Epiro rendessero gli oracoli, e vi er
ssero gli oracoli, e vi eressero un tempio per adorarlo sotto il nome
di
Giove Dodoneo ; e quindi eragli specialmente sacr
neo ; e quindi eragli specialmente sacra la quercia. Anche le colombe
di
quella foresta pronunziavano oracoli, e in essa f
raggioso tra i volatili ; talvolta l’aquila è ad ali spiegate in atto
di
rapir Ganimede (87). 84. Gli autori sono discordi
ono discordi sul numero degli enti mitologici che hanno avuto il nome
di
Giove ; e Varrone ed Eusebio li fanno ascendere s
o, lo che viene spiegato dall’uso che la maggior parte dei re avevano
di
prendere questo nome. Perciò tanti popoli diversi
ersi vantavano Giove esser nato fra loro, e additavano sì gran numero
di
monumenti per attestarlo. Giunone. 85. Giu
mero di monumenti per attestarlo. Giunone. 85. Giunone, figlia
di
Saturno (27) e di Rea, (42) sposò Giove (63) suo
per attestarlo. Giunone. 85. Giunone, figlia di Saturno (27) e
di
Rea, (42) sposò Giove (63) suo fratello, e divenn
; e presiedeva anche ai parti pigliando allora da lux (luce) il nome
di
Lucina. Fu anche detla Moneta da moneo, per cagio
unci o con Pirro. 86. Ebbe tre figli : Marte (255) generato per virtù
di
un fiore, o secondo altri comparso già cresciuto
virtù di un fiore, o secondo altri comparso già cresciuto ed in armi
di
sotto tcrra allorchè Giunone, rampognando Giove,
ta a mescere il néttare agli Dei ; ma poichè un giorno le intravvenne
di
cadere nel bel mezzo della celeste assemblea, ell
na che non s’arrischiò più a comparirvi. Allora Giove dette l’ufficio
di
coppiere al bellissimo Ganimede (ganos, gioia, me
l bellissimo Ganimede (ganos, gioia, medos, consiglio, gr.) figliuolo
di
Tros re di Troja, facendolo rapire da un’aquila n
o Ganimede (ganos, gioia, medos, consiglio, gr.) figliuolo di Tros re
di
Troja, facendolo rapire da un’aquila nel tempo ch
on essendo stata efficace questa lezione a correggerla, Giove risolse
di
prendere un’altra moglie, e di sceglierla tra le
a lezione a correggerla, Giove risolse di prendere un’altra moglie, e
di
sceglierla tra le semplici mortali ; sicchè pose
netta Io figlia d’Inaco re d’Argo ; e per salvarla dalla persccuzione
di
Giunone la celò in una nube, e la trasformò in va
e la trasformò in vacca. Giunone insospettita, come colei che sapeva
di
meritare ogni gastigo, finse miglior contegno, e
, finse miglior contegno, e poi si mostrò meravigliata della bellezza
di
quell’animale, e chieselo in dono al marito con t
tenne il suo intento, perchè Giove ordinò a Mercurio suo araldo (160)
di
fare addormentare il maraviglioso vigilatore, con
il maraviglioso vigilatore, con la voluttà della musica e con l’ajuto
di
Morfeo Dio del sonno (241) che a tale effetto gli
del pavone, o sivvero trasmutò Argo in quest’uccello dotato solamente
di
esterna bellezza, e lo prese a proteggere qual si
la consegnò alle Furie (232), e la fece tormentare da un assillo che
di
continuo la pungeva ; sicchè la sventurata princi
ide, sorella e moglie d’Osiride (696). 91. Quindi la repudiata moglie
di
Giove non ebbe più ritegno alle vendette, alla ge
Cadmo (482), poichè Melicerta (449), Atteone (138) e Penteo (155) re
di
Tebe perirono miseramente ; la figliuola Semele (
a che fece perire tutti gli abitanti, per vendicarsi della protezione
di
Giove verso la figlia d’Asopo regina di quell’iso
r vendicarsi della protezione di Giove verso la figlia d’Asopo regina
di
quell’isola. Eaco, (229) figliuolo di questa regi
verso la figlia d’Asopo regina di quell’isola. Eaco, (229) figliuolo
di
questa regina e di Giove, pregò il padre perchè r
Asopo regina di quell’isola. Eaco, (229) figliuolo di questa regina e
di
Giove, pregò il padre perchè ripopolasse il suo r
i da una vecchia querce della dodonea foresta una quantità prodigiosa
di
formiche, le quali presero tosto figura umana. Da
ai primi tempi fosse opinione che la fatica e l’industria valgano più
di
tutto a ripopolare i paesi devastati. I nuovi abi
in greco significa formiche, accompagnarono Achille (536) all’assedio
di
Troia. — E guai a chi avesse offeso la vanità di
le (536) all’assedio di Troia. — E guai a chi avesse offeso la vanità
di
Giunone ! Piga, piccola regina dei Pigmei che ard
e ardì paragonarsele nella bellezza, fu cangiata in gru ; e le figlie
di
Preto rè d’Argo (462), Lisippa, Ifinoe ed Ifianas
essersi vantate belle quanto Giunone, furono assalite da tale impeto
di
frenesia, che andavano errando furiose in mezzo a
ituì loro la ragione con un’acqua mescolata d’elleboro ; ed in premio
di
questa cura mirabile ebbe la mano d’Ifianasse, co
sta cura mirabile ebbe la mano d’Ifianasse, con una parte degli stati
di
Preto. 93. Iride figlia di Taumante, che di là ca
ano d’Ifianasse, con una parte degli stati di Preto. 93. Iride figlia
di
Taumante, che di là cangia sovente contrade, dice
con una parte degli stati di Preto. 93. Iride figlia di Taumante, che
di
là cangia sovente contrade, dice Dante nel Purg.
rcobaleno si mostra ora in un luogo ora in un altro, fu la messaggera
di
Giunone ; l’ambiziosa regina degli Dei non volle
sempre buone nuove, che per ricompensa le regalò una splendida veste
di
tre colori, e la pose in cielo ; e noi la vediamo
se in cielo ; e noi la vediamo bellissima nell’arcobaleno apportatore
di
gioja sopra la terra. Così spiegarono gli antichi
effetto dei raggi del sole refratli a traverso le nubi ancora pregne
di
pioggia dopo il temporale. Ora un prisma di crist
rso le nubi ancora pregne di pioggia dopo il temporale. Ora un prisma
di
cristallo nelle mani di una fanciulla, o pochi so
e di pioggia dopo il temporale. Ora un prisma di cristallo nelle mani
di
una fanciulla, o pochi sorsi d’acqua spruzzati in
l sole, possono farci apparire a nostro talento la vezzosa messaggera
di
Giunone. 94. Giunone più spesso è rappresenta
ro tirato da due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata
di
gigli e di rose. I pittori le pongon sempre a’pie
a due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata di gigli e
di
rose. I pittori le pongon sempre a’piedi un pavon
la cingon talora dell’arcobaleno, emblema d’Iride. 95. In ogni parte
di
Grecia e d’Italia erano templi a questa Dea consa
maggior culto l’onoravano ad Argo, a Samo ed a Cartagine. Nella prima
di
queste città si celebravano le sue feste col sacr
ella prima di queste città si celebravano le sue feste col sacrifizio
di
un’ecatombe, vale a dire di cento bovi ; e presso
i celebravano le sue feste col sacrifizio di un’ecatombe, vale a dire
di
cento bovi ; e presso al suo tempio scorreva un f
i ; e presso al suo tempio scorreva un fonte dotato della prerogativa
di
far tornare la giovinezza. Credevano che la Dea u
dei parti) si celebravano a Roma, eran dette Lupercali, a somiglianza
di
quelle del dio Pane (294). Lucina è la figura di
rcali, a somiglianza di quelle del dio Pane (294). Lucina è la figura
di
una matrona che ha nella destra una tazza e una l
no fasciato ed un giglio. Qualche volta aveva sulla fronte una corona
di
dittamo, perchè la superstizione credeva che ques
più comunemente un’agnella. Fu adorata anche in Egitto sotto la forma
di
una vacca o di una donna con le corna in capo ; m
un’agnella. Fu adorata anche in Egitto sotto la forma di una vacca o
di
una donna con le corna in capo ; ma cosi gli Egiz
iana (137). 97. Prima che Apollo e Diana nascessero, la gelosa moglie
di
Giove mosse contro la loro madre il serpente Pito
guitata senza riposo ; e la terra aveva promesso alla regina dei Numi
di
non dare asilo alla sua rivale. Infatti Latona er
185) impietosito dal tristo caso, fece apparire nel mare Egeo l’isola
di
Delo,27 e Latona trasformata in quaglia da Giove,
, e vi partorì Apollo (96) e Diana (137). Il primo ebbe il soprannome
di
Delio dal luogo della sua nascita. Certo non si
. Dante, Purg., c. XX. 98. Un dì Latona nel fuggire la persecuzione
di
Giunone attraversava la Licia, e certi contadini,
e attraversava la Licia, e certi contadini, non istruiti dall’esempio
di
quelli che offeser Cerere (55), ebbero la crudelt
ti dall’esempio di quelli che offeser Cerere (55), ebbero la crudeltà
di
negarle un po’d’acqua ; ed essa li puni col solit
rudeltà di negarle un po’d’acqua ; ed essa li puni col solito gastigo
di
convertirli in rane. 99. Appena che Apollo fu in
Apollo fu in età da far uso delle sue forze, consacrò la prima prova
di
valore alla madre per vendicarla del serpente Pit
furono istituiti da Teseo i giuochi Pitii per rammentare questa prova
di
filiale affetto (672). 100. Ma la vittoria gli fu
to quale Dio. Infatti aveva fin reso la vita ad Ippolito (432) figlio
di
Teseo (402) che era morto per cagione dei mostri
che troppo si vantava delle sue prodigiose guarigioni. 101. Il dolore
di
Apollo divenne cieca disperazione, e non potendo
, e non potendo pigliarne vendetta sullo stesso Giove, uccise a colpi
di
strali i Ciclopi (272) che avevano fabbricato la
i (272) che avevano fabbricato la folgore ; laonde Giove, per punirlo
di
tanto ardire, lo scacciò dal cielo, e lo privò de
2. Allora Apollo, per procacciarsi la sussistenza, si pose ai servigj
di
Admeto re di Tessaglia, pasturando gli armenti, e
llo, per procacciarsi la sussistenza, si pose ai servigj di Admeto re
di
Tessaglia, pasturando gli armenti, e fin d’allora
ampagne inventò la lira ; e per essere utile agli abitanti, si studiò
di
farne più miti i costumi con le dolcezze della mu
ella persuasione operata dall’eloquenza. 103. La ninfa Dafne, seguace
di
Diana e figliuola del fiume Peneo, fu incontrata
(che Dante chiama la fronda Peneia), e volle che il lauro in memoria
di
un amor puro ed ardente gli fosse sacro e divenis
un amor puro ed ardente gli fosse sacro e divenisse nobile ricompensa
di
poeti, d’artisti e di guerrieri. Il significato d
e gli fosse sacro e divenisse nobile ricompensa di poeti, d’artisti e
di
guerrieri. Il significato del vocabolo è il fonda
d’artisti e di guerrieri. Il significato del vocabolo è il fondamento
di
questa favola, poichè Dafne in greco vuol dir lau
o. I poeti attribuivano due particolari virtù a questa pianta : l’una
di
preservare dalla folgore ; l’altra di far vedere
i virtù a questa pianta : l’una di preservare dalla folgore ; l’altra
di
far vedere la verità in sogno a coloro che ne met
he ne mettevano alcune foglie sotto le orecchie. 104. Fu grande amico
di
Apollo il giovine Giacinto, figlio di Amicla e di
orecchie. 104. Fu grande amico di Apollo il giovine Giacinto, figlio
di
Amicla e di Diomede ; e mentre un giorno giocavan
04. Fu grande amico di Apollo il giovine Giacinto, figlio di Amicla e
di
Diomede ; e mentre un giorno giocavano insieme al
a mestizia la tomba delle tenere vittime della morte. 105. I genitori
di
Giacinto si posero ad inseguire Apollo per vendic
Allora ambedue chiesero asilo a Laomedonte, figliuolo d’Ilio e padre
di
Priamo, quando appunto faceva costruire la città
lo d’Ilio e padre di Priamo, quando appunto faceva costruire la città
di
Troia ; e venuti a patti con lui, s’allogarono pe
medonte negò loro la pattuita mercede, ed essi crucciatine, fermarono
di
vendicarsi. Nettuno inondò la nuova città, e Apol
nte cercò rimedio a tanti mali, e consultò l’oracolo, che gli rispose
di
dover placare Apollo e Nettuno, esponendo ogni an
la vittoria negò ad Ercole il meritato premio : laonde l’eroe, pieno
di
giusto sdegno, assaltò la città, uccise il re tan
87), che poi fu riscattato dai Troiani, e maritò Esione a Telamone re
di
Salamina, uno degli Argonauti. 110. Finalmente i
urora, Fetonte, le Eliadi e Lino. 112. L’Aurora sposò Titone, figlio
di
Laomedonte re di Troia, e gli ottenne da Giove l’
e Eliadi e Lino. 112. L’Aurora sposò Titone, figlio di Laomedonte re
di
Troia, e gli ottenne da Giove l’immortalità, ma n
ad essere oppresso da interminabile decrepitezza, desiderò ed ottenne
di
trasformarsi in cicala. 113. Dal matrimonio dell
si, gr.), re d’Etiopia, il quale militò con Priamo (587) nella guerra
di
Troia, e vi rimase ucciso da Achille (536). Quest
secondo la favola, che producono la rugiada mattutina. 114. Dal rogo
di
Memnone volaron fuori gli uccelli memnonidi, i qu
n tanto furore ed ostinazione, da cader morti accanto al rogo a guisa
di
vittime immolate alle ceneri dell’estinto. 115. G
’estinto. 115. Gli Egiziani alzarono a Memnone una statua nella città
di
Tebe ; e credesi che quando questa statua era inv
edesi che quando questa statua era investita dai primi raggi del sole
di
levante, ossia quando l’Aurora s’imbiancava al ba
alla sua partenza. 116. Il secondo marito dell’Aurora fu Cefalo re
di
Tessaglia che prima era stato sposo di Procri fig
arito dell’Aurora fu Cefalo re di Tessaglia che prima era stato sposo
di
Procri figlia d’Eretteo re d’Atene. Questo Cefalo
ato sposo di Procri figlia d’Eretteo re d’Atene. Questo Cefalo andava
di
continuo a caccia ; e Procri, presa da gelosia, v
r volersi maggiormente accostare smosse il cespuglio. Cefalo si credè
di
essere insidiato da una belva nascosta in quelle
ede l’Aurora. 117. Gli antichi rappresentavano l’Aurora con la veste
di
color rancio, con una face in mano, in sull’uscir
, in sull’uscire da un palazzo vermiglio, assisa sopra un carro color
di
fuoco. Omero la descrive con un gran velo dato al
gnificare che l’oscurità si dissipa innanzi a lei, mentre con le mani
di
rose apre le porte del giorno. Talvolta è rappres
ose apre le porte del giorno. Talvolta è rappresentata sotto le forme
di
giovinetta ninfa, incoronata di fiori e sopra un
lvolta è rappresentata sotto le forme di giovinetta ninfa, incoronata
di
fiori e sopra un carro tratto dal Pegaseo (124),
’ella è amica dei poeti. E quale, annunziatrice degli albori, L’aura
di
maggio muovesi, ed olezza, Tutta impregnata dall’
o Zuccheri le invenzioni per dipingere una camera nel celebre palazzo
di
Caprarola appartenente alla famiglia Farnese di R
a nel celebre palazzo di Caprarola appartenente alla famiglia Farnese
di
Roma, descrive così con molta leggiadria l’Aurora
e così con molta leggiadria l’Aurora. « Facciasi dunque una fanciulla
di
quella bellezza che i poeti s’ingegnano di esprim
ciasi dunque una fanciulla di quella bellezza che i poeti s’ingegnano
di
esprimer con parole, componendola di rose, d’oro,
bellezza che i poeti s’ingegnano di esprimer con parole, componendola
di
rose, d’oro, di porpora, di rugiada, di simili va
oeti s’ingegnano di esprimer con parole, componendola di rose, d’oro,
di
porpora, di rugiada, di simili vaghezze, e questo
nano di esprimer con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora,
di
rugiada, di simili vaghezze, e questo quanto ai c
imer con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora, di rugiada,
di
simili vaghezze, e questo quanto ai colori e alla
uanto ai colori e alla carnagione. Quanto all’abito, componendone pur
di
molti uno che paia più appropriato, s’ha da consi
come trasparente. Dalla cintura fino alle ginocchia, una sopravvesta
di
scarlatto con certi trinci e groppi che imitasser
lle nugole, quando è vermiglia. Dalle ginocchia in giù fino ai piedi,
di
color d’oro, per rappresentarla quando è rancia.
e e svolazzi. Le braccia vogliono essere ignude, e d’incarnagione pur
di
rose. Negli omeri le si facciano l’ali di vari co
gnude, e d’incarnagione pur di rose. Negli omeri le si facciano l’ali
di
vari colori ; in testa una corona di rose ; nelle
Negli omeri le si facciano l’ali di vari colori ; in testa una corona
di
rose ; nelle mani le si ponga una lampada o una f
splendente in rosso, per denotarli secondo il nome che Omero dà loro
di
Lampo e di Fetonte. Facciasi sorgere da una marin
in rosso, per denotarli secondo il nome che Omero dà loro di Lampo e
di
Fetonte. Facciasi sorgere da una marina tranquill
lla, che mostri d’esser crespa, luminosa e brillante. » (Vasari, vita
di
Taddeo Zucchero.) 118. Fetonte (phaétho, io brill
limene figlia dell’Oceano e creduta madre d’Omero, soleva per effetto
di
stolto orgoglio vantarsi con tutti e continuament
re Apollo per padre e Giove per avo fosse merito suo, e tenesse luogo
di
virtù e di sapienza. Un giorno venne a contesa di
er padre e Giove per avo fosse merito suo, e tenesse luogo di virtù e
di
sapienza. Un giorno venne a contesa di natali con
uo, e tenesse luogo di virtù e di sapienza. Un giorno venne a contesa
di
natali con Epafo (90), figliuol di Giove, e con a
apienza. Un giorno venne a contesa di natali con Epafo (90), figliuol
di
Giove, e con altri suoi folli compagni ; e vantan
ta da tutti. Di che andato a lagnarsi col padre, gli chiese in grazia
di
condurre un giorno il carro del Sole per attestar
se, fu poi tanto debole da acconsentirvi. Allora i cavalli, accortisi
di
esser guidati da mano inesperta, deviano il corso
ire l’ultima ruina dell’universo, scagliò la folgore contro il figlio
di
Apollo, e lo precipitò nell’Eridano, fiume d’Ital
barbari e memori forse della catastrofe atlantica (69), avuta notizia
di
consimile incendio nel littorale d’Italia, immagi
il quale ad essi pareya che tramontasse in Italia posta all’occidente
di
Grecia. Crederono forse che l’astro del giorno pr
all’occidente di Grecia. Crederono forse che l’astro del giorno prima
di
giungere al prefisso termine del suo corso fosse
o termine del suo corso fosse caduto in quel suolo che era ingombrato
di
fiamme. Ma comecchè materiali e grossolani, non p
ndo la grandezza degli avi senza saperne imitare le gesta, si empiono
di
vano orgoglio, e periscono miseramente. 120. Le E
di vano orgoglio, e periscono miseramente. 120. Le Eliadi, figliuole
di
Apollo e di Climene e sorelle di Fetonte, si affl
oglio, e periscono miseramente. 120. Le Eliadi, figliuole di Apollo e
di
Climene e sorelle di Fetonte, si afflissero tanto
seramente. 120. Le Eliadi, figliuole di Apollo e di Climene e sorelle
di
Fetonte, si afflissero tanto della sua morte, che
n pioppi, e le loro lacrime in gocce d’ambra. Cigno poi …. dell’amor
di
Fetonte acceso, Come si dice, mentre che piangend
n canto melanconico e pieno d’armoniosa dolcezza. L’affettuoso tratto
di
amicizia ch’ei ricorda, questa credenza del suo d
Grazie dedica a questo simbolo della beltà, che veleggia con pure ali
di
neve, i seguenti bei versi : A quanti alati28 G
a Sovra le piume sue nitido il sole. 121. Lino, figliuolo d’Apollo e
di
Tersicore, (275) ha fama di avere inventato i ver
il sole. 121. Lino, figliuolo d’Apollo e di Tersicore, (275) ha fama
di
avere inventato i versi lirici, e fu quegli che i
dotessa chiamata Pitia o Pitonessa (V. Sibille, § 665) che incoronata
di
lauro riferiva i responsi della delfica Deità, st
e, coperto con la pelle del serpente Pitone (97), e indicato col nome
di
Tripode o Cortina. Nel tempio di Delfo i giovinet
nte Pitone (97), e indicato col nome di Tripode o Cortina. Nel tempio
di
Delfo i giovinetti dedicavano ad Apollo la loro c
acolo, il quale ordinò loro d’offrire il treppiede all’uomo più savio
di
tutta la Grecia. Allora lo recarono al filosofo T
so. Ma Talete mandò il treppiede a Biante ch’ei teneva per più saggio
di
lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca di sc
teneva per più saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca
di
scienze e di virtù. Nel tempo che i nemici piglia
iù saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca di scienze e
di
virtù. Nel tempo che i nemici pigliavano d’assalt
orto con me ogni cosa 31. Forse questa risposta poteva esser tacciata
di
presunzione ; ma vero è che Biante ebbe la modest
arnaso, l’Elicona in Beozia, ed il Pindo. Il Parnaso ha anche il nome
di
monte sacro, e sacra è pur detta la valle sottopo
469). 124. Pegaso o Pegaseo era un cavallo alato, e nacque dal sangue
di
Medusa (357), allorchè Perseo (353) recise il cap
ti menare a’lor servigi il Pegaseo, simbolo del genio. 125. Un satiro
di
Frigia chiamato Marsia, che reputasi inventore de
chiamato Marsia, che reputasi inventore del flauto, ebbe la temerità
di
sfidare Apollo nella eccellenza della musica, a p
dell’armonia. Venuti infine a cimento, volle esserne giudice Mida re
di
Frigia, nel quale non si sapeva se fosse maggiore
a decretar la vittoria a Pane suo favorito ; ma Apollo volle punirlo
di
tale parzialità facendogli spuntare le orecchie d
che presumono poter giudicare delle cose che non conoscono, ragionare
di
affetti che non sentono. 127. Mida si studiava di
onoscono, ragionare di affetti che non sentono. 127. Mida si studiava
di
nascondere la propria deformità celando le orecch
que esser possa accompagnata dal potere e nascosta sotto lo splendore
di
ricchi arredi. 128. Quando Bacco (146) andò in Fr
compagnava si fermò a una fonte ove Mida aveva fatto porre uno spillo
di
buon vino per adescarlo. Infatti alcuni contadini
a che lo accolse con magnificenza regale. Bacco volendo ricompensarlo
di
sì bella ospitalità largita al suo balio, promise
gli d’esaudire il primo desiderio ch’ei gli avesse manifestato. Il re
di
Frigia quasi che volesse far conoscere come bene
addicevano le note orecchie asinine, chiese ed ottenne il privilegio
di
convertire in oro tutto ciò ch’ei toccava ; ma pr
essi alimenti gli si mutavano in quel metallo, e ne fu presso a morir
di
fame. Ecco l’immagine dei sordidí avari che si la
rir di fame. Ecco l’immagine dei sordidí avari che si lasciano mancar
di
tutto per accumular ricchezze. 129. Ma Bacco, mos
di tutto per accumular ricchezze. 129. Ma Bacco, mosso a compassione
di
tanta miseria, E la miseria dell’avaro Mida, Che
lle acque, nell’irrigare i campi, nel muovere macchine, sono sorgente
di
prosperità vera e durevole, mentrechè rinchiuse n
tribuisce ad Apollo. 130. Clizia, ninfa dell’Oceano, fu sacerdotessa
di
Apollo ; ma vedendosi preferita Leucotoe (la stes
a stessa che Ino) (449), ne concepì tanta gelosia da lasciarsi morire
di
fame. Il Nume la cangiò allora in girasole od eli
ate quando il sole è nel Tropico del Cancro. 131. Leucotoe era figlia
di
Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apollo invaghi
l Tropico del Cancro. 131. Leucotoe era figlia di Orcano od Orcamo re
di
Persia ; ed Apollo invaghitosi della sua bellezza
co la vita. Apollo, afflittone grandemente, volle eternare la memoria
di
quell’amico trasformandolo in cipresso, come suon
ria di quell’amico trasformandolo in cipresso, come suona il vocabolo
di
greca origine. 133. Coronide figlia di Flegias e
presso, come suona il vocabolo di greca origine. 133. Coronide figlia
di
Flegias e madre d’Esculapio (289) fu anch’essa am
sa amata da Apollo ; ma poichè un corvo gli ebbe svelato ch’ella poco
di
lui si curava, tratto dal primo impeto dello sdeg
altari d’Apollo un toro bianco e un agnello, e far libazioni d’olio e
di
latte, queste in memoria del tempo nel quale fece
aean per rammentare la sua vittoria sul mostro Pitone. Gli spettatori
di
quella tremenda lotta gli gridavano continuamente
dare del tempo, dopo ogni vittoria, questa esclamazione diventò grido
di
gioia. Il Corvo ed il Cigno (120) furon sacri ad
asi che questo volatile cantasse la vicina sua morte, quasi principio
di
felicità. Fu poi attribuito al corvo il naturale
principio di felicità. Fu poi attribuito al corvo il naturale istinto
di
predire il futuro, ed il suo crocidare serviva sp
rale istinto di predire il futuro, ed il suo crocidare serviva spesso
di
prognostico. L’aquila che fissa nel sole l’audace
faticabilmente i bei giorni del suo impero, avevano anch’essi l’onore
di
essergli consacrati. 135. Gli emblemi di questo D
o, avevano anch’essi l’onore di essergli consacrati. 135. Gli emblemi
di
questo Dio diversificano secondo i personaggi ch’
aggi ch’ei rappresenta. In Lesbo la sua statua teneva in mano un ramo
di
mirto. Ha talora un pomo come premio dei giuochi
re il suo oracolo, recando magnifici donativi. I Rodiani che ambivano
di
esser chiamati figli del Sole, gli aveano consacr
le contavasi tra le sette meraviglie del mondo. Era questa una statua
di
bronzo alta settanta braccia, che posando i piedi
enticinque braccia l’una dall’altra, sovrastava all’entrata del porto
di
Rodi. Rappresentava il dio Apollo con una radiant
ntava il dio Apollo con una radiante corona in testa, armato d’arco e
di
freccia, ed alzando con la destra mano un bacino,
arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino, nel quale
di
notte tenevasi accesa la fiamma che serviva di fa
o un bacino, nel quale di notte tenevasi accesa la fiamma che serviva
di
fanale ai marinari. L’interno del colosso era vuo
spiegate. Le altre così dette maraviglie del mondo furono : Il tempio
di
Diana in Efeso (143) ; la statua di Giove-Olimpic
glie del mondo furono : Il tempio di Diana in Efeso (143) ; la statua
di
Giove-Olimpico (81) scolpita da Fidia ; i giardin
tatua di Giove-Olimpico (81) scolpita da Fidia ; i giardini e le mura
di
Babilonia costruiti da Semiramide ; il palazzo di
giardini e le mura di Babilonia costruiti da Semiramide ; il palazzo
di
Ciro che dicono avesse le pietre cementate con l’
che dicono avesse le pietre cementate con l’oro ; le famose Piramidi
di
Egitto, che si crederono destinate per tomba ai R
famose Piramidi di Egitto, che si crederono destinate per tomba ai Re
di
quel fertile paese ; e finalmente la tomba che Ar
sepolcrali monumenti. Era circondato da 36 colonne, aveva 200 braccia
di
circuito, 70 di altezza, e sorgeva sulla sua cima
enti. Era circondato da 36 colonne, aveva 200 braccia di circuito, 70
di
altezza, e sorgeva sulla sua cima un bel carro ti
a un bel carro tirato da quattro cavalli. Le statue e i bassi rilievi
di
questo monumento erano capi-lavori dei celebri sc
lebri scultori Scopa, Timoteo e Leucarete. Alcuni, invece del palazzo
di
Ciro, pongono tra le meraviglie il Faro d’Alessan
lie il Faro d’Alessandria in Egitto, costruito da Sostrate architetto
di
Gnido sotto il regno di Tolomeo Filadelfo. 136. I
a in Egitto, costruito da Sostrate architetto di Gnido sotto il regno
di
Tolomeo Filadelfo. 136. In generale poi i monumen
In generale poi i monumenti antichi rappresentano Apollo in sembianza
di
un bel giovine imberbe, con lunga e bionda chioma
d ha nella destra l’arco e i dardi, e nella sinistra quell’aurea lira
di
sette corde, emblema dei sette pianeti allor noti
av[ILLISIBLE] a un elmo, come protettore degli uomini, ed era in atto
di
far donativi alle Grazie (175) che animano il gen
animano il genio e le belle arti. Roma possiede la più celebre statua
di
questo Dio, chiamata l’Apollo di Belvedere, ed è
Roma possiede la più celebre statua di questo Dio, chiamata l’Apollo
di
Belvedere, ed è una meraviglia dell’arte.
d è una meraviglia dell’arte. Diana. 137. Diana era figlia
di
Giove (63) e di Latona (97), e sorella d’Apollo (
ia dell’arte. Diana. 137. Diana era figlia di Giove (63) e
di
Latona (97), e sorella d’Apollo (96). Forse quest
avano triforme Dea e triplice Ecate. Il nome più comune poi fu quello
di
casta Diana, perchè aveva in gran pregio la verec
cciatore Atteone (aktè, sponda, gr.), che ebbe la temeraria curiosità
di
guardarla mentr’ella si bagnava con le sue ninfe.
ue fanciulle, ed agli infanti, Foscolo. Le Grazie. Ebbe soprannome
di
Delia dall’isola di Delo ove nacque ; quello di L
i infanti, Foscolo. Le Grazie. Ebbe soprannome di Delia dall’isola
di
Delo ove nacque ; quello di Lucina perchè invocat
zie. Ebbe soprannome di Delia dall’isola di Delo ove nacque ; quello
di
Lucina perchè invocata anch’ella nei parti, e per
; ma dicono altrimenti che Giove, trovato questo pastore nelle stanze
di
Giunone, l’aveva condannato a dormire eternamente
spesso illuminata dalla Luna, ed ecco l’origine de favola delle nozze
di
Diana e d’Endimione. Sarebbe fac spiegar tutto ci
à che Diana usava con le sue seguaci. Calisto era la ninfa prediletta
di
questa Dea, e le aveva promesso di vivere continu
i. Calisto era la ninfa prediletta di questa Dea, e le aveva promesso
di
vivere continuamente nubile con lei ; ma ad insin
promesso di vivere continuamente nubile con lei ; ma ad insinuazione
di
Giove, che le apparve sotto le effigie della stes
parve sotto le effigie della stessa Diana, si maritò, e divenne madre
di
Arcade (75). Allora Diana, conosciuta la poca fed
e divenne madre di Arcade (75). Allora Diana, conosciuta la poca fede
di
Calisto, la cacciò dal suo cospetto, e la mutò in
dei cacciatori ; e andava scorrendo i boschi e le selve, in compagnia
di
sessanta ninfe oceanine, armate come lei d’arco e
ve, in compagnia di sessanta ninfe oceanine, armate come lei d’arco e
di
frecce. 143. In Efeso, città dell’Jonia nell’Asia
l’Asia minore, ebbe un celebre tempio annoverato, al pari del colosso
di
Rodi (135), fra le sette maraviglie del mondo. Qu
sette colonne alte 30 braccia, erette da altrettanti re, nello spazio
di
duecento venti anni, e arricchito dei tesori di t
anti re, nello spazio di duecento venti anni, e arricchito dei tesori
di
tutta l’Asia, con pitture, statue e bassorilievi
vi che erano capolavori dei più celebri maestri. Le porte furon fatte
di
cipresso, tutto il resto di legno di cedro, e la
più celebri maestri. Le porte furon fatte di cipresso, tutto il resto
di
legno di cedro, e la statua di Diana fu gettata i
ri maestri. Le porte furon fatte di cipresso, tutto il resto di legno
di
cedro, e la statua di Diana fu gettata in oro. Er
uron fatte di cipresso, tutto il resto di legno di cedro, e la statua
di
Diana fu gettata in oro. Erostrato diede fuoco a
nde, e mentre Diana, come credevano, assisteva in parto Olimpia madre
di
quel principe. Pare che Erostrato commettesse que
l’infamia il suo nome. Gli Efesj decretarono, ma invano, che il nome
di
questo folle non fosse mai pronunziato. Quindi ri
a invocandola, qual Dea della notte e degl’incantesimi, sotto il nome
di
Ecate infernale (234, 2°), i viaggiatori le sacri
lle tenebre. In più solenni occasioni le facevano anche un sacrifizio
di
cento bovi, chiamato Ecatombe, parola greca compo
parola greca composta, che significa appunto cento buoi. Con l’aiuto
di
Ifigenia (527) sacerdotessa di questa Dea, Oreste
nifica appunto cento buoi. Con l’aiuto di Ifigenia (527) sacerdotessa
di
questa Dea, Oreste (527) e Pilade (534) ne recaro
’amorini l’accompagna verso Endimione (139). Ed allora il suo carro è
di
madreperla : Il lume Che Cinzia versa placido da
e ad Apollo, con le chiome lunghe, folte e crespe alquanto, o con uno
di
quei cappelli in capo, che si dicono acidari, lar
nto, o con uno di quei cappelli in capo, che si dicono acidari, largo
di
sotto, ed acuto e torto in cima, come il corno de
ndo Apuleio, con un tondo schiacciato, liscio, e risplendente a guisa
di
specchio in mezzo la fronte, che di qua e di là a
o, liscio, e risplendente a guisa di specchio in mezzo la fronte, che
di
qua e di là abbia alcuni serpenti, e sopra certe
, e risplendente a guisa di specchio in mezzo la fronte, che di qua e
di
là abbia alcuni serpenti, e sopra certe poche spi
alcuni serpenti, e sopra certe poche spighe, con una corona in capo o
di
dittamo, secondo i Greci, o di diversi fiori seco
poche spighe, con una corona in capo o di dittamo, secondo i Greci, o
di
diversi fiori secondo Marziano, o di elicrisio se
o di dittamo, secondo i Greci, o di diversi fiori secondo Marziano, o
di
elicrisio secondo alcuni altri. La veste chi vuol
vagamente lavorati. Pausania alludendo. credo, a Diana, la fa vestita
di
pelle di cervo. Apuleio (pigliandola forse per Is
lavorati. Pausania alludendo. credo, a Diana, la fa vestita di pelle
di
cervo. Apuleio (pigliandola forse per Iside) le d
pelle di cervo. Apuleio (pigliandola forse per Iside) le dà un abito
di
velo sottilissimo di varj colori, bianco, giallo
eio (pigliandola forse per Iside) le dà un abito di velo sottilissimo
di
varj colori, bianco, giallo e rosso, ed un’altra
llo e rosso, ed un’altra veste tutta nera, ma chiara e lucida, sparsa
di
molte stelle, con una luna in mezzo, e con un lem
e stelle, con una luna in mezzo, e con un lembo intorno con ornamento
di
fiori e di frutti pendenti a guisa di fiocchi. Pi
on una luna in mezzo, e con un lembo intorno con ornamento di fiori e
di
frutti pendenti a guisa di fiocchi. Pigliate un d
un lembo intorno con ornamento di fiori e di frutti pendenti a guisa
di
fiocchi. Pigliate un di questi abiti qual meglio
namento di fiori e di frutti pendenti a guisa di fiocchi. Pigliate un
di
questi abiti qual meglio vi torna. Le braccia fat
te, con la sinistra un arco allentato, il quale, secondo Claudiano, è
di
corno, e secondo Ovidio, d’oro. Fatelo come vi pa
serpenti nella sinistra, ed in Apuleio con un vaso dorato col manico
di
serpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col
leio con un vaso dorato col manico di serpe, il qual pare come gonfio
di
veleno, e col piede ornato di foglie di palma. Ma
nico di serpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col piede ornato
di
foglie di palma. Ma con questo credo che voglia s
rpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col piede ornato di foglie
di
palma. Ma con questo credo che voglia significare
a significare pur Iside ; però mi risolvo che le facciate l’arco come
di
sopra. Cavalchi un carro tirato da cavalli, un ne
carro tirato da cavalli, un nero, l’ altro bianco, o (se vi piacesse
di
variare) da un mulo, secondo Festo Pompeio, oda g
lto piccole, ed una macchia bianca sul destro fianco. » (Vasari. Vita
di
Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco era fi
Vasari. Vita di Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco era figlio
di
Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo (482) fon
Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco era figlio di Giove (63) e
di
Semele, figlia di Cadmo (482) fondatore e re di T
Bacco. 146. Bacco era figlio di Giove (63) e di Semele, figlia
di
Cadmo (482) fondatore e re di Tebe. 147. Giunone
iglio di Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo (482) fondatore e re
di
Tebe. 147. Giunone (85) fu presa da fiera gelosia
Tebe. 147. Giunone (85) fu presa da fiera gelosia della predilezione
di
Giove per Semele, causa di tanti guai a’ Tebar N
presa da fiera gelosia della predilezione di Giove per Semele, causa
di
tanti guai a’ Tebar Nel tempo che Giunone era cr
e, Inf., c. XXIX. La sdegnata Dea apparve a Semele sotto le sembianze
di
Berœ sua nutrice, ed accendendo tutta la sua vani
tasse in tutta la maestà della celeste gloria. Giove negò lungo tempo
di
compiacerla ; ma cedendo infine alle voglie impor
le voglie importune della femmina vanagloriosa, le apparve circondato
di
folgori e di lampi. 148. Allora andò in fiamme il
ortune della femmina vanagloriosa, le apparve circondato di folgori e
di
lampi. 148. Allora andò in fiamme il palazzo, e S
àccade che il fasto e la splendida protezione dei grandi sieno causa
di
rovina a chi stoltamente agogna e vagheg gia quel
elo facendola immortalmente beata : Colta dall’ igneo telo La chioma
di
Semèle alto cadea, Ma lieta or vive in cielo Al f
ghi. 149. Dicono i più che Bacco fu allevato in vicinanza della città
di
Nisa (altri danno questo nome alla nutrice di Bac
n vicinanza della città di Nisa (altri danno questo nome alla nutrice
di
Bacco) dove Mercurio lo recò in fasce alle figliu
veltissimo danzatore. 150. Sileno, chiamato più comunemente il balio
di
Bacco, apparisce sempre immerso nell’ubriachezza,
collon barcolloni con l’ aiuto d’ un tirso, che è un bastone coronalo
di
pampani o d’ellera. 151. Bacco nella sua prima gi
girò tutta la terra e conquistò le Indie con un esercito d’ uomini e
di
donne che per armi avevano tirsi e tamburi ; indi
à il suo valore nella guerra dei Giganti (68). Questi viaggi favolosi
di
Bacco si rassomigliano a quelli del dio Visnù e V
l’universo. 152. Dopo il ritorno delle Indie sposò Arianna, figliuola
di
Minosse (228) re di Creta, che era stata abbandon
o il ritorno delle Indie sposò Arianna, figliuola di Minosse (228) re
di
Creta, che era stata abbandonata da Teseo (402),
da Teseo (402), c le regalò una corona d’ oro ingemmata, capo d’opera
di
Vulcano (270). Morta questa principessa, la sua c
, la sua corona fu posta fra le costellazioni. 153. Le feste in onore
di
Bacco erano celebrate con grande strepito nelle c
trepito nelle città e nelle campagne dai Satiri (304) primi sacerdoti
di
Bacco, indi dalle Naiadi (317), dai Baccanti, dal
i (317), dai Baccanti, dalle Tiadi e dalle Menadi, ed avevano il nome
di
Baccanali od Orgie. Prima furono istituite in Egi
vano il nome di Baccanali od Orgie. Prima furono istituite in Egitto,
di
dove quest’uso passò in Grecia ; e poi in Italia
llora furono ripristinate e celebrate anzi ogni mese con ogni eccesso
di
sregolatezze. 154. Le Baccanti o Menadi erano ve
o di sregolatezze. 154. Le Baccanti o Menadi erano vestite con pelli
di
tigri o di pantere, e andavano correndo e urlando
atezze. 154. Le Baccanti o Menadi erano vestite con pelli di tigri o
di
pantere, e andavano correndo e urlando scarmiglia
te sulle colline con faci o tirsi (150) nel pugno, dietro alla statua
di
Bacco recata dai sacerdoti ; e di quando in quand
(150) nel pugno, dietro alla statua di Bacco recata dai sacerdoti ; e
di
quando in quando la collocavano sotto l’ombra di
ta dai sacerdoti ; e di quando in quando la collocavano sotto l’ombra
di
una quercia o d’un fico, ed ivi le facevano i sol
rde Di mosto il viso balzan per li colli. G.Parini. 155. Penteo, re
di
Tebe, volle abolire le feste di Bacco ; ma il cul
li colli. G.Parini. 155. Penteo, re di Tebe, volle abolire le feste
di
Bacco ; ma il culto per questo nume era così radi
edirono il principe e lo sbranarono. 156. Le Mineidi, ossia le figlie
di
Mineo re di Tebe, non fecero senno per tale esemp
rincipe e lo sbranarono. 156. Le Mineidi, ossia le figlie di Mineo re
di
Tebe, non fecero senno per tale esempio ; chè anz
o senno per tale esempio ; chè anzi ricusarono d’assistere alle feste
di
Bacco, e nel tempo che erano celebrate vollero pe
zzo continuare i loro lavori ; quand’ecco la casa empirsi a un tratto
di
coruscanti fuochi ed echeggiare d’ urla tremende,
vano a Bacco panieri pieni delle primizie della stagione ; e le feste
di
Bacco andavano sempre, come tante altre, a finire
in banchetti. Ma dopo i banchetti, i sacerdoti avvinazzati, al suono
di
piferi e di cembali, ballavano sopra otri e vessi
i. Ma dopo i banchetti, i sacerdoti avvinazzati, al suono di piferi e
di
cembali, ballavano sopra otri e vessiche pieni d’
eri e di cembali, ballavano sopra otri e vessiche pieni d’aria e unti
di
lardo o d’olio. Figuriamoci se potevano andare a
ar ritti ! Ogni sdrucciolone, ogni cascata erano accolti dagli scoppi
di
risa, dal suon di mano e dalle fischiate degli sp
rucciolone, ogni cascata erano accolti dagli scoppi di risa, dal suon
di
mano e dalle fischiate degli spettatori ; ma era
risevoli giuochi passarono d’ Atene a Roma, dove le principali feste
di
Bacco furono anzi tratto celebrate tre volte l’an
o, ed appendevano allora sugli alberi vicini alle viti tante figurine
di
Bacco per custodire le uve ; la seconda nel mese
ti tante figurine di Bacco per custodire le uve ; la seconda nel mese
di
gennaio, quando erano recati a Roma i vini più sq
uisiti d’ ogni parte d’ Italia ; e la terza, la più solenne, nel mese
di
febbraio ; dei quali Baccanali conserviamo anche
he noi la memoria nelle stravaganze del Carnevale. Spesso la divinità
di
Bacco ha inspirato i Poeti. È a tutti noto il bel
pe piacevolmente scherzare intorno a Bacco. Ecco una canzonetta piena
di
festività baccanale : — Quando Bacco mi corre le
e — alle cure do bando ; Di dovizie allor mi pare Agguagliare — il re
di
Lidia, E men vo lietamente cantando. Ghirlandetta
en vo lietamente cantando. Ghirlandetta al crin mi faccio Intrecciata
di
fresch’ edere, E riposatamente indi mi giaccio ;
E riposatamente indi mi giaccio ; E coll’ animo scarco e giocondo Vo
di
sopra alle cose del mondo. Altri adopri aste e co
guerreggio colle tazze. O fanciul, dammi il bicchiere ; Mesci, mesci
di
quel nèttare : Io voglio, anzichè morto, ebro gia
bro giacere. 157. Bacco è figurato comunemente con le corna, simbolo
di
forza e di potenza, e per rammentare ch’egli fu i
. 157. Bacco è figurato comunemente con le corna, simbolo di forza e
di
potenza, e per rammentare ch’egli fu il primo ad
’egli fu il primo ad aggiogare i bovi all’aratro. Ha sempre la corona
di
pampani o d’ellera, con la faccia di giovine ride
all’aratro. Ha sempre la corona di pampani o d’ellera, con la faccia
di
giovine ridente ed imberbe, essendochè l’uso mode
a Fenice, e tra le piante l’ellera, cui s’ attribuisce la prerogativa
di
dissipare i vapori del vino mediante la sua natur
vapori del vino mediante la sua naturale freschezza. Lungo due fiumi
di
Beozia, l’Ismeno e l’Asopo, andavano di notte cor
e freschezza. Lungo due fiumi di Beozia, l’Ismeno e l’Asopo, andavano
di
notte correndo in folla e furia i Tebani, e invoc
o Bacco nei loro bisogni : E quale Ismeno già vide ed Asopo Lungo
di
sè di notte furia e calca Pur che i Teban di Bacc
o nei loro bisogni : E quale Ismeno già vide ed Asopo Lungo di sè
di
notte furia e calca Pur che i Teban di Bacco aves
già vide ed Asopo Lungo di sè di notte furia e calca Pur che i Teban
di
Bacco avesser uopo…. Dante, Purg., c. XVIII. 1
favola attribuisce a Bacco altro non sia che imitazione della storia
di
Mosè : Bacco e Mosè furono allevati nell’ Arabia
è rappresentato con due corna, Mose con due raggi sul capo. Il tirso
di
Bacco fece scorrere fonti di vino, e la verga di
a, Mose con due raggi sul capo. Il tirso di Bacco fece scorrere fonti
di
vino, e la verga di Mosè fece scaturire una sorge
i sul capo. Il tirso di Bacco fece scorrere fonti di vino, e la verga
di
Mosè fece scaturire una sorgente d’acqua. Infine
iverenza alle sacre carte, indichiamo questo parallelo a solo oggetto
di
ricordare una ipotesi degli eruditi. Anche Bacco
Anche Bacco ebbe più nomi ed in Grecia ed in Roma, tra i quali quelli
di
Libero, Dionisio, Leneo, Bromio, Iacco. Tioneo, E
Tioneo, Evio, Bassareo, ec. Mercurio. 160. Mercurio, figliuol
di
Giove e della ninfa Maja figlia d’Atlante, alla q
e della ninfa Maja figlia d’Atlante, alla quale fu consacrato il mese
di
maggio, nacque in Arcadia sul monte Cillene ; fu
nacque in Arcadia sul monte Cillene ; fu il messaggero e l’interprete
di
Giove e degli altri Dei tanto in cielo che in ter
ll’inferno ; dirigeva egli stesso le loro imprese, ed entrava a parte
di
tutte le loro brighe e degli affari relativi alla
aduceo fu simbolo della concordia e dell’astuzia, od anche della pace
di
cui molto si giova il commercio. 162. I poeti att
nabi. (Luogo citato.) Nel tempo stesso il caduceo aveva la proprietà
di
ricongiungere tutto ciò che la collera aveva sepa
a credenza in cui erano gli antichi che Mercurio dopo un certo numero
di
secoli riconducesse sulla terra le anime e le col
anime, dopo aver lasciata la morta spoglia, trasmigrassero nel corpo
di
quegli esseri, che per le loro inclinazioni s’acc
i Orientali hanno ammessa la metempsicosi senza limiti, acconsentendo
di
credere che la loro anima passi dal corpo di un u
za limiti, acconsentendo di credere che la loro anima passi dal corpo
di
un uomo in quello d’un animale, e da questo in un
in Italia ; ed era convinto d’aver già vissuto a tempo dell’ assedio
di
Troja nel corpo del guerriero Euforbo. In alcuni
urio sonava perfettamente il flauto, era logico esimio, ed aveva fama
di
padre dell’ eloquenza ; ed allora lo rappresentav
simbolo della pace tanto opportuna al commercio ; la seconda, emblema
di
vigore e di virtù necessarj al buon esito della m
a pace tanto opportuna al commercio ; la seconda, emblema di vigore e
di
virtù necessarj al buon esito della mercatura. Fe
alla società, e tra le altre, quella della palestra, incominciamento
di
ginnastica, la quale è utilissima a incivilire gl
ustrioso, commerciante, educatore, segna, quale uomo, una bella epoca
di
perfezionamento sociale, e quale Dio era il più a
epoca di perfezionamento sociale, e quale Dio era il più affaccendato
di
tutti, poichè aveva inoltre l’incarico di condurr
Dio era il più affaccendato di tutti, poichè aveva inoltre l’incarico
di
condurre all’inferno le anime degli estinti. 165.
za con la quale Mercurio seppe anche da giovinetto cattivarsi l’animo
di
tutti, e divenire rispettabile ed assennato quant
mpre in fasce quando portò via i bovi ad Apollo, ed ebbe l’accortezza
di
farli camminare all’ indietro perchè le orme non
re. Questa lira fu formata col guscio d’una testuggine e con le corde
di
lino. 167. Un altro giorno Mercurio involò allo s
ei pasturava pel re Admeto (102). Batto pastore fu il solo testimone
di
questo audace furto, e Mercurio col regalo della
curio col regalo della vacca più bella lo indusse a tacere. Poi finse
di
ritirarsi, e tornando poco dopo sotto le sembianz
cere. Poi finse di ritirarsi, e tornando poco dopo sotto le sembianze
di
contadino gli offerse un bove e una vacca per far
to via ; e Batto palesò subito il segreto, laonde Mercurio sdegnatosi
di
tanta venalità prima per nascondere il furto indi
er nascondere il furto indi per tradire il segreto, lo mutò in pietra
di
paragone, la qual pietra è adoperata a fare esper
’oro corrompe la fede e l’onestà dei mortali, così può essere termine
di
paragone per metterli a prova. Un’altra metamorfo
va. Un’altra metamorfosi operata da Mercurio, ma non più in occasione
di
furti, vien rammentata da Dante nel c. XIV del Pu
, perchè tutelava le vie o le strade, ove sorgeva per lo più in forma
di
pietra quadrata, ed aveva il soprannome di Quadra
orgeva per lo più in forma di pietra quadrata, ed aveva il soprannome
di
Quadratus ; finalmente lo dissero Triceps (tripli
queste diverse qualità sieno state tutte attribuite al solo figliuol
di
Giove e di Maja. Venere. 170. Venere, Dea
erse qualità sieno state tutte attribuite al solo figliuol di Giove e
di
Maja. Venere. 170. Venere, Dea della bell
o giorno della prima primavera del mondo ; e secondo altri era figlia
di
Giove (63) e di Diana ninfa dell’ Oceano (192). A
rima primavera del mondo ; e secondo altri era figlia di Giove (63) e
di
Diana ninfa dell’ Oceano (192). Abitava i contorn
di Giove (63) e di Diana ninfa dell’ Oceano (192). Abitava i contorni
di
Citera ; ma Zeffiro ne la tolse, e la trasportò n
ntorni di Citera ; ma Zeffiro ne la tolse, e la trasportò nell’ isola
di
Cipro. In più alto concetto fu tenuta dagli antic
isola di Cipro. In più alto concetto fu tenuta dagli antichi la deità
di
Venere, allorchè diedero alla Natura stessa il su
bellissimi versi : Una diva scorrea lungo il creato A fecoudarlo, e
di
Natura avea L’ austero nome : fra’ Celesti or god
di suoi fior l’industre terra, T’arridon le marine, e serenato Brilla
di
luce interminata il cielo. Poiché non prima al di
, e serenato Brilla di luce interminata il cielo. Poiché non prima al
di
mostra il vivace Suo viso primavera, e il genïale
n prima al di mostra il vivace Suo viso primavera, e il genïale Alito
di
Faonio era diffuso, L’aerio volator che in cor ti
ti (65) ; e così la bellissima delle Dee ebbe a marito il più deforme
di
tutti i Numi. 172. I poeti la fanno madre di molt
a marito il più deforme di tutti i Numi. 172. I poeti la fanno madre
di
molti figli, e i più celebri sono Cupido o l’Amor
ore, che’l ciel governa (Dante, Parad. c. I) detto dai poeti figliuol
di
Venere e di Marté (255) è un fanciullo alato, con
iel governa (Dante, Parad. c. I) detto dai poeti figliuol di Venere e
di
Marté (255) è un fanciullo alato, con l’arco, sim
di Venere e di Marté (255) è un fanciullo alato, con l’arco, simbolo
di
potenza, ed il turcasso pieno di frecce ; talvolt
fanciullo alato, con l’arco, simbolo di potenza, ed il turcasso pieno
di
frecce ; talvolta è cieco o con una benda sugli o
ta è cieco o con una benda sugli occhi ; ha in mano una face, simbolo
di
attività, e conserva sempre la statura, la fresch
d’un fanciullo. Lo dipingono ancora con un dito alla bocca ; indizio
di
quella discretezza che è tanto necessaria per ben
etrarca nel Trionfo d’Amore ne fa una descrizione più ampia e feconda
di
nuove idee : Quattro destrier via più che neve b
ve idee : Quattro destrier via più che neve bianchi : Sopr’ un carro
di
fuoco un garzon crudo Con arco in mano, e con sae
abili mortali, Parte presi in battaglia, e parte uccisi, Parte feriti
di
pungenti strali…. Questi è colui che il mondo chi
èros, il primo figlio dell’onestà, amico della pace, della concordia,
di
tutte le virtù, e sprone a magnanime imprese, il
irtù, e sprone a magnanime imprese, il secondo padre della vergogna e
di
tutti i vizj, Nume crudele e causa di mille mali
secondo padre della vergogna e di tutti i vizj, Nume crudele e causa
di
mille mali ; così venne rappresentato nell’atto d
me crudele e causa di mille mali ; così venne rappresentato nell’atto
di
tormentare e di straziare una farfalla afferrata
sa di mille mali ; così venne rappresentato nell’atto di tormentare e
di
straziare una farfalla afferrata per le ali ; e i
di straziare una farfalla afferrata per le ali ; e il Petrarca parla
di
quest’ultimo in aspro modo : Ei nacque d’ozio e
il Petrarca parla di quest’ultimo in aspro modo : Ei nacque d’ozio e
di
lascivia umana, Nutrito di pensier dolci e soavi,
ultimo in aspro modo : Ei nacque d’ozio e di lascivia umana, Nutrito
di
pensier dolci e soavi, Fatto signore e Dio da gen
e la Follia. Nè tutti gli autori antichi sono d’accordo sulla nascita
di
Cupido. Platone, intento sempre a far bella la ve
tà, che nello stesso giorno nel quale celebravano in cielo la nascita
di
Venere, era accorsa al banchetto degli Dei per ra
ogno dell’oggetto in cui si pone ; e se questo gli manca, riman privo
di
tutto, e tapino e mendico diventa ; o piuttosto p
teriali desiderj sarebbero inetti e turpi ; Simonide lo salutò figlio
di
Marte e di Venere, ovvero della Forza e della Bel
iderj sarebbero inetti e turpi ; Simonide lo salutò figlio di Marte e
di
Venere, ovvero della Forza e della Bellezza ; Alc
, volendo significare che senza pace si risolve in nulla ; e Alemeone
di
Zeffiro e di Flora, perchè nulla è che sia più ge
nificare che senza pace si risolve in nulla ; e Alemeone di Zeffiro e
di
Flora, perchè nulla è che sia più gentile e innoc
perchè nulla è che sia più gentile e innocente dei fiori e dell’aura
di
primavera che gli accarezza. Il nostro altissimo
icono che Imene, o Imeneo, che presiedeva agli sponsali, fosse figlio
di
Venere e di Bacco (146). È un giovinetto incorona
ene, o Imeneo, che presiedeva agli sponsali, fosse figlio di Venere e
di
Bacco (146). È un giovinetto incoronato di fiori,
, fosse figlio di Venere e di Bacco (146). È un giovinetto incoronato
di
fiori, con la face nella destra e un velo nuziale
ecessarie perchè riescano avventurate le nozze. Tra l’infinito numero
di
poesie per nozze, adorne dei fiori ormai appassit
ce e modesto : Fingi un’ ara, o pittor : viva e festosa Fiamma sopra
di
lei s’inalzi e strida ; E l’un dell’ altro degni
E i bei nomi col dardo all’ ara incida. Due belle madri alfin, colme
di
pura Gioja, stringansi a gara il petto anelo, Ben
nche le tre Grazie, Aglaia (aglaos, bello, gr.) Talia (thalia, giorno
di
festa, gr.) ed Eufrosine (euphrosyne, gioia, gr.)
leggiadria e tutti i divini pregi che la fanno meravigliosa. Nate il
di
che a’ mortali Beltà, ingegno, virtù concesse Gio
studiati adornamenti dell’arte. Ma talora appariscono anche ricoperte
di
leggero velo, forse per la sentenza d’ alcuni che
alcuni che dicono non esservi grazia senza decenza, nè decenza priva
di
velo. Sacra tutela son le Grazie al core — Delle
meglio conoscere le immagini della Mitologia, e vederle sempre adorne
di
quella stessa immortale bellezza che spira dalle
Talia ec…. (Traduz. del Borghi.) 176. Enea (608) fu detto figliuolo
di
Venere e d’Anchise (608) principe troiano, che la
(608) principe troiano, che la Dea della bellezza protesse e ricolmò
di
favori. Dicono che questo principe, osando una vo
olmò di favori. Dicono che questo principe, osando una volta vantarsi
di
tanta predilezione, fu punito di questa sua indis
principe, osando una volta vantarsi di tanta predilezione, fu punito
di
questa sua indiscretezza da Giove (63) con un col
one, fu punito di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un colpo
di
fulmine che gli sfiorò la pelle. 177. Adone, figl
) con un colpo di fulmine che gli sfiorò la pelle. 177. Adone, figlio
di
Mirra (Adò, io piaccio, gr.) nato in Arabia, era
e, figlio di Mirra (Adò, io piaccio, gr.) nato in Arabia, era giovine
di
straordinaria bellezza, ed appassionatissimo per
Venere fosse in tempo a soccorrerlo ; talchè non potè che ricoprirlo
di
néttare e di lacrime, e cangiarlo in anemone. La
in tempo a soccorrerlo ; talchè non potè che ricoprirlo di néttare e
di
lacrime, e cangiarlo in anemone. La sola bellezza
mo dai pericoli, e ne fa una debole femminuccia. Venere afflittissima
di
questa morte, richiese a Giove 35 il suo diletto
al lutto, gli altri alla gioja per indicare l’apoteosi del prediletto
di
Venere. 178. Psiche (psyche, spirito, anima, soff
Psiche (psyche, spirito, anima, soffio, gr.), fu giovane principessa
di
molta bellezza ; ma, secondo alcuni, d’indole tan
’idea della leggerezza del suo animo. Infatti è rappresentata con ali
di
farfalla, o con uno di questi animaletti che le s
del suo animo. Infatti è rappresentata con ali di farfalla, o con uno
di
questi animaletti che le svolazza intorno. Un Num
to lungo tempo la sua indole si accorse che la passione più dominante
di
Psiche era la curiosità, e fin da quel punto ravv
imo palazzo in mezzo a boschetti e giardini, ornandolo dentro e fuori
di
tutto ciò che può far deliziosa la vita ; e quind
di tutto ciò che può far deliziosa la vita ; e quindi la tenera voce
di
un ente invisibile disse a Psiche : « Voi siete p
enera voce di un ente invisibile disse a Psiche : « Voi siete padrona
di
questo palazzo, o potete comandarvi da principess
gni suo cenno compariscono vesti sontuose, dolcissime sinfonie, mense
di
squisiti cibi imbandite ; e un gran numero di ser
cissime sinfonie, mense di squisiti cibi imbandite ; e un gran numero
di
servi e d’ancelle sempre solleciti ad obbedirla.
vita ; ma per far piena la sua felicità bisognava conoscere l’autore
di
tanti doni e di tanti prodigj. Interrogava le sor
ar piena la sua felicità bisognava conoscere l’autore di tanti doni e
di
tanti prodigj. Interrogava le sorelle, le amiche
suno sapeva darlene contezza. L’ente misterioso si ostinava a celarsi
di
giorno, e solamente nelle tenebre della notte, di
ostinava a celarsi di giorno, e solamente nelle tenebre della notte,
di
mezzo ai cespugli dei giardini la chiamava, le pa
ni la chiamava, le parlava affettuosamente, e le chiedeva la promessa
di
non iscegliere altro sposo che lui. Prima del far
non sodisfatta. « Chi sei tu dunque, esclamava : chi sei tu che dici
di
amarmi e di vivere per me ? Tu vuoi ch’ io ti ami
tta. « Chi sei tu dunque, esclamava : chi sei tu che dici di amarmi e
di
vivere per me ? Tu vuoi ch’ io ti ami, e fuggi i
me ? Tu vuoi ch’ io ti ami, e fuggi i miei sguardi ! Temeresti forse
di
dispiacermi ? Ah ! tu non sarai forse il più bell
a il Nume s’ostinava a rimanere invisibile. Dal canto loro le sorelle
di
Psiche aumentavano la sua impazienza, e la eccita
diffidenza contro il donatore meraviglioso. « Bada, le dicevano, bada
di
non esser vittima della tua fiducia. Chi sa che q
nisci l’indegno. » Psiche, credula e insospettita, diventò impaziente
di
chiarire i suoi dubbi ; e il giovine incognito, s
e incognito, saputi i consigli imprudenti delle sorelle, si argomentò
di
porgere a Psiche l’occasion di vederlo, ma senza
imprudenti delle sorelle, si argomentò di porgere a Psiche l’occasion
di
vederlo, ma senza conoscerlo. Sceglie una bella n
la notte d’estate ; piglia le ali e le freccie ; va nel più bel punto
di
quell’ amena dimora, si stende sopra un tappeto s
ù bel punto di quell’ amena dimora, si stende sopra un tappeto sparso
di
rose, finge di addormentarsi, e aspetta che il ca
quell’ amena dimora, si stende sopra un tappeto sparso di rose, finge
di
addormentarsi, e aspetta che il caso guidi a lui
to tempo. « Oh ! egli dorme, » esclamò sotto voce ; « approfittiamoci
di
questo momento ; ora non potrà fuggire ai miei av
vidi sguardi ; ed io saprò se debbo amarlo o vendicarmi. » Si accosta
di
più ; e, « Dei immortali ! come ! lo stesso Amore
il dio Amore, egli stesso nel più bel fior dell’età ! Chi più felice
di
me ? Amore mi sceglie per sua sposa !…. » E si ch
lamando : Ah ! Psiche, Psiche ! cos’ hai tu fatto ? Invano ella tenta
di
rattenerlo, e lo scongiura ; ma una voce debole e
odiosa la luce del giorno, e insopportabile la vita. Alfine deliberò
di
consultare l’oracolo di Venere, e la Dea la conda
no, e insopportabile la vita. Alfine deliberò di consultare l’oracolo
di
Venere, e la Dea la condannò a sopportare gravi f
è arrampicarsi fin sulla cima d’un’alta montagna, e tagliare un vello
di
lana dorata di sui montoni che vi pascolavano. Pe
fin sulla cima d’un’alta montagna, e tagliare un vello di lana dorata
di
sui montoni che vi pascolavano. Per ultima prova
r ultima prova Venere le disse : « Va a Proserpina, e chiedile per me
di
porre in questa scatola una porzione della sua be
porre in questa scatola una porzione della sua bellezza ; ma bada poi
di
non aprirla : tu non hai bisogno d’esser più bell
vita. Le vengono prodigati soccorsi, ed è condotta a piè degli altari
di
Venere, dove ritorna in sè, ed invoca la Dea. In
gli, vistala pentita, la rassicura, e le porge la mano. La commozione
di
Psiche è tanto grande che non ha forza di parlare
orge la mano. La commozione di Psiche è tanto grande che non ha forza
di
parlare ; si prostra a’ piedi del generoso vincit
ore, ed implora con umiltà il suo perdono. Lo sposo celeste, contento
di
questa umile sottomissione, le fa sparire di sopr
sposo celeste, contento di questa umile sottomissione, le fa sparire
di
sopra il volto la maschera nera, e ambedue passar
re di sopra il volto la maschera nera, e ambedue passarono dal tempio
di
Ciprigna (180) in quello d’Imeneo (174). La gioia
nia del matrimonio, e non vi fu mai più perfetta nè più felice unione
di
quella. Facile è discoprire gl’insegnamenti moral
, tenui le fila ; E per te in mezzo il sacro vel s’adorni Della imago
di
Psiche, or che perfetta Ha la sua tela, e ti sorr
; E si gli additi in aurea nube il sogno Roseo, che sulla fresca alba
di
maggio Sovra dormente giovinetta aleggia, E le ri
bbe maggior culto in Idalia, in Amatunta ed in Pafo, città dell’isola
di
Cipro, e nell’isoletta di Citera nel Mediterraneo
a, in Amatunta ed in Pafo, città dell’isola di Cipro, e nell’isoletta
di
Citera nel Mediterraneo a mezzodì del Peloponneso
a lei fu sacra, Che ’l ver nascoso e sconosciuto giacque…. Ed anco è
di
valor si nuda e macra, Tanto ritien del suo primo
de, Cipria e Ciprigna dall’ essere adorata particolarmente nell’isola
di
Cipro, ove la città e la montagna Idalia eranle s
e la città e la montagna Idalia eranle sacre ; ed aveva anche il nome
di
Citerea, perchè, appena formata dalla schiuma del
, perchè, appena formata dalla schiuma del mare, fu tratta nell’isola
di
Citera sopra una conca marina, accompagnandola le
ssava l’usbergo come Minerva ; e ad Olimpia era stata dipinta in atto
di
uscir dalle onde, incoronata di rose da Pito o Su
ad Olimpia era stata dipinta in atto di uscir dalle onde, incoronata
di
rose da Pito o Suada, Dea, della persuasione e su
pagna. Ma per lo più la rappresentarono assisa con Cupido in un carro
di
madreperla, ossia sopra una conchiglia marina, tr
le. Fu anche figurata col pomo della bellezza in una mano ed un mazzo
di
papaveri nell’altra, perchè talora il solo culto
e addormenta e snerva lo spirito. Ma quando apparisce sotto la figura
di
vergine ad occhi bassi e coi piedi sopra un gusci
sotto la figura di vergine ad occhi bassi e coi piedi sopra un guscio
di
testuggine, indica che la gioventù virtuosa deve
a’ piedi, con gli occhi bendati, ad ali aperte, con la faretra piena
di
fiammeggianti dardi ; e Venere sotto questi attri
i, era l’immagine della donna virtuosa, della eletta fra le creature,
di
quell’essere che, quando si mostra nella sua poss
Medici, ed è ora uno dei più belli ornamenti della galleria pubblica
di
Firenze. Ognun sa che uno dei capi d’opera della
182. Omero ha fatto una vaghissima descrizione del cinto misterioso
di
Venere, che è l’emblema della modestia, della gra
colomba, il mirto e la rosa erano sacri a Venere ; la prima a motivo
di
questo fatto : Un giorno Cupido passeggiava con s
tto : Un giorno Cupido passeggiava con sua madre in un prato smaltato
di
fiori, dove volendo far prova dell’ agilità delle
à delle sue ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe colto più fiori
di
sua madre. Venuti infatti alla prova, Amore era p
ncere, quando la Ninfa Peristeria (Péristéria, colomba, gr.), seguace
di
Venere, le empì in un momento il paniere ; e Cupi
endo bianca, aveva cangiato colore dopo essere stata tinta del sangue
di
Venere rimasta ferita dalle sue spine nell’ accor
done (177) moribondo per la lotta col cinghiale. 184. Le sacerdotesse
di
Venere, con la fronte incoronata di mirto, recava
l cinghiale. 184. Le sacerdotesse di Venere, con la fronte incoronata
di
mirto, recavanle in offerta il latte ed il miele.
atte ed il miele. La gran sacerdotessa si prostrava la prima ai piedi
di
Venere Celeste, e le offriva due colombe. Indi fa
di Venere Celeste, e le offriva due colombe. Indi facevano libazioni
di
vino in onore di Venere popolare, e le sacrificav
e, e le offriva due colombe. Indi facevano libazioni di vino in onore
di
Venere popolare, e le sacrificavano una capra bia
acanto. Intanto altre vergini ed altre donne si appressavano all’ ara
di
Venere nuziale che teneva nell’una mano il globo
, e presso alle mammelle la face dell’ Imeneo (174). Erano incoronate
di
rose, l’incarnato e il candore delle quali indica
rifizio, grato a Venere, durò quanto il suo culto ; e Berenice, sposa
di
Tolomeo Evergete re d’ Egitto, le offerse in voto
cielo e cangiata in stella ; quindi la costellazione detta la chioma
di
Berenice. Quel Conon vide fra’ celesti raggi Me
Beato più, partia, gli assirj campi Devastando…. Foscolo, la Chioma
di
Berenice, pœma di Callimaco, volgarizzato dalla v
, gli assirj campi Devastando…. Foscolo, la Chioma di Berenice, pœma
di
Callimaco, volgarizzato dalla versione latina di
ma di Berenice, pœma di Callimaco, volgarizzato dalla versione latina
di
Catullo.36 Nettuno. 185. Nettuno era fig
rsione latina di Catullo.36 Nettuno. 185. Nettuno era figlio
di
Saturno (27) e di Cibele (40) e fratello di Giove
atullo.36 Nettuno. 185. Nettuno era figlio di Saturno (27) e
di
Cibele (40) e fratello di Giove (63) e di Plutone
185. Nettuno era figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratello
di
Giove (63) e di Plutone (213). Appena nato, la ma
ra figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratello di Giove (63) e
di
Plutone (213). Appena nato, la madre, per liberar
13). Appena nato, la madre, per liberarlo dalla voracità (allegorica)
di
Saturno (28), lo celò tra i pastori d’Arcadia, e
Apollo (96) ; e per vivere, si trovò come lui ridotto nella necessità
di
lavorare alle mura di Troja. È stata già narrata
vere, si trovò come lui ridotto nella necessità di lavorare alle mura
di
Troja. È stata già narrata la mala fede di Laomed
sità di lavorare alle mura di Troja. È stata già narrata la mala fede
di
Laomedonte re di Troja (106), che negò a Nettuno
alle mura di Troja. È stata già narrata la mala fede di Laomedonte re
di
Troja (106), che negò a Nettuno la pattuita merce
. Anfitrite (Amphì, intorno, trizo, io strido o mormoro, gr.), figlia
di
Nereo e di Doride (193), fu moglie di Nettuno. In
(Amphì, intorno, trizo, io strido o mormoro, gr.), figlia di Nereo e
di
Doride (193), fu moglie di Nettuno. In sulle prim
strido o mormoro, gr.), figlia di Nereo e di Doride (193), fu moglie
di
Nettuno. In sulle prime ella s’era celata per isf
tri (478). Percorrendo il suo impero, Anfitrite saliva una conchiglia
di
splendida candidezza con una gran vela ondeggiant
onchiglia di splendida candidezza con una gran vela ondeggiante color
di
porpora ; cavalli più bianchi della neve tiravano
arri tratti da cavalli azzurri. I pœti hanno attribuita loro la virtù
di
spianare le onde e di sedar le procelle. ……….. E
azzurri. I pœti hanno attribuita loro la virtù di spianare le onde e
di
sedar le procelle. ……….. E, grave D’immane peso
ocelle. ……….. E, grave D’immane peso assai, rosa dall’onde, La rauca
di
Triton buccina tace.37 Mascheroni, Invito a Le
mammelle cascanti ed irsute, orecchi d’orso, corpo d’ avvoltojo, ali
di
pipistrello, crini di cavallo e artigli ai piedi
irsute, orecchi d’orso, corpo d’ avvoltojo, ali di pipistrello, crini
di
cavallo e artigli ai piedi ed alle mani. Quale or
mbolo dei vizj, infettavano ogni cosa che toccavano, ed erano cagione
di
carestia e d’infiniti guai. Abitavano le isole St
nidi fanno, Che cacciâr delle Strofade i Trojani Con tristo annunzio
di
futuro danno.38 Ali hanno late, e colli e visi
i strani. (Dante, Inf. c. XIII.) Virgilio ci fa nota anche la patria
di
questi mostri : Strofadi grecamente nominate Son
ne Arpie Fin d’allora abitate, che per tema Lasciàr le prime mense, e
di
Finéo (362) Fu lor chiuso l’albergo ; altro di qu
ciàr le prime mense, e di Finéo (362) Fu lor chiuso l’albergo ; altro
di
queste Più sozzo mostro, altra più dira peste Dal
ne. Sembran vergini a’volti, uccelli e cagne All’altre membra : hanno
di
ventre un fedo Profluvio, ond’è la piuma intrisa
lcuni dicono che la favola delle Arpie fu originata da un gran nuvolo
di
enormi cavallette che, dopo aver devastato parte
nte altri dicono che fossero Corsari frequentemente scesi negli stati
di
Fineo, ed usi a predare e a ridurre gli abitanti
estremi. 192. Tra gli altri Dei marini si distingue l’Oceano, figlio
di
Celo e della Terra, il quale sposò Teti o Tetide,
ola, ogni sera il sole andava a riposarsi, e per carro una conchiglia
di
straordinaria bellezza e più candida dell’avorio
Oceano e Teti generarono Nereo e Dori o Doride, i quali sposatisi fra
di
loro ebbero per figliuoli quell’infinito numero d
uali sposatisi fra di loro ebbero per figliuoli quell’infinito numero
di
divinità secondarie chiamate Ninfe (313) e rappre
ciullette. 194. Anche i Fiumi eran tenuti per figliuoli dell’Oceano e
di
Teli. Ed in ciò pure la Mitologia perfettamente s
da con la Fisica. I pittori e i pœti li rappresentano sotto l’effigie
di
vecchi con folta barba, chioma lunga e ondeggiant
chi con folta barba, chioma lunga e ondeggiante, e in capo una corona
di
giunchi. Si appoggiano sopra un’ urna di dove sca
giante, e in capo una corona di giunchi. Si appoggiano sopra un’ urna
di
dove scaturisce l’acqua che è la sorgente del fiu
95. Proteo nacque dall’Oceano e da Teti ; ed era guardiano dei greggi
di
Nettuno composti di foche e di vitelli marini. Il
ll’Oceano e da Teti ; ed era guardiano dei greggi di Nettuno composti
di
foche e di vitelli marini. Il Dio del mare gli av
da Teti ; ed era guardiano dei greggi di Nettuno composti di foche e
di
vitelli marini. Il Dio del mare gli aveva accorda
del futuro ; ma allorchè andavano a consultarlo, pigliava ogni specie
di
forme per atterrire chiunque gli s’accostasse ; e
in fuoco ; dimodochè, per astringerlo a rispondere, bisognava armarsi
di
coraggio, assalirlo, e legarlo in modo da non las
studiando il vero, non debbono rimanere atterriti nè dalle difficoltà
di
ritrovarlo nè dai pericoli di manifestarlo. Secon
rimanere atterriti nè dalle difficoltà di ritrovarlo nè dai pericoli
di
manifestarlo. Secondo alcuni Proteo fu un abile o
abile pantomima, che seppe imitare con la voce e co’gesti ogni specie
di
persone ; e v’è chi lo paragona agl’incantatori e
pe (274), abitavano per entro gli scoscesi massi che sono tra l’isola
di
Capri e le coste d’Italia, od in un’isola del Cap
Neopoli, ossia città nuova. Queste Sirene avevano la testa e il corpo
di
donna fino alla cintura, e nel rimanente erano uc
e celando negli scogli la mostruosità del loro corpo, erano immagine
di
quelle seducenti delizie terrene che rapiscono l’
za del buon esempio. Laonde quelle perfide incantatrici si studiavano
di
adescare e di far perire chiunque fosse capitato
empio. Laonde quelle perfide incantatrici si studiavano di adescare e
di
far perire chiunque fosse capitato tra loro ; e l
fosse capitato tra loro ; e la vicina terra biancheggiava delle ossa
di
infinite vittime.Tentarono di adescare gli Argona
a vicina terra biancheggiava delle ossa di infinite vittime.Tentarono
di
adescare gli Argonauti ; ma Orfeo prese la lira,
opo, Ulisse (568), ammonito da Circe (575), turò con cera le orecchie
di
tutti i suoi compagni, e fece legare sè medesimo
restò così preso dalle lusinghe delle Sirene, che fe’cenno a’compagni
di
voler essere sciolto ; ma essi non infransero il
e sciolto ; ma essi non infransero il severo ordine che avevano avuto
di
non obbedire a quel cenno ; e le Sirene indispett
marini non è da passare sotto silenzio Eolo, il quale aveva il potere
di
sollevar le onde e d’eccitar le tempeste. Era fig
eva il potere di sollevar le onde e d’eccitar le tempeste. Era figlio
di
Giove (63), e regnava sulle isole Eolidi, chiamat
Era figlio di Giove (63), e regnava sulle isole Eolidi, chiamate ora
di
Lipari. 200. Così Eolo stava a custodia dei vent
ti, allorchè separarono la Sicilia dall’Italia ed apersero lo stretto
di
Gibilterra :39 ……..Ivi in un antro immenso Le s
ra, e n’urla il monte ; Ed ei lor sopra, realmente adorno Di corona e
di
scettro, in alto assiso, L’ira e gl’impeti lor mi
in alto assiso, L’ira e gl’impeti lor mitiga e molce. (Caro, Eneide
di
Virg., lib. I.) 201. Glauco, figlio di Nettuno (1
mitiga e molce. (Caro, Eneide di Virg., lib. I.) 201. Glauco, figlio
di
Nettuno (185) e della ninfa Naiade, fu celebre pe
ano in mare. Volle farne anch’esso esperienza, ed appena si fu cibato
di
quell’ erba, corse a precipitarsi nelle onde. All
si nelle onde. Allora l’ Oceano e Teti (192) gli tolsero quanto aveva
di
mortale, e lo fecero « consorte in mar degli altr
ri Dei » (Dante, Parad. c. I.) 202. Scilla era una bella ninfa figlia
di
Forco ed’Ecale, amata da Glauco (201), ma che non
giata in un mostro con dodici branche e sei teste ; e una moltitudine
di
cani le uscivan dal corpo, i quali col continuo a
. Qual più viva immagine dei pericolosi scogli ? 203. Cariddi, figlia
di
Nettuno e della Terra, involò alcuni bovi ad Erco
nel Mediterraneo, e diventò pericolosa voragine appunto nello stretto
di
Sicilia rincontro a Scilla (202) : Come fa l’ond
agge e trangugia. Dal mezzo in su, la faccia, il collo, e ’l petto Ha
di
donna e di vergine : il restante D’una pistrice i
gugia. Dal mezzo in su, la faccia, il collo, e ’l petto Ha di donna e
di
vergine : il restante D’una pistrice immane, che
Caro, lib. III.) 204. Forco (phórkyn, mostro marino, gr.), figliuolo
di
Nettuno (185) e della Terra (25), era anch’esso p
rigine poi degli Alcioni è spiegata così : Alcione, affettuosa moglie
di
Ceice re di Trachinia, sognò che il marito naufra
egli Alcioni è spiegata così : Alcione, affettuosa moglie di Ceice re
di
Trachinia, sognò che il marito naufragava ritorna
207. Nettuno ha folta barba, in capo il regio diadema, ed è coronato
di
piante marine ; comparisce per lo più col trident
oda dei pesci, ed i piedi palmati per nuotar meglio. 208. Il carro
di
Nettuno aveva la forma d’una larga conchiglia ; l
o scettro a tre punte, indica il triplice potere attribuito a Nettuno
di
conservare, di agitare e di rendere la calma alle
punte, indica il triplice potere attribuito a Nettuno di conservare,
di
agitare e di rendere la calma alle onde ; oppure
a il triplice potere attribuito a Nettuno di conservare, di agitare e
di
rendere la calma alle onde ; oppure il dominio ch
acque del mare, dei fiumi e dei fonti ; ed aveva inoltre la proprietà
di
spalancare la terra a piacere del Nume. 210. I Li
mo a Corinto (674), dove Nettuno aveva un tempio celebre e una statua
di
rame alta sette cubiti. Gli abitanti di Trezene a
n tempio celebre e una statua di rame alta sette cubiti. Gli abitanti
di
Trezene avevan coniato sulle loro monete il tride
Gli abitanti di Trezene avevan coniato sulle loro monete il tridente
di
Nettuno da un lato e la testa di Minerva dall’alt
oniato sulle loro monete il tridente di Nettuno da un lato e la testa
di
Minerva dall’altro, per indicare il commercio gov
vernato dalla saviezza. I Romani destinarono il primo giorno del mese
di
luglio per celebrare la sua festa, e gli consacra
Il cavallo segnatamente è sacro a Nettuno, perch’ei lo fece apparire
di
sotto terra percotendola col tridente. Quindi era
o, ossia scotitor della terra. Plutone. 213. Plutone, fratello
di
Giove (63) e di Nettuno (185), fu il terzo figlio
r della terra. Plutone. 213. Plutone, fratello di Giove (63) e
di
Nettuno (185), fu il terzo figlio di Saturno (27)
lutone, fratello di Giove (63) e di Nettuno (185), fu il terzo figlio
di
Saturno (27) e di Cibele (40). Assistè il fratell
i Giove (63) e di Nettuno (185), fu il terzo figlio di Saturno (27) e
di
Cibele (40). Assistè il fratello Giove nella guer
dopo la vittoria ottenne il regno infernale. 214. Proserpina, figlia
di
Giove (63) e di Cerere (51), fu moglie di Plutone
a ottenne il regno infernale. 214. Proserpina, figlia di Giove (63) e
di
Cerere (51), fu moglie di Plutone, ed egli dovè r
le. 214. Proserpina, figlia di Giove (63) e di Cerere (51), fu moglie
di
Plutone, ed egli dovè rapirla (53), giacchè nessu
er paura della sua deformità e del tenebroso suo regno. 215. L’impero
di
Plutone, ossia l’Inferno della favola, era un luo
atra spelonca la cui bocca Fin nel baratro aperta, ampia vorago Facea
di
rozza e di scheggiosa roccia : Da negro lago era
ca la cui bocca Fin nel baratro aperta, ampia vorago Facea di rozza e
di
scheggiosa roccia : Da negro lago era difesa into
Escia della sua bocca all’aura un fiato, Anzi una peste, a cui volar
di
sopra Con la vita agli uccelli era interdetto ; O
delle Furie I ferrati covili ; il Furor folle, L’empia Discordia, ché
di
serpi ha ’l crine, E di sangue mai sempre il volt
vili ; il Furor folle, L’empia Discordia, ché di serpi ha ’l crine, E
di
sangue mai sempre il volto intriso. Nel mezzo erg
a V’ha la sua vana immago e ’l suo fantasma. Molte oltre a ciò vi son
di
varie fere Mostruose apparenze. In su le porte I
In su le porte I biformi Centauri, e le biformi Due Scille ; Briareo
di
cento doppj ; La Chimera di tre, che con tre bocc
ntauri, e le biformi Due Scille ; Briareo di cento doppj ; La Chimera
di
tre, che con tre bocche Il fuoco avventa ; il gra
a Chimera di tre, che con tre bocche Il fuoco avventa ; il gran serpe
di
Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo
e limacciosa ; e dalla morta gora esalavano micidiali vapori ; torri
di
ferro e di bronzo, « vermiglie come se di fuoco u
sa ; e dalla morta gora esalavano micidiali vapori ; torri di ferro e
di
bronzo, « vermiglie come se di fuoco uscite » s’a
no micidiali vapori ; torri di ferro e di bronzo, « vermiglie come se
di
fuoco uscite » s’alzavano su quella terra sconsol
s’alzavano su quella terra sconsolata, fra ardenti fornaci, popolate
di
orribili mostri che rabbiosamente tormentavano le
avan per l’ær senza stelle…. Diverse lingue, orribili favelle, Parole
di
dolore, accenti d’ira, Voci alte e fioche, e suon
favelle, Parole di dolore, accenti d’ira, Voci alte e fioche, e suon
di
man con elle, Facevan un tumulto, il qual s’aggir
o, a schiera larga e piena : Cosi quel fiato gli spiriti mali Di qua,
di
là, di giù, di su li mena : Nulla speranza li con
hiera larga e piena : Cosi quel fiato gli spiriti mali Di qua, di là,
di
giù, di su li mena : Nulla speranza li conforta m
rga e piena : Cosi quel fiato gli spiriti mali Di qua, di là, di giù,
di
su li mena : Nulla speranza li conforta mai, Non
i là, di giù, di su li mena : Nulla speranza li conforta mai, Non che
di
posa, ma di minor pena. L’altra regione, cui dav
, di su li mena : Nulla speranza li conforta mai, Non che di posa, ma
di
minor pena. L’altra regione, cui davano il nome
n che di posa, ma di minor pena. L’altra regione, cui davano il nome
di
Campi Elisi, era tutta ridente e pacifica, abbell
abbellita d’ eterna primavera : Non avea pur natura ivi dipinto, Ma
di
soavità di mille odori Vi facea un incognito indi
d’ eterna primavera : Non avea pur natura ivi dipinto, Ma di soavità
di
mille odori Vi facea un incognito indistinto…. E
: ….. È questa una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che
di
un lume di porpora é vestita, Ed ha ’l suo sole,
esta una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che di un lume
di
porpora é vestita, Ed ha ’l suo sole, e le sue st
o umani accenti…. ………………… E questi eran color che combattendo Non fur
di
sangue alla lor patria avari ; E quei che sacerdo
erano in vita Castamente vissuti ; e quei veraci, E quei più ch’ han
di
qua parlato o scritto Cose degne di Febo ; e gl’i
e quei veraci, E quei più ch’ han di qua parlato o scritto Cose degne
di
Febo ; e gl’inventori Dell’Arti, ond’è gentile il
tile il mondo e bello ; E quei, che ben oprando han tra’mortali Fatto
di
fama e di memoria acquisto. Cui tutti, in segno d
ndo e bello ; E quei, che ben oprando han tra’mortali Fatto di fama e
di
memoria acquisto. Cui tutti, in segno di celeste
tra’mortali Fatto di fama e di memoria acquisto. Cui tutti, in segno
di
celeste onore, Candida benda il froute orna e col
nfernali mediante un ritrovato pieno d’altissima sapienza. Nell’isola
di
Creta, ove cominciò con Saturno la prima età, s’i
la prima età, s’innalza la statua del Tempo, composta da capo a piedi
di
varie materie gradatamente inferiori, come quella
terie stesse componenti la detta statua, che è quanto a dire dai vizj
di
tutti i tempi, derivano gli orrendi fiumi d’Abiss
u già ’l mondo casto.46 Una montagna v’è, che già fu lieta D’acque e
di
fronde, che si chiamò Ida : Ora è diserta come co
inver Damiata,49 E Roma guarda sì, come suo speglio. La sua testa è
di
fin’oro formata, E puro argento son le braccia e
è di fin’oro formata, E puro argento son le braccia e il petto, Poi è
di
rame infino alla forcata ; Da indi in giuso è tut
ò qui non si conta. Ma la mitologia degli antichi assegna a ciascuno
di
questi fiumi una più distinta origine, feconda an
io riposantesi sopra un’ urna nera ; dicono le sue acque esser capaci
di
consumare i più duri metalli, talchè niun vaso pu
e onorevole sepoltura alle spoglie mortali. Sulle sue sponde coronate
di
tassi che mandavano ombra mesta e tenebrosa, era
he mandavano ombra mesta e tenebrosa, era una porta eretta su cardini
di
bronzo, e che dava accesso al Tartaro (216). 220.
. Il Flegetonte (phlegétho, io brucio, gr.) menava torrenti e vortici
di
fiamme, e circondava da ogni lato il Tartaro. Nel
erno. I poeti ne hanno formata una ninfa, figlia dell’ Oceano (192) e
di
Teti (192), e le danno per figliuole la Forza (34
ue due figlie, onde il padre dei Numi, grato a tanto zelo, la ricolmò
di
doni. Volle che lo Stige diventasse il vincolo sa
l’ una mano, e la tazza dell’oblio nell’altra. Era imposto alle ombre
di
bevere le sue acque, le quali avevano la propriet
osto alle ombre di bevere le sue acque, le quali avevano la proprietà
di
far loro dimenticare il passalo e di prepararle a
e, le quali avevano la proprietà di far loro dimenticare il passalo e
di
prepararle a patire di nuovo le miserie della vit
proprietà di far loro dimenticare il passalo e di prepararle a patire
di
nuovo le miserie della vita. 225. Caronte, figlio
mento, incolta ed irta Pende canuta barba ; ha gli occhi accesi Come
di
bragia ; ha con un groppo al collo Appeso un lord
ll’ altra riva ognor la gente morta. Vecchio è d’aspetto e d’anni, ma
di
forze, Come Dio, vigoroso e verde è sempre. A que
nella bocca dei morti ; e ne sono stati trovati anche sotto la lingua
di
parecchie mummie. Quindi alle anime degl’ insepol
cit.) 226. Cerbero, cane con tre teste ed il collo orridamente cinto
di
serpenti, custodiva la porta dell’inferno : Cerb
nacciava abbaiando con le sue tre bramose gole quelle che accennavano
di
volerne uscire. Raccontano che Ercole (364) lo in
idice ; e che la Sibilla che condusse Enea (608) all’inferno, Tratta
di
mêle e d’incantate biade Una tal soporifera mistu
Radamanto erano i tre giudici dell’ Inferno, ed esaminavano le anime
di
mano in mano che Mercurio (160) le conduceva al l
vocato, nè potere di’ re, nè donativi, nè scuse. 228. Minosse, figlio
di
Giove (63) e d’Europa (91), fu re di Creta,53 iso
, nè scuse. 228. Minosse, figlio di Giove (63) e d’Europa (91), fu re
di
Creta,53 isola del Mediterraneo al sud dell’Arcip
una mano lo scettro e nell’altra l’urna fatale contenente il destino
di
tutti i mortali : Stavvi Minos orribilmente, e r
l giudizio ; Dicono ed odono, e poi son giù volte. 229. Eaco, figlio
di
Giove (63) e d’Egina, fu re dell’isola d’Egina da
che le formiche diventassero uomini, e dette ai suoi sudditi il nome
di
Mirmidoni (92). Vi governò poi con tanta sapienza
(92). Vi governò poi con tanta sapienza e giustizia che ebbe l’onore
di
tener nell’Inferno la bilancia con la quale etern
lo minore nel fare il chiasso, si rifugiò a Salamina, dove Cencreo re
di
quell’ isola gli dette in moglie Glauca sua figli
tinò a suo successore. Morta Glauca sposò Peribea figlia d’Alcitoo re
di
Megara, e ne ebbe Aiace Telamonio (561). Telamone
a, e ne ebbe Aiace Telamonio (561). Telamone si trovò alla spedizione
di
Colchide ed alla presa di Troja fatta da Ercole s
io (561). Telamone si trovò alla spedizione di Colchide ed alla presa
di
Troja fatta da Ercole sotto il regno di Laomedont
one di Colchide ed alla presa di Troja fatta da Ercole sotto il regno
di
Laomedonte, ed ebbe la gloria di far la prima bre
Troja fatta da Ercole sotto il regno di Laomedonte, ed ebbe la gloria
di
far la prima breccia nelle mura di quella città e
o di Laomedonte, ed ebbe la gloria di far la prima breccia nelle mura
di
quella città e d’ entrarvi il primo. Ercole in pr
rimo. Ercole in premio del suo coraggio gli fece sposare la figliuola
di
Laomedonte, Esione, che fu la sua terza moglie e
a figliuola di Laomedonte, Esione, che fu la sua terza moglie e madre
di
Teucro. — Peleo sposò Teti (320) e fu padre d’Ach
a Discordia turbò col pomo fatale, furono la prima causa della rovina
di
Troja (344). 230. Radamanto, figlio di Giove (63)
no la prima causa della rovina di Troja (344). 230. Radamanto, figlio
di
Giove (63) e d’Europa (91), e fratello di Minosse
44). 230. Radamanto, figlio di Giove (63) e d’Europa (91), e fratello
di
Minosse, recò nella Licia le leggi di Creta, e re
63) e d’Europa (91), e fratello di Minosse, recò nella Licia le leggi
di
Creta, e regnò in Oecalia, città della Beozia, do
ale opinione della sua equità, che se volevano attestare la giustizia
di
una sentenza, benchè severa, la chiamavano una s
giustizia di una sentenza, benchè severa, la chiamavano una sentenza
di
Radamanto. Anch’ egli ……..ode, esamina, condanna
nto. Anch’ egli ……..ode, esamina, condanna, E discopre i peccati che
di
sopra Son dalle genti o vanamente ascosi In vita,
i o vanamente ascosi In vita, o non purgati anzi alla morte : Nè pria
di
Radamanto esce il precetto Che Tesifone (232) è p
de’ tormenti invita. (Loc. cit.) 231. Così la saviezza del governo
di
Minosse, d’Eaco e di Radamanto, e soprattutto la
(Loc. cit.) 231. Così la saviezza del governo di Minosse, d’Eaco e
di
Radamanto, e soprattutto la fama di giustizia, ha
del governo di Minosse, d’Eaco e di Radamanto, e soprattutto la fama
di
giustizia, hanno mosso i poeti ad attribuir loro
fama di giustizia, hanno mosso i poeti ad attribuir loro la funzione
di
giudici supremi dell’Inferno (215). E non a caso,
inappellabile giudizio dei mortali, era contemplata la doppia qualità
di
legislatore e di giudice non comportabili in un s
dizio dei mortali, era contemplata la doppia qualità di legislatore e
di
giudice non comportabili in un solo uomo, a meno
ori dei portamenti degli uomini. I Greci potrebbero aver preso l’idea
di
questi giudici dell’ inferno dal costume che avev
di questi giudici dell’ inferno dal costume che avevano gli Egiziani
di
giudicare pubblicamente la memoria di ciascun uom
ostume che avevano gli Egiziani di giudicare pubblicamente la memoria
di
ciascun uomo, e specialmente dei re, appena morti
te Eumenidi (benefiche). Ma furono quasi sempre rappresentate con ali
di
pipistrello, con serpenti attorcigliati sul capo,
può sottrarsi : …. in un punto vidi dritte ratto Tre furie infernal
di
sangue tinte, Che membra femminili avean ed atto
o. ……..A voi diletta Di chi delira il canto, E su pallide labbra inno
di
pianto : Raccor [ILLISIBLE]e in atri vasi il san
; Per voi, turba feroce, Spesso a color, che morte Sull’ orlo spinge
di
nascoso abisso (Crude primizie del tormento etern
oia il palesar l’inferno. Non del cimier l’orgoglio, Nè il piè veloce
di
corsier superbo Il guerrier dalle vostre ire dife
ta con tutti i flagelli della celeste collera. Così le Furie empivano
di
spavento i colpevoli, turbavano i loro sonni, li
imorso facesse ivi patir loro la meritata pena con supplizio maggiore
di
quello al quale si volevan sottrarre. Infatti pre
iore di quello al quale si volevan sottrarre. Infatti presso la città
di
Cerina in Acaia, appena il colpevole aveva posto
uomo può sottrarsi agli spasimi del rimorso. Oreste (533), per tentar
di
placarle, alzò in fondo dell’Arcadia un tempio al
fondo dell’Arcadia un tempio alle Furie nere. Incoronò le loro statue
di
zafferano e di narcisi ; coperse gli altari con f
dia un tempio alle Furie nere. Incoronò le loro statue di zafferano e
di
narcisi ; coperse gli altari con frutta e miele ;
mmolò una pecora nera, e consumò il corpo della vittima sopra un rogo
di
cipresso, di biancospino e di ginepro. Le Dee com
ora nera, e consumò il corpo della vittima sopra un rogo di cipresso,
di
biancospino e di ginepro. Le Dee commosse alfine
mò il corpo della vittima sopra un rogo di cipresso, di biancospino e
di
ginepro. Le Dee commosse alfine dal suo pentiment
pro. Le Dee commosse alfine dal suo pentimento gli comparvero vestite
di
bianco, ed egli eresse allora un secondo tempio i
oronò d’olivo, sacrificò due tortorelle, e fece una libazione d’acqua
di
fonte con vasi che avevano i manichi fasciati di
na libazione d’acqua di fonte con vasi che avevano i manichi fasciati
di
lana d’agnello. I ministri del loro tempio in Ate
lecito comparire se non dopo aver giurato sull’altare delle Eumenidi
di
dire la verità. 234. 2°. Ecate è la più formidabi
embra immani sta sulla soglia del Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo,
di
cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro
sta sulla soglia del Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e
di
cane ; o di cane. di leone e di toro. Una corona
glia del Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o
di
cane. di leone e di toro. Una corona di querce è
Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o di cane.
di
leone e di toro. Una corona di querce è intreccia
ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e
di
toro. Una corona di querce è intrecciata al viper
omo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro. Una corona
di
querce è intrecciata al vipereo suo crine ; a’ pi
ata al vipereo suo crine ; a’ piedi le stanno cani furiosi, con occhi
di
fuoco e fauci aperte a lamentevoli latrati. Nella
ù spesso errando sulle pendici o nelle valli moltiplicava i greggi, o
di
sterilità li colpiva. Perciò gli Ateniesi le offe
poveri in onor suo. Talvolta le era fatta un’ Ecatombe, o sacrifizio
di
cento bovi. A Roma le venivan sacrificati di nott
’ Ecatombe, o sacrifizio di cento bovi. A Roma le venivan sacrificati
di
notte i cani, dei quali credevano che i lamentevo
e i lamentevoli latrati allontanassero gli spiriti maligni. 235. Dopo
di
queste gli antichi avevano immaginato altre tre d
nali che presiedevano alla vita e alla morte, ossia le Parche, figlie
di
Giove e di Temi od anche della Notte, e secondo a
esiedevano alla vita e alla morte, ossia le Parche, figlie di Giove e
di
Temi od anche della Notte, e secondo altri della
in fondo a squallida caverna al fioco barlume d’una lampada, vestile
di
ampia e candida cappa filavano quello stame che è
sventurata, il bianco un’esistenza più lunga. Di rado nel pennecchio
di
Cloto si vedeva apparire qualche filo di seta o d
unga. Di rado nel pennecchio di Cloto si vedeva apparire qualche filo
di
seta o d’oro, simbolo della felicità che pochi mo
236. Cloto teneva in mano la conocchia, Lachesi « che il crin si vela
di
dorata benda » filava, e Atropo impaziente taglia
ile immaginazione dei poeti ha popolato il Tartaro d’ infinito numero
di
divinità allegoriche, tra le quali tengono il pri
i monumenti, ora con intorno alla testa una zona svolazzante smaltata
di
stelle, ora con un manto azzurro ed una teda rove
un carro d’ebano, dopo il tramonto del sole, seguita da un corteggio
di
Costellazioni (686). Talora ha in braccio due bam
della sera) e creato Dio della sera, e Dio del mattino sotto il nome
di
Lucifero, ha cura del suo carro, e glielo mette i
ella luce ; e come madre delle Furie le immolavano pècore nere. Anche
di
questa divinità immagina più compiuta pittura l’A
om’ ella ne mostra la fronte, questa ne volga le spalle ; quella esca
di
un mar tranquillo e nitido, questa s’immerga in u
e nitido, questa s’immerga in uno che sia nubiloso e fosco. I cavalli
di
quella vengano col petto innanzi ; di questa most
sia nubiloso e fosco. I cavalli di quella vengano col petto innanzi ;
di
questa mostrino le groppe. E così la persona iste
nifichi la morte, perchè d’ambedue questi si dica esser madre. Mostri
di
cader col capo innanzi fitto in un’ ombra più fol
bra più folta, e ’l ciel d’intorno sia d’azzurro più carico, e sparso
di
molle stelle. Il suo carro sia di bronzo, con le
sia d’azzurro più carico, e sparso di molle stelle. Il suo carro sia
di
bronzo, con le ruote distinte in quattro spazii,
nendogli dietro fra le gambe una grande stella, la quale fosse quella
di
Venere, per chè Venere e Fosforo, ed Espero e Cre
e Crepuscolo, par che si tenga per una cosà medesima. » (Vasari, vita
di
Taddeo Zucchero.) 240. Il Sonno, figlio dell’Ere
dove passi un’ acqua come morta, per mostrare che non mormori, e sia
di
color fosco, perciocchè la fanno un ramo della Le
ta concavità sia un letto, il quale, fingendosi d’esser d’ebano, sarà
di
color nero, e di neri panni si cuopra, in questo
un letto, il quale, fingendosi d’esser d’ebano, sarà di color nero, e
di
neri panni si cuopra, in questo sia coricato il s
di neri panni si cuopra, in questo sia coricato il sonno, un giovine
di
tutta bellezza, perchè bellissimo e placidissimo
ssimo lo fanno, ignudo secondo alcuni, e secondo alcuni altri vestito
di
due vesti ; una bianca di sopra, l’altra nera di
ondo alcuni, e secondo alcuni altri vestito di due vesti ; una bianca
di
sopra, l’altra nera di sotto. Tenga sotto il brac
alcuni altri vestito di due vesti ; una bianca di sopra, l’altra nera
di
sotto. Tenga sotto il braccio un corno che mostri
r liquido, per denotare l’oblivione, ancorchè altri lo facciano pieno
di
frutti. In una mano abbia la verga, nell’altra tr
pieno di frutti. In una mano abbia la verga, nell’altra tre vessiche
di
papavero. Dorma come infermo, col capo e con tutt
ntorno al suo letto si vegga Morfeo, Icelo e Fantaso, e gran quantità
di
sogni, che tutti questi sono suoi figliuoli. I so
utti questi sono suoi figliuoli. I sogni siano certe figurette, altre
di
bello aspetto, altre di brutto, come quelli che p
gliuoli. I sogni siano certe figurette, altre di bello aspetto, altre
di
brutto, come quelli che parte dilettano e parte s
ed in impossibili. Morfeo è chiamato da Ovidio, artefice e fingitore
di
figure ; e però lo farei in atto di figurare masc
o da Ovidio, artefice e fingitore di figure ; e però lo farei in atto
di
figurare maschere di variati mostacci, ponendone
e fingitore di figure ; e però lo farei in atto di figurare maschere
di
variati mostacci, ponendone alcune di esse ai pie
ei in atto di figurare maschere di variati mostacci, ponendone alcune
di
esse ai piedi. Icelo dicono che si trasforma esso
uesto figurerei per modo, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte
di
fiera, di uccello, di serpente, come Ovidio medes
rerei per modo, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera,
di
uccello, di serpente, come Ovidio medesimo lo des
do, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera, di uccello,
di
serpente, come Ovidio medesimo lo descrive. Fanta
se cose insensate ; e questo si può rappresentare anche con le parole
di
Ovidio, parte di sasso, parte d’acqua, parte di l
; e questo si può rappresentare anche con le parole di Ovidio, parte
di
sasso, parte d’acqua, parte di legno. Fingasi che
e anche con le parole di Ovidio, parte di sasso, parte d’acqua, parte
di
legno. Fingasi che in questo luogo siano due port
go siano due porte ; una d’avorio, donde escono i sogni falsi, ed una
di
corno, donde escono i veri. E i veri, siano color
ntasia, immaginazione gr.) conosciuto anche sotto il nome d’ incubo o
di
fantasima, d’orrido aspetto, per lo più in sembia
e d’ incubo o di fantasima, d’orrido aspetto, per lo più in sembianza
di
scimmia accovacciata ; e questo non visitava mai
ccovacciata ; e questo non visitava mai gli uomini sobri o tranquilli
di
coscienza ; ma andava sempre a turbare i sonni de
di coscienza ; ma andava sempre a turbare i sonni degl’intemperanti o
di
coloro che avevano da rimproverarsi qualche malva
mente i palazzi, laddove gli altri sotto forme quasi sempre gradevoli
di
alati puttini stavano con la moltitudine ; ma rar
o suo padre, e talora veniva confuso con lui. È rappresentato con ali
di
farfalla per esprimerne la leggerezza. 242. La Mo
Notte (238), e sorella del Sonno (240), è la divinità più inesorabile
di
tutte, sorda ai voti ed alle suppliche dei mortal
a Morte) Colei che così ragiona si vede sulle sculture antiche armata
di
falce, con pallido e scarno volto, e incavernati
olta ha in mano un corno, forse per indicare che nemmeno l’abbondanza
di
tutte le cose ci salva da lei, e le svolazza into
lerati, i quali, essendo condannati ad errar sulla terra, appariscono
di
notte con spaventosi aspetti (e gli spiriti, nell
l’ esistenza dei quali crede ancora il volgo ignorante, sono un resto
di
questa antica superstizione) ; finalmente gli Dei
emulazione virtuosa, e non da bassa gelosia. 246. Salmoneo, fratello
di
Sisifo (245), per aver conquistato l’Elide s’empì
lmoneo, fratello di Sisifo (245), per aver conquistato l’Elide s’empì
di
tanto orgoglio, Che temerario veramente ed empio
’Elide s’empì di tanto orgoglio, Che temerario veramente ed empio Fu
di
voler, quale il Tonante in cielo, Tonar quaggiuso
e folgorare a prova. Questi su quattro suoi giunti destrieri, La man
di
face armato, alteramente Per la Grecia scorrendo,
o, alteramente Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo D’Elide, ov’è
di
Giove il maggior tempio, Di Giove stesso il nome
per man del padre eterno D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo Che
di
tede e di fumo ; e degno ancora Che nel baratro a
l padre eterno D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo Che di tede e
di
fumo ; e degno ancora Che nel baratro andasse. (
ndasse. (Virgilio, Eneide, traduzione del Caro.) 247. Flegia, figlio
di
Marte (255) e di Crisa, ebbe una figlia chiamata
o, Eneide, traduzione del Caro.) 247. Flegia, figlio di Marte (255) e
di
Crisa, ebbe una figlia chiamata Coronide (133) ch
Ma Flegia, per odio e disprezzo contro Apollo, dette fuoco al tempio
di
Delfo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannaro
rlo, gli Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere nel perpetuo timore
di
restare schiacciato sotto uno scoglio che gli pen
da così cocenti rimorsi, che non solo quella degli altri ma la vista
di
sè medesimo gli era tormento atrocissimo. Ma dopo
questi lo fulminò nel Tartaro (216), dove Mercurio (160) ebbe ordine
di
legarlo a una ruota fasciata di velenose serpi, e
216), dove Mercurio (160) ebbe ordine di legarlo a una ruota fasciata
di
velenose serpi, e che girando continuamente Io to
a. 249. Tizio, Quel della terra smisurato alunno, Che tien, disteso,
di
campagna quanto Un giogo in nove giorni ara di bu
no, Che tien, disteso, di campagna quanto Un giogo in nove giorni ara
di
buoi. (Virgilio, Eneide, traduzione del Caro.) E
Loc. cit.) 250. Tantalo, (tantalizo, io accumulo tesori, gr.) figlio
di
Giove (63) e re di Lidia, era sordidamente avaro,
ntalo, (tantalizo, io accumulo tesori, gr.) figlio di Giove (63) e re
di
Lidia, era sordidamente avaro, nè riconosceva alt
i Numi andarono ad alloggiare in casa sua ; ed egli ebbe tanto a male
di
dover fare le spese a quegli ospiti, che dando lo
i ospiti, che dando lor da mangiare se ne doleva come se si trattasse
di
sacrificare le proprie viscere. Quindi gli Dei no
e al banchetto, non accettarono un dono fatto per forza, ad eccezione
di
Cerere (51) che era fuor di sè pel dolore della r
ono un dono fatto per forza, ad eccezione di Cerere (51) che era fuor
di
sè pel dolore della rapita figliuola. Giove poi v
rapita figliuola. Giove poi volle punire nel Tartaro (216) l’avarizia
di
Tantalo ; e Nettuno, preso da compassione pel suo
nimede. 251. Omero nell’Odissea (lib. XI) descrive così il supplizio
di
Tantalo visto da Ulisse (576) : Stava là presso
nio avverso inaridita terra. Piante superbe, il melagrano, il pero, E
di
lucide poma il melo adorno, E il dolce fico, e la
ro l’uomo in mezzo alle sue ricchezze ? 252 Danao, re d’Argo e figlio
di
Belo, ebbe cinquanta figlie chiamate dal nome pat
he uno dei suoi generi Io avrebbe detronizzato, ordinò alle figliuole
di
uccidere i mariti nella prima notte delle loro no
lla prima notte delle loro nozze. L’empio ordine fu eseguito : ma una
di
esse, Ipermestra, salvò lo sposo Linceo. Giove (6
che frode Hanno ordito ai clienti ; i ricchi avari, E scarsi a’ suoi,
di
cui la turba è grande…. Tutti, che brutte ed empi
Hanno osato o commesso ; e cento lingue, E cento bocche, e voci anco
di
ferro Non basterian per divisare i nomi, E le for
ad. del Caro.) 253. Il supremo Dio dell’inferno, Plutone, il fratello
di
Giove e di Nettuno, era rappresentato con differe
o.) 253. Il supremo Dio dell’inferno, Plutone, il fratello di Giove e
di
Nettuno, era rappresentato con differenti attribu
condo il genio dei popoli che l’adoravano. Spesso è dipinto nell’atto
di
rapire Proserpina (53), recandola svenuta nel suo
l suo carro tirato da cavalli neri. Nell’Inferno siede sopra un trono
di
bronzo, sui gradini del quale stanno tutti i flag
i i flagelli che affliggono l’umanità. Ha in capo una corona d’ebano,
di
narcisi e di cipresso. La destra è armata di lung
che affliggono l’umanità. Ha in capo una corona d’ebano, di narcisi e
di
cipresso. La destra è armata di lunga forca, e l’
capo una corona d’ebano, di narcisi e di cipresso. La destra è armata
di
lunga forca, e l’altra ha la chiave che tien chiu
, l’Ipocrisia, la Vendetta e il Tradimento, vera immagine della corte
di
un tiranno ; e in mezzo a tutti sorge la Morte ag
erano celebrate nel secondo mese dell’anno, che serba sempre il nome
di
Febbraio, e lo chiamarono anche Summanus, o sovra
Summanus, o sovrano dei Mani (243). A meglio dipingere la immagine
di
questo re infernale ricordiamo anche la bellissim
o Terrore accresce, e più superbo il rende : Rosseggian gli occhi, e
di
veneno infetto, Come infausta cometa, il guardo s
e sull’irsuto petto Ispida e folta la grau barba scende : E in guisa
di
voragine profonda S’apre la bocca d’atro sangue i
immonda. Pluto. 254. Pluto, Dio delle ricchezze, era figlio
di
Cerere (51) e di Giasone celebre agricoltore. Fu
uto. 254. Pluto, Dio delle ricchezze, era figlio di Cerere (51) e
di
Giasone celebre agricoltore. Fu annoverato tra le
e ricchezze consistano solamente nel denaro simboleggiato dalla borsa
di
Pluto : chè anzi hanno esse la minima parte nel c
sapere. Quanti ricchi non vediamo sguazzare nell’oro, ed esser privi
di
quelle cose che fanno piacevole, desiderata, util
re dei lor tesori : Ché tutto l’oro ch’é sotto la luna O che già fu,
di
quest’anime stanche, Non poterebbe farne posar un
Inf. c. VII.) Marte. 255. Marte, Dio della guerra, era figlio
di
Giove (63) e di Giunone (85) ; ma taluni scrisser
Marte. 255. Marte, Dio della guerra, era figlio di Giove (63) e
di
Giunone (85) ; ma taluni scrissero che Giunone lo
a sè sola battendo con un piede la terra (86), o mediante il contatto
di
un fiore dei campi Olenii. Siccome Giove aveva fa
o cervello, così la moglie del Tonante non aveva voluto esser da meno
di
lui. 256. Marte ebbe da Venere (170) una figlia c
enere (170) una figlia chiamata Ermione, e da Rea-Silvia sacerdotessa
di
Vesta, Romolo e Remo. Un altro suo figlio chiamat
mo. Un altro suo figlio chiamato Ascalafo rimase estinto nell’assedio
di
Troia. 257. Si narra che Marte avendo preso a com
Troiani nella guerra mossa loro da’ Greci, restò ferito dalla lancia
di
Diomede (377) invisibilmente guidata da Minerva (
arsela dalla piaga …… mugolò il ferito Nume, e ruppe in un tuon pari
di
nove O dieci mila combattenti al grido Quando app
a zuffa. I Troi l’udiro, L’udir gli Achivi, e ne tremâr : si forte Fu
di
Marte il muggito. (Omero, Iliade.) 258. Marte è
e.) 258. Marte è dunque un nume e un guerriero coperto d’armi « Cinto
di
ferro i piè, le braccia e ’I collo » (Petrarca),
er delle armi. 259. Debole fu il culto dei Greci per Marte a paragone
di
quello dei Romani, i quali, come ognun sa, lo ten
ome ognun sa, lo tenevano per protettore del loro impero, e per padre
di
Romolo. Gli Etruschi poi lo adoravano sotto forma
ero, e per padre di Romolo. Gli Etruschi poi lo adoravano sotto forma
di
una lancia confitta in terra.56 260. I suoi dodi
ielo ; e la superstizione romana faceva dipendere dalla conservazione
di
quello, come dal Palladio i Troiani, la salvezza
Troiani, la salvezza della patria. 261. È cosa probabile che il nome
di
Marte sia stato dato alla maggior parte dei princ
de’Greci, al quale sono state attribuite le alle gesta e le avventure
di
molti eroi.57 Minerva o Pallade. 262. Mi
ure di molti eroi.57 Minerva o Pallade. 262. Minerva, figlia
di
Giove (63), era la Dea della Sapienza, e presiede
alle arti.58 La favola narra che Giove, tormentato da un gran dolore
di
testa, chiese aiuto a Vulcano (270) ; e il medico
adre contro i Tilani (30). Invero quelli Dei avevano un singolar modo
di
guarire le malattie e di generare i figliuoli ! M
. Invero quelli Dei avevano un singolar modo di guarire le malattie e
di
generare i figliuoli ! Ma nelle fantastiche tradi
Minerva solamente quale Dea della guerra, ella prende allora il nome
di
Pallade, sotto il quale era principalmente adorat
ome di Pallade, sotto il quale era principalmente adorata nella città
di
Troia ; ma il primo nome le è più comune per tutt
ollo, » dice Dante ; nondimeno ambedue questi nomi, come anche quello
di
Atenea in Atene, le venivano dati indifferentemen
e del ricamo, nel quale riuscì abilissima. 264. Notabile nella storia
di
Minerva è la sua disputa con Nettuno (185) per da
della sapienza, e la città fondata da Cecrope fu detta Atene in onor
di
Minerva, che un tempo i Greci chiamavano Atena o
iene offerta da Aracne abile tessitrice e ricamatrice, che si vantava
di
superar Minerva in quest’arte. La Dea andò a farl
uperar Minerva in quest’arte. La Dea andò a farle visita in sembianza
di
vecchia, ed Aracne ebbe la temerità di sfidarla ;
dò a farle visita in sembianza di vecchia, ed Aracne ebbe la temerità
di
sfidarla ; ma tanto la punse vergogna di restar v
, ed Aracne ebbe la temerità di sfidarla ; ma tanto la punse vergogna
di
restar vinta, che, per disperazione, stracciato i
gezza non si sarebbe governata saviamente. 266. Minerva appare dotata
di
beltà semplice e mo desta, di contegno grave e sp
saviamente. 266. Minerva appare dotata di beltà semplice e mo desta,
di
contegno grave e spirante mæstà e fortezza qualit
le stanno accanto i simboli delle scienze e delle arti. 267. L’egida
di
Minerva era una corazza coperta con la pelle di u
le arti. 267. L’egida di Minerva era una corazza coperta con la pelle
di
un mostro chiamato Egide, il quale vomitava fuoco
i ucciso. Su questa divina armatura campeggiava la testa anguicrinita
di
Medusa principale tra le Gorgoni (357) ; ed Omero
i (357) ; ed Omero dice : ….. Intorno agli omeri divini Pon la ricca
di
fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ ogn’intor
lla prudenza e della saggezza, eran sacri a Minerva. Ma l’apparizione
di
quest’uccello era di tristo presagio quand’ei can
saggezza, eran sacri a Minerva. Ma l’apparizione di quest’uccello era
di
tristo presagio quand’ei cantava, e di buon augur
parizione di quest’uccello era di tristo presagio quand’ei cantava, e
di
buon augurio se stava zitto, perchè la prudenza n
della sinistra influenza degli uccelli notturni, pregiudizio al pari
di
tanti altri non ancora del tutto sradicato per l’
Quinqualia e Minervalia. Vulcano. 270. Vulcano era figliuolo
di
Giove (63) e di Giunone (85) ; ma nacque così def
ervalia. Vulcano. 270. Vulcano era figliuolo di Giove (63) e
di
Giunone (85) ; ma nacque così deforme, che il pad
urata caduta non riportò alla fine che una gamba rotta ! Gli abitanti
di
Lenno59 lo raccolsero e n’ebber cura ; ma e’n’and
ebber cura ; ma e’n’andò poi sempre zoppo (69). 271. Ad intercessione
di
Bacco (146) tornò in cielo, e Giove cominciò a vo
i gli parve che fosse proprio arrivato in buon punto per farlo marito
di
Venere (170). Così al Nume più deforme toccò la p
a favola lo dichiara Dio del fuoco, e lo celebra abilissimo nell’arte
di
fondere e di lavorare i metalli ; sicchè questo c
ichiara Dio del fuoco, e lo celebra abilissimo nell’arte di fondere e
di
lavorare i metalli ; sicchè questo celeste fabbro
metalli ; sicchè questo celeste fabbro aveva le sue fucine nell’isola
di
Lenno, a Lipari e nelle caverne del monte Etna, e
’isola di Lenno, a Lipari e nelle caverne del monte Etna, e i vortici
di
fuoco e di fumo eruttanti dai vulcani parevano us
enno, a Lipari e nelle caverne del monte Etna, e i vortici di fuoco e
di
fumo eruttanti dai vulcani parevano uscire dalle
i garzoni i Ciclopi (Kyklos, circolo, ops, occhio, gr.) creduti figli
di
Nettuno, mostruosi giganti che avevano un solo oc
la Sicilia, e dall’usar che facevano in guerra, per difesa del volto,
di
un piccolo scudo con un buco nel mezzo, la favola
iù celebre tra’Ciclopi. Enea lo vide (come finge Virgilio) nell’isola
di
Sicilia, e così lo descrive a Didone : Sembrato
li prese ad amare la bella, e più che giglio nivea Galatea, figliuola
di
Nereo e di Doride (193) ; ma la ninfa era già ama
amare la bella, e più che giglio nivea Galatea, figliuola di Nereo e
di
Doride (193) ; ma la ninfa era già amante del pas
fitta da immenso dolore, cangiò il sangue del suo diletto in un fiume
di
Sicilia, che porta quel nome, e rese così eterna
store, amò Mnemosine, Dea della memoria, (mneme, memoria, gr.) figlia
di
Celo (25) e della Terra (25) ; e dal suo matrimon
re, e nutrirono sentimenti così magnanimi, da meritare la venerazione
di
tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi no
la venerazione di tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi nomi
di
dotte fate, di sorelle d’Apollo e di Dee della sa
di tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi nomi di dotte fate,
di
sorelle d’Apollo e di Dee della sacra valle ; e s
a ciò venner loro i diversi nomi di dotte fate, di sorelle d’Apollo e
di
Dee della sacra valle ; e son chiamate anche le n
igine, poichè ebbero per padre un pastore, ed alla belta e verecondia
di
cui furono dotate, sarà manifesto come la verità
; l’ingegno vuol esser puro come l’innocenza ; e siccome gli oggetti
di
dove il bello ed il vero emergono sono molti, e l
e differenti loro bellezze son quelle che costituiscono la perfezione
di
ciascuna arte, così ogni Musa ha un ministero par
lpoméne, colei che canta, gr.) alla tragedia ; Talia (thalia, giorno
di
festa, gr.) alla commedia ; Tersicore (da terpo,
, gr.) alla commedia ; Tersicore (da terpo, e choros, che si diletta
di
danze, gr.) al ballo ; Euterpe (che vale « molto
la musica ed agli istrumenti musicali ; Polinnia (da polys, e ymnos,
di
molto canto, gr.) all’ode e alla rettorica, ovver
ymnos, di molto canto, gr.) all’ode e alla rettorica, ovvero all’arte
di
scrivere con eleganza ; Urania (ouranós, cielo,
si celebra le grandi gesta degli eroi e dei numi ; e Melpomene armata
di
pugnale empie di terrore la scena con lo spettaco
ndi gesta degli eroi e dei numi ; e Melpomene armata di pugnale empie
di
terrore la scena con lo spettacolo dei delitti de
sentare purissimi affetti, belle e nobili passioni, e gl’interni moti
di
un’anima elevata e gentile. Euterpe, vaga d’aggir
elevata e gentile. Euterpe, vaga d’aggirarsi tra i semplici pastori,
di
commovere e di educare le loro anime pure, tragge
ile. Euterpe, vaga d’aggirarsi tra i semplici pastori, di commovere e
di
educare le loro anime pure, tragge soavi concenti
dell’altre Muse possiede orti celesti…. come dice il Foscolo, adorna
di
beltà maschia e severa e piena di sublime eloquen
sti…. come dice il Foscolo, adorna di beltà maschia e severa e piena
di
sublime eloquenza, inspira l’oratore e il poeta,
Mascheroniana : Colei che gl’intelletti apre e sublima, E col valor
di
finte cifre il vero Valor de’ corpi immaginati es
immaginati estima ; Colei che li misura, e del primiero Compasso armò
di
Dio la destra, quando Il grand’arco curvò dell’em
ò dell’emispero ; E spinse in giro i soli, incoronando L’ampio creato
di
fiammanti mura, Contro cui del caosse il mar mugg
regno dubitar Natura. 277. Le Muse sono rappresentate con sembianze
di
vergini modestamente belle, con semplici vesti, e
lo (96) sta in mezzo all’eletto coro, temprando la lira, e incoronata
di
lauro l’augusta sua fronte. Siccome poi ogni Musa
così tutte hanno simboli e attributi particolari. Il Parini proponeva
di
dipinger così le quattro Muse del Teatro : « Mel
proponeva di dipinger così le quattro Muse del Teatro : « Melpomene,
di
sembiante, di forme, d’atteggiamento serio ed aug
ipinger così le quattro Muse del Teatro : « Melpomene, di sembiante,
di
forme, d’atteggiamento serio ed augusto, con abit
sentazioni liriche, avrà sembiante grazioso, occhi teneri, abito vago
di
colori e di forme, corona di mirti e rose in capo
iriche, avrà sembiante grazioso, occhi teneri, abito vago di colori e
di
forme, corona di mirti e rose in capo, lira in ma
iante grazioso, occhi teneri, abito vago di colori e di forme, corona
di
mirti e rose in capo, lira in mano o vicina, Amor
sonomia gentile, corpo ed atteggiamento svelto in atto grazioso quasi
di
ballare, abito leggero, ghirlanda di varie plume
to svelto in atto grazioso quasi di ballare, abito leggero, ghirlanda
di
varie plume in capo, e massime bianche e nere. Av
era dignità, ingentiliscono e onorano il popolo ; ma talora i cultori
di
esse traviano dal retto sentiero, si fanno minist
lora i cultori di esse traviano dal retto sentiero, si fanno ministri
di
malcostume, e cagionano gravi danni alla società
icenza e la Scurrilità. « Il Cattivo Gusto sarà un giovinetto nudo,
di
fisonomia stupida e di fattezze grossolane, con d
« Il Cattivo Gusto sarà un giovinetto nudo, di fisonomia stupida e
di
fattezze grossolane, con due grandi orecchie d’as
con due grandi orecchie d’asino e una zampogna in mano. Sarà in atto
di
fuggire dal cospetto d’Apollo, saltando giù da un
sso rozzamente scolpito e rappresentante una figura con testa e crine
di
cavallo, viso e collo di donna, corpo e piedi d’u
rappresentante una figura con testa e crine di cavallo, viso e collo
di
donna, corpo e piedi d’uccello, coda di pesce. »
rine di cavallo, viso e collo di donna, corpo e piedi d’uccello, coda
di
pesce. » La Licenza poi è una baccante scapigliat
La Licenza poi è una baccante scapigliata, mezzo nuda, col viso tinto
di
mosto, corona di viti in capo, tirso in mano. Anc
una baccante scapigliata, mezzo nuda, col viso tinto di mosto, corona
di
viti in capo, tirso in mano. Anch’ella sarà in at
mosto, corona di viti in capo, tirso in mano. Anch’ella sarà in atto
di
fuggire schermendosi con una mano dai raggi d’Apo
ridicola. » 278. Le Muse presero le ali per sottrarsi agli oltraggi
di
Pireneo re della Focide, presso il quale avevano
oltraggi di Pireneo re della Focide, presso il quale avevano sperato
di
trovar ricovero da un improvviso temporale. Il pr
ro villania, e quando le vide involarsi con le ali dei genii, pretese
di
inseguirle, immaginandosi di poter volare com’ess
involarsi con le ali dei genii, pretese di inseguirle, immaginandosi
di
poter volare com’esse ; ma appena spiccatosi dall
le biblioteche, e chiuse le pubbliche scuole. — Anche le nove figlie
di
Pierio, dette le Pieridi, pagarono il fio d’una s
la decenza pericolante tra la gioia dei biechieri. Ma coloro che più
di
tutti le venerarono furono i poeti, i quali usava
istianità hanno adoperate le finzioni, mitologiche non per vano lusso
di
fantasia, ma per dedurne nobilissimi sentimenti,
te delle più dette fra le greche immagini. 280. Il fonte d’Ippocrene,
di
Castalia e il fiume Permesso (123), insieme con l
po. Immenso fu il loro numero, poichè vi era compresa una moltitudine
di
divinità allegoriche, le quali, come la Verità, l
tichi mossi da rispetto o da paura, solevano personificare ed onorare
di
special culto. Siccome troppo lungo sarebbe il pa
e ed onorare di special culto. Siccome troppo lungo sarebbe il parlar
di
tutte, accenneremo soltanto quelle che paiono più
; non soleva risparmiare nemmeno gli stessi Dei ; e non fu mai capace
di
far nulla di suo, come suole chi pretende troppo
risparmiare nemmeno gli stessi Dei ; e non fu mai capace di far nulla
di
suo, come suole chi pretende troppo dagli altri.
one del cuore per poterne scrutare i più segreti pensieri ; e la casa
di
Minerva gli parve architettata senza criterio, e
tore incappasse in un cattivo vicino. Pareva che la perfetta bellezza
di
Venere non potesse cadere sotto la sferza dei suo
tesse cadere sotto la sferza dei suoi motteggi, ma egli trovò materia
di
biasimo nei coturni. Alla fine le sue continue ed
al cielo. 284. È rappresentato col capo coperto da un berretto ornato
di
sonagli con una maschera in una mano ed una mario
tra, indizio della follia, arredi che furono poi assegnati ai buffoni
di
corte. Non sia discaro il leggere intorno a quest
posto da uno dei più colti ed arguti ingegni del nostro tempo. Momo,
di
cui la nominanza dura, E durerà nelle lontane gen
di negli scherni sui Vizii e virtù ; poi dileggiò (fatt’empio) L’opre
di
Palla, e fu solenne altrui Nome d’infamia e d’abo
hetti, presiedeva alle feste, alle danze notturne ed alle nuove fogge
di
vestire e di adornar la persona. Non aveva nè tem
deva alle feste, alle danze notturne ed alle nuove fogge di vestire e
di
adornar la persona. Non aveva nè tempio, nè sacer
i adornar la persona. Non aveva nè tempio, nè sacerdoti, nè sacrifizj
di
vittime. I suoi adoratori lo invocavano e prima e
ima e dopo il pasto, e andavano in volta la notte mascherati, al lume
di
fiaccole, cinta di fiori la testa, e accompagnati
, e andavano in volta la notte mascherati, al lume di fiaccole, cinta
di
fiori la testa, e accompagnati da fanciulli e don
compagnati da fanciulli e donzelle che cantavano e ballavano al suono
di
varii istrumenti. 286. I poeti lo dipingono giovi
, rubicondo, con breve panneggiamento, e spesso nudo, e inghirlandato
di
rose appassite. E’ s’appoggia languidamente col b
uo contegno ; e dà bene a conoscere quanto sia misera e breve la vita
di
coloro che si abbandonano soverchiamente ai piace
piaceri. Bellona. 287. Bellona, Dea della guerra, fu sorella
di
Marte (255). Ella attaccava i cavalli al suo carr
e stragi ; ha i capelli sciolti e scarmigliati, l’occhio scintillante
di
fuoco, ed è in atto di sferzare con sanguinoso st
sciolti e scarmigliati, l’occhio scintillante di fuoco, ed è in atto
di
sferzare con sanguinoso staffile. 288. I suoi sac
erdoti, chiamati Bellonarj, ne celebravano le feste con tanta ebrezza
di
furore, che si facevano da sè stessi tali ferite
nide (133). Istruito da Chirone (430), diventò presto abile nell’arte
di
guarire le malattie, e passò per inventore e Dio
lla medicina. Accompagnò Ercole (364) e Giasone (448) alla spedizione
di
Colco ; e rese grandi servigi agli Argonauti (452
; e rese grandi servigi agli Argonauti (452). 290. Ma non si contentò
di
saper guarire i malati ; volle anche tentare di r
0. Ma non si contentò di saper guarire i malati ; volle anche tentare
di
render la vita agli estinti, e ne venne a capo co
di render la vita agli estinti, e ne venne a capo con Ippolito figlio
di
Teseo. Allora Giove, temendo le conseguenze di ta
po con Ippolito figlio di Teseo. Allora Giove, temendo le conseguenze
di
tale scoperta, fulminò l’audace mortale. Apollo n
al raggio, E osò ritorre all’Erebo Uom già concesso a morte ; Sicchè
di
Giove il fulmine Tolse ad ambo il respir, E vides
utta la Grecia, e l’onoravano principalmente in Epidauro nella figura
di
un serpente, perchè stimavano che si manifestasse
pende forse dalle virtù mediche attribuite in antico ad alcune specie
di
rettili, o dalla lunga vitalità di questi animali
ribuite in antico ad alcune specie di rettili, o dalla lunga vitalità
di
questi animali, per lo che i ciarlatani hanno usa
sti animali, per lo che i ciarlatani hanno usato fino ai nostri tempi
di
comparire in faccia alla gente semplice recando a
dei simboli dell’immortalità. Esculapio ebbe tempio anche nell’isola
di
Coo (una delle isole dell’Arcipelago), ed i malat
la di Coo (una delle isole dell’Arcipelago), ed i malati erano soliti
di
andare a scrivere sulle mura di quel tempio i rim
Arcipelago), ed i malati erano soliti di andare a scrivere sulle mura
di
quel tempio i rimedi che gli avevano liberati dal
figli, Macaone e Podaliro, i quali accompagnarono i Greci all’assedio
di
Troja, e vi si resero utilissimi col medicare i f
i feriti. Poi i discendenti d’Esculapio furono chiamati Asclepiadi, e
di
padre in figlio per diciassette generazioni eserc
iglio per diciassette generazioni esercitarono la medecina nell’isola
di
Coo, e ne diressero la scuola. In questa famiglia
nacque il celebre Ippocrate. È attribuito agli Asclepiadi un opuscolo
di
ventun versi contenenti precetti intorno alla san
tti intorno alla sanità, tra’quali si leggono i seguenti : Contentati
di
un pasto per giorno. — Fa’che il tuo pasto sia se
anza ti libererà dalla sete e dalle cattive digestioni, che son causa
di
quasi tulle le malattie ec. Pane 294. Alc
le malattie ec. Pane 294. Alcuni dissero che Pane fu figliuol
di
Giove (63) e della Ninfa Calisto (140), altri gli
, e la barba incolta. Gli spuntano in fronte le corna, ed ha il corpo
di
caprone dalla cintura all’estremità inferiore, me
e. 296. Pane era più che altro onorato in Arcadia. I Romani ogni anno
di
Febbraio gli celebravano le feste chiamate Luperc
anno di Febbraio gli celebravano le feste chiamate Lupercali dal nome
di
una grotta presso alla quale era stato costruito
tessa grotta ove Romolo e Remo furono allattati dalla lupa. Nel tempo
di
quelle feste i sacerdoti di Pane, chiamati Luperc
mo furono allattati dalla lupa. Nel tempo di quelle feste i sacerdoti
di
Pane, chiamati Luperci, andavan correndo nudi per
alli invasero la Grecia sotto Brenno, volevano saccheggiare il tempio
di
Delfo ; ma Pane li colpì di così improvviso terro
o Brenno, volevano saccheggiare il tempio di Delfo ; ma Pane li colpì
di
così improvviso terrore, che si volsero tosto all
sto alla fuga benchè inseguiti non fossero ; quindi nacque il dettato
di
timor panico. 299. Questo Dio s’innamorò di Siri
quindi nacque il dettato di timor panico. 299. Questo Dio s’innamorò
di
Siringa (syrinx, canna, gr.), ninfa d’Arcadia ; m
alcuni cannelli, formò quell’istrumento a sette voci, chiamato flauto
di
Pane o zampogna. Fauno 300. Fauno, figli
chiamato flauto di Pane o zampogna. Fauno 300. Fauno, figlio
di
Pico re dei Latini e nipote di Saturno (23), ebbe
gna. Fauno 300. Fauno, figlio di Pico re dei Latini e nipote
di
Saturno (23), ebbe per madre Canente figlia di Gi
re dei Latini e nipote di Saturno (23), ebbe per madre Canente figlia
di
Giano, la quale fu cangiata in voce, per esser tr
o Sterculio stercus, concio, ingrasso, lat.), il quale inventò l’arte
di
concimare la terra. Fauna dopo la morte del marit
quale distribuivano al popolo erbe o semplici per curare ogni specie
di
malattie. Fu chiamata anche Fatua o Fatuella quan
Fate. 301. I Fauni eran genj campestri dei Romani, e discendenti
di
Fauno ; abitavano le campagne e le foreste. La lo
ta ai Fauni una capra, ed era lor consacrato il pino. Avevano i piedi
di
cavallo e di bove, e raramente di capra ; la barb
na capra, ed era lor consacrato il pino. Avevano i piedi di cavallo e
di
bove, e raramente di capra ; la barba, le corna e
consacrato il pino. Avevano i piedi di cavallo e di bove, e raramente
di
capra ; la barba, le corna e le orecchie di capro
lo e di bove, e raramente di capra ; la barba, le corna e le orecchie
di
caprone ; eran cinti da una corona d’abeto, e ne
nità campestre dei Romani, e protettori dei boschi, fu creduto figlio
di
Fauno, e taluni lo confusero con Pane. I poeti e
zzo in giù gli fanno le membra caprine, e gli pongono in mano un ramo
di
pino. Le feste Lupercali (296) erano celebrate an
feste Lupercali (296) erano celebrate anche in onor suo. 303. Il nome
di
Silvani, appartenente ai figliuoli di Silvano, è
anche in onor suo. 303. Il nome di Silvani, appartenente ai figliuoli
di
Silvano, è attribuito comunemente a tutti gli Dei
abolo generale per indicare i Fauni, i Satiri, i Sileni, ec. Il culto
di
tutte queste divinità dei campie dei boschi mostr
ivinità pastorali, boschereccie, son care ad Apollo ed alle Muse : E
di
Driadi col nome e di Silvani Fur compagni di Febo
schereccie, son care ad Apollo ed alle Muse : E di Driadi col nome e
di
Silvani Fur compagni di Febo. Infra le Muse Scher
Apollo ed alle Muse : E di Driadi col nome e di Silvani Fur compagni
di
Febo. Infra le Muse Scherzar ne’fonti suoi vedeal
gura d’omiciatti pelosi con le corna, le orecchie, la coda e le gambe
di
capra ; ed è loro attribuito il mal vezzo di far
chie, la coda e le gambe di capra ; ed è loro attribuito il mal vezzo
di
far paura ai pastori e d’inseguire le pastorelle.
i greggi. Intanto gli agricoltori e i pastori, credendo all’esistenza
di
tanti invisibili testimoni delle loro azioni, era
fare. Ma convien che sia molto rozzo quel popolo il quale ha bisogno
di
tanti vigilatori. Siccome la coscienza delle prop
uoni. 306. I Satiri più vecchi eran chiamati Sileni ; e l’anziano tra
di
essi è il balio di Bacco, del quale abbiamo parla
più vecchi eran chiamati Sileni ; e l’anziano tra di essi è il balio
di
Bacco, del quale abbiamo parlato ragionando di qu
tra di essi è il balio di Bacco, del quale abbiamo parlato ragionando
di
questo Dio (146). Nelle pitture e nelle sculture
pagne. Priapo 307. Priapo, caporione dei Satiri (305), figlio
di
Bacco (146) e di Venere (170), era il Dio tutelar
307. Priapo, caporione dei Satiri (305), figlio di Bacco (146) e
di
Venere (170), era il Dio tutelare dei giardini e
la sua statua ne’giardini. ……. E tu, Priapo, S’unqua gli altari tuoi
di
fiori ornai, Con la gran falce e con l’altre arme
Per lo più è rappresentato a modo del dio Termine (308), con le corna
di
becco, le orecchie di capra, e una corona di pamp
tato a modo del dio Termine (308), con le corna di becco, le orecchie
di
capra, e una corona di pampani o d’alloro : e tal
mine (308), con le corna di becco, le orecchie di capra, e una corona
di
pampani o d’alloro : e talvolta la sua statua com
alloro : e talvolta la sua statua comparisce nel mezzo agl’istrumenti
di
giardinaggio e d’orticoltura. Gli veniva sacrific
ura. Gli veniva sacrificato un asino in memoria d’una singolare sfida
di
canto seguita tra lui e un somaro, nella quale il
ser rimasto perdente ; s’era avventato contro il vincitore, e a forza
di
calci l’aveva lasciato moribondo all’ombra de’suo
l’aveva lasciato moribondo all’ombra de’suoi allori. Il maggior culto
di
Priapo fu a Lampsaco donde era stato scacciato pe
rsi, dove a ballare senza riposo, a ridere sgangheratamente, a urlare
di
continuo, e la città di Lampsaco pareva uno speda
a riposo, a ridere sgangheratamente, a urlare di continuo, e la città
di
Lampsaco pareva uno spedale di matti. I vecchi, i
ente, a urlare di continuo, e la città di Lampsaco pareva uno spedale
di
matti. I vecchi, i quali avevano conservato un ba
uno spedale di matti. I vecchi, i quali avevano conservato un barlume
di
ragione, decretarono il ritorno del Nume esiliato
nfini dei campi, e credesi ne fosse istituito il culto da Numa a fine
di
porre un freno, che fosse anche più efficace dell
e del Campidoglio, i Romani scavando i fondamenti trovarono la statua
di
questo Dio. Consultati gli auguri intorno a ciò c
ato. 309. Il dio Termine era onorato non solamente nei templi, ma più
di
tutto sui confini dei campi, ove il suo simulacro
tto sui confini dei campi, ove il suo simulacro veniva sempre coperto
di
fiori. Il temerario che con mano sacrilega gli av
ste a Roma erano celebrate l’ultimo giorno dell’anno. Lo incoronavano
di
spighe nel tempo della mèsse, e di fiori all’arri
giorno dell’anno. Lo incoronavano di spighe nel tempo della mèsse, e
di
fiori all’arrivo della primavera. Per lungo tempo
a. Per lungo tempo i sacrificj a lui fatti consistettero in libazioni
di
latte e vino con offerte di frutta e di focacce.
cj a lui fatti consistettero in libazioni di latte e vino con offerte
di
frutta e di focacce. Poi cominciarono ad immolarg
ti consistettero in libazioni di latte e vino con offerte di frutta e
di
focacce. Poi cominciarono ad immolargli agnelli e
iarono ad immolargli agnelli e majali, consumando finalmente le carni
di
queste vittime in lieti banchetti attorno al simu
anno derivare il nome dal vocabolo palea, paglia. Vero è che nel mese
di
maggio, o, secondo altri, d’aprile celebravano in
va nell’offrir latte e miele, e poi nel dar fuoco a tre grandi barche
di
paglia ; ed i pastori un dopo l’altro saltavano l
te feste furono istituite da Romolo il giorno stesso della fondazione
di
Roma, ed i pastori vi accorrevano da ogni parte i
Roma, ed i pastori vi accorrevano da ogni parte incoronati d’olivo e
di
ramerino, il cui odore disinfetta le stalle. Vi p
no, il cui odore disinfetta le stalle. Vi portavano anche gran numero
di
fragorosi istrumenti, come tamburi e cembali. La
La Dea copriva con un velo la sua ingenua bellezza. Un po’d’alloro o
di
ramerino le incoronavan la chioma ; ed aveva in m
o o di ramerino le incoronavan la chioma ; ed aveva in mano un covone
di
paglia, per significare che di essa deve esser fo
la chioma ; ed aveva in mano un covone di paglia, per significare che
di
essa deve esser formato il letto al bestiame.
letto al bestiame. Pomona e Vertunno 311. Pomona, tutta piena
di
freschezza e di leggiadria, presiedeva con Priapo
e. Pomona e Vertunno 311. Pomona, tutta piena di freschezza e
di
leggiadria, presiedeva con Priapo (307) ai giardi
annaffiarli ; e tutta dedita a queste faccende rifiutava ogni offerta
di
matrimonio che le venisse fatta dai Numi campestr
ore per parlarle ; ma invano. Alla fine le apparve sotto le sembianze
di
vecchia ; e tanta eloquenza usò nel colloquio, ch
ele poi a conoscere, Pomona acconsentì alle sue nozze. Le metamorfosi
di
Vertunno son forse una lezione agli agricoltori,
e una lezione agli agricoltori, poichè non potrebbe meritare il favor
di
Pomona chi non si studiasse per opera di moltipli
n potrebbe meritare il favor di Pomona chi non si studiasse per opera
di
moltiplici esperimenti di perfezionare la cultura
or di Pomona chi non si studiasse per opera di moltiplici esperimenti
di
perfezionare la cultura dei giardini e degli orti
ltura dei giardini e degli orti. I poeti descrivono Pomona incoronata
di
pampani e di grappoli d’uva, con in mano il corno
rdini e degli orti. I poeti descrivono Pomona incoronata di pampani e
di
grappoli d’uva, con in mano il corno dell’abbonda
n in mano il corno dell’abbondanza, od assisa sopra una paniera colma
di
fiori e di frutta. In Roma ebbe tempio ed are. E
l corno dell’abbondanza, od assisa sopra una paniera colma di fiori e
di
frutta. In Roma ebbe tempio ed are. Ed a voi mi
empio ed are. Ed a voi mi rivolgo, o Dei, ch’avete Degli orti cura e
di
chi agli orti attende. Fa dunque, Clori (553), tu
dunque, Clori (553), tu, che mai non manchi Al mio verde terren copia
di
fiori : Tu fa, Pomona, che de’frutti loro Non sia
Flora, questa vezzosissima Dea dei fiori e della Primavera, fu sposa
di
Zeffiro (104) che n’ebbe in dote l’impero sulla v
Tazio pel primo le alzò un tempio a Roma. Le feste istituite in onor
di
lei verso l’anno 172 av. l’èra crist. in occasion
ndo al suon delle trombe. La più snella otteneva in premio una corona
di
fiori. Nei monumenti antichi vediamo Flora in sem
una corona di fiori. Nei monumenti antichi vediamo Flora in sembianze
di
bella e semplice donzelletta, adorna di ghirlande
hi vediamo Flora in sembianze di bella e semplice donzelletta, adorna
di
ghirlande e di mazzi, e recando in capo una panie
a in sembianze di bella e semplice donzelletta, adorna di ghirlande e
di
mazzi, e recando in capo una paniera di fiori :
lletta, adorna di ghirlande e di mazzi, e recando in capo una paniera
di
fiori : Salve, o sorriso degli Dei, gioconda Ess
egli Dei, gioconda Essenza della gioja, alma famiglia, Per cui natura
di
bellezza abbonda. Per te Religïon, del Cielo figl
do.63 (Angelo Maria Ricci.) Flora, Pomona e Vertunno sono divinità
di
origine etrusca, adottate poi dai Romani, i quali
ona (311) non vien da sè a regnare nel suo impero : Era diletto suo,
di
peregrine Piante, e di fiori in suolo estraneo na
è a regnare nel suo impero : Era diletto suo, di peregrine Piante, e
di
fiori in suolo estraneo nati L’odorosa educar dol
elli ed auro amiche…. (V. Monti.) Ninfe 313. Fu dato il nome
di
Ninfe ad un gran numero di divinità subalterne or
Monti.) Ninfe 313. Fu dato il nome di Ninfe ad un gran numero
di
divinità subalterne originate da Nereo e Doride (
ginate da Nereo e Doride (193), e rappresentate sotto belle sembianze
di
giovanette ; ma gli antichi non le onoraron di te
sotto belle sembianze di giovanette ; ma gli antichi non le onoraron
di
templi, nè vollero accordar loro la immortalità,
tenevano un posto nell’Olimpo. 314. V’è chi le fa ascendere al numero
di
tremila ; ed erano ripartite in Ninfe delle acque
Nereidi od Oceanidi e le Najadi. 316. Le Nereidi od Oceanidi, figlie
di
Nereo e di Doride, eran le ninfe del mare. La mit
Oceanidi e le Najadi. 316. Le Nereidi od Oceanidi, figlie di Nereo e
di
Doride, eran le ninfe del mare. La mitologia ne c
itologia ne conta cinquanta, e le più distinte sono Teti (192) moglie
di
Peleo e madre d’Achille, Galatea (273) amante d’A
ce e Climene. Ora abitavano in fondo alle acque, ora in grotte ornate
di
conchiglie e di pampani. Venivano invocate dai na
a abitavano in fondo alle acque, ora in grotte ornate di conchiglie e
di
pampani. Venivano invocate dai naviganti sulla ri
pani. Venivano invocate dai naviganti sulla riva del mare con offerte
di
latte, d’olio e di miele, per ottenerle propizie
cate dai naviganti sulla riva del mare con offerte di latte, d’olio e
di
miele, per ottenerle propizie alla navigazione. I
va a finire in pesce. Formavano il corteggio d’Anfitrite (188) moglie
di
Nettuno, e scorrevano sulla superficie delle acqu
cie delle acque, sull’argenteo dorso dei delfini, con la testa ornata
di
perle e di coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era
cque, sull’argenteo dorso dei delfini, con la testa ornata di perle e
di
coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era dentro al
i perle e di coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era dentro al pascolo
di
Driante una grotta consacrata alle ninfe, cavata
o di Driante una grotta consacrata alle ninfe, cavata d’un gran masso
di
pietra viva, che di fuora era tonda, e dentro con
tta consacrata alle ninfe, cavata d’un gran masso di pietra viva, che
di
fuora era tonda, e dentro concava. Stavano intorn
il collo, le vesti succinte nei fianchi, tutti i lor gesti atteggiati
di
grazia, e gli occhi d’allegria, e tutte insieme f
grazia, e gli occhi d’allegria, e tutte insieme facevano componimento
di
una danza. Il giro dentro della grotta veniva app
uono, al cui numero sembrava che battendo si accomodasse l’attitudine
di
ciascuna ninfa ; e giunta a terra si riducea in u
ta a terra si riducea in un corrente ruscello, che passando per mezzo
di
un pratello amenissimo, posto innanzi alla bocca
co de’cavalli Di Nettuno custode, e Toe vermiglia Di zoofiti amante e
di
coralli ; Galatea che nel sen della conchiglia L
l sen della conchiglia La prima perla invenne, e Doto e Proto E tutta
di
Nereo l’ampia famiglia ; Tra cui confuse de’Trito
caturisce l’acqua ; hanno in mano conchiglie o perle, e una ghirlanda
di
canne incorona la sciolta chioma. Il popolo crede
nivano sacrificate a queste ninfe capre ed agnelli, e fatte libazioni
di
vino, d’olio e di miele. Spesso si contentavano d
a queste ninfe capre ed agnelli, e fatte libazioni di vino, d’olio e
di
miele. Spesso si contentavano delle offerte di la
ioni di vino, d’olio e di miele. Spesso si contentavano delle offerte
di
latte, di frutta e di fiori. 318. Le Ninfe terres
no, d’olio e di miele. Spesso si contentavano delle offerte di latte,
di
frutta e di fiori. 318. Le Ninfe terrestri erano
di miele. Spesso si contentavano delle offerte di latte, di frutta e
di
fiori. 318. Le Ninfe terrestri erano divise in pi
rys, quercia, gr.) ; e furono forse immaginate per impedire ai popoli
di
distruggere troppo facilmente le foreste, poichè
i e nelle sue cacce. Queste ninfe insieme con le Napee furono nutrici
di
Cerere e di Bacco, perchè le mèssi crescono nelle
e cacce. Queste ninfe insieme con le Napee furono nutrici di Cerere e
di
Bacco, perchè le mèssi crescono nelle campagne, e
preferiscono le pendici. Alle Oreadi andiamo debitori del miele. Una
di
esse, chiamata Melissa, trovato nella cavità di u
bitori del miele. Una di esse, chiamata Melissa, trovato nella cavità
di
un albero un favo, lo fece assaggiare alle compag
un albero un favo, lo fece assaggiare alle compagne, che tutte liete
di
questa scoperta, dettero alle api il nome di Meli
ompagne, che tutte liete di questa scoperta, dettero alle api il nome
di
Melisse, ed al loro nèttare quello di mèli, onde
perta, dettero alle api il nome di Melisse, ed al loro nèttare quello
di
mèli, onde abbiam fatto miele. Tacea splendi
a Diva, le Grazie : e a sommo il flutto, Quante alla prima prima aura
di
Zeffiro Le frotte delle vaghe api prorompono, E
e api prorompono, E più e più succedenti invide ronzano A far lunghi
di
sé aerei grappoli ; Vanno alïando su’nettarei cal
che morivano e nascevano con le querci ; quindi ebbero anche il nome
di
Querculane. 320. La più celebre fra le Nereidi f
pollo (96) se ne disputaron le nozze ; ma saputo da un antico oracolo
di
Temi (337) come il primogenito di questa ninfa fo
ze ; ma saputo da un antico oracolo di Temi (337) come il primogenito
di
questa ninfa fosse destinato a divenire più famos
nubio nacque il divino e prode Achille (536). 321. Nè minor celebrità
di
Teti ebbe la ninfa Eco, figlia dell’Aria e della
figlia dell’Aria e della Terra ; essendochè meritato avendo lo sdegno
di
Giunone (85), fu da lei condannata a ripeter semp
time sillabe dei discorsi che udiva. Le intravvenne poi d’innamorarsi
di
Narciso che « Biondo era e bello e di gentile asp
e intravvenne poi d’innamorarsi di Narciso che « Biondo era e bello e
di
gentile aspetto, » figliuolo della ninfa Liriope
struggersi d’affanno per entro le più riposte parti dei boschi. Così
di
« quella vaga, Che amor consunse, come sol vapore
ine d’una fonte, e lasciatolo ivi a specchiarsi nelle onde, lo accese
di
sì folle amore di sè medesimo, che diventò passio
lasciatolo ivi a specchiarsi nelle onde, lo accese di sì folle amore
di
sè medesimo, che diventò passione sfrenata, e gli
n quello stesso luogo. Ecco la sorte dei giovani stoltamente invaniti
di
sè medesimi, o dei freddi egoisti ; ma gli Dei eb
vaniti di sè medesimi, o dei freddi egoisti ; ma gli Dei ebbero pietà
di
Narciso, e lo cangiarono in quel fiore che porta
no in quel fiore che porta il suo nome. 323. Aretusa, ninfa e seguace
di
Diana (137), preferiva com’essa le innocenti ricr
andavano sempre limpide e pure ad unirsi a quelle d’Aretusa, …. Che
di
Grecia volve Per occulto cammin l’onda d’argento,
mpilio de’suoi consigli, poichè quel saggio legislatore, col pretesto
di
andare a consultarla, si appartava in un bosco vi
ione. La favola aggiunge che Egeria rimase tanto afflitta della morte
di
Numa, che andò a rifugiarsi ed a piangere continu
chiamati Lari e Penati. 64 I Lari erano propriamente i genii tutelari
di
ciascheduna casa, come a dire i custodi delle fam
icevevano pubblico culto. 327. Le statuette dei Lari, spesso in forma
di
cane, per allusione alla fedeltà di questo animal
atuette dei Lari, spesso in forma di cane, per allusione alla fedeltà
di
questo animale, e quelle dei Penati per lo più ef
à avevano tabernacoli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso,
di
vino e talora di vittime. Ad essi erano consacrat
coli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso, di vino e talora
di
vittime. Ad essi erano consacrati i cani perchè a
stici e fedeli ; e i medesimi Lari avevano spesso per manto una pelle
di
cane. Ciascuna famiglia romana aveva i suoi propr
a romana aveva i suoi propri Penati, e li portava seco ad ogni variar
di
casa ; ma i Lari non abbandonavano mai l’abitazio
ove erano stati collocati una volta. 328. Le feste celebrate in onore
di
questi idoli erano dette compitali dal latino com
rocicchio o trivio. I divoti appendevano pubblicamente certi fantocci
di
lana a guisa di vittime espiatorie, e scongiurava
io. I divoti appendevano pubblicamente certi fantocci di lana a guisa
di
vittime espiatorie, e scongiuravano gli dei Lari
catene. Quanta carità civile in queste idee ! E come la moltiplicità
di
siffatti idoli rappresentava bene l’importanza de
Ettore (591) apparso ad Enea (608) nella tremenda notte dell’ eccidio
di
Troia, … Oh fuggi, Enea, fuggi,… disse : Togliti
ergi altre mura ; Chè dopo lungo e travaglioso esiglio Le ergerai più
di
Troja altere e grandi. Detto ciò, dalle chiuse ar
use arche reposte, Trasse, e gli consegnò le sacre bende, E l’effigie
di
Vesta, e ’l fuoco eterno. Ed Anchise (176), cono
176), conosciuta anche per celesti annunzi ormai inevitabile la ruina
di
Troia, esclama : …….O della patria Sacri numi Pe
uesto nipote65 Mi conservate : questo augurio è vostro ; E nel poter
di
voi Troja rimansi. (Eneide, lib. II. Trad. del C
ncarco de’santi arredi e de’patrii Penati, perchè al guerriero, lordo
di
sangue e uscito allora da tanta uccisione, non er
e, non era permesso toccarli prima che si fosse lavato alla pura onda
di
un fiume. Genio 329. Il Genio,66 figlio d
avesse il suo Genio, la ispirazione generatrice delle sue azioni ; e
di
più riconoscevano tutti un genio buono che gl’ in
offerendogli vino, fiori ed incenso, ma senza mai spargere una goccia
di
sangue. 331. Il genio buono aveva sembianze di gi
ai spargere una goccia di sangue. 331. Il genio buono aveva sembianze
di
giovine con volto bello ed onesto riso, poichè la
iante suol essere testimone della bontà del cuore ; era inghirlandato
di
papaveri, quasi farmaco ad assopire le passioni s
a cornucopia, perchè la vita innocente e le buone azioni sono feconde
di
molti beni. Anche le foglie del platano gli servi
i, rabbuffato il crine e lunga la barba, con in mano un gufo, uccello
di
cattivo augurio. Guai a chi non sentiva raccapric
e un serpente. La fortuna 332. La Fortuna, onnipotente figlia
di
Giove e sorella del Fato, arbitra universale degl
ne, distribuendo a capriccio i beni ed i mali. Essa è origine e madre
di
tutte le invenzioni umane, dice Mario Pagano. Al
i ritrovamenti più utili alla vita. L’uomo vede ed osserva l’incontro
di
certi naturali effetti, gli imita, e nascono indi
hè gl’inventori delle cose altro non sono che i fortunati osservatori
di
alcuni fenomeni della natura e gli abili imitator
ati osservatori di alcuni fenomeni della natura e gli abili imitatori
di
essi. Quindi la Fortuna venne sulla terra dopo l’
la terra dopo l’età dell’ oro, vale a dire quando nacque la necessità
di
lavorare ; ed è la stessa cosa che Pandora (72),
la Natura medesima, vale a dire il concorso fortuito ed il conflitto
di
vari naturali effetti. I poeti la descrivono calv
, ritta con ali a’piedi, e l’un d’essi già staccato dal suolo in atto
di
volare, mentre l’altro appena tocca la superficie
al suolo in atto di volare, mentre l’altro appena tocca la superficie
di
una sfera, od il cerchio d’una ruota che gira, ed
Talora è ritta sopra un carro tirato da quattro cavalli ciechi al par
di
lei, e schiaccia i suoi adoratori, e ogni dì muta
nella destra un timone, o il corno dell’ abbondanza, perchè donatrice
di
tutti i beni e protettrice del commercio e delle
nduce per mano l’ Occasione, che ha la testa calva e un sottil ciuffo
di
capelli sulla fronte ; posa un piede sulla ruota,
a collocata nel quartiere accanto al letto dell’ Imperatore regnante,
di
dove, appena morto, la trasferivano in quello del
rivano in quello del suo successore. L’adoravano anche sotto i titoli
di
Conservatrice, Nutrice (mammosa), Cieca, Favorevo
ra (Fors Fortuna). La Fortuna Virile aveva il tempio accanto a quello
di
Venere. Roma, sottratta alla vendetta di Coriolan
a il tempio accanto a quello di Venere. Roma, sottratta alla vendetta
di
Coriolano dalle lacrime della sposa e della madre
ltare alla Fortuna reduce ; indi le furon coniate medaglie col titolo
di
Fortuna stabile o costante (Fortuna stata) ; ma d
se ogni giorno i lacrimevoli esempj ; ma la buona Fortuna sta in mano
di
chi la vuole, se per essa intendiamo un vivere ag
inaspettate ricchezze, lo dicano quei tanti ai quali sono state causa
di
rovina, o che per ottenerle hanno perduto la tran
rduto la tranquillità della coscienza, l’amore del prossimo, la stima
di
sè medesimi, ed altri beni veri e senza paragone
ima di sè medesimi, ed altri beni veri e senza paragone più pregevoli
di
quelli che sogliono essere chiesti alla cieca Dea
i :70 Perchè una gente impera e l’altra langue, Seguendo lo giudicio
di
costei, Che è occulto come in erba l’angue. Vostr
del paese dei Volsci, ed a Preneste. Il tempio d’Anzio era arricchito
di
offerte e di doni magnifici ; la statua della Dea
Volsci, ed a Preneste. Il tempio d’Anzio era arricchito di offerte e
di
doni magnifici ; la statua della Dea vi proferiva
one dei divoti, rispondeva alle dimande dei supplicanti con un muover
di
testa o d’occhi e con alcuni altri gesti. La
indivisibile compagna del Destino oltre quelli già indicati parlando
di
esso (24) e della Fortuna (332). Nelle mani di br
già indicati parlando di esso (24) e della Fortuna (332). Nelle mani
di
bronzo aveva lunghe ritorte e piombo strutto che
e legano indissolubilmente tutti gli oggetti ; e portava lunghi cunei
di
ferro atti a dividere i legami più forti e più in
sso Ramnunte borgo dell’Attica, era figlia della Necessità (332 2°) e
di
Giove, o secondo altri, della Notte (238) e dell’
e gli stessi re non se ne potevan sottrarre. Aveva inoltre l’ufficio
di
mischiare le sciagure alle umane felicità, affinc
ssero lontani dall’ insolenza e dall’orgoglio ; quindi era il terrore
di
tutti coloro che abusavano dei favori della fortu
piti nel volto anche i terrori della minaccia inesorabile. Una corona
di
narcisi le inghirlanda la nera chioma, un leggeri
essore. Talora ha una lancia per colpire il vizio, ed una tazza piena
di
liquore celeste per fortificare la virtù contro l
la sventura. Altri poi l’hanno descritta con le ali al tergo, armata
di
serpi e di faci ardenti, e la testa regalmente co
a. Altri poi l’hanno descritta con le ali al tergo, armata di serpi e
di
faci ardenti, e la testa regalmente coronata, a s
zarono un’ara nel Campidoglio, sulla quale deponevano una spada prima
di
partir per la guerra, scongiurando la Dea imparzi
le loro armi. Atéa. 335. Atéa (ate, ingiustizia, gr.), figlia
di
Giove (63), era una Dea malefica, di null’altro s
(ate, ingiustizia, gr.), figlia di Giove (63), era una Dea malefica,
di
null’altro sollecita che di far del male agli uom
glia di Giove (63), era una Dea malefica, di null’altro sollecita che
di
far del male agli uomini. Giunone per consiglio d
ltro sollecita che di far del male agli uomini. Giunone per consiglio
di
questa Dea aveva ingannato Giove facendo nascere
mero, Trad. del Monti.) Le Preghiere sue sorelle, e, come lei, figlie
di
Giove, la seguono sempre, ma zoppicando, e s’inge
lei, figlie di Giove, la seguono sempre, ma zoppicando, e s’ingegnano
di
rimediare ai mali da essa prodotti. Arpocrate
numerose. Gli era consacrato segnatamente il pesco, perchè le foglie
di
quest’ albero hanno la forma della lingua che dev
degli uomini onesti e dei giovani virtuosi. Il suo altare era coperto
di
legumi, dei quali gli abitanti delle sponde del N
ce, simbolo dell’equità, e nell’altra una spada, non quale istrumento
di
vendetta o di violenza, ma per indizio di ben usa
ll’equità, e nell’altra una spada, non quale istrumento di vendetta o
di
violenza, ma per indizio di ben usato potere. Tal
spada, non quale istrumento di vendetta o di violenza, ma per indizio
di
ben usato potere. Talvolta ha gli occhi bendati e
o rigorosa, parziale o corruttibile ; ed in alcuni monumenti è priva
di
mani, volendo forse far riflettere quanto sia meg
sia meglio che la saviezza delle leggi prevenga le liti o i delitti,
di
quello che ridurre la Giustizia a dover porre in
lla forza che deve sostenere i suoi giusti decreti. Prima del diluvio
di
Deucalione aveva già un tempio e un oracolo molto
acolo molto celebri alle falde del monte Parnaso. 339. Astrea, figlia
di
Giove (63) e di Temi (337), presiedeva come sua m
bri alle falde del monte Parnaso. 339. Astrea, figlia di Giove (63) e
di
Temi (337), presiedeva come sua madre alla giusti
o della violenza esercitata dai pochi sui molti, non le bastò l’animo
di
rimanersi nelle città, e andò a ricovrarsi nelle
dole per genitori Titano (30) e la Terra (25), e facendola messaggéra
di
Giove (63). Degnamente celebra il Petrarca nel su
nzi al sole, Che s’accompagna volentier con ella, Cotal venia ; ed or
di
quali scole Verrà il maestro, che descriva appien
……. E qui si fa a nominare una lunga lista d’uomini e donne illustri
di
tutti i tempi e di tutte le nazioni. 341. Ma Virg
nominare una lunga lista d’uomini e donne illustri di tutti i tempi e
di
tutte le nazioni. 341. Ma Virgilio si tiene al pe
azioni, e quando mescolano il falso col vero : È questa Fama un mal,
di
cui null’ altro È più veloce, e com’ più va più c
principio Piccola e debil cosa, e non s’arrischia Di palesarsi ; poi
di
mano in mano Si discopre e s’avanza ; e sopra ter
’ Giganti irata, Contra i Celesti al mondo la produsse, D’Encelado e
di
Ceo minor sorella ; Mostro orribile e grande, e d
idirlo !) ha lingue e bocche Per favellare, e per udire orecchi. Vola
di
notte per l’oscure tenebre Della terra e del ciel
o Non men che ’l bene e ’l vero, il male e ’l falso, Di rumor empie e
di
spavento i popoli. Spesso è rappresentata con al
ibertà, che si vede rappresentata ne’quadri e sulle pareti, è vestita
di
bianco a guisa di matrona romana, ed ha in capo u
e rappresentata ne’quadri e sulle pareti, è vestita di bianco a guisa
di
matrona romana, ed ha in capo un berretto frigio,
ei versi del Monti nella Mascheroniana, coi quali allude alle vicende
di
Francia nel cadere del secolo passato. Son parole
o : Libertà che alle belle alme s’apprende, Le spedisti dal ciel,
di
tua divina Luce adornata e di virginee bende ; Va
alme s’apprende, Le spedisti dal ciel, di tua divina Luce adornata e
di
virginee bende ; Vaga si che nè greca nè latina R
l’avea giammai Di più cara sembianza e pellegrina. Commossa al lampo
di
quei dolci rai Ridea la terra intorno, ed io t’ad
le menti Ottenebrate. L’invidia. 342. Tanta è la prepotenza
di
questa funesta passione che gli antichi la immagi
prepotenza di questa funesta passione che gli antichi la immaginarono
di
origine sovrumana, facendola nascere peraltro dal
scere peraltro dalle tenebre della Notte (238) ; e le diedero effigie
di
vecchia orribilmente livida e scarna, con la test
effigie di vecchia orribilmente livida e scarna, con la testa coperta
di
colubri invece di capelli ; guardatura losca e af
orribilmente livida e scarna, con la testa coperta di colubri invece
di
capelli ; guardatura losca e affossate pupille ;
elli ; guardatura losca e affossate pupille ; i denti neri, e coperta
di
micidial veleno la lingua ; in una mano ha tre se
ni ; destinata a patire ed a far patire, ella è il continuo carnefice
di
sè stessa. La discordia. 343. La Discordi
ea autrice d’immensi guai, ed alla quale venivano attribuite le cause
di
guerra e le irate fazioni che dividono le famigli
a i Numi. 344. Indispettita per non essere stata convitata alle nozze
di
Teti e di Peleo, gettò nel mezzo alle Dee un pomo
344. Indispettita per non essere stata convitata alle nozze di Teti e
di
Peleo, gettò nel mezzo alle Dee un pomo fatale, p
i infinite sventure ai Troiani. 345. Anch’ella è anguicrinita e cinta
di
sanguinose bende ; ha livido colorito, torvo cipi
uinose bende ; ha livido colorito, torvo cipiglio, e bocca schiumante
di
rabbiosa tabe ; E scomposte le chiome in sulla t
di rabbiosa tabe ; E scomposte le chiome in sulla testa, Come campo
di
biada già matura, Nel cui mezzo passata è la temp
Nel cui mezzo passata è la tempesta. (Monti, Basvilliana.) È coperta
di
veste stracciata e color di fuoco ; agita nelle s
empesta. (Monti, Basvilliana.) È coperta di veste stracciata e color
di
fuoco ; agita nelle scarne mani e faci accese e v
a nelle scarne mani e faci accese e vipere e pugnali, e sparge rotoli
di
pergamena dove sta scritto : guerre, tirannidi, c
tirannidi, confusione, fazioni, odii, vendette ec. Ella in compagnia
di
Bellona, si caccia innanzi la Paura per la quale
ura per la quale i sette Capitani (Eschilo) giurarono a Tebe la ruina
di
quella città sventurata ; quella stessa Paura a c
stei la testa leonina che al minimo strepito si rizza ; la sua veste,
di
color cangiante come il suo cuore, ondula sul pet
che viene con passi obliqui, ed alza la femminea testa sopra un corpo
di
serpente armato della coda di uno scorpione (Esio
d alza la femminea testa sopra un corpo di serpente armato della coda
di
uno scorpione (Esiodo). La calunnia. 345,
. Carlo Dati nella vita d’Apelle ci somministra una bella descrizione
di
questa maligna divinità. « Dipinse egli nella des
adro) a sedere un uomo con orecchie lunghissime, simiglianti a quelle
di
Mida, in atto di porgere la mano alla Calunnia ch
uomo con orecchie lunghissime, simiglianti a quelle di Mida, in atto
di
porgere la mano alla Calunnia che di lontano s’in
lianti a quelle di Mida, in atto di porgere la mano alla Calunnia che
di
lontano s’inviava verso di lui. Stavangli attorno
atto di porgere la mano alla Calunnia che di lontano s’inviava verso
di
lui. Stavangli attorno due donnicciuole, ed erano
ero la Doppiezza e le Insidie. Dopo a tutti venia il Pentimento colmo
di
dolore, rinvolto in lacero bruno, il quale, addie
olore, compagno del Pentimento, è un giovine pallido e magro, coperto
di
lungo velo, e che sta mestamente appoggiato ad un
al Dolore procede con lento passo una giovinetta sua sorella coperta
di
velo più sottile. Ella ha per compagna indivisibi
io cuore soltanto le sue consolazioni, e che deliziosamente s’inebrii
di
tacita e soave mestizia pari al sole cadente inve
rza. 346. Gli antichi onoravano la Forza facendone una Dea figlia
di
Temi (337) e sorella della Temperanza, senza la c
ia della quale non può sussistere. La rappresentavano sotto l’emblema
di
una donna armata all’amazzone, che abbraccia con
bbraccia con la destra una colonna, e impugna con la sinistra un ramo
di
quercia. Il leone è il suo più comune attributo.
candida, e con celeste riso sul volto bello, compariva questa figlia
di
Giove (63) e di Temi (337), ed era la Dea tutelar
celeste riso sul volto bello, compariva questa figlia di Giove (63) e
di
Temi (337), ed era la Dea tutelare del secol d’ o
are del secol d’ oro, e l’ origine della felicità che in esso fu dato
di
godere ai mortali. La Pace ebbe are, culto e stat
spoglie che questo imperatore ed il suo figliuolo recarono dal tempio
di
Gerusalemme. La Pace teneva nella destra il corno
come favorevole al commercio, una face arrovesciata ed alcune spighe
di
grano. Il lavoro. 347, 2°. È rappresentat
he di grano. Il lavoro. 347, 2°. È rappresentato nella figura
di
un uomo nerboruto, pieno di forza, di statura alt
347, 2°. È rappresentato nella figura di un uomo nerboruto, pieno
di
forza, di statura alta e di buon colorito. Ila in
°. È rappresentato nella figura di un uomo nerboruto, pieno di forza,
di
statura alta e di buon colorito. Ila in mano ed a
nella figura di un uomo nerboruto, pieno di forza, di statura alta e
di
buon colorito. Ila in mano ed accanto a sè gli st
ti. Talvolta egli ha per emblema un giovine assiso che scrive al lume
di
una lucerna con un gallo accanto. — « Occuparsi,
entro nella camera per lo finestrone che si è detto. La sua forma sia
di
una donna alta, spedita, valorosa, con gli occhi
lorosa, con gli occhi ben aperti, con le ciglia ben inarcate, vestita
di
velo trasparente fino ai piedi, succinta nel mezz
con una mano si appoggi ad un’ asta, e con l’altra raccolga una falda
di
gonna ; stia fermata sul piè destro, e tenendo il
iè destro, e tenendo il sinistro indietro sospeso, mostri da un canto
di
posar saldamente, e dall’ altro di aver pronti i
dietro sospeso, mostri da un canto di posar saldamente, e dall’ altro
di
aver pronti i passi. Alzi il capo a mirare l’Auro
l capo a mirare l’Aurora, e paia sdegnata ch’ella si sia levata prima
di
lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi
lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi, il quale dimostri
di
batter l’ali e di cantare. E tutto questo dietro
ta una celata con un gallo suvvi, il quale dimostri di batter l’ali e
di
cantare. E tutto questo dietro l’Aurora. Ma davan
ora. Ma davanti a lei nel cielo dello sfondato farei alcune figurette
di
fanciulle l’una dietro all’altra, quali più chiar
ù chiare e quali meno, secondochè meno o più fossero appresso al lume
di
essa Aurora, per significare l’ore che vengono in
gnificare l’ore che vengono innanti al Sole ed a lei. » (Vasari, Vita
di
Taddeo Zucchero.) La quiete. 347, 4°. « Q
il braccio destro spenzolone, e vi tenga una gamba cavalcioni in atto
di
posare per ristoro e non per infingardia. Tenga u
in atto di posare per ristoro e non per infingardia. Tenga una corona
di
papaveri ed uno scettro appartato da un canto, ma
a.) La vittoria. 348. La Vittoria, figlia dello Stige (221) e
di
Pallante, e secondo altri, dell’Acheronte, ebbe m
con l’una mano la corona d’alloro, e recando nell’ altra con aspetto
di
trionfale maestà una palma intrecciata all’ ulivo
un globo perchè la Vittoria domina su tutta la terra ; ed era in atto
di
volare verso il tempio dell’Immortalità e della M
i l’ebbero in molta venerazione ; e le alzarono templi. Ila l’aspetto
di
giovane ninfa, inghirlandata di fiori nascenti ch
; e le alzarono templi. Ila l’aspetto di giovane ninfa, inghirlandata
di
fiori nascenti che promettono il frutto : ella pr
a e fugace. La verità. 350. La Verità è figliuola del Tempo o
di
Saturno (27) e madre della Virtù ; ed appare nuda
empo o di Saturno (27) e madre della Virtù ; ed appare nuda o coperta
di
semplici vesti, ma dignitosa nell’aspetto e nel c
l martirio ; ed ha nella destra un lucido specchio, talvolta adornato
di
fiori e di gemme, poichè non è vietato abbellirla
; ed ha nella destra un lucido specchio, talvolta adornato di fiori e
di
gemme, poichè non è vietato abbellirla, purchè qu
no finti e quelle gemme non sieno false. Democrito filosofo greco era
di
sentimento ch’ella preferisse di starsene celata
false. Democrito filosofo greco era di sentimento ch’ella preferisse
di
starsene celata in fondo a un pozzo. Con bel modo
ignoni nelle sue sestine sull’origine della favola. Ecco il principio
di
quel componimento : « Una donna più bella assai
omponimento : « Una donna più bella assai del Sole, E più lucente, e
di
maggior etade, » Mandata fu sulla terrestre mole
l volger d’occhi, o l’andar grave ; » Ma cade il manto, e appar sotto
di
quello La man che stringe e cela il reo coltello.
l reo coltello. La virtù. 351. Chi non avrebbe fatto una Dea
di
questa augusta figliuola della Verità (350) ? Ell
e e rispetto. Le sue grandi ali sono spiegate a significare che sotto
di
esse possono ricovrarsi gli uomini ; e candidissi
ono ricovrarsi gli uomini ; e candidissimo è il suo manto per simbolo
di
purità. Impugna l’asta, il bastone del comando, e
vittoria, e della ricompènsa che le è dovuta. Il suo trono è un cubo
di
marmo per denotare la perseveranza, la imperturba
ono alla severa e modesta Dea le note parole che Dante mette in bocca
di
Virgilio : Vien dietro a me, e lascia dir le gen
e scolpite nel cuore ! L’amicizia. 351, 2°. I Greci onoravano
di
culto divino anche l’Amicizia, che davvero lo mer
à delle grandi anime. I Romani poi la rappresentarono sotto la figura
di
una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’
ani poi la rappresentarono sotto la figura di una giovinetta, vestita
di
semplice tunica, sull’orlo della quale era scritt
unisce l’affetto alla fedeltà. I sacerdoti della Fedeltà erano al par
di
lei coperti da lungo e candido manto che ravvolge
vittime. Sul rontespizio del tempio erano scolpite due destre in atto
di
stringersi. I Romani ci hanno lasciato un altro g
ra, e son dette anche Semidei. Perseo. 353. Perseo era figlio
di
Giove (63) e di Danae. Acrisio re d’Argo rinchius
anche Semidei. Perseo. 353. Perseo era figlio di Giove (63) e
di
Danae. Acrisio re d’Argo rinchiuse la figlia in u
e (63) e di Danae. Acrisio re d’Argo rinchiuse la figlia in una torre
di
metallo, perchè l’oracolo aveva predetto che un d
navicella. La sventurata coppia fu spinta sulle coste della isoletta
di
Serifa tra le Cicladi, ove Ditti pescatore la rac
icladi, ove Ditti pescatore la raccolse, e la condusse a Polidetto re
di
essa isola. Questi ricevè umanamente la madre ed
te la madre ed il figlio, e dettelo a educare ai sacerdoti del tempio
di
Minerva. 355. Perseo nel crescere dell’età mostrò
prese ad amarlo singolarmente ; ma Polidetto, ingelositone, si studiò
di
allontanarlo dalla corte. A tale effetto cominciò
gloria, e gli propose una spedizione lontana e difficile. Si trattava
di
andare a combattere le Gorgoni (357), mostri che
o alla tremenda Medusa. Il re sperava ch’ei sarebbe perito in impresa
di
tanto rischio. 356. Il giovinetto eroe accettò im
sulle isole Gorgadi, e avevan nome : Medusa, Euriale e Steno, figlie
di
Forco Dio marino e di Celo. Medusa, la maggiore,
e avevan nome : Medusa, Euriale e Steno, figlie di Forco Dio marino e
di
Celo. Medusa, la maggiore, era nata oltremodo avv
o. Medusa, la maggiore, era nata oltremodo avvenente e con una chioma
di
maravigliosa bellezza ; ma ne andava tanto orgogl
ssi, Nulla sarebbe del tornar mai suso » ossia, non si parlerebbe più
di
tornare nel mondo. E il Petrarca dice : « il volt
parlerebbe più di tornare nel mondo. E il Petrarca dice : « il volto
di
Medusa, Che facea marmo diventar la gente. » Le m
il volto di Medusa, Che facea marmo diventar la gente. » Le mani poi
di
questi mostri erano di metallo, e tutte tre le so
e facea marmo diventar la gente. » Le mani poi di questi mostri erano
di
metallo, e tutte tre le sorelle avevano orrenda c
ostri erano di metallo, e tutte tre le sorelle avevano orrenda chioma
di
serpi. E opinione che questi mostri nefandi signi
ura morte od all’infamia. Perseo, che ebbe vanto d’amoroso figliuolo,
di
giovine di costumi illibati, e che fu prediletto
d all’infamia. Perseo, che ebbe vanto d’amoroso figliuolo, di giovine
di
costumi illibati, e che fu prediletto ai Numi per
antunque il mostro possa tuttavia celarsi ogni dove a spiare il tempo
di
nuocere. Perciò conviene che la virtù non si ripo
ensi spazi dell’aria, e giunse nella Mauritania, dove regnava Atlante
di
gigantesca statura. Costui possedeva il giardino
so. Un oracolo lo aveva ammonito a star guardingo contro un figliuolo
di
Giove (63) ; ed egli udendo come Perseo fosse tal
à. Ma il giovine eroe punì subito tanta scortesia facendolo diventare
di
pietra col mostrargli la testa di Medusa. Così il
tanta scortesia facendolo diventare di pietra col mostrargli la testa
di
Medusa. Così il gigante fu trasformato nella mont
cielo sulle spalle, forse perchè questo monte è quasi sempre coperto
di
nubi, o perchè un celebre astronomo chiamato Atla
re da cruda morte l’infelice Andromeda. Questa principessa, figliuola
di
Cefeo re d’Etiopia e di Cassiopea, era stata espo
lice Andromeda. Questa principessa, figliuola di Cefeo re d’Etiopia e
di
Cassiopea, era stata esposta sulla riva del mare
re per esservi divorata da un drago marino, in pena d’aver gareggiato
di
bellezza con Giunone e con le Nereidi (316). Pers
iderlo fu un punto solo ; i pianti si mutarono in giubbilo, e le voci
di
maraviglia e gli applausi del popolo echeggiarono
atore, ed ei l’accettò ; ma gli convenne conquistarla con altre prove
di
valore, e combattere contro Fineo suo pretendente
di valore, e combattere contro Fineo suo pretendente, che alla testa
di
molti armati accorse a rapirgliela. Perseo era pe
il rapitore e i suoi compagni diventarono pietre. L’eroe, vittorioso
di
tutti i nemici, consacrò a Minerva (262) la testa
eroe, vittorioso di tutti i nemici, consacrò a Minerva (262) la testa
di
Medusa che indi fu scolpita sulla formidabile egi
la formidabile egida della Dea. 363. Quantunque Perseo avesse ragione
di
lagnarsi dell’avo Acrisio, tuttavia s’adoperò per
uccise l’usurpatore. Ma poco dopo gli accadde che volendo far mostra
di
destrezza nel giuoco del disco, colpì Acrisio, e
andonò il soggiorno d’Argo, e andò a fondare una nuova città col nome
di
Micene, ove poi fu ucciso con frode da Megapento
ol nome di Micene, ove poi fu ucciso con frode da Megapento figliuolo
di
Preto (462), che volle vendicare la morte del pad
uolo di Preto (462), che volle vendicare la morte del padre. I popoli
di
Micene e d’Argo alzarono gloriosi monumenti alla
364. Ercole ed Euristeo nacquero da Alcmena moglie d’Anfitrione re
di
Tebe, e vennero al mondo gemelli mentre questo pr
d’Ercole, e lo adottò per figliuolo. 365. Giunone (85), sempre gelosa
di
tutto, si apparecchiò a perseguitare Ercole, forz
arte perchè Euristeo venisse al mondo prima d’Ercole, ed il protetto
di
Giove fosse sottoposto al fratello per decreto de
iorni della sua vita ch’ei poteva meritamente esser chiamato figliuol
di
Giove. Noto a Giuno superba, il divin germe God
li divelle in brani. (Pindaro. Trad. del Borghi.) Il Dati nella vita
di
Zeusi, illustrandone un quadro fa una bella descr
nella vita di Zeusi, illustrandone un quadro fa una bella descrizione
di
questo fatto : « Tra le opere di Zeusi, bellissim
e un quadro fa una bella descrizione di questo fatto : « Tra le opere
di
Zeusi, bellissimo fu tenuto Ercole in culla, stra
si alterava punto nè poco in veder quivi la madre spaventata e fuori
di
sè. Già le serpi erano distese in terra, non più
i fidasse ancora degli occhi proprj. Imperciocchè non avendo riguardo
di
esser partoriente, appariva che per la paura, get
riva che per la paura, gettatasi attraverso una veste, si fosse tolta
di
letto scapigliata, gridando a mani alzate. Le cam
e l’una all’altra. I Tebani con armi alla mano erano accorsi in aiuto
di
Anfitrione, il quale al primo romore, col pugnale
Avea egli pronta alla vendetta la mano ; raffrenavalo il non vedere
di
chi vendicarsi, e che nello stato presente piutto
e di chi vendicarsi, e che nello stato presente piuttosto abbisognava
di
chi spiegasse l’oracolo. Scorgevasi appunto Tires
l grau fanciullo il quale giacea nella culla. Era egli figurato pieno
di
spirito divino e agitato dal furor profetico. Tut
rito divino e agitato dal furor profetico. Tutto ciò si rappresentava
di
notte, illuminando la stanza una torcia, perchè n
la stanza una torcia, perchè non mancassero testimoni alla battaglia
di
quel bambino. » 366. Si trova scritto che ad int
taglia di quel bambino. » 366. Si trova scritto che ad intercessione
di
Pallade (263), Giunone si placò a segno d’allatta
o (121) gli fu insegnato suonar la lira. 368. Ercole ebbe gran numero
di
discendenti chiamati Eraclidi ; e dicesi che coll
osseduto dalla famiglia dei Pelopidi. ossia dai discendenti d’Atreo e
di
Tieste nipoti di Pelope (514 369. Vero è che Euri
miglia dei Pelopidi. ossia dai discendenti d’Atreo e di Tieste nipoti
di
Pelope (514 369. Vero è che Euristeo, per suggeri
este nipoti di Pelope (514 369. Vero è che Euristeo, per suggerimento
di
Giunone (85), aveva ordinato ad Ercole di affront
Euristeo, per suggerimento di Giunone (85), aveva ordinato ad Ercole
di
affrontare i pericoli più imminenti, confidandosi
uo accingersi a tali imprese, abbia somministrato a’poeti il concetto
di
simboleggiare in lui l’età più pericolosa della n
ericolosa della nostra vita ; quella cioè nella quale, essendo liberi
di
noi ed in tutto il vigore della gioventù, dobbiam
ella ripida ed aspra che par faticosa a salire, ma ehe infine a forza
di
superare ostacoli ci diventa agevole, e conduce a
dei veri beni : ……. Questa montagna è tale, Che sempre al cominciar
di
sotto è grave, E quanto uom più va su, e men fa m
in giuso andar per nave ; Allor sarai al fin d’esto sentiero : Quivi
di
riposar l’affanno aspetta… (Dante, Purg. c. IV.)
seguitando Minerva, meritò (d’esser fatto immortale. Alcuni poi sono
di
sentimento che le fatiche d’Ercole sieno un’alleg
uni poi sono di sentimento che le fatiche d’Ercole sieno un’allegoria
di
quelle che l’agricoltore deve sopportare nei dodi
egnamento nella sua Ode bellissima sulla Educazione : Gran prole era
di
Giovo Il magnanimo Alcide ; Ma quante egli fa pro
superbe fortune Del vile anco son fregi. Chi della gloria è vago, Sol
di
virtù sia pago. 370. Un leone di smisurata gran
regi. Chi della gloria è vago, Sol di virtù sia pago. 370. Un leone
di
smisurata grandezza erasi rifugiato nella foresta
rlo, lo soffocò stringendolo nelle nerborute sue braccia, e gli tolse
di
dosso la pelle, che fu quindi la sua corazza e la
pelle, che fu quindi la sua corazza e la sua veste. 371. Nelle paludi
di
Lerna vicino ad Argo città del Peloponneso era un
Lerna vicino ad Argo città del Peloponneso era un’Idra più terribile
di
quel leone. Questo nuovo mostro avea sette teste,
he non si mettesse il fuoco sulla piaga ; ma Ercole con un solo colpo
di
clava le schiacciò tutte, e intrise la punta dell
orse gli antichi vollero celebrare in questa fatica il prosciugamento
di
qualche pestifera palude. Oppure è da credere con
è da credere con alcuni che questa Idra significasse una moltitudine
di
serpenti velenosi che desolavano quei luoghi, e p
e desolavano quei luoghi, e parevano indestruttibili. Ercole immaginò
di
dar fuoco alle macchie dove s’annidavano ; l’espe
paura. 373. Nel monte Menalo s’annidava una cerva smisurata, co’piedi
di
metallo e con le corna d’oro, e tanto agile al co
al corso, che niuno aveva mai potuto raggiungerla. Ercole, scansando
di
ferirla con le sue frecce perchè era consacrata a
onsacrata a Diana (137), non la potè prendere che dopo un intero anno
di
caccia, e l’ebbe in suo potere al varco del fiume
ino a Micene, e l’offerse ad Euristeo. 374. Certi mostruosi uccelli
di
rapina frequentavano in gran numero il lago Stinf
dicono ch’esso li pose in fuga battendo grandi colpi sopra un tamburo
di
rame da lui stesso inventato. 375. Le Amazzoni (a
on facevano conto alcuno dei figli maschi. Euristeo comandò ad Ercole
di
soggiogarle e di recargli la cintura d’Ippolita (
alcuno dei figli maschi. Euristeo comandò ad Ercole di soggiogarle e
di
recargli la cintura d’Ippolita (432), regina dell
ura d’Ippolita (432), regina delle Amazzoni. L’eroe penetrò nel paese
di
quelle intrepide guerriere, le combattè, le vinse
le vinse e ne fece prigioniera la regina. Si legge ancora che vedendo
di
non poter bastare egli solo a tanta impresa, si u
ati tiranni, Diomede e Busiride, s’erano dati a commettere ogni sorta
di
scelleraggini ; ed Ercole purgò la terra da quei
eraggini ; ed Ercole purgò la terra da quei nefandi. 377. Diomede, re
di
Tracia, figlio di Marte (255) e della ninfa Ciren
le purgò la terra da quei nefandi. 377. Diomede, re di Tracia, figlio
di
Marte (255) e della ninfa Cirene (474), aveva cer
i che vomitavano fuoco dalla bocca ; e correva voce ch’ei li nutrisse
di
carne umana. Ercole corse ad assalir Diomede, lo
alli. Poi condusse quei feroci animali ad Euristeo. 378. Busiride re
di
Spagna, famigerato per crudelissime azioni, udito
uccise, e andò in Spagna a trucidare Busiride. 379. Gerione, figlio
di
Crisaorso e di Calliroe, regnava nell’isola di Ga
in Spagna a trucidare Busiride. 379. Gerione, figlio di Crisaorso e
di
Calliroe, regnava nell’isola di Gades in Spagna.
379. Gerione, figlio di Crisaorso e di Calliroe, regnava nell’isola
di
Gades in Spagna. I poeti l’hanno descritto gigant
reggi da un cane con due teste, e da un drago con sette. Dicono anche
di
lui che facesse nutrire i suoi bovi con la carne
che facesse nutrire i suoi bovi con la carne umana ; e sotto le forme
di
quest’orribile mostro per lo più vogliono denotar
a,76 Vicino al fin de’passeggiati marmi :77 E quella sozza immagine
di
froda Sen venne, ed arrivò la testa e ’l busto :7
se la coda. La faccia sua era faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea
di
fuor la pelle, E d’un serpente tutto l’altro fust
n l’ascelle :79 Lo dosso e ’l petto ed ambedue le coste Dipinte avea
di
nodi e di rotelle.80 Con più color sommesse e so
e :79 Lo dosso e ’l petto ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e
di
rotelle.80 Con più color sommesse e soprapposte8
a far sua guerra ;83 Cosi la fiera pessima si stava Sull’orlo, che,
di
pietra, il sabbion serra. Nel vano tutta sua cod
tutta sua coda guizzava, Torcendo in su la venenosa forca Che a guisa
di
scorpion la punta armava. Ercole uccise Gerione
principe sconoscente. 381. Nettuno (185), propostosi in una sfuriata
di
collera di distruggere tutta la Grecia, aveva man
conoscente. 381. Nettuno (185), propostosi in una sfuriata di collera
di
distruggere tutta la Grecia, aveva mandato negli
di collera di distruggere tutta la Grecia, aveva mandato negli stati
di
Minosse (228) un furiosissimo toro che gettava fi
gettava fiamme dalle narici ; ma Ercole fece una delle maggiori prove
di
valore domandolo e liberando la Grecia dall’ester
e liberando la Grecia dall’esterminio. 382. Euristeo impose ad Ercole
di
andare a prendere i pomi d’oro del giardino di tr
isteo impose ad Ercole di andare a prendere i pomi d’oro del giardino
di
tre sorelle chiamate Esperidi figliuole di Atlant
i pomi d’oro del giardino di tre sorelle chiamate Esperidi figliuole
di
Atlante (30) re in Affrica. Gli alberi che portav
o, e recò ad Euristeo l’ambito tesoro. 383. Teseo (482) ebbe l’ardire
di
scendere nell’inferno con l’amico Piritoo per inv
cquistata gloria, Ercole si pose a percorrere la terra con intenzione
di
liberarla dai mostri e dai tiranni, e di mitigare
rere la terra con intenzione di liberarla dai mostri e dai tiranni, e
di
mitigare le miserie dell’umana famiglia. Troppo c
aver vista qualche maravigliosa prova del suo valore. Ci contenteremo
di
citare le più note. 385. Caco, figliuolo di Vulca
o valore. Ci contenteremo di citare le più note. 385. Caco, figliuolo
di
Vulcano (270), era uno sfrontato masnadiero che s
condotti in Italia a pascere sulle sponde del Tevere ; e s’argomentò
di
nascondere le tracce del furto facendoli camminar
ll’indietro nel tradurli alla sua caverna, Ercole, ignorando l’autore
di
questa perfidia, si apparecchiava ad abbandonare
in altro modo il suo gastigo : …………Questi è Caco, Che sotto ’l sasso
di
monte Aventino Di sangue fece spesse volte laco.
liene diè cento, e non senti le diece. 386. Il gigante Anteo, figlio
di
Nettuno (185) e della Terra (25), molestava tutti
ccava gli rendeva nuove forze ; sicchè, per finirla, il prode lo alzò
di
peso, e lo soffocò tra le sue braccia. 387. 1 Pim
Pimmei erano uomiciatti alti poco più d’una spanna, ma pieni appunto
di
sfacciatissima presunzione, ed abitavano, chi vol
avola, nell’Etiopia o nella Tracia. Fabbricavano le loro case a forza
di
gusci d’uovo, viaggiavano su carretti tirati dall
grù od altri uccelli movevano guerra a questi nani, essi si armavano
di
tutto punto, salivano sui caprioli, ed in questo
frecce contro il gran petto. Il fortissimo eroe, svegliato dal ronzio
di
quel nuvolo di nemici, ebbe a scoppiar dalle risa
l gran petto. Il fortissimo eroe, svegliato dal ronzio di quel nuvolo
di
nemici, ebbe a scoppiar dalle risa in vederli ; e
piar dalle risa in vederli ; e raccattandone parecchi nella sua pelle
di
leone, li recò in dono ad Euristeo. 388. La mano
di leone, li recò in dono ad Euristeo. 388. La mano d’Alceste figlia
di
Pelia fu ambita da molti principi ; e suo padre,
mbita da molti principi ; e suo padre, per liberarsi dall’importunità
di
tante dimande, giurò che l’avrebbe concessa solam
a solamente a colui che avesse saputo aggiogare ad un carro due fiere
di
diversa specie. Admeto re di Tessaglia si raccoma
e saputo aggiogare ad un carro due fiere di diversa specie. Admeto re
di
Tessaglia si raccomandò ad Apollo che era suo Dio
ottenne la mano. Poco tempo dope Admeto si ammalò, ed era in pericolo
di
morire, se non che un oracolo annunziò ch’ei ne s
e riveriti andranno. Ercole giunse in Tessaglia nello stesso giorno
di
questo pietoso avvenimento, e Admeto, quantunque
to, scese tosto all’inferno a combattere contro la morte ; gli riesci
di
vincerla, di legarla con catene di diamante, e ri
to all’inferno a combattere contro la morte ; gli riesci di vincerla,
di
legarla con catene di diamante, e ritoltale la su
ttere contro la morte ; gli riesci di vincerla, di legarla con catene
di
diamante, e ritoltale la sua preda, rese la dilet
mi han tratto : il vuole Invincibil ragione. Odimi : Il sangue Tutto
di
Admeto, a me non men che caro, Sacro è pur anco :
tor, la madre, E i figli suoi, questo è d’Admeto il sangue : Or, qual
di
questi in vece sua disfatto Esser potea da morte
ancor che in esso L’ardir non manchi, l’eta sua capace Non è per anco
di
spontaneo, vero Voler di morte : e se il pur foss
non manchi, l’eta sua capace Non è per anco di spontaneo, vero Voler
di
morte : e se il pur fosse, io madre D’unico figli
se primo eri ad udir del Nume La terribil risposta. Onde mia cura Fu
di
carpirla io prima ; io che straniera In questa re
a Abila in Affrica. Così, la favola immagina, restò aperto lo stretto
di
Gibilterra. Quelle montagne furono dette le Colon
. 392. Giunone (85) sempre più indispettita in veder Ercole trionfare
di
tutti i nemici, ed uscir vittorioso dai rischi ma
svegliò allora in Ercole una passione così sfrenata per Onfale regina
di
Lidia, che il vincitore di tanti mostri non arros
a passione così sfrenata per Onfale regina di Lidia, che il vincitore
di
tanti mostri non arrossì di vestir gonna femminil
Onfale regina di Lidia, che il vincitore di tanti mostri non arrossì
di
vestir gonna femminile e di farsi veder filare st
il vincitore di tanti mostri non arrossì di vestir gonna femminile e
di
farsi veder filare steso a’piedi d’Onfale. Mirabi
asformato ora in serpente, ora in toro, ora in uomo con testa e corna
di
bove. Ercole gli staccò uno di questi corni che f
in toro, ora in uomo con testa e corna di bove. Ercole gli staccò uno
di
questi corni che fu raccolto dalle ninfe, empito
le gli staccò uno di questi corni che fu raccolto dalle ninfe, empito
di
fiori e di frutti, e divenne anch’esso il Corno d
cò uno di questi corni che fu raccolto dalle ninfe, empito di fiori e
di
frutti, e divenne anch’esso il Corno dell’abbonda
onfie le acque. 394. Allora comparve il Centauro Nesso, e gli propose
di
tragittar Dejanira sopra il suo dorso. Ercole acc
’ altra sponda s’ accorse che il Centauro aveva la cattiva intenzione
di
rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le
Lo prevenne, e lo piagò con le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra
di
Lerna (371). 395. Nesso, prima di morire, volle v
frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 395. Nesso, prima
di
morire, volle vendicarsi ; e donò a Dejanira una
. 396. La donna troppo credula accettò il dono, e aspettò l’ occasion
di
valersene. Infatti, venuta un tempo in sospetto c
eferisse Jole, figlia d’ Euriteo re dell’ Ecalia, gl’ inviò la tonaca
di
Nesso per un giovane schiavo chiamato Lica. 397.
ora, donò a Filottete (546) le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra
di
Lerna (372), senza le quali, per voler del Fato,
n rogo sul quale finì la faticosa vita. Ma ingiunse prima a Filottete
di
non palesare ad alcuno il luogo dove era morto e
lesare ad alcuno il luogo dove era morto e sepolto, affinchè la paura
di
vederlo tornare sulla terra tenesse in soggezione
accolto in cielo, dove sposò Ebe (87) Dea della giovinezza. Le genti
di
Grecia e d’ Italia, memori delle sue gesta, gli e
erivante da due vocaboli greci, hèra e cléos, suona appunto la gloria
di
Giunone, perchè le persecuzioni della Dea non fec
persecuzioni della Dea non fecero che illustrare maggiormente il nome
di
questo fanciullo. 401. Rappresentano Ercole qu
rilevata muscolatura e faccia severa, coperto con la pelle del leone
di
Nemea (370), ed appoggiato con dignitosa calma su
ppoggiato con dignitosa calma sulla sua clava. Talvolta ha una corona
di
pioppo bianco, che era l’ albero a lui sacro per
(676, 677) rende facile l’ interpretazione dei principali avvenimenti
di
questi due personaggi mitologici. Teseo. 4
402. Teseo ebbe per padre Egeo re d’ Atene, e per madre Etra, figlia
di
Pitteo re del Peloponneso, che lo educò nel borgo
dre Etra, figlia di Pitteo re del Peloponneso, che lo educò nel borgo
di
Trezene nell’ Argolide. Fu parente e contemporane
osi sulla favola seguente : Teseo volendo mostrare a Minosse (228) re
di
Creta, com’ egli fosse discendente di Nettuno, ge
ndo mostrare a Minosse (228) re di Creta, com’ egli fosse discendente
di
Nettuno, gettò in mare il suo anello, poi si tuff
opinione merita poca fede, essendo smentita dal seguito della storia
di
Teseo. 404. Egeo, partendo dal Peloponneso per t
do dal Peloponneso per tornare ad Atene, laseiò la moglie negli stati
di
suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo cel
o una enorme pietra ; e le raccomandò, qualora partorisse un maschio,
di
non lo inviare a lui se non quando fosse tanto ro
dre, e saputa la propria origine, andò a rintracciarlo. 405. Ma prima
di
darsi a conoscere quale erede del trono d’ Atene,
Ma prima di darsi a conoscere quale erede del trono d’ Atene, risolse
di
mostrarsene degno ; e poichè la gloria e le virtù
preso da folle passione per la rea maga. Ella temendo che la presenza
di
uno straniero, celebre per le sue gesta, le avess
esse a sventare il progetto d’ usurparsi il trono d’ Atene, si studiò
di
farlo cadere in sospetto al re, e n’ ottenne lice
ne, si studiò di farlo cadere in sospetto al re, e n’ ottenne licenza
di
farlo avvelenare in mezzo a un banchetto ; ma qua
nobbe alla spada che cingeva al fianco ; e scoperti i perfidi disegni
di
Medea, la scacciò dai suoi stati. 407. Poichè Tes
ono, dette maggiori prove del suo coraggio, trucidando un gran numero
di
scellerati che pei loro delitti meritavano solenn
ec. 408. Falaride, tiranno d’ Agrigento, aveva fatto gettare un toro
di
bronzo per ardervi a fuoco lento i condannati all
desse dei lamenti delle sue vittime, che si assomigliavano ai muggiti
di
un bove. 409. Si narra che Perillo, inventore del
nide : e fu il secondo a morire arso nell’ orrendo supplizio del toro
di
bronzo. Severa lezione ai malvagi, che con le lor
il quale commetteva crudeltà orrende nell’ Attica, soggiacque per man
di
Teseo allo stesso gastigo di Falaride (408) e di
orrende nell’ Attica, soggiacque per man di Teseo allo stesso gastigo
di
Falaride (408) e di Sciro (410). 412. Perifeto, f
, soggiacque per man di Teseo allo stesso gastigo di Falaride (408) e
di
Sciro (410). 412. Perifeto, figlio di Vulcano (27
sso gastigo di Falaride (408) e di Sciro (410). 412. Perifeto, figlio
di
Vulcano (270), abitava nei contorni d’ Epidauro,
o. 413. Cercione o Sinnide era un altro flagello dell’ Attica. Dotato
di
grandissima forza, sfidava tutti alla lotta, anco
tiranni, volse il suo valore contro i mostri, ed ebbe tosto la gloria
di
liberar la terra da un toro di smisurata grandezz
ntro i mostri, ed ebbe tosto la gloria di liberar la terra da un toro
di
smisurata grandezza che devastava le campagne di
la terra da un toro di smisurata grandezza che devastava le campagne
di
Maratona. Raggiunse ed uccise il cignale di Calid
che devastava le campagne di Maratona. Raggiunse ed uccise il cignale
di
Calidone spintoda Diana (137) contro gli Etolj pe
Finalmente fece perire il Minotauro, mostro con effigie umana e corpo
di
toro. 415. Pasifae, figlia del Sole (110) e mogli
e umana e corpo di toro. 415. Pasifae, figlia del Sole (110) e moglie
di
Minosse II re di Creta aveva messo al mondo quest
i toro. 415. Pasifae, figlia del Sole (110) e moglie di Minosse II re
di
Creta aveva messo al mondo questo mostro, e il re
ndo questo mostro, e il re lo teneva chiuso nel laberinto dell’ isola
di
Creta. L’ orrenda belva si nutriva di carne umana
hiuso nel laberinto dell’ isola di Creta. L’ orrenda belva si nutriva
di
carne umana, e gli Ateniesi, vinti da Minosse, er
ser pasto del Minotauro. 416. Forse questo tributo non era altro che
di
denaro ; ma gli Ateniesi, per far comparire più o
quale dovevano pagarlo, se ne saranno lagnati, quasichè si trattasse
di
mandargli la loro prole. Indi la storia narra che
orte del suo figlio Androgeo ucciso da alcuni giovani ateniesi gelosi
di
lui perchè era sempre vincitore nei pubblici giuo
arriso fortuna nella sua impresa senza l’ ajuto d’ Arianna, figliuola
di
Minosse, che s’ era impietosita all’ aspetto di q
d’ Arianna, figliuola di Minosse, che s’ era impietosita all’ aspetto
di
quelle vittime, e che dette all’ eroe un gomitolo
ita all’ aspetto di quelle vittime, e che dette all’ eroe un gomitolo
di
filo, mercè del quale potè ritrovare la via, ed u
gendo da Creta, l’ abbandonò poi con atroce ingratitudine nell’ isola
di
Nasso ; ma Bacco (146), venuto poco dopo in quell
6), venuto poco dopo in quell’ isola, volle consolarla della perfidia
di
Teseo, e sposandola, le donò una bella corona d’
i Teseo, e sposandola, le donò una bella corona d’ oro, capo d’ opera
di
Vulcano (270), e che fu poi collocata fra gli ast
ollocata fra gli astri. 419. Il Laberinto era un vasto recinto, pieno
di
stanze e di corridori méssi in comunicazione fra
gli astri. 419. Il Laberinto era un vasto recinto, pieno di stanze e
di
corridori méssi in comunicazione fra loro per mez
he i sotterranei che li ponevano in comunicazione tra loro servissero
di
sepoltura ai re dell’ Egitto e di tempio ai cocco
n comunicazione tra loro servissero di sepoltura ai re dell’ Egitto e
di
tempio ai coccodrilli sacri. Ancora rimangono alc
to e di tempio ai coccodrilli sacri. Ancora rimangono alcune vestigia
di
quest’ immenso edifizio. L’ altro laberinto è que
est’ immenso edifizio. L’ altro laberinto è quel medesimo dell’ isola
di
Creta vicino alla città di Gnosso, fatto sul mode
ltro laberinto è quel medesimo dell’ isola di Creta vicino alla città
di
Gnosso, fatto sul modello dell’ egiziano, e desti
a eroica, fu quello che immaginò e costrusse il laberinto dell’ isola
di
Creta ; ed egli stesso ebbe poi ad esser la prima
sser la prima vittima della sua invenzione, poichè caduto in sospetto
di
infedeltà, Minosse ve lo fece rinchiudere col fig
io Icaro e col Minotauro. 422. Tuttavia l’ industre Dedalo, risoluto
di
uscire dalla prigione, congegnò due paja d’ ali p
lla prigione, congegnò due paja d’ ali posticce, e le attaccò a forza
di
cera alle sue spalle ed a quelle d’ Icaro. In que
si nell’ aria e recuperare la libertà ; ma il figliuolo, imbaldanzito
di
così bella invenzione, e non obbedendo alle savie
re Cocalo che sulle prime gli dette asilo, indotto poi dalle minacce
di
Minosse, lo fece perire soffocato in una stufa. 4
e, lo fece perire soffocato in una stufa. 424. Dedalo ebbe anche fama
di
esimio scultore ; ed a lui stesso furono attribui
Credesi anzi che le sue ali sieno un’ allegoria per indicare le vele
di
una nave, quantunque non manchi fondamento a supp
, delle quali solamente oggi si onora. Non è raro incontrar le tracce
di
una civiltà molto inoltrata negli antichissimi te
o zio, divenutone geloso, lo precipitò dalla sommità della cittadella
di
Minerva ; ma questa Dea protettrice delle arti lo
er aria, e lo trasformò in pernice. Per togliere a Dedalo l’ odiosità
di
quest’ azione indegnissima, possiamo supporre che
e ardito sperimento meccanico, ne rimanesse vittima, siccome tanti a’
di
nostri sono periti per l’ aereonautica. 425. Quan
e vittime chieste in espiazione da Minosse ; e quella nave era armata
di
nere vele ad esprimere il lutto degli Ateniesi. E
. Egeo aveva raccomandato al figliuolo, se mai ritornasse vittorioso,
di
metterle bianche ; ma questi invaso dalla gioia d
gi è detto Arcipelago. 427. Teseo compì il voto fatto ad Apollo (96)
di
mandare ogni anno a Delo ad offrir sacrifizj in r
tà al popolo, e riprese la primiera sua vita cercando nuove occasioni
di
render utile il suo valore. 429. Piritoo, figlio
. Perciò i poeti li finsero mostri con volto e torace d’ uomo e corpo
di
cavallo. Il più celebre di tutti è Chirone, dotto
mostri con volto e torace d’ uomo e corpo di cavallo. Il più celebre
di
tutti è Chirone, dotto non meno in medicina che i
uni altri fra i principali eroi della favola. Il tessalo maestro Che
di
Tetide il figlio Guidò sul commin destro…. Già co
ere essere egli il simbolo della destrezza in tutte le cose ; la mano
di
Chirone è la mano per eccellenza. La destrezza ne
e degli eroi. 431. Piritoo, infiammato al racconto delle grandi gesta
di
Teseo, ardeva di misurarsi con lui, e lo sfidò al
. Piritoo, infiammato al racconto delle grandi gesta di Teseo, ardeva
di
misurarsi con lui, e lo sfidò al paragone. Teseo
ne. Teseo accettò l’ invito ; ma quando i due eroi furono in procinto
di
venire alle mani, vinti da segreta scambievole am
modonte incontro alle Amazzoili (373), per aver come Ercole la gloria
di
vincerle. Infatti la difficile impresa gli riuscì
te le Amazzoni, si accinsero ad involare la bella Elena, sacerdotessa
di
Diana (137), la cui bellezza fu poi causa di rovi
ella Elena, sacerdotessa di Diana (137), la cui bellezza fu poi causa
di
rovina alla città di Troja. Dopo che ebbero compi
ssa di Diana (137), la cui bellezza fu poi causa di rovina alla città
di
Troja. Dopo che ebbero compito questo ratto, patt
n’ altra moglie al compagno. Elena toccò a Teseo, il quale si propose
di
scendere con Piritoo all’ inferno per involar Pro
se di scendere con Piritoo all’ inferno per involar Proserpina moglie
di
Plutone. Peccato che questi eroi, dopo esser giun
avventò a Piritoo e l’ uccise, mentre l’ amico, avuto appena il tempo
di
difender sè stesso, restò prigione e fu tenuto in
enuto in catene, finchè non scese Ercole (383) a liberarlo. Nel tempo
di
questa prigionia Elena fu rimessa in libertà dai
rtà dai fratelli, e ricondotta a Sparta sua patria, ove diventò sposa
di
Menelao (528). 435. Teseo scampato dall’ inferno,
elao (528). 435. Teseo scampato dall’ inferno, sposò Fedra, figliuola
di
Pasifae (415) e di Minosse (228) e sorella d’ Ari
seo scampato dall’ inferno, sposò Fedra, figliuola di Pasifae (415) e
di
Minosse (228) e sorella d’ Arianna (417), intanto
o rammarico per non aver dato ella stessa a Teseo un figliuolo ornato
di
tanti pregi. 436. Ippolito, di null’ altro premur
lla stessa a Teseo un figliuolo ornato di tanti pregi. 436. Ippolito,
di
null’ altro premuroso che dello studio della sapi
za e delle ingenue ricreazioni della caccia, era incorso nello sdegno
di
Venere per averne spregiato il culto. La Dea giur
so nello sdegno di Venere per averne spregiato il culto. La Dea giurò
di
punirlo, e si valse dell’ invidia di Fedra, istig
spregiato il culto. La Dea giurò di punirlo, e si valse dell’ invidia
di
Fedra, istigandola ad accusarlo di tradimento a T
punirlo, e si valse dell’ invidia di Fedra, istigandola ad accusarlo
di
tradimento a Teseo. 437. Il padre, ingannato dall
alla malvagia donna, bandì il figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta
di
Nettuno (185) che gli aveva promesso d’ esaudire
elle iniquità della sua corte, gli si ribellarono ; ed egli, sdegnato
di
tale ingratitudine eccitata per altro dalle sue i
imprudenze, scagliò maledizioni contro Atene, e si ritirò nell’ isola
di
Sciro, proponendosi di finirvi in pace i suoi gio
edizioni contro Atene, e si ritirò nell’ isola di Sciro, proponendosi
di
finirvi in pace i suoi giorni nelle dolcezze dell
pace i suoi giorni nelle dolcezze della vita privata. Ma Licomede, re
di
quell’ isola, mosso da gelosia per la fama dell’
440. Gli Ateniesi, molti secoli dopo, resero grandi onori alle ceneri
di
Teseo. È fama che questo eroe apparisse in armi a
eri di Teseo. È fama che questo eroe apparisse in armi alla battaglia
di
Maratona. Allora ne cercarono con gran premura le
tene, ove furono ricevute con solenne festa ; e un bellissimo tempio,
di
cui tuttora vedonsi le vestigia, ne consacra la m
ia, chiamata Leda (74), la quale ebbe due mariti : Giove che fu padre
di
Polluce e d’ Elena (433), e Tindaro re di Sparta
mariti : Giove che fu padre di Polluce e d’ Elena (433), e Tindaro re
di
Sparta dal quale ebbe Castore e Clitennestra (532
re di Sparta dal quale ebbe Castore e Clitennestra (532). I figliuoli
di
Tindaro erano mortali, e quelli di Giove partecip
e Clitennestra (532). I figliuoli di Tindaro erano mortali, e quelli
di
Giove parteciparono dell’ immortalità del padre.
ti sogliono chiamare Tindaridi ambedue i maschi. Ebbero anche il nome
di
Dioscuri, da diòs, di Giove, e kouros, giovine, p
indaridi ambedue i maschi. Ebbero anche il nome di Dioscuri, da diòs,
di
Giove, e kouros, giovine, parole greche. 442. Pol
ma combattendo col cesto, nella qual lotta vinse il vigoroso Amico re
di
Bebricia o della Bitinia ; Castore addivenne cele
o re di Bebricia o della Bitinia ; Castore addivenne celebre domatore
di
cavalli ; laonde ambedue passarono per protettori
vocati nei giuochi olimpici (671). 443. Ebbero poi a comune la gloria
di
liberar l’ Arcipelago dai pirati che lo infestava
arono d’ essere annoverati fra gli Dei marini. Così avevano sacrifizj
di
candidi agnelli, mentre le pecore nere erano immo
ebbero molta parte nella conquista del Vello d’ oro (449). Nel tempo
di
una furiosa procella gli Argonauti videro compari
rischiarò e l’ uragano fu dissipato. D’ allora in poi fu dato il nome
di
Castore e Polluce a quelle fiammelle che apparisc
che era stata rapita da Teseo (405), e condussero schiava Etra madre
di
quell’ eroe. 445. Castore e Polluce volevano spos
e di quell’ eroe. 445. Castore e Polluce volevano sposare due sorelle
di
rara bellezza già fidanzate a Linceo e Ida. Soste
nel quale Castore restò ucciso da Linceo che pur cadde sotto i colpi
di
Polluce, nel tempo che Ida restò fulminato da Gio
n poteva essere pienamente esaudito ; laonde Polluce ottenne soltanto
di
poter metter Castore a parte della propria immort
iccome crederono gli antichi, ma falsamente, che una delle due stelle
di
questa costellazione tramonti quando l’ altra si
avola era un’ allegoria della legge che secondo essi governava i moti
di
quei corpi celesti. Per lo più i Dioscuri sono ra
orpi celesti. Per lo più i Dioscuri sono rappresentati in due giovani
di
rara bellezza, coperti d’ armi da capo a piedi e
da capo a piedi e con due cavalli bianchi ; il loro elmo ha la forma
di
un mezzo guscio d’ uovo, e brandiscon la lancia.
e ebbe vent’ anni, chiese il retaggio paterno. Pelia che non deponeva
di
buon grado il potere, gli propose d’ intraprender
prendere la conquista del Vello d’ oro, gloriosissima impresa e piena
di
rischi, promettendo di rendergli i suoi stati qua
el Vello d’ oro, gloriosissima impresa e piena di rischi, promettendo
di
rendergli i suoi stati qualora tornasse vittorios
al Mar Nero) dov’ era questo tesoro. 449. Il Vello d’ oro fu la pelle
di
un ariete regalato dagli Dei ad Atamante re di Te
llo d’ oro fu la pelle di un ariete regalato dagli Dei ad Atamante re
di
Tebe. Frisso, figliuolo di questo principe, per f
n ariete regalato dagli Dei ad Atamante re di Tebe. Frisso, figliuolo
di
questo principe, per fuggire con Elle sua sorella
a sorella i mali trattamenti della matrigna Ino, si valse dell’ aiuto
di
questo maraviglioso ariete, e potè con esso attra
ro i figliastri ; poichè Atamante, reso furioso da Tisifone per opera
di
Giunone, incontrando la moglie con due figliuolet
edè una leonessa con due leoncini. Allora si spinse forsennato contro
di
lei, le svelse dalle braccia il fanciullo Learco,
ro. 88 451. Giasone, essendo nell’ età nella quale più ferve l’ amor
di
gloria, colse avidamente l’ occasione d’ acquista
seguaci i più scelti guerrieri che ambivano divider con lui l’ onore
di
tanta impresa. 452. Tutti questi prodi salirono s
l quale fu costruito, era stato preso sul monte Pelio e nella foresta
di
Dodona (82), e perciò fu detto che quella nave da
tra questi prodi aveva il suo ufficio. Tifi stava al timone ; Linceo,
di
vista acuta scopriva gli scogli, ed Orfeo allegge
sone, dopo l’ impresa della Colchide, lo consacrò a Nettuno nel golfo
di
Corinto. Tutti questi avventurieri s’ imbarcarono
el golfo di Corinto. Tutti questi avventurieri s’ imbarcarono al capo
di
Magnesia in Macedonia, entrarono nel Ponto Eussin
iù dicono che questa spedizione ebbe luogo 60 anni prima della guerra
di
Troja. 453. I pericoli poi dell’ impresa del Vell
erano molti e gravi : Giasone doveva anzi tratto domar due tori, dono
di
Vulcano (270), i quali avevano piedi e corna di b
domar due tori, dono di Vulcano (270), i quali avevano piedi e corna
di
bronzo, e vomitavano fiamme ; indi gli conveniva
nzo, e vomitavano fiamme ; indi gli conveniva aggiogarli ad un aratro
di
diamante, e guidarli ad arare quattro jugeri di t
giogarli ad un aratro di diamante, e guidarli ad arare quattro jugeri
di
terreno, per seminarvi i denti del drago già ucci
à ucciso da Cadmo. Da quei denti sarebber nati tanti guerrieri armati
di
tutto punto, che bisognava esterminare fino all’
va esser compito in un giorno. 454. Giasone venne felicemente a capo
di
tutto, ma con l’ ajuto di Medea, figliuola del re
rno. 454. Giasone venne felicemente a capo di tutto, ma con l’ ajuto
di
Medea, figliuola del re Aeta (450), la quale per
on l’ ajuto di Medea, figliuola del re Aeta (450), la quale per voler
di
Giunone e di Minerva protettrici dell’ eroe, al p
i Medea, figliuola del re Aeta (450), la quale per voler di Giunone e
di
Minerva protettrici dell’ eroe, al primo vederlo
rimo vederlo si sentì tratta ad amarlo. Ei le corrispose, e promisele
di
sposarla. Medea, che era esperta nella magia, add
i ad Iolco. 89 456. Ma Pelia, (448) ad onta della sua promessa, negò
di
rendere a Giasone (448) il trono paterno, e Medea
48) il trono paterno, e Medea già usa alle colpe si prese l’ incarico
di
punirlo. Costei, che si vantava d’ aver trovato c
lo. Costei, che si vantava d’ aver trovato con le sue arti il segreto
di
rendere la gioventù al padre di Giasone, ingannò
er trovato con le sue arti il segreto di rendere la gioventù al padre
di
Giasone, ingannò le figlie di Pelia con la fama d
segreto di rendere la gioventù al padre di Giasone, ingannò le figlie
di
Pelia con la fama di tanto prodigio, e le indusse
gioventù al padre di Giasone, ingannò le figlie di Pelia con la fama
di
tanto prodigio, e le indusse a farne esperimento
non ebbero alcun effetto. E in sostanza nè gli artifizj nè l’ audacia
di
quella colpevole avventuriera bastarono per riven
bastarono per rivendicare a Giasone i suoi stati, perchè i figliuoli
di
Pelia li ritennero con la forza. 457. Dopo aver v
a aveva fatto per lui, e la ripudiò per isposare Glauca figlia del re
di
Corinto. La lega tra i malvagi non produce mai bu
orse inventate dai Corintii per denigrarne la fama. 460. Dopo la fuga
di
Medea, Giasone visse miseramente ramingo e turbat
racassata la testa. Bellerofonte. 461. Bellerofonte era figlio
di
Glauco re di Corinto, e d’ Epimede, figlia di Sis
testa. Bellerofonte. 461. Bellerofonte era figlio di Glauco re
di
Corinto, e d’ Epimede, figlia di Sisifo. Quest’ e
Bellerofonte era figlio di Glauco re di Corinto, e d’ Epimede, figlia
di
Sisifo. Quest’ eroe ebbe anche il soprannome d’ I
indicare ch’ egli era stato il primo ad insegnare agli uomini l’ arte
di
guidar con la briglia un cavallo ; ma poi accadut
i guidar con la briglia un cavallo ; ma poi accadutogli per disgrazia
di
uccidere, cacciando, il fratello Bellero, fu chia
. Per quel delitto, benchè involontario, dovè rifugiarsi nella reggia
di
Preto (363) re d’ Argo ; ma Stenobea, moglie di q
fugiarsi nella reggia di Preto (363) re d’ Argo ; ma Stenobea, moglie
di
questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo acc
to (363) re d’ Argo ; ma Stenobea, moglie di questo principe, lo vide
di
mal’ occhio, e lo accusò al marito di una pretesa
lie di questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo accusò al marito
di
una pretesa cospirazione ordita contro di lui. 46
chio, e lo accusò al marito di una pretesa cospirazione ordita contro
di
lui. 463. Preto, non volendo violare i diritti de
diritti dell’ ospitalità, lo mandò in Licia con lettere per Jobate re
di
quel paese e padre di Stenobea, facendogli nota l
tà, lo mandò in Licia con lettere per Jobate re di quel paese e padre
di
Stenobea, facendogli nota la supposta colpa, e is
a pigliarne vendetta. Bellerofonte, ingannato da Preto, s’ immaginava
di
recar lettere di cortese raccomandazione. 464. Jo
tta. Bellerofonte, ingannato da Preto, s’ immaginava di recar lettere
di
cortese raccomandazione. 464. Jobate, com’ era us
leggi dell’ ospitalità col punire Bellerofonte nella sua corte, pensò
di
esporlo a qualche gran rischio. 465. Allora Jobat
citò il giovine valoroso alle più difficili imprese ; ma egli trionfò
di
tutti i pericoli, e con un pugno di soldati debel
fficili imprese ; ma egli trionfò di tutti i pericoli, e con un pugno
di
soldati debellò i Solimi, le Amazzoni ed i Licii.
Solimi, le Amazzoni ed i Licii. Alla fine il re lo mise all’ impegno
di
combattere la Chimera, sperando che in tale impre
bbe certamente perito. 466. Questo mostro nato in Licia avea la testa
di
leone, la coda di drago e il corpo di capra, e da
ito. 466. Questo mostro nato in Licia avea la testa di leone, la coda
di
drago e il corpo di capra, e dall’ enorme gola ma
tro nato in Licia avea la testa di leone, la coda di drago e il corpo
di
capra, e dall’ enorme gola mandava fuoco e fiamme
il Pegaseo, salì sull’ invitto destriero, e spense la Chimera a colpi
di
frecce. Allora Jobate, conosciuta l’ innocenza d
astri. 468. Quest’ avventura ha fatto passare in proverbio le Lettere
di
Bellerofonte, che sono quelle contenenti sensi co
llerofonte, che sono quelle contenenti sensi contrarj all’espettativa
di
chi le porta. Omero fa narrare queste avventure c
lo il sire, e a lui la lettra Del genero chiedea. Viste le crude Note
di
Preto, comandògli in prima Di dar morte all’indom
il petto capra e drago La coda, e dalla bocca orrende vampe Vomitava
di
fuoco. E nondimeno Col favor degli Dei l’eroe la
il corso, e gli alberi e i massi si movevano quasi che avessero sensi
di
vita. Solita allegoria per indicare i popoli dall
ll’eloquenza. 470. Orfeo sposò la ninfa Euridice, ma ebbe la sventura
di
vederla morire (474) il giorno stesso delle sue n
e (474) il giorno stesso delle sue nozze, sicchè mortalmente afflitto
di
questa perdita scese all’inferno (215), e la rich
vide ormai presso all’aperta luce, non potè più resistere alla brama
di
rivedere la diletta Euridice ; si volse un poco,
ascondere il suo dolore sul monte Rodope. Le Baccanti (153) tentarono
di
richiamarlo alle dolcezze della vita ; ma egli, s
, ne eccitò lo sdegno ; sicchè, mentre un giorno celebravano le feste
di
Bacco (153), divenute furibonde, assalirono lo sv
gno ; e la celebre sua lira fu collocata fra gli astri con una corona
di
nove bellissime stelle somministrate dalle nove M
heroniana.) 473. Gli antichi monumenti rappresentano Orfeo incoronato
di
lauro, con la lira o il liuto in mano, e varj ani
. Riporterò qui il gentile sonetto del Parini, intitolato Il Lamento
di
Orfeo. Qual fra quest’erme, inculte, orride rupi
Lamento di Orfeo. Qual fra quest’erme, inculte, orride rupi, Che han
di
nevi e di ghiaccio eterno manto, Echeggiando per
Orfeo. Qual fra quest’erme, inculte, orride rupi, Che han di nevi e
di
ghiaccio eterno manto, Echeggiando per entro agli
dioso pianto ? Ah ! ti conosco al volto, al plettro, al canto, Giovin
di
Tracia, che il bel core occupi Sol di tua doglia,
o, al plettro, al canto, Giovin di Tracia, che il bel core occupi Sol
di
tua doglia, e d’ammansare hai vanto Gli uomini at
il caro oggetto Come perdesti e gl’infortunii tui Canta, e ne inonda
di
pietade il petto. Qui Baccanti non son, ma ninfe
ato dalle Ninfe che gl’insegnarono la coltivazion dell’ulivo e l’arte
di
fare il cacio ed il miele. Questo pastore industr
a. Allora Proteo gli svelò la causa della sua disgrazia, e gli ordinò
di
far sacrifizj espiatorj ai Mani (243) d’Euridice.
e uscir fuori da quelle vittime una moltitudine d’api, anche maggiore
di
quelle che aveva perdute. Quindi sposò Autonoe fi
che maggiore di quelle che aveva perdute. Quindi sposò Autonoe figlia
di
Cadmo, dalla quale ebbe Atteone (138). Dopo la sv
ia di Cadmo, dalla quale ebbe Atteone (138). Dopo la sventurata morte
di
questo figlio si ricovrò nell’isola di Coo, quind
138). Dopo la sventurata morte di questo figlio si ricovrò nell’isola
di
Coo, quindi in Sardegna e poi in Sicilia ; dove p
ardegna e poi in Sicilia ; dove propagò le sue cognizioni d’agraria e
di
pastorizia. Alla fine si stabilì nella Tracia, ov
elle Orgie. Dopo la sua morte parecchie città della Grecia l’onoraron
di
culto e di tempio ; e soprattutto i pastori sicil
Dopo la sua morte parecchie città della Grecia l’onoraron di culto e
di
tempio ; e soprattutto i pastori siciliani lo ten
bla. Arione. 478. Arione, poeta e cantore, nacque nell’isola
di
Lesbo91 nel mare Egeo al sud della Troade. Fu emu
della Troade. Fu emulo d’Orfeo (469), e visse lungo tempo alla corte
di
Periandro, re di Corinto, ove il suo ingegno era
emulo d’Orfeo (469), e visse lungo tempo alla corte di Periandro, re
di
Corinto, ove il suo ingegno era largamente ricomp
, mentr’ei ritornava da Taranto a Corinto, i marinari s’argomentarono
di
ucciderlo per carpire le sue ricchezze. 479. Ario
rlo per carpire le sue ricchezze. 479. Arione chiese almeno la grazia
di
poter suonare un’altra volta la lira, ed empì 1’a
empì 1’aere della più commovente armonia ; ma veggendo con tutto ciò
di
non intenerire quei barbari, si lanciò in mare co
a a raccorlo sul suo dosso, e lo reca fino al capo Tenaro in Laconia,
di
dove Arione passò a Corinto anche prima che vi gi
atti che recarono sulla spiaggia il corpo d’ Esiodo ucciso nel tempio
di
Nettuno, e gettato in mare ; salvarono dal naufra
81. Anfione discendeva da Giove (63), ed era figlio d’Antiope, moglie
di
Lico re di Tebe, e sposò Niobe (629). Egli fu tan
discendeva da Giove (63), ed era figlio d’Antiope, moglie di Lico re
di
Tebe, e sposò Niobe (629). Egli fu tanto abile ne
). Egli fu tanto abile nella musica, da far dire ai poeti che le mura
di
Tebe furono alzate mediante i suoni della sua lir
ante i suoni della sua lira, poichè le pietre sensibili alla dolcezza
di
quell’ armonia andavano da sè stesse a collocarsi
a quelli uomini rozzi, i quali dall’abitare sparsi pei boschi a guisa
di
belve, furono indotti a riunirsi in società ed a
bbricarsi le case. Cadmo. 482. Cadmo era figlio d’ Agenore re
di
Fenicia e della ninfa Melia, ed ebbe per sorella
di Fenicia e della ninfa Melia, ed ebbe per sorella Europa, fanciulla
di
così rara bellezza che fu protetta singolarmente
sua forma. 484. Agenore, disperato per questa perdita, ordinò a Cadmo
di
andare a cercare la sorella per tutto il mondo, e
, ordinò a Cadmo di andare a cercare la sorella per tutto il mondo, e
di
non ritornare senz’essa. 485. Cadmo la cercò inut
e ; e non potendo ritornare negli stati del padre, consultò l’oracolo
di
Delfo per sapere in qual luogo dovea stabilirsi.
sapere in qual luogo dovea stabilirsi. Apollo (96) gli ordinò allora
di
fondare una città nel punto dove sarebbe stato co
Beozia sul modello della Tebe d’Egitto. Anfione (481) costruì le mura
di
questa città col suono della sua lira. 486. La fa
unge che i suoi compagni nell’andare a prendere l’acqua dalla fontana
di
Diria furono divorati da un drago, e Cadmo andato
rago, e Cadmo andato per vendicarli uccise il mostro, e per consiglio
di
Minerva (262) ne seminò i denti in un campo vicin
nerva (262) ne seminò i denti in un campo vicino. 487. Quella sementa
di
nuovo genere fruttò subito tanti uomini armati, c
icie, e che insegnò ai Greci l’uso dei caratteri alfabetici, e l’arte
di
scrivere. 489. Cadmo sposò Armonia figlia di Vene
eri alfabetici, e l’arte di scrivere. 489. Cadmo sposò Armonia figlia
di
Venere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva d
l’arte di scrivere. 489. Cadmo sposò Armonia figlia di Venere (170) e
di
Marte (255) ; e ben si rileva dal nome di questa
ia figlia di Venere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva dal nome
di
questa donna quale arte ella debba avere insegnat
me con la moglie fu cangiato in serpente. Edipo. 491. Laio re
di
Tebe, dando ascolto a un oracolo che gli predicev
e, dando ascolto a un oracolo che gli prediceva dover esser colpevole
di
un gran delitto il figliuolo di cui era incinta G
e gli prediceva dover esser colpevole di un gran delitto il figliuolo
di
cui era incinta Giocasta sua moglie, ordinò che i
to in un bosco, ed ivi esposto alle fiere. 492. Forba, pastore del re
di
Corinto, ritrovò a caso questo bambino sul monte
o sul monte Citerone, e lo ricoverò nella sua capanna. 493. La regina
di
Corinto, avuta questa notizia, volle vederlo ; e
ta ch’egli era nato per commettere delitti orrendi, e per esser padre
di
una detestabile prole. Allora, atterrito dalla fu
rinto, e s’incamminò verso la Focide. 495. Appunto questa sua premura
di
fuggire i decreti del Fato lo trasse ad offendere
iberato dal mostro il paese. 497. La Sfinge, figlia d’Echidna (466) e
di
Tifone (69), aveva la testa di donna, il corpo ca
7. La Sfinge, figlia d’Echidna (466) e di Tifone (69), aveva la testa
di
donna, il corpo canino, le ali d’uccello, la coda
, aveva la testa di donna, il corpo canino, le ali d’uccello, la coda
di
drago, i piedi e le unghie di leone : si rintanav
corpo canino, le ali d’uccello, la coda di drago, i piedi e le unghie
di
leone : si rintanava sulla montagna di Ficea, dov
di drago, i piedi e le unghie di leone : si rintanava sulla montagna
di
Ficea, dove arrestava i passeggieri proponendo lo
a supponendo che la Sfinge fosse una fanciulla presuntuosa, figliuola
di
Laio, la quale sdegnata per non aver parte alcuna
alcuna negli affari dello stato, s’era messa alla testa d’una masnada
di
malviventi, e devastava le campagne vicine a Tebe
ore del suo enimma. 499. Edipo, mosso dalla ricompensa e dall’avidità
di
regno, andò al cospetto della Sfinge, e seppe pen
dopo aver liberato i Tebani dalle stragi del mostro, fu proclamato re
di
Tebe, ed ebbe due figli, Eteocle e Polinice (505)
), e due figlie Antigone ed Ismene. 501. Qualche anno dopo, il regno
di
Tebe fu desolato da crudelissima peste. Consultar
che le sventure dei Tebani non sarebbero finite se non dopo l’esilio
di
chi aveva cagionato la ruina della famiglia di La
e se non dopo l’esilio di chi aveva cagionato la ruina della famiglia
di
Laio. 502. Dopo molte ricerche, edipo stesso c
dipo stesso conobbe l’esser suo da chi l’aveva condotto bambino fuor
di
Tebe, e scoperse di quanti guai era stato cagione
l’esser suo da chi l’aveva condotto bambino fuor di Tebe, e scoperse
di
quanti guai era stato cagione, senza saperlo, ai
gione, senza saperlo, ai genitori ed al paese. 503. Allora inorridito
di
sè medesimo, non potè più sostenere la vista del
persona, e si accecò con le proprie mani. I figliuoli, più scellerati
di
lui, lo scacciarono da Tebe ; ed egli povero, sfu
altra guida che la giovinetta Antigone sua figliuola. Con la memoria
di
lei gli antichi ci tramandarono il più commovente
Eumenidi, sotto il qual nome venivano onorate le Furie, degne ospiti
di
un uomo che era crudelmente perseguita to dal des
uomo che era crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone la scena
di
una sua bella tragedia il celebre Niccolini, e cr
e la scena di una sua bella tragedia il celebre Niccolini, e crediamo
di
far cosa grata a’giovinetti riportandone quei ver
tigone per suo padre. Creonte, uomo pessimo, insultando alle sventure
di
edipo , gli rimprovera la vita raminga ch’ei fac
de il gelo, O l’ardor del meriggio, e il piè si stanca Sull’aspra via
di
faticose rupi ? — Qual core è il tuo quando di p
stanca Sull’aspra via di faticose rupi ? — Qual core è il tuo quando
di
porta in porta Mendicando la vita, affronti (ahi
sventurato, e cieco Io possa, ahi crudo ! abbandonar ? chè parli A me
di
nozze e di regai fortuna ? È pei Creonti il trono
e cieco Io possa, ahi crudo ! abbandonar ? chè parli A me di nozze e
di
regai fortuna ? È pei Creonti il trono ; ebbi del
tene, ove Teseo (409) lo ricevè umanamente. Poco tempo dopo, il tuono
di
Giove gli annunziò la sua prossima fine, e la ter
eno la vittima d’una tremenda persecuzione celeste. Antigone, modello
di
amor filiale, rimase in vita per dar nuovo esempi
erno (510). Eteocle e Polinice. 505. Eteocle, figlio maggiore
di
edipo (491), dopo la partenza del padre, divise
1), dopo la partenza del padre, divise col fratello Polinice il trono
di
Tebe, pattuendo di regnare alternativamente un an
a del padre, divise col fratello Polinice il trono di Tebe, pattuendo
di
regnare alternativamente un anno per uno. Eteocle
teocle fu il primo a prenderne il possesso ; ma compito l’anno ricusò
di
cedere il trono al fratello. Questa perfidia orig
cedere il trono al fratello. Questa perfidia originò la famosa guerra
di
Tebe tanto celebrata dai poeti ; e le stragi e i
erni mostrarono a’popoli quanto nefanda e micidiale fosse 1’ambizione
di
regno. Laonde le città greche, testimoni dei deli
ubblica. 506. Polinice, per far valere i suoi diritti, eccitò le armi
di
tutta Grecia contro il fratello ; e i principali
o ; e i principali eroi degli Argivi s’unirono a questa guerra iniqua
di
fratelli contro fratelli, e fatta per avidità di
questa guerra iniqua di fratelli contro fratelli, e fatta per avidità
di
regnare. I capitani furono Adrasto, Polinice e Ti
nte, perchè mentre insultava Giove fu percosso dal fulmine sulle mura
di
Tebe,92 Ippomedonte, l’indovino Anfiarao (662) ch
(660) presagì la salvezza ai Tebani, ma a patto che Meneceo figliuolo
di
Creonte, ultimo rampollo della famiglia di Cadmo
atto che Meneceo figliuolo di Creonte, ultimo rampollo della famiglia
di
Cadmo (482), fosse stato sacrificato alla patria.
a per udire se l’oracolo concedesse questo cambio. Ma in quei momenti
di
ansietà e di dubbiezza, Meneceo esclamando : Se a
e l’oracolo concedesse questo cambio. Ma in quei momenti di ansietà e
di
dubbiezza, Meneceo esclamando : Se altro non manc
trafiggesse con la propria spada. 508. Infatti a così bella prova
di
patriottismo tenne dietro una completa vittoria ;
ro una completa vittoria ; gli Argivi furon respinti, e, ad eccezione
di
Adrasto, tutti gli altri capitani, insieme coi du
e luttuose conseguenze dell’ambizione e del dispotismo. Emone, figlio
di
quello scellerato di Creonte, non partecipava del
e dell’ambizione e del dispotismo. Emone, figlio di quello scellerato
di
Creonte, non partecipava della sua barbarie, ed e
pravvivere.94 Pelope e la sua posterità. 511. Pelope, figlio
di
Tantalo (250) re di Lidia, costretto ad abbandona
elope e la sua posterità. 511. Pelope, figlio di Tantalo (250) re
di
Lidia, costretto ad abbandonare i suoi stati a mo
alo (250) re di Lidia, costretto ad abbandonare i suoi stati a motivo
di
un terremoto, si rifugiò in Grecia nélla reggia d
motivo di un terremoto, si rifugiò in Grecia nélla reggia d’Enomao re
di
Pisa in Elide, ove amò Ippodamia figlia di quel r
a nélla reggia d’Enomao re di Pisa in Elide, ove amò Ippodamia figlia
di
quel re. 512. Ma siccome un oracolo aveva predett
chi lo avesse vinto nella corsa dei carri. I perdenti dovevano perire
di
sua mano. L’amante poteva correre il primo, ma il
sta gara ineguale, finchè gli Dei mossi a sdegno fecero dono a Pelope
di
due cavalli alati. Quantunque cosi potesse essere
ch’ei la macchiasse col tradimento ; e subornato Mirtillo, figliuolo
di
Mercurio (160) e cocchiere d’Enomao, fece sì che
e Tieste, nomi che rammentano atroci fatti, e discendenza che al pari
di
quella di edipo sembrò destinata a far inorridi
nomi che rammentano atroci fatti, e discendenza che al pari di quella
di
edipo sembrò destinata a far inorridire delle s
ati soltanto perchè hanno qualche attinenza con la favola. Guerra
di
troja. 517. La città di Troja, capitale della
alche attinenza con la favola. Guerra di troja. 517. La città
di
Troja, capitale della Troade nella piccola Frigia
mento era già la più celebre città dell’universo.95 Ma sotto il regno
di
Priamo restò distrutta da capo a fondo dall’armat
egati a vendicare l’ingiuria fatta da Paride (601) a Menelao (528) re
di
Sparta. 518. Dopochè Ercole (364) ebbe saccheggia
8) re di Sparta. 518. Dopochè Ercole (364) ebbe saccheggiato la città
di
Troja per punire Laomedonte d’avergli mancato di
accheggiato la città di Troja per punire Laomedonte d’avergli mancato
di
parola (106), promise a Telamone re di Salamina l
e Laomedonte d’avergli mancato di parola (106), promise a Telamone re
di
Salamina la mano di Esione figliuola di Laomedont
li mancato di parola (106), promise a Telamone re di Salamina la mano
di
Esione figliuola di Laomedonte ; ma Priamo, il su
(106), promise a Telamone re di Salamina la mano di Esione figliuola
di
Laomedonte ; ma Priamo, il successor di questo re
a la mano di Esione figliuola di Laomedonte ; ma Priamo, il successor
di
questo re, spedì Paride suo figlio a riprendere E
chiamato anche Alessandro, nell’andare a Salamina si fermò alla corte
di
Menelao, e gli rapì la moglie giurando di non la
alamina si fermò alla corte di Menelao, e gli rapì la moglie giurando
di
non la rendere, se prima non gli fosse stata rest
non gli fosse stata restituita Esione sua zia. I principi ricusarono
di
rendere Esione, presero le armi, ed alla testa di
principi ricusarono di rendere Esione, presero le armi, ed alla testa
di
formidabili schiere accorsero a richiedere Elena
sta di formidabili schiere accorsero a richiedere Elena sotto le mura
di
Troja. 519. Questa guerra divise in due parti anc
seguaci nell’odio Giunone (85) e Minerva (262), deliberate anch’esse
di
pigliar vendetta del preteso affronto ricevuto da
asse anche Giove nel suo partito. Gli stessi due fiumi della campagna
di
Troja, il Xanto e il Simoenta, unirono le loro ac
unone (85) non avesse mandato a soccorrerlo Vulcano (270), che armato
di
fiamme arse i due fiumi, e prosciugò il loro lett
fiumi, e prosciugò il loro letto. 521. Vogliono i poeti che la presa
di
Troja non potesse aver luogo senza certi avvenime
recce d’ Ercole (364) ; 3° Che rapissero da Troja il Palladio, statua
di
Minerva collocata nel tempio di quella Dea ; 4° C
apissero da Troja il Palladio, statua di Minerva collocata nel tempio
di
quella Dea ; 4° Che impedissero ai cavalli di Res
va collocata nel tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cavalli
di
Reso (570) di bever le acque del Xanto (520) ; 5°
el tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cavalli di Reso (570)
di
bever le acque del Xanto (520) ; 5° Che Troilo fi
i Reso (570) di bever le acque del Xanto (520) ; 5° Che Troilo figlio
di
Priamo (587) morisse, e che la tomba di Laomedonl
(520) ; 5° Che Troilo figlio di Priamo (587) morisse, e che la tomba
di
Laomedonle rimanesse distrutta ; 6° Finalmente bi
a che i Greci avessero nella loro armata Telefo figlio d’ Ercole e re
di
Misia. 522. Già da dieci anni durava l’assedio de
Greci, tante volte respinti, ordirono uno strattagemma. Per consiglio
di
Pallade (263) costruirono un cavallo di legno alt
o strattagemma. Per consiglio di Pallade (263) costruirono un cavallo
di
legno alto quanto una montagna, e pieno i fianchi
irono un cavallo di legno alto quanto una montagna, e pieno i fianchi
di
risoluti guerrieri. Indi spacciarono esser quella
rono esser quella un’offerta consacrata a Minerva (262) ; e, fingendo
di
partire, si ritirarono in agguato dietro l’isola
62) ; e, fingendo di partire, si ritirarono in agguato dietro l’isola
di
Tenedo che sorge rimpetto a Troja. 523. I Trojani
delle mura perch’ei passasse, e lo collocarono alla porta del tempio
di
Minerva (262). Ma la notte seguente, mentre che t
a nella città, e questa in breve fu ridotta in cenere dopo un assedio
di
dieci anni, nel qual tempo eran periti ottocentom
eci furono Agamennone (527), re d’ Argo, che aveva il supremo comando
di
tutte le milizie greche ; Menelao (528), suo frat
de (583), Ulisse (568) ec. 525. Fra i Trojani furono Priamo (587), re
di
Troja, e capo dell’esercito trojano, Ettore (591)
re (591) e Paride (597), suoi figli : Laocoonte (605) ; Reso (570) re
di
Tracia ; Memnone (113), Enea (608), ec. Perso
ea (608), ec. Personaggi celebri Dell’esercito greco, alla guerra
di
troja Agamennone, Menelao. 526. Questi
Agamennone, Menelao. 526. Questi due principi erano figli
di
Plisteno, re d’Argo e fratello d’ Atreo (514), la
liato del trono d’Argo da Tiesle (514) suo zio, si rifugiò alla corte
di
Tindaro (441) re di Sparta ; con 1’aiuto del qual
go da Tiesle (514) suo zio, si rifugiò alla corte di Tindaro (441) re
di
Sparta ; con 1’aiuto del qual principe cacciò da
ccise Tantalo figliuolo dell’usurpatore, e sposò Clitennestra, moglie
di
Tantalo e figlia di Tindaro, dalla quale ebbe due
olo dell’usurpatore, e sposò Clitennestra, moglie di Tantalo e figlia
di
Tindaro, dalla quale ebbe due femmine, Ifigenia e
n figliuolo chiamato Oreste. 528. Menelao sposò Elena (601), sorella
di
Clilennestra (527), e successe a Tindaro sul tron
(601), sorella di Clilennestra (527), e successe a Tindaro sul trono
di
Sparta ; ma Elena bella « per cui tanto reo tempo
La flotta, che doveva portare sì numeroso esercito per la spedizione
di
Troja, era composta di circa 1200 navigli piccoli
portare sì numeroso esercito per la spedizione di Troja, era composta
di
circa 1200 navigli piccoli di quel tempo, e si ra
er la spedizione di Troja, era composta di circa 1200 navigli piccoli
di
quel tempo, e si radunò in Aulide, città marittim
l’obbedienza, fece comparire invece d’Ifigenia una cerva ; e contenta
di
questa vittima, trasportò la vergine in Tauride p
Tauride per farla sua sacerdotessa (535). 530. Agamennone fece mostra
di
molto orgoglio e di poco senno nel campo dei Grec
a sacerdotessa (535). 530. Agamennone fece mostra di molto orgoglio e
di
poco senno nel campo dei Greci, mentre Menelao vi
reci, mentre Menelao vi spiegò molto valore, e propose a Paride (597)
di
terminare la contesa fra di loro con un duello, a
gò molto valore, e propose a Paride (597) di terminare la contesa fra
di
loro con un duello, a condizione che Elena restas
ena restasse in premio al vincitore. Il duello fu fatto sotto le mura
di
Troja al cospetto dei Greci e dei Trojani. Paride
. Paride ebbe la peggio, e fu debitore della salvezza alla protezione
di
Venere (170) che, per sottrarlo ai colpi del vinc
, e questa perfidia riaccese gli sdegni dei Greci. 531. Dopo la presa
di
Troja, i Greci restituirono Elena a Menelao ; ed
stituirono Elena a Menelao ; ed egli aveva deciso d’immolarla ai mani
di
tanti eroi periti nella lunga guerra : ma lasciat
perando le arti della perfida ipocrisia, dispose in favor suo l’animo
di
Clitennestra, si fece partigiani in Argo, e tese
ma la sorella Elettra (527), che vegliava sul fanciullino, trovò modo
di
salvarlo dalle insidie, e di mandarlo segretament
che vegliava sul fanciullino, trovò modo di salvarlo dalle insidie, e
di
mandarlo segretamente a Strofio re della Focide e
ire il tiranno ; e, non senza grave pericolo, con l’aiuto d’Elettra e
di
Pilade suo amico, potè finalmente assalire Egisto
vedendo Clitennestra accorsa in difesa del tiranno, ebbe la sventura
di
ferire a morte anche lei. 534. Fino dal momento c
enimento alla sua disperazione, andando in Tauride a rapire la statua
di
Diana ; ed egli vi si recò in compagnia di Pilade
Tauride a rapire la statua di Diana ; ed egli vi si recò in compagnia
di
Pilade suo costante amico nella sventura. Ma Ores
stato prima che potesse compire il ratto del simulacro ; e il costume
di
quel paese voleva che fossero immolati alla Dea t
fizio, Ifigenia sacerdotessa e sua sorella lo riconobbe, e trovò modo
di
sottrarlo alla morte. Allora tutti e tre fuggiron
trarlo alla morte. Allora tutti e tre fuggirono trafugando la statua.
di
Diana, e la disperazione d’ Oreste ebbe alcuna ca
morsi continuassero a tormentarlo in segreto. Sposò Ermione figliuola
di
Menelao (528), dette Elettra in moglie a Pilade,
lie a Pilade, e dopo aver sempre vissuto in preda alla mestizia, morì
di
novant’anni pel morso di un serpente. Achille
sempre vissuto in preda alla mestizia, morì di novant’anni pel morso
di
un serpente. Achille. 536. Achille, figli
’anni pel morso di un serpente. Achille. 536. Achille, figlio
di
Teti e di Peleo (320), nacque a Flia in Tessaglia
morso di un serpente. Achille. 536. Achille, figlio di Teti e
di
Peleo (320), nacque a Flia in Tessaglia, e fu dis
hirone (430), il quale, al dir della favola, lo alimentò con cervello
di
leone e di tigre, dal che provennero in lui quell
), il quale, al dir della favola, lo alimentò con cervello di leone e
di
tigre, dal che provennero in lui quell’ardito cor
he mostrò nelle pugne. 537. L’oracolo aveva predetto che per la presa
di
Troja era necessario Achille, ma ch’ei sarebbe pe
da donna, e mentre dormiva lo tolse a Chirone, e lo mandò alla corte
di
Licomede re di Sciro, dove poi sposò segretamente
ntre dormiva lo tolse a Chirone, e lo mandò alla corte di Licomede re
di
Sciro, dove poi sposò segretamente Deidamia figli
ogni artifizio per trarnelo. Travestitosi da mercante andò alla corte
di
Licomede, e offerse alle donzelle varie gioie ed
l mar giura il nocchiero Di mai più non partir ; sente che l’onde Già
di
nuovo son chiare, Abbandona le piume, e torna al
(Metastasio, Achille in Sciro.) Allora seguì Ulisse all’assedio
di
Troja, ed ebbe dalla madre un’armatura impenetrab
suo valore. 539. Agamennone aveva fatto prigioniera Criseide, fìglia
di
Criseo, sacerdote d’Apollo (96), ed il Nume per v
er vendicarlo desolò con la peste il campo dei Greci. Achille propose
di
placar l’ira d’Apollo rendendo Criseide a suo pad
fece sì che anch’ egli dovè liberare la giovine Briseide, prigioniera
di
guerra nella tenda del Pelide. Egli allora sdegna
one all’ estremo si ritrasse ne’ suoi alloggiamenti deliberato avendo
di
non voler più combattere. Questa sua ostinazione
in quel tempo riportarono molte vittorie ; ed Ettore (591), figliuolo
di
Priamo (587) re di Troja, uccise Patroclo (592) s
tarono molte vittorie ; ed Ettore (591), figliuolo di Priamo (587) re
di
Troja, uccise Patroclo (592) sviscerato amico d’A
2) sviscerato amico d’Achille. 540. Non ci voleva altro che la morte
di
Patroclo per far ripigliare le armi ad Achille, d
atroclo per far ripigliare le armi ad Achille, dopo che era stato più
di
un anno senza combattere. Spinto allora da brutal
di un anno senza combattere. Spinto allora da brutale vendetta privò
di
vita Ettore combattendo con lui corpo a corpo ; e
ivò di vita Ettore combattendo con lui corpo a corpo ; e non contento
di
questo, inferocì nello stesso cadavere trascinand
ere trascinandolo dietro il suo carro per tre volte intorno alle mura
di
Troja e alla tomba di Patroclo (593), finchè lo r
ro il suo carro per tre volte intorno alle mura di Troja e alla tomba
di
Patroclo (593), finchè lo rese alle lacrime dello
a della morte d’Achille. Così volevano i fati ; nè valsero i consigli
di
Chirone che lo aveva ammonito di non lasciarsi vi
evano i fati ; nè valsero i consigli di Chirone che lo aveva ammonito
di
non lasciarsi vincere da molle affetto, finchè la
sse avuto bisogno del suo valore. Ma egli, avendo conosciuto in tempo
di
tregua la giovane Polissena figlia di Priamo, ed
gli, avendo conosciuto in tempo di tregua la giovane Polissena figlia
di
Priamo, ed ammiratane la rara bellezza, fece di t
vane Polissena figlia di Priamo, ed ammiratane la rara bellezza, fece
di
tutto per averla in isposa, e gli fu concessa ; m
. I Greci lo tumularono sul promontorio dj Sigeo, vicino alle pianure
di
Troja ; gli fabbricarono un tempio, e gli resero
o un tempio, e gli resero onori divini. Polissena divenne poi schiava
di
Pirro (543) che la menò sopra la sua flotta, e la
gliuolo, uscì dal seno delle acque, accompagnata da una lunga schiera
di
ninfe per andare a piangere sulla sua spoglia. An
spoglia. Anche le nove Muse (274) amaramente lo piansero, e l’oracolo
di
Dodona (82) gli decretò onori divini. Alessandro
sospirando disse : Oh fortunato, che si chiara tromba Trovasti, e chi
di
te si alto scrisse ! Petrarca. Parte I. Son. CX
I. Son. CXXXV. Pirro. 543. Pirro, figliuolo d’Achille (536) e
di
Deidamia (537), fu educato alla corte del re Lico
Sciro a pigliar Pirro che aveva allora diciotto anni. 544. La smania
di
vendicare la morte del padre lo rese uno dei più
e il giovine Astianatte figliuolo d’ Ettore (591), e chiese il sangue
di
Polissena (541) per immolarlo alla memoria d’Achi
ria d’Achille. 545. Quando furono divisi gli schiavi tra i vincitori
di
Troja, gli toccò Andromaca vedova d’Ettore, e l’a
ssendo volere del fato (521) che Troja non potesse cadere senza l’uso
di
queste frecce, i Greci spedirono ambasciatori a F
cato alla promessa, e ne pagò il fio ; perchè nell’andare a Troja una
di
quelle frecce gli cadde appunto sul piede col qua
le, che gli ambasciatori furono costretti a lasciarlo solo nell’isola
di
Lenno, dove per dieci anni patì atrocissimi dolor
la fine il bisogno d’aver quelle frecce costrinse i Greci a ricorrere
di
nuovo a Filottete, e lo condussero all’assedio di
i Greci a ricorrere di nuovo a Filottete, e lo condussero all’assedio
di
Troja. 548. Appena giunto Filottete nel campo gre
Appena giunto Filottete nel campo greco, Paride (597) ebbe l’ audacia
di
sfidarlo a singolare battaglia, e restò ucciso co
ano sempre mortalmente per essere state intrise nel sangue dell’ Idra
di
Lerna (371). 549. Dopo la presa di Troja la piaga
tate intrise nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 549. Dopo la presa
di
Troja la piaga di Filottete fu curata da Macaone
angue dell’ Idra di Lerna (371). 549. Dopo la presa di Troja la piaga
di
Filottete fu curata da Macaone figlio d’ Esculapi
vedere i luoghi dov’era morto il suo amico ; e unitosi ad una schiera
di
Tessali andò a stabilirsi nella Calabria, dove fo
iera di Tessali andò a stabilirsi nella Calabria, dove fondò la città
di
Petilia. Diomede. 550. Diomede, figlio di
dove fondò la città di Petilia. Diomede. 550. Diomede, figlio
di
Tideo uno dei capi della spedizione contro Tebe (
Chirone (530), insieme con gli altri eroi della Grecia. All’ assedio
di
Troja si segnalò per tante prodezze, che passò pe
più valoroso dell’ esercito dopo Achille (536) ed Ajace (561) figlio
di
Telamone (518). 551. Omero fa di quest’eroe il pr
Achille (536) ed Ajace (561) figlio di Telamone (518). 551. Omero fa
di
quest’eroe il prediletto di Pallade (263), e narr
) figlio di Telamone (518). 551. Omero fa di quest’eroe il prediletto
di
Pallade (263), e narra che con l’ aiuto di questa
i quest’eroe il prediletto di Pallade (263), e narra che con l’ aiuto
di
questa Dea potè ghermire i cavalli di Reso (570)
(263), e narra che con l’ aiuto di questa Dea potè ghermire i cavalli
di
Reso (570) ; involare il Palladio (570) a’ Troian
quale scendeva in soccorso d’ Enea, e non potè salvarlo dall’ impeto
di
Diomede se non col celarlo in una nube. 552. Ques
Diomede se non col celarlo in una nube. 552. Questa Dea, per punirlo
di
tanta audacia, mise tale scompiglio nella casa di
ta Dea, per punirlo di tanta audacia, mise tale scompiglio nella casa
di
Diomede, che al suo ritorno non potendo più viver
che questa finzione sia immaginata per esprimere la valorosa audacia
di
Diomede, essendochè quegli uccelli non temono le
ibrano sulle onde agitate dai venti. Nestore. 553. Nestore re
di
Pilo era uno dei dodici figli di Nereo e di Clori
ti. Nestore. 553. Nestore re di Pilo era uno dei dodici figli
di
Nereo e di Cloride, il solo che sfuggisse ai colp
tore. 553. Nestore re di Pilo era uno dei dodici figli di Nereo e
di
Cloride, il solo che sfuggisse ai colpi d’Ercole
iò contro la Colchide con gli Argonauti (452) ; si ritrovò alle nozze
di
Piritoo (429), e combattè i Centauri (430). Sicch
auri (430). Sicchè era già molto vecchio quando concorse all’ assedio
di
Troja ; …..ei già trascorse avea Due vite, e nel
. Era ancora molto eloquente, sicchè Omero lo dice : Facondo si, che
di
sua bocca usciéno Più che miel dolci d’eloquenza
ia tre età d’ uomo, come dicevano i poeti. La saviezza e la longevità
di
Nestore son passate in proverbio. Nè è qui da tac
bio. Nè è qui da tacere ciò che narrano Omero e Pindaro del figliuolo
di
Nestore, chiamato Archiloco, il quale sotto le mu
del figliuolo di Nestore, chiamato Archiloco, il quale sotto le mura
di
Troja sacrificò la sua per salvare la vita del ge
venturata sposa e vedova ad un tempo chiese almeno agli Dei la grazia
di
riveder l’ombra del marito, ed essendole apparsa,
i la grazia di riveder l’ombra del marito, ed essendole apparsa, morì
di
dolore mentre sforzavasi d’abbracciarla.98 I
sforzavasi d’abbracciarla.98 Idomeneo. 558. Idomeneo, figlio
di
Deucalione (647) e nipote di Minosse (228), regna
Idomeneo. 558. Idomeneo, figlio di Deucalione (647) e nipote
di
Minosse (228), regnava in Creta, e si fe’chiaro p
), regnava in Creta, e si fe’chiaro per luminose prodezze all’assedio
di
Troja. 559. Dopo la caduta della città questo pri
mmolato il primo vivente che gli fosse venuto incontro sulla spiaggia
di
Creta. Cessò la tempesta, e il re approdò felicem
a dove fondò Salento. Pose in vigore nella nuova città le savie leggi
di
Minosse, e perciò i suoi sudditi molto l’onoraron
ti molto l’onorarono dopo morte. Ajace. 561. Ajace, figliuolo
di
Telamone (229), fu, dopo Achille (536), il più va
lona entro le navi Addensava gli Achei, vide sul vallo Fra un turbine
di
dardi Ajace solo Fumar di sangue ; e ove diruto i
va gli Achei, vide sul vallo Fra un turbine di dardi Ajace solo Fumar
di
sangue ; e ove diruto il muro Dava più varco a’ T
. Ercole (364). essendo andato a far visita a Telamone che si lagnava
di
non aver prole, supplicò Giove (63) affinchè conc
amico un figliuolo con la pelle impenetrabile quanto quella del leone
di
Nemea (374) ch’ ei soleva portare per sua difesa.
va ucciso la belva. 563. Ajace mostrò dunque molto valore all’assedio
di
Troja ; e pugnò per un giorno intero con Ettore (
ore al carro d’Achille, allorchè questi lo trascinò intorno alle mura
di
Troja (540). 564. Dopo la morte d’Achille, Ajace
jace ed Ulisse (563) vennero a contesa fra loro per ereditare le armi
di
quell’eroe. I capitani dell’esercito greco ne fur
gno che proferiron sentenza a favor suo. 565. Ajace fu tanto sdegnato
di
questa parzialità che perdette l’uso della ragion
divenne così mattamente furioso, da scagliarsi nel mezzo ad un branco
di
maiali, e massacrarli, figurandosi di sfogare la
agliarsi nel mezzo ad un branco di maiali, e massacrarli, figurandosi
di
sfogare la sua ira contro Agamennone (527) e Mene
; ma tornando in sè stesso, e vedendosi ormai meritevole delle beffe
di
tutto l’esercito che era stato testimone di quell
ai meritevole delle beffe di tutto l’esercito che era stato testimone
di
quella pugna bestiale, non resse alla vergogna, e
o il seno aprendosi Col vindice pugnai. E là sul Xanto i Danai Copria
di
vitupero : Ma sua virtù fe’stabile, Ma chiaro il
567. Insieme col Telamonio vi fu un altro Ajace figliuolo d’Oileo re
di
Locri, celebre anch’esso tra gli eroi della spedi
tti. Ulisse. 568. Ulisse, altrimenti detto Odisseo, figliuolo
di
Laerte e d’ Anticlea, era re della piccola isola
era re della piccola isola d’Itaca nel mare Ionio. Ulisse, il figlio
di
Laerte, io sono, Per tutti accorgimenti al mondo
cion, molto Non lontane tra loro, isole intorno, Dulichio, Samo, e la
di
selve bruna Zacinto. All’ orto e a mezzogiorno qu
queste, Itaca al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra
di
scogli, Ma di gagliarda gioventù nutrice. Deh qua
al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma
di
gagliarda gioventù nutrice. Deh qual giammai l’ u
uò della natia Sua contrada veder cosa più dolce ?…. (Omero, Traduz.
di
Pindemonte.) 569. La sua moglie Penelope fu chiar
d arare la sabbia sulla spiaggia del mare, ed a seminarvi sale invece
di
grano. Ma Palamede (583), che già sospettava dell
oquenza, con le frodi e con la scaltrezza contribuì molto alla rovina
di
Troja, mentre gli altri Greci la distrussero col
reci : 1° Achille (536), il discendente d’Eaco, necessario alla presa
di
Troja, stava celato sotto spoglie femminili nell’
alla presa di Troja, stava celato sotto spoglie femminili nell’isola
di
Sciro, ed Ulisse ne scoperse l’asilo (538), e lo
ciro, ed Ulisse ne scoperse l’asilo (538), e lo condusse all’ assedio
di
Troja. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Pa
se l’asilo (538), e lo condusse all’ assedio di Troja. 2° Con l’aiuto
di
Diomede (550) rapì il Palladio, che era la statua
. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Palladio, che era la statua
di
Pallade, ossia di Minerva (263), religiosamente c
i Diomede (550) rapì il Palladio, che era la statua di Pallade, ossia
di
Minerva (263), religiosamente custodita dai Troja
sia di Minerva (263), religiosamente custodita dai Trojani nel tempio
di
questa Dea, e che vantavano scesa dal cielo, e co
cielo, e collocatasi da sè stessa sopra l’ altare.100 3° Reso, re
di
Tracia, era venuto a soccorrere i Trojani ; ed-es
re di Tracia, era venuto a soccorrere i Trojani ; ed-essendo arrivato
di
notte, pose gli alloggiamenti vicino a Troja per
o d’ Ercole, a trasferirsi nel campo dei Greci ; la quale impresa era
di
difficile riuscita, essendochè a questo principe,
e impresa era di difficile riuscita, essendochè a questo principe, re
di
Misia, erano state devastate le campagne dai Grec
uarire quella ferita se non dal ferro che l’aveva fatta, prese un po’
di
ruggine della lancia d’Achille, ne compose un med
ilottete (546) gli fosse nemico, seppe indurlo a seguirlo all’assedio
di
Troja con le frecce d’Ercole (364). 571. Dopo che
sse ebbe sostenuto le fatiche d’un assedio che durò dieci anni, prima
di
poter ritornare nei suoi stati dovè ancora lottar
on finì mai d’essergli avversa. Quindi le sue avventure, dalla caduta
di
Troja fino al ritorno in Itaca, sono argomento di
nture, dalla caduta di Troja fino al ritorno in Itaca, sono argomento
di
un altro poema d’Omero, intitolato l’ Odissea. 5
ne sulla terra dei Ciclopi (272) in Sicilia, dove Polifemo, figliuolo
di
Nettuno (185), e il più possente fra loro, lo rin
to. 573. Ulisse per sottrarsi a tanto pericolo immaginò l’ espediente
di
far ubriacare Polifemo, e poi con un palo gli acc
di comandò ai suoi compagni d’aggrapparsi sotto il ventre dei caproni
di
Polifemo, e fatto anch’ esso altrettanto, sbucaro
stati d’ Eolo re dei venti, n’ebbe amichevole accoglienza, e il dono
di
certi otri ove stavano rinchiusi i venti contrarj
mbianze ai suoi compagni, indi si riconciliò con lei, e trovò il modo
di
partire dalla sua isola.102 576. Dipoi scese all
sua isola.102 576. Dipoi scese all’ inferno, trattovi dal desiderio
di
conoscere lo stato dell’anima dopo la morte del c
lo minacciavano, seppe ancora il miserando fine che avrebbe fatto. E
di
nuovo si pose in viaggio per la sospirata isola d
ne (196). 577. Liberatosi ancora, non senza molta fatica, dai rischi
di
Scilla e Cariddi, ebbe a patire un’ altra tempest
o trovò salvezza nell’ isola d’Ogigia (secondo alcuni vicina a quella
di
Malta) soggetta all’ impero della Ninfa Calisso.
nni nella sua isola, e gli promise l’immortalità se avesse consentito
di
sposarla : ma egli volle serbar fede a Penelope,
i volle serbar fede a Penelope, sicchè Giove (63) ordinando a Calisso
di
non più opporsi alla sua partenza, ella lo lasciò
Scheria o Corcira, la moderna Corfù, dove regnava Alcinoo. Il palazzo
di
questo re era sontuoso, ed in mezzo ad ameni giar
i e bei frutti. La sua famiglia manteneva l’innocenza e l’illibatezza
di
costumi dei tempi antichi ; i figliuoli erano umi
eva la buona condotta. Quando Ulisse potè metter piede sulla spiaggia
di
Corcira a lui ignota, era quasi moribondo per ave
o dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena gli era riescito
di
trascinarsi in un bosco poco lontano dalla costa.
costa. Lì presso scorreva il limpido ruscello dove Nausica era solita
di
recarsi a fare il bucato ; e quel giorno v’andò c
reddo. Si alza, e il primo sentimento è quello della paura, dubitando
di
essere in un altro paese di barbara gente. Ma all
entimento è quello della paura, dubitando di essere in un altro paese
di
barbara gente. Ma all’udir liete voci si riconfor
e si pone a spiare attraverso i rami e le foglie. Or come ardirà egli
di
comparire così malconcio alla presenza delle donz
nza, e lo fa sedere ; i servi apparecchiano una tavola e la ricoprono
di
squisite vivande ; la serata passa in divertiment
i quelli che lo ascoltarono. La nave era pronta, ed ei v’ascese lieto
di
grati e doviziosi regali. Nausica lo accomiatò co
go tempo la nave. L’ eroe arrivò finalmente ad Itaca dopo un’ assenza
di
venti anni. 579. Siccome parecchi principi suoi v
Penelope a scegliersi tra loro un nuovo marito, così Ulisse immaginò
di
travestirsi per sorprenderli. 580. Penelope stess
ssea la tela Superba, e poi la distessea la notte Al complice chiaror
di
muto faci. Cosi un triennio la sua frode ascose,
che non potendo ormai opporsi più alla loro insistenza, per consiglio
di
Minerva (262) aveva promesso di sposare colui che
ù alla loro insistenza, per consiglio di Minerva (262) aveva promesso
di
sposare colui che fosse stato capace di tendere l
Minerva (262) aveva promesso di sposare colui che fosse stato capace
di
tendere l’arco d’Ulisse, e di far passare una fre
di sposare colui che fosse stato capace di tendere l’arco d’Ulisse, e
di
far passare una freccia a traverso molti anelli m
invano a tender l’ arco. Allora, senza farsi mai riconoscere, chiese
di
poterne fare anch’ egli l’ esperimento, e teso in
esperimento, e teso in un subito l’ arco, lo volse contro gli amanti
di
Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 582. Ristab
tabilito così nel suo regno, sarebbe stato felice senza la predizione
di
Tiresia ; e volendo sottrarsi alla minacciata sve
o là presso a Gaeta, Prima che si Enea la nominasse ;104 Nè dolcezza
di
figlio, nè la pieta Del vecchio padre, né il debi
del marin suolo. Cinque volte racceso, e tante casso112 Lo lume era
di
sotto dalla luna, Poich’entrati eravam nell’alto
ar fu sopra noi richiuso. Palamede. 583. Palamede era figlio
di
Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capitanava gli
di Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capitanava gli Eubei all’assedio
di
Troja, ove acquistò fama di prudente, di coraggio
Eubea, e capitanava gli Eubei all’assedio di Troja, ove acquistò fama
di
prudente, di coraggioso e abile nell’arte della g
tanava gli Eubei all’assedio di Troja, ove acquistò fama di prudente,
di
coraggioso e abile nell’arte della guerra. 584. E
guerra. 584. Egli dovè perire sventuratamente per effetto delle frodi
di
Ulisse (568), il quale, per vendicarsi d’esserne
Furono immaginate lettere finte, e fu posta nella sua tenda una somma
di
denaro per far credere che gli fosse stata data d
i stessi soldati gli si levarono contro e lo lapidarono. 585. Il caso
di
Palamede accese gran desio di vendetta nel cuor d
no contro e lo lapidarono. 585. Il caso di Palamede accese gran desio
di
vendetta nel cuor di Nauplio ; e allorchè la flot
rono. 585. Il caso di Palamede accese gran desio di vendetta nel cuor
di
Nauplio ; e allorchè la flotta dei Greci, tornand
uor di Nauplio ; e allorchè la flotta dei Greci, tornando dalla presa
di
Troja, fu assalita di notte da una furiosa tempes
orchè la flotta dei Greci, tornando dalla presa di Troja, fu assalita
di
notte da una furiosa tempesta, egli fece subito a
molti fuochi tra gli scogli che circondavano l’isola, argomentandosi
di
tirarvi in inganno le navi greche, e vedervele ur
e urtare e sfasciarsi. I fati avversi a’Greci secondarono la perfidia
di
Nauplio ; i piloti, credendosi alla riva, s’accos
nelle onde, meno che pochi, tra i quali era Ulisse, causa principale
di
tanto danno. 586. La tradizione rammenta che Pala
schierare i battaglioni, e gli attribuisce l’invenzione della parola
di
ricognizione per le sentinelle ; non meno che que
della parola di ricognizione per le sentinelle ; non meno che quella
di
varj giuochi, come i dadi e gli scacchi, per dare
naggi primarj Dell’armata trojana. Priamo. 587. Priamo re
di
Troja successe a suo padre Laomedonte (106) ; rif
irro (543), in mezzo a’suoi Dei, e quando appunto abbracciava l’altar
di
Giove. Un bel quadro di Pietro Benvenuti, e l’inc
uoi Dei, e quando appunto abbracciava l’altar di Giove. Un bel quadro
di
Pietro Benvenuti, e l’incisione che ne fece Morgh
incisione che ne fece Morghen rappresentano questo fatto assai meglio
di
qualunque descrizione. 589. Ecuba, infelice mogli
to assai meglio di qualunque descrizione. 589. Ecuba, infelice moglie
di
Priamo, scampò da morte per cadere in misera schi
oli periti tutti sotto i suoi occhi. Presala seco, la menò alla corte
di
Polinestore re di Tracia, al quale Priamo aveva d
otto i suoi occhi. Presala seco, la menò alla corte di Polinestore re
di
Tracia, al quale Priamo aveva dato in custodia Po
sui Greci. Toglie l’inverosimile, ed aumenta col sublime il patetico
di
tante sciagure quel signor dell’altissimo canto n
r le fe’ la mente torta. 117 Ettore. 591. Ettore, figliuolo
di
Priamo (587) e d’Ecuba (589), era fra’Trojani il
otta, e gli riuscì d’appiccarvi il fuoco. 592. Patroclo (539), figlio
di
Menezio, volendo rattenere i progressi del vincit
r battaglia, ma cadde sotto la possa del Priamide. 593. Il desiderio
di
vendicare la morte dell’amico fece tornare Achill
ra scotea la paventosa Peliaca trave ; come viva fiamma, O come disco
di
nascente sole, Balenava il suo scudo. Il riconobb
i, fidi custodi De’giuramenti, testimon ne sieno, Che se Giove l’onor
di
tua caduta Mi concede, non io sarò spietato Col c
stesso. Achille non vuol parlare d’accordi, perchè a placare l’ombra
di
Patroclo è poca la morte del suo uccisore. Gli er
rridori che volàr bramosi. Lo strascinato cadavere un nembo Sollevava
di
polve, onde la sparta Negra chioma agitata e il v
cime arsa cadesse. Rattenevano a stento i cittadini Il re canuto, che
di
duol scoppiando Dalle dardanie porte a tutto cost
vada tutto solo Alle navi nemiche. Io vo’cadere Supplichevole ai piè
di
quell’iniquo Violento uccisor. Chi sa che il crud
r. Chi sa che il crudo Il mio crin bianco non rispetti, e senta Pietà
di
mia vecchiezza ? Ei pure ha un padre D’anni carco
utto alla mia, tanti uccidendo Giovinetti miei figli : nè mi dolgo Si
di
lor tutti, oimèl quanto d’un solo, Quanto d’Ettor
nè mi dolgo Si di lor tutti, oimèl quanto d’un solo, Quanto d’Ettor,
di
cui trarrammi in breve L’empia doglia alla tomba.
! Cosi la madre, Che sventurata partorillo, e io stesso Sfogo avremmo
di
pianti e di sospiri. E Andromaca, la sventurata
dre, Che sventurata partorillo, e io stesso Sfogo avremmo di pianti e
di
sospiri. E Andromaca, la sventurata moglie d’Ett
il nappo, e il labbro bagna, Non il palato. Ed altro tal che lieto Va
di
padre e di madre, alteramente Dalla mensa il ribu
il labbro bagna, Non il palato. Ed altro tal che lieto Va di padre e
di
madre, alteramente Dalla mensa il ributta, e lo p
si nutria, scherzando Sul paterno ginocchio……. 594. Così il palazzo
di
Priamo era divenuto la magione del duolo. E il ve
e dovesse rimanere insepolto e nelle mani dell’acerbo nemico, risolse
di
andare inerme, di notte, con doni e supplichevoli
insepolto e nelle mani dell’acerbo nemico, risolse di andare inerme,
di
notte, con doni e supplichevoli preci a’piedi del
cchia d’Achille, e singhiozzando La tremenda baciò destra omicida Che
di
tanti suoi figli orbo lo fece… Achille stupì a
e a tanti e valorosi Figli fui padre, ahi ! più nol sono, e parmi Già
di
tutti esser privo… …………Mi restava Ettorre, L’unic
rivo… …………Mi restava Ettorre, L’unico Ettorre, che de’suoi fratelli E
di
Troja e di tutti era il sostegno : E questo pure
i restava Ettorre, L’unico Ettorre, che de’suoi fratelli E di Troja e
di
tutti era il sostegno : E questo pure per le patr
o, Versione del Monti.) Indi si diè a confortarlo, e volle ristorarlo
di
cibo e di riposo, mentre le ancelle, per ordine s
e del Monti.) Indi si diè a confortarlo, e volle ristorarlo di cibo e
di
riposo, mentre le ancelle, per ordine suo lavavan
è medesimo Achille collocò poi la salma dell’eroe trojano sul cocchio
di
Priamo ; gli accordò undici giorni di tregua, per
a dell’eroe trojano sul cocchio di Priamo ; gli accordò undici giorni
di
tregua, perchè i Trojani potessero col decoro con
e, ed allora il misero fanciullo fu precipitato dalla cima delle mura
di
Troja. 596. Andromaca, moglie d’Ettore, si ritrov
la caduta della patria, ad essere schiava del figliuolo dell’uccisore
di
suo marito (545), che la condusse in Epiro, e l’o
perchè non potè mai consolarsi della perdita del suo caro Ettore, nè
di
quella dell’innocente Astianatte. Paride.
dell’innocente Astianatte. Paride. 597. Paride era figliuolo
di
Priamo e d’Ecuba (589), la quale essendo incinta
ide era figliuolo di Priamo e d’Ecuba (589), la quale essendo incinta
di
lui sognò d’aver nel seno una face che un giorno
nterrogati, risposero dover la regina partorire il futuro distruttore
di
Troja ; e Priamo, perchè la funesta predizione no
no e per destrezza nei giuochi pastorali. 598. Accadde poi alle nozze
di
Teti (304) che la Discordia, volendosi vendicare
de poi alle nozze di Teti (304) che la Discordia, volendosi vendicare
di
non esservi stata invitata, comparve in mezzo a u
. 600. Paride, che tanto era bello quanto vano, sedotto dalle carezze
di
Venere e più che altro dalla promessa, giudicò do
l momento Giunone e Minerva, punte da gelosia, macchinarono la rovina
di
Troja ; nè tardò l’occasione. 601. Paride, fattos
a ; nè tardò l’occasione. 601. Paride, fattosi riconoscere per figlio
di
Priamo, ebbe commissione dal padre di andare a Sa
fattosi riconoscere per figlio di Priamo, ebbe commissione dal padre
di
andare a Salamina a richiedere Esione (518) sorel
ione dal padre di andare a Salamina a richiedere Esione (518) sorella
di
lui stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion
one (518) sorella di lui stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion
di
Minerva, di Giunone e di Venere, mosse da fini di
rella di lui stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion di Minerva,
di
Giunone e di Venere, mosse da fini diversi, si fe
stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion di Minerva, di Giunone e
di
Venere, mosse da fini diversi, si fermò per viagg
e di Venere, mosse da fini diversi, si fermò per viaggio negli stati
di
Menelao (528) sotto pretesto di sacrificare ad Ap
rsi, si fermò per viaggio negli stati di Menelao (528) sotto pretesto
di
sacrificare ad Apollo (96). Quel principe aveva s
sacrificare ad Apollo (96). Quel principe aveva sposato Elena figlia
di
Giove e di Leda (441) e celebratissima per la bel
e ad Apollo (96). Quel principe aveva sposato Elena figlia di Giove e
di
Leda (441) e celebratissima per la bellezza ; lao
dimento fece scoppiare la guerra, e cagionò la vaticinata distruzione
di
Troja. 602. Nel tempo dell’assedio, Paride combat
ride combattè con Menelao, nè sarebbe stato salvo senza la protezione
di
Venere. Ferì Diomede (550), Macaone (530), Palame
hille (541), operando sempre da vile qual si conveniva ad un rapitore
di
donne. 603. Ferito a morte da Filotlete (546) con
cognizion delle piante medicinali. Quantunque Enone avesse a dolersi
di
lui, nonostante adoperò tutto il suo sapere a gua
era avvelenata ; e Paride spirò nelle braccia della ninfa che ne morì
di
dolore. 604. Cassandra, sorella di Paride e d’Ett
le braccia della ninfa che ne morì di dolore. 604. Cassandra, sorella
di
Paride e d’Ettore, aveva ottenuto da Apollo il do
andra, sorella di Paride e d’Ettore, aveva ottenuto da Apollo il dono
di
conoscere il futuro ; ma questo Dio vistosi negar
o desse fede alle sue predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la ruina
di
Priamo suo padre, di Paride e della città, la rin
predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la ruina di Priamo suo padre,
di
Paride e della città, la rinchiusero in una torre
la sua patria. Agamennone (527), che la possedè schiava dopo la presa
di
Troja, conosciutone il merito e la bellezza, la c
u creduto, ed Agamennone restò vittima della scelleraggine d’Egisto e
di
Clitennestra (537). Laocoonte. 605. Laoco
e di Clitennestra (537). Laocoonte. 605. Laocoonte, figliuolo
di
Priamo (587) e d’Ecuba. (589), era sacerdote d’Ap
iuolo di Priamo (587) e d’Ecuba. (589), era sacerdote d’Apollo (96) e
di
Nettuno (185) ; e s’adoperò ardentemente a dissua
ntemente a dissuadere i Trojani dall’introdurre nelle mura il cavallo
di
legno che i Greci avevano finto d’abbandonare sul
llo di legno che i Greci avevano finto d’abbandonare sul lido a guisa
di
voto offerto a Minerva (522). Laocoonte asseriva
avallo fosse dedicato a Minerva (262), tennero per sacrilega l’azione
di
Laocoonte ; e ne furono più che mai persuasi, all
fendean coi petti il mare, E s’ergean con le teste orribilmente Cinte
di
creste sanguinose ed irte. Il resto con gran giri
rribili. ……….. E gli angui S’affilàr drittamente a Laocoonte ; E pria
di
due suoi pargoletti figli Le tenerelle membra amb
te infisse, Gli addentarono il teschio. Egli, com’era D’atro sangue e
di
bava e di veleno Le bende, ’l volto asperso, i tr
, Gli addentarono il teschio. Egli, com’era D’atro sangue e di bava e
di
veleno Le bende, ’l volto asperso, i tristi nodi
rocca insieme Strisciando e zufolando al sommo ascesero, E nel tempio
di
Palla entro al suo scudo Rinvolti, a’piè di lei s
mo ascesero, E nel tempio di Palla entro al suo scudo Rinvolti, a’piè
di
lei si raggrupparo. (Virgilio, Eneide. Lib. II.
upplichevoli grida de’figliuoletti, e il tentar brancolando ma invano
di
recarsi loro in ajuto, ne faceva spettacolo sì do
etaggio. Questo capo lavoro del Laocoonte è attribuito allo scalpello
di
Polidoro, d’Atenodoro e d’Agesandro, celebri arte
lo scalpello di Polidoro, d’Atenodoro e d’Agesandro, celebri artefici
di
Rodi che lo scolpirono tutto d’un pezzo.118 Nella
rtefici di Rodi che lo scolpirono tutto d’un pezzo.118 Nella galleria
di
Firenze se ne vede la copia in marmo per mano di
o.118 Nella galleria di Firenze se ne vede la copia in marmo per mano
di
Baccio Bandinelli. Enea. 608. Enea, figli
ano di Baccio Bandinelli. Enea. 608. Enea, figlio d’Anchise e
di
Venere (170), aveva sposato Creusa, figlia di Pri
nea, figlio d’Anchise e di Venere (170), aveva sposato Creusa, figlia
di
Priamo (587). Quando Paride ebbe rapito Elena, pr
ando Paride ebbe rapito Elena, prevedendo Enea le funeste conseguenze
di
quest’iniqua azione, consigliò che fosse resa col
(591) solo fra’ Trojani lo superava. 609. Nella notte dell’eccidio
di
Troja dette le più alte prove del suo valore ; ma
nte Ida con quanti potè raccogliere dei Trojani. In questa fuga piena
di
rischi e d’affanno perdè la diletta moglie Creusa
ita per consacrarla al suo culto. 610. Enea potè costruire una flotta
di
venti vascelli, e co’ Trojani sopravvissuti all’u
steggiò la Tracia, la Grecia e l’Epiro ; ma sempre inseguito dall’ira
di
Giunone (85), incorse, per causa sua, in una furi
n Cartagine da Didone, resagli favorevole da Venere. Così un compagno
di
Enea, Ilioneo, narra a Didone lo scopo e il trava
(Virgilio, Eneide. Lib. I. Traduz. del Caro.) 611. Didone era figlia
di
Belo re di Tiro, e fuggì dalla patria per involar
Eneide. Lib. I. Traduz. del Caro.) 611. Didone era figlia di Belo re
di
Tiro, e fuggì dalla patria per involarsi alle cru
ese vicino, tanto terreno quanto potesse contenerne in giro una pelle
di
bove tagliata a strisce ; e su questo spazio fond
pelle di bove tagliata a strisce ; e su questo spazio fondò la città
di
Cartagine, che per tal cagione fu chiamata anche
gine, che per tal cagione fu chiamata anche Birsa, cioè a dire, pelle
di
bove. 612. Le sventure ed i meriti dell’eroe troj
pietà la bella Didone, ed egli cedè per qualche tempo alle seduzioni
di
molli affetti ; ma il nunzio di Giove (160) scese
cedè per qualche tempo alle seduzioni di molli affetti ; ma il nunzio
di
Giove (160) scese a ritrarlo dalle insidie che l’
ma il nunzio di Giove (160) scese a ritrarlo dalle insidie che l’odio
di
Giunone tendeva sempre alla sua gloria, e gli ord
la l’anno innanzi ; e quindi passò in Italia, ove consultò la Sibilla
di
Cuma (668), per sapere in qual modo avrebbe potut
qual modo avrebbe potuto scendere nell’inferno. La Sibilla gli ordinò
di
cogliere un ramo d’oro per farne dono a Proserpin
o d’Anchise, nel quale Turno perdette la vita. 615. Dopo quattro anni
di
pace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea s
i pace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea scomparve nel tempo
di
una battaglia, essendo stato rapito in cielo da V
he fabbricò la città d’Alba-lunga ; e quindi i posteri suoi in numero
di
quattordici regnarono sul paese latino, fino a Nu
numero di quattordici regnarono sul paese latino, fino a Numitore zio
di
quel Romolo che fondò Roma. 617. Virgilio Marone,
Marone, poeta latino che fioriva sotto Augusto un mezzo secolo prima
di
G. C., cantò le sventure d’Enea in un poema chiam
ero quel gran poeta commise un anacronismo facendo Enea contemporaneo
di
Didone, quantunque l’eroe trojano vissuto avesse
uantunque l’eroe trojano vissuto avesse tre secoli prima della regina
di
Cartagine ; ma volle immaginare la passione di Di
oli prima della regina di Cartagine ; ma volle immaginare la passione
di
Didone per Enea, a fine di toccare dei grandi fat
artagine ; ma volle immaginare la passione di Didone per Enea, a fine
di
toccare dei grandi fatti che avvennero tra Roma e
Nettuno (185) e Mercurio (262) andarono una volta ad alloggio in casa
di
un contadino della Beozia, il quale, benchè pover
il solo bove che possedeva. Giove, desiderando ricompensarlo, promise
di
accordargli ogni sua richiesta ; e il buon uomo s
; e il buon uomo si contentò d’impetrare un figliuolo, senza bisogno
di
pigliar moglie. Furono esauditi i suoi voti ; e d
veva la statura sì appariscente, che ne hanno fatto un gigante capace
di
uscir fuori dell’acqua con la testa camminando ne
go, Diana (137) vedendo quella testa senza saperne altro, ebbe voglia
di
far conoscere ad Apollo (96) che ne la istigava,
Ecco come sovente i capricci e le folli gare dei grandi sono cagione
di
danno e di ruina ai soggetti ! 620. Ma altri mito
sovente i capricci e le folli gare dei grandi sono cagione di danno e
di
ruina ai soggetti ! 620. Ma altri mitologi suppon
e di danno e di ruina ai soggetti ! 620. Ma altri mitologi suppongono
di
Orione un fine diverso da questo, poichè dicono c
te colla sua puntura. Fatto sta che Diana si pentì molto d’aver tolto
di
vita quel bell’uomo d’Orione ; ma che valeva il p
va il pentimento ? il male era fatto, e senza rimedio. Tuttavia credè
di
poterlo diminuire facendogli gli onori del funera
e che fosse posto nel cielo, ove forma la costellazione più rilucente
di
tutte le altre (676). Quando Orïon dal celo Decl
lemone, povero vecchiarello, aveva per moglie Bauci anche più vecchia
di
lui. Giove (63) e Mercurio (160) viaggiando per l
i. Giove (63) e Mercurio (160) viaggiando per la Frigia sotto spoglie
di
semplici mortali si trovarono villanamente negato
oglie di semplici mortali si trovarono villanamente negato l’alloggio
di
tutti i più ricchi possidenti d’un villaggio, e s
iù ricchi possidenti d’un villaggio, e solamente questa misera coppia
di
vecchiarelli con tutto amore gli accolse. 622. Si
accolse. 622. Sicché Giove, che ne li volle ricompensare, ordinò loro
di
seguirlo sulla cima del monte, dove rivoltisi a g
loro capanna che era trasformata in un tempio. 623. Indi promise loro
di
non negar nulla di quanto gli avrebbero chiesto ;
a trasformata in un tempio. 623. Indi promise loro di non negar nulla
di
quanto gli avrebbero chiesto ; ed i pietosi vecch
d i pietosi vecchi implorarono la salvezza dei borghigiani, l’ufficio
di
sacerdoti in quel tempio, e la grazia di morire i
a dei borghigiani, l’ufficio di sacerdoti in quel tempio, e la grazia
di
morire insieme nel medesimo giorno. I loro voti f
commovente pietà filiale verso la madre Cidippe che era sacerdotessa
di
Giunone (85), 625. Questa sacerdotessa doveva ess
carro sè stessi, e la condussero fino al tempio, facendo un tragitto
di
circa sei miglia. Intenerita da quest’azione, la
ie della vita. Gli abitanti d’Argo alzarono loro le statue nel tempio
di
Delfo. Oh generosi ! i vostri nomi saranno eterna
pietosi. Singolare poi è la differenza che passa tra le buone azioni
di
questi personaggi d’infima classe e le gesta vana
a greca mitologia. Meleagro. 626. Meleagro, figlio d’Oeneo re
di
Calidonia, e d’Altea, era destinato a vivere tant
e lo tenne custodito con grandissima cura ; ma ad ogni modo lo sdegno
di
Diana (137) cagionò la morte di Meleagro. 627. Q
sima cura ; ma ad ogni modo lo sdegno di Diana (137) cagionò la morte
di
Meleagro. 627. Questa Dea, incollerita contro Oe
eagro. 627. Questa Dea, incollerita contro Oeneo, che s’era scordato
di
lei nel sacrificare a’Numi per ringraziarli della
eca s’unirono a dar la caccia a quella belva tremenda. Meleagro, duce
di
tutti, ebbe la gloria d’uccidere il mostro ; e si
vivamente amata da lui, era stata la prima a ferirlo, credè ben fatto
di
regalare la testa a lei stessa. Ma i due fratelli
alare la testa a lei stessa. Ma i due fratelli d’Altea s’ingelosirono
di
quella preferenza, e tentarono di rapirla per lor
due fratelli d’Altea s’ingelosirono di quella preferenza, e tentarono
di
rapirla per loro ; laonde nacque una zuffa, nella
rimorsi, non gli potè sopravvivere. Niobe. 629. Niobe, figlia
di
Tantalo (250) e sorella di Pelope (511), sposò An
vvivere. Niobe. 629. Niobe, figlia di Tantalo (250) e sorella
di
Pelope (511), sposò Anfione (481) re di Tebe, dal
ia di Tantalo (250) e sorella di Pelope (511), sposò Anfione (481) re
di
Tebe, dal quale ebbe quattordici figli, sette mas
37) ; ed osò anche impedire il culto che le rendevano, argomentandosi
di
meritar tempio ed altari più giustamente di lei.
rendevano, argomentandosi di meritar tempio ed altari più giustamente
di
lei. 631. Latona commise ai suoi figliuoli la ven
giustamente di lei. 631. Latona commise ai suoi figliuoli la vendetta
di
tanta offesa ; laonde Apollo e Diana uccisero a c
la vendetta di tanta offesa ; laonde Apollo e Diana uccisero a colpi
di
frecce tutta la prole di Niobe. Scellerate divini
esa ; laonde Apollo e Diana uccisero a colpi di frecce tutta la prole
di
Niobe. Scellerate divinità, che punivano nei figl
632. La sventurata madre, vista cotanta strage, piena d’affanno e
di
disperazione non potè fare altro che sciogliersi
liuoli ; e tanta era la sua immobilità che pareva non desse più segno
di
vita ; infatti era cangiata in scoglio : O Niobe
si vedevano sgorgare da una rupe marmorea. — Nella galleria pubblica
di
Firenze vedonsi le statue che rappresentano la Ni
lli greci ; ma nella sola figura della madre si scorge la divina arte
di
Fidia ; ed è monumento d’inestimabile pregio.119
mabile pregio.119 Filomela e Progne. 634. Filomela, figliuola
di
Pandione re d’Atene, e sorella di Progne, seguì T
Progne. 634. Filomela, figliuola di Pandione re d’Atene, e sorella
di
Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di sua s
figliuola di Pandione re d’Atene, e sorella di Progne, seguì Tereo re
di
Tracia, marito di sua sorella, la quale non potev
one re d’Atene, e sorella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito
di
sua sorella, la quale non poteva vivere separata
6. La misera Filomela visse un anno intero in mezzo ai tormenti prima
di
poter far sapere alla sorella, che la credeva già
637. Progne, non pensando che alla vendetta, in occasione delle feste
di
Bacco, potè liberare di carcere la sorella, e imb
o che alla vendetta, in occasione delle feste di Bacco, potè liberare
di
carcere la sorella, e imbandito con le membra del
re la sorella, e imbandito con le membra del fanciullo Iti, figliuolo
di
Tereo, un atroce banchetto, ve la fece comparire
fine a far sapere al marito fino a qual punto era arrivata la ferocia
di
Progne per vendicar la sorella ; laonde Tereo inf
innocente degli altrui delitti, in cardellino. Pandione alla notizia
di
tanti orrori morì di dolore. Pigmalione. 63
ui delitti, in cardellino. Pandione alla notizia di tanti orrori morì
di
dolore. Pigmalione. 639. Pigmalione, celebr
olore. Pigmalione. 639. Pigmalione, celebre scultore dell’isola
di
Cipro, fece una statua tanto bella che ne divenne
e una figura adorabile come questa diventi mia sposa. » In sul finire
di
tali parole s’accostò alla statua, e gli parve di
sa. » In sul finire di tali parole s’accostò alla statua, e gli parve
di
vederla muoversi ; la toccò, ed il marmo era cede
non osava ancora abbandonarsi ai trasporti della sua gioia ; la toccò
di
nuovo, e già le belle membra avevano il calor del
può vederlo, può udirlo, scende dal piedistallo, e s’incammina verso
di
lui. Ah ! la felicità di Pigmalione non è un sogn
scende dal piedistallo, e s’incammina verso di lui. Ah ! la felicità
di
Pigmalione non è un sogno ; ed egli andò debitore
re dei miracoli dell’arte ? Atalanta. 640. Atalanta, figliuola
di
Scheneo re di Sciro, fu dotata di straordinaria b
i dell’arte ? Atalanta. 640. Atalanta, figliuola di Scheneo re
di
Sciro, fu dotata di straordinaria bellezza ; ma n
alanta. 640. Atalanta, figliuola di Scheneo re di Sciro, fu dotata
di
straordinaria bellezza ; ma non è da confondersi
rdinaria bellezza ; ma non è da confondersi con l’ altra che fu sposa
di
Meleagro (627). Siccome l’oracolo le aveva predet
e dopo aver preso marito avrebbe perduto la forma umana, così risolse
di
rimaner sempre nubile ; ed essendo tanto agile al
gli uomini più veloci, dichiarò, per liberarsi da una folla importuna
di
pretendenti, che non voleva dar la sua mano se no
la sua mano se non a chi l’avesse vinta nel corso ; quindi minacciava
di
far perire tutti coloro che fossero rimasti vinti
elebre pel suo amore per Tisbe che era la più bella tra le giovanette
di
Babilonia. Dovevano già sposarsi ; ma i lor genit
, venuti a contesa, sciolsero queste nozze, e impedirono ai figliuoli
di
più vedersi. Gli amanti non poterono obbedire a q
ritrovato fuori della città sotto un gelso bianco, presso alla tomba
di
Nino. 645. Tisbe arrivò la prima sotto quel g
o quel gelso, ma fu sorpresa da una leonessa che aveva le fauci lorde
di
sangue ; e spinta da terrore si dette a fuga tant
a tanto precipitosa, che perdette il suo velo. La belva si scagliò su
di
esso, lo sbranò, e lo intrise di sangue. Giuntovi
il suo velo. La belva si scagliò su di esso, lo sbranò, e lo intrise
di
sangue. Giuntovi poco dopo Piramo, che aveva già
i, e che i suoi frutti cominciassero allora a nascere vermigli invece
di
bianchi com’ eran prima. Ero e Leandro. 64
o, città dell’Asia, era fidanzato alla bella Ero giovane sacerdotessa
di
Venere che abitava a Sesto sulla opposta spiaggia
he le onde si calmassero, ma l’ottavo non potè resistere al desiderio
di
rivedere la fidanzata. Partì, che il vento imperv
rni dopo le onde trassero il suo cadavere sotto quella medesima torre
di
dove Ero, già turbata da tristo presentimento, sp
ora sulla superficie delle acque, ora sopra la spiaggia. All’aspetto
di
Leandro estinto, non potè moderare l’eccesso dell
azione, e si uccise. Anche questo lacrimevole fatto è stato argomento
di
bei quadri e di poemi. Deucalione e Pirra.
ise. Anche questo lacrimevole fatto è stato argomento di bei quadri e
di
poemi. Deucalione e Pirra. 647. Deucalione
quadri e di poemi. Deucalione e Pirra. 647. Deucalione figlio
di
Prometeo (70) e di Pandora (73) aveva sposato Pir
Deucalione e Pirra. 647. Deucalione figlio di Prometeo (70) e
di
Pandora (73) aveva sposato Pirra figliuola d’Epim
8. Giove (63), sdegnato della perversità degli uomini, aveva statuito
di
sommergere il genere umano, ed ecco inondarsi tut
36) che pronunziava oracoli alle falde del Parnaso, e che ordinò loro
di
velarsi il capo e di andar gettando dietro le spa
racoli alle falde del Parnaso, e che ordinò loro di velarsi il capo e
di
andar gettando dietro le spalle le ossa della lor
loro madre. Deucalione dopo aver lungamente pensato all’ arcano senso
di
quest’ oracolo, capì che la loro madre comune era
pietre, e gettandole dietro le spalle ; ed allora accadde che quelle
di
Deucalione si cangiavano in uomini e quelle di Pi
ora accadde che quelle di Deucalione si cangiavano in uomini e quelle
di
Pirra in donne. Chi non riscontra nella durezza d
non riscontra nella durezza delle pietre divenute uomini la rozzezza
di
quei nuovi popoli incolti, la vita laboriosa che
, la vita laboriosa che doveron condurre per sussistere, e quella età
di
ferro tanto diversa dalla vantata beatitudine dei
Un diluvio poi accadde effettivamente nella Tessaglia sotto il regno
di
Deucalione verso l’anno 1532 ; e fu cagionato da
cciosa e sdegnata, perch’ egli solleva le tempeste e ricopre la terra
di
geli e di brine ; dicevan poi che volando pel cie
degnata, perch’ egli solleva le tempeste e ricopre la terra di geli e
di
brine ; dicevan poi che volando pel cielo era tut
i e di brine ; dicevan poi che volando pel cielo era tutto circondato
di
fitte nebbie ; e che stava in mezzo a’turbini pol
rra, quando, cioè, i venti ………. avvolgon tutta Di turbini la terra e
di
tumulto. (Eneide, Versione dell’ Arici.) 654. Bo
d’acqua dolce per la nave. 655. Euro suol essere dipinto in sembianze
di
giovine alato che va spargendo fiori con ambo le
657. Zeffiro, figlio d’Eolo (199) e dell’Aurora (143), gentil marito
di
Flora (312), spira tutta serenità e dolcezza, ed
marito di Flora (312), spira tutta serenità e dolcezza, ed ha le ale
di
farfalla ; è un giovinetto vermiglio e fresco sic
e i fiori ch’egli accarezza ; il suo colorito è rosso virgineo al par
di
quello della rosa nascente ; e negli sguardi ha l
rimavera. Tutto sollecito dei fragili tesori che abbelliscono il seno
di
Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue al
ia dei fiori, dei frutti e delle mèssi ; è inghirlandato d’ogni sorta
di
fiori, perchè giova tanto alla fecondità della te
658. In molti paesi eressero templi ai Venti, e ad Atene ve n’era uno
di
forma ottagona, avendo ad ogni angolo la figura d
pira. Epimenide. 658, 2° Epimenide era un filosofo dell’ isola
di
Creta, contemporaneo di Solone. La storia della s
658, 2° Epimenide era un filosofo dell’ isola di Creta, contemporaneo
di
Solone. La storia della sua vita è tessuta di pro
di Creta, contemporaneo di Solone. La storia della sua vita è tessuta
di
prodigj. Ancor giovinetto si smarrì col gregge lu
gj. Ancor giovinetto si smarrì col gregge lungi da una casa campestre
di
suo padre ; e venuta la notte si ricoverò in una
a notte si ricoverò in una caverna, ove dormì per cinquantasette anni
di
seguito. Alla fine svegliatosi, cercò del gregge,
e era già vecchio, ed al quale narrò i casi suoi. Divulgatasi la fama
di
questo miracolo in tutta la Grecia, Epimenide pas
età si nutrì solamente d’Ambrosia (222) somministratagli dalle ninfe
di
Creta. Così con bella immagine è simboleggiata la
iresia, Anfiarao e Calcante. 660. Tiresia vantava l’esser suo da uno
di
quei guerrieri nati dai denti del serpente, che C
i del serpente, che Cadmo seminò nella terra a tempo della fondazione
di
Tebe. Un giorno incontrò sul monte Cillene due se
sette anni, ritrovati i due serpenti nel medesimo posto, e colpitili
di
nuovo con la medesima verga, riebbe subito la pri
ma convien prima avvertire che a coloro i quali ebbero la presunzione
di
vaticinare il futuro, che è quanto dire, furono s
arda, e fa ritroso calle.123 Vedi Tiresia, che mutò sembiante Quando
di
maschio femmina divenne, Cangiandosi le membra tu
nne.124 Aronta è quei ch’al ventre gli s’atterga,125 Che nei monti
di
Luni, dove ronca Lo Carrarese che di sotto alberg
gli s’atterga,125 Che nei monti di Luni, dove ronca Lo Carrarese che
di
sotto alberga, Ebbe tra bianchi marmi la spelonca
ricopre le mammelle,126 Che tu non vedi, con le trecce sciolte, E ha
di
là ogni pilosa pelle, Manto127 fu, che cercò per
o ;128 Onde un poco mi piace che mi ascolte. Poscia che ’l padre suo
di
vita uscio. E venne serva la città di Baco,129 Q
scolte. Poscia che ’l padre suo di vita uscio. E venne serva la città
di
Baco,129 Questa gran tempo per lo mondo gio. Sus
ago stagna. Luogo é nel mezzo là dove ’l Trentino132 Pastore, e quel
di
Brescia, e ’l Veronese Segnar poria, se fesse que
rso, che trova una lama Nella qual si distende, e la ’mpaluda, E suol
di
state talora esser grama. Quindi passando la verg
lâr senz’ altra sorte.137 661. Poichè Tiresia aveva avuto occasione
di
conoscere i vantaggi e gl’inconvenienti d’ambedue
e (85) su chi sia più felice, o l’uomo o la donna. Vedi senno da Numi
di
prima classe ! Tiresia giudicò a favore delle don
a classe ! Tiresia giudicò a favore delle donne ; ma Giunone, che era
di
contrario parere, se l’ebbe a male, e lo acciecò.
: Innamorato, nel pïerio fonte Mirò Tiresia giovinetto i fulvi Capei
di
Palla, liberi dall’elmo, Coprir le rosee disarma
i, Che non più il dardo suo dritto fischiava ; Però che la divina ira
di
Palla Al cacciator col cenno onnipossente Avvinse
ivina ira di Palla Al cacciator col cenno onnipossente Avvinse i lumi
di
perpetua notte. Tal destino è ne’fati. Ah ! senza
96) e d’Ipermestra (252), e fu celebre indovino al tempo della guerra
di
Tebe. Sapendo per sua propria scienza che in quel
alzarono un tempio, l’oracolo del quale diventò famoso quanto quello
di
Delfo. Per consultarlo bisognava purificarsi, ast
rcito greco nella guerra trojana. I capitani non facevano alcuna cosa
di
rilievo senza prima udire il suo parere ; e con A
va il fato ch’egli perisse dopo aver incontrato un indovino più abile
di
lui. Infatti morì di dolore nel bosco di Claro co
risse dopo aver incontrato un indovino più abile di lui. Infatti morì
di
dolore nel bosco di Claro con sacrato ad Apollo,
ntrato un indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore nel bosco
di
Claro con sacrato ad Apollo, per non aver potuto
erte donne alle quali attribuivano la cognizione del futuro e il dono
di
predirlo. Questa parola che significa inspirato f
ta parola che significa inspirato fu prima attribuita alla profetessa
di
Delfo, e poi diventò comune a tutte le donne che
hi dieci Sibille, e le più famose furono quella d’Eritrea nell’Ionia,
di
Sardi, di Delfo, figliuola dell’indovino Tiresia
ibille, e le più famose furono quella d’Eritrea nell’Ionia, di Sardi,
di
Delfo, figliuola dell’indovino Tiresia (660), la
elfo, figliuola dell’indovino Tiresia (660), la Sibilla Libica figlia
di
Giove (63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe,
dell’indovino Tiresia (660), la Sibilla Libica figlia di Giove (63) e
di
Lamia, e quella di Cuma, Deifobe, che risiedeva i
ia (660), la Sibilla Libica figlia di Giove (63) e di Lamia, e quella
di
Cuma, Deifobe, che risiedeva in una città di quel
63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe, che risiedeva in una città
di
quel nome in Italia, e fu la stessa che andò a pr
Altri attribuirono questo fatto alla Sibilla Demofila o Demo. Coperta
di
lungo velo si avanzò Demofila gravemente e con si
o velo si avanzò Demofila gravemente e con sicurezza verso il palazzo
di
Tarquinio, e chiese di parlargli. Giunta al suo c
la gravemente e con sicurezza verso il palazzo di Tarquinio, e chiese
di
parlargli. Giunta al suo cospetto, gli mostrò nov
glio 300 monete d’oro per questi manoscritti che contengono i destini
di
Roma. » Tarquinio sorridendo non si degnò di risp
che contengono i destini di Roma. » Tarquinio sorridendo non si degnò
di
rispondere ; ma Demofila, senza sconcertarsi, ne
e ripetè la stessa dimanda per i sei rimastile. Tarquinio trattandola
di
stravagante era per farla cacciare dalla sua pres
da quindici sacerdoti chiamati quindecemviri, col divielo, sotto pena
di
morte, di lasciarli vedere a chicchessia. Questa
i sacerdoti chiamati quindecemviri, col divielo, sotto pena di morte,
di
lasciarli vedere a chicchessia. Questa raccolta d
li restò incenerita nell’ incendio del Campidoglio sotto la dittatura
di
Silla, e vi furono sostituiti altri libri compost
Cumana che dicevano inspirata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo
di
una caverna nel tempio di questo Dio. La caverna
rata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo di una caverna nel tempio
di
questo Dio. La caverna aveva cento sbocchi di dov
una caverna nel tempio di questo Dio. La caverna aveva cento sbocchi
di
dove uscivano altrettante voci tremende contenent
chè i suoi oracoli ottenevano venerazione presso i Romani come quelli
di
Delfo presso i Greci. Eleno dice ad Enea : Giunt
leno dice ad Enea : Giunto in Italia, allor che nella spiaggia Sarai
di
Cuma, il sacro Averno lago Visita, e quelle selve
a il vento le disturba, E van per l’antro a volo, ella non prende Più
di
ricorle e d’accozzarle affanno : Onde molti delus
arle affanno : Onde molti delusi e sconsigliati Tornan sovente, e mal
di
lei s’appagano.138 (Eneide, lib. III, Trad. del
Sibilla, nata a Cuma, aveva nome Deifobe o Erofila, ed era figliuola
di
Glauco (201) e sacerdotessa d’ Apollo. Si narra c
bellezza, le offerisse d’accordarle ogni sua dimanda ; ed ella chiese
di
vivere tanti anni quanti chicchi di sabbia erano
ogni sua dimanda ; ed ella chiese di vivere tanti anni quanti chicchi
di
sabbia erano nella sua mano. Apollo vi acconsentì
bbia erano nella sua mano. Apollo vi acconsentì, e le concesse ancora
di
serbare per tutta la vita la freschezza della gio
serbare per tutta la vita la freschezza della gioventù ; ma la figlia
di
Glauco ricusò questo dono, sicchè una malinconica
languida vecchiaja tenne dietro alla serenità dei primi anni. A tempo
di
Virgilio ne aveva già vissuti settecento, e per c
ne aveva già vissuti settecento, e per compiere il numero dei chicchi
di
sabbia le restava da vivere altri tre secoli. Dop
o corpo consumato dalla vecchiezza doveva struggersi a poco a poco, e
di
lei non restar che la voce, alla quale il destino
quale il destino aveva attribuito durata eterna. Quando Creso, prima
di
combattere Ciro, consultò la Sacerdotessa, n’ ebb
passando l’ Alcice, rovescerà un grande impero. Infatti, se questo re
di
Lidia avesse trionfato di Ciro, sarebbe stato dis
erà un grande impero. Infatti, se questo re di Lidia avesse trionfato
di
Ciro, sarebbe stato distrutto l’impero dei Persia
do la Pitia disse a Nerone : diffida dei settantatrè anni, egli credè
di
dover morire in quell’età avanzata ; ma non pensò
iati senza offrire sacrificj. 670. Quelli della Grecia, i più celebri
di
tutti, erano di quattro specie : Olimpici, sacri
re sacrificj. 670. Quelli della Grecia, i più celebri di tutti, erano
di
quattro specie : Olimpici, sacri a Giove ; Pitii,
Panatenei, Eleusinii, Erculei e Panellenii, oltre ai giuochi Olimpici
di
ordine inferiore a que’ d’ Elide. In Argo eranvi
nferiore a que’ d’ Elide. In Argo eranvi i giuochi Ecatombei in onore
di
Giunone. e il vincitore aveva uno scudo di bronzo
giuochi Ecatombei in onore di Giunone. e il vincitore aveva uno scudo
di
bronzo ; in Arcadia si celebravano i Licei ; in T
o adottati dai Romani che ne istituirono parecchi altri, cioè, quelli
di
Cerere, i Floreali, i Megalesj. i Troiani e i Sec
ente nei greci petti l’amore della libertà e della gloria, e facevano
di
questi giuochi uno spettacolo veramente sublime ;
lime ; al quale s’univa poi l’agilità della corsa a piedi, i pericoli
di
quella col celete o cavallo da sella e coi carri,
vincitore diventavano celebri in tutta la Grecia ; ed egli, fregiato
di
una nobiltà meno vana di quella che vien dai nata
lebri in tutta la Grecia ; ed egli, fregiato di una nobiltà meno vana
di
quella che vien dai natali, aveva monumenti ed im
ali, aveva monumenti ed immagini ; e se morte o sventura gl’ impediva
di
farsi sostegno ai vecchi genitori, la nazione tut
la futura lor sorte. Indi era bello per le greche città l’esser liete
di
viventi cittadini, i quali e gloria e vite ed ono
ocavano interamente nella patria, tutti a quella devoti e tutti pieni
di
quella ; e gli atleti, fintantochè l’esercizio gi
ne dei primitivi giuochi dei Greci, celebrati da Achille alla memoria
di
Patroclo ; e Virgilio, nel libro V dell’ Eneide c
E convien prima avvertire che sul principio fu rigorosamente vietato
di
pigliar parte in questi giuochi alle donne ; ma c
on l’andar del tempo alcune vi si recarono in abiti maschili, osarono
di
entrare in lizza e meritarono il premio. Allora a
viamo che nella 25ª Olimpiade, Licisia figlia d’Archidamante principe
di
Macedonia trionfò nella corsa dei carri o delle b
olte altre donne macedoni la imitarono, e furono anch’esse incoronate
di
mirto, di quercia o d’olivo. — Trasibulo, figlio
donne macedoni la imitarono, e furono anch’esse incoronate di mirto,
di
quercia o d’olivo. — Trasibulo, figlio di Senocra
h’esse incoronate di mirto, di quercia o d’olivo. — Trasibulo, figlio
di
Senocrate d’Agrigento, avendo riportato il pitio
celebra con una bella ode139 questo tratto d’ amor filiale. — Diagora
di
Rodi che si era fatto illustre con una vittoria r
avano fiori a piene mani su quel padre avventurato. — Dionigi tiranno
di
Siracusa voleva con l’oro indurre il padre di un
rato. — Dionigi tiranno di Siracusa voleva con l’oro indurre il padre
di
un vincitore olimpico a dichiararsi cittadino di
oro indurre il padre di un vincitore olimpico a dichiararsi cittadino
di
Siracusa, perchè anche quella città partecipasse
iararsi cittadino di Siracusa, perchè anche quella città partecipasse
di
tanta gloria ; ma il figlio, in cui l’ amor di pa
lla città partecipasse di tanta gloria ; ma il figlio, in cui l’ amor
di
patria era sprone al valore, spregiando i doni de
a sprone al valore, spregiando i doni del tiranno, gridò che egli era
di
Mileto, e fece scolpire sotto la sua statua : Ant
di Mileto, e fece scolpire sotto la sua statua : Antipatro figliuolo
di
Clinopatro, Milesio, il primo fra gl’ Ionj ottenn
esio, il primo fra gl’ Ionj ottenne la vittoria d’ Olimpia. — Teagene
di
Taso, piccola città presso Lacedemone, trionfò du
a gli cadde addosso e lo schiacciò. Ben 23 corone adornavano il crine
di
Alcimide di Egina, giovine lottatore. — Gli Atlet
addosso e lo schiacciò. Ben 23 corone adornavano il crine di Alcimide
di
Egina, giovine lottatore. — Gli Atleti dotati di
il crine di Alcimide di Egina, giovine lottatore. — Gli Atleti dotati
di
forza prodigiosa furono talora sedotti dalla pres
furono talora sedotti dalla presunzione, e ne pagarono il fio. Milone
di
Crotone nel Brutium (Abruzzi) superò tutti quelli
i quelli del suo tempo. Era stato visto mettersi sulle spalle un toro
di
quattro anni, correr con esso lo stadio senza rip
spaccato dal vento. Rammentatosi dell’antica sua forza, volle finire
di
scoscenderlo ; ma il suo braccio non era più quel
, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo braccio non era più quello
di
prima. L’albero apertosi alla prima scossa, tosto
un leoue mostruoso sul monte Olimpo, ed era capace in età più adulta
di
fermare con una mano un carro tirato da sci caval
ed i convitati scapparono ; ma egli, fidando nella sua forza, pretese
di
sostencre l’enorme peso, e dovè soccombere sotto
ente fatto, che può dare un cenno dei costumi e dell’indole dei Greci
di
quel tempo. « Un vecchio avvolontato di vedere i
stumi e dell’indole dei Greci di quel tempo. « Un vecchio avvolontato
di
vedere i giuochi che si celebravano in Olimpia, n
i fatti gli cedeano il luogo. Tutta l’assemblea con lieto scoppiettar
di
mano lodò questa buona speranza, ed il vecchio cr
zandosi in piè gli offeriscono luogo fraessi. Il popolo si compiacque
di
questo fatto, e lietamente romoreggiò con gran di
piacque di questo fatto, e lietamente romoreggiò con gran dimostranza
di
averlo approvato. Disse allora uno Spartano : Cer
scono gli Ateniesi il bene, ma nol fanno. » (Adriani. Volgarizzamento
di
Plutarco.) Pindaro, maraviglioso poeta, celebrava
i crediamo opportuno riportare alcune delle sentenze sparse nelle Odi
di
Pindaro, e scelte nella traduzione del Borghi, le
cun trapassa i gelid’anni, e giace In tenebrosa pace, Né bella gloria
di
bell’opre ottiene ? Ma ugual se il giorno ride, U
ottiene ? Ma ugual se il giorno ride, Ugual se mancar suole Ai figli
di
virtù risplende il Sole. Degli amici all’udir l’
all’udir l’inclite imprese Meglio allegrar si suole Qual alma eccelsa
di
virtù s’accese. D’empia menzogna profanar non gio
D’empia menzogna profanar non giova Le generose lodi : Nella stagion
di
faticosa prova Lice gl’imbelli ravvisar dai prodi
fatica e chiesto argento ; Ma nella patria terra, Se alcun s’allegra
di
beato evento, Lui tien, lui saggio chiama Fra i m
se non oro, non vigor ti manca, Non lodati costumi, Fuggi, o mortal,
di
pareggiarti ai Numi. Nell’ Ocean, nel suolo, Frut
nel suolo, Frutto d’onor non coglie Virtù che rischio teme. Ah ! che
di
folle errore Anche il saggio talor giuoco divenne
do l’avel ne prema, Sol quella mostra chi quassu fu degno Di storia o
di
poema. Sé stesso il saggio moderar procuri, Nemic
e del tiranno e della sua città ad aprire questo pubblico esperimento
di
coraggio e di forza, secondo alcuni l’anno 884 av
e della sua città ad aprire questo pubblico esperimento di coraggio e
di
forza, secondo alcuni l’anno 884 av. G. C. Vi è a
e indica il loro numero e la loro riunione ; ovvero da Pelope figlio
di
Tantalo ; e v’è memoria che anche Atreo gli istit
atini per andar d’accordo con loro. Ogni Olimpiade formava un periodo
di
quattro anni e due mesi. Giusta i migliori critic
i av. G. C. quando Corebo vinse nella corsa, e continuarono in numero
di
294 fino al principio del quinto secolo dell’èra
. 672. I Giuochi Pitii che celebravansi ogni quattro anni nella città
di
Pitona appiè del monte Parnaso, o dalla città med
Greci tenuti in massimo pregio. Si dettero ai vincitori corone, prima
di
quercia, poi d’alloro o di palma ; nè vi mancaron
gio. Si dettero ai vincitori corone, prima di quercia, poi d’alloro o
di
palma ; nè vi mancarono premj di musica, di danza
ne, prima di quercia, poi d’alloro o di palma ; nè vi mancarono premj
di
musica, di danza e di poesia. I Romani adottarono
i quercia, poi d’alloro o di palma ; nè vi mancarono premj di musica,
di
danza e di poesia. I Romani adottarono questi giu
poi d’alloro o di palma ; nè vi mancarono premj di musica, di danza e
di
poesia. I Romani adottarono questi giuochi verso
iamarono Apollinari. 673. I Giuochi Nemei, già istituiti nella selva
di
Neme dai sette capitani a Tebe in memoria dell’uc
i ; e vi era usato ogni genere d’atletico esperimento, almeno all’età
di
Pindaro. Li celebravano ogni tre anni, e gli atle
mpre vestiti a lutto. 674. I Giuochi Ismici presero il nome dall’ismo
di
Corinto, ove con gran pompa erano solennizzati og
no solennizzati ogni cinque anni. Furono istituiti da Sisifo in onore
di
Melicerta, e poscia verso l’anno 1260 av. l’èra v
ripristinati da Teseo (482) e consacrati a Nettuno (185). Ogni genere
di
atletico esercizio vi si tentava, come la corsa,
tituzione una corona d’apio cingeva le tempie dei vincitori. In tempo
di
questi giuochi il console Flaminio fece proclamar
il Macedone, due secoli circa avanti G. C. 675. I principali giuochi
di
Roma erano di tre specie : La corsa fatta nel cir
due secoli circa avanti G. C. 675. I principali giuochi di Roma erano
di
tre specie : La corsa fatta nel circo dedicato a
ci, consistenti nel rappresentare tragedie, commedie e satire in onor
di
Bacco, di Venere e d’ Apollo. 140 Descrizione
tenti nel rappresentare tragedie, commedie e satire in onor di Bacco,
di
Venere e d’ Apollo. 140 Descrizione dei giuoch
La corsa a piedi. 675, 2°. Fu primieramente proposta la corsa
di
mille passi, dal tempio di Minerva al Foro : alla
75, 2°. Fu primieramente proposta la corsa di mille passi, dal tempio
di
Minerva al Foro : alla quale distanza non poteva
già alquanto trascorsi in retta schiera, l’uno non superando l’altro
di
minimo spazio, quando quegli ch’era di mezzo creb
a, l’uno non superando l’altro di minimo spazio, quando quegli ch’era
di
mezzo crebbe il suo corso, ed avanzò alquanto. Gl
crebbe il suo corso, ed avanzò alquanto. Gli altri, che erano a lato
di
lui, sforzaronsi parimenti di raggiungerlo, per m
ò alquanto. Gli altri, che erano a lato di lui, sforzaronsi parimenti
di
raggiungerlo, per modo che formossi la loro schie
pazio in quella disposizione, quando colui che correva al destro lato
di
quello che tutti superava nel mezzo, fatto repent
he tutti superava nel mezzo, fatto repentino impeto, trascorse avanti
di
lui. Risonò l’aria di lietissimi applausi ; dai q
mezzo, fatto repentino impeto, trascorse avanti di lui. Risonò l’aria
di
lietissimi applausi ; dai quali punto, non meno c
non che a corsa, a salti maravigliosi, e riapparve ben presto innanzi
di
tutti, siccome da prima, a sè di nuovo rivolgendo
iosi, e riapparve ben presto innanzi di tutti, siccome da prima, a sè
di
nuovo rivolgendo lo stridore degli applausi. Ma p
degli applausi. Ma pure il vicino cursore, non deponendo la speranza
di
trascorrere di nuovo innanzi di quello, si slanci
. Ma pure il vicino cursore, non deponendo la speranza di trascorrere
di
nuovo innanzi di quello, si slanciava anelando vi
no cursore, non deponendo la speranza di trascorrere di nuovo innanzi
di
quello, si slanciava anelando vicino in modo, che
si slanciava anelando vicino in modo, che l’altro sentiva l’affannoso
di
lui respiro, onde, per tôrsi da tale molestia, tr
trattenendosi all’improvviso, con mirabile arte stese il piede verso
di
lui ; il quale non potè evitare l’inciampo, e per
i a nuovo spettacolo, sei carri ; ciascuno dei quali aveva al timone,
di
fronte, quattro corsieri, che, anelando dalle all
con le redini nella manca, e nella dritta sospeso il flagello in atto
di
percuotere, col viso rivolto al trombettiere, sta
ia più grata la corsa e più festiva ; ma pure hanno il capo ricoperto
di
un elmo leggiero, a difesa delle tempie in una fo
lentano la briglia, animandoli colla voce e colla sferza, chini verso
di
loro alquanto, o per essere più facilmente intese
ci, insieme al calpestio delle ferrate ugne. Ma ben presto, al volger
di
tante rote e al battere di tante orme, la in prim
lle ferrate ugne. Ma ben presto, al volger di tante rote e al battere
di
tante orme, la in prima serena aria offuscò tal n
e al battere di tante orme, la in prima serena aria offuscò tal nembo
di
arida polve, che, come la luna, tra le nubi, ora
cuno ingombro i sei carri ; e quegli astanti si compiacevano non solo
di
rimirarne a cielo sereno la corsa, ma deridevano
lvere, sollevando dalla molestia i derisi, e rendendo loro spettacolo
di
beffe gli stessi derisori. Ma già un carro, i cui
, i cui destrieri erano biondi con nere chiome, trascorreva gli altri
di
non breve spazio, ed il condottiere dimostrava la
i appressa un altro cocchio, i cui destrieri erano foschi come quelli
di
Pluto rapitore di Proserpina. A somiglianza di qu
o cocchio, i cui destrieri erano foschi come quelli di Pluto rapitore
di
Proserpina. A somiglianza di quelli, sembrava che
ano foschi come quelli di Pluto rapitore di Proserpina. A somiglianza
di
quelli, sembrava che loro uscissero le faville in
tuosi quanto il mare. Già la testa loro pareggia il centro delle rote
di
quel carro che precede ; il condottiero del quale
intervallo trascorrendo come flutto spinto dal vento, giunsero a lato
di
quelli. Per qualche tratto di stadio corsero così
lutto spinto dal vento, giunsero a lato di quelli. Per qualche tratto
di
stadio corsero così, che le otto teste delle due
dell’asse. Al quale oggetto spaventati i biondi destrieri, cadde uno
di
loro ; e gli altri tutti, da lui repentinamente t
cocchio pendeva da una parte, trascinando nella polvère l’asse privo
di
rota, mentre che il giovane giaceva supino, rimas
giovane giaceva supino, rimasto indietro nello stadio senza speranza
di
premio, benchè il vòto carro giugnesse alla meta.
altri quattro, che ad eguali distanze seguivansi, deviando l’inciampo
di
quello ch’era rimasto per via, incominciarono a g
mpo di quello ch’era rimasto per via, incominciarono a gareggiare fra
di
loro, rianimando le speranze, e finalmente giunse
eranze, e finalmente giunse prima alla meta la quadriga bianca sparsa
di
nere macchie, onde presentandosi il condottiero a
atore de’ premj, ebbe in dono un elmo ed un usbergo d’acciajo, ornato
di
argento, sul petto di cui si vedeva scolpita una
in dono un elmo ed un usbergo d’acciajo, ornato di argento, sul petto
di
cui si vedeva scolpita una quadriga in oro, col m
sonare giulivi istrumenti, e richiamare la moltitudine a nuovo genere
di
spettacolo. Al qual segno trascorse l’avida turba
ginnastici nella palestra, in cui molti pugillatori apparvero, armati
di
cesti ; e molti vennero lieti e baldanzosi, che p
e partirono sostenuti dalle braccia dei pietosi amici, col viso tinto
di
sangue. Non ancora appariva Faone,141 benchè in q
nchè in questi giochi celebrato, forse per eccitare maggior desiderio
di
sè : come infatti prorompeva la impazienza della
chè alquanto ristette, contemplando intorno la folla, in aspettazione
di
un competitore, ben presto apparve un atleta cret
aspettazione di un competitore, ben presto apparve un atleta cretese,
di
smisurata grandezza ; il quale, a lui presentando
o, con una fascia ai lombi, secondo è costume. Erano fosche le membra
di
lui, come arse al raggio estivo in questi cimenti
delicata dalle guance, fresche come i fiori mattutini ; ed il colore
di
tutta la persona non potrebbe in altro modo espri
o cimento. Ed invero, considerando la mostruosa forza del competitore
di
lui a fronte di quelle membra così delicate, dove
vero, considerando la mostruosa forza del competitore di lui a fronte
di
quelle membra così delicate, dovevano essere gli
eciprocamente. Veniva il Cretese colle braccia aperte in atto non che
di
stringere ma d’ingojare il garzone ; il quale, de
deviando l’incontro, destramente inchinandosi, passò sotto il braccio
di
lui, e quindi, rivolgendosi rapidamente, lo prese
sotto il braccio di lui, e quindi, rivolgendosi rapidamente, lo prese
di
dietro ai fianchi. Quegli però, scotendosi con im
recciando le dita, per afferrarlo sicuramente. Stettero così alquanto
di
nuovo discosti, ed il Cretese fremeva nel vedersi
retese fremeva nel vedersi, al principio del cimento, quasi sul punto
di
essere superato, parendogli piuttosto audacia che
ssere superato, parendogli piuttosto audacia che valore la competenza
di
così delicato garzone. Che se la vergogna del van
vano colpo non l’avesse animato a sdegno, forse avrebbe sentito pietà
di
lui. Ma reso crudele dall’ira, abbassato il capo,
lui. Ma reso crudele dall’ira, abbassato il capo, si abbandonò contro
di
quello, siccome un toro che assalta il bifolco. F
e un toro che assalta il bifolco. Fu veramente maravigliosa l’agilità
di
Faone ; perchè, giunta la testa dell’avversario c
ambe le mani, ed allargando le gambe spiccò un salto, per cui rimase
di
nuovo a tergo del suo deluso competitore. Questi,
al nave spinta nell’acque, poichè andò vano il violento impeto, privo
di
resistenza, cadde boccone, ed impresse nell’arena
ente caduto il prepotente atleta, e rialzarsi poi col viso imbrattato
di
polvere. Ma quegli, oramai cieco, e per la rena e
egli, oramai cieco, e per la rena entrata negli occhi, e per la brama
di
vendetta, mordendo le labbra, e con pupille arden
lle sorprese, tornò alla tenzone, ed accostandosi entrambi, alla fine
di
slancio strettamente si abbracciarono. Stettero d
bracciarono. Stettero da prima alquanto immobili, aspettando ciascuno
di
loro qualche atto dell’avversario, da cui ritrarr
se l’opportunità d’introdurre la destra gamba, e con essa il sinistro
di
lui piede a sè traendo, e nel tempo istesso sping
e egli rimase in piedi : perchè il cadente avversario, colla speranza
di
sostenersi, lo abbandonò. Tutti acclamarono Faone
citore, accompagnato dagli applausi delle fanciulle, che versavano su
di
lui copiosamente i fiori estivi, tra i balli e gl
mente i fiori estivi, tra i balli e gl’inni, animati dal suono estivo
di
cetere o di sistri, s’inoltrò a traverso dell’are
i estivi, tra i balli e gl’inni, animati dal suono estivo di cetere o
di
sistri, s’inoltrò a traverso dell’arena ; passegg
all’alto seggio del giudice atletico, che pose la corona su le tempie
di
lui, ed aggiunse in premio un lucido elmo, da cui
giunse in premio un lucido elmo, da cui pendevano bianchissime chiome
di
destriero, e un ampio scudo, nel cui centro era i
a del pedestre corso, Entrò splendido in lizza e maestoso, Maraviglia
di
tutti ; e dell’arringo Tosto adeguando alla sembi
i quante giostre in quel primiero giorno Fur bandite e commesse, egli
di
tutte Portò la palma, e proclamato sempre Fu vinc
se un Dio ne persegue, invan sottrarsi Tenta l’uom, benchè forte. Il
di
seguente, Che al surgere del sole era il certame
e quadrighe, in campo anch’egli venne Fra molti aunghi. Achivo l’un ;
di
Sparta L’altro ; due Libj, ed ei venía per quinto
niano, Bianco il destrier, l’ottavo ; e della sacra Atene il nono ; e
di
Beozia l’altro Che li diece compiea. Gli arbitri
he li diece compiea. Gli arbitri eletti Trasser le sorti, e in ordine
di
quelle Postati i cocchi, a uno squillar di tromba
sser le sorti, e in ordine di quelle Postati i cocchi, a uno squillar
di
tromba Sbucaron tutti, ai cavalli gridando, E sq
alli gridando, E squassando le briglie. Empiè l’arena Tosto un fragor
di
rumorose rote ; Iva in alto la polve ; l’un con l
to, Quando i destrier dell’ Eniano indocili Rivoltansi repente, e dan
di
fronte Entro i cocchi barcei. L’un contro l’altro
tti, ond’egli Abbia almen tomba nella patria terra. Sofocle, Trad.
di
F. Bellotti. Segni dello zodiaco. 676. L
llotti. Segni dello zodiaco. 676. Lo Zodiaco è quello spazio
di
cielo apparentemente percorso dal sole in un anno
o dall’altra dell’eclittica,142 per quanto si stende la circonferenza
di
questa, ne nasce una zona o cintura o fascia, la
zona è divisa in dodici parti, ossia in dodici costellazioni o gruppi
di
stelle chiamati segni dello Zodiaco. L’origine di
tellazioni o gruppi di stelle chiamati segni dello Zodiaco. L’origine
di
queste costellazioni è sepolta nelle tenebre del
Si leggono nella Bibbia i nomi d’ Orione, delle Jadi, delle Plejadi,
di
Arturo ed altri ; ma pende questione tra’ dotti s
ni dello Zodiaco non resta veramente tutta intera dentro la larghezza
di
esso, ma questa fu limitata a 18 gradi con l’unic
rghezza di esso, ma questa fu limitata a 18 gradi con l’unico oggetto
di
circoscriver la zona celeste, dentro la quale s’a
cangiata in giovenca (89). 679. I Gemelli, che ebbero un tempo figura
di
capretti, rappresentano la fecondità dei bestiami
o mandato da Giunone (85) contro Ercole, mentr’egli combatteva l’idra
di
Lerna (371). L’animale lo morse in un piede, ma E
invita gli uomini all’occupazione della caccia, ed è sotto la figura
di
Centauro (430) in atto di scagliare una freccia ;
upazione della caccia, ed è sotto la figura di Centauro (430) in atto
di
scagliare una freccia ; lo che potrebbe anche den
Greci e dai Romani. La Primavera ha per emblema un fanciullo coronato
di
fiori ed appoggiato ad un arboscello con le fogli
are. Ha seco un agnello od accarezza una pecora. L’ Estate è coronata
di
spighe e quasi nuda ; ha in una mano una falcetta
ghe e quasi nuda ; ha in una mano una falcetta, e nell’altra un mazzo
di
spighe già legate. L’ Autunno ha in capo un panie
altra un mazzo di spighe già legate. L’ Autunno ha in capo un paniere
di
frutti e nelle mani un grappolo d’uva matura. L’
rutti e nelle mani un grappolo d’uva matura. L’ Inverno tutto coperto
di
vesti, in mezzo a desolata campagna, raccoglie in
ocolare pochi stecchi, e vi si scalda le mani ; ha accanto un paniere
di
frutta appassite. Cerimonie funebri. 6
de’ nembi e dal profano Piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, E
di
fiori odorata arbore amica Le ceneri di molli omb
, e serbi un sasso il nome, E di fiori odorata arbore amica Le ceneri
di
molli ombre consoli. ……………….. Dal di che nozze e
i odorata arbore amica Le ceneri di molli ombre consoli. ……………….. Dal
di
che nozze e tribunali ed are Diero all’umane belv
bbe inutile compendiarlo ; quindi ci limiteremo a indicare quei passi
di
Omero e di Virgilio che più d’ogni altra descrizi
compendiarlo ; quindi ci limiteremo a indicare quei passi di Omero e
di
Virgilio che più d’ogni altra descrizione son per
in un duello anche i più acerbi nemici ponevano per prima condizione
di
rendere ai parenti il corpo del vinto perchè aves
Così esclama Ettore in mezzo ai due eserciti combattenti nella guerra
di
Troja, e nell’invitare a singolar battaglia i nem
alle navi Vi sarà rimandato, onde d’esequie L’orni l’achea pietade e
di
sepolcro Su l’Ellesponto. (Iliade, lib. VII, Tra
si, collocàr l’estinto ; Poi davanti alla pira una gran torma Scuoiàr
di
pingui agnelle e di giovenchi, E traendone l’adip
to ; Poi davanti alla pira una gran torma Scuoiàr di pingui agnelle e
di
giovenchi, E traendone l’adipe il Pelide Copriane
umulò. D’accanto indi gli pose Colle bocche sul feretro inchinate Due
di
miele e d’unguento urne ricolme. Precipitoso ei p
mò con dolorosi Gridi l’amico : Addio, Patroclo, addio Ne’regni anche
di
Pluto : Ecco adempite Le mie promesse. ………………… Ma
sè le nubi. Si sfrenâr soffiando Sulla marina, sollevaro i flutti, E
di
Troja arrivati alla pianura, Ruinâr su la pira ;
ocava dell’estinto amico. Come un padre talor piange bruciando L’ossa
di
un figlio che morì già sposo, E morendo lasciò gl
lio che morì già sposo, E morendo lasciò gli sventurati Suoi genitori
di
cordoglio oppressi ; Così dando alle fiamme il su
purpureo vino Di tutto il rogo in pria le bragie, e poscia Raccogliam
di
Patroclo attentamente Le sacrate ossa ; e scerner
avvolte, in urna d’oro Le riporremo, finchè venga il giorno Ch’io pur
di
Pluto alla magion discenda. Non vo’gli s’erga una
te a questa riva. Del Pelide al comando obbedïente Con larghi sprazzi
di
vermiglio bacco Di tutto il rogo ei spensero alla
onumento, Ne gittaro d’intorno all’arsa pira I fondamenti, v’ammassàr
di
sopra Lo scavato terreno, e a fin condotta La tom
r ; tripodi e vasi E destrieri e giumenti e generosi Tauri e captive
di
gentil cintiglio, E forbite armature. (Op. cit.,
Enea istituì per Anchise : Generosi e magnanimi Trojani, Degna prole
di
Dardano e del Cielo, Questa è l’amica terra, ov’o
l’arene, e ne le secche De la Getulia ; spingami a gli scogli Del mar
di
Grecia ; ne la Grecia stessa Mi chiugga, e dentro
l mar di Grecia ; ne la Grecia stessa Mi chiugga, e dentro al cerchio
di
Micene ; Ch’io l’arò sempre per solenne ; e voti
un nostro legno Vi profferisce il buon troiano Aceste. Voi d’Aceste e
di
Troja i patrj Numi Ne convitate ; ed io quando l’
queto il nono giorno adduca, A solenni spettacoli v’invito, Di navi,
di
pedoni e di cavalli, Al corso, alla palestra, al
no giorno adduca, A solenni spettacoli v’invito, Di navi, di pedoni e
di
cavalli, Al corso, alla palestra, al cesto, a l’a
o mirto materno il crin si cinse. Elimo lo segui, seguillo Alete ; Un
di
verd’anni, e l’altro di maturi ; Poscia il fanciu
si cinse. Elimo lo segui, seguillo Alete ; Un di verd’anni, e l’altro
di
maturi ; Poscia il fanciullo Julo ; e dietro a lo
. Enea disceso Dal parlamento, in mezzo a quante intorno Avea schiere
di
genti, umile e mesto Al sepolcro d’Anchise appres
ise appresentossi ; E con rito solenne in terra sparte Due gran coppe
di
vino e due di latte E due di sangue, di purpurei
ssi ; E con rito solenne in terra sparte Due gran coppe di vino e due
di
latte E due di sangue, di purpurei fiori Vi nevig
o solenne in terra sparte Due gran coppe di vino e due di latte E due
di
sangue, di purpurei fiori Vi nevigò di sopra un n
n terra sparte Due gran coppe di vino e due di latte E due di sangue,
di
purpurei fiori Vi nevigò di sopra un nembo, e dis
e di vino e due di latte E due di sangue, di purpurei fiori Vi nevigò
di
sopra un nembo, e disse : A voi sant’ossa, a voi
i ceneri amate E famose e felici, anima ed ombra Del padre mio, torno
di
nuovo indarno Per onorarvi ; poichè Italia e ’l T
devoto affetto V’adoro e ’nchino come cosa santa. Mentre cosi dicea,
di
sotto al cavo De l’alto avello, un gran lubrico s
do, e quasi un Iri A sole avverso scintillò dintorno Mille varj color
di
luce e d’oro. Stupissi Enea di cotal vista ; e l’
so scintillò dintorno Mille varj color di luce e d’oro. Stupissi Enea
di
cotal vista ; e l’angue Di lungo tratto in fra le
e com’era uso antico, Cinque pecore elette e cinque porci, Con cinque
di
morello il tergo aspersi Grassi giovenchi anzi a
e versando, e novamente Fin d’Acheronte richiamando il nome E l’anima
di
Anchise. Indi i compagni, Ciascun, secondo la su
di i compagni, Ciascun, secondo la sua possa, offrendo, Lieti colmàr
di
doni i santi altari. Altri di lor le vittime immo
do la sua possa, offrendo, Lieti colmàr di doni i santi altari. Altri
di
lor le vittime immolaro, Altri cibo ne fero ; e t
del Caro.) 694. Lo stesso Enea con non minor pompa compie i funerali
di
Miseno, araldo dell’esercito, e già compagno d’ E
no, araldo dell’esercito, e già compagno d’ Ettore : Non s’intermise
di
Miseno intanto Condur l’esequie al suo cenere est
cenere estremo ; E primamente la gran pira estrutta Di pingui tede e
di
squarciati roveri V’alzâr cataste ; di funeste fr
pira estrutta Di pingui tede e di squarciati roveri V’alzâr cataste ;
di
funeste frondi D’atri cipressi ornâr la fronte e
i ornâr la fronte e i lati, E piantâr ne la cima armi e trofei. Parte
di
loro al fuoco, e parte a l’acque, E parte intorno
lavò, chi l’unse. Poichè fu pianto, in una ricca bara Lo collocaro, e
di
purpuree vesti, De’suoi più noti e più graditi ar
etro Tenner le faci, e dier foco alla pira ; E gran copia d’incenso e
di
liquori E di cibi e di vasi ancor con essi, Sicco
e faci, e dier foco alla pira ; E gran copia d’incenso e di liquori E
di
cibi e di vasi ancor con essi, Siccome è l’uso an
dier foco alla pira ; E gran copia d’incenso e di liquori E di cibi e
di
vasi ancor con essi, Siccome è l’uso antico, entr
eliquie e l’ossa Furon da Corineo tra le faville Ricerche e scelte, e
di
viu puro asperse ; Poi di sua mano acconciamente
Corineo tra le faville Ricerche e scelte, e di viu puro asperse ; Poi
di
sua mano acconciamente in una Di dorato metallo u
llo urna riposte. Lo stesso Corinéo tre volte intorno Con un rampollo
di
felice oliva Spruzzando di chiar’onda i suoi comp
Corinéo tre volte intorno Con un rampollo di felice oliva Spruzzando
di
chiar’onda i suoi compagni, Li purgò tutti, e ’l
di volle intraprendere la conquista dell’universo, e parti alla testa
di
un grand’esercito, lasciando Iside a governare i
i poi gli occhi d’Argo. In poco tempo Osiride soggiogò un gran numero
di
nazioni, ma piuttosto con la dolcezza e con la pe
numero di nazioni, ma piuttosto con la dolcezza e con la persuasione,
di
quello che con le armi. 698. Nella sua assenza Ti
s’adoperò invano a frenarne l’ambizione, e dovè perire vittima della
di
lui perfidia. 699. Tifone trovò tra gli stessi co
ifone trovò tra gli stessi cortigiani beneficati da Osiride un numero
di
malcontenti indiscreti e desiderosi di mutar padr
eneficati da Osiride un numero di malcontenti indiscreti e desiderosi
di
mutar padrone, coi quali ordì una congiura, e, in
o nel Nilo. 700. Iside, saputo il fine lacrimevole del fratello, fece
di
tutto per rintracciarne le spoglie, e potè trovar
ichiamò in vita, lo fece immortale, e gl’insegnò la medicina e l’arte
di
predire il futuro. V’è ragione di credere che l’
, e gl’insegnò la medicina e l’arte di predire il futuro. V’è ragione
di
credere che l’ Oro degli Egiziani e l’Apollo (96)
ro mezzo avevano imparato l’agricoltura, così stabilirono per simboli
di
queste divinità il bue e la vacca. Quindi fu divu
ta in quell’animale (Metempsicosi 162 2°), era chiamato Api, e scelto
di
color nero, con in fronte una macchia bianca di f
hiamato Api, e scelto di color nero, con in fronte una macchia bianca
di
forma quadra, una figura d’aquila sul dorso, e a
a figura d’aquila sul dorso, e a destra un altro segno bianco a guisa
di
mezza-luna. Il volgo credeva che questi segni fos
rni a Nilopoli, e lo custodivano le donne che sole avevano il diritto
di
vederlo ; indi era condotto pel Nilo in una belli
a Memfi, ed allo sbarco era accolto dai sacerdoti e da immensa folla
di
popolo. Condottolo nel santuario d’ Osiride, lo c
una o nell’altra era buono o cattivo augurio per l’Egitto. Non usciva
di
lì che per pigliare aria sopra un prato, o per gi
evano sulle sponde del Nilo, e con solennissima cerimonia e coi segni
di
profondo rispetto vel sommergevano Indi ne imbals
to Osiride ; e il lutto durava finchè non fosse piaciuto ai sacerdoti
di
dargli un successore. Allora tornavano in tutti l
ano a crescere ; e gli Egiziani dicevano per figura che l’inondazione
di
quel fiume fosse cagionata dalle lagrime d’Iside,
dalle lunghe piogge dell’Etiopia. 705. Osiride ha in capo una specie
di
mitra, dalla quale spuntano due corna ; nella sin
a, dalla quale spuntano due corna ; nella sinistra un bastone a guisa
di
pastorale, e nella destra uno staffile a tre cord
taccati al suo carro. Talora comparisce in figura d’uomo con la testa
di
sparviero, perchè quest’uccello, emblema del sole
; ma la sua origine è incerta come quella degli altri Dei principali
di
quel popolo. Questo Anubi è rappresentato in un u
di quel popolo. Questo Anubi è rappresentato in un uomo con la testa
di
cane, vestito di corazza, col caduceo in una mano
Questo Anubi è rappresentato in un uomo con la testa di cane, vestito
di
corazza, col caduceo in una mano ed il sistro nel
ome al bue Api. L’imperatore Antonino Pio introdusse in Roma il culto
di
Serapide l’anno 146 dell’èra cristiana ; ma il Se
per la troppa licenza delle sue feste. 706. Iside, distinta col nome
di
Madre di lutte le cose e di Dea universale, spess
roppa licenza delle sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre
di
lutte le cose e di Dea universale, spesso è rappr
sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre di lutte le cose e
di
Dea universale, spesso è rappresentata in sembian
utte le cose e di Dea universale, spesso è rappresentata in sembianza
di
donna con le corna di vacca, simbolo delle fasi l
universale, spesso è rappresentata in sembianza di donna con le corna
di
vacca, simbolo delle fasi lunari, ed un sistro ne
svolazzante ; il globo della terra sotto i piedi, e la testa coronata
di
torri come quella di Cibele. In alcuni monumenti
o della terra sotto i piedi, e la testa coronata di torri come quella
di
Cibele. In alcuni monumenti la si vede ancora con
rretto e lo scettro d’ Osiride ; anch’essa ha i leoni a’piedi. Alcuni
di
questi attributi fanno supporte infatti che gli a
, viveano celibi e poveri ; si radevano il capo, non mangiavano carne
di
maiale nè carne salata, si coprivano con lunghe v
iavano carne di maiale nè carne salata, si coprivano con lunghe vesti
di
lino, camminavano a piedi nudi o con sandali di s
vano con lunghe vesti di lino, camminavano a piedi nudi o con sandali
di
scorza d’albero ; recavano una bisaccia sulle spa
a sulle spalle ed un campanello in mano. Ogni mattina cantavano prima
di
tutto le lodi d’Iside, e poi andavano attorno a c
costumi. Alcuni dotti credono che da Iside venisse il nome alla città
di
Parigi (Parisiis) che supponesi fabbricata vicino
idos. Vero è poi che questa divinità era considerata qual protettrice
di
Parigi. Quei popoli credevano ch’ella fosse giunt
idere, benchè involontariamente, un animale sacro, era delitto punito
di
morte. 709. Ma in questo culto degli animali non
o la capra. Quindi nascevano odii e dispute religiose. 710. L’origine
di
questo culto, secondo la favola, nasce dai tempi
Titani, si rifugiarono nell’Egitto, e vi si nascosero sotto le forme
di
varii animali (67). Così gli Egiziani credevano d
ero sotto le forme di varii animali (67). Così gli Egiziani credevano
di
onorare le divinità che s’erano celate sotto quel
a vinceva ogni magnificenza. Taluni credono che fosse la famosa torre
di
Babele. 712. I Caldei erano i sacerdoti dei Babil
gine dell’astrologia giudiciaria. 713. I Persiani conoscevano l’unità
di
Dio. Il Sole che veniva da loro adorato sotto il
vano l’unità di Dio. Il Sole che veniva da loro adorato sotto il nome
di
Mitra, e il fuoco sacro del quale tenevano religi
i bene ; ed il cattivo principio, detto Arimane, passava per l’autore
di
tutto il male. Il primo era rappresentato dalla l
La riunione dei tre poteri, ossia la trinità degl’Indiani, è composta
di
Brama, di Siva e di Visnù. Il primo è il potere c
e dei tre poteri, ossia la trinità degl’Indiani, è composta di Brama,
di
Siva e di Visnù. Il primo è il potere creatore, i
poteri, ossia la trinità degl’Indiani, è composta di Brama, di Siva e
di
Visnù. Il primo è il potere creatore, il secondo
il potere conservatore. Queste divinità sono adorate in figure umane
di
tre teste, chiamate Trimurti. Brama. 717.
uovo d’oro, splendido quanto mille soli, nel quale nacque Brama padre
di
tutti gli esseri. 718. Questo Dio dopo aver soggi
r un gran numero d’anni, scompartì la sua stanza in due parti eguali,
di
cui formò il cielo e la terra. Brama governò l’In
molta sapienza, e vi dettò leggi che sono sempre in vigore. 719. Una
di
queste leggi ordina agl’Indiani di nutrirsi di so
e sono sempre in vigore. 719. Una di queste leggi ordina agl’Indiani
di
nutrirsi di sole frutta, e d’astenersi dall’uccid
e in vigore. 719. Una di queste leggi ordina agl’Indiani di nutrirsi
di
sole frutta, e d’astenersi dall’uccidere enti ani
ano un circolo, emblema dell’immortalità, in un’altra il fuoco, segno
di
forza ; e con le due rimanenti scrive sopra certe
le sue nove metamorfosi, la storia delle quali è piena d’assurdità e
di
stravaganze. Gl’Indiani sostengono che sotto il v
assurdità e di stravaganze. Gl’Indiani sostengono che sotto il velame
di
questi racconti stieno riposti profondi misteri c
i profondi misteri che essi non vogliono svelare ai profani. Ecco due
di
tali metamorfosi. 723. La terra, spossata dal pes
La terra, spossata dal peso della montagna Merupatu, era in pericolo
di
sprofondarsi nell’abisso, quando Visnù, trasforma
suo grifo, e la collocò nel primiero suo posto. Le altre metamorfosi
di
questo Dio son dello stesso tenore. 725. Gl’India
orfosi di questo Dio son dello stesso tenore. 725. Gl’Indiani credono
di
più che Visnù debba subire una decima trasformazi
debba subire una decima trasformazione, nella quale piglierà la forma
di
un cavallo bianco alato. Questo Pegaseo indiano s
fondare nell’abisso, ed il mondo verrà distrutto. Aspettando il tempo
di
quest’ultima metamorfosi, Visnù dorme intanto tra
st’ultima metamorfosi, Visnù dorme intanto tranquillamente in un mare
di
latte, e sta sdraiato sopra un serpe con cinque t
. Divinità galliche. 726. Tra gli Dei, che i Galli onoravano
di
parzial culto, i più celebri erano Teutatète, Eso
ttivo, l’anima del mondo ; e le sue cerimonie erano celebrate al lume
di
luna od alla luce di grandi fiaccole in luoghi el
ndo ; e le sue cerimonie erano celebrate al lume di luna od alla luce
di
grandi fiaccole in luoghi elevati od in folti bos
comunicare la sua sapienza alle assemblee del popolo ; e sotto quella
di
un giavellotto se imploravano le vittorie. 729. I
valli, ed in tempi calamitosi anche vittime umane. 730. Eso, divinità
di
gran conto pei Galli, presiedeva alla guerra, ed
Galli, presiedeva alla guerra, ed era rappresentato semi-nudo, armato
di
scure, in atto di vibrar colpi. 731. I Galli nell
alla guerra, ed era rappresentato semi-nudo, armato di scure, in atto
di
vibrar colpi. 731. I Galli nella loro barbara fer
bara ferocia credevano rendersi favorevole questo Nume con ogni sorta
di
vittime, ed il suo culto fu il più scellerato e i
gualmente che agli altri. 733. I Galli adoravano anche un gran numero
di
Dei tolti dai Greci, vale a dire Mercurio (160),
onoscere in Tanarete ed in Eso gli Dei adorati dai Greci sotto i nomi
di
Giove e di Marte. 734. I Galli si vantavano disc
Tanarete ed in Eso gli Dei adorati dai Greci sotto i nomi di Giove e
di
Marte. 734. I Galli si vantavano discendenti di
to i nomi di Giove e di Marte. 734. I Galli si vantavano discendenti
di
Plutone (213), e per questa credenza misuravano i
l loro tempio, ed anche lo stesso Nume, poichè, come dicemmo parlando
di
Teutatète, la statua del loro supremo Dio era un’
capo d’anno era distribuito al popolo qual cosa santa e quale indizio
di
buon augurio. 736. I Druidi non erano solamente m
e indizio di buon augurio. 736. I Druidi non erano solamente ministri
di
religione, ma tenevano anche le redini del govern
i sacrificii e delle altre cerimonie della religione, ed avevano fama
di
predire il futuro. Quindi i divoti le consultavan
tani quei campi servissero a qualche uso profano, solevano ricoprirli
di
pietre enormi. Tale dicono esser l’origine dei mo
no ricoprirli di pietre enormi. Tale dicono esser l’origine dei monti
di
pietre che ancora sussistono in certi luoghi dell
del Nord, fu il primo ed il più antico Nume della Scandinavia, ossia
di
quella porzione d’Europa che comprende la Danimar
li Dei e degli uomini al pari del Giove dei Greci. Ebbe anche il nome
di
Padre delle battaglie, perchè adottava per suoi f
e spalle d’Odino per dirgli all’orecchio quanto avevano udito o visto
di
nuovo nel mondo. Odino li mandava ogni giorno a r
ndava ogni giorno a raccoglier notizie, e ritornavano la sera all’ora
di
cena dopo aver girato tutta la terra. Ecco perchè
tutta la terra. Ecco perchè quel potentissimo Dio sapeva un visibilio
di
cose, ed era chiamato per antonomasia il Dio dei
er antonomasia il Dio dei Corvi ! 743. Genii. Fra questi, tutti quasi
di
sesso femminile, prima è Gna messaggera di Freya,
i. Fra questi, tutti quasi di sesso femminile, prima è Gna messaggera
di
Freya, figlia di Odino o la Terra, che la spedisc
tti quasi di sesso femminile, prima è Gna messaggera di Freya, figlia
di
Odino o la Terra, che la spedisce nei mondi per e
mi mangiati dagli Dei a preservativo dalla vecchiezza. Fra i men noti
di
sesso maschile si notano Balder potente figlio di
zza. Fra i men noti di sesso maschile si notano Balder potente figlio
di
Odino, Niord, equivalente all’Eolo de’Greci, e il
Odino, Niord, equivalente all’Eolo de’Greci, e il lupo Fenris, figlio
di
Loke genio del male, e fratello di Hela, la morte
de’Greci, e il lupo Fenris, figlio di Loke genio del male, e fratello
di
Hela, la morte. Divinità americane. 744.
n creati i primi abitanti, che qual Dio lo adorarono fino alla venuta
di
Pasciacamac che più potente mutò in belve gli uom
che più potente mutò in belve gli uomini da Scioun creati, e ne creò
di
nuovi. Adoravano il Sole quale rappresentante di
un creati, e ne creò di nuovi. Adoravano il Sole quale rappresentante
di
Dio, e gli davano per moglie e sorella la Luna, d
o, le stelle, il tuono ed i lampi. Offrivano al Sole piccole immagini
di
uomini, d’uccelli e di quadrupedi in oro, argento
ed i lampi. Offrivano al Sole piccole immagini di uomini, d’uccelli e
di
quadrupedi in oro, argento e legno ; inoltre gran
Messicane. — I Messicani veneravano Vitzliputzli come sovrano signore
di
tutte le cose, e dopo lui riguardavano il Sole co
imo degli Dei. Adoravano pure un Dio delle ricchezze sotto l’immagine
di
uomo colla testa di uccello, con in capo una mitr
vano pure un Dio delle ricchezze sotto l’immagine di uomo colla testa
di
uccello, con in capo una mitra di carta dipinta.
otto l’immagine di uomo colla testa di uccello, con in capo una mitra
di
carta dipinta. Un altro dei loro idoli era compos
capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei loro idoli era composto
di
tutti i semi della terra impastati col sangue di
o idoli era composto di tutti i semi della terra impastati col sangue
di
molti fanciulli ai quali si era strappato il cuor
angue di molti fanciulli ai quali si era strappato il cuore. Il culto
di
queste divinità consisteva principalmente nel sac
e a piè dell’altare aspettando il momento fatale, rimiravano i teschi
di
chi le avea precedute, ed un sacerdote, tenendo i
o è del male. Creato l’universo, il Grande Spirito prese certo numero
di
frecce e piantatele in terra, trasse da questo ge
ifizio consiste nell’offrire agli Dei, per bruciarle poscia, le merci
di
cui trafficano cogli Europei, ed il sacrifizio gi
e accompagnata da danze. 7. Avvertiremo ora per sempre che i nemi
di
parentela fra gli enti mitologici non sono altro
non abbiamo esitato a notare le opinioni, o piuttesto lo capressieni
di
vari autori, ancorchè possan parere contraditteri
tterie, stimando utile offerire il maggior numero possibile d’ idee e
di
relazioni, dedetto dalle opero degli antichi e da
, e del suo successivo corrompimento. 10. Saturno cacciato dal regno
di
Giove. 11. La Dea della giustizia 12. Questo te
di Giove. 11. La Dea della giustizia 12. Questo tempio fu costruito
di
figura rotonda, perchè Numa, al dire di Newlon, c
2. Questo tempio fu costruito di figura rotonda, perchè Numa, al dire
di
Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta nel c
a rotonda, perchè Numa, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro
di
Vesta nel centro di un tempio rotondo, volle simb
ma, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta nel centro
di
un tempio rotondo, volle simboleggiare il sistema
an ventura delle Lettere Italiane riordinalo sugli autografi per cura
di
F. S Orlandini, e pubblicato coi Tipi di F. Le Mo
alo sugli autografi per cura di F. S Orlandini, e pubblicato coi Tipi
di
F. Le Monnier nel 1848. Firenze. 14. I Dattili i
si stabilissero). Incivilirono la Frigia, e v’ introdussero il culto
di
Rea o Cibele. I Dattili in prima esercitarono la
e nelle foreste dell’ Ida pose questi montanari industriosi sulla via
di
scoprire i metalli nascosti nel seno della terra,
prire i metalli nascosti nel seno della terra, e d’ inventare il modo
di
fonderli e di lavorarli. Quindi con prestigi e in
i nascosti nel seno della terra, e d’ inventare il modo di fonderli e
di
lavorarli. Quindi con prestigi e incantesimi aume
talora confusi coi Coribanti, coi Galli e coi Cureti addetti al culto
di
Cibele. 15. Talnni mitologi unendo inaieme Pros
ed egiziane, ma poco note. Gli Egiziani onoravano in essi i figliuoli
di
Vulcano (272) ; ed il loro tempio fu tenuto in ta
ri passò dall’Egillo in Grecia fn principalmente celebrato nell’isola
di
Lenno, in quella di Samolracia, nella Frigia e ne
in Grecia fn principalmente celebrato nell’isola di Lenno, in quella
di
Samolracia, nella Frigia e nella Macedonia. 16.
uanlo ad Eumolpo la Mitologia narra ch’ei nacque in Tracia e macchinò
di
levare il trono a Tegirio re di quel paese per re
rra ch’ei nacque in Tracia e macchinò di levare il trono a Tegirio re
di
quel paese per regnare in sua vece ; ma sventata
convenne fuggire e ricovrarsi io Elensi dove fu iniziato nei misteri
di
Cerere, e divenne lerofante o aommo-sacerdote. Qn
ante o aommo-sacerdote. Qnest’Eumolpo era poeta, e diventò uomo piene
di
senun. Fu capo di un’illustre famiglia detta degl
dote. Qnest’Eumolpo era poeta, e diventò uomo piene di senun. Fu capo
di
un’illustre famiglia detta degli Eumolpidi che eb
capo di un’illustre famiglia detta degli Eumolpidi che ebbe la gloria
di
tenere il sommo-sacerdozio d’Eleosi finchè sussis
oria di tenere il sommo-sacerdozio d’Eleosi finchè sussistè il tempio
di
Cerere, vale a dire per 1200 anui. — In sul finir
riceociliò con Tegirio che, non avendo prole, lo fece crede del regno
di
Tracia verse l’anno 1 100 avanti l’Era Cristiana.
ello della perfezione. La cerimonia d’ammissione aveva Inogo in tempo
di
nette. Gl’iniziati si raccoglievano in un vasto r
i raccoglievano in un vasto recinto vicino al tempio ; s’inceronavano
di
mirte, si lavavano le mani, udivano la lettura de
onavano di mirte, si lavavano le mani, udivano la lettura delle leggi
di
Cerere, pigliavane poco cibe, ed entravane nel sa
A un tratto, cessate le tenebre, vivissima luce illuminava la statua
di
Cerere doviziosamente arredata ; ma nel tempo che
eva lo spavento nell’animo dell’iniziato. Infine, dopo alcuni istanti
di
prefondo silenzio, si spalancavano certe perte el
ni istanti di prefondo silenzio, si spalancavano certe perte elevate,
di
dove allo splendore di mille faci la vista spazia
silenzio, si spalancavano certe perte elevate, di dove allo splendore
di
mille faci la vista spaziava per vasti ed ameni g
ileozio imposto agl’iniziati ci toglie la cogniziene del vero oggetto
di
quelle cerimonie ; ma tutti gli autori cengettura
i addolora il pensare che per giungere a queste fine avessere bisogno
di
tanto artifizioso apparato, e che la sapienza dov
to artifizioso apparato, e che la sapienza dovesse rimaner privilegio
di
pochi. La verità non cenosce misteri, ed esser de
la fisica sperimentale. 18. Per la smisurata sua mole presa dal gelo
di
morte. 19. Coloro cho ammetlono l’esistenza del
dato origine non solo a questa favola, ma anche a quella della caduta
di
Vulcano supra la terra (270) e della folle presun
ella caduta di Vulcano supra la terra (270) e della folle presunzione
di
Fetonte (119). Ma come mai favolo diverse possono
ui parve campo della guerra celesle, per altri fu la tomba del Sole o
di
Vulcano. La guerra poi dei Giganti, suscitata da
investigazione cbbe per campo l’Italia, adombra forse una calsstrofo
di
fuoco particolaro a questo pseso, e nella quale l
pseso, e nella quale l’isola d’Ischia o le altre vicina si formarono
di
parti di terra divelte dalla Campania in quello s
nella quale l’isola d’Ischia o le altre vicina si formarono di parti
di
terra divelte dalla Campania in quello sconvolgim
eva la fiamma. E indica il rnmoro che faceva paragonandolo al mnggito
di
un toro, all’urlo d’uu Jeone o all’abbaiar dei ca
muggiva come talora udiamo fsro il Vesuvio ? La rimanente descrizione
di
quosta guarra chiaramente indica lo scendere dell
oi medesimi nomi. Por combinare poi colla fisica la spiegazion morale
di
questa favola, immaginano alcuni autori che i Gig
immaginano alcuni autori che i Giganti fossero robusti e feroci capi
di
famiglio selvaggie vennti ad assalire i popoli gi
vaggie vennti ad assalire i popoli già rinniti in sociotà con vineoli
di
religione e di leggi. A questi parve cha la viole
d assalire i popoli già rinniti in sociotà con vineoli di religione e
di
leggi. A questi parve cha la violenza dai sopravv
olgimento dell’umano ingegno e nei primordj delle arti e delle usanze
di
un vivere più indipcudeute e più colto. 21. « Da
lle usanze di un vivere più indipcudeute e più colto. 21. « Dal vaso
di
Pandora scaturirono il travaglio, le cure, la fat
tica, poichè erravano ignndi, vivendo aenza tetto, cibandosi d’erbe e
di
aalvatiche frutta. Ma co’bisogni della vita nate
natnra lenti e infingardi. Avvegnachè aveansi per nulla dagli autori
di
tal racconto i giovamenti derivati dalle arti a p
petto delle fatiche che ai devono per necessità dnrare nell’esercizio
di
esse. Finalmente sì fatti mali furono il gastigo
conteae. » (Mario Pagano. Saggio I.) 22. Nè Omero nè Esiodo parlano
di
questa metamorfosi di Giove in cigno, nè dell’uov
ano. Saggio I.) 22. Nè Omero nè Esiodo parlano di questa metamorfosi
di
Giove in cigno, nè dell’uovo maraviglioso onde na
acquero i Dioscuri (Castore e Polluce) e le loro sorelle. La bellezza
di
Leda e il candido e ben tornito suo collo la fece
uo collo la fecero paragonare ad un cigno, e la poesia creò la favola
di
Giove e di Leda. 23. Quaranlasetle città del La
fecero paragonare ad un cigno, e la poesia creò la favola di Giove e
di
Leda. 23. Quaranlasetle città del Lazio rappres
del Lazio rappresenlale dai loro deputati assisterono, sotto il regno
di
Tarquinio Il, alla fesla con la quale fu istituit
durava un giorno ; poi ne furono destinati due, poi quattro col nome
di
ferie latine. Prima di separarsi, i Depulali dell
ne furono destinati due, poi quattro col nome di ferie latine. Prima
di
separarsi, i Depulali delle città immolavano a Gi
a Beozia fn desolata da tanta siccità che il popolo implorò l’oracolo
di
Delfo (122). Apollo per esser grato al servigio r
ove pronunziava oracoli in una caverna. Obbedirono, trovaron l’antro
di
. Trofonio, e ottennero in rispoata i modi di far
dirono, trovaron l’antro di. Trofonio, e ottennero in rispoata i modi
di
far cessare la careslia. D’allora in poi Trofonio
endevano per angusta gola, iulerrogavano tenendo io mano una focaceia
di
miele, e ai senlivano trascinali con velocilà e c
vesse passato lo strelto che unisce il mar Nero alla Propontide o mar
di
Marmara, e che perciò quello stretto fosso chiama
nze putride o dal faogo. 27. Delo, raccoutano i poeti, essere stata
di
continuo fluttuante null’acqua, prima che Latona
l Sole, e l’altra la Luna. Vi furono ist tuite celebri feste in onore
di
questi Dci. L’altare d’Apollo a Delo pasaava per
igno, dice Buffon, regna sulle acque con tutti i titoli che sono base
di
pacifico impero, la grandezza, la maestà, la dolc
dei naturalisti moderni, particolarmente in Francia, dietro la scorla
di
Buffon, è stata di contrario avviso : ma il profe
erni, particolarmente in Francia, dietro la scorla di Buffon, è stata
di
contrario avviso : ma il professor Titius, raggua
i contrario avviso : ma il professor Titius, ragguardevole scienziato
di
Germania, confermô la sentenza degli antichi coll
no 1775, tomo VIII, pag. 514. 30. Città della Focide. Ecco l’origine
di
quest’oracolo : Alcune capre che pascolavano sul
senza misura, cosi la Pilonessa, per non perdere il credito, deliberò
di
parlare in prosa. 31. Omnia bona mea mecum port
. 31. Omnia bona mea mecum porto. 32. Orfeo chiamo Bacco col nome
di
Moses ; e gli dà due lavole di leggi. 33. Alcuni
rto. 32. Orfeo chiamo Bacco col nome di Moses ; e gli dà due lavole
di
leggi. 33. Alcuni fanno derivare il suo nome dal
rivare il suo nome dalla parola merces, mercium. 34. Di qui il nome
di
erotiche alle poesie amorose, e di Erato (274) al
ces, mercium. 34. Di qui il nome di erotiche alle poesie amorose, e
di
Erato (274) alla Musa che cauta d’ Amore. 35. Al
una via a mederare il suo dolore ; e queste Dio le conaigliò il salto
di
Leucade. Leucade è un’ isola del mare lonio vicio
re lonio vicioa a Corfù, ed ha on promonterio divenuto celebre perchè
di
li ai precipitavano nel mare gli amanti sventorat
perchè di li ai precipitavano nel mare gli amanti sventorati, a fine
di
perdere la remioiscenza dei traditi affetti. Veoe
ni il coosiglio d’ Apollo, e nell’uscir dalle onde resté maravigliata
di
trovarsi tranqoilla. Questo rimedio cra tenuto pe
preparavano alla prova del salto cen aacrifizj ed offerte ; credevano
di
peter sopravvivere alla caduta con l’aiute d’Apol
; credevano di peter sopravvivere alla caduta con l’aiute d’Apollo, e
di
ricuperare la calma e la felicite. Si dice che De
ata da Faone, si gettò dalla cima del fatale scoglio, ed ebbe il modo
di
dimenticar devvero l’ingrato, percho peri nelle o
nticar devvero l’ingrato, percho peri nelle onde. Artemisia I. regins
di
Caria, incontrò la medesiora sorte ; nè altre den
dir vero troppo efficace, veoiva ad essere abbandonato, si studiarono
di
fare in modo che il salto fosse meno pericoloso,
ltatori ed a soccorrerli. Con l’ander del tempo avani anche la voglia
di
fare il salto boncho meno pericoloso ; e coloro c
o boncho meno pericoloso ; e coloro che senza acomodarsi desideravano
di
mettere a prova la protezione del Nume, gettavano
el Nume, gettavano in msre della cima dello scoglio un bauletto pieno
di
denare ; gli scaltri secerdoti sapevano come ripe
una sola moneta, e lacerimonia andava così. a fiuire con sodisfazione
di
tutti. 36. L’argomento del pœma trovasi cosi esp
contra la Siria, lasciò Berenice, sua sposa recente, tanto sollecita
di
lui, che ella votò la sus chioma, se il marito to
tornasse vittorioso. Dopo la vittoria, la chioma fu appesa al tempio
di
Venere Zefiritide, e la nolte seguenle involala.
i sacerdoti, o per divozione alla regina, o più veramente per ragione
di
stato, asserì di averla veduta fra le costellazio
r divozione alla regina, o più veramente per ragione di stato, asserì
di
averla veduta fra le costellazioni ; e Callimaco,
sserì di averla veduta fra le costellazioni ; e Callimaco, famigliare
di
Conoue e di Tolomeo, accreditò l’adulazione con q
rla veduta fra le costellazioni ; e Callimaco, famigliare di Conoue e
di
Tolomeo, accreditò l’adulazione con questo pœmett
re di Conoue e di Tolomeo, accreditò l’adulazione con questo pœmetto,
di
cui reslando rari vestigj in greco, non sarebbe n
ndo rari vestigj in greco, non sarebbe noto a noi acnza la traduzione
di
Catullo, reputata mirabile dal l’oliziano. » 37.
moderni fisici suppongono, e ne traggono anche conferma dalle parole
di
Plinio, che gli avvallamenti o i sollevamenti di
onferma dalle parole di Plinio, che gli avvallamenti o i sollevamenti
di
suolo pei quali la Sicilia si staccò dal conlinen
città della Calabria, in riva al mare, all’imboccalura dello stretto
di
Messina. Gli enormi scogli, che sporgono aulle ac
, quando il vento è contrario o il tempo è burrascoso. Ora il vortice
di
Cariddi posto in quella medesima foce, dalla part
Ora il vortice di Cariddi posto in quella medesima foce, dalla parte
di
Sicilia in faccia agli scogli, non è più temibile
mento dell’acqua ; cosicché a dì nostri i nocchieri varcan lo stretto
di
Messina senza pericolo ; oppure vi son pratici pi
piloti per accompagnare le navi dei forestieri attraverso gli scogli
di
Scilla, indicando la linea da percorrere con sicu
gli anlichi che da quesla solterranea volla si giungesse alla dimora
di
Platone. Di qui Orfeo, Teseo e Piritoo scesero ne
ora di Platone. Di qui Orfeo, Teseo e Piritoo scesero nell’ Inferno ;
di
qui Ercole trasse il Cerbero per condurlo ad Euri
e il Cerbero per condurlo ad Euristeo. 43. È probabile che l’origine
di
questa favola dei Campi Elisi sia egiziana ; poic
avola dei Campi Elisi sia egiziana ; poichè il più celebre sepolcreto
di
quel popolo era collocato oltre le rive di un lag
il più celebre sepolcreto di quel popolo era collocato oltre le rive
di
un lago detto Acherusia. Porlavano sulle sponde d
cato oltre le rive di un lago detto Acherusia. Porlavano sulle sponde
di
questo lago i defunti, ed ivi erano giudicati sec
un nocchiero lo trasferiva oltre il lago in uu prato ameno, abbellito
di
fiori, di ruscelli e di boschetti, ove gli davano
ro lo trasferiva oltre il lago in uu prato ameno, abbellito di fiori,
di
ruscelli e di boschetti, ove gli davano sepoltura
va oltre il lago in uu prato ameno, abbellito di fiori, di ruscelli e
di
boschetti, ove gli davano sepoltura ; e questo lu
Così è spiegata la favola del Tartaro, quella dei giudici infernoli,
di
Caronte e della sua barca. 44. Rovinato. 45. Vi
Caronte e della sua barca. 44. Rovinato. 45. Virgilio. 46. Inlendi
di
Saturno, e del così detto secol d’oro. 47. Antic
così detto secol d’oro. 47. Antica. 48. Vedi al § 29, il nascimento
di
Giove. Rea è il soprannome di Cibele. 49. Che il
ntica. 48. Vedi al § 29, il nascimento di Giove. Rea è il soprannome
di
Cibele. 49. Che il tempo volga le spalle all’ori
l viso all’occidente, è immagine facile ad essere intesa. 50. Scende
di
roccia in roccia. 51. Fino al fondo dell’abisso
ro il carro della Morte. 56. I Romani lo chiamarono Gradivo in tempo
di
guerra, o Quirino in tempo di pace. Avevano dato
I Romani lo chiamarono Gradivo in tempo di guerra, o Quirino in tempo
di
pace. Avevano dato il nomo di Campo di Marte ad u
in tempo di guerra, o Quirino in tempo di pace. Avevano dato il nomo
di
Campo di Marte ad una gran pianura consacrata o q
di guerra, o Quirino in tempo di pace. Avevano dato il nomo di Campo
di
Marte ad una gran pianura consacrata o questo Dio
ad una gran pianura consacrata o questo Dio e posta fuori delle mura
di
Roma sullo sponde del Tevere. Ivi i giovani roman
ti e vi ardova i cadavori dei morti illustri. Questo luego era ornato
di
statue, di colonno, di portici e d’archi trionfal
ova i cadavori dei morti illustri. Questo luego era ornato di statue,
di
colonno, di portici e d’archi trionfali. 57. Si
ri dei morti illustri. Questo luego era ornato di statue, di colonno,
di
portici e d’archi trionfali. 57. Si vuole cho da
nno, di portici e d’archi trionfali. 57. Si vuole cho dal greco nomo
di
Marte (Ares) sia provenuto quello dell’Areopago,
operto per non respirare la stessa aria dei malfattori, e s’adunavano
di
notte per non caser commossi a scapito della gius
oquenza per toccaro il cuoro doi giudici. Per lungo tempo le sontenze
di
questo augusto tribunale furono dettate dall’impa
usto tribunale furono dettate dall’imparzialità, e tenute per oracoli
di
giustizia. Forse l’accusa contro Marto altro non
a nordica 62. Narrasi che Cleopatra ai facesse recare in un canestro
di
fiori quell’aspide, con cui ai diè morte per non
con cui ai diè morte per non cader nelle mani d’Augusto. 63. Dicesi
di
Cristoforo Colombo, che nella sua maraviglioss na
agione. 65. Julo 66. Forse dal verbo geno, usato anticamente invece
di
gigno o genero. 67. La infinita sapienza di Dio
sato anticamente invece di gigno o genero. 67. La infinita sapienza
di
Dio. 68. Chi li conduce. Una intelligenza molric
o gli Angeli. 72. Però havvi sì spesso al mondo chi soffre mulamento
di
slalo. 73. Il fuoco di Vesla. 74. I Romani avev
havvi sì spesso al mondo chi soffre mulamento di slalo. 73. Il fuoco
di
Vesla. 74. I Romani avevano Io Dio della buona f
oco di Vesla. 74. I Romani avevano Io Dio della buona fede, col nome
di
Fidius (Dius). Il suo nome serviva di giuramento,
Dio della buona fede, col nome di Fidius (Dius). Il suo nome serviva
di
giuramento, e dicevano : Me Dius Fidius sottinten
soprapposte, le parti poste sopra, o rilevanti dal fondo. 82. Specie
di
navigli. 83. Il Castoro si prepara a dar la cacc
ll’abbondanza, perchè il corso regolare dell’Acheloo diventò sorgente
di
ricchezza pei paesi da esso irrigati. 86. Storic
rico greco vissuto 484 anni av. G. C. 87. Questa favola, come quella
di
Fetonte, rimane a lezion di coloro che spregiano
av. G. C. 87. Questa favola, come quella di Fetonte, rimane a lezion
di
coloro che spregiano i consigli paterni, o che in
e a lezion di coloro che spregiano i consigli paterni, o che invaniti
di
sè agognano sollevarsi tropp’ alto, a piangono po
sole abbia maggior forza che verso terra. Forse il congegno delle ali
di
Dedalo non era collegato dalla cera ; forse non f
he un primo tentativo d’ acreonantica. Abbiamo già detto che le gesta
di
questi croi, per quanto inverosimili, adombrano n
Teseo, Dedalo ec., doverono essere benemeriti del primo incivilimento
di
quei popoli, sì nella politica che nell’ industri
questa spedizione che ono dei primi viaggi mercantili per l’ acquisto
di
ricche pelli di lane sopraffioi. Indi viene attri
e che ono dei primi viaggi mercantili per l’ acquisto di ricche pelli
di
lane sopraffioi. Indi viene attribuita agli Argon
ll’ uccello fagiano ; c pare che lo trovassero sulle sponde del Faso,
di
dove, dopo aver risalito questo fiume della Colch
recaroco nella lor patria. 90. Potrebbe esser verosimile l’ opinione
di
coloro che credono la Chimera essere stata una mo
una montagna vulcanica della Licia, abitala da leoni in cima, coperta
di
pasture e di greggi di capre a mezzo, e con palud
vulcanica della Licia, abitala da leoni in cima, coperta di pasture e
di
greggi di capre a mezzo, e con paludi piene di se
della Licia, abitala da leoni in cima, coperta di pasture e di greggi
di
capre a mezzo, e con paludi piene di serpi alla b
, coperta di pasture e di greggi di capre a mezzo, e con paludi piene
di
serpi alla base, e che Bellerofonte fosse il prim
oni troppo ingegnoso meritano fede. 91. Quest’isola, oggidì chiamala
di
Metelina, ò celebre per la fertilità del suo terr
alla lira, e co’suoi melodiosi inni seppe sedare le discordie civili
di
Lacedemone. Fu patria anche del poeta Alceo e del
. 92. Era d’Argo, e fidava tanto nella sua forza che andava dicendo
di
voler prendere Tebe anche a dispetto di Giove e d
sua forza che andava dicendo di voler prendere Tebe anche a dispetto
di
Giove e di tutti gli altri Dei. Aveva per stemms
che andava dicendo di voler prendere Tebe anche a dispetto di Giove e
di
tutti gli altri Dei. Aveva per stemms nello scudo
i fu un giovine prode, amabile e bello, che seppe cattivarsi il cuore
di
tutti per la sua savia condotta e per la onoralez
patria. 94. I figli maggiori dei selle capitani periti nella guerra
di
Tebe furono delti Epigoni, e volendo vendicare la
i, coi Megaresi e coi Corintj, e mossero contro Tebe sotto il comando
di
Tersandro figlio di Polinice, o secondo altri d’A
i Corintj, e mossero contro Tebe sotto il comando di Tersandro figlio
di
Polinice, o secondo altri d’Alcmeone figlio d’ An
5. Sono tra i dotti molte controversie intorno alla precisa posizione
di
quesla città. Basti ricordare cho Troja stava pre
udo d’ Achille nel e. XVIII dell’ Iliade è uno dei più notabili paasi
di
quel poema, e vorrebbe essere slodiato dai giovin
i quel poema, e vorrebbe essere slodiato dai giovinetti quale modello
di
poetiche descrizioni ; ma è troppo lungo per pote
po lungo per poterlo citare intero in queste pagine ; ci coutenteremo
di
darue un saggio : Ivi ei fece ia terra, il mare,
e quei tornaado Ristorali al lavor, l’ almo lerreau Fendean, bramosi
di
finirlo tutto. Dietro aereggia la scouvolta gleba
emmia, un armento assalito da due leoni, e un’amena paatura con danze
di
pastori e greggi e capanne ; e per tulto l’ oro,
gran fiume Oceàn l’orlo chiudea Dell’ammirando scudo. » 97. L’ asta
di
Memnone. 98. Altri narrano diversamente la morte
» 97. L’ asta di Memnone. 98. Altri narrano diversamente la morte
di
questa sposa affettuosa ; e dicono cho per alimen
nte la morte di questa sposa affettuosa ; e dicono cho per alimentare
di
più il sno dolore fece faro un busto d’ avorio o
ho per alimentare di più il sno dolore fece faro un busto d’ avorio o
di
cera cho somigliava porfettamente il marilo, ed e
o di cera cho somigliava porfettamente il marilo, ed ella il guardava
di
continuo con gli occhi umidi di pianto. Acasto su
amente il marilo, ed ella il guardava di continuo con gli occhi umidi
di
pianto. Acasto suo suocero prese questo ritratto
di pianto. Acasto suo suocero prese questo ritratto che era la caosa
di
tanla afflizione, e lo feco ardere tra lo fiamme
che era la caosa di tanla afflizione, e lo feco ardere tra lo fiamme
di
un rogo ; ma Laodamia, fuori di sè dal dolore, si
zione, e lo feco ardere tra lo fiamme di un rogo ; ma Laodamia, fuori
di
sè dal dolore, si lanciò sullo stesso rogo, e vi
te dell’isola d’Itaca. 100. Questa statuetta era formata con le ossa
di
l’elope re del Peloponneso, ed aveva una certa mo
spirava molta venerazione nelle pinzochere trojane. 101. Alcuni sono
di
sentimento che questi antropofagi abitassero la C
sero popoli rozzi dell’uno o dell’altro paese, e non selvaggi a segno
di
cibarsi di carne umana. Il loro re è chiamato Ant
rozzi dell’uno o dell’altro paese, e non selvaggi a segno di cibarsi
di
carne umana. Il loro re è chiamato Antifate. 10
vivono dimentichi dell’essere proprio, come si rileva da uno squarcio
di
Dante che riporteremo nel seguito degli avvenimen
nte (che vi rimane) negar l’ esperienza del mondo senza gente (negare
di
conoscere l’emisferio terrestre che è privo d’abi
era. 117. Le travolse la mente. 118. Prima fu collocalo nel Palazzo
di
Tilo. Sul principiare del secolo XVI un certo de
119. Questa favols è fondata sopra uno dei più calamitosi avvenimenti
di
Tebe. Regnando Anfionc, questa città fu in preda
glia reale ne fu assalita come il resto degli abitanti. I sette figli
di
Niobe crano lungo le mura ad esercitarsi nella gi
visti giacere l’un sull’ altro, e spirare nel tempo che si studiavano
di
soccorrarsi scambievolmenta. Intanto le figlie di
o che si studiavano di soccorrarsi scambievolmenta. Intanto le figlie
di
Niobe, assalite in casa dallo stesso male, e quas
dalla furia dei venti. Vestita a lutto, pallida, abbattuta ella usci
di
Tebe, e ritornò nella Lidia suo paese natio per a
sua vecchia nutrice e delle compagne dei suoi verdi anni, le lacrime
di
tenerezza le inondarono le gote, i singhiozzi e i
riva al mare a l’una rimpatto all’ altra, aono aeparate da un tratto
di
più d’un miglio. 122. Queslo rallo, al dire di P
aeparate da un tratto di più d’un miglio. 122. Queslo rallo, al dire
di
Platone, è un’allegoria della svenlurala fine d’O
mare per cagione d’ un lurbine. 123. Retrogrado cammino. 124. Prima
di
tornare ad esser maschio. 125. Che accosta il te
ima di tornare ad esser maschio. 125. Che accosta il tergo al ventre
di
lui, atteso il narrato travolgimento delle person
e persone. Aronta fu celebre indovino della Toscana, e abitò ne’monti
di
Luni sopra Carrara. 126. Perciocchè viene col te
ra. 126. Perciocchè viene col tergo innanzi. 127. Profetessa figlia
di
Tiresia (mantis, indovino, gr.). 128. Come ognun
e parla a Dante, e gli dimostra gli spiriti infernali. 129. La città
di
Tebe sacra a Bacco. 130. Tiralli, Tirolo. — Ben
co. 130. Tiralli, Tirolo. — Benaco, antico nome del lago detto oggi
di
Garda. 131. Le Alpi pennine, Alpes poenœ. 132
are, cioé benedire, e però dov’ hauno giurisdizione tre vescovi, quel
di
Trento, quel di Brescia e quel di Verona. 133. B
re, e però dov’ hauno giurisdizione tre vescovi, quel di Trento, quel
di
Brescia e quel di Verona. 133. Bella a forte roc
uno giurisdizione tre vescovi, quel di Trento, quel di Brescia e quel
di
Verona. 133. Bella a forte rocca da far fronte a
detto ora Governolo. 136. Manlo, chiamata cruda perchè imbraltavasi
di
sangue, e inquietava isepolti. 137. Senz’ altro
ndi imprese, e nei più piccoli affari domestici, aia che si trattasse
di
dichiarar guerra, concluder pace, liberarai da un
la sacerdotessa Pitia (la Pitonessa, 122) era inspirata dai trasporti
di
furore divino ; a Dodona parlavano le donne, le c
er infallibili ; ma sempre fondate sul doppio senso o sull’ ambiguità
di
sentenze che potevano essere interpretate in più
altre imposture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra
di
ferro, di rame o di sasso, e vinceva colui che st
sture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro,
di
rame o di sasso, e vinceva colui che stando ritto
9. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro, di rame o
di
sasso, e vinceva colui che stando ritto in equili
vinceva colui che stando ritto in equilibrio con un piede aulla punta
di
un cono, sapeva lanciar la sua più lontano di tut
on un piede aulla punta di un cono, sapeva lanciar la sua più lontano
di
tutte, oltre il termine statuito. I Pugillatori s
tevano co’ pugni talvolta armati del cesto, conaistente in una apecie
di
acudo di cuoio ripieno di sassi, o in un braccial
’ pugni talvolta armati del cesto, conaistente in una apecie di acudo
di
cuoio ripieno di sassi, o in un bracciale parimen
armati del cesto, conaistente in una apecie di acudo di cuoio ripieno
di
sassi, o in un bracciale parimente di cuoio a più
pecie di acudo di cuoio ripieno di sassi, o in un bracciale parimente
di
cuoio a più doppi ec. 141. Faone (177 nola), ama
amato da Saffo, famosa poetessa, era assai valente in questa maniera
di
giuochi. 142. Circolo immaginato a contrassegnar
no al sole nel periodo d’un anno. 143. Per lo più sotto le sembianze
di
Vacca.
stuzie e con il terrore inspirava il sentimento religioso negli animi
di
coloro che può dirsi perdusi al bene dell’ intell
lligibile, l’Ente per lo esistente. I Miti degl’ Iddii, immaginazione
di
un mondo ancor bambino e fantastico, precedendo d
dii, immaginazione di un mondo ancor bambino e fantastico, precedendo
di
non poco i secoli della istoria, non presentano c
di non poco i secoli della istoria, non presentano che un tipo misto
di
vero e di falso — di vero, alludendo tante volte
co i secoli della istoria, non presentano che un tipo misto di vero e
di
falso — di vero, alludendo tante volte al mondo f
della istoria, non presentano che un tipo misto di vero e di falso —
di
vero, alludendo tante volte al mondo fisico o mor
di falso — di vero, alludendo tante volte al mondo fisico o morale —
di
falso, portando in mezzo narrazioni tutte fittizi
olo allusivo ognuno può trarre dettati non poco utili alla istruzione
di
un mondo civile e morale. Il falso poi traendo or
sandro il genio eroico de’ Greci Elleni ; come del pari una biografia
di
Numa o di Pitagora, che molto hanno di favoloso,
genio eroico de’ Greci Elleni ; come del pari una biografia di Numa o
di
Pitagora, che molto hanno di favoloso, ci dipinge
; come del pari una biografia di Numa o di Pitagora, che molto hanno
di
favoloso, ci dipinge il genio pelasgico degli ant
enio pelasgico degli antichi Italiani, operosi e temperati a un tempo
di
un mistico contemplativo, più eloquentemente che
diati interpetrare non poca parte della Mitologia, e quanto in essa è
di
più interessante, non essendo il rimanente, che o
promettiamo che a ciascuna parola, che ci ha porto la interpetrazione
di
un mito, abbiamo aggiunto la sua etimologia, e pe
a interpetrazione del mito istesso, e per nulla tralasciare intentato
di
ciò che possa promettere la utilità di queste pag
er nulla tralasciare intentato di ciò che possa promettere la utilità
di
queste pagine. Abbiamo non meno tolto alcuni conc
e latini, spigolati con lungo studio nel campo dovizioso delle opere
di
loro, e per impromettere a questo dettato più lun
produzione con le altre nostre opere finora pubblicate, la troveranno
di
molto inferiore a’ quelle, e pregna di non pochi
nora pubblicate, la troveranno di molto inferiore a’ quelle, e pregna
di
non pochi difetti, di aridezza di dettato, di pov
overanno di molto inferiore a’ quelle, e pregna di non pochi difetti,
di
aridezza di dettato, di povertà di concetti e d’i
molto inferiore a’ quelle, e pregna di non pochi difetti, di aridezza
di
dettato, di povertà di concetti e d’immagina, e d
ore a’ quelle, e pregna di non pochi difetti, di aridezza di dettato,
di
povertà di concetti e d’immagina, e di altre cose
le, e pregna di non pochi difetti, di aridezza di dettato, di povertà
di
concetti e d’immagina, e di altre cose non dissim
fetti, di aridezza di dettato, di povertà di concetti e d’immagina, e
di
altre cose non dissimili. A costoro noi rispondia
, e di altre cose non dissimili. A costoro noi rispondiamo, che oltre
di
esserei fatti, per quanto ci sappiamo, per un sen
; ed aggiungiamo, per toglierci da tali censure : che le umane, virtù
di
rado sorgono senza innestarsi con qualche vizio.
ncorsero a propagarla. 2. Come l’uomo passò dalla vera ad uno spettro
di
religione, la scienza della quale fu detta mitogr
o il primo bibblico, Dio crea il cielo e la terra, e come dall’obblio
di
questo concetto la filosofia tenne dietro a diver
acque nè parvolo nè selvaggio, ma invece adulto, educato nella scuola
di
Dio, onde potè aver lo intuito della Idea, da cui
dell’ atto creativo, e si disperse la intuitiva dell’ Ente e l’ unità
di
religione, e furono immaginati gl’ Iddii — 4. Olt
nte e l’ unità di religione, e furono immaginati gl’ Iddii — 4. Oltre
di
queste altre cagioni — 5. Si numerano gl’ Iddii p
no gl’ Iddii presidi a ciaseuna cosa, secondo S. Agostino nella Città
di
Dio — 6. Etimologia e significato della parola mi
uomini essere tutto per miti, se ne trae un esempio dalla Repubblica
di
Platone, ragioni ed altri esempii, interpetrazion
ubblica di Platone, ragioni ed altri esempii, interpetrazione de miti
di
Pane, di Issione, e di Pasife — 7. Poi col tempo
i Platone, ragioni ed altri esempii, interpetrazione de miti di Pane,
di
Issione, e di Pasife — 7. Poi col tempo cangiossi
ioni ed altri esempii, interpetrazione de miti di Pane, di Issione, e
di
Pasife — 7. Poi col tempo cangiossi il significat
nello smodare de’costumi, ragioni ed esempii — 8. Delle varie specie
di
mito. 9. Di alcune induzioni, che hanno attenenza
mini la nozione del vero Dio, si vide sorgere su la terra uno spettro
di
religione, ed all’ Ente sostituendosi l’ esistent
cti, i voti del cuore umano furono quasi tutti rivolti al temuto nume
di
loro ; e propagandosi questo culto nel tempo e ne
uasi tutta la terra addivenne idolatra. E raccontandosi innumeri miti
di
quest’Iddii, rannodossene in fine un’estesa e sci
ioni valsero ad aprir gli occhi e presentar loro lo insano spettacolo
di
tante fole e smentirle e rigettarle come cose da
le e smentirle e rigettarle come cose da trivio e viete. Solo la voce
di
alcuni filosofi, e di tutto il popolo eletto anco
tarle come cose da trivio e viete. Solo la voce di alcuni filosofi, e
di
tutto il popolo eletto ancora, che in mezzo a tan
insanie che coprivano la terra, conservavano non oscurato quel raggio
di
sapienza che irradiò fin dall’ Eden beato nella m
nnipotenza degl’imperi, che facevano fermo piedestallo a questa larva
di
religione, onde non cadere essi medesimi con il c
uesta larva di religione, onde non cadere essi medesimi con il crollo
di
quella, ancora tai filosofi si tacquero, ribadend
el moltiplice, interpetrare la parola Mito nel vero suo significato e
di
quali vesti fu poscia ricoperta quando erano in o
, che hanno attenenza con queste ricerche filologiche. 2. Vno spettro
di
religione non poteva essere la religione dei nost
padri. La religione figlia ingegnosa del cielo dipartendosi dal trono
di
Dio, ed appresa dall’uomo dal solo intuito, o, pe
tutto ontologico — l’Ente crea l’esistente — e questa fu la filosofia
di
tutti i tempi fino a quando non andò per le cagio
tempo alterata : alterossi non meno nell’uomo il primitivo sentimento
di
religione, e di tempo in tempo andò prendendo var
alterossi non meno nell’uomo il primitivo sentimento di religione, e
di
tempo in tempo andò prendendo varii e diversi asp
che la nozione dell’esistente, ora come fantasma che procede per via
di
emanazione, e non potevasi avere per religione ch
che un teocosmo, un panteismo, cui togliendosi via ogni concepimento
di
creazione, ciascuna creatura può chiamarsi un Dio
con gli occhi nella vasta estensione de’paesi e dei secoli. La prima
di
queste strade, che può paragonarsi ad una linea r
ciando che dopo la caduta, è tracciata dalla ragione umana, che manca
di
autorità tradizionale, e che non ha che alcuni av
ensiero eterodosso, che ignora e nega la creazione, e per la mancanza
di
questa idea intermedia divinizza la natura ed uma
istorica alla intellettiva, è d’uopo far meglio vedere lo sdrucciolo
di
non poca parte dell’umana famiglia dalla vera rel
lo stato selvaggio e barbaro ; perciocchè lo incivilimento ha bisogno
di
alcuni elementi che lo producono. E dall’altra pa
tra parte quando l’uomo fosse venuto selvaggio o parvolo, sprovveduto
di
siffatti elementi, non potendo da sè stesso porge
ebbe sempre vivuto vita selvaggia, o vi sarebbe peruto nell’abbandono
di
sè stesso e nella debolezza di sua vita. L’uomo n
ia, o vi sarebbe peruto nell’abbandono di sè stesso e nella debolezza
di
sua vita. L’uomo nato adulto e manodotto da Dio,
o, la Idea presentoglisi spontaneamente allo intuito, la riconoscenza
di
sua creazione, il cum ulo interminato delle doti
, dovè nascere tutta compiuta e perfetta, o, per adottare il concetto
di
un mito eterodosso, come Minerva usciva tutta com
odosso, come Minerva usciva tutta compiutamente plasmata dal cervello
di
Giove. L’uomo non serbò per sempre la forza primi
dal cervello di Giove. L’uomo non serbò per sempre la forza primitiva
di
sua mente, non manteune il culto civile, cui chia
partirsi per diverse regioni della terra degli orgogliosi della torre
di
Babele, i sovvertimenti a quando a quando iterati
iosi della torre di Babele, i sovvertimenti a quando a quando iterati
di
natura, un’aerimoto, un diluvio di acque, uno sbo
rtimenti a quando a quando iterati di natura, un’aerimoto, un diluvio
di
acque, uno sbocco di fuoco, un tremito di terra r
uando iterati di natura, un’aerimoto, un diluvio di acque, uno sbocco
di
fuoco, un tremito di terra ruinoso, uno sboccar f
ra, un’aerimoto, un diluvio di acque, uno sbocco di fuoco, un tremito
di
terra ruinoso, uno sboccar fuori da’loro limiti d
fuoco, un tremito di terra ruinoso, uno sboccar fuori da’loro limiti
di
oceani, ed altri sconvolgimenti, onde fu preda la
imento. Così caduto l’uomo dal natio splendore, e severchiando in lui
di
molto il senso e la immaginativa alla ragione, re
il sensibile all’intelligibité, l’Ente all’esistente. E trascorrendo
di
tempo in tempo di errore in errore, e cogliendo i
intelligibité, l’Ente all’esistente. E trascorrendo di tempo in tempo
di
errore in errore, e cogliendo in fine gli estremi
do il concetto rivelato e tradizionale serbarono non meno il concetto
di
Dio, fu instituita una Mitografia, ed alla casta
tografia, ed alla casta feratica fu affidata la tutela del patrimonio
di
cotanta insania. 4. Inoltre molte altre cagioni.
onio di cotanta insania. 4. Inoltre molte altre cagioni. Ora la pietà
di
un figlio deifica un padre rapito al suo amore ;
i un figlio deifica un padre rapito al suo amore ; ora la desolazione
di
una madro fa un Dio del figlio, a cui la natura h
la credulità de’ popoli ; infine lo stesso linguaggio mitico perdendo
di
tempo in tempo il’ suo significato primitivo, pon
tempo il’ suo significato primitivo, pone divinità enimmatiche invese
di
simboli e di emblemi. Ancorpa e la pittura, e la
significato primitivo, pone divinità enimmatiche invese di simboli e
di
emblemi. Ancorpa e la pittura, e la scultura e la
. Ancorpa e la pittura, e la scultura e la poesia sono fonte ubertosa
di
idolatria. I poeti, che adornavano la natura con
ombra del bosco Ti vien si dolce nella notte al core, Era il lamento
di
real donzella, Da re tiranno indegnamente offesa.
di real donzella, Da re tiranno indegnamente offesa. Fanciul superbo
di
sè stesso amante Era quel fior ; quell’altro al s
ischia e quella scorza, Che ne’boschi Sabei lagrime suda, Nella sacra
di
Pindo alta favella. Ebbero un giorno e sentimento
fidavano, onde promettersi eterna felicità del loro impero, la tutela
di
ogni cosa, non credendo uno esser bastante per tu
nella nostra lingua, quale tra la innumera turba degl’ Iddii credono
di
aver serbato e disteso quello impero. Perciocchè
isteso quello impero. Perciocchè nè in un’opera così preclara e piena
di
tanta dignità ardiscono sotto il nome degl’ Iddii
resiede a’vagiti degl’infanti ; o alla dea Cunina, che tutela le cune
di
loro…… Nè stimarono commettere ad un solo nume la
llina ; le valli a Vallonia. Nè fu loro dato ritrovare una Segezia(3)
di
tanto potere, a cui una volta affidassero le biad
prato con le nuove spighe la dea Ostilina(6) ; a’ frumenti nel tempo
di
fiorire la dea Flora(1) ; quando vanno in latte i
a ebbero sotto tali enigmi colato verità importanti — Questo concetto
di
Pausania è quale lo richiede la esposizione di qu
anti — Questo concetto di Pausania è quale lo richiede la esposizione
di
questo argomento. Invero la voce mito tutta greca
θος altro non importa che un parlar vero, ma fatto per via d’immagini
di
esseri animati creduti in miglior parte divini. C
agini di esseri animati creduti in miglior parte divini. Così eo’miti
di
Giove, di Cibele e di Nettuno, che furono poscia
sseri animati creduti in miglior parte divini. Così eo’miti di Giove,
di
Cibele e di Nettuno, che furono poscia creduti co
i creduti in miglior parte divini. Così eo’miti di Giove, di Cibele e
di
Nettuno, che furono poscia creduti come tre divin
escrive un’antro, ove va rinchiusa fin dalla infanzia una moltitudine
di
uomini gravati di catene, a non potere nè alzare,
ove va rinchiusa fin dalla infanzia una moltitudine di uomini gravati
di
catene, a non potere nè alzare, nè muovere il cap
la mente, ed altre cose non dissimili, li presentano sotto il tipo or
di
uomo, or di donna. Ne’ primi tempi tutto era simb
altre cose non dissimili, li presentano sotto il tipo or di uomo, or
di
donna. Ne’ primi tempi tutto era simbolico e conc
6), i primi uomini come fanciulli del genere umano non essendo capaci
di
formare i generi intelligibili delle cose, ebbero
capaci di formare i generi intelligibili delle cose, ebbero naturale
di
fingersi i caratteri poetici, che sono generi od
trovati utili necessari al genere umano, che sono particolari effetti
di
sapienza civile, riducevano al genere del sapient
io Trimegistro ; perchè non sapevano astrarre il genere intelligibile
di
sapiente civile, e molto meno la forma di civile
rre il genere intelligibile di sapiente civile, e molto meno la forma
di
civile sapienza ». Invero tutto era rappresentato
a prima infanzia del mondo. Quando volevasi dare un tipo del mondo, o
di
potenza, o di eternità rappresenta vasi sotto il
ia del mondo. Quando volevasi dare un tipo del mondo, o di potenza, o
di
eternità rappresenta vasi sotto il simbolo di un
mondo, o di potenza, o di eternità rappresenta vasi sotto il simbolo
di
un globo. E col globo istesso porto o da Dio ad u
lobo istesso porto o da Dio ad un principe, o da un principe a’popoli
di
lui, indicavasi e un potere supremo e un largitor
incipe a’popoli di lui, indicavasi e un potere supremo e un largitore
di
grazio. E quando si voleva additare la sovranità
tavasi un globo una ad un timone ; e quando piaceva darsi un’immagine
di
sacra inaugurazione di un principe, si presentava
un timone ; e quando piaceva darsi un’immagine di sacra inaugurazione
di
un principe, si presentava sormontato da un’aquil
o abbracciar Siringa, si trova fra le baccia le canne — Issione preso
di
amore per Giunone, dea de’matrimonii solenni, str
si alla donna, come le belve alle belve. E i Proci invadono la reggia
di
Vlisse, ne divorano le sostanze, contendono di ve
oci invadono la reggia di Vlisse, ne divorano le sostanze, contendono
di
venire a connubio con Penelope : non era questo c
ce col toro, e ne viene il minotauro, ossia un mostro dalle sembianze
di
uomo e di toro : mito difficile a spiegarsi, se p
o, e ne viene il minotauro, ossia un mostro dalle sembianze di uomo e
di
toro : mito difficile a spiegarsi, se pure non in
uomo e di toro : mito difficile a spiegarsi, se pure non intendevasi
di
aver gli eroi Cretesi lasciati liberi i connubii
altri miti, che potremmo portare in mezzo, non v’ha chi non comprende
di
leggieri, essere i miti un parlar vero espresso p
comprende di leggieri, essere i miti un parlar vero espresso per via
di
allegorie, e tutti gl’intraprendimenti umani esse
dello intelletto, come fanciulli della umana famiglia, davano il nome
di
Dio a tutto quello, che rifuggiva alla loro intel
lla istoria degli Americani, infra i quali non pochi in istato ancora
di
selvaggi tengono come Iddii tutti gli obbietti, c
o, diceva credersi da costoro, come altra volta abbiamo favellato(2),
di
sentirsi ivi il suono del muoversi del sole dall’
i sentirsi ivi il suono del muoversi del sole dall’orto all’occaso, e
di
vedersi le immagini degli Dei. E per tal ragione
o essere il cielo come un’immenso corpo animato, cui donarono il nome
di
Giove, che con lo vibrar de’fulmini, e con il tuo
, e con il tuono volesse dir loro qualche cosa ; un Giove corpulento,
di
grandi e lunghissime braccia l’immense forze, un
e forze, un essere gigantesco, che per tale possanza dissero Messimo,
di
cui credevano riempiute tutte le cose, Iovis omni
, con cui ora va contaminandosi la vera filosofia in non pochi luoghi
di
Europa : un Giove che dicevano essere più alto de
atone disse esser l’etere, che si diffonde dappertutto. E questo modo
di
concepirsi gli Dei non più porgeva miti di narraz
dappertutto. E questo modo di concepirsi gli Dei non più porgeva miti
di
narrazioni vere, ma fittizie, immaginarie, fantas
quali nascevano dalla ignoranza. Lo smodare de’costumi oscurò ancora
di
tempo in tempo le vere narrazioni de’miti. Volend
Iddii, che si creavano nella loro mente, trascorrere, senza rimorso,
di
errore in errore, di divieto in divieto, ingiunse
no nella loro mente, trascorrere, senza rimorso, di errore in errore,
di
divieto in divieto, ingiunsero, come di Eusehio,
rimorso, di errore in errore, di divieto in divieto, ingiunsero, come
di
Eusehio, ai miti, interpolandoli, significati mis
o avvenne anche prima del cantore dell’ Iliade, chè a’Greci importava
di
non andare gli Dei avversi a’loro voti, come cred
ificati, e soprattutto coloro, cui la utilità pubblica andò debitrice
di
singolari servigii, di ritrovati necessarii alla
coloro, cui la utilità pubblica andò debitrice di singolari servigii,
di
ritrovati necessarii alla vita, di conquiste, di
ò debitrice di singolari servigii, di ritrovati necessarii alla vita,
di
conquiste, di vittorie, di trionfi, a cui tengono
singolari servigii, di ritrovati necessarii alla vita, di conquiste,
di
vittorie, di trionfi, a cui tengono dietro la glo
rvigii, di ritrovati necessarii alla vita, di conquiste, di vittorie,
di
trionfi, a cui tengono dietro la gloria e lo sple
i trionfi, a cui tengono dietro la gloria e lo splendore delle genti,
di
fondazioni di città, di conduzioni di colonie, on
ui tengono dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni
di
città, di conduzioni di colonie, onde nascono le
dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città,
di
conduzioni di colonie, onde nascono le aggregazio
ria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di conduzioni
di
colonie, onde nascono le aggregazioni degli uomin
el commercio, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scoperte
di
terre e di oceani remoti e sconosciuti, chiamando
o, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scoperte di terre e
di
oceani remoti e sconosciuti, chiamandovi il traff
chiamandovi il traffico, quando l’ebbero disgombrati dalla orridezza
di
natura, che li circondava, e tutelati da mostri,
r loro e la culla, e la morte e loro tomba. 8. Ora delle varie specie
di
mito, onde gli antichi eterodossi veneravano molt
a, come dice S. Agostino(1), tenendo parola al popolo romano, favellò
di
tre generi d’Iddii, uno come un comento de’poeti,
ofi, e che poco fassi incontro a gl’interessi sociali, che anzi torna
di
nocumento a’ popoli ; l’altro da’principi e da sa
a’ popoli ; l’altro da’principi e da sacerdoti. Da questa esposizione
di
Scevola lo immenso Varrone, come abbiamo dallo st
one, come abbiamo dallo stesso Agostino(2), portò in mezzo tre specie
di
mitografia, mistica, fisica e civile. Mitografia
se contra la natura e il decoro degl’immortali, una diva dal cervello
di
Giove, Minerva ; un dio dalla coscia dello istess
ciole del sangue, Pegaso cavallo alato, che si voleva nato dal sangue
di
Medusa ; e volando poscia nel cielo fosse colloca
e degli Iddii e degli uomini, e tutto e quanto v’ha nel mondo costar
di
numeri, e tutto nascere dalla armonia e concento
nel mondo costar di numeri, e tutto nascere dalla armonia e concento
di
loro(3) ; o dagli atomi, come opinava Epicuro, il
3) ; o dagli atomi, come opinava Epicuro, il quale emulando la scuola
di
Democrito, voleva tutto andar composto di minutis
il quale emulando la scuola di Democrito, voleva tutto andar composto
di
minutissimi corpicciuoli indivisibili. Mitografia
con inganno autorevole, ora con silenzio misterioso, ora con vaghezza
di
pompa, ora con indulgenza di senso, le menti più
on silenzio misterioso, ora con vaghezza di pompa, ora con indulgenza
di
senso, le menti più deboli, rimanevano ad oppugna
o, le menti più deboli, rimanevano ad oppugnare ancora le sorti, cioè
di
coloro che dati alla contemplazione del vero, pot
Tullio appresso i romani, e Socrate nella Grecia, ridersi apertamente
di
queste umane invenzioni ». « Occuparono perciò q
alla maestà delle parti, dall’ordine, dall’avvenenza invitati, invece
di
riconoscere e di adorare l’autore, tentarono di c
parti, dall’ordine, dall’avvenenza invitati, invece di riconoscere e
di
adorare l’autore, tentarono di cacciarlo per cede
enza invitati, invece di riconoscere e di adorare l’autore, tentarono
di
cacciarlo per cedere il luogo ad un popolo di chi
are l’autore, tentarono di cacciarlo per cedere il luogo ad un popolo
di
chimere o di numi, che situarono quale nel Sole o
tentarono di cacciarlo per cedere il luogo ad un popolo di chimere o
di
numi, che situarono quale nel Sole o negli astri,
scarabei, ritrovando in ogni creatura, benchè minuta, nicchio capace
di
una intera e propria deità ». « La novità dello
icarono all’antichità dell’errore introdotto, esponendo quasi misteri
di
teologia quelli ch’erano avvenimenti d’istoria, e
d’istoria, e fantasie d’ignoranti spacciando per dogmi e per massime
di
filosofi. L’ambizione del parto ingegnoso portava
mi, quanto l’ammirazione sopra il rimunente del volgo. La morale, che
di
qui trassero accomodata alle passioni de’letterat
a naturale o fisica da Varrone. Finalmente si ritrovò un terzo genere
di
nomini, chiamato civile che si prevalse degli err
elle passioni sì del volgo, come de’ letterati, e ne compose un misto
di
teologia nominata civile. Questa a tutti compiace
civile. Questa a tutti compiacendo lasciava i filosofi nell’ambizione
di
conversare con gli. Dei mondani, ed il volgo nell
bizione di conversare con gli. Dei mondani, ed il volgo nella libertà
di
trattenersi con essi, e con gli antenati, nel man
i con essi, e con gli antenati, nel mantenere il senso in possessione
di
ogni diletto, placando con giuochi, danze e convi
he ereditavano le loro inclinazioni e le colpe ». 9. Da questo variar
di
significate della parola Mito or ci sorge vaghezz
a questo variar di significate della parola Mito or ci sorge vaghezza
di
venire ad alcune induzioni, che hanno molta atten
l mito conceputa solo con immagini o simboli sottendrando il concetto
di
cose finte ed immaginate a talento, ognuno ha cre
tiva della storia antica de’ popoli ; il fisico vi discopre i misteri
di
natura ; il politico il raffinamento di un saggio
fisico vi discopre i misteri di natura ; il politico il raffinamento
di
un saggio governo ; il filosofo la parte più bell
tà dei più saggi sacerdoti Egizii, vuole che la religione e le favole
di
loro si raggirassero sopra il levarsi de’pianeti,
er questo taluni delle dodici divinità maggiori fecero dodici periodi
di
tempi corrispondenti a ciascuno mese dell’anno. A
mese dell’anno. Altri non meno spiegando i miti e le favole per mezzo
di
caratteri astronomici, e supponendo a un tempo al
tismo volevano uscita dal seno della istessa divinità, anima variante
di
forme allo infinito, secondo i diversi effetti di
ità, anima variante di forme allo infinito, secondo i diversi effetti
di
che volevano esser ella produttrice, e secondo gl
sere e Dio, e la mente da lui nata, e l’anima del mondo, vuole che su
di
quest’anima, sorgente di tutte le altre anime, e
lui nata, e l’anima del mondo, vuole che su di quest’anima, sorgente
di
tutte le altre anime, e su l’eterne potenze vanno
ondo visibile e le forze motrici, che lo governano. Da queste nozioni
di
Macrobio può dirsi dunque altro non essere i miti
ole, che un velo ingegnoso gettato da prudente mano su tutte le opere
di
natura, e secondo questi principii noi ci studier
cipii noi ci studieremo interpetrare i miti eterodossi nel breve giro
di
queste nostre escogitazioni, dando a un tempo ad
nduto a quest’anima dell’universo una al culto del Sole, della Luna e
di
altri corpi celesti, fu l’obbietto delle favole d
Sole, della Luna e di altri corpi celesti, fu l’obbietto delle favole
di
tutti i popoli eterodossi. 10. La favola è un int
nificare e darne fuori una iconologia, ce la presentano sotto il tipo
di
una divinità allegorica, figlia del Sonno e della
co — Miste, cioè allegoriche e morali, e così può chiamarsi la favola
di
Leucotoe cangiata in albero, da cui tragge fuori
eucotoe cangiata in albero, da cui tragge fuori lo incenso ; o quella
di
Clizia mutata in elitropio. Mista del pari è la f
la di Clizia mutata in elitropio. Mista del pari è la favola del pomo
di
oro, che la Discordia fece cadere in mezzo al con
enere, che gli prometteva la più bella donna del mondo : favola mista
di
allegoria, perchè con il convito qui s’intende la
a celeste facoltà, cioè lo spirito e la mente degli Dei — con il pomo
di
oro il mondo, il quale come che è un’aggregato di
i Dei — con il pomo di oro il mondo, il quale come che è un’aggregato
di
contrarii concorrenti in uno, con ragione viene g
rii concorrenti in uno, con ragione viene gettato dalla Discordia — e
di
morale, chè per Paride qui s’intende l’animo dell
elle immaginate solo per divertimento, così potrebbesi dire la favola
di
Psiche. Capitolo II. Sommario — 11. Interp
nella mente de’Greci, e donde può trarsene la etimologia — Iconologia
di
Giove e come da questa si trae la interpetrazione
li l’etere o l’aere sparso dappertutto, e da ciò si dà la vera spiega
di
alcuni concetti de’classici latini — si rafforza
a di alcuni concetti de’classici latini — si rafforza la esplicazione
di
questo mito da un simulacro di Giove, ricordato d
i latini — si rafforza la esplicazione di questo mito da un simulacro
di
Giove, ricordato da Pausania, a tre occhi, e che
preso per l’anima del Mondo, nozioni tolte da S. Agostino nella Città
di
Dio. 15. Esposizione del mito di Giove da Plutarc
oni tolte da S. Agostino nella Città di Dio. 15. Esposizione del mito
di
Giove da Plutarco. 16. Bacco, figlio di Giove, in
Dio. 15. Esposizione del mito di Giove da Plutarco. 16. Bacco, figlio
di
Giove, interpetrazione di questo mito. 17. A Giov
ito di Giove da Plutarco. 16. Bacco, figlio di Giove, interpetrazione
di
questo mito. 17. A Giove si dava per padre Saturn
padre Saturno — Etimologia della parola Saturno — varie attribuzioni
di
lui tratte da un inno che si vuole di Orfeo — Int
la Saturno — varie attribuzioni di lui tratte da un inno che si vuole
di
Orfeo — Interpetrazione di alcuni miti di Saturno
ioni di lui tratte da un inno che si vuole di Orfeo — Interpetrazione
di
alcuni miti di Saturno, esposti e spiegati da Tul
tte da un inno che si vuole di Orfeo — Interpetrazione di alcuni miti
di
Saturno, esposti e spiegati da Tullio nel lib. 11
a Tullio nel lib. 11 della Natura degli Dei. 18. Nettuno — etimologia
di
questa parola tolta da Tullio e da Varrone — vari
etimologia di questa parola tolta da Tullio e da Varrone — varii nomi
di
Nettuno, e loro significato. 19. Plutone — duplic
o, e loro significato. 19. Plutone — duplice interpetrazione del mito
di
questo Dio, onde si trova non essere che o le ric
parola Apollo da Platone e da altri classici greci — interpetrazione
di
tutti i modi onde veniva rappresentato. 21. Varie
one di tutti i modi onde veniva rappresentato. 21. Varie attribuzioni
di
Apollo e loro significato. 22. Apollo uccide il s
o e loro significato. 22. Apollo uccide il serpente Pitone, allegoria
di
questo mito, tolta da Macrobio. 23. Apollo caccia
o, tolta da Macrobio. 23. Apollo cacciato dal cielo pastura le greggi
di
Admeto, interpetrazione di questo mito. 24. Conce
pollo cacciato dal cielo pastura le greggi di Admeto, interpetrazione
di
questo mito. 24. Concetti tolti dalla Scienza Nuo
o a questo nume, come ne interpetra i miti. 25. Mercurio — etimologia
di
questa parola — dall’allegoria de’suoi miti si sc
, pruove. 26. S. Agostino v’intende non altro che la parola. 27. Nomi
di
Mercurio tutti allusivi alla parola. 28. Diversa
con Vulcano può intendersi l’anima del mondo. 31. I Ciclopi compagni
di
Vulcano, allegoria del loro mito, cui intendonsi
lla interpetrazione del miti degl’ Iddii in particolare, nulla diremo
di
ciò ch’è favola, supponendo il leggitore esserne
ia per la istruzione de’giovanetti, debbonsi far precedere le lezioni
di
questa alla interpetrazione di quelli, onde inten
tti, debbonsi far precedere le lezioni di questa alla interpetrazione
di
quelli, onde intender le favole nel vero loro sig
favole nel vero loro significato. 12. Adorni gli antichi nostri padri
di
non volgare sapienza, volendo esprimere la natura
olendo esprimere la natura, le forze ed i suoi fenomeni, si giovarono
di
miti e di simboli. Per questo numerando dodici Di
rimere la natura, le forze ed i suoi fenomeni, si giovarono di miti e
di
simboli. Per questo numerando dodici Dii maggiori
ci Dii maggiori, li dividevano in triplice ordine, celesti, mondani e
di
coloro, che procreano la mente e gli animi — Cele
le sostanze de’ Numi — Mondani quegl’ Iddii, onde il mondo esiste, e
di
questi altri creano il mondo, come Giove, cioè l’
no il mare, le acque ; Vulcano il fuoco, esprimendosi i tre elementi,
di
cui si credeva esser composte le sostanze delle c
ttutto i selvaggi campavano in miglior parte la vita ; altri plasmato
di
varii e diversi obbietti, vi portano misura, ordi
o, come Marte, Pallade, Vesta, che si rappresentano armati, simbolica
di
fortezza e di tutela. 13. Giove — Ei nacque nella
Pallade, Vesta, che si rappresentano armati, simbolica di fortezza e
di
tutela. 13. Giove — Ei nacque nella mente de’grec
no per lo universo, veniva rappresentato da tutta l’antichità in atto
di
fulminare, e credevasi a un tempo che lo slancio
, ed il fragore de’tuoni non fossero che i cenni e lo stesso favellar
di
Giove. In questo noi troviamo un mito, che non ha
all’alto e che tutti chiamano Giove ». Ed Euripide dallo stesse luogo
di
Tullio(3) « vedi, diceva, ciò che su in alto si e
itenete per sommo tra gl’Iddii, questo ritenete per Giove » Il seggio
di
Giove, così Virgilio(4), è posto dov’è aere, dov’
aere uno degli immensi ricettacoli dell’elettricismo, che lanciandosi
di
regione in regione per le vie dell’alto ingenera
cora per ogni recondito recesso della terra, è principio e generatore
di
tutte le cose, onde Giove fu detto padre degli De
ve fu detto padre degli Dei e degli uomini ; e del pari portò il nome
di
Ottimo-massimo, e mille altri grandiosi titoli de
oltre la idea dello scultore, da cui fu fatto, per indicare lo impero
di
Dio sul triplice regno della creazione, l’aere mo
corporeo, che riempie e muove tutta questa mole, che voglion composta
di
quattro, o di quanti elementi a loro piace ; or n
riempie e muove tutta questa mole, che voglion composta di quattro, o
di
quanti elementi a loro piace ; or ne cede parte a
sser l’etere, oude dall’atto abbracciasse Giunone, ch’è l’aere sparso
di
sotto ; or ana all’aere è creduto essere il cielo
o nel tempo ; Marte e Bellona nelle guerre ; Bacco ne’luoghi piantati
di
viti ; Cerere nei frumenti ; Diana nelle selve ;
i in tutta quella innumera turba degli Iddii plebei. Egli con il nome
di
Libero presiede seminibus hominum ; col nome di L
bei. Egli con il nome di Libero presiede seminibus hominum ; col nome
di
Libera seminibus mulierum (2). A lui si dava il n
um ; col nome di Libera seminibus mulierum (2). A lui si dava il nome
di
padre del giorno, portando i parti alla luce ; di
lui si dava il nome di padre del giorno, portando i parti alla luce ;
di
Dea Mena, presedendo a’mestrui delle donne ; di L
o i parti alla luce ; di Dea Mena, presedendo a’mestrui delle donne ;
di
Lucina, invocandosi dalle parturienti ; di Opi, p
do a’mestrui delle donne ; di Lucina, invocandosi dalle parturienti ;
di
Opi, porgendo aiuto a’nascenti, e accogliendoli n
pi, porgendo aiuto a’nascenti, e accogliendoli nel seno della terra ;
di
Vaticano ne’vagiti degl’infanti ; di Dea Levana,
gliendoli nel seno della terra ; di Vaticano ne’vagiti degl’infanti ;
di
Dea Levana, levandoli dalla terra ; di Dea Cunina
icano ne’vagiti degl’infanti ; di Dea Levana, levandoli dalla terra ;
di
Dea Cunina tutelando le cune. Non è altro egli st
o in quelle Dive, che predicono i destini a’nascenti, o porta il nome
di
Carmente(3) ; presiede a gli avvenimenti fortuiti
re i numeri ; e dall’insegnare il canto, Camena. A lui davasi il nome
di
Dio Conso porgendo consigli ; a lui il nome di De
. A lui davasi il nome di Dio Conso porgendo consigli ; a lui il nome
di
Dea Sensia(1), inspirando sentimenti ; a lui il n
a lui il nome di Dea Sensia(1), inspirando sentimenti ; a lui il nome
di
Dea della gioventù, porgendo ai giovanetti gli es
porgendo ai giovanetti gli esordii dell’età giovanile ; a lui il nome
di
Fortuna Barbata, vestendo a gli adulti la barba d
le ; a lui il nome di Fortuna Barbata, vestendo a gli adulti la barba
di
peli ; a lui il nome di Dio Giogatino, congiungen
rtuna Barbata, vestendo a gli adulti la barba di peli ; a lui il nome
di
Dio Giogatino, congiungendo i coniugi ; a lui, in
i Dio Giogatino, congiungendo i coniugi ; a lui, invocandosi, il nome
di
Diva Virginiese, sciogliendo la cintura alle verg
oluzioni i mesi. Nè, soggiunge, creder si deve esser il Sole immagine
di
Giove, e la Luna immagine di Giunone, ma lo stess
e, creder si deve esser il Sole immagine di Giove, e la Luna immagine
di
Giunone, ma lo stesso Sole nella sua materia esse
che Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno
di
sua madre Semele, che restò morta in veder Giove
ua madre Semele, che restò morta in veder Giove in tutto lo splendore
di
sua grandezza, quando non ancora era compiuto il
a grandezza, quando non ancora era compiuto il tempo della gravidanza
di
lui, traendonelo poi fuori a suo tempo. A questo
reca μηρος, coscia, onde si disse essere stato rinchiuso nella coscia
di
Giove ; e per questo ancora portava il nome di Di
rinchiuso nella coscia di Giove ; e per questo ancora portava il nome
di
Ditirambo, ossia due volte nato ; sebbene altri a
sia due volte nato ; sebbene altri a questa voce danno il significato
di
aprire ; poichè il vino, di cui egli fu l’invento
altri a questa voce danno il significato di aprire ; poichè il vino,
di
cui egli fu l’inventore, bevuto oltre misura, apr
menti. Altri non pertanto dicono, che Bacco fu rinchiuso nella coscia
di
Giove, onde parto immaturo e imperfetto venisse a
n luogo più salubre detto femur, coscia, e così immaginossi la favola
di
lui. Creduto inventore del vino, tutto e quanto p
ola di lui. Creduto inventore del vino, tutto e quanto può spigolarsi
di
lui ne’classici greci e latini, tutto si allude a
el vino. Gli si metteva in mano un tirso, ossia un’asta attorcigliata
di
pampani, o di frondi di ellera : con questa asta
i metteva in mano un tirso, ossia un’asta attorcigliata di pampani, o
di
frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbl
in mano un tirso, ossia un’asta attorcigliata di pampani, o di frondi
di
ellera : con questa asta nodosa ed obbliqua indic
imi degli ebrii andar del tutto aperti ed in nulla simulati. Le orgie
di
lui celebravansi al suono strepitoso di cembali e
d in nulla simulati. Le orgie di lui celebravansi al suono strepitoso
di
cembali e di tamburi, per indirare il tumulto deg
mulati. Le orgie di lui celebravansi al suono strepitoso di cembali e
di
tamburi, per indirare il tumulto degl’ubbriachi.
boscarsi la gran selva della terra, ciò che volevano avvenuto a tempi
di
Saturno, onde pe’latini questa età risponde a que
quando si disse che a lui fu presentata una zolla, una pietra in vece
di
Giove, si volle significare, che con le mani degl
he con le mani degli uomini furono ricoperte le biade seminate, prima
di
essersi ritrovato a svolgere la terra con l’aratr
il cielo, è un seme divino. Queste e molte altre cose, che si dicono
di
Saturno, tutte si rifescono ai semi — Ei non era
tempo, che tutto genera, strugge e riproduce. In un’inno che si vuole
di
Orfeo, tra le attribuzioni gli si dà il nome di p
un’inno che si vuole di Orfeo, tra le attribuzioni gli si dà il nome
di
padre degli Dei beati e degli uomini, di vario ne
tribuzioni gli si dà il nome di padre degli Dei beati e degli uomini,
di
vario ne’suoi consigli, di distruttore e che inge
e di padre degli Dei beati e degli uomini, di vario ne’suoi consigli,
di
distruttore e che ingenera tutte le cose, di raff
vario ne’suoi consigli, di distruttore e che ingenera tutte le cose,
di
raffrenatore con vincoli ineffabili dell’intero m
te le cose, di raffrenatore con vincoli ineffabili dell’intero mondo,
di
germe della terra e del cielo stellato. Ancor di
i dell’intero mondo, di germe della terra e del cielo stellato. Ancor
di
lui si raccontarono alcuni miti, che furono espos
si raccontarono alcuni miti, che furono esposti da Tullio, i concetti
di
cui noi qui voltiamo nella nostra favella, soprat
ttutto perchè da questi vengono ad interpetrarsi i concetti dell’inno
di
Orfeo « Tutta la Grecia, ei dice(1), portava un’a
ivorare, che fa degli anni, quod saturatur annis. Si è finto non meno
di
mangiarsi i proprii figli ; poichè il tempo insaz
o non meno di mangiarsi i proprii figli ; poichè il tempo insaziabile
di
anni consuma tutti quei che corrono. Si dice esse
ole così detto a nando, dal nuotare ; ma ei va tanto poco soddisfatto
di
questa etimologia, che egli stesso poscia la rige
ciocchè il mare circondando tutta la terra, per un traslato può dirsi
di
maritarsi con la terra istessa. Da greci Nettuno
a. Da greci Nettuno ποσειδων, che esprime quel potere, che ha l’amore
di
generare le cose su la terra e nel seno della ter
de’mari — e per questo ancora i fiumi si dipingono solto le sembianze
di
toro, e con sguardi torvi da toro, quasi il corso
lto le sembianze di toro, e con sguardi torvi da toro, quasi il corso
di
loro esprimesse un non so che di violento, e dess
guardi torvi da toro, quasi il corso di loro esprimesse un non so che
di
violento, e desse fuori un muggito. A Nettuno si
te, simbolo del suo impero su i mari, o perchè i pescatori si giovano
di
questo istrumento quando tendono insidie a’pesci,
i non pochi nocchieri, e furono creduti come Iddii anche in tempi non
di
molto remoti ; sì perchè dalla istoria è dato pri
dalla istoria è dato principio al secolo degli eroi con le piraterie
di
Minosse, e con la spedizione navale, che fece Gia
dizione navale, che fece Giasone nel Ponto per la conquista del vello
di
oro ; sì ancora, mancando a gl’antichi fiore d’in
igolando nel gran campo delle opinioni degli scrittori, che parlarono
di
questa divinità, può darsi una duplice interpetra
preside della terra ; poichè la parola Plutone importa il significato
di
ricchezze, che solo a noi vengono dalla terra, e.
imperio dello inferno, perchè solo la terra è una materia più oscura
di
tutti gli altri elementi(1). Perciò i greci lo ch
oconda e soave. Ed è chiamato Plutone, che oltre il significato detto
di
sopra, tutte le cose, quando son vicine alla diss
mblema del Sole d’inverno, o del giro del Sole per tutto quel periodo
di
tempo, in cui questo pianeta percorre la parte in
la parte inferiore dello Zodiaco. Ciò non va discorde dal sentimento
di
Porfirio in un frammento riportato da Eusebio(3),
assa sotto la terra, e percorre le sconosciuto e nascoto emisfero ; e
di
Macrobio che vuole essere Iao, cioè lo spirito de
lo spirito delle sfere, il più antico tra gli Dei, che porta il nome
di
Plutone nello inverno, e di Giove in primavera(4)
più antico tra gli Dei, che porta il nome di Plutone nello inverno, e
di
Giove in primavera(4). 20. Apollo — Dio della po
a, della luce, della medicina e dell’armonia. Quando si disse ne’miti
di
questo nume non è, che un traslato allegorico, cu
uo apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi gli effetti
di
sua dimostrazione. Perciò da’ Greci fu detto Ecat
ciò da’ Greci fu detto Ecateo, che può derivarsi dall’avverbio εκαθεν
di
lontano, cioè dal mandar di lontano sino a noi la
o, che può derivarsi dall’avverbio εκαθεν di lontano, cioè dal mandar
di
lontano sino a noi la luce del sole. Gli Egizii l
la luce del sole. Gli Egizii lo rappresentavano ora sotto il simbolo
di
un’occhio radiante ; ora sotto quello di uno scet
ntavano ora sotto il simbolo di un’occhio radiante ; ora sotto quello
di
uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto qu
sotto quello di uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto quello
di
un serpente di oro alato, simbolica propria della
uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto quello di un serpente
di
oro alato, simbolica propria della luce solare. Q
i, non essere Apollo che il pianeta del Sole. Si credeva esser figlio
di
Giove e di Latona — di Giove, ossia, come ogni al
re Apollo che il pianeta del Sole. Si credeva esser figlio di Giove e
di
Latona — di Giove, ossia, come ogni altra creatur
e il pianeta del Sole. Si credeva esser figlio di Giove e di Latona —
di
Giove, ossia, come ogni altra creatura, figlio de
, ossia, come ogni altra creatura, figlio dell’autore dell’universo —
di
Latona, e con questo traendo la etimologia di que
’autore dell’universo — di Latona, e con questo traendo la etimologia
di
questa parola del verbo latere nascondere, si vol
a parola del verbo latere nascondere, si volle significare, che prima
di
uscire lo imperio divino creatore della luce, le
avallantisi su la faccia degli abissi. Si diceva essernato nell’isola
di
Delo, parola che importa manifestare ; perciochè,
nza del Sole è tutta ignita ; o come stima Cleante, perchè il sole va
di
stagione in stagione variamente declinando nella
erchè il Sole tante volte toglie la vita ai viventi con un intemperie
di
calore, onde può derivarsi ancora dal greco απολλ
dere o distruggere degli italiani. È rappresentato sotto le sembianze
di
un giovane imberbe, chè il Sole non va soggetto a
morbi. Poichè, dice Macrobio(2), dal Sole nasce continua salubrità, e
di
rado ne derivano alcune fiate ancora le pestilenz
e di rado ne derivano alcune fiate ancora le pestilenze. I simulacri
di
Apollo vengono rappresentati con le tre Grazie ne
mortali col temperato suo calore, e cacciando al contrario nelle vene
di
loro umori pestilenziali con la oltre misura dell
lla vita. E non meno, attenendoci alla etimologia de’varii suoi nomi,
di
leggieri scorgerassi, come questo nume in nulla s
απλος, da a privativa, e πολυς molto, ossia non molto, unico o quasi
di
semplice natura, quale caratteristica ben si addi
erci tratto dalle pestilenze, onde fu detto ancora Peon, cioè fornito
di
facoltà medica. Chiamavasi Delio da δηλος illustr
e vitale del Sole. Si diceva Pizio da πυθιος serpente, che si credeva
di
avere strozzato, onde, come dice Ovidio(2), furon
giuochi Pizii. Poichè Apollo va idenficato con il Sole, gli abitatori
di
Ieropoli quando volevanlo rappresentare sotto le
’raggi del Sole in verso la terra — gli ponevano sul capo un canestro
di
oro, per significare la luce eterea — gli facevan
si consacrava il cigno, chè non v’ha uccello più vocale e più candido
di
questo. 22. Tutta la Grecia celebrava in onor di
vocale e più candido di questo. 22. Tutta la Grecia celebrava in onor
di
Apollo alcuni giuochi detti Pizii, onde perpetuar
ni, e poscia quivi riscaldate cadendo giù ravvolgentisi a simiglianza
di
un serpente mortifero nelle ime sedi della terra
della terra portavano il guasto, e contaminando tutte le cose per via
di
una putredine, la quale originata dal calore oper
a putredine, la quale originata dal calore operante su lo umore mercè
di
una effervescenza, che ricoprendo il sole istesso
a effervescenza, che ricoprendo il sole istesso con un folto addensar
di
caligine, sembra di ottenebrare in parte lo stess
ricoprendo il sole istesso con un folto addensar di caligine, sembra
di
ottenebrare in parte lo stesso suo splendore ; ma
a poscia estenuate col salubre fervore de’raggi cadenti a simiglianza
di
saette, prosciugate e svanite, i poeti ne immagin
arono la favola del dragone ucciso da Apollo. 23. Raccontasi del pari
di
Apollo un’altra favola — che scacciato da Giove d
pasturare. Macrobio istesso interpetra questo mito. Non dall’ufficio
di
pasturare le greggi, ei dice(2), Apollo fu detto
ore, fingendosene la favola, ma perchè il sole pascola tutte le cose,
di
cui è produttrice la terra, onde non di un solo,
l sole pascola tutte le cose, di cui è produttrice la terra, onde non
di
un solo, ma di ogni gregge può chiamarsi pastore.
tutte le cose, di cui è produttrice la terra, onde non di un solo, ma
di
ogni gregge può chiamarsi pastore. Altri intendon
gregge può chiamarsi pastore. Altri intendono con questo un’Apollo re
di
Arcadia, che imperando con rigore fu gettato dal
endore d’armi…… Ed è detto Apollo Dio fondatore della umanità e delle
di
lei arti, una delle quali è quella di cavalcare ;
fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella
di
cavalcare ; onde il Pegaso vola sopra il monte Pa
lcare ; onde il Pegaso vola sopra il monte Parnaso, il quale è armato
di
ali, perchè è in ragione de’nobili… Finalmente Ap
agione de’nobili… Finalmente Apollo è sempre giovane, siccome la vita
di
Dafne sempre vardeggia cangiata in lauro, perchè
eterna gli uomini nelle loro famiglie : egli porta la chioma in segno
di
nobiltà, e restò costume a moltissime nazioni di
a la chioma in segno di nobiltà, e restò costume a moltissime nazioni
di
portar chioma i nobili ; e si legge tra le pene d
li ; e si legge tra le pene de’nobili appo i Persiani e gli Americani
di
spiccare uno o più capelli dalla loro chioma : e
sempre in aria tra il cielo, la terra e lo inferno, carattere proprio
di
un messaggiero dal cielo alla terra e dalla terra
ggiero dal cielo alla terra e dalla terra al cielo. I miti raccontati
di
questo nume non sono che una perfetta allegoria,
i andavano attorti due colubri, e fu creduto essere questo un simbolo
di
pace ; posciachè, incontrandosi ei con due colubr
iachè, incontrandosi ei con due colubri altercantisi, ne avesse tolto
di
mezzo la rissa, rappacificandoli col tocco della
nissero scacciate le tenebre e le larve, figlie della notte. Narrossi
di
lui di aver morto Argo da cento occhi, posto a cu
scacciate le tenebre e le larve, figlie della notte. Narrossi di lui
di
aver morto Argo da cento occhi, posto a custodia
la giovanetta Io, trasmutata da Giove in vacca, onde trarla al furore
di
Giunone : è questo un mito, con cui si voleva dar
concetti, quasi medius currens, perchè la parola o il discorso corre
di
mezzo fra gli uomini ; e si disse ερμης da’greci,
e alle merci ; perciocchè tra i compratori, e coloro che vendono v’ha
di
mezzo il discorso. Gli posero le ali a’piedi e al
a’piedi e al capo, chè il parlare va rapido per l’aria. Portò il nome
di
nunzio, giacchè con il favellare si danno fuori t
i, ossia monchi tutti quei che mancano delle mani. 27. Co’miti dunque
di
Mercurio gli antichi non intendevano che il mirab
le — Εριουνιος, utile, e ciò dalla utilità della parola. A simulacri
di
lui si metteva in mano una verga di oro, e se ne
utilità della parola. A simulacri di lui si metteva in mano una verga
di
oro, e se ne faceva gran conto, credendosi d’ines
e. Si fingeva senza mani e senza piedi, per indicare non aver bisogno
di
questi per eseguire le cose a lui commesse, basta
sti per eseguire le cose a lui commesse, bastandogli solo la parola —
di
forma quadrata onde esprimere la sua stabilità e
drata onde esprimere la sua stabilità e fermezza. Intorno alle statue
di
lui si accumulavano molte pietre ; perciocchè ogn
utti che altri tolga le strade dagl’ingombri, ed affinchè i simulacri
di
lui con l’addizione delle pietre addivenissero pi
rittore della Scienza Nuova porge una diversa interpetrazione de’miti
di
Mercurio, e noi per adornare queste povere pagine
descritta con uno o due serpi avvoltivi, che dovettero essere spoglie
di
serpi, significanti il dominio bonitario, che si
alla verga, per significare, il dominio eminente degli ordini… Oltre
di
ciò con ali a talloni per significare, che il dom
dominio dei fondi era de’senati regnanti... Sicchè questa verga alata
di
Mercurio de’Greci, toltane la serpe… portò la leg
serpe… portò la legge agraria ai famoli degli eroi... Portò l’agraria
di
Servio Tullio con la quale ordinò il censo…. Da M
e eroico, per indicare coloro, che con le armi avevano fatto prodigii
di
valore. Per questo meglio può dirsi esser Marte u
una divinità il pianeta che chiamasi Marte, trassero dalle proprietà
di
questo pianeta, che va sempre torbido e rossastro
li a stormi sogliono volitare per quei campi, ove la guerra fa strage
di
uomini, e sogliono presagirla col canto di loro.
i, ove la guerra fa strage di uomini, e sogliono presagirla col canto
di
loro. 30. Vvlcano — Dio del fuoco e delle arti, c
lcano per metafora, e che deve adorarsi come un gran Nume, perciocchè
di
molto contribuisce alla produzione ed incremento
Nume, perciocchè di molto contribuisce alla produzione ed incremento
di
ogni cosa. Col nome dunque di Vulcano non s’inten
tribuisce alla produzione ed incremento di ogni cosa. Col nome dunque
di
Vulcano non s’intende altro che il fuoco elementa
chè il fuoco e le fiamme si alimentano con Paria. Si vuole inventore
di
molte arti, perciocchè queste in miglior parte si
Gli Stoici ammettendo un’aria diffusa per tutto lo universo, dicevano
di
esser ella un fuoco sottile ed etereo al di sopra
tto lo universo, dicevano di esser ella un fuoco sottile ed etereo al
di
sopra dei pianeti e delle stelle. Tenendo dietro
stare un culto a questa loro anima del mondo. Il mito, che raccontasi
di
Vulcano, di essere stato precipitato dal cielo, e
to a questa loro anima del mondo. Il mito, che raccontasi di Vulcano,
di
essere stato precipitato dal cielo, e caduto su l
lto dal fulmine e portato su la terra non mai retto porta le fattezze
di
uno zoppo nel moto del suo vampo. A Vulcano si da
per consorte Venere, la più bella infra le Dive ; perciocchè le arti,
di
cui egli credevasi inventore acquistano grazia e
nere, li abbia entrambi stretto nei vincoli, ed esposto a gli sguardi
di
tutti — con questo mito, poicchè come i contrasti
ura queste cose avverse si contemperano fra loro, sorge un non so che
di
nobile e di bello, a cagione di un mutuo fervoros
ose avverse si contemperano fra loro, sorge un non so che di nobile e
di
bello, a cagione di un mutuo fervorosissimo accor
mperano fra loro, sorge un non so che di nobile e di bello, a cagione
di
un mutuo fervorosissimo accordo ed armonia. — Par
etrazione può avere l’altro mito — aver fenduto con una scure il capo
di
Giove, e che ne sia uscita fuori Minerva, Dea del
i Minerva, Dea della sapienza e delle belle arti — cioè che il fuoco,
di
cui si servono le arti, sia stato un mezzo a dar
le arti istesse, pria occulte ed ignote. 32. Si volevano per compagni
di
Vulcano i Ciclopi di alta corporatura, con un sol
occulte ed ignote. 32. Si volevano per compagni di Vulcano i Ciclopi
di
alta corporatura, con un solo occhio nella fronte
con un solo occhio nella fronte, tutti intenti a fabbricare i fulmini
di
Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lip
la fronte, tutti intenti a fabbricare i fulmini di Giove nelle fucine
di
Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si
tutti intenti a fabbricare i fulmini di Giove nelle fucine di Lenno,
di
Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si disse dal
a fabbricare i fulmini di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e
di
Lipari. Quanto di loro si disse dal poeta dell’Il
lmini di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto
di
loro si disse dal poeta dell’Iliade e della Vliss
zza e le profonde radici de’monti vulcanici ; altri, stimandoli figli
di
Nettuno e di Anfitrite, non altro indicavano, che
onde radici de’monti vulcanici ; altri, stimandoli figli di Nettuno e
di
Anfitrite, non altro indicavano, che tai monti sb
indicavano, che tai monti sbuffanti fuoco dalle loro cime sorgono non
di
rado presso i mari, personificando il mare per Ne
ificando il mare per Nettuno ed Anfitrite. Si dipingevano qua’giganti
di
robusta e di alta corporatura, per darci un tipo
are per Nettuno ed Anfitrite. Si dipingevano qua’giganti di robusta e
di
alta corporatura, per darci un tipo dell’enorme m
dei Vulcani. I fulmini da loro fabbricati si volevano essere composti
di
tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tr
I fulmini da loro fabbricati si volevano essere composti di tre raggi
di
acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi di fu
da loro fabbricati si volevano essere composti di tre raggi di acqua,
di
tre raggi di nebbia, di tre raggi di fuoco : è qu
icati si volevano essere composti di tre raggi di acqua, di tre raggi
di
nebbia, di tre raggi di fuoco : è questa un’alleg
levano essere composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia,
di
tre raggi di fuoco : è questa un’allegoria de’fen
composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi
di
fuoco : è questa un’allegoria de’fenomeni prodott
nante Giove. Capitolo III. Sommario — 33. Giunone attribuzioni
di
questa Diva tratte da un’inno di Orfeo — da’conc
Sommario — 33. Giunone attribuzioni di questa Diva tratte da un’inno
di
Orfeo — da’concetti di Orfeo traluce un’allegori
attribuzioni di questa Diva tratte da un’inno di Orfeo — da’concetti
di
Orfeo traluce un’allegoria, onde si scopre essere
logia della parola Giunone tolta da Tullio — interpetrazione de’miti
di
Giunone dell’autore della Scienza Nuova. 33. Cere
i di Giunone dell’autore della Scienza Nuova. 33. Cerere — Etimologia
di
questa parola — il modo di rappresentarsi è una
la Scienza Nuova. 33. Cerere — Etimologia di questa parola — il modo
di
rappresentarsi è una simbolica dell’agricoltura 3
rappresentarsi è una simbolica dell’agricoltura 36. Altri particolari
di
Cerere. 37. Proserpina figlia di Cerere — Etimolo
ll’agricoltura 36. Altri particolari di Cerere. 37. Proserpina figlia
di
Cerere — Etimologia di questa parola — Plutone ra
i particolari di Cerere. 37. Proserpina figlia di Cerere — Etimologia
di
questa parola — Plutone rapisce Proserpina, e la
ll’Erebo, cercandola la madre per tutta la terra, traslato allegorico
di
questo mito. 38. Diverse interpetrazioni del mito
slato allegorico di questo mito. 38. Diverse interpetrazioni del mito
di
Proserpina stratte da Eusebio, e da Bacone. 39. C
o di Proserpina stratte da Eusebio, e da Bacone. 39. Cibele — Maniera
di
rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione di
ratte da Eusebio, e da Bacone. 39. Cibele — Maniera di rappresentarsi
di
questa Diva, interpetrazione di sua simbolica — V
9. Cibele — Maniera di rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione
di
sua simbolica — Vn’altra interpetrazione dello sc
razione dello scrittore della Scienza Nuova. 40. Minerva — Etimologia
di
questa parola — 41. Interpetrazione del suo mito
del suo mito dello scrittore della Scienza Nuova. Nomi e attribuzioni
di
Minerva e loro significato. 42. — Venere — etimol
buzioni, che si davano a questa Dea — si rappresentava sotto le forme
di
una donna a tre teste, interpetrazione di questa
appresentava sotto le forme di una donna a tre teste, interpetrazione
di
questa forma — Altra interpetrazione tolta dallo
allo scrittore della Scienza Nuova. 47. Vesta. 48. Altre attribuzioni
di
Diana. 49. Le Muse — Etimologia di questa parola,
47. Vesta. 48. Altre attribuzioni di Diana. 49. Le Muse — Etimologia
di
questa parola, e vario suo significato. 50. Donde
suo significato. 50. Donde da tre si immaginarono nove Muse, opinioni
di
Varrone e Diodoro Sicolo. 51. Nome delle Muse e l
he, cui intendevasi la poesia, la musica, la danza ec. Individuazione
di
questo personificamento. 53. Le Grazie — Simbolic
mento. 53. Le Grazie — Simbolica ed allegorie delle Grazie — Sviluppo
di
questa simbolica e allegorie. givnone, gerere, p
na, vesta, le mvse, le grazie. 33. Givnone — A questa Diva in un inno
di
Orfeo è dato il nome di regina degli Dei e degli
razie. 33. Givnone — A questa Diva in un inno di Orfeo è dato il nome
di
regina degli Dei e degli uomini, di consorte di G
n un inno di Orfeo è dato il nome di regina degli Dei e degli uomini,
di
consorte di Giove, ed è lodata dalle qualità, che
Orfeo è dato il nome di regina degli Dei e degli uomini, di consorte
di
Giove, ed è lodata dalle qualità, che porta non d
ia, dal generare e nudrire i venti e le pioggie, dal potere che ha su
di
entrambi, dal somministrare di lievi e gradevoli
nti e le pioggie, dal potere che ha su di entrambi, dal somministrare
di
lievi e gradevoli aure alimentatrici della vita d
strare di lievi e gradevoli aure alimentatrici della vita de’mortali,
di
generatrice di tutte le cose, e che senza di lei
e gradevoli aure alimentatrici della vita de’mortali, di generatrice
di
tutte le cose, e che senza di lei nulla avrebbe v
i della vita de’mortali, di generatrice di tutte le cose, e che senza
di
lei nulla avrebbe vita, ed in fine dallo impero,
, senza sfuggirne veruno, io vi trovo un’allegoria, cui sotto il nome
di
Giunone si intese dagli antichi l’aria portando s
. L’aria, dice Tullio(1), posta tra il cielo ed il mare porta il nome
di
Giunone, consorte e sorella di Giove, il quale de
tra il cielo ed il mare porta il nome di Giunone, consorte e sorella
di
Giove, il quale del pari ha con l’etere molta sim
ra Giove l’etere, e Giunone l’aria. Platone poi, come dicemmo de’miti
di
Giove, la vuole detta Giunone a invenescendo, dal
ito, a ragione i Greci la chiamarono Ηρα, a cagione della simiglianza
di
questo nome con quello di Αηρ, aria Fu detta anco
chiamarono Ηρα, a cagione della simiglianza di questo nome con quello
di
Αηρ, aria Fu detta ancora sorella e consorte di G
uesto nome con quello di Αηρ, aria Fu detta ancora sorella e consorte
di
Giove, per la prossimità dell’aria con l’etere, c
erea. E per questo ancora vedesi in alcune antiche medaglie assisa su
di
un carro trasportata da pavoni per le vie dell’ar
inspirava, il signor Albano, a rappresentar l’aria sotto le sembianze
di
una Diva, portata su di un carro da pavoni. 34. T
ano, a rappresentar l’aria sotto le sembianze di una Diva, portata su
di
un carro da pavoni. 34. Tullio traendo la etimolo
rata come l’aria dà vita e moto a’viventi, o dal credersi esser larga
di
soccorso alle donne ne’dolori del parto. Ma di qu
l credersi esser larga di soccorso alle donne ne’dolori del parto. Ma
di
questi e di altri titoli, cui questa Diva era ono
sser larga di soccorso alle donne ne’dolori del parto. Ma di questi e
di
altri titoli, cui questa Diva era onorata dai gre
ere le parole dell’autore della Scienza Nuova, lasciando al leggitore
di
appigliarsi a quelle interpetrazioni, che gli sem
ero dei matrimonii solenni il secondo de’divini caratteri dopo quello
di
Giove, Giunone seconda divinità delle genti, dett
ve, Giunone seconda divinità delle genti, dette maggiori : la quale è
di
Giove sorella e moglie, perchè i primi matrimonii
matrimonii giusli, ovvero solenni, che dalla solennità degli auspicii
di
Giove furono detti giusti, da fratelli, e da sore
arti schiavi, ma civile, onde i nobili sono detti illustri : è gelosa
di
una gelosia politica, con la quale i romani fino
: è gelosa di una gelosia politica, con la quale i romani fino al 309
di
Roma tennero i connubii esclusi alla plebe. Ma da
fu lo stesso che Imeneo : e gli eroi si dovettero dire in sentimento
di
signori delle famiglie a differenza de’famoli, i
e’famoli, i quali vi erano come schiavi…. E quel geroglifico o favola
di
Giunone appiccata in aria con una fune al collo,
e il matrimonio solenne : essendo poi stato preso per crudele castigo
di
Giove adultero, con si fatti sensi indegni, che l
ii ad una Diva, ch’era dipinta con una falce in mano, con un manipolo
di
spighe in un altra, adornandosele le tempia di un
mano, con un manipolo di spighe in un altra, adornandosele le tempia
di
una corona ancor di spighe. Ella era Cerere, e fu
lo di spighe in un altra, adornandosele le tempia di una corona ancor
di
spighe. Ella era Cerere, e fu cosi denominata, co
gresti, ch’erano il cibo dell’uomo selvaggio. Ella rappresentavasi su
di
un carro guidato da Trittolemo, o trascinato da d
cereo, che significa creare, per dinotare essere la terra generatrice
di
ogni cosa. Questa Diva non poteva essere immagina
τηρ, madre, madre alimentatrice degli uomini. Da ciò fu creduta madre
di
Giove ; perciocchè tutto quello che porge la terr
l papavero, ed era questo una simbolica, indicandosi con la rotondità
di
tal flore la forma quasi sferica della terra, per
o da’Greci, che Plutone come Dio dello inferno rigettato dal connubio
di
ogni altra Dea, uscendo fuori dall’Erebo, rapisse
i altra Dea, uscendo fuori dall’Erebo, rapisse Proserpina nella valle
di
Enna in Sicilia, seco trasportandola a consorte n
incendii dell’Etna, e la cerca per tutta la terra. Sapendo finalmente
di
trovarsi nello inferno, ottiene da Giove di ripor
terra. Sapendo finalmente di trovarsi nello inferno, ottiene da Giove
di
riportarla con seco per sei mesi su la terra, las
riportarla con seco per sei mesi su la terra, lasciandola a gli amori
di
Plutone per altrettanto tempo alternativamente —
on significava che il seme delle biade(2). Proserpina si volle figlia
di
Giove e di Cerere, cioè del cielo e dell’agricolt
ava che il seme delle biade(2). Proserpina si volle figlia di Giove e
di
Cerere, cioè del cielo e dell’agricoltura, come p
cielo e dell’agricoltura, come può scorgersi da ciò che abbiamo detto
di
Giove e di Cerere istessa. È rapita da Plutone —
l’agricoltura, come può scorgersi da ciò che abbiamo detto di Giove e
di
Cerere istessa. È rapita da Plutone — con questo
ia il frumento, cui ella si confonde. Proserpina fu tenuta per impero
di
Giove a rimanersi per sei mesi con Plutone nell’i
lche tempo, e non si vede useir fuori e pullulare, che nella stagione
di
primavera. E perciò celebravansi per questa figli
nella stagione di primavera. E perciò celebravansi per questa figlia
di
Cerere due feste, lieta l’una in primavera, lugub
era, lugubre l’altra in autunno. L’Agostino poi esponendo la dottrina
di
Varrone, prende Proserpina per la stessa fecondit
sta fecondità, andando la terra infruttuosa, fu immaginato, la figlia
di
Cerere, ossia l’istessa fecondità essere rapita d
tempo d’inverno percorre le parti più remote del mondo, onde vogliono
di
venire da lui rapita Proserpina « E diversamente
isgiunto dalla parte superiore del globo... e questo spirito si finse
di
essere stato rapito dalla terra, perchè vi viene
ele — Questa Diva nacque in mente de’Greci per rappresentarsi un tipo
di
coloro, che radunando gli uomini in uno, prima di
prima non’era che fierezza ed un vivere da selvaggio. Quanto si disse
di
lei tutto era una simbolica. Ella rappresentavasi
e stabilità della terra. Le si circondavano le tempia con una corona
di
quercia, per rammentare di essersi una volta gli
e si circondavano le tempia con una corona di quercia, per rammentare
di
essersi una volta gli uomini nudriti del frutto d
ia, per rammentare di essersi una volta gli uomini nudriti del frutto
di
questo albero. Le si mettevano sul capo alcune to
ude nel suo seno nello inverno e fuori tragge nella estate. Assisa su
di
un carro sostenuto da ruote trascinate da leoni,
on venga ammansita dalla tenerezza materna, oppure non esservi angolo
di
terra sì remoto e sì infruttuoso, che non possa m
detta ancora de’giganti, che propriamente così furono detti nel senso
di
figliuoli della terra : talchè è madre degli Dei,
ioè de’giganti, che nel tempo delle prime città si arrogarono il neme
di
Dei : e le è consacrato il pino, segno della stab
Minerva — Nacque questa Diva nella mente de’poeti, per crear un tipo
di
sapienza, e onde personificare il genio inventore
re delle belle arti e delle armi guerriere. La vogliono nata dal capo
di
Giove, fendendonelo Vulcano : intendevasi con que
ra disciplina non essere un ritrovato dell’uomo, ma nate dal cervello
di
Giove, ossia dal fonte inesausto della sapienza d
co-letterarie della Magna Grecia (2), chiamarono Minerva il triangolo
di
tre lati eguali, supponendo essere nata dal suo v
iangolo di tre lati eguali, supponendo essere nata dal suo vertice, e
di
Tritogonia, perciocchè questo triangolo si divide
erbo moneo, cioè ammonire (4), ossia da’saggi consigli, che credevasi
di
porgere a gli uomini. Portava ancora il nome di P
nsigli, che credevasi di porgere a gli uomini. Portava ancora il nome
di
Pallade, parola tutta greca, che deriva dal radic
ιν vibrare, saettare, onde si rappresenta con in mano un’asta in atto
di
vibrarla. I greci, dice lo scrittore della Scienz
fiera egualmente e goffa, che Vulcano con una scure fendette il capo
di
Giove, onde nacque Minerva, volendo essi dire, ch
, che esercitavano arti servili, che venivano sotto il genere poetico
di
Vulcano : Plebeo, essi ruppero il sentimento d’in
: Plebeo, essi ruppero il sentimento d’infievolire o scemare il regno
di
Giove, come resto ai latini minuere caput, per fi
rodotte da Dio. Ma i poeti teologi contemplarono Minerva come la idea
di
ordine civile come restò per eccellenza a’latini
lenza a’latini ordo per senato ; lo che forse diede motivo a’filosofi
di
crederla idea eterna di Dio, che altro non è che
senato ; lo che forse diede motivo a’filosofi di crederla idea eterna
di
Dio, che altro non è che ordine eterno ». 42. Ma
derla idea eterna di Dio, che altro non è che ordine eterno ». 42. Ma
di
questa Diva non poche altre cose, poichè ne’suoi
pigolati con lungo studio ne’classici greci, troviamo non poche virtù
di
molto utili all’uomo. Nata Minerva dal cervello d
mo non poche virtù di molto utili all’uomo. Nata Minerva dal cervello
di
Giove qual tipo di sapienza e di valore, era conc
di molto utili all’uomo. Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo
di
sapienza e di valore, era conceputa senza madre ;
all’uomo. Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo di sapienza e
di
valore, era conceputa senza madre ; perciocchè la
o con il sangue per lungo ordine, come dice ironicamente il Panni(1),
di
magnanimi lombi, quanto si acquistano con lunghi
o raccoglie in uno per saper contemperare la vita. Le si dava il nome
di
Pallade παλλας che oltre altri significati, come
so i lessiografi greci, può interpetrarsi giovanetta, e ciò a cagione
di
sua fresca giovanezza, effetto di sua verginità s
etrarsi giovanetta, e ciò a cagione di sua fresca giovanezza, effetto
di
sua verginità sempre incontaminata, sempre pura.
e, rimanendo sempre nella sua purezza, vera simbolica della verginità
di
questa Diva. Credendosi essere uscita armata dal
erginità di questa Diva. Credendosi essere uscita armata dal cervello
di
Giove, i Greci le davano il nome di Αρεια marzial
essere uscita armata dal cervello di Giove, i Greci le davano il nome
di
Αρεια marziale, duce e governatrice della guerra,
a, quali caratteristiche trasparivano da gli occhi suoi, dipingendoli
di
color glauco, come si scorge nelle fiere robustis
ustissime, quali sono il pardo ed il leone, gli occhi dei quali tinti
di
color glauco sono si vivamente lucenti, che altri
lor glauco sono si vivamente lucenti, che altri non può guardarli che
di
trasverso. 43. Venere — Fu immaginata questa Diva
immaginata questa Diva dagli antichi greci onde personificare i sensi
di
piacere, di voluttà, che sopraggiungono a ciascun
uesta Diva dagli antichi greci onde personificare i sensi di piacere,
di
voluttà, che sopraggiungono a ciascun vivente qua
re, di voluttà, che sopraggiungono a ciascun vivente quando le membra
di
loro vanno ad un compiuto sviluppamento. E Tullio
iluppamento. E Tullio(2) ne tragge la etimologia dal venire spontaneo
di
lei a tutto i viventi. Si volle nata dalle onde d
viventi. Si volle nata dalle onde del mare, posciachè la generazione
di
cui ella era tipo, per aver luogo ha bisogno di u
ciachè la generazione di cui ella era tipo, per aver luogo ha bisogno
di
umore e di movimento, ciò che trovasi appieno nel
enerazione di cui ella era tipo, per aver luogo ha bisogno di umore e
di
movimento, ciò che trovasi appieno nelle onde del
perchè molto amabile, ed è simbolo del vero amore, secondo la maniera
di
baciare tutta propria di essa — il mirto, poichè
è simbolo del vero amore, secondo la maniera di baciare tutta propria
di
essa — il mirto, poichè gli antichi si servivano
are tutta propria di essa — il mirto, poichè gli antichi si servivano
di
questa pianta per conciliare gli amori. 44. A Ven
ato. Chi sia questo nume ben si scorge da un frammento delle Commedie
di
Alesside, e noi qui lo riproduciamo secondo la no
i sieno tali cose…… » Cupido si finge fanciullo ; poichè vanno privi
di
sana mente coloro che son preda di insani amori.
nge fanciullo ; poichè vanno privi di sana mente coloro che son preda
di
insani amori. Si crede alato, chè amore spesso ir
vano desiderabile ; poichè l’amore ha sempre trasporto alla fruizione
di
quelle cose, che sono di forma avvenente e grazio
è l’amore ha sempre trasporto alla fruizione di quelle cose, che sono
di
forma avvenente e graziosa ; o per una certa foll
erduti amanti può dirsi andar privi del bene dell’intelletto. Rabaud
di
Saint-Etienne porge al mito di Venere una diversa
rivi del bene dell’intelletto. Rabaud di Saint-Etienne porge al mito
di
Venere una diversa interpetrazione « I pianeti, c
rge dell’ombra ; erale attribuito un moderato calore, e il privilegio
di
umettare l’atmosfera : da ciò vennero gl’influssi
l’inni religiosi, che vennero a lei rivolti. Sposa del Dio del fuoco,
di
quel Vulcano, i cui antichi altari ivano del pari
uoco, di quel Vulcano, i cui antichi altari ivano del pari con quelli
di
Prometeo, fu essa di mano in mano amante di Adone
, i cui antichi altari ivano del pari con quelli di Prometeo, fu essa
di
mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di
ivano del pari con quelli di Prometeo, fu essa di mano in mano amante
di
Adone, cioè del Sole, e di Marte, col quale entra
i Prometeo, fu essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e
di
Marte, col quale entrava essa in congiunzione, se
a, e chiamavasi Diana ; come una divinità infernale e portava il nome
di
Ecate e Proserpina, o per altra cagione che poco
ovasi in continuo movimento, per alludere al trasporto, che credevasi
di
avere per la caccia, se pur non si voglia derivar
nte, ond’è detta Lucifer apportatrice del giorno. Portava poi il nome
di
Ecate da εκατον cento, o perchè ella veniva placa
ella veniva placata con cento vittime, o perchè desse in una erranza
di
cento anni coloro che dopo morte andavano insepol
ne’boschi, alimentava molti cani, e nulla si dava cura dei suoi beni
di
fortuna, fino a mancargli del tutto, onde si diss
ueste varie attribuzioni le vedove, e qui riportiamo le stesse parole
di
un’altra nostra operetta(1), sedute su la tomba d
ute su la tomba degli estinti loro parvoli offrivano alla Luna corone
di
papavei, e lagrime, placandola, così Virgilio(2),
corone di papavei, e lagrime, placandola, così Virgilio(2), col nome
di
Ecate. Le incantatrici, come dice Orazio(3), chia
andola Trivia, a lei ululavano nelle loro evocazioni. Dandole il nome
di
Latmia, a lei, così appo Ateneo(4), le preghiere
i astri. Emergendo col suo raggio dalle nuvole, a lei fu dato il nome
di
Artemide. Col nome, di Diana, diva de’porti, e co
suo raggio dalle nuvole, a lei fu dato il nome di Artemide. Col nome,
di
Diana, diva de’porti, e col nome di Delia, così C
to il nome di Artemide. Col nome, di Diana, diva de’porti, e col nome
di
Delia, così Callimaco(5), guidatrice delle vergin
quando venivano scampati dalla tempesta. A lei i cacciatori su l’ara
di
Dittinna, come in un inno voluto di Omero(6), por
esta. A lei i cacciatori su l’ara di Dittinna, come in un inno voluto
di
Omero(6), porgevasi in voto l’arco, la preda e la
luto di Omero(6), porgevasi in voto l’arco, la preda e la esultazione
di
una danza. Pindaro in un inno salutolla fluviale(
nvocava Gamelia, Ilizia dalle madri. E finalmente s’invocava col nome
di
Opi, di Lucifera, di Diana quale madre e natura —
Gamelia, Ilizia dalle madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi,
di
Lucifera, di Diana quale madre e natura — Rappres
ia dalle madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera,
di
Diana quale madre e natura — Rappresentavasi sott
quale madre e natura — Rappresentavasi sotto le sembianze allegoriche
di
una donna a tre taste, di cavallo, di cane e di c
presentavasi sotto le sembianze allegoriche di una donna a tre taste,
di
cavallo, di cane e di cignale, o come vuole Pausa
sotto le sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo,
di
cane e di cignale, o come vuole Pausania(10), sot
sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo, di cane e
di
cignale, o come vuole Pausania(10), sotto lo aspe
lo, di cane e di cignale, o come vuole Pausania(10), sotto lo aspetto
di
tre corpi congiunti in un solo a tre facce. Non t
giunti in un solo a tre facce. Non torna difficile la interpetrazione
di
questo mito — considerata come la Luna, con i tre
a Luna istessa, che presenta nelle sue fasi nell’alto de’cieli, prima
di
mezza Luna, poscia di un mezzo globo, infine di u
esenta nelle sue fasi nell’alto de’cieli, prima di mezza Luna, poscia
di
un mezzo globo, infine di un globo intero. 48. Ve
’alto de’cieli, prima di mezza Luna, poscia di un mezzo globo, infine
di
un globo intero. 48. Vesta — Figlia di Saturno e
scia di un mezzo globo, infine di un globo intero. 48. Vesta — Figlia
di
Saturno e di Rea veniva riconosciuta come la Dea
zzo globo, infine di un globo intero. 48. Vesta — Figlia di Saturno e
di
Rea veniva riconosciuta come la Dea del fuoco. Da
. Da’greci fu immeginata questa divinità, onde personificare il fuoco
di
tanto utile all’uomo, e può trarsene argomento da
o dal tempio a lei fabbricato in Roma da Numa Pompilio quasi in forma
di
un globo, per dimostrare tutto l’universo, nel me
ella ne fosse la cagione, e che quasi sia nato per suo potere. E non
di
rado fu presa per la terra. Invero Aristarco di S
per suo potere. E non di rado fu presa per la terra. Invero Aristarco
di
Samo fu accusato da Cleonte, uditore di Zenone, d
er la terra. Invero Aristarco di Samo fu accusato da Cleonte, uditore
di
Zenone, di non aver tributato a Vesta gli onori d
. Invero Aristarco di Samo fu accusato da Cleonte, uditore di Zenone,
di
non aver tributato a Vesta gli onori dovuti, e di
uditore di Zenone, di non aver tributato a Vesta gli onori dovuti, e
di
averne turbato il riposo : non è questa, dice Plu
e Plutarco, che un’accusa tutta allegorica, con cui voleva intendersi
di
aver egli spostata la terra dal centro dell’unive
terra sempre immobile e fissa nel suo centro, a Vesta fu dato il nome
di
εστια da εστενια, stare, per indicare che quasi s
fu dato il nome di εστια da εστενια, stare, per indicare che quasi su
di
un fondamento si poggia e sta l’univermondo. Vest
utte le cose fatte dalla terra si risolvono in essa, e poscia da essa
di
nuovo risorgono. Per questo i greci da Vesta pren
no spiegare i misteri, o da απο της μωσεως, ricerca, perchè si voleva
di
aver ricercato e insegnato a gli uomini cose subl
insegnato a gli uomini cose sublimi, e che non sono alla intelligenza
di
tutti ; e con altro nome Camene, che può interpet
poesia, come Alighieri per Musa intese Virgilio(2), « Sì pia l’ombra
di
Anchise si porse, Se fede merta la nostra maggior
cose Fatto nell’armi e nelle sacre Muse » 51. Le Muse credute figlie
di
Giove e di Mnemosine cantavano su l’Olimpo le mar
nell’armi e nelle sacre Muse » 51. Le Muse credute figlie di Giove e
di
Mnemosine cantavano su l’Olimpo le maraviglie deg
Monti nel suo eruditissimo canto, la Musogonia. Furono credute figlie
di
Giove, e di Mnemosine, ossia della memoria, per i
o eruditissimo canto, la Musogonia. Furono credute figlie di Giove, e
di
Mnemosine, ossia della memoria, per indicare che
la andava ignoto, nè il presente nè il passato, e che nulla allegrava
di
tanto lo augusto congresso degli Dei, quanto il m
di tanto lo augusto congresso degli Dei, quanto il melodioso concento
di
loro voce. Sempre unite si componevano a coro, sc
meditazione e canto, che altro non sono che una vera personificazione
di
tre obbietti, che servono a dar principio, svilup
Beozia fè credere esser nove il numero delle Muse, dando loro il nome
di
altrettante graziose donzelle sue figlie — Varron
fragge la loro origine da diverso avvenimente — Volendo gli abitatori
di
Sicione elevare un monumento di gloria alle tre M
o avvenimente — Volendo gli abitatori di Sicione elevare un monumento
di
gloria alle tre Muse, scelsero tre scultori a ril
r ciascuno dal marmo tre simulacri per collocarne solo tre nel tempio
di
Apollo, che per superiore bellezza meritassero l’
mpio di Apollo, che per superiore bellezza meritassero l’approvazione
di
tutti. Operando gli scultori tutti e tre col port
re col portento dell’arte, trassero da’loro scarpelli nove maraviglie
di
bellezza, onde piacque collocarle tutte nel tempi
nove maraviglie di bellezza, onde piacque collocarle tutte nel tempio
di
Apollo, e furono come le tre prime tutte credute
nel tempio di Apollo, e furono come le tre prime tutte credute figlie
di
Giove. E arrogi la opinione di Diodoro Sicolo — O
come le tre prime tutte credute figlie di Giove. E arrogi la opinione
di
Diodoro Sicolo — Osiride, così voltiamo in italia
zelle molto intente al canto e alle danze, ed a queste davasi il nome
di
Muse. 52. Niuno ignora il nome delle Muse, Clio,
, Vramia, Calliope. Noi, senza dire a quale delle belle arti ciascuna
di
esse voleva farsi presedere, chè non faremmo che
to e della lira ; Tersicore che salta, e Clio che scrive ; Erato, che
di
amor dolce sospira ; Ed Vrania, che gode le carol
ppresentavasi quella soave, quell’arcana voluttà che sentesi in cuore
di
coloro, che odono la melode de’versi. Per Talia d
tà e verdezza, esprimevasi la floridezza della poesia eterna duratura
di
età in età, di secolo in secolo. Per Melpomene με
esprimevasi la floridezza della poesia eterna duratura di età in età,
di
secolo in secolo. Per Melpomene μελπη canto, indi
ista a’saggi cultori delle belle arti. Per Polinnia πολυμνος celebre,
di
molta fama, il piceol numero de’vati, che mandaro
o, la contemplazione de’cieli, l’astronomia. Per Calliope comparativo
di
καλος bello, che può interpetrarsi dolcezza, di v
Calliope comparativo di καλος bello, che può interpetrarsi dolcezza,
di
voce, il diletto della eloquenza, e lo ammaliar q
traendo dietro a sè gli affetti del cuore umano. 54. Le Grazie — Tre
di
numero, Aglaia, Talia, ed Eufrosine, sebbene in n
ro, e solo due presso gli Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie
di
Giove e di Eurinome, o di Giove e di Giunone, o d
due presso gli Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie di Giove e
di
Eurinome, o di Giove e di Giunone, o di Bacco e V
Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o
di
Giove e di Giunone, o di Bacco e Venere, o in fin
leta e Fenna, si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o di Giove e
di
Giunone, o di Bacco e Venere, o in fine del Sole
si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o di Giove e di Giunone, o
di
Bacco e Venere, o in fine del Sole e di Egle. La
e, o di Giove e di Giunone, o di Bacco e Venere, o in fine del Sole e
di
Egle. La freschezza di gioventù, cui dipingevansi
one, o di Bacco e Venere, o in fine del Sole e di Egle. La freschezza
di
gioventù, cui dipingevansi, la verginità, le semb
cenza della vita, il candore de’costumi, e tutto ciò che a noi sparge
di
dolcezza la vita, non meno che la sennatezza, la
orose, ed ogni legame, che rannoda l’uomo all’uomo e ne rende un tipo
di
grandezza sociale. E veramente elleno erano dette
hanno provato la munificenza. Si rappresentavano nella età più fresca
di
giovinezza, per indicarsi, che la ricordanza di u
nella età più fresca di giovinezza, per indicarsi, che la ricordanza
di
un beneficio deve sempre star vivo nella mente, e
a, od ancora, che l’uomo deve stringersi all’uomo con alterno scambio
di
beneficii. Si dipingevano nude e tante volte move
ntasticamente considerato. si espongono e si interpetrano alcuni miti
di
lui una a’miti di Bellorofonte e di Cadmo. 57. Er
iderato. si espongono e si interpetrano alcuni miti di lui una a’miti
di
Bellorofonte e di Cadmo. 57. Ercole uccide Gerion
ono e si interpetrano alcuni miti di lui una a’miti di Bellorofonte e
di
Cadmo. 57. Ercole uccide Gerione, a cui la favola
Ercole uccide Gerione, a cui la favola da’tre corpi, interpetrazione
di
questo mito e secondo i principii della istoria,
razione di questo mito e secondo i principii della istoria, e per via
di
allegorie. 58. Ercole uccide Anteo figlio della t
figlio della terra, strozzandolo tra le sue braccia, interpetrazione
di
questo mito dallo scrittore della Scienza Nuova.
: è questo un fatto istorico personificato con un’allegoria. sviluppo
di
questa allegoria. 60. Ercole personaggio allegori
ppo di questa allegoria. 60. Ercole personaggio allegorico — Concetti
di
un inno di Orfeo, cui scorgesi essere Ercole non
ta allegoria. 60. Ercole personaggio allegorico — Concetti di un inno
di
Orfeo, cui scorgesi essere Ercole non altro che i
Sole. 61. Pruove tratte dalla istoria, onde dimostrare sotto il nome
di
Ercole intendersi il sole. 62. Altre pruove tratt
di Ercole intendersi il sole. 62. Altre pruove tratte dalle opinioni
di
Porfirio e di Macrobio. 63. Esposizione delle dod
endersi il sole. 62. Altre pruove tratte dalle opinioni di Porfirio e
di
Macrobio. 63. Esposizione delle dodici fatiche di
nioni di Porfirio e di Macrobio. 63. Esposizione delle dodici fatiche
di
Ercole, e comparazione di esse a ciascun passaggi
robio. 63. Esposizione delle dodici fatiche di Ercole, e comparazione
di
esse a ciascun passaggio del Sole ne’dodici segni
o mito. 66. Giano — Perchè andava rappresentato a due facce, opinione
di
Plutarco. 67. La favola di Giano è tutta allegori
andava rappresentato a due facce, opinione di Plutarco. 67. La favola
di
Giano è tutta allegorica, e va strettamente unita
d’egli deve considerarsi come un segno celeste. 68. Vn brano de’Fasti
di
Ovidio, onde dimostrare essere Giano un segno cel
o — tempii ed altari simbolici innalzati a Giano. 70. Pane, simbolica
di
questa divinità boschereccia, e sua interpetrazio
si innalza dalla terra come l’aere su tutte le altre cose. Parleremo
di
lui come di un personaggio fantastico, e come di
dalla terra come l’aere su tutte le altre cose. Parleremo di lui come
di
un personaggio fantastico, e come di un personagg
ltre cose. Parleremo di lui come di un personaggio fantastico, e come
di
un personaggio allegorico. Sotto il primo aspetto
re forte, stabile, invitta, sempre generante, anzi la potenza istessa
di
natura, che porge a tutti virtù e robustezza ; e
, cui furono altribuite innumere e strepitose fatiche, che nè la vita
di
un uomo sarebbe bastata a farle, nè forza umana a
mo sarebbe bastata a farle, nè forza umana a compierle, onde si disse
di
esservene stato più di uno ; se pur con più ragio
rle, nè forza umana a compierle, onde si disse di esservene stato più
di
uno ; se pur con più ragione non si voglia dire,
immaginazione si attribuirono tutte le più grandiose azioni eseguite
di
tempo in tempo da tanti illustri, onde la gran se
omini. Sotto l’altro aspetto poi non sfugge a colui che vi pone mente
di
confonderlo col sole, rispondendo per un traslato
iore in ciascun segno dello Zodiaco, ossia costellazioni. 56. E prima
di
Ercole come personaggio fantastico. Così consider
rima di Ercole come personaggio fantastico. Così considerato si disse
di
lui di aver morto un terribile Leone, che shuffan
Ercole come personaggio fantastico. Così considerato si disse di lui
di
aver morto un terribile Leone, che shuffando fiam
ricoperta, vi portasse in mezzo la coltura. E con altro mito si disse
di
Ercole di aver ucciso col ferro e col fuoco un’id
vi portasse in mezzo la coltura. E con altro mito si disse di Ercole
di
aver ucciso col ferro e col fuoco un’idra, che se
e troncasse, non vi era chi potesse del tutto morirla : idra variante
di
tre colori, di nero per esprimere la gran selva d
n vi era chi potesse del tutto morirla : idra variante di tre colori,
di
nero per esprimere la gran selva della terra, cui
a della terra, cui fu appiccato lo incendio, per mettersi a coltura —
di
verde per indicare la terra in erba — di oro per
io, per mettersi a coltura — di verde per indicare la terra in erba —
di
oro per significare le biade mature dal color del
re una nozione del tempo dell’eroismo bambino. Come del pari si disse
di
Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda
el tempo dell’eroismo bambino. Come del pari si disse di Bellorofonte
di
aver morta la chimera dalla coda di serpe, dal pe
del pari si disse di Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda
di
serpe, dal petto di capra, indice della terra sel
Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda di serpe, dal petto
di
capra, indice della terra selvosa, e dal capo di
di serpe, dal petto di capra, indice della terra selvosa, e dal capo
di
leone sbuffante fiamme. E come in fine narrossi d
elvosa, e dal capo di leone sbuffante fiamme. E come in fine narrossi
di
Cadmo, che, spenta la gran serpe, ne mandasse all
traslato si volevano indicare i legni ricurvi e duri, co’quali prima
di
trovarsi l’uso del ferro fu svolta la terra, onde
erro fu svolta la terra, onde chiamarla a coltura. Raccontossi ancora
di
Ercole, che uccidesse un dragone ricoperto di squ
ura. Raccontossi ancora di Ercole, che uccidesse un dragone ricoperto
di
squame e spine, sempre vegghiante alla custodia d
ricoperto di squame e spine, sempre vegghiante alla custodia de’pomi
di
oro negli orti Esperidi. Non è questo che un grup
stodia de’pomi di oro negli orti Esperidi. Non è questo che un gruppo
di
metafore, additandosi con le squame e le spine i
pine i dumeti ed i bronchi della selva della terra sempre folta prima
di
andar coltivata ; e co’pomi di oro le spighe del
a selva della terra sempre folta prima di andar coltivata ; e co’pomi
di
oro le spighe del frumento, che furono considerat
de utilità che portarono alle umane aggregazioni. Oro le prime spighe
di
frumento, e tutto fu detto oro ciò che seco porta
e per alcuni periodi della istoria antica si rinviene portare il nome
di
oro le belle lane, onde presso il poeta della Ili
i oro le belle lane, onde presso il poeta della Iliade Atreo si duole
di
essergli da Tieste immolate le pecore di oro. Deg
della Iliade Atreo si duole di essergli da Tieste immolate le pecore
di
oro. Degli Argonauti fu narrato di percorrere i m
ergli da Tieste immolate le pecore di oro. Degli Argonauti fu narrato
di
percorrere i mari con ardito tentativo, onde anda
percorrere i mari con ardito tentativo, onde andare a rapire il vello
di
oro, mentre a tutto altro intendevano. Ed il Gang
Ed il Gange, ed il Pattalo, e lo Idaspe, ed il Tago portavano il nome
di
fiumi di oro, poichè irrigando con le loro acque
ge, ed il Pattalo, e lo Idaspe, ed il Tago portavano il nome di fiumi
di
oro, poichè irrigando con le loro acque i campi,
mi di oro, poichè irrigando con le loro acque i campi, li fecondavano
di
doviziose biade. E il sommo cantor dell’Eneide(1)
mo cantor dell’Eneide(1) portando innanzi il traslato, da questi pomi
di
oro fece quel memorabile ramo di oro, di che Enea
innanzi il traslato, da questi pomi di oro fece quel memorabile ramo
di
oro, di che Enea scendendo nello inferno per rive
il traslato, da questi pomi di oro fece quel memorabile ramo di oro,
di
che Enea scendendo nello inferno per riveder l’om
ramo di oro, di che Enea scendendo nello inferno per riveder l’ombra
di
suo padre Anchise, fè dono a Proserpina. 57. Vna
padre Anchise, fè dono a Proserpina. 57. Vna delle grandiose fatiche
di
Ercole è ancora la vittoria riportata su di Gerio
a delle grandiose fatiche di Ercole è ancora la vittoria riportata su
di
Gerione, a cui la favola attribuisce tre corpi, q
essendogli mancate le frecce, invocando Giove, gli mandò una pioggia
di
ciottoli, e con questi lo uccise, menando seco i
una pioggia di ciottoli, e con questi lo uccise, menando seco i bovi
di
lui per farne dono ad Euristeo. In questo mito si
I tre corpi dati dalla favola a Gerione forse non erano che tre corpi
di
armati, che per tutelare il suo territorio oppose
oppure, che egli avesse tre fratelli, cui vivesse in tanta strettezza
di
amor fraterno, che potevasi dire, di loro di esse
cui vivesse in tanta strettezza di amor fraterno, che potevasi dire,
di
loro di essere informati di un’anima sola in tre
esse in tanta strettezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro
di
essere informati di un’anima sola in tre corpi. E
ezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro di essere informati
di
un’anima sola in tre corpi. E quando a questo mit
ra, con sollevarlo in atto strozzandolo fra le sue braccia, scorgendo
di
non poterlo uccidere altrimenti, venendogli sempr
stabilito nella Libia tanto dovizioso, che a nessuno veniva il destro
di
indebolirlo, onde la favola gli attribuiva 60 cub
iva il destro di indebolirlo, onde la favola gli attribuiva 60 cubiti
di
altezza ; ma Ercole menandolo in mare, togliendog
uiva 60 cubiti di altezza ; ma Ercole menandolo in mare, togliendogli
di
recarsi più a terra, ove poteva rinfrancarsi con
ammutinati, ed innalzandolo in cielo.… il vince e lo annoda a terra ;
di
che restò un giuoco ai greci detto del nodo : ch’
zioni eroiche, e per lo quale da’plebei si pagava agli eroi la decima
di
Ercole, che dovette essere il censo, pianta delle
a delle repubbliche aristocratiche, onde i plebei romani per lo censo
di
Servio Tullio furono nexi dei nobili ; e per lo g
ie spese nelle guerre. 59. La favola racconta ancora un combattimento
di
Ercole contro Acheloo. Qnesti che si credeva figl
di Ercole contro Acheloo. Qnesti che si credeva figlio dell’Oceano e
di
Teti, combatte con Ercole, onde impalmare Deianir
onde impalmare Deianira promessagli in isposa, e vedendosi inferiore
di
forze contra il suo rivale, trasformossi in su le
che terribilmente sibilando si sforzava cacciare il terrore nel cuor
di
Ercole e prostrarlo. Ercole lo strinse di tanto c
acciare il terrore nel cuor di Ercole e prostrarlo. Ercole lo strinse
di
tanto che stava per soffocarlo, quando cangiossi
rovesciollo. Le Naiadi raccolsero questo corno, e riempiutolo da loro
di
fiori e frutti, fu detto il corno dell’abbondanza
bondanza — non è questo che un fatto istorico personificato per mezzo
di
un’allegoria. Acheloo era un fi ume di Grecia, ch
torico personificato per mezzo di un’allegoria. Acheloo era un fi ume
di
Grecia, che scorrendo tra la Etolia ed Acarnania
uesto fiume, regolonne il corso, cessarono le inondazioni, si tolsero
di
mezzo le discordanze di guerra. Appiccando poi a
l corso, cessarono le inondazioni, si tolsero di mezzo le discordanze
di
guerra. Appiccando poi a questo mito un’allegoria
questo mito un’allegoria, potrebbe interpetrarsi — con la metamorfosi
di
Acheloo in serpe voleva intendersi il corso tortu
o in serpe voleva intendersi il corso tortuoso del fiume — con quella
di
toro le sue inondazioni ne’campi — con venirgli s
a fertilità, che poscia nacque ne’campi dalle irrigazioni delle acque
di
questo fiume. 60. Ora di Ercole come personaggio
acque ne’campi dalle irrigazioni delle acque di questo fiume. 60. Ora
di
Ercole come personaggio allegorico. E prima di og
questo fiume. 60. Ora di Ercole come personaggio allegorico. E prima
di
ogni altro qui ci sforziamo di voltare nella nost
e come personaggio allegorico. E prima di ogni altro qui ci sforziamo
di
voltare nella nostra lingua alcuni concetti di un
altro qui ci sforziamo di voltare nella nostra lingua alcuni concetti
di
un’inno, che si vuole di Orfeo, da’quali dimostre
voltare nella nostra lingua alcuni concetti di un’inno, che si vuole
di
Orfeo, da’quali dimostreremo che Ercole in nulla
treremo che Ercole in nulla va distinto dal Sole — Ercole, così egli,
di
animo grandioso, robusto, forte Titano, possente
rcole, così egli, di animo grandioso, robusto, forte Titano, possente
di
mano, indomito, illustre ne’combattimenti, padre
, eterno, ineffabile, potente in far tutto e tutto superare, creatore
di
ogni cosa, prestantissimo ausiliatore di tutti, c
o e tutto superare, creatore di ogni cosa, prestantissimo ausiliatore
di
tutti, cultore delle inculte genti, apportatore d
issimo ausiliatore di tutti, cultore delle inculte genti, apportatore
di
pace a’morfali, generante, indefesso, ottimo germ
genite squame, apportatore dell’aurora e dell’oscura notte, esecutore
di
dodici fatiche per ogni parte della terra dall’or
A chi non sfugge una profonda intellettiva non può sfuggire del pari
di
scoprire in questi concetti del poeta non poche e
mmortale moderatore degli astri e delle stagioni, della forza e virtù
di
tutti gl’Iddii, del distruttore de’mostri della t
i tutti gl’Iddii, del distruttore de’mostri della terra, e finalmente
di
quel nume sempre giovane, che assiso nel Sole, co
finalmente di quel nume sempre giovane, che assiso nel Sole, come su
di
una irradiante quadriga, trascorrendo dall’orient
adriga, trascorrendo dall’oriente al tramonto va diffondendo torrenti
di
luce, e distribuisce le ore passando di tempo in
monto va diffondendo torrenti di luce, e distribuisce le ore passando
di
tempo in tempo pe’dodici segni dello Zodiaco. 61.
dello Zodiaco. 61. E veramente scorgevasi in Megalopoli un simulacro
di
Ercole presso quello del sole ; ed Alessandro il
doti Romani porgevano sacrificii ad Ercole, si circondavano le tempia
di
alloro, dando termine al sacro rito col sorgere e
e feste una a quelle delle Muse. 62. A questo aggiungiamo la opinione
di
non volgari scrittori. Porfirio vuole, che al Sol
di non volgari scrittori. Porfirio vuole, che al Sole fu dato il nome
di
Ercole, descrivendosi il cammino di quello a trav
uole, che al Sole fu dato il nome di Ercole, descrivendosi il cammino
di
quello a traverso de’dodici segni dello Zodiaco p
cammino di quello a traverso de’dodici segni dello Zodiaco per mezzo
di
altrettante fatiche che la favole vuole eseguite
ossente, la clava, e del pari si immaginava andar vestito della pelle
di
Leone, che tante volte si dipingeva tempestata di
vestito della pelle di Leone, che tante volte si dipingeva tempestata
di
stelle, onde Ercole fu detto ancora Astrochitone,
e, onde Ercole fu detto ancora Astrochitone, che porta il significato
di
adorno di stelle, cui altro non intendevasi, che
cole fu detto ancora Astrochitone, che porta il significato di adorno
di
stelle, cui altro non intendevasi, che il tempo,
bbiamo detto, qui esporremo in iscorcio ad una ad una le XII. fatiche
di
Ercole, per compararle con il cammino, che il Sol
XII. fatiche di Ercole, per compararle con il cammino, che il Sole fa
di
mese fu mese pe’dodici segni dello Zodiaco. I. Er
llo Zodiaco il Leone. II. Ercole uccide la Idra Lernea, che si voleva
di
sette teste, sempre ripullulanti quando venivano
ità dal Centauro Chirone uccide i centauri altercantisi per una botte
di
vino — uccide un feroce cignale, che infestava le
na botte di vino — uccide un feroce cignale, che infestava le foreste
di
Erimanto — Risponde al passar del Sole nel segno
l passar del Sole nel segno della Bilancia, che avviene sul principio
di
Autunno, fissato dal levar del Centauro, ch’è rap
tunno, fissato dal levar del Centauro, ch’è rappresentato con un’otre
di
vino e con un tirso adorno di pampani e di grappo
entauro, ch’è rappresentato con un’otre di vino e con un tirso adorno
di
pampani e di grappoli di uva. Levata dell’ Orsa d
rappresentato con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani e
di
grappoli di uva. Levata dell’ Orsa detta ancora i
to con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani e di grappoli
di
uva. Levata dell’ Orsa detta ancora il Parco, o l
rappoli di uva. Levata dell’ Orsa detta ancora il Parco, o lo animale
di
Erimante. IIII. Ercole raggiunge nel corso e pren
ante. IIII. Ercole raggiunge nel corso e prende una cerva dalle corna
di
oro, dai piedi di bronzo, sacra a Diana, detta la
raggiunge nel corso e prende una cerva dalle corna di oro, dai piedi
di
bronzo, sacra a Diana, detta la cerva del Menalo
io, il Cigno, e l’ Aquila, che si dissero esser trafitti dalle frecce
di
Ercole. VI. Ercole montando sul cavallo Arione gi
allo Arione giunge su le sponde del fiume Alfeo, e seco porta il toro
di
Creta, amato da Pasife, che devastava le pianure
eco porta il toro di Creta, amato da Pasife, che devastava le pianure
di
Maratona. Combatte inoltre contro questo toro, ed
e detta Prometeo, nel tempo stesso che il toro celeste, nominato toro
di
Pasife e di Maratona culminava al meridiano, e al
eteo, nel tempo stesso che il toro celeste, nominato toro di Pasife e
di
Maratona culminava al meridiano, e al tramonto de
Maratona culminava al meridiano, e al tramonto del cavallo Orione, o
di
Pegaso. VII. Punisce Busiride e Diomede delle lor
iungevano nei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che era figlio
di
Marte e di Cirene, dai cavalli di lui, che alimen
ei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che era figlio di Marte e
di
Cirene, dai cavalli di lui, che alimentava di car
ndo divorar l’altro, che era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli
di
lui, che alimentava di carne umana — r sponde al
e era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui, che alimentava
di
carne umana — r sponde al passar del sole nel seg
a del Pegiso, che avanza il capo su l’Aquario, ovvero Euristeo figlio
di
Cirene. VIII. Ercole scendendo su la nave Argo pe
ne. VIII. Ercole scendendo su la nave Argo per la conquista del vello
di
oro, combatte con alcune donne guerriere, figlie
nquista del vello di oro, combatte con alcune donne guerriere, figlie
di
Marte, rapisce loro un bel cinto, e tragge una do
arte, rapisce loro un bel cinto, e tragge una donzella dagli oltraggi
di
un mostro marino — risponde al passar del sole ne
ar del sole nel segno dell’Ariete, sacro a Marte, detto ancora Ariete
di
Frisso, o dal vello di oro, ed è indicato dal lev
ell’Ariete, sacro a Marte, detto ancora Ariete di Frisso, o dal vello
di
oro, ed è indicato dal levarsi della nave Argo, d
vello di oro, ed è indicato dal levarsi della nave Argo, dal tramonto
di
Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e d
amonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e dal levarsi
di
Medusa, e dal tramontare della regina Cassiopea.
dal tramontare della regina Cassiopea. XIIII. Ercole monda le stalle
di
Augia, figlio del Sole, o come altri vogliono, di
ole monda le stalle di Augia, figlio del Sole, o come altri vogliono,
di
Nettuno, con farvi scorrere le acque del fiume Pe
i vogliono, di Nettuno, con farvi scorrere le acque del fiume Peneo o
di
Alfeo, e lo uccide negandogli la promessa ricompe
ale scorre nella stazione del Capricorno, e la sorgente è tra le mani
di
Aristeo, figlio del fiume Peneo. X. Ercole vince
isponde al passar del sole sotto il Toro, che va segnato dal tramonto
di
Orione, che andò amante delle Atlantidi, ossia de
tidi, ossia delle Pleiadi, e da quello del Boaro, conduttore dei buoi
di
Icaro. XI. Ercole trionfa di un cane spaventoso d
da quello del Boaro, conduttore dei buoi di Icaro. XI. Ercole trionfa
di
un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal
ei buoi di Icaro. XI. Ercole trionfa di un cane spaventoso dalla coda
di
serpente, e dal capo di ceraste — risponde al pas
cole trionfa di un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal capo
di
ceraste — risponde al passar del sole nei Gemini,
speria toglie i pomi del giardino delle Esperidi, posti alla custodia
di
un Dragone. Veste inoltre, per fare un sacrificio
un Dragone. Veste inoltre, per fare un sacrificio, una tonica sparsa
di
sangue di un Cintauro, che fu morto da lui stesso
e. Veste inoltre, per fare un sacrificio, una tonica sparsa di sangue
di
un Cintauro, che fu morto da lui stesso al guado
sparsa di sangue di un Cintauro, che fu morto da lui stesso al guado
di
un fiume, e questa tonica, lo brucia e lo consuma
iume, e questa tonica, lo brucia e lo consuma, e così compie il corso
di
sua vita — risponde al passar del sole nella cost
mese al tramonto del fiume Aquario, e del Cintauro, che sacrifica su
di
un’altare al levarsi del Pastore e della sua greg
eridi. 64. Cadmo — Narra la favola, che Cadmo nel fabbricare la città
di
Tebe, mandando i suoi compagni alla fonte di Dirc
nel fabbricare la città di Tebe, mandando i suoi compagni alla fonte
di
Dirce, per cavarne acqna, li vide divorati da un
ebbero parte a fabbricar la città. Non difficile è la interpetrazione
di
questo mito ; posciachè Cadmo uccise un principe
a interpetrazione di questo mito ; posciachè Cadmo uccise un principe
di
nome Draco, che si voleva figlio di Marte, intend
osciachè Cadmo uccise un principe di nome Draco, che si voleva figlio
di
Marte, intendendosi dall’altra parte co’denti i s
’denti i sudditi del principe, i quali sollevandosi dopo la sconfitta
di
lui, Cadmo li fece, tranne alcuni pochi, tutti mo
emina i denti, con la bella metafora con curvi legni duri che innanzi
di
trovarsi l’uso del ferro dovettero servire per de
ondi, e si uniscono armati contro le plebi : e combottono non già tra
di
loro, ma co’clienti ammutinati contro esso loro,
tutta l’antichità a due facce, ond’è detto Bifronte. La favola vuole
di
portar tale denominazione, perciocchè accogliendo
, suo regno, Saturno scacciato dal cielo, avesse avuto da lui il dono
di
conoscere l’avvenire, e non mai obbliare il passa
tra questi Plutarco(2), vogliono essere così chiamato, o perchè greco
di
origine venendo in Italia cangiasse e favella e m
rchè greco di origine venendo in Italia cangiasse e favella e maniera
di
vivere, o perchè desse a gli antichi abitatori de
iato il loro incivilimento. Ma noi che in queste pagine abbiamo preso
di
mira la favola nel senso tutto allegorico, dobbia
utto allegorico, dobbiamo da altri principii interpetrare questo mito
di
Giano. 66. La favola di Giano è tutta allegorica,
o da altri principii interpetrare questo mito di Giano. 66. La favola
di
Giano è tutta allegorica, e va strettamente ranno
e portare al vero questo nostro dettato qui riproduciamo poche parole
di
Ovidio, voltandole, come meglio ci è dato, in ita
tenerti, se la Grecia non ha a le pari veruno Nume ? — E chiedendogli
di
additargli la cagione, perchè egli solo tra celes
targli la cagione, perchè egli solo tra celesti sia un Nume, che vede
di
avanti e di dietro ; e fingendo di comparirgli Gi
gione, perchè egli solo tra celesti sia un Nume, che vede di avanti e
di
dietro ; e fingendo di comparirgli Giano innanzi
tra celesti sia un Nume, che vede di avanti e di dietro ; e fingendo
di
comparirgli Giano innanzi tra un torrente di luce
e di dietro ; e fingendo di comparirgli Giano innanzi tra un torrente
di
luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di t
nanzi tra un torrente di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì
di
terrore, così gli fa raccontare la sua istoria —
nza degli elementi, che lo componevano, ebbe fine, disciolte le parti
di
questo ammonticchiamento, andarono ad occupare nu
e era stato un globo, ed un’informe mole, presi aspetto e forme degne
di
un Dio. Ora parimenti, poichè non è sì grande la
confusa figura, in me sembra lo stesso ciò che è d’avanti e ciò ch’è
di
dietro. Ecco la cagione della mia forma, che tu d
e, le nubi, la terra, tutto è chiuso ed aperto della mia mano. Presso
di
me solo è la custodia del mondo per quanto è gran
stodia del mondo per quanto è grande, ed a me si appartiene solamente
di
ravvolgere i cardini. Quando mi è a talento di fa
i appartiene solamente di ravvolgere i cardini. Quando mi è a talento
di
far risorgere la pace tra le rappacificate abitaz
Cielo, e l’aere va e viene per mio comando. Per questo porto il nome
di
Giano, e quando il sacerdote impone la focaccia,
rro misto al sole, allora ricambierai il mio nome : poichè sul labbro
di
colui, che sacrifica ora per me risuona il nome d
poichè sul labbro di colui, che sacrifica ora per me risuona il nome
di
Petulcio, ora di Clusio(1). Vale a dire quella ru
o di colui, che sacrifica ora per me risuona il nome di Petulcio, ora
di
Clusio(1). Vale a dire quella rude antichità voll
Già tu pure in qualche parte conosci ancora questa : ciascuna parte e
di
quà e di là ha due facciate, tra le quali l’una h
re in qualche parte conosci ancora questa : ciascuna parte e di quà e
di
là ha due facciate, tra le quali l’una ha le mire
ore de’Fasti romani chi è colui, che sì perduto d’intelletto non vede
di
esser tutta un’allegoria la favola di Giano ? chi
ì perduto d’intelletto non vede di esser tutta un’allegoria la favola
di
Giano ? chi non vede essere egli non un principe
Zodiaco ? 68. Ma per venir meglio a’particolari su la interpetrazione
di
questo milo, aggiungiamo, voltandole nella nostra
questo milo, aggiungiamo, voltandole nella nostra favella, le parole
di
Macrobio — Sonovi, ei dice(1), taluni, che voglio
o col sorgere, e col suo tramonto dandogli termine ; e solevasi prima
di
ogni altro invocare quando si celebravano sacri r
porte a gli Dei le preci dei supplicanti. Perciò sovente i simulacri
di
lui si rappresentavano tenendo con la destra il n
Altri vogliono essere Giano non altro che il mondo, ossia il Cielo, e
di
essere così denominato ab eundo ; poichè il mondo
ominato. E per questo i Fenici, volendo porgere un immagine sensibile
di
Giano, lo rappresentavano sotto le fattezze di un
un immagine sensibile di Giano, lo rappresentavano sotto le fattezze
di
un dragone, che spiegandosi in cerchio morde la s
mpii inaugurati a lui dagli antichi romani ora erano un rappresentato
di
Giano Bifronte, ed ora di Giano Quadrifronte, oss
i antichi romani ora erano un rappresentato di Giano Bifronte, ed ora
di
Giano Quadrifronte, ossia di quattro facce. I tem
rappresentato di Giano Bifronte, ed ora di Giano Quadrifronte, ossia
di
quattro facce. I tempii di Giano Quadrifronte por
ronte, ed ora di Giano Quadrifronte, ossia di quattro facce. I tempii
di
Giano Quadrifronte portavano quattro lati eguali
olevano indicare le quattro stagioni dell’anno, e con le tre finestre
di
ciascun lato i re mesi di ogni stagione. E Varron
o stagioni dell’anno, e con le tre finestre di ciascun lato i re mesi
di
ogni stagione. E Varrone come rapporta Macrobio(3
le intorno alla Sfinge Cadmea, che fu dipinta da’poeti avere il corpo
di
cane, il capo ed il volto di donzella, le ali di
, che fu dipinta da’poeti avere il corpo di cane, il capo ed il volto
di
donzella, le ali di uccello e voce umana. Questo
poeti avere il corpo di cane, il capo ed il volto di donzella, le ali
di
uccello e voce umana. Questo mostro, così nato ne
e, fino a quando indovinata da Edipo, gittossi giù da un monte e finì
di
vivere. La interpetrazione di questa favola è tut
Edipo, gittossi giù da un monte e finì di vivere. La interpetrazione
di
questa favola è tutta istorica. — Cadmo impatroni
ne di questa favola è tutta istorica. — Cadmo impatronitosi del regno
di
Dracone, si impatronì ancora della sorella di lui
impatronitosi del regno di Dracone, si impatronì ancora della sorella
di
lui chiamata Armonia, e menolla a seconda consort
menolla a seconda consorte, Sfinge una delle Amazoni, prima consorte
di
Cadmo, dolente di queste nozze, sottratti dall’os
consorte, Sfinge una delle Amazoni, prima consorte di Cadmo, dolente
di
queste nozze, sottratti dall’ossequio di lui non
a consorte di Cadmo, dolente di queste nozze, sottratti dall’ossequio
di
lui non pochi cittadini, ricoverossi nel monte de
i nel monte delle Sfingi, sfidando a guerra il suo consorte, tendendo
di
giorno in giorno molte insidie, che con altro nom
ra una divinità boschereccia, e rappresentavasi nella parte superiore
di
uomo, e nella inferiore irio e sotto le sembianze
parte superiore di uomo, e nella inferiore irio e sotto le sembianze
di
caprone. Era questa una simbolica escogitata da g
e. Fu creduto abitar le selve e luoghi deserti, per esprimere l’unità
di
natura ; perciocchè la natura, l’universo è uno,
a natura, l’universo è uno, ed unigenito. Si diceva vestire una veste
di
pardo bella e screziata di varii colori, per sign
ed unigenito. Si diceva vestire una veste di pardo bella e screziata
di
varii colori, per significare la moltiplice la va
e delle viti gli si poneva in mano una falce, gli si cingeva il seno
di
ogni specie di frutti, indicandosi con la falce e
li si poneva in mano una falce, gli si cingeva il seno di ogni specie
di
frutti, indicandosi con la falce esser della natu
la varietà de’frutti istessi, che nascondonsi nel seno della terra, e
di
tempo in tempo vengon prodotti. Si finse esser la
terra, e di tempo in tempo vengon prodotti. Si finse esser lascivo, e
di
inseguire le minfe de’boschi, vera simbolica per
eguire le minfe de’boschi, vera simbolica per indicare la commistione
di
tanti semi, onde sorge il regno vegetabile ed ani
o dalla terra e dalle acque per ravvivare la natura istessa. Si disse
di
produrre terrori panici, ossia terrori che sembra
stessa. Si disse di produrre terrori panici, ossia terrori che sembra
di
nascere senza cagione, che vengono o dallo stormi
li armenti e le greggi, per indicare non pochi commovimenti e fremiti
di
natura, che sembrano inaspettati ed improvvisi, p
me un demone, come l’anima del mondo, per indicare il mirabile potere
di
natura, che subordinata alla Causa Prima, al Somm
logico intentato, per quanto io mi sappia, e vergine ancora, sperando
di
sorgere queste mie brevi parole ad altri di più a
vergine ancora, sperando di sorgere queste mie brevi parole ad altri
di
più alta intellettiva e di miglior fortuna di inc
i sorgere queste mie brevi parole ad altri di più alta intellettiva e
di
miglior fortuna di incitamento, onde far tutto qu
e brevi parole ad altri di più alta intellettiva e di miglior fortuna
di
incitamento, onde far tutto quello che i miei stu
r tutto quello che i miei studii e la mia fortuna non mi han permesso
di
fare. (1). Gioberti, lettera su le dottrine
n mi han permesso di fare. (1). Gioberti, lettera su le dottrine
di
de Lamennais. (1). Gioberti introduzione allo s
loacina — Tito Tazio, che regnò una a Romolo, ritrovando un simulacro
di
una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando d
vando un simulacro di una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando
di
chi fosse le diede il nome dal luogo ove fu trova
alzarono un simulacro ove fu fatta la pace tra i romani e Sabiri dopo
di
aver pugnato per le donne rapite. Così Phirio lib
dhostire, e hostimentum. Da ciò si possono interpetrare queste parole
di
Plauto — Quin promitto, inquam, hostire contra u
ro pecunia. (1). Flora — Alcuni eredono che sia Acca Larenzia donna
di
partito, la quale avendo mutato colore nel tempio
a Larenzia donna di partito, la quale avendo mutato colore nel tempio
di
Apollo e Diana, fu detta Elori. (2). Matvta — T
rsale, Deca II, cap. XVIIII. pag. 297. (1). Depvis, nell’astronomia
di
Lalande Vol. III. pag. 422. (2). Esiodo, Teogon
IIII. cap. XI. (2). Libero e Libera — Taluni traggono la etimologia
di
questi due nomi a libramento, chè il maschio in u
a libramento, chè il maschio in unirsi alla donna mercè il beneficio
di
Libero, emissis seminibus, vien liberato. Lo stes
Libero, emissis seminibus, vien liberato. Lo stesso della donna mercè
di
Libera. (3). Carmente — si vuole da’Ionii di
so della donna mercè di Libera. (3). Carmente — si vuole da’Ionii
di
portar prima il nome di Nicostrata, e si credeva
Libera. (3). Carmente — si vuole da’Ionii di portar prima il nome
di
Nicostrata, e si credeva figlia del re degli Arca
Nicostrata, e si credeva figlia del re degli Arcadi, la quale gravida
di
Mercurio desse alla luce Evandro, e poscia presa
se i destini a’mortali, onde il cantore de’Fasti Romani lib. I. disse
di
lei, Quae simul aethereos animos conceperat igne
l’aprirsi le porte del suo tempio in guerra, e dal chiudersi in tempo
di
pace. (1). Macrobii, Saturnalium IX. (2). Cor
. A nibili giovanetti studenti delle belle lettere nel seminario
di
cava L’autore F in da quel momento, in c
erie, intesi tratto tratto decadermi dalla mente il concepito disegno
di
menar a fine quel compendio di Mitologia iconolog
dermi dalla mente il concepito disegno di menar a fine quel compendio
di
Mitologia iconologica, che un dì nel vostro seno
asi esclusivo nel cuore, cambiando in meglio i consigli fermo risolsi
di
sostituire a tal non molto interessante trattato
iù provetta. Assordato però dale vostre reiterate premure, nè sapendo
di
buona voglia, e col dovuto decoro ulteriormente p
l piegar curiosi lo sguardo a percorrerlo possiate a ragion gloriarvi
di
vedere al fin secondate appuntino le mire, e sodd
nte descritto. Voleste in fine un trattato più pratico, che teoretico
di
poesia toscana, che vi servisse di manuale a si b
rattato più pratico, che teoretico di poesia toscana, che vi servisse
di
manuale a si bella facoltà senza tralasciare di t
cana, che vi servisse di manuale a si bella facoltà senza tralasciare
di
toccare almen superficialmente la latina ? Il tut
etta in tutta la estenzione corrisponde appuntino alle mire, protesto
di
non aver più che bramare, perche soddisfatto appi
ro amore un segno. Il perdon vostro non farammi altero, Anzi sarà sol
di
bontade un pegno, E priachè io compia il vital co
ia S e al sentimento dell’immortal’Oratore Romano ogni avviamento
di
discorso, che sù di qualche materia s’imprende, C
ento dell’immortal’Oratore Romano ogni avviamento di discorso, che sù
di
qualche materia s’imprende, Cic. de Of. Lib. 1. s
o in prosieguo è da dirsi chiaramente s’intenda ; non sarà certo fuor
di
ragione se volendo io (benchè colla possibile bre
incipali, e più interessanti punti della Mitologia, dalla definizione
di
essa pria d’ogni altra cosa per una ben chiesta r
definizione di essa pria d’ogni altra cosa per una ben chiesta ragion
di
chiarezza incomincia. La Mitologia dunque compost
voci Mythos fabula, e logos discorso altro non è, che la esposizione
di
quelle favolose idee, delle quali imbevuti i Gent
si esalta(1). Or quantunque a prima fronte rassembri, che la scienza
di
quanto può mai presentar la Mitologia sia di ness
assembri, che la scienza di quanto può mai presentar la Mitologia sia
di
nessun vantaggio, anzi non esente ancor da perico
anzi che studiata ; pur tutta volta una tal dispregevole conclusione
di
leggieri non si efformerà da colui, che di questa
l dispregevole conclusione di leggieri non si efformerà da colui, che
di
questa scienza esaminerà più posatamente i vantag
ggi. Ed in vero da qual’altro fonte attinsero i più rinomati artefici
di
ogni tempo le idee più belle, onde effigiare le p
odo quelle de’Poeti tragici, e lirici, se privi sono della cognizione
di
quelle favole, alle quali tali scrittori fanno be
che cognizioni. E son questi forse per un’amator delle scienze frutti
di
poco conto ? Acquisti da disprezzarsi ?(1) Le fa
o, ed a rivolgere a questi le loro adorazioni ; onde videsi con orror
di
natura darsi al Sole, alla Luna, alle Stelle, ed
, ed ogni vinolento il suo Bacco. Un tal detestabile sistema pertanto
di
qualificar Dei a capriccio seguito dalla oscurata
Egitto, e nella Fenicia(3) e che propriamente sia nato nella famiglia
di
Rel. Cham, da cui partendo, quasi da suo fonte, s
fonte, si pernicioso errore, culto si strano si diramò a tardi nipoti
di
Sem nell’Oriente, ed a quelli di Jafet nell’Occid
o si strano si diramò a tardi nipoti di Sem nell’Oriente, ed a quelli
di
Jafet nell’Occidente. Toccata la Grecia anch’essa
ero tutte le deità ricevute ; anzi sorpassando gli altri in tal sorte
di
follia, mille altri più stolti, ed insensati Dei
o venne a contaminare ogni terra, ogni lido. Una moltitudine pertanto
di
tanti Dei, acciò recato non avesse confusione, e
si conviene. La II classe racchiudeva tutti que’ Dei, che splendevano
di
minor gloria, e venivano considerati come Dei cam
nivano considerati come Dei campestri, e riconosciuti sotto il titolo
di
Dei volgari detti Cic. Lib. 2. de Nat. Deor. Dii
nito a qualche Dea, detti Dei Ascrittizii. Varr. apud Aug. Nel numero
di
questi erano ancora annoverati quegli Eroi, che a
i Eroi, che a riguardo de’ loro meriti erano stati innalzati al grado
di
Dei indigeti, come di Enea divinizzato da sua mad
de’ loro meriti erano stati innalzati al grado di Dei indigeti, come
di
Enea divinizzato da sua madre parla Ovidio. Metam
a prefazione sta espresso, altro non è, che parlar soltanto degli Dei
di
I classe degni più degli altri inferiori di maggi
parlar soltanto degli Dei di I classe degni più degli altri inferiori
di
maggior considerazione, non che delle astratte di
uoi german cresciuto in Creta, Toccò nascente de’desir la meta, E diè
di
suo poter tremende prove. Il regno al Padre tolse
suo piacer lo. muove. Regge il folgor funesto apportatore Di perigli,
di
affanni, e tristo fio, Egli è Duce, egli è Nume,
Dichirazione, e sviluppo Moltissimi Dei invero, anzi fin al numero
di
trecento, al testificar di Varrone, riconosciuti
Moltissimi Dei invero, anzi fin al numero di trecento, al testificar
di
Varrone, riconosciuti vennero dagli antichi sotto
o questo speciosissimo nome ; Chi fù Giove poichè però al solo figlio
di
Saturno, ed Opi, ossia Rea, fù attribuito quanto
uppo ancora sarà unicamente l’obbietto. Nacque egli in Creta grazioso
di
volto, e maestoso d’aspetto. Quivi, e propriament
. Quivi, e propriamente nell’ antro del Monte Argeo procurò sua madre
di
farlo allevare dalle Ninfe, e da Cureti sacerdoti
rocurò sua madre di farlo allevare dalle Ninfe, e da Cureti sacerdoti
di
Cibele mercè il latte della capra Amaltea, ed il
iò con tal ritrovato âvesse potuto sfuggire il nato infante il furore
di
Saturno suo padre, il quale memore delle promesse
no suo padre, il quale memore delle promesse fatte al fratello Titano
di
non allevar mai maschi, e molto più ricordevole d
itano di non allevar mai maschi, e molto più ricordevole delle parole
di
suo padre, dover cioè venire un giorno, in cui da
Giove. Quivi egli cresciuto, e consapevole de’passati crudeli tratti
di
Saturno suo padre, nonche della congiura, che con
rudeli tratti di Saturno suo padre, nonche della congiura, che contro
di
se novellamente machinava, con arte affatto nuova
priamente il terribile Giove si fosse. Sue battaglie La prima dunque
di
queste battaglie fù al riferir di Esiodo quella,
sse. Sue battaglie La prima dunque di queste battaglie fù al riferir
di
Esiodo quella, che ei sostenne contro i Titani, i
licenzioso coraggio si diedero a combatterlo per vendicar quei dritti
di
preferenza, e di dominio, che ad essi erano stati
io si diedero a combatterlo per vendicar quei dritti di preferenza, e
di
dominio, che ad essi erano stati usurpati (stante
, e di dominio, che ad essi erano stati usurpati (stante che il regno
di
Titano ceduto a Saturno à figli di costui trasmet
tati usurpati (stante che il regno di Titano ceduto a Saturno à figli
di
costui trasmetter non si dovea) ma Giove con invi
tui trasmetter non si dovea) ma Giove con invitto potere, e col favor
di
altri Dei combattendo li vinse, li conquise, e ne
i, al sol mirare il sulfureo suo fuoco impauriti gli Dei sotto figura
di
diversi animali fuggirono in Egitto per fissar qu
e monti a monti con forza stupenda, vide con suo piacere tra un nembo
di
fulmini cadere il’ forte Briareo, il vigoroso Enc
cenza sfacciatamente si diede. Imperochè quantunque egli assicuratosi
di
già del sortito suo regno impalmato avesse per mo
ina dea della Memoria, e Latona, e qualche altra Dea ; pur nientemeno
di
esse non contento in diversì modi cambiandosi, e
contento in diversì modi cambiandosi, e diverse forme prendendo, come
di
Cuculo per ingannare la sua stessa sorella Giunon
rendendo, come di Cuculo per ingannare la sua stessa sorella Giunone,
di
Cigno per violar Leda meglie di Tintaro, di Satir
annare la sua stessa sorella Giunone, di Cigno per violar Leda meglie
di
Tintaro, di Satiro per abusar di Antiope figlia d
a stessa sorella Giunone, di Cigno per violar Leda meglie di Tintaro,
di
Satiro per abusar di Antiope figlia di Nitteo ec.
one, di Cigno per violar Leda meglie di Tintaro, di Satiro per abusar
di
Antiope figlia di Nitteo ec. cereò con diversi me
violar Leda meglie di Tintaro, di Satiro per abusar di Antiope figlia
di
Nitteo ec. cereò con diversi mezzi soddisfare le
Dagli Assirii, e da Babilonosi chiamato venne Belo, col nome appunto
di
quel Belo, che, come dissimo, il primo fù ad intr
onato un sontuoso tempio in suo onore, da Tarquinio Priseo molto pria
di
già designato. Venne altresi detto Feretrius da f
i Poeti, e negli Storici(1). Suo ritratto. Effigiavasi Giove in aria
di
terribile Maestà tutt’accigliato, con fronte cove
ator d’ Atene detto Perifa in alato messaggier celeste detto l’aquila
di
Giove. Suo culto. Molte erano le feste, co’quali
ispetto per questi, che si giunse pure a credere aver essi la facoltà
di
rendere oracoli, perche amati focosamente da Giov
li unicamente rapito. Circa le morali significazioni poi della favola
di
Giove, come delle favole degli altri Dei stimo te
tre avendo molti immaginati più cose, sempre però dubbiose per ragion
di
folte tenebre attraversanti, è buon partito senza
lte tenebre attraversanti, è buon partito senza fissar cosa alcuna sù
di
ciò lasciar unicamente al lettore la libertà di s
fissar cosa alcuna sù di ciò lasciar unicamente al lettore la libertà
di
seguire quelle opinioni, che maggiormente gli agg
iconosciuto il Ponto prodigioso germoglio della terra ; ed almo padre
di
Nereo, da cui, come pretendesi, venne il famoso s
da più recenti poeti venne egli riconosciuto pel mare, e non pel Dio
di
esso ; percio con questi riconosco anch’io Chi fù
o ; percio con questi riconosco anch’io Chi fù Nettuno Nettuno figlio
di
Saturno, e di Rea pel vero, ed assoluto Dio del m
questi riconosco anch’io Chi fù Nettuno Nettuno figlio di Saturno, e
di
Rea pel vero, ed assoluto Dio del mare, regno a l
nè valendo colla sua virtù a rintuzzarne gl’assalti, pensò ben presto
di
sbrigarsene col menar moglie. A tal’ effetto rivo
enar moglie. A tal’ effetto rivolse egli lo sguardo sulla vaga figlia
di
Doride chiamata Anfitride, e per ottenerla non la
ran Dio Nettuno(1) Non fù egli però contento degli innocenti piaceri
di
questo matrimonio, come neppure di due altre mogl
ò contento degli innocenti piaceri di questo matrimonio, come neppure
di
due altre mogli, che successivamente si prese det
dosi a sfogar si diede i suoi affetti. Rapì quindi ed Ifimedia figlia
di
Triope, e la Ninfa Bisalti, e la moglie di Creteo
quindi ed Ifimedia figlia di Triope, e la Ninfa Bisalti, e la moglie
di
Creteo detta Tiro, e Teosa figlia di Forco, e Ber
e la Ninfa Bisalti, e la moglie di Creteo detta Tiro, e Teosa figlia
di
Forco, e Beribea figlia di Eurimedonte, ed altre
oglie di Creteo detta Tiro, e Teosa figlia di Forco, e Beribea figlia
di
Eurimedonte, ed altre ancora non curandosi di avv
Forco, e Beribea figlia di Eurimedonte, ed altre ancora non curandosi
di
avvilir la sua maestà si con tante indegne azioni
iversi animali per giungervi. Queste strane metamorfisi però meritano
di
essere sotto silenzio trascorse. Sua contesa cou
ella Sapienza Minerva per ragion del nome da darsi alla novella Cittä
di
Cecopre, pretendendo ognuna delle due parti esser
vella Cittä di Cecopre, pretendendo ognuna delle due parti essere ciò
di
suo dritto esclusivo. Gli Dei chiamati a dirimere
le parti tal sovrana decisione Nettuno il primo si diede a far pruova
di
suo potere. Percosse egli col suo divino tridente
egiadretto ben effformato cavallo2. Per tal produzione non perd utasi
di
coraggio Minerva alzò l’ammirabil suà asta, e for
uno ceder dovea in tal causa a Minerva, qual madre feconda d’un parto
di
maggior rilievo, e vantaggio ; onde questa fatta
nte in mano assiso dentro maestoso cocchio creduto d’avorio con ruote
di
oro tirato da due, o quattro CavaHi alati, nella
ricorrere dovea ogni pilota semprechè nel funesto pericolo scorgevasi
di
divenire degli incalzanti venti, e delle agitate
e sacrate al Dio Conso da farsi in luoghi privati, ed oscuri nel mese
di
Agosto, come si pretende, ed altre quelle, che fa
e di Agosto, come si pretende, ed altre quelle, che facevansi in onor
di
Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti
nde, ed altre quelle, che facevansi in onor di Nettuno con sacrificii
di
tori, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essend
in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti nel mese
di
Luglio, essendo in quel giorno in onor di Nettuno
, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essendo in quel giorno in onor
di
Nettuno liberi ancora i cavalli dal faticare, anz
di Nettuno liberi ancora i cavalli dal faticare, anzi perche il mese
di
Febraio era addetto alle purificazioni da farsi m
alle marine spiagge venne Nettuno riguardato per una gran Deità, cui
di
tratto in tratto innalzarono famosi tempii, istit
n Nume abborrito, Che ebbe nel cor troppo impudenti voglie, E ad onta
di
ciascun si fe’ marito. Venere lo tradi nelle sue
Dichirazione, e sviluppo Mirabili veramente furono le avventure
di
questo Dio, mentre pare, che le stesse disgrazie,
i fù soggetto fin dai primi albori dell’ esser suo, gli siano servito
di
appoggio, e sgabello alle sue fortune. Chi fù Vul
ve, e da Giunone, o da questa sola, come pur pretende la favola, pria
di
giungere l’ordinario prescritto della natura, ed
o alla vita. Quindi avvenne, che tanta bruttezza tollerar non potendo
di
buon genio gli stessi suoi genitori, e soprattutt
tutto Giove geloso mai sempre del suo decoro proveniente dal contegno
di
sua maestà, subentrar facendo agl’ effetti patern
i giunto l’ultimo suo affannoso respiro ; ma al ravvïsar gli abitanti
di
Lenno l’infausto fato, cui cadendo andava egli so
trarlo dalla barbara morte, non poterono però camparlo dalla sventura
di
una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pe
ntura di una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli
di
questa, e di altre molte buone accoglienze succes
mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli di questa, e
di
altre molte buone accoglienze successivamente pre
ategli da que’isolani durante la puerile sua età, volle egli a motivo
di
grata riconoscenza presso di essi fissare il sogg
la puerile sua età, volle egli a motivo di grata riconoscenza presso
di
essi fissare il soggiorno, e sollecito insegnarli
il mostruoso stuolo dei Ciclopi(1) uscir fece dalla sua Caverna pezzi
di
opera si ragguardevoli, che riscossero del pari l
delle sue mani al certo dicesi essere il palazzo del Sole, la corona
di
Arianna, la collana di Ermione, lo scettro di Aga
o dicesi essere il palazzo del Sole, la corona di Arianna, la collana
di
Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di
zzo del Sole, la corona di Arianna, la collana di Ermione, lo scettro
di
Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo di Et
Arianna, la collana di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura
di
Achille, lo scudo di Ettore, le armi di Enea, e m
di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo
di
Ettore, le armi di Enea, e mille altri capi d’ope
tro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo di Ettore, le armi
di
Enea, e mille altri capi d’opera, che per soddisf
e benchè distratto da mille occupazioni nel favorire e Dei, ed uomini
di
buon genio ; pronto sempre però si tenne nell’ es
fulmini tremendi, de’ quali armato il gran Giove rendevasi il terror
di
chiunque osava far resistenza a suoi cenni. E chi
felloniti ? Che meraviglia fia dunque, che tanta grazia perciò presso
di
quello acquistossi, che niente sgomentato di sua
nta grazia perciò presso di quello acquistossi, che niente sgomentato
di
sua natìa bruttezza ardi domandargli la saggia Mi
e vane riuscirono le sue pretenzioni ; non però ciò avvenne per parte
di
Giove renitente, ma per cagion della pretesa Dea,
mare Venere fra le Dee la più bella, la quale per altro niente rapita
di
suo marito, non senza suo disonore, e discredito
o consorte, dove ella con Marte improvisamente fû colta per oscitanza
di
Elettrione posto per guardia, fece delle reità su
guardati per suoi figli tutti coloro, che celebri si resero nell’artc
di
lavorare ferri, rame, oro, argento, e tutte in so
avorare ferri, rame, oro, argento, e tutte in somma le materie capaci
di
fondersi, e lalorarsi a fuoco(1). Sua qualità. A
del suo ministerio la grazia del suo padre Giove, non isdegnò questi
di
ammetterlo al cielo in qualità di coppiere degli
suo padre Giove, non isdegnò questi di ammetterlo al cielo in qualità
di
coppiere degli Dei ; le sue maniere però poco avv
oco avvenenti disgustando gli Dei nella circostanza appunto più bella
di
pascersi dell’immortale lor Nettare, la cagione f
Nettare, la cagione furono, per cui la bella Ebe il piacere incontrò
di
subentrare al suo invidiabile impiego. Suoi nomi
oltre il suo nome, che abbastanza il distingueva, stant ecchè al dir
di
Varrone : Vulcanus est quasi volitans, quod ignis
corti termini accennerò i principali. Detto venne Lennins dall’Isola
di
Lenno, Mulciber dall’ ammollire i ferri, Tardipes
la di Lenno, Mulciber dall’ ammollire i ferri, Tardipes, perchè zoppo
di
piedi, Hephaestos dal bruciare, , , Chrysor ec.
e, , , Chrysor ec. Suo ritratto. Gl’ antichi scultori dell’effigie
di
questo Nume sebbene abbiano espressi in un modo p
rale ne ha espressato il ritratto. Mirasi perciò dipinto in sembianza
di
fabro vecchio, ed annerito, benchè in alcune meda
ali ogni momento, Che tien seguaci suoi ira, e spavento, Che si pasce
di
sangue, e di querele. Che attosca l’alma con cont
nto, Che tien seguaci suoi ira, e spavento, Che si pasce di sangue, e
di
querele. Che attosca l’alma con continuo fiele, A
angue, e di querele. Che attosca l’alma con continuo fiele, Avido sol
di
risse, e di cimento, Infausto a’ Regi, a’regni og
querele. Che attosca l’alma con continuo fiele, Avido sol di risse, e
di
cimento, Infausto a’ Regi, a’regni ognor tormento
i cimento, Infausto a’ Regi, a’regni ognor tormento, Che corre il mar
di
sangue a piene vele. Fonte, e cagion di stragge,
or tormento, Che corre il mar di sangue a piene vele. Fonte, e cagion
di
stragge, e di ruina, Autor di pianto per qualunqu
he corre il mar di sangue a piene vele. Fonte, e cagion di stragge, e
di
ruina, Autor di pianto per qualunque stato, Che l
di sangue a piene vele. Fonte, e cagion di stragge, e di ruina, Autor
di
pianto per qualunque stato, Che l’uom più fiero a
fù il ben scacciato, E mentre a danni crudelmente inclina Il flagello
di
Dio Marte è chiamato. Dichirazione, e svilupp
ppo Chi fù Marte. Avvegnachè figlio del troppo augusto matrimonio
di
Giove, e di Giunone quasi da Greci tutti questo D
fù Marte. Avvegnachè figlio del troppo augusto matrimonio di Giove, e
di
Giunone quasi da Greci tutti questo Dio si dica ;
data alla luce Minerva qual dimostranza del suo invitto potere, pensò
di
operare anche essa un consimile sovraumano porten
Dio producendo senz’alcun’opra del suo rivale marito. Anziosa quindi
di
veder paghe le sue brame partissi per consultar l
dire il disegno del suo cammino con dolce sorriso un fiore additolle,
di
cui il solo tocco, ed odore valevole era all’impr
pur tanto terribile, e fiero addivenne, che il solo suo nome riempiva
di
spavento ogni cuore, e perciò pel Dio delle guerr
o Nettuno. Egli per vindicare la violenza usata da Allirozio figliuol
di
Nettuno alla cara sua figlia Alcippe, avuto quell
gli diè fieramente la morte. Commosso per tal barbaro fatto il padre
di
quello Nettuno citò l’uccisore al gran consiglio
sull’ Areopago, domandando a gran clamore giustizia, e pena ; presso
di
quelli però cosi bene espose Marte le sue ragioni
amente giustificò la sua causa, che per giudizio della più sana parte
di
quei giudici ne venne onorevolmente assoluto. Da
uccesso ne venne, che quel luogo d’indi in poi fù chiamato la collina
di
Marte, dove trattar si solevano le cause purament
, dove trattar si solevano le cause puramente criminali alla presenza
di
tanti giudici, quanti appunto furono nella causa
ali alla presenza di tanti giudici, quanti appunto furono nella causa
di
Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè d
furono nella causa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè
di
sua fierezza era costantemente rapito, perder non
ro Quirites dal lor fondatore Romolo creduto, come si è detto, figlio
di
Marte. Suo ritratte. In atteggiamento assai terr
enio fù effigiato questo Nume. Pingevasi egli da capo a piè ricoverto
di
armi sedente su d’un carro d’acciaio guidato da B
ie svolazzanti intorno al suo elmo per orrore, con gallo qual simbolo
di
vigilanza al suo fianco, preceduto dalla fama, ch
uerre fù da popoli anche barbari in somma stima tenuto, sicche presso
di
essi invalse il costume di non rivolger mai l’ani
rbari in somma stima tenuto, sicche presso di essi invalse il costume
di
non rivolger mai l’animo alle battaglie, se pria
i a questo gran Nume. La Tracia però, o perchè gloriosa della fortuna
di
riconoscere il suo nome da Trace figliuol di Mart
è gloriosa della fortuna di riconoscere il suo nome da Trace figliuol
di
Marte, o perchè nazione fiera, e naturalmente por
costruiti due tempii, uno dentro le mura acciò degnato egli si fosse
di
conservar sempre florida fra cittadini la pace, l
cittadini la pace, l’altro fuori, acciò disdegnato non avesse d’esser
di
quella Città il difensore contro gl’insulti d’ogn
e istituite da Romolo dette Esquirie da celebrarsi pria delle calende
di
Marzo colla corsa de’ cavalli nel Campo Marzio, e
quelle fissate da Numa(1) chiamate Saliari da celebrarsi alle calende
di
Marzo da Sacerdoti Salii, e quelle finalmente chi
Nume, non altra vittima svenar si dovea in suo onore, che sol quella,
di
cui prendevasi piacere ; quindi il toro, il verre
deputavasi una congrua vittima : quindi questi animali quali simboli
di
ferocia, e velocità ben s’acconvenivano ad un Dio
li quali simboli di ferocia, e velocità ben s’acconvenivano ad un Dio
di
terrore, e destrezza, qual Marte appunto si era,
Dichirazione, e sviluppo Curiose pur troppo sono le storiette
di
questo Dio per qua lunque verso considerarlo ci a
iderarlo ci aggrada. Chi fù Mercurio. Nato appena da Maia primogenita
di
Atlante consociata con Giove, si grazioso comparv
gnitosa rapita dalla sua rara beltà corse ad abbracciarlo, e si degnò
di
somministrargli il suo latte(1) dal che forse ne
e avvenne, che egli intempestivamente acquistò tal’ ammirabil vigorìa
di
spirito, e di corpo, che di poche ore appena nato
egli intempestivamente acquistò tal’ ammirabil vigorìa di spirito, e
di
corpo, che di poche ore appena nato d’una morta t
tivamente acquistò tal’ ammirabil vigorìa di spirito, e di corpo, che
di
poche ore appena nato d’una morta testuggine trov
duta, detta perciò da latini Testudo, ed un giorno ancor non compiuto
di
sua vita mortale giunse a rubare lo scettro a Gio
i dardi ad Apollo, ed a Venere il cinto. Fatto poi più grande invece
di
abborrire le sue infantili leggierezze vieppiù si
frigio gli armenti del re Admeto da lui teneramente amato, questo Dio
di
soppiatto a quella greggia appressandosi seco si
fronzure d’un bosco cautamente appiattolli. Non ebbe però la fortuna
di
sottrarsi del tutto all’ altrui vigilanza, mentre
lui innanzi gli esibì la più bella vacca per ottenerne il secreto, nè
di
ciò contento per isperimentar col fatto la fedelt
con virtù a se tutta propria lo trasformò in pietra (detta poi pietra
di
paragone) acciò cosi egli restasse al coverto del
stasse al coverto del furto, e quegli nel tempo stesso il fio pagasse
di
sua infedeltà, rampognandolo cosi secondo Òvid.
m silicem, qui nunc quoque dicitur index : Suo ritratto. La efficie
di
questo Dio è tutta adattata a simboleggiare, ed e
alla testa, ed a’piedi, mentre essendo suo ufficio portare i comandi
di
Giove, servire agli Dei nelle loro ordinanze, ed
adunanze, alle pubbliche arringhe, come possibil era potersi spedire
di
tante faccende, se il vantaggio non avea de suoi
ato da due attorcigliati serpenti, per dinotare, che siccome al tocco
di
sua verga i due colubri duellanti deposero ad un
i due colubri duellanti deposero ad un tratto lo sdegno, ed in segno
di
pace amorosamente si strinsero, cosi, e molto più
liare con quel suo caduceo nel cuor de’ mortali gl’ abbandonati sensi
di
fraterno amore, e conchiudere quindi fra essi i p
aterno amore, e conchiudere quindi fra essi i più ammirabili trattati
di
amorevolezza, di concordia, e di pace. Si veggono
onchiudere quindi fra essi i più ammirabili trattati di amorevolezza,
di
concordia, e di pace. Si veggono pendere da suoi
i fra essi i più ammirabili trattati di amorevolezza, di concordia, e
di
pace. Si veggono pendere da suoi labbri alcune be
di pace. Si veggono pendere da suoi labbri alcune ben formate catene
di
oro per significarci la sua aurea eloquenza, e l’
almente in molti suoi ritratti una verga, onde divisar il suo impiego
di
sciogliere da ligami degl’egri corpi le anime, gu
iogliere da ligami degl’egri corpi le anime, guidarle all’ inferno, e
di
riporre in nuovi corpi, giusta la dottrina della
a è rilevare la diversità de’ suoi nomi. Egli per cagion dell’uffizio
di
servire agli Dei vien detto messaggiero degli Dei
è abile a conciliare si gli Dei, che gl’ uomini fra loro, ambasciator
di
pace s’appella : come padre delle lettere, e del
tore delle strade, nelle quali collocavansi le sue statue, prive però
di
mani, e di piedi fù detto da latini Vialis, e da
strade, nelle quali collocavansi le sue statue, prive però di mani, e
di
piedi fù detto da latini Vialis, e da Greci Cylle
piedi fù detto da latini Vialis, e da Greci Cyllenius : il titolo poi
di
Argicida, con cui sovente vien salutato dagli scr
ucciso per espresso volere del padre degli Dei il pastore Argo dotato
di
cento occhi, alla cui vigilanza per cagion di gel
il pastore Argo dotato di cento occhi, alla cui vigilanza per cagion
di
gelosia era stata affidata da Giunone la Principe
Io cambiata in vacca da Giove Suoi figli. Quali siano stati i figli
di
questo Dio, con parsimonia par che ne scrisse la
bbe da Venere, come dimostrano le stesse parole Hermes, ed Aphrodite,
di
cui costa tal nome, e tolto ancora, secondo alcun
queste cose i suoi pensieri, oppur sia, che come invaghito de’ furti
di
robe, brigato non siasi de’ furti di onore, io no
ia, che come invaghito de’ furti di robe, brigato non siasi de’ furti
di
onore, io non oso, ne posso di esso affirmare que
i di robe, brigato non siasi de’ furti di onore, io non oso, ne posso
di
esso affirmare quello, che la favola istessa di l
io non oso, ne posso di esso affirmare quello, che la favola istessa
di
lui non disse. Suo culto. Riceveva questo Dio al
ette perciò le loro statue Hermathenae, sacrificar si doveva in segno
di
culto una vitella, e con gran cerimonia ancora br
cerimonia ancora bruciar si dovevano le lingue delle vittime in onor
di
sua eloquenza, giusta l’antico costume de’ Megare
vatamente ancor non l’onorasse, mentre avendo quella gente il costume
di
pingerlo alle porte di loro case, acciò quindi re
norasse, mentre avendo quella gente il costume di pingerlo alle porte
di
loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri,
ngerlo alle porte di loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri,
di
cui egli era Dio, quantunque volte avveniva passa
tunque volte avveniva passar per quelle, non potevano essi far ammeno
di
prestargli qualche ossequio in suo omaggio. C
rno il globo ognor s’aggira, E toglie ogni vivente alle ruine. Cantor
di
versi, e curator d’affanni, Splendono a lui tesor
celsi intorno, Chè la terra salvar Ei sa da danni. Fulge il suo carro
di
saffiri adorno, Nè invecchia mai per lungo volger
guire i più rinomati Eroi, e miriam sovente, che chi per qualche dono
di
natura infra gli altri singolarmente rifulge, egl
il bersaglio della cieca imprudente fortuna. Tale appunto fù il caso
di
questo gran Nume. Egli sebbene fra il sodalizio d
vasto singolare sapere ; pur tutta volta a dure vicende fin dal seno
di
sua madre miseramente soggiacque. Chi fù Apollo.
ito particolare affetto nudrisse per Latona già per lui feconda madre
di
questo Dio, un giorno dal cielo villanamente cacc
on solenne giuramento a negarle asilo nel vasto suo seno. Nè contenta
di
questo da sozzo fango fè sorgere un’orribil serpe
e il suo tridente, e forte battendo le salse onde fè salire dal fondo
di
esse grande scoglio (detto isola di Delo) ove ric
le salse onde fè salire dal fondo di esse grande scoglio (detto isola
di
Delo) ove ricoveratasi Latona sotto una pianta di
coglio (detto isola di Delo) ove ricoveratasi Latona sotto una pianta
di
verdeggiante palma sgravossi della doppia sua pro
errante com’era, ma restò ferma del tutto, ed immota, per essere cosi
di
memoria a posteri, e tardi nipoti. Sue vendette.
per cagion del detto mostro insecutore pria d’ogni altra cosa contro
di
esso rivolse tutte intento le mire. Diveuuto arci
contro di esso rivolse tutte intento le mire. Diveuuto arciero contro
di
quello drizzò le sue frecce, e con violenta morte
un tal fatto tutto sdegno similmente si rivolse contro Niobe, regina
di
Tebe, moglie di Anfione, che superba per la numer
tto sdegno similmente si rivolse contro Niobe, regina di Tebe, moglie
di
Anfione, che superba per la numerosa sua prole sp
lie di Anfione, che superba per la numerosa sua prole sprezzato aveva
di
lui la madre Latona fino a frastornare le feste,
rastornare le feste, che facevansi in suo onore, ammazzandole a colpi
di
frecce i sette suoi figli maschi, come pur colle
la sorella Diana, restandola cosi senza figli, e perciò senza motivo
di
gloriarsi in appresso. Sue nozze Commesse queste
onta del Lemeo fosse stata un giorno raggiunta, si contentò più tosto
di
perdere l’antica sua essenza coll’essere trasform
onarsi nel seno del mare, che nelle braccia lasciarsi dell a passione
di
lui, che in sembianza di tenero amante l’era appa
che nelle braccia lasciarsi dell a passione di lui, che in sembianza
di
tenero amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuo
e in sembianza di tenero amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuola
di
Orcamo prodica fù di sua persona per contentar qu
ero amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuola di Orcamo prodica fù
di
sua persona per contentar questo Dio, ma ella a c
gò il fio della sua men cauta condiscendenza mentre fatto consapevole
di
ciò il suo padre Orcamo da Clizia tradita ne’ suo
. Perduta intanto questa sposa trasse al suo fianco sì Climene figlia
di
Teti, che Coronide figlia di Flegia, da cui ebbe
a trasse al suo fianco sì Climene figlia di Teti, che Coronide figlia
di
Flegia, da cui ebbe in figlio quell’ Esculapio, c
n quella addivenne, che valse a richiamar alla vita Ippolito figliuol
di
Teseo alle reiterate premure della gran dea Diana
d’Ippolito redivivo sdegnato altamente Giove con fulmine fatale tolse
di
vita il valente Esculapio, benchè come Dio della
nere il suo sdegno pel crudele fato d’un tanto figlio ; ma disperando
di
attaccare il potente uccisore, le sue furie conve
erando di attaccare il potente uccisore, le sue furie convertì contro
di
chi n’ era stato il ministro, ammazzando perciò i
stro, ammazzando perciò i Ciclopi fabri de’ fulmini con furioso nembo
di
frecce ; tale ingiuria però riputando Giove come
! La dura necessità da Dio glorioso lo rese vil pastore degli armenti
di
Admete, e questi poscia lasciando pei furti dell’
o locò la sua opera (non altrimenti che fece Nettuno) a Laomedonte Re
di
Troja per la gran fabbrica delle sue mura ; bench
inondazioni fè similmente il gran Dio del mare. Sue contese. Contro
di
questo Dio valentissimo nella lira insorse il sup
n imprudente disfida, ma perditor partendo dalla contesa per giudizio
di
Tmolo Re di Lidia, pagò colle umiliazioni il fiò
disfida, ma perditor partendo dalla contesa per giudizio di Tmolo Re
di
Lidia, pagò colle umiliazioni il fiò del suo pres
fiò del suo presuntuoso attentato, e Mida suo fautore con due orecchi
di
asino tirategli dal vincitore Apollo alle chiome
e la pena del suo mal giudicato. Mosso dopo un tal fatto o da spirito
di
vendetta, oppur meglio dal fasto di orgoglio il f
so dopo un tal fatto o da spirito di vendetta, oppur meglio dal fasto
di
orgoglio il famoso satiro Marsia ardì parimente d
r meglio dal fasto di orgoglio il famoso satiro Marsia ardì parimente
di
venire con questo Nume alle pruove ; ma anche ess
ide fù in terra la innocente cagione delle sue sventure, così Fetonte
di
Climene fù in cielo l’impertinente motivo delle n
grazie. Per vendicarsi costui dell’ ingiuria ricevuta da Epafo figlio
di
Giove, che detto gli aveva di non esser egli figl
dell’ ingiuria ricevuta da Epafo figlio di Giove, che detto gli aveva
di
non esser egli figlio di Apollo come si vantava,
a Epafo figlio di Giove, che detto gli aveva di non esser egli figlio
di
Apollo come si vantava, chiese in grazia al padre
io di Apollo come si vantava, chiese in grazia al padre per consiglio
di
sua madre di condurre per un giorno il luminoso s
come si vantava, chiese in grazia al padre per consiglio di sua madre
di
condurre per un giorno il luminoso suo carro. Tre
corso, e minacciarono al mondo le sue estreme ruine. Il grido intanto
di
tutti gl’ enti atterriti ferì l’orccchio di Giove
e ruine. Il grido intanto di tutti gl’ enti atterriti ferì l’orccchio
di
Giove, e crucciato questi ben presto con fulmine
Fetonte, che morendo lasciò al padre in sua vece una novella eredità
di
tristi affanni, e dolori. Suoi nomi. Varii, e mo
. Suoi nomi. Varii, e molti sono i nomi, onde distinguevasi tal Nume
di
triplicato potere ; questi però sono i principali
i. Vien chiamato Delio a cagion del luogo, dove nacque, detto l’isola
di
Delo : Febo per cagion della luce, e calore del s
dato, o perche egli stesso fù creduto per sole : Delfico per la città
di
Delfo nella Beozia, ove rendeva i famosi suoi ora
e, e Palatino per ragion del promontorio Atio celebre per la vittoria
di
Augusto, e pel monte Palatino ragguardevole pel f
divina, con pace inalterabile spiegata sulla fronte, con occhio ebbro
di
dolcezza, con eterna primavera simile a quella de
lle Muse, il Maestro della Musica, della eloquenza, della Medicina, e
di
tutte quelle nobili arti, per cui si ingentilisco
fetti adunque, che la gentilità delirante credeva ricevere dalle mani
di
questo Dio, non fia maraviglia se molto esteso si
ente Pitone rendevansi gli oracoli i più famosi. In Roma poi nel mese
di
Luglio celebravansi in suo onore i giuochi detti
he pur regna in Cielo, Che per l’ aria talor da noi si piglia Arbitra
di
procelle, e calma, e gelo. Pronuba delle nozze in
Alcmene un giorno Destaron nel suo sen la voglia rea Di punir l’opre
di
fatal rio scorno. Essa è madre, essa è Diva, ed e
vero bramar più poteva per esser felice ? Chi fù Giunone. Figlia essa
di
Saturno, e di Opi, e Sorella per conseguenza dell
ù poteva per esser felice ? Chi fù Giunone. Figlia essa di Saturno, e
di
Opi, e Sorella per conseguenza dello stesso Giove
seguenza dello stesso Giove, anzi con esso più avvinta mercè i ligami
di
nozze, divenuta perciò regina dell’Olimpo, come p
i ligami di nozze, divenuta perciò regina dell’Olimpo, come per bocca
di
Virgilio I. Æn. sen pregia. Ast ego, quae Divum
a maestà del suo grado ; ma prostergando ogni decoro non s’ arrossiva
di
commettere atti di umiliazione i più denigranti.
ado ; ma prostergando ogni decoro non s’ arrossiva di commettere atti
di
umiliazione i più denigranti. E che in vero non f
traggi, che ella credeva d’ aver ricevuti da Trojani si per la scelta
di
Ganimede per coppier degli Dei invece di Ebe sua
da Trojani si per la scelta di Ganimede per coppier degli Dei invece
di
Ebe sua figlia, come nell’ esser posposta a Vener
figlia, come nell’ esser posposta a Venere nella beltà, per giudizio
di
Paride divenuto arbitro nella gran contesa sorta
sorta per cagione del pomo d’oro gittato dalla Discordia nelle nozze
di
Teti, e di Peleo ? Non s’ arrossi allora essa di
cagione del pomo d’oro gittato dalla Discordia nelle nozze di Teti, e
di
Peleo ? Non s’ arrossi allora essa di prostrarsi
iscordia nelle nozze di Teti, e di Peleo ? Non s’ arrossi allora essa
di
prostrarsi in umile atteggiamento avanti ad Eolo,
ossi allora essa di prostrarsi in umile atteggiamento avanti ad Eolo,
di
promettergli in sposa Deiopea fra le quattordici
lle onde la nazione odiata, che nell’ Italia portavasi con intenzione
di
fissar quivi il soggiorno.(1) Non contenta questa
e di fissar quivi il soggiorno.(1) Non contenta questa orgogliosa Dea
di
Ebe, e Vulcano suoi figli concepiti per opera del
ncora un altro concepirne pel tocco d’un fiore, come appunto parlando
di
Marte si disse, per far conoscere agli Dei, ed ag
’uomini quanto efficace il suo potere si fosse, che dubitata non avea
di
gareggiar collo stesso suo marito Giove ; mentre
Giove ; mentre se questi per sua virtù tratto aveva dal fecondo seno
di
sua mente un vivo portento di sapienza, anche ess
sua virtù tratto aveva dal fecondo seno di sua mente un vivo portento
di
sapienza, anche essa la gloria volle d’ aver cava
avato sol da se dagl’occulti recinti del suo seno un’animato prodigio
di
fortezza. Suo castigo. Fù però oscurata la sua g
senza motivo il suo glorioso marito pensò vendicarsi, e pel ministro
di
sua vendetta elesse il deforme suo figlio Vulcano
rme suo figlio Vulcano. Pronto questi a voleri del padre, non si curò
di
stendere le mani contro la stessa sua madre. Con
la stessa sua madre. Con due calamite la sospese in aria, con catene
di
oro le avvinse dietro le spalle le mani, ed un’ a
n isposa. Suo ritratto. Pingevasi ordinariamente questa Dea con aria
di
maestà assisa sopra d’un carro tirato da Pavoni,
’ alta sua autorità uno scettro, con un pavone al suo fianco, in alto
di
ricordare le sue bravure d’aver cangiato in quest
icordare le sue bravure d’aver cangiato in quest’ uccello quell’ Argo
di
cento occhi suo esploratore da Mercurio per ordin
llo quell’ Argo di cento occhi suo esploratore da Mercurio per ordine
di
Giove crudelmente ammazzato : benchè in alcune su
; e quindi essendo all’ Etra sottoposta l’ aria, essa qual inferiore
di
Giove per l’ aria stessa comunemente fù presa. S
’ ogni mese furono sempre in suo onore, non altrimenti che fù il mese
di
giugno, che dal suo nome credevasi così chiamato,
giugno, che dal suo nome credevasi così chiamato, come ancora quello
di
febbrajo, in cui in suo culto celebravansi i giuo
ravansi i giuochi Lupercali in una maniera poco decente, degna perciò
di
non essere espressa. Gl’animali inoltre da sacrif
ue se credi Non verserai il tuo sudor con scorno. Anima della terra e
di
mortali, Tutto mostra il poter della natura, E sa
la società degl’uomini per beneficii ricevuti fù certamente la figlia
di
Saturno, e Cibile Cerere. Chi fù Cerere. Per essa
hè questi rapiti dalla novità del portento, e da essa, e dal figliuol
di
Celio Trittolemo divenuto suo caro ministro ben a
’arte della coltura de’ campi, passarono con piacere dal vile pascolo
di
ghiande, e selvagge radici ad un altro tutto conv
ugum creatrix sit, et altrix. Sue disgrazie. Fù questa Dea fregiata
di
tanta beltà, che gli Dei stessi restarono sorpres
che dicesi presente a tal fatto, diè motivo alla sventurata genitrice
di
vivere sollecita della infelice sua sorte. Consci
ia quindi la Dea della per dita, ma ignorante del fatto, dando presto
di
piglio a fiaccole accese mosse veloce i suoi pass
a. Raggirossi affannosa per questa, e quella parte della terra, sichè
di
essa a ragione scrisse Ovidio : Quaerenti defuit
ione scrisse Ovidio : Quaerenti defuit orbis , e la fortuna incontro
di
ritrovar sul lago di Siracusa il velo, che negl’a
Quaerenti defuit orbis , e la fortuna incontro di ritrovar sul lago
di
Siracusa il velo, che negl’amari contrasti scappa
in cui gustato non avesse alcun frutto, perciò essendosi essa cibata
di
alcuni granelli di melo granato, giusta l’accusa
avesse alcun frutto, perciò essendosi essa cibata di alcuni granelli
di
melo granato, giusta l’accusa di Ascalafo, cangia
ndosi essa cibata di alcuni granelli di melo granato, giusta l’accusa
di
Ascalafo, cangiato perciò in civetta, non poteva
rebbe avvenuto, se il sovrano consiglio degli Dei mosso più da motivi
di
affetto per la madre, che di giustizia per la fig
consiglio degli Dei mosso più da motivi di affetto per la madre, che
di
giustizia per la figlia non avesse deciso, che se
nne invero il fanciullo Stellio, che per essersi scioccamente burlato
di
essa, che stanca dal cammino, ed oppressa dalla s
l cammino, ed oppressa dalla sete con avidità tracannava il gran vaso
di
acqua ad essa offerto dalla impietosita vecchia B
acqua ad essa offerto dalla impietosita vecchia Becubo, fù col resto
di
quell’acqua con sdegno buttatagli in faccia dalla
rdire recise alcune piante in un bosco a lei sacro fù punito con fame
di
sì strana natura, che ad onta di qualunque quanti
bosco a lei sacro fù punito con fame di sì strana natura, che ad onta
di
qualunque quantità di cibi non poteva mai saziars
unito con fame di sì strana natura, che ad onta di qualunque quantità
di
cibi non poteva mai saziarsi, e non ostante che M
la vita a saziarlo, mai non però potè ottenerne l’intento ; onde egli
di
sua voracità non potendo più tollerar la molestia
n bocca ebbe a lasciar miseramente la vita. Suo ritratto. Espressivo
di
molto è il tipo di Cerere, benche presso diverse
iar miseramente la vita. Suo ritratto. Espressivo di molto è il tipo
di
Cerere, benche presso diverse nazioni non fù cost
fù costantemente lo stesso. Comparisce ella sù d’un altare in foggia
di
bara recata da verginee mani (benche altri la vog
oni) in atteggiamento festoso con aurea capellatura, con biondo serto
di
spiche, e papaveri sul capo, e con altro a piedi,
altro a piedi, stringendo con una mano piccola falce, ed un fascetto
di
recise spiche additando nell’altra, cinta finalme
nte da lungo ammanto variopinto, tutti simboli de’ rari suoi pregi, e
di
sua diffusiva bontà, corteggiata da uno stuolo di
rari suoi pregi, e di sua diffusiva bontà, corteggiata da uno stuolo
di
contadini, che festosi per le abbondanti messe a
gl’antichi, come ci assicura Cicerone, veniva salutata co’ dolci nomi
di
Mammosa, di Alma, e di Nutrice. E chi in vero in
come ci assicura Cicerone, veniva salutata co’ dolci nomi di Mammosa,
di
Alma, e di Nutrice. E chi in vero in veder le sue
icura Cicerone, veniva salutata co’ dolci nomi di Mammosa, di Alma, e
di
Nutrice. E chi in vero in veder le sue poppe solt
a, e di Nutrice. E chi in vero in veder le sue poppe soltanto gravose
di
latte in simbolo della cura, che essa ha de’ mort
ersi sacrificii, secondo la diversità de’luoghi, celebravansi in onor
di
questa Dea in titolo di riconoscenza dovuta a suo
la diversità de’luoghi, celebravansi in onor di questa Dea in titolo
di
riconoscenza dovuta a suoi larghi favori ; due pe
zioni doveansi tenere, finchè scorsi cinque anni passassero nel grado
di
Efori, cioè contemplatori ; soggetti però a si sa
ra quercu Det motus incompositos, et carmina dicat. Che l’Ostia poi,
di
cui qui parla il poeta sia stata una troja chiaro
qui parla il poeta sia stata una troja chiaro si rileva da quel verso
di
Ovidio : Prima Ceres avidae gavisa est sanguine
ime tronche. C on fiamma viva, che le splende al piè, Col volte pien
di
rigida virtù, Divinità spreg evole non è ; Anzi c
cordarsi omai non può, E a chi lo conservò con fedeltà Eccelsi premii
di
sua man donò. Questa moetra prudenza, e rarità, Q
alta riputazione poi convien credere, che tenuta fosse la Dea stessa
di
quella ? Descrivasene perciò con tutto piacere la
n tutto piacere la vita. Chi fù Vesta, Fù questa Dea gentil germogtio
di
Saturno, e di Opi, e ben retta ne’ suoi giudizii
e la vita. Chi fù Vesta, Fù questa Dea gentil germogtio di Saturno, e
di
Opi, e ben retta ne’ suoi giudizii mostrò fin da’
rapito indi a poco dal suo grazioso sembiante con tenere espressioni
di
padre la facoltà le concesse di chiedergli con li
ioso sembiante con tenere espressioni di padre la facoltà le concesse
di
chiedergli con libertà quanto le fosse più in gra
no fastosamente sprezzando, con tutto calore sol in grazia gli chiese
di
potersi eternamente mantenere illibata Vergine in
ternamente mantenere illibata Vergine in tutto il suo tenore, ad onta
di
qualunque motivo opposto si fosse alle innocenti
ga de’ suoi voti, da tal entusiasmo fù presa, che dagl’ esterni segni
di
sua allegrezza facil era il giudicare gl’interni
zato essa in tal forma il candido vessillo della verginità in esempio
di
chiunque avesse voluto profittarne, così diffuse
tendone questi le dolci, ma possenti spinte, non poterono fare ammeno
di
enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore,
le dolci, ma possenti spinte, non poterono fare ammeno di enutrir ver
di
essa nel cuore tai sensi di amore, di venerazione
, non poterono fare ammeno di enutrir ver di essa nel cuore tai sensi
di
amore, di venerazione, e di culto, che per empio,
rono fare ammeno di enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore,
di
venerazione, e di culto, che per empio, e sceller
i enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore, di venerazione, e
di
culto, che per empio, e scellerato era tenuto chi
cellerato era tenuto chiunque ricusava prestargli sacrificii in segno
di
omaggio ben dovuto all’impareggiabile suo merito
che il fabro avventuroso delle sue novelle fortune. A fronte intanto
di
questa gran cura, che per tal Deità nudrivano rel
e anzicche essere animati sembravano insensibili statue alla presenza
di
Essa ? Qual prodigio se quelli rimossi per man di
tatue alla presenza di Essa ? Qual prodigio se quelli rimossi per man
di
rispetto dalle vicinanze dei suoi altari, ben lun
ltari, ben lungi da quei Sacri recinti con immota pupilla pregiavansi
di
vagheggiar la fiamma, che bruciava in suo onore ?
nto in sentirla invocata non con altri titoli, che con venerandi nomi
di
santa, di casta, e d’illibata matrona ? Crebbe pe
tirla invocata non con altri titoli, che con venerandi nomi di santa,
di
casta, e d’illibata matrona ? Crebbe però oltre o
acceso il fuoco, e generoso privandosi dell’antica reggia, volle, che
di
essa un atrio si formasse da servire di soggiorno
ell’antica reggia, volle, che di essa un atrio si formasse da servire
di
soggiorno a quelle vergini, alle quali con specia
iorno a quelle vergini, alle quali con special modo premeva il dovere
di
onorare questa Dea(1). Di tanto ci assicura Ovidi
ssa formava il suo tipo ; mentre le statue tutte, che dicevansi esser
di
Vesta non rappresentavano la nostra Dea del fuoco
ro queste due Dee, o perchè credettero indispensabil dovere i Gentili
di
onorar la nuova Vesta, non altrimenti che onorava
in quest’atteggiamento il ritratto. La rappresentarono essi in abito
di
venusta matrona di ricca stola vagamente adornata
ento il ritratto. La rappresentarono essi in abito di venusta matrona
di
ricca stola vagamente adornata, mostrando nella d
asi ancora tenere nelle mani con gentil aspetto un palladio(1). Modo
di
eleggersi le Vestali Con somma diligenza invalse
do di eleggersi le Vestali Con somma diligenza invalse poi il costume
di
eleggersi le Vestali. Al solo Pontefice Massimo d
entavansi al suo cospetto venti verginelle delle principal i famiglie
di
Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non pr
cospetto venti verginelle delle principal i famiglie di Roma nonimen
di
sei anni, nè più di dieci, non prive però di padr
inelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più
di
dieci, non prive però di padre, o di madre, secon
famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però
di
padre, o di madre, secondo la legge Papia, nè mos
Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però di padre, o
di
madre, secondo la legge Papia, nè mostruose per q
la eletta, ed al tempio immediatamente la menava, ove collacerimonia
di
sospendersi ad un sacro albero le recise chiome v
istero, e trascorsi dieci anni per apprenderne le funzioni, pel corso
di
altrettanti anni si dovea occupare nell’esercizio
acro fuoco, da riaccendersi quindi o con raggi solari, o coll’attrito
di
due legni ben secchi, e dopo aver compiti dieci a
le le sacre cerimonie, era in loro libertà o quivi terminare il resto
di
loro vita, o ritirarsi nelle loro antiche famigli
poche ciò si fece, e con esito assai infelice. Durante però il tempo
di
trenta anni era ad esse vietato uscire dall’atrio
i era ad esse vietato uscire dall’atrio ; eccettuato soltanto il caso
di
grave infermità, in cui partendosi in compagnia d
endosi in compagnia del gran pontefice, erano posto sotto la custodia
di
qualche dama Romana di sperimentata probità. Cas
gran pontefice, erano posto sotto la custodia di qualche dama Romana
di
sperimentata probità. Castighi, e privilegii del
ssimo de’ delitti, e punivasi colla morte la più spietata, ed a tempi
di
Tarquinio Prisco erano vive rinserrate in una fos
Tarquinio Prisco erano vive rinserrate in una fossa colla provisione
di
poco oglio, pane, latte, ed acqua, e quivi lascia
tto F orte, casta, possente, e gloriosa Fù Minerva all’Olimpo un
di
mostrata, Dalla mente di Giove appena nata Fù sap
ossente, e gloriosa Fù Minerva all’Olimpo un di mostrata, Dalla mente
di
Giove appena nata Fù sapiente, e guerriera al par
me d’onor nell’alma desta, Ella rende gentil qualunque sorte : Figlia
di
Dio la gran Sapienza è questa. Dichiarazione
fanciullo, cui dal fato si riserbava l’impero del mondo, una bambina
di
tanta ; e tale sapienza, che avanti a se comparir
stessa sua moglie ; onde così insieme con la madre distruggere quanto
di
prodigioso portava ella nel seno. Deluso però res
ando crescere sempre più con suo maggior dolore il gran peso, per man
di
Vulcano si fè in due parti aprire il capo, per os
i ammirandi(1). Sue vendette. Gonfia impertanto questa Dea dell’amor
di
se stessa, e molto più superba per la vittoria ot
r la vittoria ottenuta contro il competitore Nettuno, come nella vita
di
costui sta scritto, fù del suo onore si fortement
o grado. Provò primieramente gl’effetti del suo sdegno la vana figlia
di
Idimone Aracne. Questa perchè superba un di vanto
suo sdegno la vana figlia di Idimone Aracne. Questa perchè superba un
di
vantossi di esser simile a questa Dea, e forse su
a vana figlia di Idimone Aracne. Questa perchè superba un di vantossi
di
esser simile a questa Dea, e forse suporiore anco
il troppo sensibile dolore della sua fronte percossa da iterati colpi
di
navicella per man della Dea accigliata ; sichè no
ndo perpetuamente la più spregievole tela incessantemente il fio paga
di
sua temeraria iattanza. Antiquas exercet arania t
fù inoltre soggetta la infelice Babilonese Dirce. Questa per aver un
di
mossa non sò da qual furia di passione eruttate a
ce Babilonese Dirce. Questa per aver un di mossa non sò da qual furia
di
passione eruttate alcune parole contumeliose, e d
di passione eruttate alcune parole contumeliose, e degradanti l’onor
di
questa Dea, fù dalla stessa con sommo suo scorno
nfelice Tiresia, se non perchè un curioso sguardo lanciato avea verso
di
essa nell’atto di tuffarsi nelle fresche acque di
e non perchè un curioso sguardo lanciato avea verso di essa nell’atto
di
tuffarsi nelle fresche acque di Elicona ? E che a
lanciato avea verso di essa nell’atto di tuffarsi nelle fresche acque
di
Elicona ? E che altro significar volle quel cangi
scoglio acuto nel più bel de’ suoi marittimi viaggi l’infelice Aiace
di
Oileo, se non perchè ebbe questi il temerario ard
nfelice Aiace di Oileo, se non perchè ebbe questi il temerario ardire
di
violar l’onesta verginella, e profetessa figlia d
l temerario ardire di violar l’onesta verginella, e profetessa figlia
di
Priamo Cassandra rifuggiatasi nel suo tempio per
i nomi. Fra gl’altri nomi con cui veniva riverita Minerva evvi quello
di
Pallade dal nome di un gigante da essa ucciso, op
nomi con cui veniva riverita Minerva evvi quello di Pallade dal nome
di
un gigante da essa ucciso, oppure come più plausi
l’Eroi. Venne ancor chiamata Partenia titolo designante la verginità,
di
cui era amante. Fu detta Tritonia dal lago Triton
icar il ceruleo de’ graziosi suoi occhi. Finalmente perchè inventrice
di
molte arti, e specialmente de’ rigami, salutata v
specialmente de’ rigami, salutata venne col rozzo, ma pur nobile nome
di
Operaria. Suo ritratto. L’atteggiamento, in cui
attaglie, che la piacevolezza delle muse. Mirasi al fianco d’un olivo
di
statura ben alta, e tutta piena di gravità, e con
muse. Mirasi al fianco d’un olivo di statura ben alta, e tutta piena
di
gravità, e contegno, di fisonomia molto bella, ma
d’un olivo di statura ben alta, e tutta piena di gravità, e contegno,
di
fisonomia molto bella, ma nel tempo stesso assai
to bella, ma nel tempo stesso assai fiera, con elmo sul capo adornato
di
civetta(1) con una lancia ad una mano, con uno sc
ivale il petto, qual forte corazza, ove dipinta era la terribil testa
di
Medusa coverta di serpenti per capelli, giusta la
al forte corazza, ove dipinta era la terribil testa di Medusa coverta
di
serpenti per capelli, giusta la descrizione, che
esecto vertentem lumina collo. Suo culto Roma per onorar questa Dea
di
Sapienza, non men che di castità volle, che ne ci
ollo. Suo culto Roma per onorar questa Dea di Sapienza, non men che
di
castità volle, che ne ciuque giorni ad essa sacri
e provar fatal quadrella Sol per costei, che dominò ogni core, Nemica
di
modestia, e di pudore, Alla sana ragion sempre ru
quadrella Sol per costei, che dominò ogni core, Nemica di modestia, e
di
pudore, Alla sana ragion sempre rubella. Ogni ben
ubella. Ogni bene, ogni mal da questa nasce Cagion d’aspri perigli, e
di
dolcezza, Che di tosco, e di mel gl’uomini pasce.
, ogni mal da questa nasce Cagion d’aspri perigli, e di dolcezza, Che
di
tosco, e di mel gl’uomini pasce. Cade per lei l’i
a questa nasce Cagion d’aspri perigli, e di dolcezza, Che di tosco, e
di
mel gl’uomini pasce. Cade per lei l’ingegno, e la
zza. Dichirazione, e sviluppo Non fia maraviglia se nel parlar
di
questa Dea regina delle grazie, e madre degl’amor
castigate parole esporre il più essenziale. Dappoichè se per essa un
di
rompendo i bei legami della modestia si diadero g
el seno dell’obblio merita essere ragionevolmente sepolto. I racconti
di
Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Par
merita essere ragionevolmente sepolto. I racconti di Piramo, e Tisbe,
di
Atalanta, ed Ippomene, di Paride, ed Elena, e di
nte sepolto. I racconti di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene,
di
Paride, ed Elena, e di mille altri viziati strana
di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Paride, ed Elena, e
di
mille altri viziati stranamente ne’ loro affetti
lena, e di mille altri viziati stranamente ne’ loro affetti dal poter
di
questa Dea sono argomenti parlanti come della sfr
l poter di questa Dea sono argomenti parlanti come della sfrontatezza
di
essa nell’agire, cosi di mia riserbatezza nel fav
o argomenti parlanti come della sfrontatezza di essa nell’agire, cosi
di
mia riserbatezza nel favellarne. Chi fù Venere.
Venere. Nacque Venere dalla spuma formatasi intorno alle recile parti
di
Urano cadute nel mare ; non altrimenti che dal sa
a terra nacquero, come altronde si disse, i giganti ; eppure ad onta
di
nascita si mostruosa, e si vile, di tanta beltà c
disse, i giganti ; eppure ad onta di nascita si mostruosa, e si vile,
di
tanta beltà comparve fregiata, che qual perla in
cielo ad esser vezzeggiata dagli Dei, i quali rapiti da tal prodigio
di
beltà concordamente la giudicarono fra le Dee tut
a bellezza la prima. Non potè però la sventurata tant’oltre gloriarsi
di
tal naturale suo pregio ; mentre per volontà di G
tant’oltre gloriarsi di tal naturale suo pregio ; mentre per volontà
di
Giunone, non altro nume fù astretta ad impalmar p
almar per marito, che il deforme storpiato Vulcano, pel quale sebbene
di
più figli fù madre ; pure perchè mal contenta del
Dea. Questo però è il più ordinario suo tipo. Pingesi ella con manto
di
porpora di diamanti trapunto, ed affibiato da uu
o però è il più ordinario suo tipo. Pingesi ella con manto di porpora
di
diamanti trapunto, ed affibiato da uu cinto, che
icata spuma riconobbe i natali, e per la stessa ragione ancora al dir
di
Ausonio fù nominata Marina. Fù detta Idalia, perc
e ella il giovanetto Ascanio, nell’atto che Cupido sotto le sembianze
di
quello ingegnavasi infiammare il freddo seno dell
ella infelice Didone a favor del ramingo Troiano giusta l’anacronismo
di
Virgilio. Fù chiamata Cipria, e Citerea dalle iso
erea dalle isole, ove recata venne, educata, e distinta. Ebbe il nome
di
Apaturia, ossia ingannatrice, e qual cosa invero
r troppo il detto, amat tenebras. Sue culto. Questa Dea perchè amica
di
sensibili, e sensuali diletti era da tutti genera
gio furono Gnido, Cipro, Amatunta, Idalio, Citera, e finalmente Pafo,
di
cui fa menzione Virgilio : Ipsa Paphum sublimis
e calent arœ, sertisque recentibus halant. In Roma poi nelle Calende
di
Aprile celebravansi in suo o nore i Sacrifici det
fici detti Verticordia, acciò degnata si fosse, se pur era possibile,
di
allontanare le impure fiamme da cuori ; però altr
osse altrimenti praticato, che cangiò una volta in tori alcuni popoli
di
Cipro, che ardirono sacrificare umane vittime in
le Lidie onorar questa Dea. A spese del suo culto, o ad edificazione
di
sue statue convertivano quell’argento, che colla
che vendetta Soltanto agogua Enea deposta l’asta Il ramo a lei sacrò
di
forma schietta. Cinzia vien detta ancor, come Feb
ebbria, e bea. Fascele, e Delia perchè drizza l’orme Dell’uom col Dio
di
Delo, e lo ricrea : Questo è il poter della gran
gliosi viaggi, da quel carcere finalmente si dischiuse là sulla isola
di
Delo, e fin d’allora quasi di maturo senno dotata
finalmente si dischiuse là sulla isola di Delo, e fin d’allora quasi
di
maturo senno dotata tutta sollecita si esibì per
madre nello sgravarsi del suo secondo portato distinto sotto il nome
di
Apollo, e penetrata quindi da dolori, da quali tr
ali travagliata mirava sua madre nelle laboriose ore del parto, giurò
di
serbar perpetua la sua Verginità. Laonde grandett
diede all’allettante, ma faticoso esercizio della caccia col seguito
di
ben sessanta Ninfe figliuole dello Oceano, non ch
cia col seguito di ben sessanta Ninfe figliuole dello Oceano, non che
di
venti altre verginelle, che la cura avevano del s
inchè ne’discorsi, e ne’tratti non le avesser recato nel tempo almeno
di
ristoro qualche occasione, o periglio pel suo can
ligò alla più stretta, e perfetta Verginità in modo, che accortasi un
di
della debolezza di Calisto figlia di Licaone infe
ta, e perfetta Verginità in modo, che accortasi un di della debolezza
di
Calisto figlia di Licaone infelicemente sedotta d
ginità in modo, che accortasi un di della debolezza di Calisto figlia
di
Licaone infelicemente sedotta da Giove, senza rig
ta dalla sua seguela perpetuamente bandilla, Essendo dunque si amante
di
sua onestà questa Dea non fia maraviglia se non s
Sperimentò in vero i colpi del suo sdegno l’incauto Atteone figliuol
di
Aristeo. Egli per aver un di mentre divertivasi a
el suo sdegno l’incauto Atteone figliuol di Aristeo. Egli per aver un
di
mentre divertivasi alla caccia data libertà a suo
r aver un di mentre divertivasi alla caccia data libertà a suoi occhi
di
mirare questa Dea, che insieme colle sue Ninfe si
un pugno delle acque istesse buttategli sul viso da quella con scorno
di
sua natura cangiato in cervo, e quindi inseguilo,
cora chi osava insidiare qualche seguace sua Ninfa. La infelice sorte
di
Orione da suoi dardi ucciso per aver tentato di f
fa. La infelice sorte di Orione da suoi dardi ucciso per aver tentato
di
far violenza ad Opi sua Ninfa ne è un luminoso at
sua Ninfa ne è un luminoso attestato. Non men però del suo onore, che
di
sua purezza fù molto gelosa Diana. E che altro in
olle quando spedi un cignale terribile a desertare le Campagne del re
di
Calidone Eneo ? Il poco rispetto che ebbe questi
rchè inoltre traforò con un suo dardo la lingua della infelice figlia
di
Dedalione Chione senza farle più articolar parola
alione Chione senza farle più articolar parola ? La temerità che ebbe
di
attaccar con disprezzo la sua beltà fù la cagione
emerità che ebbe di attaccar con disprezzo la sua beltà fù la cagione
di
tanta sventura. Lo dimostra con chiarezza nelle s
tam tra fixit arundine linguam. Sebbeno la occupazione più ordinaria
di
questa Dea fosse stata la caccia, come sopra si è
cipal divinità de’cacciatori era comunemente riguardata sotto il nome
di
Diana ; in questo sol ristretto però non era il s
tichi Mitologi la distinsero, e forse per non attribuire a questa Dea
di
castità le leggierezze della Luna col Pastore End
Endimione. Inoltre qual divinità infernale riconosciuta sotto il nome
di
Proserpina godeva ampio impero sopra le anime qui
ure cercò rendersela propizia col donativo del cotanto celebrato ramo
di
oro, giusta i consigli a lui prescritti dalla Sib
eras sceptro, fulgore sagittas. Gl’altri suoi nomi poi men bisognosi
di
spiegazioni trovansi di già compendiati nel suo s
gittas. Gl’altri suoi nomi poi men bisognosi di spiegazioni trovansi
di
già compendiati nel suo soprapposto ritratto. Su
à compendiati nel suo soprapposto ritratto. Suo ritratto. La effigie
di
questa Dea ha più del boschereccio, che del Divin
suo petto con pelle cervina, con un arco in mano, con turcasso armato
di
frecce sospeso alle spalle, circondata dalle sue
mato di frecce sospeso alle spalle, circondata dalle sue Ninfe al par
di
essa similmente agguernite, di statura però men m
lle, circondata dalle sue Ninfe al par di essa similmente agguernite,
di
statura però men maestosa della loro Dea, come ch
(1). Suoi tempii. Varii, e molti furono i tempii edificati in onor
di
questa Dea, non sol nella Grecia, ed in tutte le
umenti degl’antichi scrittori. In questi fù costume immolarsi per man
di
Sacerdoti per legge Eunuchi umane vittime, almeno
negati nel mare ; dippiù scelti bovi, e secondo Euripide, le primizie
di
tutti i frutti della terra. Il costume però più p
fabbricato da popoli tutti dell’Asia in 270 anni sotto l’architettura
di
Ctesifonte, annoverato fra le sette maraviglie de
incendiato da Erostrato anche esso Efesino preso dallo stolto disegno
di
rendere immortale il suo nome ; e benchè più volt
e fosse stato quindi rialzato, come testifica Plinio ; pur al riferir
di
Capitolino ebbe a sperimentare le sue finali ruin
n con mano ardita, In cui scritto a carattere Divino Sta quel che fia
di
qualsivoglia vita. Alcun non giunge al fatal tron
e quoque fata regunt. Da ciò intanto si fù, che disperando i. gentili
di
commuovere la inflessibile sua volontà non pensar
ssibile sua volontà non pensarono ad istituire sacrificii, ed offerte
di
qualunque sorta si fossero ; ma nel seno della st
plicità delle opinioni. A mio credere più plausibile sembra il parere
di
chi afferma, che la prosperità dell’empio, e la i
Iovem. qual nodo più inestrigabile riuscir non dovea per gl’uomini
di
que’ secoli di tenebre, e di follie ? Essi non po
nodo più inestrigabile riuscir non dovea per gl’uomini di que’ secoli
di
tenebre, e di follie ? Essi non potendo conciliar
rigabile riuscir non dovea per gl’uomini di que’ secoli di tenebre, e
di
follie ? Essi non potendo conciliare colla veggen
tendo conciliare colla veggenza de’lori Numi si incompatibili eventi,
di
leggieri s’indussero a credere tal’inevitabile fa
E che altro dargli nelle mani quel libro, ove scritte erano le sorti
di
ognuno, se non che ad onta di qualunque circostan
quel libro, ove scritte erano le sorti di ognuno, se non che ad onta
di
qualunque circostanza il tutto avvenir dovea, com
e appunto stava quivi descritto ? Vero è che i Dei avevano la facoltà
di
leggere in quel libro gl’eventi ; ma qual prò per
apice potevano togliere da quegli indelebili caratteri ? La doglianza
di
Giove presso Omero di non poter evitare il destin
e da quegli indelebili caratteri ? La doglianza di Giove presso Omero
di
non poter evitare il destino, e campar da morte i
pel fato detto il destino, ma per la forza, che in se serba la natura
di
produrre questo, e quell’altro evento di tale, e
a, che in se serba la natura di produrre questo, e quell’altro evento
di
tale, e tanta durata. In tal senso infatti è da i
to di tale, e tanta durata. In tal senso infatti è da intendersi quel
di
Virg. Æneid. 4. Nam quia nec fato, merita nec mor
. Æneid. 4. Nam quia nec fato, merita nec morte peribat, non che quel
di
Cicerone in 1. Phil. Multa autem impendere vident
vina stanza Quando formò de’ Dei la vasta schiera. Questo è quel Dio,
di
cui i rei consigli Fer la moglie tremar, ma i suo
però nol fé riguardar per tale, nè mai ottener gli fece il bel titolo
di
padre degli Dei a lui per natural dritto dovuto.
dritto dovuto. Campato questi dallo sdegno d’Urano suo padre per cura
di
Titea, si indocile si dimostrò nei consigli, sì f
ti, che non sol si fè usurpatore del Regno dovuto a Titano per dritto
di
primogenitura ; ma con mano audace ancora di unci
vuto a Titano per dritto di primogenitura ; ma con mano audace ancora
di
uncinato ferro armata sorprese lo stesso suo padr
uo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli, nè i barbari consigli
di
divorare ogni maschile sua prole, si per mantener
tello la fede, come per perpetuarsi nel suo regno la sede, gli furono
di
alcun giovamento, e vantaggio. Imperocchè il torb
ono di alcun giovamento, e vantaggio. Imperocchè il torbido suo umore
di
giorno in giorno sempre più ingelosendo il suo fi
o, ma consigliere altresì lo volle, e compagno sul trono. Pago allora
di
tali accoglienze Saturno si diede ben presto a mo
la terra, che fra quelli ammirossi una inalterabile pace, e nel seno
di
questa ogni frutto bramato senza stento biondeggi
) Suo ritratto. La sua immagine però ha più dell’orribile, che del
di
lettevole. Rappresentasi egli qual grinzo vecchio
e, che del di lettevole. Rappresentasi egli qual grinzo vecchio curvo
di
spalle con lunga barba, e con calva testa, mostra
uniforme, e costante. Singolari furono si nelle offerte, che nel modo
di
ofrire i sacrificii istituiti in onor di questo D
nelle offerte, che nel modo di ofrire i sacrificii istituiti in onor
di
questo Dio. Egli perchè si deliziava non poco del
tima che umana gli si doveva sacrificare sugli altari, ove in memoria
di
aver un dì guidati gl’uomini dalle tenebre della
Livio da’ Consoli Sempronio, e Minucio. Queste sebbene nel principio
di
loro istituzione occupavano un giorno solo, cioè
di loro istituzione occupavano un giorno solo, cioè il decimo settimo
di
Decembre giusta il Calendario Romano, furono però
fino a tre, e quattro, e secondo alcuni, crebbero fino a sette giorni
di
loro durata. Nel decorso di queste era vietato te
ondo alcuni, crebbero fino a sette giorni di loro durata. Nel decorso
di
queste era vietato tenersi senato, insegnarsi nel
padroni, e sovente ancor serviti dagli stessi prendevansi la libertà
di
commettere alla loro presenza mille piacevoli buf
, E quando il sacro olivo innalza, e afferra. Ê cagion, che il mortal
di
più non gema. Accoppia in lui due ben contrarii a
, ed or la doglia amara, Ma grande è più fra due contrarii oggetti, E
di
pace il piacer da lui s’impara. Dichiarazione
luppo Chi fù Giano. Se è vero, come pur troppo lo è, che le opere
di
beneficenza, e di pietà assomigliano le creature
iano. Se è vero, come pur troppo lo è, che le opere di beneficenza, e
di
pietà assomigliano le creature al loro stesso Cre
loro stesso Creatore, non fia maraviglia se il Tessalo Giano fatto un
di
adottivo figlio di Sifeo sterile germoglio di pro
e, non fia maraviglia se il Tessalo Giano fatto un di adottivo figlio
di
Sifeo sterile germoglio di prole, e divenuto quin
Tessalo Giano fatto un di adottivo figlio di Sifeo sterile germoglio
di
prole, e divenuto quindi re del Gianicolo nell’It
anicolo nell’Italia meritato avesse in virtù delle sue ottime qualità
di
veder lieto all’albo degli Dei ascritto il suo No
stabilirlo seco stesso nel trono renderonsi tributaria la benevolenza
di
quel Nume a tal segno, che in grazia di costui no
nsi tributaria la benevolenza di quel Nume a tal segno, che in grazia
di
costui non sol vide egli nel suo regno civilizzat
a caparra sicura d’essere un giorno annoverato fra Dei col bel titolo
di
Dio della Pace(1). Sue imprese. Stabilita così l
ure a costruire tempii, ed altari in onor dei suoi Dri, e soprattutto
di
Giove Re, e Padre degl’altri, di evi con special
in onor dei suoi Dri, e soprattutto di Giove Re, e Padre degl’altri,
di
evi con special impegno ne propagò il culto, e ne
ciò simboleggiar non voglia la conoscenza del passato, e del futuro,
di
cui in grazia del detto Nume andava egli fregiato
bacchetta nella mano qual presidente alle pubbliche strade, ed invece
di
essa alle volte in molti ritratti una chiave, det
sacrificii le prime preci erano dirette a questo Dio col proprio nome
di
Padre comunemente invocato. Quod fuerit omnium pr
pio. Celebre fù il tempio a due porte inalzato a questo Dio da Romolo
di
comun consenso con Tazio, quale per prescritto de
r prescritto del successore Numa sempre dovea tenersi chiuso in tempo
di
pace, ed aperto soltanto nelle circostanze di gue
tenersi chiuso in tempo di pace, ed aperto soltanto nelle circostanze
di
guerre ; onde avvenne, che in lode di qualche vin
erto soltanto nelle circostanze di guerre ; onde avvenne, che in lode
di
qualche vincitore Romano soleasi dire : Per lui s
i qualche vincitore Romano soleasi dire : Per lui son chiuse le porte
di
Giano. Delle porte di questo tempio appunto inten
mano soleasi dire : Per lui son chiuse le porte di Giano. Delle porte
di
questo tempio appunto intende parlar Virg. Nel I.
ar Virg. Nel I. Delle sue Eneide v. 297. riferendo il fausto presagio
di
Giove a Venere addolorata pel suo figlio. … dira
ignor dell’alme, e guidator del core, Fabbricator d’affanni, e insiem
di
speme. Per esso l’uomo or s’ingoraggia, or teme,
d or dolore, Ora gioisce, ed or paventa, e geme. Tutti i seguaci suoi
di
pianti ei pasce, Gl’uomini, e i Numi a rea battag
uid enim non vinceret ille ? Prevalse al fin contro l’Idra la chiave
di
Ercole, contro il Cerbero la Sibbilla, contro il
or pace. Chi fù Genio. In terra poi disceso questo velenoso germoglio
di
Venere radice assai più micidiale, ed infetta chi
cit amor E nel secondo de Art : volendo annoverare le triste macchie
di
tal crudelissima tigre dice : Quot lepores in At
to spicula felle madent (1). Da si barbari intanto, e tristi effetti
di
questo Dio Genio può oguuno legittimamente conchi
a sodezza, e maturo consiglio un dì parlava Giove, quando sul nascere
di
esso prevedendo le future disgrazie obbligar vole
do le future disgrazie obbligar voleva Venere sua madre a disbrigarsi
di
un tal figlio appena nato. A questa quindi attrib
amato suo parto, con gelosa cura lo nascose nei boschi, ove col latte
di
bestie feroci procurò allevarlo finchè giunto non
e di bestie feroci procurò allevarlo finchè giunto non fosse alla età
di
poter produrre i suoi effetti ; benchè per altro
a Psiche, la prima poi fù per voler del cielo a tracannare l’amarezza
di
frutto si infetto. Suo ritratto. Molto grazioso,
i infetto. Suo ritratto. Molto grazioso, all’aspetto però, è il tipo
di
questo tirannico Nume. È egli figurato qual tener
ual tenero fanciullino con cascante benda sugl’occhi, lutto infiorato
di
grazie, ed avvenenze sul viso, con bell’arco simb
sso sugl’omeri, cou porporine, e dorate ali a suoi fianchi, qual’idea
di
instabilità, e leggerezza(1). Misero pero chi si
si lascia adescare da tal lusinghiera apparenza. Lo mirera fanciullo
di
senno, ma lo provera padre di vizii. Lo guardera
inghiera apparenza. Lo mirera fanciullo di senno, ma lo provera padre
di
vizii. Lo guardera cieco, ma lo sperimentera tutt
io a suoi danni. Lo vedrà ignudo, ma ben ricco lo scorgera a vestirlo
di
ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci gli ap
do assorda. In svelar il suo duol non è mai muto, Apre la bocca ognor
di
sangue lorda Per bestemiare il ciel, eccovi Pluto
Pluto. Dichirazione, e sviluppo Mio pensier non è nel favellar
di
questo infernale Nume con profusa penna esporre q
esto infernale Nume con profusa penna esporre quanto dietro le tracce
di
Omero, e di Esiodo con bizzarre invenzioni fantas
le Nume con profusa penna esporre quanto dietro le tracce di Omero, e
di
Esiodo con bizzarre invenzioni fantasticarono di
e tracce di Omero, e di Esiodo con bizzarre invenzioni fantasticarono
di
tratto in tratto i gentili sul Tartaro, e gli Eli
e a quel tenebroso regno attenenti. Dal trattar tali materie il tenor
di
questo istituito mi respinge, e mi obbliga perciò
rie quivi galleggianti erano i giusti motivi dei villani rifiuti, che
di
tratto in tratto dalle pretese Dee riceveva, e se
fra il tartaro, e gl’Elisii alzando inesorabil tribunale senza sensi
di
pietà decidevano delle mortali sorte in nome, e v
s. Orrore facevano le tre parche Cloto, Lachesi, ed Atropo, che tutto
di
aggirandosi intorno al ministero del tremendo lor
l tartareo ingresso, che impugnando le tre terribili sue teste armate
di
acri, e penetrantissimi denti con furor divorava
è per altro dicesi essere stato incatenato da Ercole disceso in aiuto
di
Alceste, addormentato da Orfeo venuto in soccorso
disceso in aiuto di Alceste, addormentato da Orfeo venuto in soccorso
di
Euridice ; ammanzito finalmente dalla Sibilla res
di Euridice ; ammanzito finalmente dalla Sibilla resasi sicura guida
di
Enea nello andare a rivedere il suo amato Padre A
are a rivedere il suo amato Padre Anchise. Suo ritratto. Il ritratto
di
questo Dio ben corrisponde alla idea della sua in
nfernale maestà. Mirasi in severo atteggiamento assiso sopra un carro
di
ferro non senza gran forza tirato da neri, e smag
l viso, con folta, e nera barba fino al suo petto, mostrando in segno
di
terrore un ruido scettro alla mano, e stringendo
uesto Dio de’morti. Comunque pero ciò sia egli sotto i fastosi titoli
di
Giove infernale, Giove stigio, e terzo Giove veni
veniva comunemente riguardato ; ed a lui insiem colla moglie in segno
di
onore sacrificavansi nere vacche, sempre però par
netto F iglio a due genitrici almo, e possente, Col tirso in man
di
foglie coronato Senza provar dolor scherza sovent
istoro della vita è nominato Con mille varii altari in orïente. Amico
di
piaceri, ed allegrezza, Or timido, or ardito, or
, ed allegrezza, Or timido, or ardito, or forte, or fiacco Sprezzator
di
tesoro, e di ricchezza. In danzc, e in feste non
za, Or timido, or ardito, or forte, or fiacco Sprezzator di tesoro, e
di
ricchezza. In danzc, e in feste non divien mai st
chiaro può scorgersi da quel, che avvenne a Semele disgraziata madre
di
questo Dio. Mal soffrendo l’iraconda Giunone, che
venzione pensò disbrigarsi della sua rivale. Prese un dì le apparcnze
di
Beroc nudrice di quella, e nel petto la voglia le
sbrigarsi della sua rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice
di
quella, e nel petto la voglia le destò di vedere
apparcnze di Beroc nudrice di quella, e nel petto la voglia le destò
di
vedere Giove in tutta l’aria di sua maestà. Da ta
uella, e nel petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta l’aria
di
sua maestà. Da tal pensiere presa la Dea nel veni
attore Mercurio, il quale seco recandolo da alcune Ninfe figlie forse
di
Atlante presso la Città di Nisa lo fè da quelle c
eco recandolo da alcune Ninfe figlie forse di Atlante presso la Città
di
Nisa lo fè da quelle con sollecito impogno alleva
1) Sue prodezze. Fattosi grande questo Nume diè troppo chiari segni
di
sua arditezza si in cielo, che in terra ; ivi nel
qui nel rendersi padrone dell’ Arcadia, e della Siria con poche forze
di
uomini, e donne radunate da lui stesso in soccors
portossi co’vinti, che sembrò averli conquistati con animo più tosto
di
giovarli, che di recarli alcun male. Sue vendett
i, che sembrò averli conquistati con animo più tosto di giovarli, che
di
recarli alcun male. Sue vendette. Tali viscere d
o di giovarli, che di recarli alcun male. Sue vendette. Tali viscere
di
Padre però non serbò egli per chiunque ardiva vil
ma geloso de’suoi dritti ne prendeva la più cruda vendetta. I frutti
di
sua collera sperimentò e un Penteo Re di Tebe, ch
più cruda vendetta. I frutti di sua collera sperimentò e un Penteo Re
di
Tebe, che per aver impedito le sue feste fù dalla
dito le sue feste fù dalla Madre istessa oltre il consueto per cagion
di
questo Dio infuriata miseramente trafitto ; e le
l’antica lor forma col divenir pipistrelli ; e finalmente un Licurgo
di
Tracia, che per aver voluto distruggere le viti s
suo ferro. Suo ritratto. Ben convenevole inoltre all’indole graziosa
di
questo Dio è il suo ritratto. Pingesi egli qual f
ato perciò da Ovidio puer aeternus con bionda capellatura, con corona
di
Edera sulle chiome(1) con pelle di Pantera cascan
con bionda capellatura, con corona di Edera sulle chiome(1) con pelle
di
Pantera cascante dagl’omeri, assiso sopra un cocc
pelle di Pantera cascante dagl’omeri, assiso sopra un cocchio a guisa
di
botta tirato da Tigri, o da Pantere, mostrando in
ato da Tigri, o da Pantere, mostrando in una mano una bacchetta cinta
di
pampini di vite, detta volgarmente il tirso, e gr
i, o da Pantere, mostrando in una mano una bacchetta cinta di pampini
di
vite, detta volgarmente il tirso, e grappoli di m
etta cinta di pampini di vite, detta volgarmente il tirso, e grappoli
di
matura uva additando nell’altra. Da ciò ne avvenn
ennizzar le sue feste al par del lor Dio si adornavano si della pelle
di
tigre, che del fresco tirso ; onde dalle esterne
egne, e dal furor da cui erano rapite dar chiaro ad intendere in onor
di
qual nume esse celebravano tal festa. Cap. XI
e forte Si mostra nel poter la Dea Tellura, Che tutti unisce i pregi
di
natura, E per essa il mortal teme la morte. Ella
sa il mortal teme la morte. Ella forma dell’uom spesso la sorte, Essa
di
dargli ogni contento hà cura ; Se manca il suo fa
li, ben scorge ognuno non essere io questa volta nella dura necessità
di
raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta di
ella dura necessità di raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta
di
questa gran figlia di Urano, e di Gea, detta comu
raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta di questa gran figlia
di
Urano, e di Gea, detta comunemente Magna Dea, per
a lungo pel vasto campo delle gesta di questa gran figlia di Urano, e
di
Gea, detta comunemente Magna Dea, per esporre con
detta comunemente Magna Dea, per esporre con ben purgata penna quanto
di
più magnifico, e singolare in più libri in suo on
ritratto. Molto misterioso impertanto, ma assai espressivo è il tipo
di
questa gran Dea. Rappresentasi ella sotto le semb
o è il tipo di questa gran Dea. Rappresentasi ella sotto le sembianze
di
augusta matrona seduta su d’un carro tirato da le
augusta matrona seduta su d’un carro tirato da leoni, tutta coronata
di
torri, con una chiave alla mano, ammantata d’una
i, con una chiave alla mano, ammantata d’una veste vagamente adornata
di
fiori, con un timpano al suo fianco, tutti simbol
in vero se madre degli Dei ella è, come non cometerle l’atteggiamento
di
augusta matrona ? Se la terra è equilibrata nel s
r ornamento, e difesa torri, e castella, come non apporre alle chiome
di
questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? S
come non apporre alle chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto
di
torri ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro
la cotanto prodigiosissima chiave ? Se la terra variamente tra punge
di
vaghi obietti il suo seno, come non tempestar di
variamente tra punge di vaghi obietti il suo seno, come non tempestar
di
fiori di questa Dea l’ammanto ? Se finalmente qua
e tra punge di vaghi obietti il suo seno, come non tempestar di fiori
di
questa Dea l’ammanto ? Se finalmente quasi rotond
rotonda si divisa nel suo globo la terra, come non collocar al fianco
di
tal Dea un tamburo ?(1). Suoi sacrificii. Poco c
mburo ?(1). Suoi sacrificii. Poco convenevoli però erano alla maestà
di
questa Dea le cerimonie, che precedevano, e segui
tti comunemente Galli, e Coribanti in festevole gara, e mentre alcuni
di
essi colla statua sulle spalle correvano quasi fr
sulle spalle correvano quasi frenetici per le strade fra il trambusto
di
più suoni, altri quai buffoni con salti, e strani
ìn memoria del giorno, in cui dalla Frigia ad essi pervenne il culto
di
tal Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagna
la Frigia ad essi pervenne il culto di tal Dea ; quale festa dall’uso
di
portare a bagnare nel fiume Almone la sua statua
profanazione ripetevansi da que’sciagurati innanzi al trionfal carro
di
tal Dea, come ragiona Agost. lib. 2. de civ. Dei
de gloriarsi d’un più nobil trionfo. Questo appunto accadde alla Dea,
di
cui in quest’ultimo capitolo si parla. Chi fù Pro
ltro affetto parve, che non nutrisse nel seno, che il solo deliziarsi
di
fiori, e perciò ben sovente distaccavasi del fian
olo deliziarsi di fiori, e perciò ben sovente distaccavasi del fianco
di
sua madre per andar ne’campi, e quivi divertirsi
madre per andar ne’campi, e quivi divertirsi insiem con qualche ninfa
di
suo genio in raccogliere gli amati suoi oggetti,
ie. Suo rapimento Crucciato Plutone pe’moltiplici successivi rifiuti
di
tante Dee pretese in sue spose, e tormentato dal
di tante Dee pretese in sue spose, e tormentato dal continuo pensiere
di
restar solo sul trono abborrito, e negletto, per
a nera dimora portossi in Lenno nella Sicilia, onde godersi dell’aria
di
quelle amenissime spiagge. Vide quivi con suo pia
di quelle amenissime spiagge. Vide quivi con suo piacere un drappello
di
vaghe donzelle, che deliziavansi in raccogliere d
seco la menò nel tartareo suo regno per farla seco sedere in qualità
di
sposa sul trono(1). Scorgendo impertanto l’addolo
peranza, e cedendo al sovrano volere rivolse il suo affetto per legge
di
sola necessità all’una volta odiato suo sposo : m
i sola necessità all’una volta odiato suo sposo : ma poi succrescendo
di
tratto in tratto l’a more divenne al fine di esso
so : ma poi succrescendo di tratto in tratto l’a more divenne al fine
di
esso sì gelosa, che ravvisandolo con soverchia pa
elosa, che ravvisandolo con soverchia parzialità trattar colla figlia
di
Cocito per nome Menta ingelosita cangiò questa in
vendo il marito con chi dividere gli affetti fosse ella sola del cuor
di
quello unicamente l’obbietto. Suo ritratto. In
figiata questa Dea. La rappresentarono alcuni in triste atteggiamento
di
far resistenza alle furie del rattore Plutone, e
alla pietà delle accompagnatrici sue ninfe. Altri la pinsero in aria
di
maestà seduta al fianco di suo marito su d’uu car
atrici sue ninfe. Altri la pinsero in aria di maestà seduta al fianco
di
suo marito su d’uu carro tirato da neri cavalli m
ito su d’uu carro tirato da neri cavalli mostrando un gentil fardello
di
narcisi, onde rammentar sempre la causa, e la cir
cisi, onde rammentar sempre la causa, e la circostanza, per cui sposa
di
quel Nume addivenne. Per quest’ultimo segnale de’
ch’ella presenta con accigliata pupilla presero occasione i Mitologi
di
dichiararla spogliata degli antichi sensi di piac
ero occasione i Mitologi di dichiararla spogliata degli antichi sensi
di
piacevolezza, ed urbanità, e tutta penetrata da s
i sensi di piacevolezza, ed urbanità, e tutta penetrata da sentimenti
di
orgoglio, e di fierezza a tale segno, che nell’es
evolezza, ed urbanità, e tutta penetrata da sentimenti di orgoglio, e
di
fierezza a tale segno, che nell’essere agitata da
sue furie aggiungeva stranamente tristezza a tristezza in quel regno
di
lutto, e sepelliva quei miseri condannati in un a
quel regno di lutto, e sepelliva quei miseri condannati in un abisso
di
raddoppiate sciagure : Imperitat furiis, et dict
Megera. Prud. Aur. Suo culto. In più nazioni diffuso era il culto
di
questa Dea. Il più speciale è da dirsi quello, ch
speciale è da dirsi quello, che ottenne nella Sicilia sotto il titolo
di
fecondatrice della terra, e tanto era il rispetto
ere ogni ligame, poteva esimere delle obbligazioni contratte in forza
di
atto si sacro. Parte seconda Delle divinit
nte non potendo iu astratto, ingegnossi delinear sotto concrete forme
di
tal’avventurata madre le gentilissime figlie, ond
ore più senibilmente le loro imagini vistose risvegliasse negli animi
di
tutti i più affettuosi sensi per esse, acciò rapi
urre da guide si belle potessero ad onta dell’umana fralezza ascender
di
leggieri all’alto monte della immortalità, e dell
e della immortalità, e della gloria. Ma che il vizio poi degno sempre
di
vitupero, e d’infamia si per sua natura, che per
ue forme, io al certo non l’intenderei se non pensassi, che non forza
di
amore, ma il timore forse di essere da tali mostr
ntenderei se non pensassi, che non forza di amore, ma il timore forse
di
essere da tali mostri infelicemente assaliti dovè
odiata Se stessa a palesar giammai non resta, Costante più, quanto è
di
più sprezzata. Che del par lieta in calma, ed in
ata oggi in proverbio : Veritas nunquam latet. Siamo pertanto amanti
di
si bella virtù giacchè la sua nudità non deprava,
udo mostro pensa, E neppur vede il suo terribil stato. Mortal se vuoi
di
lui la conoscenza, Guardalo, e digli in cor addol
nello adombrar il bel pregio della innocenza sotto le rappresentanze
di
un tenero fanciullo. E da chi altro mai, eceettua
Che poi il detto fanciullo si pinge presso orrido Drago, che con mano
di
amore del proprio pane alimenta, questo troppo ch
n sa temere perigli ad onta d’ogni sinistro accidente, giacchè al dir
di
Curzio lib. 6. Securitatem adfert innocentia. Seb
i ordinariamente ne vada la bella innocenza, bisogna pur non perderci
di
animo nelle comuni sventure, ma far, che siccome
citurna, e cheta Con grave sguardo, e con sereno aspetto Senza sentir
di
tema il vil difetto Siede maestosa, e non è trist
nor si nudre in petto, Che alcun si accosti proibisce, e vieta Nemica
di
tesori, e di ricchezza Solo il giusto con essa al
in petto, Che alcun si accosti proibisce, e vieta Nemica di tesori, e
di
ricchezza Solo il giusto con essa al mondo giova
rova. Annotazioni. Quella gran dote, per le quale sola, al dir
di
Cic. lib. 1. de off. vengono i mortali decorati c
dir di Cic. lib. 1. de off. vengono i mortali decorati col bel titolo
di
uomini dabbene è appunto la giustizia, mentre per
stizia, mentre per essa non uscendo l’uomo dalla sua sfera sarà amico
di
ogni altra virtù. Vien essa dipinta in atteggiame
ra sarà amico di ogni altra virtù. Vien essa dipinta in atteggiamento
di
Vergine maestosa er simboleggiare la sua incorruz
vvinta. Vien fiangheggiata da due fanciulle per indicare il suo scopo
di
mantenere intatta nei popoli le due amate sorelle
lmente un sembiante non tristo, nè lieto per significar esser proprio
di
chi l’amministre accoppiar mirabilmente la severi
mente la severità alla clemenza. Essendo intanto la giustizia la base
di
ogni virtù sia ognuno amante di essa, ed operi se
Essendo intanto la giustizia la base di ogni virtù sia ognuno amante
di
essa, ed operi sempre a tenore de’suoi dettati se
. Capitolo IV. Pace Sonetto D onna, che vince i pregi
di
Natura, Che porta al crin serto di verde alloro,
tto D onna, che vince i pregi di Natura, Che porta al crin serto
di
verde alloro, Versa a una man ricchezze a dismisu
d’ogni piacer la face, E quanto più si asconde è più bramata. Di ben,
di
guadio fonte almo, e verace, D’arti, e di scienze
onde è più bramata. Di ben, di guadio fonte almo, e verace, D’arti, e
di
scienze sede appien bëata Vera figlia di Dio ques
te almo, e verace, D’arti, e di scienze sede appien bëata Vera figlia
di
Dio quest’è la Pace. Annotazioni La pace s
ioni La pace serenità della mente, tranquillità del euore, vincolo
di
carità, gioia in somma della terra vien dipinta i
o di carità, gioia in somma della terra vien dipinta in atteggiamento
di
Vergine coronata d’alloro, perchè siccomo questa
con una mano, e l’olivo, che porge graziosa coll’altra sono i simboli
di
quei veraci, e permanenti beni, che la stessa nel
lmente produrre. Da tal riflesso almeno impari ognuno ad esser figlio
di
pace se brama essere figlio di Dio, giacchè sta s
o almeno impari ognuno ad esser figlio di pace se brama essere figlio
di
Dio, giacchè sta scritto Matt. 5. Beati pacifici
chiaro le pruove del naturale gentil suo genio nel carattere appunto
di
questo uccello, che sempre più sollecito vive nel
to vive nell’allevare i suoi figli. Or se è vero, che la pietà al dir
di
Cicerone 2. de orat. Offre segni di gran lode :
Or se è vero, che la pietà al dir di Cicerone 2. de orat. Offre segni
di
gran lode : Pietati summa tribuenda est laus. co
ran lode : Pietati summa tribuenda est laus. come non sarà poi degno
di
somma lode, e compenso al cospetto di Dio, e degl
t laus. come non sarà poi degno di somma lode, e compenso al cospetto
di
Dio, e degli uomini chi nel petto gelosamente la
e. Capitolo VI. Fedeltà Sonetto Con biondo crin cinto
di
verde ulivo, Con bianco ammanto una gentil donzel
in quel favella Nella semplicità par cosi bella, Che ti versa nel sen
di
gioia un rivo. D’essa l’imperio passa oltre la mo
d’oggi è rara. Annotazioni. Molto espressivi sono i caratteri
di
questa bella virtù detta dal divin Metastasio l’a
ù detta dal divin Metastasio l’arabe Fenice. Essa si dipinge coronata
di
ulivo perchè la sola fedeltà vince ogni ostacolo.
ascesti, ed ultima morrai. Annotazioni. La speranza vera fonte
di
vita, primo, ed ultimo conforto degli uomini ping
Carità Sonetto F emina vaga con piangenti lumi Vittima geme
di
fatal dolore Presso una rea prigion sembra, che m
lla La carità, che sol si trova in Cielo. Annotazioni. Le doti
di
si bella virtù effigiata setto le sembianze di co
nnotazioni. Le doti di si bella virtù effigiata setto le sembianze
di
contristata donzella piangente alle carceri del d
ienza poi, che molto chiaro si scuopre qual poco conto oggi si faccia
di
tal principale virtù è stata la ragione, per cui
’ingannano i mortali sù tal fatto abbastanza rilevasi dalla necessità
di
tal virtù per ben oprare, essendo essa al dir di
vasi dalla necessità di tal virtù per ben oprare, essendo essa al dir
di
G. Cristo in S. Matt. 22. il cardine, ove poggia
Nudra dunque ognun nel cuore si necessaria virtù, ricordandosi sempre
di
quel, che scrisse agli Ebrei al 13. l’Apost. S. P
robis. Capitolo IX. Providenza Sonetto V aga matrona
di
gentil sembianza Versa da un urna un sempre egual
a dissetar nelle sue voglie ognuno il più espressivo, e sublime tipo
di
sua beneficenza, e liberalità ? E quella verga, c
seppero ideare i Gentili, che poi, dobbiamo noi dire della providenza
di
quel Dio, nel quale vivimus, movemur et sumus. Ae
lpestato, Che per giovare altrui scorda il suo stato, Fonte inesausta
di
divin ristoro. Nemica d’interessi ognor sincera,
ce, o altera. Questa sol può sprezzar sorte proterva ; Ecco l’emblema
di
amicizia vera, Che ognun la vanta, e che nessun l
er scovrire la stabilità de’suoi precetti. Ma chi oggi è fedele amico
di
si bella virtù ? Ahi ! Di quanti potrebbe dirsi q
fedele amico di si bella virtù ? Ahi ! Di quanti potrebbe dirsi quel
di
Salomone Prov. 20. Virum fidelem quis inveniet ?
o però, che Dio non teme chi il prossimo con sincerità non ama al dir
di
Giobbe al 6. Qui tollit ab amico misericordiam ti
i tollit ab amico misericordiam timorem Domini relinquit, siamo amici
di
si bella virtù tanto da Dio inculcata per essere
amici di si bella virtù tanto da Dio inculcata per essere così amici
di
colui, che disse Ioan. 15 Vos amici mei estis si
tuo fio Dell’alta sua pietà sol ti ricorda, Misericordia è lei figlia
di
Dio. Annotazioni. La misericordia virtù ve
otazioni. La misericordia virtù veramente divina pingesi in figura
di
donna, che preme la destra sua mammella in bene d
ra sua mammella in bene degli altri, perchè con questa più abbondante
di
latte sogliono le madri allevare i più cari figli
azioni. L’allegrezza dolce moto del cuore pinta venne sotto l’aria
di
giovane donna, perchè il sesso feminile nell’età
rchè il sesso feminile nell’età verde è sempre lieto. Pingesi in atto
di
dare real serto, e di formare d’un pastore un Re,
nell’età verde è sempre lieto. Pingesi in atto di dare real serto, e
di
formare d’un pastore un Re, perchè un cuore alleg
ta finalmente l’ancora per denotar la gioia de’ naviganti sulle mosse
di
giungere al desiato lor lido. La migliore, ed uni
o serto il caduceo sostiene, E dalla faccia amabile, e divina Spirano
di
contento aure serene. All’altra man, che verso te
è felice ? Mille, mille cese diconsi da Scrittori sulla felicità ; ma
di
tutte una sola mi appaga, quello cioè esser felic
i tutte una sola mi appaga, quello cioè esser felice, che a Dio fonte
di
felicità sol vive, ed in lui centro d’ogni bene s
sol vive, ed in lui centro d’ogni bene soltanto confida, giusta quel
di
Davidde Psal. 143. Beatum dixerunt populum, cui h
ioni curiosa s’informa, e loquace favella essa fù creduta messaggiera
di
Giove, e sempre riconosciuta per annunziatrice in
e trombe, che le adattarono alle mani. Essendo dunque così procuriamo
di
essere amici della fama non già coll’ergerle temp
rice, e renda nel mondo glorioso, ed immortale il nostro nome, memori
di
quel che scrisse l’Eccl. al 41 15. Curam habe de
voti suoi tien più speranza. Annotazioni Secondo la iconologia
di
Cesare Ripa, ed al parer di varii Scrittori l’occ
Annotazioni Secondo la iconologia di Cesare Ripa, ed al parer
di
varii Scrittori l’occasione è dipinta con una cri
va da dietro, onde ognuno avvertisse, che se ella fugge vano è tentar
di
afferrarla. Porta il rasoio, perchè con quello re
fferrarla. Porta il rasoio, perchè con quello recide ella la speranza
di
colui, che incauto la lasciò scappare. Assai dì p
za la perde. Essendo dunque così impari ognuno a non lasciarsi fuggir
di
mano le occasioni, che presentansi atte a promuov
ù quelli dello spirito, che unicamente importano, ricordandosi sempre
di
quel, che scrisse Isaia al Cap. 55. 6. Quaerite D
sudor contenti. Rapido a questo, e a quel par che s’appiglia, Par che
di
tutto prende ei sol governo Ratto così che fa ina
vaglio, pur chi seriamente riflette essere il giusto travaglio al dir
di
Tullio lib. 1. de Orat. condecorato da mille prem
Tullio lib. 1. de Orat. condecorato da mille premii, ed onori, invece
di
fuggirlo atterrito, intrepido, e con piacere ne s
presso Con una man si stringe un serpe in seno, Tien l’altra un nappo
di
letal veleno, Col qual cerca di dar morte a se st
serpe in seno, Tien l’altra un nappo di letal veleno, Col qual cerca
di
dar morte a se stesso. Col guardo a terra timido,
proprio eccesso. Freme, lagrima, spia, fugge, e s’arresta. Fà la tema
di
lui fatal governo, Calma non prova mai tutto è te
governo, Calma non prova mai tutto è tempesta. Se stesso abborre e fa
di
se reo scherno, Straccia il crin, morde il labro,
ice più crudo, che dilacera l’uomo veramente è il rimorso. La imagine
di
questo sventurato uomo, che stringesi un serpe al
, che stringesi un serpe al seno, e per disperazione vuol abbeverarsi
di
quel mortale veleno, che serba appunto in un vaso
essere liberi da effetto si triste ; altrimenti all’invano spereremo
di
tenerci spediti da tormentatore si fiero, e prove
era Sonetto C on mezza veste orribile, e feroce Alata donna
di
colore ardente, Con sguardo acceso, e suffocata v
ecipizio suo corre repente. Anela, geme, suda, e in modo strano Cerca
di
tutti far crudo macello, E morde per furor la pro
modello, Se vuoi saper che asconde un tale arcano : Collera è questa
di
ciascun flagello. Annotazioni E chi non di
cienti ad indicare il gran malo della collera i surriferiti caratteri
di
vesta lacera, di colore ardente, di crine disciol
e il gran malo della collera i surriferiti caratteri di vesta lacera,
di
colore ardente, di crine disciolto, e di altre st
a collera i surriferiti caratteri di vesta lacera, di colore ardente,
di
crine disciolto, e di altre strane sue attitudini
i caratteri di vesta lacera, di colore ardente, di crine disciolto, e
di
altre strane sue attitudini ? Eppure i Gentili pe
cere il danno la fecero precedere da un Leone, onde ognuno ravvisasse
di
quale eccesso è capace questa belva quando è stiz
Se dunque tanti danni cagiona impari ognuno a non essere il flagello
di
se stesso rammentandosi in qualunque dura circost
il flagello di se stesso rammentandosi in qualunque dura circostanza
di
quel, che scrisse Giobbe al 5. Virum stultum inte
icit iracundia. Capitolo XIX. Vendetta Sonetto D onna
di
truce volto, e guardo fiero, Che viperco flagello
ntre che incende il suo furor conforta : Volubil ruota è a passi suoi
di
scorta, Ed un timon, che scorre il salso impero.
o versa, Opre orrende eseguir vola, e s’affretta Di sangue intrisa, e
di
veleno aspersa Miser colui, che nel suo sen ricet
di veleno aspersa Miser colui, che nel suo sen ricetta Questa ad opre
di
sdegno ognor conversa In odio al mondo, e al Ciel
o al mondo, e al Ciel crudel vendetta. Annotazioni Il flagello
di
vipere, e la face accesa, che nelle sue mani stri
he nelle sue mani stringe la vendetta ben dimostra il crudo suo genio
di
distruggere quanto mai le si para d’avanti. La ru
a evitarsi basta il solo esempio dell’ Imperatore Augusto, che al dir
di
Svetonio : Nihil obliviscebatur praeter iniurias
m tuorum. Capitolo XX. Crudeltà Sonetto D onna tinta
di
sangue il volto, e il manto Succinta veste lacera
il manto Succinta veste lacerata, e breve Irata in dossa, lago al piè
di
pianto Scorrer si mira, come oggetto lieve. Spada
di pianto Scorrer si mira, come oggetto lieve. Spada infiammata alza
di
tanto in tanto, Dagli urli, e dal clamor gioia ri
on poco la umana natura per la vivacità de’suoi colori bisogno non ha
di
spiegazione. Sol dunque aggiungo, che quella succ
piegazione. Sol dunque aggiungo, che quella succinta, e lacera veste,
di
cui ella si ammanta simbolo è del bestial suo nat
ù, quant’è più bella. Da essa un Uomo ignuto è trascinato. Alza cinta
di
serpi empia facella, Entra per tutto, e cauta ogn
gendo accusa. Annatazione. Pingesi la calunnia sotto l’aspetto
di
bella donna, perchè bellamente s’induce nell’anim
sotto l’aspetto di bella donna, perchè bellamente s’induce nell’animo
di
chi l’ascolta, e per tal cagione poi un serpe si
nimo di chi l’ascolta, e per tal cagione poi un serpe si mira escirle
di
bocca. L’uomo ignudo che seco trascina è l’emblem
che seco trascina è l’emblema dell’infelice calunniato. La face cinta
di
serpi descrive il guasto, che nelle famiglie essa
tore, il quale perciò sovente muore nella sua iniquità, giusta quello
di
Gech 18 Quia calunniatus est, et vim fecit fratri
tate sua, impari ognuno ad abbominar tal mostro, se vuol essere amico
di
quel Dio, che per Geremia al 7. così si protesta
e ricompensa brama, Il labro scioglie, e pronta ognor favella Il mal
di
tutti, e’l proprio ben sol’ama. Sembra al primo a
amo sempre Dio a tenerci lontani da si abominevole vizio colle parole
di
Salomone : Vanitatem, et verbum mendacii longe fa
ne d’un drago, che nascosto l’orribil sembiante sotto le dolci divise
di
avvenente donzella gl’incauti, e mal accorti barb
gl’incauti, e mal accorti barbaramente seduce. E qual figura in vera
di
questa più espressiva per indicar la rea qualità
disegni ? Se è vero però, che le labbra ingannatrici son l’abbominio
di
Dio Prov. 12 22 impari ognuno a tenersi lontano d
ov. 12 22 impari ognuno a tenersi lontano da eccesso si grave, memore
di
quel precetto registrato nel Levitico al 19. 11.
uum. Capitolo XXIV. Discordia. Sonetto Tremenda donna
di
fatal colore Con chioma agguernita di più serpent
Sonetto Tremenda donna di fatal colore Con chioma agguernita
di
più serpenti, Colla bocca spumante, e guai ardent
n man, che desta ardore, Ed un flagel per fulminar le genti, Vaga sol
di
querele, e di lamenti. Nè l’averno contien furia
ta ardore, Ed un flagel per fulminar le genti, Vaga sol di querele, e
di
lamenti. Nè l’averno contien furia peggiore. Corr
ed infiammar procura Popoli all’armi, che crudel li desta, Vaga solo
di
pianti, e di sventura. Da troni alle capanne acco
procura Popoli all’armi, che crudel li desta, Vaga solo di pianti, e
di
sventura. Da troni alle capanne accorre presta, T
discordia è questa. Annotazioni. Chi non orridisce al ritratto
di
questa furia d’Averno ? Il viperino della sua chi
o l’altro uomo ; vera madre d’iniquità ! Noi adunque, che figli siamo
di
quel Dio, che al dir dell’ Apost. 1. Cor. 14. Non
is Deus, sed pacis spingiam sempre lungi dal cuore tal mostro, memori
di
quella triste conseguenza descritta dal mentovato
Capitolo XXV. Povertà Sonetto G rama, dolente, e priva
di
conforto Vecchia donna su sterpi urlando siede, L
n abisso hà il proprio albergo. Annotazioni Sotto le sembianze
di
questa afflittissima donna rappresentasi la pover
gual qualunque porta, Corre velocemente, e non s’affretta, Della mano
di
Dio spesso è vendetta, E i miseri talor strugge,
a. Annotazioni La descritta imagine della morte bisogno non hà
di
spiègazione. L’universale suo impero su tutti gli
gnuno a ben vivere, acciochè ben muoia, mentre la morte allora invece
di
togliergli la vita gliela fa cambiare in migliore
gno. Capitolo XXVIII. Esta’. Sonetto M atrona eccelsa
di
sembiante acceso Di più spighe diverse coronata,
ien sempre inteso, Fà crescere il calor dovunque guata, Da gran stuol
di
formiche accompagnata, Porta la falce in man col
tade è questa. Capitolo XXIX. Autunno. Sonetto U omo
di
età viril di mosto tinto Coronato di foglie, e va
. Capitolo XXIX. Autunno. Sonetto U omo di età viril
di
mosto tinto Coronato di foglie, e varii frutti, M
Autunno. Sonetto U omo di età viril di mosto tinto Coronato
di
foglie, e varii frutti, Mille augelli al suo piè
ii frutti, Mille augelli al suo piè si tien ridutti, Coll’ uve in man
di
mille tralci cinto. Alla gioia, e al piacer sembr
man sembran distrutti, Crescon per esso i fiumicelli asciutti In atto
di
danzar col crin discinto Mille turbe diverse a lu
lor non puote aver contento, Avido un pan divora in un momento, E par
di
minacciar sempre rüine. Corrono gonfii fiumi a lu
rche irraggia il cielo Senzacche nube è allo splendor frapposta. Cosi
di
Religione il sacro ammanto Come uno specchio i fa
chi, Gli eserciti cader lei fece oppressi, La gloria, ed il terror fù
di
Monarchi Fra suoi trïonfi generosi, e spessi. Del
il Sole, Tal’ essa apparve fra tempesta, e guerra, E col vasto poter
di
sue parole Spesso fece cangiar volto alla terra.
poter di sue parole Spesso fece cangiar volto alla terra. Non paventò
di
mille mostri a fronte, Tra fiamme non mancò la su
mostri a fronte, Tra fiamme non mancò la sua costanza, Aperto sempre
di
sue grazie il fonte De’miseri innalzò fede, e spe
de suoi tesori il regno, Ivi la verità ciascun comprese, Ivi fù l’uom
di
maggior gloria degno. Ivi l’alme si fer più ardit
rre in oblio, E allor vacillerà la sua speranza Quando Dio può cessar
di
essere Dio. Parte terza Delle istituzioni
o cantor della notte, insiem col mondo vanta a sua gloria l’antichità
di
sua cuna. Quel comune progenitore invero, che all
ntichità di sua cuna. Quel comune progenitore invero, che all’ opinar
di
più scrittori compose ben sei cantici per pianger
lo, ed ottenerne dall’offeso suo Dio indulgenza, e perdono può essere
di
tal verità il più luminoso attestato. E da chi al
ro poi, se non dal lor padre l’esempio appresero tanti ben nati figli
di
magnificar colla poesia le lodi dell’ eterno Fatt
par che altro mezzo non riconobbero, onde svegliare sempre più sensi
di
tenerezza, ed affetto nel cuore del gran Dio d’Is
o onore. Qual meraviglia fia poi se rapiti oltre modo dalla celebrità
di
quest’arte i popoli orientali a tal segno n’esalt
’esaltarono i pregi, che non dubitarono concederle finanche il potere
di
animare i sassi, commuovere le selve, ammanzire l
nfernali ? Svolgansi pure le istoriche tradizioni, e quivi con occhio
di
stupore si ammireranno le bravure dell’ammirabil
con occhio di stupore si ammireranno le bravure dell’ammirabil possa
di
quest’arte. Per essa più popoli spogliati gli ant
ntichi loro selvaggi costumi furono felicemente tradotti ad un tenore
di
vita più civilizzata, e più culta. Per essa asseg
ù alte magnificenze o chi forse all’esistenza mai non comparve, o chi
di
tante doti, quante essa l’accorda non mai fù freg
, quante essa l’accorda non mai fù fregiato. Aveva dunque ben ragione
di
piangere alla tomba di Achille Alessandro il Mace
non mai fù fregiato. Aveva dunque ben ragione di piangere alla tomba
di
Achille Alessandro il Macedone, perchè la fortuna
ed ardisce penetrar nel santuario della dottrina, che senza la scorta
di
arte si nobile, che per lui è il filo di Arianna
ottrina, che senza la scorta di arte si nobile, che per lui è il filo
di
Arianna nel laberinto dì Creta, egli non vi si in
o a’ Cretini delle Alpi, che non senza ragione si ammira il bel genio
di
que’popoli di contentarsi essere ignoranti in ogn
elle Alpi, che non senza ragione si ammira il bel genio di que’popoli
di
contentarsi essere ignoranti in ogni altro genere
io di que’popoli di contentarsi essere ignoranti in ogni altro genere
di
scienze, o di arti fuorchè in quello della poesia
li di contentarsi essere ignoranti in ogni altro genere di scienze, o
di
arti fuorchè in quello della poesia. La sola diss
enze, o di arti fuorchè in quello della poesia. La sola dissertazione
di
Ugo-Blair ne carmi di Ossian farà convinto ognuno
è in quello della poesia. La sola dissertazione di Ugo-Blair ne carmi
di
Ossian farà convinto ognuno dì tal verità. Essend
di Ossian farà convinto ognuno dì tal verità. Essendo dunque non solo
di
diletto, ma sibbene di grande utile, e necessità
ognuno dì tal verità. Essendo dunque non solo di diletto, ma sibbene
di
grande utile, e necessità alla gioventù studiosa
rla, esponendone però non solo teoricamente i precetti (lo che meglio
di
me da molti maestri in quest’arte si è fatto) ma
eglio di me da molti maestri in quest’arte si è fatto) ma sforzandomi
di
ridurre quelli alla pratica con molti diversi, ma
la guida, e la guida del pari con essi a comune esultanza. Pria però
di
venire all’ esame degli obbietti proposti ogni ra
lmen generalmente qualche cosa. Cap. I. Della materia, e del modo
di
disporsi. La poesia al par della elequenza, ce
ndi come questa assoggetta al suo impero ogni cosa, così quella sopra
di
tutto estende ampiamente i suoi vanni. Est finiti
ia un poeta cantando ragionare, il suo poema o lungo, o breve che sia
di
queste tre parti Esordio cioè, Narrazione, e Conc
ragionato discorso unquemai non si efforma. Ed ecco perciò il bisogno
di
conoscere con distinzione queste tre parti, per p
a industria, ed arte, onde conciliarsi l’attenzione, e la benevolenza
di
chi ascolta ; ma sibbene una ben adatta maniera d
, e la benevolenza di chi ascolta ; ma sibbene una ben adatta maniera
di
proporre l’argomento del poema ; onde è che da pi
a proposizione invocarsi da poeti qualche Nume in soccorso ad esempio
di
Virgilio, che nel 1 delle Georg. Si rivolse ad al
uel S. in particolare, cui il poema è sagrato. Nè s’ induca ad imitar
di
leggieri il degnissimo per altro Iacopo Sannazzar
diamo omai un’ occhiata alla narrazione. 2. Il più sollecito impegno
di
chi s’accinge a comporre un canto, un poema, in q
iva, in essa campeggiar deve tutto il bello dell’ arte. Quindi quanto
di
nobiltà vantar possono i sentimenti, quanto di vi
l’ arte. Quindi quanto di nobiltà vantar possono i sentimenti, quanto
di
vivacità le descrizioni, quanto di arditezza le e
antar possono i sentimenti, quanto di vivacità le descrizioni, quanto
di
arditezza le espressioni, quanto di energia le ri
i vivacità le descrizioni, quanto di arditezza le espressioni, quanto
di
energia le ripetizioni, quanto di grazia gli epit
di arditezza le espressioni, quanto di energia le ripetizioni, quanto
di
grazia gli epiteti, quanto in somma contribuisce
pingere al naturale le immagini delle cose, tutto nella narrazione fà
di
mestieri, che si rifonda. Allora, allora sì offre
erato per pregio affettato, e perciò improprio, calzando ben qui quel
di
Orazio : Sed nunc non erat his locus. Detti epis
arte assai fina, acciò mentre dilettano colla loro varietà, in grazia
di
cui sono stati introdotti, non ristucchino colla
alunque siasi episodio aver mai non deve più luogo. 3. L’ultima parte
di
un poema è finalmente la conchiusione. Questa non
è finalmente la conchiusione. Questa non è, come si lusingano alcuni,
di
poca, e di facil riuscita, come quella, che altro
e la conchiusione. Questa non è, come si lusingano alcuni, di poca, e
di
facil riuscita, come quella, che altro scopo non
poetica arte, l’unico mezzo, dietro la natural disposizione, al parer
di
tutt’ i maestri di quest’ arte é la lettura delle
co mezzo, dietro la natural disposizione, al parer di tutt’ i maestri
di
quest’ arte é la lettura delle opere dei più cele
gii. Diasi ognuno dunque alla lettura, che incomparabilmente vale più
di
quanti precetti potrebbonsi mai dare, ad esempio
llezze, e le grazie, tutto é derivato dall’ avvedutezza, ch’egli ebbe
di
specchiarsi negli esemplari del cieco pur troppo
ari del cieco pur troppo veggente celebratissimo Greco. Qui però pria
di
conchiudere un tal capitolo un ben ragionato moti
ertir più cose. 1. Abbiano sempre in mira i dilettanti in quest’ arte
di
adattare il metro al soggetto, e non mai questo t
in somma che la tessitura del verso sia sempre analoga all’ obbietto,
di
cui si parla in tutt’ i suoi rapporti ; in modo p
icercatezza, ne per la soverchia semplicità triviale. 2. Si ricordino
di
tenere per una sillaba sola, fuorchè nella fine d
rei, che non aderissero in modo, sicchè per essere esatti osservatori
di
essa abbiano a fare i sordi al suono del verso ;
hè si dicano alcuni preoccupati verseggianti, scorgiamo nella lettura
di
primi autori assai sovente preferito. 3. Non facc
uomini, e da altri ancora gran maestri nell’arte siansi usate, benchè
di
rado, tali licenze, esse però ne lunghi, e vistos
licenze, esse però ne lunghi, e vistosi poemi son come nei in faccia
di
bella donna, ma nei piccoli componimenti sanno de
ap. II Del verso Chiunque percorre lo studio della vita ; ed ama
di
godere un dominio sul cuore altrui mercé la forza
al parlare perchè spiritoso, e vivo suggerendo all’ immaginazione più
di
quel, che esprime fà dolce violenza allo spirito,
l segno odiarono il lungo, ed esoso ragionare degli Asiatici, che uno
di
essi con prontezza preferir volle la morte alla l
i, che uno di essi con prontezza preferir volle la morte alla lettnra
di
un libro diffuso non senza stupore del Re di Pers
le la morte alla lettnra di un libro diffuso non senza stupore del Re
di
Persia, che ad una di queste due pene l’aveva con
ra di un libro diffuso non senza stupore del Re di Persia, che ad una
di
queste due pene l’aveva condannato. E non fu fors
ueste due pene l’aveva condannato. E non fu forse risposta del senato
di
Sparta, che del lungo ragionare dei Persiani amba
a del verso unquemai non s’apprende. Dal verso sì provengono le forme
di
bendire, che allettano, le prette espressioni, ch
il Sol del melico emisfero Pietro Metastasio ? Egli con copia non più
di
seimila voci ha espresso tanto, ed ha toccato in
e ammireranno il portento. E chi in vero non ravvisa quale abbondanza
di
rettorica, quale aggiustatezza di logica si racch
n vero non ravvisa quale abbondanza di rettorica, quale aggiustatezza
di
logica si racchiude in questi due versi di Temist
orica, quale aggiustatezza di logica si racchiude in questi due versi
di
Temistocle avanti a Serse. E la colpa, e non la
della colpa, non già della pena, che non meritò ? Qual più nobil modo
di
lodare senza adulazione, e di destar la vanità se
a, che non meritò ? Qual più nobil modo di lodare senza adulazione, e
di
destar la vanità senza avvilirsi ci esibisce ques
sdegnato, E pur la speme D’averti difensor a te lo guida Tanto Signor
di
tua virtù si fida. Venga inoltre il più eloquent
io del Tebro ha conciso in pochi versi o nel delineare nella clemenza
di
Tito At. 1. Sc. 2. La deformità dell’adulazione d
a deformità dell’adulazione dicendo. Romani unico oggetto È dei voti
di
Tito il vostro amore ; Ma il vostro amor non pass
cendo nello stesso luogo citato. Più tenero, più caro Nome, che quel
di
padre Per me non v’è, Ma meritarlo io voglio, Ott
i a fare un parelio in faccia a tal sole. Gli stessi luminosi esempii
di
gran dicitura in pochi versi ci presenta in mille
asso. Bastami fra i tanti riferirne sol due. Nel canto 18 nella morte
di
Argante può forse meglio descriversi il carattere
o 18 nella morte di Argante può forse meglio descriversi il carattere
di
chi fiero visse, e disperato morì ? Moriva Argan
Antigona giunse inoltre a tal estrema perfezione, che in un sol verso
di
11. sillabe restrinse un quinario dialogo, di cui
ne, che in un sol verso di 11. sillabe restrinse un quinario dialogo,
di
cui al parere di tutt’ i conoscitori dell’arte no
verso di 11. sillabe restrinse un quinario dialogo, di cui al parere
di
tutt’ i conoscitori dell’arte non può mai darsi e
quel sentenzioso, e mellifluo parlare, che padroni ci rende del cuor
di
chi ci ascolta. Il verso però in altro modo rigua
oti, i Visigoti, i Longobardi, e tanti altri non ebbero giammai canto
di
ritmo regolato, ma allungavano, ed accorciavano l
el figlio d’ Isai fan conoscere l’imperfetto ritmo degli Ebrei amanti
di
far pompa più d’immagini, e di figure, che di mis
l’imperfetto ritmo degli Ebrei amanti di far pompa più d’immagini, e
di
figure, che di misure, e cadenze. Le raccolte di
itmo degli Ebrei amanti di far pompa più d’immagini, e di figure, che
di
misure, e cadenze. Le raccolte di Celtici carmi d
pa più d’immagini, e di figure, che di misure, e cadenze. Le raccolte
di
Celtici carmi dell’inglese Macpherson tradotti da
Celtici carmi dell’inglese Macpherson tradotti dal celebre professor
di
elequenza in Padova Melchiorre Cesarotti in più a
rii, Decasillabii, e finalmente Endecasillabi. Il vario intreccio poi
di
essi ha prodotto le moltiplice diversità de’metri
do esporrò i diversi intrecci, e ritmi compresi sotto l’ ampio genere
di
poesia si Lirica, che Epica ; restando per altro
ser comprese nel presente trattato, che facoltà giammai non può avere
di
fissare il Proteo, e forzare l’Arbitrio. Cap.
are l’Arbitrio. Cap. III. Del disillabo e trisillabo Il verso
di
due sillabe per la sua brevità, e ristrettezza è
ltà può abbracciare un periodo, che perciò si guardino i principianti
di
si grand’ arte di urtare in simile scoglio, ma si
e un periodo, che perciò si guardino i principianti di si grand’ arte
di
urtare in simile scoglio, ma si contentino di con
ianti di si grand’ arte di urtare in simile scoglio, ma si contentino
di
conoscerlo soltanto per sapere di ciò, che la nos
in simile scoglio, ma si contentino di conoscerlo soltanto per sapere
di
ciò, che la nostra poesia è capace. Eccone l’ ese
ostra poesia è capace. Eccone l’ esempio : Il peccatore al sepolcro
di
G. Cristo. Tormento Pensando Spietato L’offe
or L’orror. Cap. IV. Del quadrisillabo e quinario Il verso
di
quattro sillabe vuol la cesura sulla terza. Può f
e. Egeo, che si congeda dal figlio Teseo, che si porta al laberinto
di
Creta per combattere il Minotauro. Se cadrai M
r altro non è indispensabile, come chiaro può scorgersi dalla lettura
di
poetici libri. Ecco intanto l’esempio in questo m
senario semplice, e doppio Per senario semplice intendesi il metro
di
quattro versi ; re di sei sillabe, ed il quarto d
ppio Per senario semplice intendesi il metro di quattro versi ; re
di
sei sillabe, ed il quarto di cinque perchè tronco
intendesi il metro di quattro versi ; re di sei sillabe, ed il quarto
di
cinque perchè tronco da rimare nella stessa guisa
inoltre dicesi doppio qualora ogni strofa abbraccia sei versi, cinque
di
sei sillabe d’accentarsi sulla quinta, come nel s
uol dirsi il più facile, ed il più praticabile come quello, che costa
di
versi, che si contentano di avere anche alla sola
il più praticabile come quello, che costa di versi, che si contentano
di
avere anche alla sola sesta, ossia penultima sill
E chi odiò nemico Muove dolente il piè. Innalza amico allor Erra
di
lido in lido Contro l’istessa Atene Sotto altro
o L’estrema sua ruina Senza trovar mercè. Temistocle provò. Alfin
di
Persia il regge Si vede in un momento In corte
perciò mirasi il più usitato. Dicesi Ottonario perche abbraccia versi
di
otto sillabe, che richieggono alle settima il lor
sua merce più gradita Senza porto, e senza sponda Quanto può desio
di
vita ! Come mai si può salvar. Nell’uom questo
r altro adattabile assai più al boscareccio, che al serio. Esso costa
di
otto sillabe, delle quali la sesta richiede l’acc
costa di otto sillabe, delle quali la sesta richiede l’accento. Otto
di
questi versi, non soggetti però sempre a tal nume
tti però sempre a tal numero, costituiscono una strofa nel lor metro,
di
cui eccone l’esempio. Sileno alla tomba di Uran
na strofa nel lor metro, di cui eccone l’esempio. Sileno alla tomba
di
Uranio. Mesto, tremante, e pallido La bigia pi
esanime Alfin ritrova, e lagrima Piangendo il passo tremolo Presso
di
quella assidesi, Fra stipe secche, ed aride, E
metro, che dal greco Anacreonte il carattere serba, ed il nome, è uno
di
quelli, che al dir del Crescimbeni, sono i più sp
iritosi, e leggiadri in Toscano. Esso è adattissimo alle composizioni
di
qualunque natura, sebbene il suo genio facile, e
ni di qualunque natura, sebbene il suo genio facile, e piano non così
di
leggieri sa soffrire la gravità, e l’altezza. Ver
piano non così di leggieri sa soffrire la gravità, e l’altezza. Versi
di
diversa specie in varie forme intrecciate soglion
nella divisata maniera. Leonida alla Termopile. Quando il sovran
di
Persia Si ferma alle termopile Volea la Grecia
di Verso quel suol s’appressa. Non son più che trecento. Minaccia
di
distruggere, In quel sentier strettissimo E spa
ssimo E sparger sangue a fiumi Il fier nemico aspetta Colla città
di
Grecia Sicuro della gloria Gli altari, i tempii
à di Grecia Sicuro della gloria Gli altari, i tempii, i Numi. Certo
di
sna vendetta. Ma tosto che avvicinasi Dice a co
ieri. Con braccio alto, e possente Tosto che l’ombre scendono Cerca
di
notte struggere Cheti al nemico vanno, Le squad
emico vanno, Le squadre d’Oriente. E appena ch’essi arrivano In mar
di
sangue corrono A macellar si danno. Fra l’ombre
lupi fieri, ed avidi, Pe’ molti colpi rendono Che in mandra entran
di
notte I proprii brandi ottusi. Da lor le greggi
in sorte O qual lëon numidico Con tutt’i suoi Leonida In greggia
di
vitelli Cadde pugnando a morte Cap. VIII.
Manzoni scrisse il quinto Maggio in tal ritmo esso lo scopo si è reso
di
tutta la gioventù studiosa. Ma poichè suol succed
menticarsi unicamente dal verso. È vero altresì, che non è men degno
di
lode quel poeta, che su di una bagatella forma un
verso. È vero altresì, che non è men degno di lode quel poeta, che su
di
una bagatella forma un vasto canto, e che dal nul
, che su di una bagatella forma un vasto canto, e che dal nulla cerca
di
ritrarre corpi meravigliosi, e grandi per solo ef
erbati ai maestri dell’arte. Or tornando all’assunto ecco l’intreccio
di
un tal metro. Questa ode è formata di sei versi p
do all’assunto ecco l’intreccio di un tal metro. Questa ode è formata
di
sei versi per ogni strofa, il primo sdrucciolo, i
ar pietà. Parla a’ Spartan così : Sparta, che tenne in Grecia Figli
di
Lacedemone Sempre l’onor primiero Venite a ques
rmando gli uomini Allor lo stuol femineo Tutte le donne armò. Fassi
di
se maggior, Dicendo : giacchè l’animo Stanno i
uò. Il proprio dissonor. Dicon : se andremo a batterci Meglio sarà
di
togliere Chi batterem ? le donne A lor cotal ra
ella sestina lirica. Non vorrei, che alcuno in vedermi sulle mosse
di
parlar della Sestina pensi esser mia intenzione d
edermi sulle mosse di parlar della Sestina pensi esser mia intenzione
di
richiamar dalle sue ceneri l’antica sestina. Di q
i, della quale si parlerà a suo luogo. Qui adunque il mio scopo sol è
di
parlare della sestina lirica fioreggiante tutt’or
egevole però nelle cose campestri, e pastorali. Costa una tal sestina
di
sei ottonarii, de’ quali il primo rima col terzo,
la sua mandra tradotta via da una furiosa tempesta. Torvo il ciel
di
nubi carco Ma il flagel comun vedea Strepitava
Egli esclama : Eterno Nume Tronchi, zolle, e quanto appare Che sarà
di
ma infelice ! Si strascina irato al mare. Tutto
e maestrevolmente trattato dalla celebre poetessa Marianna Bandettini
di
Perugia. Rapisce in vero la sua armonia, ma a tro
mento espone chi il tratta. Quindi è, che appena qualche estemporaneo
di
gran polzo si prova a trattarlo, mentre le sue di
ficoltà anche al tavolino rendonsi laboriose. Un tal metro è composto
di
sei versi ; due senarii, che rimane insieme, un q
in tal metro. Qui la mente vien sottoposta ad una interminabile legge
di
rime, che si succedono rapidamente le une alle al
tre se esso lasciasi servire ad ogni argomento, non soffre però esser
di
leggieri maneggiato da ognuno. Eccone impertanto
ognuno. Eccone impertanto l’esempio. Artemisia, che beve le ceneri
di
Mausolo. Vittima del dolor La fiamma del suo s
escea Spesso i marmi abbracciar Si che lo posso ancor Procura, e
di
sfogar Mi consiglia l’amor L’interna doglia, L’
bella, e degna dei comuni suffragii ; che dovrà dirsi della chiusura
di
questo metro soggetta a ben due tronchi ? Ciò non
esto metro soggetta a ben due tronchi ? Ciò non pertanto non perdansi
di
coraggio gl’iniziati a quest’arte. Eluderanno ogn
luderanno ogni difficoltà se una saggia cautela useranno nella scelta
di
tronchi ben adattati, e proprii a spiegare il for
uol essere il massimo degli errori. L’ottonario coronato dunque costa
di
cinque versi per ogni strofa, il primo è un otton
o il mio decreto Chi obliare lo potrà Traditor dimmi perche ? Reo
di
morte allor sarà E potrai sperar mercè ? Vuol,
chi ardisse al paragone Grida il padre chi si abusa Contro il cenno
di
veuir Della legge a suo favor, Vinca, o perda d
favor, Vinca, o perda dee morir. È un ribelle, è un traditor. Ma
di
Manlio il figlio ardito, Quindi in gabbata sedend
ndi in gabbata sedendo Che il decreto in se ignorava Sprezza appien
di
lui la sorte Perchè un gallo il provocava Lo co
r l’offesa potestà, E fè noto il genitor E bandisce ogni pietà Qual
di
legge è il gran valor Cap. XII. Del verso
i palato assaggiar ne volle avidamente il sapore. Quindi dalla natura
di
esso tradotti un Chiari, un Goldoni, un Cerlone,
otti un Chiari, un Goldoni, un Cerlone, e mille altri, e pria, e dopo
di
questi, in tal metro si dilettarono scrivere dell
oichè non essendo presso i francesi si familiare la rima, come presso
di
noi lo è, quel ritmo, che in due versi di quattor
iliare la rima, come presso di noi lo è, quel ritmo, che in due versi
di
quattordici sillabe rimate solea conchiudersi in
to a morte. La vecchia età fu sempre. Veste con mille modi Ligia
di
gelosia, La troppo infame accusa. E spesso per
amentevoli obietti. La coutinuata sua armonìa mentre mostra quanto ha
di
più grande, e più bello la poesia, manifesta del
grande, e più bello la poesia, manifesta del pari quanto ha la stessa
di
più labborioso, e difficile. Il solo udire il ter
essa di più labborioso, e difficile. Il solo udire il terribile ritmo
di
ogni strofa basta a sgomentare ognimente. Eccolo
trofa basta a sgomentare ognimente. Eccolo intanto. Costa ogni strofa
di
quest’Ode di dodici versi di questa natura, ed in
sgomentare ognimente. Eccolo intanto. Costa ogni strofa di quest’Ode
di
dodici versi di questa natura, ed in tal modo rim
mente. Eccolo intanto. Costa ogni strofa di quest’Ode di dodici versi
di
questa natura, ed in tal modo rimati. Il primo è
accoppia in rima. Questo metro, che senza dubbio, sembra il laberinto
di
Creto hà bisogno d’un saldo filo per scorta, ma s
nna si avrà dall’esempio seguente, nel quale per maggior intelligenza
di
coloro, che vorranno, e si fideranno praticarlo v
v’apponga un’intercalare obbligato. Andromaca, che piange sul corpo
di
Astianatte. In cenere combusta Senza fallir da
non son Lo guarda, e non fa moto Perchè figlio diletto Chè il cor
di
forza è vuoto Cosi morir dovesti ? Sol replica
hè figlio, perchè E madre più non son. Io non morii per te ? Ecco
di
già perduta Povero sangue mio L’ultima mia sper
i più m’aiuta In sorte sì dogliosa Che va la mia costanza ? Nulla è
di
Giove il tuon Che ne sarà di me ! Lassa non son
osa Che va la mia costanza ? Nulla è di Giove il tuon Che ne sarà
di
me ! Lassa non son più sposa, Il figlio mio dov
ed astruso inflettente per altro anch’esso sulla fine non è da veruno
di
buon senno per avventura maneggiato. Ne metto per
ir la mia sventura, Soddisfare a un comando cosi ? E alla legge poi
di
natura Per me sia questo l’ultimo di Umil la fr
omando cosi ? E alla legge poi di natura Per me sia questo l’ultimo
di
Umil la fronte piegherò Devoto al cenno ubbidir
egherò Devoto al cenno ubbidirò. Il decasillabo poi, che è il Sole
di
questa oscura notte del Novenario, la vera delizi
dell’armonia poetica, ed il mezzo più facile, onde esprimere concetti
di
qualunque natura si siano nella più bella, e gran
esempio a contemplarsi comprendo. Polissena sacrificata alla tomba
di
Achille. Di già spento il terribile Achille, Già
rancesco Berni le sue scherzevoli poesie, da cui poi è venuto il nome
di
stile bernesco ; in questo hanno scritto il Crass
che ; in questo sono state tradotte da più autori le epistole eroiche
di
Ovidio, e in questo hà scritte le sue satire Vitt
ma della poesia italiana sono stati scritti in tal metro. Ogni stanza
di
questo metro costa di tre versi endecasillabi acc
na sono stati scritti in tal metro. Ogni stanza di questo metro costa
di
tre versi endecasillabi accentati sull’ottava,(1)
lui, che regna, Che forma il ben d’altrui col suo dolore Che il camin
di
giustizia un re disegna, E chi è chiamato a domin
fia punita, La mia severità porti la pena, Ed entrambi perdiam parte
di
vita. Ambi perdiamo un occhio, e in ciò la piena
ssersi chiamato Saffico questo metro, ohe or ora spiegheremo dal nome
di
Saffo Lesbia poetessa. Questa nella effervescenza
tabile a’ soli obietti teneri, compassionevoli, e funebri. Esso costa
di
quatro versi, tre endecasillabi, ed un quinario,
zo, ed il secondo col quarto. La legge poi, cui soggiace un tal metro
di
chiudere con sentenzioso quinario il pensiere svi
vorrei però, che da ciò sgomentati i giovani disperassero la fortuna
di
giungere a comporre un ode saffica senza difetti.
nza difetti. Se essi nel maneggiar questo metro avranno l’accuratezza
di
disporre nel secondo verso la sentenza del quarto
lle spoglie del Curiazio ucciso dal fratello. In mezzo a lieto stuol
di
più guerrieri Ritorna Orazio di tutt’armi cinto,
dal fratello. In mezzo a lieto stuol di più guerrieri Ritorna Orazio
di
tutt’armi cinto, E cantano il drappel tra’ carmi
tu spietato Mirar potesti gli ultimi momenti Di chi tanto amò : ed or
di
orgoglio armato I fasti ostendi ? Mirar potesti i
fier turbo schianta E perde nel cader beltà, colore, Così colei, che
di
pallor s’ammanta Allor sen muore. E in mezzo al s
ina croica La sestina croica, come la voce istessa l’addita, costa
di
sei versi eroici, de’ quali i primi quattro riman
due immediatamente fra loro. Un tal metro è trattabile in ogni sorte
di
argomento, ed in tutti conserva egualmente le sue
in queslo metro, specialmente nel comporre elogii a grandi Eroi prima
di
provarsi all’Ottava, ed al Sonetto. Eccone intant
ode, e palesar procura A consoli il vicino aspro cordoglio, Bruto più
di
ciascun geme in perigli Perchè son congiurati i d
gli fece tradur tutti in Senato ; Quindi feroce manifesta a quelli Il
di
già conosciuto empio attentato Tremon color con a
error trovar la scusa. Bruto esclama : Romani or che faremo Qual sarà
di
costor la giusta sorte ? Roma per essi fù al peri
ione io li condanno a morte, E perchè non si dolga alcun de’ rei Pria
di
tutti condanno i figli miei. Cada tanta empietà d
ffre cogli due ultimi reciprocamente obbligati la occasione più bella
di
poter con forte sentenza, quasi con colpo impreve
de’ provetti nell’arte. E qual giovanetto in vero può aver la fortuna
di
sollevar tant’alto il suo volo sichè possi non di
lo sichè possi non dico raggiungere, ma tenersi poco dietro alle orme
di
alcnne aquile generose, e specialmente de due tos
tendino pria a consumarsi nella lettura de’classici, e nell’esercizio
di
altri più facili metri, e poi con avvedutezza a d
a Cartagine.. Vista il saldo roman la patria afflitta Cerca destarle
di
virtù l’ardore Acciocchè ognun la sua costanza in
do il proprio scempio Nè giovarvi potrò se in Roma io resto Già carco
di
anni, onde al dovere adempio : Se in verde età vi
astruso pe’poveri compositori ! Questo terri bil metro è per consenso
di
tutt’i conoscitori dell’arte pressochè impraticab
ciola, ma bensì dell’ottava nel comporre quel bellissimo lavoro degno
di
tutti gli elogii, il lamento cioè di Maria a piè
rre quel bellissimo lavoro degno di tutti gli elogii, il lamento cioè
di
Maria a piè della Croce. Esesndo dunque si diffic
ste erbe tenere, Mentre il mio gregge Alcon conduce a pascere. Lascia
di
borbottar, saluta Venere, Che in si bella stagion
o, Che fremi ancor per la rubata pecora. Tit. Uranio mio possa morir
di
subito Quel Melibeo mascalzon ladrissimo, Che per
cchere Tanto gli fece, che sel seppe togliere, E sel condusse al suon
di
pive, e nacchere. Uran. Titiro mio non ci potrem
nzi a tutti con prestezza estranea Tolse una secchia, e un banghettin
di
sovero. Tit. Ma priache tutti noi mangia, e dìla
o i Greci poeti fù un giorno in gran pompa, e ben sappiamo nella gara
di
Omero, ed Esiodo ne’giuochi Olimpici sotto il reg
amo nella gara di Omero, ed Esiodo ne’giuochi Olimpici sotto il regno
di
Agide Spartano, che Omero quantunque il cantor di
pici sotto il regno di Agide Spartano, che Omero quantunque il cantor
di
Achille, il panegerista di Ulisse, e l’apologista
e Spartano, che Omero quantunque il cantor di Achille, il panegerista
di
Ulisse, e l’apologista della Grecia fù vinto da E
tro, se non perchè quegli a suo solito cantó gesta guerriere, e furor
di
battaglia, e questi cantò i piaceri della vita ca
or delle memorie antiche, volendo per vendetta satirizzare i Greci un
di
tanto esaltati scrisse Batriochomachia, ossia la
, delle rane, e dei gambari. Fin d’allora l’ode pastorale avvanzò più
di
credito, e Teocrito trasse per essa non pochi ono
chezze in Sicilia. Mancò l’Italia per più secoli della vera pastorale
di
Esiodo, e sebbene in tempi non tanto remoti sia s
pegno poscia si fù del celebre, ma immorale Cav. Gioambattista Marino
di
far ritornare la pastorale nelle antiche braccia
ambattista Marino di far ritornare la pastorale nelle antiche braccia
di
Esiodo. Due componimenti di tal natura a bella po
ornare la pastorale nelle antiche braccia di Esiodo. Due componimenti
di
tal natura a bella posta ei fece, uno per Lilla,
è le lavoravono a capriccio, non diedero perciò mai il perfetto ritmo
di
essa. Se però ben si rifletta questa è da dirsi l
da dirsi la vera tessitura dell’Esiodica pastorale. Costa ogni stanza
di
otto versi, de quali i primi quattro sono eroici
dolce l’aria rende, E si comincia a scior nevoso calle, Dolce il rio
di
andar si sforza Crepa il ramo la sua scorza, È me
hiarissimo Senatore Vincenzio da Filicaia. Tal componimento per legge
di
sua lunghezza deve contenere non meno di cinque,
. Tal componimento per legge di sua lunghezza deve contenere non meno
di
cinque, nè più di venti strofe composte di sette,
per legge di sua lunghezza deve contenere non meno di cinque, nè più
di
venti strofe composte di sette, otto, e più versi
za deve contenere non meno di cinque, nè più di venti strofe composte
di
sette, otto, e più versi Endecasillabi, e Settena
tte, otto, e più versi Endecasillabi, e Settenarii da rimarsi a genio
di
chi compone, meno che nella chiusura, dove la rim
e non prefiggere una norma invariabile della Canzone. Per la morte
di
Pio VII. Chi al pianto porgerà cotanta vena Onde
rà forza cotanta Perchè il pastore egregioChe volò dalla terra in sen
di
Dio, E come rammentare ogni suo pregio. Egli, che
tanto sudore, e tanta cura L’umil nave guidò nel salso impero ? Oh !
di
quanti tormenti, e quante cure Si caricò pietoso
o Per trar la greggia dal fatal periglio, E senza aver riposo Pretese
di
far suoi l’altrui tormenti, E oppresso, e desolat
non piegò la fronte ; Pari al signor, che per l’altrui delitti Sparse
di
sangue un fonte ; Tal’egli offre per tutti la sua
l’alta sua sorte ? Egli del tanto zelo Già trova il suo riposo in sen
di
Dio, E il premio al suo sudor si gode in Cielo.
a a nascosti scogli che temere ; tal mi son io, che giunto al termine
di
questo poetico trattato incontro pur di che ancor
son io, che giunto al termine di questo poetico trattato incontro pur
di
che ancor prudentemente temere, dovendo in quest’
insiem più difficoltosa dell’arte poetica, tradotta da Provenzali un
di
nel culto seno della bella Italia, del Sonetto io
schietta la sorte istessa della nobile medicina. Questa dopo aver un
di
meritato tempii ad Esculapio, monumenti ad Ippocr
vi è per limitata che sia, che non ardisce calzare lo stretto ceturno
di
Melpomene, ed adagiarsi sull’ invariabile letto d
letto del famoso Procuste, quasi che se non si avesse qualche sonetto
di
questi tali ne andrebbe, al dir del Menzini, il P
de’ diversi ritmi dell’ arte, e poi inoltrarsi pian piano al cimento
di
si ardua impresa. La celebre raccolta del carmeli
dissertazione dello stesso mentre fan chiaro conoscere la difficoltà
di
un tal componimento, confermano del pari, e non c
a primi conoscitori dell’ arte su tal punto, alle quali, perchè degne
di
esser lette, meditate, e ridotte all’ uso i miei
unicamente rimetto. La sola distribuzione della materia però (previa
di
già la unità del pensiere, la nobiltà dell’ argom
i già la unità del pensiere, la nobiltà dell’ argomento) degna sempre
di
riflessione in tutte le composizioni, e molto più
e di riflessione in tutte le composizioni, e molto più in questa, che
di
tutte è la più nobile mi spinge per un momento al
trattarla. Ci si sia adunque un’ occhiata. Sull’ ordinaria estensione
di
quattordici versi eroici divisi in due quartine,
bisogna, che ogni parte del Sonetto contenghi una proporzionata dose
di
materia. Ragion dunque vuole, che la prima quarti
lo risulti il Sonetto, essa in particolar modo occupar deve l’ingegno
di
chi compona ; mentre il Sonetto, al pari d’un tor
etto, al pari d’un torrente, che vicino alla foce porta maggior copia
di
acque, nell’ avvicinarsi al suo termine deve fini
mato il principale loro scopo. Può darsi in vero chiusura più bella o
di
questa del Petrarca. « Poco manco che io non rest
questa del Petrarca. « Poco manco che io non restassi in Cielo » « o
di
questa del Frugoni : Ecco in un pugno il vincitor
o di questa del Frugoni : Ecco in un pugno il vincitor del Mondo » o
di
questa del Zappi : « Qualche nuovo sospirio impar
ondo » o di questa del Zappi : « Qualche nuovo sospirio imparerai » o
di
questa del Tasso : « Ch’io son dagli anni, e da f
questa del Tasso : « Ch’io son dagli anni, e da fortuna oppresso » o
di
questa del Bentivoglio : « Del gran Titiro mio so
di questa del Bentivoglio : « Del gran Titiro mio sol mi contento » o
di
questa del Maggi : « Passò l’onda villana, e non
o » o di questa del Maggi : « Passò l’onda villana, e non rispose » o
di
mille altri sonetti, e mille altri autori, che pe
ecchiar si deve chiunque ama comparir nel Sonetto. Inoltre tre specie
di
Sonetti la poetica arte ravvisa, l’ Eroico cioè,
il secondo verso porge la rima all’ altro ternario. Questa legge però
di
rimare in tal guisa non è stata sempre la stessa
piar le altrui fatiche, così mi conviene fare ancora in questa specie
di
componimento, tutto che sappia, che i miei Sonett
ura Superbamente al mesto auriga impone, Che dia feroce ai suoi caval
di
sprone, E il corpo al genitor schiacciar procura
’uomo, che mascherando ognor si và Mostra, che ragionevole non è, Chi
di
farsi temer timor non hà Sotto maschera mai non s
’ascondè. Ma chi la conoscenza altrui non dà Perchè forse talor mancò
di
fè Le sembianze d’altrui le sue ne fà Col soccors
ta asprezza Tutta schiusa era più bella Oltre le tre divisate specie
di
Sonetti, molti altri di diverse foggia ancor vi s
a era più bella Oltre le tre divisate specie di Sonetti, molti altri
di
diverse foggia ancor vi sarebbero, come gli acros
li, i Bisticciati ec. ma lasciando da parte queste stentate freddure,
di
due soltanto più necessarii a sapersi farò brevem
fine aggiungerò una norma del Sonetto a rime obbligate. I. Il Sonetto
di
risposta altro non è che il riscontro dato a qual
l’aspetto. Sul limitar tengo un erboso letto Che ameno l’ombra il fa
di
qualche canna, Vieni, che il fido amice non t’ing
pomi, castagne hò ancor nel tetto. Colà la tua zampogna suonerai, Al
di
cui suono unendo il canto mio Godrò dolce piacere
etta, e se verrai Per gioia un’ agnellin svenar vogl’ io. Risposta
di
Melibeo. Caro Titiro mio la greggia aspetto, E d
mio ovil solo l’aspetto. Dopo gli affar mi pince andarne al letto, Nè
di
zampogna più toccar la canna ; Che lo stravizzo n
spettivi Quartetti, e Ter zine si ripete il verso usato nel principio
di
quelli, e di queste ; sichè in vece di quattordic
tetti, e Ter zine si ripete il verso usato nel principio di quelli, e
di
queste ; sichè in vece di quattordici versi ne av
e il verso usato nel principio di quelli, e di queste ; sichè in vece
di
quattordici versi ne avrà un tal Sonetto quattro
e ; sichè in vece di quattordici versi ne avrà un tal Sonetto quattro
di
più, non però sgarbatamente aggiunti, ma convenev
amente aggiunti, ma convenevolmente tradotti dal corpo istesso, affin
di
aggiungergli maggior robustezza, ed energia. Tal
senza corte ; Hai vinto hai vinto mia perversa sorte ; Ma colui, che
di
me volle lo scherno Vedrà che puote il mio crudel
rudel furore, Avrà il mio spirto per compagno eterno Quel crudel, che
di
me volle lo scherno. Fin che compagno del mio lun
, o per facilitarne vieppiù l’impresa ; mentre il poeta allora invece
di
dividere il pensiero all’ obietto insieme, ed all
destin tiranno, Tiranno Vado a perir nella deserta arena, Arena Veggo
di
sorte lo spietato inganno ; Inganno Chè il Ciel c
Arena Veggo di sorte lo spietato inganno ; Inganno Chè il Ciel contro
di
me tuona, e balena. Balena Come per me il favor c
tura de’ componenti suoi membri ; chiaro ognuno scorge come avendo io
di
essa, e d’ogni sua parte sufficientemente ragiona
precedente trattato della poesia toscana, nella circostanza non sono
di
formar di quest’ ultima parte sacra alle muse lat
e trattato della poesia toscana, nella circostanza non sono di formar
di
quest’ ultima parte sacra alle muse latine un dis
a ben considerare, come fin dal principio dell’ operetta esposi, come
di
appendice, e soggiunta della precedente. Ragionat
uisa il mio giudizio efformato sù tal proposito, non sarà a chi siasi
di
maraviglia se con affrettato passo percorrer mi v
rio componimento si efforma, esempliflcando la speculativa conoscenza
di
ciascuna di esse con una strofa pratica da me ste
ento si efforma, esempliflcando la speculativa conoscenza di ciascuna
di
esse con una strofa pratica da me stesso bassamen
rofa pratica da me stesso bassamente lavorata a tenore della capacità
di
qualunque siasi ingegno. Cap. I. De’ piedi, l
I. De’ piedi, lor nome, e valore. Siccome il verso toscano costa
di
sillabe, cosí di piedi è composto il latino ; e c
or nome, e valore. Siccome il verso toscano costa di sillabe, cosí
di
piedi è composto il latino ; e come per la dispos
e, cosí di piedi è composto il latino ; e come per la disposta unione
di
quelle camina il primo con allettante armonia, co
lle camina il primo con allettante armonia, così per l’ordinato misto
di
questi sonoro si rende il secondo. Dalla varietà
e il secondo. Dalla varietà però della nomenclatura de’ piedi parlano
di
essi alcuni Grammatici in modo di annoiare la noi
ella nomenclatura de’ piedi parlano di essi alcuni Grammatici in modo
di
annoiare la noia istessa, colla mira soltanto, a
modo di annoiare la noia istessa, colla mira soltanto, a mio credere,
di
caricar la memoria senza frutto. Sembrandomi quin
emoria senza frutto. Sembrandomi quindi necessaria la sola cognizione
di
quelli, che entrono nella costruzione de’versi pi
li, che entrono nella costruzione de’versi più comunemente praticati,
di
essi soli perciò passo a far brevemente parola. Q
essi soli perciò passo a far brevemente parola. Questi sono sei, tre
di
due sillabe, cioè lo Spondeo, il Trocheo, ed il G
due sillabe, cioè lo Spondeo, il Trocheo, ed il Giambo, tre altri poi
di
tre, cioè il Tribraco, il Dattilo, e l’Anapesto.
oi di tre, cioè il Tribraco, il Dattilo, e l’Anapesto. I. Lo spondeo,
di
cui un di per la sua gravità facevasi grand’uso n
cioè il Tribraco, il Dattilo, e l’Anapesto. I. Lo spondeo, di cui un
di
per la sua gravità facevasi grand’uso ne’ sacrifi
uso ne’ sacrificii, come la etimologia istessa l’ adombra, è composte
di
due sillabe amendue lunghe, come Fortes, Terrent,
or da Cic. Corco adoperato dagli antichi nelle cantate a danze, costa
di
due sillabe differenti nella lor quantità, d’una
e scorgesi dagli stessi componenti, onde risulta tal voce, è composto
di
tre sillabe brevi nella lor quantità, come Domine
oico, perchè atto a descrivere le grandiose imprese degli Eroi, costa
di
tre sillabe, delle quali la sola prima è lunga, c
brevi, ed una lunga, come Trepidant, Populi, Timidi ec. Qui però pria
di
passar oltre fa di mestieri avvertire, che una si
, come Trepidant, Populi, Timidi ec. Qui però pria di passar oltre fa
di
mestieri avvertire, che una sillaba benchè sia br
mandus. Cap. II. Del verso e delle differenti Quell’aggregato
di
più piedi, che costituisce quell’armoniaca tessit
in rapporto al numero, ed al valore de’ suoi componenti cangia sempre
di
aspetto, così apre il campo a mille versi distint
ll’ Esametro.ABC. L’esametro, come la voce istessa disegna, costa
di
sei piedi in parte Dattili, ed in parte Spondei.
i, ed in parte Spondei. Esso ne’ primi quattro piedi offre l’arbitrio
di
usare questi, o quelli secondo il genio dell’auto
onninamente il Dattilo, come nel sesto piede lo Spondeo, nè l’esempio
di
qualche Spondiaco, o Dattilico Esametro, che raro
la) o dopo il secondo piede, o dopo il primo, ed il terzo in mancanza
di
quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con p
po il primo, ed il terzo in mancanza di quella. Abbiasi ancor la cura
di
terminarlo con parole di tre, o di due sillabe, m
in mancanza di quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con parole
di
tre, o di due sillabe, mai però col monosillabo,
a di quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con parole di tre, o
di
due sillabe, mai però col monosillabo, eccetto so
tanto qualora sia incorporato colla parola precedente, come in questo
di
Virg. Ec. 2. 70. Semiputata tibi frondosa vitis i
Esametro si riducono altri versi differenti, e questi sino al numero
di
sette, cioè il Pentametro, l’ Archilochio, il Fer
ri innominati. I. Il Pentametro costa, secondo indica la stessa voce,
di
cinque piedi, cioè d’un Dattilo libero, d’uno Spo
ilo libero, d’uno Spondeo similmente libero, d’uno Spondeo forzoso, e
di
due Anapesti anch’essi forzosi, benchè per altro
1. Eleg. 1. II. L’ Archilochio detto da Archiloco suo inventore costa
di
due Dattili, ed una cesura, come : Flumina praetc
re carinae. Or. lib. 1. Od. 14. IV. L’ Adonio così nominato da Adone,
di
cui in onor si cantava, ha un dattilo, ed uno Spo
come : Nomen imago. Or. lib. 1. Od. 12. V. L’ Innominato primo costa
di
tre dattili, ed una cesura, come : Munera, laetit
de’ piedi prende diverso il suo nome, sicchè dicesi Dimetro se costa
di
quattro piedi, come : Nivesque dedducunt Iovem. O
regno fidit, et magna potens. Sen. in Troad. Tetametro se si compone
di
otto : Pecuniam in loco negligere maxumum interdu
I Dimetri soli perche più brevi hanno conservata per metà l’antichià
di
lor composizione, mentre il solo Spondee con ben
me Ignotus moritur sibi. Sèn in Thyest. II. L’ Asclepiadeo è composto
di
uno spondeo, d’un dattilo seguito da cesura, e du
osta d’uno Spondeo, d’un Dattilo, d’un altro Spondeo d’un Anapesto, e
di
due dattili, come : Seu plures hiemes, seu tribui
delle composizioni lavorate ad un sol torno, cioé con una sola specie
di
versi dette Carmen Monocolon, prendo unicamente d
on una sola specie di versi dette Carmen Monocolon, prendo unicamente
di
veduta le diverse maniere di comporre risultanti
ette Carmen Monocolon, prendo unicamente di veduta le diverse maniere
di
comporre risultanti dalla diversità della Versifi
della Versificazione riconosciute egualmente da Greci sotto le divise
di
Carmen Policolon. Qualunque intanto esse siano ne
maniere si possono ordinariamente ridurre. La 1. abbraccia le strofe
di
due versi di duplice specie, chiamate Dicolon Dis
ossono ordinariamente ridurre. La 1. abbraccia le strofe di due versi
di
duplice specie, chiamate Dicolon Distrophon. La 2
uplice specie, chiamate Dicolon Distrophon. La 2. Comprende le strofe
di
quattro versi di sole due specie, nominate Dicolo
iamate Dicolon Distrophon. La 2. Comprende le strofe di quattro versi
di
sole due specie, nominate Dicolon Tetrastrophon.
due specie, nominate Dicolon Tetrastrophon. La 3. riguarda le strofe
di
tre versi di triplice differente natura, detta Tr
nominate Dicolon Tetrastrophon. La 3. riguarda le strofe di tre versi
di
triplice differente natura, detta Tricolon Tristr
a, detta Tricolon Tristrophon. L’ultima finalmente contiene le strofe
di
quattro versi di tre specie chiamate Tricolon Tet
Tristrophon. L’ultima finalmente contiene le strofe di quattro versi
di
tre specie chiamate Tricolon Tetrastrophon, voci,
ci, che ho dovuto apporre per non imbrogliare i giovani nella lettura
di
questo, e di altri libri, ove generalmente si tro
vuto apporre per non imbrogliare i giovani nella lettura di questo, e
di
altri libri, ove generalmente si trovavano. Facci
libri, ove generalmente si trovavano. Facciamoci impertanto all’esame
di
tutte queste cose Articolo I. Delle strofe d
pertanto all’esame di tutte queste cose Articolo I. Delle strofe
di
due versi di doppia specie. Le strofe, che co
esame di tutte queste cose Articolo I. Delle strofe di due versi
di
doppia specie. Le strofe, che comprendono due
due versi di doppia specie. Le strofe, che comprendono due versi
di
differente natura sono d’una moltiplice varietà ;
mprende un’ Esametro, ed un verso composto degli ultimi quattro piedi
di
esso, come. Ut colubrum vitare decet scelus omne
triumphat hostibus. VII. La settimana accoppia un Dimetro manchevole
di
una sillaba in principio con un Trimetro manchevo
vole di una sillaba in principio con un Trimetro manchevole anch’esso
di
una, ma nella fine, come. Unicus Dei timo Potest
aegre Musas amabit gratiam petentes. Articolo II. Delle strofe
di
quattro versi di doppia specie. Di una doppia
t gratiam petentes. Articolo II. Delle strofe di quattro versi
di
doppia specie. Di una doppia varietà sono le
totum voluit subesse Ductus amore. Articolo III. Delle strofe
di
tre nersi di triplice specie. Un sol componim
subesse Ductus amore. Articolo III. Delle strofe di tre nersi
di
triplice specie. Un sol componimento trovasi
et auvilium Dum vivit exul patriae. Articolo IV. Delle strofe
di
quattro versi di tre sorti. Tutti i componime
vivit exul patriae. Articolo IV. Delle strofe di quattro versi
di
tre sorti. Tutti i componimenti appartenenti
ro versi di tre sorti. Tutti i componimenti appartenenti a poesie
di
tal natura dividonsi in due specie. I. La prima c
tal natura dividonsi in due specie. I. La prima consiste nell’ unione
di
due Asclepiadei, d’un Ferecrazio, e d’un Gligonio
nda, che vedesi più campeggiare in Orazio, perche la più bella, costa
di
due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più
rche la più bella, costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba
di
più in fine, e di un Alcaico minore, come Divina
costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più in fine, e
di
un Alcaico minore, come Divina virtus candida pu
critti tutti i più praticati metri della poesia latina. La cognizione
di
questi però poco giova, se dietro lunga lettura n
, ed all’uso. Quindi per invogliare i Giovanetti a tale impresa, pria
di
sottrarre il libro alla penna penso apporre un in
ogia. Imperocchè a nostra edificazione possiam ravvisare a qual segno
di
stravagante follia possono esser menati i mortali
ati i mortali, qualor ciechi non sieguono i belli lumi della ragione,
di
cui, quasi di sicura guida per ben oprare, arricc
qualor ciechi non sieguono i belli lumi della ragione, di cui, quasi
di
sicura guida per ben oprare, arricchiti vennero g
io. (2). Nino re degli Assirii falsamente da alcuni creduto fondator
di
Ninive, laddove di essa fù conquistatore sol, ed
egli Assirii falsamente da alcuni creduto fondator di Ninive, laddove
di
essa fù conquistatore sol, ed amplificatore, vien
rò non mi è sembrata a sufficienza probabile, tra perchè da tal fatto
di
Cleric. Ind. Ist. De’Filos Orient. Nino sol si pu
i più distinti, tra perchè la idolatria è assai più rimota dell’epoca
di
Nino. Læt. Lib. 2 de fals. Rel. (3). Sebbene più
ella idolatria, non è però mio pensiere con ciò rigettare la opinione
di
molti orientali Scrittori, i quali pretendono, ch
ria sia nata nel seno degli stessi Antidiluviani, perchè degli uomini
di
quel tempo sfrenati nelle licenze dei disordini a
sulla origine della idolatria istessa riprovar non intesi o il parere
di
chi la vuole discesa dalla introduzione de’due pr
a dalla introduzione de’due principii buono, e cattivo, o la sentenza
di
chi ne ascrive la cagione al timore, giusta quel
vo, o la sentenza di chi ne ascrive la cagione al timore, giusta quel
di
Lucrezio : Lucr. de reb. Nat. L. V. Primus in Orb
dell’ uomo, non che a’ dodici Mesi dell’ anno, così credevasi il mese
di
Gennaro esser consagrato alla cura di Giunone, Fe
l’ anno, così credevasi il mese di Gennaro esser consagrato alla cura
di
Giunone, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a que
se di Gennaro esser consagrato alla cura di Giunone, Febraro a quella
di
Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quel
ato alla cura di Giunone, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a quella
di
Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quel
braro a quella di Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella
di
Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a quell
Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quella
di
Apollo, Giugno a quella di Mercurio, Luglio a Gio
Aprile a quella di Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a quella
di
Mercurio, Luglio a Giove, Agosto a Cerere, Settem
ati nella lettura de’sacri libri, perciò hò creduto pregio dell’opera
di
tratto in tratto apporre alcune note, che serviss
l’opera di tratto in tratto apporre alcune note, che servissero, come
di
lumi a molti luoghi della sacra Scrittura, e così
lor cuore un bel genio a studio così interessante. La favola adunque
di
questi mostri superbi insorti contro Giove sembra
rcarono muover guerra al cielo, e per ciò estinti per giusto giudizio
di
Dio, come di tratto in tratto al par di essi legg
r guerra al cielo, e per ciò estinti per giusto giudizio di Dio, come
di
tratto in tratto al par di essi leggiam conquisi
ò estinti per giusto giudizio di Dio, come di tratto in tratto al par
di
essi leggiam conquisi altri Teomachi, e sprezzato
s , e come un dì dovrà avvenire al Corifeo de’Teomachi l’Anticristo ;
di
cui sta scritto nella seconda a Tassalonicesi. 2.
si Gigantes opposuerunt se illi. Sue azioni. (1). I poeti tenuti un
di
quai riformatori della falsa loro religione, benc
prudenza, e cautela però si condottareno nel descrivere le galanterie
di
Giove, di Mercurio, di Venere ecc. Essi ben cenos
e cautela però si condottareno nel descrivere le galanterie di Giove,
di
Mercurio, di Venere ecc. Essi ben cenoscendo non
ò si condottareno nel descrivere le galanterie di Giove, di Mercurio,
di
Venere ecc. Essi ben cenoscendo non potere i loro
ra, fingevano mille metamorfisi, ed esprimevano le lero deità co’nomi
di
quadrupedi, di volatili ecc. per colorire in tal
ille metamorfisi, ed esprimevano le lero deità co’nomi di quadrupedi,
di
volatili ecc. per colorire in tal modo le deturpa
iunque lasciasi predominar dall’appetito sensitivo non merita il nome
di
uome, ma di bestia, cui sol è più connaturale, e
asi predominar dall’appetito sensitivo non merita il nome di uome, ma
di
bestia, cui sol è più connaturale, e propria una
l volto, le sue maniere molto dolci, ed attrattive, I luminosi tratti
di
sua beneficenza, e liberalità gli meritarono un t
e. Suo ritratto. Suo culto. Chi fù Nettuno (1). Parlando i Mitologi
di
questo Dio del mare, fan parola ancor delle Siren
i donzelle nella parte superiore, terminando la inferiore in due codi
di
pesce, abitanti sugli scogli lungo la Sicilia. Pr
in due codi di pesce, abitanti sugli scogli lungo la Sicilia. Proprio
di
esse si era addormentare col canto i miseri passa
i, ed amare querele delle abbandonate Sirene può spiegarsi quel detto
di
Giobbe, d’aver egli piante le sue disgrazie trava
ndo allegoria da alcuni solitarii uccelli delle Indie chiamati al dir
di
Plinio le Sirene. Nel senso morale però molti non
molti non senza fondamento per le dette Sirene intendono alcune donne
di
depravati costumi, che dimorando nelle vicinanze
tesa cou Minerva. 2. Questo Cavallo perchè sorto per arte miracolosa
di
Nettuno fù tenuto pel principe fra destrieri dist
terrestri. Suo ritratto (1). Tritone propriamente parlando fù figlio
di
Nettuno, ed Anfitride, e pur Celeno, come piace a
metà uomo, e metà Delfino, il quale perchè fù il principal Trombetta
di
Nettuno suo padre, fece si, che tutti quei mostri
ere, e molto più in rapporto al legnaggio godeva ancora in preferenza
di
altri Tritoni la facoltà di calmare le suscitate
al legnaggio godeva ancora in preferenza di altri Tritoni la facoltà
di
calmare le suscitate tempeste, semprecche ne veni
lmare le suscitate tempeste, semprecche ne veniva implorato, e perciò
di
lui facevasi comunemente gran conto. Sue feste. C
i, secondo Euripide afferma, figli del gran gigante Polifemo figliuol
di
Nettuno. I principali fra essi furono Bronte, Ste
esto immaginario lor Nume la stessa abilità, e professione del figlio
di
Lamech, e di Sella Tubalcain, di cui parlando la
rio lor Nume la stessa abilità, e professione del figlio di Lamech, e
di
Sella Tubalcain, di cui parlando la Scrittura dic
sa abilità, e professione del figlio di Lamech, e di Sella Tubalcain,
di
cui parlando la Scrittura dice Genes. 4. 22. Sell
e la sua sorella Noema, cui comunemente si attribuisce, la invenzione
di
filare, e tessere, da essi fù riconosciuta sotto
nvenzione di filare, e tessere, da essi fù riconosciuta sotto il nome
di
Nemanun, ossia Minerva. Sua qualità. Suoi nomi. S
n tal giudicato trattavano le cause de’ loro clienti. Essi sotto pena
di
non essere ascoltati doveano con nuda schiettezza
i doveano con nuda schiettezza, e semplicità esporre i loro argomenti
di
difesa, acciò in tal modo que’ giudici, lungi il
rgomenti di difesa, acciò in tal modo que’ giudici, lungi il pericolo
di
essere allettati dalla vaga pompa di artificiosi
que’ giudici, lungi il pericolo di essere allettati dalla vaga pompa
di
artificiosi ornamenti potevano con giudizio non p
iglio, ed insinuazione della Dea Egeria chiesto avea a Giove un pegno
di
salute, ed un monumento di perpetuità dell’impero
a Dea Egeria chiesto avea a Giove un pegno di salute, ed un monumento
di
perpetuità dell’impero Romano, nè molto tardò Gio
li un giorno con suo piacere scender dal cielo uno scintillante scudo
di
rotonda figura inviatogli da Giove in segno del c
iove in segno del conceduto favore. Allora il religioso re in memoria
di
tal beneficio istitui il nobil collegio de’ detti
a ordinanza da un certo Mamurio. Tali sacerdoti poi giunte le calende
di
Marzo preceduti dal principale fra essi portavano
detti scudi, detti Ancili, con festoso apparato, e quindi con cantici
di
lode, e con salti d’allegrezza, detti perciò Sali
con salti d’allegrezza, detti perciò Salii, celebravano la sollennità
di
quel giorno in onor di Marte, giusta la costituzi
detti perciò Salii, celebravano la sollennità di quel giorno in onor
di
Marte, giusta la costituzione ricevuta dal religi
al religioso Numa. Sue vittime Chi fù Mercurio. (1). Da questo fatto
di
Mercurio poppato da Giunone rapiti oltremodo gl’a
dalla bocca dell’infante Nume distaccatosi per un momento dalle poppe
di
sua nutrice Giuuone. Folle pensiore ! Sue prodezz
Sue prodezze. Suo ritratto. (1). Da ben molte delle divisate qualità
di
Mercurio possiam noi ravvisare perchè l’apostolo
fondità, e facondia nel dire chi fra tutti i banditori del vangelo fù
di
Paolo più sublime per la cognizione delle cose ce
lo fù di Paolo più sublime per la cognizione delle cose celesti ? Chi
di
esso più eloquente nel perorare ? L’attesta la st
e ? L’attesta la stessa controversia agitata fra gl’Etnici al riferir
di
S. Gio : Crisost : Hom : 3. Se doveasi cioè il de
l gran capitale delle sue cognizioni. Che poi sia stato a somiglianza
di
Mercurio vero legato, e nunzio di pace fra Dio, e
ni. Che poi sia stato a somiglianza di Mercurio vero legato, e nunzio
di
pace fra Dio, e gl’ uomini, Cristo, ed i fedeli n
s, obsecramus pro Christo reconciliamini Deo ? Che finalmente meglio
di
Mercurio abbia richiamato le anime dalla morte et
bene semplici furono nel nascere della Idolatria, pur coll’ avanzarsi
di
essa comparvero cosi splendidi, e vistosi, così r
’ avanzarsi di essa comparvero cosi splendidi, e vistosi, così ricchi
di
cifre, ed iscrizioni, che hanno attirato il genio
cchi di cifre, ed iscrizioni, che hanno attirato il genio, e la penna
di
non pochi nell’ esser decantati, e descritti. Qui
imi lustri vivevano nell’Egitto, del tutto proibì farsi i suoi altari
di
lavorate pietre : Quod si altare lapideum feceris
tis lapidibus. Che se tal legge del patto antico oggi per istituzione
di
Silvestro papa è del tutto abolita, ciò avvenne s
imparino essi la lor fermezza, e costanza nel servizio Divino ad onta
di
qualunque avversità, ed ostacolo. Chi fù Apollo.
rmata Dafne adornò le sue tempia, e la lira delle verdeggianti foglie
di
quello, e volle altresì, che i suoi virgulti serv
nti foglie di quello, e volle altresì, che i suoi virgulti servissero
di
corona a quanti distinguevansi nell’ arte poetica
rcosse caddero nel Campidoglio, e si disfecero, come riferisce Dione,
di
cui fu menzione Filostr. in Tyan : I, Hist. così
di cui fu menzione Filostr. in Tyan : I, Hist. così il famoso oracolo
di
Apollo colpito anche esso restò muto, e di tal si
st. così il famoso oracolo di Apollo colpito anche esso restò muto, e
di
tal silenzio lo stosso Demonio rese la ragione di
rizione, che nel i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose voci
di
questa Dea recatasi da Eolo per ajuto, non che de
mi. Suoi sacrificii. (1). Molti scrittori servendosi nel senso largo
di
questa parola chiamano sacrificii eleusini tutti
ed altri luoghi secreti celebravansi da gentili, soprattutto in tempo
di
notte, non sò se per onorar più raccolti i loro D
più raccolti i loro Dei, o per attendere più sfrontati ad ogni sorta
di
oscenità degne per altro da tacersi, come consigl
positionis ipsius contaminationibus polluamur. Quali sacrificii pieni
di
abominazioni riprende, e condanna in più luoghi I
preci degl’antichi fedeli, nonchè calunniar per pagana la vera Chiesa
di
Cristo. Chi fù Vesta, Suo ossequio e culto. (1).
Il venerando cellegio delle vergini dette Vestali dal nome della Dea,
di
cui avevano la cura, che che altri si dicano, fù
altri si dicano, fù istituito, come sopra hò detto, da Numa al numero
di
quattre, prodotto quindi a sei d al quinte Re Tar
conservavasi in questo tempio dicesi essere stato lo stesso Palladio
di
Troja, il quale sebbene fosse stato rapilo de Gre
bbene fosse stato rapilo de Greci, ed altronde recato, pure per mezzo
di
Diomede di bel nuovo pervennc nelle mani del Troj
stato rapilo de Greci, ed altronde recato, pure per mezzo di Diomede
di
bel nuovo pervennc nelle mani del Trojano Enea, i
potere de’ Romani, i quali vollero che si conservasse nel gran tempio
di
Numa con tanta gelosia, che solamente la Sacerdot
ducit vittata Sacerdos, Troimam soli cui fas vidisse Minervam. Modo
di
eleggersi le Vestali Castighi, e privilegii delle
generazione del Verbo Eterno dal Padre, fabbricarono i Poeti, al dir
di
più dotti Scrittori, la prodigiosa nascita di Min
icarono i Poeti, al dir di più dotti Scrittori, la prodigiosa nascita
di
Minerva da Giove ; concepir però non potendo i pr
fuori. Sue vendette. Suoi nomi. Suo ritratto. (1). Questa Civetta,
di
cui fù amante Minerva fù la Principessa Nittimene
tene qualora imprese a deridere gli Ateniesi per la ricevuta ingiuria
di
audarne in bando prese a dire, che Minerva si com
ingiuria di audarne in bando prese a dire, che Minerva si compiaceva
di
tre bestie più villane, del Serpente cioè, della
da questi fatti forse prese occasione, e corraggio il superbo Antioco
di
portarsi al tempio di Nanea, ossia Venere, come p
prese occasione, e corraggio il superbo Antioco di portarsi al tempio
di
Nanea, ossia Venere, come piace a molti Commentat
tempio di Nanea, ossia Venere, come piace a molti Commentatori, a fin
di
contrarre matrimonio con essa, e riceversi a’ tit
tatori, a fin di contrarre matrimonio con essa, e riceversi a’ titolo
di
dote gran denaro, che quivi trovavasi raccolte :
one pagò il fio del suo attentato per mano degl’ingannatori Sacerdoti
di
quel tempio, che percossolo con pietre lo fecero
serunt membratim. Suo ritratto. Suoi nomi. Sue culto. (1). Non fuor
di
ragione fù l’amor di Venere per la colomba in pre
o ritratto. Suoi nomi. Sue culto. (1). Non fuor di ragione fù l’amor
di
Venere per la colomba in preferenza d’ogni altro
ie sempre rammentavale il fatto del suo caro Adone, che punto in atto
di
coglierla diè alla naturale sua bianchezza col sa
che essa la Regina de’fieri vistosamente si gode. (1). La conescenza
di
questi sagrilegi riti presso de’gentili largament
i ci fa ben intendere perchè Iddio con chiare formole proibi a Giudei
di
imitare le costumanze indegne de’vicini Fenici, o
proibi a Giudei di imitare le costumanze indegne de’vicini Fenici, o
di
altre nazioni non molto lontane da essi nella sac
in domo domiui Dei tui. E qual abominazione in vero potrebbe pensarsi
di
questa più nefanda ? Ne conobbe lo stesso Severo
endette. Suo potere e suoi nomi. Suo ritratto. (1). Dalla cognizione
di
Diana vergine armata meglio assai delle altre Dee
sai delle altre Dee prese occasione S. Girolamo scrivendo a Principia
di
dire, che la Verginità sempre porta seco la spada
a natura finse casto esso è l’Ape, ma chi ignora esser questo fornito
di
squame, e di aculeo ? Se avvi fra fiori chi è il
e casto esso è l’Ape, ma chi ignora esser questo fornito di squame, e
di
aculeo ? Se avvi fra fiori chi è il simbolo della
a illibata castità esso appunto è il giglio, ma però questo si pregia
di
spuntare, e vivere fra le spine, onde esser da es
l pudore essa non vanti in sua difesa. Suoi tempii. (1). Per cagione
di
alcune oblazioni di argento, che presentavansi in
nti in sua difesa. Suoi tempii. (1). Per cagione di alcune oblazioni
di
argento, che presentavansi in questo gran tempio
oblazioni di argento, che presentavansi in questo gran tempio in onor
di
Diana, di cui il culto abolito voleva S. Paolo eb
di argento, che presentavansi in questo gran tempio in onor di Diana,
di
cui il culto abolito voleva S. Paolo ebbe questi
cui il culto abolito voleva S. Paolo ebbe questi a sostenere il peso
di
una forte sedizione contro di esso sollevata dagl
. Paolo ebbe questi a sostenere il peso di una forte sedizione contro
di
esso sollevata dagli orefici, e soprattutto da De
ti piccoli tabernacoli, in cui custodivansi le imagini della gran Dea
di
quel tempio, benchè non manchi chi le vuole tavol
non manchi chi le vuole tavolette, o simulacri, che in atteggiamento
di
voti sciolti sospendevasi in quel tempio seguendo
vota. Chi fù il Destino. (1). Qui vorrei però che a qualche giovane
di
bizzarro ingegno in pensare alla infallibile immu
mperocchè non essendo il nostro Dio il cieco Dio de’ Gentili, gl’atti
di
sua prescienza puramente speculativa, e conseguen
l’impegno presso dell’uomo uno dei mezzi previsi, chi può fare ammeno
di
metterlo ? fuor di senno invero si direbbe un agr
ll’uomo uno dei mezzi previsi, chi può fare ammeno di metterlo ? fuor
di
senno invero si direbbe un agricoltore, un’ ammal
enza, disperato indietro si buttasse ogni mezzo ? E desiste mai forse
di
tentare saranno tuttocchè sappia dover avvenire l
norma della Divina prescienza ? del resto non potendo io senza taccia
di
temerità da Mitologo semplice farmi gran Teologo
ssi da un oracolo per sapere cosa egli rispondesse. La intenzione era
di
schernirlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che qu
io a tal giovane, o a chiunque mi interrogasse, che ha preveduto Dio
di
me ? L’eterna salute, o l’interminabil ruina ? Ha
de’ Gentili fosse stato il Noè della Genesi assai plausibile in forza
di
molti argomenti l’ ha dimostrato il Boccardo. Ecc
l’ ha dimostrato il Boccardo. Eccone i principali. Quegli stessi nomi
di
uomo di braccia, uomo di sangue, uomo di armenti,
mostrato il Boccardo. Eccone i principali. Quegli stessi nomi di uomo
di
braccia, uomo di sangue, uomo di armenti, ec. che
rdo. Eccone i principali. Quegli stessi nomi di uomo di braccia, uomo
di
sangue, uomo di armenti, ec. che diedero le genti
incipali. Quegli stessi nomi di uomo di braccia, uomo di sangue, uomo
di
armenti, ec. che diedero le genti a Saturno, queg
Idolo degli Ammoniti, che secondo la tradizione degl’ Ebrei pascevasi
di
si barbare offerte ; per cui nel Levitico al 18 s
och ne polluas nomen Domini. Suo ritratto. (1). Si barbaro costume
di
sacrificare invalse non solo presso i Galli, de’
facta. Sue feste. Chi fù Giano. (1). Nell’ esporre la discendenza
di
questo Dio hò creduto meglio seguire la opinione
re la discendenza di questo Dio hò creduto meglio seguire la opinione
di
chi lo vuole figlio di Creusa adottato però dal d
esto Dio hò creduto meglio seguire la opinione di chi lo vuole figlio
di
Creusa adottato però dal detto Sifeo, che il pare
lo vuole figlio di Creusa adottato però dal detto Sifeo, che il parer
di
chi il dice figlio del Cielo, e di Ecate, perchè
però dal detto Sifeo, che il parer di chi il dice figlio del Cielo, e
di
Ecate, perchè sotto questa seconda divisa chiaro
avvenne ? Sue imprese. Suo ritratto. (1). Qui vorrei, che la chiave
di
Giano detta comunemente chiave di prudenza non si
to. (1). Qui vorrei, che la chiave di Giano detta comunemente chiave
di
prudenza non si lasciasse da giovani a seder ozio
si lasciasse da giovani a seder oziosa nelle mani d’un tal Nume ; ma
di
essa si servissero di sicura guida negli affari.
ni a seder oziosa nelle mani d’un tal Nume ; ma di essa si servissero
di
sicura guida negli affari. E qual cosa più vantag
ilippo, che in più circostanze dimostrò più gloriarsi della prudenza,
di
cui servivasi a conciliare gl’ animi vertiginosi,
Chi fù Genio. (1). Se nient’altro fosse vero in rapporto alla forza
di
questo Dio, i soli sacri esempii delle sventure d
apporto alla forza di questo Dio, i soli sacri esempii delle sventure
di
un Sichem per cagion di Dina Gen. 34. d’un Sanson
esto Dio, i soli sacri esempii delle sventure di un Sichem per cagion
di
Dina Gen. 34. d’un Sansone per Dalila ludic. 16.
tralti. Suo ritratto. (1). Bella è la descrizione, che dell’effigie
di
queste Dio efforma Properzio al terzo. Quicumque
na delineò nella sua Gerusalemme il Tasso, in cui dopo aver descritto
di
quel Nume lo scettro, la fronte, le corna così qu
petto Terrore accresce, e più superbo il rende Rosseggian gl’occhi, e
di
veneno infetto Come infausta cometa il guardo spl
di veneno infetto Come infausta cometa il guardo splende… E in guisa
di
voragine profonda Si apre la bocca d’atro sangue
degl’Ebrei Mosè ci sia stato dai Gentili rappresentato nella persona
di
Bacco con troppo plausibili argomenti tratti dall
ttratto, e per questo appunto chiamato Mosè ? Bacco con grande armata
di
uomini, e donne varcò l’Eritreo per la conquista
e chi ignora aver Mosè tragettato il mare istesso con nnmeroso stuolo
di
uomini, e donne per andar nella terra promessa ?
uomini, e donne per andar nella terra promessa ? Bacco prese vendetta
di
Penteo, che ritirato avea i sudditi da suoi sacri
ette. Suo ritratto. (1). Non una, e sempre la stessa era la materia,
di
cui erano composte le corone degl’Idoli gentili.
ria, di cui erano composte le corone degl’Idoli gentili. Alcune erano
di
foglie, alcune di fiori, altre di oro, ed altre d
composte le corone degl’Idoli gentili. Alcune erano di foglie, alcune
di
fiori, altre di oro, ed altre di argento : Di che
ne degl’Idoli gentili. Alcune erano di foglie, alcune di fiori, altre
di
oro, ed altre di argento : Di che materia poi era
tili. Alcune erano di foglie, alcune di fiori, altre di oro, ed altre
di
argento : Di che materia poi era la corona di que
altre di oro, ed altre di argento : Di che materia poi era la corona
di
questo Dio legga chi vuole S : Ag. lib. de Civ. D
sservi stato chi ha preteso, che questa celebrata Cibele fù figliuola
di
un antico Re della Frigia quale dotata di gran se
lebrata Cibele fù figliuola di un antico Re della Frigia quale dotata
di
gran senno, e prudenza la prima fù ad insegnare i
ale dotata di gran senno, e prudenza la prima fù ad insegnare il modo
di
munire le città colle torri contro gl’insulti nem
ici ; onde i sudditi per eternarne la memoria la effigiarono coronato
di
torri : trattandosi ciò non estante però de’delir
att. lib. 1. de fals. Rel. il quale nel cap. 15. allegando l’autorità
di
Cicerone scrisse : Non dubitavit dicere Deos, qu
ti antichi Storici per altro stimano esser derivato dall’antico ratto
di
Proserpina figlia di Cerere antica regina di Sici
r altro stimano esser derivato dall’antico ratto di Proserpina figlia
di
Cerere antica regina di Sicilia commesso da Pluto
rivato dall’antico ratto di Proserpina figlia di Cerere antica regina
di
Sicilia commesso da Plutone ossia Adioneo re di E
Cerere antica regina di Sicilia commesso da Plutone ossia Adioneo re
di
Epiro stante che la madre negata gli aveva tal fi
sposa ; ma come poi è da spiegarsi per questa la libertà de’ sei mesi
di
quella lo lascio ad essi a soggiungerlo. Leggasi
roico ricavò il modo delle musicali cadenze quando facendo battere su
di
una incudine quattro martelli di 6 12 18 24 libre
li cadenze quando facendo battere su di una incudine quattro martelli
di
6 12 18 24 libre l’un dopo l’altro dalla gravità
nto dicendo : Apre l’ uomo infelice allor che nasce In questa valle
di
miserie piena Pria che al sol gli occhi al pianto
so, ed inordinato componimento, che cantavansi dalle baccanti in onor
di
Bacco ; oggidì dinota un ammasso di più versi di
cantavansi dalle baccanti in onor di Bacco ; oggidì dinota un ammasso
di
più versi di diversa specie senza alcuna legge al
lle baccanti in onor di Bacco ; oggidì dinota un ammasso di più versi
di
diversa specie senza alcuna legge al solo arbitri
so di più versi di diversa specie senza alcuna legge al solo arbitrio
di
chi compone. Tal è il ditirambo del celebre Franc
ua bene in questi miei componimenti le tre parti divisate nel Cap. I.
di
questa parte. Egli se bene riflette scorgerà nei
ione colla sua sentenza. (1). Potrà sembrare a qualcuno, che io pria
di
venire agli Endecasillabi rimati doveva far parol
nsulti chi vuole a suo genio. (1). Dicesi Spondiaco quell’ Esametro,
di
cui il quinto piede è occupato da uno Spondeo. co
le iniziale. Ambedue queste figure possono osservarsi in questo verso
di
Virg. Ec. 3. 101. Idem amor exitium pecori est, p
sono Trochei anch’essi forzosi. Il Trimetro Archilochio é un Giambico
di
cinque piedi con una sillaba di più alla fine.
Il Trimetro Archilochio é un Giambico di cinque piedi con una sillaba
di
più alla fine.
afi.) A Abila, monte dell’Affrica, 390. Acalo, meccanico, nipote
di
Dedalo, 424. Acheloo, figlio del Sole e della Ter
scalafo, 56. Achille. Sua infanzia, 536 ; — sue avventure all’assedio
di
Troja, 538-540 ; — sua morte, 541. Aci, trasforma
sformato in fiume, 273. Acrisio, 75. Rinchiude la figlia in una torre
di
metallo, 353 ; — perde il trono e lo riacquista p
na torre di metallo, 353 ; — perde il trono e lo riacquista per opera
di
Perseo, 363. Admeto, re di Tessaglia, 102, 388. A
— perde il trono e lo riacquista per opera di Perseo, 363. Admeto, re
di
Tessaglia, 102, 388. Adone, protetto da Venere ;
etto da Venere ; — trasformato in anemone, 177. Adonie, feste in onor
di
Adone, 177. Adrasto, capitano nella guerra di Teb
. Adonie, feste in onor di Adone, 177. Adrasto, capitano nella guerra
di
Tebe, 506. Aello, Arpia, 191. Aeta, possessore de
Arpia, 191. Aeta, possessore del Vello d’oro, 450. Agamede, fratello
di
Trofonio, 81. Agamennone, supremo duce nella guer
mede, fratello di Trofonio, 81. Agamennone, supremo duce nella guerra
di
Troja, 527. Agenore, padre di Cadmo e d’Europa, 4
. Agamennone, supremo duce nella guerra di Troja, 527. Agenore, padre
di
Cadmo e d’Europa, 482. Agesandro (di Rodi), uno d
ra di Troja, 527. Agenore, padre di Cadmo e d’Europa, 482. Agesandro (
di
Rodi), uno degli scultori del Laocoonte, 607. Age
7. Ajace, eroe greco, figlio d’Oileo, 567. Ajace, eroe greco, figlio
di
Telamone, 561 ; — sue gesta all’assedio di Troja,
Ajace, eroe greco, figlio di Telamone, 561 ; — sue gesta all’assedio
di
Troja, 563 ; — contesa con Ulisse, 564 ; — sua mo
le, 388. Alcide, soprannome d’Ercole, 400. Alcimide, 670. Alcinoo, re
di
Corcira, padre di Nausica, ospite d’Ulisse, 578.
oprannome d’Ercole, 400. Alcimide, 670. Alcinoo, re di Corcira, padre
di
Nausica, ospite d’Ulisse, 578. Alcione, 206. Alci
spite d’Ulisse, 578. Alcione, 206. Alcioni, uccelli, 205. Alcitoo, re
di
Megara, 229. Alcmena, madre di Ercole, 74, 364. A
06. Alcioni, uccelli, 205. Alcitoo, re di Megara, 229. Alcmena, madre
di
Ercole, 74, 364. Alcmeone, figlio di Anfiarao, un
e di Megara, 229. Alcmena, madre di Ercole, 74, 364. Alcmeone, figlio
di
Anfiarao, uno dei sette capitani sotto Tebe, 506.
Achille, 542. — L’Oracolo, 668. Aletto, Furia, 232. Alfeo, innamorato
di
Aretusa e cangiato in fiume, 323, 380. Altea, mad
eo, innamorato di Aretusa e cangiato in fiume, 323, 380. Altea, madre
di
Meleagro, 626. Amadriadi, ninfe delle foreste, 31
o, 626. Amadriadi, ninfe delle foreste, 319. Amaltea (capra), nutrice
di
Giove, 29 ; — collocata in cielo, 77. Amatunta, V
degli Dei, 222. Amicizia, divinità allegorica, 351 2°. Amicla, madre
di
Giacinto, 104. Amico, re di Bitinia, 442. Amore,
ivinità allegorica, 351 2°. Amicla, madre di Giacinto, 104. Amico, re
di
Bitinia, 442. Amore, figlio di Venere, 172, 173.
cla, madre di Giacinto, 104. Amico, re di Bitinia, 442. Amore, figlio
di
Venere, 172, 173. Anchise, eroe trojano protetto
rojano protetto da Venere, e padre d’Enea, 176, 608. Androgeo, figlio
di
Minosse, 416. Andromaca, moglie d’Ettore, 545, 59
ione, abile sonatore, 74, 481. Anfitrione, 74, 364. Anfitrite, moglie
di
Nettuno, 188. Anteo (gigante). Suoi misfatti e s
nticlea, madre d’Ulisse, 568. Antifate, 573 (nota). Antigone, esempio
di
pietà filiale, 503. Antiope, madre di Zeto, regin
, 573 (nota). Antigone, esempio di pietà filiale, 503. Antiope, madre
di
Zeto, regina delle Amazzoni, 74, 432. — Moglie di
503. Antiope, madre di Zeto, regina delle Amazzoni, 74, 432. — Moglie
di
Lico e madre d’Anfione, 481. Antipatro, 670. Anub
. Apollo. Sua nascita, 96 ; — uccide il serpente Pitone, 99 ; — morte
di
Esculapio suo figlio, 100 ; — suo esilio dal ciel
adorato dai pastori, 102 ; — fabbrica con Nettuno le mura della città
di
Troja, 106 ; — si vendica della mala fede di Laom
tuno le mura della città di Troja, 106 ; — si vendica della mala fede
di
Laomedonte, ivi ; — fine del suo esilio, 110 ; —
lio della ninfa Calisto, 75, 140. Archemoro, 673. Archidamante, padre
di
Licisia, 670. Archiloco, guerriero, figlio di Nes
73. Archidamante, padre di Licisia, 670. Archiloco, guerriero, figlio
di
Nestore, 555. Areopago, celebre tribunale d’Atene
re tribunale d’Atene, 261 (nota). Aretusa, insegna a Cerere la dimora
di
Proserpina, 58 ; — Ninfa trasformata in fonte, 32
a, 58 ; — Ninfa trasformata in fonte, 323. Argo, architetto ; custode
di
Io, 89, 452. Argo, vascello costruito dagli Argon
ti, 452. Argonauti, 452. Ariauna. Aiuta Teseo ad escire dal laberinto
di
Creta, 417 ; — sposa-Bacco, 418. Ariete, segno de
risteo, figlio d’Apollo ; sue avventure, 474, 475 ec. Armonia, moglie
di
Cadmo, 489. Aronta, indovino, 660 (nota). Arpie,
moglie di Cadmo, 489. Aronta, indovino, 660 (nota). Arpie, figliuole
di
Nettuno, 191. Arpocrate, dio del silenzio, 336. A
di Nettuno, 191. Arpocrate, dio del silenzio, 336. Artemisia, moglie
di
Mausolo, 135, 177 (nota). Ascalafo, figliuolo del
sopo, regina d’Egina, perseguitata da Giunone, 92. Astianatte, figlio
di
Ettore, 595. Astrea, o la Giustizia, figlia di Te
92. Astianatte, figlio di Ettore, 595. Astrea, o la Giustizia, figlia
di
Temi, 339. Atalanta, moglie d’Ippomene, 640 e seg
Temi, 339. Atalanta, moglie d’Ippomene, 640 e seg. Atalanta, moglie
di
Meleagro, 627. Atamante, re di Tebe, 449. Atea, d
Ippomene, 640 e seg. Atalanta, moglie di Meleagro, 627. Atamante, re
di
Tebe, 449. Atea, divinità allegorica, 335. Atene,
igine del suo nome, 264. Atenea o Minerva, 263. Atenee, feste in onor
di
Minerva, 269. Atenodoro, celebre scultore, 607. A
nor di Minerva, 269. Atenodoro, celebre scultore, 607. Ati, sacerdote
di
Cibele, 49 ; — sua metamorfosi, 50. Atlante, re i
e possessore del giardino delle Esperidi, 359, 382. Atreo, figliuolo
di
Pelope, e fratello di Tieste, 514-515. Atropo, un
dino delle Esperidi, 359, 382. Atreo, figliuolo di Pelope, e fratello
di
Tieste, 514-515. Atropo, una delle Parche, 235. A
cervo, 138. Augia, punito da Ercole, 380. Aulide, 529. Aurora, moglie
di
Titone, 112 ; — suoi figli, 113 ; — moglie di Cef
de, 529. Aurora, moglie di Titone, 112 ; — suoi figli, 113 ; — moglie
di
Cefalo, 116 ; — come é rappresentata, 117. Austro
— moglie di Cefalo, 116 ; — come é rappresentata, 117. Austro, vento
di
mezzogiorno, 652, 656. Autonoe, figlia di Cadmo,
sentata, 117. Austro, vento di mezzogiorno, 652, 656. Autonoe, figlia
di
Cadmo, e moglie d’Aristeo, 477. Averno, lago, 215
e d’Aristeo, 477. Averno, lago, 215. B Baccanali, feste in onor
di
Bacco, 153. Baccanti, sacerdotesse di Bacco, 153-
B Baccanali, feste in onor di Bacco, 153. Baccanti, sacerdotesse
di
Bacco, 153-155. Bacco. Sua nascita, 146 ; — sua e
; — sposa Arianna, 152 ; — feste in ono[ILLISIBLE]uo, 153 ; — gastigo
di
Penteo, 155 ; — e delle Mineidi, 156 ; — com’è ra
si nomi che egli ebbe, 159. Balder, 743. Batto, trasformato in pietra
di
paragone, 167. Bauci, moglie di Filemone, 621 e s
er, 743. Batto, trasformato in pietra di paragone, 167. Bauci, moglie
di
Filemone, 621 e seg. Bécubo. Soccorre Cerere, 57
di Filemone, 621 e seg. Bécubo. Soccorre Cerere, 57. Belidi, figlie
di
Danao, 252. Bellero, fratello di Bellerofonte, 46
Soccorre Cerere, 57. Belidi, figlie di Danao, 252. Bellero, fratello
di
Bellerofonte, 461. Bellerofonte. Sue avventure, i
avventure, ivi. Bellona, Dea della guerra, 287. Bellonarj, sacerdoti
di
Bellona, 288. Belo, padre di Danao, 252. Belo, re
della guerra, 287. Bellonarj, sacerdoti di Bellona, 288. Belo, padre
di
Danao, 252. Belo, re di Tiro, e padre di Didone,
onarj, sacerdoti di Bellona, 288. Belo, padre di Danao, 252. Belo, re
di
Tiro, e padre di Didone, 611. Belo, divinità dei
di Bellona, 288. Belo, padre di Danao, 252. Belo, re di Tiro, e padre
di
Didone, 611. Belo, divinità dei Babilonesi, 711.
di Didone, 611. Belo, divinità dei Babilonesi, 711. Berecinzia, nome
di
Cibele, 40. Berenice. Sua chioma trasformata in s
, 40. Berenice. Sua chioma trasformata in stella, 184. Beroe, nutrice
di
Semele, 147. Biante, filosofo, 122. Bilancia, seg
, filosofo, 122. Bilancia, segno dello Zodiaco, 683. Bitone, fratello
di
Cleobi : esempio di pietà filiale, 624. Borea, ve
ancia, segno dello Zodiaco, 683. Bitone, fratello di Cleobi : esempio
di
pietà filiale, 624. Borea, vento del Nord, 651-65
2 ; — sue avventure 484 e seg. — sua metamorfosi, 490. Caduceo, verga
di
Mercurio, 161, 162. Ca[ILLISIBLE], figlio di Bor
si, 490. Caduceo, verga di Mercurio, 161, 162. Ca[ILLISIBLE], figlio
di
Borea, 654. Calcante, indovino, 664. Caldei, sace
4. Calisso. Sue avventure con Ulisse, 577, 578. Calisto, ninfa, madre
di
Arcade, 75 ; — sue sventure, 140. Calliope, una d
ure, 140. Calliope, una delle nove Muse, 274, e seg. Calliroe, madre
di
Gerione, 379. Calpe, monte nell’ Europa, 390. Cal
egorica, 345 2°. Campi Elisi, dimora dei buoni dopo morte, 216. Campo
di
Marte, palestra dei Romani, 259 (nota). Cancro, s
Romani, 259 (nota). Cancro, segno dello Zodiaco, 680. Canente, figlia
di
Giano e madre di Fauno, 300. Caos, 22. Capaneo, u
). Cancro, segno dello Zodiaco, 680. Canente, figlia di Giano e madre
di
Fauno, 300. Caos, 22. Capaneo, uno degli Eroi del
e madre di Fauno, 300. Caos, 22. Capaneo, uno degli Eroi della guerra
di
Tebe, 506. Capricorno, segno dello Zodiaco, 686.
ferno, 225. Cassandra, indovina ; sue sventure, 604. Cassiopea, madre
di
Andromeda, 361. Castalia, ninfa trasformata in fo
da, 361. Castalia, ninfa trasformata in fonte, 123. Castore, fratello
di
Polluce ; sua nascita, 441 ; — onorato come Dio m
Cefalo, secondo marito dell’Aurora ; sue sventure, 116. Cefeo, padre
di
Andromaca, 361. Cefiso, 321. Ceice, 206. Celeno,
. Celo, Cielo o Urano. Sua moglie, 23 ; — suoi figli, 26. Cencreo, re
di
Salamina, 229. Centauri, mostri, 429, 430. Ceo, u
Salamina, 229. Centauri, mostri, 429, 430. Ceo, uno dei Titani, padre
di
Latona, 96. Cerbero, mostro a custodia dell’Infer
, celebre Centauro, 100, 430, 536. Ciane, Ninfa che s’oppose al ratto
di
Proserpina, 53. Cibele. Sua nascita, 26 ; — sue n
— sue feste, 47 ; — suoi sacerdoti, 48 ; sacrifizi istituiti in onor
di
Cibele, 49 ; — trasforma Ati in pino, 50. Ciclopi
n onor di Cibele, 49 ; — trasforma Ati in pino, 50. Ciclopi, compagni
di
Vulcano, 272. Cicno, cangiato in cigno, 120. Cidi
di Vulcano, 272. Cicno, cangiato in cigno, 120. Cidippe, 624. Cignale
di
Calidone, 414. Cigno, 120, 134, 472. Cimone, 440.
Calidone, 414. Cigno, 120, 134, 472. Cimone, 440. Cimotoe, 316. Cinto
di
Venere, 182. Ciparisso. Sua metamorfosi, 132. Cip
182. Ciparisso. Sua metamorfosi, 132. Cipria, Cipride, Ciprigna, nomi
di
Venere, 180. Cipro, isola di Venere, 179, 180. Ci
si, 132. Cipria, Cipride, Ciprigna, nomi di Venere, 180. Cipro, isola
di
Venere, 179, 180. Circe, celebre nella magia, 575
e, Ninfa, 474, 475. Ciro, 668. Citera, isola, 179, 180. Citerea, nome
di
Venere, 180. Cleobi, esempio di pietà filiale, 62
itera, isola, 179, 180. Citerea, nome di Venere, 180. Cleobi, esempio
di
pietà filiale, 624, 625. Cleobulo, filosofo, 122.
ro, 670. Clio, una delle nove Muse, 274, e seg. Clitennestra, moglie
di
Agamennone, 532. [ILLISIBLE]ia. Sua metamorfosi,
gamennone, 532. [ILLISIBLE]ia. Sua metamorfosi, 130. Cloride, moglie
di
Nereo, 553. Cloto, una delle Parche, 235. Cocalo,
Cocalo, 423. Cocito, fiume dell’Inferno, 219. Colchide, 448. Colosso
di
Rodi, 135. Como, Dio della gioia e dei banchetti,
5. Como, Dio della gioia e dei banchetti, 285, 286. Conso, soprannome
di
Nettuno, 212. Corcira, isola, 578. Coribanti, sac
soprannome di Nettuno, 212. Corcira, isola, 578. Coribanti, sacerdoti
di
Cibele, 48 ; — allevano Giove, 29. Corno dell’ ab
, 509. Crepuscolo, 239. Creso, 668. Creta, isola, 228. Creusa, moglie
di
Enea, 608, 609. Crisa, madre di Flegia, 247. Cris
68. Creta, isola, 228. Creusa, moglie di Enea, 608, 609. Crisa, madre
di
Flegia, 247. Crisaorso, padre di Gerione, 358, 37
glie di Enea, 608, 609. Crisa, madre di Flegia, 247. Crisaorso, padre
di
Gerione, 358, 379. Criseide, prigioniera di Agame
ia, 247. Crisaorso, padre di Gerione, 358, 379. Criseide, prigioniera
di
Agamennone, figlia di Criseo, 539. Criseo, sacerd
dre di Gerione, 358, 379. Criseide, prigioniera di Agamennone, figlia
di
Criseo, 539. Criseo, sacerdote d’Apollo, ivi. Cu
llo, ivi. Cumana (sibilla), 667. Cupac, 744. Cupido, o Amore, figlio
di
Venere, 172, 173. Cureti, abitanti di Creta, sace
c, 744. Cupido, o Amore, figlio di Venere, 172, 173. Cureti, abitanti
di
Creta, sacerdoti di Cibele, 29, 48. D Dafne
ore, figlio di Venere, 172, 173. Cureti, abitanti di Creta, sacerdoti
di
Cibele, 29, 48. D Dafne, Ninfa ; sua metamo
le, 29, 48. D Dafne, Ninfa ; sua metamorfosi, 103. Danae, madre
di
Perseo, 353. Danaidi, figlie di Danao, 252. Danao
; sua metamorfosi, 103. Danae, madre di Perseo, 353. Danaidi, figlie
di
Danao, 252. Danao, re d’Argo, ivi. Dardano, 517.
a da Ercole, 393 ; — Nesso tenta rapirla, 394 ; — cagione della morte
di
Ercole, 395-398. Deidamia, figlia di Licomede, 53
rla, 394 ; — cagione della morte di Ercole, 395-398. Deidamia, figlia
di
Licomede, 537. Deifobe (sibilla), 665. Deioneo, 2
ei cacciatori, 142 ; — suo tempio in Efeso, 143 ; — sacrifizj e culto
di
questa Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. Di
ulto di questa Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. Didone, regina
di
Cartagine ; sue sventure, 610-612. Diespiter, nom
Didone, regina di Cartagine ; sue sventure, 610-612. Diespiter, nome
di
Giove, 79. Dindimena, nome di Cibele, 40. Diomede
sue sventure, 610-612. Diespiter, nome di Giove, 79. Dindimena, nome
di
Cibele, 40. Diomede, uno dei capitani dell’armata
a Greca, 550 ; — sue gesta, 551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re
di
Tracia ; sue crudeltà e sua fine, 377. Dionea, Ni
, 82. Dolore, divinità allegorica, 345 3°. Dori, figlia dell’Oceano e
di
Teti, 193. Driadi, Ninfe dei boschi, 319. Driope,
giudice dell’Inferno, 231. Ebe, coppiera dell’Olimpo, 87. Ecate, nome
di
Diana, 138, 144, 234 2°. Ecatombe, o sacrifizio d
o, 87. Ecate, nome di Diana, 138, 144, 234 2°. Ecatombe, o sacrifizio
di
cento Bovi, 144. Echidna, madre, o secondo altri,
ella Chimera, 358, 466. Eco, Ninfa ; sue sventure, 321. Ecuba, moglie
di
Priamo, 589, 597. Edipo. Sua nascita, 491 ; — sua
95 ; — spiega l’enimma proposto dalla Sfinge, 449 ; — è proclamato re
di
Tebe, 500 ; — sua fine, 503, 504. Efeso, città e
e Teseo suo figlio, 406 ; — sua morte, 426. Egeria, Ninfa consigliera
di
Numa, 324. Egiale, 552. Egialea, 697. Egida di Mi
ria, Ninfa consigliera di Numa, 324. Egiale, 552. Egialea, 697. Egida
di
Minerva, 267. Egina, 229. Egisto, figlio di Tiest
552. Egialea, 697. Egida di Minerva, 267. Egina, 229. Egisto, figlio
di
Tieste, 516. Egitto, fratello di Danao, 252. Elen
rva, 267. Egina, 229. Egisto, figlio di Tieste, 516. Egitto, fratello
di
Danao, 252. Elena, sacerdotessa di Diana ; rapita
o di Tieste, 516. Egitto, fratello di Danao, 252. Elena, sacerdotessa
di
Diana ; rapita da Teseo, 433 ; — liberata dai fra
rapita da Teseo, 433 ; — liberata dai fratelli, 434 ; — divien moglie
di
Menelao, e gli vien rapita da Paride, 528, 601 ;
i vien rapita da Paride, 528, 601 ; — è resa a Menelao dopo la caduta
di
Troja, 531. Eleno, fratello di Ettore, 596. Elett
01 ; — è resa a Menelao dopo la caduta di Troja, 531. Eleno, fratello
di
Ettore, 596. Elettra, sorella d’Oreste, 527. Eleu
ra, sorella d’Oreste, 527. Eleusi, città, 60. Eleusine, feste in onor
di
Cerere, ivi. Eliadi, sorelle di Fetonte, 120. El
, città, 60. Eleusine, feste in onor di Cerere, ivi. Eliadi, sorelle
di
Fetonte, 120. Elicona, monte sacro ad Apollo, 123
Elicona, monte sacro ad Apollo, 123 Elisi (campi), 216. Elle, sorella
di
Frisso, 449. Emone, figlio di Creonte re di Tebe
123 Elisi (campi), 216. Elle, sorella di Frisso, 449. Emone, figlio
di
Creonte re di Tebe, 510. Encelado, gigante, 69. E
mpi), 216. Elle, sorella di Frisso, 449. Emone, figlio di Creonte re
di
Tebe, 510. Encelado, gigante, 69. Endimione, past
. Endimione, pastore protetto da Diana, 139. Enea, figlio d’Anchise e
di
Venere, 608 ; — fuggendo da Troja perde Creusa su
ia, 512, 513. Enone, Ninfa amata da Paride, 603. Enosigeo, soprannome
di
Nettuno, 212. Enotria, Italia, 610. Eolo, Dio dei
. Eolo, Dio dei venti, 199. Eoo, cavallo del Sole, 110. Epafo, figlio
di
Giove e di Io, 90. Epidauro, patria d’Esculapio,
dei venti, 199. Eoo, cavallo del Sole, 110. Epafo, figlio di Giove e
di
Io, 90. Epidauro, patria d’Esculapio, 291. Epigon
Esculapio, 291. Epigoni, primogeniti dei sette capitani sotto le mura
di
Tebe, 510 (nota). Epimede, 461. Epimenide, filoso
, filosofo 658 2°. Epimeteo, sposa Pandora, 73. Eraclidi, discendenti
di
Ercole, 368. Erato, una delle nove Muse, 274, e s
, una delle nove Muse, 274, e seg. Ercole. Sua nascita. 364 ; — odio
di
Giunone contro di lui, 365 ; — come si placasse,
use, 274, e seg. Ercole. Sua nascita. 364 ; — odio di Giunone contro
di
lui, 365 ; — come si placasse, 366 ; — sua educaz
a Morte, 388 ; — libera Prometeo, 389 ; — separa due monti, 390 ; — è
di
nuovo in odio a Giunone, 391 ; — suoi amori, 392,
ittone, sue avventure, 62. Eritrea, 665. Erittonio, 517. Ermeto, nome
di
Mercurio, 168. Ermione, figlia di Marte, 256. Ero
, 665. Erittonio, 517. Ermeto, nome di Mercurio, 168. Ermione, figlia
di
Marte, 256. Ero e Leandro, 646 2°. Erofila. Vedi
a. Vedi Demofila. Eros, amor virtuoso, 173. Erostrato, arde il tempio
di
Diana in Efeso, 143. Erse, sorella d’Aglauro, 167
n rappresentato, 292 ; — suoi figli, 293. Esiodo, 480. Esione, figlia
di
Laomedonte ; 108 ; — sposa Telamone, 109, 229, 51
— è chiesta da Paride, 601. Eso, divinità gallica, 730. Esone, padre
di
Giasono, 448. Esperia, Italia, 610. Esperidi (le
Oro ; — dell’ Argento ; — del Rame ; — del Ferro, 34. Eteocle, figlio
di
Edipo, usurpa il trono al fratello ec., 505 ; — g
cle, figlio di Edipo, usurpa il trono al fratello ec., 505 ; — guerra
di
Tebe, 506 ; — morte d’Eteocle, 508. Etone, cavall
6 ; — morte d’Eteocle, 508. Etone, cavallo del Sole, 110. Etra, madre
di
Teseo, 402. Ettore, eroe trojano, figlio di Priam
el Sole, 110. Etra, madre di Teseo, 402. Ettore, eroe trojano, figlio
di
Priamo, 591-596. Eufrosine, una delle tre Grazie,
umenidi, nome delle Furie, 232. Eumolpo, Jerofante, o sommo sacerdote
di
Cerere, 60 (nota). Eunomia, figlia d’Astrea, 337.
steo, fratello d’Ercole, 364. Euriteo, 396. Eurito, 367. Euro, vento
di
Levante, 652-655. Europa, madre di Minosse e di R
eo, 396. Eurito, 367. Euro, vento di Levante, 652-655. Europa, madre
di
Minosse e di Radamanto, 74 ; — suo ratto, 483. Eu
ito, 367. Euro, vento di Levante, 652-655. Europa, madre di Minosse e
di
Radamanto, 74 ; — suo ratto, 483. Euterpe, una de
d’Ercole, 369 e seg. Fato, 21. Fatua o Fatuella, 300. Fauna, moglie
di
Fauno, 300. Fauni, discendenti di Fauno, 301. Fau
atua o Fatuella, 300. Fauna, moglie di Fauno, 300. Fauni, discendenti
di
Fauno, 301. Fauno, divinità campestre, 300. Favol
no, divinità campestre, 300. Favola (divisione della), 2. Febea, nome
di
Diana, 138. Febo, nome d’Apollo, 110. Fedeltà, di
me d’Apollo, 110. Fedeltà, divinità allegorica, 351 3°. Fedra, moglie
di
Teseo, 435 ; — calunnia Ippolito, 436 ; — suo gas
animale favoloso, 158. Fenris, 743. Fereo, 388. Feretrio, soprannome
di
Giove, 79. Feronia, Dea dei frutti nascenti, 312.
vanagloria e suo gastigo, 118. Fialte, gigante, 69. Filemone, marito
di
Bauci, 621 e seg. Filomela, sue sventure, 644 e
auci, 621 e seg. Filomela, sue sventure, 644 e seg. Filonoe, figlia
di
Jobate, e moglie di Bellerofonte, 467. Filottete,
lomela, sue sventure, 644 e seg. Filonoe, figlia di Jobate, e moglie
di
Bellerofonte, 467. Filottete, uno degli eroi dell
, 546. Fineo, trasformato in pietra, 362. Fiumi, figli dell’Oceano e
di
Teti, 194. Flegetonte, fiume dell’Inferno, 220. F
, uno de’ Sogni, 241. Foco, figlio d’Eaco, 229. Forba, pastore del re
di
Corinto, 492. Forco, deità marina, 204. Fortuna,
ica, 332. Forza, divinità allegorica, 346. Freya, 743. Frisso, figlio
di
Atamante, 449 e 450. Funerali, 689 e seg. Furie,
e seg. Furie, divinità infernali, 232, 234. G Galatea, figlia
di
Nereo, 273. Galli, sacerdoti di Cibele, 48. Ganim
li, 232, 234. G Galatea, figlia di Nereo, 273. Galli, sacerdoti
di
Cibele, 48. Ganimede, coppiere di Giove, 87. Geme
lia di Nereo, 273. Galli, sacerdoti di Cibele, 48. Ganimede, coppiere
di
Giove, 87. Gemelli, segno dello Zodiaco, 679. Gen
nei sacrifizj, 37. Giapeto, celebre fra i Titani, 30. Giasone, padre
di
Pluto, 52. Giasone, figlio di Esone. Sua nascita,
elebre fra i Titani, 30. Giasone, padre di Pluto, 52. Giasone, figlio
di
Esone. Sua nascita, 448 ; — intraprende la conqui
’oro, 449 e seg. ; — sua morte, 460. Gigauti, 65-69. Giocasta, moglie
di
Edipo, 491. Giove. Sua nascita, 28 ; — sposa Giun
nomi, 79 ; — suo culto, 81 ; — come è rappresentato, 83 ; — pluralità
di
Giovi, 84. Giunone. Sua nascita, 85 ; — suoi figl
88 ; — sua persecuzione contro Io, 89-90 ; — contro Europa e i figli
di
Cadmo, 91 ; contro Asopo, 92 ; — contro Latona, 9
3. Gorgoni, mostri, 357. Gradivo, 259, nota. Grazie (le tre), figlie
di
Venere, 175. Guerra di Troja, 517 ; — causa di ta
. Gradivo, 259, nota. Grazie (le tre), figlie di Venere, 175. Guerra
di
Troja, 517 ; — causa di tal guerra, 518. Gusto ca
razie (le tre), figlie di Venere, 175. Guerra di Troja, 517 ; — causa
di
tal guerra, 518. Gusto cattivo (il), 277. H
Iarba, re affricano, 611. Ibla, monte in Sicilia, 477. Icaro, figlio
di
Dedalo, 422. Icelo, uno dei sogni, 240. Ida, ful
445. Idalia. Vedi Cipro. Idolatria, sua origine, 12-15. Idomeneo, re
di
Creta, 558, 559. Idra di Lerna, 371. Ierofante, o
Idolatria, sua origine, 12-15. Idomeneo, re di Creta, 558, 559. Idra
di
Lerna, 371. Ierofante, o sommo sacerdote, 60 (not
erna, 371. Ierofante, o sommo sacerdote, 60 (nota). Ifianasse, figlia
di
Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ifigenia, f
sse, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ifigenia, figlia
di
Agamennone, 527, 529. Ifinoe, figlia di Preto ; g
vanità, 92. Ifigenia, figlia di Agamennone, 527, 529. Ifinoe, figlia
di
Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ila, rapito
tigo della sua vanità, 92. Ila, rapito dalle Ninfe, 654. Ilio, figlio
di
Laomedonte, 106. Ilioneo, 610. Ilo, 517. Imene, f
lio, figlio di Laomedonte, 106. Ilioneo, 610. Ilo, 517. Imene, figlio
di
Venere, 174. Inaco, re d’Argo, 89. Incas, 744. In
d’Argo, 89. Incas, 744. Indovini, 659. Inferno, 215, 217. Ino, moglie
di
Atamante, 449. Invidia, divinità allegorica, 342.
vidia, divinità allegorica, 342. Io, sue avventure, 89-90. Iobate, re
di
Licia, 463. Iole, 396. Ipermestra, una delle Dana
463. Iole, 396. Ipermestra, una delle Danaidi, 252. Ippio, soprannome
di
Nettuno, 212. Ippocrate, 293. Ippocrene, fonte sa
ocrate, 293. Ippocrene, fonte sacro ad Apollo, 123. Ippodamia, moglie
di
Pelope, 511. Ippodromio, 212. Ippolita, regina de
tta prigioniera da Ercole, 375 ; — sposa Teseo, 432. Ippolito, figlio
di
Teseo, 432, 436 ; — sua morte, 437 ; — è resuscit
suscitato da Esculapio, 438. Ippomedonte, uno degli Eroi della guerra
di
Tebe, 506. Ippomene, sposa Atalanta, 640-642. Ipp
di Tebe, 506. Ippomene, sposa Atalanta, 640-642. Ipponoo, primo nome
di
Bellerofonte, 461. Iride, messaggera di Giunone,
640-642. Ipponoo, primo nome di Bellerofonte, 461. Iride, messaggera
di
Giunone, 93. Iside, divinità egiziana, 696. Isme
ne, sorella d’Antigone, 510. Issione, suo supplizio, 248. Iti, figlio
di
Tereo, 637. K Kici-Manitu, 744. L Lab
ano i più celebri, 420. Lachesi, una delle Parche, 235. Ladone, padre
di
Siringa, 299. Laerte, padre d’Ulisse, 568. Laio,
di Siringa, 299. Laerte, padre d’Ulisse, 568. Laio, padre d’Edipo, re
di
Tebe, 491. Lamia, 665. Laocoonte, figliuolo di Pr
aio, padre d’Edipo, re di Tebe, 491. Lamia, 665. Laocoonte, figliuolo
di
Priamo, 605 ; — suo tragico fine, 606, 607. Laoda
iuolo di Priamo, 605 ; — suo tragico fine, 606, 607. Laodamia, moglie
di
Protesilao, 557. Laomedonte, re di Troja, 106, 10
o fine, 606, 607. Laodamia, moglie di Protesilao, 557. Laomedonte, re
di
Troja, 106, 107, 187, 517. Lapiti, popoli, 429. L
pente Pitoue, 97 ; — partorisce Apollo e Diana, ivi. Lavinia, figlia
di
Latino, 614. Lavoro, divinità allegorica, 347 2°.
, popoli barbari, 574. Lete, fiume dell’ Inferno, 224. Leucade (salto
di
), 177. Leucosia, Sirena, 196. Leucotoe. Sua meta
o da Ercole, 397. Licaone. Sua istoria, 78. Licisia, 670. Lico, padre
di
Anfione, 481. Licomede, re di Sciro, 439, 537. Li
istoria, 78. Licisia, 670. Lico, padre di Anfione, 481. Licomede, re
di
Sciro, 439, 537. Linceo, marito d’Ipermestra, 252
versi lirici, 121. Liriope, 321. Lisia, Sirena, 196. Lisippa, figlia
di
Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Loke, 743.
Lucifero, Dio del mattino, 239. Lucina o Illitia, 83, 95. Luna, nome
di
Diana, 138. Lupercali, feste in onor di Giunone,
o Illitia, 83, 95. Luna, nome di Diana, 138. Lupercali, feste in onor
di
Giunone, 95 ; — in onor di Pane, 296. Luperci, sa
me di Diana, 138. Lupercali, feste in onor di Giunone, 95 ; — in onor
di
Pane, 296. Luperci, sacerdoti del Dio Pane, 296.
e, 296. Luperci, sacerdoti del Dio Pane, 296. M Macaone, figlio
di
Esculapio, 293. Magi, sacerdoti dei Persiani, 714
Esculapio, 293. Magi, sacerdoti dei Persiani, 714. Maja, Ninfa, madre
di
Mercurio, 160. Manco-Capac, 744. Mani, ombre dei
nco-Capac, 744. Mani, ombre dei morti, 243. Manto, profetessa, figlia
di
Tiresia, 660. Marsia. Sue avventure, 125. Marte,
sentato, 258 ; — suo culto, 259 ; — suoi sacerdoti, 260 ; — pluralità
di
Marti, 261. Mausolo e Mausoleo, 135. Medea. Sue a
avventure, 454-458 ; — sua malvagità contro Teseo, 406. Medo, figlio
di
Medea, 459. Medusa, una delle Gorgoni, 357. Megap
glio di Medea, 459. Medusa, una delle Gorgoni, 357. Megapento, figlio
di
Preto, 363. Megara, moglie d’Ercole, 391. Megera,
, 345 4°. Meleagro. Sua nascita, 626 ; — sua morte, 628. Melia, madre
di
Cadmo, 482. Melicerta, figliuola di Ino, 449. Mel
; — sua morte, 628. Melia, madre di Cadmo, 482. Melicerta, figliuola
di
Ino, 449. Melissa, Ninfa Oreade, ritrovatrice del
la patria, 507. Menelao. Sue avventure, 528, 530, 531. Menezio, padre
di
Patroclo, 592. Mennone. Sua nascita, 113 ; — sue
; — come protettore dei ladri, 165, 166 ; — trasforma Batto in pietra
di
paragone, 167 ; — varj nomi che egli ebbe, 168 ;
ietra di paragone, 167 ; — varj nomi che egli ebbe, 168 ; — pluralità
di
Mercuri, 169. Metempsicosi, 162. Metra. Sue trasf
9. Milone, atleta, 670 ; — sue avventure e sua morte, ivi. Mineo, re
di
Tebe, 156. Mineidi. Loro metamorfosi, 156. Minerv
sua egida, 267 ; — dove era principalmente adorata, 269. Minosse I re
di
Creta, e poi giudice dell’ Inferno, 228. Minosse
inosse I re di Creta, e poi giudice dell’ Inferno, 228. Minosse II re
di
Creta, 415-423. Minotauro, mostro, 414. Mirmidoni
o, mostro, 414. Mirmidoni, abitanti d’Egina, 92. Mirtillo, figliuolo
di
Mercurio, 513. Misteri d’Eleusi, 60. Mitologia. S
tri, 319. Narciso. Sue avventure, 321, 322. Nauplio, vendica la morte
di
Palamede suo figlio, 585. Nausica, figlia d’Alcin
lcinoo, 578. Necessità, divinità allegorica, 24, 332 2°. Neleo, padre
di
Nestore, 553. Nemea, foresta, 370. Nemesi, divini
ca, 333, 334. Nereidi, Ninfe marine, 316. Nereo, figlio dell’Oceano e
di
Teti, 193. Nesso, uno dei Centauri, 394. Nestore,
i, 193. Nesso, uno dei Centauri, 394. Nestore, eroe greco all’assedio
di
Troja, 553-555. Néttare, bevanda degli Dei, 222.
infe delle Acque, 314 e seg. — della Terra, 318 e seg. Niobe, figlia
di
Tantalo, 629 ; — sue sventure e sua metamorfosi,
; — sue sventure e sua metamorfosi, 631-633. Nord, 743. Nisa, nutrice
di
Bacco, 149. Notte, Dea delle tenebre, 238. Numa,
Nisa, nutrice di Bacco, 149. Notte, Dea delle tenebre, 238. Numa, re
di
Roma, 324. O Oblio, fiume, 240. Occasione,
191. Odino, divinità scandinava, 739. Odisseo. Vedi Ulisse. Oeneo, re
di
Calidonia, 626. Ogigia, isola, 577. Olimpia, temp
tempio, 81. — città, 671. Olimpiadi, ivi. Olimpo, 20. Onfale, regina
di
Lidia, 392. Opertum, tempio ove si celebravano le
na di Lidia, 392. Opertum, tempio ove si celebravano le feste in onor
di
Cibele, 47. Ops, nome di Cibele, 41. Oracoli, 667
, tempio ove si celebravano le feste in onor di Cibele, 47. Ops, nome
di
Cibele, 41. Oracoli, 667 e nota. Oracoli d’Apollo
, 41. Oracoli, 667 e nota. Oracoli d’Apollo, 122. Orcamo o Orcano, re
di
Persia, 131. Ore (le), destinate all’educazione d
rcamo o Orcano, re di Persia, 131. Ore (le), destinate all’educazione
di
Venere, 171. Oreadi, Ninfe dei monti, 319. Oreste
ucazione di Venere, 171. Oreadi, Ninfe dei monti, 319. Oreste, figlio
di
Agamennone, 527 ; — sue sventure, 533-535 ; — ai
ine, 471. Orgie, 153. Orione. Sue avventure, 618-620. Orizia, moglie
di
Borea, 654. Oro, figlio d’Osiride, 701. Oromaze,
persiana, 715. Osiride, divinità egiziana, 696. Ospitale, soprannome
di
Giove, 79. P Pace, divinità allegorica, 347
à allegorica, 347. Pafo, vedi Cipro. Palamede, eroe greco alla guerra
di
Troja, 583. Pale, Dea dei pastori, 310. Pallade,
alla guerra di Troja, 583. Pale, Dea dei pastori, 310. Pallade, nome
di
Minerva, 263. Palladio, reliquia dei Trojani, 570
. Palladio, reliquia dei Trojani, 570. Panatence, feste annue in onor
di
Minerva, 269. Pandione, re d’Atene, 634. Pandora.
23. Partenope, sirena, 196. Partenopeo, uno dei capitani della guerra
di
Tebe, 506. Pasciacamac, 744. Pasifae, moglie di M
capitani della guerra di Tebe, 506. Pasciacamac, 744. Pasifae, moglie
di
Minosse II re di Creta, 415. Patroclo, eroe greco
erra di Tebe, 506. Pasciacamac, 744. Pasifae, moglie di Minosse II re
di
Creta, 415. Patroclo, eroe greco, amico d’Achille
aso o Pegaseo, cavallo alato, 124 ; — sua nascita, 358. Peleo, marito
di
Teti, 229, 320, 344, 536. Pelia, zio di Giasone,
nascita, 358. Peleo, marito di Teti, 229, 320, 344, 536. Pelia, zio
di
Giasone, 448. Pelope, figlio di Tantalo, 250, 511
Teti, 229, 320, 344, 536. Pelia, zio di Giasone, 448. Pelope, figlio
di
Tantalo, 250, 511 ; — sue avventure, 512, 513 ; —
— sue avventure, 512, 513 ; — suoi figli, 514. Pelopidi, discendenti
di
Atreo, 368. Penati, Dei domestici, 325-328. Penel
denti di Atreo, 368. Penati, Dei domestici, 325-328. Penelope, moglie
di
Ulisse, 579-581. Peneo, fiume, 103. Penia, Dea de
3. Penteo. Suo deplorabile fine, 155. Periandro, filosofo, 122 ; — re
di
Corinto, 478. Peribea, figlia d’Alcitoo, 229. Per
ta, e fonda Micene, 363. Pesci, segno dello Zodiaco, 688. Pico, padre
di
Faino, 300. Pieridi, cangiate in piche, 278. Piga
iate in piche, 278. Piga, regina dei Pimmei, 92. Pigmalione, fratello
di
Didone, 611. Pigmalione, celebre scultore, 639. P
e, celebre scultore, 639. Pilade, amico d’Oreste, 533. Pimmei, popolo
di
nani, 387. Pindaro, 670. Pindo, monte sacro ad Ap
so dal cane Cerbero, 434. Piroo, cavallo del Sole, 110. Pirra, moglie
di
Deucalione, 647. Pirro, figlio d’Achille, 543 ;
i Deucalione, 647. Pirro, figlio d’Achille, 543 ; — vendica la morte
di
suo padre, 544 ; — suo fine, 545. Pitia. Vedi Pit
ce Proserpina, 214 ; — come vien rappresentato, 253. Podaliro, figlio
di
Esculapio, 293. Polidamante, 670. Polidetto, re d
. Podaliro, figlio di Esculapio, 293. Polidamante, 670. Polidetto, re
di
Serifa, 354. Polidoro, celebre scultore, 607. Pol
re di Serifa, 354. Polidoro, celebre scultore, 607. Polidoro, figlio
di
Priamo, 589. Polifemo, gigante, 273 ; — tenta far
3 ; — tenta far perire Ulisse e i suoi compagni, 572. Polinestore, re
di
Tracia, 589. Polinice, fratello d’Eteocle, 505 ;
sua morte, 508. Polinnia, una delle nove Muse, 275. Polissena, figlia
di
Priamo, 541. Polluce. Sua nascita, 441, — sua cel
marino, 443 ; — sue avventure, 444 ; — sua line, 445. Pomona, moglie
di
Vertunno, e Dea dei giardini, 311. Poro, Dio dell
11. Poro, Dio dell’abbondanza, 173. Preto, re d’Argo, 462. Priamo, re
di
Troja, 587 ; — ucciso da Pirro, 588. Priapo, Dio
7. Procri. Sua morte, 116. Procuste, masnadiero, 411. Progne, sorella
di
Filomela, 634 ; — sua vendetta, 637 ; — cangiata
oserpina. Sua nascita, 52 ; — rapita da Plutone, 53 ; — divien moglie
di
questo Dio, 58. Proteo, Dio marino, 195. Protesil
Dio marino, 195. Protesilao. Sua morte generosa, 556. Psiche, moglie
di
Amore, 178. Q Querculane, Ninfe. Vedi Amadr
manto, giudice dell’Inferno, 230 ; — istruisce Ercole, 367. Rea, nome
di
Cibele, 42. Rea-Silvia, sacerdotessa di Giunone,
ruisce Ercole, 367. Rea, nome di Cibele, 42. Rea-Silvia, sacerdotessa
di
Giunone, 256. Remo, figlio di Marte, 256. Reso, r
di Cibele, 42. Rea-Silvia, sacerdotessa di Giunone, 256. Remo, figlio
di
Marte, 256. Reso, re di Tracia, 570 3°. Romolo, f
a, sacerdotessa di Giunone, 256. Remo, figlio di Marte, 256. Reso, re
di
Tracia, 570 3°. Romolo, figlio di Marte, 256.
emo, figlio di Marte, 256. Reso, re di Tracia, 570 3°. Romolo, figlio
di
Marte, 256. S Saffo poetessa, 173, 177 (not
3, 177 (nota). Sagittario, segno dello Zodiaco, 685. Salii, sacerdoti
di
Marte, 260. Salmoneo. Suo orgoglio punito, 246. S
da Ati, 50. Satiri, divinità campestri, 304. Saturnali, feste in onor
di
Saturno, 38. Saturno. Sua nascita, 26 ; — suo imp
— feste in onor suo, 38 ; — come vien rappresentato, 39. Scheneo, re
di
Sciro, 640. Scilla. Sua metamorfosi, 202. Scioun
0. Scorpione, segno dello Zodiaco, 684. Scurrilità, 77. Semele, madre
di
Bacco, 75 ; — vittima della gelosia di Giunone, 1
Scurrilità, 77. Semele, madre di Bacco, 75 ; — vittima della gelosia
di
Giunone, 147-148. Senocrate, 670. Serapide, divin
, 665 ; — le più celebri, 667. Sibillini (libri), 666. Sicheo, marito
di
Didone, 611. Sileno, balio di Bacco, 149, 150. Si
Sibillini (libri), 666. Sicheo, marito di Didone, 611. Sileno, balio
di
Bacco, 149, 150. Silenzio. Vedi Arpocrate. Silvan
e, divinità marittime, 196 ; — loro perfidi artifizj, 197 ; — tentano
di
sedurre Ulisse ed i suoi compagni, 198. Siringa.
. Spio, una delle Nereidi, 316. Stagioni, 688 2°. Statore, soprannome
di
Giove, 79. Stelle o Stellio, convertito in tarant
antola da Cerere, 57. Steno, una delle Gorgoni, 357. Stenobea, moglie
di
Preto re d’Argo, 462. Sterculio, figlio di Fauno,
oni, 357. Stenobea, moglie di Preto re d’Argo, 462. Sterculio, figlio
di
Fauno, 300. Sterope, Ciclope, 272. Stige, fiume
io d’ Ulisse, 582. Telemaco, figlio d’ Ulisse, 480, 469. Tellus, nome
di
Cibele, 41. Temi, Dea della giustizia, 337. Tempo
ferno, 434 ; — sposa Fedra, 435 ; — abbandona il figlio alla vendetta
di
Nettuno, 437 ; — morte di Teseo, 439. Tesifone. V
, 435 ; — abbandona il figlio alla vendetta di Nettuno, 437 ; — morte
di
Teseo, 439. Tesifone. V. Tisifone. Tesmoforie, fe
morte di Teseo, 439. Tesifone. V. Tisifone. Tesmoforie, feste in onor
di
Cerere, 60. Testio, re dell’ Etolia, 74. Teti, De
, Dea del Mare, 192, 193. Teti, madre d’ Achille, 320. Teucro, figlio
di
Telamone e d’ Esione, 229. Teutatète, divinità ga
tatète, divinità gallica, 727. Tideo, eroe greco, 506. Tieste, figlio
di
Pelope, 515. Tifone, fratello d’Osiride, 698. Tif
lo d’Osiride, 698. Tifone o Tifeo, gigante, 69. Tindaridi, soprannome
di
Castore e Polluce, 441. Tindaro, re di Sparta, iv
nte, 69. Tindaridi, soprannome di Castore e Polluce, 441. Tindaro, re
di
Sparta, ivi. Tiresia, indovino, 660, 661. Tisbe,
ndaro, re di Sparta, ivi. Tiresia, indovino, 660, 661. Tisbe, amante
di
Piramo, 644. Tisifone, una delle Furie, 232. Tita
e di Piramo, 644. Tisifone, una delle Furie, 232. Titani, discendenti
di
Titano ; loro guerra contro Giove : e loro disfat
112. Tizio. Suo delitto e suo gastigo, 249. Toossa, una delle figlie
di
Forco, 204. Trasibulo, 670. Tridente di Nettuno,
249. Toossa, una delle figlie di Forco, 204. Trasibulo, 670. Tridente
di
Nettuno, 209. Tripode della Sibilla di Delfo, 122
204. Trasibulo, 670. Tridente di Nettuno, 209. Tripode della Sibilla
di
Delfo, 122. Tritoni, figli di Nettuno, 190. Tritt
di Nettuno, 209. Tripode della Sibilla di Delfo, 122. Tritoni, figli
di
Nettuno, 190. Trittolemo. Impara l’agricoltura da
90. Trittolemo. Impara l’agricoltura da Cerere, 54. Trofonio, oracolo
di
Giove o d’Apollo, 81 e nota. Troja. Sua fondazion
ne, 517 ; — sua distruzione, 523. Troilo, 521 5°. Troo, 517. Tros, re
di
Troja, 87. Turno re dei Rutuli, 614. U Ulis
re d’ Itaca, 568 ; — sua finta follia, 569 ; — sue gesta all’assedio
di
Troja, 570 ; — scampa da Polifemo, 573 ; — tempes
ugge gran parte della sua flotta, 574 ; — si libera dagli incantesimi
di
Circe, 575 ; — sua discesa all’Inferno, 576 ; — s
Circe, 575 ; — sua discesa all’Inferno, 576 ; — sua dimora nell’isola
di
Calisso e presso Alcinoo re dei Feaci, 578 ; — su
a delle nove Muse, 275. Urano, vedi Celo. V Valhalla, 743. Vaso
di
Pandora, 73. Vello d’Oro, 449. Venere. Sua nascit
stagioni, 311. Vespero, Dio della sera, 239. Vesta o la Terra, moglie
di
Celo, 43. Vesta o Cibele, moglie di Saturno, 44.
ra, 239. Vesta o la Terra, moglie di Celo, 43. Vesta o Cibele, moglie
di
Saturno, 44. Vesta, figlia di Saturno, 45. Vestal
lie di Celo, 43. Vesta o Cibele, moglie di Saturno, 44. Vesta, figlia
di
Saturno, 45. Vestali, sacerdotesse di Vesta, 46.
e di Saturno, 44. Vesta, figlia di Saturno, 45. Vestali, sacerdotesse
di
Vesta, 46. Via Lattea, 366. Vialis, soprannome di
stali, sacerdotesse di Vesta, 46. Via Lattea, 366. Vialis, soprannome
di
Mercurio, 168. Vigilanza, divinità allegorica, 34
W Walchirie, 743. X Xanto, fiume, 520. Xenus, soprannome
di
Giove, 79. Y Yduna, 743. Z Zeffiro, v
, soprannome di Giove, 79. Y Yduna, 743. Z Zeffiro, vento
di
Ponente, 104, 652, 657. Zete, figlio di Borea, 65
, 743. Z Zeffiro, vento di Ponente, 104, 652, 657. Zete, figlio
di
Borea, 654. Zeto, figlio d’Antiope e di Giove, 74
, 104, 652, 657. Zete, figlio di Borea, 654. Zeto, figlio d’Antiope e
di
Giove, 74. Zodiaco. Spiegazione dei segni che lo
er molti secoli sopra la faccia della terra, e contaminarono le menti
di
popoli che pur giunsero ad avere splendida civilt
eve fu la lotta che la verità del Cristianesimo dovè sostenere contro
di
essi. E appunto per dare un’idea di questa lotta,
istianesimo dovè sostenere contro di essi. E appunto per dare un’idea
di
questa lotta, per far conoscere ai giovani studio
a, per far conoscere ai giovani studiosi questa importantissima epoca
di
transizione tra il Paganesimo ed il Cristianesimo
ganesimo ed il Cristianesimo, per somministrare ad essi maggior copia
di
argomenti a meditare su questo gran fatto, abbiam
to anche, a guisa d’appendice, i seguenti discorsi cavati dalle opere
di
chiari scrittori. Così lo studio stesso dell’anti
rittori. Così lo studio stesso dell’antica Mitologia non sarà sterile
di
morali e civili insegnamenti. Il politeismo de
ommercio co’Greci tutto cangiò : essi recarono in Roma i loro sistemi
di
filosofia liberi e svariati ; ed i poeti latini b
ibertà ne’rozzi lor versi ; Lucillo e Lucrezio si beffarono degli Dei
di
Roma, e de’ Romani che inchinavansi ai vani simul
, i quali prendono per uomini vivi tutte le statue che lor vien fatto
di
vedere. Così crollava l’idolatria dei Romani a mi
ani, fomentasse tutti i vizj degli oppressori del mondo. Nelle scuole
di
Atene o di Corinto, un filosofo epicureo, un cini
asse tutti i vizj degli oppressori del mondo. Nelle scuole di Atene o
di
Corinto, un filosofo epicureo, un cinico, un peri
a tutto ciò non altro era che spiritosa lizza d’ingegno. Ma i patrizj
di
Roma, sfrenati così nei loro vizj come nel loro p
trina d’Epicuro tra l’arti della Grecia, ne attinsero un raffinamento
di
corruzione, di lusso e di crudeltà. Anche i più
tra l’arti della Grecia, ne attinsero un raffinamento di corruzione,
di
lusso e di crudeltà. Anche i più insigni persona
della Grecia, ne attinsero un raffinamento di corruzione, di lusso e
di
crudeltà. Anche i più insigni personaggi che fec
. Anche i più insigni personaggi che fecero sì splendido il tramonto
di
Roma repubblicana, come a dire Cicerone, Cesare,
, Cesare, Varrone, Orazio, Augusto e Catone medesimo, per non parlare
di
molti altri insigni o nell’armi o nelle lettere o
gl’incensi ; e la religione della classe più illuminata e più potente
di
Roma non era altro che un brutale epicureismo. Ci
oi siamo convinti, che avremmo fatto il bene de’nostri concittadini e
di
noi medeaimi, se avessimo estirpato siffatto erro
erimonie ; e l’esistenza d’una natura eterna, la necessità per l’uomo
di
riconoscerla e d’adorarla è attestata dalla magni
a che ricrea lettori sbadati e non curanti. Tu non vi trovi scintilla
di
quell’entusiasmo di buona fede che presso tutte l
sbadati e non curanti. Tu non vi trovi scintilla di quell’entusiasmo
di
buona fede che presso tutte le società nascenti i
smo di buona fede che presso tutte le società nascenti inspira l’uomo
di
genio, e consegna negli inni sacri le tradizioni
paese. Ovidio facea della terra, non solamente il tipo, ma il teatro
di
tutti i vizj de’suoi Dei ; per modo che si può ar
vasi allora coll’amor della gloria e della patria. La morte sul campo
di
battaglia era un olocausto agli Dei ; nè c’era co
ome il continuato uso degli augurj e degli auspicj. Quelle predizioni
di
vittoria così spesso avverate riempivano i Romani
, tanto più le credenze del politeismo signoreggiavano ne’loro cuori,
di
cui formavano continuamente o la speranza o lo sp
la speranza o lo spavento. La vita civile de’Romani non era men piena
di
cerimonie politiche a un tempo e religiose. La co
i Dei anche i più scellerati mostri che sedettero sul trono imperiale
di
Roma. Quindi i Romani, che nella severità dell’an
o arder incensi anche ai più atroci tiranni ; e come sacrileghi e rei
di
lesa maestà erano giudicati e condannati coloro c
le frequenti rivoluzioni dello stato, l’ardente curiosità del popolo
di
conoscer l’avvenire in cui leggea sempre affranca
tto era stata avvezza, che tutto avea sofferto, empievano le fantasie
di
mille strane aberrazioni, e davano pieno potere a
a i suoi culti sanguinarj ; nè conosceva libazioni più grate agli Dei
di
quelle fatte col sangue dei prigionieri romani. I
quelle fatte col sangue dei prigionieri romani. I sacerdoti godevano
di
grande autorità presso le nazioni germaniche, che
le profetesso scelte tra le vergini consacrate ; e i nomi d’Angaria e
di
Velleda, deificate dalla superstizione de’Germani
perstizione de’Germani, più d’una volta avevano spaventato la fortuna
di
Roma. Il politeismo era ancora in fiore, più che
epolti sottò il comune servaggio ; ma disputavasi ancora pel possesso
di
un tempio, o d’un terreno consacrato. Pare che la
lla stessa guisa che non poteva ripudiare le arti. Sparsa dappertutto
di
monumenti e di tradizioni, ell’era come il Panteo
a che non poteva ripudiare le arti. Sparsa dappertutto di monumenti e
di
tradizioni, ell’era come il Panteon dell’universo
superstizioni del paese. Tu v’incontravi ad ogni piè sospinto schiere
di
sacerdoti erranti, che si recavano sul dorso un f
o schiere di sacerdoti erranti, che si recavano sul dorso un fardello
di
divinità impure, e passavano per astrologi e gioc
zione che le controversie religiose e filosofiche. Alessandria, città
di
commercio, di scienza e di piaceri, visitata da t
ontroversie religiose e filosofiche. Alessandria, città di commercio,
di
scienza e di piaceri, visitata da tutti i navigat
eligiose e filosofiche. Alessandria, città di commercio, di scienza e
di
piaceri, visitata da tutti i navigatori d’Europa
ole, parea l’Atene dell’Oriente, più ricca, più popolosa, più feconda
di
vane dispute che non la vera Atene ; ma priva di
opolosa, più feconda di vane dispute che non la vera Atene ; ma priva
di
quella saggezza d’immaginazione e di quel gusto s
che non la vera Atene ; ma priva di quella saggezza d’immaginazione e
di
quel gusto squisito nelle arti che formava la glo
maginazione e di quel gusto squisito nelle arti che formava la gloria
di
questa, Alessandria era piuttosto la Babele dell’
etro a mille superstizioni assurde o malintese, che faceano sorridere
di
compassione il paganesimo romano. Gli Egizj aveva
compassione il paganesimo romano. Gli Egizj avevano sotto ogni guisa
di
simboli raffigurate le loro divinità : di qui ne
zj avevano sotto ogni guisa di simboli raffigurate le loro divinità :
di
qui ne venne la tradizione che essi adorassero le
rmassero città contro città per vendicare le ingiurie fatte ad alcuna
di
queste innumerabili divinità. Gl’Indi giacevano s
schiusi i suoi tesori all’avidità dell’Occidente ; era il nuovo mondo
di
quell’epoca, e vi s’accorreva dalla Grecia e da a
liteismo d’Europa. Non ammetteva idoli ; ed il suo culto, cioè quello
di
Zoroastro, era un’adorazione dell’Essere eterno r
ione così semplice produsse dipoi quell’impostura che portava il nome
di
magia in tutto l’Oriente, e che si sparse tra i R
ottato il culto dei Magi. In Armenia segnatamente veneravasi il culto
di
Mitra, i cui misteri erano celebri nei primi temp
i tempi del Cristianesimo, e s’assomigliavano in parte alle cerimonie
di
questa legge santa. Dominava soprattutto in quest
i la tradizione dei due genj del bene e del male. Ci rimane a parlare
di
quel popolo nato a mutar gli altri tutti, mentre
Giudei e diffuso nel mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo
di
Ciro gli Ebrei s’erano qua e là dispersi nella Si
dio Gerusalemme, queste sètte si fusero in quella degli Zelanti, cioè
di
coloro che voleano scacciare i Romani o perire so
are i Romani o perire sotto le ruine del tempio. Di qui l’accanimento
di
quella guerra spaventevole che fece terrore ai Ro
, fecero sul suolo della loro patria una eroica resistenza. L’assedio
di
Gerusalemme fu più orrendo ancora che quello di C
resistenza. L’assedio di Gerusalemme fu più orrendo ancora che quello
di
Cartagine, e così nell’uno come nell’altro un vin
lo stromento della più barbara distruzione. Singolar cosa ! l’eccidio
di
Gerusalemme parve la vittoria del politeismo sopr
come polvere al vento nell’universo intero. Non ostante questi mucchi
di
rovine non soffocarono la novella credenza che us
mille stranezze da’suoi vizj, dai suoi lumi stessi, dall’avvilimento
di
tutti i culti, dal fascino del commercio, delle s
i non avean forza da ciò. Essi commentavano le antiche favole in vece
di
prestarvi fede ; logoravano il vecchio paganesimo
tutti gli schiavi e gli oppressi, che è quanto dire l’universo. Nulla
di
meno quanti ostacoli s’opponevano alla promulgazi
i. Altri s’accomodavano ad un culto senza doveri, e ad una vita piena
di
passioni e di godimenti : il vecchio politeismo f
omodavano ad un culto senza doveri, e ad una vita piena di passioni e
di
godimenti : il vecchio politeismo formava ancora
ssequio sotto finti nomi, avessero almanco nei loro emblemi alcun che
di
divino. All’ultimo altra religione non eravi in f
o d’idee, onde fu guasto il linguaggio medesimo, a questo eran giunte
di
fare una cosa sola della virtù e del piacere. Da
re. Da queste semplici osservazioni si può giudicare della buona fede
di
quegli scrittori che hanno sostenuto essersi il C
o essersi il Cristianesimo stabilito naturalmente e senza ostacoli. E
di
vero esso non ebbe a lottare se non colle passion
essi e le opinioni dominanti in tutto l’universo I Armato d’una croce
di
legno, fu veduto a un tratto avanzarsi in mezzo a
azze, le vie, le campagne, e persino i luoghi più deserti, si coprono
di
stromenti da tortura, di eculei, di roghi ; i giu
, e persino i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura,
di
eculei, di roghi ; i giuochi si frammettono al ma
i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura, di eculei,
di
roghi ; i giuochi si frammettono al macello ; da
nti sgozzati ; e il barbaro grido : I Cristiani alle fiere, fa fremer
di
gioja una moltitudine ebbra di sangue. Finalmente
do : I Cristiani alle fiere, fa fremer di gioja una moltitudine ebbra
di
sangue. Finalmente, i carnefici stanchi s’arresta
ue. Finalmente, i carnefici stanchi s’arrestano, la scure sfugge loro
di
mano, e un’arcana virtù celestc, scaturita dalla
croce, comincia a commuovere anche questi feroci. Vinti dall’esempio
di
nazioni intiere soggiogate prima di loro, cadono
questi feroci. Vinti dall’esempio di nazioni intiere soggiogate prima
di
loro, cadono pur essi a piè del Cristianesimo, ch
immortalità, e già fa lor copia della speranza. La croce, sacro segno
di
pace e di salute, sventola da lontano sulle rovin
à, e già fa lor copia della speranza. La croce, sacro segno di pace e
di
salute, sventola da lontano sulle rovine del Paga
endo il petto alla spada e ai ceppi le mani inermi. Come ha trionfato
di
tanta rabbia ? Dandosi mansueto in balia dei suoi
stete, il considerare alla scoperta e pubblicamente esaminare ciò che
di
chiaro si trovi nella causa de’ Cristiani che a c
v’astringa ; se in questo solo la vostra autorità teme o si vergogna
di
scrutinare in palese le ragioni del suo procedere
ifesa ; sia lecito almeno alla verità per la tacita via delle lettere
di
pervenire alle vostre orecchie. Questa invero per
el regno, se essa è udita ? Forse si glorierà maggiormente la potestà
di
quelle, perchè esse condanneranno la verità senza
no senza udirla, oltre al biasimo d’iniquità, meriteranno il sospetto
di
non retta coscienza, non volendo saper quello che
ca equità, l’odio che portate ai Cristiani. Ed in vero una tale sorta
di
poca equità, dal titolo medesimo, che è l’ignoran
ra che scusata sia, vien caricata e convinta ; poichè qual cosa è più
di
lungi dall’equità, quanto che gli uomini abbiano
rita l’odio loro ? Poichè dir si può che lo merita, quando la cagione
di
meritarlo è palese. Non vi essendo dunque la noti
do la cagione di meritarlo è palese. Non vi essendo dunque la notizia
di
tal merito, come si potrà difendere la giustizia
andonarono l’ignoranza, parimente cessarono d’odiare. Di questa sorta
di
gente si fanno i Cristiani,147 cioè di quelli che
rono d’odiare. Di questa sorta di gente si fanno i Cristiani,147 cioè
di
quelli che, deposta l’ignoranza con l’informarsi,
iderare, se questo mai fosse un bene occulto, non essendo loro lecito
di
sospettare più rettamente e più da vicino scrutin
riosità umana s’impigrisce : amano d’ignorare mentre gli altri godono
di
sapere. Non vogliono informarsi, perchè sono impe
ni opera biasimevole fa che sia accompagnata dal timore e dal rossore
di
chi la commette. Finalmente gli uomini cattivi si
ssore di chi la commette. Finalmente gli uomini cattivi si affaticano
di
nascondersi, e s’ingegnano di non apparire quel c
lmente gli uomini cattivi si affaticano di nascondersi, e s’ingegnano
di
non apparire quel che e’sono. Sorpresi, tremano ;
tiani ? Di questo alcuno non si vergogna, alcuno non si pente, se non
di
non essere stato per lo passato Cristiano. Se è b
e volte spontaneamente confessa ; condannato, ringrazia. Or che sorta
di
male si dirà mai questo, nel qual non si trova la
vergogna, nè tergiversazione, nè penitenza, nè doglianza ? Che sorta
di
male, dico, del quale il reo si allegra, l’accusa
cità si considera ? Non puoi dire che sia pazzia, perchè sei convinto
di
non giungere a tale cognizione. Pure se noi siamo
i siamo creduti rei come gli altri : ma essi o della propria bocca, o
di
mercenarj difensori si servono per provare l’inno
uditi e difesi siano condannati. Ma ai soli Cristiani non è permesso
di
fiatare, onde si purghi la causa e si difenda la
’esame del delitto. Se si tratta d’altro reo, al solo nome d’omicida,
di
sacrilego o di pubblico inimico (acciocchè io par
tto. Se si tratta d’altro reo, al solo nome d’omicida, di sacrilego o
di
pubblico inimico (acciocchè io parli degli elogi
a, di sacrilego o di pubblico inimico (acciocchè io parli degli elogi
di
che voi ci favorite), non date sentenza, ma richi
gni. Con noi poi non fate così ; ancorchè bisognerebbe pure chiarirsi
di
quello che falsamente si va di noi vociferando, c
; ancorchè bisognerebbe pure chiarirsi di quello che falsamente si va
di
noi vociferando, cioè quanti infanticidj148 fatti
ali siano stati i cuochi ed i cani assistenti.149 Qual gloria sarebbe
di
quel presidente, se potesse venire in chiaro che
ne, scrisse a Trajano, allora imperatore, che, fuori dell’ostinazione
di
non voler sacrificare agl’idoli, niente altro ave
perfidia e l’altre scelleraggini. Rescrisse allora Trajano che genti
di
tal sorta non si dovevano cercare, ma, denunziate
ajano che genti di tal sorta non si dovevano cercare, ma, denunziate,
di
punirle era d’uopo. Oh sentenza confusa dalla nec
mula e condanna !… Quante volte contra i Cristiani incrudelite, parte
di
vostro volere, parte per obbedire alle leggi ! Qu
, parte per obbedire alle leggi ! Quante volte, senza riguardo a voi,
di
sua autorità l’inimico volgo ci assale colle piet
’altra cosa e non interi, e li lacerano, e li dispergono. Contuttociò
di
questi, per altro intrepidi, così da voi trattati
ha del divino, con fuoco umano vendichi i suoi torti, e che si dolga
di
soffrire quel male, il quale fa prova della sua v
luogo e dei suoi confini, che le genti d’un mondo intero ? Noi siamo
di
jeri, e pur abbiamo ripieno tutte le case vostre,
o tutte le case vostre, le città, l’isole, i castelli, tutti i luoghi
di
vostra dipendenza, le congreghe, gli eserciti ste
o i templi. A qual guerra non saremmo idonei e pronti, anche ineguali
di
numero, noi che tanto volentieri ci lasciamo truc
n ribelli, ma solamente separandoci da voi altri, il combatter contra
di
voi ; mentre, se tanta moltitudine d’uomini si fo
ata in qualche remoto angolo del mondo, certamente avrebbe la perdita
di
tanti cittadini, qualunque noi siamo, svergognato
dine dei Cristiani quasi tutti vostri cittadini, anzi quasi cittadini
di
tutte le città. Ma voi piuttosto avete voluto chi
Ma voi piuttosto avete voluto chiamarli nemici del genere umano. Chi
di
voi però da quegli occulti nemici che devastano p
tra vendetta bastato lasciare agl’ immondi spiriti libero il possesso
di
voi. Nondimeno, non riflettendo alla ricompensa d
libero il possesso di voi. Nondimeno, non riflettendo alla ricompensa
di
tanto ajuto a voi prestato, noi che siamo un gene
lla ricompensa di tanto ajuto a voi prestato, noi che siamo un genere
di
persone non solo a voi non molesto, ma necessario
quanto più da voi si miete, essendo il sangue de’ Cristiani una sorta
di
semenza. Molti appresso di voi esortano alla toll
essendo il sangue de’ Cristiani una sorta di semenza. Molti appresso
di
voi esortano alla tolleranza del dolore e della m
è che, dopo averne ricercato, a noi non s’unisca, ed unito non brami
di
patire per acquistare intera la divina grazia e p
ene che parimenti ringraziamo le vostre sentenze, mentre al contrario
di
quello che s’opera dagli uomini, s’opera da Dio ;
la religione, e da una dottrina divina, e da una confederazione piena
di
speranza. Siamo soliti di congregarci, acciocchè,
trina divina, e da una confederazione piena di speranza. Siamo soliti
di
congregarci, acciocchè, orando avanti a Dio, quas
vi parimenti si fanno esortazioni, si gastiga, e si corregge da parte
di
Dio ; poichè quivi si giudica, ma con gran riguar
chè quivi si giudica, ma con gran riguardo, come certi della presenza
di
esso. Talchè è un gran contrassegno della futura
pubblica approvazione hanno acquistato tale onore, perciocchè le cose
di
Dio non hanno prezzo ; e se pure abbiamo una sort
ciocchè le cose di Dio non hanno prezzo ; e se pure abbiamo una sorta
di
cassetta, non è di disonore il danaro che vi si r
Dio non hanno prezzo ; e se pure abbiamo una sorta di cassetta, non è
di
disonore il danaro che vi si raccoglie, quasi che
o se gli piace, o quando ei può ; poichè niuno è costretto, ma lo dà
di
proprio volere. E questi sono depositi di carità
niuno è costretto, ma lo dà di proprio volere. E questi sono depositi
di
carità ; poichè quel danaro non s’impiega in conv
mendichi e per seppellirli, per le fanciulle e per i fanciulli privi
di
averi e di genitori, per i vecchi domestici e per
per seppellirli, per le fanciulle e per i fanciulli privi di averi e
di
genitori, per i vecchi domestici e per gl’inabili
pra ogni cosa la carità che è tra noi, ci rende appresso alcuni degni
di
biasimo. Vedi, dicono, come scambievolmente s’ama
fratelli, non per altra ragione, mi persuado, se non perchè appresso
di
loro ogni nome di parentela è finto per affettazi
altra ragione, mi persuado, se non perchè appresso di loro ogni nome
di
parentela è finto per affettazione. Siamo ancora
la è finto per affettazione. Siamo ancora vostri fratelli per diritto
di
natura, madre comune, benchè voi siate poco uomin
sciuto Dio per unico loro padre, e si sono imbevuti d’un solo spirito
di
santità, e, dall’unico seno della medesima ignora
esima ignoranza usciti, sono restati abbarbagliati da una stessa luce
di
verità ! Ma forse tanto meno siamo reputati legit
fratelli rispetto a’nostri beni e alla nostra roba, la quale appresso
di
voi quasi rompe la fratellanza. Noi però, perchè
e cene, oltre ad averle infamate per iscellerate, da voi son tacciate
di
prodighe. Veramente a noi calza quel detto di Dio
te, da voi son tacciate di prodighe. Veramente a noi calza quel detto
di
Diogene : I Megarensi mangiano come se dovessero
necessità d’indebitarsi. I computisti soli possono calcolare le spese
di
coloro, che gettano nelle crapule il loro avere n
ese di coloro, che gettano nelle crapule il loro avere nell’occasione
di
pagare le decime ad Ercole. Nel celebrare i miste
nell’occasione di pagare le decime ad Ercole. Nel celebrare i misteri
di
Bacco secondo l’antica usanza fa d’uopo d’arrolar
eri di Bacco secondo l’antica usanza fa d’uopo d’arrolare una legione
di
cuochi. Le guardie del fuoco stan vigilanti al gr
mormora. E pure la nostra cena col proprio vocabolo rende buon conto
di
sè ; perciocchè è detta Agape, che appresso i Gre
ta Agape, che appresso i Greci suona quello che suona carità appresso
di
noi, talchè sia di qualunque dispendio, è da repu
sso i Greci suona quello che suona carità appresso di noi, talchè sia
di
qualunque dispendio, è da reputarsi guadagno, men
con questo sollievo ajutiamo anche i mendichi, non per la vanagloria
di
renderci schiavi gli uomini liberi, come appresso
er la vanagloria di renderci schiavi gli uomini liberi, come appresso
di
voi succede, arrolandosi i parassiti anche a rice
a ad uomini pudichi ; onde si satollano in maniera da non si scordare
di
dovere nella notte levarsi ad adorare Dio. Discor
iascuno a cantare al Signore o qualche cosa delle divine Scritture, o
di
proprio genio ; quindi si prova come veramente ab
ome veramente abbia bevuto. Parimente l’orazione scioglie il convito,
di
dove s’esce di poi, non per andar tra le truppe d
bbia bevuto. Parimente l’orazione scioglie il convito, di dove s’esce
di
poi, non per andar tra le truppe di coloro che fa
ioglie il convito, di dove s’esce di poi, non per andar tra le truppe
di
coloro che fanno alle coltellate, nè tra le schie
tra le truppe di coloro che fanno alle coltellate, nè tra le schiere
di
chi va gridando a far delle insolenze o delle dis
ella pudicizia, come quelli che nella cena non cibarono solo il corpo
di
vivande ; ma l’animo ancora di santi ricordi. Or
nella cena non cibarono solo il corpo di vivande ; ma l’animo ancora
di
santi ricordi. Or questa è l’adunanza de’Cristian
iglia ai ridotti illeciti, ed è con giustizia condannabile, se alcuno
di
quella si duole per la ragione stessa onde della
per la ragione stessa onde della fazioni suol darsi querela. In danno
di
chi ci aduniamo mai ? Congregati, siamo gli stess
so noi siamo accusati, cioè come inutili per ogni affare. In che modo
di
questo ci fate rei, che pure con voi viviamo, che
vero che siamo temperanti, per non servircene smoderatamente e fuori
di
regola ; onde non si vive da noi nel secolo senza
anche in quel giorno son uomo. Non mi bagno avanti giorno nelle feste
di
Saturno per non perdere la notte e il di Contutto
no avanti giorno nelle feste di Saturno per non perdere la notte e il
di
Contuttociò all’ora debita e giovevole mi bagno p
o ancor dopo morte.154. Non mi metto a mensa pubblicamente ne’giuochi
di
Bacco, perchè è costume de’combattenti con le fie
si lamenta, sanno i Sabei che le loro merci hanno più spaccio presso
di
noi, e migliore, servendocene per dar sepoltura a
ai Cristiani, non per affumicare gli Dei.156 Certo voi dite : Calano
di
giorno in giorno l’entrate de’templi. E chi omai
o in giorno l’entrate de’templi. E chi omai vi getta più un quattrino
di
limosina ? Ma noi però non siamo bastanti a ripar
stanti a riparare agli nomini e a’vostri Dei mendicanti ; nè crediamo
di
dover dare la limosina, se non a chi la chiede. D
nte il conto, che la querela che ci fate in ordine ad una sola spezie
di
cose, vien compensata dal comodo degli altri dazj
e da noi medesimi ricavate con tutta esattezza. Tertulliano. (Traduz,
di
Maria Selvaggia Borghini.) Qual sarebbe al pr
arebbe trovato sepolto. Non ci volea meno che una moltitudine immensa
di
solitari sparsi nelle tre parti del mondo, e tutt
ri sparsi nelle tre parti del mondo, e tutti diretti al conseguimento
di
un medesimo fine, per conservare almeno quelle sc
mente il Politeismo non era punto, com’è il Cristianesimo, una specie
di
religione letterata (se così possiam dire), perch
a e la morale. La necessità in cui si trovarono i sacerdoti cristiani
di
pubblicare dei libri, o vuoi per propagare la fed
a religione ; e questa religione passionata distruggeva ogni speranza
di
cambiamento nei principj morali. Il sapere non pr
rpe umana si sarebbe ridotta a prochi uomini erranti sopra rovine. Ma
di
quanti anni non avrebbe poi avuto bisogno questo
nti anni non avrebbe poi avuto bisogno questo albero dei popoli prima
di
stendere i suoi rami di nuovo su tutte quelle rel
avuto bisogno questo albero dei popoli prima di stendere i suoi rami
di
nuovo su tutte quelle reliquie ? Che lungo spazio
dere i suoi rami di nuovo su tutte quelle reliquie ? Che lungo spazio
di
tempo non avrebbero impiegato a rinascere le scie
ano dalla sua propria corruzione, se non fosse soggiaciuto alla forza
di
armi straniere : sola una religione può rinnovell
religione può rinnovellare un popolo nelle sue sorgenti. E già quella
di
Gesù Cristo ristabiliva tutte le basi morali. Gli
a castità, quando vi erano pubbliche inverecondie ; penitenti coperti
di
cenere e di cilicio, quando le leggi autorizzavan
uando vi erano pubbliche inverecondie ; penitenti coperti di cenere e
di
cilicio, quando le leggi autorizzavano i più gran
delitti contro i costumi ; eroi della carità, quando vi erano mostri
di
barbarie : finalmente, per istrappare tutto un po
rò la venuta del Figlio dell’uomo : un po’prima la sua morale non era
di
assoluta necessità, perchè i popoli sostenevansi
arso se non dopo il naufragio della società. Chateaubriand. (Traduz.
di
L. Toccagni.) 144. Dotlrina filosofica, che pr
icuro, e che professavs massime assai libere, principalmenle in fatto
di
morale. 145. È opinione di molti dotti, che la l
ime assai libere, principalmenle in fatto di morale. 145. È opinione
di
molti dotti, che la lingua sanscritta, la quale è
anze notturne, legassero un cane ad ogni candeliere ; e che alla fine
di
esse, questi, adescati dal pane che veniva lor pr
no immenso spese nelle crapole e ne’bagordi. Tra queste erano le cene
di
Serapi, dio egizio, nelle quali, pe’gran fuochi c
. I Saturnali ai celebravano d’inverno ; perciò chi ai lavava innanzi
di
metteva a rischio la sua salute, e intirizziva pe
ni, si lavavano. 155. Usavano i Gentili nei conviti cingersi il capo
di
ghirlande di fiori, in onore di Bacco e d’altrett
no. 155. Usavano i Gentili nei conviti cingersi il capo di ghirlande
di
fiori, in onore di Bacco e d’altrettali Divinità.
Gentili nei conviti cingersi il capo di ghirlande di fiori, in onore
di
Bacco e d’altrettali Divinità. 156. I Cristiani
. I Cristiani de’primi tempi nell’imbalsamare i cadaveri facevano uso
di
mirra, d’aromi e d’altre prodazioni dell’Arabia.
appunto si dicono prodigiose, e più veramente favolose. Sulla nascita
di
Bacco venner fuori a dire ch’egli ebbe due madri.
be due madri. I poeti classici greci diedero perciò a Bacco il titolo
di
Ditirambo, e i poeti latini di Bimater, cioè figl
greci diedero perciò a Bacco il titolo di Ditirambo, e i poeti latini
di
Bimater, cioè figlio di due madri, che meglio dir
acco il titolo di Ditirambo, e i poeti latini di Bimater, cioè figlio
di
due madri, che meglio direbbesi due volte nato, p
no che Giunone essendosi accorta che Giove prediligeva Semele, figlia
di
Cadmo re di Tebe, volle vendicarsi della medesima
ne essendosi accorta che Giove prediligeva Semele, figlia di Cadmo re
di
Tebe, volle vendicarsi della medesima, e trasform
endicarsi della medesima, e trasformatasi nella vecchia Beroe nutrice
di
Semele, suggerì a questa di farsi promettere con
trasformatasi nella vecchia Beroe nutrice di Semele, suggerì a questa
di
farsi promettere con giuramento da Giove di compa
Semele, suggerì a questa di farsi promettere con giuramento da Giove
di
comparirle innanzi con tutta la maestà e tutti i
distintivi con cui si mostrava in Cielo agli Dei. La maligna astuzia
di
Giunone sortì pienissimo effetto ; e Giove avendo
ne sortì pienissimo effetto ; e Giove avendo promesso non potè mancar
di
parola, e comparve a Semele armato di fulmini, un
avendo promesso non potè mancar di parola, e comparve a Semele armato
di
fulmini, uno dei quali gli uscì di mano, incendiò
parola, e comparve a Semele armato di fulmini, uno dei quali gli uscì
di
mano, incendiò la reggia Tebana e uccise e incene
to figlio, se Giove non lo salvava supplendo all’ incompleto sviluppo
di
esso e rendendolo vitale196. Dopo di che lo conse
pplendo all’ incompleto sviluppo di esso e rendendolo vitale196. Dopo
di
che lo consegnò alle figlie di Atlante perchè lo
o di esso e rendendolo vitale196. Dopo di che lo consegnò alle figlie
di
Atlante perchè lo allevassero. Il piccolo Bacco c
ra gli uomini, ma ancor fra le donne. Accompagnato da una turba magna
di
zelanti seguaci di ambo i sessi percorse la terra
ncor fra le donne. Accompagnato da una turba magna di zelanti seguaci
di
ambo i sessi percorse la terra sino alle Indie, e
lmente al suo culto anche questa regione. Egli aveva sempre l’aspetto
di
giovane197, con volto reso più rubicondo dalle co
o di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni
di
vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi
o più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona
di
ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grap
ndo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e
di
corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva p
azioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche
di
pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un
verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle
di
tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le mem
era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o
di
pantera gli ricuopriva in parte le membra, nude i
eroci, per lo più tigri o pantere. Tutti questi distintivi ed emblemi
di
Bacco lo manifestano chiaramente come il Dio del
. Il volto giovanile e rubicondo, i pampini e l’uva non hanno bisogno
di
spiegazione ; l’ellera colla sua freschezza era s
ali feroci significavano il furore e la brutalità cui produce l’abuso
di
questo liquore. Anzi per indicare non tanto la fo
impudenza che ne deriva in chi ne abusa, si aggiungevano sulla fronte
di
Bacco le corna198 ; e i poeti dicono che egli non
importanza a questo Dio dicono che le corna son simbolo della potenza
di
lui, ossia della forza del vino. Il nome stesso d
bolo della potenza di lui, ossia della forza del vino. Il nome stesso
di
Bacco, o che si faccia derivare da un greco vocab
dei gozzovigliatori, è pur sempre espressivo dei principali attributi
di
questo Dio. I Latini intendevano la parola Bacco
e accezione abbandonarsi a smodata allegria. In italiano poi dal nome
di
Bacco è derivata la parola baccano che significa
erivata la parola baccano che significa rumore strepitoso e selvaggio
di
gente che sembra impazzata. E questo era il rumor
e che sembra impazzata. E questo era il rumore che facevano i seguaci
di
Bacco, e specialmente le donne che furon chiamate
i ; e in tal modo clamoroso e impudente celebravansi in Roma le feste
di
questo Dio che furon dette Baccanali, di cui gli
elebravansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali,
di
cui gli eccessi giunsero anticamente tant’oltre i
n altri tempi più antichi dicevasi ancora carnasciale 199. Nel corteo
di
Bacco e a celebrare i Baccanali, secondo le favol
e la forma dei Satiri, la chiama il Redi ; e tra i Satiri v’era l’aio
di
Bacco, cioè il vecchio Sileno, che dall’essere co
derò la parola al Poliziano, che maravigliosamente in due sole ottave
di
versi endecasillabi sdruccioli non solo descrive,
ersi endecasillabi sdruccioli non solo descrive, ma dipinge il corteo
di
Bacco : « Vien sopra un carro, d’ellera e di pam
e, ma dipinge il corteo di Bacco : « Vien sopra un carro, d’ellera e
di
pampino « Coperto, Bacco il qual duo tigri guidan
Qual move i piedi in danza, e qual si ruotola. « Sopra l’asin Silen,
di
ber sempre avido, « Con vene grosse, nere e di mo
« Sopra l’asin Silen, di ber sempre avido, « Con vene grosse, nere e
di
mosto umide, « Marcido sembra, sonnacchioso e gra
mosto umide, « Marcido sembra, sonnacchioso e gravido ; « Le luci ha
di
vin rosse, enfiate e fumide ; « L’ardite ninfe l’
. In greco chiamavasi Dionisio, parola composta da Dios, uno dei nomi
di
Giove suo padre, e dall’isola di Nisa o dal monte
arola composta da Dios, uno dei nomi di Giove suo padre, e dall’isola
di
Nisa o dal monte Niso, dove Bacco nacque e fu all
esto nome, ma bensì l’aggettivo che ne deriva, e davano l’appellativo
di
Dionisie 200) alle feste di Bacco, che quando pro
ivo che ne deriva, e davano l’appellativo di Dionisie 200) alle feste
di
Bacco, che quando proruppero in eccessi ributtant
nifica pur esso furore. Anche in italiano si dà elegantemente il nome
di
Orgie ai notturni stravizii di gozzoviglie e bago
n italiano si dà elegantemente il nome di Orgie ai notturni stravizii
di
gozzoviglie e bagordi. I Latini bene spesso davan
di gozzoviglie e bagordi. I Latini bene spesso davano a Bacco il nome
di
Libero per indicare che il vino ispira libertà, m
derivati dal greco, e molto in uso anche nei poeti latini, e qualcuno
di
questi, benchè più raramente, nei poeti italiani.
hè più raramente, nei poeti italiani. Convien qui rammentare il grido
di
allegrezza e di evviva a Bacco, che ripetevasi fr
, nei poeti italiani. Convien qui rammentare il grido di allegrezza e
di
evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nel
grezza e di evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nelle feste
di
lui ; ed era la greca voce Evoe, che in latino s’
Euge fili ! e nel nostro volgare corrisponde a Bravo figlio ! parole
di
approvazione e d’incoraggiamento che i mitologi s
ono dette da Giove a Bacco suo figlio, allorchè questi sotto la forma
di
leone combatteva contro i Giganti. La qual voce E
titolato Bacco in Toscana. Anche le Baccanti avevano altri nomi, cioè
di
Menadi, Tiadi, Bassaridi ; il primo dei quali sig
il secondo impetuose, ed il terzo è derivato da uno degli appellativi
di
Bacco accennati di sopra. Le Baccanti erano rappr
e, ed il terzo è derivato da uno degli appellativi di Bacco accennati
di
sopra. Le Baccanti erano rappresentate come donne
e piegata indietro, colle chiome scarmigliate e svolazzanti, in atto
di
far passi concitati o salti, e perciò colle vesti
pada o il pugnale. Generalmente hanno pur anco il mantello o la veste
di
pelli di daino o di cervo, le quali pelli diconsi
pugnale. Generalmente hanno pur anco il mantello o la veste di pelli
di
daino o di cervo, le quali pelli diconsi nebridi
eneralmente hanno pur anco il mantello o la veste di pelli di daino o
di
cervo, le quali pelli diconsi nebridi con voce gr
ni poeti latini204) e italiani. Cosi cantò il Chiabrera, v. 46 : « E
di
nebridi coperto « Nel deserto « Vo’cantar tra le
« Nel deserto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi nel Ditirambo
di
Bacco fa dire a questo Nume : « Al suon del cemb
questo Nume : « Al suon del cembalo, « Al suon del crotalo, « Cinte
di
nebridi, « Snelle Bassaridi, « Su su mescetemi «
sicumere e accordature d’orchestra. Finsero che Bacco nei suoi viaggi
di
proselitismo enologico avesse trovato nell’isola
o nei suoi viaggi di proselitismo enologico avesse trovato nell’isola
di
Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbando
oselitismo enologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia
di
Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo
nologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re
di
Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei do
tento, e le regalò come dono nuziale una preziosissima corona d’oro e
di
gemme, opera egregia di Vulcano, la quale poi fu
dono nuziale una preziosissima corona d’oro e di gemme, opera egregia
di
Vulcano, la quale poi fu cangiata in una costella
a quale poi fu cangiata in una costellazione che porta ancora il nome
di
corona di Arianna. Tre figli nacquero da questo m
i fu cangiata in una costellazione che porta ancora il nome di corona
di
Arianna. Tre figli nacquero da questo matrimonio
il nome di corona di Arianna. Tre figli nacquero da questo matrimonio
di
Bacco, ed ebbero nomi relativi alla vite, all’uva
ifica fiorente ; Stafilo, nome derivato da staphis che era una specie
di
vite e d’uva anticamente chiamata stafusaria ; ed
va anticamente chiamata stafusaria ; ed Enopio, che vuol dire bevitor
di
vino. Si attribuivano a Bacco diversi miracoli. C
cuni marinari che si opponevano al suo culto. Fece sì che Licurgo, re
di
Tracia, il quale aveva ordinato che si tagliasser
tagliassero tutte le viti dei suoi Stati, nel volerne recidere alcune
di
propria mano si tagliasse da sè stesso le gambe.
alcune di propria mano si tagliasse da sè stesso le gambe. Penteo re
di
Tebe che voleva abolire il culto di Bacco fu ucci
da sè stesso le gambe. Penteo re di Tebe che voleva abolire il culto
di
Bacco fu ucciso dalla propria madre Agave, che in
ande esempio degli eccessi a cuipuò condurre l’ubriachezza. Le figlie
di
Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patr
degli eccessi a cuipuò condurre l’ubriachezza. Le figlie di Mineo re
di
Tebe, conosciute comunemente col patronimico di M
Le figlie di Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patronimico
di
Mineidi, ricusando di prender parte alle feste di
di Tebe, conosciute comunemente col patronimico di Mineidi, ricusando
di
prender parte alle feste di Bacco per attendere a
nte col patronimico di Mineidi, ricusando di prender parte alle feste
di
Bacco per attendere alla loro occupazione di tess
prender parte alle feste di Bacco per attendere alla loro occupazione
di
tesser le tele, fu detto che furono cangiate in v
e i loro telai in ellera per castigo del disprezzo mostrato pel culto
di
Bacco. Fu poi generosissimo co’suoi devoti cultor
ava, talchè divenivano facilmente dannosi, come avvenne a Mida figlio
di
Gordio re dei Frigii. Avendo questo re lietamente
co con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà
di
scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era a
orteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di scegliere un dono
di
suo piacere. Mida, che era avarissimo, chiese di
di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era avarissimo, chiese
di
poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, e
ò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi
di
avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si p
ti i cibi e le bevande che mettevasi in bocca, e presto sarebbe morto
di
fame in mezzo all’oro, se non avesse ottenuto da
zo all’oro, se non avesse ottenuto da quel Nume benigno la cessazione
di
sì funesto dono. Bacco gli ordinò di lavarsi nel
quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono. Bacco gli ordinò
di
lavarsi nel fiume Pattolo ; e i poeti aggiunsero
dinò di lavarsi nel fiume Pattolo ; e i poeti aggiunsero che le acque
di
quel fiume contrassero in parte la proprietà che
ne delle pepiti e delle auree vene nel sen della terra. Questa favola
di
Mida fu raccontata dall’Alighieri nel Canto xx de
a del Dio dei pastori. Come si usa poeticamente per metonimia il nome
di
Cerere a significare il grano ; di Minerva o Pall
poeticamente per metonimia il nome di Cerere a significare il grano ;
di
Minerva o Pallade, la sapienza ; di Marte, la gue
i Cerere a significare il grano ; di Minerva o Pallade, la sapienza ;
di
Marte, la guerra, ecc. ; così il nome di Bacco ad
rva o Pallade, la sapienza ; di Marte, la guerra, ecc. ; così il nome
di
Bacco ad indicare il vino. E Bacco in origine era
mbolo soltanto del vino ; ma dopo tutte le favole che si raccontarono
di
lui, e specialmente dopo i fatti storici pur trop
ici pur troppo veri degli stravizii ed eccessi dei Baccanali in onore
di
questo Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora c
li stravizii ed eccessi dei Baccanali in onore di questo Dio, il nome
di
Bacco fu adoprato ancora come sinonimo di crapula
nore di questo Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora come sinonimo
di
crapula e di gozzoviglia. In questo senso l’usò a
o Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora come sinonimo di crapula e
di
gozzoviglia. In questo senso l’usò anche il Petra
più celebri sonetti : « L’avara Babilonia ha colmo il sacco « D’ira
di
Dio, e di vizii empi e rei « Tanto che scoppia ;
ri sonetti : « L’avara Babilonia ha colmo il sacco « D’ira di Dio, e
di
vizii empi e rei « Tanto che scoppia ; ed ha fatt
maturità e non ne cangiano in vino il primitivo acido umore. Il regno
di
Bacco è finito dove Febo non lo favorisce colla f
ritanni e gli Sciti, e in una parola tutti i popoli nordici, bevitori
di
cervogia ossia birra, odiosissima a Bacco206. Tut
sposti al nord, e generalmente in nessuna posizione ed esposizione al
di
là del grado 50 di latitudine207). Tutti hanno ri
eneralmente in nessuna posizione ed esposizione al di là del grado 50
di
latitudine207). Tutti hanno riconosciuto e ricono
alla vite cola. » Lo stesso Galileo 300 anni dopo non aggiunse nulla
di
più alla formula di Dante col dire che il vino è
o stesso Galileo 300 anni dopo non aggiunse nulla di più alla formula
di
Dante col dire che il vino è un composto di umore
nulla di più alla formula di Dante col dire che il vino è un composto
di
umore e di luce. Il celebre Magalotti, relatore d
ù alla formula di Dante col dire che il vino è un composto di umore e
di
luce. Il celebre Magalotti, relatore delle esperi
una delle sue lettere scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati), intese
di
dare la spiegazione di questo fenomeno con una ip
scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati), intese di dare la spiegazione
di
questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allud
intellettuali e morali. 195. Dante assomigliò la potenza del riso
di
Beatrice su di lui all’effetto dei fulmini di Gio
morali. 195. Dante assomigliò la potenza del riso di Beatrice su
di
lui all’effetto dei fulmini di Giove sopra Semele
liò la potenza del riso di Beatrice su di lui all’effetto dei fulmini
di
Giove sopra Semele : « Ed ella non ridea : Ma, s
s’io ridessi, « Mi cominciò, tu ti faresti quale « Semele fu, quando
di
cener fessi. » (Parad., xxi, 4.) 196. Ovidio
Metamorfosi così racconta questa favola, accennando in una parentesi
di
non prestarvi fede egli stesso : « Imperfectus a
orgoglio. » (Gerus. Lib.) 199. Son celebri i Canti Carnascialeschi
di
Lorenzo il Magnifico per le mascherate dette di c
Canti Carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico per le mascherate dette
di
carattere che si facevano in quei tempi. Torna qu
tte di carattere che si facevano in quei tempi. Torna qui in acconcio
di
rammentare il Canto che è intitolato : Trionfo di
rna qui in acconcio di rammentare il Canto che è intitolato : Trionfo
di
Bacco e di Arianna, che insieme col Canto dei Cia
acconcio di rammentare il Canto che è intitolato : Trionfo di Bacco e
di
Arianna, che insieme col Canto dei Cialdonai, dei
voce derivata da due parole greche che appellano alla doppia nascita
di
Bacco, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio
appellano alla doppia nascita di Bacco, oltre ad essere uno dei nomi
di
questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel
, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore
di
lui ; nel qual genere di poesia ammettevasi molta
nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel qual genere
di
poesia ammettevasi molta licenza ed irregolarità
il Giusti chiamo Ditirambo la sua celeberrima satira sulla Vestizione
di
Bécero a cavalier di S. Stefano, come vedesi dai
rambo la sua celeberrima satira sulla Vestizione di Bécero a cavalier
di
S. Stefano, come vedesi dai seguenti versi : « N
nti versi : « Nel cervellaccio imbizzarrito e strambo « Senti ronzar
di
versi una congerie, « E piccato di fare un dilira
izzarrito e strambo « Senti ronzar di versi una congerie, « E piccato
di
fare un dilirambo « Senza legge di forme e di ma
i versi una congerie, « E piccato di fare un dilirambo « Senza legge
di
forme e di materie, « Le sacre mescolò colle prof
congerie, « E piccato di fare un dilirambo « Senza legge di forme e
di
materie, « Le sacre mescolò colle profane « E le
203. Il crotalo era uno stromento a percussione, composto per lo più
di
due pezzi concavi di metallo (ferro o bronzo), ch
uno stromento a percussione, composto per lo più di due pezzi concavi
di
metallo (ferro o bronzo), che si suonavano batten
la Tribuna della Galleria degli Uffizi in Firenze v’è il famoso Fauno
di
greca scultura, in atto di suonare il crotalo che
egli Uffizi in Firenze v’è il famoso Fauno di greca scultura, in atto
di
suonare il crotalo che ha nelle mani. — In Zoolog
di suonare il crotalo che ha nelle mani. — In Zoologia si dà il nome
di
crotalo al serpente a sonagli. 204. Il nome neb
nagli. 204. Il nome nebris, nebridis si trova usato nel senso detto
di
sopra dai poeti latini Stazio e Claudiano : « Ne
r agit currus. » (Claud., De iv Cons. Hon., 606.) 205. Il termine
di
vipistrello usato da Dante sembra preferibile agl
vipistrello e pipistrello, perchè è più simile al latino vespertilio,
di
cui ci dà l’etimologia Ovidio nelle Metamorfosi,
: « ……….. tenent a vespere nomen. » 206. È coerente al carattere
di
Bacco Dio del vino che egli disprezzi e biasimi l
o sofisticati (come dicono i chimici) con litargirio, con minio o sal
di
Saturno, che sono veri e proprii veleni. 207. S
del caldo ; e i limiti naturali fra cui prospera sono dal 30° al 50°
di
latitudine. 208. In questi limiti non lo disappr
simo Eroe apparteneva al novero dei Semidei, poichè fu creduto figlio
di
Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio
pparteneva al novero dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e
di
Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Ar
ei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale era figlia
di
Acrisio re degli Argiesi. Se gli storici pongono
reistoriche della Mitologia, poichè abbiamo già veduto nel N. XI, che
di
Inaco re d’Argo era figlia la Ninfa Io trasformat
figlia la Ninfa Io trasformata in vacca, e poi in Dea, sotto il nome
di
Iside ; e parimente d’Argo era re Danao padre del
nome di Iside ; e parimente d’Argo era re Danao padre delle Danaidi,
di
cui parlammo nel N. XXXI ; ed ora troviamo Perseo
e delle Danaidi, di cui parlammo nel N. XXXI ; ed ora troviamo Perseo
di
regia stirpe Argiva. In appresso incontreremo Aga
ne re d’Argo e Micene, generalissimo della Grecia congiurata ai danni
di
Troia ; e finalmente Oreste figlio di lui, col qu
ella Grecia congiurata ai danni di Troia ; e finalmente Oreste figlio
di
lui, col quale termina l’età eroica e comincia l’
lo che se nascesse un figlio da Danae ucciderebbe l’avo. Il solo modo
di
render bugiardo l’Oracolo era troppo crudele, cio
o. Il solo modo di render bugiardo l’Oracolo era troppo crudele, cioè
di
uccider subito la figlia ; e Acrisio non fu così
ccider le loro figlie, non già per salvarsi la vita, ma per ambizione
di
regno. Acrisio credè invece che bastasse rinchiud
gno. Acrisio credè invece che bastasse rinchiuder la sua in una torre
di
bronzo per impedire che prendesse marito. Ma fu i
pioggia d’oro discese in quella torre e sposò Danae che fu poi madre
di
Perseo. S’intende facilmente che l’oro col quale
on comprate le guardie da un ricco principe aprì le porte della torre
di
bronzo, per la stessa ragione che fece dire a Fil
torre di bronzo, per la stessa ragione che fece dire a Filippo padre
di
Alessandro Magno non esservi fortezza inespugnabi
n’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa
di
legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre i
mporta il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola
di
Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospit
ccolti dal re Polidette. Cresceva Perseo e si dimostrava degno figlio
di
Giove per valore e per senno, talchè Polidette co
le quali perciò sembra che debbano corrispondere alle isole dette ora
di
Capo verde. Doveva Perseo tagliare a Medusa la te
tte ora di Capo verde. Doveva Perseo tagliare a Medusa la testa cinta
di
orribili serpenti, che facea divenir di pietra ch
liare a Medusa la testa cinta di orribili serpenti, che facea divenir
di
pietra chi la guardava. I poeti antichi dicono ch
vanità, e furon chiamate le Gorgoni dalla voce gorgon che era il nome
di
un orribile mostro affricano. Le credevano figlie
che era il nome di un orribile mostro affricano. Le credevano figlie
di
Forco divinità marina, e perciò le chiamavano anc
no ancora le Fòrcidi. Più terribile era Medusa per la fatal proprietà
di
cangiar gli uomini in pietra. L’impresa di uccide
usa per la fatal proprietà di cangiar gli uomini in pietra. L’impresa
di
ucciderla sarebbe stata impossibile senza l’aiuto
impossibile senza l’aiuto degli Dei ; i quali per favorire il figlio
di
Giove gl’imprestarono le loro armi divine, Marte
scudo e Mercurio i talari e il petaso. Così Perseo volando e coperto
di
armi divine si accostò non visto a Medusa e le ta
che dipoi portò sempre seco e se ne servì utilmente per far diventar
di
sasso chi più gli piacque, come vedremo. Intanto
i e moderni fecero a gara a descrivere, dipingere e scolpire la testa
di
Medusa. Dante asserisce che a tempo suo la Gorgon
elebre viaggio, le tre Furie infernali vedendolo da lontano dall’alto
di
una torre : « Venga Medusa, sì ‘l farem di smalt
dolo da lontano dall’alto di una torre : « Venga Medusa, sì ‘l farem
di
smalto, « Gridaron tutte riguardando in giuso ; «
poi alle belle arti sappiamo che gli antichi rappresentavano la testa
di
Medusa nell’Egida, e talvolta nell’usbergo della
; e Cicerone rimprovera a Verre, tra gli altri delitti e sacrilegii,
di
avere involato una bellissima testa anguicrinita
tti e sacrilegii, di avere involato una bellissima testa anguicrinita
di
Medusa, distaccandola dalle porte del tempio di M
ma testa anguicrinita di Medusa, distaccandola dalle porte del tempio
di
Minerva in Siracusa49. Tra i lavori moderni poi è
rva in Siracusa49. Tra i lavori moderni poi è da rammentarsi la testa
di
Medusa dipinta da Leonardo da Vinci, che si ammir
ci, che si ammira nella Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua
di
Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egreg
a Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua di Perseo colla testa
di
Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso, di
i Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso,
di
Benvenuto Cellini, che è posta sotto le loggie de
rgagna in Piazza della Signoria. Anche i Naturalisti si son ricordati
di
questo mostro mitologico nel dare il nome di Medu
ralisti si son ricordati di questo mostro mitologico nel dare il nome
di
Meduse a un gruppo di Zoofiti che formano la 1ª d
ti di questo mostro mitologico nel dare il nome di Meduse a un gruppo
di
Zoofiti che formano la 1ª divisione degli Acalefi
o stesso dell’ortica, e perciò si chiamano ancora volgarmente Ortiche
di
mare. Proseguendo ora il racconto mitologico dell
e Ortiche di mare. Proseguendo ora il racconto mitologico delle gesta
di
Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue
do ora il racconto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima
di
tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medu
Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio
di
Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tr
chio di Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tronco o busto
di
essa uscì l’alato caval Pegaso, che servì poi sem
ronco o busto di essa uscì l’alato caval Pegaso, che servì poi sempre
di
cavalcatura a Perseo. Inoltre questo cavallo dand
vallo. La produzione dei serpenti dal sangue della testa anguicrinita
di
Medusa è meno difficile a spiegarsi che quella de
meno difficile a spiegarsi che quella del caval Pegaso nato dal corpo
di
essa. E Pindaro, a cui forse piaceva poco questa
di essa. E Pindaro, a cui forse piaceva poco questa strana invenzione
di
Esiodo, non l’adottò, e disse invece che il caval
la Gorgone. Con questi due potentissimi aiuti, il Pegaso e il teschio
di
Medusa, divenne Perseo il più formidabile eroe de
e Perseo il più formidabile eroe dell’antichità, perchè egli solo più
di
qualunque esercito fornito di qualsivoglia arme p
oe dell’antichità, perchè egli solo più di qualunque esercito fornito
di
qualsivoglia arme più micidiale e diabolica valev
sivoglia arme più micidiale e diabolica valeva per velocità e potenza
di
mezzi di distruzione delle umane esistenze. Ma pe
arme più micidiale e diabolica valeva per velocità e potenza di mezzi
di
distruzione delle umane esistenze. Ma per non per
rsonale e per non nuocere agl’innocenti, teneva nascosto in una borsa
di
pelle il teschio di Medusa, e se ne valeva soltan
ocere agl’innocenti, teneva nascosto in una borsa di pelle il teschio
di
Medusa, e se ne valeva soltanto nei casi di maggi
borsa di pelle il teschio di Medusa, e se ne valeva soltanto nei casi
di
maggior bisogno ed estremi. Su questi dati mitolo
nte e stupefaciente scudo del mago Atlante50. Tra le diverse imprese
di
Perseo occupa un posto importantissimo la liberaz
erse imprese di Perseo occupa un posto importantissimo la liberazione
di
Andromeda dall’ Orca. Era Andromeda figlia di Cef
ntissimo la liberazione di Andromeda dall’ Orca. Era Andromeda figlia
di
Cefeo re di Etiopia e della ninfa Cassiopea ; e f
liberazione di Andromeda dall’ Orca. Era Andromeda figlia di Cefeo re
di
Etiopia e della ninfa Cassiopea ; e fu esposta ad
divorata da un mostro marino, perchè o essa o sua madre erasi vantata
di
esser più bella delle Nereidi. Nel tempo che l’Or
rla, passò per aria Perseo sul caval Pegaso, e accortosi del pericolo
di
Andromeda volò tosto in soccorso di lei ; ma non
Pegaso, e accortosi del pericolo di Andromeda volò tosto in soccorso
di
lei ; ma non potendo pervenire ad uccidere il mos
a spada, perchè era più duro d’uno scoglio, lo pietrificò col teschio
di
Medusa. I genitori che eran presenti diedero in p
la figlia in isposa, e il regno per dote. Questa mirabile liberazione
di
Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini nel ba
azione di Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini nel bassorilievo
di
bronzo fuso che vedesi nella base del Perseo ; ma
l Perseo ; ma l’eroe vi è rappresentato volante col petaso e i talari
di
Mercurio e non sul caval Pegaso ; con la scimitar
n sul caval Pegaso ; con la scimitarra nella destra, e senza la testa
di
Medusa nell’altra mano. Nel giardino di Boboli ve
ella destra, e senza la testa di Medusa nell’altra mano. Nel giardino
di
Boboli vedesi nella gran vasca detta dell’isolott
rdino di Boboli vedesi nella gran vasca detta dell’isolotto la statua
di
Perseo sul caval Pegaso e di Andromeda legata all
gran vasca detta dell’isolotto la statua di Perseo sul caval Pegaso e
di
Andromeda legata allo scoglio ; ma l’Orca è di co
seo sul caval Pegaso e di Andromeda legata allo scoglio ; ma l’Orca è
di
così piccole dimensioni da render risibile la pau
; ma l’Orca è di così piccole dimensioni da render risibile la paura
di
Arianna di poter essere divorata da quel piccolo
a è di così piccole dimensioni da render risibile la paura di Arianna
di
poter essere divorata da quel piccolo mostro poco
ianna di poter essere divorata da quel piccolo mostro poco più grosso
di
un granchio. Si crede opera degli scolari di Giov
o mostro poco più grosso di un granchio. Si crede opera degli scolari
di
Giovan Bologna, del quale è di certo la statua co
granchio. Si crede opera degli scolari di Giovan Bologna, del quale è
di
certo la statua colossale del Grande Oceano, che
colossale del Grande Oceano, che ivi si ammira. Le feste per le nozze
di
Perseo con Andromeda furono disturbate negli ulti
erduto qualunque titolo ad ottenerla. Perseo, dopo aver fatto prodigi
di
valore colla spada, vedendo che si perdeva troppo
volta, perchè pochi compagni aveva per aiutarlo, mise fuori la testa
di
Medusa e pietrificò nell’istante quanti la guarda
tlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse
di
statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere
uale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse di statura e
di
forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio
sse di statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio
di
Giove. Ma la sua stessa precauzione fu causa del
sua stessa precauzione fu causa del suo male, poichè Perseo, irritato
di
tale scortesia, lo raggiunse volando sul caval Pe
val Pegaso mentre Atlante andava alla caccia, e mostrandogli la testa
di
Medusa lo trasformò in quel monte della Mauritani
rafiche e uranografiche. Giunse Perseo senz’altri incidenti all’isola
di
Serifo, e trovò che Polidette voleva costringer D
uccidesse l’avo. Compiute Perseo le sue imprese fe’ dono della testa
di
Medusa a Minerva. Il caval Pegaso gli sopravvisse
i Medusa a Minerva. Il caval Pegaso gli sopravvisse e passò in potere
di
un altro eroe, come vedremo. Si attribuisce a Per
o eroe, come vedremo. Si attribuisce a Perseo la fondazione del regno
di
Micene ; e si narra che ivi Perseo fu ucciso a tr
e si narra che ivi Perseo fu ucciso a tradimento da Megapente, figlio
di
Preto, per vendicare la morte di suo padre. La s
so a tradimento da Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte
di
suo padre. La storia di Perseo fu registrata dag
nte, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre. La storia
di
Perseo fu registrata dagli Antichi a caratteri di
o padre. La storia di Perseo fu registrata dagli Antichi a caratteri
di
stelle nel Cielo, poichè asserirono trasformati i
conservano tuttora dai moderni Astronomi, i quali ci dicono pur anco
di
quante stelle è formata ciascuna di queste costel
onomi, i quali ci dicono pur anco di quante stelle è formata ciascuna
di
queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andro
quante stelle è formata ciascuna di queste costellazioni, cioè Perseo
di
6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea
ata ciascuna di queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda
di
27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso d
i queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo
di
58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso di 91. Aggiungo
ioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea
di
60, e il Pegaso di 91. Aggiungono inoltre che una
i 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso
di
91. Aggiungono inoltre che una gran quantità di s
ea di 60, e il Pegaso di 91. Aggiungono inoltre che una gran quantità
di
stelle cadenti, di cui hanno luogo fiammeggianti
so di 91. Aggiungono inoltre che una gran quantità di stelle cadenti,
di
cui hanno luogo fiammeggianti pioggie ordinarie c
metà dell’ agosto e del novembre tutti gli anni, si osserva partirsi
di
verso la costellazione di Perseo ; e perciò quell
ovembre tutti gli anni, si osserva partirsi di verso la costellazione
di
Perseo ; e perciò quelle tali stelle cadenti son
di Perseo ; e perciò quelle tali stelle cadenti son distinte col nome
di
Perseidi. 47. Ho dato questo cenno in conferma
istinte col nome di Perseidi. 47. Ho dato questo cenno in conferma
di
quanto osservai nel precedente capitolo, che cioè
toria Universale), pone Inaco per primo re d’Argo, e come vissuto più
di
1900 anni avanti l’era volgare ; e perciò almeno
900 anni avanti l’era volgare ; e perciò almeno tre secoli più antico
di
Mosè. Perseo poi è considerato come contemporaneo
mi mamma e babbo. » 48. Vedasi la bellissima Ode 16ª del lib. iii
di
Orazio ; della quale qui cito soltanto quella par
ale qui cito soltanto quella parte che si riferisce a quanto ho detto
di
sopra nel testo : « Inclusam Danaën turris aënea
satori antichi Apollodoro e Pausania, i quali però invece della torre
di
bronzo rammentano una camera sotterranea di bronz
i però invece della torre di bronzo rammentano una camera sotterranea
di
bronzo come luogo della reclusione di Danae. Ma a
mmentano una camera sotterranea di bronzo come luogo della reclusione
di
Danae. Ma ai poeti parve più bella e più poetica
l’ecclisse o la cometa sia. « Vede la donna un’altra maraviglia « Che
di
leggier creduta non saria ; « Vede passare un gra
alato « Che porta in aria un cavaliero armato. « Grandi eran l’ale e
di
color diverso, « E vi sedea nel mezzo un cavalier
e chiamasi Ippogrifo, « Che nei monti Rifei vengon, ma rari, « Molto
di
là dagli agghiacciati mari. » 51. Una di quest
vengon, ma rari, « Molto di là dagli agghiacciati mari. » 51. Una
di
queste stelle di color cangiante è chiamata la Te
« Molto di là dagli agghiacciati mari. » 51. Una di queste stelle
di
color cangiante è chiamata la Testa di Medusa.
» 51. Una di queste stelle di color cangiante è chiamata la Testa
di
Medusa.
le maraviglie che esso racchiude nel suo seno. Ma quanto erano scarsi
di
cognizioni positive e scientifiche, altrettanto e
carsi di cognizioni positive e scientifiche, altrettanto erano ricchi
di
fantasia e d’invenzione. E non è necessario di av
trettanto erano ricchi di fantasia e d’invenzione. E non è necessario
di
aver scoperto come Balboa dall’alto delle Ande il
dall’alto delle Ande il grande Oceano equinoziale per esser compresi
di
maraviglia all’idea dell’Immenso e cader prostrat
nte inchine » come diceva il Petrarca ; ma basta l’essersi trovato o
di
giorno o di notte, « O quando sorge o quando cad
» come diceva il Petrarca ; ma basta l’essersi trovato o di giorno o
di
notte, « O quando sorge o quando cade il die »
Non deve dunque recar maraviglia che i Pagani i quali avevan popolato
di
Dei il Cielo e la Terra personificando gli oggett
onoscessero in tutta la loro estensione che i principali mari interni
di
quello che ora chiamasi il Mondo antico, avevan p
a loro conosciute, una immensa e per loro incommensurabile estensione
di
onde salse, ove andavano a gettarsi le acque di t
ensurabile estensione di onde salse, ove andavano a gettarsi le acque
di
tutti i più grandi fiumi. Cominciarono dunque dal
zzare l’Oceano stesso come avevano divinizzato il Cielo sotto il nome
di
Urano, e la Terra sotto il nome di Vesta Prisca o
divinizzato il Cielo sotto il nome di Urano, e la Terra sotto il nome
di
Vesta Prisca o di Cibele. L’Oceano fu dunque cons
lo sotto il nome di Urano, e la Terra sotto il nome di Vesta Prisca o
di
Cibele. L’Oceano fu dunque considerato come il pi
l’Arno, non men che gli altri mari e fiumi d’Italia dormirono per più
di
trecento anni !212 Abbiamo detto altra volta (V.
Abbiamo detto altra volta (V. il N. XI) che agli Dei davasi il titolo
di
Padre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oc
a volta (V. il N. XI) che agli Dei davasi il titolo di Padre in segno
di
affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al
adre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al par
di
Giove, e pei grandi benefizii che arreca agli uom
; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe Oceanine. La sua moglie che l’arricchì
di
sì numerosa prole era Teti 213), dea marina anch’
213), dea marina anch’essa, ben diversa però dalla Ninfa Teti, madre
di
Achille. Secondo Omero, l’Oceano ha il suo palazz
tro l’impero assoluto del mare, che toccò in sorte a Nettuno fratello
di
Giove, dopo la guerra contro i Giganti, alla qual
guerra contro i Giganti, alla quale l’Oceano non prese parte. Il nome
di
Nettuno, dio e re del mare deriva, come dice Varr
ato, per quanto io mi ricordi, dai poeti latini e italiani. Le statue
di
questo Dio si vedono in molte fonti pubbliche e p
nti pubbliche e private ; e la più celebre come opera d’arte è quella
di
Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goff
Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella fonte
di
Piazza della Signoria di Firenze215). Ma tutte pr
iù goffe è quella dell’Ammannato nella fonte di Piazza della Signoria
di
Firenze215). Ma tutte presentano presso a poco gl
e in una forca con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettro
di
Nettuno col quale comanda ai flutti e scuote la T
iglia posta sopra un carro tirato da quattro cavalli marini attaccati
di
fronte. I Romani avanti la prima guerra punica po
deravano ed adoravano come Dio del mare, ma più generalmente, a tempo
di
Romolo, come Dio del consiglio sotto il nome di C
generalmente, a tempo di Romolo, come Dio del consiglio sotto il nome
di
Conso, e in appresso anche come protettore dei ca
appresso anche come protettore dei cavalli e dei cavalieri col titolo
di
Nettuno equestre, alludendosi alla favola che que
ola che questo Dio nella gara con Minerva per dare il nome alla città
di
Cecrope avesse prodotto il cavallo. Ma quando P.
esso Tito Livio riferisce nella sua Storia, trascrivendo o componendo
di
suo le solenni frasi rituali. Se non è bene che l
o più conviene a un re, e specialmente a un re assoluto che è padrone
di
tutto217), e a cui non può mancar mai un lauto tr
to a prender moglie ; e scelse per sua sposa la dea Amfitrite, figlia
di
Nereo e di Dori, e quindi nipote dell’Oceano e di
r moglie ; e scelse per sua sposa la dea Amfitrite, figlia di Nereo e
di
Dori, e quindi nipote dell’Oceano e di Teti. Da p
a Amfitrite, figlia di Nereo e di Dori, e quindi nipote dell’Oceano e
di
Teti. Da prima pareva che Amfitrite acconsentisse
e Amfitrite acconsentisse a questo matrimonio, ma poi avendo cangiato
di
avviso, Nettuno le mandò due eloquentissimi delfi
a guardia d’onore delle principali divinità marine. Amfitrite è nome
di
greca origine che significa romoreggiante o corro
rrodente all’intorno, e sta ad indicare i flutti marini e gli effetti
di
essi sui lidi : etimologicamente è un quid simile
sca colla rete. Le si dà ancora un carro a conto suo, simile a quello
di
Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e di T
rro a conto suo, simile a quello di Nettuno, con un particolar corteo
di
Ninfe e di Tritoni. I nomi di ambedue queste Divi
suo, simile a quello di Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e
di
Tritoni. I nomi di ambedue queste Divinità (Nettu
lo di Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e di Tritoni. I nomi
di
ambedue queste Divinità (Nettuno e Amfitrite) sig
nelle lingue greca e latina ; ma nell’italiana si preferisce il nome
di
Nettuno. Dante, nel Canto xxviii dell’Inferno, r
rammentò questo Dio nel senso mitologico e figurato : « Tra l’isola
di
Cipri e di Maiolica « Non vide mai sì gran fallo
uesto Dio nel senso mitologico e figurato : « Tra l’isola di Cipri e
di
Maiolica « Non vide mai sì gran fallo Nettuno, «
mar Mediterraneo un sì orribil delitto. Gli astronomi diedero il nome
di
Nettuno al più lontano pianeta del nostro sistema
da Leverrier dietro le osservazioni ed i calcoli sulle perturbazioni
di
Urano, e veduto per la prima volta da Galle a Ber
6. E coerentemente al nome mitologico, il simbolo o segno astronomico
di
questo pianeta è un circolo sormontato da un picc
un piccolo tridente. Nella nautica si chiamano Nettuni le collezioni
di
carte nautiche ; la qual denominazione mitologica
l nostro globo all’azione dell’acqua ; Nettuniani gli stessi depositi
di
precipitazione, e Nettunisti i seguaci di questa
tuniani gli stessi depositi di precipitazione, e Nettunisti i seguaci
di
questa ipotesi. Anche la moglie di Nettuno ebbe o
ipitazione, e Nettunisti i seguaci di questa ipotesi. Anche la moglie
di
Nettuno ebbe onori celesti dagli astronomi, i qua
i Nettuno ebbe onori celesti dagli astronomi, i quali diedero il nome
di
Amfitrite al 29° pianeta telescopico scoperto da
escopico scoperto da Marth il 1° marzo 1854. E Cuvier assegnò il nome
di
Amfitrite a un genere di Annelidi della famiglia
h il 1° marzo 1854. E Cuvier assegnò il nome di Amfitrite a un genere
di
Annelidi della famiglia dei Tubicoli, che abitano
. I Tritoni eran creduti e rappresentati mezzi uomini e mezzi pesci ;
di
figura umana dai fianchi in su, e in tutto il res
nchi in su, e in tutto il resto pesci. La loro occupazione era quella
di
tenere allegre le Divinità del mare (come i Satir
allegre le Divinità del mare (come i Satiri le terrestri Divinità) e
di
suonar la tromba marina 218), che era una conchig
rivono a questa favola anche i naturalisti, poichè hanno dato il nome
di
Tritone a un genere di molluschi gasteropodi che
anche i naturalisti, poichè hanno dato il nome di Tritone a un genere
di
molluschi gasteropodi che formano conchiglie talv
ton variegatus) e che volgarmente chiamasi tromba marina o conchiglia
di
Tritone ; e di queste alcune son lunghe sino a 60
e che volgarmente chiamasi tromba marina o conchiglia di Tritone ; e
di
queste alcune son lunghe sino a 60 centimetri. Tr
mati nelle acque marine, o anticamente o modernamente. Turbe infinite
di
Ninfe o Divinità inferiori popolavano ed abbelliv
folaghe procellarie ; tal’altra cavalcano un pesce e fanno una regata
di
nuovo genere che niun mortale vide giammai ; e sp
Nereidi. Le Ninfe Oceanine, così chiamate perchè figlie dell’Oceano e
di
Teti, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente d
glie dell’Oceano e di Teti, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente
di
41 ce ne dice il nome, di cui farò grazia al lett
, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente di 41 ce ne dice il nome,
di
cui farò grazia al lettore, riserbandomi a nomina
e luogo, quando cioè converrà raccontare che prese marito e fu madre
di
qualche altra Divinità. Doridi e Nereidi son nom
dre di qualche altra Divinità. Doridi e Nereidi son nomi patronimici
di
quelle Ninfe che eran figlie di Dori e di Nereo.
Doridi e Nereidi son nomi patronimici di quelle Ninfe che eran figlie
di
Dori e di Nereo. Queste Ninfe, che eran qualche c
ereidi son nomi patronimici di quelle Ninfe che eran figlie di Dori e
di
Nereo. Queste Ninfe, che eran qualche centinaio,
nfe, che eran qualche centinaio, hanno or l’uno or l’altro nome, cioè
di
Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal pad
anno or l’uno or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o
di
Nereidi dal padre ; ma il secondo è il più comune
i poeti, i quali annoverano fra le Nereidi la stessa Amfitrite moglie
di
Nettuno e la ninfa Teti madre di Achille. I natur
e Nereidi la stessa Amfitrite moglie di Nettuno e la ninfa Teti madre
di
Achille. I naturalisti peraltro applicano distint
ente ed arbitrariamente queste due denominazioni a due diverse specie
di
animali marini : chiamano Doridi un genere di mol
ni a due diverse specie di animali marini : chiamano Doridi un genere
di
molluschi gasteropodi della famiglia dei nudibran
olluschi gasteropodi della famiglia dei nudibranchi ; e danno il nome
di
Nereidi a quelle che volgarmente diconsi Scolopen
danno il nome di Nereidi a quelle che volgarmente diconsi Scolopendre
di
mare. Ai naturalisti, per quanto pare, è molto pi
naturalisti, per quanto pare, è molto piaciuto questo nome mitologico
di
Nereidi, poichè si trova che più e diversi di lor
questo nome mitologico di Nereidi, poichè si trova che più e diversi
di
loro lo hanno assegnato (al solito con qualche ag
e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito con qualche aggettivo
di
specificazione) a molti generi e famiglie di Anne
to con qualche aggettivo di specificazione) a molti generi e famiglie
di
Annelidi e simili animali marini. Oltre le Divini
e il dio Glauco. La dea Leucotoe era in origine la regina Ino moglie
di
Atamante re di Tebe ; e il dio Palemone il suo pi
o. La dea Leucotoe era in origine la regina Ino moglie di Atamante re
di
Tebe ; e il dio Palemone il suo piccolo figlio ch
certa. Dal colmo-della sventura sofferta per l’odio e le persecuzioni
di
Giunone (nemica acerrima di quella regia famiglia
ura sofferta per l’odio e le persecuzioni di Giunone (nemica acerrima
di
quella regia famiglia, perchè vi apparteneva Seme
acerrima di quella regia famiglia, perchè vi apparteneva Semele madre
di
Bacco amata da Giove), passarono ambedue all’apot
e benigne Divinità marine. Ma lasciamo raccontare a Dante la sventura
di
questa famiglia ; e poi poche altre parole baster
a l’altro figlio chiamato Melicerta ; e la favola aggiunge che invece
di
annegarsi divennero la Dea Leucotoe e il Dio Pale
in porto, a due Divinità che avevan provato le più terribili procelle
di
questo mare infido della vita222. Di Glauco poi r
contano uno dei più strani e singolari miti, unico nel suo genere ; e
di
cui nulladimeno seppe valersi Dante come di simil
unico nel suo genere ; e di cui nulladimeno seppe valersi Dante come
di
similitudine per dare idea di uno dei suoi più st
ui nulladimeno seppe valersi Dante come di similitudine per dare idea
di
uno dei suoi più straordinarii e sublimi concetti
che i pesci da lui pescati e deposti in terra sopra l’erba, gustando
di
quella prendevano un nuovo vigore e quasi una nuo
ccando un salto ritornavano in mare. Volle provare anch’egli a gustar
di
quell’erba, che subito gli fece lo stesso effetto
ato in un Dio protettore della navigazione. Gli fu conservato il nome
di
Glauco che significa verde-azzurro, bene adatto a
uadrel posa « E vola, e dalla noce si dischiava, » trovò a proposito
di
citar l’esempio di Glauco per offrirci qualche im
a, e dalla noce si dischiava, » trovò a proposito di citar l’esempio
di
Glauco per offrirci qualche immagine più sensibil
qualche immagine più sensibile del suo concetto : « Nel suo aspetto (
di
Beatrice) tal dentro mi fei « Qual si fe Glauco n
223. Proteo, secondo gli antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e
di
Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le
tichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio
di
condurre a pascer le mandre di Nettuno, che erano
’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le mandre
di
Nettuno, che erano composte principalmente di orc
urre a pascer le mandre di Nettuno, che erano composte principalmente
di
orche, di foche e di vitelli marini. A questo Num
cer le mandre di Nettuno, che erano composte principalmente di orche,
di
foche e di vitelli marini. A questo Nume costitui
re di Nettuno, che erano composte principalmente di orche, di foche e
di
vitelli marini. A questo Nume costituito in sì um
erogativa degna dei più grandi Numi e dello stesso Giove, quella cioè
di
prevedere il futuro ; ed inoltre di poter prender
e dello stesso Giove, quella cioè di prevedere il futuro ; ed inoltre
di
poter prendere qualunque forma che più gli piaces
marsi, se finalmente voleva riprender la primitiva sua forma e figura
di
Nume, trovavasi come prima legato, ed era costret
regolano il mondo fisico, ma non le rivela, se non costretta. Il modo
di
costringer Proteo era quello di legarlo ; ed egli
le rivela, se non costretta. Il modo di costringer Proteo era quello
di
legarlo ; ed egli allora prendeva successivamente
e non bisognava stancarsi ad aspettare, se Proteo con una lunga serie
di
trasformazioni tardasse a riprender la sua prima
h’han detto ai dolci amici addio. » (Purg., viii, 1.) 211. « Che
di
vederli in me stesso m’esalto. » (Inf., iv, 120.
distruzione delle libertà d’Italia, dicendo che essa ordì « Una tela
di
cabale e d’inganni « Che fu tessuta poi per trece
rsi dopo la sua corsa diurna, come accennammo nel Cap. xvii, parlando
di
Apollo considerato come il Sole. 214. Altri mito
considerato come il Sole. 214. Altri mitologi fanno derivare il nome
di
Nettuno dal greco niptein che significa lavare.
ptein che significa lavare. 215. Il volgo bolognese chiama la statua
di
Nettuno il Gigante e il volgo fiorentino il Bianc
n bene a memoria ed usa spesso il nome del Dio del vino, poco si cura
di
rammentarsi o di rammentare quello del Dio dell’a
ed usa spesso il nome del Dio del vino, poco si cura di rammentarsi o
di
rammentare quello del Dio dell’acqua. 216. Cons
; il qual nome è usato da Giovenale nella Satira x, v. 182, parlando
di
Serse, che pretese d’incatenare il mare : « Ipsu
Virgilio con maggiore efficacia ed eleganza, avea posto sulle labbra
di
Didone quell’affettuosissimo verso : « Non ignar
223. La più vera e naturale spiegazione delle mirabili Metamorfosi
di
coloro che caddero in mare o in un fiume, e spari
uella s’annegò coll’altro incarco. » In quel Canto non aveva bisogno
di
valersi della mitologica trasformazione ; e gli b
tologica trasformazione ; e gli bastava soltanto l’esempio del furore
di
Atamante per preludio alla descrizione di quelle
ltanto l’esempio del furore di Atamante per preludio alla descrizione
di
quelle furibonde anime dannate di cui allora vole
mante per preludio alla descrizione di quelle furibonde anime dannate
di
cui allora voleva parlare. Ma nel i Canto del Par
ra voleva parlare. Ma nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo
di
citare l’esempio di Glauco secondo la favola, sen
a nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di citare l’esempio
di
Glauco secondo la favola, senza diminuirne in nes
diminuirne in nessuna parte il maraviglioso, perchè voleva raccontar
di
sè stesso un fatto maraviglioso non meno. E quest
è Apollo e Febo. Si potrebbe disputare a lungo sulla greca etimologia
di
queste due parole, se si trattasse di filologia ;
a lungo sulla greca etimologia di queste due parole, se si trattasse
di
filologia ; ma in mitologia possiamo starcene tra
gia ; ma in mitologia possiamo starcene tranquillamente alla opinione
di
quegli antichi mitologi, i quali dicono che Apoll
no evidentemente e principalmente alle proprietà distintive del sole,
di
essere egli nel nostro sistema planetario il solo
mortal cosa. Molti altri nomi e appellativi avea questo Dio : quelli
di
Delio e di Cinzio li abbiamo già notati nel numer
. Molti altri nomi e appellativi avea questo Dio : quelli di Delio e
di
Cinzio li abbiamo già notati nel numero precedent
abbiamo già notati nel numero precedente, e in appresso avremo luogo
di
notarne anche altri. Ma intanto è bene osservare
a veduto dipinto da più o men valenti pittori come un giovane imberbe
di
bellissime forme, cinto la fronte e il volto di u
me un giovane imberbe di bellissime forme, cinto la fronte e il volto
di
un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocch
imberbe di bellissime forme, cinto la fronte e il volto di un’aureola
di
fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di
, cinto la fronte e il volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su
di
un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto di guid
volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e
di
gemme107), in atto di guidare con mano ferma e si
fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto
di
guidare con mano ferma e sicura quattro focosi de
li del Dio della luce ; ed ognuno li intende facilmente senza bisogno
di
spiegazione : solo son da notarsi i nomi assegnat
inozii sieno precisamente dodici, non sono però ragguagliatamente più
di
dodici un giorno per l’altro in tutto l’anno ; e
ani v’era inoltre una ragione speciale riferibile all’uso che avevano
di
dividere il giorno vero, ossia il tempo della pre
oltanto. Perciò le ore del giorno e della notte essendo sempre uguali
di
numero dovevano necessariamente esser più lunghe
sser più lunghe o più corte, secondo le diverse stagioni. I poeti non
di
rado rammentano i nomi dei cavalli del Sole, e le
la. » Inoltre aveva il Sole una maestosa e ricchissima reggia, opera
di
Vulcano109), nella regione d’Oriente. Da essa com
iurno, e la sera andava a riposare da Teti, dea marina, in un palazzo
di
cristallo in fondo al mare. Come poi facesse per
uto : soltanto in appresso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo
di
essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in
he mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo
di
Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo
; nè i più celebri poeti, e tanto meno i pittori, la stimarono degna
di
essere imitata o copiata. Il Sole nel corso dell’
e eclittica), la quale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo
di
16 in 17 gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazi
di 16 in 17 gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazioni, in direzione
di
ciascuna delle quali successivamente va il Sole a
nno. Questa zona del cielo fu detta con greco nome Zodiaco, cioè zona
di
animali, perchè le costellazioni che vi si trovan
rchè le costellazioni che vi si trovano (meno una sola) hanno il nome
di
diversi esseri animati. Si conoscono ancora in as
mati. Si conoscono ancora in astronomia sotto la denominazione comune
di
segni del zodiaco ; e i loro nomi particolari son
ppellano a fatti mitologici, dei quali sinora ne conosciamo due soli,
di
Ganimede coppiere di Giove che è rappresentato ne
logici, dei quali sinora ne conosciamo due soli, di Ganimede coppiere
di
Giove che è rappresentato nel segno dell’ aquario
mede coppiere di Giove che è rappresentato nel segno dell’ aquario, e
di
Astrea dea della giustizia, che fu simboleggiata
ammirasi nella galleria del Vaticano in Roma, ed è chiamata l’Apollo
di
Belvedere. Un’altra mirabile statua di Apollo gio
n Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. Un’altra mirabile statua
di
Apollo giovane, detta perciò volgarmente l’Apolli
la galleria degli Uffizi in Firenze. Anticamente ergevasi nell’ isola
di
Rodi una statua colossale in bronzo rappresentant
’ isola di Rodi una statua colossale in bronzo rappresentante Apollo,
di
tali dimensioni che i due piedi posavano sulla es
ndo, ma fu atterrata da un terremoto ; e poi i Saracini conquistatori
di
quell’isola ne venderono il metallo, di cui furon
poi i Saracini conquistatori di quell’isola ne venderono il metallo,
di
cui furon caricati 900 cammelli. A spiegare il cr
do gigli e rose sulla terra. Tutti i poeti fanno a gara a descriverla
di
bellezza maravigliosa e immortale, con le bianche
e immortale, con le bianche e le vermiglie guance 111), colla fronte
di
rose e coi crin d’ oro. Dante nota ancora l’ aura
iori. Dalla qual voce aura è derivato in latino e in italiano il nome
di
Aurora. Anche il Tasso esprime la stessa idea nel
ispirati, fra i quali meritamente è il più celebre quello dell’Aurora
di
Guido Reni in Roma. Lo stesso Michelangelo, che t
ino e il vespertino, le cui statue si ammirano nell’ antica sacrestia
di
San Lorenzo in Firenze. Di un altro figlio di Apo
nell’ antica sacrestia di San Lorenzo in Firenze. Di un altro figlio
di
Apollo convien qui parlare, perchè il mito o fatt
di Apollo convien qui parlare, perchè il mito o fatto mitologico che
di
lui si racconta è relativo al Sole. Fetonte, il c
ogico che di lui si racconta è relativo al Sole. Fetonte, il cui nome
di
greca etimologia significa splendente, era credut
cui nome di greca etimologia significa splendente, era creduto figlio
di
Apollo e della Ninfa Climene. Fu egli un giovinet
natali bastassero a compire le grandi e gloriose imprese. Discorrendo
di
nobiltà di sangue 112) con un vanerello par suo,
assero a compire le grandi e gloriose imprese. Discorrendo di nobiltà
di
sangue 112) con un vanerello par suo, cioè con Ep
obiltà di sangue 112) con un vanerello par suo, cioè con Epafo figlio
di
Giove e della Ninfa lo, già vacca e poi Dea, si t
lesco puntiglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli era figlio
di
Apollo col guidar per un giorno il carro della lu
rovazione dell’ ambiziosa sua madre Climene andò nella sublime reggia
di
Apollo e chiese al padre una grazia, prègandolo a
Stige che non glie l’avrebbe negata. Apollo giurò ; ma tosto si pentì
di
aver giurato quando seppe il folle desiderio del
e a distoglier Fetonte dall’ardua impresa troppo superiore alle forze
di
lui. Infatti i focosi cavalli del Sole ben presto
pioppi e le loro lagrime in ambra 114). Inoltre un giovanetto Ligure,
di
nome Cicno, amico di Fetonte, venuto a visitarne
ime in ambra 114). Inoltre un giovanetto Ligure, di nome Cicno, amico
di
Fetonte, venuto a visitarne la tomba, cadde nel f
e la tomba, cadde nel fiume e fu trasformato in cigno. Questa favola
di
Fetonte è descritta e celebrata da molti poeti e
almente da Ovidio nelle Metamorfosi ; e lo stesso Dante trova il modo
di
parlarne più volte nella Divina Commedia. Assomig
Assomiglia nel Canto xvii dell’Inferno la sua paura, nello scender su
di
un alato mostro in un profondo abisso infernale,
ender su di un alato mostro in un profondo abisso infernale, a quella
di
Fetonte trasportato in balìa dei cavalli del Sole
; ma pur anco i poeti e gli artisti cristiani, come abbiamo osservato
di
sopra, le stimarono degne delle arti loro. Che pi
ca ponesse la scure alla loro radice abbattendo il sistema planetario
di
Tolomeo e sostituendovi quello di Copernico117, c
ce abbattendo il sistema planetario di Tolomeo e sostituendovi quello
di
Copernico117, ciò non ostante anche i poeti e gli
biamo veduto nel N° XIII che egli nella guerra dei Giganti non fu uno
di
quei Numi paurosi che fuggirono e si nascosero, m
aettando i nemici. Ora devesi aggiungere che Giove vedendo la bravura
di
Apollo, lo incoraggiava a ferire, e gli ripeteva,
e parole trassero tanto i Greci quanto i Latini l’etimologia del nome
di
Pœan dato ad Apollo ; e Pœan chiamano ancora l’in
nome di Pœan dato ad Apollo ; e Pœan chiamano ancora l’inno in onore
di
questo Dio. I nostri poeti, in generale, non adot
ile valentia nel tirar d’ arco, quando dopo il diluvio uccise a colpi
di
freccie il terribile e micidiale serpente Pitone
o negli avanzi fossili dei terreni secondarii l’esistenza preistorica
di
certi immani e terribili mostri del genere dei re
tarono il nome del favoleggiato serpente Pitone per darlo a un genere
di
rettili, in cui son compresi i serpenti dell’Indi
verrà a rammentare e descrivere l’ufficio della Pitonessa del Tempio
di
Delfo. Dopo che i mitologi ebbero considerato Apo
a Dea della Salute. Nella invenzione della discendenza in linea retta
di
queste tre divinità v’è molta connessione logica
za in linea retta di queste tre divinità v’è molta connessione logica
di
principii scientifici, che esamineremo dopo aver
entifici, che esamineremo dopo aver parlato del figlio e della nipote
di
Apollo secondo la Mitologia. Esculapio, lo stess
lapio, lo stesso che Asclepio, come lo chiamavano i Greci, era figlio
di
Apollo e della Ninfa Coronide. Egli fu il primo m
era figlio di Apollo e della Ninfa Coronide. Egli fu il primo medico
di
cui le antiche tradizioni ci abbiano tramandato i
o infermità. Esculapio era rappresentato con volto maestoso e in atto
di
meditare ; lunga avea la barba che scendeagli a m
denza, virtù necessaria principalmente ad un medico. Il maggior culto
di
Esculapio fu in Epidauro ; e sappiamo dallo stess
a, e gli fu eretto un Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta
di
Esculapio, ed ora di San Bartolomeo, dopochè Roma
Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta di Esculapio, ed ora
di
San Bartolomeo, dopochè Roma divenuta cristiana d
o, dopochè Roma divenuta cristiana dedicò quel tempio pagano al culto
di
quest’apostolo. Idearono ancora i mitologi che Es
o vogliam dire deificazione dellaSanità, come significa il greco nome
di
questa Dea. Infatti da Igiea è denominata Igiene
greco nome di questa Dea. Infatti da Igiea è denominata Igiene l’arte
di
conservar la salute, difficilissima in pratica pe
rte di conservar la salute, difficilissima in pratica pel gran numero
di
speciali osservazioni che richiede per ciascuna p
adono a schivare qualunque genere d’intemperanza121. Nella invenzione
di
queste tre Divinità che presiedono alla più felic
esseri umani, troviamo un concetto ed un ragionamento che ha la forma
di
un sillogismo. Apollo rappresenta il principio ge
che è lo scopo delle sue cure, fu aggiunto che Esculapio, a richiesta
di
Plutone, morì fulminato da Giove : il che evident
105. Cicerone, nel 2° lib. De Nat. Deor., così interpreta il nome
di
Apollo : Apollinis nomen est græcum, quem solem e
» (Hor., Od., iii, 21.) 107. Dante dopo aver descritto il carro
di
Beatrice, alferma che neppure quello del Sole era
he vorrebbe dire orientale, per indicare uno dei cavalli del sole ; e
di
più si son serviti di questo stesso vocabolo come
tale, per indicare uno dei cavalli del sole ; e di più si son serviti
di
questo stesso vocabolo come aggettivo poetico, in
, ma ’l più nell’onde chiuso. » I poeti minori poi non finiscono mai
di
rammentare le eoe maremme, che rimano sempre con
e eoe maremme, che rimano sempre con le indiche gemme. 109. Merita
di
essere imparata a mente la bellissima descrizione
collo stesso Omero a costruir palagi magnifici senz’ altra spesa che
di
parole e d’opera d’ inchiostro e può meritamente
esa che di parole e d’opera d’ inchiostro e può meritamente esclamare
di
quello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo d
ello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (Che più
di
trenta miglia intorno aggira), « O stupenda opra,
o aggira), « O stupenda opra, o Dedalo architetto ! » 110. I nomi
di
questi segni del zodiaco furono riuniti, per como
110. I nomi di questi segni del zodiaco furono riuniti, per comodo
di
memoria di chi sa o studia il latino, nei due seg
omi di questi segni del zodiaco furono riuniti, per comodo di memoria
di
chi sa o studia il latino, nei due seguenti esame
Bene osserva Dante nel C. xvi del Paradiso : « O poca nostra nobiltà
di
sangue …………. « Ben se’ tu manto che tosto raccor
…………. « Ben se’ tu manto che tosto raccorce, « Sì che se non s’appon
di
die in die, « Lo tempo va d’intorno con le force.
er significare che senza le egregie opere dei discendenti, la nobiltà
di
sangue va in dileguo e cade in dispregio. Quanto
ostri poeti l’appellano il re dei fiumi, sottinteso però dell’Italia,
di
cui è realmente il più gran fiume. 114. L’ambra
ra è detta in greco electron ; e da questo termine è derivato il nome
di
elettricità, perchè l’esistenza di questa fu osse
questo termine è derivato il nome di elettricità, perchè l’esistenza
di
questa fu osservata la prima volta confricando l’
ndo l’ambra, che attira allora leggiere pagliuzze e piccoli frammenti
di
carta. I poeti usano spesso la parola elettro, in
li frammenti di carta. I poeti usano spesso la parola elettro, invece
di
ambra, come l’Ariosto nell’accennare la favola de
o il lume, « Quando fu pianto il fabuloso elettro, « E Cigno si vesti
di
bianche piume. » 115. Dicendo Dante che il ci
apparisce ancora, allude a quella estesissima macchia biancastra che
di
notte si scorge nel cielo, e che è detta anche da
, e con greco nome Galassia. Con tali parole accenna Dante l’opinione
di
alcuni mitologi che quella macchia (che veramente
one di alcuni mitologi che quella macchia (che veramente è uno strato
di
milioni e milioni di lontanissime stelle) fosse p
i che quella macchia (che veramente è uno strato di milioni e milioni
di
lontanissime stelle) fosse prodotta nel cielo dal
cco, non Peana ; » e qui la voce Peana può significare tanto il nome
di
Apollo, quanto dell’inno che cantavasi in onore d
care tanto il nome di Apollo, quanto dell’inno che cantavasi in onore
di
lui. 119. « Da tutte parti saettava il giorn
chiaramente con una sola strofa saffica tutti i principali attributi
di
questo Dio, fra i quali quello importantissimo di
rincipali attributi di questo Dio, fra i quali quello importantissimo
di
essere il nume dell’arte salutare : « Augur et f
at arte fessos Corporis artus. 121. La famosa Scuola Salernitana,
di
cui si citano tanti aforismi latini, che si odono
anti aforismi latini, che si odono spesso come proverbii sulle labbra
di
molti, suggerì tra gli assiomi generali il seguen
sto ed altri assiomi generali « sono la parte più sana della raccolta
di
massime della Scuola di Salerno. »
erali « sono la parte più sana della raccolta di massime della Scuola
di
Salerno. »
XXIX Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri Pur
di
esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevat
Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Terra, accettò
di
regnar nell’ Inferno. E che quel soggiorno fosse
con la madre o sulla Terra o nel Cielo. (Vedi il Cap. X, ove si parla
di
Proserpina). Lo stesso Omero dice chiaramente che
cioè facevano orrore anche agli Dei. Benchè Plutone avesse il titolo
di
re delle regioni infernali non spiegava alcun pot
delle galere ; nè poteva diminuirne o aggravarne le pene, che giudici
di
diritto e di fatto, da lui indipendenti, nelle lo
; nè poteva diminuirne o aggravarne le pene, che giudici di diritto e
di
fatto, da lui indipendenti, nelle loro sentenze a
al suo maggiore e più potente fratello Giove. Si accorsero i mitologi
di
questo difetto del loro mito infernale, e pretese
ero i mitologi di questo difetto del loro mito infernale, e pretesero
di
supplirvi assegnando a Plutone non soltanto la cu
e, e pretesero di supplirvi assegnando a Plutone non soltanto la cura
di
far sì che delle anime degli estinti non ritornas
aturale, e pur troppo vero), ma pur anco l’altro più odioso attributo
di
affrettare la discesa degli uomini ne’regni suoi2
uomini ne’regni suoi241. Plutone era rappresentato assiso in un trono
di
zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una
ero. Tal volta gli si poneva a lato Proserpina, sua moglie per forza,
di
cui dicemmo il ratto e le vicende nel capitolo di
a moglie per forza, di cui dicemmo il ratto e le vicende nel capitolo
di
Cerere sua madre. Allora non compariva più come l
atrona molto seria, in regie vesti, ma tutt’altro che lieta del grado
di
regina : allora confondevasi invece con Diana tri
questo era il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inferno) ; e
di
più credevasi che anch’essa si fosse adattata ai
dagli antichi poeti. Dante usò più volte la parola Dite come sinonimo
di
Plutone, denominando città di Dite la città del f
più volte la parola Dite come sinonimo di Plutone, denominando città
di
Dite la città del fuoco (di cui abbiam detto nel
me sinonimo di Plutone, denominando città di Dite la città del fuoco (
di
cui abbiam detto nel Cap. precedente) : e poi da
come il Polifemo e l’Orca dei mitologi ; della quale invenzione, come
di
quella delle Fate, si abusò, e forse ancora, spec
o e con maggior fedeltà i suoi padroni che far non potesse una coorte
di
Svizzeri. Di Pluto, Dio delle ricchezze, consider
a trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che era figlio
di
Cerere dea delle biade e di un ricco agricoltore
e e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e
di
un ricco agricoltore Giasione, per indicare che l
a altro da aggiungervi. Resta dunque soltanto a trattare dei ministri
di
Plutone. Di maggiore importanza erano le Parche,
i ministri di Plutone. Di maggiore importanza erano le Parche, figlie
di
Giove e di Temi 244, e corrispondevano a quelle D
di Plutone. Di maggiore importanza erano le Parche, figlie di Giove e
di
Temi 244, e corrispondevano a quelle Dee che i Gr
ato dei Romani245 ; e poi ne inventarono tre, distinguendole coi nomi
di
Cloto, Lachesi ed Atropo, nomi che furono adottat
degl’Italiani. Asserivano i mitologi che le Parche avevano l’ufficio
di
determinare la sorte degli uomini dal primo istan
no sensibile singolarissimo, ma invisibile ai mortali, cioè per mezzo
di
un filo di lana, che esse incominciavano a filare
e singolarissimo, ma invisibile ai mortali, cioè per mezzo di un filo
di
lana, che esse incominciavano a filare quando nas
della vita, ecc. Inoltre per significare le varie vicende della vita
di
ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vi
e della vita di ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vitale
di
lane di diversi colori : il bianco ed il nero (ch
vita di ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vitale di lane
di
diversi colori : il bianco ed il nero (che allora
sero colori), indicavano la felicità e la sventura ; il color d’oro e
di
porpora, le ricchezze e gli onori, ecc. E dovendo
on mancava loro occupazione : quindi Dante per contraddistinguere una
di
esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi
una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi : colei che
di
e notte fila, supponendo che tutti i suoi lettori
apessero bene la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva
di
parlare di Làchesi. Infatti i mitologi avevano as
ne la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva di parlare
di
Làchesi. Infatti i mitologi avevano assegnato a c
e occupazioni, come si vede nel suo quadro che trovasi nella galleria
di
Palazzo Pitti. Da quanto leggesi scritto e narrat
he esse troncavano lo stame vitale e crescevano il numero dei sudditi
di
Plutone, le posero tra le divinità infernali. Ins
rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. Ma
di
Caronte, dei Giudici dell’Inferno e del Sonno, no
te ; che era vecchio e canuto, ma pur sempre robusto ; orrido e sozzo
di
persona e di vesti, e di modi zotici ed aspri. Ag
vecchio e canuto, ma pur sempre robusto ; orrido e sozzo di persona e
di
vesti, e di modi zotici ed aspri. Aggiunge poi ch
nuto, ma pur sempre robusto ; orrido e sozzo di persona e di vesti, e
di
modi zotici ed aspri. Aggiunge poi che ciascun’an
aspri. Aggiunge poi che ciascun’anima per essere ricevuta nella barca
di
Caronte doveva, per superiore decreto inesorabile
lo ; la qual piccola tassa o rimunerazione prendeva in latino il nome
di
naulum, ond’è venuta in italiano la parola nolo.
naulum, ond’è venuta in italiano la parola nolo. Qual fosse lo scopo
di
questa strana invenzione lo diremo nel prossimo n
nime all’altra riva, trovavano tre giudici che decidevano delle sorti
di
ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza
ra riva, trovavano tre giudici che decidevano delle sorti di ciascuna
di
loro nell’altro mondo ; e la sentenza di essi era
vano delle sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza
di
essi era inappellabile. Questi giudici si chiamav
oro giustizia ; e perciò dopo la morte meritarono l’onorevole ufficio
di
giudicar le anime degli estinti. Minos e Radamant
cio di giudicar le anime degli estinti. Minos e Radamanto erano figli
di
Giove e di Europa ; Eaco poi di Giove e di Egina.
icar le anime degli estinti. Minos e Radamanto erano figli di Giove e
di
Europa ; Eaco poi di Giove e di Egina. Appartenev
stinti. Minos e Radamanto erano figli di Giove e di Europa ; Eaco poi
di
Giove e di Egina. Appartenevano perciò alla class
os e Radamanto erano figli di Giove e di Europa ; Eaco poi di Giove e
di
Egina. Appartenevano perciò alla classe dei Semid
di Giove e di Egina. Appartenevano perciò alla classe dei Semidei ; e
di
loro dovremo parlar nuovamente e più a lungo nel
i misfatti. In tal modo venivano i mitologi a rappresentare i rimorsi
di
una rea coscienza248. Le Furie furon dai Greci ch
ti odiosa, punitrice delle stragi ed inquieta. Ebbero anche il titolo
di
Eumenidi, che vorrebbe dire benevole o placabili,
le vesti, nei distintivi : faccia minacciosa, occhi furibondi, chioma
di
serpenti, ali di vispistrello ; nell’una mano ave
tintivi : faccia minacciosa, occhi furibondi, chioma di serpenti, ali
di
vispistrello ; nell’una mano aveano la face fiamm
lo ; nell’una mano aveano la face fiammeggiante e nell’altra un mazzo
di
serpenti per avventarli a morsicare i colpevoli.
ciò posto tra le Divinità infernali. Gli si davano per figli i Sogni,
di
cui si rammentano con nomi speciali soltanto tre,
di cui si rammentano con nomi speciali soltanto tre, che erano i capi
di
altrettante tribù numerosissime, cioè Morfeo, Fob
, Fobetore e Fantasia, termini greci significativi dei diversi generi
di
sogni ; poichè Morfeo produceva nei dormienti i s
n due porte da cui escono i sogni per venire sulla Terra ; la prima è
di
corno da cui escono i sogni veri, e la seconda di
Terra ; la prima è di corno da cui escono i sogni veri, e la seconda
di
avorio, e n’escono i sogni falsi : della quale in
lmente qualunque poeta in questa vastissima regione immaginaria crede
di
avere scoperto qualche cosa di nuovo, e non la na
a vastissima regione immaginaria crede di avere scoperto qualche cosa
di
nuovo, e non la nasconde al lettore ; ed anche i
esso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle sue Vite. Vediamo ora quali
di
queste Divinità mitologiche stimò bene l’Alighier
troducendole nell’Inferno dei Cristiani non conservasse loro il grado
di
divinità che avevano in quello dei Pagani. Infatt
n quello dei Pagani. Infatti le ridusse presso a poco alla condizione
di
demonii. Primo si trova il barcaruolo dell’Achero
imo si trova il barcaruolo dell’Acheronte, « Caron dimonio con occhi
di
bragia, « Un vecchio bianco per antico pelo, « Ch
a, « Un vecchio bianco per antico pelo, « Che intorno agli occhi avea
di
fiamme ruote. » Egli invita coll’antica sua buon
i modi cortesi, « Batte col remo qualunque si adagia. » Ha soltanto
di
buono che non esige più l’obolo per traghettar le
erno pagano, Dante ha impiegato soltanto Minos, che era il presidente
di
quel tribunale ; ma nell’Inferno dei Cristiani qu
spetto chiamandolo fiera crudele e maledetto lupo 251. Non vi mancano
di
certo : « Tre Furie infernal di sangue tinte, «
e maledetto lupo 251. Non vi mancano di certo : « Tre Furie infernal
di
sangue tinte, « Che membra femminili aveano ed at
ra, Tisifone ed Aletto, e ricevono anche il greco nome comune a tutte
di
Erinni o Erine. Plutone nel poema sacro di Dante
greco nome comune a tutte di Erinni o Erine. Plutone nel poema sacro
di
Dante non poteva trovar posto come re dell’Infern
al re dell’Universo che in tutte parti impera, secondo le espressioni
di
Dante stesso ; ma abbiamo già veduto di sopra che
mpera, secondo le espressioni di Dante stesso ; ma abbiamo già veduto
di
sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Pl
i Dante stesso ; ma abbiamo già veduto di sopra che il poeta si valse
di
uno dei nomi di Plutone, di quello cioè di Dite,
ma abbiamo già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi
di
Plutone, di quello cioè di Dite, per darlo alla c
già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone,
di
quello cioè di Dite, per darlo alla città del fuo
opra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone, di quello cioè
di
Dite, per darlo alla città del fuoco ed allo stes
esso Lucifero. Altri Dei e mostri mitologici non mancano nell’Inferno
di
Dante, anzi vi sono a iosa ; e li noteremo a temp
l’Inferno dei Pagani ; e principalmente i geologi che diedero il nome
di
plutoniche ad alcune roccie che il progresso dell
re affinità con Vulcano, Dio del fuoco. Gli astronomi diedero il nome
di
Proserpina al 26° asteroide scoperto da Luther il
appresso avendone scoperti tanti altri (che sinora sono giunti a più
di
130), hanno saccheggiato la Mitologia e adottato
osse dato ad una piccola costellazione, composta, secondo il catalogo
di
Arago, di tredici stelle : la quale resta nell’em
ad una piccola costellazione, composta, secondo il catalogo di Arago,
di
tredici stelle : la quale resta nell’emisfero bor
esta nell’emisfero boreale, vicina a quella parte della costellazione
di
Ercole che si chiama la mano, volendosi così allu
trascinò seco sino alla vista del Cielo. I naturalisti danno il nome
di
Cerbero a un genere di piante della famiglia dell
a vista del Cielo. I naturalisti danno il nome di Cerbero a un genere
di
piante della famiglia delle Apocinee, che hanno p
lle Apocinee, che hanno proprietà velenose ; ed inoltre ad una specie
di
vipere. 240. « Colà donde si niega « Che più
ni traducendo esattamente a parola in poesia italiana il famoso verso
di
Catullo sulla morte di un passero : « Illuc unde
te a parola in poesia italiana il famoso verso di Catullo sulla morte
di
un passero : « Illuc unde negant redire quemquam
ero fa dire poeticamente ad Achille : « Odio al par delle porte atre
di
Pluto « Colui ch’altro ha sul labbro, altro nel c
« Quando noi fummo fatti tanto avante, « Che al mio Maestro piacque
di
mostrarmi « La creatura ch’ebbe il bel sembiante,
fe’ ristarmi, « Ecco Dite, dicendo, ed ecco il loco « Ove convien che
di
fortezza t’armi. » (Inf., xxxiv, 16.) 243. Ba
) 243. Basterà sentire la descrizione che l’ Ariosto fa dell’ Orco
di
Norandino nel Canto xvii dell’ Orlando Furioso pe
dino nel Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il vero modello
di
tutti gli Orchi delle più volgari novelle : « Me
o sia lungo, « Sì smisuratamente è tutto grosso : « In luogo d’occhi,
di
color di fungo « Sotto la fronte ha duo coccole d
go, « Sì smisuratamente è tutto grosso : « In luogo d’occhi, di color
di
fungo « Sotto la fronte ha duo coccole d’osso. «
no ad esse lo stesso ufficio. Basti a dimostrarlo il seguente distico
di
Tibullo, nel quale si attribuisce alle Parche il
dissoluenda Deo. » (Lib. iii, Eleg. vii.) 246. Son questi i versi
di
Dante riferibili ai nomi ed agli ufficii delle tr
ribili ai nomi ed agli ufficii delle tre Parche : « Ma po’ colei che
di
e notte fila « Non gli avea tratta ancora la cono
one lo dimostra elegantissimamente nella Orazione pro Roscio Amerino,
di
cui riporto qui le precise parole per chi studia
pænas a consceleratissimis filiis repetant. » 249. Dal greco nome
di
questa specie di Sogni son derivate ancora le par
ratissimis filiis repetant. » 249. Dal greco nome di questa specie
di
Sogni son derivate ancora le parole Fantasma e Fa
a le parole Fantasma e Fantasima. 250. Per altro Minos nell’Inferno
di
Dante non è un demonio, perchè non è, come i diav
offusca l’intelletto, nè lo rende un animale irragionevole e indegno
di
cotanto uffizio. — Un commentatore Darwiniano dir
era uno scimmione precocemente perfezionato nella intelligenza, prima
di
aver perduto la coda, e divenuto uomo nelle facol
i aver perduto la coda, e divenuto uomo nelle facoltà razionali prima
di
averne acquistato perfettamente la forma. Un comm
ente la forma. Un commentatore storico vi troverebbe una reminiscenza
di
quei Potestà e giudici dell’antica repubblica fio
o « Per conservar sua pace, » perchè cioè giudicassero senza spirito
di
parte, non fossero nè guelfi nè ghibellini. Ma io
mente la facoltà poetica del quidlibet audendi e la potenza del Genio
di
rendere accette e gradite a tutta la poster ita l
ntasie. 251. Talvolta nelle poesie italiane si trova usato il nome
di
Plutone, secondo i più antichi mitologi. Se ne pu
ha veduti sculti o dipinti i Satiri avrà notato una gran somiglianza
di
forme fra essi e il Dio Pane, e riconoscerà quant
: « Quella che Pan somiglia « Capribarbicornipede famiglia. » Molti
di
essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo p
« Capribarbicornipede famiglia. » Molti di essi formavano il corteo
di
Bacco, come dicemmo parlando di questo Dio, ed iv
» Molti di essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo parlando
di
questo Dio, ed ivi notammo che per frastuono, str
uesto Dio, ed ivi notammo che per frastuono, stravizii ed ogni genere
di
follie non la cedevano alle più effrenate Baccant
non la cedevano alle più effrenate Baccanti. E a chi si maravigliasse
di
sì spregevol razza di Dei diremo soltanto che ave
iù effrenate Baccanti. E a chi si maravigliasse di sì spregevol razza
di
Dei diremo soltanto che avendo i Mitologi ammessi
nto che avendo i Mitologi ammessi anche gli Dei malefici, eran questi
di
certo peggiori dei Satiri, per quanto poco esempl
faceva a tal qualificazione. Con questo concetto e sotto questo punto
di
vista furono introdotti i Satiri nelle Belle-Arti
iri nelle Belle-Arti, quando cioè si volle rappresentare qualche cosa
di
giocoso e di bizzarro. Gli Artisti per lo più nel
le-Arti, quando cioè si volle rappresentare qualche cosa di giocoso e
di
bizzarro. Gli Artisti per lo più nel rappresentar
tiri non seguono servilmente le descrizioni dei Mitologi, e studiansi
di
renderne meno sconcie le figure riducendole press
istici delle persone rozze e impudenti. Posson vedersi nella Galleria
di
Palazzo Pitti i Satiri di Tiziano nel suo quadro
e impudenti. Posson vedersi nella Galleria di Palazzo Pitti i Satiri
di
Tiziano nel suo quadro dei Baccanali ; nella Gall
uo quadro dei Baccanali ; nella Galleria degli Uffizi il Satirino che
di
nascosto pilucca l’uva a Bacco ebrio, gruppo di M
ffizi il Satirino che di nascosto pilucca l’uva a Bacco ebrio, gruppo
di
Michelangiolo, tanto lodato dal Vasari e dal Varc
o, tanto lodato dal Vasari e dal Varchi13. Inoltre intorno alla Fonte
di
Piazza della Signoria si vedono otto Satiri di br
tre intorno alla Fonte di Piazza della Signoria si vedono otto Satiri
di
bronzo fuso, quattro dei quali con piedi di capra
ria si vedono otto Satiri di bronzo fuso, quattro dei quali con piedi
di
capra e muso caprino, e gli altri quattro col sol
iedi di capra e muso caprino, e gli altri quattro col solo distintivo
di
due piccole corna che spuntano loro sulla fronte
l solo distintivo di due piccole corna che spuntano loro sulla fronte
di
mezzo ai capelli. Talvolta gli scultori pongono l
» Due Satiri posti per cariatidi si vedono in Firenze nella facciata
di
un antico palazzo ora appartenente alla famiglia
ppartenente alla famiglia Fenzi. Nelle antiche Guide della Città, uno
di
questi due Satiri era attribuito a Michelangelo.
troppo leziosamente, ragiona però bestialmente, come « …. Semiramis,
di
cui si legge « Che libito fe’licito in sua legge.
e « Che libito fe’licito in sua legge. » I Naturalisti danno il nome
di
Satiri a certi insetti del genere dei Lepidotteri
ti14. Sileni dicevansi i Satiri quand’eran vecchi ; e il più celebre
di
questi è quel Sileno che fu Aio e compagno di Bac
cchi ; e il più celebre di questi è quel Sileno che fu Aio e compagno
di
Bacco in tutte le spedizioni di proselitismo enol
i è quel Sileno che fu Aio e compagno di Bacco in tutte le spedizioni
di
proselitismo enologico. In pittura e in scultura
a, i corimbi, l’uva, i pampini, il tirso, ecc. Tale è l’antica statua
di
Sileno col piccolo Bacco nelle braccia, che trova
col piccolo Bacco nelle braccia, che trovasi nella villa Pinciana, e
di
cui una copia in bronzo esiste nel primo vestibol
degli Uffizi in Firenze ; e come vedesi pure nel quadro dei Baccanali
di
Rubens, che è parimente nella stessa Galleria. Il
scacciato per la sua soverchia insolenza. Poco o nulla hanno scritto
di
lui i Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiod
Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo
di
maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dia
enata licenza plebea e con modi da pazzo censurava tutti, pretendendo
di
smascherarne i vizii. I Fauni erano antiche divin
coi Satiri, ma non furon mai rappresentati colle gambe e colle corna
di
capra16. I Naturalisti per altro sin dal tempo di
gambe e colle corna di capra16. I Naturalisti per altro sin dal tempo
di
Linneo pare che li considerassero più bestie che
e che li considerassero più bestie che uomini, poichè usarono a guisa
di
nome collettivo la Fauna per indicare complessiva
la regione medesima. Anche i Silvani appartenevano alla stessa classe
di
campestri divinità, e l’etimologia della parola l
lasse di campestri divinità, e l’etimologia della parola li manifesta
di
origine latina (a silvis). Virgilio nelle Georgic
pascoli e dei pastori18. Anticamente, e molto prima della fondazione
di
Roma, la festa di questa Dea celebravasi soltanto
tori18. Anticamente, e molto prima della fondazione di Roma, la festa
di
questa Dea celebravasi soltanto nelle campagne da
campagne dai pastori e dagli agricoltori, per implorare la protezione
di
essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte d
rare la protezione di essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte
di
sacre focacce e di latte accendevansi fuochi di p
di essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte di sacre focacce e
di
latte accendevansi fuochi di paglia, a traverso l
ibazioni e le offerte di sacre focacce e di latte accendevansi fuochi
di
paglia, a traverso le cui vivide fiamme saltavano
so le cui vivide fiamme saltavano quei villici, credendo con tal atto
di
espiare le loro colpe. Questa placida Dea, come l
ignote o presto obliate, se non fosse avvenuto che nel giorno stesso
di
quella festa avesse Romolo incominciato la fondaz
iorno stesso di quella festa avesse Romolo incominciato la fondazione
di
Roma, tracciando coll’aratro la prima cinta dell’
oll’aratro la prima cinta dell’eterna città. Quel giorno che fu il 21
di
aprile divenne poi celebre e festeggiato solennem
giato solennemente anche in Roma come l’anniversario della fondazione
di
essa20, e tuttora si celebra e si solennizza, ma
nnizza, ma in altro modo, dai moderni Romani dopo 2628 anni. Il nome
di
Vertunno, che davasi al Dio delle stagioni e dell
tagioni sui prodotti della terra) dimostra l’origine italica e romana
di
questo Dio. Le sue feste si celebravano nell’otto
la Dea Clori dei Greci, il qual vocabolo fu tradotto con alterazione
di
pronunzia in quello latino di Flora come asserisc
al vocabolo fu tradotto con alterazione di pronunzia in quello latino
di
Flora come asserisce Ovidio21. Sposò il vento Zef
esso l’impero sui fiori. Le feste Florali cominciavano in Roma il 28
di
aprile e duravano sino a tutto il dì 1° di maggio
cominciavano in Roma il 28 di aprile e duravano sino a tutto il dì 1°
di
maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di f
sino a tutto il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso
di
fiori, di cui tutti facevano a gara a cingersi la
to il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di fiori,
di
cui tutti facevano a gara a cingersi la testa e o
immagine della Dea Flora è simile a quella della Primavera : ha mazzi
di
fiori in mano, una corona di fiori in testa, e fi
mile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una corona
di
fiori in testa, e fiori spuntano sul terreno ov’e
alle più graziose fantasie poetiche degli antichi Mitologi ne spunta
di
tratto in tratto qualcuna non egualmente felice,
inità, qual fu l’invenzione del Dio Priapo. I Greci lo dissero figlio
di
Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio di
fu l’invenzione del Dio Priapo. I Greci lo dissero figlio di Venere e
di
Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian de
i lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio
di
guardian degli orti, e perciò di spaventare i lad
i Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian degli orti, e perciò
di
spaventare i ladri e gli uccelli. Ma gli aneddoti
ladri e gli uccelli. Ma gli aneddoti sconci ed abietti che raccontano
di
lui servono tutti a ispirar dispregio anzi che ve
olato l’asino, vittima che si credeva a lui gradita, in soddisfazione
di
uno sfregio che egli ricevè dall’asino di Sileno,
i gradita, in soddisfazione di uno sfregio che egli ricevè dall’asino
di
Sileno, quantunque la pena ricadesse sugli altri
ricadesse sugli altri asini innocenti22. I Romani ponevano la statua
di
Priapo nei loro orti o giardini, ma per far solta
non avrebbero fatto nè detto contro il più vil dei mortali23. Un Nume
di
origine romana, e simbolo vero e proprio della ro
ostanza, fu il Dio Termine. Non era altro che un masso, o uno stipite
di
pietra rozzamente squadrata, un parallelepipedo r
ompilio, che volle così santificare con una idea religiosa il diritto
di
proprietà e renderlo inviolabile coll’attribuire
di proprietà e renderlo inviolabile coll’attribuire la rappresentanza
di
una Divinità tutelare di tal diritto a un segno m
nviolabile coll’attribuire la rappresentanza di una Divinità tutelare
di
tal diritto a un segno materiale dei legittimi co
tà tutelare di tal diritto a un segno materiale dei legittimi confini
di
esso. Gravissime pene eran minacciate anche dalle
il Dio Termine dal suo posto per estendere i proprii possessi a danno
di
quelli dei vicini. Oltre l’esecrazione religiosa,
a la pena della deportazione in un’isola e la confisca del bestiame e
di
una terza parte dei beni del condannato. Il Dio T
ato. Il Dio Termine aveva in Roma una cappella a lui sacra nel tempio
di
Giove Capitolino, il quale era situato, come affe
era situato, come affermano gli archeologi, ove ora esiste la chiesa
di
Ara Coeli. Le Feste Terminali eran celebrate agli
la chiesa di Ara Coeli. Le Feste Terminali eran celebrate agli ultimi
di
febbraio, che fu per lungo tempo l’estremo mese d
tempo l’estremo mese dell’anno, poiché quando Numa vi aggiunse i mesi
di
gennaio e di febbraio, fece precedere il gennaio
mo mese dell’anno, poiché quando Numa vi aggiunse i mesi di gennaio e
di
febbraio, fece precedere il gennaio e seguire il
ce precedere il gennaio e seguire il febbraio ai dieci mesi dell’anno
di
Romolo. Con tali feste terminavano anticamente il
ne funebre in morte del Buonarroti, la quale egli recitò nella Chiesa
di
S. Lorenzo, così descrive il gruppo del Bacco e d
fu un Bacco che egli, secondo che lo descrivono i poeti antichi, fece
di
circa diciotto anni : il quale nella mano destra
olati per berlasi tutta. Ha nel sinistro braccio una pelle indanaiata
di
tigre, e co’polpastrelli, cioè colla sommità dell
ervare per chi studia la propria lingua, che l’espressione indanaiata
di
tigre, riferibile a pelle, sebbene accolta e regi
sebbene accolta e registrata nei Vocabolarii italiani, putirebbe ora
di
lucerna e di affettazione, ed equivale alla più s
lta e registrata nei Vocabolarii italiani, putirebbe ora di lucerna e
di
affettazione, ed equivale alla più semplice e più
el linguaggio comune o dell’ uso. Può dunque convenire ad ogni genere
di
discorso e di stile in prosa e in verso. 14. O
comune o dell’ uso. Può dunque convenire ad ogni genere di discorso e
di
stile in prosa e in verso. 14. Orazio satiro,
ro, come lo chiama Dante, ossia celebre per le sue Satire, nel parlar
di
giudizii diversi che ne davano i suoi contemporan
rum « Mille die versus deduci posse. » (Sat., ii, 1ª.) 15. Il nome
di
Fauno si fece derivare dal verbo fari (parlare) e
oli, come riferisce anche Virgilio nel lib. 7° dell’Eneide. La moglie
di
Fauno chiamavasi Fauna, ed aveva un tempio in Rom
e di Fauno chiamavasi Fauna, ed aveva un tempio in Roma sotto il nome
di
Dea Bona. 16. Una delle più celebri statue di Fa
in Roma sotto il nome di Dea Bona. 16. Una delle più celebri statue
di
Fauno è quella che vedesi nella Tribuna della Gal
i Uffizi. Lo stesso Michelangiolo giovanissimo scolpi una bella testa
di
Fauno. 17. « Et teneram ab radice ferens, Sil
irg., Georg., i.) 18. Gli antichi Mitologi facevan derivare il nome
di
Pale da palea cioè dalla paglia, e i moderni filo
ª, v. 35.) 20. Nell’antico calendario romano delle feste pagane il
di
21 di aprile presentava queste tre indicazioni :
35.) 20. Nell’antico calendario romano delle feste pagane il di 21
di
aprile presentava queste tre indicazioni : 1ª XI.
indicazioni : 1ª XI. kal. majas cioè undici giorni avanti le calende
di
maggio, che significava, secondo l’uso latino di
ni avanti le calende di maggio, che significava, secondo l’uso latino
di
contare i giorni del mese, il 21 di aprile. 2ª Pa
significava, secondo l’uso latino di contare i giorni del mese, il 21
di
aprile. 2ª Palilia, vale a dire Feste Palilie, ci
cioè in onore della Dea Pale. 3ª Romae Natalis, cioè giorno natalizio
di
Roma, ossia della sua fondazione. Anche Cicerone
della sua fondazione. Anche Cicerone rammenta questo giorno natalizio
di
Roma corrispondente alle Feste Palilie : « Urbis
o, in tutta la Satira 8ª del i libro fa raccontare alla statua stessa
di
Priapo, fatta di fico, l’origine sua e le sconce
tira 8ª del i libro fa raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta
di
fico, l’origine sua e le sconce prodezze con cui
te, alcuni dei quali eran prima intervenuti alla caccia del cinghiale
di
Calidonia ; e tra questi Giasone che fu il duce e
fu il duce e il protagonista degli Argonauti, e acquistò maggior fama
di
tutti in questa impresa, come Achille nella guerr
tò maggior fama di tutti in questa impresa, come Achille nella guerra
di
Troia. Lo scopo della spedizione era la conquista
Lo scopo della spedizione era la conquista del Vello d’oro ; e perciò
di
questo convien prima di tutto parlare. Chiamasi i
e era la conquista del Vello d’oro ; e perciò di questo convien prima
di
tutto parlare. Chiamasi il Vello d’oro la pelle d
esto convien prima di tutto parlare. Chiamasi il Vello d’oro la pelle
di
un montone che invece di lana era coperta di fili
to parlare. Chiamasi il Vello d’oro la pelle di un montone che invece
di
lana era coperta di fili d’oro. S’intende subito
il Vello d’oro la pelle di un montone che invece di lana era coperta
di
fili d’oro. S’intende subito che questo montone è
vien cercarne l’origine nei precedenti tempi mitologici. Atamante re
di
Tebe, che sposò in seconde nozze Ino divenuta poi
Leucotoe, aveva della sua prima moglie Nèfele un figlio e una figlia
di
nome Frisso ed Elle ; che non contenti della matr
questo fatto mitologico gli Antichi diedero a quello stretto il nome
di
Ellesponto che significa mare di Elle. Al desolat
chi diedero a quello stretto il nome di Ellesponto che significa mare
di
Elle. Al desolato fratello convenne continuar sol
e l’Armenia, appartiene ora alla Russia e corrisponde alle provincie
di
Imerezia, Mingrelia e Grusia. Fu un prodigioso vi
ncie di Imerezia, Mingrelia e Grusia. Fu un prodigioso viaggio quello
di
Frisso di traversar sull’ aureo montone nuotante
erezia, Mingrelia e Grusia. Fu un prodigioso viaggio quello di Frisso
di
traversar sull’ aureo montone nuotante l’Arcipela
ureo montone nuotante l’Arcipelago, lo stretto dei Dardanelli, il Mar
di
Marmara, lo stretto di Costantinopoli e tutta la
’Arcipelago, lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara, lo stretto
di
Costantinopoli e tutta la maggior lunghezza del M
isso fu benissimo accolto con quel raro e prezioso animale da Eeta re
di
quella regione : e volendo mostrarsi grato agli D
te costellazione dell’Ariete ; e invece dell’aureo vello l’adornarono
di
quarantadue fulgidissime stelle, e il Sole l’onor
fulgidissime stelle, e il Sole l’onorò coll’ incominciar dal 1° grado
di
esso l’annuo suo corso tra i segni del Zodiaco. Q
ludendo a tal fatto mitologico chiamano questa costellazione l’animal
di
Frisso ; e Dante l’appella più volte antonomastic
te il Montone, siccome il più buono, il più paziente, il più illustre
di
quanti montoni sieno esistiti giammai ; e volendo
eno esistiti giammai ; e volendo egli esprimer poeticamente lo spazio
di
sette anni, usa questa perifrasi mitologica ad un
religiosamente, e assicurato con molte cautele e magiche invenzioni,
di
cui parleremo in appresso. Alla pericolosa conqui
e invenzioni, di cui parleremo in appresso. Alla pericolosa conquista
di
quest’aureo vello fu diretta la spedizione degli
spedizione degli Argonauti ; e non la considerarono essi una impresa
di
rapina, ma come l’esercizio di un diritto impresc
non la considerarono essi una impresa di rapina, ma come l’esercizio
di
un diritto imprescrittibile, di riacquistar ciò c
mpresa di rapina, ma come l’esercizio di un diritto imprescrittibile,
di
riacquistar ciò che è suo, essendo che l’aureo mo
tenesse originariamente alla Grecia e precisamente alla real famiglia
di
Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi di
a Grecia e precisamente alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto
di
sopra. Ma gli Eroi di questa impresa per far lo s
e alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi
di
questa impresa per far lo stesso viaggio marittim
mi sento disposto ad arrestarmi a quisquilie filologiche. All’invito
di
Giasone accorsero gli Eroi da tutte le parti dell
ia, alcuni dei quali eran già stati con lui alla caccia del cinghiale
di
Calidonia, cioè Teseo, Piritoo, Castore, Polluce
alidonia, cioè Teseo, Piritoo, Castore, Polluce e Telamone ; ed altri
di
cui non si è ancora parlato, cioè Calai e Zete fi
ne ; ed altri di cui non si è ancora parlato, cioè Calai e Zete figli
di
Borea, Ercole, Orfeo, Linceo, Tifi, Tideo, ecc. È
Linceo, Tifi, Tideo, ecc. È ben facile che alla primitiva tradizione,
di
cui fa cenno anche Omero, non che Esiodo, siano s
sso nuovi eroi dei diversi Stati della Grecia per accomunar la gloria
di
questa impresa a tutta la Nazione, poichè si fann
abbiam detto, almeno a cinquanta, uno per remo, essendo Argo una nave
di
cinquanta remi. In questa comune e nazionale impr
questa comune e nazionale impresa per altro il solo Giasone è quello
di
cui si raccontano fatti straordinarii e maravigli
quello di cui si raccontano fatti straordinarii e maravigliosi, degni
di
poema ; gli altri Eroi vi rappresentan soltanto u
e si rende più facile e più breve la narrazione. Giasone era figlio
di
Esone re di Tessaglia65, a cui fu usurpato il reg
più facile e più breve la narrazione. Giasone era figlio di Esone re
di
Tessaglia65, a cui fu usurpato il regno dal frate
Tessaglia per ridomandare allo zio il regno paterno. Pelia non osando
di
dargli un aperto rifiuto, lo seppe talmente alluc
onquistare il vello d’oro che ap parteneva alla Grecia, e gli promise
di
restituirgli il regno al suo ritorno, ma sperando
uesta spedizione coi pini del monte Pelio e colle quercie della selva
di
Dodona sacra a Giove, e, aggiungono i poeti, sul
a eroi, la nave salpò per la Colchide, che allora chiamavasi la terra
di
Eea, vocabolo d’incerta e vaga significazione, in
soltanto una terra lontana, come l’Oga Magoga della Bibbia e il paese
di
Cuccagna e di Bengodi dei nostri novellieri. Gli
erra lontana, come l’Oga Magoga della Bibbia e il paese di Cuccagna e
di
Bengodi dei nostri novellieri. Gli Argonauti sape
apitan della nave era Giasone, il pilota Tifi, ed a prua stava Linceo
di
vista acutissima, (come significa il suo nome der
osservare se v’eran sott’ acqua scogli e sirti, ove corresse rischio
di
frangersi o arrenare la nave. Orfeo interrompeva
vendo ancora in proporzione ; e perciò gli avevan messo il soprannome
di
Panfago, che vuol dir mangia-tutto. La prima ferm
di Panfago, che vuol dir mangia-tutto. La prima fermata fu nell’isola
di
Lenno, « Poi che le ardite femmine spietate « Tu
e dice Dante ; e vi giunsero appunto dopo l’atroce fatto che le donne
di
quell’isola, malcontente delle leggi e dei tratta
frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte
di
quella che si racconta di essa, poichè giunto in
padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta
di
essa, poichè giunto in quell’isola insieme cogli
dal regno. Inoltre fu presa dai pirati e venduta schiava a Licurgo re
di
Tracia66. Dante, amico non timido amico al vero e
o non timido amico al vero ed al retto67, dopo aver narrato l’inganno
di
Giasone, non fa come certi lassisti 68 che scusan
dannoso al prossimo, in qualunque età commesso, è non solo meritevole
di
punizione, ma anche di pena maggiore dell’omicidi
qualunque età commesso, è non solo meritevole di punizione, ma anche
di
pena maggiore dell’omicidio ; e perciò mette Gias
« Da quei Dimon cornuti con gran ferze « Che li battean crudelmente
di
retro ; » e soggiunge : « Tal colpa a tal marti
» e soggiunge : « Tal colpa a tal martirio lui condanna, « Ed anche
di
Medea si fa vendetta. « Con lui sen va chi da tal
rgonauti il loro viaggio. Troppo lungo e monotono sarebbe il racconto
di
tutti e singoli gl’incidenti, che per lo più son
ento coi popoli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo
di
scogli o di sirti ; in quella vece ci arresteremo
oli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o
di
sirti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a
irti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a riferire un episodio
di
nuovo genere, imitato anche dall’Ariosto, e ramme
no i poeti greci e i latini, che cioè questi mostri avevano l’istinto
di
rapire i cibi dalle mense e di contaminarle con e
e cioè questi mostri avevano l’istinto di rapire i cibi dalle mense e
di
contaminarle con escrementi che fieramente ammorb
inarle con escrementi che fieramente ammorbavano. Il loro stesso nome
di
Arpie deriva da un greco vocabolo (arpazo) che si
Ad essere infestato da tali mostri era condannato dagli Dei Fineo re
di
Tracia in punizione delle sue crudeltà verso i pr
eggia colle armi, le fecero inseguire per aria da Calai e Zete, figli
di
Borea, che avevano le ali come il loro padre ; i
imperatore dell’Etiopia avesse ricevuto una punizione simile a quella
di
Fineo, ha riunito in poche ottave tutte le classi
iscenze degli antichi poeti su questo fatto mitologico, aggiungendovi
di
suo altre invenzioni medioevali, riporterò prima
, riporterò prima l’imitazione degli Antichi, e dipoi il diverso modo
di
liberazione da lui immaginato : « Dentro una ric
o a odor delle vivande. « Erano sette in una schiera, e tutte « Volto
di
donne avean pallide e smorte, « Per lunga fame at
gne incurve e torte, « Grande e fetido il ventre, e lunga coda « Come
di
serpe che s’aggira e snoda. « Si sentono venir pe
cuote, e chi nel petto e chi nell’ala ; « Ma come fera in su un sacco
di
stoppa, « Poi langue il colpo, e senza effetto ca
lascia l’imitazione degli Antichi, e con le invenzioni del Medio Evo,
di
cui si era valso in altri luoghi del suo poema, n
narra la liberazione del Senàpo dalle Arpie in modo più maraviglioso
di
quello dei poeti classici greci e latini. I mezzi
ssici greci e latini. I mezzi che egli adopera sono due l’ Ippogrifo,
di
cui abbiamo riportato altrove la descrizione stes
sa fattane dall’Ariosto, e l’altro non meno straordinario e mirabile,
di
cui riporterò parimente la descrizione coi versi
orno « Che fa fuggire ognun che l’ode intorno. « Dico che ‘l corno è
di
sì orribil suono « Ch’ovunque s’oda, fa fuggir la
mondo un cor sì buono, « Che non possa fuggir come lo sente. « Rumor
di
vento e di tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suo
or sì buono, « Che non possa fuggir come lo sente. « Rumor di vento e
di
tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suon di questo
sente. « Rumor di vento e di tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suon
di
questo, era nïente. » (Or. Fur., xv, 14.) Conosc
« Udito il suon, non puon stare alla prova ; « Ma vanno in fuga pieni
di
paura, « Nè di cibo nè d’altro hanno più cura. «
, non puon stare alla prova ; « Ma vanno in fuga pieni di paura, « Nè
di
cibo nè d’altro hanno più cura. « Subito il palad
lla turba predatrice « Come in sicuro albergo ricondotta, « E già sin
di
Cocito in su la proda « Scesa, e più là, dove que
spinto le Arpie nell’Inferno, ove Dante, 500 anni dopo Astolfo, dice
di
averle trovate, mette d’accordo, come se fossero
rovate, mette d’accordo, come se fossero una storia vera, le fantasie
di
tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzi
ro una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto
di
sua invenzione. Da Fineo ebbero gli Argonauti not
ne. Da Fineo ebbero gli Argonauti notizie e consigli sul miglior modo
di
schivare i pericoli della loro navigazione ; e pa
i schivare i pericoli della loro navigazione ; e partiti da lui colmi
di
ringraziamenti e di doni proseguirono il loro via
i della loro navigazione ; e partiti da lui colmi di ringraziamenti e
di
doni proseguirono il loro viaggio per l’Ellespont
proseguirono il loro viaggio per l’Ellesponto e la Propontide. Prima
di
entrar nel Ponto Eusino perderono la compagnia di
a Propontide. Prima di entrar nel Ponto Eusino perderono la compagnia
di
Ercole, il quale avendo mandato il suo valletto I
gli andò ad attingere l’acqua. Gli Argonauti non furon troppo dolenti
di
perder la compagnia del loro carissimo Panfago, p
ssimo Panfago, perchè poteron procedere più speditamente, alleggerita
di
quel grave peso la nave, e senza doversi così spe
he avvennero avanti che gli Argonauti giungessero nella Colchide sono
di
lieve importanza in confronto dei già narrati e d
principale, scopo del loro viaggio ; quindi ci affretteremo a parlare
di
questa. E sebbene la presenza e il braccio di tan
affretteremo a parlare di questa. E sebbene la presenza e il braccio
di
tanti famosi Eroi rendesse sicura qualunque impre
aiuto potè egli solo compier l’impresa, rimanendo spettatori e pieni
di
maraviglia gli stessi Eroi suoi compagni. Ecco pe
, e Valerio Flacco in latino. Anche Pindaro fece una lunga narrazione
di
questa impresa nell’Ode iv delle Pitiche. 65. Pe
iò dai Latini è spesso indicato col patronimico Æsonides, cioè figlio
di
Esone, e coll’aggettivo Pagasaeus da Pagasa (ora
66. Nella sua schiavitù ebbe Issipile a custodire il piccolo figlio
di
Licurgo, chiamato Ofelte, o altrimenti Archemore
to distante, al suo ritorno trovò il bambino morto pel morso velenoso
di
un serpente ; ed oltre al dispiacere provato avre
al dispiacere provato avrebbe dovuto subire anche la morte, se non la
di
fendevano Adrasto e i suoi compagni. Dante in un
un sol verso accenna questo fatto, anzi ne fa una perifrasi del nome
di
Issipile, o Issifile, dicendo nel Canto xxii del
strò Langia, » cioè la fontana detta Langia, ad Adrasto e a’compagni
di
lui. 67. « E s’io al vero son timido amico,
a’compagni di lui. 67. « E s’io al vero son timido amico, « Temo
di
perder vita tra coloro « Che questo tempo chiamer
ati lassisti i moralisti o casisti poco scrupolosi, detti volgarmente
di
maniche larghe. 69. Virgilio così descrive le
t pallida semper « Ora fame. » 70. Anche i poeti latini del secolo
di
Augusto rammentano con maraviglia e con orrore gl
XX Mercurio Chi è che non conosca qualcuno dei molti significati
di
questa parola Mercurio ? È un termine rammentato
in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura
di
un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai
serpenti ? È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato
di
tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messag
ffaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero
di
Giove e degli altri Numi superni. Egli era figlio
i il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni. Egli era figlio
di
Giove e della Ninfa Maia una delle sette figlie d
quindi Mercurio dai poeti trovasi denominato Atlantiade, cioè nipote
di
Atlante148. Dai Greci era chiamato Erme, che sign
; perciò il nome stesso indica l’ufficio suo principale, quello cioè
di
messaggiero degli Dei. La parola Erme fu poi usat
dopra tuttora in italiano, ma estendendola a indicare qualunque busto
di
Dei o d’uomini, posto egualmente sopra una piccol
i Dei o d’uomini, posto egualmente sopra una piccola colonna. Il nome
di
Mercurio ha evidente relazione etimologica, tanto
per essi indicavansi, dedussero gli Antichi altri correlativi uffici
di
questo Dio. Poichè egli era l’interprete e il mes
Dio dei ladri. E su queste illazioni inventarono subito una quantità
di
fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e
à di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio
di
sommi poeti, conviene almeno brevemente accennare
ercurio dotato d’ingegno acutissimo ed accortissimo, ma. coll’istinto
di
valersene per ingannare gli altri. Non già che eg
e per ingannare gli altri. Non già che egli, come Dio, avesse bisogno
di
rubare, ma così per trastullo149 e per dimostrare
ertiva a far delle burle agli Dei, involando ad essi quel che avevano
di
più caro e prezioso. E perciò dicono che Mercurio
no lo scettro a Giove. I poeti commentarono queste furbesche prodezze
di
Mercurio anche negl’ inni in onore di lui150. Era
arono queste furbesche prodezze di Mercurio anche negl’ inni in onore
di
lui150. Era questo certamente un linguaggio alleg
col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cattivare l’affetto
di
tutti, o secondo la nostra frase familiare, aveva
ettera ; col rubare accortamente senza essere scoperti, non credevano
di
far male, poichè imitavano un Dio e si stimavano
oria Romana, racconta che il collegio dei mercanti celebrava la festa
di
Mercurio il 15 di maggio, e Ovidio aggiunge la pr
nta che il collegio dei mercanti celebrava la festa di Mercurio il 15
di
maggio, e Ovidio aggiunge la preghiera che essi r
nava col chiedere a questo Dio guadagni in qualunque modo ottenuti, e
di
poterseli godere ingannando accortamente i compra
dere ingannando accortamente i compratori151. E il poeta, pretendendo
di
conoscere come accogliesse Mercurio dall’alto que
rio dall’alto questa preghiera, soggiunge che sorrideva, ricordandosi
di
avere anch’egli rubate le greche giovenche152. Co
società pagana. Ridotto alla sua vera significazione questo attributo
di
Mercurio, passiamo a parlar degli altri. Come nun
sto attributo di Mercurio, passiamo a parlar degli altri. Come nunzio
di
Giove e di tutti gli Dei dovendo Mercurio far mol
to di Mercurio, passiamo a parlar degli altri. Come nunzio di Giove e
di
tutti gli Dei dovendo Mercurio far molti viaggi i
arli e dividerli ; ed essi attortigliandosi a quella rimasero in atto
di
lambirsi in segno di pace154. La prima, cioè la v
essi attortigliandosi a quella rimasero in atto di lambirsi in segno
di
pace154. La prima, cioè la verga sola, significav
a prima, cioè la verga sola, significava l’ufficio che aveva Mercurio
di
condurre le anime dei morti al regno di Plutone,
l’ufficio che aveva Mercurio di condurre le anime dei morti al regno
di
Plutone, e richiamarle alla vita secondo la dottr
penti, indicava che questo Dio consideravasi allora come ambasciatore
di
pace ; e perciò il caducèo era il distintivo che
ro ambasciatori : ora è divenuto il simbolo del Commercio, che è arte
di
pace, e prospera utilmente per tutti soltanto in
che è arte di pace, e prospera utilmente per tutti soltanto in tempo
di
pace156. La borsa poi, piena di danari, alludeva
utilmente per tutti soltanto in tempo di pace156. La borsa poi, piena
di
danari, alludeva evidentemente alle umane contrat
mente alle umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante
di
tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’ingles
chè credevasi che Mercurio avesse formato questo stromento col guscio
di
una testuggine adattandovi 7 corde158. I poeti la
una particolarità mitologica, e perciò Orazio chiama fraterna la lira
di
Apollo, perchè inventata e donatagli dal fratello
innastici, esercizii tanto pregiati dagli Antichi160. Perciò il culto
di
Mercurio era estesissimo, e Cesare nei suoi Comme
i Galli adoravano principalmente questo Dio, e lo credevano inventore
di
tutte le arti, e protettore della mercatura e dei
ore della mercatura e dei guadagni161. Noi avremo occasione più volte
di
rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assiste
di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assistenza e col favore
di
Mercurio, narrati splendidamente dallo stesso Ome
urio, narrati splendidamente dallo stesso Omero : qui basterà parlare
di
due soli che si riferiscono alla vita privata di
qui basterà parlare di due soli che si riferiscono alla vita privata
di
questo Dio. Son due trasformazioni, cioè quella d
o Dio. Son due trasformazioni, cioè quella del pastor Batto in pietra
di
paragone e di Aglauro in livido sasso. Raccontano
trasformazioni, cioè quella del pastor Batto in pietra di paragone e
di
Aglauro in livido sasso. Raccontano i poeti che q
rchè non lo scuoprisse ; ma poi per provar la sua fede prese la forma
di
un altro che cercasse il ladro di quell’armento e
r provar la sua fede prese la forma di un altro che cercasse il ladro
di
quell’armento e promise a Batto una vacca e un bo
da insaziabile cupidigia e manifestò quel che sapeva e avea promesso
di
tacere. Allora Mercurio, facendosi riconoscere, l
ua perfidia e lo punì trasformandolo in quella pietra nera che dicesi
di
paragone, perchè serve a far conoscere se v’è mis
a o falsificazione negli oggetti d’oro e d’argento162. Il significato
di
questo mito s’intende facilmente ; indica cioè ch
ose illecite, per lucro favorisce, per lucro tradisce. La metamorfosi
di
Aglauro si racconta così : Mercurio per quanto pi
a metamorfosi di Aglauro si racconta così : Mercurio per quanto pieno
di
occupazioni aveva trovato il tempo per invaghirsi
per quanto pieno di occupazioni aveva trovato il tempo per invaghirsi
di
Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro s
o di occupazioni aveva trovato il tempo per invaghirsi di Erse figlia
di
Eretteo re di Atene ; ed Aglauro sorella di lei,
ni aveva trovato il tempo per invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re
di
Atene ; ed Aglauro sorella di lei, per invidia fr
invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro sorella
di
lei, per invidia frapponeva ostacoli alla conclus
ne degli sponsali. Mercurio che non aveva tempo da perdere, per levar
di
mezzo quest’impaccio, la cangiò in livido sasso,
manti Al color della pietra non diversi, » e udì « Voce che giunse
di
contro dicendo : « Io son Aglauro che divenni sas
, apostolico, romano163. Dagli astronomi fu dato pensatamente il nome
di
Mercurio al pianeta più vicino al centro del nost
tro del nostro sistema planetario, perchè compie con maggior celerità
di
tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento
maggior celerità di tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento
di
rivoluzione intorno al Sole, vale a dire in 87 gi
uido a temperatura ordinaria, e che si solidifica soltanto a 40 gradi
di
gelo. È conosciuto volgarmente sotto il nome di a
a soltanto a 40 gradi di gelo. È conosciuto volgarmente sotto il nome
di
argento vivo a causa del suo color bianco argente
dei termometri e dei barometri ad indicare in quelli i diversi gradi
di
calore e in questi la variazione dello stato dell
e in questi la variazione dello stato dell’atmosfera. Ebbero il nome
di
Mercurio sin dal 1672 alcuni giornali ed altre pu
a, perchè furon considerati quei fogli come messaggieri veloci al par
di
Mercurio. Dai botanici si chiamò mercuriale un ge
eloci al par di Mercurio. Dai botanici si chiamò mercuriale un genere
di
piante della famiglia delle Euforbiacee, perchè,
lle qualità maravigliose che gli Antichi attribuivano a questo genere
di
piante. La più comune dicesi volgarmente Marcorel
nagio) le adunanze dei letterati che si tenevano il mercoledì in casa
di
qualcuno di loro ; Mercuriali anticamente in Fran
unanze dei letterati che si tenevano il mercoledì in casa di qualcuno
di
loro ; Mercuriali anticamente in Francia le assem
ficiali delle derrate. E tutte queste denominazioni derivano dal nome
di
Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli att
o dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli attributi
di
questo Dio. 147. Le ali di Mercurio non formava
vano la loro spiegazione negli attributi di questo Dio. 147. Le ali
di
Mercurio non formavano parte del suo corpo come q
tato in latino e in italiano) ; e ciascuna delle altre due in un paio
di
stivaletti o ghette che si chiamano con termine l
jocoso « Condere furto. » (Hor., Od., i, 10.) Si noti quell’epiteto
di
jocoso dato al furto, il quale significa che Merc
iva ai proprietarii gli oggetti rubati. Ma i devoti del furto anzichè
di
Mercurio, non rubano per celia, nè pensano neppur
Girella del Giusti : « Non resi mai — Quel che rubai. » A proposito
di
questi tali riporta Cicerone nella 2ª delle sue F
e con elegantissimi versi nel lib. iv dell’Eneide i talari e la verga
di
Mercurio, la partenza e la velocità di esso dal C
ell’Eneide i talari e la verga di Mercurio, la partenza e la velocità
di
esso dal Cielo in Terra. Il Tasso imitò Omero e-V
enso mortal la sottopose. « Umane membra, aspetto uman si finse, « Ma
di
celeste maestà il compose : « Tra giovane e fanci
tà il compose : « Tra giovane e fanciullo età confine « Prese ed ornò
di
raggi il biondo crine. « Ali bianche vestì che ha
a la terra e sovra il mar con queste. » 154. E celebre il Mercurio
di
Giovan Bologna, statua in bronzo che ornava prima
della villa Medici in Roma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi
di
Firenze. È una delle più eleganti e più svelte fi
degli Uffizi di Firenze. È una delle più eleganti e più svelte figure
di
Mercurio, perchè sta in atto di prendere il volo
elle più eleganti e più svelte figure di Mercurio, perchè sta in atto
di
prendere il volo e riposa soltanto con l’estremit
punto d’appoggio. Ne furon fatte e se ne ripetono sempre una infinità
di
copie di diverse dimensioni. 155. Spiegheremo la
ppoggio. Ne furon fatte e se ne ripetono sempre una infinità di copie
di
diverse dimensioni. 155. Spiegheremo la dottrina
155. Spiegheremo la dottrina della Metempsicosi nel parlar dei regni
di
Plutone e dello stato delle anime dopo la morte.
ni di Plutone e dello stato delle anime dopo la morte. 156. A tempo
di
Dante i messaggeri di pace avean per costume di i
stato delle anime dopo la morte. 156. A tempo di Dante i messaggeri
di
pace avean per costume di incoronarsi d’olivo, co
morte. 156. A tempo di Dante i messaggeri di pace avean per costume
di
incoronarsi d’olivo, come accenna Dante stesso in
a messaggier che porta olivo « Tragge la gente per udir novelle, « E
di
calcar nessun si mostra schivo. » 157. Dice Qu
imam arbitrantur. (De Bello Gall., vi, 17). 162. In latino la pietra
di
paragone chiamasi Lydius lapis, perchè queste pie
163. Dante, nel Canto xxii del Paradiso, volendo indicare il pianeta
di
Mercurio, nomina invece la madre, di lui Maia ; e
iso, volendo indicare il pianeta di Mercurio, nomina invece la madre,
di
lui Maia ; e pare che così voglia attribuirsi una
icenza poetica, che non sia in uso comunemente. Per altro questo modo
di
dire è incluso nelle regole di quel traslato che
uso comunemente. Per altro questo modo di dire è incluso nelle regole
di
quel traslato che chiamasi metonimia. « L’aspett
o a lui Maia e Dione. » Le stesse osservazioni son da farsi sul nome
di
Dione, che è qui posto a significare il pianeta d
da farsi sul nome di Dione, che è qui posto a significare il pianeta
di
Venere, la qual Dea era figlia di Dione. 164.
qui posto a significare il pianeta di Venere, la qual Dea era figlia
di
Dione. 164. Orazio si annovera da sè stesso t
entare talmente ameno e beato da preferirsi alle terrestri condizioni
di
questa mortal vita. Lo stesso Omero ci narra che
godesse i primi onori nei Campi Elisii, si era potentemente annoiato
di
quel soggiorno, anche pochi anni dopo la sua mort
; e del mio figlio illustre « Parlami invece. » (Odiss., xi, trad.,
di
Pindemonte). Non era dunque uno stato felice quel
eva rimpianger la vita mortale e preferire la più meschina condizione
di
questa. La prescienza del futuro non li allettava
non li allettava quanto la reminiscenza del passato, e principalmente
di
quei luoghi e di quelle persone che resero loro p
quanto la reminiscenza del passato, e principalmente di quei luoghi e
di
quelle persone che resero loro più cara e giocond
n vita, non dubitando che per tal via andassero a raggiungere l’anima
di
lui nell’altro mondo ; e per la stessa ragione an
atori del Dio Brama spontaneamente si ardono vive le predilette mogli
di
quegli idolatri colla certezza di riunirsi compag
si ardono vive le predilette mogli di quegli idolatri colla certezza
di
riunirsi compagne indivisibili ai loro mariti nel
suppone che le anime degli estinti, dopo essere state un certo numero
di
anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o ne
ancora la dottrina della Metempsicòsi, ne riporterò qui la traduzione
di
Annibal Caro, e in nota i versi stessi del poeta
niverso ; « Che sparsa per lo tutto e per le parti « Di sì gran mole,
di
sè l’empie e seco « Si volge, si rimescola e s’un
corpo, in nuova guisa « Le tien contaminate, impure e sozze. « Perciò
di
purga han d’uopo, e per purgarle « Son dell’anti
l’acqua immerse, « Ed altre al foco raffinate ed arse : « Chè quale è
di
ciascuno il genio e ’l fallo, « Tale è il castigo
ice aura, « A puro eterio senso ne riduca. « Quest’alme tutte, poichè
di
mill’anni « Han volto il giro, alfin son qui chi
iò ch’ivi deposto « Ogni ricordo, men de’ corpi schive, « E più vaghe
di
vita un’altra volta « Tornin di sopra a riveder l
, men de’ corpi schive, « E più vaghe di vita un’altra volta « Tornin
di
sopra a riveder le stelle 255. » Da questa cele
sopra a riveder le stelle 255. » Da questa celeberrima esposizione
di
principii filosofici e religiosi, che è la più be
one di principii filosofici e religiosi, che è la più bella e sublime
di
quante ce ne son pervenute dai poeti pagani, è co
lisio non erano eterne, e che le anime avevano una perpetua rotazione
di
passaggi alternativi dall’una all’altra vita. Si
tivi dall’una all’altra vita. Si viene ad accennare ancora una specie
di
Purgatorio prima di passare ai Campi Elisii ; e v
tra vita. Si viene ad accennare ancora una specie di Purgatorio prima
di
passare ai Campi Elisii ; e vi si trova chiaramen
rozzi ; e perciò nelle funebri cerimonie ponevasi una piccola moneta
di
tal nome nella bocca degli estinti258. Vero è che
ndi in appresso si cessò dall’insistere sulla necessità del pagamento
di
quest’obolo, ma si confermò indispensabile la sep
beatitudini dell’ Elisio, avendo ideato diversi generi straordinarii
di
pene inflitte ad alcuni dei più famosi scellerati
rassegna. La pena generale per tutti i dannati al Tartaro era quella
di
esser tormentati dalle Furie e gettati nelle flam
eo e alle Belidi o Danaidi. Issione re dei Lapiti, per avere tentato
di
offender Giunone, fu punito nel Tartaro coll’esse
ntinuamente girando rendevagli eterno il tormento261. Sisifo, figlio
di
Eolo, infestò l’Affrica e l’istmo di Corinto co’s
il tormento261. Sisifo, figlio di Eolo, infestò l’Affrica e l’istmo
di
Corinto co’suoi ladroneggi e colle sue crudeltà ;
eltà ; e dopo la morte fu condannato nel Tartaro a spinger sulla cima
di
un monte un gran masso, che tosto ricadendo a val
rapida pel chino « Sino alla valle la pesante massa. « Ei nuovamente
di
tutta sua forza « Su la cacciava ; dalle membra a
membra a gronde « Il sudore colavagli, e perenne « Dal capo gli salia
di
polve un nembo262). » (Odissea, xi.) Di Tantalo
e più straordinaria la colpa non meno che la pena. Tantalo era figlio
di
Giove e perciò ammesso ai segreti degli Dei ; ma
lio di Giove e perciò ammesso ai segreti degli Dei ; ma egli abusando
di
tal fiducia, li rivelò ai mortali, e per far prov
so. Tutti gli Dei inorriditi si astennero dal mangiarne, ad eccezione
di
Cerere, che afflitta per la perdita di Proserpina
ro dal mangiarne, ad eccezione di Cerere, che afflitta per la perdita
di
Proserpina, non si accorse di quella abominevole
di Cerere, che afflitta per la perdita di Proserpina, non si accorse
di
quella abominevole imbandigione, e mangiò una spa
on si accorse di quella abominevole imbandigione, e mangiò una spalla
di
Pelope. Si aggiunge ancora che gli Dei resero la
la di Pelope. Si aggiunge ancora che gli Dei resero la vita al figlio
di
Tantalo ricòmponendone le cotte membra, e facendo
nto era così divulgato e creduto, che i Pelopidi, ossia i discendenti
di
Pelope, portavano un distintivo, o come ora direb
he tutti i poeti greci e latini rammentano, ma niuno descrisse meglio
di
Omero (Odissea, xi.) « Stava lì presso con acerb
avverso inaridita terra. « Piante superbe, il melagrano, il pero, « E
di
lucide poma il melo adorno, « E il dolce fico e l
nè perciò andare al Tartaro. Inoltre lo stesso poeta alla solita pena
di
Tantalo aggiunge il timore continuo di essere sch
stesso poeta alla solita pena di Tantalo aggiunge il timore continuo
di
essere schiacciato da una rupe che sta sempre per
cciato da una rupe che sta sempre per cadergli addosso, e il tormento
di
sapere che egli è immortale, e che perciò la sua
266) ; ma le loro privazioni sono spontanee e non forzate come quelle
di
Tantalo ; perciò più vero e confacente sarebbe l’
rabili, i quali, vedendo nelle taberne e nei mercati una vera dovizia
di
cibi squisiti, non posson comprar nemmeno i più v
per saziar la fame che li tormenta. Dicesi ancora che soffron la pena
di
Tantalo coloro che non contenti dell’aurea medioc
aro : « Sul terren distendevasi e ingombrava « Quanto in dì nove ara
di
tauri un giogo ; « E due avvoltoi, l’un quinci e
rinate il curvo rostro »267). (Odissea, xi.) Flegia, benchè figlio
di
Marte e padre di Coronide che partorì Esculapio,
rostro »267). (Odissea, xi.) Flegia, benchè figlio di Marte e padre
di
Coronide che partorì Esculapio, fu empio contro A
he partorì Esculapio, fu empio contro Apollo, e ne incendiò il tempio
di
Delfo. Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo
il tempio di Delfo. Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo timore
di
essere schiacciato da un masso che gli pendea sul
; e perciò Dante non ha imitato in questo il suo Maestro, ed ha fatto
di
Flegia un nocchiero della palude che cinge la cit
o, ed ha fatto di Flegia un nocchiero della palude che cinge la città
di
Dite. Salmoneo, fratello di Sisifo, era sì pien
occhiero della palude che cinge la città di Dite. Salmoneo, fratello
di
Sisifo, era sì pien d’orgoglio per aver conquista
er aver conquistato l’Elide, « Che temerario veramente ed empio « Fu
di
voler, quale il Tonante in cielo, « Tonar quaggiu
olgorare a prova. « Questi su quattro suoi giunti destrieri, « La man
di
face armato, alteramente « Per la Grecia scorrend
lteramente « Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo « D’Elide, ov’è
di
Giove il maggior tempio, « Di Giove stesso il nom
man del padre eterno « D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo « Che
di
tede e di fumo ; e degno ancora « Che nel baratro
dre eterno « D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo « Che di tede e
di
fumo ; e degno ancora « Che nel baratro andasse »
uanto più lungo il racconto. Esse erano precisamente 50, tutte figlie
di
Danao re di Argo e nipoti di Belo ; dai quali nom
ngo il racconto. Esse erano precisamente 50, tutte figlie di Danao re
di
Argo e nipoti di Belo ; dai quali nomi del padre
Esse erano precisamente 50, tutte figlie di Danao re di Argo e nipoti
di
Belo ; dai quali nomi del padre e dell’avo deriva
nomi del padre e dell’avo derivarono i loro appellativi o patronimici
di
Danaidi e di Belidi. Per caso raro, forse a bella
e e dell’avo derivarono i loro appellativi o patronimici di Danaidi e
di
Belidi. Per caso raro, forse a bella posta invent
di Belidi. Per caso raro, forse a bella posta inventato, un fratello
di
Danao, chiamato Egitto, aveva 50 figli ; e perchè
atello di Danao, chiamato Egitto, aveva 50 figli ; e perchè del regno
di
suo fratello non andassero in possesso generi est
ei alla famiglia, propose che i suoi 50 figli sposassero le 50 figlie
di
Danao. Questi avrebbe acconsentito, se l’oracolo
za e colle ostilità lo costrinse a cedere ; e Danao allora per tentar
di
assicurarsi la vita macchinò un misfatto, che 49
chinò un misfatto, che 49 delle sue figlie eseguirono, qual fu quello
di
uccidere i loro sposi la prima sera del loro matr
nelle Metamorfosi e nelle epistole ; come pure altri poeti del secolo
di
Augusto270. È notabile che nell’Inferno dei Paga
erchè frode è dell’uom proprio male, « Più spiace a Dio ; e però stan
di
sutto « Gli frodolenti, e più dolor gli assale. «
infatti con lo stesso metodo a render ragione delle diverse categorie
di
dannati che egli ha posti in tre diversi cerchi,
qualità o intensità. Mirabile è poi in sommo grado, e al tempo stesso
di
tutta evidenza, l’argomentazione con la quale dim
to giusto tua virtù comparte ! » ci costringe ancora ad ammirare che
di
tanta sapienza, arte e giustizia la sua mente sia
ti storici personaggi dell’èra cristiana ed anche suoi contemporanei,
di
ogni classe e condizione, laici e cherci, poveri
i e ricchi, e perfino re e imperatori, e papi e cardinali. Di alcuni
di
quei dannati che Dante non rammentò raccolsero i
oltre ne formarono i derivati o composti Tantalite, Tantalati, ossido
di
Tantalio, acido tantalico, ecc. Delle Danaidi fu
che hanno nera la testa e il corpo con alcuni punti bianchi, e le ali
di
color di fulvo o biondo, contornate di nero e spa
nera la testa e il corpo con alcuni punti bianchi, e le ali di color
di
fulvo o biondo, contornate di nero e sparse esse
alcuni punti bianchi, e le ali di color di fulvo o biondo, contornate
di
nero e sparse esse pure di punti bianchi ; e dai
ali di color di fulvo o biondo, contornate di nero e sparse esse pure
di
punti bianchi ; e dai Botanici si chiamò Danaide
se pure di punti bianchi ; e dai Botanici si chiamò Danaide un genere
di
piante rampanti della famiglia delle rubiacee, co
ori rossi che spandono piacevole odore. Anche in Meccanica ha il nome
di
Danaide una specie di ruota idraulica che serve a
piacevole odore. Anche in Meccanica ha il nome di Danaide una specie
di
ruota idraulica che serve a convertire il movimen
cie di ruota idraulica che serve a convertire il movimento rettilineo
di
una corrente d’acqua in un movimento di rotazione
rtire il movimento rettilineo di una corrente d’acqua in un movimento
di
rotazione continua ; e si fece così una felice al
e repostos. » (Virg.,Æneid., vi, v. 642.) 253. Pitagora era nativo
di
Samo, per quanto asserisce Ovidio nel lib. xv del
Vir fuit hic, ortu samius. Venne in Italia, secondo Cicerone, a tempo
di
Tarquinio il Superbo, e secondo Tito Livio sotto
a tempo di Tarquinio il Superbo, e secondo Tito Livio sotto il regno
di
Servio Tullo. Fissò il suo soggiorno in Crotone c
pecialmente dei malvagi, passassero anche nel corpo dei bruti, proibi
di
mangiar la carne di qualsivoglia animale, e ridus
agi, passassero anche nel corpo dei bruti, proibi di mangiar la carne
di
qualsivoglia animale, e ridusse i suoi seguaci a
di qualsivoglia animale, e ridusse i suoi seguaci a cibarsi soltanto
di
vegetabili ; il che diede origine alla denominazi
arsi soltanto di vegetabili ; il che diede origine alla denominazione
di
vitto pitagorico. 255. « Principio cœlum ac t
ino obolus) fu la prima moneta dei Greci, e valeva 15 in 16 centesimi
di
franco o lira italiana, poichè fu considerata in
sso come la sesta parte della dramma, greca moneta d’argento del peso
di
4 grammi e 363 milligrammi, e del valore di 92 in
moneta d’argento del peso di 4 grammi e 363 milligrammi, e del valore
di
92 in 93 centesimi. Il nome di questa piccola mon
grammi e 363 milligrammi, e del valore di 92 in 93 centesimi. Il nome
di
questa piccola moneta, l’ obolo, ha avuto una gra
credito ; è passato in quasi tutte le lingue europee traversando più
di
30 secoli, ed è rimasto sempre un termine usitati
i, ed è rimasto sempre un termine usitatissimo ed elegante dall’obolo
di
Caronte all’obolo di San Pietro. 259. Nel libro
e un termine usitatissimo ed elegante dall’obolo di Caronte all’obolo
di
San Pietro. 259. Nel libro ix del Codice Giustin
ente uno sprone, un pecoro e un legacciolo delle calze non son niente
di
più nobile della spalla di Pelope e neppure della
e un legacciolo delle calze non son niente di più nobile della spalla
di
Pelope e neppure della spalla di san Secondo. — A
on niente di più nobile della spalla di Pelope e neppure della spalla
di
san Secondo. — A scanso di equivoci, e per chi no
la spalla di Pelope e neppure della spalla di san Secondo. — A scanso
di
equivoci, e per chi non lo sapesse, chiamasi spal
do. — A scanso di equivoci, e per chi non lo sapesse, chiamasi spalla
di
san Secondo, nel linguaggio dei gastronomi, la sp
contro un vil parassita piaggiatore e scettico, e dice sdegnosamente
di
lui, in tuono di rimprovero : « Rida in barba a
rassita piaggiatore e scettico, e dice sdegnosamente di lui, in tuono
di
rimprovero : « Rida in barba a San Marco ed a Sa
San Luca, « E gridi che il suo santo è san Secondo, « E che il zampon
di
Modena nel mondo « Compensa il Duca. » 264.
greco significa immortalità, e nettare che non uccide. — Questo passo
di
Pindaro ha dato luogo recentemente a qualche dive
ilologica tra alcuni rinomati grecisti, come può vedersi nell’ Ateneo
di
Firenze (fascicoli dell’ agosto e del settembre 1
68.) 267. Anche Virgilio nel vi dell’ Eneide così descrive la pena
di
Tizio : « Nec non et Tytion, Terræ omniparentis
ere Divos. » (Æneid., vi, 618.) 269. Son questi i versi originali
di
Virgilio : « Vidi et crudeles dantem Salmonea pœ
ssero nella Grecia ed esistessero molti secoli prima della fondazione
di
Roma, questo vocabolo sotto cui si conoscono in i
81). Perciò, stando all’etimologia della parola, qualunque altro modo
di
manifestazione dei voleri divini che non fosse a
a il luogo sacro in cui si rendevano i responsi : e questa differenza
di
significato facilmente s’intende dal contesto del
ontesto delle diverse frasi. I più noti e celebri Oracoli eran quelli
di
alcune delle Divinità Maggiori e principalmente d
racoli eran quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente
di
Giove e di Apollo. Giove ne aveva tre, e Apollo v
quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente di Giove e
di
Apollo. Giove ne aveva tre, e Apollo ventidue ; G
e, Cerere, Mercurio e Plutone ebbero soltanto un oracolo per ciascuno
di
loro ; delle Divinità inferiori o terrestri, quas
restri, quasi nessuna ebbe oracoli ; e piuttosto preferirono i Pagani
di
attribuirli a più d’uno degli Eroi o Semidei, com
o, a Trofonio, ad Ercole, ad Amfiarao, ecc. Sommati giungeranno a più
di
quaranta oracoli. Sarebbe perciò troppo lungo dis
ta oracoli. Sarebbe perciò troppo lungo discorso e monotono il parlar
di
tutti particolarmente ; ed io credo che invece ba
gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senza dubbio quello
di
Delfo ; e Apollo a cui attribuivansi quei respons
e troviamo anche in Dante la perifrasi Delfica deità invece del nome
di
Apollo284). Delfo (oggi Kastri), città della Foc
Parnaso, conteneva fra le sue mura il tempio e il famosissimo oracolo
di
Apollo. Il territorio fu, come ora direbbesi, neu
e Pitone che infestava quei luoghi ; e che perciò in origine la città
di
Delfo fosse detta Pito, donde l’appellativo di Pi
iò in origine la città di Delfo fosse detta Pito, donde l’appellativo
di
Pitio o Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii a
osse detta Pito, donde l’appellativo di Pitio o Pizio dato ad Apollo,
di
Pitici o Pizii ai giuochi in onore di esso, di Pi
i Pitio o Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii ai giuochi in onore
di
esso, di Pizia o Pitonessa alla sacerdotessa che
Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii ai giuochi in onore di esso,
di
Pizia o Pitonessa alla sacerdotessa che invasata
e proferiva mistiche parole, interpretate dai sacerdoti come responsi
di
Apollo. Gli Oracoli si rendevano in un sotterrane
, che alcuni dissero coperto della pelle del serpente Pitone, serviva
di
sedile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sull
ile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi
di
quello pendeva un vaso circolare e concavo, una s
e ai piedi di quello pendeva un vaso circolare e concavo, una specie
di
caldaia, che i Greci chiamavano lebete e i Latini
connessi, detti a caso e senza alcun senso, che i sacerdoti cercavano
di
connettere in frasi ambigue, ossia con doppio sen
alla alterazione della loro fantasia285). Fra tutti gli altri Oracoli
di
Apolló il più notabile era quello di Claro nel te
85). Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello
di
Claro nel territorio di Colofone, perchè godeva m
Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel territorio
di
Colofone, perchè godeva molta rinomanza e continu
cerdote proferiva gli oracoli in versi. (Ann., II, 54.) Il più antico
di
tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto,
antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello
di
Giove in Dodona città dell’Epiro ; e i responsi s
le foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei bacini
di
bronzo sospesi a contatto fra loro, e ciecamente
ra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque
di
una sacra fontana, modi affatto primitivi e d’imm
lo cominciò ad esser poco frequentato appena che acquistò fama quello
di
Delfo, che era il più centrale della Grecia e ren
solenne e soddisfacente. Quanto all’origine del tempio e dell’Oracolo
di
Giove Ammone nella Libia parlammo a lungo nel N°
ansi dalle osservazioni degli smeraldi e delle altre pietre preziose,
di
cui era formata l’immagine del Nume, come asseris
tra i quali il più celebre è quello, già da noi registrato, dei figli
di
Tarquinio il Superbo : ma per regola generale pre
i oracoli delle Sibille, vale a dire le risposte dei libri sibillini,
di
cui parleremo altrove. V’erano per altro anche in
alcuni Oracoli, che perciò eran detti Italici, come l’antico oracolo
di
Fauno, rammentato da Virgilio nell’Eneide, quelli
o di Fauno, rammentato da Virgilio nell’Eneide, quelli della Fortuna,
di
Marte, ecc. ; ma appartenevano piuttosto alla ver
non rendevano responsi a voce, ma consistevano nella interpretazione
di
segni casuali, ed anche di sogni che si facessero
oce, ma consistevano nella interpretazione di segni casuali, ed anche
di
sogni che si facessero addormentandosi in quei sa
ecinti. E come se tutto ciò fosse poco, vi si aggiunsero gli Augurii,
di
cui eran solenni mæstri gli Etruschi ; e da essi
egli affari pubblici e nei privati, come sappiamo anche dagli storici
di
Roma. Gli Oracoli e tutti gli altri modi di divin
piamo anche dagli storici di Roma. Gli Oracoli e tutti gli altri modi
di
divinazione preindicati erano altrettante solenni
ene i primi scrittori ecclesiastici si affatichino a citare centinaia
di
autori che avevano scritto contro gli Oracoli, pe
vano scritto contro gli Oracoli, per noi non è necessario tanto lusso
di
erudizione, tanta ricchezza di testimonianze ; e
, per noi non è necessario tanto lusso di erudizione, tanta ricchezza
di
testimonianze ; e ci basterà il sapere che ne pen
rà il sapere che ne pensassero Demostene, Cicerone e Catone Uticense,
di
ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demo
e in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicamente al popolo
di
Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire ch
opolo di Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire che l’Oracolo
di
Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre
ire che l’Oracolo di Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre
di
Alessandro Magno. Cicerone compose un’opera sulla
la Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni
di
suo fratello Quinto sulle pretese cause soprannat
uo fratello Quinto sulle pretese cause soprannaturali degli Oracoli e
di
qualunque altra creduta manifestazione della volo
che gli suggerivano (quand’egli era in Affrica armato contro Cesare)
di
consultare l’Oracolo di Giove Ammone, rispose, ch
and’egli era in Affrica armato contro Cesare) di consultare l’Oracolo
di
Giove Ammone, rispose, che gli Oracoli erano buon
uo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’attribuire alla morte
di
alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cess
alla morte di alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cessazione
di
alcuni oracoli, che derivò soltanto dal discredit
diede, forse senza avvedersene, un colpo mortale, ammettendo la morte
di
alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione
irono gli Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza
di
questi era cessata col sorger del Cristianesimo ;
l’ignoranti, ma anche presso i dotti e sapienti. E questo è argomento
di
più alta indagine, sul quale piacemi un poco di t
E questo è argomento di più alta indagine, sul quale piacemi un poco
di
trattenermi. Che i più celebri Oracoli abbiano av
Deucalione e Pirra, dopo l’universale diluvio, consultarono l’Oracolo
di
Temi sul monte Parnaso. Omero parla degli Oracoli
so. Omero parla degli Oracoli, delle divinazioni e degli augurii come
di
cose antiche ai tempi della guerra Troiana, nella
una parte importantissima, come interprete degli Dei, nei parlamenti
di
quei famosi guerrieri e nei segreti consigli di S
i Dei, nei parlamenti di quei famosi guerrieri e nei segreti consigli
di
Stato. Fu poi riconosciuto anche dai filosofi che
, facendosi credere o figli degli Dei o interpreti dei supremi voleri
di
quelli, per rimuovere i primitivi uomini ignorant
i a collegarsi ed unirsi fra loro in un più umano consorzio. Quel che
di
Orfeo dice Orazio nella Poetica è applicabile a t
delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente qualche parte
di
laude maggiore o minore secondo la diversa import
pazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile
di
convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e
turo male, te lo potesse ancora concedere. Di qui nascevano i tempii,
di
qui i sacrifizii, di qui le supplicazioni ed ogni
sse ancora concedere. Di qui nascevano i tempii, di qui i sacrifizii,
di
qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in v
supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oracolo
di
Delo, il tempio di Giove Ammone ed altri celebri
gni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oracolo di Delo, il tempio
di
Giove Ammone ed altri celebri Oracoli tenevano il
e avrà facilmente præ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza
di
non errare, che gli Oracoli e gli altri modi d’in
ell’Incivilimento. Infatti le risposte degli Oracoli ebbero efficacia
di
raccogliere e riunire in nazione le sparse tribù
vasioni. Il responso della Pizia, che i Greci si difendessero in mura
di
legno, suggerì saggiamente di combatter per mare
ia, che i Greci si difendessero in mura di legno, suggerì saggiamente
di
combatter per mare le innumerevoli orde di Serse,
legno, suggerì saggiamente di combatter per mare le innumerevoli orde
di
Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina
er mare le innumerevoli orde di Serse, e ne derivò la famosa vittoria
di
Salamina, gloria eterna di Temistocle e della Gre
e di Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina, gloria eterna
di
Temistocle e della Grecia289). Le più belle massi
he eran credute responsi degli Oracoli ; e la più sapiente e mirabile
di
tutte, espressa con queste poche parole : conosci
e parole : conosci te stesso, leggevasi scritta sul pronao del tempio
di
Apollo in Delfo. Cicerone che l’analizza filosofi
’analizza filosoficamete nelle Tusculane, chiama il Nosce te precetto
di
Apollo, ed aggiunge che essendo di tal sublimità
ulane, chiama il Nosce te precetto di Apollo, ed aggiunge che essendo
di
tal sublimità da parer superiore all’ingegno uman
ngua italiana, e soltanto da manteion furon composte le denominazioni
di
Necromanzia e Geomanzia ecc. di cui parleremo alt
teion furon composte le denominazioni di Necromanzia e Geomanzia ecc.
di
cui parleremo altrove. 282. Perciò Ugo Foscolo
rse città della Grecia, rammenta che Delfo era illustre per l’oracolo
di
Apollo : « Laudabunt alii claram Rhodon, aut Mit
su la lieta « Delfica deità dovria la fronda « Peneia, quando alcun
di
sè asseta. » Nella qual terzina del Canto I del
Apollo, e fronda Peneia per l’alloro, in cui fu cangiata Dafne figlia
di
Peneo. 285. Son celebri le risposte degli Orac
ro studiata ambiguità. Se ne trovano riportate alcune anche nei libri
di
rettorica e belle lettere, come quella che si sup
lettere, come quella che si suppone data a Pirro re dell’Epiro prima
di
muover guerra ai Romani : « Aio te, Æacida, Roma
n, in bello morieris. » Notabilissima è poi la risposta dell’Oracolo
di
Delfo ai figli di Tarquinio il Superbo che insiem
is. » Notabilissima è poi la risposta dell’Oracolo di Delfo ai figli
di
Tarquinio il Superbo che insieme con Bruto erano
Ovidio nel dedicare i Fasti a Cesare Germanico dà ad Apollo il titolo
di
Dio Clario, per la celebrità dell’oracolo di Clar
o dà ad Apollo il titolo di Dio Clario, per la celebrità dell’oracolo
di
Claro che rendeva i responsi in versi ; e con adu
, ut Clario missa legenda Deo. » 287. Riporterò il seguente passo
di
Cicerone, che è decisivo : « Sed jam ad te venio
imum tuum. Ab animo tuo quidquid agitur, id agitur a te. » È il punto
di
partenza della Psicologia e della Morale. 291.
lla Morale. 291. Anche il Giusti chiama santa impostura l’artifizio
di
Numa nel dare ad intendere al popolo romano che l
a con arte, « Di santa impostura « La buccia un po’ dura « Del popol
di
Marte. » (Apologia del Lotto). 292. Sta scritt
ar Vulcano deforme e zoppo : differiscono solo nel raccontar la causa
di
questi difetti della sua forma corporea, che cert
ionali ed anche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio
di
Giove e di Giunone. Ma poichè ammettevasi nella c
nche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio di Giove e
di
Giunone. Ma poichè ammettevasi nella classica Mit
poichè ammettevasi nella classica Mitologia una Divinità più potente
di
Giove, il Fato, agli inesorabili decreti del qual
e. Ma Omero fa raccontare a Vulcano stesso che il trattamento brutale
di
esser precipitato dal Cielo in Terra (per la qual
te diffusa (come accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole
di
quella dei suoi rarissimi pregi nella Metallurgia
irabili lavori in metallo, dal carro e dalla reggia del Sole al cinto
di
Venere ; e Omero aggiunge che tutti gli Dei posse
barba, ma non però tanto brutto quanto dicono i poeti ; e il difetto
di
essere zoppo da un piede è appena accennato. E pe
lo e presso a lui un’incudine, e qualcuno dei suoi più celebri lavori
di
metallo. Molti sono i lavori di questo Dio, descr
qualcuno dei suoi più celebri lavori di metallo. Molti sono i lavori
di
questo Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e d
olti sono i lavori di questo Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e
di
alcuni avremo occasione di parlare in appresso ne
o Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e di alcuni avremo occasione
di
parlare in appresso nel ragionar di quei personag
ti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso nel ragionar
di
quei personaggi per cui furono eseguiti : qui bas
almeno conosce storicamente il meccanismo e gli effetti maravigliosi
di
queste macchine ingegnosissime, che sotto forme d
fetti maravigliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme
di
uomini o di animali eseguiscono lavori e operazio
gliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme di uomini o
di
animali eseguiscono lavori e operazioni proprie s
studiato una scienza o un’arte), non troverà tanto strano il racconto
di
Omero, che Vulcano avesse congegnate « …….forme
ici fino ab antico formare automi maravigliosi, dalla colomba volante
di
Archita al giuocator di scacchi del barone di Kem
re automi maravigliosi, dalla colomba volante di Archita al giuocator
di
scacchi del barone di Kempelen. E Omero narrandoc
, dalla colomba volante di Archita al giuocator di scacchi del barone
di
Kempelen. E Omero narrandoci che quelle ancelle d
scacchi del barone di Kempelen. E Omero narrandoci che quelle ancelle
di
Vulcano, veramente auree (perchè tutte d’oro) era
proprii automi. Dei quali i primi tentativi dovevan risalire ai tempi
di
Omero, se soltanto 500 anni dopo di esso, fu così
ntativi dovevan risalire ai tempi di Omero, se soltanto 500 anni dopo
di
esso, fu così abile Archita, come si racconta, da
a, da costruire una colomba volante. Altri automi più semplici, e non
di
umana forma, ma non meno mirabili, descrive Omero
risorger delle lettere e delle scienze, si risvegliò ancora la manìa
di
costruire automi ; e sappiamo che Alberto Magno f
amo che Alberto Magno fece un bellissimo androide che apriva la porta
di
casa a chi battesse a quella, e quando le persone
ava. Nei secoli successivi furono celebri la mosca e l’aquila volante
di
Regiomontano, diversi automi di Leonardo da Vinci
o celebri la mosca e l’aquila volante di Regiomontano, diversi automi
di
Leonardo da Vinci, e specialmente il famoso leone
diversi automi di Leonardo da Vinci, e specialmente il famoso leone,
di
cui parla anche il Vasari, le teste parlanti dell
arla anche il Vasari, le teste parlanti dell’abate Mical, il suonator
di
flauto di Vaucanson e l’anitra del medesimo, la q
il Vasari, le teste parlanti dell’abate Mical, il suonator di flauto
di
Vaucanson e l’anitra del medesimo, la quale nuota
ava, mangiava e digeriva ; e nel presente secolo, oltre il giuocatore
di
scacchi rammentato di sopra, anche il calcolatore
va ; e nel presente secolo, oltre il giuocatore di scacchi rammentato
di
sopra, anche il calcolatore aritmetico di Babbage
atore di scacchi rammentato di sopra, anche il calcolatore aritmetico
di
Babbage. Ma questi sforzi della meccanica consuma
Ma questi sforzi della meccanica consumano molti anni e molti danari
di
persone ingegnosissime senza una pratica utilità
i di persone ingegnosissime senza una pratica utilità ; pochi istanti
di
maraviglia, ecco tutto il fine e l’effetto ! Perc
asserire che anche i girarrosti a macchina son più utili degli automi
di
animali nuotanti e volanti, e degli androidi che
siti che parole, perchè non avevano veruna idea del fluido elettrico,
di
questa misteriosa e tremenda forza invisibile e i
misteriosa e tremenda forza invisibile e imponderabile della Natura,
di
cui la scienza è giunta in questo secolo a sapers
scienza è giunta in questo secolo a sapersi valere per eseguir lavori
di
precisione matematica e per trasmettere i concett
e tutto seppe. » Nel libro viii dell’Eneide descrive prima la fucina
di
Vulcano coi Ciclopi suoi garzoni che lo aiutavano
fabbricare i fulmini ; e quindi enumera gli elementi o materie prime
di
cui li componevano : « …….Stavan nell’antro allo
, « Parte abbozzata, con tre raggi attorti « Di grandinoso nembo, tre
di
nube « Pregna di pioggia, tre d’acceso foco, « E
ta, con tre raggi attorti « Di grandinoso nembo, tre di nube « Pregna
di
pioggia, tre d’acceso foco, « E tre di vento impe
so nembo, tre di nube « Pregna di pioggia, tre d’acceso foco, « E tre
di
vento impetuoso e fiero. « I tuoni vi aggiungevan
di vento impetuoso e fiero. « I tuoni vi aggiungevano e i baleni « E
di
fiamme e di furia e di spavento « Un cotal misto1
petuoso e fiero. « I tuoni vi aggiungevano e i baleni « E di fiamme e
di
furia e di spavento « Un cotal misto190. » (Trad
iero. « I tuoni vi aggiungevano e i baleni « E di fiamme e di furia e
di
spavento « Un cotal misto190. » (Traduz. del Car
tà che si sviluppa collo strofinamento dell’ambra (dal cui greco nome
di
electron fu appunto denominato questo fenomeno e
piegate le favole, consideriamo l’allegoria contenuta nell’invenzione
di
questo Dio e de’suoi attributi. Di che era simbol
ente del fuoco, senza del quale sarebbe impossibile eseguire i lavori
di
metallurgia. Il nome stesso latino di Vulcanus, c
e impossibile eseguire i lavori di metallurgia. Il nome stesso latino
di
Vulcanus, che secondo Servio è un’abbreviazione d
nome stesso latino di Vulcanus, che secondo Servio è un’abbreviazione
di
volicanus, s’intende che voglia significare l’agi
enerato Vulcano come Dio del fuoco193 e del fabbrile ingegno. Il nome
di
Efesto che gli davano i Greci non fu adottato dai
ci non fu adottato dai poeti latini, nè dagl’italiani ; ma il termine
di
Vulcano è usato figuratamente anche in prosa in a
vulcaniche le materie eruttate. Anche i geologi seguaci della scuola
di
Hutton194, che spiegavano, coll’ammettere l’esist
furon chiamati Vulcanisti ; e Vulcanismo dicesi ancora questo sistema
di
geologia, e Vulcanologia la storia e la teoria de
a il metallo fuso e liquefatto dal fuoco. Gli si dava anche il titolo
di
Lemnio, derivato dall’isola di Lemno, dove cadde
dal fuoco. Gli si dava anche il titolo di Lemnio, derivato dall’isola
di
Lemno, dove cadde dal Cielo e fu amorevolmente ra
quindi aggiunge che le eruzioni vulcaniche son le fiamme e le scorie
di
queste fucine metallurgiche, e i crateri sono i c
ravano però nel credere che il fuoco che essi chiamavan celeste fosse
di
natura diversa da quello terrestre, non sapendo e
e, non sapendo essi che risulta egualmente da combustione o ignizione
di
materie più o meno infiammabili ; e soltanto gli
rlare dei Ciclopi, dei quali si è fatto un sol cenno col dire che tre
di
essi, cioè Bronte, Sterope e Piracmone aiutavano
mone aiutavano Vulcano a fabbricare i fulmini a Giove, noteremo prima
di
tutto l’etimologia del loro nome, che è composto
e, noteremo prima di tutto l’etimologia del loro nome, che è composto
di
due parole greche ciclos (circolo) e ops (occhio)
cchio), per indicare la straordinaria particolarità a loro attribuita
di
aver cioè un sol occhio circolare « Di targa e d
a loro attribuita di aver cioè un sol occhio circolare « Di targa e
di
Febea lampade in guisa « Sotto la torva fronte, »
« Sotto la torva fronte, » come dice Virgilio. Aggiungasi che erano
di
gigantesca corporatura e di forze corrispondenti
come dice Virgilio. Aggiungasi che erano di gigantesca corporatura e
di
forze corrispondenti alla medesima. La loro stirp
ni, poichè credevasi che fossero figli del Cielo e della Terra, ossia
di
Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era
credevasi che fossero figli del Cielo e della Terra, ossia di Urano e
di
Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era figlio di
l Cielo e della Terra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto
di
essi era figlio di Nettuno e della ninfa Toosa, e
ra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era figlio
di
Nettuno e della ninfa Toosa, e questi chiamavasi
l greco vocabolo significa celeberrimo) ed era considerato come il re
di
tutti gli altri, i quali furono pochi più di cent
a considerato come il re di tutti gli altri, i quali furono pochi più
di
cento, ma tutti feroci ed antropofagi. Abitavano
piegar la favola dell’unico occhio fu detto che i Ciclopi eran soliti
di
portare in guerra una visiera con un sol foro cir
ro circolare in direzione degli occhi, uso inventato dai tre aiutanti
di
Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i me
cheologi chiamano ciclopiche quelle antichissime costruzioni composte
di
grandi massi o macigni talvolta irregolari, ma sp
ancora tagliati a poliedri regolari, e notabili inoltre per l’assenza
di
qualunque cemento : la loro pesante mole ne rende
iche sono per lo più attribuite ai Pelasgi. In Zoologia si dà il nome
di
Ciclopi a un genere di Crostacei, secondo Müller,
tribuite ai Pelasgi. In Zoologia si dà il nome di Ciclopi a un genere
di
Crostacei, secondo Müller, dell’ordine dei Branch
hiopodi, e della famiglia dei Monocoli per questa loro caratteristica
di
avere un sol occhio. Se ne trovano generalmente n
lle acque dolci e stagnanti, e in maggiore abbondanza nelle vicinanze
di
, Parigi, in Svizzera e in molte parti d’Italia.
n Svizzera e in molte parti d’Italia. 189. Automa è voce composta
di
due parole greche che significano spontaneo movim
a Elisabetta d’Inghilterra, che sullo scorcio del secolo xvi richiamò
di
nuovo l’attenzione dei fisici sulle proprietà del
sostanze potevano acquistare, mediante lo strofinamento, la proprietà
di
attrarre. 192. Lo stesso Ganot (francese) cominc
tricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore
di
« anatomia a Bologna, l’esperienza fondamentale c
ni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando
di
quell’apparato detto pila, che serve a svolgere l
re il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila
di
Volta). 193. Perciò Virgilio lo chiama Ignipote
XV Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera Il nome
di
Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giov
e Iride sua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia
di
quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod u
ua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia di quello
di
Giove ; deriva cioè dal giovare (quod una cum Jov
hiamavano Era, che, secondo alcuni grecisti, sarebbe un’abbreviazione
di
Erate cioè amabile e, secondo altri, Era signific
d inoltre il più alto rango fra le Dee, essendo essa sorella e moglie
di
Giove92). Nella sua pubblica rappresentanza è una
ella vita che diremmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno
di
Giove, sebbene di un altro genere : è superba, di
mmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno di Giove, sebbene
di
un altro genere : è superba, dispettosa e vendica
ltro genere : è superba, dispettosa e vendicativa. Accennata l’indole
di
questa Dea, diciamo come si rappresenta nelle pit
rro tirato da due pavoni, una messaggiera chiamata Iride ed un corteo
di
quattordici bellissime ninfe94). Molti altri nomi
e dette Matronali, appunto perchè eran celebrate dalle matrone. Figli
di
essa e di Giove furono Ebe dea della gioventù, Vu
tronali, appunto perchè eran celebrate dalle matrone. Figli di essa e
di
Giove furono Ebe dea della gioventù, Vulcano dio
come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto
di
mescer da quella la celeste bevanda. Aggiungono a
poi non volle più servirli a mensa ; e Giove le sostituì un coppiere
di
stirpe dei mortali, Ganimede figlio di Troo re di
Giove le sostituì un coppiere di stirpe dei mortali, Ganimede figlio
di
Troo re di Troia, facendolo rapire dalla sua aqui
ostituì un coppiere di stirpe dei mortali, Ganimede figlio di Troo re
di
Troia, facendolo rapire dalla sua aquila e renden
ia, facendolo rapire dalla sua aquila e rendendolo immortale. Il nome
di
Ebe fu dato dagli astronomi al sesto pianeta tele
a telescopico che fu scoperto da Hencke il 1° luglio 1847. Di Marte e
di
Vulcano che furono Dei superiori si dovrà parlare
atamente. Il tema più vasto per altro e l’eterno argomento della vita
di
Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e de
di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni
di
questa Dea. Favoriva sì e proteggeva essa quei po
, i Samii, i Cartaginesi ; ma guai a coloro che avessero la disgrazia
di
dispiacerle, specialmente poi se Giove o qualche
mica li proteggesse, o fossero parenti od anche soltanto connazionali
di
qualche donna preferita da Giove. Vi sarebbe da r
a raccoglier quanto ne scrissero i poeti greci e i latini ; ma alcune
di
quelle bizze e di quelle persecuzioni di Giunone
o ne scrissero i poeti greci e i latini ; ma alcune di quelle bizze e
di
quelle persecuzioni di Giunone sono così splendid
greci e i latini ; ma alcune di quelle bizze e di quelle persecuzioni
di
Giunone sono così splendidamente narrate dagli an
ntichi, che i moderni poeti e lo stesso Dante non poterono tacerle. E
di
queste ci occuperemo principalmente, non però sub
stesso argomento, ma quando se ne presenterà l’occasione nel parlare
di
altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie
terà l’occasione nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o
di
famiglie o di popoli da essa perseguitati. Qui pe
ne nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie o
di
popoli da essa perseguitati. Qui per altro è indi
i da essa perseguitati. Qui per altro è indispensabile il narrare uno
di
questi fatti mitici che serve a spiegare perchè i
non rassegnata, come ben si capisce da questi versi ; e Giove faceva
di
certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed i
di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte
di
Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era,
di Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea
di
potere essere ripudiata, e che un’altra divenisse
aco re d’Argo, per sottrarla alle investigazioni ed alle persecuzioni
di
sua moglie, la trasformò in vacca ; ma Giunone no
sformò in vacca ; ma Giunone non vedendo più in alcun luogo la figlia
di
Inaco, sospettò di qualche frode, e chiese in don
a Giunone non vedendo più in alcun luogo la figlia di Inaco, sospettò
di
qualche frode, e chiese in dono al marito quella
risuscitarlo (tanta potenza non avevano gli Dei pagani), si contentò
di
trasformarlo in pavone, serbandogli nelle penne l
suoi cento occhi, e lo prescelse per l’animale a lei sacro. Non perdè
di
vista neppure la vaccherella, e le mandò a tormen
estituita poi da Giove nella primiera forma fu venerata sotto il nome
di
dea Iside. Questo mito è un anello di congiunzion
forma fu venerata sotto il nome di dea Iside. Questo mito è un anello
di
congiunzione fra la Mitologia classica e il Fetic
a classica e il Feticismo egiziano, e rende qualche probabile ragione
di
così strano culto, come osservammo pur anco nella
arono in bestie. Gli Egiziani perciò adoravan gli Dei sotto la figura
di
quelle bestie nelle quali credevano che questi si
nelle quali credevano che questi si fossero trasformati. Il nome poi
di
Argo è rimasto celebre in tutte le lingue moderne
mistici animali a quelli del mitologico Argo : « Ognuno era pennuto
di
sei ali, « Le penne piene d’occhi ; e e gli occhi
lla e messaggiera Iride. Era questa una Ninfa o Dea inferiore, figlia
di
Taumante ; e credevasi che essa per discender sul
e credevasi che essa per discender sulla terra ad eseguire gli ordini
di
Giunone passasse per quella splendida via che è c
da via che è contrassegnata nel cielo dall’arcobaleno. Quindi il nome
di
Iride per figura rettorica di metonimia sta a sig
l cielo dall’arcobaleno. Quindi il nome di Iride per figura rettorica
di
metonimia sta a significare l’arco celeste prodot
o celeste prodotto dalla refrazione dei raggi del sole. I nomi stessi
di
Iride e del padre di essa accennano colla loro et
lla refrazione dei raggi del sole. I nomi stessi di Iride e del padre
di
essa accennano colla loro etimologia le parti fon
l padre di essa accennano colla loro etimologia le parti fondamentali
di
questo mito e di questo fenomeno, poichè Iride (i
ccennano colla loro etimologia le parti fondamentali di questo mito e
di
questo fenomeno, poichè Iride (in greco e in lati
erbo che significa dire o annunziare, e ricorda perciò la messaggiera
di
Giunone ; e Taumante è nome che deriva da tauma,
Taumanzia ; e lo stesso Alighieri con frase mitologica chiama figlia
di
Taumante l’Iride, ossia l’arcobaleno, allorchè ne
rcobaleno, allorchè nel Purgatorio (C. xxi, 46) afferma che nell’alto
di
quella montagna non ascendevano gli umidi vapori
breve ; « Nuvole spesse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, nè figlia
di
Taumante, « Che di là cangia sovente contrade. »
esse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, nè figlia di Taumante, « Che
di
là cangia sovente contrade. » Il nome d’Iride è
etico, ed anche in quello scientifico. Nei poeti più eleganti, invece
di
Iride, trovasi anche Iri, che è voce più simile a
poetico. Basterà che io citi Dante che così la chiama in rima e fuor
di
rima, come nel seguente esempio : « Nella profon
hiara sussistenza « Dell’alto lume parvemi tre giri « Di tre colori e
di
una contenenza ; « E l’un dall’altro come Iri da
rati della luce ; e iridescenza la proprietà che hanno alcuni oggetti
di
rifletter questi raggi colorati. Una bella descri
uni oggetti di rifletter questi raggi colorati. Una bella descrizione
di
iridescenza e di cangiamento di colori secondo l’
fletter questi raggi colorati. Una bella descrizione di iridescenza e
di
cangiamento di colori secondo l’incidenza dei rag
raggi colorati. Una bella descrizione di iridescenza e di cangiamento
di
colori secondo l’incidenza dei raggi e i diversi
cangiamento di colori secondo l’incidenza dei raggi e i diversi punti
di
vista, si legge nella seguente ottava della Gerus
ottava della Gerusalemme Liberata del Tasso : « Come piuma talor che
di
gentile « Amorosa colomba il collo cinge « Mai no
i colori al sol si tinge ; « Or d’accesi rubin sembra un monile, « Or
di
verdi smeraldi il lume finge ; « Or insieme li me
i colori, ed è quella che determina il colore particolare degli occhi
di
ciascuno ; e col derivativo Iritide chiamasi in P
derivativo Iritide chiamasi in Patologia qualunque affezione morbosa
di
quella membrana dell’occhio, e più specialmente l
onore del cielo, eran per altro ben lungi dal conoscere le vere cause
di
questo splendido fenomeno. Dal vederlo comparire
97) : ma non avevan pensato neppur per ombra ad analizzare col prisma
di
cristallo il settemplice raggio del sole e dedurn
secolo xvii fu il primo a distinguere che la luce solare era composta
di
un infinito numero di raggi di differenti gradi d
o a distinguere che la luce solare era composta di un infinito numero
di
raggi di differenti gradi di rifrangibilità, e ch
nguere che la luce solare era composta di un infinito numero di raggi
di
differenti gradi di rifrangibilità, e che allorqu
olare era composta di un infinito numero di raggi di differenti gradi
di
rifrangibilità, e che allorquando questa luce è f
lle antiche fantasie poetiche ed alle cervellotiche induzioni cercano
di
sostituire le positive cognizioni scientifiche. D
he Iride somministrasse l’acqua alle nubi. In Astronomia ebbe il nome
di
Iride il 7° asteroide, o piccolo pianeta telescop
da Hind il 13 agosto 1847. Gli astronomi però non avevano trascurato
di
rendere onore alla regina degli Dei anche prima c
ina degli Dei anche prima che ad Iride sua ancella, e furon solleciti
di
dare il nome di Giunone ad uno dei primi asteroid
che prima che ad Iride sua ancella, e furon solleciti di dare il nome
di
Giunone ad uno dei primi asteroidi scoperti in qu
a Harding il 1° settembre 1804. 91. Anche in latino hera è sinonimo
di
domina, cioè padrona ; ed herus equivale a dominu
ivale a dominus, cioè padrone. In Plauto è detto herus maior il padre
di
famiglia, ed herus minor il figlio di lui. 92.
to è detto herus maior il padre di famiglia, ed herus minor il figlio
di
lui. 92. « Ast ego quæ divûm incedo regina, Jo
Giunone accenna quasi sempre o ai grandi occhi o alle bianche braccia
di
questa Dea, facendone un distintivo e, a quanto p
Cenni Preliminari sul significato
di
alcune parole e sull’ uso di alcuni oggetti più s
Cenni Preliminari sul significato di alcune parole e sull’ uso
di
alcuni oggetti più specialmente relativi alle cer
mi altari con piote erbose, e le alzavano sotto gli alberi coprendole
di
sacre palme ; quindi alle piote sostituirono le p
attoni, il marmo e i metalli più rari. Le are furono ricovero o asilo
di
sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di mal
o e i metalli più rari. Le are furono ricovero o asilo di sventurati,
di
schiavi, di supplichevoli e di malfattori ; e a p
i più rari. Le are furono ricovero o asilo di sventurati, di schiavi,
di
supplichevoli e di malfattori ; e a piè di esse f
furono ricovero o asilo di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e
di
malfattori ; e a piè di esse furon fatte alleanze
di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di malfattori ; e a piè
di
esse furon fatte alleanze di popoli, riconciliazi
supplichevoli e di malfattori ; e a piè di esse furon fatte alleanze
di
popoli, riconciliazioni di parti, sponsali, e cel
ori ; e a piè di esse furon fatte alleanze di popoli, riconciliazioni
di
parti, sponsali, e celebrazioni di pubbliche fest
lleanze di popoli, riconciliazioni di parti, sponsali, e celebrazioni
di
pubbliche feste. III. Aruspici,1 sacerdoti istitu
la vittima doveva essere trascinata per forza all’altare, se sfuggiva
di
mano al conduttore, se schivava il colpo, e via d
e il sangue sgorgava in maggior copia del so[ILLISIBLE]o, era indizio
di
prossimi e inevitabili guai. Quanto alla fiamma,
dissima venerazione, e consultati sempre innanzi d’intraprendere cose
di
gran rilievo, a fine di prevederne l’esito. Le ri
onsultati sempre innanzi d’intraprendere cose di gran rilievo, a fine
di
prevederne l’esito. Le risposte degli auguri avev
ete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo
di
beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non v
odo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir
di
gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se d
enza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro
di
una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma i
parente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe,
di
una lepre, di una volpe, ec. ! Ma in effetto cote
topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre,
di
una volpe, ec. ! Ma in effetto cotesti impostori
dai lauti banchetti a spese dei creduli. Gli auguri goderono in Roma
di
molta considerazione ; ma a poco per volta cadder
cerdoti romani che avevano ufficj analoghi a quelli dei nostri araldi
di
guerra o ambasciatori straordinarj ; poichè gener
te erano destinati a dichiarare la guerra ed a presiedere ai trattati
di
pace.3 Quando un popolo offendeva la Repubblica,
eciale si recava tosto a chiedere le discolpe dell’ ingiuria. In caso
di
negativa eran concessi 33 giorni a risolvere, dop
aumentò con quello degli Dei. Le principali appo i Greci erano quelle
di
Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo
n quello degli Dei. Le principali appo i Greci erano quelle di Adone,
di
Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle qua
egli Dei. Le principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco,
di
Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vie
principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva,
di
Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni sp
di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie
di
lavoro, nè si potevano far leve di soldati, muove
elle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far leve
di
soldati, muover guerre o punire i colpevoli. Tutt
di soldati, muover guerre o punire i colpevoli. Tutti s’incoronavano
di
fiori ; celebravano giuochi, balli, banchetti, e
balli, banchetti, e si astenevano scrupolosamente dal proferir parole
di
cattivo augurio. I Romani chiamaron ferie (feriœ
le istituì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto
di
città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio
ti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e
di
capo luogo del Lazio, sì rispetto alla religione
ec. VII. Flamini,4 sacerdoti istituiti da Numa, e destinati al culto
di
qualche deità in particolare. Prima furon tre sol
to di qualche deità in particolare. Prima furon tre soli ; il flamine
di
Giove, quello di Marte e quello di Quirino ; poi
tà in particolare. Prima furon tre soli ; il flamine di Giove, quello
di
Marte e quello di Quirino ; poi arrivarono a quin
Prima furon tre soli ; il flamine di Giove, quello di Marte e quello
di
Quirino ; poi arrivarono a quindici. Grandi furon
no ; poi arrivarono a quindici. Grandi furono i privilegi del Flamine
di
Giove : andava fuori preceduto da un littore,5 av
e, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e gli era vietato
di
veder lavorare la gente ; laonde quando passava p
avvisare gli operai che sospendessero i loro lavori. Aveva il diritto
di
accordare sicuro asilo ai colpevoli che appo lui
di accordare sicuro asilo ai colpevoli che appo lui si rifugiavano, e
di
far grazia a quelli che, andando al supplizio, er
diva gli eserciti ; e portava in capo una berretta fatta con la pelle
di
una pecora bianca, e con in cima un ramoscello d’
con un nastro. VIII. Lettisterni, banchetti sacri dei Romani in tempi
di
pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cie
mpi di pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cielo. Nel tempo
di
questa cerimonia toglievano di su i piedistalli l
placare lo sdegno del cielo. Nel tempo di questa cerimonia toglievano
di
su i piedistalli le statue degli Dei, le posavano
otto giorni, e fu celebrato l’anno 400 av. l’èra crist. in occasione
di
una pestilenza che devastava Roma e i suoi contor
e, cerimonia religiosa nei sacrifizj. Il sacerdote assaggiava il vino
di
cui era colma la tazza, l’offriva ad alcuno degli
strazioni, cerimonie sacre unite ai sacrifizj ; ed avevano per iscopo
di
purificare i campi, gli eserciti, i greggi, gl’ i
reggi, gl’ individui, le città, i templi, le case, ec. La lustrazione
di
un campo consisteva nel condurvi tre volte all’in
e nel bruciare i profumi sul luogo stesso del sacrifizio. Per quella
di
un esercito, alcuni soldati cinti d’alloro conduc
alloro conducevano tre volte intorno all’esercito schierato in ordine
di
battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gl
ed una focaccia. Le lustrazioni pubbliche e nazionali erano celebrate
di
cinque in cinque anni, il quale spazio di tempo e
e nazionali erano celebrate di cinque in cinque anni, il quale spazio
di
tempo essendo chiamato lustrum (lustro) ha dato o
stro) ha dato origine al vocabolo lustrazione. XI. Magia, fu l’ arte
di
fingere cose soprannaturali con l’ajuto di spirit
ne. XI. Magia, fu l’ arte di fingere cose soprannaturali con l’ajuto
di
spiriti immaginari, con parole cabalistiche e cer
iù rami, come astrologia giudiziaria, sortilegio, incanti, evocazione
di
morti, divinazione o predizione del futuro, scope
i, evocazione di morti, divinazione o predizione del futuro, scoperta
di
tesori nascosti, guarigione di malattie incurabil
ione o predizione del futuro, scoperta di tesori nascosti, guarigione
di
malattie incurabili, e simili altre imposture. Qu
ziosi non li dimenticarono mai per l’affatto, e furono spesso fomento
di
vizj e cagion di delitti. Ecate fra le divinità p
nticarono mai per l’affatto, e furono spesso fomento di vizj e cagion
di
delitti. Ecate fra le divinità pagane presiedeva
manzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino
di
un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano s
s’incontrano sulla palma della mano. Con la Negromanzia pretendevano
di
richiamare in vita i morti per consultarli intorn
essali la usavano molto, ed incomineiavano l’ areano rito eol bagnare
di
sangue ealdo i eadaveri. XII. Purificazione, atto
ne aspergeva i eireostanti pronunziando alcune parole saere. In tempo
di
peste e di carestia le purifieazioni dei Greci er
a i eireostanti pronunziando alcune parole saere. In tempo di peste e
di
carestia le purifieazioni dei Greci erano aceompa
care da sè del suo delitto, e rieorreva a un saeerdote ehe lo bagnava
di
sangue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva porta
angue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo una filza
di
fichi, e non gli permetteva d’ entrare nei templi
eva le sue vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. Il nome
di
vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed a
era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello
di
ostia agli animali di latte, e tanto alle eose an
li oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animali
di
latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ;
s. Romolo li trasse dalla Toscana. Prima furono tre, poi sci, a detla
di
Cicerone, e gionsero fino a dieci, secondo che at
mento dal canto degli uccelli traevano gli augurj. Questa impostura è
di
antichissima origine. Trovansi ricordati gli augu
erivasso da faciendo fœdere. I Feciali formavano un collegio composto
di
venti ; e credesi fossero istiluiti da Numa. 4.
Flamines u Filamines forse perchè purtavano avvultu al capo un filu
di
laua. Plutarco fa derivare questo nume a pileo, p
flammeo capitis indumento. Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè,
di
Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori
pitis indumento. Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve,
di
Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori pel culto
ento. Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e
di
Quirinu, ed i Flamini minori pel culto degli altr
a i Flamini ; il Pontefice Massimo li consacrava. 5. Ufiziale armato
di
un fasciu di verghe cun una scure nel mezzu, dest
il Pontefice Massimo li consacrava. 5. Ufiziale armato di un fasciu
di
verghe cun una scure nel mezzu, destinato a scurt
i rei. 6. Acqua comune nella quale era stato spento un tizzone preso
di
sull’ ara. La tenevano in un vaso sulla porta dei
La Titanomachia e la Gigantomachia Per intender bene le vere cause
di
queste guerre convien risalire al patto di famigl
ntender bene le vere cause di queste guerre convien risalire al patto
di
famiglia fra Titano e Saturno, la cui violazione
odusse nel Cielo la prima guerra fraterna che terminò colla prigionia
di
Saturno e di Cibele (vedi il n° VI). Ne seguì la
elo la prima guerra fraterna che terminò colla prigionia di Saturno e
di
Cibele (vedi il n° VI). Ne seguì la guerra di Gio
prigionia di Saturno e di Cibele (vedi il n° VI). Ne seguì la guerra
di
Giove e fratelli contro lo zio ed i cugini con la
iove e fratelli contro lo zio ed i cugini con la sconfitta e l’esilio
di
questi. Ora sono i soccombenti ed oppressi Titani
ti. Ora sono i soccombenti ed oppressi Titani che tentano colla forza
di
ricuperare il perduto possesso del celeste regno.
antichi mitologi, furono due : quella dei Titani figli e discendenti
di
Titano, e quella dei Giganti, cioè dei figli dell
ellioni domate e compresse, furon dai poeti riunite le strane vicende
di
entrambe in una sola narrazione, e come se fosser
isiva della prima, e da quella in poi non corse più pericoli il regno
di
Giove, fu più celebrata la Gigantomachia ; e dell
quel poema che aveva ideato. Claudiano, del quale esiste un frammento
di
127 versi della Gigantomachia, non ci fa molto ri
a Gigantomachia, non ci fa molto rimpiangere la perdita del rimanente
di
questo suo mitico poema ; ma il titolo soltanto d
no del Cielo apparteneva veramente ai Titani come figli e discendenti
di
Titano, che cedè il regno a Saturno sotto condizi
per frode, e poi per forza 69, esiliata dal Cielo ed oppressa, tenta
di
riacquistar colla forza ciò che colla forza erale
forza erale stato tolto70. Ecco la vera causa della Titanomachia : e
di
questa guerra accenneremo soltanto l’esito finale
era più veramente dei Titani che furono vinti. Erano infatti i Titani
di
origine divina, non che di regia stirpe e della l
i che furono vinti. Erano infatti i Titani di origine divina, non che
di
regia stirpe e della linea del primogenito di Ura
origine divina, non che di regia stirpe e della linea del primogenito
di
Urano ; e invece i Giganti, esseri mostruosi e di
nea del primogenito di Urano ; e invece i Giganti, esseri mostruosi e
di
origine terrestre, erano affatto estranei al fond
contesa. La prima guerra poteva anche riguardarsi come una collisione
di
diritti o di pretese fra due famiglie dinastiche
rima guerra poteva anche riguardarsi come una collisione di diritti o
di
pretese fra due famiglie dinastiche ; ma la secon
omunismo a distruzione del Gius Costituito, ossia dell’ordine sociale
di
fatto ; e gli antichi la considerarono come una l
pio del male contro quello del bene, e perciò celebrarono la vittoria
di
questo72. Fatta una tal distinzione, resta ora da
soltanto i fatti e le vicende principali della Gigantomachia. E prima
di
tutto, com’eran fatti i Giganti ? L’idea generale
i ? L’idea generale che ciascuno suol farsene si è che fossero uomini
di
grandezza e di forza straordinaria ; e i mitologi
rale che ciascuno suol farsene si è che fossero uomini di grandezza e
di
forza straordinaria ; e i mitologi aggiungono che
straordinaria ; e i mitologi aggiungono che molti d’essi erano anche
di
struttura mostruosa. Alcuni ci narrano che Encela
ava enormi massi e interi scogli a sì prodigiose distanze da perdersi
di
vista dove andassero a colpire o cadere ; che Tif
ro a colpire o cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda
di
serpente ed era tutto coperto di scaglie come un
o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto
di
scaglie come un coccodrillo o un armadillo. Ma Da
scaglie come un coccodrillo o un armadillo. Ma Dante, che ci assicura
di
aver trovati parecchi di questi Giganti nel fondo
lo o un armadillo. Ma Dante, che ci assicura di aver trovati parecchi
di
questi Giganti nel fondo dell’inferno, non ne vid
parecchi di questi Giganti nel fondo dell’inferno, non ne vide alcuno
di
quelli più mostruosi. Eran tutti però molto alti
e ch’egli ebbe una gran paura al primo vederli, non lasciò per questo
di
guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensi
ran paura al primo vederli, non lasciò per questo di guardarli bene e
di
misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di p
o di guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza
di
perifrasi e di confronti ci fa capire che quelli
bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di perifrasi e
di
confronti ci fa capire che quelli che vide doveva
ti ci fa capire che quelli che vide dovevano essere alti in media più
di
venticinque braccia, ossia circa quattordici metr
più di venticinque braccia, ossia circa quattordici metri ciascuno, e
di
grossezza proporzionati all’altezza come nella sp
a proporzionati all’altezza come nella specie umana. Alcuni per altro
di
quelli che Dante non accenna di aver veduto nel s
nella specie umana. Alcuni per altro di quelli che Dante non accenna
di
aver veduto nel suo viaggio all’Inferno, eran mol
lla Macedonia colla Tessaglia ; e l’immane combattimento ebbe il nome
di
pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città d
onia colla Tessaglia ; e l’immane combattimento ebbe il nome di pugna
di
Flègra 74) dalla prossima antica città di questo
mento ebbe il nome di pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città
di
questo nome, poi chiamata Pallène. Il caso più s
ntica città di questo nome, poi chiamata Pallène. Il caso più strano
di
questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le
nte dal Cielo ; e per celarsi meglio e non esser riconosciuti, invece
di
travestirsi da plebei come fanno i principi fuggi
mini nelle sue sotterranee fucine, e l’aquila glieli portava. A furia
di
fulmini i Giganti furono atterrati, feriti, trafi
ti, trafitti, sotterrati vivi o cacciati all’Inferno. Questa vittoria
di
Giove fu rammentata e celebrata da tutti i più il
menta più e più volte nel suo poema sacro, e fa nascere l’opportunità
di
parlarne perfino nel Purgatorio, immaginando che
esistessero dei bassirilievi rappresentanti i fatti veri o allegorici
di
superbia punita. Così troviamo nel Canto xii : «
ndo esala, « E tutte intorno le campagne e ’l Cielo « Di tuoni empie,
di
pomici e di fumo77). » Ed è questo uno dei più e
E tutte intorno le campagne e ’l Cielo « Di tuoni empie, di pomici e
di
fumo77). » Ed è questo uno dei più evidenti esem
ilio, che Dante scelse per suo maestro 78), e. che egli chiama il mar
di
tutto il senno, dovendo come poeta pagano raccont
« ….. Esce talvolta « Da questo monte all’aura un’atra nube « Mista
di
nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e
lvolta « Da questo monte all’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e
di
roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan
ll’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che
di
cenere e di pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggi
tra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e
di
pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scoss
diso, che la bella Trinacria, cioè la Sicilia, caliga, ossia cuopresi
di
caligine, fra Pachino e Peloro (ove appunto è sit
ente zolfo. » Vedano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno
di
loro ha tempo di studiare il Dante), come il nost
dano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno di loro ha tempo
di
studiare il Dante), come il nostro divino poeta p
ialmente in Sicilia e nella solfatara presso Pozzuoli nelle vicinanze
di
Napoli, troveranno, nella espressione dantesca di
oli nelle vicinanze di Napoli, troveranno, nella espressione dantesca
di
nascente solfo, indicata l’elaborazione e la fabb
sca di nascente solfo, indicata l’elaborazione e la fabbrica naturale
di
quello zolfo che essi, alludendo alla stessa orig
udendo alla stessa origine, chiamano nativo 80). 67. Nella Teogonia
di
Esiodo vi è un bell’episodio sulla battaglia dei
a. » 68. Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii
di
Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho
er questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che
di
altri poeti italiani ; e giacchè ho rammentato ne
funerei marmi, « Piacciati deh ! propizio ai be’ desiri « D’un raggio
di
tua luce illuminarmi. » 69. Distinse Dante fi
lluminarmi. » 69. Distinse Dante filosoficamente questi due mezzi
di
recar danno o ingiuria al prossimo, nel canto x d
che Dante la rammenta con questo nome : « Si come ei fece alla pugna
di
Flegra. » (Inf., xiv, 58.) Dai Latini si trova a
Flegra. » (Inf., xiv, 58.) Dai Latini si trova altresi dato il nome
di
Phlegrœi Campi, ed anche di Forum Vulcani alla So
Dai Latini si trova altresi dato il nome di Phlegrœi Campi, ed anche
di
Forum Vulcani alla Solfatara fra Pozzuoli e Napol
. 75. Perciò Giovenale parlando del feticismo degli Egiziani, dice
di
loro ironicamente : « O sanctas gentes, quibus h
ur in hortis « Numina. » 76. Timbrèo, è uno dei molti appellativi
di
Apollo. 77. « Fama est Enceladi semiustum ful
tico proseguirebbe : « È il solfo il più comune fra i mineralizzatori
di
diversi metalli, e segnatamente del ferro, col qu
talli, e segnatamente del ferro, col quale combinato forma il solfuro
di
ferro, comunemente conosciuto col nome di pirite.
combinato forma il solfuro di ferro, comunemente conosciuto col nome
di
pirite. Se ne trova pure in copia combinato col p
o dalla calce, dalla barite ecc., forma i solfati conosciuti col nome
di
gesso, di alabastro, di spato pesante ecc. Finalm
lce, dalla barite ecc., forma i solfati conosciuti col nome di gesso,
di
alabastro, di spato pesante ecc. Finalmente conti
ite ecc., forma i solfati conosciuti col nome di gesso, di alabastro,
di
spato pesante ecc. Finalmente contiensi solfo in
bastro, di spato pesante ecc. Finalmente contiensi solfo in uno stato
di
particolare combinazione nelle sostanze proteiche
lfo in uno stato di particolare combinazione nelle sostanze proteiche
di
provenienza di ambedue i regni organici ; e fra i
o di particolare combinazione nelle sostanze proteiche di provenienza
di
ambedue i regni organici ; e fra i prodotti che s
lla Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse Poeta è parola
di
greca origine che significa creatore, e perciò po
azione d’ idee Apollo fosse riguardato ancora come dio della Musica e
di
tutte quelle altre belle arti speciali a cui pres
maestro. Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona
di
lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musi
ui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto
di
trarne suoni ; e generalmente questi due simboli
ione che anticamente le poesie erano cantate e accompagnate dal suono
di
qualche musicale istrumento, tutti coloro che com
accio, come diceva scherzevolmente il Redi124. Aveva Apollo il titolo
di
Musagete (condottier delle Muse), quando consider
usagete (condottier delle Muse), quando consideravasi come il maestro
di
queste Dee. Esse eran figlie di Giove e di Mnemos
quando consideravasi come il maestro di queste Dee. Esse eran figlie
di
Giove e di Mnemosine che era la Dea della Memoria
sideravasi come il maestro di queste Dee. Esse eran figlie di Giove e
di
Mnemosine che era la Dea della Memoria (come indi
to, Clio, Talia, Melpomene, Euterpe, Terpsicore, Urania 126. Ciascuna
di
esse presiedeva ad un’ arte speciale, cioè : Call
loro speciale ufficio : Calliope con volto maestoso, cinta la fronte
di
una corona d’ellera, e in mano l’epica tromba. P
oro, lo scettro e un papiro arrotolato in mano. Erato con una corona
di
rose e di mirto, tenendo in una mano la lira e ne
ettro e un papiro arrotolato in mano. Erato con una corona di rose e
di
mirto, tenendo in una mano la lira e nell’altra i
aveva per distintivo il flauto. Terpsicore con vèsti corte e in atto
di
danzare, aveva inoltre la lira. Urania coronata
i corte e in atto di danzare, aveva inoltre la lira. Urania coronata
di
stelle, cogli occhi rivolti al cielo, avendo pres
rania coronata di stelle, cogli occhi rivolti al cielo, avendo presso
di
sè un globo celeste e in mano qualche stromento m
ri, uno dei più rari a trovarsi anche nelle lingue dotte, quello cioè
di
Pimplèe, dato alle Muse, perchè talvolta soggiorn
i), le Pimplèe fan lieti « Di lor canto i deserti e l’armonia « Vince
di
mille secoli il silenzio. » Più comuni e perciò
Anzi spesse volte questi stessi nomi sono usati dai poeti per figura
di
metonimia, a significare le Muse, la poesia o l’i
licenza poetica nel Canto i del Paradiso ; « Insino a qui l’un giogo
di
Parnaso « Assai mi fu ; ma or con ambedue « M’è d
estie equine e bovine, e a tutti ben noto129. Perciò i poeti, accorti
di
questa derivazione, difficilmente se ne servono p
o. Anche il Tasso preferisce la parola furore, come allorquando prima
di
descriver la pugna di Argante con Tancredi, così
erisce la parola furore, come allorquando prima di descriver la pugna
di
Argante con Tancredi, così invoca la Musa : « Or
iva nella compagine del verso. Fra i titoli dati alle Muse v’è quello
di
Pieridi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine
rso. Fra i titoli dati alle Muse v’è quello di Pieridi, o Pierie Dee,
di
cui è questa l’ origine. Le figlie di Pierio re d
uello di Pieridi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine. Le figlie
di
Pierio re di Tessaglia sfidarono al canto le Muse
idi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine. Le figlie di Pierio re
di
Tessaglia sfidarono al canto le Muse, credendosi
io re di Tessaglia sfidarono al canto le Muse, credendosi più valenti
di
loro ; ma furono facilmente vinte, e in pena di l
redendosi più valenti di loro ; ma furono facilmente vinte, e in pena
di
lor presunzione cangiate in piche, ossia gazze. L
seguite da Pireneo re della Focide, e che per salvarsi dalle violenze
di
lui, che le aveva raggiunte nell’alto di una torr
per salvarsi dalle violenze di lui, che le aveva raggiunte nell’alto
di
una torre, mettessero le ali e volassero via. Pir
ero le ali e volassero via. Pireneo acciecato dal furore, pretendendo
di
inseguirle anche per aria, precipitò da quell’alt
e un tiranno persecutore dei dotti e della civiltà, ammazzato a furia
di
popolo in una rivoluzione di piazza. All’opposto
dotti e della civiltà, ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione
di
piazza. All’opposto gli egregi poeti adorano e in
il paradiso dell’arte loro, e attribuito al loro Dio anche la facoltà
di
prevedere e vaticinare il futuro. Di Apollo Augur
poeti hanno attribuito anche a sè stessi in gran parte questa facoltà
di
presagire il futuro, dicendosi inspirati dal loro
n solo l’esempio delle Muse nella metamorfosi delle Piche, ma altresì
di
Apollo, che in un modo più tremendo (e diremo anc
a terrore degl’invidi, rammentò poi nell’invocare Apollo la punizione
di
Marsia : « Entra nel petto mio, e spira tue, « S
che perì fulminato da Giove l’altro suo figlio Esculapio, ad istanza
di
Plutone, che si vedeva rapire i sudditi dell’Infe
nza di Plutone, che si vedeva rapire i sudditi dell’Inferno per opera
di
questo medico incomparabile. Aggiunsero i poeti c
poeti che Apollo sdegnato con Giove, e non potendo vendicarsi contro
di
esso, perchè era suo padre e più potente, uccise
gli uomini, dovè lavorare per vivere, e divenne pastore delle greggie
di
Admeto re di Tessaglia. Anche in questo placido u
ovè lavorare per vivere, e divenne pastore delle greggie di Admeto re
di
Tessaglia. Anche in questo placido ufficio ebbe a
ficio ebbe a soffrir disgrazie e dispiaceri. Gli avvenne d’invaghirsi
di
una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la qual
spiaceri. Gli avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia
di
Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e f
figlia di Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e fatto voto
di
non prender marito, non solo ricusò di sposare, m
nsacrata a Diana, e fatto voto di non prender marito, non solo ricusò
di
sposare, ma neppure volle ascoltare Apollo, e dat
gli Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata in quella pianta
di
cui portava il nome, cioè in alloro, poichè Dafne
in poi fu sempre la pianta sacra ad Apollo, che se ne fece una corona
di
cui portò sempre cinta la fronte ; e i poeti subi
iamò il lauro « Arbor vittorïosa e trionfale, « Onor d’imperatori e
di
poeti. » Dante stesso parla più volte del legno
e del legno diletto ad Apollo, della fronda Peneia e dell’incoronarsi
di
quelle foglie 133. Il Petrarca però abusa di ques
eneia e dell’incoronarsi di quelle foglie 133. Il Petrarca però abusa
di
questo nome di lauro sacro ad Apollo per farvi ta
coronarsi di quelle foglie 133. Il Petrarca però abusa di questo nome
di
lauro sacro ad Apollo per farvi tanti giuochetti
sa di questo nome di lauro sacro ad Apollo per farvi tanti giuochetti
di
parole col nome di Laura, l’ Eroina del suo Canzo
i lauro sacro ad Apollo per farvi tanti giuochetti di parole col nome
di
Laura, l’ Eroina del suo Canzoniere. Su tale argo
a non meno funesto. Una ninfa dell’Oceano, chiamata Clizia, invaghita
di
lui, spinta da gelosia si lasciò morire di fame e
chiamata Clizia, invaghita di lui, spinta da gelosia si lasciò morire
di
fame e di sete ; e Apollo per compassione la cang
lizia, invaghita di lui, spinta da gelosia si lasciò morire di fame e
di
sete ; e Apollo per compassione la cangiò in elit
me e di sete ; e Apollo per compassione la cangiò in elitropio, fiore
di
greco nome che in italiano dicesi girasole. Inven
si girasole. Invenzione semplicissima, basata sul nome e la proprietà
di
questo fiore, di voltarsi sempre dalla parte dove
nzione semplicissima, basata sul nome e la proprietà di questo fiore,
di
voltarsi sempre dalla parte dove si trova il sole
sole. Il Poliziano nelle sue celebri ottave, conosciute sotto il nome
di
Stanze, rammenta questa metamorfosi descrivendo s
e. » Un’altra metamorfosi basata sulla somiglianza del nome fu opera
di
Apollo. Egli cangiò in cipresso il giovane Cipari
iparisso, perchè questo pastorello suo amico era morto dal dispiacere
di
avere ucciso, non volendo, un cervo suo predilett
fanciullesca ! Non la sdegnò il Poliziano, adoratore devoto e felice
di
tutto ciò che fu scritto dalla classica antichità
ebbe per Apollo la morte del giovinetto Giacinto. Era anche questo un
di
quei pastorelli amici o dipendenti di Apollo nel
o Giacinto. Era anche questo un di quei pastorelli amici o dipendenti
di
Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condi
o dipendenti di Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condizion
di
pastore ; i quali egli avea dirozzati insegnando
o Zeffiro invidioso che Apollo col suo ingegno avesse trovato il modo
di
esser tranquillo e contento anche nell’esilio, sp
to anche nell’esilio, spinse con tutto il suo fiato contro una tempia
di
Giacinto il disco scagliato da Apollo ; e il giov
vi aggiungono che i parenti dell’estinto, dando la colpa della morte
di
esso ad Apollo, e perciò perseguitandolo, lo cost
fare il muratore ; e insieme con Nettuno fabbricò le mura della città
di
Troia ; della cui divina origine e costruzione pa
ovremo discorrerne narrando la famosa guerra troiana e la distruzione
di
quella antica città. 122. « O Muse, o alto In
antum memoriæ mandamus. 126. Questi nomi furono riuniti, per comodo
di
memoria, in un distico latino che è il seguente :
co indicano presso a poco colla loro etimologia il distintivo ufficio
di
ciascuna di queste Dee, poichè Calliope significa
presso a poco colla loro etimologia il distintivo ufficio di ciascuna
di
queste Dee, poichè Calliope significa bella voce
atrice ; Thalia fiorente ; Melpomene cantatrice ; Euterpe dispensiera
di
allegrezza ; Terpsicore danzatrice ; Urania celes
a ; Terpsicore danzatrice ; Urania celeste. Anche il loro nome comune
di
Muse alcuni mitologi lo fanno derivare da un grec
fermando che nella Cantica del Paradiso ha d’uopo d’ ambedue i gioghi
di
Parnaso, vuol significare che ha bisogno di tutte
’uopo d’ ambedue i gioghi di Parnaso, vuol significare che ha bisogno
di
tutte le forze della più sublime poesia. 129. N
e rendigli longevi, « Ed essi teco le cittadi e i regni, « Illustrami
di
te, si ch’io rilevi « Le lor figure com’io l’ho c
i dice : « Venir vedra’ mi al tuo diletto legno, « E coronarmi allor
di
quelle foglie « Che la materia e tu mi farai deg
su la lieta « Delfica deità dovria la fronda « Peneia, quando alcun
di
sè asseta. 134. Nelle parti interne della cor
eti subito inventarono che queste rappresentano l’ultima esclamazione
di
dolore che proferi Giacinto morente. Alludendo a
ano in parte figura umana da quelli che erano soltanto animali marini
di
orribili forme. Tra i primi convien rammentare le
evano col canto e col suono i naviganti, per avere il barbaro diletto
di
annegarli nel mare o di divorarseli. Ed asserivas
ono i naviganti, per avere il barbaro diletto di annegarli nel mare o
di
divorarseli. Ed asserivasi che per quanto le pros
quanto le prossime coste dell’Italia e della Sicilia biancheggiassero
di
ossa umane delle vittime delle Sirene, pur non os
a anche da lontano il loro canto non poteva resistere alla tentazione
di
avvicinarsi a loro per udirle meglio, e non pensa
si troppo agli scogli ov’esse abitavano. Dante poi ha trovato il modo
di
parlarne anche nel poema sacro della Divina Comme
ma sacro della Divina Commedia. Nel Canto xix del Purgatorio immagina
di
aver fatto un sogno, nel quale, per quanto parvog
on dolce sirena « Che i marinari in mezzo al mar dismago, « Tanto son
di
piacere a sentir piena. « Io volsi Ulisse dal suo
zzo che n’usciva. » Nè al divino Alighieri bastò riferire la lezione
di
morale che immaginava di aver ricevuta in sogno,
l divino Alighieri bastò riferire la lezione di morale che immaginava
di
aver ricevuta in sogno, ma volle che gliela comme
« Lo rege eterno con le rote magne. » I mitologi pretendevano ancora
di
sapere i nomi delle Sirene, e ne rammentano tre,
lla costa del Tirreno dove fu poi fabbricata una città che in memoria
di
lei ebbe il nome di Partenope o Partenopea, e che
o dove fu poi fabbricata una città che in memoria di lei ebbe il nome
di
Partenope o Partenopea, e che in appresso rifabbr
bene adattato agli attributi che a queste assegna la favola. Il nome
di
Sirena è usato figuratamente a significare ’ alle
ificare ’ allettamento ai piaceri e ai divertimenti ; e Orazio in uno
di
quei momenti in cui indossava la ruvida veste del
Alcuni naturalisti (specialmente fra gl’Inglesi) danno ancora il nome
di
Sirene ai cetacei erbivori, detti comunemente Lam
he, e la cui forma, nelle parti superiori del corpo, si discosta meno
di
quella degli altri cetacei dalla figura umana, me
lita dall’arte dei poeti nel modo che abbiam detto. Non si può parlar
di
Scilla senza che ricorra alla mente anche Cariddi
fronte a fronte geograficamente. La favola dice che Scilla era figlia
di
Forco divinità marina e di Ecate dea infernale, e
ente. La favola dice che Scilla era figlia di Forco divinità marina e
di
Ecate dea infernale, e che in origine era belliss
te dea infernale, e che in origine era bellissima, ma poi per gelosia
di
Amfitrite, o, secondo altri, della maga Circe, fu
Circe, fu cangiata in un orribile mostro con 6 teste e 12 braccia, e
di
più alla cintura una muta di cani latranti. Carid
ibile mostro con 6 teste e 12 braccia, e di più alla cintura una muta
di
cani latranti. Cariddi poi, benchè creduta figlia
cintura una muta di cani latranti. Cariddi poi, benchè creduta figlia
di
Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che
uta di cani latranti. Cariddi poi, benchè creduta figlia di Nettuno e
di
Gea, ossia della Terra, fu detto che si dilettava
lia di Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che si dilettava
di
assaltare i passeggieri e i naviganti, e di anneg
fu detto che si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e
di
annegarli nel mare ; e che, fulminata da Giove, c
arli nel mare ; e che, fulminata da Giove, cadde nello stretto o faro
di
Messina, e vi formò una pericolosa voragine. La g
suono che sembra un latrato : quindi la favola dei cani alla cintura
di
Scilla ; e che Cariddi è un vortice poco distante
cilla ; e che Cariddi è un vortice poco distante, sulla opposta costa
di
Sicilia presso il faro di Messina. L’antico volgo
vortice poco distante, sulla opposta costa di Sicilia presso il faro
di
Messina. L’antico volgo esagerò i pericoli che v’
vigatori, certo è però che nei tempi moderni nessun più ne teme, anzi
di
pericoli non se ne parla nemmeno. Dante rammenta
, come un vortice, qual è veramente, prodotto da due opposte correnti
di
acqua del mare : « Come fa l’onda là sovra Carid
ien notare primieramente che gli Antichi davano loro il nome generale
di
Orche ; e quanto meno ne conoscevano la struttura
ano la struttura e gl’istinti, con tanto maggior sicurezza lavoravano
di
fantasia. Perciò supposero che fossero animali ca
lo spergiuro Laomedonte, e l’altra da cui Perseo liberò Andromeda : e
di
queste dovremo parlare lungamente a suo tempo. Pe
altro che Balene. Ma oggidì può chiunque sa leggere sapere dai libri
di
Storia Naturale, o aver sentito raccontare da chi
na a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo
di
4 pollici inglesi, ossia dieci centimetri circa ;
può trangugiare nè uomini nè donne e neppure un bambino appena nato :
di
fatti suo cibo prediletto sono i molluschi del ge
prediletto sono i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi
di
un dito, non più lunghi di 2 pollici. Inoltre la
i del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi
di
2 pollici. Inoltre la Balena con tutta la sua gig
gi dall’avere spiriti guerreschi e sanguinarii, è assolutamente priva
di
coraggio ; per cui se anche un uccelletto marino
tini, ma non le avevano neppure i poeti classici e i dotti del secolo
di
Augusto232, e neppure lo stesso Plinio il Natural
ticherie e a gareggiare con loro nelle invenzioni e nelle descrizioni
di
immaginarii mostri marini. Tra i più eccellenti p
aginarii mostri marini. Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e
di
mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dil
gno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dilettò
di
questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell
le « E nel palato e nella lingua molle. « Sì che nè più si puon calar
di
sopra, « Nè alzar di sotto le mascelle orrende. «
ella lingua molle. « Sì che nè più si puon calar di sopra, « Nè alzar
di
sotto le mascelle orrende. « Così chi nelle mine
può la bocca, « Stringe la spada, e per quell’antro oscuro « Di qua e
di
là con tagli e punte tocca. « Come si può, poi ch
« Muove dal fondo e fa salir l’arene. « Sentendo l’acqua il cavalier
di
Francia « Che troppo abbonda, a nuoto fuor ne vie
alvatico che al corno « Gittar si senta un improvviso laccio, « Salta
di
qua, di là, s’aggira intorno, « Si colca e lieva,
che al corno « Gittar si senta un improvviso laccio, « Salta di qua,
di
là, s’aggira intorno, « Si colca e lieva, e non p
; « Così fuor del suo antico almo soggiorno « L’Orca tratta per forza
di
quel braccio, « Con mille guizzi e mille strane r
233. Dopo questa arditissima e veramente omerica invenzione, ornata
di
tante belle similitudini, di bene adattate idee c
a e veramente omerica invenzione, ornata di tante belle similitudini,
di
bene adattate idee classiche e mitologiche e di t
e belle similitudini, di bene adattate idee classiche e mitologiche e
di
tutto lo splendor dello stile ariostesco, chi pot
r pazientemente nel Ricciardetto la secentistica e plebea descrizione
di
« Una balena larga dieci miglia « E lunga trenta
ue viscere terreni arborati e seminativi, un ampio lago ed un mercato
di
grano con gente che compra e vende, e inoltre una
e inoltre una chiesa con le campane che suonano a festa, un convento
di
frati cappuccini ed altre simili stravaganze ? Mo
pegno d’inventarle, come egli diceva, più grosse e più straordinarie
di
quelle dell’Ariosto, e gli riuscì soltanto di pre
sse e più straordinarie di quelle dell’Ariosto, e gli riuscì soltanto
di
presentarci, goffamente delineate, volgarissime c
ente e filosofica osservazione, che cioè la Natura non ha da pentirsi
di
aver creato animali marini e terrestri di dimensi
a Natura non ha da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri
di
dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti
da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e
di
forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’u
arini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti
di
quelle dell’uomo, perchè non avendo loro accordat
rre l’elefante alla condizione del più umil somiero, e uccider balene
di
più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici d
lefante alla condizione del più umil somiero, e uccider balene di più
di
20 metri di lunghezza, di dieci o undici di largh
condizione del più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri
di
lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del p
l più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza,
di
dieci o undici di larghezza e del peso di più di
, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici
di
larghezza e del peso di più di 100 mila chilogram
ù di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso
di
più di 100 mila chilogrammi ; e così dimostrar co
metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso di più
di
100 mila chilogrammi ; e così dimostrar coi fatti
ciglio. 229. Orazio annovera tra le più belle e mirabili descrizioni
di
Omero, (chiamandole speciosa miracula) quelle di
mirabili descrizioni di Omero, (chiamandole speciosa miracula) quelle
di
Scilla e di Cariddi. 230. « Incidit in Scyllam d
crizioni di Omero, (chiamandole speciosa miracula) quelle di Scilla e
di
Cariddi. 230. « Incidit in Scyllam dum vult vita
vult vitare Charybdim. » 231. I naturalisti la distinguono col nome
di
Balœna Mysticetus ; ed è la Balena detta della Gr
mare turgidum et « Infames scopulos Acroceraunia ? » Che direbbe ora
di
più, sapendo le ardite e pericolosissime spedizio
oetica descrizione, perchè vi è dipinta mirabilmente l’ardita impresa
di
uccidere una Balena negli Oceani glaciali. In fat
ardita impresa di uccidere una Balena negli Oceani glaciali. In fatti
di
diverso vi è soltanto la fantastica invenzione ar
iostesca, che Orlando fosse così ardito (e che inoltre gli riuscisse)
di
entrar nella bocca dell’ Orca con tutta la nave,
he è grossa circa un pollice, e si fa penetrare nel sottoposto strato
di
grasso che è alto almeno quindici pollici. In tut
o il rimanente questa descrizione par tratta da qualche libro moderno
di
Storia Naturale, sol che all’àncora si sostituisc
l raziocinio che fa Dante su tal proposito è molto notabile, e merita
di
essere imparato a memoria con le stesse parole de
a memoria con le stesse parole dell’autore : « E s’ella d’elefanti e
di
balene « Non si pente, chi guarda sottilmente « P
paròla Inferno, secondo l’etimologia latina, significa ciò che resta
di
sotto, ed è propriamente un aggettivo a cui può s
otto, ed è propriamente un aggettivo a cui può sottintendersi il nome
di
qualunque luogo od oggetto, che nella direzione d
alunque luogo od oggetto, che nella direzione dell’altezza trovisi al
di
sotto di un altro : equivale dunque soltanto all’
uogo od oggetto, che nella direzione dell’altezza trovisi al di sotto
di
un altro : equivale dunque soltanto all’aggettivo
gi latini adoprano quest’aggettivo al plurale, e intendono regioni al
di
sotto della superficie della Terra, perchè suppon
i sotto della superficie della Terra, perchè supponevano che nel seno
di
essa esistessero due inferne regioni molto divers
o a cui erano destinate. La prima chiamavasi il Tartaro, ed era luogo
di
pena per le anime dei malvagi : la seconda diceva
anime dei malvagi : la seconda dicevasi Elisio o Campi Elisii, luogo
di
beatitudine per le anime dei buoni235. Siccome gl
e ritornati ne avessero raccontato mirabilia, i poeti impadronendosi
di
questa popolare credenza vi trovarono un vasto ca
a loro immaginazione, che percorsero a briglia sciolta, e senza paura
di
essere smentiti da chi, dopo la morte, nulla vi a
ura di essere smentiti da chi, dopo la morte, nulla vi avesse trovato
di
quel che essi dicevano. E il nostro Dante valendo
à consentita ai poeti greci e latini, e specialmente dietro l’esempio
di
Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Infern
no ; ma ne rammentavano principalmente due : una sotto il promontorio
di
Tenaro (ora capo Matapan al sud della Morea) ; e
sua figlia Vittoria nella guerra dei Giganti si dichiarò dalla parte
di
Giove. Era questo il primo fiume che trovavasi ne
i, e nel Flegetonte scorreva un liquido infiammabile (come lo spirito
di
vino o il petrolio) che sempre ardeva, e serviva
a bevere a quelle anime, che, secondo la dottrina della Metempsicosi
di
cui parleremo in appresso, dovevano ritornare nel
da Ovidio, senza biade, senz’alberi ; e soltanto nel vestibolo prima
di
arrivare allo Stige, eravi, secondo Virgilio, un
ibolo prima di arrivare allo Stige, eravi, secondo Virgilio, un bosco
di
alberi annosi ed un boschetto di mirti. Nei Campi
e, eravi, secondo Virgilio, un bosco di alberi annosi ed un boschetto
di
mirti. Nei Campi Elisii per altro la scena mutava
remo particolarmente parlando dello stato delle anime dopo la morte :
di
straordinario e soprannaturale avevan soltanto la
dell’Eneide, che Annibal Caro tradusse così : « Ciò fatto, ai luoghi
di
letizia pieni, « All’amene verdure, alle gioiose
a una campagna « Con un aer più largo, e con la terra « Che d’un lume
di
porpora è vestita, « Ed ha ’l suo sole e le sue s
l suo sole e le sue stelle anch’ella »236. La reggia e la residenza
di
Plutone non era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove
n era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifestava il bisogno
di
raffrenar coll’impero sovrano le anime dei malvag
malvagi, e vegliar che i suoi ministri non mancassero al loro dovere
di
tormentare i dannati. Era questa all’incirca la t
elici popoli, che trista « Circonda ognor pernizïosa notte. » (Trad.
di
Pindemonte). La più bella fabbrica dell’Inferno è
ella che Dante ha delineato in modo sì mirabile da superare l’abilità
di
qualsivoglia architetto. La sua poetica descrizio
i diavoli a tormentare i dannati, non ha voluto rinunziare a valersi
di
alcune delle invenzioni mitologiche dei Pagani, c
rìa del suo poema. Ma quanto alla fabbrica dell’Inferno la creò tutta
di
pianta a modo suo, guidato soltanto dal suo ingeg
e, non già sulla fede altrui, ma come testimone oculare (poichè finge
di
aver percorso egli stesso quelle regioni), che l’
di aver percorso egli stesso quelle regioni), che l’Inferno è formato
di
circoli concentrici come un anfiteatro ; che il p
si trova, poche miglia sotto la superficie terrestre, è il più grande
di
tutti gli altri, i quali, vanno gradatamente decr
heronte, lo Stige, il Flegetonte e il Cocìto si trovano nell’ Inferno
di
Dante cascate d’acqua, paludi, pantani, un gran l
cello, » e finalmente, tralasciando ogni altra singolarità, la città
di
Dite, ossia del fuoco con mura ferruginose, e den
città di Dite, ossia del fuoco con mura ferruginose, e dentro, invece
di
case, cassoni di ferro rovente, pieni di dannati.
sia del fuoco con mura ferruginose, e dentro, invece di case, cassoni
di
ferro rovente, pieni di dannati. Tutte le opere d
erruginose, e dentro, invece di case, cassoni di ferro rovente, pieni
di
dannati. Tutte le opere d’arte (qual che si fosse
anno potuto determinarne in numeri concreti le dimensioni geometriche
di
lunghezza, larghezza e profondità237. Certamente
ano ; e gli nasce facilmente (se non è stupido) la ledevole curiosità
di
conoscere che vi sia veramente sotto la superfici
zio è abbastanza grande da entrarvi parecchie cose. Con una periferia
di
21,600 miglia geografiche pari a 40,000 chilometr
afiche pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie
di
più di 500 milioni di chilometri quadri ed una ca
pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più
di
500 milioni di chilometri quadri ed una capacità
hilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni
di
chilometri quadri ed una capacità per più di 3000
ie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più
di
3000 milioni di chilometri cubi, vi possono star
milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni
di
chilometri cubi, vi possono star comodamente non
cubi, vi possono star comodamente non solo migliaia, ma anche milioni
di
materie e di sostanze diverse, solide, liquide e
ono star comodamente non solo migliaia, ma anche milioni di materie e
di
sostanze diverse, solide, liquide e aeriformi. Qu
ivenuta potente sull’animo degli scienziati, li condusse passo passo,
di
osservazione in osservazione, di raziocinio in ra
scienziati, li condusse passo passo, di osservazione in osservazione,
di
raziocinio in raziocinio a creare recentemente un
e la Paleontologia, che consiste nel riconoscere dagli avanzi fossili
di
esseri organici l’esistenza antichissima di anima
cere dagli avanzi fossili di esseri organici l’esistenza antichissima
di
animali e di vegetabili di specie e varietà molto
anzi fossili di esseri organici l’esistenza antichissima di animali e
di
vegetabili di specie e varietà molto diverse da q
i esseri organici l’esistenza antichissima di animali e di vegetabili
di
specie e varietà molto diverse da quelle che esis
empo congiurano amichevolmente ad ottenere lo stesso fine ed effetto,
di
scuoprire cioè l’origine del nostro pianeta e la
scuoprire cioè l’origine del nostro pianeta e la fisica costituzione
di
esso anche internamente. La stessa Astronomia ha
te il globo solare, e poi distaccati da quello in forza del movimento
di
rotazione. Inoltre colle analisi spettrali che di
Se poi si considerano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli
di
centinaia di secoli che passarono dall’una all’al
nsiderano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli di centinaia
di
secoli che passarono dall’una all’altra epoca geo
lle diverse rocce ; e si riflette filosoficamente che infinite specie
di
animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze
amente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii,
di
forze e di forme « Maravigliose ad ogni cor secu
infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e
di
forme « Maravigliose ad ogni cor securo, » furo
ci sotterranei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto
di
quello delle invenzioni mitologiche ; e riconosce
a si chiamano Le Canarie ; ma gli Antichi dovevan conoscerle soltanto
di
nome e non averle vedute che da lontano, poichè c
ndida descrizione nell’ Ode 16ª del lib. v ; e asserisce che la terra
di
quelle isole produceva tutto come nell’età dell’o
di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’oro, senza bisogno
di
esser coltivata : « Nos manet Oceanus circumvagu
anant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina
di
versi, conchiudendo : « Jupiter illa piæ secrevi
a : quorum « Piis secunda, vate me, datur fuga. » Questa descrizione
di
Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazi
one di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo
di
Esiodo nelle Opere : « Eroi felici, che disgombr
nno « Dolci dispensa saporite frutta. » Ma anche Plutarco nella Vita
di
Sertorio dice, che « perfino i Barbari stessi ten
de’beati decantata da Omero. » 236. Son questi i versi originali
di
Virgilio, notabilissimi per la dolcezza dell’armo
dell’immensa fabbrica da lui architettata, riporterò soltanto quella
di
Malebolge, che è veramente ammirabile per la sua
per la sua evidenza : « Luogo è in inferno, detto Malebolge, « Tutto
di
pietra e di color ferrigno, « Come la cerchia che
videnza : « Luogo è in inferno, detto Malebolge, « Tutto di pietra e
di
color ferrigno, « Come la cerchia che d’intorno i
uivi facean quelli, « E come a tai fortezze dai lor sogli « Alla ripa
di
fuor son ponticelli ; « Così da imo della roccia
tronca e raccogli. » (Inf., xviii, 1…) 238. Vedi i Nuovi Principii
di
Geologia e di Paleontologia, desunti dalle opere
gli. » (Inf., xviii, 1…) 238. Vedi i Nuovi Principii di Geologia e
di
Paleontologia, desunti dalle opere recentissime d
lle opere recentissime da Gustavo Strafforello. — Milano, 1872. Ediz.
di
G. B. Paravia e C. 239. Queste dottrine astronom
cap. xxiii. Quando si trova un gesuita tra i più zelanti antesignani
di
una ipotesi scientifica, anche il devoto femmineo
feste che celebravansi più specialmente in Roma che altrove. Nel mese
di
Gennaio, il cui nome facevasi derivare da quello
altrove. Nel mese di Gennaio, il cui nome facevasi derivare da quello
di
Giano, si celebrava nel primo giorno la festa di
i derivare da quello di Giano, si celebrava nel primo giorno la festa
di
questo Dio, e prima ad esso sacrificavasi che agl
to giorno, come al presente, incominciava l’anno civile sin dal tempo
di
Numa Pompilio, e inauguravasi con molta solennità
stere ai riti religiosi. E poichè i Consoli furono conservati, almeno
di
nome, anche sotto gl’Imperatori e sino agli ultim
scritte da Ovidio nel libro i dei Fasti si mantennero in Roma per più
di
mille anni. Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’
mantennero in Roma per più di mille anni. Anzi l’uso che vi fu allora
di
dir l’uno all’altro parole di buon augurio si man
mille anni. Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’uno all’altro parole
di
buon augurio si mantiene tuttora da quasi tremila
ome lo chiama Ovidio, non però tutto festivo, ma, come ora direbbesi,
di
mezza festa, e allora dicevasi intercisus o endot
proprio ufficio, o professione nelle altre ore del giorno. Credevasi
di
cattivo augurio che il primo giorno dell’anno si
li, che si ripetevano il dì 15, e vi si univano anche quelle in onore
di
Pòrrima e Posverta. Noi abbiamo già detto nel cor
uelle in onore di Pòrrima e Posverta. Noi abbiamo già detto nel corso
di
questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre
à detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre
di
Evandro, e che esulando insieme col figlio venne
ta, Ovidio e Macrobio asseriscono che esse erano o sorelle o compagne
di
Carmenta, e che la prima, cioè Porrima, indovinav
duzioni filologiche arditamente derivate dalla presupposta etimologia
di
quei nomi. I Romani adoravano come Dea anche Giut
gia di quei nomi. I Romani adoravano come Dea anche Giuturna, sorella
di
Turno re dei Rutuli, resa celebre da Virgilio nel
io nel Campo Marzio il giorno stesso delle Feste Carmentali. Nel mese
di
Febbraio è da notarsi la festa della Dea Sospita,
soleva aggiungersi dai Lanuvini alla Dea Giunone. Poi divenne un nome
di
una particolare Divinità ; e Cicerone nel lib. i
nel lib. i De Nat. Deor. ci dice che la rappresentavano con una pelle
di
capra sulle spalle, con un’asta e un piccolo scud
irebbe Dante ; ma Ovidio asserisce che i contadini furono molto lieti
di
questa protettrice dei loro forni, e che la prega
rma del loro reciproco affetto, ma principalmente per avere occasione
di
sopire in mezzo alla comune letizia qualche disco
mezzo alla comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni
di
loro nel corso dell’anno. Alcuni fanno derivare l
ristia chari, « Et venit ad socias turba propinqua dapes. » Nel mese
di
Marzo celebravasi la festa degli Ancili. È narrat
nella Storia Romana il miracolo dell’ancile caduto dal Cielo a tempo
di
Numa. L’ancile era uno scudo di figura ellittica
dell’ancile caduto dal Cielo a tempo di Numa. L’ancile era uno scudo
di
figura ellittica e perciò privo di angoli, come,
po di Numa. L’ancile era uno scudo di figura ellittica e perciò privo
di
angoli, come, secondo alcuni etimologisti, signif
secondo alcuni etimologisti, significa il nome stesso. Il buon popolo
di
Numa non solo vide co’suoi propri occhi il miraco
no tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese
di
marzo i sacerdoti del Dio Marte li portavano per
almente ; e l’inno che essi cantavano essendo stato composto ai tempi
di
Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi
izione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra sua che
di
esser rammentato nell’inno saliare. Vèiove signi
, ma invece accompagnato dalla capra che fu la sua nutrice nell’isola
di
Creta. Aveva un tempio fra i due boschi dell’asil
rice nell’isola di Creta. Aveva un tempio fra i due boschi dell’asilo
di
Romolo. Si celebrava la festa di Giove Bambino il
n tempio fra i due boschi dell’asilo di Romolo. Si celebrava la festa
di
Giove Bambino il dì 7 dei mese di marzo. Anna Pe
lo di Romolo. Si celebrava la festa di Giove Bambino il dì 7 dei mese
di
marzo. Anna Perenna era una Dea adorata soltanto
nto dai Romani, perchè credevano che fosse quella stessa Anna sorella
di
Didone, rammentata da Virgilio nel lib. iv dell’E
varie vicende dolorosissime venuta nel Lazio. Le aggiunsero il titolo
di
Perenna perchè era considerata come una Ninfa del
nfa del fiume Numicio. Ovidio ne dà l’etimologia latina con un giuoco
di
parole, facendo dire alla stessa Dea : « Amne pe
a stessa Dea : « Amne perenne latens Anna Perenna vocor. » Nel mese
di
Aprile troviamo notata il dì 6 la Natività di Dia
enna vocor. » Nel mese di Aprile troviamo notata il dì 6 la Natività
di
Diana e il dì 7 la Natività di Apollo. Questa ind
le troviamo notata il dì 6 la Natività di Diana e il dì 7 la Natività
di
Apollo. Questa indicazione è conforme alla ortodo
è conforme alla ortodossia mitologica, secondo la quale credevasi che
di
questi due Dei gemelli Diana fosse nata un giorno
devasi che di questi due Dei gemelli Diana fosse nata un giorno prima
di
Apollo. Le feste Robigali, cioè in onore del Dio
no significa ruggine, e i Romani debbono a Numa Pompilio l’invenzione
di
questo Dio. Noi abbiamo notato nel Cap. XXXIII ch
io l’invenzione di questo Dio. Noi abbiamo notato nel Cap. XXXIII che
di
molti Dei si conoscono le attribuzioni dal signif
oro nome ; e tra gli altri abbiamo rammentato il Dio Robigo. Nel mese
di
Maggio troviamo indicato che il primo giorno di q
Dio Robigo. Nel mese di Maggio troviamo indicato che il primo giorno
di
quel mese fu eretta un’ara ai Lari Prèstiti. Ques
giorno di quel mese fu eretta un’ara ai Lari Prèstiti. Quest’epiteto
di
Prestiti dato ai Lari è d’origine tutta latina :
a Dea Bona. Questa è la stessa che la Dea Fauna moglie del Dio Fauno,
di
cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la De
di cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la Dea Bona perchè era
di
una così scrupolosa modestia e castità, che si ch
astità, che si chiuse nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia
di
uomo che quella di suo marito. Perciò le matrone
se nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uomo che quella
di
suo marito. Perciò le matrone romane le prestavan
causa che Cesare ripudiò la propria moglie, dicendo che sulla moglie
di
Cesare non dovevan cadere nemmeno sospetti. Nel m
sulla moglie di Cesare non dovevan cadere nemmeno sospetti. Nel mese
di
Giugno trovasi rammentata la dedicazione del temp
rammentata la dedicazione del tempio a Giunone Monèta. Questo titolo
di
Monèta dato a Giunone è di origine latina : deriv
del tempio a Giunone Monèta. Questo titolo di Monèta dato a Giunone è
di
origine latina : deriva a monendo (dall’avvertire
icevano che questa Dea li aveva avvertiti che facessero un sacrifizio
di
espiazione immolando una scrofa pregna. Cicerone
lte superstizioni nel lib. ii De Divinatione. Bellona, il cui nome è
di
origine tutta romana, derivando da bellum cioè da
ttaglie, quando egli combatteva dal suo carro. Essa pure si dilettava
di
sangue e di stragi, come afferma Orazio, dicendol
ndo egli combatteva dal suo carro. Essa pure si dilettava di sangue e
di
stragi, come afferma Orazio, dicendola gaudentem
e afferma Orazio, dicendola gaudentem cruentis. Aveva un tempio fuori
di
Roma, ove si radunava il Senato per dare udienza
nza a quegli ambasciatori che non erano ammessi in città. I sacerdoti
di
questo culto si chiamavano Bellonarii, derivando
empio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre
di
Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti gli ann
irco Massimo, ove tutti gli anni si celebrava la detta festa il dì 20
di
giugno ; e per quanto questo Nume sia rammentato
n frammenti fossilizzati gli esseri preistorici, si sono impossessati
di
questo vocabolo Summanus, e raccogliendo qualche
abolo Summanus, e raccogliendo qualche altra indicazione che si trova
di
questo Dio e in Varrone e in Festo e negli Acta f
rni come a Giove quelli diurni. Ma questa conclusione è quella stessa
di
Plinio nel luogo da me citato di sopra. Non ha fa
a questa conclusione è quella stessa di Plinio nel luogo da me citato
di
sopra. Non ha fatto dunque il Preller una nuova s
dimostrato con qualche altro documento esser la più vera l’asserzione
di
Plinio168. 168. Noterò inoltre che l’illustre g
filologo prof. B. Zandonella in un suo articolo inserito nell’Ateneo
di
Firenze del 15 febbraio 1874, esaminando il nome
il nome Monsummano « applicato a borgo e monte nel Veneto e nella Val
di
Nievole » mentre non approva « l’etimologia di Mo
nel Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approva « l’etimologia
di
Monsummano da Sommo Mane (il Plutone dei Pagani)
) che fu adottata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione
di
Pistoia e suo territorio, » e invece riconosce gi
ecolo prima degli scritti del Preller. — Avvertimento agli ammiratori
di
tutto ciò che è straniero, e non curanti o dispre
mmiratori di tutto ciò che è straniero, e non curanti o dispregiatori
di
ciò che è nostro.
elazione coi fatti ricordati dalla favola mitologica. Fondatori
di
popoli. Secoli. Anni av. G.C. XXV. 2
dei Corinzii. IX. 860. Didone, fondatrice dei Cartaginesi, colonia
di
Fenicia. VIII. 753. Romolo, fondatore dei Roma
Avvenimenti parziali. Anni av. G.C. 1986. Inaco, oriundo
di
Fenicia o d’Egitto, conduce una colonia nel paese
o o Spartone suo nipote, dà principio a Sparta. — Miceneo, figlio
di
Spartone, fonda Micene. — Licaone, figlio di
— Miceneo, figlio di Spartone, fonda Micene. — Licaone, figlio
di
Pelasgo, costituisce Licosura, ed immola vittime
ra, ed immola vittime umane a Giove ; forse a significare la crudeltà
di
siffatti sacrifizj, i poeti narrano che fu trasfo
avola della metamorfosi della involata donzella. — Acrisio, nipote
di
Linceo, la cui figlia Danae sposò Perseo. — M
di Linceo, la cui figlia Danae sposò Perseo. — Megapente, figlio
di
Preto, pronipote di Danao, capo della terza casat
iglia Danae sposò Perseo. — Megapente, figlio di Preto, pronipote
di
Danao, capo della terza casata d’Argo, detta Pret
dazione prodotta dallo straripamento del lago Copaide. Anche ai tempi
di
Silla era celebrata in Atene una festa che ricord
ione del Senato e dell’Areopago. 1549. Cadmo, figlio d’Agenoro re
di
Fenicia, non potendo rinvenire la sorella Europa
duce una colonia nella Beozia, fonda Cadmea, che fu poi la cittadella
di
Tebe ; introduce in Grecia la scrittura alfabetic
recia la scrittura alfabetica, il commercio ec. 1532. 161 Diluvio
di
Deucalione, figlio di Prometeo, re di Tessaglia.
abetica, il commercio ec. 1532. 161 Diluvio di Deucalione, figlio
di
Prometeo, re di Tessaglia. Una terribili inondazi
ercio ec. 1532. 161 Diluvio di Deucalione, figlio di Prometeo, re
di
Tessaglia. Una terribili inondazione che devastò
glia. Una terribili inondazione che devastò le sue terre fu l’origine
di
questo diluvio. Deucalione si rifugia colla sua m
so, e poi ripopola la Tessaglia. A Deucalione succede Elleno. I figli
di
questo sono stipite dei quattro popoli principali
a Grecia. Questa Lega o Confederazione prese nome da Amfizione figlio
di
Deucalione. Adunavasi nella Primavera a Delfo, ne
ica nella Libia, cacciato dal fratello Egitto, si ricovera nell’isola
di
Rodi, indi s’impadronisce d’Argo, scacciandone gl
di. Favorisce l’agricoltura, e abolisce le vittime umane. Alle figlie
di
Danao é attribuita la istituzione delle Tesmofori
ita nell’Attica. — Il vascello, su cui Danao approdò in Grecia, servi
di
modello ai greci operaj ; era grandissimo, e spin
mo, e spinto da cinquanta rematori. (Vedi la favola.) 1480. Imprese
di
Bacco nell’India. 1434. Minosse e Radamanto. L
ell’India. 1434. Minosse e Radamanto. Loro legislazione nell’isola
di
Creta. Eaco regna in Tessaglia : Radamanto neliso
— Ercole o Alcide. Le sue dodici fatiche, ec. Credesi che la vita
di
Sansone abbia dato la idea delle prodezze d’Ercol
one abbia dato la idea delle prodezze d’Ercole. 1348. La Fondazione
di
Micene, e avventure di Perseo. 1335. Giano, p
delle prodezze d’Ercole. 1348. La Fondazione di Micene, e avventure
di
Perseo. 1335. Giano, principe greco della Tes
incipe greco della Tessaglia, conduce una colonia nel Lazio (Campagna
di
Roma). Età dell’oro (vedi la favola. Saturno ec.)
mpagna di Roma). Età dell’oro (vedi la favola. Saturno ec.). Ma prima
di
questa epoca, fino da tempi antichissimi, l’Itali
i contro Giove, indicanti i grandi sconvolgimenti del suolo per opera
di
terremoti o di vulcani, il Vesuvio, l’Etna, Strom
indicanti i grandi sconvolgimenti del suolo per opera di terremoti o
di
vulcani, il Vesuvio, l’Etna, Stromboli, i campi F
ei, danno copiosa materia alle favole mitologiche. 1328. Fondazione
di
Corinto. Più antichi re di Corinto sono Efira sor
lle favole mitologiche. 1328. Fondazione di Corinto. Più antichi re
di
Corinto sono Efira sorella d’Inaco, Maratone, Cor
no, Creonte, appo cui rifugiaronsi Giasone e Medea. Ma vero fondatore
di
quella città è detto dalla storia essere stato Si
tore di quella città è detto dalla storia essere stato Sisifo, figlio
di
Deucalione (altri dice d’Eolo), capo dei Sisifidi
o stato finché non furono cacciati dai Pelopidi. — Pelope, figlio
di
Tantalo re di Frigia, invade una parte del Pelopo
non furono cacciati dai Pelopidi. — Pelope, figlio di Tantalo re
di
Frigia, invade una parte del Peloponneso. Atreo e
Frigia, invade una parte del Peloponneso. Atreo e Tieste, discendenti
di
Pelope. 1321. Espulsione degli Eraclidi dal Pe
aclidi dal Peloponneso, per opera dei Pelopidi. 1318. Edipo figlio
di
Lajo re di Tebe. — Eteocle e Polinice si uccid
Peloponneso, per opera dei Pelopidi. 1318. Edipo figlio di Lajo re
di
Tebe. — Eteocle e Polinice si uccidono scambie
1283. Agamennone, nipote d’Atreo, regna a Sicione. 1280. Caduta
di
Troja. 162 L’armata dei Greci era composta princi
Caduta di Troja. 162 L’armata dei Greci era composta principalmente
di
guerrieri di Micene, d’Ornea, di Corinto, ec. con
roja. 162 L’armata dei Greci era composta principalmente di guerrieri
di
Micene, d’Ornea, di Corinto, ec. condotti da Agam
ei Greci era composta principalmente di guerrieri di Micene, d’Ornea,
di
Corinto, ec. condotti da Agamennone, capitano sup
to, ec. condotti da Agamennone, capitano supremo che aveva 100 navi ;
di
Lacedemoni, condotti da Menelao con 60 navi ; que
mione, condotti da Stenelo, Eurialo, Diomede, con 80 navi ; i Messenj
di
Pilo e di Ciparisso, da Nestore con 90 navi ; Ate
dotti da Stenelo, Eurialo, Diomede, con 80 navi ; i Messenj di Pilo e
di
Ciparisso, da Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da
parisso, da Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da Menesteo con 50 navi ;
di
Megara e di Salamina, da Ajace Telamonio, con 12
Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da Menesteo con 50 navi ; di Megara e
di
Salamina, da Ajace Telamonio, con 12 navi ; Locre
ace Telamonio, con 12 navi ; Locresi, da Ajace d’Oileo, con 40 navi ;
di
Calcide, Calidone, ec. da Toante re d’Etolia, con
te re d’Etolia, con 40 navi ; Mirmidoni, Elleni, Achei, da Achille re
di
Larissa, con 50 navi ; di Metone, di Melibea, ec.
i ; Mirmidoni, Elleni, Achei, da Achille re di Larissa, con 50 navi ;
di
Metone, di Melibea, ec. da Filottete con 7 navi ;
ni, Elleni, Achei, da Achille re di Larissa, con 50 navi ; di Metone,
di
Melibea, ec. da Filottete con 7 navi ; i Magnesia
lottete con 7 navi ; i Magnesiani del Peneo, da Protoo, con 40 navi ;
di
Zacinto, Nerito, Cefalonia, Itaca, da Ulisse con
9 navi. — Erano insiem coi Trojani, e condotti tutti da Ettore figlio
di
Priamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’
riamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’Anchise, gli abitanti
di
Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di Licaone, i M
a figlio d’Anchise, gli abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio
di
Licaone, i Misii con Cromio, i Frigii con Ascamo
ini ed ai Trojani 600,000. 1280. Viaggio d’Ulisse, dopo la caduta
di
Troja. Vedi la favola e l’Odissea d’Omero. 1190
rcole, ritolgono ai Pelopidi il Peloponneso. 1182-1120. Emigrazioni
di
colonie greche nelle più lontane parti d’Europa,
907. Fiorisce Omero 163 poeta sommo, autore della Iliade (la guerra
di
Troja) e dell’Odissea (i viaggi d’Ulisse) ec. Ott
ia o genealogia degli Dei, dello Scudo d’Ercole, poema descrittivo, e
di
un poema didattico sull’agricoltura, intitolato l
i delle notizie intorno alle favole mitologiche. 866. Legislazione
di
Licurgo (Sparta). 776. Prima Olimpiade, base de
ta). 776. Prima Olimpiade, base della greca Cronologia, e principio
di
epoche istoriche meno incerte. 753. Romolo. Fo
rincipio di epoche istoriche meno incerte. 753. Romolo. Fondazione
di
Roma. 714. Numa Pompilio. 624. Intorno a que
Solone, Talete).165 598. Epimenide filosofo, chiamato dall’isola
di
Creta ad Atene, riforma la religione, abolisce mo
de Solone (anni 594) nelle riforme sociali. 565. Falaride, tiranno
di
Sicilia. Perillo punito. 560. S’incomincia in A
Callimaco architetto inventa il Capitello corinzio. 401. Arcesilao
di
Paro inventa la pittura sulla cera e sullo smalto
molto fondamento, che questo Menete sia lo stesso che Misraim, figlio
di
Cam. Altri pone il suo regno in Egitto nel 2965.
65. E questi il Mercurio egiziano. 158. Il Belo Babilonese fondatore
di
Babilonia e cho credesi il Nemrod della Sacra Scr
e la Grecia ai tempi della dispersione dei popoli, fosse Javan figlio
di
Jafet. 161. Secondo altri 1560. 162. Altri ass
di Jafet. 161. Secondo altri 1560. 162. Altri assegna alla caduta
di
Troia l’epoca del 1210-1209 ; e quindi al 1207 l’
a d’Omero nel 1031. 164. Secondo altri nel 944. 165. Altri in luogo
di
Taleto e di Biante pone Eptmenide e Anacansi.
l 1031. 164. Secondo altri nel 944. 165. Altri in luogo di Taleto e
di
Biante pone Eptmenide e Anacansi.
XXIII Venère, Cupido e le Grazie L’origine
di
Venere è narrata dagli Antichi in due modi. Omero
narrata dagli Antichi in due modi. Omero dice che questa Dea è figlia
di
Giove e di Dione, ninfa della stirpe dei Titani,
li Antichi in due modi. Omero dice che questa Dea è figlia di Giove e
di
Dione, ninfa della stirpe dei Titani, nata dall’O
che era più semplice e naturale, fece dare a questa Dea il greco nome
di
Afrodite, che significa appunto nata dalla schium
e poeti aggiungono, che le acque del mare furono fecondate dal sangue
di
Urano mutilato da Saturno ; e che da questa fecon
ondazione delle acque marine nacque Afrodite, ossia Venere, raggiante
di
celeste bellezza. Con questo strano mito voleva s
ile il nascere in due modi e l’avere due diverse madri. Il solo punto
di
contatto fra queste due opinioni, e che serve di
madri. Il solo punto di contatto fra queste due opinioni, e che serve
di
transizione dall’una all’altra è questo, che esse
he andò a fermarsi in Cipro, ed ivi ebbe il maggior culto e il titolo
di
Ciprigna. In molti altri luoghi fu poi venerata,
n Àmatunta, in Gnido, ed ebbe da questi luoghi del suo culto i titoli
di
Citerèa, Pafia, Idalia ecc., tanto frequenti nei
o frequenti nei poeti classici latini e greci ; e quelli specialmente
di
Ciprigna e di Citerèa anche negl’italiani e nello
i poeti classici latini e greci ; e quelli specialmente di Ciprigna e
di
Citerèa anche negl’italiani e nello stesso Dante1
na e di Citerèa anche negl’italiani e nello stesso Dante183. Del nome
di
Venere che le fu dato dai Latini, ed è divenuto t
tte le cose184. Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno
di
graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza
la bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185. Il nome
di
Dionèa dato a Venere perchè creduta figlia di Dio
avvenenza 185. Il nome di Dionèa dato a Venere perchè creduta figlia
di
Dione è comunissimo nelle lingue dotte, ma poco n
ue dotte, ma poco nell’italiana. Dante però rammenta Dione come madre
di
Venere, e per figura poetica adopra il nome della
della figlia, volendo indicare nel Canto xxii del Paradiso il pianeta
di
Venere. Venere era considerata in principio come
chiamato Eros dai Greci e Cupido dai Latini186 ; ed inoltre un corteo
di
tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in g
atini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte comune
di
Càriti in greco e di Grazie in latino, e con un a
un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in greco e
di
Grazie in latino, e con un altro proprio e partic
di Grazie in latino, e con un altro proprio e particolare a ciascuna
di
esse, cioè Aglaia, Talìa ed Eufrosine. Così venne
no intervenire in tutte le consuetudini del civile consorzio ; ed uno
di
loro disse concisamente e con molta efficacia a u
sa da tutti gli Dei ; e questo è naturale e probabilissimo, e non sta
di
certo a disdoro di Venere ; ma poi vi aggiunsero
; e questo è naturale e probabilissimo, e non sta di certo a disdoro
di
Venere ; ma poi vi aggiunsero che per voler di Gi
sta di certo a disdoro di Venere ; ma poi vi aggiunsero che per voler
di
Giove suo padre fu data in moglie al più brutto,
r voler di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per
di
più era zoppo e tutto affumicato e fuligginoso pe
tutto affumicato e fuligginoso per l’esercizio della sua professione
di
fabbro. Giove così volle premiar Vulcano di averl
zio della sua professione di fabbro. Giove così volle premiar Vulcano
di
averlo aiutato efficacemente nella battaglia di F
volle premiar Vulcano di averlo aiutato efficacemente nella battaglia
di
Flegra fabbricandogli i fulmini con cui atterrò e
i oppose e obbedì ; ma questo matrimonio così male assortito fu causa
di
coniugali discordie e di scandali. Con questo ven
esto matrimonio così male assortito fu causa di coniugali discordie e
di
scandali. Con questo vennero a significare quanto
encomia meritamente e lo chiama con bella perifrasi « …….quel dolce
di
Calliope labbro « Che Amore in Grecia nudo e nudo
« Rendea nel grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi mitologi
di
più sana mente avean dovuto immaginare un’altra V
he elegantemente con voce greca e latina chiamasi il cèsto. Era desso
di
tal ricco e mirabil lavoro che facea risaltar la
tà. Servivasi Venere del cèsto per le solenni occasioni ; e non mancò
di
adornarsene quando si presentò a Paride che dovev
a le Dee. Oltre Cupido, Imene e le tre Grazie si annovera tra i figli
di
Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio di V
annovera tra i figli di Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio
di
Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Vene
a i figli di Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio di Venere e
di
Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacc
upido era creduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie
di
Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchis
eduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e
di
Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchise principe t
ere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea
di
Venere e di Anchise principe troiano. Cupido è r
te ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e
di
Anchise principe troiano. Cupido è rappresentato
a sposa per sè ; e inventarono una complicatissima favola, una specie
di
romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio
entarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso
di
quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e
esta e tutte le altre affezioni dell’anima, o vogliam dir le passioni
di
qualunque genere, non sono che modificazioni dell
iano realmente forme corporee, nella guisa stessa che non sono esseri
di
per sè esistenti le febbri, i dolori, gli starnut
. Psiche è rappresentata come una giovanetta delicatissima colle ali
di
farfalla, per alludere all’immortalità dell’anima
to e maligno era rappresentato con una farfalla tra le dita e in atto
di
tormentarla coll’altra mano e strapparle le ali :
ma prodotti dalle colpevoli passioni. Imene o Imeneo, l’altro figlio
di
Venere era il Dio delle Nozze, o vogliam dire del
re del Matrimonio ; ed anche in italiano si usa elegantemente il nome
di
imeneo per significar le nozze, ossia la celebraz
celebrazione del matrimonio. Rappresentavasi come un giovane maggiore
di
qualche anno del suo fratello Cupido, con volto s
non si è ancora ben purgato neppure il nostro secolo. Le tre Grazie,
di
cui l’appellativo stesso spiega l’ufficio o attri
le grazie debbono esser naturali e spontanee e che non hanno bisogno
di
stranieri o compri ornamenti ed aiuti. Qualche po
Grazie, le ricuopre d’un candido velo in cui finge istoriato il mito
di
Psiche, per indicare che il candor dell’animo è i
rappresentano affatto nude ; e se ne vede in Siena un gruppo mirabile
di
greco scalpello. Di Enea figlio di Venere e di An
e vede in Siena un gruppo mirabile di greco scalpello. Di Enea figlio
di
Venere e di Anchise dovremo parlare a lungo nella
ena un gruppo mirabile di greco scalpello. Di Enea figlio di Venere e
di
Anchise dovremo parlare a lungo nella celebre gue
ovremo parlare a lungo nella celebre guerra dei Greci contro la città
di
Troia, e nelle origini mitologiche del popolo rom
ornamenti e col cinto donatole da Vulcano. Aveva quasi sempre presso
di
sè il fanciulletto Cupido e talvolta anche Imene
e a lei sacro era la rosa, l’albero il mirto. Si aggiogavano al carro
di
Venere le colombe, perchè sono affettuosissime e
a Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un infantile vendetta
di
Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a
iso nella caccia da un cinghiale. A Venere fu dedicato il venerdì ; e
di
Venere ebbe il nome il più bello e rilucente dei
Infatti Dante, nel Canto xxvii del Purgatorio, assomiglia la bellezza
di
Lia (che nello stile biblico e religioso signific
he nello stile biblico e religioso significa la vita attiva) a quella
di
Citerèa, cioè di Venere, considerata come il pian
blico e religioso significa la vita attiva) a quella di Citerèa, cioè
di
Venere, considerata come il pianeta che ne porta
’ora, credo, che dell’orïente « Prima raggiò sul monte Citerèa, « Che
di
fuoco d’amor par sempre ardente, « Giovane e bell
ongono anche quella che significa « venir bene adatto per convenienza
di
eleganza, piacevolezza, ecc. » Quindi l’espressio
che tratta dell’anima e delle sue facoltà. 188. Epitalamio è parola
di
greca origine, che in quella lingua significa sul
sia letto nuziale ; e perciò sta ad indicare una canzone per nozze. È
di
antichissima origine, poichè troviamo epitalamii
zone per nozze. È di antichissima origine, poichè troviamo epitalamii
di
Stesicoro e di Teocrito in greco ; di Catullo e d
È di antichissima origine, poichè troviamo epitalamii di Stesicoro e
di
Teocrito in greco ; di Catullo e di Ausonio in la
ine, poichè troviamo epitalamii di Stesicoro e di Teocrito in greco ;
di
Catullo e di Ausonio in latino.
roviamo epitalamii di Stesicoro e di Teocrito in greco ; di Catullo e
di
Ausonio in latino.
ccontano che Saturno esiliato dal Cielo si fermò in Italia alla corte
di
Giano su quel celebre colle che tuttora chiamasi
iano su quel celebre colle che tuttora chiamasi Gianicolo (abitazione
di
Giano) ; ed essendo questa la prima volta che noi
dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo
di
divin seme 26, appellando così principalmente all
seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola
di
origine divina. Anche Orazio disse che l’anima er
gica. Di altre che sono totalmente favolose e strane avremo occasione
di
parlare a lungo in appresso, narrando, sotto il r
mo occasione di parlare a lungo in appresso, narrando, sotto il regno
di
Giove, le vicende di Prometeo e di Pandora, che c
re a lungo in appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende
di
Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengo
appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende di Prometeo e
di
Pandora, che cronologicamente vengono dopo il reg
di Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengono dopo il regno
di
Saturno. Ma qualunque fosse l’origine dell’uomo,
oni del mondo, e che nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno,
di
cui la capitale era sul monte Gianicolo. Racconta
Tevere29), e fu accolto ospitalmente dal re Giano ; che il territorio
di
quel regno in memoria di Saturno fu da prima chia
spitalmente dal re Giano ; che il territorio di quel regno in memoria
di
Saturno fu da prima chiamato terra Saturnia, e po
che Saturno stette nel Lazio31, sebbene altri la riferiscano al regno
di
Saturno nel Cielo, e non all’esilio di lui. Tutti
altri la riferiscano al regno di Saturno nel Cielo, e non all’esilio
di
lui. Tutti però si accordano nell’ammettere, o ne
celebrarla per l’innocenza dei costumi e per le spontanee produzioni
di
ogni ben di Dio sulla terra ; giungono perfino a
per l’innocenza dei costumi e per le spontanee produzioni di ogni ben
di
Dio sulla terra ; giungono perfino a dire che sco
ben di Dio sulla terra ; giungono perfino a dire che scorrevano rivi
di
latte e di miele. Ma il nostro Dante fa una gran
sulla terra ; giungono perfino a dire che scorrevano rivi di latte e
di
miele. Ma il nostro Dante fa una gran tara a ques
hiande, « E nettare per sete ogni ruscello. » Ammette sì la felicità
di
una vita semplice e innocente ; non la contorna p
cità di una vita semplice e innocente ; non la contorna però d’ozio e
di
squisiti cibi gratuiti ; ma ne pone per base la f
nte, e consuona con la dottrina della Bibbia, ove dice che lo spirito
di
Dio abbandonò il re Saul disobbediente, e subito
a radice ; « Qui primavera sempre ed ogni frutto ; « Nettare è questo
di
che ciascun dice ! » All’età dell’oro successe q
à dell’oro successe quella dell’argento e poi del bronzo e del ferro,
di
mano in mano che gli uomini peggiorarono. Da ques
terarie, saria meglio impiegarlo « ….. in qualche atto più degno « O
di
mano o d’ingegno, » come suggerisce il Petrarca.
eminar le biade, primo fondamento dell’agricoltura ; e il nome stesso
di
Saturno si fa derivare dal latino Satum, cioè dal
34. È facile il riconoscere nelle pitture e nelle sculture l’immagine
di
questo Dio. Si rappresenta come un vecchio alato,
io alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto
di
divorarselo, e dall’altra o presso di sè un orolo
; oppure una fanciullo in atto di divorarselo, e dall’altra o presso
di
sè un orologio a polvere, oppure un serpente che
a continua successione dei momenti35. In Roma si celebravano nel mese
di
dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel te
oma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria
di
quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in c
bre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno
di
Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè pa
vi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni
di
tutto, perchè la terra spontaneamente produceva p
aneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica
di
alcuno. In quelle feste gli schiavi dei Romani er
dei Romani erano serviti a mensa dai loro padroni, ed avevano libertà
di
rimproverarli dei loro difetti36). Facevasi vacan
latino strenœ, ond’è derivato in italiano il vocabolo strenne e l’uso
di
mandarle o di darle agli ultimi o ai primi dell’a
ond’è derivato in italiano il vocabolo strenne e l’uso di mandarle o
di
darle agli ultimi o ai primi dell’anno. Saturno e
avasi il tesoro della Repubblica. Davasi, come si dà tuttora, il nome
di
Saturno al più distante dei pianeti visibili ad o
lla favola, che egli divorasse i propri figli. I chimici chiamano sal
di
Saturno l’acetato di piombo, e i medici colica sa
divorasse i propri figli. I chimici chiamano sal di Saturno l’acetato
di
piombo, e i medici colica saturnina una nevralgia
ò aver suggerito quelle scientifiche denominazioni. Dopo qùalche anno
di
esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fr
presiedere al tempo. Fu gratissimo al suo ospite Giano, poichè prima
di
tutto insegnò ai popoli del Lazio l’agricoltra, e
o ; e poi accordò a Giano stesso due singolari privilegi, quello cioè
di
prevedere il futuro, e l’altro di non dimenticars
ue singolari privilegi, quello cioè di prevedere il futuro, e l’altro
di
non dimenticarsi mai del passato. Giano in tutto
enticarsi mai del passato. Giano in tutto questo racconto dell’esilio
di
Saturno e dell’età dell’oro, ci comparisce un sem
erone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome
di
Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare). G
pagani, per simboleggiare le due prerogative accordategli da Saturno,
di
prevedere il futuro e di non dimenticarsi del pas
le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e
di
non dimenticarsi del passato, ed anche come porti
ielo, affinchè potesse vedere e invigilare da per tutto senza bisogno
di
voltarsi. Quattro faccie poi gli avranno servito
i. Quattro faccie poi gli avranno servito anche meglio pel disimpegno
di
tutti i suoi molteplici uffici. La statua di Gian
he meglio pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici. La statua
di
Giano con due faccie ponevasi nei bivii, e con qu
quattro nei quadrivii (pei trivii o trebbii essendo riserbata quella
di
Ecate triforme, ossia con tre faccie). Aveva in u
strada. Celebre era in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo
di
pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in p
a il suo tempio, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo
di
guerra ; il quale in più di settecento anni fu ch
hiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più
di
settecento anni fu chiuso soltanto, e per poco te
anno romano ; il primo dei quali fu detto gennaio dal nome e in onore
di
Giano, considerato come portinaio del Cielo e del
tinaio del Cielo e dell’anno. Chiamavansi Giani anche certe fabbriche
di
base quadrata, come le Loggie di Mercato e quella
amavansi Giani anche certe fabbriche di base quadrata, come le Loggie
di
Mercato e quella celebratissima di Or San Michele
e di base quadrata, come le Loggie di Mercato e quella celebratissima
di
Or San Michele in Firenze, che servivano anticame
a di Or San Michele in Firenze, che servivano anticamente come luoghi
di
convegno e di affari ai negozianti. Gli antichi s
chele in Firenze, che servivano anticamente come luoghi di convegno e
di
affari ai negozianti. Gli antichi scrittori latin
i latini, e principalmente Cicerone ed Orazio, fanno più volte parola
di
questi Giani, che corrispondevano pel loro scopo
ici ; e sebbene non si trovi mai rammentata la Bibbia negli scrittori
di
quell’epoca, si sa per altro di certo anche da Or
rammentata la Bibbia negli scrittori di quell’epoca, si sa per altro
di
certo anche da Orazio, che molti Ebrei (o come li
rei (o come li chiamavano allora Giudei, perchè appartenenti al regno
di
Giuda), si erano trasferiti ad abitare e far loro
Roma ; e che si mantenevano sempre scrupolosi osservatori del giorno
di
sabato. È Orazio stesso che lo dice nella ix Sati
s « Progeniem vitiosiorem. » (Hor., Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca
di
Tiberio, di Caligola e di Nerone, gli uomini foss
m vitiosiorem. » (Hor., Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca di Tiberio,
di
Caligola e di Nerone, gli uomini fossero sempre p
» (Hor., Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca di Tiberio, di Caligola e
di
Nerone, gli uomini fossero sempre peggiorati, a c
avverbio sempre. 36. Chi sa il latino si rammenti o legga la satira
di
Orazio, che comincia : Jamdudum ausculto, nella
embri (Quando ita majores voluerunt) utere ; narra. 37. Il pianeta
di
Saturno dai Greci era detto Phœnon, come sappiamo
cerone dice a suo figlio nel De Officiis, che certi ottimi negozianti
di
Borsa eran più bravi di qualunque filosofo per sa
nel De Officiis, che certi ottimi negozianti di Borsa eran più bravi
di
qualunque filosofo per saper far denari e impiega
XXXIV Il Dio Pane Prima
di
parlar dell’etimologia del nome di questo Dio e d
XXXIV Il Dio Pane Prima di parlar dell’etimologia del nome
di
questo Dio e degli ufficii di lui, credo opportun
rima di parlar dell’etimologia del nome di questo Dio e degli ufficii
di
lui, credo opportuno di presentarne il ritratto.
ologia del nome di questo Dio e degli ufficii di lui, credo opportuno
di
presentarne il ritratto. È una eccezione al mio m
i par giustificata dall’ufficio eccezionale e dalla forma particolare
di
questo Dio. Egli è mezz’uomo e mezzo bestia : ha
i questo Dio. Egli è mezz’uomo e mezzo bestia : ha le gambe e i piedi
di
capra, il naso camuso, ossia schiacciato, le orec
corna gli torreggiano sopra la fronte. Tutte le altre sue membra son
di
forma umana, ma coperte di pelo caprino ; e in qu
a la fronte. Tutte le altre sue membra son di forma umana, ma coperte
di
pelo caprino ; e in queste membra semibestiali al
rte di pelo caprino ; e in queste membra semibestiali alberga l’anima
di
un Nume immortale. Quantunque abbiamo trovato pri
che, a giudicarne dalla forma, si prenderebbe piuttosto per un mostro
di
natura che per un essere soprannaturale, il Dio P
zione per gli uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ragionan
di
lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i fi
n di lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i filosofi. Il nome
di
questo Dio in greco è Pan che significa tutto ; e
he significa tutto ; e gli antichi Mitologi basandosi sul significato
di
questo vocabolo e interpretando la forma strana d
si sul significato di questo vocabolo e interpretando la forma strana
di
questo Nume come emblematica dei principali ogget
io Pane, dichiara che gli Antichi lasciarono in dubbio la generazione
di
questo Dio, osservando che non si accordavano i M
i Mitologi ad assegnargli i genitori, poichè lo stimavano figlio chi
di
Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope
ad assegnargli i genitori, poichè lo stimavano figlio chi di Giove e
di
Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche
i genitori, poichè lo stimavano figlio chi di Giove e di Calisto, chi
di
Mercurio e di Penelope, ed anche di Urano e di Ge
ichè lo stimavano figlio chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e
di
Penelope, ed anche di Urano e di Gea, ossia Tellu
io chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche
di
Urano e di Gea, ossia Tellure. Afferma per altro
iove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche di Urano e
di
Gea, ossia Tellure. Afferma per altro che tutti e
gli si davano perchè non si confondesse con altre inferiori divinità
di
forme presso a poco così graziose come quella di
e inferiori divinità di forme presso a poco così graziose come quella
di
lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide di pel
sì graziose come quella di lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide
di
pelle di pardo, in una mano la verga pastorale e
se come quella di lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide di pelle
di
pardo, in una mano la verga pastorale e nell’altr
nco l’origine mitologica. Al Dio Pane avvenne un caso simile a quello
di
Apollo rispetto a Dafne. Egli pure voleva sposar
Apollo rispetto a Dafne. Egli pure voleva sposar per forza una Ninfa
di
nome Siringa ; ma essa avendo pregato gli Dei a l
do pregato gli Dei a liberarla da un sì fatto sposo, ottenne soltanto
di
esser cangiata in canna, come Dafne in lauro. E i
ndo con Apollo ad onorare in quella pianta la prediletta Ninfa, formò
di
sette canne di diversa lunghezza, unite fra loro
ad onorare in quella pianta la prediletta Ninfa, formò di sette canne
di
diversa lunghezza, unite fra loro colla cera, un
el nome potè aver dato origine a questa favola, come dicemmo dei nomi
di
Dafne, di Giacinto, di Ciparisso ecc. Sul rozzo s
tè aver dato origine a questa favola, come dicemmo dei nomi di Dafne,
di
Giacinto, di Ciparisso ecc. Sul rozzo stromento d
origine a questa favola, come dicemmo dei nomi di Dafne, di Giacinto,
di
Ciparisso ecc. Sul rozzo stromento della sampogna
ecc. Sul rozzo stromento della sampogna fanno i Mitologi una infinità
di
commenti. Non contenti di eredere che le sette ca
ella sampogna fanno i Mitologi una infinità di commenti. Non contenti
di
eredere che le sette canne simboleggino i sette t
aginarono che rappresentassero l’armonia delle sfere, secondo le idee
di
Pitagora. Dante rammenta la favola di Siringa ne
a delle sfere, secondo le idee di Pitagora. Dante rammenta la favola
di
Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è
favola di Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è suo stile
di
esser concisissimo e presentare al lettore più id
Argo non solo suonasse la lira, ma gli raccontasse pur anco la favola
di
Pane e Siringa : « S’io potessi ritrar come asso
: « S’io potessi ritrar come assonnaro « Gli occhi spietati, udendo
di
Siringa, « Gli occhi a cui più vegghiar costò sì
a a tacere se nessun le parlava, ed a ripeter soltanto le ultime voci
di
chi le dirigeva il discorso : favola ricavata evi
Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e mezzo prima della fondazione
di
Roma. Evandro aveva fissata la sua residenza su q
sata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome
di
suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabb
nte, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città. Anche a tempo
di
Cicerone, com’egli racconta nelle sue epistole fa
rato da Evandro al Dio Pane. Dai Romani ebbe questo Dio anche il nome
di
Luperco (ab arcendis lupis) dal tener lontani i l
lupi dal gregge ; e si celebravano le feste Lupercali, in onore cioè
di
Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese di febbraio
ste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese
di
febbraio. Son celebri nella storia romana i Luper
i febbraio. Son celebri nella storia romana i Lupercali dell’anno 710
di
Roma, poichè in quel giorno offrì Marc’Antonio il
o stesso Marc’Antonio. Dal nome del Dio Pane è derivata l’espressione
di
timor pànico, che etimologicamenie significa timo
non ha fondamento o causa razionale o evidente. « Temer si deve sol
di
quelle cose « Che hanno potenza di fare altrui ma
e o evidente. « Temer si deve sol di quelle cose « Che hanno potenza
di
fare altrui male : « Dell’altre no, chè non son p
la fantasia, specialmente del volgo, e si tema ove nessuna ragion v’è
di
temere. Ma perchè questo improvviso e mal fondato
tto dal Dio Pane, anzichè Plutonico, o diabolico, o altrimenti, cerca
di
spiegarlo la Mitologia ; la quale, dopo avere ass
to che il Dio Pane soggiornando nelle solitudini più selvagge e piene
di
sacro orrore, spaventa da quelle colla sua terrib
uelle colla sua terribil voce i passeggieri, vi aggiunge, quali prove
di
fatto, diversi aneddoti riferiti nelle antiche st
he storie, come per esempio, che il Dio Pane al tempo della battaglia
di
Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e gli sug
a di Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e gli suggerisse il modo
di
spaventare i Persiani ; che la voce di questo Dio
iese, e gli suggerisse il modo di spaventare i Persiani ; che la voce
di
questo Dio, uscita dalle sotterranee caverne del
he la voce di questo Dio, uscita dalle sotterranee caverne del tempio
di
Delfo, atterrisse e mettesse in fuga i Galli che
ci miracolose del Dio Pane, raccontati da Erodoto, da quel miracolaio
di
Plutarco e da altri scrittori di minor conto, son
ntati da Erodoto, da quel miracolaio di Plutarco e da altri scrittori
di
minor conto, sono la relazione delle popolari cre
ede ; e nella prefazione dichiara esplicitamente che egli non intende
di
confermarli nè di confutarli12. Ma poichè timor p
azione dichiara esplicitamente che egli non intende di confermarli nè
di
confutarli12. Ma poichè timor pànico venne poster
e o romore, ma lo scrive con lettere greche, perchè greca è l’origine
di
questo aggettivo al pari del nome Pan da cui deri
chi meno, sono assaliti ; e quindi nota come immensamente più dannosa
di
qualunque altra vana paura la superstizione, che
ne bisogna dir sempre il Dio Pane. 10. Son queste le precise parole
di
Bacone nel libro de Sapientia Veterum cap. xi : «
ce che considerato il Dio Pane come il Nume dei Pastori, l’etimologia
di
questo nome deriva da pao (io pasco) ; e che pan
to nome deriva da pao (io pasco) ; e che pan è perciò una contrazione
di
paon. 11. « Pan primus calamos cera conjunge
Minerva Un mito dei più straordinarii fu inventato sulla nascita
di
Minerva Dea della sapienza. Raccontano i mitologi
sapienza. Raccontano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata
di
tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro
ogi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello
di
Giove. Se null’altro avessero aggiunto, era quest
sapienza è figlia del supremo dei Numi e che uscì dalla divina mente
di
lui. In questi limiti il mito fu adottato volente
olo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori
di
prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei
eggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata
di
tutto punto dalla mente del suo autore, come Mine
di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello
di
Giove. Per intender certe parole e frasi dei poet
giungono dunque i mitologi che Giove per tre mesi sentì un gran dolor
di
testa, e non potendo più a lungo tollerarlo, mand
nerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cervello
di
Giove fu detta Tritonia. Prima di tutto convien c
tre mesi in gestazione nel cervello di Giove fu detta Tritonia. Prima
di
tutto convien conoscere l’etimologia e il signifi
o convien conoscere l’etimologia e il significato dei principali nomi
di
questa Dea. Ebbe dai Greci primamente il nome di
dei principali nomi di questa Dea. Ebbe dai Greci primamente il nome
di
Pallade (Pallas) che secondo lo Stoll significa f
sto nome fu adottato dai Latini e dagli Italiani. Minerva poi è voce
di
origine tutta latina, e Cicerone stesso ne dà l’e
pira e conducemi Apollo. » Questa Dea ricevè dai Greci anche il nome
di
Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica
ed alla mitologica denominazione della famosa città d’Atene. Narrano
di
concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro
rano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città
di
Atene, prima di aver ricevuto questo nome, era de
i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene, prima
di
aver ricevuto questo nome, era detta città Cecrop
na diede il suo stesso nome a quella prediletta città ; e i cittadini
di
essa favoriti e protetti dalla Dea della sapienza
ifica che l’ingegno è dato agli uomini dalla Divinità, e che le opere
di
esso non si compiono senza il favore di quella. T
alla Divinità, e che le opere di esso non si compiono senza il favore
di
quella. Tutti i migliori poeti delle più culte na
riprodotta a gara con splendide forme. Anche Dante ha trovato il modo
di
rammentarla nel Canto xv del Purgatorio, facendo
a nel Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrato dalla moglie
di
lui : « …..Se tu se’ Sire della villa « Del cui
e’ Dei fu tanta lite, « Ed onde ogni scienza disfavilla, « Vendica te
di
quelle braccia ardite, ecc. » Dante inoltre vol
etico l’origine mitologica dell’ olivo, e considerandolo come simbolo
di
sapienza, perchè prodotto dalla Dea della sapienz
» e poco, dopo soggiunge che era quel velo « Cerchiato della fronde
di
Minerva ; » e così commenta sè stesso, facendo c
nta sè stesso, facendo conoscere qual significato simbolico intendeva
di
dare, in quel caso, all’olivo. Nè i Latini, nè gl
quel caso, all’olivo. Nè i Latini, nè gl’Italiani adottarono il nome
di
Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivat
arono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivativo
di
Ateneo. Intendevasi dai Greci per Ateneo un edifi
Greci per Ateneo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso
di
archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri
eo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e
di
biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scritto
altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo
di
Augusto facevasi in Roma nella biblioteca palatin
adunavansi i dotti per leggere o recitare i loro scritti e disputare
di
lettere, scienze e filosofia. In italiano si dà e
ere, scienze e filosofia. In italiano si dà elegantemente questo nome
di
Ateneo alle Università, e da noi ed altrove suol
à, e da noi ed altrove suol darsi anche ad alcune società o accademie
di
letterati o scienziati e ad alcuni periodici lett
n’armatura del petto con la figura della mostruosa testa anguicrinita
di
Medusa ; e secondo altri questa orribile figura e
secondo altri questa orribile figura era sculta nello scudo per opera
di
Vulcano. Perchè poi fosse sacro a Minerva quell’a
quell’animale notturno, rispondono i poeti, perchè le recava notizie
di
quel che accadeva di notte ; e si voleva signific
no, rispondono i poeti, perchè le recava notizie di quel che accadeva
di
notte ; e si voleva significare che l’ingegno ved
dagli scolari, dagli artisti e dagli artigiani ; e cominciando dal 10
di
marzo durava per cinque giorni, e perciò si chiam
perciò si chiamava il Quinquatruo 169. Questa Dea era venerata al par
di
Giove da tutti i popoli civili, o almeno non affa
almeno non affatto barbari e selvaggi. Anche nell’antichissima città
di
Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i
osse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio
di
Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa s
o gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza
di
Roma. Questa statua era chiamata il Palladio 170.
iamata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua
di
questa Dea erano in Atene : la statua distingueva
tatua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col nome
di
Parthenos (la vergine), cioè statua della vergine
alla vergine, sottinteso Atena, vale a dire Minerva. La statua, opera
di
Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restaron
nata dagli anarchici furori della Comune. Di Minerva avremo occasione
di
parlare molte altre volte, ma specialmente raccon
di parlare molte altre volte, ma specialmente raccontando il giudizio
di
Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e
e volte, ma specialmente raccontando il giudizio di Paride, la guerra
di
Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco. Qui però
mente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita
di
Ulisse e di Telemaco. Qui però dobbiamo riportare
tando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e
di
Telemaco. Qui però dobbiamo riportare un racconto
con quegli altri importanti e celebri avvenimenti. Una giovane lidia,
di
nome Aracne, osò sfidar Minerva a chi meglio sape
untuosa Aracne cangiandola in ragno, animale che conserva l’abitudine
di
far tele e ricami. Dante riferisce questa metamor
far tele e ricami. Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi
di
superbia punita nel Purgatorio (Canto xii, 43….)
ll’opera che mal per te si fe ! » Quindi egli non accetta l’opinione
di
qualche strambo mitologo, che Minerva fosse vinta
sce che una donna chiamata Aracne inventò le tele, e Clostère, figlio
di
lei, i fusi. Il nome di Minerva fu usato dai poe
a Aracne inventò le tele, e Clostère, figlio di lei, i fusi. Il nome
di
Minerva fu usato dai poeti latini (e spesso anche
era pronto e facile, oppure rozzo, ottuso, tardo o restìo171. Il nome
di
Pallade poi trovasi del pari figuratamente usato
esia latina a significare l’olio 172. Dagli astronomi fu dato il nome
di
Pallade al secondo asteroide o pianeta telescopic
più illustre città moderna non ambisce un maggior titolo d’onore che
di
esser chiamata l’Atene di quella nazione a cui ap
a non ambisce un maggior titolo d’onore che di esser chiamata l’Atene
di
quella nazione a cui appartenga. Così fu lieta Fi
ata l’Atene di quella nazione a cui appartenga. Così fu lieta Firenze
di
esser detta l’Atene d’Italia, dopo che sorsero in
he sorsero in essa i più grandi scrittori, che il suo dialetto meritò
di
divenire la lingua comune de popolo Italiano, e c
Fasti annovera le diverse arti e professioni che celebravano le feste
di
Minerva ; ed oltre i collegi dei poeti, dei medic
de, e perciò verrebbe a significare piccola Pallade, o piccola statua
di
Pallade. — Secondo la superstiziosa credenza degl
edenza degli Antichi si usa figuratamente la parola Palladio in senso
di
protezione, difesa, salvezza ; e si applica princ
me cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno Al pari
di
Apollo aveva Diana diversi ufficii non solo in Ci
o in Cielo ed in Terra, ma pur anco nell’Inferno ; e secondo ciascuno
di
questi rappresentavasi in 3 diverse forme ; quind
di questi rappresentavasi in 3 diverse forme ; quindi ebbe il titolo
di
Dea Triforme 135. Tutto ciò che si riferisce a Di
a in comune col suo fratello Apollo, vale a dire i genitori, il luogo
di
nascita e i nomi che da quello le derivarono, l’a
iderata come la Luna, immaginarono i mitologi che essa sotto la forma
di
una avvenente e giovane Dea percorresse le vie de
lasciarono correre la volgare e grossolana opinione che l’oscurazione
di
questo astro dipendesse dagl’incantesimi degli st
unge che si estendeva anche sul Sole137. Il volgo peraltro vi credeva
di
certo, perchè l’ignoranza fu sempre un terreno fe
da allignarvi e crescervi qualunque più bestiale errore ; e la storia
di
tutti i tempi lo prova. Sappiamo infatti che anti
popoli della Tessaglia facevano alti rumori con stromenti ed utensili
di
metallo per liberar di travaglio la Luna, credend
facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar
di
travaglio la Luna, credendo così d’impedire che e
he un esercito perdè la battaglia fuggendo spaventato per un’ecclisse
di
Sole che avvenne in quel tempo ; che anche i selv
ssi passarono anticamente per maghi o per innamorati della Luna. Anzi
di
quel primo che osservò e descrisse il corso lunar
ione, e stava sul monte Latmo che è nella Caria ; ed essendosi in una
di
quelle caverne addormentato di un profondo sonno
he è nella Caria ; ed essendosi in una di quelle caverne addormentato
di
un profondo sonno mandatogli da Giove, la Luna an
rammentano il vago della Luna, Endimione e la sua Diva, il dormitore
di
Latmo. E tra i filosofi Platone e Cicerone parlan
itore di Latmo. E tra i filosofi Platone e Cicerone parlano del sonno
di
Endimione, paragonando a quello il sonno della mo
’era un tempio dedicato a Diana Noctiluca, cioè alla Luna che splende
di
notte, nel qual tempio tenevano accesi i lumi tut
qual tempio tenevano accesi i lumi tutta la notte innanzi alla statua
di
questa Dea. Col solo nome di Diana era considerat
lumi tutta la notte innanzi alla statua di questa Dea. Col solo nome
di
Diana era considerata come Dea della caccia ; e c
la caccia ; e credevasi che accompagnata da 50 ninfe, le quali al par
di
lei avevan rinunziato a prender marito, passasse
Diana, le si aggiunge sull’alto della fronte un aureo monile in forma
di
luna crescente. Come casta Diva e cacciatrice era
puniva severamente qualunque colpa o mancanza. Discacciò dal suo coro
di
ninfe e cangiò in orsa la giovane Callisto (il cu
e per impedire un matricidio, vale a dire che fosse uccisa dal figlio
di
lei chiamato Arcade, bravo cacciatore, che incont
cinissima ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome
di
una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia
ma ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome di una
di
quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia di Gio
inosura dal nome di una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia
di
Giove, e che per benemerenza fu trasformata in qu
anzia di Giove, e che per benemerenza fu trasformata in questo gruppo
di
stelle. L’Orsa maggiore fu chiamata anche il Car
lla ad occhio nudo eran dette i sette trioni, ond’è venuto il termine
di
settentrione 141. Dante rammentò la ninfa Callis
trione 141. Dante rammentò la ninfa Callisto col nome greco e latino
di
Elice nel C. xxv del Purgatorio : « …………………al bo
torio : « …………………al bosco « Si tenne Diana, ed Elice caccionne « Che
di
Venere avea sentito il tosco. » E nominò anche E
cuopra, « Rotante col suo figlio ond’ella è vaga ; » ecc. E al nome
di
Orsa maggiore preferì quello del Carro nel C. xi
In greco Orsa dicesi arctos, dalla qual voce è derivato l’appellativo
di
polo artico, ossia dell’Orsa, e antartico, oppost
opposto all’Orsa. Alcuni mitologi aggiungono che anche Arcade figlio
di
Callisto fu cangiato in una costellazione detta A
nte però si chiama Boote, ossia il bifolco 142. Ma neppure il termine
di
Artofilace andò perduto o dimenticato nella poesi
iosto), appunto perchè questa costellazione è vicinissima a quelle, e
di
certo non si scosta mai da quel posto. Una più te
mitologico a darci ad intendere, nella sua 4ª Canzone, che per opera
di
Madonna Laura avvenisse a lui stesso un fatto sim
pera di Madonna Laura avvenisse a lui stesso un fatto simile a quello
di
Atteone : « Io perchè d’altra vista non m’appago
a Ecate. Sapendo soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una
di
cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo a
soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una
di
cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghia
d Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una
di
leone e, secondo altri, di cinghiale, basta quest
teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri,
di
cinghiale, basta questo perchè tal mostruosa Dea
a le maliarde e le streghe nei loro incantesimi. Omero però non parla
di
questa ributtante Dea, e il passo in cui ne disco
n cui ne discorre Esiodo credesi interpolato dagli Orfici, una specie
di
riformatori o di eretici dell’antico paganesimo.
Esiodo credesi interpolato dagli Orfici, una specie di riformatori o
di
eretici dell’antico paganesimo. Il volgo però vi
, e tanto più allora quando in alcuni luoghi invalse l’uso nei trivii
di
offrir delle cene ad Ecate, che lasciate intatte
ri. In tempi più civili si rappresentò Ecate con tre faccie, ma tutte
di
donna ; e questa triplice immagine ponevasi nei t
questa triplice immagine ponevasi nei trivii, ond’ebbe ancora il nome
di
Trivia 143. Orazio in tre odi che han per soggett
Tisifone ; e nel Carme secolare che fu cantato pubblicamente in onore
di
Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii di quest
nel Carme secolare che fu cantato pubblicamente in onore di Apollo e
di
Diana, tra gli altri ufficii di questa Dea ivi en
to pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii
di
questa Dea ivi enumerati non è accennato nemmeno
di questa Dea ivi enumerati non è accennato nemmeno quello infernale
di
Ecate. Quindi alcuni mitologi e poeti preferirono
quello infernale di Ecate. Quindi alcuni mitologi e poeti preferirono
di
sostituire ad Ecate la Dea Proserpina moglie di P
i e poeti preferirono di sostituire ad Ecate la Dea Proserpina moglie
di
Plutone e regina dell’Inferno ; e lo stesso Dante
uanto quell’arte pesa ; » ove apparisce manifestamente che l’ufficio
di
Proserpina e non di Ecate è accomunato da Dante c
a ; » ove apparisce manifestamente che l’ufficio di Proserpina e non
di
Ecate è accomunato da Dante con quel della Luna14
i Ecate è accomunato da Dante con quel della Luna144. Anche il titolo
di
Lucina dato anticamente a Giunone (come dicemmo n
a Erostrato Efesio la notte in cui nacque Alessandro Magno, cioè il 6
di
giugno, 356 anni avanti l’era cristiana. Fu ben p
il cristianesimo agli Efesii ; e poichè egli voleva abolire il culto
di
Diana, poco mancò che non fosse massacrato dagli
il culto di Diana, poco mancò che non fosse massacrato dagli orefici
di
quella città, che guadagnavano molto vendendo tem
e guadagnavano molto vendendo tempietti d’argento fatti ad imitazione
di
quello di Diana Efesina146. Pochi anni dopo fu qu
vano molto vendendo tempietti d’argento fatti ad imitazione di quello
di
Diana Efesina146. Pochi anni dopo fu questo tempi
gli Sciti. Ed ora dove sorgeva quel tempio e la stessa popolosa città
di
Efeso, che a tempo dell’imperator Teodosio II fu
polosa città di Efeso, che a tempo dell’imperator Teodosio II fu sede
di
due Concilii Ecumenici, non trovasi che qualche l
tua sotto più forme. » 136. Orazio nell’ Ode 5 del lib. v, parla
di
una maga, « Quæ sidera excantata voce Thessala «
ncire cothurno. (Virg., Æneid., i 336…) 141. Col telescopio invece
di
7 stelle se ne vedono 87 nell’ Orsa maggiore, 22
le Bootes. » (Ovid., Epist. ii) Ovidio chiama pigra la Costellezione
di
Boote, perchè è vicina al polo, « …..dove le ste
Fast. i, 141.) Dante una sola volta nella Divina Commedia dà il nome
di
Trivia alla Luna : « Quale ne’plenilunii sereni
ivenne tanto comune che alcuni eruditi latinisti composero per comodo
di
memoria i seguenti versi sulla Dea Triforme : «
a dea Latona Parlando del Caos, dissero i mitologi che i 4 elementi
di
cui esso era composto si divisero ; e divisi che
l Sole, la Luna e le Stelle. Nè sanno assicurarci se ciò fu per opera
di
un Dio o del caso : le loro opinioni sono divise,
e ; e diedero l’ufficio ad Urano, e poi come sostituto anche a Giano,
di
far girare questa vôlta o callotta sferica celest
ibili ad occhio nùdo ne annoverarono sette, e attribuirono a ciascuno
di
essi una Divinità che vi presiedesse o li diriges
rici e dilettevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome
di
Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sol
tevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e
di
Diana, che poi identificarono col Sole e colla Lu
pollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Luna. Prima
di
tutto però rammenteremo quel che fu detto altrove
rò rammenteremo quel che fu detto altrove, che cioè avanti la nascita
di
questi due Numi figli di Giove e di Latona, il So
fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli
di
Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano d
trove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e
di
Latona, il Sole e la Luna esistevano da gran temp
gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano
di
nome Iperione. Il Sole era detto dai Greci anche
o forse che un simil vocabolo trovasi anche in Ebraico in significato
di
eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraic
in significato di eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici
di
Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per in
globo lunare sappiamo che la Dea che lo dirigeva prima della nascita
di
Diana chiamavasi, con greco nome Selene, che sign
, che significava Luna, figlia essa pure d’Iperione, e perciò sorella
di
Elio99). Venendo ora a parlare dell’origine mitol
ciò sorella di Elio99). Venendo ora a parlare dell’origine mitologica
di
Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre e
di Elio99). Venendo ora a parlare dell’origine mitologica di Apollo e
di
Diana, diremo che Latona loro madre era figlia di
ologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre era figlia
di
uno dei Titani ; e perchè fu prediletta da Giove1
go tempo errando in mezzo ai disagi ; e potè solo fermarsi nell’isola
di
Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel ma
Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che Nettuno per compassione
di
Latona rese stabilé. Ivi diede alla luce in un so
in un sol parto Apollo e Diana ; e questi Dei ebbero perciò il titolo
di
Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; com
arto Apollo e Diana ; e questi Dei ebbero perciò il titolo di Delio e
di
Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il n
lo di Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome
di
Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono al
e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome di Cinzio e
di
Cinzia dal monte Cinto dove furono allevati in qu
quale vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, perchè servisse
di
ricovero a Latona. L’esistenza d’isole galleggian
helco nel Messico ; le quali son coltivate e producono alberi, piante
di
fiori e legumi. In Francia e in Svizzera ve n’era
Anche in Italia se ne vedono alcune in un laghetto vicino alle terme
di
Agrippa presso Tivoli. Poteva dunque Pindaro aver
nti ; e valendosi della facoltà accordata ai poeti quidlibet audéndi (
di
tutto osare)101), ne abbia almeno usato discretam
e potesse trovarsi anche in mare103). Dante adottò questa stessa idea
di
Pindaro, e se ne valse stupendamente per una bell
da notarsi tra le altre belle espressioni l’ardita e sublime metafora
di
chiamare Apollo e Diana, considerati come il Sole
, i due occhi del Cielo. Altri mitologi invece raccontano che l’isola
di
Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di trid
e raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo
di
tridente dal fondo del mare ; e questo racconto p
uasi tutte le Geografie trovasi rammentato il Monte nuovo (all’ ovest
di
Pozzuoli in Italia), che si sollevò in uno o due
in Italia), che si sollevò in uno o due giorni nel 1538, all’altezza
di
200 metri, ed esiste tuttora. Inoltre in questo s
do fraterno a saettare i colpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso
di
Niobe. Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di An
lpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso di Niobe. Era Niobe figlia
di
Tantalo e moglie di Anfione re di Tebe ; e andava
moso e lagrimevol caso di Niobe. Era Niobe figlia di Tantalo e moglie
di
Anfione re di Tebe ; e andava superba, come se fo
vol caso di Niobe. Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di Anfione re
di
Tebe ; e andava superba, come se fosse un gran me
Anfione re di Tebe ; e andava superba, come se fosse un gran merito,
di
aver sette figli e sette figlie ; e perciò dispre
nvisibili a tutti saettarono a gara l’uno i figli e l’altra le figlie
di
Niobe ; e la madre per ineffabil dolore fu cangia
razione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo
di
darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Can
o di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo
di
aver veduto sculto questo fatto in uno dei bassir
ulto questo fatto in uno dei bassirilievi che rappresentavano esempii
di
superbia punita : « O Niobe con che occhi dolent
tte e sette tuoi figliuoli spenti ! » Anche l’arte greca s’impadronì
di
questo tragico soggetto ; e se ne conservano nell
sto tragico soggetto ; e se ne conservano nella Galleria degli Uffizi
di
Firenze le statue attribuite a Scòpa, le quali ra
s significante Sole son derivati e composti molti termini scientifici
di
astronomia, come perielio, afelio, parelio, elioc
ntifici di astronomia, come perielio, afelio, parelio, eliocentrico ;
di
ottica eliostato ed elioscopio ; di botanica le d
, afelio, parelio, eliocentrico ; di ottica eliostato ed elioscopio ;
di
botanica le denominazioni di piante eliofile e di
co ; di ottica eliostato ed elioscopio ; di botanica le denominazioni
di
piante eliofile e di eliotropio (volgarmente gira
ato ed elioscopio ; di botanica le denominazioni di piante eliofile e
di
eliotropio (volgarmente girasole) ; ed anche la f
ri armonizza col solfo, ma è molto raro in natura. Si chiamò col nome
di
selenio dal greco vocabolo selene (la Luna) per s
significare la sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo,
di
cui dicemmo nel Capitolo della Dea Tellure. Fu sc
o in tutte le zone ; ne ho vedute nel fiume Guayaquil, da 8 a 9 metri
di
lunghezza, nuotanti in mezzo alla corrente e port
i di lunghezza, nuotanti in mezzo alla corrente e portanti gran copia
di
vegetabili, le cui radici si abbarbicano e s’intr
edesime, lo stesso autore soggiunge : « Sulle rive paludose dei laghi
di
Xochimilco e di Chelco l’acqua agitata nella stag
so autore soggiunge : « Sulle rive paludose dei laghi di Xochimilco e
di
Chelco l’acqua agitata nella stagione delle piene
Chelco l’acqua agitata nella stagione delle piene stacca delle zolle
di
terra coperte di erba e di radici fra di loro int
gitata nella stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte
di
erba e di radici fra di loro intrecciate. Queste
la stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e
di
radici fra di loro intrecciate. Queste zolle gall
lle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra
di
loro intrecciate. Queste zolle galleggiano lunga
olta in piccole isolette. » 104. Omero rammenta soltanto 12 figli
di
Niobe, e Ovidio 14. Dante segui Ovidio, come appa
Ovidio 14. Dante segui Ovidio, come apparisce dalla terzina riportata
di
sopra. Nella sala detta della Niobe in Firenze vi
a di sopra. Nella sala detta della Niobe in Firenze vi sono 14 statue
di
Niobidi, ma due sono ripetute per copia conforme
ome asserisce Omero. — Inoltre sappiamo ancora dal seguente epitaffio
di
Ausonio che anticamente esisteva una bellissima s
e epitaffio di Ausonio che anticamente esisteva una bellissima statua
di
Niobe sculta da Prassitele : « Vivebam : sum fac
XIV Il Diluvio
di
Deucalione Dopo che furono sterminati i Giganti
zza dei discendenti dei migliori Titani, quella degli uomini plasmati
di
creta e animati da Prometeo col fuoco celeste, e
vennero quasi tutti empii, scellerati e crudeli. Giove, avuta notizia
di
questa general corruzione del genere umano, volle
mpagno suo figlio Mercurio, si misero ambedue a viaggiare sotto forma
di
pellegrini pel mondo. Trovarono da per tutto orri
legrini pel mondo. Trovarono da per tutto orribili delitti, nefandità
di
nuova idea ; e saputo tra le altre cose, che v’er
e saputo tra le altre cose, che v’era un re d’Arcadia, Licaone figlio
di
Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovament
di Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovamente venuti le carni
di
quelli arrivati prima, e facea poi servir di past
ovamente venuti le carni di quelli arrivati prima, e facea poi servir
di
pasto le carni loro agli ospiti che arrivavano do
e presentarsi egli stesso all’infame reggia divenuta macello e cucina
di
carne umana. Trovò che la fama era minore del ver
e se egli non era un Dio, sarebbe toccata anche a lui la stessa sorte
di
quei miseri ospiti che lo avevano preceduto. Fulm
trasformazione è fondata sopra due somiglianze, quella cioè del nome
di
Licaone che deriva dal greco licos che significa
iva dal greco licos che significa lupo, e l’altra degl’istinti feroci
di
questo animale con quelli di quel re bestiale, pr
fica lupo, e l’altra degl’istinti feroci di questo animale con quelli
di
quel re bestiale, primo modello dei più efferati
, narrò tutti gli orribili delitti degli uomini, e si mostrò risoluto
di
esterminare tutta quella razza bestiale più che u
ano essi i due fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono
di
scampare dal generale esterminio ? Furono ambedue
inio ? Furono ambedue della stirpe dei Titani : Deucalione era figlio
di
Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epi
: Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia
di
Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli n
ra figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e
di
Pandora ; ed essendo rimasti soli nel mondo, e qu
pio della dea Temi che era sul monte Parnaso, dimandarono all’oracolo
di
essa qual sarebbe un modo più sollecito di ripopo
o, dimandarono all’oracolo di essa qual sarebbe un modo più sollecito
di
ripopolare il mondo. L’oracolo rispose : gettatev
polcri, interpetrarono che la gran madre fosse la Terra, madre comune
di
tutti i mortali86), e le ossa della medesima le p
no ; e poco dopo videro con maraviglia che le pietre scagliate dietro
di
sè da Pirra erano divenute donne e quelle di Deuc
pietre scagliate dietro di sè da Pirra erano divenute donne e quelle
di
Deucalione uomini. Ecco perchè, dicono i poeti, n
lla dura origine nostra !87). In tal modo ben presto con molte coppie
di
coniugi fu ripopolato il mondo. Questo fatto mito
isori che lo riportassaro nelle stampe o incisioni. Vedonsi nel mezzo
di
una squallida campagna, e sotto un cielo fantasma
i acque ancora stagnanti, Deucalione e Pirra seduti sul terreno l’uno
di
faccia all’altra in atto di scagliare dietro le s
ucalione e Pirra seduti sul terreno l’uno di faccia all’altra in atto
di
scagliare dietro le spalle una pietra, e a poca d
rmata la testa soltanto, in altre anche il petto e le braccia, e così
di
seguito gradatamente, finchè ne apparisce qualcun
tutta cangiata in forma umana, o a cui manca soltanto il complemento
di
un piede che vedesi ancora di rozza pietra. La t
, o a cui manca soltanto il complemento di un piede che vedesi ancora
di
rozza pietra. La tradizione del diluvio universa
ti che la compongono, ne distingue i materiali, sotto il nome tecnico
di
roccie 88), in 4 classi : roccie acquee, roccie v
mette e dimostra il gran cataclisma del diluvio. In geologia si parla
di
più d’uno di questi cataclismi dei tempi preistor
tra il gran cataclisma del diluvio. In geologia si parla di più d’uno
di
questi cataclismi dei tempi preistorici ; e quell
mpi preistorici ; e quello storico, chiamato il diluvio universale, e
di
cui trovasi una general tradizione in tutti i pop
e di cui trovasi una general tradizione in tutti i popoli, è l’ultimo
di
questi cataclismi riconosciuti e dimostrati dalla
onta a giorni e a mesi, ma a migliaia e migliaia d’anni, come avviene
di
tutte le così dette epoche geologiche90). Le rocc
o perciò ancora sedimentarie, e vi si aggiunge talvolta l’appellativo
di
fossilifere, perchè contengono fossili, ossia cor
ivo di fossilifere, perchè contengono fossili, ossia corpi o frazioni
di
animali e di vegetabili travolti e seppelliti nel
ifere, perchè contengono fossili, ossia corpi o frazioni di animali e
di
vegetabili travolti e seppelliti nella terra per
i animali e di vegetabili travolti e seppelliti nella terra per forza
di
successivi cataclismi. Trovansi infatti nell’inte
ivi cataclismi. Trovansi infatti nell’interno del nostro globo strati
di
arena, di creta e di marmo che contengono conchig
ismi. Trovansi infatti nell’interno del nostro globo strati di arena,
di
creta e di marmo che contengono conchiglie e fran
nsi infatti nell’interno del nostro globo strati di arena, di creta e
di
marmo che contengono conchiglie e frantumi di veg
ti di arena, di creta e di marmo che contengono conchiglie e frantumi
di
vegetabili ; e se ne deduce razionalmente che que
fiumi. — Così una scienza che due secoli indietro non esisteva neppur
di
nome, e non supponevasi nemmeno che potesse esist
i stessi del nostro globo travolti e seppelliti da migliaia e milioni
di
anni per le forze irresistibili della Natura negl
stesso mitologica, biblica e filosofica. Mitologica secondo la favola
di
Deucalione e Pirra che trasformarono le pietre in
in uomini e donne ; biblica secondo la Genesi, che Adamo fu composto
di
terra, ed alcuni commentatori aggiungono ancora p
posto di terra, ed alcuni commentatori aggiungono ancora precisamente
di
terra rossa ; filosofica per l’uguaglianza dei di
del Purgatorio, facendo così parlare Omberto Aldobrandeschi dei conti
di
Santa Fiora, che fu ucciso per la sua superbia ar
se volte anche nella Divina Commedia. Ma in geologia il nome generico
di
roccia si applica a tutti i materiali, solidi o m
ese roche, in inglese rock e in tedesco felsart. 89. Ho notato più
di
una volta, e tornerò ancora a notare, che i termi
ione della Mitologia aiuta molto ad intendere il significato generale
di
quelle denominazioni scientifiche. Cosi roccie vu
ome l’Etna, lo Stromboli ecc. detti perciò Vulcani. L’appellativo poi
di
plutoniche derivato dal nome di Plutone dio dell’
tti perciò Vulcani. L’appellativo poi di plutoniche derivato dal nome
di
Plutone dio dell’Inferno sembrerebbe che volesse
come l’Inferno dei Pagani non consisteva soltant o nel Tartaro, luogo
di
pena, nè le pene eran tutte di fuoco, perciò i ge
onsisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte
di
fuoco, perciò i geologi chiamaron plutoniche quel
i, che significa trasformazione, come abbiamo spiegato altra volta, e
di
cui tanto avvien di parlare nella Mitologia, inte
sformazione, come abbiamo spiegato altra volta, e di cui tanto avvien
di
parlare nella Mitologia, intenderà facilmente il
parlare nella Mitologia, intenderà facilmente il significato generale
di
roccie metamorfiche, e lo tradurrà per trasformat
Lyell, il più celebre dei geologi inglesi. Infatti, secondo la teoria
di
Hutton, adottata generalmente come la più probabi
ente come la più probabile, dice il geologo Strafforello, i materiali
di
questi strati furono depositati originariamente d
trati furono depositati originariamente dall’acqua nella solita forma
di
sedimento, ma furono poi alterati e quasi cristal
ezione popolare dell’illustre geologo professor Igino Cocchi sul modo
di
contare gli anni in geologia.
XL Osservazioni generali Questi tre termini
di
Semidei, Indigeti ed Eroi si trovano usati talvol
amente, ma pur anco per certe speciali condizioni, che converrà prima
di
tutto accennare. Semidei, parola latina conserva
resentavano alcune delle Inferiori Divinità. Erano figli o d’un Dio e
di
una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole
un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure
di
una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di A
na donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e
di
un uomo mortale, come credevasi di Achille e di E
eo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi
di
Achille e di Enea. Indigeti è parola di etimolog
; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di Achille e
di
Enea. Indigeti è parola di etimologia tutta lati
uomo mortale, come credevasi di Achille e di Enea. Indigeti è parola
di
etimologia tutta latina, sia che debbasi interpre
E per quanto possa questo vocabolo sembrare a primo aspetto sinonimo
di
quello di Semidei, non v’è compresa per altro com
nto possa questo vocabolo sembrare a primo aspetto sinonimo di quello
di
Semidei, non v’è compresa per altro come necessar
ngue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è
di
origine greca ; ed i filologi antichi, incomincia
ne greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator
di
Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deduc
ndole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè
di
Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti il
diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei,
di
Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per
in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e
di
uomini divenuti illustri o per dignità o per impr
i Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese
di
sovrumano valore. Lo stesso Omero l’usa assai spe
grandi ostacoli all’incivilimento dei popoli. E quanto alla sapienza
di
quell’epoca ottennero lode sopra gli altri i fond
incipalmente nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver
di
rapina : era per lo più questa la causa delle ant
zioni dei Barbari, se non si rinnovò precisamente un circolo similare
di
tutte le antiche fasi sociali, come suppone il Vi
lla romana civiltà, come dice il Romagnosi (e si può aggiungere anche
di
quella del Cristianesimo), che aiutarono e sollec
e sollecitarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione
di
tutti gli ordini sociali il predominio della forz
nformarono i poemi romanzeschi che ammettono prodigii non meno strani
di
quelli dell’Odissea. Spiacemi che il mio umile as
nto e lo scopo principale a cui è diretto questo lavoro m’impediscano
di
estendermi in osservazioni generali, e mi obbligh
iscano di estendermi in osservazioni generali, e mi obblighino invece
di
aggiunger soltanto spiegazioni al racconto dei mo
ho voluto premetter questi brevi cenni per far conoscer la necessità
di
studiare i tempi eroici, che sono come il Medio E
tà. Scendendo ora a parlare dei principali Eroi, e Semidei e Indigeti
di
quest’epoca, convien prima di tutto determinare l
i principali Eroi, e Semidei e Indigeti di quest’epoca, convien prima
di
tutto determinare l’estensione, o vogliam dire la
e, o vogliam dire la durata dell’età eroica ; ed io l’accennerò prima
di
tutto colle parole stesse del nostro Giovan Batti
iStorici, egli dice, danno il principio al Secolo eroico coi corseggi
di
Minosse e con la spedizione navale che fece Giaso
e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritorno
di
Ulisse in Itaca. » Volendo poi determinare cronol
a, non abbiamo dati certi neppure dell’anno preciso della distruzione
di
Troia, poichè si trova in taluni Autori la differ
distruzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza
di
più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia grec
zione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più
di
un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca più a
; ma seguendo la Cronologia greca più accreditata colle modificazioni
di
Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo al
Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine
di
tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che
troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi
di
quelli che presero parte attiva nella guerra di T
gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella guerra
di
Troia. E a far questo ci aiuteranno diverse celeb
ti gli Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si son dati cura
di
rammentare : tali sono la caccia del cinghiale di
ti si son dati cura di rammentare : tali sono la caccia del cinghiale
di
Caledonia, la spedizione degli Argonauti, la guer
del cinghiale di Caledonia, la spedizione degli Argonauti, la guerra
di
Tebe o dei 7 Prodi, e finalmente la guerra di Tro
li Argonauti, la guerra di Tebe o dei 7 Prodi, e finalmente la guerra
di
Troia. Ora in queste diverse imprese trovansi ram
ra in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi
di
cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati
izia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e
di
qualche eroe che intervenne a più d’una è detto i
figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale
di
esse egli era più giovane, in quale più vecchio :
i era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema
di
errare l’ordine cronologico di quelle imprese. In
vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico
di
quelle imprese. Inoltre di quegli Eroi che non so
senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese. Inoltre
di
quegli Eroi che non son rammentati o compresi in
. Inoltre di quegli Eroi che non son rammentati o compresi in nessuna
di
quelle spedizioni, e che pure compierono memorabi
discesi nel regno delle Ombre. Questo può asseverarsi principalmente
di
Perseo, di Bellerofonte e di Cadmo, anche secondo
l regno delle Ombre. Questo può asseverarsi principalmente di Perseo,
di
Bellerofonte e di Cadmo, anche secondo la precita
e. Questo può asseverarsi principalmente di Perseo, di Bellerofonte e
di
Cadmo, anche secondo la precitata Cronologia grec
dmo, anche secondo la precitata Cronologia greca ; perciò dalle gesta
di
questi dovrà cominciare la narrazione dei tempi e
rò a mano a mano che toccherà la lor volta per ordine cronologico ; e
di
quelli che si trovarono insieme in una data spedi
una data spedizione prima accennerò brevemente le particolari qualità
di
ciascuno di essi, e poi li metterò in azione tutt
dizione prima accennerò brevemente le particolari qualità di ciascuno
di
essi, e poi li metterò in azione tutti insieme ;
n azione tutti insieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista
di
quella impresa nel narrare l’impresa stessa. Prim
o protagonista di quella impresa nel narrare l’impresa stessa. Prima
di
por termine a questo Capitolo convien fare un’alt
la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole
di
Statistica ; e basta soltanto il sapere quel che
o del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra
di
Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cre
egnava. » (Iliad., lib. i). 45. Servio nel commento all’egloga 4ª
di
Virgilio deduce il nome di Heros da Hera signific
. 45. Servio nel commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome
di
Heros da Hera significante, secondo esso, la Terr
Eroe, secondo Servio, corrisponderebbe a Indigete, che abbiamo detto
di
sopra significare indes genitus cioè è terra geni
delle arti e delle scienze, ed anche la creazione e la trasformazione
di
molti prodotti della natura stessa. E in ciò appu
li a cui se ne attribuiva l’invenzione o la creazione. Cerere figlia
di
Saturno e di Cibele (che è lo stesso che dire del
e attribuiva l’invenzione o la creazione. Cerere figlia di Saturno e
di
Cibele (che è lo stesso che dire del Tempo e dell
e in sua stagiòne (in tempore suo), producevansi dalla terra. Il nome
di
Cerere, secondo Cicerone, deriva dal verbo creo,
. L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome
di
Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente consi
esse prima che agli altri insegnato l’agricoltura a Trittolemo figlio
di
Celeo re d’ Eleusi, (antica città greca fra Megar
i, (antica città greca fra Megara e il Pireo), e che questi sul carro
di
Cerere tirato da draghi volanti avesse percorso g
Misterii Eleusini, cioè i riti arcani che si celebravano nelle feste
di
Cerere in Eleusi. I Latini per altro non ammettev
oltura Trittolemo e neppur Cerere, ma invece lo stesso Saturno, padre
di
lei (come dicemmo parlando di questo Dio), e perc
ere, ma invece lo stesso Saturno, padre di lei (come dicemmo parlando
di
questo Dio), e perciò affermavano la lor priorità
to Dio), e perciò affermavano la lor priorità sopra i greci nell’arte
di
coltivar la terra. Per questa ragione Virgilio ne
, che rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi
di
sua madre. Raccontano i mitologi che Proserpina c
attributi di sua madre. Raccontano i mitologi che Proserpina come dea
di
secondo ordine stava sulla terra e precisamente i
re che fosse avvenuto della perduta Proserpina. Questo mito del ratto
di
Proserpina è tanto amplificato ed abbellito di st
Questo mito del ratto di Proserpina è tanto amplificato ed abbellito
di
straordinarie fantasie da tutti i poeti antichi e
« E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E nel fuoco li accese
di
Vulcano « E diè lor non poter esser mai spenti ;
, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi che tutto il mondo « Cercò
di
sopra, andò al tartareo fondo53. » Cerere per al
al tartareo fondo53. » Cerere per altro non pensava nemmen per ombra
di
dover cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia
a figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa
di
una fontana chiamata Aretusa, le cui acque scorre
etusa, le cui acque scorrevano sotto terra, che le avesse significato
di
aver veduto Proserpina piangente e spaventata, in
vie sotterranee verso le regioni infernali. Corse subito alla reggia
di
questo Dio per riprender la figlia ; ma Plutone n
vrebbe potuto esser libera e ritornar colla madre. Si affrettò Cerere
di
ritornar da Plutone ; e mentre sperava di essere
a madre. Si affrettò Cerere di ritornar da Plutone ; e mentre sperava
di
essere stata in tempo per ricondur via la figlia,
condur via la figlia, poichè molti testimoni interrogati rispondevano
di
non aver veduto nulla, comparve un impiegato infe
spondevano di non aver veduto nulla, comparve un impiegato infernale,
di
nome Ascalafo, che asserì di aver veduto Proserpi
nulla, comparve un impiegato infernale, di nome Ascalafo, che asserì
di
aver veduto Proserpina succhiare alcuni chicchi d
calafo, che asserì di aver veduto Proserpina succhiare alcuni chicchi
di
melagrana ; nè Proserpina potè negarlo. Cerere in
cqua del fiume Flegetonte, e lo cangiò in gufo o barbagianni, uccello
di
cattivo augurio. Si venne allora ad una transazio
Si venne allora ad una transazione, e fu convenuto per la mediazione
di
Giove che Proserpina restasse 6 mesi dell’anno co
4. Tutta questa immaginosa invenzione significa che Proserpina figlia
di
Cerere simboleggia le biade, le quali stanno sei
quali è sempre rappresentata. Sono emblemi suoi distintivi una corona
di
spighe di grano sulla fronte e parimente un fasci
mpre rappresentata. Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe
di
grano sulla fronte e parimente un fascio o covone
corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone
di
spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvo
vone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo
di
papaveri nell’altra. Quest’ultimo distintivo le f
tivo le fu dato, perchè goffamente credevasi che avesse avuto bisogno
di
un decotto di papaveri che Giove le somministrò p
o, perchè goffamente credevasi che avesse avuto bisogno di un decotto
di
papaveri che Giove le somministrò per liberarla d
e somministrò per liberarla dall’insonnio cagionatole dall’afflizione
di
aver perduto la figlia. Quando poi s’incominciò a
re l’estate presso a poco come Cerere, cioè colla corona e col covone
di
spighe, e inoltre la falce da grano, parve anche
da grano, parve anche necessario l’aggiungere il distintivo del mazzo
di
papaveri all’immagine della dea Cerere. Per maggi
gior distinzione fu rappresentata ancora talvolta con una doppia fila
di
mammelle, per cui le si dava il titolo di Mammosa
alvolta con una doppia fila di mammelle, per cui le si dava il titolo
di
Mammosa. Non è però possibile scambiarla o confon
a. Fra i supposti miracoli fatti da Cerere, oltre alla trasformazione
di
Ascalafo in gufo, si narra che essa avesse anche
fanciulletto Stellio in lucerta per punirlo dell’essersi fatto beffa
di
lei. Forse la somiglianza del nome, che in latino
ei. Forse la somiglianza del nome, che in latino è omonimo con quello
di
questo piccolo rettile, diè motivo ad inventare u
ei delitti umani, e specialmente dell’empietà, non avrebbe trascurato
di
riferire anche questa, se contro i fanciulli inso
o divorati dagli orsi ; e se ne valse per fare una perifrasi dei nome
di
quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 co
o stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà
di
Eresittone. Questo re di Tracia (o di Tessaglia)
dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. Questo re
di
Tracia (o di Tessaglia) aveva atterrato per dispr
ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. Questo re di Tracia (o
di
Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selv
di Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selva sacra al culto
di
Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dall
imonio, vendendo perfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante
di
estenuazione e di tal disperazione « Che in sè m
erfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante di estenuazione e
di
tal disperazione « Che in sè medesmo si volgea c
Scritta, rammenta una pittura che rappresenta Eresittone come simbolo
di
un insaziabile usuraio : « Da un lato un gran ca
la fame « Coll’intimo bruciore « Rimangia il mangiatore56. » Il nome
di
Cerere in latino stava a significare, per figura
Il nome di Cerere in latino stava a significare, per figura rettorica
di
metonimia, il grano o le biade, come Bacco il vin
no cereale, cioè appartenente a Cerere ; e si usa al plurale in forza
di
nome, dicendosi i cereali per significar le biade
cereali per significar le biade o le granaglie. In astronomia il nome
di
Cerere fu dato al primo degli asteroidi (pianeti
a Marte e Giove), scoperto dal Piazzi nel primo giorno del primo anno
di
questo secolo. 50. Altri autori latini dicono c
poeti, e neppure le vere o probabili origini storiche. Lo dimostrano
di
fatto, colle loro dotte investigazioni sui tempi
tri. 52. Perchè madre Idèa voglia dir Cibele è spiegato all’articolo
di
questa Dea, ove ho riportato questo stesso verso
dell’ Ariosto. 53. Queste due ottave son poste dall’ Ariosto a modo
di
similitudine, come s’intende dall’ottava che segu
raghi non avea, « La gìa cercando al meglio che potea. » Un’infinità
di
esempii, simili a quelli sopra citati di Dante e
io che potea. » Un’infinità di esempii, simili a quelli sopra citati
di
Dante e dell’ Ariosto, dimostrano come e quanto g
rattato questo soggetto : basti il rammentare il bel quadro del Ratto
di
Proserpina, dipinto dal Turchi soprannominato L’
ve Anche sulle labbra degli analfabeti, che non sieno privi affatto
di
qualunque idea di religione, udiamo sovente il co
abbra degli analfabeti, che non sieno privi affatto di qualunque idea
di
religione, udiamo sovente il comune proverbio, ch
nità, la base e il fondamento della morale religiosa. Quindi il culto
di
tali Dei, chiamati giustamente dall’Alighieri fal
avvenne difatti. Giove, il supremo degli Dei pagani, era più vizioso
di
molti mortali ; e perciò usurpava, o gli era dato
i mortali ; e perciò usurpava, o gli era dato immeritamente il titolo
di
Ottimo. Nel n° XI notammo tutte le eccellenti qua
si moltiplicò. Fra i più celebri si annoverano Prometeo ed Epimeteo,
di
cui ora occorre parlare. Prometeo ed Epimeteo er
imeteo, di cui ora occorre parlare. Prometeo ed Epimeteo erano figli
di
uno dei Titani chiamato Japeto, ed ambedue ingegn
hiamato Japeto, ed ambedue ingegnosissimi : il primo faceva le statue
di
creta rappresentanti esseri simili a lui, o vogli
le statue di creta rappresentanti esseri simili a lui, o vogliam dire
di
forma umana ; e il secondo modellava e plasmava,
par. vera istoria : ma ora incomincia la favola. Prometeo col favore
di
quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’
Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla
di
fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece
i. Giove che intendeva riserbato esclusivamente a sè stesso il potere
di
crear gli uomini, punì crudelmente Prometeo col f
Prometeo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Caucaso, e
di
più col mandare ogni giorno un avvoltoio a roderg
di più col mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli il fegato, che
di
notte gli rinasceva e cresceva, per render perpet
o, che di notte gli rinasceva e cresceva, per render perpetua la pena
di
lui. Parve esorbitante e tirannico questo suppliz
izio agli stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese
di
Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di crea
stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese di Giove
di
arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uo
dispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà
di
creare gli uomini ; ma invece di protestare con p
di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece
di
protestare con parole o con dimostrazioni clamoro
on dimostrazioni clamorose, asserirono il loro diritto, esercitandolo
di
fatto e creando una donna fornita di tutte le più
o il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita
di
tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la
andolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti
di
corpo e di spirito, la quale chiamarono Pandora,
atto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e
di
spirito, la quale chiamarono Pandora, che in grec
ti avevano contribuito a darle qualche particolar pregio. Giove finse
di
non sdegnarsene, anzi disse di voler farle un don
qualche particolar pregio. Giove finse di non sdegnarsene, anzi disse
di
voler farle un dono anch’egli, e le diede un vaso
i voler farle un dono anch’egli, e le diede un vaso chiuso con ordine
di
portarlo ad Epimeteo perchè l’aprisse. Ma per qua
ordine di portarlo ad Epimeteo perchè l’aprisse. Ma per quanto piena
di
pregi fosse Pandora, gli Dei non avevan pensato a
te aggiunte e frangie, da tener lungamente occupato chi volesse darne
di
tutte la descrizione e la spiegazione : è questo
one : è questo l’argomento prediletto non solo dei poeti, ma pur anco
di
molti filosofi nostri e stranieri. Lo stesso gran
oeticamente una scintilla del fuoco celeste) ; e inoltre la punizione
di
esso significa le traversie e le persecuzioni imm
ndi inventori invece del meritato premiò. Aggiungono però che la pena
di
Prometeo non fu perpetua, perchè Ercole lo liberò
celeste, inventando che egli accese lassù una verghetta o un fascetto
di
legna ; e cosi vengono a significare il modo usat
na ; e cosi vengono a significare il modo usato anche oggidì, in caso
di
bisogno o per esperimento, di eccitar la fiamma c
are il modo usato anche oggidì, in caso di bisogno o per esperimento,
di
eccitar la fiamma colla confricazione di due arid
i bisogno o per esperimento, di eccitar la fiamma colla confricazione
di
due aridi legni. Un uguale effetto deriva ancora
d anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa
di
Giove) comunica il fuoco alle materie combustibil
la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli aiuti
di
tutte le arti degli uomini. Anzi nella modernissi
del vero, posson chiamarsi invidiabilmente felici i sapienti cultori
di
quelle ! Quanto poi al vaso di Pandora, onde, usc
idiabilmente felici i sapienti cultori di quelle ! Quanto poi al vaso
di
Pandora, onde, uscirono tutti i mali di questa Te
i quelle ! Quanto poi al vaso di Pandora, onde, uscirono tutti i mali
di
questa Terra, l’espressione mitologica è tanto fa
spressione mitologica è tanto famigerata che odesi spesso dalla bocca
di
persone tutt’altro che eruditissime. Di Pandora s
mitologi, che Giove, nel regalarle il fatal vaso, le avesse ordinato
di
portarlo a Prometeo ; ma questi il cui nome signi
ifica l’opposto, cioè improvvido o incauto, questi l’aprì. Aggiungono
di
più che egli sposò Pandora, la quale gli portò in
iù che egli sposò Pandora, la quale gli portò in dote quel vaso pieno
di
tutti i mali. È poi molto notabile e filosofica l
di tutti i mali. È poi molto notabile e filosofica l’interpretazione
di
Bacone da Verulamio che Pandora, unita in matrimo
ora e al genere umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato
di
sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici
ato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire
di
marito e di padre, è anche più biasimevole. Mille
, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e
di
padre, è anche più biasimevole. Mille ragioni non
e più biasimevole. Mille ragioni non che una aveva Giunone sua moglie
di
lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniuga
one sua moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniugale
di
suo marito ; e gli uomini stessi non ebbero a lod
andosi molte famiglie dei mortali involte in gravi sciagure per colpa
di
Giove. Lungo sarebbe e molesto il voler tutte ram
er colpa di Giove. Lungo sarebbe e molesto il voler tutte rammentarle
di
seguito, come alcuni mitologi fanno : ond’io pref
ammentarle di seguito, come alcuni mitologi fanno : ond’io preferisco
di
narrarne le principali una alla volta, di mano in
i fanno : ond’io preferisco di narrarne le principali una alla volta,
di
mano in mano che ne verrà l’occasione, secondo l’
one, secondo l’ordine cronologico e gerarchico, nel parlare dei figli
di
Giove. Peggio poi che bestiale non che disumana f
gli di Giove. Peggio poi che bestiale non che disumana fu la condotta
di
questo Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con
nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulcano figlio suo e
di
Giunone, non per altro motivo se non perchè gli p
li parve brutto e deforme : per la qual caduta il misero Vulcano ebbe
di
più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo,
forme : per la qual caduta il misero Vulcano ebbe di più la disgrazia
di
rimaner perpetuamante zoppo, e di esser perciò il
ro Vulcano ebbe di più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e
di
esser perciò il ludibrio di quelle stravaganti Di
sgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e di esser perciò il ludibrio
di
quelle stravaganti Divinità del Paganesimo, come
» come dice il Petrarca, era il Dio della guerra selvaggia, feroce,
di
esterminio. Per lui eran care delizie le risse e
vinsero aiutando l’eroico valore colla strategia e cogli strattagemmi
di
guerra, preferivano il culto di Minerva a quello
colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto
di
Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo a
ogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello
di
Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamen
amente i Traci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume
di
terminar con risse e pugne anche i conviti. Ben p
minar con risse e pugne anche i conviti. Ben pochi fatti raccontavano
di
questo Dio che stessero ad onore di lui, perchè c
iti. Ben pochi fatti raccontavano di questo Dio che stessero ad onore
di
lui, perchè credevano che gli fosse nemica la ste
quelle pugne in cui prendevano parte anche gli Dei, come nella guerra
di
Troia, si metteva sempre dalla fazione contraria
ro, la cui fondazione ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio
di
Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devo
ne ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto
di
Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di G
io di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello
di
Giove Ottimo Massimo, perchè i Romani oltre al cr
ani, tenevan per fermo che il fondatore della loro città fosse figlio
di
Marte, come narra lo stesso Tito Livio. Da Ares,
figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio. Da Ares, greco nome
di
questo Dio, derivò e fu composto il termine di Ar
o. Da Ares, greco nome di questo Dio, derivò e fu composto il termine
di
Areopago, che propriamente ed etimologicamente si
ine di Areopago, che propriamente ed etimologicamente significa borgo
di
Marte ; e poi sotto questo nome fu istituito da S
questo nome fu istituito da Solone il famoso tribunale dell’Areopago,
di
tanta sapienza e integrità, che vi eran portate a
e liti anche dagli stranieri. Come poi in questo nome tanto del borgo
di
Atene quanto del tribunale vi entrasse Marte, lo
vi entrasse Marte, lo dice la Mitologia. Marte fu accusato da Nettuno
di
avergli ucciso contro ogni ragione il suo figlio
contro ogni ragione il suo figlio Alitrozio ; e fu scelto un consesso
di
12 Dei per giudicarlo, e il dibattimento ebbe luo
un borgo d’Atene che d’allora in poi fu chiamato perciò Areopago. Seì
di
quei giudici condannarono Marte, e gli altri sei
revole all’imputato, tanto più che per l’assoluzione era dato il voto
di
Minerva, Dea della sapienza173. Il nome latino d
e era dato il voto di Minerva, Dea della sapienza173. Il nome latino
di
Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di M
a173. Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione
di
Mavors, che significa, come dice Cicerone, magna
ed appella evidentemente alla marcia militare e all’uso degli antichi
di
scagliarsi contro il vicino nemico a passi accele
on aspetto fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue
di
marmo e di bronzo (chè il nudo è il campo della s
fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue di marmo e
di
bronzo (chè il nudo è il campo della statuaria),
o i Romani ne moltiplicarono le statue e le pitture, perchè al favore
di
questo Dio attribuivano le loro conquiste. Infatt
generale romano nel partir per la guerra scuoteva l’asta della statua
di
Marte dicendo : Mars vigila ; sottintendendo in f
l termine della repubblica e ai primi tempi dell’impero, perchè a fin
di
guerra riuscivan sempre vincitori e conquistatori
già tutta plasmata da « ….quell’ingrato popolo maligno « Che discese
di
Fiesole ab antico « E tiene ancor del monte e del
menta santa « Di quei Roman che vi rimaser, quando « Fu fatto il nido
di
malizia tanta. » (Inf., Canto xv.) E inoltre Dan
el Dio Marte : « E se non fosse che sul passo d’Arno « Rimane ancor
di
lui alcuna vista, « Quei cittadin che poi la rifo
mitologi aggiungono che fu cangiato in gallo da Marte un suo soldato
di
nome Elettrione, perchè non fece bene la guardia,
andaloso, si attribuiva subito a Marte : sì poco buona stima si aveva
di
lui per morale condotta !179 In onore di Marte f
ì poco buona stima si aveva di lui per morale condotta !179 In onore
di
Marte fu dato da Romolo il nome al mese di marzo
le condotta !179 In onore di Marte fu dato da Romolo il nome al mese
di
marzo che era in quel tempo il primo mese dell’an
a un vasto podere appartenente a Tarquinio il superbo, ed ora è pieno
di
case, fra le quali il palazzo detto di Firenze, p
nio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo detto
di
Firenze, perchè apparteneva all’Ambasciata fioren
enze, perchè apparteneva all’Ambasciata fiorentina o toscana. Il nome
di
Marte si usa figuratamente tanto nella poesia lat
essioni tenuta marziale, aspetto marziale, corti marziali (o consigli
di
guerra), legge marziale (o stato d’assedio), ecc.
stragi. I moderni astronomi attribuiscono quel colore o alle materie
di
cui è composto il pianeta, atte a rifletterlo, o
vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte
di
ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfe
dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta
di
Marte, che per natura sua è sempre più rosso di t
manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso
di
tutti gli altri. Avendo egli presenti alla mente
pareggia. » 173. Da questa favola si disse derivato l’uso invalso
di
considerare favorevole all’imputato la parità dei
o invalso di considerare favorevole all’imputato la parità dei voti e
di
chiamar voto di Minerva quello decisivo. Modernam
siderare favorevole all’imputato la parità dei voti e di chiamar voto
di
Minerva quello decisivo. Modernamente per altro n
umero dei giudici sia dispari ; ed in alcune società amministrative o
di
privati, ove il numero dei votanti è variabile, s
i privati, ove il numero dei votanti è variabile, si accorda nei casi
di
parità il doppio voto al Presidente. 174. « Ja
« Jam qui magna verteret, Mavors. » (De Nat. Deor., ii.) E col nome
di
Mavors è chiamato Marte anche da Virgilio : magna
ne che i Romani usavano l’aggettivo bellus, a, um nel significato non
di
pulchrum, cioè bello, ma più comunemente di comod
a, um nel significato non di pulchrum, cioè bello, ma più comunemente
di
comodo e utile. Era comunissimo il dire (e trovas
tile. Era comunissimo il dire (e trovasi anche scritto nelle epistole
di
Cicerone) bellum est, per significare è cosa util
uesti scrittori, si metteva i panni curiali in ossequio e venerazione
di
uomini sì grandi e sapienti. 178. « E falso che
e molto la guastò nelle guerre che ebbe a sostenere contro i generali
di
Giustiniano. Essendo però comune opinione a quei
rò comune opinione a quei tempi che Attila fosse stato il distruttore
di
Firenze, a quella, come tant’altre volte, s’attie
l Poeta. » (Dal Commento del Can. Bianchi.) 179. Circa all’origine
di
Romolo creduto dai Romani figlio di Marte, Dante
anchi.) 179. Circa all’origine di Romolo creduto dai Romani figlio
di
Marte, Dante dice apertamente nel Canto viii del
gnificare colle nostre forze, cioè col nostro ingegno e senza l’aiuto
di
alcuno. 181. L’epiteto di marziali alle sostanze
e, cioè col nostro ingegno e senza l’aiuto di alcuno. 181. L’epiteto
di
marziali alle sostanze o ai prodotti chimici, in
il ferro, suol darsi in Terapeutica non solo per indicar la presenza
di
questo elemento, ma pur anco l’effetto del medesi
ar la presenza di questo elemento, ma pur anco l’effetto del medesimo
di
rinforzar la fibra, e il sangue. In Chimica si di
da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). Il nome
di
Giove deriva dal verbo giovare (juvare) : Giove s
l celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprovera la serva Italia
di
dolore ostello, ci presenta questa notabilissima
ita è la sua beneficenza. Da queste idee filosofiche derivò il titolo
di
Ottimo Massimo che davasi a Giove dai romani poli
re del fulmine. In Roma gli furono eretti diversi tempii sotto i nomi
di
Giove Statore, Feretrio e Capitolino ; e la stori
e Capitolino ; e la storia romana stessa narra l’origine e la ragione
di
questi titoli. Fu chiamato anche Giove Pluvio 60
del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio
di
Stato e la sua Corte. Ma spesso scendeva ad abita
eneva corte sul monte Olimpo in Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome
di
Olimpo è usato come sinonimo di Cielo ; Olimpico
Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome di Olimpo è usato come sinonimo
di
Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei d
Dei dell’ Olimpo tutti gli altri Dei superiori62. La dignità e maestà
di
Giove era descritta dai poeti più grandi e più so
r tutto l’Olimpo (Æneid., ix), e Orazio non lascia da aggiunger nulla
di
più affermando, che facea muover tutto a un balen
ggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balenar
di
ciglio (Od., iii, 1). Rappresentavasi con molta m
istra del fulmine, vale a dire che gli portava i fulmini dalla fucina
di
Vulcano. Omero aggiunge che ai lati del suo trono
del male, per versarle a suo beneplacito sopra i mortali. Dalle idee
di
Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratis
idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua
di
Giove Olimpico 63, considerata come una delle mar
pittori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici
di
questa suprema divinità del paganesimo64. Nell’Af
à del paganesimo64. Nell’Affrica questo Dio era adorato sotto il nome
di
Giove Ammone e sotto la forma di ariete. Ammone s
questo Dio era adorato sotto il nome di Giove Ammone e sotto la forma
di
ariete. Ammone significa arenoso, e Giove ebbe qu
questo titolo perchè nelle arene della Libia comparve sotto la forma
di
ariete a Bacco, assetato e smarrito nel deserto,
io che Bacco per gratitudine gli eresse in quell’oasi fu perciò detto
di
Giove Ammone, e l’idolo del Nume ebbe perciò la f
perciò detto di Giove Ammone, e l’idolo del Nume ebbe perciò la forma
di
ariete65. Dell’ Oracolo di questo tempio parlerem
e, e l’idolo del Nume ebbe perciò la forma di ariete65. Dell’ Oracolo
di
questo tempio parleremo in un capitolo a parte, s
nsistessero gli Oracoli dei Pagani. I paleontologi hanno dato il nome
di
Ammonite ad una conchiglia fossile, perchè ha la
ato il nome di Ammonite ad una conchiglia fossile, perchè ha la forma
di
un corno simile a quelli di Giove Ammone, cioè di
na conchiglia fossile, perchè ha la forma di un corno simile a quelli
di
Giove Ammone, cioè di ariete ; e la chiamano anco
perchè ha la forma di un corno simile a quelli di Giove Ammone, cioè
di
ariete ; e la chiamano ancora, specialmente i Fra
cioè di ariete ; e la chiamano ancora, specialmente i Francesi, corno
di
Ammone. Ecco un’altra scienza, e delle più recent
a scienza, e delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico
di
adottare nel linguaggio scientifico i termini del
ermini della Mitologia. La più bella e sublime immagine della potenza
di
Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e
ono anche gli astronomi antichi a rendere onore a Giove dando il nome
di
esso a quel pianeta che apparisce ed è maggiore d
che tuttora chiamasi Giovedì. Se tutto questo e null’altro si sapesse
di
Giove, avremmo in esso una nobilissima idea del D
sgraziatamente ci fu tramandato ancora il racconto della vita privata
di
questo Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume.
rivata di questo Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume. Prima però
di
scendere a questa storia aneddotica, parleremo di
un nume. Prima però di scendere a questa storia aneddotica, parleremo
di
un fatto o avvenimento straordinario, che mise in
di un fatto o avvenimento straordinario, che mise in forse la potenza
di
Giove e degli altri Dei superiori. 57. In latin
erone, juvans pater, il padre, ossia il Dio che giova, poichè il nome
di
padre davasi a tutti gli Dei benefici. Inoltre la
adre davasi a tutti gli Dei benefici. Inoltre la voce padre è termine
di
affettuosa venerazione. Dante nel primo Canto del
ella trovò in un casolare in mezzo alle selve. 58. Vedi la Diccosina
di
Genovesi. 59. Quem propter beneficia Populus Rom
Maximum nominavit. (Cic. pro Domo sua.) Perciò questo duplice titolo
di
Ottimo Massimo lo troviamo attribuito a Dio anche
O. M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e
di
altre fabbriche addette al culto, ma pur anco ne’
ù prosaici fanno lusso e spreco dell’espressione mitologica e poetica
di
Giove Pluvio tutte le volte che parlano di pioggi
sione mitologica e poetica di Giove Pluvio tutte le volte che parlano
di
pioggie troppo continuate. 61. Vedendosi l’alta
continuate. 61. Vedendosi l’alta cima del monte Olimpo spesso cinta
di
nubi, dicevano gli Antichi che ve le stendesse Gi
lla poesia italiana si può usare l’aggettivo olimpico nel significato
di
maestoso o imperioso ; e l’ ha usato anche il Giu
lla satira del Ballo in questa espressione : « Con un olimpico cenno
di
testa. » 63. Giove fu detto Olimpico non solo
ttà dell’ Elide nel Peloponneso ; presso la qual città (alla distanza
di
un miglio e mezzo) sorgeva il magnifico tempio de
visione del tempo tutta particolare ai Greci e significante lo spazio
di
quattro anni. 64. Dice Ugo Foscolo che « Fidia
spazio di quattro anni. 64. Dice Ugo Foscolo che « Fidia vantavasi
di
aver dedotto la statua di Giove Olimpio da tre ve
64. Dice Ugo Foscolo che « Fidia vantavasi di aver dedotto la statua
di
Giove Olimpio da tre versi di Omero. » E questi t
dia vantavasi di aver dedotto la statua di Giove Olimpio da tre versi
di
Omero. » E questi tre versi nell’originale greco
versi di Omero. » E questi tre versi nell’originale greco son quelli
di
n° 528, 529 e 530, nel i libro dell’ Iliade, che
dell’ Iliade, che il Monti tradusse così : « Disse, e il gran figlio
di
Saturno i neri « Sopraccigli inchinò : sull’immor
tremonne il vasto Olimpo. » 65. L’oasi in cui fu eretto il tempio
di
Giove Ammone era quella che ora si chiama Dakhel,
Grande Oasi, sui confini dell’ Egitto, nel deserto anticamente detto
di
Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena nel
Egitto, nel deserto anticamente detto di Barca. 66. Parlando il Vico
di
questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principi
arlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii
di
Scienza Nuova, riferisce che in essa Dionigi Long
, riferisce che in essa Dionigi Longino ammirava la maggior sublimità
di
tutte le favole omeriche ; e quindi aggiunge le s
degli uomini e degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio
di
esso Giove, ed essi vogliono Giove soggetto al Fa
essi vogliono Giove soggetto al Fato. Si fatta Autorità divina portò
di
seguito l’ Autorità umana con tutta la sua elegan
rtò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica
di
proprietà di umana natura, che non può esser tolt
o l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà
di
umana natura, che non può esser tolta all’uomo ne
in cui visse e per quanto oprò. Il racconto della sua vita è un misto
di
favole e di fatti storici. Perciò diremo da prima
e per quanto oprò. Il racconto della sua vita è un misto di favole e
di
fatti storici. Perciò diremo da prima quanto ne r
ultimo alcune osservazioni riferibili alla Storia. Cadmo era figlio
di
Agenore re di Fenicia e fratello di Europa. Fu qu
osservazioni riferibili alla Storia. Cadmo era figlio di Agenore re
di
Fenicia e fratello di Europa. Fu questa una belli
li alla Storia. Cadmo era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello
di
Europa. Fu questa una bellissima giovinetta, che
del mare, si gettò in mezzo alle onde, e nuotando trasportò all’isola
di
Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme div
la fece sua sposa, e n’ebbe due figli Minos e Radamanto 57. Il padre
di
lei non sapendo che ne fosse avvenuto, mandò il f
o che ne fosse avvenuto, mandò il figlio Cadmo a cercarla, con ordine
di
non tornare a casa finchè non avesse trovato la s
dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse
di
fabbricare una città ove incontrasse una giovenca
sti nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode
di
quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo d
stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva
di
divorarsi l’ ultimo di essi. Allora per vendicare
ile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo
di
essi. Allora per vendicare la morte dei compagni
ll’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì
di
prendere i denti di quel serpente da lui ucciso e
ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì di prendere i denti
di
quel serpente da lui ucciso e seminarne alquanti
menta vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità
di
uomini armati che si misero subito a combattere f
no a fabbricare la città. Questa fu da prima chiamata Cadmea dal nome
di
Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il n
dmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il nome
di
Cadmea alla fortezza che fu primamente il nucleo
Cadmo per moglie Ermione, o, secondo altri Mitologi, Armonia, figlia
di
Venere e di Marte, e dalla medesima ebbe quattro
oglie Ermione, o, secondo altri Mitologi, Armonia, figlia di Venere e
di
Marte, e dalla medesima ebbe quattro figlie : Aut
che Ino fu cangiata nella Dea marina Leucotoe, e che Semele fu madre
di
Bacco. Ma per quanto avesse Cadmo strettissima pa
nere e Marte suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito
di
fondatore di una illustre città, non ostante non
suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore
di
una illustre città, non ostante non fu felice, e
i poeti soltanto, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ;
di
alcune delle quali avremo occasione di parlare a
narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione
di
parlare a lungo in appresso. In quanto poi ai gue
erpente ucciso da Cadmo, gli Antichi ci hanno trasmesso anche il nome
di
quei cinque che sopravvissero ed aiutarono Cadmo
che sopravvissero ed aiutarono Cadmo a fabbricare e popolare la città
di
Tebe ; e i loro nomi son questi : Echione, Udeo,
zi i nobili Tebani dei secoli successivi credevano tanto (o fingevano
di
credere) in così strana favola, che derivavano la
ano di credere) in così strana favola, che derivavano la loro nobiltà
di
sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavans
a loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavansi,
di
questi prodi guerrieri sì miracolosamente nati ;
ta dei denti del serpente ucciso da Cadmo58. Anche la trasformazione
di
Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli
son letti volentieri e con maraviglia nell’epopea. La trasformazione
di
Cadmo in serpente fu narrata così egregiamente da
so dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì
di
aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso a
morfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e
di
Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scoc
lo e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca. « Taccia
di
Cadmo e d’Aretusa Ovidio, « Che se quello in serp
Europa, della quale dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio
di
dare il nome alla terza parte dell’antico contine
’antico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla
di
più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse da
ntinente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè
di
diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla fo
o, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. Che il nome
di
Cadmea fosse dato alla fortezza di Tebe e conserv
di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla fortezza
di
Tebe e conservato pur anco a tempo della conquist
te nelle sue Vite degli eccellenti capitani greci. Quanto poi al nome
di
Tebe, non si contrasta che Cadmo avesse in mira d
Quanto poi al nome di Tebe, non si contrasta che Cadmo avesse in mira
di
fare una città simile alla famosa Tebe di Egitto,
ta che Cadmo avesse in mira di fare una città simile alla famosa Tebe
di
Egitto, e che perciò le desse lo stesso nome ; ma
ma se ne adducono due motivi diversi : il primo che la stirpe fenicia
di
Cadmo derivasse dall’ Egitto, come asseriscono mo
otavano ancora le quattro inventate da Palamede al tempo dell’assedio
di
Troia, e le altre quattro aggiuntevi da Simonide
e cinque secoli dopo ; che in tutte vengono a formar l’alfabeto greco
di
ventiquattro lettere61. Modernamente però mentre
storica ; nei quali confini deve arrestarsi il Mitologo. È però fuori
di
controversia che la civiltà non meno che la popol
’Oriente in Occidente. 57. Dante rammenta questa favola del ratto
di
Europa nel Canto xxvii del Paradiso, dicendo : «
di Europa nel Canto xxvii del Paradiso, dicendo : « Si ch’ io vedea
di
là da Gade il varco « Folle di Ulisse, e di qua p
Paradiso, dicendo : « Si ch’ io vedea di là da Gade il varco « Folle
di
Ulisse, e di qua presso il lito « Nel qual si fec
endo : « Si ch’ io vedea di là da Gade il varco « Folle di Ulisse, e
di
qua presso il lito « Nel qual si fece Europa dolc
ropa dolce carco. » 58. Anche gli altri nobili greci pretendevano
di
esser discesi da qualche eroe mitologico, e la ma
e, defini la Nobiltà : « Gente che incoccia maledettamente « D’esser
di
carne come tutti siamo, « E vorrebbe per padre un
mo che introdusse l’alfabeto in Europa, le pratiche religiose e molte
di
quelle arti che procurarono l’universale coltura.
l poema non ebbe credito, perchè vi predomina la fiacchezza d’ idee e
di
stile. Al Bagnoli mancava quel che Orazio richied
ì dal nome delle prime tre lettere del nostro alfabeto. Ma che diremo
di
quegli eruditi che volevano abolir questi nomi pe
quegli eruditi che volevano abolir questi nomi per sostituirvi quello
di
grammaticario ? Diremo per lo meno che qui è davv
degli Antichi : ma fu una vera pedanteria e ridicolezza il pretendere
di
distruggere il vocabolo alfabeto adottato nella l
(alfabetico, alfabetare, analfabeta ecc.) per sostituirvene un altro
di
nuova formazione o etimologia.
a, Cibele e Tellùre Abbiamó detto nel N. V, che Vesta Prisca moglie
di
Urano era considerata come la Dea della Terra : o
fu considerata come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva
di
piante e di animali ; Cibele poi come la Terra or
ta come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva di piante e
di
animali ; Cibele poi come la Terra ornata di tutt
perciò priva di piante e di animali ; Cibele poi come la Terra ornata
di
tutte le produzioni dei tre regni della Natura, a
ull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa
di
materia incandescente, o in fusione ignea, non er
azione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia
di
secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva format
oche geologiche. Di Vesta Prisca abbiamo parlato abbastanza trattando
di
Urano ; nè qui, dopo aver notato come distingueva
eti quanto i prosatori latini usarono la parola tellùre come sinonimo
di
terra 41 ; e che Dante stesso nella Divina Commed
a Terra in occasione dell’incendio mondiale cagionato dall’imprudenza
di
Fetonte42, come a suo luogo vedremo. Di Cibele pe
ieremo dal notarne i diversi nomi e l’etimologia dei medesimi. Quello
di
Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome d
i medesimi. Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome
di
una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove
llo di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e
di
un monte omonimo nella Frigia, ove questa Dea fu
alda e stabile figura geometrica, essendo uguale nelle tre dimensioni
di
lunghezza, larghezza e profondità ; e venendosi p
vasi in greco e in latino Rhea (nome che fu poi dato anche alla madre
di
Romolo, Rhea Sylvia), da un greco verbo che signi
dalla Terra scorrono, ossia provengono tutte le cose. Con questo nome
di
Rhea la rammenta anche Dante nel Canto xiv dell’
nta anche Dante nel Canto xiv dell’ Inferno, ov’egli parla dell’isola
di
Creta e del monte Ida : « Rhea la scelse già per
ludendo evidentemente alla favola già da noi raccontata dell’infanzia
di
Giove e de’suoi fratelli. Chiamavasi Opi dal nome
volta fu confusa collo Dea Tellùre, e perciò le fu dato anche il nome
di
questa. Aveva poi molti altri nomi, come Berecinz
dai monti e dai luoghi ove era adorata. Le era particolare il titolo
di
Gran Madre, tanto in greco (megale meter,) quanto
eter,) quanto in latino (magna mater,) perchè oltre ad esser la madre
di
Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno
magna mater,) perchè oltre ad esser la madre di Nettuno Dio del Mare,
di
Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del C
esser la madre di Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno,
di
Giunone regina del Cielo, era anche la madre di G
one Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo, era anche la madre
di
Giove re supremo, del quale eran figli la maggior
emo, del quale eran figli la maggior parte degli altri Dei. Il culto
di
Cibele fu introdotto in Roma ai tempi della secon
i dovesse far venire a Roma la Dea Cibele adorata in Asia nella città
di
Pessinunte. Il viaggio di andata e ritorno era un
a la Dea Cibele adorata in Asia nella città di Pessinunte. Il viaggio
di
andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qua
viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qualche mese
di
tempo : talchè quando giunse in Roma la statua de
già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. La statua
di
Cibele venuta dall’Asia era una pietra informe ch
i Frigi credevano caduta miracolosamente dal Cielo (probabilmente una
di
quelle pietre meteoriche, dette ora aereoliti). R
lse e le dedicò un tempio Scipione Nasica, giudicato il più sant’uomo
di
Roma ; la portarono sulle spalle le matrone e le
e ed alla credulità dei popoli. In Roma per altro Cibele in progresso
di
tempo acquistò forma ed emblemi degni di una Dea.
er altro Cibele in progresso di tempo acquistò forma ed emblemi degni
di
una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lu
di una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata
di
piante e di animali ; in capo aveva una corona tu
Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata di piante e
di
animali ; in capo aveva una corona turrita, ossia
iante e di animali ; in capo aveva una corona turrita, ossia in forma
di
torri ; presso di sè un disco ossia tamburo ed un
; in capo aveva una corona turrita, ossia in forma di torri ; presso
di
sè un disco ossia tamburo ed un leone ; e spesso
pesso le si dava ancora un carro tirato da due leoni. La veste ornata
di
piante e di animali indicava il carattere distint
dava ancora un carro tirato da due leoni. La veste ornata di piante e
di
animali indicava il carattere distintivo di Cibel
veste ornata di piante e di animali indicava il carattere distintivo
di
Cibele, che presiedeva alla terra divenuta fertil
e, che presiedeva alla terra divenuta fertile e abitabile ; la corona
di
torri significava che quella Dea avesse insegnato
e era sacro il leone come il re degli animali terrestri. I sacerdoti
di
questa Dea si chiamavano Galli, Coribanti, Cureti
el fiume Gallo 44, che li faceva divenire furibondi ; nel quale stato
di
concitazione o di orgasmo urlavano, battevano gli
che li faceva divenire furibondi ; nel quale stato di concitazione o
di
orgasmo urlavano, battevano gli scudi e i tamburi
altra favola che essi in origine facessero questo strepito per ordine
di
Cibele, affinchè non si udissero in Cielo le grid
rdine di Cibele, affinchè non si udissero in Cielo le grida dei figli
di
lei. In Roma conservarono più comunemente questo
da dei figli di lei. In Roma conservarono più comunemente questo nome
di
Galli ; e poichè facevano vita comune e non aveva
ano i soli sacerdoti a cui fosse lasciata per pochi giorni la facoltà
di
far la questua ; ma non ne dice il perchè, non ve
estua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione
di
questo eccezional privilegio, e, a quanto pare da
quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45. Il nome
di
Coribanti deriva da due parole greche che signifi
e tra lor si cozzassero. Cureti significa Cretensi, ossia dell’isola
di
Creta, perchè ivi in origine abitavano quando nac
razione mutilato e poi precipitato fra i dirupi e i sottoposti abissi
di
un monte. E questa è la prima metamorfosi, ossia
i di un monte. E questa è la prima metamorfosi, ossia trasformazione,
di
cui ci è occorso di far parola nella Mitologia. N
sta è la prima metamorfosi, ossia trasformazione, di cui ci è occorso
di
far parola nella Mitologia. Ne troveremo in appre
la Mitologia. Ne troveremo in appresso tal quantità che la collezione
di
esse diede origine ad un celebre poema latino, in
primitivo derivarono o furon composte le altre chimiche denominazioni
di
telluri-sali, telluriti, tellurati, tellururi met
lla solinga valle, ecc. » 44. Ovidio nel 4° dei Fasti così parla
di
questo fiume : « Inter, ait, viridem Cybelen alt
e non furono inventate dai Romani stessi, converrebbe dire che le più
di
esse fossero straniere, fatte poche eccezioni di
ebbe dire che le più di esse fossero straniere, fatte poche eccezioni
di
Divinità Italiche e dell’apoteosi di qualche Virt
straniere, fatte poche eccezioni di Divinità Italiche e dell’apoteosi
di
qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo no
che eccezioni di Divinità Italiche e dell’apoteosi di qualche Virtù e
di
qualche Vizio, come abbiamo notato nel corso di q
si di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo notato nel corso
di
questa Mitologia. I Romani infatti che per ordine
notato nel corso di questa Mitologia. I Romani infatti che per ordine
di
tempo comparvero gli ultimi nella scena politica
in Italia seguendo il loro Duce Enea principe troiano, creduto figlio
di
Venere e di Anchise ; che Enea fece alleanza con
guendo il loro Duce Enea principe troiano, creduto figlio di Venere e
di
Anchise ; che Enea fece alleanza con Latino re de
atino re dei Latini e ne sposò la figlia Lavinia ; che Ascanio figlio
di
Enea e di Creusa fondò Alba Lunga ; che dalla din
ei Latini e ne sposò la figlia Lavinia ; che Ascanio figlio di Enea e
di
Creusa fondò Alba Lunga ; che dalla dinastia dei
tia dei re Albani discesi in linea retta da Enea, nacque il fondatore
di
Roma a cui si attribuì per padre il Dio Marte. Da
ima parte quelle stesse dei Troiani e dei Greci al tempo della guerra
di
Troia, poichè Omero in tutta quanta l’Iliade ne r
de Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima
di
Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel mont
a Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città
di
Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pa
ma di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome
di
suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà ne
greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città
di
Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicero
l centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo
di
Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esi
ro pagano le Feste Carmentali, cioè in onore della Dea Carmenta madre
di
Evandro. Anche il culto di Ercole Tebano fu intro
li, cioè in onore della Dea Carmenta madre di Evandro. Anche il culto
di
Ercole Tebano fu introdotto nella stessa regione
le liberati da quel mostro dell’assassino Caco, « Che sotto il sasso
di
monte Aventino « Di sangue fece spesse volte laco
pratiche religiose, non aggiunse alcun Dio a quelli adorati al tempo
di
Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordi
roiani e dei Greci già professato da Romolo e dai suoi compagni prima
di
fabbricare la città di Roma. Quando dunque dai Mi
professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città
di
Roma. Quando dunque dai Mitologi si parla di Dei
a di fabbricare la città di Roma. Quando dunque dai Mitologi si parla
di
Dei stranieri adorati dai Romani non si deve inte
greche Divinità che i Romani conoscevano e adoravano sin dall’origine
di
Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazion
ità che i Romani conoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma
di
tutte le altre di qualsivoglia nazione delle qual
onoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma di tutte le altre
di
qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o al
latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni
di
loro fanno un’eccezione per le principali Divinit
nùbi. Quantunque i Greci sotto Alessandro Magno, e trecento anni dopo
di
loro i Romani sotto Cesare, Marc’ Antonio ed Augu
l’Egitto, poche e sconnesse notizie ci hanno tramandato gli scrittori
di
ambedue quelle nazioni relativamente al feticismo
mo, le oasi, il delta, le bocche o foci del Nilo e la stessa sorgente
di
questo fiume. L’Egizia Dea Iside, poichè credevas
otte avanti le porte del tempio d’Iside a pregar la Dea per la salute
di
Tibullo stesso che era infermo in Corfù. I sacerd
in Corfù. I sacerdoti Isiaci portavano il capo raso ed erano vestiti
di
tela di lino, e perciò si chiamavano linìgeri ; e
ù. I sacerdoti Isiaci portavano il capo raso ed erano vestiti di tela
di
lino, e perciò si chiamavano linìgeri ; e linìger
Lo stromento sacro per le cerimonie religiose era il sistro, formato
di
una larga lamina di metallo piegata in figura ell
per le cerimonie religiose era il sistro, formato di una larga lamina
di
metallo piegata in figura ellittica, nella quale
ellittica, nella quale inserivansi diverse bacchette mobili parimente
di
metallo ; e se ne traeva un suono musicale con st
e regolari colpi e movimenti. I Romani adoravano Iside sotto la forma
di
donna ; ma gli Egiziani sotto quella di vacca, pe
doravano Iside sotto la forma di donna ; ma gli Egiziani sotto quella
di
vacca, perchè credevano che questa Dea insieme co
a in vacca ed Osiride in bove o toro. Nè gli Egiziani si contentavano
di
adorare queste due Divinità sotto la forma dei su
pio e prestavano il loro culto ad un bue vivente a cui davasi il nome
di
Bue Api. Questo bue aveva il pelo nero, e soltant
ni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che era morto o perduto ;
di
che facevasi un gran lutto con gemiti e pianti da
quali nomi è rammentato dagli scrittori latini. Nel tempio d’Iside e
di
Seràpide ponevasi la statua del Dio Arpòcrate che
a considerato come Dio del silenzio, e perciò rappresentavasi in atto
di
premer le labbra col dito indice della mano destr
ice della mano destra, segno usitatissimo ed espressivo d’intimazione
di
silenzio. Quest’atto è anche segno di stare atten
imo ed espressivo d’intimazione di silenzio. Quest’atto è anche segno
di
stare attenti, come abbiamo in Dante : « Perch’i
scrittori latini il Dio Anùbi, che gli Egiziani dicevano esser figlio
di
Osiride, e lo rappresentavano sotto la forma di c
dicevano esser figlio di Osiride, e lo rappresentavano sotto la forma
di
cane e talvolta di uomo, ma però sempre colla tes
io di Osiride, e lo rappresentavano sotto la forma di cane e talvolta
di
uomo, ma però sempre colla testa di cane, come se
sotto la forma di cane e talvolta di uomo, ma però sempre colla testa
di
cane, come se ne vedono alcuni idoletti di metall
ma però sempre colla testa di cane, come se ne vedono alcuni idoletti
di
metallo nel Museo Egiziano. Virgilio stesso nel l
uai mostruose « Adora deità l’Egitto stolta ? « Qui i coccodrilli, là
di
velenose « Serpi Ibi sazia a venerar si volta ; «
vedere « Fluviatil lato accor devoto incenso ; « Si prostra al cane,
di
cittadi intere, « E non anzi a Diana, il popol de
cui da terra sorti « Questi Numi sì ben nascon negli orti ! (Traduz.
di
G. Giordani).
ei (V. il N. III) che il Genio era considerato dai Latini come un Dio
di
prim’ordine, ossia della classe degli Dei superio
igione del Politeismo il moltiplicare gli Dei, come nei falsi sistemi
di
governo si moltiplicano gl’impiegati, comiciarono
basta. Dopo aver detto che un Genio particolare presiedeva alla vita
di
ciascuna persona e l’accompagnava e dirigeva dall
oprie soltanto dei Politeisti greci e latini ; anzi non furon nemmeno
di
loro invenzione, poichè sappiamo di certo che ebb
e latini ; anzi non furon nemmeno di loro invenzione, poichè sappiamo
di
certo che ebbero origine nell’Oriente e prevalser
ranti. Non sarà dunque un fuor d’opera il risalire alle prime origini
di
questa invenzione. Tralascierò di parlare della
era il risalire alle prime origini di questa invenzione. Tralascierò
di
parlare della Trimurti, o trinità Indiana di Brah
invenzione. Tralascierò di parlare della Trimurti, o trinità Indiana
di
Brahma, Visnù e Siva, o di altre triadi poco da q
parlare della Trimurti, o trinità Indiana di Brahma, Visnù e Siva, o
di
altre triadi poco da questa dissimili ; e mi bast
alismo, che riconosce due principii, o vogliam dire due cause supreme
di
tutte le cose, entrambe eterne, l’una opposta e n
terne, l’una opposta e nemica dell’altra ; e, senza aggiungervi nulla
di
mio, riporterò quel che ne dice un filosofo ortod
terò quel che ne dice un filosofo ortodosso, discepolo e fido seguace
di
Rosmini, il Pestalozza. Nel parlare del dualismo
così opposte un principio opposto. Di qui nacque il dualismo indiano
di
Mahadeva e Bahavani, l’egizio d’Iside e Osiride,
diano di Mahadeva e Bahavani, l’egizio d’Iside e Osiride, il persiano
di
Ormuzd e Ahriman, quello degli gnostici e di altr
e e Osiride, il persiano di Ormuzd e Ahriman, quello degli gnostici e
di
altri l’intelligenza e la materia. « Questa dottr
voga dopo stabilito il cristianesimo, per opera dei Manichei, seguaci
di
Manete ; ma dove gli antichi pel domma dei due pr
no alla morale pubblica e privata. ………………………… « Non v’è forse sistema
di
teologia presso gli antichi, sia che si parli deg
ando ora alla Mitologia classica per ordine cronologico, noterò prima
di
tutto che i Genii nel linguaggio dei Greci eran d
ei davansi tra loro per onorificenza questo titolo. Perciò sembra più
di
tutte probabile la interpretazione della parola D
opinione su questi Dèmoni, o spiriti, o genii. Aristotele, il maestro
di
color che sanno, come lo chiama Dante, divise gli
nità non ha comunicazione diretta cogli uomini, ma soltantò per mezzo
di
Dèmoni. » E altrove aggiunge : « Ogni mortale all
èmoni, non dee recar maraviglia che Filone, filosofo alessandrino, ma
di
stirpe ebraica, asserisse che i Dèmoni dei Greci
corrispondono ai Genii dei Latini. E queste etimologie e somiglianze
di
ufficio non furon contradette da alcuno274. L’opi
glianze di ufficio non furon contradette da alcuno274. L’opinione poi
di
Socrate sull’esistenza dei Dèmoni o Genii non pot
remo governa il mondo come l’anima governa il corpo. L’anima stessa è
di
natura divina, e per conseguenza immortale. La vi
ra divina, e per conseguenza immortale. La vita futura sarà uno stato
di
rimunerazione secondo le opere di ciascuno. » Sem
tale. La vita futura sarà uno stato di rimunerazione secondo le opere
di
ciascuno. » Sembran parole copiate da qualche lib
condo le opere di ciascuno. » Sembran parole copiate da qualche libro
di
Teologia cristiana ! Eppure Socrate viveva 4 in 5
a Religione dello Stato e corruttore della gioventù. Il Dèmone dunque
di
cui egli parlava non poteva significare, nella su
greta intenzione, una divinità mitologica, ma piuttosto l’ispirazione
di
quell’unico Dio in cui egli credeva. Abbiamo vedu
l’ispirazione di quell’unico Dio in cui egli credeva. Abbiamo veduto
di
sopra, che i Genii dei Latini corrispondevano ai
ificati nulla differivano secondo le opinioni religiose e filosofiche
di
quei tempi ; e perciò anche nel politeismo romano
tempi ; e perciò anche nel politeismo romano credevasi all’esistenza
di
genii buoni e di genii ma ligni276). Quando poi i
anche nel politeismo romano credevasi all’esistenza di genii buoni e
di
genii ma ligni276). Quando poi i Pagani divenner
aiana si vede alato il Genio della luce e con una fiaccola in mano al
di
sopra del carro di Diana ; e perciò non è possibi
il Genio della luce e con una fiaccola in mano al di sopra del carro
di
Diana ; e perciò non è possibile crederlo un Ange
ti sepolcrali in atto mesto e colla face rovesciata o spenta, simbolo
di
morte. I Pagani credevano ancora che esistessero
versi luoghi o territorii ; ma per lo più li rappresentavano in forma
di
serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro
rii ; ma per lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in atto
di
cibarsi delle frutta a loro offerte in una patera
non indarno « Il Genio redivivo. Al suol romano « D’Augusto i tempi e
di
Leon tornarno. » Il Manzoni, nel suo mirabile Ca
o in quell’ardua immagine dell’arte « Che al genio è donna e figlia è
di
natura, « E in parte ha forma della madre, in par
ino, parte 1ª.) Ed anche ironicamente : « Fecero a un tratto un muso
di
defunto « Tutti, nel centro, a dritta ed a mancin
, a dritta ed a mancina, « E morì sulle labbra accidentato « Il genio
di
quel birro illuminato. » (Il Congresso dei Birri
sti usò, benchè ironicamente, la parola Genii a significare scrittori
di
ingegno straordinario : « Con che forza si campa
derno, è la forza dell’ingegno che crea : la forza dell’animo motrice
di
grandi azioni. » 273. Angelo, secondo la greca
imologia ed interpretazione è rammentata e adottata anche nelle opere
di
Sant’Agostino e di San Girolamo. 274. Anzi due n
etazione è rammentata e adottata anche nelle opere di Sant’Agostino e
di
San Girolamo. 274. Anzi due nostri celebri vocab
egazione mitologica e filosofica, aggiungono il significato cristiano
di
Angelo custode. 275. Cicerone nel libro i, De Di
e Antipatro tra gli scrittori che avevan riferito molte cose mirabili
di
Socrate : « Permulta collecta sunt ab Antipatro,
ingevano al bene o al male le femmine ; ma avevano il particolar nome
di
Junones. 277. La voce diabolus deriva dal greco
va soltanto al principe delle tenebre, come deducesi da queste parole
di
sant’Agostino : « Diabolus et angeli eius in scri
um ; e cita Tertulliano e Lattanzio. Ma in appresso si estese il nome
di
diavolo a qualunque demonio, come vediamo nell’In
ese il nome di diavolo a qualunque demonio, come vediamo nell’Inferno
di
Dante. 278. Ai Genii si offrivano dai Romani le
tesso significato dei Latini ; e l’Ariosto ha copiato la stessa frase
di
Cicerone pro Cluentio, chiamando geniali i letti
giurïosi detti ; « Stracciar la faccia e far livida e nera ; « Bagnar
di
pianto i geniali letti ; « E non di pianto sol, m
ia e far livida e nera ; « Bagnar di pianto i geniali letti ; « E non
di
pianto sol, ma alcuna volta « Di sangue gli ha ba
ario della Crusca del passato secolo (non posso citar quello in corso
di
stampa, perchè non giunto ancora alla lettera G),
affatto. Perciò soltanto il tribunal della Crusca potrà decidere chi
di
loro abbia ragione. Il Fanfani invece accenna un
V Urano e Vesta Prisca avi
di
Giove Dal prospetto genealogico del N° III sap
indica l’opinione degli antichi mitologi che il Cielo fosse composto
di
questi due più leggieri e più puri fra i 4 elemen
re), il quale fantasticò e spacciò per verità scientifica l’esistenza
di
tante sfere di solido cristallo negli spazii del
antasticò e spacciò per verità scientifica l’esistenza di tante sfere
di
solido cristallo negli spazii del cielo. Anzi pot
segreta, colla quale cercavano d’imporre rispetto alle moltitudini e
di
tenerle soggette ; e con false immagini e miracol
e, quanto più strane e tanto più credute dagl’ignoranti, li pascevano
di
vane illusioni e li dominavano, « Forse con inte
buirono ad esse bisogni, abitudini, idee e passioni come alle persone
di
questo mondo. Quindi immaginarono il nettare e l’
ome genitori del Cielo, e volevano serbar l’Acqua per farne la moglie
di
Nettuno Dio del mare. Ma siccome fu dato il nome
r farne la moglie di Nettuno Dio del mare. Ma siccome fu dato il nome
di
Urano al Cielo, così fu dai Greci assegnato alla
ome di Urano al Cielo, così fu dai Greci assegnato alla Terra il nome
di
Estia, che dai Latini fu cangiato in Vesta, signi
he dai Latini fu cangiato in Vesta, significante, secondo Ovidio, che
di
sua forza sta, alludendosi in ambedue le lingue a
duta immobilità della Terra18. Le fu aggiunto in appresso l’aggettivo
di
Prisca, per distinguerla da un’altra Vesta sua ni
ote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in Roma. Ebbe anche i nomi
di
Titèa e Pasitèa, usati dai poeti greci e latini,
tano in prima, e poi un suo figlio chiamato Iperione ebbero l’ufficio
di
guidare il carro del Sole per distribuire la luce
re il carro del Sole per distribuire la luce al mondo ; perciò i nomi
di
Titano e di Iperione si trovano usati in poesia c
del Sole per distribuire la luce al mondo ; perciò i nomi di Titano e
di
Iperione si trovano usati in poesia come sinonimi
esto Dio oltre molte altre attribuzioni ebbe in perpetuo anche quella
di
guidare il carro della luce19, e sotto il nome pa
quella di guidare il carro della luce19, e sotto il nome particolare
di
Febo fu considerato come il Sole istesso. Siccome
figli, supposero i mitologi che gli fosse piaciuto abdicare in favore
di
essi. Credendo per altro che esistesse anche in C
e di essi. Credendo per altro che esistesse anche in Cielo il diritto
di
primogenitura 20, a subentrare nel regno sarebbe
ì soltanto a patto che Saturno non allevasse figli maschi, intendendo
di
riserbarsi, non meno di diritto che di fatto, ape
aturno non allevasse figli maschi, intendendo di riserbarsi, non meno
di
diritto che di fatto, aperta la strada al trono o
vasse figli maschi, intendendo di riserbarsi, non meno di diritto che
di
fatto, aperta la strada al trono o per sè o per i
o per i propri figli Titani, quando Saturno a sua volta fosse stanco
di
regnare. Questo patto di famiglia fu causa di fro
ani, quando Saturno a sua volta fosse stanco di regnare. Questo patto
di
famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di gu
sua volta fosse stanco di regnare. Questo patto di famiglia fu causa
di
frodi, di dissenzioni, di guerre fraterne e di sc
fosse stanco di regnare. Questo patto di famiglia fu causa di frodi,
di
dissenzioni, di guerre fraterne e di sciagure anc
regnare. Questo patto di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni,
di
guerre fraterne e di sciagure anche per Saturno e
o di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di guerre fraterne e
di
sciagure anche per Saturno e per Cibele, ma princ
non interloquì nelle vertenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò
di
affari di Stato. La sua occupazione prediletta er
oquì nelle vertenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò di affari
di
Stato. La sua occupazione prediletta era quella d
i occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta era quella
di
far girare intorno alla Terra il firmamento, ossi
ar girare intorno alla Terra il firmamento, ossia la sfera stellata e
di
adornarlo di nuove stelle. I moderni astronomi, c
orno alla Terra il firmamento, ossia la sfera stellata e di adornarlo
di
nuove stelle. I moderni astronomi, che seguendo i
e, non che il loro movimento intorno al nostro globo, diedero il nome
di
Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, i
del loro sistema planetario avevano dato il nome dei principali figli
di
Giove, e al più lontano quello del padre di esso,
nome dei principali figli di Giove, e al più lontano quello del padre
di
esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è p
ipali figli di Giove, e al più lontano quello del padre di esso, cioè
di
Saturno ; perciò al pianeta che è più lontano di
padre di esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è più lontano
di
Saturno assegnarono il nome del padre di questo,
al pianeta che è più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre
di
questo, cioè di Urano. Anche il nome di Vesta fu
più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre di questo, cioè
di
Urano. Anche il nome di Vesta fu attribuito al 4°
assegnarono il nome del padre di questo, cioè di Urano. Anche il nome
di
Vesta fu attribuito al 4° piccolo pianeta o aster
tata da viva fiamma, convien dedurne che gli astronomi abbiano inteso
di
rappresentar Vesta giovane, Dea del fuoco, anzi c
ppresentar Vesta giovane, Dea del fuoco, anzi che Vesta Prisca moglie
di
Urano. 17. « Nectar et ambrosiam, latices epu
Nat. Deor. aveva dato prima d’ Ovidio la stessa derivazione del nome
di
Vesta dal greco Estia : Nam Vestæ nomen a Græcis
d aquilone entrava. » 20. Il Giusti parlando del cosi detto diritto
di
primogenitura lo chiama ironicamente il vero meri
detto diritto di primogenitura lo chiama ironicamente il vero merito
di
nascer prima. Da noi e presso molti altri popoli
presso molti altri popoli è abolito per legge tra i privati o sudditi
di
uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le fi
ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati nè le guerre
di
successione.
XLII Bellerofonte Quest’Eroe fu pronipote
di
Eolo, nipote di Sisifo e figlio di Glauco, della
XLII Bellerofonte Quest’Eroe fu pronipote di Eolo, nipote
di
Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re
erofonte Quest’Eroe fu pronipote di Eolo, nipote di Sisifo e figlio
di
Glauco, della dinastia dei re di Efira, cioè di C
e di Eolo, nipote di Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re
di
Efira, cioè di Corinto. Il suo vero nome primitiv
te di Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re di Efira, cioè
di
Corinto. Il suo vero nome primitivo era Ipponoo ;
vero nome primitivo era Ipponoo ; ed è soltanto un soprannome quello
di
Bellerofonte, che gli fu dato dopo che egli per c
, che gli fu dato dopo che egli per caso uccise Beller suo fratello ;
di
che rimase poi sempre dolente e mesto52. Dicono i
oi sempre dolente e mesto52. Dicono i Mitologi che egli pure fosse re
di
Corinto ; ma il suo nome non trovasi nella greca
sse re di Corinto ; ma il suo nome non trovasi nella greca cronologia
di
questi re ; e forse perciò aggiungono che fu subi
o detronizzato da Preto e costretto a restar come ostaggio alla corte
di
lui. Quivi fu calunniato malignamente dalla regin
le accuse della perfida moglie (volendo per altro schivare l’odiosità
di
farlo morire egli stesso senza apparente motivo),
gli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re
di
Licia, con una lettera chiusa, che consegnò a Bel
gli che era una commendatizia, mentre invece conteneva la commissione
di
far morire il latore di quella. D’allora in poi l
tizia, mentre invece conteneva la commissione di far morire il latore
di
quella. D’allora in poi lettere di Bellerofonte f
ommissione di far morire il latore di quella. D’allora in poi lettere
di
Bellerofonte furono dette per antonomasia dai Pag
Pagani simili lettere proditorie53. Quindi in appresso invalse l’uso
di
consegnare aperte le lettere commendatizie. Iobat
lettere commendatizie. Iobate non volle macchiarsi le mani nel sangue
di
un ospite, e impegnò Bellerofonte in imprese peri
sua innocenza se riuscisse vittorioso54. La più celebre e memorabile
di
queste imprese fu quella della Chimera, mostro ch
e di queste imprese fu quella della Chimera, mostro che avea la testa
di
leone, il corpo di capra e la coda di serpente, e
fu quella della Chimera, mostro che avea la testa di leone, il corpo
di
capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava f
imera, mostro che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda
di
serpente, ed inoltre gettava fiamme dalla bocca e
d uccidere la Chimera. Allora sì parve a Iobate manifesta l’innocenza
di
Bellerofonte, e cangiato il sospetto in ammirazio
benevolenza, gli diede in isposa l’altra sua figlia, che era sorella
di
Stenobea. Questa, quando lo seppe, agitata dall’i
one più plausibile che suol darsi della Chimera è questa : che invece
di
essere un mostro fosse un monte ignivomo della Li
saputo sinora trovarne una migliore. I Naturalisti hanno dato il nome
di
Chimera a un genere di pesci, notabili per la for
una migliore. I Naturalisti hanno dato il nome di Chimera a un genere
di
pesci, notabili per la forma mostruosa della loro
rtica vive in mezzo all’ oceano boreale, e si nutrisce principalmente
di
granchi e di molluschi. È lunga circa un metro e
mezzo all’ oceano boreale, e si nutrisce principalmente di granchi e
di
molluschi. È lunga circa un metro e di color gial
ce principalmente di granchi e di molluschi. È lunga circa un metro e
di
color giallastro con macchie nere. Le fu dato anc
e. Le fu dato ancora volgarmente dai pescatori settentrionali il nome
di
Regalec, ossia di re delle Aringhe, perchè la tro
ra volgarmente dai pescatori settentrionali il nome di Regalec, ossia
di
re delle Aringhe, perchè la trovano sempre in mez
ni nelle lingue moderne, e specialmente nella italiana, quanto quello
di
Chimera, nel significato però di cosa insussisten
lmente nella italiana, quanto quello di Chimera, nel significato però
di
cosa insussistente, inverisimile, impossibile ; e
dell’aggettivo chimerico che ne deriva55. Anzi sulla base o radicale
di
questa parola si son formati in italiano vocaboli
base o radicale di questa parola si son formati in italiano vocaboli
di
cui non esistono gli equivalenti neppure in latin
gnificato che suol darsi comunemente alla parola chimera dimostra che
di
tutte le cose favolose ond’ è piena la Mitologia,
favolose ond’ è piena la Mitologia, questa è stimata la più favolosa
di
tutte, appunto per lo stranissimo accozzo animale
aro il trovar dipinta o sculta la figura della Chimera. Ne esiste una
di
bronzo fuso nella Galleria degli Uffizi ; ma è di
ver pregio per gli Antiquarii e per la Storia dell’ Arte, ma non reca
di
certo una gradita sensazione all’occhio dei profa
, dove si parla delle lettere che il re David consegnò ad Uria marito
di
Betsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali l
etsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali la supposta promozione
di
questo bravo ufficiale consisteva nel doverlo esp
rre sulle prime file contro i nemici, perchè vi perisse, come avvenne
di
fatto. Perciò in stile biblico lettere di Uria so
hè vi perisse, come avvenne di fatto. Perciò in stile biblico lettere
di
Uria sono precisamente equivalenti a lettere di B
stile biblico lettere di Uria sono precisamente equivalenti a lettere
di
Bellerofonte in linguaggio mitologico. 54. Su qu
di Bellerofonte in linguaggio mitologico. 54. Su queste stesse idee
di
Iobate eran fondati nei secoli barbari del Medio
te eran fondati nei secoli barbari del Medio Evo i così detti Giudizi
di
Dio, pretendendosi che la Divinità dovesse sempre
» 56. Non ci vuol molto a immaginare i più strani mostri formati
di
membra diverse di ogni genere di animali ; ma ne
vuol molto a immaginare i più strani mostri formati di membra diverse
di
ogni genere di animali ; ma ne deriva, invece del
maginare i più strani mostri formati di membra diverse di ogni genere
di
animali ; ma ne deriva, invece dell’ ammirazione
si faceva ascendere il numero degli Dei pagani : quindi la necessità
di
dividerli in classi ; la prima delle quali era de
ercurio e Vulcano. I nomi degli altri otto si trovano in un frammento
di
un eruditissimo autore latino, Varrone, e sono i
rco o Plutone, Bacco, la Terra e la Luna 8. Ma convien notare che tre
di
questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son
che tre di questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son sinonimi
di
Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i
la Terra e la Luna son sinonimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati
di
sopra tra i consiglieri di Giove ; poichè è avven
onimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i consiglieri
di
Giove ; poichè è avvenuto in tutte le religioni i
iderati come rappresentanti altrettante divinità. Tal’altra volta poi
di
più divinità se ne fece una sola, amalgamando in
divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi
di
quelle che anticamente erano distinte9. È questa
tologia pel doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti
di
causa e di effetto considerati dagli antichi nei
doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti di causa e
di
effetto considerati dagli antichi nei fenomeni de
i nei fenomeni del mondo, e poi perchè frequentemente i poeti, invece
di
rammentare una divinità col suo nome principale e
uo nome principale e più conosciuto, fanno uso del patronimico, ossia
di
un vocabolo derivato o composto dal nome del padr
ronimico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padre
di
quella data divinità. Il Dio Urano è lo stipite d
ifica Cielo, e perciò credevasi figlio del Giorno e dell’ Aria, ossia
di
due dei quattro elementi del Caos. Sposò Vesta Pr
ne, Giove, Nettuno e Plutone. Giove sposò Giunone elevandola al grado
di
regina del Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano
numero, tra i quali qui noteremo soltanto quelli che furono divinità
di
prim’ordine, cioè Apollo, Diana, Mercurio e Bacco
Diana, Mercurio e Bacco. Minerva nacque miracolosamente dal cervello
di
Giove. Il Genio (il cui nome derivava dall’antico
te recar maraviglia che la Natura non sia considerata tra le divinità
di
prim’ordine. Ed io aggiungerò che raramente trova
ta e rappresentata come Dea, e per lo più confondesi coll’ Abbondanza
di
tutte le cose naturali. Vedremo però in appresso
ferior classe degli Dei. Intanto però è da notarsi che questo termine
di
Natura è di un uso estesissimo in tutte le lingue
e degli Dei. Intanto però è da notarsi che questo termine di Natura è
di
un uso estesissimo in tutte le lingue, in tutte l
perciò conviene indicarne i principali significati. La voce Natura è
di
origine latina, dalla qual lingua è passata pari
dicevasi fisis, onde deriva il vocabolo fisica, che perciò è sinonimo
di
naturale. Quindi scienze fisiche e scienze natura
amente ai dì nostri stanno a significare due diverse e distinte parti
di
studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicero
osofi consideravano la Natura come il principio e la causa efficiente
di
tutte le cose fisiche ; e perciò usavano questo t
tutte le cose fisiche ; e perciò usavano questo termine come sinonimo
di
Dio. E in questo stesso significato si usa nelle
nelle scienze anche oggidì, per non star sempre a rammentare il nome
di
Dio : e non solo nelle scienze fisiche, ma pur an
amente che è contro natura 11. Anche i poeti cristiani quando parlano
di
cose mitologiche e di fenomeni fisici usano la pa
tura 11. Anche i poeti cristiani quando parlano di cose mitologiche e
di
fenomeni fisici usano la parola Natura nell’antic
i animali, assai fe’ bene. » Per tôr cotali esecutori a Marte. » Non
di
rado significa ancora il complesso delle cose cre
ntende l’essenza degli oggetti esistenti, o vogliam dire il complesso
di
tutte le qualità o caratteri distintivi di qualun
vogliam dire il complesso di tutte le qualità o caratteri distintivi
di
qualunque essere creato tanto fisico, quanto mora
Natura divina e della Natura umana, e inoltre dell’unione ipostatica
di
queste due nature. Il volgo stesso ha sempre pro
lle labbra le espressioni : è naturale ; naturalmente ; per natura, o
di
natura sua e simili. Di più nella lingua italiana
rsi latini i nomi dei dodici Dei superiori che formavano il consiglio
di
Giove. Li riporto per chi studia la lingua latina
udo, e perciò conosciuti ancora dagli antichi, diedero questi il nome
di
sette divinità del primo ordine, cioè la Luna, Me
divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono
di
mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volt
ondo ecc. Mercurio terzo, Ercole 12° ecc. ecc. A legger cotesti libri
di
così minuziosa erudizione viene il capogiro, pret
sti libri di così minuziosa erudizione viene il capogiro, pretendendo
di
ricordarsi di tutte quelle interminabili filiazio
osì minuziosa erudizione viene il capogiro, pretendendo di ricordarsi
di
tutte quelle interminabili filiazioni e parentele
do di ricordarsi di tutte quelle interminabili filiazioni e parentele
di
un gran numero di Dei e di Dee dello stesso nome.
i tutte quelle interminabili filiazioni e parentele di un gran numero
di
Dei e di Dee dello stesso nome. Lo stesso Vico ha
uelle interminabili filiazioni e parentele di un gran numero di Dei e
di
Dee dello stesso nome. Lo stesso Vico ha detto ne
dello stesso nome. Lo stesso Vico ha detto nel lib. ii dei Principii
di
scienza nuova : « Quindi tanti Giovi che fanno ma
he conservateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso
di
tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc.,
vateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo
di
tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc., se ne fe
posizione e decomposizione della materia, sotto i nomi principalmente
di
fisica generale e di chimica ; la 2ª cominciando
zione della materia, sotto i nomi principalmente di fisica generale e
di
chimica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale
imica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione
di
tutti gli esseri organici ed inorganici della cre
arine notammo che v’erano seimila Ninfe Oceanitidi e alcune centinaia
di
Nereidi e di Doridi, oltre all’aver detto anche p
che v’erano seimila Ninfe Oceanitidi e alcune centinaia di Nereidi e
di
Doridi, oltre all’aver detto anche prima, che Giu
tti, a cui pur presiedevano almeno altrettante Ninfe. Ninfa è parola
di
origine greca, che fu adottata dai Latini e conse
rvata dagli Italiani nello stesso duplice significato primitivo, cioè
di
Dea inferiore e di giovane donna, perchè credevas
i nello stesso duplice significato primitivo, cioè di Dea inferiore e
di
giovane donna, perchè credevasi che le Ninfe non
come giovinette ingenue, semplicemente vestite, e tutt’al più ornate
di
fiorellini campestri come le pastorelle. Ammettev
ero mai : « Morir non puote alcuna fata mai, » disse l’Ariosto, che
di
Fate se ne intendeva. Gli appellativi di Oreadi,
mai, » disse l’Ariosto, che di Fate se ne intendeva. Gli appellativi
di
Oreadi, Napee, Naiadi e Driadi, che si diedero al
abolo composto, che significa insiem colla quercia, o come si è detto
di
sopra, coll’albero ; e davasi questo titolo a que
itolo a quelle Ninfe la cui esistenza era legata alla vita vegetativa
di
una data pianta ; inaridendosi la quale, oppure e
iade. — Questi termini essendo significativi degli attributi speciali
di
quelle Ninfe a cui erano assegnati, conviene che
li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più
di
rado, gl’ italiani. Molte di quelle Ninfe a cui f
greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. Molte
di
quelle Ninfe a cui fu dato un nome proprio dai Mi
i e dai poeti furono da noi rammentate sinora : qui torna in acconcio
di
far parola di qualche altra che non troverebbe lu
furono da noi rammentate sinora : qui torna in acconcio di far parola
di
qualche altra che non troverebbe luogo più opport
mentarsi pel loro proprio nome le Ninfe che ebbero cura dell’infanzia
di
Giove, cioè Amaltea e Melissa. Queste nutrirono l
ve, cioè Amaltea e Melissa. Queste nutrirono l’infante Nume col latte
di
una capra detta comunemente Amaltea dal nome di u
nfante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome
di
una di queste due Ninfe a cui apparteneva. La qua
Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una
di
queste due Ninfe a cui apparteneva. La qual capra
o dello Zodiaco, corrispondente al solstizio invernale, e che rifulge
di
sessantaquattro stelle. Alcuni Mitologi dicono ch
da quello che accennammo nel Cap. XXXIV ; ed è collegata colla favola
di
Narciso. E poichè Dante allude ad ambedue queste
Ninfa Eco se ne afflisse tanto, e si consumò talmente dal dolore, che
di
essa vi rimase la voce sola che ripeteva appena l
nel Canto xii del Paradiso coi seguenti versi : « A guisa del parlar
di
quella vaga (la Ninfa Eco) « Ch’amor consunse co
di, o come dice Dante : « Due archi paralleli e concolori « Nascendo
di
quel d’entro quel di fuori, » ciò avviene per ri
: « Due archi paralleli e concolori « Nascendo di quel d’entro quel
di
fuori, » ciò avviene per riflessione dei raggi d
flessione del suon della voce. Quanto poi all’orgoglioso amor proprio
di
Narciso, la Mitologia inventò molto a proposito c
innamorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque
di
una fonte, e che credendola una Ninfa stette tant
nte, e che credendola una Ninfa stette tanto a guardarla che ivi morì
di
estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il
« Tu hai l’arsura e ‘l capo che ti duole, « E per leccar lo specchio
di
Narcisso (cioè l’acqua) « Non vorresti a invitar
te immagini riflesse dall’ acque nitide e tranquille, anzi che esseri
di
per sè esistenti, conchiudendo con la seguente os
stenti, conchiudendo con la seguente osservazione tratta dalla favola
di
Narciso : « Perch’io dentro l’error contrario co
i preferito il pastorello Aci, lo uccise gittandogli sopra dall’ alto
di
un monte un macigno. Gli Dei cangiarono Aci in fi
orre nella Sicilia. I pittori hanno gareggiato a rappresentar Galatea
di
bellissime forme, ed una delle più belle è quella
che quanto nelle moderne, e specialmente nella nostra, questo termine
di
Ninfa, anche nel senso traslato, cioè non mitolog
he gli Scienziati trovarono da far nuove applicazioni del significato
di
questo nome e da formarne vocaboli derivati e com
nello studiarsi d’indicare con nomi diversi le successive metamorfosi
di
certe specie di animali, e principalmente degli i
d’indicare con nomi diversi le successive metamorfosi di certe specie
di
animali, e principalmente degli insetti, presero
, e principalmente degli insetti, presero dalla Mitologia il vocabolo
di
ninfa per significare l’insetto nello stato inter
di ninfa per significare l’insetto nello stato intermedio fra quello
di
larva e lo stato estremo o perfetto ; e dimostrar
a quello di larva e lo stato estremo o perfetto ; e dimostrarono così
di
aver bene inteso che le Ninfe mitologiche non era
ata, presero coraggio a metterne fuori anche altre, e diedero il nome
di
Ninfale a un genere di Lepidotteri diurni della t
metterne fuori anche altre, e diedero il nome di Ninfale a un genere
di
Lepidotteri diurni della tribù dei Papilionidi ;
nel determinare la nomenclatura delle piante aquatiche si ricordarono
di
aver trovato nella Mitologia, o in qualche classi
o, certe Ninfe dell’acqua, o che stavano nell’acqua, (il nome preciso
di
Naiadi non pare che lì per lì lo avessero ben pre
rchitettonica, o fabbrica sui generis, destinata il più spesso ad uso
di
bagni, annessa ai palazzi e alle ville dei più do
un tempietto dedicato alle Ninfe. 25. Questa costellazione, invece
di
esser chiamata la Capra, è detta il Capricorno ;
capra con un corno, per alludere alla favola, che alla capra nutrice
di
Giove essendosi rotto un corno, Giove ne fece un
cura della sua infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prodigio
di
versar dalla sua cavità qualunque oggetto desider
ca la parola latina. — A Giove stesso fu dato dai Greci l’appellativo
di
Egioco, che alcuni interpretano nutrito dalla Cap
IX Vesta Dea del fuoco e le Vestali Ad una delle figlie
di
Saturno e di Cibele fu dato il nome stesso dell’a
Vesta Dea del fuoco e le Vestali Ad una delle figlie di Saturno e
di
Cibele fu dato il nome stesso dell’ava, cioè di V
e figlie di Saturno e di Cibele fu dato il nome stesso dell’ava, cioè
di
Vesta ; e per distinguere l’una dall’altra fu agg
; e per distinguere l’una dall’altra fu aggiunto all’ava l’aggettivo
di
Prisca o Maggiore, e alla nipote quello di Giovan
giunto all’ava l’aggettivo di Prisca o Maggiore, e alla nipote quello
di
Giovane o Minore. Per dare anche a questa un qual
Vesta minore non prese marito e fu Dea della castità. Quindi il culto
di
questa Dea fu affidato ad alcune sacerdotesse chi
affidato ad alcune sacerdotesse chiamate le Vergini Vestali. Il culto
di
Vesta per altro è antichissimo, poichè Virgilio a
fu trasportato in Italia46. E che questa Dea, prima della fondazione
di
Roma, fosse adorata in Alba e vi avesse un tempio
ni, i quali concordemente ci narrano che Rea Silvia, che fu poi madre
di
Romolo, era stata costretta dallo zio Amulio a fa
olo, era stata costretta dallo zio Amulio a farsi Vestale. Nel tempio
di
Vesta non vedevasi alcuna statua o immagine della
della creduta perpetuità del romano impero47. Il tempio era piccolo e
di
figura circolare o vogliam dire cilindrica, con c
ttora uno vicino al Tevere, e si crede situato quasi sul posto stesso
di
quello che Orazio dice atterrato a tempo suo da u
iolenta inondazione ; un altro simile si vede nella parte più elevata
di
Tivoli. Se poco hanno avuto da inventare e da rac
molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto
di
Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Rom
culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma. Il culto
di
Vesta aveva importanza non solo relativamente all
fuoco sacro, che simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata
di
Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupol
all’adempimento dei loro voti. Il numero delle Vestali non fu mai più
di
sette. Si prendevano da famiglie illustri, o alme
illustri, o almeno civili ed oneste48 : l’età non dovea esser minore
di
anni sette, nè maggiore di dieci. L’ufficio loro
ed oneste48 : l’età non dovea esser minore di anni sette, nè maggiore
di
dieci. L’ufficio loro durava per trent’anni ; dop
fficio loro durava per trent’anni ; dopo il qual tempo potevano uscir
di
convento e prender marito : il che però di rado a
qual tempo potevano uscir di convento e prender marito : il che però
di
rado accadeva, poichè fu considerata una determin
bblighi che riguardavano l’interesse pubblico erano quei due indicati
di
sopra ; e severissime le pene minacciate ed infli
opra ; e severissime le pene minacciate ed inflitte per la violazione
di
quelli. La Vestale che avesse lasciato spengere i
lle verghe dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al voto
di
castità era seppellita viva, in un campo, detto s
di castità era seppellita viva, in un campo, detto scellerato, fuori
di
Roma. I giorni in cui avessero luogo queste pene
in cui avessero luogo queste pene o espiazioni consideravansi giorni
di
lutto, detti nefasti, ossia infausti. Ebbero luog
troviamo il ricordo e la narrazione49. Ma però in compenso e premio
di
una vita esemplare e dell’esatto adempimento dei
e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia
di
cui godevano era tanto grande, e talmente sicura
oggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti
di
molta importanza e segretezza non solo dai privat
che ben poche vi rinunziassero in più matura età, e che fosse stimato
di
cattivo augurio il sottoporsi o alla patria potes
a patria potestà degli agnati, o alla perpetua tutela e al predominio
di
un marito quanto si voglia illustre e discreto. I
ito quanto si voglia illustre e discreto. Ignare o immemori degli usi
di
famiglia, difficilmente potevano adattarvisi e no
nte potevano adattarvisi e non rimpiangere l’impareggiabil condizione
di
vita a cui avevano rinununziato. Il che non confe
l condizione di vita a cui avevano rinununziato. Il che non conferiva
di
certo alla loro felicità, nè a quella del marito
to alla loro felicità, nè a quella del marito e dei parenti. Il culto
di
Vesta, fu abolito in tutto l’impero romano nel qu
ome l’ Araba fenice. 48. Il Pontefice Massimo quando avea scelto una
di
queste giovanette, per consacrarla Vestale usava
e usava la semplice formula : Te, Amata, capio. E questo nome rituale
di
Amata davasi, nella loro consacrazione, a tutte l
Amata davasi, nella loro consacrazione, a tutte le Vestali in memoria
di
quella prima che fu consacrata da Numa riformator
tali in memoria di quella prima che fu consacrata da Numa riformatore
di
quel sacerdozio, e della quale sapevasi il nome d
a Numa riformatore di quel sacerdozio, e della quale sapevasi il nome
di
Amata per tradizione. 49. Raccontano però in du
ti del Caos, il farne anche una Dea, che, sposato il Giorno (sinonimo
di
luce), produsse Urano, ossia il Cielo ; in quanto
ll’umido vapor che in acqua riede, » ne fecero un Dio sotto il nome
di
Giove Pluvio ; ed inoltre, poichè l’aria, movendo
ficare anche questi. Riconobbero però facilmente che la maggior parte
di
questi Dei eran molto turbolenti, producendo in m
padre eterno « Provvide a tanto mal ; serragli e tenebre « D’abissi e
di
caverne e moli e monti « Lor sopra impose ; ed a
egione o carcere dei Venti, secondo lo stesso poeta, « È nell’Eolia,
di
procelle e d’austri « E delle furie lor patria fe
a e n’urla il monte. « Ed ei lor sopra realmente adorno « Di corona e
di
scettro, in alto assiso « L’ira e gl’impeti lor m
ma corrisponde al gruppo delle isole chiamate ancora oggidì Eolie, o
di
Lipari, nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia
di Lipari, nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia. Il nome stesso
di
Eolo, che deriva da un greco vocabolo significant
nger lor puote o rallentare il freno. » Ma gli attribuisce un genere
di
vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno
pudiche i fidi sposi. » Alcuni Mitologi dissero che Eolo era figlio
di
Giove e di Segesta figlia d’Ippota troiano ; e ch
fidi sposi. » Alcuni Mitologi dissero che Eolo era figlio di Giove e
di
Segesta figlia d’Ippota troiano ; e che i Venti f
ve e di Segesta figlia d’Ippota troiano ; e che i Venti fossero figli
di
Astreo, uno dei Titani, e dell’Aurora ; e quelle
altri fatti mitologici ne raccontano, perchè hanno trovato difficile
di
attribuire ai Venti distinte personalità e porle
e in azione. Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè
di
Borea e di Zeffiro, narrano brevemente qualche fa
. Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè di Borea e
di
Zeffiro, narrano brevemente qualche fatto. Di Bor
emente qualche fatto. Di Borea dicono che rapì la Ninfa Orizia figlia
di
Eretteo re di Atene, e n’ebbe 2 figli chiamati Ca
fatto. Di Borea dicono che rapì la Ninfa Orizia figlia di Eretteo re
di
Atene, e n’ebbe 2 figli chiamati Calai e Zete, di
iglia di Eretteo re di Atene, e n’ebbe 2 figli chiamati Calai e Zete,
di
cui dovremo parlare nella spedizione degli Argona
degli Argonauti. La spiegazione più semplice e più naturale del ratto
di
Orizia è, secondo Platone, che questa infelice pr
è, secondo Platone, che questa infelice principessa rimanesse vittima
di
una tempesta o di un uragano. Di Zeffiro abbiamo
, che questa infelice principessa rimanesse vittima di una tempesta o
di
un uragano. Di Zeffiro abbiamo già detto altrove
cioè che producono fiori. Poichè tutti i poeti epici han per costume
di
descrivere qualche tempesta in cui inevitabilment
liana ed in alcune denominazioni scientifiche. Corrispondono ai Venti
di
tramontana, ostro, levante e ponente che spirano
d, est, ovest. Il nome greco è significativo delle qualità distintive
di
ciascuno di essi : Borea significa fremente ; Not
t. Il nome greco è significativo delle qualità distintive di ciascuno
di
essi : Borea significa fremente ; Noto, umido ; E
ova nominato il vento Euro, alcuni Eruditi hanno detto che è sinonimo
di
questo., Ma Plinio il Naturalista afferma che l’A
tra delle colonne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar lo stretto
di
Gades (ora di Gibilterra) e dall’andar navigando
nne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar lo stretto di Gades (ora
di
Gibilterra) e dall’andar navigando lungo le spiag
ei Venti da loro notati e denominati spirassero ; e poi perchè invece
di
fare in principio la bisezione dell’angolo retto
edano i Geografi ne quid Respublica detrimenti capiat ! A noi basterà
di
conoscere in qual quadrante, (come dicono in oggi
ano tra lor più vicini, ossia usano i loro diversi nomi come sinonimi
di
uno stesso Vento. Così fanno sinonimi Borea ed Aq
orea ed Aquilone ; Austro e Noto ; Zeffiro e Favonio, ecc. Più esatto
di
tutti è Dante, perchè più scienziato, e inoltre i
solo i giorni del suo viaggio allegorico, ma pur anco le ore diverse
di
quei giorni. Quand’egli dice nel Canto xi dell’In
che eran due ore prima dello spuntar del Sole in quel giorno del mese
di
marzo che aveva prima indicato, poichè appunto in
ticato d’introdurre nella Divina Commedia anche un cenno della favola
di
Eolo re dei Venti, secondo ciò che ne scrive il s
e scrive il suo maestro Virgilio nei versi da noi citati in principio
di
questo Numero, poichè invece di dire prosaicament
nei versi da noi citati in principio di questo Numero, poichè invece
di
dire prosaicamente che soffia o spira il vento di
mero, poichè invece di dire prosaicamente che soffia o spira il vento
di
Scirocco, orna ed abbellisce il suo concetto con
erciò i poeti latini usano il patronimico Hippotades, invece del nome
di
Eolo, come per es. Ovidio nel lib. iv delle Metam
icare Deus, secondo che abbiamo detto altra volta spiegando il titolo
di
padre dato ad Apollo anche da Dante ; e per la st
nti o galleggianti, e precisamente nel N° XVI, a proposito dell’isola
di
Delo, che Pindaro fu il primo a chiamar natante.
a chiamar natante. Ora vediamo che anche Omero 4 secoli e mezzo prima
di
Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e cred
, tranne gl’Israeliti, erano politeisti, cioè adoravano molti Dei ; e
di
questi raccontavano la genealogia e i pretesi mir
enealogia e i pretesi miracoli. Tali favole o miracolose supposizioni
di
cui son piene tutte le antiche istorie, specialme
antiche istorie, specialmente nelle loro origini, non esclusa quella
di
Roma, furon dette con greco vocabolo miti ; quind
igioni dei Politeisti o Idolatri. Il titolo poi d’Idolatri (esso pure
di
greca origine, e che significa adoratori delle im
, perchè rappresentavano e adoravano i loro Dei sotto forme materiali
di
uomini e di bruti. E quantunque il termine di Mit
presentavano e adoravano i loro Dei sotto forme materiali di uomini e
di
bruti. E quantunque il termine di Mitologia in se
i sotto forme materiali di uomini e di bruti. E quantunque il termine
di
Mitologia in senso lato sia riferibile a tutte le
ua e alla letteratura italiana. E qui mi piace avvertire che lo scopo
di
questo lavoro sulla Mitologia non è già di risali
ace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già
di
risalire alle origini primitive dei miti, indican
zioni delle idee mitologiche dall’oriente all’occidente ; ma soltanto
di
far la storia e spiegare il significato dei miti
e della storia naturale, perchè è impossibile il dedurre da frammenti
di
esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli
loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi
di
vitalità, senza aver prima di queste stesse cose
inti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima
di
queste stesse cose cognizioni esatte negli esseri
lingue dotte nè le orientali, se voglion leggere e intendere un libro
di
poesia italiana, poichè tutti i nostri poeti più
ie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico
di
quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l
che si trovano nella Divina Commedia. E quando nel dar la spiegazione
di
qualche mito o favola non v’è da citare qualche v
i qualche mito o favola non v’è da citare qualche verso o espressione
di
Dante, riporto esempii di altri poeti italiani, q
n v’è da citare qualche verso o espressione di Dante, riporto esempii
di
altri poeti italiani, quali sono il Petrarca, il
e i più chiari e notabili simboli dell’antica sapienza. La cognizione
di
questi simboli è necessaria a qualunque italiano
traduzioni italiane, e registro in nota alcune più speciali citazioni
di
erudizione linguistica e letteraria a maggiore ut
a maggiore utilità degli scolari dei ginnasii. Io dunque non intendo
di
scrivere un trattato di Mitologia appositamente p
i scolari dei ginnasii. Io dunque non intendo di scrivere un trattato
di
Mitologia appositamente per gli studiosi delle li
rebbe un portar vasi a Samo e nottole ad Atene, mentre sì fatti libri
di
antichissima e minuta erudizione esistono in tutt
n italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e
di
una erudizione troppo antiquata, e contengono un
ti o. privi affatto della cognizione delle lingue dotte, vi è bisogno
di
libri più facili e più alla portata della comune
si tutte le donne italiane, ho creduto che un libro facile e popolare
di
cognizioni mitologiche, non aggravato da una pesa
popolare di cognizioni mitologiche, non aggravato da una pesante mole
di
peregrina e non necessaria erudizione antica, pos
o delle più logore o irrugginite anticaglie, oltre alla illustrazione
di
tutti i passi mitologici della Divina Commedia e
lla illustrazione di tutti i passi mitologici della Divina Commedia e
di
molti dei principali poeti italiani, ho aggiunto
e di molti dei principali poeti italiani, ho aggiunto la spiegazione
di
tutti i termini scientifici che derivano dai voca
dagli scientifici, nè questi da quelli, confido che il mio tentativo
di
farne conoscere le molteplici relazioni con lo st
con lo studio della Mitologia non debba essere stimato affatto privo
di
pratica utilità. Considerando poi che le Arti Bel
essato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana,
di
rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in
poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che
di
tal genere trovansi antichi e moderni capi d’oper
logiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera
di
scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche g
e di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e
di
pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei
a non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami
di
apparir rozzo ed insensibile al bello artistico,
lle Divinità del Paganesimo (vedi il N. III) fu accennato che gli Dei
di
2° ordine eran detti Inferiori o Terrestri ; e qu
ativi spiegano bastantemente la minor potenza e l’ordinario soggiorno
di
tali Dei sulla Terra. Gli Dei Superiori, di cui a
a e l’ordinario soggiorno di tali Dei sulla Terra. Gli Dei Superiori,
di
cui abbiamo parlato nella Iª Parte, erano soltant
Deos. Fortunatamente, per chi deve studiar la Mitologia, a ben pochi
di
questi Dei fu dato dai Pagani un nome proprio, e
am dire i singoli prodotti naturali. E a render più facile il còmpito
di
chi vuole imparar la Mitologia contribuisce ancor
Abbiamo notato nel principio del N. IV che, ammessi più Dei, nessuno
di
loro poteva essere onnipotente, perchè il poter d
i più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter
di
ciascuno era limitato dalle speciali attribuzioni
vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è accaduto
di
narrare più volte, tanto più è presumibile e cons
ssive invasioni dei Barbari. E qui mi basterà rammentare, a proposito
di
quanto ho accennato di sopra, che il vescovo d’Ip
bari. E qui mi basterà rammentare, a proposito di quanto ho accennato
di
sopra, che il vescovo d’Ippona (S. Agostino) asse
zione del grano. Anzi vi aggiunsero anche un altro Dio, che schiverei
di
rammentare, se, oltre Lattanzio, non ne parlasse
Dio Sterculio o Stercuzio, così detto perchè aveva inventato il modo
di
render più fertili i terreni col fimo o concime.
a Mefiti, ecc. ecc. ; e basta conoscere l’etimologia e il significato
di
questi vocaboli per intendere qual fosse l’uffici
il significato di questi vocaboli per intendere qual fosse l’ufficio
di
tali Dei. Non dovrà dunque recar maraviglia che i
ue recar maraviglia che il dottissimo Varrone, contemporaneo ed amico
di
Cicerone, abbia annoverati trentamila Dei del Pag
tati da quell’epoca al tempo in cui scriveva S. Agostino, cioè in più
di
quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà d
stino, cioè in più di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà
di
adottare anche gli Dei stranieri, e poi per mezzo
Simoniaci, e dichiarando che questi Dei son cento volte più numerosi
di
quelli, accetta per lo meno il computo di Varrone
on cento volte più numerosi di quelli, accetta per lo meno il computo
di
Varrone, poichè così rimprovera i Simoniaci stess
onvinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno
di
trentamila8, e assicurati al tempo stesso che mig
di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che migliaia e migliaia
di
questi sono sine nomine vulgus, e da spacciarsi i
he dei nostri più remoti Antenati. 1. Quindi ebbero origine i libri
di
polemica fra gli scrittori delle due opposte reli
ca fra gli scrittori delle due opposte religioni. 2. Molti frammenti
di
opere, ora perdute, di Autori classici delle ling
lle due opposte religioni. 2. Molti frammenti di opere, ora perdute,
di
Autori classici delle lingue dotte si trovano rip
Romani (le Pandette, il Codice, ecc.) troviamo rammentati col titolo
di
Divi quegli Imperatori di cui si citano le leggi
odice, ecc.) troviamo rammentati col titolo di Divi quegli Imperatori
di
cui si citano le leggi o i rescritti (Divus Juliu
a Simonia a pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose
di
Dio, che di bontate « Deono essere spose, e voi r
pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose di Dio, che
di
bontate « Deono essere spose, e voi rapaci « Per
bene che vi si trovano più e diversi latinismi, o vogliam dire parole
di
forma e terminazione latina, come è questa Idolat
parole di forma e terminazione latina, come è questa Idolatre invece
di
Idolatri ; e cosi altrove Eresiarche, peccata e s
pi. 7. I Grammatici noteranno in questo verso il pronome egli invece
di
eglino per troncamento della sillaba finale, che
è una licenza poetica chiamata aferesi. 8. I più dotti commentatori
di
Dante, e tra essi anche il canonico Bianchi di on
più dotti commentatori di Dante, e tra essi anche il canonico Bianchi
di
onorata memoria, interpretano questo passo cosi :
fate idolo ogni moneta d’oro e d’argento. » Stando soltanto al numero
di
30 mila Dei dichiarato da Varrone, e moltiplicand
e moltiplicandolo per cento, come dice Dante, ne verrebbero 3 milioni
di
Dei, adorati dai Simoniaci. E non bastavano per s
a richiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio
di
una Divinità o per padre o per madre ; 2° che viv
Cadmo, nè Giasone, nè Peleo, nè Ulisse, perchè non eran creduti figli
di
una Divinità. Nell’Impero Romano all’opposto l’ap
poteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici era divenuto un vile atto
di
adulazione al potere assoluto e dispotico del sup
oprii tiranni, e sante Dee Livia, Poppea e Messalina ? A tempo dei re
di
Roma fu deificato soltanto Romolo, ma per ghermin
opolo che ricercava il suo re guerriero, gli fecero credere per mezzo
di
Procolo che fosse assunto in Cielo e divenuto un
in Cielo e divenuto un Nume, e che bisognasse adorarlo sotto il nome
di
Quirino. Il popolo che credeva Romolo figlio di M
dorarlo sotto il nome di Quirino. Il popolo che credeva Romolo figlio
di
Marte, credè facilmente questa nuova impostura co
e una teologica conseguenza della prima ; e il Senato fu ben contento
di
adorar come Dio colui che non avea potuto tollera
teosi nella Storia romana. Neppur Numa, il piissimo Numa, l’inventore
di
tanti riti religiosi a lui suggeriti, come egli d
dalla Ninfa Egeria, fu deificato. Quasi 700 anni corsero dalla morte
di
Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popo
, fu deificato. Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella
di
Cesare, nel qual tempo il popolo romano divenne c
gloria e potenza lo guidarono. Solamente dopo la proditoria uccisione
di
Giulio Cesare, il desiderio di sì cara esistenza,
Solamente dopo la proditoria uccisione di Giulio Cesare, il desiderio
di
sì cara esistenza, a cui era dovuta la prostrazio
a favore del popolo, fece nascere ed accoglier con entusiasmo l’idea
di
venerarlo qual Nume. Ma spenta con Marco Bruto la
Ma spenta con Marco Bruto la libertà e perduta affatto anche l’ombra
di
essa sotto Tiberio, le apoteosi degli Imperatori
dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto
di
sopra ; e nel frasario stesso degl’Imperanti l’es
anche soltanto il compendiarle ; ed inoltre stancherebbe la pazienza
di
qualunque lettore la descrizione di tante stupide
inoltre stancherebbe la pazienza di qualunque lettore la descrizione
di
tante stupide superstizioni. Basti dunque il sape
tanto malato ; e per aiutar questa finzione ponevasi in un gran letto
di
avorio la statua di cera del defunto invece del s
aiutar questa finzione ponevasi in un gran letto di avorio la statua
di
cera del defunto invece del suo cadavere, il qual
orni si recavano a visitare l’illustre infermo (vale a dire la statua
di
lui) e uscivano dicendo ogni giorno che l’imperat
pre peggiorando. Intanto si ergeva nel Campo Marzio un grandioso rogo
di
legni intagliati in forma di edifizio a quattro o
rgeva nel Campo Marzio un grandioso rogo di legni intagliati in forma
di
edifizio a quattro o cinque piani, sull’ultimo de
’Imperatore. Nell’interno del rogo eravi una stanza riccamente ornata
di
tappeti di broccato d’oro, di quadri e di statue
. Nell’interno del rogo eravi una stanza riccamente ornata di tappeti
di
broccato d’oro, di quadri e di statue : ivi depon
rogo eravi una stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d’oro,
di
quadri e di statue : ivi deponevasi il feretro. D
na stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d’oro, di quadri e
di
statue : ivi deponevasi il feretro. Dentro e into
piano, vedevasi volar via da quello un’aquila, e dicevasi che l’augel
di
Giove portava in Cielo e nel consesso degli Dei l
onsesso degli Dei l’anima dell’Imperatore. Se poi facevasi l’apoteosi
di
una Imperatrice, invece di un’aquila sostituivasi
ell’Imperatore. Se poi facevasi l’apoteosi di una Imperatrice, invece
di
un’aquila sostituivasi un pavone, uccello sacro a
sumavano inutilmente un tesoro che avrebbe potuto alleviar le miserie
di
molte migliaia di famiglie. Si conservano tuttora
te un tesoro che avrebbe potuto alleviar le miserie di molte migliaia
di
famiglie. Si conservano tuttora circa 60 medaglie
famiglie. Si conservano tuttora circa 60 medaglie coniate in memoria
di
altrettante apoteosi diverse ; in ciascuna delle
o elementi Il Caos era considerato dagli Antichi come il principio
di
tutte le cose, poichè secondo la Cosmogonia di Es
ichi come il principio di tutte le cose, poichè secondo la Cosmogonia
di
Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e di
le cose, poichè secondo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima
di
tutti gli Dei e di tutte le Dee. In greco, chaos
condo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e
di
tutte le Dee. In greco, chaos significa confusion
a confusione, e si riferisce perciò principalmente alla confusa massa
di
tutta quanta la materia bruta ed informe, suppost
in caos converso, » cioè ritornato nella prima mistura e confusione
di
tutti i suoi elementi2. I corpi elementari, secon
uoi elementi2. I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più
di
quattro, cioè : terra, aria, acqua e fuoco 3 ; me
ni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizzati più
di
60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano
hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano
di
cercarne, nè disperano di trovarne molti altri. P
aratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano
di
trovarne molti altri. Può riuscir piacevole e div
e fantastiche descrizioni del contrasto continuo dei quattro elementi
di
così diversa natura confusi e misti fra loro nel
e scienze fisico-chimiche hanno scoperto e percorso un sì vasto campo
di
maraviglie vere e reali della natura. Da questi s
degli Dei. Dopo che Esiodo aveva asserito che il Caos esisteva prima
di
tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos s
isti. Infatti dice espressamente Ovidio che nel Caos l’aria era priva
di
luce. Non asserisce però che il Caos stesso fosse
erisce però che il Caos stesso fosse l’ordinatore dei propri elementi
di
cui ab eterno componevasi, ma un Dio o una miglio
chiamavano il Caos, e che poi si trasformò in membra e aspetto degni
di
un nume (Fasti, i). Par dunque che gli Antichi am
ateria, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea
di
certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitol
o i funghi dalla terra. Noto subito in principio le grandi difficoltà
di
ridurre a sistema regolare la Mitologia come scie
logia come scienza religiosa degli Antichi, non già per voler tentare
di
superarle, ma per dichiarare che sarebbe opera pe
enomeni morali, ossia delle passioni degli uomini. Sotto questo punto
di
vista nelle lingue moderne affini della latina, e
n simil concetto in tutta la Divina Commedia con un sistema parallelo
di
confronti tratti alternativamente dalla Teologia
re : Vedete ! anche gli Antichi ci hanno trasmesso come in nube molti
di
quei principii che l’età moderna ci presenta sott
l fine e sui limiti dello studio della Mitologia, sarà questo il filo
di
Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirin
questo il filo di Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirinto
di
questa antichissima erudizione ; e così ciascun c
o leggiero « Come a seconda giù l’andar per nave. » 2. Dimostrano
di
sentir poco l’armonia delle parole e del verso it
oco l’armonia delle parole e del verso italiano quei poeti che invece
di
caos usano la licenza di scrivere caòsse e cào. N
e e del verso italiano quei poeti che invece di caos usano la licenza
di
scrivere caòsse e cào. Non così Dante, come abbia
licenza di scrivere caòsse e cào. Non così Dante, come abbiamo veduto
di
sopra ; e il volgo stesso toscano pronunzia quell
se. L’ adopra per altro non già nel senso panteistico degli antichi e
di
non pochi moderni, ma soltanto a significare un g
pochi moderni, ma soltanto a significare un grande ammasso o emporio
di
oggetti di qualunque forma o figura, ed anche tal
rni, ma soltanto a significare un grande ammasso o emporio di oggetti
di
qualunque forma o figura, ed anche talvolta una g
et tellus, unus acervus erant. » (Ovid., Fast.) 4. Ved. le poesie
di
Giacomo Zanella e di Giovanni Daneo. 5. « Non
vus erant. » (Ovid., Fast.) 4. Ved. le poesie di Giacomo Zanella e
di
Giovanni Daneo. 5. « Non però che altra cosa
XLIV La caccia del cinghiale
di
Calidonia È questa la prima impresa dei tempi e
i trovino riuniti molti celebri eroi, e che serve perciò, in mancanza
di
altri dati cronologici, a stabilire almeno che qu
rino un’impresa secondaria (ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo
di
uccidere una belva feroce), e perciò ne parlino s
va feroce), e perciò ne parlino soltanto incidentalmente, è per altro
di
somma importanza per la cronologia degli Eroi, di
dell’Etolia a tempo del re Oeneo, circa un secolo prima della guerra
di
Troia. Questo re nel fare un sacrifizio agli Dei
i in ringraziamento per le buone raccolte ottenute, erasi dimenticato
di
Diana ; ed essa lo punì mandando un mostruoso cin
ed essa lo punì mandando un mostruoso cinghiale a devastare lo stato
di
lui. Non molto lungi dalla città v’era la folta s
ei Gemini, l’indovino Anfiarao che fu uno dei sette prodi alla guerra
di
Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Pe
Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre
di
Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulis
sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre
di
Aiace e Laerte di Ulisse ; dei quali tutti dovrem
, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte
di
Ulisse ; dei quali tutti dovremo parlare anche in
rvenuti a questa caccia, dei quali non si conoscono fatti più celebri
di
questo, ne diremo qui brevemente quanto è necessa
a sapersi. I più notabili erano : Meleagro figlio del re Oeneo e duce
di
quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tos
uce di quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli
di
Altea sua madre, e la sua fidanzata Atalanta vale
ggermente, il cinghiale, dopo che questa fiera aveva già fatto strage
di
tre o quattro cacciatori e di molti cani. I cacci
che questa fiera aveva già fatto strage di tre o quattro cacciatori e
di
molti cani. I cacciatori che vi rimasero uccisi d
vicende che poco importa narrare, finalmente ebbe Meleagro la gloria
di
atterrare quell’immane belva ; e il diritto che e
a gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che egli avea
di
prender per sè il teschio e la pelle del cinghial
spiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo
di
onore potesse vantarsi di essere stata più valent
tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi
di
essere stata più valente degli uomini ; e volevan
e ferocia del mostruoso cinghiale. Ma la scena termina con una favola
di
nuovo genere, invenzione che Dante stesso ramment
a nella Divina Commedia. La favola si riferisce al destino della vita
di
Meleagro. Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più
vita di Meleagro. Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente
di
tutti Ovidio nelle Metamorfosi, che quando nacque
egli spasimi atroci, ne sarebbe rimasta impietosita e avrebbe cercato
di
porvi rimedio ; chè ella sola il poteva. Quelli c
e poco sopravvisse ; e le sorelle (tranne Deianira che era già moglie
di
Ercole), furon cangiate in uccelli detti Meleàgri
ogi si dà tuttora alle galline affricane (Numida Meleagris). Ho detto
di
sopra che Danterammenta nella Divina Commedia la
detto di sopra che Danterammenta nella Divina Commedia la trista fine
di
Meleagro ; ed eccomi ad accennare in quale occasi
iò a pensare « Alla cagione ancor non manifesta « Di lor magrezza e
di
lor trista squama ; » e non potendo trovarla da
gio, domandò a Virgilio : « ……Come si può far magro « Là dove l’uopo
di
nutrir non tocca ? » E Virgilio a lui : « Se t’
ì agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva
di
spiegare un mistero con un altro mistero, citò an
ti parrebbe vizzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta
di
Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scient
la generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato
di
essa dopo la morte, nulladimeno non sembra che Da
secoli come una preziosa reliquia il teschio e la pelle del cinghiale
di
Calidonia. 63. « Tempora, dixerunt, eadem lig
IV Una Divinità più potente
di
Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza c
IV Una Divinità più potente di Giove Ammessi più Dei, ne vien
di
conseguenza che nessuno di essi può essere onnipo
otente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza che nessuno
di
essi può essere onnipotente, ma ciascuno ha un po
li attribuzioni degli altri. Quindi il Politeismo presenta l’immagine
di
una federazione di diversi Stati o Principi sotto
li altri. Quindi il Politeismo presenta l’immagine di una federazione
di
diversi Stati o Principi sotto la rappresentanza
i una federazione di diversi Stati o Principi sotto la rappresentanza
di
un capo supremo, come sarebbero gli Stati Uniti d
la rappresentanza di un capo supremo, come sarebbero gli Stati Uniti
di
America e l’Impero Germanico ; mentre il Monoteis
lla monarchia assoluta ; la quale soltanto per analogia o somiglianza
di
forma, e senza alcun fondamento di ragione, si ch
oltanto per analogia o somiglianza di forma, e senza alcun fondamento
di
ragione, si chiama impudentemente di diritto divi
forma, e senza alcun fondamento di ragione, si chiama impudentemente
di
diritto divino. Non deve dunque recar maraviglia,
tolo soprascritto, che vi sia nel Politeismo una divinità più potente
di
Giove, che pure è conosciuto comunemente come il
el Cielo, il padre degli uomini e degli Dei. E questo Dio più potente
di
Giove era il Fato. Il Fato 14, detto altrimenti i
umane vicende. Non v’è termine nelle lingue moderne europee, che più
di
questo di Fato o Destino sia comune e frequente s
ende. Non v’è termine nelle lingue moderne europee, che più di questo
di
Fato o Destino sia comune e frequente sulle labbr
te sulle labbra stesse del volgo ; e tutti l’usano nello stesso senso
di
legge suprema inevitabile. In italiano è comune a
di legge suprema inevitabile. In italiano è comune ancora il termine
di
fatalità nel significato di decreto o effetto di
e. In italiano è comune ancora il termine di fatalità nel significato
di
decreto o effetto di inesorabil destino. I Pagani
ne ancora il termine di fatalità nel significato di decreto o effetto
di
inesorabil destino. I Pagani rappresentavano ciec
edestinazione), fossero contenuti in un’urna o registrati in un libro
di
bronzo, e consultati dallo stesso Giove per conos
à dell’umana natura e riconosce in sè questa ingenita forza e facoltà
di
prestare o negare liberamente il suo assenso ; e
nnata libertate, « Però moralità lasciaro al mondo. « Onde pognam che
di
necessitate « Surga ogni amor che dentro a voi s’
eisti come una Dea è la personificazione e la deificazione dell’ idea
di
conseguenza inevitabile di una o più cause destin
sonificazione e la deificazione dell’ idea di conseguenza inevitabile
di
una o più cause destinate a produrre certi determ
la chiama sœva Necessitas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto
di
portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiod
itas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano
di
bronzo lunghi e grossi chiodi da travi, e cunei,
ei, ossia biette o zeppe, e uncini e piombo liquefatto, simboli tutti
di
costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di
fatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è
di
origine latina ; deriva da fors significante il c
reti sull’esistenza dei viventi ; ma fu considerata pur anco ministra
di
Plutone, perchè essa spinge le anime nei regni di
a pur anco ministra di Plutone, perchè essa spinge le anime nei regni
di
lui. A quest’estremo fato eran sottoposti anche i
anche i Semidei, quantunque uno dei loro genitori fosse una Divinità
di
prim’ordine. Così fu ristretta fra certi limiti i
Così fu ristretta fra certi limiti insormontabili non solo la potenza
di
Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei
imiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco
di
tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pa
inale, come lo fa parlare Virgilio27. Virgilio inoltre si dà premura
di
presentarci ancora il ritratto del Dio Tevere, «
atto del Dio Tevere, « ….. che già vecchio al volto « Sembrava. Avea
di
pioppo ombra d’intorno ; « Di sottil velo e trasp
r indicare il corso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno
di
essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per
orso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso
di
sè un’urna da cui esce l’acqua per significar la
el Nume due corna. Inoltre la corona o ghirlanda del fiume è composta
di
canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancor
ta di canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancora delle fronde
di
quegli alberi che più facilmente vegetano sulle s
i si pone appresso, o nella sinistra, uno scudetto coll’arme o stemma
di
quel popolo pel territorio del quale scorrono le
nir tre volte a singolar tenzone con Ercole per ottenere a preferenza
di
lui Deianira in isposa. E di questa pugna dovremo
one con Ercole per ottenere a preferenza di lui Deianira in isposa. E
di
questa pugna dovremo parlare altrove più a lungo.
me Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31, nel tempo della guerra
di
Troia vedendo le stragi che Achille faceva dei Tr
che Achille faceva dei Troiani, congiurò col Simoenta, suo fratello,
di
annegar quell’Eroe nelle loro acque ; ed avrebbe
Vulcano con una gran fiamma a vaporizzarle. E poichè è un’alta gloria
di
quel piccolo fiume l’aver fatto paura egli solo a
r fatto paura egli solo al tremendissimo Achille, che non aveva paura
di
alcuno, non sarà discaro il sentire con quale imp
ncoraggiava il fratello Simoenta ; e poi quanto fu grande lo sgomento
di
Achille che disperatamente si lamentava, e pietos
o « Che nè bellezza gli varrà nè forza « Nè quel divin suo scudo, che
di
limo « Giacerà ricoperto in qualche gorgo « Vorag
che di limo « Giacerà ricoperto in qualche gorgo « Voraginoso. Ed io
di
negra sabbia « Involverò lui stesso, e tale un mo
sabbia « Involverò lui stesso, e tale un monte « Di ghiaia immenso e
di
pattume intorno « Gli verserò, gli ammasserò, che
lo nasconda. « Fia questo il suo sepolcro, onde non v’abbia « Mestier
di
fossa nell’esequie sue. « Disse, ed alto insorgen
equie sue. « Disse, ed alto insorgendo, e d’atre spume « Ribollendo e
di
sangue e corpi estinti, « Con tempesta piombò sop
entura. « Ma nullo ha colpa de’Celesti meco « Quanto la madre mia che
di
menzogne « Mi lattò, profetando che di Troia « So
meco « Quanto la madre mia che di menzogne « Mi lattò, profetando che
di
Troia « Sotto le mura perirei trafitto « Dagli st
rente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle prodezze
di
Achille (invidiato dallo stesso Alessandro il Gra
(invidiato dallo stesso Alessandro il Grande per la singolar fortuna
di
averne per banditore Omero), che non vi sarà spaz
iscono sotto terra, e a gran distanza ricompariscono sulla superficie
di
essa. Esempio ne sia nella Spagna la Guadiana, ch
essa. Esempio ne sia nella Spagna la Guadiana, che dopo 50 chilometri
di
corso dalla sua origine sparisce in un canneto pr
sua origine sparisce in un canneto presso Tomelioso, e alla distanza
di
24 chilometri esce nuovamente dalla terra gorgogl
inguaggio degli Dei, e il più moderno a quello degli uomini. Nel caso
di
cui si parla nel testo il Xanto è il nome più ant
il nome più antico, e lo Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione
di
Vibio, di Plutarco e di altri ; ma Plinio il natu
iù antico, e lo Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione di Vibio,
di
Plutarco e di altri ; ma Plinio il naturalista af
o Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione di Vibio, di Plutarco e
di
altri ; ma Plinio il naturalista afferma che lo S
on si trovano d’accordo nel riconoscere e determinare i celebri fiumi
di
quella classica terra. Nè ciò deve recar maravigl
VI Il regno, la prigionia e l’eŚilio
di
Saturno Il regno di Saturno sarebbe stato feli
VI Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno Il regno
di
Saturno sarebbe stato felicissimo e durevole a sa
zie e le pietose frodi della sua moglie Cibele. Convien sapere prima
di
tutto che Saturno era considerato come il Dio del
unto significa tempo. Questa notizia ci sarà utile per la spiegazione
di
alcuni strani miti che a lui si riferiscono per t
i riferiscono per tale attributo ed ufficio. Saturno memore del patto
di
famiglia convenuto col fratello maggiore Titano,
memore del patto di famiglia convenuto col fratello maggiore Titano,
di
non allevar cioè figli maschi, il primo che gli n
li maschi che nacquero in appresso, li mandò nascostamente nell’isola
di
Creta, e diede ad intendere al marito di aver par
ndò nascostamente nell’isola di Creta, e diede ad intendere al marito
di
aver partorito una pietra che gli fece presentare
al marito di aver partorito una pietra che gli fece presentare invece
di
ciascun neonato. Saturno nell’incertezza se quell
Saturno, e da lui non ben digerita, adoravasi nel mondo sotto il nome
di
abdir o abadir. Il feticismo però non prevalse ne
cismo però non prevalse nella religione dei Greci e dei Romani, ma sì
di
altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu prop
l’esistenza de’suoi figli a Saturno e a Titano, e tra le altre quella
di
far sollevare urli e strepiti da’ suoi sacerdoti,
strepiti da’ suoi sacerdoti, perchè non si udissero in cielo i vagiti
di
quei pargoletti numi. Ma Titano si accorse della
ono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò
di
carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno
e diede ai fratelli i regni del Mare e dell’ Inferno. Saturno invece
di
esser grato al figlio e di contentarsi del second
i del Mare e dell’ Inferno. Saturno invece di esser grato al figlio e
di
contentarsi del secondo rango nel Cielo, quello d
grato al figlio e di contentarsi del secondo rango nel Cielo, quello
di
ex-re padre del regnante, s’indispettì perchè il
tì perchè il figlio non lo rimise sul trono, e quindi congiurò contro
di
lui. Giove scuoprì la congiura, ed esiliò Saturno
sofferto, aveva prudentemente rinunziato ad immischiarsi negli affari
di
Stato. Così nelle vicende mitologiche di Saturno
ad immischiarsi negli affari di Stato. Così nelle vicende mitologiche
di
Saturno troviamo rappresentate, e quasi storicame
me avvengono tra gli uomini, la maggior parte delle vicende politiche
di
un regno, cioè successione per abdicazione del pa
itiche di un regno, cioè successione per abdicazione del padre, patti
di
famiglia, violazione dei medesimi, guerre, detron
erre, detronizzazioni, prigionie, congiure ed esilio. Non vi si parla
di
stragi e di morti, perchè gli Dei degli Antichi,
izzazioni, prigionie, congiure ed esilio. Non vi si parla di stragi e
di
morti, perchè gli Dei degli Antichi, come le Fate
soltanto la ribellione degli oppressi ; e questá verrà sotto il regno
di
Giove, e sarà mirabile e tremenda, « Di poema de
regno di Giove, e sarà mirabile e tremenda, « Di poema degnissima e
di
storia. » 21. Da questo greco termine Cronos s
lativi al tempo. 22. Il Monti fa dire ad Aristodemo, nella tragedia
di
questo nome : « Che l’uomo ambizioso è uom crude
uesto nome : « Che l’uomo ambizioso è uom crudele. « Tra le sue mire
di
grandezza e lui « Metti il capo del padre e del f
le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita
di
Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per dis
, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto
di
uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome van
ttrici del vizio. Gli stessi Baccanali introdotti in Roma da un Greco
di
oscura nascita (Grœcus ignobilis, come dice Tito
mondo romano bandita ogni virtù religiosa e civile. Dicemmo, parlando
di
Mercurio, che i mercanti romani, secondo quel che
l frutto delle loro ruberie. Anche Orazio mette in versi la preghiera
di
un ladro a Laverna, Dea dei ladri, in cui alla fu
da justum sanctumque videri, perchè cioè quel ladro non si contentava
di
rimanere impunito, ma voleva anche apparire agli
a i Pagani il sentimento che lo ispirava. Nè già si contentavano essi
di
lasciare le loro vendette a questa Dea, ma davano
nel tempio che erale stato eretto, questa Dea fu adorata come figlia
di
Giove e della Giustizia, e perciò come rappresent
, e perciò come rappresentante la giusta vendetta, ossia la punizione
di
quelle colpe che non cadono sotto la sanzione pen
erpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito
di
vendetta tanto potente e feroce nei secoli barbar
no e l’oblio delle offese. Di tutte le affezioni dell’animo, e perciò
di
tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli anti
ffese. Di tutte le affezioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e
di
tutti i Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poe
Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione come
di
tanti esseri soprannaturali, di tante divinità o
derni poeti fatto la descrizione come di tanti esseri soprannaturali,
di
tante divinità o benefiche o malefiche ; e a seco
prannaturali, di tante divinità o benefiche o malefiche ; e a seconda
di
queste descrizioni si sono aiutati gli artisti a
e tempii presso i Pagani : delle Virtù però molte, come abbiam detto
di
sopra nominandole ; dei Vizii ben pochi. Per altr
ii ben pochi. Per altro pitture e statue si fecero e si fanno tuttora
di
qualunque Virtù e di qualunque Vizio, ed anche di
ro pitture e statue si fecero e si fanno tuttora di qualunque Virtù e
di
qualunque Vizio, ed anche di qualsivoglia idea as
e si fanno tuttora di qualunque Virtù e di qualunque Vizio, ed anche
di
qualsivoglia idea astratta, politica o religiosa.
ne le poetiche descrizioni antiche e moderne è ufficio dei professori
di
rettorica e belle lettere, e il descriverne le an
rne sculture o pitture appartiensi ai professori gnostici ed estetici
di
Belle Arti, e non al Mitologo, poichè miti specia
o personificazioni, o apoteosi, da raccontare. Questa facoltà poetica
di
rappresentare con descrizioni o con immagini scul
ivili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo
di
figure umane accompagnate da oggetti simbolici ch
imbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno
di
scriverlo sulla base delle medesime o in qualche
namenti. E se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni
di
Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento
se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni di Virtù e
di
novelli pregi derivati dall’incremento e dal perf
« Che a conto del Governo a stare in briglia « Doma educando i figli
di
famiglia, « Cantavano alla culla d’un bambino, «
nome Gingillino, « La ninna nanna in coro, « Degnissime del secolo e
di
loro. »
uoprire chi meglio abbia colto nel segno. Perciò converrà contentarsi
di
conoscere quel che ne accennano i Classici e prin
peciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra
di
Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ;
Frigii Penati 34. Ecco tre esempi che dimostrano il concetto generale
di
Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei prote
to generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei protettori
di
Troia e della Troade. Vero è che lo stesso poeta
poeta aggiunge che i Penati avevano special culto anche nella reggia
di
Priamo : « Era nel mezzo del palagio all’aura «
l palagio all’aura « Scoperto un grande altare, a cui vicino « Sorgea
di
molti e di molt’anni un lauro « Che co’rami all’a
ll’aura « Scoperto un grande altare, a cui vicino « Sorgea di molti e
di
molt’anni un lauro « Che co’rami all’altar facea
oll’ombra a’Penati opaco velo35. » Ma se il capo dello Stato onorava
di
un culto speciale gli Dei protettori della sua ci
emmo altrove che lo stesso Dante rammenta Marte come il primo patrono
di
Firenze, che poi i cittadini divenuti cristiani c
Nume dei più noti e celebri. Riguardo poi all’ etimologia del titolo
di
questi Dei, che furon portati in Italia « ……. da
Anchise che venne da Troia, » lasceremo decidere ai solenni filologi
di
professione se il vocabolo stesso Penati discenda
quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia
di
quel termine fosse latina, e alludesse al vital n
iammai, ma nella cui esistenza tutti credevano ; — e quando si tratta
di
credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola
za tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno
di
dimostrazione ; sola fides sufficit. Quindi l’esp
i Lari ; e nelle altre, almeno un tabernacolo colle statue o immagini
di
questi Dei, le quali spesso ponevansi ancora dent
tione per altro verte intorno all’etimologia del nome ed alla origine
di
questi Dei, poichè v’è chi li crede così chiamati
r l’altra etimologia ; ma quanto all’origine e alla particolar natura
di
questi Dei nessuno potrà convenire di dover confo
rigine e alla particolar natura di questi Dei nessuno potrà convenire
di
dover confondere i Penati coi Lari, come fanno al
caratteristiche bene accertate degli Dei Penati, come abbiamo veduto
di
sopra, si potrebbero citare molte autorità di cla
ti, come abbiamo veduto di sopra, si potrebbero citare molte autorità
di
classici, da cui chiaramente apparisce il differe
he rara eccezione non distrugge mai la regola generale ; e a sostegno
di
questa terminerò coll’ esaminare una filosofica o
tegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione
di
Cicerone, nel lib. v della Repubblica, ov’egli pa
e che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi
di
quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, c
rotettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre
di
famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemen
la farà trista. » (Inf., xiii, 143….) 37. Ecco le precise parole
di
Cicerone, De Nat. Deorum, lib. ii, cap. 27 : « N
ta differenza si trova chiaramente esemplificata in questo pentametro
di
Tibullo (lib. i, Eleg.,i) : « Dum meus exiguo lu
corruzione della lingua latina focus cominciò ad essere usato invece
di
ignis, e foculare invece di focus. Infatti nel di
ina focus cominciò ad essere usato invece di ignis, e foculare invece
di
focus. Infatti nel dizionario delle parole barbar
vazioni generali sulle Apoteosi Quei Mitologi che presero l’assunto
di
spiegare i miti della Religione Pagana per mezzo
presero l’assunto di spiegare i miti della Religione Pagana per mezzo
di
antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, s
e i miti della Religione Pagana per mezzo di antichi fatti istorici e
di
incerte tradizioni, si trovaron costretti di aggi
antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, si trovaron costretti
di
aggiungere nelle loro opere una parte che trattas
o estesa anche alla spiegazione dei fenomeni fisici, secondo la mente
di
G. Battista Vico, il quale nel libro ii dei Princ
ndo la mente di G. Battista Vico, il quale nel libro ii dei Principii
di
Scienza Nuova asserisce che i miti son tante Isto
seguace fidissimo del Rosmini, danno alla religione pagana il titolo
di
Panteismo Mitologico, è questo un altro motivo di
ne pagana il titolo di Panteismo Mitologico, è questo un altro motivo
di
credere che il sistema da me prescelto sia il più
un riassunto della parte fondamentale del mio lavoro, è una conferma
di
quanto ho dichiarato dal principio alla fine di q
avoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine
di
questa Mitologia. La parola Apoteòsi, secondo la
alla deificazione degli uomini dopo la morte167. Il culto più antico
di
cui si trovi memoria negli scrittori fu quello de
sta, che è il loro libro sacro, attribuito a Zoroastro. Anche a tempo
di
Augusto i Persiani adoravano come loro Nume supre
e fu principalmente professato dagli Egiziani, i quali anche al tempo
di
Mosè adoravano come loro Dio il bue Api, la qual
li Ebrei nel deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per ordine
di
Mosè, a tante migliaia di quegli stupidi imitator
itello d’oro, che costò la vita, per ordine di Mosè, a tante migliaia
di
quegli stupidi imitatori del culto Egiziano. Il S
. Il Sabeismo sarebbe stato anch’esso, com’era in origine, una specie
di
Feticismo, benchè meno goffo, non meno però mater
o goffo, non meno però materiale (poichè anche gli astri son composti
di
materia cosmica), se ben presto non fosse invalsa
ossia all’ apoteosi degli oggetti materiali, fu sostituita l’apoteosi
di
Esseri soprannaturali rappresentanti le forze o l
o il movimento della materia, e che poi furono dette scientificamente
di
attrazione e di repulsione. Fu questo il ponte di
ella materia, e che poi furono dette scientificamente di attrazione e
di
repulsione. Fu questo il ponte di passaggio dal c
te scientificamente di attrazione e di repulsione. Fu questo il ponte
di
passaggio dal culto materiale del feticismo al Pa
iale del feticismo al Panteismo mitologico, in cui si fece l’apoteosi
di
tutte le forze e leggi della creazione non solo d
e impareggiabile dai Greci e dai Romani i più celebri e graziosi miti
di
cui non perirà mai la memoria, finchè si leggeran
culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno
di
una religione più pura e più razionale. 166.
ateria e dello spirito. È decisivo su tal proposito il seguente passo
di
Cicerone : « Quid Opis ? quid Salutis ? quid Conc
Avvertenza In luogo
di
Prefazione, per dar conto di quest’opera ai corte
Avvertenza In luogo di Prefazione, per dar conto
di
quest’opera ai cortesi lettori, si riporta il pre
quest’opera ai cortesi lettori, si riporta il preambolo del Manifesto
di
associazione pubblicato nel giugno del corrente a
lo de’greci e de’ latini poeti, ma degl’italiani e d’altre nazioni, e
di
molte locuzioni viventi tuttavia nel comune lingu
uzioni viventi tuttavia nel comune linguaggio ; in uso delle scuole e
di
ogni colta persona. Di quest’opera di erudizione
guaggio ; in uso delle scuole e di ogni colta persona. Di quest’opera
di
erudizione letteraria furono pubblicati per saggi
1873 della Nuova Antologia. Anzi fu il Tommaséo stesso che mi suggeri
di
aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca
fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo
di
Mitologia Greca e Romana, tutte le altre parole c
mana, tutte le altre parole che ora vi si leggono ; e non si contentò
di
dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo
nversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione
di
scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel det
ente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva
di
adottare il soprascritto titolo. Fece anche di pi
che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. Fece anche
di
più : voile proporre spontaneamente l’anno scorso
anche di più : voile proporre spontaneamente l’anno scorso la stampa
di
questa Mitologia ad un editore milanese con una s
ad un editore milanese con una sua lettera, che egli, abbondando meco
di
cortesia, mi mandò perchè la leggessi e la spedis
questa lettera che io scriverei, possa correre. E la lettera correva
di
certo, ed io la spedii subito, e qui la riporto p
la spedii subito, e qui la riporto per copia conforme : « Il saggio
di
Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia l
di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia le mando, è parte
di
un lavoro compiuto, e che da esperti nell’insegna
nsegnare ebbe lode ; e io, proponendoglielo, ne dico assai ; e meglio
di
me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lav
endoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio
di
Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accetta
mpendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più
di
una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor
ro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e
di
cui l’avveduto signor Barbèra credette utile fars
cazioni mancava il tempo, com’ egli rispose direttamente a me stesso,
di
pubblicare anche questo libro prima della riapert
ima della riapertura delle Scuole ; e allora il Tommasèo mi consigliò
di
stamparlo l’anno appresso per associazione. Il ch
stamparlo l’anno appresso per associazione. Il che ora io vo tentando
di
fare col presente Manifesto ; e confido che gl’il
sì civili, e della cui civiltà è figlia la nostra. Se una gran parte
di
queste loro idee, quali si trovano espresse e rap
i Santi Padri dei primitivi tempi del Cristianesimo citarono i detti
di
Cicerone forse più spesso di quei della Bibbia. A
tempi del Cristianesimo citarono i detti di Cicerone forse più spesso
di
quei della Bibbia. Andando su queste traccie, rie
este traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione
di
molte idee mitologiche degli antichi Pagani ; e f
i nostri poeti, e principalmente l’Alighieri, ma pur anco i filosofi
di
maggior fama, possiamo almeno conoscere quale opi
La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto esser quella
di
considerare le Divinità del Gentilesimo come altr
a anche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti
di
questa Mitologia. Infatti risalendo alla Cosmogon
econdo le antiche idee (vere o false che fossero), dalla combinazione
di
quei principali elementi si producevano. Perciò a
a delle medesime ; alla formazione favolosa del fulmine la causa vera
di
questo fenomeno ; e così di tante altre. Oggidì c
azione favolosa del fulmine la causa vera di questo fenomeno ; e così
di
tante altre. Oggidì che hanno sì gran credito gli
ito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi
di
pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo
primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri,
di
quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei
tanta efficacia sulla civiltà greca e romana. Se negli Dei superiori
di
cui abbiam parlato in questa prima Parte troviamo
e sociale, procedendo alla seconda Parte vi troveremo l’applicazione
di
quelle ai casi più speciali ed anche individuali.
isica, si considerano incarnate negli uomini dalle Divinità per mezzo
di
matrimonii misti, che danno origine ai Semidei ed
e materia ai più celebri poemi epici, si continua la personificazione
di
nuove idee astratte, non solo delle virtù, ma pur
rono i puritani della pagana religione, e considerarono sin dal tempo
di
Numa il sentimento religioso e morale come il pri
orale come il primo fattore dell’incivilimento ; e perciò ebbero cura
di
tenerne lungi qualunque elemento che tendesse a v
n può esistere vera civiltà. Ma quando la romana costanza che trionfò
di
tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove n
ltà. Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e
di
tutte le più dure prove non fu abbastanza forte c
ffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammirazione
di
tutti per la bontà e santità della vita : e quest
acolo in mezzo a società così corrotta ; questo richiamò l’attenzione
di
tutti sulla nuova religione del Cristianesimo, pe
perseguette, « Senza mio lagrimar non fur lor pianti. « E mentre che
di
là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dri
nto simile a quello del poeta Stazio condusse alla stessa conseguenza
di
farsi Cristiani tutti quei politeisti che non era
o in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due
di
politeismo e di gentilesimo 169. Ma poichè la rel
o in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e
di
gentilesimo 169. Ma poichè la religione dell’Evan
esimo 169. Ma poichè la religione dell’Evangelo ai più santi precetti
di
morale univa la principal massima sociale che tut
are se non la sublimità, che non potevano intendere, almeno l’utilità
di
questa nuova religione ; e tutto l’impero romano,
tili ha due altri diversi significati : uno più usato e comune invece
di
cortesi ; e l’altro legale, che sta ad indicare l
gentilizii, titoli gentilizii ecc. Dante estese il significato legale
di
gentili a tutte le persone dello stesso partito,
Avvertimento. Nel dare alla luce la terza edizione
di
questo Corso di Mitologia, stimiamo opportuno rip
Avvertimento. Nel dare alla luce la terza edizione di questo Corso
di
Mitologia, stimiamo opportuno riprodurre l’avvert
1854. « Nel 1838 fu pubblicata a Parigi la quinta edizione del Corso
di
Mitologia dei signori Noël e Chapsal, che è stato
pubblico, e che riesce molto utile nelle scuole. » Il maggior pregio
di
questo libro elementare consiste, a parer nostro,
nde e per risposte. » — Il racconto non interrotto, dicono gli Autori
di
questo Corso, offre all’ alunno una lettura più g
i antecedenti o nei successivi. — » « Volendo noi pubblicare un Corso
di
Mitologia pei giovinetti, abbbiamo stimato dover
a sperimentata bontà del metodo. Ma supponendo che la pura traduzione
di
esso non avrebbe pienamente soddisfatto al bisogn
resciuto non poco le notizie mitologiche, tenendoci sempre nei limiti
di
un libro elementare. » Gli autori francesi vi han
nno opportunamente inserito alcuni passi dei loro poeti, e noi invece
di
tradurre quelli vi abbiamo sostituito, ed in magg
rtunissima anche ai cultori delle Belle Arti. » Ci siamo poi studiati
di
render profittevole alla morale questa lettura, e
i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più era
di
solo pascolo alla curiosità giovanile. È noto che
per aderire alle ricerche che ne vengono fatte, ristampiamo il Corso
di
Mitologia, riveduto e migliorato con aggiunte del
tologia, riveduto e migliorato con aggiunte del traduttore, ed ornato
di
stampe fatte da valenti artisti, utilissime a dar
mogonia significa generazione, ossia formazione del mondo. Gli uomini
di
tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, ha
empi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità
di
sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire
i ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine
di
questo mondo, o vogliam dire dell’ universo ; e n
sacerdoti e ai loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito
di
casta, ossia di preeminenza e predominio dell’una
loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito di casta, ossia
di
preeminenza e predominio dell’una classe sociale
eta. Alcuni moderni autori eruditissimi ed infaticabili hanno tentato
di
spiegare quei miti o simboli, ma ben di rado vi s
ed infaticabili hanno tentato di spiegare quei miti o simboli, ma ben
di
rado vi son riusciti in modo evidente o almeno pr
rado vi son riusciti in modo evidente o almeno probabile. Tal genere
di
faticosa erudizione, consistente nel decifrare gl
il campo allo studio dei problemi che sulla Cosmogonia si propongono
di
risolvere le scienze fisiche, e principalmente l’
dottati nel linguaggio poetico degl’italiani, nasce quindi il bisogno
di
conoscerli ed illustrarli, e, quando è possibile,
ndo il principio cattolico, le antiche favole mitologiche sono avanzi
di
tradizioni religiose e sociali tramandate da temp
ti i termini mitologici e scientifici spiegati in ambedue i volumi
di
questa mitologia NB. I numeri indicano le pagine.
eri italici, e posti subito dopo quei nomi da cui derivano. Per mezzo
di
quest’ Indice alfabetico può la presente Mitologi
t’ Indice alfabetico può la presente Mitologia far l’ufficio pur anco
di
Dizionario Mitologico. A Abdir 29 Abila 364
377 Icòre 432 Ida (guerriero) 374 Idèa (dea) 40 Idolatri 5 Idra (
di
Lerna) 358 Idra (costellaz.) 359 Ifigenia 423,
Satira 272 Saturno 26 e seg. Saturno (pianeta) 35 Saturno (sale
di
) 35 Saturnia 31 e seg. Saturnali 35 Sèlène (d
65 Siringa (sampogna) 265 Sìsifo 222 Sistro 507 Sole 94 Solfuro
di
ferro 67 Sogni 211 Sonno 211 Sòspita (dea) 500
òspita (dea) 500 Sparti 322 Speranza (dea) 492 Stàfilo 167 Stelle
di
S. Elmo 375 Stellio 52 Stenobèa 317 Sterculio
co 95 Zoroastro 491 Errata-corrige A pag. 314 lin. 21 invece
di
Arianna si legga Andròmeda » 448 » 12 » Cherson
accoglienza ottenuta dalle nostre due antecedenti edizioni del Corso
di
Mitologia dei Signori Nöel e Chapsal, ci ha confo
in legno intercalate nel testo. Giovi poi ripetere come la traduzione
di
quest’opera non sia un semplice volgarizzamento,
imo e la fondazione del Cristianesimo. E qui giovi spiegare l’oggetto
di
quest’appendice, affinchè i giovani lettori ne tr
Redenzione. I discorsi aggiunti dunque in Appendice a questo trattato
di
Mitologia sono opportuno avviamento a tale studio
Tavola analitica secondo il metodo
di
giov. humbert (Le cifre arabe indicano i parag
Amazzoni, 375. Semele, 75, 147, 148. IV. Personaggi della guerra
di
Tebe. Adrasto, 506—508. Tideo, 506. Eteoele
497. Gorgoni, 357. Tifeo o Tifone, 69. Crisaorso, 358, 379. Idra
di
Lerna, 371. Arpie, 191. Chimcra, 466. Lestrigo
ro, 646. 2°. Cleobi e Bitone, 624, 625. Egeria e Numa, 324. Milone
di
Crotone, 670. Epimenide, 658, 2°. ec. IX. Cer
y subject, a person present defied him to do so on the Latin gerunds,
di
, do, dum, which, however, he immediately did in t
ivers. Virgil mentions Ægle as being the fairest of the Naiades. Nan′
di
[Nandi]. The Hindoo goddess of joy. Nar′ræ [Narr
eggio 4. Venus of Melos (in the Louvre) 5. The Flying Mercury. Giov.
di
Bologna 6. The Fates. Michael Angelo 7. The For
t). [Wall Painting: Baumeister.] Pl. 5. The Flying Mercury. Giov.
di
Bologna. Fig. 17. Mercury conducting Souls to
ture. In modern sculpture: Cellini’s Mercury (base of Perseus); Giov.
di
Bologna’s Flying Mercury (bronze). In modern pain
mphale (Louvre); Bandinelli (sculpture), Hercules and Cacus; Giovanni
di
Bologna (sculpture), Hercules and Centaur; Amazon
E., 1843. Com. § 61, Europa; § 107, Eurydice. Dosso Dossi (Giovanni
di
Lutero), 1479-1541 (paint.). Diana and Endymion,
i, Paris: 1840; Inghirami, Galeria Omerica; Bolletino dell’ Instituto
di
Corrispondenza Archeologica, Rome; Millin, A. L.,
me beaucoup mieux l’Amour de la patrie. Métastase a dit : E istinto
di
natura L’amor del patrio nido57. L’Expérience
w broken branches and scattered leaves. Flying Mercury. Giovanni
di
Bologna. The gift of the lyre pleased Apollo so w
s hommes, pour mieux s’identifier avec les malheurs de la fille de la
di
inité qu’ils adoraient, profitaient des mystères
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