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1 (1874) Ristretto analitico del dizionario della favola. Volume I pp. -332
ssement] All’ Egregio uomo COMMENDATORE ANTONIO MORDINI Prefetto di napoli Che alla valente operosità della vita pol
oscente animo L’autore Come perenne testimonianza Di gratitudine e di rispetto Ristretto analitico del dizionario d
recusabili testimonianze della storia ; appoggiati da valide opinioni di chiari scrittori, antichi e moderni, italiani e s
tà ; studiare la religione, i costumi, la vita intellettuale e fisica di uomini, di cose e di nazioni, ora sepolte nella n
re la religione, i costumi, la vita intellettuale e fisica di uomini, di cose e di nazioni, ora sepolte nella notte profon
gione, i costumi, la vita intellettuale e fisica di uomini, di cose e di nazioni, ora sepolte nella notte profonda dei sec
ardua, lunga, faticosa, per raggiungere la quale, abbisogna fermezza di volontà, studio accurato ed indefesso, osservazio
iosa e culta, quella che forma la più eletta parte della cittadinanza di una illustre metropoli, quella per la quale noi a
chiara, netta, precisa, dello scopo che ci trasse a spendere più anni di penoso lavoro intorno a quest’opera. Fu questa e
one storico-scientifica sulla Mitologia, adoperandoci con accuratezza di studio, onde l’idea che dà vita ai simboli mitolo
itologici, risplendesse della maggior luce possibile all’intelligenza di coloro che, per lo studio delle antichità pagane,
e è serena. Se l’opinione del pubblico vorrà, come speriamo, coronare di splendido successo l’opera nostra, noi saremo pag
niamo la parte, diremo, materiale dell’opera. Ci è caduto in pensiero di scrivere un’opera per la gioventù studiosa ; dare
raverso il fitto buio delle antichità pagane, e quindi abbiamo, prima di tutto, posto ogni nostra cura solerte, nell’esser
ne generale dell’opera, sopratutto nella parte sensibilmente visibile di essa, spiegando ed analizzando le ragioni che ci
che ci indussero, dopo lunga riflessione, a preferire questa maniera di esporre, piuttosto che un’altra. Fisicamente parl
occhio infine, vuole la sua gran parte nell’osservazione anche morale di un obbietto qualunque ; e l’intelligenza, quest’o
enza, quest’occhio dell’anima, sarà tanto più facilmente suscettibile di comprendere, di sentire, di persuadersi d’un vero
io dell’anima, sarà tanto più facilmente suscettibile di comprendere, di sentire, di persuadersi d’un vero qualunque, sott
a, sarà tanto più facilmente suscettibile di comprendere, di sentire, di persuadersi d’un vero qualunque, sottoposto alla
l libro, la pagina, il carattere, la bella armonia della disposizione di tutto l’obbietto che si vuol farle studiare e com
e le sue singole parti, completa, armonizzando la fisica disposizione di un’opera qualunque, con la nettezza e precisione
ue, con la nettezza e precisione dell’idea, che è il principio motore di essa. La struttura materiale dell’universo riposa
perfetto, armonioso, completo, che la natura ha posto nel compimento di tutte le sue opere, dalla vita fisica dell’uomo,
vogliamo dedurre che un’opera qualunque, sia materiale o spirituale, di scienza o di arte, di studio o d’ispirazione, dev
urre che un’opera qualunque, sia materiale o spirituale, di scienza o di arte, di studio o d’ispirazione, deve primieramen
un’opera qualunque, sia materiale o spirituale, di scienza o di arte, di studio o d’ispirazione, deve primieramente aver l
el modo più completo, fra l’idea, che è l’anima, l’essenza animatrice di ogni opera dell’ingegnu umano ; e la maniera mate
senta l’anima ; ossia l’essenza impalpabile, ma essenzialmente vitale di esso ; e il modo fisico o materiale, o moglio, il
sensibile, ossia il corpo ; fra il concetto dell’idea e l’attuazione di essa ; fra lo spirito e la materia ; fra il fine
ittori storici, cronisti e poeti, antichi e moderni. Nell’esposizione di questo titolo, a noi sembra di aver detto abbasta
i, antichi e moderni. Nell’esposizione di questo titolo, a noi sembra di aver detto abbastanza, e di avere, in poche parol
sposizione di questo titolo, a noi sembra di aver detto abbastanza, e di avere, in poche parole, raccolto il senso morale
tto abbastanza, e di avere, in poche parole, raccolto il senso morale di tutta la nostra opera. Infatti, un ristretto anal
istretto analitico del Dizionario della Favola, dev’essere una specie di storia dettaglita delle divine ed umane personali
ali avvenimenti, dei fatti più importanti, compiutisi in quel periodo di tempo che tutti gli scrittori si accordano col ch
na nomenclatura, per quanto più si possa, fedele e letterale dei nomi di quei personaggi, di quegli avvenimenti, o di quei
quanto più si possa, fedele e letterale dei nomi di quei personaggi, di quegli avvenimenti, o di quei luoghi, i quali per
ele e letterale dei nomi di quei personaggi, di quegli avvenimenti, o di quei luoghi, i quali per la loro individuale impo
rmatrice dell’opera nostra, e completammo questo studio con la giunta di numerose annotazioni, onde i lettori si avessero
ine alfabetico, numerandoli progressivamente, e ciò solo nell’intento di render più agevoli le ricerche dello studioso, co
voli le ricerche dello studioso, col marcare e distinguere, per mezzo di un segno particolare, ciascuno di essi. A raggiun
ol marcare e distinguere, per mezzo di un segno particolare, ciascuno di essi. A raggiungere questo scopo ci servimmo dell
lla Z, apponendo sempre per maggior chiarezza e regolarità, ad ognuno di quei nomi, il numero d’ordine progressivo. Riguar
Riguardo alle citazioni dei più rinomati scrittori antichi e moderni, di che noi abbiamo arricchita l’opera, non ci resta
iscontrate quelle citazioni, onde esser certi, fino al convincimento, di non aver commesso il più lieve errore, la più leg
col loro autorevole appoggio, quanto fosse vera e reale l’esposizione di quel singolo avvenimento, nel racconto del quale
assiche da noi citate, ci siamo avvalsi sovente della Divina Commedia di Dante, quantunque a prima vista potesse sembrare
n l’opera eterna dello Alighieri. Ma noi credemmo, forse non a torto, di avvalerci della testimonianza irrecusabilmente cl
endo anzi in quasi tutti i canti che compongono l’eterno poema, assai di soventi immagini e figure tolte dalla Mitologia.
ta dall’immortale immaginazione del Cantore dei tre Regni, nell’anima di un dannato o di un demonio. Tutti i mostruosi acc
e immaginazione del Cantore dei tre Regni, nell’anima di un dannato o di un demonio. Tutti i mostruosi accoppiamenti della
toccar delle altre, la ragione più convincente che in tutto il corso di questa opera, ci ha fatto di sovente riportare le
ne più convincente che in tutto il corso di questa opera, ci ha fatto di sovente riportare le citazioni dei passi della Di
tare le citazioni dei passi della Divina Commedia ; e in ciò crediamo di aver fatto il meglio. Da ultimo, seguendo a deluc
agione del perchè abbiam fatto precedere questa opera da tanto numero di epigrafi. In generale tutte le volte che un libro
da lungo tempo adottato da tutti gli scienziati, ed in tutte le opere di recente pubblicate per le stampe, non solo, ma al
ivii e nelle biblioteche. Nel nostro caso, a noi parve, che un numero di epigrafi avrebbe dato un, diremo, tacito attestat
del nostro lavoro ; e che esse sarebbero state altrettante citazioni di illustri autori, convenienti non ad un singolo ar
d un singolo articolo dell’opera nostra, non ad un particolar nome, o di cosa o di luogo, ma a tutto il lavoro, considerat
lo articolo dell’opera nostra, non ad un particolar nome, o di cosa o di luogo, ma a tutto il lavoro, considerato nel suo
. E per maggior mente far comprendere il nostro pensiero, ci servimmo di epigrafi tolte da scrittori antichi e moderni, da
i servimmo di epigrafi tolte da scrittori antichi e moderni, da opere di scienza, di arte, di letteratura, di filosofia, d
i epigrafi tolte da scrittori antichi e moderni, da opere di scienza, di arte, di letteratura, di filosofia, da tutto infi
i tolte da scrittori antichi e moderni, da opere di scienza, di arte, di letteratura, di filosofia, da tutto infine lo sci
tori antichi e moderni, da opere di scienza, di arte, di letteratura, di filosofia, da tutto infine lo scibile umano, serv
tteratura, di filosofia, da tutto infine lo scibile umano, servendoci di scrittori greci, latini, italiani, francesi, ingl
ittori greci, latini, italiani, francesi, inglesi e tedeschi, siccome di altrettante testimonianze illustri ed irrecusabil
storica, scientifica e letteraria dell’opera. Ciò per la prima parte di questo libro, ossia per lo insieme materiale e fi
questo libro, ossia per lo insieme materiale e fisicame nte visibile di esso. Ora non ci resta che a dimostrare l’utilità
o, e questo brevemente faremo. Oggi non è certamente assoluta penuria di opere nel genere della nostra, chè anzi varie son
a forma d’assieme, e nel modo limpido e chiaro col quale noi cercammo di metterla alla portata di tutte le intelligenze, s
modo limpido e chiaro col quale noi cercammo di metterla alla portata di tutte le intelligenze, si vedrà allora incontrast
tutte le intelligenze, si vedrà allora incontrastabilmente l’utilità di essa e l’importanza seria e profonda di questo la
incontrastabilmente l’utilità di essa e l’importanza seria e profonda di questo lavoro. Certo le allegorie, i fatti, i sim
e noi, al certo, non potevamo nè inventarne dei nuovi, nè rivestirli di altre immagini, che non fossero quelle trasmessec
izionarii della Favola ; famosi e chiari scrittori ; ingegni profondi di tutte le nazioni ; rinomati e dotti uomini, itali
o alla luce un Ristretto analitico della Favola, nel quale fosse cosi di sovente riportata una classica citazione, un bran
uale fosse cosi di sovente riportata una classica citazione, un brano di altre opere, le quali venissero ad appoggiare, co
ante degli innumeri fatti che ne componevano la storia, ma un insieme di quello che i più rinomati scrittori, e sopratutto
ioventù studiosa avrà in questo ristretto, non solo larghe cognizioni di storia, di mitologia, di astronomia, ecc., ma di
diosa avrà in questo ristretto, non solo larghe cognizioni di storia, di mitologia, di astronomia, ecc., ma di letteratura
questo ristretto, non solo larghe cognizioni di storia, di mitologia, di astronomia, ecc., ma di letteratura antica e mode
lo larghe cognizioni di storia, di mitologia, di astronomia, ecc., ma di letteratura antica e moderna, i cui autori ci han
cui autori ci hanno dato (con le citazioni da noi riportate) il mezzo di farli rimanere maggiormente impressi nella mente
lebile nella mente, quanto più marcata e sensibile sarà l’esposizione di esso. Questo scopo noi lo abbiamo raggiunto media
fatto nella sua forma primitiva e tradizionale, ma avranno anche agio di internarsi nelle più peregrine bellezze letterari
ie dei elassici, le quali, alla loro volta, saranno dal fatto stesso, di cui vengono in appoggio, rese più chiare, limpide
storica che riporti interi brani dell’ Iliade d’ Omero ; dell’ Eneide di Virgilio ; delle Metamorfosi di Ovidio : quella c
dell’ Iliade d’ Omero ; dell’ Eneide di Virgilio ; delle Metamorfosi di Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo
irgilio ; delle Metamorfosi di Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone, di T
lle Metamorfosi di Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone, di Tacito, ecc. 
si di Ovidio : quella che riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone, di Tacito, ecc. ; quella, fin
io : quella che riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone, di Tacito, ecc. ; quella, finalmente, c
he riunisce citazioni di Eschilo, di Euripide, di Egino, di Cicerone, di Tacito, ecc. ; quella, finalmente, che riporti fr
cc. ; quella, finalmente, che riporti frammenti della Divina Commedia di Dante ; delle opere del Monti ; di quelle del Met
ti frammenti della Divina Commedia di Dante ; delle opere del Monti ; di quelle del Metastasio ; e di altri numerosi poeti
media di Dante ; delle opere del Monti ; di quelle del Metastasio ; e di altri numerosi poeti e scrittori d’ogni epoca, d’
una opera storico-scientifico-letteraria ; ed abbiamo la convinzione di aver agito con sano discernimento ; imperocchè ne
che noi abbiamo fedelmente riportate, quantunque volte la importanza di un nome o di un avvenimento, ce ne à porto il des
amo fedelmente riportate, quantunque volte la importanza di un nome o di un avvenimento, ce ne à porto il destro. Ed ora,
ce ne à porto il destro. Ed ora, conchiudendo, diremo, che parendoci di aver completamente raggiunto la meta luminosa che
tamente raggiunto la meta luminosa che ci eravamo imposti, noi faremo di pubblica ragione questa opera. Che i nostri conci
di pubblica ragione questa opera. Che i nostri concittadini accettino di buon animo la nostra intenzione, che fu quella di
cittadini accettino di buon animo la nostra intenzione, che fu quella di esser loro utili con l’eterno insegnamento della
o buon viso al nostro lavoro : noi non osiamo nè chiedere, nè sperare di più. Studio preliminare Sulla mitologia L
zia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale,
riscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale, durante la celebrazione dei giuochi P
fosse nato nella LXIV Olimpiade (522 anni avanti Cristo). Ma nessuna di queste date è certa, quantunque l’ultima sia la p
sto, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di T
i Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. ad avere il sentimento della cosa. Più ta
Più tardi essi congiunsero la nozione del Mito a quella più generale di simbolo o altegoria, e ne fecero una delle forme
ordine religioso. L’antica civiltà greca fu il prodotto della fusione di due elementi o di due razze ; quella dei Pelasgi
L’antica civiltà greca fu il prodotto della fusione di due elementi o di due razze ; quella dei Pelasgi 2 e quella degli E
conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntura di non essere distratta dalle cure minute e material
zioni religiose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sult
ose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sulta civiltà de
iche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sulta civiltà degli Elleni
macedone. Quarta età. dalla preponderanza macedone, alla distruzione di Corinto. I tratti principali e caratteristici del
da Omero Omero. — Sette città della Grecia si disputarono l’onore di aver dato i natali ad Omero, e se volessimo numer
volessimo numerare tutte quelle che troviamo mentovate in varii passi di antichi scrittori, noteremmo ben dieciotto o diec
esia, 10 11 Che più ? l’erfino negli oscuri ed osceni saturnali di Bacco ; in tutte le feste o cerimonie proprie del
i Bacco ; in tutte le feste o cerimonie proprie del culto individuale di ogni deità degli antichi ; anche nelle turpi ed i
; anche nelle turpi ed infami lascivie che componevano tutto il culto di Priapo,12 presso i Greci e Romani dell’impero, se
e Romani dell’impero, sempre si scorge visibile e luminosa la verità di quanto asseriamo, quella cioè, che una religione
osi e reverenti ai dieci comandamenti della Legge, scolpiti su tavole di macigno. Maomello il profeta, adoperò simboli ed
simboli proprii delle stesse religiose credenze che quelle cercarono di attaccare e di abbattere, erano visibili in esse 
i delle stesse religiose credenze che quelle cercarono di attaccare e di abbattere, erano visibili in esse ; e sebbene alt
ili in esse ; e sebbene alterati e confusi, pure avevano qualche cosa di particolare e di proprio della religione da cui n
ebbene alterati e confusi, pure avevano qualche cosa di particolare e di proprio della religione da cui nascevano. Così fi
resie degli Gnostici,13 e dei Simoniani ;14 cosi nelle sette eretiche di Menandro,15 e di Dositeo ;16 cosi nei sofistici C
ici,13 e dei Simoniani ;14 cosi nelle sette eretiche di Menandro,15 e di Dositeo ;16 cosi nei sofistici Cerentiani,17 e ne
eresie e sette, che ne afflissero il corso, un esempio meno palpabile di questa verità. Tutti gli eretici novatori del det
pabile di questa verità. Tutti gli eretici novatori del detto periodo di tempo, seguirono, o meglio, conservarono uno o pi
osa nomenclatura, noi potremmo giungere fino alle più recenti eresie, di che fu afflitta la maestà della Chiesa Cattolica,
mmo se non a ripetere le medesime cose ; se non a ribattere il chiodo di una verità inconcussa, e il raggio del vero scint
di una verità inconcussa, e il raggio del vero scintilla ed illumina di per sè, nè abbisogna di frasi suonanti, o di stor
a, e il raggio del vero scintilla ed illumina di per sè, nè abbisogna di frasi suonanti, o di storiche citazioni, che facc
ro scintilla ed illumina di per sè, nè abbisogna di frasi suonanti, o di storiche citazioni, che facciano maggiormente lim
la luce che emana da esso. Solamente aggiungeremo, a maggior trionfo di verità, che i simboli mitologici hanno sopravviss
e vergini beatificate, e specialmente delle numerose personificazioni di cui non sapremmo definire, se il vero sentimento
il vero sentimento religioso cattolico, o la superstizione popolare ( di cui, pur troppo, abbiamo ancora larghe e dolorose
arghe e dolorose vestigie), ha informata l’unica e divina personalità di Maria, Madre di Dio. A Roma, per esempio, il temp
vestigie), ha informata l’unica e divina personalità di Maria, Madre di Dio. A Roma, per esempio, il tempio ove si venerò
to alla Madonna del Sole. Quello dei gemelli Romolo e Remo, fondatori di Roma, ai due Santi Cosimo e Damiano, gemelli anch
ipitasse Anna Perenna, sorella della famosa Didone, sorge la cappella di Santa Petronilla. Nel foro Boario, presso l’ Ara
esso l’ Ara Massima, ove i romani pronunziavano il solenne giuramento di dire il vero in giudizio, ora s’innalza la chiesa
lenne giuramento di dire il vero in giudizio, ora s’innalza la chiesa di Santa Maria, Bocca della Verità. Il Panteon è div
a di Santa Maria, Bocca della Verità. Il Panteon è divenuto la chiesa di Santa Maria della Minerca. La cattedrale di Pisa,
teon è divenuto la chiesa di Santa Maria della Minerca. La cattedrale di Pisa, era il palazzo di Adriano. Il monte Soracte
a di Santa Maria della Minerca. La cattedrale di Pisa, era il palazzo di Adriano. Il monte Soracte è oggi la collina di Sa
i Pisa, era il palazzo di Adriano. Il monte Soracte è oggi la collina di Santo Oreste, e presso l’urna che, si vuole, racc
ina di Santo Oreste, e presso l’urna che, si vuole, racchiuda le ossa di Santo Ranieri, sorge una statua di Santo Potito,
a che, si vuole, racchiuda le ossa di Santo Ranieri, sorge una statua di Santo Potito, la quale altro non è che un simulac
Dio della Guerra. Anche più presso a noi, e propriamente nella città di Messina, a simiglianza della Cerere Sicula, vagan
della Cerere Sicula, vagante per le campagne della Trinacria in cerca di sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, la Mado
le mostrano la statua del Redentore, ella trema, impallidisce, piange di gioia, e allora una nidiata di uccelletti irrompe
tore, ella trema, impallidisce, piange di gioia, e allora una nidiata di uccelletti irrompe, come per incanto, dal suo sen
e s’innalza nell’aria a spandere pel cielo l’esultanza del suo cuore di madre. L’antichissimo cataclisma del diluvio univ
che tradizioni dell’ Oriente, le quali accennano tutte e fan menzione di quel tremendo sovvertimento della natura. Nelle l
scura, confusa ; e questo studio è tanto più fecondo d’insegnamenti e di dottrine, per quanto più enigmatici sono i simbol
colari ; sarà dunque agevol cosa il comprendere quale estesa quantità di miti si racchiuda nelle mitologiche tradizioni, e
racchiuda nelle mitologiche tradizioni, emergenti da così alto numero di divinità. Similmente è chiaro che non bisogna cer
io della Mitologia, por mente alle moltiplici agglomerazioni popolari di elementi antichi e nuovi, fittizii e reali, immag
mente, da tutti gli scrittori dell’antichità stessa, la denominazione di Maraviglioso. Codesto vocabolo si addice propriam
iglioso. Codesto vocabolo si addice propriamente a tutta quella sfera di personaggi e di fatti ideali e storici, ad un tem
vocabolo si addice propriamente a tutta quella sfera di personaggi e di fatti ideali e storici, ad un tempo, il cui perio
amato Eroico o Favoloso. In esso figurano attori, spesso immaginarii, di azioni vere, in cui i simboli o miti delle numero
ica allegoria, la quale apparisce più viva in tutto quel lungo elasso di tempo, in cui la superstizione pagana tenne alto
dei suoi numi ; rino a che una credenza più mite, una vera religione di pace, di amore, di fratellanza ; una civiltà più
numi ; rino a che una credenza più mite, una vera religione di pace, di amore, di fratellanza ; una civiltà più essenzial
no a che una credenza più mite, una vera religione di pace, di amore, di fratellanza ; una civiltà più essenzialmente uman
operta la terra. E allora, i simboli o miti atroci ed impuri, proprii di una religione che serviva più alle tristi passion
imbolo della forza, sorge luminoso ed immortale, il mito dell’ancella di Dio, sine labe concepta, che sotto l’usbergo dell
ella enigma e dell’allegoria. A bene intendere lo scopo intellettuale di quest’opera ; a renderla maggiormente utile agli
dimostrare la intenzione del mito, contenuto nelle cerimonie e feste di quell’epoca ; e finalmente ad esaminare quanto l’
ervazione scientifica dei tempi della favola, noi scorgiamo che assai di sovente la divinità non è rappresentata da una fi
entata da una figura umana, ma spesso da un animale, o da un obbietto di una qualunque materia ; ma ciò avviene solo perch
l’uomo, esaltata ed accesa dalla superstizione, e da tutti gli errori di un’età barbara ed inculta, non pone mente alla na
vere, genuflesso in atto umile e dimesso, innanzi alla sognata maestà di quell’obbietto, che egli crede divino e soprannat
a e positiva, dell’esistenza dei miti in tutte le religioni. Migliaia di esempì potremmo citare in appoggio delle nostre p
e in appoggio delle nostre parole, ma basterà a convincere, con prove di fatto, i nostri lettori, il ricordar loro nelle s
ri lettori, il ricordar loro nelle sante pagine della Bibbia l’altare di Bethel L’Altare di Bethel. — Nel XXXV. Cap. de
r loro nelle sante pagine della Bibbia l’altare di Bethel L’Altare di Bethel. — Nel XXXV. Cap. della Genesi così è scri
così è scritto riguardo all’altare innalzato da Giacobbe, per comando di Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta l
a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mio viaggio.
tineris mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome di Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quan
mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome di Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quando fuggi
Termine, adorato fino nelle mura del Campidoglio28 ; nella religione di Maometto il Profeta, la Caaba dei Musulmani29. I
nuo sviluppo dell’arte. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e citt
. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di
i buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti.
incere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano gl
ella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano gli stati indipendenti,
atezza d’immagini, nella creazione quotidianamente ripetuta d’idoli e di divinità, si arrestò solamente alla Grecia. Ben p
inità, si arrestò solamente alla Grecia. Ben presto, e come per forza di contagio, tutta la natura si trovò rappresentata
rza di contagio, tutta la natura si trovò rappresentata in un insieme di divinità simboliche, parenti, amiche, rivali come
Marte stesso, piagato dal medesimo eroe, copre, cadendo, sette jugeri di terreno. Nè ciò è tutto : gli dei d’Omero parteci
sette jugeri di terreno. Nè ciò è tutto : gli dei d’Omero partecipano di tutte le passioni dell’uomo, di tutti gli errori
è tutto : gli dei d’Omero partecipano di tutte le passioni dell’uomo, di tutti gli errori e i capricci della umanità : son
nto, sono in continuo contatto contro gli altri. Un esempio palpabile di quanto accenniamo ce lo dà Omero, più marcatament
reazioni, ne venne per esplicita conseguenza, l’innumerevole quantità di racconti, di fatti, di avvenimenti, onde è tessut
venne per esplicita conseguenza, l’innumerevole quantità di racconti, di fatti, di avvenimenti, onde è tessuta la storia d
esplicita conseguenza, l’innumerevole quantità di racconti, di fatti, di avvenimenti, onde è tessuta la storia delle divin
eguenza che i miti sono la forma più saliente che assume la religione di un popolo, e per quanto moltiplici e svariati son
ale ; e questo cresce a misura che la lontananza o la morte dell’eroe di quel fatto, ne ingrandisce il merito primitivo e
, diventa un dio, ed a lui si attribuiscono tutte le azioni o i fatti di simil natura. Da questa scala ascendente di glori
tutte le azioni o i fatti di simil natura. Da questa scala ascendente di gloriosa rino manza, scaturisce il mito di Ercole
Da questa scala ascendente di gloriosa rino manza, scaturisce il mito di Ercole che in cullz strangola i draghi, e finisce
su cui furono scolpite le memorande parole, vennero dette le colonne di Ercole, ossia il punto fisicamente marcato, nel m
aturno, ossia il Tempo, viene raffigurato, nell’età favolosa, in atto di divorare i suoi figli ; allegoria spaventevole, s
meno terribile, del mito che il Tempo è l’eterno e vorace consumatore di tutte le cose, le quali, avendo avuto un principi
empre da esse emergenti, si risentono caratteristicamente dello stato di civiltà, in cui si trovano gli uomini, al momento
amiliare. Sacrobosco 34 insegnò le sfere sotto la luna andar popolate di spiriti ; e Cecco d’ Ascoli contemporaneodi Dante
ante35 diffuse nelle sue opere cosiffatta dottrina. Milton 36 favella di voci arcane che ragionano fra il cielo e la terra
ente cattolica, non v’è famiglia che non abbia la sua Bauskie, specie di genio tutelare, come i Penati e i Lari della Roma
aveva la sua Meleusina, larva che appariva quantunque volte ad alcuno di quell’ illustre casato sovrastava la morte. All’e
opo Voltaire 39 e l’enciclopedia, avvenne il fatto della celebre cena di Cazotte, attestato da gravi e serii testimonii. D
ere con gli occhi della mente, orribili fatti : e siccome il Marchese di Condorcet lo scherniva, egli alzandosi disse : Vo
bes, a Boucher che morirebbero sul patibolo ; e avendogli la Duchessa di Grammont chiesto se almeno sarebbero risparmiate
imo, rispose : L’ultimo condannato che axrà un confessore, sarà il Re di Francia ! I convitati, compresi da terrore si lev
Francia ! I convitati, compresi da terrore si levarono, e la Duchessa di Grammont, sebbene profondamente turbata, dimondò
iegò la testa, e meditato alquanto, lentamente rispose : Nell’assedio di Gerusalemme, un uomo per sette giorni di seguito,
mente rispose : Nell’assedio di Gerusalemme, un uomo per sette giorni di seguito, fece il giro delle mura, gridando con vo
r sette giorni di seguito, fece il giro delle mura, gridando con voce di terrore : Sventura a Gerusalemme ! Il settimo gio
ane, lo colse e lo stritolò !… La storia sanguinosa della rivoluzione di Francia, ci ammaestra del come si avverassero all
maestra del come si avverassero alla lettera, le predizioni terribili di Cazotte. Noi non intendiamo di spiegare quì, il p
alla lettera, le predizioni terribili di Cazotte. Noi non intendiamo di spiegare quì, il perchè ed il come di questi fatt
di Cazotte. Noi non intendiamo di spiegare quì, il perchè ed il come di questi fatti, che sembrano soprannaturali, ma che
naturali, ma che pure ànno tuttora la testimonianza d’intere nazioni, di celebri scrittori, e di opere non meno celebri. L
no tuttora la testimonianza d’intere nazioni, di celebri scrittori, e di opere non meno celebri. La citazione di questi si
ioni, di celebri scrittori, e di opere non meno celebri. La citazione di questi singolari avvenimenti viene in appoggio al
olte che stava per succedere qualche sventura a taluno dei componenti di codesta illustre famiglia, assicurava correr voce
lla notte del 10 aprile 1850, la dama bianca era comparsa al castello di Berlino, e che questo era certamente segno di pro
ra comparsa al castello di Berlino, e che questo era certamente segno di prossima sciagura per la famiglia regnante. Nel m
olettata a Re Federigo Guglielmo, mentre stava per partire alla volta di Postdam40. La ragione condanna, forse, simili fan
dei fatti, non discutiamo, volendo solo che essi vengano in appoggio di quanto asseriamo, e servano ai nostri lettori com
appoggio di quanto asseriamo, e servano ai nostri lettori come pruove di fatto. Continuando dunque questo studio prelimina
le sabbie libiche, confinanti con la regione dell’Egitto, sarà figlio di Nettuno, Dio del mare ; e della Terra ; avrà form
e ; e della Terra ; avrà forme gigantesche, come giganti sono le onde di sabbia che il vento del deserto solleva, e che nu
vita ad un altro dei tanti simboli mitologici, onde è rivestita, fece di quel canali le braccia di Ercole che soffoca il g
simboli mitologici, onde è rivestita, fece di quel canali le braccia di Ercole che soffoca il gigante, distaccandolo da s
2 venivano rinchiuse le mummie, in talune casse che avevano la figura di un toro ; e questo fatto semplicissimo originò l’
toro ; e questo fatto semplicissimo originò l’oscena favola del Toro di Pasifae 43 la moglie del re di Creta. Omero stes
ssimo originò l’oscena favola del Toro di Pasifae 43 la moglie del re di Creta. Omero stesso, il poeta sovrano, implicand
è, a prima vista, limpida e staccata. Tale è, per esempio, l’anecdoto di Giunone, sospesa in aria con un’incudine ai piedi
o di Giunone, sospesa in aria con un’incudine ai piedi.44 Tale quello di Vulcano, precipitato dal ciclo con un calcio da G
ologica, e configurati nei suoi miti, che noi non esponiamo per amore di brevità. Diremo, invece, che tanto nello insieme,
ciuto dagli antichi. Da ciò vediamo nell Mitologia Scandinava, i numi di quel culto, dimorare in palagi di ghiaccio : quel
o nell Mitologia Scandinava, i numi di quel culto, dimorare in palagi di ghiaccio : quelli dell’Indiana, riposare al rezzo
eca e Romana, altro non era se non un senato ove, sotto la presidenza di Giove, il re dei numi, si deliberava sui divini e
il dio fabbro ferraio, fabbricò i fulmini per la destra vendicatrice di Giove ! Maggiormente si accresce, nella religion
si accresce, nella religione pagana, il numero dei miti con l’innesto di quelli fisici coi morali. Cosi noi vediamo il pri
sto di quelli fisici coi morali. Cosi noi vediamo il principio morale di una leggenda eroica, immedesimato in un fenomeno
sua volta, diventa pei Greci un avventuriero, pei Fenici un fondator di colonie, per gli Sciti un trionfatore, per tutti,
. I Miti dunque, o simboli della Mitologia, racchiudono il fondamento di tutte le nozioni che ebbero le società primitive.
nozioni che ebbero le società primitive. In essi si trovano principì di astronomia, di geografia, di metafisica ; ricordi
bero le società primitive. In essi si trovano principì di astronomia, di geografia, di metafisica ; ricordi e tracce di gr
à primitive. In essi si trovano principì di astronomia, di geografia, di metafisica ; ricordi e tracce di grandi sovvertim
rincipì di astronomia, di geografia, di metafisica ; ricordi e tracce di grandi sovvertimenti naturali ; inspirazioni di c
ca ; ricordi e tracce di grandi sovvertimenti naturali ; inspirazioni di concetti d’arte e di scienza. Vi si ritrovano le
di grandi sovvertimenti naturali ; inspirazioni di concetti d’arte e di scienza. Vi si ritrovano le orme dei misteriosi s
lla Mitologia, ossia del ragionamento dei miti, è lo studio sintetico di un popolo, di un età, di una generazione, conside
ossia del ragionamento dei miti, è lo studio sintetico di un popolo, di un età, di una generazione, considerata sotto il
ragionamento dei miti, è lo studio sintetico di un popolo, di un età, di una generazione, considerata sotto il suo più car
ienti onde si riconosca quanto difficile ed ardua impresa, sia quella di dettare una storia analitica della Mitologia. È i
itive, la Mitologia confondevasi con la Poesia, e conteneva l’insieme di tutte le cognizioni umane intorno alla Divinità,
torno alla Divinità, alla Natura, ed alla Storia. Sempre nell’intento di render maggiormente netto ed esplicito il concett
relazione che passa tra la Forma del simbolo mitologico, ed il Fondo di esso, nel quale l’allegoria è chiusa e raccolta.
il Fondo di esso, nel quale l’allegoria è chiusa e raccolta. Il Fondo di un mito può essere un’idea, una credenza, un sent
ale, un avvenimento naturale o storico. In così svariata moltiplicità di elementi informatori dei miti, la sola Forma rima
to, l’avvenimento, o la vera e reale personalità, assume il carattere di un tipo generale, e allora la forma del mito si e
za dell’idea nella realtà del fatto compiuto, qualunque sia la realtà di questo fatto che si presenta alla mente. Un altr
ell’enigma, come mai avrebbero potuto gli uomini, sebbene nello stato di un completo arretramento civile, riconoscere in q
ei ? Perchè l’anima dell’uomo si elevi fino alla divinità, ha bisogno di appoggiarsi a prattiche esterne e sensibili che c
dimostrano le religioni dei Fenici, degli Egiziani, dei Babilonesi e di Zoroastro 49 i cui principali Dei furono appunto
ra noi vediamo le Baccanti, scapigliate e frementi celebrare le feste di Bacco sotto il nome di Dionisio, Dionisio. — So
nti, scapigliate e frementi celebrare le feste di Bacco sotto il nome di Dionisio, Dionisio. — Soprannome dato dal Greci
feri facendosi un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco di cui Semele era incinta. Villarosa. — Dizionario
me vediamo quasi tutti gli dei italici essere planetarî a simiglianza di quelli del Tibet, della Cina, e dell’Arabia. Ogni
io. Poi ne vengono i simbolici segni dello zodiaco ; le cento braccia di Briareo, il gigante centimano51 Cibele, che come
centimano51 Cibele, che come dea dell’agricoltura, ha il seno coperto di moltiplici e ricolme mammelle52 ; Giano bifronte
retto e conciso della Mitologia, a noi sembra che l’idea informatrice di tutta la nostra opera, debba mostrarsi lucidament
iù lieve incertezza o la minima oscurità su quanto noi abbiam cercato di delucidare, adoperando anche nella fraseggiatura
ocuzione limpida e distrigata da qualunque vano e superfluo ornamento di stile. Ristretto analitito del Dizionnario del
r figurate alcune scene mitologiche, o da racconti e rappresentazioni di oggetti che non si vedon mai, apprendono e si per
segni simbolici d’una idea o d’una forza invisibile, ma in progresso di tempo quel concetto si smarrì nella coscienza di
ile, ma in progresso di tempo quel concetto si smarrì nella coscienza di tutti i popoli, e cominciarono ad adorare gli ste
i sacerdoti ne custodirono il senso recondito e misterioso, ma invece di comunicarlo al popolo, lo invilupparono in dottri
e, servandolo come proprio retaggio. Inventarono inoltre una quantità di leggende e favole religiose, vestendole di forme
arono inoltre una quantità di leggende e favole religiose, vestendole di forme poetiche, e fondarono così la mitologia, ne
e degli dei, le loro attinenze cogli uomini, il tutto sotto un velame di misteri, di allegorie e di metafore. Quanto più u
le loro attinenze cogli uomini, il tutto sotto un velame di misteri, di allegorie e di metafore. Quanto più un popolo è d
nze cogli uomini, il tutto sotto un velame di misteri, di allegorie e di metafore. Quanto più un popolo è dotato d’immagin
legorie e di metafore. Quanto più un popolo è dotato d’immaginativa e di fervore religioso, tanto più ricca è la sua mitol
ore religioso, tanto più ricca è la sua mitologia. Weber — Compendio di Storia Universale. Gli scritti d’Orfeo e di Es
ia. Weber — Compendio di Storia Universale. Gli scritti d’Orfeo e di Esiodo hanno due sensi, il Letterale e l’Allegori
ttano gli ascoltanti che egli adduca esempii antichi e gravi, ripieni di dignità ed autorità antica — Questi sogliono aver
e traverso il fiume del tempo al mare magno della eternità — Ci hanno di parecchi tra noi a cui immagini siffatte fastidis
a e travolge, che solleva e rovescia, che distrugge e rinnova le cose di questa terra. È il tempo, o piuttosto è Dio !… C
poco Sarà quest’orbe giovanil sommerso. Byron — Cielo e terra(trad. di A. Maffei) In nessun luogo il politeismo vesti
mani e innestate nelle antiche religioni d’Italia… … … . Questo mondo di dei, dotati di libertà e bellezza, è rappresentat
e nelle antiche religioni d’Italia… … … . Questo mondo di dei, dotati di libertà e bellezza, è rappresentato ne’lavori stu
ne’lavori stupendi dell’arte e della poesia greca. Weber — Compendio di Storia Universale. … .eos eriim qui dii appell
labirinto che si dice in Creta Esser costrutto. Virgilio id. Traduz. di A. Caro. Dunque il nostro intelletto ha la pote
Fosse una stilla della sua grandezza. Byron — Caino Atto 3°(Traduz. di A. Maffei) In questo tempo i giganti erano sull
’Oriente e i sofi della Grecia insegnarono, che Dio favella in lingua di bellezza. L’età ghiacciata tiene codeste dottrine
lingua di bellezza. L’età ghiacciata tiene codeste dottrine in conto di sogni, piovuti dal cielo in compagnia delle rose
a me talenta il palpito che crea. I pellegrini intelletti illuminano di un tratto di luce i tempi avvenire ; per essi i f
il palpito che crea. I pellegrini intelletti illuminano di un tratto di luce i tempi avvenire ; per essi i fati non tengo
oll’ignudo Piede la sacra armonic’onda tenta. Byron — Pellegrinaggio di Aroldo — Canto I. Vol. I. … .or non sai tu ch
pra i sepolcri dei nostri padri, le generazioni future s’impazientano di fabbricare su quelli di noi. Cenere sopra cenere 
i padri, le generazioni future s’impazientano di fabbricare su quelli di noi. Cenere sopra cenere ; e l’universo si allarg
ie, Furie, Satiri e Muse. Marte balla anch’egli ; Nemesi coi flagelli di vipere batte la misura. E l’uomo presume mettere
a il cielo e la terra ? Ah ! ella è pretensione codesta da far morire di riso lo stesso Dio del Riso, il vecchio Momo. F.
e si rompano sfasciati a rovinare in corsa disordinata per le miriadi di mondi superstiti ; ma ogni secolo come ogni minut
gault Lebrun — Œuvres — Tome I. Così sul romoroso Telaio del tempo, di mia man contesta È di Dio la visibile Inconsumabi
— Tome I. Così sul romoroso Telaio del tempo, di mia man contesta È di Dio la visibile Inconsumabil vesta. Goethe — Fau
Dio la visibile Inconsumabil vesta. Goethe — Fausto Parte I. a Trad. di G. Scalvini. …..car toute génération qui surgit
tro globo, sebbene considerevole, si agglomera ad un sistema infinito di piante e di mondi. Gualtieri — I piombi di Venez
ebbene considerevole, si agglomera ad un sistema infinito di piante e di mondi. Gualtieri — I piombi di Venezia (Parte 1.
ra ad un sistema infinito di piante e di mondi. Gualtieri — I piombi di Venezia (Parte 1.° Cap.° 6.° pag.a 115) … migli
all’anima cammini incogniti e più vasti nell’infinito, e vale la pena di spendere la vita di un uomo… Gualtieri — Il Naza
cogniti e più vasti nell’infinito, e vale la pena di spendere la vita di un uomo… Gualtieri — Il Nazareno. Vol. 2.° pag. 
1. Aba, o Abas. — Città della Focide così nominata da Abas, figlio di Linceo e d’Ipernestra. 2. Abadil o Betile. — Così
a. 2. Abadil o Betile. — Così fu denominata la pietra che Rea, moglie di Saturno, dette al marito onde la divorasse invece
che Rea, moglie di Saturno, dette al marito onde la divorasse invece di Giove, quando ella lo partorì. Secondo il mito gl
dorato ad Aba. 4. Abantiadi. — Nome patronimico dato a Perseo, nipote di Abas, re degli Argivi ; da cui anche i re d’Argo
l’antichità dei tempi favolosi molti eroi e guerrieri famosi col nome di Aba, i figli e discendenti di essi furono dai poe
molti eroi e guerrieri famosi col nome di Aba, i figli e discendenti di essi furono dai poeti e storici designati sotto i
di essi furono dai poeti e storici designati sotto il nome collettivo di Abantiadi. 5. Abante. — Nome patronimico di Danae
sotto il nome collettivo di Abantiadi. 5. Abante. — Nome patronimico di Danae e di Atalanta, entrambe nipoti di Abas re d
ome collettivo di Abantiadi. 5. Abante. — Nome patronimico di Danae e di Atalanta, entrambe nipoti di Abas re degli Argivi
5. Abante. — Nome patronimico di Danae e di Atalanta, entrambe nipoti di Abas re degli Argivi. 6. Abarbarea. — Una delle N
Argivi. 6. Abarbarea. — Una delle Najadi, che Bucolione, primogenito di Laumedonte sposò, e da cui ebbe due figli Esepo,
ò, e da cui ebbe due figli Esepo, e Pevaso. Che al buon Bucolïone un di produsse La Najade gentile Abarbarea, Bucolïon de
gentile Abarbarea, Bucolïon del re Laomedonte Primogenito figlio, ma di nozze Furtive acquisto, conducea la greggia Quand
nducea la greggia Quando alla Ninfa in amoroso amplesso Mischiossi, e di costor madre la feo. (Omero — Iliade libro 6° Tra
che per aver cantato il viaggio d’Apollo, fu nominato Gran sacerdote di questo Dio, e ricevette da lui, oltre allo spirit
Gran sacerdote di questo Dio, e ricevette da lui, oltre allo spirito di divinazione, una freccia sulla quale egli travers
era sua. Si dice esser questo flauto che poi fu celebre sotto il nome di Palladio. Ma questa è una semplice diceria che no
alladio. Ma questa è una semplice diceria che non ha nemmeno la forza di una tradizione. Vi sono stati altri due famosi so
forza di una tradizione. Vi sono stati altri due famosi sotto il nome di Abaride. Uno fu ucciso da Perseo, l’altro da Euri
aride. Uno fu ucciso da Perseo, l’altro da Eurialo. 8. Abas. — Figlio di Metanira e d’Ippotone, altri vogliono di Celo. Ce
a Eurialo. 8. Abas. — Figlio di Metanira e d’Ippotone, altri vogliono di Celo. Cerere avendo un giorno dimandata ospitalit
iono di Celo. Cerere avendo un giorno dimandata ospitalità alla madre di lui, stanca e trafelata dal lungo cammino, bevè a
crede da molti storici che egli fosse anche conosciuto sotto il nome di Alas-Stellio ; forse perchè vi è una specie di lu
nosciuto sotto il nome di Alas-Stellio ; forse perchè vi è una specie di lucertola detta Stellia. Enea ebbe un compagno mo
bas, da non confondersi col re degli Argivi, e che fu del paro figlio di Linceo e d’Ipernestra, altri dicono di Belo. Egli
givi, e che fu del paro figlio di Linceo e d’Ipernestra, altri dicono di Belo. Egli fu padre di Proteo e di Acrire, e avo
figlio di Linceo e d’Ipernestra, altri dicono di Belo. Egli fu padre di Proteo e di Acrire, e avo di Perseo. Amò passiona
inceo e d’Ipernestra, altri dicono di Belo. Egli fu padre di Proteo e di Acrire, e avo di Perseo. Amò passionatamente la g
tra, altri dicono di Belo. Egli fu padre di Proteo e di Acrire, e avo di Perseo. Amò passionatamente la guerra. Abas era f
principali greci che furono uccisi nella memorabile notte della presa di Troja. 9. Abaster. — Nome d’uno dei destrieri di
le notte della presa di Troja. 9. Abaster. — Nome d’uno dei destrieri di Plutone. 10. Abatos o Abato. — Era il nome di una
ome d’uno dei destrieri di Plutone. 10. Abatos o Abato. — Era il nome di una altissima roccia separata dall’isola di Phile
os o Abato. — Era il nome di una altissima roccia separata dall’isola di Phile dal Nilo e dove Osiride aveva un tempio. 11
. Abbondanza. — Divinità allegorica che si rappresenta sotto le forme di una donna giovane e bellissima, circondata di tut
presenta sotto le forme di una donna giovane e bellissima, circondata di tutti i beni della terra dall’eterno sorriso e da
cielo da Giove. 12. Abdera. — Città della Tracia, che Abdera, sorella di Diomede fece fabbricare. Altri vogliono che Ercol
onore del suo amico Abdereo, che fu miseramente divorato dai cavalli di Diomede. Gli Abdereniani sono comunemente tenuti
lle opere teatrali, soprattutto della tragedia. Essi furono costretti di abbandonare la loro città a causa d’una quantità
tretti di abbandonare la loro città a causa d’una quantità prodigiosa di rane e di topi, che si moltiplicarono in modo spa
abbandonare la loro città a causa d’una quantità prodigiosa di rane e di topi, che si moltiplicarono in modo spaventevole
la Mandonia. 13. Abdereo. — Giovane greco che fu divorato dai cavalli di Diomede, che Ercole aveva affidati alla sua custo
ia. 14. Abellion o Abellione. — Antica divinità dei Galli. È credenza di molti chiari scrittori che sia lo stesso che Apol
La prima alla partenza, la seconda all’arrivo. 16. Aberide. — Figlia di Celeo e di Vesta. 17. Abia. — Figlia di Ercole so
lla partenza, la seconda all’arrivo. 16. Aberide. — Figlia di Celeo e di Vesta. 17. Abia. — Figlia di Ercole sorella e nut
arrivo. 16. Aberide. — Figlia di Celeo e di Vesta. 17. Abia. — Figlia di Ercole sorella e nutrice di Ileo. Aveva un tempio
a di Celeo e di Vesta. 17. Abia. — Figlia di Ercole sorella e nutrice di Ileo. Aveva un tempio famoso in Messenia. Essa si
addusse tutti agit Achei. Sette città. Caritamila ed Enope. Le liete di hei prati Ira ed Antèst. L’inclita Fere, Epea la
 — Città dell’Asia sull’ Ellesponto. Anche in Egitto vi era una città di questo nome in cui sorgeva un famoso tempio dedic
i Ipomolgami. Questi ultimi detti anche Galadefagi facevano del latte di giovenca la loro principal nutrizione. Fra gli Ab
perciò Virgilio li denominasse Oenotrii viri. La etimologia del nome di questi popoli è di una profonda incertezza. Non c
denominasse Oenotrii viri. La etimologia del nome di questi popoli è di una profonda incertezza. Non c’è storico o accred
uardo una data qualunque. Tutto ciò che ha riguardo alla vera origine di questi popoli, si perde nella folta tenebra dei t
nella folta tenebra dei tempi. 21. Abracadabra. — Nome superstizioso di una figura triangolare alla quale si attribuiva l
rstizioso di una figura triangolare alla quale si attribuiva la virtù di prevenire le malattie, e di guarirle. Affinchè l’
ngolare alla quale si attribuiva la virtù di prevenire le malattie, e di guarirle. Affinchè l’incantesimo avesse forza d’a
di guarirle. Affinchè l’incantesimo avesse forza d’agire, le lettere di questa strana paroia dovevano essere segnate come
gione per la quale questo Dio, fra i tanti suoi nomi, ba avuto quello di Abretano. 24. Abseo. — Gigante figlio della terr
. — Gigante figlio della terra e del Tartaro. 25. Absirto. — Fratello di Medea. Questa terribile maga lo uccise e quindi n
Affrica. Questa ed un’altra montagna a cui si dà comunemente il nome di Calpè posta in Ispagna sullo stretto di Gibilterr
cui si dà comunemente il nome di Calpè posta in Ispagna sullo stretto di Gibilterra, erano i due monti che formavano le co
osata da Apollo. Era anche conosciuta sotto lo stesso nome una figlia di Minos. 28. Acacesio. — Era questo uno dei nomi di
sso nome una figlia di Minos. 28. Acacesio. — Era questo uno dei nomi di Mercurio dal suo padre putativo Acaco, figlio di
questo uno dei nomi di Mercurio dal suo padre putativo Acaco, figlio di Licaone. 29. Acadina. — Fontana celebre in Sicili
quell’isola. Si attribuiva a questa fontana la meravigliosa proprietà di far conoscere la sincerità dei giuramenti. Si scr
la sincerità dei giuramenti. Si scriveva la formola del giuramento su di una tavoletta, quindi la si gettava in quella fon
i una tavoletta, quindi la si gettava in quella fontana : se il pezzo di legno non ritornava a galla, si ritornava lo scri
va lo scritto come spergiuro. 30. Acalo. — Detto anche Perdix, nipote di Dedalo. Egli fu l’inventore della lega e del comp
mpasso. Dedalo, suo zio, ne fu così geloso che lo precipitò dall’alto di una torre. Minerva però mossa a compassione lo ca
a però mossa a compassione lo cangiò in Pernice. 31. Acamao. — Figlio di Teseo e di Fedra. All’assedio di Troja fu uno dei
a a compassione lo cangiò in Pernice. 31. Acamao. — Figlio di Teseo e di Fedra. All’assedio di Troja fu uno dei deputati c
giò in Pernice. 31. Acamao. — Figlio di Teseo e di Fedra. All’assedio di Troja fu uno dei deputati che accompagnarono Diom
esta ambasceria, le cui pratiche riuscirono inutili, Laodice ; figlia di Priamo ebbe da Acamao un figlio, che fu allevato,
riamo ebbe da Acamao un figlio, che fu allevato, da Ethra ava paterna di Acamao, la quale Paride avea condotto con Elena.
le Paride avea condotto con Elena. Allorchè i Greci si resero padroni di Troja, Acamao, (che Virgilio chiama Athamas o Ath
roni di Troja, Acamao, (che Virgilio chiama Athamas o Athamao) fu uno di quei guerrieri che vennero rinchiusi nel famoso C
ao) fu uno di quei guerrieri che vennero rinchiusi nel famoso Cavallo di legno. Al momento che ardea più accanita la carne
he ardea più accanita la carneficina, questo principe ebbe la ventura di riconoscere Ethra col figlio suo, e riuscì a salv
na ammetteva cinque differenti soli, e dava Acanto per madreal quarto di essi. Un traduttore dell’opera De Natura deorum s
ione conosciuta sotto tale denominazione. Più famosa però fu la città di questo nome in Sicilia, nelle circostanze di Sira
famosa però fu la città di questo nome in Sicilia, nelle circostanze di Siracusa, in cui Giove Olimpico avea un antico te
o culto. 35. Acarnao e Amphoterens. — Questi due fratelli erano figli di Alaneone e di Calliope. La loro madre ottenne da
carnao e Amphoterens. — Questi due fratelli erano figli di Alaneone e di Calliope. La loro madre ottenne da Giove che essi
di Calliope. La loro madre ottenne da Giove che essi appena fanciulli di pochi anni, fossero divenuti adulti in un giorno,
vendicare la morte del padre loro, ucciso a tradimento, dai fratelli di Phelibeo. 36. Acasis. — Figlia di Minos. Apollo l
, ucciso a tradimento, dai fratelli di Phelibeo. 36. Acasis. — Figlia di Minos. Apollo la sposò e ne ebbe due figli. 37. A
la sposò e ne ebbe due figli. 37. Acasto. — Famoso cacciatore, figlio di Pelia re di Tessaglia. Creteisa sua moglie, detta
e ebbe due figli. 37. Acasto. — Famoso cacciatore, figlio di Pelia re di Tessaglia. Creteisa sua moglie, detta anche Ippol
a. Creteisa sua moglie, detta anche Ippolita, s’innamorò perdutamente di Peleo, e gli offrì il suo amore, ma questi resist
nore. Acasto dissimulando il suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò
l suo dolore condusse Peleo in una partita di caccia, e nel più folto di un bosco, lo abbandonò ai Centauri, ed alle belve
entauri, ed alle belve. Ma il famoso Centauro Chirone (che fu maestro di Achille) liberò dai mostri questo virtuoso princi
cipe il quale coi soccorso degli Argonauti, si vendicò della crudeìtà di Acasto, e delle calunnie dell’impudica moglie di
ndicò della crudeìtà di Acasto, e delle calunnie dell’impudica moglie di lui. Acasto era anche il nome di una ninfa figlia
delle calunnie dell’impudica moglie di lui. Acasto era anche il nome di una ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti. 38. Acca
e di lui. Acasto era anche il nome di una ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti. 38. Acca. — Sorella e compagna di Camilla,
a ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti. 38. Acca. — Sorella e compagna di Camilla, regina dei Volsci. Di questa, Dante nel
vo i Romani decretarono gli onori divini. 40. Aceleo. — Uno dei figli di Ercole che dette il suo nome ad una città di Licy
Aceleo. — Uno dei figli di Ercole che dette il suo nome ad una città di Licya. 41. Acersecome. — I Greci davano questo so
Si chiamava così Apollo come dio della medicina. Dalla significazione di questa parola che libera dalle malaitie si dava a
rola che libera dalle malaitie si dava anche a Teleforo il soprannome di Acesio. 43. Aceste. — Re di Sicilia, e figlio del
ie si dava anche a Teleforo il soprannome di Acesio. 43. Aceste. — Re di Sicilia, e figlio del fiume Triniso. Egli ricevet
. Egli ricevette onorevolmente Enca, e fece seppellire Anchise, padre di quest’eroe, su d’una montagna. 44. Acete. — Capit
scello Tirio. Essendo un giorno sbarcato coi suoi compagni sulle rive di un fiume, questi incontrarono, senza conoscerlo i
o il dio Bacco, e volevano a viva forza portarlo a bordo del vascello di Acete, allor che questi si oppose vivamente, ed o
co allora si fece subito riconoscere, e per punire i ribaldi compagni di Acete li cangiò in delfini, e fece suo gran sagri
della sua buona azione. Vi fu anche un altro Acete, figlio del Sole e di Persa. Egli dette una delle sue figlie in consort
ale si dà alcuna volta, compreso nella sua totale estensione, il nome di Achaja. Di qua n’è venuta la denominazione assai
Di qua n’è venuta la denominazione assai usata dai poeti e scrittori di Achei, Achivi, ec : per denotare i Greci o cosa a
ti agli Achei ec. (Omero Il C. 1°) 46. Achamanto. — Una delle figlie di Danae. 47. Achaya. — Amico e compagno fedelissimo
Una delle figlie di Danae. 47. Achaya. — Amico e compagno fedelissimo di Enea. 48. Achea. — Soprannome dato a Cerere ed a
a Cerere ed a Pallade. 49. Acheloia. — Detta anche Callirhoe, figlia di Acheolo. 50. Acheloidi. — Nome sotto il quale ven
e le sirene, da Acheolo loro padre. 51. Achemone o Achmon. — Fratello di Bofalos o Poffalvos, entrambi Ciclopi. Essi erano
tutti coloro che incontravano per via. Sènnone loro madre, li avvisò di evitare Melampigo, vale a dire l’uomo delle reni
ni nere. Un giorno essi s’abbatterono in Ercole che dormiva all’ombra di un albero, e lo insultarono : Ercole li legò per
e Calicone greco che si rese famoso per la sua stupidità. Si racconta di lui che avendo una volta pieno un vaso di fiori p
sua stupidità. Si racconta di lui che avendo una volta pieno un vaso di fiori per servirsene da origliere lo avesse riemp
ieno un vaso di fiori per servirsene da origliere lo avesse riempiuto di paglia onde farlo più morbido e dormire più comod
rbido e dormire più comodamente. 53. Acheolo. — Figlio dell’ Oceano e di Teti. Secondo altri del Sole e della Terra. Avend
statore, combattè contro Ercole, ma fu vinto. Allora assunta la forma di serpente, attaccò nuovamente il suo rivale, ma ne
il suo rivale, ma ne fu nuovamente vinto ; in seguito sotto le forme di toro, ma non ebbe più felice la sorte, poichè, Er
vere il corno che Ercole gli aveva strappato, gli dette in cambio uno di quelli della capra Amantea, che aveva nutrito Gio
la scalata al cielo. Le sue acque divennero fangose ed amare ed è uno di quei fiumi che le ombre dei morti passavano senza
che le ombre dei morti passavano senza ritorno. Vi sono diversi fiumi di questo nome uno nell’ Epiro, un altro in Elide, e
sostenevano che da quella caverna fosse stato tirato il cane Cerbero, di cui l’Alighieri canta : Cerbero, fiera crudele e
oli in Egitto. Era questo il luogo destinato alla sepoltura dei morti di quella città, per modo che bisognava traversare l
ra permesso al battelliero, che in lingua Egiziana si chiama Caronte, di ricevere nella sua barca le anime dei perduti. Di
te, di ricevere nella sua barca le anime dei perduti. Di là la favola di Caronte battelliero dell’inferno. Caron, dimonio
la di Caronte battelliero dell’inferno. Caron, dimonio con gli occhi di bragia, Loro accennando tutte le raccoglie, Batte
qualunque s’adagia. (Dante — Inf. Cant. III) Si dette ancora il nome di Acherusia ad un altra palude esistente vicino all
a il nome di Acherusia ad un altra palude esistente vicino alla città di Capua. 58. Acherusiade. — Era questo il nome di u
nte vicino alla città di Capua. 58. Acherusiade. — Era questo il nome di una penisola presso Eraclea del Ponte : si credev
o. Senofonte riporta che ai suoi tempi si vedevano ancora le vestigie di tale discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e di
si vedevano ancora le vestigie di tale discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e di Teti. Sua madre, essendo egli in tener
ancora le vestigie di tale discesa. 59. Achille. — Figlio di Peleo e di Teti. Sua madre, essendo egli in tenerissima età,
ora, Achille fu dato come discepolo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e di orsi. Sua madre
e fu dato come discepolo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e di orsi. Sua madre avendo sapu
come discepolo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e di orsi. Sua madre avendo saputo dall’in
lo al centauro Chirone, che lo nudrì di midolla di leoni, di tigri, e di orsi. Sua madre avendo saputo dall’indovino Calca
all’indovino Calcante, che Achille perirebbe sotto Troja, e che senza di lui quella città, non si sarebbe mai presa, lo in
za di lui quella città, non si sarebbe mai presa, lo inviò alla corte di Scio in abito da donna, e sotto il nome di Pirra,
presa, lo inviò alla corte di Scio in abito da donna, e sotto il nome di Pirra, per tenerlo a tutti celato. Essendo così t
to. Essendo così travestito egli si fece conoscere a Deidamia, figlia di Licomede. La sposò segretamente e ne ebbe un figl
mente e ne ebbe un figlio per nome Pirro. Quando i Greci risolvettero di cinger d’assedio Troja, Calcante indicò loro il l
re. Ulisse, camuffatosi da mercatante, presentò alle dame della corte di Licomede alcuni ricchi gioielli, e delle armi bel
mmeno i ricchi gioielli. Allora Ulisse lo condusse fuori la reggia, e di là innanzi alle mura di Troja. Achille mostrò pre
Allora Ulisse lo condusse fuori la reggia, e di là innanzi alle mura di Troja. Achille mostrò prestamente il suo immenso
fidar dell’arti, Di quel franco impudente, che pur tale Non ardirebbe di mirarmi in fronte. (Omero Iliade libro IX) (trad.
le Non ardirebbe di mirarmi in fronte. (Omero Iliade libro IX) (trad. di V. Monti) Finchè Achille tenne la sua parola ; i
scontro Ettore, duce dei Trojani, ucciso Patroclo, amico fedelissimo di Achille, questi ritornò alle armi e per vendicare
città ; cedendo il cadavere sfigurato dell’eroe Trojano alle lagrime di Priamo padre di lui. Sedutosi di fronte a Priamo
il cadavere sfigurato dell’eroe Trojano alle lagrime di Priamo padre di lui. Sedutosi di fronte a Priamo, disse : Buon v
rato dell’eroe Trojano alle lagrime di Priamo padre di lui. Sedutosi di fronte a Priamo, disse : Buon vecchio, il tuo fig
. Avendo in seguito concepito un ardente amore per Polissena, figlia di Priamo, e perciò sorella del morto Ettore, la dim
’altare nuziale, Paride gli tirò una freccia al tallone. Achille morì di questa ferita. I Greci gli innalzarono una tomba
rio Sigeo, e Pirro suo figlio gl’immolò Polissena. Si racconta ancora di Achille che Teti sua madre, gli avesse proposto d
Si racconta ancora di Achille che Teti sua madre, gli avesse proposto di vivere lunghissimi anni senza far nulla per la gl
senza far nulla per la gloria, ovvero, morir giovine ricco della fama di prode, e che egli si fosse decisamente attenuto a
ente attenuto a quest’ultima scelta. Sarà buono osservare a proposito di questo famoso eroe della Grecia, che l’opinione d
ione della sua invulnerabilità al tallone, non era accettata ai tempi di Omero, e che la opinione del Poeta sovrano è asso
rano è assolutamente contraria a questa credenza. Plutarco nella vita di Alessandro, racconta, che essendo stato dimandato
essendo stato dimandato a questo re, se avesse voluto vedere la lira di Paride, conservata in Ilione, rispose aver sempre
di Paride, conservata in Ilione, rispose aver sempre cercato la lira di Achille, con la quale quel grand’eroe cantava le
valorosi. 60. Achillea. — Isola del Ponte-Eusino così detta dal nome di Achille, al quale vi si tributavano onori divini.
, al quale vi si tributavano onori divini. Era anche Achillea il nome di una fontana vicino Mileto, detta così perchè l’er
ra bagnato. 61. Achillenidi. — Fe te celebrate nella Laconia in onore di Achille. 62. Achiroe. — Nipote di Marte. 63. Achl
te celebrate nella Laconia in onore di Achille. 62. Achiroe. — Nipote di Marte. 63. Achlys. — Detta anche Achelaa, dea del
Esiodo ne fa un ritratto spaventevole. 64. Achmenide uno de’ compagni di Ulisse. Egli sfuggì al gigante Polifemo che volev
fu salvato da Enea che lo accolse sulle sue navi. 65. Achmeno figlio di Egeo ; dette il suo nome ad una parte della Persi
nsie e delle inquietudini. Si pretende da altri essere questo il nome di una fontana, ove le Grazie andavano a bagnarsi. 6
e. 69. Acisio V. Acilio. 70. Aciso. — Figlio della Ninfa Simoettris e di un fauno. La sua bellezza gli valse l’amore di Ga
lla Ninfa Simoettris e di un fauno. La sua bellezza gli valse l’amore di Galatea, amata dal gigante Polifemo. Questo ciclo
e Polifemo. Questo ciclope avendolo un giorno sorpreso fra le braccia di Galatea, lo schiacciò sotto una rupe : ma la ninf
ue in un fiume detto Aciso. 71. Acitio V. Acilio. 72. Acli. — Al dire di molti autori Greci era questo il nome di una divi
Acilio. 72. Acli. — Al dire di molti autori Greci era questo il nome di una divinità esistente prima del caos, e dalla qu
mi avevano avuto origine e principio. 73. Acmena. — Ninfa del seguito di Venere. 74. Acmone. — Figlio della Terra, e padre
infa del seguito di Venere. 74. Acmone. — Figlio della Terra, e padre di Cœlus. Il suo culto era celebre nell’isola di Cre
io della Terra, e padre di Cœlus. Il suo culto era celebre nell’isola di Creta. 75. Acmonide. — Uno dei Ciclopi. Si dà anc
iclopi. Si dà anche questo nome a Saturno, nonchè a Cœlus come figlio di Acmone. 76. Acœto V. Acoto. 77. Aconte. — Uno dei
ome figlio di Acmone. 76. Acœto V. Acoto. 77. Aconte. — Uno dei figli di Liacone. 78. Acor. — Dio delle mosche. Gli abitan
 Uno dei figli di Liacone. 78. Acor. — Dio delle mosche. Gli abitanti di Cirene, racconta Plinio, offerivano a questo Dio
ti da quegl’insetti, che col loro moltiplicarsi erano sovente cagione di contagiose malattie. 79. Acoto o Acœte. — Nome di
ano sovente cagione di contagiose malattie. 79. Acoto o Acœte. — Nome di un povero pescatore. Egli non viene ricordato nel
n amo ed una canna da pescare. (Ovidio. — Metamorfosi libro III trad. di Dall’Anquillara) 80. Acqua. — Di questo elemento
to fecero i pagani una delle più antiche deità del loro culto. Talete di Mileto, e con lui i più antichi filosofi riguarda
con lui i più antichi filosofi riguardarono l’acqua come il principio di tutte le cose. I Greci ereditarono dagli Egizii t
d antica venerazione che gli Egizii ebbero per l’acqua, e che al dire di S. Atanagio anch’egli Egiziano, avea spinto quel
izii ; credettero che le acque del mare e dei flumi avessero la virtù di cancellare tutti i peccati. Sofocle nella sua tra
el Danubio e del Fasi lavar possano gli errori della deplorabile casa di Labdaco . Dal culto che generalmente i Pagani ebb
ifizii. Alla porta o nel vestibolo dei templi si teneva un recipiente di bronzo pieno d’acqua lustrale nella quale si lava
scio un vaso coll’acqua lustrale e non si poteva penetrare nella casa di duolo, senza essersi aspersi d’acqua lustrale, la
Gli Ateniesi ne aveano fatto una divinità. 84. Acratoforo. — Al dire di Varrone era questo il soprannome di Bacco, col qu
vinità. 84. Acratoforo. — Al dire di Varrone era questo il soprannome di Bacco, col quale egli veniva principalmente vener
palmente venerato in una città dell’ Arcadia conosciuta sotto il nome di Figalia. Questo soprannome deriva dalla parola gr
gnificato che beve il vino puro e lo resiste. 86. Acrea. — Fu il nome di una delle nutrici di Giunone. La favola racconta
vino puro e lo resiste. 86. Acrea. — Fu il nome di una delle nutrici di Giunone. La favola racconta che fu figliuola del
la è compreso il significato che codesta balia soggiornava sulle rive di quel fiume. Si dava il soprannome di Acrea a dive
sta balia soggiornava sulle rive di quel fiume. Si dava il soprannome di Acrea a diverse Dee, e più particolarmente a quel
in una piccola barca e l’abbandonò in preda alle onde. Politetto, re di Serifo (una delle isole Cicladi) dove la barca ap
dulto si mise a correre il mondo a modo degli eroi favolosi, in cerca di avventure onde segnalare il suo coraggio. Passand
are questa città con lui per ritornare ad Argo, quando in una partita di piacero volendo far prova della sua destrezza nel
, che egli aveva inventato, il disco ricadde sventuratamente sul capo di Acrise con tanta violenza che questi ne morì. 89.
te d’Acrise. 90. Acrisione — Figlia d’Actifo. 91. Acroncio. — Giovane di straordinaria bellezza. Essendosi recato a Delo p
a. Essendosi recato a Delo per un sacrifizio, s’innamorò perdutamente di una giovine a nome Cedippe, la quale non volle as
n volle ascoltare le sue parole : allora avendo perduta ogni speranza di sposarla, incise su d’una pietra queste parole :
sposarla, incise su d’una pietra queste parole : Io giuro per Diana di non esser giammai che d’ Acroncio . Cedippe, ai p
piedi della quale egli aveva lasciato cadere quella pietra nel tempio di Diana, nel quale ogni giuramento era sacro, lesse
egli Dei ella sposò Acroncio. 92. Acteone. — Fglio d’Aristeo e nipote di Cadmo : fu educato dal centauro Chirone e divenne
no dei cavalli del Sole si chiamava anche Acteone. 93. Actor. — Padre di Menozio e Avo di Patroclo, il quale per questo ve
l Sole si chiamava anche Acteone. 93. Actor. — Padre di Menozio e Avo di Patroclo, il quale per questo veniva anche chiama
per questo veniva anche chiamato Actoride. Vi fu anche un Actor padre di due figli ricordati del paro nella favola sotto i
ctor padre di due figli ricordati del paro nella favola sotto il nome di Actoridi. Ognuno di essi avea due teste, quattro
gli ricordati del paro nella favola sotto il nome di Actoridi. Ognuno di essi avea due teste, quattro mani e quattro piedi
tè vincere che adoperando l’astuzia. Vi furono diversi altri col nome di Actor : un seguace di Ercole ; un figlio di Nettu
ndo l’astuzia. Vi furono diversi altri col nome di Actor : un seguace di Ercole ; un figlio di Nettuno, ed un fratello di
no diversi altri col nome di Actor : un seguace di Ercole ; un figlio di Nettuno, ed un fratello di Cephalo. 94. Adad, Ada
i Actor : un seguace di Ercole ; un figlio di Nettuno, ed un fratello di Cephalo. 94. Adad, Adargatide o Atergatide. — Div
che Adad sia il sole, e Adargatide la terra. 95. Adamantea. — Nutrice di Giove. È generalizzata credenza degli scrittori p
a la stessa Amaltea. Vedi Amaltea. 96. Adarcate o Atergate fu moglie di Adad re della Scizia. Dopo la morte fu col marito
ella Scizia. Dopo la morte fu col marito deificata. È comune credenza di molti mitologi che ella sia la Dergeto dei Babilo
ad Ercole. Egli fece un giorno una scommessa con certo Depreo, figlio di Nettuno, a chi avesse mangiato un intero bue. A c
riuscirono nell’intento prefissosi, solamente Ercole fece più presto di Depreo, onde la vittoria fu a lui devoluta. Come
la vittoria fu a lui devoluta. Come essi aveano bevuto in proporzione di ciò che aveano mangiato, vennero a contese fra lo
agonista. Questa prodezza valse ad Ercole il soprannome d’insaziabile di cui sembra che gli eroi favolosi si tenessero alt
si tenessero altamente onorati. Ulisse, con tutta la sua reputazione di saggio, sembra averlo grandemente desiderato, e O
averlo grandemente desiderato, e Omero dà a questo eroe un carattere di ghiottoneria di cui lo scrittore Atenco parla con
nte desiderato, e Omero dà a questo eroe un carattere di ghiottoneria di cui lo scrittore Atenco parla con molta severità.
osta dall’ α privativa e da αδω io vedo. Davasi del pari cotesto nome di ades al luogo sotterraneo ove passavano le anime
teniese soprannome dato ad Oritia. 106. Adiache. — Era questo il nome di alcune feste pubbliche istituite da Augusto Imper
solennizzare la vittoria da lui avuta sopra Antonio, nelle vicinanze di Azio. 107. Adiaco, Adio e Adeo. — Soprannomi dati
o a lui consacrato. 108. Adio. V. Adiaco. 109. Admeta. — Fu figliuola di Euristeo. In vaghitasi della cintura della regina
vaghitasi della cintura della regina delle Amazzoni, suggerì al padre di persuadere Ercole a rendersene padrone onde porta
uadere Ercole a rendersene padrone onde portargliela. Ateneo racconta di questa principessa una strana avventura. Dotata d
a. Ateneo racconta di questa principessa una strana avventura. Dotata di uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì di n
ana avventura. Dotata di uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì di notte dalla città di Argo, ed approdò felicemente
di uno spirito irrequieto ed avventuriero fuggì di notte dalla città di Argo, ed approdò felicemente a Samo, ove credendo
ebitrice a Giunone del felice viaggio, si addossò spontanea l’obbligo di custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti
felice viaggio, si addossò spontanea l’obbligo di custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti di Argo sdegnati di un
ontanea l’obbligo di custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti di Argo sdegnati di un abbandono che nulla giustific
di custodire il tempio di lei. Intanto gli abitanti di Argo sdegnati di un abbandono che nulla giustificava, promisero ad
o che nulla giustificava, promisero ad alcuni corsari una forte somma di danaro onde far rapire la statua di Giunone dal t
ad alcuni corsari una forte somma di danaro onde far rapire la statua di Giunone dal tempio che Admeta custodiva, sperando
e Admeta custodiva, sperando così che i Samii avessero fatto vendetta di Admeta. I corsari rubarono infatti la statua di G
essero fatto vendetta di Admeta. I corsari rubarono infatti la statua di Giunone e la trasportarono sulla loro nave, e mis
a mancanza del simulacro dette l’ailarme, e ben presto una gran folla di popolo mosse alla ricerca di quello, e finalmente
e l’ailarme, e ben presto una gran folla di popolo mosse alla ricerca di quello, e finalmente ritrovò la statua sulia spia
impedire una novella fuga la legarono con alcuni rami d’albero. Poco di poi Admeta purgò con un sacrifizio il supposto de
ata la statua la rimise nel santuario. Da quel tempo a commemorazione di tale prodigio fu stabilita in Samo una festa annu
bilita in Samo una festa annuaria, a cui gli abitanti dettero il nome di Tenea, volendo ricordare che essi avean teso into
di Tenea, volendo ricordare che essi avean teso intorno al simulacro di Giunone alcuni rami d’albero. Vi fu anche una sac
mulacro di Giunone alcuni rami d’albero. Vi fu anche una sacerdotessa di Giunone così chiamata ; ed una ninfa ricordata ne
one così chiamata ; ed una ninfa ricordata nella favola sotto il nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di un
ricordata nella favola sotto il nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Ph
a favola sotto il nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Phra era la Capi
l nome di Admeta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Phra era la Capitale. Fu uno dei
eta. 110. Admeto. — Figlio di Phereo, Re di una contrada di Tessaglia di cui Phra era la Capitale. Fu uno dei principi gre
uno dei principi greci che si riunirono per dare la caccia al cignale di Calydone. Prese anche parte alla spedizione degli
re gli armenti, quando Giove lo espulse dal cielo. Admeto invaghitosi di Alceste figlia di Pelio non potè ottenerla in isp
ando Giove lo espulse dal cielo. Admeto invaghitosi di Alceste figlia di Pelio non potè ottenerla in isposa che a condizio
noscente alla bontà che Admeto avea avuto per lui, gl’insegnò il modo di aggiogare sotto lo stesso giogo le due belve. Apo
e : Admeto ne fu tanto dolente che Proserpina, commossa dalle lagrime di lui, volle rendergli sua moglie, ma Plutone vi si
Allora Ercole discese all’inferno, e ricondusse Alceste nelle braccia di suo marito. Non vì fu principe la cui vita avesse
di virtù. 111. Adod. — Era il Giove dei Fenici. 112. Adone. — Giovane di maravigliosa bellezza nacque dagli amori incestuo
one. — Giovane di maravigliosa bellezza nacque dagli amori incestuosi di Ciniro Re di Cipro con Mirra sua figlia. Si sape
e di maravigliosa bellezza nacque dagli amori incestuosi di Ciniro Re di Cipro con Mirra sua figlia. Si sapea ben per Cip
ià commesso Mirra avea col padre : Ovidio, Metamorfosi Libro X trad. di Dell’Anguillara. Egli era un famoso cacciatore 
enere l’amò passionatamente e preferi, al dire d’Ovidio, la conquista di lui a quella degli Dei stessi. Abbandonò per lui
ista di lui a quella degli Dei stessi. Abbandonò per lui il soggiorno di Citera, d’Amatunta e di Pafo, e lo seguì innamora
li Dei stessi. Abbandonò per lui il soggiorno di Citera, d’Amatunta e di Pafo, e lo seguì innamorata e dolente nelle fores
guì innamorata e dolente nelle foreste del monte Libano. Marte geloso di tal preferenza avventò contro di Adone uno smisur
reste del monte Libano. Marte geloso di tal preferenza avventò contro di Adone uno smisurato cignale che lo ridusse in bra
ominciamento nella Fenicia, ov’egli regnò dopo la morte del re Biblo, di cui avea sposata la figlia, e ben presto si spars
, in Egitto e persino nella Siria. Di quì passò in Persia, nell’isola di Cipro e finalmente in tutta Grecia, ove le feste
ll’isola di Cipro e finalmente in tutta Grecia, ove le feste in onore di lui duravano otto giorni. Codeste cerimonie di co
ove le feste in onore di lui duravano otto giorni. Codeste cerimonie di commemorazione avevano principio con tutti i cont
te portavano il bruno, e venivano accompagnati da tutt’i contrassegni di pubblica afflizione. Le donne ministre di questo
nati da tutt’i contrassegni di pubblica afflizione. Le donne ministre di questo culto piangendo correvano per le strade co
la dama più nobile della città portava ella stessa una piccola statua di Adone, seguita da tutte le dame più rinomate per
llustri natali, le quali portavano in giro dei piccoli canestri pieni di fiori, di ramoscel li d’alberi, di frutta e di pr
tali, le quali portavano in giro dei piccoli canestri pieni di fiori, di ramoscel li d’alberi, di frutta e di profumi. Il
in giro dei piccoli canestri pieni di fiori, di ramoscel li d’alberi, di frutta e di profumi. Il corteggio veniva chiuso d
piccoli canestri pieni di fiori, di ramoscel li d’alberi, di frutta e di profumi. Il corteggio veniva chiuso da un gran nu
di frutta e di profumi. Il corteggio veniva chiuso da un gran numero di altre dame, le quali portavano due ricchi tappeti
numero di altre dame, le quali portavano due ricchi tappeti sovra uno di questi era ricamato in argento il letto di Adone,
e ricchi tappeti sovra uno di questi era ricamato in argento il letto di Adone, e sull’altro quello di Venere. Nella città
questi era ricamato in argento il letto di Adone, e sull’altro quello di Venere. Nella città di Atene ad ogni anniversario
argento il letto di Adone, e sull’altro quello di Venere. Nella città di Atene ad ogni anniversario della morte di Adone v
ello di Venere. Nella città di Atene ad ogni anniversario della morte di Adone venivano nei diversi rioni della città appe
ella città appese alle mura alcune immagini rappresentanti un giovane di bellissime forme, morto sul flore degli anui. Nel
a partenza della flotta Ateniese per la Sicilia, avvenuta nel periodo di queste lugubri cerimonie, come l’entrata nella ci
, volendo alludere così all’apoteosi d’Adone. Adone era anche il nome di un fiume presso la città di Biblo nella Fenicia.
apoteosi d’Adone. Adone era anche il nome di un fiume presso la città di Biblo nella Fenicia. La favola racconta che Adone
Biblo nella Fenicia. La favola racconta che Adone lavasse nelle acque di questo fiume le ferite che lo fecero morire, e si
eralmente che il sangue d’Adone avesse cangiato il colore delle acque di quel fiume, che poi prese il suo nome. 113. Adone
Divinità il culto della quale era celebre o speciale in tutta l’isola di Sicilia. 119. Adramo. — Secondo Plutarco era il D
ell’isola v’era una città che portava lo stesso nome, oggi è la città di Adernò. Il culto di questo Dio era disseminato in
città che portava lo stesso nome, oggi è la città di Adernò. Il culto di questo Dio era disseminato in tutta l’isola. 120.
ameo. 121. Adrasta. — Ninfa figlia dell’oceano : fu una delle nutrici di Giove. 122. Adrastea — Nome della Dea Nemesi. Ess
rici di Giove. 122. Adrastea — Nome della Dea Nemesi. Essa era figlia di Giove e della fatalità, che altrimenti chiamasi a
da δραω, δαδρασϰω io sono, dinota una divinità a cui nulla impedisce di agire : specie di fatalità sempre vegliante a pun
io sono, dinota una divinità a cui nulla impedisce di agire : specie di fatalità sempre vegliante a punizione dei colpevo
voii. Gli Egizii mettevano Adrastea al disopra della Luna. È opinione di molti scrittori che presso i Greci, Adrastea non
ti scrittori che presso i Greci, Adrastea non fosse che un soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa,
tea non fosse che un soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e di una ancella di Elena. 123. Adrast
e un soprannome di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e di una ancella di Elena. 123. Adrasto. — Re d’Argo,
di Nemesi. Adrastea era anche il nome di una Ninfa, e di una ancella di Elena. 123. Adrasto. — Re d’Argo, fu obbligato a
paneo, Ippomedone, Anflareo e Paride e si mise egli stesso alla testa di quell’esercito. È questa spedizione che viene ric
levò con essi un’armata simile alla prima, alla quale fu dato il nome di Armata degli Epigoni, secondo che narra Pindaro e
goni, secondo che narra Pindaro e Euripide. Adrasto era anche il nome di un Re dei Dori, che Telemaco uccise a causa della
sto figlio del Re Mida, il quale per inavvertenza uccise Atiso figlio di Creso, e ne fu tanto addolorato, che sebbene il p
ove nella celebrazione dei matrimoni, mentre si dava a Giunone quello di Adulta. 126. Aegocero. — Essendo il Dio Pane post
li astri, si trasformò da sè medesimo in capra ; da ciò il soprannome di Aegocero da due parole greche αις capra ϰερας cor
a ϰερας corno. 127. Aelo. — Secondo Esiodo era una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128. Aeree. — Feste che gli a
no. 127. Aelo. — Secondo Esiodo era una delle Arpie figlia di Tauma e di Elettra. 128. Aeree. — Feste che gli agricoltori
Elettra. 128. Aeree. — Feste che gli agricoltori celebravano in onore di Bacco e di Cerere. 129. Aeta. — Re della Colchide
8. Aeree. — Feste che gli agricoltori celebravano in onore di Bacco e di Cerere. 129. Aeta. — Re della Colchide. Egli ebbe
uno straniero per nome Frisso, il quale dopo qualche anno per avidità di ricchezze, fece assassinare il suocero e s’impadr
egno e la vita ; e che perciò egli avesse adottato il barbaro costume di far sagrificare agli Dei tutti gli stranieri che
stati. 130. Aetherea. V. Atherea. 131. Aetlio. — Fu uno dei figliuoli di Eolo : sposò una giovanetta per nome Calice che l
uoli di Eolo : sposò una giovanetta per nome Calice che lo rese padre di Endimione. In Grecia fu venerato come un eroe. 13
un eroe. 132. Aetone. — Uno dei quattro cavalli del sole, che al dire di Ovidio, fu principale cagione della caduta di Fet
i del sole, che al dire di Ovidio, fu principale cagione della caduta di Fetonte. Il cronista Claudiano attribuisce lo ste
. Il cronista Claudiano attribuisce lo stesso nome ad uno dei cavalli di Plutone, facendo derivare il nome di Aetone dalla
o stesso nome ad uno dei cavalli di Plutone, facendo derivare il nome di Aetone dalla voce greca αιδως nero mentre codesto
rimere il sole nel suo meriggio, essendo stata appunto l’ardente luce di esso la vera causa della morte di Fetonte. L’etim
ssendo stata appunto l’ardente luce di esso la vera causa della morte di Fetonte. L’etimologia greca ci avvalora maggiorme
dappoichè αιδω significa ardo abbrucio. 133. Aex. — Una delle nutrici di Giove. Dopo la morte ella venne collocata fra gli
34. Afacitae. — Nella Fenicia in un luogo chiamato Afaca fra le città di Biblo e di Eliopoli, Venere aveva un tempio ed un
e. — Nella Fenicia in un luogo chiamato Afaca fra le città di Biblo e di Eliopoli, Venere aveva un tempio ed un oracolo co
lle acque le loro offerte, senza por mente alla ricchezza o al valore di esse. Se erano accette alla Dea, restavano al fon
navano a galla, oro o argento che fossero. Nelle cronache mitologiche di Zosimo è detto che l’oracolo di Afacita fu consul
e fossero. Nelle cronache mitologiche di Zosimo è detto che l’oracolo di Afacita fu consultato dai Palmireni quando essi s
Palmireni quando essi si ribellarono allo imperatore Aureliano e che di tutt’i doni da essi gettati nelle acque, nessuno
le armi vincitrici dell’imperatore. 135. Afaco o Afanio. — Soprannome di Marte. 136. Afanio (V. l’art. precedente). 137. A
ome di Marte. 136. Afanio (V. l’art. precedente). 137. Afareo — Padre di Lynceo che Ovidio chiama Aphareja proles. 138. Af
Lynceo che Ovidio chiama Aphareja proles. 138. Afea. — Denominazione di Diana. Nella città di Egina si adorava il Dio Bri
ama Aphareja proles. 138. Afea. — Denominazione di Diana. Nella città di Egina si adorava il Dio Britomarte sotto una tale
otto una tale denominazione. 139. Afesi. — Sotto questo nome venivano di sovente additati Castore e Polluce, i quali si cr
olluce, i quali si credeva presiedessero alla partenza dallo steccato di coloro che prendevano parte ai giuochi olimpici.
l sacerdote che li ripeteva al popolo. 142. Afneo. — Altro soprannome di Marte. 143. Afonide. V. Afonis. 144. Afonio. V. A
. — Nome d’uno dei principali venti. 148. Afodrisie. — Feste in onore di Venere. Nell’isola di Cipro e in molte altre citt
ncipali venti. 148. Afodrisie. — Feste in onore di Venere. Nell’isola di Cipro e in molte altre città della Grecia si dava
e come femmina da conio. Gli offerenti ricevevano da lei regali degni di essa. 149. Afrodite. — Parola greca che significa
chiuma del mare. 150. Agamede e Trofonio figli d’Ergino, altri dicono di Apollo e di Epicaste. Furono famosj architetti, e
are. 150. Agamede e Trofonio figli d’Ergino, altri dicono di Apollo e di Epicaste. Furono famosj architetti, e d’una furfa
Essi dettero una luminosa prova del loro duplice ingegno nella città di Delto, sia per la meravigliosa costruzione del fa
osa costruzione del famoso tempio ; sia perchè aveano trovato il modo di rubare giornalmente i tesori di quel re. Come era
o ; sia perchè aveano trovato il modo di rubare giornalmente i tesori di quel re. Come era impossibile di scoprire o sorpr
modo di rubare giornalmente i tesori di quel re. Come era impossibile di scoprire o sorprendere i ladri, fu loro teso un a
llo Trofonio non seppe trovare altro scampo per se stesso, che quello di tagliare la testa al fratello. Qualche tempo dopo
Qualche tempo dopo la terra improvvisamente si spalancò sotto i piedi di Trofonio e lo inghiotti vivo. Dopo la sua morte l
n dio, e gli si dette fino un Oracolo. 151. Agamennone. — Re d’Argo e di Micene figlio di Plistene, e nipote d’Atreo. Egli
ette fino un Oracolo. 151. Agamennone. — Re d’Argo e di Micene figlio di Plistene, e nipote d’Atreo. Egli fu il capo dell’
d’assedio espugnò e distrusse Troja. È anche conosciuto sotto il nome di Re dei Re, perchè aveva il comando supremo di que
onosciuto sotto il nome di Re dei Re, perchè aveva il comando supremo di quell’esercito ove combattevano altri sei re sott
i degg’io Rammentar che dal Greci ebbi il supremo Scettro fino a quel di che vegga sciolte Dal suol Sigeo le vincitrici na
mpugna. Niccolini — Polissena, Tragedia Atto II. Durante l’assedio di Troja, egli ebbe una forte contesa con Achille, a
e Brise, la quale Agamennone volle fosse tolta alla parte del bottino di guerra, spettante ad Achille. Essendo finalmente
ennone si accingeva a ritornare in patria, allorchè Cassandra, figlia di Priamo gli predisse che egli sarebbe stato assass
notte sanguinosa, In cui mio padre a tradimento ucciso Fea rintronar di dolorose grida Tutta intorno la reggia. Alfieri 
Alfieri — Oreste Tragedia Atto II. 152. Agamennonidi. — Discendenti di Agamennone. 153. Aganice o Aglaonice. — Donna che
e, dalla fontana Aganippe a loro consacrata. 155. Aganippa. — Figlia di un fiume che scende dal monte Elicona. Ella fu ca
consagrata alle Muse, le quali furono anche conosciute sotto il nome di Aganipidi. 156. Agapenore. — Figlio di Anceo fu u
anche conosciute sotto il nome di Aganipidi. 156. Agapenore. — Figlio di Anceo fu uno dei principi che avrebbero voluto sp
che avrebbero voluto sposare Elena. Egli andò per questo all’assedio di Troia, e fece forte la flotta greca di 60 vascell
li andò per questo all’assedio di Troia, e fece forte la flotta greca di 60 vascelli che conduceva con se. Dopo la caduta
e la flotta greca di 60 vascelli che conduceva con se. Dopo la caduta di Troja, una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro
va con se. Dopo la caduta di Troja, una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro ove egli edificò la città di Pafo. 157. Aga
una tempesta lo spinse nell’isola di Cipro ove egli edificò la città di Pafo. 157. Agastene. — Re degli Elleni, e padre d
i edificò la città di Pafo. 157. Agastene. — Re degli Elleni, e padre di Polissene. Egli fu uno dei principi che si recaro
e di Polissene. Egli fu uno dei principi che si recarono allo assedio di Troja. 158. Agastrofo. — Nome di un troiano che f
rincipi che si recarono allo assedio di Troja. 158. Agastrofo. — Nome di un troiano che fu ucciso da Diomede. 159. Agathir
troiano che fu ucciso da Diomede. 159. Agathirno o Agatirno. — Figlio di Eolo : dette il suo nome ad una città che fece fa
una città che fece fabbricare in Sicilia. 160. Agathirso. — Figliuolo di Ercole. Fu padre di un popolo sanguinario e crude
abbricare in Sicilia. 160. Agathirso. — Figliuolo di Ercole. Fu padre di un popolo sanguinario e crudele che da lui fu det
lati che essi adoravano come divinità. 162. Agathone. — Uno dei figli di Priamo re di Troja. 163. Agatirno. V. Agathirno.
adoravano come divinità. 162. Agathone. — Uno dei figli di Priamo re di Troja. 163. Agatirno. V. Agathirno. 164. Agave. —
ja. 163. Agatirno. V. Agathirno. 164. Agave. — Fu una delle figliuole di Cadmo e di Armenia. Ancor giovanetta sposò certo
atirno. V. Agathirno. 164. Agave. — Fu una delle figliuole di Cadmo e di Armenia. Ancor giovanetta sposò certo Echione da
one da cui ebbe un bambino che fu chiamato Penteo. La favola racconta di Agave un truce fatto ; imperocchè invasa da un en
n truce fatto ; imperocchè invasa da un entusiastico furore pel culto di Bacco, persuase le baccanti a fare in brani il pr
re in brani il proprio figliuolo Penteo, nella ricorrenza delle feste di quel Dio. Dopo la sua morte Agave, fu, ronostante
co, sia, come vogliono altri scrittori, pel suo preteso zelo al culto di quello. Vi furono ancora una figlia di Danao, una
pel suo preteso zelo al culto di quello. Vi furono ancora una figlia di Danao, una Nereide, ed uua Amazzone conosciute so
iglia di Danao, una Nereide, ed uua Amazzone conosciute sotto il nome di Agave. 165. Agavo. — Altro figlio di Priamo. 166.
mazzone conosciute sotto il nome di Agave. 165. Agavo. — Altro figlio di Priamo. 166. Agdelfo, Agdifio o Agdisto. — Mostro
 Mostro metà uomo e metà donna che la favola fa nascere dal commercio di Giove e della pietra detta Agdo. Egli fu il terro
una figliuola del fiume Sangaro, avendo nascosto nel suo seno alcune di quelle mandorle, queste scomparvero e dopo qualch
a si trovò incinta e partori un fanciullo al quale fu imposto il nome di Ati. Giunto all’età virile, Ati di cui Agdisto er
ciullo al quale fu imposto il nome di Ati. Giunto all’età virile, Ati di cui Agdisto erasi perdutamente invaghito, fu dall
tamente invaghito, fu dalla ninfa sua madre inviato alla Corte del re di Pessinunte per sposare una figliuola di lui. Già
dre inviato alla Corte del re di Pessinunte per sposare una figliuola di lui. Già le cerimonie nuziali volgevano al loro t
ro termine, allorquando Agdisto, spinto da gelosia, ispirò nell’animo di Ati tale sentimento di furore che da stesso si re
Agdisto, spinto da gelosia, ispirò nell’animo di Ati tale sentimento di furore che da stesso si rese eunuco e lo stesso f
timento di furore che da stesso si rese eunuco e lo stesso fece il re di Pessinunte. Colpito Agdisto dal male che aveva fa
to dal male che aveva fatto, ottenne da Giove che anche dopo la morte di Ati qualcuna delle sue membra non sarebbe andata
e Pausania ce la riferisce come una tradizione propria degli abitanti di Pessinunte. 167. Agdiflo. Vedi l’articolo precede
ticolo precedente. 168. Agdisto. Vedi come sopra. 169. Agdo. — Pietra di una grandezza straordinaria dalla quale è credenz
arono dietro le loro spalle per ripopolare il mondo. Giove innamorato di questa pietra la cangiò in donna e n’ebbe un figl
o. Vedi l’articolo seguente. 171. Agelaso Agelasto o Agelao. — Figlio di Damastore : fu uno di coloro che vollero sposare
uente. 171. Agelaso Agelasto o Agelao. — Figlio di Damastore : fu uno di coloro che vollero sposare Penelope durante l’ass
ore : fu uno di coloro che vollero sposare Penelope durante l’assenza di Ulisse. 172. Agelasto V. l’articolo precedente. 1
gelia. — Soprannome dato a Minerva, e forse a lei imposto dalla Città di Ageliana dove essa era singolarmente venerata. E
opinione assai vaga ed incerta. Noi la riportiamo senza attestazione di certezza. 174. Agenore. — Figlio di Nettuno e di
la riportiamo senza attestazione di certezza. 174. Agenore. — Figlio di Nettuno e di Livia. Egli sposò Telephassa detta a
o senza attestazione di certezza. 174. Agenore. — Figlio di Nettuno e di Livia. Egli sposò Telephassa detta anche Agriope
io. Giove avendo rapito Europa, il padre Agenore ordinò ai suoi figli di andarne in cerca con espressa proibizione di rito
ore ordinò ai suoi figli di andarne in cerca con espressa proibizione di ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome
figli di andarne in cerca con espressa proibizione di ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo,
essa proibizione di ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo, e di uno dei figli di Antenore. 17
bizione di ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo, e di uno dei figli di Antenore. 175. Agenor
ritornare senza di lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo, e di uno dei figli di Antenore. 175. Agenoria o Ageron
i lei. Agenore era anche il nome di un re di Argo, e di uno dei figli di Antenore. 175. Agenoria o Agerone. — Dea dell’ind
Dea dell’industria detta anche Strenuà. 176. Agenoridi. — Discendenti di Agenore. 177. Ageroco. — Figlio di Nelea e di Clo
nuà. 176. Agenoridi. — Discendenti di Agenore. 177. Ageroco. — Figlio di Nelea e di Cloro. 178. Agerone. V. Agenoria. 179.
genoridi. — Discendenti di Agenore. 177. Ageroco. — Figlio di Nelea e di Cloro. 178. Agerone. V. Agenoria. 179. Ageronia.
rti e li facea condurre all’inferno da Mercurio. 181. Agete. — Figlio di Apollo e di Cirene e fratello di Aristea. 182. A
ea condurre all’inferno da Mercurio. 181. Agete. — Figlio di Apollo e di Cirene e fratello di Aristea. 182. Agirti. — Con
no da Mercurio. 181. Agete. — Figlio di Apollo e di Cirene e fratello di Aristea. 182. Agirti. — Con questo nome s’indica
istea. 182. Agirti. — Con questo nome s’indicavano i Galli sacerdoti di Cibele. Questa parola significa ancora giuocatori
Galli sacerdoti di Cibele. Questa parola significa ancora giuocatori di mano, esperti nella sparizione degli oggetti. 183
rti nella sparizione degli oggetti. 183. Aglaja. — Era questo il nome di una delle Grazie. 184. Aglao. — Nome del più pove
ao. — Nome del più povero degli Arcadi, che Apollo giudicò più felice di Gige perchè viveva contento dei legumi del suo pi
 — Una delle Sirene. 188. Aglauro o Agraulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Mi
ro o Agraulo. — Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa di una indiscreta
Fu una delle figliuole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa di una indiscreta curiosità. La D
ole di Cecrope, la quale attirò su di sè lo sdegno di Minerva a causa di una indiscreta curiosità. La Dea avea dato ad Agl
curiosità. La Dea avea dato ad Aglauro un canestro chiuso vietandole di aprirlo. Ma la principessa non seppe vincere la c
n seppe vincere la curiosità, propria della donna e infranse l’ordine di Minerva, ed aprì il canestro nel quale era rinchi
er sè quel cesto avea scoperto. (Ovidio — Metamorfosi. Libro 2. trad. di Dall’Anguillara). Minerva allora per punire Agla
illara). Minerva allora per punire Aglauro la rese pazzamente gelosa di sua sorella Erse, amata da Mercurio. Un giorno ch
ata da Mercurio. Un giorno che questo Dio voleva entrare nelle stanze di Erse, Aglauro gliene contrastò vivamente l’access
ro gliene contrastò vivamente l’accesso, sicchè Mercurio con un colpo di caduceo la cangiò in una rupe. Dopo la morte, fu
rupe. Dopo la morte, fu ad Aglauro innalzato un tempio, e nella città di Salamina fu stabilito il crudele sacrifizio di of
tempio, e nella città di Salamina fu stabilito il crudele sacrifizio di offerirle ogni anno una vittima umana alla quale
na lancia nel petto, e quindi la vittima era posta sul rogo. Ai tempi di Seleuco, Defilo, re di Cipro, abolì l’orribile us
quindi la vittima era posta sul rogo. Ai tempi di Seleuco, Defilo, re di Cipro, abolì l’orribile usanza facendo che invece
Agno o Hagno. — Fu questo il nome Ristret. Anal. del Diz. della Fav. di una delle Ninfe nutrici di Giove. Ella dette il s
il nome Ristret. Anal. del Diz. della Fav. di una delle Ninfe nutrici di Giove. Ella dette il suo nome ad una fontana cele
e meraviglie. 193. Agonali. — Festa che i Romani celebravano in onore di Giano, agli 11 gennaio, 21 maggio, e 13 dicembre.
nore di Giano, agli 11 gennaio, 21 maggio, e 13 dicembre. I Sacerdoti di Marte erano anche conosciuti sotto questa denomin
iuochi solenni. Giano, nelle feste Agonali, veniva designato col nome di Agonio. 197. Agoreo. — Soprannome dato a Giove e
reca αγορα, che significa piazza. Per la stessa ragione Minerva viene di sovente denominata Agorea. 198. Agranie Agranie,
198. Agranie Agranie, e Agrionie. — Feste che si celebravano in onore di Bacco. 199. Agrao o Agray. — Uno dei Titani che d
ell’Attica, furono così dette alcune feste da essi celebrate in onore di Minerva. Una delle Grazie avea anche questo nome 
ore di Minerva. Una delle Grazie avea anche questo nome ; Erectheo re di Atene ebbe una figlia pure così chiamata, la qual
i Titani in generale. 205. Agrianie. V. Agranie. 206. Agrio. — Figlio di Parthaone e padre di Tersite. Vi furono anche due
205. Agrianie. V. Agranie. 206. Agrio. — Figlio di Parthaone e padre di Tersite. Vi furono anche due altri Agrio, uno dei
ei quali fu figlio d’Ulisse e della maga Circe. Agrio è anche il nome di uno dei Titani che dettero la scalata al cielo e
dalle Parche. 207. Agriodo. — Vale a dire dente feroce : era il nome di uno dei cani d’Atteone. 208. Agrionie. V. Agranie
Agrionie. V. Agranie. 209. Agriope. — Euridice, moglie d’Orfeo, viene di sovente designata con questo nome. Vol. I. Vi f
on questo nome. Vol. I. Vi fu anche un’altra Agriope, che fu moglie di Agenore V. Agenore. 210. Agro. — Figlio d’Apollo
, che fu moglie di Agenore V. Agenore. 210. Agro. — Figlio d’Apollo e di Cirene, fu padre di Aristea. 211. Agroletera o Ag
genore V. Agenore. 210. Agro. — Figlio d’Apollo e di Cirene, fu padre di Aristea. 211. Agroletera o Agrotera. — Soprannome
tà dei Fenici. 213. Agrotera. V. Agroletera. 214. Agyeo. — Soprannome di Apollo derivante da una parola greca che signific
ignifica strada, cammino ; perchè le strade erano sotto la protezione di lui. Gli Ateniesi avevano ancora dei numi detti A
redevano minacciati da straordinari prodigi. 215. Agytel. — Sacerdoti di Cibele, o piuttosto indovini che dicevano la buon
li spettacoli del circo : essi si servivano perciò dei versi d’Omero, di Virgilio, e di altri poeti. 216. Aidone. — Detta
el circo : essi si servivano perciò dei versi d’Omero, di Virgilio, e di altri poeti. 216. Aidone. — Detta anche Aedone, f
cepì una invidia mortale contro la moglie d’Anfione, perchè era madre di sei principi, mentre ella non aveva che un solo f
se una notte il suo proprio figliuolo Itilo, che l’oscurità le impedi di riconoscere, e ch’ella scambiò per uno dei suoi n
olpevole madre, la cangiarono in uccello. La favola fa menzione anche di un’altra donna a nome Aedone, figlia di Pandareo
. La favola fa menzione anche di un’altra donna a nome Aedone, figlia di Pandareo Efeso, la quale fu tolta in moglie da un
ndareo Efeso, la quale fu tolta in moglie da un artigiano della città di Colofone a nome Polirechno. I due conjugi vissero
he, superbi delle dolcezze della loro unione, ardirono darsi il vanto di amarsi più perfettamente di Giove e Giunone. Gli
ella loro unione, ardirono darsi il vanto di amarsi più perfettamente di Giove e Giunone. Gli Dei allora irritati mandaron
i Giove e Giunone. Gli Dei allora irritati mandarono loro uno spirito di discordia, che fu per essi la sorgente d’infinite
rgente d’infinite sventure. 217. Almena o Emena. — Era questo il nome di una giovanetta di Troja, alla quale si resero in
sventure. 217. Almena o Emena. — Era questo il nome di una giovanetta di Troja, alla quale si resero in Grecia gli onori d
i divini. 218. Aine o Aloe — Conosciuto più comunemente sotto il nome di Aloo. Fu uno dei giganti più ricordati dalle cron
igliuoli ai quali dette la luce e che furono chiamati Aloidi dal nome di lui, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo er
oidi dal nome di lui, fossero infatti suoi figliuoli, mentre lo erano di Nettuno, Dio al quale Ifimedia avea consentito la
a consentito la sua persona. 219. Aixa, isola del mare Egeo, seminata di roccie scoscese, e che presenta da lunge la figur
igura d’una capra, che i Greci chiamavano Aix. Aixa era anche il nome di una delle ninfe nutrici di Giove. 220. Ajace. — I
eci chiamavano Aix. Aixa era anche il nome di una delle ninfe nutrici di Giove. 220. Ajace. — I mitologi antichi e moderni
a nome Ajace. Fu uno dei principi Greci che combatterono all’assedio di Troja. Egli era di una agilità sorprendente, e ne
no dei principi Greci che combatterono all’assedio di Troja. Egli era di una agilità sorprendente, e nessuno lo superava i
superava in tutti gli esercizii del corpo. Però violento e brutale, e di una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdo
brutale, e di una indole crudele, egli violo Cassandra, sacerdotessa di Pallade, nel tempio stesso dedicato alla Dea, nel
esso dedicato alla Dea, nel quale la vergine s’era nascosta, sperando di sottrarsi alle brutalità del suo persecutore. Min
brutalità del suo persecutore. Minerva, fortemente sdegnata, risolvè di punirlo e fece da Nettuno suscitare una furiosa t
al porto per ritornare in patria. Dopo avere sfuggito ad una infinità di pericoli, lottando disperatamente con le onde fur
di pericoli, lottando disperatamente con le onde furiose, gli riusci di afferrarsi ad una roccia, ove rivolto al cielo im
L’orribile bestemmia irritò così fortemente Nettuno, che con un colpo di tridente spaccò la roccia, sprofondando l’empio n
dando l’empio nei cupi abissi del mare. Virgilio attribuisce la morte di Ajace alla sola Minerva, senza lasciarvi interven
Minerva, senza lasciarvi intervenire Nettuno. Ajace fu anche il nome di un figlio di Telamone e di Esione ; non meno dell
za lasciarvi intervenire Nettuno. Ajace fu anche il nome di un figlio di Telamone e di Esione ; non meno dell’altro impetu
ntervenire Nettuno. Ajace fu anche il nome di un figlio di Telamone e di Esione ; non meno dell’altro impetuoso, empio e c
Laomedonte : Ei d’Eaco usci, che giudice risiede Nel formidabil regno di Acheronte, Eaco dal re ch’ha in ciel la maggior s
ll’umana fronte : Ed io, s’il re dell’universa mole Non mente, or son di lui la terza prole, (Ovidio. — Metamorfosi, Libro
son di lui la terza prole, (Ovidio. — Metamorfosi, Libro XIII. Trad. di Dell’Anguillara). …… Chi quell’altro sia Che ha
II. Trad. di Dell’Anguillara). …… Chi quell’altro sia Che ha membra di gigante, e va sovrano Degli omeri e del capo agli
a Lacena, Alace, rocca degli Achei…… (Omero Iliade. — Libro III trad. di V. Monti). Egli era invulnerabile come Achille,
III trad. di V. Monti). Egli era invulnerabile come Achille, e dopo di lui il più valoroso guerriero della Grecia. Egli
e in una sola parte del petto, nota però a lui solamente. All’assedio di Troja si coprì di gloria battendosi un giorno int
e del petto, nota però a lui solamente. All’assedio di Troja si coprì di gloria battendosi un giorno intero con Ettore. Ec
Marte allorchè scende Tra fiere genti stimulate all’armi Dallo sdegno di Giove, e dall’insana Roditrice dell’aime empia co
o Che lunga sul terren l’ombra spandea. (Omero Iliade lib. VII. Trad. di V. Monti). Entrambi giusti apprezzatori del loro
re fu lo stesso col quale questo eroe venne legato pei piedi al carro di Achille, quando ucciso da questi in combattimento
questi in combattimento fu trascinato per tre volte intorno alle mura di Troja. In seguito essendo stato ucciso Achille, s
isse ed Ajace, a causa delle armi del morto eroe. Ulisse però ebbe il di sopra, e Ajace durante la notte, furioso fino al
ezzo ad una gregge e ne fece una carneficina, credendo nel suo furore di uccidere Ulisse. ….. e delle prede Sul misto anc
e trucidando a cerco, Ampio ne fea macello, ed or credea Ambo svenar di propria man gli Atridi, Or l’un duce, ed or l’alt
li Atridi, Or l’un duce, ed or l’altro. In cotal rete Io quel furente di delira febbre, Sospinsi, avvolsi. Ei dalla strage
avvinti Or colà li flagelia…….. (Sofocle. Aiace. Tragedia traduzione di Felice Bellotti). Appena tornato in ragione rivo
uccise. Il suo sangue fu cangiato nel flore conosciuto sotto il nome di giacinto. È credenza di molti mitologi che perfi
u cangiato nel flore conosciuto sotto il nome di giacinto. È credenza di molti mitologi che perfi ore, di giacinto bisogna
otto il nome di giacinto. È credenza di molti mitologi che perfi ore, di giacinto bisogna sottintendere il piede della lod
credere ovvia, è pure necessaria per intendere uno dei più bei passi di Ovidio Come ha cosi parlato, alza la mano, E poi
tentò pria forar la scorza, Lascia l’alma sdegnata il corpo umano. E di cader le membra esangui sforza ; E del sangue che
rse. Quel fior leggiadro, in cui cangiossi il figlio Già d’Amiciante, di quel sangue uscio E dal colore in fuor simile al
l biondo Dio : E mostrò il novo fior descritto (come L’altro) il duol di Giacinto, e il costui nome. (Ovidio Metamorfosi L
Giacinto, e il costui nome. (Ovidio Metamorfosi Libro XIII traduzione di Dell’Anguillara). 221. Ajacee. — Feste in onore
o XIII traduzione di Dell’Anguillara). 221. Ajacee. — Feste in onore di Ajace. 222. Ajdoneo. — Re dei Molossi. Egli impri
Plutone era anch’egli soprannominato Ajdoneo, e da questa somiglianza di nomi ne è venuta la favola della discesa di Teseo
, e da questa somiglianza di nomi ne è venuta la favola della discesa di Teseo all’inferno per rapire la moglie a Plutone.
lcuna, la cui origine sia così nettamente precisa come questa. L’anno di Roma 364, un uomo del popolo a nome Ceditio, andò
popolo a nome Ceditio, andò a rivelare ai Tribuai che, nel traversare di notte la strada nuova, aveva inteso una voce più
traversare di notte la strada nuova, aveva inteso una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli aveva imposto di a
so una voce più forte di quella d’un uomo, la quale gli aveva imposto di andare ad avvertire i magistrati che i Galli si a
ell’avviso del popolano. Però l’anno seguente i Galli s’impadronirono di Roma, i quali per altro furono ben presto ricacci
e Ceditio diceva avere ascoltato il misterioso consiglio. A proposito di questo Dio ecco quanto dice Cicerone « Quand’egli
e gli si è innalzato un altare ed un tempio, egli ha preso il partito di tacere, ed è diventato muto ». 224. Alabanda, fig
so il partito di tacere, ed è diventato muto ». 224. Alabanda, figlio di Calliroe che fu divinizzato. Il suo culto fu cele
ttà della Caria. Questo nome gli viene dall’aver guadagnato il premio di una corsa, chiamandosi nella Caria Ala il cavallo
ala soprannome dato a Bellona. 227. Alalcomede. — Nome del precettore di Minerva, al quale dopo la morte furono in conside
gione esposta nell’articolo precedente. 229. Alalcomane. — Fu il nome di un celebre scultore, il quale dopo di aver fatto
. 229. Alalcomane. — Fu il nome di un celebre scultore, il quale dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì il cult
l nome di un celebre scultore, il quale dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì il culto di questa Dea in una ci
, il quale dopo di aver fatto una statua di Minerva, stabilì il culto di questa Dea in una città, ch’egli edifico in Beozi
fico in Beozia e che da lui prese nome. 230. Alastore uno dei Cavalli di Plutone. Fu anche il nome del fratello di Neleo,
0. Alastore uno dei Cavalli di Plutone. Fu anche il nome del fratello di Neleo, figlio di Nestore ; e quello d’uno dei com
ei Cavalli di Plutone. Fu anche il nome del fratello di Neleo, figlio di Nestore ; e quello d’uno dei compagni di Sarpedon
el fratello di Neleo, figlio di Nestore ; e quello d’uno dei compagni di Sarpedone che fu ucciso da Ulisse all’assedio di
o d’uno dei compagni di Sarpedone che fu ucciso da Ulisse all’assedio di Troja, venivano anche denominati Alastori alcuni
efici. 231. Alba. — Città dell’Azio : fu fabricata da Ascanio, figlio di Enea. 232. Albania, contrada dell’Asia sulle cost
territorio d’Alba in Italia, ch’essi abbandonarono sotto la condotta di Ercole dopo la disfatta di Gerione. 233. Albione
a, ch’essi abbandonarono sotto la condotta di Ercole dopo la disfatta di Gerione. 233. Albione e Borgione famosi giganti f
la disfatta di Gerione. 233. Albione e Borgione famosi giganti figli di Nettuno. Essi incontrarono un giorno Ercole disar
armato ed osarono attaccarlo, ma Giove li schiaccò sotto una grandine di pietre. 234. Albunea, famosa Sibilla che rendeva
a Sibilla che rendeva i suoi oracoli in una foresta vicina alla città di Tybur, che dal suo nome era anche detta Albunea e
ava anche Albuna e si crede essere la stessa, conosciuta sotto i nomi di Lecotea e di Matuta. Essa era riverita come una D
una e si crede essere la stessa, conosciuta sotto i nomi di Lecotea e di Matuta. Essa era riverita come una Dea. 235. Albu
uta. Essa era riverita come una Dea. 235. Alburneo. — Dio riverito su di una montagna, che aveva lo stesso nome nella Luca
o nome nella Lucania. 236. Alcatee erano così dette le feste in onore di Alcatoo. 237. Alcatoo figlio di Pelope. Essendo s
ee erano così dette le feste in onore di Alcatoo. 237. Alcatoo figlio di Pelope. Essendo stato incolpato d’aver preso part
glio di Pelope. Essendo stato incolpato d’aver preso parte alla morte di Crisippo suo fratello, egli si rifugiò in Megara,
egara, dove uccise un leone che aveva divorato Eurippo, figlio del re di quella contrada. Alcatoo sposò poi la figlia del
e di quella contrada. Alcatoo sposò poi la figlia del re e alla morte di questo gli successe nel governo. Vi fu anche un T
i fu anche un Trojano così chiamato, il quale sposò Ippodamia, figlia di Anchise. Egli fu ucciso da Idomeneo all’assedio d
Ippodamia, figlia di Anchise. Egli fu ucciso da Idomeneo all’assedio di Troja. 238. Alceo figlio di Perseo e marito d’Ipp
e. Egli fu ucciso da Idomeneo all’assedio di Troja. 238. Alceo figlio di Perseo e marito d’Ipponomea. Egli fu padre di Anf
roja. 238. Alceo figlio di Perseo e marito d’Ipponomea. Egli fu padre di Anfitrione e avo di Ercole al quale per questa ra
lio di Perseo e marito d’Ipponomea. Egli fu padre di Anfitrione e avo di Ercole al quale per questa ragione si da tanto co
di Ercole al quale per questa ragione si da tanto comunemente il nome di Alcide. Vi fu un altro Alceo figlio di Ercole che
i da tanto comunemente il nome di Alcide. Vi fu un altro Alceo figlio di Ercole che fu il primo degli Eraclidi, così chiam
glio di Ercole che fu il primo degli Eraclidi, così chiamati dal nome di Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e moglie di
degli Eraclidi, così chiamati dal nome di Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e moglie di Admeto re di Tessaglia. Questo
ì chiamati dal nome di Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e moglie di Admeto re di Tessaglia. Questo principe essendo p
l nome di Ercole. 239. Alceste figlia di Pelea, e moglie di Admeto re di Tessaglia. Questo principe essendo pericolosament
suo dolore gli fece onorevole accoglienza, e non trascurò a riguardo di lui i doveri dell’ospitalità. Ercole allora per t
lità. Ercole allora per testimoniargli la sua riconoscenza intraprese di combattere la morte, discese agl’inferni da cui r
ritirò Alceste e la rese al marito. Omero dà ad Alceste il soprannome di Divina perchè ella amò suo marito fino al punto d
este il soprannome di Divina perchè ella amò suo marito fino al punto di sagrificargli la vita. Euripide prende a soggetto
to fino al punto di sagrificargli la vita. Euripide prende a soggetto di una sua tragedia la tradizione mitologica di Alce
ripide prende a soggetto di una sua tragedia la tradizione mitologica di Alceste, trattando però diversamente l’argomento.
in vece sua : solu ei trovava Presta a lasciare in eterno la luce Del di per esso, la sua moglie Alceste. Euripide, Alces
Euripide, Alceste Tragedie Atto I, Scena 1. 240. Alchmeone figlio di Anfiareo. Per ordine di suo padre uccise la madre
edie Atto I, Scena 1. 240. Alchmeone figlio di Anfiareo. Per ordine di suo padre uccise la madre Erifile, perchè questa
erto il luogo dove Anfiareo si era nascosto per non andar alla guerra di Tebe. Alchmeone tormentato dai più crudeli rimors
quale gli fece sposare sua figlia Arfinoe, a cui Alchmeone fece dono di una magnifica collana che Polinice aveva regalata
ime espiazioni alle quali egli erasi sottoposto non andarono coronate di successo. Alchmeone andò a praticarne delle altre
uccesso. Alchmeone andò a praticarne delle altre presso Acheolo padre di Calliroe, la quale in seguito egli sposò dimentic
mi che lo stringevano ad Arfinoe, e spingendo l’audacia fino al punto di farsi da questa restituire la collana per farne p
fortemente sdegnati del grave affronto, ma Temeno e Axione, fratelli di Arfinoe vendicarono l’oltraggio uccidendo Alchmeo
adre crudel, nel padre pio Ovidio — Metamorfosi. Libro IX traduzione di Dell’Anguillara. 241. Alci. — I Macedoni con qu
Macedoni con questo soprannome onoravano Minerva. 242. Alcide. — Nome di Ercole dall’avo Alceo. Minerva era anche sopranno
. Vi erano delle divinità alle quali si dava complessivamente il nome di Dei Alcidi. V. Ercole. 243. Alcimede. — Moglie di
essivamente il nome di Dei Alcidi. V. Ercole. 243. Alcimede. — Moglie di Esone e madre di Giasone. 244. Alcimedone. — Cele
me di Dei Alcidi. V. Ercole. 243. Alcimede. — Moglie di Esone e madre di Giasone. 244. Alcimedone. — Celebre scultore. Vi
Alcmedone annoverato fra gli Dei della Grecia. 245. Alcinoe. — Moglie di Anfiloco. Essendosi ritenuta per se la mercede do
violenta passione per un uomo chiamato Hanto. Perdutamente innamorata di lui, abbandonò per seguirlo il marito ed i figli,
uo amante che disperata si precipitò nel mare. 246. Alcinoo. — Figlio di Nafito o Nafitoo re dell’isola di Corcira. Il suo
tò nel mare. 246. Alcinoo. — Figlio di Nafito o Nafitoo re dell’isola di Corcira. Il suo nome divenne celebre per la belle
e ne racconta Omero, narrando il naufragio che Ulisse fece sulle rive di quell’isola, ove Alcinoo lo accolse con regale am
zza. …. Ameni e vaghi Tanto non fur del redivivo Adone Immaginati un di gli orti famosi, O quei d’Alcinoo, albergator cor
di gli orti famosi, O quei d’Alcinoo, albergator cortese, Del figlio di Laerte. Milton — Paradiso Perduto. Lib. IX trad.
te. Milton — Paradiso Perduto. Lib. IX trad. L., papi. Gli abitanti di Corcira, oggi Corfù, erano il popolo più voluttuo
Gli abitanti di Corcira, oggi Corfù, erano il popolo più voluttuoso di quel tempo, poichè arricchitisi col commercio viv
l’abbondanza e nel lusso. Nella loro città era un continuo alternarsi di feste e baccanali di ogni maniera ove si contavan
sso. Nella loro città era un continuo alternarsi di feste e baccanali di ogni maniera ove si contavano le più luride canzo
e e baccanali di ogni maniera ove si contavano le più luride canzoni, di cui la più celebre è quella che Fennio cantò alla
anzoni, di cui la più celebre è quella che Fennio cantò alla presenza di Ulisse, sull’adulterio di Marte e Venere. 247. Al
bre è quella che Fennio cantò alla presenza di Ulisse, sull’adulterio di Marte e Venere. 247. Alcio. — Una delle divinità
fossero venerati Castore e Polluce. 248. Alcione. — Gigante, fratello di Porfirione. Egli uccise in un combattimento quatt
lo di Porfirione. Egli uccise in un combattimento quattro dei seguaci di Ercole, e voleva uccidere Ercole stesso, il quale
cole stesso, il quale parò il colpo con la sua clava, lo fini a colpi di freccia. Le sette figliuole del morto, giovanette
lo fini a colpi di freccia. Le sette figliuole del morto, giovanette di una rara bellezza furono così dolenti per la mort
nel mare, dove vennero cangiate nell’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione. Alcione era anche una delle figliuole d’
cione era anche una delle figliuole d’Eolo, re dei venti della stirpe di Deucalione. Amò con tanta passione il suo sposo C
la stirpe di Deucalione. Amò con tanta passione il suo sposo Ceix, re di Traflina, che morì di dolore quand’egli naufragò.
e. Amò con tanta passione il suo sposo Ceix, re di Traflina, che morì di dolore quand’egli naufragò. È generale opinione f
ra i Mitologi che ella si precipitasse nel mare disperata della morte di suo marito, e che gli Dei mossi a compassione can
cangiarono essa e lo sposo in quell’uccello conosciuto sotto il nome di Alcione, che presso gli antichi era simbolo dell’
econdo Omero, Alcione era pure il soprannome dato a Cleopatra, moglie di Meleagro e figliuola d’Ida e di Marpesa. Similmen
l soprannome dato a Cleopatra, moglie di Meleagro e figliuola d’Ida e di Marpesa. Similmente veniva così chiamata una dell
. Similmente veniva così chiamata una delle sette Atlantidi figliuole di Atlante. Esse formavano la costellazione delle Pl
ella luna, nella quale egli erasi rifugiato. Alcioneo aveva il potere di risuscitare, ma poi fu finalmente schiacciato da
e, ma poi fu finalmente schiacciato da Ercole. 250. Alciope. — Figlia di Aglauro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno
finalmente schiacciato da Ercole. 250. Alciope. — Figlia di Aglauro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno. 251. Alcipp
ole. 250. Alciope. — Figlia di Aglauro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno. 251. Alcippe. — Figlia di Marte, fu rapi
uro e di Marte. Fu una delle mogli di Nettuno. 251. Alcippe. — Figlia di Marte, fu rapita da Allyrotio che Marte uccise pe
ndetta egli venne citato in giudizio innanzi ad un tribunale composto di dodici Numi. Vi furono anche diverse altre donne
anche diverse altre donne conosciute sotto questo nome ; una, figlia di Oenomao ; un’altra figlia del gigante Alcioue ; e
omao ; un’altra figlia del gigante Alcioue ; ed una terza pastorella, di cui parla Teocrito e Virgilio. 252. Alcithoe. — U
, di cui parla Teocrito e Virgilio. 252. Alcithoe. — Una delle figlie di Minea o Mina. Burlandosi del culto con cui veniva
e il periodo dei giorni sacri in cui si celebravano le orgie in onore di quel Dio ; il quale per punirla la cangiò in pipi
irla la cangiò in pipistrello. 253. Alemena. — Figlia d’Elettrione re di Micene e di Lisidicia. Ella sposò Anfitrione col
iò in pipistrello. 253. Alemena. — Figlia d’Elettrione re di Micene e di Lisidicia. Ella sposò Anfitrione col patto che ve
Lisidicia. Ella sposò Anfitrione col patto che vendicherebbe la morte di suo fratello, che i Telebani avevano ucciso. Ment
e Anfitrione era al campo, Giove innamorato d’Alcmena, prese le forme di lui per ingannaria ; Giunone moglie di Giove, all
rato d’Alcmena, prese le forme di lui per ingannaria ; Giunone moglie di Giove, allorchè Alcmena fu prossima a partorire,
partorire, le rese per gelosia il parto crudelmente doloroso, e cercò di far morire il fanciullo che dovea nascere, sapend
estino del neonato che sarebbe stato Ercole. Giunone che avea giurato di perseguitare della sua gelosa vendetta i frutti d
i perseguitare della sua gelosa vendetta i frutti dell’adultero amore di suo marito, fece che Alcmena incinta di due gemel
i frutti dell’adultero amore di suo marito, fece che Alcmena incinta di due gemelli, partorisse prima il fanciullo che fu
o avesse avuto predominio ed impero sul secondo. Ma Galantea, ancella di Alcmena, ingannò con molta astuzia di Giunone all
l secondo. Ma Galantea, ancella di Alcmena, ingannò con molta astuzia di Giunone allorchè nacque Ercole. Alcmena dopo la m
olta astuzia di Giunone allorchè nacque Ercole. Alcmena dopo la morte di suo marito Anfitrione sposò Radamento. Ed io che
piume. E ben vedeasi al ventre ampio e ripieno Che Giove era l’autor di tanto seno ……………. Quel che verrà nel tal tempo al
ell’Anguillara). 254. Alcomeno. — Soprannome dato ad Ulisse dal nome di Alcomena, città dell’isola d’Itaca, di cui egli e
annome dato ad Ulisse dal nome di Alcomena, città dell’isola d’Itaca, di cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo,
, città dell’isola d’Itaca, di cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo, re di Atene. Vi furono diversi altri cono
sola d’Itaca, di cui egli era re. 255. Alcone. — Figlio di Eriteo, re di Atene. Vi furono diversi altri conosciuti sotto q
ne. Vi furono diversi altri conosciuti sotto questo nome : uno figlio di Marte, uno figlio di Amycus, ed un terzo figlio d
altri conosciuti sotto questo nome : uno figlio di Marte, uno figlio di Amycus, ed un terzo figlio d’Ippocone. 256. Alea.
rio perchè si dipinge colle ali ai piedi. 260. Alee. — Feste in onore di Minerva V. Alea. 261. Aleissiare. — Ebe, dea dell
. 265. Aleo. — Re d’Arcadia. Si rese celebre pel considerevole numero di templi che fece fabbricare. 266. Aleppo V. Alope.
li serbassero la stessa sorte fuggì dalla Grecia e venne in compagnia di alcuni familiari in Italia ove fabbricò la città
enne in compagnia di alcuni familiari in Italia ove fabbricò la città di Falischi. 268. Alessandra la stessa che Cassandra
schi. 268. Alessandra la stessa che Cassandra, indovina che fu figlia di Priamo re di Troia. 269. Alessandro figlio di Pri
essandra la stessa che Cassandra, indovina che fu figlia di Priamo re di Troia. 269. Alessandro figlio di Priamo. I pastor
indovina che fu figlia di Priamo re di Troia. 269. Alessandro figlio di Priamo. I pastori che l’allevarono lo chiamarono
o chiamarono Paride V. Paride. Vi fu anche un altro Alessandro figlio di Eristea. 270. Alete figlio di Egisto, il quale av
Vi fu anche un altro Alessandro figlio di Eristea. 270. Alete figlio di Egisto, il quale avendo usurpato il regno di Mice
istea. 270. Alete figlio di Egisto, il quale avendo usurpato il regno di Micene fu ucciso da Oreste. 271. Aletide. — Feste
l regno di Micene fu ucciso da Oreste. 271. Aletide. — Feste in onore di Erigone detta anche Aleti. 272. Aetryomanzia. — F
e in onore di Erigone detta anche Aleti. 272. Aetryomanzia. — Formola di uno scongiuro che si faceva per mezzo di un gallo
272. Aetryomanzia. — Formola di uno scongiuro che si faceva per mezzo di un gallo. 273. Aletrione. — Giovane soldato, conf
di un gallo. 273. Aletrione. — Giovane soldato, confidente e favorito di Marte. Essendo un giorno in sentinella alla tenda
dente e favorito di Marte. Essendo un giorno in sentinella alla tenda di questo Dio mentre egli era con Venere, Aletrione
e si addormentò, e lasciò sorprendere i due amanti da Vulcano, marito di Venere. — Marte per punire Aletrione lo cangiò in
ca edificata da Ercole. 277. Alexiroe. — Ninfa che fu una delle mogli di Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacciatore il quale
ogli di Priamo. 278. Alfeo. — Famoso cacciatore il quale invaghitosi di Aretusa, ninfa del seguito di Diana la perseguitò
 Famoso cacciatore il quale invaghitosi di Aretusa, ninfa del seguito di Diana la perseguitò lungo tempo finchè Diana cang
in fontana. V. Acetusa. 279. Alfesibea o Arfinoe. — La stessa figlia di Fegeo che sposò Alchmeone ricevendone in dono la
a, davasi questo nome ad una divinazione in cui si adoperava il fiore di frumento. 282. Alia. — Era una delle cinquanta Ne
to. 284. Aliee. — Sotto questo nome, tanto in Atene quanto nell’isola di Rodi venivano celebrate in onore di Apollo, ossia
tanto in Atene quanto nell’isola di Rodi venivano celebrate in onore di Apollo, ossia il sole, pubbliche feste e cerimoni
e di Apollo, ossia il sole, pubbliche feste e cerimonie. L’etimologia di questa parola Aliee viene dal greco αλιος che sig
divinità degli Arabi, i quali sotto questo nome adoravano la materia di tutte le cose, vale a dire la natura. 286. Alimed
n’altra delle cinquanta Nereidi, quasi avesse cura del mare e facesse di questo elemento sua delizia ed amore. 287. Aliteo
fu così soprannominato, come Cerere fu detta Aliteria perchè in tempo di carestia avevano impedito ad alcuni mugnai di rub
literia perchè in tempo di carestia avevano impedito ad alcuni mugnai di rubare il frumento. 288. Aliterio. —  V. l’artico
e avere i Romani deificata l’allegrezza ; ma esiste bensì gran numero di medaglie su cui vedesi scolpita. Viene rappresent
medaglie su cui vedesi scolpita. Viene rappresentata con le sembianze di una donna giovane e bella, con un corno dell’abbo
sinistra, e affiancata da due fanciulli, uno dei quali porta un ramo di palma. 291. Allodola. — Soprannome dato a Scilla
ta un ramo di palma. 291. Allodola. — Soprannome dato a Scilla figlia di Niso, re di Megara. Teneramente ininnamorata di M
i palma. 291. Allodola. — Soprannome dato a Scilla figlia di Niso, re di Megara. Teneramente ininnamorata di Minos re di C
dato a Scilla figlia di Niso, re di Megara. Teneramente ininnamorata di Minos re di Creta nemico dichiarato dei Megaresi 
la figlia di Niso, re di Megara. Teneramente ininnamorata di Minos re di Creta nemico dichiarato dei Megaresi ; essa tagli
i della patria, la quale cadde per questo coi suoi abitanti in potere di Minos. Niso allora si dette a perseguitare la fig
i Minos. Niso allora si dette a perseguitare la figlia con intenzione di ucciderla, ma fu cangiato in isparviero ed essa i
le armate nemiche. 293. Allirozio o Allyrotio. — Fu uno dei figliuoli di Nettuno. La tradizione mitologica ci racconta di
Fu uno dei figliuoli di Nettuno. La tradizione mitologica ci racconta di lui, che per vendicare suo padre, il quale in una
erva, era stato vinto da quella Dea, avesse tagliato tutti gli alberi di ulivo che crescevano nelle circostanze di Atene,
e tagliato tutti gli alberi di ulivo che crescevano nelle circostanze di Atene, onde recare oltraggio a Minerva, cui quegl
ttori e dei cronisti della favola discordano generalmente sulla morte di Allirozio, raccontandola tutti in modo diverso. 2
di Allirozio, raccontandola tutti in modo diverso. 294. Almone. — Dio di un piccolo fiume di questo nome nel territorio di
tandola tutti in modo diverso. 294. Almone. — Dio di un piccolo fiume di questo nome nel territorio di Roma. Fu padre dell
294. Almone. — Dio di un piccolo fiume di questo nome nel territorio di Roma. Fu padre della ninfa Lara. 295. Almopo. — F
lata al cielo. 296. Aloe V. Aine. 297. Aloeo o Aloo. — Gigante figlio di Titano e della terra. Egli sposò Ifimedia, la qua
vò come suoi proprii figliuoli. Vedendo che ogni mese essi crescevano di nove pollici, e non potendo a causa della sua est
ndò i due giovanetti, i quali furono uccisi da Apollo e Diana a colpi di freccia. 298. Aloidi. — Nome di due fra i più for
rono uccisi da Apollo e Diana a colpi di freccia. 298. Aloidi. — Nome di due fra i più formidabili e famosi giganti che im
mando il primo il divino Oto e il secondo il celebre Efialto. All’età di nove anni avevano già nove cubiti di grossezza e
ondo il celebre Efialto. All’età di nove anni avevano già nove cubiti di grossezza e trentasei di altezza. Fieri della lor
All’età di nove anni avevano già nove cubiti di grossezza e trentasei di altezza. Fieri della loro indomabile forza fisica
rentasei di altezza. Fieri della loro indomabile forza fisica osarono di portar la guerra fin nelle nuvole, e come dicemmo
nuvole, e come dicemmo, vollero detronizzar Giove, e osarono perfino di pretendere fossero date loro Diana e Giunone. Gio
combatterli, ma essi lo fecero prigioniero e lo tennero per lo spazio di tredici mesi ricchiuso in una gabbia di ferro, da
ro e lo tennero per lo spazio di tredici mesi ricchiuso in una gabbia di ferro, da cui andò poi Mercurio a liberarlo. Dian
a e cangiatasi in biscia s’intromise fra loro, mentre essi stavano su di un carro. Allora i giganti volendo uccideria si f
sotto qualunque altro simbolo della favola. Infatti gli Aloidi figli di Nettuno re del mare potrebbero essere due famosi
il quale tratta coi vincitori il riscatto del prigioniero. L’astuzia di cui Diana si serve strisciando fra loro in sembia
ro. L’astuzia di cui Diana si serve strisciando fra loro in sembianza di biscia altro non è se non la configurazione alleg
Alopo o Aleppo. — Una delle Arpie. Vi fu anche un’altra Alope figlia di Cercione, la quale avendo prestato orecchio alle
figlia di Cercione, la quale avendo prestato orecchio alle seduzioni di Nettuno, ne ebbe un figlio Ippotono. Però il padr
ul suo nome. Nettuno la cangiò in fontana. 301. Alpheja. — Soprannome di Aretusa. V. Alfeo. 302. Alrune. — Nome che i Germ
 — Nome che i Germani davano ai loro Dei Penati. 303. Altea. — Figlia di Testio e moglie di Oeneo re di Calidone. Avendo u
ni davano ai loro Dei Penati. 303. Altea. — Figlia di Testio e moglie di Oeneo re di Calidone. Avendo un giorno questo pri
loro Dei Penati. 303. Altea. — Figlia di Testio e moglie di Oeneo re di Calidone. Avendo un giorno questo principe diment
principe dimenticato Diana nei suoi sacrificii, la dea per vendicarsi di quest’oltraggio gli spinse contro un cignale che
di quest’oltraggio gli spinse contro un cignale che devastò le terre di Calidone. Gli altri principi della contrada si ri
rire il cignale, le cui spoglie le vennero offerte da Meleagro figlio di Oeneo, ma i fratelli d’Altea, punti dal veder fat
nel fuoco il fatale tizzone a cui le Parche avevano legato i destini di questo principe. A misura che il tizzo bruciava,
a che morì, e Altea si uccise per disperazione. 304. Altepo. — Figlio di Nettuno, fu uno dei rè di Egitto. 305. Altio. — S
ise per disperazione. 304. Altepo. — Figlio di Nettuno, fu uno dei rè di Egitto. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli ve
 Figlio di Nettuno, fu uno dei rè di Egitto. 305. Altio. — Soprannome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato
nome di Giove. Gli veniva dal culto col quale era adorato nel recinto di un bosco sacro detto Altio, vicino alla città di
adorato nel recinto di un bosco sacro detto Altio, vicino alla città di Olimpia. 306. Alumra vale a dire nutrice. Soprann
dando la terra nutrisce gli uomini. 307. Alyato o Allatto. — Fu padre di Creso e re di Lidia. 308. Alysio soprannome comun
nutrisce gli uomini. 307. Alyato o Allatto. — Fu padre di Creso e re di Lidia. 308. Alysio soprannome comune di Giove e d
tto. — Fu padre di Creso e re di Lidia. 308. Alysio soprannome comune di Giove e di Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e s
adre di Creso e re di Lidia. 308. Alysio soprannome comune di Giove e di Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e sorella di O
ome comune di Giove e di Bacco. 309. Amadriade. — Fu moglie e sorella di Ossilo. Ateneo, nelle sue opere, dice che essa fu
e sorella di Ossilo. Ateneo, nelle sue opere, dice che essa fu madre di otto figliuole note comunemente sotto il nome di
ce che essa fu madre di otto figliuole note comunemente sotto il nome di ninfe Amadriadi. Ognuna di esse però aveva il suo
o figliuole note comunemente sotto il nome di ninfe Amadriadi. Ognuna di esse però aveva il suo nome particolare che comun
di esse però aveva il suo nome particolare che comunemente era quello di un albero. 310. Amadriadi. — Sebbene vi sia una c
adi. — Sebbene vi sia una completa analogia fra queste ninfe e quelle di cui è menzione nell’articolo precedente, pure for
o precedente, pure formavano nelle credenze del paganesimo due specie di deità differenti. Dalle ninfe Amadriadi dipendeva
pecie di deità differenti. Dalle ninfe Amadriadi dipendeva il destino di alcuni alberi coi quali esse nascevano e morivano
he le univa in particolar modo alla quercia fa loro dare codesto nome di Amadriadi dalle parole greche αμα insieme ; ed αρ
Ma potevano abbandonario per un dato tempo per far ritorno nel tronco di quello. Così Omero nel suo inno a Venere. Non mo
o a Venere. Non mortal non divina è la lor sorte ; Ciascuna come dea di ambrosia vive E tardi vede l’ora della morte ; In
coi Sileni mesce Negli antri e ne’ruscei nozze furtive. Quando alcuna di loro alla vita esce, Con lei nasce un abeto, un p
Le ninfe della selva abitatrici Abbandonan così l’aer sereno. (Trad. di Dionigi Strocchi Queste ninfe testimoniarono so
a a que’crudeli che avessero respinte le loro suppliche, e a malgrado di queste, avessero sagrificato l’albero abitato da
’amadriade. Così, al dire d’Ovidio, l’amadriade che abitava il tronco di un’antica quercia, la quale innalzava orgogliosa
l sangue che ai primi colpi spruzzò dal tronco della quercia. Al dire di Esiodo, di Plutarco e di Ausonio, le amadriadi av
e ai primi colpi spruzzò dal tronco della quercia. Al dire di Esiodo, di Plutarco e di Ausonio, le amadriadi avevano una l
pi spruzzò dal tronco della quercia. Al dire di Esiodo, di Plutarco e di Ausonio, le amadriadi avevano una lunghissima vit
altea. — Fu la capra che nutri del suo latte Giove, il quale in segno di riconoscenza la trasportò nel cielo, e dette una
e sue corna alle ninfe che avean curata la sue infanzia, con la virtù di produrre tutto quanto esse avrebbero desiderato.
zzata presso varii scrittori, che Amaltea fosse una giovanetta figlia di Melisso, re di Creta, che avesse preso cura di Gi
rii scrittori, che Amaltea fosse una giovanetta figlia di Melisso, re di Creta, che avesse preso cura di Giove, facendolo
una giovanetta figlia di Melisso, re di Creta, che avesse preso cura di Giove, facendolo nutrire con latte di capra. Amal
di Creta, che avesse preso cura di Giove, facendolo nutrire con latte di capra. Amaltea si chiamava anche la sibilla di Cu
dolo nutrire con latte di capra. Amaltea si chiamava anche la sibilla di Cuma. 312. Amanio. V. Amano. 313. Amano o Amanio.
za generalizzata che fosse il sole. 314. Amaraco. — Fu questo il nome di un ufficiale della casa di Ciniro re di Cipro. Eg
il sole. 314. Amaraco. — Fu questo il nome di un ufficiale della casa di Ciniro re di Cipro. Egli aveva l’incarico di cons
Amaraco. — Fu questo il nome di un ufficiale della casa di Ciniro re di Cipro. Egli aveva l’incarico di conservare e mant
un ufficiale della casa di Ciniro re di Cipro. Egli aveva l’incarico di conservare e mantenere i profumi di cui si serviv
e di Cipro. Egli aveva l’incarico di conservare e mantenere i profumi di cui si serviva abitualmente il re, e la sua famig
si a compassione lo cangiarono in quell’erba conosciuta sotto il nome di Maggiorana, detta dai botanici Amaraco. 315. Amar
Amarynthia. V. Amarusia. 317. Amata. — Moglie del re Latino, fu madre di Lavinia. Ella si strangolò per disperazione veden
angolò per disperazione vedendo che non avea potuto impedire le nozze di sua figlia con Enea. 318. Amathontia o Amathusa. 
a. 318. Amathontia o Amathusa. — Venere era così chiamata dalla città di Amatunta. Amathusia fu anche il nome della madre
amata dalla città di Amatunta. Amathusia fu anche il nome della madre di Ciniro re di Cipro. 319. Amathusa. — Vedi l’artic
ittà di Amatunta. Amathusia fu anche il nome della madre di Ciniro re di Cipro. 319. Amathusa. — Vedi l’articolo precedent
husa. — Vedi l’articolo precedente. 320. Amatunta. — Città dell’isola di Cipro consacrata a Venere. Gli abitanti le aveano
rono distrutte da Ercole che fece prigioniera la loro regina. Al dire di Cesarotti nelle Dissertazioni, vi sono state vari
Al dire di Cesarotti nelle Dissertazioni, vi sono state varie classi di Amazzoni ed in varie regioni. 324. Ambarvale. — S
i Amazzoni ed in varie regioni. 324. Ambarvale. — Sacrifizio in onore di Cerere. Il popolo seguiva in processione le vitti
ura. I sacerdoti che presiedevano a questi sacrifizi, erano al numero di dodici e si chiamano Arvali. Vedi Arvale. 325. Am
ee. É divino spirar d’ambrosia odore Virg. — Entide Lib. 1. — trad. di A. Caro. Omero nell’Iliade, ripete che il corpo
e Lib. 1. — trad. di A. Caro. Omero nell’Iliade, ripete che il corpo di Ettore, trascinato da Achille per ben tre volte i
di Ettore, trascinato da Achille per ben tre volte intorno alle mura di Troja, conservavasi illeso perchè Venere lo avea
i illeso perchè Venere lo avea cosparso d’ambrosia. ………… Che notte e di sollerita la figlia Di Giove, Cilerea, gli allont
del corpo Strascinato l’offesa. Omero. — Iliade Lib. XXIII. — trad. di V. Monti. Il certo si è che la favola non poteva
na e ridente. Il poeta Ibico citato da Ateneo, ne ha fatto la materia di una comparazione per mezzo della quale ha voluto
’ambrosia ». Finalmente venivano dette Ambrosie alcune feste in onore di Bacco. 327. Ambuibio. — Nome dato ad alcune pubbl
o. — Nome dato ad alcune pubbliche preghiere che si facevano in forma di processione, in qualche disastrosa congiuntura. 3
ssione, in qualche disastrosa congiuntura. 328. Ambulio. — Soprannome di Giove e di Minerva detta Ambulia : come Castore e
qualche disastrosa congiuntura. 328. Ambulio. — Soprannome di Giove e di Minerva detta Ambulia : come Castore e Polluce ve
ed indiscutibile, credevano che quella voragine a cui davano il nome di Amente, accogliesse tutte le anime dei morti, e c
davano il nome di Amente, accogliesse tutte le anime dei morti, e che di là dopo qualche tempo andassero ad abitar nuovi c
fu tolta dalla moglie Proserpina. La parola Amentheo significa privo di Menthea. 332. Amica. — Soprannome dato a Venere c
e che essi la rappresentavano come una bella e giovane donna, vestita di ruvida stoffa, con la testa scoperta e avente sul
uesto santissimo affetto. 334. Amicica. — Città della Laconia, patria di Elena. Vi fu anche un’altra città di questo nome,
a. — Città della Laconia, patria di Elena. Vi fu anche un’altra città di questo nome, di cui la tradizione favolosa narra
Laconia, patria di Elena. Vi fu anche un’altra città di questo nome, di cui la tradizione favolosa narra che gli abitanti
narra che gli abitanti furono distrutti da una spaventevole invasione di serpenti. 335. Amicleo. — Si dava questo sopranno
i. 335. Amicleo. — Si dava questo soprannome ad Apollo perchè al dire di Polibio, aveva nella città di Amiclea il più ricc
sto soprannome ad Apollo perchè al dire di Polibio, aveva nella città di Amiclea il più ricco e famoso tempio di tutto il
di Polibio, aveva nella città di Amiclea il più ricco e famoso tempio di tutto il Peloponneso. Pausania asserisce che Amic
utto il Peloponneso. Pausania asserisce che Amicleo era anche il nome di un dio particolare della Grecia, ove avea tempii
lla Grecia, ove avea tempii ed altari. 336. Amico. — Uno dei compagni di Enea che fu ucciso da Turno re dei Rutoli. ……………
Rutoli. …………… Amico, un cacciator ch’era iu campagna Gran distruttor di fere, e gran maestro D’armar di tosco le saette e
or ch’era iu campagna Gran distruttor di fere, e gran maestro D’armar di tosco le saette e ’l ferro Virg. Eneid. lib. IX
tro D’armar di tosco le saette e ’l ferro Virg. Eneid. lib. IX trad. di A. Caru. Vi fu un altro conoscinto sotto il nome
d. lib. IX trad. di A. Caru. Vi fu un altro conoscinto sotto il nome di Amico, che fu figlio di Nettuno e di Bisinide. Vi
aru. Vi fu un altro conoscinto sotto il nome di Amico, che fu figlio di Nettuno e di Bisinide. Visse vita da masnadiere u
n altro conoscinto sotto il nome di Amico, che fu figlio di Nettuno e di Bisinide. Visse vita da masnadiere uccidendo e de
ce senza conoscerlo e questi l’uccise. 337. Amida. — Una delle figlie di Niobe. Era anche così detta una delle principali
donna a nome Chimera, la quale aveva due fratelli noti sotto il nome di Leone e Dragone, i quali erano strettamente uniti
oro sorella. Da ciò la favola che dà al mostro detto chimera il volto di donna, il corpo di leonessa e le ali di drago. Ve
la favola che dà al mostro detto chimera il volto di donna, il corpo di leonessa e le ali di drago. Vedi Chimera. 339. Am
mostro detto chimera il volto di donna, il corpo di leonessa e le ali di drago. Vedi Chimera. 339. Amithaone. — Padre di M
di leonessa e le ali di drago. Vedi Chimera. 339. Amithaone. — Padre di Melampo e fratello di Esone. 340. Amimome. — Nett
di drago. Vedi Chimera. 339. Amithaone. — Padre di Melampo e fratello di Esone. 340. Amimome. — Nettuno, innamorato di que
e di Melampo e fratello di Esone. 340. Amimome. — Nettuno, innamorato di questa giovanetta, figliuola di Danao, le usò vio
. 340. Amimome. — Nettuno, innamorato di questa giovanetta, figliuola di Danao, le usò violenza e poi abbandonolla. Intant
deserto, e vicino a morire per sete ardentissima, implorò il soccorso di Giove, il quale gli apparve sotto la forma di un
ma, implorò il soccorso di Giove, il quale gli apparve sotto la forma di un montone e battendo col piede la terra ne fe sc
fe scaturire una sorgente d’acqua. Bacco in riconoscenza e rendimento di grazie, fece innalzare in quel luogo un tempio, c
o all’arena del deserto e nel quale Giove era adorato sotto la figura di un montone. Ammone fu similmente il nome di un fi
a adorato sotto la figura di un montone. Ammone fu similmente il nome di un figlio di Cinira che sposò Mirra e ne ebbe un
to la figura di un montone. Ammone fu similmente il nome di un figlio di Cinira che sposò Mirra e ne ebbe un figliuolo per
si un giorno Cinira addormentato in una sconcia positura, per effetto di ubbriachezza, la nuora lo vide e lo derise. Desta
derise. Destatosi Cinira dal sonno fu dal figliuolo Ammone informato di quante avea detto Mirra, e sdegnato la maledisse
ti e i cronisti dell’antichità, molti sono discordi nella ripetizione di questo fatto. Il solo fra i mitologi che ripete l
tesso modo è Furnuto. Questa tradizione mitologica ei porge il destro di richiamare l’attenzione dei nostri lettori, su qu
o ci vien rivelato nelle sacre pagine della Bibbia, sull’ubbriachezza di Noè ? È dunque un fatto indiscutibile, in appoggi
altre credenze e da altri culti. Finalmente Ammone era anche il nome di un re della Libia, il quale per questa ragione vi
fuso con Bacco. 342. Ammonia. — Soprannome dato a Giunone come moglie di Giove Ammone. 343. Amniasiadi o Amnisidi. — Ninfe
Amniasiadi o Amnisidi. — Ninfe così dette dal fiume Amniso nell’isola di Creta. 344. Amnisidi. — Vedi l’art. prec. 345. A
. 344. Amnisidi. — Vedi l’art. prec. 345. Amoca. — Una delle nutrici di Diana. Fu anche un soprannome dato a Cibele e a C
un soprannome dato a Cibele e a Cerere. 346. Amontea. — Ninfa figlia di Nereo e di Dori. 347. Amore. — Il più bello degl’
ome dato a Cibele e a Cerere. 346. Amontea. — Ninfa figlia di Nereo e di Dori. 347. Amore. — Il più bello degl’immortali.
degli Dei ; Ma tra’grandi celesti il più possente Che fa spesso cader di mano a Marte La sanguinosa spada, ed a Nettuno Sc
o del Dio delle ricchezze e della Dea della povertà, e gli dà il nome di Poro. Amore insieme a sua madre Venere, dea della
te le parti del mondo conosciuto dagli antichi. 348. Ampelo. — Figlio di un satiro e di una Ninfa, fu amico di Bacco, il q
mondo conosciuto dagli antichi. 348. Ampelo. — Figlio di un satiro e di una Ninfa, fu amico di Bacco, il quale ebbe anche
antichi. 348. Ampelo. — Figlio di un satiro e di una Ninfa, fu amico di Bacco, il quale ebbe anche uno dei sacerdoti del
parola Ampelo significa vigna e viene dal greco αμπελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola di Samo, di una città d
a e viene dal greco αμπελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola di Samo, di una città di Creta, e d’un’altra della M
dal greco αμπελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola di Samo, di una città di Creta, e d’un’altra della Macedonia.
πελσς e fu il nome di un promontorio dell’isola di Samo, di una città di Creta, e d’un’altra della Macedonia. 349. Ampelus
d Ercole. 350. Amphiaro. — Vedi Ampiareo. 351. Ampleide. — Soprannome di Mopso, da suo padre Ampix. 352. Ampico. — Detto a
i Mopso, da suo padre Ampix. 352. Ampico. — Detto anche Ampix, figlio di Clori, e padre di Mopso, di cui nell’articolo pre
dre Ampix. 352. Ampico. — Detto anche Ampix, figlio di Clori, e padre di Mopso, di cui nell’articolo precedente. Uno dei f
352. Ampico. — Detto anche Ampix, figlio di Clori, e padre di Mopso, di cui nell’articolo precedente. Uno dei figli di Pe
ori, e padre di Mopso, di cui nell’articolo precedente. Uno dei figli di Pelia viene anche ricordato sotto questo nome. 3
viene anche ricordato sotto questo nome. 353. Amulio. — Fu fratello di Numitore. Entrato per caso nella prigione della v
trato per caso nella prigione della vestale Rea Silvia, la rese madre di Romolo e Remo. In seguito i Romani fecero di Amul
ea Silvia, la rese madre di Romolo e Remo. In seguito i Romani fecero di Amulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una dell
i fecero di Amulio il loro Dio Marte. 354. Amycla. — Una delle figlie di Niobe, la quale fu insieme a sua sorella Melibea,
, risparmiata da Latona, quando questa uccise i fratelli e le sorelle di lei. Vedi Niore. 355. Amyclao. — Apollo era così
onia. Si dava la stessa denominazione a Polluce. 356. Amyeo. — Figlio di Nettuno e re dei Bebrici. Vi fu anche uno dei più
no e re dei Bebrici. Vi fu anche uno dei più famosi centauri compagno di Enea, che ebbe questo nome ; ed un fratello d’Ipp
, regina delle Amazzoni, che fu uccisa da Ercole. 357. Amynta. — Nome di pastorella assai generalmente usato dai poeti Arc
generalmente usato dai poeti Arcadici. 358. Amyntoridi. — Discendenti di Fenicio, figlio di Amintore. 359. Amyone. — Una d
dai poeti Arcadici. 358. Amyntoridi. — Discendenti di Fenicio, figlio di Amintore. 359. Amyone. — Una delle cinquanta Dana
o che ella uccise la prima notte delle nozze, per ubbidire al comando di suo padre. Straziata dai rimorsi, ella si nascose
, ella si nascose in un bosco, dove volendo tirare con una freccia su di una biscia, ferì invece un satiro che la violò, m
uale qualche tempo dopo la cangiò in fontana. Amyone fu anche il nome di una figlia di Belo. 360. Anacee. — Feste in onore
empo dopo la cangiò in fontana. Amyone fu anche il nome di una figlia di Belo. 360. Anacee. — Feste in onore degli Dei Dio
ltri tre erano Dymone, Tychiso e Heroso. 362. Anaclesa. — Era il nome di una pietra sulla quale credevano i Greci, che si
fece per ritrovare sua figlia Proserpina, rapita da Plutone. Le donne di Megara avevano una grande venerazione per questa
ad Atene, secondo asserisce Pausania. 363. Anadyomene. — Così al d re di Plinio veniva soprannominata Venere. Cesare Augus
nascita uscendo dalla spuma del mare. 364. Anagogie. — Feste in onore di Venere assente per pregarla di far ritorno. In gr
mare. 364. Anagogie. — Feste in onore di Venere assente per pregarla di far ritorno. In greco αναγογη significa ritorno.
ne cangiata in lago andò a congiungere le sue acque. Sbocca nel porto di Siracusa. 369. Anassagora. — Filosofo della Greci
le lo avesse salvato facendo che la folgore cadesse invece sul tempio di Castore e Polluce, che fu ridotto in cenere. 370.
di Castore e Polluce, che fu ridotto in cenere. 370. Anatole. — Nome di una delle ore. 371. Anaue. — I Persi e gli Armeni
Fiume della Troàde, sulle rive del quale Paride custodiva gli armenti di Priamo. 373. Anax. — Figlio del Cielo e della Ter
o per modo che non si dava che ai semidei, agli eroi od ai re in atto di grande onoranza. 374. Anaxabia. — Ninfa che dispa
to di grande onoranza. 374. Anaxabia. — Ninfa che disparvé nel tempio di Diana dove si era rifuggita per sottrarsi alle pe
tempio di Diana dove si era rifuggita per sottrarsi alle persecuzioni di Apollo. 375. Anaxandra. — Nome di una eroina, che
ita per sottrarsi alle persecuzioni di Apollo. 375. Anaxandra. — Nome di una eroina, che fu poi adorata in Laconia come un
aconia come una Dea. 376. Anaxarete. — Principessa della stirpe reale di Teutero. Un giovane di bassi natali l’amò passion
6. Anaxarete. — Principessa della stirpe reale di Teutero. Un giovane di bassi natali l’amò passionatamente e non potendo
udelmente cacciandolo dalla sua presenza. Dopo pochi giorni Iffi morì di dolore, e Anaxarete spinse la sua crudeltà, fino
bre del disgraziato amatore ; ma appena gittò lo sguardo sul cadavere di quell’iufelice, il sangue se le agghiaccio nelle
, il sangue se le agghiaccio nelle vene e tutto il suo corpo si coprì di mortale pallidezza. Di qua la favola che Venere s
rtale pallidezza. Di qua la favola che Venere sdegnata della crudeltà di Anaxarete, l’avesse cangiata in roccia. 377. Anas
xarete, l’avesse cangiata in roccia. 377. Anasel. — Uno dei figliuoli di Castore e di Febea. Nel tempio fabbricato a Corin
sse cangiata in roccia. 377. Anasel. — Uno dei figliuoli di Castore e di Febea. Nel tempio fabbricato a Corinto e dedicato
store e di Febea. Nel tempio fabbricato a Corinto e dedicato al culto di Castore, vi era una statua di Anasci come figliuo
abbricato a Corinto e dedicato al culto di Castore, vi era una statua di Anasci come figliuoli di quel dio. 378. Anaxiso. 
icato al culto di Castore, vi era una statua di Anasci come figliuoli di quel dio. 378. Anaxiso. — Figlio di Castore e d’I
a statua di Anasci come figliuoli di quel dio. 378. Anaxiso. — Figlio di Castore e d’Ilacida. 379. Anaxithea. — Fu una del
naxithea. — Fu una delle Danaidi amata da Giove. 380. Anaxo. — Figlio di Augeo. Alcuni scrittori mitologici dicono che fos
. Alcuni scrittori mitologici dicono che fosse la stessa che fu madre di Alcmena ; ma questa è un’assai dubbia supposizion
vigna. Anceo derise la predizione e per provare col fatto la falsità di quella, ordinò che gli fosse incontanente portata
di quella, ordinò che gli fosse incontanente portata una coppa piena di vino. All’istesso momento ch’egli portava la tazz
e labbra, gli fu annunciato da uno dei suoi ufficiali, che il cignale di Calidone devastava la sua vigna. Anceo allora git
mase da questo uccise. Un tale avvenimento dette origine al proverbio di Catone : mullum interesi inter os eto ossam cioè 
e così fosse nominato il dio dei Giudei. Vi fu anche un greco, figlio di Menteo che avea questo nome. 385. Anchisladi. — F
questo nome. 385. Anchisladi. — Furono così denominati i discendenti di Anchise. 386. Anchise. — Principe Troiano della f
scendenti di Anchise. 386. Anchise. — Principe Troiano della famiglia di Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri, di A
386. Anchise. — Principe Troiano della famiglia di Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri, di Assaraco e di una ninfa
roiano della famiglia di Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri, di Assaraco e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai
amiglia di Priamo : fu figlio di Capi e, secondo altri, di Assaraco e di una ninfa. Egli fondò Troia, e dai suoi amori con
roia, e dai suoi amori con Venere, che si era perdutamente innamorata di lui, ebbe un figliuolo che fu poi il famoso Enea.
i, ebbe un figliuolo che fu poi il famoso Enea. Avendo osato vantarsi di tanto favore, ne fu punito da Giove, il quale lo
lminò senza però ucciderlo. Egli visse lunghissimi anni, e alla presa di Troia era così vecchio, che non potendo camminare
sulle quali essi trasportarono ancora i loro Penati, e quanto avevano di più prezioso. Finalmente Anchise morì in Sicilia,
irgilio — Eneide. Libro II traduz da A. Caro. 387. Anchuro. — Figlio di Mida. La tradizione favolosa racconta di lui un f
aro. 387. Anchuro. — Figlio di Mida. La tradizione favolosa racconta di lui un fatto perfettamente simile a quello di Cur
zione favolosa racconta di lui un fatto perfettamente simile a quello di Curzio Romano. Narra Plutarco, che essendosi in C
e sacro a Giove. 388. Ancile. — Veniva così chiamato un piccolo scudo di forma rotonda, che Numa Pompilio disse esser cadu
ompilio disse esser caduto dal cielo, e dipendere dalla conservazione di esso il destino di Roma. Tito Livio racconta che
caduto dal cielo, e dipendere dalla conservazione di esso il destino di Roma. Tito Livio racconta che Numa temendo non ve
a dodici sacerdoti, espressamente istituiti ai quali fu dato il nome di Salii. Quando si portavano i dodici ancilii in un
dici ancilii in una festa che durava tre giorni al principio del mese di marzo, era proibito il celebrar nezze, o intrapre
endere alcuna cosa importante. 389. Anculo e Ancula. — Erano, al dire di Festo le deità tutelari dei servi e delle serve.
e significa servire. Per la stessa ragione si dava alle serve il nome di Ancille o Ancelle. 390. Andate o Andrastea. — I p
391. Andiomena. — Con questo soprannome veniva adorata Venere marina, di cui la favola racconta che uscì dal mare, nascend
. Andirina. — Soprannome della madre degli Dei. Le veniva dalla città di Andira, nella quale essa aveva un tempio. 393. An
eva un tempio. 393. Andrastea. — Vedi Andate. 394. Andremone. — Padre di Toaso, fu uno dei capi Greci che assediarono Troi
i che assediarono Troia. Vi fu anche un altro Andremone che fu genero di Oeneo. 395. Androclea. — Una delle figlie di Anti
Andremone che fu genero di Oeneo. 395. Androclea. — Una delle figlie di Antipono, che si sagrificarono per la salute di T
a. — Una delle figlie di Antipono, che si sagrificarono per la salute di Tebe. L’oracolo avea sentenziato che la città non
e voluto immolarsi al bene comune. A tale risposte tutte le figliuole di Antipono si tolsero spontaneamente la vita. 396.
he tal soprannome era dato a Venere per aver fatto morire gran numero di Tessali per punirli della morte di un giovane a n
per aver fatto morire gran numero di Tessali per punirli della morte di un giovane a nome Laiso da essi ucciso a colpi d’
d’ago, in un tempio a lei dedicato. 397. Androgenie. — Feste in onore di Androgeo. 398. Androgeo. — Figlio di Minos re di
97. Androgenie. — Feste in onore di Androgeo. 398. Androgeo. — Figlio di Minos re di Creta. Stando in Atene alla festa del
ie. — Feste in onore di Androgeo. 398. Androgeo. — Figlio di Minos re di Creta. Stando in Atene alla festa delle Panatee,
portò tutt’i premii, ciò che gli valse la stima generale e l’amicizia di Pallante, fratello del re Egeo. Questi, temendo c
i Pallante, fratello del re Egeo. Questi, temendo che Androgeo, forte di tutte le simpatie che si era guadagnate, non aves
onizzarlo, lo fece uccidere a tradimento in una delle più deserte vie di Atene. Minos, volendo vendicare la morte del figl
l mostro Minotauro. 399. Androgini. — Popoli dell’Africa, che al dire di Plinio erano ermafroditi. Questa credenza è maggi
ρεγ vale maschio e γονη femmina. 400. Andromaca. — Figlia d’Etione re di Tebe e moglie di Ettore, il più famoso eroe Troia
e γονη femmina. 400. Andromaca. — Figlia d’Etione re di Tebe e moglie di Ettore, il più famoso eroe Troiano da cui ebbe un
Troiano da cui ebbe un figlio che fu detto Astianatte. Dopo la presa di Troia, ella nella divisione del bottino di guerra
Astianatte. Dopo la presa di Troia, ella nella divisione del bottino di guerra, cadde in sorte a Pirro figlio di Achille,
nella divisione del bottino di guerra, cadde in sorte a Pirro figlio di Achille, il quale la condusse in Epiro e la sposò
glio di Achille, il quale la condusse in Epiro e la sposò. Alla morte di Pirro, Andromaca sposò Eleno, altro figliuolo di
la sposò. Alla morte di Pirro, Andromaca sposò Eleno, altro figliuolo di Priamo. Ella amò così teneramente il suo primo ma
osì teneramente il suo primo marito Ettore, che parlava continuamente di lui, e non potendo dimenticarlo, sebbene moglie d
lava continuamente di lui, e non potendo dimenticarlo, sebbene moglie di altri, fece innalzare in Epiro una magnifica tomb
n Epiro una magnifica tomba al defunto eroe. 401. Andromeda. — Figlia di Cefeo re d’Etiopia, e di Cassiopea, la quale ebbe
ba al defunto eroe. 401. Andromeda. — Figlia di Cefeo re d’Etiopia, e di Cassiopea, la quale ebbe la temerità di proclamar
glia di Cefeo re d’Etiopia, e di Cassiopea, la quale ebbe la temerità di proclamarsi più bella di Giunone. Nettuno per ven
a, e di Cassiopea, la quale ebbe la temerità di proclamarsi più bella di Giunone. Nettuno per vendicare la Dea, fece dalle
avallo Pegaso, pietrificò il terribile animale, mostrandogli la testa di Medusa, e liberò Andromeda, rendendola al padre,
Saluta allegro la salvata moglie. (Ovidio Metamorfosi Libro II trad. di Dell’Anguillara). 402. Androso o Andruso. — Figl
io d’Eurimaco che dette il suo nome all’isola d’Andros. Uno dei figli di Anio veniva anche così denominato. 403. Anello di
dros. Uno dei figli di Anio veniva anche così denominato. 403. Anello di Minos. — Teseo essendo stato un giorno rimprovera
un giorno rimproverato da Minos, il quale negava a lui d’esser figlio di Nettuno, disse che avrebbe accettata qualunque pr
che se era veramente figlio del mare, non doveva avere alcun ritegno di gettarsi nell’acqua e riportargli l’anello. Infat
rtarono sul dorso fino al palazzo d’Anfitrite, da cui riebbe l’anello di Minos. 404. Anetide. Vedi Anaitide. 405. Anfanto.
Anfanctus, lago profondo nel territorio Irpino in Italia, circondato di precipizii e di foreste. Ne esalava un così pesti
profondo nel territorio Irpino in Italia, circondato di precipizii e di foreste. Ne esalava un così pestilenziale vapore
er quello uno spiraglio dell’Inferno. 406. Anfiaree. — Feste in onore di Anfiareo. 407. Anfiareidi. — Discendenti di Anfia
nfiaree. — Feste in onore di Anfiareo. 407. Anfiareidi. — Discendenti di Anfiareo. 408. Anfiareo o Anfiaro. — Figlio d’Apo
lo e d’Ipermestra. Erifile, sua moglie, palesò a Polinice per il dono di una collana d’oro, il luogo dove s’era nascosto A
ro, il luogo dove s’era nascosto Anfiareo, per non andare alle guerra di Tebe, ov’egli sarebbe morto. Un giorno essendo An
confondono Anfiareo con Alcmeone suo figlio. 409. Anfidamo. — Figlio di Busiride che fu ucciso da Ercole. 410. Anfidione.
 Figlio di Busiride che fu ucciso da Ercole. 410. Anfidione. — Figlio di Deucalione e di Pirra. Vi fu un altro Anfidione i
ide che fu ucciso da Ercole. 410. Anfidione. — Figlio di Deucalione e di Pirra. Vi fu un altro Anfidione il quale fu figli
di Deucalione e di Pirra. Vi fu un altro Anfidione il quale fu figlio di Eleno e fondatore del famoso tribunale che dal no
uale fu figlio di Eleno e fondatore del famoso tribunale che dal nome di suo padre fu detto Helenus, i cui decreti si rite
i ritenevano come altrettanti oracoli. 411. Anfiloco. — Uno dei figli di Anfiareo. Ritornato dall’assedio di Troia, edific
i. 411. Anfiloco. — Uno dei figli di Anfiareo. Ritornato dall’assedio di Troia, edificò una città a cui dette il proprio n
po la morte, fu onorato come un dio. 412. Anfimaco. Fu questo il nome di due famosi capitani Greci che assediarono Troia.
amosi capitani Greci che assediarono Troia. 413. Anfimedone. — Figlio di Melanto, che fu ucciso da Telemaco. Fu uno di col
3. Anfimedone. — Figlio di Melanto, che fu ucciso da Telemaco. Fu uno di coloro che volevano sposare Penelope. La favola f
di coloro che volevano sposare Penelope. La favola fa anche menzione di un centauro conosciuto sotto questo nome. 414. An
. Anfinoma. — Una delle cinquanta Nereide. 415. Anfinomea. — Fu madre di Giasone, capo degli Argonauti. Credendo che il fi
o con un pugnale. 416. Anfinomo. — Un altro dei pretendenti alla mano di Penelope. Telemaco lo uccise. …… da tergo Tra le
Canto XXII trad. d’I. Pinnehonte. 417. Anfione. — Figlio di’ Giove e di Antiope, regina di Tebe. Al suono della sua lira
I. Pinnehonte. 417. Anfione. — Figlio di’ Giove e di Antiope, regina di Tebe. Al suono della sua lira fabbricò le mura di
di Antiope, regina di Tebe. Al suono della sua lira fabbricò le mura di quella città. — La favola racconta che le pietre,
onta che le pietre, sensibili alla dolcissima melodia, si collocavano di per se stesse al loro posto. A lui ed a Zeto suo
nche il nome d’uno degli Argonauti, ed un re d’Orcomeno, che fu padre di Cloro. 418. Anfioro. — Una delle ninfe dell’Ocean
orcia nella mano. 420. Anfitoe. — Una delle cinquanta Nereidi, figlia di Nereo e di Dori. 421. Anfitride. — Figlia di Nere
mano. 420. Anfitoe. — Una delle cinquanta Nereidi, figlia di Nereo e di Dori. 421. Anfitride. — Figlia di Nereo e moglie
inquanta Nereidi, figlia di Nereo e di Dori. 421. Anfitride. — Figlia di Nereo e moglie di Nettuno. Per sottrarsi alle ric
figlia di Nereo e di Dori. 421. Anfitride. — Figlia di Nereo e moglie di Nettuno. Per sottrarsi alle richieste di questo d
. — Figlia di Nereo e moglie di Nettuno. Per sottrarsi alle richieste di questo dio, ella si nascose nelle profondità del
a cercare da due delfini, i quali gliela portarono in una conchiglia di madreperla e finalmente Anfitride consentì alle n
e finalmente Anfitride consentì alle nozze. 422. Anfitrione. — Marito di Alcmena e padre di Ercole, il quale da lui fu det
ide consentì alle nozze. 422. Anfitrione. — Marito di Alcmena e padre di Ercole, il quale da lui fu detto Anfitrionide. Eg
fitrionide. Egli mosse guerra ai Telebani, e li sconfisse con l’aiuto di Cometo figlio Pterelao loro re, al quale la figli
quale la figlia taglio un capello d’oro da cui dipendevano i destini di questo principe Fu durante il periodo di questa g
da cui dipendevano i destini di questo principe Fu durante il periodo di questa guerra che Giove prendendo le sembianze di
durante il periodo di questa guerra che Giove prendendo le sembianze di Anfitrione ingannò Alcmena moglie di lui. Questo
che Giove prendendo le sembianze di Anfitrione ingannò Alcmena moglie di lui. Questo principe invase gli stati di Pterelao
rione ingannò Alcmena moglie di lui. Questo principe invase gli stati di Pterelao, divenne formidabile a tutt’i suoi nemic
questa favola, dal vedere i primi effetti dello straordinario valore di Ercole a cui fu d’uopo dare un dio per padre. Sen
le sue opere ricorda che Ercole rispose ad un tale che gli addebitava di non essere figlio di Giove, queste orgogliose par
che Ercole rispose ad un tale che gli addebitava di non essere figlio di Giove, queste orgogliose parole : Se non sono fig
essere figlio di Giove, queste orgogliose parole : Se non sono figlio di un Dio, ho merito abbastanza per esserio. 423. An
er esserio. 423. Anfitrionidi. — Furono così detti tutt’i discendenti di Anfitrione. 424. Anfriso. — Fiume della Tessaglia
odì per lungo tempo gli armenti del re Admeto. Fu del paro sulle rive di questo fiume che egli uccise il satiro Marfiaso e
ale egli poi uccise per inavvertenza giuocando alla palla. La Sibilla di Cuma, detta anche Anfrisia trasse il suo sopranno
isia trasse il suo soprannome da que to fiume. 425. Angelia. — Figlia di Mereurio. Era così chiamata dal soprannome di Ang
425. Angelia. — Figlia di Mereurio. Era così chiamata dal soprannome di Angelus, Angelo, in greco αγγελος messaggiero, pe
rchè Mercurio era il messaggiere degli dei. 426. Angelio. — Figliuola di Giove e di Giunone. La favola racconta che essend
io era il messaggiere degli dei. 426. Angelio. — Figliuola di Giove e di Giunone. La favola racconta che essendo molto ami
ola di Giove e di Giunone. La favola racconta che essendo molto amica di Europa, rebò alla madre Giunone la biacca che ell
la quale divenne d’una estrema bianchezza. 427. Angelo. — Fu il nome di uno dei figli di Nettuno. 428. Angeronale. — Nel
d’una estrema bianchezza. 427. Angelo. — Fu il nome di uno dei figli di Nettuno. 428. Angeronale. — Nel giorno 21 dicembr
i uno dei figli di Nettuno. 428. Angeronale. — Nel giorno 21 dicembre di ogni anno, si celebravano nella Grecia in onore d
giorno 21 dicembre di ogni anno, si celebravano nella Grecia in onore di Angerona, Dea del silenzio, alcune feste a cui si
ore di Angerona, Dea del silenzio, alcune feste a cui si dava il nome di Angeronale. 429. Angeronia o Ageronia. — Dea alla
. Rosa — Satira 2. 430. Anquipede. — Mostro la cui tortuosa maniera di strisciare, somigliava a quella dei serpenti. Ovi
anti che vollero detronizzar Giove. 431. Anguitia o Angitia. — Figlia di Eteo sorella di Medea. 432. Angitia. —  V. Angui
detronizzar Giove. 431. Anguitia o Angitia. — Figlia di Eteo sorella di Medea. 432. Angitia. —  V. Anguitia. 433. Anieno
 — Ninfe abitatrici del fiume Nigro. Veniva loro attribuito il potere di dare alle acque di questo fiume una virtù contrar
del fiume Nigro. Veniva loro attribuito il potere di dare alle acque di questo fiume una virtù contraria alla loro qualit
do, come dio dell’amore, veniva raffigurato come un fanciullo in atto di tormentare una farfalla che ha nelle mani, esprim
na farfalla che ha nelle mani, esprimendo così il tormento dell’anima di coloro cui l’amore signoreggia e governa. V. Psic
Psiche. 437. Animali. — Divinità così chiamate perchè erano le anime di coloro che dopo la morte venivano deificati. Gli
la morte venivano deificati. Gli antichi li dinotavano sotto il nome di animales dii. 438. Anio. — Re dell’isola di Delo
dinotavano sotto il nome di animales dii. 438. Anio. — Re dell’isola di Delo e gran sacerdote di Apollo. A Feho era mini
di animales dii. 438. Anio. — Re dell’isola di Delo e gran sacerdote di Apollo. A Feho era ministro accorlo e fido. Agli
ministro accorlo e fido. Agli uomini era re giusto e leale Anio pieu di bontade, e pieu di fede, Ch’allora ivi tenea la r
fido. Agli uomini era re giusto e leale Anio pieu di bontade, e pieu di fede, Ch’allora ivi tenea la regia sede. Ovidio.
allora ivi tenea la regia sede. Ovidio. — Metamorf. Libro XIII trad. di Dell’Anguillara. Fu padre di tre giovanette le q
. Ovidio. — Metamorf. Libro XIII trad. di Dell’Anguillara. Fu padre di tre giovanette le quali avevano ricevuto da Bacco
Fu padre di tre giovanette le quali avevano ricevuto da Bacco il dono di cangiare tutto ciò che toccavano una in vino, l’a
o una in vino, l’altra in biada e la terza in olio. Agamennone, prima di andare allo assedio di Troia volle costringere le
in biada e la terza in olio. Agamennone, prima di andare allo assedio di Troia volle costringere le tre figlie di Anio a s
prima di andare allo assedio di Troia volle costringere le tre figlie di Anio a seguirlo alla guerra, contando che col lor
che col loro aiuto, l’armata dei Greci non avrebbe mai patito difetto di provvigioni ; ma Bacco, da esse implorato le cang
acco, da esse implorato le cangiò in colombe. 439. Anitide. — Al dire di Plutarco, nella città di Ecbatana, veniva adorata
e cangiò in colombe. 439. Anitide. — Al dire di Plutarco, nella città di Ecbatana, veniva adorata la Dea Diana sotto quest
, veniva adorata la Dea Diana sotto questo nome. 440. Anna. — Sorella di Pigmalione e di Didone, la quale ella seguì in Af
la Dea Diana sotto questo nome. 440. Anna. — Sorella di Pigmalione e di Didone, la quale ella seguì in Africa. Dopo la mo
Pigmalione e di Didone, la quale ella seguì in Africa. Dopo la morte di Didone, Anna si ritirò a Malta, ma avendo Pigmali
morte di Didone, Anna si ritirò a Malta, ma avendo Pigmalione tentata di rapirla ella si rifugiò in Italia ove Enea l’acco
si rifugiò in Italia ove Enea l’accolse cortesemente. Lavinia, moglie di Enea accesa di violenta gelosia contro di lei, ri
talia ove Enea l’accolse cortesemente. Lavinia, moglie di Enea accesa di violenta gelosia contro di lei, risolvette di far
rtesemente. Lavinia, moglie di Enea accesa di violenta gelosia contro di lei, risolvette di farla morire. Però Didone appa
, moglie di Enea accesa di violenta gelosia contro di lei, risolvette di farla morire. Però Didone apparve in sogno alla s
i farla morire. Però Didone apparve in sogno alla sorella, e l’avvisò di quanto si tramava contro la sua vita. Anna, duran
a Perenna. — Dea che presiedeva all’anno e alla quale durante il mese di marzo, si facevano in Roma dei grandi sacrificii.
e Temi ; altri finalmente la ninfa lo, la quale viene anche scambiata di sovente con una delle Atlantidi, che nudrirono Gi
ella fosse una ninfa del fiume Numicio, forse la stessa Anna sorella di Didone, di Didone, di cui nell’articolo precedent
una ninfa del fiume Numicio, forse la stessa Anna sorella di Didone, di Didone, di cui nell’articolo precedente. 442. Ann
del fiume Numicio, forse la stessa Anna sorella di Didone, di Didone, di cui nell’articolo precedente. 442. Anneddoti. — E
Sacra Scrittura, una completa analogia. 443. Annemotisa. — Soprannome di Pallade, significa che calma i venti. 444. Annona
provvigioni da bocca. 445. Anoaretha. — Ninfa che fu una delle mogli di Saturno, che la rese madre di Ieodo. 446. Anogone
oaretha. — Ninfa che fu una delle mogli di Saturno, che la rese madre di Ieodo. 446. Anogone. — Figlio di Castore e d’Ilar
mogli di Saturno, che la rese madre di Ieodo. 446. Anogone. — Figlio di Castore e d’Ilaria. 447. Anosia. — Vocabolo che s
eniva cosi denominata per la stessa ragione percui le si dava il nome di Androfona V. Androfona. 448. Anphoterens. — V. Ac
dio così denomina i Tebani perchè la favola li fa nascere da un dente di drago. 450. Ansur o Assur. — Giove raffigurato so
di drago. 450. Ansur o Assur. — Giove raffigurato sotto la sembianza di un giovane senza barba, veniva onorato con questo
eniva onorato con questo nome. Altri scrittori dicono che questo nome di Assur fosse dato a Giove, da una città del Lazio
ticolarmente venerato. 451. Antandro. — Città della Frigia. Nel porto di essa, conosciuto sotto lo stesso nome, s’imbarcò
e, s’imbarcò Enea. 452. Antea. — Altrimenti detta Stenobea. Fu moglie di Preto, re d’Argo : ella arse d’impudica fiamma pe
fiamma per Bellorofonte, ma avendo questi respinte le lascive voglie di lei, ella lo accusò al marito. …… d’Argo l’espul
saggio e casto Bellorofonte la virtù. Omero — Iliade Libro VI. trad. di V. Monti. 453. Antelio o Anthelio. — Uno degli d
ibro VI. trad. di V. Monti. 453. Antelio o Anthelio. — Uno degli dei di Atene. Vi erano dei genii che si veneravano sotto
di Atene. Vi erano dei genii che si veneravano sotto la denominazione di Antelii demones. 455. Antenore. — Principe Troia
tenore. — Principe Troiano a cui principalmente si addebita la taccia di traditore, designandolo come colui che avesse nas
sua casa Ulisse, guerriero greco che assediava Troia. Dopo la caduta di questa città, Antenore andò a fondare la città di
oia. Dopo la caduta di questa città, Antenore andò a fondare la città di Padova. È questa peraltro una credenza assai vaga
o, Alamanto, Laodoco, Acheolo e Anteo. 456. Antenoridi. — Discendenti di Antenore. 457. Anteo. — Famoso gigante figlio di
oridi. — Discendenti di Antenore. 457. Anteo. — Famoso gigante figlio di Nettuno e della Terra. Egli erasi stabilito in un
crava tutt’i viandanti per compiere un voto che avea fatto a Nettuno, di erigergli un tempio di cranii umani. Ercole comba
per compiere un voto che avea fatto a Nettuno, di erigergli un tempio di cranii umani. Ercole combattè il gigante e tre vo
e tre volte lo atterrò senza poterlo uccidere, perchè la Terra, madre di quello, gli raddoppiava le forze ogni qual volta
eniva venerato sutto questo nome un dio che si adorava come l’opposto di Cupido. Lo si credeva figlio di Venere e di Marte
un dio che si adorava come l’opposto di Cupido. Lo si credeva figlio di Venere e di Marte. Vedendo che Cupido col passare
si adorava come l’opposto di Cupido. Lo si credeva figlio di Venere e di Marte. Vedendo che Cupido col passare degli anni
uale gli rispose che ciò avveniva perchè quegli non aveva un compagno di infanzia ; e convinta ella stessa di tale ragione
chè quegli non aveva un compagno di infanzia ; e convinta ella stessa di tale ragione fece che Antero e Cupido vivessero i
a crescere. I due immortali fanciulli venivano rappresentati in atto di baloccarsi con una palma, e con le ali agli omeri
ose passate. 460. Anthello. — V. Antelio. 461. Anteo. — Uno dei figli di Antenore. vedi Antenore. Fu ucciso da Paride per
Paride per isbaglio. Si chiamava anche con tal nome uno dei capitani di Enea. 462. Antesforle. — Feste in onore di Proser
tal nome uno dei capitani di Enea. 462. Antesforle. — Feste in onore di Proserpina celebrate in Sicilia. Questo vocabolo
Φερω portare. 463. Anthia. — Soprannome dato alla fortuna dalla città di Antrim nel Lazio, in cui ella aveva un tempio ass
o. — Da Anthius che vuol dire fiorente. Era questo uno dei soprannomi di Bacco. 465. Anthione. — Era questo il nome di un
esto uno dei soprannomi di Bacco. 465. Anthione. — Era questo il nome di un pozzo, presso il quale la favola racconta che
pozzo, presso il quale la favola racconta che Cerere, sotto la figura di una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di co
erere, sotto la figura di una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di correre in traccia di sua figlia, a’lorchè Pluton
di una vecchia, si fosse riposata dalla fatica di correre in traccia di sua figlia, a’lorchè Plutone gliela rapì. Le figl
ere in traccia di sua figlia, a’lorchè Plutone gliela rapì. Le figlie di Celo avendola trovata in quel luogo la condussero
oniera ne fece presente a Teseo. Vi fu anche un’altra Anthiope figlia di Nitteo, la quale ebbe da Giove due figli : il pad
nthiope figlia di Nitteo, la quale ebbe da Giove due figli : il padre di lei volle farla morire, ma ella si salvò con la f
ogni peggior trattamento. 467. Anthoro o Antoreo. — Fu questo il nome di uno dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evan
. Anthoro o Antoreo. — Fu questo il nome di uno dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evandro — Egli era nativo di Argo
reo. — Fu questo il nome di uno dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evandro — Egli era nativo di Argo. 468. Antia. — 
no dei compagni più fidi di Ercole e poi di Evandro — Egli era nativo di Argo. 468. Antia. — Sorella di Priamo che i Greci
ole e poi di Evandro — Egli era nativo di Argo. 468. Antia. — Sorella di Priamo che i Greci fecero prigioniera quando s’im
rella di Priamo che i Greci fecero prigioniera quando s’impadronirono di Troia. Vi fu anche un’altra per nome Antia moglie
s’impadronirono di Troia. Vi fu anche un’altra per nome Antia moglie di Preto. 469. Anticlea — Figlia di Diocleo e madre
anche un’altra per nome Antia moglie di Preto. 469. Anticlea — Figlia di Diocleo e madre di Ulisse. La favola racconta che
nome Antia moglie di Preto. 469. Anticlea — Figlia di Diocleo e madre di Ulisse. La favola racconta che al momento in cui
onta che al momento in cui Laerte stava per impalmaria, Sisifo figlio di Eolo la violò, e che quindi egli e non Laerte fos
di Eolo la violò, e che quindi egli e non Laerte fosse il vero padre di Ulisse. 470. Anticyra. — Isola nel golfo di Corin
aerte fosse il vero padre di Ulisse. 470. Anticyra. — Isola nel golfo di Corinto celebrata dai poeti per l’abbondanza dell
per mezzo delle più seducenti illusioni. 472. Antifo. — Uno dei figli di Priamo. Agamennone l’uccise insieme a suo fratell
Priamo. Agamennone l’uccise insieme a suo fratello Iso, sotto le mura di Troia. Due di Priàmo figliuoli, Ieso ed Antifo L
one l’uccise insieme a suo fratello Iso, sotto le mura di Troia. Due di Priàmo figliuoli, Ieso ed Antifo L’un frutto d’im
ride Agamennòn coll’asta Spalanca ad Iso tra le mamme il petto. Fiede di brando Antifo nella tempia E lo spiomba dal cocch
lla tempia E lo spiomba dal cocchio……… Omero Iliade — Libro XI trad. di Vinc. Monti Si rammentano dalle favole altri du
ammentano dalle favole altri due Antifo : uno compagno e fedele amico di Ulisse, l’altro nipote di Ercole. 473. Antigone. 
ri due Antifo : uno compagno e fedele amico di Ulisse, l’altro nipote di Ercole. 473. Antigone. — Figlia di Edipo e di Gio
le amico di Ulisse, l’altro nipote di Ercole. 473. Antigone. — Figlia di Edipo e di Giocasta. Volendo rendere gli ultimi o
Ulisse, l’altro nipote di Ercole. 473. Antigone. — Figlia di Edipo e di Giocasta. Volendo rendere gli ultimi onori a suo
gli ultimi onori a suo fratello Polinice, in opposizione agli ordini di Creonte, ella fu condannata da questo crudele pri
ni di Creonte, ella fu condannata da questo crudele principe a morire di fame in una prigione, onde essa non potendo resis
rte spietata, si strangolò. Emone, suo fidanzato, si uccise sul corpo di lei. …..Ah tu, se rimirar potessi Con men superb
sar. sue rare Sublimi doti. ammirator tu padre. Sì, ne saresti al par di me ; tu stesso, Più assai di me, chi, sotto il cr
mmirator tu padre. Sì, ne saresti al par di me ; tu stesso, Più assai di me, chi, sotto il crudo impero D’ Eteocle, mostra
ngere ? qual figlia Altra, che Antigon’ebbe ? Ella è d’ Edippo Prole. di tu ? ma, sua virtude è ammenda Ampia del non suo
— Alfieri — Antigone Trag. Atto III Le cronache favolose ricordano di un’altra Antigone figlia di Laomedone. Avendo un
Atto III Le cronache favolose ricordano di un’altra Antigone figlia di Laomedone. Avendo un giorno detto ad alta voce ch
one. Avendo un giorno detto ad alta voce che essa era assai più bella di Giunone, la dea sdegnata la cangiò in cicogna. 47
a dea sdegnata la cangiò in cicogna. 474. Antigonie. — Feste in onore di un Greco per nome Antigonio, ora poco ricordato d
ra poco ricordato dagli scrittori mitologici. 475. Antilogo. — Figlio di Nestore e di Euridice. Seguì suo padre all’assedi
dato dagli scrittori mitologici. 475. Antilogo. — Figlio di Nestore e di Euridice. Seguì suo padre all’assedio di Troia e
ilogo. — Figlio di Nestore e di Euridice. Seguì suo padre all’assedio di Troia e vi fu ucciso da Mennone figlio dell’ Auro
ia e vi fu ucciso da Mennone figlio dell’ Aurora. 476. Antinoo. — Uno di coloro che volevano sposare Penelope. Ulisse, mar
ntinoo. — Uno di coloro che volevano sposare Penelope. Ulisse, marito di questa, lo uccise in una festa. L’imperatore Adri
ore Adriano ebbe anche un suo carissimo amico a nome Antinoo, giovane di maravigliosa bellezza. L’imperatore lo ebbe così
. Lestrigoni. 478. Antistene. — Principe della setta cinica discepolo di Socrate. Per assistere alle lezioni del suo maest
lle lezioni del suo maestro, egli ogni giorno traversava una distanza di cinque miglia italiane. 479. Antoreo. — Vedi Anth
9. Antoreo. — Vedi Anthora. 480. Antron Corace. — Secondo gli scritti di Plutarco, sulla facciata di tutt’i tempii di Dian
480. Antron Corace. — Secondo gli scritti di Plutarco, sulla facciata di tutt’i tempii di Diana, vi erano delle corna di c
e. — Secondo gli scritti di Plutarco, sulla facciata di tutt’i tempii di Diana, vi erano delle corna di cervo. Solamente s
tarco, sulla facciata di tutt’i tempii di Diana, vi erano delle corna di cervo. Solamente sulla porta del tempio ch’essa a
rta del tempio ch’essa aveva sul monte Aventino, vi erano delle corna di bue ; e ciò, sempre seguendo il citato autore, a
lle corna di bue ; e ciò, sempre seguendo il citato autore, a memoria di un fatto avvenuto sotto il regno di Servio Tullio
uendo il citato autore, a memoria di un fatto avvenuto sotto il regno di Servio Tullio. Un abitante della Sabina per nome
pontefice, fecero sapere a Corace, onde trarlo in inganno, che prima di consumare il sacrifizio avesse dovuto lavarsi nel
ntre egli bagnavasi, il re fece rapire la vacca, la svenò sull’altare di Diana, ne affisse le corna alle porte del tempio,
fizio. 481. Anubi.  — Re degli Egizii che lo adoravano sotto la forma di un cane. Discorde è la opinione dei più rinomati
tori mitologici su tale personaggio. Alcuni vogliono che fosse figlio di Osiride ; altri di Mercurio ; altri finalmente ch
tale personaggio. Alcuni vogliono che fosse figlio di Osiride ; altri di Mercurio ; altri finalmente che fosse Mercurio st
ove fanciullo veniva adorato nella Campania e soprattutto nella ciltà di Anxuro. 483. Anxuyro. — Vedi Anxuro. 484. Anzio. 
pondevano a coloro che si recavano a consultarle. 485. Aone. — Figlio di Nettuno. Essendo stato obbligato di fuggire dalla
consultarle. 485. Aone. — Figlio di Nettuno. Essendo stato obbligato di fuggire dalla sua patria, per ragioni che la favo
sua patria, per ragioni che la favola non ripete, egli si stabili su di una montagna della Beozia, che da lui prese il su
, che da lui prese il suo nome. Coll’andare del tempo tutta la catena di montagne fu consacrata alle muse, e il gruppo int
a Beozia. Vedi l’articolo precedente. 487. Aonio Dio. — Denominazione di Bacco perchè egli era della Beozia, chiamata anch
il loro volto, ma si facessero conoscer solo alle spalle nel momento di partire. Così in Virgilio allorchè Venere si pres
irgilio allorchè Venere si presenta ad Enea, suo figlio, in sembianza di cacciatrice, l’erce non la riconosce che quando e
Dea. Veracemente e Venere mostrossi. Virgilio. Eneide Lib. I. trad. di A. Caro. Similmente Omero dopo d’aver fatto parl
aci, sotto la figura dell’indovino Calcante, lo fa riconoscere da uno di essi. ……….. Agevolmente. Si riconosce un nume, e
l’incesso appunto in quella Che si partiva, e me l’avvisa il core Che di battaglia più che mai bramoso Mi ferve in petto s
Brillar mi sento del disio la pugna Omero — Iliade. Cant. 13. trad. di V. Monti. A proposito di questo articolo, richia
o la pugna Omero — Iliade. Cant. 13. trad. di V. Monti. A proposito di questo articolo, richiameremo l’attenzione dei no
aniera con la quale gli Dei si palesavano talvolta agli uomini, è uno di quei simboli che nello studio preliminare di sopr
volta agli uomini, è uno di quei simboli che nello studio preliminare di sopra accennato, noi abbiam detto essere, più che
ii del paganesimo, fusi in esso da simboli e da allegorie individuali di altre religioni. Infatti, nelle sacre pagine dell
roviamo che quando Iddio si rivela a Mosè gli dice : Tu mi vedrai per di dietro, ma tu non puoi veder la mia faccia. 489.
, ma tu non puoi veder la mia faccia. 489. Apatuarie. — L’istituzione di queste feste ha origine dal fatto seguente. A cag
’istituzione di queste feste ha origine dal fatto seguente. A cagione di un territorio, i popoli della Beozia dichiararono
popoli della Beozia dichiararono la guerra agli Ateniesi, e Xanto, re di quelli, dichiarò a Timete re di Atene, che ad evi
la guerra agli Ateniesi, e Xanto, re di quelli, dichiarò a Timete re di Atene, che ad evitare spargimento di sangue volev
di quelli, dichiarò a Timete re di Atene, che ad evitare spargimento di sangue voleva avesse accettato un particolare due
ii. Melanto trionfò con un’astuzia del suo nemico, poichè nel momento di affrontarlo, fingendo di vederlo accompagnato, gl
n’astuzia del suo nemico, poichè nel momento di affrontarlo, fingendo di vederlo accompagnato, gli gridò non esser azione
ganno. Il periodo delle feste Apatuarie durava tre giorni ; nel primo di essi si celebrava il festino ; nel secondo si off
far parte della cerimonia Apatuaria se non quando il padre rispettivo di ognuna di esse, non avesse proclamato con giurame
della cerimonia Apatuaria se non quando il padre rispettivo di ognuna di esse, non avesse proclamato con giuramento, che i
iuramento, che il novello ascritto era suo figlio. Sino al compimento di codesta formola i nuovi ascritti venivan riguarda
to di codesta formola i nuovi ascritti venivan riguarda ti come privi di padre. Da ciò, secondo altri scrittori, il nome d
arda ti come privi di padre. Da ciò, secondo altri scrittori, il nome di Apatuarie a queste feste, forse dalla parola grec
un tempio consacrato a Venere Apatuaria. 490. Apefanzio. — Soprannome di Giove a lui dato dalla montagna Apefae nella Neme
. 491. Api. V. Apis. 492. Apis. V. Apiso. 493. Apiso o Apis. — Figlio di Niobe. Essendosi impadronito dell’ Egitto, govern
dolcezza che fu ritenuto come nn Dio. Veniva adorato sotto la figura di un bue, credendosi generalmente ch’egli avesse pr
la cui figura veniva Apis venerato in tutto l’ Egitto, doveva essere di color nero, con un segno bianco di forma quadrata
in tutto l’ Egitto, doveva essere di color nero, con un segno bianco di forma quadrata sulla fronte ; i peli della coda d
la coda doppii e corti, ed un segno bianco sul lato destro, in figura di luna crescente. Allorquando i sacerdoti consacrat
buon numero dei requisiti voluti per rappresentare il dio Apis, prima di condurlo a Memfi veniva, per lo spazio di 40 gior
esentare il dio Apis, prima di condurlo a Memfi veniva, per lo spazio di 40 giorni, segretamente nutrito da alcune donne a
giorni, segretamente nutrito da alcune donne a cui solo era permesso di avvicinare il dio, e che lo accostavano sempre qu
posto in una barca dorata, e condotto traversando il Nilo nella città di Memfi. Quiva veniva guidato nel tempio d’ Osiride
delle quali rimaneva sempre rinchiuso non facendolo uscire che molto di rado, lasciandolo allora per poche ore in un prat
gli ufficiali e dignitari del regno, e preceduto da un numeroso coro di fanciulle, che cantavano inni in sua lode. Ma l’o
sentava doveva morire, essendo la sua vita limitata ad un dato numero di anni, secondo i libri sacri dell’antico Egitto. G
annegato, lo imbalsamavano seguendo alla lettera i numerosi articoli di un loro sacro cerimoniale ; poscia faceanglisi ma
i e solenni esequie per le quali veniva profusa una larghissima somma di danaro. L’ Egitto intero era in lutto come se fos
, e la festa durava sette giorni. Gli Egiziani consultavano l’oracolo di Apis e ritenevano come segno di favorevole rispos
. Gli Egiziani consultavano l’oracolo di Apis e ritenevano come segno di favorevole risposta quando il bue mangiava ciò ch
ssi gli presentavano, prima d’interrogare il suo oracolo. Nelle opere di Plinio troviamo che il bue Apis, non volle mangia
all’uscita del tempio, e quivi nella prima cosa che veniva lor fatta di udire trovavano la risposta di Apis. 494. Apobomi
nella prima cosa che veniva lor fatta di udire trovavano la risposta di Apis. 494. Apobomie. — Feste nelle quali i sacrif
eco απο sotto, disotto, lontano e βωμος allare. 495. Apollo. — Figlio di Giove e di Latona e fratello di Diana. Egli guida
to, disotto, lontano e βωμος allare. 495. Apollo. — Figlio di Giove e di Latona e fratello di Diana. Egli guidava il carro
e βωμος allare. 495. Apollo. — Figlio di Giove e di Latona e fratello di Diana. Egli guidava il carro del sole tirato da q
Ippocreno, ove pasceva il cavallo Pegaso, o Pegaseo, che gli serviva di montura. Giove avendo fulminato Esculapio che ave
ano fabqricato i fulmini al padre degli Dei, il quale sdegnato contro di lui lo scacciò dal cielo. Durante questo esilio,
iò dal cielo. Durante questo esilio, egli si ritirò presso Admeto, re di Tessaglia, e visse custodendo gli armenti di quel
ritirò presso Admeto, re di Tessaglia, e visse custodendo gli armenti di quel re, finchè Mercurio glieli rubò. Allora si u
glieli rubò. Allora si unì a Nettuno nella fabbricazione dei mattoni di cui si serviva Laomedone, per riedificare Troia,
non fu retribuito d’alcuna ricompensa. Allorchè le acque del diluvio di Deucalione si furono ritirate, Apollo uccise il s
tripode sul quale la Pitonessa rendeva gli oracoli. Il famoso tempio di Delfo, il più ricco e rinomato fra tutti, e che e
o. Apollo viene rappresentato avendo in una mano una lira, circondato di varii strumenti d’arte e su di un carro tirato da
vendo in una mano una lira, circondato di varii strumenti d’arte e su di un carro tirato da quattro cavalli.  — Ecco in qu
da quattro cavalli.  — Ecco in qual modo Virgilio descrive la maestà di questo Dio. Qual se ne va da Licia, e da le rive
varie tresche Gli s’aggiran d’intorno, o quando spazia Per le piagge di Cento a l’aura sparsi I bel crin d’oro, e de l’am
ura sparsi I bel crin d’oro, e de l’amata fronde Le tempie avvolto, e di feretra armato. Virgilio — Eneide — libro IV tra
pie avvolto, e di feretra armato. Virgilio — Eneide — libro IV trad. di A. Caro. 496. Apollonie. — Feste in onore di Apo
Eneide — libro IV trad. di A. Caro. 496. Apollonie. — Feste in onore di Apollo. 497. Apomio. — Soprannome di Giove che gl
496. Apollonie. — Feste in onore di Apollo. 497. Apomio. — Soprannome di Giove che gli veniva dal potere a lui attribuito
sugli altri insetti. 498. Apona. — Fontana in Italia presso la città di Padova. Si attribuiva alle sue acque il potere de
invocava Venere sotto questo nome, allorchè le si domandava la grazia di essere liberati da una passione d’amore. 501. Apo
. — Si chiamavano così gli Dei Egiziani, a cui si domandava la grazia di stornare una calamità. 503. Apparizione degli De
a e Teopsia. 504. Appiadi. — Dice Cicerone esser questo il soprannome di Minerva e di Venere, perchè esse avevano un tempi
504. Appiadi. — Dice Cicerone esser questo il soprannome di Minerva e di Venere, perchè esse avevano un tempio presso le a
no della sua riconoscenza. L’aquila era una delle insegne particolari di Giove, ed era esclusivamente a lui consacrata. 50
one. — Vento estremamente freddo ed impetuoso. La favola lo fa figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la coda di ser
to estremamente freddo ed impetuoso. La favola lo fa figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la coda di serpente e i
La favola lo fa figlio di Eolo e di Aurora, e lo dipinge con la coda di serpente e i capelli lunghissimi e bianchi. 507.
a di serpente e i capelli lunghissimi e bianchi. 507. Arabo. — Figlio di Apollo che alcuni scrittori riguardano come inven
. — Montagna della Beozia consacrata a Minerva. 509. Aracne. — Figlia di Idmone e nativa della Lidia. Ella fu un’abilissim
migliore del suo, sdegnatasi ruppe il telaio. Aracne fu così afflitta di ciò, che per disperazione appiccossi, e Minerva l
ena ancor l’antiche trame. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VI. trad. di Dell’ Anguillara. 510. Aratee. — Feste in onore
— Libro VI. trad. di Dell’ Anguillara. 510. Aratee. — Feste in onore di Arabo, il quale, secondo Plutarco, fu un eroe gre
se compiute durante la vita. 511. Arbitratore o Arbitro. — Soprannome di Giove ritenuto come arbitro del destino degli uom
’olmo a Narciso ; il ginepro all’ Eumenidi etc. 514. Arcade. — Figlio di Giove e di Calisto. Dette il suo nome all’ Arcadi
ciso ; il ginepro all’ Eumenidi etc. 514. Arcade. — Figlio di Giove e di Calisto. Dette il suo nome all’ Arcadia che è la
alisto. Dette il suo nome all’ Arcadia che è la contrada più rinomata di tutta la Grecia per le favole a cui dette vita. I
rchè generalmente si credeva che egli non abbandonasse mai il recinto di quella città. Arcade essendo divenuto adulto fu d
benevolmente, ma poi fece uccidere Arcade e in un banchetto in onore di Giove fece apprestare in una vivanda le membra di
banchetto in onore di Giove fece apprestare in una vivanda le membra di lui. Giove sdegnato di così orrendo misfatto, can
Giove fece apprestare in una vivanda le membra di lui. Giove sdegnato di così orrendo misfatto, cangiò Licaone in lupo e A
la madre, ove forma tuttora la costellazione conosciuta sotto il nome di orsa maggiore. Evandro ebbe anche un figlio chiam
veniva del paro designato Mercurio, perchè fu allevato sulla montagna di Cillene in Arcadia. Plinio chiama similmeute con
illene in Arcadia. Plinio chiama similmeute con tal nome un figliuolo di Licurgo conosciuto più comunemente sotto il nome
nome un figliuolo di Licurgo conosciuto più comunemente sotto il nome di Anceo. 515. Arcadia. — Parte del Peloponneso i cu
o dei capi della Beozia che assediarono Troia. 517. Arcesio. — Figlio di Giove e padre di Laerte. 518. Archegete. — Parola
Beozia che assediarono Troia. 517. Arcesio. — Figlio di Giove e padre di Laerte. 518. Archegete. — Parola che significa pr
incipe. E soprannome dato ad Apollo e ad Ercole. Si dava anche quello di Archegesia a Minerva. 519. Archemore. — Figlio di
i dava anche quello di Archegesia a Minerva. 519. Archemore. — Figlio di Licurgo, re di Nemea. Quand’era bambino la sua nu
ello di Archegesia a Minerva. 519. Archemore. — Figlio di Licurgo, re di Nemea. Quand’era bambino la sua nutrice lo lasciò
nd’era bambino la sua nutrice lo lasciò addormentato sopra una pianta di prezzemolo, mentre essa si recò a mostrare una fo
na ai principi che traversavano quella città, per recarsi all’assedio di Tebe. Il piccolo Archemore morì della morsicatura
arsi all’assedio di Tebe. Il piccolo Archemore morì della morsicatura di un serpente che trovandolo assopito fra l’erba ne
andolo assopito fra l’erba ne succhiò il sangue. Licurgo volle punire di morte la negligente nutrice, ma gli Argivi la tol
utrice, ma gli Argivi la tolsero sotto la loro protezione. In memoria di questo doloroso avvenimento furono istituiti i gi
avvenimento furono istituiti i giuochi Nemei, i quali si celebravano di tre in tre anni I vincitori vestivano il bruno e
in tre anni I vincitori vestivano il bruno e si coronavano la fronte di prezzemolo. 520. Archigallo. — Veniva così denomi
zzemolo. 520. Archigallo. — Veniva così denominato il primo sacerdote di Cibele il quale era scelto fra le più cospicue ed
collo un vezzo a cui erano attaccate medaglie rappresentanti la testa di Ati senza barba. 521. Archiloco. — Poeta greco a
Orazio — Arte Poetica Ep. 3. Archiloco dovea sposare Neobula figlia di Licambo, ma questi non curando la data promessa,
e tempo dopo Archiloco fu ucciso. Si credè generalmente che l’oracolo di Delfo avesse altamente biasimati gli uccisori del
per la stima che tutti facevano del suo genio. Egli nacque nell’isola di Paro. 522. Archita. — Nome sotto il quale gli Afr
del sagettario. 524. Arctura. — Quantunque sia questo il nome proprio di una stella, pure gli scrittori del Paganesimo se
i armadi. 526. Ardalidi. — Soprannome dato alle Muse da Ardalo figlio di Vulcano, a cui si attribuisce l’invenzione del fl
iamato Airone che in latino si dice Ardea. 528. Ardenna. — Soprannome di Diana che le veniva da una foresta delle Gallie c
anno questo nome a tutt’i famosi guerrieri ritenendoli come figliuoli di Marte. 530. Areopago. — Famoso tribunale d’Atene.
d’Atene. Questa parola deriva dalla voce Ares, che era un soprannome di Marte, perchè la favola racconta che fu appunto i
o in giudizio innanzi a dodici numi fu rimandato assoluto del delitto di omicidio di cui era accusato. Vedi Allirozio. È o
o innanzi a dodici numi fu rimandato assoluto del delitto di omicidio di cui era accusato. Vedi Allirozio. È opinione di a
l delitto di omicidio di cui era accusato. Vedi Allirozio. È opinione di alcuni scrittori che la prima sentenza dell’ Areo
osse contro Cefalo, per avere ucciso sua moglie. Temistocle, accusato di adulterio, fu giudicato dall’ Areopago. Finalment
ossero guerra a Teseo. 531. Areotopoto. — Che significa gran bevitore di vino. Ateneo, nelle sue cronache mitologiche, rap
ino. Ateneo, nelle sue cronache mitologiche, rapporta che nella città di Munichia si dava questo nome ad un eroe. 532. Are
lingua significa ferita. 533. Arestoridi. — Argo e tutt’i discendenti di Aristoro, venivano designati con questo nome. 534
di Aristoro, venivano designati con questo nome. 534. Areta. — Moglie di Alcinoo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia di N
534. Areta. — Moglie di Alcinoo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia di Nereo e di Dori e compagna di Diana, che questa D
. — Moglie di Alcinoo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia di Nereo e di Dori e compagna di Diana, che questa Dea cangiò i
oo re dei Proci. 535. Aretusa. — Figlia di Nereo e di Dori e compagna di Diana, che questa Dea cangiò in fontana allorchè
ore impudico : però Alfeo avendola riconosciuta riprese la sua figura di flume e confuse le sue acque con quelle della fon
posta nell’isola d’Ortigia, che chiudeva il palagio degli antichi re di Siracusa. Cicerone dice che se questa fontana non
che se questa fontana non fosse circondata da una triplice trinciera di pietre, sarebbe affatto coperta dai flutti del ma
stesso Plinio racconta che le acque dell’ Aretusa esalavano un odore di letame nel tempo in cui in Grecia si celebravano
raversando nel suo corso la Grecia raccoglieva nelle sue acque, prima di giungere in Sicilia e per conseguenza prima di ge
nelle sue acque, prima di giungere in Sicilia e per conseguenza prima di gettarsi nell’ Aretusa, il letame dei cavalli e d
, il letame dei cavalli e delle vittime preparate per la celebrazione di quei giuochi. 536. Areuso. — Parola che significa
nifica guerriero. Era il soprannome dato a Giove, come si dava quello di Areusa a Minerva. 537. Arfinoe. — Vedi Alfesibea.
. — Vedi Alfesibea. 538. Arga. — Vedi Argea. 539. Argantona. — Moglie di un guerriero che fu ucciso all’assedio di Troia.
a. 539. Argantona. — Moglie di un guerriero che fu ucciso all’assedio di Troia. Essa nel ricevere l’infausta nuova morì di
ucciso all’assedio di Troia. Essa nel ricevere l’infausta nuova morì di dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone
ssa nel ricevere l’infausta nuova morì di dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone e sorella di Ebe e di Vulcano.
evere l’infausta nuova morì di dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone e sorella di Ebe e di Vulcano. Fu il frut
a morì di dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone e sorella di Ebe e di Vulcano. Fu il frutto degli amori che Gi
dolore. 540. Arge. — Figlia di Giove e di Giunone e sorella di Ebe e di Vulcano. Fu il frutto degli amori che Giove ebbe
il sole cangiò in biscia. Era anche così chiamata una delle figliuole di Giove. La tradizione mitologica racconta che il n
lle figliuole di Giove. La tradizione mitologica racconta che il nome di Argea veniva similmente dato ad una festa celebra
ilmente dato ad una festa celebrata dalle Vestali ogni anno negli idi di maggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia di q
i ogni anno negli idi di maggio. Quelle sacerdotesse in una cerimonia di quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure d
e in una cerimonia di quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure di uomini, fatte di giunchi. Al dire di Plutarco, i
a di quella festa, gittavano nel Tebro alcune figure di uomini, fatte di giunchi. Al dire di Plutarco, i primi abitatori d
ittavano nel Tebro alcune figure di uomini, fatte di giunchi. Al dire di Plutarco, i primi abitatori delle rive di quel fi
, fatte di giunchi. Al dire di Plutarco, i primi abitatori delle rive di quel fiume, annegavano in esso tutt’i viaggiatori
greci che cadevano in loro mano ; ma che poi Ercole persuadesse loro di smettere la barbara usanza e gittare delle figure
persuadesse loro di smettere la barbara usanza e gittare delle figure di uomini. Ovidio nei suoi Fasti, attribuisee ad un’
Arcadia, nemico degli Argiani, in commemorazione del suo odio contro di essi, quando venne a stabilirsi in Italia, ordinò
di essi, quando venne a stabilirsi in Italia, ordinò ai suoi seguaci di gittare nel Tebro dei fantocci fatti di giunco e
talia, ordinò ai suoi seguaci di gittare nel Tebro dei fantocci fatti di giunco e abbigliati alla maniera degli Argiani. 5
Argiani. 542. Argel. — Venivano così detti alcuni luoghi della città di Roma che Numa Pompilio avea consacrati ai Numi. A
lio avea consacrati ai Numi. Argei erano del paro dette alcune figure di uomo fatte di giunchi che le Vestali gettavano ne
crati ai Numi. Argei erano del paro dette alcune figure di uomo fatte di giunchi che le Vestali gettavano nel Tevere alla
atte di giunchi che le Vestali gettavano nel Tevere alla celebrazione di alcune sacre cerimonie. Vedi Argea. 543. Argentin
Vedi Argea. 543. Argentino. — Dio delle monete d’argento. Era figlio di Esculano e della dea Pecunia. Vedi Es. 544. Argeo
figlio di Esculano e della dea Pecunia. Vedi Es. 544. Argeo. — Figlio di Pelopo. Ve ne fu anche un altro seguace ed amico
. Argeo. — Figlio di Pelopo. Ve ne fu anche un altro seguace ed amico di Ercole che egli ebbe carissimo. 545. Argesio. — F
d amico di Ercole che egli ebbe carissimo. 545. Argesio. — Fu il nome di uno dei ciclopi fabbricante dei fulmini di Giove.
545. Argesio. — Fu il nome di uno dei ciclopi fabbricante dei fulmini di Giove. 546. Argia. — Figlia di Adrasto e moglie d
no dei ciclopi fabbricante dei fulmini di Giove. 546. Argia. — Figlia di Adrasto e moglie di Polinice. …….. Io son d’ Adr
icante dei fulmini di Giove. 546. Argia. — Figlia di Adrasto e moglie di Polinice. …….. Io son d’ Adrasto Figlia : sposa
o e moglie di Polinice. …….. Io son d’ Adrasto Figlia : sposa son io di Polinice : Argia …………. Alfieri. Tragedia Antigon
gli gli ultimi onori, questo irritò siffattamente Creonte, che, cieco di furore, le uccise tutt’e due. Argia fu cangiata i
na, nota sotto l’istesso nome. 547. Argianna o Argolica. — Soprannome di Giunone, da un tempio che ella aveva nella città
ica. — Soprannome di Giunone, da un tempio che ella aveva nella città di Argo. 548. Argifonte. — Soprannome dato a Mercuri
à di Argo. 548. Argifonte. — Soprannome dato a Mercurio come uccisore di Argo. 549. Argilete. — Allor che Evandro si stabi
ospitato da certo Argo, il quale ben presto concepì l’infame disegno di ucciderlo, per usurpare il potere. I seguaci di E
cepì l’infame disegno di ucciderlo, per usurpare il potere. I seguaci di Evandro, consci dell’iniquo progetto, uccisero Ar
i di Evandro, consci dell’iniquo progetto, uccisero Argo all’insaputa di Evandro, il quale per rispetto ai sacri doveri de
 — Il re Agamennone fece fabbricare un tempio a Venere, sotto il nome di Venere Arginide, e da allora questo soprannome ri
a questo soprannome rimase alla Dea degli amori. 551. Arginno. — Nome di un giovane greco, che si annegò bagnandosi. Narra
io in suo onore, e lo consacrò a Venere Arginna. 552. Argiope. — Nome di una ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa
consacrò a Venere Arginna. 552. Argiope. — Nome di una ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa di Tessaglia, fu mogl
. Argiope. — Nome di una ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa di Tessaglia, fu moglie di Seleno, il quale ella amò
ninfa seguace di Diana. 553. Argira. — Ninfa di Tessaglia, fu moglie di Seleno, il quale ella amò teneramente, in ricambi
ra in fontana. Però Seleno dimenticò Argira, e da quel tempo le acque di quel fiume ebbero la virtù di dare l’obblio delle
enticò Argira, e da quel tempo le acque di quel fiume ebbero la virtù di dare l’obblio delle passioni d’amore a coloro che
loro che vi si bagnavano o che ne bevevano. 554. Argiva. — Soprannome di Giunone dal culto che ella aveva nella città di A
Argiva. — Soprannome di Giunone dal culto che ella aveva nella città di Arga. 555. Argo. — Naviglio degli Argonauti sul q
costruttore che lo inventò e lo costruì con gli alberi della foresta di Dodona, ciò che gli faceva anche attribuire la fa
esta di Dodona, ciò che gli faceva anche attribuire la favolosa virtù di parlare e di rendere gli oracoli. Peraltro è ques
a, ciò che gli faceva anche attribuire la favolosa virtù di parlare e di rendere gli oracoli. Peraltro è questa un’opinion
Argo si chiamava del paro una città dell’ Acaja, celebre per il culto di Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome
una città dell’ Acaja, celebre per il culto di Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome di questa città è venuto
bre per il culto di Giunone e per gli eroi di cui fu patria. Dal nome di questa città è venuto non solamente ai suoi abita
i suoi abitanti in particolare, ma a tutt’i greci in generale il nome di Argivi o Argolici col quale Virgilio e molti altr
altri poeti li dinotano sovente. Vi fu anche un altro Argo, figliuolo di Arestore. La tradizione favolosa attribuisce a co
adizione favolosa attribuisce a cotesto personaggio la strana facoltà di avere cento occhi, dei quali cinquanta erano semp
a lor divisi fean diverse scorte : Ovidio — Metamorf, Libro I. trad. di Dell’ Anguillara. Un altro Argo fu famoso archit
trad. di Dell’ Anguillara. Un altro Argo fu famoso architetto figlio di Polibio ; generalmente è lo stesso che inventò il
he prese il suo nome. Finalmente la tradizione mitologica fa menzione di un Argo, figlio di Giove, e di Niobe, che fu re d
e. Finalmente la tradizione mitologica fa menzione di un Argo, figlio di Giove, e di Niobe, che fu re della contrada chiam
e la tradizione mitologica fa menzione di un Argo, figlio di Giove, e di Niobe, che fu re della contrada chiamata col suo
Grecia. 556. Argolea. — Soprannome dato ad Alcmena per essere nativa di Argo. 557. Argolica. Vedi Argianna. 558. Argonaut
gonauti. — Furono così detti quei principi greci che sotto il comando di Giasone andarono alla conquista del vello d’oro,
Tifiso, Zeto etc. Gli Argonauti s’imbarcarono nella Tessaglia al capo di Magnesia, e dopo aver toccato l’isola di Lemnos p
rono nella Tessaglia al capo di Magnesia, e dopo aver toccato l’isola di Lemnos per la Samotracia, entrarono nell’ Ellespo
ide. La spedizione degli Argonauti avvenne 35 anni prima della caduta di Troia. 559. Argone. — Figlio di Alceo : fu uno de
ti avvenne 35 anni prima della caduta di Troia. 559. Argone. — Figlio di Alceo : fu uno degli Eraclidi discendenti di Erco
a. 559. Argone. — Figlio di Alceo : fu uno degli Eraclidi discendenti di Ercole. 560. Argoreo. — Dal latino Argoreus, che
mercatura, fu dato questo soprannome a Mercurio. In Acaia nella città di Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di
soprannome a Mercurio. In Acaia nella città di Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argoreo, la qual
In Acaia nella città di Tare, vi era, al dire di Pausania, una statua di Mercurio Argoreo, la quale dava responsi come un
o Argoreo, la quale dava responsi come un oracolo. Essa era in marmo, di media grandezza e senza piedestallo. 561. Aria. —
a divinità ch’essi adoravano secondo differenti rapporti sotto i nomi di Giunone, Giove, Minerva etc. Presso gli Arabi e g
ianna. 563. Ariadnee. — V. Ariannee. 564. Arianna o Ariadne. — Figlia di Minos re di Creta. Ella fu così commossa dalla be
Ariadnee. — V. Ariannee. 564. Arianna o Ariadne. — Figlia di Minos re di Creta. Ella fu così commossa dalla bellezza e gio
di Minos re di Creta. Ella fu così commossa dalla bellezza e gioventù di Teseo, il quale dovea combattere il Minotauro, ne
i Teseo, il quale dovea combattere il Minotauro, nel famoso laberinto di quella città, che gli dette un gomitolo di filo p
auro, nel famoso laberinto di quella città, che gli dette un gomitolo di filo per mezzo del quale l’eroe potè ritrovare l’
gì allora con Teseo, ma questi l’abbandonò su d’una roccia nell’isola di Naxos, dove la sventurata dopo aver pianto amaram
ta dopo aver pianto amaramente la sua disgrazia, si fece sacerdotessa di Bacco il quale, secondo che narrano Properzio ed
d Ovidio, la tolse in moglie e collocò fra le costellazioni la corona di questa principessa. Dello Dio sempre giovane s’a
incipessa. Dello Dio sempre giovane s’accende. E dell’amor si scorda di Tesèo. La sposa Bacco, e ascoso il maggior lume.
scorda di Tesèo. La sposa Bacco, e ascoso il maggior lume. Felici fa di lei le proprie piume. Per contentarla più Bacco p
fa la guardia all’ Orse. L’aurea corona al ciel più ognor si spinge E di lume maggior sè stessa informa ; E giunta presso
’l serpe stringe ; Ogni sua gemma in foco si trasforma Un fregio pien di stelle or la dipinge, E di corona ancor ritien la
gemma in foco si trasforma Un fregio pien di stelle or la dipinge, E di corona ancor ritien la forma : Laddove quando il
mondo e chiama d’ Arianna. (Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VIII trad. di Dell’ Anguillara) 565. Ariannee o Ariadnee. — Fe
rad. di Dell’ Anguillara) 565. Ariannee o Ariadnee. — Feste in onore di Arianna. 566. Aricia. — Figlia di Pallante ; prin
iannee o Ariadnee. — Feste in onore di Arianna. 566. Aricia. — Figlia di Pallante ; principessa del regio sangue di Atene.
nna. 566. Aricia. — Figlia di Pallante ; principessa del regio sangue di Atene. 567. Arieina. — Soprannome di Diana che l
 ; principessa del regio sangue di Atene. 567. Arieina. — Soprannome di Diana che le veniva dal culto con cui era venerat
e di Diana che le veniva dal culto con cui era venerata nelle foreste di Aricia presso Roma. 568. Ariete. — Il primo fra i
enebre. 570. Arimomanzia. — Vedi Axinomanzia. 571. Ario. — Fu il nome di uno dei più famosi centauri che combatterono i La
no i Lapidi. 572. Arione. — Celebre musico Greco. Stando nn giorno su di un vascello i marinai vollero ucciderlo per derub
già lo avevano legato per farlo morire ; quand’egli chiese in grazia di suonare un’ultima volta il liuto. I marinai aderi
nai aderirono alla sua richiesta e al suono dolcissimo un gran numero di delfini si riunì intorno alla nave ; allora Arion
pitato da Periandro il quale fece poi morire quasi tutt’i persecutori di lui come racconta Erodoto — Virgilio dice : Orph
olpo del suo tridente, allorchè sostenne con Minerva la disputa a chi di loro due avesse fatto il più ricco presente agli
sculapio fanciullo allorchè la madre Coronide lo aveva abbandonato su di una montagna presso la città di Epidauro. 574. Ar
adre Coronide lo aveva abbandonato su di una montagna presso la città di Epidauro. 574. Aristeo. — Figlio di Apollo e di C
u di una montagna presso la città di Epidauro. 574. Aristeo. — Figlio di Apollo e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridic
tagna presso la città di Epidauro. 574. Aristeo. — Figlio di Apollo e di Cirene. Egli amò perdutamente Euridice, la quale
amente Euridice, la quale nel sottrarsi con la fuga alle persecuzioni di lui, fu morsicata da un serpente e morì nell’iste
lie d’ Orfeo. Le ninfe allora sdegnate contro Aristeo per la sventura di cui era causa, uccisero tutte le sue Api. La madr
per la sventura di cui era causa, uccisero tutte le sue Api. La madre di Aristeo consigliò il fi gliuolo di consultare Pro
ccisero tutte le sue Api. La madre di Aristeo consigliò il fi gliuolo di consultare Proteo da cui seppe che avrebbe dovuto
di consultare Proteo da cui seppe che avrebbe dovuto placare l’ombra di Euridice facendo un sacrifizio di quattro giovenc
che avrebbe dovuto placare l’ombra di Euridice facendo un sacrifizio di quattro giovenche e quattro tori. Egli segui il c
crifizio di quattro giovenche e quattro tori. Egli segui il consiglio di Proteo e dalle viscere delle vittime, narra la fa
dalle viscere delle vittime, narra la favola che uscisse una quantità di Api. Ricorda Virgilio che Aristeo dopo la sua mor
olarmente venerato dai pastori. 575. Aristobula. — Uno dei soprannomi di Diana. 576. Aristone. — Nome di un citaredo Ateni
575. Aristobula. — Uno dei soprannomi di Diana. 576. Aristone. — Nome di un citaredo Ateniese che vinse sei volte nei giuo
contano Plutarco e Strabone, nelle loro opere. 577. Aristore. — Padre di Argo e figlio di Crotopo. 578. Armata Venere. — S
e Strabone, nelle loro opere. 577. Aristore. — Padre di Argo e figlio di Crotopo. 578. Armata Venere. — Sotto questa denom
tta Minerva perchè la favola racconta che uscisse armata dal cervello di Giove. 580. Armilustre o Armilustria. — Presso i
ello di Giove. 580. Armilustre o Armilustria. — Presso i Romani al 19 di ottobre al campo di Marte, si celebrava una festa
Armilustre o Armilustria. — Presso i Romani al 19 di ottobre al campo di Marte, si celebrava una festa militare nella qual
u cangiata in civetta per aver voluto tradire la sua patria in favore di Ninos per avidità di danaro. Il simbolo racchiuso
per aver voluto tradire la sua patria in favore di Ninos per avidità di danaro. Il simbolo racchiuso sotto l’allegoria mi
trazione che questo uccello ha per l’argento. 585. Arno. — Fu il nome di un celebre indovino il quale fu ucciso nella citt
o. — Fu il nome di un celebre indovino il quale fu ucciso nella città di Naupata, da un nipote di Ercole per nome Ippote,
ebre indovino il quale fu ucciso nella città di Naupata, da un nipote di Ercole per nome Ippote, che lo avea creduto una s
Consultato l’oracolo se ne ebbe in risposta esser quella la vendetta di Apollo, il quale facea per tal modo espiare la mo
lo non sarebbe cessato se non quando si mandasse in esilio l’uccisore di Arno, e fossero stabiliti dei giuochi funebri in
’uccisore di Arno, e fossero stabiliti dei giuochi funebri in memoria di lui. Gli Eraclidi si affrettarono ad eseguire qua
pestilenza cessò. Coll’andare del tempo le cerimonie funebri in onore di Arno divennero celebri nella città di Lacedemone,
o le cerimonie funebri in onore di Arno divennero celebri nella città di Lacedemone, ove si celebrarono con gran pompa. 58
Apollo come dio della musica e della poesia. 587. Arpalice. — Nativa di Argo e figlia di Climeneo. Era ritenuta come la p
della musica e della poesia. 587. Arpalice. — Nativa di Argo e figlia di Climeneo. Era ritenuta come la più bella giovanet
ù bella giovanetta della sua città. La tradizione mitologica racconta di lei un truce fatto. La sua fatale bellezzà ispirò
zà ispirò un incestuoso amore al padre, il quale ricusò ostinatamente di maritarla, ma finalmente acconsentendo alle pregh
stinatamente di maritarla, ma finalmente acconsentendo alle preghiere di lei la lasciò partire col novello sposo. Però ben
sopravvivere alla perdita della sola donna che avesse amata, si tolse di propria mano la vita. Arpalice era anche il nome
e amata, si tolse di propria mano la vita. Arpalice era anche il nome di una figliuola d’ Arpalico re della Tracia, la qua
l maneggio delle armi e a tutti gli esercizii del corpo. In un giorno di battaglia essa liberò il padre dalle mani dei suo
erò il padre dalle mani dei suoi nemici, ponendo in fuga un drappello di quelli alla cui testa era Neoptolemo figliuolo di
n fuga un drappello di quelli alla cui testa era Neoptolemo figliuolo di Achille. Poco tempo dopo essendosi ribellati i su
o figliuolo di Achille. Poco tempo dopo essendosi ribellati i sudditi di Arpalico, questo re fu detronizzato, e mentre cer
Virgilio canta che Venere presentossi ad Enea suo figlio in sembianza di cacciatrice all’istesso modo come veniva rapprese
ncontro gli si fece. Donzella all’armi, a l’abito, al sembiante Parea di Sparta, o quale in Tracia Arpalice Leggiera e sci
ide L. 1 trad. A.. Caro. Finalmente vi fu un’altra Arpalice che mori di dolore nel vedersi disprezzata da Ifielo, che fu
onatamente amato. Di questa Arpalice si tiene memoria come inventrice di un certo cantico a cui si dava lo stesso suo nome
si dava codesto soprannome a Mercurio, forse in memoria della astuzia di cui si servì per uccidere Argo. 589. Arpie. — Gia
ai la vendetta degli Dei pensò, secondo la favola, più orrendi mostri di questi spaventevoli uccelli. Essi al dire di Virg
vola, più orrendi mostri di questi spaventevoli uccelli. Essi al dire di Virgilio, avevano volto umano, ma pallido come pe
ano volto umano, ma pallido come per famelica rabbia ; le mani armate di formidabili artigli, ed erano ingordi, insaziabil
, insaziabili e succidi. Al dire d’ Esiodo, le Arpie furono figliuole di Taumaso e di Elettra ; altri scrittori dell’antic
e succidi. Al dire d’ Esiodo, le Arpie furono figliuole di Taumaso e di Elettra ; altri scrittori dell’antichità danno lo
e per madre la terra. Le Arpie erano in gran numero, sebbene il nome di sole sei o sette sia più comunemente conosciuto.
nido fanno, Che cacciar delle Strofade i Troiani Con tristo anuunzio di futuro danno Ale hanno late, e colli e visi umani
Ocipete, e finalmente Alope più comunemente conosciuta sotto il nome di Achelope. Presso i Pagani le Arpie erano riguarda
Achelope. Presso i Pagani le Arpie erano riguardate come un flagello di cui Giove e Giunone si servivano per punire le co
servivano per punire le colpe degli uomini o per vendicarsi d’alcuno di essi. Fineo, re di Tracia, fu lungamente persegui
re le colpe degli uomini o per vendicarsi d’alcuno di essi. Fineo, re di Tracia, fu lungamente perseguitato dalle Arpie ;
perseguitato dalle Arpie ; e gli Argonauti a cui egli era stato largo di cortesi accoglienze si offrirorono a liberarlo da
sua statua viene rappresentata con un dito alla bocca come insegnando di tacere. Il simulacro di Arpocrate si ritrovava su
entata con un dito alla bocca come insegnando di tacere. Il simulacro di Arpocrate si ritrovava sulla soglia di tutt’i tem
gnando di tacere. Il simulacro di Arpocrate si ritrovava sulla soglia di tutt’i tempii pagani, volendo cosi indicare che c
antichi facevano comunemente incidere sui loro suggelli una figurina di Arpocrate, volendo così denotare esser sacro ed i
eto delle lettere. Era consacrato ad Arpocrate il papavero come segno di fecondità, volendo così indicare essere il silenz
econdità, volendo così indicare essere il silenzio assai spesso fonte di bene ; come pure il persico era l’albero a lui sa
e pure il persico era l’albero a lui sacro e vi sono non poche statue di Arpocrate che hanno un ramo di persico fra le man
a lui sacro e vi sono non poche statue di Arpocrate che hanno un ramo di persico fra le mani. Plutarco ci dà una logica sp
un ramo di persico fra le mani. Plutarco ci dà una logica spiegazione di ciò, dicendo che le foglie del persico hanno la f
foglie del persico hanno la figura d’una lingua, ed il frutto quella di un cuore, volendo con ciò dimostrare l’allegoria
ra il cuore e la lingua una perfetta armonia. 591. Arrichione. — Nome di un celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ni
 Nome di un celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ninfe seguaci di Diana, di cui la favola racconta che avendo un gi
n celebre Atleta. 592. Arripe. — Fu una delle ninfe seguaci di Diana, di cui la favola racconta che avendo un giorno incon
vola racconta che avendo un giorno incontrato in una foresta Imolo re di Lidia, questi restasse talmente preso dalla strao
di Lidia, questi restasse talmente preso dalla straordinaria bellezza di lei che la inseguì per lungo tempo e non la raggi
e la inseguì per lungo tempo e non la raggiunse che nel tempio stesso di Diana, ov’ella si rifuggì sperando di sottrarsi a
raggiunse che nel tempio stesso di Diana, ov’ella si rifuggì sperando di sottrarsi alle impudiche voglie del re. Ma la san
toro il re Imolo, il quale precipitando da una sterminata altezza su di alcuni pali dalla punta acutissima mori fra i più
o la sua morte fosse annoverato fra gli astri. 594. Arsinoe. — Figlia di Niocrone re di Cipro. Essa fu perdutamente amata
fosse annoverato fra gli astri. 594. Arsinoe. — Figlia di Niocrone re di Cipro. Essa fu perdutamente amata da Arceofonte i
e re di Cipro. Essa fu perdutamente amata da Arceofonte il quale morì di dolore non essendo riuscito a farsi amare da lei.
on essendo riuscito a farsi amare da lei. Quando si fecero i funerali di Arceofonte, la spietata giovanetta assistette all
del che sdegnata Venere la cangiò in pietra. Arsinoe fu anche il nome di una figliuola di Tolomeo Lago, la quale sposò Tol
Venere la cangiò in pietra. Arsinoe fu anche il nome di una figliuola di Tolomeo Lago, la quale sposò Tolomeo Filadelfo fr
tto Dinocrete erasi determinato ad edificare quel monumento in pietre di calamita onde le statue d’Arsinoe, che erano in f
rimanessero sospese in aria. Plinio racconta che lo splendido disegno di Dinocrete, rimase incompiuto per la morte di lui
che lo splendido disegno di Dinocrete, rimase incompiuto per la morte di lui e che solo la facciata del tempio fosse fabbr
di lui e che solo la facciata del tempio fosse fabbricata con pietre di calamita. Arsinoe fu similmente il nome di una ci
osse fabbricata con pietre di calamita. Arsinoe fu similmente il nome di una città Egiziana posta sulle rive del lago Meri
Sibilla Delfica, detta similmente Dafne. Era anche uno dei soprannomi di Diana da alcune feste dette Artemisie istituite i
oprannomi di Diana da alcune feste dette Artemisie istituite in onore di lei. 597. Arteride. — Una delle più strane tradiz
della mitologia Egiziana racconta che Arteride fosse figlia d’Iside e di Osiride, e che il suo concepimento avvenisse in m
do affatto particolare e incredibile ; imperocchè il padre e la madre di lei, i quali erano stati concetti nello istesso a
ano stati concetti nello istesso alvo e nell’istesso momento si erano di già maritati nell’utero materno per modo che Isid
o così chiama Marte dio della guerra, forse per indicare la sveltezza di quel dio nella corsa e in tutti gli esercizi del
gli esercizi del corpo. 600. Arunticeo. — Avendo disprezzato le feste di Bacco, questo dio per punirlo lo costrinse a bere
dio per punirlo lo costrinse a bere una così sproporzionata quantità di vino, sicchè egli in un accesso di follia stuprò
e una così sproporzionata quantità di vino, sicchè egli in un accesso di follia stuprò sua figlia Medulina, dalla quale fu
acevano i sacrifizi detti Ambarvali. Questi sacerdoti erano al numero di dodici, venivano scelti fra le più illustri e cos
ro di dodici, venivano scelti fra le più illustri e cospicue famiglie di Roma, e venivano collettivamente denotati col nom
spicue famiglie di Roma, e venivano collettivamente denotati col nome di fratelli Arvali, la cui istituzione si deve a Rom
nio li chiama arvirum sacerdotes, e narra nel modo seguente l’origine di questa istituzione. La nutrice di Romolo per nome
e narra nel modo seguente l’origine di questa istituzione. La nutrice di Romolo per nome Acca Laurenzia avea l’abito di of
stituzione. La nutrice di Romolo per nome Acca Laurenzia avea l’abito di offerire ogni anno nei campi un sacrifizio agli D
ompagnare dai suoi dodici figliuoli. Qualche tempo dopo la fondazione di Roma, essendo morto uno dei figliuoli di Acca Lau
che tempo dopo la fondazione di Roma, essendo morto uno dei figliuoli di Acca Laurenzia, Romolo per attestare il suo affet
el morto rimanendo per tal modo sempre a dodici il numero dei seguaci di Acca nell’offerta del sacrificio agli Dei. 603. A
della notte. Fu lui che dichiarò aver Proserpina mangiato sette acini di una melograna nell’ Inferno ; ciò che fu causa ch
iove avea promesso a Cerere, che avrebbe avuto la figlia a condizione di non aver essa nulla mangiato nell’inferno. Cerere
se sotto la sua protezione perchè Ascalafo l’avvertisse col suo grido di tutto ciò che avveniva la notte. Fece del molle
ibro V trad. Dell’ Anguillara. Vi fu anche un altro Ascalafo, figlio di Marte che fu uno dei più rinomati guerrieri Greci
nella Beozia. Egli rese famoso il suo nome per aver condotto seco più di trenta navi. Dell’ Orcomèno Minïco gli eletti, M
Misti a quei d’ Aspledone, hanno a lor duci Ascalopo e Jalmeno, ambo di Marte Egregia prole ……. …… Eran di questi Trenta
lor duci Ascalopo e Jalmeno, ambo di Marte Egregia prole ……. …… Eran di questi Trenta le navi che schierarsi al lido. Om
Trenta le navi che schierarsi al lido. Omero Iliade — Libro II trad. di Vinc. Monti 605. Ascanio. — Detto anche Julio f
di Vinc. Monti 605. Ascanio. — Detto anche Julio fu l’unico figlio di Enea e di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora
Monti 605. Ascanio. — Detto anche Julio fu l’unico figlio di Enea e di Creusa. Suo padre quand’egli era ancora bambino l
nel Lazio, ove egli divenuto adulto fondò, secondo Virgilio la città di Alba. ….. Ascanio, allor ch’eresse Alba la lunga
nio, allor ch’eresse Alba la lunga …. Virg. — Eneide Lib. V. — trad. di A. caro. 606. Asclepiade. — È questo il nome di
eide Lib. V. — trad. di A. caro. 606. Asclepiade. — È questo il nome di un Greco assai versato in medicina. Secondo che r
Plinio nelle sue storie, veniva attribuita ad Asclepiade la scoperta di medicare col vino. Salvator Rosa nelle satire dic
dette alcune feste che in tutta la Grecia venivano celebrate in onore di Bacco e particolarmente in Epidauro, ove furono i
urono istituite le grandi Asclepiadi. 608. Asclepie. — Feste in onore di Esculapio. 609. Asclepio. — Uno dei soprannomi di
e. — Feste in onore di Esculapio. 609. Asclepio. — Uno dei soprannomi di Esculapio : da ciò le feste di cui nell’articolo
o. 609. Asclepio. — Uno dei soprannomi di Esculapio : da ciò le feste di cui nell’articolo precedente. 610. Ascolie. — Fes
feste di cui nell’articolo precedente. 610. Ascolie. — Feste in onore di Bacco : si celebravano saltando con un piede in a
e di Bacco : si celebravano saltando con un piede in aria sulla pelle di un becco gonfiata e unta d’olio. La parola Ascoli
Ascra. — Città fabbricata ai piedi del monte Elicona da Ecalo nipote di Nettuno. Nell’antica letteratura si dà di sovente
nte Elicona da Ecalo nipote di Nettuno. Nell’antica letteratura si dà di sovente il nome di Ascreo al poeta Esiodo, perchè
o nipote di Nettuno. Nell’antica letteratura si dà di sovente il nome di Ascreo al poeta Esiodo, perchè nativo di quella c
ura si dà di sovente il nome di Ascreo al poeta Esiodo, perchè nativo di quella città. La favola racconta che il poeta fos
e che veniva dato a Nettuno. 615. Asia. — Ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti e moglie di Giapeto. Da lei prese il nome un
a Nettuno. 615. Asia. — Ninfa figlia dell’ Oceano e di Teti e moglie di Giapeto. Da lei prese il nome una delle quattro p
e quattro parti del mondo. 616. Asima. — Divinità adorata nella città di Emath. 617. Asino. — Presso i Pagani era l’animal
era l’animale consacrato a Priapo, avuto riguardo alla molta utilità di esso nei lavori di giardinaggio, essendo i giardi
acrato a Priapo, avuto riguardo alla molta utilità di esso nei lavori di giardinaggio, essendo i giardini sacri a quel dio
ira 1. Presso gli Egiziani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti di Abidos, di Licopoli e di Busiride avevano in gran
esso gli Egiziani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti di Abidos, di Licopoli e di Busiride avevano in grande dispregi
ani l’asino era sacro a Tifone. Gli abitanti di Abidos, di Licopoli e di Busiride avevano in grande dispregio il suono del
esso qualche analogia con la voce dell’asino. 618. Asio. — Soprannome di Giove che gli veniva da una città di questo nome
l’asino. 618. Asio. — Soprannome di Giove che gli veniva da una città di questo nome nell’isola di Creta dove era particol
annome di Giove che gli veniva da una città di questo nome nell’isola di Creta dove era particolarmente venerato. Asio si
era particolarmente venerato. Asio si chiamava anche uno dei fratelli di Ecuba. 619. Asopo. — Figlio dell’ Oceano e di Tet
anche uno dei fratelli di Ecuba. 619. Asopo. — Figlio dell’ Oceano e di Teti. Avendo Giove abusato di Egina figlia di Aso
ba. 619. Asopo. — Figlio dell’ Oceano e di Teti. Avendo Giove abusato di Egina figlia di Asopo, questi volle vendicarsene
— Figlio dell’ Oceano e di Teti. Avendo Giove abusato di Egina figlia di Asopo, questi volle vendicarsene e muover guerra
o cangiò in fiume. Era anche così nominato un altro fiume nella città di Acaia, egualmente detto Asopo da un figlio di Net
altro fiume nella città di Acaia, egualmente detto Asopo da un figlio di Nettuno che aveva l’istesso nome. 620. Asporina. 
sabino. — Nome che gli Etiopi davano e Giove. 622. Assaraco. — Figlio di Troso ed avo di Anchise. 623. Assinomanzia. — V.
he gli Etiopi davano e Giove. 622. Assaraco. — Figlio di Troso ed avo di Anchise. 623. Assinomanzia. — V. Axinomanzia. 624
625. Astaroth. — Divinità dei Sidonii. Veniva onorato sotto la forma di una giovenca o di un’agnella. 626. Asteria. — Fig
Divinità dei Sidonii. Veniva onorato sotto la forma di una giovenca o di un’agnella. 626. Asteria. — Figlia di Ceso. Essa
otto la forma di una giovenca o di un’agnella. 626. Asteria. — Figlia di Ceso. Essa fu cangiata in quaglia quando fuggiva
a di Ceso. Essa fu cangiata in quaglia quando fuggiva le persecuzioni di Giove. In greco ορτυξ significa quaglia. Vi fu an
’altra Asteria da cui Bellerofonte ebbe un figlio. 627. Asterio. — Re di Creta e padre di Minos. Egli era soprannominato T
cui Bellerofonte ebbe un figlio. 627. Asterio. — Re di Creta e padre di Minos. Egli era soprannominato Tauro e rapì una g
oprannominato Tauro e rapì una giovinetta a nome Europa figlia del re di Fenicia. Di qui la favola che Giove trasformato i
terione. — Uno dei più rinomati Arganauti. Asterione fu anche il nome di un fiume nella città di Argo, a cui la favola att
inomati Arganauti. Asterione fu anche il nome di un fiume nella città di Argo, a cui la favola attribuisce due figliuole a
ce due figliuole a nome Porcinna ed Arcona, che furono tra le nutrici di Giunone. Nelle acque di questo fiume cresceva un’
Porcinna ed Arcona, che furono tra le nutrici di Giunone. Nelle acque di questo fiume cresceva un’erba similmente detta As
etta Asterione, della quale s’inghirlandavano le statue della Giunone di Argo. 629. Asterodia. — Moglie di Endimione a cui
irlandavano le statue della Giunone di Argo. 629. Asterodia. — Moglie di Endimione a cui dette gran numero di figli. Vi fu
i Argo. 629. Asterodia. — Moglie di Endimione a cui dette gran numero di figli. Vi fu anche una ninfa conosciuta sotto que
cciso da Achille quando questi riprese le armi per vendicare la morte di Patroclo. …..Dal fianco allora Trasse Achille la
a, e furibondo Assalse Asteropèo che invan dall’alta Sponda si studia di sferrar d’ Achille Il frassino : tre volte egli l
va E spezzarlo, d’ Achille il folgorante Brando il prevenne arrecator di morte. Lo percosse nell’epa all’ombelico ; N’andà
ravvolti ei chiuse i lumi, E spirò…. Omero — Iliade Libro XXI, trad. di V.Monti. 632. Astiale. — Troiano che fu ucciso d
le. — Troiano che fu ucciso da Neaptolemo. 633. Astianasse. — Ancella di Elena, la quale fu non meno della sua padrona fam
a per la corruzione dei suoi costumi. 634. Astianatte. — Unico figlio di Ettore e di Andromaca. …..il pargoletto Unico fi
ruzione dei suoi costumi. 634. Astianatte. — Unico figlio di Ettore e di Andromaca. …..il pargoletto Unico figlio dell’er
l solo Era dell’alta Troia il difensore. Omero — Iliade L. VI. trad. di V. Monti. Questo giovane principe dopo la presa
iade L. VI. trad. di V. Monti. Questo giovane principe dopo la presa di Troia, dette gravemente a pensare di sè ai Greci,
o giovane principe dopo la presa di Troia, dette gravemente a pensare di sè ai Greci, i quali vedevano in lui un giusto ve
tica fortezza dei Troiani. Calcante indovino greco consigliò la morte di Astianatte col farlo precipitare da una torre. Pe
ricoverandosi col figlio in Epiro. 635. Astidamia. — Una delle mogli di Ercole. 636. Astilo. — Uno dei centauri che consi
e i centauri furono quasi distrutti. 637. Astimeda. — Seconda moglie di Edipo la quale calunniò presso il marito i figli
li in malo aspetto del padre. 638. Astioche. — Fu una delle figliuole di Ettore la quale non potendo opporre resistenza al
e resistenza al dio Marte che ne era innamorato, fu da lui resa madre di un figliuolo che sotto il nome di Ialmeno si dist
ra innamorato, fu da lui resa madre di un figliuolo che sotto il nome di Ialmeno si distinse poi all’assedio di Troia come
un figliuolo che sotto il nome di Ialmeno si distinse poi all’assedio di Troia come uno dei più famosi generali dell’armat
i generali dell’armata Greca. Vi fu anche un’altra Astioche figliuola di Filanto, la quale essendo caduta in potere di Erc
ltra Astioche figliuola di Filanto, la quale essendo caduta in potere di Ercole quando egli espugnò la città di Efina in E
quale essendo caduta in potere di Ercole quando egli espugnò la città di Efina in Elide fu da lui amata e ne ebbe un figli
che fu poi noto sotto il nome Tlepolemo. Finalmente la favola ricorda di un’altra Astioche che fu una delle figliuole di N
nte la favola ricorda di un’altra Astioche che fu una delle figliuole di Niobe. V. Niobe. 639. Astioco. — Fu uno dei figli
le figliuole di Niobe. V. Niobe. 639. Astioco. — Fu uno dei figliuoli di Eolo Dio dei venti, il quale dopo del padre regnò
lle isole Lipari, nome che egli in memoria del padre cangiò in quello di isole Eoliane o Eolie. 640. Astione. — Era questo
one. — Era questo il nome proprio della bella figliuola del sacerdote di Apollo Crise che dal padre viene comunemente cono
Apollo Crise che dal padre viene comunemente conosciuta sotto il nome di Criseide. V. Crise. 641. Astiosea. — Moglie di Te
nosciuta sotto il nome di Criseide. V. Crise. 641. Astiosea. — Moglie di Telefo. Si chiama anche così una donna da cui Erc
sola chiamata Astipalea in cui Apollo aveva un tempio. Da ciò il nome di Astipaleo dato ad Apollo. 643. Astirea. — Soprann
a ciò il nome di Astipaleo dato ad Apollo. 643. Astirea. — Soprannome di Minerva dal culto che le si rendeva in Astira cit
in Astira città della Fenicia. 644. Astirena o Astrena. — Soprannome di Diana da varii luoghi in cui veniva adorata con c
to nome ad alcuni popoli delle Indie che non avevano bocca. La verità di questa credenza è che presso quei popoli era rite
, e che perciò essi la coprivano accuratamente. 646. Astrea. — Figlia di Giove e di Temi e Dea della giustizia. Durante l’
ciò essi la coprivano accuratamente. 646. Astrea. — Figlia di Giove e di Temi e Dea della giustizia. Durante l’età dell’or
llazione della Vergine. 647. Astrei. — Venivano così denotati i figli di Astreo e di Eribea. La favola li dipinge come dei
la Vergine. 647. Astrei. — Venivano così denotati i figli di Astreo e di Eribea. La favola li dipinge come dei Titani che
a al cielo, ma poscia si divisero fra loro, e alcuni presero le parti di Giove contro i propri fratelli. Quelli che persis
lla celeste vendetta. 648. Astrena. — V. Astirena. 649. Astreo. — Uno di Titani padre degli Astri e dei venti ; Vedendo ch
iarato la guerra a Giove egli scatenò anche i venti suoi figli contro di lui ; ma Giove li precipitò sotto le acque e cang
degli scrittori mitologici è assai discorde sull’essere i venti figli di Astreo ; molti fra i più accreditati fanno Eolo l
Ata. — V. Atea. 654. Atabirio. — Giove era così denominato nell’isola di Rodi, da un tempio ch’egli aveva sul monte Atabir
da un tempio ch’egli aveva sul monte Atabiro. 655. Atalanta. — Figlia di Iasio re di Arcadia e di Climene. Atalanta sposò
ch’egli aveva sul monte Atabiro. 655. Atalanta. — Figlia di Iasio re di Arcadia e di Climene. Atalanta sposò Meleagro da
a sul monte Atabiro. 655. Atalanta. — Figlia di Iasio re di Arcadia e di Climene. Atalanta sposò Meleagro da cui ebbe Part
ea. Essa amò con passione la caccia e fu la prima a ferire il cignale di Calidone le cui spoglie ella ricevette dalle mani
erire il cignale di Calidone le cui spoglie ella ricevette dalle mani di Meleagro sebbene non fosse ancora divenuta sua mo
osse ancora divenuta sua moglie. Vi fu anche un’altra Atalanta figlia di Scheneo. Essa fu richiesta in matrimonio da molti
ui che avesse vinto il premio della corsa. Ippomene ebbe col soccorso di Venere il premio, avendo seguito il consiglio del
l soccorso di Venere il premio, avendo seguito il consiglio della dea di gettare cioè lungo il cammino dei pomi di oro che
uito il consiglio della dea di gettare cioè lungo il cammino dei pomi di oro che Atalante si fermò a raccogliere invece di
il cammino dei pomi di oro che Atalante si fermò a raccogliere invece di seguitare la corsa. Essendo un giorno insieme in
— Leucotea detta anche Ino, veniva in tal modo denotata perchè moglie di Atamaso. Ovidio dà questo nome a quella parte del
o Leucotea si precipitò. 657. Atamanti. — Venivano così detti i figli di Atamaso cioè Prisso, Melicerte e Learco. 658. Ata
li di Atamaso cioè Prisso, Melicerte e Learco. 658. Atamaso. — Figlio di Eulo e padre di Elle che egli ebbe da Nefila sua
oè Prisso, Melicerte e Learco. 658. Atamaso. — Figlio di Eulo e padre di Elle che egli ebbe da Nefila sua prima moglie. sp
perciocchè il suo nome significa saggezza. Fu dessa che dette il nome di Atene alla città che prima si chiamava Posidonia,
li Dei per por termine alla contesa stabilirono un tribunale composto di dodici mortali, il quale decise che la città si s
i, il quale decise che la città si sarebbe chiamata secondo il volere di Nettuno ovvero di Minerva quante volte essi avess
che la città si sarebbe chiamata secondo il volere di Nettuno ovvero di Minerva quante volte essi avessero saputo produrr
canto suo la cose più utile agli uomini. Nettuno allora con un colpo di tridente battè la terra, e ne uscì un cavallo ; m
Allora il tribunale aggiudicò la vittoria a Minerva che dette il nome di Atene alla capitale Greca. 663. Atenee. — Feste i
e il nome di Atene alla capitale Greca. 663. Atenee. — Feste in onore di Minerva. 664. Atergate. — Una delle Divinità del
resso il quale era tenuta come madre della famosa Semiramide. Al dire di Luciano essa aveva la testa di donna e il rimanen
madre della famosa Semiramide. Al dire di Luciano essa aveva la testa di donna e il rimanente di pesce. Vossio nelle sue o
amide. Al dire di Luciano essa aveva la testa di donna e il rimanente di pesce. Vossio nelle sue opere dice che la parola
ne. 665. Atergatide. — V. Adad. 666. Atherea o Aetherea. — Soprannome di Pallade e di altre divinità aeree preso dall’orig
gatide. — V. Adad. 666. Atherea o Aetherea. — Soprannome di Pallade e di altre divinità aeree preso dall’origine favolosa
e favolosa del Palladio V. Palladio. 667. Ati. — Fu uno dei sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella D
Ati. — Fu uno dei sacerdoti di Cibele e il più famoso fra gli amanti di quella Dea, la quale per altro egli pose in obbli
uale per altro egli pose in obblio essendosi perdutamente innammorato di Sangaride figlia del fiume Sango. Cibele per puni
cesse fare la dolorosa amputazione per averlo sorpreso fra le braccia di una giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse r
per averlo sorpreso fra le braccia di una giovane rivale, e che dopo di ciò lo avesse ricevuto nel numero dei suoi sacerd
lo avesse ricevuto nel numero dei suoi sacerdoti. Tutto ciò che evvi di vero sotto codesta favola, è forse la barbara cos
desta favola, è forse la barbara costumanza che imponeva ai sacerdoti di Cibele lo stesso supplizio, da essa imposto all’i
lo stesso supplizio, da essa imposto all’infido amatore. Nelle feste di Cibele i sacerdoti del culto di lei gemevano e gr
posto all’infido amatore. Nelle feste di Cibele i sacerdoti del culto di lei gemevano e gridavano dolorosamente, forse per
e gridavano dolorosamente, forse per ricordare le crudeli sofferenze di Ati V. Cibele e Sangaride. 668. Atie — Feste in o
i sofferenze di Ati V. Cibele e Sangaride. 668. Atie — Feste in onore di Cibele. 669. Atisio. — Figliuolo di Ercole e di O
aride. 668. Atie — Feste in onore di Cibele. 669. Atisio. — Figliuolo di Ercole e di Onfale. Vi fu anche un altro Atisio u
Atie — Feste in onore di Cibele. 669. Atisio. — Figliuolo di Ercole e di Onfale. Vi fu anche un altro Atisio ucciso da Tid
re conduceva all’altare Ismene. 670. Atlante. — Gigante che fu figlio di Giove e di Climene. La favola finse che suo padre
a all’altare Ismene. 670. Atlante. — Gigante che fu figlio di Giove e di Climene. La favola finse che suo padre l’avesse i
Giove e di Climene. La favola finse che suo padre l’avesse incaricato di reggere il mondo sulle sue spalle. Essendo stato
ndo sulle sue spalle. Essendo stato un giorno avvertito dallo oracolo di tenersi in guardia contro un altro figlio di Giov
avvertito dallo oracolo di tenersi in guardia contro un altro figlio di Giove egli ne fu così afflitto che non volle più
attamento degli altri, del perchè sdegnato Perseo gli mostrò la testa di Medusa e cangiò Atlante in montagna V. Alcione. 6
na V. Alcione. 671. Atlantidi. — Così furono dette le quindici figlie di Atlante e di Pleione. Comunemente si chiamano anc
. 671. Atlantidi. — Così furono dette le quindici figlie di Atlante e di Pleione. Comunemente si chiamano anche Esperidi o
iove era particolarmente adorato, onde è che gli veniva il soprannome di Athuso.. 673. Atreo. — Figlio di Pelopo e d’ Ippo
onde è che gli veniva il soprannome di Athuso.. 673. Atreo. — Figlio di Pelopo e d’ Ippodamia. Per vendicarsi della vergo
. Atridi. — Così furono detti Agamennone Menelao e tutt’i discendenti di Atreo. 675. Atropo. — Una delle Parche. Propriame
no dei cavali che tiravano il carro del sole quando avvenne la caduta di Fetonte. La parola Atteone viene dal Greco αϰτιν-
te. La parola Atteone viene dal Greco αϰτιν-ινος che significa raggio di sole, risplendente luminosa. Atteone era anche il
fica raggio di sole, risplendente luminosa. Atteone era anche il nome di un figliuolo di Autonoe figlia di Cadmo e del cel
ole, risplendente luminosa. Atteone era anche il nome di un figliuolo di Autonoe figlia di Cadmo e del celebre Aristeo. Es
luminosa. Atteone era anche il nome di un figliuolo di Autonoe figlia di Cadmo e del celebre Aristeo. Essendo un giorno al
ccia sorprese Diana e le ninfe che si bagnavano e si mise a spiarle ; di che sdegnata fortemente la Dea lo cangiò in cervo
, Ch’a lui già crescon sopra la cervice Di cervo a poco a poco un par di corna ; Il naso entra nel viso, e la narice Resta
ca vien muso, e guarda in terra. Ovidio. — Metamorf. Libro III trad. di Dell’ Anguillara. e lo fece divorare dai propri
e dai propri cani. Euripide narra che Atteone fosse divorato dai cani di Diana per essersi vantato più esperto di quella D
eone fosse divorato dai cani di Diana per essersi vantato più esperto di quella Dea nell’arte della caccia. Diodoro asseri
Atteone fosse considerato come un empio per aver dispregiato il culto di Diana fino al segno di mangiare della carne che e
to come un empio per aver dispregiato il culto di Diana fino al segno di mangiare della carne che era preparata per un sac
efo. Questo principe divenuto adulto divenne assai caro a Tetraso, re di Misia presso il quale Augea si era del pari ritir
del padre suo. Telefo senza riconoscere sua madre ottenne da Tetraso di sposarla ; ma Augea non volendo divenir la moglie
tenne da Tetraso di sposarla ; ma Augea non volendo divenir la moglie di un ignoto avventuriero stava per ucciderlo, allor
quando lo avesse aiutato a netture le sue stalle dalla gran quantità di letame che infettava l’aria nel suo regno. Ercole
ccise e dette i suoi stati a Fileo suo figlio. 681. Augurio. — Specie di sortilegio che si compiva coll’osservazione del v
ll’osservazione del volo degli uccelli del loro canto e della maniera di cibarsi. Presso i Pagani si diceva ab avium ispec
sia. Servio dice che era questa una piccola isola con un porto capace di contenere 50 vascelli. Fu in qnesto porto che si
esto porto che si riunirono le navi Greche all’epoea della spedizione di Troia. 683. Aulisea. — Soprannome di Minerva che
reche all’epoea della spedizione di Troia. 683. Aulisea. — Soprannome di Minerva che a lei veniva da una parola Greca che
e significa flauto attribuendosi da taluno a quella Dea la invenzione di questo istrumento. 684. Aulone. — Figlio di Tlesi
quella Dea la invenzione di questo istrumento. 684. Aulone. — Figlio di Tlesimene. I Greci lo avevano in molta venerazion
re fino a Danae, della quale poi nacque Perseo. 686. Aurora. — Figlia di Titano e della Terra. Presiedeva alla nascita del
della Terra. Presiedeva alla nascita del giorno e si rappresentava su di un carro di metallo scintillante. Aurora amò tene
Presiedeva alla nascita del giorno e si rappresentava su di un carro di metallo scintillante. Aurora amò teneramente Tito
n carro di metallo scintillante. Aurora amò teneramente Titone figlio di Laomedone, giovane principe celebre per la sua be
a lo rapì, lo sposò e ne ebbe un figlio chiamato Mennone. La passione di Aurora per lui fu così grande che gli propose di
Mennone. La passione di Aurora per lui fu così grande che gli propose di domandarle un pegno della sua tenerezza e ne otte
giunse ad una estrema vecchiezza e allora fu cangiato in cicala. Dopo di lui Aurora amò Cefalo che rapì alla moglie Procri
in Siria ove lo sposò e ne ebbe un figlio. Ben presto però disgustata di lui lo abbandonò per amore di Orione che alla sua
e un figlio. Ben presto però disgustata di lui lo abbandonò per amore di Orione che alla sua volta fu da lei abbandonato p
alla sua volta fu da lei abbandonato per altri. 687. Ausone. — Figlio di Ulisse e di Calipso. Egli andò a stabilirsi in It
ta fu da lei abbandonato per altri. 687. Ausone. — Figlio di Ulisse e di Calipso. Egli andò a stabilirsi in Italia, e da l
e auguri. V. Augurio. 689. Austero. — Vento estremamente caldo figlio di Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figl
Augurio. 689. Austero. — Vento estremamente caldo figlio di Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figliuolo di Eol
aldo figlio di Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figliuolo di Eolo e di Aurora. 690. Autenome. — Fu un’altra de
o di Astreo e di Eribea. Altri scrittori lo fanno figliuolo di Eolo e di Aurora. 690. Autenome. — Fu un’altra delle cinqua
ente su quel posto e ricevette al petto una mortale ferita dall’ombra di Aiace. Autoleone placò lo spettro del guerriero c
così potè vivere dopo una dolorosa malattia. 692. Autolico. — Figlio di Mercurio e di Chione. Egli apprese da suo padre i
ere dopo una dolorosa malattia. 692. Autolico. — Figlio di Mercurio e di Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere di
Figlio di Mercurio e di Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere di ladro col potere di prendere diverse forme. Sisif
di Chione. Egli apprese da suo padre il mestiere di ladro col potere di prendere diverse forme. Sisifo lo scoprì e lo ing
del caso. 694. Automedone. — Conosciuto più comunemente sotto il nome di Automedonte. Cosi si chiamava il cocchiere di Ach
munemente sotto il nome di Automedonte. Cosi si chiamava il cocchiere di Achille, dopo la morte del quale passò ai servigi
ava il cocchiere di Achille, dopo la morte del quale passò ai servigi di Pirro, in qualità di scudiero. 695. Autona. — V.
chille, dopo la morte del quale passò ai servigi di Pirro, in qualità di scudiero. 695. Autona. — V. Autonea. 696. Autonea
udiero. 695. Autona. — V. Autonea. 696. Autonea o Autona. — Fu figlia di Cadmo e madre di Acteone. 697. Autopsia. — Coloro
na. — V. Autonea. 696. Autonea o Autona. — Fu figlia di Cadmo e madre di Acteone. 697. Autopsia. — Coloro che erano in una
stagione sotto la figura d’un bel giovane, avente in mano un canestro di frutta e con ai piedi un cane. 699. Auxo. — Una d
he dua sole. Una Auxo, l’altra Egmona. 700. Aventino. — Uno dei figli di Ercole e della sacerdotessa Rea. Egli combattè co
cole e della sacerdotessa Rea. Egli combattè contro Enea nella guerra di Turno. ….Aventino, de l’invitto Alcide Leggiadro
cudo In memoria del padre, un’idra, cinta Da cento serpi. D’ Ercole e di Rea Sacerdotessa, ascosamente nato Nel bosco d’Av
te nato Nel bosco d’Aventino era costui. Virg. Eneid. lib. VII trad. di A. Caro. 701. Averno. — Palude nella Campania, c
i o Averungani. — Dei che i Romani adoravano particolarmente in tempo di calamità, credendo che fossero potentissimi ad al
— V. Averunci. 706. Axinomanzia, Assinomanzia o Animomanzia. — Specie di magìa nella quale si adoperava una pietra chiamat
quale si adoperava una pietra chiamata Gagale. 707. Axione. — Figlio di Fegeo e fratello di Arfinoe. V. Alcmeone. 708. Ax
una pietra chiamata Gagale. 707. Axione. — Figlio di Fegeo e fratello di Arfinoe. V. Alcmeone. 708. Axuro. — V. Anxuro. 70
Montagna d’ Arcadia consacrata a Cibele, così chiamata da Afan figlio di Arcaso, il primo la cui morte fosse onorata di fu
hiamata da Afan figlio di Arcaso, il primo la cui morte fosse onorata di funebri giuochi. 710. Azesia. — Soprannome di Pro
cui morte fosse onorata di funebri giuochi. 710. Azesia. — Soprannome di Proserpina. 711. Aziache. — Nel promontorio di Az
. Azesia. — Soprannome di Proserpina. 711. Aziache. — Nel promontorio di Azio in Epiro, sorgeva un ricco tempio dedicato a
i si celebravano delle feste in suo onore, alle quali si dava il nome di feste Aziache. Cesare Augusto, dopo di avere scon
re, alle quali si dava il nome di feste Aziache. Cesare Augusto, dopo di avere sconfitto Marc’ Antonio alla battaglia di A
Cesare Augusto, dopo di avere sconfitto Marc’ Antonio alla battaglia di Azio, in ringraziamento ad Apollo rinnovò queste
ad Apollo. — (vedi l’articolo precedente). 713. Azizio. — Soprannome di Marte. 714. Azoni. — Si chiamavano così quegli De
Per breve tempo venne anche adorata dal popolo d’ Israele nel tempio di Samaria. Baal in lingua ebraica vuol dire Signore
nità il sole, così è generale opinione dei mitologi che sotto il nome di Baal si venerasse il sole. Alcuni lo han fatto fi
otto il nome di Baal si venerasse il sole. Alcuni lo han fatto figlio di Nettuno e della regina Lidia, che regnò nell’ Ass
buisce assai comunemente dagli scrittori dell’antichità, l’invenzione di schierare le truppe con quell’ordine che oggi si
nvenzione di schierare le truppe con quell’ordine che oggi si direbbe di attacco. Da ciò forse la voce latina bellum, che
fica guerra. Abbiamo da Erodoto una descrizione bellissima del tempio di Baal in Babilonia, monumento famoso per la sua es
eor. — Dio venerato dagli Arabi con culto particolare, sulla montagna di Peor. Si crede generalmente dagli scrittori che B
 I Fenici lo ritenevano come il più grande dei loro Dei. Nella lingua di quei popoli Baal-Semen significa signore del ciel
gnifica signore del cielo. 722. Baal-Tsefon. — Dio sentinella. I magi di Egitto posero quest’idolo nel deserto, per impedi
Baaltide. — Divinità dei Fenicii, adorata particolarmente nella città di Biblo. Era ritenuta come moglie di Saturno da cui
dorata particolarmente nella città di Biblo. Era ritenuta come moglie di Saturno da cui non ebbe che delle figliuole È la
iuole È la luna, ossia la Diana dei Greci. 724. Babelle. — È opinione di non pochi scrittori dell’antichità, che la famosa
È opinione di non pochi scrittori dell’antichità, che la famosa Torre di Babelle o di Babilonia ; (la quale potevasi in ef
non pochi scrittori dell’antichità, che la famosa Torre di Babelle o di Babilonia ; (la quale potevasi in effetti conside
725. Babia. — Dea venerata nella Siria e particolarmente nella città di Damaso, ove veniva adorata come dea della giovent
a come dea della gioventù ; forse perchè generalmente si dava il nome di Babia ai fanciulli. 726. Babilonia. — Antica e gr
nelle sue mura ; le quali ebbero duecento piedi d’altezza e cinquanta di larghezza. Non meno celebri si resero gli abitato
za e cinquanta di larghezza. Non meno celebri si resero gli abitatori di Babilonia, per la loro sfrenata libidine, che arr
lonia, per la loro sfrenata libidine, che arrivò al suo maggior punto di corruttela, sotto la famosa regina Semiramide. S
maggior punto di corruttela, sotto la famosa regina Semiramide. Son di Circe, o Babel, gl’incaut tuoi : Quella diede agl
Son di Circe, o Babel, gl’incaut tuoi : Quella diede agli eroi forma di porci, Ed a’ porci tu dai forme d’eroi. Le leggi
iù vili, e più spilorci. Salvator Rosa. — Satira quinta. La prima di color, di cui novelle Tu vuoi saper, mi disse que
più spilorci. Salvator Rosa. — Satira quinta. La prima di color, di cui novelle Tu vuoi saper, mi disse quegli allott
di cui novelle Tu vuoi saper, mi disse quegli allotta, Fu imperadrice di molte favelle. A vizio di lussuria fu si rotta, C
er, mi disse quegli allotta, Fu imperadrice di molte favelle. A vizio di lussuria fu si rotta, Che libito fè lecito in sua
sua legge, Per torre il biasmo in che era condotta. Ell’è Semiramis, di cui si legge Che succedette a Nino, e fu sua spos
e. Dante Inf. Canto V. Tutta la città si estendeva per un circuito di sessanta miglia, ed ebbe cento porte. Ciro, re de
ani, edificò in Egitto una città, alla quale dette similmente il nome di Babilonia. 727. Babiso. — Fratello di Marfiaso. A
quale dette similmente il nome di Babilonia. 727. Babiso. — Fratello di Marfiaso. Apollo, volendo trattarlo come il frate
o, volendo trattarlo come il fratello, gli fece grazia alla preghiera di Pallade. 728. Baccanali. — Feste o misteri che si
allade. 728. Baccanali. — Feste o misteri che si celebravano in onore di Bacco, nei quali si commettevano ogni sorta di di
i celebravano in onore di Bacco, nei quali si commettevano ogni sorta di dissolutezze e di bestiale libidine. I Greci chia
nore di Bacco, nei quali si commettevano ogni sorta di dissolutezze e di bestiale libidine. I Greci chiamavano anche quest
queste cerimonie Dionisiache da Dionisio, che era uno dei soprannomi di Bacco. In Atene la ricorrenza e celebrazione di q
ra uno dei soprannomi di Bacco. In Atene la ricorrenza e celebrazione di questi misteri bacchici, era tenuta in così grand
istrato speciale per regolare la forma, l’ordinanza e la celebrazione di tali feste. In Italia da principio i baccanali si
volta il mese. In Roma furono introdotte la prima volta da un greco, di cui la storia non conserva altro ricordo. Oscuro
olta da un greco, di cui la storia non conserva altro ricordo. Oscuro di nascita, fu pessimo di costumi, ed il suo nome an
i la storia non conserva altro ricordo. Oscuro di nascita, fu pessimo di costumi, ed il suo nome andò perduto nella notte
o alla dea Simula o Stimula : però la unione dei due sessi fu cagione di gravi disordini, onde il Senato Romano annullò ne
u cagione di gravi disordini, onde il Senato Romano annullò nell’anno di Roma 568, la celebrazione di questi sconci e sang
onde il Senato Romano annullò nell’anno di Roma 568, la celebrazione di questi sconci e sanguinosi misteri, e da quell’ep
e d’ Italia. 729. Baccanti. — Si chiamavano così quelle donne, specie di seguaci del culto di Bacco, le quali lo seguirono
canti. — Si chiamavano così quelle donne, specie di seguaci del culto di Bacco, le quali lo seguirono alla conquista delle
rante la celebrazione dei baccanali, esse, appena coperte d’una pelle di tigre, tutte scapigliate, con in mano delle torce
capigliate, con in mano delle torce accese, facevano rintronar l’aria di grida assordanti, e poi si abbandonavano alle più
abbandonavano alle più turpi dissolutezze. 730. Bacchemone. — Figlio di Perseo e di Andromeda. 731. Baccheo-Toro o Bagi-T
no alle più turpi dissolutezze. 730. Bacchemone. — Figlio di Perseo e di Andromeda. 731. Baccheo-Toro o Bagi-Toro. — Così
era consacrato al sole e adorato con particolare venerazione. Il pelo di questo animale cresceva ricadendo in senso contra
i. 732. Bacchiade. — Famiglia Corintia, così detta da Bacchia, figlia di Bacco, dalla quale essa pretendeva discendere. Qu
Sicilia. 733. Bacchiadi. — Denominazione che si dava agli antichi re di Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebber
nazione che si dava agli antichi re di Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebbero il governo di quella città. Veni
i re di Corinto, i quali per lo spazio di 230 anni, ebbero il governo di quella città. Veniva loro dato cosiffatto nome di
, ebbero il governo di quella città. Veniva loro dato cosiffatto nome di Bacchiadi, perchè un’antica tradizione della loro
ca tradizione della loro famiglia, li faceva discendere da una figlia di Bacco. (Vedi l’articolo precedente). 734. Bacco. 
a figlia di Bacco. (Vedi l’articolo precedente). 734. Bacco. — Figlio di Giove e di Semele. Discorde è l’opinione degli sc
Bacco. (Vedi l’articolo precedente). 734. Bacco. — Figlio di Giove e di Semele. Discorde è l’opinione degli scrittori del
mele. Discorde è l’opinione degli scrittori dell’antichità, sul conto di questo dio, volendosi da diversi che fosse figliu
tà, sul conto di questo dio, volendosi da diversi che fosse figliuolo di Proserpina. Cicerone conta fino a cinque dii di q
i che fosse figliuolo di Proserpina. Cicerone conta fino a cinque dii di questo nome ; ed è perciò che la grande generalit
ande generalità degli autori non si accorda sulla favolosa tradizione di lui. Però l’opinione più comunemente accettata è
è la seguente. Giunone, sempre gelosa e sdegnata contro le concubine di Giove, per vendicarsi di Semele, le consigliò, me
sempre gelosa e sdegnata contro le concubine di Giove, per vendicarsi di Semele, le consigliò, mentre questa era incinta,
e, per vendicarsi di Semele, le consigliò, mentre questa era incinta, di chiedere al divino suo amante di mostrarsi a lei
onsigliò, mentre questa era incinta, di chiedere al divino suo amante di mostrarsi a lei in tutto lo splendore della sua g
ale ; ciò che ella ottenne da lui, dopo replicate repulse. Ma i raggi di cui era circondato il dio, e il folgorante baglio
se. Ma i raggi di cui era circondato il dio, e il folgorante bagliore di quelli, incendiò la dimora di Semele, ed ella ste
ondato il dio, e il folgorante bagliore di quelli, incendiò la dimora di Semele, ed ella stessa mori, ravvolta nelle fiamm
a che Semele fosse del tutto spirata, per salvare la vita del figlio, di cui la disgraziata era incinta, estrasse il picco
l corpo era imperfetto Dell’infelice donna che s’accese. Che dal seme di Giove avea concetto, Del ventre ch’aprir fece, il
, e ne die cura Ad Ino, una sua zia, che cura n’ebbe, La qual, sebben di Gluno avea paura. Non mancò al nipotin di quel ch
ura n’ebbe, La qual, sebben di Gluno avea paura. Non mancò al nipotin di quel che debbe : Alle ninfe Niselde il diè di not
a. Non mancò al nipotin di quel che debbe : Alle ninfe Niselde il diè di notte, Ch’ascoso il nutrir poi nelle lor grotte.
nutrir poi nelle lor grotte. Ovidio. — Metamorfosi. Libro III trad. di Dell’ Anguillara. Quando il tempo della sua nasc
eo, per essersi opposto alle solenni oscenità dei suoi riti ; trionfò di tutt’i suoi nemici, ed uscì sempre vincitore dai
ai mortali pericoli a cui lo esponeva del continuo l’implacabile odio di Giunone ; dappoichè questa Dea non si limitava so
chè questa Dea non si limitava solamente a vendicarsi delle concubine di suo marito, ma faceva ricadere le sue terribili v
ielo, Bacco, trasformato in leone, combattè coraggiosamente al fianco di suo padre e fu ritenuto dopo Giove come il più po
lta a cavalcioni d’una botte con una coppa nelle mani e inghirlandolo di pampini ; talvolta su di un carro tirato da tigri
tte con una coppa nelle mani e inghirlandolo di pampini ; talvolta su di un carro tirato da tigri o da pantere ; e spesso
n carro tirato da tigri o da pantere ; e spesso finalmente circondato di amori, di baccanti e di satiri, e con un tirso ne
rato da tigri o da pantere ; e spesso finalmente circondato di amori, di baccanti e di satiri, e con un tirso nelle mani,
o da pantere ; e spesso finalmente circondato di amori, di baccanti e di satiri, e con un tirso nelle mani, in atto di far
di amori, di baccanti e di satiri, e con un tirso nelle mani, in atto di far scaturire del vino da una fontana. Questo fu
e a sostegno delle nostre vite. Ovidio. — Metamorfosi Lib. III trad. di dell’ Anguillara. Fra i molti animali che si sac
tare che il vino fa parlare indiscretamente. A maggiore delucidaziene di questo personaggio della cronaca mitologica, noi
chi dei nostri lettori un parallelo storico, che, secondo le opinioni di alcuni fra i più rinomati scrittori della Favola,
come il Vossio, il P. Tomasino e Mons. Huet, emerge dalla simiglianza di Bacco, divinità pagana, e la sacra e biblica figu
la simiglianza di Bacco, divinità pagana, e la sacra e biblica figura di Mosè, il legislatore d’ Israello. Questo parallel
o ora all’attenzione dei nostri lettor, gioverà allo strenuo sviluppo di una delle idee informatrici di questo lavoro ; qu
lettor, gioverà allo strenuo sviluppo di una delle idee informatrici di questo lavoro ; quella cioè, della esistenza non
ici in tutte le religioni, miti che noi dicemmo propri ed individuali di esse, ma della trasmissione, o direm quasi della
losa. Giove stesso gli fece da madre. Fu ritrovato esposto nell’isola di Nasso, e questa congiuntura di essere salvato dal
madre. Fu ritrovato esposto nell’isola di Nasso, e questa congiuntura di essere salvato dalle acque gli fece dare. Il nome
esta congiuntura di essere salvato dalle acque gli fece dare. Il nome di Misas che vuol dire appunto, salvato dalle onde.
passò il Mar Rosso seguito, più che da un’armala, da un popolo intero di uomini, di donne, di fanciulli, di animali, ecc :
r Rosso seguito, più che da un’armala, da un popolo intero di uomini, di donne, di fanciulli, di animali, ecc : e mosse al
guito, più che da un’armala, da un popolo intero di uomini, di donne, di fanciulli, di animali, ecc : e mosse alla conquis
da un’armala, da un popolo intero di uomini, di donne, di fanciulli, di animali, ecc : e mosse alla conquista delle Indie
e corna e lo raffigura con un tirso fra le mani. Bacco fu allevato su di una montagna chiamata Nisa. MOSÈ nativo anch’egli
del Nilo, anch’egli fu salvato dalle onde, e da ciò gli viene il nome di Moisè perchè nella lingua Egiziana mo vuol dire a
seguiva, alla Terra Promessa. A Mosè splendono sulla fronte due raggi di luce e ha fra le mani la verga miracolosa, che op
prodigii soprannaturali. Mosè passò quaranta giorni sul monte Sinai, di cui la parola Nisa è in qualche modo l’anagramma.
 V. Baccheo-Toro. 737. Bagoe. — Ninfa che insegnò agli Etrurii l’arte di predire il futuro, dallo strisciare delle folgori
e Bagoe fosse la stessa che la sibilla Eritrea. 738. Balana. — Figlia di una ninfa Amadriade e di Ossilo, il quale ebbe ot
he la sibilla Eritrea. 738. Balana. — Figlia di una ninfa Amadriade e di Ossilo, il quale ebbe otto figliuole femmine. 739
, dea del libertinaggio, aveva dei sacerdoti conosciuti sotto il nome di Bali, i quali si resero celebri per le loro infam
attirò loro la vendetta della stessa dea Cotitto. 740. Ballo. — Nome di uno dei cavalli di Achille. Omero dice che erano
detta della stessa dea Cotitto. 740. Ballo. — Nome di uno dei cavalli di Achille. Omero dice che erano immortali e figli d
di uno dei cavalli di Achille. Omero dice che erano immortali e figli di Zeffìro. 741. Bapto. — Uno dei sacerdoti Bali del
i di Zeffìro. 741. Bapto. — Uno dei sacerdoti Bali della dea Cotitto, di cui si celebravano le cerimonie durante la notte,
etto dei dadi. 743. Barbata. — Soprannome dato a Venere, che, sebbene di rado, veniva rappresentata con la barba, per dino
quali erano solamente sottomessi ai Druidi. 745. Basilea. — Figliuola di Urano e di Titea e sorella dei Titani. Si crede c
solamente sottomessi ai Druidi. 745. Basilea. — Figliuola di Urano e di Titea e sorella dei Titani. Si crede che sia la s
itani, gelosi della preferenza ottenuta da Iperione, uccisero i figli di Basilea, la quale impazzì pel dolore e con le chi
n le chiome disciolte, ballando e gridando, corse per le vie empiendo di compassione quanti la videro. Taluno si azzardò a
zò degli altari alla sua regina, e le offerì sacrificii allo strepito di tamburi e di timballi, in memoria di quanto era a
ri alla sua regina, e le offerì sacrificii allo strepito di tamburi e di timballi, in memoria di quanto era avvenuto. 746.
offerì sacrificii allo strepito di tamburi e di timballi, in memoria di quanto era avvenuto. 746. Basillisa. — I Tarantin
a vendemmialore. 748. Bassaridi. — Si chiamavano così le sacerdotesse di Bacco, più comunemente Baccanti. 749. Batea. — Fi
sacerdotesse di Bacco, più comunemente Baccanti. 749. Batea. — Figlia di Teceuro e moglie di Dardano. 750. Batone. — Fu il
o, più comunemente Baccanti. 749. Batea. — Figlia di Teceuro e moglie di Dardano. 750. Batone. — Fu il cocchiere di Anfiar
Figlia di Teceuro e moglie di Dardano. 750. Batone. — Fu il cocchiere di Anfiareo, a cui dopo la morte furono resi gli ono
asciò tentare, palesò il tutto, e Mercurio allora lo cangiò in pietra di paragone, la stessa che si adoperava per provare
o, che la tradizione mitologica ci ricorda come fondatore della città di Cirene, nella quale, dopo la morte, fu adorato co
enchè lenta. Mossa dalla pietà, dal santo aspetto. Cercò farla restar di sè contenta : E del vin, che nel suo povero tetto
de e con amor le pose innanzi. Ovidio. — Metamorfosi. Libro V. Trad. di Dell’ Anguillara. 753. Bauci. — Era una povera e
furono i soli che li ospitarono. Per ricompensarli, Giove ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro
he li ospitarono. Per ricompensarli, Giove ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro tutti gli abita
er ricompensarli, Giove ordinò loro di seguirlo su di una montagna, e di là mostrò loro tutti gli abitanti della borgata,
meno la piccola panna, la quale era divenuta un tempio. Giove promise di conceder loro tutto che avessero dimandato ; ed e
er loro tutto che avessero dimandato ; ed essi altro non chiesero che di essere i ministri di quel tempio, e di non morire
ssero dimandato ; ed essi altro non chiesero che di essere i ministri di quel tempio, e di non morire l’uno senza dell’alt
ed essi altro non chiesero che di essere i ministri di quel tempio, e di non morire l’uno senza dell’altra. I loro voti fu
omporta lor la nova vesta. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VIII trad. di Dell’Anguillara. 754. Bebrici, — Popoli che sort
o dalla Tracia, per andarsi a stabilire nella Bitinia. Sotto pretesto di dare dei pubblici giuochi, essi, al dire di Lucan
a Bitinia. Sotto pretesto di dare dei pubblici giuochi, essi, al dire di Lucano, attiravano nelle foreste gran quantità di
ochi, essi, al dire di Lucano, attiravano nelle foreste gran quantità di spettatori e poi ne facevano un orrendo massacro.
va tendere l’infame tranello. 755. Beechi. — Gli abitanti della città di Mendes nell’Egitto, avevano in grande venerazione
izii poichè rappresentavano il loro dio Pane con la faccia e le gambe di becco, sotto il cui simbolo essi adoravano in lui
essi adoravano in lui il principio fecondatore della natura. Al dire di Pausania il becco era la cavalcatura ordinaria di
lla natura. Al dire di Pausania il becco era la cavalcatura ordinaria di Venere, poichè secondo il citato scrittore, la Ve
rappresentata a cavallo d’un becco terrestre, e la Venere del mare su di un becco marino. 756. Beelfegob. — V. Baal-Fegor.
el. — Il Giove dei Caldei, il quale, secondo la tradizione mitologica di quei popoli, aveva un tempio ove tutto era tenebr
la terra deserta ed inabitata, avesse imposto ad uno degli Dei minori di tagliare la propria testa, di mischiare il suo sa
avesse imposto ad uno degli Dei minori di tagliare la propria testa, di mischiare il suo sangue con la terra, e formarne
le, presso tutt’i popoli dell’antichità, conserva sempre qualche cosa di egualmente costante nella similitudine dell’idea
enominati il buono ed il cattivo genio ; Belbuc con la significazione di dio bianco e Zeomeeuc con quella di dio nero. 760
io ; Belbuc con la significazione di dio bianco e Zeomeeuc con quella di dio nero. 760. Beleno. — Gli abitanti della città
de le varie iscrizioni che sono state dissotterrate nelle circostanze di quell’antica città. Grutero fu il primo a pubblic
ca città. Grutero fu il primo a pubblicare una raccolta preziosissima di queste iscrizioni, le quali inseguito vennero par
te da M. della Torre, nella sua opera delle Antichità d’Anzio, e poro di poi dal canonico Bartoli, nelle Antichità di Aqui
ntichità d’Anzio, e poro di poi dal canonico Bartoli, nelle Antichità di Aquilea. Beleno presso i Galli era il nome col qu
tucadi. — V. Belatucadua. 762. Belidi. — Così avean nome le figliuole di Danao, conosciute comunemente sotto il nome di Da
vean nome le figliuole di Danao, conosciute comunemente sotto il nome di Danaidi. Veniva loro dato talvolta il nome di Bel
munemente sotto il nome di Danaidi. Veniva loro dato talvolta il nome di Belidi da Belo loro zio paterno. Belide era anche
Baal-Fegor. 766. Bellero. — Detto più comunemente Pireno. Fu fratello di Bellerofonte. 767. Bellino. — Soprannome che gli
iù grandi sacrifizii e le più sontuose feste. 768. Bellona. — Sorella di Marte e dea della guerra. Al dire di Virgilio, er
e feste. 768. Bellona. — Sorella di Marte e dea della guerra. Al dire di Virgilio, era essa che allestiva il carro e i cav
rra. Al dire di Virgilio, era essa che allestiva il carro e i cavalli di Marte, quando questi moveva alla battaglia. Secon
oi capelli sparsi e con gli occhi truci. 769. Bellonarii. — Sacerdoti di Bellona. Essi celebravano i riti e le feste di qu
ellonarii. — Sacerdoti di Bellona. Essi celebravano i riti e le feste di questa dea, pungendosi il corpo con le spade, e o
va i Bellonarii in grande considerazione. 770. Bellorofonte. — Figlio di Glauco re di Epiro. Un giorno essendo alla caccia
ii in grande considerazione. 770. Bellorofonte. — Figlio di Glauco re di Epiro. Un giorno essendo alla caccia uccise inavv
al suo onore. Preto, per non violare il diritto delle genti, non puni di sua mano Bellorofonte, ma lo mandò in Licia con u
rofonte, ma lo mandò in Licia con una lettera diretta a Lobate, padre di Antea, rimettendo a quest’ultimo la cura di far m
a diretta a Lobate, padre di Antea, rimettendo a quest’ultimo la cura di far morire il presentatore. Bellorofonte, giunto
r morire il presentatore. Bellorofonte, giunto nella Licia, avvertito di quanto si tremava contro di lui, montò il cavallo
llorofonte, giunto nella Licia, avvertito di quanto si tremava contro di lui, montò il cavallo Pegaseo, ed uccise la Chime
imera, mostro che Lobate gli avea ordinato combattere nell’intenzione di farlo morire. Gli furono inoltre suscitati contro
one di farlo morire. Gli furono inoltre suscitati contro una infinità di nemici dei quali egli trionfò sempre, rimanendo,
ali egli trionfò sempre, rimanendo, per valore e destrezza, vincitore di tutt’i pericoli ai quali lo si esponeva per vende
almente provatasi la sua innocenza, Bellorofonte sposò Filonea figlia di Lobate, la quale questi gli concesse in premio de
e eroiche azioni e della immeritata persecuzione. 771. Belo. — Figlio di Nettuno e di Libia, e re degli Assiri. Si rendeva
oni e della immeritata persecuzione. 771. Belo. — Figlio di Nettuno e di Libia, e re degli Assiri. Si rendevano gli onori
alla sua statua, che venne poi adorata anche dai Caldei sotto il nome di Baal. Vi fu anche un altro Belo che fu padre di D
Caldei sotto il nome di Baal. Vi fu anche un altro Belo che fu padre di Danao re d’Egitto. Belo fu similmente il nome di
ro Belo che fu padre di Danao re d’Egitto. Belo fu similmente il nome di un re di Tiro e della Fenicia, che fu padre di Pi
he fu padre di Danao re d’Egitto. Belo fu similmente il nome di un re di Tiro e della Fenicia, che fu padre di Pigmalione
fu similmente il nome di un re di Tiro e della Fenicia, che fu padre di Pigmalione e d’Elissa, soprannominata Didone. Bel
li le innalzarono un tempio che fu il più ricco, sontuoso e magnifico di tutti i tempi del Paganesimo. La tradizione favol
pi del Paganesimo. La tradizione favolosa ricorda che la famosa Torre di Babele non avendo potuto servire al disegno di co
da che la famosa Torre di Babele non avendo potuto servire al disegno di coloro che l’intrapresero, fu convertita nel temp
ire al disegno di coloro che l’intrapresero, fu convertita nel tempio di Belo. I re di Babilonia tutti l’abbellirono e l’a
di coloro che l’intrapresero, fu convertita nel tempio di Belo. I re di Babilonia tutti l’abbellirono e l’arricchirono su
cessivamente d’immensi tesori. Serse, al ritorno della funesta guerra di Grecia, lo demoli interamente senza rimanerne ves
ata a questo dio perchè la sua statua, sempre sanguinosa, era coperta di mosche. 773. Bendide. — Divinità dei Tracii. Era
che la Diana dei Greci e dei Romani. 774. Bendidie. — Feste in onore di Diana Bendide, le quali avevano molta somiglianza
lebrate nella città Pirea, presso Atene. 775. Benilucio. — Soprannome di Giove da un luogo presso Flavigni nella Borgogna,
un luogo presso Flavigni nella Borgogna, dove fu ritrovata una statua di questo dio, rappresentato sotto la figura d’un gi
e fosse qualche eroe dell’antica Roma. 777. Bergioso. — Uno dei figli di Nettuno che fu ucciso da Ercole. 778. Berecinta o
contrada vi era un monte chiamato Berecinto. 781. Berenice. — Moglie di Tolomeo Evergete, la quale aveva una magnifica ca
tura, che ella recise ed offrì agli dei, per la prosperità delle armi di suo marito. Tolomeo fu profondamente commosso da
armi di suo marito. Tolomeo fu profondamente commosso da questa prova di attaccamento, per modo che, qualche giorno dopo,
one o Conon, prese da ciò occasione per insinuarsi nelle buone grazie di Tolomeo e di Berenice, sostenendo che i capelli d
prese da ciò occasione per insinuarsi nelle buone grazie di Tolomeo e di Berenice, sostenendo che i capelli di lei fossero
nelle buone grazie di Tolomeo e di Berenice, sostenendo che i capelli di lei fossero stati trasportati in cielo. Tutti pre
arono fede a quanto asseriva Conone, e da quel tempo si dette il nome di chioma di Berenice alle sette stelle, che formano
a quanto asseriva Conone, e da quel tempo si dette il nome di chioma di Berenice alle sette stelle, che formano la costel
del Berenicèo vertice chioma Chiaro fulgente……. Catullo. — La chioma di Berenice. trad. di Ugo Foscolo 782. Beroe. — Ve
ce chioma Chiaro fulgente……. Catullo. — La chioma di Berenice. trad. di Ugo Foscolo 782. Beroe. — Vecchia donna d’Epida
enice. trad. di Ugo Foscolo 782. Beroe. — Vecchia donna d’Epidauro, di cui Giunone prese la figura per ingannare Semele,
io letto ? In queste mura Una figlia del tempo, una mortale, Un atomo di polve osa rapirmi Dalle braccia il Tonante ? Inca
ia il Tonante ? Incatenarlo Nel poter de’suoi vezzi ?….. …………… ……… or di terrene Sembianze, o mia divinità, ti cela. Schi
Sembianze, o mia divinità, ti cela. Schiller. — Semele Traged. trad. di A. Maffei. Non pria da se la dea la nube sgombr
ged. trad. di A. Maffei. Non pria da se la dea la nube sgombra. Che di forma senil tutta si veste : Fa bianco il crin, d
nube sgombra. Che di forma senil tutta si veste : Fa bianco il crin, di color morto adombra Il volto, e crespe fa le guan
ella veste Dà, ch’una vecchia balia oggi usa ed ave, Che tien del cor di Semele la chiave. Ovidio. — Metamorf. libro III.
en del cor di Semele la chiave. Ovidio. — Metamorf. libro III. trad. di Dell’Anquillara. Vi fu un’altra Beroe figlia del
i Dell’Anquillara. Vi fu un’altra Beroe figlia dell’Oceano e sorella di Elio. 783. Besa. — Divinità Egiziana, particolarm
 — Soprannome dei Coribanti, sacerdoti che presero cura dell’infanzia di Giove. 785. Bettille. — Così venivano nominate al
minate alcune pietre, che si credevano animate e dotate della facoltà di dare degli oracoli. Erano rotonde e di media gran
animate e dotate della facoltà di dare degli oracoli. Erano rotonde e di media grandezza. In Grecia era generale credenza
e credenza che la pietra detta Abadir, divorata da Saturno, fosse una di queste. Boccart, nelle sue opere, trae l’origine
elle sue opere, trae l’origine delle Bettille dalla pietra misteriosa di Giacobbe sulla quale mentre egli riposava, ebbe u
ale mentre egli riposava, ebbe una visione. È questo il famoso altare di Betel di cui facemmo menzione nello studio prelim
e egli riposava, ebbe una visione. È questo il famoso altare di Betel di cui facemmo menzione nello studio preliminare che
io preliminare che precede questo ristretto. 786. Beza. — Nella città di Abide posta all’estrema punta della Tebaide, vi e
ttà di Abide posta all’estrema punta della Tebaide, vi era un oracolo di questa divinità, che rispondeva per mezzo di alcu
baide, vi era un oracolo di questa divinità, che rispondeva per mezzo di alcuni biglietti suggellati. La tradizione raccon
radizione racconta che furono spediti all’imperatore Costanzo, alcuni di questi biglietti, trovati nel tempio del dio Beza
tto fare un minuto ed accurato esame, facesse incarcerare buon numero di persone. Forse in quei biglietti era rivelato un
e. Forse in quei biglietti era rivelato un qualche importante segreto di stato, e le fila di una cospirazione. 787. Bianor
lietti era rivelato un qualche importante segreto di stato, e le fila di una cospirazione. 787. Bianor. — Detto anche Oeno
le fila di una cospirazione. 787. Bianor. — Detto anche Oeno, figlio di Tiberisa e di Manto : egli fondò la città di Mant
a cospirazione. 787. Bianor. — Detto anche Oeno, figlio di Tiberisa e di Manto : egli fondò la città di Mantova, alla qual
Detto anche Oeno, figlio di Tiberisa e di Manto : egli fondò la città di Mantova, alla quale dette questo nome in memoria
li fondò la città di Mantova, alla quale dette questo nome in memoria di quello del padre suo. Vi fu anche un principe Tro
o bibere che significa bere, ed edere, mangiare. 789. Bibli. — Figlia di Mileto e della Ninfa Ciane. Innamoratasi perdutam
li. — Figlia di Mileto e della Ninfa Ciane. Innamoratasi perdutamente di Cauno, suo fratello, nè avendo potuto piegarlo al
n puri irriga e liquidi cristalli. Ovidio Metamorfosi libro IX trad. di Dell’Anguillara. 790. Biblosa o Bibio. — Città d
ittà della Fenicia, ove Venere aveva un tempio : da ciò il soprannome di Biblosa a quella dea, e più comunemente quello di
a ciò il soprannome di Biblosa a quella dea, e più comunemente quello di Biblia. 791. Bibratte. — Antica città degli Eduen
uello di Biblia. 791. Bibratte. — Antica città degli Edueni, che oggi di si crede essere la stessa conosciuta sotto il nom
dueni, che oggi di si crede essere la stessa conosciuta sotto il nome di Autim. È generale credenza che un tal nome fosse
i sagrificava un agnella ; ed il luogo divenuto sacro, veniva recinto di una palizzata, per impedire che vi si caminasse.
96. Bieunio. — Uno dei sacerdoti Coribanti o Cureti, che presero cura di Giove. Da questo Bieunio si dà talvolta questo so
segnato da una bilancia, che la tradizione favolosa dice esser quella di Astrea, dea della giustizia, la quale al comincia
lla di Astrea, dea della giustizia, la quale al cominciare del secolo di ferro abbandonò la terra. 799. Bimatere. — Ossia
andonò la terra. 799. Bimatere. — Ossia che ha due madri : soprannome di Bacco a cui Giove fece da madre dopo la morte di
e madri : soprannome di Bacco a cui Giove fece da madre dopo la morte di Semele. — V. Bacco. 800. Bipennifero. — Così veni
Tracia. Alcuni scrittori dicono che tal nome gli venisse dalla scure di cui egli si servì per recidersi le gambe. È quest
mbe. È questa una opinione poco accreditata. 801. Bisalpisa. — Figlia di Bisalto ; fu una delle mogli di Nettuno. Più comu
accreditata. 801. Bisalpisa. — Figlia di Bisalto ; fu una delle mogli di Nettuno. Più comunemente è conosciuta sotto il no
na delle mogli di Nettuno. Più comunemente è conosciuta sotto il nome di Teofane. 802. Biscia. — Rettile consacrato a Dian
rticolarmente a quella dea, la quale per vendicarsi suscitò nel campo di lui una terribile pestilenza e ottenne da Eolo la
za e ottenne da Eolo la sospensione dei venti, onde impedire ai Greci di andare a Troia. Tutte queste sventure durarono fi
ale, si dice, Diana salvasse. I Troiani anch’essi uccisero una biscia di Diana, e ciò fu causa della disastrosa guerra che
che essi dovettero sostenere contro i Rutuli. 803. Bistone. — Figlio di Marte e di Calliroe. Edificò una città della Trac
ovettero sostenere contro i Rutuli. 803. Bistone. — Figlio di Marte e di Calliroe. Edificò una città della Tracia, a cui d
4. Bistonidi. — Donne della Tracia e probabilmente della stessa città di cui è menzione nell’articolo precedente. Orazio d
acia cra dinotato con questo soprannome. 806. Bisultore. — Soprannome di Marte, che significa due volle vendicatore. 807.
che significa due volle vendicatore. 807. Bitia. — Troiano, fratello di Pandaro e seguace di Enea. 808. Bittone. — Fratel
lle vendicatore. 807. Bitia. — Troiano, fratello di Pandaro e seguace di Enea. 808. Bittone. — Fratello di Cleobe. Entramb
iano, fratello di Pandaro e seguace di Enea. 808. Bittone. — Fratello di Cleobe. Entrambi si resero celebri per la pietà v
eroici. Erodoto racconta che dovendo la madre loro recarsi al tempio di Giunone su di un carro tirato da buoi, questi ani
to racconta che dovendo la madre loro recarsi al tempio di Giunone su di un carro tirato da buoi, questi animali tardarono
fare aspettare la madre tirarono essi stessi il carro per uno spazio di 45 stadii di terreno. Giunti al tempio, tutti gli
re la madre tirarono essi stessi il carro per uno spazio di 45 stadii di terreno. Giunti al tempio, tutti gli astanti feli
orte come il sommo dei beni a cui l’uomo possa agognare. Gli abitanti di Argos, ove accadde l’evento eressero a Bittone e
’evento eressero a Bittone e Cleobe due statue, che posero nel tempio di Delfo. 809. Bizeno. — Figlio di Nettuno. Egli si
obe due statue, che posero nel tempio di Delfo. 809. Bizeno. — Figlio di Nettuno. Egli si rese celebre per la estrema fran
e gli Ateniesi celebravano in commemorazione d’una vittoria, nel mese di agosto, a cui nella lingua d’Atene si dava il nom
toria, nel mese di agosto, a cui nella lingua d’Atene si dava il nome di βονδρομιον. Queste feste prendevano il nome da βο
o a Saturno. 813. Bolina. — Ninfa che per sottrarsi alle persecuzioni di Apollo si precipitò in mare. Il nume, mosso a com
compassione, la salvò e la rese immortale. 814. Bolomancia. — Specie di divinazione che si eseguiva con delle frecce. Eze
che si eseguiva con delle frecce. Ezechiello ne fa menzione parlando di Nabuccodonosor. 815. Boopide. — Dal greco Βους, b
817. Borea. — Vento del settentrione : la favola lo fa essere figlio di Astrea e di Eribeo. La tradizione mitologica racc
 — Vento del settentrione : la favola lo fa essere figlio di Astrea e di Eribeo. La tradizione mitologica racconta che app
ne mitologica racconta che appena divenuto adulto rapì Oritia, figlia di Oricteo, dalla quale ebbe due figli Calaide e Zet
la preda al patrio albergo. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VI. trad. di Dell’Anguillara. Gli abitanti di Megalopoli lo a
o. — Metamorfosi. — Libro VI. trad. di Dell’Anguillara. Gli abitanti di Megalopoli lo avevano in grande venerazione e gli
gli rendevano onori divini. Egli si trasformò in cavallo e per mezzo di questa metamorfosi procurò a Dardano 12 poledri,
ledri, i quali correvano con tanta velocità che sorpassavano un campo di spighe senza curvarle, e traversavano la superfic
i teneri puledri allegre madri Le convalli pascean. Innamorossi Borea di loro, e di destrier morello Presa la forma, alqua
ledri allegre madri Le convalli pascean. Innamorossi Borea di loro, e di destrier morello Presa la forma, alquante ne comp
e volavano de’flutti Senza toccarli……… Omero Iliade — Libro XX trad. di Vinc. Monti I Poeti dipingono Borea con le ali
piedi ed alle spalle per mostrare, la sua leggerezza e con la figura di un uomo giovane avvolto in un mantello. 818. Bore
ne avvolto in un mantello. 818. Boreadi. — Nome patronimico dei figli di Borea. 819. Boschi sacri. — I pagani avevano in g
 I pagani avevano in grande venerazione le foreste : non v’era tempio di qualche importanza che non avesse un bosco consac
egualmente logico che lo stesso Iddio proibisse per sempre la nascita di un uomo in uno dei suoi sacri recinti. Lo stesso
n uno dei suoi sacri recinti. Lo stesso autore fa similmente menzione di un bosco sacro dedicato ad Apollo nell’isola di C
a similmente menzione di un bosco sacro dedicato ad Apollo nell’isola di Claro ; ove non fu mai ritrovato un animale velen
cevano tranquillamente l’erbe del bosco. 820. Branchide. — Soprannome di Apollo che a lui veniva da un tempio che egli fec
Apollo che a lui veniva da un tempio che egli fece innalzare in onore di un giovanetto per nome Branco, che quel nume ebbe
o, che quel nume ebbe estremamente caro durante la vita : i sacerdoti di quel tempio furono detti Branchidi. 821. Braurona
ona. — Città dell’Attica, ove Ifigenia trasportò da Tauride la statua di Diana, la quale venne deposta in un tempio fabbri
abbricato da Oreste. Ifigenia fu la più celebrata fra le sacerdotesse di questo tempio, ove dopo la sua morte, le furono r
morte, le furono resi gli onori divini. 822. Brauronia. — Soprannome di Diana che le veniva da un tempio ch’ella aveva ne
rannome di Diana che le veniva da un tempio ch’ella aveva nella città di Braurona. V. l’articolo precedente. 823. Briareo.
dice che aveva cento braccia e cinquanta teste : da ciò il soprannome di centimano. Di questo favoloso gigante dice il Mon
entimano. Di questo favoloso gigante dice il Monti : Un’ altra furia di più acerba faccia Che in Flegra già del cielo ass
più acerba faccia Che in Flegra già del cielo assalse il muro E armò di Briareo le cento braccia. Monti — Bascilliana C.
l gran Centimano Che dagli Dei nomato é Briaréo. Da’mortali Egèone, e di fortezza Lo stesso genitor vincea d’assai. Omero
ortezza Lo stesso genitor vincea d’assai. Omero — Iliade L. I. trad. di V. Monti. La verità nascota sotto questo simbolo
incipe Titano, formidabile guerriero, che comandava un numeroso corpo di truppe. 824. Brimo. — Divinità infernale, comunem
le, comunemente ritenuta la stessa che Ecate. 825. Brise. — Sacerdote di Giove e padre di Briseide. 826. Briseide. — Nome
itenuta la stessa che Ecate. 825. Brise. — Sacerdote di Giove e padre di Briseide. 826. Briseide. — Nome patronimico d’Ipp
re di Briseide. 826. Briseide. — Nome patronimico d’Ippodomia, figlia di Brise, sacerdote di Giove, di cui nell’articolo p
Briseide. — Nome patronimico d’Ippodomia, figlia di Brise, sacerdote di Giove, di cui nell’articolo precedente. Durante l
 — Nome patronimico d’Ippodomia, figlia di Brise, sacerdote di Giove, di cui nell’articolo precedente. Durante l’assedio d
acerdote di Giove, di cui nell’articolo precedente. Durante l’assedio di Troia, Achille avendo espugnata la città di Litne
edente. Durante l’assedio di Troia, Achille avendo espugnata la città di Litnessa, ebbe da Agamennone fra le altre prede d
città di Litnessa, ebbe da Agamennone fra le altre prede del bottino di guerra, la giovinetta Briseide ; ma poi Agamennon
e’suoi sudori, e ancor lo ti ritieni. Omero — Iliade Libro IX. trad. di V. Monti. Achille allora, altamente sdegnato, n
più combattere nelle file dei Greci contro i Troiani, ma poi la morte di Patroclo, suo intimo e carissimo amico, indusse A
sse Achille a prendere nuovamente le armi, e a vendicare con la morte di Ettore (il cui cadavere egli trascinò legato al s
ere egli trascinò legato al suo carro per tre volte intorno alle mura di Troia) quella dell’amico suo. 827. Briseo. — Sopr
alle mura di Troia) quella dell’amico suo. 827. Briseo. — Soprannome di Bacco a lui dato dall’invenzione che gli si attri
Soprannome di Bacco a lui dato dall’invenzione che gli si attribuisce di schiacciar l’uva per estrarne il vino. 828. Brisi
ani dei Lacedemoni. Dopo la sua morte gli fu innalzata dagli abitanti di Anfipoli una ricchissima tomba e furono celebrate
dette Brisidee o Brasidee. 829. Britomarte o Britormati. — Figliuola di Giove, la quale, per sottrarsi alle persecuzioni
mati. — Figliuola di Giove, la quale, per sottrarsi alle persecuzioni di Minos, si precipitò in mare e fu alla preghiera d
alle persecuzioni di Minos, si precipitò in mare e fu alla preghiera di Diana messa nel numero delle immortali. 830. Brit
Brizo. — Dea che presiedeva a sogni. 832. Bromio. — Altro soprannome di Bacco. 833. Bromuso. — Uno dei centauri ucciso da
escar l’aspre saette a Giove.   Virgilio — Eneide — libro VIII trad. di A. Caro 835. Bronteo. — Dalla parola greca Βριν
a Giove, come padrone dei fulmini e dei tuoni. 836. Broteo. — Figlio di Vulcano e di Minerva. La Favola racconta che, non
e padrone dei fulmini e dei tuoni. 836. Broteo. — Figlio di Vulcano e di Minerva. La Favola racconta che, non potendo sopp
avola racconta che, non potendo sopportare gl’insulti e le derisioni, di cui si vedeva fatto continuo bersaglio, a causa d
ma bruttezza, si gettò nel monte Etna. 837. Brumali. — Feste in onore di Bacco. Si celebravano il 24 di novembre e duravan
e Etna. 837. Brumali. — Feste in onore di Bacco. Si celebravano il 24 di novembre e duravano un mese. 838. Bubaste. — Sott
sì fu detto che Diana si fosse cangiata in quell’animale. Nella città di Eubaste si aveva in grande venerazione la Dea Bub
una delle principali dell’Egitto, e che richiamava un numero immenso di forestieri. 839. Bubona. — Dea che s’invocava per
e degli armenti. 840. Bucentauro. — Si dava questo nome ad una specie di Centauro, che invece di avere la parte inferiore
centauro. — Si dava questo nome ad una specie di Centauro, che invece di avere la parte inferiore di cavallo, l’aveva di b
ome ad una specie di Centauro, che invece di avere la parte inferiore di cavallo, l’aveva di bue. 841. Bucolione. — Figlio
Centauro, che invece di avere la parte inferiore di cavallo, l’aveva di bue. 841. Bucolione. — Figlio di Laumedonte — V.
parte inferiore di cavallo, l’aveva di bue. 841. Bucolione. — Figlio di Laumedonte — V. Abarbarea. 842. Bucorno. — V. Bic
 V. Abarbarea. 842. Bucorno. — V. Bicornide. 843. Budea. — Soprannome di Minerva, come Budeo era quello di Giove. 844. Buo
Bicornide. 843. Budea. — Soprannome di Minerva, come Budeo era quello di Giove. 844. Buona-Dea. — Discorde è l’opinione de
d altri Cibele. Plutarco la confonde con Flora ; Varrone la fa moglie di Fauno, e dice ch’ella fu per tutta la vita l’esem
niugale. Lattanzio, nelle sue cronache, racconta invece che la moglie di Fauno, avendo contro l’uso dei tempi bevuto del v
’uso dei tempi bevuto del vino, fosse dal marito fatta morire a colpi di verga ; ma che poi, rinvenuto da quella specie di
atta morire a colpi di verga ; ma che poi, rinvenuto da quella specie di ebbrezza di furore, Fauno piangesse amaramente la
a colpi di verga ; ma che poi, rinvenuto da quella specie di ebbrezza di furore, Fauno piangesse amaramente la morte della
le Dee. La festa della Buona-Dea veniva celebrata ogni anno nel primo di Maggio ; la cerimonia veniva fatta durante la not
si celebrava e gli appartamenti illuminando con uno sterminato numero di torce. I Cartaginesi avevano anch’essi una loro B
one. 845. Buonie. — Feste nelle quali si sacrificavano un gran numero di buoi : venivano celebrate in Atene in onore di Gi
icavano un gran numero di buoi : venivano celebrate in Atene in onore di Giove Polieno. 846. Buoni-Eventi. — Vale a dire a
che per aver scolpito la prima statua della Fortuna per gli abitatori di Smirne. Plinio nelle sue opere ne fa menzione com
ri di Smirne. Plinio nelle sue opere ne fa menzione come d’un artista di merito eminente, e narra di lui che avendo gli ab
ue opere ne fa menzione come d’un artista di merito eminente, e narra di lui che avendo gli abitanti di Scio ordinata una
un artista di merito eminente, e narra di lui che avendo gli abitanti di Scio ordinata una Diana, egli l’avesse fatta coll
851. Buphago. —Soprannome dato ad Ercole perchè vuol dire mangiatore di buoi — Vedi Adefago. 852. Buraico. — vedi Baraico
— Vedi Adefago. 852. Buraico. — vedi Baraico. 853. Busiride. — Figlio di Nettuno e di Lidia. Egli fu uno dei più crudeli s
o. 852. Buraico. — vedi Baraico. 853. Busiride. — Figlio di Nettuno e di Lidia. Egli fu uno dei più crudeli sovrani dell’E
la. La barbara superstizione del popolo, faceva ad Osiride sacrificio di umane vittime, cosicchè le are di questa truce di
opolo, faceva ad Osiride sacrificio di umane vittime, cosicchè le are di questa truce divinità, grondavano sempre di sangu
vittime, cosicchè le are di questa truce divinità, grondavano sempre di sangue. 854. Bute. — Città dell’Egitto, celebre s
4. Bute. — Città dell’Egitto, celebre secondo Strabone per un oracolo di Latona. 855. Buteo. — Figlio di Borea. Egli fu co
lebre secondo Strabone per un oracolo di Latona. 855. Buteo. — Figlio di Borea. Egli fu costretto ad abbandonare gli stati
ano i Baccanali e rapì Iffimedia, Paneratise e Coronide, sacerdotesse di Bacco. Buteo tenne per se Coronide, ma Bacco, di
ronide, sacerdotesse di Bacco. Buteo tenne per se Coronide, ma Bacco, di cui ella era stata nutrice, ispirò al rapitore un
co, di cui ella era stata nutrice, ispirò al rapitore un tale accesso di rabbia, che questi si precipitò in un pozzo. Altr
. Si trovano nella Favola diversi altri personaggi noti sotto il nome di Buteo, fra i quali un trojano, ucciso da Camillo,
trojano, ucciso da Camillo, un sacerdote, un argonauta, ed un figlio di Pandione, re d’Atene, al quale venivano offerti d
C 857. Caante. — Figlio dell’Oceano. Avendogli suo padre ordinato di perseguitare Apollo, il quale aveva rapita sua so
bosco consacrato a quel Dio, il quale, per punirlo, lo uccise a colpi di frecce. 858. Caballina. — Fontana che aveva la su
che al dire degli scrittori più rinomati della Favola, era il cavallo di cui si servivano le Muse ed Apollo. 859. Cabarnid
e ed Apollo. 859. Cabarnide. — Si chiamava così l’isola Paro, a causa di certo Cabarno, pastore nativo di quella, il quale
chiamava così l’isola Paro, a causa di certo Cabarno, pastore nativo di quella, il quale svelò a Cerere il ratto di sua f
o Cabarno, pastore nativo di quella, il quale svelò a Cerere il ratto di sua figlia Proserpina, consumato da Plutone. 860.
sua figlia Proserpina, consumato da Plutone. 860. abarno. — Sacerdote di Cerere, nell’isola di Paro. Era anche cosi chiama
consumato da Plutone. 860. abarno. — Sacerdote di Cerere, nell’isola di Paro. Era anche cosi chiamato il pastore di cui n
ote di Cerere, nell’isola di Paro. Era anche cosi chiamato il pastore di cui nell’articolo precedente. 861. Cabira. — Figl
ato il pastore di cui nell’articolo precedente. 861. Cabira. — Figlia di Proteo : fu una delle mogli di Vulcano. 862. Cabi
colo precedente. 861. Cabira. — Figlia di Proteo : fu una delle mogli di Vulcano. 862. Cabiri. — Divinità che venivano ado
nità che venivano adorate con un culto tetro e misterioso, nell’isola di Samotracia. Avevano diversi nomi, come : Osiride,
Plutone, Proserpina e Cerere, alle quali si dava il nome complessivo di Dei Cabiri. Anche nella Fenicia vi erano delle Di
vocabolo per denotare gli Dei in generale. 863. Cabiria. — Soprannome di Cerere. 864. Cabiridi. — Furono così denotate le
rannome di Cerere. 864. Cabiridi. — Furono così denotate le figliuole di Vulcano e di Cabira. V. Carira. 865. Cabirie. — F
rere. 864. Cabiridi. — Furono così denotate le figliuole di Vulcano e di Cabira. V. Carira. 865. Cabirie. — Feste in onore
iri. Da principio queste cerimonie venivano celebrate solo nell’isola di Lenno, poi passarono nella Samotracia e finalment
o era celebre in Faselide, città delle Panfilia. 867. Caca. — Sorella di Caco. Si pretende ch’ella avesse palesato il furt
e perciò avesse meritato gli onori divini. 868. Cachomedusa. — Moglie di Ercesio. Fu madre di Laerte e avola di Ulisse. 86
ato gli onori divini. 868. Cachomedusa. — Moglie di Ercesio. Fu madre di Laerte e avola di Ulisse. 869. Caco. — Famoso lad
ni. 868. Cachomedusa. — Moglie di Ercesio. Fu madre di Laerte e avola di Ulisse. 869. Caco. — Famoso ladro, figlio di Vulc
madre di Laerte e avola di Ulisse. 869. Caco. — Famoso ladro, figlio di Vulcano. Egli dimorava nelle circostanze del mont
fatto ; ma passando Ercole col resto dell’armento d’innanzi all’antro di Caco, gli animali da questo involati si dettero a
nimali, dopo aver ucciso il ladro. Quegli è Caco, Che sotto il sasso di monte Aventino. Di sangue fece spesse volte laco.
Cadmia. — Pietra che veniva fusa col rame rosso, per farne una specie di metallo di coloro giallognolo. Questa pietra, la
ietra che veniva fusa col rame rosso, per farne una specie di metallo di coloro giallognolo. Questa pietra, la cui scopert
o. Questa pietra, la cui scoperta si attribuisce a Cadmo, fu dal nome di lui detta Cadmea. 872. Cadmeo. — Detto anche Cadm
ui detta Cadmea. 872. Cadmeo. — Detto anche Cadmejo, nome patronimico di Cadmo, fondatore di Tebe. 873. Cadmia. V. Cadmea.
. Cadmeo. — Detto anche Cadmejo, nome patronimico di Cadmo, fondatore di Tebe. 873. Cadmia. V. Cadmea. 874. Cadmillo. V. C
a. V. Cadmea. 874. Cadmillo. V. Camillo. 875. Cadmo. — Fondatore e re di Tebe e figlio di Agenore e di Telefassa. Essendo
. Cadmillo. V. Camillo. 875. Cadmo. — Fondatore e re di Tebe e figlio di Agenore e di Telefassa. Essendo stata Europa rapi
. Camillo. 875. Cadmo. — Fondatore e re di Tebe e figlio di Agenore e di Telefassa. Essendo stata Europa rapita da Giove,
lefassa. Essendo stata Europa rapita da Giove, Agenore ordinò a Cadmo di rintracciarla e di non ritornare senza di lei. Ca
ata Europa rapita da Giove, Agenore ordinò a Cadmo di rintracciarla e di non ritornare senza di lei. Cadmo, prima di ubbid
ove, Agenore ordinò a Cadmo di rintracciarla e di non ritornare senza di lei. Cadmo, prima di ubbidire al comando paterno,
Cadmo di rintracciarla e di non ritornare senza di lei. Cadmo, prima di ubbidire al comando paterno, consultò l’oracolo d
lei. Cadmo, prima di ubbidire al comando paterno, consultò l’oracolo di Delfo, dal quale, invece dell’attesa risposta, eb
acolo di Delfo, dal quale, invece dell’attesa risposta, ebbe l’ordine di fabbricare una città nel luogo ove un bue l’avess
luogo ove un bue l’avesse condotto. Allora prese Cadmo la risoluzione di percorrere il mondo, e giunto nella Beozia, offer
ella Beozia, offerì un sagrifizio agli Dei, ordinando ai suoi seguaci di andare ad attingere l’acqua necessaria per l’offe
di andare ad attingere l’acqua necessaria per l’offerta alla fontana di Dirce ; ma i suoi compagni furono tutti divorati
agni furono tutti divorati da un drago. Minerva allora ordinò a Cadmo di combattere il mostro, ed avendolo egli ucciso, ne
o cinque rimasero fedeli a Cadmo e lo aiutarono ad edificare la città di Tebe, nel posto dove un bue, ch’egli conduceva co
uceva con sè si era fermato, compiendosi così il dettato dell’oracolo di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e di
si così il dettato dell’oracolo di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e di Marte, la quale lo rese padre di Seme
ettato dell’oracolo di Delfo. Cadmo sposò Ermione, figlia di Venere e di Marte, la quale lo rese padre di Semele, Ino, Aut
mo sposò Ermione, figlia di Venere e di Marte, la quale lo rese padre di Semele, Ino, Autoneo e Agave. Avendo novellamente
ibil rende : Pur si volge alla moglie, e dir s’arrischia : Ma in vece di parlar sibila e fischia. ………….. Ecco a un tratto
propinqui boschi, e li si stanno. Ovidio Metamorfosi Libro IV trad. di Dell’Anguillara. 876. Caduceo. — Così veniva chi
ul monte Citerone due serpenti che combattevano fra loro, e gettò fra di essi la sua verga per separarli. Le due serpi si
iore del loro corpo veniva a formare un arco. Mercurio volle in segno di pace portar sempre a quel modo la sua baccchetta,
do la sua baccchetta, all’estremità della quale mise due ali in segno di rapidità. 877. Caducifero. — Ossia che porta il C
rapidità. 877. Caducifero. — Ossia che porta il Caduceo : soprannome di Mercurio. (vedi l’articolo precedente.) 878. Cafa
l’articolo precedente.) 878. Cafareo. — Famoso promontorio nell’isola di Eubea. 879. Cajetta o Cajbia. — Fu la nutrice di
omontorio nell’isola di Eubea. 879. Cajetta o Cajbia. — Fu la nutrice di Enea e dette il suo nome ed un promontorio della
E sepoltura alteramente eretta. Virgilio. — Eneide — libro VII trad. di A. Caro. 880. Caistrio o Caystrio. — Fu uno degl
di A. Caro. 880. Caistrio o Caystrio. — Fu uno degli eroi del popolo di Efeso : aveva un tempio ed un altare sulle rive d
882. Calabro. — V. Cabro. 883. Calaide e Zete. — Fratelli, figliuoli di Borea e di Oritia i quali, fecero insieme agli Ar
ro. — V. Cabro. 883. Calaide e Zete. — Fratelli, figliuoli di Borea e di Oritia i quali, fecero insieme agli Argonanti il
i furono uccisi da Ercole durante la celebrazione dei giuochi funebri di Pelia. Vengono rappresentati coi capelli di color
zione dei giuochi funebri di Pelia. Vengono rappresentati coi capelli di colore azzurro per indicare l’aria d’onde soffia
(V. Borea.) 884. Calasidie. — Feste celebrate nella Laconia, in onore di Diana. 885. Calcante. — Famoso indovino, figlio d
Laconia, in onore di Diana. 885. Calcante. — Famoso indovino, figlio di Testore, che seguì l’armata dei Greci all’assesed
dovino, figlio di Testore, che seguì l’armata dei Greci all’assesedio di Troja, ….. In piedi allora Di Testore il figliuo
de’Greci a Troia Avea scorte le navi….. Omero — Iliade libro I trad. di V. Monti. e predisse in Aulide, che quello sareb
arebbero stati favorevoli alle navi greche, se non dopo il sacrificio di Ifigenia figlia di Agamennone. Quando Troja fu es
revoli alle navi greche, se non dopo il sacrificio di Ifigenia figlia di Agamennone. Quando Troja fu espugnata, Calcante s
Quando Troja fu espugnata, Calcante si ritrasse a Colofone, ove morì di dolore, non avendo potuto predire ciò che Mopso,
o, aveva predetto. Così Calcante compì il suo destino, che era quello di morire quando avesse ritrovato un individuo più a
e era quello di morire quando avesse ritrovato un individuo più abile di lui. 886. Calchee o Calcie — Feste in onore di Vu
un individuo più abile di lui. 886. Calchee o Calcie — Feste in onore di Vulcano, celebrate dagli Ateniesi, per essersi tr
nore di Vulcano, celebrate dagli Ateniesi, per essersi trovata l’arte di porre in opera il rame. Questa parola deriva dal
deriva dal greco ϰαλϰος rame. 887. Calchiade o Calcieca. — Soprannome di Minerva (V. l’articolo seguente.) 888. Calchiadi
V. l’articolo seguente.) 888. Calchiadi a Calciecle. — Feste in onore di Minerva, la quale veniva anche detta Calciecia. 8
 V. Calchiadi. 891. Calcieco. — V. Calchiade. 892. Calciope. — Figlia di Aete, re della Colchide : fu sorella di Medea e m
iade. 892. Calciope. — Figlia di Aete, re della Colchide : fu sorella di Medea e moglie di Frisso da cui ebbe molti figliu
e. — Figlia di Aete, re della Colchide : fu sorella di Medea e moglie di Frisso da cui ebbe molti figliuoli. Il padre di l
lla di Medea e moglie di Frisso da cui ebbe molti figliuoli. Il padre di lei, per impadronirsi dei tesori di Frisso, lo fe
ui ebbe molti figliuoli. Il padre di lei, per impadronirsi dei tesori di Frisso, lo fece assassinare ; onde ella, temendo
li ricondusse nella Colchide. Vi fu anche un’altra Calciope figliuola di Euripiele, re dell’isola di Cos. Ercole l’amò pas
. Vi fu anche un’altra Calciope figliuola di Euripiele, re dell’isola di Cos. Ercole l’amò passionatamente, e quest’amore
passionatamente, e quest’amore fu cagione della rovina della famiglia di lei ; imperocchè essendosi Euripilie ricusato di
ovina della famiglia di lei ; imperocchè essendosi Euripilie ricusato di aderire alle nozze dell’eroe con la figliuola, Er
e poi dette il suo nome alla Tessaglia. 893. Calendaria. — Soprannome di Giunone, che le veniva dai giorni delle Calende,
giorni delle Calende, a lei consacrati. 894. Calibea. — Sacerdotessa di Giunone. Alecto prese la figura di lei per presen
rati. 894. Calibea. — Sacerdotessa di Giunone. Alecto prese la figura di lei per presentarsi a Turno, re dei Rutuli. 895.
presentarsi a Turno, re dei Rutuli. 895. Calicea. — Una delle figlie di Eulo : fu moglie di Ezio e madre di Endimione. 89
, re dei Rutuli. 895. Calicea. — Una delle figlie di Eulo : fu moglie di Ezio e madre di Endimione. 896. Calicope. — Così
895. Calicea. — Una delle figlie di Eulo : fu moglie di Ezio e madre di Endimione. 896. Calicope. — Così veniva denominat
i Endimione. 896. Calicope. — Così veniva denominata la Venere, madre di Enea : fu figliuola d’Otrea e sposò Toade, re di
ata la Venere, madre di Enea : fu figliuola d’Otrea e sposò Toade, re di Lenno. Questi eresse gran numero di templi in ono
gliuola d’Otrea e sposò Toade, re di Lenno. Questi eresse gran numero di templi in onore della sua consorte in Pafo, in Am
i templi in onore della sua consorte in Pafo, in Amatunta, nell’isola di Cipro ed a Biblo nella Siria : istituì in suo ono
enatamente Calicope ed un giorno il marito lo sorprese fra le braccia di lei ; ma Bacco placò lo sdegno del tradito consor
di lei ; ma Bacco placò lo sdegno del tradito consorte, facendolo re di Cipro. 897. Calidone. — Città e foresta dell’Etio
ignale, conosciuto sotto l’istesso nome. 898. Calidonio. — Soprannome di Bacco preso dal culto che gli si rendeva nella ci
 — Soprannome di Bacco preso dal culto che gli si rendeva nella città di Calidone. È opinione erronea, quantunque ripetuta
ue ripetuta da varii scrittori, il credere che sotto la denominazione di Eroe Calidonio volessero gli antichi dinotare Bac
mostruoso cignale (V. Calidone) e Calidonio perchè nativo della città di Calidone. 899. Calidonisa. — Così veniva denomina
Calidone. 899. Calidonisa. — Così veniva denominata Dejanira, moglie di Ercole, perchè nacque nella città di Calidone. 90
niva denominata Dejanira, moglie di Ercole, perchè nacque nella città di Calidone. 900. Calipso. — Ninfa, figlia del Giorn
Calipso. — Ninfa, figlia del Giorno, secondo alcuni ; e dell’Oceano e di Teti, secondo altri — Ella abitava l’isola di Ogi
lcuni ; e dell’Oceano e di Teti, secondo altri — Ella abitava l’isola di Ogigia, ove ospitò assai cortesemente Ulisse, get
nuare a viver con lei. 901. Calisto. — Detta anche Elicea : fu figlia di Licaone ed una delle ninfe del seguito di Diana.
ta anche Elicea : fu figlia di Licaone ed una delle ninfe del seguito di Diana. Giove, avendo presso per ingannarla la fig
e del seguito di Diana. Giove, avendo presso per ingannarla la figura di Diana, ne ebbe un figlio per nome Arcaso, al qual
scacciata dal suo seguito per essersi ella negata a spogliarsi prima di prendere il bagno. Giunone intanto, implacabile p
prima di prendere il bagno. Giunone intanto, implacabile persecutrice di tutte le amanti del suo divino consorte, cangiò C
L’antica mente sua sola ritenne. Ovidio — Metamor. — Lib. II trad. di Dell’Anguillara e Giove allora li trasportò ne
fu la grande orsa, e Arcaso la piccola, conosciuta pure sotto il nome di Boote. V. Boote. 902. Callianasse o Callianira.  
 Luogo della Focide ove le Baccanti si riunivano per danzare in onore di Bacco. Questo vocabolo deriva dal Greco Καλός, e
e di Bacco. Questo vocabolo deriva dal Greco Καλός, e ϰορίς radunanza di persone. 905. Calligenie. — Nutrice di Cerere, se
Greco Καλός, e ϰορίς radunanza di persone. 905. Calligenie. — Nutrice di Cerere, secondo alcuni scrittori, e Ninfa del suo
più generalizzata opinione è che Calligenie fosse uno dei soprannomi di Cerere stessa. 906. Calliope. — Una delle nove mu
poesia eroica. I poeti la rappresentano come una giovanetta coronata di lauro, adorna di flori, con un’aria maestosa, con
poeti la rappresentano come una giovanetta coronata di lauro, adorna di flori, con un’aria maestosa, con una tromba nella
o diritta, con un libro nella sinistra, e seguita da altre tre figure di donne, in cui l’allegoria favolosa vede la person
endo il tempo dei giuochi olimpici, a cui non era permesso alle donne di prender parte, si travestì da maestro degli eserc
ro celebrati i giuochi olimpici. 908. Callipica. — Uno dei soprannomi di Venere, che le veniva dalla bellezza fisica di un
. — Uno dei soprannomi di Venere, che le veniva dalla bellezza fisica di una parte del suo corpo. 909. Callirot. — Secondo
o. 909. Callirot. — Secondo Esiodo, fu figliuola dell’Oceano e moglie di Crisaore, che la rese madre di due mostri, uno de
odo, fu figliuola dell’Oceano e moglie di Crisaore, che la rese madre di due mostri, uno dei quali fu Gerione, famoso giga
tro Echidna. V. Crisaore e Echidna. 910. Callistee. — Feste in onore di Venere, nelle quali veniva conferito un premio al
Calpe. — Una delle due montagne conoscute nella Favola, sotto il nome di colonne di Ercole. 912. Calunnia. — Gli Ateniesi
a delle due montagne conoscute nella Favola, sotto il nome di colonne di Ercole. 912. Calunnia. — Gli Ateniesi ne avevano
Per altro gli scrittori più rinomati della Favola non fanno menzione di altari a lei dedicati, o di sacrificii a lei offe
rinomati della Favola non fanno menzione di altari a lei dedicati, o di sacrificii a lei offerti. 913. Camarina o Camerin
ue esalavano pestilenziali miasmi. I Siciliani consultarono l’Oracolo di Apollo, onde sapere se avessero potuto tentarne i
ola a sacco ed a fuoco. 914. Cambe. — Soprannominato Ofiaso, dal nome di suo padre Ofio. Gli si attribuisce la invenzione
divinità del matrimonio ; veniva invocata dalle giovanette al momento di compiere il rito nuziale. 916. Camena. — Dea dei
Camilla. — Regina dei Volsci. Sostenne lungamente in persona l’armata di Turno contro Enea. Fu celebre cacciatrice, e ness
di Turno contro Enea. Fu celebre cacciatrice, e nessuno fu più destro di lei nella corsa, nel maneggio delle armi e in tut
ercizii del corpo. Nè pria tenne de’piè salde le piante, Che d arco, di faretra e di nodosi Dardi, le mani e gli omeri gr
orpo. Nè pria tenne de’piè salde le piante, Che d arco, di faretra e di nodosi Dardi, le mani e gli omeri gravolle ; Non
di nodosi Dardi, le mani e gli omeri gravolle ; Non d’or le chiome o di monile il collo, Nè men di lunga o di fregiata go
gli omeri gravolle ; Non d’or le chiome o di monile il collo, Nè men di lunga o di fregiata gonna La ricoverse ; ma di ti
gravolle ; Non d’or le chiome o di monile il collo, Nè men di lunga o di fregiata gonna La ricoverse ; ma di tigre un cuoi
onile il collo, Nè men di lunga o di fregiata gonna La ricoverse ; ma di tigre un cuoio. Le facea veste intorno e cuffia i
capo. Il fanciullesco suo primo diletto E ’l primo studio fu lanciar di palo, E trar d’arco e di fromba : e’n fin d’allor
o primo diletto E ’l primo studio fu lanciar di palo, E trar d’arco e di fromba : e’n fin d’allora Facea strage di gru, d’
ar di palo, E trar d’arco e di fromba : e’n fin d’allora Facea strage di gru, d’oche e di cigni. Molte la desiar tirrene m
r d’arco e di fromba : e’n fin d’allora Facea strage di gru, d’oche e di cigni. Molte la desiar tirrene madri Per nuora in
e di cigni. Molte la desiar tirrene madri Per nuora indarno. Ed ella di me solo Contenta, intemerata e pura e casta, La s
amor de l’armi Sol’ebbe in cale…… Virgilio — Eneide — Lib. XI. trad. di A. Caro. Camilla morì in una battaglia uccisa da
. trad. di A. Caro. Camilla morì in una battaglia uccisa da un colpo di giovallotto. Si chiamavano con nome collettivo Ca
dmillo Casimillo. — Soprannomi dati a Mercurio. 923. Camira. — Figlia di Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi
illo. — Soprannomi dati a Mercurio. 923. Camira. — Figlia di Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi, una città
o. 923. Camira. — Figlia di Ercole e di Iodi. Ella edificò nell’isola di Rodi, una città alla quale dette il suo nome. 924
uogo degli inferni, ove si credeva fossero puniti coloro che la forza di una passione d’amore, avesse tratti a morte viole
ai generalizzata presso gli scrittori della Favola, che il vero sesso di Campea fosse rimasto un mistero. Molti la dicono
n uomo dalle forme gigantesche ; altri finalmente che fosse un mostro di natura ermafrodito. 927. Campi Elisi. — V. Elisi.
rappresentato con una picca ed uno scudo. 929. Canaca. — Era il nome di uno dei cani di Acteone. Questa parola in greco s
on una picca ed uno scudo. 929. Canaca. — Era il nome di uno dei cani di Acteone. Questa parola in greco significa rumore.
Questa parola in greco significa rumore. 930. Canace. — Fu figliuola di Eolo, la quale essendo stata sedotta da un Dio ma
ui Ifimedia, madre dei famosi Aloidi. 931. Canacea. — Altra figliuola di Eolo la quale non bisogna confondere con la Canac
ltra figliuola di Eolo la quale non bisogna confondere con la Canace, di cui nell’articolo precedente. Canacea sposò segre
e un bambino, il quale coi suoi vagiti palesò appena nato, il mistero di colpa che avvolgeva la sua nascita. Il padre di C
pena nato, il mistero di colpa che avvolgeva la sua nascita. Il padre di Canacea, furibondo per l’infamia dei suoi figliuo
perchè si punisse da sè dell’orrendo misfatto ; e pensava in cuor suo di far morire Macabro stesso ; ma questi si sottrass
ottrasse allo sdegno paterno, fuggendo a Delfo, ove si fece sacerdote di Apollo. 932. Canate. — Monte della Spagna, ove ge
tutti gli anni a bagnarsi. Era costume delle più illustri dame greche di andare in pellegrinaggio a quella fontana, onde b
ne mandò uno assai grosso contro Ercole, quando questi uccise l’Idra di Lerna, e lo fece mordere al piede ; ma Ercole lo
rna, e lo fece mordere al piede ; ma Ercole lo schiacciò con un colpo di clava, e Giunone allora lo trasportò in cielo, al
ni dello zodiaco. 935. Candarena. — Detta anche Candrena : soprannome di Giunone dalla città di Candara nella Pafaglonia,
Candarena. — Detta anche Candrena : soprannome di Giunone dalla città di Candara nella Pafaglonia, ov’era adorata con un c
on un culto particolare. 936. Candaulo. — Detto anche Mirsilo, figlio di Mirso, fu l’ultimo degli Araclidi. Amò così passi
Amò così passionatamente sua moglie, e fu così superbo della bellezza di lei, che volle un giorno che ella si facesse vede
me Gige. La regina fu così profondamente sdegnata, che comandò a Gige di uccidere Candaulo e poi sposò Gige stesso. 937. C
la vigilanza e la sagacità sono i caratteri più salienti della indole di quel quadrupede. Plinio nelle sue opere, dice che
, fu notato che fra tutti gli animali che si avvicinarono al cadavere di quello, solo i cani si pascessero del corpo dell’
nimale. Taluno, tra gli scrittori della Favola, ripete che nel tempio di Esculapio, in Roma, si conservava il simulacro di
pete che nel tempio di Esculapio, in Roma, si conservava il simulacro di un cane ; e che i Romani sagrificassero ogni anno
il simulacro di un cane ; e che i Romani sagrificassero ogni anno uno di questi animali, volendo con ciò ricordare la sorp
a che i Galli fecero loro quand o assediarono il Campidoglio. Al dire di Eliano eravi una contrada nell’Etiopia, i cui abi
zza. Finalmente le arpie erano ritenute e talvolta designate col nome di cani di Giove, forse perchè questo Dio se ne serv
almente le arpie erano ritenute e talvolta designate col nome di cani di Giove, forse perchè questo Dio se ne servì per pu
o. V. Fineo. 938. Canente. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Canenza, al dire di Ovidio, ebbe questo nome dall
nente. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Canenza, al dire di Ovidio, ebbe questo nome dalla incomparabile bell
uesto nome dalla incomparabile bellezza della sua voce : fu figliuola di Giano e di Venilla, e sposò Pico, figliuolo di Sa
dalla incomparabile bellezza della sua voce : fu figliuola di Giano e di Venilla, e sposò Pico, figliuolo di Satono, e re
ua voce : fu figliuola di Giano e di Venilla, e sposò Pico, figliuolo di Satono, e re d’Italia. Ella fu così afflitta dell
el marito, che si consumò per modo che svanì nell’aria, non lasciando di sè che la sola voce. 939. Canicola. — È opinione
ia, non lasciando di sè che la sola voce. 939. Canicola. — È opinione di varii scrittori che la costellazione detta Canico
Giove dette ad Europa come custode ; altri vogliono che sia la cagna di Erigone (V. Erigone). I Romani erano così convint
me della Divinità a cui s’offeriva. 940. Canope. — Era questo il nome di una delle più famose divinità degli Egiziani. I s
il nome di una delle più famose divinità degli Egiziani. I sacerdoti di essa erano tenuti in conto di celebri maghi. Il s
se divinità degli Egiziani. I sacerdoti di essa erano tenuti in conto di celebri maghi. Il simulacro di questa Deità, era
acerdoti di essa erano tenuti in conto di celebri maghi. Il simulacro di questa Deità, era un gran vaso sormontato da una
, era un gran vaso sormontato da una testa umana e talvolta da quella di uno sparviero, e coperta di geroglifici. I Caldei
o da una testa umana e talvolta da quella di uno sparviero, e coperta di geroglifici. I Caldei, antichi adoratori del fuoc
glifici. I Caldei, antichi adoratori del fuoco, disprezzavano gli Dei di tutte le altre nazioni, dicendo che quelli essend
zzavano gli Dei di tutte le altre nazioni, dicendo che quelli essendo di oro, di argento to, di ferro, di pietra o di legn
gli Dei di tutte le altre nazioni, dicendo che quelli essendo di oro, di argento to, di ferro, di pietra o di legno, non p
e le altre nazioni, dicendo che quelli essendo di oro, di argento to, di ferro, di pietra o di legno, non potevano resiste
nazioni, dicendo che quelli essendo di oro, di argento to, di ferro, di pietra o di legno, non potevano resistere al loro
cendo che quelli essendo di oro, di argento to, di ferro, di pietra o di legno, non potevano resistere al loro. Allora un
nsieme. Si accese un gran fuoco, in mezzo al quale fu posta la statua di Canope, e con grande sorpresa dei Caldei, essi vi
i Caldei, essi videro ben presto uscire da quella una grande quantità di acqua, che spense interamente le fiamme. Il Dio C
anza all’astuzia del sacerdote, il quale avea forato con una quantità di piccoli buchi le pareti del vaso, e dopo averli e
so, e dopo averli esattamente otturati con della cera, riempì il vaso di acqua, la quale uscì con violenza non appena l’az
a la cera. Vi fu anche una città dell’Egitto conosciuta sotto il nome di Canope, così detta da Canobo, pilota del vascello
violenta tempesta sulle coste dell’Egitto, ebbe ben presto il dolore di perdere il suo fido pilota, il quale morì per la
olore di perdere il suo fido pilota, il quale morì per la morsicatura di un serpente. Menelao, per onorare la memoria del
quel luogo una città, alla quale, in onore del morto, impose il nome di Canope o, come vogliono alcuni scrittori, di Cano
el morto, impose il nome di Canope o, come vogliono alcuni scrittori, di Canobe. 941. Canopio Ercole. — Era l’Ercole Egizi
’Ercole Egiziano, così detto per un tempio che egli aveva nella Città di Canope, di cui nell’articolo precedente. 942. Can
ziano, così detto per un tempio che egli aveva nella Città di Canope, di cui nell’articolo precedente. 942. Cantho. — Figl
ttà di Canope, di cui nell’articolo precedente. 942. Cantho. — Figlio di Abaso : fu uno degli Argonauti. 943. Canuleìa. — 
da Numa, allorchè istituì quelle sacerdotesse. 944. Caone. — Fratello di Eleno. Essendo un giorno a caccia fu ucciso inavv
leno, che lo aveva assai caro, dette, in memoria dell’ucciso, il nome di Caonia ad una parte dell’Epiro. 945. Caos. — Era,
forma intralciata e confusa nella quale erano mischiati il principio di tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gl
confusa nella quale erano mischiati il principio di tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gli elementi. Al dire d
erano mischiati il principio di tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gli elementi. Al dire di Esiodo, l’Erebo e
tutti gli esseri, di tutte le cose, e di tutti gli elementi. Al dire di Esiodo, l’Erebo e la Notte, furono generati dal c
rima era ravviluppata nelle più folte tenebre. 946. Capaneo. — Figlio di Ipponoo e di Astinome. Fu uno di coloro che porta
iluppata nelle più folte tenebre. 946. Capaneo. — Figlio di Ipponoo e di Astinome. Fu uno di coloro che portarono soccorso
olte tenebre. 946. Capaneo. — Figlio di Ipponoo e di Astinome. Fu uno di coloro che portarono soccorso a Polinice nel famo
Fu uno di coloro che portarono soccorso a Polinice nel famoso assedio di Tebe, ove egli comandava gli Argivi. Giove irrita
estemmie che egli scagliava contro il cielo, lo incenerì con un colpo di fulmine. Di questo empio bestemmiatore, l’Alighie
poco par che’l pregi. Dante Inf. Canto XIV. 947. Capiso. — Figlio di Assaraco e padre del famoso Anchise, principe Tro
rincipe Trojano. 948. Capitolino. — Uno dei più conosciuti soprannomi di Giove, a cagione del celebre tempio nel Campidogl
io nel Campidoglio a Roma. In questo tempio si prestava il giuramento di fedeltà ai novelli imperatori ; vi si facevano i
ennità nel carro trionfale. 949. Capnomanzia. — Era così detta l’arte di trarre gli augurii e d’indovinare il futuro nei g
detta l’arte di trarre gli augurii e d’indovinare il futuro nei globi di fumo che s’innalzavano dagli altari su cui si fac
ari su cui si facea un sacrifizio agli Dei. 950. Capra. — Nella città di Mendes, in Egitto, veniva particolarmente venerat
ibito con grande severità ucciderne alcuno, essendo radicale credenza di quei popoli, che il Dio Pane si fosse nascoto sot
enza di quei popoli, che il Dio Pane si fosse nascoto sotto la figura di una capra. Erodoto, nelle sue opere, narra che la
ai caprai loro custodi ; tanto che, essendone morto uno, gli abitanti di Mendes dimostrarono il più vivo dolore. È ancora
es dimostrarono il più vivo dolore. È ancora a notare che nella città di Mendes, le vittime più ordinarie dei sagrificii e
ime più ordinarie dei sagrificii erano le pecore, e si avea gran cura di risparmiare le capre ; mentre nella Tebaide si of
campestri e al Dio Fauno in particolare. 952. Caprotina. — Soprannome di Giunone, da cui presero ancora la denominazione d
tina. — Soprannome di Giunone, da cui presero ancora la denominazione di Caprotine le none di luglio, a lei consacrate. 95
Giunone, da cui presero ancora la denominazione di Caprotine le none di luglio, a lei consacrate. 953. Caprotinee. — Fest
e none di luglio, a lei consacrate. 953. Caprotinee. — Feste in onore di Giunone, che venivano celebrate il 9 di luglio. L
Caprotinee. — Feste in onore di Giunone, che venivano celebrate il 9 di luglio. Le sole donne avevano il ministero di que
venivano celebrate il 9 di luglio. Le sole donne avevano il ministero di queste feste, la cui principale cerimonia consist
iove sotto questa forma lo mise fra i segni dello Zodiaco. È opinione di molti rinomati scrittori, che questo segno di una
llo Zodiaco. È opinione di molti rinomati scrittori, che questo segno di una delle costellazioni della fascia zodiacale, f
d’averlo nutrito. 955. Capyso, detto anche Capi. — Troiano, compagno di Enea, e suo seguace in Italia. Egli fu il fondato
lia. Egli fu il fondatore della città nota anche oggidi sotto il nome di Capua. …… Ma un altro Trojano, che aveva nome Ca
Ma un altro Trojano, che aveva nome Capi. il quale poi fondò la città di Capua….. Frate Guido da Pisa — I falli di Enea.
l quale poi fondò la città di Capua….. Frate Guido da Pisa — I falli di Enea. 956. Carda. Deita anche Cardia. — Al dire
a Pisa — I falli di Enea. 956. Carda. Deita anche Cardia. — Al dire di Macrobio, questa Divinità presiedeva alle parti n
e per le metamorfosi che vi operarono diverse Divinità. Cario, figlio di Giove, ne fu il fondatore, onde il nome che porta
fu il fondatore, onde il nome che porta. 960. Cariatide. — Soprannome di Diana, a lei venuto dalla festa detta Caria, che
la festa detta Caria, che le donne della Laconia celebravano in onore di lei, nel tempo della raccolta delle noci. In grec
uol dir noce. 961. Carielo. — Moglie del centauro Chirone e figliuola di Apollo. Essa dette alla luce una fanciulla, a cui
di Apollo. Essa dette alla luce una fanciulla, a cui fu dato il nome di Ociroe, per averla la madre partorita sulle spond
fu dato il nome di Ociroe, per averla la madre partorita sulle sponde di un rapido fiume. V. Ociroe. 962. Cariddi. — Celeb
ntano dall’altro chiamato Scilla, dove si ascoltava sempre il lamento di spaventose grida. Come fa l’onda là sovra Caridd
goiata orribilmente Rivome la Cariddi e fuor rimbalza : Simile a tuon di folgore lontano, Mugge, rigurgitando, il gran tor
al se dentro l’incendio acqua si versi ; E sgorga al cielo un turbine di schiuma, E flotto incalza fiotto, e par non abbia
i fin, come se il mare un mar riversi. Schiller — Il Nuotatore Trad. di A. Maffei. Questi due scogli sono così vicini l’
amente nel mezzo, altrimenti correrebbero il rischio, evitandone uno, di frangersi sull’altro. Da ciò il famoso proverbio,
ne. — Feste che si celebravano a Cario, città della Laconia, in onore di Diana, la quale perciò viene talvolta soprannomin
si appiccò, non potendo sopravvivere all’oltraggio che le fece il re di Delfo, violandola. Gli abitanti di quell’isola is
re all’oltraggio che le fece il re di Delfo, violandola. Gli abitanti di quell’isola istituirono in onore della defunta un
una festa annuaria, detta dal suo nome Carille, nella quale la statua di lei, veniva sotterrata all’istesso posto ove giac
uesta festa ed a presiederne tutte le cerimonie. 966. Cario. — Figlio di Giove, al quale veniva attribuita l’invenzione de
ibuita l’invenzione della musica. Era anche questo uno dei soprannomi di Giove, per il culto particolare con cui veniva ad
ed istituirono in loro onore alcune feste, alle quali fu dato il nome di Carisie. 968. Caristie o Caritie. — I Romani, nel
ato il nome di Carisie. 968. Caristie o Caritie. — I Romani, nel mese di febbraio, celebravano una festa così chiamata in
dal greco Κάρνα, Unione, perchè lo scopo principale della istituzione di quella festa era di ristabilire l’unione e la pac
one, perchè lo scopo principale della istituzione di quella festa era di ristabilire l’unione e la pace fra le famiglie, d
aritie. — V. Caristie. 971. Carmelo. — Divinità della Siria e propria di quei popoli che abitavano nelle circostanze del m
uei popoli che abitavano nelle circostanze del monte Carmelo. Al dire di Tacito, fu un sacerdote del Dio Carmelo che predi
la clamide imperiale. 972. Carmenta. — Conosciuta anche sotto il nome di Nicostrata, celebre indovina che fu madre di Evan
iuta anche sotto il nome di Nicostrata, celebre indovina che fu madre di Evandro. Ella fu onorata come una Divinità, e dop
lle feste, da lei dette Carmentali. 973. Carmentali. — Feste in onore di Carmenta. V. l’articolo precedente. La istituzion
 Feste in onore di Carmenta. V. l’articolo precedente. La istituzione di queste cerimonie ebbe la sua origine dalla riconc
dia, cagionata da una sentenza del Senato la quale proibiva alle dame di tener cani presso di loro. 974. Carmentis-Flamen.
sentenza del Senato la quale proibiva alle dame di tener cani presso di loro. 974. Carmentis-Flamen. — Con questa denomin
 — Con questa denominazione veniva designato uno dei quindici flamini di Roma, addetto al particolare servigio della Dea C
o al particolare servigio della Dea Carmenta. 975. Carna. — Figliuola di Ebulo. Fu una delle amanti di Giove, che la rese
a Dea Carmenta. 975. Carna. — Figliuola di Ebulo. Fu una delle amanti di Giove, che la rese madre di Britomarte. Carna era
— Figliuola di Ebulo. Fu una delle amanti di Giove, che la rese madre di Britomarte. Carna era anche la Dea che presiedeva
sa s’invocava sovratutto nelle loro malattie. 977. Carneade. — Figlio di Giove e di Europa. Fu poeta e musico celebre. Dal
va sovratutto nelle loro malattie. 977. Carneade. — Figlio di Giove e di Europa. Fu poeta e musico celebre. Dal suo nome f
no chiamati Carneadi, alcuni dibattimenti poetici, stabiliti in onore di Apollo. Alcuni scrittori danno a questo poeta il
iti in onore di Apollo. Alcuni scrittori danno a questo poeta il nome di Carno. 978. Carneo. — Soprannome di Apollo. V. l’
tori danno a questo poeta il nome di Carno. 978. Carneo. — Soprannome di Apollo. V. l’articolo precedente. 979. Carone. — 
aronte o Carone. — Figlio dell’Erebo e della Notte. Egli era, al dire di Virgilio, il navicellajo dell’Inferno, che traghe
cheronte, per una moneta che esse erano obbligate a dargli al momento di prender posto nella sua barca. Questa credenza de
rca. Questa credenza degli antichi spiega il costume che essi avevano di mettere fra i denti di un morto una moneta : era
gli antichi spiega il costume che essi avevano di mettere fra i denti di un morto una moneta : era quella la mercede devol
devoluta a Caronte, il quale lasciava errare per cento anni le anime di quei morti che non avevano la moneta da pagargli.
orti che non avevano la moneta da pagargli. Caron, dimonio con occhi di bragia, Loro accennando, tutte le raccoglie : Bat
rra tutte le sue spoglie ; Similemente il mal seme d’Adamo : Gittansi di quel lito ad una ad una, Per cenni, com’augel per
suo richiamo. Cosi sen vanno su per l’onda bruna, Ed avanti che sien di là discese, Anche di qua nuova schiera s’aduna.
en vanno su per l’onda bruna, Ed avanti che sien di là discese, Anche di qua nuova schiera s’aduna. Dante. — Inf. Cant. I
fosse egli passato allorchè incatenò Cerbero. V. Cerbero. 982. Carro di Giunone. — La Favola fa una notevole distinzione
ato da due cavalli, sul quale combatteva. 983. Cartagine. — Figliuola di Ercole ; da lei prese nome la famosa città dell’A
ove regnò la regina Didone. V. Didone. 984. Cartaginesi. — Abitatori di Cartagine, i quali ereditarono dai Fenicii ii tru
bitatori di Cartagine, i quali ereditarono dai Fenicii ii truce culto di Saturno cui sacrificavano i propri figliuoli. Giu
trovandosi i Cartaginesi decimati da una grande pestilenza, pensarono di placare lo sdegno degli Dei, sacrificando a Satur
di placare lo sdegno degli Dei, sacrificando a Saturno un gran numero di fanciulli dell’uno e dell’altro sesso, e spargend
un gran numero di fanciulli dell’uno e dell’altro sesso, e spargendo di sangue le are di quel Dio. Diodoro dice che la vi
i fanciulli dell’uno e dell’altro sesso, e spargendo di sangue le are di quel Dio. Diodoro dice che la vittoria che Agatoc
taginesi, dei quali fece grande strage, fu conseguenza della vendetta di Saturno, sdegnato per avere i Cartaginesi sostitu
duecento giovanetti destinati al sacrifizio ; e che ve ne furono più di trecento, che si offrirono volontariamente come v
ficato, coloro che servivano al sacrificio, facessero grande strepito di tamburi di flauti ; e che le madri stesse delle v
oro che servivano al sacrificio, facessero grande strepito di tamburi di flauti ; e che le madri stesse delle vittime, dov
a risparmiato. 985. Casimillo. — V. Camillo. 986. Casio. — Soprannome di Giove ; a lui dato dal culto che gli si rendeva s
me di Giove ; a lui dato dal culto che gli si rendeva su due montagne di questo nome, una vicina al fiume Eufrate, l’altra
al fiume Eufrate, l’altra nel basso Egitto. 987. Cassandra. — Figlia di Priamo e di Ecuba. Questa principessa si promise
frate, l’altra nel basso Egitto. 987. Cassandra. — Figlia di Priamo e di Ecuba. Questa principessa si promise sposa ad Apo
zioni. La vendetta del nume sorti il suo pieno effetto. Le predizioni di Cassandra furono da tutti disprezzate. Ella si op
disprezzate. Ella si oppose all’ entrata in Troja del famoso cavallo di legno ; ma, secondo il solito. non si prestò fede
e ? Perche farmi. O spietato, annunciatrice D’oracoli fra questi orbi di lumi ? E svelar un destin che non mi lice Dalla p
; Il saver con la morte all’uom fu dato. Schiller — Cassandra. Trad. di A. Maffei Ajace figlio di Oileo, trovandola sol
uom fu dato. Schiller — Cassandra. Trad. di A. Maffei Ajace figlio di Oileo, trovandola sola in un tempio, la violentò
e figlio di Oileo, trovandola sola in un tempio, la violentò ai piedi di un altare, e poscia la trascinò fuori del tempio,
oltraggi le sventure ch’ella gli predisse. Dopo la presa ed il sacco di Troja, essa toccò come preda di bottino ad Agamen
i predisse. Dopo la presa ed il sacco di Troja, essa toccò come preda di bottino ad Agamennone, al quale predisse che sua
Lacedemonia. Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto La fea parlar di Troia il di mortale Venne, e all’ombre cantò carm
Ivi Cassandra, allor che il Nume in petto La fea parlar di Troia il di mortale Venne, e all’ombre cantò carme amoroso.
ita Teuclis. Virgilio. — Eneide — Libro II 988. Cassiope. — Moglie di Cefeo, re di Etiopia, e madre di Andromeda. Quest
Virgilio. — Eneide — Libro II 988. Cassiope. — Moglie di Cefeo, re di Etiopia, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe
— Libro II 988. Cassiope. — Moglie di Cefeo, re di Etiopia, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe la vanità di creder
eo, re di Etiopia, e madre di Andromeda. Questa regina ebbe la vanità di credersi, con sua figlia, più bella di Giunone e
. Questa regina ebbe la vanità di credersi, con sua figlia, più bella di Giunone e delle Nereidi. Che non solo osó dir, c
ninfe più nobili del mare. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro IV. trad. di Dell’ Anguillara. Le quali sdegnate, pregarono N
IV. trad. di Dell’ Anguillara. Le quali sdegnate, pregarono Nettuno di vendicarle. Il Dio per sodisfare le ninfe del suo
rle. Il Dio per sodisfare le ninfe del suo seguito, mandò sulle terre di Cefeo, un mostro che riempi di spavento e desolaz
nfe del suo seguito, mandò sulle terre di Cefeo, un mostro che riempi di spavento e desolazione quelle contrade. Il re all
risposta che il mostro sarebbe sparito, allorchè Andromeda, legata su di una roccia fosse da lui divorata. Il re ordinò il
, pietrificò il mostruoso animale, mostrandogli lo scudo con la testa di Medusa, liberò Andromeda, e ottenne da Giove che
iope fosse messa fra gli astri. 989. Cassotide. — Era questo, al dire di Pausania, un altro dei nomi della fontana conosci
un altro dei nomi della fontana conosciute più comunemente con quello di Castalia. 990. Castalia. — Ninfa, che Apollo cang
 — Ninfa, che Apollo cangiò in fontana, dando alle sue acque la virtù di ispirare il genio della poesia, a coloro che ne a
he in quella lingua significa susurro dell’acqua. La pitonessa, prima di dare i responsi, e di assidersi sul tripode divin
gnifica susurro dell’acqua. La pitonessa, prima di dare i responsi, e di assidersi sul tripode divinatorio, beveva dell’ac
rcondavano il monte Parnaso. Apollo amò passionatamente una figliuola di lui ; e ciò à dato forse luogo alla metamorfosi d
ente una figliuola di lui ; e ciò à dato forse luogo alla metamorfosi di Castalia in fontana. V. Castalio. 993. Castianira
me una delle mogli del re Priamo. 994. Castore e Polluce. — Fratelli di Elena e di Clitennestra, e figli di Giove e di Le
e mogli del re Priamo. 994. Castore e Polluce. — Fratelli di Elena e di Clitennestra, e figli di Giove e di Leda : essi f
94. Castore e Polluce. — Fratelli di Elena e di Clitennestra, e figli di Giove e di Leda : essi furono anche soprannominat
e Polluce. — Fratelli di Elena e di Clitennestra, e figli di Giove e di Leda : essi furono anche soprannominati Dioscori
rono anche soprannominati Dioscori e Tindaridi, significando la prima di queste parole : figliuoli valorosi di Giove, tito
indaridi, significando la prima di queste parole : figliuoli valorosi di Giove, titolo che essi si meritarono per le loro
si meritarono per le loro gloriose azioni ; e la seconda, discendenti di Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda,
er le loro gloriose azioni ; e la seconda, discendenti di Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda, era moglie di
denti di Tindaro, re di Sparta, perchè la loro madre Leda, era moglie di quel monarca, quando ebbe da Giove questi due fig
figliuoli. Appena essi furono nati, Mercurio li trasportò nella città di Paìlene, ove essi furono allevati. Divenuti adult
vello d’oro, e si distinsero fra i più valorosi Argonauti. Al ritorno di quella spedizione, essi inseguirono i Corsari, ch
rno alla testa dei due Tindaridi, e che un momento dopo l’apparizione di quelle, la tempesta cessò del tutto. Da quel mome
hi che sovente si veggono durante le burrasche, furono detti i fuochi di Castore e Polluce. A questo proposito noi non pos
sulla grande somiglianza che passa tra la pagana credenza dei fuochi di Castore e Polluce, e quella cattolica dei fuochi
edenza dei fuochi di Castore e Polluce, e quella cattolica dei fuochi di S. Elmo e di S. Nicola, a cui anche oggidì si att
ochi di Castore e Polluce, e quella cattolica dei fuochi di S. Elmo e di S. Nicola, a cui anche oggidì si attribuisce, dal
he oggidì si attribuisce, dalla superstizione religiosa, certo potere di buon augurio. Castore e Polluce erano citati come
essi le rapirono ai loro futuri mariti ; e ciò fu cagione della morte di Castore, il quale qualche tempo dopo fu ucciso pe
facendo passare innanzi al tempio dei due fratelli un uomo montato su di un cavallo, conducendo per la briglia un altro de
ne, unasi cela sotto l’orizzonte quando l’altro apparisce. L’apoteosi di Castore e di Pulluce seguì dopo la loro morte, av
a sotto l’orizzonte quando l’altro apparisce. L’apoteosi di Castore e di Pulluce seguì dopo la loro morte, avendo Giove co
seguì dopo la loro morte, avendo Giove concesso all’immortale Polluce di raggiungere l’amato Castore, da cui non poteva vi
empio, ove si prestava il giuramento, chiamandosi Adopol, cioè tempio di Polluce, il giuramento degli uomini ; e Acastor,
empio di Polluce, il giuramento degli uomini ; e Acastor, cioè tempio di Castore, quello delle donne. Al dire di Giustino,
mini ; e Acastor, cioè tempio di Castore, quello delle donne. Al dire di Giustino, Castore e Polluce apparirono varie volt
i quest’opinione, dicendo che le supposte apparizioni erano l’effetto di un travestimento di due guerrieri, i quali appari
cendo che le supposte apparizioni erano l’effetto di un travestimento di due guerrieri, i quali apparivano durante la misc
nnominato il domatore dei cavalli, perchè era abilissimo nel maneggio di quelli e nella corsa ; e Polluce veniva considera
alesasse agli uomini la sua volontà. 996. Catactoniano. — Nella città di Opunto, veniva così chiamato il sovrano pontefice
e. La tradizione mitologica ce lo addita come edificatore della città di Tibur, in Italia. 1001. Catinenzia. — Soprannome
atore della città di Tibur, in Italia. 1001. Catinenzia. — Soprannome di Cerere dalla città di Catania, in Sicilia, ove es
ibur, in Italia. 1001. Catinenzia. — Soprannome di Cerere dalla città di Catania, in Sicilia, ove essa aveva un tempio in
oltojo, per aver rubato il fuoco sacro. 1004. Caumaso. — Era il nome di un celebre centauro. Fra questi i più famosi furo
a, Medone, Piferone, Eurito, Amico, Folo e Chirone, che fu precettore di Achille. V. Chirone e Centauri. 1005. Cauno. — Fi
u precettore di Achille. V. Chirone e Centauri. 1005. Cauno. — Figlio di Mileto e di Ciane. Accortosi che sua sorella Bibl
di Achille. V. Chirone e Centauri. 1005. Cauno. — Figlio di Mileto e di Ciane. Accortosi che sua sorella Bibli, ardeva pe
di Mileto e di Ciane. Accortosi che sua sorella Bibli, ardeva per lui di una flamma incestuosa, egli abbandonò la sua patr
e oltraggio. Lascia insieme la patria e la germana, Poichè il pensier di lei non può far saggio : Da lei segretamente s’al
an da lei, nova cittade e regno. Ovidio — Metamorfosi Libro IX trad. di Dell’ Anguillara. 1006. Cauro. — Nome di uno dei
 Metamorfosi Libro IX trad. di Dell’ Anguillara. 1006. Cauro. — Nome di uno dei principali venti. 1007. Cauto. — Dio dell
ei principali venti. 1007. Cauto. — Dio della prudenza. 1008. Cavalli di Achille. — Omero ricorda che i cavalli di questo
lla prudenza. 1008. Cavalli di Achille. — Omero ricorda che i cavalli di questo eroe erano figli di Zefiro e dell’ Arpia P
di Achille. — Omero ricorda che i cavalli di questo eroe erano figli di Zefiro e dell’ Arpia Podarga ; e che erano immort
il corso del sole nelle dodici ore del giorno : imperocchè al levarsi di questo l’aurora tinge il cielo d’un colore rossas
ndona la terra, quasi un amante che lasci la sua donna. 1010. Cavalli di Enea. — Al dire di Omero i cavalli di questo famo
si un amante che lasci la sua donna. 1010. Cavalli di Enea. — Al dire di Omero i cavalli di questo famoso guerriero erano
sci la sua donna. 1010. Cavalli di Enea. — Al dire di Omero i cavalli di questo famoso guerriero erano della razza di quel
dire di Omero i cavalli di questo famoso guerriero erano della razza di quelli che Giove stesso regalò a Tros, quando rap
za di quelli che Giove stesso regalò a Tros, quando rapì il figliuolo di lui Ganimede. Questi cavalli erano perfetti e nel
elle battaglie spargevano ovunque il terrore e la fuga. 1011. Cavalli di Laomedone. — Una muta di questi famosi destrieri
ovunque il terrore e la fuga. 1011. Cavalli di Laomedone. — Una muta di questi famosi destrieri fu il premio che il re La
correvano sulla superficie delle acque senza affondare. 1012. Cavalli di Marte. — Al dire di Servio questi cavalli avevano
rficie delle acque senza affondare. 1012. Cavalli di Marte. — Al dire di Servio questi cavalli avevano nome Fobos e Demos
re e il timore. Omero però dice che questi erano i nomi dei cocchieri di Marte e non dei suoi cavalli. 1013. Cavalli di Re
o i nomi dei cocchieri di Marte e non dei suoi cavalli. 1013. Cavalli di Reso. — V. Reso. 1014. Cavallo. — Questo animale
arte, come Dio della guerra. Presso gli antichi era ritenuta la vista di un cavallo come un presagio di guerra. Enea appen
esso gli antichi era ritenuta la vista di un cavallo come un presagio di guerra. Enea appena ebbe posto il piede in Italia
posto il piede in Italia con suo padre Anchise, ritenne come presagio di battaglie future la vista di quattro cavalli bian
suo padre Anchise, ritenne come presagio di battaglie future la vista di quattro cavalli bianchi. Al dire di Tacito, gli S
agio di battaglie future la vista di quattro cavalli bianchi. Al dire di Tacito, gli Svevi, antico popolo della Germania,
ella Germania, nutrivano a spese comuni nei boschi sacri, buon numero di cavalli bianchi, dai quali traevano le predizioni
destrieri erano tenuti in grande onoranza ; era severamente proibito di toccarli e il principe della nazione insieme al s
a nazione insieme al sommo sacerdote, erano i soli a cui era concesso di attaccarli ad un carro, ritenuto egualmente come
n’altra predizione a cui si prestasse maggior credenza. 1015. Cavallo di Troia. — Narra Virgilio, che essendo i Greci stan
di Troia. — Narra Virgilio, che essendo i Greci stanchi dell’assedio di questa città, che già durava da dieci anni, docis
io di questa città, che già durava da dieci anni, docisero finalmente di rendersene padroni, per mezzo di uno stratagemma,
a da dieci anni, docisero finalmente di rendersene padroni, per mezzo di uno stratagemma, che molti scrittori attribuiscon
consigli della stessa Minerva, i Greci costruirono un enorme cavallo di legno, alto quanto una montagna, il quale aveva r
rinchiusi nei suoi spaziosi ed ampii fianchi un numero considerevole di guerrieri. …… E da Minerva Divinamente instrutti
n sembianza d’un monte edificaro. Virgilio — Eneide — Lib. II. trad. di A. Caro. E dentro dalla lor flamma si geme L’ag
. Dante Inf. C. XXVI. Ciò fatto sparsero la voce che i greci, prima di togliere l’assedio, volevano fare omaggio di simi
voce che i greci, prima di togliere l’assedio, volevano fare omaggio di simile offerta a Minerva e riporre il Palladium d
evano fare omaggio di simile offerta a Minerva e riporre il Palladium di Troja nelle mura di quella città, da cui essi ste
i simile offerta a Minerva e riporre il Palladium di Troja nelle mura di quella città, da cui essi stessi l’avevano rapito
cosi grande, acciocchè voi, Troiani, nol poteste mettere per le porte di Troia. Chè però, se per le vostre porte si potess
do guastaste o violaste, Troia sarebbe disfatta. G. da Pisa — I fatti di Enea. I Trojani caddero nell’insidia e atterrar
. I Trojani caddero nell’insidia e atterrarono una parte delle mura di cinta per dar passaggio alla funesta macchina, a
città e dell’armata dei Teucri, il decenne assedio della famosa città di Priamo. È opinione di Pausania che questo cavallo
i Teucri, il decenne assedio della famosa città di Priamo. È opinione di Pausania che questo cavallo altro non fosse che u
nione di Pausania che questo cavallo altro non fosse che una macchina di guerra, specie di ariete, inventata da certo Epeo
che questo cavallo altro non fosse che una macchina di guerra, specie di ariete, inventata da certo Epeo, guerriero greco,
iete, inventata da certo Epeo, guerriero greco, per abbattere le mura di Troja, nella quale s’introducessero i guerrieri A
a di Troja, nella quale s’introducessero i guerrieri Achei, per mezzo di una larga breccia, prodotta dall’urto di quella m
i guerrieri Achei, per mezzo di una larga breccia, prodotta dall’urto di quella macchina nelle mura della città. Questa op
fa datare l’uso della macchina detta ariete, dalla epoca della caduta di Troja, e considera quello istrumento di distruzio
ete, dalla epoca della caduta di Troja, e considera quello istrumento di distruzione, come la base unica e principale alla
truzione, come la base unica e principale alla tradizione del cavallo di legno. 1016. Caystrio. — V. Caistrio. 1017. Cea. 
aistrio. 1017. Cea. — Isola del mare Egeo, cosi nomata da Ceo, figlio di Titano, è celebre per la sua fertilità in bachi d
Titano, è celebre per la sua fertilità in bachi da seta e in armenti di buoi. 1018. Ceade. — Padre di Eufenio : egli è ri
fertilità in bachi da seta e in armenti di buoi. 1018. Ceade. — Padre di Eufenio : egli è ricordato nella tradizione mitol
cordato nella tradizione mitologica, per aver condotto un gran numero di soldati Traci in soccorso dei Trojani, assediati
iati dai Greci. 1019. Cebo, Cepo o Cefo. — Mostro adorato nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio
19. Cebo, Cepo o Cefo. — Mostro adorato nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie d
o o Cefo. — Mostro adorato nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie di satiro somi
Mostro adorato nella città di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie di satiro somigliante ad u
di Menfi. Al dire di Strabone, di Solino e di Plinio, era una specie di satiro somigliante ad una grossa scimmia. Al dire
, era una specie di satiro somigliante ad una grossa scimmia. Al dire di quest’ultimo, Pompeo fece venire uno di quelli an
d una grossa scimmia. Al dire di quest’ultimo, Pompeo fece venire uno di quelli animali dall’ Etiopia in Roma, ove non era
Roma, ove non erasi prima veduto. Diodoro dà a quest’idolo una testa di leone e il corpo di una pantera, della grandezza
prima veduto. Diodoro dà a quest’idolo una testa di leone e il corpo di una pantera, della grandezza di quello d’una capr
t’idolo una testa di leone e il corpo di una pantera, della grandezza di quello d’una capra. 1020. Cebrione. — Uno dei gig
brione, figlio naturale del re Priamo. Patroclo l’uccise allo assedio di Troja. 1021. Cecio. — Uno dei venti che spira pri
enti che spira prima del tempo dell’equinozio. 1022. Cecolo. — Figlio di Vulcano e di Prenesta. La tradizione racconta che
a prima del tempo dell’equinozio. 1022. Cecolo. — Figlio di Vulcano e di Prenesta. La tradizione racconta che sua madre, e
adizione racconta che sua madre, essendo seduta dappresso alla fucina di Vulcano, fu colpita da una scintilla di fuoco ; e
seduta dappresso alla fucina di Vulcano, fu colpita da una scintilla di fuoco ; e che dopo nove mesi partorisse un bambin
 ; e che dopo nove mesi partorisse un bambino a cui ella pose il nome di Cecolo, a causa dell’estrema piccolezza degli occ
ma piccolezza degli occhi. Quando egli fu adulto si dette ad una vita di furto e di brigantaggio, e fabbricò la città di P
za degli occhi. Quando egli fu adulto si dette ad una vita di furto e di brigantaggio, e fabbricò la città di Preneste. Av
si dette ad una vita di furto e di brigantaggio, e fabbricò la città di Preneste. Avendo dato dei giuochi pubblici, egli
ome essi non fecero attenzione alle sue parole, non credendolo figlio di Vulcano, egli invocò suo padre, dio del fuoco, e
dio del fuoco, e il luogo dove si trovavano fu all’istante circondato di fiamme. Allora tutti coloro che erano presenti, c
circondato di fiamme. Allora tutti coloro che erano presenti, colpiti di spavento, aderirono alla sua volontà. Altri scrit
a esserne punto offeso, ciò che lo fece ritenere da tutti come figlio di Vulcano. 1023. Cecopro. — Ricchissimo egiziano, i
a sua patria andò a stabilirsi nell’ Attica ove sposò Aglaura, figlia di Acteo, re degli Ateniesi, a cui egli succedette n
nominato biforme, e l’opinione degli scrittori è dubbia sulla origine di questo soprannome, volendo alcuni che gli venisse
la donna, per mezzo del matrimonio ; ed altri perchè essendo egiziano di nascita, era anche greco, per essersi stabilito n
che dal suo nome fu detta Cecropia. Alcuni la confondono con Cecopro di cui nell’articolo precedente. 1025. Cecropea. — P
1025. Cecropea. — Più comunemente Cecropiana, era uno dei soprannomi di Minerva come protettrice di Atene, città fondata
emente Cecropiana, era uno dei soprannomi di Minerva come protettrice di Atene, città fondata da Cecrope. 1026. Cecropidi.
si dava agli Ateniesi : Ovidio chiama particolarmente Teseo col nome di Cecropide. 1027. Cecropisa. — Soprannome di Aglau
colarmente Teseo col nome di Cecropide. 1027. Cecropisa. — Soprannome di Aglaura per esser moglie di Cecopro. V. Cecopro.
Cecropide. 1027. Cecropisa. — Soprannome di Aglaura per esser moglie di Cecopro. V. Cecopro. 1028. Cedemporo. — Vale a di
ecopro. V. Cecopro. 1028. Cedemporo. — Vale a dire interessato, avido di guadagno dalle parole greche Κεδρος guadagno e πε
come dio del traffico. Similmente si dava a Mercurio la denominazione di Cerdauso, per le ragioni precedenti, e anche ad A
ei suoi oracoli. 1029. Cedippe. — V. Acroncio. Vi furono molte ninfe di questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio di Mercurio e
croncio. Vi furono molte ninfe di questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio di Mercurio e di Ersea e marito di Procride. Aurora,
rono molte ninfe di questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio di Mercurio e di Ersea e marito di Procride. Aurora, innamoratasi
i questo nome. 1030. Cefalo. — Figlio di Mercurio e di Ersea e marito di Procride. Aurora, innamoratasi di lui, lo rapì, m
lio di Mercurio e di Ersea e marito di Procride. Aurora, innamoratasi di lui, lo rapì, ma indarno, poichè egli non volle a
ì, ma indarno, poichè egli non volle acconsentire alle amorose voglie di lei. La dea sdegnata delle ripulse, giurò di vend
tire alle amorose voglie di lei. La dea sdegnata delle ripulse, giurò di vendicarsene, e lo lasciò ritornare presso Procri
amente. Ritornato in patria, Cefalo, volendo accertarsi della fedeltà di sua moglie, le si presentò sotto un travestimento
o un travestimento che lo rendeva irriconoscibile ; ed ebbe il dolore di vedere che essa condiscendeva all’incognito sedut
lontao da lei. Al suo ritorno nella casa del marito, essa lo presentò di un giavellotto e di un cane che Minosse le aveva
o ritorno nella casa del marito, essa lo presentò di un giavellotto e di un cane che Minosse le aveva dato, e amò così ten
ve mosso a compassione li cangiò entrambi in astri. 1031. Cefeo. — Re di Etiopia : fu figlio di Fenicio e padre di Androme
li cangiò entrambi in astri. 1031. Cefeo. — Re di Etiopia : fu figlio di Fenicio e padre di Andromeda. Vi fu ancora un alt
in astri. 1031. Cefeo. — Re di Etiopia : fu figlio di Fenicio e padre di Andromeda. Vi fu ancora un altro Cefeo principe d
di Fenicio e padre di Andromeda. Vi fu ancora un altro Cefeo principe di Arcadia, il quale fu teneramente amato da Minerva
prova d’affetto gli attaccò sulla fronte uno dei capelli della testa di Medusa, e con quel talismano lo rese invincibile.
invincibile. 1032. Cefiso. — Fiume della Focide ; amò un gran numero di ninfe, ma fu sempre disprezzato nei suoi amori. 1
sprezzato nei suoi amori. 1033. Cefo. — V. Cebo. 1034. Celx. — Figlio di Lucifero e di Chione. Egli fu così dolente della
suoi amori. 1033. Cefo. — V. Cebo. 1034. Celx. — Figlio di Lucifero e di Chione. Egli fu così dolente della morte di sua m
x. — Figlio di Lucifero e di Chione. Egli fu così dolente della morte di sua madre che si recò nella città di Claro onde c
Egli fu così dolente della morte di sua madre che si recò nella città di Claro onde consultare l’oracolo e sapere i mezzi
glie Alcione ne andò in cerca e saputa la sua morte ottenne dagli Dei di essere cangiata, con lui, nell’uccello che si chi
mato da Aurora, e che questa lo avesse sposato. 1035. Celadone. — Uno di coloro che furono uccisi alle nozze di Perseo con
sposato. 1035. Celadone. — Uno di coloro che furono uccisi alle nozze di Perseo con Andromeda. 1036. Celana. — Comunemente
rseo con Andromeda. 1036. Celana. — Comunemente si dava il soprannome di Celana, o Celene, alla Dea Cibele, dalla città di
dava il soprannome di Celana, o Celene, alla Dea Cibele, dalla città di Celene nella Frigia, ove era particolarmente ador
Giunone. 1037. Celeno. — Una delle arpie V. Arpie. 1038. Celeo. — Re di Eleusi il quale accolse assai benignamente Cerere
giata in diamante, per avere sostenuto che Giove era mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome dell’ajo di Giove, il q
che Giove era mortale. Al dire di Ovidio, Celma era il nome dell’ajo di Giove, il quale aveva voluto sostenere, che quel
elma fu rinchiuso in una torre impene. trabile. 1042. Celmiso. Marito di Celma. Subì la stessa sorte di sua moglie a causa
impene. trabile. 1042. Celmiso. Marito di Celma. Subì la stessa sorte di sua moglie a causa della sua incredulità V. Celma
à V. Celma. Vi fu un altro Celmiso fra i Cureti o Coribanti sacerdoti di Giove, il quale fu scacciato da’suoi compagni per
oti di Giove, il quale fu scacciato da’suoi compagni per aver mancato di rispetto alla madre degli Dei. 1043. Celo. — V. C
e da Diana con una freccia che questa lanciava ad una fiera, la madre di lei fu così afflitta e versò tante lagrime, che l
detta Pirene. 1045. Cencrea. — V. Cenchiria. 1046. Cencrisa. — Moglie di Ciniro e madre di Mirra. Avendo osato vantarsi di
. Cencrea. — V. Cenchiria. 1046. Cencrisa. — Moglie di Ciniro e madre di Mirra. Avendo osato vantarsi di avere una figlia
Cencrisa. — Moglie di Ciniro e madre di Mirra. Avendo osato vantarsi di avere una figlia assai più bella di Venere, la De
e di Mirra. Avendo osato vantarsi di avere una figlia assai più bella di Venere, la Dea per vendicarsi ispirò alla giovane
a Latona, appena la madre l’ebbe partorita. 1048. Ceneo. — Soprannome di Giove a causa del promontorio di Cene, ove egli a
partorita. 1048. Ceneo. — Soprannome di Giove a causa del promontorio di Cene, ove egli aveva un magnifico tempio e dove g
eneo, l’altare adorno Di Giove……. Ovidio. — Metamorf. Libro IX trad. di Dell’ Anguillara. Vi fu anche un tessalo ricord
anche un tessalo ricordato dalla tradizione mitologica sotto il nome di Ceneo, il quale fu dapprima donna e si chiamò Cen
pprima donna e si chiamò Cena, ed ottenne da Nettuno il doppio favore di cangiar sesso e di essere invulnerabile. Essendos
hiamò Cena, ed ottenne da Nettuno il doppio favore di cangiar sesso e di essere invulnerabile. Essendosi trovato presente
egli era in effetto invulnerabile, lo schiacciarono sotto una foresta di alberi ed egli fu cangiato in uccello. Costui na
occhè da principio ei fu donzella. …………….. Fu in dubbio allor ciò che di Ceneo avvenne, E quasi ognun di noi giudizio died
a. …………….. Fu in dubbio allor ciò che di Ceneo avvenne, E quasi ognun di noi giudizio diede. Che per lo troppo peso ch’ei
da noi chiamato unico augello. Ovidio. — Metamorfosi Lib. XII trad. di dell’ Anguillara. 1049 Centauri. — Popoli di una
amorfosi Lib. XII trad. di dell’ Anguillara. 1049 Centauri. — Popoli di una contrada della Tessaglia. La favola ce li add
dita come mostri metà uomini e metà cavalli. Essi erano sempre armati di nodosi bastoni e si servivano con estrema destrez
E tra ’I piè della ripa ed essa, in traccia Correan Centauri armati di saette, Come solean nel mondo andare a caccia. D
Inf. Cant. XII. Quelli fra i Centauri che furono invitati alle nozze di Piritoo e d’Ippodamia, attaccarono querela coi La
amia, attaccarono querela coi Lapidi. Altra razza mostruosa. Il grido di richiamo dei Centauri rassomigliava al nitrito di
mostruosa. Il grido di richiamo dei Centauri rassomigliava al nitrito di un cavallo. Fra tutti il più famoso ed il più cel
llo. Fra tutti il più famoso ed il più celebre fu Chirone, precettore di Achille. (V. Chirone) Ercole dopo aver cacciati i
e membra fè, doppia la forza ? Ovidio. — Metamorfosi Libro XII trad. di Dell’Anguillara. 1050. Centauro. — Figliuolo di
fosi Libro XII trad. di Dell’Anguillara. 1050. Centauro. — Figliuolo di Apollo e di una figlia del fiume Peneo, chiamata
II trad. di Dell’Anguillara. 1050. Centauro. — Figliuolo di Apollo e di una figlia del fiume Peneo, chiamata Stilbia. Egl
montare sul dorso dei cavalli : da ciò la favola della doppia natura di questi esseri mitologici. 1051. Centimano. — Così
li della terra, che dettero la scalata alcielo. Ceo era anche il nome di una delle isole Cicladi nel mar Egeo, famosa per
monte Parnaso, per salvarsi dall’innondazione delle acque del diluvio di Deucalione, fu dalle ninfe abitatrici di quella m
ione delle acque del diluvio di Deucalione, fu dalle ninfe abitatrici di quella montagna, cangiato in uccello. Altri scrit
uccello. Altri scrittori vogliono che fosse cangiato in quella specie di scarafaggio che ha le corna. Questa credenza vien
a greca Κεραμπτον che significa con le corna. 1055. Cerasti. — Popoli di Amatunta, celebri per la loro crudeltà. Venere li
eraunio. — Vale a dire fulminatore che lancia la folgore ; soprannome di Giove. 1057. Cerbero. — Cane a tre teste guardian
. — Cane a tre teste guardiano della porta dell’Inferno e del palazzo di Plutone. ….. il gran Cerbero udiro Abbaiar con t
do veneno empie ogni campo. Ovidio. — Metamorfosi. — Libro VII trad. di Dell’Anguillara. 1058. Cerceisa. — Ninfa del mar
l’Anguillara. 1058. Cerceisa. — Ninfa del mare figlia dell’ Oceano e di Teti. 1059. Cercione. — Famoso ladro. Egli attacc
ne. — Famoso ladro. Egli attaccava le sue vittime a due grossi alberi di cui aveva ravvicinato le cime per modo che queste
bbe una figlia per nome Alope la quale Nettuno rese madre, e il padre di lei fu così irritato che la condusse in un bosco
i abbandonavano ad ogni più turpe deboscia. 1061. Cercopiteca. — Nome di una delle divinità degli Egiziani : si crede comu
nemente che fosse la stessa che Cebo. 1062. Cereali. — Feste in onore di Cerere. 1063. Cerere. — Una delle principali Dee
— Una delle principali Dee della mitologia greca e romana : fu tiglia di Saturno e di Cibele e Dea dell’agricoltura, la qu
rincipali Dee della mitologia greca e romana : fu tiglia di Saturno e di Cibele e Dea dell’agricoltura, la quale ella inse
ella insegnò agli uomini, viaggiando lungamente la terra in compagnia di Bacco. Tu sai pur quale io son, qual sempre fui
sti e più quanto agli ingrati. Ovidio. — Metamorfosi, Libro V. Trad. di Dell’ Anguillara. Plutone innamoratosi di sua fi
etamorfosi, Libro V. Trad. di Dell’ Anguillara. Plutone innamoratosi di sua figlia Proserpina gliela rapì, e Cerere allor
sul monte Etna, accese due torce e si dette a cercala indefessamente di giorno e di notte. Giunta alla corte di Trittolem
tna, accese due torce e si dette a cercala indefessamente di giorno e di notte. Giunta alla corte di Trittolemo, essa inse
ette a cercala indefessamente di giorno e di notte. Giunta alla corte di Trittolemo, essa insegnò particolarmente a questo
di Trittolemo, essa insegnò particolarmente a questo principe, l’arte di lavorare la terra, e assunse l’incarico di alleva
a questo principe, l’arte di lavorare la terra, e assunse l’incarico di allevare segretamente il figlio di lui, per nome
are la terra, e assunse l’incarico di allevare segretamente il figlio di lui, per nome Deifone, al quale ella porse il suo
le ella porse il suo latte per renderlo immortale : ma per negligenza di Meganira, Deifone morì nelle fiamme. Cerere allor
o intrapreso e avendo incontrata la ninfa Aretusa, le dimandò novelle di sua figlia Proserpina. La ninfa le disse che Plut
teva persuaderla, Cerere ebbe ricorso a Giove, il quale si compromise di fargliela restituire, quante volte essa non avess
rno. Ma Ascalafo palesò ch’essa avea colto una melograna nei giardini di Plutone e ne avea mangiati sette granellini, per
iò Ascalafo in gufo (V. Ascalafo). Giove intanto, commosso dal dolore di Cerere ordinò che Proserpina avesse passato sei m
ed un culto generale in tutte le città del mondo antico. Le primizie di tutti i prodotti della terra le venivano scrupolo
otti della terra le venivano scrupolosamente offerte, ed erano puniti di morte coloro che per qualunque ragione avessero t
i solenni misteri delle sue feste. Veniva rappresentata sotto figura di una donna giovane e bella, avendo nella mano dest
e bella, avendo nella mano destra una falce, nella sinistra un pugno di spighe di cui aveva anche coronata la fronte. Il
avendo nella mano destra una falce, nella sinistra un pugno di spighe di cui aveva anche coronata la fronte. Il suo seno l
coronata la fronte. Il suo seno largo e bellissimo era tutto coperto di mammelle, turgide di latte, simbolo parlante dell
Il suo seno largo e bellissimo era tutto coperto di mammelle, turgide di latte, simbolo parlante della fecondità della ter
ti più accreditati, i mitologi, quanto i poeti ; non si accordano fra di loro sulle diverse opinioni in proposito di quest
ti ; non si accordano fra di loro sulle diverse opinioni in proposito di questa famosa Divinità. Ve ne sono molti che la c
spalle Il blondissimo crin le si diffuse, E un siffatto splendor come di folgore Lampeggiò per la casa e quindi uscio. Om
re Lampeggiò per la casa e quindi uscio. Omero — Inno a Cerere Trad. di L. Lamberti. 1064. Ceriel. — Vale a dire araldi.
64. Ceriel. — Vale a dire araldi. Così furono detti da Cerisco figlio di Mercurio. Si aveva per essi una grande venerazion
per essi una grande venerazione. 1065. Cerixo. — Fu uno dei sacerdoti di Cerere che sovraintendeva ai misteri di quella De
erixo. — Fu uno dei sacerdoti di Cerere che sovraintendeva ai misteri di quella Dea. 1066. Cerphafo. — Uno dei figli di E
aintendeva ai misteri di quella Dea. 1066. Cerphafo. — Uno dei figli di Eolo e bisavo di Fenicia. 1067. Ceruleo. — Nettun
teri di quella Dea. 1066. Cerphafo. — Uno dei figli di Eolo e bisavo di Fenicia. 1067. Ceruleo. — Nettuno, fratello di Gi
figli di Eolo e bisavo di Fenicia. 1067. Ceruleo. — Nettuno, fratello di Giove veniva così soprannominato dal colore del m
uno, fratello di Giove veniva così soprannominato dal colore del mare di cui era Dio. Similmente si denotavano tutte le di
lmente si denotavano tutte le divinità marittime col nome complessivo di Dei Cerulei. 1068. Ceruso. — Dio del buon tempo :
nta Svetonio che durante la celebrazione dei giuochi funebri in onore di Giulio Cesare, fosse apparsa una cometa con la co
la crinita, e che questa apparizione contribuì non poco alla apoteosi di lui, essendosi creduto da tutti che in quell’astr
mitologica ripete che in tutto il corso dell’anno che seguì la morte di Giulio Cesare, il sole comparisse pallido e sbiad
mparisse pallido e sbiadito, e che questo era un segnale dello sdegno di Apollo. 1070. Cesto. — Così veniva chiamata una c
nere che le prestasse quella cintura. A proposito del famoso giudizio di Paride, Venere dovette togliere alla presenza di
del famoso giudizio di Paride, Venere dovette togliere alla presenza di lui la sua cintura, onde mostrare tutta l’incompa
ta l’incomparabile bellezza delle sue forme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e di Andromaca. Dopo la morte di sno padre
arabile bellezza delle sue forme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e di Andromaca. Dopo la morte di sno padre egli andò a
orme. 1071. Cestrino. — Figlio di Eleno e di Andromaca. Dopo la morte di sno padre egli andò a dimorare sulle rive del fiu
rive del fiume Tiamio in una contrada, che fu detta Cestrina dal nome di lui. 1072. Ceto. — Secondo Esiodo così si chiamav
nome di lui. 1072. Ceto. — Secondo Esiodo così si chiamava la moglie di Forcino, che fu madre di Bellona. 1073. Chaonia. 
 — Secondo Esiodo così si chiamava la moglie di Forcino, che fu madre di Bellona. 1073. Chaonia. — Contrada dell’Epiro pie
, che fu madre di Bellona. 1073. Chaonia. — Contrada dell’Epiro piena di montagne e di foreste, e celebre per le ghiande d
di Bellona. 1073. Chaonia. — Contrada dell’Epiro piena di montagne e di foreste, e celebre per le ghiande di cui si nutri
a dell’Epiro piena di montagne e di foreste, e celebre per le ghiande di cui si nutrivano i suoi abitanti, prima dell’inve
 Sono questi i nomi che Eliodoro nelle sue storie dà a due personaggi di sua invenzione, che non vissero mai. Le cronache
onache mitologiche, e le tradizioni favolose dell’antichità non fanno di essi menzione alcuna. 1075. Charise. — V. Caride.
dova : soprannome dato a Giunone forse perchè Giove l’abbandonò assai di sovente per altre donne. 1078. Cherone. — Figlio
l’abbandonò assai di sovente per altre donne. 1078. Cherone. — Figlio di Apollo. Dette il suo nome ad una città che da lui
. Dette il suo nome ad una città che da lui cangiò il suo antico nome di Arnea in quello di Cheronea. 1079. Chiliombe. — S
ad una città che da lui cangiò il suo antico nome di Arnea in quello di Cheronea. 1079. Chiliombe. — Si dava questo nome
Greci facevano gran conto. 1081. Chimera. — Mostro che aveva la testa di leone, il corpo di capra e la coda di drago e vom
conto. 1081. Chimera. — Mostro che aveva la testa di leone, il corpo di capra e la coda di drago e vomitava fuoco e fiamm
ra. — Mostro che aveva la testa di leone, il corpo di capra e la coda di drago e vomitava fuoco e fiamme. Desolò per lungo
l petto capra, e drago La coda ; e della bocca orrende vampe Vomitava di foco……… Omero Iliade — Libro IV trad. di Vinc. M
occa orrende vampe Vomitava di foco……… Omero Iliade — Libro IV trad. di Vinc. Monti Chimera o Chimerifera era similment
, v’era un piccolo vulcano intorno al quale si aggiravano gran numero di leoni ; sui fianchi di essa verdeggiavano dei pra
ano intorno al quale si aggiravano gran numero di leoni ; sui fianchi di essa verdeggiavano dei prati su cui pasceva larga
fianchi di essa verdeggiavano dei prati su cui pasceva larga quantità di capre ; mentre ai suoi piedi strisciavano serpent
la personificazione del mostro detto Chimera. 1082. Chione. — Figlia di Dedalione. Essa fu amata contemporaneamente da Ap
e corrispose ad entrambi. Dal primo ebbe Filammone, celebre suonatore di liuto ; dal secondo Autolico, che si rese non men
uonatore di liuto ; dal secondo Autolico, che si rese non meno famoso di suo padre nell’ingannare tutti. Chione fu così or
osì orgogliosa della sua bellezza, che osò vantarsi d’esser più bella di Diana, del che sdegnata la Dea, le forò la lingua
lingua con una freccia. 1083. Chiromanzia. — Così veniva detta l’arte di predire il futuro dall’osservazione delle linee d
zione delle linee della mano. 1084. Chirone. — Famoso centauro figlio di Saturno e di Filira. Saturno, perdutamente innamo
inee della mano. 1084. Chirone. — Famoso centauro figlio di Saturno e di Filira. Saturno, perdutamente innamorata di quest
tauro figlio di Saturno e di Filira. Saturno, perdutamente innamorata di questa donna bellissima, tutte le volte che si re
ava da lei si trasformava in cavallo per deludere la gelosa vigilanza di sua moglie Rea ; ed è perciò ch’egli ebbe da Fili
a un figlio che, secondo la tradizione mitologica, ebbe il corpo metà di uomo e metà di cavallo ed a cui Saturno impose il
, secondo la tradizione mitologica, ebbe il corpo metà di uomo e metà di cavallo ed a cui Saturno impose il nome di Chiron
corpo metà di uomo e metà di cavallo ed a cui Saturno impose il nome di Chirone. Questo mostro viveva sulle montagne e ne
irone. Questo mostro viveva sulle montagne e nei boschi sempre armato di un arco di cui si serviva con mirabile destrezza.
to mostro viveva sulle montagne e nei boschi sempre armato di un arco di cui si serviva con mirabile destrezza. Conoscendo
nò la medicina ad Esculapio, l’astronomia ad Ercole e fu l’istitutore di Achille. E quel di mezzo ch’al petto si mira È ’
culapio, l’astronomia ad Ercole e fu l’istitutore di Achille. E quel di mezzo ch’al petto si mira È ’l gran Chirone che n
erno — Canto XII. Una ferita ad un piede cagionatagli da una freccia di quelle che Ercole aveva bagnate nel sangue dell’i
a una freccia di quelle che Ercole aveva bagnate nel sangue dell’idra di Lerna (V. Ercole), lo fece così crudelmente soffr
ostellazione del sagittario. 1085. Chitonea. o Chitonia. — Soprannome di Diana in onore della quale si celebravano delle f
uale fu da Plutone cangiata in fontana, perchè volle opporsi al ratto di Proserpina. Da quel sorge non lunge un’altra fon
Ciane l’appella, Nïnfa che l’à in custodia a piè del monte, Che preme di Tifeo la manca ascella. Ovidio — Metamor — Lib. 
Che preme di Tifeo la manca ascella. Ovidio — Metamor — Lib. V trad. di Dell’ Anguillara. 1088. Clanea. — Figlia del fiu
i Dell’ Anguillara. 1088. Clanea. — Figlia del fiume Meandro e madre di Cauno e di Bibli. Essa fu cangiata in roccia per
uillara. 1088. Clanea. — Figlia del fiume Meandro e madre di Cauno e di Bibli. Essa fu cangiata in roccia per non aver vo
e un giovane che l’amava passionatamente, e che si uccise in presenza di lei senza cagionarle la più leggiera emozione. 10
all’ingresso del ponte Eusino le le cui masse abbracciavano lo spazio di venti stadii. Le onde del mare, frangendosi con s
bili quelle rocce, e impedì alla nave Argo ove quelli erano imbarcati di naufragarsi ; per modo che gli Argonauti giunsero
uti giunsero felicemente al loro destino. 1090. Clanippo. — Sacerdote di Siracusa. Avendo disprezzato i misteri di Bacco,
1090. Clanippo. — Sacerdote di Siracusa. Avendo disprezzato i misteri di Bacco, questo Dio, per punirlo, lo colpì d’una ta
violenza a sua figlia. Appena compiuto il mostruoso incesto, l’isola di Sicilia, fu desolata da un’orribile pestilenza. L
vrebbe fine col sacrifizio dell’incestuoso Cianippo. Allora la figlia di questo trascinò il padre all’altare, e dopo averl
ll’altare, e dopo averlo con le sue mani svenato, si uccise sul corpo di lui. 1091. Cibebe. — Divinità a cui si attribuiva
corpo di lui. 1091. Cibebe. — Divinità a cui si attribuiva il potere di ispirare il furore. Veniva chiamata la madre degl
onfonderla. 1092. Cibelle. — Più comunemente conosciuta sotto il nome di Cibele : figlia del cielo e della terra, e moglie
ta sotto il nome di Cibele : figlia del cielo e della terra, e moglie di Saturno. Essa aveva molti altri nomi come Vesta,
a, Rea, Madre degli Dei, Buona Dea ecc : La tradizione favolosa narra di lei che, appena nata venisse esposta in un bosco
raffigurata sotto le sembianze d’una donna bellissima, con una corona di torri sul capo, circondata da animali, con una go
rona di torri sul capo, circondata da animali, con una gonna seminata di fiori e montata su di un carro tirato da quattro
, circondata da animali, con una gonna seminata di fiori e montata su di un carro tirato da quattro leoni. Il pino le era
izione, il Dio Vulcano, loro capo, aveva la sua officina. Buon numero di essi erano figli del Cielo e della Terra, ed altr
na. Buon numero di essi erano figli del Cielo e della Terra, ed altri di Nettuno e di Anfitride. Essi avevano un sol’occhi
ro di essi erano figli del Cielo e della Terra, ed altri di Nettuno e di Anfitride. Essi avevano un sol’occhio in mezzo la
vevano un sol’occhio in mezzo la fronte. Apollo sdegnato per la morte di Esculapio suo figlio, fulminato da Giove, distrus
esce de l’onde, e fuma. Ha sotto una spelonca, e grotte intorno, Che di feri Ciclopi, antrì e fucine Son da’ lor fochi af
nfrescar l’aspre saette a Giove. Virgilio — Eneide Lib. VIII — trad. di A. Caro. 1098. Cicno. — V. Cigno. 1099. Cicogna.
rezzate. È questa però un’opinione assai vaga. 1101. Ciereo. — Figlio di Nettuno e sacerdote di Cerere. La feroce astuzia
un’opinione assai vaga. 1101. Ciereo. — Figlio di Nettuno e sacerdote di Cerere. La feroce astuzia della sua indole gli va
di Cerere. La feroce astuzia della sua indole gli valse il soprannome di serpente. 1102. Cidiope. — Madre di Cleobe e di B
ua indole gli valse il soprannome di serpente. 1102. Cidiope. — Madre di Cleobe e di Bittone e sacerdotessa di Giunone. V.
i valse il soprannome di serpente. 1102. Cidiope. — Madre di Cleobe e di Bittone e sacerdotessa di Giunone. V. Bittone. 11
erpente. 1102. Cidiope. — Madre di Cleobe e di Bittone e sacerdotessa di Giunone. V. Bittone. 1103. Cielo o Celo. — Figlio
oluttuosa indole, e dell’estrema bianchezza delle sue penne. Il carro di questa Dea veniva sovente tirato da due cigni. Gi
rato da due cigni. Giove, per farsi amare da Leda si trasformò in uno di questi animali. V. Leda. Cigno ebbe anche nome un
in uno di questi animali. V. Leda. Cigno ebbe anche nome un figliuolo di Marte, che combattè contro Ercole e fu vinto. Mar
ersi personalmente con Ercole ; ma Giove li separò facendo cadere fra di loro la folgore. Cigno fu similmente detto un re
la folgore. Cigno fu similmente detto un re della Liguria, figliuolo di Steneleo. Egli era legato da fraterna amicizia a
nche dopo codesta metamorfosi, dice che egli ricordandosi del fulmine di Giove, che aveva ucciso l’amico suo, non avesse m
vesse mai spinto il volo nelle regioni superiori, ma si accontentasse di volare radendo la terra, e facesse dell’elemento
ontrario al fuoco la sua abitazione. Cigno fu finalmente un figliuolo di Nettuno e di una Nereide, il quale fu da suo padr
uoco la sua abitazione. Cigno fu finalmente un figliuolo di Nettuno e di una Nereide, il quale fu da suo padre reso invuln
vincitore si accingeva a spogliare il vinto delle sue armi, il corpo di Cigno disparve avendolo suo padre Nettuno cangiat
il corpo di Cigno disparve avendolo suo padre Nettuno cangiato in uno di questi animali. 1105. Cileno. — Fu una delle Plej
. 1105. Cileno. — Fu una delle Plejadi. 1106. Cilixo. — Uno dei figli di Fenicio che andò a stabilirsi in quella parte del
inore, che poi dal suo nome fu detta Cilicia. Cilixo fu anche il nome di uno dei figliuoli di Agenore. 1107. Cillabaro. — 
o nome fu detta Cilicia. Cilixo fu anche il nome di uno dei figliuoli di Agenore. 1107. Cillabaro. — Figlio di Stenelo. Eg
he il nome di uno dei figliuoli di Agenore. 1107. Cillabaro. — Figlio di Stenelo. Egli durante l’assedio di Troja s’impadr
Agenore. 1107. Cillabaro. — Figlio di Stenelo. Egli durante l’assedio di Troja s’impadronì degli stati e della donna di Di
Egli durante l’assedio di Troja s’impadronì degli stati e della donna di Diomede. 1108. Cillaruso. — Uno dei Centauri. Ave
llaruso. — Uno dei Centauri. Aveva l’istesso nome il cavallo favorito di Polluce. 1109. Cillene. — Montagna dell’Arcadia.
lcuni scrittori mitologici, che essa debba il suo nome, ad una figlia di Menofrone, chiamata Cillene : altri pretendono ch
, chiamata Cillene : altri pretendono che lo abbia da una principessa di questo nome pronipote d’Afanaso re d’Arcadia. Mer
ntagna, viene sovente dedominato Cillenio. 1110. Cilleo. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Cilla, nella
enio. 1110. Cilleo. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Cilla, nella Beozia, dove egli aveva un famoso te
la Beozia, dove egli aveva un famoso tempio. 1111. Cillo. — Cocchiere di Pelopo, il quale lo ebbe così caro, che dopo la m
 — Cocchiere di Pelopo, il quale lo ebbe così caro, che dopo la morte di lui, fond ò una città a cui impose nome di Cilla,
sì caro, che dopo la morte di lui, fond ò una città a cui impose nome di Cilla, per onorare la memoria del servo fedele. 1
Dea Cibele. 1113. Cimmeriani. — Popoli dell’Italia, nelle circostanze di Baja. La cronaca favolosa dice che in una delle c
 V. Cimmeria. 1115. Cimodoce. — Ninfa del mare. Fu una delle compagne di Cirene, madre d’Aristeo. 1116. Cimodocea. — Ninfa
docea. — Ninfa che predisse ad Enea l’evento della sua flotta. Fu una di coloro che si presentarono a Cibele, quando quest
asformò i vascelli d’Enea in ninfe del mare. 1117. Cimopoja. — Figlia di Nettuno e moglie del famoso Briareo, il gigante C
sa ajutò i Trojani in una burrasca che Giunone aveva sollevata contro di loro. 1119. Cinarada. — Dette anche Cinaredo, nom
naredo, nome che si dava al gran sacerdote sagrificatore della Venere di Pafo. 1120. Cinela. — Dalle parole latine cinxi,
la. — Dalle parole latine cinxi, Cingo e cunctum cingere ; soprannome di Giunone come la Dea, a cui la tradizione mitologi
ne come la Dea, a cui la tradizione mitologica, attribuiva l’incarico di slegare la c nta alle nuove maritate. 1121. Cindi
di slegare la c nta alle nuove maritate. 1121. Cindiade. — Soprannome di Diana. Narra Polibio, che la statua di Diana Cind
. 1121. Cindiade. — Soprannome di Diana. Narra Polibio, che la statua di Diana Cindiade, se pure posta in luogo scoperto a
Diana Cindiade, se pure posta in luogo scoperto aveva la prerogativa di non essere mai bagnata dalla pioggia. 1122. Cingh
prerogativa di non essere mai bagnata dalla pioggia. 1122. Cinghiale di Erimanto. — V. Erimanto. 1123. Cinghiale di Calid
pioggia. 1122. Cinghiale di Erimanto. — V. Erimanto. 1123. Cinghiale di Calidone — V. Calidone. 1124. Cinira. — Figlio di
to. 1123. Cinghiale di Calidone — V. Calidone. 1124. Cinira. — Figlio di Cilixo e re di Cipro V. Ammone. 1125. Ciniro il g
iale di Calidone — V. Calidone. 1124. Cinira. — Figlio di Cilixo e re di Cipro V. Ammone. 1125. Ciniro il giovane. — Sopra
Cilixo e re di Cipro V. Ammone. 1125. Ciniro il giovane. — Soprannome di Adone figlio di Ciniro e di Mirra — V. Adone. 112
ipro V. Ammone. 1125. Ciniro il giovane. — Soprannome di Adone figlio di Ciniro e di Mirra — V. Adone. 1126. Cinisca. — Fi
ne. 1125. Ciniro il giovane. — Soprannome di Adone figlio di Ciniro e di Mirra — V. Adone. 1126. Cinisca. — Figliuola d’Ar
alse dei grandi onori. 1127. Cinocefalo. — Divinità Egiziana. Al dire di Plutarco, era la stessa che Anubi. Vi erano, seco
delle Indie, i quali venivano così denominati perchè avevano la testa di cane V. Anubi. 1128. Cinofontisa. — Detta anche C
ncontravano per la via. 1129. Cinosora. — Ninfa del monte Ida. Fu una di quelle che presero cura dell’infanzia di Giove. D
 Ninfa del monte Ida. Fu una di quelle che presero cura dell’infanzia di Giove. Dopo la sua morte fu cangiata in astro. 11
Dopo la sua morte fu cangiata in astro. 1130. Cinosarge. — Soprannome di Ercole a lui dato a cagione di un’avventura. Un a
n astro. 1130. Cinosarge. — Soprannome di Ercole a lui dato a cagione di un’avventura. Un ateniese per nome Didimo, si acc
il misterioso comando e da quel tempo fu dato ad Ercole il soprannome di Cinosarge. 1131. Cinsia e Cinsie. — Soprannome di
rcole il soprannome di Cinosarge. 1131. Cinsia e Cinsie. — Soprannome di Diana e di Apollo, perchè nacquero insieme nell’i
prannome di Cinosarge. 1131. Cinsia e Cinsie. — Soprannome di Diana e di Apollo, perchè nacquero insieme nell’isola di Del
— Soprannome di Diana e di Apollo, perchè nacquero insieme nell’isola di Delo, chiamata Cinsio. 1132. Cinsio. — V. Cinsia.
la di Delo, chiamata Cinsio. 1132. Cinsio. — V. Cinsia. 1133. Cintura di Venere. — Secondo la tradizione, questa misterios
e. — Secondo la tradizione, questa misteriosa cintura aveva il poterc di rendere amabile chi la possedeva, e riaccendeva i
il poterc di rendere amabile chi la possedeva, e riaccendeva il fuoco di una passione estinta. …. e dal seno il bel trapu
io ch’anco de’saggi Ruba la mente…….. Omero. — Iliade Lib. XIV trad. di V. Monti. A dire di Luciano nelle opere, Mercuri
uba la mente…….. Omero. — Iliade Lib. XIV trad. di V. Monti. A dire di Luciano nelle opere, Mercurio rubò a Venere la su
menti, le grazie più attraenti. — V. Cesto. 1134. Ciparisso. — Figlio di Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cur
azie più attraenti. — V. Cesto. 1134. Ciparisso. — Figlio di Telefa e di Apollo. Egli addimesticò con gran cura un cervo a
so a pietà lo cangiò in cipresso. 1135. Cipfelide. — Nome patronimico di Cipfelo, tiranno di Corinto, e suoi discendenti.
in cipresso. 1135. Cipfelide. — Nome patronimico di Cipfelo, tiranno di Corinto, e suoi discendenti. 1136. Cipresso. — Er
Dio dei morti. 1137. Ciprigna. — Soprannome dato a Venere, dall’isola di Cipro, a lei consagrata. 1138. Circe. — Famosa ma
dotta e incomparabil fata Ovidio. — Metamorfosi. — Libro XIV. trad. di Dell’anguillara. Circe fu scacciata dal suo pae
avvelenato suo marito, re dei Sarmati, ed andò a dimorare nell’isola di Ea, o, secondo altri in un promontorio della Camp
a ninfa. Circe accolse Ulisse nella sua isola, e per ritenerlo presso di se, cangiò tutti i seguaci di lui in majali, orsi
nella sua isola, e per ritenerlo presso di se, cangiò tutti i seguaci di lui in majali, orsi ed altri animali, dando loro
lui in majali, orsi ed altri animali, dando loro a bere certo liquore di cui Ulisse non volle gustare, e potè così dopo qu
Della man delle dive useir può solo. Omero — Odissea — Lib. X Trad. di I. Pindemonte. 1139. Circio. — Così veniva chiam
ollo l’amò con passione e la condusse in Africa ov’essa divenne madre di Aristea. Vi fu un’altra Cirene ninfa della Tracia
Marte resa madre del famoso Diomede. 1141. Cirno. — Uno dei figliuoli di Ercole : dette il suo nome all’isola di Corsica.
1. Cirno. — Uno dei figliuoli di Ercole : dette il suo nome all’isola di Corsica. 1142. Cirra. — Città della Focide vicino
eva una caverna da cui soffiavano dei venti che ispiravano una specie di divino furore, e facevano rendere responsi ed ora
furore, e facevano rendere responsi ed oracoli. Da ciò il soprannome di Cirreo dato ad Apollo. 1143. Cisio. — V. Cizzica.
o ad Apollo. 1143. Cisio. — V. Cizzica. 1144. Cissea. — Ecuba, moglie di Priamo re di Troja, veniva così denominata perchè
1143. Cisio. — V. Cizzica. 1144. Cissea. — Ecuba, moglie di Priamo re di Troja, veniva così denominata perchè figlia di Ci
a, moglie di Priamo re di Troja, veniva così denominata perchè figlia di Cisseo re della Tracia. 1145. Cissone. — Così ave
e un giovane il quale morì per una caduta, mentre danzava nei misteri di Bacco, innanzi al simulacro di questo Dio, che lo
una caduta, mentre danzava nei misteri di Bacco, innanzi al simulacro di questo Dio, che lo cangiò in ellera. 1146. Cissot
o, che lo cangiò in ellera. 1146. Cissotonie. — Feste greche in onore di Ebe dea della giovanezza : coloro c e vi prendeva
dea della giovanezza : coloro c e vi prendevano parte erano coronati di ellera. 1147. Cita. — Città capitale della Colchi
oronati di ellera. 1147. Cita. — Città capitale della Colchide patria di Medea, la quale veniva perciò detta Citae-Virgo,
ia di Medea, la quale veniva perciò detta Citae-Virgo, ossia la donna di Cita. 1148. Citera. — Isola del mediterraneo. La
in quest’isola che Venere nascesse dalla spuma del mare gli abitanti di quest’isola avevano per quella Dea un culto parti
ato un tempio ricchissimo nel quale essa veniva adorata sotto il nome di Venere Urania. 1149. Citerea. — Soprannome di Ven
a adorata sotto il nome di Venere Urania. 1149. Citerea. — Soprannome di Venere. Vedi l’articolo precedente. 1150. Citereo
ente. 1150. Citereo. — Si dava codesto soprannome a Cupido, figliuolo di Venere Citerea. Al dire di Pausania, Citereo era
ava codesto soprannome a Cupido, figliuolo di Venere Citerea. Al dire di Pausania, Citereo era anche un fiume del Peloponn
fiume del Peloponneso in Elide consacrato alle ninfe Jonidi. Le acque di questo fiume avevano al dire del citato scrittore
acque di questo fiume avevano al dire del citato scrittore, la virtù di guarire dalle malattie, gl’infermi che vi si bagn
agnavano. 1151. Citereo-Eroe. — Così veniva denominato Enea figliuolo di Venere. I greci chiamavano pure mese Citereo quel
Enea figliuolo di Venere. I greci chiamavano pure mese Citereo quello di aprile perchè era consacrato a Venere. 1152. Cite
— Soprannome che talvolta si dava alle Muse tenute anch’esse in conto di bellissime. 1153. Citerone. — Re di Platea nella
le Muse tenute anch’esse in conto di bellissime. 1153. Citerone. — Re di Platea nella Beozia tenuto in conto di saggio e p
llissime. 1153. Citerone. — Re di Platea nella Beozia tenuto in conto di saggio e prudente uomo. La cronaca mitologica rac
ca mitologica racconta che essendo Giunone, altamente irritata contro di Giove vedendosi di continuo abbandonata da questo
nta che essendo Giunone, altamente irritata contro di Giove vedendosi di continuo abbandonata da questo per altre donne, a
dosi di continuo abbandonata da questo per altre donne, avesse deciso di dividersi da lui per mezzo di un pubblico divorzi
a questo per altre donne, avesse deciso di dividersi da lui per mezzo di un pubblico divorzio. Allora Citerone consigliò a
per mezzo di un pubblico divorzio. Allora Citerone consigliò a Giove di fingere un nuovo matrimonio per ricondurre a se G
fingere un nuovo matrimonio per ricondurre a se Giunone. Il consiglio di Citerone ebbe il suo pieno effetto. 1154. Citeron
di Citerone ebbe il suo pieno effetto. 1154. Citeronia. — Sopraunome di Giunone. Vedi l’articolo precedente. 1155. Citero
Citora. — Città e montagna della Galazia, così detta da Citoro figlio di Prisso. Quella contrada era coperta di boschi. 11
a, così detta da Citoro figlio di Prisso. Quella contrada era coperta di boschi. 1157. Civetta. — Quest’uccello per essere
uto come simbolo della vigilanza veniva consacrato a Minerva. Al dire di Eliano i Pagani ritenevano come pessimo augurio l
Al dire di Eliano i Pagani ritenevano come pessimo augurio l’incontro di una civetta. 1158. Cizzica o Cisia. — Re dei Doli
a brillante, così veniva denominata Iride. 1163. Clario. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Clar
ride. 1163. Clario. — Soprannome di Apollo che gli veniva dalla città di Claro o Claros, dove egli era particolarmente ven
nia — Vedi l’articolo precedente. 1165. Claudia. — Era questo il nome di una vestale, la quale accusata di libertinaggio f
1165. Claudia. — Era questo il nome di una vestale, la quale accusata di libertinaggio fu salvata dalla dea Vesta, che ope
u salvata dalla dea Vesta, che operò un miracolo per provare la virtù di lei. La tradizione favolosa narra, che Claudia, p
ello si era così fortemente incastrato che non riusci a più centinaja di uomini di rimuoverlo. 1166. Clausio. — Dio che ve
a così fortemente incastrato che non riusci a più centinaja di uomini di rimuoverlo. 1166. Clausio. — Dio che veniva invoc
a dalla parola latina cludere, chiudere. 1167. Clava. — Questa specie di arma terribile, è l’attributo che concordemente g
o. Anche Teseo si dipinge sovente armato d’una clava, perchè, al dire di Euripide, egli si armò di una grossissima clava p
sovente armato d’una clava, perchè, al dire di Euripide, egli si armò di una grossissima clava per combattere contro Creon
li si armò di una grossissima clava per combattere contro Creonte, re di Tebe. Secondo il suddetto scrittore, la clava di
e contro Creonte, re di Tebe. Secondo il suddetto scrittore, la clava di Teseo, veniva designata con l’epiteto di Epidauri
suddetto scrittore, la clava di Teseo, veniva designata con l’epiteto di Epidauriana, perchè fu appunto nell’Epidauro che
la rapì a Perifete, dopo averlo ucciso. È questa del paro l’opinione di Plutarco. ….. ed ei brandita (Arma tremenda) l’E
. è le partia dal tronco. Euripide — Le supplicanti — Tragedia trad. di F. Bellotti. 1168. Clavigero. — Vale a dire port
168. Clavigero. — Vale a dire porta clava e porta-chiavi : soprannome di Ercole — Vedi l’articolo precedente — e di Giano.
porta-chiavi : soprannome di Ercole — Vedi l’articolo precedente — e di Giano. A quest’ultimo si dava l’epiteto di porta-
l’articolo precedente — e di Giano. A quest’ultimo si dava l’epiteto di porta-chiavi, come custode del tempio che si apri
iteto di porta-chiavi, come custode del tempio che si apriva in tempo di guerra e si chiudeva in tempo di pace. Clavigera
de del tempio che si apriva in tempo di guerra e si chiudeva in tempo di pace. Clavigera proles-Vulcani, venivano detti i
tempo di pace. Clavigera proles-Vulcani, venivano detti i discendenti di Vulcano. 1169. Cledonismanzia. — Detta anche Cled
edonismanzia. — Detta anche Cledonismo, era una famosa magia ; specie di divinazione che si tirava da certe parole, che de
ani fatta una divinità ; e, secondo asserisce Plutarco, dopo la morte di Cesare fu innalzato un tempio alla clemenza di lu
lutarco, dopo la morte di Cesare fu innalzato un tempio alla clemenza di lui. Gli attributi della clemenza erano la patera
. 1171. Cleobe. — V. Bittone. 1172. Cleodeo. — Figlio d’Illo e nipote di Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia di Priamo, re di
Cleodeo. — Figlio d’Illo e nipote di Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia di Priamo, re di Troja, e di Ecuba. 1174. Cleodora. 
lio d’Illo e nipote di Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia di Priamo, re di Troja, e di Ecuba. 1174. Cleodora. — Così avea no
nipote di Ercole. 1173. Cleodice. — Figlia di Priamo, re di Troja, e di Ecuba. 1174. Cleodora. — Così avea nome la ninfa
a, e di Ecuba. 1174. Cleodora. — Così avea nome la ninfa che fu madre di Parnaso. 1175. Cleodossa. — Una delle figliuole d
ninfa che fu madre di Parnaso. 1175. Cleodossa. — Una delle figliuole di Niobe. 1176. Cleomede. — Famoso atleta. Egli era
1176. Cleomede. — Famoso atleta. Egli era così robusto, che sdegnato di non aver conseguito il premio nella lotta contro
nato di non aver conseguito il premio nella lotta contro un cittadino di Epidauro, abbatè una colonna di una casa con un p
remio nella lotta contro un cittadino di Epidauro, abbatè una colonna di una casa con un pugno, facendo così morire un gra
colonna di una casa con un pugno, facendo così morire un gran numero di persone sotto le rovine. Egli si salvò nascondend
a. — Una delle Danaidi. Vi fu anche un’altra Cleopatra, che fu figlia di Borea e moglie di Fineo. 1179. Cleromanzia. — Div
aidi. Vi fu anche un’altra Cleopatra, che fu figlia di Borea e moglie di Fineo. 1179. Cleromanzia. — Divinazione con la qu
tre grazie. 1181. Clidomanzia. — Indovinamento che si facea per mezzo di alcune chiavi. 1182. Climene. — Ninfa, figlia del
mezzo di alcune chiavi. 1182. Climene. — Ninfa, figlia dell’Oceano e di Teti. Apollo l’amò con passione e ne ebbe va rii
ne e ne ebbe va rii figli. Climene era anche il nome della confidente di Elena. 1183. Climeneidi. — Così furono dette le f
confidente di Elena. 1183. Climeneidi. — Così furono dette le figlie di Climene. 1184. Climeneo. — Soprannome di Plutone.
 Così furono dette le figlie di Climene. 1184. Climeneo. — Soprannome di Plutone. Il padre di Arpalice si chiamava del par
figlie di Climene. 1184. Climeneo. — Soprannome di Plutone. Il padre di Arpalice si chiamava del pari Climeneo. V. Arpali
lla che presiedeva alla storia. I poeti la rappresentano sotto figura di una donna giovane, d’imponente e maestosa bellezz
onna giovane, d’imponente e maestosa bellezza, con la fronte coronata di lauro, e avendo nella mano destra una tromba e ne
no destra una tromba e nella sinistra un libro. 1186. Clita. — Figlia di Merope. Essendole morto il marito, ch’essa amava
e, si strangolò per non sopravvivergli. 1187. Clitennestra. — Figlia di Tindaro e di Leda, sorella di Castore, e moglie d
lò per non sopravvivergli. 1187. Clitennestra. — Figlia di Tindaro e di Leda, sorella di Castore, e moglie di Agamennone.
vivergli. 1187. Clitennestra. — Figlia di Tindaro e di Leda, sorella di Castore, e moglie di Agamennone. …… figlia di Le
ennestra. — Figlia di Tindaro e di Leda, sorella di Castore, e moglie di Agamennone. …… figlia di Leda io sono : Clitenne
aro e di Leda, sorella di Castore, e moglie di Agamennone. …… figlia di Leda io sono : Clitennestra m’appello : è mio con
nsorte Agamennone re. Euripide — Ifigenia in Aulide — Tragedia trad. di F. Bellotti. Mentre Agamennone era all’assedio d
e — Tragedia trad. di F. Bellotti. Mentre Agamennone era all’assedio di Troja, essa amò Egisto, il quale, d’accordo con l
rra, e si rese padrone de’suoi stati, usurpando, con sanguinosa opera di regicidio, il suo trono ed il suo talamo. … Ahi 
talamo. … Ahi ! lassa ! ohimè ! che bramo ? Elettra, Piangi l’error di traviata madre. Piangi, chè intero egli è. La lun
li Aruspici. 1189. Clitio. — Uno dei fratelli del re Priamo, e figlio di Laomedone. 1190. Clito. — Così ebbe nome uno dei
e uno dei più rinomati centauri. 1191. Clizia. — Figlia dell’Oceano e di Teti. Essa fu amata da Apollo, il quale l’abbando
. Essa fu amata da Apollo, il quale l’abbandonò per ottenere i favori di Leupotea. Clizia concepi una così violenta gelosi
Leupotea. Clizia concepi una così violenta gelosia, che in un accesso di disperazione volle lasciarsi morir di fame, ma Ap
enta gelosia, che in un accesso di disperazione volle lasciarsi morir di fame, ma Apollo la cangiò in quel fiore a cui ogg
r di fame, ma Apollo la cangiò in quel fiore a cui oggi si dà il nome di Eliotropo. La cronaca mitologica ricorda due altr
o. La cronaca mitologica ricorda due altre Clizie : una che fu moglie di Tantalo, l’altra di Amintore. 1192. Cloacina. — D
gica ricorda due altre Clizie : una che fu moglie di Tantalo, l’altra di Amintore. 1192. Cloacina. — Dea delle cloache. La
rovata una statua in una cloaca, la proclamò dea, imponendole il nome di Cloacina. Al dire di Plinio, Cloacina era anche u
una cloaca, la proclamò dea, imponendole il nome di Cloacina. Al dire di Plinio, Cloacina era anche un soprannome di Vener
nome di Cloacina. Al dire di Plinio, Cloacina era anche un soprannome di Venere, a cagione d’un tempio che ella aveva pres
col quale i Macedoni indicavano le Baccanti. 1194. Cloe. — Soprannome di Cerere, da cu i le feste in suo onore dette Cloja
nore dì Bacco. 1196. Cloje. — Altre feste celebrate in Atene in onore di Cerere, nelle quali veniva a lei sacrificato un c
1198. Clonio. — Uno dei capitani Beozii, che si recarono all’assedio di Troia. 1199. Cloreo. — Famoso indovino, sacerdote
rono all’assedio di Troia. 1199. Cloreo. — Famoso indovino, sacerdote di Cibele. 1200. Cloridi. — Più comunemente conosciu
di Cibele. 1200. Cloridi. — Più comunemente conosciuta sotto il nome di Clori, fu una delle figliuole di Niobe e di Anfio
comunemente conosciuta sotto il nome di Clori, fu una delle figliuole di Niobe e di Anfione. Ella sposò Neleo, e fu madre
conosciuta sotto il nome di Clori, fu una delle figliuole di Niobe e di Anfione. Ella sposò Neleo, e fu madre di Nestore.
a delle figliuole di Niobe e di Anfione. Ella sposò Neleo, e fu madre di Nestore. Apollo e Diana la uccisero perchè essa a
Nestore. Apollo e Diana la uccisero perchè essa aveva osato vantarsi di cantar meglio del primo, e d’esser più bella dell
del primo, e d’esser più bella della seconda. Clori fu anche il nome di una ninfa che sposò Zeffiro, il quale le dette pe
te per dote l’impero sui fiori, ciò che la fece adorare sotto il nome di Flora, come una dea. 1201. Closio. — Soprannome d
rare sotto il nome di Flora, come una dea. 1201. Closio. — Soprannome di Giano : si diceva talvolta anche Clovisio. 1202.
te l’invenzione del fuso. 1203. Cloto. — Una delle tre Parche, figlia di Giove e di Temi ; veniva rappresentata sotto la f
ione del fuso. 1203. Cloto. — Una delle tre Parche, figlia di Giove e di Temi ; veniva rappresentata sotto la figura di un
che, figlia di Giove e di Temi ; veniva rappresentata sotto la figura di una donna vestita di una lunga tunica di diversi
e di Temi ; veniva rappresentata sotto la figura di una donna vestita di una lunga tunica di diversi colori, e col capo ci
appresentata sotto la figura di una donna vestita di una lunga tunica di diversi colori, e col capo cinto d’una corona di
di una lunga tunica di diversi colori, e col capo cinto d’una corona di sette stelle. 1204. Cnef o Cnufi. — Dio supremo d
lutarco riferisce che gli Egiziani della Tebaide, per un lungo elasso di tempo, non ebbero se non questa sola divinità imm
tomessa alla legge inevitabile della morte. Questa credenza religiosa di uno dei più antichi popoli del mondo, è una prova
o così indicati alcuni genii malefici, che facevano parte del seguito di Bacco. 1208. Cocalo. — Re della Sicilia. La tradi
. — Re della Sicilia. La tradizione mitologica racconta che fu presso di lui che si ricoverò Dedalo, allorchè Minos lo per
alo, allorchè Minos lo perseguitava. Cocalo soddisfatto d’aver presso di sè un uomo, che come Dedalo si era reso celebre p
che come Dedalo si era reso celebre pel suo ingegno, lo difese contro di Minos, che veniva a dimandarglielo a mano armata
he veniva a dimandarglielo a mano armata e fece perire il persecutore di lui. Vi sono per altro alcuni scrittori dell’anti
ripetano che se pure Cocalo avesse sottratto Dedalo alle persecuzioni di Minos, se ne fosse disfatto egli stesso poi per p
, e lo ritenevano come sacro. Gli abitatori del lago Meris e i popoli di Tebe, lo veneravano con un culto particolare : lo
rticolare : lo addomesticavano e gli coprivano il collo e gli orecchi di ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivan
sticavano e gli coprivano il collo e gli orecchi di ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivano di certa quantità d
o e gli orecchi di ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivano di certa quantità di carne, al qual cibo essi davano
ornamenti d’oro e di pietre preziose, lo nutrivano di certa quantità di carne, al qual cibo essi davano il nome di carni
utrivano di certa quantità di carne, al qual cibo essi davano il nome di carni sacre. Quando il sacro animale moriva, essi
à d’Arsinoe, presso il lago Meris, dettero alla loro capitale il nome di Coccodrillopoli, ossia città dei Coccodrilli. Pre
come l’uccisore d’Osiride, si fosse cangiato in coccodrillo. Al dire di Plutarco questo rettile per essere senza lingua e
e per contrario si teneva come pessimo presagio, se avessero ricusato di cibarsi. Tazio, nelle sue opere, dice che gli Egi
arca che dovea trasportare un coccodrillo, perchè il numero dei denti di questo animale è eguale a quella dei giorni dell’
a coloro che navigavano il Nilo in una barca fatta dello stesso legno di cui era fabbrita quella di che si serviva la dea
Nilo in una barca fatta dello stesso legno di cui era fabbrita quella di che si serviva la dea Iside ne’suoi viaggi. 1210.
ea Iside ne’suoi viaggi. 1210. Coeinomanzia o Coseinomanzia. — Specie di divinazione che si faceva per mezzo d’un crivello
sue tristi acque con le lagrime dei dannati. Cocito era anche il nome di uno dei discepoli del centauro Chirone. 1213. Coe
ano il secondo giorno delle feste Antisterie. 1214. Colasco. — Figlio di Giove e della ninfa Ora. 1215. Colchide. — Contra
ra. 1215. Colchide. — Contrada dell’Asia, la cui capitale fu la città di Cita : si rese celebre per il vella d’oro. Gli ab
u la città di Cita : si rese celebre per il vella d’oro. Gli abitanti di questa contrada, conosciuti sotto il nome di Colc
ella d’oro. Gli abitanti di questa contrada, conosciuti sotto il nome di Colchi, hanno dato luogo alla falsa supposizione
me di Colchi, hanno dato luogo alla falsa supposizione dell’esistenza di una città detta Colchisa, la quale non ha mai esi
rifile. — V. Erifile. 1217. Cellatina o Cellina. — Secondo l’opinione di S. Agostino aveva questo nome la dea che presiede
a. 1219. Colofone. — Città della Ionia, celebre per un famoso oracolo di Apollo. 1220. Colomba. — Detto uccello di Citerea
lebre per un famoso oracolo di Apollo. 1220. Colomba. — Detto uccello di Citerea, per essere sacro a Venere. Apulejo ripet
cea tirare il suo carro da due colombe e spesso prendeva le sembianze di quell’animale. Gli abitanti di Ascalona, avevano
colombe e spesso prendeva le sembianze di quell’animale. Gli abitanti di Ascalona, avevano in grande rispetto le colombe e
o famosa regina Semiramide, fosse volata al cielo, sotto le sembianze di una colomba. Silvio Italico, rapporta nelle sue o
porta nelle sue opere, che due colombe si fossero fermate sulla città di Tebe : e che dopo qualche istante una prendesse i
ebe : e che dopo qualche istante una prendesse il volo verso la selva di Dodona, nella quale dette ad una quercia il poter
verso la selva di Dodona, nella quale dette ad una quercia il potere di rispondere come un oracolo ; mentre l’altra passò
e si arresto nella Libia, ove andò a posare il suo volo fra le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Do
ibia, ove andò a posare il suo volo fra le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, ripo
suo volo fra le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, riposava su di una quercia cir
le corna di un capro. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, riposava su di una quercia circondata da num
. Al dire di Filostrato, la colomba di Dodona era di oro, riposava su di una quercia circondata da numeroso popolo, che vi
arte per avere degli oracoli. Secondo Sofocle due colombe della selva di Dodona, interrogate da Ercole, gli svelarono il l
e Ercole, seguendo le sue imprese, si fosse internato fino alla città di Gadira, oggi Cadice, e che quivi, credendo d’esse
endo d’esser giunto all’estremità della terra, separò le due montagne di Calpe ed Abila, quella ai confini dell’Africa e q
Abila, quella ai confini dell’Africa e questa in Europa, allo stretto di Gibilterra, dando cosi la comunicazione al Medite
segnare ai posteri il luogo ove ebbero fine le sue conquiste. Al dire di Strabone, queste colonne conosciute sotto il nome
nquiste. Al dire di Strabone, queste colonne conosciute sotto il nome di colonne d’Ercole, si chiamavano anche portœ Gadar
i colonne d’Ercole, si chiamavano anche portœ Gadaritanœ, ossia porte di Gadira. 1222. Colossi. — Statue di bronzo di un’a
nche portœ Gadaritanœ, ossia porte di Gadira. 1222. Colossi. — Statue di bronzo di un’altezza straordinaria e d’immense pr
Gadaritanœ, ossia porte di Gadira. 1222. Colossi. — Statue di bronzo di un’altezza straordinaria e d’immense proporzioni.
Ve ne erano diversi. Il più famoso è quello conosciuto sotto il nome di colosso di Rodi, che era una delle sette maravigl
o diversi. Il più famoso è quello conosciuto sotto il nome di colosso di Rodi, che era una delle sette maraviglie del mond
nelle sue cronache, ne fissa l’altezza a centocinque piedi. Era tutta di rame e vuota nell’interno, ove erano praticati de
Era tutta di rame e vuota nell’interno, ove erano praticati dei ponti di ferro e di pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all
i rame e vuota nell’interno, ove erano praticati dei ponti di ferro e di pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all’imboccatur
terno, ove erano praticati dei ponti di ferro e di pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all’imboccatura del porto di quella
rro e di pietra. Il colosso di Rodi sorgeva all’imboccatura del porto di quella città, e posava i piedi su due basi quad r
ura del porto di quella città, e posava i piedi su due basi quad rate di così sterminata altezza, che un vascello, a vele
il menomo ostacolo. Un architetto indiano, per nome Cares, discepolo di Lisippo, fu il costruttore del colosso di Rodi, i
, per nome Cares, discepolo di Lisippo, fu il costruttore del colosso di Rodi, il quale, secondo asserisce Plinio, fu abba
tuto cinquantasei anni dopo la sua costruzione, finchè sotto il regno di Vespasiano, non fu, per ordine di questo imperato
costruzione, finchè sotto il regno di Vespasiano, non fu, per ordine di questo imperatore, ricollocato al suo posto. Vers
o. Verso la metà del settimo secolo, i mori, impadronitisi dell’isola di Rodi, venderono la statua colossale ad un ebreo,
ebreo, che la fece in pezzi e, pel solo trasporto della gran quantità di rame, fu costretto a servirsi di novecento cammel
l solo trasporto della gran quantità di rame, fu costretto a servirsi di novecento cammelli. L’origine dei colossi è attri
i. L’origine dei colossi è attribuita all’Egitto, perchè Sesostri, re di quelle contrade, fece porre nella città di Menfi,
gitto, perchè Sesostri, re di quelle contrade, fece porre nella città di Menfi, in un tempio consacrato a Vulcano, varie s
pollonia, città del Ponto Eusino, v’era un altro colosso dell’altezza di trenta cubiti, che similmente rappresentava Apoll
sportare a Roma. Finalmente i cronisti dell’antichità, fanno menzione di ben sette altri colossi, trovati nel perimetro de
, due Apollo, uno il Sole, uno Domiziano, ed uno Nerone. 1223.Colosso di Rodi. — Vedi l’articolo precedente. 1224.Comani. 
balterni dei sacrificii che si facevano alla dea Bellona, nella città di Comana, in Cappadocia, in cui quella dea aveva un
odesto soprannome ad Apollo per la bellezza della sua chioma. Al dire di Ateneo si celebrava in Grecia una festa ad Apollo
. — Padre d’Asterione : fu uno degli Argonauti. 1227.Cometo. — Figlia di Peterela, re dei Teleboeni : la tradizione raccon
meto. — Figlia di Peterela, re dei Teleboeni : la tradizione racconta di lei che per un trasporto amoroso tradi il proprio
lorchè Cometo, pazzamente innammorata del generale nemico, si lusingò di guadagnarne l’amore col tradire il padre ; ma ave
a in balia dei nemici la propria patria, fu fatta uccidere per ordine di quello stesso uomo pel cui amore essa s’era resa
mo pel cui amore essa s’era resa traditrice. Cometo era anche il nome di una sacerdotessa di Diana. 1228.Como — Dalla paro
a s’era resa traditrice. Cometo era anche il nome di una sacerdotessa di Diana. 1228.Como — Dalla parola greca Κὠμος, che
iovine dalla faccia arrossita per l’ubbriachezza, e col capo coronato di rose, secondo si costumava nei banchetti. 1229.Co
seguaci dell’eleganza della moda. Veniva rappresentata inghirlanda ta di fiori e con una torcia accesa nella mano destra.
i e con una torcia accesa nella mano destra. 1231.Concordia. — Figlia di Giove e di Temi. I Romani l’adoravano con un cult
torcia accesa nella mano destra. 1231.Concordia. — Figlia di Giove e di Temi. I Romani l’adoravano con un culto particola
ei soprannomi del dio Priapo. 1233.Connida. — Precettore e confidente di Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la
dio Priapo. 1233.Connida. — Precettore e confidente di Teseo. Al dire di Piutarco, gli Ateniesi, dopo la sua morte, gli tr
io. 1235.Consenti. — Nome collettivo che si dava agli dei ed alle dee di prim’ordine, conosciuti pure, secondo l’opinione
i dei ed alle dee di prim’ordine, conosciuti pure, secondo l’opinione di molti chiari scrittori, sotto la dominazione di d
e, secondo l’opinione di molti chiari scrittori, sotto la dominazione di dii maiorum gentium, ossia dei maggiori. Erano in
minazione di dii maiorum gentium, ossia dei maggiori. Erano in numero di dodici, cioè : Giove, Nettuno, Apollo, Marte, Vul
in onore degli dei Consenti. In queste cerimonie si faceva una specie di obbligazione di onorare particolarmente quegli de
ei Consenti. In queste cerimonie si faceva una specie di obbligazione di onorare particolarmente quegli dei, uniti sotto l
e particolarmente quegli dei, uniti sotto la denominazione collettiva di Consenti. 1237.Conservatrice. — Soprannomedi Giun
ra della Tessaglia, le fossero improvvisamente comparse cinque cerve, di non comune grandezza, con le corna d’oro. Diana s
orna d’oro. Diana si dette a inseguirle, ma non potè impadronirsi che di quattro soltanto, essendo stata la quinta preserv
eservata da morte da Giunone, che la volle salvare : da ciò il titolo di Conservatrice a questa dea. 1238.Consiva. — Dalla
divinità tutelare delle campagne, la cui festa si celebrava nel mese di agosto, sotto la stessa denominazione. 1239.Conso
— Vedi l’articolo precedente. 1241.Coo. — V. Coe. 1242.Coon. — Figlio di Antenore : volendo vendicare la morte di suo frat
 V. Coe. 1242.Coon. — Figlio di Antenore : volendo vendicare la morte di suo fratello Ifidamo, ucciso da Agamennone, gli t
ello Ifidamo, ucciso da Agamennone, gli trapassò la mano con un colpo di lancia ; ma fu da quest’ultimo egualmente ucciso.
lse amorevolmente Oreste, quando questi lasciò Argo, dopo l’uccisione di Egisto e di Clitennestra ; ma che avendo poi sapu
mente Oreste, quando questi lasciò Argo, dopo l’uccisione di Egisto e di Clitennestra ; ma che avendo poi saputo essere Or
Egisto e di Clitennestra ; ma che avendo poi saputo essere Oreste reo di parricidio, non volle più ammetterlo alla sua tav
ma ordinò fosse servito nella sua reggia particolarmente in una coppa di forma e di materia diversa da quelle che comuneme
osse servito nella sua reggia particolarmente in una coppa di forma e di materia diversa da quelle che comunemente si cost
sa da quelle che comunemente si costumavano in quei tempi. In memoria di tale avvenimento, gli Ateniesi istituirono poi un
nimento, gli Ateniesi istituirono poi una festa a cui fu dato il nome di festa delle Coppe. 1244. Cora o Corea. — Sopranno
u dato il nome di festa delle Coppe. 1244. Cora o Corea. — Soprannome di Proserpina, figlia di Cerere, in onore della qual
a delle Coppe. 1244. Cora o Corea. — Soprannome di Proserpina, figlia di Cerere, in onore della quale si celebravano pubbl
zione favolosa questa pianta nacque dal sangue che grondò dalla testa di Medusa, allorchè Perseo nascose quella testa tutt
hè Perseo nascose quella testa tutta insanguinata sotto alcune piante di corallo, le quali a quel contatto divennero pietr
ira. — Isola che deve il suo nome ad una ninfa che fu una delle mogli di Nettuno. Quest’isola è celebre pel naufragio di U
he fu una delle mogli di Nettuno. Quest’isola è celebre pel naufragio di Ulisse. 1247.Corea. — V. Cora. 1248.Corebe. — V.
orea. — V. Cora. 1248.Corebe. — V. Corevo. 1249.Coresia. — Soprannome di Minerva, a cui Cicerone attribuisce l’invenzione
enzione dei carri a quattro cavalli. 1250.Coreso. — Uno dei sacerdoti di Bacco. 1251. Corevo o Corebe. — Figlio di Midione
Coreso. — Uno dei sacerdoti di Bacco. 1251. Corevo o Corebe. — Figlio di Midionea cui Priamo, re di Troja, aveva promesso
di Bacco. 1251. Corevo o Corebe. — Figlio di Midionea cui Priamo, re di Troja, aveva promesso in moglie sua figlia Cassan
andato a soccorrere i Trojani contro i Greci, Cassandra tentò invano di farlo allontanare dal teatro della guerra ; egli
rra ; egli volle ostinarsi e vi si recò ; ma i dolorosi presentimenti di Cassandra si avverarono, perchè la notte in cui i
andra si avverarono, perchè la notte in cui i Greci si resero padroni di Troja, Corebo fu ucciso da Peneleo. 1252. Coriban
fu ucciso da Peneleo. 1252. Coribanti o Cureti. — Sacerdoti del culto di Cibele. Essi ebbero Io speciale incarico di vegli
ti. — Sacerdoti del culto di Cibele. Essi ebbero Io speciale incarico di vegliare l’infanzia di Giove. Celebravano le loro
to di Cibele. Essi ebbero Io speciale incarico di vegliare l’infanzia di Giove. Celebravano le loro feste suonando il tamb
o come uomini colpiti da follia. 1253. Coribante. — Secondo il parere di Aristotile, era questo il nome del padre dello Ap
do il parere di Aristotile, era questo il nome del padre dello Apollo di Creta. 1254. Coribantiei. — Si dava codesto nome
eta. 1254. Coribantiei. — Si dava codesto nome ai misteri delle feste di Cibelle, celebrati dai Coribanti. 1255. Coribaso.
e feste di Cibelle, celebrati dai Coribanti. 1255. Coribaso. — Figlio di Cibele, dal quale i Coribanti han preso il loro n
han preso il loro nome. 1256. Coricia. — Ninfa che fu una delle mogli di Apollo : dimorava abitualmente in una caverna del
sue compagne furono dette Coricle. 1257. Corifea. — Secondo il parere di Eschilo, così avea nome quella furia che da parte
mosa città della Grecia, la quale deve il suo nome a Corintio, figlio di Giove. 1260. Corinete. — Figlio di Vulcano : fu u
eve il suo nome a Corintio, figlio di Giove. 1260. Corinete. — Figlio di Vulcano : fu un celebre bandito, ucciso da Teseo.
emoni vi era un famoso tempio a lei dedicato conosciuto sotto il nome di tempio Coritalliano. 1263. Coritie. — Feste in on
orito. — Dea della impudenza. Essa aveva un tempio famoso nella città di Atene, ove si celebravano in suo onore delle fest
feste dette Coritie. V. l’articolo precedente. Vi fu un altro Corito di cui la tradizione mitologica fa menzione come fig
altro Corito di cui la tradizione mitologica fa menzione come figlio di Paride e di Enone. Gelosa Enone del famoso ratto
o di cui la tradizione mitologica fa menzione come figlio di Paride e di Enone. Gelosa Enone del famoso ratto di Elena, fa
zione come figlio di Paride e di Enone. Gelosa Enone del famoso ratto di Elena, fatto da suo marito, mandò a Troja il figl
to da suo marito, mandò a Troja il figliuolo Corito, raccomandandogli di sorvegliare accuratamente la condotta di Elena, d
olo Corito, raccomandandogli di sorvegliare accuratamente la condotta di Elena, d’insinuarsi presso di lei e di non perder
i sorvegliare accuratamente la condotta di Elena, d’insinuarsi presso di lei e di non perderla di vista. Ma Paride, divenu
iare accuratamente la condotta di Elena, d’insinuarsi presso di lei e di non perderla di vista. Ma Paride, divenuto geloso
te la condotta di Elena, d’insinuarsi presso di lei e di non perderla di vista. Ma Paride, divenuto geloso del proprio fig
a di vista. Ma Paride, divenuto geloso del proprio figliuolo, che era di non comune belleza, un giorno trovatolo seduto vi
ne belleza, un giorno trovatolo seduto vicino ad Elena, in un accesso di gelosia, lo uccise. Si ricorda anche di un altro
icino ad Elena, in un accesso di gelosia, lo uccise. Si ricorda anche di un altro Corito che fu re dell’Etruria e padre di
e. Si ricorda anche di un altro Corito che fu re dell’Etruria e padre di Dardano e di Tasio. 1265. Corna di Bacco. — Al di
anche di un altro Corito che fu re dell’Etruria e padre di Dardano e di Tasio. 1265. Corna di Bacco. — Al dire di Properz
ito che fu re dell’Etruria e padre di Dardano e di Tasio. 1265. Corna di Bacco. — Al dire di Properzio s’invocava Bacco pe
truria e padre di Dardano e di Tasio. 1265. Corna di Bacco. — Al dire di Properzio s’invocava Bacco per le sue corna, dima
1266. Corno dell’abbondanza. — Era sevente il simbolo delle immagini di Cerere, di Bacco e degli altri semi-dei ed eroi,
o dell’abbondanza. — Era sevente il simbolo delle immagini di Cerere, di Bacco e degli altri semi-dei ed eroi, che procura
ocurarono agli uomini l’abbondanza dei beni dei questa terra. Al dire di Focio, Ercole veniva spesso effigiato con un corn
re il corno che Ercole gli aveva tagliato. 1267. Coroneo. — Fu figlio di Foroneo e re dei Lapidi. Fu uno degli Argonauti c
one del vello d’oro. 1268. Coronide. — Conosciuta anche sotto il nome di Arfinoe, figlia di Flegia. Apollo l’amo con passi
. 1268. Coronide. — Conosciuta anche sotto il nome di Arfinoe, figlia di Flegia. Apollo l’amo con passione ; ma essa l’abb
o con passione ; ma essa l’abbandonò per darsi ad Ischiso, giovanetto di meravigliosa bellezza. Il nume fu talmente irrita
e porre in oblio l’amata donna, quando l’ebbe uccisa, tirò dal grembo di lei un fanciullo e l’affidò per farlo educare al
vendetta, e per punire il corvo che gli aveva denunziato l’infedeltà di Coronide, lo cangiò di bianco in nero. Tempo fu
il corvo che gli aveva denunziato l’infedeltà di Coronide, lo cangiò di bianco in nero. Tempo fu già che amava una fanci
vria nulla Di qual si voglia in ciel superba dea. La vede il corvo un di che si trastulla Con altro amante, e che ad Apoll
he per nome Coronide s’appella. Ovidio — Metamorfosi Libro II. trad. di Dell’Anguillara. Vi fu anche un’altra Coronide,
II. trad. di Dell’Anguillara. Vi fu anche un’altra Coronide, figlia di Coroneo, re della Focide, che Minerva cangiò in c
Minerva cangiò in cornacchia, per sottrarla alle oscene persecuzioni di Nettuno. In greco la parola Κορὠνγ, significa cor
ide, la quale fu rapita da Buteo. Finalmente fuvvi un’altra Coronide, di cui fa menzione Pausania, come di una dea adorata
Finalmente fuvvi un’altra Coronide, di cui fa menzione Pausania, come di una dea adorata in Sicione, ove non avendo un tem
un tempio suo proprio e particolare, le veniva sacrificato in quello di Pallade Minerva. 1269. Cortina. — Generalmente si
Generalmente si è creduto dai cronisti della favola che sotto il nome di Cortina si volesse dai pagani indicare la pelle d
Cortina si volesse dai pagani indicare la pelle del serpente Pitone, di cui era ricoperto il tripode sacro sul quale la p
racoli. Taluno fra gli scrittori dell’antichità, pretende che il nome di Cortina, fosse adoperato per indicare il tripode
so. L’opinione più fondata però sembra quella che attribuisce il nome di Cortina ad una specie di piccolo bacino, ordinari
a però sembra quella che attribuisce il nome di Cortina ad una specie di piccolo bacino, ordinariamente d’oro o di argento
me di Cortina ad una specie di piccolo bacino, ordinariamente d’oro o di argento, così poco concavo, che somigliava ad una
onsacrato ad Apollo, perchè si credeva che avesse un istinto naturale di predir l’avvenire. Prima del fatto di Coronide (V
che avesse un istinto naturale di predir l’avvenire. Prima del fatto di Coronide (V. Coronide) il corvo era bianco come i
ea del libertinaggio, particolarmente adorata nella Tracia. I misteri di questa dea erano considerati come i più infami. A
I misteri di questa dea erano considerati come i più infami. Al dire di Giovenale, le turpi libidini che si commettevano
ini che si commettevano dai sacerdoti della dea, giunsero a tal segno di bestiale oscenità, che richiamarono su di essi il
a dea, giunsero a tal segno di bestiale oscenità, che richiamarono su di essi il furore della dea stessa V. Bali. Gli Aten
la dea stessa V. Bali. Gli Ateniesi ereditarono dalla Tracia il culto di questa turpe divinità. La cronaca narra che Alcib
à. La cronaca narra che Alcibiade si fosse fatto iniziare nei misteri di Cotitto, e che avendo il poeta Eupoli, scritta un
oli, scritta una commedia ove sferzava mordacemente i cattivi costumi di Alcibiade e la sua iniziazione agli avergognati m
vi costumi di Alcibiade e la sua iniziazione agli avergognati misteri di Cotitto, quegli lo avesse fatto assassinare. 1273
assinare. 1273. Cotto. — Figliuolo del Cielo e della Terra e fratello di Briareo. Aveva anch’egli, secondo la tradizione f
della mitologia egiziana. 1276. Crane. — Ninfa che fu una delle mogli di Giano. Si crede comunemente che sia la stessa che
vogliono che sia la stessa che Ecate. 1279. Crateo o Creteo. — Figlio di Minosse e di Pasifae. Avendo consultato l’oracolo
sia la stessa che Ecate. 1279. Crateo o Creteo. — Figlio di Minosse e di Pasifae. Avendo consultato l’oracolo per conoscer
e principe, spaventato dalla sventura che minacciava suo padre, prima di esiliarsi volontariamente dalla sua patria, uccis
una flotta e mosse egli stesso a rintracciarlo. Egli sbarcò all’isola di Rodi, ove stava Altmeno. Gli abitanti di quella,
iarlo. Egli sbarcò all’isola di Rodi, ove stava Altmeno. Gli abitanti di quella, credendo che Crateo fosse un nemico che v
eo. Questo sventurato principe morì della ferita ricevuta, col dolore di veder compiuta la funesta predizione dell’oracolo
ne, gli fossero mancate le frecce e che egli avesse implorato l’ajuto di Giove, il quale avesse mandato una pioggia di fel
vesse implorato l’ajuto di Giove, il quale avesse mandato una pioggia di felci di cui è sparsa l’isola Crau, all’imboccatu
lorato l’ajuto di Giove, il quale avesse mandato una pioggia di felci di cui è sparsa l’isola Crau, all’imboccatura del Ro
atura del Rodano. Plinio chiama quel luogo un monumento delle imprese di Ercole. 1281. Crefagenete. — Dio adorato nella Te
fontane. 1283. Creonciade. — V. Creontide. 1284. Creonte. — Fratello di Giocasta. Egli s’impadronì del regno di Tebe dopo
de. 1284. Creonte. — Fratello di Giocasta. Egli s’impadronì del regno di Tebe dopo la distruzione della famiglia di Lajo,
Egli s’impadronì del regno di Tebe dopo la distruzione della famiglia di Lajo, e fece morire Antigone, perchè avea dato se
vesse spinti ad uccidersi scambievolmente. Vi fu un altro Creonte, re di Corinto, che Medea fece miseramente perire.  — V.
rire.  — V. Medea. 1285. Creontide o Creonciade. — Figlio dell’Ercole di Megara : suo padre lo uccise in un momento di fur
e. — Figlio dell’Ercole di Megara : suo padre lo uccise in un momento di furore. 1286. Cresponte. — Uno dei discen lenti d
cise in un momento di furore. 1286. Cresponte. — Uno dei discen lenti di Ercole : fu celebre fra gli eroi della Grecia. 12
e ed a Saturno vittime umane. La maggior parte degli dei e delle dee, di cui si compone l’Olimpo mitologico, ebbero i nata
a città. 1289. Creteo. — V. Crateo. 1290. Cretesi. — Ninfe dell’isola di Creta : si davano comunemente come le seguaci di
. — Ninfe dell’isola di Creta : si davano comunemente come le seguaci di Venere, per essere questa dea particolarmente ado
uesta dea particolarmente adorata nell’isola. 1291. Cretheo. — Figlio di Eolo. Sua moglie Demodice accusò falsamente un gi
lo. Sua moglie Demodice accusò falsamente un giovane chiamato Prisso, di aver voluto attentare al suo pudore. Cretheo pres
la Elle. 1292. Cretheja-Virgo. — Così veniva denominata Elle, sorella di Prisso, dal nome del suo avo Cretheo, di cui nell
iva denominata Elle, sorella di Prisso, dal nome del suo avo Cretheo, di cui nell’articolo precedente. 1293. Cretone. — Fi
avo Cretheo, di cui nell’articolo precedente. 1293. Cretone. — Figlio di Diocle. Recatosi con suo fratello Orsiloco all’as
e. — Figlio di Diocle. Recatosi con suo fratello Orsiloco all’assedio di Troja, furono entrambi uccisi da Enea con un sol
ritogliere i loro corpi dalle mani dei nemici. 1294. Creusa. — Figlia di Creonte, re di Corinto : essa sposò Giasone, quan
ro corpi dalle mani dei nemici. 1294. Creusa. — Figlia di Creonte, re di Corinto : essa sposò Giasone, quando questi ripud
ppiccò alla reggia e fece morire la sventurata principessa e il padre di lei. Euripide dice che il dono inviato da Medea,
producendo lo stesso effetto che il fuoco nella scattola. È opinione di molti pregiati scrittor i che la figlia di Creont
nella scattola. È opinione di molti pregiati scrittor i che la figlia di Creonte si chiamasse Glauca e non Creusa ; forse
hè questi due nomi vengono adoperati a vicenda per denotare la figlia di Creonte. ……. Di Glauca in traccia Volgi i passi,
Della Valle-Medea-Tragedia. Atto IV. Scena V. E veggon sulla salma di Creusa, Terribïlmente in piè sorger Medea… Legou
Terribïlmente in piè sorger Medea… Legouvè — Medea — Tragedia Trad. di Montanelli. Le due precedenti citazioni varranno
nostri lettori che dagli scrittori si dà vicendevolmente alla figlia di Creonte il nome di Glauca o di Creusa. La tradizi
dagli scrittori si dà vicendevolmente alla figlia di Creonte il nome di Glauca o di Creusa. La tradizione mitologica rico
tori si dà vicendevolmente alla figlia di Creonte il nome di Glauca o di Creusa. La tradizione mitologica ricorda anche di
il nome di Glauca o di Creusa. La tradizione mitologica ricorda anche di una altra Creusa, che fu figlia di Priamo e mogli
radizione mitologica ricorda anche di una altra Creusa, che fu figlia di Priamo e moglie di Enea. Ella disparve durante il
a ricorda anche di una altra Creusa, che fu figlia di Priamo e moglie di Enea. Ella disparve durante il sacco di Troja, av
fu figlia di Priamo e moglie di Enea. Ella disparve durante il sacco di Troja, avendola Cibele nascosta, onde sottrarla a
i Dolopi superbi, o i Mirmidoni Non vedranno già me dardania prole, E di Priamo figlia, e nuora a Venere, Nè donna lor, nè
ardania prole, E di Priamo figlia, e nuora a Venere, Nè donna lor, nè di lor donne ancella, Che la gran genitrice de gli d
itrice de gli dei Appo se tiemmi……… Virgilio — Eneide Lib. II. trad. di A. Caro. 1295. Criaforeo. — Soprannome di Giove
io — Eneide Lib. II. trad. di A. Caro. 1295. Criaforeo. — Soprannome di Giove a lui venuto dalla città di Criaforide, nel
aro. 1295. Criaforeo. — Soprannome di Giove a lui venuto dalla città di Criaforide, nella Caria, dove era adorato con cul
Caria, dove era adorato con culto speciale. 1296. Criaforo. — Figlio di Nettuno e di Medusa. Egli sposò Calliroe dalla qu
era adorato con culto speciale. 1296. Criaforo. — Figlio di Nettuno e di Medusa. Egli sposò Calliroe dalla quale ebbe Geri
rojano il quale fu da Nettuno ed Apollo ajutato a riedificare le mura di Troja ; ma poi negò ai due numi la ricompensa che
iovanette del cantone tiravano a sorte la loro vita. Appena la figlia di Crinifo toccò l’età in cui doveva, come le altre,
va, come le altre, essere esposta alla voracità del rettile, il padre di lei la mise furtivamente su di una barca, e per n
ta alla voracità del rettile, il padre di lei la mise furtivamente su di una barca, e per non esporla alla triste sorte de
si a compassione, lo cangiarono in flume, accordandogli il privilegio di potere a suo talento assumere qualunque sembianza
ilegio di potere a suo talento assumere qualunque sembianza. Egli usò di questo potere per sorprendere molte ninfe, e comb
ò e da cui ebbe un figlio per nome Aceste. 1399. Criniso. — Sacerdote di Apollo. Questo dio per punirlo di aver trascurato
Aceste. 1399. Criniso. — Sacerdote di Apollo. Questo dio per punirlo di aver trascurato il suo dovere nei sagrifici, mand
ver trascurato il suo dovere nei sagrifici, mandò una grande quantità di sorci nei suoi campi. Però essendosi Criniso corr
campi. Però essendosi Criniso corretto, Apollo stesso uccise a colpi di frecce quegli animali divoratori, il che valse a
ecce quegli animali divoratori, il che valse a quel Dio il soprannome di Sminitheus, che vuol dire distruttori di sorci. 1
lse a quel Dio il soprannome di Sminitheus, che vuol dire distruttori di sorci. 1300. Criobole. — Specie di sacrifizio che
nitheus, che vuol dire distruttori di sorci. 1300. Criobole. — Specie di sacrifizio che si offeriva alla madre degli dei :
a vittima abituale ne era un capro. 1301. Criofago. — Cioè divoratore di pecore. Divinità alla quale si dava questo nome p
re di pecore. Divinità alla quale si dava questo nome pel gran numero di quegli animali che venivano sagrificati su’suoi a
dei soprannomi del dio Mercurio. 1303. Crisaore. — Secondo l’opinione di Esiodo, fu cosi chiamato l’uomo che nacque dal sa
odo, fu cosi chiamato l’uomo che nacque dal sangue della testa recisa di Medusa : gli fu dato questo nome perchè aveva una
ome perchè aveva una spada d’oro nelle mani. 1304. Crise. — Sacerdote di Apollo e padre di Astinomea, più comunemente cono
na spada d’oro nelle mani. 1304. Crise. — Sacerdote di Apollo e padre di Astinomea, più comunemente conosciuta sotto il no
Apollo e padre di Astinomea, più comunemente conosciuta sotto il nome di Criseide. V. Criseide. Nella Troade, vi era una c
er un tempio dedicato ad Apollo. 1305. Criseide. — Astinomea, figlia di Crise, sacerdote di Apollo, veniva cosi denominat
o ad Apollo. 1305. Criseide. — Astinomea, figlia di Crise, sacerdote di Apollo, veniva cosi denominata dal nome del padre
di Apollo, veniva cosi denominata dal nome del padre. Dopo la caduta di Tebe, nella Cilicia, essa come preda’di guerra, s
e ad Agamennone, il quale la condusse seco quando si recò all’assedio di Troja. Crise, padre di lei, rivestito degli abiti
le la condusse seco quando si recò all’assedio di Troja. Crise, padre di lei, rivestito degli abiti sacerdotali, si recò n
E l’auro scettro dell’arciero Apollo. Omero — Iliade — Libro I trad. di V. Monti. Essendosi Agamennone ricusato alle pre
va per nome Briseide, che era a lui spettata in sorte nella divisione di un altro bottino di guerra. Achille, furibonuo co
, che era a lui spettata in sorte nella divisione di un altro bottino di guerra. Achille, furibonuo contro Agamennone, ric
altro bottino di guerra. Achille, furibonuo contro Agamennone, ricusò di combattere nelle file dei Greci, finchè la morte
non gli fece rompere il suo giuramento. 1306. Crisia. — Sacerdotessa di Giunone in Argo. Addormentatasi ai piedi dell’ara
i flamme mori bruciata ella stessa. 1307. Crisippo. — Figlio naturale di Pelopo, che lo amò teneramente. Ippodamia, moglie
 Figlio naturale di Pelopo, che lo amò teneramente. Ippodamia, moglie di Pelopo e matrigna di Crisippo, temendo che un gio
elopo, che lo amò teneramente. Ippodamia, moglie di Pelopo e matrigna di Crisippo, temendo che un giorno questo fanciullo
i ricusarono all’atto crudele e allora Ippodamia prese la risoluzione di uccider Crisippo di propria mano. Infatti armatas
o crudele e allora Ippodamia prese la risoluzione di uccider Crisippo di propria mano. Infatti armatasi del brando di Pelo
ione di uccider Crisippo di propria mano. Infatti armatasi del brando di Pelopo, lo trafisse lasciandogli l’arma omicida c
suoi fratelli. Ippodamia, delusa nelle sue crudeli speranze, si dette di sua mano la morte. 1308. Crisomattone. — Con ques
l vello d’oro. 1309. Crisore. — V. Criforo. 1310. Crisotemi. — Figlia di Agamennone e di Clitennestra. 1311. Critomanzia. 
309. Crisore. — V. Criforo. 1310. Crisotemi. — Figlia di Agamennone e di Clitennestra. 1311. Critomanzia. — Specie di divi
— Figlia di Agamennone e di Clitennestra. 1311. Critomanzia. — Specie di divinazione che si faceva dall’osservazione della
fiume Ifmeno. 1313. Croco. — Più comunemente conosciuto sotto il nome di Croto : figlio del dio Pane e di Eufema. Dopo la
comunemente conosciuto sotto il nome di Croto : figlio del dio Pane e di Eufema. Dopo la morte fu annoverato fra le costel
orte fu annoverato fra le costellazioni. Vi fu un altro Croco, marito di Smilaxa. Essi si amavano cosi teneramente e con t
cronisti, che fosse la stessa che Saturno. 1315. Cromio. — Figliuolo di Priamo : fu ucciso all’assedio di Troja da Diomed
Saturno. 1315. Cromio. — Figliuolo di Priamo : fu ucciso all’assedio di Troja da Diomede. 1316. Cromione. — Contrada post
Troja da Diomede. 1316. Cromione. — Contrada posta nelle circostanze di Corinto, celebre per i danni che ebbe a soffrire
tro che poi dette la vita, secondo la tradizione favolosa, al cignale di Calidone. Teseo combattè quel mostro e l’uccise.
done. Teseo combattè quel mostro e l’uccise. 1317. Cromisio. — Figlio di Neleo di Cloride, che fu ucciso da Ercole. 1318.
eo combattè quel mostro e l’uccise. 1317. Cromisio. — Figlio di Neleo di Cloride, che fu ucciso da Ercole. 1318. Cromise. 
Neleo di Cloride, che fu ucciso da Ercole. 1318. Cromise. — Figliuolo di Ercole : avendo nudrito i suoi cavaili di carne u
1318. Cromise. — Figliuolo di Ercole : avendo nudrito i suoi cavaili di carne umana, Giove lo fulminò. Vi fu anche un sat
la favola attribuisce l’istesso nome. 1319. Cronie. — Feste in onore di Saturno che i greci veneravano anche come il Temp
he i greci veneravano anche come il Tempo. 1320. Cronio. — Fu il nome di uno dei centauri. 1321. Crono. — Soprannome che v
me dio del tempo. 1322. Crotopiadi. — Nome collettivo dei discendenti di Crotopo. 1323. Crotopo. — Re d’Argo e padre di Fa
ettivo dei discendenti di Crotopo. 1323. Crotopo. — Re d’Argo e padre di Famateo. 1324. Cteato. — Padre d’Anfimaco : fu un
nti. 1327. Cuculo. — Soprannome dato a Giove, per aver preso le forme di quest’uccello onde riacquistare le grazie di Giun
per aver preso le forme di quest’uccello onde riacquistare le grazie di Giunone, sua moglie. Quest’uccello era particolar
larmente consacrato a Giove ; e la favola racconta che la metamorfosi di quel dio in cuculo avvenisse nel Pelopenneso sul
nza la celebre sibilla, conosciuta comunemente sotto la denominazione di Cumana. 1329. Cunia. — Detta anche Cunina : divin
na : divinità tutelare dei fanciulli poppanti. 1330. Cupavo. — Figlio di Cigno : al dire di Virgilio, fu anch’esso cangiat
are dei fanciulli poppanti. 1330. Cupavo. — Figlio di Cigno : al dire di Virgilio, fu anch’esso cangiato in questo animale
dire di Virgilio, fu anch’esso cangiato in questo animale. …… Questi di Cigno Era figliuolo, onde ne l’elmo avea De le su
a in ch’ei si cangiò, tua colpa, amore. Virgilio — Eneide L. X trad. di A. Caro. 1331. Cupido. — Dio dell’amore e figliu
de L. X trad. di A. Caro. 1331. Cupido. — Dio dell’amore e figliuolo di Marte e di Venere. Egli presiedeva alla voluttà.
d. di A. Caro. 1331. Cupido. — Dio dell’amore e figliuolo di Marte e di Venere. Egli presiedeva alla voluttà. Veniva rapp
e. Egli presiedeva alla voluttà. Veniva rappresentato sotto la figura di un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco e
un fanciullo con gli occhi bendati, con un arco ed un turcasso pieno di frecce. Egli fu amato con passione da Psiche. Com
casso pieno di frecce. Egli fu amato con passione da Psiche. Compagni di Cupido erano i piaceri, il riso, i giuochi ed i v
i giuochi ed i vezzi, tutti rappresentati, come lui, sotto la figura di fanciulli alati. 1332. Cura. — Ossia inquietudine
appunto in quel giorno i giovani che erano giunti alla pubertà, prima di preder parte a quelle cerimonie, si facean taglia
sia o Dadea. — Festa che si celebrava in Atene in onore della nascita di alcuni dei in particolare e di tutti in generale.
ebrava in Atene in onore della nascita di alcuni dei in particolare e di tutti in generale. La principal cerimonia consist
rale. La principal cerimonia consisteva nell’accendere un gran numero di torcie. 1339. Daducheo. — Detto anche Dauduque :
uduque : era questo il nome che gli Ateniesi davano al gran sacerdote di Ercole. Si chiamavano anche Daduci i sacerdote ch
o le torcie accese. V. l’articolo precedente. 1340. Dafida. — Al dire di Valerio Massimo, così avea nome un dotto uomo, il
che fu passionatamente amata da Apollo. Un giorno mentre essa cercava di sottrarsi con la fuga alle amorose persecuzioni d
entre essa cercava di sottrarsi con la fuga alle amorose persecuzioni di quel dio, la ninfa del fiume padre della persegui
pollo allora consacrò quell’arboscello a Dafne ed egli stesso si fece di quelle foglie una corona, che poi porto sempre. V
Vi fu anche un’altra Dafne, più comunemente conosciuta sotto il nome di Artemisia o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale
comunemente conosciuta sotto il nome di Artemisia o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale nella città di Delfo rendeva gl
nome di Artemisia o Artemisa, figlia di Tiresia, la quale nella città di Delfo rendeva gli oracoli in versi, cosi armonios
deva averne Omero stesso inseriti buon numero nei suoi poemi. Al dire di Diodoro, questa figliuola dell’indovino Tiresia,
Diodoro, questa figliuola dell’indovino Tiresia, fu la famosa sibilla di Delfo. Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa d
dovino Tiresia, fu la famosa sibilla di Delfo. Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la quale,
lla di Delfo. Dafne fu anche il nome di un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la quale, al dire di Pausania, fu scelta d
il nome di un’altra ninfa delle montagne di Delfo, la quale, al dire di Pausania, fu scelta dalla dea Tello per presieder
re agli oracoli, che la medesima dea rendea in quel luogo assai prima di Apollo. 1357. Dafnefagi. — Vale a dire, mangiator
ogo assai prima di Apollo. 1357. Dafnefagi. — Vale a dire, mangiatori di lauro. Si dava questo nome ad una classe d’indovi
di lauro. Si dava questo nome ad una classe d’indovini, i quali prima di dare i loro responsi, mangiavano delle foglie di
ovini, i quali prima di dare i loro responsi, mangiavano delle foglie di lauro, volendo far credere con cio che essi fosse
da Apollo, a cui quell’arboscello era consacrato dopo la metamorfosi di Dafne. V. l’articolo precedente. 1343. Dafneforie
1343. Dafneforie. — Feste celebrate dai Beozi ogni nove anni in onore di Apollo. Un giovane, appartenente alla più illustr
città, portava in giro un ramo d’alloro, sul quale riposava un globo di rame da cui ne pe ndevano sospesi molti altri, di
e riposava un globo di rame da cui ne pe ndevano sospesi molti altri, di più piccola dimensione. Nel primo veniva raffigur
vano i giorai dell’anno. Dal nome stesso delle feste, si dava il nome di Dafnefore, al giovine ministro di esse. 1344. Daf
stesso delle feste, si dava il nome di Dafnefore, al giovine ministro di esse. 1344. Dafneo. — Soprannome di Apollo, a lui
di Dafnefore, al giovine ministro di esse. 1344. Dafneo. — Soprannome di Apollo, a lui date per l’affetto che portò a Dafn
rtò a Dafne. 1345. Dafni. — Giovane pastore della Sicilia : fu figlio di Mercurio. Egli amò con passione una ninfa ed otte
o. Egli amò con passione una ninfa ed ottenne dagli dei la grazia che di essi due, quello che primo violerebbe la fede con
sarebbe divenuto cieco. Dafni dimendicò il suo giuramento, s’innamorò di un’altra ninfa e fu cieco pel rimanente dei suoi
e fu cieco pel rimanente dei suoi giorni. 1346. Dafnomanzia. — Specie di divinazione che si traeva dall’esame dell’alloro,
iva rappresentato come un tritone : aveva due tempii, uno nella città di Azor, l’altro a Gaza. 1348. Damasictone. — Così s
, l’altro a Gaza. 1348. Damasictone. — Così si chiamava uno dei figli di Niobe, che fu ucciso da Apollo. 1349. Damoso. — U
tutti coloro ai quali dava ospitalità, onde raggiungessero la misura di un suo letto ; e che faceva mozzare le gambe, a q
lizio. 1351. Damatera. — Presso i Greci era questo uno dei soprannomi di Cerere, come era detto Damastio il decimo mese de
era detto Damastio il decimo mese del loro anno. Con poca differenza di giorni, corrisponde al nostro mese di luglio. 135
loro anno. Con poca differenza di giorni, corrisponde al nostro mese di luglio. 1352. Damia. — Da un sacrifizio che il po
rifizio che il popolo faceva a Cibele, nel giorno detto damion, primo di maggio, fu dato il soprannome di Damia alla buona
bele, nel giorno detto damion, primo di maggio, fu dato il soprannome di Damia alla buona dea. « Δάμιςpopolo, d’onde Δάμιο
onde Δάμιος pubblico. ». 1353. Danaca. — Nome particolare alla moneta di piccolo valore, che Caronte, il navicellajo dell’
o e in gelo. Dante — Inferno Cant. III. 1354. Danacio. — Soprannome di Perseo, per esser figlio di Giove e di Danae. 135
o Cant. III. 1354. Danacio. — Soprannome di Perseo, per esser figlio di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridi
. 1354. Danacio. — Soprannome di Perseo, per esser figlio di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice di Acris
i Perseo, per esser figlio di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice di Acrisio, re di Argo. Avendo suo padre
r esser figlio di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice di Acrisio, re di Argo. Avendo suo padre consultato
di Giove e di Danae. 1355. Danae. — Figlia di Euridice di Acrisio, re di Argo. Avendo suo padre consultato l’oracolo, per
roprio destino, ne ebbe in risposta ch’egli sarebbe ucciso dal figlio di sua figlia. Allora per togliere Danae alla conosc
o che lo minacciava, Acrisio fece rinchiudere sua figlia in una torre di bronzo ; ma Giove, innamoratosi della bellissima
a bellissima fanciulla, si trasformò in pioggia d’oro, penetrò presso di lei e la rese madre. Acrisio, vedendosi ingannato
e’col figliuol gittar nell’acque. Ovidio. — Metamorf. Libro IV trad. di Dell’Anguillara. Ma essa approdò felicemente a u
ssa approdò felicemente a una delle isole Cicladi, dove Politetto, re di quella, la sposò allevando con affetto paterno Pe
litetto, re di quella, la sposò allevando con affetto paterno Perseo, di cui ella era rimasta incinta. L’oracolo ebbe poi
imento. V. Perseo. 1356. Danaidi. — Così furono nominate le 50 figlie di Danao, le quali furono nello stesso giorno sposat
bbe stato detronizzato dai mariti delle sue figliuole, ordinò a quste di uccidere i loro uomini la prima notte delle nozze
. La sola Ipernestra salvò il suo, per nome Linceo, mentre le sorelle di lei, che seguirono il crudele volere del padre, f
dette anche Belidi dal loro avo chiamato Belo. 1357. Danao. — Figlio di Belo, e re di Argo e padre delle cinquanta Banaid
elidi dal loro avo chiamato Belo. 1357. Danao. — Figlio di Belo, e re di Argo e padre delle cinquanta Banaidi, di cui nell
anao. — Figlio di Belo, e re di Argo e padre delle cinquanta Banaidi, di cui nell’articolo precedente. Dal nome di lui, i
re delle cinquanta Banaidi, di cui nell’articolo precedente. Dal nome di lui, i Greci, che prima si chiamavano Pelasgi, fu
venerarono particolarmente come una divinità. 1359. Dardalo. — Figlio di Giove e di Elettra, figliuola di Atlante. Avendo
particolarmente come una divinità. 1359. Dardalo. — Figlio di Giove e di Elettra, figliuola di Atlante. Avendo ucciso suo
na divinità. 1359. Dardalo. — Figlio di Giove e di Elettra, figliuola di Atlante. Avendo ucciso suo fratello Iafio, egli f
iuola di Atlante. Avendo ucciso suo fratello Iafio, egli fu obbligato di fuggire dall’isola di Creta, e si ricovero in Asi
do ucciso suo fratello Iafio, egli fu obbligato di fuggire dall’isola di Creta, e si ricovero in Asia, ove costrui una cit
Nome primitivo della contrada nel cui perimetro era compresa la città di Troja V. Dardalo. 1362. Darete. — Uno dei sacerdo
presa la città di Troja V. Dardalo. 1362. Darete. — Uno dei sacerdoti di Vulcano. …… Era fra’Teucri un certo Darete, nom
onoranza degno, Di Vulcan sacerdote. Omero — Iliade — libro V. trad. di V. Monti. 1363. Dattili. — Conosciuti anche sott
. trad. di V. Monti. 1363. Dattili. — Conosciuti anche sotto il nome di Coribanti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole
e sotto il nome di Coribanti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole e di Minerva ; gli altri di Saturno e di Alciope. Si m
banti o Cureti. Gli uni erano figli del Sole e di Minerva ; gli altri di Saturno e di Alciope. Si mise Giove nelle loro ma
i. Gli uni erano figli del Sole e di Minerva ; gli altri di Saturno e di Alciope. Si mise Giove nelle loro mani appena ven
i. 1364. Dattlomancia. — Specie d’incantesimo che si faceva per mezzo di alcuni anelli disegnati sulla figura di talune pa
esimo che si faceva per mezzo di alcuni anelli disegnati sulla figura di talune particolari costellazioni. La cronaca favo
aca favolosa racconta che Gige, uno dei Titani, col solo passarsi uno di quegli anelli al dito si rendesse invisibile. 136
invisibile. 1365. Dauduque. — V. Daducheo. 1366. Daula. — Soprannome di Filomela, perchè, secondo la favola, fu a Daulia,
— Feste celebrate dagli Argivi, in memoria dello strano combattimento di Preto contro Acrise. Daulle o Daulisia veniva pur
veniva pure chiamata una ninfa, la quale dette il suo nome alla città di Daulia, nella Focide. 1368. Daunia-Dea. — Così ve
368. Daunia-Dea. — Così veniva comunemente denominata Jutura, sorella di Turno e figlia di Daulia. 1369. Daunio. — Figlio
 Così veniva comunemente denominata Jutura, sorella di Turno e figlia di Daulia. 1369. Daunio. — Figlio di Pilumnio e di D
a Jutura, sorella di Turno e figlia di Daulia. 1369. Daunio. — Figlio di Pilumnio e di Danae. Egli ebbe un figlio al quale
lla di Turno e figlia di Daulia. 1369. Daunio. — Figlio di Pilumnio e di Danae. Egli ebbe un figlio al quale impose il suo
i ebbe Turno. 1370. Daunio-Eroe. — Denominazione data a Turno, figlio di Daunio. 1371. Dedalie. — Feste greche celebrate i
1371. Dedalie. — Feste greche celebrate in onore della pacificazione di Giove con Giunone V. Citerone. Gli abitanti di Pl
re della pacificazione di Giove con Giunone V. Citerone. Gli abitanti di Platea, celebravano queste medesime feste in una
a loro riconciliazione cogli altri greci. 1372. Dedalione. — Fratello di Ceixo e padre di Chione. Egli fu così addolorato
zione cogli altri greci. 1372. Dedalione. — Fratello di Ceixo e padre di Chione. Egli fu così addolorato della morte di su
tello di Ceixo e padre di Chione. Egli fu così addolorato della morte di sua figlia, che si precipitò dal monte Parnaso. A
. Apollo, mosso a pietà, lo cangiò in falcone. 1373. Dedalo. — Nipote di Ereteo, re d’Atene. Era ritenuto come il più abil
amente. Dedalo ebbe un nipote artefice, quanto lui abile e fors’anche di più, ch’egli, per gelosia di mestiere, fece assas
artefice, quanto lui abile e fors’anche di più, ch’egli, per gelosia di mestiere, fece assassinare. Consumato il delitto
nare. Consumato il delitto e scopertosi, Dedalo si rifugiò nell’isola di Creta, ove costruì il famoso laberinto detto da l
sola di Creta, ove costruì il famoso laberinto detto da lui laberinto di Dedalo ; e nel quale Minosse, re di quell’isola,
laberinto detto da lui laberinto di Dedalo ; e nel quale Minosse, re di quell’isola, lo fece rinchiudere insieme a suo fi
la cronaca favolosa, d’aver favorito e protetto le bestiali deboscie di Pasifae, moglie del re. Dante così favella a prop
li deboscie di Pasifae, moglie del re. Dante così favella a proposito di quanto accennammo. L’Infamia di Creta era distes
l re. Dante così favella a proposito di quanto accennammo. L’Infamia di Creta era distesa Che fu concetta nella falsa vac
i hanno dato a questo passo della divina Commedia : « Pasifae, donna di Minosse re di Creta, soggiacque ad un toro, chius
questo passo della divina Commedia : « Pasifae, donna di Minosse re di Creta, soggiacque ad un toro, chiusa in una vacca
na di Minosse re di Creta, soggiacque ad un toro, chiusa in una vacca di legno, perciò l’Alighieri dice falsa vacca ». Min
i dice falsa vacca ». Minosse ritenendo, come forse era, che la vacca di legno nella quale si fece rinserrare l’infame Pas
di legno nella quale si fece rinserrare l’infame Pasifae, fosse opera di Dedalo e d’Icaro suo figlio, li fece rinchiudere
a essi costruito, per lasciarveli morire. Essi però pensarono al modo di sottrarsi con la fuga all’orribile e lenta morte
arte loro, fabbricarono delle ali che Dedalo attaccò con grossi pezzi di cera alle spalle del figlio, dopo aver fatto per
atto per sè altrettanto, ed aver raccomandato caldamente al figliuolo di non volare nè troppo basso, nè troppo alto, temen
sole, non avessero liquefatta la cera. Il figliuolo promise al padre di seguire strettamente le sue istruzioni, ma appena
ia, dove per altro mori poco dopo, soffocato in una stufa, per ordine di Cocalo, re di quell’isola, al quale Minosse aveva
ltro mori poco dopo, soffocato in una stufa, per ordine di Cocalo, re di quell’isola, al quale Minosse aveva fatto minacci
e di Cocalo, re di quell’isola, al quale Minosse aveva fatto minaccia di dichiarazione di guerra, se non avesse consegnato
i quell’isola, al quale Minosse aveva fatto minaccia di dichiarazione di guerra, se non avesse consegnato vivo o morte, ne
le sue mani, il fuggitivo. All’amata Sicilla alfin arriva Stanco già di valor Dedalo, dove Del volo e delle penne il doss
er più non si cura Atene. Ovidio.. — Metamorfosi. — Libro VIII trad. di Dell’Anguillara. 1374. Dee. — Divinità del sesso
iminare sulla Mitologia. La tradizione mitologica fa sovente menzione di varie dee che si sono accoppiate ai mortali, come
sempre rappresentata con un corno dell’abbondanza. Secondo l’opinione di Diodoro, e di altri mitologi si dava il mone di D
entata con un corno dell’abbondanza. Secondo l’opinione di Diodoro, e di altri mitologi si dava il mone di Dee Madri alle
a. Secondo l’opinione di Diodoro, e di altri mitologi si dava il mone di Dee Madri alle nutrici di Giove, le quali presero
iodoro, e di altri mitologi si dava il mone di Dee Madri alle nutrici di Giove, le quali presero cura di lui ad insaputa d
ava il mone di Dee Madri alle nutrici di Giove, le quali presero cura di lui ad insaputa di Saturno, e perciò furono annov
Madri alle nutrici di Giove, le quali presero cura di lui ad insaputa di Saturno, e perciò furono annoverate fra gli astri
lazione dell’Orsa maggiore. Altri scrittori danno il nome complessivo di Dee Madri, alle figliuole di Cadmo : Agone, Ino,
ltri scrittori danno il nome complessivo di Dee Madri, alle figliuole di Cadmo : Agone, Ino, Autonoe e Semele, a cui venne
dmo : Agone, Ino, Autonoe e Semele, a cui venne affidata l’educazione di Bacco. Il certo si è che il culto delle Dee Madri
nguia, nella Licia, un tempio antichissimo, ove traevano gli abitanti di tutti i paesi circonvicini, per offrir loro sagri
ed onori solenni ; e dove era generale credenza, che esse apparissero di tratto in tratto. Al dire di Diodoro Siculo eran
generale credenza, che esse apparissero di tratto in tratto. Al dire di Diodoro Siculo eran queste le ragioni per le qual
enne, con l’andare degli anni, ricchissimo, contandosi fra le rendite di quello, un’assai larga estensione di paese e oltr
ssimo, contandosi fra le rendite di quello, un’assai larga estensione di paese e oltre a 3000 buoi, il che, per quei tempi
ità, ed appoggiata dallo essersi trovato da per ogni dove le vestigie di questo culto. 1376. Del. — Esseri sovrumani del c
tali quali essi se li formarono, o alterando ciò che loro era rimasto di vero ; o secondo l’impulso delle loro passioni, d
esitarono a crearsi altrettante divinità. Egli è perciò che il numero di queste era prodigioso presso i pagani, i quali co
o preliminare sulla Mitologia. Giove era ritenuto come il più potente di tutti gli dei, sebbene il suo incontrastato poter
olontà inesorabile del Destino. I pagani riconoscevano diverse classi di numi, fra le quali le più distinte erano i Celest
omini e quelle donne che per le loro eroiche azioni avessero meritato di essere annoverati fra gli dei : fra questi furono
pure la parola dii, nel suo senso proprio, non conviene che agli dei di prim’ordine, agli dei grandi più individualmente
generale delle pagane divinità, ci faremo più partitamente a parlare di tutte le differenti e numerose denominazioni, par
e se non che dodici numi, i cui nomi proprî, sono, secondo l’opinione di Eredoto, originarî dell’Egitto. Questi erano gli
. Dii minorum gentium, ossia dei delle piccole nazioni. Il numero di questi era estesissimo e, al dire di Tito Livio,
delle piccole nazioni. Il numero di questi era estesissimo e, al dire di Tito Livio, non v’era angolo di Roma che non foss
di questi era estesissimo e, al dire di Tito Livio, non v’era angolo di Roma che non fosse pieno di dei. Il numero di ess
, al dire di Tito Livio, non v’era angolo di Roma che non fosse pieno di dei. Il numero di essi crebbe a dismisura dal sup
Livio, non v’era angolo di Roma che non fosse pieno di dei. Il numero di essi crebbe a dismisura dal superstizioso costume
ssi crebbe a dismisura dal superstizioso costume che i Romani avevano di abbracciare il culto religioso di quelle nazioni
izioso costume che i Romani avevano di abbracciare il culto religioso di quelle nazioni che essi rendevano soggette colla
ano fra questi dei tutti quelli della cui origine non si sapeva nulla di certo, e ai quali non si offerivano sacrifizii, n
ò a notare che molti fra gli scrittori dell’antichità, fanno menzione di alcuni templi innalzati dagli Ateniesi agli dei i
aco, Minosse e Radamanto. Oltre a tutti questi nomi e classificazioni di divinità vi erano ancora altre denominazioni gene
Palici, dei Compitali, dei Eterei e Mondani. 1877. Deldamia. — Figlia di Licomede, re di Sciro. Achille, rifugiatosi nella
itali, dei Eterei e Mondani. 1877. Deldamia. — Figlia di Licomede, re di Sciro. Achille, rifugiatosi nella corte di quel p
. — Figlia di Licomede, re di Sciro. Achille, rifugiatosi nella corte di quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la res
ro. Achille, rifugiatosi nella corte di quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la rese madre di Pirro, il quale, diven
lla corte di quel principe ed innamoratosi di Deidamia, la rese madre di Pirro, il quale, divenuto adulto, ebbe una figlia
irro, il quale, divenuto adulto, ebbe una figlia a cui impose il nome di Deidamia, in memoria della madre. Piangevisi ent
più antichi del mondo, ne avessero dato il primo esempio. È opinione di varii accreditati scrittori che la origine primit
ittori che la origine primitiva della idolatria fosse stato il dolore di un padre di famiglia a cui mori un figliuolo amat
a origine primitiva della idolatria fosse stato il dolore di un padre di famiglia a cui mori un figliuolo amatissimo in an
la intera città, quindi in tutta la contrada, ed è in questo modo che di una divinità particolare ad una famiglia, si vien
l popolo creasse da sè solo per mezzo della Deificazione tanto numero di numi, ma i re, i pontefici, e le città intere, co
contribuirono, con tutte le loro forze fisiche e morali, all’apoteosi di quegli illustri o cari defunti, che poi furono ve
rali. I primi ad essere deificati furono gli antichi re, e come prima di Urano e di Saturno, la profonda oscurità delle te
mi ad essere deificati furono gli antichi re, e come prima di Urano e di Saturno, la profonda oscurità delle tenebre dei t
aturno, la profonda oscurità delle tenebre dei tempi, non ci permette di avere una cognizione solida e certa sopra altri u
i re, la pubblica riconoscenza trovò per mezzo dell’apoteosi, il modo di eternare la memoria di quegli uomini che, o per l
oscenza trovò per mezzo dell’apoteosi, il modo di eternare la memoria di quegli uomini che, o per l’invenzione di qualche
modo di eternare la memoria di quegli uomini che, o per l’invenzione di qualche arte necessaria alla vita, o per le vitto
plagio dei cortigiani avessero innalzati all’onore dell’apotoesi ; e di questo numero furono quasi tutti gli imperatori r
l dire del cennato scrittore, la cerimonia dell’apoteosi era un misto di dolore e di allegrezza, e veniva celebrata da tut
ennato scrittore, la cerimonia dell’apoteosi era un misto di dolore e di allegrezza, e veniva celebrata da tutta la città.
che il corpo era stato sepolto con gran pompa, si metteva una figura di cera che ne somigliasse il volto su di un letto d
n pompa, si metteva una figura di cera che ne somigliasse il volto su di un letto d’avorio nel vestibolo del palagio dei C
d’avorio nel vestibolo del palagio dei Cesari, ed il senato, in abito di corruccio si poneva alla sinistra di quel letto,
i Cesari, ed il senato, in abito di corruccio si poneva alla sinistra di quel letto, mentre un gran numero delle più illus
mentre un gran numero delle più illustri e nobili dame, tutte vestite di bianco, e senz’alcuno ornamento, ne occupavano il
llo imperatore recitava l’orazione funebre del suo predecessore. Dopo di ciò tutto il corteggio prendeva la via del campo
redecessore. Dopo di ciò tutto il corteggio prendeva la via del campo di Marte, ove un magnifico catafalco, coperto di un
endeva la via del campo di Marte, ove un magnifico catafalco, coperto di un ricchissimo padiglione, tutto di materie accen
e un magnifico catafalco, coperto di un ricchissimo padiglione, tutto di materie accensibili e ornato di drappi d’oro, di
o di un ricchissimo padiglione, tutto di materie accensibili e ornato di drappi d’oro, di ricche dipinture e di lavori d’a
mo padiglione, tutto di materie accensibili e ornato di drappi d’oro, di ricche dipinture e di lavori d’avorio, era prepar
i materie accensibili e ornato di drappi d’oro, di ricche dipinture e di lavori d’avorio, era preparato onde ricevere l’ef
niva deposto sotto il padiglione e vi si gettavano intorno ogni sorta di aromi, di fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatt
to sotto il padiglione e vi si gettavano intorno ogni sorta di aromi, di fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatto il novel
l padiglione e vi si gettavano intorno ogni sorta di aromi, di fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatto il novello imperat
ne e vi si gettavano intorno ogni sorta di aromi, di fiori, di erbe e di profumi, e ciò fatto il novello imperatore con un
e il culto che da quel momento le era dovuto. 1379. Delfila. — Figlia di Adrasto, moglie di Tideo e madre di Diomede. 138
uel momento le era dovuto. 1379. Delfila. — Figlia di Adrasto, moglie di Tideo e madre di Diomede. 1380. Delfilo. — Figli
a dovuto. 1379. Delfila. — Figlia di Adrasto, moglie di Tideo e madre di Diomede. 1380. Delfilo. — Figlio di Stenelo. Fu
Adrasto, moglie di Tideo e madre di Diomede. 1380. Delfilo. — Figlio di Stenelo. Fu intimo amico del famoso Capaneo, e lo
i Stenelo. Fu intimo amico del famoso Capaneo, e lo segui all’assedio di Tebe. 1381. Delfobea. — Sibilla figlia di Glauco
neo, e lo segui all’assedio di Tebe. 1381. Delfobea. — Sibilla figlia di Glauco e sacerdotessa di Diana. Ella servì di gui
io di Tebe. 1381. Delfobea. — Sibilla figlia di Glauco e sacerdotessa di Diana. Ella servì di guida ad Enea, quando questi
fobea. — Sibilla figlia di Glauco e sacerdotessa di Diana. Ella servì di guida ad Enea, quando questi discese all’inferno.
meco ten entra E la tua spada impugna. Or d’uopo, Enea. Fa d’animo e di cor costante e fermo ; Ciò disse, e da furor spin
i mise dentro a le segrete cose. Virgilio. — Eneide — Libro VI Trad. di A. Caro. 1382. Deifobo. — Figlio di Priamo. Egli
gilio. — Eneide — Libro VI Trad. di A. Caro. 1382. Deifobo. — Figlio di Priamo. Egli, dopo la morte di Paride, sposò Elen
. di A. Caro. 1382. Deifobo. — Figlio di Priamo. Egli, dopo la morte di Paride, sposò Elena, ma dopo la presa di Troja, E
Priamo. Egli, dopo la morte di Paride, sposò Elena, ma dopo la presa di Troja, Elena lo dette in potere di Menelao, per r
ide, sposò Elena, ma dopo la presa di Troja, Elena lo dette in potere di Menelao, per riguadagnarsi le sue buone grazie.
n potere di Menelao, per riguadagnarsi le sue buone grazie. Deifobo. di Priamo il gran figlio, Vide ancor qui, che crudel
e monco tutto. ……………… Fece la buona moglie ogni arme intanto Sgombrar di casa, e la mia fida spada Mi sottrasse del capo.
oi falli antichi Riportar venia…. Virgilio — Eneide — Libro VI Trad. di A. Caro. 1383. Delfone. — Figlio di Trittolemo e
rgilio — Eneide — Libro VI Trad. di A. Caro. 1383. Delfone. — Figlio di Trittolemo e di Meganira, o secondo altre opinion
— Libro VI Trad. di A. Caro. 1383. Delfone. — Figlio di Trittolemo e di Meganira, o secondo altre opinioni, figlio d’Ippo
rlo da ogni terrestre caducità, Io faceva passare a traverso il fuoco di ardenti fiamme. Un giorno Meganira, madre di Deif
sare a traverso il fuoco di ardenti fiamme. Un giorno Meganira, madre di Deifone, spaventata da un simile spettacolo, turb
e draghi e lasciò bruciare Deifone. 1384. Deilone. — Amico e compagno di Ercole ; egli Io seguì nella guerra contro le Ama
della spedizione degli Argonauti, i quali egli raggiunse nella città di Sinope. 1385. Delloco. — Figlio di Ercole e di Me
i quali egli raggiunse nella città di Sinope. 1385. Delloco. — Figlio di Ercole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle m
raggiunse nella città di Sinope. 1385. Delloco. — Figlio di Ercole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apol
co. — Figlio di Ercole e di Meganira. 1386. Delone. — Una delle mogli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era
gli di Apollo, dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome di un fratello di Circe, conosciuto più comunemente
dalla quale egli ebbe Mileto. Deione era anche il nome di un fratello di Circe, conosciuto più comunemente sotto il nome d
ome di un fratello di Circe, conosciuto più comunemente sotto il nome di Dedalione. 1387. Delopea. — Una delle più belle n
di Dedalione. 1387. Delopea. — Una delle più belle ninfe del seguito di Giunone, la quale la promise ad Eolo, a condizion
e la promise ad Eolo, a condizione ch’egli avesse distrutta la flotta di Enea. ….. Appo me sono Sette e sette leggiadre n
di Enea. ….. Appo me sono Sette e sette leggiadre ninfe e belle ; E di tutte più bella e più leggiadra È Dejopea — Coste
do indossolubile congiunto. Viva lieto mai sempre, e ne divenga Padre di bella e di te degna prole. Virgilio — Eneide — L
ubile congiunto. Viva lieto mai sempre, e ne divenga Padre di bella e di te degna prole. Virgilio — Eneide — Libro I Trad
adre di bella e di te degna prole. Virgilio — Eneide — Libro I Trad. di A. Caro. 1388. Delotaro. — Re di Galata : fu un
Virgilio — Eneide — Libro I Trad. di A. Caro. 1388. Delotaro. — Re di Galata : fu un principe estremamente superstizios
pitani greci che assediarono Troja. 1390. Deisa. — Vale a dire figlia di Cerere : soprannome dato a Proserpina, di cui que
Deisa. — Vale a dire figlia di Cerere : soprannome dato a Proserpina, di cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Mo
Proserpina, di cui quella dea era la madre. 1391. Dejanira. — Moglie di Ercole, il quale, secondo la Favola, per ottenerl
iume Eveneo, il centauro Nesso andò loro incontro, ed offri ad Ercole di far traghettare il flume alla giovanetta sul prop
e il flume alla giovanetta sul proprio dorso. Ercole senza sospettare di nulla, a cettò l’offerta gentile, ma vedendo che
lmente. Nesso, sentendosi vicino a morte, donò la sua camicia intrisa di sangue a Dejanira, dicendole esser quella un poss
richiamare a sè il marito, tutte le volte ch’egli si fosse innamorato di altre donne. Morto Nesso, la credula Dejanira ven
enne a sapere che Ercole era preso d’amore per la bella Jole, e penso di servirsi della magica stoffa, facendone un dono a
virsi della magica stoffa, facendone un dono ad Ercole, persuasa così di ricondurlo ai suoi piedi. Dopo vario pensar le c
e restauro. Già molto prima ad una sua servente L’avea fatta adornar di seta e d’auro. Il cui ricamo d’or, d’ostro e di s
L’avea fatta adornar di seta e d’auro. Il cui ricamo d’or, d’ostro e di seta, Lo sparso sangue all’occhio asconde e vieta
amor potea dar forza. Perchè non fosse schiva all’occhio, prese Parer di dare al sangue un’altra scorza : E con vermigli f
altrove star che dove stanno. Ovidio — Metamorfosi — Libro IX. trad. di Dell’Anguillara. Appena Ercole si fu rivestito d
he Delfisa : sibilla che era nel tempo stesso sacerdotessa del tempio di Delfo. 1393. Delfico. — Soprannome di Apollo, dal
stesso sacerdotessa del tempio di Delfo. 1393. Delfico. — Soprannome di Apollo, dal famoso tempio ch’egli aveva nella cit
. — Soprannome di Apollo, dal famoso tempio ch’egli aveva nella città di Delfo. 1394. Delfinie. — Feste in onore di Apollo
ch’egli aveva nella città di Delfo. 1394. Delfinie. — Feste in onore di Apollo. 1395. Delfinto. — Altro soprannome di Apo
finie. — Feste in onore di Apollo. 1395. Delfinto. — Altro soprannome di Apollo. Diana, gemella di questo dio, veniva anch
Apollo. 1395. Delfinto. — Altro soprannome di Apollo. Diana, gemella di questo dio, veniva anch’essa detta Delfinia. 1396
scrittori dell’antichità, sulla origine dell’appropriazione del nome di Delfino a questa costellazione. Taluni pretendono
sta costellazione. Taluni pretendono che fosse così detta dal delfino di Arione ; — V. Arione — altri da quello che trattò
no di Arione ; — V. Arione — altri da quello che trattò il matrimonio di Nettuno con Anfitrite ; altri da uno di quei mari
ello che trattò il matrimonio di Nettuno con Anfitrite ; altri da uno di quei marinai che Bacco cangiò in delfini ; ed alt
inalmente dal delfino che Apollo dette per condottiero ad una colonia di Cretesi, che andarono a stabilirsi nella Focide.
corgere senonchè un vascello che aveva sulla poppa scolpita la figura di un delfino. 1397. Delfo. — Città della Focide : c
fo. — Città della Focide : celebre nella favola per il famoso oracolo di Apollo. Lo spazio in cui sorgeva quella città, er
azio, si posarono nell’istesso istante nel luogo ove sorgeva la città di Delfo. La tradizione favolosa, a proposito dell’o
a la città di Delfo. La tradizione favolosa, a proposito dell’oracolo di Delfo, racconta che un pastore, per nome Coreta,
redir l’avvenire, come invaso da profetico furore. Ben presto la fama di tanta maraviglia si sparse allo intorno, e attra
figliuola della Terra, lo ebbe in costodia fino ai tempi del diluvio di Deucalione, epoca in cui Apollo, essendo venuto s
oni del santuario, uccise il drago che la Terra avea posto a custodia di quello, e si rese solo padrone del celebre oracol
facendola servire ai loro privati interessi. Delfo era anche il nome di uno dei figli di Apollo che edificò quella città.
e ai loro privati interessi. Delfo era anche il nome di uno dei figli di Apollo che edificò quella città. 1398. Delia. — S
i figli di Apollo che edificò quella città. 1398. Delia. — Soprannome di Diana, che le veniva dall’isola di Delo, ove essa
a città. 1398. Delia. — Soprannome di Diana, che le veniva dall’isola di Delo, ove essa, secondo la favola, ebbe i natali.
lo sul quale erano imbarcati i Deliasti, quando si recavano all’isola di Delo. — V. Deliasti e Delo. 1400. Deliasti. — Nom
ogni anno a Delo. 1401. Delicoone. — Così ebbe nome uno dei figliuoli di Ercole. 1402. Delle. — Feste in onore di Apollo,
ebbe nome uno dei figliuoli di Ercole. 1402. Delle. — Feste in onore di Apollo, soprannominato anch’egli Delo, perchè ins
nsieme a Diana, nacque in quell’isola — V. Delia. Durante il periodo di queste feste, gli Ateniesi inviavano una deputazi
do di queste feste, gli Ateniesi inviavano una deputazione nell’isola di Delo per offerire dei sagrifizi ad Apollo. I memb
one nell’isola di Delo per offerire dei sagrifizi ad Apollo. I membri di questa deputazione si chiamavano Deliasti — V. De
azione chiamavasi Arciteoro. Le feste Delie furono istituite in onore di Apollo da Tesco, quand’egli ricondusse da Creta i
i Palici. — V. Palici e Talia. 1404. Delo. — Isola del mare Egeo, una di quelle che componevano il gruppo delle Cicladi. L
se A partorir li due occhi del cielo. Callimaco — Inno a Delo. trad. di Dionici Stroc III. I suoi abitatori pretendevano
maniera. 1405. Demenete. — Detto anche Demarco : abitante della città di Parrafia, nell’Arcadia. Avendo mangiato un pezzo
tante della città di Parrafia, nell’Arcadia. Avendo mangiato un pezzo di carne di una vittima umana, immolata a Giove, fu
la città di Parrafia, nell’Arcadia. Avendo mangiato un pezzo di carne di una vittima umana, immolata a Giove, fu cangiato
ripete che dopo dieci anni, egli riacquistasse la sua primitiva forma di uomo, e che fosse vincitore ai giuochi olimpici.
annome che i Greci davano a Cerere. 1407. Democoonte. — Uno dei figli di Priamo, re di Troja, che fu ucciso da Ulisse. ….
reci davano a Cerere. 1407. Democoonte. — Uno dei figli di Priamo, re di Troja, che fu ucciso da Ulisse. ….. e feri Democ
E cupo gli tuonar l’armi sul petto. Omero. — Iliade — Lib. IV trad. di V. Monti Democoonte fu pure il nome di un greco
ro. — Iliade — Lib. IV trad. di V. Monti Democoonte fu pure il nome di un greco, figliuolo di Megara, il quale coi suoi
trad. di V. Monti Democoonte fu pure il nome di un greco, figliuolo di Megara, il quale coi suoi fratelli fu ucciso da E
quale coi suoi fratelli fu ucciso da Ercole. 1408. Demodice. — Moglie di Creteo. — V. Creteo. 1409. Demodoco. — Celebre mu
di Creteo. — V. Creteo. 1409. Demodoco. — Celebre musico della corte di Alcinoo. Demodoco, io te sopra ogni vivente Soll
mmo Giove, e Apollo stesso ispira. Omero — Odissia — Lib. VIII Trad. di I. Pindemonte. 1410. Demofila. — Così avea nome
te. 1410. Demofila. — Così avea nome la settima delle dieci sibille, di cui fa menzione Varrone. Era nativa di Cuma, e da
a settima delle dieci sibille, di cui fa menzione Varrone. Era nativa di Cuma, e da lei vennero i libri sibillini. Raccont
un giorno a Tarquinio il vecchio, nove volumi, dimandandone il prezzo di 300 scudi d’oro. Il re, credendo ch’ella fosse co
e il prezzo di 300 scudi d’oro. Il re, credendo ch’ella fosse colpita di pazzia, la scacciò con aspre maniere, e allora De
ò con aspre maniere, e allora Demofila innanzi al re stesso gittò tre di quei volumi alle fiamme, pretendendo lo stesso pr
stesso prezzo per gli altri sei che rimanevano. Il reperò la respinse di nuovo, ed allora la sibilla bruciò altri tre dei
eva per gli ultimi tre volumi, essendo in quelli rinchiuso il destino di Roma. Il cenno dei sacerdoti fu immediatamen tees
onaggi del patriziato romano. 1411. Demofonte o. Demofoonte. — Figlio di Teseo e di Fedra. Dopo la spedizione di Troja, un
patriziato romano. 1411. Demofonte o. Demofoonte. — Figlio di Teseo e di Fedra. Dopo la spedizione di Troja, una tempesta
fonte o. Demofoonte. — Figlio di Teseo e di Fedra. Dopo la spedizione di Troja, una tempesta lo gettò sulle coste della Tr
L’allegoria mitologica narra che egli si fosse innalzato nell’aria su di una palla, e che facendo su quella il giro della
stero della creazione. 1414. Demonio. — Secondo i Platonici o seguaci di Platone si dava questo nome, ad una categoria di
Platonici o seguaci di Platone si dava questo nome, ad una categoria di esseri fantastici che popolavano l’immenso vuoto
arie classi alle quali appartenevano secondo la loro potenza. Al dire di Menandro i pagani credevano fermamente che ogni u
el cammino della virtù ; vegliavano alla loro sicurezza ed erano loro di potente aiuto nei pericoli. Infine, secondo è cre
egli esseri non gia immaginarii, ma realmente esistenti, e rivestiti, di un corpo sottile ed impercettibile ai nostri sens
tra e malvagia interpretazione che oggi vi è collegata. 1415. Demonio di Socrate. — È oggidì cosa cognita a tutti gli stud
udiosi. La forma credenza che il sommo filosofo aveva nella esistenza di un suo demonio o genio particolare, specie di spi
o aveva nella esistenza di un suo demonio o genio particolare, specie di spirito familgliare, i cui avvertimenti lo guidav
. — Si dava codesto nome ad una cerimonia che si eseguiva nelle feste di Cibele e di Bacco e che consisteva nel portare in
codesto nome ad una cerimonia che si eseguiva nelle feste di Cibele e di Bacco e che consisteva nel portare in giro per la
ortare in giro per la città un grosso albero, che poi veniva piantato di contro al tempio di quelle divinità ; dalle parol
a città un grosso albero, che poi veniva piantato di contro al tempio di quelle divinità ; dalle parole greche Δειδρὀν, al
dalle parole greche Δειδρὀν, albero, e φορω, io porto si dava il nome di Dendrofore al portatore dell’albero. 1417. Dendro
’egli portasse sempre nelle mani un arboscello e propriamente un ramo di cipresso. La parola Dendroforo significa che port
to e Deraclite. Era una giovanetta la quale profonda, damente pentita di essersi data in braccio ad un suo amante, si prec
cangiata in pesce. Gli Assiri a doravano una divinità sotto la figura di una donna, che dalla cintura in giù aveva il corp
sotto la figura di una donna, che dalla cintura in giù aveva il corpo di pesce. Essi avevano per questa specie di mostri u
intura in giù aveva il corpo di pesce. Essi avevano per questa specie di mostri una grande venerazione. La cronaca favolos
a Derceto, fosse una bambina, che fu poi la famosa Semiramide, regina di Babilonia, la quale annoverò sua madre fra le div
inità, e le consacrò un tempio. 1420. Derelle ed Albione. — Figliuoli di Nettuno recordati, nella tradizione mitologica, p
ti avea tolti al gigante Gerione. 1421. Despena. — Uno dei soprannomi di Proserpina. 1422. Destino. — Divinità allegorica,
un’urna, nella quale sono rinchiuse le sorti degli uomini. I decreti di questa cieca divinità, regolatrice di tutte le co
e sorti degli uomini. I decreti di questa cieca divinità, regolatrice di tutte le cose, con un potere assoluto, erano irre
il padre degli dei, era sottomesso alla volontà del destino. Al dire di Ovidio, i destini degli dei erano scritti e depos
quelli dei re e degli eroi, venivano incisi sul diamante. I ministri di questa cieca deità, erano le tre Parche, e al dir
nte. I ministri di questa cieca deità, erano le tre Parche, e al dire di Esiodo, la Notte era la madre di questo spaventos
eità, erano le tre Parche, e al dire di Esiodo, la Notte era la madre di questo spaventoso dio, che essa aveva generato so
spaventoso dio, che essa aveva generato sola. 1423. Deucalione. — Re di Tessaglia, figlio di Prometeo e marito di Pirra.
essa aveva generato sola. 1423. Deucalione. — Re di Tessaglia, figlio di Prometeo e marito di Pirra. Al tempo in cui egli
ola. 1423. Deucalione. — Re di Tessaglia, figlio di Prometeo e marito di Pirra. Al tempo in cui egli viveva, un diluvio un
la terra nel suo stato primitivo, i superstiti consultarono l’oracolo di Temi, e questi impose loro di gettare un certo nu
vo, i superstiti consultarono l’oracolo di Temi, e questi impose loro di gettare un certo numero di pietre dietro le loro
no l’oracolo di Temi, e questi impose loro di gettare un certo numero di pietre dietro le loro spalle, e attendere ciò che
rate da Deucalione nacquero altrettanti uomini gìà adulti e da quelle di Pirra altrettante donne. Escon dal tempio, e si
ettante donne. Escon dal tempio, e si bendan la fronte, Indi ciascun di lor scinto e disciolto, Gli stessi sassi che prod
si è detta vena. Tenne in quest’altra forma il proprio nome, Le parti di più nervo e di più lena, Diventar nervi ed ossa,
. Tenne in quest’altra forma il proprio nome, Le parti di più nervo e di più lena, Diventar nervi ed ossa, e non so come,
— Metamor. — Lib. I trad. dí Dell’ Anguillara La favola fa menzione di altri moiti noti sotto il nome di Deucalione : fr
Anguillara La favola fa menzione di altri moiti noti sotto il nome di Deucalione : fra questi il più rinomato fu un fig
to il nome di Deucalione : fra questi il più rinomato fu un figliuolo di Minosse, re di Creta. 1424. Deverona. — Dea che p
eucalione : fra questi il più rinomato fu un figliuolo di Minosse, re di Creta. 1424. Deverona. — Dea che presiedeva alla
bambini. Appena nasceva un figlio si ripuliva tutta la casa in onore di questa divinità, onde renderla favorevole al neon
ità, onde renderla favorevole al neonato. 1426. Dediana. — Soprannome di Diana che le veniva dal senso compreso in questo
icolarmente Cerere. 1428. Diafie. — Feste celebrate in Atene in onore di Giove, onde scongiurare le sventure ed i mali di
te in Atene in onore di Giove, onde scongiurare le sventure ed i mali di cui si poteva essere minacciati. Queste cerimonie
porte della città e avevano in tutti i loro particolari, il carattere di una profonda e dolorosa tristezza. 1429. Dialeo-F
ristezza. 1429. Dialeo-Flamine (Dialis-Flamen). Vale a dire sacerdote di Giove. Questo personaggio importantissimo nelle c
ai giuramanto. Non poteva mai montare a cavallo, e tutto nel suo modo di vivere dovea risentire dell’austera semplicità de
era semplicità dei primi tempi. In talune occasioni egli avea diritto di togliere i ceppi ai prigionieri e di condonare la
lune occasioni egli avea diritto di togliere i ceppi ai prigionieri e di condonare la pena ai condannati al supplizio dell
tutte le volte ch’ei si trovava sul loro passaggio.   Del sacerdoti di Giove e delle cerimonie : e parole unite ad un ed
o, per le quali dice, non esser costretti al giuramento nè le vergini di Vesta nè i sacerdoti di Giove.   Molte cerimonie
n esser costretti al giuramento nè le vergini di Vesta nè i sacerdoti di Giove.   Molte cerimonie sono imposte ai sacerdot
nè i sacerdoti di Giove.   Molte cerimonie sono imposte ai sacerdoti di Giove cerimonie molteplici ancora nei libri, che
ti pei pubblici sacerdoti. Leggiamo pure, nel primo scritto del libri di Fabio Pittore, nel quale spesso vi sono queste ch
e spesso vi sono queste che ci ricordiamo : È religione del sacerdoti di Giove, badare che la pronta cavalleria vada a cav
il pomerio : questo stesso è per l’esercito armato ; per la qual cosa di rado il sacerdote di Giove è creato console, impe
tesso è per l’esercito armato ; per la qual cosa di rado il sacerdote di Giove è creato console, imperocché è commessa al
l consoli la guerra ; parlmenti non è mal lecito giurare al Sacerdote di Giove ; ne è lecito servirsi dell’anello se non c
he aperto e vuoto. Non è permesso portar via dalla casa del sacerdote di Giove, il fuoco sacro ; è necessario sia disciolt
i, quel giorno il bastonare è sagrilizio. Non è costume del Sacerdote di Giove ; nè nominare, nè toccare la capra, la carn
1430. Diamasticosa. — Festa dei Lacedomi da essi celebrata in onore di Diana. La principal cerimonia di questa festa con
Lacedomi da essi celebrata in onore di Diana. La principal cerimonia di questa festa consisteva nel condurre dei fanciull
numero vi lasciavano la vita. 1431. Diana. — Dea della caccia, figlia di Giove e di Latona e gemella d’Apollo. Non è già
asciavano la vita. 1431. Diana. — Dea della caccia, figlia di Giove e di Latona e gemella d’Apollo. Non è già di Latona u
la caccia, figlia di Giove e di Latona e gemella d’Apollo. Non è già di Latona unico figlio Apollo, e di Latona anch’ io
atona e gemella d’Apollo. Non è già di Latona unico figlio Apollo, e di Latona anch’ io mi sono. Callimaco — Inno a Dian
Apollo, e di Latona anch’ io mi sono. Callimaco — Inno a Diana Trad. di D. Strocchi, Moltiplici sono le denominazioni ch
per averla sorpresa colle sue ninfe nel bagno. V. Atteone. Il seguito di Diana si componeva di un numeroso corteo di ninfe
lle sue ninfe nel bagno. V. Atteone. Il seguito di Diana si componeva di un numeroso corteo di ninfe e pretendeva che tutt
o. V. Atteone. Il seguito di Diana si componeva di un numeroso corteo di ninfe e pretendeva che tutte serbassero la stessa
anta ancelle Pronte a guidar le mie carole meco, Giovani tutte e fior di verginelle : Venti ne voglio da l’amnisio speco,
l vuoi città fammi regina : Me vedran raro cittadine mura. Abitatrice di contrada alpina M’inurberò ne l’ora che dogliose
e dogliose Le genitrici chiameran Lucina. Il carco fianco ad allegiar di spose Io nacqui, poi che senza duol la madre Di m
Di me gravossi e senza duol mi spose. Callimaco — Inno a Diana Trad. di D. Strocchi. La ninfa Calisto, che apparteneva a
a Trad. di D. Strocchi. La ninfa Calisto, che apparteneva al seguito di Diana fu scacciata ignominiosamente da questa dea
ata ignominiosamente da questa dea per aver ceduto alle lascive brame di Giove. La tradizione mitologica narra peraltro ch
asi tutti i suoi giorni alla caccia ed era sempre seguita da una muta di cani. I Satiri, le Driadi, e tutte le altre divin
bravano continue feste in suo onore. I poeti rappresentavano Diana su di un carro tirato da due bisce ; armata di un arco,
eti rappresentavano Diana su di un carro tirato da due bisce ; armata di un arco, e di un turcasso pieno di frecce. La bis
avano Diana su di un carro tirato da due bisce ; armata di un arco, e di un turcasso pieno di frecce. La biscia era l’anim
carro tirato da due bisce ; armata di un arco, e di un turcasso pieno di frecce. La biscia era l’animale a lei consagrato.
di frecce. La biscia era l’animale a lei consagrato. Il famoso tempio di Efeso tutto sfolgorante d’oro e che era ritenuto
una delle sette meraviglie del mondo, e come il più superbo monumento di simil genere, che fosse conosciuto in quei tempi,
suo culto. 1432. Diania-turba. — Ossia turba, drappello e anche muta di Diana. Con questo nome venivano designati i cani
ritenendosi pubblicamente che fossero sotto la particolar protezione di Diana cacciatrice, questi animali erano riguardat
i animali erano riguardati come sacri. 1433. Diasie. — Feste in onore di Giove propizio, durante le quali si faceva dagli
aceva dagli abitanti una famosa fiera a cui non mancava alcuna specie di mercanzia. Gli Ateniesi vi si distinguevano pel g
ricordare le sue priucipali funzioni, d’essere, cioè, il messaggiero di Giove e degli dei. 1435. Dictea. — Conosciuta più
e degli dei. 1435. Dictea. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle figlie di Giove e di Temi. Ess
Conosciuta più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle figlie di Giove e di Temi. Essa presiedeva alla giustizia,
più comunemente sotto il nome di Dica, fu una delle figlie di Giove e di Temi. Essa presiedeva alla giustizia, dalla parol
. 1436. Dictea-corona. — Cosi gli antichi chiamavano la costellazione di Arianna che Teseo avea seco condotta dalla isola
la costellazione di Arianna che Teseo avea seco condotta dalla isola di Creta, ove sorgeva una montagna per nome Dictea 1
a una montagna per nome Dictea 1437. Dictee-ninfe. — Ninfe dell’isola di Creta. Forse venivano così dette perchè abitualme
se venivano così dette perchè abitualmente dimoravano sulla montagna, di cui nell’articolo precedente. 1438. Dicteo. — Sop
rchè comunemonte si credeva allevato sulla stessa montagna dell’isola di Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola di Cre
ssa montagna dell’isola di Creta. 1439. Dictinnia. — Ninfa dell’isola di Creta, alla quale gli antichi attribuivano l’inve
tro un’opinione assai incerta. Dictinnia era anche uno dei soprannomi di Diana. 1440. Dictisio. — Così avea nome uno dei c
tauri : egli fu ucciso da Piritoo. 1441. Didima. — Secondo l’opinione di Pindaro, era questo uno dei soprannomi dato a Dia
ndaro, era questo uno dei soprannomi dato a Diana, per essere gemella di Apollo. Didima avea anche nome un’isola del grupp
Apollo avea un famoso oracolo, conosciuto nella favola sotto il nome di oracolo di Didimo. 1442. Didimeone. — Rione della
a un famoso oracolo, conosciuto nella favola sotto il nome di oracolo di Didimo. 1442. Didimeone. — Rione della città di M
to il nome di oracolo di Didimo. 1442. Didimeone. — Rione della città di Mileto, in cui Apollo avea un oracolo ed un tempi
n oracolo ed un tempio famoso. 1443. Didimo. — Soprannome particolare di Apollo che secondo alcuni scrittori veniva a lui
e di Apollo che secondo alcuni scrittori veniva a lui dato dall’isola di Didima — V. Didima —  ; e secondo altri perchè qu
ritenuto come autore del giorno e della luna. 1444. Didone. — Figlia di Belo, re di Tiro, detta dapprima Elisa e conosciu
me autore del giorno e della luna. 1444. Didone. — Figlia di Belo, re di Tiro, detta dapprima Elisa e conosciuta con l’app
elo, re di Tiro, detta dapprima Elisa e conosciuta con l’appellazione di Dido : fu moglie di Sicheo, che ella amò tenerame
ta dapprima Elisa e conosciuta con l’appellazione di Dido : fu moglie di Sicheo, che ella amò teneramente. Pigmalione, fra
: fu moglie di Sicheo, che ella amò teneramente. Pigmalione, fratello di Didone, accecato dalla passione dell’oro uccise i
i tesori, de’quali tesori poichè notizia e fama ne venne agli orecchi di Pigmalione, incominciò ad averne gran fame ; e so
recchi di Pigmalione, incominciò ad averne gran fame ; e sotto specie di venire a visitare la sirocchia e’l cognato, come
o ove era stato trucidato ; le rivelò il nome dell’assassino ; e dopo di averle additato ove erano nascosti i suoi tesori,
opo di averle additato ove erano nascosti i suoi tesori, le consigliò di fuggire e sparì. Didone calmato il do’ore che le
itasi delle navi che stavano nel porto, e accompagnata da gran numero di seguaci, e dalla sua più giovane sorella, a nome
coi tesori del trucidato consorte. Una tempesta spinse la flottiglia di Didone sulle coste dell’Africa ed ella approdò ne
e terre soggette al suo comando, ma l’astuta principessa gli richiese di venderle tanto terreno quanto bastasse a stenderv
nderle tanto terreno quanto bastasse a stendervi in circuito la pelle di un bue. Avendo Iarba acconsentito, Didone fece ta
a acconsentito, Didone fece tagliare in lunghe e sottili striscie una di dette pelli, le quali disegnarono sul terreno uno
io abbastanza grande, nel quale Didone cominciò ad edificare la citià di Cartagine. Iarba intanto soggiogato dalla bellezz
ficare la citià di Cartagine. Iarba intanto soggiogato dalla bellezza di lei, la chiese in isposa ; ma essa respinse l’off
distruggerla, amò meglio darsi la morte che violare il suo giuramento di fedeltá. Ella si ucsise con un pugnale, e ciò le
nto di fedeltá. Ella si ucsise con un pugnale, e ciò le valse il nome di Didone, che vuol dire donna risoluta. Il Metastas
sse precipitandosi nelle fiamme che ardevano la sua reggia, disperata di vedersi abbandonata da Enea, ch’ essa amava perdu
o al suo cammino. Precipiti Cartago, Arda la reggira, e sia Il cenere di lei la tomba mia. Metastasio. — Didon e abband.
a Virgilio nell’Eneide, è una mera invenzione poetica. Enea visse più di 300 anni prima della fondazione di Cartagine, sec
invenzione poetica. Enea visse più di 300 anni prima della fondazione di Cartagine, secondo la cronologia della favola ; e
la cronologia della favola ; e Virgilio ha dipinto l’ardente passione di Didone per l’eroe trojano, per innestarvi le famo
cordia fra Roma e Cartagine. L’Alighieri, giovandosi dell’ invenzione di Virgilio, mette Didone nell’Inferno per punirla d
di Virgilio, mette Didone nell’Inferno per punirla d’avere, per amore di Enea, mancato di fede alla ombra di Sicheo. …… c
e Didone nell’Inferno per punirla d’avere, per amore di Enea, mancato di fede alla ombra di Sicheo. …… colei che s’ancise
no per punirla d’avere, per amore di Enea, mancato di fede alla ombra di Sicheo. …… colei che s’ancise amorosa. E ruppe f
mbra di Sicheo. …… colei che s’ancise amorosa. E ruppe fede al conet di Sicheo. Dante. — Inferno — Cant. V. 1445. Dies
à uomo e metà serpente. La parola Difie in greco significa : composto di due nature. 1447. Difolle. — E più comunemente Di
olle. — E più comunemente Dipolie. Si dava codesto nome ad una specie di cerimonia religiosa che gli Ateniesi celebravano
a specie di cerimonia religiosa che gli Ateniesi celebravano in onore di Giove Polieno, riguardandolo come il nume tutolar
iguardandolo come il nume tutolare della propria città. 1448. Diluvio di Ogige e di Deucalione. V. Ogige e Deucalione. 14
o come il nume tutolare della propria città. 1448. Diluvio di Ogige e di Deucalione. V. Ogige e Deucalione. 1449. Dimanti
ige e Deucalione. 1449. Dimantisa. — Detta anche Dimantìa. Soprannome di Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva dett
1449. Dimantisa. — Detta anche Dimantìa. Soprannome di Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva detta così dal nome d
sa. — Detta anche Dimantìa. Soprannome di Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva detta così dal nome di suo padre Di
e di Ecuba, moglie di Priamo, re di Troja. Veniva detta così dal nome di suo padre Dimaso. 1450. Dimaso. — V. l’articolo p
avea nome uno dei quattro dei Lari o Penati. 1453. Dindima. — Al dire di Diodoro era questo il nome della madre di Cibele 
i. 1453. Dindima. — Al dire di Diodoro era questo il nome della madre di Cibele : essa fu moglie di Meone, re della Lidia.
di Diodoro era questo il nome della madre di Cibele : essa fu moglie di Meone, re della Lidia. 1454. Dio — I poeti dell’a
à dei mostri, dànno loro moltiplici, varie e strane figure ; ne hanno di quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno di
dànno loro moltiplici, varie e strane figure ; ne hanno di quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno di zoppi e di ci
o moltiplici, varie e strane figure ; ne hanno di quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno di zoppi e di ciechi. Parl
ne figure ; ne hanno di quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno di zoppi e di ciechi. Parlano degli amori di Anubi c
ne hanno di quadrati, di ovali, di triangolari ; ne hanno di zoppi e di ciechi. Parlano degli amori di Anubi con la Luna 
, di triangolari ; ne hanno di zoppi e di ciechi. Parlano degli amori di Anubi con la Luna ; fanno che Diana venisse sferz
fuggire ora in questa ora in quella contrada della terra, sotto forma di quadrupedi, di volatili, di rettili ecc. Apollo,
questa ora in quella contrada della terra, sotto forma di quadrupedi, di volatili, di rettili ecc. Apollo, cacciato dal ci
quella contrada della terra, sotto forma di quadrupedi, di volatili, di rettili ecc. Apollo, cacciato dal cielo, è obblig
to l’olimpo pagano altro non essere stato che una vilissima ciurmeria di saltibanchi, più, al certo, che non fosse l’idea
eria di saltibanchi, più, al certo, che non fosse l’idea informatrice di un culto, rivelatore della divina maestà di una r
fosse l’idea informatrice di un culto, rivelatore della divina maestà di una religione. 1455. Diocleide. — Più comunemonte
ava codesto nome ad una festa che si celebrava nell’ Attica, in onore di Dioclie, uno degli eroi della Grecia a cui dopo l
a. — Così si chiamava la schiava che prese presso ad Achille il posto di Briseide — V. Briseide, quando Agamennone tolse p
se per sè quest’ultima. 1458. Diomede. — Re d’ Etiolia : fu figliuolo di Tideo e ritenuto, dopo Achille ed Aiace, il più v
e dalle spalle Divin foco l’eroe. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad. di V. Monti. All’assedio di Troja egli si copri di
l’eroe. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad. di V. Monti. All’assedio di Troja egli si copri di gloria, avendo in un incon
e — Libro V. — Trad. di V. Monti. All’assedio di Troja egli si copri di gloria, avendo in un incontro ferito Marte e Vene
i gloria, avendo in un incontro ferito Marte e Venere. Dopo la caduta di Troja, ritornato in patria, ebbe tanto orrore deg
roja, ritornato in patria, ebbe tanto orrore degli eccessi lussuriosi di sua moglie Egialea, che abbandonò il governo dell
evoli li cangiarono in uccelli. Diomede fu quello che rapì dall’isola di Lenno le frecce di Ercole ; e fu colui che insiem
in uccelli. Diomede fu quello che rapì dall’isola di Lenno le frecce di Ercole ; e fu colui che insieme ad Ulisse penetrò
ecce di Ercole ; e fu colui che insieme ad Ulisse penetrò nella città di Troja, e ne tolse il Palladio che era la più gran
era la più grande sicurezza dei Trojani, uccidendo una gran quantità di nemici. Ma di qual parte fosse Diomede Se Troian
nde sicurezza dei Trojani, uccidendo una gran quantità di nemici. Ma di qual parte fosse Diomede Se Troiano od Acheo mal
to : simile alla fiera Di tumido torrente che cresciuto Dalle pioggie di Giove, ed improvvisa Precipitando, i saldi ponti
e Non potean, benchè molti, la ruina. Omero — Iliade — Libro V.trad. di V. Monti. La favola ricorla di un altro Diomede,
uina. Omero — Iliade — Libro V.trad. di V. Monti. La favola ricorla di un altro Diomede, re della Tracia, e figliuolo di
La favola ricorla di un altro Diomede, re della Tracia, e figliuolo di Marte e di Cirene. Secondo la tradizione mitologi
ricorla di un altro Diomede, re della Tracia, e figliuolo di Marte e di Cirene. Secondo la tradizione mitologica, egli po
lli furiosi, i quali mandavano flamme dalle nari ; e che egli nutriva di carne umana. Ercole per comando di Euristeo, lo u
me dalle nari ; e che egli nutriva di carne umana. Ercole per comando di Euristeo, lo uccise facendolo divorare dai suoi s
dai suoi stessi cavalli. 1459. Dione. — Ninfa, figlia dell’ Oceano e di Teti, ella fu ne ! numero delle concubine di Giov
a, figlia dell’ Oceano e di Teti, ella fu ne ! numero delle concubine di Giove, il quale la rese madre di Venere ; ed è qu
ella fu ne ! numero delle concubine di Giove, il quale la rese madre di Venere ; ed è questa la ragione per la quale si d
ta la ragione per la quale si dà talvolta a questa dea, il soprannome di Dionea. Anche Giu lio Cesare, come discendente di
dea, il soprannome di Dionea. Anche Giu lio Cesare, come discendente di Venere, veniva detto Dioneo. 1460. Dionea. — La d
ere, veniva detto Dioneo. 1460. Dionea. — La dea Venere che fu moglie di Vulcano è quella a cui si da propriamente questo
o soprannome. Essa fu perduttamente amata da Marte, che le rese madre di una figlia, di cui nell’articolo precedente. 1461
ssa fu perduttamente amata da Marte, che le rese madre di una figlia, di cui nell’articolo precedente. 1461. Dionislache. 
1. Dionislache. — V. Dionisie. 1462. Dionisie o Dionisiache. — Specie di baccanali, celebrati in onore di Bacco. Erano uno
62. Dionisie o Dionisiache. — Specie di baccanali, celebrati in onore di Bacco. Erano uno strano e turpe miscuglio di devo
nali, celebrati in onore di Bacco. Erano uno strano e turpe miscuglio di devozione e di oscenità. 1463. Dionisio. — Detto
in onore di Bacco. Erano uno strano e turpe miscuglio di devozione e di oscenità. 1463. Dionisio. — Detto anche Dioniso :
e Dioniso : con questo nome veniva indicato il dio Bacco, dalla città di Nisa, ove era stato allevato, e dove aveva un tem
te dedicato agli osceni misteri del suo culto. Dioniso è pure il nome di uno dei tre dei Anaci, o Dioscuri figliuoli di Gi
Dioniso è pure il nome di uno dei tre dei Anaci, o Dioscuri figliuoli di Giove. La tradizione mitologica ricorda di un alt
naci, o Dioscuri figliuoli di Giove. La tradizione mitologica ricorda di un altro Dioniso, che fu tiranno di Siracusa, il
La tradizione mitologica ricorda di un altro Dioniso, che fu tiranno di Siracusa, il quale si rese celebre per le sue cru
nessuna reverenza che egli ebbe verso gli dei. Egli demoli il tempio di Proserpina a Locri ; tolse nel tempio di Giove Ol
i dei. Egli demoli il tempio di Proserpina a Locri ; tolse nel tempio di Giove Olimpio un mantello d’oro, che copriva una
nel tempio di Giove Olimpio un mantello d’oro, che copriva una statua di questo dio, e nel tempi di Esculapio, in Epidauro
un mantello d’oro, che copriva una statua di questo dio, e nel tempi di Esculapio, in Epidauro, tolse ad un simulacro di
sto dio, e nel tempi di Esculapio, in Epidauro, tolse ad un simulacro di questo la barba d’oro che aveva ; e si rese padro
d un simulacro di questo la barba d’oro che aveva ; e si rese padrone di tutti gli arredi sacri, dicendo che volea profitt
dei ; e fece vendere su i pubblici mercati a suo profitto le spoglie di che si rendeva padrone con sacrilega violenza. Ci
opete. — Nome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di Giove, di Diana, di Apollo, e di altre divinità c
ome col quale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di Giove, di Diana, di Apollo, e di altre divinità che si cred
ale gli antichi indicavano gli strumenti musicali di Giove, di Diana, di Apollo, e di altre divinità che si credeva abitas
hi indicavano gli strumenti musicali di Giove, di Diana, di Apollo, e di altre divinità che si credeva abitassero sovente
sero in modo particolare i navigatori. 1466. Diaspoli. — Ovvero città di Giove nell’ Etiopia. Quel Dio aveva in questa cil
ta stagione dell’anno, si celebrava dagli abitanti una festa ìn onore di lui che durava dodici giorni, e nella quale porta
urava dodici giorni, e nella quale portavano in processione la statua di Giove in tutti i villaggi circonvicini. 1467. Dip
1468. Diradiato. — Soprannome che si dava in Argo ad Apollo, a causa di un tempio che egli avea sopra altissimi dirupi. L
pra altissimi dirupi. La cronaca mitologica attribuisce la fondazione di quell’edifizio all’avo materno di Teseo, per nome
itologica attribuisce la fondazione di quell’edifizio all’avo materno di Teseo, per nome Pitteo, nativo della città di Tre
difizio all’avo materno di Teseo, per nome Pitteo, nativo della città di Trezeno. 1469. Dirce. — Fu moglie di Lico, re di
nome Pitteo, nativo della città di Trezeno. 1469. Dirce. — Fu moglie di Lico, re di Tebe. Ella trattò con assai aspra man
, nativo della città di Trezeno. 1469. Dirce. — Fu moglie di Lico, re di Tebe. Ella trattò con assai aspra maniera per lun
ai aspra maniera per lungo tempo Anflone ed Antiope, che poi fu madre di Zeto ; ma poi caduta in loro potere, essi la lega
re di Zeto ; ma poi caduta in loro potere, essi la legarono alla coda di un toro furioso, sicchè Dirce morì tra le più atr
a le più atroci torture. Al dire della cronaca Bacco vendicò la morte di lei, facendo perdere il senno ad Anfione, dopo di
co vendicò la morte di lei, facendo perdere il senno ad Anfione, dopo di che cangio Dirce in fontana. 1470. Dircea. — Cosi
che Minerva cangiò in pesce, avendo osato vantarsi d’essere più bella di lei. Non bisogna punto confonderla con la Dirce,
’essere più bella di lei. Non bisogna punto confonderla con la Dirce, di cui nell’articolo precedente. 1471. Dirceo. — Sop
la Dirce, di cui nell’articolo precedente. 1471. Dirceo. — Soprannome di Anfione, preso dal fonte nella Beozia, conosciuto
me di Anfione, preso dal fonte nella Beozia, conosciuto sotto il nome di fontana Dircea quella stessa in che Bacce transfo
del fiume Acheronte. Erano, secondo la tradizione favolosa, in numero di tre, ed avevano lo speciale incarico di tormentar
radizione favolosa, in numero di tre, ed avevano lo speciale incarico di tormentare coi rimorsi le anime dei dannati. Esse
o officio, ogni mal’opra a core. Virgilio — Eneide — libro VII trad. di A. Caro 1474. Dirfia. — Soprannome di Giunone,
io — Eneide — libro VII trad. di A. Caro 1474. Dirfia. — Soprannome di Giunone, che le veniva dal culto a lei reso sul m
. Allorquando Peleo sposò Teti, la sola dea non invitata il banchetto di nozze fu la Discordia, la quale per vendicarsi, g
va, venere e Giunone si disputarono il pomo, finchè Paride per ordine di Giove, assuntosi il carico del giudizio, pose ter
assuntosi il carico del giudizio, pose termine alla querela in favore di Venere, ciò che fu causa d’infinite sventure. La
u causa d’infinite sventure. La Discordia si dipinge con capigliatura di serpi, con volto livido, con occhi impietriti, e
na torcia accesa, e nella sinistra un pugnale. L’empia discordia che di serpi ha ’l crine, E di sangue mai sempre il volt
a sinistra un pugnale. L’empia discordia che di serpi ha ’l crine, E di sangue mai sempre il volto intriso. Virgilio — E
sangue mai sempre il volto intriso. Virgilio — Eneide Lib. VI. trad. di A. Caro. 1478. Dite. — Era uno dei soprannomi di
eide Lib. VI. trad. di A. Caro. 1478. Dite. — Era uno dei soprannomi di Plutone, al quale si dava perchè era ritenuto com
a ricco. Per Dite s’intendeva pure talvolta il Sole, come la sorgente di tutte le ricchezze. Gli antichi abitatori della G
e ricchezze. Gli antichi abitatori della Gallia, davano il soprannome di Dite alla terra, come madre feconda di tutti i be
a Gallia, davano il soprannome di Dite alla terra, come madre feconda di tutti i beni e si credevano discendenti da essa.
credevano discendenti da essa. 1479. Ditirambo. — Uno dei soprannomi di Bacco. Da principio si dava più particolarmente c
cipio si dava più particolarmente codesta denominazione ad una specie di inno osceno, che si cantava nei misteri di quel d
enominazione ad una specie di inno osceno, che si cantava nei misteri di quel dio. Presso i moderni il Ditirambo, è un com
ente alla categoria degli scritti berneschi. 1480. Ditteo. Nell’isola di Creta, vi era un antro chiamato Dite, ove la trad
sa dice che Rea avesse partorito Giove : da ciò si dava il soprannome di Ditteo al padre degli dei. 1481. Dittina. — Ninfa
nnome di Ditteo al padre degli dei. 1481. Dittina. — Ninfa dell’isola di Creta, che assai di sovente viene confusa con Dia
adre degli dei. 1481. Dittina. — Ninfa dell’isola di Creta, che assai di sovente viene confusa con Diana. La tradizione mi
di sovente viene confusa con Diana. La tradizione mitologica racconta di lei, che la sua non comune bellezza avesse ispira
un giorno sorpresa la ninfa, volle farle violenza, ma essa, dall’alto di una rupe si precipito nel mare, ove cadde in una
ona fede, ed è perciò che presso gli antichi era così frequente l’uso di prestar giuramento per questa divinità. Taluni sc
esta divinità. Taluni scrittori dissero che Fidio fosse uno dei figli di Giove : altri lo hanno di sovente confuso con Erc
ttori dissero che Fidio fosse uno dei figli di Giove : altri lo hanno di sovente confuso con Ercole. 1483. Divall. — In on
igiose, a cui si dava questo nome. Esse furono stabilite in occasione di una pericolosa squinanzia che attaccò gli uomini
e la dea Angeronia avesse liberato i Greci. 1484. Divinazione. — Arte di predir l’avvenire. Faceva parte delle credenze re
tutte quelle persone che venivano designate sotto i nomi d’indovini o di maghi. Le donne che esercitavano la divinazione,
iro, presso la quale era una foresta consacrata a Giove, i cui alberi di quercia rendevano gli oracoli divini. La tradizio
ione mitologica, attribuisce al fatto seguente l’origine dell’oracolo di Dodona. Giove aveva fatto dono ad una delle sue f
ona. Giove aveva fatto dono ad una delle sue figliuole per nome Teba, di due meravigliose colombe, le quali avevano sorpre
i due meravigliose colombe, le quali avevano sorprendente prorogativa di parlare. Un giorno le due colombe volarono una in
a in Egitto, e propriamente nella Libia, ove poi fu il famoso oracolo di Giove Ammone ; l’altra fermò il suo volo in Epiro
olo di Giove Ammone ; l’altra fermò il suo volo in Epiro, nella selva di Dodona, ove disse agli abitatori del paese, che e
selva di Dodona, ove disse agli abitatori del paese, che era volontà di Giove, che in quel luogo sorgesse un oracolo. Ero
e alcuni mercanti Fenici avessero rapito due sacerdotesse della città di Tebe ; e che avendo venduta una di esse nella Gre
apito due sacerdotesse della città di Tebe ; e che avendo venduta una di esse nella Grecia questa avesse stabilito la sua
i esse nella Grecia questa avesse stabilito la sua dimora nella selva di Dodona, ove fece costruire a piè d’una quercia un
lva di Dodona, ove fece costruire a piè d’una quercia un’ara in onore di Giove, di cui ella era stata in Tebe sacerdotessa
ona, ove fece costruire a piè d’una quercia un’ara in onore di Giove, di cui ella era stata in Tebe sacerdotessa ; da ciò
i ella era stata in Tebe sacerdotessa ; da ciò ebbe origine l’oracolo di Dodona, che poi fu famoso per tutta la Grecia. Qu
88. Dodonee. — V. Dodonidi. 1489. Dodonidi o Dodonee. — Ninfe nudrici di Bacco ; quasi tutti gli scrittori si accordano ne
. Dolichenio. — V. Dolicheo. 1491. Dolicheo o Dolichenio. — Sopranome di Giove, a lui venuto dal culto che gli si rendeva
anome di Giove, a lui venuto dal culto che gli si rendeva nella città di Dolichene. 1492. Dolone. — Trojano, celebre per l
Trojano, celebre per la rapidità con la quale correva. Nella speranza di avere in premio i cavalli di Achille, egli accett
ità con la quale correva. Nella speranza di avere in premio i cavalli di Achille, egli accettò di essere spia trojana nel
Nella speranza di avere in premio i cavalli di Achille, egli accettò di essere spia trojana nel campo dei Greci ; ma sorp
ll’araldo Eumede. 1493. Dolope. — Popolo della Tessaglia. All’assedio di Troja tutti coloro che appartenevano a questo pop
o. — V. Domizio. 1496. Domiduca. — Divinità che s’invocava al momento di condurre la novella sposa nella casa del marito.
a sposa avesse preso cura del tetto maritale. 1498. Dorcre. — Al dire di Cicerone era questo il nome di un figliuolo dell’
etto maritale. 1498. Dorcre. — Al dire di Cicerone era questo il nome di un figliuolo dell’ Erebo e della Notte. 1499. Dor
tte. 1499. Dorea o Dori. — Detta anche Dorisia, figlia dell’ Oceano e di Teti. Essa sposò suo fratello Nereo, da cui ebbe
nquan-Nereidi. I poeti si sono sovente serviti del nome Dori, proprio di una particolare divinità marittima, per indicare
l mare istesso. Virgilio à detto : Doris amara. Dori fu anche il nome di una delle Nereidi, così detta da sua madre. 1500.
rielio. — Figlio naturale del re Priamo : Ajace lo uccise all’assedio di Troja. Vi fu anche un altro Doriclio, figlio di F
lo uccise all’assedio di Troja. Vi fu anche un altro Doriclio, figlio di Fineo, o re della Tracia. 1502. Doro. — Una delle
ereidi. 1504. Draconigena, Citta. — Vale a dire città surta dai denti di un drago. Si dava questa denominazione alla città
surta dai denti di un drago. Si dava questa denominazione alla città di Tebe. V. Cadno. 1505. Draghi. — Questi animali er
vola fa custodire il giardino delle Esperidi, il vello d’oro, l’antro di Delfo, ecc. altro non furono che quei grossi e fe
no che quei grossi e fedeli cani, ovvero degli uomini posti a guardia di quei luoghi o cose privilegiate. Drago di Anch
i uomini posti a guardia di quei luoghi o cose privilegiate. Drago di Anchise. Narra la tradizione mitologica, che
chise, uscisse dal sepolcro un enorme drago, il cui dorso era coperto di squame gialle e verdi, e che dopo aver fatto il g
gialle e verdi, e che dopo aver fatto il giro degli altari, assaggiò di tutte le vivande preparate pel sacrifizio, e poi
lide. Un giorno mentre la flotta dei Greci era ancorata nel porto di Aulide, ed i guerrieri offrivano un sacrifizio ag
di Aulide, ed i guerrieri offrivano un sacrifizio agli dei, all’ombra di un gran platano, che sorgeva a qualche distanza d
a di un gran platano, che sorgeva a qualche distanza dalla riva, uscì di sotto l’altare preparato pel sacrifizio, un orrib
le armi greche avrebbero avuto il coronamento del trionfo. Draghi di Cadmo. V. Cadmo. Drago di Delfo. Seco
coronamento del trionfo. Draghi di Cadmo. V. Cadmo. Drago di Delfo. Secondo narra la favola l’istesso drag
uro, era quello che pronunziava gli oracoli, Apollo lo uccise a colpi di frecce, quando si rese padrone di quell’antro, ov
i oracoli, Apollo lo uccise a colpi di frecce, quando si rese padrone di quell’antro, ove poi surse il famoso oracolo di D
uando si rese padrone di quell’antro, ove poi surse il famoso oracolo di Delfo. V. Delfo. Draghi dell’ Inferno. V
raghi dell’ Inferno. V. Cerbero. Draghi Cerere. Il carro di questa dea era tirato da due draghi, a cui la tra
tutta la terra la figliuola Proserpina, rapita da Plutone. Draghi di Medea. La cronaca mitologica racconta che Med
La cronaca mitologica racconta che Medea, furibonda per l’abbandono di Giasone, fosse corsa sulle sue tracce, montata su
per l’abbandono di Giasone, fosse corsa sulle sue tracce, montata su di un carro tirato da due di questi mostruosi animal
e, fosse corsa sulle sue tracce, montata su di un carro tirato da due di questi mostruosi animali, che vomitavano flamme.
Fu uno dei più accaniti nemici del re Turno. 1507. Dria. — Fu figlio di Fauno. La Tradizione mitologica racconta che essa
 — Fu figlio di Fauno. La Tradizione mitologica racconta che essa era di una così severa castità, che fuggiva perfino la v
Driadi tutelari. 1509. Driantiade. — Licurgo, re della Tracia, figlio di Driaso, veniva così designato dal nome del padre 
o di Driaso, veniva così designato dal nome del padre ; i discendenti di Licurgo furono detti per la stessa ragione Driant
etti per la stessa ragione Driantiadi. 1510. Driaso. — Oltre al padre di Licurgo. di cui qui sopra. V. Driantiade, così av
stessa ragione Driantiadi. 1510. Driaso. — Oltre al padre di Licurgo. di cui qui sopra. V. Driantiade, così avea nome uno
. Driantiade, così avea nome uno dei principi che vennero in soccorso di Eteocle contro Polinice : Diana lo uccise. 1511.
Polinice : Diana lo uccise. 1511. Drimaco. — Brigante che alla testa di un numeroso drappello di schiavi fuggitivi, depre
se. 1511. Drimaco. — Brigante che alla testa di un numeroso drappello di schiavi fuggitivi, depredava l’isola di Scio. Gli
esta di un numeroso drappello di schiavi fuggitivi, depredava l’isola di Scio. Gli abitanti misero a prezzo la sua testa,
a testa, e la cronaca racconta che egli stesso, stanco della sua vita di delitto, persuase il più povero dei suoi seguaci
ottenere la somma promessa. Alcuni mitologi vogliono che gli abitanti di Scio, dopo la morte di Drimaco, lo avessero adora
ssa. Alcuni mitologi vogliono che gli abitanti di Scio, dopo la morte di Drimaco, lo avessero adorato come un dio. È quest
tre essa teneva sulle ginocchia un bambino suo figlio, svelse un ramo di edera da una pianta vicina, per divertire l’infan
ntro Driope, la cangiò in albero. La disgraziata ebbe appena il tempo di porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambin
in albero. La disgraziata ebbe appena il tempo di porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambino, il quale, senza di c
i porre nelle braccia di sua sorella Iole il bambino, il quale, senza di ciò, sarebbe stato chiuso con lei nella corteccia
chiuso con lei nella corteccia dell’albero. Driope era anche il nome di un popolo dimorante nelle circostanze del monte P
i sacrifizii e gli affari della religione, ma sopratutto avevano fama di celebri indovine ; cosicchè venivano da ogni part
l’anno, in un dato giorno. in cui era loro concesso, per qualche ora, di vivere sotto il tetto conjugale. 1515. Druidi. — 
uidi aveano sotto la loro dipendenza molti altri sacerdoti e ministri di religione, come i Vati, gli Eubagi, i Bardi, i Sa
zione della gioventù ed avevano sparsi in tutte le Gallie gran numero di collegi. In uno di questi risiedeva il gran sacer
ù ed avevano sparsi in tutte le Gallie gran numero di collegi. In uno di questi risiedeva il gran sacerdote, o capo suprem
a facevano imparare a memoria ai loro discepoli, un prodigioso numero di oscurissimi versi, che racchiudevano i principii
negli antri dei boschì, nel mistero delle più cupe foreste, all’ombra di quercie secolari ; e ricevevano coloro che li and
e venerazione. 1516. Due. — I Romani consideravano questo numero come di cattivo augurio, e perciò dedicato a Plutone al q
secondo giorno del mese. 1517. Durichia. — Isola dipendente da quella di Itaca. Ulisse, nativo di quest’ultima, viene talv
1517. Durichia. — Isola dipendente da quella di Itaca. Ulisse, nativo di quest’ultima, viene talvolta detto anche Dulichio
ai Galli. E 1519. Ea. — Nome della capitale della Colchide e di quella dell’isola di Circe. Anche all’intera isol
1519. Ea. — Nome della capitale della Colchide e di quella dell’isola di Circe. Anche all’intera isola si dava talvolta il
dell’isola di Circe. Anche all’intera isola si dava talvolta il nome di Ea, ragione per la quale si dava anche a Circe la
ale si dava anche a Circe la stessa denominazione. La favola racconta di un’altra Ea, ninfa che avendo implorato il soccor
a in isola. 1520. Eaci. — Solenni giuochi che si celebravano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e di Egina, e
nni giuochi che si celebravano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e di Egina, egli era re dell’isola Enopia,
che si celebravano in onore di Eaco. 1521. Eaco. — Figlio di Giove e di Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli ch
Egina, egli era re dell’isola Enopia, che egli chiamò Egina, dal nome di sua madre. Essendo stati distrutti tutti gli abit
si fossero cangiate in uomini, e a questo nuovo popolo impose il nome di Mirmidoni. Eaco regnò con tanta giustizia che all
gro. — Così avea nome il marito della musa Polinia, che lo rese padre di Orfeo. Eano. — Al dire di Macrobio si dava anche
rito della musa Polinia, che lo rese padre di Orfeo. Eano. — Al dire di Macrobio si dava anche comunemente il nome di Ian
Orfeo. Eano. — Al dire di Macrobio si dava anche comunemente il nome di Iano a questa divinità, ritenuta come simbolo del
tato autore, i Fenici raffigurano Eano, ossia il mondo sotto la forma di un drago che si morde la coda, volendo indicare c
il mondo gira sopra sè stesso. A Roma vi erano dei sacerdoti ministri di Eano o Iano, che venivan detti Eani. 1524. Ebalo.
inistri di Eano o Iano, che venivan detti Eani. 1524. Ebalo. — Marito di Gorgofona, figlia di Perso, che lo rese padre di
o, che venivan detti Eani. 1524. Ebalo. — Marito di Gorgofona, figlia di Perso, che lo rese padre di Tindaro. Ebalo fu uno
524. Ebalo. — Marito di Gorgofona, figlia di Perso, che lo rese padre di Tindaro. Ebalo fu uno dei migliori re di Sparta,
di Perso, che lo rese padre di Tindaro. Ebalo fu uno dei migliori re di Sparta, i cui abitanti alla morte di lui, gl’inal
ro. Ebalo fu uno dei migliori re di Sparta, i cui abitanti alla morte di lui, gl’inalzarono un monumento eroico. 1525. Ebe
rte di lui, gl’inalzarono un monumento eroico. 1525. Ebe. — Figliuola di Giove e di Giunone e dea della giovanezza. La tra
gl’inalzarono un monumento eroico. 1525. Ebe. — Figliuola di Giove e di Giunone e dea della giovanezza. La tradizione fav
radizione favolosa racconta che Giunone, invidiosa del supremo potere di Giove, che avea da sè solo procreato Minerva, dea
È detto che avendo Apollo invitato Giunone ad un festino, nel palagio di Giove, essa, che fino a quel tempo era rimasta st
nta e partorì Ebe. Giove, vedendola bellissima, le assegnò il compito di servire il nettare al banchetto degli dei ; ma es
è ella era in abito succinta Nella zona contraria in tutto al geto, E di seta sottil varia e dipinta S’avea coperto il bel
giovani a riso, i vecchi a sdegno. ovidio — Metamor. — Lib. X. trad. di Dell’ Anguillara. Giunone allora tenne presso di
or. — Lib. X. trad. di Dell’ Anguillara. Giunone allora tenne presso di sè Ebe, assegnandole l’incarico di attaccare i ca
lara. Giunone allora tenne presso di sè Ebe, assegnandole l’incarico di attaccare i cavalli al suo carro. La cronaca mit
ttaccare i cavalli al suo carro. La cronaca mitologica fa Ebe moglie di Ercole, per simboleggiare, sotto questo connubio,
unita al vigore ed alla forza. Ebe vien rappresentata sotto la figura di una giovanetta bellissima, col sorriso sulle labb
ra di una giovanetta bellissima, col sorriso sulle labbra, e coronata di flori. Aveva in tutte le città della Grecia e del
Aveva in tutte le città della Grecia e dello stato romano gran numero di templi, fra cui il più famoso era quello di Corin
stato romano gran numero di templi, fra cui il più famoso era quello di Corinto, che avea il privilegio d’asilo. 1526. Eb
rabile da quel dio. La tradizione dell’antichità afferma che i popoli di Napoli adoravano un tempo Bacco sotto questa deno
ano un tempo Bacco sotto questa denominazione. 1527. Ebota. — Al dire di Pausania, cosi avea nome il primo degli Acheeni,
non avevano onorato la sua vittoria con un monumento, imprecò contro di essi una maledizione che fu esaudita dai celesti.
a dai celesti. Gli Acheeni vedendo coll’andare degli anni, che alcuno di essi non riusciva vincitore ai guochi olimpici, m
l’oracolo, per saperne la ragione : e l’oracolo rispose che pesava su di essi la maledizione di Ebota. Allora gli Acheeni
la ragione : e l’oracolo rispose che pesava su di essi la maledizione di Ebota. Allora gli Acheeni fecero innalzare una st
one di Ebota. Allora gli Acheeni fecero innalzare una statua in onore di Ebota, e così l’anno seguente, Sostrate di Pellen
alzare una statua in onore di Ebota, e così l’anno seguente, Sostrate di Pellene, loro concittadino, fu proclamato vincito
fu proclamato vincitore ai giuochi. Da quell’epoca gli Acheeni, prima di recarsi agli esercizii olimpici, andavano a visit
a di recarsi agli esercizii olimpici, andavano a visitare il sepolcro di Ebota, e poi coloro che riuscivano vincitori, inc
che riuscivano vincitori, incoronavano la sua statua d’una ghirlanda di flori. 1528. Ecaerga. — Così avea nome una ninfa
sorella della dea Ope, divinità favorevole ai cacciatori. È opinione di varii accreditati mitologi che Ecaerga fosse uno
ne di varii accreditati mitologi che Ecaerga fosse uno dei soprannome di Diana. 1529. Ecale. — Nella città di Ecale, nel b
Ecaerga fosse uno dei soprannome di Diana. 1529. Ecale. — Nella città di Ecale, nel borgo dell’ Attica, era un tempio dedi
le feste dette perciò Ecalesie. 1530. Ecastore e Mecastore. — Formola di giuramento assai in uso presso i pagani, con la q
per Ercole. 1531.Ecate. — Secondo asserisce Esiodo, essa fu figliuola di Asteria e di Perseo. Secondo il citato autore, Gi
531.Ecate. — Secondo asserisce Esiodo, essa fu figliuola di Asteria e di Perseo. Secondo il citato autore, Giove, dopo ave
lizzata fra gli scrittori della favola è che Ecate fosse uno dei nomi di Proserpina stessa : e che questa venisse detta la
olare dea Triformis, appunto per alludere alla triplice denominazione di cui parlammo più sopra. Al dire di Servio, Ecate
ludere alla triplice denominazione di cui parlammo più sopra. Al dire di Servio, Ecate avea tre facce e tre nomi different
ec. Al dire del citato scrittore, Ecate veniva riguardata come madre di Medea e di Circe, come dea che presiedeva alle ma
e del citato scrittore, Ecate veniva riguardata come madre di Medea e di Circe, come dea che presiedeva alle magiche opera
 Così avevano nome alcune feste che si celebravavo in Atene, in onore di Ecate, la quale era grandemente venerata in quell
la quale era grandemente venerata in quella città. Durante il periodo di queste feste, che si celebravano in ogni noviluni
nto buoi. Coll’andare del tempo fu trovato che cotesto sacrifizio era di così forte spesa, che furono sostituiti ai buoi a
era di così forte spesa, che furono sostituiti ai buoi altri animali di minor costo ; ma si seguitò a chiamare col nome d
buoi altri animali di minor costo ; ma si seguitò a chiamare col nome di Ecatombe qualunque sacrifizio in che si uccidevan
le. L’Ecatombe veniva nel medesimo tempo consumata sopra cento altari di cespugli, e da cento sacerdoti sacrificatori. Abi
ache, che Pitagora ovesse offerto agli dei un’ Ecatombe in rendimento di grazie di aver trovata la soluzione di un problem
Pitagora ovesse offerto agli dei un’ Ecatombe in rendimento di grazie di aver trovata la soluzione di un problema geometri
dei un’ Ecatombe in rendimento di grazie di aver trovata la soluzione di un problema geometrico. È questa per altro una no
otizia nè generalizzata nè ripetuta fra gli scrittori dell’antichità, di cui per contrario moltissimi ripetono che quel fi
rio moltissimi ripetono che quel filosofo inculcava ai suoi discepoli di non uccidere gli animali. Al dire di Omero, Nettu
sofo inculcava ai suoi discepoli di non uccidere gli animali. Al dire di Omero, Nettuno andò nell’ Etiopia onde comperare
autore ci ripete che l’indovino Calcante avesse consigliato ai Greci di offerire in Crisa una Ecatombe ad Apollo, onde pl
riva una Ecatombe. 1535. Ecatombe. — Dal costume che i pagani avevano di offerire a Giove e ad Apollo, delle ecatombi, ven
in guerra avessero ucciso cento nemici, dovessero poi, in rendimento di grazie della vittoria riportata, offrire agli dei
, offrire agli dei una Ecatombe. Da questa costumanza si dava il nome di Ecatonofle ad alcune feste nelle quali si faceva
mbe per la suddetta ragione. Riferisce Pausania, che certo Aristomene di Corinto, avendo ucciso in guerra di sua mano trec
ce Pausania, che certo Aristomene di Corinto, avendo ucciso in guerra di sua mano trecento nemici, avesse offerto ai celes
sì un tempio che Minerva aveva in Atene, la cui lunghezza era appunto di cento piedi. 1539. Ecdusie. — Venivano così denom
lcune feste e cerimonie che si celebravano in Fefte, città dell’isola di Creta, in onore di Latona, madre di Apollo e di D
onie che si celebravano in Fefte, città dell’isola di Creta, in onore di Latona, madre di Apollo e di Diana. 1540. Echidna
ravano in Fefte, città dell’isola di Creta, in onore di Latona, madre di Apollo e di Diana. 1540. Echidna. — Mostro metà d
fte, città dell’isola di Creta, in onore di Latona, madre di Apollo e di Diana. 1540. Echidna. — Mostro metà donna e metà
o la favola esso generò Cerbero, la Chimera, il Leone Nemeo, e l’Idra di Lerna. Echidna è una parola che deriva dal vocabo
a tolse in moglie e ne ebbe diversi figliuoli. 1542. Echinadi. — Nome di alcune ninfe che furono cangiate in isole, perchè
me di alcune ninfe che furono cangiate in isole, perchè dimenticarono di chiamare Acheolo ad un sacrifizio di diec i tori,
e in isole, perchè dimenticarono di chiamare Acheolo ad un sacrifizio di diec i tori, al quale avevano invitato tutti gli
o invitato tutti gli dei boscherecci ed acquatici. 1543.Echione. — Re di Tebe. La tradizione favolosa narra di lui che ess
d acquatici. 1543.Echione. — Re di Tebe. La tradizione favolosa narra di lui che essendo sopravvenuta nei suoi stati una g
ichi, bruciati, dalle ceneri uscirono due biondi giovanetti, coronati di flori, che celebrarono col canto la morte di quel
ndi giovanetti, coronati di flori, che celebrarono col canto la morte di quelle eroiche fanciulle. Vi fu un altro Echione,
o la morte di quelle eroiche fanciulle. Vi fu un altro Echione, padre di Penteo. Fu uno di coloro che la favola dice nati
le eroiche fanciulle. Vi fu un altro Echione, padre di Penteo. Fu uno di coloro che la favola dice nati dai denti del drag
Penteo. Fu uno di coloro che la favola dice nati dai denti del drago di Cadmo — V. Cadmo — e che aiutarono quest’ultimo n
di Cadmo — V. Cadmo — e che aiutarono quest’ultimo nell’edificazione di Tebe. Dal nome di costui i Tebani furono detti Ec
mo — e che aiutarono quest’ultimo nell’edificazione di Tebe. Dal nome di costui i Tebani furono detti Echionidi. La favola
Dal nome di costui i Tebani furono detti Echionidi. La favola ricorda di un altro Echione, che fu uno degli araldi degli A
to questo nome si riconoscea comunemente Penteo, per essere figliuolo di Echione. V. l’articolo precedente. 1545. Echionio
cedente. 1545. Echionio. — V. Echionide. 1546. Echmagora. — Fu figlio di Ercole e di Fillene. Alcimedone, padre di questa
5. Echionio. — V. Echionide. 1546. Echmagora. — Fu figlio di Ercole e di Fillene. Alcimedone, padre di questa giovanetta,
546. Echmagora. — Fu figlio di Ercole e di Fillene. Alcimedone, padre di questa giovanetta, fortemente sdegnato degli amor
a, e particolarmente le indovine della Tessaglia, luogo assai fecondo di erbe venefiche, avevano coi loro incantesimi il p
sai fecondo di erbe venefiche, avevano coi loro incantesimi il potere di far discendere dal cielo la luna ; e che bisognav
cendere dal cielo la luna ; e che bisognava fare un assordante rumore di calderoni, martelli ed altri strumenti, onde impe
amatrici delle streghe. Anche oggi abbiamo dei luoghi, come nel regno di Tunchino e nella Persia, secondo che riferisce il
ella Persia, secondo che riferisce il Taverniere, nelle sue relazioni di viaggi e scoperte, ove si crede che durante il te
he allora gl’indigeni fanno uno strepito spaventevole con ogni specie di strumenti, per obbligare il mostro a lasciare la
umenti, per obbligare il mostro a lasciare la sua preda. Qualche cosa di simile ci riferisce il sig. di Fontenelle, nella
a lasciare la sua preda. Qualche cosa di simile ci riferisce il sig. di Fontenelle, nella sua relazione di viaggio nell’I
osa di simile ci riferisce il sig. di Fontenelle, nella sua relazione di viaggio nell’Indie orientali. Il certo per altro
 — Uno dei figliuoli del re Priamo. In un combattimento sotto le mura di Troia, egli fu ucciso unito al fratello Cromio, d
entò Diomede ; e col furore Di lion che una mandra al bosco assalta E di giovenca o bue frange la nuca, Cosi malconci entr
fier Tidide Precipitolli dalla biga… Omero — Iliade — Libro V trad. di V. Monti. 1549. Eco. — Ninfa, figlia dell’ Aria
abitava le rive del fiume Cefiso. La tradizione della favola racconta di lei che avendo un giorno di comune accordo con Gi
fiso. La tradizione della favola racconta di lei che avendo un giorno di comune accordo con Giove, intrattenuta Giunone co
urbato un colloquio amoroso che Giove aveva con una ninfa del seguito di sua moglie, Giunone, saputo l’inganno, condannò E
e, Giunone, saputo l’inganno, condannò Eco a ripetere l’ultima parola di coloro che la interrogavano. Eco amò con passione
ente nelle montagne, nelle foreste, e nelle grotte, e finalmente morì di dolore. La favola ripete che dopo la morte fu can
vola ripete che dopo la morte fu cangiata in roccia. Ecuba. — Figlia di Cisseide, re della Tracia e moglie di Priamo, re
ata in roccia. Ecuba. — Figlia di Cisseide, re della Tracia e moglie di Priamo, re di Troja, che la rese madre di molti f
Ecuba. — Figlia di Cisseide, re della Tracia e moglie di Priamo, re di Troja, che la rese madre di molti figli, fra cui
e, re della Tracia e moglie di Priamo, re di Troja, che la rese madre di molti figli, fra cui i più famosi furono Ettore,
; e quattro figliuole Creusa, Cassandra, Laodice e Polissena. Al dire di Virgilio, Creusa fu madre di cinquanta figliuoli
Cassandra, Laodice e Polissena. Al dire di Virgilio, Creusa fu madre di cinquanta figliuoli tra maschi e femmine : la mag
i figli morì sotto agli occhi della madre, durante il decenne assedio di Troja. Caduta questa città, Ecuba toccò ad Ulisse
ja. Caduta questa città, Ecuba toccò ad Ulisse come parte del bottino di guerra ; ma essa non potè vincere il profondo sen
l bottino di guerra ; ma essa non potè vincere il profondo sentimento di avversione che le ispirava il guerriero greco, ch
to nel loro campo, onde spiarne le mosse. Egli pregò caldamente Ecuba di nasconderlo e di salvarlo da una certa morte ; ed
, onde spiarne le mosse. Egli pregò caldamente Ecuba di nasconderlo e di salvarlo da una certa morte ; ed ora, al gran cuo
della decaduta regina, era una trafittura mortale il vedersi schiava di quell’istesso uomo che essa aveva protetto nei su
nei suoi giorni felici. Dopo esser rimasta ancor qualche tempo presso di Ulisse, ov’ebbe anche il dolore di veder morire i
rimasta ancor qualche tempo presso di Ulisse, ov’ebbe anche il dolore di veder morire il piccolo Astianatte, suo nipote, E
der morire il piccolo Astianatte, suo nipote, Ecuba abbandonò le rive di Troja, dopo aver reso splendidi onori funebri al
aveva fatto morire l’amato figliuolo Polidoro, la povera madre, cieca di collera, frenando a stento il suo furore, dimandò
cieca di collera, frenando a stento il suo furore, dimandò ed ottenne di parlare in segreto al re Polinnestore ; ed avendo
ventarono sul traditore e lo acciecarono con uno spillo, mentre Ecuba di sua propria mano uccideva i due figliuoli di lui.
uno spillo, mentre Ecuba di sua propria mano uccideva i due figliuoli di lui. Però le guardie del re trascinarono fuori de
ntichità concordano nella gran maggioranza nel ripetere che, ai tempi di Strabone, si vedeva ancora nella Tracia una sepol
ane, e nella quale fu rinchiusa la spoglia mortale dell’antica regina di Troja. Ecuba, trista misera e cattiva, Poscia ch
ualche autore ha ripetuto che Ulisse forse stato l’autore della morte di Ecuba, perchè ritornato nella Sicilia, fece innal
, perchè ritornato nella Sicilia, fece innalzare un altare nel tempio di Ecate e lo dedicò ad Ecuba ; credendo così libera
sì liberarsi dai sogni funesti che lo tormentavano. 1551. Edipo. — Re di Tebe, figlio di Lajo e di Giocasta. L’oracolo ave
sogni funesti che lo tormentavano. 1551. Edipo. — Re di Tebe, figlio di Lajo e di Giocasta. L’oracolo aveva predetto a La
esti che lo tormentavano. 1551. Edipo. — Re di Tebe, figlio di Lajo e di Giocasta. L’oracolo aveva predetto a Lajo che mor
fanciullo, lo consegnò ad uno dei suoi ufficiali, con ordine espresso di farlo morire, ma quell’ufficiale, commosso alla v
piedi ad un albero ed ivi lo lasciò sospeso. Un pastore, passando per di là, attratto dalle grida lamentose del bambino, l
dalle grida lamentose del bambino, lo prese e lo portò a Polibio, re di Corinto, il quale ne prese cura come di un suo pr
rese e lo portò a Polibio, re di Corinto, il quale ne prese cura come di un suo proprio figliuolo, e lo chiamò Edipo, paro
suo vero padre, Edipo si esiliò volontariamente da Corinto, credendo di lasciare così la sua patria. Giunto nella Focide,
e la Sfinge proponeva ai viandanti, e come Giocasta, la vedova regina di Tebe, era il premio serbato a colui che avesse ri
dei, irritati dall’orribile incesto, che sebbene compiuto ad insaputa di Edipo, era pur sempre un fatto mostruoso, castiga
uta di Edipo, era pur sempre un fatto mostruoso, castigarono la città di Tebe con una orribile pestilenza, la quale non ce
ecò, e fuggi per sempre dalla sua vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandaro e moglie di Zetto, il quale fu fratello d
pre dalla sua vera patria. 1552. Edo. — Figliuola di Pandaro e moglie di Zetto, il quale fu fratello d’Anfione. Da questa
hiamato Itilo. La tradizione favolosa racconta che essendo Edo gelosa di vedere che Niobe, sua cognata, aveva una numerosa
merosa famiglia, mentre essa non aveva che un solo figlio, risolvette di uccidere il primo genito dei suoi nipoti, che dor
idere il primo genito dei suoi nipoti, che dormiva nel medesimo tetto di Itilo. Onde mandare ad esecuzione il suo perverso
andare ad esecuzione il suo perverso disegno, Edo avvisò il figliuolo di cangiare di posto la notte seguente e mettersi ne
ecuzione il suo perverso disegno, Edo avvisò il figliuolo di cangiare di posto la notte seguente e mettersi nel luogo che
otte seguente e mettersi nel luogo che occupava in letto il figliuolo di Niobe. Itilo, colla spensieratezza propria dell’i
i Niobe. Itilo, colla spensieratezza propria dell’infanzia, dimenticò di seguire le ingiunzioni materne e la notte, Edo, i
, dimenticò di seguire le ingiunzioni materne e la notte, Edo, invece di trucidare suo nipote, come credeva, uccise il pro
va, uccise il proprio figliuolo. Riconosciuto l’errore, ella si tolse di propria mano la vita. La cronaca favolosa aggiung
reda alle Furie. 1553. Edone. — Così avea nome una principessa figlia di Pantareo, di Efeso, la quale sposò un artista di
ie. 1553. Edone. — Così avea nome una principessa figlia di Pantareo, di Efeso, la quale sposò un artista di Colofone, per
a principessa figlia di Pantareo, di Efeso, la quale sposò un artista di Colofone, per nome Politecno. Questi due sposi si
a loro stessa felicità, osarono dire che si amavano più perfettamente di Giove e di Giunone. Irritati perciò gli dei, mand
sa felicità, osarono dire che si amavano più perfettamente di Giove e di Giunone. Irritati perciò gli dei, mandarono la Di
mandarono la Discordia onde disunirli, e ben presto il triste potere di questa terribile divinità, si fece sentire. Essen
o Politecno andato da suo suocero, per chiedergli Chelidonia, sorella di Edone, cbe questa bramava di rivedere, Pandareo a
cero, per chiedergli Chelidonia, sorella di Edone, cbe questa bramava di rivedere, Pandareo assenti, e consegnò la giovane
nte, la informo del proprio disonore. Le due sorelle allora giurarono di vendicarsi, e concepirono lo spaventevole disegno
allora giurarono di vendicarsi, e concepirono lo spaventevole disegno di far mangiare a Politecno il proprio figliuolo Iti
i. Politecno informato della trama, raggiunse le colpevoli nella casa di Pandareo, ove esse eransi rifugiate, e quivi impa
e esse eransi rifugiate, e quivi impadronitosi, del suocero lo caricò di catene e così legato lo espose ai raggi ardenti d
vicino a lui per consolarlo colle sue filiali carezze ; ma quest’atto di pietà le fu imputato a delitto e glà Politecno, c
a quest’atto di pietà le fu imputato a delitto e glà Politecno, cieco di furore, moveva per trucidarla, allorchè Giove, mo
soprannominate da una montagna della Tracia, conosciuta sotto il nome di Edone, ov’esse celebravano le orgie negli osceni
o il nome di Edone, ov’esse celebravano le orgie negli osceni misteri di Bacco. 1555. Edonio. — Uno dei soprannomi di Bacc
gie negli osceni misteri di Bacco. 1555. Edonio. — Uno dei soprannomi di Bacco. Vedi l’articolo precedente. 1556. Educa. —
i. Educa aveva diverse denominazioni come : Edulia, Edusi, e Edusa : di questi nomi il più usitato però è quello citato i
— V. Educa. 1559. Edusia. — V. Educa. 1560. Eeta. — Figlio del Sole e di Persa : fu re della Colchide e padre di Medea, la
60. Eeta. — Figlio del Sole e di Persa : fu re della Colchide e padre di Medea, la quale per questa ragione vien anche det
greco significa ardente, perciò i pagani ne fecero uno dei soprannomi di Vulcano, dio del fuoco. 1562. Efeso. — Celebre ci
Asia minore, nella Jonia La tradizione mitologica ripete che il nome di questa città derivasse da una donna chiamata Efes
ta in conto presso i più accreditati scrittori della favola. La città di Efeso sorgeva in una pianura irrigata dal fiume C
ircostanze del mare Egeo. Rinomati autori pretendono che la esistenza di questa città, fosse di molti anni anteriore allo
o. Rinomati autori pretendono che la esistenza di questa città, fosse di molti anni anteriore allo stabilimento dei Greci
e allora altro non fosse se non una piccola borgata, vicina al tempio di Diana, la quale fin da quel tempo era venerata in
uei luoghi ; e che poscia una colonia greca avesse costruita la città di Efeso, che si rese poi tanto celebre. Il famoso t
ta la città di Efeso, che si rese poi tanto celebre. Il famoso tempio di Diana, che fu una delle sette meraviglie del mond
e fu una delle sette meraviglie del mondo, fu fatto costruire a spese di tutti i regnanti dell’ Asia minore. La costruzion
struire a spese di tutti i regnanti dell’ Asia minore. La costruzione di questo tempio costò molti milioni e più di duecen
sia minore. La costruzione di questo tempio costò molti milioni e più di duecento anni di lavoro, tanto che il celebre arc
struzione di questo tempio costò molti milioni e più di duecento anni di lavoro, tanto che il celebre architetto Taesifont
dere, come molti altri architetti che gli successero, neanche la metà di tutta la costruzione. Questo famosissimo monument
di tutta la costruzione. Questo famosissimo monumento aveva 426 piedi di lunghezza, 200 di larghezza, ed in tutto il vasti
zione. Questo famosissimo monumento aveva 426 piedi di lunghezza, 200 di larghezza, ed in tutto il vastissimo recinto dell
e che erano tutte dei marmi più rari e preziosi : le sue porte erano di legno di cipresso con intagli preziosissimi di le
ano tutte dei marmi più rari e preziosi : le sue porte erano di legno di cipresso con intagli preziosissimi di legno di ce
i : le sue porte erano di legno di cipresso con intagli preziosissimi di legno di cedro, e con statue e quadri di un valor
e porte erano di legno di cipresso con intagli preziosissimi di legno di cedro, e con statue e quadri di un valore favolos
so con intagli preziosissimi di legno di cedro, e con statue e quadri di un valore favoloso. E pure questa opera colossale
a opera colossale, che riuniva tante meraviglie d’arte, e tanto lusso di ricchezze e di splendori, fu distruita in poche o
le, che riuniva tante meraviglie d’arte, e tanto lusso di ricchezze e di splendori, fu distruita in poche ore per mano di
lusso di ricchezze e di splendori, fu distruita in poche ore per mano di un uomo per nome Erostrato, il quale, inabile a r
in cui nasceva Alessandro il Grande. Circa 25 anni dopo, gli abitanti di Efeso vollero ricostruire il loro tempio famoso,
ri, respingendo persino l’offerta fatia loro da Alessandro il Grande, di pagare tutte le spese necessarie alla ricostruzio
gelosi della loro nazionalità, non vollero condiscendere alla pretesa di Alessandro e continuarono, mediante enormi sagrif
Ma sembra che il destino si opponesse nei suoi voleri a che il tempio di Efeso rimanesse perenne monumento dell’arte greca
di Efeso rimanesse perenne monumento dell’arte greca, poichè ai tempi di Nerone fu spogliato di ogni ricchezza e poscia, s
nne monumento dell’arte greca, poichè ai tempi di Nerone fu spogliato di ogni ricchezza e poscia, sotto l’Imperatore Galie
ente, e finalmente fu distrutto dalle fondamenta in virtù dell’editto di Costantino imperatore, il quale, devoto alla reli
dell’editto di Costantino imperatore, il quale, devoto alla religione di Cristo, ordino la demolizione di tutti i templi p
ore, il quale, devoto alla religione di Cristo, ordino la demolizione di tutti i templi pagani. La Città di Efeso fu egual
e di Cristo, ordino la demolizione di tutti i templi pagani. La Città di Efeso fu egualmente celebre per aver dato i natal
lui, vi ristabilì il governo democratico. Morto Alessandro, la città di Efeso fu preda dei successori di lui, quindi cadd
ocratico. Morto Alessandro, la città di Efeso fu preda dei successori di lui, quindi cadde in potere dei re di Siria, e fi
i Efeso fu preda dei successori di lui, quindi cadde in potere dei re di Siria, e finalmente ne divennero padroni i Romani
Greci, che ne restarono signori fino al 1283. Da quest’epoca la città di Efeso fu sempre un punto d’invidiosa mira pergl’i
a pergl’imperadori greci e per i califfi maomettani, i quali, a forza di togliersela di mano l’un l’altro, finirono per di
ori greci e per i califfi maomettani, i quali, a forza di togliersela di mano l’un l’altro, finirono per distruggeria inte
er distruggeria interamente. Secondo la favola Efeso fu anche il nome di un figlio del fiume Caistro, il quale in compagni
u anche il nome di un figlio del fiume Caistro, il quale in compagnia di Creso, prese parte alla fabbricazione del famoso
compagnia di Creso, prese parte alla fabbricazione del famoso tempio di Diana, di cui nell’articolo precedente. 1563. Efe
di Creso, prese parte alla fabbricazione del famoso tempio di Diana, di cui nell’articolo precedente. 1563. Efestee. — V.
Efestee. — V. Efestie. 1564. Efestie o Efestee. — Era questo il nome di alcune feste che si celebravano in onore di Vulca
tee. — Era questo il nome di alcune feste che si celebravano in onore di Vulcano. La cerimonia più saliente di esse consis
ste che si celebravano in onore di Vulcano. La cerimonia più saliente di esse consisteva nella corsa che tre giovanetti fa
n veniva aggiudicato ad alcuno. 1565. Efestione. — Amico e confidente di Alessandro, il Macedone, che lo ebbe estremamente
il Macedone, che lo ebbe estremamente caro, e tanto che dopo la morte di quello, avvenuta nella città di Ecbatana, l’imper
mente caro, e tanto che dopo la morte di quello, avvenuta nella città di Ecbatana, l’imperadore lo fece annoverare fra le
eno, vide due serpenti attorcigliati insieme e li divise con un colpo di bastone : nell’istesso momento egli fu trasformat
n donna, e secondo la tradizione mitologica, restò tale per lo spazio di sette anni. Finalmente al cominciare dell’ottavo,
Tiresia trovò altri due serpenti, li divise nuovamente con non colpo di bastone e ritornò uomo. Questa doppia trasformazi
rie, nelle quali i Tebani facevano girare per la loro città la statua di Tiresia, che all’andare era vestito da uomo ed al
uomo ed al ritorno da donna. Vedi Tiresia che mutò sembiante. Quando di maschio femmina divenue. Cangiandosi le membra tu
to XX. 1567. Eflaite ed Oto. — Così avevano nome i due giganti figli di Nettuno e di Ifimedia. Essi avevano, secondo la t
Eflaite ed Oto. — Così avevano nome i due giganti figli di Nettuno e di Ifimedia. Essi avevano, secondo la tradizione, la
o e di Ifimedia. Essi avevano, secondo la tradizione, la strana, dote di crescere più cubiti ciascun anno, e d’ingrossarsi
n contavano che quindici anni allorquando gli altri giganti tentarono di dara la scalata al cielo. Essi incatenarono Marte
ialte l’annodaro D’aspre catene. Un anno avvinto e un mese In carcere di ferro egli si stette, E forse vi peria se la legg
a se la leggiadra Madrigna Ecribea nol rivelava Al buon Mercurio, che di la furtivo Lo sottrasse, già tutto per la lunga E
lunga E dolorosa prigionia consunto. Omero — Iliade — Libro V. trad di V. Monti. Avendo Diana fatto sorgere un dissidio
erite con che si erano reciprocamente offesi. 1568. Efialti. — Specie di sogni malefici che i latini chiamavano Incubi ; n
che i latini chiamavano Incubi ; nome che poi è rimasto anche presso di noi a quella specie di dolorosa impressione che t
o Incubi ; nome che poi è rimasto anche presso di noi a quella specie di dolorosa impressione che talvolta si risente nel
a Υδρδς, che significa acqua. 1570. Efira. — Figliuola dell’ Oceano e di Teti, la quale dette il suo nome alla città di Co
gliuola dell’ Oceano e di Teti, la quale dette il suo nome alla città di Corinto, che dal principio chiamavasi Efira. Al d
me alla città di Corinto, che dal principio chiamavasi Efira. Al dire di Virgilio essa fu madre di Aristeo. In Grecia vi f
che dal principio chiamavasi Efira. Al dire di Virgilio essa fu madre di Aristeo. In Grecia vi furono altre due città cono
Aristeo. In Grecia vi furono altre due città conosciute sotto il nome di Efira ; una nella contrada della Tessaglia, e pro
da della Tessaglia, e propriamente nel luogo conosciuto sotto il nome di Tembe, e l’altra nella Tesprasia, provincia dell’
Epiro. Anche nel golfo dell’ Argolide vi fu un’isola, vicina a quella di Melus, conosciuta sotto il nome di Efira, che fu
de vi fu un’isola, vicina a quella di Melus, conosciuta sotto il nome di Efira, che fu patria di Sisifo. Efira, una città
a a quella di Melus, conosciuta sotto il nome di Efira, che fu patria di Sisifo. Efira, una città, natia contrada Di Sisi
Sisifo, che ognun vincea nel senno. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. 1571. Ega. — Ninfa-Gapra, figlia di Ol
liade — Libro VI trad. di V. Monti. 1571. Ega. — Ninfa-Gapra, figlia di Oleno e sorella di Elice. Giove in riconoscenza d
ad. di V. Monti. 1571. Ega. — Ninfa-Gapra, figlia di Oleno e sorella di Elice. Giove in riconoscenza di essere stato da l
infa-Gapra, figlia di Oleno e sorella di Elice. Giove in riconoscenza di essere stato da lei nutrito, la trasportò in ciel
rtò in cielo, sotto la costellazione conosciuta anche oggidì col nome di capra. Del vello di Ega, Giove rivestì il suo scu
la costellazione conosciuta anche oggidì col nome di capra. Del vello di Ega, Giove rivestì il suo scudo, che perciò fu de
icolarmente adorata nelle isole del mare Egeo. Egea era anche il nome di una delle Amazzoni, la quale morì annegata appunt
che Cromio dette a Diana, quando le fabbricò in Tegea, un tempio dopo di avere per consiglio di lei, ucciso Aristomelidas,
a, quando le fabbricò in Tegea, un tempio dopo di avere per consiglio di lei, ucciso Aristomelidas, tiranno di Orconomo. S
pio dopo di avere per consiglio di lei, ucciso Aristomelidas, tiranno di Orconomo. Sotto questo nome aveva Diana un culto
onomo. Sotto questo nome aveva Diana un culto particolare nelle città di Ambracia, Acacesio e Mileto, perchè in queste tre
di Ambracia, Acacesio e Mileto, perchè in queste tre città ella servì di guida conduttrice a Cromio ed alla sua colonia. 1
Apollo, ossia il sole, che rinasce ogni giorno. 1575. Egeo. — Figlio di Pandio e fratello di Niso, di Pallante e Lico. Co
e, che rinasce ogni giorno. 1575. Egeo. — Figlio di Pandio e fratello di Niso, di Pallante e Lico. Con essi egli riconquis
nasce ogni giorno. 1575. Egeo. — Figlio di Pandio e fratello di Niso, di Pallante e Lico. Con essi egli riconquistò l’Atti
tello di Niso, di Pallante e Lico. Con essi egli riconquistò l’Attica di cui i Mezioniti eransi resi padroni. Egeo fu il s
on potette aver prole ; onde consultato l’oracolo, questo gli rispose di recarsi per qualche tempo nella corte di Pitteo,
’oracolo, questo gli rispose di recarsi per qualche tempo nella corte di Pitteo, re di Trezene, famoso per la sua saggezza
to gli rispose di recarsi per qualche tempo nella corte di Pitteo, re di Trezene, famoso per la sua saggezza. Pitteo lo ac
bevuto, gli fece trovare nella sua camera la figlia Etra, giovanetta di rara bellezza, la quale nell’istessa notte fu anc
nascituro fosse suo figlio, consegno ad Etra una spada, ingiungendole di conservarla onde suo figlio potesse con quella fa
nservarla onde suo figlio potesse con quella farsi riconoscere dal re di Atene. In prosieguo Egeo sposò la famosa Medea, a
da Giasone, ma quasi che le maledizioni del cielo seguissero le orme di questa, le sventure lo assalirono di ripetuti e s
oni del cielo seguissero le orme di questa, le sventure lo assalirono di ripetuti e spietuti colpi. Androgeno, figlio di M
venture lo assalirono di ripetuti e spietuti colpi. Androgeno, figlio di Minosse, fu ucciso in Atene e il re di Creta dich
etuti colpi. Androgeno, figlio di Minosse, fu ucciso in Atene e il re di Creta dichiarò la guerra agli Ateniesi per vendic
ni, per essere divorati dal Minotauro. Mentre volgeva codesto periodo di tempo Teseo, figlio di Etra, avea toccato l’età d
dal Minotauro. Mentre volgeva codesto periodo di tempo Teseo, figlio di Etra, avea toccato l’età dell’adolescenza ed avea
, e con seduzioni ed incantesimi avea quasi persuaso Egeo a far morir di veleno il giovine straniero, ma al momento fatale
niero, ma al momento fatale, la vista della spada riaccese nell’animo di Egeo più miti ed umani sentimenti, e poscia, segu
gliuolo e scacciò per sempre la colpevole Medea. Però la nemica sorte di Egeo non era stanca di farlo bersaglio del suo fu
empre la colpevole Medea. Però la nemica sorte di Egeo non era stanca di farlo bersaglio del suo furore, poichè in quel tu
on era stanca di farlo bersaglio del suo furore, poichè in quel turno di tempo la sorte cadde sopra Teseo, designandolo co
atto della sconfitta, dovevano essere esposte alla ferocia del mostro di Creta, e Teseo dovè, come gli altri, sottostare a
glio suo dilettissimo, al quale raccomandò con le più calde preghiere di far cangiare le nere vele del vascello, che facev
e vele del vascello, che faceva il terribile viaggio, con altrettante di colore bianco, ove mai egli, per una speciale gra
; ma egli e i suoi compagni, nell’ebbrezza della gioja, dimenticarono di sostituire alle vele nere le bianche, siccome ave
fatale colore, si precipitò nel mare, che da quel tempo prese il nome di Egeo. Gli Ateniesi per onorare Teseo, loro libera
annoverarono Egeo fra le divinità marittime, e lo dichiararono figlio di Nettuno. Molti accreditati mitologi concordano ne
glio di Nettuno. Molti accreditati mitologi concordano nella opinione di aver Egeo introdotto in Grecia il culto di Venere
concordano nella opinione di aver Egeo introdotto in Grecia il culto di Venere Urania, onde rendere la dea propizia alla
l culto di Venere Urania, onde rendere la dea propizia alla sua brama di aver figliuoli. 1576. Egeone. — Conosciuto più co
— Conosciuto più comunemente sotto il nome Briareo, gigante figliuolo di Titano e della Terra. La favola gli attribuisce c
di tonava e folgorava anch’egli ; Virgilio — Eneide — Libro X. Trad. di A. Caro. La tradizione mitologica racconta che G
ro intento, se Teti non avesse persuaso Egeone a mettersi dalla parte di Giove, il quale, memore di questo servigio, gli r
sse persuaso Egeone a mettersi dalla parte di Giove, il quale, memore di questo servigio, gli rese la sua amicizia, diment
ella scalata che i Titani tentarono dare al cielo. 1577. Eger. — Nome di un gigante, famoso nella mitologia Scadinava. 157
i un gigante, famoso nella mitologia Scadinava. 1578. Egeria. — Ninfa di una rara bellezza, amica e consigliera di Numa Po
nava. 1578. Egeria. — Ninfa di una rara bellezza, amica e consigliera di Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale finse
i una rara bellezza, amica e consigliera di Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale finse d’aver con lei dei segreti c
di Roma, il quale finse d’aver con lei dei segreti colloquii, affine di dare più autorità alle leggi che impose ai Romani
i Romani. La tradizone mitologica attribuisce ad Egeria anche il nome di Camena, cioè cantatrice e profetessa, e racconta
so forma umana, ed avesse sposato il re, in una selva presso le porte di Roma, la quale fu allora nominata Locus Camanarum
ch’è propriamente quel luogo che è detto oggi Caffarelli. Alla morte di Numa Pompilio, Egeria fu talmente afflitta, che p
aluni, sebbene non numerosi, han posto per fino in dubbio l’esistenza di Numa Pompilio. Altri, meno alieni dalle antiche s
a legge fatta uomo ; è lo spirito legislatore umanato sotto la figura di un re della terra, dalla poetica ed iperbolica fa
per le libazioni sui sepolcri. 1580. Egialeo. — Fu figlio d’ Inaco e di Melisse, e diede il suo nome alla contrada di cui
 — Fu figlio d’ Inaco e di Melisse, e diede il suo nome alla contrada di cui poi fu re, e che da lui fu detta Egialea. Que
aurobolo, se montoni, Criobolo. Allorquando si compivano le cerimonie di questi sagrifizii i sacerdoti, consacrati al cult
facevano in essa discendere il gran sacerdote, o pontefice, rivestito di tutti gli attributi della sua autorità. Coprivano
no quindi la fossa con una tavola forata in più punti e si gettava su di essa il sangue fumante delle vittime sgozzate, pe
e vittime sgozzate, per modo che il sommo sacerdote riceveva tutto su di sè il sanguinoso lavacro, e risaliva a compiere l
anguinoso lavacro, e risaliva a compiere la cerimonia tutto grondante di sangue. Le vestimenta poi ancora intrise, venivan
ne del tempio, onde i fedeli avessero potuto santificarsi al contatto di quelle. 1582. Egida. — I poeti detl’antichità dan
e. 1582. Egida. — I poeti detl’antichità danno questo nome allo scudo di tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apo
llo scudo di tutti gli dei ; ed Omero dice che l’ Egida d’ Apollo era di oro, ma che questo nome fu proprio dello scudo di
Egida d’ Apollo era di oro, ma che questo nome fu proprio dello scudo di Minerva, dopo la vittoria da lei riportata sui mo
a testa della Gorgone Medusa. Intorno agli omeri divini Pon la ricca di fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ogni intor
rribile prodigio Dell’ Egioco signor. Omero — Iliade — Libro V trad. di V. Monti L’ Egida, o scudo di Giove, era ricope
gnor. Omero — Iliade — Libro V trad. di V. Monti L’ Egida, o scudo di Giove, era ricoperta della pelle della capra Amal
nutrito il re dei numi e che egli aveva chiamata col nome particolare di Egida, dalla parola greca άηξ άηγδς che significa
one nella Frigia, ed in altre contrade, finchè Giove ordinò a Minerva di combatterlo e questa lo uccise. La Terra, sdegnat
ì i Giganti, che poi mossero guerra agli dei. 1584. Egilia. — Sorella di Faetone, la quale a forza di piangere per la scia
guerra agli dei. 1584. Egilia. — Sorella di Faetone, la quale a forza di piangere per la sciagura di suo fratello, fu insi
a. — Sorella di Faetone, la quale a forza di piangere per la sciagura di suo fratello, fu insieme alle sorelle cangiata in
eme alle sorelle cangiata in pioppo. La tradizione mitologica ricorda di un’altra Egilia che fu figlia di Adrasto, re di A
po. La tradizione mitologica ricorda di un’altra Egilia che fu figlia di Adrasto, re di Argo, e moglie di Diomede. Venere,
ne mitologica ricorda di un’altra Egilia che fu figlia di Adrasto, re di Argo, e moglie di Diomede. Venere, sdegnata contr
rda di un’altra Egilia che fu figlia di Adrasto, re di Argo, e moglie di Diomede. Venere, sdegnata contro Diomede per la f
ata contro Diomede per la ferita che quest’ultimo le fece all’assedio di Troja, onde vendicarsi di lui ispirò ad Egilia, l
ferita che quest’ultimo le fece all’assedio di Troja, onde vendicarsi di lui ispirò ad Egilia, l’infame desiderio di prost
di Troja, onde vendicarsi di lui ispirò ad Egilia, l’infame desiderio di prostituirsi a tutti gli uomini che incontrava. Q
ncontrava. Quando Diomede ritornò in patria, Egilia attentò alla vita di lui, perchè egli non soddisfaceva alla insaziabil
la vita di lui, perchè egli non soddisfaceva alla insaziabile voluttà di lei. Diomede si ricoverò nel tempio di Apollo e p
aceva alla insaziabile voluttà di lei. Diomede si ricoverò nel tempio di Apollo e poi abbandonò la disgraziata donna. 1585
me Asopo, la quale fu con passione amata da Giove, che sotto la forma di un’aquila la rese madre di Eaco e di Radamanto. A
assione amata da Giove, che sotto la forma di un’aquila la rese madre di Eaco e di Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza d
ata da Giove, che sotto la forma di un’aquila la rese madre di Eaco e di Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza del fallo d
se madre di Eaco e di Radamanto. Asopo, venuto a conoscenza del fallo di sua figlia, si dette a cercarla premurosamente, e
carla premurosamente, e saputo da Sisifo il nome del seduttore, giurò di vendicarsi anche di lui ; ma Giove scagliò i suoi
, e saputo da Sisifo il nome del seduttore, giurò di vendicarsi anche di lui ; ma Giove scagliò i suoi fulmini e costrinse
st’isola che Egina dette alla luce Eaco, il quale poi chiamò col nome di Egina l’isola in cui era nato, in memoria della m
rivolse ad altri amori, ed Egina fu tolta in moglie da Attore, figlio di Mirmidone, che la rese madre di Menezio. 1586. Eg
fu tolta in moglie da Attore, figlio di Mirmidone, che la rese madre di Menezio. 1586. Egineti. — Con questo nome erano c
ima detti Enoni o Enopii, e poi più conosciuti sotto la denominazione di Mirmidoni. Vedi l’articolo precedente. Gli Eginet
recedente. Gli Egineti dopo essere stati governati da una lunga serie di re, dei quali solo pochi sono ricordati dalla tra
i furono quelli che più si distinsero per aver fornito maggior numero di navi. Gelosi però della grandezza degli Ateniesi,
zza degli Ateniesi, e stimolati dai Beozi, i quali anch’essi vedevano di male occhio la crescente prosperità di Atene, gli
zi, i quali anch’essi vedevano di male occhio la crescente prosperità di Atene, gli Egineti si gettarono sull’Attica, e da
tene, gli Egineti si gettarono sull’Attica, e da questo tentato colpo di mano ebbe principio l’odio inestinguibile che div
ostretti a cercare altrove miglior fortuna, si ritirarono nella isola di Tirea, nelle acque del golfo Argolica, presso i c
gli Egineti fossero i primi fra i Greci a coniar moneta, e che fu uno di essi, per nome Fidone, che consiglio i suoi conci
all’infeconda sterilità della loro isola. 1587. Egioco. — Soprannome di Giove, che a lui veniva, secondo la tradizione fa
apra Amaltea. In Omero ed altri poeti e cronisti della favola è assai di sovente chiamato Giove con questa denominazione.
l dio Pane veniva così soprannominato perchè aveva le gambe e i piedi di capra, come quasi tutte le divinità campestri e b
asi tutte le divinità campestri e boscherecce. Taluni scrittori fanno di Egipane una particolare divinità, figlia di Giove
e. Taluni scrittori fanno di Egipane una particolare divinità, figlia di Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo
i Egipane una particolare divinità, figlia di Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo gli altri. È questa per al
una particolare divinità, figlia di Giove secondo gli uni e di Pane e di Ega, secondo gli altri. È questa per altro un’opi
testimonianze. Ai Satiri in generale si dava dai pagani il soprannome di Egipani. V. l’articolo seguente. 1589. Egipani. —
ontagne, i boschi e le selve ; e che venivano rappresentate coi piedi di capra, colle corna sulla fronte e la coda dietro
tà, e più particolarmente quelle lasciateci da Plinio, fanno menzione di alcuni mostri della Libia, ai quali si dà propria
one di alcuni mostri della Libia, ai quali si dà propriamente il nome di Agipani e che al dire del citato scrittore, erano
l citato scrittore, erano perfettamente simili alla figura che presso di noi rappresenta la costellazione dello Zodiaco, n
di noi rappresenta la costellazione dello Zodiaco, nota sotto il nome di Capricorno. 1590. Egipio. — Giovane Tessalo, figl
sotto il nome di Capricorno. 1590. Egipio. — Giovane Tessalo, figlio di Bulis, detto anche Bulea o Bulisa. Egipio, perdut
di Bulis, detto anche Bulea o Bulisa. Egipio, perdutamente innamorato di Timandra, madre di Neofronte, la quale era tenuta
he Bulea o Bulisa. Egipio, perdutamente innamorato di Timandra, madre di Neofronte, la quale era tenuta in conto della più
nuta in conto della più bella donna de’suoi tempi, la sedusse a forza di oro, ma non riuscì a spegnere colla sazietà del p
fatta l’amico, fece in maniera che tirò alle sue voglie Bulis, madre di Egipio ; nè contento di cio, e sembrandogli poca
maniera che tirò alle sue voglie Bulis, madre di Egipio ; nè contento di cio, e sembrandogli poca cosa il trionfo ottenuto
convenio d’amore, fece destramente uscire Timandra, e pose nel letto di lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale per tal
destramente uscire Timandra, e pose nel letto di lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale per tal modo non sospettando di
lei Bulis, la madre di Egipio ; il quale per tal modo non sospettando di nulla ebbe commercio colla propria madre, che, im
. — Così aveva nome una delle ninfe Amadriadi. 1592. Egisto. — Figlio di Tieste e fratello di Atreo. A vendo Tieste avuto
na delle ninfe Amadriadi. 1592. Egisto. — Figlio di Tieste e fratello di Atreo. A vendo Tieste avuto commercio colla propr
onsegnò al figliuolo Egisto la spada del padre, e lo mandò alla Corte di Atreo, il quale prese a ben volere il giovanetto,
olere il giovanetto, senza saperne l’origine, e gli affido l’incarico di assassinare Tieste, che allora egli riteneva prig
ovò compiuta la predizione dell’oracolo riguardo all’incesto, e cercò di calmare il dolore del figlio il quale, indegnato
seguito venuto Egisto in grande amicizia con Agammenone, re d’Argo e di Micene, questi, al momento di partire per l’assed
de amicizia con Agammenone, re d’Argo e di Micene, questi, al momento di partire per l’assedio di Troja, affidò ad Egisto
e, re d’Argo e di Micene, questi, al momento di partire per l’assedio di Troja, affidò ad Egisto la reggenza dei suoi stat
ditore dei tanti doveri dell’amicizia, sedusse la libidinosa consorte di Agamennone, usurpò il supremo potere e quando dop
sorte di Agamennone, usurpò il supremo potere e quando dopo la caduta di Troja, quegli ritornò in patria, d’accordo con la
dell’ucciso, la quale però riusci a salvare dalle mani degli sgherri di Egisto il fratello Oreste, allora fanciullo ancor
ni degli sgherri di Egisto il fratello Oreste, allora fanciullo ancor di due lustri, che alla sua volta, ritornato adulto
Egisto, e trasportato dal furore trapassò con l’istessa spada il seno di Clitennestra sua madre. Noi sotto Troja travagli
vagliando in armi, Passavam le giornate ; ed ei nel fondo Della ricca di paschi Argo tranquilla, Con detti aspersi di dolc
ei nel fondo Della ricca di paschi Argo tranquilla, Con detti aspersi di dolce, veleno, La moglie dell’Atride iva blandend
La moglie dell’Atride iva blandendo. Omero — Odissea Lib. III. trad. di I. Pindemonte. Tutti ebbe i suoi desir l’iniquo
ri ai numi Oreste, Che il perfido assassin del padre illustre Spogliò di vita. Omero — Odissea lib. III. trad. di I. Pind
del padre illustre Spogliò di vita. Omero — Odissea lib. III. trad. di I. Pindemonte. il ferro Vibrasti in lei senza a
da numerosi scrittori dell’antichità. Egitto secondo alcuni fu figlio di Belo e d’una figlia del fiume Nelo. Altri pretend
o e d’una figlia del fiume Nelo. Altri pretendono che fosse figliuolo di Nettuno e di Libia e fratello di Danao. Fu princi
lia del fiume Nelo. Altri pretendono che fosse figliuolo di Nettuno e di Libia e fratello di Danao. Fu principe buono e gi
Altri pretendono che fosse figliuolo di Nettuno e di Libia e fratello di Danao. Fu principe buono e giusto, e queste prege
incipe buono e giusto, e queste pregevoli qualità gli valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada di cui era sovrano
egevoli qualità gli valsero l’onore di dare il suo nome alla contrada di cui era sovrano. Da sua moglie Argifia e d’altre
bbe cinquanta figli, i quali tolsero in moglie le cinquanta figliuole di Danao, suo fratello, comunemente conosciute sotto
igliuole di Danao, suo fratello, comunemente conosciute sotto il nome di Danaidi. Danao però, ch’era tanto iniquo per quan
fame comandamento che fu causa della morte dei quarantanove figliuolo di Egitto V. Danaidi. È opinione generalizzata press
ccreditati che Egitto regnasse trecento e sei anni prima della guerra di Troja. Le tradizioni ricordano di un altro Egitto
cento e sei anni prima della guerra di Troja. Le tradizioni ricordano di un altro Egitto, figliuolo di Neilco, e fondatore
uerra di Troja. Le tradizioni ricordano di un altro Egitto, figliuolo di Neilco, e fondatore della città di Priene. 1594.
dano di un altro Egitto, figliuolo di Neilco, e fondatore della città di Priene. 1594. Egia. — Ninfa figlia del Sole e di
ondatore della città di Priene. 1594. Egia. — Ninfa figlia del Sole e di Nereo, fu una delle più belle fra le Naiadi. Alle
Cronide e con essi d’accordo, legò le mani al dormente con una catena di fiori, e gli unse il viso con il succo delle gels
li unse il viso con il succo delle gelse more. Egla era anche il nome di una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie 
me di una delle tre Esperidi, della madre delle Grazie ; e finalmente di una delle tre Grazie. 1595. Egle. — Così veniva c
na delle tre Grazie. 1595. Egle. — Così veniva chiamata una figliuola di Epione e di Esculapio : essa fu sorella del famos
Grazie. 1595. Egle. — Così veniva chiamata una figliuola di Epione e di Esculapio : essa fu sorella del famoso Maccaone.
Greca che significa capro, perchè egli essendo stato posto dal volere di Giove fra gli astri, aveva preso nel cielo la fig
to dal volere di Giove fra gli astri, aveva preso nel cielo la figura di un Capro. 1599. Egofaga. — Detta anche Caprivoca,
questo soprannome i Lacedemoni indicavano Giunone, perchè gran numero di quegli animali le venivano immolati nei suoi sagr
fizii. 1600 Egofora. — La tradizione favolosa ci ricorda in proposito di Questo soprannome della Dea Giunone che Ercole, d
suoi nemici, avesse fabbricato un tempio a Giunone in ringraziamento di non averla trovata ostile alla sua vendetta ; e l
a vendetta ; e le avesse sacrificato una Capra ; da cio il soprannome di Egofaro che significa porta capra. 1601 Egollo. —
porta capra. 1601 Egollo. — Giovanetto Cretese il quale in compagnia di altri suoi campagni entro in una caverna consacra
ne era nato in quella) onde derubare il mele che una immensa quantità di Ape vi lavoravano. Egolio e i suoi amici onde evi
à di Ape vi lavoravano. Egolio e i suoi amici onde evitare le punture di quegli animali si erano ricoperti di armature di
oi amici onde evitare le punture di quegli animali si erano ricoperti di armature di rame ma Giove sdegnato della loro tra
e evitare le punture di quegli animali si erano ricoperti di armature di rame ma Giove sdegnato della loro tracotanza stav
anetta Amarilli, trascino per i piedi un Toro furioso fin sulla vetta di un’altissima montagna, onde farne dono alla donna
ono alla donna che amava. La cronaca tradizionale ripete che la forza di Egone non fosse minore del suo appetito, mentre a
itato mangio senza soffrirne ottanta focaccie. Egone fu anche il nome di uno dei re degli Argiri, i quali quando mori l’ul
ebbe palesato la volontà dei numi, ed essendosi dopo pochi giorni uno di questi animali posato sulla casa di un cittadino
d essendosi dopo pochi giorni uno di questi animali posato sulla casa di un cittadino per nome Egone, questi venne all’ist
questi venne all’istante proclamato re. Egone era similmente il nome di varii pastori dei quali per altro la tradizione m
logica non ricorda alcun fatto importante. 1603. Eldotea. — Figliuola di un nume marino a cui i Pagani davano il nome di P
Eldotea. — Figliuola di un nume marino a cui i Pagani davano il nome di Proteo. Narra la cronaca che Menelao, ritornando
nome di Proteo. Narra la cronaca che Menelao, ritornando dall’assedio di Troja fosse da una tempesta costretto a ricoverar
endere affatto impossibile l’uscita dall’isola. Tidotea mossa a pietà di Menelao, usci dal mare onde venire in soccorso di
dotea mossa a pietà di Menelao, usci dal mare onde venire in soccorso di Lui, egli apprese il modo di rendersi Proteo favo
o, usci dal mare onde venire in soccorso di Lui, egli apprese il modo di rendersi Proteo favorevole. V. Menelao e Proteo.
na. Cosi ebbe nome una delle cinquanta Enereidi. 1607 Ejoneo.Fu l’avo di Issinione : egli perdette la vita per l’astuzia d
07 Ejoneo.Fu l’avo di Issinione : egli perdette la vita per l’astuzia di suo genere. V. Issinione. 1608. Elafebolle. — Fes
ssinione. 1608. Elafebolle. — Festa celebrata dagli Ateniesi in onore di Diana : venivano cosi dette da una parola greca c
e ceremonie si offerivano alla Dea delle focacce che avevano la forma di quegli animali. Da questo costume si dava a Diana
ma di quegli animali. Da questo costume si dava a Diana il soprannome di Elafebolia o Tlafibola ; e siccome coteste feste
febolia o Tlafibola ; e siccome coteste feste si celebravano nel mese di febbraio, cosi questo fu chiamato Elafebalion. 16
ene essere stata il Sole ; e che veniva rappresentata sotto la figura di un gran cono di pietra. 1611. Elaisa. — Una delle
il Sole ; e che veniva rappresentata sotto la figura di un gran cono di pietra. 1611. Elaisa. — Una delle tre figliuole d
ra di un gran cono di pietra. 1611. Elaisa. — Una delle tre figliuole di Anio re dell’isola di Elato. 1612. Elatelo. — Cos
pietra. 1611. Elaisa. — Una delle tre figliuole di Anio re dell’isola di Elato. 1612. Elatelo. — Cosi veniva comunemente C
atelo. — Cosi veniva comunemente Chiamato Ceneo, per essere figliuolo di Elato. 1613. Elea. — Uno dei soprannomi di Diana.
eneo, per essere figliuolo di Elato. 1613. Elea. — Uno dei soprannomi di Diana. 1614. Eleeno. — Soprannome di Giove a lui
1613. Elea. — Uno dei soprannomi di Diana. 1614. Eleeno. — Soprannome di Giove a lui venuto da un ricchissimo tempio che a
rnità, a cagione della lunghissima durata della sua vita. Nei misteri di Bacco erano sovente adoperati degli Elefanti per
el Dio faceva nell’Indie. Presso gl’Indiani, e segnatamente nel regno di Bengala venivano tributati gli onori divini agli
gli onori divini agli Elefanti bianchi. 1616. Elefenore. — Figliuolo di Calcodonte e discendente della stirpe di Marte. A
1616. Elefenore. — Figliuolo di Calcodonte e discendente della stirpe di Marte. Al dire di Omero egli comandava gli Abanti
 Figliuolo di Calcodonte e discendente della stirpe di Marte. Al dire di Omero egli comandava gli Abanti di Eubea che avev
nte della stirpe di Marte. Al dire di Omero egli comandava gli Abanti di Eubea che aveva condotto all’assedio di Troja sop
ero egli comandava gli Abanti di Eubea che aveva condotto all’assedio di Troja sopra quaranta vascelli. ……………il prence Di
anta vascelli. ……………il prence Di magnanimi Abanti, Elefennore Figlio di Calcodonte. Omero — Iliade — libro VI. trad. di.
i, Elefennore Figlio di Calcodonte. Omero — Iliade — libro VI. trad. di . V. Monti. Il bellicoso Elefenor, figliuolo Di
r, figliuolo Di Calcodonte, e sir de’prodi Abanti …………………… E quaranta di questi eran le vele. Omero — Iliade — lib. II. t
… E quaranta di questi eran le vele. Omero — Iliade — lib. II. trad. di V. Monti. 1617. Eleidi. — Soprannome delle sacer
II. trad. di V. Monti. 1617. Eleidi. — Soprannome delle sacerdotesse di Bacco, che venivano così dette dal rumore che fac
, avuto anche riguardo al dubbio ed alla incertezza degli avvenimenti di cui essa fu l’eroina. Poeti, scrittori, mitologi
gni sfera, han descritto a loro talento i più dettagliati particolari di tali avvenimenti. Noi però ci atterremo alla stre
i di tali avvenimenti. Noi però ci atterremo alla stretta esposizione di quei fatti, che per essere più generalmente ripet
ori più rinomati, sono ritenuti come veri e positivi. Elena fu figlia di Leda e del re Tindaro ; fu sorella di Castore, di
eri e positivi. Elena fu figlia di Leda e del re Tindaro ; fu sorella di Castore, di Polluce e di Clitennestra, sebbene la
vi. Elena fu figlia di Leda e del re Tindaro ; fu sorella di Castore, di Polluce e di Clitennestra, sebbene la tradizione
figlia di Leda e del re Tindaro ; fu sorella di Castore, di Polluce e di Clitennestra, sebbene la tradizione della favola
a fu consorte Di Leda, la qual Testio ebbe per padre : Giove in forma di cigno oprò di sorte, Che d’un uovo e tre figli la
Di Leda, la qual Testio ebbe per padre : Giove in forma di cigno oprò di sorte, Che d’un uovo e tre figli la fè madre, Fra
o oprò di sorte, Che d’un uovo e tre figli la fè madre, Fra gli altri di quell’uovo usci la morte Delle superbe già Trojan
ne fu il mondo sotto sopra volto. Ovidio — Metamor. — Lib. VI trad. di Dell’Anguillara. Ebbe fama d’essere insieme la p
ù bella e la più lasciva e corrotta donna dei suoi tempi. La bellezza di lei levò tanto grido, fino da’ suoi primi anni, c
to grido, fino da’ suoi primi anni, che Teseo, affascinato alla vista di una così incantevole creatura, la rapì un giorno
e essa insieme, ad altre fanciulle della sua età, eseguiva nel tempio di Diana, la danza detta dell’Innocenza, nella quale
essendo essa divenuta incinta, Teseo la lasciò affidata alla custodia di Etra, madre di lui ; ma fu liberata dai suoi due
venuta incinta, Teseo la lasciò affidata alla custodia di Etra, madre di lui ; ma fu liberata dai suoi due fratelli Castor
Grecia, dimandarono la sua mano ; ma il preferito fu Menelao, nipote di Atreo, re di Micene. I primi tempi di questo imen
ndarono la sua mano ; ma il preferito fu Menelao, nipote di Atreo, re di Micene. I primi tempi di questo imeneo volsero li
il preferito fu Menelao, nipote di Atreo, re di Micene. I primi tempi di questo imeneo volsero lieti per la coppia avventu
venturata, ma ben presto il destino cangiò in amara angoscia la gioia di che sembrava aver da principio sparsa la loro esi
r da principio sparsa la loro esistenza. Un bel giorno Paride, figlio di Priamo, re di Troia, giunse alla corte di Menelao
sparsa la loro esistenza. Un bel giorno Paride, figlio di Priamo, re di Troia, giunse alla corte di Menelao, e la fatale
n bel giorno Paride, figlio di Priamo, re di Troia, giunse alla corte di Menelao, e la fatale bellezza di Elena lo innamor
iamo, re di Troia, giunse alla corte di Menelao, e la fatale bellezza di Elena lo innamorò perdutamente, ed essendo in egu
alpestare i più santi doveri d’una moglie ed a fuggir seco alla corte di Priamo, ove la sposò. Fu quest’oltraggio fatto a
a tra Greci e Troiani, che finì con la totale distruzione della città di Troia, dopo che i Greci l’ebbero assediata pel no
tà di Troia, dopo che i Greci l’ebbero assediata pel non breve spazio di dieci anni. Elena vidi, per cui tanto reo Tempo
he fu d’Ilio e d’Argo Furia comune. Virgilio — Eneide Lib. II. trad. di A. Caro. Paride morì in battaglia nell’ultimo an
Lib. II. trad. di A. Caro. Paride morì in battaglia nell’ultimo anno di quell’assedio memorabile, ed Elena fu tolta in mo
edio memorabile, ed Elena fu tolta in moglie da Deifobo, altro figlio di Priamo, col quale alcuni scrittori dicono che fin
commercio — V. Deifobo — Ma sebbene doppiamente legata alla famiglia di Priamo coi più santi vincoli del sangue, non si a
ioso e corrotto, e quando vide imminente la caduta della città, pensò di riguadagnare la grazia del suo primo marito Menel
ese, e diè con essa il cenno ai Greci. Virgilio — Eneide L. VI trad. di A. Caro. Ella stessa introdusse Menelao nella ca
ldati greci, e poscia fu scannato nel proprio letto. L’animo abbietto di Menelao si tenne pago e soddisfatto della vendett
oddisfatto della vendetta esercitata sopra i Troiani e riconciliatosi di buon grado con l’adultera sposa, la condusse come
la condusse come in trionfo a Sparta, dove ella restò fino alla morte di Menelao, avvenuta qualche tempo dopo, epoca in cu
lle loro città, ed essa prese rifugio presso Polixa regina dell’isola di Rodi, la quale però altamente sdegnata contro di
xa regina dell’isola di Rodi, la quale però altamente sdegnata contro di lei per averla trovata fra le braccia di Tlepolem
rò altamente sdegnata contro di lei per averla trovata fra le braccia di Tlepolemo, suo consorte, la fece segretamente str
segretamente strozzare, facendole così scontare gl’innumerevoli mali di cui la sua fatale bellezza e la lascivia dei suoi
ano avuto imposto dall’oracolo, onde ottenere dal cielo la cessazione di una terribile pestilenza. Al momento in cui tutto
olata invece della giovanetta Elena. 1620. Eleno. — Uno dei figliuoli di Priamo. Amò una giovanetta per nome Cassandra e l
favola racconta che dormendo un giorno con lei nel vestibolo interno di un tempio, due draghi s’insinuarono sino ad essi,
’ volanti ogni secreto intendi. Virgilio — Eneide — libro III. trad. di A. Caro Eleno fu tra i suoi fratelli quello che
Eleno fu tra i suoi fratelli quello che più sì distinse all’ assedio di Troja. Comandava la terza colonna delle schiere P
ndava la terza colonna delle schiere Priamee, il giorno in cui uccise di sua propria mano Deiporo. Grande e battuta su le
egra eterna notte Deiporo coperse. Omero — Iliade — libro XIII trad. di V. Monti E feri Achille in un braccio in virtù
I trad. di V. Monti E feri Achille in un braccio in virtù dell’arco di oro che Apollo gli aveva regalato, senza di che s
raccio in virtù dell’arco di oro che Apollo gli aveva regalato, senza di che sarebbe stato impossibile ferire Achille che
ire Achille che era invulnerabile — V. Achille — quando Elena, vedova di Paride, sposò Deifobo, — V. Deifobo — , Eleno si
presso Crise, e poi dimorò sul monte Ida ; ma siccome stava nel fato di Troja, che la città non poteva esser presa senza
fato di Troja, che la città non poteva esser presa senza la presenza di lui, così l’indovino Calcante ne avvisò i Greci,
così l’indovino Calcante ne avvisò i Greci, i quali, dietro il parere di Ulisse e degli altri capi dell’esercito, s’impadr
il parere di Ulisse e degli altri capi dell’esercito, s’impadronirono di Eleno con l’astuzia. Giunto al campo nemico egli
d abbandonare la sua isola, e portarsi nel campo Greco, con le frecce di Ercole. In seguito Eleno, divenuto schiavo di Pir
po Greco, con le frecce di Ercole. In seguito Eleno, divenuto schiavo di Pirro, figliuolo di Achille, seppe guadagnarsi l’
cce di Ercole. In seguito Eleno, divenuto schiavo di Pirro, figliuolo di Achille, seppe guadagnarsi l’affetto del suo sign
detto molti prosperi successi, ed una felice navigazione. L’avverarsi di tutte queste liete profezie, e più ancora l’avere
un viaggio in cui perirono tutt’i passeggieri, fu causa della fortuna di Eleno, poichè Pirro, riconoscente ai buoni consig
della fortuna di Eleno, poichè Pirro, riconoscente ai buoni consigli di lui, gli dette in moglie Andromaca vedova di Etto
scente ai buoni consigli di lui, gli dette in moglie Andromaca vedova di Ettore, che a lui era toccata in sorte come preda
dova di Ettore, che a lui era toccata in sorte come preda del bottino di guerra nella presa di Troja. …… e fu ch’Eleno, f
lui era toccata in sorte come preda del bottino di guerra nella presa di Troja. …… e fu ch’Eleno, figlio Di Priamo, re no
Di Priamo, re nostro, era a quel regno Di greche terre assunto, e che di Pirro E del suo scettro e del suo letto erede Tro
jana Andromaca S’era congiunto. Virgilio — Eneide — Libro III. Trad. di A. Caro. E gli dono gran parte dell’Epiro, che e
d. di A. Caro. E gli dono gran parte dell’Epiro, che egli in memoria di un suo fratello per nome Caone, da lui involontar
Caône trojano Così l’ha detta. Virgilio. — Eneide — Libro III trad. di A. Caro. Eleno regnò molti anni su quella contra
quella contrada, e al momento della sua morte istituì erede il figlio di Pirro, per nome Molosso, mentre al suo proprio fi
figliuolo Cestrino, unica prole avuta da Andromaca, lasciò il governo di alcune poche città, da lui fondate. V. Cestrino.
cune poche città, da lui fondate. V. Cestrino. 1621. Elenore — Figlio di un re di Meonia, e di una schiava per nome Licinn
e città, da lui fondate. V. Cestrino. 1621. Elenore — Figlio di un re di Meonia, e di una schiava per nome Licinnia. Fu un
ui fondate. V. Cestrino. 1621. Elenore — Figlio di un re di Meonia, e di una schiava per nome Licinnia. Fu uno di coloro c
Figlio di un re di Meonia, e di una schiava per nome Licinnia. Fu uno di coloro che dopo l’assedio di Troja, seguirono le
di una schiava per nome Licinnia. Fu uno di coloro che dopo l’assedio di Troja, seguirono le sorti di Enea in Italia. 1622
nia. Fu uno di coloro che dopo l’assedio di Troja, seguirono le sorti di Enea in Italia. 1622. Eleos. — Divinità adorata d
che, o per sventure, o per delitti, si rifugiavano nel sacro recinto di quel tempio, trovavano, presso il popolo Ateniese
so il popolo Ateniese, protezione e soccorso. 1623. Elettra. — Figlia di Agamennone e di Clitennestra e sorella di Oreste.
niese, protezione e soccorso. 1623. Elettra. — Figlia di Agamennone e di Clitennestra e sorella di Oreste. … Elettra io s
so. 1623. Elettra. — Figlia di Agamennone e di Clitennestra e sorella di Oreste. … Elettra io son, che al sen ti stringo
con la sorella, la congiura da cui risultò la morte dei due assassini di Agamennone. …… Ove introdotti Siate a costni, pe
Oreste — Tragedia Atto II Scena II. Euripide dice che l’iniqua madre di Eletira per accontentare il desiderio del drudo E
sare ad un contadino, il quale mosso a compassione della trista sorte di lei, lunge dall’ abusare dei diritti del matrimon
e crudeli del fratel suo, consutò l’oracolo e questi ordinò ad Oreste di andare a rapire la statua di Diana. Egli corse pe
sutò l’oracolo e questi ordinò ad Oreste di andare a rapire la statua di Diana. Egli corse pericolo della vita per compier
stessa vibrato il colpo mortale. Elettra a tale annunzio, quasi fuori di sè, armatasi di un tizzone ardente voleva recarsi
l colpo mortale. Elettra a tale annunzio, quasi fuori di sè, armatasi di un tizzone ardente voleva recarsi nel tempio di D
fuori di sè, armatasi di un tizzone ardente voleva recarsi nel tempio di Diana onde mettervi il fuoco, ma al momento di co
eva recarsi nel tempio di Diana onde mettervi il fuoco, ma al momento di compiere il suo fatale disegno, sentì arrestarsi
conobbe Oreste, col quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di Plejone, la qual
quale ritornò a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di Plejone, la quale sposò Corito, da c
a Micene. Elettra era anche il nome di una delle figlie di Atlante e di Plejone, la quale sposò Corito, da cui ebbe un fi
ò Corito, da cui ebbe un figliuolo per nome Iasio. Giove, invaghitosi di Elettra la rese madre di Dardano, che fu poi il f
figliuolo per nome Iasio. Giove, invaghitosi di Elettra la rese madre di Dardano, che fu poi il fondatore di Troia. Vi fu
aghitosi di Elettra la rese madre di Dardano, che fu poi il fondatore di Troia. Vi fu finalmente un’ altra Elettra, figlia
poi il fondatore di Troia. Vi fu finalmente un’ altra Elettra, figlia di Edipo ; ed un’ altra che fu figlia dell’ Oceano e
Elettra, figlia di Edipo ; ed un’ altra che fu figlia dell’ Oceano e di Teti. 1624. Elettridi. — Piccole isole poste sull
ste isole, cadde Fetonte fulminato da Giove, e da quel tempo le acque di queì lago esalarono un così forte odore di zolfo,
, e da quel tempo le acque di queì lago esalarono un così forte odore di zolfo, e tramandarono dei miasmi così ardenti, ch
lando radevano troppo e da vicino la superficie delle acque. Le arene di quelle rive erano piene di una gran quantità di e
vicino la superficie delle acque. Le arene di quelle rive erano piene di una gran quantità di elettro, che è una specie di
delle acque. Le arene di quelle rive erano piene di una gran quantità di elettro, che è una specie di metallo, la quinta p
le rive erano piene di una gran quantità di elettro, che è una specie di metallo, la quinta parte del quale è argento e il
uinta parte del quale è argento e il rimanente è oro : da ciò il nome di Elettridi a quelle isole. 1625. Elettrione. — Anc
ome di Elettridi a quelle isole. 1625. Elettrione. — Anche a riguardo di questo personaggio è grande la disparità dei cron
sparità dei cronisti della favola. Alcuni pretendono che fosse figlio di Perseo e di Andromeda : altri che fosse figlio di
cronisti della favola. Alcuni pretendono che fosse figlio di Perseo e di Andromeda : altri che fosse figlio di Alceo e fra
no che fosse figlio di Perseo e di Andromeda : altri che fosse figlio di Alceo e fratello di Anfitrione. Il parere più gen
di Perseo e di Andromeda : altri che fosse figlio di Alceo e fratello di Anfitrione. Il parere più generalizzato è il prim
quale Elettrione tolse in moglie sua nipote Anaxo, che lo rese padre di Alcmena, Anfimaco ed altri — V. Anaxo — Da una sc
edizione contro i Telebei, Elettrione, fra le molte prede del bottino di guerra, condusse seco un immenso numero di vacche
le molte prede del bottino di guerra, condusse seco un immenso numero di vacche, tolte al nemico. Essendo Anfitrione andat
o. Essendo Anfitrione andato ad inconirarlo, nel volere arrestare una di quelle giovenche ch’ erasi data alla fuga, le sca
ta alla fuga, le scagliò contro il suo giavellotto ma il ferro invece di colpire l’ animale, percosse Elettrione così viol
gli produsse una morte istantanea. Elettrione era similmente il nome di una giovanetta che secondo la tradizione favolosa
ncittadini le tributarono gli onori divini. 1626. Eleusi. — Figliuolo di Ogige e di Daira. Egli dette il suo nome alla cit
le tributarono gli onori divini. 1626. Eleusi. — Figliuolo di Ogige e di Daira. Egli dette il suo nome alla città di Eleus
i. — Figliuolo di Ogige e di Daira. Egli dette il suo nome alla città di Eleusi nell’Attica. In alcuni scrittori si trova
n alcuni scrittori si trova l’opinione che la città ricevesse il nome di Eleusi, parola che in greco significa arrivo, dal
nifica arrivo, dall’epoca in cui Cerere vi soggiornò per breve spazio di tempo, allorchè, per ritrovare la figlia Proserpi
niva così denominata da un magnifico tempio ch’ella aveva nella città di Eleusi, di cui nell’articolo precedente, ove i su
enominata da un magnifico tempio ch’ella aveva nella città di Eleusi, di cui nell’articolo precedente, ove i suoi misteri
ati. 1628. Eleusine. — Dette anche Eleusinie : feste celebri in onore di Cerere — V. l’articolo precedente. Queste feste v
ficî erano chiusi, e non si poteva condurre alle prigioni i colpevoli di qualunque reato. Ai misteri Eleusini non venivano
ndie, liberò i popoli della Beozia dalla schiavitù, e fece in memoria di ciò fabbricare una città a cui fu dato il nome di
, e fece in memoria di ciò fabbricare una città a cui fu dato il nome di Eleutera. 1631. Eleuteria. — Con questo nome i gr
venivan dette alcune sacre cerimonie che i greci celebravano in onore di Giove-Eleuterio, vale a dire liberatore. 1633. El
del Sole. 1636. Eliadì. — Venivano con tal nome conosciute le sorelle di Fetonte, figliuole di Elio e di Climene. A cagion
. — Venivano con tal nome conosciute le sorelle di Fetonte, figliuole di Elio e di Climene. A cagione del nome del fratell
no con tal nome conosciute le sorelle di Fetonte, figliuole di Elio e di Climene. A cagione del nome del fratello di cui e
onte, figliuole di Elio e di Climene. A cagione del nome del fratello di cui esse piansero la morte sulle rive del Po, e d
enivano anche dette Fetontee. La tradizione ripete a traverso il velo di una bellissima allegoria, che anche dopo la loro
ietose continuarono a piangere la morte del loro caro, e che le gocce di ambra che il tronco dei pioppi trasuda continuame
elle affettuose sorelle. Eliadi erano similmente chiamati i figliuoli di un re dell’isola di Rodi, chiamato anch’egli Elio
lle. Eliadi erano similmente chiamati i figliuoli di un re dell’isola di Rodi, chiamato anch’egli Elio. Quando gli Eliadi
e, seppero da Apollo, che Minerva, dea della saggezza, aveva risoluto di fissare la sua dimora fra quel popolo che prima d
za, aveva risoluto di fissare la sua dimora fra quel popolo che prima di ogni altro le avesse offerto un sacrifizio. Per t
l fuoco alle legna preparate pel sacrifizio senza prima aver posto su di esse la vittima ; mentre Cecrope, re degli Atenie
u di esse la vittima ; mentre Cecrope, re degli Ateniesi, profittando di ciò, sacrificò per il primo a Minerva e ottenne c
all’arte della navigazione. Fra gli Eliadi, che erano sette fratelli di cui al dire di Diodoro ecco i nomi : Macare, Atti
navigazione. Fra gli Eliadi, che erano sette fratelli di cui al dire di Diodoro ecco i nomi : Macare, Atti, Ochimo, Cerca
r gelosia ucciso dai suoi fratelli. Scopertosi il delitto, gli autori di esso fuggirono in diverse contrade per sottrarsi
 ; e Atti, traversando l’Egitto, vi edificò una città a cui, in onore di suo padre Elio, dette il nome di Eliopoli. La tra
vi edificò una città a cui, in onore di suo padre Elio, dette il nome di Eliopoli. La tradizione aggiunge che Atti fosse i
orso delle stelle e degli altri pianeti. 1637. Elice. — Ninfa, figlia di Oleno. Avendo con sua sorella Ega, preso cura del
figlia di Oleno. Avendo con sua sorella Ega, preso cura dell’infanzia di Giove, questi la trasportò fra le costellazioni,
a le costellazioni, ed è propriamente quella conosciuta sotto il nome di Orsa maggiore, e che, secondo la tradizione, fu l
di Orsa maggiore, e che, secondo la tradizione, fu la guida costante di tutte le navigazioni dei greci. Elice fu anche il
da costante di tutte le navigazioni dei greci. Elice fu anche il nome di una città dell’Acaja, ove Nettuno aveva un tempio
iando alcune date parole, fra le quali veniva spesso ripetuto il nome di Elice, il padre dei numi discendesse sulla terra.
eva che esse vi abitassero quasi sempre, prendendo cura della fontana di Ippocrene e della tomba di Orfeo. O musa, tu, ch
quasi sempre, prendendo cura della fontana di Ippocrene e della tomba di Orfeo. O musa, tu, che di caduchi allori Non cir
a della fontana di Ippocrene e della tomba di Orfeo. O musa, tu, che di caduchi allori Non circondi la fronte in Elicona,
circondi la fronte in Elicona, Ma su nel cielo infra i beati cori Hai di stelle immortali aurea corona ; Tasso. — Gerusal
i parte suona La fama, prudentissime sorelle, Ch’a celebrare il monte di Elicona Tirato avete tutte le favelle ; Ovidio. 
ve muse abitatrici dell’Eliconia. V. l’articolo precedente. O titolo di caste Eliconiadi Più vi diletta…. Monti. — La Mu
o, celebre nell’antichità per gli spettacoli conosciuti sotto il nome di giuochi olimpici e che si celebravano in onore di
ciuti sotto il nome di giuochi olimpici e che si celebravano in onore di Giove Olimpico. 1642. Elio. — Secondo riferisce D
. Elio. — Secondo riferisce Diodoro nelle cronache, Elio fu figliuolo di Basilea e di Iperione, e fu dai suoi zii, i Titan
ondo riferisce Diodoro nelle cronache, Elio fu figliuolo di Basilea e di Iperione, e fu dai suoi zii, i Titani, annegato n
Basilea non vedendo il figliuolo, si pose a ricercarlo lungo le rive di quel flume, ma stanca del faticoso cammino s’addo
era stato trasportato in cielo ove quella flamma conosciuta col nome di fuoco sacro si sarebbe chiamata Elio, cioè il Sol
a chiedere gli abitanti delle più lontane contrade. Sulla parte posta di contro all’oracolo, posava una grande lamina inar
a di contro all’oracolo, posava una grande lamina inargentata, specie di specchio che rifletteva i raggi del sole, e collo
i del sole, e collocata in modo che tutto il tempio ne era illuminato di una luce vivissima. Si narra nelle cronache, che
contro i Parti, vi fu taluno fra i suoi confidenti, che gli consigliò di consultare l’oracolo di Eliopoli, onde sapere qua
luno fra i suoi confidenti, che gli consigliò di consultare l’oracolo di Eliopoli, onde sapere quale sarebbe stata la sort
te risposto all’obbiezione del suo signore, che non occorreva recarsi di persona onde consultare l’oracolo, ma che era suf
e consultare l’oracolo, ma che era sufficiente scrivere la dimanda su di un pezzo di papiro e mandarlo all’oracolo, Trajan
l’oracolo, ma che era sufficiente scrivere la dimanda su di un pezzo di papiro e mandarlo all’oracolo, Trajano finse di a
imanda su di un pezzo di papiro e mandarlo all’oracolo, Trajano finse di aderire alle brame del suo favorito, e mandò ad E
rso, fosse, com’è più probabile, imperio delle superstiziose credenze di quei tempi, egli stesso mandò un altro messaggio
figurate nella vite fatta in pezzi. Oltre ai responsi che l’oraco lo di Eliopoli dava per iscritto, comunicava ancora il
ere, sia chinando il capo, sia con far cenno con le braccia. La città di Corinto si chiamava anch’essa Eliopoli, prima di
le braccia. La città di Corinto si chiamava anch’essa Eliopoli, prima di chiamarsi Corinto, nome che le fu dato a causa de
taginesi da Elisa, poi detta Didone, che fu la fondatrice dell’impero di Cartagine. 1646. Elisi-Campi. — Parte degl’infern
he regnasse una eterna primavera, e dove le ombre dei giusti godevano di una felicità perfetta. Sul beato confine Odi int
li, E chi ne intreccia al crin serti gentili. Pindaro — Ode II trad. di G. Borchi. Grand’è la disparità delle opinioni t
con sua moglie Rea. Omero e Virglio scrissero che gli eroi, abitatori di quel celeste soggiorno, trascorressero il tempo i
orressero il tempo in occupazioni degne della loro grandezza. L’ombra di Achille, combatte le belve : quella di Ettore Tro
della loro grandezza. L’ombra di Achille, combatte le belve : quella di Ettore Troiano, addestra i cavalli ; ed altre fin
ira, l’eroiche gesta dei semidei. È però a notare che i poeti osceni, di cui non è certo penuria fra gli scrittori dell’an
il genio della voluttà potesse mai immaginare. 1647. Elle. — Sorella di Frisso e figlia di Nefelea e di Atamante, re di T
uttà potesse mai immaginare. 1647. Elle. — Sorella di Frisso e figlia di Nefelea e di Atamante, re di Tebe. La cronaca mit
mai immaginare. 1647. Elle. — Sorella di Frisso e figlia di Nefelea e di Atamante, re di Tebe. La cronaca mitologica narra
1647. Elle. — Sorella di Frisso e figlia di Nefelea e di Atamante, re di Tebe. La cronaca mitologica narra, che stanca del
udeli persecuzioni che la matrigna le faceva patire, ebbe il coraggio di mettersi in mare a cavallo del famoso ariete dal
e affogò miseramente, rendendo, con la sua morte, celebre quel tratto di mare, che da lei fu detto Ellesponto. 1648. Eller
izione favolosa, quel nume stette molto tempo nascosto sotto la forma di essa ; o secondo altri perchè l’eterna giovanezza
a Bacco, ed eccitavano l’entusiasmo. …… o, pastori d’Arcadia, ornate di corona d’ellera, il poeta… Virgilio — Egloga VII
dei L’edere, premio delle dotte fronti. Orazio — Odi — Lib. I. trad. di Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era
. Orazio — Odi — Lib. I. trad. di Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, fi
. di Toriglioni. 1649. Ello. — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola di Elettra e di Tamant
— Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola di Elettra e di Tamante. 1650. Ellotia. — Detta anch
Esiodo, era questo il nome di una delle Arpie, figliuola di Elettra e di Tamante. 1650. Ellotia. — Detta anche Ellozia : f
ia. — Detta anche Ellozia : festa che si celebrava in Grecia in onore di Europa Ellote, e durante la quale si portava in g
uropa Ellote, e durante la quale si portava in giro una enorme corona di mirto, che, secondo la tradizione, si chiamava El
e, secondo la tradizione, si chiamava Ellotide, ed aveva venti cubiti di circonferenza. 1651. Ellotide. — In Corinto si da
venne il fatto seguente. Essendosi i Doriesi resi padroni della città di Corinto, essi appiccarono il fuoco al tempio di M
i padroni della città di Corinto, essi appiccarono il fuoco al tempio di Minerva, fra le cui fiamme morì arsa la sacerdote
tò il paese, e gli abitanti ricorsero all’oracolo onde sapere il modo di far cessare il flagello. L’oracolo rispose che bi
e il flagello. L’oracolo rispose che bisognava rifabbricare il tempio di Minerva, e placare con grandi sacrifizii l’ombra
Corinti seguirono l’uno e l’altro ordine dell’oracolo, ed in memoria di questo fatto dettero a Minerva stessa il sopranno
ed in memoria di questo fatto dettero a Minerva stessa il soprannome di Ellotide. I Cretesi, a somiglianza dei Corinti, d
me di Ellotide. I Cretesi, a somiglianza dei Corinti, dettero il nome di Ellote ad Europa allorchè la innalzarono agli ono
opa allorchè la innalzarono agli onori divini, e celebrarono in onore di lei la festa di cui nell’articolo precedente. V.
innalzarono agli onori divini, e celebrarono in onore di lei la festa di cui nell’articolo precedente. V. Ellotia. 1652. E
lei la festa di cui nell’articolo precedente. V. Ellotia. 1652. Elmo di Plutone. — I Ciclopi che, secondo la favola, fabb
a favola, fabbricavano i fulmini a Giove ebbero da Plutone l’incarico di fargli un elmo che aveva la singolare proprietà d
Plutone l’incarico di fargli un elmo che aveva la singolare proprietà di rendere invisibile chi lo portava. La tradizione
uesto nome ad alcune feste, nelle quali i Greci portavano alcuni vasi di giunco, a cui essi davano il nome di Elene. 1654.
li i Greci portavano alcuni vasi di giunco, a cui essi davano il nome di Elene. 1654. Elpa. — Figliuola del Ciclope Polife
ituirono al padre. V. Polifemo. 1655. Elpenore. — Fu uno dei compagni di Ulisse che, insieme agli altri seguaci di lui, fu
nore. — Fu uno dei compagni di Ulisse che, insieme agli altri seguaci di lui, fu dalla maga Circe, cangiato in majale. Ave
li s’infranse, e volo l’anima a Dite. Omero — Odissea Lib. XI. trad. di I. Pindemonte. 1656. Elpide. — Così avea nome qu
rad. di I. Pindemonte. 1656. Elpide. — Così avea nome quel cittadino di Samo, il quale in questa sua città, edificò il te
el cittadino di Samo, il quale in questa sua città, edificò il tempio di Bacco, noto sotto la strana denominazione di Bacc
città, edificò il tempio di Bacco, noto sotto la strana denominazione di Bacco dalla bocca aperla. Plinio, nelle sue crona
impaurito pensò sottrarsi al pericolo con la fuga, e si arrampicò su di un albero, ai piedi del quale il leone andò a dis
andò a distendersi aprendo continuamente la bocca, piuttosto in atto di domandare sollievo ad una sofferenza, che in atti
una sofferenza, che in attitudine minacciosa Elpide allora, sorpreso di quanto vedeva, promise a Bacco di dedicargli un t
minacciosa Elpide allora, sorpreso di quanto vedeva, promise a Bacco di dedicargli un tempio, e invocando la protezione d
a, promise a Bacco di dedicargli un tempio, e invocando la protezione di quel dio, discese dall’albero, si accostò all’ani
all’albero, si accostò all’animale, e si accorse allora che i lamenti di quello venivano dallo avere un osso a traverso la
gola dell’animale, liberandolo così dalla sua sofferenza. In memoria di questo fatto, ed in rendimento di grazie al nume
sì dalla sua sofferenza. In memoria di questo fatto, ed in rendimento di grazie al nume che Elpide aveva invocato nel suo
ti. 1658. Emacuria. — Nel Peloponneso si celebrava una festa in onore di Pelopo, nella quale i giovani recatisi sulla tomb
festa in onore di Pelopo, nella quale i giovani recatisi sulla tomba di lui combattevano una specie di duello con delle v
a quale i giovani recatisi sulla tomba di lui combattevano una specie di duello con delle verghe, e solo cessavano dal due
con delle verghe, e solo cessavano dal duellarsi, allorchè il sangue di uno dei combattenti gocciolava sul sepolcro. 1659
icolarmente la Tessaglia. 1660. Ematione. — Famoso masnadiere, figlio di Titone. Feroce e sanguinario egli trucidava tutti
berate furono dette Ematie. 1661. Emilo. — Detto anche Emilio, figlio di Ascanio, dal quale la patrizia famiglia degli Emi
io di Ascanio, dal quale la patrizia famiglia degli Emilii pretendeva di discendere. 1662. Emitea. — In una città della Ca
— In una città della Caria, nota nella geografia antica sotto il nome di Castabea si adorava una divinità chiamata Emitea.
tezione con ricchissimi doni. L’opinione della potenza soprannaturale di questa divinità era estesa e divulgata per tutta
a e divulgata per tutta l’Asia per modo che il suo tempio nella città di Castabea era carico di ricchezze immense, mandand
l’Asia per modo che il suo tempio nella città di Castabea era carico di ricchezze immense, mandandosi continuamente da tu
ontinuamente da tutte le città circonvicine doni ed offerte ad Emitea di una ricchezza favolosa. Il suo tempio, sebbene no
itea di una ricchezza favolosa. Il suo tempio, sebbene non circondato di mura, fu sempre rispettato, e per sino i Persiani
accolti in questo. Tutti i mitologi e cronisti dell’antichità parlano di questa divinità, il cui nome primitivo era Malpad
lla parola Greca Ἐμιδεα Semidea, secondo che suona il vocabolo stesso di Emitea. 1663. Emo. — Re della Tracia, il quale co
a moglie Rodope, volle farsi dai suoi sudditi adorare sotto la figura di Giove e di Giunone. Gli dei, sdegnati della loro
dope, volle farsi dai suoi sudditi adorare sotto la figura di Giove e di Giunone. Gli dei, sdegnati della loro stolta supe
ia, li cangiarono entrambi in due montagne, note sotto l’istesso nome di Emo e di Rodope. Secondo la tradizione favolosa,
ngiarono entrambi in due montagne, note sotto l’istesso nome di Emo e di Rodope. Secondo la tradizione favolosa, Emo fu fi
di Emo e di Rodope. Secondo la tradizione favolosa, Emo fu figliuolo di Oricia e di Borea. 1664. Emone. — Figliuolo di Cr
Rodope. Secondo la tradizione favolosa, Emo fu figliuolo di Oricia e di Borea. 1664. Emone. — Figliuolo di Creonte Re di
losa, Emo fu figliuolo di Oricia e di Borea. 1664. Emone. — Figliuolo di Creonte Re di Tebe : amò passionatamente Antigone
igliuolo di Oricia e di Borea. 1664. Emone. — Figliuolo di Creonte Re di Tebe : amò passionatamente Antigone figlia di Edi
Figliuolo di Creonte Re di Tebe : amò passionatamente Antigone figlia di Edipo. Allorquando Creonte condannò a morte Antig
n me, deh volgi Il tuo furore in me — Qui sola io venni, Sconosciuta, di furto : in queste soglie Di notte entrai, per isc
— Antigone. — Trag. Atto 2. Scena 2. Emone andò a gittarsi ai piedi di suo padre, onde supplicarlo a revocare il crudele
sa stessa aveva formato del suo velo, l’abbracciò fortemente, e pazzo di dolore, empì l’aria di altissime grida, imprecand
del suo velo, l’abbracciò fortemente, e pazzo di dolore, empì l’aria di altissime grida, imprecando sul capo del padre le
ente è d’ogni male il peggio. Sofocle. — Antigone. — Tragedia. trad. di F. Bellotti. 1665. Empanda. — Si dava cotesto no
ennità dagli Ateniesi, i quali vi si recavano coi capelli intrecciati di nastri e di fiori. 1667. Empoleo. — Soprannome di
Ateniesi, i quali vi si recavano coi capelli intrecciati di nastri e di fiori. 1667. Empoleo. — Soprannome di Mercurio ch
capelli intrecciati di nastri e di fiori. 1667. Empoleo. — Soprannome di Mercurio che veniva con esso riverito come protet
Cartaginesi venivano così denominati i sacerdoti addetti al servizio di alcune loro particolari divinità. 1670. Encelado.
ata al cielo. Era figlio del Tartaro e della Terra. Anche a proposito di questo famoso personaggio della favola, sono dive
li scrittori dell’antichità. Vogliono alcuni che Giove rovesciasse su di Encelado, il monte Etna e lo seppellisse sotto di
iove rovesciasse su di Encelado, il monte Etna e lo seppellisse sotto di questo. I poeti da ciò finsero che le eruzioni di
o seppellisse sotto di questo. I poeti da ciò finsero che le eruzioni di questo vulcano, le quali scossero talvolta fino n
e quali scossero talvolta fino nelle visceri profonde, l’intera isola di Sicilia, altro non fossero che gli inutili conati
, altro non fossero che gli inutili conati e gli sforzi impotenti che di tratto in tratto il fulminato gigante ritenta ond
al suo più piccolo movimento l’Etna vomiti dal suo cratere, torrenti di lava devastatrice. Vincenzo Monti nelle sue magni
noi accenniamo, sebbene egli lo riporti chiamando Encelado, col nome di Tifeo ; e ciò perchè in alcune cronache dell’anti
ciò perchè in alcune cronache dell’antichità, questi due Titani, sono di sovente scambiati l’uno con l’altro. Schiaccia l
a — Canto. Altri narra che Encelado fosse schiacciato sotto il carro di Minerva. Altri pretende che egli fosse già in fug
e egli fosse già in fuga e che Minerva lo arrestasse gettando l’isola di Sicilia innanzi ai suoi piedi. Però la gran maggi
uita, come vedemmo più sopra dal nostro V. Monti. Seguendo l’opinione di Callimaco, l’Etna ricopre Briareo. Questa differe
iareo. Questa differenza d’indicazioni, à, ciò non pertanto, un punto di contatto eguale e costante nella generalità dei c
bi con assai convenienza ad un vulcano. La cronaca fa anche menzione di un altro Encelado, che fu uno dei cinquanta figli
a anche menzione di un altro Encelado, che fu uno dei cinquanta figli di Egitto che sposò una delle cinquanta Danaidi la q
 Detta anche Endia o Endeja. Fu figlia del centauro Chirone, e moglie di Eaco, che la rese madre di Telamone e di Teleo. 1
. Fu figlia del centauro Chirone, e moglie di Eaco, che la rese madre di Telamone e di Teleo. 1673. Endimione. — Pastore d
l centauro Chirone, e moglie di Eaco, che la rese madre di Telamone e di Teleo. 1673. Endimione. — Pastore della Caria, fa
imione. — Pastore della Caria, famoso per la sua bellezza, era nipote di Giove il quale, avendolo sorpreso un giorno fra l
nipote di Giove il quale, avendolo sorpreso un giorno fra le braccia di Giunone, lo condannò a dormire per lo spazio di t
giorno fra le braccia di Giunone, lo condannò a dormire per lo spazio di trent’anni. In seguito, egli fu passionatamente a
fu passionatamente amato da Diana, la quale per visitarlo abbandonava di notte il cielo, ravvolta in una nube. V. Diana. D
Da questo commercio nacquero diversi figli. 1674. Endoco. — Discepolo di Dedalo, che si rese celebre quasi quanto il suo m
il suo maestro. In una piccola città della Grecia, nelle circostanze di Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta,
ittà della Grecia, nelle circostanze di Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta, che era opera di lui, e che veniv
nze di Atene, si ammirava una statua di Minerva seduta, che era opera di lui, e che veniva altamente pregiata. Egli aveva
veva pel suo maestro una grande amicizia, e nel tempo della disgrazia di lui, lo accompagnò sempre, professandogli la più
uoli. 1676. Enea. — Principe del ramo secondario della reale famiglia di Troja : fu figlio di Anchise e della dea Venere.
rincipe del ramo secondario della reale famiglia di Troja : fu figlio di Anchise e della dea Venere. ……… Enea preclaro fi
reclaro figlio Del magnanimo Anchise Omero — Iliade — libro V. trad. di V. Monti. Vide la luce sulla riva del Simoenta,
luce sulla riva del Simoenta, ai piedi del monte Ida, e fino all’età di cinque anni fu allevato dalle Driadi, ninfe alla
addestrò in tutti quegli esercizii che allora formavano l’educazione di un eroe ; compiuta la quale tolse in moglie Creus
lse in moglie Creusa, una delle figlie del re Priamo, e la rese madre di un figlio, chiamato Ascanio o anche Julo o Julio.
anio o anche Julo o Julio. Allorchè Paride giunse con la rapita sposa di Menelao, alla corte di Priamo, Enea previde le fa
io. Allorchè Paride giunse con la rapita sposa di Menelao, alla corte di Priamo, Enea previde le fatali conseguenze che un
li conseguenze che un tanto oltraggio avrebbe trascinato seco, e fece di tutto onde Elena fosse restituita al marito. Ma n
ita e micidiale, fra le due nazioni belligeranti. Sebbene consigliero di pace, la guerra non trovò Enea nè meno ardimentos
figliuolo d’una dea, perchè, senza il favore e la materna protezione di Venere, e l’intervento di Apollo, sarebbe stato u
hè, senza il favore e la materna protezione di Venere, e l’intervento di Apollo, sarebbe stato ucciso. Contro il figlio d
i spinge, nè l’arresta Il saper che la man d’Apollo il copre. Desioso di porre Enea sotterra E spogliarlo dell’armi peregr
scosse in faccia il luminoso scudo. Omero. — Iliade — Libro V. trad. di V. Monti. Nell’accanita pugna presso le trincee
V. Monti. Nell’accanita pugna presso le trincee greche, Enea uccise di sua mano Cretone ed Arfiloco, ma fu costretto a p
le successive battaglie, Enea si ebbe il comando della quarta colonna di attacco insieme ad Acamante ed Archiloco ; e potè
attacco insieme ad Acamante ed Archiloco ; e potè vendicare la morte di suo cognato Alcatoo, trapassando col suo brando i
la morte di suo cognato Alcatoo, trapassando col suo brando il petto di due chiari e prodi guerrieri greci per nome Afare
greci per nome Afareo ed Enomao. Poscia combattendo intorno al corpo di Sarpedonte Contra l’illustre Sarpedon… ………. guer
pedonte Contra l’illustre Sarpedon… ………. guerriero Di gran persona e di gran possa. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad. d
Di gran persona e di gran possa. Omero. — Iliade — Libro V. — Trad. di V. Monti. prestò man forte ad Ettore, il quale e
e ad Ettore, il quale era violentemente attaccato da Ajace, ed uccise di sua mano Jaso e Medone. ….. e tali allor dall’as
….. e tali allor dall’asta D’Enea percossi caddero costoro Col fragor di recisi eccelsi abeti. Omero. — Iliade — Lib. V t
o Col fragor di recisi eccelsi abeti. Omero. — Iliade — Lib. V trad. di V. Monti. Allorchè Patroclo, l’amico più caro d
ade — Lib. V trad. di V. Monti. Allorchè Patroclo, l’amico più caro di Achille, fu ucciso da Ettore, Enea fu quello che
quello che riaccese nell’animo dei già fuggenti trojani, il desiderio di portare il corpo del prode greco in Troja, quale
soldati. Enea tentò varie volte d’impadronirsi dei superbi destrieri di Achille, ma non riuscì mai nel suo intento. La pr
e Nettuno aveva accordata ad Enea onde accondiscendere alle preghiere di Vonere, madre di lui, gli fu estremamente utile,
ccordata ad Enea onde accondiscendere alle preghiere di Vonere, madre di lui, gli fu estremamente utile, e potè all’ombra
di Vonere, madre di lui, gli fu estremamente utile, e potè all’ombra di questa, compiere le valorose sue gesta senza aver
rno agli occhi Del Pelide diffuse……. Omero — Iliade — Libro XX trad. di V. Monti. Finalmente nella fatale notte in cui T
ano il fatto doloroso, non tengono più parola della dispersa consorte di Enea. Forse sopraffatta dall’orda irrompente dei
dovè pagare con la vita, e forse anche con l’onore, la triste gloria di esser moglie d’un vinto. Enea, con tutti i suoi s
, nella Tracia ove edificò una città che fu detta Eno, forse dal nome di lui. Recatosi quindi a Delo, fu da Anio, vecchio
se dal nome di lui. Recatosi quindi a Delo, fu da Anio, vecchio amico di Anchise, accolto con ogni amorevolezza, e dove, l
inganno dall’apparente significato del responso, si portò nell’isola di Creta, ma una violenta epidemia scoppiata in quel
la regina Didone, la quale secondo la favola dei poeti e segnatamente di Virgilio, perdutamente innamorata di lui, e non p
favola dei poeti e segnatamente di Virgilio, perdutamente innamorata di lui, e non potendo distoglierlo dal partire, disp
re, disperata d’amore, si uccise. V. Didone. ….. e via più bello. Ma di beltà feroce e graziosa Le giva Enea con la sua s
varie tresche Gli s’aggirano intorno : o quando spazia Per le piagge di Cinto, a l’aura sparsi I bei crin d’oro, e de l’a
ura sparsi I bei crin d’oro, e de l’amata fronde Le tempie avvolto, e di faretra armato, Tal fra la gente si mostrava. e t
ra d’ogni altro valoroso e vago. Virgilio. — Eneide — Libro IV Trad. di A. Caro. Ritornato in Sicilia ove dimorò breve t
tempo, gittò finalmente l’àncora sul lido Campano, ove ebbe il dolore di perdere la sua tida nutrice Cajeta e il suo fedel
se il nome della prima ad una città e quello del secondo ad una punta di terra conosciuta anche oggi sotto la denominazion
do ad una punta di terra conosciuta anche oggi sotto la denominazione di Capo Miseno. Dimorando nella Campania si recò a C
stessa Sibilla, Enea discendesse negli inferni, onde visitare l’ombra di suo padre Anchise, morto a Drepano. Ritornato dal
oracolo, fece ad Enea le liete accoglienze, ed avendogli in prosieguo di tempo fatta sposare sua figlia Lavinia lo dichiar
to regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogni altra famosa era da molti Ero
accenna, e ’l credo e ’l bramo. Virgilio. — Eneide — Libro VII trad. di A. Caro. Però Turno re dei Rutoli, a cui Lavinia
Rutoli, a cui Lavinia era stata promessa dal padre prima della venuta di Enea, mosse guerra al principe trojano, ma fu da
Ah, disse, adunque Tu de le spoglie d’un mio tanto amico Adorno, oggi di man presumi uscirmi Si che non muoia ? Muori… ………
ò dicendo, il petto gli trafisse. Virgilio — Eneide Libro XII. trad. di A. Caro. Enea regnò pacificamente per lo spazio
Libro XII. trad. di A. Caro. Enea regnò pacificamente per lo spazio di quattro anni, durante i quali sembrò che il desti
le acque del fiume. La favola però dice che Venere, vedendolo coperto di ferite lo avesse trasportato nel cielo, dopo aver
ove all’eroe trojano furono resi gli onori divini. Anche nella città di Eneo, nella Tracia, Enea veniva adorato siccome u
acia, Enea veniva adorato siccome un dio. Enea si ebbe fama, non solo di prode e valoroso guerriero, ma di principe buono
un dio. Enea si ebbe fama, non solo di prode e valoroso guerriero, ma di principe buono e giusto, e di religiosi e pii sen
solo di prode e valoroso guerriero, ma di principe buono e giusto, e di religiosi e pii sentimenti. e cantai di quel giu
i principe buono e giusto, e di religiosi e pii sentimenti. e cantai di quel giusto Figliuol d’Anchise che venne da Troja
ante — Inferno — Canto I. ……. Capo e re nostro Era pur dianzi Enea, di cui più giusto, Più pio, più prò ne l’armi, più s
iù sagace Guerrier non fu giammai. Virgilio — Eneide — Libro I Trad. di A. Caro. La tradizione mitologica ricorda di un’
 Eneide — Libro I Trad. di A. Caro. La tradizione mitologica ricorda di un’altro Enea, figliuolo di Cefalo, che succedett
. Caro. La tradizione mitologica ricorda di un’altro Enea, figliuolo di Cefalo, che succedette nel governo della Focide a
avo. 1677. Eneo. — Apparteneva alla famiglia degli Eolidi. Fu figlio di Euride e di Portaone al quale successe nel govern
Eneo. — Apparteneva alla famiglia degli Eolidi. Fu figlio di Euride e di Portaone al quale successe nel governo della Cali
a, da cui presero quei governanti, e tutt’i loro discendenti, il nome di Eolidi. Eneo sposò in prime nozze una giovanetta
ovanetta per nome Altea, che morì assai presto dopo averlo reso padre di Meleagro e di Dejanira. Unito a Peribea ebbe da q
ome Altea, che morì assai presto dopo averlo reso padre di Meleagro e di Dejanira. Unito a Peribea ebbe da questa Tideo ch
che il luogo ove egli morì fosse dal suo nome detto Eneo. È opinione di varii scrittori che durante la vita di Eneo, aves
uo nome detto Eneo. È opinione di varii scrittori che durante la vita di Eneo, avesse avuto luogo la famosa caccia del cig
ante la vita di Eneo, avesse avuto luogo la famosa caccia del cignale di Calidonia. È questo, per altro, un parere assai v
a. È questo, per altro, un parere assai vago. 1678. Enialio. — Figlio di Bellona. Assai di sovente trovasi nelle tradizion
ltro, un parere assai vago. 1678. Enialio. — Figlio di Bellona. Assai di sovente trovasi nelle tradizioni della favola ind
to Marte, dio della guerra, con questo nome. 1679. Enia. — Soprannome di Bellona come madre di Enialio. V. l’articolo prec
erra, con questo nome. 1679. Enia. — Soprannome di Bellona come madre di Enialio. V. l’articolo precedente. 1680. Eniochia
alio. V. l’articolo precedente. 1680. Eniochia. — La più antica città di cui si abbia nozione nella geografia del mondo an
Genesi, che fu fabbricata da Caino, il quale la chiamò così dal nome di Enoc, suo figlio. « E Cain conobbe la sua moglie
la nominò dal nome del suo figliuolo Henoc. Genesi — cap. IV. trad. di G. Diodati. 1681. Enloca. — Dalla parola greca Η
stessa il suo carro. Comunemente non si andava a consultare l’oracolo di Trofonio, senza prima offrire un sagrifizio a Gio
one Enioca. 1682. Eniopea. — Così avea nome il conduttore dei cavalli di Ettore. Diomede l’uccise sotto le mura di Troja.
e il conduttore dei cavalli di Ettore. Diomede l’uccise sotto le mura di Troja. 1683. Enipeo. — Fiume della Tessaglia. La
so tempo innamorato Nettuno. Il dio per ingannarla prese le sembianze di Enipeo, e la rese madre di due figli Pelio e Nele
. Il dio per ingannarla prese le sembianze di Enipeo, e la rese madre di due figli Pelio e Neleo. 1684. Enisterie. — Ossia
vino. Cerimonie che venivano celebrate in Atene dai giovanetti avanti di radersi per la prima volta la barba. Nella celebr
tti avanti di radersi per la prima volta la barba. Nella celebrazione di questa cerimonia i giovanetti portavano nel tempi
la celebrazione di questa cerimonia i giovanetti portavano nel tempio di Ercole una data misura di vino e facevano libazio
cerimonia i giovanetti portavano nel tempio di Ercole una data misura di vino e facevano libazioni al nume e davano a bere
fica vino. 1685. Ennea. — Cerere veniva così soprannominata a cagione di un ricchissimo tempio ch’essa aveva nella città d
nominata a cagione di un ricchissimo tempio ch’essa aveva nella città di Enna in Sicilia. 1686. Ennofigaso. — Uno dei sopr
ive del fiume Xanto. 1688. Eno. — Così aveva nome una delle figliuole di Anio e di Dorippe. Essa fu con le sue due sorelle
ume Xanto. 1688. Eno. — Così aveva nome una delle figliuole di Anio e di Dorippe. Essa fu con le sue due sorelle cangiata
sorelle cangiata in colomba. V. Anio. 1689. Enodio. — Cioè indicatore di cammino. Così veniva soprannominato Mercurio dal
veniva soprannominato Mercurio dal costume in uso presso gli antichi di marcare le indicazioni delle strade con una pietr
trade con una pietra quatrangolare sulla quale era scolpita una testa di Mercurio. 1690. Enoe. — Antica città dell’Attica
di Mercurio. 1690. Enoe. — Antica città dell’Attica posta sulle rive di un fiume del quale, secondo la tradizione, gli ab
starono il corso per condurne le acque nei loro poderi, credendo così di renderli fertilissimi ; ma furono delusi nelle lo
atto inatte alla coltivazione. Da ciò, i greci resero comune il detto di fossa di Enoe volendo additare coloro ch’erano st
te alla coltivazione. Da ciò, i greci resero comune il detto di fossa di Enoe volendo additare coloro ch’erano stati a sè
sè stessi causa delle loro sciagure. La tradizione mitologica ricorda di un’altra Enoe, regina dei Pigmei che fu cangiata
na dei Pigmei che fu cangiata in grue. 1691. Enomao. — Re della città di Pisa, in Elide. Le cronache mitologiche dicono, n
ch’egli fosse figliuolo della ninfa Arpina, e del Dio Marte. Al dire di Pausania, e di qualche altro scrittore dell’antic
figliuolo della ninfa Arpina, e del Dio Marte. Al dire di Pausania, e di qualche altro scrittore dell’antichità, Enomao fu
usania, e di qualche altro scrittore dell’antichità, Enomao fu figlio di Alcione, e padre di una giovanetta bellissima, pe
altro scrittore dell’antichità, Enomao fu figlio di Alcione, e padre di una giovanetta bellissima, per nome Ippodamia. Se
a condizione, sarebbero stati uccisi se riuscivano perditori. Al dire di Pausania e di Pindaro nei loro scritti mitologici
sarebbero stati uccisi se riuscivano perditori. Al dire di Pausania e di Pindaro nei loro scritti mitologici, furono fino
o stato vinto da essi nella corsa, li fece tutti morire contentandosi di farli seppellire in un luogo eminente. È detto an
l principe Pelope il quale fu il quattordicesimo che accettò la sfida di Enomao, fosse riuscito vincitore essendo Enomao n
scito vincitore essendo Enomao nella corsa caduto, e morto in seguito di quella caduta. Pelope gli succedette nel regno ed
perdutamente, ed essa lungi dal resistergli, si abbandonò alle voglie di lui, che per mostrar le la sua gratitudine le con
venne intanto che Paride, al tempo in cui era ridotto alla condizione di pastore, dimorando sul monte Ida seppe farsi amar
, dimorando sul monte Ida seppe farsi amare da Enone, e la rese madre di un bambino che fu chiamato Coritto. Quando Enone
partì. Allorchè questo principe fu ferito da Filolette sotto le mura di Troja, andò a ritrovare Enone sul monte Ida, ma q
ne perdutamente innammorata, lo segui da lungi, col fermo divisamento di guarirlo, ma prima che avesse potuto raggiungerlo
sperata si strangolò con la propria cintura. 1693. Enopione. — Figlio di Arianna e di Bacco. Allorchè Radamanto, dopo la c
rangolò con la propria cintura. 1693. Enopione. — Figlio di Arianna e di Bacco. Allorchè Radamanto, dopo la conquista fatt
le del mare Egeo, ne fece la distribuzione, ad Enopione toccò l’isola di Chios, della quale fu proclamato re. Tolta in mog
Elise, ebbe da questa una figlia che chiamò Merope. Questa giovanetta di soli tre lustri, fu amata passionatamente dal gig
quale, non potendola ottenere diversamente, per le ripulse del padre di lei, la sedusse. Enopione giurò di vendicare l’ol
rsamente, per le ripulse del padre di lei, la sedusse. Enopione giurò di vendicare l’oltraggio, ma non bastandogli l’animo
. Enopione giurò di vendicare l’oltraggio, ma non bastandogli l’animo di provocare il gigante, colse il momento che quegli
o, dormiva e gli fece cavare gli occhi. 1694. Enoptromanzia. — Specie di divinazione che si faceva per mezzo di uno specch
1694. Enoptromanzia. — Specie di divinazione che si faceva per mezzo di uno specchio ; ed era così detta dalla parola gre
cioe Nettuno che sofferma la terra. Nei poeti dell’antichità si trova di sovente il nome di Enossitone, adoperato nello st
fferma la terra. Nei poeti dell’antichità si trova di sovente il nome di Enossitone, adoperato nello stesso significato. 1
e, adoperato nello stesso significato. 1696. Enotoceti. — Nelle opere di Strabone si trova che questo era il nome di alcun
Enotoceti. — Nelle opere di Strabone si trova che questo era il nome di alcuni popoli selvaggi, orribilmente mostruosi, i
he e pendenti fino alle ginocchia, delle quali essi si servivano come di letto. 1697. Enotro. — Così ebbe nome il più giov
di letto. 1697. Enotro. — Così ebbe nome il più giovane dei figliuoli di Licaone, re d’Arcadia. Egli fu il primo a stabili
d’Italo il nome, Italia è detta. Virgilio — Eneide — libro I. trad. di A. Caro 1698. Endea. — Soprannome di Cibele. Gl
ilio — Eneide — libro I. trad. di A. Caro 1698. Endea. — Soprannome di Cibele. Gli antichi chiamavano Entheus o Entheatu
ele. Gli antichi chiamavano Entheus o Entheatus, vale a dire : pieno di divinità, ispirato , ogni persona che predicesse
coli. 1699. Entello. — Celebre atleta ; fu uno dei principali seguaci di Aceste, il quale dette il suo nome alla città chi
di Aceste, il quale dette il suo nome alla città chiamata Sicheliota di Entello. La cronaca narra, ch’egli aveva da più t
inunciato ai violenti esercizii dell’arte sua, allorchè la tracotanza di Darete, lo indusse a scendere nuovamente nell’are
iro. A le piene percosse un suon s’udia De’cavi flanchi, un rintronar di petti. Un crosciar di mascelle orrendo e fiero. C
se un suon s’udia De’cavi flanchi, un rintronar di petti. Un crosciar di mascelle orrendo e fiero. Cadean le pugna a neuib
facean per l’aria e fischi e venti. Virgilio — Eneide Lib. V. trad. di A. Caro. 1700. Entitride. — Dalla tradizione mit
ride. — Dalla tradizione mitologica creduta dagli abitanti dell’isola di Rodi, che cioè, Elena dopo la sua morte fosse sta
un tempio e l’adorarono come una divinità, alla quale dettero il nome di Entitride, che significa appunto sospeso ad un al
ad un albero. 1701. Eolo. — Figlio d’Ippote, discendente della stirpe di Deucalione. La tradizione mitologica lo fa figliu
della stirpe di Deucalione. La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e dio dei venti e delle tempeste. ….. in u
erra e n’urla il monte. Ed ei lor sopra, realmente adorno Di corona e di scettro, in alto assiso L’ira e gl’impeti lor mit
del Padre eterno Provvide a tanto mal, serragli e tenebre D’abissi e di caverne, e moli e monti Lor sopra impose, ed a re
rta legge o rattenere o spingere, Virgilio — Eneide — Libro I. Trad. di A. Caro. Egli visse al tempo della guerra di Tro
Eneide — Libro I. Trad. di A. Caro. Egli visse al tempo della guerra di Troja e regnò nelle isole Vulcanie, dette poi dal
di Troja e regnò nelle isole Vulcanie, dette poi dal suo nome, Eolie di cui Lipara, la principale, fu sua abitual residen
tual residenza. Eolo esperto nell’arte del navigare, erasi coll’ajuto di studii astronomici, dedicato alla conoscenza dei
. Da ciò la tradizione favolosa che lo fa dio delle tempeste, e padre di dodici figliuoli sei maschi e sei femmine, che si
dre di dodici figliuoli sei maschi e sei femmine, che si maritano fra di loro e che altro non sono che i dodici venti prin
degli anni il più bel fior sul volto. Omero — Odissea Lib. X. trad. di I. Pindemonte. 1702. Eolie. — Oggi conosciute so
trad. di I. Pindemonte. 1702. Eolie. — Oggi conosciute sotto il nome di isole Lipari, e poste fra l’Italia e la Sicilia.
sotto il nome di isole Lipari, e poste fra l’Italia e la Sicilia. Una di esse, essendo terra eminentemente vulcanica, è ri
o da principio dette Vulcanie, e poi cangiarono questo nome in quello di Eolie, da Eolo, loro re. V. l’articolo precedente
quello di Eolie, da Eolo, loro re. V. l’articolo precedente. Al dire di Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella
ecedente. Al dire di Omero, una sola fra le isole Eolie, che è quella di cui egli fa menzione, era galleggiante, cinta tut
la di cui egli fa menzione, era galleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al di fuori di massi di roccia
gli fa menzione, era galleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al di fuori di massi di roccia innaccessib
ne, era galleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al di fuori di massi di roccia innaccessibili. Giungem
alleggiante, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al di fuori di massi di roccia innaccessibili. Giungemmo nell’E
te, cinta tutta all’intorno di un muro di rame e al di fuori di massi di roccia innaccessibili. Giungemmo nell’Eolia, ove
E una liscia circonda ecceisa rupe. Omero — Odissea — Lib. X. Trad. di I. Pindemonte. 1703. Eona. — Presso i Fenicii er
ossia la prima donna del mondo, la quale consigliò ai suoi figliuoli di cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Figliuolo di Lic
rima donna del mondo, la quale consigliò ai suoi figliuoli di cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Figliuolo di Licimnio frate
igliò ai suoi figliuoli di cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Figliuolo di Licimnio fratello di Alcmena, e cugino di Ercole.
li di cibarsi di frutta. 1704. Eono. — Figliuolo di Licimnio fratello di Alcmena, e cugino di Ercole. Narra la tradizione
ta. 1704. Eono. — Figliuolo di Licimnio fratello di Alcmena, e cugino di Ercole. Narra la tradizione mitologica, che Ercol
tologica, che Ercole, ancora giovanetto, andando a diporto per le vie di Sparta, passò dinanzi la casa d’Ipocoonte, ed il
ne che la custodiva gli si avventò addosso. Eono veggendo il pericolo di Ercole, scagliò contro l’animale una grossa pietr
d’Ipocoonte uscirono dalla casa e senza ascoltar ragione accopparono di bastonate il giovane Eono il quale morì in conseg
cio dovè ritirarsi. Però qualche tempo dopo, accompagnato da una mano di suoi seguaci, ritornò nella casa d’Ipocoonte, ed
a d’Ipocoonte, ed uccise il padre ed i figli, onde vendicare la morte di Eono. Fu dopo questo fatto che Ercole innalzò un
opo questo fatto che Ercole innalzò un tempio a Giunone sotto il nome di Egofora, per non averla trovata ostile alla sua v
ua vendetta. V. Egofora. Ed un altro a Minerva sotto la denominazione di αξιοποωη che significa vendicatrice. Dopo la mort
gli onori eroici e si consacrò un tempio ad Ercole vicino al sepolcro di lui. 1705. Eoo. — Così si chiamava uno dei cavall
i trova dato l’istesso nome a Lucifero. 1706. Eorie. — Feste in onore di Erigone. Si crede comunemente che sieno le stesse
he sieno le stesse dette Aletidi. 1707. Eoso. — Gigante che fu figlio di Tifone. 1708. Epafo. — Figlio di Giove e della ni
1707. Eoso. — Gigante che fu figlio di Tifone. 1708. Epafo. — Figlio di Giove e della ninfa lo, la quale sotto le forme d
8. Epafo. — Figlio di Giove e della ninfa lo, la quale sotto le forme di giovenca, lo dette alla luce sulle sponde del Nil
le forme di giovenca, lo dette alla luce sulle sponde del Nilo, dopo di aver ricuperato le sembianze umane. Onde si tien
Onde si tiene che a Giove nascesse, Epafo, un bel figliuol che usci di lei, Ovidio — Metamorfosi — Lib. I. trad. di Del
n bel figliuol che usci di lei, Ovidio — Metamorfosi — Lib. I. trad. di Dell’anguillara. Giunone, spinta dalla gelosia,
di Dell’anguillara. Giunone, spinta dalla gelosia, ordinò ai Cureti di rapire quel frutto dell’adulterio ; essi obbediro
una città le impose il nome della moglie. Fu questa la celebre città di Menfi. 1709. Epatoscopia. — Specie di divinazione
lie. Fu questa la celebre città di Menfi. 1709. Epatoscopia. — Specie di divinazione che gli Aruspici facevano coll’osserv
crare la casa che lo sposo aveva scelto per domicilio. Lo stesso nome di Epaulie davansi ai doni che i convitati facevano
ivano portati pubblicamente, ed erano preceduti da un giovine vestito di bianco e con una fiaccola nella destra. 1711. Epe
ella destra. 1711. Epemenide. — V. Epimenide. 1712. Epeo. — Figliuolo di Iperipnea e di Endimione e fratello di Etolo e di
11. Epemenide. — V. Epimenide. 1712. Epeo. — Figliuolo di Iperipnea e di Endimione e fratello di Etolo e di Peone. Secondo
enide. 1712. Epeo. — Figliuolo di Iperipnea e di Endimione e fratello di Etolo e di Peone. Secondo Pausania, Endimione pro
. Epeo. — Figliuolo di Iperipnea e di Endimione e fratello di Etolo e di Peone. Secondo Pausania, Endimione propose in Oli
tore fu proclamato re degli Elei, che da lui presero la denominazione di Epei. Etolo, indifferente alla perdita, restò nel
, dette il suo nome a quella contrada conosciuta con la denominazione di Peonia. 1713. Epeuso. — Altro figliuolo di Endimi
ciuta con la denominazione di Peonia. 1713. Epeuso. — Altro figliuolo di Endimione. La cronaca lo ricorda come un abilissi
abilissimo operajo, e ripete ch’egli si rese celebre per l’invenzione di diverse macchine da guerra. Vari scrittori asseri
ri scrittori asseriscono che egli avesse fabbricato il famoso cavallo di Troja. 1714. Epi. — Città della Grecia il cui gov
a Nestore, il quale condusse gran numero dei suoi sudditi all’assedio di Troja. Di novanta navigli capitano Venlva il veg
avalier Nestorre. Di Pilo ei guida e dell’aprica Arene Gli abitanti e di Trio. guado d’Alfeo. E della ben fondata Epi. Om
do d’Alfeo. E della ben fondata Epi. Omero — Iliade — lib. II. trad. di V. Monti. 1715. Epibaterio. — Diomede edificò so
. — Diomede edificò sotto un tal nome un tempio ad Apollo nella Città di Trezene, in ringraziamento a quel dio di averlo s
tempio ad Apollo nella Città di Trezene, in ringraziamento a quel dio di averlo salvato dal naufragio, che fece perire gra
questo il vocabolo col quale i greci ed i romani denotavano i soldati di marina. Nelle opere di Senofonte si trova dato un
quale i greci ed i romani denotavano i soldati di marina. Nelle opere di Senofonte si trova dato un simile nome ai guidato
a. Nelle opere di Senofonte si trova dato un simile nome ai guidatori di elefanti e di eammelli. 1717. Epibomo. — Nome di
di Senofonte si trova dato un simile nome ai guidatori di elefanti e di eammelli. 1717. Epibomo. — Nome di quel sacerdote
le nome ai guidatori di elefanti e di eammelli. 1717. Epibomo. — Nome di quel sacerdote di Cerere Eleusina, il quale assis
ri di elefanti e di eammelli. 1717. Epibomo. — Nome di quel sacerdote di Cerere Eleusina, il quale assisteva il Gerofante
Gerofante all’altare. 1718. Epicasta. — La stessa che Giocasta, madre di Edipo, la quale, al dire di Omero si appiccò per
Epicasta. — La stessa che Giocasta, madre di Edipo, la quale, al dire di Omero si appiccò per disperazione appena ebbe con
conoscenza dell’incesto da lei commesso. V. Edipo. La favola ricorda di un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed un
so. V. Edipo. La favola ricorda di un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed una delle mogli di Ercole da cui ebbe un
rda di un’altra Epicasta che fu figliuola di Egeo, ed una delle mogli di Ercole da cui ebbe un figliuolo chiamato Tessalo.
e da cui ebbe un figliuolo chiamato Tessalo. 1719. Epicaste. — Figlia di Calidone e di Eolia. Ella sposò il re Agenore, ch
un figliuolo chiamato Tessalo. 1719. Epicaste. — Figlia di Calidone e di Eolia. Ella sposò il re Agenore, che la rese madr
a di Calidone e di Eolia. Ella sposò il re Agenore, che la rese madre di Demonice e di Partaone. 1720. Epiclidie. — Feste
e di Eolia. Ella sposò il re Agenore, che la rese madre di Demonice e di Partaone. 1720. Epiclidie. — Feste che gli abitan
este che gli abitanti dell’Attica celebravano con gran pompa in onore di Cerere, in ringraziamento di aver loro insegnato
tica celebravano con gran pompa in onore di Cerere, in ringraziamento di aver loro insegnato l’agricoltura. 1721. Epicrene
l’anno, intorno alle principali fontane. 1722. Epicurio. — Soprannome di Apollo nella significazione di benefico, avendo q
fontane. 1722. Epicurio. — Soprannome di Apollo nella significazione di benefico, avendo questo dio liberata l’Arcadia da
tessa ragione, aveva Apollo un tempio dedicato al suo culto nel borgo di Bassa, ove veniva adorato con la stessa denominaz
a adorato con la stessa denominazione. 1723. Epidauria. — Nella città di Epidauro, e poscia in Atene si celebrava una fest
i Epidauro, e poscia in Atene si celebrava una festa annuale in onore di Esculapio alla quale si dava il nome di Epidauria
va una festa annuale in onore di Esculapio alla quale si dava il nome di Epidauria, in commemorazione della città ove da p
re nell’antichità sotto lo stesso nome. La cronaca mitologica ricorda di un’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e di Eva
me. La cronaca mitologica ricorda di un’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e di Evadne, il quale dette il suo nome a qu
naca mitologica ricorda di un’altro Epidauro, che fu figlio di Argo e di Evadne, il quale dette il suo nome a quella contr
’Argolide detta perciò Epidauro. 1725. Epidelio. — Uno dei soprannomi di Apollo. Narra la cronaca che quando Menofane coma
i di Apollo. Narra la cronaca che quando Menofane comandava la flotta di Mitridate, essendosi impadronito dell’isola di De
ne comandava la flotta di Mitridate, essendosi impadronito dell’isola di Delo, la pose a sacco, e gettò nel mare la statua
onito dell’isola di Delo, la pose a sacco, e gettò nel mare la statua di quel Dio, la quale però lungi dal sommergersi, fu
erò lungi dal sommergersi, fu spinta dalle onde vicino al promontorio di Malia sulle spiagge della Laconia. I Lacedemoni p
ll’istesso luogo ove si era fermata la statua, sotto la denominazione di Epidelio quasi a dinotare vemito da Delo, come su
lo, come suona in greco quella parola. 1726. Epidemie. — Gli abitanti di Delo e di Mileto ; celebravano in onore di Apollo
uona in greco quella parola. 1726. Epidemie. — Gli abitanti di Delo e di Mileto ; celebravano in onore di Apollo, una fest
. Epidemie. — Gli abitanti di Delo e di Mileto ; celebravano in onore di Apollo, una festa, così chiamata, come quelli di
celebravano in onore di Apollo, una festa, così chiamata, come quelli di Argo, ne celebravano in onore di Giunone a cui da
na festa, così chiamata, come quelli di Argo, ne celebravano in onore di Giunone a cui davano la stessa denominazione. Gli
rescenza dei bambini. Giove stesso considerato come il supremo datore di ogni bene, veniva adorato particolarmente dagli a
o datore di ogni bene, veniva adorato particolarmente dagli abitatori di Mantinea, i quali gli dedicarono un tempio sotto
abitatori di Mantinea, i quali gli dedicarono un tempio sotto il nome di Giove Epidote. Presso i greci veniva data questa
balenare dei lampi. 1729. Epigeo. — Fu figliuolo d’Ipsisto e frate’o di Gea. Egli in seguito fu chiamato Urano, ossia il
i si chiamava la guerra degli Epigoni quella che fecero i discendenti di coloro che erano morti alla prima guerra di Tebe,
che fecero i discendenti di coloro che erano morti alla prima guerra di Tebe, combattuta dieci anni prima di questa, a cu
he erano morti alla prima guerra di Tebe, combattuta dieci anni prima di questa, a cui fu dato il nome degli Epigoni. 1732
3. Epimeletti. — Si dava questo nome collettivo ai ministri del culto di Cerere, i quali, durante le funzioni sacre e le c
el culto di Cerere, i quali, durante le funzioni sacre e le cerimonie di quella dea, erano addetti particolarmente alla pe
lla persona del re. 1734. Epimeni. — Presso gli Ateniesi, al ricadere di ogni novilunio, si celebravano dei sagriflzii a c
o Epimenede. — Celebre indovino dei Cretesi, il quale visse ai tempi di Solone. La cronaca mitologica racconta di lui, ch
si, il quale visse ai tempi di Solone. La cronaca mitologica racconta di lui, che nella sua gioventù avendolo suo padre po
n una caverna fu sorpreso da un profondo sonno che durò per lo spazio di cinquantasette anni. Destato da un forte strepito
venuta s’incaminò alla volta del suo villaggio. Estremamente sorpreso di trovar tutto cangiato, rinvenne dopo molte ricerc
osciuto dall’ultimo dei suoi fratelli, che egli avea lasciato bambino di pochi anni, e che ritrovava vecchio, ed al quale
degli dei, e lo interrogarono come un oracolo. Essendo, in quel torno di tempo, scoppiata una terribile pestilenza in Aten
, persuasi che offerendo ai numi nn sacrificio espiatorio per le mani di lui, il flagello sarebbe cessato. Infatti, offert
flagello sarebbe cessato. Infatti, offerto da Epimenide un sacrificio di agnelli bianchi e neri, la peste finì. Gli Atenie
allora vollero ricompensare Epimenide, offerendogli un’ingente somma di danaro, che egli ricusò, accettando solo un ramos
gente somma di danaro, che egli ricusò, accettando solo un ramoscello di alloro. 1736. Epimeteo. — Vocabolo che nel lingua
o significa che non riflette se non dopo il fallo. Era questo il nome di un figliuolo del Titano Giapeto e di Climene, e f
opo il fallo. Era questo il nome di un figliuolo del Titano Giapeto e di Climene, e fratello di Prometeo, il quale avea co
o il nome di un figliuolo del Titano Giapeto e di Climene, e fratello di Prometeo, il quale avea consigliato Epimeteo a no
llo ed accolse il falal dono che Giove gli fece inviandogli per mezzo di Mercurio la bella Pandora che egli sposò e che lo
mezzo di Mercurio la bella Pandora che egli sposò e che lo rese padre di Pirra. Vedendo però Giove che ad altro non era ri
pinicio. — Si dava questo nome ad un inno che gli antichi costumavano di cantare per celebrare le vittorie riportate in gu
con l’Epiodia canzone funebre, alla quale davasi comunemente il nome di Nenia e che si cantava ai funerali. 1739. Epione.
il nome di Nenia e che si cantava ai funerali. 1739. Epione. — Moglie di Esculapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra g
ulapio da cui egli ebbe varii figliuoli. Fra gli uomini i più celebri di essi furono Podalisio e Macaone ; e fra le femmin
gli Ateniesi avevan dato questo nome ad una statua altissima formata, di tre corpi in uno, ch’essi avevano consacrato ad E
Ecate e che rassomigliava molto ad una torre. 1741. Epipola. — Nome di una giovanetta, figlia di un greco chiamato Trach
molto ad una torre. 1741. Epipola. — Nome di una giovanetta, figlia di un greco chiamato Trachione. Narra la cronaca che
dell’oltraggio che Paride aveva fatto a tutti i greci, col rapimento di Elena, travestitasi da uomo, andò come semplice s
Elena, travestitasi da uomo, andò come semplice soldato, all’assedio di Troja. Essendo stata in un conflitto riconosciuta
a festa delle barche, che si celebrava con grande apparato nell’isola di Rodi. 1744. Episcira. — Ai 12 del mese di Scirofo
grande apparato nell’isola di Rodi. 1744. Episcira. — Ai 12 del mese di Sciroforione (Maggio) celebravasi nella città di
ra. — Ai 12 del mese di Sciroforione (Maggio) celebravasi nella città di Atene, una solennità religiosa in onore di Minerv
o) celebravasi nella città di Atene, una solennità religiosa in onore di Minerva Scirade, così detta dal tempio ch’ella av
erva Scirade, così detta dal tempio ch’ella aveva nella piccola città di Sciro. È opinione di pregevoli scrittori, che que
tta dal tempio ch’ella aveva nella piccola città di Sciro. È opinione di pregevoli scrittori, che questa solennità venisse
in tale congiuntura. 1745. Epitide. — Soprannome dato a Posiponte ajo di Ascanio figlio d’Enea : veniva così detto da Epit
746. Epitembia. — Una tale qualificazione si trovava aggiunta al nome di Venere sull’iscrizione del piedestallo della stat
crizione del piedestallo della statua che questa dea aveva nel tempio di Delfo, per indicare che essa che come dea degli a
fine tutto ciò che ha principio. 1747. Epitragie. — Altro soprannome di Venere col quale si voleva ricordare un fatto avv
fatto avvenuto a Teseo mentre sacrificava a quella dea. L’eroe prima di far vela per l’isola di Creta, offri a Venere una
mentre sacrificava a quella dea. L’eroe prima di far vela per l’isola di Creta, offri a Venere una capra, la quale istanta
pra, la quale istantaneamente congiossi in capro. Gli Elei in memoria di ciò rappresentarono Teseo a cavallo ad un capro,
rappresentarono Teseo a cavallo ad un capro, e lo chiamarono col nome di Epitragie, che significa popolare. 1748. Epizelo.
pitragie, che significa popolare. 1748. Epizelo. — Era questo il nome di un soldato greco, nativo di Atene, il quale alla
lare. 1748. Epizelo. — Era questo il nome di un soldato greco, nativo di Atene, il quale alla battaglia di Maratona fu imp
il nome di un soldato greco, nativo di Atene, il quale alla battaglia di Maratona fu improvvisamente colpito di cecità, se
Atene, il quale alla battaglia di Maratona fu improvvisamente colpito di cecità, senza aver ricevuto alcuna ferita. Erodot
olpito di cecità, senza aver ricevuto alcuna ferita. Erodoto racconta di lui, sotto il manto della tradizione, che mentre
la tradizione, che mentre si aggirava pel campo, gli comparve un uomo di una grande statura, e con lunga barba nera, e che
come chiamarono Ippona quella dei cavalli. In quasi tutte le scuderie di Roma si trovava il simulacro di queste divinità.
i cavalli. In quasi tutte le scuderie di Roma si trovava il simulacro di queste divinità. 1750. Epopeo. — Dalla ninfa Cana
un figlio che chiamò con questo nome. Divenuto adulto, Epopeo, dotato di un animo ambizioso ed irrequieto, si recò in Tess
quieto, si recò in Tessaglia e fermossi per qualche tempo nella città di Sicione di cui Corace era re. Quivi, profittando
recò in Tessaglia e fermossi per qualche tempo nella città di Sicione di cui Corace era re. Quivi, profittando con grande
o con grande avvedutezza e coraggio, delle inimicizie che le crudeltà di Corace avevano accese nei suoi sudditi, lo detron
izzò, ed aggiunse in breve tempo ai suoi novelli stati anche la città di Corinto. Finalmente avendo sedotta Antiope, figli
la città di Corinto. Finalmente avendo sedotta Antiope, figlia del re di Tebe, Nitteo, si vide costretto a sostenere una g
a sua volta mori vittima dei colpi ricevuti da Epopeo, mentre tentava di ucciderlo. Epopeo lasciò due figli avuti da Antio
erlo. Epopeo lasciò due figli avuti da Antiope ai quali dette il nome di Anfione e Zeto ; e fabbricò inoltre un tempio a M
, scaturire dal tempio che egli stesso le aveva innalzata una fontana di olio. 1751. Epopte. — Era questo il titolo che si
te. — Era questo il titolo che si dava all’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso di assister
l’ultimo iniziato ai misteri di Eleusi, ed al quale solo era permesso di assistere alle più segrete cerimonie, cosa che no
ete cerimonie, cosa che non ottenevasi se non dopo un lungo noviziato di cinque anni, durante il quale tempo non si poteva
entrare nel santuario del tempio, ma bisognava rimanere nel vestibolo di esso. Nei misteri del culto Eleusino vi erano per
onie talmente occulte, alle quali non era concesso neanche all’Epopte di assistere, concessione questa, data ai soli sacer
soli sacerdoti. 1752. Epuloni. — I romani avevano istituito un ordine di sacri ministri, i quali avevano l’incarico specia
uito un ordine di sacri ministri, i quali avevano l’incarico speciale di preparare il banchetto a cui si credeva che gli d
arecchiato solo per essi. I sacerdoti Epuloni godevano del privilegio di vedere esenti le loro figliuole dall’essere Vesta
tali ; e a somiglianza dei pontefici essi vestivano una tunica orlata di porpora. 1753. Equestre. — Soprannome dato alla F
quale questa divinità aveva un tempio a lei edificato nel nono rione di Roma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il quale f
oma dal pretore Quinto Fulvio Flacco, il quale fece voto a quella dea di fabbricarle un tempio se avesse avuto la vittoria
battaglia fosse decisiva, dette ordine ai suoi soldati che al momento di caricare avessero tolte le briglie ai cavalli. Qu
sse quant altri mai, magnifico e splendido, fece togliere le grondaje di marmo che ricoprivano il tempio di Giunone Lucini
lendido, fece togliere le grondaje di marmo che ricoprivano il tempio di Giunone Lucinia, negli Abbruzzi, e dette ordine c
se a quest’atto che riteneva come un sacrilegio e Quinto fu obbligato di far riportare le grondaje là dove erano state tol
irie. — Romolo dette questo nome alle feste da lui istituite in onore di Marte, dio della guerra. Nel giorno 26 del mese d
istituite in onore di Marte, dio della guerra. Nel giorno 26 del mese di Febbrajo, che ricadeva nel periodo di questa sole
guerra. Nel giorno 26 del mese di Febbrajo, che ricadeva nel periodo di questa solennità, si facevano le corse dei cavall
a bilancia nell’altra. Assai sovente si confondea con Astrea. Al dire di Pindaro l’Equità fu madre di tre figliuole che fu
sovente si confondea con Astrea. Al dire di Pindaro l’Equità fu madre di tre figliuole che furono Eunomia. Dice e la Pace.
6. Era. — Discordi sono le opinioni dei mitologi su questo soprannome di Giunone, imperocchè alcuni vogliono che venisse d
guardata come l’aria deificata. Il certo si è che in Grecia il tempio di Giunone chiamavasi Ereone, e le feste di lei Eree
si è che in Grecia il tempio di Giunone chiamavasi Ereone, e le feste di lei Eree. 1757. Eracle. — In Grecia si dava cotes
iche che Giunone fece intraprendere a questo eroe, furono a lui fonte di rinomanza e di gloria. La parola Eracle deriva da
e fece intraprendere a questo eroe, furono a lui fonte di rinomanza e di gloria. La parola Eracle deriva da due vocaboli g
lea. — Sul monte Oeta dove la cronaca ripete che sorgesse il sepolcro di Ercole, si celebravano alcune feste in onore di q
sorgesse il sepolcro di Ercole, si celebravano alcune feste in onore di quell’eroe e che in memoria di lui furono istitui
, si celebravano alcune feste in onore di quell’eroe e che in memoria di lui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Erac
n onore di quell’eroe e che in memoria di lui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Eraclea era anche il nome di una ci
ui furono istituite dal re di Tebe Menezio. Eraclea era anche il nome di una città della Friotide, nella quale la tradizio
Ercole si abbruciò. 1759. Eraclidi. — Nome collettivo dei discendenti di Ercole. Narrano gli scrittori della favola che Eu
o gli scrittori della favola che Euristeo, re d’Argo, non soddisfatto di veder morto Ercole, volle sterminare anche i disc
ddisfatto di veder morto Ercole, volle sterminare anche i discendenti di lui. Perseguitò dunque i figli ed i nipoti di que
are anche i discendenti di lui. Perseguitò dunque i figli ed i nipoti di quell’eroe, di terra in terra, di provincia in pr
cendenti di lui. Perseguitò dunque i figli ed i nipoti di quell’eroe, di terra in terra, di provincia in provincia e fino
rseguitò dunque i figli ed i nipoti di quell’eroe, di terra in terra, di provincia in provincia e fino in Atene, nel centr
entro della Grecia, ov’essi si erano ricoverati, intorno ad un altare di Giove, Euristeo non ebbe ritegno di attaccarli co
ricoverati, intorno ad un altare di Giove, Euristeo non ebbe ritegno di attaccarli coi suoi seguaci. Ma gli Ateniesi pres
attamente il loro esercito, che essi spaventati ricorsero all’oracolo di Delfo, onde sapere il mezzo di far cessare il fla
essi spaventati ricorsero all’oracolo di Delfo, onde sapere il mezzo di far cessare il flagello. L’oracolo rispose ch’es
lla risposta dell’oracolo. Infatti non fu che un secolo dopo la morte di Euristeo, che gli Eraclidi poterono finalmente oc
no finalmente occupare quelle contrade tanto contrastate. A proposito di ciò le cronache mitologiche ricordano di uno stra
nto contrastate. A proposito di ciò le cronache mitologiche ricordano di uno strano avvenimento. È detto che gli Eraclidi
pedizione, avessero consultato l’oracolo, e che questo imponesse loro di prendere per capo un uomo che avesse tre occhi. N
a, il quale era guercio d’un occhio e faceva la sua strada montato su di un cavallo. Essi, allora, ritennero Ossilo come i
e lo scelsero a loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè di coraggio nè di senno, si resero padroni di Lacede
loro capo e sotto i suoi ordini, non mancando egli nè di coraggio nè di senno, si resero padroni di Lacedemone, di Corint
dini, non mancando egli nè di coraggio nè di senno, si resero padroni di Lacedemone, di Corinto, d’Argo e di Micene ponend
ndo egli nè di coraggio nè di senno, si resero padroni di Lacedemone, di Corinto, d’Argo e di Micene ponendo così le basi
io nè di senno, si resero padroni di Lacedemone, di Corinto, d’Argo e di Micene ponendo così le basi a quel ristabilimento
i aveva nome il sagrifizio che si faceva a Giunone nella celebrazione di un matrimonio. Secondo la formola antica si sacri
sia lirica ed erotica. I romani l’invocavano particolarmente nel mese di aprile, consacrato all’amore. Erato, che d’amor
olce sospira Monti — La Musogonia — Canto 1762. Erceo. — Soprannome di Giove come protettore delle città e delle case. A
— Soprannome di Giove come protettore delle città e delle case. Assai di sovente, nelle opere degli antichi scrittori, ven
vente, nelle opere degli antichi scrittori, vengono denotati col nome di Ercei gli dei Penati, forse nella significazione
denotati col nome di Ercei gli dei Penati, forse nella significazione di protettori delle famiglie. 1763. Ercina. — Figliu
ie. 1763. Ercina. — Figliuola del famoso Trofonio e compagna ed amica di Proserpina. Al dire di Pausania, essa aveva nella
liuola del famoso Trofonio e compagna ed amica di Proserpina. Al dire di Pausania, essa aveva nella città di Lebadia, molt
a ed amica di Proserpina. Al dire di Pausania, essa aveva nella città di Lebadia, molte statue che la rappresentavano con
64. Ercole. — In greco Eraclide, ossia stipite degli Eraclidi. Ideale di un eroe la cui esistenza è tutta consacrata a suf
cui esistenza è tutta consacrata a suffragio dell’umanità, o a quello di una nazione. Le tradizioni favolose, relative a q
dissea, sono essenzialmente greche, non altrimenti che il nome stesso di Ercole. Infatti, se coteste tradizioni racchiudon
ano gloria e soccorso. Se, per contrario, la grande figura del figlio di Alemena, è la creazione dovuta ad un qualche poet
o di Alemena, è la creazione dovuta ad un qualche poeta, predecessore di Omero, la conseguenza storica è affatto la stessa
dea gli avea imposto fin dalla culla. Malgrado la formale asserzione di Erodoto, l’Ercole greco non può essere una copia,
’eroica grandezza ; e finalmente il mito relativo al famoso figliuolo di Alcmena, à una tinta particolarmente greca, che a
larmente greca, che armonizza con grande concordia tanto coll’assieme di tutta la configurazione mitologica, quanto coi si
dettagli della concezione primitiva. Per metter d’accordo la opinione di Erodoto, con quanto ci detta il ragionamento e la
egiziani potevano avere una ampia conoscenza, e forse anche un culto di religioso rispetto per l’Ercole greco, per mezzo
culto di religioso rispetto per l’Ercole greco, per mezzo dei popoli di questa nazione che emigrarono in Egitto. Quanto a
emigrarono in Egitto. Quanto a Melkarth, divinità Fenicia, che assai di sovente viene identificata con l’eroe greco, la s
entificata con l’eroe greco, la si può relegare, come Som, nel numero di quelle locali e particolari divinità, che un ciec
numero di quelle locali e particolari divinità, che un cieco spirito di sistema à potuto, per una strana aberrazione, par
cole greco non à nulla in se stesso, e nelle sue opere, che lo riveli di una indole di colono ; e nè si palesa costantemen
à nulla in se stesso, e nelle sue opere, che lo riveli di una indole di colono ; e nè si palesa costantemente, nel mito O
umerosa flottiglia per attaccare Ilione, (secondo la erronea opinione di varii moderni mitologi,) egli, accompagnato da un
e di varii moderni mitologi,) egli, accompagnato da un piccolo numero di soldati e di marinai, muove al famoso assedio. In
derni mitologi,) egli, accompagnato da un piccolo numero di soldati e di marinai, muove al famoso assedio. In ciò non v’è
ssedio. In ciò non v’è nulla che possa a ver riguardo alla formazione di una colonia marittima, ed i moderni scrittori àn
azione di una colonia marittima, ed i moderni scrittori àn dato prova di una lodevole penetrazione storica, sforzandosi in
ova di una lodevole penetrazione storica, sforzandosi instintivamente di stabilire la origine greca degli eroi favolosi, i
nentemente greco) ; che egli ricevette poi a causa delle persecuzioni di Giunone, o per ordine dell’oracolo, il nome di Er
usa delle persecuzioni di Giunone, o per ordine dell’oracolo, il nome di Ercole, col quale dovea conquistare tanta glorios
tanta gloriosa rinomanza. Da tuttociò si rivela nettamente la volontà di difendere la nazionalità, l’originalità di una cr
vela nettamente la volontà di difendere la nazionalità, l’originalità di una creazione, che è quanto lo spirito inventivo
è quanto lo spirito inventivo dell’antica Grecia poetica, à prodotto di più grande e di più bello. D’altra parte, riporta
rito inventivo dell’antica Grecia poetica, à prodotto di più grande e di più bello. D’altra parte, riportando la studiosa
a primitiva infanzia dei popoli, si scorgerà sempre in essa la figura di un qualche benefico eroe, appartenente al primo p
’Ercole greco. Omero, nei suoi immortali poemi, non ci rivela traccia di una origine straniera o di diversi Ercoli : tutti
uoi immortali poemi, non ci rivela traccia di una origine straniera o di diversi Ercoli : tutti i tratti caratteristici de
nte greci, rimanendo persino spoglio l’eroe della tradizionale tunica di pelle e della clava, attributi egiziani di cui lo
della tradizionale tunica di pelle e della clava, attributi egiziani di cui lo si è voluto fregiare in prosieguo. L’inno
nell’Iliade e nell’Odissea. Allorquando i poeti delle età successive di Omero ebbero considerevolmente ingrandito la sfer
e l’enorme fardello delle tradizioni mistiche, accumulate sulla testa di un solo eroe, avesse troppo impicciolite le altre
fusione che naturalmente dovea portar seco codesta ampia suddivisione di un sol mito, fu sempreppiù aumentata dalla tenden
isione di un sol mito, fu sempreppiù aumentata dalla tendenza viziosa di ridurre alle proporzioni umane, le grandiose figu
ridurre alle proporzioni umane, le grandiose figure dei tempi eroici, di cui andò completamente smarrito o gravemente alte
o o gravemente alterato, il primitivo senso profondo e poetico. Prima di passare alla esposizione dei differenti fatti che
ull’Ercole greco, noi richiameremo l’attenzione dei nostri lettori su di un passo delle opere di Erodoto, la confutazione
chiameremo l’attenzione dei nostri lettori su di un passo delle opere di Erodoto, la confutazione del quale ci servirà di
un passo delle opere di Erodoto, la confutazione del quale ci servirà di chiusa a questo breve cenno. Questo storico fa me
ci servirà di chiusa a questo breve cenno. Questo storico fa menzione di due Ercoli, uno egiziano e l’altro fenicio, costi
cole greco. A questo proposito emerge nitida e sfolgorante l’opinione di Plutarco, il quale ricorda che tanto Omero, quand
o altro Ercole, che quello dell’antica Grecia. Vero è che nelle opere di Esiodo si trova qualche traccia delle tradizioni
izza in certo modo con l’Ercole greco. Cicerone conta fino a sei eroi di questo nome ; Lidio ne conta sette, e Varone non
o a sei eroi di questo nome ; Lidio ne conta sette, e Varone non meno di quarantatrè. È chiaro per altro che un tale siste
l mito. La tradizione favolosa ci presenta l’Ercole greco come figlio di Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la quale lo par
tradizione favolosa ci presenta l’Ercole greco come figlio di Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la quale lo partorì nella
di Giove e di Alemena (Vedi Alemena) la quale lo partorì nella città di Tebe in Beozia, Ercole è il tipo perfetto di un e
e lo partorì nella città di Tebe in Beozia, Ercole è il tipo perfetto di un eroe benefico che consacra la sua vita al bene
à ; e in pari tempo il più celebre guerriero dei tempi eroici. Dotato di un coraggio e di una forza prodigiosa egli spinge
po il più celebre guerriero dei tempi eroici. Dotato di un coraggio e di una forza prodigiosa egli spinge talvolta la sua
i quali per altro egli si sottopone durante tutta la sua vita. L’odio di Giunone, suscitandogli delle interminabili persec
Il cerchio del suo pellegrinaggio non si estende, ciò non ostante, al di là della Grecia e dell’Asia minore. Giunone allor
il quale lasciando la sua spoglia mortale, che va ad abitare i regni di Plutone, s’innalza nell’Olimpo, ove al fianco di
a ad abitare i regni di Plutone, s’innalza nell’Olimpo, ove al fianco di Ebe, dea della gioventù, sfolgora di una luce imm
nalza nell’Olimpo, ove al fianco di Ebe, dea della gioventù, sfolgora di una luce immortale fra le altre divinità. Tali so
ivinità. Tali sono almeno i tratti principali della storia mitologica di questo eroe. Ei grato ai Numi onorasi. E re d’el
enero. Là d’Ebe ottien l’amor. Pindaro — Odi Ismiche — Ode IV. trad. di G. Borghi. Le tradizioni moderne ci presentano E
me Giunse l’inclito figlio…. Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad. di F. Bellotti. Sua madre lo dette alla luce insiem
trad. di F. Bellotti. Sua madre lo dette alla luce insieme ad Ificlo di cui già si trovava in cinta essendo moglie di Anf
luce insieme ad Ificlo di cui già si trovava in cinta essendo moglie di Anfitrione re di Tebe, le cui sembianze Giove ave
Ificlo di cui già si trovava in cinta essendo moglie di Anfitrione re di Tebe, le cui sembianze Giove aveva assunto per av
e cui sembianze Giove aveva assunto per avere l’amplesso della moglie di lui. Nato dopo di Ificlo, Ercole fu privato, per
ove aveva assunto per avere l’amplesso della moglie di lui. Nato dopo di Ificlo, Ercole fu privato, per gelosia di Giunone
la moglie di lui. Nato dopo di Ificlo, Ercole fu privato, per gelosia di Giunone, del dritto di successione al trono del s
dopo di Ificlo, Ercole fu privato, per gelosia di Giunone, del dritto di successione al trono del supposto suo padre : Gio
sto suo padre : Giove non potendo rimediare al già fatto, si contentò di stabilire fin dall’infanzia di Ercole che questi
do rimediare al già fatto, si contentò di stabilire fin dall’infanzia di Ercole che questi sarebbe annoverato fra gli immo
mmortali dopo la sua morte. Ma la gelosa Giunone desiderando la morte di lui, mandò due enormi serpenti onde Ercole, ancor
rangolati gli divelle in brani. Pindaro — Le odi Nemee — Ode I trad. di G. Borchi. Questa tradizione è per altro complet
tutte le volte che non si voglia vedere in essa il simbolo mitologico di una forza fisica, straordinariamente sviluppata f
pira avrà il suo frale. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Ercole fu allevato nella città di
Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Ercole fu allevato nella città di Tebe, e Diodoro racconta, che Alcmena sua madre,
Diodoro racconta, che Alcmena sua madre, spaventata dalgeloso furore di Giunone, avesse nascosto il fanciullo in un campo
u raccolto da Minerva la quale lo rese alla madre. Secondo l’opinione di altri scrittori, Mercurio portò il neonato nell’O
e profittando del sonno in cui era immersa Giunone lo depose sul seno di lei. Giunone al suo svegliarsi strappò violenteme
estri, fra cui il primo fu Anfitrione il quale, sebbene si accorgesse di non essere suo padre, pure lo accettò come figlio
n essere suo padre, pure lo accettò come figlio, e gli insegnò l’arte di condurre i destrieri. Il trar cavalli al cocchio
cocchio giunti in corso. E alla meta piegar sicuri e illesi Gli assi di rota, insegnò pure al figlio Con dolce cura Anfit
cura Anfitrion medesmo. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Arpalico gli insegnò la lotta. I
tor trovaro A terra chini maestrie dell’arte, Tutte imparò dal figlio di Mercurio Dal Fanopeo Arpalico…… Teocrito — L’Erc
E a dirizzar gli strali. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV trad. di G. M. Pagnini. Castore e Polluce, negli esercizi
l Cavalcante Castore….. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Eumolpo nella musica ; …. e cant
ica ; …. e cantor fello Eumolpo Filammonide, e addestrogli Su cetera di busso ambe le mani. Teocrito — L’Ercoletto — Idi
a di busso ambe le mani. Teocrito — L’Ercoletto — Idillio XXIV.trad. di G. M. Pagnini. Lino nelle scienze ; e finalmente
e lettere il fanciullo : Teorico — L’Ercoletto — Idillio XXIV. trad. di G. M. Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise c
trad. di G. M. Pagnini. Colpito da Lino, egli lo uccise con un colpo di lira per il quale fatto, richiamato innanzi ai Tr
unali, egli si difese, richiamando alla memoria dei giudici una legge di Radamanto stesso, la quale mandava assolto chiunq
ssolto chiunque avesse respinto la forza con la forza. In conseguenza di questa legge, egli fu assoluto ; ma Anfitrione, t
e, egli fu assoluto ; ma Anfitrione, temendo che l’indole irrascibile di lui, non lo avesse condotto a qualche male passo,
nelle campagne a custodire i suoi armenti. Ercole divenne ben presto di una forza e di nna statura colossale. Apollodoro
a custodire i suoi armenti. Ercole divenne ben presto di una forza e di nna statura colossale. Apollodoro gli dà un’ alte
i una forza e di nna statura colossale. Apollodoro gli dà un’ altezza di otto piedi cirea. Per contrario Pindaro ce lo riv
otto piedi cirea. Per contrario Pindaro ce lo rivela piuttosto basso di statura, ma di un coraggio e di una forza indomab
ea. Per contrario Pindaro ce lo rivela piuttosto basso di statura, ma di un coraggio e di una forza indomabile. Cosi d’Al
Pindaro ce lo rivela piuttosto basso di statura, ma di un coraggio e di una forza indomabile. Cosi d’Alemena il figlio N
rme avea. Ma infaticabil animo. Pindaro — Odi Ismiche — Ode IV trad. di G. Borchi. A dieciotto anni, uccise un leone che
resto la tradizione del leone del monte Citerone, non è che una copia di quella del leone Nemeo, la cui pelle riveste l’Er
to eroe dell’antichità pagana, riporteremo un breve passo delle opere di Senofonte. « Ercole essendo divenuto adulto si ri
adulto si ridusse in un luogo appartato onde riflettere a qual genere di vita si sarebbe dato : allora gli apparvero due d
qual genere di vita si sarebbe dato : allora gli apparvero due donne di grande statura di cui una bellissima, che era la
ta si sarebbe dato : allora gli apparvero due donne di grande statura di cui una bellissima, che era la Virtù, aveva il vo
cui una bellissima, che era la Virtù, aveva il volto maestoso e pieno di dignità, il pudore nei suoi sguardi, la modestia
ore nei suoi sguardi, la modestia nei suoi movimenti ed era rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, che era la Vol
a rivestita di una tunica bianchissima ; l’altra, che era la Voluttà, di forme provocanti e marcate e vestita di abiti mag
l’altra, che era la Voluttà, di forme provocanti e marcate e vestita di abiti magnifici. Questa cercò di attirare a sè Er
forme provocanti e marcate e vestita di abiti magnifici. Questa cercò di attirare a sè Ercole ma egli la respinse e si dec
combattimento che valse ad Ercole, in premio del suo valore, la mano di Megara figlia di Creonte. Diodoro dice nelle sue
e valse ad Ercole, in premio del suo valore, la mano di Megara figlia di Creonte. Diodoro dice nelle sue opere, che Ercole
se vincitore in questa battaglia perchè impedì alla cavalleria nemica di agire, mediante gran numero di rocce e di scogli
a perchè impedì alla cavalleria nemica di agire, mediante gran numero di rocce e di scogli che egli, con la sua forza sopr
pedì alla cavalleria nemica di agire, mediante gran numero di rocce e di scogli che egli, con la sua forza soprannaturale,
zione contro Ergino, Ercole, continuamente perseguitato dalla gelosia di Giunone, fu per opera di lei colpito di furore, e
le, continuamente perseguitato dalla gelosia di Giunone, fu per opera di lei colpito di furore, e in un accesso di delirio
te perseguitato dalla gelosia di Giunone, fu per opera di lei colpito di furore, e in un accesso di delirio gettò nel fuoc
ia di Giunone, fu per opera di lei colpito di furore, e in un accesso di delirio gettò nel fuoco i figli che aveva avuto d
ò nel fuoco i figli che aveva avuto da Megara e due bambini figliuoli di Ificlo. Condannatosi volontariamente all’esilio p
olo, per sapere il luogo che dovesse abitare, e fu, secondo il parere di Apollodoro, in questa città che egli ricevette pe
a città che egli ricevette per la prima volta dalla Pitonessa il nome di Ercole. L’Oracolo gli rispose di dimorare in Tiri
prima volta dalla Pitonessa il nome di Ercole. L’Oracolo gli rispose di dimorare in Tirinto, di servire Euristeo durante
essa il nome di Ercole. L’Oracolo gli rispose di dimorare in Tirinto, di servire Euristeo durante lo spazio di dodici anni
rispose di dimorare in Tirinto, di servire Euristeo durante lo spazio di dodici anni, di compiere i travagli che gli verre
are in Tirinto, di servire Euristeo durante lo spazio di dodici anni, di compiere i travagli che gli verrebbero imposti, e
sulle opinioni tradizionali che riguardano il periodo della esistenza di Ercole che precede il tempo che egli passò presso
sso Euristeo. Essi sono soprattutto discordi sulla causa della follia di Ercole. Secondo Euripide, il delirio non lo colpì
egli uccise Megara e i suoi figli, ma cadde egli stesso sotto il peso di un’enorme pietra che Minerva gli lanciò, onde raf
ribile furore. Pindaro si accorda con Euripide per far perire i figli di Ercole sotto le frecce del suo arco micidiale. Se
iodoro, Giunone sofflò il delirio della follia nella mente del figlio di Alemena, dopo la riposta dell’oracolo. Altri pret
dell’oracolo. Altri pretende che avendo Ercole domandato all’oracolo di Apollo il mezzo di purificarsi della uccisione de
i pretende che avendo Ercole domandato all’oracolo di Apollo il mezzo di purificarsi della uccisione dei proprî figli, e n
, e non lo avesse rimesso al suo posto che dietro un assoluto comando di Giove, per la qual cosa, (come vedremo in prosieg
vesse venduto ad Onfale. La generalità degli autori non va similmente di accordo sulla causa della subordinazione di Ercol
autori non va similmente di accordo sulla causa della subordinazione di Ercole ad Euristeo. La tradizione Omerica accenna
ione di Ercole ad Euristeo. La tradizione Omerica accenna, ragionando di questa subordinazione, alla costante inimicizia d
ccenna, ragionando di questa subordinazione, alla costante inimicizia di Giunone. Altri rapporta come, volendo espiare l’u
do espiare l’uccisione dei suoi figli, egli avesse seguito il comando di Apollo, e si fosse in conseguenza sottomesso ad E
lmente una terza tradizione dice che Euristeo, mosso da un sentimento di gelosia, per la gloria che Ercole si acquistava,
, per la gloria che Ercole si acquistava, lo avesse richiamato presso di sè ; e che Giove avesse imposto ad Ercole di ubbi
avesse richiamato presso di sè ; e che Giove avesse imposto ad Ercole di ubbidire, promettendogli la immortalità. Piegando
voce dell’oracolo, Ercole si rese a Tirinto onde ricevere gli ordini di Euristeo. La più generale e la più ricevuta delle
lla che egli eseguisse le sue celebri dodici fatiche, e che in premio di esse, avesse ottenuta la immortalità ; ma nè Omer
immortalità ; ma nè Omero, nè gli antichi poeti greci fanno menzione di questo numero determinato, il quale fu, con ogni
dell’Ercole greco, con l’Ercole egizia no, il quale nella sua qualità di Dio-Sole, passa per i dodici segni dello Zodiaco.
esso presso tutti i cronisti della favola, che il tempo del servaggio di Ercole, à secondo alcuni la durata di dodici anni
ola, che il tempo del servaggio di Ercole, à secondo alcuni la durata di dodici anni, e secondo altri quella di otto anni
le, à secondo alcuni la durata di dodici anni, e secondo altri quella di otto anni ed un mese. Confidando nel suo coraggio
il soccorso e la protezione degli dei. Infatti, Mercurio lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vu
tezione degli dei. Infatti, Mercurio lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vulcano di una corazza
Infatti, Mercurio lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di
lo presenta di una spada, Apollo di un gran numero di frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi
lo di un gran numero di frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo b
umero di frecce, Vulcano di una corazza d’oro, Minerva di un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidab
i un mantello di nubi, ed egli stesso arma il suo braccio formidabile di una poderosa clava, tagliata da un secolare alber
intero svelsi Con le dense radici….. Teocrito — Idillio — XXV. trad. di G. M. Pagnini. Gioverà qui notare che la maggior
otto due aspetti particolari. L’Ercole essenzialmente greco, è armato di armi greche come il casco, le frecce, lo scudo, l
casco, le frecce, lo scudo, la lancia e finalmente la corazza, opera di un Do. Egli tira d’arco con impareggiabile destre
stomerico giunto, l’Ercole naturalizzato, vale a dire quello egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito di un
rcole naturalizzato, vale a dire quello egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito di una pelle di leone, spo
a dire quello egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito di una pelle di leone, spoglia opima tolta dal suo v
egiziano di nascita, è armato di una clava, e rivestito di una pelle di leone, spoglia opima tolta dal suo valore all’ucc
ontro a Marte Lacerator de’ corpi….. Teocrito — Idillio — XXV. trad. di G. M. Pagnini. Fra i poeti greci Stesicore e Pis
al modo. Seguendo Apollonio, la sua clava fatta d’acciaio era un dono di Vulcano ; secondo altri scrittori era un ramo d’o
osi un giorno l’eroe appoggiato contro una colonna innalzata in onore di Mercurio, nella città di Trezene, quella avesse p
ggiato contro una colonna innalzata in onore di Mercurio, nella città di Trezene, quella avesse preso radici, e avesse poi
ù generalizzata delle tradizioni, a tener parola delle dodici fatiche di Ercole, il compimento delle quali valse all’eroe
combattè e l’uccise, ma al suo ritorno in città, Euristeo gli impose di rimanere fuori le mura, essendo spaventato della
forza. Dopo questa impresa, Ercole combattè contro la terribile idra di Lerna, le cui sette teste rinascevano a misura ch
, dicendo che per uccidere l’idra egli aveva dovuto avere il soccorso di qualche nume. Per altro un vantaggio positivo ne
dall’uccisione del mostro, le sue frecce ebbero la terribile facoltà di fare delle ferite incurabili. Come terza fatica E
Cerinitide, che egli raggiunse al corso, e che portò viva nella città di Micene. Dopo di questo, combattè e vinse il cigna
egli raggiunse al corso, e che portò viva nella città di Micene. Dopo di questo, combattè e vinse il cignale di Erimanto,
va nella città di Micene. Dopo di questo, combattè e vinse il cignale di Erimanto, e mentre si recava nella Focide, le cui
ni Oh mani ! oh dorso ! oh petto ! oh braccia mie ! Foste pur voi che di Nemea l’orrendo Leon, feroce inaccessibil belva.
ur voi che di Nemea l’orrendo Leon, feroce inaccessibil belva. Terror di mandre e di pastori, a viva Forza uccideste ; e i
i Nemea l’orrendo Leon, feroce inaccessibil belva. Terror di mandre e di pastori, a viva Forza uccideste ; e il mostro d’E
di pastori, a viva Forza uccideste ; e il mostro d’Erimanto : L’idra di Lerna ; ed uno stuol di fiere. Che mezzo han d’uo
a uccideste ; e il mostro d’Erimanto : L’idra di Lerna ; ed uno stuol di fiere. Che mezzo han d’uomo e di destier natura,
nto : L’idra di Lerna ; ed uno stuol di fiere. Che mezzo han d’uomo e di destier natura, Trista, oltraggiosa, insopportabi
Cui sol legge è la forza….. Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. trad. di F. Bellotti. Le stalle di Augia, che Ercole dove
Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. trad. di F. Bellotti. Le stalle di Augia, che Ercole dovette nettare in un sol giorn
tra gloriosa azione, Ercole fu esiliato dal re Augia, il quale ricusò di dargli il premio promesso, e allora fu che Ercole
dargli il premio promesso, e allora fu che Ercole, resosi nella città di Oleno, ebbe a combattere contro il Centauro Eurit
l Centauro Euritione che voleva a viva forza sposare la figlia del re di quella contrada. Il brutale amante cadde sotto i
glia del re di quella contrada. Il brutale amante cadde sotto i colpi di Ercole, il quale tolse in moglie la giovane Mnesi
moglie la giovane Mnesimachea che più tardi aiutò Ercole a vendicarsi di Augia. Il toro di Creta fu un’altra delle fatiche
Mnesimachea che più tardi aiutò Ercole a vendicarsi di Augia. Il toro di Creta fu un’altra delle fatiche di Ercole. Seguen
ole a vendicarsi di Augia. Il toro di Creta fu un’altra delle fatiche di Ercole. Seguendo la opinione di alcuni scrittori,
ro di Creta fu un’altra delle fatiche di Ercole. Seguendo la opinione di alcuni scrittori, Minos re di quell’isola, avea p
fatiche di Ercole. Seguendo la opinione di alcuni scrittori, Minos re di quell’isola, avea promesso a Nettuno di sacrifica
di alcuni scrittori, Minos re di quell’isola, avea promesso a Nettuno di sacrificargli qualunque cosa fosse uscita dal mar
sse uscita dal mare, e che il dio delle acque, per provare la fedeltà di Minos, avesse fatto uscire dai flutti un toro di
r provare la fedeltà di Minos, avesse fatto uscire dai flutti un toro di una bellezza sorprendente. Minos colpito dalla st
doro dice che Ercole se ne servisse come cavalcatura e che montato su di esso traversò a nuoto il mare del Peloponneso. I
ontato su di esso traversò a nuoto il mare del Peloponneso. I cavalli di Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole
del Peloponneso. I cavalli di Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole, il quale dopo di essersene impadronito, f
i di Diomede, segnano un’altra delle fatiche di Ercole, il quale dopo di essersene impadronito, fondò la città di Abdera i
che di Ercole, il quale dopo di essersene impadronito, fondò la città di Abdera in onore del suo amico Abdero, ucciso in u
i impadroni del famoso scudo della loro regina. Il conquisto dei buoi di Gerione è un’altra delle grandi imprese di Ercole
ina. Il conquisto dei buoi di Gerione è un’altra delle grandi imprese di Ercole. Partito per impadronirsi di quegli arment
e è un’altra delle grandi imprese di Ercole. Partito per impadronirsi di quegli armenti, Ercole traversò l’ Europa, combat
fauci meraviglia a dirlo ! Vapori e nubi a vomitar si diede Di fumo, di caligine e di vampa, Tal che miste le tenebre col
lia a dirlo ! Vapori e nubi a vomitar si diede Di fumo, di caligine e di vampa, Tal che miste le tenebre col foco Togliean
’alma In un tempo gli estinse. virgilio. — Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. Traversando la contrada di Tartessia, e
lio. — Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. Traversando la contrada di Tartessia, egli innalzò due colonne in memoria de
sendo vivamente incomodato dai raggi infocati che il sole saettava su di lui, egli tese l’arco contro il Dio-Astro, il qua
contro il Dio-Astro, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò di una barca d’oro di cui si servi per attraversare
o, il quale ammirando il suo coraggio, lo presentò di una barca d’oro di cui si servi per attraversare l’Oceano. Giunto ad
traversare l’Oceano. Giunto ad Euritia egli s’impadronì degli armenti di Gerione, li mise nella sua barca e ritornato a Ta
è e vinse Alebione e Dercio i quali volevano appropriarsi gli armenti di cui egli s’era impadronito, avendo ucciso i suoi
era impadronito, avendo ucciso i suoi due nemici, si rese nella città di Tirrenia. Nella traversata uno dei suoi tori si s
Nella traversata uno dei suoi tori si sbandò, errando per le campagne di Reggio, ed uccise Ericio re di quella contrada. A
ori si sbandò, errando per le campagne di Reggio, ed uccise Ericio re di quella contrada. Avendo in seguito ritrovato il p
ondusse la maggior parte verso l’ Ellesponio. Un’altra delle fati che di Ercole fu la distruzione degli uccelli del lago S
ali con la loro prodigiosa quantità, oscuravano il sole. In prosieguo di tempo tolse i pomi d’oro dal giardino dell’ Esper
ì lo strano privilegio che a lui accordava la Terra, sua madre, cioè, di raddoppiargli le forze, ogni volta che egli tocca
Apollodoro. Un altro dei caratteri particolari dell’ Ercole greco, è di essere un gran bevitore, per il che lo si vede us
hi aveano simbolizzato codesta avidità del bere, la quale non à nulla di grossolano, quando si rapporta alla ruvida asprez
rta alla ruvida asprezza della vita eroica, per l’uso che essi aveano di vuotare completamente la coppa, nei sacrifizii ch
a unione con quella come disapprovata dagli dei. Seguendo la opinione di altri scrittori, Megara era già morta a quell’epo
à morta a quell’epoca, uccisa insieme ai suoi figli dalla mano stessa di Ercole. Poco tempo dopo il suo ritorno a Tebe, av
che il re Euriteo aveva levato un bando, col quale prometteva la mano di sua figlia Iole, a colui che lo avesse vinto, ins
o, Ercole si presentò alla disfida, ma il vinto re gli ricusò la mano di sua figlia. Tale è almeno la opinione di Apollodo
vinto re gli ricusò la mano di sua figlia. Tale è almeno la opinione di Apollodoro, la quale non si accorda con quanto ne
ccorda con quanto ne dice Sofocle, secondo cui Ercole, era già marito di Dejanira quando si presentò al combattimento di c
rcole, era già marito di Dejanira quando si presentò al combattimento di cui era premio la mano di Iole. Qualche tempo dop
ejanira quando si presentò al combattimento di cui era premio la mano di Iole. Qualche tempo dopo, viaggiando Ercole con I
mano di Iole. Qualche tempo dopo, viaggiando Ercole con Ifito figlio di Euriteo, lo uccise precipitandolo da una rupe, in
iglio di Euriteo, lo uccise precipitandolo da una rupe, in un momento di furore. Dall’eccelso pendio, mentre avea quegli
ento Non lo soffrono i numi. Sofocle — Le Trachinie — tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole errò più tempo vagando in tr
gedia trad. di F. Bellotti. Ercole errò più tempo vagando in traccia di avesse voluto purificarlo da quella uccisione, e
rese un tale servigio. Ciò non impedì per altro all’Eterna Giustizia, di seguire il suo immutabile corso, ed Ercole colpit
Delfo onde consultare quell’oracolo ; ma avendo la Pitonessa ricusato di rispondere alle domande di lui, Ercole rapì il sa
’oracolo ; ma avendo la Pitonessa ricusato di rispondere alle domande di lui, Ercole rapì il sacro Tripode, e si costituì
allora sdegnato scese dall’Olimpo, e si accingeva a combattere contro di lui, e già i due nemici erano uno di fronte all’a
si accingeva a combattere contro di lui, e già i due nemici erano uno di fronte all’altro, allorchè Giove li separò con un
erano uno di fronte all’altro, allorchè Giove li separò con un colpo di fulmine. L’oracolo novellamente interrogato, risp
allorchè sarebbe venduto come uno scbiavo, ed avrebbe dato il prezzo di quella vendita ad Euriteo, onde com pensarlo dell
prezzo di quella vendita ad Euriteo, onde com pensarlo della perdita di suo figlio, e si fosse in ultimo obbligato a rima
di suo figlio, e si fosse in ultimo obbligato a rimanere al servigio di lui durante tre anni. Ercole si sottomise e allor
allora fu che Mercurio lo vendette per tre talenti ad Onfale, regina di Lidia. Sofocle dice che l’eroe fu venduto per com
di Lidia. Sofocle dice che l’eroe fu venduto per comando dell’oracolo di Giove, e che la sua schiavitù non durò più di un
er comando dell’oracolo di Giove, e che la sua schiavitù non durò più di un anno. Comunque ciò sia il periodo passato da E
lezze dell’amore, altro non è che la confusione surta fra le opinioni di molti scrittori dell’antichità, i quali hanno ass
ra le opinioni di molti scrittori dell’antichità, i quali hanno assai di sovente scambiato l’ Ercole greco col Sandon dell
ente scambiato l’ Ercole greco col Sandon della Lidia. Da una schiava di Onfale a nome Cleoasia, e da Onfale stessa, ebbe
rante la sua schiavitù, Ercole sconfisse ed incatenò i Cercopi specie di spiriti malefici. Passato quindi nella città di A
tenò i Cercopi specie di spiriti malefici. Passato quindi nella città di Aulide, egli uccise Sileo insieme alla figlia Xen
o che Sileo dimorasse sul monte Pelia in Tessaglia, e che il fratello di lui, Diceo, avesse fatto sposare sua figlia all’e
olpito da tale disperazione, che volle gittarsi nelle fiamme del rogo di lei, ma gli astanti ne lo impedirono. Sbarcato in
n seguito all’isola Dolichea, egli vi trovò il corpo d’Icaro, l’onorò di sepoltura, e cangiando il primitivo nome di quell
il corpo d’Icaro, l’onorò di sepoltura, e cangiando il primitivo nome di quell’isola la chiamò Icaria in onore del defunto
va le rive del fiume Sangaride, fu da Giove annoverato, sotto il nome di Serpentario, fra le costellazioni. Nè a ciò arres
e costellazioni. Nè a ciò arrestossi la luminosa carriera delle gesta di Ercole, poichè irritato contro Literso figlio del
tti coloro a cui dava l’ospitalità, Ercole lo uccise per un movimento di generosa indegnazione. Seguendo le tradizioni di
ise per un movimento di generosa indegnazione. Seguendo le tradizioni di Apollodoro, Ercole figura anche fra gli Argonauti
Ercole costrui la nave che servi a quella spedizione, dandole il nome di Argo in onore di un suo diletto amico così chiama
nave che servi a quella spedizione, dandole il nome di Argo in onore di un suo diletto amico così chiamato, e che la trad
etto amico così chiamato, e che la tradizione ci presenta come figlio di Giasone. Gli Argonauti scelsero Ercole per loro c
auti scelsero Ercole per loro capo ma egli ricusò quest’onore temendo di maggiormente eccitare la vendetta di Giunone, ed
egli ricusò quest’onore temendo di maggiormente eccitare la vendetta di Giunone, ed allora in sua vece fu eletto Giasone.
alche altro autore pretende che gli Argonauti avessero abbandonato su di un’isola deserta Ercole, perchè l’enorme peso del
, e secondo altri, con sole sei navi, ed accompagnato da un drappello di valorosi che volontariamente il seguirono. Appena
eguirono. Appena preso terra, Ercole lasciò le navi sotto la custodia di Oileo e mosse ad attaccare la città. L’assedio es
ulle mura nemiche, ciò che gli valse, forse per gelosia, l’inimicizia di Ercole. Diodoro dice che insieme ad Ificlo, fosse
in una prigione, essi si fossero aperta una via fra i nemici a colpi di spada. Padrone della città, Ercole fece morire a
ici a colpi di spada. Padrone della città, Ercole fece morire a colpi di freccia il re ed i suoi figli, meno Podareo ed Es
ione, egli fu spinto da una tempesta suscitata da Giunone, sull’isola di Coos, ma gli abitanti respinsero Ercole e i suoi
di Coos, ma gli abitanti respinsero Ercole e i suoi compagni a colpi di pietre. Egli si vendicò impadronendosi dell’isola
e. Egli si vendicò impadronendosi dell’isola, e uccidendo Euripilo re di quella, della cui figlia ebbe Tessalo. Nel combat
amente. Dopo questa spedizione egli si rese a Flegra, ove per comando di Minerva, combattè contro i giganti in favore degl
o egli instituì i giuochi olimpici, ed innalzò dodici altari in onore di dodici divinità. La sua prima impresa, dopo di ci
dodici altari in onore di dodici divinità. La sua prima impresa, dopo di ciò, fu la presa di Pilo, in cui ebbe a combatter
re di dodici divinità. La sua prima impresa, dopo di ciò, fu la presa di Pilo, in cui ebbe a combattere Periclimene, Neleo
o che Ercole ferì Pluto ne, che era venuto in soccorso degli abitanti di Pilo. Da quest’ultima città egli marciò contro La
o. Da quest’ultima città egli marciò contro Lacedemone per vendicarsi di suo figlio Ippocoone, e in ciò si ebbe a compagno
figlio Ippocoone, e in ciò si ebbe a compagno Cefeo ed i venti figli di lui, che tutti morirono in questa spedizione. Ave
spedizione. Avendo ucciso Ippocoone, Ercole si impadronì della città, di cui ritornò lo scettro al suo legittimo re Tintar
imo re Tintaro. Di là Ercole si rese a Calidone per dimandare la mano di Dejanira, figlia di Oeneo, che Acheolo gli disput
à Ercole si rese a Calidone per dimandare la mano di Dejanira, figlia di Oeneo, che Acheolo gli disputò invano. Inseguito
marciarono, da lui comandati, contro i Tesprodi ; avendo presa Efira di cui era re Fileo, Ercole ebbe dalla figlia di que
di ; avendo presa Efira di cui era re Fileo, Ercole ebbe dalla figlia di questo principe a nome Antigone, e secondo altri
he chiamò Tlepolemo. Poco tempo dopo resosi colpevole della uccisione di Eunomo, Ercole si sottomise all’esilio, e risolve
lla uccisione di Eunomo, Ercole si sottomise all’esilio, e risolvette di ritirarsi nella città di Trachina presso Ceixo. F
Ercole si sottomise all’esilio, e risolvette di ritirarsi nella città di Trachina presso Ceixo. Fu nell’andare in questa c
e a sopportare l’oltraggio del centauro Nesso, il quale si vendicò su di Ercole mediante il dono del fatale Altro. (V. Del
. Ercole fu disfidato ad un particolare combattimento da Cineo figlio di Marte e di Pelopia, ed uccise il suo audace rival
disfidato ad un particolare combattimento da Cineo figlio di Marte e di Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il quale
Pelopia, ed uccise il suo audace rivale il quale seguendo l’opinione di Stesicore, uccideva tutti i viaggiatori, che tran
cranî un tempio al nume suo padre. Ercole andò in seguito ad Ormenio, di cui era re Amintore che egualmente Ercole uccise
pporto che Amintore fosse ucciso da Ercole per avergli negato la mano di sua figlia Astidamia. Seguendo le cronache di Apo
avergli negato la mano di sua figlia Astidamia. Seguendo le cronache di Apollodoro, e Diodoro, Ercole ritornato a Trachin
pollodoro, e Diodoro, Ercole ritornato a Trachina, volendo vendicarsi di Euriteo, levò un’armata, marciò contro la città d
volendo vendicarsi di Euriteo, levò un’armata, marciò contro la città di Oecalia, che alcuni scrittori pongono nella Eubea
Resosi padrone delle città nemiche, egli uccise Euriteo e i tre figli di lui, e si rese padrone della capitale dei loro st
capitale dei loro stati. Dopo aver dato la sepoltura a Ipposo, figlio di Ceixo, ad Argio ed a Melaso suoi compagni, caduti
a sacco ed a fuoco, e condusse con sè prigioniera la giovanetta Iole, di rara bellezza. La tradizione ripetuta da Sofocle
risce molto da questa : Ercole da quindici mesi è lontano dalla città di Trachina senza che Dejanira conosca il luogo del
egina Onfale, e parte direttamente dalla Lidia per assediare la città di O calia di cui si rende padrone. Abbordato al cap
e, e parte direttamente dalla Lidia per assediare la città di O calia di cui si rende padrone. Abbordato al capo Cineo nel
che Ercole avea con sè la giovanetta Iole, e temendo che innamoratosi di questa, non l’avesse completamente dimenticata, a
di questa, non l’avesse completamente dimenticata, asperse del filtro di Nesso la tunica che mandò al marito, ed attese l’
Dejanira ma non appena Ercole se ne fu rivestito, il veleno dell’idra di cui era impregnata, accese un fuoco divoratore ne
ell’idra di cui era impregnata, accese un fuoco divoratore nel sangue di lui, rendendolo quasi demente. In eccesso di furo
co divoratore nel sangue di lui, rendendolo quasi demente. In eccesso di furore afferrò il giovanetto per nome Lica e lo l
o di furore afferrò il giovanetto per nome Lica e lo lanciò dall’alto di una roccia nel mare. …… poscia che il tosco Sent
una roccia nel mare. …… poscia che il tosco Senti della fatal veste di Nesso, Svelse nel suo furor dalla radice I tessal
scagliò dai vertici dell’Eta Milton Paradiso perduto lib. II. trad. di A.Maffei. ….. Già preparando ei stava Un lauto
allor che giunse Lica l’araldo, e quel tuo don gli porge. Fatal vesta di morte. Ei ne l’indossa. Come tu gl’imponevi : e d
vi : e delle cento D’ogni sorta colà vittime addotte. Primizia eletta di sue prede immola Dodici egregi tauri. E pria tran
mmola Dodici egregi tauri. E pria tranquillo Preghi fea l’infelice, e di quel vago Adornamento in sè godea : ma ratto Che
ioma Ne va il cerebro sparso. Sofocle — Le Trachine — tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole tentò invano di strapparsi d
e — Le Trachine — tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole tentò invano di strapparsi di dosso il fatale tessuto, il quale s
e — tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole tentò invano di strapparsi di dosso il fatale tessuto, il quale si era come inc
carni, per modo che ad ogni sforzo che Ercole faceva per strapparselo di dosso, la carne di lui si lacerava a brani. Final
ad ogni sforzo che Ercole faceva per strapparselo di dosso, la carne di lui si lacerava a brani. Finalmente, quasi moribo
ale che aveva fatto, si uccise per disperazione. La luminosa carriera di questo eroe finisce secondo la tradizione mitolog
evendone in ricompensa le famose frecce dell’eroe. Non piccolo numero di autori pretendono che colui che compì codesta tri
ortare qualche refrigerio alle sofferenze dell’eroe, il quale ricinto di una nube, su trasportato nel cielo in mezzo a rep
to di una nube, su trasportato nel cielo in mezzo a replicati scrosci di fulmine, per comando dl Giove stesso. E come la
ento ; Che s’ei portò laggiú per noi la palma Di mille imprese carche di spavento, Giusta cosa mi par che ’l suo gran lume
risplenda e sia celeste Nume. Ovidio — Metamorfosi — Libro IX trad. di Dell’ Anguillara. Assunto nel numero degli dei,
ambio erroneo e vizioso con quell’Ercole che Cicerone sa esser siglio di Giove e di Asteria. Prodigioso è il numero dei fi
eo e vizioso con quell’Ercole che Cicerone sa esser siglio di Giove e di Asteria. Prodigioso è il numero dei figliuoli che
a quest’eroe fino ad ottanta e più figliuoli, avuti da un gran numero di mogli e di concubine. Similmente estesissimo e mo
e fino ad ottanta e più figliuoli, avuti da un gran numero di mogli e di concubine. Similmente estesissimo e moltiplicato
rticolare, venerava codesto simbolo della forza. Seguendo la opinione di Dionigi d’Alicarnasso, Ercole ebbe tempî ed altar
Dionigi d’Alicarnasso, Ercole ebbe tempî ed altari in tutte le parti di Italia. Da ciò non bisognerà dedurre che il culto
i tratti particolari del culto d’Ercole presso i romani, figura l’uso di consacrargil la decima parte dei beni della propr
cole Tirio, al quale si offeriva una decima. È anche nella sola città di Roma, che Ercole viene adorato sotto il soprannom
ella sola città di Roma, che Ercole viene adorato sotto il soprannome di Musagete, la cui denominazione non si sa con esat
con esattezza d’onde derivi. Il certo è che Marcio Filippo, ai tempi di Augusto, innalzò ad Ercole un magnifico tempio, n
un magnifico tempio, nel quale il dio veniva adorato sotto la figura di un uomo dalle forme atletiche, con una lira nella
a Maxima erano riguardati come doppiamente sacri. La festa principale di Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel d
a festa principale di Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 d
Ercole, si celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di
celebrava con gran pompa in Roma nel di 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e de
i 4 giugno ; quella di Ercole e di Cerere, nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e delle Muse, nell’ultimo giorno di giugno
nel 21 dicembre ; e quella di Ercole e delle Muse, nell’ultimo giorno di giugno. In tutte queste solenni ricorrenze era es
introdurre nel sacro corteggio nè donne, nè schiavi nè cani. Il culto di Ercole fioriva ancora in Sicilia, a Malta, a Cadi
geni furono con ben poca ragione, identificati con l’uomo Dio, figlio di Alcmena. L’arte plastica ha fatto di Ercole l’ogg
ntificati con l’uomo Dio, figlio di Alcmena. L’arte plastica ha fatto di Ercole l’oggetto delle sue più belle e ricche cre
e più belle e ricche creazioni. Essa ha quasi dato fine a questo tipo di creazioni ideali, e oltrepassando i limiti che la
dizione gli aveva assegnato, ha lasciato alla posterità più monumenti di questo eroe, che di alcun altro personaggio dell’
segnato, ha lasciato alla posterità più monumenti di questo eroe, che di alcun altro personaggio dell’antichità. Il caratt
altro personaggio dell’antichità. Il carattere generale dei simulacri di Ercole, rivela una forza maschia e quasi sopranna
della sua maschile maturità. Le statue che si trovano nelle Gallerie di Firenze, nel Museo di Napoli ed a Roma, ce lo rap
turità. Le statue che si trovano nelle Gallerie di Firenze, nel Museo di Napoli ed a Roma, ce lo rappresentano appena popp
esentano appena poppante che strangola i draghi mandati dalla gelosia di Giunone a farlo morire. Le sue membra sono vigoro
con onore la lotta terribile ed accanita con tuttociò che si riveste di un apparato fisicamente brutale. A Roma si conser
di un apparato fisicamente brutale. A Roma si conserva sotto il nome di Ercole Aventino, una statua dell’Ercole adolescen
ra sviluppatasi dall’infanzia nella pubertà, non è in minor relazione di quella che già sorprende ed atterrisce quasi nel
ià sorprende ed atterrisce quasi nel simbolico neonato, strangolatore di due serpenti. Ma il più gran numero delle opere d
mpleta maturità maschile. Ordinariamente egli è rivestito d’una pelle di leone. Le sue armi sono un arco ed una clava. La
nno quasi balenare l’idea della vittoria, che coronò tutte le fatiche di questo dio. La statua dell’Ercole in riposo, cono
ui le forme non rivelano quella prostrazione che segue dal compimento di penosi e lunghi lavori, ma sibbene una beatitudin
taggio invidiabile degli immortali abitatori dell’olimpo. Gran numero di vasi antichi ci hanno nei loro bassorilievi trasm
al cielò accompagnato da Minerva o da Mercurio con la fronte recinta di un’aureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero
la fronte recinta di un’aureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero di monumenti, di quadri, di medaglie ec : in cui son
nta di un’aureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero di monumenti, di quadri, di medaglie ec : in cui sono riprodotte l
ureo’a luminosa. Esistono ancora gran numero di monumenti, di quadri, di medaglie ec : in cui sono riprodotte le dodici fa
di quadri, di medaglie ec : in cui sono riprodotte le dodici fatiche di Ercole. 1765. Ere. — V. Es. 1766. Eresidi. — Ninf
5. Ere. — V. Es. 1766. Eresidi. — Ninfe che prendevano cura del bagno di Giunone. Nella città di Argo veniva dato lo stess
residi. — Ninfe che prendevano cura del bagno di Giunone. Nella città di Argo veniva dato lo stesso nome alle sacerdotesse
eniva dato lo stesso nome alle sacerdotesse che presiedevano al culto di quella dea. Esse godevano di tanta pubblica vener
e sacerdotesse che presiedevano al culto di quella dea. Esse godevano di tanta pubblica venerazione che gli anni del loro
tanta pubblica venerazione che gli anni del loro sacerdozio servivano di data nei pubblici monumenti, assomiglianza degli
servivano di data nei pubblici monumenti, assomiglianza degli Arconti di Atene e dei consoli di Roma. 1767. Ereso. — Una d
ubblici monumenti, assomiglianza degli Arconti di Atene e dei consoli di Roma. 1767. Ereso. — Una delle città dell’isola d
tene e dei consoli di Roma. 1767. Ereso. — Una delle città dell’isola di Lesbo, ebbe questo nome da un figliuolo di Macari
Una delle città dell’isola di Lesbo, ebbe questo nome da un figliuolo di Macario che così si chiamava. 1768.Eretrio. — Uno
davano questa denominazione al giorno in cui si celebrava nella città di Corinto, l’anniversario funebre dei figli di Mede
si celebrava nella città di Corinto, l’anniversario funebre dei figli di Medea, i quali, secondo la tradizione, furono sep
i di Medea, i quali, secondo la tradizione, furono sepolti nel tempio di Giunone. 1770Eretteo. — Secondo la favola fu figl
ò nel magnifico tempio ch’ella aveva in Atene. Divenuto adulto, fu re di quella città, e narrano le cronache, che essendo
e che egli aveva carissime. Però le quattro giovanette si amavano fra di loro con tanta tenerezza, che si erano scambievol
on tanta tenerezza, che si erano scambievolmente giurato, che ove una di esse, fosse venuta a morire, le altre tre si sare
una di esse, fosse venuta a morire, le altre tre si sarebbero uccise di propria mano. Eretteo per ubbidire all’oracolo sa
ficare una figlia diletta, gli edificarono un tempio nella cittadella di Atene, e lo annoverarono fra gli dei. Secondo Eur
do Euripide, Eretteo fu precipitato nel seno della terra con un colpo di tridente da Nettuno. Un’altra delle quattro figli
con un colpo di tridente da Nettuno. Un’altra delle quattro figliuolo di Eretteo avea nome Creusa e fu secondo la cronaca,
eusa e fu secondo la cronaca, sedotta da Apollo. 1771. Ergameno. — Re di Meroe, città dell’Etiopia. Il nome di lui è ripet
da Apollo. 1771. Ergameno. — Re di Meroe, città dell’Etiopia. Il nome di lui è ripetuto dai mitologi e dai cronisti dell’a
rave preponderanza nelle cose dello stato. 1772. Ergana. — Soprannome di Minerva riguardata come imventrice di varie arti
ato. 1772. Ergana. — Soprannome di Minerva riguardata come imventrice di varie arti e mestieri. Da ciò venivano dette Erga
della dea, che si portava processionalmente anche nella celebrazione di altre feste dette Panatenee. 1773. Ergazie. — Nom
la celebrazione di altre feste dette Panatenee. 1773. Ergazie. — Nome di alcune feste che si calebravano a Sparta in onore
Ergazie. — Nome di alcune feste che si calebravano a Sparta in onore di Ercole. 1774. Ergino. — Fu uno dei marinai, che i
n onore di Ercole. 1774. Ergino. — Fu uno dei marinai, che in qualità di pilota, succedette a Tifi nel governo della nave
erno della nave degli Argonauti, secondo la cronaca egli fu figliuolo di Nettuno. 1775. Eribea. — Moglie di Astreo. Presso
condo la cronaca egli fu figliuolo di Nettuno. 1775. Eribea. — Moglie di Astreo. Presso i cronisti della favola viene rigu
avola viene riguardata come madre degli astri, forse a causa del nome di suo marito. È questa peraltro un’opinione assai i
opinione assai incerta e confutata da molti autori. 1776. Erice. — Re di Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la
e. — Re di Sicilia, il quale, dal suo nome, chiamò Ericia la contrada di cui era sovrano. La favola ce lo presenta come fi
la contrada di cui era sovrano. La favola ce lo presenta come figlio di Buta e di Venere, e atleta famoso nel combattimen
da di cui era sovrano. La favola ce lo presenta come figlio di Buta e di Venere, e atleta famoso nel combattimento del ces
ro, per parte del principe, i suoi stati, e per parte sua gli armenti di Gerione. Nel combattimento Erice fu vinto ed ucci
el combattimento Erice fu vinto ed ucciso, e venne sepolto nel tempio di Venere. Dopo la sua morte i Siciliani chiamarono
la sua morte i Siciliani chiamarono una delle loro montagne col nome di Erice, e tributarono gli onori divini al morto re
ori divini al morto re atlefa. 1777. Ericina o Ericinia. — Soprannome di Venere a lei venuto dall’avere un tempio fabbrica
ichità religiosa per le cerimonie dette Catacogie e Anacogie. Il nome di Ericina passò fino nell’Arcadia e fino in Roma, o
tempii a lei consacrati sotto una tale denominazione. Eliano ricorda di numerosi miracoli avvenuti nel tempio maggiore di
one. Eliano ricorda di numerosi miracoli avvenuti nel tempio maggiore di Ericina. Egli narra che le vittime andavano senza
e il fuoco del Sacrifizio si trovava acceso sull’ara senza bisogno nè di legna nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome
el Sacrifizio si trovava acceso sull’ara senza bisogno nè di legna nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome di una giova
senza bisogno nè di legna nè di carbone. 1778. Erifane. — Fu il nome di una giovanetta Greca la quale amò con passione un
del tempo, quella canzone fu ripetuta in tutta la Grecia, e sul ritmo di quella melodia, furono rappresentate le avventure
cia, e sul ritmo di quella melodia, furono rappresentate le avventure di Erifane, e lo sventurato amore che l’aveva uccisa
ore che l’aveva uccisa, sul fiore degli anni. 1779. Erifile. — Moglie di Anfiarao e figlia di Taleo. Essa tradì il marito,
a, sul fiore degli anni. 1779. Erifile. — Moglie di Anfiarao e figlia di Taleo. Essa tradì il marito, il quale venne a con
Taleo. Essa tradì il marito, il quale venne a conoscenza della colpa di lei per essersi nascosto invece di andare all’ass
ale venne a conoscenza della colpa di lei per essersi nascosto invece di andare all’assedio di Tebe, ove egli sarebbe mort
della colpa di lei per essersi nascosto invece di andare all’assedio di Tebe, ove egli sarebbe morto, secondo che gli ave
anzia, in cui era famoso. Venuto per altro in certezza del tradimento di sua moglie, Anfiarao decise di partire per la gue
o per altro in certezza del tradimento di sua moglie, Anfiarao decise di partire per la guerra, non ostante l’inevitabile
la guerra, non ostante l’inevitabile morte che lo aspettava, ma prima di allontanarsi, impose ad Alcmeone, suo figlio, di
aspettava, ma prima di allontanarsi, impose ad Alcmeone, suo figlio, di uccidere l’ adultera Erifile, Alcmeone eseguì all
riphile — Tragedie Acte V Scène derniere. 1780. Erigone. — Fu figlia di Clitennestra e di Egisto e moglie di Oreste, quan
Acte V Scène derniere. 1780. Erigone. — Fu figlia di Clitennestra e di Egisto e moglie di Oreste, quantunque questi foss
ere. 1780. Erigone. — Fu figlia di Clitennestra e di Egisto e moglie di Oreste, quantunque questi fosse suo fratello per
, da questa unione naque un figliuolo chiamato Pentilo. Dopo la morte di Oreste, Erigone si consacrò al servigio di Diana.
ato Pentilo. Dopo la morte di Oreste, Erigone si consacrò al servigio di Diana. La cronaca ricorda di un un’altra Erigone,
Oreste, Erigone si consacrò al servigio di Diana. La cronaca ricorda di un un’altra Erigone, che fu figliuola di Icaria.
di Diana. La cronaca ricorda di un un’altra Erigone, che fu figliuola di Icaria. Seconda la tradizione, essa fu, dopo la m
azione della Vergine. 1781. Erilo. — Fu figlio della dea Feronia e re di Preneste. La tradizione ripete di lui uno strano
 — Fu figlio della dea Feronia e re di Preneste. La tradizione ripete di lui uno strano fatto, che egli cioè avesse ricevu
per modo che per ucciderlo bisognava trucidarlo tre volte. Evandro re di Arcadia gli tolse le armi e la vita. ………. ond’lo
arlo ; ed io tre volte Lo combattei, lo vinsi, e lo spogliai D’armi e di vita ; Virgilio — Eneide Libro VIII. trad. di A.
e lo spogliai D’armi e di vita ; Virgilio — Eneide Libro VIII. trad. di A. Caro. 1782. Erimanto. — Figliuolo di Apollo.
o — Eneide Libro VIII. trad. di A. Caro. 1782. Erimanto. — Figliuolo di Apollo. Egli avendo sorpreso Venere che usciva da
pollo. Egli avendo sorpreso Venere che usciva dal bagno dalle braccia di Adone fu per volere della dea colpito di cecità.
civa dal bagno dalle braccia di Adone fu per volere della dea colpito di cecità. Apollo allora per vendicare il figliuolo,
o di cecità. Apollo allora per vendicare il figliuolo, prese le forme di un cignale ed uccise Adone. Erimanto era anche il
se le forme di un cignale ed uccise Adone. Erimanto era anche il nome di una montagna nell’Arcadia, famosa per il cignale
prese vivo e lo portò ad Euristeo. È questa una delle dodici fatiche di quell’eroe. V. Ercole. 1783. Erinnie. — Venivano
rinni. — V. Erinni. 1784. Erinni. — Nei poeti dell’antichità si trova di sovente data questa denominazione a quelle donne
i sovente data questa denominazione a quelle donne che furono cagione di grave danno al proprio paese. Lucano chiama Cleop
che allorquando Cerere andava in cerca, nelle campagne della Sicilia, di sua figlia Proserpina, rapita da Plutone, essa ve
sa venisse incontrata da Nettuno, il quale invaghitosi della bellezza di lei, la sedusse. Cerere su talmente afflitta di q
hitosi della bellezza di lei, la sedusse. Cerere su talmente afflitta di quanto le era avvenuto, che andò a nascondersi in
Giove, il quale mandò subito a cercarla dalle tre Parche, che a forza di preghiere la persuasero ad uscire dal suo nascond
ric infernali. Ove in un punto furon dritte ratto Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminili avieno ed atto
te — Inferno — Canto IX. 1785. Erinno. — Così avea nome una poetessa di Lesbo che le cronache del tempo fanno contemporan
e una poetessa di Lesbo che le cronache del tempo fanno contemporanea di Saffo. 1786. Erisittone. — Così avea nome uno deg
ea di Saffo. 1786. Erisittone. — Così avea nome uno degli avi materni di Utisse che ebbe fama di audacissimo ed empio disp
ttone. — Così avea nome uno degli avi materni di Utisse che ebbe fama di audacissimo ed empio disprezzatore degli dei. La
cissimo ed empio disprezzatore degli dei. La cronaca mitologica narra di lui che un giorno ebbe la temerità di fare oltrag
ei. La cronaca mitologica narra di lui che un giorno ebbe la temerità di fare oltraggio a Cerere rompendo a colpi di basto
n giorno ebbe la temerità di fare oltraggio a Cerere rompendo a colpi di bastone alcune piante in un bosco consacrato a qu
e Erisittone dormiva ella soffiò il veleno della carestia nella bocca di lui e glielo fece penetrare nella gola e in tutte
ozia, visse questa sibilla, conosciuta dalla tradizione sotto il nome di Eritrea dal suo paese natio. Ella predisse ai Gre
e di Eritrea dal suo paese natio. Ella predisse ai Greci il conquisto di Troia e la futura grandezza di Roma. 1789. Eritol
o. Ella predisse ai Greci il conquisto di Troia e la futura grandezza di Roma. 1789. Eritolde. — Fu una delle Esperidi che
. Esperidi. 1790. Eritro. — Da un tempio che Ercole aveva nella città di Eritre, in Acaja, si dava cotesto soprannome a qu
otesto soprannome a quel dio. Quella statua riposava sopra una specie di Zattera, ed una tradizione degli Eritrei ripeteva
rata nel mare Jonio, si fosse fermata nelle vicinanze del promontorio di Giunone, fra Chio ed Eritre. Narra Pausania nelle
iaggia, ma non riuscirono a poteria rimuovere ; allorchè un pescatore di Eritrea, che era cieco, disse di essere stato avv
ia rimuovere ; allorchè un pescatore di Eritrea, che era cieco, disse di essere stato avvertito in sogno, che se le donne
era cieco, disse di essere stato avvertito in sogno, che se le donne di Eritrea avessero voluto tutte tagliarsi i capelli
bbero senza fatica tirato la statua alla loro spiaggia. Però le donne di Eritera, non vollero acconsentire a sacrificare l
del pescatore, e fatta una corda dei loro capelli, tirarono la statua di Ercole nella città senza ostacolo alcuno. Gli Eri
mpensare lo zelo delle Tracie, stabilirono che in avvenire nel tempio di Ercole, avessero accesso solamente le donne. In q
fu combattuto la famosa battaglia fra Cesare e Pompeo, visse una maga di questo nome. Lucano ne fa il soggetto di uno dei
are e Pompeo, visse una maga di questo nome. Lucano ne fa il soggetto di uno dei più splendidi episodii di un suo poema in
esto nome. Lucano ne fa il soggetto di uno dei più splendidi episodii di un suo poema in cui fa predire al padre di Sesto
dei più splendidi episodii di un suo poema in cui fa predire al padre di Sesto Pompeo, la perdita della battaglia e l’ecci
dire al padre di Sesto Pompeo, la perdita della battaglia e l’eccidio di tutta la sua famiglia. 1792. Erittonio. — Quarto
ia e l’eccidio di tutta la sua famiglia. 1792. Erittonio. — Quarto re di Atene, che la tradizione mitologica fa figliuolo
onio. — Quarto re di Atene, che la tradizione mitologica fa figliuolo di Vulcano e di Minerva. La dea sua madre accorgendo
o re di Atene, che la tradizione mitologica fa figliuolo di Vulcano e di Minerva. La dea sua madre accorgendosi che Eritto
madre accorgendosi che Erittonio aveva la parte inferiore come quella di un serpe, lo chiuse appena nato in un canestro e
Erittonio l’invenzione dei carri o piuttosto l’indroduzione dell’uso di essi in Atene. Dopo la morte egli fu assunto fra
. Dopo la morte egli fu assunto fra gli astri, sotto la costellazione di Boote, ossia guidatore del carro. 1793. Erizia. —
ad uno dei cavalli del Sole. Al dire del Mitologo Fulgenzio, il nome di Eritreo gli veniva dal levare del sole, i cui rag
treo gli veniva dal levare del sole, i cui raggi sono in quel momento di un colore rossiccio. 1795. Ermafrodito. — Gli ant
ccio. 1795. Ermafrodito. — Gli antichi ne fecero una divinità, figlia di Mercurio detto anche Ermete e di Venere Afrodita.
tichi ne fecero una divinità, figlia di Mercurio detto anche Ermete e di Venere Afrodita. La significazione, etimologica s
o la tradizione, Ermafrodito fu allevato dalle ninfe Najadi, e crebbe di aspetto bellissimo, riunendo in sè la bellezza fi
lo. Da ciò la tradizione favolosa che dà ad Ermafrodito il soprannome di Antrogino, che significa maschio e femmina. 1796.
a cui statua veniva rappresentata con un corpo umano avente una testa di sparviero o di cane. La statua poi di Ermanubi si
niva rappresentata con un corpo umano avente una testa di sparviero o di cane. La statua poi di Ermanubi si riconosceva da
un corpo umano avente una testa di sparviero o di cane. La statua poi di Ermanubi si riconosceva dalla sua tunica senatori
dava cotesta denominazione ad un simulacro composto delle due figure di Apollo e di Mercurio, e rappresentante, in una so
a denominazione ad un simulacro composto delle due figure di Apollo e di Mercurio, e rappresentante, in una sola figura, q
in una sola figura, questi due numi. 1798.Ermarpocrate. — Alla statua di Mercurio avente la testa di Arpocrate, si dava co
ue numi. 1798.Ermarpocrate. — Alla statua di Mercurio avente la testa di Arpocrate, si dava cotesto nome forse per voler s
tene. — Così si chiamava il simulacro che rappresentava le due figure di Minerva, il cui nome Greco è Atene, e di Mercurio
rappresentava le due figure di Minerva, il cui nome Greco è Atene, e di Mercurio. Questa figura aveva da una parte l’elmo
Questa figura aveva da una parte l’elmo, lo scudo e le altre insegne di Minerva ; e dall’altra il cimiero colle ali, un s
altre insegne di Minerva ; e dall’altra il cimiero colle ali, un seno di uomo, ed un gallo che erano gli attributi di Merc
miero colle ali, un seno di uomo, ed un gallo che erano gli attributi di Mercurio. 1800. Ermete. — Essendo Ermete uno dei
azione ad un simulacro che aveva il corpo del dio Mercurio e la testa di Nitra V. Nitra. 1802. Ermeracle. — Altra statua c
Nitra V. Nitra. 1802. Ermeracle. — Altra statua composta delle figure di Mercurio e di Ercole, essendo Eracle il nome Grec
. 1802. Ermeracle. — Altra statua composta delle figure di Mercurio e di Ercole, essendo Eracle il nome Greco di quest’ult
ta delle figure di Mercurio e di Ercole, essendo Eracle il nome Greco di quest’ultimo dio. Si mettevano comunemente le sta
no comunemente le statue degli Ermeracli nelle accademie e nei luoghi di esercizii, quasi a volere indicare che Mercurio e
. Ermero. — I Greci chiamavano Cupido colla particolare denominazione di Eros, e da ciò dissero Ermero quelle statue che a
di Eros, e da ciò dissero Ermero quelle statue che avevano una testa di Cupido. 1804. Ermete. — I Greci davano questo nom
arola Ermete significa interpetre o messaggiero. Gli Ateniesi, e dopo di loro tutti i popoli della Grecia, rappresentavano
i popoli della Grecia, rappresentavano Mercurio Ermete con una pietra di figura cubica con la sola testa, senza piedi e se
figura cubica con la sola testa, senza piedi e senza braccia. Al dire di Servio, un’antica tradizione favolosa dette origi
ione. Il citato scrittore narra, che alcuni pastori avendo trovato su di una montagna la statua di Mercurio gli avessero t
narra, che alcuni pastori avendo trovato su di una montagna la statua di Mercurio gli avessero tolto le braccia e tagliate
collocato il tronco alla porta d’un tempio. Da ciò forse derivò l’uso di porre alla soglia delle case e per sino nelle cro
oglia delle case e per sino nelle crociere delle strade, un simulacro di Ermete. 1805. Ermia. — Giovane Greco il quale si
ia. — Giovane Greco il quale si annegò traversando il mare, sul dorso di un delfino, durante una tempesta. Un’antica tradi
e quivi morisse esso stesso, quasi conoscendosi colpevole della morte di lui. 1806. Ermione. — Fu uno dei più antichi re d
ermania, e particolarmente nei templi, si sono ritrovate delle statue di Ermione, rappresentato come un guerriero coperto
vate delle statue di Ermione, rappresentato come un guerriero coperto di ferro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche u
coperto di ferro con la lancia e lo scudo. Ermione è anche un figlio di Europa, il quale dette il suo nome ad una città p
un figlio di Europa, il quale dette il suo nome ad una città posta su di un estremo lembo della penisola Argolide. Una vec
la quale si discendeva all’inferno. Le cronache mitologiche ricordano di un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere,
erno. Le cronache mitologiche ricordano di un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere, e moglie di Cadmo re di Tebe.
onache mitologiche ricordano di un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere, e moglie di Cadmo re di Tebe. Il giorno i
icordano di un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere, e moglie di Cadmo re di Tebe. Il giorno in cui ella andò all’
un’altra Ermione figliuola di Marte e di Venere, e moglie di Cadmo re di Tebe. Il giorno in cui ella andò all’altare, tutt
altare, tutti gli dei abbandonarono il cielo per assistere alle nozze di Lei. La sola Giunone fra tutte le dee non volle r
recarsi agli sponsali, per l’odio ch’essa nutriva contro la famiglia di Ermione, dopo il ratto di Europa. Ermione fu madr
r l’odio ch’essa nutriva contro la famiglia di Ermione, dopo il ratto di Europa. Ermione fu madre di un figliuolo, chiamat
tro la famiglia di Ermione, dopo il ratto di Europa. Ermione fu madre di un figliuolo, chiamato Polidoro e di quattro figl
atto di Europa. Ermione fu madre di un figliuolo, chiamato Polidoro e di quattro figlie dette Agave, Autonoe, Iaso, e Seme
figlie dette Agave, Autonoe, Iaso, e Semele. Dalle numerose sventure di cui fu continuo bersaglio questa disgraziata fami
dizione favolosa. Fu detto che Vulcano per vendicarsi della infedeltà di Venere, allorchè questa dea ebbe dai suoi amori c
dai suoi amori con Marte, Ermione, avesse fatto presente quest’ultima di una clamide intrisa di tutt’i delitti, cosa che f
e, Ermione, avesse fatto presente quest’ultima di una clamide intrisa di tutt’i delitti, cosa che fece che tutt’i figliuol
fece che tutt’i figliuoli della sventurata furono scellerati. Il nome di Ermione le viene, secondo la tradizione Mitologic
tolse in moglie. Le cronache dell’antichità fanno similmente menzione di un’altra Ermione che fu figlia della famosa Elena
mente menzione di un’altra Ermione che fu figlia della famosa Elena e di Menelao. Fino dalla sua infanzia Ermione fu prome
no dalla sua infanzia Ermione fu promessa in moglie ad Oreste, figlio di Agamennone, dall’avo Pindaro che nell’assenza di
ie ad Oreste, figlio di Agamennone, dall’avo Pindaro che nell’assenza di Menelao teneva le redini del governo e della fami
nell’assenza di Menelao teneva le redini del governo e della famiglia di lui. Però Menelao forse inconsapevole o non curan
erò Menelao forse inconsapevole o non curante della promessa dell’avo di Ermione, promise la mano di lei a Pirro figliuolo
ole o non curante della promessa dell’avo di Ermione, promise la mano di lei a Pirro figliuolo di Achille, in riconoscenza
romessa dell’avo di Ermione, promise la mano di lei a Pirro figliuolo di Achille, in riconoscenza di averlo aiutato nella
promise la mano di lei a Pirro figliuolo di Achille, in riconoscenza di averlo aiutato nella famosa guerra di Troja. Pirr
olo di Achille, in riconoscenza di averlo aiutato nella famosa guerra di Troja. Pirro infatti, appena ritornato in Grecia
nfatti, appena ritornato in Grecia pretese il compimento della parola di Menelao e senza por mente alle lagrime di Ermione
il compimento della parola di Menelao e senza por mente alle lagrime di Ermione, che era perdutamente innammorata di Ores
a por mente alle lagrime di Ermione, che era perdutamente innammorata di Oreste, la condusse seco insultando al suo rivale
ed Ovidio. Però questi due autori discordano fra loro in un sol punto di tutta questa tradizione. Secondo Ovidio, Ermione
punto di tutta questa tradizione. Secondo Ovidio, Ermione fatta sposa di Pirro, ripianse sempre il perduto amante e non eb
del marito fino alla gelosia e ce la mostra rimproverando alla vedova di Ettore, divenuta schiava di Pirro — V. Andromaca 
e ce la mostra rimproverando alla vedova di Ettore, divenuta schiava di Pirro — V. Andromaca — di averle rubato l’amore d
ndo alla vedova di Ettore, divenuta schiava di Pirro — V. Andromaca —  di averle rubato l’amore del proprio consorte. …. T
onsorte. …. Te il tuo consorte abborre, Non pe’farmachi mici, perché di moglie Non t’acconci allo stato : e questo ancora
ause. Euripide — Andromaca — Tragedia. Sempre seguendo la opinione di Euripide, non potendo Ermione vincere la gelosia
la vedova del famoso Trojano, stabilì in segreto accordo con Oreste, di uccidere Pirro. Consumato il delitto Ermione spos
onsumato il delitto Ermione sposò Oreste portandogli in dote il regno di Sparta. Il Racine, nella sua tragedia Andromaca,
ersamente Ermione. Secondo il tragico francese, Ermione in un accesso di geloso furore, commette ad Oreste il truce incari
in un accesso di geloso furore, commette ad Oreste il truce incarico di uccidere Pirro. Ma pentita si uccide ella stessa
ndromaque — Acte IV. Scene IV. 1807. Ermopoli. — Che significa città di Mercurio. Era questo il nome di tre celebri città
1807. Ermopoli. — Che significa città di Mercurio. Era questo il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era
significa città di Mercurio. Era questo il nome di tre celebri città di Egitto, una delle quali era posta nel Delta, la s
delle quali era posta nel Delta, la seconda conosciuta sotto il nome di Hermopolis parva e l’ultima detta Hermopolis magn
Nilo. 1808. Ermosiride. — Si dava cotesta denominazione ad una statua di Osiride e di Mercurio, fusi insieme. Questa statu
rmosiride. — Si dava cotesta denominazione ad una statua di Osiride e di Mercurio, fusi insieme. Questa statua aveva gli a
Questa statua aveva gli attributi delle due divinità, cioè una testa di sparviero con un Aquila a fianco, per simboleggia
1809. Ermotimo. — Così aveva nome, secondo la tradizione, un abitante di Clazomene, il quale fu tenuto in conto di un poss
la tradizione, un abitante di Clazomene, il quale fu tenuto in conto di un possente mago. I suoi concittadini credevano f
n possente mago. I suoi concittadini credevano fermamente che l’anima di lui si separasse dal corpo, andasse in lontani pa
e che l’anima di lui si separasse dal corpo, andasse in lontani paesi di dove ritornava ben presto a raccontare quanto ave
li furono tributati gli onori divini e dedicato un tempio nella città di Clazomene nel quale era inibito alle donne di ent
o un tempio nella città di Clazomene nel quale era inibito alle donne di entrare. 1810. Ero o Eros. — Sacerdotessa di Vene
e era inibito alle donne di entrare. 1810. Ero o Eros. — Sacerdotessa di Venere che visse molti anni della sua vita a Sest
sa fu passionatamente amata dal giovine Leandro, abitante della città di Abido, posta sulla spiaggia del mare dalla parte
ai aderito, egli per vedere la sua amata traversava a nuoto un tratto di mare della lunghezza circa di 875 passi. Ero, con
sua amata traversava a nuoto un tratto di mare della lunghezza circa di 875 passi. Ero, conturbata dal pericolo a cui si
o, conturbata dal pericolo a cui si esponeva il suo diletto per amore di lei, poneva ogni notte sull’alto di una torre una
esponeva il suo diletto per amore di lei, poneva ogni notte sull’alto di una torre una fiaccola accesa che serviva di faro
eva ogni notte sull’alto di una torre una fiaccola accesa che serviva di faro al giovine nuotatore. Sesto è città, cui da
vanetto dal gentil sembiante, Ero la vergin nomasi ; el d’Ahido. Ella di Sesto abitatrice : amabili Leggiadre stelle d’amb
a morte Di Leandro infelice anco deplora ! Museo Grammatico Gli Amori di Ero e Leandro. Avendo una tempesta sconvolte le
nella settima notte egli si lanciò nell’onde, ma travolto dal furore di quelle, miseramente annegò. Le acque spinsero il
l furore di quelle, miseramente annegò. Le acque spinsero il cadavere di lui sulle spiagge di Sesto, ove fu riconosciuto d
iseramente annegò. Le acque spinsero il cadavere di lui sulle spiagge di Sesto, ove fu riconosciuto da Ero, la quale dispe
precipitò nel mare volendo morire della morte istessa, che per amore di lei aveva incontrata quegli ch’ella adorava sopra
mar sprezzando ei beve. Già l’ingannevol lampa amaro estinse Soffiar di vento : e di Leandro estinse L’alma ad un tempo,
do ei beve. Già l’ingannevol lampa amaro estinse Soffiar di vento : e di Leandro estinse L’alma ad un tempo, e l’amore inf
vesta, in giù da l’alto Capovolta piomhò — Museo Grammatico Gli Amori di Ero e di Leandro. 1811. Eroe. — Cotesto appella
giù da l’alto Capovolta piomhò — Museo Grammatico Gli Amori di Ero e di Leandro. 1811. Eroe. — Cotesto appellativo dava
avano i greci a quegli uomini che si erano resi celebri con una serie di azioni gloriose ed insieme utili e benefiche ai l
chità e soprattutto fra i cronistedella favola, un nom stretto numero di autori, la cui opinione concorda in generale col
autori, la cui opinione concorda in generale col dare l’appellazione di eroe a quel mortale che aveva per madre una dea e
, o viceversa, per padre un dio e per madre una donna. La maggioranza di questi scrittori trae il nome di eroe dalla parol
per madre una donna. La maggioranza di questi scrittori trae il nome di eroe dalla parola greca Ἐρως che significa amore.
o fino alle stelle, e con ciò diventavano degne degli onori divini, e di quella adorazione che il culto superstizioso del
o del pagane imo tributava alle proprie divinità. Seguendo l’opinione di Lucano, il culto che si prestava agli eroi consis
i Lucano, il culto che si prestava agli eroi consisteva in una specie di pompa funebre, nella quale si celebrava la memori
è dice nelle sue cronache dell’antichità che all’ Ercole greco figlio di Alcmena, si fanno piuttosto dei funerali che dei
uttosto dei funerali che dei sacrifizi. In quanto ai monumenti eroici di cui troviamo così spesso menzione nelle cronache
icato all’eroe sepolto in quel sacro ricinto. Così Omero pel sepolcro di Ettore. …… Indi per tulto Queto il foco, i frate
ndi per tulto Queto il foco, i fratelli e i fidi amici Pieni il volto di pianto e sospirosi Raccolsero le bianche ossa, e
le coprir d’un molle Cremisino. Ciò fatto, in cava buca Le posero, e di spesse e grandi pietre Un lastrico vi féro, e pre
ro, e prestamente Il tumuto elevar. Omero — Riade — Libro XXIV trad. di . V. Monti Infinito è il numero degli eroi di cu
ade — Libro XXIV trad. di. V. Monti Infinito è il numero degli eroi di cui fa menzione la mitologia greca e romana, nell
i fa menzione la mitologia greca e romana, nelle quali si trova assai di sovente ricordato che gli onori eroici furono spe
ori eroici furono spesso rese anche alle donne. 1812. Erofila. — Nome di una sibilla figlia del pastore Teodoro, e di una
e. 1812. Erofila. — Nome di una sibilla figlia del pastore Teodoro, e di una ninfa del monte Ida. Erofila predisse ad Ecub
, e di una ninfa del monte Ida. Erofila predisse ad Ecuba le sventure di cui sarebbe stato cagione alla propria patria, il
ece ritorno al tempio dedicato ad Apollo Sminteo, dove mori. Ai tempi di Pausania si vedeva ancora il sepolero di Erofila,
Sminteo, dove mori. Ai tempi di Pausania si vedeva ancora il sepolero di Erofila, nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Ero
ro di Erofila, nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Eromanzia. — Nome di una specie di divinazione che i Persiani praticav
nel bosco consacrato al Tempo. 1813. Eromanzia. — Nome di una specie di divinazione che i Persiani praticavano per mezzo
la parola Ἀηρ significa avia. 1814. Erope. — Così avea nome la moglie di Atreo, che à poi acquistata tanta lagrimevole rin
, per l’incestuoso adulterio con suo cognato Tieste. Erope era figlia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racconta di le
so adulterio con suo cognato Tieste. Erope era figlia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racconta di lei che, prima di
este. Erope era figlia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racconta di lei che, prima di cedere all’infame voglie del co
glia di Euristeo, re di Argo, e la cronaca racconta di lei che, prima di cedere all’infame voglie del cognato, ma già inna
che, prima di cedere all’infame voglie del cognato, ma già innamorata di lui, lo avesse aiutato a derubare ad Atreo un mon
, e che questo fosse il primo motivo che valse ad accendere la fiamma di quell’odio terribile, la cui fosca luce balenò pe
5. Eros. — . V. Ero. 1816. Erostrato. — Così avea nome quell’abitante di Efeso, che per rendersi celebre concepì l’infame
o che il suo vero nome fosse Erotostrato. Erostrato era anche il nome di un mercatante Nacraziano il quale si rese celebre
no il quale si rese celebre per avere instituita la corona Naucratite di Venere. — V. Naucratite. 1817. Erotidi. — Dette p
ite. 1817. Erotidi. — Dette più comunemente Erotidie ; feste in onore di Cupido che i Tespi celebravano con grande solenni
grande solennità e ricchezza ogni cinque anni. 1818. Erse. — Sorella di Pandrosa e di Aglaura, e figlia di Cecrope, re di
ità e ricchezza ogni cinque anni. 1818. Erse. — Sorella di Pandrosa e di Aglaura, e figlia di Cecrope, re di Atene. Mercur
cinque anni. 1818. Erse. — Sorella di Pandrosa e di Aglaura, e figlia di Cecrope, re di Atene. Mercurio essendosene innamo
18. Erse. — Sorella di Pandrosa e di Aglaura, e figlia di Cecrope, re di Atene. Mercurio essendosene innamorato, mentre el
Atene. Mercurio essendosene innamorato, mentre ella usciva dal tempio di Minerva, la dimandò in moglie al padre. Sua sorel
imandò in moglie al padre. Sua sorella Aglaura ingelosita della sorte di Erse, volle impedire a Mercurio l’accesso nell’ap
sso nell’appartamento della sorella, ma il dio, avendo cercato invano di piegarla colle sue preghiege, sdegnato del cattiv
to invano di piegarla colle sue preghiege, sdegnato del cattivo animo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una sta
colle sue preghiege, sdegnato del cattivo animo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una statua di pietra di colo
cattivo animo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una statua di pietra di colore nerastro, forse per indicare che
imo di lei, con un colpo di caduceo la cangiò in una statua di pietra di colore nerastro, forse per indicare che la bianch
ua di pietra di colore nerastro, forse per indicare che la bianchezza di quella era stata oscurata dal veleno dell’invidia
rseforie, le feste che in suo onore si celebravano dai Greci nel mese di scroforione (Giugno). 1819. Erseo. — Soprannome d
dai Greci nel mese di scroforione (Giugno). 1819. Erseo. — Soprannome di Giove che a lui veniva dall’essere i suoi altari
dall’essere i suoi altari in luogo scoperto e generalmente circondati di muraglie. Questa maniera particolare di fabbricar
rto e generalmente circondati di muraglie. Questa maniera particolare di fabbricare le are, consacrate al re dei muni era
dei muni era soprattutto comune nelle case dei principi. Il figliuolo di Achille uccise Priamo re di Troja presso un’altar
une nelle case dei principi. Il figliuolo di Achille uccise Priamo re di Troja presso un’altare di Giove Erseo, che sorgev
i. Il figliuolo di Achille uccise Priamo re di Troja presso un’altare di Giove Erseo, che sorgeva nella reggia trojana. 18
Fu una delle nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani : era figlia di Tazio re di quei popoli. Romolo, colpito dalla be
nobili giovanette Sabine, rapite dai Romani : era figlia di Tazio re di quei popoli. Romolo, colpito dalla bellezza di le
era figlia di Tazio re di quei popoli. Romolo, colpito dalla bellezza di lei, la prescelse come sua sposa e n’ebbe un figl
io che poi fu chiamato Aollio, ed una figlia per nome Prima. La morte di Romolo penetrò Ersilia di tanto dolore, che Giuno
lio, ed una figlia per nome Prima. La morte di Romolo penetrò Ersilia di tanto dolore, che Giunone mossa a pietà, la fece
ndurre da Iride sul monte Quirinale, ove Romolo le apparve circondato di luce e la trasportò con sè nel cielo. Dopo questo
resero ad Ersilia gli onori divini, e l’adorarono nell’istesso tempio di Quirino sotto il nome di Hora, o secondo altri Ho
ri divini, e l’adorarono nell’istesso tempio di Quirino sotto il nome di Hora, o secondo altri Horta, perchè si credeva es
un’isola dello Oceano la quale, secondo riferisce Tacito, era quella di Rugen nel mar Baltico. Narrano le cronache che in
cronache che in quell’isola vi era una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e nel mezzo di essa si teneva un carro cop
isola vi era una selva conosciuta sotto il nome di Caslum e nel mezzo di essa si teneva un carro coperto a cui nessuno ard
ccava i buoi al carro coperto e lo seguiva, solo, a piedi, e con atti di grande venerazione. Il periodo di tempo che durav
seguiva, solo, a piedi, e con atti di grande venerazione. Il periodo di tempo che durava questa cerimonia era ritenuto co
i davano alla divinità che presiedeva alla fabbricazione della moneta di rame. Veniva rappresentata sotto la figura di una
bricazione della moneta di rame. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna in piedi, con la mano sinistra poggiata
tto la figura di una donna in piedi, con la mano sinistra poggiata su di un bastone e avendo nella destra una bilancia. Es
la quale si sono ritrovate non poche medaglie, coniate sotto il regno di diversi Imperadori Romani, sulle quali si vedono
estra una bilancia ed ai piedi un corno dell’abbondanza ed un mucchio di varie monete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.
a ed ai piedi un corno dell’abbondanza ed un mucchio di varie monete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio d
dell’abbondanza ed un mucchio di varie monete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio di Priamo e di Arisba,
o di varie monete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio di Priamo e di Arisba, prima moglie di quel re. La t
onete, di rame, d’argento, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio di Priamo e di Arisba, prima moglie di quel re. La tradizione mi
o, e di oro. 1823.Esaco. — Figlio di Priamo e di Arisba, prima moglie di quel re. La tradizione mitologica narra che Merop
di quel re. La tradizione mitologica narra che Merope, avola materna di Esaco, gl’insegnò l’arte di predir l’avvenire ; e
itologica narra che Merope, avola materna di Esaco, gl’insegnò l’arte di predir l’avvenire ; e che egli ancor giovanissimo
dopo le nozze. Egli ne fu talmente addolorato che si gettò dall’allo di uno scoglio nel mare, ma Teti lo cangiò in uccell
in uccello prima che fosse caduto nelle onde. 1824. Esaforo. — Specie di lettiga portata da sei cavalli e della quale usav
quale usavano i patrizî romani. Si chiamava anche Esaforo una specie di bara, su cui venivano trasportati al rogo i cadav
a Ovidio, ripete, che alcune ninfe Najadi, avendo fatto un sacrifizio di dieci tori, avessero invitate tutte le divinità c
e le divinità campestri, ma dimenticarono Acheolo ; il quale sdegnato di sì poco rispetto, gonfiò le sue acque e trascinò
la loro disgrazia, le cangio in quelle isole conosciute sotto il nome di Eschinadi. 1826. Esculano. — V. Es. 1827. Esculap
i poeti non sono d’accordo sulla sua nascita. Taluni lo fanno figlio di Apollo e di Coronide, della reale famiglia dei La
sono d’accordo sulla sua nascita. Taluni lo fanno figlio di Apollo e di Coronide, della reale famiglia dei Lapidi. Le tra
ccreditate però raccontano, invece che Apollo avendo saputo per mezzo di un corvo che la sua amante aveva una tresca con I
zzo di un corvo che la sua amante aveva una tresca con Ischiso figlio di Elato, incaricò Diana di andare in Arcadia onde u
a amante aveva una tresca con Ischiso figlio di Elato, incaricò Diana di andare in Arcadia onde uccidere l’infedele Coroni
o Chiron, perché ’l nutrissi. Ovidio — Metamorfosi — Libro II. trad. di Dell’Anguillara. Altri racconta che Coronide, ac
tifera e gradita : Tu l’alma, se dal corpo si disserra. Tornar potrai di nuovo al corpo nuita. Tu sol saprai trar l’anima
dell’avo tuo paterno Giove : Ovidio — Metamorfosi — Libro II. trad. di Dell’Anguillara. Igino pretende che trovandosi E
di Dell’Anguillara. Igino pretende che trovandosi Esculapio in casa di Glauco, il quale era gravemente infermo, vedesse
ti e gli ammalati, e seguendo la tradizione, risuscitando gran numero di morti. Finalmente dopo aver richiamati alla vita
Fulminando mandò nè regni hui. Virgilio — Eneide — Libro VII. trad. di A. Caro. Però Giove stesso che lo aveva ucciso,
sia per propria amicirazione, sia per accondiscendere alle preghiere di Apollo, mise Esculapio nel numero degli astri. Un
suo figlio, li avesse tutti esterminati. Giove irritato perciò contro di Apollo voleva lanciarlo nel Tartaro, ma poi ceden
di Apollo voleva lanciarlo nel Tartaro, ma poi cedendo alle preghiere di Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a cus
i Latona, lo esiliò dall’olimpo e lo condannò a custodire gli armenti di Admeto come semplice pastore. Ovidio nelle sue me
utta la Grecia adorato come un Dio, e non fu città, horgo o villaggio di questa popolosa contrada che non avesse un tempio
opolosa contrada che non avesse un tempio a lui sacro. Così il tempio di Cillene era fabbricato sul capo Ermino ; quello d
Il culto d’Esculapio fu da Epidauro trasportato in Roma in occasione di una peste. Questo Dio ha molti soprannomi come Ar
di una peste. Questo Dio ha molti soprannomi come Arcagele fondatore di Città, Aglaope, raggiante, Apatexicacos, salvator
prattutto il serpente che era intimamente legato ai misteri del culto di questo Dio. Presso gli egiziani, e presso tutti g
o avuto una comune origine ; e che il cuito del serpente come emblema di sanità è un resto del feticismo egiziano, il qual
che persino Mosè avesse esposto alla vista del suo popolo un serpente di bronzo la cui vista guariva dalla peste. Più tard
istianesimo vediamo nelle sacre pitture un serpente uscire dal calice di S. Giovanni come simbolo dell’igiene. Esculapio v
i come simbolo dell’igiene. Esculapio veniva rappresentato nel tempio di Epidauro assiso su di un trono, con una mano appo
iene. Esculapio veniva rappresentato nel tempio di Epidauro assiso su di un trono, con una mano appoggiata sulla testa di
i Epidauro assiso su di un trono, con una mano appoggiata sulla testa di un serpente e avendo nell’altra un bastone. A fia
he rappresentano il dio della medicina, e si sono trovate buon numero di monete e di pietre su cui è scolpita la sua immag
tano il dio della medicina, e si sono trovate buon numero di monete e di pietre su cui è scolpita la sua immagine. Oltre a
. Oltre a questo Esculapio ve n’era un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio di Epidauro di cui fa menzione Valerio
sto Esculapio ve n’era un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio di Epidauro di cui fa menzione Valerio Massimo, nell
o ve n’era un’altro conosciuto sotto il nome di Esculapio di Epidauro di cui fa menzione Valerio Massimo, nella sua storia
nell’anno 462 della sua fondazione e che era adorato sotto la figura di un serpente, statua che gli fu, secondo la tradiz
che, secondo Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum, era figlio di Alcippe e di Arsinoe. 1828.Eseceste o Esserceto. 
Cicerone, nel suo libro IV De natura deorum, era figlio di Alcippe e di Arsinoe. 1828.Eseceste o Esserceto. — Re dei Foce
ceto. — Re dei Focesi. Egli possedeva due anelli coi quali pretendeva di conoscere l’avvenire, percuotendoli uno contro l’
e, percuotendoli uno contro l’altro. La tradizione dice che per mezzo di un simile incantesimo egli avesse saputa l’epoca
vesse saputa l’epoca della sua morte, ciò che per altro non gl’impedì di morire ucciso a tradimento. 1829. Eslchia. — Nell
gl’impedì di morire ucciso a tradimento. 1829. Eslchia. — Nella città di Clazomene si dava questa denominazione, dalla par
adizione fu da Giove medesimo donata a Dardano, si dava il soprannome di Esimnete a Bacco stesso. 1831. Esione. — Figlia d
dava il soprannome di Esimnete a Bacco stesso. 1831. Esione. — Figlia di Laomedonte, re di Troja e sorella di Priamo. La t
di Esimnete a Bacco stesso. 1831. Esione. — Figlia di Laomedonte, re di Troja e sorella di Priamo. La tradizione mitologi
o stesso. 1831. Esione. — Figlia di Laomedonte, re di Troja e sorella di Priamo. La tradizione mitologica narra che fra Ne
Laomedonte fosse stabilito un patto, ma non fa menzione della ragione di questo ; e solo aggiunge che avendo Laomedonte ma
re gli alberi e le piante. Adunatisi i capi del governo, il re decise di comune accordo con quelli di mandare una deputazi
unatisi i capi del governo, il re decise di comune accordo con quelli di mandare una deputazione all’oracolo di Apollo, on
e di comune accordo con quelli di mandare una deputazione all’oracolo di Apollo, onde consultarlo sul modo di far cessare
dare una deputazione all’oracolo di Apollo, onde consultarlo sul modo di far cessare tanto flagello. L’oracolo rispose che
modo di far cessare tanto flagello. L’oracolo rispose che la cagione di tanto lutto, era la collera di Nettuno, il quale
ello. L’oracolo rispose che la cagione di tanto lutto, era la collera di Nettuno, il quale non si sarebbe placato se non q
ignerebbe. E la sorte volle che dall’urna fatale si estraesse il nome di Esione figliuola dilettissima di Laomedonte, la q
all’urna fatale si estraesse il nome di Esione figliuola dilettissima di Laomedonte, la quale, ostìa innocente del disuman
i l’orribile morte. Ma Ercole che si trovava allora nelle circostanze di Troja, insieme agli altri Argonauti, impietosito
Argonauti, impietosito al tristo fato della regale giovanetta, spezzò di propria mano, le catene di lei e promise al re La
risto fato della regale giovanetta, spezzò di propria mano, le catene di lei e promise al re Laomedonte di ucdere il mostr
, spezzò di propria mano, le catene di lei e promise al re Laomedonte di ucdere il mostro. Il principe trasportato di gioj
promise al re Laomedonte di ucdere il mostro. Il principe trasportato di gioja impegnò la sua fede ad Ercole, promettendog
di gioja impegnò la sua fede ad Ercole, promettendogli in ricompensa di tanto servizio, i suoi invincibili cavalli. L’ero
arbitra della propria volontà, avendule il padre lasciata la scelta o di seguitare il suo liberatore, ovvero di rimanere n
il padre lasciata la scelta o di seguitare il suo liberatore, ovvero di rimanere nella propria famiglia. La giovanetta pr
ore, ovvero di rimanere nella propria famiglia. La giovanetta preferi di seguire Ercole, ma questi, che dovea muovere in C
e in prigione il messaggiero. Ercole, sdegnato a tanta slealtà, cinse di assedio la città troiana, e dopo pochi giorni, es
giorni, essendosene impadronito, la mise a sacco ed a fuoco ; uccise di sua mano Laomedonte, e dette Esione stessa in mog
e Esione stessa in moglie all’amico Telamone. Esione fu anche il nome di una delle figliuole di Danao, la quale, amata da
ie all’amico Telamone. Esione fu anche il nome di una delle figliuole di Danao, la quale, amata da Giove, lo rese padre di
una delle figliuole di Danao, la quale, amata da Giove, lo rese padre di un fanciullo che fu chiamato Orcomeno. Divenuto a
’Egizia Tebe Per le cento sue porte. Omero — Iliade — Libro IX Trad. di V. Monti. 1832. Eso. — Con questo nome i Galli a
tolti al nemico in battaglia, ma persino tutt’i prigionieri. Al dire di Luciano nelle sue che dell’antichità, i Galli spi
lli spingevano la loro barbara superstizione fino a svenare sulle are di questa truce divinità, le loro mogli e i loro fig
eva il dio Eso mezzo ignudo e con una scure nella mano levata in atto di percuotere. 1833. Esonide. — Specie di veste usat
cure nella mano levata in atto di percuotere. 1833. Esonide. — Specie di veste usata generalmente dai servi e dagli operai
una sola manica e lasciava scoperte le spalle. 1834. Esone. — Figlio di Creteo re di Isico in Tessaglia. Egli succedette
ica e lasciava scoperte le spalle. 1834. Esone. — Figlio di Creteo re di Isico in Tessaglia. Egli succedette al padre ma f
one, che egli sottrasse con ogni amorevole cura, alla crudele gelosia di Pelia, il quale temeva in lui un vendicatore dei
Vello d’oro, trovando suo padre vecchissimo pregò la sua amante Medea di porre in opera alcuno dei suoi possenti segreti o
sopra, e scorrendo rapidamente per varî paesi, raccolse gran quantità di erbe, e ritornata presso di Esone, ne compose una
te per varî paesi, raccolse gran quantità di erbe, e ritornata presso di Esone, ne compose una bevanda e fatto scorrere da
a presso di Esone, ne compose una bevanda e fatto scorrere dalle vene di lui il sangue agghiacciato daila vecchiezza, vi f
emplificando a contatto della sua imponente severità, qualunque manto di allegoria favolosa, altro non ci ricorda se non c
one, essendo stato obbligato da Pelia suo fratello, a bere del sangue di toro, fosse morto in seguito di ciò prima che suo
Pelia suo fratello, a bere del sangue di toro, fosse morto in seguito di ciò prima che suo figlio Giasone fosse ritornato
o figlio Giasone fosse ritornato dalla Colchide, che sua moglie pazza di dolore, si fosse appiccata, e che Giasone al suo
el padre fatto celebrare dei giuochi funebri dagli Argonauti in onore di Esone. 1835. Esperidi. — Nome collettivo delle tr
onore di Esone. 1835. Esperidi. — Nome collettivo delle tre figliuole di Espero, fratello di Atlante. Il nome proprio di q
. Esperidi. — Nome collettivo delle tre figliuole di Espero, fratello di Atlante. Il nome proprio di queste tre sorelle er
o delle tre figliuole di Espero, fratello di Atlante. Il nome proprio di queste tre sorelle era Aretusa, Egle ed Ipertuosa
ni scrittori ne aggiungono una quarta a cui danno comunemente il nome di Erizia. È questa però una opinione poco generaliz
che quando Giove sposò Giunone, questa regalasse al marito un albero di pomi che faceva le frutta di oro. Giove allora in
ne, questa regalasse al marito un albero di pomi che faceva le frutta di oro. Giove allora in segno di aver gradito il don
un albero di pomi che faceva le frutta di oro. Giove allora in segno di aver gradito il dono, fece piantar l’albero nell’
tato scrittore, esse erano d’una tale bellezza, che la sola rinomanza di questa, spiese Busiride, re di Egitto, a comandar
a tale bellezza, che la sola rinomanza di questa, spiese Busiride, re di Egitto, a comandare ad alcuni corsari di rapirle.
questa, spiese Busiride, re di Egitto, a comandare ad alcuni corsari di rapirle. I corsari infatti penetrarono nel giardi
e. Questo principe in ricompensa donò ad Ercole i pomi d’oro. Al dire di Esiodo, le Esperid i furono, senza carnale commer
cio, generate dalla Notte, a somiglianza delle Gorgoni, delle Parche, di Nemesi, del Destino ec. ec. Forse le Esperidi fur
volosa, ba principio il regno delle tenebre. 1836. Espero. — Fratello di Atlante e figlio di Giapeto. Sua figlia detta da
il regno delle tenebre. 1836. Espero. — Fratello di Atlante e figlio di Giapeto. Sua figlia detta da lui Esperide, fu tol
paterno Atlante, da cui ebbe sette figliuole conosciute sotto il nome di Atlantidi, e più comunemente di Esperidi — V. l’a
te figliuole conosciute sotto il nome di Atlantidi, e più comunemente di Esperidi — V. l’arlicolo precedente. La tradizion
a tradizione racconta ch’essendo un giorno Espero, salito sulla vetta di un monte, per studiare il corso degli astri, fu t
tri, fu trasportato da un vento impetuoso, e non si seppe più novella di lui. Da ciò ha vita il simbolo mitologico che ha
i lui. Da ciò ha vita il simbolo mitologico che ha fatto dare il nome di Espero ad uno dei più brillanti pianeti. 1837. Es
to come Espiatore delle colpedegli uomini. 1838. Espiazione. — Specie di solennità o cerimonia religiosa che gli antichi i
tichità rivela per altro che presso i romani ed i greci si faceva uso di tal cerimonia in moltiplici e svariate occasioni.
uso di tal cerimonia in moltiplici e svariate occasioni. La speranza di placare lo sdegno di un qualche nume, il timore d
in moltiplici e svariate occasioni. La speranza di placare lo sdegno di un qualche nume, il timore delle pubbliche calami
azione ai celesti onde renderli propizie ad una intrapresa, all esito di una guerra, al compimento di un qualche fatto imp
li propizie ad una intrapresa, all esito di una guerra, al compimento di un qualche fatto importante che interessasse radi
città, furono altrettante occasioni presso i pagani alla celebrazione di codesta cerimonia detta Espiazione. Da ciò le par
tta Espiazione. Da ciò le parole così sovente adoperate dagli antichi di lustrare, expiare, februare, altro non vogliono s
, expiare, februare, altro non vogliono significare che il compimento di alcuni atti ritenuti proprî a cancellare una colp
ti proprî a cancellare una colpa, o a scongiurare il cattivo influsso di una qualche sventura che minacciasse la patria. P
Nei tempi eroici l’espiazione per l’omicidio, detta anche espiazione di sangue, veniva compiuta per mezzo di cerimonie so
omicidio, detta anche espiazione di sangue, veniva compiuta per mezzo di cerimonie solenni, gravi, dolorose. L’omicida, qu
essi ed i personaggi più considerevoli e cospicui, ne compirono assai di sovente la cerimonia espiatoria. Infatti nello st
nia espiatoria. Infatti nello studio dell’antichità, vediamo Creso re di Lidia espiare per Adrasto, reo di omicidio ; Copr
io dell’antichità, vediamo Creso re di Lidia espiare per Adrasto, reo di omicidio ; Copreo uccisore di Ifiso fu espiato da
so re di Lidia espiare per Adrasto, reo di omicidio ; Copreo uccisore di Ifiso fu espiato da Euristeo, re di Micene ; ed E
reo di omicidio ; Copreo uccisore di Ifiso fu espiato da Euristeo, re di Micene ; ed Ercole stesso vediamo espiato da Ceix
Euristeo, re di Micene ; ed Ercole stesso vediamo espiato da Ceixo re di Trachina, e poi da Eumolpo dopo la morte del cent
a, e poi da Eumolpo dopo la morte del centauro Nesso ; Demofoonte, re di Atene, espia Oreste, e Circe compie le cerimonie
va l’incarico che tacitamente gli dava il reo, col suindicato indizio di pentimento, allora faceva portare una pecora di u
ol suindicato indizio di pentimento, allora faceva portare una pecora di un anno, e col sangue di questo animale purificav
pentimento, allora faceva portare una pecora di un anno, e col sangue di questo animale purificava le mani dell’omicida. Q
ale purificava le mani dell’omicida. Quindi si passava alle libazione di vino puro in onore di Giove ; poscia si bagnavano
dell’omicida. Quindi si passava alle libazione di vino puro in onore di Giove ; poscia si bagnavano con acqua e mele tre
di Giove ; poscia si bagnavano con acqua e mele tre volte alcuni rami di olivo in simbolo della pace che l’omicida cercava
olte alcuni rami di olivo in simbolo della pace che l’omicida cercava di riacquistare. Finalmente si copriva l’ara di foca
ce che l’omicida cercava di riacquistare. Finalmente si copriva l’ara di focacce che il reo inginocchiato offeriva alle sd
che il reo inginocchiato offeriva alle sdegnate divinità, pregandole di perdonare al suo misfatto. Si trova anche ripetut
con la stessa pompa, nè all’istesso modo, e la tradizione ricorda più di un nome illustre e famoso, che avesse espiato una
il quale non ardì toccare gli dei Penati che volea portar seco prima di essersi tuffato nella corrente di un fiume. …… e
Penati che volea portar seco prima di essersi tuffato nella corrente di un fiume. …… e tu con le tue mani Sosterrai, pad
lordo e si recente uscito Da tanta uccisïon, toccar non lece Pria che di vivo fiume onda mi lave. Virgilio — Eneide — Lib
a che di vivo fiume onda mi lave. Virgilio — Eneide — Libro II Trad. di A. Caro. Così purificossi Achille dall’uccisione
il delitto non erasi consumato ma si era solamente stato in procinto di cedere ad una delittuosa tentazione, bisognava pu
iverso dai greci. A questo proposito riporteremo un brano delle opere di Dionigi d’Alicarnasso, nel quale è ripetuta la ma
è ripetuta la maniera con la quale fu espiato Orazio, per l’uccisione di sua sorella Camilla, all’epoca del famoso duello
zii contro i tre Curiazii. « Dopo che Orazio fu assoluto dal delitto di parricidio, il re il quale non credette che in un
dio, il re il quale non credette che in una città in cui professavasi di temere gli dei, il giudizio degli uomini bastasse
el paese ; offrirono su questo altare molti sacrifizî espiatori, dopo di che fecero passare il reo sotto il giogo (specie
î espiatori, dopo di che fecero passare il reo sotto il giogo (specie di forca) ». Oltre a queste cerimonie espiatorie ne
gli eserciti dopo una guerra, e soprattutto le popolazioni al cessare di una pubblica calamità. Però è da notarsi che nell
la seconda, e praticavasi solamente quando si presentava l’occasione di dover purgare l’esercito dai delitti della milita
i romani quella che veniva solennizzata alla visibile manifestazione di un qualche prodigio. Il senato, in simili occasio
ava preci pubbliche, sacrifizî, giuochi, lettisternj, feste, e giorni di digiuno. Tutta la città era in lutto, le botteghe
uno ; e i sacrifizî espiatorî reiterati, onde allontanare le calamità di cui gli abitanti credevano minacciata la loro cit
romano segnava dei giorni prestabiliti per la espiazione della città di Roma. Una di queste date era il cinque di febbrai
va dei giorni prestabiliti per la espiazione della città di Roma. Una di queste date era il cinque di febbraio, nel qual g
r la espiazione della città di Roma. Una di queste date era il cinque di febbraio, nel qual giorno venivano immolate le vi
i cinque anni, e da questa derivò la parola lustrare, nel significato di espiare, avuto riguardo al periodo di tempo che t
arola lustrare, nel significato di espiare, avuto riguardo al periodo di tempo che trascorreva tra una di queste pubbliche
i espiare, avuto riguardo al periodo di tempo che trascorreva tra una di queste pubbliche cerimonie ed un’altra, periodo m
tra una di queste pubbliche cerimonie ed un’altra, periodo mai minore di cinque anni, ossia di un lustro, come gli antichi
liche cerimonie ed un’altra, periodo mai minore di cinque anni, ossia di un lustro, come gli antichi chiamavano un elasso
inque anni, ossia di un lustro, come gli antichi chiamavano un elasso di tempo che comprendesse cinque anni. I pagani rite
un luogo sacro ove un reo si fosse ricoverato, e quindi la espiazione di quel luogo diveniva, secondo le antiche credenze,
credenze, assolutamente necessaria. Per citare uno dei tanti esempi, di che fà menzione la tradizione favolosa, ricordere
empi, di che fà menzione la tradizione favolosa, ricorderemo il fatto di Edipo, il quale esiliato della sua patria, drizzò
si fermò nel tempio delle Eumenidi, in un bosco sacro presso la città di Colona. Gli abitanti, sapendolo reo, lo costrinse
ero alle espiazioni, le quali consistevano nella libazione dell’acqua di tre diverse fonti ; nel coronare le tazze della l
ne dell’acqua di tre diverse fonti ; nel coronare le tazze della lana di fresco tosata di una pecora lattante ; il tutto v
tre diverse fonti ; nel coronare le tazze della lana di fresco tosata di una pecora lattante ; il tutto volgendo il viso d
a parte ove nasce il sole, e finalmente offerendo tre volte nove rami di ulivi, onde placare le Eumenidi. Ismene, figlia d
re volte nove rami di ulivi, onde placare le Eumenidi. Ismene, figlia di Edipo, si sottomise ad eseguir simil cerimonie on
Edipo, si sottomise ad eseguir simil cerimonie onde espiare le colpe di suo padre. Coro Tu dei propizie Far queste div
l piè premesti Edipo E come far ? mel dite Coro Pria l’onda sacra di perenne fonte Con pure mani attingi. Edipo E po
Coro Libarue tre ; tutta versar la quarta. Edipo Ma questa pria, di qual licor fia d’uopo Empierla ? di ! Coro D’ac
a quarta. Edipo Ma questa pria, di qual licor fia d’uopo Empierla ? di  ! Coro D’acqua e di mel, nè stilla Pur vi mesce
uesta pria, di qual licor fia d’uopo Empierla ? di ! Coro D’acqua e di mel, nè stilla Pur vi mescer di vino Edipo E qu
uopo Empierla ? di ! Coro D’acqua e di mel, nè stilla Pur vi mescer di vino Edipo E quando poi Ciò si bevve il terreno
quando poi Ciò si bevve il terreno ? Coro Allor tre volte Nove rami di ulivo al suol ponendo Con ambe mani, a supplicar
fa, nulla stimar si dee. Sofocle — Edipo a Colono — Tragedia. Trad. di F. Bellotti. Oltre a queste avevano gli antichi
altri cerimonie espiatorie, come quelle che si facevano in occasione di viaggi, di nozze e di funerali. Tutto ciò che si
monie espiatorie, come quelle che si facevano in occasione di viaggi, di nozze e di funerali. Tutto ciò che si credeva di
torie, come quelle che si facevano in occasione di viaggi, di nozze e di funerali. Tutto ciò che si credeva di cattivo aug
occasione di viaggi, di nozze e di funerali. Tutto ciò che si credeva di cattivo augurio, come l’incontro di un corvo o di
unerali. Tutto ciò che si credeva di cattivo augurio, come l’incontro di un corvo o di una lepre, una tempesta improvvisa,
ciò che si credeva di cattivo augurio, come l’incontro di un corvo o di una lepre, una tempesta improvvisa, un sogno fune
tte le volte che qualcuno veniva iniziato ai grandi o piccoli misteri di Eleusi, ed alle mistiche orgie di Bacco e di Pria
niziato ai grandi o piccoli misteri di Eleusi, ed alle mistiche orgie di Bacco e di Priapo. 1839. Esserceto. — V. Eseceste
grandi o piccoli misteri di Eleusi, ed alle mistiche orgie di Bacco e di Priapo. 1839. Esserceto. — V. Eseceste. 1840.Essi
cia, e segnatamente in Corinto, ed a cui si dava questo nome in onore di Vesta, detta anche Estia, figlia di Saturno e di
cui si dava questo nome in onore di Vesta, detta anche Estia, figlia di Saturno e di Rea. Durante simili cerimonie, era e
questo nome in onore di Vesta, detta anche Estia, figlia di Saturno e di Rea. Durante simili cerimonie, era espressamente
ea. Durante simili cerimonie, era espressamente proibito il trasporto di qualunque oggetto che non fosse una delle vittime
ndo significare che gli avari non concedono ad altri la meno ma parte di quanto posseggono. 1843. Estipiel. — Nome partico
ia più comunemente conosciuto nella tradizione favolosa sotto il nome di Oeta. Sorgeva nella Tessaglia tra il monte Parnas
l tempo primitivo, in quattro età o periodi, conosciuti sotto il nome di Età dell’oro, dell’argento, del rame, e del ferro
l nome di Età dell’oro, dell’argento, del rame, e del ferro. La prima di queste età, ebbe cominciamento subito dopo la for
ll’uomo ; e secondo le cronache, sotto l’età dell’oro, fiorì il regno di Saturno, durante il quale regnò sulla terra la gi
senza essere coltivata, i frutti ed i fiori, ed era irrigata da fiumi di latte e di miele, che scorrevano soavissimamente,
e coltivata, i frutti ed i fiori, ed era irrigata da fiumi di latte e di miele, che scorrevano soavissimamente, fra sponde
fra sponde eternamente fiorite. Quest’età dell’oro è tolta dai libri di Mosè, dei quali i Greci e segnatamente gli Egizii
n periodo meno felice, sebbene ancora riposato e tranquillo. Nell’età di rame gli uomini cominciarono a sentire lo stimolo
oni malvagie, e divennero vendicativi e perversi. Finalmente nell’età di ferro, la malvagità dei mortali non ebbe più limi
agrime e sangue. Peraltro tutto questo sistema immaginativo e fecondo di ricca poesia, non si sostiene a contatto delle ri
, imperocchè noi vediamo dalle cronache del tempo, che sotto il regno di Saturno, vale a dire quando correva il periodo de
tronizza a sua volta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — Figlio di Mercurio e di una giovanetta discendente della st
volta, scacciandolo dal cielo. 1847. Etalide. — Figlio di Mercurio e di una giovanetta discendente della stirpe reale deg
cconta che Etalide avesse domandato a suo padre due grazie ; la prima di essere a conoscenza anche dopo la morte, di quant
dre due grazie ; la prima di essere a conoscenza anche dopo la morte, di quanto avveniva nel mondo ; e l’altra che egli pa
i Argonauti ; e sugli obblighi della sua carica, che a lui imponevano di essere talora presente, e tale altra assente dall
e tale altra assente dall’armata. 1848. Eteocle. — Figlio primogenito di Edipo e di Giocasta e fratello di Polinice. Quand
a assente dall’armata. 1848. Eteocle. — Figlio primogenito di Edipo e di Giocasta e fratello di Polinice. Quando il loro g
1848. Eteocle. — Figlio primogenito di Edipo e di Giocasta e fratello di Polinice. Quando il loro genitore ebbe abdicato i
fratello di Polinice. Quando il loro genitore ebbe abdicato il trono di Tebe, Eteocle convenne col fratello, che avrebber
il primo a regnare per un anno, ma compiuto il suo tempo egli ricusò di cedere il potere al fratello. Polinice allora, de
ottenuto da lui protezione ed appoggio, ritornò in patria alla testa di un formidabile esercito, dando così principio all
un formidabile esercito, dando così principio alla memorabile guerra di Tebe, la quale ebbe termine col duello dei due fr
ères ennemis — Tragèdie Acte V — Scène III. Eteocle fu anche il nome di un re Orcomeno, nella Beozia, il quale, al dire d
e fu anche il nome di un re Orcomeno, nella Beozia, il quale, al dire di Pausania, fu il primo ad innalzare un tempio alle
zie ; le quali anche perciò erano conosciute sotto il nome collettivo di Eteocle. 1840. Eteoclo. — Uno del sette capi dell
. — Uno del sette capi dell’armata Greca che mosse alla famosa guerra di Tebe, fu fratello di Evadmo e figlio di Ifide. C
i dell’armata Greca che mosse alla famosa guerra di Tebe, fu fratello di Evadmo e figlio di Ifide. Che con sette falangi
che mosse alla famosa guerra di Tebe, fu fratello di Evadmo e figlio di Ifide. Che con sette falangi e sette duci Tutta
questi È l’Argivo Etcoclo… Sofogle — Edipo a Cutono — Tragedia trad. di F. Bellotti. Al dire di Euripide, questo eroe gi
… Sofogle — Edipo a Cutono — Tragedia trad. di F. Bellotti. Al dire di Euripide, questo eroe giovanetto, sfornito dei be
fortuna, si acquistò molta gloria e rinomanza nell’Argolide. Egli era di un disinteressamento a tutta prova, e aveva per l
teressamento a tutta prova, e aveva per la sua patria, e per le leggi di questa, una devozione senza limite. Egli morì sot
leggi di questa, una devozione senza limite. Egli morì sotto le mura di Tebe. Or di quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altr
sta, una devozione senza limite. Egli morì sotto le mura di Tebe. Or di quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altro di tutta Bo
ì sotto le mura di Tebe. Or di quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altro di tutta Bontà seguace. Era di cor valente ; Di pove
di quest’altro Ti dirò, d’Eteoclo, altro di tutta Bontà seguace. Era di cor valente ; Di povere fortune, è ver, ma colmo
non hanno Colpa veruna ; Euripide — Le Supplicanti — Tragedia trad. di F. Bellotti. 1850. Etelina. — I Greci davano que
i. Era chiamato Etelina perchè fu cantato la prima volta alle esequie di un patrizio chiamato Lino. 1851. Etere — I greci
on questa denominazione, i cieli distinti dai corpi luminosi. Al dire di Esiodo, alla creazione del mondo, l’essere suprem
dicarono alcun tempio nè altare. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna, con la testa circondata di raggi ; con
a rappresentata sotto la figura di una donna, con la testa circondata di raggi ; con una Fenice d’appresso ; appoggiata ad
destra. Con questi differenti attributi si voleva denotare, per mezzo di simboli allegorici, i caratteri principali che il
stra, perchè è un corpo che non ha confini. 1853. Eteta. — Giovanetta di Laodicea, città della Siria. Amò così perdutament
riferisce la cronaca, domandò ed ottenne dagli dei la grazia speciale di essere cangiata in uomo, onde poter sempre accomp
. Etilia. — Una delle molte figliuole del re Priamo. Caduta in potere di Protesilao, che la fece prigioniera all’assedio d
. Caduta in potere di Protesilao, che la fece prigioniera all’assedio di Troja, ella profittò di una tempesta, che costrin
otesilao, che la fece prigioniera all’assedio di Troja, ella profittò di una tempesta, che costrinse la nave dove si trova
sta, che costrinse la nave dove si trovava, ad approdare fra le isole di Menta e Scio, e persuase le sue compagne ad appic
Protesilao fabbricò in quel luogo una città alla quale diede il nome di Scio. 1855. Etione. — Detta anche Etionome, fu se
izione, una delle figlie del re Priamo. Etione era anche un nome dato di sovente dai pagani ai cavalli. 1856. Etna — La tr
ei ciclopi che fabbricavano i fulmini a Giove, stessero nelle viscere di questo monte. …….. Etna sublime, Di fornaci e d’
a cerimonia si faceva gettando nelle viscere del vulcano, ogni specie di vittime, le quali se venivano divorate dal fuoco
me, le quali se venivano divorate dal fuoco si riteneva come presagio di lieto augurio ; se erano rigettate la predizione
olo si ritirò presso i sacerdoti cureti e dette al loro paese il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome di una delle sette f
cureti e dette al loro paese il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome di una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — 
il nome di Etolia. 1858. Etosea. — Nome di una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — Figlia di Piteo, re di Trezen
ea. — Nome di una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — Figlia di Piteo, re di Trezene conosciuto per la sua saggez
una delle sette figliuole di Niobe. 1859. Etra — Figlia di Piteo, re di Trezene conosciuto per la sua saggezza. Etra fu s
retamente, dallo stesso suo padre, maritata ad Egeo che la rese madre di Teseo. Piteo per alcune particolari sue ragioni,
lle quali la cronaca non fa parola, durante il tempo della gravidanza di Etra, non volendo palesare l’unione che le aveva
figlia, l’avesse resa madre ; e che per conseguenza Teseo era figlio di Nettuno. Allorchè Teseo, invaghitosi di Elena anc
conseguenza Teseo era figlio di Nettuno. Allorchè Teseo, invaghitosi di Elena ancor giovanetta, la rapì, nel partire da A
sero alle armi per vendicare il ratto della sorella e s’impadronirono di Afidne, profittando dell’assenza di Teseo, essi r
o della sorella e s’impadronirono di Afidne, profittando dell’assenza di Teseo, essi ricondussero con se Elena a cui dette
da quel giorno a rimanere presso la sua padrona, finchè dopo la presa di Troja, riconosciuta da suo nipote Demofoonte, fu
lui liberata e ricondotta in patria. 1860. Etreo — Uno dei soprannomi di Vulcano col quale aveva un tempio a lui consacrat
nell’arte degli Auguri. 1862. Ettore — Il più celebre fra i figliuoli di Priamo, re di Troja, e il più valoroso dei guerri
i Auguri. 1862. Ettore — Il più celebre fra i figliuoli di Priamo, re di Troja, e il più valoroso dei guerrieri che speser
questi Furiando parea Marte che crolla La grand’asta in battaglia, o di vorace Fuoco la vampa che ruggendo involve Una fo
Si squassa intorno alle sue tempie, e Giove Il proteggea dall’alto, e di lui solo Tra tanti eroi volea far chiaro il nome
o, e di lui solo Tra tanti eroi volea far chiaro il nome A ricompensa di sua corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad.
nome A ricompensa di sua corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad. di V. Monti Fu marito di Andromaca, e padre di Sca
corta vita. Omero — Iliade — Libro XV Trad. di V. Monti Fu marito di Andromaca, e padre di Scamandrio più comunemente
Iliade — Libro XV Trad. di V. Monti Fu marito di Andromaca, e padre di Scamandrio più comunemente conosciuto sotto il no
omaca, e padre di Scamandrio più comunemente conosciuto sotto il nome di Astianatte. V. Astianatte. L’oracolo avea predett
. L’oracolo avea predetto che finchè Ettore avrebbe vissuto, il regno di Priamo resisterebbe agli attacchi dei greci, onde
colpi ; ma l’eroico valore dei guerrieri greci fu vano per lo spazio di nove anni, mentre Ettore uscì sempre incolume dai
mentre Ettore uscì sempre incolume dai replicati combattimenti e più di trenta fra i più famosi guerrieri greci perirono
ti e più di trenta fra i più famosi guerrieri greci perirono per mano di lui, sotto le mura della contrastata città. Corre
vanzò fin sotto le navi dei greci, appiccò a quello il fuoco e uccise di sua mano Patroclo, il compagno d’arme, l’amico, i
l famoso Achille. Ed Ettore, veduto il suo nemico Retrocedente e già di piaga offeso, Tra le file vicino gli si strinse,
a Dall’altra parle rïuscir la fece. Omero — Iliade — Libro XVI trad. di V. Monti. Questi, disperato d’aver perduto il su
disperato furore alla pugna. Invano Ecuba sua madre, Andromaca moglie di Ettore, il vecchio re Priamo suo padre, e gran nu
omaca moglie di Ettore, il vecchio re Priamo suo padre, e gran numero di guerrieri, di amici cercarono di dissuaderlo dall
i Ettore, il vecchio re Priamo suo padre, e gran numero di guerrieri, di amici cercarono di dissuaderlo dall’affrontare un
o re Priamo suo padre, e gran numero di guerrieri, di amici cercarono di dissuaderlo dall’affrontare una certa morte. …….
rai degli Achivi, esca alle belve. Omero — Iliade — Libro XXII trad. di V. Monti. Abbandonato dagli dei per avere disobb
dagli dei per avere disobbedito ad Apollo, Ettore giunto al cospetto di Achille, sentì, per un istante, vacillare il prop
nergia che non lo aveva mai abbandonato un solo istante per lo spazio di dieci anni. Ciò bon ostante egli attacca valoros
ortale, Ettore cade, e Achille, fatto legare al suo carro il cadavere di lui, fa per tre volte il giro delle mura della ci
rso I corridori che volar bramosi. Omero — Iliade — Libro XXII trad. di V. Monti. Omero ci ripete che Apollo, tocco di c
de — Libro XXII trad. di V. Monti. Omero ci ripete che Apollo, tocco di compassione allo spettacolo miserando, preservò i
tocco di compassione allo spettacolo miserando, preservò il cadavere di Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’e
Ettore dalla putrefazione e coprì il corpo dell’eroe con la sua egida di oro, per impedire che Achille, col trascinarlo ta
sa Lo strascinato corpo ne riceva. Omero — Iliade — Libro XXIV trad. di V. Monti. Finalmente gli dei, mossi a compassion
loroso che li aveva sempre onorati, inspirarono al vecchio re Priamo, di ridomandare al vincitore il corpo del figlio. Ach
suo dolore, conservava la maestà dell’alto suo grado ; e gli permise di riportare in Troia il cadavere del valoroso guerr
erriero, il quale con pompa solenne posto sul rogo, nelle mura stesse di quella città, che egli aveva difesa a costo della
mattino, s’accolse Il popolo d’intorno all’alta pira. E pria con onde di purpureo vino Tutte estinser le brage. Omero — I
ureo vino Tutte estinser le brage. Omero — Iliade — Libro XXIV trad. di . V. Monti. 1863. Eubagl. — Nome particolare che
elle scienze naturali. 1864. Eubea. — Così ebbe nome una delle amanti di Mercurio, che ebbe da lei un figliuolo chiamato P
che ebbe da lei un figliuolo chiamato Polibio. La favola fa menzione di un’altra Eubea, figliuola del fiume Asterione : e
essa insieme alle sue sorelle Acrea e Posimna, furono fra le nutrici di Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire di Cicerone, er
e Posimna, furono fra le nutrici di Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire di Cicerone, era questo il nome di uno dei tre dei D
di Giunone. 1865. Eubuleo. — Al dire di Cicerone, era questo il nome di uno dei tre dei Dioscuri, conosciuti sotto il nom
nome di uno dei tre dei Dioscuri, conosciuti sotto il nome collettivo di Anaci. La tradizione favolosa ci presenta Eubuleo
tivo di Anaci. La tradizione favolosa ci presenta Eubuleo come figlio di Giove e di Proserpina, e nativo di Atene. 1866. E
ci. La tradizione favolosa ci presenta Eubuleo come figlio di Giove e di Proserpina, e nativo di Atene. 1866. Eubulia. — O
sa ci presenta Eubuleo come figlio di Giove e di Proserpina, e nativo di Atene. 1866. Eubulia. — Ossia dea del buon consig
ue parole greche Ευ bene ; e Βουλ η consïglio. 1867. Eubulo. — Figlio di Demetrio di Maratona, il quale fu, per decreto de
eche Ευ bene ; e Βουλ η consïglio. 1867. Eubulo. — Figlio di Demetrio di Maratona, il quale fu, per decreto del senato, pr
pubblica, alcune importanti missioni che aveva ricevuto dai sacerdoti di Bacco e di Esculapio. 1868. Eucherecrate. — La cr
lcune importanti missioni che aveva ricevuto dai sacerdoti di Bacco e di Esculapio. 1868. Eucherecrate. — La cronaca mitol
atosi a Delfo, per consultare la Pitia, s’innammorò così perdutamente di lei, che la rapì e la condusse nella sua patria.
i nell’avvenire, fu fatta una legge, con la quale la Pitia del tempio di Delfo, doveva avere cinquanta anni compiuti. 1869
ano giorni felici. 1871. Eudora. — Una delle ninfe Oceanidi figliuola di Teti e dell’Oceano. 1872. Eufemo. — Uno degli Arg
e propriamente quello che alla morte del pilota Tifi ebbe l’incarico di timoniere. La tradizione ce lo presenta come figl
bbe l’incarico di timoniere. La tradizione ce lo presenta come figlio di Nettuno. 1873. Eufiro. — Uno dei sette figliuoli
senta come figlio di Nettuno. 1873. Eufiro. — Uno dei sette figliuoli di Niobe, ucciso, coi suoi fratelli, da Apollo a col
ette figliuoli di Niobe, ucciso, coi suoi fratelli, da Apollo a colpi di frecce. V. Niobe. 1874. Eufrade. — Così aveva nom
de. — Così aveva nome la divinità che presiedeva ai conviti. In segno di allegria si metteva la statua di questo dio nella
che presiedeva ai conviti. In segno di allegria si metteva la statua di questo dio nella sala del banchetto e sovente sul
capi dei Trojani nel memorabile assedio della loro città. Era figlio di Penteo, e mori sotto le mura di Troja per mano di
assedio della loro città. Era figlio di Penteo, e mori sotto le mura di Troja per mano di Menelao. 1876. Eufrona. — Dalle
o città. Era figlio di Penteo, e mori sotto le mura di Troja per mano di Menelao. 1876. Eufrona. — Dalle due parole greche
lle due parole greche φρης che significano consiglio si dette il nome di Eufrona alla dea della notte, riguardata, secondo
rbio, come la madre dei consigli. 1877. Eufrosina. — Nome particolare di quella fra le tre grazie che presiedeva all’alleg
ata annoverata fra le divinità. Veniva raffigurata sotto le sembianze di una donna in piedi, che ha nella mano sinistra un
tua della dea Minerva ; forse a ricordare non esservi cosa più nobile di Minerva, nata armata dal cervello di Giove. 1879,
dare non esservi cosa più nobile di Minerva, nata armata dal cervello di Giove. 1879, Eumelo. — Figliuolo di Alceste e di
Minerva, nata armata dal cervello di Giove. 1879, Eumelo. — Figliuolo di Alceste e di Admeto. Fu uno dei capi greci che as
armata dal cervello di Giove. 1879, Eumelo. — Figliuolo di Alceste e di Admeto. Fu uno dei capi greci che assediarono Tro
iava, agili e ratte Come penna d’augello ambe d’un pelo. D’età pari e di dosso a dritto filo. Il vibrator del curvo arco d
del curvo arco d’argento, Febo educolle nel pïerii prati. E portavan di Marte la paura Nelle battaglie. Omero — Iliade —
di Marte la paura Nelle battaglie. Omero — Iliade — Libro II. Trad. di V. Monti. 1880. Eumene. — Gli abitanti di Scio o
— Iliade — Libro II. Trad. di V. Monti. 1880. Eumene. — Gli abitanti di Scio onoravano come una divinità l’eroe Drimaco a
ravano come una divinità l’eroe Drimaco a cui davano la denominazione di Eumene ossia Eroe pacifico. V. Drimaco. 1881. Eum
per liberare Oreste dalle furie che lo tormentavano dopo l’uccisione di sua madre Clitennestra, lo avesse consigliato a r
a, lo avesse consigliato a recarsi in Atene, ad implorare il soccorso di Minerva. ……Te Inseguiranno In terra, in mar. nel
l tuo cammino. e stanco Non t’arrestar, fin che venuto sei Alla città di Pallade. Là siedi. Abbracciando l’antico simulacr
da trarti Di tutti i guai ; Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia. Trad. di F. Bellotti. La dea in fatti, mossa a compassion
dette Eumenidi le furie, o come dicemmo benefattrici ; e nella città di Atene fu con questo nome inalzato loro un tempio
enerosa contesa intera palma. Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia Trad. di F. Bellotti. 1883. Eumeo. — Così avea nome il fi
d. di F. Bellotti. 1883. Eumeo. — Così avea nome il figliuolo del re di Scio, isola del mare Egeo, che fu il più fedele s
nicia, i quali lo condussero nell’isola d’Itaca, e lo venderono al re di quella contrada per nome Laerte padre di Ulisse,
’Itaca, e lo venderono al re di quella contrada per nome Laerte padre di Ulisse, il quale dopo qualche tempo lo adibì alla
greggi. Là si rivolse, dove Palla mostro Gli aveva l’inclito Eumeo, di cui fra tutti D’Ulisse i miglior servi alcun non
beni del padron meglio guardasse. Omero — Odissea — Libro XIV Trad. di I. Pindemonte. Fu in casa di questo Eumeo, che s
sse. Omero — Odissea — Libro XIV Trad. di I. Pindemonte. Fu in casa di questo Eumeo, che si ricoverò Ulisse, dopo venti
Fu in casa di questo Eumeo, che si ricoverò Ulisse, dopo venti anni di lontananza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto di
se, dopo venti anni di lontananza dalla sua patria ; e fu con l’ajuto di questo fedel servitore che egli potè sterminare t
o di questo fedel servitore che egli potè sterminare tutti gli amanti di Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu uno dei fi
li amanti di Penelope. V. Ulisse. 1884. Eumolo — Fu uno dei figliuoli di Atreo, il quale insieme ai suoi due fratelli Mela
elampo ed Aleone vengono soprannimati da Cicerone col nome collettivo di Dioscuri. Questa opinione del celebre oratore non
avano collettivamente i principali ministri delle cerimonie del culto di Cerere. Il loro sacerdozio aveva per ogni individ
ulto di Cerere. Il loro sacerdozio aveva per ogni individuo la durata di dieci anni ed era creditario nella famiglia. 1886
ono le opinioni degli scrittori dell’antichità, su questo personaggio di origine egiziana. Secondo alcuni, egli era figlio
ana. Secondo alcuni, egli era figlio del poeta Museo, e secondo altri di Orfeo. La tradizione più accreditata però, raccon
secondo altri di Orfeo. La tradizione più accreditata però, racconta di lui che, avendo contrastato il possesso della cit
però, racconta di lui che, avendo contrastato il possesso della città di Atene ad Eretteo, questi gli mosse guerra. Nella
rimasero entrambi uccisi, e allora gli Ateniesi assegnarono il regno di Atene alla famiglia di Eretteo e a quella di Èumo
si, e allora gli Ateniesi assegnarono il regno di Atene alla famiglia di Eretteo e a quella di Èumolpo la dignità ereditar
esi assegnarono il regno di Atene alla famiglia di Eretteo e a quella di Èumolpo la dignità ereditaria di sommo sacerdote
alla famiglia di Eretteo e a quella di Èumolpo la dignità ereditaria di sommo sacerdote o Jerofante dei misteri Eleusini.
che insegnò ad Ercole la musica. V. Ercole. 1887. Euneo. — Figliuolo di Giasone e della giovanetta Isifile, figlia di un
887. Euneo. — Figliuolo di Giasone e della giovanetta Isifile, figlia di un re della Tracia per nome Toante. Giasone in un
re della Tracia per nome Toante. Giasone in un suo viaggio all’isola di Lemnos, s’innamorò d’Isifile e n’ebbe un figliuol
figliuolo che fu questo Euneo. Secondo la tradizione egli diventò re di quell’isola alla morte dell’avo, e quando i greci
ci assediavano Troja, mandò agli Atridi in dono molti cavalli carichi di vino. 1888. Eunice. — Nome di una delle ninfe Ner
li Atridi in dono molti cavalli carichi di vino. 1888. Eunice. — Nome di una delle ninfe Nereidi. 1889. Eunomia. — Fu figl
suoi amori con Giove. 1890. Eunomo. — Fu un famoso musico della città di Locri. La cronaca favolosa narra di lui che recan
— Fu un famoso musico della città di Locri. La cronaca favolosa narra di lui che recandosi nella città di Delfo, insieme a
di Locri. La cronaca favolosa narra di lui che recandosi nella città di Delfo, insieme ad un altro celebre suonatore dell
lla città di Delfo, insieme ad un altro celebre suonatore della città di Reggio, per nome Aristano onde sostenere una sfid
sfida nella loro arte, avvenne strada facendo che una corda del liuto di Eunomo si fosse spezzata ; e nel tempo istesso es
corda, che Eunomo fu il vincitore nell’artistica disfida. In memoria di questo fatto gli abitanti di Locri, gl’innalzaron
itore nell’artistica disfida. In memoria di questo fatto gli abitanti di Locri, gl’innalzarono una statua rappresentandolo
lamente sulle rive del fiume Alex o Alice, (che divideva le due città di Locri e di Reggio), dalla parte della città di Lo
le rive del fiume Alex o Alice, (che divideva le due città di Locri e di Reggio), dalla parte della città di Locri mentre
divideva le due città di Locri e di Reggio), dalla parte della città di Locri mentre restavano mute sulla riva prossima a
a città di Locri mentre restavano mute sulla riva prossima alla città di Reggio. 1891. Eunosto. — Nella città di Tanagra,
ulla riva prossima alla città di Reggio. 1891. Eunosto. — Nella città di Tanagra, posta sulla sponda del fiume Asopo in Ac
a divinità chiamata Eunosta. Essendo espressamente vietato alle donne di entrare in quel tempio, era generale credenza che
enza che tutte le volte che una pubblica calamità affliggeva la città di Tanagra, n’era causa la violazione di questa legg
ca calamità affliggeva la città di Tanagra, n’era causa la violazione di questa legge. Si facevano in simili congiunture l
binazione, e appena si scopriva la rea veniva irremisibilmente punita di morte. 1892. Eunuco. — I pagani ritenevano come u
92. Eunuco. — I pagani ritenevano come un pessimo presagio l’incontro di un eunuco nell’uscire di casa. Quando la combinaz
tenevano come un pessimo presagio l’incontro di un eunuco nell’uscire di casa. Quando la combinazione faceva che s’imbatte
cire di casa. Quando la combinazione faceva che s’imbattessero in uno di essi, ritornavano in casa e non uscivano per tutt
e. La geografia antica ci ammaestra che nelle circostanze della città di Napoli, vi era una montagna chiamata Euploca sull
894. Eupompa. — Un’altra delle ninfe Nereidi. 1895. Euriale. — Figlia di Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre
uriale. — Figlia di Minosse la quale sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale era anche il nome di una delle tr
sedotta da Nettuno lo rese padre di Orione. Euriale era anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia
i Orione. Euriale era anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia di Torcide. Al dire di Esiodo que
ra anche il nome di una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia di Torcide. Al dire di Esiodo questa Gorgone non era
una delle tre Gorgoni, sorella di Medusa e figlia di Torcide. Al dire di Esiodo questa Gorgone non era soggetta nè alla ve
iale aveva nome quella regina delle Amazzoni, la quale soccorse il re di Colchide, Aete contro Perseo. 1896. Eurialo. — Il
lo legava a Niso, altro giovane guerriero, e che fu causa della morte di entrambi. Eurïalo era seco, un giovanetto Il più
no arme vestisse : Ch’a pena avea la rugiadosa guancia Del primo flor di gioventute aspersa. Virgilio — Eneide Libro IX t
l primo flor di gioventute aspersa. Virgilio — Eneide Libro IX trad. di A. Caro. Eurialo avea similmente nome un figliol
Libro IX trad. di A. Caro. Eurialo avea similmente nome un figliolo di Mecisteo, nipote del re Talao. Omero dice di lui
ilmente nome un figliolo di Mecisteo, nipote del re Talao. Omero dice di lui che insieme a Diomede e Stenelo comandava gli
lui che insieme a Diomede e Stenelo comandava gli argivi all’assedio di Troja, ed era simile agli dei. ….e il somigliant
, ed era simile agli dei. ….e il somigliante a nume Eurialo figliuol di Mecisteo Talaionide. Omero — Iliade — Libro II t
alo figliuol di Mecisteo Talaionide. Omero — Iliade — Libro II trad. di . V. Monti. 1897. Euribate. — Uno degli Argonauti
per la sua agilità negli esercizii del corpo, e per l’arte che aveva di risanare le ferite. Oileo gravemente piagato nel
u completamente risanato da questo Euribate. 1898. Euribia. — Al dire di Esiodo fu figliuola della Terra, moglie di Crejo
. 1898. Euribia. — Al dire di Esiodo fu figliuola della Terra, moglie di Crejo e madre di Perseo, di Pallante e di Astreo.
— Al dire di Esiodo fu figliuola della Terra, moglie di Crejo e madre di Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. —
i Esiodo fu figliuola della Terra, moglie di Crejo e madre di Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. — Balia di U
gliuola della Terra, moglie di Crejo e madre di Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. — Balia di Ulisse la quale
jo e madre di Perseo, di Pallante e di Astreo. 1899. Euridea. — Balia di Ulisse la quale fu la prima a riconoscerlo quando
giorno ferito dalla caccia al cignale. Omero ripete che Laerte, padre di Ulisse, avea comperata Euridea ancora bambina, pe
lisse, avea comperata Euridea ancora bambina, per l’equivalente somma di venti buoi. 1900. Euridice. — Moglie di Orfeo. La
bina, per l’equivalente somma di venti buoi. 1900. Euridice. — Moglie di Orfeo. La tradizione favolosa racconta di lei che
i. 1900. Euridice. — Moglie di Orfeo. La tradizione favolosa racconta di lei che, qualche giorno dopo il suo matrimonio, e
guita da certo Aristeo ; essa fu morsicata da una serpe, sulle sponde di un fiume, e morì in seguito di quella ferita. Orf
u morsicata da una serpe, sulle sponde di un fiume, e morì in seguito di quella ferita. Orfeo, che amava teneramente quell
va fatta, ma non potendo più a lungo sopportare l’amarezza ineffabile di quella angoscia, penetrò nel tetro regno di Pluto
are l’amarezza ineffabile di quella angoscia, penetrò nel tetro regno di Plutone ; attraversò le selve tenebrose ove regna
cese nei più profondi recessi del Tartaro, e vide i pallidi abilatori di quel cieco soggiorno. Ma la potenza irresistibile
leste melodia ch’egli traeva dalle corde divine, ebbe l’arcano potere di commuovere gli inesorabili dei delle tenebre. Le
ei delle tenebre. Le furie stesse ne fureno allettate : Cerbero cessò di latrare con le sue tre gole ; la ruota d’Isione s
to breve cammino, Orfeo non seppe resistere al desiderio ardentissimo di rivedere le care sembianze della sua amata, e si
Giva abbracciando, e volea dir più cose, Vide dappoi, nè dal nocchier di Stige Fu lasciato passar l’atra palude. Virgilio
lasciato passar l’atra palude. Virgilio — Georgica — Libro IV trad. di M. Bernardin Daniello. Orfeo desolato ritornò su
mando e piangendo la cara perduta. Finalmente si condusse nella città di Aorno, ove, secondo la tradizione, esisteva un or
arla, ma Euridice era scomparsa. Allora fu che Orfeo, ripieno l’animo di un disperato dolore, si fece ad interrogare nuova
ra morta per sempre, e ch’egli non l’avrebbe riveduta più. In seguito di questa risposta, perduta l’unica speranza che lo
osta, perduta l’unica speranza che lo teneva in vita, Orfeo si uccise di propria mano, forse nella credenza dolcissima di
ita, Orfeo si uccise di propria mano, forse nella credenza dolcissima di raggiungere l’unico e costante oggetto dell’ amor
l’unico e costante oggetto dell’ amor suo. Euridice fu anche il nome di una figliuola, che Endimione ebbe dalla ninfa Ast
1901. Eurimedonte. — La favola dà questo nome äl gigante che fu padre di Prometeo. Giunone prima di diventar moglie di Gio
ola dà questo nome äl gigante che fu padre di Prometeo. Giunone prima di diventar moglie di Giove lo aveva amato, e questa
äl gigante che fu padre di Prometeo. Giunone prima di diventar moglie di Giove lo aveva amato, e questa fu la vera ragione
ll’odio che Giove ebbe poi tanto con Eurimedonte quanto col figliuolo di lui. 1902. Eurinome. — La più bella fra le figliu
re delle tre Grazie. Eurinome veniva rappresentata sotto le sembianze di uua giovane, che dalla cintura in giù aveva il co
le sembianze di uua giovane, che dalla cintura in giù aveva il corpo di pesce. Ebbe nella Arcadia un tempio nel quale la
n suo onore pubblici e privati sacrifizii. 1903. Eurinomo. — Al dire di Pausania era uno degli dei infernali. Questa truc
o la tradizione favolosa, si cibava della carne dei morti. Nel tempio di Delo vi era una sua statua, che la rappresentava
tempio di Delo vi era una sua statua, che la rappresentava seduta su di una pelle d’avvoltoio e mostrando i denti come un
oltoio e mostrando i denti come un affamato. 1904. Euripile. — Figlio di Evemone. Fu uno dei capitani greci che assediaron
ilo. Da quaranta carene accompagnato Omero — Iliade — Libro II trad. di V. Monti. Narra la cronaca che quando Troja cadd
o Troja cadde in potere dei greci, ad Euripile toccasse, come bottino di guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una s
ome bottino di guerra, una cassa nella quale era rinchiusa una statua di Bacco, fatta da Vulcano, e che Giove stesso aveva
lcano, e che Giove stesso aveva donato a Dardano. Euripile impaziente di vedere ciò che contenesse la cassa, la ruppe, ma
la cassa, la ruppe, ma non appena ebbe guardata la statua, fu colpito di follia e divenne furioso. Per più tempo il male l
a tregua ; ma poi cominciò ad avere qualche lucido intervallo. In uno di questi momenti, egli decise di andare a Delfo, on
vere qualche lucido intervallo. In uno di questi momenti, egli decise di andare a Delfo, onde consultare l’oracolo di Apol
sti momenti, egli decise di andare a Delfo, onde consultare l’oracolo di Apollo ; ed infatti ebbe da questo risposta ch’eg
a, e fermarsi solamente in quel luogo ove avesse visto gli apparecchi di un sacrifizio cruento ; e che in quel luogo egli
ni in balia dei venti, ma finalmente fu spinto sulle rive della città di Patrasso ; e nel mettere piede a terra, scorse un
città di Patrasso ; e nel mettere piede a terra, scorse un drappello di uomini, i quali si accingevano a sacrificare un g
quali si accingevano a sacrificare un giovanetto ed una fanciulla su di un altare di Diana Triclaria. Risovvenendosi allo
ingevano a sacrificare un giovanetto ed una fanciulla su di un altare di Diana Triclaria. Risovvenendosi allora della volo
vventura, Euripile risanò completamente, e da quel tempo gli abitanti di Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo, la festa d
tempo gli abitanti di Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo, la festa di Bacco, i funerali di Euripile, e portavano ricche
Patrasso, celebrarono ogni anno, dopo, la festa di Bacco, i funerali di Euripile, e portavano ricche offerte al dio chius
uso nella cassa, a cui, secondo Pausania, dettero il nome particolare di Esimnete. Euripile fu anche un re della Libia e p
olare di Esimnete. Euripile fu anche un re della Libia e propriamente di quella contrada detta Cirenaica. Le cronache dell
rada detta Cirenaica. Le cronache delle antichità dicono, a proposito di questo re, che essendo stati gli Argonauti spinti
agge del suo regno, egli avesse dato loro un naviglio onde servirsene di scorta, e avesse loro additato il modo di schivar
un naviglio onde servirsene di scorta, e avesse loro additato il modo di schivare gli scanni di sabbia, che s’incontrano n
sene di scorta, e avesse loro additato il modo di schivare gli scanni di sabbia, che s’incontrano nelle circostanze delle
e una ricompensa, avrebbe mostrato loro una via più sicura e sgombera di scogli. Giasone regalò allora al tritone un tripo
ura e sgombera di scogli. Giasone regalò allora al tritone un tripode di rame ; e in conseguenza di ciò il tritone, che no
iasone regalò allora al tritone un tripode di rame ; e in conseguenza di ciò il tritone, che non era altro che Euripile, s
a di ciò il tritone, che non era altro che Euripile, staccò dal carro di Nettuno uno degli aligeri destrieri e lo mandò in
i aligeri destrieri e lo mandò innanzi agli Argonauti, ordinando loro di seguire esattamente la via che avrebbe percorsa i
rcorsa il divino corridore. Finalmente Euripile si chiamava un nipote di Ercole, che fu uno dei più valorosi alleati dei t
verso la fine dello assedio e che in un aspro combattimento uccidesse di propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire
he in un aspro combattimento uccidesse di propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire di Omero, egli era uno dei più
imento uccidesse di propria mano Macaone figlio di Esculapio. Al dire di Omero, egli era uno dei più belli principi dei su
e, difendendo il cadavere del loro capitano. 1905. Euristeo. — Figlio di Steneo e di Micippe figliuola di Pelope e re di M
o il cadavere del loro capitano. 1905. Euristeo. — Figlio di Steneo e di Micippe figliuola di Pelope e re di Micene. La cr
o capitano. 1905. Euristeo. — Figlio di Steneo e di Micippe figliuola di Pelope e re di Micene. La cronaca mitologica narr
5. Euristeo. — Figlio di Steneo e di Micippe figliuola di Pelope e re di Micene. La cronaca mitologica narra che avendo Gi
o Giove giurato che dei due bambini Euristeo ed Ercole, quegli figlio di Micippe, e questi di Alemena quello che nascerebb
ei due bambini Euristeo ed Ercole, quegli figlio di Micippe, e questi di Alemena quello che nascerebbe primo, avrebbe otte
ne irritata contro Alemena, si vendicò facendo che Micippe partorisse di sette mesi Euristeo, procurandogli così la superi
così la superiorità sul fratello. Divenuto adulto Euristeo, invidioso di Ercole, e temendo di essere da questi detronizzat
ul fratello. Divenuto adulto Euristeo, invidioso di Ercole, e temendo di essere da questi detronizzato un giorno lo perseg
guitò continuamente. Ciò non ostante Euristeo ebbe sempre gran timore di Ercole, e tanto, che non gli permetteva di entrar
eo ebbe sempre gran timore di Ercole, e tanto, che non gli permetteva di entrare in città, e facevagli comunicare per mezz
gli permetteva di entrare in città, e facevagli comunicare per mezzo di un araldo i suoi ordini. Quando Ercole mori, Euri
scendenti. — V. Eraclidi. — La tradizione ripete, che durante la vita di Ercole, Euristeo ebbe tanta paura di lui che non
ione ripete, che durante la vita di Ercole, Euristeo ebbe tanta paura di lui che non osava presentarsi mai alla sua presen
ntarsi mai alla sua presenza, e che sì era fatto fabbricare una botte di bronzo per nascondervisi in caso di bisogno. 1906
sì era fatto fabbricare una botte di bronzo per nascondervisi in caso di bisogno. 1906. Euristemone. — Statua della dea Te
iva dalle due parole greche Ευρος largo, e σερυου petto. Nella città di Ege in Acaja, essa aveva un tempio, che era il pi
rata sotto questo nome. La sacerdotessa che veniva eletta al servigio di questo tempio, doveva esser stata maritata una so
o che veniva insignita del suo sacro carattere, doveva far giuramente di viver celibe per tutto il rimanente dei suoi gior
iganti che dettero la scalata al cielo. Ercole lo uccise con un colpo di ramo di quercia. Eurito aveva anche nome quello S
he dettero la scalata al cielo. Ercole lo uccise con un colpo di ramo di quercia. Eurito aveva anche nome quello Scita, re
un colpo di ramo di quercia. Eurito aveva anche nome quello Scita, re di Oecalia, nella Tessaglia, che fu maestro di Ercol
che nome quello Scita, re di Oecalia, nella Tessaglia, che fu maestro di Ercole nel tirar d’arco. V. Ercole. Egli aveva un
ole nel tirar d’arco. V. Ercole. Egli aveva una figlia per nome Jole, di cui aveva promesso la mano a colui che lo avesse
fu cagione della celebre contesa fra i Lapidi ed i Centauri. Al dire di Omero, durante il convito delle nozze di Piritoo,
apidi ed i Centauri. Al dire di Omero, durante il convito delle nozze di Piritoo, il vino alterò siffattamente le facoltà
lle nozze di Piritoo, il vino alterò siffattamente le facoltà mentali di Eurizione, che insultò villanamente alcuni Lacede
izion Centauro. Quando venne tra i Lapiti, e nell’ alta Casa ospitale di Piritoo, immensi, Compreso di furor, mali commise
ra i Lapiti, e nell’ alta Casa ospitale di Piritoo, immensi, Compreso di furor, mali commise. Molto ne dolse a quegli eroi
ro Eurizion portò sovra sè stesso. Omero — Odissea — Libro XXI Trad. di I. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore
— Odissea — Libro XXI Trad. di I. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re di Fenicia. Essa era di una bellezza
ro XXI Trad. di I. Pindemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re di Fenicia. Essa era di una bellezza incantevole, e
ndemonte. 1909. Europa. — Figlia di Agenore, re di Fenicia. Essa era di una bellezza incantevole, e avea la pelle così bi
rere verso il mare, e si tuffò nelle onde prendendo la via dell’isola di Creta, ove giunse per l’imboccatura del fiume Let
a. Per l’onda se n’andò tranquilla e cheta, Tantochè giunse all’isola di Creta. Ovidio — Metamorfosi — Libro II Trad. di
chè giunse all’isola di Creta. Ovidio — Metamorfosi — Libro II Trad. di Dell’ Anguillara. La tradizione favolosa ripete
dizione favolosa ripete che avendo i greci osservato che sulle sponde di questo fiume, gli alberi erano sempre verdeggiant
, gli alberi erano sempre verdeggianti, pubblicarono che fu sotto uno di questi, che si compirono i primi amori di Giove c
bblicarono che fu sotto uno di questi, che si compirono i primi amori di Giove con Europa. Giove ebbe da Europa tre figliu
re figliuoli Minosse, Sarpedone e Radamanto. Gli abitanti dell’ isola di Creta, quando Europa morì, la innalzarono agli on
Creta, quando Europa morì, la innalzarono agli onori divini, col nome di Hellotes, e chiamarono Ellozia una festa in suo o
di Hellotes, e chiamarono Ellozia una festa in suo onore. È opinione di varì scrittori dell’ antichità, che il nome di Eu
suo onore. È opinione di varì scrittori dell’ antichità, che il nome di Europa fosse dato a questa principessa, perchè si
opa si chiamava anche una delle ninfe Oceanidi, figlia dell’ Oceano e di Teti. 1910. Eurota. — Figlio di Egialeo e re di S
ninfe Oceanidi, figlia dell’ Oceano e di Teti. 1910. Eurota. — Figlio di Egialeo e re di Sicione. Al dire di Apollodoro fu
figlia dell’ Oceano e di Teti. 1910. Eurota. — Figlio di Egialeo e re di Sicione. Al dire di Apollodoro fu questo principe
e di Teti. 1910. Eurota. — Figlio di Egialeo e re di Sicione. Al dire di Apollodoro fu questo principe, che chiamò Europa
lmente adottata. Eurota si chiamava un fiume della Tessaglia. Al dire di Omero, le acque di questo fiume nel gettarsi in q
rota si chiamava un fiume della Tessaglia. Al dire di Omero, le acque di questo fiume nel gettarsi in quelle dell’ altro d
esta credenza dei suoi soldati e poco curante dei fulmini e dei lampi di che era il cielo corrusco, schierò i suoi guerrie
ampi di che era il cielo corrusco, schierò i suoi guerrieri in ordine di battaglia, ed appiccò la zuffa. Ma gli Ateniesi d
hè rallegrava col suono del flauto e degli altri istrumenti da fiato, di cui si riteneva l’inventrice. La parola Euterpe d
ugusto mosse da Roma, per la spedizione che poi finì con la battaglia di Azio, avesse incontrato fuori le porte della citt
il suo esercito, un tempio, nel cui atrio fece mettere le due figure di Eutico e dell’ asinello. 1915. Evadne — Moglie di
ttere le due figure di Eutico e dell’ asinello. 1915. Evadne — Moglie di Capaneo e figlia d’ Ifide. Allorquando suo marito
Capaneo e figlia d’ Ifide. Allorquando suo marito morì sotto le mura di Tebe. V. Capaneo — ella si ritrasse nella città d
morì sotto le mura di Tebe. V. Capaneo — ella si ritrasse nella città di Eleusina dove si rendevano gli onori funebri al m
nebri al morto re, e quivi, vestitasi degli abiti più ricchi, sali su di una rupe ai piedi della quale era preparato il ro
Evagora — Una delle cinquanta ninfe Nereidi. 1917. Evan. — Soprannome di Bacco a lui dato dalla parola Evan, che le Baccan
sue orgie. Per la istessa ragione furono dette Evanti le sacerdotesse di quei misteri. 1918. Evandro — Così aveva nome il
e Evandro, accolse nella sua casa Ercole, senza sapere che era figlio di Giove : ma appena venne in conoscenza della origi
ava onorando Il grande Alcide. Virgilio — Eneide — Libro VIII. trad. di A. Caro. Presso gli scrittori dell’antichità, è
, nella sua Eneide, ha immaginato che Evandro vivesse ancora ai tempi di Enea, che fosse a lui legato coi vincoli della pa
e genti e i miei sussidi avrete. Virgilio — Eneide — Lib. VIII trad. di A. Caro. Dopo la morte, Evandro fu innalzato agl
dono che Evandro, fosse la stessa divinità adorata in Italia col nome di Saturno, e che sotto il regno di lui fiorisse que
divinità adorata in Italia col nome di Saturno, e che sotto il regno di lui fiorisse quel periodo di tempo conosciuto con
ol nome di Saturno, e che sotto il regno di lui fiorisse quel periodo di tempo conosciuto con l’appellazione di età dell’o
o di lui fiorisse quel periodo di tempo conosciuto con l’appellazione di età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, e
conosciuto con l’appellazione di età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle cinquanta
di età dell’oro. 1919. Evarna — Al dire di Esiodo, era questo il nome di una delle cinquanta Nereidi. 1920. Evemerione. — 
naca che allorquando Bacco combattè nella guerra dei giganti a fianco di suo padre Giove, questi nel vedere che il figliuo
ti al poeta Proclo ed a Orfeo stesso. In essi si conteneva una specie di preghiera, che avea potere di far discendere gli
stesso. In essi si conteneva una specie di preghiera, che avea potere di far discendere gli dei, nel luogo ove si credeva
cavano le divinità era cessato, si cantavano degli altri inni, specie di saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire
ltri inni, specie di saluto, coi quali si dava loro commiato. Al dire di Plinio, gli Etrurî evocavano il fulmine per liber
o. Numa Pompilio, il più saggio re della Roma antica, evocò anch’egli di sovente il fulmine e Tullo Ostilio che succedette
fu, secondo la tradizione, incenerito egli stesso. La seconda specie di Evocazione era quella che i pagani praticavano pe
che quando i romani cingevano d’assedio una città, avevano il costume di fare l’evocazione degli dei tutelari, cantando al
i fare l’evocazione degli dei tutelari, cantando alcune strofe, senza di che credevano impossibile impadronirsi della citt
o della tua grande deità. Tito Livio — Storia Romana — Lib. V. trad. di F. Nardi. Finalmente la terza Evocazione era que
zione era quella che si faceva per evocare le anime dei morti, ed era di tutte la più solenne e la più frequentemente adop
era di tutte la più solenne e la più frequentemente adoperata. L’uso di questa evocazione dei morti, risale ai tempi più
dell’ antichità. Gli autori profani ritengono Orfeo come l’inventore di questa cerimonia, che aveva un ordinamento lugubr
uesta cerimonia, che aveva un ordinamento lugubre e solenne. Ai tempi di Omero l’evocazione dei morti non era ritenuta com
non era ritenuta come colpevole ed odiosa e vi era non piccolo numero di persone, che facevano pubblica professione di evo
era non piccolo numero di persone, che facevano pubblica professione di evocare i defunti ; ed esistevano molti templi ov
la cerimonia dell’evocazione. Pausania, nelle sue opere, fa menzione di un tempio nella Tespozia, ove andò Orfeo ad evoca
porto appena, Vacca infeconda, dell’armento fiore, Lor sacrificherei, di dono il rogo Riempiendo ; e che al sol Tiresia, e
ittime, e sgozzaile in su la fossa. Omero — Odissea — Lib. XI. trad. di I. Pindemonte. e così tutti i pretesi viaggi fat
e Baeche. F 1924. Fabaria. — In Roma nel primo giorno del mese di giugno si celebravano sul monie Celio, alcuni sac
ifizii, nei quali si offeriva alla dea Carna del lardo e della farina di fava. Da ciò fu chiamato Fabaria questo sacrifizi
hiamato Fabaria questo sacrifizio, e furon dette Fabariae, le calende di giugno. 1925. Fabiani. — Nome particolare che si
Quintiliani, e l’altro dei Fabiani. 1926. Fabio. — Uno dei figliuoli di Ercole, che egli ebbe da una figlia del re Evandr
che egli ebbe da una figlia del re Evandro, per nome Vinduna. Al dire di Festo, egli chiamavasi da principio Fovio dal lat
o Fovea che significa fossa, perchè, secondo la tradizione, gli amori di Ercole e di Vinduna, avvennero in una fossa. Altr
significa fossa, perchè, secondo la tradizione, gli amori di Ercole e di Vinduna, avvennero in una fossa. Altri scrittori
ro in una fossa. Altri scrittori pretendono che questo primitivo nome di Fovio, gli venisse per essere stato il primo ad i
er essere stato il primo ad insegnare ai suoi concittadini la maniera di prendere gli orsi vivi nei fossi. Tutti i cronist
siposie, Cosi si chiamavano alcune feste celebrate dai Greci in onore di Bacco, nelle quali si costumava inbandire numeros
ato a Giove, i cui altari nelle principali solennità, venivano ornati di queste foglie. 1930. Fagutale. — Soprannome di Gi
nnità, venivano ornati di queste foglie. 1930. Fagutale. — Soprannome di Giove Dodoneo dalla parola fagus, che significa,
esponsi dell’oracolo che Giove aveva in Dodona, uscivano dalla cavità di un’albero di faggio, e secondo altri da un albero
oracolo che Giove aveva in Dodona, uscivano dalla cavità di un’albero di faggio, e secondo altri da un albero di quercia.
ano dalla cavità di un’albero di faggio, e secondo altri da un albero di quercia. V. Dodona. 1931. Faja. — La cronaca favo
cronaca favolosa dà questo nome alla cignala madre del famoso cignale di Calidone, e che desolò per più tempo le circostan
nale di Calidone, e che desolò per più tempo le circostanze del borgo di Crommione, uel territorio di Corinto. Teseo le de
ò per più tempo le circostanze del borgo di Crommione, uel territorio di Corinto. Teseo le dette la caccia e l’uccise. Sec
tte la caccia e l’uccise. Secondo riferisce Plutarco, Faja fu il nome di una donna, che vivea di prostituzione, di assassi
. Secondo riferisce Plutarco, Faja fu il nome di una donna, che vivea di prostituzione, di assassinio e di furto. Teseo la
e Plutarco, Faja fu il nome di una donna, che vivea di prostituzione, di assassinio e di furto. Teseo la fece morire e ad
fu il nome di una donna, che vivea di prostituzione, di assassinio e di furto. Teseo la fece morire e ad essa restò la de
nio e di furto. Teseo la fece morire e ad essa restò la denominazione di cignala, per alludere forse alla laidezza dei suo
ogni cosa. 1933. Fallsio. — Così avea nome un uomo nativo della città di Naupatto, nella Focide. La tradizione mitologica
della città di Naupatto, nella Focide. La tradizione mitologica narra di lui uno strano fatto, dicendo che egli aveva male
n così triste modo, che era quasi interamente cieco. Un giorno il dio di Epidauro, Esculapio, gli mandò per mezzo d’una do
mezzo d’una donna chiamata Anite, una lettera suggellata, con ordine di aprirla e leggerla. Falisio credette da prima che
erla. Falisio credette da prima che la donna volesse prendersi giuoco di lui, insultando, per basso animo, alla dolorosa s
miracolosamente guarito che potè leggere da capo a fondo il contenuto di quel foglio, Allora rese grazie ad Esculapio, e r
foglio, Allora rese grazie ad Esculapio, e rimandò Anite con un dono di duemila monete d’oro, secondo che era scritto nel
n dono di duemila monete d’oro, secondo che era scritto nella lettera di cui ella era stata portatrice. 1934. Falliche. — 
così nominate alcune feste e cerimonie che si celebravano nella città di Atene, in onore di Bacco. L’istituzione di tali f
e feste e cerimonie che si celebravano nella città di Atene, in onore di Bacco. L’istituzione di tali feste era dovuta ad
si celebravano nella città di Atene, in onore di Bacco. L’istituzione di tali feste era dovuta ad un tale Pegaso nativo de
tuzione di tali feste era dovuta ad un tale Pegaso nativo della città di Eleutera, il quale secondo riferisce la cronaca m
e la cronaca mitologica, avendo portate in Atene delle piccole statue di Bacco, si attirò per questo, senza alcuna plausib
l flagello. L’oracolo rispose che quella era conseguenza dello sdegno di Bacco, irritato contro gli Ateniesi per l’indegno
si fatto ad un suo protetto. Consultato nuovamente l’oracolo sul modo di placare l’oltraggiata divinità, si ebbe in rispos
pe e pubbliche cerimonie. Allora gli Ateniesi fecero fare gran numero di statue rappresentanti qual dio, e le portarono co
na volta l’anno. Vedi l’articolo seguente. 1935. Fallo. — Nelle feste di Osiride, costumavano gli antichi di portare in pr
uente. 1935. Fallo. — Nelle feste di Osiride, costumavano gli antichi di portare in processione gran numero di pezzi di ce
siride, costumavano gli antichi di portare in processione gran numero di pezzi di cera, e di altre materie, i quali avevan
ostumavano gli antichi di portare in processione gran numero di pezzi di cera, e di altre materie, i quali avevano la conf
gli antichi di portare in processione gran numero di pezzi di cera, e di altre materie, i quali avevano la configurazione
lle differenti membra del corpo umano, cui si dava il nome collettivo di Fallo. Ciò in commemorazione della seguente tradi
isfatto. Però Iside raccolse con amorosa diligenza le disperse membra di Osiride e le rinchiuse in un’ urna : ma accorgend
uelle parti del corpo che mancavano allo amato cadavere. Qualche cosa di simile facevano gli ateniesi nella celebrazione a
36. Fallolori. — Nome collettivo, che si dava ai ministri delle orgie di Bacco per dinotare che essi portavano il fatto ne
orrevano per le strade della città, mentre continuava la celebrazione di questa cerimonia, col viso impiastricciato di fec
tinuava la celebrazione di questa cerimonia, col viso impiastricciato di feccia di vino, coronati d’edera e facendo salti
celebrazione di questa cerimonia, col viso impiastricciato di feccia di vino, coronati d’edera e facendo salti e mosse sc
avevano distrutti tutti i suoi figli, avesse partorito questa specie di mostro, chiamato la Fama, affinchè rendesse noto
hè rendesse noto all’ universo i loro delitti. È questa fama un mal, di cui null’ altro È più veloce ; e com’ più va, più
principio Picciola e debil cosa, e non s’arrischia Di palesarsi : poi di mano in mano Si discopre e s’avanza ; e sopra ter
e’ giganti irata Contra i celesti. al mondo la produsse, D’Encelado e di Ceo minor sorella : Mostro orribile e grande, e d
ridirlo) ha lingue e bocche Per favellare, e per udire orecchi, Vola di notte per l’oscure tenebre De la terra e del ciel
, Non men che ’l bene e ’l vero, il male e ’l falso, Di rumor empie e di spavento i popoli. trad. di A. Caro. Virgilio —
ro, il male e ’l falso, Di rumor empie e di spavento i popoli. trad. di A. Caro. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad. di
nto i popoli. trad. di A. Caro. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad. di A. Caro Al dire di Ovidio, la Fama dimorava su
di A. Caro. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad. di A. Caro Al dire di Ovidio, la Fama dimorava su di un’alta torre, pos
— Libro IV. trad. di A. Caro Al dire di Ovidio, la Fama dimorava su di un’alta torre, posta ad eguale distanza dal cielo
ivi scorte son l’umane note. Ovidio — Metamorfosi — Libro XII. trad. di Dell’ Anguillara. Gli ateniesi le avevano innalz
dalla propria patria. La Fame veniva raffigurata sotto la sembianza di una donna smunta, pallida, emaciata ; cogli occhi
dimoravano nei templi, e durante la preghiera cadevano in una specie di entusiasmo, e inspirate dalla divinità alla quale
a somiglianza delle baccanti, e pronunziavano degli oracoli. Al dire di Giovenale, i fanatici erano invasi dal fuoco di B
egli oracoli. Al dire di Giovenale, i fanatici erano invasi dal fuoco di Bellona, forse perchè essi dimoravano da principi
zio del proprio sangue, agitando la testa in tutt’i sensi. I fanatici di Bellona erano anche detti particolarmente Bellona
questi ve ne erano degli altri nel tempio del dio Silvano, in quello di Serapide, d’Iside e in quasi tutti i tempi delle
de e in quasi tutti i tempi delle altre divinità. Del pari che presso di noi, presso gli antichi, il nome di fanatico era
tre divinità. Del pari che presso di noi, presso gli antichi, il nome di fanatico era preso in mala parte ritenendosi in g
e significa illuminare, si dava questo nome ad Apollo nel significato di colui che dà la luce. Vi era anche un promontorio
icato di colui che dà la luce. Vi era anche un promontorio nell’isola di Chio, al quale si dava lo stesso nome, e di dove
un promontorio nell’isola di Chio, al quale si dava lo stesso nome, e di dove narra la tradizione mitologica, che Latona a
dove narra la tradizione mitologica, che Latona avesse visto l’isola di Delo. 1941. Fano. — Dio dei viaggiatori, che pres
’antichità, che i Fenici rappresentavano il dio Fano, sotto la figura di un serpente ripiegato in cerchio, coll’ estremità
chio, coll’ estremità della coda fra i denti. 1942. Fantasmi. — Assai di sovente si trova ripetuto nei fasti della mitolog
troppo audace coraggio nella battaglia contro Enea, formò dal vapore di una densa nube un fantasma a cui dette la voce, l
i una densa nube un fantasma a cui dette la voce, le armi e la figura di Enea e lo presentò a Turno, il quale lo assali im
il falso Enea si dette a precipitosa fuga, e Turno lo inseguì fino su di un vascello che si trovava nel porto. Allora per
a il fantasma disparve e il vascello fu spinto in alto mare. ……… Ivi di nebbia, Di colori e di vento una figura Forniò (c
e il vascello fu spinto in alto mare. ……… Ivi di nebbia, Di colori e di vento una figura Forniò (cosa mirabile a vedere !
e l’armi tutte Gli finse intorno, e gli dié il suono e’l moto Propri di lui, ma vani, e senza forze E senza mente ; ……… …
ui, ma vani, e senza forze E senza mente ; ……… …………… In questo legno, di fuggir mostrando, Ricovrossi d’Enea la finta imag
r lo travolto mare impeto e fuga. Virgilio — Eneide — Libro X. trad. di A. Caro. I cronisti ed i poeti dell’antichità pa
sti ed i poeti dell’antichità pagana ci riportano innumerevoli esempi di simili fantastiche apparizioni. 1943. Fantaso. — 
fferenti fantasmi che forma l’immaginazione durante il sonno. Al dire di Ovidio, Fantaso si trasformava sempre in cose ina
cose inanimate. 1944. Faone. — Così avea nome un abitante della città di Mitilene, nell’isola di Lesbo, il quale si rese c
one. — Così avea nome un abitante della città di Mitilene, nell’isola di Lesbo, il quale si rese celebre per la sua straor
enere lo avesse fatto così sorprendentemente belio, per ricompensarlo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che
sarlo di un servigio che egli le aveva reso nel tempo che era padrone di una nave. Narra la tradizione, che Venere, un gio
, trasformata in vecchia, fosse stata ricevuta a bordo del bastimento di Faone, e tragittata da lui con ogni prontezza, e
n ogni prontezza, e senza pretender nulla in pagamento. Venere, prima di scendere dalla nave gli donò un vaso di alabastro
a in pagamento. Venere, prima di scendere dalla nave gli donò un vaso di alabastro ripieno di un unguento maraviglioso, de
e, prima di scendere dalla nave gli donò un vaso di alabastro ripieno di un unguento maraviglioso, del quale appena Faone
nto maraviglioso, del quale appena Faone si fu unto il corpo, diventò di una bellezza simile a quello di un dio, per modo
na Faone si fu unto il corpo, diventò di una bellezza simile a quello di un dio, per modo che tutte le donne di Mitilene f
i una bellezza simile a quello di un dio, per modo che tutte le donne di Mitilene furono pazze di lui. ……… Eccolo : ei se
uello di un dio, per modo che tutte le donne di Mitilene furono pazze di lui. ……… Eccolo : ei sembra Il forte, il bello,
rmodo che, disperata si precipitò nel mare dall’altezza dello scoglio di Leucade, sul quale Faone fece inalzare un tempio
, sul quale Faone fece inalzare un tempio a Venere, in commemorazione di quel fatto. Peraltro Faone non fu con tutte le do
io, morì ucciso dall’oltraggiato marito. 1945. Fare. — Nella contrada di Acaja, vi era una città conosciuta sotto questo n
un oracolo che la dea Vesta e Mercurio, avevano nella piazza maggiore di questa città. La statua di Mercurio era tutto di
e Mercurio, avevano nella piazza maggiore di questa città. La statua di Mercurio era tutto di marmo, e lo rappresentava c
ella piazza maggiore di questa città. La statua di Mercurio era tutto di marmo, e lo rappresentava con una gran barba. Di
Di contro a questa, sorgeva il simulacro della dea Vesta, similmente di marmo, e circondato tutto all’intorno di lampade
della dea Vesta, similmente di marmo, e circondato tutto all’intorno di lampade di bronzo, attaccate le une alle altre. P
Vesta, similmente di marmo, e circondato tutto all’intorno di lampade di bronzo, attaccate le une alle altre. Prima di ott
all’intorno di lampade di bronzo, attaccate le une alle altre. Prima di ottenere un responso da questo oracolo, bisognava
estra della statua una moneta ; e finalmente avvicinarsi al simulacro di Mercurio, e mormorare all’orecchio di quello, la
lmente avvicinarsi al simulacro di Mercurio, e mormorare all’orecchio di quello, la dimanda alla quale si voleva la rispos
si voleva la risposta dell’oracolo. 1946. Fascino. — Nome particolare di una divinità a cui i romani attribuivano il poter
ome particolare di una divinità a cui i romani attribuivano il potere di allontanare i cattivi effetti dell’affascinamento
c. Generalmente si appendea un piccolo amuleto, a cui si dava il nome di fascino, al collo dei bambini. Le Vestali avevano
scino, al collo dei bambini. Le Vestali avevano il carico particolare di fare i sacrifizi a questa divinità durante le fes
ninfe oceanidi, chiamata Ociroe, un figliuolo al quale dette il nome di Faside. La cronaca mitologica racconta che divenu
, l’avesse uccisa, geloso dell’onore paterno. Le Furie impossessatesi di lui lo straziarono in modo che si precipitò nel f
rturo, il quale da quel giorno cangiò il suo primitivo nome in quello di Fasi. 1948. Fatalità. — Questo nome particolare d
lità. — Questo nome particolare davano gli antichi a quella necessità di un avvenimento che nulla poteva impedire e che ve
la quale gli stessi numi erano sottomessi. V. Destino. 1949. Fatalità di Troja. — Tutte le cronache mitologiche, nonchè gl
greci si ritenesse come certa ed immutabile la credenza che la caduta di Troja, andava collegata al compimento di alcune f
le la credenza che la caduta di Troja, andava collegata al compimento di alcune fatalità inesorabili, le quali dovevano re
ompiute, a simiglianza del fato estremo della città Priamea. La prima di codeste fatalità, era quella la quale imponeva ch
a quella la quale imponeva che i greci non si sarebbero mai impossati di Troja, se i discendenti di Eaco non fossero stati
che i greci non si sarebbero mai impossati di Troja, se i discendenti di Eaco non fossero stati fra i combattenti nelle fi
a quale era detto che Apollo e Nettuno, occupati a fabbricare le mura di Troja, avessero richiesto Eaco dell’opera sua, af
di Troja, avessero richiesto Eaco dell’opera sua, affinchè il lavoro di un uomo mortale, avesse cooperato all’opera dei c
quale i greci adoperarono ogni arte onde Achille nipote e discendente di Eaco, abbandonasse Deidamia, presso alla quale, l
resso alla quale, la madre lo aveva nascosto, per trarlo allo assedio di Troja ; e fu similmente questo il motivo per il q
quale morto Achille i greci condussero al famoso assedio il figliuolo di lui Pirro, sebbene ancora fanciullo. In secondo l
ora fanciullo. In secondo luogo, la fatalità voleva che per la caduta di Troja fossero adoperate le frecce di Ercole, le q
atalità voleva che per la caduta di Troja fossero adoperate le frecce di Ercole, le quali erano rimaste in potere di Filot
ssero adoperate le frecce di Ercole, le quali erano rimaste in potere di Filottete, che era stato dai greci abbandonato ne
n potere di Filottete, che era stato dai greci abbandonato nell’isola di Lemnos. Onde riuscire nello intento desiderato fu
sci nella impresa affidata alla sulla sagacia e condusse allo assedio di Troja Filottete, armato delle famose ed invincibi
d invincibili frecce. La terza fatalità, e la più grave ed importante di tutte era quella che voleva si togliesse ai Troja
ai Trojani il Palladio, che essi custodivano accuratamente nel tempio di Pallade Minerva. Narra la cronaca che Ulisse e Di
a cronaca che Ulisse e Diomede avessero trovato il mezzo d’introdursi di notte nella cittadella trojana, e traverso a mill
traverso a mille pericoli fossero riusciuti ad involare questo pegno di sicurezza, che i trojani custo livano con ogni so
con ogni solerzia. Bisognava inoltre al compimento dell’estremo fato di Troja, che i cavalli di Reso re di Tracia, non av
gnava inoltre al compimento dell’estremo fato di Troja, che i cavalli di Reso re di Tracia, non avessero bevuto l’acqua de
re al compimento dell’estremo fato di Troja, che i cavalli di Reso re di Tracia, non avessero bevuto l’acqua del fiume Xan
condussero seco loro. In quinto luogo era mestieri che Troilo, figlio di Priamo fosse morto in combattimento, e il sepolcr
Troilo, figlio di Priamo fosse morto in combattimento, e il sepolcro di Laomedonte, che sorgeva vicino alla porta Scea, f
compiuta in tutto il suo terribile volere ; imperocchè Achille uccise di sua mano il giovanetto Troilo ; e i trojani abbat
i sua mano il giovanetto Troilo ; e i trojani abbatterono il sepolcro di Laomedonte, allorchè fecero nelle mura della loro
ra della loro città una breccia che dette passaggio al famoso cavallo di legno. Finalmente il destino imponeva che Troja n
e nelle file dell’esercito greco avesse combattuto Teleso, figliuolo, di Ercole e di Auge. Ma questo giovane principe era
dell’esercito greco avesse combattuto Teleso, figliuolo, di Ercole e di Auge. Ma questo giovane principe era non solo ami
e un soprannome della Buona Dea. V. Buone Dea. 1952. Fatuel — Al dire di Servio era questo il nome che si dava ad un Fauno
e cronache dell’ antichità, è ritenuta come antichissima la esistenza di questi Faviani la cui istituzione è attribuita a
generalmente ad una narrazione, ed in particolare ai racconti adorni di finzioni. Presso gli antichi poi si dava il nome
i racconti adorni di finzioni. Presso gli antichi poi si dava il nome di favola, a tutti quei singoli fatti che avevano re
ol culto onde venivano onorati gli dei e gli eroi, e con le cerimonie di esso. Lo studio dell’antichità pagana è tutto com
e cerimonie di esso. Lo studio dell’antichità pagana è tutto composto di favole, che rinchiudono l’idea del simbolo mitolo
riche si addimendano le narrazioni delle antiche storie frammischiate di molte finzioni. Queste favole sono in gran maggio
dovuta all’immaginazione dei poeti ; ed altro non sono che una specie di parabole, sotto al cui velo trasparente e diafano
morali si dicevano quelle la cui invenzione era dovuta alla necessità di dettare quei precetti di morale, atti a regolare
la cui invenzione era dovuta alla necessità di dettare quei precetti di morale, atti a regolare i costumi. Favole allegor
ti a regolare i costumi. Favole allegoriche si chiamava quella specie di parabole che nascondeva sotto ad un precetto un s
e finalmente si dicevano quelle che non avendo in se stesse alcun che di storico, facevano ciò non ostante diretta e limpi
morale. 1955. Favore — Dalla voce latina Favor che in quella lingua è di genere mascolino, come nella italiana, i pagani a
ua è di genere mascolino, come nella italiana, i pagani avevano fatto di questo, uno dei loro dei. Secondo Lilio Giraldi,
non riconosce i suoi amici quando s’innalza. 1956. Faula — Fu il nome di una della amanti di Ercole. Lattanzio nelle sue c
amici quando s’innalza. 1956. Faula — Fu il nome di una della amanti di Ercole. Lattanzio nelle sue cronache dell’antichi
o nome alla moglie del dio Fauno la quale, secondo la tradizione, era di una tale scrupolosa pudicizia, che non guardò in
dò in viso altro uomo che suo marito. Era la stessa che sotto il nome di Buona Dea prediceva l’avvenire alle sole donne, e
i in certi luoghi appartati e remoti ove non era permesso agli uomini di penetrare. L’oracolo di questa dea rimaneva sempr
ati e remoti ove non era permesso agli uomini di penetrare. L’oracolo di questa dea rimaneva sempre muto per gli uomini ;
o per gli uomini ; e non rispondeva neanche alle donne, quando talune di esse la interrogava per cosa che riguardasse un u
esso i pagani si celebravano due volte l’anno e propriamente nei mesi di decembre e di febbraio, alcune pubbliche cerimoni
si celebravano due volte l’anno e propriamente nei mesi di decembre e di febbraio, alcune pubbliche cerimonie, in onore de
rimonie, in onore del dio Fauno, ed alle quali perciò si dava il nome di Faunali. Queste feste venivano solennizzate nella
no solennizzate nella campagna, e propriamente nei prati ; e nel mese di decembre si sacrificava un capriuolo, mentre nel
; e nel mese di decembre si sacrificava un capriuolo, mentre nel mese di febbraio si svenava una pecora. 1959. Fauni — Dei
ebbraio si svenava una pecora. 1959. Fauni — Dei campestri, figliuoli di Fauno che ebbe per padre Pico. Ovidio li chiama F
o. Ovidio li chiama Fauni bicornes, perchè a somiglianza dei satiri e di tutte le divinità boscherecce, avevano due piccol
ivinità boscherecce, avevano due piccole corna sulla fronte e i piedi di capra. L’ulivo selvatico ed il pino erano le pian
Discorde è l’opinione degli scrittori dell’antichità, sulla paternità di questo dio campestre della mitologia pagana. Talu
uesto dio campestre della mitologia pagana. Taluni lo fanno figliuolo di Marte, mentre Ovidio, ed altri con lui, lo dicono
liuolo di Marte, mentre Ovidio, ed altri con lui, lo dicono figliuolo di Pico re dei Latini, e lo fanno successore al tron
icono figliuolo di Pico re dei Latini, e lo fanno successore al trono di suo padre. Soventi volte nelle cronache della Fa
rno, forse perchè in alcuni cronisti si trova che Fauno a somiglianza di Saturno avesse introdotto in Italia il culto degl
sto bosco prossimo alla fontana Albunea. Dice Virgilio, che l’oracolo di Fauno richiamava moltissima gente non solo dal pa
che l’oracolo di Fauno richiamava moltissima gente non solo dal paese di Oenotria, ma persino da tutta l’Italia. Al dire d
n gli Dei parla e con gl’Inferi Virgilio — Eneide — Libro VII. Trad. di A. Caro. Tutto ciò che egli diceva al suo svegli
tradizione storico-favolosa, che così aveva nome il capo dei pastori di Numitore, re della città di Alba. Narrano le cron
, che così aveva nome il capo dei pastori di Numitore, re della città di Alba. Narrano le cronache, che avendo un giorno o
levati. Quei due infanti erano Romolo e Remo, i celeberrimi fondatori di Roma, ond’è che Faustolo, ebbe dopo la morte, una
neravano Romolo e Remo dopo la loro apoteosi. 1962. Feacidi — Al dire di Omero così aveva nome il popolo primitivo che abi
l dire di Omero così aveva nome il popolo primitivo che abitò l’isola di Corcira, ora Corfù. Secondo il citato scrittore,
ondo il citato scrittore, esso viveva nel lusso e nella mollezza, non di altro occupato che di feste, conviti e banchetti.
re, esso viveva nel lusso e nella mollezza, non di altro occupato che di feste, conviti e banchetti. Ulisse onde mettere a
, passò qualche tempo presso quei popoli, i quali dopo averlo colmato di doni, lo fecero, sopra una loro nave, passare nel
cesi conto Dirittamente entrò l’agile nave, Che sul lido andò mezza : di si forti Remigatori la spingean le braccia ! Si g
’era, in su l’arena Poserlo giù. Omero — Odissea — Libro XIII. trad. di I. Pindemonte. Però Nettuno, che odiava Ulisse,
a Ulisse, sdegnato contro i Feacidi, per aver essi portato nell’isola di Itaca un uomo al quale egli era avverso, risolvè
ortato nell’isola di Itaca un uomo al quale egli era avverso, risolvè di vendicarsi, e appena il vascello fu di ritorno, n
uale egli era avverso, risolvè di vendicarsi, e appena il vascello fu di ritorno, nell’entrare nel porto, fu cangiato in u
no scoglio. Allora ad un certo Alcinoo, anch’egli abitante dell’isola di Corfù, risonvenne di alcuni oracoli dei quali suo
un certo Alcinoo, anch’egli abitante dell’isola di Corfù, risonvenne di alcuni oracoli dei quali suo padre gli aveva fatt
Feacidi per essere questi dei celebri piloti, e che perciò mostravano di poco curarsi di lui, come dio del mare ; onde egl
re questi dei celebri piloti, e che perciò mostravano di poco curarsi di lui, come dio del mare ; onde egli avrebbe fatto
li ospiti nostri, E dodici a Nettuno eletti tori Sacrifichiam, perchè di noi gl’incresca, Nè d’alto monte la città ricuopr
d’alto monte la città ricuopra. Omero — Odissea — Libro XIII. trad. di I. Pindemonte. Interrogato l’oracolo, dopo le e
trad. di I. Pindemonte. Interrogato l’oracolo, dopo le esortazioni di Alcinoo, i Feacidi ne ebbero in risposta che per
di Alcinoo, i Feacidi ne ebbero in risposta che per placare lo sdegno di Nettuno, bisognava offrirgli un sacrifizio di dod
e per placare lo sdegno di Nettuno, bisognava offrirgli un sacrifizio di dodici tori, e promettere con giuramento che non
Febade — Nome che si dava in generale a tutti i sacerdoti del tempio di Apollo in Delfo, ed in particolare alla sacerdote
a Luna le si dava codesta particolare denominazione, sia come sorella di Apollo o Febo ; sia per voler intendere che la Lu
a per voler intendere che la Luna riceve la luce dal Sole. La sorella di ’Saturno e di Rea che fu madre di Latona, chiamav
tendere che la Luna riceve la luce dal Sole. La sorella di ’Saturno e di Rea che fu madre di Latona, chiamavasi anche Febe
riceve la luce dal Sole. La sorella di ’Saturno e di Rea che fu madre di Latona, chiamavasi anche Febe. 1966. Febo — I gre
però è che Apollo si chiamasse Febo da Febea o Febe sua avola e madre di Latona. — Vedi l’articolo precedente. 1967. Febbr
ato questo mese e lo dipingevano sotto la figura dì una donna vestita di una tunica succinta, che lasciava scoperto sino a
bondante. Al dire dello scrittore Ausonio si facevano durante il mese di febbraio delle espiazioni chiamate Febbrua dalla
ti. Altri finalmente vogliono che Giunone venisse così detta dal mese di febbraio, durante il quale essa era onorata con u
Februali o Februe — Secondo riferisce Macrobio, i romani costumavano di onorare le anime dei morti con alcune cerimonie,
con alcune cerimonie, alle quali si dava questo nome durante il mese di febbraio. Queste feste, accompagnate da sacrifizi
este feste, accompagnate da sacrifizi ed offerte si facevano, al dire di Plinio, per rendere propizii gli dei infernali, a
ali, alle anime dei defunti. Le cerimonie Februali, avevano la durata di dodici giorni ; elasso di tempo che si occupava o
i. Le cerimonie Februali, avevano la durata di dodici giorni ; elasso di tempo che si occupava ordinariamente per tutte le
 ; elasso di tempo che si occupava ordinariamente per tutte le specie di espiazioni, sia private, che pubbliche. 1970. Feb
crifizii Februali. Questa ultima opinione è avvalorata dalle cronache di Cedreno, il quale ci ripete che la parola Februus
i quali però questa era una dea, perchè la parola Febris in latino è di genere femminile ; mentre il vocabolo greco πρετο
mminile ; mentre il vocabolo greco πρετος Febbre, è maschile. Al dire di Valerio Massimo, la dea Febbre aveva un tempio su
altri due in altri luoghi della città. 1972. Fectali — La istituzione di codesti ministri della religione pagana, i quali
di codesti ministri della religione pagana, i quali erano una specie di araldi d’arme, che intimavano la guerra, e dichia
uta, secondo gli scrittori dell’antichità a Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale li costituì al numero di venti, sc
à a Numa Pompilio, secondo re di Roma, il quale li costituì al numero di venti, scelti fra le più cospicue e nobili famigl
ituì al numero di venti, scelti fra le più cospicue e nobili famiglie di Roma. Le persone dei feciali erano tenute come sa
quando faceva mestieri dichiarare la guerra, i feciali eleggevano uno di essi per mezzo di votazione, e allora l’eletto po
ieri dichiarare la guerra, i feciali eleggevano uno di essi per mezzo di votazione, e allora l’eletto portavasi, in abilo
azione, e allora l’eletto portavasi, in abilo sacerdotale, e coronato di verbena, presso il popolo nemico, o innanzi alle
nii, chiedeva ad alta voce riparazione dell’ingiuria fatta alla città di Roma. Se trascorsi trenta giorni da questa intima
rsi trenta giorni da questa intimazione, i nemici non avevano cercato di riparare all’offesa in modo soddisfacente, allora
ndo le donne si recavano nel tempio della dea, per invocare la grazia di esser feconde, i sacerdoti le facevano spogliar n
sacerdoti le facevano spogliar nude, e le battevano con uno staffile di lana. Sulle antiche medaglie si trova la fecondit
truire un tempio alla fede pubblica, il quale sorgeva vicino a quello di Giove. La Fedeltà veniva rappresentata come una g
i Giove. La Fedeltà veniva rappresentata come una giovanetia coronata di foglie d’ulivo, con un’insegna militare in una ma
rta alla sua compagna. 1976. Fedra — Così aveva nome la famosa figlia di Minosse, re di Creta, e della infame ed impudica
mpagna. 1976. Fedra — Così aveva nome la famosa figlia di Minosse, re di Creta, e della infame ed impudica Pasifae. Fu sor
Minosse, re di Creta, e della infame ed impudica Pasifae. Fu sorella di Arianna e di Deucalione, e moglie di Teseo re di
di Creta, e della infame ed impudica Pasifae. Fu sorella di Arianna e di Deucalione, e moglie di Teseo re di Atene. Narra
ed impudica Pasifae. Fu sorella di Arianna e di Deucalione, e moglie di Teseo re di Atene. Narra la cronaca che Teseo ave
Pasifae. Fu sorella di Arianna e di Deucalione, e moglie di Teseo re di Atene. Narra la cronaca che Teseo aveva avuto da
figliuolo chiamato Ippolito, il quale egli fece allevare nella città di Trezene. Qualche tempo dopo le sue nuove nozze co
nte la fiamma colpevole nel seno della disgraziata donna, che temendo di dover ritornare in Atene, e di restar così priva
o della disgraziata donna, che temendo di dover ritornare in Atene, e di restar così priva della vista dell’amato giovane,
i restar così priva della vista dell’amato giovane, fece edificare su di una montagna di Trezene un tempio consacrato a Ve
iva della vista dell’amato giovane, fece edificare su di una montagna di Trezene un tempio consacrato a Venere, nel quale
a di Trezene un tempio consacrato a Venere, nel quale si recava assai di sovente sotto pretesto di adorare la dea, ma in v
sacrato a Venere, nel quale si recava assai di sovente sotto pretesto di adorare la dea, ma in verità perchè così aveva oc
pretesto di adorare la dea, ma in verità perchè così aveva occasione di vedere il giovanetto principe, il quale si abband
i dell’ equitazione e delle armi, nelle pianure circonvicine. Al dire di Euripide, fece Fedra ogni sforzo per vincere da p
più ardente e tanto che non reggendo al fuoco che la divorava, decise di darsi la morte. ……… Poi che ferita M’ebbe amor,
lfin mi parve il meglio Morir. Euripide — Ippolito — Tragedia. trad. di F. Bellotti. Senonchè avendo confidato alla sua
ore, questa che amava ciecamente la sua padrona prese impegno con lei di adoperarsi a soddisfare le sue brame colpevoli, e
a avendo Ippolito respinto con orrore le infami proposte, Fedra cieca di passione, ebbe ricorso ad un infame rimedio onde
della favola, aggiunge a questo proposito, che vicino alla sepoltura di Fedra in Trezene, sorgeva un albero di mitro, le
ito, che vicino alla sepoltura di Fedra in Trezene, sorgeva un albero di mitro, le cui foglie erano tutte bucate ; ma che
e cui foglie erano tutte bucate ; ma che quell’ albero non fosse così di sua natura, e che Fedra nel tempo in cui la sua f
avagliava la mente. 1977. Fegoneo. — Soprannome particolare del Giove di Dodona, che a lui veniva dalla credenza che aveva
agani che egli abitasse nel tronco del faggio che rendeva gli oracoli di Dodona. La parola Fegoneo deriva dal greco φηγος
ta una dea, alla quale essi davano sovente l’appellazione particolare di Eudemonia. V. Eudemonia. Veniva rappresentata sot
lare di Eudemonia. V. Eudemonia. Veniva rappresentata sotto la figura di una donna giovane e sorridente, con un cornucopia
a nella sinistra ed un caduceo nella destra. 1979. Femonea — Ai tempi di Acrisio, avo di Perseo, viveva una donna così chi
ed un caduceo nella destra. 1979. Femonea — Ai tempi di Acrisio, avo di Perseo, viveva una donna così chiamata, la quale
osì chiamata, la quale fu la prima Pitia, o sacerdotessa dell’oracolo di Delfo, che rispose alle interrogazioni in versi e
i credevano unico della sua specie, e dotato della prodigiosa qualità di rinascere dalle proprie ceneri. Gli egiziani ne f
giziani ne fecero una delle loro divinità, adorandolo sotto la figura di un uccello grande come un’aquila, con le piume de
llo Fenice si sentiva prossimo a morire, formava da se stesso un nido di legna aromatiche e di gomma, e che coricatosi in
prossimo a morire, formava da se stesso un nido di legna aromatiche e di gomma, e che coricatosi in quello, si consumava a
e ed unanime l’opinione, che fa contare a quattro sole le apparizioni di questo maraviglioso uccello. Secondo le cronache
onologia, è segnata la prima apparizione della Fenice, sotto il regno di Sesostri ; la seconda durante quello del re Amasi
dei Tolomei, e finalmente la quarta verso gli ultimi tempi del regno di Tiberio, imperatore romano, del quale, al dire di
imi tempi del regno di Tiberio, imperatore romano, del quale, al dire di Dione Cassio, fu ritenuta come presagio di prossi
romano, del quale, al dire di Dione Cassio, fu ritenuta come presagio di prossima morte questa apparizione della Fenice. N
agio di prossima morte questa apparizione della Fenice. Nell’ intento di portar sempre l’attenzione dei lettori sulle idee
l’attenzione dei lettori sulle idee da noi esposte nella introduzione di questa nostra opera, gioverà grandemente far nota
o, S. Cirillo, S. Epifanio ed altri, si sono avvalsi nei loro scritti di questa credenza pagana del risorgimento, dalle pr
li attribuiscono anch’essi ad un certo uccello, la strana prerogativa di essere unico e di rinascere dalle proprie ceneri.
nch’essi ad un certo uccello, la strana prerogativa di essere unico e di rinascere dalle proprie ceneri. Sugli antichi mon
monumenti e particolarmente sopra i sepolcri, si scolpiva l’immagine di una Fenice per risvegliare così la idea dell’eter
ì la idea dell’eternità collegata alla morte. Fenice fu anche il nome di un flume nella Tessaglia, che univa le sue acque
uiva l’invenzione ai fenici. Fenice fu del pari chiamato un figliuolo di Amintore, re dei Dolopi, in Epiro. Narra la crona
ro. Narra la cronaca che Fenice per soddisfare il giusto risentimento di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i la
timento di sua madre, la quale Amintore abbandonava per i laidi vezzi di una sua concubina per nome Lizia, si facesse amar
hio padre, per darsi in braccio al giovane figliuolo. Amintore, cieco di libidinosa passione, accortosi del tranello, male
ra fuggendo E un atroce imprecar del padre mio Amintore d’Orméno. Era di questa Ira cagione un’avvenente druda Ch’egli spr
lla rivale, E porle in odio il vecchio amante. Il feci. Reso acceorto di questo il genitore, Mi maledisse, ed invocò sul m
rre Sul suo ginocchio un figlio mio. Omero — Iliade — Libro IX trad. di V. Monti.. Allora Fenice, altamente irritato con
nice, altamente irritato contro suo padre, concepì l’orrendo pensiero di ucciderlo, ma poscia, inspirato forse da qualche
derlo, ma poscia, inspirato forse da qualche benefico nume, e temendo di cedere alla funesta tentazione, si esilio volonta
si esilio volontariamente dalla sua patria e si condusse nella città di Ftia, della quale era re Peleo, padre di Achille,
ia e si condusse nella città di Ftia, della quale era re Peleo, padre di Achille, che lo accolse con ogni cortese amorevol
dre il figliuol ch’unico in largo Aver gli nasca nell’ età canuta : E di popolo molto e di molt’oro Fattomi ricco, l’ultim
’unico in largo Aver gli nasca nell’ età canuta : E di popolo molto e di molt’oro Fattomi ricco, l’ultimo confine Di Ftia
De’ Dolopi il governo alla mia cura. Omero — Iliade — Libro IX trad. di V. Monti. Da quel tempo un’amicizia più che frat
a quel tempo un’amicizia più che fraterna, legò il riconoscente animo di Fenice, all’eroe giovanetto, dal quale non seppe
qual sei, che caramente T’amai ; …… Omero — Iliade — Libro IX trad. di V. Monti. e tanto che lo accompagnò perfino all
IX trad. di V. Monti. e tanto che lo accompagnò perfino all’assedio di Troja e fu uno degli ambasciatori, che, al dire d
erfino all’assedio di Troja e fu uno degli ambasciatori, che, al dire di Omero, il quale chiama Fenice l’amico di Giove.
i ambasciatori, che, al dire di Omero, il quale chiama Fenice l’amico di Giove. Primamente Fenice, al Sommo Giove Carissi
al Sommo Giove Carissimo mortale……… Omero — Iliade — Libro IX trad. di V. Monti. Agamennone inviò ad Achille onde placa
ti agli Achei. Allorquando Achille, spinto dal desiderio ardentissimo di vendicare la morte di Patroclo, ritornò alle armi
ando Achille, spinto dal desiderio ardentissimo di vendicare la morte di Patroclo, ritornò alle armi, Fenice, sempre fedel
li delle battaglie, ma ebbe ben presto a soffrire l’ineffabile dolore di veder morto l’amico dilettissimo del suo cuore. A
ttissimo del suo cuore. Allora Fenice fu spedito dai Greci in traccia di Pirro, figliuolo del morto eroe, ed egli lo accom
Pirro, figliuolo del morto eroe, ed egli lo accompagnò sottò le mura di Troia, e seguitò ad avere per lui lo stesso pater
orpreso nel traversare la Tracia, dalla morte, fu sepolto nella città di Eone. Fenice è finalmente il nome di un figliuolo
la morte, fu sepolto nella città di Eone. Fenice è finalmente il nome di un figliuolo di Agenore, e fratello di Cadmo e di
olto nella città di Eone. Fenice è finalmente il nome di un figliuolo di Agenore, e fratello di Cadmo e di Europa. Allorqu
e. Fenice è finalmente il nome di un figliuolo di Agenore, e fratello di Cadmo e di Europa. Allorquando Giove rapì la bell
finalmente il nome di un figliuolo di Agenore, e fratello di Cadmo e di Europa. Allorquando Giove rapì la bellissima giov
ima giovanetta, Agenore mandò i suoi figli Cadmo e Fenice, in traccia di lei. Ma non avendola essi rinvenuta, Fenice non e
a di lei. Ma non avendola essi rinvenuta, Fenice non ebbe il coraggio di affrontare la collera di suo padre e andò nella B
essi rinvenuta, Fenice non ebbe il coraggio di affrontare la collera di suo padre e andò nella Bitinia, ove fondò una col
ntore delle lettere e della scrittura ; e che avesse trovato il mezzo di servirsi di un piccolo verme onde dare alle stoff
lettere e della scrittura ; e che avesse trovato il mezzo di servirsi di un piccolo verme onde dare alle stoffe il colore
gnifica tenebre. 1982. Fennide. — Così avea nome una figliuola del re di Caonia, la quale visse, secondo le cronache dell’
della 136’. Olimpiade, vale a dire circa 200 anni, prima della venuta di Gesù Cristo. Al dire di Pausania, Fennide era dot
ale a dire circa 200 anni, prima della venuta di Gesù Cristo. Al dire di Pausania, Fennide era dotata della qualità di pre
di Gesù Cristo. Al dire di Pausania, Fennide era dotata della qualità di predire l’avvenire e dopo la sua morte, riferisce
sua morte, riferisce il cennato scrittore, che fu fatta una raccolta di tutte le predizioni di lei. 1983. Ferali. — Press
l cennato scrittore, che fu fatta una raccolta di tutte le predizioni di lei. 1983. Ferali. — Presso i romani, così avevan
essi celebravano una volta l’anno, e propriamente nel giorno ventuno di febbraio in onore dei morti. Al dire di Ovidio, l
opriamente nel giorno ventuno di febbraio in onore dei morti. Al dire di Ovidio, la celebrazione di queste feste, fu una v
no di febbraio in onore dei morti. Al dire di Ovidio, la celebrazione di queste feste, fu una volta impedita dai disordini
r la qual cosa durante la notte si intesero delle grida per la strade di Roma, e fu detto che le anime dei morti si agiras
i, rimisero ben presto in vigore la celebrazione delle feste Ferali e di tutte le altre cerimonie funebri. Secondo alcuni
Ferefattie. 1985. Ferepola. — Ossia portatrice del polo. Gli abitanti di Smirne innalzarono alla dea fortuna una statua, c
veva il polo sulla testa e un cornucopia fra le mani. Da ciò, al dire di Pindaro, fu dato questo nome alla dea fortuna, pe
to al padre degli dei, perchè i vincitori delle battaglie costumavano di appendere nel tempio di quel dio, le spoglie tolt
erchè i vincitori delle battaglie costumavano di appendere nel tempio di quel dio, le spoglie tolte ai vinti. 1987. Ferie.
d’ogni sorte. Nel periodo delle Ferie non era permesso alcuna specie di lavoro. Vi erano differenti e moltiplici specie d
esso alcuna specie di lavoro. Vi erano differenti e moltiplici specie di Ferie, delle quali le più comunemente ripetute ne
tc. etc. Secondo l’ordine alfabetico, parleremo partitamente d’ognuna di esse : e solo terremo nell’articolo seguente menz
capitale del Lazio. I magistrati delle principali provincie al numero di 47 si riunivano ai magistrati romani sul monte Al
o a Giove Laziale, un toro e gli offerivano del latte ed altre specie di libazioni. Da principio le Ferie Latine duravano
u fissato a quattro giorni ; durante i quali non era permesso neanche di dichiarare la guerra. 1989. Feronia. — Dea degli
nato giorno. Aveva il suo tempio sul monte Soracte, vicino alla città di Feronia, dalla quale prese il suo nome particolar
riferisce Strabone, che coloro i quali erano posseduti dallo spirito di questa dea camminavano sui carboni accesi senza s
i il volto e le mani nella fonte sacra, che scorreva presso il tempio di lei. Una cronaca alla quale si rapporta Ovidio, n
rasporto, furono visti gli alberi abbruciati coprirsi istantaneamente di foglie. Ritenendosi allora quel prodigio come man
osi allora quel prodigio come manifestazione della volontà della dea, di rimanere in quel bosco, fu lasciato il simulacro
olontà della dea, di rimanere in quel bosco, fu lasciato il simulacro di lei dove si trovava. Finalmante Virgilio riferisc
rovava. Finalmante Virgilio riferisce che la dea Feronia si deliziava di vivere nei boschi. Molti scrittori dell’antichità
er nel ciel fra l’altre stelle Ovidio — Metamorfosi — Libro I. trad. di Dell’Anguillara. 1991. Ferula — Secondo la tradi
in una ferula ed insegnò agli uomini a conservare il fuoco nel gambo di questa pianta, che per naturale conformazione, pu
i primitivi abitanti della terra che servirono del vino come bevanda, di far uso di altri bastoni fuorchè di quelli di Fer
abitanti della terra che servirono del vino come bevanda, di far uso di altri bastoni fuorchè di quelli di Ferula. Forse
servirono del vino come bevanda, di far uso di altri bastoni fuorchè di quelli di Ferula. Forse i seguaci di quel dio col
del vino come bevanda, di far uso di altri bastoni fuorchè di quelli di Ferula. Forse i seguaci di quel dio colpiti da eb
far uso di altri bastoni fuorchè di quelli di Ferula. Forse i seguaci di quel dio colpiti da ebbrezza per troppo larghe li
po larghe libazioni, dovettero offendersi scambievolmente coi bastoni di cui erano armati ; e allora fu che il dio legisla
di cui erano armati ; e allora fu che il dio legislatore, impose loro di servirsi sola mente di bastoni di Ferula, imperoc
allora fu che il dio legislatore, impose loro di servirsi sola mente di bastoni di Ferula, imperocchè questi sebbene fort
che il dio legislatore, impose loro di servirsi sola mente di bastoni di Ferula, imperocchè questi sebbene forti abbastanz
oni di Ferula, imperocchè questi sebbene forti abbastanza per servire di appoggio, erano troppo fragili per percuotere. 19
orno dell’anno, in cui non ne ricadesse la celebrazione. Riserbandoci di parlare partitamente delle principali feste e cer
a misura che l’ordine alfabetico che noi seguitiamo nella esposizione di questa nostra opera ce ne darà il destro, ci limi
die, Trieclarie, Tritterie, Triopie, Tirbee. 1995. Fetonte. — Al dire di Esiodo, così ebbe nome un figliuolo di Cefalo e d
rbee. 1995. Fetonte. — Al dire di Esiodo, così ebbe nome un figliuolo di Cefalo e dell’Aurora il quale dopo essere stato c
o alla custodia d’uno dei suoi tempii. Fetonte era similmente il nome di quel famoso figliuolo del Sole e di una ninfa per
i. Fetonte era similmente il nome di quel famoso figliuolo del Sole e di una ninfa per nome Climene. Le cronache della fav
nome Climene. Le cronache della favola ne fanno tutte menzione, come di colui che si rese celebre per la sua famosa cadut
lamentò con sua madre, e questa lo inviò al Sole, affinchè dal labbro di suo padre avesse inteso la verità. Il giovanetto
avrebbe nulla negato, e allora l’audace giovanetto dimando in grazia, di potere per un sol giorno illuminare la terra, con
meglio il tuo desio : Chiedi pur quel che più t’aggrada e giova. Che di questo vedrai più certa prova. Della proferta il
el carro e della sua gran luce Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad. di Dell’Anguillara. Spaventato il padre dal pericol
o a cui volea esporsi l’incauto fanciullo, cercò con ogni persuasiva, di dissuaderlo dal proprio divisamento, ma vane rius
ebbe a pentirsi della sua audacia, imperocchè i cavalli riconoscendo di non essere governati dalla solita mano che li gui
inario cammino, e salendo ora troppo alto, minacciavano il firmamento di un immane e terribile incendio ; ora discendendo
r non solea, terrena e bassa. Ovidio — Metamorfosi — Libro II. trad. di Dell’Anguillara. e Giove allora, per prevenire l
’Anguillara. e Giove allora, per prevenire la catastrofe universale, di cui l’audace inespertezza di Fetonte minacciava i
per prevenire la catastrofe universale, di cui l’audace inespertezza di Fetonte minacciava il creato, arrestò il giovanet
a di Fetonte minacciava il creato, arrestò il giovanetto con un colpo di fulmine, e lo precipitò nell’Eridano. Si volge i
a lui con l’infiammate spoglie Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad. di Dell’Anguillara. 1996. Fetonziadi. — Conosciuto
’Anguillara. 1996. Fetonziadi. — Conosciuto più comunemente col nome di Fetontee e di Eliadi, erano le sorelle di Fetonte
1996. Fetonziadi. — Conosciuto più comunemente col nome di Fetontee e di Eliadi, erano le sorelle di Fetonte, che furono c
to più comunemente col nome di Fetontee e di Eliadi, erano le sorelle di Fetonte, che furono cangiate in pioppi per aver p
an le donne. e quelli i fiumi. Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad. di Dell’Anguillara. 1997. Fetusa. — Nome della magg
Dell’Anguillara. 1997. Fetusa. — Nome della maggiore fra le sorelle di Fetonte. Stauca Fetusa, la maggior sirocchia, Peu
come prima più seder le lice. Ovidio — Metamorfosi — Libro II trad. di Dell’ Anguillara. Fetusa e Lampezia avevano nome
l loro immortale genitore possedeva in Sicilia — V. Lampezia. Il nome di queste due immortali ha qualche cosa del linguagg
la gioventù, le cui figlie non invecchiano mai. 1998. Fia. — Al dire di Erodoto, così aveva nome una donna ateniese, di u
1998. Fia. — Al dire di Erodoto, così aveva nome una donna ateniese, di un’altezza quasi gigantesca ed assai bella di vol
ome una donna ateniese, di un’altezza quasi gigantesca ed assai bella di volto, della quale le cronache mitologiche raccon
ologiche raccontano un curioso accidente che ci rivela, a somiglianza di molti altri, la fecondità d’immaginativa che avev
la bella Fia degli stessi abiti che aveva Minerva nel maggior tempio di quella città ; e che facendola salire su di un ca
inerva nel maggior tempio di quella città ; e che facendola salire su di un carro, riuscirono a far credere al popolo, che
credere al popolo, che la stessa dea conduceva Pisistrato al governo di Atene. 1999. Fidio. — Nome particolare che si dav
catore dei falsi giuramenti : altri vogliono che sia Ercole figliuolo di Giove. Come che sia il dio Fidio aveva molti temp
si attiene Pausania stesso dà questo nome ad uno abitante della città di Corinto, il quale nel prendere parte ai giuochi o
compi tutto il giro dello steccato ; al suono della tromba raddoppiò di velocità e avendo sorpassato gli altri corridori,
tti dichiararono Fidolao vincitore e gli permisero in com memorazione di quel fatto d’innalzare un monumento sul quale egl
codesta qualificazione alla simbolica e immaginaria personificazione di esseri inanimati : così il fiume Acheronte, fu fi
fatti memorandi compiuti sul mare, furono rig uardati come figliuoli di Nettuno ; quelli che si illustrarono in guerra pe
li che si illustrarono in guerra per invitto coraggio, e intrepidezza di valore, furono ritenuti come figliuoli di Marte.
to coraggio, e intrepidezza di valore, furono ritenuti come figliuoli di Marte. Nè a ciò si arrestava la sbrigliala immagi
nebroso potere sacerdotale, che in tutte le epoche, ha sempre cercato di tener schiava l’intelligenza dei popoli per mezzo
a sempre cercato di tener schiava l’intelligenza dei popoli per mezzo di falsità, d’ipocrisia e di superstizione, si fosse
schiava l’intelligenza dei popoli per mezzo di falsità, d’ipocrisia e di superstizione, si fosse largamente avvalso di que
falsità, d’ipocrisia e di superstizione, si fosse largamente avvalso di queste credenze, facendo passare come figliuoli d
ide sovente in quelle remote epoche dell’età primitive, a somiglianza di quanto è avvenuto anche in età più recenti e civi
allorquando ci dice che tutte le volte che un principe aveva ragione di nascondere un qualche scandaloso commercio, facev
che scandaloso commercio, faceva sparger voce che un dio era il padre di quel frutto della colpa : così Ercole fu figliuol
io era il padre di quel frutto della colpa : così Ercole fu figliuolo di Giove e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di
adre di quel frutto della colpa : così Ercole fu figliuolo di Giove e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Per
a : così Ercole fu figliuolo di Giove e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Perseo fu figlio di Danae e di Gi
Ercole fu figliuolo di Giove e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Perseo fu figlio di Danae e di Giove ecc.
e e di Alcmena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Perseo fu figlio di Danae e di Giove ecc. ecc. Così il maggior numero
ena ; Romolo fu figlio di Rea e di Marte, Perseo fu figlio di Danae e di Giove ecc. ecc. Così il maggior numero dei sovran
li. — In generale tutti gli dei detti Epidoti e molte altre divinità, di cui parleremo secondo il loro ordine alfabetico,
ate. 2005. Filachide e Filandro. — Figliuoli della ninfa Acadallide e di Apollo. La tradizione mitologica dice che essi fu
quale essendo per ciò ritenuta come sacra, ebbe una statua nel tempio di Delfo. 2006. Filaco. — Un’antica tradizione alla
. Filaco. — Un’antica tradizione alla quale si rapportano le cronache di Pausania, dice che questo era il nome d’un cittad
o le cronache di Pausania, dice che questo era il nome d’un cittadino di Delfo, il quale al tempo dell’insurrezione dei Ga
dei greci contro i barbari, onde salvare la città. In commemorazione di questo fatto, Filaco fu dichiarato eroe e gli fu
fu dichiarato eroe e gli fu innalzato un monumento nel tempio stesso di Delfo. 2007. Filammone. — Figlio di Apollo e dell
to un monumento nel tempio stesso di Delfo. 2007. Filammone. — Figlio di Apollo e della ninfa Chiona. Resosi celebre per l
colla quale suonava la lira, la tradizione mitologica lo fa figliuolo di Apollo, dio della musica. Altri lo pongono nel nu
ca. Altri lo pongono nel numero degli Argonauti. 2008. File. — Figlio di Augia, re d’Elide, il quale fu da Ercole posto su
 — V. Bauci. 2010. Fileni. — Le cronache storico mitologiche, narrano di questi due fratelli un’eroica avventura, che ad e
so amore che essi portavano a Cartagine loro patria. Fra gli abitanti di Cirene e quelli di Cartagine, surse una grave con
ortavano a Cartagine loro patria. Fra gli abitanti di Cirene e quelli di Cartagine, surse una grave contesa a causa dei ri
opo lunghe discussioni, stabilito che si sarebbero scelte due persone di ciascuna città, le quali avessero dovuto partire
no percorso un ben lungo tratto del loro territorio. Senonchè, quelli di Cirene pensarono di sotterrar vivi i due fratelli
ungo tratto del loro territorio. Senonchè, quelli di Cirene pensarono di sotterrar vivi i due fratelli Fileni, quante volt
vivi i due fratelli Fileni, quante volte essi non avessero accettato di ritornare sui loro passi. Ma gli eroici fratelli,
i. 2011. Filira. — Figlia dell’Oceano. La tradizione mitologica narra di lei che Saturno l’amò passionatamente ; e che per
’amò passionatamente ; e che per sottrarsi alle gelose investigazioni di sua moglie Rea, prendeva la figura di un cavallo,
arsi alle gelose investigazioni di sua moglie Rea, prendeva la figura di un cavallo, tutte le volte che si recava presso l
presso la bella Filira. Ciò per altro non bastò a deludere la gelosia di Rea, la quale un giorno sorprese i due amanti, pe
i nitriti. Cosi Saturno a vista della moglie Diffondeva la chioma, e di anitriti In voce di cavallo il Pelio empiva. Vir
urno a vista della moglie Diffondeva la chioma, e di anitriti In voce di cavallo il Pelio empiva. Virgilio — Georgiche — 
e di cavallo il Pelio empiva. Virgilio — Georgiche — Libro III trad. di Dionigi Strocchi. Ma Filira, vergognosa di più m
orgiche — Libro III trad. di Dionigi Strocchi. Ma Filira, vergognosa di più mostrarsi nella sua patria, dopo lo scandalo
un figliuolo, che poi fu il famoso Chirone, Centauro. Il dolore però di aver posto al mondo un mostro, metà uomo e metà c
avallo, la ferì così crudelmente che supplicò notte e giorno gli dei, di toglierle la sua umana natura ; per lo che mossi
a ; per lo che mossi a compassione i numi, la cangiarono in un albero di tiglio. 2012. Fillide. — Discorde è l’opinione de
 — Discorde è l’opinione dei cronisti della mitologia sulla paternità di questa principessa ; poichè alcuni la fanno figli
la paternità di questa principessa ; poichè alcuni la fanno figliuola di Sitone, re di Tracia ; ed altri di Licurgo, re de
i questa principessa ; poichè alcuni la fanno figliuola di Sitone, re di Tracia ; ed altri di Licurgo, re dei Dauni. Ma la
; poichè alcuni la fanno figliuola di Sitone, re di Tracia ; ed altri di Licurgo, re dei Dauni. Ma la maggioranza delle op
rgo, re dei Dauni. Ma la maggioranza delle opinioni, la ripete figlia di Sitone e dice che ella non aveva l’età di venti a
opinioni, la ripete figlia di Sitone e dice che ella non aveva l’età di venti anni, quando per la morte del padre fu fatt
mpesta sulle rive della Tracia, al suo ritorno in patria dall’assedio di Troja, fu accolto con ogni cortesia dalla giovane
dalla giovane regina, la quale finì per innammorarsi passionatamente di lui. Ben presto però Demofoonte dovè fare ritorno
vano le gravi cure del suo regno ; e onde calmare il dolore disperato di Fillide, le promise che dopo un mese sarebbe a le
icchè Fillide disperata scrisse all’amante lontano, una lettera piena di rimproveri, nella quale gli diceva terminando che
piena di rimproveri, nella quale gli diceva terminando che si sarebbe di sua mano uccisa nel modo più crudele, se egli ave
u nel medesimo luogo edificata una città al la quale si dette il nome di Amfipoli, conosciuta comunemente sotto la denomin
Amfipoli, conosciuta comunemente sotto la denominazione del sepolcro di Fillide. La tradizione allegoria della favola agg
della favola aggiunge che gli dei mossi a compassione del triste fato di Fillide, l’avessero cangiata in albero di mandorl
compassione del triste fato di Fillide, l’avessero cangiata in albero di mandorlo, perchè in greco la parola ιλλα signific
uo amante. Igino nelle sue cronache delle antichità, non tiene parola di tale metamorfosi, ma riferisce solo, che alcuni a
iene parola di tale metamorfosi, ma riferisce solo, che alcuni alberi di mandorlo, che crescevano sul sepolcro dell’innamm
te ebbe una figliuola così chiamata, la quale fu da Ercole resa madre di un bambino. Narra la cronaca, che Alcimedonte, se
esporre sulla montagna detta Ostracina, nelle circostanze della città di Figalia, e che quivi una gazza sentendo continuam
ce con tale incredibile perfezione, che un giorno passando Ercole per di là, sentendo la voce, della gazza la credette il
avendoli riconosciuti li liberò dal grave pericolo. In commemorazione di quel fatto, fu in quel luogo costruita una fontan
o, fu in quel luogo costruita una fontana, alla quale fu dato il nome di fontana della gazza. Il fanciullo fu chiamato Ecm
to il nome di fontana della gazza. Il fanciullo fu chiamato Ecmagora, di cui alcuni scrittori chiamano la madre Fillo o Fi
Fillo o Fillene. — V. Ecmagora. 2014. Fillodamea. — Una delle figlie di Danao. Mercurio l’amò e ne ebbe un figliuolo chia
enuto adulto fondò nella Messenia una città, alla quale dette il nome di Fare. 2015. Filodoce. — Così aveva nome una ninfa
015. Filodoce. — Così aveva nome una ninfa che apparteneva al seguito di Cirene, madre di Aristea. Al suon delle querele
Così aveva nome una ninfa che apparteneva al seguito di Cirene, madre di Aristea. Al suon delle querele in quella stanza.
o le ninfe Filodoce e……..! Virgillo — Le Georgiche — Libro IV. trad. di D. Strocchi. 2016. Filgeo. — Dalle parole greche
si dava questo nome ad uno dei cavalli del sole, nella significazione di amante della lerra, perchè il sole quando tramont
il sole quando tramonta sembra abbandoni la terra col lento rammarico di un amante. 2017. Filolao — Che significa salutare
rava Esculapio, in un tempio ricchissimo a lui consacrato nella città di Asopo in Laconia. 2018. Filomena e Progne — Così
18. Filomena e Progne — Così avevano nome le due giovanette figliuole di Pandione re d’Atene, rinomate per la loro estrema
e, rinomate per la loro estrema bellezza. La cronaca mitologica narra di loro un truce fatto. Avendo Tereo, re di Tracia,
La cronaca mitologica narra di loro un truce fatto. Avendo Tereo, re di Tracia, sposato Progne, la più giovanetta delle d
figliuole, il buon re finì per accondiscendere, e permise a Filomena di seguire Tereo. Ma, durante il tragitto, questi, a
Ma, durante il tragitto, questi, affascinato dalla sovrumana bellezza di Filomena, concepì l’infame pensiero di gioire del
inato dalla sovrumana bellezza di Filomena, concepì l’infame pensiero di gioire della bella persona ; onde posto piede a t
e la violò. Ma non potendo a lungo sopportare i sanguinosi rimproveri di lei, e le contumelie e gli oltraggi di che l’eroi
ortare i sanguinosi rimproveri di lei, e le contumelie e gli oltraggi di che l’eroica giovanetta lo ricolmava, le fece tag
a lingua e la lasciò in quel vecchio castello, affidata alla custodia di persone a lui devote. Consumato l’infame delitto,
tto, Tereo fece ritorno presso la moglie, alla quale ebbe il coraggio di presentarsi, ed a cui affettando il più alto dolo
trettanto funesto per quanto inatteso, la gentile ed affettuosa anima di Progne, fu colpita dal più profondo dolore, e tan
cia a poco a poco, calmato alquanto il dolore acerbissimo, essa pensò di onorare la cara anima della defunta, alla quale f
magnifico monumento. Intanto Filomena gemeva in potere degli scherani di Tereo, i quali la custodivano con vigilante soler
n giorno, colpita quasi da un ispirazione del cielo, ella trapunse su di una tela, con un ago da ricamo, l’infame attentat
lla trapunse su di una tela, con un ago da ricamo, l’infame attentato di Tereo, e la triste sua situazione, e si adoperò i
a situazione, e si adoperò in modo che quella tela, capitò nelle mani di Progne ; la quale conscia per tal modo di quanto
lla tela, capitò nelle mani di Progne ; la quale conscia per tal modo di quanto era avvenuto, non si perdette in inutili l
di quanto era avvenuto, non si perdette in inutili lamenti, ma pensò di vendicar la sorella in modo terribile ; e spiò co
vendicar la sorella in modo terribile ; e spiò con indefessa alacrità di pensiero, ogni favorevole occasione di vendetta.
e spiò con indefessa alacrità di pensiero, ogni favorevole occasione di vendetta. Infatti, giovandosi della ricorrenza di
avorevole occasione di vendetta. Infatti, giovandosi della ricorrenza di una festa a Bacco, che si celebrava nella Tracia,
a Tracia, con grande solennità, e nella quale era permesso alle donne di correre sole a traverso i campi, l’animosa giovan
lle più segrete camere del suo palazzo insieme al piccolo Iti, figlio di Tereo e della sventuratissima Filomena. Posta per
Filomena. Posta per tal modo in sicuro la sorella, la quale non meno di lei anelava alla vendetta, le due giovanette pens
te pensarono a compierla in modo spaventevole ; infatti Progne uccise di sua mano il fanciullo Iti, e dopo avergli tagliat
ece ser vire al banchetto che il marito dava in occasione della festa di Bacco. Alla tine del convito Filomena comparve e
queste si dettero ad una precipitosa fuga, e veleggiarono alla volta di Atene, su di un vascello all’uopo preparato, prim
ttero ad una precipitosa fuga, e veleggiarono alla volta di Atene, su di un vascello all’uopo preparato, prima che Tereo a
l’uopo preparato, prima che Tereo avesse potuto raggiungerle. Al dire di Pausania, le due sorelle a cui le terribili vicis
ai loro amarissimi ricordi ; e ciò diede motivo alla cronaca favolosa di ripetere, che Filomena fosse stata cangiata in us
; alludendo, con poetica immagine, alla mestissima dolcezza del canto di questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento u
gine, alla mestissima dolcezza del canto di questi uccelli. Ovidio fa di questo avvenimento una delle sue più belle Metamo
piano, Come alle Greche insidiose avvenne, Vede le membra sue vestir di penne. Lascia il ferro crudel l’irato artiglio. E
onde In parte alla sua sorte iniqua e felia. Piangendo va il suo duol di fronde in fronde Con una melodia soave e bella :
ela un pezzo, e alfine stride Ovidio — Metamorfosi — Libro VI. trad. di Dell’Anguillara. 2019. Filonome. — La tradizione
l’Anguillara. 2019. Filonome. — La tradizione mitologica fa menzione di una figlia di Craugaso così chiamata, aggiungendo
2019. Filonome. — La tradizione mitologica fa menzione di una figlia di Craugaso così chiamata, aggiungendo che ella foss
li anni la disgraziata Fedra. V. Fedra ; e che pazzamente innammorata di un suo figliastro per nome Tene, nè potendo piega
asse per disperazione. Filonome era similmente chiamata una figliuola di Nittimo e della ninfa Arcadia. Narra la tradizion
sse stata veduta dal dio Marte, il quale s’invaghi così violentemente di lei, che sotto le spoglie di un pastore la piegò
e, il quale s’invaghi così violentemente di lei, che sotto le spoglie di un pastore la piegò alle sue voglie e la rese mad
tto le spoglie di un pastore la piegò alle sue voglie e la rese madre di due gemelli. Al dire di Plutarco quando Filonome
tore la piegò alle sue voglie e la rese madre di due gemelli. Al dire di Plutarco quando Filonome li ebbe partoriti, temen
li ebbe partoriti, temendo lo sdegno del padre suo, ebbe il coraggio di gettarli nel fiume Erimanto, pensando così di nas
e suo, ebbe il coraggio di gettarli nel fiume Erimanto, pensando così di nascondere una colpa con un delitto. Però al dire
preservò dalla morte i figli dell’amor suo. 2020. Filottete. — Figlio di Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, i
uo. 2020. Filottete. — Figlio di Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, il quale prima di morire, onde attestargl
lio di Peante, e il più caro e fedele amico di Ercole, il quale prima di morire, onde attestargli l’immenso affetto col qu
il luogo ove riposavano le sue ceneri. Dopo qualche tempo dalla morte di Ercole, i greci i quali avean saputo dall’oracolo
di Ercole, i greci i quali avean saputo dall’oracolo, che nel destino di Troja era scritto, che essi non si sarebbero impa
essi non si sarebbero impadroniti della città, senza le famose frecce di Ercole, V . Fatalita di Troja, mandarono una dep
adroniti della città, senza le famose frecce di Ercole, V . Fatalita di Troja, mandarono una deputazione a Filottete, ond
l luogo dove, insieme alle ceneri dell’ eroe, erano sepolte le frecce di lui. Filottete posto nel crudel bivio di essere s
roe, erano sepolte le frecce di lui. Filottete posto nel crudel bivio di essere spergiuro, o di cagionare il danno dei suo
recce di lui. Filottete posto nel crudel bivio di essere spergiuro, o di cagionare il danno dei suoi concittadini, credè d
ssere spergiuro, o di cagionare il danno dei suoi concittadini, credè di poter eludere la propria coscienza, rivelando non
state cagione del suo tradimento ; imperocchè nel passare per l’isola di Lemnos, volendo far vedere ai suoi compagni di vi
el passare per l’isola di Lemnos, volendo far vedere ai suoi compagni di viaggio la potenza delle sue frecce contro gli an
io la potenza delle sue frecce contro gli animali, nell’ adattare una di esse sull’ arco, questa gli cadde sul piede stess
i non, fosse stata causa d’infettazione, lo abbandonarono sull’ isola di Lemnos, vedendo nell’ accaduto un giusto castigo
ll’ accaduto un giusto castigo degli dei contro lo spergiuro. Questa di Lenno è la deserta riva, Da uman piè non calcata,
glà tempo, …………ubbidiente Al comando de’ regi abbandonai Il Meliense di Peante figlio, Cui di piaga vorace un piè stillav
ente Al comando de’ regi abbandonai Il Meliense di Peante figlio, Cui di piaga vorace un piè stillava. Sofocle — —Filotte
piaga vorace un piè stillava. Sofocle — —Filottete — Tragedia trad. di F. Bellotti. Filottete dunque restò su quegli sc
enti e le sue grida suonavano vuote ed inutili. Una caverna gli servì di rifugio ; l’acqua che scaturiva dal fondo di essa
i. Una caverna gli servì di rifugio ; l’acqua che scaturiva dal fondo di essa, valse a dissetarlo, e le frecce istesse che
virono a prolungargli la vita, poichè uccideva con quelle gli uccelli di cui poi si cibava. Intanto i greci non riuscivano
poi si cibava. Intanto i greci non riuscivano ancora ad impadronirsi di Troja, perchè, come vedemmo, essendo rimaste le f
i di Troja, perchè, come vedemmo, essendo rimaste le frecce in potere di Filottete, i destini della città non potevano com
lisse, sebbene si sapesse mortalmente odiato da Filottete, acconsenti di mettersi a capo di un’ altra deputazione, e di mu
apesse mortalmente odiato da Filottete, acconsenti di mettersi a capo di un’ altra deputazione, e di muovere alla volta de
Filottete, acconsenti di mettersi a capo di un’ altra deputazione, e di muovere alla volta dell’ isola di Lemnos, onde fa
a capo di un’ altra deputazione, e di muovere alla volta dell’ isola di Lemnos, onde farsi cedere da Filottete le famose
greco onde riaccendere l’ardire dei suoi, i quali scorati dalia morte di Achille, disperavano omai della caduta di Troja.
i quali scorati dalia morte di Achille, disperavano omai della caduta di Troja. Ulisse infatti in compagnia di Nettolemo,
, disperavano omai della caduta di Troja. Ulisse infatti in compagnia di Nettolemo, figlio di Achille, e di altri guerrier
lla caduta di Troja. Ulisse infatti in compagnia di Nettolemo, figlio di Achille, e di altri guerrieri greci, giunse a Lem
Troja. Ulisse infatti in compagnia di Nettolemo, figlio di Achille, e di altri guerrieri greci, giunse a Lemnos, e trionfò
riconducendo al campo greco Filottete colle sue fatate armi. Al dire di Sofocle, Ercole apparve in una nube a Filottete e
Sofocle, Ercole apparve in una nube a Filottete e gli ordinò, in nome di Giove, di seguire i greci all’ assedio di Troja.
rcole apparve in una nube a Filottete e gli ordinò, in nome di Giove, di seguire i greci all’ assedio di Troja. ……. Or tu
ttete e gli ordinò, in nome di Giove, di seguire i greci all’ assedio di Troja. ……. Or tu la voce D’ Ercole ascolli e ne
quadrella Quel Paride farai, funesto capo Di tutti mali, e struggerai di Troja La fortuna e le mura. Alle tue case, Al pad
ma Ricada ancor per l’armi mie. Sofocle — Filottete — Tragedia trad. di F. Bellotti. Terminato l’assedio della città Pri
i. Terminato l’assedio della città Priamea, e resisi i greci padroni di essa Filottete del tutto risanato da Esculapio de
tutto risanato da Esculapio della sua ferita al piede, pensò dapprima di ritornare in Grecia, ma poi avendo saputo la mort
pensò dapprima di ritornare in Grecia, ma poi avendo saputo la morte di suo padre, s’imbarcò alla volta della Calabria in
morte di suo padre, s’imbarcò alla volta della Calabria in compagnia di alcuni Tessali, che lo avevano seguito da Troja,
uito da Troja, e aiutato da questi, fondò in quella contrada la città di Petilia. Fu in Calabria che egli combattè il cele
ia. Fu in Calabria che egli combattè il celebre duello col re Adrasto di cui parla Fénélon nel suo libro delle Aventures d
e questa non fu cagionata dalla freccia, ma sibbene dalla morsicatura di un serpente. 2021. Fineo. — Re di una città della
eccia, ma sibbene dalla morsicatura di un serpente. 2021. Fineo. — Re di una città della Tracia conosciuta nella geografia
na città della Tracia conosciuta nella geografia antica sotto il nome di Salmidessa : e figliuolo di Agenore. Egli sposò u
iuta nella geografia antica sotto il nome di Salmidessa : e figliuolo di Agenore. Egli sposò una fanciulla figlia di Borea
Salmidessa : e figliuolo di Agenore. Egli sposò una fanciulla figlia di Borea e di Oritia, chiamata Cleobola, e secondo a
 : e figliuolo di Agenore. Egli sposò una fanciulla figlia di Borea e di Oritia, chiamata Cleobola, e secondo altri Cleopa
itia, chiamata Cleobola, e secondo altri Cleopatra, che lo rese padre di due figliuoli Pandione e Plesippo. Coll’ andare d
e figliuoli Pandione e Plesippo. Coll’ andare del tempo innammoratosi di una figliuola di Dardano, per nome Idea, egli rip
one e Plesippo. Coll’ andare del tempo innammoratosi di una figliuola di Dardano, per nome Idea, egli ripudiò Cleobola per
arsene li accusò a Fineo dicendo che essi avevano attentato al pudore di lei. Fineo perdutamente innammorato della pervers
e arpie, le quali infettavano tutto ciò che si apprestava sulla mensa di Fineo facendogli per tal modo soffrire la fame e
mpie arpie continuo offeso : Ovidio — Metamorfosi — Libro VII. trad. di Dell’Anguillara. Finalmente elasso un non breve
VII. trad. di Dell’Anguillara. Finalmente elasso un non breve spazio di tempo, essendo stati gli Argonauti accolti cortes
te della spedizione degli Argonauti, avesse chiesto a Fineo la grazia di porre in libertà i suoi sventurati figliuoli ; ma
i suoi sventurati figliuoli ; ma che quegli avesse recisamente negato di condiscendere alla preghiera dell’eroe, per il ch
e e Plesippo, uccise Fineo e divise fra i suoi due figliuoli i domini di lui. 2022. Fiscoa. — Nella parte inferiore della
netta chiamata in tal modo, che fu amata da Bacco e resa da lui madre di un figliuolo conosciuto sotto il nome di Narcea.
da Bacco e resa da lui madre di un figliuolo conosciuto sotto il nome di Narcea. Divenuto adulto e assai popolare in Elide
nei quali si cantava un coro che fu per lungo tempo chiamato il coro di Fiscoa, per onorare la memoria della madre di Nar
tempo chiamato il coro di Fiscoa, per onorare la memoria della madre di Narcea. 2023. Fitalo — Fu uno degli eroi dell’ At
he accolse in sua casa Cerere, allorquando questa dea andava in cerca di sua figlia Proserpina. Cerere per ricompensare Fi
er ricompensare Fitalo della sua buona accoglienza, gli fece presente di un albero di fico, facendo per tal modo conoscere
re Fitalo della sua buona accoglienza, gli fece presente di un albero di fico, facendo per tal modo conoscere agli uomini
i uomini questa pianta, il cui prezioso frutto non era servito, prima di quella epoca che al banchetto degl’immortali. 202
l continuo incenzi, voti e sacrifizi. Al dire dello scrittore Massimo di Tiro, gli Egiziani adoravano con un culto partico
ione ; a motivo degl’immensi vantaggi che essi ricevevano dalle acque di quel fiume. Gli Sciti veneravano il Danubio ; i p
i Tessali, il fiume Peneo ; i Lacedemoni adoravano l’Eurota in virtù di una legge che imponeva siffatto culto ; e finalme
Tevere era una delle divinità pro tettrici della Roma pagana. Al dire di Esiodo tutti i fiumi erano ritenuti nelle credenz
nfa Teti ; e generalmente gli antichi effigiavano la personificazione di un fiume sotto la figura di un vecchio venerando
i antichi effigiavano la personificazione di un fiume sotto la figura di un vecchio venerando per dinotare l’antichità di
iume sotto la figura di un vecchio venerando per dinotare l’antichità di essi ; con la barba e i capelli lunghi e generalm
sentato i fiumi che sboccano immediatamente nel mare, sotto la figura di altrettanti vecchi ; e quelli che metton foce in
go e vorago Che bolle e frange……. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro. lo Stige, Noi ricidemmo il cerchio all
Maestro, ove si trova Flegetonte e Letè, chè dell’ un taci, E l’altro di che si fa d’esta piova ? In tutte tue question ce
acqua rossa Dovea ben solver l’una che tu faci. Letè vedrai, ma fuor di questa fossa. Là ove vanno l’anime a lavarsi, Qua
2026. Flamine. — Dal latino flamen. Si dava questo nome ad un ordine di sacerdoti del culto religioso dei romani e la cui
cipio della loro istituzione, i sacerdoti Flamini erano tre ed ognuno di essi prendeva la sua denominazione individuale da
one individuale dalla divinità a cui era consacrato : così il flamine di Quirino si chiamava Flamen Quirinalis ; quello di
o : così il flamine di Quirino si chiamava Flamen Quirinalis ; quello di Giove, Flamen Dialis ; e quello di Marte, Flamen
hiamava Flamen Quirinalis ; quello di Giove, Flamen Dialis ; e quello di Marte, Flamen Martialis. In seguito furono i Flam
. In seguito furono i Flamini divisi in due ordini distinti. Il primo di questi si componeva di tre sacerdoti o ministri F
lamini divisi in due ordini distinti. Il primo di questi si componeva di tre sacerdoti o ministri Flamini, scelti fra i pi
altro era composto di-dodici individui scelti fra il popolo. Il primo di questi ordini si chiamava quello dei Flamini magg
Flamini maggiori : il secondo quello dei Flamini minori. Però ognuno di questi sacerdoti era addetto ad un dio particolar
uesti sacerdoti era addetto ad un dio particolare. I Flamini godevano di molti previlegi e fra gli altri di quello d’avere
io particolare. I Flamini godevano di molti previlegi e fra gli altri di quello d’avere le loro figliuole, esenti dall’ es
iori quanto dei minori si faceva per votazione dal popolo. La dignità di Flamine era a perpetuità, vale a dire che essa du
e a dire che essa durava quanto la vita dell’ individuo ; però ognuno di essi poteva essere rimosso dal suo grado per alcu
iceva, con frase speciale : Flaminio abire, cioè deporre il ministero di Flamine. Gli imperatori romani si erano riservato
stero di Flamine. Gli imperatori romani si erano riservato il diritto di creare dei sacerdoti Flamini, i quali in questa o
imperatore che li avevano istituiti. Così la storia romana ci ricorda di un Flamine, istituito dall’ imperatore Commodo, i
i ricorda di un Flamine, istituito dall’ imperatore Commodo, in oncre di Ercole, che fu detto Flamen Herculaneus Comodianu
rezzo che i romani ebbero per lui. Similmente troviamo la istituzione di un Flamine fatta dall’ imperatore Augusto e chiam
r conseguenza Flamine Augustale. 2027. Flamine Diale. — Ossia Flamine di Giove. Questo sommo sacerdote era presso i romani
ro. — Questo sacerdote prendeva il suo nome dall’ antico dio Falacro, di cui fanno menzione ben pochi cronisti dell’ antic
uso presso i pagani, i quali generalmente lo fabbricavano dalla gamba di un asino, quando se ne servivano nei pubblici giu
un asino, quando se ne servivano nei pubblici giuochi ; mentre quello di cui facevano uso nei sacrifizi era di bosso o di
ubblici giuochi ; mentre quello di cui facevano uso nei sacrifizi era di bosso o di argento. Tanto presso i gréci quanto p
ochi ; mentre quello di cui facevano uso nei sacrifizi era di bosso o di argento. Tanto presso i gréci quanto presso i rom
Tanto presso i gréci quanto presso i romani erano comuni i suonatori di due flauti, come si vede da gran numero di medagl
i erano comuni i suonatori di due flauti, come si vede da gran numero di medaglie e di monumenti dell’ antichità. Finalmen
i suonatori di due flauti, come si vede da gran numero di medaglie e di monumenti dell’ antichità. Finalmente i pagani av
ondava d’un triplo cerchio le carceri dei dannati, e nel quale invece di acque correvano torrenti di flamme. Vedi Fiumi De
e carceri dei dannati, e nel quale invece di acque correvano torrenti di flamme. Vedi Fiumi Dell’Inferno. ….. e sotto un’
o. ….. e sotto un’ alta rupe Vide un’ampia città che tre gironi Avea di mura, ed un di fiume intorno : Ed era il fiume il
un’ alta rupe Vide un’ampia città che tre gironi Avea di mura, ed un di fiume intorno : Ed era il fiume il negro Flegeton
e seco traea, le flamme e i sassi. Virgilio — Eneide — Libro VItrad. di A. Caro. 2031. Flegia. — Re della Beozia e propr
o VItrad. di A. Caro. 2031. Flegia. — Re della Beozia e propriamente di quella contrada che dal suo nome fu detta Flegiad
. La tradizione mitologica ce lo presenta come figlio del dio Marte e di una giovanetta per nome Crisa figliuola di Almo.
ome figlio del dio Marte e di una giovanetta per nome Crisa figliuola di Almo. Flegia non ebbe che una sola figlia chiamat
lia chiamata Coronide la quale fu sedotta da Apollo che la rese madre di Esculapio. V . Coronide. La cronaca favolosa rip
re l’ingiuria fattagli da Apollo, avesse appiccato il fuoco al tempio di Delfo ; onde gli dei per punirlo lo precipitarono
ia è condannato a rimanere eternamente sotto ad una rupe che minaccia di cadergli da un momento all’altro sul capo e schia
late il giusto. Riverite gli dei. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro 2032. Flegiani. — Secondo asserisce la
i. — Secondo asserisce la tradizione mitologica, era questo : il nome di un popolo composto tutto di uomini arditi e valor
adizione mitologica, era questo : il nome di un popolo composto tutto di uomini arditi e valorosi, che Flegia aveva riunit
ia e condotti seco ad abitare quella parte della Beozia, che dal nome di lui fu detta Flegia — vedi l’articolo precedente.
l nome di lui fu detta Flegia — vedi l’articolo precedente. — Al dire di Pausania furono questi popoli e non il loro re Fl
i e non il loro re Flegia che incendiarono e saccheggiarono il tempio di Apollo in Delfo. Essi furono distrutti da continu
emoti, dalla peste, e finalmente dal fuoco del cielo che piovve sopra di loro. Un moderno scrittore è di avviso che a ques
dal fuoco del cielo che piovve sopra di loro. Un moderno scrittore è di avviso che a questi popoli Flegiani, e con loro a
a contradetto in altri brani del suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire di Ovidio era questo il nome di una dei cavalli del
del suo poema. 2033. Flegonte. — Al dire di Ovidio era questo il nome di una dei cavalli del Sole e propriamente di quello
Ovidio era questo il nome di una dei cavalli del Sole e propriamente di quello che presiedeva all’ ora del mezzogiorno. 2
o ammanto, ci rivela che Zeffiro attratto dalla risplendente bellezza di Flora se ne fosse perdutamente innammorato ; ond’
e perdutamente innammorato ; ond’ella per sottrarsi alle persecuzioni di lui si dette a fuggire ; ma Zeffiro più leggiero
alle persecuzioni di lui si dette a fuggire ; ma Zeffiro più leggiero di lei la raggiunse ben presto, la rapì, la fece sua
ra in pieno vigore presso i Sabini, molti anni prima della fondazione di Roma ; lo che ci dimostra che la dea Flora è una
dea Flora è una più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci parla di una statua di questa dea dovuta allo scalpello de
na più antiche divinità del paganesimo. Plinio ci parla di una statua di questa dea dovuta allo scalpello dell’immortale P
culto della dea Flora passato dalla Grecia in Italia. Una somiglianza di nome fece nascere sul proposito di questa dea una
Grecia in Italia. Una somiglianza di nome fece nascere sul proposito di questa dea una leggiera confusione, la quale emer
za con l’osceno mercato dei propri vezzi. Venuta a morte lasciò erede di tutte le sue sostanze il popolo di Roma, il quale
vezzi. Venuta a morte lasciò erede di tutte le sue sostanze il popolo di Roma, il quale per ricompensa la mise fra le sue
o al Campidoglio e questa dea veniva rappresentato sotto la sembianza di una giovanetta bellissima e sorridente, con in ma
dente, con in mano un cornucopia da cui cadeva un’ abbondante pioggia di fiori. Cicerone ed Ovidio danno a questa dea il s
pioggia di fiori. Cicerone ed Ovidio danno a questa dea il soprannome di madre chiamandola madre Flora. 2035. Florali. — D
re della dea Flora. Esse duravano sei giorni, terminando alle calende di Maggio. Florali si chiamavano del paro i giuochi
ituiti in onore della dea Flora. Varrone asserisce che sotto il regno di Romolo furono istituiti questi giuochi, i quali a
ma poi rimessi in vigore sopra tutto quando la terra, era minaccinta di siccità, o secondo altri perchè i libri delle sib
celebrazione. Le cronache c’insegnano che non fu se non all’ anno 580 di Roma che fu fissato annualmente la celebrazione d
non all’ anno 580 di Roma che fu fissato annualmente la celebrazione di queste cerimonie in occasione di una sterilità ch
fissato annualmente la celebrazione di queste cerimonie in occasione di una sterilità che durò lungo tempo e produsse gra
dinò allora che si celebrassero ogni anno i giuochi Florali alla fine di Aprile. I giuochi Florali si facevano durante la
orcie in un vastissimo circo che stava sulla strada patrizia. Al dire di Giovenale, vi si commettevano turpissime oscenità
evano turpissime oscenità ed infami dissolutezze, riunendosi al suono di una tromba le pubbl che cortegiane e le meretrici
lta intervenuto ai giuochi Florali, Catone il saggio, il popolo pieno di venerazione per un uomo di così severi costumi, n
Florali, Catone il saggio, il popolo pieno di venerazione per un uomo di così severi costumi, non osò di dimandare il soli
polo pieno di venerazione per un uomo di così severi costumi, non osò di dimandare il solito oscenissimo spettacolo. Favon
non osò di dimandare il solito oscenissimo spettacolo. Favonio amico di Catone, lo avverti del riguardo che avevano per l
pi disordini, si ritrasse sollecitamente. 2036. Fluonia. — Soprannome di Giunone, che veniva a lei dato dalle buone cure c
ra : i greci l’avevano divinizzata e la rappresentavano con una testa di leone. 2039. Foco. — Figlio di Eaco e della Nerei
ata e la rappresentavano con una testa di leone. 2039. Foco. — Figlio di Eaco e della Nereide Pfammate. Narra la cronaca,
della ninfa Melia e del dio Sileno. Le cronache della favola narrano di lui, che allorquando Ercole dette la caccia al fa
no di lui, che allorquando Ercole dette la caccia al famoso cinghiale di Erimanto, si fosse riposato nella casa del Centau
urante il banchetto, avendo voluto Ercole assaggiare del vino che era di proprietà di altri centauri, questi si opposero,
chetto, avendo voluto Ercole assaggiare del vino che era di proprietà di altri centauri, questi si opposero, e passando da
assando dalle minacce ai fatti, si precipitarono contro Ercole armati di grossi bastoni e di pietre ; ma l’eroe ne uccise
e ai fatti, si precipitarono contro Ercole armati di grossi bastoni e di pietre ; ma l’eroe ne uccise molti a colpi di cla
ati di grossi bastoni e di pietre ; ma l’eroe ne uccise molti a colpi di clava, per modo che gli altri intimoriti si dette
l togliere ùna freccia da uno dei cadaveri e dopo qualche giorno mori di quella ferita. Ercole riconoscente alla ricevuta
rita. Ercole riconoscente alla ricevuta buona accoglienza, onorò Folo di splendidi funerali e lo seppelli sulla montagna c
endidi funerali e lo seppelli sulla montagna che da lui prese il nome di Foloe. 2041. Fontinali. — Presso i romani si cele
di Foloe. 2041. Fontinali. — Presso i romani si celebravano nel mese di ottobre alcune feste così chiamate, dall’ uso che
ese di ottobre alcune feste così chiamate, dall’ uso che essi avevano di gettare in quel giorno nelle pubbliche fontane de
ano di gettare in quel giorno nelle pubbliche fontane delle ghirlande di fiori, di cui poi coronavano i fanciulli, che pre
tare in quel giorno nelle pubbliche fontane delle ghirlande di fiori, di cui poi coronavano i fanciulli, che prendevano pa
crudele, il quale eletto capo dei popoli Flegiani, postosi alla testa di un forte stuolo dei suoi seguaci, costringeva tut
dice, che Apollo sdegnato contro questo masnadiere, assunse l’aspetto di un atleta e presentatosi alla lotta, lo accoppò c
così quelle contrade. 2043. Forco. — Detto anche Forcide, era al dire di Esiodo, figliuolo della Terra e del Mare. Atlante
tò nelle onde. Fin quì la parte mitologico-favolosa. La parte storica di questa allegoria, è che Forco era un re della Cor
nità che presiedeva alla custodia delle porte e propriamente ai ganci di esse : questo nome gli veniva probabilmente dalle
Fordicali. — Pubbliche feste che si celebravano in Roma il 15 aprile di ogni anno, ed alle quali si dava anche il nome di
n Roma il 15 aprile di ogni anno, ed alle quali si dava anche il nome di Fordicidie. Durante la cerimonia, i pagani avevan
me di Fordicidie. Durante la cerimonia, i pagani avevano per costume, di sacrificare alla terra un dato numero di vacche p
pagani avevano per costume, di sacrificare alla terra un dato numero di vacche prossime al parto. Secondo le cronache, l’
umero di vacche prossime al parto. Secondo le cronache, l’istituzione di queste feste è dovuta a Numa Pompilio. 2046. Form
o origine da quest’insetti, e propriamente dalle formiche della selva di Egina. Avevano quindi per esse un culto particola
e un culto particolare. V . Mirmidoni. 2047. Formione. — Nella città di Eritrea, visse un pescatore così chiamato, il qua
festa, che si celebrava annualmente dodici giorni prima delle calende di Marzo e della quale secondo le tradizioni dell’ a
oneo. — La tradizione storica ce lo presenta come figlio d’ Inaco, re di Argo, e come colui che avesse insegnato agli abit
paese, a vivere sotto leggi miti e dolci, laddove prima traevano vita di selvaggi. Egli edificò una città che dal suo nome
surta fra queste due divinità, a chi fosse toccato il regno del paese di Argo. I tre fiumi giudicarono in favore di Giunon
toccato il regno del paese di Argo. I tre fiumi giudicarono in favore di Giunone, e Nettuno allora fortemente sdegnato li
che si ebbe il culto più esteso e generalizzato, e il più gran numero di templi e di altari. I greci scrittori ebbero ognu
il culto più esteso e generalizzato, e il più gran numero di templi e di altari. I greci scrittori ebbero ognuno delle ide
rticolari su questa dea. In fatti, Pausania asserisce che nella città di Egina, vi era una statua della Fortuna, in cui es
fa della Fortuna, una delle Parche, dandole un potere assai più forte di quello delle sue sorelle. Or dunque alla tremend
lla tremenda Lachesi tosto il dio si volse, a lei Che il crin si vela di dorata benda, E chiese in quel momento Che proten
vi era un antichissimo tempio dedicato alla Fortuna ; e gli abitanti di Smirne, dettero incarico al famoso statuario Bupa
gli abitanti di Smirne, dettero incarico al famoso statuario Bupalo, di lavorare per essi una statua colossale di questa
al famoso statuario Bupalo, di lavorare per essi una statua colossale di questa dea, avente il polo sulla testa. Nella cit
atua colossale di questa dea, avente il polo sulla testa. Nella città di Tebe si venerava una statua della Fortuna che la
ricchezze. Vi sono molte medaglie dell’ antichità, nonchè gran numero di monumenti e di bassorilievi, nei quali è rapprese
ono molte medaglie dell’ antichità, nonchè gran numero di monumenti e di bassorilievi, nei quali è rappresentata la Fortun
testa e tal’ altra con una mezza luna, per esprimere che essa al paro di questi due pianeti, regola e presiede a tutto ciò
ispensatrice dei beni del mondo, e appoggia la mano destra sul timone di una nave, per spiegare che essa governa tutto l’
r con aureo piede al tuo soggiorno : Allor vedrai, ch’ io sono Figlia di Giove, e che germana al Falo Sovra il trono immor
lui mi siedo a lato. Alessandro Guidi — La Fortuna — Canzone. Assai di sovente si dipinge la Fortuna con una ruota nella
una ruota nella mano, per simboleggiare l’ incostanza e la volubilità di quei beni, di cui essa è la dispensatrice. Il cul
a mano, per simboleggiare l’ incostanza e la volubilità di quei beni, di cui essa è la dispensatrice. Il culto della Fortu
u Servio Tullio, che le fece inalzare un magnifico tempio nel mercato di Roma ; e la tradizione aggiunge a questo proposit
ove essa sola ebbe più templi, altari, statue, sacrifizi ed offerte, di quante non ne ebbero le altre divinità dell’ olim
. A simiglianza della infinita moltiplicità delle statue e dei templi di questa dea, erano del pari infiniti e svariati i
e le tradizioni dell’antichità sono del continuo intercalate dai nomi di Fortuna feminea, di Fortuna virile, o viriplaca,
’antichità sono del continuo intercalate dai nomi di Fortuna feminea, di Fortuna virile, o viriplaca, di Fortuna stabile,
ercalate dai nomi di Fortuna feminea, di Fortuna virile, o viriplaca, di Fortuna stabile, di Fortuna reduce, di Fortuna bu
Fortuna feminea, di Fortuna virile, o viriplaca, di Fortuna stabile, di Fortuna reduce, di Fortuna buona, di Fortuna dett
i Fortuna virile, o viriplaca, di Fortuna stabile, di Fortuna reduce, di Fortuna buona, di Fortuna detta Primigenia, Seja,
o viriplaca, di Fortuna stabile, di Fortuna reduce, di Fortuna buona, di Fortuna detta Primigenia, Seja, Respiciens, Obseq
, di Fortuna detta Primigenia, Seja, Respiciens, Obsequens, ecc. ecc. di Fortuna grande e piccola, di Fortuna dubbia, di F
, Seja, Respiciens, Obsequens, ecc. ecc. di Fortuna grande e piccola, di Fortuna dubbia, di Fortuna cattiva e d’ infinitis
Obsequens, ecc. ecc. di Fortuna grande e piccola, di Fortuna dubbia, di Fortuna cattiva e d’ infinitissimi altri. Non sar
una cattiva e d’ infinitissimi altri. Non sarà quindi a meravigliarsi di un cosa esorbitante numero di appellativi dei qua
altri. Non sarà quindi a meravigliarsi di un cosa esorbitante numero di appellativi dei quali i pìgani accompagnavano la
i rifletterà, che essi la consideravano come le dispensatrice suprema di tutti i beni. Siccome ognuno si studiava di rende
le dispensatrice suprema di tutti i beni. Siccome ognuno si studiava di rendersela propizia e favorevole, così le venivan
templi, sotto nomi differenti e moltiplici, secondo i diversi bisogni di coloro che la invocavano. Il più famoso tempio de
o tempio della Fortuna, fu quello che le venne fabbricato nella città di Preneste, il quale aveva più che di tempio, la fo
e le venne fabbricato nella città di Preneste, il quale aveva più che di tempio, la forma e la configurazione di un vasto
neste, il quale aveva più che di tempio, la forma e la configurazione di un vasto teatro, e dove veniva adorata sotto la d
ione di un vasto teatro, e dove veniva adorata sotto la denominazione di Dea Proenestina. Nerone al principio del suo regn
oenestina. Nerone al principio del suo regno, fece costruire in onore di questa dea un tempio fabbricato tutto di una cert
gno, fece costruire in onore di questa dea un tempio fabbricato tutto di una certa pietra, che aveva la durezza e la bianc
za del marmo, e finalmente sulla spiaggia del mare, vicino alla città di Anzio, sorgeva un altro famosissimo tempio delle
e pompa del sepolcro ; ……………. ………nonna del mare Te ïnvoca chi su nave di Bitinia Accingesi a solcar l’ onde Carpazie. Te i
n pochi sono gli scrittori dell’ antichità, i quali facciano menzione di questa dea ; e solo Esiodo, nelle sue cronache de
ogia degli dei, la mette nel numero delle deità romane. 2054. Freccie di Apollo. — È opinione generalizzata fra i più rino
ra i più rinomati scrittori e mitologi dell’antichità, che le freccie di Apollo altro non erano se non i raggi del sole ;
cosicchè quando la tradizione della favola ci ricorda che i figliuoli di Niobe fossero uccisi da Diana e da Apollo a colpi
che i figliuoli di Niobe fossero uccisi da Diana e da Apollo a colpi di freccia, altro non deve intendersi se nonchè la p
dall’ eccessivo calore dei raggi del sole, fu la cagione della morte di tutti i figli di quella sventuratissima madre. V.
calore dei raggi del sole, fu la cagione della morte di tutti i figli di quella sventuratissima madre. V. Niobe. Allorquan
a peste distrusse tanta parte del campo greco, al tempo dello assedio di Troja, si disse che Apollo sdegnato contro i grec
llo sdegnato contro i greci che non volevano lasciar libera la figlia di Crise, suo sacerdote, avesse ucciso a colpi di fr
sciar libera la figlia di Crise, suo sacerdote, avesse ucciso a colpi di freccie gran numero di guerrieri greci. …..L’ ud
di Crise, suo sacerdote, avesse ucciso a colpi di freccie gran numero di guerrieri greci. …..L’ udi Febo, e scese Dalle c
pel campo acheo Le divine quadrella. Omero — Iliade — Libro I trad. di V. Monti. È nota similmente la tradizione mitolo
la tradizione mitologica, la quale ripete che dalle acque del diluvio di Deucalione e propriamente dalla fermentazione del
, fosse nato il Pitone, mostruoso serpente, che Apollo uccise a colpi di freccia. L’ arco, che solo in cervi, in capri e
ome prima in terra si converse. Ovidio — Metamorfosi — Libro I trad. di Dell’Anguillara. 2055. Freccie di Ercole. — Seco
idio — Metamorfosi — Libro I trad. di Dell’Anguillara. 2055. Freccie di Ercole. — Secondo la tradizione mitologica, Ercol
 — Secondo la tradizione mitologica, Ercole, dopo avere uccisa l’Idra di Lerna, bagnò le sue freccie nel sangue avvelenato
r modo che le ferite fatte con quelle armi, erano incurabili. Con una di queste, Ercole uccise il Centauro Nesso, e furono
te queste le famose freccie che Ercole legò a Filottete. V. Fatalita’ di Troja e Filottete. 2056. Frisso. — Figlio di Nefe
Filottete. V. Fatalita’ di Troja e Filottete. 2056. Frisso. — Figlio di Nefelea e di Atamante. Avendo suo padre tolta un’
. Fatalita’ di Troja e Filottete. 2056. Frisso. — Figlio di Nefelea e di Atamante. Avendo suo padre tolta un’altra moglie
nte preparare una nave e tolto parte dei tesori paterni, in compagnia di sua sorella Elle, veleggiò alla volta della Colch
e giunto fu cortesemente ospitato da un suo parente per nome Aete, re di quell’ isola, il quale gli dette in moglie la fig
isola, il quale gli dette in moglie la figlia Calciope. I primi anni di questa unione furono felici, ma scorso qualche te
elici, ma scorso qualche tempo, Aete pensò d’ impadronirsi dei tesori di Frisso, e lo fece segretamente morire onde render
e segretamente morire onde rendersene signore, promettendo in cor suo di far subire l’ istessa sorte ai figli di Frisso, s
gnore, promettendo in cor suo di far subire l’ istessa sorte ai figli di Frisso, senonchè la loro madre Calciope li sottra
ai lampi ed ai luoni ; e che non deve confondersi con l’ appellativo di Fulgur soprannome col quale i pagani invocavano G
ine. — La tradizione favolosa racconta che essendo stato Cielo, padre di Saturno, liberato da Giove, suo nipote, dalla pri
i suoi regni, per ricompensare il suo liberatore lo avesse presentato di un fulmine, facendolo così padrone degli uomini e
fulmini ; e Virgilio ci ripete, che ogni fulmine conteneva tre raggi di grandine, tre di fuoco, e tre di pioggia e vento.
ilio ci ripete, che ogni fulmine conteneva tre raggi di grandine, tre di fuoco, e tre di pioggia e vento. Nella fabbricazi
che ogni fulmine conteneva tre raggi di grandine, tre di fuoco, e tre di pioggia e vento. Nella fabbricazione di essi i Ci
grandine, tre di fuoco, e tre di pioggia e vento. Nella fabbricazione di essi i Ciclopi mischiavano le strisce di flamma,
e vento. Nella fabbricazione di essi i Ciclopi mischiavano le strisce di flamma, lo strepitoso rimbombo e i lampi terribil
pitoso rimbombo e i lampi terribili, coi quali si rivelava la collera di Giove e che produceva un invincibile terrore nel
polita. Parte abbozzata, con tre raggi attortDi grandinoso nembo, tre di nube Pregna di pioggia, tre d’ acceso foco. E tre
bbozzata, con tre raggi attortDi grandinoso nembo, tre di nube Pregna di pioggia, tre d’ acceso foco. E tre di vento impet
inoso nembo, tre di nube Pregna di pioggia, tre d’ acceso foco. E tre di vento impetuoso e flero. I tuoni v’aggiungevano e
tre di vento impetuoso e flero. I tuoni v’aggiungevano e i baleni. E di flamme e di furia e di spavento Un cotal misto.
o impetuoso e flero. I tuoni v’aggiungevano e i baleni. E di flamme e di furia e di spavento Un cotal misto. Virgilio — E
e flero. I tuoni v’aggiungevano e i baleni. E di flamme e di furia e di spavento Un cotal misto. Virgilio — Eneide — Lib
a e di spavento Un cotal misto. Virgilio — Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. Presso i pagani, il Fulmine, era il con
ontrassegno della suprema autorità ed è appunto perciò che nel tempio di Diana in Efeso, Alessandro, il conquistatore, si
volendo così dimostrare che al suo potere nulla resisteva. Il fulmine di Giove veniva raffigurato in due modi, tanto dai p
ome un tizzone fiammeggiante alle due estremità ; sia come una specie di freccia puntuta da ambe le parti. Al dire di Paus
tà ; sia come una specie di freccia puntuta da ambe le parti. Al dire di Pausania, la principale divinità dell’ antica Sel
era il fulmine, che veniva onorato con un culto particolare. Al dire di Servio, fra tutte le divinità del paganesimo sola
olamente Giove, Minerva e Vulcano possedevano il terribile privilegio di scagliare i fulmini ; e solo Stazio, fra gli scri
o Stazio, fra gli scrittori dell’ antichità, asserisce che la Giunone di Argo aveva lo stesso potere. Presso i pagani i lu
ve. Plinio nella sua storia naturale, dice, che era per fino proibito di abbruciare il cadavere di un uomo colpito dal ful
a naturale, dice, che era per fino proibito di abbruciare il cadavere di un uomo colpito dal fulmine, ma che bisognava sep
osa, riferita da Plinio, non avesse dovuto restare in vigore ai tempi di Euripide, da poi che quest’ ultimo scrittore ne i
ittore ne istruisce, come essendo stato Capaneo atterrato da un colpo di fulmine lanciatogli da Giove per punirlo delle su
i alzando. Me tutt’ Argo acclamò sposa beata. Di quest’ inelito eroe, di Capaneo. Nel solenne imeneo ! Or io fuor di mia c
. Di quest’ inelito eroe, di Capaneo. Nel solenne imeneo ! Or io fuor di mia casa. Quasi baccante invasa Ratta qui corro,
on chi più a noi fu caro. Euripide — Le supplicanti — tragedia trad. di F. Bellotti. 2060. Famo. — Presso i pagani era
Bellotti. 2060. Famo. — Presso i pagani era assai in uso una specie di divinazione chiamata Capnomanzia, nella quale si
quelli coi quali ebbero dapprima relazione gli Ebrei, dettero il nome di Ur ad una città, perchè ivi si adorava il Fuoco.
posto suil’altare nel primo tempio che Zoroastro innalzò nella città di Xis nella Media ; ed era tanta la venerazione che
razione che quei popoli avevano per il fuoco, che non osavano neppure di guardarlo fissamente, e ritenevano per fermo che
rdarlo fissamente, e ritenevano per fermo che la sacra fiamma ardesse di per sè e senza alimento. Così fatta credenza, fig
Grecia, ove si credeva che nel tempio, che Minerva aveva nella città di Atene, ardesse continuamente il fuoco consacrato
alla dea, senza essere alimentato. Lo stesso si credeva per il tempio di Apollo in Delfo ; nonchè pel famoso tempio di Ves
i credeva per il tempio di Apollo in Delfo ; nonchè pel famoso tempio di Vesta in Roma. Non è quindi a maravigliare se nel
on avesse la sua gran parte, venendo per fino onorato con ogni specie di riguardo, quello che si preparava per consumare l
re d’Egitto, per nome Vulcano, quello che insegnò agli uomini il modo di servirsi del fuoco. Da ciò l’ allegoria del mito
egoria del mito simbolico, che fa Vulcano dio del fuoco. 2062. Fuochi di Castore e Polluce. — V. Castore e Polluce. 2063.
contro gli empi. Comunemente erano tre chiamate con nome particolare di Tesifone, Megèra ed Aletto. Questa è Megera dal
oni tutte, che si addicono perfettamente a queste terribili divinità, di cui la tradizione mitologica ci fa il più spavent
inione dei più accreditati scrittori e poeti antichi, sulla paternità di queste ministre dell’ ira dei numi, ciascuno asse
o Esiodo le Furie erano figliuole della Terra, e concepite dal sangue di Saturno ; sebbene in altre opere del citato scrit
e Dire Siam sotterra nomate. Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia trad. di F. Bellotti. Apollodoro asserisce esser nate le
che grondò dalla ferita che Saturno fece a Cielo, suo padre. Al dire di Sofocle esse furono generate dalla Terra e dall’E
rra E dell’ Erebo figlie : Sofocle — Edipo a Colono — Tragedia trad. di F. Bellotti. ed altri finalmente asseriscono es
Bellotti. ed altri finalmente asseriscono esser le Furie figliuole di Plutone, dio dell’ Inferno, e sorelle delle Parch
demmo, grande disparità negli scrittori antichi ; ma anche sul numero di queste ministre della giustizia eterna, dappoichè
a giustizia eterna, dappoichè Virgilio le porta ad un numere maggiore di tre unendo nella istessa idea collettiva tanto le
pie, delle quali ultime egli chiama quella nota sotto il nome proprio di Celeno, con l’ appellazione di Furiarum Maxima.
iama quella nota sotto il nome proprio di Celeno, con l’ appellazione di Furiarum Maxima. Io son furia suprema Che annunz
ove a Febo, E Febo a me predice, Virgilio — Eneide — Libro III trad. di A. Caro. Le furie venivano anche dette con altri
rdotesse della vendetta degl’ immortali. Il loro ministero era quello di punire i delitti e le colpe degli uomini, non sol
o coi rimorsi l’ anima degli empi, ai quali non lasciavano un istante di riposo, perseguitandoli continuamente con spavent
perseguitandoli continuamente con spaventevoli visioni, che facevano di sovente perdere il senno a quegli sciagurati, a c
che atroce delitto aveva richiamato sul capo la terribile espiazione, di cui le furie si facevano ministre. De sinistres
bire ai colpevoli ; così Stazio, nella Tebaide, ci descrive i rimorsi di Eteocle e Polinice, dei quali la furia Tesifone f
rami : ognun le gridi e prenda. Virgilio. — Eneide — Libro VII trad. di A. Caro. ecc. ecc. e finalmente è nota a tutti g
ebbe a soffrire Ifide per la Furia suscitatale contro dalla vendetta di Giunone ; come riferisce Ovidio, e finalmente il
a di Giunone ; come riferisce Ovidio, e finalmente il crudele strazio di Oreste il cui animo fu lacerato in mille modi dal
norate con un culto particolare, quasi a voler scongiurare, per mezzo di preghiere e di adorazioni, lo spaventevole potere
ulto particolare, quasi a voler scongiurare, per mezzo di preghiere e di adorazioni, lo spaventevole potere di cui erano a
urare, per mezzo di preghiere e di adorazioni, lo spaventevole potere di cui erano armate. In fatti secondo asserisce Euri
pagani avevano per le Furie, era cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle nè di alzar gli occhi sui templi ov’ess
per le Furie, era cosi grande che non osavano nemmeno di nominarle nè di alzar gli occhi sui templi ov’esse venivano vener
ro festa, e in quel giorno si sacrificavano alle Furie un buon numero di pecore pregne ; e venivano loro offerte corone e
numero di pecore pregne ; e venivano loro offerte corone e ghirlande di fiori, e specialmente di narcisi, credendosi che
; e venivano loro offerte corone e ghirlande di fiori, e specialmente di narcisi, credendosi che questo fosse il fiore più
dendosi che questo fosse il fiore più ad esse gradito. Nella contrada di Acaja, e propriamente nella città di Corina, vi e
ad esse gradito. Nella contrada di Acaja, e propriamente nella città di Corina, vi era un altro tempio famoso, dedicato a
l quale si conservavano, con grande venerazione, delle piccole statue di legno, che le rappresentavano. La tradizione mito
ssi entravano in quel temuto recinto, venivano assaliti da una specie di furore, che faceva loro perdere la ragione. Un a
ione. Un altro non meno famoso tempio si ebbero le furie nella città di Atene, e propriamente presso il tribunale noto so
città di Atene, e propriamente presso il tribunale noto sotto il nome di Areopago Quel tempio fu fatto costruire da Oreste
o Quel tempio fu fatto costruire da Oreste, quando le Furie cessarono di tormentarlo ; e fu in esso che il celebre oratore
e fu in esso che il celebre oratore Demostene, fu per un dato spazio di tempo ministro e sacerdote di queste implacabili
ratore Demostene, fu per un dato spazio di tempo ministro e sacerdote di queste implacabili divinità, secondo che egli ste
oloro che si presentavano al tribunale dell’ Areopago, dovevano prima di entrare in quello, giurare sull’ altare delle Fur
ogo stesso ove esse cominciarono la loro tremenda persecuzione contro di lui ; e l’ altro là dove gli si erano mostrate me
nità in tutto il loro spaventevole apparato, e fu tale l’ impressione di orrore prodotto negli spettatori, che la tradizio
one ripete che molte donne si sconciarono, e molti fanciulli morirono di paura. Esse venivano raffigurate sotto le sembian
iulli morirono di paura. Esse venivano raffigurate sotto le sembianze di tre donne con faccia tetra e spaventosa ; con ser
anze di tre donne con faccia tetra e spaventosa ; con serpenti invece di chiome ; vestite di abiti neri e insanguinati ; c
n faccia tetra e spaventosa ; con serpenti invece di chiome ; vestite di abiti neri e insanguinati ; con una torcia ardent
sanguinati ; con una torcia ardente in una mano ed uno staffile anche di serpenti nella altra e seguite dal Terrore, dalla
za dolor nè lagrime vantarsi. Eschilo — Le Eumenidi — Tragedia trad. di F. Bellotti. Generalmente venivano in tal modo e
llotti. Generalmente venivano in tal modo effigiate intorno al trono di Plutone, in atto di attendere ansiosamente i suoi
e venivano in tal modo effigiate intorno al trono di Plutone, in atto di attendere ansiosamente i suoi ordini, onde slanci
a Furinalia, che si celebrava il sesto giorno precedente alle calende di Settembre. Nel quattordicesimo rione di Roma sorg
iorno precedente alle calende di Settembre. Nel quattordicesimo rione di Roma sorgeva il tempio consacrato alla dea Furina
rova talvolta negli scrittori dell’ antichità dato il nome collettivo di Furine alle Furie. 2065. Furinale. — Nome partico
Furie. Veniva raffigurata orribilmente col volto ed il petto coperto di piaghe insanguinate ; con un elmo e con le mani l
tutto il corpo per tremito rabbioso. I pagani credevano che in tempo di guerra il Furore spezzasse le sue catene per vola
empo di guerra il Furore spezzasse le sue catene per volare sui campi di battaglia, ove si compiaceva tra la strage e la m
l Furore come figlio della Notte. G 2068. Gabalo. — Nella città di Emesa, nonchè in quella di Eliopoli, si adorava u
Notte. G 2068. Gabalo. — Nella città di Emesa, nonchè in quella di Eliopoli, si adorava una divinità cosi chiamata,
divinità cosi chiamata, la quale veniva rappresentata sotto la figura di un leone con la testa circondata di raggi. È opin
iva rappresentata sotto la figura di un leone con la testa circondata di raggi. È opinione di molti scrittori dell’antichi
to la figura di un leone con la testa circondata di raggi. È opinione di molti scrittori dell’antichità, che questa divini
a divinità sia la stessa che quella conosciuta sotto la denominazione di Elagabalo. 2069. Gabia. — Conosciuta più comuneme
di Elagabalo. 2069. Gabia. — Conosciuta più comunemente sotto il nome di Gabina. Si venerava con questo soprannome la dea
azio. Virgilio la chiama : Juno Gabina. 2070. Gaditano. — Nella città di Gades in Ispagna (oggi Cadice) si dava questo sop
olonne dette da Strabone portae Gaditanae. 2071. Galantide. — Schiava di Alcmena. La tradizione ricorda a proposito di lei
1. Galantide. — Schiava di Alcmena. La tradizione ricorda a proposito di lei, che essendo la sua padrona tormentata dai do
per gelosia contro Alcmena le ritardasse il parto, per farla partire di là, dopo essere rientrata presso la sua padrona,
evata dai suoi dolori. L’ incauta Galantide dette in un forte scoppio di riso e allora Giunone altamente sdegnata contro d
n un forte scoppio di riso e allora Giunone altamente sdegnata contro di lei, l’afferro pei capelli, la gettò al suolo e m
i lei, l’afferro pei capelli, la gettò al suolo e mentre ella cercava di liberarsi, la cangiò in quell’animale conosciuto
ava di liberarsi, la cangiò in quell’animale conosciuto sotto il nome di Donnola, condannandola a partorire per la gola. A
to il nome di Donnola, condannandola a partorire per la gola. Al dire di Eliano, i Tebani adoravano quell’animale, credend
asi sempre in bocca i suoi piccoli nati, e cangia quasi continuamente di posto. 2072. Galassauna. — Figliuola dell’ Oceano
continuamente di posto. 2072. Galassauna. — Figliuola dell’ Oceano e di Teti : fu una delle numerosissime ninfe Oceanidi.
amata Via lattea. Dice Ovidio che per questa via si andava al palazzo di Giove ; ed era anche per questa, che gli eroi ave
a corte real, superba e bella ; Ovidio — Metamorfosi — Lib. I. trad. di Dell’ Anguillara. La tradizione mitologica, dice
mitologica, dice, che la via lattea fosse stata formata dalle goccie di latte cadute dal seno di Giunone allorquando essa
via lattea fosse stata formata dalle goccie di latte cadute dal seno di Giunone allorquando essa, per consiglio di Minerv
e di latte cadute dal seno di Giunone allorquando essa, per consiglio di Minerva, nudrì del suo latte il piccolo Ercole, a
eniva offerto, che il latte cadde da quella in gran copia, macchiando di numerosi punti bianchi l’incontaminato azzurro de
inato azzurro del cielo. Una tradizione popolare, confondendo il nome di Galassia con quella di Galizia, dà alla via latte
. Una tradizione popolare, confondendo il nome di Galassia con quella di Galizia, dà alla via lattea il nome di strada di
il nome di Galassia con quella di Galizia, dà alla via lattea il nome di strada di S. Jacopo, e ciò perchè è costume quasi
Galassia con quella di Galizia, dà alla via lattea il nome di strada di S. Jacopo, e ciò perchè è costume quasi generale
il nome di strada di S. Jacopo, e ciò perchè è costume quasi generale di compiere una volta l’anno un pellegrinaggio di S.
costume quasi generale di compiere una volta l’anno un pellegrinaggio di S. Jacopo nella città di Galizia : da ciò la conf
compiere una volta l’anno un pellegrinaggio di S. Jacopo nella città di Galizia : da ciò la confusione che abitualmente s
Galizia : da ciò la confusione che abitualmente si fa, fra i due nomi di Galassia e di Galizia, i quali sono del tutto dif
iò la confusione che abitualmente si fa, fra i due nomi di Galassia e di Galizia, i quali sono del tutto differenti nella
prendessero la loro denominazione, dal costume che avevano i pagani, di cibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa m
l costume che avevano i pagani, di cibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa minestra di orzo cotta col latte, la qu
i pagani, di cibarsi nei giorni delle Galassie, di una certa minestra di orzo cotta col latte, la quale formava la princip
otta col latte, la quale formava la principale offerta nei sacrifizii di quelle cerimonie. 2075. Galatea. — La più bella f
a è Galatea. Prati — Nuove poesie Vol : II — pag. 105. Più candida di candido ligustro, O Galatea, de’ prati più florit
di candido ligustro, O Galatea, de’ prati più florita, Ed elevata più di nobil alno, Splendida più del vetro, d’ agnellett
alno, Splendida più del vetro, d’ agnelletto Morbida più, più liscia di conchiglia Da’ flutti travagliata senza posa : Gr
o, dolce più ch’ uva matura. Delle piume del cigno ancor più molle. E di rappreso latte ; e di fecondo Giardin più vaga.
atura. Delle piume del cigno ancor più molle. E di rappreso latte ; e di fecondo Giardin più vaga. Ovidio — Metamorf : Li
Libro XIII — Fav. VII. trad. dal Cav. Ermolao Federico. e fu figlia di Nereo e di Dori Ma quantunque padre A me sia Ner
 — Fav. VII. trad. dal Cav. Ermolao Federico. e fu figlia di Nereo e di Dori Ma quantunque padre A me sia Nereo, e la ce
III. trad. del Cav. Ermolao Federico. La tradizione mitologica narra di lei un lagrimevole fatto. Galatea amò passionatam
astore per nome Aci, dal quale fu controcambiata con tutta l’ ardenza di una vera passione. Ma la sciagura volle che Polif
iclope, avendo vista Galatea, restò perdutamente preso della bellezza di lei ; e dimentico d’ ogni altra cura, non più avi
della bellezza di lei ; e dimentico d’ ogni altra cura, non più avido di sangue e di stragi, seguì come un fanciullo le tr
za di lei ; e dimentico d’ ogni altra cura, non più avido di sangue e di stragi, seguì come un fanciullo le traccie della
cie della bella creatura, che lo innamorava, ricercando continuamente di lei. E avvenne un giorno, che assiso su d’ una ru
Aci e Galatea, l’ uno in braccio dell’ altra, perduti in un’ ebbrezza di voluttà senza nome, Mentre il Ciclopo rio scorre
r quel che udii, la nona sfera. Ovidio — Metamorf : Libro XIII trad. di dell’ Anguillara Polifemo si dette a cantare le
grossa nave, Comincia a far sonar quello stromento ; Che allato avea di perforata trave : La fistula dà fuor l’ usato acc
al dolce suon fa contrappunto. Ovidio — Metamorf : Libro XIII. trad. di Dell’ Anguillara Ma accortosi Polifemo della pr
Ma accortosi Polifemo della presenza del suo rivale e fatto conscio di quanto era avvenuto fra i due amanti, mentre egli
avvenuto fra i due amanti, mentre egli cantava, reso cieco per furore di gelosia, lanciò un enorme masso sul povero Aci, i
cciato sotto l’immane peso, mentre Galatea all’ orribile vista, pazza di dolore, si precipitò in mare, dove fu raccolta da
olao Federico La parola Galatea deriva dal greco γαλα che significa di latte, e si dava a questa Nereide a causa della s
elle cinquanta Nereidi. 2077. Galeote — La tradizione della favola fa di questa divinità, uno dei principali numeri degli
ove veniva adorato con un culto particolare e ritenuto come figliuolo di Apollo. 2078. Galeoti — Si dava codesto nome coll
to nome collettivo ad alcuni indovini Siciliani, i quali pretendevano di scendere dallo stesso figliuolo di Apollo, di che
ni Siciliani, i quali pretendevano di scendere dallo stesso figliuolo di Apollo, di che nell’articolo precedente. Al dire
i, i quali pretendevano di scendere dallo stesso figliuolo di Apollo, di che nell’articolo precedente. Al dire di Cicerone
stesso figliuolo di Apollo, di che nell’articolo precedente. Al dire di Cicerone, la madre di Dionigi, il famoso tiranno
pollo, di che nell’articolo precedente. Al dire di Cicerone, la madre di Dionigi, il famoso tiranno di Siracusa, quando er
ecedente. Al dire di Cicerone, la madre di Dionigi, il famoso tiranno di Siracusa, quando era incinta di questo bambino, c
a madre di Dionigi, il famoso tiranno di Siracusa, quando era incinta di questo bambino, consultò gl’indovini Galeoti per
ed essi le risposero che il fanciullo sarebbe stato l’uomo più felice di tutta la Grecia. 2079. Galintia — Una delle eroin
roine della Grecia, in cui veniva onorata con una festa, che dal nome di lei fu detta Galintiade. Fu figliuola di Proeto.
con una festa, che dal nome di lei fu detta Galintiade. Fu figliuola di Proeto. 2080. Galli — Riferiscono le cronache del
Galli — Riferiscono le cronache dell’antichità che cotesti sacerdoti di Cibele, traevano la loro denominazione da un fium
nominazione da un fiume nella Frigia, chiamato Gallo. Ma gli eunuchi di lei perchè chiamiamo Galli : mentre passar si spa
to Gallo, d’ insane acque spumoso. Ovidio — I fasti — Libro IV trad. di G. B. Bianchi. La istituzione di codesti sacerdo
Ovidio — I fasti — Libro IV trad. di G. B. Bianchi. La istituzione di codesti sacerdoti, ebbe da principio vita nella F
e perfino nell’ Africa. I primi sacerdoti Galli formavano una specie di tribù vagabonda e ciarlatana, la quale girovagava
avano una specie di tribù vagabonda e ciarlatana, la quale girovagava di contrada in contrada, sonando una specie di crota
tana, la quale girovagava di contrada in contrada, sonando una specie di crotalo, e raccogliendo le elemosine che essi chi
no I metalli percossi dai metalli, Ovidio — I Fasti — Libro IV trad. di G. B. Bianchi Generalmente i galli appartenevan
e rispondevano alle varie dimande che loro venivano fatte, servendosi di una specie di ritmo cadenzato e monotono, così si
alle varie dimande che loro venivano fatte, servendosi di una specie di ritmo cadenzato e monotono, così si diceva comune
i sacerdoti galli rendevano i loro oracoli in versi. Da ciò, al dire di Plutarco, ne venne il grande disprezzo in cui, ge
vendevano al popolo dei filtri e delle medele, che avevano il potere di turbare la pace delle famiglie. Il cronista Lucia
portavano il cadavere sulle spalle, e gettavano, la bara in un monte di pietre ; quindi si ritiravano, astenendosi durant
onte di pietre ; quindi si ritiravano, astenendosi durante il periodo di sette giorni dopo questa funebre cerimonia, dall’
rilegio il metter piedi in un sacro ricinto, prima che questo periodo di tempo fosse passato. Oltre a ciò, al dire del cit
re del citato scrittore, i sacerdoti galli, avevano una gran quantità di obblighi e di doveri, imposti loro dal culto dell
scrittore, i sacerdoti galli, avevano una gran quantità di obblighi e di doveri, imposti loro dal culto della loro fanatic
po morto. I loro sacrifizii non potevano essere d’ altre vittime, che di capre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro e
I loro sacrifizii non potevano essere d’ altre vittime, che di capre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro espressamen
ifizii non potevano essere d’ altre vittime, che di capre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro espressamente proibito
otevano essere d’ altre vittime, che di capre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro espressamente proibito di sacrific
apre, di pecore, di vacche e di tori. Era loro espressamente proibito di sacrificare dei maiali ; come pure di cibarsi del
Era loro espressamente proibito di sacrificare dei maiali ; come pure di cibarsi della carne di questi animali. Essi riten
proibito di sacrificare dei maiali ; come pure di cibarsi della carne di questi animali. Essi ritenevano come sacri i colo
bi ; e credevano fermamente che essi non potevano toccare nemmeno uno di questi volatili, riguardando come impuro e malede
nche inavvertentemente. I sacerdoti galli erano sottoposti al comando di uno fra essi, a cui davano il nome di Archigallo,
lli erano sottoposti al comando di uno fra essi, a cui davano il nome di Archigallo, ossia sommo sacerdote di Cibele. V. A
o fra essi, a cui davano il nome di Archigallo, ossia sommo sacerdote di Cibele. V. Archigallo. Galli si chiamavano similm
i lascia mai sorprendere dal sonno. Presso i pagani era comune l’ uso di sacrificare questo animale agli dei Lari o Penati
e questo animale agli dei Lari o Penati, alludendo all’ uso domestico di allevare i galli nelle case, di cui i Lari erano
Penati, alludendo all’ uso domestico di allevare i galli nelle case, di cui i Lari erano le divinità protettrici. Si dav
e case, di cui i Lari erano le divinità protettrici. Si dava il nome di Gallo al primo sacerdote di Cibele, il quale, sec
le divinità protettrici. Si dava il nome di Gallo al primo sacerdote di Cibele, il quale, secondo la tradizione, si fece
sua tenda, tutte le volte che la dea Venere, perdutamente innammorata di lui, abbandonava furtivamente il cielo, per inebb
ca favolosa, che un giorno Gallo si addormentò alla porta della tenda di Marte, e lasciò sorprendere Venere nelle braccia
sorprendere Venere nelle braccia dell’ amante suo, da Vulcano marito di lei. Sdegnato Marte della poca solerzia del suo c
questo nome a Giunone, come protettrice del talamo nuziale. Nel mese di Gennajo si celebravano in tutta la Grecia delle f
ese di Gennajo si celebravano in tutta la Grecia delle feste in onore di Giunone, Nuziale dette Gamelie, durante le quali
ritenendosi come più fortunato il connubio contratto in quel periodo di tempo. Da ciò il mese di Gennajo era detto, dagli
tunato il connubio contratto in quel periodo di tempo. Da ciò il mese di Gennajo era detto, dagli Ateniesi, Gamelione. 208
, Gamelione. 2083. Gamelie. — Feste celebrate dagli Ateniesi in onore di Giunone Gamelia V. l’ art. precedente. 2084. Game
ne Gamelia V. l’ art. precedente. 2084. Gamelio. — Uno dei soprannomi di Giove, che gli veniva dall’essere ritenuto come p
nti divinità, e che essi adoravano con un culto particolare. Le acque di quel fiume erano considerate dagl’ Indiani come s
ro ogni più segreta, e sconosciuta virtù. 2086. Ganimede. — Figliuolo di Tros, re di Troja, che si rese celebre per la sua
segreta, e sconosciuta virtù. 2086. Ganimede. — Figliuolo di Tros, re di Troja, che si rese celebre per la sua incomparabi
ra la cronaca mitologica, che Giove perdutamente preso dalla bellezza di questo giovanetto, si fosse cangiato in aquila e
oppiere al banchetto degli dei, e assegnandogli le funzioni che prima di lui aveva Ebe, dea della giovinezza. V. Ebe. Ars
aere con mentite penne Percuotendo, il figlinol d’ Ilio rapisce, Che di Giuno a dispetto, oggi pur anco Coppier di Giove
linol d’ Ilio rapisce, Che di Giuno a dispetto, oggi pur anco Coppier di Giove il nettare ministra. Ovidio — Metamorfosi 
mento storico che noi riporteremo per maggiore delucidazione. Tros re di Troja aveva un figlio chiamato Ganimede, o second
chiamato Ganimede, o secondo altri, Genimede, al quale dette incarico di recarsi in Lidia, onde offrire dei sacrifizi a Gi
bediente ai voleri paterni, partì accompagnato da un numeroso seguito di signori e di valletti. Senonchè Tanalo, re di Lid
oleri paterni, partì accompagnato da un numeroso seguito di signori e di valletti. Senonchè Tanalo, re di Lidia, prese per
da un numeroso seguito di signori e di valletti. Senonchè Tanalo, re di Lidia, prese per spie i Trojani e li fece tutti m
ono come vero un tal fatto, dicendo che Tanalo usasse come un diritto di rappresaglia verso i Trojani che accompagna ano i
ano il principe giovanetto e verso Ganimede stesso, per risarcimento di alcune vecchie ingiurie fattegli da Tros padre di
o, per risarcimento di alcune vecchie ingiurie fattegli da Tros padre di lui. Comunque sia, questo fatto dette principio a
Genimede era similmente il soprannome della dea Ebe, la quale al dire di Pausania, era adorata sotto questa denominazione
di Pausania, era adorata sotto questa denominazione nella cittadella di Fliasi, in un bosco di cipressi. 2087. Garamantid
ta sotto questa denominazione nella cittadella di Fliasi, in un bosco di cipressi. 2087. Garamantide. — Una delle ninfe Na
7. Garamantide. — Una delle ninfe Napee amata da Giove. Essa fu madre di diversi figli di cui i più famosi furono Pilunno
 Una delle ninfe Napee amata da Giove. Essa fu madre di diversi figli di cui i più famosi furono Pilunno e Giarba o Iarba,
da, dove Giove aveva un tempio ed un altare a lui consacrati. Al dire di Omero, fu sulla più alta estremità del Gargaro, c
stremità del Gargaro, che Giove andò a posarsi onde essere testimonio di una battaglia combattuta fra i greci e trojani, d
l dedecenne assedio della città Priamea. 2089. Gastromanzia. — Specie di divinazione collà quale si pretendeva conoscere l
le si pretendeva conoscere l’ avvenire, coll’accendere un gran numero di candele poste in alcuni vasi di vetro rotondi e p
venire, coll’accendere un gran numero di candele poste in alcuni vasi di vetro rotondi e pieni di acqua limpida. Dopo di a
gran numero di candele poste in alcuni vasi di vetro rotondi e pieni di acqua limpida. Dopo di aver invocato i demonii, s
poste in alcuni vasi di vetro rotondi e pieni di acqua limpida. Dopo di aver invocato i demonii, si prendeva una donna in
are attentamente la superficie dell’acqua. Si dava similmente il nome di Gastromanzia ad un’altra specie d’incantesimo, pr
del quale fecero una delle divinità del loro culto, adorandola assai di sovente sotto la sua forma naturale ; e talvolta
ovente sotto la sua forma naturale ; e talvolta anche sotto la figura di un uomo colla testa di gatto. Al dire di Erodoto,
ma naturale ; e talvolta anche sotto la figura di un uomo colla testa di gatto. Al dire di Erodoto, allorquando in una cas
lvolta anche sotto la figura di un uomo colla testa di gatto. Al dire di Erodoto, allorquando in una casa moriva un gatto
di gatto. Al dire di Erodoto, allorquando in una casa moriva un gatto di morte naturale, tutti i componenti la famiglia, a
aveva appartenuto quell’animale, si radevano le sopracciglia in segno di alta mestizia, e dopo avere imbalsamato Il cadave
i supplizi, colui che anche inavvedutamente avesse cagionato la morte di un gatto. 2091. Ge. — Uno dei più antichi cronist
glia d’Ipisto, e moglie del proprio fratello Urano, che la rese madre di molti figliuoli, di cui più rinomati furono Satur
lie del proprio fratello Urano, che la rese madre di molti figliuoli, di cui più rinomati furono Saturno, Atlante e Batilo
na delle prime quattro vestali istituite de Numa Pompilio, secondo re di Roma. 2093. Gelanore. — Ultimo discendente della
te della illustre prosapia degli Inachidi, il quale teneva il governo di Argo, allorquando Danao per sottrarsi alle persec
cortesia gli riuscì fatale ; imperocchè Danao, profittando slealmente di alcune turbolenze intestine, si pose alla testa d
ittando slealmente di alcune turbolenze intestine, si pose alla testa di un partito, detronizzò il suo benefattore, ponend
onchè dei cronisti dell’antichità, non si faccia particolare menzione di una vera ed unica denominazione delle tre Grazie 
più comunemente indicate le tre Grazie. 2095. Gelone. — Uno dei figli di Ercole e della ninfa Gelania. Secondo la tradizio
e fu lo stipite della nazione Scitica, che dal suo nome prese quella di Gelone, popoli che si resero celebri per la loro
interpretazione. Taluno asserisce che i Gemini siano i due figliuoli di Borea Leto e Anfione. Igino pretende che siano Gi
ende che siano Giasione e Trittolemo, favoriti della dea Cerere. Però di tutte queste differenti e discorde opinioni, quel
vano attribuite. 2098. Genetillidi. — Il solo autore antico che parli di questa divinità è il cronista Pausania, il quale
ta divinità è il cronista Pausania, il quale riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi era un certo numero di statue
e riferisce che nel tempio di Venere Colliade, vi era un certo numero di statue, che ne riproduceva l’immagine. Però lo st
e Genetillidi maggiori schiarimenti. 2099. Gentali. — Anche sul conto di questi altri numi del paganesimo, è discorde il p
nome collettivo degli dei che presiedevano alla generazione. Al dire di Festo, gli dei Geniali erano i quattro principali
ria, la Terra e l’Acqua. Altri pretendono che sotto la de nominazione di numi Geniali s’intendeva Priapo, Venere, la Fecon
la Fecondità e il Genio. Glio astrologi e gli indovini davano il nome di dei Geniali ai donici segni dello zodiaco. 2100.
stode. La credenza religiosa dei pagani ammetteva perfino l’esistenza di due genii uno buono e l’altro cattivo. Da questa
he ogni uomo nascendo avesse due Genii, il buono ed il cattivo. Assai di sovente i geni sono stati rappresentati sotto la
ivo. Assai di sovente i geni sono stati rappresentati sotto la figura di altrettanti giovanetti con le ali ; talvolta però
ò venivano anche rappresentati come uomini maturi con il mento ornato di folta barba ; e talvolta sono stati anche effigia
i folta barba ; e talvolta sono stati anche effigiati sotto la figura di un serpente o di altri animali. Il popolo romano
talvolta sono stati anche effigiati sotto la figura di un serpente o di altri animali. Il popolo romano raffigurava il su
Il popolo romano raffigurava il suo genio tutelare sotto le sembianze di un giovane bellissimo della persona rivestito d’u
e le anime dei defunti apparissero loro soventi volte sotto la figura di altrettante Geni, prendendo cura di quelli che ri
oro soventi volte sotto la figura di altrettante Geni, prendendo cura di quelli che rimanevano della loro famiglia ed eran
i secondi Dei Lari. Agli uni ed agli altri si dava il nome collettivo di dei Mani, alludendo sempre alla loro trasfigurazi
lla loro trasfigurazione nelle anime dei morti. Si dava anche il nome di Genio ai dei Lari, ai Lemuri, ai Penati ed ai Dem
si chiamava così quella dea, che presiedeva al parto. Era una specie di configurazione della Giunone Lucina. Il sacrifizi
he i romani offerivano a questa divinità, era un cane : a somiglianza di ciò che praticavano i greci in onore di Ecale, e
, era un cane : a somiglianza di ciò che praticavano i greci in onore di Ecale, e gli Argivi in onore della dea Illichia,
ese era presso i pagani consacrato al Dio Giano, perchè a somiglianza di questa divinità, che aveva due facce, una per l’a
che aveva due facce, una per l’avvenire l’altra pel passato ; il mese di Gennajo stando sul limitare del nuovo anno guarda
ra. Essi ritenevano che da quelle fenditure uscissero come dall’antro di Delfo, alcune profetiche esalazioni. Altravolta s
avolta si faceva la geomanzia, segnando sul terreno una gran quantità di linee e di cerchi ; e tal altra finalmente segnan
aceva la geomanzia, segnando sul terreno una gran quantità di linee e di cerchi ; e tal altra finalmente segnando a caso s
inalmente segnando a caso sulla terra o sulla carta una gran quantità di punti. Le figure che la combinazione dei diversi
binazioni si potesse predire l’avvenire. 2105. Gerania. — A proposito di questa città, che secondo la geografia antica, so
cia, narra la tradizione mitologica, che gli abitanti non avevano più di un cubo di altezza e che fossero discacciati dall
la tradizione mitologica, che gli abitanti non avevano più di un cubo di altezza e che fossero discacciati dalla loro patr
a e che fossero discacciati dalla loro patria da una immensa quantità di grù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città d
a immensa quantità di grù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città di Gerania era il punto di ritrovo di questi volatil
ù. Al dire dello scrittore Salmasio, la città di Gerania era il punto di ritrovo di questi volatili, allorquando movevano
dello scrittore Salmasio, la città di Gerania era il punto di ritrovo di questi volatili, allorquando movevano contro i Pi
tro i PigmeiV. Pigmei. 2106. Gerere. — Si chiamavano così nella città di Atene, quelle quattordici donne, che servivano la
uattordici donne, che servivano la regina dei sacrifizi, in occasione di qualche solenne funzione. 2107. Gerione. — Second
 — Secondo riferisce Esiodo, fu il più forte degli uomini e figliuolo di Calliroe e di Crisauro. La cronaca favolosa ne ha
erisce Esiodo, fu il più forte degli uomini e figliuolo di Calliroe e di Crisauro. La cronaca favolosa ne ha fatto un most
sue sette bocche. Ercole lo combrattè e lo vinse e portò gli armenti di lui ad EuristeoV. Ercole. Al dire dello storico S
storico Svetonio, ai tempi dell’imperatore Tiberio, v’era un oracolo di Gerione a cui l’imperatore andò a chiedere un res
acolo di Gerione a cui l’imperatore andò a chiedere un responso prima di partire per la spedizione nell’Illiria. Da ciò il
ciò il cronista Cluverio, conclude che dovea esservi anche un tempio di Gerione, perchè non v’era oracolo senza tempio. 2
, perchè non v’era oracolo senza tempio. 2108. Geris o Geride. — Nome di una divinità pagana, che al dire di qualche autor
pio. 2108. Geris o Geride. — Nome di una divinità pagana, che al dire di qualche autore, era la stessa che Cerere o la Ter
2109. Germani. — Antichissimi popoli della Germania, i quali al dire di Giulio Cesare nei suoi commentari, non avevano al
ui offrivano sacrifizi d’umane vittime. 2110. Geroestie. — Nell’isola di Eubea sorgeva un promontorio, detto di Geroeste,
2110. Geroestie. — Nell’isola di Eubea sorgeva un promontorio, detto di Geroeste, ove in onore di Nettuno, che vi aveva u
sola di Eubea sorgeva un promontorio, detto di Geroeste, ove in onore di Nettuno, che vi aveva un tempio famoso, venivano
o, venivano annualmente celebrate alcune feste, a cui si dava il nome di Geroestie. 2111. Gerontree. — A Gerontre, che era
nore del dio Marte, a cui dall’isola istessa si dava la denominazione di Gerontree. 2112. Ghianda. — Abbiamo dalle più ant
enicie che andarono a stabilirsi in Grecia, insegnarono agli abitanti di questa l’uso di cibarsi delle ghiande ; cosa dell
ono a stabilirsi in Grecia, insegnarono agli abitanti di questa l’uso di cibarsi delle ghiande ; cosa della quale quel pop
drir l’uomo, qui si deve intendere sotto la denominazione particolare di ghianda, l’uso di cibarsi d’altri frutti, rivesti
i deve intendere sotto la denominazione particolare di ghianda, l’uso di cibarsi d’altri frutti, rivestiti di un guscio pi
ne particolare di ghianda, l’uso di cibarsi d’altri frutti, rivestiti di un guscio più solido, come le noci, le castagne,
Sarebbe stato invero un ben strano attestato d’incivilimento quello, di far nudrire un intero popolo coll’istesso modo co
o, di far nudrire un intero popolo coll’istesso modo col quale presso di noi vengono nudriti i majali. 2113. Giacco. — Dal
er alludere alle alte grida, con che le baccanti celebravano le orgie di quel dio. Questa almeno è la opinione più general
ia materna. Perciò nei misteri Eleusini, celebrati in Grecia in onore di Cerere, questa dea veniva adorata insieme a Prose
a e a Giacco. 2114. Giacintee o Giacintie. — Feste celebrate in onore di Apollo nella Lacedemonia, e che avevano la durata
lebrate in onore di Apollo nella Lacedemonia, e che avevano la durata di tre giorni. Vicino al sepolcro del giovanetto Gia
orni. Vicino al sepolcro del giovanetto Giacinto si vedeva una statua di Apollo, innanzi alla quale si offerivano i sacrif
orito del dio Apollo V. L’articolo seguente. 2115. Giacinto. — Figlio di Oebalo re della città di Amicle, nella Laconia. S
’articolo seguente. 2115. Giacinto. — Figlio di Oebalo re della città di Amicle, nella Laconia. Suo padre l’aveva fatto ed
acinto, versato nelle scienze e nelle arti, fu ritenuto come favorito di Apollo e delle Muse. La tradizione mitologica rip
o di Apollo e delle Muse. La tradizione mitologica ripete a proposito di lui un fatto altrettanto doloroso per quanto poet
per ogni dove, e star sempre in sua compagnia. Un giorno stabilirono di giuocare insieme al disco, e spogliatisi si unser
che quasi si nascose fra le nubi. Nel momento che con tutta la forza di gravità ricadeva sulla terra, Giacinto trasportat
verlo nelle mani e colpito invece sulla fronte si ricopri all’istante di un pallore mortale. Apollo raccolse fra le sue br
a somiglianza d’un bel fiore, la sua pallida e nobile testa, sul seno di quel dio di cui era stato l’amico. Apollo pazzo d
a d’un bel fiore, la sua pallida e nobile testa, sul seno di quel dio di cui era stato l’amico. Apollo pazzo di dolore, e
le testa, sul seno di quel dio di cui era stato l’amico. Apollo pazzo di dolore, e rimproverando a se stesso la morte dell
a se stesso la morte dell’amato giovanetto, volle eternare la memoria di lui e lo cangiò in quel fiore che porta anche ogg
nto Il suolo erboso. Spunta un flor che vince Di splendore la porpora di Tiro. Che tien de’gigli non diversa forma : Se no
oi lamenti imprime : E doppio. ua Ai nel fior trovassi scritto, E fur di lutto quelle note emblema : Ovidio — Metamorf :
in pari tempo amato da Apollo e da Borea ; e che quest’ultimo vedendo di mal’occhio la preferenza che il giovane accordava
a a Febo, avesse per vendicarsi lasciato cadere il disco sulla fronte di Giacinto e gli avesse così cagionata la morte. 21
a morte. 2116. Giacra. — Secondo riferisce Esiodo, era questo il nome di una delle tante ninfe Nereidi. 2117. Gialemo. — I
esequie in particolare. Coll’andare del tempo si dette l’istesso nome di Gialemo alle canzoni che si cantavano ai funerali
he e del dio Marte. Fu uno degli eroi che più si distinse all’assedio di Troja, ove insieme ad Ascalafo comandava i Beozi
tinse all’assedio di Troja, ove insieme ad Ascalafo comandava i Beozi di Orcomeno. V. Astioche e Ascalafo. 2119. Giamid
l’altra dei Clitidi, alle quali era devoluto, per diritto ereditario, di servire alle funzioni degli Auguri. 2120. Giana. 
 — Un’altra delle ninfe Nereidi. 2123. Gianicolo. — Fra i setto colli di Roma, si chiamava così quello dedicato a Giano, p
edicato a Giano, perchè egli vi aveva la sua abituale dimora. Al dire di Ovidio, coll’andare degli anni s’innalzò un altar
degli anni s’innalzò un altare nell’istesso luogo ove sorgeva la casa di Giano. Era mia residenza il vicin colle. Che da
r volle. Io qui regnai finchè alla terra ignota Sendo la colpa ria. di numi, i quali Misti qua e là soffria, non restò v
qua e là soffria, non restò vota. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad. di Giovan Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome di
ti — Libro I. trad. di Giovan Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome di una ninfa Oceanide e di una Nereide. 2125. Giano
iovan Batista Bianghi 2124. Gianira. — Nome di una ninfa Oceanide e di una Nereide. 2125. Giano o Giane — Il più antico
dell’Italia ; era originario della Grecia e propriamente della città di Perebo, o secondo altre opinioni, di Atene. Un’an
recia e propriamente della città di Perebo, o secondo altre opinioni, di Atene. Un’antica tradizione narra, che Creusa, fi
re opinioni, di Atene. Un’antica tradizione narra, che Creusa, figlia di Eretteo re di Atene, avesse innamorato della sua
i Atene. Un’antica tradizione narra, che Creusa, figlia di Eretteo re di Atene, avesse innamorato della sua stupenda belle
ifeo, il quale però non potendo, dopo qualche tempo aver prole, pensò di consultare l’oracolo, onde essere indicato il mez
r prole, pensò di consultare l’oracolo, onde essere indicato il mezzo di averne. L’oracolo rispose, che avrebbe dovuto ado
dai suoi amori con Apollo, e lo adottò. Giano divenuto adulto, dotato di un animo intraprendente ed ardito, si pose alla t
ulto, dotato di un animo intraprendente ed ardito, si pose alla testa di un forte stuolo di suoi seguaci, corredò una flot
animo intraprendente ed ardito, si pose alla testa di un forte stuolo di suoi seguaci, corredò una flottiglia, approdò in
o cronologico frala edificazione della città Gianicola, e la cacciata di Saturno dal cielo per opera di Giove ; e ripete c
e della città Gianicola, e la cacciata di Saturno dal cielo per opera di Giove ; e ripete che Giano accogliesse amorevolme
per mostrarsi riconoscente della reale ospitanza, avesse dotato Giano di una rara prudenza, e lo avesse rivestito del dopp
Giano di una rara prudenza, e lo avesse rivestito del doppio donativo di ricordare il passato, e di saper l’avvenire. Ques
e lo avesse rivestito del doppio donativo di ricordare il passato, e di saper l’avvenire. Questa è un’altra congiuntura c
un’altra congiuntura che dà interpretazione alle due simboliche facce di Giano, dicendo che con una di esse guardava il pa
terpretazione alle due simboliche facce di Giano, dicendo che con una di esse guardava il passato, e con l’altra leggeva n
nell’avvenire. Numa Pompilio che fu il secondo e il più saggio dei re di Roma, fece innalzare un tempio a Saturno come dio
re un tempio a Saturno come dio della Pace, considerando che il regno di questo dio non era stato turbato da alcuna guerra
da alcuna guerra. Coll’andare degli anni questo tempio divenne quello di Giano, e fu tenuto aperto in tempo di guerra e ch
ni questo tempio divenne quello di Giano, e fu tenuto aperto in tempo di guerra e chiuso in pace. Al dire di Ovidio, Gian
ano, e fu tenuto aperto in tempo di guerra e chiuso in pace. Al dire di Ovidio, Giano era ritenuto anche dagli antichi co
come il Caos. La prisca età (che cosa antica io sono) Diemmi il nome di Caos : osserva un poco Di quanto antichi fatti io
anto antichi fatti io qui ragiono. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad. di Giambattista Blanchi. Gli venivano del paro att
ura Un picciol segno ancora, e quel ch’è avante E dietro a me, sembra di ugual natura. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad.
etro a me, sembra di ugual natura. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad. di G. B. Bianchi. Nelle cerimonie del culto di Gia
Fasti — Libro I. trad. di G. B. Bianchi. Nelle cerimonie del culto di Giano, gli si facevano dei sacrifizi, in cui gli
in cui gli veniva offerto del farro misto al sale, e del pane condito di mele. Moltiplici erano i nomi e i soprannomi di l
e, e del pane condito di mele. Moltiplici erano i nomi e i soprannomi di lui ; e si ritrova sovente nelle cronache dell’an
ritrova sovente nelle cronache dell’antichità, sotto la denominazione di Giunonio, Quirino, Palulejo o Palulcioe Clusivio
a il sacerdote onora : Rideresti a’miei nomi : che or mi è dato. Quel di Clusio da lui che il sacrifizio Compie, e talor P
e talor Patulcio io son chiamato. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad. di G. B. Bianchi. Al dire di Macrobio, i pagani in
amato. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad. di G. B. Bianchi. Al dire di Macrobio, i pagani invocavano il dio Giano in tut
rchè Giano essendo greco d’origine, e propriamente nativo della città di Perebo, fosse venuto a stabilirsi in Italia, ove
a il numero dei templi consacrati a Giano, sotto le due denominazioni di Giano Bifronte, e di Giano Quadrifronte, venendog
i consacrati a Giano, sotto le due denominazioni di Giano Bifronte, e di Giano Quadrifronte, venendogli attribuite due fac
tro. Questi templi ven’ivano detti col nome collettivo Giani e quelli di Giano Quadrifronte avevano una porta e tre finest
rati a Giano, indicanti ognuno un mese dell’anno ; ed ed ifificati al di là della porta Gianicola fuori le mura di Roma. 2
l’anno ; ed ed ifificati al di là della porta Gianicola fuori le mura di Roma. 2126. Giante. — Figliuola di Teleste e rino
ella porta Gianicola fuori le mura di Roma. 2126. Giante. — Figliuola di Teleste e rinomata per la sua bellezza. Un’antica
a X, trad. del Cav. ermolao federico. Giante era similmente il nome di una delle ninfe Nereidi. 2127. Gianuale. — Festa
il nome di una delle ninfe Nereidi. 2127. Gianuale. — Festa in onore di Giano, che i romani celebravano il primo dell’ann
llegria. Era loro costume offerire in quel giorno a Giano delle ceste di datteri, di fichi e di miele, ritenendo la dolcez
loro costume offerire in quel giorno a Giano delle ceste di datteri, di fichi e di miele, ritenendo la dolcezza di queste
me offerire in quel giorno a Giano delle ceste di datteri, di fichi e di miele, ritenendo la dolcezza di queste frutta, co
no delle ceste di datteri, di fichi e di miele, ritenendo la dolcezza di queste frutta, come simbolo della felicità, di cu
ritenendo la dolcezza di queste frutta, come simbolo della felicità, di cui avrebbero goduto in tutto il corso dell’anno.
o goduto in tutto il corso dell’anno. Gianuale era similmente il nome di una delle porte di Roma, la stessa alla quale si
l corso dell’anno. Gianuale era similmente il nome di una delle porte di Roma, la stessa alla quale si dava da principio l
e di Roma, la stessa alla quale si dava da principio la denominazione di Viminale, cangiata poscia in quella di Gianuale,
da principio la denominazione di Viminale, cangiata poscia in quella di Gianuale, in occazione di un preteso miracolo ope
ione di Viminale, cangiata poscia in quella di Gianuale, in occazione di un preteso miracolo operato dal dio Giano. Narra
ed Ovidio stesso, che allorquando i Sabini cinsero d’assedio le mura di Roma, avevano già attaccata la porta che è sotto
nemico. Immantinenti però la porta si apri ad un tratto per tre volte di seguito, senza che i ripetuti sforzi fatti dai ro
ripetuti sforzi fatti dai romani per rinchiuderla, andassero coronati di successo. E ciò, secondo riferisce Ovidio, avveni
ti di successo. E ciò, secondo riferisce Ovidio, avveniva per volontà di Giunone, la quale per gelosia contro i romani ave
bini da siffatto prodigio si precipitarono per penetrare nella città, di cui si sarebbero certamente impadroniti, se Giano
ll’istesso momento fatto scaturiré dal suo tempio, una larga sorgente di acqua bollente, che travolse nei suoi gorghi gl’i
improvviso ad innondar la terra. Ovidio — I Fasti — Libro I. trad. di G. B. Bianchi. Da ciò il senato decretava che l
di G. B. Bianchi. Da ciò il senato decretava che le portedel tempio di Giano fossero aperte in tempo di guerra, quasi a
ato decretava che le portedel tempio di Giano fossero aperte in tempo di guerra, quasi a lasciare libero il passo al dio p
n tempo di guerra, quasi a lasciare libero il passo al dio protettore di Roma, di venire novellamenle in soccorso della su
i guerra, quasi a lasciare libero il passo al dio protettore di Roma, di venire novellamenle in soccorso della sua città,
volte che ne avesse avuto bisogno. 2128. Giapeto. — Gigante figliuolo di Urano e fratello di Saturno. Fu uno dei Titani ch
avuto bisogno. 2128. Giapeto. — Gigante figliuolo di Urano e fratello di Saturno. Fu uno dei Titani che mossero guerra a G
o la scalata al cielo. Diodoro lo fa marito della ninfa Asia, e padre di un figliuolo per nome Vespero, o più comunemente
me capo della loro schiatta, e ritenevano non esservi cosa più antica di lui. Da ciò l’uso tradizionale, presso quel popol
cosa più antica di lui. Da ciò l’uso tradizionale, presso quel popolo di dare il nome collettivo di Giapeti ai vecchi decr
ciò l’uso tradizionale, presso quel popolo di dare il nome collettivo di Giapeti ai vecchi decrepiti. È opinione forse non
il Giapeto della mitologia pagana sia lo stesso che lafet, figliuolo di Noè. 2129. Giapi. — Figlio di laso. Ancor giovane
gana sia lo stesso che lafet, figliuolo di Noè. 2129. Giapi. — Figlio di laso. Ancor giovanetto, a somiglianza di Giacinto
i Noè. 2129. Giapi. — Figlio di laso. Ancor giovanetto, a somiglianza di Giacinto fu amato da Apollo, il quale gli offerse
le a dire il suo arco, le sue freccie ; la sua lira, e perfino l’arte di predir l’avvenire. Ma Giapi ricusò tutti gli altr
redir l’avvenire. Ma Giapi ricusò tutti gli altri splendidi donativi, di che l’amore di un dio lo faceva signore, e pregò
e. Ma Giapi ricusò tutti gli altri splendidi donativi, di che l’amore di un dio lo faceva signore, e pregò solo Apollo d’i
n dio lo faceva signore, e pregò solo Apollo d’insegnargli la maniera di guarire le malattie, per mezzo della conoscenza d
torre a morte Chi gli diè vita. Virgilio — Eneide — Libro XII. trad. di A.Caro. 2130. Giara. — Una delle isole Cicladi.
ra. — Una delle isole Cicladi. Narra un’antica tradizione che l’isola di Delo fosse stata lungo tempo fluttuante sulla sup
sse resa immobile fissandola, con due catene, una attaccata all’isola di Micona, e l’altra a quella di Giara. Ma fatta di
con due catene, una attaccata all’isola di Micona, e l’altra a quella di Giara. Ma fatta di Latona e de’suoi figli Ricett
attaccata all’isola di Micona, e l’altra a quella di Giara. Ma fatta di Latona e de’suoi figli Ricetto un tempo, dal piet
le tempeste e i venti a scherno. Virgilio — Eneide — Libro VI. trad. di A. Caro. 2131. Giarba. — Figliuola di Giove Amm
io — Eneide — Libro VI. trad. di A. Caro. 2131. Giarba. — Figliuola di Giove Ammone e di Garamantide una delle ninfe Nap
o VI. trad. di A. Caro. 2131. Giarba. — Figliuola di Giove Ammone e di Garamantide una delle ninfe Napee, fu re di Getul
gliuola di Giove Ammone e di Garamantide una delle ninfe Napee, fu re di Getulja. La tradizione narra che egli avesse fatt
innammoratosi della regina Didone allorquando essa costruiva la città di Cartagine, voleva ad ogni costo sposarla ; ma Did
ttà di Cartagine, voleva ad ogni costo sposarla ; ma Didone invaghita di Enea, respinse le offerte di Giarba, il quale dic
gni costo sposarla ; ma Didone invaghita di Enea, respinse le offerte di Giarba, il quale dichiarò la guerra ai cartagines
La morte però della sventurata regina, troncò d’un colpo le speranze di Giarba e pose fine alla guerra. Era d’Ammoue, E
o a’suoi regni Cento gran tempi e cento pingui altari Avea sacrati, e di continui fochi Mantenendo a gli Dei vigilie etern
e di continui fochi Mantenendo a gli Dei vigilie eterne. Di vittime, di fiori e di ghiriande Gli tenea sempre riveriti e
nui fochi Mantenendo a gli Dei vigilie eterne. Di vittime, di fiori e di ghiriande Gli tenea sempre riveriti e colti. Vir
i tenea sempre riveriti e colti. Virgilio — Eneide — Libro IV. trad. di A. Caro. 2132. Giardano. — Re della Lidia. È r
— Re della Lidia. È ricordato nella tradizione mitologica, come padre di quella giovanetta Jole, che fu così appassionatam
e meraviglie del mondo antico, andavano annoverati i giardini pensili di Babilonia, tanto famosi fra i greci — V. Meravigl
V. jonidi. 2135. Giasione. — La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e di Elettra, una delle ninfe Atlantidi. È
2135. Giasione. — La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Giove e di Elettra, una delle ninfe Atlantidi. È detto che G
cui ebbe un figliuolo per nome Coribante. Siccome Giasione perfeziono di molte l’agricoltura, di cui Cerere era la dea, co
r nome Coribante. Siccome Giasione perfeziono di molte l’agricoltura, di cui Cerere era la dea, così la tradizione favolos
ea, così la tradizione favolosa, narra che egli fosse divenuto amante di Cerere e che avendola voluta tentare nel pudore f
elle ricchezze ; volendo con ciò alludere all’agricoltura che è fonte di ricchezza per quelli che lavorano la terra. Dopo
la morte, Giasione fu posto nel numero degli dei non solo come figlio di Giove, ma anche per aver contratto nozze con due
anche per aver contratto nozze con due dee. 2136. Giaso. — Figliuolo di Epione e di Esculapio. Presiedeva alle malattie,
ver contratto nozze con due dee. 2136. Giaso. — Figliuolo di Epione e di Esculapio. Presiedeva alle malattie, come sua sor
come sua sorella Ifica alla buona salute. 2137. Giasone. — Fu figlio di Alcimeda e di Esone, re di Jolco. Narra la tradiz
lla Ifica alla buona salute. 2137. Giasone. — Fu figlio di Alcimeda e di Esone, re di Jolco. Narra la tradizione, che aven
a buona salute. 2137. Giasone. — Fu figlio di Alcimeda e di Esone, re di Jolco. Narra la tradizione, che avendo l’oracolo
olco. Narra la tradizione, che avendo l’oracolo predetto a Pelia, zio di Giasone ed usurpatore del trono, che sarebbe stat
perseguitò il piccolo Giasone fin dalla culla, cercando tutti i mezzi di farlo morire. Ma Esone, spinto dalla forza dell’a
re Alcimeda, la quale lo portò sul monte Pelio, el o affidò alle cure di Chirone, il più saggio uomo dei suoi tempi. Quest
il più saggio uomo dei suoi tempi. Questi prese cura dell’educazione di lui, e divenuto adulto gl’insegnò le scienze, e s
ulto gl’insegnò le scienze, e sopratutto la medicina, ciò che al dire di vari scrittori, valse algiovanetto principe il no
iò che al dire di vari scrittori, valse algiovanetto principe il nome di Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprim
ari scrittori, valse algiovanetto principe il nome di Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprima gli era stato imp
ori, valse algiovanetto principe il nome di Giasone, invece di quello di Diomede, che dapprima gli era stato imposto. Giun
i Diomede, che dapprima gli era stato imposto. Giunto Giasone all’età di venti anni, e sospinto dalla sua indole avventuro
, e sospinto dalla sua indole avventurosa ed ardita, e mal sofferendo di rimanere ancora nascosto nell’ombra e nel silenzi
spose che egli avesse dovuto rivestirsi, come il suo maestro Chirone, di una pelle di leopardo ; armarsi di due lance ; e
i avesse dovuto rivestirsi, come il suo maestro Chirone, di una pelle di leopardo ; armarsi di due lance ; e recar si in t
irsi, come il suo maestro Chirone, di una pelle di leopardo ; armarsi di due lance ; e recar si in tal modo a Jolco, onde
modo a Jolco, onde pretendere dall’usurprtore Pelia, la restituzione di quel diadema che era paterno ed esclusivo retaggi
lontà degli dei, e lo stesso giorno si mise in cammino per alla volta di Jolco. Strada facendo giunse in vicinanza del fiu
a a fare, senonchè una vecchia apparsagli improvvisamente, si offerse di tragittarlo all’altra sponda sulle proprie spalle
sponda, non avendo a lamentare altro accidente, se non che la perdita di una scarpa, caduta nel fiume mentr’egli lo traghe
spalle della canuta portatrice. Questa congiuntura però della perdita di un oggetto tanto insignificante, aveva, secondo r
n un piede ignudo e con l’altro calzato. Arrivato Giasone nella città di Jolco, attrasse dapprima tutti gli sguardi per la
va nei suoi atti, la disinvolta eleganza dei suoi movimenti, impressi di reale maestà. Forte di braccio, d’allo cor, di u
involta eleganza dei suoi movimenti, impressi di reale maestà. Forte di braccio, d’allo cor, di umani Dolci costumi, d’av
i movimenti, impressi di reale maestà. Forte di braccio, d’allo cor, di umani Dolci costumi, d’avvenente aspetto, In Colc
Scena III. tutto cio valse a conciliargli le simpatie degli abitanti di Jolco, ai quali era già in odio il ferreo giogo d
ne si avviò alla reggia e fattosi riconoscere da Pelia come figliuolo di Esone, dimandò lealmente allo zio, gli rendesse i
il popolo prendeva a favore del giovanetto, e sapendosi odiato, cercò di eludere le incalzanti dimande di lui, e gli propo
iovanetto, e sapendosi odiato, cercò di eludere le incalzanti dimande di lui, e gli propose, onde allontanarlo da Jolco, u
portarlo in Grecia. Esaltato Giasone dalle accorte parole ; inebriato di gloia all’idea della gloria di cui avrebbe ricope
asone dalle accorte parole ; inebriato di gloia all’idea della gloria di cui avrebbe ricoperto il proprio nome ; spinto da
a di cui avrebbe ricoperto il proprio nome ; spinto da quel desiderio di avventure onde sentiva fremersi in petto il core
n petto il core baldo e giovanile, condiscese facilmente alla volontà di Pelia, tanto più che questi gli promise formalmen
spedizione della Colchide, lo avrebbe pubblicamente assunto al trono di sua spettanza, e del quale gli avrebbe fatta pien
la gloria ; in cui lo splendido fantasma della rinomanza, fa battere di precipitosi palpiti un cuore, appena quadrilustro
ta la Grecia la nuova della prossima sua spedizione, ed ebbe la gioia di vedere che il fiore della nobiltà e della cittadi
l’eroe giovanetto attraverso il glorioso cammino che si riprometteva di percorrere. Giasone, compiuti i preparativi del v
iove, come stipite divino della sua stirpe, e a tutte quelle divinità di cui voleva guadagnarsi il favore come proteitrici
va guadagnarsi il favore come proteitrici della sua intrapresa. Voce di tuono dall’eterno empiro Fausta rispose ai caldi
ro Lucidissimi raggi folgoranti : pindaro — Odi Pitie — Ode IV trad. di G. borghi. Fu questa l’origine della famosa spe
gine della famosa spedizione conosciuta nelle cronache, sotto il nome di spedizione degli Argonauti, la quale ebbe per sco
sotto il nome di spedizione degli Argonauti, la quale ebbe per scopo di andar nella Colchide, onde rapire ad Aete, re di
quale ebbe per scopo di andar nella Colchide, onde rapire ad Aete, re di quella contrada, il montone dal Vello d’oro, che
e perfino gli dei avessero preso interesse alla perigliora intrapresa di Giasone ; e tanto che giunse felicemente al Porto
per seuno Li Colchi del monton privati fene Egli passò per l’isola di Lenno. Poi che le ardite femmine spietate Tutti l
gravida e soletta : Tal colpa à tal martirio lui condanna : Ed anche di Medea si fa vendetta. Dante — Inferno — Canto X
II. Minerva e Giunone stessa, sempre per proteggerlo, convennero fra di loro di fare che Medea, figlia di Aete, si fosse
erva e Giunone stessa, sempre per proteggerlo, convennero fra di loro di fare che Medea, figlia di Aete, si fosse innamora
pre per proteggerlo, convennero fra di loro di fare che Medea, figlia di Aete, si fosse innamorata di Giasone, ond’ella ch
ro fra di loro di fare che Medea, figlia di Aete, si fosse innamorata di Giasone, ond’ella che era già, sebbene giovanetta
o ancora che Medea, essendosi incontrata con Giasone presso il tempio di Ecate, la quale entrambi erano andali ad impiorar
, la quale entrambi erano andali ad impiorare, colpita dalla bellezza di Giasone, e attratta da un sentimento di irresisti
orare, colpita dalla bellezza di Giasone, e attratta da un sentimento di irresistibile simpatia, gli avesse promesso ogni
rode Aspra smania ; vien men, Vinta, la salma… Soffro ! Ei parla !… E di subito a torrenti Dentro mi scorre del gioir la p
 ! Ascolto ! Amo ! legouvé — Medea — tragedia Atto I Scena VI. Trad. di G. montanelli Giasone acconsentì facilmente al
iorno, prima aggiogare i due tori, i quali avevano i piedi e le corna di bronzo, e che erano un dono del dio Vulcano : qui
e che erano un dono del dio Vulcano : quindi attaccarli ad un aratro di diamante, e dissodare con esso quattro jugeri di
accarli ad un aratro di diamante, e dissodare con esso quattro jugeri di terreno di un campo consacrato a Marte, e non mai
un aratro di diamante, e dissodare con esso quattro jugeri di terreno di un campo consacrato a Marte, e non mai lavorato ;
i lavorato ; che quindi avesse dovuto in quei solchi seminare i denti di un drago, dai quali sarebbero nati altrettanti gu
tinuo alla difesa del prezioso deposito. Giasone sicuro dell’appoggio di Medea, e protetto per forza d’amore, dalle arti i
oggio di Medea, e protetto per forza d’amore, dalle arti incantatrici di lei, accettò le immani condizioni ; e il giorno d
radunarono tutti gli Argonauti da una parte, e il re con gran seguito di cortigiani e di sudditi dall’altra, nel campo con
gli Argonauti da una parte, e il re con gran seguito di cortigiani e di sudditi dall’altra, nel campo consacrato a Marte,
e di sudditi dall’altra, nel campo consacrato a Marte, fuori le porte di Colco, onde assistere alle differenti ed ardue pr
a prima lasciati i due terribili tori, la cui sola vista fece fremere di orrore gli spettatori, ma che non valse ad intimo
rore gli spettatori, ma che non valse ad intimorire l’eroico coraggio di Giasone, il quale si accostò ad essi, e dopo aver
i, li aggiogò, arò con essi il terreno, seminò in quei solchi i denti di un drago, e poscia lanciò nel mezzo di un numeros
seminò in quei solchi i denti di un drago, e poscia lanciò nel mezzo di un numeroso stuolo di guerrieri, che come per inc
i denti di un drago, e poscia lanciò nel mezzo di un numeroso stuolo di guerrieri, che come per incanto sursero da quelli
me per incanto sursero da quelli, una grossa pietra, onde essi ciechi di furore, vennero alle mani fra loro, e si distruss
che aveva dovuto affrontare onde riconquistarlo. Ma Pelia trovò mezzo di traccheggiare il giovane ancora per qualche tempo
iare il giovane ancora per qualche tempo, finchè Medea, mal soffrendo di vedere il marito fatto giuoco dell’astuto vegliar
to fatto giuoco dell’astuto vegliardo, persuase a questo d’aver mezzo di ringiovanirlo, e indusse le proprie figliuole del
lo avreb bero visto rinascere giovane e rigoglioso. Però l’uccisione di Pelia non valse a Giasone il possesso dell’ambito
ratale dall’eroe greco, fuggendo con lui, e col rapito tesoro, uccise di propria mano il fratello Absirto, e ne lasciò sul
a ancor palpitante, onde arrestare il padre, che accortosi della fuga di lei, la inseguiva. Sopra il moi carro i figli io
I Scena III. Giunti a Corinto, vissero in quella città per lo spazio di dieci anni, secondo le cronache dell’antichità :
ronache dell’antichità : nella più perfetta concordia, ma al compiere di questo periodo di tempo, Giasone ponendo in non c
hità : nella più perfetta concordia, ma al compiere di questo periodo di tempo, Giasone ponendo in non cale gl’immensi obb
do le promesse ed i giuramenti, la ripudiò per sposare Creusa, figlia di Creonte, re di Corinto, alla quale in effetti si
ed i giuramenti, la ripudiò per sposare Creusa, figlia di Creonte, re di Corinto, alla quale in effetti si unì senza tener
perocchè la rivale Creusa, il resuo padre, e per fino i due figliuoli di Medea che ella uccise di propria mano, furono le
, il resuo padre, e per fino i due figliuoli di Medea che ella uccise di propria mano, furono le ostie cruenti della terri
ise di propria mano, furono le ostie cruenti della terribile vendetta di lei ; la quale compiuta appena quell’opera di san
ella terribile vendetta di lei ; la quale compiuta appena quell’opera di sangue, montò, secondo la tradizione favolosa, in
i in mezzo allo scrosciare delle folgori. Giasone dopo la sparizione di Medea e la morte di Creonte re di Corinto, visse
sciare delle folgori. Giasone dopo la sparizione di Medea e la morte di Creonte re di Corinto, visse vita errante e vagab
olgori. Giasone dopo la sparizione di Medea e la morte di Creonte re di Corinto, visse vita errante e vagabonda. Al dire
rte di Creonte re di Corinto, visse vita errante e vagabonda. Al dire di Euripide, una predizione che Medea stessa gli ave
po, imperocchè riposando un giorno sulla spiaggia del mare, all’ombra di quella nave già tirata a secco, una grossa trave
la morte fu venerato come un dio, e gli furono innalzati gran numero di monumenti e di statue. 2138. Gehud o Jehud. — Cos
nerato come un dio, e gli furono innalzati gran numero di monumenti e di statue. 2138. Gehud o Jehud. — Così aveva nome, s
Jehud. — Così aveva nome, secondo il cronista Porfirio, un figliuolo di Saturno e della ninfa Anobret. Secondo il citato
e della ninfa Anobret. Secondo il citato scrittore, durante il regno di Saturno, questi ebbe da Anobret un figliuolo al q
di Saturno, questi ebbe da Anobret un figliuolo al quale pose il nome di Gehud, per essere unico. Avendo dovuto Saturno so
ire l’unico figliuolo cogli ornamenti reali, e poscia lo sacrificò su di un altare. Forse da questa tradizione dell’antich
ta tradizione dell’antichità mitologica, emerge il simbolo allegorico di Saturno, che divora i propri figliuoli. Notino i
no i nostri lettori quanta affinità esista fra l’allegoria mitologica di questo Gehud favoloso ; e la bibblica figura del
hud favoloso ; e la bibblica figura del patriarca Abramo che al cenno di Jehova si accinge ad offrire in olocausto, Isacco
o. 2139. Glera. — Una delle isole Vulcanie, note oggidì sotto il nome di Lipari, aveva codesto nome presso i pagani, i qua
a isola, Vulcano avesse una delle sue fucine. Giera era anche il nome di una delle Nereidi. 2140. Gierace. — Così aveva no
ere, sdegnato che egli avesse col suono del suo flauto rotto il sonno di Argo, al momento istesso che Mercurio si accingev
Io, che Argo aveva in custodia. Non potendo a causa della negligenza di Gierace liberare la ninfa, Mercurio uccise Argo,
me che si dava in Egitto a quei sacerdoti, i quali avevano l’incarico di nudrire gli sparvieri consacrati ad Apollo, ossia
ai ministri o sacerdoti del dio Mitrà, perchè essi avevano il costume di rivestirsi con abiti che figuravano quegli animal
ano il costume di rivestirsi con abiti che figuravano quegli animali, di cui portavano il nome. 2144. Gleroglifici. — Così
amati fino dai più remoti tempi dell’antichità quei segni o caratteri di cui particolarmente si servirono gli Egiziani ed
suonano scolpisco, perchè gli Egiziani quando cominciarono a servirsi di questo mezzo per comunicarsi le loro idee senza p
senza parlare, cominciarono, per disegnare e scolpire diverse figure di animali, di pietre, di piante, di strumenti, e pi
re, cominciarono, per disegnare e scolpire diverse figure di animali, di pietre, di piante, di strumenti, e più sovente an
arono, per disegnare e scolpire diverse figure di animali, di pietre, di piante, di strumenti, e più sovente ancora delle
disegnare e scolpire diverse figure di animali, di pietre, di piante, di strumenti, e più sovente ancora delle differenti
le differenti membra del corpo dell’uomo ; quanto per la moltiplicità di esse. Il senso configurato, e l’allegoria simboli
il sostrato principale della mitologia pagana aveva in questa specie di scrittura un largo campo di configurazioni e di f
a mitologia pagana aveva in questa specie di scrittura un largo campo di configurazioni e di forme esprimenti l’idea princ
veva in questa specie di scrittura un largo campo di configurazioni e di forme esprimenti l’idea principale a cui gli anti
ndere un’idea ; così per esempio, per allontanare la folla dalla casa di un ministro o di un pubblico funzionario, gli egi
osì per esempio, per allontanare la folla dalla casa di un ministro o di un pubblico funzionario, gli egiziani costumavano
di un ministro o di un pubblico funzionario, gli egiziani costumavano di disegnare sulla porta dell’abitazione di quello,
io, gli egiziani costumavano di disegnare sulla porta dell’abitazione di quello, varii Gieroglifici i quali formavano insi
one di quello, varii Gieroglifici i quali formavano insieme la figura di un vecchio che aveva un dito alla bocca e gli occ
, ma se ne servirono ancora per comporre dei discorsi interi. Al dire di Clemente Alessandrino, si vedeva sulla porta magg
eri. Al dire di Clemente Alessandrino, si vedeva sulla porta maggiore di un tempio, nella città di Diospoli in Egitto, una
lessandrino, si vedeva sulla porta maggiore di un tempio, nella città di Diospoli in Egitto, una specie di lapide i cui Gi
maggiore di un tempio, nella città di Diospoli in Egitto, una specie di lapide i cui Gieroglifici formavano un’intera fra
e. Essi Vano ad un ordine distinto fra i ministri del culto religioso di Atene, ed erano destinati particolarmente all’ins
e dell’antichità, che i Gierofanti avevano fra i loro obblighi quello di vivere nel celibato. Altri scrittori pretendono s
assare a seconde nozze ; e finalmente altri autori dicono che il nome di Gierofanzie si dava ad alcune sacerdotesse similm
. — Discorde è in generale l’opinione dei cronisti, sull’applicazione di questo nome presso gli egiziani. Taluni pretendon
roglifici sacri, e ne davano la spiegazione al popolo ; come facevano di tutta la dottrina della loro religione. Finalment
ltri, ed il cronista Suida fra questi ultimi, asseriscono che il nome di Gierogrammatei si dava agli indovini, che si serv
che erano tenuti in somma considerazione. 2148. Gieroscopia. — Sorta di divinazione che si faceva dal riflettere e ricord
mosa la vita. Esiodo li fa nascere dal sangue che grondò dalla ferita di Urano ; mentre Apollodoro, Ovidio ed altri ; ripe
I. Fav. IV. trad. del Cav. ERMOLAO FEDERICO. E qui cade in acconcio di far notare ai nostri lettori, che sehhene vi sian
iano molti autori i quali, nelle loro opere, danno il nome collettivo di Titaui ai Giganti ; non bisogna punto confondere
i Titaui ai Giganti ; non bisogna punto confondere questi con quelli, di cui noi ci occuperemo particolarmente, parlandone
piu propizia occasione a tenerne diffusamente parola. I Giganti erano di una forza straordinaria, e di una struttura mostr
ne diffusamente parola. I Giganti erano di una forza straordinaria, e di una struttura mostruosa, proporzionata alla loro
e teste al cielo. Concilio orrendo ; che ristretti insieme Erano qual di querce annose a Giove, Di cipressi coniferi a Dia
i boschi alteramente a l’aura. Vircilio — Eneide — Libro III. trad. di A. Caro. L’allegoria favolosa e le tradizioni de
allegoria favolosa e le tradizioni dell’antichità ripetono che ognuno di essi, aveva cento mani e spesso dei serpi invece
petono che ognuno di essi, aveva cento mani e spesso dei serpi invece di gambe. Essi a cui niuna umana potenza resisteva,
spinsero il loro orgoglio fino a far guerra agli dei ; e nell’intento di detronizzar Giove, lo assediarono fin nell’Olimpo
ti La Musogonia — Canto. e scagliarono contro agli dei enormi massi di pietre, dei quali, secondo la tradizione mitologi
o chi in questa e chi in quell’altra parte del globo, sotto la figura di animali diversi. …….. e che sotto mentite Forme
si nascose, il figlio Di semele in un capro, in una gatta La sorella di Febo, in una bianca Vacca Giunone, Venere in un p
i, e ricordando la minacciosa profezia dell’oracolo, persuase a Giove di chiamare Ercole, onde avesse combattuto al suo fi
ato nella disastrosa battaglia da Ercole, sconfisse i Giganti a colpi di fulmini, precipitandone porzione nel fondo del Ta
ne un pino, Onde i passi fermava. Virgilio — Eneide — Lib. III trad. di A. Caro. Porfirione, Eurito — V. Eurito — I due
Graziano ed altri, ed il terribile Tifeo che valse egli solo, al dire di Omero a portar più terrore fra gl’immortali, di q
se egli solo, al dire di Omero a portar più terrore fra gl’immortali, di quello che non facessero tutti i suoi formidabili
 Libro V Fav. IV trad. del Cav. Ermolao Federico E qui, a proposito di questa favolosa scalata, che i figli della Terra,
nei celesti recessi dell’Olimpo ; e la costruzione della famosa torre di Babelle, la quale può benissimo essere considerat
stolta dell’umana superbia, e la cui primitiva tradizione, tramandata di generazione in generazione, avrebbe potuto essere
ndata di generazione in generazione, avrebbe potuto essere la origine di questa favolosa guerra mossa dai Giganti a tutte
i della Terra, conosciuti nella storia della mitologia, sotto il nome di Giganti, le cronache della favola e gli scrittori
nti, le cronache della favola e gli scrittori ed i poeti più rinomati di essa, fanno continua menzione di uomini che si re
li scrittori ed i poeti più rinomati di essa, fanno continua menzione di uomini che si resero celebri per la loro gigantes
ni che si resero celebri per la loro gigantesca figura. Cosi, al dire di Virgilio, Turno re dei Rutoli, era di una colossa
igantesca figura. Cosi, al dire di Virgilio, Turno re dei Rutoli, era di una colossale sia tura. Turno infra’primi, di pe
rno re dei Rutoli, era di una colossale sia tura. Turno infra’primi, di persona e d’armi Riguardevole e fiero, e sopra tu
’l capo, in campo appresentossi. Virgilio — Eneide — Lib. VII trad. di A. Caro. Omero favellando degli eroi che assedia
ni, le cui atletiche forme, e la forza straordinaria, permetteva loro di lanciare delle pietre di tale grandezza, invano s
e, e la forza straordinaria, permetteva loro di lanciare delle pietre di tale grandezza, invano sarebbero state rimosse da
e di tale grandezza, invano sarebbero state rimosse da quattro uomini di ordinaria struttura. Al dire di Pausania, Filostr
bbero state rimosse da quattro uomini di ordinaria struttura. Al dire di Pausania, Filostrato il giovane ripeteva che Ajac
ausania, Filostrato il giovane ripeteva che Ajace aveva undici cubiti di altezza ; e che il gigante Ariade, il cui cadaver
inquantacinque ; e che finalmente fu rinvenuto un cadavere nell’isola di Lemnos, la cui testa era di tale grandezza che pe
mente fu rinvenuto un cadavere nell’isola di Lemnos, la cui testa era di tale grandezza che per riempirla di acqua bisognò
isola di Lemnos, la cui testa era di tale grandezza che per riempirla di acqua bisognò vuotarvi due intere zucche, secondo
i due intere zucche, secondo che gli antichi chiamavano questa misura di liquido, e che era la più grande da essi adoperat
i in una caverna in Dalmazia, alcuni cadaveri giganteschi, le costole di cui avevano non meno di ventotto braccia di lungh
azia, alcuni cadaveri giganteschi, le costole di cui avevano non meno di ventotto braccia di lunghezza ; e che presso ad A
i giganteschi, le costole di cui avevano non meno di ventotto braccia di lunghezza ; e che presso ad Atene fu rinvenuto un
rpo del gigante Macrofiride. Plinio asserisce, che essendo nell’isola di Creta crollata una montagna, fu trovato un cadave
ole romano Metello, un gigantesco cadavere che aveva trentasei cubiti di altezza. Narra Plutarco, che essendosi Sertorio,
rco, che essendosi Sertorio, Generale romano, impadronito della città di Tingi, fece aprire il sepolcro del gigante Anteo,
olcro del gigante Anteo, e avendone fatto misurare il corpo, lo trovò di sessanta cubiti. Il Boccaccio nella sua Genealogi
che in una caverna del monte Erice, in Sicilia, fu rinvenuto il corpo di un gigante seduto, il quale si appoggiava ad un b
igante seduto, il quale si appoggiava ad un bastone che era un albero di nave ; e che appena toccato si ridusse in polvere
tre denti, ed una porzione del cranio, che furono portati nella città di Erice, per ordinamento dei magistrati ; e che in
à di Erice, per ordinamento dei magistrati ; e che in quella porzione di cranio si contenevano varie staja di biada, della
trati ; e che in quella porzione di cranio si contenevano varie staja di biada, della misura di Sicilia. Secondo il cronis
porzione di cranio si contenevano varie staja di biada, della misura di Sicilia. Secondo il cronista Fazello, questo cada
della misura di Sicilia. Secondo il cronista Fazello, questo cadavere di cui parla il Boccaccio, era quello di un gigante
onista Fazello, questo cadavere di cui parla il Boccaccio, era quello di un gigante ucciso da Ercole, e che si chiamava ap
che si chiamava appunto Erice ; il cui corpo, che aveva venti cubiti di lunghezza, si ridusse in polvere appena toccato,
guenza che altra volta la terra sia stata in realtà abitata da uomini di gigantesca struttura. Noi però senza internarci i
ra. Noi però senza internarci in ragionamenti che ci allontanerebbero di troppo dalla nostra meta, diremo che tutto ciò ch
dalla nostra meta, diremo che tutto ciò che si racconta in generale, di questi avanzi mostruosi, di questi sepolcri scope
he tutto ciò che si racconta in generale, di questi avanzi mostruosi, di questi sepolcri scoperti, di questi cadaveri di s
in generale, di questi avanzi mostruosi, di questi sepolcri scoperti, di questi cadaveri di smisurata grandezza, potrebbe
sti avanzi mostruosi, di questi sepolcri scoperti, di questi cadaveri di smisurata grandezza, potrebbe benissimo non aver
dezza, potrebbe benissimo non aver il suo fondamento che su relazioni di artefici e di operai ; ovvero su racconti di trad
e benissimo non aver il suo fondamento che su relazioni di artefici e di operai ; ovvero su racconti di tradizioni piu o m
damento che su relazioni di artefici e di operai ; ovvero su racconti di tradizioni piu o meno fantastiche e favolose. 215
l’assalto a Giove, scalando le montagne — V. Briareo e Cotto. Al dire di Esiodo, e di altri molti scrittori dell’antichità
iove, scalando le montagne — V. Briareo e Cotto. Al dire di Esiodo, e di altri molti scrittori dell’antichità, essi avevan
sse, insieme a tutta la formidabile falange dei Giganti, essi al dire di vari scrittori e poeti rotolarono per nove giorni
i dice che essi altro non erano che tre impetuosi venti, e dà il nome di Gige al maggiore, dalla parola greca γογαιος che
un cupo antro, ove regnava perpetua la notte. Gige era anche il nome di un pastore del re di Lidia per nome Candaule, del
egnava perpetua la notte. Gige era anche il nome di un pastore del re di Lidia per nome Candaule, del quale la cronaca mit
iversi punti per continue ed abbondanti piogge. A Gige prese vaghezza di penetrare in una di quelle cupe voragini, di che
tinue ed abbondanti piogge. A Gige prese vaghezza di penetrare in una di quelle cupe voragini, di che era solcata la terra
e. A Gige prese vaghezza di penetrare in una di quelle cupe voragini, di che era solcata la terra, e posto ad esecuzione i
tenebroso cammino finnei visceri della terra, ove trovò il simulacro di un cavallo di bronzo, che aveva ai fianchi due ap
mino finnei visceri della terra, ove trovò il simulacro di un cavallo di bronzo, che aveva ai fianchi due aperture a guisa
ro di un cavallo di bronzo, che aveva ai fianchi due aperture a guisa di porte. Avendo aperta una di quelle, rinvenne chiu
che aveva ai fianchi due aperture a guisa di porte. Avendo aperta una di quelle, rinvenne chiuso nel corpo del cavallo lo
i quelle, rinvenne chiuso nel corpo del cavallo lo smisurato cadavere di un uomo, che aveva al dito un anello d’oro, che G
n anello d’oro, che Gige passò immediatamente alla propria mano, dopo di che fece ritorno presso i compagni. Appena ritorn
della mano, egli diveniva invisibile ; mentre quando la pietra era al di fuori, rimaneva nello stato normale. Non appena G
al letto della regina, colla quale concertatosi si liberò poco a poco di tutti coloro che potevano fare ostacolo ai suoi a
rone del regno. Le cronache dell’antichità aggiungono che l’uccisione di Candaule fu causa d’una sommossa nel popolo, già
tro contrario all’usurpatore. Però ad evitare l’imminente spargimento di sangue, fu convenuto di rimettersi per una decisi
tore. Però ad evitare l’imminente spargimento di sangue, fu convenuto di rimettersi per una decisione, a quanto avrebbe ri
di rimettersi per una decisione, a quanto avrebbe risposto l’oracolo di Delfo ; il quale fu favorevole a Gige, per il che
mente l’oracolo, onde chiedergli se ci fosse al mondo uomo più felice di lui, al che l’oracolo rispose che un certo Aglao
ono sconfitti dalle Amazzoni in una battaglia che combatterono contro di esse sulla riva del Termodonte. Rimaste vincitric
rmodonte. Rimaste vincitrici, le Amazzoni imposero ai vinti guerrieri di avere commercio con esse, a patto che i figliuoli
i non venivano celebrati da persone ignude ; ma semplicemente vestite di leggiere e corte tuniche ; e non fu che alla 32’
e alla 32’ Olimpiade, che un greco per nome Orcippo, introdusse l’uso di andare nudi. Nella celebrazione dei giuochi Ginni
i. Nella celebrazione dei giuochi Ginnici, si eseguivano varie specie di esercizii, di cui i principali erano la corsa, il
razione dei giuochi Ginnici, si eseguivano varie specie di esercizii, di cui i principali erano la corsa, il disco o piast
considerazione ; sopratutto se fatta a cavallo o sulle bighe, specie di piccoli carri che si guidavano in piedi. Per cont
ci il meno stimato. Questi differenti esercizi costituivano l’insieme di ciò che noi chiameremmo Ginnastica. E a notare ch
iulla, e γυμνος ignudo, i Lacedemoni davano questo nome ad una specie di ballo che alcuni giovanetti interamente nudi, bal
in ouore d’Apollo. Al dir del cronista Ateneo, era questa una specie di danza bacchica, durante la quale i danzatori cant
a bacchica, durante la quale i danzatori cantavano degl’inni in onore di quel dio. 2155. Ginnosofisti. — Presso gl’indiani
sti. — Presso gl’indiani veniva dato codesto nome ad una corporazione di filosofi, i quali facevano professione di rinunci
to nome ad una corporazione di filosofi, i quali facevano professione di rinunciare a tutti i beni del mondo, e darsi escl
he Lobate, re della Licia — V. Bellorofonte. 2157. Gioeasta. — Moglie di Lajo, re di Tebe. Per volere inevitabile del dest
e della Licia — V. Bellorofonte. 2157. Gioeasta. — Moglie di Lajo, re di Tebe. Per volere inevitabile del destino fu mogli
lie di Lajo, re di Tebe. Per volere inevitabile del destino fu moglie di Edipo, che era nell’istesso tempo suo figlio D’E
o, che era nell’istesso tempo suo figlio D’Edippo io moglie, e in un di Edippo madre, Inorridir di madre al nome io sogli
po suo figlio D’Edippo io moglie, e in un di Edippo madre, Inorridir di madre al nome io soglio ; Alfier — Polinice — Tr
o — V. Eteocle e Polinice — e due figlie, Antigone ed Ismene. Al dire di Sofocle, Giocasta appena scoperto il fatale miste
perazione. e la sua madre e moglie (Moglie e madre ad un tempo) uscì di vita A torto laccio appesa ; SOFOOLE — Antigone —
ì di vita A torto laccio appesa ; SOFOOLE — Antigone — Tragedia trad. di F. Bellotti. Secondo Euripide invece, ella più
e del destino sopravvive al suo dolore ; resta in Tebe, dopo l’esilio di Edipo ; cerca di pacificare le ire furibonde di E
ravvive al suo dolore ; resta in Tebe, dopo l’esilio di Edipo ; cerca di pacificare le ire furibonde di Eteocle e Polinice
n Tebe, dopo l’esilio di Edipo ; cerca di pacificare le ire furibonde di Eteocle e Polinice, dai quali ottiene una tregua 
uscita a pacificarli ; vedendoli cadere sotto i propri occhi, coperti di quel sangue che essi a vicenda facevano grondare
e essi a vicenda facevano grondare dai loro corpi ; ella, quasi pazza di dolore, svelse dal corpo di Eteocle la spada che
ondare dai loro corpi ; ella, quasi pazza di dolore, svelse dal corpo di Eteocle la spada che il fratello vi aveva confitt
po di Eteocle la spada che il fratello vi aveva confitta, e si uccise di propria mano, abbracciando in un ultimo amplesso
itta, e si uccise di propria mano, abbracciando in un ultimo amplesso di madre, quei corpi adorati nei quali durante la vi
antichi, fra cui Pausania ed Omero, i quali asseriscono che l’incesto di Giocasta, per essere stato incontanente scoperto
, personificata anche la Gioja, alla quale davano comunemente il nome di Lætizia ; e la raffiguravano sotto le sembianze d
te, con una corona nella mano destra, e con la sinistra appoggiata su di un’ancora. Gli antichi facevano una differenza fr
sembianze, anche gli oggetti inanimati, innalzandoli sovente al posto di una divinità, dette anche un’immagine palpabile a
inione. In tutto il corso della nostra opera noi ci siamo già avvalsi di numerosissime citazioni, le quali per esser tutte
moderni, debbono valerci come testimonianze irrecusabili della verità di quanto esponemmo. Così per esempio il cronista At
ad Antioco Epifane, ripete che si vedevano nel corteo un gran numero di statue, e fra queste una che rappresentava la Not
ai nostri lettori, che essendo in lingua greca la parola Giorno γμερο di genere femminile, cosi i pagani raffiguravano il
e sembianze d’una donna ; mentre il Crepuscolo, in greco ορδρος che è di genere maschile, veniva rappresentato come un gio
d’una donna, essendo la parola greca μιοημβρια che significa mezzodi di geuere femminile. Per la stessa ragione la Sera e
della sera va a precipitarsi nella Notte. Aveva nelle mani le redini di uno dei cavalli del carro di Diana, ossia la Luna
nella Notte. Aveva nelle mani le redini di uno dei cavalli del carro di Diana, ossia la Luna, per significare che all’ora
a distinzione ; ed i romani ed i greci non fecero che seguire le orme di quelli, attenendosi ad una consimile distinzione.
 ; additandoci in quello, come uno dei più infelici giorni, il quinto di ogni mese. Al dire del citato scrittore, nel 5.°
il quinto di ogni mese. Al dire del citato scrittore, nel 5.° giorno di ogni mese le Furie lasciavano l’inferno e passegg
giganti, che dettero la scalata al cielo. Non uno ordi la Luna ordin di giorni Favorevoli all’opre ; il quinto fuggi : Na
di giorni Favorevoli all’opre ; il quinto fuggi : Nacquero in questo di le Furie e l’Orco, La terra infausta partori Tife
ielo Congiurati fratelli ; VIRGILIO — Delle Georgiche — Libro I.trad. di Dionigi Strocchi. Al dire di Platone e di Esiodo
GILIO — Delle Georgiche — Libro I.trad. di Dionigi Strocchi. Al dire di Platone e di Esiodo, il quarto, il settimo, l’ott
Georgiche — Libro I.trad. di Dionigi Strocchi. Al dire di Platone e di Esiodo, il quarto, il settimo, l’ottavo, il nono,
iziosa credenza dei romani ebbe origine dal fatto seguente. Nell’anno di Roma 363, i tribuni militari, avendo notato che l
i Roma 363, i tribuni militari, avendo notato che la repubblica aveva di sovente a soffrire qualche danno, esposero questa
le sponde del fiume Allia, fatto un sacrifizio nel giorno dopo gl’Idi di luglio ; e che per la stessa ragione i Fabii furo
che per la stessa ragione i Fabii furono tutti uccisi nella battaglia di Cremera. Dietro questa risposta, il senato promul
glia di Cremera. Dietro questa risposta, il senato promulgò una legge di comune accordo col collegio dei Pontefici, ordina
ombattuta una battaglia nel giorno dopo gl’Idi, le None, e le Calende di ciascun mese. Oltre a questi giorni riconosciuti
one ; altri classici personaggi dell’ antichità, non uscivano nemmeno di casa nei giorni delle Caleude, altri in quelli de
rnali, il giorno che seguiva le Volcanali, il quarto prima delle None di Ottobre, le None di luglio propriamente dette Cap
seguiva le Volcanali, il quarto prima delle None di Ottobre, le None di luglio propriamente dette Caprotine, il quarto pr
ne di luglio propriamente dette Caprotine, il quarto prima delle None di agosto, a motivo della famosa rotta di Canne ; la
ne, il quarto prima delle None di agosto, a motivo della famosa rotta di Canne ; la sesta chiamata Lemuria nel mese di mag
tivo della famosa rotta di Canne ; la sesta chiamata Lemuria nel mese di maggio ; gl’Idi di marzo, per essere stato in que
otta di Canne ; la sesta chiamata Lemuria nel mese di maggio ; gl’Idi di marzo, per essere stato in quei giorni ucciso Giu
ro che volevano dissuaderlo dal combattere contro Tigrane, nelle None di ottobre, facendogli osservare, con superstizioso
ma in quegli stessi giorni, i Cimbri avevano fatto a pezzi l’esercito di Cepione : io, rispose Lucullo, attaccherò l’ inim
io, rispose Lucullo, attaccherò l’ inimico e farò in modo che le None di ottobre diventino fauste alla potenza di Roma. E
o e farò in modo che le None di ottobre diventino fauste alla potenza di Roma. E Giulio Cesare stesso non tralasciò di com
ino fauste alla potenza di Roma. E Giulio Cesare stesso non tralasciò di comandare che le milizie romane passassero in Afr
che gli Auguri avevano additati siccome infausti. E finalmente Dione di Siracusa, combattendo contro il tiranno Dionigi,
completa rotta, sebbene la battaglia si fosse combattuta in un giorno di ecclissi. 2161.Giove — Dio supremo della mitologi
tologia greca e romana, la quale lo riguardava come padrone e signore di tutte le cose, e creatore dell’universo. Tu beat
NTI — La Musogonia — Canto. La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Rea e di Saturno, aggiungendo che questi lo avreb
Musogonia — Canto. La tradizione mitologica lo fa figliuolo di Rea e di Saturno, aggiungendo che questi lo avrebbe divora
di Saturno, aggiungendo che questi lo avrebbe divorato, a somiglianza di tutti gli altri suoi figliuoli, se Rea, non avess
, una pietra ravvolta nelle fascie, che Suturno ingoiò, credendo così di distruggere il proprio figliuolo. Seguendo sempre
egli sarebbe detronizzato da uno dei suoi figli. Però Rea, addolorata di veder distrutti i suoi figli, non appena dati all
ata di veder distrutti i suoi figli, non appena dati alla luce, pensò di sottrarre alla morte il bambino che aveva in seno
alla morte il bambino che aveva in seno, e sentendo prossimo il tempo di darlo alla luce, si ritrasse nell’ isola di Creta
entendo prossimo il tempo di darlo alla luce, si ritrasse nell’ isola di Creta, ove in una caverna conosciuta sotto il nom
sse nell’ isola di Creta, ove in una caverna conosciuta sotto il nome di antro Ditteo, partorì Giove affidandolo alla cust
e del latte della capra Amaltea ; mentre i Cureti o Coribanti, armati di picche e di scudi e d’ogni altro clamoroso istrum
della capra Amaltea ; mentre i Cureti o Coribanti, armati di picche e di scudi e d’ogni altro clamoroso istrumento, faceva
facevano nell’ antro un assordante rumore, esegueudo così il comando di Rea, la quale avea loro imposto di soffocare coll
rumore, esegueudo così il comando di Rea, la quale avea loro imposto di soffocare colle loro grida i vagiti del neonato,
i vagiti del neonato, affinchè Saturno non avesse avuto mai sospetto di quella pietosa astuzia materna. Rea la scelse gi
a suo padre Saturno una bevanda, la quale ebbe la potenza miracolosa di fargli recere dapprima la pietra, e poi i diversi
fatto, sentendosi Giove forte dell’ appoggio dei suoi fratelli, pensò di detronizzare il padre, onde impadronirsi del regn
ati nel Tartaro ; egli tentò l’ impresa, e avendo ordinato ai Ciclopi di fabbricargli il fulmine, il tuono, ed il lampo, s
a, Han fatto re della superna corte. CALLIMACO — Inno a Giore — trad. di DIGNIGI STROCCHI. Restò così per alcun tempo pac
cun tempo pacifico signore del mondo ; finchè i Giganti non tentarono di dare la scalata al cielo (V. GIGANTI). Essendo pe
ato è il numero delle mogli e delle concubine, che resero Giove padre di un eguale sterminato numero di figli ; Non quand
elle concubine, che resero Giove padre di un eguale sterminato numero di figli ; Non quando per la sposa Issionea, Che Pi
i Perséo, Prestantissimo eroe, nè quando Europa Del divin Radamanto e di Minosse Padre mi fece. Nè le due di Tebe Beltà fa
ando Europa Del divin Radamanto e di Minosse Padre mi fece. Nè le due di Tebe Beltà famose Sémele ed Alcmena, D’Ercole que
de’mortali allegratore ; ………………………… OMERO — Iliade — Libro XIV. trad. di V. MONTI. i quali furono poi quasi tutti posti n
si tutti posti nel numero delle divinità pagane. Europa lo rese padre di Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Dana
nel numero delle divinità pagane. Europa lo rese padre di Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Danae di Perseo ; L
nità pagane. Europa lo rese padre di Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Danae di Perseo ; Leda di Castore e Poll
a lo rese padre di Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Danae di Perseo ; Leda di Castore e Polluce ; Elettra di D
i Radamanto e di Minosse ; Alemena di Ercole ; Danae di Perseo ; Leda di Castore e Polluce ; Elettra di Dardano ; Garamant
ena di Ercole ; Danae di Perseo ; Leda di Castore e Polluce ; Elettra di Dardano ; Garamantide di Giarba, Pilunno e Filo ;
Perseo ; Leda di Castore e Polluce ; Elettra di Dardano ; Garamantide di Giarba, Pilunno e Filo ; Maja di Mercurio ; Laton
e ; Elettra di Dardano ; Garamantide di Giarba, Pilunno e Filo ; Maja di Mercurio ; Latona di Apollo e Diana ; dalla propr
o ; Garamantide di Giarba, Pilunno e Filo ; Maja di Mercurio ; Latona di Apollo e Diana ; dalla propria moglie Giunone ebb
a ritenuto dai pagani come il padre degli dei e degli uomini, ricinto di una gloria immortale, e padrone assoluto di tutto
i e degli uomini, ricinto di una gloria immortale, e padrone assoluto di tutto, sebbene sottomesso anch’ egli alla legge i
so anch’ egli alla legge inevitabile del Destino V. DESTINO. Il culto di Giove e i misteri, le cerimonie ed i sacrifizii c
oi altari, ed i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono quello di Trofonio, di Dodona e di Lidia. Le vittime che or
i suoi oracoli ; fra i quali i più famosi furono quello di Trofonio, di Dodona e di Lidia. Le vittime che ordinariamente
oli ; fra i quali i più famosi furono quello di Trofonio, di Dodona e di Lidia. Le vittime che ordinariamente si sacrifica
ilmente venivano a lui offerte la farina ed il sale, mentre sulle are di questa onnipossente divinità, ove mai non venivan
vittime umane, bruciava del continuo l’ incenso più prezioso. Al dire di Pausania, il solo Licaone, fu quello che una volt
a Giove un fanciullo, ma l’esempio crudele non fu seguitato, e le are di Giove rimasero, sino alla caduta del paganesimo,
o, e le are di Giove rimasero, sino alla caduta del paganesimo, monde di umano sangue. Ovidio dice che Licaone svenasse su
aganesimo, monde di umano sangue. Ovidio dice che Licaone svenasse su di un altare di Giove, un prigioniero di guerra, in
nde di umano sangue. Ovidio dice che Licaone svenasse su di un altare di Giove, un prigioniero di guerra, in ringraziament
io dice che Licaone svenasse su di un altare di Giove, un prigioniero di guerra, in ringraziamento dell’ottenuta vittoria 
raziamento dell’ottenuta vittoria ; ma che questo sacrifizio, cruento di umano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso
a che questo sacrifizio, cruento di umano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso, e l’ odio di tutti i suoi contempor
uento di umano sangue, gli valse lo sdegno di Giove stesso, e l’ odio di tutti i suoi contemporanei. della Molossa Gente
Fra gli alberi, l’ulivo e la quercia erano sacri a Giove ; e al dire di Cicerone le dame romane onoravano questo dio, con
particolare. Generalmente Giove veniva raffigurato sotto le sembianze di un uomo, nella completa pienezza delle sue fisich
endente a metà del petto ; colle spalle larghe e quadrate ; seduto su di un trono, circondato di raggi in tutto lo splendo
 ; colle spalle larghe e quadrate ; seduto su di un trono, circondato di raggi in tutto lo splendore della sua divina maes
’un manto, alludeva ad esser la suprema divinità, nascosta agli occhi di questo basso mondo : il fulmine, ricordava il suo
le ali spiegate riposa a’ suoi piedi, era l’emblema della supremazia di Giove, su tutti gli esseri creati, siccome l’aqui
remazia su tutti i volatili. I singoli popoli non solo della Grecia e di Roma, ma di tutto il mondo conosciuto dagli antic
utti i volatili. I singoli popoli non solo della Grecia e di Roma, ma di tutto il mondo conosciuto dagli antichi, avevano
il mondo conosciuto dagli antichi, avevano delle particolari maniere di raffigurare Giove. Così i Lacedemoni lo raffigura
rte del mondo da essi abitata. Per contrario gli abitanti dell’ isola di Creta, rappresentavano Giove privo affatto di ore
li abitanti dell’ isola di Creta, rappresentavano Giove privo affatto di orecchie, volendo con simile configurazione ricor
cuno in particolare, ma accogliere benignamente i voti e le preghiere di tutti. A somiglianza del largo ed esteso numero d
A somiglianza del largo ed esteso numero delle mogli e dei figliuoli di Giove, è ugualmente altissima la cifra dei nomi e
hanno parlato, nelle loro opere, del Giove pagano assai diversamente di quello che han fatto i poeti. Infatti secondo le
puramente storico e filosofico, asseriscono che vi fossero stati più di un Giove. Secondo l’ opinione del cennato scritto
rcadia si riconoscevano due Giovi, l’uno figliuolo del Cielo, e padre di Minerva, dea della saggezza ; e l’altro figliuolo
inerva, dea della saggezza ; e l’altro figliuolo dell’ Etere, e padre di Bacco e di Proserpina. Lo stesso autore asserisce
della saggezza ; e l’altro figliuolo dell’ Etere, e padre di Bacco e di Proserpina. Lo stesso autore asserisce similmente
di Proserpina. Lo stesso autore asserisce similmente, che nell’isola di Creta si vedeva il sepolcro di un Giove, il quale
e asserisce similmente, che nell’isola di Creta si vedeva il sepolcro di un Giove, il quale aveva avuto per padre Saturno.
he si fosse fatto poi conoscere dagli Arcadi, ed avesse esercitato su di loro un potere quasi misterioso, e li avesse a po
uasi misterioso, e li avesse a poco a poco ammaestrati, spargendo fra di loro i benefici semi di una civiltà primitiva e c
esse a poco a poco ammaestrati, spargendo fra di loro i benefici semi di una civiltà primitiva e conducendoli a vivere sot
emi di una civiltà primitiva e conducendoli a vivere sotto una specie di civile ordinamento, e non una vita selvaggia, occ
l’Arcadia, risentendo i benefici effetti dell’incivilimento onorarono di un culto quasi divino l’uomo al quale essi andava
arono di un culto quasi divino l’uomo al quale essi andavano debitore di un tanto bene ; ed allora fu che per nascondere l
ebitore di un tanto bene ; ed allora fu che per nascondere la origine di lui, lo dissero figliuolo dell’Etere, ovvero del
presso i cronisti più accreditati, è generale l’opinione che il primo di tutti fosse il Giove Ammone della Libia, la cui o
ella creazione, e tanto che molti lo hanno confuso con Cam, figliuolo di Noè. Da questa prima configurazione del Giove pag
iata superstizione dei pagani, imperocchè noi vediamo che nella città di Argo, si venerava il Giove Api, ritenuto nipote d
rgo, si venerava il Giove Api, ritenuto nipote d’ Inaco ; nell’ isola di Creta, il Giove Asterio, che rapisce Europa ed è
nell’ isola di Creta, il Giove Asterio, che rapisce Europa ed è padre di Minosse e di Radamanto ; e poi il Giove Proeto, z
i Creta, il Giove Asterio, che rapisce Europa ed è padre di Minosse e di Radamanto ; e poi il Giove Proeto, zio di Danae,
opa ed è padre di Minosse e di Radamanto ; e poi il Giove Proeto, zio di Danae, il Giove Tantalo, rapitore di Ganimede, e
nto ; e poi il Giove Proeto, zio di Danae, il Giove Tantalo, rapitore di Ganimede, e finalmente il Giove padre di Ercole,
, il Giove Tantalo, rapitore di Ganimede, e finalmente il Giove padre di Ercole, il quale, secondo la cronologia mitologic
la cronologia mitologica visse circa ottant’anni prima dell’ assedio di Troja. Per quanto riguarda poi la divisione dell’
ti pretendono che una tal divisione, fosse quella che stabilirono fra di loro i figliuoli di Noè. Altri vogliono che essen
a tal divisione, fosse quella che stabilirono fra di loro i figliuoli di Noè. Altri vogliono che essendosi i Titani disper
ni del loro impero ; il quale non solo abbracciava la Tracia, l’isola di Creta, la Grecia, la Siria, e tutta l’Asia Minore
, altro non vuole raffigurare se non l’idea della suprema onnipotenza di Giove, il quale imperava sul cielo, sulla terra e
la terra e sull’inferno. E lo stesso autore, a proposito d’una statua di Giove, che si adorava nella città di Argo, in un
autore, a proposito d’una statua di Giove, che si adorava nella città di Argo, in un tempio consacrato a Minerva, riferisc
e gli ànno le teste degli uomini ; e che ciò dinotava il trino potere di Giove sul cielo, sulla terra e sull’inferno. Omer
dà a Giove il soprannome d’infernale e Tacito chiama Plutone col nome di Giove Dite. Secondo l’opinione di Cicerone, e di
le e Tacito chiama Plutone col nome di Giove Dite. Secondo l’opinione di Cicerone, e di molti altri scrittori e cronisti d
ama Plutone col nome di Giove Dite. Secondo l’opinione di Cicerone, e di molti altri scrittori e cronisti dell’antichità,
di molti altri scrittori e cronisti dell’antichità, la denominazione di Giove deriva da due parole latine juvans pater. 2
ovanetti dopo d’avere indossata una veste, alla quale si dava il nome di Pretesta. La dea Giuventa veniva onorata in un te
enta veniva onorata in un tempio che sorgeva nel Campidoglio. Al dire di Tacito, l’altare della Gioventù, sorgeva vicino a
. Al dire di Tacito, l’altare della Gioventù, sorgeva vicino a quello di Minerva e vi si osservava un quadro di Proserpina
ventù, sorgeva vicino a quello di Minerva e vi si osservava un quadro di Proserpina. Durante il periodo della seconda guer
un tempio alla Gioventù, e furono allora istituiti i giuochi in onore di questa dea, della continuazione dei quali non fa
ne alcuno scrittore dell’antichità. 2163. Giovio — Uno dei soprannomi di Ercole che a lui veniva per esser figlio di Giove
ovio — Uno dei soprannomi di Ercole che a lui veniva per esser figlio di Giove. 2164. Giromanzia — Specie di divinazione l
che a lui veniva per esser figlio di Giove. 2164. Giromanzia — Specie di divinazione la quale si eseguiva camminando intor
omanzia deriva dal greco ύρος che significa rotondo. 2165. Giuba — Re di Mauritania, il quale fu dai suoi sudditi venerato
auritania, il quale fu dai suoi sudditi venerato come un dio. Al dire di Minuzio Felice, il nome di Giuba si avvicina molt
suoi sudditi venerato come un dio. Al dire di Minuzio Felice, il nome di Giuba si avvicina molto a quello di Jehova, cioè 
l dire di Minuzio Felice, il nome di Giuba si avvicina molto a quello di Jehova, cioè : Dio. 2166. Giudici dell’Inferno — 
poneva che le anime dei morti, dovessero essere giudicate all’ uscire di questa vita, onde ricevere il premio o il castigo
, Eaco e Radamanto, giudici dell’Inferno, i quali sotto la presidenza di Minosse, dovevano giudicare tutte le anime dei mo
tio. PINDARO — Odi Ismiche — Ode VIII. trad. da G. BORGHI. Questo è di Radamanto il tristo regno, Là dov’egli ode, esami
to regno, Là dov’egli ode, esamina, condanna E discopre i peccati che di sopra Son da le genti o vanamente ascosi In vita,
, o non purgati anzi a la morte : VIRGILIO — Eneide — Libro VI. trad. di A. CARO. Radamanto ebbe il giudizio degli Asiati
quello degli Europei ; e Minosse la supremazia inappellabile in caso di oscurità. Stavvi Minos orribilmente, e ringhia :
nzogna uè la calunnia. Secondo riferisce lo scrittore Diodoro, l’idea di questo giudizio dopo la morte, era stata dagli Eg
la morte, era stata dagli Egiziani trasmessa ai Greci. 2167. Giudizio di Paride — V. PARIDE. 2168. Giuga — Dalla parola la
la divinità tutelare. Secondo riferisce lo scrittore Ausonio, il mese di giugno veniva raffigurato sotto le sembianze d’un
i, veniva suddiviso in tre collegi distinti, conoscinti sotto il nome di Collegio dei sacerdoti Fabii, dei Quintilliani e
dei Giuliani. 2172. Giulio — Conosciuto più comunemente sotto il nome di Ascanio, fu figliuolo del famoso Enea. Secondo Vi
questa risoluzione, che fu poi cagione della loro salvezza, per mezzo di un prodigio. ……e la materna scorta Seguendo, da’
essava il foco, e fuggian l’armi. VIRGILIO — Eneide — Libro II. trad. di A. CARO. 2173. Giuna — Conosciuta anche sotto l’
rad. di A. CARO. 2173. Giuna — Conosciuta anche sotto l’appellazione di Giuna Torquata. Così, al dire di Tacito, avea nom
onosciuta anche sotto l’appellazione di Giuna Torquata. Così, al dire di Tacito, avea nome una delle prime Vestali, la qua
orte, gli onori divini. Il cennato scrittore racconta che il fratello di lei, Cajo Silvano, proconsole in Asia, accusato d
ta che il fratello di lei, Cajo Silvano, proconsole in Asia, accusato di malversazione, e tratto innanzi ai giudici, fu ri
ana. Infatti le cronache dell’antichità, ce la presentano come figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove, e co
le cronache dell’antichità, ce la presentano come figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove, e come regina del
à, ce la presentano come figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove, e come regina delle dec. Ch’io pur son nu
perchè moglie Son del re degli Dei. OMERO — Iliade — Libro IV. trad. di V. MONTI. Gli abitanti di Samo, e quelli di Argo
egli Dei. OMERO — Iliade — Libro IV. trad. di V. MONTI. Gli abitanti di Samo, e quelli di Argo, erano del continuo in dis
Iliade — Libro IV. trad. di V. MONTI. Gli abitanti di Samo, e quelli di Argo, erano del continuo in dissenzione fra di lo
anti di Samo, e quelli di Argo, erano del continuo in dissenzione fra di loro, perchè si disputavano l’onore della nascita
dissenzione fra di loro, perchè si disputavano l’onore della nascita di Giunone, ognuno pretendendo che la dea fosse nata
o pretendendo che la dea fosse nata nella rispettiva patria. Al dire di Omero, Giunone fu allevata dall’Oceano e da Teti,
présami da Rea, Quando sotto la terra e le profonde Voragini del mar di Giove il tuono Precipitò Saturno, mi nudriro Ne’l
m’educàr con molta Cura ed affetto. OMERO — Iliade — Libro XIV. trad. di V. MONTI. Altri scrittori pretendono che la cura
la sua educazione venisse affidata alle Ore ; e finalmente altri sono di opinione che Giunone fosse stata allevata dalle t
ata dalle tre figliuole del fiume Asterione, conosciute sotto il nome di Porsinna, Eubea ed Acrea. La tradizione mitologic
a ed Acrea. La tradizione mitologica racconta che Giove, innamoratosi di sua sorella Giunone, l’avesse ingannata trasforma
l dire del citato scrittore, si vedeva ancora ai suoi tempi un altare di cui prendean cura i sacerdoti di quel paese. Le c
edeva ancora ai suoi tempi un altare di cui prendean cura i sacerdoti di quel paese. Le cronache mitologiche aggiungono, a
i uomini, ma persino tutti gli animali. Solo la ninfa Chelonea ricusò di tenere l’invito, e fu per questo cangiata in tart
HELONEA. Giove e Giunone non vissero lungo tempo in buon’ armonia fra di loro ; a causa della insopportabile gelosia di le
o in buon’ armonia fra di loro ; a causa della insopportabile gelosia di lei ; di cui fan fede tutti i cronisti più accred
’ armonia fra di loro ; a causa della insopportabile gelosia di lei ; di cui fan fede tutti i cronisti più accreditati del
ccreditati dell’antichità, i quali riferiscono a centinaja gli esempi di avvaloramento a quanto asseriamo. Infatti, Giunon
mmenso voto Tu pendola ondeggiavi,…. OMERO — Iliade — Libro XV. trad. di V. MONTI. Vulcano, che tentò liberarla, fu da Gi
del terribile Centimano V. Briareo — valse ad arrestare i rei disegni di Giunone, e dei suoi aderenti. Giunone perseguitò
dei suoi aderenti. Giunone perseguitò senza tregua non solo le amanti di Giove, ma i figli che egli ebbe, tanto da altre d
so i pagani era generale credenza, che Giunone odiasse tutte le donne di facili costumi, e questa credenza fu maggiormente
orquando il loro re Numa Pompilio, proibi a tutte le donne pubbliche, di entrare nei templi consacrati a Giunone. In Greci
sacrati a Giunone. In Grecia stessa, e propriamente vicino alla città di Argo, vi era una fonte chiamata Canatosa, e secon
andasse a bagnarvisi una volta l’anno. Si credeva anche che le acque di quella fonte avessero la strana prerogativa, di r
va anche che le acque di quella fonte avessero la strana prerogativa, di ritoruare la verginità alle donne che l’avevano p
pagana ; altrettanto differenti sono le notizie trasmesseci da molti di essi riguardo ai diversi figliuoli di questa dea.
le notizie trasmesseci da molti di essi riguardo ai diversi figliuoli di questa dea. Infatti Esiodo asserisce aver Giunone
Tifone. Fra gli scrittori che aggiungono questi ultimi due, ai figli di Giunone, ve ne sono molti i quali allegorizzano c
o molti i quali allegorizzano con simbolica configurazione la nascita di questi figliuoli. Infatti, troviamo nelle cronach
igliuoli. Infatti, troviamo nelle cronache, che Giunone divenne madre di Tifone, facendo uscire dalla terra una specie di
iunone divenne madre di Tifone, facendo uscire dalla terra una specie di miasmo che ella ricevette nel seno ; che dette la
d’oro su cui la Discordia avea scritto : Alla più bella — V. Giudizio di Paride — Nè a ciò solo si limitavano i poteri e l
io di Paride — Nè a ciò solo si limitavano i poteri e le attribuzioni di Giunone ; ma essa nel culto pagano era ritenuta a
— Aveva ancora la speciale presidenza degli abbigliamenti muliebri, e di tutti gli ornamenti, e presiedeva anche alla mone
anche alla moneta per modo che veniva sovente chiamata col soprannome di Juno Moneta. Il culto di Giunone era uno dei più
o che veniva sovente chiamata col soprannome di Juno Moneta. Il culto di Giunone era uno dei più estesi e solenni di tutto
di Juno Moneta. Il culto di Giunone era uno dei più estesi e solenni di tutto il paganesimo, sparso e riconosciuto in tut
che i pagani non trascuravano nulla onde placare il terribile sdegno di lei, quante volte aveano la sventura di aver fatt
e placare il terribile sdegno di lei, quante volte aveano la sventura di aver fatto cosa che menomamente offendesse la sua
n Europa soltanto, ma il suo culto era penetrato in Asia, nell’impero di Cartagine, in Egittò e nella Siria. In Italia ed
li, oratori, are ed oracoli a lei dedicati, e soprattutto nella città di Argo, di Samo e di Cartagine. Ci cade in acconcio
ri, are ed oracoli a lei dedicati, e soprattutto nella città di Argo, di Samo e di Cartagine. Ci cade in acconcio di far q
oracoli a lei dedicati, e soprattutto nella città di Argo, di Samo e di Cartagine. Ci cade in acconcio di far qui notare
utto nella città di Argo, di Samo e di Cartagine. Ci cade in acconcio di far qui notare ai nostri lettori, che presso i pa
ette all’arte greca e latina un così splendido sviluppo, come avvenne di poi, che le differenti statue delle deità pagane,
, che le differenti statue delle deità pagane, raggiunsero quel grado di perfezione, che anche oggidì si ammira, come una
e ; con uno scettro in una mano, e con una corona sul capo, irradiata di raggi. Ai suoi piedi riposava comunemente un pavo
è questa la ragione per la quale si vedono auche oggidi, molte statue di quella dea, con uno di questi volatili a fianco.
la quale si vedono auche oggidi, molte statue di quella dea, con uno di questi volatili a fianco. I greci e i romani, off
ui suoi altari una scrofa bianca. Si badava però con ogni accuratezza di non svenar mai sugli altari di lei, una vacca ; p
a. Si badava però con ogni accuratezza di non svenar mai sugli altari di lei, una vacca ; perchè la tradizione mitologica
o, sotto la sembianza d’una vacca. Secondo riferisce Varrone, il nome di Giunone deriva dalla parola latina juvare, a simi
a dalla parola latina juvare, a simiglianza della etimologia del nome di Giove, che deriva da juvans pater. V. Giove. Fina
la dea Giunone, aggiungeremo che i pagani le davano una gran quantità di appellativi e soprannomi ; alcuni dai nomi dei lu
ri moltissimi da qualche suo attributo. I più comuni fra i soprannomi di Giunone erano : Aerea, Argolia detta anche Argiva
na loro Giunone particolare e tutti gli uomini un genio. Della verità di quanto asseriamo, fanno fede le molte iscrizioni
ruderi dei monumenti rispettati dal tempo, sia nei papiri. Infatti su di una pietra d’un monumento che si vuole sia quello
d’un monumento che si vuole sia quello della vestale Giunia Torquata, di cui parlammo all’articolo particolare, si leggono
n greco queste parole che noi traduciamo alla lettera : Alla Giunone di Giunia Torquata celeste protettrice . Presso i gr
lia il culto delle dea Giunone e perciò lo designavano col soprannome di Giunonio. 2176. Giuoehi — Il culto religioso dei
ani sopratutto fra i greci ed i romani aveva reso sacri questa specie di pubblici spettacoli, i quali eran sempre dedicati
re dedicati a qualche dio in particolare e talvolta anche a più d’uno di essi insieme. Vi sono anzi varì cronisti dell’ant
tutti i pubblici giuochi fossero solennizzati con gran pompa in onore di qualche nume ; che non si poteva dar principio a
rova abbastanza chiaramente che la politica aveva, nella celebrazione di questi pubblici divertimenti, la sua gran parte ;
enti, la sua gran parte ; imperocchè la gioventù acquistava per mezzo di questi esercizi, amore alle cose militari e marzi
li. Comunemente i giuochi agonali venivano celebrati nello anfiteatro di Marte, e si facevano in onore di questo dio e tal
venivano celebrati nello anfiteatro di Marte, e si facevano in onore di questo dio e talvolta anche di Diana. Finalmente
eatro di Marte, e si facevano in onore di questo dio e talvolta anche di Diana. Finalmente gli spettacoli ai quali si dava
. Finalmente gli spettacoli ai quali si dava più propriamente il nome di giuochi scenici, consistevano nella rappresentazi
mente il nome di giuochi scenici, consistevano nella rappresentazione di alcune satire, commedie e tragedie, che si ese gu
commedie e tragedie, che si ese guivano nel teatro pubblico, in onore di Apollo, di Bacco e di Venere. Oltre a queste tre
tragedie, che si ese guivano nel teatro pubblico, in onore di Apollo, di Bacco e di Venere. Oltre a queste tre specie di p
he si ese guivano nel teatro pubblico, in onore di Apollo, di Bacco e di Venere. Oltre a queste tre specie di pubblici spe
, in onore di Apollo, di Bacco e di Venere. Oltre a queste tre specie di pubblici spettacoli ve ne erano molti altri in us
so dell’anno, alla quale i romani e sopratutto i greci davano il nome di Olimpiade. Oltre a questi principali pubblici spe
rii, i Pirrici e i Megalesi, e poi gli Equestri, i Florali, i giuochi di Cerere detti anche Cereali, V. Cereali, i Giovena
, celebrati con grandissima pompa e solennità, e con tutto l’apparato di una importantissima cerimonia religiosa, in onore
tutto l’apparato di una importantissima cerimonia religiosa, in onore di qualche illustre defunto. Così Virgilio ci ripete
escrizione dei solenni giuochi funebri, che Enea celebra sul sepolcro di suo padre Anchise. Similmente Omero nell’Iliade,
a trasmesso la descrizione dei solenni giuochi, celebrati nella corte di Alcinoo. ed io quando l’Aurora Tranquillo e quet
queto il nono giorno adduca, A’ solenni spettacoli v’invito Di navi, di pedoni e di cavalli, Al corso, a la palestra, al
no giorno adduca, A’ solenni spettacoli v’invito Di navi, di pedoni e di cavalli, Al corso, a la palestra, al cesto, a l’a
egna del suo valor mercede e palma. Virgilio — Eneide — Libro V Trad. di A.  Caro.. Tronco ogn’indugio, Achille il terzo
ta, E de’premii fè mostra ; al vincitore Un tripode da fuoco, e a cui di dodici Tauri il valore dagli Achei si dava Ed al
va Ed al perdente una leggiadra uncella Quattro tauri estimata, e che di molti Bei lavori donneschi era perita. Rizzossi A
spessi appaiono Pe’larghi dossi e per le coste i lividi Rosseggianti di sangue. Ambi del tripode A tutta prova la conquis
i la zuffa, Aiace All’emolo guerrier fe’questo invito : Nobile figlio di Laerte, in alto Sollevami, e sollevo io te : del
del resto Abbia Giove la cura. E cosi detto, L’abbranca e l’alza. Ma di sne malizie Memore Ulisse col tallon gli sferra.
. Ma di sne malizie Memore Ulisse col tallon gli sferra. Al ginocchio di retro ove si piega. Tale un sùbito colpo, che le
ia le ginocchia in guisa Che sossopra ambedue si riversaro E lordarsi di polve. E già risurti Sariano al terzo paragon ven
di polve. E già risurti Sariano al terzo paragon venuti, Se il figlio di Peleo levato in piedi Non l’impedia, dicendo : Ol
ersa la polve, ripigliar le vesti. Omero — Riade — Libro XXIII Trad. di V. Monti. Del corso fu la prima gara Un lungo S
la carriera ; e tutti Dalle mosse, volavano in un groppo, Densi globi di polvere levando. Avanzù gli altri Clitoneo, che,
Nel pugile severo ebbe la palma. Omero — Odissea — Libro VIII Trad. di I. Pindemonte. 2177. Giuramenti — I pagani aveva
2177. Giuramenti — I pagani avevano moltiplici e differenti formole di giuramenti, ma la più comune era quella di giurar
plici e differenti formole di giuramenti, ma la più comune era quella di giurare per Giove Pietra — Deum Lapidem — Gli dei
ella guerra contro i giganti, il padre dei numi in riconoscenza verso di lei, comandò che tutti gli dei avessero giurato p
quello che avesse violato codesto giuramento, dovesse aggirarsi privo di vita e di senso nello spazio, durante il periodo
avesse violato codesto giuramento, dovesse aggirarsi privo di vita e di senso nello spazio, durante il periodo di 9mila a
e aggirarsi privo di vita e di senso nello spazio, durante il periodo di 9mila anni. Lo storico Serbio, rende ragione di s
o, durante il periodo di 9mila anni. Lo storico Serbio, rende ragione di simile tradizione col dire che gli dei essendo be
ei essendo beati ed immortali giuravano per lo stigie, che è un fiume di mestizie e di dolore, come per una cosa completam
ti ed immortali giuravano per lo stigie, che è un fiume di mestizie e di dolore, come per una cosa completamente ad essi c
essi contraria ; e che quindi questo era ritenuto come un giuramento di esecrazione. Al dire di Diodoro, gli abitanti del
quindi questo era ritenuto come un giuramento di esecrazione. Al dire di Diodoro, gli abitanti dell’isola di Sicilia, anda
iuramento di esecrazione. Al dire di Diodoro, gli abitanti dell’isola di Sicilia, andavano uel tempio degli dei Palici a f
he al dire del cennato scrittore, vi sono state delle persone colpite di cecità, al momento stesso di uscire dal tempio, n
ore, vi sono state delle persone colpite di cecità, al momento stesso di uscire dal tempio, nel quale avevano spergiurato.
uale avevano spergiurato. Presso i romani era anche comunissimo l’uso di giurare per gli dei e per i semi dei. Comunemente
dei. Comunemente essi giuravano per Quirito, per Ercole, per le corna di Bacco, e per Castore e Polluce, con una formola p
rmola particolare V. Castore e Polluce. Riguardo quest’ultima formola di giuramento, lo storico Aulo Gellio dire che quest
tal punto che impose si giurasse pel cavallo bucefalo, facendo punire di morte chi ricusava di farlo. 2178. Giustizia — A
i giurasse pel cavallo bucefalo, facendo punire di morte chi ricusava di farlo. 2178. Giustizia — A questa divinità i grec
o. 2178. Giustizia — A questa divinità i greci davano il nome proprio di Astrea, ed i romani quello di Temi ; sebbene vi s
divinità i greci davano il nome proprio di Astrea, ed i romani quello di Temi ; sebbene vi sono varii scrittori e cronisti
io che la giustizia veniva comunemente raffigurata sotto le sembianze di una donna maestosamente severa, colla mestizia ne
sato le azioni degli uomini. Esiodo ripete che la giustizia figlinola di Giove stava nel cielo sul carro del padre suo, al
i uomini, tutte le volte che questi offendevano le sue leggi. Al dire di Arato, la giustizia abitò sulla terra durante tut
leggi. Durante l’età d’argento, ella non si fece vedere che in tempo di notte ; e finalmente venuto il terribile periodo
n tempo di notte ; e finalmente venuto il terribile periodo della età di ferro, ella inorridita alle colpe degli uomini, s
el ciclo nè fece più ritorno sopra la terra. 2179. Giuturna — Sorella di Turno, re dei Rutuli e figlia di Dauno. La tradiz
a la terra. 2179. Giuturna — Sorella di Turno, re dei Rutuli e figlia di Dauno. La tradizione ci ripete che Giove, innamor
li e figlia di Dauno. La tradizione ci ripete che Giove, innamoratosi di lei, la richiese dei suoi favori ed ella aderì vo
n un particolare duello, nel quale sarebbe caduto vittima il fratello di lei ; ella rivestì la divisa dei guerrieri di suo
uto vittima il fratello di lei ; ella rivestì la divisa dei guerrieri di suo fratello e mischiatasi ai soldati di lui, si
estì la divisa dei guerrieri di suo fratello e mischiatasi ai soldati di lui, si adoperò a fare in modo che questi avesser
impedire il fatale duello, nè a salvare Turno, il quale morì per mano di Enea, e allora Giuturna disperata si gettò nel fi
, conosciuta sotto l’istesso nome. ………E così detto, Grama e dolente, di ceruleo ammanto Il capo si coverse. Indi correndo
e gittossi, ove s’immerse Infino al fondo, e ne mandò gemendo In vece di sospir gorgogli a l’aura. Virgilio — Encide — Li
ce di sospir gorgogli a l’aura. Virgilio — Encide — Libro XII. trad. di A. Caro. Infatti le cronache dell’antichità, ci
lla dea Vesta, ragione per la quale si chiamava l’acqua della fontana di Giuturna, con l’appellativo di acqua verginale. A
uale si chiamava l’acqua della fontana di Giuturna, con l’appellativo di acqua verginale. Al dire di Varrone, Giuturna era
la fontana di Giuturna, con l’appellativo di acqua verginale. Al dire di Varrone, Giuturna era anche il nome di un’altra d
vo di acqua verginale. Al dire di Varrone, Giuturna era anche il nome di un’altra divinità, che i romani invocava no parti
. Gioventù. 2181. Gladiatore — Antichissimo era presso i pagani l’uso di sacrificare i prigionieri di guerra, gli sehiavi,
— Antichissimo era presso i pagani l’uso di sacrificare i prigionieri di guerra, gli sehiavi, all’ombre degli uomini grand
te Per onoranza del funereo rogo. Virgilio — Eneide — Libro XI trad. di A. Caro. Preso alfin da spietata ira, le gole D
gitor, che il tutto Divorasse………… Omero — Itiade — Libro XXIII trad. di V. Monti. Coll’ andare del tempo questo barbaro
lora fu che alle pompe dei funerali solenni, fu introdotto il costume di far che gli schiavi combattessero fra di loro, pi
ni, fu introdotto il costume di far che gli schiavi combattessero fra di loro, piuttosto che ucciderli come bestie. Da ciò
uttosto che ucciderli come bestie. Da ciò ne venne che la professione di gladiatore, fu poi un’arte pubblicamente esercita
e esercitata. Generalmente i gladiatori si servivano nelle loro lotte di una spada corta e larga ; specie di brando, al qu
ori si servivano nelle loro lotte di una spada corta e larga ; specie di brando, al quale si dava il nome di gladius donde
una spada corta e larga ; specie di brando, al quale si dava il nome di gladius donde deriva la parola gladiatore. Il pop
gladiatori, e prendeva un crudele diletto nel vederli morire coperti di sangue. Al dire di Cicerone, quando in Roma furon
deva un crudele diletto nel vederli morire coperti di sangue. Al dire di Cicerone, quando in Roma furono stabiliti i giuoc
a stessa conosciuta nella tradizione storico mitologica sotto il nome di Creusa, che fu figlia di Creonte, re di Corinto.
tradizione storico mitologica sotto il nome di Creusa, che fu figlia di Creonte, re di Corinto. ….Unica figlia Di Creont
rico mitologica sotto il nome di Creusa, che fu figlia di Creonte, re di Corinto. ….Unica figlia Di Creonte son io…… Del
co, Atrocissimo duol le membra e l’ossa Tutte le invade, e un brivido di morte Le ricerca ogni fibra. In alte strida Allor
3. Glauce — Così avea nome una delle cinquauta ninfe Nereidi. Al dire di Cicerone, si dava anche il nome di Glauce ad una
e cinquauta ninfe Nereidi. Al dire di Cicerone, si dava anche il nome di Glauce ad una terza Diana, moglie di Upi. 2184. G
Cicerone, si dava anche il nome di Glauce ad una terza Diana, moglie di Upi. 2184. Glauconoma — Un’altra delle cinquanta
e cinquanta Nereidi. 2185. Glauco — Le cronache mitologiche ricordano di molti individui noti sotto codesto nome ; e noi v
to, del quale la tradizione racconta, che essendo caduto in una botte di miele, vi restò soffocato e che il dio Esculapio,
pio, l’avesse ritornato alla vita, filtrandogli nella bocca il sangue di un dragone. Lo scrittore Palesat, spiegando nelle
izione favolosa, dice che Glauco, avendo fatto troppo e frequente uso di miele, era presso a morte per anemia ; e che un f
so medico per nome Dracone, lo avesse ritornato alla sanità per mezzo di un suo specifico. Glauco fu similmente il nome di
la sanità per mezzo di un suo specifico. Glauco fu similmente il nome di un figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fr
zzo di un suo specifico. Glauco fu similmente il nome di un figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fratello di Androp
pecifico. Glauco fu similmente il nome di un figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fratello di Andropeo. Il più famo
te il nome di un figliuolo di Minosse, re di Creta : egli fu fratello di Andropeo. Il più famoso personaggio a cui le trad
so personaggio a cui le tradizioni della favola, danno lo stesso nome di Glauco, fu un dio marino che alcuni mitologici pr
Glauco, fu un dio marino che alcuni mitologici presentano come figlio di Nettuno e di Naide ; e altri come figliuolo di Al
dio marino che alcuni mitologici presentano come figlio di Nettuno e di Naide ; e altri come figliuolo di Alcione e di An
presentano come figlio di Nettuno e di Naide ; e altri come figliuolo di Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente di Po
me figlio di Nettuno e di Naide ; e altri come figliuolo di Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente di Polibio e di Eu
e altri come figliuolo di Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente di Polibio e di Eutea. La tradizione mitologica narr
figliuolo di Alcione e di Antedone ; ed altri finalmente di Polibio e di Eutea. La tradizione mitologica narra di questo G
ltri finalmente di Polibio e di Eutea. La tradizione mitologica narra di questo Glauco, uno strano avvenimento ; dicendo c
vvenimento ; dicendo che egli che era un famoso pescatore della città di Antedone in Beozia, avesse preso un giorno gran q
lla città di Antedone in Beozia, avesse preso un giorno gran quantità di pesci con le sue reti ; e che avendoli posti sull
ore ; e fu immantinenti colpito da un ardente ed indomabile desiderio di cangiar natura ; per modo che si precipitò in mar
nacque. Or qual virtute. Diss’io tra me, puote albergar nell’erbe ? E di quelle un manipolo strappando, Fra’denti il maciu
mi potei, là dove io m’era. E, terra, dissi, sovra cui per sempre Ilo di posar cessato, io ti saluto ; Ed il corpo tuffai
, io ti saluto ; Ed il corpo tuffai per entro all’onde. Con ceremonie di compagno, accolto Fui da’numi del mare. Ond’io m’
aduz. del Cav. Ermolao Federigo. Egli veniva adorato sotto la figura di un uomo con folta e lunga barba ; con le sopracci
e sopracciglia unite in modo da formarne una sola ; col petto coperto di alga marina fino alla cintura, da cui usciva una
operto di alga marina fino alla cintura, da cui usciva una larga coda di pesce ripiegantesi sulle reni. Il cronista Ateneo
ampliando codesta strana tradizione, aggiunge che Glauco s’innammorò di Arianne, quando Bacco l’abbandonò ; e si dette ad
er castigarlo lo avesse fatto legare ad un albero con alcuni sarmenti di vite, dai quali egli poi trovò mezzo di scioglier
un albero con alcuni sarmenti di vite, dai quali egli poi trovò mezzo di sciogliersi. Nella città di Antedone, vi era uno
i di vite, dai quali egli poi trovò mezzo di sciogliersi. Nella città di Antedone, vi era uno scoglio conosciuto, al dire
ersi. Nella città di Antedone, vi era uno scoglio conosciuto, al dire di Pausania, sotto il nome di Salto di Glauco ; che
ne, vi era uno scoglio conosciuto, al dire di Pausania, sotto il nome di Salto di Glauco ; che sorgeva nel luogo ove egli
a uno scoglio conosciuto, al dire di Pausania, sotto il nome di Salto di Glauco ; che sorgeva nel luogo ove egli si precip
acolo, consultato in particolar modo dai marinai. Secondo le opinioni di Diodoro, questo Glauco dio-marino, fu quello che
le opinioni di Diodoro, questo Glauco dio-marino, fu quello che servi di scorta agli argonauti, quando mossero al conquist
uti, quando mossero al conquisto del vello d’oro V. Argonauti. Ancora di un altro Glauco fa menzione la cronaca mitologica
Glauco fa menzione la cronaca mitologica, presentandocelo come figlio di Sisifo e di una ninfa atlantide chiamata Merope.
nzione la cronaca mitologica, presentandocelo come figlio di Sisifo e di una ninfa atlantide chiamata Merope. Dall’ Eolid
Dall’ Eolide Sisifo fu nato Glauco Omero — Iliade — Libro VI tradi. di V. Monti Le cronache dell’antichità raccontano
, imbizzarritesi durante la celebrazione dei giuochi funebri in onore di Pelia. Virgilio però attribuisce ad altra ragione
n onore di Pelia. Virgilio però attribuisce ad altra ragione la morte di Glauco. Secondo il cennato poeta, Glauco non voll
e cavalle fossero fecondate dagli stalloni all’uopo nudriti, credendo di renderle più veloci alla corsa. Venere allora, sd
ndo di renderle più veloci alla corsa. Venere allora, sdegnata contro di Glauco, rese le cavalle di lui furiose al punto,
alla corsa. Venere allora, sdegnata contro di Glauco, rese le cavalle di lui furiose al punto, che fecero in pezzi il loro
orte ad altre belve Amoroso furor come a giumente ; Per entro l’acque di Beota fonte Venere ad esse lo spirò nell’ora Che
esse lo spirò nell’ora Che lasciarono andar l’irato dente Alle membra di Glauco. Virgilio — Delle Georgiche — Lib. III tr
e Alle membra di Glauco. Virgilio — Delle Georgiche — Lib. III trad. di D. Streocchi. Di un altro Glauco pure fanno menz
anno menzione le cronache dell’antichità, presentandocelo come nipote di Bellorofonte, e figliuolo d’Ippoloco ; e come uno
occorsero i Trojani nell’assedio della loro città. Suo padre, al dire di Omero, al momento della partenza lo avea caldamen
sortato a distinguersi nelle battaglie pel suo valore, ingiungendogli di vincere in generosità i più celebri eroi, onde on
’illustre nome dei suoi antenati. … . .e a me la vita Ippoloco donò, di cui m’è dolce Dirmi disceso. Il padre alle trojan
so. Il padre alle trojani Mura spedimmi, e generosi sproni M’aggiunse di lanciarmi innanzi a tutti Nelle vie del valore, o
miei Padri la stirpe non macchiar… … Omero — Iliade — Lib. VI. trad. di V. Monti. Durante l’assedio, avendo Diomede sfid
l combattimento, allorchè Diomede avendo saputo che Glauco era nipote di Bellorofonte, la cui famiglia era sacra all’eroe
n effusione d’affetto ; e giurò che non avrebbe più combattuto contro di lui. Però non potendo fare entrambi a meno di com
e più combattuto contro di lui. Però non potendo fare entrambi a meno di compiere il loro dovere, uno fra le fila dei grec
loro armi, volendo con ciò dimostrare che se pure nemici per ragioni di patria, essi erano amici per l’affetto che li leg
to che li legrava insieme. Glauco ricordandosi le ingiunzioni paterne di vincere, cioè in generosità ogni altro guerriero,
, cioè in generosità ogni altro guerriero, dette in cambio delle armi di bronze che Diomede gli avea dato, un’intera armat
he Diomede gli avea dato, un’intera armatura d’oro, stimata al valore di cento buoi. Questo fatto dette, presso i troiani,
esso i troiani, vita ad un proverbio che diceva : Questo è il baratto di Glauco e Diomede. Glauco fu ucciso in battaglia p
fra i più famosi guerrieri. Finalmente Glauco avea nome un figliuolo di Dimilo, discendente di quello stesso dio marino,
ieri. Finalmente Glauco avea nome un figliuolo di Dimilo, discendente di quello stesso dio marino, di cui parlammo più sop
nome un figliuolo di Dimilo, discendente di quello stesso dio marino, di cui parlammo più sopra. Egli si rese celebre nei
pugno l’aratro, che si cra torto, mentre coltivava la terra. Sorpreso di tanta forza, il vecchio genitore condusse Glauco
ell’aratro. Questa semplice esortazione bastò a rianimare il coraggio di Glauco, il quale ebbe il premio della lotta. Con
nei giuochi Nemei e negli Istmi, e due nei giuochi Pitii. In memoria di ciò, gli fu innalzata una statua in Cariste, sua
concittadini gl’innalzarono un monumento eroico e dettero alla città di Eubea il nome di isola di Glauco. 2186. Globo — I
innalzarono un monumento eroico e dettero alla città di Eubea il nome di isola di Glauco. 2186. Globo — I pagani rappresen
no un monumento eroico e dettero alla città di Eubea il nome di isola di Glauco. 2186. Globo — I pagani rappresentavano il
che significa incantesimo. I pagani davano questo nome ad una specie di magia, che si faceva per compiere i maleficii. I
lefici erano i soli evocati durante questo incantesimo, che si faceva di notte, presso i sepolcri, con gemiti e lamenti. 2
si rapporta a questo nodo così chiamato. Il padre del fameso Mida, re di Frigia, aveva un carro, il cui giogo era legato a
i Frigia, aveva un carro, il cui giogo era legato al timone per mezzo di un nodo di così intrigato e difficile magistero c
veva un carro, il cui giogo era legato al timone per mezzo di un nodo di così intrigato e difficile magistero che non era
così intrigato e difficile magistero che non era possibile, non solo di scioglierlo, ma di comprendere come fosse fatto.
ifficile magistero che non era possibile, non solo di scioglierlo, ma di comprendere come fosse fatto. Ora un’antica tradi
vrebbe avuto l’impero della Asia. L’imperatore Alessandro, trovandosi di passaggio per la Frigia, ebbe vaghezza di vedere
tore Alessandro, trovandosi di passaggio per la Frigia, ebbe vaghezza di vedere il nodo Gordiano, e persuaso che la prediz
tto cattivi auspici per le battaglie avvenire, lo tagliò con un colpo di spada, compiendo così la predizione dell’oracolo.
fermata nell’opinione generale, dalla tempesta, che segui nella notte di quel giorno, durante la quale s’intesero tuoni e
iorno seguente molti sacrifizii agli dei, in ringraziamento dei segni di favore che gli avevano dato. 2189. Gordio — Padre
amento dei segni di favore che gli avevano dato. 2189. Gordio — Padre di Mida V. l’articolo precedente. Di questo Gordio l
era stato niente altro che un povero lavoratore, ricco solo d’un pajo di buoi ; uno dei quali gli serviva per tirare il ca
giogo dell’aratro e vi restò fino alla sera. Sorpreso Gordio e pieno di maraviglia, si recò ad interrogare i Telmissi, sp
rdio e pieno di maraviglia, si recò ad interrogare i Telmissi, specie di sacerdoti, dotti nell’arte d’indovinare, e ai qua
vini, gli rispose che doveva sagrificare a Giove sotto l’appellazione di Giove re o di sovrano. Gordio pregò allora la gio
ose che doveva sagrificare a Giove sotto l’appellazione di Giove re o di sovrano. Gordio pregò allora la giovanetta che vo
quale rispose che la pace sarebbe ritornata nel loro paese, per mezzo di un re che fosse venuto ad essi su di un carro. Me
ornata nel loro paese, per mezzo di un re che fosse venuto ad essi su di un carro. Mentre gli abitanti della Frigia stavan
andare alla loro volta Mida con suo padre e con sua madre, seduti su di un carro. Allora riconoscendolo per l’uomo cui ac
conoscenza della grazia ottenuta da Giove, fece sospendere nel tempio di questo dio il famoso carro sul quale avea fatto i
iuoli del re Priamo, e della bellissima Castianira, la quale, al dire di Omero, rassomigliava per la sua bellezza alle dee
ssomigliava per la sua bellezza alle dee. Gorgizione morì all’assedio di Troja, ucciso per mano di Teucro con una freccia
lezza alle dee. Gorgizione morì all’assedio di Troja, ucciso per mano di Teucro con una freccia che avea mancato Ettore.
Che una Diva parea nella persona. Omero — Iliade — Lib. VIII. trad. di V. Monti 2191. Gorgofona — Una delle figlie di
e — Lib. VIII. trad. di V. Monti 2191. Gorgofona — Una delle figlie di Perseo : fu tolta in moglie da Peririete, re dei
. Gorgofora —  V. Gorgonia. 2193. Gorgoni — Queste tre sorelle figlie di Forco, dio marino, e di una donna per nome Ceto,
ia. 2193. Gorgoni — Queste tre sorelle figlie di Forco, dio marino, e di una donna per nome Ceto, formavano la triade che
gli altri mostri, dimoravano nell’inferno, ed avevano la special cura di punire i dannati. Esse erano individualmente chia
sse erano individualmente chiamate Medusa, Steno, ed Euriala. Al dire di Esiodo, esse soggiornavano al di là dell’oceano,
e Medusa, Steno, ed Euriala. Al dire di Esiodo, esse soggiornavano al di là dell’oceano, vicino alla dimora della Notte, a
goni non avevano fra tutte e tre che un occhio solo, ed nu sol dente, di cui si servivano a vicenda l’una dopo l’altra. La
rvivano a vicenda l’una dopo l’altra. La loro capellatura era formata di serpenti ; le mani erano di bronzo ; ed un solo l
l’altra. La loro capellatura era formata di serpenti ; le mani erano di bronzo ; ed un solo loro sguardo valeva ad uccide
e dell’inferno insieme alle furie, alle arpie ecc. e a tutti i mostri di cui fa mezione la cronaca favolosa. In su le por
.e con Medusa Le Gorgoni sorelle, Virgilio — Encide — Lib. VI. trad. di A. Caro. Il cronista Diodoro, che è uno dei più
ro poi completamente distrutte da Ercole. Per altro, codesta opinione di Diodoro è combattuta dal cronista Ateneo, secondo
Il citato autore ripete che nella Lidia, i popoli conosciuti col nome di Nomadi, chiamavano gorgone un animale che so migl
che gli si avvicinavano. Aveva sulla testa una massa folta e pesante di lunghissimi crini, i quali ricadendo sul davanti
imi crini, i quali ricadendo sul davanti della fronte, gli impedivano di vedere gli oggetti, se non dopo d’essersi tolti i
’attiene lo stesso Ateneo, asserisce che alcuni soldati dell’esercito di Mario, nel tempo che le legioni romane combatteva
la uccisero da lontano senza che essa avesse potuto vederli, a colpi di freccia. Non sono queste le sole notizie pervenut
lle gorgoni ; e per quanto moltiplici sono i ragguagli trasmessici su di esse, altrettanto differenti e contradittori sono
sici su di esse, altrettanto differenti e contradittori sono i pareri di molti altri autori. Infatti alcuni pretendono, ch
li, erano invece delle donne giovani e bellissime, largamente fornite di tutti i doni e le prerogative della bellezza, che
, che fu detto caugiassero in pietre gli uomini. Plinio ne parla come di donne selvagge, abitatrici delle Gorgati, da cui
i donne selvagge, abitatrici delle Gorgati, da cui venne loro il Lome di gorgoni ; ed aggiunge che il solo Annone, general
loro dimora ; ove trovò alcune donne le quali avevano la prerogativa di correre così velocemente, come il più rapido ucce
te, come il più rapido uccello nell’aria. Annone cercò d’impadronirsi di alcuna di esse, ma dopo molta fatica non potè pre
l più rapido uccello nell’aria. Annone cercò d’impadronirsi di alcuna di esse, ma dopo molta fatica non potè prenderne che
atica non potè prenderne che due sole, il cui corpo era tutto coperto di foltissimi e lunghi crini. Il citato scrittore ri
gorgoni, nel tempio sacro a Giunone, ove restò fino alla distruzione di Cartagine. Il cronista Palesato, a sua volta, rip
enza degli affari del loro governo, non avevano che un solo ministro, di cui si servivano a vicenda. E questo l’unico occh
solo ministro, di cui si servivano a vicenda. E questo l’unico occhio di cui fa parola l’allegoria della favola. Perseo, t
re passava dall’una a l’altra isola, e lo fece prigioniero, ricusando di restituirlo alle sue regine, se queste in cambio
le sue regine, se queste in cambio non gli avessero ceduta una statua di Minerva, di oro massiccio, alta quattro cubiti, e
e, se queste in cambio non gli avessero ceduta una statua di Minerva, di oro massiccio, alta quattro cubiti, e che le Gorg
a aggiunge che, non avendo Medusa voluto accondiscendere alla volontà di Perseo, questi l’avesse ucciso. Anche fra gli scr
capo alle lingue orientali, scopre nel nome delle tre Gorgoni, quello di altrettante navi mercantili, che facevano il traf
dell’Africa, ove scaricavano del continuo oro, pietre preziose, denti di elefante, occhi di iene ecc. Queste navi avevano
aricavano del continuo oro, pietre preziose, denti di elefante, occhi di iene ecc. Queste navi avevano la figura di un qua
, denti di elefante, occhi di iene ecc. Queste navi avevano la figura di un qualche mostro, e Perseo scorrendo i mari si s
qualche mostro, e Perseo scorrendo i mari si sarà, forse, impadronito di qualcuna di quelle navi, e ne avrà portato in Gre
ro, e Perseo scorrendo i mari si sarà, forse, impadronito di qualcuna di quelle navi, e ne avrà portato in Grecia le ricch
orrido Teschio che avea pendenti, Di chioma invece, squallidi Viluppi di serpenti, Di Serfo entro le porte Reco lapidea mo
di serpenti, Di Serfo entro le porte Reco lapidea morte. Pindaro — O di Pitie — Ode X. trad. G. Borgin. Secondo altre mo
ne credenze vi sono autori che pretendono essere le Gorgoni una razza di cavalle allevate dai Fenici, i quali avevano un l
i avevano un loro capo per nome Perseo. Queste erano le donne coperte di peli di cui parla Plinio, le quali generavano sen
o un loro capo per nome Perseo. Queste erano le donne coperte di peli di cui parla Plinio, le quali generavano senza la pa
olamente dal Zeffiro, come asserisce Virgilio. Quando il primo calor di primavera Le scaldo nelle vene, a bocca aperta St
ra Le scaldo nelle vene, a bocca aperta Stanno sui monti a ber l’aura di Zefiro ; E meraviglia a dir ! mercè del vento E n
ontagne e per convalli. Virgilio — Delle Georgiche — Libro III trad. di D. Strocchi. 2194. Gorgonia o Gorgofora — Sopran
Gorgone Medusa. 2195. Gortina — Detta anche Cortina, città dell’isola di Creta ; famosa per gli ottimi pascoli che vi si t
nto celebri presso i romani, e marito della famosa Cornelia. Fu uo mo di rigidi e severi costumi, e ottimo cittadino. La c
costumi, e ottimo cittadino. La cronaca mitologica narra a proposito di lui un bizzarro avvenimento. È scritto che un gio
estici lari, egli avesse interrogati gli Aruspici, onde saper il modo di regolarsi. Gli Aruspici risposero che s’egli aves
sciato audare il maschio dei due serpenti, ben presto Cornelia moglie di Tiberio sarebbe morta ; e che per contrario cesse
di Tiberio sarebbe morta ; e che per contrario cesserebbe egli stesso di vivere, se lasciava andare la femmina. Gracco all
Marte, dio della guerra, quando veniva raffigurato sotto le sembianze di un guerriero, in atto di marciare, con l’elmo, la
quando veniva raffigurato sotto le sembianze di un guerriero, in atto di marciare, con l’elmo, la picca e lo scudo. In Rom
Gli antichi davano questo nome collettivo alle due figliuole maggiori di Forco e di Ceto, sorelle delle Gorgoni, e il cui
davano questo nome collettivo alle due figliuole maggiori di Forco e di Ceto, sorelle delle Gorgoni, e il cui nome partic
iegando codesta favola allegorica dice che le Graje essendo figliuole di Glauco dio marino altro non crano che la personif
rsonificazione mitologica delle onde del mare, le quali biancheggiano di spuma, appena si muovono. 2199. Granea — Detta an
appena si muovono. 2199. Granea — Detta anche Amadriade. Fu figliuola di Ossilo, e della ninfa Amadriade, la quale ebbe da
adre, chiamate ninfe Amadriadi. 2200. Gran madre — Con l’appellazione di Magna mater indicavano Cibele che come dea dell’a
e che come dea dell’agricoltura, che feconda la terra, è madre comune di tutti gli uomini. 2201. Grazie — Fra l’estesissim
ome queste tre sorelle riunite insieme, avessero avuto maggior numero di adoratori, e templi, e are, e feste come ne aveva
ità delle tre Grazie : infatti alcuni ce le presentano come figliuole di Giove e di Eunomia, ninfa Oceanina ; altri come f
re Grazie : infatti alcuni ce le presentano come figliuole di Giove e di Eunomia, ninfa Oceanina ; altri come figlie del S
di Giove e di Eunomia, ninfa Oceanina ; altri come figlie del Sole e di Egle ; altri di Giove e di Giove e di Giunone ; m
unomia, ninfa Oceanina ; altri come figlie del Sole e di Egle ; altri di Giove e di Giove e di Giunone ; ma l’opinione più
fa Oceanina ; altri come figlie del Sole e di Egle ; altri di Giove e di Giove e di Giunone ; ma l’opinione più generalmen
 ; altri come figlie del Sole e di Egle ; altri di Giove e di Giove e di Giunone ; ma l’opinione più generalmente adottata
nione più generalmente adottata è che le tre Grazie fossero figliuole di Bacco e di Venere. Secondo questa ultima asserzio
eneralmente adottata è che le tre Grazie fossero figliuole di Bacco e di Venere. Secondo questa ultima asserzione più divu
er tal modo indicarci che il mezzo più efficace a persuadere è quello di piacere. Al dire del citato scrittore, le Grazie
e. Al dire del citato scrittore, le Grazie facevano parte del seguito di Venere, dea degli amori ; e venivano raffigurate
i Venere, dea degli amori ; e venivano raffigurate sotto le sembianze di giovinette bellissime e sorridenti, inghirlandate
tto le sembianze di giovinette bellissime e sorridenti, inghirlandate di fiori, vestite di lunghe tuniche dorate e col vis
i giovinette bellissime e sorridenti, inghirlandate di fiori, vestite di lunghe tuniche dorate e col viso, le mani ed i pi
l viso, le mani ed i piedi d’una bianchezza marmorea. Comunemente una di esse, portava in mano una rosa ; un’altra un rame
Comunemente una di esse, portava in mano una rosa ; un’altra un rame di mirto, e la terza finalmente una freccia. Questa
Grazie venivano dipinte interamente nude ; e questa opinione è presso di noi avvalorata da gran numero di medaglie e di ba
te nude ; e questa opinione è presso di noi avvalorata da gran numero di medaglie e di bassorilievi dell’antichità, nei qu
esta opinione è presso di noi avvalorata da gran numero di medaglie e di bassorilievi dell’antichità, nei quali, se pure v
ondo la descrizione fattaci da Paufania, pure è estesissimo il numero di quelli che ce le mostrano interamente nude. I pag
e dei più brutti e lurudi satiri ; e sovente le statue ed i simulacri di questi ultimi, eran vuoti nello interno, per modo
l numero dei templi o degli altari consacrati alle Grazie. Eteocle re di Orcomeno, fu il primo ad innalzare in loro onore
empli consacrati alle Grazie, e i più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella
ati alle Grazie, e i più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Par
razie, e i più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Paros, una de
più famosi fra quelli furono quello di Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Paros, una delle Ciclad
ono quello di Bisanzio, di Elide, di Delfo, di Perge ecc. Nella isola di Paros, una delle Cicladi, avevano similmente un t
le sopraintendeva un sacardote, la cui durata cra a vita. A proposito di questo tempio, riferisce Apollodoro, ch’essendovi
uesto tempio, riferisce Apollodoro, ch’essendovisi recato Minosse, re di Creta, per offerire un sacrifizio alle Grazie, ne
dar principio alla sacra cerimonia, fu avvisato della morte repentina di un suo amatissimo figliuolo. Alla dolorosa notizi
iuolo. Alla dolorosa notizia il re gettò la corona che, secondo l’uso di tali cerimonie, gli ornava la fronte e ordinò tac
so di tali cerimonie, gli ornava la fronte e ordinò tacessero i suoni di che era costume accompagnare le offerte alla divi
sse il sacrifizio. Da questo fatto fu adottato il costume, nell’isola di Paros, di sacrificare alle Grazie senza corona e
rifizio. Da questo fatto fu adottato il costume, nell’isola di Paros, di sacrificare alle Grazie senza corona e senza suon
ell’amore, lo erano comunemente anche alle Grazie. Così avveniva pure di quelli dedicati a Mercurio, volendo con ciò signi
lle Grazie ed a Venere, loro madre ; ed i pagani aveano la costumanza di cominciare tutti i loro banchetti con una triplic
e divinità ; imperocchè essi a render loro maggior tributo d’omaggi e di generale considerazione, credevano fermamente che
della riconoscenza. Gli Ateniesi, che erano il popolo più incivilito di tutta la Grecia antica, avendo soccorsi d’aiuti è
o più incivilito di tutta la Grecia antica, avendo soccorsi d’aiuti è di danaro gli abitanti del Chersoneso, in una grave
o, in una grave congiuntura in cui versavano, per eternare la memoria di questo fatto, innalzarono un altare consacrandolo
care che se con la sinistra feriva, con la destra arrecava la sanità, di cui le Grazie si ritenevano le dispensatrici. 220
a scalata al cielo. 2203. Grifone. — Uno dei tanti mostruosi animali, di che la mitologia fa del continuo menzione. Second
eone e dell’aquila ; aveva una lunghissima coda, quattro piedi armati di artigli, e le orecchie diritte e puntute. Molti s
o nel regno animale e che nel paese degli Arimaspi vi era una miniera di oro, custodita dai Grifoni. Questa opinione però,
ralisti dell’antichità stessa, quanto dai moderni, non facendo alcuno di essi menzione di questi favolosi animali, che non
chità stessa, quanto dai moderni, non facendo alcuno di essi menzione di questi favolosi animali, che non hanno avuto vita
lludevano all’attenzione che si deve avere ai propri doveri. La forma di leone, la forza e l’audacia ; il becco uncinato d
mportante. Infatti presso gli egiziani, le due configurazioni fisiche di leone e di aquila, unite insieme nel corpo del Gr
Infatti presso gli egiziani, le due configurazioni fisiche di leone e di aquila, unite insieme nel corpo del Grifone, espr
; imperocchè vediamo che il Grifone si trova come uno degli attributi di Apollo, ossia del Sole ; e veniva sovente consacr
osco a lui consacrato. I poeti antichi chiamano questa città col nome di Cryncus. 2205. Gru. — Presso i pagani questi ucce
no ritenuti, al paro degli avvoltoi e delle aquile, come annunziatori di lieti presagi. 2206. Grua. — Si dava questo nome
ori di lieti presagi. 2206. Grua. — Si dava questo nome ad una specie di danza, di cui si pretendeva fosse stato Teseo l’i
ti presagi. 2206. Grua. — Si dava questo nome ad una specie di danza, di cui si pretendeva fosse stato Teseo l’inventore,
stato Teseo l’inventore, perchè fu la prima volta ballata nell’isola di Delo, in una festa celebrata in onore di questo e
ima volta ballata nell’isola di Delo, in una festa celebrata in onore di questo eroe, per solenuizzare la sua vittoria con
uro. Coll’andare del tempo questa danza fu eseguita anche nella città di Delfo, dalle giovanette Ateniesi, le quali la dan
, dalle giovanette Ateniesi, le quali la danzavano intorno all’altare di Apollo, nel giorno delle Delie. Si vuole che gl’i
aletta. — Così avea nome un piccolo fiume, che metteva foce nel golfo di Cadice e del quale i pagani avevano fatto il loro
Fè nel suo tetto un solitario gufo Molte fiate con lugubri accenti Fè di pianto una lunga querimonia. Virgilio — Eneide —
è di pianto una lunga querimonia. Virgilio — Eneide — Libro IV trad. di A. Caro. 2209. Grundili. — Divinità che i romani
enati. Si vuole che Romolo li avesse istituiti in occasione del parto di una scrofa, che dette alla luce trenta porcellini
profeta Ud avesse fatto abbandonare, coll’andare degli anni, il culto di questo dio dagli stessi popoli che l’avevano coll
vano collocato nel numero delle loro divinità. Ciò nonostante il nome di Hafedà si seguitò a dare presso gli arabi, ad una
e il nome di Hafedà si seguitò a dare presso gli arabi, ad una specie di dio preservatore, ch’essi invocavano al cominciar
, ad una specie di dio preservatore, ch’essi invocavano al cominciare di un’impresa qualunque, e segnatamente nell’intrapr
e al loro dio incarnato. Hakem era presso quei popoli l’identica idea di quello che è il Gesù Cristo dei cristiani : vale
osto, nel quale si riunivano, oltre la propria configurazione, quella di altre due divinità o genii, chiamati Siva e Visnù
che per combattere Brahma. Gl’indiani rappresentavano Har-Heri mezzo di color bianco e mezzo azzurro ; Visnù tutto azzurr
ata grossolanamente nella pietra o nel legno, non conserva però nulla di mostruoso, come avviene della gran maggioranza de
opopa veniva sempre rappresentato interamente nudo, con un solo lembo di drappo rosso avviluppato alle parti sessuali. 221
Zendi, Havan viene indicato come una divinità femmina, col sóprannome di Benefattrice delle strade. I Parsi danno pure il
l sóprannome di Benefattrice delle strade. I Parsi danno pure il nome di Havan ad un mortaio e ad un pestello, ch’essi rit
in Sassonia, e propriamente sulle rive del flume Fromo, nella contea di Dorset. Sono ben pochi gli autori che ne han fatt
riero degli Asi. Coll’andare del tempo, e probabilmente dopo la morte di lui, il nome di Heriafadur, che significa padre d
Coll’andare del tempo, e probabilmente dopo la morte di lui, il nome di Heriafadur, che significa padre della guerra, fu
e significa padre della guerra, fu una delle più celebri appellazioni di Odino, il quale nelle credenze religiose di quei
più celebri appellazioni di Odino, il quale nelle credenze religiose di quei popoli, rappresentava lo stesso che il dio M
ss. — Nella mitologia scandinava, era la dea della Perfezione, figlia di Odur e di Freja, dea dell’Amore. La tradizione ag
a mitologia scandinava, era la dea della Perfezione, figlia di Odur e di Freja, dea dell’Amore. La tradizione aggiunge che
dre, e che aveva in sè tanto splendore e tanta bellezza, che dal nome di lei furono detti Hossir o Hnosser i giojelli, le
ome al secondo successore del famoso Fo-Hi, fondatore della monarchia di mezzo. 2223. Hobal. — Nelle lingue semitiche il S
ue semitiche il Sole si chiama Baal, e da ciò gli arabi danno il nome di Hobal, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il
l nome di Hobal, ad un loro dio che raffigurava il Sole. Il simulacro di Hobal era una grande statua di pietra, la quale v
che raffigurava il Sole. Il simulacro di Hobal era una grande statua di pietra, la quale veniva circondata da altre 360 s
a ad un giorno dell’anno. Hobal veniva raffigurato sotto le sembianze di un vecchio venerando, dalla lunga barba d’argento
onache arabe ripetono che essendosi una volta infranta la mano destra di quella statua, i Horaisciti gliene avevano fatta
o destra di quella statua, i Horaisciti gliene avevano fatta un’altra di oro massiccio, la quale stringeva sette frecce de
stringeva sette frecce dell’istesso metallo, ed a cui dettero il nome di frecce della sorte. È probabile che queste sette
o simbolicamente i sette giorni della settimana. Finalmente la statua di Hobal era deposta nella Caaba, tempio maggiore de
Uccello tenuto in grande venerezione dagli egiziani, i quali punivano di morte chiunque ne avesse anche involontariamente
ro. Infatti nel tempo della primavera, scendevano dall’Arabia, nugoli di cavallette e di bruchi, nonchè un gran numero di
tempo della primavera, scendevano dall’Arabia, nugoli di cavallette e di bruchi, nonchè un gran numero di serpenti alati,
dall’Arabia, nugoli di cavallette e di bruchi, nonchè un gran numero di serpenti alati, che gli ibi distruggevano interam
ibi viene trasportato in altro paese, si lascia volontariamente morir di fame, affetto da una inguaribile nostalgia. Il cr
volatile. Si vuole che l’ibi avesse per il primo fatto nascere l’idea di servirsi dei cristieri come rimedio medicinale ;
collo. Nei ruderi dell’antico Egitto, si trovano sovente delle statue di Iside con una testa di ibi. 2226. Ibristiche. — N
antico Egitto, si trovano sovente delle statue di Iside con una testa di ibi. 2226. Ibristiche. — Nella città di Argo, si
statue di Iside con una testa di ibi. 2226. Ibristiche. — Nella città di Argo, si celebravano in nna data epoca dell’anno,
dava cotesto nome. Le cerimonie ibristiche, furono istituite in onore di quelle valorose donne che, senza aiuto degli uomi
toriosamente i Lacedemoni, quando questi cingevano d’assedio la città di Argo. 2227. Icadi. — In onore di Epicuro, i pagan
questi cingevano d’assedio la città di Argo. 2227. Icadi. — In onore di Epicuro, i pagani celebravano nel nono giorno del
va appunto che in un novilunio fosse nato Epicuro. Nella celebrazione di queste feste, era costume di adornare le case, e
o fosse nato Epicuro. Nella celebrazione di queste feste, era costume di adornare le case, e di portare in processione di
ella celebrazione di queste feste, era costume di adornare le case, e di portare in processione di camera in camera, il ri
e feste, era costume di adornare le case, e di portare in processione di camera in camera, il ritratto o la statua di Epic
i portare in processione di camera in camera, il ritratto o la statua di Epicuro e di offrirgli dei sacrifizii. 2228. Icar
processione di camera in camera, il ritratto o la statua di Epicuro e di offrirgli dei sacrifizii. 2228. Icarlo. — Padre d
reco gli chiese la mano della figliuola, Icario trovavasi nella città di Sparta, ove aveva già avuto numerose richieste, o
giuochi, dicendo che il vincitore avrebbe riportato in premio la mano di Penelope. Ulisse riportò il premio ed ebbe infatt
ima giovanetta. Icario pero che amava teneramente la figlia sua, fece di tutto per persuadere il genero a restar seco, ond
ò i cavalli e disse alla moglie che non reggendogli più oltre il core di vedere così addolorato il padre di lei, la faceva
non reggendogli più oltre il core di vedere così addolorato il padre di lei, la faceva arbitra assoluta della sua volontà
lei, la faceva arbitra assoluta della sua volontà : scegliesse ella o di seguitarlo in Itaca, ovvero di rimanere col suo v
della sua volontà : scegliesse ella o di seguitarlo in Itaca, ovvero di rimanere col suo vecchio padre. Posta nel crudele
ca, ovvero di rimanere col suo vecchio padre. Posta nel crudele bivio di sacrificare uno dei due soli esseri, a cui ella f
, non disse parola. Icario allora, interpetrando l’eloquente silenzio di lei, lasciolla andar col marito ; e in memoria di
’eloquente silenzio di lei, lasciolla andar col marito ; e in memoria di questo fatto, e del casto rossore che avea veduto
’era pudicamente velata la fronte. V. Penelope. 2229. Icaro. — Figlio di Dedalo, il quale si sottrasse insieme al padre su
uale si sottrasse insieme al padre suo, colla fuga dalle persecuzioni di Minos, re di Creta, che li teneva rinchiusi nella
asse insieme al padre suo, colla fuga dalle persecuzioni di Minos, re di Creta, che li teneva rinchiusi nella sua isola. R
adde nell’acqua e si annegò ; e che da quell’epoca, tanto quel tratto di mare, quanto l’isola stessa ov’essi approdarono,
re, quanto l’isola stessa ov’essi approdarono, fossero detti dal nome di lui mare e isola d’Icaro. Diversa, per altro, seb
zo della cera, e che con queste ali intraprendesse la fuga dall’isola di Creta. Prima di mettersi in viaggio Dedalo, prude
che con queste ali intraprendesse la fuga dall’isola di Creta. Prima di mettersi in viaggio Dedalo, prudente ed accorto,
e il suo volo nè troppo vivino al sole, temendo che gl’infocati raggi di quello non avessero liquefatto la cera ond’erano
enza accidenti ; ma poi rassicurato dal vedere i suoi sforzi coronati di successo, e trasportato dalla foga propria dell’e
ch’a lui tolse anche il nome. Ovidio — Metamorf : Libro VIII, trad. di dell’Anguillara Da questo fatto, quella parte d
mare Egeo fu detto mare Icario. La tradizione mitologica fa menzione di un altro Icaro, padre di Erigone e nativo di Aten
Icario. La tradizione mitologica fa menzione di un altro Icaro, padre di Erigone e nativo di Atene, ove dimorava all’epoca
e mitologica fa menzione di un altro Icaro, padre di Erigone e nativo di Atene, ove dimorava all’epoca in cui, secondo la
nella sua casa il dio Bacco, il quale in ricompensa gl’insegnò l’arte di coltivare le viti e di fare il vino. Icaro con l’
acco, il quale in ricompensa gl’insegnò l’arte di coltivare le viti e di fare il vino. Icaro con l’andar del tempo insegnò
gli uccisori d’Icaro ; che fu dopo la morte posto nella cosiellazione di Boote. 2230. Icelo. — Dalle due parole greche ιϰε
rassomiglio. Si dava questo nome ad un figliuolo del Sonno, fratello di Fantoso e di Morfeo. Riferisce Ovidio, ch’egli av
Si dava questo nome ad un figliuolo del Sonno, fratello di Fantoso e di Morfeo. Riferisce Ovidio, ch’egli aveva il potere
llo di Fantoso e di Morfeo. Riferisce Ovidio, ch’egli aveva il potere di cangiarsi in tutte le forme che voleva assume re
Icneumone. — Gli egiziani in generale, e in particolare gli abitanti di Eracleopoli, tributavano a questo animale gli ono
ori divini. Ciò avveniva, secondo asserisce Diodoro, da un sentimento di riconoscenza, imperocchè l’Icneumone è una specie
da un sentimento di riconoscenza, imperocchè l’Icneumone è una specie di grosso sorcio, il quale ha l’istinto di distrugge
cchè l’Icneumone è una specie di grosso sorcio, il quale ha l’istinto di distruggere i coccodrilli che infesterebbero le r
i distruggere i coccodrilli che infesterebbero le rive del Nilo senza di lui. Scrive il citato autore, che l’Icneumone, do
la greca ιχὀνς che significa pesce. Veniva così denominata una specie di divinazione che si faceva consultando le viscere
e viscere dei pesci. Si vuole che Polidamante e Tiresia si servissero di questo incantesimo nei loro indovinamenti. 2234.
enti. 2234. Ida. — Celebre montagna che sorgeva nel mezzo dell’isola di Creta, e che veniva chiamata anche monte Giove pe
ui la divina Venere in Ida partori…… Omero — Riade — Libro II. Trad. di V. Monti. Un’antica cronaca dice anche a proposi
endo una volta caduto del fuoco dal cielo, poco tempo dopo il diluvio di Deucalione, i Dattili, abitatori di quella montag
cielo, poco tempo dopo il diluvio di Deucalione, i Dattili, abitatori di quella montagna, osservarono che il ferro essendo
lore del fuoco, scorreva liquefatto. Essi appresero da questo il modo di fondere i metalli. Questa tradizione è peraltro o
quale, secondo la tradizione, sorgeva la famosa città Troja. Al dire di Diodoro, era questa una delle più alte montagne d
ntagne dell’Ellesponto. Secondo le cronache dell’antichità, nel mezzo di questa montagna era scavato un antro ove, si vuol
famoso giudizio. — V. Paride. Ida era similmente una ninfa dell’isola di Creta, la quale con la sorella Adrastea, fu tra l
l’isola di Creta, la quale con la sorella Adrastea, fu tra le nutrici di Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo
ella Adrastea, fu tra le nutrici di Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo di Afareo, re di Messenia, il quale
u tra le nutrici di Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo di Afareo, re di Messenia, il quale per essere della
ci di Giove. Ida finalmente era il nome di un figliuolo di Afareo, re di Messenia, il quale per essere della schiatta degl
le per essere della schiatta degli Eolidi, e per conseguenza, parente di Giasone, lo seguì nella Colchide per la famosa sp
ione del Vello d’oro. Ida prese anche parte alla caccia del cinghiale di Calidone. Riferisce Omero, che Ida aveva tanto co
dogli Apollo derubata la moglie, che fu la bellissima Marpesa, figlia di Venere, Ida oso prendere le armi contro di Apollo
bellissima Marpesa, figlia di Venere, Ida oso prendere le armi contro di Apollo stesso. …… di quell’Ida io dico Che tra’g
glia di Venere, Ida oso prendere le armi contro di Apollo stesso. …… di quell’Ida io dico Che tra’guerrieri de’ suoi temp
tolta ninfa Ardi l’arco impugnar……. Omero — Hiade — Libro IX. trad. di V. Monti. Finalmente egli uccise Castore, perchè
. di V. Monti. Finalmente egli uccise Castore, perchè, a simiglianza di Apollo, gli aveva sedotta la moglie Febe, figliuo
a simiglianza di Apollo, gli aveva sedotta la moglie Febe, figliuola di Leucippo, da lui sposata in seconde nozze. Però P
ucidò Ida stesso. 2235. Idalia. — Così avea nome una città dell’isola di Cipro, la quale era consacrata a Venere. La tradi
La tradizione a cui si attiene Virgilio, ripete che vicino alla città di Idalia, sorgeva un bosco sacro visitato assai di
he vicino alla città di Idalia, sorgeva un bosco sacro visitato assai di sovente da Venere stessa ; e che anzi fu colà che
e aura, a la fresc’ ombra il pose Virgilio — Eneide — Libro I. trad. di A. Caro : mentre che Cupido, sotto le sembianze
 — Libro I. trad. di A. Caro : mentre che Cupido, sotto le sembianze di Ascanio stesso, erasi recato presso Didone, ad of
Didone, ad offerirle i donativi dei Trojani. 2236. Idea. — Soprannome di Cibele, a cui si dava assai di sovente, chiamando
dei Trojani. 2236. Idea. — Soprannome di Cibele, a cui si dava assai di sovente, chiamandola Jdea Magna Maler. Dionigi di
a cui si dava assai di sovente, chiamandola Jdea Magna Maler. Dionigi di Alicarnasso ripete che ogni anno, si celebrava un
i giuochi e sacrifizii solenni ; e portandosi per le strade la statua di lei a suono di flauti e di timballi. — V. Palatin
rifizii solenni ; e portandosi per le strade la statua di lei a suono di flauti e di timballi. — V. Palatina. È opinione a
nni ; e portandosi per le strade la statua di lei a suono di flauti e di timballi. — V. Palatina. È opinione assai ripetut
lle arti. 2237. Idei. — Riferisce Strabone, che si dava il soprannome di Dattili Idei, ai primi abitatori del monte Ida, e
ttili Idei, ai primi abitatori del monte Ida, e a tutti i discendenti di quelli. 2238. Ideo. — Figlio di Festio e fratello
el monte Ida, e a tutti i discendenti di quelli. 2238. Ideo. — Figlio di Festio e fratello di Altea. Secondo lo scrittore
ti i discendenti di quelli. 2238. Ideo. — Figlio di Festio e fratello di Altea. Secondo lo scrittore Igino, Ideo fu ucciso
li, avea voluto a forza togliere ad Atalanta le spoglie del cinghiale di Calidone — V. Meleagro. 2239. Idi. — I romani dav
oro credenze essi ritenevano che il dio Mercurio fosse nato negli Idi di maggio, e percio erano a lui consacrati. Gli idi
se nato negli Idi di maggio, e percio erano a lui consacrati. Gli idi di Agosto erano dedicati a Diana e quei giorni veniv
e festivi tanto che gli schiavi non lavoravano. Per contrario gli idi di marzo erano riguardati come giorni sfortunati dop
li idi di marzo erano riguardati come giorni sfortunati dopo la morte di Giulio Cesare, avvenuta in quel tempo. 2240. Idia
le donne dei suoi tempi. 2241. Idmone. — Celebre indovino della città di Argo, il quale, secondo la tradizione, avea preve
a ad un cinghiale, Idmone ricevè una ferita, e morì poco dopo a causa di quella. Gli Argonanti lo onorarono di magnifici f
erita, e morì poco dopo a causa di quella. Gli Argonanti lo onorarono di magnifici funerali. 2242. Idomeneo. — Figlio di D
rgonanti lo onorarono di magnifici funerali. 2242. Idomeneo. — Figlio di Deucalione e nipote di Minosse secondo. Egli che
i magnifici funerali. 2242. Idomeneo. — Figlio di Deucalione e nipote di Minosse secondo. Egli che era re di Creta conduss
. — Figlio di Deucalione e nipote di Minosse secondo. Egli che era re di Creta condusse all’assedio di Troja un’armata com
ote di Minosse secondo. Egli che era re di Creta condusse all’assedio di Troja un’armata composta di 80 vascelli, e si dis
che era re di Creta condusse all’assedio di Troja un’armata composta di 80 vascelli, e si distinse in più di un fatto d’a
edio di Troja un’armata composta di 80 vascelli, e si distinse in più di un fatto d’arme, per l’intrepidezza del suo valor
i un fatto d’arme, per l’intrepidezza del suo valore. Il gran mastro di laurta Idomeneu Guida i Cretesi…. …………. Di questi
apitananza, e oltanta navi hau sere. Omero — Hiade — Libro II. trad. di V. Monti. … Per vigoria di forze Pari a liero r
u sere. Omero — Hiade — Libro II. trad. di V. Monti. … Per vigoria di forze Pari a liero ringhiale Idomeneo Guidava l’a
ale Idomeneo Guidava l’antiguardia…… Omero — Hiade — Libro IV. trad. di V. Monti. Caduta Troja in potere dei greci, Idom
ragio. Spaventato dal pericolo imminente, Idomeneo fe voto a Nettuno, di sacrificargli la prima persona che gli si present
sso descrivere con le parole la sorpresa, il dolore e la disperazione di Idomeneo, allorchè incontrò il proprio figliuolo.
nche da varii autori moderni, fra cui il Fénélon, nelle sue avventure di Telemaco. Vi sono per altro alcuni autori, i qual
o. Vi sono per altro alcuni autori, i quali asseriscono che il popolo di Creta impedisse con la forza delle armi che il pa
, ove la tradizione ripete, che il profugo re avesse fondata la città di Salento, della quale si fece sovrano. Dopo la mor
ndata la città di Salento, della quale si fece sovrano. Dopo la morte di lui, gli abitanti della novella città riconoscent
a memoria d’Idomeneo per aver egli mantenuto in vigore le savie leggi di Minosse, suo trisavo, gli tributarono gli onori d
ornò felicemente nei suoi stati, ove morì poco tempo dopo nella città di Gnosso, i cui abitanti gl’innalzarono un magnific
gli onori divini, e nelle battaglie ne invocarono il nome come quello di un nume protettore e benefico. 2243. Idotea. — Un
otettore e benefico. 2243. Idotea. — Una delle ninfe Melisse, nutrici di Giove. Idotea era anche chiamata una delle figliu
isse, nutrici di Giove. Idotea era anche chiamata una delle figliuole di Proteo. 2244. Idra di Lerna. — Secondo riferisce
. Idotea era anche chiamata una delle figliuole di Proteo. 2244. Idra di Lerna. — Secondo riferisce Esiodo, questo spavent
l’Idra avea sette teste le quali avevano la spaventevole prerogativa di rinascere appena erano tagliate ; quante vol te p
ò non fosse immediatamente applicato il fuoco sulla ferita. Il veleno di questo mostro era così terribile, che una sola go
a. Il veleno di questo mostro era così terribile, che una sola goccia di esso, applicato su di una parte qualunque del cor
mostro era così terribile, che una sola goccia di esso, applicato su di una parte qualunque del corpo, cagionava istantan
e. Le cronache ripetono che l’Idra fece, per più tempo orrende stragi di uomini e di animali, nelle circostanze della palu
he ripetono che l’Idra fece, per più tempo orrende stragi di uomini e di animali, nelle circostanze della palude di Lerna,
orrende stragi di uomini e di animali, nelle circostanze della palude di Lerna, ov’essa aveva il suo covo. Ercole per comb
ude di Lerna, ov’essa aveva il suo covo. Ercole per combatterla pensò di salire su di una piccola biga, di cui dette a gui
ov’essa aveva il suo covo. Ercole per combatterla pensò di salire su di una piccola biga, di cui dette a guidare i destri
covo. Ercole per combatterla pensò di salire su di una piccola biga, di cui dette a guidare i destrieri al suo fedele ami
cò l’Idra, un enorme cancro fosse venuto a proteggerla contro i colpi di Ercole ; ma questi schiacciò il cancro con un col
contro i colpi di Ercole ; ma questi schiacciò il cancro con un colpo di clava, e uccise l’Idra. La generalità degli auto
Ercole bagnasse le sue famose frecce, nel sangue della Idra, col fine di rendere inguaribili le ferite di esse, mediante i
cce, nel sangue della Idra, col fine di rendere inguaribili le ferite di esse, mediante il terribile veleno di che erano a
i rendere inguaribili le ferite di esse, mediante il terribile veleno di che erano asperse. V. Filottete. 2245. Idria. — G
lottete. 2245. Idria. — Gli egiziani davano questo nome ad una specie di grande anfora, forata da tutte le parti, e che pr
d una specie di grande anfora, forata da tutte le parti, e che presso di loro raffigurava il dio dell’acqua. Al dire dello
ell’anno adornavano l’Idria con ricca magnificenza, e la mettevano su di un’alta impalcatura, specie di teatro, su cui tut
ricca magnificenza, e la mettevano su di un’alta impalcatura, specie di teatro, su cui tutti gli abitanti salivano per ad
vantaggi che l’acqua reca agli uomini e l’adoravano come il principio di tutte le cose e che dà vita e movimento a tutto c
unebri cerimonie celebrate dagli egineti e dagli ateniesi, in memoria di quelli che erano morti nel diluvio di Deucalione.
ti e dagli ateniesi, in memoria di quelli che erano morti nel diluvio di Deucalione. 2247. Idromanzia. — Dalle due parole
in fondo alla conca all’uopo preparata ; ovvero riempiendo una conca di acqua e lasciando pendere nel mezzo di essa un fi
 ; ovvero riempiendo una conca di acqua e lasciando pendere nel mezzo di essa un filo, a cui era attaccato un anello, e fa
io, che si offeriva a Giove negli idi d’ogni mese. 2249. Ifi. — Padre di Eteoclo e di Evadne, che fu moglie del famoso Cap
feriva a Giove negli idi d’ogni mese. 2249. Ifi. — Padre di Eteoclo e di Evadne, che fu moglie del famoso Capaneo. Allorqu
ovea divorare il corpo del suo diletto consorte, caduto sotto le mura di Tebe. V. Capaneo. Ifi le corse dietro e la raggiu
ura di Tebe. V. Capaneo. Ifi le corse dietro e la raggiunse sull’alto di una rupe, ove colle lagrime agli occhi, la suppli
occhi, la supplicò in nome del suo amore paterno a far ritorno presso di lui. Ma Evadne sorda, per disperato dolore, alle
sotto i suoi occhi sul rogo del marito, per morire con lui. Ifi fuori di sè alla vista terribile, volle darsi la morte, ma
o, suo nipote, ne lo impedì promettendogli, per calmare il suo dolore di vendicare sui tebani, la morte della diletta figl
una giovanetta che fu amato da Anassarete. Ifi finalmente era il nome di una schiava giovanetta rinomata per l’eleganza de
omata per l’eleganza delle sue forme, e che divise una notte il letto di Patroclo, quando questi si recò nella tenda del s
Ifi gli giacque, un’elegante schiava Omero — Hiade — Libro IX trad. di V. Monti. 2250. Ifianassa. — Così si chiamava la
trad. di V. Monti. 2250. Ifianassa. — Così si chiamava la figliuola di Gefte. Ciò, secondo riferisce Fozio, ha potuto la
io, ha potuto lasciar credere che i greci dal sagrifizio della figlia di Iefte, di cui parla la sacra bibbia, avessero pre
uto lasciar credere che i greci dal sagrifizio della figlia di Iefte, di cui parla la sacra bibbia, avessero preso l’idea
’Ifigenia. Ifianassa, secondo Sofocle, fu una delle quattro figliuole di Agamennone ; e Omero ripete che Ifianassa, avesse
ad altri ricchissimi donativi, onde placarne lo sdegno terribile. Ho di tre figlie nella reggia il flore, Crisotemi, Laòd
da Senza dotarla, ed a Peleo la meni. Omero — Hiade — Libro IX trad. di V. Monti Ifianassa finalmente aveva nome una fi
bro IX trad. di V. Monti Ifianassa finalmente aveva nome una figlia di Proteo, re degli argivi, la quale fu tolta in mog
sue sorelle, Ifinoe e Lisippa, fossero un giorno entrate in un tempio di Giunone, ove ben lontane dal rimanere con quel de
o mostrato un sacrilego disprezzo per la dea, proclamandosi più belle di Giunone stessa ; la quale, sdegnata contro le inc
si dettero a correre furiosamente per la campagna. Proteo, addolorato di vedere le proprie figlie ridotte a così mal parti
artito, proclamo un bando in tutti i suoi stati ; promettendo la mano di una di esse, all’uomo che le avesse guarite. Un f
proclamo un bando in tutti i suoi stati ; promettendo la mano di una di esse, all’uomo che le avesse guarite. Un famoso m
a cui la tradizione ripete che Apollo istesso avea conceduto il dono di predir l’avvenire, si presentò al re, promettendo
onceduto il dono di predir l’avvenire, si presentò al re, promettendo di guarire le sue figliuole, alle condizioni da lui
ioni da lui imposte. Il re ordinò si eseguissero alla lettera i cenni di Melampo ; e questi cominciò dall’ordinare un gran
a i cenni di Melampo ; e questi cominciò dall’ordinare un gran numero di sacrifizii, onde placare lo sdegno della dea. Tol
ta prima ragione del male, venne facilmente a capo, con la protezione di Apollo, del suo intento, ed infatti, poco tempo d
ali inferme, Melampo divenne genero del re. 2251. Ificlo. — Fu figlio di un re di Tessaglia, per nome Filaco. Non avendo p
me, Melampo divenne genero del re. 2251. Ificlo. — Fu figlio di un re di Tessaglia, per nome Filaco. Non avendo potuto ave
aglia, per nome Filaco. Non avendo potuto aver figli, dopo varii anni di matrimonio con la bella Astioca, sua consorte, eg
la Astioca, sua consorte, egli consultò il medico Melampo ; lo stesso di cui parlammo nell’articolo precedente ; onde sape
i cui parlammo nell’articolo precedente ; onde sapere da lui il mezzo di aver prole. Melampo gli disse allora che avesse c
che dopo qualche tempo avesse stemperato quella ruggine in una coppa di vino, e ne avesse bevuto per dieci giorni. Ificlo
sse bevuto per dieci giorni. Ificlo eseguì alla lettera le istruzioni di Melampo e coll’andare del tempo divenne infatti p
e istruzioni di Melampo e coll’andare del tempo divenne infatti padre di varii figliuoli, fra cui il più celebre fu il fam
che fu il primo dei greci guerrieri, caduto combattendo sotto le mura di Troja. Ificlo è ricordato nelle cronache mitologi
della corsa nei giuochi funebri, che Giasone fece celebrare in onore di Pelia. Ificlo ebbe anche nome uno dei guerrieri c
anche nome uno dei guerrieri che presero parte alla prima spedizione di Ercole, contro gli Elei. Ferito mortalmente dai f
a spedizione di Ercole, contro gli Elei. Ferito mortalmente dai figli di Attore, egli morì poco dopo e fu sotterrato a Fen
to a Feneone, nell’Elide. I Feneati onorarono annualmente il sepolcro di lui con solenni funerali ritenendolo come un eroe
iclo ebbe un figliuolo per nome Iolao che fu uno dei più fedeli amici di Ercole. V. Idra di Lerna. Ificlo similmente avea
olo per nome Iolao che fu uno dei più fedeli amici di Ercole. V. Idra di Lerna. Ificlo similmente avea nome un altro fra g
Ificlo similmente avea nome un altro fra gli Argonauti che fu figlio di Testio, e fratello di Altea. Ificlo da ultimo si
a nome un altro fra gli Argonauti che fu figlio di Testio, e fratello di Altea. Ificlo da ultimo si chiamò il fratello gem
, e fratello di Altea. Ificlo da ultimo si chiamò il fratello gemello di Ercole figlio di Anfitrione e di Alecmena. V. Anf
ltea. Ificlo da ultimo si chiamò il fratello gemello di Ercole figlio di Anfitrione e di Alecmena. V. Anfitrione, Alecmena
ultimo si chiamò il fratello gemello di Ercole figlio di Anfitrione e di Alecmena. V. Anfitrione, Alecmena, Ercole. La tra
ro, nelle sue cronache pagane, dice che questi due fanciulli nacquero di 10 mesi e fossero gemelli benchè concepiti tre me
, avesse voluto risparmiare alla sua amante Alcmena gli atroci dolori di un doppio sgravo. 2252. Ifide. — A proposito di q
ena gli atroci dolori di un doppio sgravo. 2252. Ifide. — A proposito di questa fanciulla la tradizione mitologica alla qu
le sue Metamorfosi, ripete che ella era nata femmina e che al momento di contrar matrimonio cangiasse di sesso divenendo u
lla era nata femmina e che al momento di contrar matrimonio cangiasse di sesso divenendo uomo. Il citato scrittore riferis
i sesso divenendo uomo. Il citato scrittore riferisce che nella città di Festo viveva un uomo poverissimo per nome Ligdo i
a una moglie chiamata Feletusa. Vedendola prossima al parto le impose di uccidere la sua creatura se fosse stata femmina,
i uccidere la sua creatura se fosse stata femmina, non avendo i mezzi di poterla allevare. Sgomentata la povera madre preg
a, perchè forse per un miracolo che gli dei vollero operare in favore di Feletusa, la creatura ch’ella partorì, avea tutte
ura ch’ella partorì, avea tutte e due i sessi. Ma giunto Ifide in elà di 13 anni fu dal padre destinato in consorte alla p
13 anni fu dal padre destinato in consorte alla più bella giovanetta di Festo, chiamata Giante, e non è a dire le astuzie
bella giovanetta di Festo, chiamata Giante, e non è a dire le astuzie di cui si valse Feletusa, onde differire almeno code
stuzie di cui si valse Feletusa, onde differire almeno codeste nozze, di cui ella sola conosceva l’impossibilità ; ma fina
pendo qual’altro pretesto trovare, onde impedire il matrimonio, pensò di ricorrere nuovamente alla protezione degli dei, e
amente alla protezione degli dei, e si recò in un tempio in compagnia di Ifide, onde implorere l’ajuto del cielo. Infatti
istesso più severo è fatto ; E la chioma più ruvida e più breve. Più di vigor che a femmina s’addica In te si manifesta,
o cangiamento, ritornò nel tempio a ringraziare gli dei ed in memoria di questo fatto fece incidere su di una pietra la se
a ringraziare gli dei ed in memoria di questo fatto fece incidere su di una pietra la seguente iscrizione : Ifide giovane
lti altri scrittori dell’antichità, pretendono che Ifigenia fu figlia di Elena e di Teseo, e che quando la madre di lei fu
crittori dell’antichità, pretendono che Ifigenia fu figlia di Elena e di Teseo, e che quando la madre di lei fu tolta al s
ono che Ifigenia fu figlia di Elena e di Teseo, e che quando la madre di lei fu tolta al suo primo rapitore, avesse nella
do la madre di lei fu tolta al suo primo rapitore, avesse nella città di Argo, dato i natali ed una bambina, che fu appunt
bambina, che fu appunto questa Ifigenia ; e che Clitennestra sorella di Elena, onde salvare l’onore della sorella, fece p
nuto questi coll’andar del tempo a conoscenza delle cosa non vide mai di buon occhio la principessa Ifigenia, e si vuole c
rincipessa Ifigenia, e si vuole che cogliesse con piacere l’occasione di liberarsene, allorchè si trattò di sagrificare un
cogliesse con piacere l’occasione di liberarsene, allorchè si trattò di sagrificare una propria sua figlia. In varie cron
onache dell’antichità si trova perfino ripetuto che il famoso oracolo di Aulide, che richiedeva il cruento sacrificio, fos
o oracolo di Aulide, che richiedeva il cruento sacrificio, fosse dato di comune accordo dall’indovino Calcante con lo stes
con lo stesso Agamennone. Altri scrittori fanno particolare menzione di due Ifigenie, una figlia di Agamennone e Clitenne
ltri scrittori fanno particolare menzione di due Ifigenie, una figlia di Agamennone e Clitennestra, l’altra figliuola di E
Ifigenie, una figlia di Agamennone e Clitennestra, l’altra figliuola di Elena. É questa almeno l’opinione seguita dal Rac
agedie del teatro tragico francese ; e dove chiama Erifile, la figlia di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quell
teatro tragico francese ; e dove chiama Erifile, la figlia di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella di Agamen
file, la figlia di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella di Agamennone e di Clitennestra. Ifigenia in Aulide
di Teseo e di Elena ; ed Ifigenia marcatamente quella di Agamennone e di Clitennestra. Ifigenia in Aulide è poi il titolo
litennestra. Ifigenia in Aulide è poi il titolo della famosa tragedia di Euripide, di cui daremo brevemente la tessitura s
Ifigenia in Aulide è poi il titolo della famosa tragedia di Euripide, di cui daremo brevemente la tessitura storica, valen
di Euripide, di cui daremo brevemente la tessitura storica, valendoci di essa come esposizione del fatto. Trattenuta l’arm
essa come esposizione del fatto. Trattenuta l’armata greca nel porto di Aulide da una interminabile bonaccia, i capitani
ci, e segnatamente Agamennone, che aveva il comando supremo pensarono di ricorrere allo indovino Calcante, onde additasse
rono di ricorrere allo indovino Calcante, onde additasse loro il modo di placare lo sdegno degli dei, e l’ira inesorabile
asse loro il modo di placare lo sdegno degli dei, e l’ira inesorabile di Nettuno. Compiutesi dall’ indovino Calcante le so
va l’inesorabile indovino, i greci si sarebbero un giorno impadroniti di quella città, che già tanto sangue costava alla G
to sangue costava alla Grecia. Ifigenia,….. doversi A Diana immolar, di questo suolo Abitatrice diva : amici i venti, Cer
questo suolo Abitatrice diva : amici i venti, Certa la presa diventar di Troja, Svenando lei, non la svenando. nulla. Ecr
n la svenando. nulla. Ecripide — Ifigenia in Aulide. Tragedia. Trad. di F. Bellotti. Agamennone stette lungamente sospes
roprio dovere come re e come guerriero ; e la tenerezza det suo cuore di padre ; ma finalmente il pensiero della grandezza
acoli e difficoltà d’ogni maniera, e la più insormontabile era quella di sottrarre Ifigenia, all’ affettuosa vigilanza mat
e era quella di sottrarre Ifigenia, all’ affettuosa vigilanza materna di Clitennestra, che seco in Argo la teneva carissim
ere il suo scopo, Agamennone allo ra scrisse alla regina, ordinandole di fare immediatamente recare in Aulide la giovanett
o scopo, e con ragioni e con lagrime e con lusinghe tenta, ma invano, di stornare dal capo amatissimo della figlia il dest
a lottar sola più lungo tempo, e convinta in certo modo dalle ragioni di patria e di gloria che Agamennone le pose sott’oc
a più lungo tempo, e convinta in certo modo dalle ragioni di patria e di gloria che Agamennone le pose sott’occhio finì el
e, e sull’ara si trova, svenata e palpitante, una cerva bianchissima, di una rara bellezza, che Diana stessa ha sostituito
e fede anco veduto Non otteneva. Palpitante al suolo Una cerva giacea di grande corpo E d’egregia figura, e lo cui sangue
a avea l’ara del nume Euripide — Ifigenia in Aulide — Tragedia trad. di F. Bellotti Differentemente dalla tradizione mi
la tradizione mitologica seguita dal tragico greco, e che noi abbiamo di sopra esposta, è opinione di altri non meno accre
ita dal tragico greco, e che noi abbiamo di sopra esposta, è opinione di altri non meno accreditati scrittori e cronisti d
che Ifigenia fosse stata realmente svenata, e che l’innocente sangue di lei avesse bagnato le are della superstizione rel
a si è che minacciato Agamennone dello sdegno celeste avesse risoluto di sacrificare la figlia onde placare gli dei ; ma c
ssione del padre e della figlia, si sarebbe contentata del sacrificio di una cerva invece di quello di Ifigenia la quale a
ella figlia, si sarebbe contentata del sacrificio di una cerva invece di quello di Ifigenia la quale avesse dovuto recarsi
a, si sarebbe contentata del sacrificio di una cerva invece di quello di Ifigenia la quale avesse dovuto recarsi in Taurid
vesse dovuto recarsi in Tauride, e servire la dea, per un dato numero di anni, come sacerdotessa. Il cronista Candiotto, c
asserendo che Agamennone non volle accondiscere a questo suggerimento di Calcante ; e che allora Ulisse fosse segretamente
a Ulisse fosse segretamente partito dal campo greco senza il consenso di Agamennone e si fosse recato presso Clitennestra,
a falsificata in cui era scritto, contraffacendo la scrittura del re, di lasciar partire la figlia Ifigenia per alla volta
isse istesso, atterrito da alcuni presagi, e spaventato dalle minacce di Achille, che aveva scoperto il raggiro, non avess
divinità, una cerva bianca. Ifigenia in Tauride, è un’altra tragedia di Euripide, il più illustre fra i tragici greci. Il
ragedia di Euripide, il più illustre fra i tragici greci. Il soggetto di quest’altra tragedia altro non è che la continuaz
ro non è che la continuazione ed il compimento dell’idea informatrice di quella intitolata Ifigenia in Aulide. Tolta la pr
le vittime umane, che doveano sacrificarsi alla divinità del luogo, e di prepararle al sacrifizio ; mentre l’atto di uccid
lla divinità del luogo, e di prepararle al sacrifizio ; mentre l’atto di ucciderie era destinato ad altre mani. Così Ifige
Oreste fratello d’Ifigenia, il quale avea ricevuto comando da Apollo di recarsi in Tauride, levare dal tempio la statua d
comando da Apollo di recarsi in Tauride, levare dal tempio la statua di Diana, che si credeva discesa dal cielo, e traspo
ificati ; allorchè Ifigenia, avendo inteso che quegli stranieri erano di Argo, propose loro di sacrificarne uno solo quant
genia, avendo inteso che quegli stranieri erano di Argo, propose loro di sacrificarne uno solo quante volte l’altro si fos
ificarne uno solo quante volte l’altro si fosse legato con giuramento di portare al fratello Oreste una lettera. A questo
atello Oreste una lettera. A questo nome succede il riconoscimento, e di comune accordo concertano di salvarsi insieme. In
questo nome succede il riconoscimento, e di comune accordo concertano di salvarsi insieme. Infatti Ifigenia delude la vigi
concertano di salvarsi insieme. Infatti Ifigenia delude la vigilanza di Toante, re della Tauride, e col pretesto di una c
genia delude la vigilanza di Toante, re della Tauride, e col pretesto di una cerimonia espiatoria, che dovea farsi sulle r
rive del mare, s’imbarca, con Oreste e Pilade portando seco la statua di Diana. 2254. Ifimedia. — Moglie di Aloo e figlia
e e Pilade portando seco la statua di Diana. 2254. Ifimedia. — Moglie di Aloo e figlia di Triopante. Nettuno s’innammorò p
do seco la statua di Diana. 2254. Ifimedia. — Moglie di Aloo e figlia di Triopante. Nettuno s’innammorò perdutamente di le
oglie di Aloo e figlia di Triopante. Nettuno s’innammorò perdutamente di lei, e la rese madre di due giganti, che dal nome
i Triopante. Nettuno s’innammorò perdutamente di lei, e la rese madre di due giganti, che dal nome del loro supposto padre
ratide, la quale stando un giorno con sua madre a celebrare i misteri di Bacco, sulla riva del mare, entrambe furono rapit
da intestine discordie, e desolata dalla peste, gemeva sotto il pesò di tante sciagure ; onde il re di Elide pensò di rec
lata dalla peste, gemeva sotto il pesò di tante sciagure ; onde il re di Elide pensò di recarsi in persona a Delfo per con
e, gemeva sotto il pesò di tante sciagure ; onde il re di Elide pensò di recarsi in persona a Delfo per consultare l’oraco
di Elide pensò di recarsi in persona a Delfo per consultare l’oracolo di Apollo, ed avere così il mezzo di far cessare tan
na a Delfo per consultare l’oracolo di Apollo, ed avere così il mezzo di far cessare tante sciagure. La Pitia sacerdotessa
, interrotta già da lunghi anni. In Grecia e propriamente nella città di Elide, nel tempio consacrato a Giunone, fu per lu
i giuochi Olimpici. V. Olimpici. 2256. Ifitima. — Mercurio s’innamorò di questa ninfa e la rese madre dei satiri. 2257. Ig
ano questa divinità come dea della buona salute, e la facevano figlia di Esculapio e della ninfa Lampezia, famosa nei fast
mosa nei fasti della favola, per la bellezza. Igiea aveva nella città di Sicione, in un tempio dedicato a suo padre. una s
atua, ricoperta interamente da un velo, e innanzi alla quale le donne di Sicione andavano ad offrire le loro chiome alla d
lla dea. Generalmente i pagani rappresentavano Igiea, sotto la figura di una donna giovane ed imponente d’aspetto ; coi tr
chè era costume assai generalizzato, soprattutto fra i ricchi pagani, di dedicare alla dea Igiea una sua statua, tutte le
he risanavano da una malattia. Si trova in varie cronache che il nome di Igiea si dava sovente a Minevra, la quale veniva
ndo che da essa dipendesse la salute dell’impero. 2258. Ila. — Figlio di Tiodamante, re della Misia, e compagno di Ercole,
impero. 2258. Ila. — Figlio di Tiodamante, re della Misia, e compagno di Ercole, che seguì in Colchide. La tradizione narr
no di Ercole, che seguì in Colchide. La tradizione narra, a proposito di questo giovane principe un luttuoso avvenimento,
he giunti gli Argonauti sulle spiagge della Troade mandarono una mano di esploratorl, comandati da Ila, ai quali dettero a
no di esploratorl, comandati da Ila, ai quali dettero anche il carico di provvedersi di acqua per la navigazione. Ila però
rl, comandati da Ila, ai quali dettero anche il carico di provvedersi di acqua per la navigazione. Ila però non fu più rin
imo, discese sulla spiaggia per ricercarlo facendo risuonare gli echi di quelle rive abbandonate del nome mille volte ripe
sso. Molti autori moderni italiani e stranieri, fra cui il Clerc sono di opinione che la parola Hila significhi legno, e c
le legna sul monte Ida, onde fabbricare un vascello per la spedizione di Troja ; e che il rumore prodotto dai rami tagliat
motivo alla favola d’Ila. 2259. Ilapinasto. — Gli abitanti dell’isola di Cipro davano codesto soprannome a Giove, il quale
ri nei fasti del paganesimo per il ratto che Castore e Polluce fecero di esse, nel momento istesso che stavano per dare la
fecero di esse, nel momento istesso che stavano per dare la loro fede di spose, a Linceo ed Ida, cugini germani dei due di
armi, per vendicare l’offesa mortale, ma nel conflitto Castore privò di vita Linceo, mentre Ida fu ucciso da Polluce, dop
tore privò di vita Linceo, mentre Ida fu ucciso da Polluce, dopo però di avere egli stesso trucidato Castore. In quanto ad
. Castore E Polluce. 2261. Ilarie. — In Roma si celebravano, in onore di Cibele, detta anche Magna Mater, alcune pubbliche
anche Magna Mater, alcune pubbliche feste alle quali si dava il nome di Ilarie, forse alludendo alle molte allegrezze di
uali si dava il nome di Ilarie, forse alludendo alle molte allegrezze di coloro che vi prendevano parte. Ognuno recava con
di coloro che vi prendevano parte. Ognuno recava con sè quanto aveva di più prezioso e se ne faceva offerta alla dea. Era
di più prezioso e se ne faceva offerta alla dea. Era altresì permesso di vestire qualsivoglia foggia di abito, come pure i
offerta alla dea. Era altresì permesso di vestire qualsivoglia foggia di abito, come pure il portare le insegne di qualunq
vestire qualsivoglia foggia di abito, come pure il portare le insegne di qualunque dignità. Nelle feste Ilarie veniva invo
va invocata la Terra come madre degli dei ; e durante la celebrazione di esse erano sospese tutte le lugubri cerimonie e a
se erano sospese tutte le lugubri cerimonie e avea tregua ogni specie di pubblico e privato dolore. 2262. Ilarità. — V. Al
ivato dolore. 2262. Ilarità. — V. Allegrezza. 2263. Iliade. — Il nome di questo classico poema, che è la più stupenda crea
a, che è la più stupenda creazione epica della immortale intelligenza di Omero, che l’Alighieri stesso chiamò il poeta sov
ella religione pagana. 2264. Ilio. — Detto anche Ilione. Il quarto re di Troja, chiamato Ilo, fece edificare una cittadell
o re di Troja, chiamato Ilo, fece edificare una cittadella nelle mura di Troja e da ciò i poeti e gli scrittori dell’antic
col nome d’Ilio o Ilione, non solo la cittadella, ma la città intera di Troja. 2265. Iliona. — Così avea nome una delle t
ra di Troja. 2265. Iliona. — Così avea nome una delle tante figliuole di Priamo, re di Troja. Gli scrittori dell’antichità
265. Iliona. — Così avea nome una delle tante figliuole di Priamo, re di Troja. Gli scrittori dell’antichità narrano a pro
Priamo, re di Troja. Gli scrittori dell’antichità narrano a proposito di questa principessa un lagrimevole fatto. Il re su
evole fatto. Il re suo padre la concesse in moglie a Polinnestore, re di Tracia, famoso per le sue crudeltà. Durante il de
re di Tracia, famoso per le sue crudeltà. Durante il decennio assedio di Troja, Priamo volendo mettere in salvo dalle crud
, lo fece uccidere dopo poco tempo e la sorella Iliona morì anch’essa di dolore. Il cronista Igino espone, però, diversame
ente il truce avvenimento. Secondo il citato scrittore, Iliona moglie di Polinnestore, ricevè il piccolo Polidoro, suo fra
, per prova, il perverso animo del marito, fece passare Difilo figlio di Polinnestore, come suo fratello ed allevò iuvece
piccolo Polidoro. Intanto Polinestore volendo far morire il figliuolo di suo suocero, dette ordine che si uccidesse il fan
ano ritenute come sacre perchè, secondo riferisce il cronista Massimo di Tiro, sulle rive di quel flume s’innalzavano le m
cre perchè, secondo riferisce il cronista Massimo di Tiro, sulle rive di quel flume s’innalzavano le mura d’un istituto re
n istituto religioso detto il sacro istituto. 2267. Ilizia. — Sorella di Ebe e figlia della dea Giunone. I pagani credevan
iglia della dea Giunone. I pagani credevano che Ilizia, a somiglianza di sua madre, presiedesse al doloroso mistero dello
el parto, le donne facevono dei sacrifizi a questa dea, credendo così di liberarsi più presto. Le cronache dell’antichità
io consacrato alla dea Ilizia, una moneta, alla nascita ed alla morte di ogni persona, e ripetono che il saggio re avesse
2268. Ilo. — I cronisti della mitologia dicono, che Ascanio figliuolo di Enea, si chiamasse con questo primitivo nome dura
ittadella d’Ilione, stette in piedi ; e che non fu che dopo la caduta di questa che egli si chiamasse Iulio e secondo altr
ficatore della famosa cittadella — V. Ilio. La favola lo fa figliuolo di Tros e della ninfa Calliroe, e fratello di Ganime
La favola lo fa figliuolo di Tros e della ninfa Calliroe, e fratello di Ganimede e di Assaraco, e padre di Laomedonte. Il
fa figliuolo di Tros e della ninfa Calliroe, e fratello di Ganimede e di Assaraco, e padre di Laomedonte. Ilo detto anche
e della ninfa Calliroe, e fratello di Ganimede e di Assaraco, e padre di Laomedonte. Ilo detto anche Ilio, fu finalmente u
padre di Laomedonte. Ilo detto anche Ilio, fu finalmente un figliuolo di Ercole e della bella Dejanira. Durante il tempo c
V. Ercole, egli aveva affidato la moglie e i figliuolo alla custodia di Ceice, re di Trachina. Narra la cronaca che trasc
gli aveva affidato la moglie e i figliuolo alla custodia di Ceice, re di Trachina. Narra la cronaca che trascorso più d’un
ulla sorte dello sposo, esortò il figliuolo Ilio ad andare in traccia di suo padre, per cer care di saperne il destino. Il
rtò il figliuolo Ilio ad andare in traccia di suo padre, per cer care di saperne il destino. Ilio cedendo alle preghiere d
la madre partì, e dopo molte ricerche ritrovò finalmente, nella città di Cenea, l’eroe suo padre occupato nella fabbricazi
, nella città di Cenea, l’eroe suo padre occupato nella fabbricazione di un tempio a Giove ; ma sventuratamente giunse pre
fabbricazione di un tempio a Giove ; ma sventuratamente giunse presso di lui nel momento in che il fatale dono della camic
giunse presso di lui nel momento in che il fatale dono della camicia di Nesso. V. Dejanira, Ercole, Nesso — aveva sconvol
volta la ragione dell’eroe, che riconoscendo il figliuolo lo incaricò di portare alla madre le sue imprecazioni. Ilio info
ra caduta ad istigazione del perverso Centauro, scusò la madre presso di Ercole, il quale sentendo approssimarsi l’ultima
le, il quale sentendo approssimarsi l’ultima sua ora, ordinò ad Ilio, di portarlo sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e
simarsi l’ultima sua ora, ordinò ad Ilio, di portarlo sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e di accenderlo con le propri
ordinò ad Ilio, di portarlo sul monte Oeta, di stenderlo sul rogo, e di accenderlo con le proprie sue mani, imponendogli
on le proprie sue mani, imponendogli sotto pena della sua maledizione di sposare Iole. Morto Ercole, Ilio si ritrasse pres
tato rimesso nei suoi stati da Ercole, accolse benignamente il figlio di lui, riconoscente al beneficio che avea ricevuto
eneficio che avea ricevuto dal morto eroe. Ma l’irreconciliabile odio di Euristeo, il quale anche dopo la morte di Ercole
Ma l’irreconciliabile odio di Euristeo, il quale anche dopo la morte di Ercole perseguitò i discendenti di lui, temendo i
steo, il quale anche dopo la morte di Ercole perseguitò i discendenti di lui, temendo in Illo un vendicatore andò a turbar
a turbarlo nel suo ritiro, ond’egli non sentendosi più sicuro presso di Epalio, ricorse a Teseo, re di Atene. Questo prin
’egli non sentendosi più sicuro presso di Epalio, ricorse a Teseo, re di Atene. Questo principe, legato di parentela e d’a
esso di Epalio, ricorse a Teseo, re di Atene. Questo principe, legato di parentela e d’amicizia con Ercole prese a difende
essi uno stabilimento nell’Attica ; legò i suoi sudditi d’interessi e di relazioni con quelli ; e allorquando Euristeo mos
i e di relazioni con quelli ; e allorquando Euristeo mosse alla testa di un esercito alla volta di Atene per scacciarne gl
i ; e allorquando Euristeo mosse alla testa di un esercito alla volta di Atene per scacciarne gli Eraclidi, Illo, duce sup
e ateniesi, impegnò la battaglia contro il proprio nemico e lo uccise di sua mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fi
lia contro il proprio nemico e lo uccise di sua mano. Ma con la morte di Euristeo non ebbe fine l’inimicizia fra gli Eracl
l’inimicizia fra gli Eraclidi ed i Pelopidi ; e la guerra minacciava di durar Inngamente, allorchè Illo, per porvi un ter
amente, allorchè Illo, per porvi un termine, mandò ai nemici un bando di sfida, offerendo di battersi personalmente contro
o, per porvi un termine, mandò ai nemici un bando di sfida, offerendo di battersi personalmente contro chiunque si fosse p
lidi non avrebbero potuto entrare nel Peloponneso che dopo un periodo di cento anni. Nel combattimento Illo fu ucciso e gl
Peloponneso che dopo il tempo stabilito. 2269. Imbrasia. — Soprannome di Giunone, che a lei veniva da un flume chiamato Im
he a lei veniva da un flume chiamato Imbraso, che scorreva nell’isola di Samo. I sacerdoti della dea in alcuni giorni dell
doti della dea in alcuni giorni dell’anno andavano a lavare la statua di lei nelle acque di quel flume che perciò erano ri
lcuni giorni dell’anno andavano a lavare la statua di lei nelle acque di quel flume che perciò erano ritenute come sacre.
270. Imene. — Detto anche Imeneo. Le cronache mitologiche, ci parlano di questo giovane ateniese come di un uomo di estrem
. Le cronache mitologiche, ci parlano di questo giovane ateniese come di un uomo di estrema bellezza, ma di oscuri natali
he mitologiche, ci parlano di questo giovane ateniese come di un uomo di estrema bellezza, ma di oscuri natali e poverissi
no di questo giovane ateniese come di un uomo di estrema bellezza, ma di oscuri natali e poverissimo. Ancora fanciullo s’i
perdutamente d’una giovanetta ateniese e non potendo nemmeno sperare di farla sua un giorno per esser ella di nobile e ri
e e non potendo nemmeno sperare di farla sua un giorno per esser ella di nobile e ricca famiglia, si contentò di seguitarl
sua un giorno per esser ella di nobile e ricca famiglia, si contentò di seguitarla da per ogni dove, felice di poterla al
e ricca famiglia, si contentò di seguitarla da per ogni dove, felice di poterla almeno vedere e di sentire qualche volta
ntò di seguitarla da per ogni dove, felice di poterla almeno vedere e di sentire qualche volta il suono della sua voce ado
lta il suono della sua voce adorata. Avvenne intanto, che nella città di Atene si cominciavano a fare i preparativi per le
ella città di Atene si cominciavano a fare i preparativi per le feste di Cerere, che con gran pompa si celebravano una vol
si sarebbe recata alle feste e spinto dell’amore concepì il pensiero di vestirsi da donna onde poter rimanere vicino alla
. Mentre le feste erano già cominciate e Imene assaporava la felicità di star vicino alla diletta del suo cuore, una mano
orava la felicità di star vicino alla diletta del suo cuore, una mano di corsari piombarono improvvisamente sulle donne at
o allora profittando del sonno dei rapitori propose alle sue compagne di aventura di uccidere i corsari ; e postosi alla t
fittando del sonno dei rapitori propose alle sue compagne di aventura di uccidere i corsari ; e postosi alla testa delle p
verso Atene. Quivi giunto, radunò il popolo e propose ai magistrati, di liberare le altre donne ateniesi dalle mani dei c
le altre donne ateniesi dalle mani dei corsari richiedendo in premio di quanto egli avrebbe operato, la mano di una giova
corsari richiedendo in premio di quanto egli avrebbe operato, la mano di una giovanetta ch’egli amava. La proposta fu acce
ttata e Imene parti la sera stessa per l’isola dei corsari alla testa di una forte mano di soldati e provveduto di quanto
i la sera stessa per l’isola dei corsari alla testa di una forte mano di soldati e provveduto di quanto era necessario all
sola dei corsari alla testa di una forte mano di soldati e provveduto di quanto era necessario alla spedizione, la quale a
duto di quanto era necessario alla spedizione, la quale andò coronata di lieto successo, imperocchè dopo pochi giorni il g
anetta che formava tutto il suo amore. Gli ateniesi in commemorazione di questo fatto invocarono sempre Imene nella celebr
no delle feste in suo onore chiamate Imenee. Da ciò emerge il simbolo di Imeneo dio delle nozze, che alcuni autori fanno f
simbolo di Imeneo dio delle nozze, che alcuni autori fanno figliuolo di Bacco e di Venere, altri di Urania ed altri final
Imeneo dio delle nozze, che alcuni autori fanno figliuolo di Bacco e di Venere, altri di Urania ed altri finalmentedi Apo
nozze, che alcuni autori fanno figliuolo di Bacco e di Venere, altri di Urania ed altri finalmentedi Apollo e di Calliope
di Bacco e di Venere, altri di Urania ed altri finalmentedi Apollo e di Calliope. I pagani rappresentavano Imeneo sotto l
llo e di Calliope. I pagani rappresentavano Imeneo sotto le sembianze di un giovanetto bellissimo, coronato di fiori ; con
avano Imeneo sotto le sembianze di un giovanetto bellissimo, coronato di fiori ; con una fiaccola accesa nella mano destra
onato di fiori ; con una fiaccola accesa nella mano destra ed un velo di color giallo nella sinistra, e ciò, secondo Plini
econdo Plinio, perchè le spose greche costumavano adornarsi d’un velo di questo colore, quando andavano all’altare. 2271.
o di questo colore, quando andavano all’altare. 2271. Imero. — Figlio di Lacedemone e di una ninfa bellissima per nome Tai
re, quando andavano all’altare. 2271. Imero. — Figlio di Lacedemone e di una ninfa bellissima per nome Taigete. A proposit
di Lacedemone e di una ninfa bellissima per nome Taigete. A proposito di questo giovanetto le cronache dell’antichità ci h
icordo. Ripete la tradizione che essendosi Imero tirato addosso l’ira di Venere, la dea per vendicarsi fece in modo, che u
a sera egli senza conoscere la propria sorella Cleudice avesse gioito di lei. Il giorno seguente venuto a conoscenza dell’
i prese il suo nome, uscisse dalle onde una pietra che aveva la forma di un elmo che gli antichi chiamarono Trafitide ; e
hi chiamarono Trafitide ; e che questa pietra aveva la strana facoltà di saltare da sè sola, sulla sponda tutte le volte c
sponda tutte le volte che gli echi circostanti ripetevano lo squillo di una tromba. Altre opinioni asseriscono che il fiu
riscono che il fiume Imero cangiasse nuovamente il suo nome in quello di Eurola, per una consimile congiuntura V. Eurota.
ola, per una consimile congiuntura V. Eurota. Imero era anche il nome di un dio dei desiderii, che i pagani ponevano insie
dell’amore, e che tutti e tre venivano simboleggiati sotto la figura di tre amorini. 2272. Imezio. — Nelle circostanze di
ati sotto la figura di tre amorini. 2272. Imezio. — Nelle circostanze di Atene sorgeva una montagna conosciuta sotto il no
le circostanze di Atene sorgeva una montagna conosciuta sotto il nome di Imetto, sulla quale Giove aveva un tempio a lui c
un tempio a lui consacrato, perchè la tradizione asseriva che le api di quella montagna avevan cibato Giove bambino del l
agna avevan cibato Giove bambino del loro miele ; e che in ricompensa di ciò, il padre degli dei avea conceduto a quelle a
nsa di ciò, il padre degli dei avea conceduto a quelle api la facoltà di fare il miele più squisito di tutte le altre. Da
avea conceduto a quelle api la facoltà di fare il miele più squisito di tutte le altre. Da questo fatto si dava il nome d
d’Imezio a Giove stesso. 2273. Imperatore. — Un altro dei soprannomi di Giove, col quale aveva nel Campidoglio una statua
ia. 2274. Imprecazioni. — In latino dirœ. Era questa la denominazione di alcune divinità, che presso i pagani eran ritenut
avano le imprecazioni, allorquando ci ripete quelle contro l’uccisore di Lajo. Di questa terra, ond’ho possanza e trono,
oco Ciò che agli altri imprecal. Sofocle — Edipo Re — Tragedia trad. di F. Bellotti. Presso i pagani varie erano le form
no o quelle contro i violatori dei sepolcri. 2275. Impudenza. — Anche di questa avevano i greci fatta una divinità e le av
gani come un animale senza pudore. 2276. Inace. — Fondatore del regno di Argo e stipite fondamentale degli Inachidi : fu f
i Inachidi : fu figliuolo dell’Oceano. Pausania riferisce a proposito di lui, che avendo fatto scavare un nuovo letto al f
attiene, fra Nettuno e Giunone surse una contesa, pretendendo ognuna di queste divinità di avere la supremazia sul regno
no e Giunone surse una contesa, pretendendo ognuna di queste divinità di avere la supremazia sul regno di Argo. A giudici
retendendo ognuna di queste divinità di avere la supremazia sul regno di Argo. A giudici della contesa furono chiamati Ina
contesa furono chiamati Inaco, ed altri due fiumi, del paese e questi di comune accordo giudicarono in favore di Giunone.
due fiumi, del paese e questi di comune accordo giudicarono in favore di Giunone. Nettuno sdegnato disseccò i tre fiumi. I
ore di Giunone. Nettuno sdegnato disseccò i tre fiumi. Inaco fu padre di varii figliuoli di cui i più ricordati sono Foran
tuno sdegnato disseccò i tre fiumi. Inaco fu padre di varii figliuoli di cui i più ricordati sono Foraneo ed Io. 2277. Ina
nosciuta oggi sotto il nome d’Ischia. Virgilio dice che sotto le rupi di quell’isola giace fulminato da Giove il gigante T
ola giace fulminato da Giove il gigante Tifeo. 2278. Incubi. — Specie di Genii che i pagani classificavano fra i loro dei
e si dava ad Ercole, secondo Cicerone, dal fatto seguente. Nel tempio di questo dio, si conservava fra gli arredi sacri, u
dio, si conservava fra gli arredi sacri, una tazza d’oro pesantissima di grande valore, la quale un bel giorno fu rubata s
acque per allora, ma essendosi lo stesso sogno ripetuto per tre notti di seguito, all’indomani del terzo giorno si present
he fu rimessa al suo posto. Da questo fatto Ercole ebbe il soprannome di Indicante. 2280. Indigeto. — Con la denominazione
be il soprannome di Indicante. 2280. Indigeto. — Con la denominazione di Giove Indigeto, i romani indicavano Enea, perchè
ia, contro Mezenzio, combattuta sulle rive del fiume Numico, il corpo di lui non si potè più rinvenire, perchè Venere, mad
l’aveva posto fra gli dei, dopo averne purificato il corpo nelle onde di quel fiume. Al dire di Tito Livio, si vedeva anco
ei, dopo averne purificato il corpo nelle onde di quel fiume. Al dire di Tito Livio, si vedeva ancora ai suoi tempi un mon
a gli dei. Oltre a questo i romani davano la denominazione collettiva di dei indigeti a tutti gli eroi che essi avevano di
leva che la Indovinazione altro non fu da principio se non una specie di arte ignota e misteriosa, la quale per mezzo di a
pio se non una specie di arte ignota e misteriosa, la quale per mezzo di assiduo studio sugli avvenimenti del passato, pro
per mezzo di assiduo studio sugli avvenimenti del passato, procurava di scoprire l’avvenire, e quanto potea succedere col
più facilmente accadere presso quei popoli, che professavano un culto di religione pieno a ribocco di superstiziose creden
o quei popoli, che professavano un culto di religione pieno a ribocco di superstiziose credenze : tanto più poi perchè l’u
atura preoccupato sempre ed inquieto dell’avvenire, ha cercato sempre di penetrare negli arcani di quello e di squarciare
d inquieto dell’avvenire, ha cercato sempre di penetrare negli arcani di quello e di squarciare il fitto velo che lo nasco
ell’avvenire, ha cercato sempre di penetrare negli arcani di quello e di squarciare il fitto velo che lo nasconde ai suoi
za arcana e misteriosa, furono gli egizii ed i greci, i quali osarono di formarne una scienza fondata su regole e su prece
arne una scienza fondata su regole e su precetti più o meno strani, e di legarla alla religione, onde fare che, venendo es
d’Indovini. Riserbandoci a parlare partitamente al vocabolo Teurgia, di quanto concerne la divinazione naturale, diremo q
ne naturale, diremo qui che quattro erano, presso i pagani, le specie di divinazioni più in uso ; alle quali, si dava il n
pecie di divinazioni più in uso ; alle quali, si dava il nome proprio di , Aeromanzia, quante volte si faceva uso dell’aria
l nome proprio di, Aeromanzia, quante volte si faceva uso dell’aria ; di Idromanzia quando s’adoperava l’acqua ; di Geoman
si faceva uso dell’aria ; di Idromanzia quando s’adoperava l’acqua ; di Geomanzia quando adoperavano il terreno e finalme
ava l’acqua ; di Geomanzia quando adoperavano il terreno e finalmente di Piromanzia, quando si servivano del fuoco. Oltre
nzia, quando si servivano del fuoco. Oltre a queste principali specie di divinazione, ve ne era un altro larghissimo numer
menzionati, secondo che l’ordine alfabetico da noi seguito nel corso di questa nostra opera, ce ne ha porto l’occasione.
ra, ce ne ha porto l’occasione. Queste differenti e moltiplici specie di divinazioni erano dette, astrologia, assinomanzia
omanzia, litomanzia, negromanzia ecc. ecc. e un altro infinito numero di denominazioni delle quali han fatto menzione quas
ne avevano fatta una divinità, e la rappresentavano sotto lo aspetto di una donna tranquilla e sorridente ; dallo sguardo
l’Olimpo, abituale dimora degli dei, e il Tartaro, ove era la reggia di Plutone. Al dire dei filosofi dell’antichità, l’i
te distante da tutti i luoghi della terra ; e ciò, secondo l’opinione di Cicerone, veniva asserito per esprimere che dev’e
ssaggi particolari dai quali, si andava all’inferno ; così la caverna di Tenaro, nella Lacedemonia ; la caverna Acherusia,
Lacedemonia ; la caverna Acherusia, in Epiro ; il passo, detto Bocca di Plutone, nella Laodicea ecc. Senofonte, scrive ch
per discendere all’Inferno e presentarsi a Plutone, passi la caverna di Tenaro in fondo alia quale ritrovò il fiume Acher
fondo alia quale ritrovò il fiume Acheronte, che traversò sulla barca di Caronte, la quale la lasciò innanzi al trono di P
traversò sulla barca di Caronte, la quale la lasciò innanzi al trono di Plutone, custodita da Cerbero. Secondo ripete la
manza adottata da tutti gli altri abitanti della Grecia, quella cioè, di mettere nelle labbra dei loro morti, una piccola
uale residenza nell’Inferno le Furie. Vedi Furie. Le Eumenidi, l’Idra di Lerna, i Giganti, le Arpie, i Centauri, la Discor
’Indigenza, la Morte, la Chimera, le Gorgoni e tutti infine i mostri, di che l’immaginazione dei poeti dell’antichità, e l
l’immaginazione dei poeti dell’antichità, e le superstiziose credenze di quei tempi, avevano largamente popolata la religi
e de le Furie I ferrati covili, il Furor folle, L’empia Discordia che di serpi lui ’l crine, E di sangue mai sempre il vol
ovili, il Furor folle, L’empia Discordia che di serpi lui ’l crine, E di sangue mai sempre il volto intriso. Nel mezzo erg
’ ha la sua vana immago e il suo fantasma. Molte, oltre a ciò, vi son di varie fere Mostruose apparenze. In su le porte I
In su le porte I biformi Centauri, e le biformi Due Scille : Brïareo di cento doppi : La Chimera di tre, che con tre hocc
ntauri, e le biformi Due Scille : Brïareo di cento doppi : La Chimera di tre, che con tre hocche Il foco avventa : il gran
La Chimera di tre, che con tre hocche Il foco avventa : il gran Serpe di Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo
ergini insieme, augelli e cagne. Virgilio — Eneide — Libro VI. trad. di A. Caro : 2285. Iniziali. — Detti anche Initali,
che significa consacrare, introdurre. Si dava codesto nome ai misteri di Cerere, perchè bisognava essere iniziato al culto
nome ai misteri di Cerere, perchè bisognava essere iniziato al culto di quella dea per assistervi. 2286. Ino. — Figlia di
e iniziato al culto di quella dea per assistervi. 2286. Ino. — Figlia di Cadmo e di Armonia. Ella fu tolta in moglie, in s
al culto di quella dea per assistervi. 2286. Ino. — Figlia di Cadmo e di Armonia. Ella fu tolta in moglie, in seconde nozz
di Armonia. Ella fu tolta in moglie, in seconde nozze da Atamante, re di Tebe, il quale la rese madre di due figliuoli, Me
lie, in seconde nozze da Atamante, re di Tebe, il quale la rese madre di due figliuoli, Melicerta e Learco. Ella trattò co
adre di due figliuoli, Melicerta e Learco. Ella trattò con vero cuore di madrigna, Elle e Frisso, figliuoli del primo lett
con vero cuore di madrigna, Elle e Frisso, figliuoli del primo letto di suo marito ; e tanto che, sapendo che, per diritt
del primo letto di suo marito ; e tanto che, sapendo che, per diritto di primogenitura, sarebbe a questi spettato di succe
sapendo che, per diritto di primogenitura, sarebbe a questi spettato di succedere al trono del padre loro, a detrimento d
ere al trono del padre loro, a detrimento dei propri figliuoli, pensò di far morire i suoi figliastri, e per raggiungere c
e dei suoi concittadini, e dette ai suoi tenebrosi maneggi, una tinta di religione. In quel torno di tempo, la città di Te
ette ai suoi tenebrosi maneggi, una tinta di religione. In quel torno di tempo, la città di Tebe, fu desolata da una terri
osi maneggi, una tinta di religione. In quel torno di tempo, la città di Tebe, fu desolata da una terribile carestia, (del
ean per costume d’interrogare l’oracolo, così quando si cercò il modo di far cessare la carestia, i sacerdoti del maggior
cò il modo di far cessare la carestia, i sacerdoti del maggior tempio di Tebe, subornati dall’oro della regina, e venduti
di Tebe, subornati dall’oro della regina, e venduti alle infami mire di lei, risposero che a far cessare il flagello, bis
scenza dei crudeli raggiri della moglie, trasportato dall’ira, uccise di sua mano il proprio figliuolo Learco e si dette a
o il citato scrittore, la dea Giunone, non ancora placata dalla morte di Semele, perseguitò Ino, sorella di quella, per av
ne, non ancora placata dalla morte di Semele, perseguitò Ino, sorella di quella, per aver preso cura del piccolo Bacco, fi
Ino, sorella di quella, per aver preso cura del piccolo Bacco, figlio di Giove e di Semele ; e giurò di riportare su di In
a di quella, per aver preso cura del piccolo Bacco, figlio di Giove e di Semele ; e giurò di riportare su di Ino tutto lo
r preso cura del piccolo Bacco, figlio di Giove e di Semele ; e giurò di riportare su di Ino tutto lo sdegno della sua ter
piccolo Bacco, figlio di Giove e di Semele ; e giurò di riportare su di Ino tutto lo sdegno della sua terribile vendetta.
sdegno della sua terribile vendetta. A tale uopo, comandò alle furie di turbare la ragione di Atamante, ed egli infatti p
ibile vendetta. A tale uopo, comandò alle furie di turbare la ragione di Atamante, ed egli infatti percosso nello intellet
mato in un bosco ; la moglie ed i figliuoli in fiere, e in un accesso di questa abberrazione schiacciò contro il muro il c
i sentieri sottomarini a lei solo cogniti. Ma la implacabile vendetta di Giunone, non si tenne paga alle sventure sofferte
ferte dalla povera Ino, e appena ella giunse in Italia suscitò contro di essa le Baccanti le quali un giorno circondandola
un giorno circondandola e riempiendo l’aria, secondo il loro costume, di grida assordanti, colpirono Ino di durissime batt
o l’aria, secondo il loro costume, di grida assordanti, colpirono Ino di durissime battiture ; sotto le quali la sventurat
nturata sarebbe morta per certo, se non si fosse trovato a passar per di là Ercole, il quale ritornava dalla Spagna. L’ero
inità marittima, che i romani avrebbero adorata sotto il nome proprio di Matuta, e i greci sotto quello di Leucotoe. Infat
bbero adorata sotto il nome proprio di Matuta, e i greci sotto quello di Leucotoe. Infatti Nettuno, poco tempo dopo cedend
di Leucotoe. Infatti Nettuno, poco tempo dopo cedendo alle preghiere di Venere, ricevè Ino e il figliuolo Melicerta fra l
dasse alle donne incinte. 2288. Intestina delle vittime. — L’incarico di esaminare le viscere delle vittime, svenate nei s
omento stesso che esse venivano esaminate, onde significare per mezzo di quelle, la loro volontà. Però presso gli antichi
i si avvalevano dell’ignoranza del popolo, come han fatto i sacerdoti di tutti i tempi, onde mantenere schiave la masse, e
no personificato anche l’inverno, rappresentandolo sotto le sembianze di un uomo di matura età, coperto di panni pesanti,
icato anche l’inverno, rappresentandolo sotto le sembianze di un uomo di matura età, coperto di panni pesanti, inghirlanda
rappresentandolo sotto le sembianze di un uomo di matura età, coperto di panni pesanti, inghirlandato d’una corona di rami
o di matura età, coperto di panni pesanti, inghirlandato d’una corona di rami senza foglie, e con in mano un uccello acqua
in mano un uccello acquatico. 2290. Invidia. — I greci aveano fatto di questa triste passione un dio, essendo la parola
eano fatto di questa triste passione un dio, essendo la parola φδονος di genere mascolino ; mentre i latini ne aveano fatt
ne aveano fatto una dea, essendo nella loro lingua la parola invidia di genere feminile. Le cronache dell’antichità non f
di genere feminile. Le cronache dell’antichità non fanno menzione, nè di altari, nè di statue erette a questa divinità ; e
nile. Le cronache dell’antichità non fanno menzione, nè di altari, nè di statue erette a questa divinità ; e solo alcuni a
i autori come Luciano ed Ovidio, ci hanno trasmesso delle descrizioni di questa funesta passione, prese dagl’invidiosi med
l Cav. Ermolao Federico. 2291. Invincibile. — Era uno dei soprannomi di Giove. In Roma durante gl’Idi di Giugno, venivano
nvincibile. — Era uno dei soprannomi di Giove. In Roma durante gl’Idi di Giugno, venivano celebrate solenni feste in onore
a durante gl’Idi di Giugno, venivano celebrate solenni feste in onore di Giove Invincibile. 2292. Io. — Figlia del fiume I
e. 2292. Io. — Figlia del fiume Inaco. La cronaca mitologica racconta di lei, che essendosene Giove perdutamente invaghito
e usciva sola della casa paterna, e per impedirle la fuga, la ricinse di una densa nuvola, la cui oscurità si sparse tutta
i sparse tutta all’intorno. Sorpresa Giunone a veder la terra coperta di tenebre, mentre il cielo era sereno, scese subito
nto delle sue forme, per modo che Giunone stesso non potè fare a meno di ammirarla, e fingendo di ignorare quanto era avve
modo che Giunone stesso non potè fare a meno di ammirarla, e fingendo di ignorare quanto era avvenuto, dimandò a Giove di
mmirarla, e fingendo di ignorare quanto era avvenuto, dimandò a Giove di chi fosse quella giovenca e a qual mandra apparte
Giove risposte che l’avea prodotta la terra, Giunone chiese al marito di donarle quella giovenca. Giove suo malgrado condi
Federico. Ora avvenne che mentre Io, sotto la custodia instancabile di Argo, pascolava un giorno sulle sponde del fiume,
bile di Argo, pascolava un giorno sulle sponde del fiume, Inaco padre di lei, attratto dalla bellezza di quello animale, l
o sulle sponde del fiume, Inaco padre di lei, attratto dalla bellezza di quello animale, le mise d’innanzi un fascio d’erb
ortese, ed avendo riconosciuto suo padre, lambì a lui le mani in atto di riconoscenza, mentre due lagrime le caddero dagl’
rpreso nel sonno l’incorruttibile custode, lo uccise. Però alla morte di lui, non diminuirono i mali della perseguitata, i
i mali della perseguitata, imperocchè Giunone vieppiù sdegnata contro di lei, le fece apparire una furia, la quale turband
tanto cronisti come poeti, si narra il fatto medesimo con l’aggiunta di altre congiunture. Infatti, presso quasi tutti g
dal suo nome fu detto mare Ionio, …….. e tutto poi Quel gran tratto di mar, sappi che sempre Sarà Ionio nomato, appo i m
viaggio monumento eterno. Eschilo — Prometeo Legato — Tragedia trad. di F. Bellotti e andò nell’Illino, donde traversan
porta lo stesso nome, lo passò come il mare e da questo prese il nome di Bosforo. …….. onde poi sempre Bimarrà fra’ morta
o nomato Sarà quel golfo. Eschilo — Prometeo Legato — Tragedia Trad. di F. Bellotti. Ma non si arrestò quivi, perchè spi
rezzando ; e il bruno Epafo a lui partorirai tu quindi Che fia signor di quanto suolo irriga Il Nilo ampiofluente. Eschil
iga Il Nilo ampiofluente. Eschilo — Prometeo Legato — Tragedia Trad. di F. Bellotti. A queste rivelazioni, un novello ac
gedia Trad. di F. Bellotti. A queste rivelazioni, un novello accesso di furore colpisce la sventurata Io, la quale lascia
pinioni dei più chiari scrittori dell’antichità, che Io, sacerdotessa di Giunone, fu amata da un re di Argo, per nome Api,
ri dell’antichità, che Io, sacerdotessa di Giunone, fu amata da un re di Argo, per nome Api, il quale era soprannominato G
ngelosita la regina avesse fatto rapire Io, affidandola alla custodia di un suo seguace, per nome Argo, il quale Api avess
erò temendo la vendetta della regina, s’imbarcò per lontani viaggi su di una nave, che avea nella prora la figura di una v
rcò per lontani viaggi su di una nave, che avea nella prora la figura di una vacca, e questo ha dato motivo alla favolosa
igura di una vacca, e questo ha dato motivo alla favolosa metamorfosi di Io in giovenca. Pausania riferisce che lo non fos
ume Inaco, come vuole la maggioranza degli autori, ma invece la madre di lei avesse nome Iaso, figlinola di Triopante, det
a degli autori, ma invece la madre di lei avesse nome Iaso, figlinola di Triopante, detto anche Triopa, settimo re di Argo
sse nome Iaso, figlinola di Triopante, detto anche Triopa, settimo re di Argo. Erodoto ripete invece, che la principessa I
ai proprii genitori, in Argo, come rappresaglia vendicativa del ratto di Europa, Figlia di Agenore, re di Fenicia. V. Euro
i, in Argo, come rappresaglia vendicativa del ratto di Europa, Figlia di Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il
e rappresaglia vendicativa del ratto di Europa, Figlia di Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il nome di Ifide,
ropa, Figlia di Agenore, re di Fenicia. V. Europa. Finalmente il nome di Ifide, col quale Io fu adorata come una Dea, le v
dare dei contrassegni sensibili, della loro presenza, col compimento di qualche prodigio. Dionigi d’Alicarnasso, era talm
fra tutti gli altri autori dell’ antichità, non si può dar certo nome di credulo, ripete sovente, nelle sue opere, che le
ui cittadini. 2294. Iperborio. — Dalle due parole greche υπερ, βορεης di la e Borea ; si dava, secondo riferisce Diodoro,
tentrionali del mondo conosciuto dagli antichi, quasi si volesse dire di la dal vento Borea. Il soprannome d’Iperboreo, si
a mandare ogn’ anno, le primizie della terra, come offerta nel tempio di Delo. Da principio anzi queste offerte erano uman
ne, imperocchè si mandavano tre vergini accompagnate da cento giovani di sperimentato coraggio, che portavano le offerte ;
sendo state una volta violate le leggi dell’ ospitalità, fu stabilito di far passare le offerte di mano in mano, fino a De
ate le leggi dell’ ospitalità, fu stabilito di far passare le offerte di mano in mano, fino a Delo, e si presero perciò gl
vavano sulla via, che dal paese degl’ Iperborei, conduceva all’ isola di Delo, ove Apollo a causa di questa grande devozio
ese degl’ Iperborei, conduceva all’ isola di Delo, ove Apollo a causa di questa grande devozione che aveano per lui quegl’
dditato col soprannome d’Iperboreo. 2295. Iperione. — Fratello minore di Saturno e figlio di Urano. Secondo la tradizione
me d’Iperboreo. 2295. Iperione. — Fratello minore di Saturno e figlio di Urano. Secondo la tradizione a cui si attiene Esi
l’assiduità delle sue osservazioni, il corso del sole, e il movimento di rotazione degli altri corpi che occupano lo spazi
a in moglie la stessa sua sorella chiamata Basilea, che lo rese padre di due figliuoli, un maschio ed una femmina ; il pri
. Ingelositi intanto gl’altri re dal vedere che Iperione avesse prole di così stupenda e maravigliosa bellezza, congiuraro
esse prole di così stupenda e maravigliosa bellezza, congiurarono fra di loro di togliere la vita ad Iperione, e di annega
le di così stupenda e maravigliosa bellezza, congiurarono fra di loro di togliere la vita ad Iperione, e di annegare nel f
bellezza, congiurarono fra di loro di togliere la vita ad Iperione, e di annegare nel fiume Eridano il figliuolo Elio, anc
ambino. V. Basilea. 2296. Ipernestra. — Una delle cinquanta figliuole di Danao, e propriamente quella che si ricusò di ucc
lle cinquanta figliuole di Danao, e propriamente quella che si ricusò di uccidere il suo sposo nella prima notte delle noz
altre sue quarantanove sorelle. V. Danao e Danaidi. Ipernestra invece di pugnalare il suo sposo, per nome Linceo, gli pors
invece di pugnalare il suo sposo, per nome Linceo, gli porse il mezzo di sottrarsi alla grave sciagura che lo minacciava.
ini suoi, la fece trascinare in una orrida prigione, coll’ intenzione di lasciarvela morire ; ma il popolo prese le parti
itata, e costrinse Danao a ridonare Ipernestra allo sposo. In memoria di questo fatto Ipernestra fece edificare un tempio
alcuni templi, che aveano all’intorno nella parte esterna due ordini di colonne, ed altrettanti nella parte interna, rima
ndo scoperti nel mezzo. Pausania e Vitruvio fanno menzione, il primo, di un tempio sacro a Giunone costruito in siffatta g
da che da Falera conduceva ad Atene ; ed il secondo ricorda il tempio di Giove Olimpico, nella capitale stessa della Greci
mente costrutto, e detto come tutti gli altri simili, Ipetro. Al dire di Strabone, gl’Ipetri erano adorni di un gran numer
gli altri simili, Ipetro. Al dire di Strabone, gl’Ipetri erano adorni di un gran numero di statue, rappresentanti le diver
Ipetro. Al dire di Strabone, gl’Ipetri erano adorni di un gran numero di statue, rappresentanti le diverse divinità. Nel f
nti le diverse divinità. Nel famoso Ipetro, ove si adorava la Giunone di Samo, si ammiravano tre colossali statue del cele
no indicati certi servienti degl’ indovini, i quali avevano il carico di pubblicare gli oracoli e di accudire a quanto abb
degl’ indovini, i quali avevano il carico di pubblicare gli oracoli e di accudire a quanto abbisognava nelle funzioni dei
00. Ippa. — Secondo riferisce Orfeo, così ebbe nome una delle nutrici di Bacco. 2301. Ippia. — Dalla parola greca ιππος ch
desto soprannome a quella Minerva ritenuta comunemente come figliuola di Nettuno, e che veniva raffigurata a cavallo : da
di Nettuno, e che veniva raffigurata a cavallo : da ciò il soprannome di Ippia cioè, la cavaliera. 2302. Ippio. — Ossia Eq
dava assai generalmente a Nettuno, perchè, secondo riferisce Diodoro di Sicilia, si attribuiva a quel dio, l’arte di doma
econdo riferisce Diodoro di Sicilia, si attribuiva a quel dio, l’arte di domare i cavalli. Scrive Pausania, che il più ant
l’arte di domare i cavalli. Scrive Pausania, che il più antico tempio di Nettuno Ippio sorgeva di là da Mantinea, e che no
i. Scrive Pausania, che il più antico tempio di Nettuno Ippio sorgeva di là da Mantinea, e che non era permesso ad alcuno
uno Ippio sorgeva di là da Mantinea, e che non era permesso ad alcuno di entrare in quel tempio. La cronaca tradizionale,
tempio. La cronaca tradizionale, dice che traverso la porta maggiore di quel tempio era stata posta, dalla parte interna,
mpio era stata posta, dalla parte interna, una fascia tessuta in lana di color rosso ; e che questo fragilissimo riparo ba
grilego, perchè da una delle pareti del tempio scaturì una larga vena di acqua marina, la quale percosse Epito così violen
fu cieco per tutta la vita. Ippio era anche il soprannome particolare di Marte, il quale con Minerva e Nettuno formavano l
elle pagane divinità particolarmente designate dagli antichi col nome di Equestri, perchè erano i soli numi che il paganes
i che il paganesino raffigurava montati a cavallo. 2303. Ippo. — Nome di una delle tante ninfe Oceanidi. 2304. Ippocampi —
tante ninfe Oceanidi. 2304. Ippocampi — Nome particolare dei cavalli di Nettuno e che erano anche assegnati alle altre di
alisti dell’antichità, e Plinio, fra questi, dicono che si dà il nome di cavallo marino o Ippocampo ad un insetto lungo ci
na somiglianza con la figura che i poeti antichi davano agl’Ippocampi di Nettuno. 2305. Ippocentauri. — I primi popoli abi
popoli abitatori della Tessaglia conosciuti comunemente sotto il nome di Centauri, venivano sovente detti anche Ippocentau
io gl’Ippocentauri, che avevano nel tempo stesso della natura umana e di quella del cavallo. È a notare per altro che non
tato dall’Egitto e che era stato imbalsamato col miele, secondo l’uso di quei tempi. Anche fra i padri della chiesa cattol
ricordare che ve ne è taluno, che riferisce come positiva l’esistenza di simili mostri ; e S. Girolamo, dottore di santa c
e come positiva l’esistenza di simili mostri ; e S. Girolamo, dottore di santa chiesa, ripete che portandosi S. Antonio ne
incontrò un Ippocentauro, ed aggiunge che l’ Africa produceva sovente di tali mostri. 2306. Ippocrazie — Dalle due parole
no così alcune feste solenni che si celebravano nell’Arcadia in onore di Nettuno cavaliere. Presso i romani si dava il nom
rcadia in onore di Nettuno cavaliere. Presso i romani si dava il nome di Consualia a cerimonie identiche. Durante la celeb
a il nome di Consualia a cerimonie identiche. Durante la celebrazione di queste feste, i cavalli erano esenti da qualunque
eri per le strade e per le campagne, magnificamente bardati e coperti di ghirlande di fiori. 2307. Ippocrene. — Famosa fon
rade e per le campagne, magnificamente bardati e coperti di ghirlande di fiori. 2307. Ippocrene. — Famosa fontana che scat
logica ripete, che il cavallo Pegaseo battendo con l’unghia sonora su di una pietra, ne avesse fatto scaturire questa sorg
avesse fatto scaturire questa sorgente, che poi da lui prese il nome di fonte del cavallo, dalle due parole greche ιππος
amata fonte delle muse —  V. Muse e Pegaso. 2308. Ippodamia. — Moglie di Piritoo — V. Deidamia. Ippodamia chiamavasi anche
figlia del sacerdote Brise, che fu causa primiera della inesorata ira di Achille — V. Briseide. Ippodamia finalmente avea
di Achille — V. Briseide. Ippodamia finalmente avea nome la figliuola di Enomao, re di Pisa, nell’Elide, a proposito del q
. Briseide. Ippodamia finalmente avea nome la figliuola di Enomao, re di Pisa, nell’Elide, a proposito del quale la tradiz
adizione mitologica narra, che giunta la figlia in età da marito, era di una così sorprendente bellezza, che colpì vivamen
o fatto formale richiesta, e carezzando nel pensiero l’infame disegno di possederla solo, ricorse ad un’astuzia altrettant
le bellezza della propria figliuola, allorchè gli dei sdegnati contro di lui, gli suscitarono contro Pelope, al quale conc
a variante — V. Enomao — Mirtillo — Pelope. 2309. Ippodete. — Al dire di Pausania, un tale soprannome era dato ad Ercole,
resso. Essendosi l’armata degli Orcomeni, avanzata fino nella pianura di Teneto, in Beozia, per combattere i Tebani ; Erco
pianura di Teneto, in Beozia, per combattere i Tebani ; Ercole pensò di ricorrere ad uno strano stratagemma, onde portare
fra le regine delle Amazzoni. Ercole la dette in moglie a Teseo, dopo di aver distrutta le Amazzoni a Temiscira, ed uccisi
ue fratelli Amico e Migdone. Egli portò ad Euristeo la famosa cintura di lei, di cui quel re gli avea imposto di impadroni
lli Amico e Migdone. Egli portò ad Euristeo la famosa cintura di lei, di cui quel re gli avea imposto di impadronirsi. 231
ad Euristeo la famosa cintura di lei, di cui quel re gli avea imposto di impadronirsi. 2311. Ippolito. — Dal nome della ma
rticolo precedente, e che fu allevato da Piteo suo avolo, nella città di Trezene. Questo principe giovanetto, dedito solo
simo dispregio le donne ; perlocchè si tirò sopra il terribile sdegno di Venere, la quale per vendicarsi ispirò a Fedra, m
le sdegno di Venere, la quale per vendicarsi ispirò a Fedra, madrigna di lui una violenta passione d’amore, che crebbe al
nutrice offrire sè stessa al bellissimo giovane, pel quale era pazza di passione. Ippolito però, pieno d’orrore alla infa
eli. Ragine — Phédre — Tragedie Acte II. Scene VI. Disperata Fedra, di vedersi siffattamente di sprezzata, giurò di vend
ragedie Acte II. Scene VI. Disperata Fedra, di vedersi siffattamente di sprezzata, giurò di vendicarsi, e temendo che Ipp
ne VI. Disperata Fedra, di vedersi siffattamente di sprezzata, giurò di vendicarsi, e temendo che Ippolito non l’avesse a
temendo che Ippolito non l’avesse accusata al proprio consorte, pensò di prevenirlo, e lo incolpò, scrivendo a Teseo una l
quale gli diceva, che il figliastro avea voluto attentare all’ onore di lei ; e poscia si dette di propria mano la morte.
igliastro avea voluto attentare all’ onore di lei ; e poscia si dette di propria mano la morte. Teseo intanto, ingannato d
ppolito, maledisse il proprio figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa di sod
abbandonò alla vendetta di Nettuno, dal quale aveva ricevuto promessa di soddisfare ad ogni sua richiesta a tre dei suoi d
a tre dei suoi desiderii. Infatti, Ippolito nell’ uscire dalla città di Trezene, guidando egli stesso il proprio carro, f
oggetto della famosa tragedia d’Euripide, intitolata Ippolito. …. Al di là del confin nostro V’ è una spiaggia deserta, c
piaggia deserta, che fa lido M Saronico mar : quivi un rimbombo, Come di Giove un sotterraneo tuono Romereggiò con fremita
’ sassi, straziando Le carni : Ruripide — Ippolito — Tragedia. Trad. di F. Bellotti. Diodoro poi narra, nelle sue cronac
ribile, lanciata da Fedra contro Ippolito, avesse comandato a questo, di venire a raggiungerlo nella città, ove egli si tr
ascinarono il misero giovanetto, il quale rimase ucciso. Gli abitanti di Trezene in memoria delle sue virtù, gli resero gl
va un sacerdote perpetuo, e gli dedicò una festa annua. Le giovanette di Trezene, costumavano di offrire a questo nuovo di
, e gli dedicò una festa annua. Le giovanette di Trezene, costumavano di offrire a questo nuovo dio la propria capellatura
stumavano di offrire a questo nuovo dio la propria capellatura, prima di andare a marito, piangendo sulla sorte sventurata
a le castellazioni, e propriamente in quella conosciuta sotto il nome di Boote, ossia condultore del carro. Un’antica trad
sia condultore del carro. Un’antica tradizione racconta, che ai tempi di Numa Pompilio, comparve in Italia un uomo per nom
quale abitava nella selva Aricina e si spacciava per Ipppolito figlio di Teseo, miracolosamente risuscitato da Esculapio.
nome che Fedra impose ad un tempio, che ella avea fatto fabbricare su di una montagna vicino la città di Trezene, in onore
io, che ella avea fatto fabbricare su di una montagna vicino la città di Trezene, in onore di Venere. Col pretesto di anda
to fabbricare su di una montagna vicino la città di Trezene, in onore di Venere. Col pretesto di andare ad adorare la dea
montagna vicino la città di Trezene, in onore di Venere. Col pretesto di andare ad adorare la dea Fedra, si recava quasi o
cizii equestri ; ed aveva così agio a vedere il giovanetto bellissimo di cui la misera donna era così perdutamente innamor
ria dell’ amato giovane, cangiò la sua prima denominazione con quella di tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene. — 
amato giovane, cangiò la sua prima denominazione con quella di tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene. — Figlio di
con quella di tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene. — Figlio di Merope e di Maccareo, e marito di Atalanta. 2314.
i tempio di Venere specolatrice. 2313. Ippomene. — Figlio di Merope e di Maccareo, e marito di Atalanta. 2314. Ippona. — I
colatrice. 2313. Ippomene. — Figlio di Merope e di Maccareo, e marito di Atalanta. 2314. Ippona. — I romani davano questo
azze dei cavalli, e delle scuderie. 2315. Ippopotamo. — Ossia cavallo di fiume, dalle due parole greche I ππος cavallo, e
ππος cavallo, e Πδιαμος fiume. In Egitto, e propriamente nella città di Ermopoli, veniva l’ Ippopotamo considerato come i
a città di Ermopoli, veniva l’ Ippopotamo considerato come il simbolo di Tifone, a cagione del suo naturale maligno e noci
del suo naturale maligno e nocivo agl’ uomini. Per altro nella città di Papremide, l’Ippopotamo veniva adorato con un cul
e essi avevano deificato. 2316. Ippotette. — Così avea nome il nipote di Ercole, ricordato nelle cronache dell’ antichità,
dei Pelopidi. Narra la tradizione, che Apollo, per vendicare la morte di uno dei suoi sacerdoti, avesse mandata la pestile
sare il fiagello, e quello rispose che bisognava esiliare l’ uccisore di Arno, e placare l’ombra dell’ucciso, con solenni
ebrati in suo onore. Ippotette allora prima che si fosse agito contro di lui, cedette a suo figlio Alete il comando dell’a
ndo dell’armata che avea sotto i suoi ordini, e si esiliò dalla città di Naupatto. Suo figlio Alete s’impadroni poi della
dalla città di Naupatto. Suo figlio Alete s’impadroni poi della città di Corinto. 2317. Ippoteo. — Le cronache mitologiche
à di Corinto. 2317. Ippoteo. — Le cronache mitologiche fanno menzione di due ninfe Nereidi così chiamate. 2318. Ippotoe. —
nzione di due ninfe Nereidi così chiamate. 2318. Ippotoe. — Figliuola di Lisidice e di Nestore. Nettuno invaghitosene la r
ninfe Nereidi così chiamate. 2318. Ippotoe. — Figliuola di Lisidice e di Nestore. Nettuno invaghitosene la rapì e la condu
ce un figliuolo che fu poi chiamato Tasio. 2319. Ippotoo. — Figliuolo di Alope e di Nettuno. È opinione fra varii accredit
uolo che fu poi chiamato Tasio. 2319. Ippotoo. — Figliuolo di Alope e di Nettuno. È opinione fra varii accreditati scritto
conta che Ippotoo, fosse, appena nato, esposto in un bosco per ordine di Cercione, suo avolo ; e che quivi egli fosse stat
tato nudrito da due cavalle V. Cercione. Ippotoo regnò nella contrada di Eleusi, della quale fu assunto al governo dopo ch
to questo soprannome ad Ercole come all’ uccisore dei furiosi cavalli di Diomede. 2321. Ipsipile. — Figliuola di Toante, r
uccisore dei furiosi cavalli di Diomede. 2321. Ipsipile. — Figliuola di Toante, re dell’ isola di Lenno, e di Mirina. A p
lli di Diomede. 2321. Ipsipile. — Figliuola di Toante, re dell’ isola di Lenno, e di Mirina. A proposito di questa giovane
de. 2321. Ipsipile. — Figliuola di Toante, re dell’ isola di Lenno, e di Mirina. A proposito di questa giovanetta, le cron
igliuola di Toante, re dell’ isola di Lenno, e di Mirina. A proposito di questa giovanetta, le cronache dell’antichità ci
icordano un singolare avvenimento. Dice la favola che avendo le donne di Lenno trascurati gli altari di Venere, la dea per
to. Dice la favola che avendo le donne di Lenno trascurati gli altari di Venere, la dea per punirle, le rese di un tale in
di Lenno trascurati gli altari di Venere, la dea per punirle, le rese di un tale insopportabile odore, che esse furono tut
ritate da questo crudele, sebbene non ingiusto procedimento, le donne di Lenno si unirono tutte, e concordi nel desiderio
i. La sola Ipsipile abborrendo dall’ atto sanguinoso, e piena l’anima di soave tenerezza filiale, salvò la vita del propri
e, salvò la vita del proprio padre, facendo fuggire Toante nell’isola di Chio. Intanto compiutasi la strage, Ipsipile (che
nte benigna gli avventurieri navigatori, e trattenne per lungo spazio di tempo Giasone stesso, dal quale ebbe varii figliu
ebbrezza in cui giacevasi ricordò dell’alta missione che avea giurato di compiere, e volle ad ogni costo partire per alla
della Colchide. Invano Ipsipile pianse, pregò, supplicò il suo amante di non abbandonarla : Giasone, stanco di quell’amore
, pregò, supplicò il suo amante di non abbandonarla : Giasone, stanco di quell’amore interamente sodisfatto, volle assolut
lla chiedeva, che al ritorno della gloriosa spedizione sarebbe, prima di entrare in Grecia, ritornato presso di lei. Ipsip
iosa spedizione sarebbe, prima di entrare in Grecia, ritornato presso di lei. Ipsipile fiduciosa nelle parole del suo aman
 ; ma Giasone appena giunto nella Colchide, perdutamente innamoratosi di Medea, dimenticò ben presto le lagrime della sven
sedotta ; l’ amore col quale ella lo avea amato ; e per fino i figli di cui lo avea reso padre. Intanto però il destino n
figli di cui lo avea reso padre. Intanto però il destino non cessava di perseguitare la sventurata Ipsipile, alla quale u
nturata Ipsipile, alla quale un’altra sciagura fece, verso quel torno di tempo, una novella e profonda ferita nell’enima.
el torno di tempo, una novella e profonda ferita nell’enima. Le donne di Lenno scoprirono finalmente che Toante padre dell
eserta, fu rapita da alcuni corsari e da questi venduta a Licurgo, re di Tessaglia, il quale prese a proteggere la sventur
o trovò il bambino strangolato da una serpe. Licurgo furibondo contro di lei volle farla morire, senonchè Adrasto e quei f
i forestieri argivi, ai quali avea mostrato la via, presero la difesa di lei e giunsero a salvarle la vita. 2322. Ipsisto.
a vita. 2322. Ipsisto. — Al dire del cronista Sanconiatone, fu marito di Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiama
del cronista Sanconiatone, fu marito di Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiamato Urano, e di una figliuola dett
arito di Berut, la quale lo rese padre di un figlio chiamato Urano, e di una figliuola detta Ge ; nomi questi che signific
anti, il quale abitò in Tiro, e fu il primo a costruire delle capanne di canne. Gli viene ancora attribuita l’invenzione d
uire delle capanne di canne. Gli viene ancora attribuita l’invenzione di alcuni giuochi, e l’uso dei papiri. Aggiunge la c
onaca che dopo la sua morte, i suoi figliuoli dedicarono alla memoria di lui alcuni massi informi di legno e li adorarono,
i suoi figliuoli dedicarono alla memoria di lui alcuni massi informi di legno e li adorarono, istituendo anche alcune fes
onore del loro morto genitore. 2324. Iria. — Così avea nome la madre di Cigno. Narra la cronaca che ella amasse così tene
a amasse così teneramente il figliuolo, che all’ annunzio della morte di lui, si precipitò in uno stagno e ne divenne la d
ani, che essi ritenevano come la messaggera degli dei, e segnatamente di Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola
messaggera degli dei, e segnatamente di Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola la fa figliuola di Elettra e di
di Giunone, come Mercurio lo era di Giove. La favola la fa figliuola di Elettra e di Taumante. Iride veniva raffigurata c
come Mercurio lo era di Giove. La favola la fa figliuola di Elettra e di Taumante. Iride veniva raffigurata come una giova
una giovanetta bellissima, con agli omeri due lunghe ali trasparenti di varii colori. Al dire di Virgilio, il suo incaric
a, con agli omeri due lunghe ali trasparenti di varii colori. Al dire di Virgilio, il suo incarico più importante era quel
olori. Al dire di Virgilio, il suo incarico più importante era quello di tagliare alle donne moribonde il fatale capello.
Mandò, che ’l groppo disciogliesse tosto, Che la tenea, malgrado anco di morte, Col suo mortal si strettamente avvinta ; C
or la sua testa a l’ Orco inferno. Virgilio — Eneide — Lib. IV trad. di A. Caro. Oltre a ciò la credenza religiosa dei p
za religiosa dei pagani attribuiva ad Iride la cura dell’appartamento di Giunone, quella di abbigliarla e di purificarla c
gani attribuiva ad Iride la cura dell’appartamento di Giunone, quella di abbigliarla e di purificarla coi profumi tutte le
d Iride la cura dell’appartamento di Giunone, quella di abbigliarla e di purificarla coi profumi tutte le volte che la dea
ricordati da quelli che Iride aveva nelle ali. La dicevano figliuola di Taomante, il cui nome significa in greco ammirare
gua greca questa parola vuol dire tempesta ; ed infatti l’apparizione di quella meteora non si rende visibile alla terra,
ride come messaggera della sua volontà. 2326. Irieo. — Nome del padre di Orione. Narra la cronaca mitologica a cui si atti
fossero accolti benignamente da Irieo, al quale i tre numi promisero di concedere qualunque cosa avesse domandata, per ri
a luce un bambino, che fu poi il famoso Orione. Irieo è anche il nome di un ricco greco, ricordato nelle cronache dell’ an
Pane e della ninfa Eco. Non bisogna confonderla con la ninfa Siringa, di cui parleremo a suo tempo. 2328. Irminsul. — La p
iù famosa divinità del culto religioso dei popoli sassoni. È opinione di varii accredita ti scrittori che quei popoli l’ a
he si rese celebre per le sue mariolerie, per essere uno degli amanti di Penelope e per la sua grande povertà, da cui i su
nome era Arneo, ma siccome egli traeva la vita col portare i messaggi di cui veniva incaricato, così fu detto Iro dai due
ificano portar la parola. Egli avea nome Arneo : cosi chiamollo, Nel di che nacque, la diletta madre : Ma dai giovani tut
lea, qual gliene desse il carco. Omero — Odissea — Libro XVIII trad. di I. Pindemonte Riferisce Omero che nell’isola d’
Pindemonte Riferisce Omero che nell’isola d’Itaca viveva alla porta di un palazzo un mendico, il quale era reso famoso p
le era reso famoso per la sua fame, che non era mai satolla. Egli era di una grande statura, ma privo di coraggio e di for
me, che non era mai satolla. Egli era di una grande statura, ma privo di coraggio e di forza. Aggiunge la cronaca a cui si
a mai satolla. Egli era di una grande statura, ma privo di coraggio e di forza. Aggiunge la cronaca a cui si attiene il ci
imento Ulisse medesimo che pure stette qualche tempo sotto le spoglie di mendico. V. Ulisse. Ulisse accettò la sfida, la q
sse accettò la sfida, la quale doveva essere combattuta alla presenza di Telemaco e di altri principi ; e al primo assalto
sfida, la quale doveva essere combattuta alla presenza di Telemaco e di altri principi ; e al primo assalto, se pure il f
imo assalto, se pure il famoso guerriero greco sembrasse all’ aspetto di tarda età, assestò un tale colpo ad Iro, che gli
po ad Iro, che gli fracassò una mascella, e lo stese al suolo coperto di sangue. 2330. Irpie. — Famiglie romane, le quali,
coperto di sangue. 2330. Irpie. — Famiglie romane, le quali, al dire di Plinio, avevano la strana prerogativa di caminare
ie romane, le quali, al dire di Plinio, avevano la strana prerogativa di caminare su di un rogo acceso senza bruciarsi, du
uali, al dire di Plinio, avevano la strana prerogativa di caminare su di un rogo acceso senza bruciarsi, durante il sacrif
Apollo sul monte Soracte. Aggiunge la cronaca che in considerazione, di questa maraviglia, il senato romano avesse promul
o romano avesse promulgata una legge, la quale esentava i discendenti di esse da qualunque balzello. 2331. Ischenio. — Nip
i discendenti di esse da qualunque balzello. 2331. Ischenio. — Nipote di Nettuno, in onore del quale si celebravano in Gre
o nome Ischenie. 2332. Isee. — V. Isie. 2333. Isiaca. — Sotto il nome di favola Isiaca, additavano i pagani uno dei più co
he secondo riferiscono le cronache, avea cinque piedi d’altezza e tre di larghezza, fu la prima volta ritrovato in Roma, n
e di larghezza, fu la prima volta ritrovato in Roma, nel famoso sacco di quella città avvenuto nel 1525 ; e fu varie volte
volte copiato all’ incisione nella sua naturale grandezza. È opinione di molti accreditati scrittori, che il monumento ori
li altri dei dell’Egitto, ovvero alcuni staccati principii e precetti di religione. Molti autori moderni, come il padre Ki
ori moderni, come il padre Kirker, il Pignorio, ed altri, han tentato di spiegare le numerose configurazioni contenute nel
loro congetture, i loro ragionamenti, non riescono che ad avviluppare di più dense tenebre il già impenetrabile significat
ad avviluppare di più dense tenebre il già impenetrabile significato di quel monumento. 2334. Isiache. — Così chiamavano
. — Così chiamavano i pagani le sacerdotesse della dea Iside. Al dire di Diodoro e di Plutarco, esse scorrevano per le str
mavano i pagani le sacerdotesse della dea Iside. Al dire di Diodoro e di Plutarco, esse scorrevano per le strade della cit
oro e di Plutarco, esse scorrevano per le strade della città, coperte di lunghe vesti di lino, con una campanella in una m
o, esse scorrevano per le strade della città, coperte di lunghe vesti di lino, con una campanella in una mano ed una bisac
assavano tutto il giorno chiedendo la limosina e vendendo dei filtri, di cui si servivano nelle loro cerimonie ; e non rie
adorando la statua della dea. Portavano abitualmente i piedi coperti di una scorza d’albero finissima, cosa che ha fatto
a piedi nudi. Dai precetti del loro culto, era proibito alle Isiache di mangiar carne salata e di bere vino assoluto onde
i del loro culto, era proibito alle Isiache di mangiar carne salata e di bere vino assoluto onde conservarsi più caste : p
a più antica della Io dei greci. Secondo Plutarco, Iside fu figliuola di Rea e di Saturno, e sorella e moglie di Osiride.
ica della Io dei greci. Secondo Plutarco, Iside fu figliuola di Rea e di Saturno, e sorella e moglie di Osiride. Attenendo
Plutarco, Iside fu figliuola di Rea e di Saturno, e sorella e moglie di Osiride. Attenendosi il citato scrittore ad una s
r modo che Iside nell’ istesso momento in che nacque, era già gravida di un figlio. Iside ed Osiride regnarono per più tem
le e nella luna, cosichè spesso il loro culto andò confuso con quello di questi due pianeti. Un’ antichissima tradizione e
ata la dea Iside, ma l’appellazione più comunemente datale era quella di Dea Universale, secondo asserisce il cronista Apu
rsale, secondo asserisce il cronista Apuleio, il quale si appoggia su di un’ antica iscrizione, trovata da tempo immemorab
ma particolarmente, secondo asserisce il cronista Eliano, nella città di Alessandria, a Copto ed a Bubaste. Pausania ripet
ea Iside era invisibile agli uomini e che l’assistere solo ai misteri di lei recava la morte ; e ripete che essendo un uom
eri di lei recava la morte ; e ripete che essendo un uomo nella città di Copto, entrato nel tempio di quella dea, durante
e ripete che essendo un uomo nella città di Copto, entrato nel tempio di quella dea, durante la celebrazione dei suoi mist
tanto che molti luoghi pubblici furono perfino controsegnati col nome di Iside. L’attributo più usuale che veniva assegnat
la parte superiore più larga dell’ inferiore, e che finisce in forma di mezzo cerchio, dal cui vuoto escono talvolta tre,
chio, dal cui vuoto escono talvolta tre, e talvolta quattro bacchette di ferro a guisa di corde. Plutarco asserisce che as
to escono talvolta tre, e talvolta quattro bacchette di ferro a guisa di corde. Plutarco asserisce che assai comunemente s
faccia umana, ovvero una sfinge ; e altra volta un globo, o un flore di loto. Aggiungeremo finalmente che il culto d’ Isi
e ; e vi sono varii scrittori, i quali pretendono che la stessa città di Parigi, avesse preso il suo nome dall’ avere un t
va il più stretto silenzio da coloro, che prendevano parte ai misteri di quelle cerimonie. Sebbene molti storici abbiano a
di quelle cerimonie. Sebbene molti storici abbiano avuto l’impudenza, di vantare l’austerità e il buon costume delle cerim
tichità, ci ripetono che durante il periodo delle feste Isie, che era di nove giorni, i sacerdoti, le Isiache, e tutti gl’
rende e turpi dissolutezze, e tanto che il senato romano verso l’anno di Roma 696, proibì rigorosamente la celebrazione de
imesse in pieno vigore dall’ Imperatore Commodo, che non ebbe ritegno di mischiarsi personalmente agl’ inverecondi ministr
on ebbe ritegno di mischiarsi personalmente agl’ inverecondi ministri di quelle orgie e di prender parte col capo raso a q
mischiarsi personalmente agl’ inverecondi ministri di quelle orgie e di prender parte col capo raso a quelle infami lasci
parte col capo raso a quelle infami lascivie. 2337. Ismene. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle, di Poli
capo raso a quelle infami lascivie. 2337. Ismene. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle, di Polinice e di A
ami lascivie. 2337. Ismene. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle, di Polinice e di Antigone. ……. Ismene,
. 2337. Ismene. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle, di Polinice e di Antigone. ……. Ismene, La figlia tu
. — Figlia di Edipo e di Giocasta e sorella di Eteocle, di Polinice e di Antigone. ……. Ismene, La figlia tua, la mia sore
ia tua, la mia sorella….. Sofocle — Edipo a Colono — Tragedia. trad. di F. Bellotti. 2338. Ismenidi. — Ninfe abitatrici
e abitatrici del fiume Ismeno. V. Ismeno. 2339. Ismenia. — Soprannome di Minerva, che a lei veniva dall’avere un tempio su
sponda del fiume Ismeno. 2340. Ismenio. — Figlio della ninfa Melia e di Apollo, il quale gli concesse il dono d’indovinar
. Per altro Plutarco, il geografo, dà un altra origine al cangiamento di nome di quel fiume. V. l’ articolo seguente. 2341
tro Plutarco, il geografo, dà un altra origine al cangiamento di nome di quel fiume. V. l’ articolo seguente. 2341. Ismeno
te. 2341. Ismeno. — Fiume della Beozia che scorreva nelle circostanze di Tebe. Da principio questo fiume si chiamava il pi
e circostanze di Tebe. Da principio questo fiume si chiamava il piede di Cadmo, a cagione di un’ antica tradizione, la qua
e. Da principio questo fiume si chiamava il piede di Cadmo, a cagione di un’ antica tradizione, la quale racconta che aven
antica tradizione, la quale racconta che avendo Cadmo ucciso a colpi di freccia, il dragone custode di quella fonte, e so
cconta che avendo Cadmo ucciso a colpi di freccia, il dragone custode di quella fonte, e sospettando che quelle acque foss
onte, e sospettando che quelle acque fossero avvelenate, fece il giro di tutta Ia parte opposta del paese onde rintracciar
i cacciò nel fango il suo piede destro, e vide scaturire una sorgente di acqua limpida, che formo poi quel fiume chiamato,
limpida, che formo poi quel fiume chiamato, da questo fatto, il piede di Cadmo. Qualche tempo dopo, Ismeno figliuolo della
n quel fiume, che dopo questo luttuoso avvenimento cangiò il suo nome di piede di Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismen
ume, che dopo questo luttuoso avvenimento cangiò il suo nome di piede di Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismeno era anc
luttuoso avvenimento cangiò il suo nome di piede di Cadmo, con quello di fiume Ismeno. Ismeno era anche il nome del maggio
ello di fiume Ismeno. Ismeno era anche il nome del maggiore dei figli di Anfione e di Niobe— V. Niobe. 2342. Isole. — Al d
Ismeno. Ismeno era anche il nome del maggiore dei figli di Anfione e di Niobe— V. Niobe. 2342. Isole. — Al dire di Plutar
ore dei figli di Anfione e di Niobe— V. Niobe. 2342. Isole. — Al dire di Plutarco la maggior parte delle isole dell’ arcip
la maggior parte delle isole dell’ arcipelago inglese, erano deserte di uomini e solo abitate da demonî e da genî, e cons
he essendo stato il viaggiatore Demetrio, incaricato dall’ imperatore di riconoscere quelle isole, egli fosse approdato al
ove poco dopo si scatenò un furioso uragano, accompagnato da fulmini di così spaventevole rimbombo, che tutti ritennero c
ti ritennero come cosa certa, che uno dei principali demonî abitatori di quell’isola, fosse morto. Lo stesso Demetrio nell
ri di quell’isola, fosse morto. Lo stesso Demetrio nelle sue cronache di relazione del viaggio, aggiunge che una di quelle
emetrio nelle sue cronache di relazione del viaggio, aggiunge che una di quelle isole era la prigione di Saturno, il quale
lazione del viaggio, aggiunge che una di quelle isole era la prigione di Saturno, il quale sepolto in un sonno perpetuo er
un sonno perpetuo era custodito dal gigante Briareo, e da gran numero di demoni. 2343. Issa. — Così avea nome una delle fi
an numero di demoni. 2343. Issa. — Così avea nome una delle figliuole di Maccareo. Apollo la sedusse sotto l’aspetto di un
me una delle figliuole di Maccareo. Apollo la sedusse sotto l’aspetto di un pastore. 2344. Issedoni. — Al dire di Erodoto,
o la sedusse sotto l’aspetto di un pastore. 2344. Issedoni. — Al dire di Erodoto, così aveano nome taluni popoli vicini de
prio genitore, tutti i suoi parenti gli portavano in dono gran numero di animali come pecore, buoi, agnelli e volatili, e
ivano annualmente offerti solenni sacrifizii. 2345. Issione. — Figlio di Giove e della ninfa Meleta, e re dei Lapidi nella
la paternità d’ Issione. Infatti Igino asserisce esser egli figliuolo di Leonzio ; e Diodoro pretende che suo padre si chi
o dimora nelle circostanze del monte Pelion, ove sposò Dia, figliuola di Deioneo, la quale lo rese padre di Piritoo. Press
e Pelion, ove sposò Dia, figliuola di Deioneo, la quale lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi aveva vigore di legge
o, la quale lo rese padre di Piritoo. Presso gli antichi aveva vigore di legge una tradizionale costumanza, la quale volev
e voleva che allorquando si toglieva in moglie una donzella, lo sposo di lei invece di ricevere una dote, come è uso dei m
llorquando si toglieva in moglie una donzella, lo sposo di lei invece di ricevere una dote, come è uso dei moderni, dovea
dre della sposa, prima e dopo il loro consentimento. Issione trascurò di adempiere a questo dovere, nè si curò di fare i r
sentimento. Issione trascurò di adempiere a questo dovere, nè si curò di fare i ricchi donativi di obbligo, tanto a Deione
rò di adempiere a questo dovere, nè si curò di fare i ricchi donativi di obbligo, tanto a Deioneo, quanto alla moglie di l
are i ricchi donativi di obbligo, tanto a Deioneo, quanto alla moglie di lui. Sollecitato più volte dal padre della sua fu
oglie di lui. Sollecitato più volte dal padre della sua futura sposa, di adempiere al suo dovere, Issione lo traccheggiò s
Deioneo d’esser preso in trastullo, fece un giorno rapire i giumenti di Issione che pascevano nelle campagne della Tessag
agne della Tessaglia. Issione punto al vivo da questa abusiva maniera di procedere, sebbene in qualche modo giustificata,
iva maniera di procedere, sebbene in qualche modo giustificata, finse di riconoscere i proprii torti, e fece le viste di v
o giustificata, finse di riconoscere i proprii torti, e fece le viste di volersi riaccomodare col suo futuro suocero, e lo
comodare col suo futuro suocero, e lo invitò ad un banchetto. Deioneo di nulla sospettando, tenne l’invito, e si recò per
i nulla sospettando, tenne l’invito, e si recò per questo nella città di Larissa ove Issione si trovava in quel tempo. Col
mbandita la mensa, avendo Issione fatto scavare una larga fossa piena di legna e di carboni accesi, sul luogo del passaggi
mensa, avendo Issione fatto scavare una larga fossa piena di legna e di carboni accesi, sul luogo del passaggio, Deioneo
, che tutti addebitavano con certa ragione ad Issione, suscitò contro di lui, e tanto che invano egli sollecitò tutti i pr
ricevuto nella propria dimora da un principe, che aveva il soprannome di Giove, il quale meno suscettibile degli altri, ac
biti della principessa, una schiava per nome Nefele, la quale entrata di notte nella camera d’ Issione, fu da questi ricev
ricevuta con tutte le testimonianze della passione e divise il letto di lui. Sdegnato allora il principe contro Issione,
avesse accolto nell’ Olimpo, concedendogli perfino l’ immortale onore di farlo sedere alla mensa degli dei. Ma un così str
ce, imperocchè Issione acciecato dalla divina e risplendente bellezza di Giunone, moglie di Giove, ebbe l’incredibile trac
one acciecato dalla divina e risplendente bellezza di Giunone, moglie di Giove, ebbe l’incredibile tracotanza di dichiarar
e bellezza di Giunone, moglie di Giove, ebbe l’incredibile tracotanza di dichiararle il suo amore. Sdegnata la severa Giun
ragione, nen se ne dette per offeso e solamente consigliò alla moglie di aderire agl’ insani desiderii d’Issione, senza ma
tale suo talamo. Sebbene a malincuore, Giunone accondiscese al volere di Giove e questi allora formò di una nuvola una don
ncuore, Giunone accondiscese al volere di Giove e questi allora formò di una nuvola una donna a cui dette le sembianze del
’ardenza della passione che lo inebbriava ; e poscia non ebbe ritegno di vantarsi d’aver posseduta la regina delle dee. S
saturno possente Nel bel volto la nube e nelle ciglia. Per lui le man di Glove. Bella cagion di danno, La fabbricar con me
l volto la nube e nelle ciglia. Per lui le man di Glove. Bella cagion di danno, La fabbricar con meditato inganno : Ma int
ostese membra, Disperato sospira, Pindaro — Odi Pitie — Ode II trad. di G. Borghi. Al girato Issïon le luci volse Di nu
n suo cambio in braccio accolse, Ovidio — Metamorf : Libro IV. trad. di Dell’ Anguillara Sdegnato allora Giove contro t
ato allora Giove contro tanta perfidia, palesò il vero e con un colpo di fulmine, precipitò Issione nel fondo del Tartaro,
condata d’innumeri serpenti e che doveva girare eternamente ; al dire di Ovidio una sola volta Issione fu slegato dalla su
bre. 2346. Isione. — Principe della stirpe degli Eraclidi e figliuolo di Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo, g
ione. — Principe della stirpe degli Eraclidi e figliuolo di Alete, re di Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe n
te, re di Corinto. Alla morte del padre suo, gli successe nel governo di quella città. 2347. Isterie. — Feste in onore di
successe nel governo di quella città. 2347. Isterie. — Feste in onore di Venere : il sacrifizio più usuale che si faceva a
 : il sacrifizio più usuale che si faceva alla dea nella celebrazione di quelle feste, era di svenare sulle sue are, gran
usuale che si faceva alla dea nella celebrazione di quelle feste, era di svenare sulle sue are, gran numero di piccoli mai
lebrazione di quelle feste, era di svenare sulle sue are, gran numero di piccoli maiali. 2348. Istmiei. — Detti anche Ismi
a presso i greci. Le cronache dell’antichità, asseriscono che il nome di questi giuochi prese occasione dall’istmo di Cori
asseriscono che il nome di questi giuochi prese occasione dall’istmo di Corinto, dove furono istituiti ; ed aggiungono ch
oro istituzione da Sisifo, e furono la prima volta celebrati in onore di Melicerta, il cui corpo fu dalle onde gettato sul
sue opere, che i giuochi istmici fossero istituiti da Teseo, in onore di Nettuno, il quale come dio del mare aveva sotto l
e come dio del mare aveva sotto la sua particolare protezione l’istmo di Corinto. Aggiunge il prelodato scrittore, che Tes
unge il prelodato scrittore, che Teseo volle in ciò seguire l’esempio di Ercole, che alla sua volta era stato istitutore d
lla sua volta era stato istitutore dei giuochi Olimpici. Gli abitanti di Corinto ritenevano come sacra la celebrazione dei
istrutta da Mummio, essi legarono ai Sicioni, loro vicini, l’incarico di continuare la celebrazione di quei giuochi. Immen
ono ai Sicioni, loro vicini, l’incarico di continuare la celebrazione di quei giuochi. Immenso era il concorso di popolo c
i continuare la celebrazione di quei giuochi. Immenso era il concorso di popolo che affluiva in Corinto, da tutte le altre
bbero sottratti alle imprecazioni ed agli anatemi che Moliona, moglie di Attore, aveva lanciati contro qualunque degli Ele
e dei giuochi olimpici, conosciuta sotto la denominazione particolare di Olimpiade. Gli eserczii equestri e ginnastici com
ali e poetici, e da ultimo vi fu anche introdotta la rappresentazione di una gran caccia, per la quale i Corinti facevan v
i più rari animali. I vincitori dei giuochi Istmici venivano coronati di ghirlande di pino ; poscia, prendendo esempio dai
imali. I vincitori dei giuochi Istmici venivano coronati di ghirlande di pino ; poscia, prendendo esempio dai giuochi Neme
cia, prendendo esempio dai giuochi Nemei, i vincitori furono coronati di apio ; ….. nè sconosciuta io canto L’ Ismia vitt
gli a incoronargli il crine : Pindaro — Odi Ismiche — Ode III. trad. di G. Borghi. con la differenza, però che i vincito
ifferenza, però che i vincitori dei giuochi Nemei erano inghirlandati di apio verde ; e quelli dei giuochi Istmici, di api
mei erano inghirlandati di apio verde ; e quelli dei giuochi Istmici, di apio secco. Poi fu decretata una somma di danaro
quelli dei giuochi Istmici, di apio secco. Poi fu decretata una somma di danaro da Solone fissata a cento dramme che dovev
iadri scrittori dell’antica letteratura greca, ha scritto gran numero di odi in onore dei vincitori dei giuochi istmici, e
dei giuochi istmici, e per questa ragiòne il quarto libro delle opere di lui, porta il titolo di odi ismiche e talvolta se
er questa ragiòne il quarto libro delle opere di lui, porta il titolo di odi ismiche e talvolta semplicemente di istmia. 2
opere di lui, porta il titolo di odi ismiche e talvolta semplicemente di istmia. 2349. Istmo di Corinto. — Secondo riferis
titolo di odi ismiche e talvolta semplicemente di istmia. 2349. Istmo di Corinto. — Secondo riferisce Pausania ; i corinti
uno ed il Sole avevano avuto fra loro una contesa, pretendendo ognuno di essi di avere la supremazia sul paese dei Corinti
l Sole avevano avuto fra loro una contesa, pretendendo ognuno di essi di avere la supremazia sul paese dei Corinti. Chiama
liare le differenze, decise che il paese intero avrebbe la protezione di Nettuno, e il promontorio che sovrasta a quelio a
empo gli abitanti riconobbero Nettuno, come dio protettore dell’ ismo di Corinto. 2350. Itaca. — Piccola isola del mare Jo
orinto. 2350. Itaca. — Piccola isola del mare Jonio nelle circostanze di Cefalonia. Nei fasti del paganesimo, l’isola d’It
ia. Nei fasti del paganesimo, l’isola d’Itaca è famosa come la patria di Ulisse, il più astuto dei greci. Omero l’ha resa
issea. Itaca al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma di gagliarda gioventù nutrice. Omero 
al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma di gagliarda gioventù nutrice. Omero — Odissea — Li
a di gagliarda gioventù nutrice. Omero — Odissea — Libro VIII. Trad. di I. Pindemonte. Oggi la patria del famoso invento
uto nelle onde, e abitato da poveri pescatori. 2351. Iti. — Figliuolo di Tereo e di Progne, fu ucciso dalla propria madre
nde, e abitato da poveri pescatori. 2351. Iti. — Figliuolo di Tereo e di Progne, fu ucciso dalla propria madre e presentat
per atroce vendetta — V. Filomena e Progne. 2352. Itifallo. — Al dire di Plinio, così chiamavano i greci una specie di amu
52. Itifallo. — Al dire di Plinio, così chiamavano i greci una specie di amuleto in forma di cuore, a cui attribuivano mol
ire di Plinio, così chiamavano i greci una specie di amuleto in forma di cuore, a cui attribuivano molta segreta virtu e c
Itifallo era anche il soprannome particolare che gli egiziani e dopo di essi i greci, dettero a Priapo, il dio delle orgi
ome particolare dei ministri delle orgie, che si celebravano in onore di Priapo e di Bacco. Osceni e tenebrosi misteri, ov
are dei ministri delle orgie, che si celebravano in onore di Priapo e di Bacco. Osceni e tenebrosi misteri, ove sotto il m
no e prendevano parte attiva a codeste turpitudini, cantando in onore di Bacco, sconce ed oscene canzoni. 2354. Itilo. — F
do in onore di Bacco, sconce ed oscene canzoni. 2354. Itilo. — Figlio di Zeto e di Aedo. Morì ucciso involontariamente dal
e di Bacco, sconce ed oscene canzoni. 2354. Itilo. — Figlio di Zeto e di Aedo. Morì ucciso involontariamente dalla madre.
orì ucciso involontariamente dalla madre. 2355. Itomalo. — Soprannome di Giove, col quale veniva particolarmente adorato i
ssero a Giove Itomato, vittime umane ; e che certo Aristomene, nativo di quella città avesse fatto una volta svenare in un
fatto una volta svenare in un sacrifizio trecento schiavi, sulle are di Giove Itomato. Nella città di Messenia si celebra
sacrifizio trecento schiavi, sulle are di Giove Itomato. Nella città di Messenia si celebrava annualmente una festa chiam
Itonia. — Minerva veniva così soprannominata dall’ avere nella città di Coronea, in Beozia, un tempio comune con Plutone
autori che lo chiamano anche Jade. 2359. Jacco. — Uno dei soprannomi di Bacco. 2360. Jadi. — Così avevano nome complessiv
adi. — Così avevano nome complessivamente, le sette sorelle figliuole di Etra e di Atalante, chiamate individualmente Ambr
ì avevano nome complessivamente, le sette sorelle figliuole di Etra e di Atalante, chiamate individualmente Ambrosia, Coro
sbranato da una lionessa, esse piansero così disperatamente la morte di quel loro caro, che gli dei mossi a compassione,
a il fratello. Da ciò ne è venuto a queste stelle il nome complessivo di Jadi, dalla parola greca ιαδος che significa piog
ca pioggia. Altri scrittori dicono, che le Jadi fossero sette nudrici di Bacco, e che Giove, onde sottrarle all’odio perse
ndono che il gigante Japeto, conosciuto più comunemente sotto il nome di Giapeto — V. Giapeto — fosse l’identico personagg
sonaggio dello Jafet biblico. 2362. Jagni. — Così aveva nome il padre di Marsia, il quale viene ricordato nelle cronache d
re del flauto. Non pochi scrittori dànno a questo personaggio il nome di Jagnede. V. Marsia. 2363. Jale. — Così avea nome
. V. Marsia. 2363. Jale. — Così avea nome una delle ninfe del seguito di Diana, che si trovava in compagnia della dea allo
ba. — Lo stesso al quale si dà, da quasi tutti gli scrittori, il nome di Giarba, che fu uno degli amanti della regina Dido
egli amanti della regina Didone. — V. Giarba. 2367. Jasio. — Fratello di Dardano, e figlio di Giove e di Elettra. Egli fu
ina Didone. — V. Giarba. 2367. Jasio. — Fratello di Dardano, e figlio di Giove e di Elettra. Egli fu ucciso inavvedutament
 — V. Giarba. 2367. Jasio. — Fratello di Dardano, e figlio di Giove e di Elettra. Egli fu ucciso inavvedutamente dal frate
Dardano in prima, e Jasio uscio. Virgilio — Eneide — Libro III trad. di A.Caro. 2368. Jodama. — Madre del famoso Deucali
 — Detto più comunemente Jolante e talvolta anche Jolao, fu figliuolo di Ificlo e nipote di Ercole, e compagno di tutte le
mente Jolante e talvolta anche Jolao, fu figliuolo di Ificlo e nipote di Ercole, e compagno di tutte le sue fatiche. Egli
ta anche Jolao, fu figliuolo di Ificlo e nipote di Ercole, e compagno di tutte le sue fatiche. Egli si rese celebre per la
aestro Negli equestri perigli. Pindaro — Odi Ismiche. Ode VII. trad. di G. Borghi. A lui saprò di Castore, O adattar di
i. Pindaro — Odi Ismiche. Ode VII. trad. di G. Borghi. A lui saprò di Castore, O adattar di Jolao gl’ inni canori : In
che. Ode VII. trad. di G. Borghi. A lui saprò di Castore, O adattar di Jolao gl’ inni canori : In Tebe e in Sparta ei na
ao gl’ inni canori : In Tebe e in Sparta ei nacquero Tra i sommi eroi di cocchi agitatori. Spesso in palestra nobile Gusta
il rimbombo de’percossi scudi. Pindaro — Odi Ismiche — Ode I. trad. di G. Borghi. Allorquando suo zio Ercole sposò Mega
trad. di G. Borghi. Allorquando suo zio Ercole sposò Megara, figlia di Creonte re di Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo
orghi. Allorquando suo zio Ercole sposò Megara, figlia di Creonte re di Tebe, Jolao lo accompagnò, secondo era suo costum
, Jolao si pose alla testa degli Eraclidi e mosse con essi alla volta di Atene, onde fare che Teseo, re di quella contrada
raclidi e mosse con essi alla volta di Atene, onde fare che Teseo, re di quella contrada, avesse preso i discendenti del m
ovanile alle membra dell’ invitto guerriero, che nella pugna si coprì di valore, e uccise di sua mano il superbo Euristeo.
dell’ invitto guerriero, che nella pugna si coprì di valore, e uccise di sua mano il superbo Euristeo. Occasion pur vale
enne Già redivivo nel mio suol natale, Quando Euristeo superbo Giunse di colpo acerbo, E stanza sepolcrale D’ Amfitrion ne
itrion nell’ ima fossa ottenne ; Pindaro — Odi Pitie — Ode I. trad. di G. Borghi. I greci dopo la morte di Jolao, gl’ in
ndaro — Odi Pitie — Ode I. trad. di G. Borghi. I greci dopo la morte di Jolao, gl’ innalzarono varii eroici monumenti, ed
arii eroici monumenti, ed in suo onore eressero un altare nella città di Atene, e celebrarono delle feste dette perciò Jol
perciò Jolee. V. Jolee. Le cronache mitologiche fanno anche menzione di un altro congiunto di Ercole, similmente conosciu
e. Le cronache mitologiche fanno anche menzione di un altro congiunto di Ercole, similmente conosciuto sotto il nome di Jo
di un altro congiunto di Ercole, similmente conosciuto sotto il nome di Jolao, il quale, fu da quell’eroe ucciso in un ac
tto il nome di Jolao, il quale, fu da quell’eroe ucciso in un accesso di furore, a cui egli soggiacque, al suo ritorno dal
egli soggiacque, al suo ritorno dall’ inferno. 2370. Jolco. — Patria di Giasone. Questa città marittima della Tessaglia,
famosa conquista del vello d’oro, celebrò i giuochi funebri in onore di Pelia, che poi ebbero tanta rinomanza in tutta la
Discorde è l’opinione degli scrittori dell’antichità, sulla paternità di questa giovanetta : infatti alcuni pretendono che
i questa giovanetta : infatti alcuni pretendono che ella fosse figlia di un re della Lidia, per nome Giardano ; ed altri,
o ; ed altri, segnatamente Ovidio e Sofocle, che ella fosse figliuola di Eurito, re di Ecalia. D’ Eurito figlia, Ed è Jol
segnatamente Ovidio e Sofocle, che ella fosse figliuola di Eurito, re di Ecalia. D’ Eurito figlia, Ed è Jole nomata. …..
iglia, Ed è Jole nomata. ….. Sofocle — Le Trachinie — Tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole, perdutamente invaghito di l
inie — Tragedia trad. di F. Bellotti. Ercole, perdutamente invaghito di lei, a causa della stupenda bellezza che la rese
ente negata la mano della figlia, Ercole sdegnato uccise il re, padre di lei, e dopo d’ aver saccheggiata la città, s’impa
l re, padre di lei, e dopo d’ aver saccheggiata la città, s’impadronì di Jole, e con ogni cura la portò seco. Questa Jole
cura la portò seco. Questa Jole fu la principale ragione della morte di Ercole, avendo suscitata la gelosia di Deianira.
principale ragione della morte di Ercole, avendo suscitata la gelosia di Deianira. V. Ercole. ……. Ercole al padre Per fur
le al padre Per furtiva consorte la richiese ; Ma indarno : ond’ egli di mentita accusa Fatto pretesto al suo voler, con l
voler, con l’armi Ecalia assale, ove sedea regnante Eurito, il padre di costei ; l’uccide ; La città ne devasta, e lei, q
i, qual vedi, Fa qui condur, non senza cura, o donna, Nè in sembianza di schiava : Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. tra
è in sembianza di schiava : Sofocle — Le Trachinie — Tragedia. trad. di F. Bellotti. 2372. Jolee. — Feste in onore di Jo
inie — Tragedia. trad. di F. Bellotti. 2372. Jolee. — Feste in onore di Jolao che gli ateniesi celebravano con gran pompa
celebravano con gran pompa nella loro città. 2373. Jone. — Figliuolo di Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa fig
con gran pompa nella loro città. 2373. Jone. — Figliuolo di Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa figlia di Erett
. — Figliuolo di Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa figlia di Eretteo, re di Atene, della quale si è servito il
i Apollo e di Creusa. Sua madre è quella stessa figlia di Eretteo, re di Atene, della quale si è servito il famoso poeta E
ene, della quale si è servito il famoso poeta Euripide, come soggetto di una sua tragedia, intitolata Jon. Creusa, sedotta
a, sedotta da Apollo, dette alla luce un fanciullo senza che il padre di lei si fosse accorto di nulla ; ma quando ebbe pa
tte alla luce un fanciullo senza che il padre di lei si fosse accorto di nulla ; ma quando ebbe partorito il bambino, non
i nulla ; ma quando ebbe partorito il bambino, non avendo altro mezzo di tener nascosta la colpa d’amore, abbandonò il pro
mosso a compassione sulla sorte del proprio figlio, incaricò Mercurio di andare in soccorso di lui ; ed infatti Mercurio,
lla sorte del proprio figlio, incaricò Mercurio di andare in soccorso di lui ; ed infatti Mercurio, recatosi alla grotta o
alla grotta ove Creusa aveva lasciato il bambino, lo portò nel tempio di Diana. Quivi la sacerdotessa custoditrice del tem
sua affettuosa liberatrice, e all’ombra degli altari, affatto ignaro di chi fossero i suoi genitori, i quali restarono si
eva allevato. Fatto adulto, Jone si acquistò l’affetto degli abitanti di Delfo e la loro fiducia ; per modo che, ad onta d
erte cura, onde fare in modo, che Jone passasse un giorno come figlio di Xuto, onde procurare a quel suo dilettissimo la g
come figlio di Xuto, onde procurare a quel suo dilettissimo la gloria di essere nell’avvenire il fondatore della Jonia. Xu
lla Jonia. Xuto addolorato per non aver figliuoli, dopo qualche tempo di matrimonio, portossi a Delfo, onde saper dall’ or
figlio. A questa risposta, Xuto con l’anima giubilante, si risovvenne di aver avuto una tresca amorosa, in un viaggio ch’e
tresca amorosa, in un viaggio ch’egli fece a Delfo, durante le feste di Bacco, e dalla quale avrebbe potuto infatti avere
otuto infatti avere un figliuolo. Non reggendo al consolante pensiero di conoscere quest’ essere caro, uscì precipitosamen
ssi oltre la soglia, s’incontrò nel giovanetto depositario dei tesori di quello, e lo chiamò col dolcissimo nome di figlio
tto depositario dei tesori di quello, e lo chiamò col dolcissimo nome di figlio. Riflettendo poi che l’età del giovanetto
ata del suo viaggio, lo riconobbe per figliuolo, e gl’ impose il nome di Jone, dalla parola greca εξιοντιμες che racchiude
sè il significato d’essersi quel giovane offerto il primo, alla vista di lui, uscendo dal tempio. Intanto Creusa venuta a
vista di lui, uscendo dal tempio. Intanto Creusa venuta a conoscenza di quanto aveva operato suo marito Xuto, considerò l
nto, mirante solo a porre sull’ avito trono degli Erettidi, il figlio di qualche schiava ; e giurò di farne vendetta. A ta
l’ avito trono degli Erettidi, il figlio di qualche schiava ; e giurò di farne vendetta. A tale uopo dette l’incarico ad u
ta. A tale uopo dette l’incarico ad un vecchio servo, suo confidente, di uccidere Jone col veleno. Quando fu portata la ta
andire, per sollennizzare il suo riconoscimento, il giovanetto invece di bere il vino di quella coppa, ne fece offerta agl
ennizzare il suo riconoscimento, il giovanetto invece di bere il vino di quella coppa, ne fece offerta agli dei, spargendo
altare d’ Apollo, in vocando la protezione del dio. Ma già i seguaci di Jone erano sul punto di avanzarsi contro di lei,
cando la protezione del dio. Ma già i seguaci di Jone erano sul punto di avanzarsi contro di lei, per trascinarla al suppl
del dio. Ma già i seguaci di Jone erano sul punto di avanzarsi contro di lei, per trascinarla al supplizio, quando la sace
. A quella vista, Creusa levò un altissimo grido e slanciandosi verso di Jone lo coprì di baci e di carezze, chiamandolo s
Creusa levò un altissimo grido e slanciandosi verso di Jone lo coprì di baci e di carezze, chiamandolo suo figlio. Ma la
vò un altissimo grido e slanciandosi verso di Jone lo coprì di baci e di carezze, chiamandolo suo figlio. Ma la suprema gi
a fu presto intorbidata dall’aver ella confessato che Jone era figlio di Apollo e non già di Xuto. Non è a dire l’alta cos
ata dall’aver ella confessato che Jone era figlio di Apollo e non già di Xuto. Non è a dire l’alta costernazione che una s
o. La gran maggioranza degli storici greci riconosce Jone come figlio di Xuto e di Creusa, e aggiunge che la posterità di
maggioranza degli storici greci riconosce Jone come figlio di Xuto e di Creusa, e aggiunge che la posterità di lui, fu co
sce Jone come figlio di Xuto e di Creusa, e aggiunge che la posterità di lui, fu così numerosa, che coll’ andare degl’ ann
ell’ Asia minore, ove fondò le colonie conosciute col nome collettivo di Ionie. 2374. Jonidi. — Nome collettivo di alcune
osciute col nome collettivo di Ionie. 2374. Jonidi. — Nome collettivo di alcune ninfe, le quali, secondo Pausania, abitava
vo di alcune ninfe, le quali, secondo Pausania, abitavano nella città di Eraclea in Elide, ove scaturiva una fonte, sulla
Sinallaffi e Jafide ; e complessivamente Jonidi. 2375. Jonna. — Madre di Trittolemo e moglie di Eleusio. Ella prese parte
complessivamente Jonidi. 2375. Jonna. — Madre di Trittolemo e moglie di Eleusio. Ella prese parte ai famosi onori funebri
che i greci resero al figliuolo suo. V. Trittolemo. 2376. Jopa. — Re di una contrada dell’ Africa. Secondo Virgilio fu es
colla cetra d’oro Il biondo Jopa. Virgilio — Eneide — Libro I. trad. di A. Caro. 2377. Josso. — Dejoneo, figlio d’ Eurit
ro I. trad. di A. Caro. 2377. Josso. — Dejoneo, figlio d’ Eurito, re di Tessaglia, ebbe da una giovanetta per nome Perigo
iamato Josso. Divenuto adulto, egli si stabilì nella Caria, e fu capo di una colonia da cui poi discesero gli Jossidi. A p
fu capo di una colonia da cui poi discesero gli Jossidi. A proposito di questi, scrive Pausania, che per una superstiz io
esti, scrive Pausania, che per una superstiz iosa credenza, piuttosto di famiglia, che di religione, essi conservavano, di
ania, che per una superstiz iosa credenza, piuttosto di famiglia, che di religione, essi conservavano, di padre in figlio,
credenza, piuttosto di famiglia, che di religione, essi conservavano, di padre in figlio, l’uso di non cuocere gli asparag
iglia, che di religione, essi conservavano, di padre in figlio, l’uso di non cuocere gli asparagi e di non sbarbicare le c
conservavano, di padre in figlio, l’uso di non cuocere gli asparagi e di non sbarbicare le canne ; tributando a queste pia
e di non sbarbicare le canne ; tributando a queste piante, una specie di particolare venerazione. Nè il citato scrittore,
nè alcun’altro cronista dell’antichità, ci hanno trasmessa la ragione di questa singolare costumanza. 2378. Jou. — Era que
ingolare costumanza. 2378. Jou. — Era questo il primitivo e vero nome di Iove ossia Giove. I celti chiamavano questo dio c
vero nome di Iove ossia Giove. I celti chiamavano questo dio col nome di Jov che nella loro lingua vuol dire giovane, per
nella loro lingua vuol dire giovane, per dinotare l’eterna giovanezza di un dio. Presso i latini il Mons Jovis ossia monte
terna giovanezza di un dio. Presso i latini il Mons Jovis ossia monte di Giove, era una montagna delle Alpi consacrata a q
a settimana a lui sacro. Finalmente anche nelle Gallie, sotto il nome di Jov, veniva venerato il dio Giove. K 2379.
a personificazione del dio del bene, ritenuto come principio assoluto di tutto ciò che è buono. Presso quei popoli, Kacima
otente, ma più astuto e maligno, a cui si dava talvolta anche il nome di Jolo-Kiamo. 2380. Kaleda. — Nella mitologia slava
ome al loro Cupido, dio dell’ amore. Veniva rappresentato con un arco di canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e
ro Cupido, dio dell’ amore. Veniva rappresentato con un arco di canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e a cavall
va rappresentato con un arco di canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e a cavallo di un pappagallo. Sebbene il c
n arco di canna di zucchero, e con delle frecce di fiori, e a cavallo di un pappagallo. Sebbene il culto di Kama non si fo
delle frecce di fiori, e a cavallo di un pappagallo. Sebbene il culto di Kama non si fosse mai molto generalizzato nelle I
non si fosse mai molto generalizzato nelle Indie, pure in molte città di quelle contrade, si venerava il fanciullo Kama co
ida floritura. Le statue e le pagodi del dio Kama erano sempre ornate di ghirlande di quei fiori. 2382. Kamis. — Divinità
. Le statue e le pagodi del dio Kama erano sempre ornate di ghirlande di quei fiori. 2382. Kamis. — Divinità indigena del
fiori. 2382. Kamis. — Divinità indigena del Giappone, e propriamente di alcune città di quella contrada. I giapponesi, in
mis. — Divinità indigena del Giappone, e propriamente di alcune città di quella contrada. I giapponesi, individualmente pa
I giapponesi, individualmente parlando, chiamano col nome collettivo di Kamis quegli uomini che, divinizzati dopo la mort
dogmi della religione giappone e ammettono un ente supremo, come capo di tutti i Kamis. I templi di queste divinità, alle
one e ammettono un ente supremo, come capo di tutti i Kamis. I templi di queste divinità, alle quali, con vocabolo proprio
i di queste divinità, alle quali, con vocabolo proprio, si dà il nome di Nia, sono quasi sempre privi di ornamenti e di st
, con vocabolo proprio, si dà il nome di Nia, sono quasi sempre privi di ornamenti e di statue. Il solo arredo che vi si o
proprio, si dà il nome di Nia, sono quasi sempre privi di ornamenti e di statue. Il solo arredo che vi si osserva è uno sp
redo che vi si osserva è uno specchio assai grande, che, come emblema di purezza, sta in quei templi, quasi a voler signif
questo nome al dio dei cieli inferiori, il quale ha diritto assoluto di vita e di morte su tutta la specie umana. Credono
me al dio dei cieli inferiori, il quale ha diritto assoluto di vita e di morte su tutta la specie umana. Credono i cinesi
al dio delle acque e dei pesci. Egli viene riguardato come figliuolo di Amida e come creatore della luna e del sole. Nell
figliuolo di Amida e come creatore della luna e del sole. Nella città di Osaka il dio Kanon ha un ricchissimo tempio, ove
dio Kanon ha un ricchissimo tempio, ove si vede la sua statua in atto di uscire dalla gola spalancata di un enorme pesce.
io, ove si vede la sua statua in atto di uscire dalla gola spalancata di un enorme pesce. Questa statua ha 4 braccia, due
a lancia, un’ altra uno scettro, e un’ altra dei fiori. Ricche catene di perle e di pietre preziose ornano il collo, il pe
n’ altra uno scettro, e un’ altra dei fiori. Ricche catene di perle e di pietre preziose ornano il collo, il petto e le br
posto un grosso corno marino, da cui esce fino alla cintola, il corpo di un giovane con folta barba e nudo. 2385. Kao-Manc
e morì annegato in un pozzo. 2386. Kaor-Buk. — Gli abitanti del regno di Asem dànno questo nome al dio dei quattro venti.
sercitano tutti la medicina, mandano alla capanna, chiamata il tempio di Kaor-Bus, quegl’infermi che essi non han potuto g
otuto guarire, e questi debbono offrire al dio quattro uccelli, prima di esporre la malattia che li affligge. 2387. Kapa,
ovenienti dalla Spagna, si resero celebri nell’Irlanda, fino al punto di essere innalzati agl’onori immortali della divini
del culto religioso dei Tuata-Dadan. Generalmente si dà loro il nome di Bit, Bit-Fiontaîn e Ladra, e si ritiene il primo
radizioni e le cronache mitologiche irlandesi, le quali parlano tutte di tre donne che prendono possesso di quella contrad
irlandesi, le quali parlano tutte di tre donne che prendono possesso di quella contrada, dànno il loro nome a varii luogh
endono possesso di quella contrada, dànno il loro nome a varii luoghi di essa, e finalmente soccombono nella loro impresa.
presa. 2388. Kasia ed Anna. — Presso i giapponesi, sono questi i nomi di due sacerdoti, i quali scrissero su foglie di alb
esi, sono questi i nomi di due sacerdoti, i quali scrissero su foglie di albero, le più belle massime della religione di B
i scrissero su foglie di albero, le più belle massime della religione di Budda, e i principali avvenimenti della vita di q
ssime della religione di Budda, e i principali avvenimenti della vita di quel dio. Quest’ opera chiamata in lingua giappon
o, o semplicemente Kio, cioè libro dei fiori eccellenti, è una specie di catechismo religioso, che poi divenne la bibbia d
particolari per l’avena, l’ orzo e la segala. 2390. Ker. — E opinione di varî scrittori dell’ antichità pagane, che i Kers
bocca attratta da uno spaventoso sogghigno, e con le vesti grondanti di sangue. Anche fra gli scrittori dell’antichità si
anti di sangue. Anche fra gli scrittori dell’antichità si fa menzione di un Dio Ker, a cui si dànno presso a poco simili s
t, e che sopraintende alle nozze dei fiori. Nelle tradizioni storiche di quella contrada, Kolna è figlio di uno dei capi S
i fiori. Nelle tradizioni storiche di quella contrada, Kolna è figlio di uno dei capi Scandinavi, il quale fondò per il pr
sessuali delle piante. 2395. Kopto. — Conosciuto anche sotto il nome di Cheospi, fu quel famoso re d’ Egitto, il quale si
ole, che nella costruzione delle piramidi, fossero adoperati non meno di 360 mila operai, i quali lavorassero 23 anni. Pli
quali lavorassero 23 anni. Plinio asserisce, che una somma non minore di 1800 talenti, fosse spesa per il vitto di quegli
e, che una somma non minore di 1800 talenti, fosse spesa per il vitto di quegli operai. Le piramidi di Kopto sono tre, una
1800 talenti, fosse spesa per il vitto di quegli operai. Le piramidi di Kopto sono tre, una più grande nel mezzo, e due m
e due meno elevate a destra e a sinistra. Esse sono con un intervallo di dugento passi l’una dall’altra, distanti due migl
mantissimo della regina sua moglie, e d’una sua figliuola, giovanetta di rara bellezza, ebbe a soffrire il crudele dolore
iuola, giovanetta di rara bellezza, ebbe a soffrire il crudele dolore di perderle entrambe in poco tempo ; ond’egli fece i
rle entrambe in poco tempo ; ond’egli fece innalzare le due piramidi, di cui favelliamo, per deporvi quei corpi adorati. 2
ne, la quale è ritenuta come la più antica, la più bella, la più pura di tutte. Krisna-Visnù, secondo la tradizione, nacqu
tte. Krisna-Visnù, secondo la tradizione, nacque a Matura e fu figlio di Vassudeva e della bellissima Devakì. Entrambi i s
che Kansa fratello della regina Devakì, nemico del dio Visnù, anelava di far propria la corona di Vassudeva ; e che quest’
regina Devakì, nemico del dio Visnù, anelava di far propria la corona di Vassudeva ; e che quest’ambizioso disegno era in
zato che un giorno, egli avrebbe jerduta la corona e la vita per mano di un suo nipote. Preoccupato da siffatte apprension
sso che nessun figlio maschio della giovine regina avrebbe vissuto al di là di un giorno solo. Infatti per ben sette volte
e nessun figlio maschio della giovine regina avrebbe vissuto al di là di un giorno solo. Infatti per ben sette volte la do
lo. Infatti per ben sette volte la dolente Devakì vide Kansa uccidere di sua mano i proprii figliuoli. Finalmente l’ottava
na, che fu il suo ottavo maschio, onde sottrarlo allo spietato furore di Kansa. Invano questi circondò la camera reale di
allo spietato furore di Kansa. Invano questi circondò la camera reale di scherani e di guardie : l’assordante strepito di
furore di Kansa. Invano questi circondò la camera reale di scherani e di guardie : l’assordante strepito di gran numero di
ondò la camera reale di scherani e di guardie : l’assordante strepito di gran numero di strumenti, sui quali si batteva pe
reale di scherani e di guardie : l’assordante strepito di gran numero di strumenti, sui quali si batteva per ordine della
ani il perseguitato bambino. Kansa allora comandò una strage generale di tutti i fanciulli, che non avessero oltrepassato
ge generale di tutti i fanciulli, che non avessero oltrepassato l’età di un anno, sperando così di avvolgere nel la genera
ciulli, che non avessero oltrepassato l’età di un anno, sperando così di avvolgere nel la generale catastrofe il piccolo K
ro dio, uccide i Daitri scherani del perfido zio, che movevano contro di lui per compiere il sanguinoso mandato. Devakì in
ò il figliuolo Krisna ad un re pastore per nome Nunda, ed alla moglie di lui detta Jasciada ; e questi non sentendosi sicu
ie di lui detta Jasciada ; e questi non sentendosi sicuri nella città di Matura, si trasferirono in Nundagroma, loro patri
ro patria, onde sottrarre il piccolo Krisna alle crudeli persecuzioni di Kansa. Appena giunti in Nundagroma, si presentaro
ro alcune donne dalle forme gigantesche, che erano segrete mandatarie di Kansa, e domandano a Nunda di poter nudrire del l
gantesche, che erano segrete mandatarie di Kansa, e domandano a Nunda di poter nudrire del loro latte il bambino ch’egli p
e uccide lo stesso Kansa. L 2397. Labda. — Una delle figliuole di Anfione. Narra la cronaca che essendo nata zoppa,
icorse all’oracolo, e questo rispose, che ella sarebbe divenuta madre di un figliuolo che poi avrebbe usurpata la suprema
la suprema autorità in Corinto ; e sarebbe stato riconosciuto come re di quella contrada. Infatti, poco tempo dopo, Labda
rada. Infatti, poco tempo dopo, Labda si maritò ad Echeone, figliuolo di un cittadino di Corinto per nome Echecrate, ed eb
oco tempo dopo, Labda si maritò ad Echeone, figliuolo di un cittadino di Corinto per nome Echecrate, ed ebbe da quello un
e il fanciullo, onde sua madre per salvarlo, lo nascose in una misura di biada che i greci chiamavano Cipfelo. Da ciò il n
iamavano Cipfelo. Da ciò il nome del bambino. 2398. Labdaco. — Figlio di Fenice re di Tebe. Nei fasti della cronaca storic
elo. Da ciò il nome del bambino. 2398. Labdaco. — Figlio di Fenice re di Tebe. Nei fasti della cronaca storico-favolosa eg
i fasti della cronaca storico-favolosa egli è ricordato come il padre di Laio e avo del famoso Edipo. 2399. Laberinti. — F
lie del mondo, i pagani comprendevano i due famosi laberinti del lago di Meride in Egitto, e quello di Grecia nell’isola d
ndevano i due famosi laberinti del lago di Meride in Egitto, e quello di Grecia nell’isola di Creta ; sebbene quest’ultimo
laberinti del lago di Meride in Egitto, e quello di Grecia nell’isola di Creta ; sebbene quest’ultimo, al dire di Plinio l
quello di Grecia nell’isola di Creta ; sebbene quest’ultimo, al dire di Plinio lo storico, non fosse che la centesima par
ltimo, al dire di Plinio lo storico, non fosse che la centesima parte di quello d’Egitto. Al dire di Erodoto, il laberinto
storico, non fosse che la centesima parte di quello d’Egitto. Al dire di Erodoto, il laberinto di Egitto fu edificato per
centesima parte di quello d’Egitto. Al dire di Erodoto, il laberinto di Egitto fu edificato per i dodici re, che secondo
ei quello del settentrione, mentre una stessa muraglia le circonda al di fuori. Oltre a queste immense sale, il laberinto
tre a queste immense sale, il laberinto egiziano comprendeva non meno di tremila camere, delle quali mille e cinquecento e
cento erano sotterranee, e le altre mille e cinquecento fabbricate su di esse. Le camere sotterranee contenevano i sepolcr
ione del laberinto, e vi si conservavano anche i cadaveri imbalsamati di que i coccodrilli, che il culto religioso degl’eg
ta a tutti. Le camere superiori erano, sempre secondo Erodoto, quanto di maraviglioso e di sorprendente poteva in quei tem
ere superiori erano, sempre secondo Erodoto, quanto di maraviglioso e di sorprendente poteva in quei tempi produrre la man
queste sale che mettevano le une nelle altre, e tutte erano ricoperte di tetti in pietra viva ; mentre tutte le mura erano
tti in pietra viva ; mentre tutte le mura erano letteralmente coperte di maravigliose sculture, ed ogni sala era circondat
e di maravigliose sculture, ed ogni sala era circondata da una specie di gran portico di colonne, in pietra bianca. Cosi E
e sculture, ed ogni sala era circondata da una specie di gran portico di colonne, in pietra bianca. Cosi Erodoto. Però il
tremila appartamenti, e dodici palagi, fabbricati in un solo recinto di mura e tutti ricoperti di marmo. Una sola era l’e
odici palagi, fabbricati in un solo recinto di mura e tutti ricoperti di marmo. Una sola era l’entrata dall’ esterno ; ma
; ma internamente vi era un immenso, un enorme, uno sterminato numero di strade, per le quali si era forzati di passare e
enorme, uno sterminato numero di strade, per le quali si era forzati di passare e ripassare, girando e rigirando, e trova
za che si giungesse mai a ritrovare la via della uscita. Il laberinto di Grecia che sorgeva nell’isola di Creta, fu costru
re la via della uscita. Il laberinto di Grecia che sorgeva nell’isola di Creta, fu costruito da Dedalo, sul modello di que
che sorgeva nell’isola di Creta, fu costruito da Dedalo, sul modello di quello egiziano, ma in più piccole proporzioni, p
modello di quello egiziano, ma in più piccole proporzioni, per ordine di Minosse re di quell’isola, il quale vi fece rinch
llo egiziano, ma in più piccole proporzioni, per ordine di Minosse re di quell’isola, il quale vi fece rinchiudere il most
e vi fece rinchiudere il mostro conosciuto nella favola sotto il nome di Minotauro. È questo il laberinto di cui fà menzio
sciuto nella favola sotto il nome di Minotauro. È questo il laberinto di cui fà menzione Virgilio e che sorgeva vicino all
laberinto di cui fà menzione Virgilio e che sorgeva vicino alla città di Gnosso. …… in quante si discorre Per le molte in
ce in Creta Esser costrutto ; …….. Virgilio — Eneide — Lib. V. trad. di A. Caro. Oltre a questi due laberinti, annoverat
eno famosi, pure vengono ricordati nelle cronache dell’antichità. Uno di questi laberinti fu fatto edificare da Porsenna,
inti fu fatto edificare da Porsenna, re dell’Etruria, nell’intenzione di farne il proprio sepolcro, e l’altro che sorgeva
nzione di farne il proprio sepolcro, e l’altro che sorgeva nell’isola di Lenno. 2400. Labradeo. — Al dire di Plutarco, si
e l’altro che sorgeva nell’isola di Lenno. 2400. Labradeo. — Al dire di Plutarco, si dava questo soprannome a Giove nella
raffigurato il padre degli dei, si venerava in quella città la statua di lui con una scure nella mano. Questo cangiamento
na delle Amazzoni, le tolse le sue bellissime armi, fra cui una scure di maraviglioso lavoro, che l’eroe, donò ad Onfale s
l’eroe, donò ad Onfale sua ; amante. Questa principessa la legò ai re di Lidia, i quali la portarono invece di scettro, fi
uesta principessa la legò ai re di Lidia, i quali la portarono invece di scettro, fino al tempo in cui Candaule, ultimo re
portarono invece di scettro, fino al tempo in cui Candaule, ultimo re di quella contrada non cadde in potere dei Carii, i
e gli posero la famosa scure fra le mani. 2401. Lacedemone. — Figlio di Giove e della ninfa Faigete. Divenuto adulto egli
di Giove e della ninfa Faigete. Divenuto adulto egli sposò una figlia di Eurota, re della Laconia ; ed avendo ereditato il
te, il suo nome e quello della moglie. Da cio la doppia denominazione di Lacedemonia o Lacedemone, e di Sparta, a questa f
moglie. Da cio la doppia denominazione di Lacedemonia o Lacedemone, e di Sparta, a questa famosa città della Grecia. Quest
prannome particolare della dea Giunone, come dea tutelare della città di Sparta. 2403. Lachesi. — Una delle tre Parche, e
ilo della vita. V. Parche. 2404. Lacinia. In un promontorio del golfo di Taranto, nella penisola Italiana, sorgeva, al dir
torio del golfo di Taranto, nella penisola Italiana, sorgeva, al dire di Tito Livio, un tempio consacrato alla dea Giunone
che il censore Quinto Fulvio Flacco, spogliò delle magnifiche tegole di marmo che ne formavano il tetto, onde servirsene
marmo che ne formavano il tetto, onde servirsene per la edificazione di un tempio della Fortuna, che egli faceva fabbrica
contemporanei ritennero che quella morte fosse avvenuta per vendetta di Giunone Lacinia, la quale avesse per tal modo pun
a, la quale avesse per tal modo punito il tracotante che si facea reo di quel sacrilegio. Questa popolare credenza prese t
ore, che il senato emanò un editto, col quale comandava che le tegole di marmo fossero rimesse al loro posto. Ma la supers
credeva che se taluno avesse inciso il proprio nome su quelle tegole di marmo, la incisione svaniva nell’ istesso momento
non sapendo se fosse d’ oro massiccio, ovvero ricoperta semplicemente di foglie d’ oro, la fece puntare con taluni istrume
ove. Ma nella notte seguente, Giunone apparsagli in sogno, gl’ impose di smettere dall’ opera incominciata, minacciandolo
sogno, gl’ impose di smettere dall’ opera incominciata, minacciandolo di privarlo del solo occhio che avea (avendo Annibal
avea nome un famoso masnadiere, che per lung o tempo, desolò il paese di Crotone. Ercole lo combattè e l’uccise, ed in mem
olò il paese di Crotone. Ercole lo combattè e l’uccise, ed in memoria di questo fatto fece edificare un templo a Giunone L
i del paganesimo per aver dato i natali a Milziade ed a Cimone figlio di lui, che entrambi andarono annoverati fra i più g
costruire il suo famoso flauto a sette canne, al quale dette il nome di Siringa, in memoria forse della figliuola.V. Siri
, in memoria forse della figliuola.V. Siringa. 2409. Laerte. — Figlio di Arcesio e marito di una figliuola di Autolico, ch
ella figliuola.V. Siringa. 2409. Laerte. — Figlio di Arcesio e marito di una figliuola di Autolico, chiamata Anticha, che
Siringa. 2409. Laerte. — Figlio di Arcesio e marito di una figliuola di Autolico, chiamata Anticha, che poi lo rese padre
. Al dire dello storico Apollodoro, Laerte fu contemporaneo e parente di Giasone, e fu uno degli Argonauti. 2410. Lafira. 
a divisione delle spoglie e del bottino. 2411. Lafistio. — Soprannome di Giove, che a lui fu dato dagli Orcomeni, dopo che
dato dagli Orcomeni, dopo che Frisso gli ebbe sacrificato il montone di Colco. Dopo questo avvenimento, Giove Lafistio ve
ggitivi. 2412. Lafria. — Più comunemente detta Friclaria ; soprannome di Diana a lei dato dai Calidonii, allorquando essi
lorquando essi credettero che l’ira che la dea avea fatta ricadere su di Oeneo, e suoi discendenti, si fosse placata. Le c
si fosse placata. Le cronache dell’antichità aggiungono in proposito di Diana Lafria, che allorquando l’imperatore August
iana Lafria, che allorquando l’imperatore Augusto saccheggiò la città di Calidone lasciò gran parte delle spoglie di quell
gusto saccheggiò la città di Calidone lasciò gran parte delle spoglie di quella, agli abitanti di Patra nell’ Acaja, e seg
di Calidone lasciò gran parte delle spoglie di quella, agli abitanti di Patra nell’ Acaja, e segnatamente una statua di D
quella, agli abitanti di Patra nell’ Acaja, e segnatamente una statua di Diana Lafria, che essi custodirono gelosamente ne
a d’oro e d’avorio, e rappresentava Diana in abito da caccia. Al dire di Pausania, gli abitanti di Patra fabbricarono un t
resentava Diana in abito da caccia. Al dire di Pausania, gli abitanti di Patra fabbricarono un tempio a Diana Lafria, e is
i Patra fabbricarono un tempio a Diana Lafria, e istituirono in onore di lei una festa annuale. 2413. Lacenoforie. — Dalle
e alcune pubbliche feste, celebrate al tempo dei Tolomei, nella città di Alessandria. Erano così dette perchè coloro che p
a cena, erano adagiati sopra letti posti intorno alla mensa, e invece di coppa bevevano ad un fiasco particolare, c..e ogn
nsa, e invece di coppa bevevano ad un fiasco particolare, c..e ognuno di essi portava con sè dalla propria dimora. Le Lace
sero stanza i numi. Presso quei popoli, il più famoso lago era quello di Tolosa, nel quale essi gettavano, come omaggio al
, fa menzione d’un altro lago celeberrimo nelle Gallie, sotto il nome di lago dei due corvi, perchè sulle sue rive avevano
hè sulle sue rive avevano, da lungo tempo, fissato la loro dimora due di questi volatili, sui quali gl’indigeni raccontava
da. Ella richiese al famoso Demostene, diecimila dramme per una notte di piacere, onde provocò la famosa risposta del sagg
to a così caro prezzo . Secondo la cronaca, Laide morì uccisa a colpi di spillone, in un tempio di Venere, da alcune donne
condo la cronaca, Laide morì uccisa a colpi di spillone, in un tempio di Venere, da alcune donne di Corinto, invidiose del
ì uccisa a colpi di spillone, in un tempio di Venere, da alcune donne di Corinto, invidiose della suprema bellezza di lei.
Venere, da alcune donne di Corinto, invidiose della suprema bellezza di lei. In una contrada della città di Corinto, si v
invidiose della suprema bellezza di lei. In una contrada della città di Corinto, si vide per lungo tempo un sepolcro, rit
si vide per lungo tempo un sepolcro, ritenuto comunemente per quello di Laide, sul quale si vedeva scolpita, come un’alle
sa, una lionessa con un agnello fra gli artigli. 2416. Lalo. — Figlio di Labdaco re di Tebe. V. Labdaco. — Stava ancora in
sa con un agnello fra gli artigli. 2416. Lalo. — Figlio di Labdaco re di Tebe. V. Labdaco. — Stava ancora in culla, allorc
ajo sul trono dei suoi avi. ….. In questa terra Laio, o Signor tenea di re possanza Pria che tu l’assumessi. Sofocle — E
ossanza Pria che tu l’assumessi. Sofocle — Edipo Re — Tragedia trad. di F. Bellotti. È questo il famoso Lajo che morì uc
per mano del proprio figliuolo Edipo. V. Edipo. Se alcun tra voi sa di qual mano estinto Cadde il figlio di Labdaco, ver
. V. Edipo. Se alcun tra voi sa di qual mano estinto Cadde il figlio di Labdaco, verace Tutto esponga, io ’l comando. So
ce Tutto esponga, io ’l comando. Sofocle — Edipo Re — Tragedia trad. di F. Bellotti. 2417. Laira. — La stessa figliuola
 — Tragedia trad. di F. Bellotti. 2417. Laira. — La stessa figliuola di Leucippo, conosciuta nei fasti della cronaca paga
di Leucippo, conosciuta nei fasti della cronaca pagana, sotto il nome di Ilaria, che fu rapita da Castore al momento che d
sare Linceo. V. Castore e Polluce. 2418. Lamia. — Una delle figliuole di Nettuno. Giove l’amò con passione e Giunone ne co
alla luce due bambini morti. La povera giovanetta fu così addolorata di questa sventura che in pochi giorni perdette affa
ni perdette affatto la sua stupenda bellezza, e cadde in tale eccesso di furore, che divorava tutti i bambini che le cadev
te presso i pagani, vita alla simbolica esistenza delle Lamie, specie di mostri dal volto di donna, che attirano i passegg
vita alla simbolica esistenza delle Lamie, specie di mostri dal volto di donna, che attirano i passeggieri e poi li divora
vorano. Lamia aveva anche nome una famosa cortigiana d’ Atene, figlia di Cleonora e che si rese celebre per la perizia con
teniesi e i Tebani eressero un tempio alla sua memoria, sotto il nome di Lamia-Venere. Lamia ed Aussesia erano finalmente
to il nome di Lamia-Venere. Lamia ed Aussesia erano finalmente i nomi di due divinità venerate particolarmente in Trezene
el tempo che Trezene era tumultuosa per dissidii politici e discordie di partiti, abbandonarono la loro isola nativa per r
rtiti, abbandonarono la loro isola nativa per recarsi in quella città di cui esse ignoravano l’interna agitazione. Però ap
ignoravano l’interna agitazione. Però appena ebbero varcate le porte di Trezene, che il popolo in piena sommossa le uccis
e porte di Trezene, che il popolo in piena sommossa le uccise a colpi di pietra. Calmatisi gli animi, i Trezentini, dolent
uccise a colpi di pietra. Calmatisi gli animi, i Trezentini, dolenti di quanto era avvenuto, istituirono in onore delle s
una pubblica solennità, che poi fu celebrata ogni anno, sotto il nome di festa della lapidazione. 2419. Lampadi. — Gli ant
agonia della sventurata. Presso i pagani le lampadi erano comunemente di terra cotta e di bronzo, e talvolta anche d’argen
turata. Presso i pagani le lampadi erano comunemente di terra cotta e di bronzo, e talvolta anche d’argento e d’oro. Oltre
di inestinguibili, dal perchè essi ritenevano, secondo l’attestazione di molti chiari scrittori dell’antichità, che quelle
rittori dell’antichità, che quelle lampadi ardessero per lungo tratto di anni senza bisogno di alimento. Fra gli esempii r
, che quelle lampadi ardessero per lungo tratto di anni senza bisogno di alimento. Fra gli esempii riferiti a comprovare c
osìfatta credenza, è quello della lampada trovata accesa nel sepolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto in Roma nel
quello della lampada trovata accesa nel sepolcro di Tulliola, figlia di Cicerone scoperto in Roma nel 1540, la quale, ine
a, d’una lampada d’oro consacrata da Callimaco, innanzi ad una statua di Diana in Atene, e ripete che quella lampada veniv
a volta l’anno, e ardeva poi sempre, senza che vi fosse stato bisogno di più ritoccarla. Il cronista Solino asserisce un f
arissimi scrittori, è combattuta da altri meltissimi, degni anch’essi di fede e di considerazione tanto più che quanto ass
crittori, è combattuta da altri meltissimi, degni anch’essi di fede e di considerazione tanto più che quanto asseriscono P
ose credenze del popolo, che giovavano altamente ai tenebrosi maneggi di quegli impostori. Plutarco istesso racconta, che
i per le cerimonie dei sacrifizii. Segnatamente in Atene, nelle feste di Minerva, era costume di quegli abitanti di accend
acrifizii. Segnatamente in Atene, nelle feste di Minerva, era costume di quegli abitanti di accendere un gran numero di la
ente in Atene, nelle feste di Minerva, era costume di quegli abitanti di accendere un gran numero di lampadi, innanzi alla
i Minerva, era costume di quegli abitanti di accendere un gran numero di lampadi, innanzi alla statua di quella dea, riten
abitanti di accendere un gran numero di lampadi, innanzi alla statua di quella dea, ritenendola come inventrice delle art
quella dea, ritenendola come inventrice delle arti. Anche nelle feste di Vulcano, riguardato dai pagani come dio del fuoco
ai pagani come dio del fuoco e inventore delle lampadi ; ed in quelle di Prometeo che, secondo la favola avea rapito il fu
nivano celebrate una volta ogni tre anni, e si distinguevano col nome di Atenee le prime ; Esestiee o Vulcanie le seconde 
giuochi al lume delle lampadi. 2421. Lampadoforo. — Nome particolare di quel sacerdote che portava le lampadi nei sacrifi
uel sacerdote che portava le lampadi nei sacrifizii ; talvolta invece di lampadi si adoperavano le torcie e allora il mini
chiamava Daducheo. V. Daducheo. 2422. Lampezie. — Una delle figliuole di Neera e del Sole. …. e le Dive sono i lor pastor
nfe leggiadre, la immortal Neera. Omero — Odissea — Libro XII. Trad. di I. Pindemonte. Fu sorella di Faetusa. Al dire di
ra. Omero — Odissea — Libro XII. Trad. di I. Pindemonte. Fu sorella di Faetusa. Al dire di Omero, il Sole avea affidato
 — Libro XII. Trad. di I. Pindemonte. Fu sorella di Faetusa. Al dire di Omero, il Sole avea affidato a queste sue diletti
e avendo una tempesta gettato Ulisse e i suoi compagni, sulle spiagge di quell’isola, i seguaci del guerriero greco uccise
i buoi, che facean parte della mandra affidata dal Sole alla custodia di Lampezie, e si cibarono di quella carne. La ninfa
lla mandra affidata dal Sole alla custodia di Lampezie, e si cibarono di quella carne. La ninfa portò querela di ciò al su
ia di Lampezie, e si cibarono di quella carne. La ninfa portò querela di ciò al suo immortale genitore, e questi a Giove,
r troppo pianto la morte del fratello Fetonte. V. Fetontidi. In alla di lei muover tentando La candida Lampezie. da impro
av. II e III. trad. del Cav. Ermolao Federico 2423. Lampo. — Figlio di Laomedonte. Egli è ricordato nei fasti mitologici
Laomedonte. Egli è ricordato nei fasti mitologici per essere fratello di Priamo. 2424. Lampos. — Detto anche semplicemente
tto anche semplicemente Lampo, ossia Risplendente. Era questo il nome di uno dei cavalli del sole, e propriamente di quell
dente. Era questo il nome di uno dei cavalli del sole, e propriamente di quello che presiedeva al mezzogiorno, ora in cui
tezze eravi adorato con un culto particolare, le cui oscenità vincono di gran lunga qualunque più sbrigliata immaginazione
e. 2426. Lampterie. — Feste particolari celebrate in Pallena in onore di Bacco. Venivano così dette, perchè le cerimonie s
onore di Bacco. Venivano così dette, perchè le cerimonie si compivano di notte al chiarore delle lampadi. 2427. Lancia. — 
ne, i romani rappresentavano il loro dio della guerra sotto la figura di una lancia, prima di aver dato al simulacro delle
ntavano il loro dio della guerra sotto la figura di una lancia, prima di aver dato al simulacro delle loro divinità, la fi
li la lancia era il simbolo della guerra. 2428. Laocoonte. — Fratello di Anchise e sacerdote di Nettuno. La tradizione mit
bolo della guerra. 2428. Laocoonte. — Fratello di Anchise e sacerdote di Nettuno. La tradizione mitologica narra di lui un
llo di Anchise e sacerdote di Nettuno. La tradizione mitologica narra di lui un lagrimevole fatto. Allorquando i trojani c
evole fatto. Allorquando i trojani consentirono che il famoso cavallo di legno fosse introdotto nella loro predestinata ci
la loro predestinata città, Laocoonte, colpito dalla enorme grandezza di quella macchina e paventando un’insidia, cercò di
la enorme grandezza di quella macchina e paventando un’insidia, cercò di persuadere i suoi concittadini ad opporsi a che i
e i suoi concittadini ad opporsi a che il cavallo fosse introdotto al di là delle mura, e fu in questa occasione che egli
ne che egli pronunziò il famoso motto, che Virgilio pone sulle labbra di lui : timeo Danaos et dona ferentes. Pronunziando
asportato dal proprio convincimento, Laocoonte afferrò una lunga asta di guerra, e con forza prodigiosa la lanciò contro i
mpì, tale essendo il volere del destino inesorabile. L’azione intanto di Laocoonte fu ritenuta da tutti come un sacrilegio
anto di Laocoonte fu ritenuta da tutti come un sacrilegio, e sul capo di lui la cieca superstizione de’suoi concittadini,
Mentre egli offeriva un sacrifizio nel tempio, con la sola compagnia di due bambini suoi figli, dalla vicina isola di Ten
, con la sola compagnia di due bambini suoi figli, dalla vicina isola di Tenedo si videro strisciare sulla superficie dell
ndosi sulla riva, sibilando orribilmente si avventarono sui fanciulli di Laocoonte, ravvolgendoli nelle loro spire mortali
ravvolgendoli nelle loro spire mortali. Invano il misero padre armato di frecce si preparo a combattere i terribili nemici
co non era ancora teso nelle sue mani, che i mostri si slanciarono su di lui, e lo strinsero nei loro innumeri attortiglia
, e lo strinsero nei loro innumeri attortigliamenti e innalzandosi su di esso di tutta la testa e della parte superiore de
trinsero nei loro innumeri attortigliamenti e innalzandosi su di esso di tutta la testa e della parte superiore del corpo,
o, lo strinsero per modo che quasi lo soffocarono. Finalmente coperto di bava velenosa, e intrise di sangue, le sacre bend
quasi lo soffocarono. Finalmente coperto di bava velenosa, e intrise di sangue, le sacre bende sacerdotali, mandò un ulti
elo e spirò come i suoi figli nell’orrendo attorcigliamento. La morte di Laocoonte e dei suoi figliuoli fu da tutti ritenu
u da tutti ritenuta come il castigo del suo sacrilegio per aver osato di ferire il cavallo offerto a Minerva. Era Laocoon
mente infisse Gli addentarono il teschio. Egli com’era D’atro sangue, di bava, e di veleno Le bende, e ’l volto asperso, i
se Gli addentarono il teschio. Egli com’era D’atro sangue, di bava, e di veleno Le bende, e ’l volto asperso, i tristi nod
’orribili strida il ciel feriva, Virgilio — Eneide — Libro II. trad. di A. Caro : Il gruppo in marmo del Laocoonte, scol
na delle più stupende opere dell’arte greca. 2429. Laodamia. — Figlia di Achemone e del famoso Bellorofonte. Giove l’amò c
e e del famoso Bellorofonte. Giove l’amò con passione e la rese madre di quel Sarpedone che fu poi re di Licia. Omero rife
ve l’amò con passione e la rese madre di quel Sarpedone che fu poi re di Licia. Omero riferisce che Diana sdegnata del sup
re di Licia. Omero riferisce che Diana sdegnata del superbo orgoglio di Laodamia, la uccise a colpi di frecce. Partorì p
he Diana sdegnata del superbo orgoglio di Laodamia, la uccise a colpi di frecce. Partorì poi la moglie al virtuosq Beller
tto gli strali Dell’irata Dïana ; …. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. Laodamia era similmente il nome di una
Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. Laodamia era similmente il nome di una giovanetta moglie di quel Protesilao, che mor
i V. Monti. Laodamia era similmente il nome di una giovanetta moglie di quel Protesilao, che morì ucciso all’assedio di T
una giovanetta moglie di quel Protesilao, che morì ucciso all’assedio di Troja. Quando la dolorosa novella fu portata a La
rito. Qualche tempo dopo uno schiavo andò a riferire ad Acasto, padre di Laodamia, che la figliuola s’era lasciata sorpren
ti nella camera della figlia, onde punire la sciagurata che insozzava di tanta macchia il decoro della famiglia. Ma accort
amiglia. Ma accortosi della verità del fatto, fece togliere la statua di Protesilao dalla camera della figlia e la fece ma
chiese in grazia agli dei che le avessero conceduto per sole tre ore di poter favellare con lo sposo adorato ; e pianse t
e gli dei impietositi gliela concessero. Mercurio infatti, per ordine di Giove discese all’inferno e ne trasse l’anima di
infatti, per ordine di Giove discese all’inferno e ne trasse l’anima di Protesilao che presentò alla fedele Laodamia. Ma
Giove non volle separarsi dallo sposo adorato e si contentò piuttosto di andar con lui nel regno dei morti, di quello che
adorato e si contentò piuttosto di andar con lui nel regno dei morti, di quello che rimanere sulla terra divisa dal suo di
divisa dal suo diletto. Laodamia finalmente avea nome una principessa di Epiro, che insieme a sua sorella Nereide, riuseì
i i componenti della reale famiglia. Nereide fu sposata da Gelone, re di Sicilia, e seguì il marito e fu salva ; ma l’infe
u salva ; ma l’infelice Laodamia raggiunta dai rivoltosi in un tempio di Diana, ove erasi ricoverata ai piedi d’una statua
ra contro la disgraziata giovanetta. le spaccò il cranio con un colpo di scure. Ma ben presto il sangue innocente di lei r
cò il cranio con un colpo di scure. Ma ben presto il sangue innocente di lei ricadde goccia a goccia sull’iniqua terra che
alla misera Laodamia il colpo mortale, assalito da terribili accessi di frenesia, si lacerò da sè stesso le visceri, e mo
i, e morì fra i più atroci tormenti nel dodicesimo giorno dalla morte di Laodamia. 2430. Laodice. — Secondo alcuni scritto
Noi seguendo il carattere della nostra opera, parleremo partitamente di quelle donne che così ebbero nome e che sono rico
icordate dagl’autori come le più famose. Laodice ebbe nome una figlia di Agamennone e di Clitennestra, la quale fu dal pad
tori come le più famose. Laodice ebbe nome una figlia di Agamennone e di Clitennestra, la quale fu dal padre offerta in co
e alle sue due sorelle Ifianassa e Crisotemi, quando Agamennone cercò di placare l’ira inesorata del Pelide. V. Ifianassa.
inesorata del Pelide. V. Ifianassa. Laodice fu del paro una figliuola di Priamo, re di Troja e di Ecuba, ritenuta come la
Pelide. V. Ifianassa. Laodice fu del paro una figliuola di Priamo, re di Troja e di Ecuba, ritenuta come la più avvenute d
Ifianassa. Laodice fu del paro una figliuola di Priamo, re di Troja e di Ecuba, ritenuta come la più avvenute delle reali
delle sue figlie Avvenente e gentil. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. Tolta in moglie da uno dei tanti figli
— Libro VI trad. di V. Monti. Tolta in moglie da uno dei tanti figli di Ercole per nome Telefo, Laodice fu ben presto abb
riamo onde consolare la derelitta figliuola, la rimaritò ad un figlio di Antenore, per nome Elicaone, ma questo secondo im
e, imperocchè poco tempo dopo Elicaone morì combaltendo sotto le mura di Troja. Caduta la città in potere dei greci, Laodi
sopra ogni altra cosa d’esser condannata a servire l’odiata consorte di Telefo, suo primo marito, si precipitò da una rup
ito, si precipitò da una rupe, anteponendo l’onore alla vita. Al dire di Pausania, si vedeva ai tempi di Massimo, pretore
nteponendo l’onore alla vita. Al dire di Pausania, si vedeva ai tempi di Massimo, pretore dell’ Asia, un sepolcro nella Fr
tore dell’ Asia, un sepolcro nella Frigia, ove era rinchiuso il corpo di questa sventurata principessa. Laodice fu similme
po di questa sventurata principessa. Laodice fu similmente una regina di Cappadocia, di cui la tradizione serba memoria co
enturata principessa. Laodice fu similmente una regina di Cappadocia, di cui la tradizione serba memoria come di donna cru
nte una regina di Cappadocia, di cui la tradizione serba memoria come di donna crudelmente ambiziosa. Ariarate, suo consor
crudelmente ambiziosa. Ariarate, suo consorte, morì lasciandola madre di sei figliuoli maschi e imponendole di tenere le r
onsorte, morì lasciandola madre di sei figliuoli maschi e imponendole di tenere le redini del governo, fino a che il primo
unta l’età maggiorenne. Laodice rimasta vedova, per spietata libidine di regno, avvelenò l’un dopo l’altro i primi cinque
teretanto caro al suo cuore ambizioso. Ma ben presto il popolo, cieco di furore contro la madre spietata, invase tumultuos
tuoso ed iracondo le più riposte camere della reggia, e impadronitosi di Laodice, la uccise miseramente, facendone a brani
cia l’ultimo figliuolo dell’uccisa regina, il quale da alcuni parenti di Ariarate, era stato sottratto furtivamente dalla
ratto furtivamente dalla reggia. Laodice, da ultimo, fu una figliuola di Agapenore che seguì il padre suo all’assedio di T
imo, fu una figliuola di Agapenore che seguì il padre suo all’assedio di Troja, ov’egli si recò a capo delle milizie arcad
roja, ov’egli si recò a capo delle milizie arcadi. Laodice fu a parte di ogni buona e cattiva fortuna del padre, e lo segu
seguì da per ogni dove, finchè caduta Troja, andò con lui nell’isola di Cipro, ove Agapenore si stabili con la sua famigl
Agapenore si stabili con la sua famiglia. 2431. Laodoco. — Figliuolo di Antenore. Allorquando Paride e Menelao offrirono
doco. — Figliuolo di Antenore. Allorquando Paride e Menelao offrirono di combattere il singolare duello, che dovea por fin
combattere il singolare duello, che dovea por fine alla lunga guerra di Troia. Laodoco fu quello che esortò i troiani a r
pere il trattato. Omero aggiunge, che Giove avesse ordinato a Minerva di prendera le sembianze di Laodoco, e di andare in
ggiunge, che Giove avesse ordinato a Minerva di prendera le sembianze di Laodoco, e di andare in cerca di Pandaro, onde fa
iove avesse ordinato a Minerva di prendera le sembianze di Laodoco, e di andare in cerca di Pandaro, onde fare che i troia
o a Minerva di prendera le sembianze di Laodoco, e di andare in cerca di Pandaro, onde fare che i troiani avessero violato
se in traccia Del deiforme Pandaro. Omero — Iliade — Libro IV. trad. di V. Monti. 2432. Laomedea. — Una delle cinquanta
edea. — Una delle cinquanta ninfe Nereidi. 2433. Laomedonte. — Figlio di Ilo e padre del famoso Priamo. Regnò in Troia per
Figlio di Ilo e padre del famoso Priamo. Regnò in Troia per lo spazio di ventinove anni. Nei fasti dell’antichità, questo
antichità, questo famoso re si rese celebre per aver fatto circondare di fortissime e salde mura, la capitale del suo regn
ossenti argini che egli fece costruire, onde proteggere la cittadella di Troia dal furore delle onde del mare, furono rigu
di Troia dal furore delle onde del mare, furono riguardati come opera di Nettuno stesso. Anzi avendo con l’andare del temp
gli argini, si era vendicato della mala fede del re, distruggendo uno di quei ripari che erano opera sua. Questa è almeno
so re troiano. Ma la cronaca a cui accennammo non è la sola sul conto di Laomedonte, imperocchè altri scrittori, egualment
sul conto di Laomedonte, imperocchè altri scrittori, egualmente degni di fede, e ricchi di rinomanza, ripotono che Laomedo
donte, imperocchè altri scrittori, egualmente degni di fede, e ricchi di rinomanza, ripotono che Laomedonte, onde abbellir
rati ad Apollo ed a Nettuno e depositati nel loro tempio, promettendo di restituirli dopo la costruzione delle opere intra
e intraprese. Compiuti i lavori, Laomedonte non restituì le ricchezze di cui s’era servito, per modo che Apollo afflisse i
e infatti uccise il mostro e libero la giovanetta ; ma quando credeva di ottenerne in premio la mano, Laomedonte si ricuso
tesso Laomedonte, a cui Priamo, suo figlio che gli successe sul trono di Troia fece innalzare un magnifico sepolcro. Quest
amoso cavallo troiano. V. Fatalita’ Di Troia. 2434. Laonome. — Figlio di (Buneo e madre di Anfitrione. Essa prese cura del
ano. V. Fatalita’ Di Troia. 2434. Laonome. — Figlio di (Buneo e madre di Anfitrione. Essa prese cura dell’infanzia di suo
Figlio di (Buneo e madre di Anfitrione. Essa prese cura dell’infanzia di suo nipote Ercole e lo ritenne presso di sè, per
ssa prese cura dell’infanzia di suo nipote Ercole e lo ritenne presso di sè, per qualche tempo, nella città di Feneone, in
pote Ercole e lo ritenne presso di sè, per qualche tempo, nella città di Feneone, in Arcadia. 2435. Lapidazione. — Con que
va dagli Egineti denominata una festa che essi celebravano in memoria di due giovanette cretesi, chiamate Lamia ed Aussesi
ominazione ordinariamente egli viene confuso col dio Termine. Al dire di Apuleio, i pagani ritenevano come sacrosanto il g
Apollo ebbe dai suoi amori con una giovanetta chiamata Stobia, figlia di Pineo, e che fu detto Lapito, presero la loro den
contro i Centauri, e che ebbe principio per una dissensione surta fra di loro, durante il banchetto delle nozze di Piritoo
r una dissensione surta fra di loro, durante il banchetto delle nozze di Piritoo. I Centauri furono quasi distrutti dai La
d a lei toglie quella Lingua, cui così male essa governa ; A Mercurio di poi cosi favella : Costei giù mena, ov’è la notte
tte eterna : Bene in quel loco il muto stuoi si annida Ninfa sarà, ma di palude inferna. Ovidio — I Fasti — Libro II. tra
Ninfa sarà, ma di palude inferna. Ovidio — I Fasti — Libro II. trad. di Giambattista Bianchi. Narra la cronaca, che la s
he la sua disgrazia non aveva punto alterata la sorprendente bellezza di Lara ; tanto che Mercurio stesso, durante il trag
stesso, durante il tragitto invaghitosene perdutamente, la rese madre di due gemelli che poi furono detti, dal nome della
l nome della madre Lari, ed a cui varii scrittori danno anche il nome di Larunda. Di doppia prole incinta essa diventa :
Bianchi. 2439. Larentali. — Feste che i Romani celebravano in onore di Acca Laurenzia, dieci giorni prima delle calende
ebravano in onore di Acca Laurenzia, dieci giorni prima delle calende di Gennaio. Le cerimonie Larentali si compivano fuor
alende di Gennaio. Le cerimonie Larentali si compivano fuori le porte di Roma, sulle sponde del Tevere. 2440. Larenzia. — 
ari del domestico focolare, e come i custodi d’ogni famiglia. Al dire di Servio il culto pagano degli dei Lari, trasse la
ari, trasse la primitiva sua origine dall’uso che avevano gli antichi di sotterrare cioè i loro morti nelle case ; cosa ch
cosa che dette motivo a quelle menti ottenebrate dalla superstizione di ritenere per fermo che le anime dei trapassati so
erisce il cronista Apuleio, gli dei Lari altro non erano che le anime di coloro che avevano onestamente vissuto e che perc
ria famiglia, proteggendola del loro soprannaturale potere. I seguaci di Plutone facevano una distinzione negli dei Penati
funzion dell’ Ombre il popol muto. Ovidio — I Fasti Libro V.—  trad. di G. B. Bianchi. Al dire di Plauto gli dei Lari ve
l muto. Ovidio — I Fasti Libro V.—  trad. di G. B. Bianchi. Al dire di Plauto gli dei Lari venivano da principio rappres
auto gli dei Lari venivano da principio rappresentati sotto la figura di un cane onde ricordare che essi erano i custodi d
ppendevano le loro catene accanto al focolare, consacrandole in segno di riconoscenza agli dei Lari. Quando si facevano de
sa. Giornalmente poi le statuette dei Lari erano sempre inghirlandate di viole mammole, di rosmarino e di mirto, e all’ora
oi le statuette dei Lari erano sempre inghirlandate di viole mammole, di rosmarino e di mirto, e all’ora del pranzo si fac
dei Lari erano sempre inghirlandate di viole mammole, di rosmarino e di mirto, e all’ora del pranzo si facevano in loro o
esempio, in cui si vede che particolarmente in occasione della morte di un qualche congiunto, i pagani insultavano con at
ultavano con atti e con parole oltraggiose i loro Penati, accusandoli di non aver ben saputo proteggere la casa, e d’esser
ratore Caligola ; scontento dei proprî Lari, gli avesse in un momento di furore fatti gettare dalla finestra. Oltre ai Lar
a ; e finalmente i Lari Hostiles, quelli che avevano la cura speciale di allontanare i nemici. Fra le maggiori divinità de
articolare, venivano classificate nel numero dei Lari. Fuori le porte di Roma, e propriamente nell’ampio ricinto del campo
ato agli dei Lari, ove essi venivano onorati sotto il nome collettivo di Grundiles, alludendo al grugnito proprio dei maia
atuette, e che si solennizzava negl’undici giorni prima delle calende di gennaio. L’oratorio particolare ove venivano cons
monte Peneo, è celebre nei fasti del paganesimo per essere la patria di Achille ; e perchè Giove vi era particolarmente o
era particolarmente onorato con culto speciale. Da ciò il soprannome di Larissio a questo dio. Larissa similmente era det
sto dio. Larissa similmente era detto un grosso borgo, nella contrada di Efeso, ove Apollo, sotto il nome di Larisseo e an
o un grosso borgo, nella contrada di Efeso, ove Apollo, sotto il nome di Larisseo e anche Larisseno, aveva un magnifico te
aristo. — Fiume del Peloponneso. Riferisce Pausania, che sulle sponde di quello, sorgeva un tempio dedicato a Minerva Lari
da Enomao. 2446. Laterano. — I romani chiamavano lateres, una specie di cammino fabbricato in pietre cotte, che ricopriva
ecie di cammino fabbricato in pietre cotte, che ricopriva il focolare di ogni casa. Da ciò, secondo asserisce il cronista
casa. Da ciò, secondo asserisce il cronista Arnobio, fu dato il nome di Laterano al dio dei focolari 2447. Latino. — Figl
u dato il nome di Laterano al dio dei focolari 2447. Latino. — Figlio di Fauno e della ninfa Marica, fu il più famoso dei
rica, fu il più famoso dei re del Lazio. Kra Signore, Quando ciò fu, di Lazio il Be Latino, Un re, che veglio, e placido
cido gran tempo Avea ’l suo regno amministrato in pace. Questi nacque di Fauno, e di Marica Ninfa di Laurento, e Fauno a P
mpo Avea ’l suo regno amministrato in pace. Questi nacque di Fauno, e di Marica Ninfa di Laurento, e Fauno a Pico Era figl
regno amministrato in pace. Questi nacque di Fauno, e di Marica Ninfa di Laurento, e Fauno a Pico Era figliuolo, e Pico a
regio legnaggio ultimo autore. Virgilio — Eneide — Libro VII. trad. di A. Caro : Narra la cronaca mitologica, che Latin
vinia, la quale per la sua bellezza, si vide ben presto scopo ai voti di molti chiari principi dell’Italia. Verso quel tor
scopo ai voti di molti chiari principi dell’Italia. Verso quel torno di tempo. Enea approdò sulle spiagge della penisola
aliana, e propriamente nel Lazio, e chiese a Latino un piccolo angolo di terra, onde stabilirvisi coi suoi troiani. Il buo
Il buon re accolse cortesemente l’illustre profugo ; e risovvenendosi di un antico oracolo, il quale gli aveva imposto di
o ; e risovvenendosi di un antico oracolo, il quale gli aveva imposto di non maritare la figlia sua, che con un principe s
oichè Enea, in una battaglia campale sconfisse interamente l’esercito di Latino, e impossessatosi del trono, sposò la prin
ontagna nella Caria, ove secondo la tradizione, ebbero vita gli amori di Diana e di Endimione. Da quanto riferisce Pausani
la Caria, ove secondo la tradizione, ebbero vita gli amori di Diana e di Endimione. Da quanto riferisce Pausania, vi era s
a e di Endimione. Da quanto riferisce Pausania, vi era sulla montagna di Latmo una caverna, conosciuta sotto il nome di gr
vi era sulla montagna di Latmo una caverna, conosciuta sotto il nome di grotta di Endimione. 2449. Latobio. — Presso gli
lla montagna di Latmo una caverna, conosciuta sotto il nome di grotta di Endimione. 2449. Latobio. — Presso gli antichi po
anità. Vogliono alcuni autori, che Latobio propriamente fosse il nome di un famoso medico, che i norici divinizzarono dopo
co, che i norici divinizzarono dopo la morte. 2450. Latona. — Al dire di Esiodo, fu figlia del Titano Ceo, e di Tebe sorel
morte. 2450. Latona. — Al dire di Esiodo, fu figlia del Titano Ceo, e di Tebe sorella di lui. Omero la fa figliuola di Sat
ona. — Al dire di Esiodo, fu figlia del Titano Ceo, e di Tebe sorella di lui. Omero la fa figliuola di Saturno. Giove l’am
iglia del Titano Ceo, e di Tebe sorella di lui. Omero la fa figliuola di Saturno. Giove l’amò con passione, a causa della
amò con passione, a causa della sua stupenda bellezza e la rese madre di due gemelli che furono Apollo e Diana. Narra la t
la continuamente, che essa, prossima a partorire, non trovò un angolo di terra, ove potesse, in sicurezza, dare alla luce
lla luce i proprî figliuoli. Latona allora si rivolse alla protezione di Nettuno, e questo dio, mosso e compassione delle
rotezione di Nettuno, e questo dio, mosso e compassione delle lagrime di lei, fece con un colpo del suo tridente sorgere,
del suo tridente sorgere, dal fondo dell’oceano, l’isola galleggiante di Delo, ed ivi Latona potè in pace sgravarsi. Però
lo, ed ivi Latona potè in pace sgravarsi. Però appena la divina prole di Giove ebbe veduta la luce del giorno, Giunone spi
e dall’ospitale dimora, portando seco i divini fanciulli. Ivi Latona di Palladia palma Giacendo all’ombra’, di gemella pr
divini fanciulli. Ivi Latona di Palladia palma Giacendo all’ombra’, di gemella prole Sgravossi, della suocera a dispetto
. del Cav. Ermolao Federico Finalmente dopo d’aver per lungo tratto di tempo errato alla ventura, esposto sempre all’ira
atto di tempo errato alla ventura, esposto sempre all’ira implacabile di Giunone, la bellissima amante di Giove giunse nel
, esposto sempre all’ira implacabile di Giunone, la bellissima amante di Giove giunse nella Licia, ove la cronaca narra ch
isumani, lunge dal compiacerla, si diniegarono alla dolente preghiera di lei, e prima di allontanarsi intorbidarono le acq
al compiacerla, si diniegarono alla dolente preghiera di lei, e prima di allontanarsi intorbidarono le acque dello stagno,
uoi scritti sull’antichità, che Latona altro non fu se non la nutrice di Apollo, e che Iside, la dea suprema, fosse la ver
a nutrice di Apollo, e che Iside, la dea suprema, fosse la vera madre di lui. Al dire del citato scrittore, Latona per sot
tato scrittore, Latona per sottrarre Apollo alle crudeli persecuzioni di Tifone, lo nascose nell’isola di Chemnide, che so
rre Apollo alle crudeli persecuzioni di Tifone, lo nascose nell’isola di Chemnide, che sorgeva in mezzo ad un lago, chiama
ivo la creazione intera. In considerazione d’esser stata Latona madre di due fra le più grandi divinità dell’ Olimpo, fu e
fu ella stessa annoverata fra le dee, ad onta dell’odio instancabile di Giunone. A ssunta fra le immortali, ebbe ben pres
templi, e tra questi, il più famoso fu quello che sorgeva nell’isola di Delo, vicino a quello del figliuol suo. Al dire d
sorgeva nell’isola di Delo, vicino a quello del figliuol suo. Al dire di Pausania, un altro tempio famoso consacrato a Lat
ania, un altro tempio famoso consacrato a Latona, sorgeva nella città di Argo ; e la statua della dea era lavoro dell’immo
à di Argo ; e la statua della dea era lavoro dell’immortale scalpello di Prassitele. Fra i popoli dell’antichità, che onor
ello di Prassitele. Fra i popoli dell’antichità, che onoravano Latona di un culto particolare, è mestieri primieramente no
celebravano nel corso dell’anno, avevano istituita la quinta in onore di Latona, e che veniva solenuizzata nella città di
a la quinta in onore di Latona, e che veniva solenuizzata nella città di Butite con gran pompa e splendore. Anche i Tripol
divozione per questa dea, la quale veniva adorata anche sotto il nome di Laona, nella contea di Borgogna, dove con l’andar
a, la quale veniva adorata anche sotto il nome di Laona, nella contea di Borgogna, dove con l’andare degl’anni, togliendo
alla denominazione del santo cattolico, conosciuto con l’appellativo di S. Giovanni di Laona. Presso i greci ed i romani,
ione del santo cattolico, conosciuto con l’appellativo di S. Giovanni di Laona. Presso i greci ed i romani, le donne adora
importante personalità mitologica, venerata dai pagani sotto il nome di Latona, riporteremo un avvenimento di cui fa menz
nerata dai pagani sotto il nome di Latona, riporteremo un avvenimento di cui fa menzione lo scrittore Ateneo, nelle sue cr
zze godeva del primato su tutti i suoi concittadini, ebbe la temerità di volere a forza penetrare nell’antro di Trofonio,
concittadini, ebbe la temerità di volere a forza penetrare nell’antro di Trofonio, e che in pena della sua azione sagrileg
on poter più ridere per qualunque cosa gli fosse avvenuta. Addolorato di ciò, egli ricorse all’oracolo d’Apollo, onde sape
se che sua madre gli avrebbe restituita nella propria casa la facoltà di ridere. Par menisco si convinse che la madre a cu
ò dopo qualche tempo avendo fatto un viaggio a Delo, entrò nel tempio di Latona col proposto di vedere la magnifica statua
endo fatto un viaggio a Delo, entrò nel tempio di Latona col proposto di vedere la magnifica statua che Prassitele avea sc
l proposto di vedere la magnifica statua che Prassitele avea scolpito di quella dea ; ma invece di ciò che si aspettava di
gnifica statua che Prassitele avea scolpito di quella dea ; ma invece di ciò che si aspettava di vedere, altro non scorse
itele avea scolpito di quella dea ; ma invece di ciò che si aspettava di vedere, altro non scorse che un informe simulacro
che si aspettava di vedere, altro non scorse che un informe simulacro di legno, con una faccia così contrafatta e sconcia,
pena i suoi occhi l’ebbero fissata, egli ruppe in un violento scoppio di riso. Fu allora che comprese il senso della rispo
e sacrifizii solenni. 2451. Latria ed Anasandra. — Figliuole gemelle di Tersandro, re di Cleone. Esse furono tolte in mog
enni. 2451. Latria ed Anasandra. — Figliuole gemelle di Tersandro, re di Cleone. Esse furono tolte in mogli da due figliuo
oli del re Aristodemo, anch’essi gemelli. Dopo la morte, le figliuole di Tersandro, ebbero gli onori divini, e fu loro ere
ndro, ebbero gli onori divini, e fu loro eretto un altare nella città di Lacedemone, nel tempio istesso di Licurgo. 2452.
u loro eretto un altare nella città di Lacedemone, nel tempio istesso di Licurgo. 2452. Lavazione. — Era questo il nome ch
i celebravano annualmente in onore della madre degli dei. Era costume di portare in giro per la città in gran pompa la sta
tare in giro per la città in gran pompa la statua della dea, posta su di un carro, e poi andarsi a lavare nelle acque del
del giorno in cui fu portato dalla Frizia in Roma, il culto religioso di Cibele, madre degli dei. S. Agostino, nelle sue o
ino, nelle sue opere, sferza inesorabilmente le oscenità che i pagani di Roma commettevano in questa occasione. 2453. Lave
in questa occasione. 2453. Laverna. — Dea dei ladri, i quali, al dire di Orazio, la invocavano onde essa coprisse di teneb
i ladri, i quali, al dire di Orazio, la invocavano onde essa coprisse di tenebre lo loro mariuolerie. …. poi l’aiuto impl
sa nube appanni. Orazio — Le Epistole — Libro I. — Epist. XVI. trad. di Cammillo De’Conti Toriglioni. Dal nome di questa
bro I. — Epist. XVI. trad. di Cammillo De’Conti Toriglioni. Dal nome di questa dea venivano complessivamente chiamati Lav
vamente chiamati Laverniones i ladri d’ogni categoria. Nelle campagne di Roma vi era un bosco consacrato alla dea Laverna,
ove gli assassini ed i ladri si riunivano a dividere il bottino, dopo di aver onorato di preghiere e talvolta di offerte,
i ed i ladri si riunivano a dividere il bottino, dopo di aver onorato di preghiere e talvolta di offerte, la statua di lei
o a dividere il bottino, dopo di aver onorato di preghiere e talvolta di offerte, la statua di lei. Queste diverse cerimon
o, dopo di aver onorato di preghiere e talvolta di offerte, la statua di lei. Queste diverse cerimonie, si compivano sempr
cerimonie, si compivano sempre nel più alto silenzio. Una della porte di Roma veniva detta Lavernale, per essere nelle cir
circostanze del bosco, consacrato a Laverna. 2454. Lavinia. — Figlia di Latino, re del Lazio e della regina Amata. Fu ere
essa già innanzi con gl’anni si vide scopo alle ricerche matrimoniali di molti principi ed eroi del Lazio e dell’ Italia.
to Regno Restava una sua figlia unica erede, Che già d’anni matura, e di bellezza Più d’ogn’altra famosa, era da molti Ero
usonia tutta Desiata, e ricerca. Virgilio — Eneide — Lib. VII. trad. di A. Caro. Ma gli dei con presagi e sogni si oppos
no un sacrifizio, insieme al re suo padre, improvvisamente, la flamma di cui ella si serviva per abbruciare i profumi sull
sua folta e magnifica capellatura, per modo che la ricca acconciatura di perle, di cui ella aveva fregiato il capo, fu pre
e magnifica capellatura, per modo che la ricca acconciatura di perle, di cui ella aveva fregiato il capo, fu preda delle f
o il capo, fu preda delle fiamme ; e il fuoco attaccandosi alle vesti di lei, la ravvolse come in una nube di pallida luce
il fuoco attaccandosi alle vesti di lei, la ravvolse come in una nube di pallida luce e di fumo, che ben presto riempì tut
osi alle vesti di lei, la ravvolse come in una nube di pallida luce e di fumo, che ben presto riempì tutta la reggia. Code
umo, che ben presto riempì tutta la reggia. Codesto avvenimento colmo di terrore gli astanti, ma finalmente, spentosi il f
il quale pero sarebbe riuscito funesto al suo popolo, che per cagione di lei avrebbe avuto a sostenere una lunga e disastr
Latino, spaventato da simili predizioni, mosse a consultare l’oracolo di Fauna e questo gli rispose, che non avrebbe dovut
Fauna e questo gli rispose, che non avrebbe dovuto concedere la mano di Lavinia, che ad un principe straniero. Poco tempo
che era nipote della regina, contrastò ad Enea colle armi il possesso di Lavinia e del regno di lei. ……. Chè tra noi Col
gina, contrastò ad Enea colle armi il possesso di Lavinia e del regno di lei. ……. Chè tra noi Col nostro sangue a difinir
gno di lei. ……. Chè tra noi Col nostro sangue a difinir la guerra, E di Lavinia le bramate nozze In su quel campo a procu
u quel campo a procurarci avemo. Vircilio — Encide — Libro XII trad. di A. Caro. Morto poi Enea, dopo molti anni di reg
ncide — Libro XII trad. di A. Caro. Morto poi Enea, dopo molti anni di regno, la vedova Lavinia vedendo il suo trono occ
va Lavinia vedendo il suo trono occupato da Ascanio, figlio d’Enea, e di Creusa, prima moglie di lui, temè che il giovanet
o trono occupato da Ascanio, figlio d’Enea, e di Creusa, prima moglie di lui, temè che il giovanetto principe non avesse a
oso pensiere, ella si ritrasse a vivere solitaria e raminga nel fondo di un bosco, ove al dire delle cronache, ella partor
al dire delle cronache, ella partorì un figliuolo, a cui mise il nome di Silvio. Intanto gli abitanti del Lazio cominciaro
anto gli abitanti del Lazio cominciarono a mormorare della lontananza di Lavinia, per modo che Ascanio fu costretto a rice
igna e a cedere ad essa ed al figliuolo Silvio il governo della città di Lavinio, che essa tenne fino alla morte di Ascani
vio il governo della città di Lavinio, che essa tenne fino alla morte di Ascanio, epoca in cui risalì sull’antico trono de
he poi ella trasmise ai suoi successori, non lasciando ai discendenti di Ascanio, che la dignità ereditaria di sommo sacer
i, non lasciando ai discendenti di Ascanio, che la dignità ereditaria di sommo sacerdote. 2455. Lavinio. — Fu questo il no
ità ereditaria di sommo sacerdote. 2455. Lavinio. — Fu questo il nome di una città che Enea edificò, secondo il dettato de
una città che Enea edificò, secondo il dettato dell’oracolo, in onore di Lavinia sua sposa. Vedi l’articolo precedente. 24
ligioso rispetto ; e che avendolo il re trovato colà dove avea deciso di fabbricare la sua reggia, lo avesse consacrato ad
…..Era un cortile in mezzo A le stanze reali, ove un gran lauro Già di gran tempo consecrato e colto Con molta riverenza
o esso re stesso Nel desiguare i suoi primi edifizi, Là’ ve trovollo, di sua mano a Febo L’avea dicato ; e ch’indì il nome
il nome diede A’ suoi Laurenti. Virgilio — Eneide — Libro VII trad. di A. Caro. 2458. Laziale. — Dal costume che aveva
ro. 2458. Laziale. — Dal costume che avevano alcune città del Lazio di sagrificare a Giove durante le feste latine, si d
grificare a Giove durante le feste latine, si dava codesto soprannome di Laziale ad una statua fatta scolpire da Tarquinio
, e che sorgeva sopra un’alta montagna, nelle circostanze della città di Alba ; propriamente dove si tennero poi le adunan
 Nome proprio della festa istituita da Tarquinio il superbo, in onore di Giove Laziale. La origine di questa solenne cerim
ituita da Tarquinio il superbo, in onore di Giove Laziale. La origine di questa solenne cerimonia dei romani ebbe principi
dizionale asserisce, che avendo il re Tarquinio conchiuso un trattato di alleanza coi latini, volle, per eternare la memor
uzione primitiva della festa Laziar, il cui periodo fu, da principio, di un giorno solo : poi al tempo dei primi consoli,
: poi al tempo dei primi consoli, la cerimonia Laziar ebbe due giorni di durata : quando il popolo romano ritrattosi sul m
nte furono definitivamente assegnati quattro giorni alla celebrazione di essa, in memoria della sedizione calmatasi nel po
Ossia contrada dei latini. La tradizione ripete, a proposito del nome di questo paese, che deriva dalla parola latina late
iano, allorquando Giove lo scacciò dal cielo. 2461. Leandro. — Amante di Ero : egli mori annegato nell’ andare a trovare l
dare a trovare la donna dell’amor suo. V. Ero. 2462. Leargo. — Figlio di Atamante e di Ino e discendente della stirpe di C
la donna dell’amor suo. V. Ero. 2462. Leargo. — Figlio di Atamante e di Ino e discendente della stirpe di Cadmo. Egli fu
462. Leargo. — Figlio di Atamante e di Ino e discendente della stirpe di Cadmo. Egli fu vittima del geloso odio di Giunone
e discendente della stirpe di Cadmo. Egli fu vittima del geloso odio di Giunone, la quale perseguitò tutti i discendenti
a del geloso odio di Giunone, la quale perseguitò tutti i discendenti di Cadmo. Leargo fu ucciso dal proprio padre, che Gi
o fu ucciso dal proprio padre, che Giunone aveva a tale scopo colpito di un accesso di furore. 2463. Leche. — Figlio di Ne
l proprio padre, che Giunone aveva a tale scopo colpito di un accesso di furore. 2463. Leche. — Figlio di Nettuno, e della
a a tale scopo colpito di un accesso di furore. 2463. Leche. — Figlio di Nettuno, e della ninfa Pirene. Egli diede il prop
no, e della ninfa Pirene. Egli diede il proprio nome ad uno dei porti di Corinto, conosciuto sotto la denominazione di por
o nome ad uno dei porti di Corinto, conosciuto sotto la denominazione di porto Lecheo. 2464. Lecori. — Secondo alcuni scri
era una delle tre grazie, venendo alle altre due data l’appellazione di Comassia e Gelassia. Però questa opinione di qual
due data l’appellazione di Comassia e Gelassia. Però questa opinione di qualche autore, non è la più generalizzata su que
te tre famose dee dell’Olimpo pagano. V. Grazie. 2465. Leda. — Figlia di Testio e moglie di Tindaro re d’ Ebalia, e second
ell’Olimpo pagano. V. Grazie. 2465. Leda. — Figlia di Testio e moglie di Tindaro re d’ Ebalia, e secondo altri autori, di
a di Testio e moglie di Tindaro re d’ Ebalia, e secondo altri autori, di Sparta. La tradizione mitologica racconta di lei
e secondo altri autori, di Sparta. La tradizione mitologica racconta di lei che Giove l’amò perdutamente a causa della su
in Laconia, si fosse trasformato in cigno ed avesse ordinato a Venere di cangiarsi in aquila e fingere d’inseguirlo, ond’e
uta, e il cigno perseguitato dall’ aquila andò a ricoverarsi nel seno di Leda, la quale dopo nove mesi dette alla luce un
a fu consorte Di Leda, la qual Testio ebbe per padre ; Giove in forma di Cigno oprò di sorte, Che d’ un uovo e tre figli l
Di Leda, la qual Testio ebbe per padre ; Giove in forma di Cigno oprò di sorte, Che d’ un uovo e tre figli la fè madre, Fr
oprò di sorte, Che d’ un uovo e tre figli la fè madre, Fra gli altrì di quell’ uovo usci la morte Delle superbe già Troja
le superbe già Trojane squadre : Ovidio — Metamorf. — Libro VI trad. di dell’ Anguillara. Gran numero degl’ autori anti
della Grecia antica, rappresentò su d’un bassone rilievo d’una statua di Nemesi, Leda in atto di condurre Elena a quella d
presentò su d’un bassone rilievo d’una statua di Nemesi, Leda in atto di condurre Elena a quella dea. Pausania pretese che
ella dea. Pausania pretese che Leda altro non fosse se non la nutrice di Elena. Altri autori finalmente vogliono che Nemes
uce ed Elena. 2466. Leena. — Più comunemente conosciuta sotto il nome di Leona. Fu una famosa cortigiana d’ Atene, la qual
l ferreo giogo d’ Ippia tiranno, posta in carcere con altri, sospetti di congiura, temendo di cedere al dolore dei torment
ia tiranno, posta in carcere con altri, sospetti di congiura, temendo di cedere al dolore dei tormenti, si troncò coi dent
statua alla cortigiana Leona, facendola rappresentare sotto la figura di una Leonessa, che avea tronca la lingua. 2467. Le
nessa, che avea tronca la lingua. 2467. Lelapo. — Al dire d’ Ovidio e di molti altri scrittori dell’ antichità, così avea
della mostruosa volpe, che, secondo la cronaca, desolava le campagne di Tebe. Il mio Lelapo (che del cane a me donato Ta
la sfinge, e per vedere spiegati i suoi oracoli, mandò nelle campagne di Tebe un’ enorme volpe, la quale produsse tante mo
caccia. Sulle peste del mostruoso animale fu slanciato il famoso cane di Cefalo chiamato Lelapo, il quale aveva un così ra
po una lunghissima corsa, i due animali furono cangiati in due figure di marmo, una in sembianza di animale fuggente, e l’
due animali furono cangiati in due figure di marmo, una in sembianza di animale fuggente, e l’ altra in atto di latrare i
re di marmo, una in sembianza di animale fuggente, e l’ altra in atto di latrare inseguendo. Questo prodigio fu detto avve
di latrare inseguendo. Questo prodigio fu detto avvenisse per volontà di qualche nume, che non avea voluto permettere che
ale poi finalmente lo donò a Cefalo, per la famosa caccia della volpe di Tebe. 2468. Lemno. — Conosciuta anche sotto l’app
a volpe di Tebe. 2468. Lemno. — Conosciuta anche sotto l’appellazione di Lemnos, isola del mare Egeo ove, secondo la tradi
osa narra che i Lemni lo avessero ritenuto in aria, impedendogli così di fracassarsi nella caduta, e che Vulcano, in ricom
ndogli così di fracassarsi nella caduta, e che Vulcano, in ricompensa di tale servigio, avesse preso quell’ isola sotto la
a intento Di Lenno il padre,……… Virgilio — Eneide — Libro VIII trad. di A. Caro. e v’ avesse stabilito le sue fucine, o
ve insieme ai Ciclopi fabbricava i fulmini per la destra vendicatrice di Giove. 2469. Lemuri. — Detti anche con un’appella
. Lemuri. — Detti anche con un’appellazione complessiva larve, specie di genî malefici, che i pagani adoravano, credendo c
monie o feste dette Lemurie e anche Lemurali, il cui scopo era quello di placare codeste anime irrequiete. I romani credev
mente che il mezzo più efficace per allontanare i lemuri fosse quello di abbruciare delle fave, ritenendo che l’ acre odor
ri fosse quello di abbruciare delle fave, ritenendo che l’ acre odore di quegli arsi legumi, riuscisse loro insopportabile
bile. Durante il periodo delle feste Lemurie, che ricadevano nel mese di maggio, e si celebravano di notte, non era permes
le feste Lemurie, che ricadevano nel mese di maggio, e si celebravano di notte, non era permesso in Roma contrar matrimoni
attribuita a Romolo, che volle con quelle cerimonie, placare l’ ombra di Remo, suo fratello, da lui ucciso. È questa la ra
eduto che la parola Lemuri derivasse da Remures, ossia feste in onore di Remo. 2470. Leneo. — Dalla parola greca ληὑς che
azione agricola, veniva dai pagani chiamato Leucone. Durante le feste di Bacco Leneo i poeti dell’antichità, facevano a ga
re versi e commedie. 2471. Leonidee. — Ad eternare l’invitto coraggio di Leonida e dei suoi trecento spartani, per la dife
, si celebravano nella Lacedemonia delle feste, a cui si dava il nome di Leonidee. 2472. Leontiche. — Solenni cerimonie re
sia — V. Mitriache. 2473. Leo. — Uno degli eroi della Grecia. Al dire di Pausania egli fu innalzato agli onori eroici per
r salvare la patria. 2474. Lepreade. — Conosciuto anche sotto il nome di Lepreo, fu nipote di Nettuno e figlio di Glaucone
2474. Lepreade. — Conosciuto anche sotto il nome di Lepreo, fu nipote di Nettuno e figlio di Glaucone e di Astidamia. Narr
nosciuto anche sotto il nome di Lepreo, fu nipote di Nettuno e figlio di Glaucone e di Astidamia. Narra la cronaca che Lep
sotto il nome di Lepreo, fu nipote di Nettuno e figlio di Glaucone e di Astidamia. Narra la cronaca che Lepreo d’accordo
Narra la cronaca che Lepreo d’accordo col re Augia, avesse stabilito di legare Ercole, allorchè questi dopo aver nettate
di legare Ercole, allorchè questi dopo aver nettate le famose stalle di quel re — Vedi Ercole — si sarebbe a lui presenta
messa. Da quel tempo Ercole cercò tutte le occasioni, onde vendicarsi di Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconci
cò tutte le occasioni, onde vendicarsi di Lepreo, ma Astidamia, madre di questo, lo riconciliò con l’ eroe, col quale pass
chi fra i due avesse attinto maggior copia d’acqua in un dato periodo di tempo ; e finalmente a chi avrebbe bevuto più vin
rcole vinse sempre in tutti gli esercizii, per modo che Lepreo, ebbro di collera e di vino, sfidò Ercole ad un particolare
empre in tutti gli esercizii, per modo che Lepreo, ebbro di collera e di vino, sfidò Ercole ad un particolare combattiment
cciso da quell’ eroe. 2475. Lerna. — Antichissimo lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania era di
. — Antichissimo lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania era di un terzo di stadio, misura che co
lago nel territorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania era di un terzo di stadio, misura che corrisponde alla v
rritorio di Argo, il cui circuito al dire di Pausania era di un terzo di stadio, misura che corrisponde alla ventiquattres
n terzo di stadio, misura che corrisponde alla ventiquattresima parte di un lega francese. Nei fasti della mitologia, il l
tresima parte di un lega francese. Nei fasti della mitologia, il lago di Lerna è celebre per la famosa Idra che fu uccisa
e Ercole si servì per uccidere il mostro era una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra di Lerna altro non era, che la s
r uccidere il mostro era una falce d’oro. Al dire di Platone ; l’Idra di Lerna altro non era, che la simbolica configurazi
na altro non era, che la simbolica configurazione d’un sofista nemico di Ercole, il quale si scatenò contro l’eroe, e che
se, altro non fossero che i cattivi ragionamenti e i falsi raziocinii di cui si serviva il detrattore dell’ eroe. Fra gli
chi però, quello che ci ha trasmesse più dettagliate notizie sul lago di Lerna, è Pausania, il quale asserisce che gli arg
a il cennato storico, non si era mai potuto toccare il fondo del lago di Lerna, qualunque fosse stata la macchina adoperat
uopo. L’imperatore Nerone stesso non riusel a misurare la profondità di quelle acque. Finalmente lo stesso Pausania aggiu
le acque. Finalmente lo stesso Pausania aggiunge che le onde del lago di Lerna, che giacevano sempre, all’apparenze, in un
senza rimanere immancabilmente annegati. 2476. Lernee. — Nella città di Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in
lmente annegati. 2476. Lernee. — Nella città di Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in onore di Bacco e di Cerer
Nella città di Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in onore di Bacco e di Cerere alcune feste o misteri dette Le
di Lerna, nel territorio di Argo, si celebravano in onore di Bacco e di Cerere alcune feste o misteri dette Lernee, nei q
lebre per aver dato i natali alla famosa poetessa Saffo. Gli abitanti di Lesbo avovano la barbara costumanza di sacrificar
a poetessa Saffo. Gli abitanti di Lesbo avovano la barbara costumanza di sacrificare a Bacco delle vittime umane. 2478. Le
una montagna. Tocco ne avean il limitare appena, Che femmina trovar di si gran mole. Che rassembrava una montagna ;….,
. Che rassembrava una montagna ;…., Omero — Odissea — Libro X. Trad. di I. Pindemonte. Non appena la mostruosa donna vi
fuggitivo, ordinando gli fosse preparata un’ orribile morte. Costei di botte Antifate chiamava Dalla pubblica piazza, il
. Uno afferronne, Che gli fu cena ; Omero — Odissea — Libro X. trad. di I. Pindemonte L’immane voce del mostruoso signo
isola, sì che i Lestrigoni dall’alto delle rupi schiacciarono a colpi di sassi i seguaci d’ Ulisse, e quelli che non morir
anarsi precipitosamente dall’ orribile scena, lasciando su quel luogo di morte più della metà dei suoi compagni. ….. I Le
strigoni l’ udiro, E accorrean chi da un lato e chi dall’ altro Forti di braccio, in numero infiniti, E giganti alla vista
alle ferali Mense future riserbati. Omero — Odissea — Libro X. Trad. di I. Pindemonte. 2479. Letea. — Moglie di Oleno.
 — Odissea — Libro X. Trad. di I. Pindemonte. 2479. Letea. — Moglie di Oleno. Narra la cronaca, che essa insuperbita del
ea volle addossarsi la colpa, ma non riuscì che a dividere il castigo di lei, imperocchè fu anch’egli cangiato in rupe. O
fiume dell’ oblio, le cui acque avevano, secondo i pagani, il potere di far dimenticare. V. Fiumi dell’ inferno. Al dire
pagani, il potere di far dimenticare. V. Fiumi dell’ inferno. Al dire di Virgilio, le onde Letee irrigavano i campi Elisi,
ire di Virgilio, le onde Letee irrigavano i campi Elisi, e sulle rive di esso si aggirava del continuo una sterminata foll
i, e sulle rive di esso si aggirava del continuo una sterminata folle di ombre di tutti le nazioni dello universo, aneland
e rive di esso si aggirava del continuo una sterminata folle di ombre di tutti le nazioni dello universo, anelando di tuff
terminata folle di ombre di tutti le nazioni dello universo, anelando di tuffarsi in quelle acque, e bere in esse il compl
in quelle acque, e bere in esse il completo oblio del passato. A piè di questa era di Lete il rio Ch’ai dilettosi e fortu
e, e bere in esse il completo oblio del passato. A piè di questa era di Lete il rio Ch’ai dilettosi e fortunati campi Cor
le ripe Di genti innumerabili……. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro. Coloro che ammettevano la metempsicosi
o la metempsicosi, credevano che le anime che avessero bevuto l’acqua di Lete, erano destinate a ritornar sulla terra ad a
terra ad animare altri corpi ; ma che doveano aggirarsi per lo spazio di mille anni nel vuoto prima di esser ohiamate a be
ma che doveano aggirarsi per lo spazio di mille anni nel vuoto prima di esser ohiamate a bere l’oblio nelle onde letee. E
avano sulla terra trasfuse in altri corpi. Quest’ alme tutte, poichè di mill’ anni Han volto il giro, alfin son qui chiam
acciò ch’ivi deposto Ogni ricordo, men de’ corpi schive, E più vaghè di vita un’ altra volta Tornin di sopra a riveder le
rdo, men de’ corpi schive, E più vaghè di vita un’ altra volta Tornin di sopra a riveder le stelle. Virgilio — Eneide — L
nin di sopra a riveder le stelle. Virgilio — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro Lete era similmente il nome di uno stag
io — Eneide — Libro VI trad. di A. Caro Lete era similmente il nome di uno stagno paludoso vicino al lago Cherone in Egi
äçò e significa oblio, ha dato forse principio alla favola allegorica di questo fiume della dimenticanza. Anche in Africa
canza. Anche in Africa v’era un fiume conosciuto sotto l’appellazione di Lete, che metteva foce nel Mediterraneo, vicino a
ariva ad un tratto rientrando nella terra, per poi ricomparire, ricco di abbondanti acque, vicino alla città di Bereniee.
ra, per poi ricomparire, ricco di abbondanti acque, vicino alla città di Bereniee. Fu questa forse la ragione che fece rit
’inferno. Da ultimo la tradizione mitologica aggiunge, che nell’isola di Creta, correva un fiume a cui fu dato (il nome di
nge, che nell’isola di Creta, correva un fiume a cui fu dato (il nome di Lete, dopo che Ermione, avendo bevuto di quell’ac
fiume a cui fu dato (il nome di Lete, dopo che Ermione, avendo bevuto di quell’acqua, dimenticò il marito Cadmo. 2481. Let
religiosa, che i romani compivano, con grandissimo rispetto, in tempo di pubblica calamità, e il cui scopo era quello di p
mo rispetto, in tempo di pubblica calamità, e il cui scopo era quello di placare lo sdegno terribile degli dei. Consisteva
fferto il banchetto vi aversero preso parte ; e ciò perchè si offriva di ogni vivanda alle diverse statue di quei numi, in
o parte ; e ciò perchè si offriva di ogni vivanda alle diverse statue di quei numi, in onore de’ quali si faceva il Lettis
cerimonia si compiva veniva drizzata una splendida mensa, circondata di piccoli letti, coperti di ricchi tappeti, e semin
va drizzata una splendida mensa, circondata di piccoli letti, coperti di ricchi tappeti, e seminati di flori e di erbe odo
a, circondata di piccoli letti, coperti di ricchi tappeti, e seminati di flori e di erbe odo rose ; sovra ognuno di quei l
ta di piccoli letti, coperti di ricchi tappeti, e seminati di flori e di erbe odo rose ; sovra ognuno di quei letti veniva
ricchi tappeti, e seminati di flori e di erbe odo rose ; sovra ognuno di quei letti veniva posta la statua di quel nume ch
di erbe odo rose ; sovra ognuno di quei letti veniva posta la statua di quel nume che prendeva parie al convito, mentre i
iva ; una qualche epidemica influenza, fece morire un’enorme quantità di bestiame, e siccome il flagello prendeva ogni gio
Segui dopo la spiacevol vernata una pestilente state, per ogni sorta di animali ; ovvero dalla stemperanza dell’ aria, pe
I due nomini preposti alla cura de’ sacrifizii attesero per lo spazio di otto giorni a placare col lettisternio, fatto all
i a placare col lettisternio, fatto allora la prima volta nella città di Roma. Apolline, Latona, Diana, Ercole, Mercurio e
Storia Romana — Libro V. Da principio il Lettisternio ebbe la durata di otto giorni, e l’ordinamento di tutta la cerimoni
ncipio il Lettisternio ebbe la durata di otto giorni, e l’ordinamento di tutta la cerimonia fu affidato ai sacerdoti Deuum
ciavano la porta delle proprie case aperta, con la libertà a ciascuno di servirsi di quanto occorresse. L’ospitalità veniv
orta delle proprie case aperta, con la libertà a ciascuno di servirsi di quanto occorresse. L’ospitalità veniva esercitata
to occorresse. L’ospitalità veniva esercitata riguardo ad ogni classe di persone tanto note che sconosciute ; e tale senti
ogni classe di persone tanto note che sconosciute ; e tale sentimento di ospitalità veniva spinto tant’ oltre, durante il
toglievano i legami ai prigionieri e tutta la città assumeva un’ aria di pace e di riposo. Lo stesso storico Tito Livio, d
i legami ai prigionieri e tutta la città assumeva un’ aria di pace e di riposo. Lo stesso storico Tito Livio, di cui ripo
assumeva un’ aria di pace e di riposo. Lo stesso storico Tito Livio, di cui riportammo più sopra una classica citazione,
i riportammo più sopra una classica citazione, fa similmente menzione di un terzo Lettisternio egualmente celebrato in Rom
sternio egualmente celebrato in Roma, onde implorare dai numi la fine di una terribile pestilenza. Ma, al dire del cennato
e atte a placare la collera degli dei. Anche Valerio Massimo, ricorda di un Lettisternio, celebrato in onore di tre sole d
Anche Valerio Massimo, ricorda di un Lettisternio, celebrato in onore di tre sole divinità, cioè, Giove, Giunone e Mercuri
orno al banchetto del convito, era posto un solo letto, con la statua di Giunone, mentre quelle di Giove e di Mercurio, er
ito, era posto un solo letto, con la statua di Giunone, mentre quelle di Giove e di Mercurio, erano poste sopra due sedie.
sto un solo letto, con la statua di Giunone, mentre quelle di Giove e di Mercurio, erano poste sopra due sedie. Similmente
no poste sopra due sedie. Similmente il cronista Arnobio, fa menzione di un Lettisternio celebrato solamente in onore dell
ttisternio celebrato solamente in onore della dea Cerere. Gran numero di autori ha ritenuto il Lettisternio come un’ istit
Grecia. Lo stesso Pausania riferisce, in varii brani delle sue opere, di alcuni cuscini detti Pulvinaria che nei conviti e
i eroi. Lo Spon, nel suo viaggio della Grecia, scrive che nella città di Atene si vedeva ancora il Lettisternio d’Iside e
e che nella città di Atene si vedeva ancora il Lettisternio d’Iside e di Serapide, consistente in un letto di marmo alto u
ancora il Lettisternio d’Iside e di Serapide, consistente in un letto di marmo alto un piede e lungo due, e sul quale stav
lto un piede e lungo due, e sul quale stavano ancora sedute le statue di quelle due divinità. 2482. Levana. — Divinità tut
immediatamente preso fra le sue braccia, levandolo dalla terra, senza di che il bambino passava per illegittimo. Al dire d
Lucina. 2483. Leucadio — Da un tempio che Apollo aveva sulla spiaggia di Epiro, nell’isola di Leucade, si dava codesto sop
o — Da un tempio che Apollo aveva sulla spiaggia di Epiro, nell’isola di Leucade, si dava codesto soprannome a quel dio. 2
el dio. 2484. Leucade. — Promontorio dell’Acanania, vicino alla città di Azio, ove Apollo veniva particolarmente adorato.
a Leucade che Enea fece celebrare i famosi giuochi funebri, in onore di suo padre Anchise. 2485. Leuce. — Isola del Ponto
dizione mitologica ripete, che gli antichi avevano formata una specie di Campi Elisi, ove ritenevano che dimorassero le an
pi Elisi, ove ritenevano che dimorassero le anime degli eroi. Al dire di Pausania, Achille aveva un tempio ed una statua i
e, secondo il citato scrittore, il primo a penetrare fu certo Leonimo di Crotona. Narra la cronaca, che quando ardeva la g
rotoniati, attaccò i nemici, venendo alle mani con un forte drappello di soldati, ch’ egli supponeva comandati da Aiace st
l’oracolo. La Pitia gli rispose che avrebbe dovuto recarsi nell’isola di Leuce, ove Aiace stesso lo avrebbe risanato del t
oce che Leonimo aveva detto d’aver visto coi proprii occhi nell’isola di Leuce, i due Aiaci, Achille, Patroclo, ed Elena s
a Stesicoro che egli aveva perduta la vista per effetto della collera di lei. Così almeno ripete la tradizione mitologica
sso Pausania. 2486. Leucippidi. — Nome collettivo deile due figliuole di Leucippo, dette Febea ed Ilaria che furono rapite
Febea. È a notare che varii autori dell’ antichità, chiamano la prima di queste due famose sorelle semplicemente Febe. 248
queste due famose sorelle semplicemente Febe. 2487. Leucippo. — Padre di Febea e d’Ilaria. V. Leucippidi. Leucippo si chia
d’Ilaria. V. Leucippidi. Leucippo si chiamava similmente un figliuolo di Oenomao, re di Pisa, il quale, secondo riferisce
ucippidi. Leucippo si chiamava similmente un figliuolo di Oenomao, re di Pisa, il quale, secondo riferisce Pausania, amò p
atagemma, e avvalersi dell’ astuzia. Infatti Leucippo, sotto pretesto di fare dei propri capelli un sacrifizio al fiume Al
ri capelli un sacrifizio al fiume Alfeo, se li lasciò crescere a modo di donna, e rivestito un abito femminile, andò a rit
to femminile, andò a ritrovar Dafne, e presentatosi a lei come figlia di Oenomao, le chiese di volerle concedere che l’acc
itrovar Dafne, e presentatosi a lei come figlia di Oenomao, le chiese di volerle concedere che l’accompagnasse alla caccia
gnasse alla caccia. Dafne delusa dalle apparenze, concesse a Leucippo di far parte del suo seguito ; e siccome egli, se pu
etto a Dafne, così avvenne che ben presto si acquistò tutta la grazia di lei. Apollo intanto che anch’egli avea concepito
, e preferito Leucippo, per vendicarsi ispirò a Dafne e alle compagne di lei il desiderio di bagnarsi nelle acque del fium
po, per vendicarsi ispirò a Dafne e alle compagne di lei il desiderio di bagnarsi nelle acque del fiume Ladone. Leucippo a
Ladone. Leucippo allora dovè, come tutte le altre giovanette seguaci di Dafne, spogliarsi delle sue vesti e discendere ne
me ; ma appalesatosi il mistero che egli ascondeva, fu ucciso a colpi di puguale e di frecce. V’ à qualche autore che da q
esatosi il mistero che egli ascondeva, fu ucciso a colpi di puguale e di frecce. V’ à qualche autore che da questa tradizi
qualche autore che da questa tradizione toglie solamente l’intervento di Apollo, rimanendo tutto il fatto nella sua comple
le ce lo ripetono le cronache. 2488. Leucofrina. — Uno dei soprannomi di Diana che a lei veniva da un luogo, sulle rive de
n cui si adorava una sua statua che la rappresentava col seno coperto di più mammelle, e col capo coronato da due vittorie
ale d’Italia ; fu detta similmente Leucosia. 2490. Leucotea. — Figlia di Orcamo, settimo re dell’ antica stirpe di Belo. L
a. 2490. Leucotea. — Figlia di Orcamo, settimo re dell’ antica stirpe di Belo. Leucotea si rese famosa per la sua stupenda
per la sua stupenda bellezza, che vinceva d’assai quella della madre di lei, ritenuta anch’essa come una delle più belle
governo Orcamo il padre : settimo costui Dalla stirpe scendea prisca di Belo. Ovidio — Metamorfosi — Libro IV. Fav. III.
cronaca mitologica che Apollo innamorato della straordinaria bellezza di Leucotea, avesse preso le sembianze di Eurinome m
o della straordinaria bellezza di Leucotea, avesse preso le sembianze di Eurinome madre di lei, onde avere libero accesso
ria bellezza di Leucotea, avesse preso le sembianze di Eurinome madre di lei, onde avere libero accesso presso la desidera
o da certa Clizia del tranello che per amore gli faceva Apollo, cieco di furore, e cedendo alle perfide insinuazioni, che
ordinò che Leucotea fosse sotterrata viva, e fosse gettato sul corpo di lei un monte di sabbia. Apollo fece di tutto per
otea fosse sotterrata viva, e fosse gettato sul corpo di lei un monte di sabbia. Apollo fece di tutto per salvare dell’ord
iva, e fosse gettato sul corpo di lei un monte di sabbia. Apollo fece di tutto per salvare dell’ordibile morte la sua dile
a dalle mani dei suoi carnefici, perchè il destino si oppose, asperse di nettare il bellissimo corpo della sua amata, e la
produce l’incenso si chiama egli stesso Leucotea. Orcamo che fu padre di questa giovanetta, fu il primo che fece piantare
te, che ricevono largamente i raggi del Sole. E finalmente la gelosia di Clizia, che fu cangiata in girasole, viene raffig
ne raffigurata dalla qualità che i naturalisti assegnano al girasole, di far cioè, morire l’albero che produce l’incenso.
ire l’albero che produce l’incenso. 2491. Leucotoe. — La stessa balia di Bacco conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale
. 2491. Leucotoe. — La stessa balia di Bacco conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale gli dei dettero il nome di Leucot
o conosciuta sotto il nome di Ino, alla quale gli dei dettero il nome di Leucotoe, quando essa fu annoverata fra le divini
toe, quando essa fu annoverata fra le divinità marittime. Nella città di Corinto ella aveva un magnifico altare in un temp
re pei proprii figliuoli. Era severamente proibito alle donne schiave di entrare in quel tempio, e se per disavventura ven
e schiave di entrare in quel tempio, e se per disavventura veniva una di esse sorpresa in quel vietato recinto, la disgraz
orpresa in quel vietato recinto, la disgraziata moriva uccisa a colpi di bastone sull’altare della dea Leucotoe, conosciut
di bastone sull’altare della dea Leucotoe, conosciuta anche col nome di Matuta V. Matuta. 2492. Lia. — Appellazione parti
uanta Nereidi. 2494. Liba. — Uno degli eroi greci, compagno e seguace di Ulisse, di cui la cronaca antica si è largamente
di. 2494. Liba. — Uno degli eroi greci, compagno e seguace di Ulisse, di cui la cronaca antica si è largamente occupata. C
e, di cui la cronaca antica si è largamente occupata. Caduta la città di Troia, Ulisse ritornando in patria accompagnato d
siffatto modo, che nel tripudio osò violentare una giovanetta nativa di Temessa. Istrutti gli abitanti del turpe atto di
na giovanetta nativa di Temessa. Istrutti gli abitanti del turpe atto di Liba, lo afferrarono e legatolo ad un albero, lo
ormentò da quel giorno e perseguitò così implacabilmente gli abitanti di Temessa, fra cui portò la desolazione e sovente l
tò la desolazione e sovente la morte, che il popolo in rivolta decise di abbandonare la propria città. Prima però di mette
popolo in rivolta decise di abbandonare la propria città. Prima però di mettere in atto il concepito divisamento, fu stab
n atto il concepito divisamento, fu stabilito d’interrogare l’oracolo di Apollo, e la pitonessa che comunicava i responsi,
pollo, e la pitonessa che comunicava i responsi, ordinò agli abitanti di restare nella loro città e di placare con sacrifi
nicava i responsi, ordinò agli abitanti di restare nella loro città e di placare con sacrifizii ed offerte la corrucciata
erstizione, a quanto imponeva l’oracolo temuto ; e l’irrequieta ombra di Liba lasciò in pace i suoi uccisori. Aggiunge la
altamente commosso, penetrò fino dappresso la giovanetta e le promise di liberarla se le avesse giurato amore, cosa alla q
ente. Eutimo infatti, secondo la cronaca favolosa, combattè col genio di Liba, e avendolo vinto, liberò la città di Temess
volosa, combattè col genio di Liba, e avendolo vinto, liberò la città di Temessa dalle persecuzioni di lui, che disperato
Liba, e avendolo vinto, liberò la città di Temessa dalle persecuzioni di lui, che disperato d’esser stato vinto, si precip
a così miracolosam ente salvata. 2495. Libazioni. — Cerimonie proprie di tutti i sacrifizii dei pagani. Il sacerdote che p
imonia, spargeva del vino, del latte e sovente altro liquore in onore di quel nume a cui si sacrificava. È a notare che pr
el nume a cui si sacrificava. È a notare che presso gli antichi assai di sovente tutto il sacrifizio consisteva in una sem
Bibbia e dagli altri libri sacri della religione ebraica, che il dio di Mosè aveva comandate le Libazioni al popolo d’Isr
ni, che erano quasi appen dici e condimenti del sacrifizio, sono fior di farina, olio, vino, sale, incenso. Numeri Cap. X
oi provennero gli altri due vocaboli libido e libidinosus. È opinione di alcuni scrittori, che la dea Libentina, detta anc
tta anche Libertina, altro non fosse che una configurazione della dea di Venere, a cui le giovanette, giunte ad una certa
infanzia. Plauto chiama dea Lubentina quella divinità che permetteva di fare tutto ciò che piaceva. 2497. Libera. — Dea c
rmetteva di fare tutto ciò che piaceva. 2497. Libera. — Dea che assai di sovente viene confusa con Proserpina. Cicerone la
sai di sovente viene confusa con Proserpina. Cicerone la fa figliuola di Cerere e di Giove, mentre Ovidio dice che la dea
te viene confusa con Proserpina. Cicerone la fa figliuola di Cerere e di Giove, mentre Ovidio dice che la dea Libera altro
ra in avvenir cangiata in diva. Ovidio — I. Fasti — Libro III. trad. di Giovan Battista Blanchi 2498. Liberali. — Feste
a tutti il turpe emblema, che si portava in trionfo. Si credeva così di rendere il dio Libero favorevole alla seminagione
redeva così di rendere il dio Libero favorevole alla seminagione, e e di allontanare dalla terra ogni sortilegio. 2499. Li
a veste dell’infanzia, e rivestivano la toga libera. Usavano i pagani di celebrare codeste cerimonie con grande solennità
; la qual cosa voleva significare, secondo le tradizioni, la quantità di grano, di danaro e di vino che l’imperatore regna
cosa voleva significare, secondo le tradizioni, la quantità di grano, di danaro e di vino che l’imperatore regnante aveva
significare, secondo le tradizioni, la quantità di grano, di danaro e di vino che l’imperatore regnante aveva donato ai su
suoi popoli. 2501. Liberatore. — I poeti dell’ antichità danno assai di sovente codesto soprannome a Giove ; ed i pagani
ta appellazione, quando correvano alcun pericolo, dal quale credevano di uscir immuni per la protezione di Giove Liberator
alcun pericolo, dal quale credevano di uscir immuni per la protezione di Giove Liberatore. 2502. Libero. — Soprannome di B
uni per la protezione di Giove Liberatore. 2502. Libero. — Soprannome di Bacco, detto propriamente Liber pater, perchè com
nte — V. Liberali. Anche gl’Indiani chiamavano il Sole col soprannome di Libero. 2503. Libertà. — Dea a cui i greci davano
o. 2503. Libertà. — Dea a cui i greci davano più propriamente il nome di Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto
riamente il nome di Eleuteria. I romani però, presso i quali il culto di questa divinità era molto più celebre che in Grec
più celebre che in Grecia, ritenevano che la dea Libertà fosse figlia di Giove e di Giunone. Nel magnifico tempio che ella
che in Grecia, ritenevano che la dea Libertà fosse figlia di Giove e di Giunone. Nel magnifico tempio che ella aveva in R
mente fu innalzato dal padre dei Gracchi, sul monte Aventino e adorno di statue di gran valore, si vedeva il simulacro del
nnalzato dal padre dei Gracchi, sul monte Aventino e adorno di statue di gran valore, si vedeva il simulacro della dea Lib
vedeva il simulacro della dea Libertà, rappresentata sotto la figura di una matrona, vestita di bianco, con uno scettro i
la dea Libertà, rappresentata sotto la figura di una matrona, vestita di bianco, con uno scettro in una mano, un berretto
re ove più le piaceva. Il berretto ricordava la costumanza dei romani di mettere, cioè un berretto sulla testa di quegli s
ava la costumanza dei romani di mettere, cioè un berretto sulla testa di quegli schiavi, che volevano emancipare ; e final
volta sorgeva sul monte Olimpo, e vicino alla quale stava il sepolcro di Orfeo, la tradizione mitologica ci ha tramandato
ndato uno strano ricordo. Narrano le cronache che avendo gli abitanti di Libetra, spedito una deputazione di loro concitta
cronache che avendo gli abitanti di Libetra, spedito una deputazione di loro concittadini ad interrogare l’oracolo di Bac
spedito una deputazione di loro concittadini ad interrogare l’oracolo di Bacco, nella Tracia, per sapere quale sarebbe il
uella sarebbe stata distrutta non appena il Sole avesse visto le ossa di Orfeo Libetra, e che il distruttore si chiamerebb
eco la parola óõó significa cignale ; mentre vi era nelle circostanze di Libetra un torrente chiamato Sus. Ingannati da qu
ll’ oracolo, gli abitanti credettero che il dio avesse voluto parlare di una belva, e persuasi che non vi fosse al mondo u
rsuasi che non vi fosse al mondo un animale che avesse avuto la forza di rovesciare una città, non badarono più oltre all’
catosi verso l’ora del pomeriggio con la testa appoggiata al sepolcro di Orfeo, si addormentò profondamente ; e così addor
ormentò profondamente ; e così addormentato si pose a cantare i versi di quel poeta, con una voce estremamente soave. Spar
d’Orfeo, si rovesciò e s’infranse, per modo che il Sole vide le ossa di Orfeo. Nella notte che seguì codesto avvenimento,
rotto gl’ argini, straripò con tanta violenza, che allagando la città di Libetra, ne atterrò le mura, ne rovesciò i templi
utto ad alcune Linfe abitatrici del monte Libetrio, nelle circostanze di Elicona. Su quella montagna scaturiva la fonte ch
e, la quale usciva da un sasso che imitava così perfettamente il seno di una donna che pareva l’acqua scaturisse da due ma
e le ninfe Libetridi avevano le loro statue. 2506. Libia. — Figliuola di Epafo e di Cassiopea : fu amata da Nettuno, che l
Libetridi avevano le loro statue. 2506. Libia. — Figliuola di Epafo e di Cassiopea : fu amata da Nettuno, che la rese madr
uola di Epafo e di Cassiopea : fu amata da Nettuno, che la rese madre di Belo e di Agenore. Da lei prese il suo nome la co
afo e di Cassiopea : fu amata da Nettuno, che la rese madre di Belo e di Agenore. Da lei prese il suo nome la contrada con
Da lei prese il suo nome la contrada conosciuta sotto l’appellazione di Libia. Vi sono varii autori che dicono Libia foss
zione di Libia. Vi sono varii autori che dicono Libia fosse figliuola di Pamfiloga e dell’ Oceano. È questa però un’opinio
le Sibille, la custodia dei quali era affidata in Roma ad un collegio di sacerdoti chiamati Folgorali, perchè traevano gli
i, venivano chiamati quelli, che racchiudevano i misteri e la scienza di conoscere il futuro, per mezzo dell’esame delle v
à, secondo i principii dell’arte etrusca. I romani avevano il costume di consultare i libri fatali in tempo di pubbliche c
ca. I romani avevano il costume di consultare i libri fatali in tempo di pubbliche calamità, cercando in quei fogli mister
. — Dea che presiedeva ai fu nerali. Secondo varii scrittori, il nome di Libitina si dava sovente a Proserpina, come regin
getti necessarii alle pompe funebri. Chiamavansi poi col nome proprio di Libitinarii, i sacerdoti o ministri pubblici, che
ano e sopraintendevauo alla cerimonia dei funerali. Servio Tullio, re di Roma, introdusse il costume di portare nel tempio
imonia dei funerali. Servio Tullio, re di Roma, introdusse il costume di portare nel tempio di Libitina una data somma di
ervio Tullio, re di Roma, introdusse il costume di portare nel tempio di Libitina una data somma di danaro per ogni person
ntrodusse il costume di portare nel tempio di Libitina una data somma di danaro per ogni persona che moriva. I ministri de
ministri del tempio, che erano incaricati a riscuotere quella specie di tributo, segnavano su di un apposito registro, ch
erano incaricati a riscuotere quella specie di tributo, segnavano su di un apposito registro, chiamato Libitinœ ratio, il
orto e la somma versata. Tutto il danaro era conservato in una specie di cofano chiamato l’erario di Libitina. 2509. Lica.
to il danaro era conservato in una specie di cofano chiamato l’erario di Libitina. 2509. Lica. — Giovanetto compagno ed am
mato l’erario di Libitina. 2509. Lica. — Giovanetto compagno ed amico di Ercole, che lo ebbe carissimo, e che non ostante
scagliò il corpo dello sventurato giovanetto nel mare, con più forza di quella con cui una macchina guerriera lancerebbe
a tradizione a cui si attiene il cennato poeta, aggiunge che il corpo di Lica s’indurì per l’aria, ed egli fu cangiato in
oichè il volse Tre volte e quattro intorno, con più forte Impulso che di macchina guerriera, Al flutto Euboico lo arrandel
vea nome uno dei tanti figliuoli del re Priamo, e propriamente quello di cui Omero dice, che prestò al fratello Paride, la
uo sesto parea, si pose al petto : Omero — Iliade — Libro III. trad. di V. Monti. La cronaca mitologica, a cui si attie
nti. La cronaca mitologica, a cui si attiene Omero stesso, racconta di questo Licaone, che caduto in potere di Achille,
ttiene Omero stesso, racconta di questo Licaone, che caduto in potere di Achille, fu da questo venduto ad Euneo, figlio di
he caduto in potere di Achille, fu da questo venduto ad Euneo, figlio di Giasone, nell’ isola di Lenno ; poscia fu riscatt
chille, fu da questo venduto ad Euneo, figlio di Giasone, nell’ isola di Lenno ; poscia fu riscattato con molti e preziosi
attato con molti e preziosi doni da Eezione, che lo mandò nella città di Arisbo. A Licaone riuscì, dopo qualche tempo, di
lo mandò nella città di Arisbo. A Licaone riuscì, dopo qualche tempo, di fuggire da quest’ ultima città, e di far ritorno
aone riuscì, dopo qualche tempo, di fuggire da quest’ ultima città, e di far ritorno a Troja, alla casa paterna ; ma il su
casa paterna ; ma il suo cattivo destino lo pose nuovamente in potere di Achille, appena undici giorni dopo essere uscito
vamente in potere di Achille, appena undici giorni dopo essere uscito di servaggio. In quel torno di tempo, Achille furibo
, appena undici giorni dopo essere uscito di servaggio. In quel torno di tempo, Achille furibondo per la morte del suo ami
Mori Patròclo che miglior ben era, E me bello qual vedi e valoroso E di gran padre nato e di una Diva, Me pur la morte ad
glior ben era, E me bello qual vedi e valoroso E di gran padre nato e di una Diva, Me pur la morte ad ogni istante aspetta
padre nato e di una Diva, Me pur la morte ad ogni istante aspetta, E di lancia o di strale un qualcheduno Anche ad Achill
e di una Diva, Me pur la morte ad ogni istante aspetta, E di lancia o di strale un qualcheduno Anche ad Achille rapirà la
no Anche ad Achille rapirà la vita. Omero — Iliade — Libro XXI trad. di V. Monti. ucciso da Ettore, duce supremo delle
ucciso da Ettore, duce supremo delle squadre trojane, lo raggiunse di nuovo, e fu inesorabile contro il misero Licaone,
o Licaone, del quale non curando le preghiere ed il pianto, lo uccise di sua mano, immergendogli il brando fra la giuntura
l’ affilato acciaro, E boccon egli cadde in sul terreno Steso in lago di sangue. Allor d’un piede Presolo Achille, lo gitt
solo Achille, lo gittò nell’ onda. Omero — Iliade — Libro XXI. Trad. di V. Monti. Licaone fu similmente il nome di un f
liade — Libro XXI. Trad. di V. Monti. Licaone fu similmente il nome di un figlio di Pelasgo, che fu il primo re dell’ Ar
XXI. Trad. di V. Monti. Licaone fu similmente il nome di un figlio di Pelasgo, che fu il primo re dell’ Arcadia. Narra
e stesso, viaggiando, fosse andato a chiedere ospitalità nella reggia di lui, e che Licaone si fosse apprestato a levargli
o, fece sgozzare un soldato Molosso, che riteneva in ostaggio, presso di sè, ed approntò le membra di lui, onde servirle l
olosso, che riteneva in ostaggio, presso di sè, ed approntò le membra di lui, onde servirle la sera al banchetto che dava
sera al banchetto che dava al suo ospite. Ma ben presto, per comando di Giove, Licaone fu cangiato in lupo, e un fuoco ve
un fuoco vendicatore, cadendo dal cielo, ridusse in cenere la reggia di lui. …… della Molossa Gente ad un tale a lui man
, e l’altra parte aggira Intorno al foco sottoposto. Quando Imbandite di quelle ei fè le mense, Io sui Penati, del signor
morf : Libro I. — Fav. V. trad. dal Cav. Ermolao Federico. Al dire di Pausania, codesta tradizione era tenuta in gran c
n concetto presso gli arcadi, i quali in tutto ciò non vedevano nulla di esagerato. Al dire del citato scrittore, gli abit
mo che oltre a questo Licaone, loro re, cangiato in lupo per vendetta di Giove, vi fosse stato un altro Licaone, il quale
la forma umana, quante volte però si fosse astenuto, in quel periodo di tempo, dal nudrirsi di carne umana, che se ciò fo
volte però si fosse astenuto, in quel periodo di tempo, dal nudrirsi di carne umana, che se ciò fosse avvenuto, rimaneva
o regno fu caro ai suoi popoli, che egli cercò d’incivilire. La città di Licosura, la più antica di tutta la Grecia, fu ed
oli, che egli cercò d’incivilire. La città di Licosura, la più antica di tutta la Grecia, fu edificata per suo ordine sui
ne sui monti d’ Arcadia, e vi fece innalzare anche un tempio in onore di Giove Liceo, al quale egli stesso sacrificava uma
ncipio la tradizione favolosa, la quale ingrandendosi per le crudeltà di cui si rese col tempo colpevole Licaone, e dalla
Giove andava sovente a visitarlo nella sua reggia, sotto le sembianze di uno straniero. I figliuoli del re, per accertarsi
nze di uno straniero. I figliuoli del re, per accertarsi della verità di quanto asseriva il loro padre, ebbero ricorso ad
uo mezzo, ed avendo fatto uccidere un fanciullo, mescolarono le carni di questo, alle vivande del reale banchetto, persuas
ibile, e il fulmine cadendo con orrendo fracasso, incenerì gli autori di quell’ opera nefanda. Fu in questa occasione che
per altro un’ opinione poco generalizzata. 2511. Licasto. — Fratello di Parrasio. La cronaca mitologica riferisce, che fu
Parrasio. La cronaca mitologica riferisce, che furono, a somiglianza di Romolo e Remo, nutriti da una lupa. 2512. Licea. 
cea. — Montagna dell’Arcadia, dalla quale venne a Giove il soprannome di Liceo. V. Liceo. 2513. Licee. — Dalla parola grec
ndosi che quel dio dava la caccia ai lupi che infestavano le campagne di quel territorio. Licee similmente erano delle fes
giato in lupo. Durante la celebrazione delle feste Licee, semiglianti di molto ai Lupercali di Roma, si seguivano alcuni c
la celebrazione delle feste Licee, semiglianti di molto ai Lupercali di Roma, si seguivano alcuni combattimenti, nei qual
ombattimenti, nei quali il vincitore, riceveva in premio un’ armatura di rame. Vi è anche qualche autore antico che ripete
dal monte Liceo in Arcadia, che da principio era conosciuto col nome di monte sacro. Al dire di Pausania, gli abitanti d’
dia, che da principio era conosciuto col nome di monte sacro. Al dire di Pausania, gli abitanti d’ Arcadia, chiamavano sac
atto seguente. Allorquando Danao contrastava il possesso della corona di Argo al re Gelanore, gli accadde un giorno d’inco
toro, e il lupo rimaner vincitore. Approfittando della superstizione di un popolo rozzo, qual’era l’argivo, Danao sparse
ittadino. Infatti gli argivi proclamarono loro re Danao, a detrimento di Gelanore. In memoria di questo fatto, il novello
givi proclamarono loro re Danao, a detrimento di Gelanore. In memoria di questo fatto, il novello sovrano fece innalzare a
ad Apollo un ricco tempio, ove quel dio veniva adorato sotto il nome di Apollo Liceo, ovvero Lupo. 2516. Licnomanzia. — S
tto il nome di Apollo Liceo, ovvero Lupo. 2516. Licnomanzia. — Specie di divinazione che si eseguiva colla fiamma di una l
16. Licnomanzia. — Specie di divinazione che si eseguiva colla fiamma di una lucerna. 2517. Lico. — Fratello di Nitteo e u
e che si eseguiva colla fiamma di una lucerna. 2517. Lico. — Fratello di Nitteo e usurpatore del trono di Tebe spettante p
una lucerna. 2517. Lico. — Fratello di Nitteo e usurpatore del trono di Tebe spettante per diritto a Lajo. Questo Lico, c
o, perseguitò accanitamente la misera Antiope. Lico era anche il nome di un compagno di Ercole che lo seguì quando l’eroe
ccanitamente la misera Antiope. Lico era anche il nome di un compagno di Ercole che lo seguì quando l’eroe combattè contro
e che lo seguì quando l’eroe combattè contro le Amazzoni, per comando di Euristeo. V. Ercole : Quando l’ eroe ebbe distrut
ria dell’amico benefattore. 2518. Licogene. — Un altro dei soprannomi di Apollo. Il cronista Eliano a questo proposito nar
enimento. Riferisce il citato scrittore che essendo Latona, sul punto di partorire, si fosse trasformata in lupa, per sott
e trasformata in lupa, per sottrarsi più facilmente alle persecuzioni di Giunone. V. Latona. Da ciò Omero stesso dà ad Apo
di Giunone. V. Latona. Da ciò Omero stesso dà ad Apollo il soprannome di Licogene. Per la stessa ragione, sempre al dire d
ollo il soprannome di Licogene. Per la stessa ragione, sempre al dire di Eliano, si vedeva in Delfo un lupo di bronzo, ond
stessa ragione, sempre al dire di Eliano, si vedeva in Delfo un lupo di bronzo, onde ricordare il parto di Latona. Però q
Eliano, si vedeva in Delfo un lupo di bronzo, onde ricordare il parto di Latona. Però quest’ ultima credenza viene dallo s
ribuita al seguente fatto. Si vuole che avendo alcuni ladri spogliato di tutte le ricchezze il famoso tempio di Apollo in
avendo alcuni ladri spogliato di tutte le ricchezze il famoso tempio di Apollo in Delfo, le sotterrarono in una foresta.
errarono in una foresta. Qualche tempo dopo, mentre uno dei sacerdoti di quel dio, pregava innanzi all’ altare si sentì ti
rra e palesò così il furto commesso. 2519. Licomede. — Re dell’ isola di Sciro. Le cronache dell’ antichità ricordano di l
ede. — Re dell’ isola di Sciro. Le cronache dell’ antichità ricordano di lui un tratto di fredda perfidia. È scritto che a
sola di Sciro. Le cronache dell’ antichità ricordano di lui un tratto di fredda perfidia. È scritto che allorquando Teseo
Atene, avesse chiesto ospitalità a Licomede, confidando nella lealtà di lui. Ma i nemici di Teseo guadagnarono a peso d’
to ospitalità a Licomede, confidando nella lealtà di lui. Ma i nemici di Teseo guadagnarono a peso d’ oro l’ ospite tradit
l’ ospite traditore, e un giorno Licomede condusse Teseo sul più alto di una montagna, che sovrastava alla sua isola, e co
ù alto di una montagna, che sovrastava alla sua isola, e col pretesto di fargli ammirare il magnifico panorama che si sten
piedi, precipitò con un urto violento il mal capitato eroe dall’ alto di una rupe. Questo Licomede è lo stesso in casa del
il figliuolo Achille, onde impedire che si fosse recato all’ assedio di Troia. Fu durante il tempo che l’ eroe giovanetto
he l’ eroe giovanetto dimorò presso Licomede che amò Deidamia, figlia di lui, e la rese madre di Pirro V. Achille e Deidam
morò presso Licomede che amò Deidamia, figlia di lui, e la rese madre di Pirro V. Achille e Deidamia. 2520. Licopoli. — Ci
seguitavano neppure. 2521. Licora. — Detta anche Licoria, fu, al dire di Virgilio, una delle ninfe compagne di Cirene. Il
etta anche Licoria, fu, al dire di Virgilio, una delle ninfe compagne di Cirene. Il cennato poeta ne parla come di una nin
o, una delle ninfe compagne di Cirene. Il cennato poeta ne parla come di una ninfa a cui la dea Lucina avesse insegnato a
roteggere le partorienti. Cidippe verginella e Licorea Delle fatiche di Lucina esperta La priva volta….. Virgilio — Dell
sperta La priva volta….. Virgilio — Delle Georgiche — Libro IV trad. di Dionici Strocchi. 2522. Licori. — Così, secondo
amò con passione, e Licori corrispose per qualche tempo all’ affetto di lui ; ma poi lo abbandonò per darsi nelle braccia
mpo all’ affetto di lui ; ma poi lo abbandonò per darsi nelle braccia di Marc’ Antonio triumviro, il quale alla sua volta
Per nevi, e monti, e per armate schíere. Virgilio — Egloga X. trad. di Andrea Lori 2523. Licoro. — Figlio di Apollo e
. Virgilio — Egloga X. trad. di Andrea Lori 2523. Licoro. — Figlio di Apollo e della ninfa Coricia. La cronaca antica l
Coricia. La cronaca antica lo ritiene come l’ edificatore della città di Licoria sul monte Parnaso, aggiungendo, che dopo
città di Licoria sul monte Parnaso, aggiungendo, che dopo il diluvio di Deucalione, i pochi uomini scampati alla morte si
lla morte si riunirono su quella montagna, e forse spinti dal bisogno di farsi un asilo, edificarono le prime capanne su q
prime capanne su quel luogo stesso, ove poi col tempo surse la città di Licoria. 2524. Licurgo. — Figlio di Driante, re d
ove poi col tempo surse la città di Licoria. 2524. Licurgo. — Figlio di Driante, re della Tracia. Al dire dl Omero, egli
agli dei. Secondo il cennato poeta, un giorno Licurgo, in un accesso di furore, perseguitò sul monte Nisseio le ninfe nut
n un accesso di furore, perseguitò sul monte Nisseio le ninfe nutrici di Bacco, percotendole in modo che quelle si dettero
olto da Teti. Però sdegnato Giove contro l’ empio sacrilego, lo colpì di cecità, e dopo qualche tempo lo fece morire. …….
qualche tempo lo fece morire. ……. che lunghi giorni Nè pur non visse di Driante il forte Figlio Licurgo che agli dei fè g
orte Figlio Licurgo che agli dei fè guerra. Su pel sacro Nisselo egli di Bacco Le nudrici inseguia. Dal rio percosse Con p
 : fuggì lo stesso Bacco, e nel mar s’ ascose, ove del fero Minacciar di Licurgo paventoso Teti l’ accoise. Ma sdegnarsi i
degnarsi i numi Con quel superbo. Della luce il caro Raggio gli tolse di Saturno il figlio, E detestato dagli eterni tutti
eterni tutti Breve vita egli visse. Omero — Iliade — Libro VI trad. di V. Monti. Il senso configurato che si racchiude
insieme alle sue nutrici ; ossia alle viti, ritenute come le nutrici di quel dio. Alla favola a cui si attiene Omero stes
a a cui si attiene Omero stesso, come si rileva dalla citazione posta di sopra, altri autori aggiungono che Licurgo stesso
qual cosa venne considerata come l’ effetto terribile della vendetta di Bacco. Licurgo è similmente il nome del più famos
la cronaca mitologica fa menzione per aver egli ricorso all’ oracolo di Delfo, onde fare che una certa tinta di religioso
ver egli ricorso all’ oracolo di Delfo, onde fare che una certa tinta di religioso rispetto, tenesse a freno i popoli, e f
sciuto, quante volte essi avessero scrupolosamente osservate le leggi di Licurgo. Raggiunto per tal modo, lo scopo desider
scopo desiderato, Licurgo fece sparger voce che, fra poco, si sarebbe di nuovo recato in Delfo, onde consultare, anche una
tesso, consiglio sopra alcuni immegliamenti ch’ ei credeva necessario di apportare nel suo codice. Prima però di partire,
nti ch’ ei credeva necessario di apportare nel suo codice. Prima però di partire, fece giurare dal Senato e dal popolo, ch
La sua volontà fu ciecamente seguita, ed egli allora partì, ma invece di andare a Delfo, siccome aveva annunziato al suo p
remotissimo, e da quel giorno gli spartani non intesero più a parlare di lui. È opinione di vari accreditati cronisti e st
uel giorno gli spartani non intesero più a parlare di lui. È opinione di vari accreditati cronisti e storici del paganesim
che dopo qualche tempo Licurgo si ritraesse segretamente nell’ isola di Creta, ove morì ; ordinando che il suo corpo foss
o che se queste venissero trasportate nella Lacedemonia, gli abitanti di quella contrada, e sopratutto gli spartani, avess
o, come dissipatore della malinconia. 2526. Ligo. — Uno dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui eg
Ligo. — Uno dei figliuoli di Fetonte, dal nome del quale la contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abi
la contrada di cui egli era signore, fu detta Liguria, e gli abitanti di quella Liguri. 2527. Ligodesma. — Dalle due parol
nome a Diana Ortia, perchè un’antica tradizione ripetea che la statua di quella dea fosse venuta dalla Tauride a Sparta, a
i quella dea fosse venuta dalla Tauride a Sparta, avvinta da sarmenti di vite. 2528. Ligea. — Ninfa, madre di Aristeo, e s
de a Sparta, avvinta da sarmenti di vite. 2528. Ligea. — Ninfa, madre di Aristeo, e secondo Virgilio, una delle compagne d
ea. — Ninfa, madre di Aristeo, e secondo Virgilio, una delle compagne di Cirene, famose per la bianchezza del loro collo,
atura. ……… le ninfe Filodoce e Ligea e Drimo e Xanto Sparse in collo di latte oro di chiome, Virgilio — Delle Georgiche 
e ninfe Filodoce e Ligea e Drimo e Xanto Sparse in collo di latte oro di chiome, Virgilio — Delle Georgiche — Libro IV tr
di latte oro di chiome, Virgilio — Delle Georgiche — Libro IV trad. di Dionigi Strocchi Ligea è anche il nome di una d
eorgiche — Libro IV trad. di Dionigi Strocchi Ligea è anche il nome di una delle Sirene, forse perchè le parole greche λ
tradizione, dette il suo nome ad una piccola città nelle circostanze di Delfo, ove Apollo e Diana avevano due magnifici t
condo la tradizione mitologica, le ninfe che assistettero Rea, moglie di Saturno, quand’ ella partorì Giove, avessero fatt
si dava a Diana, quando veniva riguardata come protettrice dei porti di mare. In simili congiunture la dea veniva rappres
are. In simili congiunture la dea veniva rappresentata con una specie di gambero marino sulla testa. 2532. Limentino. — Da
mentino. — Dal latino limen, si dava la denominazione anche femminile di Limentina a quella divinità che presiedeva alla c
e, secondo asserisce lo storico Plinio, si dava la strana prerogativa di rendere gli oracoli per mezzo dei pesci che vivev
gli oracoli per mezzo dei pesci che vivevano nelle sue acque. Al dire di Plinio, coloro che volevano interrogare l’ oracol
rario essi si allontanavano dal cibo, credevasi l’ oracolo infausto e di cattivo successo. 2534. Limnadi. — Dalla parola g
sovente chiamate anche Linniadi. 2535. Limnatide. — Altro soprannome di Diana, come dea protettrice dei pescatori, i qual
nsacrato a Bacco, ed a cui i pagani accordavano la strana prerogativa di vedere anche traverso la terra. 2541. Linceo. — F
prerogativa di vedere anche traverso la terra. 2541. Linceo. — Figlio di Afaneo, re di Messenia : fu uno degli Argonauti.
vedere anche traverso la terra. 2541. Linceo. — Figlio di Afaneo, re di Messenia : fu uno degli Argonauti. Secondo il poe
osì acuta, che ad una grandissima distanza, scoprì Castore nel tronco di un albero. E lui coll’ occhio vigile, Ch’ ogni s
Taigeto ad esplorar s’ appresta. Pindaro — Odi Nemee — Ode X. trad. di G. Borghi. Secondo l’ opinione di altri autori,
indaro — Odi Nemee — Ode X. trad. di G. Borghi. Secondo l’ opinione di altri autori, che vinse di gran lunga quella di P
trad. di G. Borghi. Secondo l’ opinione di altri autori, che vinse di gran lunga quella di Pindaro, Linceo vedeva fin n
Secondo l’ opinione di altri autori, che vinse di gran lunga quella di Pindaro, Linceo vedeva fin nelle viscere della te
eo le loro fidanzate. V. Ilaria e Febea. Linceo fu similmente il nome di quel figliuolo di Egitto, marito d’ Ipernestra, l
te. V. Ilaria e Febea. Linceo fu similmente il nome di quel figliuolo di Egitto, marito d’ Ipernestra, la quale, ben diver
Danaidi ed Ipernestra. Alla morte del suocero, Linceo salì sul trono di Argo, e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua
del suocero, Linceo salì sul trono di Argo, e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua statua fu posta nel tempio di Delfo
e mori dopo quarant’ anni di regno. La sua statua fu posta nel tempio di Delfo, in mezzo a quelle degli altri eroi della G
o, in mezzo a quelle degli altri eroi della Grecia. 2542. Linco. — Re di Scitia, di cui la tradizione ricorda un odioso fa
a quelle degli altri eroi della Grecia. 2542. Linco. — Re di Scitia, di cui la tradizione ricorda un odioso fatto. Geloso
ella vendetta. Infatti, giunto Trittolemo alla sua corte, Linco finse di accoglierlo con ogni cortesia, ma venuta la notte
nuta la notte, profittando del sonno in cui quegli era immerso, tentò di ucciderlo a colpi di pugnale ; ed avrebbe compiut
tando del sonno in cui quegli era immerso, tentò di ucciderlo a colpi di pugnale ; ed avrebbe compiuto l’ infame attentato
e la dea non lo avesse cangiato in quell’ animale, noto sotto il nome di lince. N’ ebbe il barbaro invidia ; e sè medesmo
del Cav. Ermolao Federico 2543. Linie. — Feste celebrate in onore di Lino. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e di Urani
2543. Linie. — Feste celebrate in onore di Lino. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e di Urania. Al dire di Pausania, egli f
 Feste celebrate in onore di Lino. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e di Urania. Al dire di Pausania, egli fu nipote di Ne
onore di Lino. 2544. Lino. — Figlio di Anfiarao e di Urania. Al dire di Pausania, egli fu nipote di Nettuno, e fu ucciso
— Figlio di Anfiarao e di Urania. Al dire di Pausania, egli fu nipote di Nettuno, e fu ucciso da Apollo, perchè essendo Li
perchè essendo Lino il più bravo musico dei suoi tempi, osò vantarsi di suonar meglio di quel dio, onde Apollo, sdegnato,
ino il più bravo musico dei suoi tempi, osò vantarsi di suonar meglio di quel dio, onde Apollo, sdegnato, lo tolse di vita
antarsi di suonar meglio di quel dio, onde Apollo, sdegnato, lo tolse di vita. Le tradizioni mitologiche ripetono, che per
etono, che perfino le nazioni più barbare avessero deplorato la morte di Lino, e che gli abitanti di Elicona celebravano o
i più barbare avessero deplorato la morte di Lino, e che gli abitanti di Elicona celebravano ogni anno il suo anniversario
con un sacrifizio alle muse. Lino similmente ebbe nome quel figliuolo di Apollo e della musa Tersicore, che la tradizione
ollo e della musa Tersicore, che la tradizione ci mostra come maestro di Orfeo e poi di Ercole, al quale oltre alle conosc
sa Tersicore, che la tradizione ci mostra come maestro di Orfeo e poi di Ercole, al quale oltre alle conoscenze scientific
conoscenze scientifiche, egli insegnò uno strumento musicale, specie di violino che si suonava coll’arco. Narra la cronac
suonava coll’arco. Narra la cronaca, che questo fu causa della morte di Lino, imperocchè avendo un giorno sgridato Ercole
i Lino, imperocchè avendo un giorno sgridato Ercole, perchè sbagliava di tuono, questi sdegnato lo percosse così violentem
ella quale dopo poco tempo Lino morì. Il cronista Diogene Laerzio, fa di questo Lino un uomo eminentemente dotto, e lo mos
a di questo Lino un uomo eminentemente dotto, e lo mostra come autore di tre trattati ritenuti come preziosi, uno sull’ori
dei deserti, ove quell’animale abitualmente dimora, e alla sua indole di fuoco. La tradizione mitologica dice, che il carr
alla sua indole di fuoco. La tradizione mitologica dice, che il carro di Cibele era tirato da due lioni ; e vi sono infatt
daglie antiche, che rappresentano la dea sopra un carro tirato da due di quegli animali. Anche nei sacrifizii della dea Ci
e, prendevano posto i lioni, avendo i sacerdoti Galli trovato il modo di addomesticare quelle belve, fino al segno di pote
ti Galli trovato il modo di addomesticare quelle belve, fino al segno di poterle, secondo scrive Varrone, accarezzare e to
o al famoso lione Nemeo, la cui uccisione fu una delle dodici imprese di Ercole. — V. Ercole. — è quello stesso di cui i p
fu una delle dodici imprese di Ercole. — V. Ercole. — è quello stesso di cui i poeti della antichità formarono il segno de
ntichità formarono il segno dello zodiaco. 2544. Lira. — L’invenzione di questo antichissimo istrumento di musica, che era
zodiaco. 2544. Lira. — L’invenzione di questo antichissimo istrumento di musica, che era uno degli attributi del dio Apoll
, amante del fiume Cefiso, il quale, secondo la favola, la rese madre di Narciso. La tradizione dice che Liriade dette il
llissimo suo figlio morì annegato. V. Narciso. 2546. Lissa. — Al dire di Euripide, così avea nome una delle tre Furie, e p
e quella che ispirava il furore. Fu a questa Furia che Giunone ordinò di farsi accompagnare da Iride presso Ercole, onde i
era, i poeti dell’antichità, danno questo nome alle Preghiere, figlie di Giove. 2548. Litobolia. — Dalle due parole greche
Lapidazione. 2549. Litomanzia. — Divinazione che si faceva per mezzo di molti anelli di metallo, i quali spinti uno contr
49. Litomanzia. — Divinazione che si faceva per mezzo di molti anelli di metallo, i quali spinti uno contro dell’altro, re
 — Qualificazione data, in alcuni monumenti, al dio Silvano, coronato di edera e con le corna sul capo. Forse in tal modo
dio sul lido del mare. 2551. Lituo. — Così si chiamava quella specie di bastone augurale, ricurvo ad una delle estremità,
l’avvenire. Presso i pagani, Lituo si chiamava similmente una specie di tromba guerriera ricurva, avente qualche somiglia
— Lo stesso che Ceditio, conosciuto comunemente in Roma sotto il nome di Ajo Locutio. Aveva un tempio famoso in quella cit
a, la quale fu cangiata in quel fiore conosciuto sotto l’appellazione di Loto, per le preghiere ch’ella rivolse agli dei,
tutti i misteri della religione egiziana, si trovava sempre il fiore di Loto, a motivo della grande relazione che gli egi
origine alla superstiziosa venerazione degli egiziani. I pagani tanto di Roma, quanto di Grecia, avevano anch’essi consacr
erstiziosa venerazione degli egiziani. I pagani tanto di Roma, quanto di Grecia, avevano anch’essi consacrato il fior di L
tanto di Roma, quanto di Grecia, avevano anch’essi consacrato il fior di Loto a Venere e ad Apollo ; e si sono anche recen
enere e ad Apollo ; e si sono anche recentemente trovate delle statue di quelle divinità, con quel fiore nelle mani. Un al
statue di quelle divinità, con quel fiore nelle mani. Un altro fiore di Loto, e propriamente quello che i botanici chiama
side anche in Egitto ; e forse la grande somiglianza che il nocciuolo di quella pianta ha con la forma del cuore umano, e
l cuore umano, e le sue foglie con quella della lingua, è la sorgente di tutta l’arcana configurazione dei misteri della r
a configurazione dei misteri della religione egiziana, in cui il fior di Loto è sempremai introdotto. Il succo del fior di
ana, in cui il fior di Loto è sempremai introdotto. Il succo del fior di Loto, è quel liquore che parve talmente squisito
fior di Loto, è quel liquore che parve talmente squisito ai compagni di Ulisse, che non vollero più, secondo riferisce la
a. 2556. Lotofagi. — Antichi popoli dell’Africa abitatori della costa di Barbaria, nel gran golfo di Sirte. Narra Omero, c
popoli dell’Africa abitatori della costa di Barbaria, nel gran golfo di Sirte. Narra Omero, che Ulisse gettato da una fur
furiosa tempesta sulla spiaggia dei Lotofagi, mandò dopo dieci giorni di burrasca ad investigare il luogo ; e che quegli a
ge dal far male ai suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore di fior di Loto, di cui si nutrivano. Al fine Nel d
ar male ai suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore di fior di Loto, di cui si nutrivano. Al fine Nel decimo sb
i suoi messaggeri, fecero loro assaggiare il liquore di fior di Loto, di cui si nutrivano. Al fine Nel decimo sbarcammo i
d’una planta il florido germoglio. Omero — Odissea — Libro IX. trad. di I. Pindemonte Aggiunge il citato poeta, che i d
trad. di I. Pindemonte Aggiunge il citato poeta, che i due compagni di Ulisse, e l’araldo che egli aveva mandati a terra
va mandati a terra, e tutti gli altri suoi seguaci, che poi gustarono di quel frutto, non vollero più ritornare nella prop
rutto, non vollero più ritornare nella propria patria, nè dar notizia di sè ; altro non desiderando che di vivere di Loto,
ella propria patria, nè dar notizia di sè ; altro non desiderando che di vivere di Loto, in un completo oblìo di tutto. I
ia patria, nè dar notizia di sè ; altro non desiderando che di vivere di Loto, in un completo oblìo di tutto. Io due scel
è ; altro non desiderando che di vivere di Loto, in un completo oblìo di tutto. Io due scelgo de’nostri, a cui per terzo
contrada natia sbandir dal petto. Omero — Odissea — Libro IX. Trad. di I. Pindemonte. La parola Lotofagi deriva dai due
e φαγομαι mangio. 2557. Lotta. — I pagani onoravano Mercurio come dio di questo combattimento, che veniva eseguito general
premio al vincitore della lotta. 2558. Lua. — Divinità, che, al dire di Tito Livio, i romani invocavano in tempo di guerr
 — Divinità, che, al dire di Tito Livio, i romani invocavano in tempo di guerra. Il cennato autore scrive che il console P
ra riguardata generalmente come la dea della espiazione, e sopratutto di quelle che un esercito vittorioso celebrava dopo
o celebrava dopo la battaglia, per espiare il sangue versato. Il nome di Lua viene dal latino luere che significa espiare.
ua viene dal latino luere che significa espiare. Trovossi gran copia di armi, si tra i corpi morti, si ancora in campo, l
a quale i fuggenti trovarono un sicuro asilo nel bosco Lucus. Al dire di Plutarco, nel giorno in cui si celebravano le Luc
celebravano le Lucarie, i commedianti, chiamati ad accrescere il brio di quelle feste, erano pagati col danaro che si rica
o che si ricavava dalla vendita del legname, tagliato in una porzione di quel bosco. Altri autori traggono l’origine delle
tri autori traggono l’origine delle feste Lucarie, da alcuni donativi di moneta che si facevano ai boschi sacri, e che si
cri, e che si chiamavano Luci. Le Lucarie venivano celebrate nel mese di luglio. 2560. Lucerio. — Soprannome dato a Giove
e dato a Giove come creatore della luce. 2561. Lucifera. — Soprannome di Diana, sotto il quale la invocavano i Greci, seco
dei romani che invocavano Giunone Lucina. Diana, sotto l’appellazione di Lucifera, è anche considerata come la Luna, ed al
apo, con una torcia accesa nella destra e coperta d’un manto seminato di stelle. 2562. Lucifero. — I poeti della mitologia
delle partorienti e dei neonati. V. Lucifera. Altri autori han fatto di Lucina una dea particolare, figlia di Giove e di
ucifera. Altri autori han fatto di Lucina una dea particolare, figlia di Giove e di Giunone, e madre di Cupido. Secondo Ov
tri autori han fatto di Lucina una dea particolare, figlia di Giove e di Giunone, e madre di Cupido. Secondo Ovidio, la pa
di Lucina una dea particolare, figlia di Giove e di Giunone, e madre di Cupido. Secondo Ovidio, la parola Lucina deriva d
nascer facil via per te si neghi. Ovidio — I Fasti — Libro II trad. di G. B. Bianchi. I romani rappresentavano la dea L
romani rappresentavano la dea Lucina sotto le sembianze d’una matrona di aspetto dolce e maestoso, con una tazza nella des
stro un bambino ravvolto nelle fascie, e nella mano destra una specie di giglio. Lucina era anche detta Ilitia ed Olimpica
tradizione ripete, che le ceneri delle vittime bruciate sugli altari di Luciniana, restavano immobili per qualunque si fo
. Luglio. — I pagani ritenevano questo mese posto sotto la protezione di Giove, e perciò lo avevano consacrato a quel dio.
i Giove, e perciò lo avevano consacrato a quel dio. Il corso del mese di Luglio era presso gli antichi una festa quasi con
ervali, e a quelli del Circo, che si celebravano in Luglio, ai cinque di questo mese ricadeva la solennità richiamata Popl
nte a queste, si compiva l’altra solennità della Vitulatio. Ai dodici di Luglio si festeggiava la nascita di Giulio Cesare
ennità della Vitulatio. Ai dodici di Luglio si festeggiava la nascita di Giulio Cesare ; durante il periodo delle Idi di L
esteggiava la nascita di Giulio Cesare ; durante il periodo delle Idi di Luglio, ricadeva la festa annuale di Castore e Po
e ; durante il periodo delle Idi di Luglio, ricadeva la festa annuale di Castore e Polluce ; ai 23 quella della dea Lucina
5 si celebravano le Ambarvali — V. Ambarvali — e finalmente alla fine di Luglio si solennizzava un’altra piccola festa nel
a piccola festa nella quale s’immolavano alla Canicola un dato numero di cani rossi. 2566. Luna. — Il Sole e la Luna sono
quasi tutti i popoli dell’antichità, i quali, meravigliati alla vista di questi due splendori della creazione, e riconosce
nti agli effetti ed ai vantaggi che essi ne ritraevano, si persuasero di leggieri che quegli astri doppiamente visibili ta
perfino colla pioggia della sua pallida luce, fosse talvolta cagione di gravi mali, così credettero che fosse animata ; e
rarono la Luna con un culto speciale ; forse perchè la qualificazione di antica si addice perfettamente a quell’astro, ant
ioso ch’essi tributarono alla Luna ; ma le testimonianze irrecusabili di chiari e profondi scrittori, così antichi che mod
he moderni, c’insegnano che i fenici, adorarono la Luna sotto il nome di dea Astarte ; gli arabi, sotto quello di Alizat ;
rarono la Luna sotto il nome di dea Astarte ; gli arabi, sotto quello di Alizat ; i persi, con quello di Militra ; e final
dea Astarte ; gli arabi, sotto quello di Alizat ; i persi, con quello di Militra ; e finalmente i greci ed i romani, colla
lo di Militra ; e finalmente i greci ed i romani, colla denominazione di Artemide e più comunemente di Diana, facendo di q
greci ed i romani, colla denominazione di Artemide e più comunemente di Diana, facendo di questa dea, la sorella gemella
, colla denominazione di Artemide e più comunemente di Diana, facendo di questa dea, la sorella gemella di Febo, ossia il
e più comunemente di Diana, facendo di questa dea, la sorella gemella di Febo, ossia il Sole. Esiodo, nelle sue opere sull
tà pagana, ripete che Fea, la divinità suprema, fu madre della Luna e di tutti gli altri minori pianeti, che si aggirarono
fosse sparso e conosciuto anche nelle Gallie, ove nella piccola isola di Sain, posta sulla costa meridionale della bassa B
ssimo su tutte le menti, si vantavano d’aver commercio con la Luna, e di potere coi loro incantesimi farla discendere dal
la Luna sopra la terra ; e Petronio medesimo asserisce, che le donne di Crotona attiravano la Luna coi loro sortilegi. 25
cato il lunedì sotto le sembianze della dea Diana con la testa adorna di un novilunio. 2568. Luno. — I pagani, nella loro
le, secondo riferisce il cronista Sparziano, gli abitanti della città di Carres, nella Mesopotamia, avevano innalzato uno
mpio, dedicato al dio Luno. Il citato cronista dice, che gli abitanti di Carres avevano personificato maschilmente la Luna
la loro maschia autorità sulle loro mogli, e non correvano il rischio di essere ingannati da esse. Da ciò nasce, sempre al
il rischio di essere ingannati da esse. Da ciò nasce, sempre al dire di Sparziano, che gli egizi ed i greci, se pure comu
ean sempre menzione come il dio Luno. Secondo Strabone, l’appellativo di dio Luno deriva dal vocabolo greco σεληνη che in
hile o feminile ; quindi è che molti popoli dell’antichità, han fatto di quell’astro un dio, altri una dea, e molti altri
azione ermafrodita. Il dio Luno veniva raffigurato sotto le sembianze di un giovane, rivestito delle insegne militari, con
romani, alla quale si attiene Virgilio stesso, una lupa fu la nutrice di Romolo e Remo, i quali bambini suggevano il latte
orpicciuoli lor forma e lambisce. Ovidio — I Fasti — Libro II. trad. di G. B. Bianchi. 2570. Lupercale. — Secon do asser
nutriti dalla lupa Romolo e Remo. Lo storico Servio dice, che il nome di Lupercale le veniva per essere quella grotta scav
remo della sua patria, un dato luogo, a cui impose similmente il nome di Lupercale, ritenendo che la protezione di quel di
i impose similmente il nome di Lupercale, ritenendo che la protezione di quel dio, avesse salvato il suo bestiame da’lupi.
secondo asserisce Ovidio, cominciavano nel terzo giorno dopo gli Idi di febbraio. Per altro questa opinione del famoso po
upercali furono istituite dal pastore Faustolo. a principio del regno di Romolo. In memoria di quella festa e dopo il conv
ite dal pastore Faustolo. a principio del regno di Romolo. In memoria di quella festa e dopo il convito che si dava in tal
no parte, correvano del tutto ignudi, tenendo in una mano il coltello di cui s’eran serviti per immolare le vittime, e tin
a fronte col sangue degli animali svenati ; poi asciugavano il sangue di cui erano bagnati colla lana delle capre immolate
ma ponevano ad ammollire nel latte. Comunemente andavano anche armati di uno staffile col quale battevano tutti quelli che
ro derubati delle loro mandre da alcuni ladri, i quali approfittarono di quella congiuntura per fare il colpo. Però i due
i ladri, tolsero loro la preda. Da quel tempo s’introdusse il costume di correre nudi nella celebrezione delle Lupercali.
crudo vento a lor pena non dava. Ovidio — I Fasti — Libro II. trad. di Giambattista Bianchi. Aggiungeremo ancora per qu
te storico-mitologica della nostra opera, che sul principio del regno di Augusto le Lupercali cominciavano a cadere in dis
erzo collegio, detto dal suo nome dei Giuliani. Però, siccome al dire di Svetonio e di Cicerone, i Luperci non erano punto
detto dal suo nome dei Giuliani. Però, siccome al dire di Svetonio e di Cicerone, i Luperci non erano punto stimati, nè s
Cicerone, i Luperci non erano punto stimati, nè si faceva verun conto di essi, così questa amplificazione portata da Giuli
to contro quell’imperatore. 2573. Lustrale. — Nome proprio dell’acqua di cui si servivano i pagani in tutte le cerimonie d
pagani in tutte le cerimonie dei sacrifizî, e segnatamente in quelle di cui è parola nell’articolo seguente. 2574. Lustra
4. Lustrazioni. — Cerimonie espiatorie colle quali i romani credevano di purificare una città o una persona, contaminata d
o neonato, si facevano le lustrazioni nel nono giorno dopo la nascita di un maschio, e nell’ ottavo per le femmine : talvo
quale si credeva presiedesse la dea Nondina, protettrice particolare di tutte le lustrazioni. — V. Acqua lustrale. 2575.
ustrale. 2575. Lustro. — I romani avevano per antichissima costumanza di offrire un sacrifizio agli dei ogni cinque anni,
umemerazione della popolazione. Da ciò forse ne venne il nome proprio di lustro ad un periodo di cinque anni. Indice d
azione. Da ciò forse ne venne il nome proprio di lustro ad un periodo di cinque anni. Indice del Primo volume Intr
ivi 401 Andromeda » ivi 402 Androso o Andruso » ivi 403 Anello di Minos » ivi 404 Anetide » ivi 405 Anfanto » i
» ivi 980 Caronte o Carone » ivi 981 Caropx pag. ivi 982 Carro di Giunone » ivi 983 Cartagine » ivi 984 Cartagi
1005 Cauno » ivi 1006 Cauro » ivi 1007 Cauto » ivi 1008 Cavalli di Achille » ivi 1009 Cavalli del Sole » ivi 101
Cavalli di Achille » ivi 1009 Cavalli del Sole » ivi 1010 Cavalli di Enea » ivi 1011 Cavalli di Laomedone » ivi 10
09 Cavalli del Sole » ivi 1010 Cavalli di Enea » ivi 1011 Cavalli di Laomedone » ivi 1012 Cavalli di Marte » ivi 1
avalli di Enea » ivi 1011 Cavalli di Laomedone » ivi 1012 Cavalli di Marte » ivi 1013 Cavalli di Reso » ivi 1014 C
valli di Laomedone » ivi 1012 Cavalli di Marte » ivi 1013 Cavalli di Reso » ivi 1014 Cavallo » ivi 1015 Cavallo di
ivi 1013 Cavalli di Reso » ivi 1014 Cavallo » ivi 1015 Cavallo di Troia » ivi 1016 Caystrio » 76 1017 Cea » ivi
rada » ivi 1120 Cincia » ivi 1121 Cindiade » ivi 1122 Cinghiale di Erimanto » ivi 1123 Cinghiale di Calidone » ivi
21 Cindiade » ivi 1122 Cinghiale di Erimanto » ivi 1123 Cinghiale di Calidone » ivi 1124 Cinira » ivi 1125 Ciniro
» ivi 1131 Cinsia e Cinsio » 83 1132 Cinsio » ivi 1133 Cintura di Venere » ivi 1134 Ciparisso » ivi 1135 Cipfel
ivi 1221 Colonne d’Ercole » 88 1222 Colossi » ivi 1223 Colosso di Rodi » ivi 1224 Comani » ivi 1225 Comeo » ivi
Coritalia » ivi 1263 Coritie » ivi 1264 Corito » ivi 1265 Corna di Bacco » ivi 1266 Corno dell’abbondanza pag. ivi
te » ivi 1413 Demogorgone » ivi 1414 Demonio » 104 1415 Demonio di Socrate » ivi 1416 Dendroforia » ivi 1417 Den
espitero » 107 1446 Difie » ivi 1447 Difolie » ivi 1448 Diluvio di Ogige e di Deucalione » ivi 1449 Dimantisa » iv
107 1446 Difie » ivi 1447 Difolie » ivi 1448 Diluvio di Ogige e di Deucalione » ivi 1449 Dimantisa » ivi 1450 Di
1503 Doto » ivi 1504 Draconigena Città » ivi 1505 Draghi » ivi » di Anchise » ivi » d’Aulide » ivi » di Cadmo » ivi
tà » ivi 1505 Draghi » ivi » di Anchise » ivi » d’Aulide » ivi » di Cadmo » ivi » di Delfo » ivi » dell’Inferno » i
aghi » ivi » di Anchise » ivi » d’Aulide » ivi » di Cadmo » ivi » di Delfo » ivi » dell’Inferno » ivi » di Cerere »
de » ivi » di Cadmo » ivi » di Delfo » ivi » dell’Inferno » ivi » di Cerere » ivi » di Medea » ivi 1506 Dranceo » i
o » ivi » di Delfo » ivi » dell’Inferno » ivi » di Cerere » ivi » di Medea » ivi 1506 Dranceo » ivi 1507 Dria » iv
649 Ello » ivi 1650 Ellotia » ivi 1651 Ellotide » ivi 1652 Elmo di Plutone » ivi 1653 Elonoforie » ivi 1654 Elpa
scino » 179 1947 Faside » ivi 1948 Fatalità » ivi 1949 Fatalità di Troja » ivi 1950 Fatidica » 180 1951 Fatua »
1 Fortuna » ivi 2052 Forza » 199 2053 Fraude » ivi 2054 Freccie di Apollo » ivi 2055 Freccie di Ercole » ivi 205
199 2053 Fraude » ivi 2054 Freccie di Apollo » ivi 2055 Freccie di Ercole » ivi 2056 Frisso » ivi 2057 Fruttesse
2059 Fulmine » ivi 2060 Fumo » 201 2061 Fuoco » ivi 2062 Fuochi di Castore e Polluce » ivi 2063 Furie » ivi 2064
2165 Giuba » ivi 2166 Giudici dell’ Inferno » ivi 2167 Giudizio di Paride » ivi 2168 Giuga » ivi 2169 Giugantino
41 Idmone » ivi 2242 Idomeneo » 244 2243 Idotea » ivi 2244 Idra di Lerna » ivi 2245 Idria » 245 2246 Idroforie »
6 Isione » 267 2347 Isterie » ivi 2348 Istmici » ivi 2349 Istmo di Corinto » 268 2350 Itaca » ivi 2351 Iti » ivi
vi 2575 Lustro » 308 Correzioni N° 454. Antemoisia, moglie di Tantalo pagina 36 N° 921. Camilli (leggi a capo
zia, quantunque antiche biografie asseriscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale,
riscono nascesse nel territorio di Tebe, e propriamente nel villaggio di Cinocefale, durante la celebrazione dei giuochi P
fosse nato nella LXIV Olimpiade (522 anni avanti Cristo). Ma nessuna di queste date è certa, quantunque l’ultima sia la p
sto, la sua morte sarebbe avvenuta nel 442 avanti Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di T
i Cristo. La famiglia di Pindaro era una delle più nobili della città di Tebe. 2. Pelasci. — Popoli primitivi di origin
lle più nobili della città di Tebe. 2. Pelasci. — Popoli primitivi di origine incerta, erranti, secondo l’opinione degl
conquistatori ed al tempo : il commercio delle idee : la congiuntura di non essere distratta dalle cure minute e material
zioni religiose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sult
ose e politiche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sulta civiltà de
iche ; i giuochi pubblici ed altro gran numero di ragioni, di cause e di effetti, esercitarono sulta civiltà degli Elleni
macedone. Quarta età. dalla preponderanza macedone, alla distruzione di Corinto. I tratti principali e caratteristici del
arti. 4. Omero. — Sette città della Grecia si disputarono l’onore di aver dato i natali ad Omero, e se volessimo numer
volessimo numerare tutte quelle che troviamo mentovate in varii passi di antichi scrittori, noteremmo ben dieciotto o diec
10. navano scalzi. Iside viene comunemente rappresentata in figura di una donna con le corna di vacca. 11. .Brahma. — 
e viene comunemente rappresentata in figura di una donna con le corna di vacca. 11. .Brahma. — Voce sanscrita, che è il n
el sistema religioso degli Indù. presso i quali è un oggetto non solo di adorazione. ma anche di devota contemplazione. Se
li Indù. presso i quali è un oggetto non solo di adorazione. ma anche di devota contemplazione. Secondo le antiche scrittu
tto sarà riassorbito. 12. Priapo. — Il custode dei giardini, figlio di Venere e di Bacco. Era l’emblema delle orgie nott
ssorbito. 12. Priapo. — Il custode dei giardini, figlio di Venere e di Bacco. Era l’emblema delle orgie notturne e d’ogn
Venere e di Bacco. Era l’emblema delle orgie notturne e d’ogni specie di dissolutezza. I primitivi poeti greci non fanno c
’ogni specie di dissolutezza. I primitivi poeti greci non fanno cenno di codesto nume, e solamente Strabone afferma che ne
to con culto divino. Priapo veniva rappresentato comunemente in forma di erme, con le parti genitali straordinariamente sv
ca, nelle storie delle dottrine religiose e filosofiche, un complesso di principii e di opinioni, professate da alcuni fil
e delle dottrine religiose e filosofiche, un complesso di principii e di opinioni, professate da alcuni filosofi mal conve
onvertiti, i quali pretesero accomodare i dogmi cristiani, al sistema di filosofia che prima seguivano. Furono dunque eret
etici del primo e secoudo secolo dell’era volgare, e siccome ciascuno di essi aveva principii ed idee proprie e particolar
principii ed idee proprie e particolari, cosi ne venne la fondazione di altrettante scuole differenti, che portarono il n
enerale però tutti codesti riformatori, furono controsegnati col nome di Gnoslici ossia Illuminati. 14. Simoniani. — Co
14. Simoniani. — Con questo nome si additavano i seguaci dell’eresia di Simone il mago. 15. Menandro. — Sono questi i n
e più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantunque è opinione di chiari e accreditati scrittori, che i germi dello
e più rinomati fondatori delle sette Gnostiche, quantunque è opinione di chiari e accreditati scrittori, che i germi dello
ui si può asserire quanto esponemmo nella nota precedente, a riguardo di Menandro e di Dositeo. 18. Nicolaiti. — Altri e
rire quanto esponemmo nella nota precedente, a riguardo di Menandro e di Dositeo. 18. Nicolaiti. — Altri eretici che pro
ivendo in completo divorzio con le donne e ammettendo, come principio di fede, l’amore contro natura. 19. Ebioniti. — Co
atura. 19. Ebioniti. — Cosi chiamati da Ebione, che fu il fondatore di una delle tante scuole o diramazioni dello Gnosti
o Gnosticismo, 20. Carpocraziani. — Seguaci delle dottrine eretiche di Carpocrate, il quate fondò, nell’isola di Cefalon
aci delle dottrine eretiche di Carpocrate, il quate fondò, nell’isola di Cefalonia, una setta che uni il culto di Gesù Cri
, il quate fondò, nell’isola di Cefalonia, una setta che uni il culto di Gesù Cristo, a quello dei personaggi più famosi d
 Eretici che professavano le più stravaganti dottrine, fra cui quella di Caino, e di tutte le persone descritte nei libri
professavano le più stravaganti dottrine, fra cui quella di Caino, e di tutte le persone descritte nei libri ebraici come
. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono queste altre tre denominazioni di eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgome
. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono queste altre tre denominazioni di eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgome
. Adamiti, Peratensi, Abeliti. — Sono queste altre tre denominazioni di eretici, le cui nefande ed infami dottrine, sgome
one dell’ Assunzione, e propriamente quella che si esegue nella città di Messina, ha luogo il 15 Agosto. Per questa ragion
Per questa ragione l’Assunta viene comunemente denominata la Madonna di mezz’ Agosto. 26. Ercole. — La cui mano possen
6. Ercole. — La cui mano possente soffoca i draghi. Ad illustrazione di questo passo, riportiamo il brano della vita di Z
ghi. Ad illustrazione di questo passo, riportiamo il brano della vita di Zeusi, famoso pittore greco del V secolo, avanti
si alterava punto nè poco in veder quivi la madre spaventata e fuori di sè ». E più appresso, concludendo, lo stesso auto
stesso autore narra : « Scorgevasi appunto Tiresia (insigne indovino di Tebe) che vaticinando presagiva il fato del gran
ito Divino, e agitato dal furor profetico. Tutto ciò si rappresentava di notte : illuminando la stanza una torcia perchè n
o la stanza una torcia perchè non mancassero testimoni alla battaglia di quel bambino ». Carlo Dati, Vita di Zeusi 27.
ncassero testimoni alla battaglia di quel bambino ». Carlo Dati, Vita di Zeusi 27. L’Altare di Bethel. — Nel XXXV. Cap
ttaglia di quel bambino ». Carlo Dati, Vita di Zeusi 27. L’Altare di Bethel. — Nel XXXV. Cap. della Genesi così è scri
così è scritto riguardo all’altare innalzato da Giacobbe, per comando di Dio, in Bethel : 2. E Giacobbe, raunata tutta l
a Bethel per fare ivi un altare a bio, il quale mi esaudi nel giorno di mia tribolazione e mi accompagnò nel mio viaggio.
tineris mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome di Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quan
mei. 7. E ivi edificò l’altare, e a quel luogo pose il nome di Casa di Dio : perocchè ivi apparve Dio a lui quando fuggi
presiedeva ai confini dei campi, e vendicava le usurpazioni. Dicemmo di lui : Venerato fino nelle mura del Campiglio , p
perchè il suo simulacro era ivi religiosamente conservato come quello di uno dei più antichi numi del paganesimo romano.
o da Abramo e da suo figlio Ismaele. Questo tempio gode il privilegio di asilo per ogni sorta di colpevoli ; ed è famoso p
lio Ismaele. Questo tempio gode il privilegio di asilo per ogni sorta di colpevoli ; ed è famoso pei pellegrinaggi fattivi
na sola occhiata alle sue sacre mura, come atto meritorio al cospetto di Dio. 30. Cenno sull’arte Greca. — L’azione del
nuo sviluppo dell’arte. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e citt
. Fra i piccoli stati della Grecia surse, assai di buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di
i buon’ora, una gara di emulazione fra cittá e cittâ, ognuna tentando di vincere la sua vicina nella ricchezza delle arti.
incere la sua vicina nella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano gl
ella ricchezza delle arti. Da ciò la formazione di altrettanti centri di protezione, quanti erano gli stati indipendenti,
e intelligenze umane. 31. Omero, nell’iliade, libro V, traduzione di Vincenzo Monli. Poichè raggiunta per la folta ei
Nella geografla moderna. Il luogo ove gli antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato col nome di Stretto di Gibilte
go ove gli antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato col nome di Stretto di Gibilterra. Questo promontorio consist
antichi ponevano le Colonne di Ercole è disegnato col nome di Stretto di Gibilterra. Questo promontorio consiste in un eno
Stretto di Gibilterra. Questo promontorio consiste in un enorme masso di rocce di 400 a 470 metri di altezza, che presenta
i Gibilterra. Questo promontorio consiste in un enorme masso di rocce di 400 a 470 metri di altezza, che presenta una fron
o promontorio consiste in un enorme masso di rocce di 400 a 470 metri di altezza, che presenta una fronte dirupata e quasi
lare da ogni lato, e soprattutto all’est ed al sud. Marmocchi — Diz. di geografia universale, vol. 2. parte 1. 33. Pot
esti ; ma non consentendoci lo spazio una lunga ed esatta esposizione di essi, riporteremo il passo del libro l deire al C
l deire al Cap. XXVIII della Bibbia. quando la Pitonessa per comando di Saul evoca l’ombra di Samuele : « 16. E Samuele
I della Bibbia. quando la Pitonessa per comando di Saul evoca l’ombra di Samuele : « 16. E Samuele rispose : per qual mot
mente cadde Saul per terra disteso ; perocchè si sbigotti alle parole di Samuele, ed era senza forze, non avendo preso cib
giorno ». 34. Sacrobosco, astronomo inglese. Nacque nella Contea di Yorck, verso il principio del secolo XIII. Si res
ese celebre nella storia della scienza come autore del primo trattato di astronomia che l’Europa abbia posseduto, indipend
, indipendentemente dagli antichi. Fece i suoi studi nell’ Università di Oxford, e compiutili, si recò a Parigi ove mori n
il suo vero nome fu Francesco Stabili, conosciuto però sotto il nome di Cecco d’ Ascoll per esser nato in questa città de
cittadini un saggio delle sue cognizioni matematiche, proponendo loro di far giungere il mare Adriatico fin sotto le mura
e il mare Adriatico fin sotto le mura d’ Ascoli. Citato, per un libro di astrologia, a comparire innanzi al tribunale inqu
un libro di astrologia, a comparire innanzi al tribunale inquisitore di Firenze il 15 settembre 1327, egli confessò d’ess
tore di Firenze il 15 settembre 1327, egli confessò d’essere l’autore di quello scritto, e il 26 dello stesso mese, fu bru
el Paradiso perduto, nacque a Londra nel 1608. Discendeva dai signori di Milton vieino Thame nella provincia d’ Oxford. Mo
nno della sua vita. I suoi avanzi riposano a Clipplegate nel cimitero di San Giles. 37. Lusignano. — Famiglia francese c
piccola città del Poitou, poco lungi dalla quale, sorgeva il castello di Lusignan. I cronisti attribuiseono la fondazione
rgeva il castello di Lusignan. I cronisti attribuiseono la fondazione di questo alla fata Meleusina o Meleusigne, anagramm
o la fondazione di questo alla fata Meleusina o Meleusigne, anagramma di Leusignem, (Lusiguam), e raccontarono ancora che
gramma di Leusignem, (Lusiguam), e raccontarono ancora che to spettro di Meleusina apparisse solo al castello dei Lusignan
lui si attribuisce la scoperta del magnetismo animale preso come base di un metodo curativo. Al suo sistema fu dato il nom
preso come base di un metodo curativo. Al suo sistema fu dato il nome di Mesmerismo. Mori il 5 marzo 1815 a Meerburgo in r
nome di Mesmerismo. Mori il 5 marzo 1815 a Meerburgo in riva al lago di Costanza. 39. Voltaire, Francesco. Maria Arouez
n riva al lago di Costanza. 39. Voltaire, Francesco. Maria Arouezt ( di ). Nacque a Chatenay presso Scéaux il 20 febbraio 
ux il 20 febbraio 1694 ; mori a Parigi il 20 maggio 1778. Al suo nome di famiglia Arouet, fu aggiunto quello di Voltaire c
il 20 maggio 1778. Al suo nome di famiglia Arouet, fu aggiunto quello di Voltaire col quale é conosciuto in tutta l’ Europ
ciuto in tutta l’ Europa, da una terra che faceva parte della fortuna di sua madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania ne
a fortuna di sua madre. 40. POTSDAM, ciltà della Germania nel regno di Prussia, capoluogo della provincia di Brandeburgo
ciltà della Germania nel regno di Prussia, capoluogo della provincia di Brandeburgo e della reggenza del suo nome. È post
a dell’Havel. In questa ciltà nacque Alessandro Humboldt. La reggenza di Potsdam è divisa in 36 circoli con una popolazion
dt. La reggenza di Potsdam è divisa in 36 circoli con una popolazione di 1.280.000 anima cirea. Maraucche. — Dizionario d
on una popolazione di 1.280.000 anima cirea. Maraucche. — Dizionario di geografia universale, vol. 11. parte 11. 41. AN
n lingua latina vuol dir bue. Codesto bue doveva esser nero macchiato di bianco. Ritrovato dai sacerdoti, era guidato coa
guidato coa gran pompa nel tempio. Doveva vivere un certo dato numero di anni, spirato il qual termine, i sacerdoti diceva
precipitava in un pozzo a tutti ignoto, ed allora si andava in cerea di un altro bue. Se moriva prima del tempo, tutto l’
l’Egitto era in lutto, ed il bue era sepolto pomposamente nel tempio di Serapide. Villerosa. — Dizionario mitologico-Sto
 — Dizionario mitologico-Storico, rol. 1. 43. Pasifae. — Fu moglie di Minosse, re di Creta : di lei la Favola racconta,
itologico-Storico, rol. 1. 43. Pasifae. — Fu moglie di Minosse, re di Creta : di lei la Favola racconta, che per soddis
torico, rol. 1. 43. Pasifae. — Fu moglie di Minosse, re di Creta : di lei la Favola racconta, che per soddisfare alla s
ine, fosse soggiaciuta ad un toro, facendosi rinchiudere ia una vacca di legno. 44. Giunone. — Giove volendo punirla per
gno. 44. Giunone. — Giove volendo punirla per aver cospirato contro di lui nella guerra del Titani, ordinò a vulcano di
ver cospirato contro di lui nella guerra del Titani, ordinò a vulcano di sospenderla in aria per mezzo di due calamite, di
guerra del Titani, ordinò a vulcano di sospenderla in aria per mezzo di due calamite, di appenderte sotto i pledi due inc
i, ordinò a vulcano di sospenderla in aria per mezzo di due calamite, di appenderte sotto i pledi due incudini e di legarl
per mezzo di due calamite, di appenderte sotto i pledi due incudini e di legarle le mani dietro le spalle con una catena d
mani dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei cercarono di liberarla : essi furono costretti di ricorrere a
d’oro. Invano gli Dei cercarono di liberarla : essi furono costretti di ricorrere a Vulcano. che non si decise a farlo se
dre Giove con un calcio lo precipitò dal cielo. Egli cadde sull’isola di Lenno, si ruppe una gamba e restò sempre zoppo.
6. Ciro. — Celebre eroe e fondatore della monarchia persiana. figlio di Cambise persiano e di Mandane nata da Astiage re
oe e fondatore della monarchia persiana. figlio di Cambise persiano e di Mandane nata da Astiage re del Medi onde dall’ora
da Astiage re del Medi onde dall’oracolo fu detto mulo, perchè figlio di padre e madre di diversa nazione. 47. Vico giam
Medi onde dall’oracolo fu detto mulo, perchè figlio di padre e madre di diversa nazione. 47. Vico giambattista. — Dotto
madre di diversa nazione. 47. Vico giambattista. — Dotto napolitano di prim’ordine, sapiente giureconsulto, sommo filoso
poli da onesti ma poveri genitori, essendo suo padre Antonio, libraio di pochissimo conto. — Mori il 21 gennaio 1744. 48.
datore della religione dei Parsi. — Nacque intorno all’anno 589 prima di Cristo ad Urnia, città dell’Aderbigian. Mori nell
Urnia, città dell’Aderbigian. Mori nell’anno 513 avanti Cristo in età di 76 anni. Egli fu una delle vittime che caddero ne
feri facendosi un’incisione nella coscia per salvare il bambino Bacco di cui Semele era incinta. Villarosa. — Dizionario
2 (1831) Mitologia ad uso della gioventù pp. -
credere, che convengano ai giovani e la lettura dei quali sia ad essi di qualche profitto. Peccano gli uni di prolissità l
la lettura dei quali sia ad essi di qualche profitto. Peccano gli uni di prolissità la quale ad altro non serve che a conf
dere le loro menti, e nulla posson apprendere dall’arida nomenclatura di tanti altri ; inconvenienti che ci siamo sforzati
he ci siamo sforzati d’evitare in questo libro, in cui si è procurato di non parlare che di articoli interessanti e credut
i d’evitare in questo libro, in cui si è procurato di non parlare che di articoli interessanti e creduti indispensabili a
l costume, che questo libro potesse girare tra le mani de’ giovinetti di ambo i sessi senza riserva alcuna. Coll’ entrare,
gliere il velo allegorico che copre alcune favole si è avuto in animo di dare utili insegnamenti come pure di eccitare la
lcune favole si è avuto in animo di dare utili insegnamenti come pure di eccitare la curiosità dei giovani onde si applica
si applicassero con maggior zelo a tale studio. Vari buoni trattati di Mitologia sono stati consultati e messi a profitt
o stati consultati e messi a profitto per questo libro ed agli autori di essi dovrassi attribuirne l’esito fortunato, quan
ole diligentemente incise in rame rappresentanti altrettanti soggetti di cui è fatto parola in questo Compendio sono state
uest’operetta, che speriamo vedere per vari titoli preferita ad altre di simil genere. Desideriamo poi soprattutto che que
ere. Desideriamo poi soprattutto che questa nostra fatica possa esser di qualche utilità agli studiosi. Lo scopo nostro è
possa esser di qualche utilità agli studiosi. Lo scopo nostro è stato di far ad essi conoscere le finzioni dei poeti, di s
scopo nostro è stato di far ad essi conoscere le finzioni dei poeti, di scoprir loro le ricchezze che da più di tremila a
oscere le finzioni dei poeti, di scoprir loro le ricchezze che da più di tremila anni asconde questa perenne miniera di le
e ricchezze che da più di tremila anni asconde questa perenne miniera di leggiadre invenzioni. Le follie di quegli stessi
nni asconde questa perenne miniera di leggiadre invenzioni. Le follie di quegli stessi Dei a noi rappresentati come inferi
a del genere umano, comincieranno a divertirli e serviranno loro dopo di lezione : di morale, da cui potranno trarre profi
umano, comincieranno a divertirli e serviranno loro dopo di lezione : di morale, da cui potranno trarre profitto, se sapra
pplicazioni. Se il loro tenero animo si è mosso a sdegno alla lettura di qualche tratto inumano, se hanno versato delle la
che fulminò dall’ Olimpo. Se a caso non s’avvedessero che gli autori di queste allegorie hanno avuto in mira d’istruire i
nno avuto in mira d’istruire i popoli mentre questi non credevano che di divertirsi ; se giugnessero a credere che questi
età e delle nazioni, preser la lira e cantarono cogli armoniosi suoni di lei l’esistenza della divinità, i suoi beneficii
in tal guisa passare nell’ animo dei loro contemporanei i sentimenti di cui essi stessi erano penetrati, ornavano il loro
le passioni umane, brillanti e vivissime rende le immagini, nè senza di essa potrebbe la poesia secondo il precetto orazi
i rigori del tempo ; e non dissimil sorte toccherebbe ai capi d’opera di pittura e di scultura ; gli ornamenti stessi che
tempo ; e non dissimil sorte toccherebbe ai capi d’opera di pittura e di scultura ; gli ornamenti stessi che abbelliscono
e abbelliscono le città ov’essi son nati apparirebber agli occhi loro di niun valore ; e giunti che saranno all’età di pot
irebber agli occhi loro di niun valore ; e giunti che saranno all’età di poterne conoscere il merito s’accorgeranno che la
tà di poterne conoscere il merito s’accorgeranno che la trascuratezza di questo studio ha esposto i più eccellenti artisti
li strani anacronismi, rappresentandoci delle cose estranee al secolo di cui ci volevano far conoscere i costumi e gli usi
e porrem termine alla nostra esposizione col riportare alcuni squarci di un discorso del maggior dei poeti italiani de’ no
ro una nuova scuola che condanna altamente e dispregia questa maniera di studii, siccome frivoli ed infruttuosi, e come so
si esprime il poeta nel porre in chiaro il consiglio e l’intendimento di questa scuola per poi discendere a distruggere i
rrori(1) : Audace scuola boreal, dannando Tutti a morte gli Dei, che di leggiadre Fantasie già fiorîr le carte argive E
i, che di leggiadre Fantasie già fiorîr le carte argive E le latine, di spaventi ha pieno Delle Muse il bel regno. Arco e
infranta L’urna, il crudel a questa ancor diè morte. Garzon superbo e di sè stesso amante Era quel fior ; quell’altro al S
ombra notturna Ti vien sì dolce da quel bosco al core, Era il lamento di regal donzella Da re tiranno indegnamente offesa.
chia, e quella scorza Che ne’ boschi Sabei lagrime suda ; Nella sacra di Pindo alta favella Ebbero un giorno e sentimento
 ; ne’ calami palustri Più non geme Siringa ; ed in quel tronco Cessò di Mirra l’odoroso pianto(1). Così chiuse poi il d
hiuse poi il discorso con alcuni versi che si potrebbero dire un Inno di vittoria cantato in onore della Mitologia dopo sc
do timida ai profani Tutta nuda mostrarsi, il trasparente Mistico vel di tue figure implora, Onde mezzo nascosa e mezzo a
annate al freno Della legge che tira al centro i pesi : Potente legge di Sofia, ma nulla Ne’ liberi d’Apollo immensi regni
insegnare la Mitologia. Quand’essa non si rappresenta sotto le forme di dizionario suolsi dividerla comunemente in tre pa
tone detto anche Orco, Proserpina e Bacco cui da alcuni si dà il nome di Libero. Le principali Divinità Inferiori sono Pan
to Compendio abbiamo adottato il metodo della divisione in tre classi di Dei Inferiori, Dei Superiori e Semidei come quell
ella Mitologia. NB. Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine di questo Compendio di Mitologia si troveranno indic
Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine di questo Compendio di Mitologia si troveranno indicate tutte le materie
questo Compendio di Mitologia si troveranno indicate tutte le materie di cui si è in esso fatto parola benchè non abbiano
ri Caos IL Caos era un massa informe e rozza, una confusione di tutti gli elementi da eui sertirono Urano e la Te
sca o la Terra sono gli Dei più antichi. Ad Urano si dà anche il nome di Cielo ; e qualcuno confonde Vesta Prisca o Tettur
urie, Momo, ecc. Da Urano e dalla Terra nacquero pure l’Oceano e Teti di cui furon figli Taumante padre d’Iride e delle Ar
ron figli Taumante padre d’Iride e delle Arpie che altri fanno figlie di Nettuno e della Terra ; e furon pur figli di Uran
e che altri fanno figlie di Nettuno e della Terra ; e furon pur figli di Urano e della Terra Nereo e Doride o Dori, che ge
le Ninfe, tra le quali fu rinomata Galatea. I più celebri tra i figli di Urano e della Terra, sono Titano e Saturno. Il no
Titano e Saturno. Il nostro globo ed un altro pianeta portano il nome di queste due divinità. Titano a Saturno A Ti
te due divinità. Titano a Saturno A Titano, maggiore dei figli di Urano, apparteneva l’impero del mondo, ma cedette
ro del mondo, ma cedette i suoi diritti a Saturno dietro le preghiere di sua madre Tellure, a condizione però che il frate
i a misura che nascevano. Tuttavia Rea o Cibele sua moglie trovò modo di sottrarre alla crudeltà del marito Giove, Nettuno
rno gli avrebbe tolto l’inspero, tramò insidie al figlio per privarlo di vita e gli dichiarò senza riguardi la guerra. Gio
e per riconoscenza in particolare verso Giano gli accordò la facoltà di conoscere le cose passate e le future, per cui si
sato e l’altra l’avvenire. Quando Saturno arrivò in Italia, i costumi di quegli abitanti erano sì puri che quel tempo fu c
tempo fu chiamato età dell’oro. Si rappresenta questo Dio sotto forma di un veochio con lunga barba, colle ali e con una f
le passa rapidamente e distrugge ogni cosa. Gli siodà anche là figura di un serpento che si morde la coda, simbolo della p
empi. L’orologio a polvere che gli si vede a canto indica la rapidità di questa rivoluzione. Saturno ha dato il suo nome a
o nome ad un pianeta. Cibele Cibele o Rea Questa dea figlia di Urano e della Terra, moglie e sorella di Saturno,
e o Rea Questa dea figlia di Urano e della Terra, moglie e sorella di Saturno, chiamasi anche Ope, Vesta, la Buona Dea,
fiere che n’ebbero cura e la nutrirono. Essa ha gli stessi attributi di sua madre colla quale è soventi confusa. I suoi s
no alla sua statua contorcendosi con modi spaventevoli. Sotto il nome di Vesta presiedeva al fuoco ; e come tale gli antic
e Vestali conservavano un fuoco perpetuo, vegliando a vicenda intorno di esso. Le Vestali erano astrette a conservare la v
unziando al servigio del tempio potevano maritarsi. Se per negligenza di alcuna il fuoco sacro si estingueva, il che aveva
a dal pontefice massimo severamente punita. Se taluna mancava al voto di verginità, era portata con lugubre pompa sopra un
fuoco sacro così detto fosse il lume delle lampade accese nel tempio di Vesta, e che se si estinguevano, la Vestale, per
deva, era sepolta viva. Vesta si rappresenta talvolta sotto le forme di una bella donna con un disco in una mano, ed una
a. Vesta ha dato il suo nome ad un pianeta. Giove Giove figlio di Rea e di Saturno nacque con Giunone e fu sottratt
ha dato il suo nome ad un pianeta. Giove Giove figlio di Rea e di Saturno nacque con Giunone e fu sottratto, come s
o, come si è detto, dalla madre alla crudeltà del padre ; furono dopo di lui salvati anche Nettuno e Plutone. Rea consegnò
hiese che Saturno lo riconoscesse erede. Titano ignaro della condotta di Rea accusò il fratello di frode, lo scacciò dal t
oscesse erede. Titano ignaro della condotta di Rea accusò il fratello di frode, lo scacciò dal trono e lo fece prigioniere
l cielo e della terra. I fratelli uniti a Pallade e Giunone tentarono di sottrarsi al suo dominio, ma restarono vinti da G
trarsi al suo dominio, ma restarono vinti da Giove e furono costretti di rifuggirsi in Egitto ove vissero sotto diverse fo
ono costretti di rifuggirsi in Egitto ove vissero sotto diverse forme di animali. Giove li perseguitò anche in quel paese,
onciliarsi con essi tutti.   Giove e Giunone   I Giganti figli di Titano da esso detti Titani, per riconquistare i
ittoria Giove più non pensò che agli amori ed ebbe un infinito numero di concubine. Meti dalla quale nacque Pallade o Mine
di concubine. Meti dalla quale nacque Pallade o Minerva, Semele madre di Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse
i dalla quale nacque Pallade o Minerva, Semele madre di Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apoll
le madre di Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apollo e di Diana, Maia di Mercurio, Alcmena di E
Bacco, Cerere di Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apollo e di Diana, Maia di Mercurio, Alcmena di Ercole e tant
i Proserpina, Mnemosina delle Muse, Latona di Apollo e di Diana, Maia di Mercurio, Alcmena di Ercole e tante altre. Si can
na delle Muse, Latona di Apollo e di Diana, Maia di Mercurio, Alcmena di Ercole e tante altre. Si cangiò in pioggia d’oro
e e tante altre. Si cangiò in pioggia d’oro per penetrare nella torre di bronzo ove era rinchiusa Danae da cui ebbe Perseo
di bronzo ove era rinchiusa Danae da cui ebbe Perseo ; sotto le forme di cigno sedusse Leda che fu madre di Castore e Poll
a cui ebbe Perseo ; sotto le forme di cigno sedusse Leda che fu madre di Castore e Polluce, di Elena e Clitennestra ; sott
tto le forme di cigno sedusse Leda che fu madre di Castore e Polluce, di Elena e Clitennestra ; sotto quelle di toro rapì
fu madre di Castore e Polluce, di Elena e Clitennestra ; sotto quelle di toro rapì Europa figlia di Agenore, la condussé i
ce, di Elena e Clitennestra ; sotto quelle di toro rapì Europa figlia di Agenore, la condussé in Creta e n’ebbe Minosse e
sse e Radamanto ; trasformato in Satiro sorprese Antiope che fu madre di Ansione e di Zeto. Prese la figura di Diana per i
to ; trasformato in Satiro sorprese Antiope che fu madre di Ansione e di Zeto. Prese la figura di Diana per ingannare Cali
o sorprese Antiope che fu madre di Ansione e di Zeto. Prese la figura di Diana per ingannare Calisto da cui nacque Arcade,
figura di Diana per ingannare Calisto da cui nacque Arcade, e quella di Aquila per rapire Ganimede figlio di Troe, e port
o da cui nacque Arcade, e quella di Aquila per rapire Ganimede figlio di Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere i
ede figlio di Troe, e portatolo in cielo lo creò suo coppiere in vece di Ebe. Giove era la divinità dei pagani che lo rigu
a la divinità dei pagani che lo riguardavano come il padrone assoluto di ogni cosa. Esso era adorato sotto vari nomi da qu
rano tratti o da’ suoi attributi o dai luoghi da esso abitati. Quello di Olimpico era il principale perchè dicesi che face
ttima che si offriva a Giove nei sacrifici era un bue bianoo. Quello di Giove Capitolino fondato in Campidoglio dal re Ta
in seguito riedificato passava per il più sontuoso. Si è dato il nome di questo Dio ad un pianeta. Giove vien rappresentat
pianeta. Giove vien rappresentato come un vecchio maestoso, seduto su di un trono d’oro o d’avorio, collo scettro in una m
i che toglier vogliono il velo della favola, dicono che Saturno fu re di Creta ; che fu spogliato del regno da’ suoi figli
dell’inferno il secondo, del mare il terzo ; che molti ebbero il nome di Giove, ed avendo abusato di diverse donne con var
mare il terzo ; che molti ebbero il nome di Giove, ed avendo abusato di diverse donne con vari stratagemmi, tutti questi
oggia d’oro intender si deve l’oro col quale Giove corruppe i custodi di Danae, pel toro la nave che aveva l’insegna del t
del toro colla quale rapì Europa, ecc. Giunone Giunone figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove era t
la quale rapì Europa, ecc. Giunone Giunone figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove era tenuta per la
. Giunone Giunone figlia di Saturno e di Rea, sorella e moglie di Giove era tenuta per la regina degli Dei. A princ
na degli Dei. A principio fu ritrosa alle importune amorose inchieste di Giove, ma questi si cangiò in cucculo o corvo, co
alcuni, per ingannarla, ed essendo stato riconosciuto, ella si decise di ascoltarlo a condizione che la sposasse. Questa D
fratello ne divenne furiosamente gelosa e non a torto. Non cessò mai di sorvegliare la condotta del marito e perseguitò m
rvegliare la condotta del marito e perseguitò mai sempre le concubine di lui ed i figli che da quelle egli aveva. Contro I
oncubine di lui ed i figli che da quelle egli aveva. Contro Io figlio di Inaco re d’Argo esercitò ella principalmente la s
incipalmente la sua gelosia. Essendosi accorto Giove dell’avvicinarsi di Giunone mentre stava con Io, cangiò questa in vac
giò questa in vacca per nasconderla alla moglie. Insospettita Giunone di quel che era, la chiese in dono, ed ottenutala la
Argo che aveva cento occhi, ed essendo questi stato ucciso per ordine di Giove da Mercurio che lo avea indormentato prima
suono della zampogna e col tocco del caduceo, Giunone pose gli occhi di Argo nella coda del pavone, uccello a lei consacr
itto ove ritornata da Giove all’antica forma fu adorata sotto il nome di Iside, e partorì Epafo od Api, che da’ medesimi E
orì Epafo od Api, che da’ medesimi Egiziani veneravasi sotto la forma di bue. Inaco disperato per averla perduta, fu secon
e Europa, Semele, Latona, Alcmena e suscitò mille traversie al figlio di quest’ ultima, Ercole, ed a molti altri. Ma veden
dobbata una statua, facendo pubblicare, che quella era Platesa figlia di Asopo ch’ ei voleva sposare. Giunone accorse adir
ccorse adirata, fece in pezzi la statua ; ed avvedutasi della malizia di Giove, si riconciliò, ridendo con lui dell’accadu
ro a’ piedi. Gli Dei non poterono mai scioglierla e pregarono Vulcano di farlo, promettendogli Venere per moglie. Ella ave
lie. Ella avea un orgoglio insopportabile, e non perdonò mai a Paride di non averle dato il pomo d’oro sul monte Ida quand
Paride di non averle dato il pomo d’oro sul monte Ida quando gareggiò di bellezza con Venere e Pallade, e si dichiarò in q
in quel momento nemica implacabile dei Troiani ; e suscitando contro di essi una terribile guerra estese la sua vendetta
e navi ; ma Enea fu protetto da Venere. Avendo saputo che Giove senza di lei aveva posto al mondo Pallade, facendola uscir
de, facendola uscire dal suo cervello, partorì anch’ essa Marte senza di lui. Sotto il nome di Lucina presiedeva ai parti
al suo cervello, partorì anch’ essa Marte senza di lui. Sotto il nome di Lucina presiedeva ai parti delle donne, e sotto q
tto il nome di Lucina presiedeva ai parti delle donne, e sotto quello di Pronuba ai matrimoni. Era la divinità delle donne
Pronuba ai matrimoni. Era la divinità delle donne costumate, e quelle di cattiva vita non potevano entrare ne’ suoi templi
entrare ne’ suoi templi. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Taumante e di Elettra, che fu cangiata in arco ba
uoi templi. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Taumante e di Elettra, che fu cangiata in arco baleno da Giunon
ù pura o l’etere, riguardano la sua sposa come l’aria la più ingombra di vapori e la più pesante da cui siam circondati. S
ù pesante da cui siam circondati. Si conosce un pianeta sotto il nome di Giunone. Cerere A Cerere figlia di Saturno
ce un pianeta sotto il nome di Giunone. Cerere A Cerere figlia di Saturno e di Rea fu attribuita dagli antichi l’in
sotto il nome di Giunone. Cerere A Cerere figlia di Saturno e di Rea fu attribuita dagli antichi l’invenzione dell
i Saturno e di Rea fu attribuita dagli antichi l’invenzione dell’arte di lavorare la terra, e fu adorata come la Dea dell’
per ricercarla. Andò alla corte del re Trittolemo cui insegnò l’arte di ben lavorare la terra, di coltivare le biade, di
corte del re Trittolemo cui insegnò l’arte di ben lavorare la terra, di coltivare le biade, di fare gl’istrumenti necessa
o cui insegnò l’arte di ben lavorare la terra, di coltivare le biade, di fare gl’istrumenti necessari all’agricoltura : e
ltivare le biade, di fare gl’istrumenti necessari all’agricoltura : e di servirsene. Avendole la ninfa Aretusa palesato c
e di servirsene. Avendole la ninfa Aretusa palesato che il rapitore di Proserpina era stato Plutone, Cerere ricorse a Gi
a Giove per ottenere che le fosse restituita, ed ebbe da lui promessa di riaverla quando però non avesse dopo la sua entra
po la sua entrata nei Campi Elisi gustato alcun cibo. Ascalafo figlio di Acheronte e della Notte avendo manifestato che Pr
della Notte avendo manifestato che Proserpina avea colto nei giardini di Plutone una melagrana e ne avea mangiati sette gr
ò per vendetta Ascalafo in barbagianni. Giove per alleviare il dolore di questa Dea ordinò che Proserpina passasse sei mes
e in Sicilia ed in Grecia ; i Greci riconoscenti istituirono in onore di questa Dea una festa che si celebrava colla più g
olla più grande magnificenza in Eleusi, ov’ ebber principio i misteri di lei chiamati Eleusini, ai quali chi iniziavasi er
ta dagli Egizi perchè i misteri cleusini non erano che una imitazione di quelli di Iside, la stessa cosa che Cerere per qu
gizi perchè i misteri cleusini non erano che una imitazione di quelli di Iside, la stessa cosa che Cerere per quanto sembr
acrificava il porco. Cerere si rappresenta comunemente sotto le forme di una bella donna di statura alta e maestosa, che h
. Cerere si rappresenta comunemente sotto le forme di una bella donna di statura alta e maestosa, che ha il seno abbondant
bel colorito, gli occhi languidi, i capelli biondi, la testa coronata di spiche e di papaveri, piante fecondissime, e la v
, gli occhi languidi, i capelli biondi, la testa coronata di spiche e di papaveri, piante fecondissime, e la veste che le
eri, piante fecondissime, e la veste che le cade fino a’ piedi sparsa di spiche e di papaveri. Con una falce od una fiacco
fecondissime, e la veste che le cade fino a’ piedi sparsa di spiche e di papaveri. Con una falce od una fiaccola in una ma
rgliene mangiare per conciliarle il sonno, che l’afflizione pel ratto di Proserpina, le avea fatto perdere ; ed aveva in t
erpina, le avea fatto perdere ; ed aveva in tal modo trovato il mezzo di alleviare il suo dolore. Il suo cocchio era tirat
cocchio era tirato da due dragoni. Questo è quanto racconta la Favola di Cerere. I mitologi ed i poeti però non s’accordan
la di Cerere. I mitologi ed i poeti però non s’accordano su la storia di questa divinità che confondono con Cibele. Da que
me Pallade, dea della sapienza, delle guerre e delle arti, era figlia di Giove. Ecco in qual modo si racconta la nascita d
e arti, era figlia di Giove. Ecco in qual modo si racconta la nascita di questa Dea. Giove prima di sposare Giunone aveva
. Ecco in qual modo si racconta la nascita di questa Dea. Giove prima di sposare Giunone aveva Meti per moglie. Essendogli
a madre ed il figlio. Da quel momento fu oppresso da un terribile mal di capo. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi
nto fu oppresso da un terribile mal di capo. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi con un colpo di acceta gli spaccò
mal di capo. Avendo implorato l’aiuto di Vulcano, questi con un colpo di acceta gli spaccò il cranio ; dal cervello ne sor
Cecrope, e fu deciso che chi avesse fatto nascere una cosa più utile di un’altra avrebbe avuto quest’ onore. Percosso il
; ed avendo giudicato gli Dei più utile l’ulivo per essere il simbolo di pace, Minerva diede alla città il nome di Atene,
ulivo per essere il simbolo di pace, Minerva diede alla città il nome di Atene, sotto il quale era denominata dai Greci. G
e innalzarono un magnifico tempio, e celebravano delle feste in onore di lei, alle quali intervenivano degli spettatori da
le parti della Grecia. Viene questa Dea rappresentata come una donna di una bellezza semplice, nobile e grave ; armata da
una mano, come Dea della guerra e collo scudo nell’altra ; il teschio di Medusa le si mette su l’egida o corazza e sul pet
ida o corazza e sul petto da alcuni, da altri sullo scudo ; le stanno di presso la civetta e degli istrumenti matematici,
suo nome da questa Dea. Marte Marte, dio della guerra è figlio di Giunone. Questa Dea, come si è già detto, indispe
ntre andava in oriente per apprenderne il modo, si fermò nei giardini di Flora, ove fu da questa interrogata dell’oggetto
a dell’oggetto del viaggio ; venutane Flora in cognizione, le promise di insegnarle il desiderato segreto, col patto che n
sopra il quale una donna sedendo concepiva immediatamente ; e dicesi di più che al solo toccarlo bastasse ad una donna pe
nte Venere, colla quale suo marito Vulcano il sorprese ; questi formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile,
le suo marito Vulcano il sorprese ; questi formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse gl
oro impero. Augusto gli innalzò un magnifico tempio dopo la battaglia di Filippi. Questo Dio ha dato il suo nome ad un pia
lte Veneri sieno state annoverate nella storia, e che le dissolutezze di molte donne di questo nome siano state attribuite
o state annoverate nella storia, e che le dissolutezze di molte donne di questo nome siano state attribuite ad una sola. D
e attribuite ad una sola. Dicesi che appena nata le Ore cui incombeva di educarla, la portarono in cielo, ove fu trovata s
he tutti vollero sposarla ; ma Giove la diede a Vulcano in ricompensa di aver per esso fabbricato i fulmini in occasione d
uerra coi Giganti. Dicono altri invece che Giove colto dalla bellezza di Venere, ne divenne amante e che non avendo potuto
n’è già parlato. Da Anchise principe troiano ebbe Enea cui fece dono di una armatura fabbricata da Vulcano, quando passò
no, quando passò in Italia per fondarvi un nuovo regno dopo l’eccidio di Troia. Amò il bello Adone che fu ucciso da un cig
che inspirava infallibilmente la più viva tenerezza. Giunone bramosa di piacere a Giove pregò Venere di prestarglielo ; l
a più viva tenerezza. Giunone bramosa di piacere a Giove pregò Venere di prestarglielo ; la Dea di Citera glielo offrì all
one bramosa di piacere a Giove pregò Venere di prestarglielo ; la Dea di Citera glielo offrì all’istante dicendole, che po
ne e Pallade, e che la Discordia aveva gettato sulla mensa alle nozze di Teti e di Peleo, destinandolo alla più bella tra
de, e che la Discordia aveva gettato sulla mensa alle nozze di Teti e di Peleo, destinandolo alla più bella tra le Dee. Qu
principio dalla tenerezza. Le sue feste si celebravano con ogni sorta di dissolutezze. Ovunque sorsero degli altari in ono
con ogni sorta di dissolutezze. Ovunque sorsero degli altari in onore di lei. Ma fu particolarmente adorata in Amatunta, i
ono i templi che in questi paesi le si innalzarono. L’infinito numero di statue e di templi che furono eretti in onore di
che in questi paesi le si innalzarono. L’infinito numero di statue e di templi che furono eretti in onore di lei, le fece
o. L’infinito numero di statue e di templi che furono eretti in onore di lei, le fecero dare una quantità di soprannomi. Q
templi che furono eretti in onore di lei, le fecero dare una quantità di soprannomi. Quei che più comunemente le vengon at
dalia dal fonte Acidalio in Beozia ove dicesi che colle Grazie usasse di lavarsi soventi. Volle che le si consacrasse la c
i le era dedicato il mirto. Fra i fiori le si consacrava la rosa, che di bianca qual era prima si disse cambiata in rossa
ra prima si disse cambiata in rossa allorquando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina. Fra i figli di Vener
ndo fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina. Fra i figli di Venere si contano Amore e le tre Grazie. Rappres
gni o da due colombe. I suoi biondi capelli sono ornati da una corona di mirto e di rose. Da’ suoi occhi traspira la più v
e colombe. I suoi biondi capelli sono ornati da una corona di mirto e di rose. Da’ suoi occhi traspira la più viva gioia,
te la stella del pastore. Diana Diana dea della caccia, figlia di Giove e di Latona sorella di Apollo. Fu adorata s
a del pastore. Diana Diana dea della caccia, figlia di Giove e di Latona sorella di Apollo. Fu adorata sotto tre no
Diana Diana dea della caccia, figlia di Giove e di Latona sorella di Apollo. Fu adorata sotto tre nomi, di Ecate nell’
ia di Giove e di Latona sorella di Apollo. Fu adorata sotto tre nomi, di Ecate nell’inferno, di Diana in terra e di Luna o
sorella di Apollo. Fu adorata sotto tre nomi, di Ecate nell’inferno, di Diana in terra e di Luna o Febea in cielo. Avea a
Fu adorata sotto tre nomi, di Ecate nell’inferno, di Diana in terra e di Luna o Febea in cielo. Avea anche molti altri nom
o, che ottenne da Giove per sè e per la sorella sua Minerva la grazia di poter conservare una perpetua verginità. Sotto il
a la grazia di poter conservare una perpetua verginità. Sotto il nome di Diana presiedeva ai boschi ed era la Dea della ca
Diana presiedeva ai boschi ed era la Dea della caccia ; sotto quello di Febea era presa per la Luna e presiedeva agl’inca
a era presa per la Luna e presiedeva agl’incantesimi ; e sotto quello di Ecate, essa è la Dea dell’inferno ed è soventi co
essa è la Dea dell’inferno ed è soventi confusa con Proserpina moglie di Plutone. Si riconosceva pure per la Dea della cas
co e le frecce, e nel farla regina de’boschi, le assegnò un corteggio di bellissime Ninfe ch’ella volea pudiche al par di
assegnò un corteggio di bellissime Ninfe ch’ella volea pudiche al par di lei, e scacciò per questo Calisto perchè si era l
si nondimeno che amasse il pastore Endimione, che scendesse più volte di notte dal cielo per venir a vederlo e che avesse
igli. Il dio Pane ed Orione vuolsi che sieno stati amanti corrisposti di Diana ; e che anzi ella uccidesse il secondo per
ebravano feste in onor suo. Questa Dea si rappresenta sotto la figura di una donna giovine, nel fiore della bellezza, in a
l fiore della bellezza, in abito da cacciatrice, coi capelli annodati di dietro, colla faretra su di una spalla, con un ca
bito da cacciatrice, coi capelli annodati di dietro, colla faretra su di una spalla, con un cane al fianco, e coll’arco te
tra su di una spalla, con un cane al fianco, e coll’arco teso in atto di lanciare un dardo. Porta i coturni alle gambe ed
sso a piedi col suo cane e circondata dalle sue Ninfe com’essa armate di archi e di frecce, ma basse tutte più di lei alme
col suo cane e circondata dalle sue Ninfe com’essa armate di archi e di frecce, ma basse tutte più di lei almeno della te
le sue Ninfe com’essa armate di archi e di frecce, ma basse tutte più di lei almeno della testa. Diana detta anche Delia e
Grande, 366 anni avanti G. C. da Erostrato che non trovò altro mezzo di tramandare il suo nome alla posterità. Nettuno
tramandare il suo nome alla posterità. Nettuno Nettuno figlio di Saturno e di Rea, fu salvato da sua madre come Gi
l suo nome alla posterità. Nettuno Nettuno figlio di Saturno e di Rea, fu salvato da sua madre come Giove, dal furo
ro cura. Cresciuto che fu in età sposò Anfitrite figlia dell’Oceano e di Doride. Essendosi di lei invaghito e non potendo
e fu in età sposò Anfitrite figlia dell’Oceano e di Doride. Essendosi di lei invaghito e non potendo indurla ad amarlo, le
che porta il suo nome. Si pretende che abbia avuto un infinito numero di amanti per le quali si cambiò sotto mille forme.
ollo, andarono tutti e due ad aiutare Laomedonte a fabbricare le mura di Troia ; ed avendo Laomedonte negato il convenuto
e. Questa favola trae origine dall’aver Laomedonte fabbricato le mura di Troia, adoperando a tale seopo i tesori del tempi
bricato le mura di Troia, adoperando a tale seopo i tesori del tempio di Apollo e di quello di Nettuno. Gareggiò in vano c
ura di Troia, adoperando a tale seopo i tesori del tempio di Apollo e di quello di Nettuno. Gareggiò in vano con Minerva p
ia, adoperando a tale seopo i tesori del tempio di Apollo e di quello di Nettuno. Gareggiò in vano con Minerva per dar il
o di Nettuno. Gareggiò in vano con Minerva per dar il nome alla città di Atene. Violò e cangiò Anemone in fontana. Si rapp
n fontana. Si rappresenta per lo più in piedi sopra un carro in forma di conchiglia tirato da cavalli marini o tritoni con
marini o tritoni con un tridente in mano. Vuolsi che abbia avuto più di cinquanta figli. Figlie di Nettuno e della Terra
dente in mano. Vuolsi che abbia avuto più di cinquanta figli. Figlie di Nettuno e della Terra erano le Arpie, mostri alat
mpre. Giunone le mandò per infettare e rapire le vivande dalla tavola di Fineo che aveva cortesemente accolto Enea. Zete e
vola di Fineo che aveva cortesemente accolto Enea. Zete e Calai figli di Borea le discacciarono, ma Giunone mandò Iride pe
le facesse ritornare in Tracia. Si rappresentavano sotto le sembianze di donna vecchia, con lunghi crini, con volto sempre
ecchia, con lunghi crini, con volto sempre smunto per fame, col corpo di avoltoio, colle ali, con unghioni ai piedi ed all
Ello, Occipete e Celeno. Alcuni le prendono per un prodigioso numero di cavallette che dopo avere devastato una parte del
entrionale nel Mar Ionio ove perirono, si dissero scacciate dai figli di Borea. Altri riconoscono nelle Arpie dei pirati c
lle Arpie dei pirati che facevano delle frequenti discese negli stati di Fineo, e vi cagionavano la carestia coi loro ladr
ionavano la carestia coi loro ladronecci. Apollo Apollo figlio di Giove e di Latona e fratello di Diana, fu chiamat
carestia coi loro ladronecci. Apollo Apollo figlio di Giove e di Latona e fratello di Diana, fu chiamato Febo in c
dronecci. Apollo Apollo figlio di Giove e di Latona e fratello di Diana, fu chiamato Febo in cielo perchè conduceva
messo, ove pascolava ordinariamente il Caval Pegaso, che loro serviva di cavalcatura. Riguardo alla sua nascita, dicesi ch
ollo fece delle sue frecce, nel lanciar le quali era espertissimo, fu di mettere a morte il serpente Pitone, nato dal lima
rte il serpente Pitone, nato dal limaccio della terra dopo il diluvio di Deucalione, il quale devastava la terra e ch’era
mandato dalla implacabile Giunone per tormentare Latona. Della pelle di questo animale si servì per ricoprire il tripode
racoli. D’accordo con Diana uccise co’suoi strali i quattordici figli di Niobe, perchè questa principessa aveva avuto l’ar
ordici figli di Niobe, perchè questa principessa aveva avuto l’ardire di preferirsi a Latona ; e Niobe fu conversa in una
ferirsi a Latona ; e Niobe fu conversa in una rupe. Esculapio figlio di Apollo celebre nella medicina avendo risuscitato
iove lo fulminò, istigato a ciò fare da Plutone che vedeva pel sapere di Esculapio diminuirsi il numero de’morti. Furioso
a fu scacciato dal cielo e nel suo esiglio ritirossi presso Admeto re di Tessaglia, del cui gregge fu fatto custode ; ed è
te anche quelle involate. Dopo questo accidente, lasciato il servigio di Admeto, andossene con Nettuno ad aiutare Laomedon
o, andossene con Nettuno ad aiutare Laomedonte a rifabbricare le mura di Troia e non avendone ricevuto alcun premio, punì
unì questa ingratitudine mandando una terribile peste tra quel popolo di cui fece orribili stragi. Placato in fine Giove
o caduceo. Il più rinomato de’templi che gli fossero eretti fu quello di Delfo. Leucotoe, Dafne, Clizia, Giacinto e moltis
ce scorticar vivo ; e fece crescere le orecchie d’asino a Mida figlio di Gordio re di Frigia, perchè aveva preferito il ca
vivo ; e fece crescere le orecchie d’asino a Mida figlio di Gordio re di Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e
a Mida figlio di Gordio re di Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere
lio di Gordio re di Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se
i Frigia, perchè aveva preferito il canto di Pane e di Marsia al suo ( di Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse, gli f
referito il canto di Pane e di Marsia al suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse, gli fu proibito di palesarlo,
l suo (di Apollo). Il barbiere di Mida se ne accorse, gli fu proibito di palesarlo, ma non potendo trattenersi dal dirlo,
o a tutti che Mida aveva le orecchie d’asino. Questo Mida è lo stesso di cui si parla nella storia di Bacco. Il gallo, lo
recchie d’asino. Questo Mida è lo stesso di cui si parla nella storia di Bacco. Il gallo, lo sparviero, l’ulivo gli furono
capigliatura, come le giovani deponevano le loro ghirlande in quelli di Diana. Apollo si rappresenta giovine senza barba,
l sole medesimo ; e ciò avviene perchè Giove nell’accordargli il dono di predir l’avvenire gli affidò anche la cura d’illu
famoso Apollo del Belvedere che trovasi nella Galleria del Gran Duca di Toscana a Firenze. Fra le statue antiche questa è
ndividui sotto questo nome si parla nella favola ; il più celebre tra di essi però è il figlio di Giove e di Maia figlia d
e si parla nella favola ; il più celebre tra di essi però è il figlio di Giove e di Maia figlia d’Atlante. Nessuna divinit
nella favola ; il più celebre tra di essi però è il figlio di Giove e di Maia figlia d’Atlante. Nessuna divinità ha avuto
Maia figlia d’Atlante. Nessuna divinità ha avuto maggiori occupazioni di Mercurio. Interprete e messaggiero degli Dei e sp
azioni di Mercurio. Interprete e messaggiero degli Dei e specialmente di Giove suo padre, al levare del quale doveva ogni
on uno zelo infaticabile, anche nelle cose poco lecite, ed aveva cura di tutti i loro affari. Onde potesse velocemente ese
’eloquenza, dei pastori, dei viaggiatori, dei ladri, dei ciarlatani e di ogni sorta di frappatori. Egli conduceva le anime
i pastori, dei viaggiatori, dei ladri, dei ciarlatani e di ogni sorta di frappatori. Egli conduceva le anime all’inferno e
atore e plenipotenziario degli Dei, egli assisteva a tutti i trattati di pace e di alleanza. Alle volte accompagnava Giuno
enipotenziario degli Dei, egli assisteva a tutti i trattati di pace e di alleanza. Alle volte accompagnava Giunone o per c
Alle volte accompagnava Giunone o per custodirla o per vegliare su la di lei condotta ; altre volte era incaricato da Giov
vegliare su la di lei condotta ; altre volte era incaricato da Giove di condurre a termine qualche nuovo intrigo amoroso.
bia inventata la lira e che la formasse la prima volta coi tesi nervi di una testudine morta, e che in cambio della lira a
Mercurio d’allora in poi volle portarla in quello stato come simbolo di pace, aggiugnendovi le ali come simbolo della rap
del potere dell’eloquenza. Si rapresenta come un bel giovine, snello di corpo, col caduceo in mano, qualche volta con una
on la metà del corpo. Talvolta egli porta una lancia o pertica armata di uncini oppure un tridente. Con questi attributi e
li elementi fatta da Giove a parecchie Divinità, Apollo fu incaricato di aver cura del fuoco, Febo della terra, Venere del
era il condottiero. Col caduceo vuolsi da alcuni che avesse il potere di chiamare o fugare a suo talento il sonno su gli o
gallo che gli si vede alle volte vicino serve a dinotare la vigilanza di lui. L’ariete che or gli si vede a canto, or su l
i soprannomi si diedero a Mercurio, provenienti dai diversi attributi di lui. Quello di Cilleno o Cillenio gli vien più so
diedero a Mercurio, provenienti dai diversi attributi di lui. Quello di Cilleno o Cillenio gli vien più sovente dato dai
. Mentre Apollo guidava lungo il fiume Anfriso in Tessaglia le gregge di Admeto, Mercurio gli rubò alcune vache, che fece
to ; ma avendo mancato alle sue promesse Mercurio lo cangiò in pietra di paragone. Minacciandolo Apollo se non restituiva
in riso. Essendo Mercurio espertissimo nel suono della lira si servì di quella di Apollo per addormentare Argo che custod
Essendo Mercurio espertissimo nel suono della lira si servì di quella di Apollo per addormentare Argo che custodiva Io ed
ometeo sul monte Caucaso. Le statue che si ponevano su le vie a guisa di termini or con tre teste ed or con quattro facce
ano dette Mercuri da’ Romani, ed Ermeti dai Greci, che tale è il nome di Mercurio in quella lingua. Mercurio ha dato ìl s
ù gran commercio s’innalzarono parecchi templi in onor suo. Le favole di Mercurio non sono state da molti dotti risguardat
prodotti. Bacco Non vanno d’accordo gli scrittori della favola di questo Dio ; cinque almeno devono essere stati i
a ciò traggono origine le tante opinioni su la nascita e l’educazione di questo Dio ; il vero Bacco o Libero secondo quasi
o Libero secondo quasi tutti i poeti greci e latini vien detto figlio di Giove e di Semele figlia di Cadmo re di Tebe in B
condo quasi tutti i poeti greci e latini vien detto figlio di Giove e di Semele figlia di Cadmo re di Tebe in Beozia, ed e
i poeti greci e latini vien detto figlio di Giove e di Semele figlia di Cadmo re di Tebe in Beozia, ed ecco quanto si nar
ci e latini vien detto figlio di Giove e di Semele figlia di Cadmo re di Tebe in Beozia, ed ecco quanto si narra sul conto
Beozia, ed ecco quanto si narra sul conto suo. Giunone sempre gelosa di Giove e sdegnata contro le sue amanti, assunte le
i Giove e sdegnata contro le sue amanti, assunte le forme e la figura di Beroe vecchia donna di Epidauro, nutrice di Semel
ro le sue amanti, assunte le forme e la figura di Beroe vecchia donna di Epidauro, nutrice di Semele, andò a visitare ques
unte le forme e la figura di Beroe vecchia donna di Epidauro, nutrice di Semele, andò a visitare quest’ultima che sapeva e
dubbi su la divinità del suo amante le mise in animo un’ardente brama di veder Giove in tutta la sua maestà. Semele che no
ve in tutta la sua maestà. Semele che non si avvedeva della malignità di questo consiglio, chiese a Giove una gràzia ma se
a Giove una gràzia ma senza dirgli quale. Il Nume giurò per lo Stige di concedergliela, ed allora ella gli chiese come un
lo Stige di concedergliela, ed allora ella gli chiese come una prova di amore, quello che dovea esserle cagione di morte.
gli chiese come una prova di amore, quello che dovea esserle cagione di morte. Giove che non poteva violare il suo giuram
, semplice mortale, restò arsa col suo palazzo. Per timore che Bacco, di cui era incinta Semele, non abbruciasse con essa,
il tempo del suo nascere fu nascostamente consegnato ad Ino, sorella di Semele, che n’ebbe cura coll’aiuto delle Iadi, de
esciuto in età questo Dio andò a conquistare le Indie con un esercito di uomini e di donne, che invece di armi portavano d
tà questo Dio andò a conquistare le Indie con un esercito di uomini e di donne, che invece di armi portavano dei tirsi, sp
conquistare le Indie con un esercito di uomini e di donne, che invece di armi portavano dei tirsi, specie di lancia ornata
di uomini e di donne, che invece di armi portavano dei tirsi, specie di lancia ornata di pampani e di edera e dei tamburi
onne, che invece di armi portavano dei tirsi, specie di lancia ornata di pampani e di edera e dei tamburi. Erano essi agit
ece di armi portavano dei tirsi, specie di lancia ornata di pampani e di edera e dei tamburi. Erano essi agitati da un div
ssi agitati da un divino furore. Le donne erano scapigliate e vestite di pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavan
ti da un divino furore. Le donne erano scapigliate e vestite di pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone
vino furore. Le donne erano scapigliate e vestite di pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone di edera o
vestite di pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone di edera o di foglie di vite. Bacco con veste di por
pelli di cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone di edera o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora corona
cerve e di pantere ; gli uomini portavano corone di edera o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora coronato di pamp
uomini portavano corone di edera o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora coronato di pampini e di uve con un tirso
one di edera o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora coronato di pampini e di uve con un tirso nelle mani e con ca
o di foglie di vite. Bacco con veste di porpora coronato di pampini e di uve con un tirso nelle mani e con calzari ricamat
ileno gli camminavano a lato. Il corteggio era preceduto da una banda di Satiri. Lo spavento che inspirava un esercito cot
cevuto ovunque come una Divinità, tanto più che non era già suo scopo di imporre tributo ai vinti, ma d’insegnar loro la c
l primo la vigna e fu adorato come Dio del vino. A lui si deve l’arte di estrarre e di apparecchiare il mele e l’invenzion
na e fu adorato come Dio del vino. A lui si deve l’arte di estrarre e di apparecchiare il mele e l’invenzione dell’aratro.
i quelli che vollero opporsi allo stabilimento del suo culto, trionfò di tutti i suoi nemici e di tutti i pericoli cui l’e
rsi allo stabilimento del suo culto, trionfò di tutti i suoi nemici e di tutti i pericoli cui l’esponeva l’odio di Giunone
fò di tutti i suoi nemici e di tutti i pericoli cui l’esponeva l’odio di Giunone ; giacchè questa Dea non odiava soltanto
l’odio di Giunone ; giacchè questa Dea non odiava soltanto le amanti di Giove, ma estendeva puranco la sua vendetta contr
nti di Giove, ma estendeva puranco la sua vendetta contro i figli che di esse nascevano. Licurgo re di Tracia avendo inseg
anco la sua vendetta contro i figli che di esse nascevano. Licurgo re di Tracia avendo inseguito Bacco e le sue sacerdotes
celebravano le orgie sul monte Nisa, fu accecato da Giove ad istanza di Bacco e morì in breve miseramente. Le Mineidi fig
ve ad istanza di Bacco e morì in breve miseramente. Le Mineidi figlie di Mineo principe tebano furono cangiate in pipistre
tebano furono cangiate in pipistrelli per aver lavorato in un giorno di festa solenne consacrata a Bacco. Questo Dio fu a
Bacco. Questo Dio fu accolto ne’ suoi viaggi cortesemente da Mida re di Frigia ed avendogli di più Mida restituito Sileno
ccolto ne’ suoi viaggi cortesemente da Mida re di Frigia ed avendogli di più Mida restituito Sileno che era stato preso da
ileno che era stato preso da’ contadini, Bacco in ricambio si offerse di concedergli qualunque cosa ei dimandasse. L’avari
in oro anche il pane ed il vino, fu costretto per non perire d’inedia di pregar Bacco a ripigliarsi il suo dono, e questi
di pregar Bacco a ripigliarsi il suo dono, e questi allora gl’impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la
gl’impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù di volgere arene d’oro. Bacco ebbe molti figli da Ar
’ India l’affetuosa Arianna abbandonata dall’ingrato Teseo nell’isola di Dia o di Nasso e che fosse scoperta dai Satiri e
’affetuosa Arianna abbandonata dall’ingrato Teseo nell’isola di Dia o di Nasso e che fosse scoperta dai Satiri e dai Fauni
fatto è che la sposò e le fe’ dono d’una corona d’oro lavoro egregio di Vulcano, che pose tra gli astri dopo la morte del
morte della sua sposa. Arianna partecipò nell’Olimpo all’immortalità di Bacco. Rappresentavasi Bacco in aria giovanile, o
lità di Bacco. Rappresentavasi Bacco in aria giovanile, ora seduto su di un gran tino, ora sopra di un carro tirato da due
asi Bacco in aria giovanile, ora seduto su di un gran tino, ora sopra di un carro tirato da due tigri, da linci e da pante
ro tirato da due tigri, da linci e da pantere, col capo inghirlandato di pampani e di edera, ora con una tazza in mano e n
due tigri, da linci e da pantere, col capo inghirlandato di pampani e di edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un
pampani e di edera, ora con una tazza in mano e nell’altra un tirso, di cui si era servito per far scaturire delle fonti
l’altra un tirso, di cui si era servito per far scaturire delle fonti di vino ; si raffigurava delle volte colle corna in
a in testa ; perchè ne’ suoi viaggi si era coperto sempre della pelle di un capro. Suoi seguaci erano i Satiri, che figura
i erano i Satiri, che figuravansi colle orecchie, le corna e le gambe di capro, ed il vecchio Sileno aio di lui, che lo se
olle orecchie, le corna e le gambe di capro, ed il vecchio Sileno aio di lui, che lo seguiva seduto sopra d’un asino. Bacc
asino. Bacco ebbe moltissimi nomi. In Egitto fu onorato sotto il nome di Osiride. A Bacco offerivasi mele, vino e latte ;
simbolo dell’indiscrezione de’bevitori. Il senato romano credè utile di proibire le feste che sotto il nome di Baccanali
. Il senato romano credè utile di proibire le feste che sotto il nome di Baccanali o Orgie si celebravano a Roma in autunn
di Baccanali o Orgie si celebravano a Roma in autunno con ogni genere di stravizzo. Le sacerdotesse di Bacco s’indicavano
avano a Roma in autunno con ogni genere di stravizzo. Le sacerdotesse di Bacco s’indicavano sotto diversi nomi : le più no
ortarono un tal nome. Vulcano Vulcano dio del fuoco era figlio di Giove e di Giunone. Nacque egli così deforme, che
tal nome. Vulcano Vulcano dio del fuoco era figlio di Giove e di Giunone. Nacque egli così deforme, che appena nat
ato, i suoi genitori lo precipitarono dal cielo, e cadendo nell’isola di Lenno si ruppe una coscia e restò zoppo da ambi i
uamente. Pretendono altri che fosse precipitato da Giove, per punirlo di aver voluto liberare la propria madre da lui appe
questo nascondiglio ricomparve nell’Olimpo, e sposò Venere per ordine di Giove. Aveva le sue fucine nelle isole di Lipari
, e sposò Venere per ordine di Giove. Aveva le sue fucine nelle isole di Lipari e di Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi fig
nere per ordine di Giove. Aveva le sue fucine nelle isole di Lipari e di Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli di Nettun
ne nelle isole di Lipari e di Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli di Nettuno e di Anfitrite o di Urano e della Terra d
e di Lipari e di Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli di Nettuno e di Anfitrite o di Urano e della Terra detti monocoli
i Lenno e sul monte Etna. I Ciclopi figli di Nettuno e di Anfitrite o di Urano e della Terra detti monocoli perchè non ave
la loro malvagità, essi furono annoverati tra gli Dei, e in un tempio di Corinto avevano un altare sul quale si offrivan l
avola dei Ciclopi se non che l’emblema dei vulcani. Si dicevano figli di Urano e della Terra a cagione dell’altezza e dell
a cagione dell’altezza e delle profonde radici dei monti vulcanici ; di Nettuno e di Anfirite, perchè ordinariamente il m
ll’altezza e delle profonde radici dei monti vulcanici ; di Nettuno e di Anfirite, perchè ordinariamente il mare bagna il
di Nettuno e di Anfirite, perchè ordinariamente il mare bagna il pie’ di queste montagne. Erano giganti di statura enorme
rdinariamente il mare bagna il pie’ di queste montagne. Erano giganti di statura enorme perchè queste montagne erano altis
avanlo ne’suoi lavori, i cani d’argento e d’oro che stavano a guardia di Alcinoo, le armi impenetrabili fatte per Achille
ardia di Alcinoo, le armi impenetrabili fatte per Achille a richiesta di Tetide tra le quali distinguevasi particolarmente
armi e scudi egualmente maravigliosi fece egli per Ercole ad istanza di Giove, per Enea alle preghiere di Venere. Erano
osi fece egli per Ercole ad istanza di Giove, per Enea alle preghiere di Venere. Erano pur lavoro di Vulcano, il palazzo
stanza di Giove, per Enea alle preghiere di Venere. Erano pur lavoro di Vulcano, il palazzo del Sole, la corona d’Arianna
rianna, il monile d’Ermione, il scettro d’Agamennone e la famosa rete di fili di metallo d’una sì grande finezza che era i
il monile d’Ermione, il scettro d’Agamennone e la famosa rete di fili di metallo d’una sì grande finezza che era invisibil
a rete di fili di metallo d’una sì grande finezza che era invisibile, di cui si servì per cogliere Marte e Venero. Di tutt
ibile, di cui si servì per cogliere Marte e Venero. Di tutte le opere di Vulcano la più maravigliosa fu la statua di Pande
Venero. Di tutte le opere di Vulcano la più maravigliosa fu la statua di Pandera che fu da lui anche animata. Si racconta
he gli Dei irritati nel vedere che Giove si arrogasse solo il diritto di creare gli nomini, ordinarono a Vulcano di fabbri
arrogasse solo il diritto di creare gli nomini, ordinarono a Vulcano di fabbricare una donna cui diedero il nome di Pando
ini, ordinarono a Vulcano di fabbricare una donna cui diedero il nome di Pandora, e che per renderla perfetta ognun di ess
nna cui diedero il nome di Pandora, e che per renderla perfetta ognun di essi le fece un dono. Venere le diede la bellezza
llezza, Pallade la sapienza, Mercurio l’eloquenza, ec. Giove fingendo di voler ei pure far un dono a Pandora, le regalò un
racchiudevansi tutti i mali. Dicesi che Pandora ebbe ordine da Giove di presentarlo a Prometeo contro del quale era adira
ifiutato a ricevere il vaso, Pandora lo presentò ad Epimeteo fratello di Prometeo, ed avendo egli avuta l’imprudenza di ap
ò ad Epimeteo fratello di Prometeo, ed avendo egli avuta l’imprudenza di aprirlo, ne uscirono tutti i mali che infestano i
tando solo la speranza infine del vaso tanto conosciuto sotto il nome di vaso di Pandora. Si rappresenta Vulcano come un u
lo la speranza infine del vaso tanto conosciuto sotto il nome di vaso di Pandora. Si rappresenta Vulcano come un uomo di e
sotto il nome di vaso di Pandora. Si rappresenta Vulcano come un uomo di età matura, zoppo da ambe le parti, con folta bar
altre deità infernali e descrizione dell’ inferno Plutone figlio di Saturno e di Reà, salvato come gli altri suoi fra
infernali e descrizione dell’ inferno Plutone figlio di Saturno e di Reà, salvato come gli altri suoi fratelli, ebbe i
e alcuna donna che volesse sposarlo, e fu per questo che si determinò di rapire Proserpina.   Plutone e Proserpina
to sotto i monti della Sicilia, Tifeo o Tifone gigante mostruoso, uno di quei che diedero l’assalto al cielo e che toccava
diedero l’assalto al cielo e che toccava le nuvole col capo, si agitò di tal maniera la Sicilia, che Plutone temè non si a
rno per vedere che fosse. Stava ne’ campi dell’Enna Proserpina figlia di Giove e di Cerere colle compagne cogliendo fiori.
ere che fosse. Stava ne’ campi dell’Enna Proserpina figlia di Giove e di Cerere colle compagne cogliendo fiori. Plutone la
sul suo carro e la trasportò nell’inferno. Non valsero le opposizioni di Ciane amica di Proserpina, la quale fu cangiata s
la trasportò nell’inferno. Non valsero le opposizioni di Ciane amica di Proserpina, la quale fu cangiata subito in fonte.
onquista fatta creò Proserpina regina dell’inferno e dielle il titolo di Giunone infernale. Si è già parlato delle ricerch
il suo regno. Questo Dio non ebbe posterità. La divinità e la potenza di Plutone non poterono metterlo in salvo dai colpi
nità e la potenza di Plutone non poterono metterlo in salvo dai colpi di Ercole, allorchè gli Dei combatterono per la sort
salvo dai colpi di Ercole, allorchè gli Dei combatterono per la sorte di Troia. Plutone in quella giornata provò la stessa
a sorte di Troia. Plutone in quella giornata provò la stessa fatalità di Giunone e fu ferito in una spalla dal figlio di A
vò la stessa fatalità di Giunone e fu ferito in una spalla dal figlio di Alemena. A lui ed a Proserpina sacrificavansi due
a sacrificavansi due nere vacche o due agnelle, essendo il numero due di cattivo augurio ; laddove ai celesti le viltime s
Plutone convolto fuligginoso, barba e capelli neri, sopra un cocchio di ferro tirato da neri cavalli, or con un bidente d
, sopra un cocchio di ferro tirato da neri cavalli, or con un bidente di ferro in mano, or con un mazzo di chiavi, e con u
da neri cavalli, or con un bidente di ferro in mano, or con un mazzo di chiavi, e con una corona d’ebano su la testa ; ta
i delle miniere, e fattone così il Dio delle ricchezze, sotto il nome di Pluto. Altri lo riconoscono nell’aria, perchè ris
sei mesi in cielo. Alcuni storici pretendono che prima dell’esistenza di un principe chiamato Plutone, gli uomini non cono
ilimento lo rendette meritevole dello scettro dell’inferno. L’inferno di cui Plutone era il Dio ed il re era un luogo sott
cui acqua limacciosa ed infetta tramanda mortali esalazioni, un fiume di fuooo, delle torri di ferro e di bronzo, delle ar
d infetta tramanda mortali esalazioni, un fiume di fuooo, delle torri di ferro e di bronzo, delle ardenti fornaci, dei mos
ramanda mortali esalazioni, un fiume di fuooo, delle torri di ferro e di bronzo, delle ardenti fornaci, dei mostri e delle
agli eroi. All’Inferno fingevansi due ingressi, l’uno presso il lago di Averno nella Campania, oggi Terra di Lavoro nel r
e ingressi, l’uno presso il lago di Averno nella Campania, oggi Terra di Lavoro nel regno di Napoli, l’altro per una caver
esso il lago di Averno nella Campania, oggi Terra di Lavoro nel regno di Napoli, l’altro per una caverna nel Tenaro, or ca
voro nel regno di Napoli, l’altro per una caverna nel Tenaro, or capo di Maina, promontorio del Peloponneso. Ovidio ne fin
assegnavan loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano figli di Giove e d’Europa. Il primo regnò in Creta, il sec
cipelago, sulle coste dell’Asia, come vogliono altri. Eaco era figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola di Egina, del
ulle coste dell’Asia, come vogliono altri. Eaco era figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola di Egina, della quale fu
ogliono altri. Eaco era figlio di Giove e di Egina, nacque nell’isola di Egina, della quale fu re. Tutti e tre passarono
erno e la loro probità fecero dar loro dopo morte dai poeti la carica di giudici supremi dell’Inferno. Minosse era nondime
, e gli altri due giudici, non erano per così dire, che gli assessori di lui. Le due grandi divisioni dell’Inferno sono il
no espiarsi. Questa prigione è dipinta vasta, fortificata da tre giri di mura e circondata da Flegetonte e Cocito ; un’alt
tri mai non erano da nube alcuna velati. Boschetti imbatsamati, selve di rosai e di mirti coprivano colle fresche loro omb
erano da nube alcuna velati. Boschetti imbatsamati, selve di rosai e di mirti coprivano colle fresche loro ombre le anime
esche loro ombre le anime fortunate. Solo il rossignolo aveva diritto di cantarvi i propri piaceri, e non erano interrotti
vir, in Ispagna, perchè vi si spedivano, come si crede, i prigionieri di stato. Cinque erano i fiumi dell’Inferno, Stige,
egetonte. Acheronte diceasi figlio del Sole e della Terra da alcuni e di Titano e di Cerere da altri, e cambiato in fiume
heronte diceasi figlio del Sole e della Terra da alcuni e di Titano e di Cerere da altri, e cambiato in fiume infernale pe
infernale per aver fornito l’acqua ai Titani nella lor guerra contro di Giove. Le sue acque erano fangose ed amare ; le o
e acque erano fangose ed amare ; le ombre lo passavane senza speranza di ritorno. Si rappresenta sotto la figura di un vec
o passavane senza speranza di ritorno. Si rappresenta sotto la figura di un vecchio coperto d’un abito umido. Riposa sopra
umido. Riposa sopra un’urna nera, e le onde che ne escono sono piene di spuma, perchè il loro corso era sì rapido che rot
mere le più gravi sciagure. Cocito risguardató da alcuni come un ramo di Stige circondava il Tartaro ed era formato delle
Il suo nome significa pianti e gemiti. Si rappresenta sotto la figura di un vecchio la cui urna versa delle acque che dopo
o un’ombra mesta e tenebrosa, e si vedeva pure una porta con gangheri di rame, dalla quale si penetrava nell’Inferno. Fleg
i penetrava nell’Inferno. Flegetonte o Priflegetonte volgeva torrenti di fiamme e da ogni lato circondava le caroeri de’co
Erano a questo fiume attribuite le più nocevoli qualità. Con l’acqua di questo fiume Cerere trasformò l’indiscreto Ascala
alafo. Su le sue sponde non vedevasi giammaï crescere albero o pianta di sorta alcuna e dopo un lungo corso contrario a qu
ero o pianta di sorta alcuna e dopo un lungo corso contrario a quello di Cocito, gittavasi com’esso nell’Acheronte. Lete d
che amrnettevano la metempsicosi gli attribuivano anohe la proprietà di disporre a soffrire di nuovo le miserle della vit
tempsicosi gli attribuivano anohe la proprietà di disporre a soffrire di nuovo le miserle della vita. Fu soprannominato il
na, dall’altra la tazza dell’oblivione. Si rappresenta anche coronato di papaveri e di loto. Stige è una celebre fontana c
la tazza dell’oblivione. Si rappresenta anche coronato di papaveri e di loto. Stige è una celebre fontana che gli Egizi a
quella formidable famiglia. Il supremo tra gli Dei oltremodo contento di tanto ossequio lo colmò di beneficenze e stabili
Il supremo tra gli Dei oltremodo contento di tanto ossequio lo colmò di beneficenze e stabili che quando gli Dei avessero
i mancassero rimanessero per cent’anni privi della divinità. Le acque di Stige erano infette, ed in esse si ponevano i tra
d in esse si ponevano i traditori ed i calunniatori. La decima parte di queste acque erano riserbate per gli Dei spergiur
anche marito della Notte da cui si vuele abbia avuto il Giorno. Prima di giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale di
e da cui si vuele abbia avuto il Giorno. Prima di giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale di Mimosse, era d’uopo pa
to il Giorno. Prima di giugnere alla regia di Plutone ed al tribunale di Mimosse, era d’uopo passar l’Acheronte in una ner
rca condotta du Caronte, figlio dell’Erebo e della Notte, vecchio, ma di robusta e verde vecchiezza, al quale le anime dov
li insepolti doveano errare per cento anni sulle rive del fiume prima di essere traghettate. Caronte si rappresenta come
osso, lordo del fango del fiume infernale. La sua barca ha vele color di ferro, ed egli tiene un palo e remo per dirigerla
remo per dirigerla. Nessun mortale vivente poteva entrare nella barca di Caronte, a meno che non avesse seco un ramo d’oro
La Sibilla ne diede uno al pio Enea, allorchè volle entrare nel regno di Plutone. Molto tempo avanti che questo principe v
hi del Tartaro per aver fatto passare Ercole, il quale non era munito di questo magico ramo. La favola di Caronte si spie
are Ercole, il quale non era munito di questo magico ramo. La favola di Caronte si spiega in vari modi. Credesi da alcuni
e un diritto su le sepolture. Lo vogliono altri un semplice sacerdote di Vulcano che seppe usurpare in Egitto il supremo p
i conduceva vicino a Menfi nelle amene campagne in vicinanza del lago di Acherusa. I sacerdoti egizi rifiutavano il passag
e erano morti senza pagare i loro debiti, e i parenti erano obbligati di tenere presso di sè il corpo fino a che li avesse
za pagare i loro debiti, e i parenti erano obbligati di tenere presso di sè il corpo fino a che li avessero pagati essi me
r ottenere il suo passaggio. I Greci avevano tolto dagli Egizi l’idea di far errare per cento anni sulle sponde del Cocito
si facevano a spese del pubblico. Dal lago che alcuni chiamano Palude di Acherusa nell’Epiro in Tesprozia sorgeva l’Achero
o Adriatico. Il Cocito era una palude fangosa che terminava in quella di Acherusa. Di là dell’Acheronte errava il Can Cer
serpente, e da Tifone vento procelloso e violento. Echidna era figlia di Crisaore e di Calliroe. Benchè gli Dei la tenesse
Tifone vento procelloso e violento. Echidna era figlia di Crisaore e di Calliroe. Benchè gli Dei la tenessero chiusa in u
chiusa in una caverna ebbe nondimeno da Tifone, Orco, Cerbero, l’Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge ed il Leone di Nemea
ne, Orco, Cerbero, l’Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge ed il Leone di Nemea. Cerbero era il custode dell’Inferno ed imp
i viventi e ne sortissero le ombre. Questo mostro aveva il collo irto di serpenti. Ercole lo incatenò allorchè trasse Alce
Ercole lo incatenò allorchè trasse Alceste dall’Inferno e lo strappò di sotto il trono di Plutone ove si era rifuggito. O
ò allorchè trasse Alceste dall’Inferno e lo strappò di sotto il trono di Plutone ove si era rifuggito. Orfeo addormentò qu
Sibilla che conduceva Enea nell’Inferno lo sopì pure con una focaccia di mele e di papavero. Molti si son dati a spiegare
e conduceva Enea nell’Inferno lo sopì pure con una focaccia di mele e di papavero. Molti si son dati a spiegare questa fav
ti a spiegare questa favola che credesi derivata dall’uso degli Egizi di far custodire i sepolcri da grossi alani, uso arr
vinse dopo aver incatenato la Morte, si è perchè le magnanime azioni di questo eroe, salvarono il nome di lui dall’oblio
te, si è perchè le magnanime azioni di questo eroe, salvarono il nome di lui dall’oblio e lo rendettero immortale. Tra le
a la Dea protettrice dei moribondi. Presiedeva ai funerali e col nome di Nenia si denominavano certi versi cantati nei fun
stessa Proserpina, e taluni distinguono da amendue, facendola figlia di Ceo Titano e Febe sacerdotessa di Apollo. Si dann
nguono da amendue, facendola figlia di Ceo Titano e Febe sacerdotessa di Apollo. Si danno molti caratteri a questa Dea e v
’infinito la sua genealogia ; pare che ogni paese avesse la sua Ecate di cui i mitologi hanno complicato le qualità e cumu
no complicato le qualità e cumulate le azioni. Si faceva anche figlia di Giove e di Latona e sorella di Apollo. Riconosces
to le qualità e cumulate le azioni. Si faceva anche figlia di Giove e di Latona e sorella di Apollo. Riconoscesi sotto que
late le azioni. Si faceva anche figlia di Giove e di Latona e sorella di Apollo. Riconoscesi sotto questo nome una benefic
ta Dea tutti gli stranieri spinti dal caso sulle coste del Chersoneso di Tauride : indi ella diviene sposa di Eete, ed ist
caso sulle coste del Chersoneso di Tauride : indi ella diviene sposa di Eete, ed istruisce nella propria arte due degne f
e Medea e Circe. Dea dei maghi e degl’incantesimi, era invocata prima di cominciare le magiche operazioni che la costringe
ed Atropo dette da alcuni figlie della Notte e dell’Averno, da altri di Giove e di Temi. Gli antichi credevano che quest
dette da alcuni figlie della Notte e dell’Averno, da altri di Giove e di Temi. Gli antichi credevano che queste divinità
erano riguardate siccome quelle che avevano un potere il più assoluto di tutte le altre. Padrone dispotiche della sorte de
eniva nel mondo era sottoposto al loro impero. Il loro ufficio si era di filar la vita degli uomini. Cloto tenea la conocc
rava il fuso e Atropo tagliava il filo colle forbici allorchè la vita di ciascuno era giunta al suo termine. Si voleva con
seconda li distribuiva, e l’inflessibilità della terza impediva loro di variare. In queste tre divinità tutto era emblema
gli uomini. Le Parche restarono sempre vergini e si dà loro l’epiteto di vecchie donzelle : non vi fu alcuno tanto ardito
iteto di vecchie donzelle : non vi fu alcuno tanto ardito per tentare di piacere ad esse. È forse questa la ragione per cu
i, con ispaventevole sguardo, con mani armate d’unghie adunche, avide di sangue e di carnificina. Erano anche zoppe. Si dà
entevole sguardo, con mani armate d’unghie adunche, avide di sangue e di carnificina. Erano anche zoppe. Si dà loro delle
alla d’avorio, onde sostituirla a quella stata distrutta dall’avidità di una Dea. Si vedono versar lagrime sulla morte del
r lagrime sulla morte dell’avvenente Adone, e tentare, benchè invano, di richiamarlo coi loro canti alla luce ; Proserpina
ce ; Proserpina non si lasciò commuovere. La dolce melodia della lira di Orfeo le intenerì a segno, che, per udirlo, lasci
fusi, e poscia raddoppiarono con velocità maggiore il lavoro, temendo di aver di troppo allumgato i destini. Dopo la morte
poscia raddoppiarono con velocità maggiore il lavoro, temendo di aver di troppo allumgato i destini. Dopo la morte di Achi
lavoro, temendo di aver di troppo allumgato i destini. Dopo la morte di Achille versarono amare lagrime e non vollero più
avasi particolarmente ai disordini della guerra, e gli Dei servivansi di Megera allorchè trattavasi di trarre qualcuno a m
dini della guerra, e gli Dei servivansi di Megera allorchè trattavasi di trarre qualcuno a morte. Così formidabili divinit
ra i loro tempii. Ne avevano in molti luoghi della Grecia e servivano di inviolabile asilo ai delinquenti. Nei sacrifici c
ciosa, colla bocca spalancata, con abiti neri e insanguinati, con ali di pipistrello, con serpenti intreociati intorno al
ociati intorno al capo, con una torcia ardente in mano ed un flagello di serpente nell’altra oppure un uncino, con il Terr
la Morte per compagni. In questa guisa stando sedute intorno al trono di Plutone, attendono esse i suoi ordini con un’impa
chiamarono anche Erinni ed Eumenidi in terra ; Dire in cielo e Cagne di Stige nell’Inferno. Molti furono tormentati in vi
a dalle Furie, ma non avvi esempio più strepitoso delle loro vendette di quello dell’infelice Oreste, che perseguitarono t
igurare i rimorsi che accompagnano i delitti. I Mani erano una specie di Geni che presiedevano a morti. Da alcuni furono p
bbe molti figli e che rappresentavasi per lo più in veste nera sparsa di stelle diceasi abittue l’Inferno colla Morte, col
allo. I poeti la rappresentano colle sole ossa, in veste nera, sparsa di stelle, colle ali e molte volte con una falce in
ne gli scorre intorno e non sentesi che il lento mormorio delle acque di questo fiume. Il Sonno sta disteso in una sala su
orio delle acque di questo fiume. Il Sonno sta disteso in una sala su di un letto di piume che ha le tende nere. I Sogni g
cque di questo fiume. Il Sonno sta disteso in una sala su di un letto di piume che ha le tende nere. I Sogni gli stanno di
figlio o ministro, che addormenta tutti quelli che tocca con un gambo di papavero e fa sognare, sta vegliando per impedire
ndo in quel luogo. Si rappresenta con un corno in una mano e un dente di elefante in un’altra. Si rappresenta anche in fig
a. Si rappresenta anche in figura d’un giovane sdraiato mollemente su di un gruppo di nubi, ed esprimente quello stato di
enta anche in figura d’un giovane sdraiato mollemente su di un gruppo di nubi, ed esprimente quello stato di quiete in cui
raiato mollemente su di un gruppo di nubi, ed esprimente quello stato di quiete in cui trovansi i mortali, mentre egli con
impero. Si faceva soggiornare in fine nell’Inferno anche Pluto figlio di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro
aceva soggiornare in fine nell’Inferno anche Pluto figlio di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone,
che Pluto figlio di Cerere e di Giasone dio delle ricchezze, ministro di Plutone, col quale è stato alle volte confuso. Si
cecato per togliergli il discernimento. Si rappresenta sotto la forma di un vecchio che tiene una borsa in mano. I poeti h
vecchio che tiene una borsa in mano. I poeti hanno conservato il nome di alcuni più celebri tra i condannati del Tartaro e
o ed il genere del supplizio con cui vi erano tormentati. Tantalo re di Lidia o di Frigia nell’Asia minore, figlio di Gio
ere del supplizio con cui vi erano tormentati. Tantalo re di Lidia o di Frigia nell’Asia minore, figlio di Giove e della
tormentati. Tantalo re di Lidia o di Frigia nell’Asia minore, figlio di Giove e della ninfa Plote o Ploto o Pluto figlia
ia minore, figlio di Giove e della ninfa Plote o Ploto o Pluto figlia di Teoclimene, dicesi che in un convito offerto agli
ù avida degli altri o distratta dall’affano che le cagionava il ratto di sua figlia senza avverdersene ne mangiasse una sp
spalla ; ma Giove inorridito per un tale misfatto, riunite le membra di Pelope col ministero delle Parche lo richiamò in
n mezzo alle acque che gli giungono fino al mento, ma che gli sfuggon di sotto quando si abbassa per beverne ; e collocand
abbassa per beverne ; e collocandogli sopra la testa un albero carico di frutta, che s’innalzano ogni volta che stende il
e stende il braccio per coglierne. Le Danaidi erano cinquanta figlie di Danao re d’Argo, ch’egli maritò tutte in un giorn
Danao re d’Argo, ch’egli maritò tutte in un giorno a cinquanta figli di Egitto suo fratello. Avendo inteso Danao dagl’ind
vini che dai generi dovea essere privato del regno ordinò alle figlie di uccidere la stessa notte tuttì i loro mariti. Qua
figlie di uccidere la stessa notte tuttì i loro mariti. Quarantanove di esse eseguirono il barbaro comando, e non fuvvi c
con un vaglio. Si chiamavano anche Belidi, da Belo re d’Egitto padre di Danao. Si è immaginato questo favoloso castigo pe
lle trombe ; e siccome si traeva forse continuamente acqua col unezzo di queste trombe pei differenti usi delle Danaidi, c
e a riempire un vaso forato, per consumare tant’ acqua. Sisifo figlio di Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di
re un vaso forato, per consumare tant’ acqua. Sisifo figlio di Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante
per consumare tant’ acqua. Sisifo figlio di Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo era u
cqua. Sisifo figlio di Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo era uno de’ più astuti pri
iglio di Eolo e di Enarete, nipote di Elleno e fratello di Atamante e di Salmoneo era uno de’ più astuti principi del suo
ra uno de’ più astuti principi del suo tempo. Avendo occupato l’istmo di Corinto, infestava l’Attica co’ suoi latrocinii e
orinto, infestava l’Attica co’ suoi latrocinii e schiacciava col peso di enorme sasso quelli che gli cadevano tra le mani.
al basso. La rupe che gli fanno incessantemente muovere, è l’emblema di un ambizioso principe che lunga pezza ravvolse in
di disegni senza eseguirli. Flegia re de’ Lapiti volendosi vendicare di Apollo che aveva sedotta l’unica sua figlia Coron
tato dagli Dei nel Tartaro fu condannato a starsi perpetuamente sotto di un sasso che sempre minaccia di rovinargli addoss
ndannato a starsi perpetuamente sotto di un sasso che sempre minaccia di rovinargli addosso e schiacciarlo. Issione altro
rovinargli addosso e schiacciarlo. Issione altro re de’ Lapiti figlio di Giove e della ninfa Melete come dicono molti mito
e della ninfa Melete come dicono molti mitologi sposò Dia, figliuola di Deione o Deioneo. Volendosi vendicare di suo suoc
itologi sposò Dia, figliuola di Deione o Deioneo. Volendosi vendicare di suo suocero per un’ingiuria che ne aveva ricevuto
rire in modo barbaro. Egli fu il primo che si fece reo dell’uccisione di una persona della sua famiglia. Questo delitto de
la sua tavola ; e questo ingrato principe abbagliato dalle attrattive di Giunone osò dichiararle la propria passione. Giov
pre. I serpenti che circondano la ruota servono ad indicare i rimorsi di una coscienza lacerata dalla memoria di un orribi
servono ad indicare i rimorsi di una coscienza lacerata dalla memoria di un orribile delitto ; il perpetuo movimento della
in cui visse questo principe dopo il suo parricidio. Tizio era figlio di Giove e di Elara ; ma si disse figlio della Terra
e questo principe dopo il suo parricidio. Tizio era figlio di Giove e di Elara ; ma si disse figlio della Terra, perchè su
er nasconderla a Giunone e perchè la Terra era riguardata qual’ madre di tutti i giganti. Esso era uno smisurato gigante ;
. Esso era uno smisurato gigante ; Apollo e Diana lo uccisero a colpi di freccia per aver tentato di far violenza a Latona
ante ; Apollo e Diana lo uccisero a colpi di freccia per aver tentato di far violenza a Latona ; e sepolto nel Tartaro, ov
polto nel Tartaro, ove occupava collo smisurato suo corpo nove iugeri di terreno, fu condannato ad avere le viscere sempre
e mandava fiamme da cinquanta bocche e da cinquanta petti, ad istanza di Teti, nella cospirazione degli Dei contro Giove,
zione degli Dei contro Giove, salisse al cielo e si sedesse al fianco di Giove, e che col suo fiero e terribile contegno s
egno spaventasse i congiurati Numi e fe’ loro abbandonare il progetto di legare il supremo degli Dei. Giove in riconoscenz
vrebbe scelto unitamente a Gige e Cotto, suoi fratelli, per servirgli di guardia. Pretendesi da altri che Briareo avesse p
pastori è confusa dai mitologi con Cibele e con Cerere. Nel giorno 19 di aprile celebravasi tutti gli anni nelle campagne
asi tutti gli anni nelle campagne una festa chiamata palilia in onore di questa divinità. I contadini avevano in quel gior
di questa divinità. I contadini avevano in quel giorno tutta la cura di purificarsi con profumi mescolati di sangue di ca
ano in quel giorno tutta la cura di purificarsi con profumi mescolati di sangue di cavallo, di ceneri di un giovane vitell
l giorno tutta la cura di purificarsi con profumi mescolati di sangue di cavallo, di ceneri di un giovane vitello che face
ta la cura di purificarsi con profumi mescolati di sangue di cavallo, di ceneri di un giovane vitello che facevano bruciar
di purificarsi con profumi mescolati di sangue di cavallo, di ceneri di un giovane vitello che facevano bruciare, e di ga
di cavallo, di ceneri di un giovane vitello che facevano bruciare, e di gambi di fave. Purificavano eziandio le stalle e
lo, di ceneri di un giovane vitello che facevano bruciare, e di gambi di fave. Purificavano eziandio le stalle e gli ovili
urificavano eziandio le stalle e gli ovili non che le mandre col fumo di sabina e di zolfo ; poscia offrivansi dei sacrifi
eziandio le stalle e gli ovili non che le mandre col fumo di sabina e di zolfo ; poscia offrivansi dei sacrifizi alla Dea
no in latte, in vino cotto e in miglio. La festa terminava con fuochi di paglia, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suo
ava con fuochi di paglia, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suono di flauti, di cembali e di tamburi. Pane e Siri
chi di paglia, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suono di flauti, di cembali e di tamburi. Pane e Siringa Pane,
, e i giovinetti vi saltavano sopra, al suono di flauti, di cembali e di tamburi. Pane e Siringa Pane, Fauno, Silva
tori antichi non sono d’accordo sulla sua origine. Chi lo vuol figlio di Giove, chi di Mercurio. Si ritiene però più comun
on sono d’accordo sulla sua origine. Chi lo vuol figlio di Giove, chi di Mercurio. Si ritiene però più comunemente che il
o. Si ritiene però più comunemente che il Pane dei Greci fosse figlio di quest’ultimo Dio e di Penelope, figlia d’Icario e
comunemente che il Pane dei Greci fosse figlio di quest’ultimo Dio e di Penelope, figlia d’Icario e poscia moglie di Ulis
io di quest’ultimo Dio e di Penelope, figlia d’Icario e poscia moglie di Ulisse re d’Itaca. Pane era dio dei caceiatori, d
glie di Ulisse re d’Itaca. Pane era dio dei caceiatori, dei pastori e di tutti gli abitanti delle campagne. Siccome Pane v
ella natura tutta e sotto questo titolo viene considerato come figlio di Demogorgone, il più antico degli Dei che aveva pe
iscere della terra. Questi era un Dio terribile, che non era permesso di nominare. Oltre l’esser stato padre di Pane dices
erribile, che non era permesso di nominare. Oltre l’esser stato padre di Pane dicesi che fosser pur anche figli suoi le tr
che sedusse sotto diverse figure. Ma non potè vincere Siringa figlia di Ladone fiume d’Arcadia, la quale da lui fuggendo
e dal suono che fecero le canne fra lor percosse, prese poscia l’idea di far la zampogna di cui fu l’inventore. Accompagnò
ero le canne fra lor percosse, prese poscia l’idea di far la zampogna di cui fu l’inventore. Accompagnò Bacco nelle Indie
mpogna di cui fu l’inventore. Accompagnò Bacco nelle Indie e fu padre di molti Satiri. La sua principal cura era di stare
cco nelle Indie e fu padre di molti Satiri. La sua principal cura era di stare giorno e notte nelle campagne suonando la z
agne suonando la zampogna e custodendo gli armenti. Si faceva piacere di incutere, con subitanee apparizioni, timore agli
nel Peloponneso ove Apollo andava a cantar sulla lira la metamorfosi di Dafne. Narrasi dai Greci che quando i Galli sotto
fosi di Dafne. Narrasi dai Greci che quando i Galli sotto la condotta di Brenno s’accingevano scorrendo la Grecia a spogli
tta di Brenno s’accingevano scorrendo la Grecia a spogliare il tempio di Delfo, venne loro incusso da Pane un improvviso t
ovviso terrore per cui tutti diedersi a fuggire. Da ciò prese origine di chiamar Terror Panico quel terrore che ci assale
i rappresenta rosso in viso, colle corna in testa, lo stomaco coperto di peli, la parte inferiore del corpo simile a quell
stomaco coperto di peli, la parte inferiore del corpo simile a quella di un capro. Gli si sacrificava una capra. Molti co
nte Dio delle selve e si rappresenta ora colle corna e metà del corpo di capra, ora con tutta l’umana forma ; ed in questo
ultimo caso gli si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fatta di foglie e di pine, un abito rustico che gli scende
gli si dà una ronca in mano, una corona rozzamente fatta di foglie e di pine, un abito rustico che gli scende sino alle g
forma è preso per il dio Pane ed allora si vede tutto nudo, coronato di edera, portando dalla sinistra mano un ramo di pi
e tutto nudo, coronato di edera, portando dalla sinistra mano un ramo di pino carico di pine, locchè dimostra che il pino
oronato di edera, portando dalla sinistra mano un ramo di pino carico di pine, locchè dimostra che il pino era l’albero fa
ino carico di pine, locchè dimostra che il pino era l’albero favorito di questo Dio. Spesse fiate invece di pino ha un ram
che il pino era l’albero favorito di questo Dio. Spesse fiate invece di pino ha un ramo di cipresso in mano per memoria d
albero favorito di questo Dio. Spesse fiate invece di pino ha un ramo di cipresso in mano per memoria del giovane Cipariss
aver regnato per la felicitò degli uomini. Fauno Dio campestre figlio di Mercurio e della Notte, dipingevasi come Pane ma
to. Gli si sacrificava un agnello o un capretto. I Satiri detti figli di Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani di Silvano si
icava un agnello o un capretto. I Satiri detti figli di Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani di Silvano si confondono soven
capretto. I Satiri detti figli di Pane, i Fauni di Fauno ed i Silvani di Silvano si confondono soventi gli uni cogli altri
retto rapporto coll’agricoltura. I loro lineamenti sono meno schifosi di quelli dei Satiri ed hanno anche una fisonomia di
sono meno schifosi di quelli dei Satiri ed hanno anche una fisonomia di essi più allegra. Si consacrava ad essi il pino e
a voce dei Fauni si facesse sentire nel più folto dei boschi. Il nome di Silvani era generico e si dava ai Fauni, ai Satir
lle vergini e presiedeva all’autunno ed ai giardini. Avendo il potere di cambiare di forma a suo piacere si riguardava anc
e presiedeva all’autunno ed ai giardini. Avendo il potere di cambiare di forma a suo piacere si riguardava anche come il D
he come il Dio dei pensieri e dei cambiamenti. Pare che sotto il nome di Vertunno volessero gli antichi prestare omaggio a
l’anno ed alle sue variazioni. Lo si rappresenta come sotto la figura di un giovane, con una corona d’erba di varie specie
rappresenta come sotto la figura di un giovane, con una corona d’erba di varie specie, con un abito assai corto, con de’ f
bbe questo Dio un tempio a Roma nella piazza del mercato. Invaghitosi di Pomona Dea de’ frutti e de’ giardini, molto disti
dini, molto distinta per la sua bellezza e che avea rifiutato la mano di vari Dei, impiegò tutti i mezzi per farle superar
nozae e riescì a piegarla colle persuasioni avendo prese le sembianze di una vocchia ; indi fattosi conoscere e trasmutato
Ebbe anch’esse un tempio in Roma. Si rappresenta da alcuni seduta su di un cesto pieno di fiori e di frutti con un ramosc
tempio in Roma. Si rappresenta da alcuni seduta su di un cesto pieno di fiori e di frutti con un ramoscello nella mano dr
Roma. Si rappresenta da alcuni seduta su di un cesto pieno di fiori e di frutti con un ramoscello nella mano dritta ed alc
itta ed alcuni pomi nella sinistra ; da altri si rappresenta coronata di foglie di vite e di grappoli d’uva con un corno d
cuni pomi nella sinistra ; da altri si rappresenta coronata di foglie di vite e di grappoli d’uva con un corno d’abbondanz
nella sinistra ; da altri si rappresenta coronata di foglie di vite e di grappoli d’uva con un corno d’abbondanza tra le m
grappoli d’uva con un corno d’abbondanza tra le mani ovvero un cesto di fiori. Giunto Vertunno con sua moglie in età avan
fede che le aveva data. Non era il solo Vertunno che avesse il potere di cambiar di forme, ebbervi Proteo, Periclimene ed
aveva data. Non era il solo Vertunno che avesse il potere di cambiar di forme, ebbervi Proteo, Periclimene ed Acheloo.
ne ed Acheloo. Proteo Proteo, dio marino, figlio dell’Oceano e di Teti, e secondo altri di Nettuno e di Fenice, dim
Proteo, dio marino, figlio dell’Oceano e di Teti, e secondo altri di Nettuno e di Fenice, dimorava ordinariamente nel
io marino, figlio dell’Oceano e di Teti, e secondo altri di Nettuno e di Fenice, dimorava ordinariamente nel mar Carpazio,
zio, così chiamato da Carpata, ora Scarpanto isola situata tra quelle di Rodi e di Creta. I Greci vogliono che nascesse a
chiamato da Carpata, ora Scarpanto isola situata tra quelle di Rodi e di Creta. I Greci vogliono che nascesse a Pallene ci
he nascesse a Pallene città della Tessaglia. Era custode delle gregge di Nettuno chiamate foche o vitelli marini, è suo pa
che o vitelli marini, è suo padre in compenso lo avea dotato del dono di predire l’avvenire, ma non lo diceva se non vi er
perchè altrimenti prendeva tutte le forme per ispaventare chi cercava di avvicinarlo. Comparve in forma di spettro ai suoi
e forme per ispaventare chi cercava di avvicinarlo. Comparve in forma di spettro ai suoi figli Tmolo e Telegone giganti cr
cui desistettero dalle scelleraggini che commettevano. Aristeo figlio di Apollo e di Cirene avendo perdute tutte le sue ap
tero dalle scelleraggini che commettevano. Aristeo figlio di Apollo e di Cirene avendo perdute tutte le sue api, andò per
consiglio della madre Cirene a consultare Proteo per sapere il mezzo di rìsuperare le sue api, e dovette sorprenderlo men
dovette sorprenderlo mentre dormiva e con questo artificio gli riuscì di farlo parlare. Vogliono alcuni che Proteo sia sta
gnava, per così dire, circuirlo da vicino per iscoprirli. Si mostrava di rado in pubblico e soltanto a certe ore determina
erte ore determinate passeggiava co’ suoi cortigiani. Facile e pronto di spirito, sapeva trovare mille maniere per evitare
Facile e pronto di spirito, sapeva trovare mille maniere per evitare di lasciarsì penetrare. I re d’Egitto avendo d’altro
evitare di lasciarsì penetrare. I re d’Egitto avendo d’altronde l’uso di portare, in segno del loro coraggio e del loro po
di portare, in segno del loro coraggio e del loro potere, la spoglia di un leone, di un toro o di un drago, qualche volta
in segno del loro coraggio e del loro potere, la spoglia di un leone, di un toro o di un drago, qualche volta de’rami d’al
loro coraggio e del loro potere, la spoglia di un leone, di un toro o di un drago, qualche volta de’rami d’alberi e altre
vivano ad ispirare ai sudditi un timore superstizioso e quindi l’idea di prendere tutte le forme per ispaventare chi cerca
quindi l’idea di prendere tutte le forme per ispaventare chi cercava di avvicinarlo. Da altri fu detto che Proteo era un
lle attrattive della sua eloquenza conduceva a suo talento lo spirito di chi l’ascoltava. Avvi chi ne fa un commediante, u
un commediante, un mimo tanto agile che mostravasi sotto un’infinità di differenti figure. Fu messo infine nel numero di
i sotto un’infinità di differenti figure. Fu messo infine nel numero di quegli incantatori di cui abbondava l’Egitto, e c
differenti figure. Fu messo infine nel numero di quegli incantatori di cui abbondava l’Egitto, e che affascinavano, co’
cchi della ignorante moltitudine. Se n’era fatto un Dio marino figlio di Nettuno perchè era possente sul mare, e i suoi su
lo marittimo e dedito alla navigazione, sono stati chiamati le gregge di Nettuno. Feronia Feronia era Dea de’ bosch
empio, volendo gli abitanti trasportare altrove in salvo il simulacro di lei, ella fece subito rinverdire il legno del qua
amente verdeggiante e per ciò desistettero dall’impresa. I sacerdoti di questa Dea camminavano a piè nudi sopra i carboni
Zefiro vento d’occidente ed uno de’ quattro principali, era figlio di Eolo e dell’Aurora e secondo altri di Astrea. Spi
quattro principali, era figlio di Eolo e dell’Aurora e secondo altri di Astrea. Spira questo vento così soavemente ed ha
me significa infatti che reca la vita. Si rappresenta sotto la figura di un giovinetto con faccia serena, colle ali di far
resenta sotto la figura di un giovinetto con faccia serena, colle ali di farfalla ed incoronato di ogni sorta di fiori. Am
un giovinetto con faccia serena, colle ali di farfalla ed incoronato di ogni sorta di fiori. Amò teneramente e sposò Clor
con faccia serena, colle ali di farfalla ed incoronato di ogni sorta di fiori. Amò teneramente e sposò Clori secondo i Gr
e e sposò Clori secondo i Greci è Flora secondo i Latini ; e l’imeneo di questa amabile coppia si mette in primavera.  
lora come la Dea de’ fiori e della primavera, e si rappresenta ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori.
ri e della primavera, e si rappresenta ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori. Flora era una delle dee
a, e si rappresenta ornata di ghirlande con vicino di lei molte ceste di fiori. Flora era una delle dee che presiedeva al
venivano offerti dei sacrifici. Quando le donne celebravano le feste di questa Dea, chiamate giuochi floreali, correvano
o al suon delle trombe e quelle che vincevano al corso erano coronate di fiori. La Clori o Cloride de’ Greci era secondo e
particolarmente onorato, per la qual cosa vennegli dato il soprannome di Lampsacio, Lampsaceno o Lampsaco. Dicesi che Vene
he si fermò in Lampsaco per isgravarsi. Giunone, che dopo il giudizio di Paride la odiava tanto, le offrì la sua assistenz
nel parto, e ricevette il fanciullo sì deforme, che non osando Venere di riconoscerlo, ordinò fosse esposto su di un monte
forme, che non osando Venere di riconoscerlo, ordinò fosse esposto su di un monte vicino a Lampsaco, ove fu allevato dai p
aco, ove fu allevato dai pastori. Si dipingeva soventi sotto la forma di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie d
u allevato dai pastori. Si dipingeva soventi sotto la forma di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, c
. Si dipingeva soventi sotto la forma di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di foglie di v
nti sotto la forma di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di foglie di vite o di alloro, co
di Erme o di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di foglie di vite o di alloro, colla barba e la chio
di Termine, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di foglie di vite o di alloro, colla barba e la chioma scompos
, con corna di becco, orecchie di capra, coronato di foglie di vite o di alloro, colla barba e la chioma scomposta e con u
e ne procurasse la fertilità. Questo Dio che presiedeva ad ogni sorta di dissolutezze era particolarmente venerato da colo
e era particolarmente venerato da coloro che mantenevano delle mandre di capre o di pecore o di api. Termine Questo
colarmente venerato da coloro che mantenevano delle mandre di capre o di pecore o di api. Termine Questo Dio presie
enerato da coloro che mantenevano delle mandre di capre o di pecore o di api. Termine Questo Dio presiedeva ai limi
grave delitto il violare. Pretendesi che si debba a Numa l’invenzione di questa divinità come un freno più atto delle legg
esta divinità come un freno più atto delle leggi a moderare l’avidità di invadere i possessi altrui. Avendo voluto poscia
re senza braccia e senza piedi, affinchè, dicesi, non potesse cambiar di posto. Anticamente non sacrificavasi a questo Dio
ente non sacrificavasi a questo Dio alcun animale ; si stabilì poscia di sacrificargli un agnello o una porca lattante. I
edesimi dei campi. I due proprietari vicini andavano a gara per ornar di ghirlande il limite principale presso cui innalza
famiglie, davano un banchetto cui d’ordinario intervenivano i villici di quei contorni. Fra le cerimonie di quella festa,
’ordinario intervenivano i villici di quei contorni. Fra le cerimonie di quella festa, pur quella praticavasi di fregare c
ei contorni. Fra le cerimonie di quella festa, pur quella praticavasi di fregare col sangue della vittima il limite o la p
di fregare col sangue della vittima il limite o la pietra che serviva di confine, e in mancanza di sangue ; ungevasi di ol
a vittima il limite o la pietra che serviva di confine, e in mancanza di sangue ; ungevasi di olio semplice o preparato.
la pietra che serviva di confine, e in mancanza di sangue ; ungevasi di olio semplice o preparato. Eolo ed altri venti
e si riserbò l’impero dell’aria. Egli poi affidò ad Eolo figlio suo e di Acesta o Sergesta figlia di Ippote troiano il gov
ria. Egli poi affidò ad Eolo figlio suo e di Acesta o Sergesta figlia di Ippote troiano il governo de’ venti, ed Eolo tene
i rinchiusi nelle spelonche delle isole Eolie o Eolidi o Vulcanie ora di Lipari tra la Sicilia ed il continente dell’Itali
ia ed il continente dell’Italia ov’egli risiedeva. Era tale il potere di Eolo sui venti che la sola sua volontà li ritenev
sua volontà li riteneva. Quando i venti gettarono Ulisse negli stati di Eolo, questi lo accolse molto cortesemente e per
negli stati di Eolo, questi lo accolse molto cortesemente e per segno di benevolenza gli fece dono di alcuni otri in cui s
o accolse molto cortesemente e per segno di benevolenza gli fece dono di alcuni otri in cui stavano rinchiusi i venti cont
i stavano rinchiusi i venti contrari alla sua navigazione. I compagni di Ulisse, vinti dalla curiosità, aprirono questi ot
osità, aprirono questi otri, donde fuggirono i venti che furono causa di una sì spaventevole tempesta che fece perire tutt
ausa di una sì spaventevole tempesta che fece perire tutti i vascelli di Ulisse, il quale potè appena salvarsi su di una t
e perire tutti i vascelli di Ulisse, il quale potè appena salvarsi su di una tavola. Questo principe si presentò nuovament
come un uomo colpito dalvira degli Dei. Si rappresenta sotto la forma di un vecchio venerabile, con un scettro in mano, se
la forma di un vecchio venerabile, con un scettro in mano, seduto su di alcuni gruppi di nubi, o all’entrata di un antro
ecchio venerabile, con un scettro in mano, seduto su di alcuni gruppi di nubi, o all’entrata di un antro da cui sortono i
un scettro in mano, seduto su di alcuni gruppi di nubi, o all’entrata di un antro da cui sortono i venti sotto la figura d
ubi, o all’entrata di un antro da cui sortono i venti sotto la figura di teste gonfiate. Si attribuiscono ad Eolo dodici f
aggi. Si fa padre dei venti tempestosi o delle procelle Tifone marito di Echidna, e da Astreo e dall’Aurora o da Eribea si
ci, fu egualmente acceso dai fuochi dell’amore. Invaghitosi vivamente di Orizia figlia di Eretteo sesto re di Atene, e non
acceso dai fuochi dell’amore. Invaghitosi vivamente di Orizia figlia di Eretteo sesto re di Atene, e non avendo potuto re
ell’amore. Invaghitosi vivamente di Orizia figlia di Eretteo sesto re di Atene, e non avendo potuto renderla sensibile all
altre fanciulle della sua età, e la trasportò nella Ciconia, regione di Tracia, dove la sposò, e la rese madre di due fig
ortò nella Ciconia, regione di Tracia, dove la sposò, e la rese madre di due figli gemelli Zete e Calai e di due fanciulle
a, dove la sposò, e la rese madre di due figli gemelli Zete e Calai e di due fanciulle Cleopatra e Chione. Ebbe grandi ono
a leggerezza. Si ricopre alcune volte con un mantello ed ha la figura di un giovine. Alcune volte si rappresenta con una f
polvere quando scorre la terra. Cangiato in cavallo provvide Dardano di dodici giannetti (specie di cavalli spagnuoli) di
rra. Cangiato in cavallo provvide Dardano di dodici giannetti (specie di cavalli spagnuoli) di tanta velocità, che correan
lo provvide Dardano di dodici giannetti (specie di cavalli spagnuoli) di tanta velocità, che correano sulle spiche senza c
entano il primo, che dicono vento furioso e freddissimo, con una coda di serpente ed i capelli sempre bianchi. Euro vento
o fiori ovunque passa. Dietro lui evvi un sole nascente. Vien dipinto di color nero, perchè questo colore è quello degli E
ocato che ardeva le città ed i vascelli in mare. Si dipinge da alcuni di statura alta, vecchio, con capelli canuti, di asp
e. Si dipinge da alcuni di statura alta, vecchio, con capelli canuti, di aspetto cupo, col capo circondato di nuvole, e st
ta, vecchio, con capelli canuti, di aspetto cupo, col capo circondato di nuvole, e stillante acqua da tutte le parti de’ s
te le parti de’ suoi vestimenti ; si mette anche seduto nella caverna di Eolo in atto di asciugarsi le ali dopo la tempest
suoi vestimenti ; si mette anche seduto nella caverna di Eolo in atto di asciugarsi le ali dopo la tempesta. Avvi chi lo p
arsi le ali dopo la tempesta. Avvi chi lo personifica sotto la figura di un uomo alato, robusto, intieramente nudo. Cammin
urono dalla superstizione le terribili potenze dell’aria, si credette di poterne coi voti e colle offerte disarmare lo sde
alle tempeste. Imene Imene Alcuni poeti fanno Imene figlio di Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio di
te. Imene Imene Alcuni poeti fanno Imene figlio di Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio di Bacco e di
ne Imene Alcuni poeti fanno Imene figlio di Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio di Bacco e di Venere, e tu
fanno Imene figlio di Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio di Bacco e di Venere, e tutti lo hanno destinato a p
e figlio di Apollo e di Urania o di Calliope, altri figlio di Bacco e di Venere, e tutti lo hanno destinato a presiedere a
ispiare tale sventura, avevano stabilito d’invocarlo in quella sorta di cerimonia, come i Romani invocavano Talassio ; qu
no Talassio ; questi però, secondo alcuni, non era altro che un grido di gioia ripetuto nei maritaggi. L’Imene più general
aritaggi. L’Imene più generalmente conosciuto era un giovine ateniese di somma bellezza dotato, ma poverissimo e di oscura
to era un giovine ateniese di somma bellezza dotato, ma poverissimo e di oscura origine ; era in un’età in cui un giovinet
ò facilmente essere tenuto per una fanciulla, allorchè divenne amante di una donzella ateniese ; ma siocome dessa era di n
lorchè divenne amante di una donzella ateniese ; ma siocome dessa era di nascita molto superiore alla sua, così non osava
a, così non osava egli dichiarare la sua passione, quindi si contentò di seguirla ovunque ella andava. Un giorno che le si
si contentò di seguirla ovunque ella andava. Un giorno che le signore di Atene dovevano celebrare sulla spiaggia del mare
signore di Atene dovevano celebrare sulla spiaggia del mare la festa di Cerere, alla quale doveva intervenire la sua favo
arcata la loro preda, per la stanchezza s’addormentarono. Imene pieno di coraggio propose alle compagne di trucidare i lor
hezza s’addormentarono. Imene pieno di coraggio propose alle compagne di trucidare i loro rapitori, e si pose alla loro te
lea del popolo il suo essere, e ciò che gli era accaduto, promettendo di far ritornare in Atene tutte quelle donne, purchè
in Atene tutte quelle donne, purchè gli fosse stata accordata la mano di quella ch’egli teneramente amava. La sua proposta
proposta venne accettata, sposò egli la sua innamorata, e in memoria di un sì fortunato maritaggio, gli Ateniesi sempre l
he cantavansi alle nozze. Imene si rappresenta sempre sotto la figura di un giovinetto biondo, alle volte coronato di fior
a sempre sotto la figura di un giovinetto biondo, alle volte coronato di fiori e specialmente di maggiorana ; egli tiene d
di un giovinetto biondo, alle volte coronato di fiori e specialmente di maggiorana ; egli tiene dalla destra mano una fac
rana ; egli tiene dalla destra mano una facé e dalla sinistra un velo di color giallo, perchè anticamente questo colore er
colarmente applicato alle nozze ; altre volte con abito bianco ornato di fiori con una fiaccola in mano ed un innaffiatoio
a in mano ed un innaffiatoio ; si trova anche figurato con una corona di rose e di spini, un giogo ornato di fiori e due f
ed un innaffiatoio ; si trova anche figurato con una corona di rose e di spini, un giogo ornato di fiori e due faci che ha
ova anche figurato con una corona di rose e di spini, un giogo ornato di fiori e due faci che hanno una fiamma medesima.
a. Cupido Sono molto discordi i mitologi nel fissare l’origine di Cupido. Lo fanno figlio del Caos e della Terra, d
fissare l’origine di Cupido. Lo fanno figlio del Caos e della Terra, di Zefiro e di Eride o la Discordia, di Venere e Vul
rigine di Cupido. Lo fanno figlio del Caos e della Terra, di Zefiro e di Eride o la Discordia, di Venere e Vulcano, di Ven
o figlio del Caos e della Terra, di Zefiro e di Eride o la Discordia, di Venere e Vulcano, di Venere e Celo. Dicono alcuni
ella Terra, di Zefiro e di Eride o la Discordia, di Venere e Vulcano, di Venere e Celo. Dicono alcuni che la Notte fece un
a traverso il nascente mondo. Vuolsi da altri che Amore fosse figlio di Giove e di Venere e Cupido della Notte e dell’Ere
il nascente mondo. Vuolsi da altri che Amore fosse figlio di Giove e di Venere e Cupido della Notte e dell’Erebo, e che e
della Notte e dell’Erebo, e che entrambi facessero parte della corte di Venere Ammettevasi una differenza tra Amore e Cup
tolti, ed il secondo soave e moderato ispirava i saggi. Cupido figlio di Marte e di Venere è quello che più comunemente si
l secondo soave e moderato ispirava i saggi. Cupido figlio di Marte e di Venere è quello che più comunemente si conosce ;
oluttà. Appena nato, Giove prevedendo dalla sua fisonomia i disordini di cui sarebbe stato origine, volle obbligare Venere
tamente in un bosco, dove succhiò il latte delle belve. Giunto in età di poter maneggiar l’arco, se ne fece uno di frassin
delle belve. Giunto in età di poter maneggiar l’arco, se ne fece uno di frassino, con frecce di cipresso, e fece saggio s
età di poter maneggiar l’arco, se ne fece uno di frassino, con frecce di cipresso, e fece saggio sopra le bestie delle fer
cipresso, e fece saggio sopra le bestie delle ferite che si proponeva di portare agli uomini. In appresso cangiò il suo ar
portare agli uomini. In appresso cangiò il suo arco e il suo turcasso di legno con altri d’oro. Si rappresenta solitamente
tri d’oro. Si rappresenta solitamente come un fanciullo ignudo in età di 7 in 8 anni, colla fisonomia di uno sfaccendato m
mente come un fanciullo ignudo in età di 7 in 8 anni, colla fisonomia di uno sfaccendato ma maligno, per dimostrare che Am
di uno sfaccendato ma maligno, per dimostrare che Amore non ha niente di proprio ; con un arco ed un turcasso d’oro pieno
ore non ha niente di proprio ; con un arco ed un turcasso d’oro pieno di frecce ardenti, simbolo del suo potere su gli ani
alcune volte con una torcia accesa, o con elmetto e lancia ; coronato di rose, emblema dei deliziosi ma rapidi piaceri, ch
sa più passeggiera della passione ch’esso inspira ; e queste ali sono di colore azzurro, di porpora e d’oro. Alcune volte
della passione ch’esso inspira ; e queste ali sono di colore azzurro, di porpora e d’oro. Alcune volte lo rappresentano in
re azzurro, di porpora e d’oro. Alcune volte lo rappresentano in atto di saltare, ballare, giuocare o di arrampicarsi su d
Alcune volte lo rappresentano in atto di saltare, ballare, giuocare o di arrampicarsi su di un albero. Per far conoscere c
presentano in atto di saltare, ballare, giuocare o di arrampicarsi su di un albero. Per far conoscere ch’egli domina su tu
ri, suona la lira, o cavalca leoni e pantere, la cui chioma gli serve di guida, per dimostrare che non c’è creatura tanto
atica che non sia ammansata da Amore. Si fa calvacare alcune volte su di un delfino per indicare che il suo potere si este
indicare che il suo potere si estende fino sui mari. Non è cosa rara di vederlo scherzare con sua madre ; qualche volta V
che volta Venere tiene il suo turcasso alzato in aria, e Cupido cerca di pigliarlo saltando, e già stringe una freccia. Al
suona la tromba col viso volto verso il cielo. Si vede anche in atto di abbraociare un uccello, che bene spesso è un cign
spesso è un cigno : esso porta un’anfora ; o medita sopra un teschio di morto ; o incatenato è ridotto ad arare la terra.
; o incatenato è ridotto ad arare la terra. Si vede parimente in atto di suonare il flauto di Pane, o addormentato, con l’
tto ad arare la terra. Si vede parimente in atto di suonare il flauto di Pane, o addormentato, con l’arco e il turcasso ai
dona all’Amore. Assiso davanti ad un altare infammato suona il flauto di molte canne ; o, all’ombra di una palma, abbracci
ad un altare infammato suona il flauto di molte canne ; o, all’ombra di una palma, abbraccia un ariete che guarda un alta
raccio fa spillare il suo sangue su questa pietra, e Cupido affila su di essa certi dardi che mandano scintille di fuoco.
pietra, e Cupido affila su di essa certi dardi che mandano scintille di fuoco. Cupido fu molto amato da Psiche la quale
ando il conobbe egli scomparve. Cupido conosciuto anche sotto il nome di Erote era sempre accompagnato dal Riso, dal Giuoc
iuoco, dai Vezzi e dai Piaceri rappresentati com’esso sotto la figura di piocoli fanciulli alati. Antero Antero il
ti. Antero Antero il Contro Amore o amore per amore era figlio di Venere e di Marte. Questo nome si piglia in senso
o Antero il Contro Amore o amore per amore era figlio di Venere e di Marte. Questo nome si piglia in senso di contrari
amore era figlio di Venere e di Marte. Questo nome si piglia in senso di contrarietà, ma dinota amor reciproco, scambievol
a Dea consultata rispondesse che il solo mezzo per farlo crescere era di dargli un fratello. Allora sua madre gli diede pe
tico stato ogni volta che Antero era lontano da lui. Non è difficile di scorgere che questo secondo Amore è stato immagin
za fa crescere l’amorosa passione. Antero aveva un altare nella città di Atene. Rappresentansi i due Amori come due piccio
li per compagni l’Ebrezza, il Duolo e la Contesa. Gli danno dei dardi di piombo, che cagionano una passione di breve durat
la Contesa. Gli danno dei dardi di piombo, che cagionano una passione di breve durata, alla quale succede presto la saziet
ro azioni come quelle degli uomini, e si rappresentava perciò in atto di levare la maschera da un volto. Altri lo dipingon
cola figura, immagine della pazzia, in una mano, e coll’altra in atto di levare una maschera dal proprio volto. Nettuno av
avesse un cattivo vicino. Venere stessa non andò salva dalla critica di Momo ; e non sapendo che dire su di lei perchè er
essa non andò salva dalla critica di Momo ; e non sapendo che dire su di lei perchè era troppo perfetta, trovò che non era
a bastantemente ben calzata. Arpocrate e Muta Arpocrate figlio di Iside e di Osiri era il Dio del silenzio. Voglion
ente ben calzata. Arpocrate e Muta Arpocrate figlio di Iside e di Osiri era il Dio del silenzio. Vogliono i poeti c
he sua madre, avendolo perduto mentre era fanciullo, andasse in cerca di lui per mare e per terra finchè l’ebbe trovato. V
ventò le vele. Portavasi anticamento impressa su i sigilli una figura di Arpocrate per insegnare che si deve custodire il
to ed il pesco gli erano particolarmente consacrati, perchè le foglie di pesco hanno la figura di una lingua, e il suo fru
particolarmente consacrati, perchè le foglie di pesco hanno la figura di una lingua, e il suo frutto quella del cuore : em
impedire la maldicenza. Ebe Ebe dea della gioventù era figlia di Giove e di Giunone secondo l’opinione di molti ;
a maldicenza. Ebe Ebe dea della gioventù era figlia di Giove e di Giunone secondo l’opinione di molti ; alcuni pret
ea della gioventù era figlia di Giove e di Giunone secondo l’opinione di molti ; alcuni pretendono che dovesse la vita all
e dovesse la vita alla sola Giunone. Giove le aveva dato l’incombenza di versargli il nettare ; ma essendo un giorno cadut
nza di versargli il nettare ; ma essendo un giorno caduta in presenza di tutti gli Dei in un modo poco decente, ella n’ebb
ere. Giove diede il suo impiego a Ganimede. Giunone la ritenne presso di sè e le affidò la cura di attaccare i cavalli al
piego a Ganimede. Giunone la ritenne presso di sè e le affidò la cura di attaccare i cavalli al di lei carro. Ercole la sp
la ritenne presso di sè e le affidò la cura di attaccare i cavalli al di lei carro. Ercole la sposò in cielo e n’ebbe un f
e unita alla gioventù. Ad istanza d’Ercole Ebe ringiovenì lola nipote di suo marito, che si pretende avesse abbruciata la
aveva il privilegio dell’immunità. Si rappresenta Ebe sotto la figura di una bella giovinetta, coronata di rose con un vas
Si rappresenta Ebe sotto la figura di una bella giovinetta, coronata di rose con un vaso in una mano e nell’altra una taz
a poichè questa parola è stata poseia metaforicamente usata dai poeti di tutte le nazioni per indicare i più eccelenti liq
indicare i più eccelenti liquori. Quando in Roma facevasi l’apoteosi di qualcuno dioevasi che ei beveva già il nettare ne
ano una volta assaggiato il nettare degli Dei non potevano morire che di un colpo di folgore. Tale fu la morte d’Issione.
a assaggiato il nettare degli Dei non potevano morire che di un colpo di folgore. Tale fu la morte d’Issione. Aurora
fu la morte d’Issione. Aurora Questa Dea figlia secondo alcuni di Titano e della Terra, del Sole e della Luna secon
eramente Titone, giovinetto molto celebre per la sua bellezza, figlio di Laomedonte ; essa lo rapì, lo allevò e ne divonne
li, Memnone e Ematione. Fu tanto il dolore ch’essa provò per la morte di essi per cui le sue abbondanti lagrime produssero
. L’Aurora per dar un segno della sua tenerezza a Titone, gli accordò di poter vivere lungamente, e divenuto vecchissimo l
e in cicala. Dopo Titone sposò Cefalo, avendolo prima rapito a Procri di lui moglie, colla quale lo mise in discordia per
lo condusse in Siria ove lo aposò e n’ebbe Fetonte ; disgustata anebe di esso, rapì Orione e dopo di lui molti altri ancor
aposò e n’ebbe Fetonte ; disgustata anebe di esso, rapì Orione e dopo di lui molti altri ancora. L’Aurora si rappresenta c
lti altri ancora. L’Aurora si rappresenta coperta con un velo e sopra di un carro risplendentissimo. Essa precede il Sole
globo celeste, il cui perpetuo moto dimostra egualmente l’incostanza di questa Dea. Da alcuni si figura la Fortuna seduta
l’incostanza di questa Dea. Da alcuni si figura la Fortuna seduta su di un trono sospeso in aria e portato da venti contr
contrari, essa tiene una bacchetta magica in mano ; si scorgono su la di lei fisonomia tutti i segni dell’incostanza, del
uando è meno attesa. E sotto quest’ultima dipintura intendono i poeti di deserivere la cattiva Fortuna. Essa è conosciuta
deserivere la cattiva Fortuna. Essa è conosciuta anche sotto il nome di Sorte. Ovunque s’innalzarono degli altari in di l
a anche sotto il nome di Sorte. Ovunque s’innalzarono degli altari in di lei onore. Como Como era il dio della gioi
. Il giorno in cui si celebrava la sua festa era permesso agli uomini di vestire da donna, ed alle donne di abbigliarsi da
sua festa era permesso agli uomini di vestire da donna, ed alle donne di abbigliarsi da uomo. I suoi seguaci correvano di
donna, ed alle donne di abbigliarsi da uomo. I suoi seguaci correvano di notte in maschera al chiarore delle torce, col ca
orrevano di notte in maschera al chiarore delle torce, col capo cinto di fiori, accompagnati da garzoni e da donzelle che
inoltrata della notte. Si rappresentava il dio Como giovine, bello, di leggiadre forme, col viso acceso dall’ebrezza, co
o, di leggiadre forme, col viso acceso dall’ebrezza, coronato il capo di rose, con una face nella mano destra che sta per
rose, con una face nella mano destra che sta per cadergli, e in atto di appoggiarsi colla sinistra sopra un tronco. Gli s
pra un tronco. Gli si fa tenere da altri una tazza d’oro ed un piatto di frutti. Questo Nume era uno de’compagni di Dionis
a tazza d’oro ed un piatto di frutti. Questo Nume era uno de’compagni di Dioniso o Bacco. Si poneva la sua statua sul limi
imitare dell’appartamento de’nuovi sposi, sopra un piedestallo ornato di fiori. Il Destino Vuolsi da alcuni che il
i crede figlio della Notte, e che essa lo generasse senza il concorso di nessuna altra divinità. Tutte le divinità dipende
’Inferno erano sottomessi al suo impero, e niun potere aveva la forza di cangiare ciò che aveva risolutò, o per meglio dir
gli esamini il suo Destino che non gli è noto. Lo stesso Dio si duole di non poter piegare il Destino per Sarpedonte suo f
si duole di non poter piegare il Destino per Sarpedonte suo figlio re di Licia natogli da Laodamia figlia di Bellerofonte,
tino per Sarpedonte suo figlio re di Licia natogli da Laodamia figlia di Bellerofonte, nè salvarlo dalla morte che incontr
lia di Bellerofonte, nè salvarlo dalla morte che incontrò all’assedio di Troia per mano di Patroclo. Si fa dir anche a Gio
e, nè salvarlo dalla morte che incontrò all’assedio di Troia per mano di Patroclo. Si fa dir anche a Giove che se potesse
to il peso della loro vecchiaia. Si ammettono dai mitologi due specie di decreti del Destino : gli uni irrevocabili, e dai
essere cangiati o modificati dai voti degli uomini o dalla protezione di qualche divinità. Questi decreti stavano scritti
ultare questo Nume. Giove vi andò con Venere per conoscere il Destino di Giulio Cesare. I Destini de’re erano scolpiti sul
iulio Cesare. I Destini de’re erano scolpiti sul diamante. I ministri di questo potente Dio erano le Parche incaricate di
diamante. I ministri di questo potente Dio erano le Parche incaricate di eseguire i suoi ordini. Si rappresenta cieco col
dono le sorti dei mortali. Si dipinge anche con una corona sormontata di stelle ed uno scettro simbolo del sommò suo poter
oracoli ed un culto. Igiea o Igia Igiea secondo alcuni moglie di Esculapio, secondo altri sua figlia e di Lampezia
Igiea secondo alcuni moglie di Esculapio, secondo altri sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo e di Climen
Esculapio, secondo altri sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo e di Climene, era la Dea della salute, e s
secondo altri sua figlia e di Lampezia o Lampetusa figlia di Apollo e di Climene, era la Dea della salute, e si aveva per
medicina. Le statue che le furono dedicate si distinguono all’aspetto di una bella donna, con un braccio intorno del quale
rpente è l’emblema della salute e della immortalità, perchè cangiando di pelle tutti gli anni pare che ringiovanisca sempr
utti gli anni pare che ringiovanisca sempre. Aveva dessa in un tempio di suo padre a Sicione, una statua coperta di un vel
. Aveva dessa in un tempio di suo padre a Sicione, una statua coperta di un velo, alla quale le donne di quella città dedi
o padre a Sicione, una statua coperta di un velo, alla quale le donne di quella città dedicavano la loro capigliatura.
tà dedicavano la loro capigliatura. Esculapio Esculapio figlio di Apollo e di Coronide era dio della medicina. Aven
o la loro capigliatura. Esculapio Esculapio figlio di Apollo e di Coronide era dio della medicina. Avendo Coronide
ra dio della medicina. Avendo Coronide amato il giovane Ischi, Apollo di ciò avvertito dal corvo, che poi di bianco fu tra
de amato il giovane Ischi, Apollo di ciò avvertito dal corvo, che poi di bianco fu tramutato in nero, uccise Coronide ed I
tramutato in nero, uccise Coronide ed Ischi ; trasse però dal fianco di lei Esculapio e lo diede in cura al centauro Chir
lo diede in cura al centauro Chirone, sul monte Tittone in vicinanza di Epidauro ; fu nutrito da una donna chiamata Trigo
giardini acquistò una perfetta cognizione de’semplici sotto la scuola di Chirone che gl’insegnò a comporre de’rimedi ed eg
nauti. Egli divenne tanto valente nella medicina, che potè ad istanza di Diana richiamare da morte a vita Ippolito figlio
e potè ad istanza di Diana richiamare da morte a vita Ippolito figlio di Teseo. Abbiam già detto in Apollo che Giove sdegn
ro, città del Peloponneso famosa pel tempio che vi fu eretto in onore di Esculapio e pel crudele gigante Perìsete, che div
Teseo che ne disperse le membra. Esculapio si adorava sotto la forma di un serpente. Gli ammalati accorrevano in folla ne
la forma di un serpente. Gli ammalati accorrevano in folla nei tempii di questo Dio, posti ordinariamente fuori delle citt
che era stata risanata. Si rappresentava generalmente sotto la figura di un uomo grave ora imberbe, ora barbuto, col capo
mano un bastone, cui è attortigliato un serpente, con un cane presso di lui sdraiato ; qualche volta con un vaso in una m
lapio sia lo stesso che il Sole considerato sotto i benefici rapporti di Dio della salute. Questo astro infatti regola la
peratura dell’aria, e mantiene la salute e la vita ; ed ha la facoltà di conservare o di rigenerare i corpi. Temi T
ia, e mantiene la salute e la vita ; ed ha la facoltà di conservare o di rigenerare i corpi. Temi Temi o Temide fig
uoi popoli, che fu sempre dappoi riguardata come Dea della giustizia, di cui le fecero portare il nome. S’applicò essa ezi
madre delle Ore e delle Parche. Questa Dea raccomandava agli uomini, di non chiedere agli Dei se non quello che era giust
he presso i Romani si voleva arringare il popolo si portava la statua di Temi nella tribuna e si collocava a fianco dell’o
nella tribuna e si collocava a fianco dell’oratore, affinchè la vista di quell’immagine lo impegnasse a non espor nulla ch
a Pace Questa Dea nata da Giove e da Temide o Temi si rappresenta di un contegno dolce, con volto soave, con una picco
na cominciò e Vespasiano terminò in Roma, era il più magnifico tempio di quella grande città. Tutti coloro che le belle ar
no in questa Dea tutta la fiducia ; perciò vedevasi sempre nel tempio di lei una prodigiosa folla di malati, oppure di per
ducia ; perciò vedevasi sempre nel tempio di lei una prodigiosa folla di malati, oppure di persone che facevano voti pei l
evasi sempre nel tempio di lei una prodigiosa folla di malati, oppure di persone che facevano voti pei loro amici obbligat
i, confusa molte volte con Pallade, vuolsi da alcuni che fosse figlia di Forcide o Forco e di Ceto ; chi la dice figlia di
e con Pallade, vuolsi da alcuni che fosse figlia di Forcide o Forco e di Ceto ; chi la dice figlia di Marte, chi sorella ;
ni che fosse figlia di Forcide o Forco e di Ceto ; chi la dice figlia di Marte, chi sorella ; a lei spettava la cura di pr
o ; chi la dice figlia di Marte, chi sorella ; a lei spettava la cura di preparare il carro di questo Dio e di attaccarvi
di Marte, chi sorella ; a lei spettava la cura di preparare il carro di questo Dio e di attaccarvi i cavalli quando parti
orella ; a lei spettava la cura di preparare il carro di questo Dio e di attaccarvi i cavalli quando partiva per la guerra
Dio e di attaccarvi i cavalli quando partiva per la guerra. Il potere di Bellona era nondimeno eguale a quello di Marte. E
iva per la guerra. Il potere di Bellona era nondimeno eguale a quello di Marte. Essa aveva un tempio a Roma vicino alla po
a ai piedi con un flagello in una mano, ed alle volte una verga tinta di sangue, i capelli sparsi e gli occhi infuocati. P
parsi e gli occhi infuocati. Per lo più i poeti la dipingono in mezzo di una battaglia percorrendo le file dei combattenti
pinta infuriata colla spada in una mano, lo scudo nell’altra, in atto di slanciarsi dal suo carro tirato da cavalli focosi
oti celebravano la sua festa correndo gli uni contro gli altri armati di spade e percuotendosi con ispargimento di sangue.
uni contro gli altri armati di spade e percuotendosi con ispargimento di sangue. Il culto di questa Dea celebre in Roma, l
armati di spade e percuotendosi con ispargimento di sangue. Il culto di questa Dea celebre in Roma, lo era maggiormente i
docia, ove ella aveva molti magnifici tempii, la maggior parte dotati di molte terre. A Comane nell’Asia Minore ne aveva u
da tremila sacerdoti ; e questi sacerdoti erano soggetti all’autorità di un pontefice il quale non cedeva la precedenza ch
sua dignità era a vita. Fetonte Fetonte era figlio del Sole e di Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di
a figlio del Sole e di Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di Giove e di Io, il quale dicesi fabbricasse Memfi,
l Sole e di Climene. In una gara che ebbe con Epafo figlio di Giove e di Io, il quale dicesi fabbricasse Memfi, mentre anc
figlio del Sole come si credeva. Fetonte adiratosene, andò a lagnarsi di ciò con sua madre Climene, la quale il rimandò al
ilucente trono ed informatolo dell’oggetto della sua venuta, lo pregò di accordargli una grazia, senza dire quale essa si
fosse. Il Sole in contrassegno del paterno affetto giurò per lo Stige di accordargli tutto quello che avesse chiesto e l’i
dargli tutto quello che avesse chiesto e l’imprudente figlio richiese di condurre il suo carro per lo spazio di un giorno.
e l’imprudente figlio richiese di condurre il suo carro per lo spazio di un giorno. Impegnato il padre con un irrevocabile
l padre con un irrevocabile giuramento, tentò ogni via ma inutilmente di distogliere suo figlio da una sì ardita impresa,
ile incendio, mettendo così in pericolo che tutto perisca su la terra di gelo ; or scendendo troppo basso disseccano i fiu
iume oggi denominato Po. Fu tanto il piangere che fecero per la morte di Fetonte le Eliadi sue sorelle e l’amico Cicno o C
tiero in cielo senza Sole. Si danno molte interpretazioni alla favola di Fetonte. Fra le tante adottate avvi quella che Fe
dai Greci che ne fecero anche una divinità. La vogliono alcuni figlia di Stige e della Terra ; di Stige e Pallante altri,
nche una divinità. La vogliono alcuni figlia di Stige e della Terra ; di Stige e Pallante altri, ed avvi chi la fa nascere
la fa nascere dal Cielo e dalla Terra. Si rappresenta sotto le forme di una donna sempre allegra, con l’ali alle spalle,
ali alle spalle, una corona d’olivo in una mano, e nell’altra un ramo di palma. Qualche volta ma di rado si rappresenta se
d’olivo in una mano, e nell’altra un ramo di palma. Qualche volta ma di rado si rappresenta senza ali. Ordinariamente è a
olta ma di rado si rappresenta senza ali. Ordinariamente è abbigliata di lunga veste sulla quale evvi una tunica che le sc
la gola da una cintura. Gli Egizi la rappresentavano sotto l’emblema di un’aquila, uccello, che nei combattimenti contro
torioso. Nemesi, le Nemese Nemesi detta anche Adrastea, figlia di Giove e della Notte o della Necessità, era la min
ndava eziandio al cieco Destino, e a suo beneplacito faceva dell’urna di quel Dio uscire i beni ed i mali. Prendeva dilett
time dell’infedeltà e del tradimento. Si rappresenta coll’ali, armata di facelle e di serpenti, portando iu capo una coron
edeltà e del tradimento. Si rappresenta coll’ali, armata di facelle e di serpenti, portando iu capo una corona di corna di
oll’ali, armata di facelle e di serpenti, portando iu capo una corona di corna di cervo. Questa sì temuta divinità, riguar
armata di facelle e di serpenti, portando iu capo una corona di corna di cervo. Questa sì temuta divinità, riguardata da m
vunque sparso. Riconoscono alcuni mitologi due divinità sotto il nome di Nemese figlie dell’Erebo e della Notte, le quali
e’ malvagi. Queste due divinità, invocate principalmente nei trattati di pace, assicuravano la fedeltà dei giuramenti. Era
mane vicissitudini, atto a richiamare l’uomo orgoglioso ai sentimenti di giustizia e di moderazione. Sovente le Nemese ten
ini, atto a richiamare l’uomo orgoglioso ai sentimenti di giustizia e di moderazione. Sovente le Nemese tengono un freno p
a bocca per insegnarne che è d’uopo essere discreti. La maggior parte di cotesti attributi convengono a Nemesi. Teti de
dea dei mari Teti gran dea dei mari, una delle Titanidi, sorella di Saturno, moglie dell’Oceano, era figlia di Urano
na delle Titanidi, sorella di Saturno, moglie dell’Oceano, era figlia di Urano o il Cielo e di Titea o la Terra. La maggio
ella di Saturno, moglie dell’Oceano, era figlia di Urano o il Cielo e di Titea o la Terra. La maggior parte de’poeti l’han
La maggior parte de’poeti l’hanno confusa con Teti sua nipote, moglie di Pelco e madre di Achille. Da Teti e dall’Oceano n
de’poeti l’hanno confusa con Teti sua nipote, moglie di Pelco e madre di Achille. Da Teti e dall’Oceano nacquero i più rin
o, il Ladone, l’Eveno, il Sangaro e lo Scamandro. Teti fu anche madre di tremila Niufe chiamate le Oxeanidi. Si fan nascer
ulle coste del mare, come Proteo, Etra, madre d’Atlante, Persa, madre di Circe, ecc. Dicesi che Giove essendo stato strett
bertà ; vale a dire prendendo Teti pel mare, che Giove trovò il mezzo di sottrarsi su questo clemento agli agguati che gli
atto storico, qualche principessa della famiglia dei Titani, fece uso di stranieri soccorsi per trar Giove da qualche peri
hè era la Dea dell’umidità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti era una conca di maravigliosa figura e di un
dità la quale tutto nutre e mantiene. Il carro di Teti era una conca di maravigliosa figura e di una bianchezza dell’avor
e mantiene. Il carro di Teti era una conca di maravigliosa figura e di una bianchezza dell’avorio più rilucente ; pareva
marini più della neve bianchi, e che il salso flutto solcando, dietro di sè lasciavano un ampio solco sul mare ; infiammat
infiammati erano i loro occhi e fumanti le bocche. Le Oceanidi figlie di Teti, coronate di fiori, a truppe nuotavano dietr
loro occhi e fumanti le bocche. Le Oceanidi figlie di Teti, coronate di fiori, a truppe nuotavano dietro il carro di lei 
figlie di Teti, coronate di fiori, a truppe nuotavano dietro il carro di lei ; le belle chiome scendevano loro sulle spall
cevano i suoi cavalli, e ne reggevano le dorate redini. Una gran vela di porpora ondeggiava al disopra del carro ; era ess
deggiava al disopra del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Zefiri i quali col loro alito
del carro ; era essa più o meno gonfia dal soffio di una moltitudine di Zefiri i quali col loro alito la spingevano. Eolo
e loro grotte per tributare alla Dea il dovuto omaggio. Teti madre di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figl
Teti madre di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di Dori, sorella di Licomede redi Sciro,
di Achille Teti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di Dori, sorella di Licomede redi Sciro, e nipote de
eti era una delle Ninfe marine, figliuola di Nereo e di Dori, sorella di Licomede redi Sciro, e nipote dell’Oceano e di Te
reo e di Dori, sorella di Licomede redi Sciro, e nipote dell’Oceano e di Teti gran dea delle acque, colla quale fu da quas
possente del padre, gli Dei la cedettero a Peleo. Poco contenta Teti di avere un mortale per isposo dopo di essere stata
ttero a Peleo. Poco contenta Teti di avere un mortale per isposo dopo di essere stata amata dai più grandi tra gli Dei, a
isposo dopo di essere stata amata dai più grandi tra gli Dei, a guisa di un novello Proteo, si cangiò sotto diverse forme
llo Proteo, si cangiò sotto diverse forme per isfuggire alle ricerche di Peleo ; ma raggiunta da questo principe, ei la in
Peleo ; ma raggiunta da questo principe, ei la incatenò per consiglio di Chirone, e la costrinse finalmente a cedere. Le n
tri vi intervennero, eccettuata la Discordia, la quale per vendicarsi di non essere stata invitata, gittò in mezzo del ban
vitata, gittò in mezzo del banchetto quel rinomato pomo d’ oro che fu di tanti mali funesta sorgente. Teti ebbe parecchi f
poneva sotto il fuoco affinchè si consumasse tutto quello che avevano di mortale, ma tutti vi soccombevano. Achille solo r
gerlo, e che dall’acque del fiume non fu punto bagnato. Dopo la morte di Patroclo, uscì Teti dal seno delle onde per recar
co aveva egli perdute le sue armi, si portò in cielo a pregar Vulcano di darle pel proprio figlio delle armi divine e dall
tosto ad Achille, e lo esortò a rinunciare al suo risentimento contro di Agamennone, e gl’inspirò un ardire che niun perig
he niun periglio poteva far vacillare. A questa Ninfa si attribuisce di aver salvato Giove nel più gran pericolo che gli
uerra che gli fecero gli altri Dei, ma questo fatto spetta a Teti zia di questa, e gran Dea delle acque. Teti aveva molti
è soventi presa per Anfitrite stessa. Sarone Sarone, antico re di Trezene nell’Argolide in Morea. Amava con tanto a
dal suo ardore, insensibilmente trovossi in alto mare, dove, rifinito di forze, nè potendo più lottare contro le onde, si
ontro le onde, si annegò. Il suo corpo fu trasportato nel sacro bosco di Diana, e tumulato nell’atrio del tempio. Questo a
tumulato nell’atrio del tempio. Questo avvenimento fece dare il nome di golfo Saronico al braccio di mare dove Sarone ann
io. Questo avvenimento fece dare il nome di golfo Saronico al braccio di mare dove Sarone annegò e desso fu messo da’ suoi
dell’areopago Parlando delle Divinità Infernali si è già parlato di Minosse. A quanto se n’è già detto aggiungneremo
sguardavano come il favorito degli Dei, gli fecero meritare il titolo di Gran Legislatore e fu detto il Giusto per cocelle
assiso in mezzo alle ombre, i cui processi hanno luogo alla presenza di lui. Altri lo figurano tenendo nelle mani ed agit
nendo nelle mani ed agitando l’urna fatale ov’ è rinchiuso il destino di tutti i mortali, citando le ombre a comparire inn
he fu cagione d’una delle dodici fatiche d’Ercole. Aveva egli ommesso di sacrificare a Nettuno un toro che gli aveva prome
rificare a Nettuno un toro che gli aveva promesso. Il Dio per punirlo di siffatto errore, mandò un toro furibondo che lanc
ro furibondo che lanciava fuoco dalle nari, e che devastava gli stati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la quale il re
co dalle nari, e che devastava gli stati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la quale il rendette padre di un figlio chi
tati di Minosse. Minosse fu sposo di Itona la quale il rendette padre di un figlio chiamato Licasto, che a lui succedette
glio chiamato Licasto, che a lui succedette nel regno, e che fu padre di Minosse, secondo di questo nome, che quasi tutti
o, che a lui succedette nel regno, e che fu padre di Minosse, secondo di questo nome, che quasi tutti i mitologi confondon
dono col primo. Minosse nipote del precedente distinto sotto il nome di Minosse II sposò Pasifae figlia del Sole e della
ta e divenne padrone del mare. Questo principe avrebbe goduto la fama di uno de’ più grandi uomini ove non si fosse acquis
o amore della propria moglie, il quale distruggeva tutto e si pasceva di carne umana. Vuolsi che Minosse dopo aver devasta
umana. Vuolsi che Minosse dopo aver devastata l’Attica s’impadronisse di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che
sse dopo aver devastata l’Attica s’impadronisse di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che ne era il re, la quale
stata l’Attica s’impadronisse di Megara coll’ aiuto di Scilla, figlia di Niso che ne era il re, la quale troncò al padre i
di Niso che ne era il re, la quale troncò al padre il capello d’oro o di porpora cui era attaccato il suo destino e quello
del suo impero. Informato Niso dall’ oracolo che dalla conservazione di quel capello dipendeva la durata del suo impero,
a, in cui riponeva tutta la sua confidenza. Essendosi essa innamorata di Minosse che aveva veduto dall’ alto d’una torre d
, e lo mandò a Minosse nella lusinga ch’ egli le sarebbe riconoscente di siffatto tradimento. Ma la perfida s’ingannò, per
di siffatto tradimento. Ma la perfida s’ingannò, perchè Minosse dopo di essersi impadronito della città, non volle nè anc
ndur seco, quantunque si fosse con tutta la forza attaccata alla nave di lui ; si vuole da altri che disperata si precipit
pitasse nelle onde. Gli Dei cambiarono Scilla in un pesce, e il padre di lei che si era da sè stesso ucciso per non cadere
cciso per non cadere nelle mani del vincitore, in una specie d’aquila di mare che non vive che di pesci. I Greci pagarono
e mani del vincitore, in una specie d’aquila di mare che non vive che di pesci. I Greci pagarono il barbaro tributo tre v
da questo crudele castigo e sortì felicemente dal labirinto col mezzo di un gomitolo di filo che Arianna figlia di Minosse
le castigo e sortì felicemente dal labirinto col mezzo di un gomitolo di filo che Arianna figlia di Minosse gli aveva dato
nte dal labirinto col mezzo di un gomitolo di filo che Arianna figlia di Minosse gli aveva dato. Nel partire da Creta Tese
Teseo condusse seco la sua liberatrice, che abbandonò poi nell’isola di Nasso. La favola del Minotauro si spiega in tal g
olta da amorosa inclinazione per Tauro che si vuole uno de’ segretari di Minosse. Dedalo favorì ha corrispondenza di quest
i vuole uno de’ segretari di Minosse. Dedalo favorì ha corrispondenza di questi due amanti. Pasifae essendosi sgravata di
rì ha corrispondenza di questi due amanti. Pasifae essendosi sgravata di un figlio cui gli autori nominano Asterio o Aster
siccome incerto ne era il padre, e che si poteva credere figlio tanto di Tauro quanto di Minosse, secondo alcuni che somig
ne era il padre, e che si poteva credere figlio tanto di Tauro quanto di Minosse, secondo alcuni che somigliava all’uno ed
uni che somigliava all’uno ed all’ altro, così gli venne dato il nome di Mino-Tauro. Minosse per nascondere agli sguardi d
venne dato il nome di Mino-Tauro. Minosse per nascondere agli sguardi di tutti ciò che insieme alla moglie il ricopriva di
ondere agli sguardi di tutti ciò che insieme alla moglie il ricopriva di disonore, fece rinchiudere nel famoso labirinto A
into Asterio che la favola dipinge come un mostro il quale si nutriva di carne umana. Il Labirinto era un ricinto ripieno
quale si nutriva di carne umana. Il Labirinto era un ricinto ripieno di boschi e di edifizi disposti in guisa che entrati
triva di carne umana. Il Labirinto era un ricinto ripieno di boschi e di edifizi disposti in guisa che entrativi una volta
una volta più non se ne trovava l’uscita. Gli antichi fanno menzione di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più
di cinque famosi Labirinti. Il più antico ed il più grande era quello di Egitto. Si pone nel lago Meride ; se ne crede il
rede il costruttore Petesuco o Titoes, altri vogliono che fosse opera di dodici re. Questo edificio per quanto si narra co
to terra, e dodici palazzi in un ricinto, ed era fabbricato e coperto di marmo. Eravi una sola discesa, ma nell’ interno t
ri lo han creduto un Panteone. Gli abitanti del paese danno ai resti di cotesto edificio il nome di palazzo di Caronte, e
e. Gli abitanti del paese danno ai resti di cotesto edificio il nome di palazzo di Caronte, e sono persuasi che sia desso
tanti del paese danno ai resti di cotesto edificio il nome di palazzo di Caronte, e sono persuasi che sia desso l’opera di
il nome di palazzo di Caronte, e sono persuasi che sia desso l’opera di quel Caronte, il quale, dopo aver guadagnato imme
ostruire questo edificio per rinchiudervi i suoi tesori che, in forza di potenti talismani, erano garantiti da’ ladri. Da
ngano a rapire que’ tesori, come pure la ripugnanza che essi palesano di condurveli. Il Labirinto di Creta fu edificato pe
come pure la ripugnanza che essi palesano di condurveli. Il Labirinto di Creta fu edificato per ordine di Minosse II press
palesano di condurveli. Il Labirinto di Creta fu edificato per ordine di Minosse II presso la città di Guosso da Dedalo su
irinto di Creta fu edificato per ordine di Minosse II presso la città di Guosso da Dedalo sul modello di quello d’Egitto,
ordine di Minosse II presso la città di Guosso da Dedalo sul modello di quello d’Egitto, espressamente per rinchiudervi i
talvolta il Minotauro per insegna. Dedalo, celebre ateniese, figlio di Eupalamo e nipote di Metione o Imetione, della fa
o per insegna. Dedalo, celebre ateniese, figlio di Eupalamo e nipote di Metione o Imetione, della famiglia di Eretteo ses
se, figlio di Eupalamo e nipote di Metione o Imetione, della famiglia di Eretteo sesto re di Atene, fu l’uomo più ingegnos
mo e nipote di Metione o Imetione, della famiglia di Eretteo sesto re di Atene, fu l’uomo più ingegnoso de’ suoi tempi e v
ne, fu l’uomo più ingegnoso de’ suoi tempi e vuolsi che fosse allievo di Mercurio. Egli fu eccellente sopra tutto nella sc
o nella scultura, nella meccanica e nell’ architettura, Benchè uscito di sangue reale, egli coltivò in tutta la sua vita l
no l’invenzione della scure, del trapano a mano, dell’uso dolla colla di pesce e del livello. Egli si rese specialmente fa
ra i suoi allievi un nipote per nome Ascalo, noto anche sotto il nome di Talao, figlio di Perdice sua sorella. Questo giov
un nipote per nome Ascalo, noto anche sotto il nome di Talao, figlio di Perdice sua sorella. Questo giovine prometteva ma
el vasellaio. Dedalo ne ebbe tanta gelosia che lo precipitò dall’alto di una torre. Un’ azione tanto nera non poteva andar
processavano perfino le cose inanimate che avevano cagionato la morte di un uomo. Dedalo fu condannato a perdere la vita d
egli si sottrasse alla giustizia colla fuga, e si rifuggì nell’ isola di Creta, dove fu tanto meglio accolto, quanto che l
enti. Minosse II che regnava allora in Creta, approfittò dell’ingegno di quest’artista facendogli fare molte statue e face
costruire il Labirinto come si è detto. Questo edifizio portò il nome di Dedalo. Minosse informato della compiacenza di De
edifizio portò il nome di Dedalo. Minosse informato della compiacenza di Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determi
Minosse informato della compiacenza di Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determinò di punirnelo, e lo fece rinchi
la compiacenza di Dedalo nel favorite gli amori di Pasifae, determinò di punirnelo, e lo fece rinchiudere col figlio Icaro
ri in una stretta prigione, da cui altra speranza non poteva animarli di sortirne, se non che di andare a terminar la loro
ne, da cui altra speranza non poteva animarli di sortirne, se non che di andare a terminar la loro vita coll’ultimo suppli
l’ultimo supplizio. Dedalo usando della sua industria, trovò il mezzo di fare delle ali e di attaccarle con cera a sè ed a
Dedalo usando della sua industria, trovò il mezzo di fare delle ali e di attaccarle con cera a sè ed al figlio. Essi riusc
carle con cera a sè ed al figlio. Essi riuscirono a volare, ma le ali di Icaro, il quale era ito troppo in alto, contro le
cadde in quella parte del mar Egeo o Arcipelago che portò poi il nome di Icario e precisamente tra l’isola Icaria ora Nica
ecisamente tra l’isola Icaria ora Nicaria e l’Asia Minore. Nelle ali di Dedalo altro non veggono quelli che cercano l’ori
ve regnava Cocalo. Questo principe lo accolse amichevolmente e ricusò di restituirlo al re di Creta che andò a chiederglie
esto principe lo accolse amichevolmente e ricusò di restituirlo al re di Creta che andò a chiederglielo, e pretendesi da a
e datagli a tradimento da Cocalo. L’Areopago era un celebre tribunale di giustizia degli Ateniesi. Traeva il suo nome da A
cima alla collina ove Marte difese la sua causa allorchè fu obbligato di giustificarsi della uccisione di Allirosio figlio
e la sua causa allorchè fu obbligato di giustificarsi della uccisione di Allirosio figlio di Nettuno. Ne’ primi tempi amme
chè fu obbligato di giustificarsi della uccisione di Allirosio figlio di Nettuno. Ne’ primi tempi ammettevansi a questo tr
i loro giudizj. Questo tribunale fu istituito circa nove secoli prima di Solone che ne fu il ristauratore ritornandolo al
ore ritornandolo al suo antico splendore. Glauco Glauco figlio di Nettuno e della ninfa Naide fu un celebre pescato
io di Nettuno e della ninfa Naide fu un celebre pescatore della città di Antedone in Beozia. Osservando egli un giorno che
Beozia. Osservando egli un giorno che i pesci da lui presi e posti su di una certa erba, ripigliavano forza e saltavano ne
di una certa erba, ripigliavano forza e saltavano nell’acqua, mangiò di quest’erba e precipitossi tosto in mare. L’Oceano
est’erba e precipitossi tosto in mare. L’Oceano e Teti lo spogliarono di quanto aveva di mortale e l’ammisero nel numero d
pitossi tosto in mare. L’Oceano e Teti lo spogliarono di quanto aveva di mortale e l’ammisero nel numero degli Dei marini.
eva di mortale e l’ammisero nel numero degli Dei marini. Gli abitanti di Antedone gli eressero un tempio e gli offrirono d
onsultare. Vuolsi che Cirœ lo amasse, ma ch’egli fosse insensibile al di lei affetto, preferendo la giovine Scilla, la qua
el tempo avesse delle conversazioni colle marine Deità. Malgrado però di tutta la sua abilità un giorno si annegò, ed allo
Eco Eco figlia dell’Aria e della Terra, una delle Ninfe seguaci di Giunone, abitava le sponde del fiume Cefiso nella
lle dimande che le venissero fatte, non ripetendo che l’ultime parole di quelli che la interrogherebbero per avere imprude
di quelli che la interrogherebbero per avere imprudentemente parlato di quella Dea e tenutala a bada con lunghi discorsi
corsi intanto che Giove si tratteneva in intrighi amorosi colle Ninfe di Giunone. Eco amò Narciso e lo seguì per qualche t
o e lo seguì per qualche tempo senza farsi però vedere ; ma accortasi di essere dispregiata si ritirò nei boschi e piû non
le ossa e la voce, e fu cangiata in rupe. Vuolsi che Pane innamorato di lei ne avesse una figlia iamata Iringa. Le Gra
ne avesse una figlia iamata Iringa. Le Grazie Le Grazie figlie di Giove e di Venere secondo alcuni, di Eurinome sec
na figlia iamata Iringa. Le Grazie Le Grazie figlie di Giove e di Venere secondo alcuni, di Eurinome secondo altri
Le Grazie Le Grazie figlie di Giove e di Venere secondo alcuni, di Eurinome secondo altri e di Bacco e Venere come p
glie di Giove e di Venere secondo alcuni, di Eurinome secondo altri e di Bacco e Venere come più generalmente si crede era
li antichi che ne annoveravano due ed anche quattro. Omero dà il nome di Pasifea ad una delle tre suindicate. I Gréci le c
l senno e la prudenza. La più bella delle loro prerogative era quella di presiedere ai beneficii ed alla riconoscenza. A s
ono con semplici pietre greggie, poco dopo sotto forme umane, vestite di velo, indi ignude. Si voleva così esprimere che n
lta essa chiama l’arte in suo soccorso, non deve quest’ultima far uso di ornamenti stranieri che con moderazione. Si dipin
iavano ondeggiare il loro velo in balla dei Zefiri, perchè una specie di abito succinto ed incolto piace assai più degli s
nti ; e nelle opere dello spirito come in tutto il resto un certo che di trascurato è preferibile ad una fredda regolarità
le ad una fredda regolarità. Le Grazie erano le indivisibili compagne di Venere. Accompagnavano alle volte anche Mercurio
ive del Cefiso e in Orcomene per cui furono dette le Dee del Cefiso e di Orcomene. Si celebravano molte feste in loro onor
zia che è la Persuasione facendo così comprendere che il gran secreto di piacere è quello di persuadere. Le Muse Le
ione facendo così comprendere che il gran secreto di piacere è quello di persuadere. Le Muse Le Muse dee delle scie
re. Le Muse Le Muse dee delle scienze e delle artierano figlie di Giove e di Mnemosina dea della memoria. Quando st
use Le Muse dee delle scienze e delle artierano figlie di Giove e di Mnemosina dea della memoria. Quando stavano nell’
rati due templi ed un terzo in cui venivano festeggiate sotto il nome di Camene. Le Muse e le Grazie d’ordinario non aveva
Camene. Le Muse e le Grazie d’ordinario non avevano che un tempio ; e di rado facevansi deliziosi banchetti senza chiamarl
ica amore. Calliope, il cui nome annuncia la bella voce, è la sovrana di nobili e sublimi canti, e presiedeva all’eloquenz
Grazie abitavano con esse. L’Amore non vi era mal situato ; parecchie di esse cedettero al potere di lui malgrado si dican
’Amore non vi era mal situato ; parecchie di esse cedettero al potere di lui malgrado si dicano vergini. Tra i fiumi e le
corone e degli attributi particolari. Le Muse possono essere coronate di piume perchè avendo elle in una sfida di canto vi
Muse possono essere coronate di piume perchè avendo elle in una sfida di canto vinte le figliuole di Acheloo, che, per con
di piume perchè avendo elle in una sfida di canto vinte le figliuole di Acheloo, che, per consiglio di Giunone, le avevan
una sfida di canto vinte le figliuole di Acheloo, che, per consiglio di Giunone, le avevano sfidate, strapparon loro le p
delle ali, queste ultime perchè essendo una volta entrate nel palazzo di Pireneo re di Focide, dietro il suo gentile invit
ste ultime perchè essendo una volta entrate nel palazzo di Pireneo re di Focide, dietro il suo gentile invito per riposars
cide, dietro il suo gentile invito per riposarsi, avendo egli tentato di far loro violenza, esse col soccorso di Apollo pr
iposarsi, avendo egli tentato di far loro violenza, esse col soccorso di Apollo presero tosto le ali e se ne fuggirono. S
resero tosto le ali e se ne fuggirono. Si ravvisa in Pireneo il nome di qualche principe il quale non amando le belle let
nerazioni : non era altra cosa che la brama che ha ogni essere creato di unirsi a ciò che più gli si addice. Urania non is
e terrestre ai sensuali piaceri presiedeva. A Citera vedesi un tempio di Venere Urania il quale passa per il più antico ed
o di Venere Urania il quale passa per il più antico ed il più celebre di tutti i tempii che abbia Venere in tutta la Greci
rmata. Aveva essa un altro tempio in Elide, la cui statua era d’oro e di avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva un piede su
un altro tempio in Elide, la cui statua era d’oro e di avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva un piede su di una testuggine
atua era d’oro e di avorio, lavoro di Fidia. La Dea aveva un piede su di una testuggine per indicare la castità e la modes
o erano le due più grandi divinità degli Arabi. Parlando della statua di Venere Urania, cade in acconcio di parlare di una
degli Arabi. Parlando della statua di Venere Urania, cade in acconcio di parlare di una della Venere terrestre, giacchè no
. Parlando della statua di Venere Urania, cade in acconcio di parlare di una della Venere terrestre, giacchè non l’abbiam
i una della Venere terrestre, giacchè non l’abbiam fatto all’articolo di questa Dea. Tra tutte le statue dell’antichità un
nel 1587 sotto Ferdinando I figlio del Gran Cosimo, e dalla galleria di Firenze dei principi di quella famiglia ove fu tr
do I figlio del Gran Cosimo, e dalla galleria di Firenze dei principi di quella famiglia ove fu traslocata dopo e dove tro
ocata dopo e dove trovasi tuttora. Essa rappresenta Venere nell’atto di nascere o emergere dalla spuma del mare. Difficil
ma del mare. Difficile sarebbe l’esprimere colle parole tutti i pregi di quest’immagine divina. È opinione di accreditati
imere colle parole tutti i pregi di quest’immagine divina. È opinione di accreditati autori ch’essa sia opera o di Fidia o
immagine divina. È opinione di accreditati autori ch’essa sia opera o di Fidia o di Prassitele, o forse anche di Scopa, la
vina. È opinione di accreditati autori ch’essa sia opera o di Fidia o di Prassitele, o forse anche di Scopa, la cui Venere
ti autori ch’essa sia opera o di Fidia o di Prassitele, o forse anche di Scopa, la cui Venere nuda, posta di contro al cir
ia o di Prassitele, o forse anche di Scopa, la cui Venere nuda, posta di contro al circolo flamminio superava, secondo alc
l circolo flamminio superava, secondo alcuni, la famosa Venere Gnidia di Prassitele. Una non antica iscrizione apposta all
one apposta alla Venere de’ Medici ha indotto alcuni a crederla opera di Cleomene, statuario di gran nome in Atene. Le
de’ Medici ha indotto alcuni a crederla opera di Cleomene, statuario di gran nome in Atene. Le Ore Le Ore figlie d
leomene, statuario di gran nome in Atene. Le Ore Le Ore figlie di Giove e di Temi. Se ne contavano dapprima tre : E
atuario di gran nome in Atene. Le Ore Le Ore figlie di Giove e di Temi. Se ne contavano dapprima tre : Eunomia, Dic
sua più fredda parte, si crearono due nuove Ore, cui si diede il nome di Carpo e Tallatta, che furono stabilite per veglia
ltiplicarono il numero delle Ore sino a dodici, impiegate al servigio di Giove, e le nominarono le dodici sorelle, nate cu
rle e chiuderle a loro piacere, e venne altresi loro commessa la cura di ricondurre Adone dall’Acheronte e di restituirlo
ne altresi loro commessa la cura di ricondurre Adone dall’Acheronte e di restituirlo a Venere. Si diede alle Ore anche la
lo a Venere. Si diede alle Ore anche la sprantendenza dell’educazione di Giunone ; diffatti in alcune statue di questa Dea
sprantendenza dell’educazione di Giunone ; diffatti in alcune statue di questa Dea, veggonsi al dissopra del capo di lei
iffatti in alcune statue di questa Dea, veggonsi al dissopra del capo di lei rappresentate le Ore. Ebbero l’incarico anche
di lei rappresentate le Ore. Ebbero l’incarico anche dell’educazione di Venere. Era loro cura di allestire il carro ed i
Ore. Ebbero l’incarico anche dell’educazione di Venere. Era loro cura di allestire il carro ed i cavalli del Sole. Si vuol
mitologia. Gli Ateniesi offrivano dei sacrifici alle Ore pregandole di accordar loro un moderato calore onde i frutti de
he avevano in Atene fu edificato in loro onore da Anfittione terzo re di Atene figlio di Deucalione e di Pirra. Le Ore son
ene fu edificato in loro onore da Anfittione terzo re di Atene figlio di Deucalione e di Pirra. Le Ore sono le compagne de
in loro onore da Anfittione terzo re di Atene figlio di Deucalione e di Pirra. Le Ore sono le compagne delle Grazie, vale
to non discendeva che fino alle ginocchia, la loro testa era coronata di foglie di palma in atto di raddrizzarsi. Si rappr
cendeva che fino alle ginocchia, la loro testa era coronata di foglie di palma in atto di raddrizzarsi. Si rappresentarono
alle ginocchia, la loro testa era coronata di foglie di palma in atto di raddrizzarsi. Si rappresentarono poscia di divers
di foglie di palma in atto di raddrizzarsi. Si rappresentarono poscia di diversa età. I moderni rappresentano le Ore con a
ntarono poscia di diversa età. I moderni rappresentano le Ore con ali di farfalla, accompagnate da Temide e portando dei q
degli oriuoli. Le Gorgoni, il vcaval Pegaso Le Gorgoni figlie di Forco dio marino e di Ceto erano tre e si chiamav
Gorgoni, il vcaval Pegaso Le Gorgoni figlie di Forco dio marino e di Ceto erano tre e si chiamavano Medusa, Euriale e
eto erano tre e si chiamavano Medusa, Euriale e Steno. Stanziavano al di là dell’Oceano, all’estremità del mondo, in vicin
e ne servivano un po’ per una a vicenda ; il dente era più lungo però di una zanna del più forte cignale. Avevano le chiom
più lungo però di una zanna del più forte cignale. Avevano le chiome di serpenti, delle grandi ale e delle ugne di lione
cignale. Avevano le chiome di serpenti, delle grandi ale e delle ugne di lione ai piedi ed alle mani che erano di bronzo.
elle grandi ale e delle ugne di lione ai piedi ed alle mani che erano di bronzo. Erano pei mortali un oggetto di orrore e
piedi ed alle mani che erano di bronzo. Erano pei mortali un oggetto di orrore e di spavento ; col solo loro sguardo ucci
e mani che erano di bronzo. Erano pei mortali un oggetto di orrore e di spavento ; col solo loro sguardo uccidevano gli u
relle non erano soggette nè alla vecchiaia nè alla morte. Del teschio di Medusa Perseo si servì a cangiar in pietra chiunq
seo si servì a cangiar in pietra chiunque ei si voleva. Dopo la morte di Medusa, Steno ed Euriale andarono ad abitare pres
ale andarono ad abitare presso l’Inferno, alla porta del nero palazzo di Plutone, ove poscia hanno sempre avuto la loro di
pre avuto la loro dimora coi Centauri, col gigante Briareo, coll’Idra di Lerna, colla Chimera, colle Arpie e con tutti gli
eme alle loro rivali, persuaso che nel gran progetto da lui concepito di rendersi utile al genere umano, egli non avrebbe
e gli si avvicinano. Nel nome delle tre Gorgoni con altre due figlie di Forco re di Itaca e di altre vicine isole hanno a
icinano. Nel nome delle tre Gorgoni con altre due figlie di Forco re di Itaca e di altre vicine isole hanno alcuni scoper
el nome delle tre Gorgoni con altre due figlie di Forco re di Itaca e di altre vicine isole hanno alcuni scoperto il nome
ca e di altre vicine isole hanno alcuni scoperto il nome dei vascelli di carico i quali commerciavano sulle coste dell’Afr
ll’Africa, ove trafficavasi dell’oro, dei denti d’elefante, dei corni di differenti animali, degli occhi di iena e delle a
o, dei denti d’elefante, dei corni di differenti animali, degli occhi di iena e delle altre mercanzie. Nel cambio che face
degli occhi di iena e delle altre mercanzie. Nel cambio che facevasi di coteste cose in diversi porti della Fenicia e del
che le Gorgoni prestavansi vicendevolmente ; quindi le cinque figlie di Forco erano i cinque vascelli de’ quali era compo
orco erano i cinque vascelli de’ quali era composta la piccola flotta di questo principe, come si vuole che lo provino i c
vino i cinque loro nomi fenici. In tutte le lingue orientali, le navi di un principe, per quanto si dice, chiamansi sue fi
quanto si dice, chiamansi sue figlie. Allorchè Perseo troncò il capo di Medusa, dalle gocce del sangue che caddero da ess
el sangue che caddero da esso si vuole che nascessero tutte le specie di serpenti che veggonsi nell’Africa, come nacque Cr
terra fece scaturire il fonte Ippocrene, nome che equivale a fontana di cavallo. Questo fonte consacrato ad Apollo ed all
so. Pretendesi che assista tuttora col suo dorso e le sue ali i poeti di primo ordine. Avvi chi confonde con Pegaso il cav
nella gara che ebbe con Minerva, come si è già riferito all’articolo di questa Dea. Ecco il modo con cui si spiega la fav
gaso. Medusa altro non era fuorchè una delle cinque navi della flotta di Forco, principe fenicio re d’Itaca. Essendo stata
i Forco, principe fenicio re d’Itaca. Essendo stata troncata la testa di Medusa, ossia ucciso il comandante della nave ne
i pure e disparve. Le Ninfe, Galatea, Aretusa e Aracne Il nome di Ninfa indica nel suo vero significato una donzell
questo nome in seguito ad altre Divinità rappresentate sotto le forme di donzelle. Secondo i poeti tutto l’universo era pi
otto le forme di donzelle. Secondo i poeti tutto l’universo era pieno di Ninfe, e le dividevano in diverse classi, in Ninf
o dal loro paese oppure dalla loro origine. Fu dato in fine il nome di Ninfe non solo a molte illustri dame delle quali
luoghi erano d’ordinario situati presso delle fontane, delle sorgenti di ruscelli o’ delle piccole riviere. Ogni Divinità
nfe, nel cuirango convien mettere eziandio le Muse, che sono le Ninfe di Apollo. Le Ninfe sono sempre rappresentate per me
la sfera del cielo. Poco si dice delle Ninfe infernali se non che tra di esse distinguevasi per bellezza Orfne che dicesi
on che tra di esse distinguevasi per bellezza Orfne che dicesi moglie di Acheronte e madre di Ascalafo cui altri danno per
stinguevasi per bellezza Orfne che dicesi moglie di Acheronte e madre di Ascalafo cui altri danno per madre la Notte. Le N
o all’incivilimento de’ Greci, e da Ecate, si dicevano anche le Ninfe di Diana, perchè quella Dea amava d’andare alla cacc
Endimione, che fa tenere dalle Oreadi i propri cavalli. Sotto il nome di Orestiadi sono dette figliuole di Giove. Le Napee
adi i propri cavalli. Sotto il nome di Orestiadi sono dette figliuole di Giove. Le Napee si facevano presiedere ai boschet
perto d’alberi. Il culto che si rendeva loro era presso a poco eguale di quello renduto alie Naiadi. Le Driadi presiedevan
lberi che erano da esse protetti. Potevano maritarsi. Euridice moglie di Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sott
oglie di Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sotto la figura di donne di fresco e robusto aspetto, la cui parte i
Orfeo era una Driade. Venivano rappresentate sotto la figura di donne di fresco e robusto aspetto, la cui parte inferiore
sco e robusto aspetto, la cui parte inferiore terminava in una specie di rabesco, descrivendo coi suoi giri allungati un t
di rabesco, descrivendo coi suoi giri allungati un tronco e le radici di un albero. La parte superiore, senza alcun velo,
una capellatura sparsa al vento. Il loro capo era cinto da una corona di foglie di quercia, ed avevano in mano una scure,
atura sparsa al vento. Il loro capo era cinto da una corona di foglie di quercia, ed avevano in mano una scure, perchè si
è favoloso il calcolo della loro esistenza secondo molti mitologi al di là de’ 9000 anni non combinando colla durata degl
n certo Parebio stava per abbattere una superba quercia, la più bella di tutta la provincia, quando gli apparve una Ninfa,
la di tutta la provincia, quando gli apparve una Ninfa, e lo supplicò di non offendere quell’albero, dicendogli : « La mi
ispetta un’Amadriade alla quale tu sei debitore dei più dolci momenti di tua vita ; all’ombra di queste foglie incontrasti
a quale tu sei debitore dei più dolci momenti di tua vita ; all’ombra di queste foglie incontrasti la donna che ti rese il
morte immatura. Un altro storico narra che un certo Reco della città di Gnido, vide un giorno una bellissima quercia incu
Gnido, vide un giorno una bellissima quercia incurvata ed in procinto di cadere. Ei si determinò a puntellarla, ed appena
tellarla, ed appena ebbe terminato questo lavoro gh comparve la Ninfa di quell’albero, la quale dissegli che era disposta
enza l’apparato dei castighi, mettendo le foreste sotto la protezione di amabili divinità, molto adattate ad allontanare d
i, e dei laghi e delle paludi dette Limniadi. Le Nereidi erano figlie di Nereo e di Doride, le Oceanidi o Oceanitidi figli
ghi e delle paludi dette Limniadi. Le Nereidi erano figlie di Nereo e di Doride, le Oceanidi o Oceanitidi figlie dell’Ocea
e di Nereo e di Doride, le Oceanidi o Oceanitidi figlie dell’Oceano e di Teti. Sì le une che le altre erano delle famiglie
uando stavan fuori dell’acque, d’ordinario abitavano in grotte adorne di conchiglie e di pampini. Erano invocate per rende
ri dell’acque, d’ordinario abitavano in grotte adorne di conchiglie e di pampini. Erano invocate per rendere il mare propi
facevansi ; talvolta erano ad esse immolate delle capre. Dimostravano di avere una particolare inclinazione per gli alcion
clinazione per gli alcioni, augelli marini. Si diede un tempo il nome di Nereidi ad alcune principesse che abitavano delle
cio e della navigazione. Lo stesso nome fu dato altresì a certi pesci di mare cui supponesi la parte superiore del corpo a
supponesi la parte superiore del corpo a un dipresso simile a quello di una donna. Le Oceanidi, Le Nereidi, Teti, l’Ocean
ngue delle vittime nelle patere ; e se il sacrificio facevasi a bordo di un vascello, allora lasciavasi che il sangue dell
e della vittima colasse in mare. Una delle più distinte tra le figlie di Nereo fu Galatea per la sua ammirabil bianchezza,
to giovine ed avvenente pastore al deforme Ciclope. Polifemo sdegnato di tale preferenza, lanciò uno scoglio di enorme gro
rme Ciclope. Polifemo sdegnato di tale preferenza, lanciò uno scoglio di enorme grossezza sopra Aci e lo schiacciò. Galate
e si unì alle Nereidi sue sorelle. Fra le Nereidi debbesi far cenno di Aretusa una delle compagne di Diana. Questa Ninfa
elle. Fra le Nereidi debbesi far cenno di Aretusa una delle compagne di Diana. Questa Ninfa ritornando dalla caccia un gi
fa ritornando dalla caccia un giorno si fermò per riposare al margine di un ruscello e vedendone le acque molto limpide vo
la Ninfa non potendo più reggere dalla stanchezza implorò il soccorso di Diana che la cangiò in fonte. Alfeo che la ricono
abbandonò la figura della quale erasi rivestito, e ripigliando quella di fiume, mescolò le sue acque con quelle di Aretusa
stito, e ripigliando quella di fiume, mescolò le sue acque con quelle di Aretusa. Allora la casta Diana aprì la terra per
occò nell’ isola d’Ortigia vicino alla Sicilia, anzi nel porto stesso di Siracusa, unita alla città da un ponte, ove vedes
tana dell’isola d’Ortigia che rinchiudeva il palazzo degli antichi re di Siracusa. Le Naiadi dette anche Crenee e Pegee er
Ninfe che presiedevano ai fiumi ed alle riviere dalle Naiadi col nome di Potamidi. Le Naiadi vengono d’ordinario dipinte i
i col nome di Potamidi. Le Naiadi vengono d’ordinario dipinte in atto di versar l’acqua da un’ urna, oppure portanti in ma
i talvolta consistevano in capre e in agnelli immolati, con libazioni di vino, di mele e di olio ; e più soventi contentav
a consistevano in capre e in agnelli immolati, con libazioni di vino, di mele e di olio ; e più soventi contentavansi di p
vano in capre e in agnelli immolati, con libazioni di vino, di mele e di olio ; e più soventi contentavansi di porre sui l
on libazioni di vino, di mele e di olio ; e più soventi contentavansi di porre sui loro altari del latte, dei fiori e dei
o delle quali non si estendeva sino alle città. Erano chiamate figlie di Giove. Alcuni le contano nel numero delle sacerdo
mate figlie di Giove. Alcuni le contano nel numero delle sacerdotesse di Bacco, altri le fanno madri de’ Satiri. Le Naiadi
io colle braccia e le gambe ignude, appoggiate ad un’urna. Una corona di canne adorna la loro capellatura sulle spalle ond
acque, soggiornavano d’ordinario negli antri vicini del mare, adorni di fontane e d’arboscelli e di quanto poteva rendern
nario negli antri vicini del mare, adorni di fontane e d’arboscelli e di quanto poteva renderne piacevole la dimora. S’agg
Il color verde s’addice all’abbigliamento delle Naiadi, come a quello di tutte le divinità marine ed ai fiumi. Le Limniadi
resiedevano ai laghi ed agli stagni. Erano onorate anche sotto i nomi di Limnacidi, Limnadi, Limnee e Limniache. Come Dea
Dea dei laghi e degli stagni, invocano i pastori Diana sotto il nome di Limnea o Limmatide. Aracne (1) era una famosa la
di Limnea o Limmatide. Aracne (1) era una famosa lavoratrice figlia di un tintore chiamato Idmone, della città di Colofo
famosa lavoratrice figlia di un tintore chiamato Idmone, della città di Colofone nella Ionia, la quale lavorava così bene
uale lavorava così bene in ricamo, che traeva in sua casa un’infinità di stranieri per ammirare la bellezza delle sue oper
una tale presunzione, che osò sfidare Minerva stessa, ripromettendosi di sorpassarla. Accettata la sfida esse incominciaro
ambe il lavoro. Quello della Dea fu certamente bellissimo ; ma quello di Aracne non gli cedeva. Essa aveva rappresentato s
e trasformato in Satiro ; Leda, della quale egli abusa sotto le forme di cigno ; Alcmena ch’egli inganna sotto le sembianz
sotto le forme di cigno ; Alcmena ch’egli inganna sotto le sembianze di Anfitrione ; Proserpina ch’egli seduce sotto la f
aveva egualmente rappresentato al naturale le amorose trasformazioni di Nettuno, di Apolline, di Bacco e di Saturno. Il d
mente rappresentato al naturale le amorose trasformazioni di Nettuno, di Apolline, di Bacco e di Saturno. Il disegno ne er
entato al naturale le amorose trasformazioni di Nettuno, di Apolline, di Bacco e di Saturno. Il disegno ne era sì regolare
aturale le amorose trasformazioni di Nettuno, di Apolline, di Bacco e di Saturno. Il disegno ne era sì regolare e vedevans
pe degli Dei. Aggiungesi che la Dea portò il suo risentimento a segno di percuotere Aracne, il che pose in tanta disperazi
a in ragno, e sotto questa metamorfosi ella ha conservato la passione di filare e di far tele. Dicesi che gli Egizi per ra
e sotto questa metamorfosi ella ha conservato la passione di filare e di far tele. Dicesi che gli Egizi per rammentare con
rammentare continuamente al popolo l’importanza delle sue manifatture di tela, esponevano nelle loro feste la figura di un
delle sue manifatture di tela, esponevano nelle loro feste la figura di una donna avente nella mano destra il subbio, int
girano la trama della loro stoffa, e davano a quest’immagine il nome di Minerva che nella loro lingua indicava mestiere d
t’immagine il nome di Minerva che nella loro lingua indicava mestiere di tessitore. Vicino a questa figura eravi quella di
a indicava mestiere di tessitore. Vicino a questa figura eravi quella di un ragno, da essi chiamato Aracne, parola che sig
la ; emblemi che trasportati in Grecia hanno dato luogo alle finzioni di questo popolo amico del meraviglioso. Le Esper
o amico del meraviglioso. Le Esperidi Le Esperidi erano nipoti di Espero e figlie di Atlante e di Esperide al dir d
lioso. Le Esperidi Le Esperidi erano nipoti di Espero e figlie di Atlante e di Esperide al dir d’alcuno ; secondo a
Esperidi Le Esperidi erano nipoti di Espero e figlie di Atlante e di Esperide al dir d’alcuno ; secondo altri figlie d
te e di Esperide al dir d’alcuno ; secondo altri figlie della Notte e di Cherecrate, o di Forco e di Ceto. La più comune o
al dir d’alcuno ; secondo altri figlie della Notte e di Cherecrate, o di Forco e di Ceto. La più comune opinione si è che
cuno ; secondo altri figlie della Notte e di Cherecrate, o di Forco e di Ceto. La più comune opinione si è che fossero tre
chiamata Vesta. Giunone maritandosi con Giove gli diede delle piante di pomi che fruttavano de’ pomi d’oro. Questi pomi f
. Questi pomi furono posti nell’orto delle Esperidi sotto la custodia di un drago nato da Tifone e da Echidna. Quest’orrib
eneva sempre gli occhi aperti avevano una virtù sorprendente. Con uno di questi pomi la Discordia pose lo scompiglio fra l
rutto Ippomene raddolcì la superba Atalanta. Le Esperidi erano dotate di bella voce, e con frequenti metamorfosi abbagliav
ate di bella voce, e con frequenti metamorfosi abbagliavano gli occhi di chi le mirava. Euristeo comandò ad Ercole di port
i abbagliavano gli occhi di chi le mirava. Euristeo comandò ad Ercole di portarsi a prender que’ pomi. Ercole s’indirizzò
lcuni storici custodivano con molta cura o degli armenti o dei frutti di una grande rendita. Siccome erano belle e ancor p
za diede all’eroe i pomi ch’egli era venuto a prendere. Sotto il nome di pomi d’oro molti hanno intesi gli aranci ed i ced
ichi Isole Fortunate o Atlantidi, poco distanti dalla costa d’Africa, di cui gli antichi avevano poche nozioni e che crede
lle Esperidi fossero in vicinanza delle colonne d’Ercole oggi stretto di Gibilterra. Le Stagioni Gli antichi person
onumenti le quattro Stagioni sono d’ordinario simboleggiate per mezzo di alati fanciulli i quali hanno degli attributi par
uti particolari ad ogni Stagione. La Primavera per esempio è coronata di fiori e appresso lei evvi un arbusto che mette le
 ; tien essa da una mano nu capretto ed un agnello. L’Estate coronata di spiche di frumento, tiene da una mano un fascio p
sa da una mano nu capretto ed un agnello. L’Estate coronata di spiche di frumento, tiene da una mano un fascio pur di spic
state coronata di spiche di frumento, tiene da una mano un fascio pur di spiche e dall’altra una falce. L’Autunno ha nelle
ra una falce. L’Autunno ha nelle mani de’ grappoli d’uva o un paniere di frutti sul capo. L’Inverno ben vestito ed il capo
frutti sul capo. L’Inverno ben vestito ed il capo coperto, sta presso di un albero spoglio di verdura ; ei tiene da una ma
verno ben vestito ed il capo coperto, sta presso di un albero spoglio di verdura ; ei tiene da una mano dei frutti secchi
acquatici augelli. Le quattro Stagioni sono state espresse per mezzo di quattro animali : si dà alla Primavera un paniero
presse per mezzo di quattro animali : si dà alla Primavera un paniero di frutti ed un ariete ; all’Estate un covone di fru
la Primavera un paniero di frutti ed un ariete ; all’Estate un covone di frumento ed un drago ; all’Autunno, un cornucopia
n covone di frumento ed un drago ; all’Autunno, un cornucopia ripieno di frutti e una lucerta od un lepre, perchè è il tem
lepre, perchè è il tempo della caccia ; all’Inverno, un vaso ripieno di fuoco ed una salamandra. Gli antichi hanno caratt
tunno con Bacco e l’Inverno con Ercole. Tritone Tritone figlio di Nettuno e di Anfitrite, era un Dio marino, la cui
co e l’Inverno con Ercole. Tritone Tritone figlio di Nettuno e di Anfitrite, era un Dio marino, la cui figura offri
bettiere del Dio del mare ; sempre lo precedeva, annunciando l’arrivo di lui col suono della marina conca. Talvolta è egli
carro tirato da due cavalli turchini. Si poneva d’ordinario la figura di Tritone sulla sommità del tempio di Saturno. Oltr
. Si poneva d’ordinario la figura di Tritone sulla sommità del tempio di Saturno. Oltre l’ufficio di essere trombettiere d
igura di Tritone sulla sommità del tempio di Saturno. Oltre l’ufficio di essere trombettiere di Nettuno, si attribuisce a
sommità del tempio di Saturno. Oltre l’ufficio di essere trombettiere di Nettuno, si attribuisce a Tritone quello di calma
io di essere trombettiere di Nettuno, si attribuisce a Tritone quello di calmare i flutti e di far cessare le tempeste. L
ere di Nettuno, si attribuisce a Tritone quello di calmare i flutti e di far cessare le tempeste. La maggior parte delle
di far cessare le tempeste. La maggior parte delle divinità dei mari di second’ordine si dicono Tritoni e si dipingono pe
e si dicono Tritoni e si dipingono per l’ordinario con una conchiglia di mare in mano ; si metton loro anche delle corone
on una conchiglia di mare in mano ; si metton loro anche delle corone di giunchi ; e ne sono stati rappresentati anche suo
di giunchi ; e ne sono stati rappresentati anche suonando una specie di flauto o zampogna, e tenendo un remo nella sinist
vano Partenope, Ligea e Leucosia. Altri le fanno figlie dell’Oceàno e di Anfitrite. Avvi chi ne nomina quattro : Aglaosi o
attro : Aglaosi o Aglaope, Telsipia, Psinoe ed Elige facendole figlie di Acheloo e della Musa Tersicore. Erano compagne di
ge facendole figlie di Acheloo e della Musa Tersicore. Erano compagne di Proserpina e allerchè questa fu rapita da Plutone
pita da Plutone, ebbero le braccia cangiate in ali e le gambe in code di pesce ritenendo nel volto e nel busto la forma mu
endo nel volto e nel busto la forma muliebre ; dicesi che ottenessero di essere in tal guisa trasformate pel gran desideri
di essere in tal guisa trasformate pel gran desiderio che mostrarono di andare in traccia di Proserpina per aria, per ter
sa trasformate pel gran desiderio che mostrarono di andare in traccia di Proserpina per aria, per terra e per acqua ; si s
per terra e per acqua ; si sostiene da altri che Cerere in punizione di non aver soccorso sua figlia rapita da Plutone le
iò in uccelli. Partite dalla Sicilia andarono a stabilirsi nell’isola di Capri dirimpetto a Napoli o in alcune isolette co
ro parole, sarebbero elleno perite. Le incantatrici non tralasciarono di arrestare colla loro armonia tutti coloro che giu
essi incantati a tale, che più non pensavano al loro paese, obliavano di prendere cibo e morivano d’inedia. La terra di qu
loro paese, obliavano di prendere cibo e morivano d’inedia. La terra di que’contorni era coperta di ossami di coloro che
endere cibo e morivano d’inedia. La terra di que’contorni era coperta di ossami di coloro che erano in tal guisa periti. U
o e morivano d’inedia. La terra di que’contorni era coperta di ossami di coloro che erano in tal guisa periti. Ulisse dove
inanzi alle Sirene, e avvertito da Circe, turò colla cera le oreochie di tutti i suoi compagni, e si fece pei piedi attacc
pericolo cui stava per esporsi fu sì incantato de’ lusinghieri suoni di quelle Sirene e delle seducenti promesse che gli
i suoni di quelle Sirene e delle seducenti promesse che gli facevano, di insegnargli mille belle cose, che fè cenno a’ suo
evano, di insegnargli mille belle cose, che fè cenno a’ suoi compagni di scioglierlo, loochè essi furono guardinghi di non
cenno a’ suoi compagni di scioglierlo, loochè essi furono guardinghi di non eseguire. Le Sirene per quanto vien riferito
dall’oracolo che per liberarsi dai guasti della peste, era lor d’uopo di ristabilire la città di Partenope, tosto la riedi
erarsi dai guasti della peste, era lor d’uopo di ristabilire la città di Partenope, tosto la riedificarono, e le diedero i
e la città di Partenope, tosto la riedificarono, e le diedero il nome di Neapolis presentemente Napoli. Le Sirene dipingon
is presentemente Napoli. Le Sirene dipingonsi colla testa ed il corpo di donna fino alla cintura e la forma di uccello dal
ingonsi colla testa ed il corpo di donna fino alla cintura e la forma di uccello dalla cintura al basso ; oppure con tutto
a forma di uccello dalla cintura al basso ; oppure con tutto il corpo di augello e la testa di donna. Si danno loro in man
la cintura al basso ; oppure con tutto il corpo di augello e la testa di donna. Si danno loro in mano degli stromenti di m
di augello e la testa di donna. Si danno loro in mano degli stromenti di musica ; una tiene una lira, l’altra due flauti e
na terza un rotolo, come per cantare. Sono tanto discordi le opinioni di coloro che hanno voluto dare un’interpretazione a
lla favola delle Sirene, e sì poco verisimili, che si crede opportuno di non riportarne alcuna. È però fatto che le Sirene
amicizia. Avrebbero per caso i poeti avuto in mira con tale racconto di eccitare nelle donne il nobile sentimento dell’am
mostro che aveva dodici artigli, sei booche e sei teste ; una frotta di cani gli sortivano dal corpo intorno la sua cintu
l luogo ove è il famoso stretto che porta il suo nome ; ma vendicossi di Circe, facendo perire i vascelli di Ulisse, suo a
porta il suo nome ; ma vendicossi di Circe, facendo perire i vascelli di Ulisse, suo amante. Si dice che Seilla ha una voc
a sei lunghi colli e sei teste enormi, e in ciascuna testa tre ordini di denti che racchiudono la morte. Allorchè vede pas
attrae per farli perire. Dalla testa siuo alla cintura è una donzella di una bellezza seducente, pesce enorme nel rimanent
bellezza seducente, pesce enorme nel rimanente del corpo, ha una coda di delfino e un ventre di lupo. Credesi che Scilla f
ce enorme nel rimanente del corpo, ha una coda di delfino e un ventre di lupo. Credesi che Scilla fosse un naviglio dei Ti
stava le coste della Sicilia e portava su la prua la mostruosa figura di una donna il cui corpo era circondato di cani. Ag
la prua la mostruosa figura di una donna il cui corpo era circondato di cani. Aggiungesi che lo strepito delle onde frang
etuosamente nei vortici, hanno dato motivo alla favola. Cariddi nome di una donna voracissima che avendo rubato ad Ercole
ulminata da Giove e cangiata in una voragine vorticosa, nello stretto di Sicilia, che inghiottiva le navi ed i naviganti c
te d’Italia, e Cariddi dal lato della Sicilia. Quivi perirono le navi di Ulisse. Scilla era però alcun poco più verso il N
un poco più verso il Nord-Est e non si trovava precisamente in faccia di Cariddi. Quando si passava lo stretto dal Nord al
accia di Cariddi. Quando si passava lo stretto dal Nord al Sud, prima di entrarvi, trovavasi il vortice di Cariddi alla si
a lo stretto dal Nord al Sud, prima di entrarvi, trovavasi il vortice di Cariddi alla sinistra, e lo scoglio di Scilla a m
entrarvi, trovavasi il vortice di Cariddi alla sinistra, e lo scoglio di Scilla a mano destra. In quel tempo in cui l’arte
tra. In quel tempo in cui l’arte nautica non era portata a quel punto di perfezione, in cui è presentemente, quel passaggi
entemente, quel passaggio era pericolosissimo, e succedeva pur troppo di soventi che per evitare le terre alla sinistra, s
Cadere da Scilla a Cariddi. Non è cosa rara che bene spesso il timore di un male ci conduce in un peggiore. I Penati, i
si gli uni per gli altri. Si vuole da alcuni che i Lari fossero figli di Mercurio e di Lara ninfa del Tevere, che Mercurio
gli altri. Si vuole da alcuni che i Lari fossero figli di Mercurio e di Lara ninfa del Tevere, che Mercurio condusse all’
i Lara ninfa del Tevere, che Mercurio condusse all’inferno per ordine di Giove il quale le aveva prima fatto tagliare la l
ine di Giove il quale le aveva prima fatto tagliare la lingua in pena di aver manifestato a Giunone gli amori di lui colla
to tagliare la lingua in pena di aver manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorell
er manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorella di Turno. Li volevano inoltre fi
unone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorella di Turno. Li volevano inoltre figli di Giove e di L
uturna figlia di Dauno e sorella di Turno. Li volevano inoltre figli di Giove e di Larunda, forse la stessa che Lara. I L
ia di Dauno e sorella di Turno. Li volevano inoltre figli di Giove e di Larunda, forse la stessa che Lara. I Lari o Penat
e ad essi si facevano in particolare erano incenso, vino, una coperta di lana ed una parte dei cibi giornalieri. Vuolsi ch
anticamente tutte le anime dei morti fossero conosciute sotto il nome di Lemuri. Quelli che avevano cura degli abitanti de
bene e facendo ai malvagi dei mali reali, e si distinguevano col nome di Larve. Altre divinità degli antichi Presso
del mele o guastava gli alveari del suo vicino esponevasi allo sdegno di questa Divinità. Stercuzio o Stercuto o Sterculio
o Sterculio o Sterquilino era il dio del concime, che dicevasi figlio di Fauno e che aveva per il primo introdotta la conc
polpa delle quali ha la bianchezza del latte. Ogni uomo era in tutela di un Dio particolare chiamato Genio, e che lo accom
iva vino, fiori, incenso ; ma non si spargeva mai sangue in tal sorta di sacrifici. Presiedeva secondo gli antichi ad ogni
nde dell’umana vita erano anch’esse raccomandate a qualche Divinità ; di tutte queste basterà accennare le principali. Gio
na era la dea della pigrizia ; presiedeva anche al riposo della gente di campagna. Marcia era la dea della viltà. La Mente
comune a molti celebri Greci nell’antichità, che si recarono ad onore di portar un tal nome, il quale suolevasi dare anche
e colonie. La vanità greca ha attribuito ad Ercole Tebano le imprese di tanti altri dello stesso nome. Ercole di cui si p
ad Ercole Tebano le imprese di tanti altri dello stesso nome. Ercole di cui si parla in questo Compendio è appunto il Teb
era il più noto e il più venerato dai Greci e dai Romani, era figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Teb
noto e il più venerato dai Greci e dai Romani, era figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Tebe figlio di
erato dai Greci e dai Romani, era figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Tebe figlio di Alceo. Dal nome d
dai Romani, era figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Tebe figlio di Alceo. Dal nome dell’avo Ercole fu
a figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione re di Tebe figlio di Alceo. Dal nome dell’avo Ercole fu detto Alcide e
degli Eraclidi. Giove per ingannare Alcmena si vestì delle sembianze di Anfitrione di lei marito mentre questi era alla g
i. Giove per ingannare Alcmena si vestì delle sembianze di Anfitrione di lei marito mentre questi era alla guerra di Tebe.
e sembianze di Anfitrione di lei marito mentre questi era alla guerra di Tebe. Giove aveva giurato che dei due bambini i q
avrebbe l’impero sopra il secondo ; Giunone sdegnata per l’infedeltà di Giove, si vendicò sopra il figlio, sollecitando l
fedeltà di Giove, si vendicò sopra il figlio, sollecitando la nascita di Euristeo, ed assicurandogli così la superiorità s
oppiati colpi e molti altri prodigi annunziarono la gloria del figlio di Giove. Alcmena partorì due gemelli, Ercole ed Ifi
ando in tal modo a conoscere fin dal suo nascere che era degno figlio di Giove. La maggior parte dei mitologi raccontano p
te dei mitologi raccontano però che Giunone la quale da’ primi giorni di Ercole diede strepitose prove dell’odio che gli p
che gli portava in causa della madre, mandò due orribili dragoni alla di lui culla per farlo divorare ; ma il fanciullo, s
si, li prese fra le mani e li pose in pezzi. Giunone per le preghiere di Pallade si raddolcì allora alquanto ed acconsentì
preghiere di Pallade si raddolcì allora alquanto ed acconsentì anche di dargli del proprio latte onde renderlo immortale.
anche di dargli del proprio latte onde renderlo immortale. Una goccia di questo latte che Ercole lasciò cadere, produsse q
questo fatto in altra maniera e dicono ché Alcmena temendo la gelosia di Giunone, non osò confessarsi madre di Ercole, e s
ché Alcmena temendo la gelosia di Giunone, non osò confessarsi madre di Ercole, e subito nato lo espose in mezzo di un ca
non osò confessarsi madre di Ercole, e subito nato lo espose in mezzo di un campo. Minerva e Giunone vi passarono poco dop
va e Giunone vi passarono poco dopo, e la prima ammirando la bellezza di quel fanciullo consigliò Giunone a dargli del suo
re e lasciò colà il fanciullo. Minerva lo raccolse e lo portò in casa di Alcmena, come una nutrice cui l’avesse raccomanda
ione, gli lanciò l’istrumento su la testa e lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinaria e di una forza di corpo
u la testa e lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinaria e di una forza di corpo incredibile ; era anche un fam
lo uccise. Ercole divenne di una statura straordinaria e di una forza di corpo incredibile ; era anche un famoso mangiator
o necessari due uomini per portarla : egli però non aveva bisogno che di una mano per valersene quando la vuotava. Datosi
er valersene quando la vuotava. Datosi per inclinazione ad un genere di vita aspro e faticoso, si presentò ad Euristeo, s
uesto suo procedere non fossé volontario e che da principio ricusasse di sottomettersi agli ordini di Euristeo. Giunoue pe
volontario e che da principio ricusasse di sottomettersi agli ordini di Euristeo. Giunoue per punirlo della sua disubbedi
che uccise i propri figli natigli da Megara sua prima moglie credendo di togliere di vita quelli di Euristeo. Ritornato in
propri figli natigli da Megara sua prima moglie credendo di togliere di vita quelli di Euristeo. Ritornato in sè stesso n
atigli da Megara sua prima moglie credendo di togliere di vita quelli di Euristeo. Ritornato in sè stesso ne fu tanto affl
litto che rinunciò al commercio degli uomini, indi consultò l’oracolo di Apollo che gli ordinò di sottomettersi, per lo sp
mercio degli uomini, indi consultò l’oracolo di Apollo che gli ordinò di sottomettersi, per lo spazio di dodici anni, agli
tò l’oracolo di Apollo che gli ordinò di sottomettersi, per lo spazio di dodici anni, agli ordini di Euristeo, in conformi
li ordinò di sottomettersi, per lo spazio di dodici anni, agli ordini di Euristeo, in conformità dei decreti di Giove ; e
io di dodici anni, agli ordini di Euristeo, in conformità dei decreti di Giove ; e gli annunciò che sarebbe posto nel rang
lorchè avesse compiuto i gloriosi suoi destini. Giunone eccitò contro di lui Euristeo. Questo principe geloso della fama d
none eccitò contro di lui Euristeo. Questo principe geloso della fama di Ercole e temendo di essere un giorno balzato dal
i lui Euristeo. Questo principe geloso della fama di Ercole e temendo di essere un giorno balzato dal trono, lo perseguitò
giorno balzato dal trono, lo perseguitò incessantemente ed ebbe cura di occuparlo bastantemente fuori dei suoi stati onde
occuparlo bastantemente fuori dei suoi stati onde togliergli i mezzi di sturbare il suo regno ; gli comandò le cose più d
e cose più dure e malagevoli dette poi dai mitologi le dodici fatiche di Ercole, persuaso che dovesse perire ; ma Ercole n
on gloria. Dovette primieramente combattere il terribile leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di
ovette primieramente combattere il terribile leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di Nemea, celeb
rribile leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di Nemea, celebre città dell’Acaia, e dopo avergli c
aia, e dopo avergli colle mani squarciata la gola, ne trasse la pelle di oui andò sempre coperto. 2.° Nel paese di Argo pu
la gola, ne trasse la pelle di oui andò sempre coperto. 2.° Nel paese di Argo pugnò coll’ Idra Lernea, nata da Echidna anc
ò coll’ Idra Lernea, nata da Echidna anch’essa, e che era un serpente di sette teste, a cui se una veniva recisa, immantin
to cignale vivo, ne fu tanto spaventato che corse a nascondersi sotto di un tino di bronzo. 4.° Sul monte Menalo inseguì p
vivo, ne fu tanto spaventato che corse a nascondersi sotto di un tino di bronzo. 4.° Sul monte Menalo inseguì per un anno
monte Menalo inseguì per un anno intiero una cerva che aveva i piedi di bronzo e le corna d’oro. Siccome era dedicata a D
di bronzo e le corna d’oro. Siccome era dedicata a Diana era proibito di ucciderla. Ercole per ubbidire ad Euristeo che la
prese viva, se la pose su le spalle e la portò a Micene. 5.° A colpi di freccia uccise tutti gli orribili uccelli del lag
lago Stinfalio. Essi erano mostruosi, avevano il becco e gli artigli di ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve n’era un g
rano mostruosi, avevano il becco e gli artigli di ferro, e pascevansi di càrne umana. Ve n’era un gran numero e la loro gr
i e furono quasi interamente distrutte da Ercole. 7.° Purgò le stalle di Augia re dell’Elide, le quali contenevano tremila
appartenere. Siccome Augia gli rifiutò il compenso malgrado il parere di Fileo suo figlio che lo consigliò a mantenere i p
io che lo consigliò a mantenere i patti, Ercole offeso dalla condotta di Augia lo uccise e nominò Fileo erede degli stati
so dalla condotta di Augia lo uccise e nominò Fileo erede degli stati di suo padre. 8.° Domò un furioso toro che devastava
li stati di suo padre. 8.° Domò un furioso toro che devastava l’isola di Creta e lo condusse legato ad Euristeo. 9.° Vinse
isola di Creta e lo condusse legato ad Euristeo. 9.° Vinse Diomede re di Tracia il quale pasceva i suoi cavalli di carne u
isteo. 9.° Vinse Diomede re di Tracia il quale pasceva i suoi cavalli di carne umana facendo loro divorare principalmente
loro divorare principalmente gli stranieri che avevano la mala sorte di cadere nelle sue mani. Ercole preso che ebbe Diom
po ove furono divorati da animali feroci. 10.° Uccise Gerione figlio di Crisaore e di Calliroe o di Nettuno creduto gener
divorati da animali feroci. 10.° Uccise Gerione figlio di Crisaore e di Calliroe o di Nettuno creduto generalmente re di
imali feroci. 10.° Uccise Gerione figlio di Crisaore e di Calliroe o di Nettuno creduto generalmente re di Spagna benchè
figlio di Crisaore e di Calliroe o di Nettuno creduto generalmente re di Spagna benchè alcuni lo facessero dimorare in Gre
re in Grecia, altri nelle isole Baleari, altri in Eritia isola vicino di Cadice. Questi era un gigante con tre corpi che f
ode delle sue mandre aveva un cane con tre teste chiamato Orto figlio di Echidna, ed un Dragone con sette teste. Ercole uc
ri dicono, li fe’ cogliere da Atlante ed ei frattanto sostenne invece di lui sulle sue spalle il cielo. 12.° Discese all’i
gato al monte Caucaso. Uccise un mostro marino al quale Esione figlia di Laomedonte era esposta ; e per punire Laomedonte
ire Laomedonte che gli negava i promessigli cavalli, rovesciò le mura di Troia e diede Esione a Telamone. Separò i due mon
. Ogni paese e specialmente le città della Grecia recavansi ad onore di aver servito di teatro a qualche meravigliosa di
specialmente le città della Grecia recavansi ad onore di aver servito di teatro a qualche meravigliosa di lui azione. Per
a recavansi ad onore di aver servito di teatro a qualche meravigliosa di lui azione. Per vendicarsi delle persecuzioni sus
mente ai Giuochi Olimpici per disputare il premio e non osando alcuno di competere con esso, Giove medesimo volle lottare
, Giove medesimo volle lottare col proprio suo figlio sotto la figura di un atleta ; e siccome dopo lungo combattimento, i
glio per la sua forza e valore. Ercole ebbe molte mogli e gran numero di amanti. Le più note sono Megara, Onfale, Iole, Ep
giovinetta Ebe che sposò in cielo. L’amore ch’ebbe per Onfale regina di Lidia fu sì ardente, che si vestiva da donna per
ente, che si vestiva da donna per piacerle e silava con lei. La morte di Ercole fu un effetto della vendetta di Nesso e de
rle e silava con lei. La morte di Ercole fu un effetto della vendetta di Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira era f
morte di Ercole fu un effetto della vendetta di Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira era figlia di Oeneo, ed Ercole
la vendetta di Nesso e della gelosia di Deianira. Deianira era figlia di Oeneo, ed Ercole per ottenerla in moglie dovè com
ella sposa e nel passare il fiume Eveno, il centauro Nesso si offerse di portarla sul dosso sull’altra ripa, al che Ercole
per un’altra, o che se l’avesse abbandonata avrebb’essa avuto potere di farlo ritornare a lei. Deianira troppo credula, i
farlo ritornare a lei. Deianira troppo credula, informata degli amori di suo marito con Iole, mandò a lui la fatal camicia
in dosso, che sentissi subito ardere da un crudel fuoco, ed il veleno di cui essa era infettata gli penetrò fino entro le
sa era infettata gli penetrò fino entro le ossa. Tentò egli ma invano di levarsi la mortifera tunica, poichè erasi attacca
inava il suo fine, alzò un rogo sul monte Oeta, vi stese la sua pelle di leone, vi si coricò sopra, si pose la mazza sotto
si coricò sopra, si pose la mazza sotto il capo e ordinò a Filottete di appiccarvi il fuoco e di aver cura delle sue cene
la mazza sotto il capo e ordinò a Filottete di appiccarvi il fuoco e di aver cura delle sue ceneri. Appena fu acceso il r
iducesse tutto in cenere in un istante, onde purificare ciò che v’era di mortale in Ercole. Giove lo innalzò al cielo e lo
negletto. Sui monumenti viene ordinariamente rappresentato coi tratti di uomo forte e robusto, e con una mazza o clava in
ualche volta sopra un braccio ed anche sopra la testa. Vedesi pure ma di rado con l’arco e col turcasso ; ora barbuto e mo
e col turcasso ; ora barbuto e molte volte senza barba. La più bella di tutte le sue statue l’Ercole farnese ora in Napol
e le sue statue l’Ercole farnese ora in Napoli lo rappresenta in atto di riposarsi sopra la clava, vestito colla parte sup
rte superiore della pelle del leone. Alcune volte si dipinge coronato di foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli era con
ore della pelle del leone. Alcune volte si dipinge coronato di foglie di pioppo bianco. Quest’albero gli era consacrato, p
nella terra aveva preso radice, ed era divenuta un albero. Ilo figlio di lui e di Deianira sposò Iolea, ma Euristeo serban
ra aveva preso radice, ed era divenuta un albero. Ilo figlio di lui e di Deianira sposò Iolea, ma Euristeo serbando verso
assalirvelo, ma ucciso da Ilo medesimo in un combattimento, il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope e padre di
edesimo in un combattimento, il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope e padre di Agamennone ; e soltanto dopo un
attimento, il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope e padre di Agamennone ; e soltanto dopo un secolo circa gli
a gli Eraclidi riuscirono a stabilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta, di Micene e di Corinto sotto il
clidi riuscirono a stabilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta, di Micene e di Corinto sotto il comando d
irono a stabilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta, di Micene e di Corinto sotto il comando di un capo E
ilirsi nel Peloponneso impadronendosi di Argo, di Sparta, di Micene e di Corinto sotto il comando di un capo Etolio. Dalle
ronendosi di Argo, di Sparta, di Micene e di Corinto sotto il comando di un capo Etolio. Dalle tante gesta di Ercole e dal
ne e di Corinto sotto il comando di un capo Etolio. Dalle tante gesta di Ercole e dalle diverse epoche in cui si raccontan
ono a ragione sì i Romani che i Greci e dietro essi i moderni che più di un Ercole vi avesse come si è già detto e che cia
azione vantasse il suo, e che tutte poi attribuite fossero le imprese di tanti Ercoli al figlio di Alcmena e di Giove che
che tutte poi attribuite fossero le imprese di tanti Ercoli al figlio di Alcmena e di Giove che si rendette così il più ce
attribuite fossero le imprese di tanti Ercoli al figlio di Alcmena e di Giove che si rendette così il più celebre tra i S
tutta la scienza mitologica, al culto antico cioè della natura, fece di Ercole un essere allegorico che al par di Bacco,
ico cioè della natura, fece di Ercole un essere allegorico che al par di Bacco, di Giove, di Esculapio e di tante altre de
ella natura, fece di Ercole un essere allegorico che al par di Bacco, di Giove, di Esculapio e di tante altre deità, non v
a, fece di Ercole un essere allegorico che al par di Bacco, di Giove, di Esculapio e di tante altre deità, non vuol signif
le un essere allegorico che al par di Bacco, di Giove, di Esculapio e di tante altre deità, non vuol significare altro che
ità, non vuol significare altro che il sole. L’universalità del culto di Ercole, l’antichità de’ suoi templi di Fenicia, d
sole. L’universalità del culto di Ercole, l’antichità de’ suoi templi di Fenicia, di Egitto, quivi innalzatigli prima che
ersalità del culto di Ercole, l’antichità de’ suoi templi di Fenicia, di Egitto, quivi innalzatigli prima che le colonie d
templi di Fenicia, di Egitto, quivi innalzatigli prima che le colonie di que’ due paesi andassero a popolare la Grecia, i
o Ercole che tutti convengono al sole formano il principal fondamento di questo sistema. La perfeta analogia che passa tr
ole nello zodiaco è uno de’ più forti appoggi del sistema astronomico di Ercole considerato come il sole. I sostenitori de
rcole considerato come il sole. I sostenitori del sistema astronomico di Ercole asseriscono che non solo all’estremità del
ella ancora del ponte Eusino scorgevansi due colonne dette egualmente di Ercole volendo indicare colle une e colle altre i
Ercole volendo indicare colle une e colle altre il termine dei viaggi di questo eroe verso occidente ; e che due altari ve
vedono espressi chiaramente in esse i due termini naturali del corso di quel grande astro il quale ogni giorno trascorre
utto ciò che abbiamo qui brevemente accennato sul sistema astronomico di Ercole si troverà diffusamente esposto in vari es
ico di Ercole si troverà diffusamente esposto in vari estesi trattati di mitologia. Prometeo Il più antico de’ Semi
tologia. Prometeo Il più antico de’ Semidei fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani e di Asia figlia dell’Ocea
più antico de’ Semidei fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani e di Asia figlia dell’Oceano. Egli fu che formò i prim
Titani e di Asia figlia dell’Oceano. Egli fu che formò i primi uomini di terra e di acqua. Minerva, ammirando la bellezza
Asia figlia dell’Oceano. Egli fu che formò i primi uomini di terra e di acqua. Minerva, ammirando la bellezza dell’opera
uomini di terra e di acqua. Minerva, ammirando la bellezza dell’opera di Prometeo, gli fece l’offerta di dargli tutto quel
rva, ammirando la bellezza dell’opera di Prometeo, gli fece l’offerta di dargli tutto quello che poteva contribuire a perf
contribuire a perfezionarla. Prometeo le disse che avrebbe desiderato di scorrere egli medesimo le celesti regioni per sce
tua anima e vita. Adirato Giove per questo attentato ordinò a Vulcano di formare una bellissima donna, di cui è già parlat
er questo attentato ordinò a Vulcano di formare una bellissima donna, di cui è già parlato all’articolo Vulcano stesso. Gl
già parlato all’articolo Vulcano stesso. Gli Dei la ricolmarono tutti di doni per cui fu detta Pandora e la mandarono a Pr
n una scatola che conteneva tutti i mali. Prometeo ebbe l’avvedutezza di ricusare il dono temendo di un inganno, ed Epimét
tutti i mali. Prometeo ebbe l’avvedutezza di ricusare il dono temendo di un inganno, ed Epiméteo suo fratello accolse liet
atello accolse lietamente il dono e sposò Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto gli aveva di rifiutare qualunq
o e sposò Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto gli aveva di rifiutare qualunque presente gli venisse da Giove
gli aveva di rifiutare qualunque presente gli venisse da Giove. L’ira di Giove nel veder che Prometeo era sfuggito a quest
dinò immantinente a Mercurio secondo alcuni, a Vulcano secondo altri, di incatenare Prometeo sul monte Caucaso, ove un avo
e trovasi il monte Cuacaso, e donde non potè sortire durante il regno di Giove. Il dispiacere di condurre una vita miserab
so, e donde non potè sortire durante il regno di Giove. Il dispiacere di condurre una vita miserabile in un paese selvaggi
rre una vita umana, e per questo si è forse detto che coll’assistenza di Minerva aveva formato l’uomo. Deucalione D
enza di Minerva aveva formato l’uomo. Deucalione Deucalione re di Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito di Pir
mato l’uomo. Deucalione Deucalione re di Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia di Epimeteo e d
lione Deucalione re di Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia di Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fe
ione re di Tessaglia, era figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia di Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì
saglia, era figlio di Prometeo e marito di Pirra figlia di Epimeteo e di Pandora. Gli Dei fecero ai suoi dì perire tutti g
Tutta la superficie della terra fu inondata dalle acque ad eccezione di una sola montagna della Focide, il monte Parnaso,
che si furono le acque andarono i due coniugi a consultare l’oracolo di Temi sul modo di ripopolare la terra e n’ebbero i
acque andarono i due coniugi a consultare l’oracolo di Temi sul modo di ripopolare la terra e n’ebbero in risposta che si
nte Otri in Tessaglia, si ritirò sul Parnaso per sottrarsi al diluvio di Deucalione e fu cangiato in uccello dalle Ninfe d
ttrarsi al diluvio di Deucalione e fu cangiato in uccello dalle Ninfe di quella montagna, o secondo altri, trasformato in
nfe di quella montagna, o secondo altri, trasformato in quella specie di scarabeo che ha le corna. La favola di Deucalion
trasformato in quella specie di scarabeo che ha le corna. La favola di Deucalione e di Pirra è fondata su la storia. Sot
quella specie di scarabeo che ha le corna. La favola di Deucalione e di Pirra è fondata su la storia. Sotto il regno di D
avola di Deucalione e di Pirra è fondata su la storia. Sotto il regno di Deucalione re di Tessaglia, il corso del fiume Pe
ne e di Pirra è fondata su la storia. Sotto il regno di Deucalione re di Tessaglia, il corso del fiume Peneo fu fermato da
ato da un terremoto nel luogo ove questo fiume ingrossato dalle acque di quattro altri va a scaricarsi nel mare. In quell’
. Le pietre misteriose che ripopolarono il paese furono forse i figli di quelli che si salvarono dall’inondazione. Deucali
e ebbe da Pirra due figli. Elleno che alcuni mitologi chiamano figlio di Giove, ed Anfittione che regnò nell’Attica. Ebbe
glia per nome Protogenea la quale fu amata da Giove che la rese madre di Etlio. L’epoca del diluvio di Deucalione dovrebbe
ale fu amata da Giove che la rese madre di Etlio. L’epoca del diluvio di Deucalione dovrebbe essere verso l’anno 1560 avan
ssere verso l’anno 1560 avanti l’era volgare. Perseo Perseo re di Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità
seo re di Argolide uno de’ più famosi eroi della antichità era figlio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Ar
rgolide uno de’ più famosi eroi della antichità era figlio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio
mosi eroi della antichità era figlio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio era figlio di Abante
a antichità era figlio di Giove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio era figlio di Abante ed aveva un fr
ove e di Danae unica figlia di Acrisio re di Argo. Acrisio era figlio di Abante ed aveva un fratello chiamato Preto ch’egl
ndo Acrisio inteso dall’oracolo ch’ei sarebbe stato ucciso dal figlio di Danae, la fece chiudere in una torre di bronzo, o
rebbe stato ucciso dal figlio di Danae, la fece chiudere in una torre di bronzo, ove la tenne ben custodita risoluto di no
chiudere in una torre di bronzo, ove la tenne ben custodita risoluto di non maritarla mai. Giove però cambiato in pioggia
le che regnò tra i due fratelli. Conscio che fu Acrisio della nascita di Perseo fecelo esporre colla madre in una sdruscit
sua speranza perchè il naviglio fu trasportato sulle coste dell’isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo e raccolta
se cortesemente la madre e diede il fanciullo ai sacerdoti del tempio di Minerva perchè lo educassero. Perseo divenne gran
divenne grande e vigoroso e siccome Polidete lo temeva e proponevasi di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di all
vigoroso e siccome Polidete lo temeva e proponevasi di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di allontanarlo dalla s
lo temeva e proponevasi di sedurre Danae di cui era innamorato, cercò di allontanarlo dalla sua corte. Finse Polidete di v
era innamorato, cercò di allontanarlo dalla sua corte. Finse Polidete di voler dare un pranzo ai suoi amici purchè ciascun
invitò. Perseo perchè sapeva che non ne aveva. Questo giovine ardente di far prova del suo coraggio offerse di portargli i
e aveva. Questo giovine ardente di far prova del suo coraggio offerse di portargli invece del cavallo la testa di Medusa,
ova del suo coraggio offerse di portargli invece del cavallo la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni, la sola che fosse
elle tre Gorgoni, la sola che fosse mortale ; cui Pallade per punirla di aver amoreggiato con Nettuno nel suo tempio aveva
Mercurio gli prestò le ali ed i talari alati ; Vulcano una scimitarra di diamanti fatta a forma di falce ; Plutone l’elmo
ed i talari alati ; Vulcano una scimitarra di diamanti fatta a forma di falce ; Plutone l’elmo che rendeva invisibile chi
invisibile chi lo portava, e Pallade uno scudo che risplendeva ad uso di specchio. Armato in tal guisa ed assistito da Min
isa ed assistito da Minerva partì, vinse le Gorgoni e tagliò la testa di Medusa che portò seco. Volando sempre in balía de
er quella notte soltanto al re Atlante facendosi conoscere per figlio di Giove. Atlante rammentandosi di un oracolo antico
tlante facendosi conoscere per figlio di Giove. Atlante rammentandosi di un oracolo antico che gli aveva annunciato di dif
. Atlante rammentandosi di un oracolo antico che gli aveva annunciato di diffidarsi di un figlio di Giove che gli avrebbe
entandosi di un oracolo antico che gli aveva annunciato di diffidarsi di un figlio di Giove che gli avrebbe un giorno rapi
un oracolo antico che gli aveva annunciato di diffidarsi di un figlio di Giove che gli avrebbe un giorno rapiti i più bei
scacciò. Perseo non potendosi misurare con Atlante che era un gigante di una enorme altezza, lo punì convertendolo nel mon
punì convertendolo nel monte dello stesso nome presentendogli il capo di Medusa, e gli rapì i pomi da lui accuratamente gu
le Nereidi, che l’avevano prima legata nuda ad uno scoglio per ordine di Giunone e per espiare il delitto della propria ma
iunone e le Nereidi. Perseo la salvò uccidendo il mostro. Cefeo padre di Andromeda e la madre di lei Cassiopea accolsero c
seo la salvò uccidendo il mostro. Cefeo padre di Andromeda e la madre di lei Cassiopea accolsero colla più grande gioia Pe
ore della figlia e gliela accordarono in isposa. Ebbe nondimeno prima di averla a combattere contro Fineo fratello di Cefe
sa. Ebbe nondimeno prima di averla a combattere contro Fineo fratello di Cefeo cui Andromeda era stata innanzi promessa ;
meda era stata innanzi promessa ; e dopo aver uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa pietrificò tut
ssa ; e dopo aver uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa pietrificò tutti gli altri con Fineo medes
sata ch’ebbe Andromeda Perseo tornò in Grecia. Pietrificò col teschio di Medusa Preto che aveva scacciato Acrisio dal regn
icò col teschio di Medusa Preto che aveva scacciato Acrisio dal regno di Argo, convertì pure in pietra Polidete che invidi
di Argo, convertì pure in pietra Polidete che invidioso della gloria di lui cercava ogni mezzo di diffamarlo ed inquietav
pietra Polidete che invidioso della gloria di lui cercava ogni mezzo di diffamarlo ed inquietava con ogni sorta di violen
di lui cercava ogni mezzo di diffamarlo ed inquietava con ogni sorta di violenze Danae, e per ultimo trasmutò in sasso lo
ntrastare il passaggio pe’ suoi stati. Posto sul trono Ditti fratello di Polidete, restituì a Mercurio le ali e i talari,
spada ed a Pallade lo scudo ; e siccome aveva dei particolari doveri di riconoscenza verso quest’ultima, le fece dono del
i doveri di riconoscenza verso quest’ultima, le fece dono della testa di Medusa ch’essa non mise su lo scudo ma su l’egida
trezza nel lanciare il disco da lui inventato e che ebbe la disgrazia di uccidere innocentemente Acrisio con un colpo di p
che ebbe la disgrazia di uccidere innocentemente Acrisio con un colpo di piastrella, verificandosi in tal modo quanto avev
a Perseo per la morte del suo avolo gli fece abbandonare il soggiorno di Argo e andò a fabbricare una nuova città denomina
cielo e collocati fra le costellazioni. Atlante Atlante figlio di Giove e di Climene, gigante di grandezza e di for
locati fra le costellazioni. Atlante Atlante figlio di Giove e di Climene, gigante di grandezza e di forza straordi
lazioni. Atlante Atlante figlio di Giove e di Climene, gigante di grandezza e di forza straordinaria era re di Maur
ante Atlante figlio di Giove e di Climene, gigante di grandezza e di forza straordinaria era re di Mauritania oggi sta
ve e di Climene, gigante di grandezza e di forza straordinaria era re di Mauritania oggi stato di Marocco. Divenne celebre
di grandezza e di forza straordinaria era re di Mauritania oggi stato di Marocco. Divenne celebre per le sue cognizioni as
Esperidi in cui si conservavano i pomi d’oro. Avvertito dall’oracolo di guardarsi da un figlio di Giove, si decise a non
vavano i pomi d’oro. Avvertito dall’oracolo di guardarsi da un figlio di Giove, si decise a non ricevere più alcuno in cas
pitalità, n’ebbe tanto sdegno, che facendo vedere ad Atlante la testa di Medusa, converselo in una così alta montagna, che
scoprirne la sommità. Atlante si rappresenta per l’ordinario in atto di sostenere un globo colla testa, il collo e le spa
Eudosia o Endora, Pasitoe, Coronide, Polisso, Fileto e Tienea sorelle di la che venne divorato da un leone. Fu tanto il do
enne divorato da un leone. Fu tanto il dolore che provarono le figlie di Atlante per la morte del loro fratello e sparsero
e in cielo da Giove e convertite in astri, per sottrarle alla collera di Giunone che voleva punirle delle cure da esse avu
vute per educare Bacco. La costellazione formata dalle Iadi è foriera di pioggia e di cattivo tempo. Questa costellazione
are Bacco. La costellazione formata dalle Iadi è foriera di pioggia e di cattivo tempo. Questa costellazione nomasi da alc
Ia dal nome del fratello delle Iadi. Fanno alcuni queste Ninfe figlie di Cadmo. Altri pretendono che le figlie di Atlante
o alcuni queste Ninfe figlie di Cadmo. Altri pretendono che le figlie di Atlante dette Atlantidi non fossero che sette det
ritoo, Ippolito, Fedra e i Centauri Teseo nacque in Trezene città di Morea o in Tracline di Tessaglia, come vogliono a
e i Centauri Teseo nacque in Trezene città di Morea o in Tracline di Tessaglia, come vogliono alcuni, da Etra figlia d
gliono alcuni, da Etra figlia del re Pitteo, la quale fu moglie prima di Nettuno, poscia di Egeo re di Atene, onde fu Tese
tra figlia del re Pitteo, la quale fu moglie prima di Nettuno, poscia di Egeo re di Atene, onde fu Teseo riguardato da alc
del re Pitteo, la quale fu moglie prima di Nettuno, poscia di Egeo re di Atene, onde fu Teseo riguardato da alcuni figlio
poscia di Egeo re di Atene, onde fu Teseo riguardato da alcuni figlio di quel Dio, da altri di Egeo. Teseo vantavasi di na
tene, onde fu Teseo riguardato da alcuni figlio di quel Dio, da altri di Egeo. Teseo vantavasi di nascere da Nettuno. Qual
rdato da alcuni figlio di quel Dio, da altri di Egeo. Teseo vantavasi di nascere da Nettuno. Qualunque siasi la sua origin
i nascere da Nettuno. Qualunque siasi la sua origine diede egli segni di straordinario valore e marciò su le orme di Ercol
origine diede egli segni di straordinario valore e marciò su le orme di Ercole ; fu ammesso tra i Semidei e creduto il ma
su le orme di Ercole ; fu ammesso tra i Semidei e creduto il maggiore di essi dopo Ercole. Fu sempre nemico del vizio. Pur
pericoli che avrebbe corso in tale difficile impresa coll’assistenza di Arianna figlia di Minosse innamoratasi di lui. Uc
bbe corso in tale difficile impresa coll’assistenza di Arianna figlia di Minosse innamoratasi di lui. Ucciso che ebbe il M
ile impresa coll’assistenza di Arianna figlia di Minosse innamoratasi di lui. Ucciso che ebbe il Minotauro tornò ad Atene
d Atene ove riformò le leggi e stabilì alcune feste. Rinnovò in onore di Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole aveva rinn
dei Centauri, alla conquista del toson d’oro, alla caccia del cignale di Calidona e secondo alcuni alle due guerre di Tebe
alla caccia del cignale di Calidona e secondo alcuni alle due guerre di Tebe. Rapì alcune donne fra le quali Elena, Arian
aveva avuto da Antiope o Ippolita un figlio chiamato Ippolito. Fedra di lui matrigna furiosa perchè non aveva voluto corr
matrigna furiosa perchè non aveva voluto corrispondere alla criminosa di lei passione lo accusò al padre di aver attentato
oluto corrispondere alla criminosa di lei passione lo accusò al padre di aver attentato al di lei onore ; Teseo troppo cre
lla criminosa di lei passione lo accusò al padre di aver attentato al di lei onore ; Teseo troppo credulo abbandonò il fig
al di lei onore ; Teseo troppo credulo abbandonò il figlio al furore di Nettuno, il quale fece sortire dal mare un mostro
tuno, il quale fece sortire dal mare un mostro che spaventò i cavalli di Ippolito mentre questi se ne giva verso il mare,
ed Ippolito strascinato per le rupi morì miseramente. Alle preghiere di Diana Esculapio lo risuscitò e questa Dea lo conv
iusta morte del figlio, non ebbe da quel momento più pace. Il ritorno di Teseo in patria fu prima fatale ad Egeo. Questi g
iglio estinto, per duolo affogossi nel mare, che da lui prese il nome di mar Egeo ora Arcipelago. Ribellatisi finalmente i
mar Egeo ora Arcipelago. Ribellatisi finalmente i suoi sudditi contro di lui e vedendosi disprezzato dagli Ateniesi, Teseo
a il re Licomede geloso della sua fama, lo fece precipitare dall’alto di una rupe ove lo aveva attirato sotto pretesto di
recipitare dall’alto di una rupe ove lo aveva attirato sotto pretesto di fargli vedere le circostanti campagne. Alcuni sec
lzarono un tempio, in cui gli facevano dei sacrifici. Siccome il nome di Teseo risonava altamente per tutta la Grecia, Pir
tta la Grecia, Piritoo figlio d’Issione re de’ Lapiti o secondo altri di Giove e di Melata moglie di Issione, invidioso de
ia, Piritoo figlio d’Issione re de’ Lapiti o secondo altri di Giove e di Melata moglie di Issione, invidioso della gloria
o d’Issione re de’ Lapiti o secondo altri di Giove e di Melata moglie di Issione, invidioso della gloria di lui, venne col
altri di Giove e di Melata moglie di Issione, invidioso della gloria di lui, venne colle sue genti nell’Attica per provar
nsero colla più ferma amicizia. Giovò assaissimo a Piritoo l’amicizia di Teseo nella pugna che egli ebbe contro i Centauri
Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Enomao invitato i Centauri, Folo lor capo tentò d
n Ippodamia figlia di Enomao invitato i Centauri, Folo lor capo tentò di rapirgliela ; ma coll’aiuto di Teseo i Centauri f
vitato i Centauri, Folo lor capo tentò di rapirgliela ; ma coll’aiuto di Teseo i Centauri furono debellati e Ippodamia ad
a ad essi ritolta. S’invogliò poscia Piritoo d’aver Proserpina figlia di Cerere e moglie di Plutone, e pregò Teseo a voler
S’invogliò poscia Piritoo d’aver Proserpina figlia di Cerere e moglie di Plutone, e pregò Teseo a voler seco scendere nell
o fu divorato dal can Cerbero, e Teseo condannato a seder immobile su di un sasso, finchè ne venne liberato da Ercole. Vuo
iberato da Ercole. Vuolsi da molti che questa Proserpina fosse moglie di Edomo re dell’Epiro, per toglier la quale essendo
i e mezzo cavalli abitavano un paese della Tessaglia. Andavano armati di clava ed erano destri nell’uso dell’arco. Variano
ed erano destri nell’uso dell’arco. Variano le opinioni su l’origine di questi mostri favolosi. Ecco ciò che narrasi rigu
riguardo all’accidente che ha dato l’idea dei Centauri. Una quantità di buoi o di tori divenuti furiosi devastavano le te
all’accidente che ha dato l’idea dei Centauri. Una quantità di buoi o di tori divenuti furiosi devastavano le terre vicine
he avevano pei primi addestrati in que’paesi dei cavalli si proposero di liberare la montagna da quegli animali e vi riesc
. Narrasi pure che i Centauri essendo la maggior parte parenti del re di Tessaglia, vollero partecipare alla successione d
rte parenti del re di Tessaglia, vollero partecipare alla successione di lui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il d
lero partecipare alla successione di lui ; ed avendo Piritoo ricusato di dividere il dominio con loro, essi gli mossero gu
ostilità d’ambe le parti, il giovine principe fece alcune trattative di pace con essi, pace che non durò lunga pezza ; im
zza ; imperciocchè avendoli invitati alle sue nozze essi risolvettero di rapire Ippodamia sposa di lui e le altre donne ch
i invitati alle sue nozze essi risolvettero di rapire Ippodamia sposa di lui e le altre donne che assistevano a questa fes
a questa festa. Ercole, Teseo e gli altri Lapiti vendicarono l’onore di Piritoo e fecero grandissima strage de’Centauri.
furono Cauma, Chirone, Eurito, Amico, Folo ed Anfione. Dagli scritti di alcuni autori e da varie opere di antichi artisti
ico, Folo ed Anfione. Dagli scritti di alcuni autori e da varie opere di antichi artisti come bassirilievi, sculture, ecc.
che delle Centauresse. Cadmo Cadmo principe Fenicio, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re di Fenic
o Cadmo principe Fenicio, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o secondo a
incipe Fenicio, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o secondo altri di Argiop
o, fondatore di Tebe in Beozia, era figlio di Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o secondo altri di Argiope o Agriope,
, era figlio di Agenore re di Fenicia e di Telefassa, o secondo altri di Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo pad
Telefassa, o secondo altri di Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo padre, di Nettuno e di Libia. Europa sua sore
secondo altri di Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo padre, di Nettuno e di Libia. Europa sua sorella essendo st
di Argiope o Agriope, e nipote, per parte di suo padre, di Nettuno e di Libia. Europa sua sorella essendo stata rapita da
orava la qualità del rapitore, ordinò a Cadmo e agli altri suoi figli di andarne in traccia per ogni parte e di non ritorn
Cadmo e agli altri suoi figli di andarne in traccia per ogni parte e di non ritornare senza di lei. Cadmo, dopo molti via
i figli di andarne in traccia per ogni parte e di non ritornare senza di lei. Cadmo, dopo molti viaggi, avendo perduta la
re senza di lei. Cadmo, dopo molti viaggi, avendo perduta la speranza di trovarla, risolvette di stabilirsi nella Grecia.
dopo molti viaggi, avendo perduta la speranza di trovarla, risolvette di stabilirsi nella Grecia. Egli consultò quindi l’o
risolvette di stabilirsi nella Grecia. Egli consultò quindi l’oracolo di Apolline e n’ebbe in risposta : « Troverai in un
na città nel pascolo ove essa si fermerà : darai a quel paese il nome di Beozia. » Cadmo appena sortito dall’antro di Apol
rai a quel paese il nome di Beozia. » Cadmo appena sortito dall’antro di Apollo incontrò la giovenca. Ei la seguì, e allor
e aveva in custodia questo luogo li divorò tutti. Cadmo per consiglio di Minerva attaccò il drago e lo uccise. Ne seminò i
enti dai quali nacquero degli uomini che si uccisero immantinenti tra di loro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbr
ra di loro, eccetto cinque i quali lo aiutarono a fabbricare la città di Tebe nel luogo appunto ove lo condusse la giovenc
ricare la città di Tebe nel luogo appunto ove lo condusse la giovenca di cui aveva parlato l’oracolo. Per conciliare la fa
veva parlato l’oracolo. Per conciliare la favola che dice che le mura di Tebe furono innalzate dall’armonia della lira di
che dice che le mura di Tebe furono innalzate dall’armonia della lira di Anfione, prentendono alcuni che Cadmo non abbia f
non abbia fondata che una cittadella, la quale pigliò da lui il nome di Cadmea e ch’egli abbia gettato soltanto le fondam
leggi per far regnare la pace tra gli abitanti. Sposò Ermione figlia di Marte e di Venere, chiamata Armonia da alcuni mit
far regnare la pace tra gli abitanti. Sposò Ermione figlia di Marte e di Venere, chiamata Armonia da alcuni mitologi. Ques
Questo maritaggio ebbe felicissimi principii. Cadmo si vedeva genero di due grandi divinità e amato del pari che rispetta
nità e amato del pari che rispettato da’suoi sudditi ; egli era padre di un figlio chiamato Polidoro e di quattro bellissi
ato da’suoi sudditi ; egli era padre di un figlio chiamato Polidoro e di quattro bellissime fanciulle Ino, Agave, Autonoe
o tale felicità. Questa Dea non poteva obliare che Cadmo era fratello di Europa, sua rivale. La prima sciagura ch’ella gli
sua rivale. La prima sciagura ch’ella gli cagionò, si fu la disgrazia di Atteone figlio di Autonoe. Semele fu uccisa dal f
ma sciagura ch’ella gli cagionò, si fu la disgrazia di Atteone figlio di Autonoe. Semele fu uccisa dal fulmine di Giove ;
disgrazia di Atteone figlio di Autonoe. Semele fu uccisa dal fulmine di Giove ; Penteo, figlio di Agave, fu lacerato dall
io di Autonoe. Semele fu uccisa dal fulmine di Giove ; Penteo, figlio di Agave, fu lacerato dalle Baccanti ; Ino divenuta
le Baccanti ; Ino divenuta furiosa si precipitò nel mare. La famiglia di Polidoro non ebbe miglior fortuna ; questo princi
amiglia di Polidoro non ebbe miglior fortuna ; questo principe fu avo di Laio, ucciso da Edipo suo proprio figlio. Cadmo c
no tante sciagure avvenute nella sua famiglia, abbandonò il soggiorno di Tebe e dopo aver lungamente errato in diversi pae
essi entrambi dal peso degli anni e delle sventure, pregarono gli Dei di porre fine alla loro vita, e tosto furono cangiat
dell’alfabeto. Castore e Polluce Castore e Polluce erano figli di Giove e di Leda e fratelli di Elena e di Clitenne
to. Castore e Polluce Castore e Polluce erano figli di Giove e di Leda e fratelli di Elena e di Clitennestra. Così
lluce Castore e Polluce erano figli di Giove e di Leda e fratelli di Elena e di Clitennestra. Così raccontansi le circ
astore e Polluce erano figli di Giove e di Leda e fratelli di Elena e di Clitennestra. Così raccontansi le circostanze del
e e Clitennestra, tutti e due mortali, era stato fecondato da Tindaro di lei marito ; l’altro fecondato da Giove produsse
da Giove produsse Polluce ed Elena che partecipavano dell’immortalità di colui da cui traevan la loro origine. I due frate
te si amavano che uno non abbandonava mai l’altro. Si accinsero prima di tutto a purgar l’Arcipelago dai pirati che lo inf
a rapita da Teseo. Caddero però in breve anch’essi nello stesso fallo di cui avevan voluto punire quell’eroe. Rapirono ess
el regno de’morti tutto il tempo che Castore resterebbe sulla terra ; di maniera che vivevano e morivano alternativamente
he vivevano e morivano alternativamente ogni giorno o, secondo altri, di sei in sei mesi. I Greci li ammisero tra il numer
elli uno de’dodici segni dello zodiaco. Ebbero amendue il nome comune di Dioscuri ossia figli di Giove, e di Tindaridi oss
dello zodiaco. Ebbero amendue il nome comune di Dioscuri ossia figli di Giove, e di Tindaridi ossia figli di Tindaro ; ed
co. Ebbero amendue il nome comune di Dioscuri ossia figli di Giove, e di Tindaridi ossia figli di Tindaro ; ed i navigator
e comune di Dioscuri ossia figli di Giove, e di Tindaridi ossia figli di Tindaro ; ed i navigatori come si è già detto li
ogo, poeta, celebre cantore, viaggiatore e guerriero. Esso era figlio di Oeagro o Eagro re di Tracia e della musa Calliope
antore, viaggiatore e guerriero. Esso era figlio di Oeagro o Eagro re di Tracia e della musa Calliope. Per dare maggior sp
sa Calliope. Per dare maggior splendore alla sua nascita e ai talenti di lui venne in seguito pubblicato ch’egli era figli
ta e ai talenti di lui venne in seguito pubblicato ch’egli era figlio di Apollo e della musa Clio e questa opinione adotta
generale. Narrasi che Apollo, o secondo altri, Mercurio gli fece dono di una cetra cui egli aggiunse due eorde alle sette
e ch’ei seppe porre in uso onde raddolcire i feroci costumi dei Traci di que’tempi, e ridurli dalla vita selvatica alle do
teologo, giuns’egli ben tosto a possedere simultaneamente la dignità di pontefice e quella di re, dignità per la quale eb
en tosto a possedere simultaneamente la dignità di pontefice e quella di re, dignità per la quale ebbe il titolo di minist
nità di pontefice e quella di re, dignità per la quale ebbe il titolo di ministro e d’interprete dei cieli. Oeagro di lui
la quale ebbe il titolo di ministro e d’interprete dei cieli. Oeagro di lui padre gli aveva già dato le prime lezioni di
te dei cieli. Oeagro di lui padre gli aveva già dato le prime lezioni di teologia iniziandolo ai misteri di Bacco, ed i su
li aveva già dato le prime lezioni di teologia iniziandolo ai misteri di Bacco, ed i suoi diversi viaggi in tal guisa in q
infe delle acque e delle foreste, dovunque lo seguivano per udirlo, e di averlo in isposo ardentemente desideravano. La so
i averlo in isposo ardentemente desideravano. La sola Euridice figlia di Nereo e di Dori, la cui modestia era pari all’avv
isposo ardentemente desideravano. La sola Euridice figlia di Nereo e di Dori, la cui modestia era pari all’avvenenza, gli
eneramente amato ; ma poco tempo dopo l’imeneo, ebb’egli la disgrazia di perderla per la morsecchiatura d’un serpente, men
hiatura d’un serpente, mentre ella fuggiva dal giovine Aristeo figlio di Apollo e della ninfa Cirene che per farle violenz
arle violenza la inseguiva. Orfeo inconsolabile si credette in dovere di rintracciarla sin nci regni della morte ; prese e
i della morte ; prese egli la sua lira, discese pel Tenaro sulla riva di Stige e a quella accoppiando il doloe e commovent
ruota d’Issione si arrestò, gli avoltoi intenti ad isbranare il cuore di Tizio gli diedero qualche istante di tregua ; le
oi intenti ad isbranare il cuore di Tizio gli diedero qualche istante di tregua ; le Danaidi si trattennero dal riempir d’
lagrime. Plutone e Proserpina, egualmente inteneriti, acconsentirono di restituirgli la sposa, col patto ch’ei dovesse es
ch’ei dovesse essere preparato a perderla per sempre e senza speranza di più riacquistarla, ove si fosse a lei rivolto per
idice gli è tolta per sempre. Essa gli stende le braccia ; egli tenta di afferrarla ma non abbraccia che un’ombra vana. Or
bbe rientrar nell’inferno, ma l’inflessibile Caronte non gli permette di ripassare il fiume. Vuolsi che restasse sette gio
sue lagrime. Si ritirò poscia sul monte Rodopo nella Tracia, cercando di vivere solitario nei boschi, piangendo continuame
la sua perdita e divenuto insensibile all’amore ricusò costantemente di legarsi con un nuovo imeneo. Le donne di Tracia t
l’amore ricusò costantemente di legarsi con un nuovo imeneo. Le donne di Tracia tentarono ogni via per fargli rinunciare a
donne di Tracia tentarono ogni via per fargli rinunciare ad un genere di vita meno triste e selvatico, impegnandolo a cont
ate per vedersi disprezzate, profittarono dei giorni sacri alle feste di Bacco per vendicarsi dell’insultante rifiuto. Tra
le feste di Bacco per vendicarsi dell’insultante rifiuto. Trasportate di furore, in tempo delle Orgie, lo assalirono, lo r
lo ridussero in pezzi, ne dispersero le membra, e gettarono la testa di lui nell’ Ebro ora Maritza fiume di Tracia che ne
o le membra, e gettarono la testa di lui nell’ Ebro ora Maritza fiume di Tracia che nel mar Egeo mette le sue foci. Così l
tza fiume di Tracia che nel mar Egeo mette le sue foci. Così la morte di una sol donna rapì ad Orfeo la pace e la vendetta
i. Così la morte di una sol donna rapì ad Orfeo la pace e la vendetta di molte gli tolse la vita. Variano i racconti su la
a vendetta di molte gli tolse la vita. Variano i racconti su la morte di Orfeo ; avvi chi pretende che nell’eccesso del su
cesso del suo dolore si uccidesse da sè stesso, altri lo fanno perire di un colpo di folgore, per castigo di aver egli ad
o dolore si uccidesse da sè stesso, altri lo fanno perire di un colpo di folgore, per castigo di aver egli ad alcuni profa
sè stesso, altri lo fanno perire di un colpo di folgore, per castigo di aver egli ad alcuni profani rivelati i misteri. L
r castigo di aver egli ad alcuni profani rivelati i misteri. La testa di lui trasportata dai flutti, si fermò presso l’iso
teri. La testa di lui trasportata dai flutti, si fermò presso l’isola di Lesbo, e dicesi che dalla sua bocca udivansi usci
iva la bocca, ma Apollo lo cangiò in rupe e lo lasciò nell’attitudine di un serpe che sta per mordere. Quella testa fu ten
con una lira in mano o un liuto. Antiope, Zeto Antiope moglie di Lico re di Tebe fu ripudiata da suo marito per so
ra in mano o un liuto. Antiope, Zeto Antiope moglie di Lico re di Tebe fu ripudiata da suo marito per sospetto che
e di Tebe fu ripudiata da suo marito per sospetto che fosse invaghita di Epafo o Epopeo re di Sicione. Essendo Antiope res
a da suo marito per sospetto che fosse invaghita di Epafo o Epopeo re di Sicione. Essendo Antiope restata incinta di Giove
hita di Epafo o Epopeo re di Sicione. Essendo Antiope restata incinta di Giove, Dirce seconda sposa di Lico, sospettò suo
icione. Essendo Antiope restata incinta di Giove, Dirce seconda sposa di Lico, sospettò suo marito, e fece rinchiudere Ant
al pastore che aveva dato ospitalità alla loro madre. Le inclinazioni di questi due fratelli furono diverse. Zeto si diede
sica, facendo tanti progressi in quest’ultima che passò per inventore di tale arte. Alcuni accertano che Mercurio gliene i
adre radunarono delle truppe, colle quali s’insignorirono della città di Tebe, uccisero Lico, e attaccarono Dirce alla cod
ono della città di Tebe, uccisero Lico, e attaccarono Dirce alla coda di un toro indomito. Alcun tempo dopo Anfione costru
la coda di un toro indomito. Alcun tempo dopo Anfione costruì le mura di Tebe al suono della sua lira : le pietre sensibil
e. Vedevansi ancora a Tebe al tempo degli Antonini, vicino alla tomba di questo principe, molte pietre rozze, che dioevans
i questo principe, molte pietre rozze, che dioevansi essere un avanzo di quelle ch’egli aveva fatte venire al suono della
l’intendere che i poeti nel dirci che Anfione aveva edificato le mura di Tebe col suono della sua lira, che indipendenteme
te per persuadera ad un popolo rozzo, come aveva fatto Orfeo a quello di Tracia, di abbandonare le campagne e le foreste p
uadera ad un popolo rozzo, come aveva fatto Orfeo a quello di Tracia, di abbandonare le campagne e le foreste per ritirars
ricovero de’nemici e delle bestie feroci. Lino Lino era figlio di Apollo e di Tersicore o di Euterpe o di Urania se
nemici e delle bestie feroci. Lino Lino era figlio di Apollo e di Tersicore o di Euterpe o di Urania secondo altri.
bestie feroci. Lino Lino era figlio di Apollo e di Tersicore o di Euterpe o di Urania secondo altri. Gli si attribu
. Lino Lino era figlio di Apollo e di Tersicore o di Euterpe o di Urania secondo altri. Gli si attribuisce l’invenz
dei versi lirici e delle canzoni. Ebbe da Apollo la lira a tre corde di lino. Ma per aver esso sostituite a queste le cor
ra a tre corde di lino. Ma per aver esso sostituite a queste le corde di budella molto più armoniose, il Dio, divenutone g
o, divenutone geloso, lo uccise. Gli abitanti del monte Elicona prima di sacrificare alle Muse, facevano ogni anno l’anniv
ona prima di sacrificare alle Muse, facevano ogni anno l’anniversario di lui. Questo non è lo stesso Lino che insegnò la m
stesso Lino che insegnò la musica ad Ercole, il quale in un trasporto di collera lo uccise con un colpo di lira, perchè lo
ad Ercole, il quale in un trasporto di collera lo uccise con un colpo di lira, perchè lo aveva aspramente rampognato, ed a
pramente rampognato, ed anche contraffatto per la cattiva sua maniera di maneggiare quell’istromento. A questo Lino che er
ll’istromento. A questo Lino che era Tebano e secondo alcuni fratello di Orfeo si attribuiscono diverse opere, cioè quelle
ne, Fineo, gli Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone era figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia e di Alcimeda o
li Argonauti, il vello d’oro, ecc. Giasone era figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia e di Alcimeda o Polimila. S
o, ecc. Giasone era figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia e di Alcimeda o Polimila. Suo padre fu balzato dal tro
l’oracolo predisse a quest’ultimo che sarebbe scacciato da un figlio di Es one. Quindi appena Giasone vide la luce suo pa
te la medicina ; per cui il giovine principe cambiò il suo primo nome di Diomede in quello di Giasone. Pretendono alcuni c
cui il giovine principe cambiò il suo primo nome di Diomede in quello di Giasone. Pretendono alcuni che fosse Pelia medesi
do egli intanto negli stati del nipote. Volendo Giasone giunto in età di venti anni sortire dal suo ritiro, recossi a cons
ritiro, recossi a consultare l’oracolo, dal quale gli venne ordinato di vestirsi alla maniera dei Magnesi e di aggiungere
, dal quale gli venne ordinato di vestirsi alla maniera dei Magnesi e di aggiungere a tale abbigliamento una pelle di leop
la maniera dei Magnesi e di aggiungere a tale abbigliamento una pelle di leopardo simile a quella portata da Chirone, di m
bigliamento una pelle di leopardo simile a quella portata da Chirone, di munirsi di due lance e portarsi in tal guisa alla
una pelle di leopardo simile a quella portata da Chirone, di munirsi di due lance e portarsi in tal guisa alla corte di I
a Chirone, di munirsi di due lance e portarsi in tal guisa alla corte di Iolco, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolc
, lo che egli eseguì. Giunto Giasone in lolco trasse a sè gli sguardi di tutto il popolo per la bella sua presenza e pel s
presenza e pel suo abito straordinario : si fece conoscere pel figlio di Esone e domandò francamente allo zio il trono pat
pe a tutti inspirava, non osò opporsegli apertamente, ma cercò la via di perderlo con segretezza. Tormentato da lungo temp
Tormentato da lungo tempo da terribili sogni, fa consultare l’oracolo di Apollo e questi risponde che bisogna placare l’om
are l’oracolo di Apollo e questi risponde che bisogna placare l’ombra di Frisso discendente da Eolo, crudelmente trucidato
Eolo, crudelmente trucidato nella Colchide e trasportarlo in Grecia ; di più aggiunge che Frisso costretto d’allontanarsi
seco un preziosissimo vello, la cui conquistà deve colmar esso Pelia di ricchezze e insieme d’onore. L’età avanzata di qu
deve colmar esso Pelia di ricchezze e insieme d’onore. L’età avanzata di questo usurpatore è un ostacolo a sì lungo viaggi
ssere il loro capo e condottiero, siccome a quello cui per prossimità di parentela con Frisso, spettavasi più d’ogn’altro
ntela con Frisso, spettavasi più d’ogn’altro quella spedizione. Prima di sciogliere le vele, Giasone offrì un sacrifizio a
a. Giove promise colla voce del tuono il suo soccorso a quella truppa di eroi, la quale finito il sacrificio, s’imbarcò. D
a e pericolosa navigazione le cui avventure hanno fornito il soggetto di due poemi, l’uno greco di Apollonio, l’altro lati
le cui avventure hanno fornito il soggetto di due poemi, l’uno greco di Apollonio, l’altro latino di Valerio Flacco, gli
to il soggetto di due poemi, l’uno greco di Apollonio, l’altro latino di Valerio Flacco, gli Argonauti arrivarono finalmen
iunone e Minerva che proteggevano Giasone, fecero sì che Medea figlia di Eete re della Colchide, famosa maga, divenisse am
Medea figlia di Eete re della Colchide, famosa maga, divenisse amante di Giasone affinchè colla sua arte lo assistesse a s
re. Medea e Giasone s’incontrarono fuori della città presso il tempio di Ecate, ove amendue recati si erano per implorare
empio di Ecate, ove amendue recati si erano per implorare il soccorso di quella Diva. Medea che già incominciava ad intere
Le condizioni prescritte da Eete a Giasone e colle quali acconsentiva di rimettergli il vello d’oro, erano le seguenti. Gi
ntiva di rimettergli il vello d’oro, erano le seguenti. Giasone prima di tutto doveva mettere il giogo ai tori, opera di V
guenti. Giasone prima di tutto doveva mettere il giogo ai tori, opera di Vulcano, i quali avevano e piedi e corna di bronz
e il giogo ai tori, opera di Vulcano, i quali avevano e piedi e corna di bronzo e vomitavano vortici di fiamme ; indi dove
lcano, i quali avevano e piedi e corna di bronzo e vomitavano vortici di fiamme ; indi doveva attaccarli ad un aratro di d
e vomitavano vortici di fiamme ; indi doveva attaccarli ad un aratro di diamante e farli lavorare quattro iugeri di terre
a attaccarli ad un aratro di diamante e farli lavorare quattro iugeri di terreno in un campo consacrato a Marte, per semin
geri di terreno in un campo consacrato a Marte, per seminarvi i denti di un dragone dai quali dovevano nascere degli uomin
ne dai quali dovevano nascere degli uomini armati, ch’egli era tenuto di sterminare tutti ; senza che ve ne rimanesse un s
re tutti ; senza che ve ne rimanesse un solo ; infine gli era imposto di uccidere il mostro che vegliava incessantemente a
o ; e tutto ciò doveva esser fatto in un sol giorno. Certo dell’aiuto di Medea, Giasone accetta le condizioni, ammansa i t
terra, li pone in tanto furore, che rivoltisi l’un contro l’altro tra di loro si uccidono ; colle erbe incantate e colla m
uiti, narrasi che Medea d’accordo col marito prese il barbaro partito di fare a pezzi il fratello Absirto, e gettarne sull
a raccoglierle ritardato venisse ne’ suoi passi. Giunsero alla corte di Alcinoo re dei Feaci nell’isola di Corcira ora Co
e’ suoi passi. Giunsero alla corte di Alcinoo re dei Feaci nell’isola di Corcira ora Corfù, ove Medea e Giasone celebraron
Argonauti si dispersero e gli sposi ritornarono a Iolco, colla gloria di aver riuscito in un’impresa in cui Giasone doveva
ideva a restituire a Giasone il trono del padre, Medea trovò il mezzo di liberare il suo sposo da questo nemico, consiglia
zzo di liberare il suo sposo da questo nemico, consigliando le figlie di Pelia che era oltremodo avanzato in età ad uccide
i Pelia che era oltremodo avanzato in età ad uccidere il padre loro e di farlo bollire in una caldaia di rame sulla lusing
to in età ad uccidere il padre loro e di farlo bollire in una caldaia di rame sulla lusinga di vederlo rinascere ringiovan
il padre loro e di farlo bollire in una caldaia di rame sulla lusinga di vederlo rinascere ringiovanito. Questo delitto no
delitto non rendè però a Giasone la sua corona, perchè Acasto, figlio di Pelia, se ne impadronì e forzò il suo rivale ad a
a quale furono due figliuoli, finchè venne intorbidata dall’infedeltà di Giasone. Dimenticando questo principe quanto Mede
ipe quanto Medea aveva fatto per lui e le promesse fattele, s’invaglù di Glauce o Creusa figlia di Creonte, la sposò e rip
to per lui e le promesse fattele, s’invaglù di Glauce o Creusa figlia di Creonte, la sposò e ripudiò Medea. La vendetta se
ipudiò Medea. La vendetta seguì da presso l’ingiuria. Medea disperata di vedersi tradita e abbandonata ricorse all’astuzia
dita e abbandonata ricorse all’astuzia. Finse per più sicura vendetta di essere contenta ch’egli passasse alle nuove nozze
lauce se l’ebbe posta andò essa a fiamme con tutta la reggia. Nè paga di ciò Medea per isfogare vie più il suo furore ucci
ù il suo furore uccise essa stessa colle proprie mani sotto gli occhi di Giasone i due figli che da lui aveva avuti e pred
Medea dopo aver uccisi i propri figli se ne fuggì per aria salita su di un carro tirato da draghi, andò in Atene ove spos
a su di un carro tirato da draghi, andò in Atene ove sposò Egeo padre di Teseo da cui ebbe Medo il quale diede il suo nome
edo il quale diede il suo nome alla Media. Giasone poscia s’impadronì di Iolco, ove passò tranquillamente il resto della s
tranquillamente il resto della sua vita. Chirone nacque dagli amori di Filira figlia dell’Oceano con Saturno che si era
de’semplici e delle stelle. Questo Centauro viveva avanti l’acquisto di Troia. La sua grotta, situata appiè del monte Pel
uata appiè del monte Pelio in Tessaglia, divenne la più famosa scuola di Grecia. Cefalo, Esculapio, Telamone, Teseo, Ippol
chirurgia, la musica, l’astronomia. Fu egli che compose il calendario di cui si servirono gli Argonauti nella loro spedizi
edizione. Il Bacco greco fu per quanto si crede un discepolo favorito di Chirone che gl’insegnò le orgie, i baccanali e tu
ll’umanità. Nella guerra che fece Ercole ai Gentauri, sperando questi di calmare il furore dell’eroe con la presenza del s
fuggirono a Malea dove ritirato viveva Chirone ; ma Ercole non lasciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel san
ciò di assalirli, ed una delle sue frecce, tinta nel sangue dell’Idra di Lerna, mancò il segno e ferì invece Chirone in un
ile e l’infelice Centauro soffriva acerbi dolori, per cui pregò Giove di porre fine a’ suoi giorni. Il padre degli Dei, to
rasferì a Prometeo l’immortalità ch’era toccata a Chirone come figlio di Saturno, e pose il Centauro nello zodiaco, dove f
i ne numerino cinquantadue, senza contare però le persone del seguito di ciascuno. Giasone promotore dell’impresa ne fu ri
esti principi i più distinti erano Castore e Polluce, Telamone figlio di Eaco e padre del famoso Aiace, i fratelli alati C
di Eaco e padre del famoso Aiace, i fratelli alati Calai e Zete figli di Borea e di Orizia, il poeta Orfeo, Teseo secondo
adre del famoso Aiace, i fratelli alati Calai e Zete figli di Borea e di Orizia, il poeta Orfeo, Teseo secondo alcuni, non
ominato da altri, ed Ercole in fine, il quale perduto Ila, giovinetto di singolare beltà, nella Misia, ove fu rapito da al
ivi andato in cerca d’acqua, abbandonò i compagni per andar in cerca di quel giovinetto da esso molto amato. Anche i suoi
fecero eccheggiar le ripe all’intorno colle loro grida. Argo figlio di Alettore co’legni del monte Pelio e con una querc
suo nome ; Tifi ne fu il piloto. Gli Argonauti s’imbarcarono al capo di Magnesia in Tessaglia. Approdarono all’isola di L
s’imbarcarono al capo di Magnesia in Tessaglia. Approdarono all’isola di Lenno che trovarono abitata da sole donne, le qua
modo onde superare gli scogli Cianei o Simplegadi, che urtandosi fra di loro impedivano l’uscita del Bosforo, e Giasone i
l’uscita del Bosforo, e Giasone in ricompensa ordinò agli alati figli di Borea di scaociare le Arpie, che lordavano le men
del Bosforo, e Giasone in ricompensa ordinò agli alati figli di Borea di scaociare le Arpie, che lordavano le mense di Fin
li alati figli di Borea di scaociare le Arpie, che lordavano le mense di Fineo, e questi le inseguirono fino alle isole Pl
furono poi dette Strofadi ora Strivali. Fineo secondo alcuni figlio di Agenore e secondo altri nipote di Agenore e figli
ivali. Fineo secondo alcuni figlio di Agenore e secondo altri nipote di Agenore e figlio di Fenice e di Cassiopea sposò i
o alcuni figlio di Agenore e secondo altri nipote di Agenore e figlio di Fenice e di Cassiopea sposò in prime nozze Cleopa
lio di Agenore e secondo altri nipote di Agenore e figlio di Fenice e di Cassiopea sposò in prime nozze Cleopatra, che alt
marono Stenobea o Stenobae, da cui ebbe Orito e Crambo. Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Bore
e Crambo. Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia, ad istanza di cui accecò i fig
Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia, ad istanza di cui accecò i figli, che dal
n seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia, ad istanza di cui accecò i figli, che dalla prima aveva avuti.
nza de’nipoti, accecando Fineo, il quale per sua consolazione ottenne di poter saper l’avvenire. Ricevette Enea ne’suoi st
rono le arpie Aello e Ocipete cui da alcuni si aggiunge Celeno figlie di Taumante e di Elettra o di Nettuno e della Terra,
Aello e Ocipete cui da alcuni si aggiunge Celeno figlie di Taumante e di Elettra o di Nettuno e della Terra, le quali lord
te cui da alcuni si aggiunge Celeno figlie di Taumante e di Elettra o di Nettuno e della Terra, le quali lordavano le viva
di Elettra o di Nettuno e della Terra, le quali lordavano le vivande di Fineo sulla tavola, per cui Fineo si sarebbe rido
vande di Fineo sulla tavola, per cui Fineo si sarebbe ridotto a morir di fame senza l’aiuto di Calai e di Zete che vennero
avola, per cui Fineo si sarebbe ridotto a morir di fame senza l’aiuto di Calai e di Zete che vennero a scacciare que’mostr
cui Fineo si sarebbe ridotto a morir di fame senza l’aiuto di Calai e di Zete che vennero a scacciare que’mostri. Gli Argo
’Asia Minore, sboccarono nel ponte Eusino ed arrivarono sotto le mura di Aea, città sul fiume Phasis ora Fasz-Rione ed a s
resa ripartirono per la Grecia inseguiti dal re Eete. Fosse il timore di esser raggiunti da questo re, fosse la mira di ev
Eete. Fosse il timore di esser raggiunti da questo re, fosse la mira di evitare gli scogli Cianei, gli Argonauti, risalit
Liburnia, parte settentrionale dell’Illiria ora Croazia e Morlachia, di dove trasportata la nave per terra nell’Adriatico
gettati su le coste d’Africa. Vogliono altri che arrivassero nel mare di Sardegna passando il Faro di Messina, e che Teti
Vogliono altri che arrivassero nel mare di Sardegna passando il Faro di Messina, e che Teti e le sue Ninfe dirigessero la
ncontrarono la flotta della Colchide che gl’inseguiva, ma riuscì loro di evitarne l’incontro. Furono gettati su gli scogli
accaduto, secondo la cronologia, trentacinque anni prima della guerra di Troia. Il Vello o Toson d’oro era la spoglia del
spoglia del montone che trasportò Frisso ed Elle nella Colchide, e la di cui conquista fu l’oggetto principale del viaggio
pale del viaggio degli Argonauti. Varie sono le opinioni sull’origine di questo misterioso ariete. Dicono gli uni che all’
, un montone d’oro al quale gli Dei avevano comunicato la prerogativa di traversare l’aria, e Nefele lo aveva dato ai suoi
che la loro matrigna stava per consumare. Nefele fu la seconda moglie di Atamante ; ma andando soggetta a frequenti eccess
seconda moglie di Atamante ; ma andando soggetta a frequenti eccessi di pazzia il re ne fu presto stanco e ripigliò Ino s
ia il re ne fu presto stanco e ripigliò Ino sua prima moglie. I figli di Nefele ebbero parte alla disgrazia della madre e
n una umana voce gli fe’ presente il pericolo cui era esposto. Frisso di nuovo gli salì sul dorso, giunse a Colco, immolò
ri spiranti fuoco dalla bocca e dalle nari. Marte si compiacque tanto di questo sacrificio ch’ei volle vivessero nell’abbo
er tutto il tempo che conservato l’avrebbero, e fu permesso ad ognuno di provarsi a farne la conquista. Raccontasi da altr
i a farne la conquista. Raccontasi da altri che Ino meditava la morte di Frisso e di Elle e che il primo fu spedito a sceg
conquista. Raccontasi da altri che Ino meditava la morte di Frisso e di Elle e che il primo fu spedito a scegliere la più
l consigliò a fuggire con Elle sua sorella e si offrì per servir loro di vettura. L’offerta fu accettata e quando Elle cad
L’offerta fu accettata e quando Elle cadde nel mare il montone parlò di nuovo per calmare, Frisso, promettendogli di farl
el mare il montone parlò di nuovo per calmare, Frisso, promettendogli di farlo giungere in Colco senza verun sinistro acci
nza verun sinistro accidente, locchè difatti avvenne. In riconoscenza di tanto servigio, l’ariete fu immolato a Giove, alt
altri dicono a Mercurio. La spoglia fu appesa ad un albero nel campo di Marte e Mercurio la convertì in oro, di modo che,
appesa ad un albero nel campo di Marte e Mercurio la convertì in oro, di modo che, secondo gli uni il vello d’oro era d’or
gliato. Vuolsi da alcuni che quell’animale fosse coperto d’oro invece di lana fin dal suo nascere, e che era il frutto deg
o invece di lana fin dal suo nascere, e che era il frutto degli amori di Nettuno trasformato in ariete e dell’avvenente Te
Se discordi sono i mitologi nel riferire la favola del vello d’oro e di quanto vi ha rapporto, non varian meno le opinion
l vello d’oro e di quanto vi ha rapporto, non varian meno le opinioni di quelli che si sono accinti a spiegarla. Vogliono
quelli che si sono accinti a spiegarla. Vogliono alcuni che la favola di questo vello d’oro fosse fondata sull’esservi nel
le loro acque sopra una rena d’oro la quale veniva raccolta con pelli di montoni ; locchè si pratica anche presentemente s
o. Altri pretendono che questa favola tragga origine dalle belle lane di quel paese e che il viaggio fatto da alcuni greci
on d’oro con tutto ciò che vi ha rapporto coll’astronomia, come fanno di tant’altre invenzioni mitologiche. Bellerofont
altre invenzioni mitologiche. Bellerofonte Bellerofonte figlio di Glauco re di Efira o Corinto, nipote di Sisifo, p
oni mitologiche. Bellerofonte Bellerofonte figlio di Glauco re di Efira o Corinto, nipote di Sisifo, pronipote di E
fonte Bellerofonte figlio di Glauco re di Efira o Corinto, nipote di Sisifo, pronipote di Eolo, ebbe per madre Eurimed
e figlio di Glauco re di Efira o Corinto, nipote di Sisifo, pronipote di Eolo, ebbe per madre Eurimede. Egli portò prima i
pronipote di Eolo, ebbe per madre Eurimede. Egli portò prima il nome di Ipponoo, come il primo che insegnò l’arte di cond
Egli portò prima il nome di Ipponoo, come il primo che insegnò l’arte di condurre un cavallo col soccorso della briglia ;
occhè gli vengon dati tutti questi nomi) che pretendeva farsi tiranno di Corinto secondo alcuni e secondo altri innocentem
te a caccia, fu chiamato Bellerofonte che in greco significa uccisore di Bellero. Dopo questa uccisione si rifuggì volonta
amente presso Preto re d’Argo che non debbesi confondere col fratello di Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il qual
non debbesi confondere col fratello di Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. S
ello di Acrisio, dello stesso nome zio di Perseo, il quale viveva più di un secolo prima. Siccome egli era un bellissimo g
n secolo prima. Siccome egli era un bellissimo giovine così la moglie di Preto Antea o Stenobea se ne invaghì fortemente e
sposo ; ma avendolo trovato insensibile, lo accusò presso suo marito di aver voluto sedurla e pretese ch’ei lo facesse mo
tese ch’ei lo facesse morire ; giacchè è noto che niuno è più crudele di una donna il cui risentimento sia punto dalla ver
più crudele di una donna il cui risentimento sia punto dalla vergogna di un rifiuto. Preto non osando ucciderlo, per rispe
ucciderlo, per rispetto all’ospitalità, in casa propria, si contentò di spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre di
alità, in casa propria, si contentò di spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di
ropria, si contentò di spedirlo a Iobate o Giobate re di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera coll
Iobate o Giobate re di Licia, padre di sua moglie, e lo fe’portatore di una lettera colla quale istruiva il suocero dell’
ruiva il suocero dell’oltraggio che credeva aver ricevuto, pregandolo di vendicarlo con la morte del colpevole. Da questo
la morte del colpevole. Da questo avvenimento furono chiamate lettere di Bellerofonte, le lettere sfavorevoli a quelli che
ndavagli il re suo genero : aspettò fino allora in grazia del costume di que’tempi nei quali una maggior premura sarebbe s
e di que’tempi nei quali una maggior premura sarebbe stata un indizio di indiscreta curiosità e d’inciviltà. Allorchè Giob
tte le lettere che gl’inviava Preto, ordinò a Bellerofonte, coll’idea di farlo perire, che andasse a combattere la Chimera
icia da Tifone e da Echidna, ed allevato da Emisodaro. Aveva la testa di lione, la coda di dragone ed il corpo di capra, l
a Echidna, ed allevato da Emisodaro. Aveva la testa di lione, la coda di dragone ed il corpo di capra, la sua gola spalanc
da Emisodaro. Aveva la testa di lione, la coda di dragone ed il corpo di capra, la sua gola spalancata vomitava turbini di
dragone ed il corpo di capra, la sua gola spalancata vomitava turbini di fuoco e di fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla p
il corpo di capra, la sua gola spalancata vomitava turbini di fuoco e di fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla protezione d
turbini di fuoco e di fiamme. Bellerofonte sostenuto dalla protezione di Minerva, ed avendo ottenuto da Nettuno il caval P
egaso, andò coraggioso ad assalire l’orribil mostro e l’uccise. Il re di Licia lo mandò poi a combattere contro i Solimi,
do Bellerofonte da questa terza spedizione, fu assalito da una truppa di Lici che erano stati inboscati da Giobate per ass
oraggiosamente e li uccise tutti. Allora Giobate ammirando il valore di lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli era
irando il valore di lui, e riconoscendo dalle sue imprese ch’egli era di stirpe divina, lo ritenne ne’suoi stati, gli part
a sua figlia e con essa metà del suo regno. I popoli medesimi, tocchi di ammirazione pel suo valore, formarono per lui un
valore, formarono per lui un immenso dominio, ch’ei riunì alla corona di Licia che aveva creditata dopo la morte di Giobat
o, ch’ei riunì alla corona di Licia che aveva creditata dopo la morte di Giobate, il quale non aveva lasciato figli maschi
egli su questo destriero, e gonfio il cuore delle sue vittorie, tentò di salire in cielo : allora Giove mandò un assillo c
ndro morto in un combattimento contro i Solimi, Ippoloco che fu padre di Glauco, ed una figlia per nome Laodamia della qua
figlia per nome Laodamia della quale Giove s’innamorò e la rese madre di Sarpedonte. Laodamia pel suo troppo orgoglio fu u
nte. Laodamia pel suo troppo orgoglio fu uccisa da Diana. Il sepolcro di Bellerofonte era in Corinto, vicino al tempio di
a Diana. Il sepolcro di Bellerofonte era in Corinto, vicino al tempio di Venere Melania ed al sepolcro di Laide famosa cor
nte era in Corinto, vicino al tempio di Venere Melania ed al sepolcro di Laide famosa cortigiana nata in Iccara di Sicilia
nere Melania ed al sepolcro di Laide famosa cortigiana nata in Iccara di Sicilia, rapita dalla sua patria e trasportata in
da sérpenti. Bellerofonte fu forse il primo che lo rese abitabile, e di qui venne il suo finto combattimento con questo m
nne il suo finto combattimento con questo mostro. Dicesi che il fuoco di questo vulcano ardeva perfino nell’acqua e non po
olla terra. Meleagro, Atalanta ed Ippomene Meleagro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia di Testio
Meleagro, Atalanta ed Ippomene Meleagro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia di Testio re di Pleuro
alanta ed Ippomene Meleagro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia di Testio re di Pleurone tutte e due
ne Meleagro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia di Testio re di Pleurone tutte e due città della Gre
ro era figlio di Oeneo, re di Calidone e di Altea figlia di Testio re di Pleurone tutte e due città della Grecia nell’Etol
misero un tizzone sul fuoco dicendo, che tanto sarebbe durata la vita di lui quanto il tizzone ; il che udendo la madre, a
fecondità delle campagne solenni sacrifici a tutti gli Dei, dimenticò di offrirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a di
gne solenni sacrifici a tutti gli Dei, dimenticò di offrirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a disertare le campagne d
offrirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a disertare le campagne di Calidonia un mostruoso cignale. Per combattere qu
e Meleagro e questa spedizione è celebre nell’antichità sotto il nome di caccia di Caledone. Fra i concorrenti trovossi At
e questa spedizione è celebre nell’antichità sotto il nome di caccia di Caledone. Fra i concorrenti trovossi Atalanta gio
per la caccia, e fu dessa la prima a ferire il cignale, ma la gloria di ucciderlo fu riserbata a Meleagro. Volle egli per
fferirne in ricompensa il capo e la pelle ; opponendosi a ciò gli zii di lui Tosseo e Plessippo, egli adirato gli uccise.
cise. Ma questa uccisione fu cagione della sua morte ; perocchè Altea di ciò irritata rimisi il tizzone nel fuoco, e a mis
i Altea, ma troppo tardi, e per disperazione si uccise ; e le sorelle di Meleagro la morte di lui piangendo furon cangiate
rdi, e per disperazione si uccise ; e le sorelle di Meleagro la morte di lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il n
morte di lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il nome ebbero di Meleagridi, che si credeva passassero tutti gli a
in Beozia per piangere su la tomba del fratello. Atalanta era figlia di Scheneo re di Sciro isola del mar Egeo secondo la
piangere su la tomba del fratello. Atalanta era figlia di Scheneo re di Sciro isola del mar Egeo secondo la maggior parte
condo la maggior parte de’ mitologi, alcuni dei quali la fanno figlia di Iaso o Iasio. Il suo nome è celebre nella storia
Essa non fu abbandonata dalla fortuna essendo stata allevata per cura di alcuni cacciatori che la rinvennero. Divenuta gra
inanza due Centauri, Neo e Reco, i quali avendola veduta risolvettero di farle violenza. La giovine Atalanta che sospettav
ombinano nel dire che dessa si trovò alla famosa caccia del cinghiale di Calidone, e che Meleagro capo di questa spendizio
ovò alla famosa caccia del cinghiale di Calidone, e che Meleagro capo di questa spendizione ne divenne innamorato ; che av
endo essa ferito per la prima il terribile animale, che Meleagro finì di uccidere, questo giovine principe le presentò il
eleagro finì di uccidere, questo giovine principe le presentò il capo di quel cinghiale, dicendole : « Egli è ben giusto c
o col padre suo, mise il dono della sua mano ad una condizione capace di allontanare i più innamorati. Si è detto ch’ella
to ch’ella era valentissima nel correre, quindi propose a’suoi amanti di sposare quello che la superasse in questo eserciz
Per quanto pericolosa fosse l’alternativa, si presentò un gran numero di concorrenti. Molti erano stati vinti ed avevano g
oro trista sorte. Allorchè Ippomene si presentò. Ippomene era figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue di Nettuno
esentò. Ippomene era figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue di Nettuno e di Merope. Questo giovine principe era
mene era figlio di Megareo o Macareo, disceso dal sangue di Nettuno e di Merope. Questo giovine principe era sì casto che
o un giorno incontrato a caccia Atalanta fu sì colpito dall’avvenenza di lei che rinunciando alla vita selvaggia da lui si
allora condotta, la seguì ed accrebbe il numero dei concorrenti alla di lei mano. Ippomene era istruito e favorito dalla
mene era istruito e favorito dalla dea Venere, la quale gli fece dono di tre pomi d’oro, che aveva colto nel giardino dell
di tre pomi d’oro, che aveva colto nel giardino delle Esperidi al dir di alcuni e secondo altri nell’isola di Cipro. Sioco
l giardino delle Esperidi al dir di alcuni e secondo altri nell’isola di Cipro. Siocome, a seconda delle convenzioni, l’am
egli giunse il primo alla meta, e sposò la principessa. La rese madre di un figlio chiamato Partenopeo, il quale fu uno de
to Partenopeo, il quale fu uno de’capitani che trovaronsi all’assedio di Tebe in Beozia sotto il regno di Adrasto re d’Arg
’capitani che trovaronsi all’assedio di Tebe in Beozia sotto il regno di Adrasto re d’Argo. Avendo obbliato Ippomene di re
Beozia sotto il regno di Adrasto re d’Argo. Avendo obbliato Ippomene di renderne grazie a Venere, questa spinse i due ama
rne grazie a Venere, questa spinse i due amanti a profanare il tempio di Giove o di Cibele, o secondo alcuni un antro cons
a Venere, questa spinse i due amanti a profanare il tempio di Giove o di Cibele, o secondo alcuni un antro consacrato a Ci
essero subito tale metamorfosi. Alcione e Ceice Alcione figlia di Eolo, della schiatta di Deucalione, essendo incon
orfosi. Alcione e Ceice Alcione figlia di Eolo, della schiatta di Deucalione, essendo inconsolabile a cagione della
do inconsolabile a cagione della morte del suo sposo Ceice, figliuolo di Luciefero e re di Trachina nella Ftiotide regione
cagione della morte del suo sposo Ceice, figliuolo di Luciefero e re di Trachina nella Ftiotide regione della Tessaglia,
gi Calmine una delle Sporadi, per consultare l’oracolo d’Apollo, morì di cordoglio o si gettò nel mare al ricever che fece
fece questa triste nuova mandatagli dalla regina degli Dei per mezzo di Morfeo. Gli Dei ricompensarono la loro fedeltà tr
l’acqua e fra le canne. Gli antichi lo risguardavano come un simbolo di pace, di tranquillità e d’inalterabile amicizia t
e fra le canne. Gli antichi lo risguardavano come un simbolo di pace, di tranquillità e d’inalterabile amicizia tra i coni
lta. È celebre nella mitologia il gigante Alcione o Alcioneo fratello di Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè r
di Porfirione. Egli doveva essere immortale finchè rimaneva nel luogo di sua nascita. Prima della guerra nella quale socco
tto via dall’Erizia i buoi del Sole. Giove avendo comandato ad Ercole di batterlo, questi, a colpi di frecce, atterrò più
l Sole. Giove avendo comandato ad Ercole di batterlo, questi, a colpi di frecce, atterrò più volte il suo nemico ; ma tost
a terra sua madre, prendeva nuove forze e si rialzava più formidabile di prima. Pallade afferrò il gigante in mezzo al cor
le quali egli era padre, furono talmente afflitte, che precipitaronsi di disperazione nel mare, ove furono cangiate in alc
o che alcuni fanno Scita d’origine, era figlio secondo altri mitologi di Creusa figlia di Eretteo re d’Atene dotata di som
o Scita d’origine, era figlio secondo altri mitologi di Creusa figlia di Eretteo re d’Atene dotata di somma bellezza e di
secondo altri mitologi di Creusa figlia di Eretteo re d’Atene dotata di somma bellezza e di Apollo. Giano fu allevato in
ogi di Creusa figlia di Eretteo re d’Atene dotata di somma bellezza e di Apollo. Giano fu allevato in Delfo, ed Eretteo ig
per sapere come far dovesse per divenir padre ; e n’ebbe per risposta di adottare il primo fanciullo in cui s’imbattesse i
anciullo in cui s’imbattesse il giorno seguente. Difatti Giano figlio di Creusa fu il primo a’ presentarsegli ed egli lo a
ssociato Saturno al regno si crede da qualche mitologo derivare l’uso di rappresentare Giano con due facce, per dinotare c
ara prudenza che ponevagli sempre sott’occhio il passato ed il futuro di cui fu dotato da Saturno inricompensa dell’accord
e perchè credesi inventasse le toppe e perchè aprisse l’anno nel mese di gennaio che da lui tratto aveva il suo nome ; ed
’uso delle barche, delle monete, le regole della giustizia, e il modo di vivere felici sotto l’autorità delle leggi ; most
norare gli Dei nei tempii per mezzo dei sacrifici, a cingere le città di mura e a coltivare i campi e le vigne. In riconos
re le città di mura e a coltivare i campi e le vigne. In riconoscenza di tanti benefizi i Romani lo posero nel numero degl
a di tanti benefizi i Romani lo posero nel numero degli Dei. Il regno di Giano fu tanto pacifico che fu risguardato come i
l titolo, Numa gli fece edificare un tempio che stava aperto in tempo di guerra e chiudevasi in tempo di pace. Questo temp
e un tempio che stava aperto in tempo di guerra e chiudevasi in tempo di pace. Questo tempio fu chiuso sotto il regno di N
e chiudevasi in tempo di pace. Questo tempio fu chiuso sotto il regno di Numa una sol volta ; dopo la seconda guerra punic
sol volta ; dopo la seconda guerra punica un’altra volta, cioè l’anno di Roma 519 e tre volte sotto il regno di Augusto. S
ca un’altra volta, cioè l’anno di Roma 519 e tre volte sotto il regno di Augusto. Si ponevano a Giano dodici altari second
nel dargli quattro facce si alludeva alle quattro stagioni. Il primo di gennaio era a lui singolarmente dedicato, e in es
amati Strenne. Gordio, descrizione del nodo gordiano Gordio re di Frigia, padre di Mida, era figlio di un agricolto
Gordio, descrizione del nodo gordiano Gordio re di Frigia, padre di Mida, era figlio di un agricoltore. Altra eredità
del nodo gordiano Gordio re di Frigia, padre di Mida, era figlio di un agricoltore. Altra eredità non aveva fatta che
io di un agricoltore. Altra eredità non aveva fatta che due soli paia di buoi, uno pel suo aratro, l’altro pel suo carro.
ando, un’aquila scese sul giogo e vi restò fino alla sera. Stupefatto di tal meraviglia corse a consultare i Telmisi, dott
indovini, gli rispose che doveva sacrificare a Giove sotto il titolo di re e di sovrano. Egli condusse con sè questa donz
i, gli rispose che doveva sacrificare a Giove sotto il titolo di re e di sovrano. Egli condusse con sè questa donzella ond
uale disse, che tali divisioni non sarebbero cessate se non per mezzo di un re il quale fosse venuto ad essi sopra un carr
il quale fosse venuto ad essi sopra un carro. Essendo coloro in pena di siffatta risposta, videro giungere Mida col padre
siffatta risposta, videro giungere Mida col padre e colla madre sopra di un carro, e allora, più non dubitando che questi
za del favore che Gordio aveva ottenuto da Giove, gli dedicò il carro di suo padre, e lo sospese nel luogo più eminente de
o padre, e lo sospese nel luogo più eminente della fortezza. Il carro di Gordio aveva il giogo attaccato al timone con un
za. Il carro di Gordio aveva il giogo attaccato al timone con un nodo di scorza di corniolo, fatto con tant’arte e in tal
ro di Gordio aveva il giogo attaccato al timone con un nodo di scorza di corniolo, fatto con tant’arte e in tal guisa intr
ero dell’Asia. Trovandosi Alessandro il Grande in Frigia, nella città di Gordina, antico e rinomato soggiorno del re Mida,
città di Gordina, antico e rinomato soggiorno del re Mida, ebbe desio di vedere il famoso carro cui stava attaccato il Nod
ro cattivo augurio : Non importa, diss’egli, qualunque sia la maniera di snodarlo ; ed avendolo tagliato colla spada, in t
Eteocle e polinice figliloro, descrizione della sfinge e della guerra di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labda
descrizione della sfinge e della guerra di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di Giocasta f
lla sfinge e della guerra di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di Giocasta figlia di Creont
ella guerra di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di Giocasta figlia di Creonte. L’oracolo a
a di Tebe Edipo era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di Giocasta figlia di Creonte. L’oracolo aveva prede
era figlio di Laio figlio di Labdaco re di Tebe e di Giocasta figlia di Creonte. L’oracolo aveva predetto a Laio che sare
o attaccò solo pei piedi ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore di Polibio re di Corinto e portato alla regina Merop
pei piedi ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore di Polibio re di Corinto e portato alla regina Merope, la quale ne
a e dalla gonfiezza dei piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto, udendo di non esser figlio di Polibio, andò a consultar l’o
dei piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto, udendo di non esser figlio di Polibio, andò a consultar l’oracolo di Apollo per
to, udendo di non esser figlio di Polibio, andò a consultar l’oracolo di Apollo per aver contezza de’suoi parenti, e l’ora
gli predisse le disgrazie che a Laio erano state predette e lo avvisò di non ritornare nella sua patria per evitarle. Cred
nella sua patria per evitarle. Credendo Edipo che l’oracolo parlasse di Corinto, se ne esiliò volontariamente e decise di
l’oracolo parlasse di Corinto, se ne esiliò volontariamente e decise di andare in Beozia. Giunto nella Focide, mentre in
in una contesa tra i Focesi e i forestieri ei volle prender le parti di questi, uccise, senza conoscerlo, il proprio padr
i di questi, uccise, senza conoscerlo, il proprio padre, che a favore di quelli si era intromesso. Pretendono altri che l’
stro alato nato da Tifone e da Echidna che aveva la testa ed il petto di donna, il corpo di cane, le zampe di leone, la co
Tifone e da Echidna che aveva la testa ed il petto di donna, il corpo di cane, le zampe di leone, la coda di drago e l’ali
a che aveva la testa ed il petto di donna, il corpo di cane, le zampe di leone, la coda di drago e l’ali d’uccello. Giunon
ta ed il petto di donna, il corpo di cane, le zampe di leone, la coda di drago e l’ali d’uccello. Giunone avendo sdegno co
sdegno contro i Tebani perchè Alcmena aveva accondisceso alle voglie di Giove, mandò quel mostro sul monte Citerone, ove
ieri, e divorava tutti quelli i quali non lo sapevano sciogliere dopo di essersi offerti a farlo. Creonte padre di Giocast
lo sapevano sciogliere dopo di essersi offerti a farlo. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattan
i essersi offerti a farlo. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattanto aveva preso il governo, e
offerti a farlo. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattanto aveva preso il governo, e la vedova
l regno di Tebe, di cui frattanto aveva preso il governo, e la vedova di Laio in isposa, a chi sciogliesse l’enimma, e per
l’enimma, e la Sfinge per rabbia s’ammazzò. Edipo giusta la promessa di Creonte ebbe il regno di Tebe, e Giocasta in ispo
r rabbia s’ammazzò. Edipo giusta la promessa di Creonte ebbe il regno di Tebe, e Giocasta in isposa cui non sospettò esser
eocle e Polinice e le due figlie Antigone ed Ismene. Gli Dei irritati di un tale incesto percossero i Tebani con una peste
cossero i Tebani con una peste, che, secondo la risposta dell’oracolo di Delfo su ciò consultato, non sarebbe cessata, fin
to, non sarebbe cessata, finchè non fosse da Tebe esiliato l’uccisore di Laio. Or mentre Edipo s’occupava premurosamente a
mezzo del pastore che lo aveva salvato, non solamente che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio
ato, non solamente che l’uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre e Giocasta sua madre.
Giocasta sua madre. Preso da orrore nel vedersi tutt’ad un tempo reo di parricidio e d’incesto, si cavò gli occhi per non
propri figli si fece condurre da sua figlia Antigone in poca distanza di un borgo dell’Altica detto Colono, in un bosco al
un bosco alle Eumenidi sacro. Inorriditi alcuni Ateniesi alla vista di un uomo in quel luogo, dove non era permesso a ne
ista di un uomo in quel luogo, dove non era permesso a nessun profano di portare il piede, vollero far uso della violenza
cciò ritorni in Tebe. Questo principe che sospetta in Creonte la mira di privarlo della protezione degli Ateniesi, e releg
rotezione degli Ateniesi, e relegarlo in terre sconosciute, ricusa le di lui offerte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani
usa le di lui offerte. Liberatosi dalla violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egli un colpo di tuono, lo risguarda
osi dalla violenza de’ Tebani col mezzo di Teseo, sente egli un colpo di tuono, lo risguarda come un presagio della vicina
ieri, siede sopra un sasso, si spoglia dei lugubri vestimenti, e dopo di essersi purificato, si riveste d’un abito simile
rti, fa chiamare Teseo, al quale raccomanda le due figlie, cui ordina di allontanarsi ; la terra trema e a poco a popo si
i apre per ricevere Edipo senza violenza e senza dolore alla presenza di Teseo, cui solo è palese il secreto intorno al ge
lla presenza di Teseo, cui solo è palese il secreto intorno al genere di sua morte e il luogo della sua tomba. Abbenchè la
abbia avuto parte alcuna nella sua vita, pure i poeti non tralasciano di situarlo nel numero de’più famosi condannati del
dine del padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro di regnare alternativamente un anno per cias
padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro di regnare alternativamente un anno per ciascheduno
le prese le redini del governo per il primo e terminato l’anno ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ritirar
ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ritirarsi presso di Adrasto re degli Argivi. Aveva Adrasto due figlie
lie, Argia e Deifile. Esso maritò la prima a Polinice, a Tideo figlio di Eneo re di Calidone che si era alla corte di Adra
e Deifile. Esso maritò la prima a Polinice, a Tideo figlio di Eneo re di Calidone che si era alla corte di Adrasto ritirat
Polinice, a Tideo figlio di Eneo re di Calidone che si era alla corte di Adrasto ritirato per aver disgraziatamente ucciso
e ucciso il fratello Menalippo maritò la seconda, assumendo l’impegno di rimettere Polinice nel regno. Spedì a questo effe
ice nel regno. Spedì a questo effetto Tideo ad Eteocle per intimargli di cedere il regno secondo il patto ; ma Eteocle non
il triste annunzio. Irritato Adrasto al rifiuto e alla nuova perfidia di Eteocle adunò incontanente il fiore de’suoi eserc
i Eteocle adunò incontanente il fiore de’suoi eserciti sotto la guida di sette illustri capitani, i quali erano Adrasto me
ce, Tideo, Ippomedonte, Capaneo, Anfiarao e Partenopeo e mosse contro di Tebe, e questa fu chiamata la Guerra dei sette pr
te prodi innanzi Tebe. Funestissima ad ambe le parti riuscì la guerra di Tebe, poichè Tideo dopo valorose prove fu ucciso
ano Menalippo ; Capaneo sprezzatore degli Dei, mentre scalava le mura di Tebe venne fulminato da Giove ; anfiarao fu col s
erisce da alcuni avendo chiesto, per risparmiare il sangue de’popoli, di battersi in singolar certame alla presenza delle
scambievolmente si uccisero. Aggiungesi che la loro discorde maniera di pensare era stata, durante la loro vita, sì grand
eno stati questi due fratelli non si tralasciò nullameno nella Grecia di rendere ad essi gli onori eroici. Creonte il qual
he aveva combattuto contro i nemici della patria, e ordinò che quelle di Polinice fossero sparse al vento, per aver egli t
finge. Laio aveva una figlia chiamata Sfinge, la quale poco contenta di non aver parte alcuna al governo, erasi posta all
contenta di non aver parte alcuna al governo, erasi posta alla testa di una truppa di masnadieri che nei contorni di Tebe
on aver parte alcuna al governo, erasi posta alla testa di una truppa di masnadieri che nei contorni di Tebe mille e mille
, erasi posta alla testa di una truppa di masnadieri che nei contorni di Tebe mille e mille disordini ivano commettendo, l
tendo, locchè la fece come un mostro da tutti riguardare. Gli artigli di lione indicavano la sua crudeltà, il corpo di can
riguardare. Gli artigli di lione indicavano la sua crudeltà, il corpo di cane mostrava i disordini di cui era suscettibile
one indicavano la sua crudeltà, il corpo di cane mostrava i disordini di cui era suscettibile una figlia di quel carattere
corpo di cane mostrava i disordini di cui era suscettibile una figlia di quel carattere ; le ali esprimevano l’agilità con
gli e ne’macchioni del monte Ficeo, là dove riusciva loro impossibile di liberarsi per non saperne le diverse uscite che e
Tieste, Agamennone, Menelao, Egisto, Oreste, ecc. P elope figlio di Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’empio
nnone, Menelao, Egisto, Oreste, ecc. P elope figlio di Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’empio padre, come si
ao, Egisto, Oreste, ecc. P elope figlio di Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’empio padre, come si è già detto
loro divinità e da essi risuscitato ebbe una spalla d’avorio in luogo di quella che Cerere aveva mangiato. Dicesi che quel
ato. Dicesi che quella spalla, col semplice suo tocco, aveva la virtù di guarire ogni sorta di malattia. I confini del reg
spalla, col semplice suo tocco, aveva la virtù di guarire ogni sorta di malattia. I confini del regno di Tantalo erano im
aveva la virtù di guarire ogni sorta di malattia. I confini del regno di Tantalo erano immediatamente uniti a quelli di Tr
a. I confini del regno di Tantalo erano immediatamente uniti a quelli di Troo re di Troia. Vuolsi che Tantalo essendo stat
i del regno di Tantalo erano immediatamente uniti a quelli di Troo re di Troia. Vuolsi che Tantalo essendo stato precipita
o nell’inferno, Pelope restato solo fu scacciato dal suo regno dal re di Troia, e datosi alla fuga si ritirò a Pisa, città
adre dell’avvenente Ippodamia. Questo principe informato dall’oracolo di dover morire per opera di suo genero, propose a’p
mia. Questo principe informato dall’oracolo di dover morire per opera di suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di
er morire per opera di suo genero, propose a’pretendenti d’Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel qual
itore, avrebbe avuto in premio Ippodamia, ma i vinti sarebbero puniti di morte. Era difficilissimo che questo principe fos
uanto che egli possedeva il più leggiero carro e i più rapidi cavalli di tutta la Grecia. Già tredici principi dei dintorn
rapidi cavalli di tutta la Grecia. Già tredici principi dei dintorni di Pisa erano stati vinti e tratti a morte, allorchè
o stati vinti e tratti a morte, allorchè Pelope non esitò, nè temette di accettare la sfida ; ma per assicurarsi la vittor
a ; ma per assicurarsi la vittoria pose in opra l’astuzia. Gli riuscì di sedurre Mirtilo cocchiere di Enomao e lo indusse
toria pose in opra l’astuzia. Gli riuscì di sedurre Mirtilo cocchiere di Enomao e lo indusse a porre al cocchio di lui un
i sedurre Mirtilo cocchiere di Enomao e lo indusse a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato n
perciò da lui tutta la famosa penisola conosciuta poscia sotto i nomi di Pelasgia, d’Apia e di Argolide, ricevette quello
famosa penisola conosciuta poscia sotto i nomi di Pelasgia, d’Apia e di Argolide, ricevette quello di Peloponneso. Questa
scia sotto i nomi di Pelasgia, d’Apia e di Argolide, ricevette quello di Peloponneso. Questa contrada che fu la culla di t
ide, ricevette quello di Peloponneso. Questa contrada che fu la culla di tanti grandi uomini ed il teatro di tanti celebri
. Questa contrada che fu la culla di tanti grandi uomini ed il teatro di tanti celebri avvenimenti, è conosciuta ora sotto
l teatro di tanti celebri avvenimenti, è conosciuta ora sotto il nome di Morea. Pelope dopo la sua morte ottenne gli onori
e figli, Atreo e Tieste. Pelope sospettandoli ambedue rei della morte di Crisippo altro suo figlio che aveva avuto da una
nza, dimodochè essi spatriarono entrambi. Atreo si rifuggì alla corte di Euristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi e
a corte di Euristeo re d’Argo, suo nipote, perocchè questi era figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo
, suo nipote, perocchè questi era figlio di Nicippe, una delle figlie di Pelope. Euristeo lo ricevette con amicizia, lo as
nell’Argolide, si fe’ amare dalla regina sua cognata, e la rese madre di due figli. Atreo avendo scoperto l’incestuoso int
a rese madre di due figli. Atreo avendo scoperto l’incestuoso intrigo di suo fratello, lo bandì dalla corte, ma non creden
o, lo bandì dalla corte, ma non credendosi abbastanza vendicato finse di volersi riconciliare con lui e lo richiamò. Per m
e fece imbandire le membra e le presentò a suo fratello. Non contento di questa atrocità, fece recare verso la fine del pa
a atrocità, fece recare verso la fine del pasto le braccia e le teste di questi figli. Dicesi che il sole retrocedette ino
irò in Sicione città dell’Acaia. Atreo fu poi ucciso da Egisto figlio di Tieste. Atreo ebbe due mogli. Ignorasi quale fos
Plistene, Agamennone e Menelao ; dicono alcuni che era Aerope figlia di Euristeo. Altri accertano che Aerope fu moglie di
e era Aerope figlia di Euristeo. Altri accertano che Aerope fu moglie di Plistene figlio di Atreo ; che la rese madre di A
di Euristeo. Altri accertano che Aerope fu moglie di Plistene figlio di Atreo ; che la rese madre di Agamennone e di Mene
che Aerope fu moglie di Plistene figlio di Atreo ; che la rese madre di Agamennone e di Menelao, i quali dicesi che non s
oglie di Plistene figlio di Atreo ; che la rese madre di Agamennone e di Menelao, i quali dicesi che non siano reputati fi
Agamennone e di Menelao, i quali dicesi che non siano reputati figli di Atreo, se non perchè essendo morto giovine il lor
il loro padre Plistene, furono allevati dal loro avo Atreo : dal nome di questi furono essi chiamati Atridi. Dopo la morte
Atreo : dal nome di questi furono essi chiamati Atridi. Dopo la morte di Atreo, Tieste s’impadronì del regno d’Argo e fu s
rte di Atreo, Tieste s’impadronì del regno d’Argo e fu sua prima cura di allontanare i suoi pronipoti Agamennone e Menelao
volmente e si dichiarò loro protettore. Alcun tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun di loro una delle sue figl
o protettore. Alcun tempo dopo, Tindaro, re di Sparta, die’ a ciascun di loro una delle sue figlie in matrimonio : Elena a
monio : Elena a Menelao e Clitennestra ad Agamennone. Divenuti generi di un potente re, pensarono a vendicare la morte del
assalirono e vinsero Tieste, che trattarono con umanità contentandosi di esiliarlo nell’isola di Creta. Divenuto Agamennon
ste, che trattarono con umanità contentandosi di esiliarlo nell’isola di Creta. Divenuto Agamennone e per le sue conquiste
a di Creta. Divenuto Agamennone e per le sue conquiste e per la morte di Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, sign
per la morte di Tieste, che gli aveva ceduti i suoi diritti, signore di Argo ed il più potente principe della Grecia, sce
nore di Argo ed il più potente principe della Grecia, scelse la città di Micene per capitale del suo impero. Menelao diven
se la città di Micene per capitale del suo impero. Menelao divenne re di Sparta. In vista del vasto suo potere Agamennone
reci, per la spedizione contro i Troiani, per ricuperare Elena moglie di Menelao che era stata rapita da Paride figlio di
uperare Elena moglie di Menelao che era stata rapita da Paride figlio di Priamo re di Troia. Prima della partenza de’ Grec
moglie di Menelao che era stata rapita da Paride figlio di Priamo re di Troia. Prima della partenza de’ Greci per Troia A
uta ivi da venti contrari, il sacerdote Calcante consultato l’oracolo di Delfo portò in risposta, che per avere propizi i
, che per avere propizi i venti conveniva sacrificare Ifigenia figlia di Agamennone a Diana, irritata perchè questo princi
aterna e l’ambizione della gloria che doveva fruttargli la spedizione di Troia, acconsentì finalmente agl’interessi dell’i
io, un favorevol vento condusse in poco tempo la flotta greca ai lidi di Troia. Agamennone lasciò Egisto l’uccisore di Atr
la flotta greca ai lidi di Troia. Agamennone lasciò Egisto l’uccisore di Atreo che era suo cugino per vegliare al governo
liare al governo de’ suoi stati. Invaghitosi della regina, gli riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno alla sua
riuscì di sedurla ; e non tenendo più alcun freno alla sua condotta, di concerto con essa, allorchè Agamennone fu di rito
freno alla sua condotta, di concerto con essa, allorchè Agamennone fu di ritorno, a tradimento l’uccise e impadronissi del
a tradimento l’uccise e impadronissi del regno d’Argo. Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra dovea esser ucciso d
ccise e impadronissi del regno d’Argo. Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra dovea esser ucciso da Egisto, ma fu
la sorella Elettra, ed allevato secretamente da Strofio nella Focide, di dove all’età di venti anni tornò incognito in Arg
ra, ed allevato secretamente da Strofio nella Focide, di dove all’età di venti anni tornò incognito in Argo a vendicar la
tornò incognito in Argo a vendicar la morte del padre coll’uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena di aver però uc
nito in Argo a vendicar la morte del padre coll’uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena di aver però uceisa la madr
a morte del padre coll’uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena di aver però uceisa la madre fu Oreste tormentato da
reste tormentato dalle Furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui era stato educato, giunse in Tau
ucato, giunse in Tauride, ove per ordine del re Toante fu in procinto di essere sacrificato a Diana. Ma una virtuosa gara
arlo, si finse Oreste, e Oreste costantemente si oppose alla generosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, che era sac
enerosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, che era sacerdotessa di Diana, riconosciuto a sicuri indizi il fratello,
i unirono tutti e tre ad uccider Toante, e seco portando il simulacro di Diana se ne fuggirono. Tornato in Grecia fu Orest
de la sorella Elettra in isposa ; e premendogli d’aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui promessa, era stata poi
reste visse pacifico possessore degli stati d’Argo, cui dopo la morte di Menelao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’et
ore degli stati d’Argo, cui dopo la morte di Menelao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’età di 90 anni pel morso di un
i dopo la morte di Menelao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’età di 90 anni pel morso di una vipera come tutti genera
nelao, aggiunse quelli di Sparta, e morì all’età di 90 anni pel morso di una vipera come tutti generalmente credono. Pa
dono. Paride, Achille, Ulisse, Enea, ecc. descrizione della guerra di troia Cagione della guerra di Troia fu Paride
Enea, ecc. descrizione della guerra di troia Cagione della guerra di Troia fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re
troia Cagione della guerra di Troia fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re di Troia e di Ecuba figlia di Dimante r
ione della guerra di Troia fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re di Troia e di Ecuba figlia di Dimante re di Frigia.
guerra di Troia fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re di Troia e di Ecuba figlia di Dimante re di Frigia. Dicesi che
fu Paride o Alessandro figlio di Priamo re di Troia e di Ecuba figlia di Dimante re di Frigia. Dicesi che mentre Ecuba era
essandro figlio di Priamo re di Troia e di Ecuba figlia di Dimante re di Frigia. Dicesi che mentre Ecuba era incinta, parv
e re di Frigia. Dicesi che mentre Ecuba era incinta, parvele in sogno di avere in seno una fiaccola ardente ; consultati g
cola ardente ; consultati gl’indovini le fu risposto che il fanciullo di cui era incinta, sarebbe stato un giorno cagione
e dello sterminio della sua famiglia e della sua patria. Priamo a fin di prevenire una tale disavventura, appena Paride fu
avi, chiamato Archelao acciò il facesse perire ; ma questi ad istanza di Ecuba si contentò di esporlo sul monte Ida, ove l
o acciò il facesse perire ; ma questi ad istanza di Ecuba si contentò di esporlo sul monte Ida, ove la madre il fece secre
, pure l’interessante suo aspetto, le rare sue qualità e certi tratti di spirito e di magnanimità che talvolta gli sfuggiv
ressante suo aspetto, le rare sue qualità e certi tratti di spirito e di magnanimità che talvolta gli sfuggivano, fecero s
i fosse uscito da una illustre famiglia. Venne a lui affidata la cura di numerose mandre, che seppe in più occasioni difen
suo coraggio dalle feroci belve. In diverse circostanze dimostrò egli di essere di sì rara prudenza e di sì grande equità
io dalle feroci belve. In diverse circostanze dimostrò egli di essere di sì rara prudenza e di sì grande equità dotato, ch
In diverse circostanze dimostrò egli di essere di sì rara prudenza e di sì grande equità dotato, che i vicini pastori lo
e visse con lei nella più perfetta unione, sino all’epoca delle nozze di Teti e di Peleo. L’azione che più d’ogni altro i
n lei nella più perfetta unione, sino all’epoca delle nozze di Teti e di Peleo. L’azione che più d’ogni altro il rendette
do alle tre Dee. Si è già detto come la Discordia sommamente irritata di non essere stata invitata alle nozze di Teti, per
Discordia sommamente irritata di non essere stata invitata alle nozze di Teti, per trarne vendetta alla metà del banchetto
li Dee, Giunone, Venere e Minerva. Gli Dei, per non incontrare l’odio di veruna di quelle gelose Divinità, quantunque rice
unone, Venere e Minerva. Gli Dei, per non incontrare l’odio di veruna di quelle gelose Divinità, quantunque ricercati per
erne i giudici, ricusarono e nominarono il pastor Paride qual giudice di un sì delicato punto di questione, e ciò in forza
no e nominarono il pastor Paride qual giudice di un sì delicato punto di questione, e ciò in forza della grande riputazion
delicato punto di questione, e ciò in forza della grande riputazione di saggezza di cui esso godeva. Le tre Dee recaronsi
nto di questione, e ciò in forza della grande riputazione di saggezza di cui esso godeva. Le tre Dee recaronsi allora sul
il cui potere stendevasi su tutte le ricchezze dell’universo, promise di colmarlo d’ogni bene, non esclusa la regia podest
a la regia podestà. Minerva gli offrì la saggezza siccome il maggiore di tutti i beni non che la gloria delle armi. Venere
ggiore di tutti i beni non che la gloria delle armi. Venere s’impegnò di renderlo possessore della più bella donna dell’un
menti le trovava egualmente belle, e che per giudicare, eragli d’uopo di vederle ignude. L’orgogliosa Giunone si vide astr
ragli d’uopo di vederle ignude. L’orgogliosa Giunone si vide astretta di sottomettersi come le altre a comparire in quello
rtale ; nè la casta Minerva potè pur essa ricusare. Sia che l’offerta di Venere fosse a Paride più gradita, sia ch’ei la t
ssaria conseguenza, si trovò egli esposto all’odio ed al risentimento di Giunone e di Minerva, le quali non mancarono di p
uenza, si trovò egli esposto all’odio ed al risentimento di Giunone e di Minerva, le quali non mancarono di portare la più
io ed al risentimento di Giunone e di Minerva, le quali non mancarono di portare la più strepitosa vendetta sulla famiglia
famiglia del loro giudice. Quindi le irritate Dee giurarono la ruina di Troia. Concorso Paride in Troia ai pubblici giuoc
o suo fratello Ettore senza conoscerlo ; e siccome non si parlava che di questo pastore Priamo il volle vedere, e dopo ave
regnava Laomedonte. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, che era riputata la più bella donna di que
parta da Menelao marito di Elena, che era riputata la più bella donna di quell’età, colse Paride l’occasione che Menelao e
care quest’ingiuria i due fratelli Agamennone e Menelao procacciarono di trarre al loro partito tutti i principi della Gre
principi della Grecia, tra i primari de’quali contansi Achille figlio di Peleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace
la Grecia, tra i primari de’quali contansi Achille figlio di Peleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugi
i de’quali contansi Achille figlio di Peleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone r
i Achille figlio di Peleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone re di Salamina e di
eleo re di Ftia in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figl
in Tessaglia e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re
e di Tetide ; Aiace di lui cugino figlio di Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Ne
cugino figlio di Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re d
o di Telamone re di Salamina e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Pa
na e di Esione ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e
ne ; Ulisse figlio di Laerte re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e di Stenele 
re di Itaca ; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e di Stenele ; e dopo la morte di Achille
; Nestore figlio di Neleo re di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e di Stenele ; e dopo la morte di Achille s’aggiunse P
di Pilo ; e Patroclo figlio di Menezio e di Stenele ; e dopo la morte di Achille s’aggiunse Pirro figlio di lui e di Deida
zio e di Stenele ; e dopo la morte di Achille s’aggiunse Pirro figlio di lui e di Deidamia. Non furono meno solleciti i Tr
Stenele ; e dopo la morte di Achille s’aggiunse Pirro figlio di lui e di Deidamia. Non furono meno solleciti i Troiani ad
ti i Troiani ad armarsi e procacciarsi alleati. Ettore e Paride figli di Priamo, Enea figlio di Anchise e di Venere furono
e procacciarsi alleati. Ettore e Paride figli di Priamo, Enea figlio di Anchise e di Venere furono i principali tra i Tro
si alleati. Ettore e Paride figli di Priamo, Enea figlio di Anchise e di Venere furono i principali tra i Troiani ; si agg
furono i principali tra i Troiani ; si aggiunsero ad essi Antenore re di una parte della Tracia co’ suoi figli, Mennone re
e della Tracia co’ suoi figli, Mennone re dell’Etiopia, Sarpedonte re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bel
o’ suoi figli, Mennone re dell’Etiopia, Sarpedonte re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte, Pente
li, Mennone re dell’Etiopia, Sarpedonte re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte, Pentesilea regin
’Etiopia, Sarpedonte re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte, Pentesilea regina delle Amazzoni, e
greci si prestarono a quella lega con eguale prontezza. Ulisse cercò di sottrarsene simulandosi pazzo ; ma Palamede scope
i perito l’occultò sotto abito femminile tra le damigelle della corte di Licomede re di Sciro, ove dalla figlia di esso De
ltò sotto abito femminile tra le damigelle della corte di Licomede re di Sciro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe
ra le damigelle della corte di Licomede re di Sciro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse presentat
a soggiogare ed ardere Troia. Paride fu ucciso da Pirro e vide prima di morire interamente ruinata la sua patria per prop
ndo essa perfetta cognizione della medicina, ma Enone sdegnata contro di lui, gli fece poco buona accoglienza e non volle
ui, gli fece poco buona accoglienza e non volle guarrirlo : onde morì di quella ferita. Ne’ primi anni si occuparono i Gre
enne dal voler più prender parte a quella guerra, malgrado i consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse. I Troiani coman
parte a quella guerra, malgrado i consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse. I Troiani comandati da Ettore ad onta del
comandati da Ettore ad onta della resistenza de’ Greci e soprattutto di Aiace figlio di Telamone, ebbero dei grandi vanta
tore ad onta della resistenza de’ Greci e soprattutto di Aiace figlio di Telamone, ebbero dei grandi vantaggi ; e poco man
e non fossero le navi che tratte in secco servivano al campo de’Greci di trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroc
vi che tratte in secco servivano al campo de’Greci di trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroclo amico d’Achille,
o d’Achille, non potendolo indurre a riprender le armi, chiese almeno di poter con quell’armi andar egli a combattere cont
l corpo dietro il suo cocchio, tre volte lo strascinò intorno le mura di Troia, nè si arrese che a gran fatica a restituir
rglielo. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese in isposa la figlia di lui Polissena, ma nell’atto che celebravasi lo sp
lui Polissena, ma nell’atto che celebravasi lo sposalizio nel tempio di Apollo, Paride con una freccia avvelenata lo ferì
gno, ove soltanto era vulnerabile come si è già riferito all’articolo di Teti. Niuno fu più scaltro di Ulisse. Tra gli str
ile come si è già riferito all’articolo di Teti. Niuno fu più scaltro di Ulisse. Tra gli stratagemmi da lui impiegati a da
u più scaltro di Ulisse. Tra gli stratagemmi da lui impiegati a danno di Troia il più fatale fu l’invenzione del cavallo d
impiegati a danno di Troia il più fatale fu l’invenzione del cavallo di legno. Fece egli costruire da Epeo uno smisurato
nchiuse egli medesimo co’ più valorosi tra i Greci. Finsero gli altri di partire abbandonando l’assedio di Troia e dietro
rosi tra i Greci. Finsero gli altri di partire abbandonando l’assedio di Troia e dietro l’isola di Tenedo si nascosero. In
gli altri di partire abbandonando l’assedio di Troia e dietro l’isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di P
roia e dietro l’isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di Priamo, che era per destino verace sempre e non c
ote d’Apollo confermando la stessa cosa incominciò a scagliare contro di quello una lancia. In questo mentre, secondo Virg
che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci onde placare lo sdegno di Pallade irritata per la violazione del Palladio o
sdegno di Pallade irritata per la violazione del Palladio o simulacro di Pallade che Ulisse con arte introdottosi in Troia
fuoco misero la città tutta. Ulisse e Menelao uccisero Deifobo figlio di Priamo, e via condussero Elena, che dopo la morte
o Deifobo figlio di Priamo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride a quello era stata data in isposa. Pirro e
a quello era stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite altro de’ figli di lui, i
trato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite altro de’ figli di lui, indi Priamo stesso ; e sacrificata Polissena
Polissena sulla tomba d’Achille, trasse prigioniera Andromaca vedova di Ettore. Gli altri tutti sparsi per le case e per
do, ridussero quella città già sì florida e sì possente ad un mucchio di sassi e di cenere. Dei capi troiani e loro alleat
ro quella città già sì florida e sì possente ad un mucchio di sassi e di cenere. Dei capi troiani e loro alleati i soli ch
o favorevole al partito dei Greci, perchè consigliava la restituzione di Elena, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abit
lisse con abito simulato da schiavo non lo manifestò, dopo l’incendio di Troia partì cogli Eneti popolo della Paflagonia,
loro re Filemone ; e venuto all’estremo dell’Adriatico fondò la città di Padova ; e discacciati gli Euganei diede alla pro
iscacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti quel di Venezia, come alcuni opinano. Enea figlio di Anc
l nome degli Eneti quel di Venezia, come alcuni opinano. Enea figlio di Anchise e di Venere fu anch’egli accusato da alcu
Eneti quel di Venezia, come alcuni opinano. Enea figlio di Anchise e di Venere fu anch’egli accusato da alcuni come tradi
fu presa Troia, veduto ucciso Priamo e la città in fiamme, per ordine di Venere prese sulle spalle il vecchio suo padre An
do a mano il figlio Ascanio, partì seguíto dalla moglie Creusa figlia di Priamo, che poi si smarrì nel viaggio. Enea col p
io, che edificò Alba e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Numitore padre d’Ilia o Rea Silvi
ie di re scese da lui Numitore padre d’Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacquero poi
a, dalla quale congiunta a Marte nacquero poi Romolo e Remo fondatori di Roma. L’ira di Achille, e i mali di cui fu cagion
congiunta a Marte nacquero poi Romolo e Remo fondatori di Roma. L’ira di Achille, e i mali di cui fu cagione ai Greci prim
quero poi Romolo e Remo fondatori di Roma. L’ira di Achille, e i mali di cui fu cagione ai Greci prima, indi ai Troiani, f
omento del primo poema epico che sia apparso, vale a dire dell’Iliade di Omero. Le avversità che Ulisse ebbe a soffrire ne
o. Le avversità che Ulisse ebbe a soffrire nel ritorno dopo la guerra di Troia, vennero da Omero descritte nell’Odissea. L
mento in Italia furone cantate da Virgilio nella Eneide. L’avventura di Laocoonte ha dato argomento ad uno de’ più bei pe
L’avventura di Laocoonte ha dato argomento ad uno de’ più bei pezzi di greca scultura che noi possediamo. Questo gruppo
bei pezzi di greca scultura che noi possediamo. Questo gruppo è opera di Polidoro, di Atenodoro e di Agesandro di Rodi, tr
greca scultura che noi possediamo. Questo gruppo è opera di Polidoro, di Atenodoro e di Agesandro di Rodi, tre eccellenti
che noi possediamo. Questo gruppo è opera di Polidoro, di Atenodoro e di Agesandro di Rodi, tre eccellenti maestri dell’ar
diamo. Questo gruppo è opera di Polidoro, di Atenodoro e di Agesandro di Rodi, tre eccellenti maestri dell’arte, i quali d
maestri dell’arte, i quali d’accordo lo scarpellarono da un sol ceppo di marmo. Esso fu rinvenuto a’ tempi di Giulio II so
lo scarpellarono da un sol ceppo di marmo. Esso fu rinvenuto a’ tempi di Giulio II sotto la volta di un salone che sembra
eppo di marmo. Esso fu rinvenuto a’ tempi di Giulio II sotto la volta di un salone che sembra aver fatto parte delle terme
I sotto la volta di un salone che sembra aver fatto parte delle terme di Tito. Il Laocoonte trovasi al presente nel Museo
i eran renduti. Gli Oracoli facevano parte della pagana religione ; e di tutte le specie di predizioni era questa la più s
Oracoli facevano parte della pagana religione ; e di tutte le specie di predizioni era questa la più sacra ed augusta. Pe
uesta la più sacra ed augusta. Per mezzo degli Oracoli credeva l’uomo di avere un immediato commercio colla divinità. Il d
o commercio colla divinità. Il desiderio sempre vivo e sempre inutile di conoscere l’avvenire, die’ vita agli Oracoli ; l’
ismo. La venerazione tributata agli Oracoli erasi aumentata per mezzo di ricchi doni che si facevano ai loro templi e spec
onti, da boschi e da antri isolati, orribili all’aspetto. I sacerdoti di tutti questi tempii non volevano essere consultat
essere soli quando entravano nei tempii. Alessandro entra nel tempio di Giove Ammone e lascia alla porta i suoi cortigian
pasiano fa allontanare la sua scorta nel presentarsi che fa al tempio di Serapi. Quando un particolare voleva maritarsi, i
qualche impresa, tosto recavasi a consultare gli Dei che avevan fama di predire il futuro. Gli Oracoli rendevansi in dive
oli rendevansi in diverse maniere. Talvolta per ottenerli, era d’uopo di molte preparazioni, di digiuni, di sacrifici, ecc
se maniere. Talvolta per ottenerli, era d’uopo di molte preparazioni, di digiuni, di sacrifici, ecc. Giove in forza della
Talvolta per ottenerli, era d’uopo di molte preparazioni, di digiuni, di sacrifici, ecc. Giove in forza della sua qualità
ioni, di digiuni, di sacrifici, ecc. Giove in forza della sua qualità di sovrano degli Dei, era riguardato come il primo m
degli oracoli, e prima sorgente d’ogni divinazione. Dopo gli oracoli di Giove i più celebri e più accreditati erano quell
lebri e più accreditati erano quelli cui presiedeva Apollo, figliuolo di lui, siccome quello che nella cognizione dell’avv
siccome quello che nella cognizione dell’avvenire era il più versato di tutti gli Dei, essendosene istrutto dallo stesso
I più famosi tra gli Oracoli erano :     Sacrifizio L’oracolo di Dodona nell’Epiro, dove i sacerdoti rendevano le
sacrato, per cui le favole dissero che le querce parlavano. L’oracolo di Giove Ammone nella Libia, ove la statua di lui so
uerce parlavano. L’oracolo di Giove Ammone nella Libia, ove la statua di lui solennemente portavasi da sacerdoti, e da’ se
coi suoi movimenti, i sacerdoti interpretavano le risposte. L’oracolo di Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pizia sac
ta Pizia chiamasi anche Pitonessa. I poeti però sogliono dare il nome di Pitonessa a qualunque strega in generale. La Pito
n generale. La Pitonessa sacerdotessa d’Apollo rendeva gli oracoli su di un tripode, scranna piccola con tre piedi, che Ap
serpente Pitone. Quando costei voleva predir il futuro, usciva fuori di sè, parlava con una voce tremolosa e mozza, si co
anche a Claro città della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli di Apollo era quello di Delfo, non tanto per la sua
della Ionia. Il più celebre però tra gli Oracoli di Apollo era quello di Delfo, non tanto per la sua anzianità, quanto per
cisione e la chiarezza delle sue risposte, in confronto degli altri ; di modo che gli Oracoli del tripode passavano in pro
l’andar del tempo accordato a quasi tutti gli Dei e ad un gran numero di eroi. Marte ebbe un Oracolo nella Tracia, Mercuri
Ercole in Atene e a Cadice ; Serapi in Alessandria ; Trofonio figlio di Ercino re d’Orcomene n’ebbe un celebre nella Beoz
nno preparavasi con particolari disposizioni che avevano qualche cosa di misterioso ; talvolta ciò avveniva per mezzo di b
avevano qualche cosa di misterioso ; talvolta ciò avveniva per mezzo di biglietti suggellati ; o finalmente ricevevasi la
sì chiamavano i Greci ed i Romani certe donne ch’essi dicevano invase di spirito profetico ed alle quali attribuivano la c
concordi riguardo al loro numero. Avvi chi ne conta una sola, quella di Eritrea nella Ionia ; chi tre, l’Eritrea, la Sard
tea e Demofila, l’Ellespontica, la Frigia e l’Albanea. La più celebre di tutte le Sibille era quella di Cuma città d’Itali
la Frigia e l’Albanea. La più celebre di tutte le Sibille era quella di Cuma città d’Italia, chiamata dagli uni Dafne, da
da parecchi Femonoe o Deifoba e da taluni Amaltea. La si vuole figlia di Tiresia famoso indovino, o di Ercole o di Glauco.
e da taluni Amaltea. La si vuole figlia di Tiresia famoso indovino, o di Ercole o di Glauco. Dicesi che Apollo ne divenne
Amaltea. La si vuole figlia di Tiresia famoso indovino, o di Ercole o di Glauco. Dicesi che Apollo ne divenne amante e che
rì d’accordarle tutto ciò ch’essa poteva desiderare. Gli dimandò essa di vivere tanti anni, quanti erano i grani di sabbia
siderare. Gli dimandò essa di vivere tanti anni, quanti erano i grani di sabbia che essa teneva in sua mano, poc’anzi racc
nzi raccolti ; locchè fu a lei concesso ; ma sgraziatamente dimenticò di chiedere nel tempo stesso il dono di conservare q
so ; ma sgraziatamente dimenticò di chiedere nel tempo stesso il dono di conservare quella freschezza che tanto rendeala i
to che dovesse ella pure esser con lui condiscendente ; ma al piacere di una eterna gioventù, quello preferì essa di un’in
scendente ; ma al piacere di una eterna gioventù, quello preferì essa di un’inviolabile castità ; di modo che una trista d
una eterna gioventù, quello preferì essa di un’inviolabile castità ; di modo che una trista decrepitezza non tardò a dist
ere le avvenenti attrattive della giovinezza. Era essa giunta all’età di settecento anni, allorchè Enea approdò in Italia
à di settecento anni, allorchè Enea approdò in Italia presso la città di Cuma ove la Sibilla aveva il suo soggiorno. Quell
il suo soggiorno. Quell’eroe fu a visitarla nel suo antro e la pregò di condurlo all’inferno onde vedervi il proprio padr
nchise. Mancavanle ancora tre secoli per compiere il numero dei grani di sabbia che dovevano por fine alla misura degli an
mero dei grani di sabbia che dovevano por fine alla misura degli anni di sua vita. La Sibilla dopo di avergli fatto presen
dovevano por fine alla misura degli anni di sua vita. La Sibilla dopo di avergli fatto presente la difficoltà di un tal vi
di sua vita. La Sibilla dopo di avergli fatto presente la difficoltà di un tal viaggio promise di soddisfarlo. Gli mostrò
opo di avergli fatto presente la difficoltà di un tal viaggio promise di soddisfarlo. Gli mostrò essa nella foresta di Pro
un tal viaggio promise di soddisfarlo. Gli mostrò essa nella foresta di Proserpina un ramo d’oro e gli ordinò di strappar
li mostrò essa nella foresta di Proserpina un ramo d’oro e gli ordinò di strapparlo. L’eroe troiano ubbidì e con essa disc
o Erofila, la settima delle Sibille nominate da Varrone, la quale era di Cuma in Eolide e confusa soventi con quella d’Ita
oggiornavano quantunque in paesi diversi. Qualunque sia la procedenza di questi libri è però certo che nulla avvi di più c
alunque sia la procedenza di questi libri è però certo che nulla avvi di più celebre nella Storia romana quanto i Libbi Si
nella Storia romana quanto i Libbi Sibillini vale a dire una raccolta di versi attribuiti. alle Sibille la quale conteneva
ccolta di versi attribuiti. alle Sibille la quale conteneva i destini di Roma. Narrasi che una donna si presentò un giorno
e perseverò nel chiedere la stessa somma pei tre ultimi, con minaccia di bruciarli in caso di rifiuto. Tarquinio maravigli
ere la stessa somma pei tre ultimi, con minaccia di bruciarli in caso di rifiuto. Tarquinio maravigliato da tale ostinazio
ciò che si chiedeva. Ricevuta la somma l’incognita avvertì Tarquinio di custodire diligentemente questi libri come conten
emente questi libri come contenenti oracoli che presagivano i destini di Roma, e poscia dicesi che disparve. Sebbene quest
del favoloso, egli è però certo che i Romani possedevano una raccolta di sibillini versi. Il re li fece porre in una cassa
ano una raccolta di sibillini versi. Il re li fece porre in una cassa di pietra, la quale fu posta sotto una volta del Cam
ivamente portato a dieci e poi a quindici, i quali pigliarono il nome di quindecimviri. In origine questi sacerdoti non in
le quali esigeva quel sacro deposito, poscia vi fu aggiunto l’ufficio di celebrare i giuochi secolari. Non si poteva consu
i quali minacciassero qualche grande sventura, mai non si tralasciava di ricorrervi. Sotto pena di morte era proibito a ch
che grande sventura, mai non si tralasciava di ricorrervi. Sotto pena di morte era proibito a chi custodiva questi libri d
rrervi. Sotto pena di morte era proibito a chi custodiva questi libri di lasciarli vedere a chicchessia. Quella collezione
i di lasciarli vedere a chicchessia. Quella collezione era una specie di oracolo permanente, sì di sovente dai Romani cons
icchessia. Quella collezione era una specie di oracolo permanente, sì di sovente dai Romani consultato, quanto lo era quel
permanente, sì di sovente dai Romani consultato, quanto lo era quello di Delfo dai Greci. Molti altri Libri Sibillini ebbe
l 363 dell’era volgare i Libri Sibillini trovavansi ancora nel tempio di Apollo Pallatino, poichè Giuliano li fece consult
are in quell’ epoca sulla sua spedizione contro i Persi ; ma nel mese di marzo di quell’anno medesimo, essendo il tempio d
ell’ epoca sulla sua spedizione contro i Persi ; ma nel mese di marzo di quell’anno medesimo, essendo il tempio di Apollo
ersi ; ma nel mese di marzo di quell’anno medesimo, essendo il tempio di Apollo stato consumato dalle fiamme, con molta fa
ne si erano resi illustri, era da principio semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’erbe o di frondi in aperta campag
era da principio semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’erbe o di frondi in aperta campagna, in qualche luogo eleva
co incominciaronsi a effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio,
ciaronsi a effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, d’argento
effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, d’argento e d’oro ;
gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, d’argento e d’oro ; s’incominc
tto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, d’argento e d’oro ; s’incominciarono ad a
hè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quel di Diana in Efeso
fici templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quel di Diana in Efeso, quelli d’Apollo a Mileto e Delfo,
tto, quel di Diana in Efeso, quelli d’Apollo a Mileto e Delfo, quello di Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Aten
quelli d’Apollo a Mileto e Delfo, quello di Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Atene, ed in Roma quello di Giov
Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Atene, ed in Roma quello di Giove Capitolino, ed il Panteon che tuttavia suss
n cento buoi, oltre il detestabile costume in molti luoghi introdotto di sacrificare anche vittime umane. Ne’ Sacrifici so
ficare anche vittime umane. Ne’ Sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e di bende, le si indoravan le c
he vittime umane. Ne’ Sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e di bende, le si indoravan le corna. Si e
mane. Ne’ Sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e di bende, le si indoravan le corna. Si esaminavano l
si indoravan le corna. Si esaminavano le interiora ; se eran sane era di buon augurio, e di sinistro se erano guaste o inf
na. Si esaminavano le interiora ; se eran sane era di buon augurio, e di sinistro se erano guaste o infette. Una porzione
d’easo dell’acqua, in onore del Dio al quale sacrificavasi. La patera di cui si è parlato qualche volta in questo Compendi
era di cui si è parlato qualche volta in questo Compendio era un vaso di cui facevano uso i sacerdoti nei sacrifici. Ogni
sacerdoti nei sacrifici. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti di questi eran distinti con nomi particolari secondo
ui servivano, così Galli, Coribanti e Cureti chiamavansi i, Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali o Salici que
Coribanti e Cureti chiamavansi i, Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali o Salici quelli di Marte, ecc. Eranvi
i, Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali o Salici quelli di Marte, ecc. Eranvi in molti luoghi delleSacerdote
n molti luoghi delleSacerdotesse, come in Delfo la Pizia sacerdotessa di Apollo ; in Roma le Vestali custodi del fuoco sac
a sacerdotessa di Apollo ; in Roma le Vestali custodi del fuoco sacro di Vesta, e in molte parti della Grecia e dell’Itali
i Vesta, e in molte parti della Grecia e dell’Italia, le sacerdotesse di Bacco, conosciute sotto vari nomi di Baccanti, Me
a e dell’Italia, le sacerdotesse di Bacco, conosciute sotto vari nomi di Baccanti, Menadi, Bassaridi, Tiadi, ecc. In Roma
il Pontefice masimo. Seguivano i Flamini, tra cui il Diale o Flamine di Giove era il primo, venivano poi il Marziale, il
iale, il Quirinale, eco. Anche le mogli loro conosciute sotto il nome di Flaminiche erano distinte col mezzo di particolar
loro conosciute sotto il nome di Flaminiche erano distinte col mezzo di particolari ornamenti e di grandi prerogative, ed
ome di Flaminiche erano distinte col mezzo di particolari ornamenti e di grandi prerogative, ed annoverate tra le Sacerdot
siedevano gli Epuloni sacerdoti istituiti l’anno 558 della fondazione di Roma. Essi preparavano i banchetti sacrinei giorn
er luogo in onore degli Dei. Il loro numero che da principio era solo di tre, venne portato sino a dieci. Solevano i Roman
e alle divinità i primi frutti che raccoglievano dalla terra in segno di riconoscenza. Per ricevere siffatte offerte nei t
di riconoscenza. Per ricevere siffatte offerte nei templi, fu d’uopo di proporre alcusse persone che avessero cura di con
e nei templi, fu d’uopo di proporre alcusse persone che avessero cura di conservarle, di distribuirle al popolo e di servi
d’uopo di proporre alcusse persone che avessero cura di conservarle, di distribuirle al popolo e di servirsene pei banche
persone che avessero cura di conservarle, di distribuirle al popolo e di servirsene pei banchetti a certe divinità consacr
regevole fu in origine molto onorifico. Esso ha avuto la stessa sorte di quello di Sofista che si dava anticamente ai filo
u in origine molto onorifico. Esso ha avuto la stessa sorte di quello di Sofista che si dava anticamente ai filosofi o ret
ficavano. I Romani, ammettendoli alle loro mense, usavano del diritto di porli in ridicolo, di maltrattarli e talvolta anc
mettendoli alle loro mense, usavano del diritto di porli in ridicolo, di maltrattarli e talvolta anche pereuoterli. Gli An
fertilità de’ campi ; le feste che si celebravano due volte in onore di Cerere per questo oggetto chiamavansi Ambarvali.
dai Romani ; e se le lagnanze erano giuste i Feciali avevano diritto di punire gli autori dell’ingiustizia. Eravi pur in
iustizia. Eravi pur in Roma il collegio degli Auguri, nè cosa alcuna di gran momento s’intraprendeva prima che questi non
he si chiamavano auspicii, altri dal mangiare dei polli. Il tuono era di buon augurio quando sentivasi alla sinistra, perc
sentivasi alla sinistra, perchè giudicavasi proveniente dalla destra di Giove ; non così se udivasi al contrario. Dalla m
e parole e i rumori uditi a caso e improvvisamente offerivano materie di buono o tristo presagio, perchè riguardavansi com
o tristo presagio, perchè riguardavansi come avvisi spediti dagli Dei di ciò che aveva a succedere. Fra le cerimonie relig
ndevasi purificare i colpevoli non che i luoghi profanati. Ve n’erano di più specie, e ciascuna aveva le sue particolari c
eravi un morto in una casa, mettevasi sulla porta un gran vaso pieno di acqua lustrale, preso in qualche altra casa, ove
lavare il corpo. Gli Egizi, i Greci, i Romani avevano un gran numero di Feste. Di alcune di esse abbiamo fatto cenno ai l
i Egizi, i Greci, i Romani avevano un gran numero di Feste. Di alcune di esse abbiamo fatto cenno ai loro rispettivi luogh
te erano sacre per quei popoli. Se avessero dato luogo alla punizione di qualche colpevole, avrebbero essi creduto di prof
ato luogo alla punizione di qualche colpevole, avrebbero essi creduto di profanarle, disturbandone in tal guisa la gioia.
uto di profanarle, disturbandone in tal guisa la gioia. Si coronavano di fiori, si astenevano dal proferire parole di tris
la gioia. Si coronavano di fiori, si astenevano dal proferire parole di triste augurio. Qualche volta aprivano le prigion
pendio parlando dei giuochi pubblici. I Gruochi pubblici erano sorte di spettacoli pubblici adottati dalla maggior parte
zione aveva per apparente motivo la religione, oppure qualche obbligo di pietà. È però vero che nou poca parte vi aveva la
erò vero che nou poca parte vi aveva la politica, mentre gli esercizi di questi giuochi servivano d’ordinario a due mire :
o divisi in due diverse specie ; gli uni erano compresi sotto il nome di Ginnici e gli altri sotto quello di Scenici. I Gi
uni erano compresi sotto il nome di Ginnici e gli altri sotto quello di Scenici. I Ginnici abbracciavano tutti gli eserci
lotta o il pancrazio, in cui gli atleti nudi ed unti d’olio cercavano di atterrarsi l’un l’altro ; il salto o all’insù ovv
liava coll’arco al segno prefisso ; il disco che era un pezzo rotondo di legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i gioc
legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i giocatori si sforzavano di gettare quanto potessero più lontano ; il pugilat
combattevasi ora coi pugni soltanto, ora co’ cesti, che erano guanti di duro cuoio guarniti spesso di ferro e di duro pio
ltanto, ora co’ cesti, che erano guanti di duro cuoio guarniti spesso di ferro e di duro piombo. Il luogo ove si esercitav
co’ cesti, che erano guanti di duro cuoio guarniti spesso di ferro e di duro piombo. Il luogo ove si esercitava la gioven
ul teatro, o sulla scena che si prende per l’intero teatro. I giuochi di musica o di poesia, per le loro rappresentazioni
sulla scena che si prende per l’intero teatro. I giuochi di musica o di poesia, per le loro rappresentazioni non avevano
e si celebravano a Nemea ; 4.° Gl’Istmici, che si tenevano nell’istmo di Corinto. In questi giuochi che facevansi con tant
ma da tutte le parti della terra accorreva una prodigiosa moltitudine di spettatori e di concorrenti, in questi giuochi cu
arti della terra accorreva una prodigiosa moltitudine di spettatori e di concorrenti, in questi giuochi cui siamo debitori
concorrenti, in questi giuochi cui siamo debitori delle odi immortali di Pindaro, non davasi altro premio, fuorchè una sem
fuorchè una semplice corona d’erba, la quale ne’ Giuochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei Pizi di alloro ; nei Nemei
erba, la quale ne’ Giuochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei Pizi di alloro ; nei Nemei di prezzemolo e appio domestic
ochi Olimpici era di ulivo selvatico ; nei Pizi di alloro ; nei Nemei di prezzemolo e appio domestico verde ; e negl’Istmi
ro ; nei Nemei di prezzemolo e appio domestico verde ; e negl’Istmici di prezzemolo secco o di pino. I vincitori erano anc
zemolo e appio domestico verde ; e negl’Istmici di prezzemolo secco o di pino. I vincitori erano anche onorati spesso di p
di prezzemolo secco o di pino. I vincitori erano anche onorati spesso di pubbliche statue e nella loro patria erano tenuti
osi dei greci sono i Giuochi Romani i quali furono portati a un punto di grandezza e di magnificenza incredibile. Furono d
ono i Giuochi Romani i quali furono portati a un punto di grandezza e di magnificenza incredibile. Furono distinti pei luo
lità del Dio cui erano dedicati. I primi erano compresi sotto il nome di Giuochi Circensi e di Giuochi Scenici, perchè gli
dedicati. I primi erano compresi sotto il nome di Giuochi Circensi e di Giuochi Scenici, perchè gli uni venivano celebrat
e i loro Giuochi dei teatri, degli anfiteatri e dei circhi magnifici, di cui gli avanzi ancora si veggono a Roma, a Verona
hi non solo in onore delle divinità abitatrici del cielo, ma eziandio di quelle che regnavano nell’inferno. Indice
420. Albione. V. Ercole. 291. Alceste. V. Ercole. 290. Alcione figlia di Eolo. 380. Alcione o Alcioneo, gigante. 381. Alcm
dipo. 390. Antiope o Ippolita, Amazzone. V. Teseo. 319. Antiope madre di Anfione e di Zeto. V. Giove. 16. Api. V. Oracolo.
tiope o Ippolita, Amazzone. V. Teseo. 319. Antiope madre di Anfione e di Zeto. V. Giove. 16. Api. V. Oracolo. 432. Apollo.
i. 70. Bubona. 276. Busiride. V. Esperidi. 258. Ercole. 290. C Caccia di Caledone. V. Meleagro. 374. Cadmo. 325. Suoi figl
Cerbero. V. Inferno (descrizione dell’). 91. Cerere. 25. Ceste (cinto di Venere). 36. Chimera (la). V. Bellerofonte. 368,
feriori. III. — Infernali. 74. Delia. V. Diana. 43. Delfo. V. Oracolo di . 432. Delo (isola). V. Apollo. 49. Demogorgone. V
Ecuba. V. Paride. 412. Edipo. 390. Educa o Edusa. 278. Efeso (tempio di ). V. Diana. 43. Effestione. Vedi Oracoli. 429. Eg
Europa. V. Giove. 16. Cadmo. 325. Euterpe. 223. F Fatiche (le dodici) di Ercole. 286. Fauni. 117. Fauno. 116. Febo. V. Apo
. Id. Icaro. V. Dedalo ed Icaro. 210. Idea. V. Cibele. 11. Idra (l’) di Lerna. V. Ercole. 286. Ifigenia. V. Agamennone. 4
rofonte 371. Laio. V. Edipo. 390. Laocoonte. V. Paride. 422. — Gruppo di marmo. 427. Laodamia. V. Bellerofonte. 371. Laome
lluce. 329. Lemuri. 274. Lenno. V. Vulcano. 69. Argonauti. 357. Leone di Nemea (il). V. Ercole. 286. Lete. V. Fiumi dell’I
15. Lico. V. Anfione e Zeto. 339. Licomede. V. Teseo. 320. Licurgo re di Tracia. V. Bacco. 65. Limnacidi, Limnadi, Limnee
di. 252. Linceo. V. Danaidi. 105. Castore e Polluce. 330. Lino figlio di Apollo. 342. — precettore d’Ercole. V. Ercole. 28
o. V. Libri Sibillini. 441. Ope. V. Cibele. 11. Oracoli. 428. Oracolo di Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id
illini. 441. Ope. V. Cibele. 11. Oracoli. 428. Oracolo di Api. 432. —  di Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. — di Diana. I
le. 11. Oracoli. 428. Oracolo di Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. —  di Delfo. Id. — di Diana. Id. — di Dodona. 431. — di
428. Oracolo di Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. —  di Diana. Id. — di Dodona. 431. — di Ercole. 432. — 
Api. 432. — di Claro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. — di Diana. Id. —  di Dodona. 431. — di Ercole. 432. — di Esculapio. Id
aro o Chiaro. Id. — di Delfo. Id. — di Diana. Id. — di Dodona. 431. —  di Ercole. 432. — di Esculapio. Id. — di Giove Ammon
— di Delfo. Id. — di Diana. Id. — di Dodona. 431. — di Ercole. 432. —  di Esculapio. Id. — di Giove Ammone. 431. — di Marte
Diana. Id. — di Dodona. 431. — di Ercole. 432. — di Esculapio. Id. —  di Giove Ammone. 431. — di Marte. 432. — di Mercurio
431. — di Ercole. 432. — di Esculapio. Id. — di Giove Ammone. 431. —  di Marte. 432. — di Mercurio. Id. — di Minerva. Id.
. 432. — di Esculapio. Id. — di Giove Ammone. 431. — di Marte. 432. —  di Mercurio. Id. — di Minerva. Id. — di Pane. Id. — 
io. Id. — di Giove Ammone. 431. — di Marte. 432. — di Mercurio. Id. —  di Minerva. Id. — di Pane. Id. — di Serapi. Id. Orac
Ammone. 431. — di Marte. 432. — di Mercurio. Id. — di Minerva. Id. —  di Pane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 1
 di Marte. 432. — di Mercurio. Id. — di Minerva. Id. — di Pane. Id. —  di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 10. — di Venere.
rcurio. Id. — di Minerva. Id. — di Pane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 10. — di Venere. 10. — di Upsal. 434. O
nerva. Id. — di Pane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 10. —  di Venere. 10. — di Upsal. 434. Orco. V. Plutone, ec
ane. Id. — di Serapi. Id. Oracolo di Trofonio. 10. — di Venere. 10. —  di Upsal. 434. Orco. V. Plutone, ecc. 76. Ore (le).
e. V. Naiadi. 251. Pelope. 402. V. Tantalo. 104. Peleo. V. Teti madre di Achille. 194. Pelia o Pelio, monte. V. Teti madre
o. V. Teti madre di Achille. 194. Pelia o Pelio, monte. V. Teti madre di Achille. 195. — V. Giasone. 344. — fratello di Es
, monte. V. Teti madre di Achille. 195. — V. Giasone. 344. — fratello di Esone. V. Giasone. 344 e seg. Penati. 273. Pentes
reste. 411. Paride. 423. Pitone. V. Apollo. 49. Pitonessa. V. Oracolo di Delfo. 431. Pizia o Pitonessa. V. Oracolo di Delf
9. Pitonessa. V. Oracolo di Delfo. 431. Pizia o Pitonessa. V. Oracolo di Delfo. 431. Pleiadi. V. Atlante. 315. Plessippo.
. Saturno. 8. V. Giano. 383. Scheneo. V. Atalanta. 375. Scilla figlia di Niso. Vedi Minosse II. 203. — ninfa. 268. Seia o
escrizione dell’). 101. Sorte. V. Fortuna. 162. Stagioni. 260. Stalle di Augia (le). V. Ercole. 288. Steno. V. Gorgoni (le
438. Tartaro. V. Inferno (descrizione dell’). 80, 83. Tebe (la guerra di ). 398. — (le mura di). V. Anfione e Zeto. 340. Te
rno (descrizione dell’). 80, 83. Tebe (la guerra di). 398. — (le mura di ). V. Anfione e Zeto. 340. Telamone. V. Paride. 41
Minosse II. 205. Teti, dea dei mari. 190. V. Nereidi. 247. Teti madre di Achille. 194. Tiadi. V. Oracoli, ecc. 443. Tideo.
Meleagro. 374. Tritone. 262. Trittolemo. V. Cerere. 25. Troia (guerra di ). V. Paride, ecc. 412. Turno. V. Enea. 426. U Ucc
coltivasi un albero chiamato mirra dal quale cola un succo resinoso e di gratissimo odore. Quest’è l’albero in cui secondo
cui secondo la favola fu trasformata Mirra detta anche Smirna figlia di Cencreide e di Cinira re degli Assiri o di Cipro,
favola fu trasformata Mirra detta anche Smirna figlia di Cencreide e di Cinira re degli Assiri o di Cipro, come vogliono
detta anche Smirna figlia di Cencreide e di Cinira re degli Assiri o di Cipro, come vogliono alcuni, la quale arse di col
inira re degli Assiri o di Cipro, come vogliono alcuni, la quale arse di colpevole amore pel proprio padre. Pretendono cer
ono certuni che l’ira del Sole fosse il principal movente della colpa di lei. Pretendono altri che attribuir se ne debba l
dosi i capelli, aveva detto essere la sua capellatura più bella assai di quella di Venere. 4. NB. Nell’ indice per ordin
elli, aveva detto essere la sua capellatura più bella assai di quella di Venere. 4. NB. Nell’ indice per ordine alfabeti
di Venere. 4. NB. Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine di questo Compendio di Mitologia si troveranno indic
Nell’ indice per ordine alfabetico posto in fine di questo Compendio di Mitologia si troveranno indicate tutte le materie
questo Compendio di Mitologia si troveranno indicate tutte le materie di cui si è in esso fatto parola benchè non abbiano
ia annoverata tra le Ninfe dai mitologi crediamo opportuno egualmente di riportare in questo articolo cosa di essa riferir
gi crediamo opportuno egualmente di riportare in questo articolo cosa di essa riferirono i poeti.
3 (1836) Mitologia o Esposizione delle favole
rvire ai giovani, che si applicano alla intelligenza della Mitologia, di cui vanno ripieni i libri classici e massime i po
nciato, o non si forma nella mente, che un confuso e mutilato ammasso di mitologiche idee. Pare quindi molto più adattato
comporta, un metodo isterico; siccome quello, che collegando le idee di luogo, di tempo, e di soggetti, oltre che riesce
un metodo isterico; siccome quello, che collegando le idee di luogo, di tempo, e di soggetti, oltre che riesce alla mobil
sterico; siccome quello, che collegando le idee di luogo, di tempo, e di soggetti, oltre che riesce alla mobile fantasia l
iunisce tanti pregi, che invano si cercherebbero negli altri trattati di Mitologia. Introduzione. La Mitologia è l
torno a’ loro Dii ed Eroi hanno gli antichi immaginato. La cognizione di questo è troppo necessaria per bene intendere gli
ndere gli scrittori, e singolarmente i poeti, che ad esse alludono sì di frequente. Nè men necessaria è a tutti gli studio
le arti, giacche le favole tanti soggetti hanno fornito, e forniscono di continuo alla pittura, alla scultura, alla musica
gli Eroi, aggiungendo un transunto delle metamorfosi o trasformazioni di Ovidio, in cui quelle favole riporteremo, che nel
ti pur dell’ Egitto, e delle altre nazioni, assai numero ne contavano di loro proprii, e particolari. Dodici anticamente e
tti Dii maiorum gentium, e Consentes, espressi ne’ due seguenti versi di Ennio: Iuno, Vesta, Minerva, Ceres, Diana, Venus
resi celebri, furon anch’ essi annoverati fra gl’ lddii sotto il nome di Indigetes, tra’ quali Enea, Quirino e Romolo, ed
e il Fato, la Morte, il Sonno e il Sogni, Momo derisore, le Esperidi, di cui era il giardino de’ pomi d’ oro, le tre Parch
o e Ponto o il Mare. Poi unita ad Urano partorì il fiume Oceano padre di tutti gli altri, indi Ceo, Orco, Iperione, Giapet
rco e Ceto nacquer Pefredo, ed Emo, dette Cree, perchè canute a guisa di vecchie fino dal loro nascere; le Gorgoni Steno,
na e mezzo serpente, che unita al procelloso Tifone partorì Orto cane di Gerione, Cerbero cane di Plutone, l’ Idra di Lern
unita al procelloso Tifone partorì Orto cane di Gerione, Cerbero cane di Plutone, l’ Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge,
Tifone partorì Orto cane di Gerione, Cerbero cane di Plutone, l’ Idra di Lerna, la Chimera, la Sfinge, e il Leone Nemeo. L
Tea generò il Sole, la Luna e l’ Aurora. Creo con Euribia fu padre di Pallante di Terse, e di Astreo, che un ito all’ A
il Sole, la Luna e l’ Aurora. Creo con Euribia fu padre di Pallante di Terse, e di Astreo, che un ito all’ Aurora generò
Luna e l’ Aurora. Creo con Euribia fu padre di Pallante di Terse, e di Astreo, che un ito all’ Aurora generò i Venti e l
con Febe produsse Latona ed Asteria, la quale congiunta con Perse fu di madre di Ecate. Giapeto da Climete, figlia dell
produsse Latona ed Asteria, la quale congiunta con Perse fu di madre di Ecate. Giapeto da Climete, figlia dell’ Oceano,
a, Cerere, Giunone, Plutone, Nettuno, e Giove. Capo II. Saturno, e di Giano. Urano o il Cielo, giusta il medesimo E
tutti i figli, che Gea o la Terra gli partoriva, e loro non permettea di uscire alla luce. Gea, di ciò sdegnata, poichè e
Terra gli partoriva, e loro non permettea di uscire alla luce. Gea, di ciò sdegnata, poichè ebbe prodotto il ferro, nè f
tossi, gli recise le parti virili, e dietro se le gittò. Dalle goccie di sangue, che indi caddero sulla terra, nacquero le
ppellò Titani i suoi figli, perchè affrettati si erano ad opra iniqua di cui predisse che portata avrebbero la pena. Nè qu
e doveva esser soggiogato da uno de’ proprii figli, fatto più crudele di suo padre, prese il partito d’ inghiottire di man
igli, fatto più crudele di suo padre, prese il partito d’ inghiottire di mano in mano tutti i maschi, che gli nascevan da
tire di mano in mano tutti i maschi, che gli nascevan da Rea. Questa di ciò oltremodo dolente, allorchè ebbe a dar Giove
o in breve tempo vinse coll’ arte e colla forza, giusta le predizioni di Urano e di Gea, suo padre Saturno, e lo costrinse
tempo vinse coll’ arte e colla forza, giusta le predizioni di Urano e di Gea, suo padre Saturno, e lo costrinse a rivomita
rnasso. Fin qui Esiodo. Altri Mitologi han detto in vece, che ì figli di Urano eran Titano e Saturno; che il primo a richi
un giorno esser da Giove privato nuovamente del regno, armossi contro di lui, ma vinto fu discacciato dai cielo; che allor
agli altri Iddii col capo velato. I Saturnali ossia le feste in onor di Saturno cominciavano ai 17 dicembre, e duravano t
s, che significa Tempo era perciò riguardato come il Dio del tempo, e di piugevasi colla falce, e in atto di divorare i fi
guardato come il Dio del tempo, e di piugevasi colla falce, e in atto di divorare i figli, tanto per alludere alle anzidet
hè n’ era creduto l’ inventore, e perchè egli apriva l’ anno nel mese di Gennaio, che da lui tratto aveva il suo nome. Gli
sono le stagioni, cosi talor figuravasi con quattro faccie. Il primo di Gennaio era singolarmente a lui dedicato, e in es
avansi scambievolmente dei doni, che erano chiamati strene. Il tempio di Giano in Roma stava aperto in tempo di guerra, e
ano chiamati strene. Il tempio di Giano in Roma stava aperto in tempo di guerra, e chiuso in tempo di pace. Capo III. D
o di Giano in Roma stava aperto in tempo di guerra, e chiuso in tempo di pace. Capo III. Di Giove. Presso i Greci ed
rimo e il secondo nati in Arcadia, l’ uno figlio dell’ Etere, e padre di Proserpina e di Libero o Bacco, l’ altro figlio d
o nati in Arcadia, l’ uno figlio dell’ Etere, e padre di Proserpina e di Libero o Bacco, l’ altro figlio del Cielo, e padr
di Proserpina e di Libero o Bacco, l’ altro figlio del Cielo, e padre di Minerva, il terzo nato in Creta, e figlio di Satu
iglio del Cielo, e padre di Minerva, il terzo nato in Creta, e figlio di Saturno. Ma come quest’ ultimo fu il più rinomato
un antro del monte Argeo o Ditte dalle Ninfe, e dai Cureti sacerdoti di Cibele, che collo strepito de’ loro cembali ne oc
asportò in cielo nella costellazione della Capra, ed egli della pelle di lei si valse per coprirsene il petto, e lo scudo,
scudo, che quindi da aix aigos (capra) fu detto egida, e stabili che di tutto abbondasse chi di lei avesse le corna, dett
x aigos (capra) fu detto egida, e stabili che di tutto abbondasse chi di lei avesse le corna, dette perciò le corna dell’
quale ci venne soccorso da Collo, Gige, e Briareo; cui per consiglio di Gea sciolse da’ lacci, in cui tirano gli aveva av
ggiogati e profondati nel Tartaro, che tanto, dic’ egli, s’ innabissa di sotto alla terra, quanto sopra di quella s’ innal
che tanto, dic’ egli, s’ innabissa di sotto alla terra, quanto sopra di quella s’ innalza il cielo. La seconda, giusta il
lla Terra congiunta col Tartaro. Costui era un mostro con cento teste di dragò; dalle quali tulle vomitava fuoco. Ei mosse
, ma che Esiodo da essi distingue, dichiarandoli prodotti dalle gocce di sangue cadute sopra la terra dalle recise membra
dotti dalle gocce di sangue cadute sopra la terra dalle recise membra di Urano. Questi pur tentarono di cacciar Giove dal
ute sopra la terra dalle recise membra di Urano. Questi pur tentarono di cacciar Giove dal cielo, e per salirvi Sovrappose
rono di cacciar Giove dal cielo, e per salirvi Sovrapposero ne’ campi di Flegra l’ un al l’ altro i monti Olimpo, Pelio, e
(il che però dice Omero essersi fallo invece da Oto ed Efialte, figli di Nettuno e d’ Ifimedia moglie di Aloco, che anch’
fallo invece da Oto ed Efialte, figli di Nettuno e d’ Ifimedia moglie di Aloco, che anch’ essi vollero far guerra a Giove)
’ Iddii fuggirono spaventati in Egitto, e si nascosero sotto le forme di varii animali, onde poi sotto queste adorati furo
sotto queste adorati furono dagli Egizii. Bacco soltanto in sembianza di Itone si oppose coraggiosamente a Reto uno de’ gi
ve animavaio gridando ev yie (coraggio o figlio), da ciò ebbe il nome di Evio. Una tal fuga però è metamorfosi, e da Ovidi
eo, e che Giove siasi allora cangiato in ariete, onde vengon le corna di Giove Ammone, Apollo in corvo, Bacco in capro, Di
to re degli uomini, e degli Dei, tolse con inganno la prole al ventre di Meti, e nel suo l’ ascose, ed egli stesso la died
etterla fuori fecesi spaccare il cranio da Vulcano. La seconda moglie di Giove fu Temi Dea della giustizia, da cui ebbe le
ie Aglaia, Eufrosine, e Talia. La quarta fu Cerere, che divenne madre di Proserpina. La quinta Mnernosine o la Dea della m
e Muse. La sesta Latona, che partorì Apollo e Diana. L’ ultima moglie di Giove, secondo Esiodo, fu Giunone di lui sorella;
Apollo e Diana. L’ ultima moglie di Giove, secondo Esiodo, fu Giunone di lui sorella; da cui nacque Ebe, Marte, Ilitia e V
ondo gli altri Mitologi, ebbe egli poscia altri figli. Da Maio figlia di Atlante ebbe curio; da Dione figlia dell’ Oceano
bbe curio; da Dione figlia dell’ Oceano ebbe Venere; da Semole figlia di Cadmo ebbe Bacco; da Alcmena moglie d’ Anfitrione
tesso Anfitrione, ebbe Ercole. Oltracciò s’ unì egli sotto alla forma di Satiro ad Antiopa moglie di Lieo, e ne vennero An
e. Oltracciò s’ unì egli sotto alla forma di Satiro ad Antiopa moglie di Lieo, e ne vennero Anfione e Zeto; penetrò conver
rò convertito in pioggia d’ oro la torre, ov’ era chiusa Danae figlia di Acrisio, e ne ebbe Perseo; cangiato in cigno sedu
a di Acrisio, e ne ebbe Perseo; cangiato in cigno sedusse Leda moglie di Tindaro, che partorì due uova, dall’ uno de’ qual
lluce ed Elena, dall’ altro Castore e Cliemnestra. Rapì Europa figlia di Agenore sotto la sembianza di toro, e portolla in
store e Cliemnestra. Rapì Europa figlia di Agenore sotto la sembianza di toro, e portolla in Creta, ove da essa nacquero M
ove da essa nacquero Minosse e Radamanto; si accostò ad Egina figlia di Asopo in forma di fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò
ero Minosse e Radamanto; si accostò ad Egina figlia di Asopo in forma di fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò Calisto figlia di
ia di Asopo in forma di fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò Calisto figlia di Licaone e seguace di Diana assumendo l’ aspetto d
di fuoco, e n’ ebbe Eaco; ingannò Calisto figlia di Licaone e seguace di Diana assumendo l’ aspetto di Diana medesima, e n
nnò Calisto figlia di Licaone e seguace di Diana assumendo l’ aspetto di Diana medesima, e n’ ebbe Arcadi. Tramutossi anco
, e n’ ebbe Arcadi. Tramutossi ancora in formica per Clitoride figlia di Mirmidone ch’ era di estrema piccolezza; in serpe
ramutossi ancora in formica per Clitoride figlia di Mirmidone ch’ era di estrema piccolezza; in serpente per Doreida, in a
ma piccolezza; in serpente per Doreida, in aquila per Asteria sorella di Latona, la quale però da esso fuggì trasformata i
quaglia. Finalmente in aquila pur cangiossi per rapir Ganimede figlio di Troe re di Troia, e portatolo in cielo il fè suo
nalmente in aquila pur cangiossi per rapir Ganimede figlio di Troe re di Troia, e portatolo in cielo il fè suo coppiere in
di Troe re di Troia, e portatolo in cielo il fè suo coppiere in luogo di Ebe. Quelli che sotto il velo delle favole cercan
ercano i nascosti semi delle antiche storie, dicono che Saturno fu re di Creta, che come egli spogliato aveva del regno su
ondo dell’ inferno, il terzo del mare; che avendo molti avuto il nome di Giove, e avendo essi abusato di molte donne con v
mare; che avendo molti avuto il nome di Giove, e avendo essi abusato di molte donne con varii stratagemmi, e ornati colie
pioggia d’ oro intendersi deve l’ oro quale Giove corruppe i custodi di Danae, pel toro la nave avente l’ insegna del tor
quindi chiamavasi l’ augel ministro del fulmine, o l’ augel ministro di Giove. Fra le piante a lui dedicate era il faggio
edicate era il faggio e la quercia, e dicevasi che in Epiro nel bosco di Dodona a lui sacro, le querce stesse rendesser gl
mpii aveva egli in Roma, e con varii nomi. Il più sontuoso era quello di Giove Capitolino fondato nel Campidoglio dal re T
onservatore ec. Capo IV. Di Giunone. Sorella e principal moglie di Giove, e perciò regina degli Dei, era tenuta Giun
e manifestatosi, a lei marito divenne. Ma gelosissima fu ella poscia di lui, ne certamente senza ragione; e la sua gelosi
amente senza ragione; e la sua gelosia principalmente esercitò contro di Io figliuola d’ Inaco re di Argo. Standosi Giove
ua gelosia principalmente esercitò contro di Io figliuola d’ Inaco re di Argo. Standosi Giove con questa si accorse dell’
naco re di Argo. Standosi Giove con questa si accorse dell’ appressar di Giunone, e per nasconderla la cangiò in vacca. So
di Giunone, e per nasconderla la cangiò in vacca. Sospettando Giunone di quel che era, la chiese in dono, e la mise sotto
lla guardia del pastore Argo che aveva cento occhi. Questi per ordine di Giove fu da Mercurio addormentato col suono della
col tocco del caduceo, e poscia ucciso. Giunone allora pose gli occhi di Argo nella coda del pavone uccello a lei sacro, e
tenuta da Giove l’ antica forma, fu dagli Egizi adorata sotto il nome di Iside, e partorì Epafo od Api, che da’ medesimi v
e, e partorì Epafo od Api, che da’ medesimi veneravasi sotto la forma di bue. Inaco, di lei padre la perdita deplorandone,
afo od Api, che da’ medesimi veneravasi sotto la forma di bue. Inaco, di lei padre la perdita deplorandone, fu secondo le
secondo le favole cangiato in fiume. In una congiura degli Dei contro di Giove, avendo Giunone ancora pigliata parte, Giov
one insieme con Giove altribuivasi il regno dell’ aria. Sotto il nome di Lucina ella era in vocata dalle partorienti, sebb
torienti, sebbene alcuni per essa intendan Diana, altri Ilitia figlia di Giunone. Sua messaggiera e ministra era Iride fig
Ilitia figlia di Giunone. Sua messaggiera e ministra era Iride figlia di Taumante. Giunone rappresentavasi in abito di reg
nistra era Iride figlia di Taumante. Giunone rappresentavasi in abito di regina sopra di un trono col pavone ai piedi, o s
figlia di Taumante. Giunone rappresentavasi in abito di regina sopra di un trono col pavone ai piedi, o sopra di un cocch
asi in abito di regina sopra di un trono col pavone ai piedi, o sopra di un cocchio tirato dai pavoni. Il principale suo c
culto era in Samo, e Cartagine. Sacre a lei erano in Roma le calende di ogni mese, e sacro particolarmente il mese di Giu
rano in Roma le calende di ogni mese, e sacro particolarmente il mese di Giugno, che preso ne aveva il nome, sebbene opini
pinino alcuni che Romolo questo nome traesse da giuniori, come quello di maggio da’ maggiori con cui intitolar volle que’
Giunone Februale o purgatrice era pur consacrato spezialmente il mese di Febbrajo, e a’ 15 di esso celebravansi i Lupercal
rgatrice era pur consacrato spezialmente il mese di Febbrajo, e a’ 15 di esso celebravansi i Lupercali, in cui de’ giovani
asconde, e nudi nel resto, correvano la città percotendo con flagelli di pelle di capra tutti quelli, che incontravano, a
e nudi nel resto, correvano la città percotendo con flagelli di pelle di capra tutti quelli, che incontravano, a titolo di
n flagelli di pelle di capra tutti quelli, che incontravano, a titolo di purgarli o espiarli, nè le giovini donne queste p
Cinque Minerve da Cicerone si accennano: la prima che fu detta moglie di vulcano; e madre del più antico Apollo; la second
orata in Egitto particolarmente da’ Saiti; la terza nata dal cervello di Giove di Corise, figlia dell’ Oceano, venerata da
Egitto particolarmente da’ Saiti; la terza nata dal cervello di Giove di Corise, figlia dell’ Oceano, venerata dagli Arcad
e di Corise, figlia dell’ Oceano, venerata dagli Arcadi sotto il nome di Corifasia; e detta inventrice delle quadrighe; la
me di Corifasia; e detta inventrice delle quadrighe; la quinta figlia di Pallante, che dicesi aver ucciso il padre, perchè
lia di Pallante, che dicesi aver ucciso il padre, perchè tentato avea di violarla. Ma la terza soltanto fu in onore presso
rza soltanto fu in onore presso de’ Greci e de’ Romani. Nata dal capo di Giove, e tutta armata, fu essa adorata come’ Dea
e tutta armata, fu essa adorata come’ Dea della guerra sotto il nome di Pallade, e come Dea delle arti e delle scienze so
l nome di Pallade, e come Dea delle arti e delle scienze sotto quello di Minerva; benchè l’ un nome si cambii frequentemen
chiamarla con tutti e due Palla Minerva. Fabbricando Cecrope la citta di Atene, Minerva e Nettuno contesero chi avesse a d
a darle il nome. Fu deciso che dato l’ avrebbe chi avesse fatto uscir di terra la cosa più utile alla città; Nettuno perco
ara avuta da lei con Nettuno; in uno de’ quattro canti effigiò Emo re di Tracia e Rodope sua moglie cangiati in monti, per
er essersi a Giunone anteposta in bellezza, nel terzo Antigone figlia di Laomedonte mutata in cicogna per avere essa pure
mutata in cicogna per avere essa pure arditamente sprezzata la beltà di Giunone; nel quarto le figlie di Cinira per lo st
pure arditamente sprezzata la beltà di Giunone; nel quarto le figlie di Cinira per lo stesso motivo trasformale da Giunon
ne in pastore, per Deoida in serpente: indi Nettuno per Canace figlia di Eolo trasformato in giovenco, per Ifimedia nel fi
elanto in delfino; poscia Apolline mutato in pastore, per Issa figlia di Macareo, Bacco in uva per Erigane, Saturno in cav
l tutto con tal maestria, che Minerva rimase vinta. Indispettita però di questo e della superba iattanza di Aracne le ferì
va rimase vinta. Indispettita però di questo e della superba iattanza di Aracne le ferì essa colla spola replicatamente la
la spola replicatamente la fronde, sicchè Aracne per dolore e per ira di non poter farne vendetta andò ad appiccarsi, e fu
e da lei rifiutato. Ma nell’ atto che pur tentò, sebbene inutilmente, di fare a lei violenza, nacque Erittonio mezz’ uomo,
ccultar questo mostro il consegnò chiuso in una cesta alle tre figlie di Cecrope, Pandroso., Erse ed Aglauro tratta dalla
la cornacchia in cui era stata prima da essa cangiata Coronide figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno, v
essa cangiata Coronide figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno, vendicossi di Aglauro col farla rivale d
figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno, vendicossi di Aglauro col farla rivale della sorella Erse, come
farla rivale della sorella Erse, come vedrassi nel Capo XII. parlando di Mercurici. Erittonio frattanto malgrado la sua de
io frattanto malgrado la sua deformità crebbe a segno, che diventò Re di Atene, e non potento caminar colle gambe, che non
de’ cocchi, e dopo morto fu trasportato in cielo nella costellazione di Boote. Figuravasi Minerva ossia Pallade armata da
oli’ asta, e coll’ egida, per a cui intendesi egualmente e l’ usbergo di pelle, di capra e lo scudo coperto di simil pelle
e coll’ egida, per a cui intendesi egualmente e l’ usbergo di pelle, di capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prim
tendesi egualmente e l’ usbergo di pelle, di capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prima era proprio di Giove solo,
le, di capra e lo scudo coperto di simil pelle, che prima era proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il titolo di
he prima era proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il titolo di egioce, e di cui sola Pallade fu indi aggiunto il
proprio di Giove solo, ond’ egli da Greci ebbe il titolo di egioce, e di cui sola Pallade fu indi aggiunto il teschio di M
l titolo di egioce, e di cui sola Pallade fu indi aggiunto il teschio di Medusa, dappoichè Perseo col mezzo di quello rius
ade fu indi aggiunto il teschio di Medusa, dappoichè Perseo col mezzo di quello riuscì ad ucciderla, come appresso vedremo
piante era dedicato l’ ulivo, tra gli animali la civetta; a proposito di che narra Ovidio nelle Metamorfosi, che in tutela
tta; a proposito di che narra Ovidio nelle Metamorfosi, che in tutela di Minerva era pria la cornacchia, in cui da essa er
pria la cornacchia, in cui da essa era stata cangiata Coronide figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno; m
stata cangiata Coronide figlia di Coroneo per sottrarla alla violenza di Nettuno; ma che avendo Minerva congegnata a Pandr
ma che avendo Minerva congegnata a Pandroso, Erse, ed Aglauro figlie di Gecrope, chiuso, in una cesta il bambino Erittoni
tando far forza ne venne respinto, e avendo loro ordinato severamente di non aprirla, la cornacchia le riportò, che Aglaur
a troppa loquacità della cornacchia, la discacciò, e si prese in vece di lei la civetta, di cui era stata trasformata Nitt
della cornacchia, la discacciò, e si prese in vece di lei la civetta, di cui era stata trasformata Nittimene sorpresa in i
vennero così dette, perchè duravano cinque giorni cominciando dai 19 di Marzo. Sua vittima ne’ sacrificii era una capra.
arzo. Sua vittima ne’ sacrificii era una capra. Capo VI. Di Marte, di Bellona, e della Vittoria. Figlio di Giove e d
capra. Capo VI. Di Marte, di Bellona, e della Vittoria. Figlio di Giove e di Giunone era Marte, secondo Esiodo ed O
Capo VI. Di Marte, di Bellona, e della Vittoria. Figlio di Giove e di Giunone era Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri
i Giunone era Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri il dissero figlio di Giove e di Enio o Bellona, onde fu pur da’ Greci
ra Marte, secondo Esiodo ed Omero. Altri il dissero figlio di Giove e di Enio o Bellona, onde fu pur da’ Greci chiamato ta
Greci chiamato talio. Finalmente altri pretesero che fosse Figlio sol di Giunone, dicendo che questa indispettita perchè G
a indispettita perchè Giove da se solo prodotto avesse Minerva, cercò di fare altrettanto, e che mentre andava per consult
e che mentre andava per consultarne l’ Oceano, fermatasi nel giardino di Flora, questa le mostrò un fiore, al tocco e all’
l giardino di Flora, questa le mostrò un fiore, al tocco e all’ odore di cui da se sola concepì Marte. Sposò egli Nerio o
sabino linguaggio significa forza; e da questa pretendevano i Neroni di trarre la loro origine. Oltrecciò egli ebbe da Ve
lvia ebbe Romolo e Remo. Per nascondere i suoi amori con Venere tenea di guardia Alettrione, ma essendosi questi addorment
nella camera e li scoperse; ed avendone dato avviso a Vulcano marito di Venere, questi formò di fili sottilissimi di meta
rse; ed avendone dato avviso a Vulcano marito di Venere, questi formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile,
avviso a Vulcano marito di Venere, questi formò di fili sottilissimi di metallo una rete invisibile, nella quale colse i
visibile, nella quale colse i due amanti, e gli espose alla derisione di tutti i Dei: di che Marte adirato cangiò Alettrio
quale colse i due amanti, e gli espose alla derisione di tutti i Dei: di che Marte adirato cangiò Alettrione in gallo, che
lo, che or sempre col canto previene il nascer del Sole. Tereo fu re di Tracia, e marito di Progne figlia di Pandione re
l canto previene il nascer del Sole. Tereo fu re di Tracia, e marito di Progne figlia di Pandione re di Atene. Desiderand
il nascer del Sole. Tereo fu re di Tracia, e marito di Progne figlia di Pandione re di Atene. Desiderando essa di riveder
ole. Tereo fu re di Tracia, e marito di Progne figlia di Pandione re di Atene. Desiderando essa di rivedere Filomela sua
, e marito di Progne figlia di Pandione re di Atene. Desiderando essa di rivedere Filomela sua sorella, Tereo s’ incaricò
Desiderando essa di rivedere Filomela sua sorella, Tereo s’ incaricò di condorgliela, ma per viaggio la violò, ed acciocc
a Progne per uno de’ custodi. Questa, colta l’ occasione delle orgie di Bacco, vestitasi da Baccante, andò colle compagne
i in faggiano, e secondo altri in cardellino. Ilia o Rea Silvia madre di Romolo e Remo era figlia di Numitore già re di Al
ri in cardellino. Ilia o Rea Silvia madre di Romolo e Remo era figlia di Numitore già re di Alba. Amulio, che privato l’ a
lia o Rea Silvia madre di Romolo e Remo era figlia di Numitore già re di Alba. Amulio, che privato l’ avea del Regno, fè e
lor Numitore nel regno scacciandone Amulio. Fondarono quindi la città di Roma, di cui fu Romolo il primo re, e dopo avervi
ore nel regno scacciandone Amulio. Fondarono quindi la città di Roma, di cui fu Romolo il primo re, e dopo avervi regnato
ole portato in cielo, e annoverato fra gli Dei Indigeti sotto al nome di Quirino. Figlio di Marte, secondo Esiodo, fu anch
o, e annoverato fra gli Dei Indigeti sotto al nome di Quirino. Figlio di Marte, secondo Esiodo, fu anche Cigno, il quale f
olle insolentemente attraversargli la strada. Avendo Allirozio figlio di Nettuno violata Alcippe figlia di Marte, questi i
la strada. Avendo Allirozio figlio di Nettuno violata Alcippe figlia di Marte, questi in vendetta l’ uccise. Sdegnato di
olata Alcippe figlia di Marte, questi in vendetta l’ uccise. Sdegnato di ciò Nettuno lo citò innanzi all’ Areopago di Aten
etta l’ uccise. Sdegnato di ciò Nettuno lo citò innanzi all’ Areopago di Atene ove giudici furono dodici Iddii, ma dai lor
racia ed anche in Roma, ove in somma venerazione tenevasi, come padre di Romolo. Sacre a Marte erano in Roma le feste Equi
in Roma le feste Equirie istituite da Romolo, che celebravansi a’ 27 di Febbraio colle corse de’ Cavalli nel campo Marzio
ati eran pure le feste Scaliari istituite da Numa Pompilio successore di Romolo, e che celebravansi alle calende di Marzo.
a Numa Pompilio successore di Romolo, e che celebravansi alle calende di Marzo. L’ occasione di questa istituzione si fu,
ore di Romolo, e che celebravansi alle calende di Marzo. L’ occasione di questa istituzione si fu, che avendo Numa per con
rotondo, che fu detto ancile. Numa il diede in custodia a’ sacerdoti di Marte; e perchè non potesse agevolmente involarsi
nfuso. Or questi ancili dai Sacerdoti predetti venivano nelle calende di Marzo (mese a lui consecrato da Romolo) recati pe
ese a lui consecrato da Romolo) recati per la città con canti in lode di Marte (sul fine de’ quali pur nominavasi Mamurio,
opera sua) e con salti, per cui a’ medesimi sacerdoti fu dato il nome di Salii. In onor di Marte altresì celebri eran nel
alti, per cui a’ medesimi sacerdoti fu dato il nome di Salii. In onor di Marte altresì celebri eran nel circo i giuochi Ma
onor di Marte altresì celebri eran nel circo i giuochi Marziali ai 12 di Maggio, ed al primo di Agosto. Come Dio della gue
elebri eran nel circo i giuochi Marziali ai 12 di Maggio, ed al primo di Agosto. Come Dio della guerra ci dipingevasi tutt
o da’ Greci, e supposta da chi madre, da chi sorella, e da chi moglie di Marte. E tra le divinità riponevasi ancor la Vitt
tra le divinità riponevasi ancor la Vittoria, cui Ercole disse figlia di Pallante e di Stige, e che rappresentavasi alata,
à riponevasi ancor la Vittoria, cui Ercole disse figlia di Pallante e di Stige, e che rappresentavasi alata, e con una cor
di Pallante e di Stige, e che rappresentavasi alata, e con una corona di alloro o una palma nelle mani. Capo VII. Di Vu
Vulcani sì annoverano da Cicerone; il primo figlio del Cielo e sposo di Minerva; il secondo figlio del Nilo, e dagli Egiz
secondo figlio del Nilo, e dagli Egizi chiamato Opa; il terzo figlio di Giove e di Giunone, il quarto figlio di Menalio,
glio del Nilo, e dagli Egizi chiamato Opa; il terzo figlio di Giove e di Giunone, il quarto figlio di Menalio, che tenne l
chiamato Opa; il terzo figlio di Giove e di Giunone, il quarto figlio di Menalio, che tenne le Isole dette Vulcanie, ora d
, il quarto figlio di Menalio, che tenne le Isole dette Vulcanie, ora di Lipari. Al terzo però soltanto, cioè al figlio di
dette Vulcanie, ora di Lipari. Al terzo però soltanto, cioè al figlio di Giove e di Giunone, alluder sogliono i poeti, e v
nie, ora di Lipari. Al terzo però soltanto, cioè al figlio di Giove e di Giunone, alluder sogliono i poeti, e vi ebbe pure
ebbe pure chi della sola Giunone lo volle figlio, come altri dissero di Marte. Nasque egli così deforme, che da’ medesimi
medesimi genitori venne precipitato dal cielo: e cadendo nell’ isola di Lenno si ruppe la coscia, onde zoppo da ambi i la
ndo Esiodo, o Piracmone secondo gli altri, a fabbricare nelle fornaci di Lenno, nell’ Etna, e nelle isole Vulcanie opere m
eggia d’ Alcinoo, le arme impenetrabili fatte per Achille a richiesta di Tetide, tra le quali spezialmente distinguevasi l
almente maravigliosi fece egli, secondo Esiodo, per Ercole ad istanza di Giove, e secondo Virgilio, per Enea alle preghier
cole ad istanza di Giove, e secondo Virgilio, per Enea alle preghiere di Venere. Oltrecciò opera di Vulcano erano il palaz
secondo Virgilio, per Enea alle preghiere di Venere. Oltrecciò opera di Vulcano erano il palazzo del Sole, la corona di A
nere. Oltrecciò opera di Vulcano erano il palazzo del Sole, la corona di Arianna, il monile di Erminione, ec. Ma sua prima
di Vulcano erano il palazzo del Sole, la corona di Arianna, il monile di Erminione, ec. Ma sua primaria occupazione era qu
a, il monile di Erminione, ec. Ma sua primaria occupazione era quello di fabbricare i fulmini a Giove: e tanta grazia si a
posa, e da lei rifiutato ottenne Venere. Ebbe però sovente a pentirsi di queste nozze, tormentato da perpetue gelosie, spe
di queste nozze, tormentato da perpetue gelosie, spezialmente contro di Marte. Nondimeno ebbe da lei Cupidine, sebbene al
tri dieno a questo diversa origine. Effigiavasi Vulcano, in sembianza di fabbro col martello in mano, e zoppo da ambi i pi
i. Aveva egli in Lenno il principal culto. Le feste Vulcanali ad onor di lui celebravansi in Roma il dì 23 di Agosto. C
ulto. Le feste Vulcanali ad onor di lui celebravansi in Roma il dì 23 di Agosto. Capo VIII. Di Venere, Cupidine, ed Ime
puma del mare, che unita a Mercurio partorì Cupidine, la terza figlia di Giove e di Dione, che fu moglie di Vulcano, e da
re, che unita a Mercurio partorì Cupidine, la terza figlia di Giove e di Dione, che fu moglie di Vulcano, e da Marte ebbe
partorì Cupidine, la terza figlia di Giove e di Dione, che fu moglie di Vulcano, e da Marte ebbe Antero; la quarta figlia
e, che fu moglie di Vulcano, e da Marte ebbe Antero; la quarta figlia di Siro e di Siria, che fu venerata da’ Fenici sotto
moglie di Vulcano, e da Marte ebbe Antero; la quarta figlia di Siro e di Siria, che fu venerata da’ Fenici sotto il nome d
a figlia di Siro e di Siria, che fu venerata da’ Fenici sotto il nome di Astarte. Tutte però comunemente confondonsi in un
omunemente confondonsi in una, vale a dire nella seconda. Nelle nozze di Peleo, e di Tetide figlia dell’ Oceano alle quali
onfondonsi in una, vale a dire nella seconda. Nelle nozze di Peleo, e di Tetide figlia dell’ Oceano alle quali furono invi
Dei, eccetto la Discordia, avendo questa gettato sulla mensa un pomo di oro colla iscrizione: Diasi alla più bella, nacqu
re chi averlo dovesse. Ma essendosi tutte e tre riportate al giudizio di Paride figlio di Priamo re di Troia, che era allo
esse. Ma essendosi tutte e tre riportate al giudizio di Paride figlio di Priamo re di Troia, che era allora pastore sul mo
ndosi tutte e tre riportate al giudizio di Paride figlio di Priamo re di Troia, che era allora pastore sul monte Ida, ques
come tale, e neppur come Dea vollero riconoscerla la Propetidi native di Amatunta città di Cipro, e furori quindi da Vener
r come Dea vollero riconoscerla la Propetidi native di Amatunta città di Cipro, e furori quindi da Venere pria condannate
concepì Enea, e soprattutto amò perdutamente il giovane Adone figlio di Mirra e di Cinira re di Cipro. Intorno all’ origi
ea, e soprattutto amò perdutamente il giovane Adone figlio di Mirra e di Cinira re di Cipro. Intorno all’ origine di Adone
utto amò perdutamente il giovane Adone figlio di Mirra e di Cinira re di Cipro. Intorno all’ origine di Adone racconta Ovi
e Adone figlio di Mirra e di Cinira re di Cipro. Intorno all’ origine di Adone racconta Ovidio, che Mirra figlia di Cinira
ipro. Intorno all’ origine di Adone racconta Ovidio, che Mirra figlia di Cinira e di Cencreide innamoratasi furiosamente d
o all’ origine di Adone racconta Ovidio, che Mirra figlia di Cinira e di Cencreide innamoratasi furiosamente del padre, e
inira e di Cencreide innamoratasi furiosamente del padre, e disperata di poter soddisfare a questo amore incestuoso, erasi
iccarsi; ma che la nutrice nè la distolse, e scelleratamente le brame di lei secondando fra le tenebre della notte la guid
mante. Stato con lei più notti, mentre Cencreide occupata nelle feste di Cerere vivea secondo il rito da lui divisa, alla
e di Cerere vivea secondo il rito da lui divisa, alla fine desideroso di vedere chi fosse, Cinira fè recarsi un lume, e ri
idarla. Riuscì ella a sottrarsi; ma errando miseramente per nove mesi di terra in terra alla fine giunse nella Sabea, ove
lla Sabea, ove fu trasformata nell’ albero della mirra, e dal tronco, di questo per se apertosi uscì Adone. Crebbe egli le
Crebbe egli leggiadrissimo giovane, e Venere al primo incontro tosto di lui ardentemente si accese. Ma poco tempo potè go
natissimo della caccia, un giorno che malgrado le contrarie preghiere di lei volle andarvi ad ogni patto, vi fu ucciso da
darvi ad ogni patto, vi fu ucciso da un cignale, sotto alle sembianze di cui dissero alcuni che fosse ascoso lo stesso Mar
dalle tre grazie Aglaia, Eufrosine, e Talia, che Esiodo disse figlie di Giove, e di Eurinome e che alcuni vollero figlie
razie Aglaia, Eufrosine, e Talia, che Esiodo disse figlie di Giove, e di Eurinome e che alcuni vollero figlie di Bacco e d
iodo disse figlie di Giove, e di Eurinome e che alcuni vollero figlie di Bacco e di Venere stessa, altri di Giunone. Fra l
figlie di Giove, e di Eurinome e che alcuni vollero figlie di Bacco e di Venere stessa, altri di Giunone. Fra le piante a
rinome e che alcuni vollero figlie di Bacco e di Venere stessa, altri di Giunone. Fra le piante a lei dedicato era il mirt
. Fra le piante a lei dedicato era il mirto, tra i fiori la rosa, che di bianca, qual era prima, si disse cangiata in ross
prima, si disse cangiata in rossa, allor quando fu bagnata dal sangue di Adone puntosi con una spina, e tra gli uccelli il
igni, o da due colombe. Adorata era Venere principalmente nell’ isola di Citerà, ed in Gnido, Pafo, Amatunta città dell’ i
nell’ isola di Citerà, ed in Gnido, Pafo, Amatunta città dell’ isola di Cipro, Ebbe quindi i nomi di Citerà, e di Cipri o
Gnido, Pafo, Amatunta città dell’ isola di Cipro, Ebbe quindi i nomi di Citerà, e di Cipri o Ciprigna, come pur quelli d’
Amatunta città dell’ isola di Cipro, Ebbe quindi i nomi di Citerà, e di Cipri o Ciprigna, come pur quelli d’ Idalia dal m
Cipri o Ciprigna, come pur quelli d’ Idalia dal monte Ida in Cipro, e di Alcidalia dal fonte Alcidalio in Beozia, ove dice
e umane vittime, furon da essa cangiati in lori. In Roma alle calende di aprile sacrificavansi a Venere Verticordia, perch
nasse dagl’ illeciti amori: e a lei spezialmente dedicato era il mese di aprile, così detto secondo alcuni aphros spuma, a
li egualmente che sopra i mortali. Apuleio descrive a lungo la favola di Amore e Psiche, il cui ristretto si è che essendo
e Psiche, il cui ristretto si è che essendo Psiche bellissima, Venere di lei gelosa spedì Amore, perchè le spirasse passio
i gelosa spedì Amore, perchè le spirasse passione per qualche oggetto di lei indegno. Amore in cambio di lei si accese, e
spirasse passione per qualche oggetto di lei indegno. Amore in cambio di lei si accese, e la fece trasportare da Zefiro in
e, e la fece trasportare da Zefiro in un palagio rimoto, ov’ ella era di tutto lautamente fornita da ninfe invisibili, ed
veniva da lei la notte senza lasciarsi veder giammai. Bramando Psiche di rivedere due sorelle che avea Amore permise che f
’ era addormentato, accese una lucerna, e prese un coltello con animo di ammazzarlo, se fosse un mostro. Al vedere ch’ egl
rra, e una scintilla del fuoco della lucerna caduta sopra una spalla’ di Amore il ferì. Egli destatosi al dolore fuggi sde
a volo traendo Psiche, la quale presolo per un piede cercava in vano di trattenerlo. Caduta al fine, e rimasta sola per d
me, che però salva la portò in riva. Pane l’ esortò a gire in traccia di Amore, promettendole che lo avrebbe placato; e ne
d aggiunse che per maggiore vendetta Amore le avea dichiarato che una di loro volea prendersi in isposa. Avide di questo l
e le avea dichiarato che una di loro volea prendersi in isposa. Avide di questo le sorelle una dopo l’ altra salirono lo s
’ altra salirono lo scoglio, da cui Zefiro le avea portate al palagio di Amore, ed una dopo l’ altra da esso precipitarono
ed una dopo l’ altra da esso precipitarono. Intanto Venere informata di quanto era avvenuto, si fece condurre Psiche dava
e condurre Psiche davanti e fieramente la maltrattò. Le impose quindi di separare da un grosso mucchio di frumento, di orz
mente la maltrattò. Le impose quindi di separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero,
rattò. Le impose quindi di separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e d
e impose quindi di separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti
indi di separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti tutti quest
separare da un grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti tutti questi grani,
n grosso mucchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti tutti questi grani, nel che fu a
cchio di frumento, di orzo di miglio, di semi di papavero, di ceci, e di lenti tutti questi grani, nel che fu aiutata dall
e di lenti tutti questi grani, nel che fu aiutata dalle formiche; poi di recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni
ti grani, nel che fu aiutata dalle formiche; poi di recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni, che pasceano di là
he fu aiutata dalle formiche; poi di recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni, che pasceano di là di un fiume in
oi di recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni, che pasceano di là di un fiume in luoghi inaccessibili, e una can
recarle un fiocco di lana d’ oro di certi montoni, che pasceano di là di un fiume in luoghi inaccessibili, e una canna del
in luoghi inaccessibili, e una canna del fiume le insegnò la maniera di averlo; in seguito di portarle una brocca piena d
li, e una canna del fiume le insegnò la maniera di averlo; in seguito di portarle una brocca piena di un acqua nera custod
insegnò la maniera di averlo; in seguito di portarle una brocca piena di un acqua nera custodita da due dragoni e un’ aqui
e dragoni e un’ aquila, presa la brocca, andò a riempirla; finalmente di scendere all’ Inferno, e recarle un vasetto pieno
irla; finalmente di scendere all’ Inferno, e recarle un vasetto pieno di grazie e di vezzi, che dato sarebbele da Proserpi
ente di scendere all’ Inferno, e recarle un vasetto pieno di grazie e di vezzi, che dato sarebbele da Proserpina; e scesa
Da questo però Amore la risvegliò, e salilo al cielo ottenne da Giove di averla in isposa, e placata Venere in cielo si fe
à. Psiche suol essere effigiata qual leggiadrissima giovane colle ali di farfalla. Imene Dio delle nozze da alcuni vien de
le ali di farfalla. Imene Dio delle nozze da alcuni vien detto figlio di  Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e
arfalla. Imene Dio delle nozze da alcuni vien detto figlio di Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e di una del
zze da alcuni vien detto figlio di Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e di una delle muse, che alcuni voglion
ien detto figlio di Bacco e di Venere, da altri figlio di Apolline, e di una delle muse, che alcuni vogliono esser Urania,
Capo IX. Dell’ Aurora, del Sole, e della Luna. Figli d’ Iperione e di Tea son detti da Esiodo l’ Aurora, il Sole, e la
l’ Aurora, il Sole, e la Luna. L’ Aurora, rapito avendo Tifone figlio di Laomedonte re di Troia, in matrimonio a lui si st
e, e la Luna. L’ Aurora, rapito avendo Tifone figlio di Laomedonte re di Troia, in matrimonio a lui si strinse, e n’ ebbe
monio a lui si strinse, e n’ ebbe Mennone, che poi venuto in soccorso di Troia, fu ucciso da Achille. Ottenne essa a Titon
uamente lagnandosi, fu convertito in cicala. Rapì anche Cefalo figlio di Eolo, e marito di Procri; ma ritroso veggendolo a
, fu convertito in cicala. Rapì anche Cefalo figlio di Eolo, e marito di Procri; ma ritroso veggendolo all’ amor suo, perc
di Procri; ma ritroso veggendolo all’ amor suo, perchè costante verso di Procri, ad essa lo rimandò, dicendogli che se ne
e sarebbe pentito. Cefalo a tai parole entrato in sospetto della fede di Procri, ne volle far prova, e presentandosi a lei
di Procri, ne volle far prova, e presentandosi a lei travestito cercò di sedurla con doni. Per molto tempo ella resistette
scoperse, ed ella vergognandosi fuggi ne’ boschi, ove si fece seguace di Diana, da cui ricevette in dono un cane di mirabi
oschi, ove si fece seguace di Diana, da cui ricevette in dono un cane di mirabile velocità, ed un dardo, che sempre sicura
cane, e quel dardo. Ma un dì che stanco dalla caccia sopra alla riva di un fonte egli chiamava l’ aura a ristorarlo, uno
rarlo, uno che da lungi l’ udì, credette ch’ egli chiamasse una Ninfa di questo nome, e riferillo a Procri. Questa ingelos
ri rimase estinta. Si disse poscia che accusato innanzi all’ Areopago di Atene di questa uccisione fu condannato a perpetu
estinta. Si disse poscia che accusato innanzi all’ Areopago di Atene di questa uccisione fu condannato a perpetuo esiglio
one fu condannato a perpetuo esiglio. Rappresentavasi l’ Aurora sopra di un carro a due cavalli, preceduta da Fosforo o Lu
n carro a due cavalli, preceduta da Fosforo o Lucifero sotto la forma di un Genio avente una stella in fronte, e una fiacc
e, e una fiaccola in mano ed accompagnata da altri Geni quali in atto di versar la rugiada, e quali di sparger gigli e ros
ccompagnata da altri Geni quali in atto di versar la rugiada, e quali di sparger gigli e rose. Il Sole, che molti poeti co
ae e Circe. Factente, secondo Ovidio, in una contesa con Epafo figlio di Io; sentendosi da lui negare di esser figlio del
idio, in una contesa con Epafo figlio di Io; sentendosi da lui negare di esser figlio del Sole, andò per consiglio della m
dò per consiglio della madre nella regia del Sole stesso, e per prova di essergli figlio richiese di poter reggerne il car
nella regia del Sole stesso, e per prova di essergli figlio richiese di poter reggerne il carro. Questi che già gli aveva
to qualunque cosa gli avesse chiesto, dopo aver cercato per ogni modo di dissuaderlo, fu suo malgrado costretto ad accorda
ò il mal consigliato giovane, e lo precipitò nell’ Eridano, alle rive di cui le sorelle piangendone la morte furon convert
tite in pioppi, e dalle loro lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò di Stenelo e di una sorella di Climene, piangendo an
i, e dalle loro lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò di Stenelo e di una sorella di Climene, piangendo anch’ egli la s
lagrime nacque l’ ambra; e Cigno, figliò di Stenelo e di una sorella di Climene, piangendo anch’ egli la sciagura del suo
a sciagura del suo cugino ed amico, fu tramutato in cigno. Eeta fu re di Coleo e possessore del vello, d’ oro, che poi con
essore del vello, d’ oro, che poi conquistato fu da Giasone per opera di Medea, siccome appresso vedremo. Pasifae moglie d
Giasone per opera di Medea, siccome appresso vedremo. Pasifae moglie di Minosse innamorata di un toro, per cui altri inte
Medea, siccome appresso vedremo. Pasifae moglie di Minosse innamorata di un toro, per cui altri intendono un principe dett
ro mezz’ uomo, e mezzo toro, che poi fu ucciso da Teseo nel labirinto di Creta. Circe maritatasi al re de’ Sarmati l’ avve
torio Circeo ora Monte Circello, ove non corrisposta da Glauco amante di Scilla, per vendetta avvelenò la fonte ove Scilla
ico re del Lazio lui trasformò in picchio, cangiò in fiere i compagni di esso, che’ contro lei si avventarono, e Canento m
i compagni di esso, che’ contro lei si avventarono, e Canento moglie di lui piangendone la perdita fu disciolta in aura;
incantata, e col tocco della Sua verga mutò ella in porci i compagni di Ulisse, che poscia per le preghiere di lui restit
mutò ella in porci i compagni di Ulisse, che poscia per le preghiere di lui restituì alla pristina forma, e lui seco tene
i poeti Telegono. Come portatore del giorno il Sole figuravasi sopra; di un carro luminosissimo circondato dalle Ore, che
lli Eto, Piroo, Eoo, e Flegone. In gran venerazione fu il sole presso di tutti i Gentili, e spezialmente presso gli Orient
hi poeti interamente da lei distinta. Dicon le favole, che innamorata di Endimione pastor di Caria, scendea la notte dal c
da lei distinta. Dicon le favole, che innamorata di Endimione pastor di Caria, scendea la notte dal cielo a star seco sul
ungono pure, che fu da Pane Dio de’ pastori allettata con un presente di bianca lana a venirne a lui ne’ boschi di Arcadia
i allettata con un presente di bianca lana a venirne a lui ne’ boschi di Arcadia. Rappresentavasi con un arco lunato in fr
boschi di Arcadia. Rappresentavasi con un arco lunato in fronte sopra di un cocchio a due cavalli; e nei sacrifici a lei o
alli; e nei sacrifici a lei offerivasi il toro. Capo X. Di Apollo, di Esculapio, e delle Muse. Quattro Apollini si d
Esculapio, e delle Muse. Quattro Apollini si distinguevano al dire di Cicerone: il primo figlio di Vulcano, e di Minerv
uattro Apollini si distinguevano al dire di Cicerone: il primo figlio di Vulcano, e di Minerva; il secondo figlio di Corib
i si distinguevano al dire di Cicerone: il primo figlio di Vulcano, e di Minerva; il secondo figlio di Coribante e nato in
Cicerone: il primo figlio di Vulcano, e di Minerva; il secondo figlio di Coribante e nato in Creta, intorno al dominio di
a; il secondo figlio di Coribante e nato in Creta, intorno al dominio di cui ebbe poscia contesa con Giove; il terzo figli
orno al dominio di cui ebbe poscia contesa con Giove; il terzo figlio di Giove e di Latona, venuto secondo alcuni dagli Ip
inio di cui ebbe poscia contesa con Giove; il terzo figlio di Giove e di Latona, venuto secondo alcuni dagli Iperborei, ma
Arcadia, e soprannomato dagl’ Arcadi Nomione, perchè da esso dicevano di aver avuto le leggi. Il più celebre presso i poet
a Terra a negarle ricovero ove poter partorire, e suscitò pure contro di essa il serpente Pitone. Ma Nettuno l’ accolse ne
rciero, il serpente Pitone colle sue frecce poi mise a morte. Superbo di questa uccisione si fece Apollo a dileggiare il f
uccisione si fece Apollo a dileggiare il fanciullo Cupido, che osasse di trattar l’ arco e gli strali. Questi irritato, pe
rritato, per dar prova del valor suo, scoccò uno strale dorato contro di lui medesimo, per cui ardentemente innammorossi d
rale dorato contro di lui medesimo, per cui ardentemente innammorossi di Dafne figlia del fiume Peneo, ed una di piombo a
cui ardentemente innammorossi di Dafne figlia del fiume Peneo, ed una di piombo a Dal ne, per cui odiandolo si diede con t
ucotoe, Isse, e Coronide. Mentre giocava al disco con Giacinto figlio di Pierio, e di Clio secondo alcuni, e di Ebalo o Am
e Coronide. Mentre giocava al disco con Giacinto figlio di Pierio, e di Clio secondo alcuni, e di Ebalo o Amicleo secondo
a al disco con Giacinto figlio di Pierio, e di Clio secondo alcuni, e di Ebalo o Amicleo secondo altri, Zefiro per rivalit
di Ebalo o Amicleo secondo altri, Zefiro per rivalità portò il disco di Apollo alla testa di Giacinto; che ne morì, e fu
econdo altri, Zefiro per rivalità portò il disco di Apollo alla testa di Giacinto; che ne morì, e fu da Apollo cambiato ne
a il fatto alquanto diversamente, dicendo che il disco battendo sopra di un sasso ribalzò in faccia a Giacinto nell’ alto
iacinto nell’ alto ch’ egli era corso per prenderlo. Ciparisso figlio di Amicleo avendo per disavventura ucciso con un col
parisso figlio di Amicleo avendo per disavventura ucciso con un colpo di saetta un cervo addimesticato, che gli era cariss
tto questo però da molti viene attribuito a Silvano. Innamorato prima di Clizia figliuola di Orcamo e d’ Eurinome; Apollo
olti viene attribuito a Silvano. Innamorato prima di Clizia figliuola di Orcamo e d’ Eurinome; Apollo l’ abbandonò per Leu
a figliuola di Orcamo e d’ Eurinome; Apollo l’ abbandonò per Leucotoe di lei sorella, cui sedusse prendendo le sembianze d
ndonò per Leucotoe di lei sorella, cui sedusse prendendo le sembianze di Eurinome. Clizia scoperse il fatto ad Orcamo, il
ncenso, e Clizia medesima fu cangiata in girasole. Coronide figliuola di Flegia dopo essere stata per alcun tempo ad Apoll
ntepose il giovine Ischi. Di ciò Apollo, avvertito dal corvo, che poi di bianco fu tramutato in nero, uccise Ischi, e Coro
u tramutato in nero, uccise Ischi, e Coronide. Trasse però dal fianco di lei un bambino, cui fece prima allattar da una ca
utto nell’ arte medica, ne divenne così valente, chef potè ad istanza di Diana richiamare da morte a vita Ippolito tiglio
f potè ad istanza di Diana richiamare da morte a vita Ippolito tiglio di Teseo. Sdegnato però Giove che tanto potere ei si
afflitti dalla pestilenza mandarono in Delfo a consultare l’ oracolo di Apollo, il quale rispose, che conveniva condurre
arono quindi in Epidauro per trasportare la statua. Ma intanto che su di ciò consultavasi fra i cittadini, un serpente usc
ialmente a lui dedicati. Apollo sbandito dal cielo ricoverassi presso di Admeto re di Tessaglia, che amorevolmente i’ acco
i dedicati. Apollo sbandito dal cielo ricoverassi presso di Admeto re di Tessaglia, che amorevolmente i’ accolse, e lo pro
sue greggi’ lungo il fiume Anfriso. Grado fu Apollo all’ amorevolezza di Admeto; perciocchè bramando questi di aver in isp
ado fu Apollo all’ amorevolezza di Admeto; perciocchè bramando questi di aver in isposa Alceste figlia di Pelia, nè potend
i Admeto; perciocchè bramando questi di aver in isposa Alceste figlia di Pelia, nè potendo ottenerla se non a condizione d
osa Alceste figlia di Pelia, nè potendo ottenerla se non a condizione di condurre a Pelia un carro tirato da un leone e da
tenata la Morte. Durante il suo esiglio andò pure Apollo in compagnia di Nettuno, esule anch’ esso in quel tempo per aver
di Nettuno, esule anch’ esso in quel tempo per aver congiurato contro di Giove, a fabbricare pel re Laomedonte le mura di
er congiurato contro di Giove, a fabbricare pel re Laomedonte le mura di Troia; ma avendo questi in appresso negata ad amb
into, in pena del suo ardimento’ gli trasse la pelle, e dalle lagrime di Ini mescolate col sangue formossi il fiume Marsia
vincitore ne fu dichiarato dal Dio del monte Imolo. Ma alla decisione di questo si oppose il re Mida, per cui Apollo gli f
egli colle velature del capo a ricoprirle, ed ordinò al suo tosatore di non manifestarle a nessuno; ma questi non potendo
o; ma questi non potendo per una parte tacere, è temendo per l’ altra di esser punito, scavò in segreto luogo una fossa, e
in segreto luogo una fossa, e vi mormorò dentro: Mida ha le orecchie di asino, ed essendo ivi cresciute delle canne, alle
le stesse parole, sicchè la cosa si fece a tutti palese. Una tenzone di altro genere ebbe Apollo con Forba, il quale impo
tro genere ebbe Apollo con Forba, il quale impossessatosi del cammino di Delfo vietava che alcuno vi andasse; ma trasforma
della pelle del serpente Pitone, e da questi luoghi ei trasse i nomi di Delio, Clario, Timbreo, Patareo, Cirreo, Delfico,
nomi di Delio, Clario, Timbreo, Patareo, Cirreo, Delfico, come quello di Cintio dal Monte Cinto ove nacquero quello di Pit
o, Delfico, come quello di Cintio dal Monte Cinto ove nacquero quello di Pitio da Pito sinonimo, di Delfo, quello di Febo,
Cintio dal Monte Cinto ove nacquero quello di Pitio da Pito sinonimo, di Delfo, quello di Febo, cioè risplendente, dall’ e
Cinto ove nacquero quello di Pitio da Pito sinonimo, di Delfo, quello di Febo, cioè risplendente, dall’ esser confuso col
sser confuso col Sole. In Roma i giuochi Apollinari celebravansi ai 6 di Luglio; e ne’ sacrifici ad esso offerivasi il tor
della poesia era egli chiamato preside e condottier delle Muse figlie di Giove, e di Mnemosine, o Dea della memoria. Le Mu
era egli chiamato preside e condottier delle Muse figlie di Giove, e di Mnemosine, o Dea della memoria. Le Muse eran nove
il fonte Aganippe, Ippocrene o Cavallino, che si disse fatto sgorgar di terra da un calcio del cavallo Pegaso nato dal sa
atto sgorgar di terra da un calcio del cavallo Pegaso nato dal sangue di Medusa. Il monte Piero nella Tessaglia, e il mont
ceansi pure sovente da esse abitati. Narra Ovidio, che le nove figlie di Pierio edi Evippe avendo sfidate al canto le nove
opraggiunte dalla pioggia a ricoverarsi in sua casa, e quindi tentato di far loro violenza, esse fuggirono convertite in u
loggia, e rimase estinto. Capo XI. Di Diana. Oltre alla figlia di Giove e di Latona, due altre Diane da Cicerone si
rimase estinto. Capo XI. Di Diana. Oltre alla figlia di Giove e di Latona, due altre Diane da Cicerone si accennano,
e di Latona, due altre Diane da Cicerone si accennano, l’ una figlia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e d
a, due altre Diane da Cicerone si accennano, l’ una figlia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e di Glauce: m
si accennano, l’ una figlia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e di Glauce: ma di queste appena trovasi menz
ano, l’ una figlia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e di Glauce: ma di queste appena trovasi menzione pres
glia di Giove e di Proserpina, l’ altra figlia di Upi e di Glauce: ma di queste appena trovasi menzione presso i Poeti. Be
o interamente distinta. Era Diana tenuta per Dea della caccia, perchè di essa formava la sua occupazione e il suo diletto.
tua verginità le Ninfe, sue seguaci; ed avendo scoperta la gravidanza di Calista figlia di Licaone, la quale erasi lasciat
infe, sue seguaci; ed avendo scoperta la gravidanza di Calista figlia di Licaone, la quale erasi lasciata sedurre da Giove
sciata sedurre da Giove, che per ingannarla avea assunte le sembianze di Diana medesima, la discacciò. Quella entrala in u
u da Giunone cangiata in orsa. Arcade cresciuto in età fu in procinto di ammazzarla non conoscendola; e Giove tramutalo in
e, altro non potendo, ottenne, secondo Ovidio, dall’ Oceano e da Teti di non permettere che mai si bagnino in mare. Diana
con Endimione a lei vengono attribuiti. Anzi avendo Atteone figliuolo di Aristeo e di Autone osato di mirarla nuda nel bag
a lei vengono attribuiti. Anzi avendo Atteone figliuolo di Aristeo e di Autone osato di mirarla nuda nel bagno, fu da ess
ttribuiti. Anzi avendo Atteone figliuolo di Aristeo e di Autone osato di mirarla nuda nel bagno, fu da essa coll’ acqua, c
ato poscia da propri cani. Orione, nato secondo le favole dall’ orina di Giove, Nettuno e Mercurio chiusa in una pelle di
e favole dall’ orina di Giove, Nettuno e Mercurio chiusa in una pelle di bue, e sepolta sotterra, avendo alla caccia tenta
a in una pelle di bue, e sepolta sotterra, avendo alla caccia tentato di far violenza ad Opi ninfa di Diana, e secondo alc
lta sotterra, avendo alla caccia tentato di far violenza ad Opi ninfa di Diana, e secondo alcuni a Diana stessa, fu da ess
a ucciso, secondo alcuni, con un dardo, e secondo altri colla puntura di uno scorpione fatto ivi sorgere dalla terra Omero
uccidesse per dispetto veggendolo rapito dall’ Aurora. Chione figlia di Dedalione, che per aver da Mercurio generato Auto
olline Filammone, osò a lei preferirsi, fu essa pure da lei trafitta, di che il padre addolorato gettossi in mare, ma fu d
ato in uno sparviero. Egual vendetta e più terribile fece ella contro di Niobe figlia di Tantalo, e moglie di Anfione che
iero. Egual vendetta e più terribile fece ella contro di Niobe figlia di Tantalo, e moglie di Anfione che per esser madre
e più terribile fece ella contro di Niobe figlia di Tantalo, e moglie di Anfione che per esser madre di quattordici figli,
o di Niobe figlia di Tantalo, e moglie di Anfione che per esser madre di quattordici figli, osò insultare superbamente Lat
r esser madre di quattordici figli, osò insultare superbamente Latona di averne due soli. Diana per punire l’ oltraggio fa
ire l’ oltraggio fatto alla madre, unitasi con Apollo, uccise a colpi di frecce tutti i figli e le figlie di Niobe, che a
nitasi con Apollo, uccise a colpi di frecce tutti i figli e le figlie di Niobe, che a sì orrendo spettacolo in marmorea st
pettacolo in marmorea statua fu tramutata. Nè impunito lasciò Eneo re di Calidone e marito di Altea, che offerendo le prim
statua fu tramutata. Nè impunito lasciò Eneo re di Calidone e marito di Altea, che offerendo le primizie a Cerere, a Bacc
ie un terribil cignale, il quale ben poi fu ucciso da Meleagro figlio di Eneo, ma con fatai danno di lui medesimo. Imperoc
uale ben poi fu ucciso da Meleagro figlio di Eneo, ma con fatai danno di lui medesimo. Imperocchè nella caccia, che a quel
concorsero i principali Eroi della Grecia, essendo Atalanta figliuola di Giasio re di Arcadia stata la prima a ferirlo, Me
principali Eroi della Grecia, essendo Atalanta figliuola di Giasio re di Arcadia stata la prima a ferirlo, Meleagro dopo d
iuola di Giasio re di Arcadia stata la prima a ferirlo, Meleagro dopo di averlo estinto, a lei, in premio ne presentò la p
ntò la pelle, e la testa. Ma irritaronsi a ciò Plesippo e Toxeo figli di Testio, e fratelli di Altea, e volendo a forza ri
ta. Ma irritaronsi a ciò Plesippo e Toxeo figli di Testio, e fratelli di Altea, e volendo a forza ritogliere ad Atalanta i
Atalanta il dono avuto da Meleagro vennero uccisi. Allora Altea madre di Meleagro, che al nascer di lui ritratto avea dal
eleagro vennero uccisi. Allora Altea madre di Meleagro, che al nascer di lui ritratto avea dal fuoco, e occultalo in luogo
he le Parche vi avean posto, dicendo che tanto sarebbe durata la vita di lui, quanto il tizzone, rimise per vendicare la m
nto da interna arsura insieme con quello rimase estinto. Altea poscia di ciò pentita di propria mano si uccise, e le sorel
arsura insieme con quello rimase estinto. Altea poscia di ciò pentita di propria mano si uccise, e le sorelle di Meleagro
. Altea poscia di ciò pentita di propria mano si uccise, e le sorelle di Meleagro la morte di lui piangendo furono da Dian
pentita di propria mano si uccise, e le sorelle di Meleagro la morte di lui piangendo furono da Diana cangiate negli ucce
iana cangiate negli uccelli detti Meleagridi. Altri strali invisibili di Diana e di Apollo venivano pure attribuite, secon
te negli uccelli detti Meleagridi. Altri strali invisibili di Diana e di Apollo venivano pure attribuite, secondo Omero, l
le morti improvvise, e le pestilenzie. Diana rappresentavasi in abito di cacciatrice sopra un carro tirato da due cervi, e
è Luna in cielo, Diana in terra, ed Ecate nell’ inferno. Aveva i nomi di Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era
ielo, Diana in terra, ed Ecate nell’ inferno. Aveva i nomi di Delia e di Cintia dall’ isola e dal monte ove era nata. Famo
empio in Efeso, che poi fu incendiato da Erostrato, preso dalla mania di rendersi con ciò immortale. La vittima a lei dedi
’ Oreste. Capo XII. Di Mercurio. Cinque Mercuri troviamo presso di Cicerone, il primo nato dal Cielo e dalla Dea del
ne, il primo nato dal Cielo e dalla Dea del giorno; il secondo figlio di Valente e di Foronida, ed è quello, dice egli, ch
nato dal Cielo e dalla Dea del giorno; il secondo figlio di Valente e di Foronida, ed è quello, dice egli, che abita sotto
egli, che abita sotto terra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio di Giove e di Maia, dal quale e da Penelope alcuni p
abita sotto terra, ed è chiamato Trifonio; il terzo figlio di Giove e di Maia, dal quale e da Penelope alcuni pretesero na
ale e da Penelope alcuni pretesero nato il Dio Pane; il quarto figlio di Nilo; il quinto dagli Egizi chiamati Teut o Tot,
e, e date le leggi. Il più rinomato fra questi, Cioè il terzo, figlio di Giove e di Maia, era considerato come il messaggi
e leggi. Il più rinomato fra questi, Cioè il terzo, figlio di Giove e di Maia, era considerato come il messaggiero degli D
ui pur guidava le anime de’ trapassati all’ inferno. Avendo per ordin di Giove ucciso Argo posto da Giunone alla custodia
Avendo per ordin di Giove ucciso Argo posto da Giunone alla custodia di Io (come si disse al Capo IV.), ebbe da ciò il ti
lla custodia di Io (come si disse al Capo IV.), ebbe da ciò il titolo di Arcidiga. Vuolsi per alcuni ch’ egli abbia da Ven
gli abbia da Venere avuto Cupidine, per altri Ermafrodito. Innamorato di Erse figlia di Cecrope indusse con oro Agiamo sor
nere avuto Cupidine, per altri Ermafrodito. Innamorato di Erse figlia di Cecrope indusse con oro Agiamo sorella di lei a t
. Innamorato di Erse figlia di Cecrope indusse con oro Agiamo sorella di lei a tenergli mano. Pallade ciò sapendo mandò l’
l’ Invidia ad infettare Aglauro del suo veleno. Ella perciò al venir di Mercurio cercò vietargli l’ ingresso, e fu conver
entre Apollo guardava lungo il fiume Aufriso in Tessaglia gli armenti di Admeto, Mercurio gli rubò alcune vacche, ed essen
essendo in ciò stato scoperto dal pastore Batto, lo cangiò in pietra di paragone. Minacciandolo Apollo, se non restituiva
della lira, che si disse da lui formata la prima volta coi tesi nervi di una morta testudine. Le statue che si ponevano su
i di una morta testudine. Le statue che si ponevano sulle vie a guisa di termini erano dette Mercurii dai Romani, ed Ermi
rano dette Mercurii dai Romani, ed Ermi dai Greci, che tale è il nome di Mercurio in quella lingua. Capo XIII. Di Bacco
Capo XIII. Di Bacco. Cinque pure, secondo Cicerone, ebbero il nome di Bacco o Libero: il primo figlio di Giove e di Pro
, secondo Cicerone, ebbero il nome di Bacco o Libero: il primo figlio di Giove e di Proserpina; il secondo figlio del Nilo
icerone, ebbero il nome di Bacco o Libero: il primo figlio di Giove e di Proserpina; il secondo figlio del Nilo, che si di
condo figlio del Nilo, che si disse aver ucciso Nisa; il terzo figlio di Caprio, che fu detto re dell’ Asia in onore di cu
Nisa; il terzo figlio di Caprio, che fu detto re dell’ Asia in onore di cui furono istituite le feste Sabazie; il quarto
a in onore di cui furono istituite le feste Sabazie; il quarto figlio di Giove e della Luna, a cui dedicate si dissero le
la Luna, a cui dedicate si dissero le feste Orfiche; il quinto figlio di Niso e di Dione, da cui si credettero stabilite l
cui dedicate si dissero le feste Orfiche; il quinto figlio di Niso e di Dione, da cui si credettero stabilite le Trieteri
lite le Trieteridi. Comunemente però da poeti Bacco vien detto figlio di Giove e di mele figlia di Cadmo. Allorchè questa
eteridi. Comunemente però da poeti Bacco vien detto figlio di Giove e di mele figlia di Cadmo. Allorchè questa ne era inci
mente però da poeti Bacco vien detto figlio di Giove e di mele figlia di Cadmo. Allorchè questa ne era incinta, Giunone as
a di Cadmo. Allorchè questa ne era incinta, Giunone assunta la figura di Beroe di lei nutrice le mise in animo un’ ardente
o. Allorchè questa ne era incinta, Giunone assunta la figura di Beroe di lei nutrice le mise in animo un’ ardente brama di
la figura di Beroe di lei nutrice le mise in animo un’ ardente brama di veder Giove in tutta la sua maestà. Consentì Giov
ella sua coscia, poi datolo alla luce lo fece allevare da Ino sorella di Semele sotto la custodia di Sileno. Cresciuto in
alla luce lo fece allevare da Ino sorella di Semele sotto la custodia di Sileno. Cresciuto in età andò alla conquista dell
tà andò alla conquista delle Indie, da cui tornando trovò nell’ Isola di Nasso Arianna abbandonata da Teseo, e fattala sua
bbandonata da Teseo, e fattala sua sposa trasportò iu cielo la corona di lei nella costellazione, che ha questo nome. Pres
ona di lei nella costellazione, che ha questo nome. Preso da’ corsari di Tiro, che sopra una spiaggia il trovarono addorme
i Tiro, che sopra una spiaggia il trovarono addormentato in sembianza di fanciullo, domandò di essere condotto a Nasso, e
spiaggia il trovarono addormentato in sembianza di fanciullo, domandò di essere condotto a Nasso, e allorchè fu ad essa vi
, che a quelli si era opposto. Alcitoe, Leuconoe e le sorelle, figlie di Meneo, avendo osato esse pure d’ insultare Bacco,
re del vino, e le sue feste celebravansi dalle Baccanti in una specie di furore, ond’ erano da’ Greci chiamate orge da fur
cco venne cangiato in edera. Essendosi a tale feste opposto Penteo re di Tebe, furor sì strano ispirò Bacco ad Agave madre
pposto Penteo re di Tebe, furor sì strano ispirò Bacco ad Agave madre di lui, ed una delle Baccanti, che unita alle compag
a delle Baccanti, che unita alle compagne lo fece a brani. Licurgo re di Tracia che opporsi volle alla propagazion delle v
alla propagazion delle viti, fu anch’ egli punito; perciocchè mentre di propria mano accinto s’ era con una scure a tagli
scure a tagliarle, tagliossi le gambe. All’ incontro avendo Micia re di Frigia a Bacco restituito Sileno, che era stato p
ne ed il vino ei fu costretto per non morire d’ inedia a pregar Bacco di ripigliarsi il suo dono, e questi allor gl’ impos
a pregar Bacco di ripigliarsi il suo dono, e questi allor gl’ impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la
gl’ impose di lavarsi nel fiume Pattolo, che quindi acquistò la virtù di volgere arene d’ oro. Anche, le cinque figlie di
di acquistò la virtù di volgere arene d’ oro. Anche, le cinque figlie di Anio sacerdote di Apollo in Delo avevan da Bacco
tù di volgere arene d’ oro. Anche, le cinque figlie di Anio sacerdote di Apollo in Delo avevan da Bacco ottenuto di cangia
e figlie di Anio sacerdote di Apollo in Delo avevan da Bacco ottenuto di cangiare in frumento o vino od olio tutto ciò che
o vino od olio tutto ciò che toccassero; il che sapendo Agamennone re di Argo venne per prenderle, onde alimentare l’ arma
enderle, onde alimentare l’ armata nella guerra, che preparava contro di Troia, ma esse fuggirono in Andoo presso il frate
ron mutate in colombe. Rappresentatasi Bacco in aria giovenile, sopra di un carro tirato da due tigri col capo inghirlanda
ovenile, sopra di un carro tirato da due tigri col capo inghirlandato di edera e di pampini, e col tirso in mano, che era
pra di un carro tirato da due tigri col capo inghirlandato di edera e di pampini, e col tirso in mano, che era una lancia
di pampini, e col tirso in mano, che era una lancia ornata anch’ essa di pampini. Suoi seguaci erano i Satiri, che figurav
i erano i Satiri, che figuravansi colle orecchie, le corne e le gambe di capro, ed il vecchio aio di lui, che dietro verna
vansi colle orecchie, le corne e le gambe di capro, ed il vecchio aio di lui, che dietro vernagli seduto sopra di un asino
di capro, ed il vecchio aio di lui, che dietro vernagli seduto sopra di un asino. A Bacco offerivasi mele, vino, e latte,
rso del quale cosi nocevole vico riputato alle viti. In Roma le feste di Libero o Bacco, dette Liberali, celebravansi ai 1
n Roma le feste di Libero o Bacco, dette Liberali, celebravansi ai 17 di Marzo; le Baccanali si celebravano in autunno con
i 17 di Marzo; le Baccanali si celebravano in autunno con ogni genere di stravizzo. Capo XIV. Di Cerere. Figlia di S
tunno con ogni genere di stravizzo. Capo XIV. Di Cerere. Figlia di Saturno e di Rea fu Cerere, ed a lei venne attrib
i genere di stravizzo. Capo XIV. Di Cerere. Figlia di Saturno e di Rea fu Cerere, ed a lei venne attribuita l’ inven
venzione dell’ agricoltura, per cui gli uomini, che si pascevan prima di ghiande, incominciaron a pascersi di frumento. Eb
li uomini, che si pascevan prima di ghiande, incominciaron a pascersi di frumento. Ebbe quindi gli epiteti mammosa e di al
cominciaron a pascersi di frumento. Ebbe quindi gli epiteti mammosa e di alma, perchè tutti per certo modo essa aliatta ed
certo modo essa aliatta ed alimenta.. Unita a Giasone o Giasio figlio di Giove e di Elettra partorì Pluto Dio delle ricche
essa aliatta ed alimenta.. Unita a Giasone o Giasio figlio di Giove e di Elettra partorì Pluto Dio delle ricchezze, unita
lettra partorì Pluto Dio delle ricchezze, unita a Giove divenne madre di Proserpina. Essendo questa da Plutone stata rapit
uita dal fiume Alfeo si seppellì sotterra cangiata in fonte par opera di Diana, e venne a sgorgare in Sicilia (ove però di
giù nell’ Inferno gustato ancor alcun cibo. Ma avendo Ascalato figlio di Acheronte e della Nolte manifestato, che nei giar
alato figlio di Acheronte e della Nolte manifestato, che nei giardini di Plutone avea Proserpina colto una melagrana e man
, e per altri sei con Plutone. Mentre Cerere nelle sue scorrerìe arsa di sete e sudata e affannata chiedea ristoro a una b
e e sudata e affannata chiedea ristoro a una buona vecchia, il figlio di lei Stellione si fe scioccamente a beffarla, ed e
atasi in Eleusi vi fu accolta dal re Celeo cortesemente in ricompensa di che prese ella ad educarne il picciol figlio Trit
i che prese ella ad educarne il picciol figlio Trittolemo, pascendolo di giorno col proprio latte, e coprendolo di fuoco a
glio Trittolemo, pascendolo di giorno col proprio latte, e coprendolo di fuoco alla notte. Or crescendo Trittolemo con por
r crescendo Trittolemo con portentosa prestezza, ebbe Celeo curiosità di spiare quale magìa usasse Cerere con lui la notte
piare quale magìa usasse Cerere con lui la notte, e veggendol coperto di fuoco, corse atterrito per liberarlo; ma egli med
u giunto a perfetto stato, dopo averlo pienamente istruito nell’ arte di coltivare la terra, Io spedì sopra il suo carro t
ittolemo stava addormentato, Anteo figlio del re Eumele ebbe vaghezza di salire sopra quel carro, ma giunto a certa altezz
certa altezza ne venne precipitato. Nella Scizia il re Lineo in luogo di profittare degli utili insegnamenti di Trittolemo
la Scizia il re Lineo in luogo di profittare degli utili insegnamenti di Trittolemo, cercò anzi ammazzarlo; ma fu da Cerer
are arditamente e profanare il bosco a lei consecrato. Cerere, al dir di Ovidio, spedì quindi nel Caucaso a ricercare la F
sue sostanze, vendette schiava perfino la figlia Metra per comperarsi di che mangiare. Ma questa mal sofferendo la schiavi
principalmente in Sitilia ed in Eleusi, ov’ ebber principio i misteri di lei chiamati Eleusini, a’ quali chi iniziavasi er
cui era sommo delitto il manifestare. Rappresentavasi Cerere coronata di spiche e di papaveri perchè dicevasi, che nell’ a
o delitto il manifestare. Rappresentavasi Cerere coronata di spiche e di papaveri perchè dicevasi, che nell’ afflizione pe
della figlia non potendo mai prender sonno, con questi per consiglio di Giove riuscita era a conciliarselo. Portava pure
torno ai campi con rusticani salti, e con inni a lode, ed invocazione di Cerere. Capo XV. Di Vesta. Due Veste si dis
i Vesta. Due Veste si distinguevano, l’ una che si tenea per madre di Saturno, e confondeasi con Gea o la Terra, l’ alt
turno, e confondeasi con Gea o la Terra, l’ altra che si dicea figlia di lui, e adoravasi come la Dea del fuoco. Il rito d
he si dicea figlia di lui, e adoravasi come la Dea del fuoco. Il rito di adorare il fuoco e conservarlo gelosamente era an
eni. La custodia del fuoco sacro, era affidata in Roma ad un collegio di vergini dette Vestali, che nel tempio di Vesta fa
idata in Roma ad un collegio di vergini dette Vestali, che nel tempio di Vesta fabbricato secondo alcuni da Romolo, e seco
empio, consideravansi come emancipate dal padre, e godeano la facoltà di testare. In molta venerazione erano presso del po
oltissimo a calmar le discordie e le inimicizie. Ma se per negligenza di alcuna il fuoco sacro si estingueva, il che aveas
lmente combustibili, o coll’ aggirare frettolosamente un cono, o fuso di legno nel foro fatto entro una tavola pur di legn
osamente un cono, o fuso di legno nel foro fatto entro una tavola pur di legno, finchè si accendesse. Il medesimo pur si f
inchè si accendesse. Il medesimo pur si faceva ogni anno alle calende di Marzo rinnovando il fuoco sacro, il quale nell’ u
altro caso portavasi da una Vestale sopra l’ altare entro un crivello di rame. Che se taluna delle Vestali violava il voto
ntro un crivello di rame. Che se taluna delle Vestali violava il voto di verginità chi l’ avea sedotta morir faceasi a for
iolava il voto di verginità chi l’ avea sedotta morir faceasi a forza di battiture, ed ella era portata con lugubre pompa
Latini Tellure, fu da essi riguardata come moglie del Cielo, e madre di Saturno; ma da’ posteriori mitologi e poeti più c
riori mitologi e poeti più comunemente venne considerata come, moglie di Saturno sotto ai nomi di Opi o Cibele. Opi fu det
ù comunemente venne considerata come, moglie di Saturno sotto ai nomi di Opi o Cibele. Opi fu detta, secondo Varrone, perc
rigia o Pessinunzio da’ monti Dindimo, Berecinto e Ida, e dalla città di Pessinunte nella Frigia, ove specialmente era ado
o quest’ ultimo nome alcuni abbian preteso doversi intendere la madre di Mida, altri la moglie di Fauno. Rappresentavasi c
ni abbian preteso doversi intendere la madre di Mida, altri la moglie di Fauno. Rappresentavasi coronata di torri per indi
la madre di Mida, altri la moglie di Fauno. Rappresentavasi coronata di torri per indicar le città, che sono sparse sopra
dicar le città, che sono sparse sopra la terra, con una veste dipinta di erbe e di piante, simbolo delle sue produzioni; s
ittà, che sono sparse sopra la terra, con una veste dipinta di erbe e di piante, simbolo delle sue produzioni; sopra di un
este dipinta di erbe e di piante, simbolo delle sue produzioni; sopra di un cocchio a quattro ruote tirato da due leoni, e
da coryptein agitare il capo, perchè con grandi agitazioni del capo e di tutto il corpo, e con grande strepito di percossi
grandi agitazioni del capo e di tutto il corpo, e con grande strepito di percossi cembali di metallo le feste di Cibele da
l capo e di tutto il corpo, e con grande strepito di percossi cembali di metallo le feste di Cibele da quelli si celebrava
corpo, e con grande strepito di percossi cembali di metallo le feste di Cibele da quelli si celebravano. Eran essi eunuch
e di Cibele da quelli si celebravano. Eran essi eunuchi ad imitazione di Ali, che tal si rese allor quando mirò trafitta d
Cibele la ninfa Sangaride, colla quale violato egli avea il precetto di castità impostogli da Cibele nel farlo suo sacerd
a vittima che a Cibele sacrificavasi era una troia. In Roma alla fine di marzo la statua di Cibele fatta di nera pietra, e
ele sacrificavasi era una troia. In Roma alla fine di marzo la statua di Cibele fatta di nera pietra, e venuta di Frigia p
i era una troia. In Roma alla fine di marzo la statua di Cibele fatta di nera pietra, e venuta di Frigia portavasi con pom
alla fine di marzo la statua di Cibele fatta di nera pietra, e venuta di Frigia portavasi con pompa da’ Sacerdoti a lavars
à entra nel Tevere. Le feste megalesi a lei sacre si celebravano ai 4 di Aprile, le opali ai 19 Dicembre. Le feste della D
li ai 19 Dicembre. Le feste della Dea buona celebravansi alle calende di Maggio nella casa del Pontefice massimo con gran
intervenirvi. Nelle viscere della terra fu posta da Pronabide la sede di Demogorgone, Dio terribile, che noti era permesso
ronabide la sede di Demogorgone, Dio terribile, che noti era permesso di nominare, e che si dice padre della discordia di
he noti era permesso di nominare, e che si dice padre della discordia di Pane, delle tre Parche, di Pitone, e del Cielo st
inare, e che si dice padre della discordia di Pane, delle tre Parche, di Pitone, e del Cielo stesso e della Terra. Fra gli
a o Cibele. Le Feste palilie a lei sacre si celebravano in Roma ai 21 di Aprile. Dio della gregge e de’ pastori era pure t
di Aprile. Dio della gregge e de’ pastori era pure tenuto Pane figlio di Mercurio; sebbene alcuni per esso abbiano inteso
ù generalmente il Dio Pan, che significa tutto, e riguardandolo sotto di questo aspetto, come figlio di Demogorgone. Egli
significa tutto, e riguardandolo sotto di questo aspetto, come figlio di Demogorgone. Egli rappresentavasi colle orecchie,
Demogorgone. Egli rappresentavasi colle orecchie, le corna e le gambe di copro; ed il suo soggiorno ponevasi in Arcadia, s
ui monti Menalo e Liceo. Già abbiamo detto, com’ egli con un presente di bianca lana a se trasse ne’ boschi di Arcadia la
etto, com’ egli con un presente di bianca lana a se trasse ne’ boschi di Arcadia la Luna. Dalla ninfa Eco ebbe Iringe, che
e Iringe, che fornì i farmachi incantatori a Medea. Vinse la ritrosìa di Driope trasformandosi in pastore. Ma non potè vin
rosìa di Driope trasformandosi in pastore. Ma non potè vincere quella di Siringa figlia del fiume Ladone, la quale da lui
ale da lui fuggendo in riva al fiume paterno fa cangiata, in un cespo di canne; e dal suono che queste, fecero tra lor per
dal suono che queste, fecero tra lor percosse ci prese poscia l’ idea di formar la zampogna onde fu l’ inventore. Narra Pa
fu l’ inventore. Narra Pausania, che quando i Galli sotto la condotta di Brenno scorrendo la Grecia si accinsero a spoglia
otta di Brenno scorrendo la Grecia si accinsero a spogliare il tempio di Delfo, venne loro incusso da Pane un improvviso t
avasi una capra; e le feste lupercali, che in Roma celebravansi a’ 15 di Febbraio, che si dissero altrove dedicate a Giuno
ove dedicate a Giunone Februale, da molti si vollero dedicate a Pane, di cui si pretende che i Luperci fossero sacerdoti.
sso. A Silvano offertasi una troia. Fauno, altro Dio campestre figlio di Mercurio e della Notte, dipingetesi come Pane, ma
me Pane, ma senza peli al mento ed al detto. Alcuni lo dissero figlio di Pico re dei Lazio, e padre dei Fauni, cui ebbe da
da Cutatea, e ucciso da Polifemo; e dalla ninfa Mirica Latino, padre di Lavinia. A lui immolavasi un agnello o un caprett
n agnello o un capretto, e le feste Faunali celebravansi in Roma ai 5 di Dicembre. I Satiri, Dei Campestri seguaci di Pane
elebravansi in Roma ai 5 di Dicembre. I Satiri, Dei Campestri seguaci di Pane; di cui dicevansi anche figli, figuravansi i
si in Roma ai 5 di Dicembre. I Satiri, Dei Campestri seguaci di Pane; di cui dicevansi anche figli, figuravansi in tutto s
laddove i Fauni l’ uno e l’ altro avevano senza peli. Priapo, figlio di Bacco e Venere, era il Dio e custode degli orti.
gli orti. Effigiavasi colla barba, e la chioma scomposta, e una falce di legno in mano per allontanare i ladri e gli uccel
me; e Driope amata prima da Pane e da Apolline, e divenuta poi moglie di Andremone, da questa pianta cogliendo alcuni fior
ni fuggiti da Sparta, perchè mal sofferenti delle leggi troppo rigide di Licurgo, colà approdando le consacrassero un bosc
io a piè del monte Soratte, ove dicevasi che gli uomini dello spirito di lei invasi camminassero impunemente a piè nudi so
incominciò prima a piegarla colle persuasioni, assumendo le sembianze di una vecchia, indi si tramutò improvvisamente in b
unnali celebravansi in Ottobre. Clori o Fiora Dea de’ fiori fu moglie di Zefiro. Con molta lascivia si celebravano in Roma
fu moglie di Zefiro. Con molta lascivia si celebravano in Roma ai 28 di Aprile i giuochi Florali, istituiti dalla meretri
e sue ricche sostanze lasciato erede il popolo romano. Aristeo figlio di Apollo e della ninfa Cirene fu creduto inventore
figlio di Apollo e della ninfa Cirene fu creduto inventore dell’ arte di far l’ olio, il cacio, ed il mele. Mentre insegui
i far l’ olio, il cacio, ed il mele. Mentre inseguiva Euridice moglie di Orfeo, questa fu morsicata da un serpente nascost
ata da un serpente nascosto fra l’ erbe, e ne morì. Le ninfe compagne di Euridice punirono Aristeo coll’ ammazzargli le ap
luogo chiuso, dalle putrefatte loro viscere pullularono nuovi sciami di api. Il Dio Termine presedeva ai confini dei camp
sovrappose una testa umana. Fu detto da’ Romani, che quando trattossi di fabbricare il Tempio di Giove Capitolino, le stat
na. Fu detto da’ Romani, che quando trattossi di fabbricare il Tempio di Giove Capitolino, le statue degli altri Dei per r
ermo. A lui dedicate erano le feste terminali, che celebravansi ai 23 di Febbrajo. Anticamente al Dio Termine non sacrific
mente al Dio Termine non sacrifica vasi alcun animale; poi s’ istituì di sacrificargli un agnello, o una troja lattante. F
a troja lattante. Fra le terrestri Divinità annoverate eran le Ninfe, di cui altre presedevano a’ fiumi, e dicevansi Naiad
el mele; Sterculio o Stercuzio il Dio dei concime, che diceasi figlio di Fauno, ed avere il primo introdotta la concimazio
avere il primo introdotta la concimazione de’ campi; e cercavano pur di placare il Dio Robigo, perchè non infestasse coll
sse colla ruggine il frumento. Dii domestici erano i Penati ed i Lari di cui i primi presedevano alle città e alle ville,
i pergli altri. Intorno ai Lari è stato favoleggiato che fosser figli di Mercurio accoppiatosi a Lara ninfa del Tevere nel
ninfa del Tevere nell’ atto che la conduceva all’ inferno per ordine di Giove, il quale le aveva prima tagliata la lingua
r ordine di Giove, il quale le aveva prima tagliata la lingua in pena di avere manifestato a Giunone gli amori di lui coll
a tagliata la lingua in pena di avere manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorell
re manifestato a Giunone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorella di Turno. A’ Lari offerivasi il g
unone gli amori di lui colla ninfa Giuturna figlia di Dauno e sorella di Turno. A’ Lari offerivasi il gallo: e le feste Co
asi il gallo: e le feste Compilali a lor dedicate si celebravano ai 2 di Maggio. I Lemuri, che erano riputati infestare le
rano riputati infestare le case colle larve notturne, placavansi a’ 9 di Maggio. Ogni uomo era in tutela di un Dio partico
le larve notturne, placavansi a’ 9 di Maggio. Ogni uomo era in tutela di un Dio particolare che chiamavasi Genio, e che Io
da una vergine Sabina diceasi nato il Dio Fidio fondatore della città di Curi, adorato da’ Sabini, e poscia ancor dai Roma
ell’ umana vita erano anch’ esse raccomandate a particolari Divinità, di cui basterà accennare la principali. Nascone o Na
lagine consolidava loro le ossa; Nundina era quella sotto gli auspici di cui i maschi al nono giorno dopo la nascita, e le
li irregolari e difficili; Intercidona, Piluno e Deverra allontanavan di notte Silvano, perchè le puerpere non molestasse.
reneste or Palestrina, e molti ne aveva in Roma sotto a’ diversi nomi di Fortuna primigenia, ossequente, privala, pubblica
uce ed Enea, dei quali diremo appresso, dee ricordarsi Carmento madre di Evandro, detta anche Nicostrata e Temide, che ebb
erie Carmentali, che si celebravano in Gennaio; Evandro stesso figlio di Mercurio e di Carmenta nativo di Arcadia che aven
i, che si celebravano in Gennaio; Evandro stesso figlio di Mercurio e di Carmenta nativo di Arcadia che avendo per disgraz
no in Gennaio; Evandro stesso figlio di Mercurio e di Carmenta nativo di Arcadia che avendo per disgraziato caso ucciso il
iccola città chiamata da lui Pallanteo; Acca Laurenzia che fu nutrice di Romolo e di Remo, e in onor di cui voglionsi isti
chiamata da lui Pallanteo; Acca Laurenzia che fu nutrice di Romolo e di Remo, e in onor di cui voglionsi istituite da Rom
llanteo; Acca Laurenzia che fu nutrice di Romolo e di Remo, e in onor di cui voglionsi istituite da Romolo le feste Lauren
ritirato sul monte Aventino, si volle da esso per gratitudine onorata di perenne culto, e la sua festa con solennità celeb
norata di perenne culto, e la sua festa con solennità celebrata ai 15 di Marzo. Capo XVII. Di Nettuno, e degli Dei mari
imo Dio del mare, secondo Esiodo, fu Ponto figlio della Terra e Padre di Nereo a cui Dori figlia dell’ Oceano partorì le N
, ma come un fiume, che unito a Teli figlia della Terra divenne padre di tutti i fiumi, e delle Ninfe de’ fonti e dei fium
me esprimenti il mare. L’ impero del mare nella divisione tra i figli di Saturno abbiam detto esser toccato a Nettuno. Que
che rappresentasi mezz’ uomo e mezzo pesce, e suol precedere il carro di Nettuno sonando una conca marina. Secondo Omero,
o sonando una conca marina. Secondo Omero, Nettuno da Ifimedia moglie di Aloeo ebbe due figli Oto, ed Efialte, i quali a n
i Oto, ed Efialte, i quali a nove anni essendo cresciuti all’ altezza di trentasei cubiti, e alla grossezza di nove, incat
essendo cresciuti all’ altezza di trentasei cubiti, e alla grossezza di nove, incatenarono Marte, che fu liberato poi da
lti nel Tartaro. Aggiugne lo stesso Omero, che Nettuno da Tiro figlia di Salmoneo e moglie di Creteo, la quale ingannò ass
ugne lo stesso Omero, che Nettuno da Tiro figlia di Salmoneo e moglie di Creteo, la quale ingannò assumendo la forma del f
lia, che spedì Giasone alla conquista del vello d’ oro, e Neleo padre di Nestore; da Toosa figlia di Forco ebbe il Ciclope
conquista del vello d’ oro, e Neleo padre di Nestore; da Toosa figlia di Forco ebbe il Ciclope Polifemo, che acciecato fu
isse, a cui divorato aveva sei compagni: finalmente da Peribea figlia di Eurimedonte ebbe Nausitoo re de’ Feaci, padre di
te da Peribea figlia di Eurimedonte ebbe Nausitoo re de’ Feaci, padre di Alcinoo, che liberamente accolse Ulisse nel suo n
se Ulisse nel suo naufragio vicino all’ isola Scheria o Corfù e ricco di doni lo fece da’ suoi trasportare in Itaca. Ovid
a’ suoi trasportare in Itaca. Ovidio aggiugne; che per Canace figlia di Eolo ei trasformossi in un giovenco, per Bisaltit
Cerere e Medusa in cavallo, per Melanto in delfino; e che Cene figlia di Elato tessalo, dopo essersi a lui prestata, otten
he Cene figlia di Elato tessalo, dopo essersi a lui prestata, ottenne di venire cangiata in maschio sotto il nome di Ceneo
i a lui prestata, ottenne di venire cangiata in maschio sotto il nome di Ceneo, e di essere invulnerabile, e che poi comba
tata, ottenne di venire cangiata in maschio sotto il nome di Ceneo, e di essere invulnerabile, e che poi combattendo Ceneo
tto come nella sua contesa con Pallade per dar il nome ad Atene, fece di terra uscire un cavallo, e come avendo congiurato
ene, fece di terra uscire un cavallo, e come avendo congiurato contro di Giove fu costretto a servir con Apollo al re Laom
tto a servir con Apollo al re Laomedonte nella costruzione delle mura di Troia, e ciò di’ indi avvenne. Presso Omero è Net
iò di’ indi avvenne. Presso Omero è Nettuno caratterizzato coi titoli di cingitore, e scotitor della terra. Rappresentavas
toro, il verro, e l’ ariete; e le feste Nettunali in Roma erano ai 23 di Luglio. Il Dio Conso, particolare a’ Romani da al
distinto, e riguardato come Dio de’ consoli e delle astuzie. In onore di lui celebravansi le feste. Consuali ai 21 di Agos
delle astuzie. In onore di lui celebravansi le feste. Consuali ai 21 di Agosto. Due Dee marine lor proprie avean pure i R
Liduna. Custode del gregge marino era Proteo figliuolo dell’ Oceano e di Teli figlia della terra, il quale da Nettuno avea
visione del futuro; ma noi predicea se non legato, e godea la facoltà di cangiarsi in tutte le forme. La stessa facoltà go
di cangiarsi in tutte le forme. La stessa facoltà godea Tetide figlia di Nereo. Sorpresa, secondo Ovidio, da Peleo figlio
dea Tetide figlia di Nereo. Sorpresa, secondo Ovidio, da Peleo figlio di Eaco, mentre era addormentata, ella cangiossi in
n tigre, in uccello, e cosi a lui si sottrasse. Ma avvisalo da Proteo di legarla, ove la sorprendesse di nuovo, e tenerla
i si sottrasse. Ma avvisalo da Proteo di legarla, ove la sorprendesse di nuovo, e tenerla malgrado qualunque trasformazion
erla malgrado qualunque trasformazione, per questo modo ottenne Peleo di averla in moglie, e da essi poi nacque Achille, c
dò un mostruoso lupo a devastargli l’ armento; ma colla intercessione di Tetide ei placò Psamate, e il lupo fu convertito
placò Psamate, e il lupo fu convertito in marmo. Galatea altra figlia di Nereo fu amata furiosamente dal Ciclope Polifemo.
clope Polifemo. Essa spregiandolo si accese in cambio, per Aci figlio di Fauno e della ninfa Simetide. Ma avendolo Polifem
delle Gorgoni ec. Da Omero egli e detto re dello steril mare e padre di Toosa, che partorì Polifemo, e a lui sacro, secon
taca. Ma un altro Forco da Cicerone si accenna, figlio dell’ Oceano e di Salacia, il quale, die’ egli, fu re di Corsica e
accenna, figlio dell’ Oceano e di Salacia, il quale, die’ egli, fu re di Corsica e di Sardegna, e vinto da Atlante in una
io dell’ Oceano e di Salacia, il quale, die’ egli, fu re di Corsica e di Sardegna, e vinto da Atlante in una battaglia nav
mpagni cangiato in Dio marino.. Glauco, il quale alcuni dicono figlio di Polibio, altri di Foiba, ed altri di Nettuno, ma
Dio marino.. Glauco, il quale alcuni dicono figlio di Polibio, altri di Foiba, ed altri di Nettuno, ma che di professione
o, il quale alcuni dicono figlio di Polibio, altri di Foiba, ed altri di Nettuno, ma che di professione tutti dicono pesca
dicono figlio di Polibio, altri di Foiba, ed altri di Nettuno, ma che di professione tutti dicono pescatore, veggendo, che
scatore, veggendo, che i pesci da lui presi gettati sul lido al tocco di cert’ erba nuovamente balzavano in mare, volle as
n mare, volle assaggiarne, e saltando anch’ egli in mare, divenne Dio di quell’ elemento. In modo non molto dissimile Dii
on molto dissimile Dii del mare divennero Ino e Melicerta. Ino figlia di Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie di Ataman
ssimile Dii del mare divennero Ino e Melicerta. Ino figlia di Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie di Atamante. Giunone
no e Melicerta. Ino figlia di Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie di Atamante. Giunone di lei nemica mandò Tisifone ad
iglia di Cadmo e di Ermione o Armonia era moglie di Atamante. Giunone di lei nemica mandò Tisifone ad ispirar tal furore a
a inseguir Ino e Melicerta, che gettandosi in mare furono ad istanza di Venere cangiati amendue da Nettuno in Dei marini,
mendue da Nettuno in Dei marini, e chiamati poscia da’ Greci co’ nomi di Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei di
uno in Dei marini, e chiamati poscia da’ Greci co’ nomi di Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei di Matusa e di Po
a da’ Greci co’ nomi di Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei di Matusa e di Portuno. In mostri marini furono inve
co’ nomi di Leucotea e di Palemone, e da’ Romani con quei di Matusa e di Portuno. In mostri marini furono invece trasforma
rene, e Scilla e Cariddi. Le Sirene, secondo Ovidio, erano tre figlie di Acheloo e di Calliope, e chiamavansi Partenope, L
a e Cariddi. Le Sirene, secondo Ovidio, erano tre figlie di Acheloo e di Calliope, e chiamavansi Partenope, Ligia e Leucos
pe, e chiamavansi Partenope, Ligia e Leucosia. Leonzio le vuoi figlie di Acheloo e della Musa Tersicore, e ne nomina quatt
laosi o Aglaope, Telciope, Pisno, ed Ilige o Ligia. Eran esse, al dir di Ovidio, compagne di Proserpina, e allorchè questa
ciope, Pisno, ed Ilige o Ligia. Eran esse, al dir di Ovidio, compagne di Proserpina, e allorchè questa fu da Plutone rapit
gne di Proserpina, e allorchè questa fu da Plutone rapita, e bramando di andarne in traccia per acqua e per aria, non che
per terra, si vider le braccia cangiate in ali e le gambe in due code di pesce, ritenendo nel volto e nel busto la forma m
orma muliebre. Partite dalla Sicilia vennero a stabilirsi nell’ Isola di Capri rimpetto a Napoli, o in alcune isolette col
n mare, e Partenope recata dall’ onde, ove fu poi fabbricata la città di Napoli, fu cagione che a questa il nome di Parten
fu poi fabbricata la città di Napoli, fu cagione che a questa il nome di Partenope fosse dato. Scilla era figlio di Forco
gione che a questa il nome di Partenope fosse dato. Scilla era figlio di Forco e della ninfa Cratea. Fu amata perdutamente
incantesimo, onde essere da Scilla riamato. Invece innammorossi Circe di , lui, ma rimanendo esso costante nel suo amore pe
rimanendo esso costante nel suo amore per Scilla, Circe indispettita di vedersi posposta infettò la fonte, ove Scilla lav
essa passavano. Questi due ultimi mostri erano amendue nello stretto di Messina. Scilla dalla parte dell’ Italia, e Carid
meteore. Ma il governo de’ venti fu da Giove affidato ad Eolo figlio di esso e di Acesta o Sergesta figliuola d’ Ippota t
Ma il governo de’ venti fu da Giove affidato ad Eolo figlio di esso e di Acesta o Sergesta figliuola d’ Ippota troiano, ed
oiano, ed ei rinchiusi teneali nelle spelonche delle isole Eolie, ora di Lipari. Padre de’ venti tempestosi o delle procel
e’ venti tempestosi o delle procelle fu da Esiodo detto Tifone marito di Echidna; gli altri venti ei fece nascere da Astre
te, Austro o Noto da mezzogiorno, Zefiro da ponente. Zefiro fu marito di Glori o Flora Dea dei fiori; e come egli a noi po
egli a noi porta comunemente il bel tempo, suole dipingersi in figura di alato giovinetto con faccia serena e incoronato d
pingersi in figura di alato giovinetto con faccia serena e incoronato di fiori. Borea rapì Orizia figlia di Eretteo re eli
tto con faccia serena e incoronato di fiori. Borea rapì Orizia figlia di Eretteo re eli Atene, e n’ ebbe. Calai e Zete, ch
Eretteo re eli Atene, e n’ ebbe. Calai e Zete, che liberaron Fineo re di Tracia dalle Arpie, come dirassi nella spedizione
rito, e de’ principali condannati, che ivi erano. Plutone fratello di Giove e di Nettuno, a cui nella divisione accenna
principali condannati, che ivi erano. Plutone fratello di Giove e di Nettuno, a cui nella divisione accennata più addi
l giuramento, e punitore degli spergiuri. Rapì egli Proserpina figlia di Cerere, il che da Ovidio vien raccontato in quest
no per vedere che fosse. Stava ne’ campi dell’ Enna Proserpina figlia di Giove e di Cerere colle compagne cogliendo fiori.
re che fosse. Stava ne’ campi dell’ Enna Proserpina figlia di Giove e di Cerere colle compagne cogliendo fiori. Plutone la
le compagne cogliendo fiori. Plutone la vidde, e ferito per consiglio di Venere dallo strale di Amore, corse a rapirla sop
iori. Plutone la vidde, e ferito per consiglio di Venere dallo strale di Amore, corse a rapirla sopra il suo cocchio. Ben
Amore, corse a rapirla sopra il suo cocchio. Ben volle i Ciane amica di Proserpina a lui opporsi, ma fu tosto cangiata in
fu tosto cangiata in fonte; ed ei lieto recò Proserpina all’ Inferno, di cui la fece regina, e dielle titolo di Giunone in
recò Proserpina all’ Inferno, di cui la fece regina, e dielle titolo di Giunone infernale. Le ricerche che ne fece Cerere
con volto fuliginoso, con nera barba e neri capelli, sopra un cocchio di ferro tratto da neri cavalli, e con un bidente di
i, sopra un cocchio di ferro tratto da neri cavalli, e con un bidente di ferro in mano. A lui ed a Proserpina sacrifìcavan
in mano. A lui ed a Proserpina sacrifìcavansi nere vacche o agnelle e di numero pari, laddove agli Dii celesti le vittime
essa Proserpina, ma che Esiodo distingue da amendue, dicendola figlia di Geo, e di Febo. Nella Tracia ed in Alene qual Dea
rpina, ma che Esiodo distingue da amendue, dicendola figlia di Geo, e di Febo. Nella Tracia ed in Alene qual Dea dell’ Inf
tessa Proserpina, e da altri come una Dea da lei diversa. I Sacerdoti di Cotitto chiamavansi Bapti. Nell’ Inferno soggiorn
cui Esiodo in un luogo dice figlie della Notte, e in un altro figlie di Giove e di Temi. L’ ufficio loro si era il filar
in un luogo dice figlie della Notte, e in un altro figlie di Giove e di Temi. L’ ufficio loro si era il filar la vita deg
esi ne traeva e torceva il filo, Atropo lo tagliava, allorchè la vita di ciascuno era giunta al suo termine. Le tre Furie,
ie dell’ Acheronte e della Notte, aveano già nell’ Inferno l’ ufficio di tormentale e punire i condannali. Persecutrice e
o Adrastea figlia della Notte secondo Esiodo, e secondo altri figlia di Giove e della Necessità, che essendo particolarme
spergiuri era Orco Dio del giuramento. Gli Dei Mani erano una specie di geni, che presedevano a’ morti. Da alcuni furon c
o, che gli nomini addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque di Lete con fior di papavero. I sogni, secondo Omero
addormentava, spruzzando gli occhi loro delle acque di Lete con fior di papavero. I sogni, secondo Omero, avean due porte
con fior di papavero. I sogni, secondo Omero, avean due porte: l’ una di corno per cui usciano i veri, l’ altra di avorio
ro, avean due porte: l’ una di corno per cui usciano i veri, l’ altra di avorio per cui i falsi. Finalmente nell’ Inferno
per cui i falsi. Finalmente nell’ Inferno poneasi anche il soggiorno di Pluto figlio di Giasone, e di Cererete Dio delle
. Finalmente nell’ Inferno poneasi anche il soggiorno di Pluto figlio di Giasone, e di Cererete Dio delle ricchezze, cui m
ell’ Inferno poneasi anche il soggiorno di Pluto figlio di Giasone, e di Cererete Dio delle ricchezze, cui malamente alcun
ogo sotterraneo, a cui due ingressi fingevansi, l’ uno presso il lago di Averno nella Campania, ora Terra di Lavoro nella
fingevansi, l’ uno presso il lago di Averno nella Campania, ora Terra di Lavoro nella Puglia, l’ altro per una caverna del
di Lavoro nella Puglia, l’ altro per una caverna del Tenaro, or capo di Marina promontorio del Peloponeso. Ovidio ne fins
infernale, per aver fornito l’ acqua a Titani nella lor guerra contro di Giove. Cocito riguardavasi come un ramo di Stige.
ni nella lor guerra contro di Giove. Cocito riguardavasi come un ramo di Stige. Flegetonte o Piriflegetonte, figlio di Coc
guardavasi come un ramo di Stige. Flegetonte o Piriflegetonte, figlio di Cocito, rappresentavasi come un fiume di fuoco. L
nte o Piriflegetonte, figlio di Cocito, rappresentavasi come un fiume di fuoco. Le acque di Leto erano l’ acque dell’ obli
e, figlio di Cocito, rappresentavasi come un fiume di fuoco. Le acque di Leto erano l’ acque dell’ oblivione, e bevute fac
resentò a Giove, e ne ebbe in compensò che il giuramento per le acque di Stige fosse inviolabile anche agli Dei, sicchè, o
nsa de’ Numi. Caronte figliuolo dell’ Erebo e della Notte, vecchio ma di robusta e verde vecchiezza, era quegli, che tragh
verde vecchiezza, era quegli, che traghettava su nera barca le anime di là dal fiume Acheronte. Le anime degl’ insepolti
epolti però dovean restare per cento anni sulle rive dei fiume sprima di essere tragittate, e quelle pur de’ sepolti dovea
assegnavan loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano figli di Giove e di Europa, e il primo era stato innanzi r
loro il premio o la pena. Minosse e Radamanto erano figli di Giove e di Europa, e il primo era stato innanzi re e legisla
mo era stato innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo di Giove, e di Egina, e re di Cenopia, o Enona, cui
innanzi re e legislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo di Giove, e di Egina, e re di Cenopia, o Enona, cui dal nome del
egislatore de’ Cretesi. Eaco era figliuolo di Giove, e di Egina, e re  di Cenopia, o Enona, cui dal nome della madre chiamò
Eliso, ove le anime dei buoni godean vita beata, e prendevano diletto di quelle occupazioni, che più aveano amate qui in t
vi furono profondati, come è già detto nel Capo III, per avere osato di far guerra a Giove. Per la stessa cagione condann
furono, come si è accennato nel Capo precedente, Oto ed Efialte figli di Nettuno, e d’ Ifimedia moglie di Aloeo, e chiamat
apo precedente, Oto ed Efialte figli di Nettuno, e d’ Ifimedia moglie di Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio era figliu
imedia moglie di Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio era figliuolo di Giove e di Elara; ma perchè questa il partorì sot
ie di Aloeo, e chiamati perciò Aloidi. Tizio era figliuolo di Giove e di Elara; ma perchè questa il partorì sotto terra, o
olto nel Tartaro, dove occupava collo smisurato suo corpo nove iugeri di terreno, e le viscere sempre rinascenti gli erano
re sempre rinascenti gli erano rose da due avvoltoi. Flagia figliuolo di Marte e di Crise, e re de’ Lapiti, avendo incendi
inascenti gli erano rose da due avvoltoi. Flagia figliuolo di Marte e di Crise, e re de’ Lapiti, avendo incendiato il temp
olo di Marte e di Crise, e re de’ Lapiti, avendo incendiato il tempio di Apollo, fu da esso ucciso, e condannato a starsi
Apollo, fu da esso ucciso, e condannato a starsi perpetuamente sotto di un sasso, che sempre minacciava di rovinargli add
nnato a starsi perpetuamente sotto di un sasso, che sempre minacciava di rovinargli addosso a schiacciarlo. Issione figliu
re minacciava di rovinargli addosso a schiacciarlo. Issione figliuolo di Flegia ammesso da i Giove alla sua mensa osò aspi
sa avvertitone, per farne prova gli te comparire sotto alla sembianza di Giunone una nube, cui egli corse ad abbracciare,
ad una ruota circondata da serpenti e che sempre gira. Tantalo figlio di Giove e della ninfa Piote in un convito offerto a
oprio figlio Pelope. Ma essendosene questi accorti riuniron le membra di Pelope, il richiamarono in vita; indi condannaron
d’ ei si abbassa per beverne, e collocandogli vicino un albero carico di frutta, ma che s’ innalzano allorchè stende la ma
s’ innalzano allorchè stende la mano per coglierne. Sisifo, figliuolo di Eolo avendo occupato l’ istmo di Corinto, infesta
ano per coglierne. Sisifo, figliuolo di Eolo avendo occupato l’ istmo di Corinto, infestava l’ Attica co’ suoi latrocini,
Attica co’ suoi latrocini, e schiacciava, secondo Lattanzio, col peso di enorme sasso quelli, che gli cadeano tra le mani.
. Fu ucciso da Teseo, e condannato nell’ Inferno a spinger sull’ erta di un monte un gran sasso, che quando è vicino a toc
a toccare la cima, al basso nuovamente ricade. Pausania pretende che di tal pena ei sia stato punito da Giove pei’ aver a
i teneva Egina nascosta. Ferecide disse invece, che Sisifo a dispetto di Plutone tenne per lungo tempo incatenata la Morte
un’ altra favola dicendo, che vicino a morte egli ordinò alla moglie di non seppellirlo; che giunto all’ Inferno domandò
moglie di non seppellirlo; che giunto all’ Inferno domandò a Plutone di poter per brevi momenti tornare in vita, onde pun
Mercurio non vi fu trailo a forza. Le Danaidi erano cinquanta figlie di Danao re di Argo, che tutte in un giorno le marit
n vi fu trailo a forza. Le Danaidi erano cinquanta figlie di Danao re di Argo, che tutte in un giorno le maritò a cinquant
Danao re di Argo, che tutte in un giorno le maritò a cinquanta figli di Egitto suo fratello; ma avendo inteso che dai gen
eso che dai generi doveva esser privato del regno, ordinò alle figlie di uccidere la stessa notte tutti i loro mariti. Ese
te con un vaso senza fondo. Furon esse chiamate anche Belidi dal nome di Belo, padre di Danao. Capo XX. Degli Dei stran
senza fondo. Furon esse chiamate anche Belidi dal nome di Belo, padre di Danao. Capo XX. Degli Dei stranieri. Oltre
che a lui debitori credevansi dell’ agricoltura e delle leggi; Iside di lui moglie, la quale i Greci pretendeano esser la
dal medesimo restituita alla forma primiera, allorchè fuggendo l’ ire di Giunone si ricoverò in Egitto; Api figlio di Io,
allorchè fuggendo l’ ire di Giunone si ricoverò in Egitto; Api figlio di Io, che rappresentavasi in forma’ di bue; Anubi,
i ricoverò in Egitto; Api figlio di Io, che rappresentavasi in forma’ di bue; Anubi, che figuravasi colla testa di cane; S
e rappresentavasi in forma’ di bue; Anubi, che figuravasi colla testa di cane; Serapide, che dai più si confonde con Osiri
ltri noi verrem qui accennando i principali. Capo I. Di Prometeo, e di Deucalione. Il più antico de’ Semidei’ fu Prom
eo, e di Deucalione. Il più antico de’ Semidei’ fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani, e di Asia figlia dell’ Oc
ù antico de’ Semidei’ fu Prometeo figlio di Giapeto uno de’ Titani, e di Asia figlia dell’ Oceano. Dotalo di astutissimo i
glio di Giapeto uno de’ Titani, e di Asia figlia dell’ Oceano. Dotalo di astutissimo ingegno egli volle ingannar Giove ste
armente dicesi canna d’ India. Allora Giove sdegnato impose a Vulcano di formare una bellissima giovane, e a Minerva, a Su
sima giovane, e a Minerva, a Suada, alle Grazie, alle Ore, a Mercurio di ornarla di tutti i doni, per cui fu detta Pandora
e, e a Minerva, a Suada, alle Grazie, alle Ore, a Mercurio di ornarla di tutti i doni, per cui fu detta Pandora, e la sped
tti i doni, per cui fu detta Pandora, e la spedì ad Epimeteo fratello di Prometeo con un vaso, nel quale chiudevansi tutti
tutti i mali. Accolse Epimeteo lietamente Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto aveagli di rigettare qualunque
lietamente Pandora contro il consiglio di Prometeo che detto aveagli di rigettare qualunque presente gli venisse da Giove
ola speranza al fondo del vaso che Pandora avvedutamente richiuse. Nè di ciò pur contento fè Giove incatenar da Mercurio,
e tormento Prometeo soffrir dovette, finchè da Ercole pur con assenso di Giove medesimo, non ne fu liberato. Altri voglion
on ne fu liberato. Altri voglion però che la cagione della spedizione di Pandora e della punizione di Prometeo sia stata,
ion però che la cagione della spedizione di Pandora e della punizione di Prometeo sia stata, che avendo questi formata una
punizione di Prometeo sia stata, che avendo questi formata una statua di argilla, salì al cielo coll’ aiuto di Minerva, e
vendo questi formata una statua di argilla, salì al cielo coll’ aiuto di Minerva, e accesa al fuoco del Sole una fiaccola,
ccola, con essa diede alla sua statua anima e vita. Fu Prometeo padre di Deucalione re di Tessaglia, sotto di cui, secondo
iede alla sua statua anima e vita. Fu Prometeo padre di Deucalione re di Tessaglia, sotto di cui, secondo i Mitologi, avve
anima e vita. Fu Prometeo padre di Deucalione re di Tessaglia, sotto di cui, secondo i Mitologi, avvenne l’ universale di
enne l’ universale diluvio. Deucalione con Pirra sua moglie figliuola di Epimeteo, postosi in una nave, salvossi io Beozia
a sopra il monte Parnasso; e cessate le acque, consultando l’ oracolo di Temi sul modo di ripopolare il mondo, n’ ebbe in
Parnasso; e cessate le acque, consultando l’ oracolo di Temi sul modo di ripopolare il mondo, n’ ebbe in risposta, che si
i Ercole. Il più celebre fra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale
Il più celebre fra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale era figlio
ra i Semidei e gli Eroi fu Ercole figlio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale era figlio di Alceo, onde ad
iglio di Giove e di Alcmena moglie di Anfitrione, il quale era figlio di Alceo, onde ad Ercole per fu dato il nome di Alci
one, il quale era figlio di Alceo, onde ad Ercole per fu dato il nome di Alcide. Giove per ingannare Alcmena prese la semb
ato il nome di Alcide. Giove per ingannare Alcmena prese la sembianza di Anfitrione medesimo, mentre questi era occupato n
iclo, che nacque gemello con Ercole. Era nel medesimo tempo la moglie di Stenelo re di Micene incinta di Euristeo. Giunone
ue gemello con Ercole. Era nel medesimo tempo la moglie di Stenelo re di Micene incinta di Euristeo. Giunone carpi da Giov
ole. Era nel medesimo tempo la moglie di Stenelo re di Micene incinta di Euristeo. Giunone carpi da Giove il giuramento ch
avesse impero sopra dell’ altro, indi corse ad accelerare la nascita di Euristeo, che venne alla luce di sette mesi, e ri
indi corse ad accelerare la nascita di Euristeo, che venne alla luce di sette mesi, e ritardò quella di Ercole fino al de
cita di Euristeo, che venne alla luce di sette mesi, e ritardò quella di Ercole fino al decimo mese. Anzi, secondo Ovidio,
fra acerbi dolori senza poter partorire, perchè Lucina ad istigazione di Giunone, in vece di favorire il parto, impedivalo
nza poter partorire, perchè Lucina ad istigazione di Giunone, in vece di favorire il parto, impedivalo stando vicino all’
no all’ ara colle mani strette fra le ginocchia. Ma Galantide ancella di Alcmena di ciò accortasi, studiosamente si mise a
colle mani strette fra le ginocchia. Ma Galantide ancella di Alcmena di ciò accortasi, studiosamente si mise a gridare: A
e: Alcmena pur finalmente ha partorito; il che udendo Lucina per atto di sorpresa allargò le mani, e il parto di Alcmena s
il che udendo Lucina per atto di sorpresa allargò le mani, e il parto di Alcmena susseguì immantinente. Sdegnata di ciò Gi
llargò le mani, e il parto di Alcmena susseguì immantinente. Sdegnata di ciò Giunone, dopo avere in donnola trasformata Ga
ciò Giunone, dopo avere in donnola trasformata Galantide, impaziente di veder Ercole estinto, il fè assalire in culla da
nciullo strangolò amendue colle proprie mani. Riuscì allora a Minerva di placare Giunone, sicchè si arrese fin anche a nut
se fin anche a nutrir Ercole col proprio latte; ed essendosi porzione di questo sparso pel Cielo, formò la Via Lattea, e d
fu cresciuto, tornato Giunone all’ antico sdegno, ordinò ad Euristeo di esporlo a’ più gravi pericoli onde alla fine peri
eo obbligalo, le quali perciò comunemente son dette le dodici fatiche di Ercole. 1. Ei dovette combattere il terribil Leon
fatiche di Ercole. 1. Ei dovette combattere il terribil Leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di
Ercole. 1. Ei dovette combattere il terribil Leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di Nemea o Cleo
erribil Leone figlio di Tifone e di Echidna, che infestava i contorni di Nemea o Cleone; ed avendogli colle mani squarciat
i sempre coperto per monumento della sua vittoria. 2. Pugnò nel paese di Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da Echidna,
Argo coll’ Idra Lernea nata parimente da Echidna, che era un serpente di sette teste, a cui se una ne veniva recisa, imman
ente rinasceva. Egli secondo alcuni, colla sua clava, le troncò tutte di un colpo, secondo altri, gliele bruciò colle faci
eguì per un anno intero sul monte Menalo una cerva, che aveva i piedi di bronzo e le corna d’ oro, e raggiuntala, viva por
ggiuntala, viva portò lei pure ad Euristeo. 5. Col rumore de’ cembali di metallo prestatigli da Minerva mise in fuga sul l
ia gli sparvieri educati da Marte, che aveano il becco e gli ai tigli di ferro, e pasceansi di umane carni, e poscia gli u
ti da Marte, che aveano il becco e gli ai tigli di ferro, e pasceansi di umane carni, e poscia gli uccise. 6. Sconfisse in
seo, che gli era stato compagno in quell’ impresa. 7. Purgò le stalle di Augia re dell’ Elide dal letame accumulatovi da t
dusse legato ad Euristeo un Toro che orribil guasto facea nell’ isola di Creta. 9. Vinse Diomede re di Tracia, che pasceva
ro che orribil guasto facea nell’ isola di Creta. 9. Vinse Diomede re di Tracia, che pasceva i suoi cavalli colle carni de
ti, e da’ cavalli medesimi il fè divorare. 10. Abbattè Gerione figlio di Crisaorre e di Calliroe, che avea tre corpi, e gl
li medesimi il fè divorare. 10. Abbattè Gerione figlio di Crisaorre e di Calliroe, che avea tre corpi, e gli tolse le vacc
vacche custodite dal cane Orto nato da Tifone e da Echidna. Le donne di Eripilo insofferenti di veder condotte da Ercole
ne Orto nato da Tifone e da Echidna. Le donne di Eripilo insofferenti di veder condotte da Ercole queste vacche pe’ loro c
come altri dicono, li fè cogliere da Atlante, ed ei frattanto in vece di lui sostenne sulle sue spalle il cielo. 12. Per o
nto in vece di lui sostenne sulle sue spalle il cielo. 12. Per ordine di Euristeo scese all’ inferno e gli condusse incate
a terra, nacque l’ aconito. Oltre le qui accennate, più altre imprese di Ercole si raccontano; ma egli è comari sentimento
n solo attribuite. Una delle più celebri tra queste imprese fu quella di unire l’ Oceano al Mediterraneo, separando i due
ando i due monti Abila e Calpe, e formando lo stretto che or chiamasi di Gibilterra, ove Ercole per monumento piantò due c
andava a Pito, ossia Delfo con Giolao figlio d’ Ificlo, Cigno figlio di Marte volle nel bosco Pagaseo a lui opporsi, ei l
uo cocchio dovette fuggirsene. I giganti Albione e Bergione pretesero di attraversargli il cammino nella Gallia Narbonese;
rgli il cammino nella Gallia Narbonese; ei dopo aver consumalo contro di loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pi
malo contro di loro tutte le sue saette, ottenne da Giove una pioggia di sassi, co’ quali li mise in fuga, e il luogo ebbe
a di sassi, co’ quali li mise in fuga, e il luogo ebbe poscia il nome di campo lapideo, o campo di sassi. In Pallene Teleg
ise in fuga, e il luogo ebbe poscia il nome di campo lapideo, o campo di sassi. In Pallene Telegono e Poligono figli di Pr
campo lapideo, o campo di sassi. In Pallene Telegono e Poligono figli di Proteo fortissimi atleti costringevano gli ospiti
ò, ed ambedue li mise a morte. Mentre tornava dalla spedizione contro di Gerione seco guidando le vacche a lui tolte, Caco
contro di Gerione seco guidando le vacche a lui tolte, Caco figliuolo di Vulcano alcune gliene rapì, e trattele per la cod
re ove si fosser le vacche involate. Ma nel partire udendo il muggito di una si accorse dov’ erano, e rovesciato nel Tever
che ritolse. Evandro, che allor regnava sul Palatino, per gratitudine di aver purgalo il paese da quel ladrone gli eresse
e un’ ara, che in grande onore fu poi ancora presso i Romani col nome di Ara massima., Busiride tiranno di Egitto sacrific
poi ancora presso i Romani col nome di Ara massima., Busiride tiranno di Egitto sacrificava empiamente a Nettuno suo padre
te Caucaso, come si è detto nel capo precedente. Liberò Esione figlia di Laomedonte re di Troia dal mostro marino, a cui p
si è detto nel capo precedente. Liberò Esione figlia di Laomedonte re di Troia dal mostro marino, a cui per ordine dell’ o
avendogli l’ infedele Laomedoate negato poscia i cavalli della razza di quei del Sole, che in ricompensa gli avea promess
Troia, uccise il perfido re, e diede Esione al socio Telamone figlio di Eaco, e fratello di Peleo. Ritrasse Alceste dall’
rfido re, e diede Esione al socio Telamone figlio di Eaco, e fratello di Peleo. Ritrasse Alceste dall’ Inferno dopo aver i
o, come dirassi qui in seguito al Cap. X. Essendogli da Tindamante re di Misia negate le vettovaglie, irritate l’ uccise,
vettovaglie, irritate l’ uccise, poi prese seco il giovine Ila figlio di lui per compagno nella spedizione degli Argonauti
onsolabile l’ andò cercando per tutte quelle contrade, nè più si curò di seguire la nave Argo. Periclimeno figlio di Neleo
contrade, nè più si curò di seguire la nave Argo. Periclimeno figlio di Neleo e fratello di Nestore, avea da Nettuno otte
curò di seguire la nave Argo. Periclimeno figlio di Neleo e fratello di Nestore, avea da Nettuno ottenuto di potersi tras
imeno figlio di Neleo e fratello di Nestore, avea da Nettuno ottenuto di potersi trasformare a suo talento. Di ciò orgogli
o sotto varie forme, da ultimo cangiossi in aquila. Ma Ercole lo ferì di saetta in un’ ala, e quagli cadendo fece col peso
ericlimeno per la sua insolenza ucciso dallo stesso Nettuno. Il poter di cangiarsi in varie forme avea pure Acheloo figlio
della Terra, il quale venne a tenzone con Ercole. Per Deianira figlia di Eneo re di Calidania e sorella di Meleagro; atter
, il quale venne a tenzone con Ercole. Per Deianira figlia di Eneo re di Calidania e sorella di Meleagro; atterrato da Erc
one con Ercole. Per Deianira figlia di Eneo re di Calidania e sorella di Meleagro; atterrato da Ercole egli mutossi prima
o e vicino ad essere strozzato si cangiò in toro; ma essendogli sotto di questa forma da Ercole strappato un corno, fu all
a cui veggasi il capo III della prima parte. Ma fu Ercole in procinto di perdere il fruito della sua vittoria; perciocchè
cchè giunto con Deianira al fiume Eveno, il Centauro Nesso offrendosi di portarla in groppa di là dal fiume, tentò di rapi
ra al fiume Eveno, il Centauro Nesso offrendosi di portarla in groppa di là dal fiume, tentò di rapirla, se non che quegli
entauro Nesso offrendosi di portarla in groppa di là dal fiume, tentò di rapirla, se non che quegli avvedutosi a tempo il
suo qualor le fosse infedele; ma essa invece fu poi ad Ercole cagion di morte, come tra poco vedremo. Prima moglie di lui
fu poi ad Ercole cagion di morte, come tra poco vedremo. Prima moglie di lui, giusta Omero, fu Megera figliuola di Creonte
poco vedremo. Prima moglie di lui, giusta Omero, fu Megera figliuola di Creonte. Si accese ei poscia per Onfale regina di
fu Megera figliuola di Creonte. Si accese ei poscia per Onfale regina di Litia, la quale abusando dell’ impero sovra di lu
scia per Onfale regina di Litia, la quale abusando dell’ impero sovra di lui acquistato, il costrinse a trarre invece dei
lava la rocca ed il fuso. Dopo ch’ ebbe sposata Deianira, innamorossi di Iole figlia di Eurilo re dell’ Ecalia, di che Dei
d il fuso. Dopo ch’ ebbe sposata Deianira, innamorossi di Iole figlia di Eurilo re dell’ Ecalia, di che Deianira fatta gel
osata Deianira, innamorossi di Iole figlia di Eurilo re dell’ Ecalia, di che Deianira fatta gelosa gli mandò per mezzo del
elosa gli mandò per mezzo del giovine Licia la veste tinta del sangue di Nesso, sperando di richiamarlo con questa all’ am
mezzo del giovine Licia la veste tinta del sangue di Nesso, sperando di richiamarlo con questa all’ amor suo, come il Cen
, su quella si abbracciò, date prima le sue saette a Filottete figlio di Paente, con ordine di seppellirle con lui, ed a n
iò, date prima le sue saette a Filottete figlio di Paente, con ordine di seppellirle con lui, ed a niuno manifestare ove f
posto nel numero degli Dei, e che ottenne quivi in isposa Ebe figlia di Giove e di Giunone Dea della Gioventù, dalla qual
numero degli Dei, e che ottenne quivi in isposa Ebe figlia di Giove e di Giunone Dea della Gioventù, dalla quale pur conse
ompagno in molte imprese allorchè fu giunto all’ età decrepita, fosse di nuovo alla giovinezza restituito. Dopo la morte d
à decrepita, fosse di nuovo alla giovinezza restituito. Dopo la morte di Ercole, essendosi Illo, figlio di lui nato da Dei
iovinezza restituito. Dopo la morte di Ercole, essendosi Illo, figlio di lui nato da Deianira, rifugiato in Atene presso d
ndosi Illo, figlio di lui nato da Deianira, rifugiato in Atene presso di Teseo, Euristeo serbando verso del figlio l’ odio
irlo; ma da Illo medesimo in un combattimento restò ucciso e il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope, e padre d
combattimento restò ucciso e il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope, e padre di Agamennone. Capo III. Di Pe
ucciso e il regno di Micene passò ad Atreo figlio di Pelope, e padre di Agamennone. Capo III. Di Perseo. Fu Perseo
e padre di Agamennone. Capo III. Di Perseo. Fu Perseo figliuolo di Giove e di Danae figlia di Acrisio re di Argo. Av
Agamennone. Capo III. Di Perseo. Fu Perseo figliuolo di Giove e di Danae figlia di Acrisio re di Argo. Avendo Acrisi
apo III. Di Perseo. Fu Perseo figliuolo di Giove e di Danae figlia di Acrisio re di Argo. Avendo Acrisio inteso dall’ o
rseo. Fu Perseo figliuolo di Giove e di Danae figlia di Acrisio re di Argo. Avendo Acrisio inteso dall’ oracolo di aver
nae figlia di Acrisio re di Argo. Avendo Acrisio inteso dall’ oracolo di aver ad essere ucciso dal figlio, che nato fosse
he trasferitosi nel paese de’ Rutoli e fabbricata Ardea, fu poi padre di Turno), paese per cura della educazione di Perseo
ricata Ardea, fu poi padre di Turno), paese per cura della educazione di Perseo. Secondo altri, la cassa, dov’ eran Danae
ondo altri, la cassa, dov’ eran Danae e Perseo, fu recata, all’ isola di Serifo una delle Cicladi nel mar Egeo, e data al
Egeo, e data al re Polidette, il quale, allorchè Perseo fu cresciuto, di lui temendo, commisegli, per allontanarlo con ono
, di lui temendo, commisegli, per allontanarlo con onorevol pretesto, di andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figl
evol pretesto, di andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figlia di Foreo e di Ceto, e regina delle isole Gorgadi, or
to, di andare a combatter Medusa una delle Gorgoni, figlia di Foreo e di Ceto, e regina delle isole Gorgadi, ora del Capo 
a Medusa i capelli cangiati da Pallade in serpenti, perchè nel tempio di lei erasi data in braccia a Nettuno, e chiunque l
a, da Plutone l’ elmo, e da Pallade uno scudo, che risplendea a guisa di specchio. Giunto ov’ era Medusa, stando egli sosp
ov’ era Medusa, stando egli sospeso in aria, e guardando, l’ imagine di Medusa, nello scudo di Pallade, colla spada di Vu
egli sospeso in aria, e guardando, l’ imagine di Medusa, nello scudo di Pallade, colla spada di Vulcano troncolle il capo
guardando, l’ imagine di Medusa, nello scudo di Pallade, colla spada di Vulcano troncolle il capo. Dal sangue che ne sgor
il capo. Dal sangue che ne sgorgò nacque Crisaorre, che fu poi padre di Gerione, e il cavallo Pegaso, che in Elicona aprì
il fonte Ippocrene; e dalle gocce sanguinose, che caddero ne’ deserti di Libia; allorchè Perseo venne sopr’ essi volando c
’ deserti di Libia; allorchè Perseo venne sopr’ essi volando col capo di Medusa, nacquero i serpenti, onde quella fu poi s
r la sua altezza si disse poi sostenere il cielo: sebbene altri sieno di opinione che Atlante siasi detto portare il cielo
ai studioso dall’ astronomia. Passò in Etiopia, dove Andromeda figlia di Cefeo e di Cassiopea per ordine dell’ oracolo era
dall’ astronomia. Passò in Etiopia, dove Andromeda figlia di Cefeo e di Cassiopea per ordine dell’ oracolo era esposta ad
, colà mandato dalle Nereidi, perchè Cassiopea avea avuto l’ orgoglio di loro anteporsi in bellezza. Perseo, ottenuta prom
romeda sarebbe stata sua sposa, uccise il mostro, e posato il teschio di Medusa coperto di un velo sopra le piante marine,
ta sua sposa, uccise il mostro, e posato il teschio di Medusa coperto di un velo sopra le piante marine, che ivi erano, e
iolse Andromeda, e seco la guidò salva alla reggia. Ma Fineo fratello di Cefeo, a cui Andromeda era stata innanzi promessa
ratello di Cefeo, a cui Andromeda era stata innanzi promessa, pretese di averla; e nata quindi grave contesa, Perseo dopo
nata quindi grave contesa, Perseo dopo avere uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa petrificò tutt
Perseo dopo avere uccisi vari delle genti di Fineo, scoprendo il capo di Medusa petrificò tutti gli altri pur con Fineo me
o teschio tramutò in sasso Preto; che avea cacciato Acrisio dal regno di Argol, indi Polidette, che invidioso della gloria
crisio dal regno di Argol, indi Polidette, che invidioso della gloria di lui, cercava per ogni maniera di diffamarlo, e pe
olidette, che invidioso della gloria di lui, cercava per ogni maniera di diffamarlo, e per ultimo Acrisio stesso, che impr
diffamarlo, e per ultimo Acrisio stesso, che imprudentemente nel capo di Medusa si affissò. Fu indi Perseo unitamente ad A
ennero collocati. Capo IV. Di Bellerofonte. Bellerofonte figlio di Glauco re di Efìra o Corinto e di Eurimede, e nip
ati. Capo IV. Di Bellerofonte. Bellerofonte figlio di Glauco re di Efìra o Corinto e di Eurimede, e nipote di Sisifo
ellerofonte. Bellerofonte figlio di Glauco re di Efìra o Corinto e di Eurimede, e nipote di Sisifo fu prima chiamato Ip
ofonte figlio di Glauco re di Efìra o Corinto e di Eurimede, e nipote di Sisifo fu prima chiamato Ipponoo, perchè abilissi
nipote di Sisifo fu prima chiamato Ipponoo, perchè abilissimo domator di cavalli, e poscia coll’ uccisore di Bellero, che
pponoo, perchè abilissimo domator di cavalli, e poscia coll’ uccisore di Bellero, che pretendea farsi tiranno di Corinto,
alli, e poscia coll’ uccisore di Bellero, che pretendea farsi tiranno di Corinto, acquistò il nome di Bellerofonte. Trovan
di Bellero, che pretendea farsi tiranno di Corinto, acquistò il nome di Bellerofonte. Trovandosi alla corte di Preto, che
o di Corinto, acquistò il nome di Bellerofonte. Trovandosi alla corte di Preto, che scacciato Acrisio, erasi fattore degli
i Preto, che scacciato Acrisio, erasi fattore degli Argivi, la moglie di lui detta da Omero Antea, da altri Stenobea si ac
i, la moglie di lui detta da Omero Antea, da altri Stenobea si accese di Bellerofonte, e non potendolo trarre ai suoi desi
rre ai suoi desideri, l’ accusò presso il marito quasi avesse tentato di violarla. Preto non osando per ospitalità uccider
o Giobate suo suocero nella Libia con lettere, in cui raccomandavagli di trovar mezzo, onde farlo perire. Giobate lo mandò
ma, a guerreggiar contro i Solimi, indi contro le Amazoni; ma essendo di queste guerre uscito sempre vittorioso, lo spedì
la Chimera un mostro nato da Tifone e da Echidna col capo e il petto di leone, il ventre di capra, e la coda di drago, e
o nato da Tifone e da Echidna col capo e il petto di leone, il ventre di capra, e la coda di drago, e che fuoco vomitava d
a Echidna col capo e il petto di leone, il ventre di capra, e la coda di drago, e che fuoco vomitava dalla bocca. Bellerof
ad assalire il mostro è l’ uccise. Allor Giobate ammirando il valore di lui, non solo con esso pacificossi, ma gli diede
e ebbe Issandro, Ippoloco e Leodamia, che amata da Giove fu madre poi di Sarpendone, e Stenobea disperata all’ udir queste
madre poi di Sarpendone, e Stenobea disperata all’ udir queste nozze di propria mano si uccise. Avendo poi Bellerofonte c
assillo a tormentare il cavallo per modo, che si scosse Bellerofonte di dosso, e precipitollo nel campo, che fu detto Ale
olo volò su in cielo, ove fu posto fra le costellazioni. Delle figlie di Preto, e di Stenobea disser le favole, che avendo
in cielo, ove fu posto fra le costellazioni. Delle figlie di Preto, e di Stenobea disser le favole, che avendo osato di pa
lle figlie di Preto, e di Stenobea disser le favole, che avendo osato di paragonarsi a Giunone furon punite colla mania di
e, che avendo osato di paragonarsi a Giunone furon punite colla mania di credersi cangiate in vacche, e ne furono poi guar
ate in vacche, e ne furono poi guarite da Melampo, il quale sposò una di esse, e diede l’ altra a Biante suo fratello.
cignal Calidonio, d’ Atalanta, e d’ Ippomene. Meleagro era figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia di Testio
donio, d’ Atalanta, e d’ Ippomene. Meleagro era figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia di Testio. Al suo nas
nta, e d’ Ippomene. Meleagro era figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia di Testio. Al suo nascere le Parche
ne. Meleagro era figlio di Oeneo Re di Calidone, e di Altea figlia di Testio. Al suo nascere le Parche misero un tizzon
misero un tizzone sul fuoco, dicendo che tanto sarebbe durata la vita di lui, quanto il tizzone, il che udendo la madre ri
fecondità delle campagne solenni sacrificj a tutti gli Dei, dimenticò di offerirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a d
ne solenni sacrificj a tutti gli Dei, dimenticò di offerirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a disertar le campagne di
offerirne a Diana, di che essa sdegnata spedì a disertar le campagne di Calidonia un mostruoso cignale. Per combatter que
si, fra i quali Apollodoro annovera, oltre a Meleagro, Driante figlio di Marte, Ida e Linceo figli d’ Afareo, Castore e Po
iglio di Marte, Ida e Linceo figli d’ Afareo, Castore e Polluce figli di Giove e di Leda, Admeto Re di Tessaglia, Teseo fi
rte, Ida e Linceo figli d’ Afareo, Castore e Polluce figli di Giove e di Leda, Admeto Re di Tessaglia, Teseo figlio d’ Ege
igli d’ Afareo, Castore e Polluce figli di Giove e di Leda, Admeto Re di Tessaglia, Teseo figlio d’ Egeo, Pirotoo figlio d
Euritione padre d’ Alcmena, Anfiarao figlio d’ Oileo, Atalanta figlia di Scheneo, a quali Ovidio aggiunge Adrasto Re di Ar
Oileo, Atalanta figlia di Scheneo, a quali Ovidio aggiunge Adrasto Re di Argo, Laerte padre d’ Ulisse, Nestore figlio di P
o aggiunge Adrasto Re di Argo, Laerte padre d’ Ulisse, Nestore figlio di Peleo, Tosseo e Plessippo fratelli d’ Altea, e pa
ccise. Ma fu questa uccisione cagione della sua morte; perocchè Altea di ciò irritata, rimise il tizzone sul fuoco, e a mi
si Altea, ma troppo tardi, e per disperazione s’ uccise; e le sorelle di Meleagro la morte di lui piangendo furon cangiate
ardi, e per disperazione s’ uccise; e le sorelle di Meleagro la morte di lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il n
morte di lui piangendo furon cangiate in uccelli, che il nome ebbero di Meleagridi. Atalanta ricercata da molti alle nozz
, che raggiugnendoli fosse in poter suo l’ ucciderli. Ippomene figlio di Macareo per superarla ottenne da Venere tre pomi
reo per superarla ottenne da Venere tre pomi d’ oro colti nell’ isola di Cipro, e lasciandosi questi cadere l’ uno dopo l’
o della vittoria fu Atalanta, che Ippomene sposò; ma scordatosi egli, di renderne grazie a Venere, questa spinse li due am
ne grazie a Venere, questa spinse li due amanti a profanare il tempio di Giove, o, secondo molti, di Cibele, che per vendi
pinse li due amanti a profanare il tempio di Giove, o, secondo molti, di Cibele, che per vendicarsene li mutò in lioni, e
li mutò in lioni, e gli attaccò al suo carro. Capo VI. Di Cadmo, e di Anfione. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia
ccò al suo carro. Capo VI. Di Cadmo, e di Anfione. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia e di Telafasse, e fratello
ro. Capo VI. Di Cadmo, e di Anfione. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia e di Telafasse, e fratello di Europa, all
I. Di Cadmo, e di Anfione. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia e di Telafasse, e fratello di Europa, allorchè questa
. Cadmo figlio di Agenore re di Fenicia e di Telafasse, e fratello di Europa, allorchè questa fu rapita da Giove, ebbe
di Europa, allorchè questa fu rapita da Giove, ebbe ordine dal padre di andarne in traccia per ogni parte, nè ritornare s
ne dal padre di andarne in traccia per ogni parte, nè ritornare senza di lei. Venne egli nella Focide a consultare l’ orac
ornare senza di lei. Venne egli nella Focide a consultare l’ oracolo, di Delfo, onde avere notizia dov’ ella fosse; ma ebb
lo, di Delfo, onde avere notizia dov’ ella fosse; ma ebbe in risposta di non cercarne più oltre, e di fabbricare in vece u
zia dov’ ella fosse; ma ebbe in risposta di non cercarne più oltre, e di fabbricare in vece una città nel luogo, ove un bu
uogo indicato dal bue spedì i compagni ad attigner acqua alia fontana di Marte, e questi vennero tutti quanti divorati da
rva a combattere il drago, e seminare i denti colla promessa che nati di là sarebbono altrettanti uomini. Sursero questi d
promessa che nati di là sarebbono altrettanti uomini. Sursero questi di fatto, e tutti armati ma incominciarono tosto a d
i di fatto, e tutti armati ma incominciarono tosto a distruggersi fra di foro, nè altri rimasero fuori di cinque soli: i q
ominciarono tosto a distruggersi fra di foro, nè altri rimasero fuori di cinque soli: i quali però bastaron ad aiutarlo ne
i di cinque soli: i quali però bastaron ad aiutarlo nella edificazion di Tebe, che fu poi capitale della Beozia, così dett
memoria del bue sopraccennalo. Ebbe Cadmo da Ermione o Armonia figlia di Marie e di Venere quattro figlie, vale a dire Sem
bue sopraccennalo. Ebbe Cadmo da Ermione o Armonia figlia di Marie e di Venere quattro figlie, vale a dire Semele, che fu
arie e di Venere quattro figlie, vale a dire Semele, che fu poi madre di Bacco, ma incenerita dal fulmine di Giove; Ino ma
e a dire Semele, che fu poi madre di Bacco, ma incenerita dal fulmine di Giove; Ino madre di Melicerta, che fuggendo le fu
fu poi madre di Bacco, ma incenerita dal fulmine di Giove; Ino madre di Melicerta, che fuggendo le furie di Atamante, dov
a dal fulmine di Giove; Ino madre di Melicerta, che fuggendo le furie di Atamante, dovette gettarsi in mare; Autonoe madre
uggendo le furie di Atamante, dovette gettarsi in mare; Autonoe madre di Atteone, che fu da Diana cangiato in cervo: ed Ag
e madre di Atteone, che fu da Diana cangiato in cervo: ed Agave madre di Penteo, cui ella medesima uccise in compagnia del
ma uccise in compagnia delle Baccanti. Addolorato per queste sciagure di sua famiglia ed aggravato dagli anni, Cadmo insie
allontanossi da Tebe, e andò nell’ Illirico, dove chiedendo agli Dei di essere trasformalo in ciò ch’ era stato il princi
endo agli Dei di essere trasformalo in ciò ch’ era stato il principio di sue avventure, fu insieme con Ermione tramutato i
insieme con Ermione tramutato in serpente. Succedette a lui nel regno di Tebe il figlio Polidoro avuto similmente da Ermio
re a soprapporsi l’ una all’ altra spontaneamente. Era Anfione figlio di Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie di Li
porsi l’ una all’ altra spontaneamente. Era Anfione figlio di Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie di Lico; il qual
altra spontaneamente. Era Anfione figlio di Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie di Lico; il quale usurpato avea il
te. Era Anfione figlio di Giove e di Antiope figlia di Asopo e moglie di Lico; il quale usurpato avea il trono di Tebe. Qu
ope figlia di Asopo e moglie di Lico; il quale usurpato avea il trono di Tebe. Questi vedendola incinta la ripudiò, e pres
uale temendo che Antiopi tornar potesse in grazia del marito, ottenne di tenerla rinchiusa in una stretta prigione. Fu per
nfione e Zeto, i quali cresciuti in età ucciser Lieo, s’ impadroniron di Tebe, e legarono Dirce ad un furioso toro, che tr
el fiume Ismeno. Capo VII. Di Edipo, de suoi figli, e della guerra di Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di La
Di Edipo, de suoi figli, e della guerra di Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e di Giocast
figli, e della guerra di Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e di Giocasta o Epioasta, come
a guerra di Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e di Giocasta o Epioasta, come è detta da Om
i Tebe. Edipo era figlio di Laio figliuolo di Labdaco re di Tebe e di Giocasta o Epioasta, come è detta da Omero, figli
re di Tebe e di Giocasta o Epioasta, come è detta da Omero, figliuola di Creonte. Avendo Laio udito dall’ oracolo, che dov
Avendo Laio udito dall’ oracolo, che doveva essere ucciso dal figlio, di cui Giocasta era incinta, le ordinò di soffocarlo
veva essere ucciso dal figlio, di cui Giocasta era incinta, le ordinò di soffocarlo appena nato. Ma non avendo ella cuore
ncinta, le ordinò di soffocarlo appena nato. Ma non avendo ella cuore di eseguir per se stessa il barbaro comandamento, di
eguir per se stessa il barbaro comandamento, diè il figlio nelle mani di un soldato, che recatolo in un bosco e foratigli
ciglio il lasciò sospeso ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore di Polibio re di Corinto, e portatolo, alla regina M
iò sospeso ad un albero. Fu là trovato da Forba pastore di Polibio re di Corinto, e portatolo, alla regina Merope la quale
a, e dalla gonfiezza de’ piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto udendo di non esser figlio di Polibio andò a consultar l’ o
de’ piedi lo chiamò Edipo. Fattosi adulto udendo di non esser figlio di Polibio andò a consultar l’ oracolo di Apollo per
lto udendo di non esser figlio di Polibio andò a consultar l’ oracolo di Apollo per aver contezza de’ suoi parenti, ed ebb
olo di Apollo per aver contezza de’ suoi parenti, ed ebbe in risposta di non ritornare nella sua patria, perchè vi avrebbe
ucciso il padre, e sposata la madre. Credendo che l’ oracolo parlasse di Corinto se ne esigliò volontariamente, e risolse
oracolo parlasse di Corinto se ne esigliò volontariamente, e risolse di andare in Beozia. Giunto nella Focite, mentre in
in una contesa tra i Focesi ed i forestieri ei volle prender le parti di questi, uccise senza conoscerlo il proprio padre,
rti di questi, uccise senza conoscerlo il proprio padre, che a favore di quelli si era intromesso. Altri dicono che l’ ucc
temente costringerlo a cedergli il passo. Di là arrivato a Tebe trovò di paese infestato dalla Sfinge, mostro nato da Tifo
ge, mostro nato da Tifone e da Echidna, che avea la testa, e il petto di donna, il corpo di cane, de zampe di leone, la co
Tifone e da Echidna, che avea la testa, e il petto di donna, il corpo di cane, de zampe di leone, la codardi drago, e le a
a, che avea la testa, e il petto di donna, il corpo di cane, de zampe di leone, la codardi drago, e le ali di uccello. Abi
onna, il corpo di cane, de zampe di leone, la codardi drago, e le ali di uccello. Abitava ella nel monte Ficeo, e lanciand
n enimma, cui se non sapessero sciogliere, li divorava. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattan
o sciogliere, li divorava. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattanto avea preso il governo, e l
ere, li divorava. Creonte padre di Giocasta promise il regno di Tebe, di cui frattanto avea preso il governo, e la vedova
il regno di Tebe, di cui frattanto avea preso il governo, e la vedova di Laio in isposa a chi sciogliesse l’ enimma, e per
Sfinge allor cadde estinta, e giusta la promessa Edipo ebbe il regno di Tebe, e Giocasta in isposa, cui non sospettò esse
e alcuni anni dopo un orribile pestilenza, la quale, disse l’ oracolo di Delfo su ciò consultato, che non sarebbe cessata,
e non sarebbe cessata, finche non fosse de Tebe esigliato l’ uccisore di Laio. Or mentre Edipo si occupa premurosamente a
mente a farne ricerca, venne a scovrire non solamente che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio
ire non solamente che l’ uccisore di Laio era stato egli medesimo, ma di più che Laio era suo padre, e Giocasta sua madre.
Giocasta sua madre. Preso da orrore al vedersi tutto ad un tempo reo di parricidio e d’ incesto; si Cavò gli occhi per no
dine del padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro di regnare alternatamente un anno per ciasch
padre, come alcuni vogliono, o spontaneamente convennero fra di loro di regnare alternatamente un anno per ciascheduno: m
anno per ciascheduno: ma Eteocle, prese le redini del governo, ricusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ricover
icusò di più cederle al fratello, e lo costrinse a ricoverarsi presso di Adrasto re degli Argivi. Avea Adrasto due figlie
l significalo, comparvero alla sua corte da un canto Polinice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una
, comparvero alla sua corte da un canto Polinice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una pelle di cign
n canto Polinice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una pelle di cignale, Tideo figlio di Eneo re di
ice coperto di una pelle di leone, e dall’ altro coperto di una pelle di cignale, Tideo figlio di Eneo re di Calidone, che
di leone, e dall’ altro coperto di una pelle di cignale, Tideo figlio di Eneo re di Calidone, che ucciso sgraziatamente il
dall’ altro coperto di una pelle di cignale, Tideo figlio di Eneo re di Calidone, che ucciso sgraziatamente il fratello M
Eneo re di Calidone, che ucciso sgraziatamente il fratello Menalippo, di là fuggiva. Parve ad Adrasto che questi fossero i
, e data Argia a Polinice, e a Tideo Deifile, assunse pure l’ impegno di , rimettere Polinice nel regno. Spedì quindi Tideo
tere Polinice nel regno. Spedì quindi Tideo ad Eteocle per intimargli di cederlo secondo il patto; ma Eteocle dopo un supe
tristo annunzio. Ma irritato Adrasto al rifiuto e alla nuova perfidia di Eteocle, adunò incontanente il fiore de’ suoi ese
Eteocle, adunò incontanente il fiore de’ suoi eserciti sotto la guida di sette illustri capitani, i quali erano Adrasto me
medonte, Capaneo, Anfiarao e Partenopeo, e con questi si mosse contro di Tebe. Anfiarao però, ch’ era della famiglia dell’
arao però, ch’ era della famiglia dell’ indovino Melampo, e prevedeva di dover sotto a Tebe perder la vita, erasi nascosto
nascosto per sottrarsi a quell’ impresa, ma la moglie Erfile sorella di Adrasto vinta da Argia moglie di Polinice col pre
impresa, ma la moglie Erfile sorella di Adrasto vinta da Argia moglie di Polinice col presente di un aureo monile lasciato
ile sorella di Adrasto vinta da Argia moglie di Polinice col presente di un aureo monile lasciato da Ermione, scoperse il
andarvi, lasciò ordine al figlio Alcmeone, che quando udisse la morte di lui, uccidesse l’ infedele Eri file per vendicarl
i file per vendicarlo. Funestissima ad ambe le parli riesci la guerra di Tebe, poichè Tideo dopo molte valorose prove fu u
bano Menalippo; Capaneo sprezzatore degli Dei, mentre scalava le mura di Tebe, venne fulminato da Giove; Anfiarao fu col s
due nemici fratelli. Fino avanti al loro nascere avea detto Giocasta di averli sentiti nell’ utero pugnar tra loro: e ben
quelli, che in vita stati erano così divisi. Nè le triste conseguenze di quella guerra finirono colla; loro morte. Percioc
lla; loro morte. Perciocchè avendo Creonte, il quale prese il governo di Tebe, vietato che gli Argivi si seppellissero, fu
tempo agitato dalle furie; indi avendo sposata prima Alfesibea figlia di Fegeo, e poi Calliroe figlia di Acheloo, andando
avendo sposata prima Alfesibea figlia di Fegeo, e poi Calliroe figlia di Acheloo, andando per togliere a quella il fatai m
per togliere a quella il fatai monile, che areale recato per presente di nozze dai fratelli di lei Temeno ed Assieme fu tr
il fatai monile, che areale recato per presente di nozze dai fratelli di lei Temeno ed Assieme fu trucidato; e questi lo f
ieme fu trucidato; e questi lo furon poi da Acarnone e Anfotero figli di Alcmeone, e di Calliroe, i quali essa ottenne, ch
to; e questi lo furon poi da Acarnone e Anfotero figli di Alcmeone, e di Calliroe, i quali essa ottenne, che ancor fanciul
del padre. Capo VIII. Di Giasone e degli Argonauti, singolarmente di Chirone, di Calai e Zete, di Castore e Polluce, e
Capo VIII. Di Giasone e degli Argonauti, singolarmente di Chirone, di Calai e Zete, di Castore e Polluce, e di Orfeo.
Giasone e degli Argonauti, singolarmente di Chirone, di Calai e Zete, di Castore e Polluce, e di Orfeo. Giasone ora fig
i, singolarmente di Chirone, di Calai e Zete, di Castore e Polluce, e di Orfeo. Giasone ora figlio di Esone re di Iolco
Calai e Zete, di Castore e Polluce, e di Orfeo. Giasone ora figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia, e di Alcimede
, di Castore e Polluce, e di Orfeo. Giasone ora figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia, e di Alcimede o Polimila.
Orfeo. Giasone ora figlio di Esone re di Iolco nella Tessaglia, e di Alcimede o Polimila. Pelia fratello di Esone dopo
re di Iolco nella Tessaglia, e di Alcimede o Polimila. Pelia fratello di Esone dopo averlo detronizzato cerco di far perir
de o Polimila. Pelia fratello di Esone dopo averlo detronizzato cerco di far perire anche Giasone; ma Alcimede ebbe modo d
detronizzato cerco di far perire anche Giasone; ma Alcimede ebbe modo di salvarlo, e di farlo segretamente educare sul men
rco di far perire anche Giasone; ma Alcimede ebbe modo di salvarlo, e di farlo segretamente educare sul mente Pelio dal Ce
paterno; ma Pelia non osando opporglisi apertamente cercò destramente di allontanarlo, animandolo alla grande impresa dell
edesse. Era questo la pelle del montone, su cui Frisso ed Elle, figli di Atamante re di Tracia e di Nefele, fuggendo le pe
sto la pelle del montone, su cui Frisso ed Elle, figli di Atamante re di Tracia e di Nefele, fuggendo le persecuzioni dell
del montone, su cui Frisso ed Elle, figli di Atamante re di Tracia e di Nefele, fuggendo le persecuzioni della madrigna I
Nefele, fuggendo le persecuzioni della madrigna Ino, si argomentarono di passare lo stretto, che or chiamasi dei Dardanell
tati dai flutti Elle cadde nel mare, e diede a quello stretto il nome di Ellesponto; Frisso giunto all’ opposta riva n’ an
Giasone invitò gli Eroi più famosi, che allor vivessero. Argo figlio di Alettore co’ legni del monte Pelio, e con una que
e costruita, e le diede il suo nome; Tifi ne fu il piloto; i compagni di Giasone furon tra gli altri il sudetto Chirone i
i due fratelli Castore e Polluce, i fratelli alati Calai e Zete figli di Borea e di Orizia, il poeta Orfeo. Plutarco vi ag
lli Castore e Polluce, i fratelli alati Calai e Zete figli di Borea e di Orizia, il poeta Orfeo. Plutarco vi aggiugne anco
ia, ivi poi si rimase per ricercarlo. Giunti gli Argonauti all’ isola di Lenno trovaronla abitata da sole donne: perocchè
modo onde superare gli scogli Cianei o Simplegati, che urtandosi fra di loro impedivano l’ uscita dal Bosforo: in ricompe
urtandosi fra di loro impedivano l’ uscita dal Bosforo: in ricompensa di che Giasone ordinò agli alati figli di Borea di s
ita dal Bosforo: in ricompensa di che Giasone ordinò agli alati figli di Borea di scacciare le Arpie, che lordavano le men
osforo: in ricompensa di che Giasone ordinò agli alati figli di Borea di scacciare le Arpie, che lordavano le mense di Fin
li alati figli di Borea di scacciare le Arpie, che lordavano le mense di Fineo, e questi le inseguirono fino alle isole Pi
furono dette Strofadi ora Strivali. Era Fineo, secondo alcuni, figlio di Agenore, e secondo alcunti, figlio di Agenore, e
a Fineo, secondo alcuni, figlio di Agenore, e secondo alcunti, figlio di Agenore, e figlio di Fenice e di Cassiopea. Sposò
ni, figlio di Agenore, e secondo alcunti, figlio di Agenore, e figlio di Fenice e di Cassiopea. Sposò in prime nozze Cleop
i Agenore, e secondo alcunti, figlio di Agenore, e figlio di Fenice e di Cassiopea. Sposò in prime nozze Cleopatra, che al
amarono Stenobra o Stenoboe, da cui ebbe Orito e Crambo Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Bore
o e Crambo Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia ad istanza; di cui acciecò i fi
Dopo la morte di lei in seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia ad istanza; di cui acciecò i figli, che da
n seconde nozze menò Arpalice figlia di Borea e di Orizia ad istanza; di cui acciecò i figli, che dalla prima avea avuti.
istanza; di cui acciecò i figli, che dalla prima avea avuti. In pena di ciò gli Dei acciecaron lui stesso, e ad infestarl
rono le Arpie Aello e occipete, a cui Virgilio aggiunge Celeno figlia di Taumante e di Elettra. Erano queste mezze donne,
Aello e occipete, a cui Virgilio aggiunge Celeno figlia di Taumante e di Elettra. Erano queste mezze donne, e mezzo uccell
divorando e lordandogli tutti i cibi, ridotto avrebbon Fineo a perir di fame, se opportunamente da Calai e Zette non foss
o custode del vello. Giasone ebbe l’ arte d’ innammorare Medea figlia di Eeta, la quale essendo maga gli fornì l’ erbe inc
dendo che dal padre sarebbe stata inseguita, prese il barbaro partito di fare a pezzi il fratello Absirto, gettarne sulla
o Danubio, e se ne venner contr’ acqua fino a’ monti della Liburnia, di dove trasportata la nave per terra nell’ Adriatic
o e pel mare Ionio se ne tornarono a Ioleo. Fu chi aggiunse che prima di arrivarvi essi vennero dalla tempesta sbattuti ai
e determinare ove fosse un tal passaggio, sembra che l’ immaginazione di Omero abbia voluto qui trasportare quello degli s
degli scogli Cianei. In Iolco Medea ringiovenì il vecchio Esone padre di Giasone con trargli il sangue dalle vene, e nuovo
nuovo sangue creargli co’ suoi sughi incantati, e bramando le figlie di Pelia, che altrettanto facesse al padre loro pres
e di Pelia, che altrettanto facesse al padre loro prescrisse a queste di ucciderlo, e farlo bollire in una caldaia, promet
che con sue erbe l’ avrebbe fatto rinascere giovane; ma invece sopra di un carro tirato da dragoni se ne fuggi a Corinto,
e fuggi a Corinto, dove Giasone trovavasi. Giasone erasi quivi acceso di Glauce figlia del re Creonte, di che Medea irrita
rovavasi. Giasone erasi quivi acceso di Glauce figlia del re Creonte, di che Medea irritata finse per più sicura vendetta
a del re Creonte, di che Medea irritata finse per più sicura vendetta di esser contenta ch’ egli passasse alle nuove nozze
uce se l’ ebbe posta, andò essa a fiamme con tutta la reggia. Ne paga di ciò Medea, per isfogare vie più il suo furore sca
er isfogare vie più il suo furore scannò atrocemente sotto agli occhi di Giasone medesima i due figli che da esso avea avu
alita sul carro tirato da’ draghi fuggì in Atene, ove divenuta moglie di Egeo padre di Tesèo partorì Medo, che poi diede i
o tirato da’ draghi fuggì in Atene, ove divenuta moglie di Egeo padre di Tesèo partorì Medo, che poi diede il nome alla Me
’ egli fosso gran conoscitore delle stelle, ed espertissimo nel tirar di arco e nel sonar la lira, nelle quali arti istruì
affidatogli da Apollo; e la cognizione che egli avea delle stelle fu di grandissimo giovamento agli Argonauti nel lor via
nto agli Argonauti nel lor viaggio. Mentre stava esaminando le saette di Ercole tinte dal sangue dell’ Idra, una che a cas
dell’ Idra, una che a caso il ferì gli creò tal dolore, che desiderò di morire e fu trasportato in cielo nella costellazi
la figlia Ociroe, ch’ era indovina, gli stava vaticinando, fu al dir di Ovidio tramutata in cavallo. Castore e Polluce na
nacquero, secondo le favole, da due uova partorite da Leda; ma l’ un di questi contenente Polluce ed Elena era stato feco
nnestra avea avuta la fecondazione da Tindaro re dell’ Ebalia, marito di Leda. Quindi è che Polluce era immortale, e morta
due nella costellazione de’ Gemelli, ed ebbero amendue il nome comune di Dioscuri, cioè figli di Giove, e di, Tindaridi, c
de’ Gemelli, ed ebbero amendue il nome comune di Dioscuri, cioè figli di Giove, e di, Tindaridi, cioè figli di Tindaro; e
ed ebbero amendue il nome comune di Dioscuri, cioè figli di Giove, e di , Tindaridi, cioè figli di Tindaro; e in somma ven
comune di Dioscuri, cioè figli di Giove, e di, Tindaridi, cioè figli di Tindaro; e in somma venerazione erano entrambi, p
e si distinse nei matteggio de cavalli. Orfeo figlio, secondo alcuni, di Apollo, e secondo altri, di Onagro re di Tracia e
de cavalli. Orfeo figlio, secondo alcuni, di Apollo, e secondo altri, di Onagro re di Tracia e della Musa Calliope, fu a t
rfeo figlio, secondo alcuni, di Apollo, e secondo altri, di Onagro re di Tracia e della Musa Calliope, fu a tempi suoi ins
le piante e le fiere, ed arrestava il corso de’ fiumi. Fu egli sposo di Euridice, ed essendo questa, caduta estinta per m
sposo di Euridice, ed essendo questa, caduta estinta per morsicatura di un serpente nell’ atto che fuggiva da Aristeo, eg
ti col suo canto cosi intenerire gli Dei Infernali, che gli permisero di ricondurla, a patto però di non volgersi a guarda
rire gli Dei Infernali, che gli permisero di ricondurla, a patto però di non volgersi a guardarla, finchè dall’ Inferno no
itario i pe’ boschi piangendo continuamente la sua perdita, nè amore, di donna più il potè muovere; di che indispettite le
continuamente la sua perdita, nè amore, di donna più il potè muovere; di che indispettite le madri de’ Ciconi lo fecero a
ne omicide furon da Bacco mutate in piante. Capo IX. Di Minosse, e di Dedalo. Due Re di Creta ebbero il nome di Mino
acco mutate in piante. Capo IX. Di Minosse, e di Dedalo. Due Re di Creta ebbero il nome di Minosse. Il primo figlio
Capo IX. Di Minosse, e di Dedalo. Due Re di Creta ebbero il nome di Minosse. Il primo figlio di Giove, e di Europa e
Dedalo. Due Re di Creta ebbero il nome di Minosse. Il primo figlio di Giove, e di Europa e fratello di Radamanto, fu le
ue Re di Creta ebbero il nome di Minosse. Il primo figlio di Giove, e di Europa e fratello di Radamanto, fu legislalor de’
il nome di Minosse. Il primo figlio di Giove, e di Europa e fratello di Radamanto, fu legislalor de’ Cretesi, e per megli
fu legislalor de’ Cretesi, e per meglio accreditar le sue leggi dicea di averle ricevute da Giove stesso. Dopo la sua mort
averle ricevute da Giove stesso. Dopo la sua morte ei fu in compagnia di Radamanto e di Eaco fatto giudice dell’ inferno.
da Giove stesso. Dopo la sua morte ei fu in compagnia di Radamanto e di Eaco fatto giudice dell’ inferno. Il secondo figl
di Radamanto e di Eaco fatto giudice dell’ inferno. Il secondo figlio di Licasto e di Ida, figlia di Coribante e nipote de
e di Eaco fatto giudice dell’ inferno. Il secondo figlio di Licasto e di Ida, figlia di Coribante e nipote del primo ebbe
giudice dell’ inferno. Il secondo figlio di Licasto e di Ida, figlia di Coribante e nipote del primo ebbe in moglie Pasif
Coribante e nipote del primo ebbe in moglie Pasifae figlia del Sole e di Perseide la quale furiosamente innamoratasi di un
ifae figlia del Sole e di Perseide la quale furiosamente innamoratasi di un toro, partorì il minotauro mezzo toro e mezzo
o mezzo toro e mezzo uomo. Essendogli stato dagli Ateniesi per ordine di Egeo assassinato il figliò Androgeo, dopochè nell
atanee era riuscito vincitore in tutti i giuochi, armossi egli contro di loro, e giunto prima a Sitone ottenne coll’ oro c
o l’ assedio a Nisa chiamato poscia Megara, Scilla figlia del re Niso di esse innammoratosi recise al padre addormentalo u
padre addormentalo un crine purpureo, al quale era annesso il destino di Nisa, per la qual cosa ella fu poi tramutata in l
il quale fu poi ucciso da Teseo. Dedalo, figlio d’ Imessione, nipote di Eupolemo, pronipote di Eretteo re di Alene, fu in
da Teseo. Dedalo, figlio d’ Imessione, nipote di Eupolemo, pronipote di Eretteo re di Alene, fu ingegnosissimo artefice,
alo, figlio d’ Imessione, nipote di Eupolemo, pronipote di Eretteo re di Alene, fu ingegnosissimo artefice, ma avendo tolt
fu ingegnosissimo artefice, ma avendo tolto ad istruire Gelo figlio, di Perdice sua sorella il quale mostrava di voler su
lto ad istruire Gelo figlio, di Perdice sua sorella il quale mostrava di voler superarlo (perciocchè giunto da se medesimo
tri ingegnosi istrumenti.), mosso da invidia precipitollo dalla rocca di Minerva, che poi lo cangiò in pernice. Rifugiatos
fugiatosi perciò Dedalo in Creta ivi fu accollo da Minosse, per ordin di cui fabbricò il laberinto, luogo d’ intralciatiss
ra introdotto più non trovava l’ uscita. Favorì egli dappoi gli amori di Pasifae inchiedendola in una vacca di legno, e fo
a. Favorì egli dappoi gli amori di Pasifae inchiedendola in una vacca di legno, e fornì ad Arianna figlia di Minosse il fi
asifae inchiedendola in una vacca di legno, e fornì ad Arianna figlia di Minosse il filo, con cui Teseo, ucciso nel laberi
, potè strigarsene, e fuggir poscia con Arianna medesima, e con Fedra di lei sorella. Ciò risaputo, Minosse fe chiudere lo
lio, colle quali deluse i custodi fuggendo a volo. Ma il giovin Icaro di quel volo invaghito, contro gli avvertimenti del
gliatasi al calor del Sole la cera, le penne gli caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino all’ Isola di Samo nel ma
penne gli caddero, ed ei privo di quelle precipitò vicino all’ Isola di Samo nel mare, che da lui prese il nome d’ Icario
secondo Virgilio, a Cuma, e secondo altri in Sicilia presso Cosalo re di Agrigento, dove andato Minosse per riaverlo a for
ichevolmente, poi soffogato in un bagno caldo. Capo X. Di Teseo, e di Piritoo. Teseo nacque in Trachine da Etra figl
Pitteo, la quale congiunta prima a Nettuno si unì poscia ad Egeo, re di Atene, onde fu Teseo tenuto da alcuni per figlio
oscia ad Egeo, re di Atene, onde fu Teseo tenuto da alcuni per figlio di Nettuno, e da altri per figlio di Egeo. Questi ne
u Teseo tenuto da alcuni per figlio di Nettuno, e da altri per figlio di Egeo. Questi nel partir da Trachine per ritornars
el partir da Trachine per ritornarsene ad Atene, seppellì in presenza di Etra sotto ad un gran sasso una spada, ordinandol
dinandole, che, se nascesse da lei un maschio allorchè fosse in grado di rimovere il sasso e pigliarne la spada, glielo ma
ado di rimovere il sasso e pigliarne la spada, glielo mandasse. Teseo di questa spada fornito, emulando le glorie di Ercol
a, glielo mandasse. Teseo di questa spada fornito, emulando le glorie di Ercole, si diede prima, com’ esso, a purgare la t
tazione dell’ Attica, e a Grondone il porco che disertava le campagne di Corinto. Uccise in Epidauro il ladrone Perifeta f
le campagne di Corinto. Uccise in Epidauro il ladrone Perifeta figlio di Vulcano, detto pur Cornista dalla clava ond’ era
i Cercione, che sfidava i passaggieri alla lotta, e vinti o ricusanti di combattere li uccideva; nell’ istmo di Corinto il
lla lotta, e vinti o ricusanti di combattere li uccideva; nell’ istmo di Corinto il gigante Sine, che piegando due pini a
. Vuolsi pure che in Tebe egli abbia ucciso Creonte, il quale vietava di seppellire gli Argivi morti in quella guerra; e a
Antiopa, dalla quale nacque Ippolito. Aveva prima rapito Elena figlia di Giove e di Leda; ma questa gli fu prontamente rit
lla quale nacque Ippolito. Aveva prima rapito Elena figlia di Giove e di Leda; ma questa gli fu prontamente ritolta da Cas
e di Leda; ma questa gli fu prontamente ritolta da Castore e Polluce di lei fratelli. Giunto finalmente ad Atene, dove Me
fratelli. Giunto finalmente ad Atene, dove Medea era divenuta moglie di Egeo, corse grave pericolo di esser vittima della
d Atene, dove Medea era divenuta moglie di Egeo, corse grave pericolo di esser vittima della malvagità di questa donna, pe
moglie di Egeo, corse grave pericolo di esser vittima della malvagità di questa donna, perciocchè o temesse di lui o d’ es
i esser vittima della malvagità di questa donna, perciocchè o temesse di lui o d’ esso accesa ne fosse respinta, indusse E
abbracciò Teseo’ come suo figlio. Erano gli Ateniesi per l’ uccisione di Androgeo figlio di Minosse stati da lui sottomess
me suo figlio. Erano gli Ateniesi per l’ uccisione di Androgeo figlio di Minosse stati da lui sottomessi, come abbiam dett
sette giovani fu pur Teseo, o fosse egli uscito a sorte, o per opera di Medea, o si fosse spontaneamente esibito per aver
opera di Medea, o si fosse spontaneamente esibito per aver la gloria di uccidere quel terribile mostro. Stava questo nel
. Stava questo nel labirinto fabbricato da Dedalo; e Teseo per potere di là sottrarsi dopo l’ uccisione del Minotauro esse
trarsi dopo l’ uccisione del Minotauro essendosi procacciato l’ amore di Arianna figlia di Minosse, ebbe da lei per consig
isione del Minotauro essendosi procacciato l’ amore di Arianna figlia di Minosse, ebbe da lei per consiglio di Dedalo un g
iato l’ amore di Arianna figlia di Minosse, ebbe da lei per consiglio di Dedalo un gomitolo di filo, che attaccato per un
na figlia di Minosse, ebbe da lei per consiglio di Dedalo un gomitolo di filo, che attaccato per un capo all’ ingresso del
tenendo dietro al filo medesimo se uscì, presa seco Arianna con Fedra di lei sorella fuggi di Creta. Ma arrivato all’ isol
o medesimo se uscì, presa seco Arianna con Fedra di lei sorella fuggi di Creta. Ma arrivato all’ isola di Nasso, ivi ingra
ianna con Fedra di lei sorella fuggi di Creta. Ma arrivato all’ isola di Nasso, ivi ingratamente abbandonò Arianna, che fu
con Fedra soltanto, cui fece sua moglie, e che fu poi ad esso cagione di estremo dolore. Omero dice però che Arianna fu tr
rianna fu trattenuta in Dia o Nasso espressamente da Diana ad istanza di Bacco. Il ritorno di Teseo fu in prima fatale ad
in Dia o Nasso espressamente da Diana ad istanza di Bacco. Il ritorno di Teseo fu in prima fatale ad Egeo. Perciocchè avev
iglio estinto, per duolo affogossi nel mare, che da lui prese il nome di Mar Egeo, ora Arcipelago. Come il nome di Teseo a
e, che da lui prese il nome di Mar Egeo, ora Arcipelago. Come il nome di Teseo altamente risonava per tutta la Grecia, Pir
itoo figliuolo d’ Issione re de’ Lapiti, o come dice Omero, figliuolo di Giove e di Melata moglie d’ Issione, invidioso de
olo d’ Issione re de’ Lapiti, o come dice Omero, figliuolo di Giove e di Melata moglie d’ Issione, invidioso della gloria
liuolo di Giove e di Melata moglie d’ Issione, invidioso della gloria di lui venne colle sue genti nell’ Attica per provar
sero colla più ferma amicizia. Giovò sommamente a Piritoo l’ amicizia di Teseo nella pugna ch’ egli ebbe contro i Centauri
Centauri. Perciocchè avendo egli alle sue nozze con Ippodamia figlia di Atracio invitato i Centauri, Folo lor capo tentò
Ippodamia figlia di Atracio invitato i Centauri, Folo lor capo tentò di rapirgliela; ma coll’ aiuto di Teseo i Centauri f
vitato i Centauri, Folo lor capo tentò di rapirgliela; ma coll’ aiuto di Teseo i Centauri furono debellali, ed Ippodamia a
o debellali, ed Ippodamia ad essi ritolta. S’ invogliò poscia Pirotoo di aver Proserpina figlia di Cerere e moglie di Plut
ad essi ritolta. S’ invogliò poscia Pirotoo di aver Proserpina figlia di Cerere e moglie di Plutone e pregò Teseo a voler
invogliò poscia Pirotoo di aver Proserpina figlia di Cerere e moglie di Plutone e pregò Teseo a voler seco scendere all’
so fu divorato dal Cerbero, e Teseo condannato a seder immobile sopra di un sasso, finchè ne venne liberato da Ercole. Vuo
to da Ercole. Vuolsi però da molti che questa Proserpina fosse moglie di Edoneo re dell’ Epiro, per toglier la quale essen
li che formavano la popolazione ateniese, ed istituì in essa ad onore di Minerva le feste Panatenee, e i giuochi funebri n
onore di Minerva le feste Panatenee, e i giuochi funebri nell’ istmo di Corinto. Ma infelici a cagione di Fedra furono gl
ee, e i giuochi funebri nell’ istmo di Corinto. Ma infelici a cagione di Fedra furono gli ultimi anni della sua vita. Eras
gettata da lui, cangiando l’ amore in odio l’ accusò presso il marito di averle voluto fai forza. Teseo irritalo, e memore
a. Teseo irritalo, e memore della promessa che fatta gli avea Nettuno di appagarlo in qualunque cosa gli avesse chiesto, i
io lacerarono. Fu egli poi richiamato in vita dà Esculapio ad istanza di Diana, e da lei trasportato in Italia nel bosco d
culapio ad istanza di Diana, e da lei trasportato in Italia nel bosco di Arica ove appresso fu venerato sotto il nome di V
o in Italia nel bosco di Arica ove appresso fu venerato sotto il nome di Virbio, cioè due volte uomo. Ma Fedra punta da ri
ebbe più pace, finchè scacciato pure da Atene ricoverossi nell’ isola di Sciro, ove fu ucciso secondo alcuni da Licomede,
eo, Tieste, Agamennone, Menelao, Egisto, ed Oreste. Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’ empio
amennone, Menelao, Egisto, ed Oreste. Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’ empio padre, come è
nelao, Egisto, ed Oreste. Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia e di Taigete, fu dall’ empio padre, come è già detto,
far pruova della loro divinità, e da essi risuscitato ebbe una spalla di avorio in luogo di quella che Cerere aveva mangia
ro divinità, e da essi risuscitato ebbe una spalla di avorio in luogo di quella che Cerere aveva mangiato. Cresciuto in et
to la patria venne nell’ Elide, ove a quel tempo regnava Enomao padre di Ippodamia, la quale perchè bellissima, e perchè u
de del regno, veniva ambita da molti. Ma Enomao sapendo dall’ oracolo di dover morire per opera di suo genero, propose ai
a da molti. Ma Enomao sapendo dall’ oracolo di dover morire per opera di suo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia,
morire per opera di suo genero, propose ai pretendenti d’ Ippodamia, di gareggiar con esso nel corso de’ cocchi, nel qual
citore avrebbe avuto in premio Ippodamia, ma i vinti sarebbero puniti di morte. Pelope, onde aver la vittoria, sedusse Mir
iti di morte. Pelope, onde aver la vittoria, sedusse Mirtilo cocchier di Enomao a porre al cocchio di lui un fragil asse,
er la vittoria, sedusse Mirtilo cocchier di Enomao a porre al cocchio di lui un fragil asse, il quale essendosi spezzato n
poscia ingrandì per modo che tutta la penisola da lui trasse il nome di Peloponneso. Ebbe esso da Ippodamia due figli, At
igli, Atreo e Trieste, il secondo de’ quali sorpreso con Erope moglie di Atreo se ne fuggi; ma Atreo covando il desiderio
vendetta, lo richiamò protestando il perdono, indi uccise i due figli di lui glieli diede a mangiare in una abbominevole c
ole cena, da cui dicesi che il Sole torse per orrore la faccia. Figli di Atreo furono Agamennone e Menelao, il primo de’ q
Figli di Atreo furono Agamennone e Menelao, il primo de’ quali fu re di Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tindaro e di
enelao, il primo de’ quali fu re di Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tindaro e di Leda sorella di Castore; il secondo
imo de’ quali fu re di Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tindaro e di Leda sorella di Castore; il secondo fu re di Spar
re di Argo, e sposò Clitennestra figlia di Tindaro e di Leda sorella di Castore; il secondo fu re di Sparta, e sposò Elen
stra figlia di Tindaro e di Leda sorella di Castore; il secondo fu re di Sparta, e sposò Elena figlia di Giove e di Leda e
sorella di Castore; il secondo fu re di Sparta, e sposò Elena figlia di Giove e di Leda e sorella di Polluce. Essendo Ele
Castore; il secondo fu re di Sparta, e sposò Elena figlia di Giove e di Leda e sorella di Polluce. Essendo Elena stata ra
do fu re di Sparta, e sposò Elena figlia di Giove e di Leda e sorella di Polluce. Essendo Elena stata rapita da Paride fig
eda e sorella di Polluce. Essendo Elena stata rapita da Paride figlio di Priamo re di Troia, armossi tutta la Grecia per r
di Polluce. Essendo Elena stata rapita da Paride figlio di Priamo re di Troia, armossi tutta la Grecia per riaverla, e ca
a ivi da venti contrari, il sacerdote Calcante consu Itato l’ oracolo di Delfo portò in risposta che per aver propizi i ve
ta che per aver propizi i venti conveniva sacrificare Ifigenia figlia di Agamenone. Consentì il padre al barbaro sacrifici
la fece sacerdotessa del suo tempio. Partito Agamennone per la guerra di Troia, di cui appresso diremo, Egisto figlio di T
cerdotessa del suo tempio. Partito Agamennone per la guerra di Troia, di cui appresso diremo, Egisto figlio di Tieste, che
mennone per la guerra di Troia, di cui appresso diremo, Egisto figlio di Tieste, che per vendicare la morte de’ fratelli g
de’ fratelli già aveva ucciso Atreo, riuscì a sedurre Clitennestra, e di concerto con essa, allorchè Agamennone fu di rito
sedurre Clitennestra, e di concerto con essa, allorchè Agamennone fu di ritorno, invitandolo in casa sua ad un solenne co
un solenne convito, a tradimento l’ uccise, e impadronissi del regno di Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio
a tradimento l’ uccise, e impadronissi del regno di Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio di Agamennone e di C
ronissi del regno di Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra; ma questi salvato d
o di Argo. Cercò egli di uccidere anche Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra; ma questi salvato dalla sorella Ele
la sorella Elettra, fu allevato segretamente da Strofio nella Focide, di dove all’ età di venti anni tornò incognito in Ar
a, fu allevato segretamente da Strofio nella Focide, di dove all’ età di venti anni tornò incognito in Argo a vendicar la
tornò incognito in Argo a vendicar la morte del padre coll’ uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena però di aver uc
ito in Argo a vendicar la morte del padre coll’ uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena però di aver uccisa la madr
e del padre coll’ uccisione di Egisto e di Clitennestra. In pena però di aver uccisa la madre fu Oreste agitato dalle furi
u Oreste agitato dalle furie, e vagando accompagnato da Pilade figlio di Strofio, con cui era stato educato giunse in Taur
ducato giunse in Tauride, ove per ordine del re Toante fu in procinto di essere sacrificato a Diana. Ma una virtuosa gara
varlo si finse Oreste, e Oreste costantemente si oppose alla generosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, ch’ era la
rosa di lui menzogna, finchè avendo Ifigenia, ch’ era la sacerdotessa di Diana, riconosciuto a sicuri indizi il fratello,
i unirono tutti e tre ad uccider Toante, e seco portando il simulacro di Diana se ne fuggirono. Tornato in Grecia fu Orest
irono. Tornato in Grecia fu Oreste giudicato dagli Dei nell’ Areopago di Atene, ove sebbene eguali voti ei riportasse, val
allora all’ amico Pilade la sorella Elettra in isposa; e premendogli di aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui p
de la sorella Elettra in isposa; e premendogli di aver Ermione figlia di Menelao, che prima a lui promessa, era stata poi
al popolo ammutinato assassinare. Virgilio dice invece, che l’ uccise di propria mano innanzi al patrio altare. Vuolsi ch’
innanzi al patrio altare. Vuolsi ch’ egli perisse alla fine pel morso di una vipera. Menelao avendo nella presa di Troia r
perisse alla fine pel morso di una vipera. Menelao avendo nella presa di Troia ricuperato Elena, al ritorno fu dalla tempe
a ricuperato Elena, al ritorno fu dalla tempesta portalo in Egitto, e di là dopo lungo tempo tornato a parta carico di ric
ta portalo in Egitto, e di là dopo lungo tempo tornato a parta carico di ricchezze, visse tranquillo nel regno per molti a
anni, indi giusta la predizione avuta da Proteo in Egitto, come sposo di Elena, e genero di Giove, senza soccombere alla m
a predizione avuta da Proteo in Egitto, come sposo di Elena, e genero di Giove, senza soccombere alla morte fu negli Elisi
bere alla morte fu negli Elisi trasportato. Capo XII. Della guerra di Troia, e de principali Greci, Troiani, e loro aus
e della guerra troiana fu Paride, altramente detto Alessandro, figlio di Priamo re di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ e
a troiana fu Paride, altramente detto Alessandro, figlio di Priamo re di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, p
Paride, altramente detto Alessandro, figlio di Priamo re di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, parvele in so
e di Troia, e di Ecuba. Mentre Ecuba n’ era incinta, parvele in sogno di aver in seno una fiaccola ardente, il che essendo
Ideo; e fatto giudice della bellezza tra Giunone, Pallade, e Venere, di cui la prima promettevagli il regno, la seconda l
ubblici giuochi, ei vinse non pure gli altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’ era di tutti il più valente, e avendo
vinse non pure gli altri, ma Ettore stesso figlio di Priamo, ch’ era di tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò sde
o figlio di Priamo, ch’ era di tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò sdegnato contro di esso impugnata la spada, P
era di tutti il più valente, e avendo Ettore, di ciò sdegnato contro di esso impugnata la spada, Paride, datigli i contra
ato contro di esso impugnata la spada, Paride, datigli i contrassegni di essere a lui fratello, il placò e Priamo stesso c
tro marino era stata via condotta da Ercole, e data a Telamone figlio di Eaco e re di Salamina. Accolto ospitalmente in Is
a stata via condotta da Ercole, e data a Telamone figlio di Eaco e re di Salamina. Accolto ospitalmente in Isparta da Mene
o e re di Salamina. Accolto ospitalmente in Isparta da Menelao marito di Elena, ch’ era riputata la più bella donna di que
parta da Menelao marito di Elena, ch’ era riputata la più bella donna di quell’ età, colse Paride l’ occasione che Menelao
icar quest’ ingiuria i due fratelli Agamennone, e Menelao procurarono di trarre al lor partito tutti i principi della Grec
ti i principi della Grecia, de’ quali i primari furono Achille figlio di Peleo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace
i della Grecia, de’ quali i primari furono Achille figlio di Peleo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugi
i i primari furono Achille figlio di Peleo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone r
o Achille figlio di Peleo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e
leo re di Elia in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e di Esione; Tenero di l
in Tessaglia, e di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Ai
di Tetide; Aiace di lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Aiace figlio di O
di lui cugina, figlio di Telamone re di Salamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Aiace figlio di Oileo re di Locri;
one re di Salamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Aiace figlio di Oileo re di Locri; Palamede figlio di Nauplia re
lamina, e di Esione; Tenero di lui fratello; Aiace figlio di Oileo re di Locri; Palamede figlio di Nauplia re dell’ Eubea;
o di lui fratello; Aiace figlio di Oileo re di Locri; Palamede figlio di Nauplia re dell’ Eubea; Ulisse figlio di Laerte r
re di Locri; Palamede figlio di Nauplia re dell’ Eubea; Ulisse figlio di Laerte re d’ Itaca; Stenelo figlio di Capaneo; Di
a re dell’ Eubea; Ulisse figlio di Laerte re d’ Itaca; Stenelo figlio di Capaneo; Diomede figlio di Tideo e nipote di Eneo
glio di Laerte re d’ Itaca; Stenelo figlio di Capaneo; Diomede figlio di Tideo e nipote di Eneo re di Calidone; Idomeneo e
d’ Itaca; Stenelo figlio di Capaneo; Diomede figlio di Tideo e nipote di Eneo re di Calidone; Idomeneo e Merione figli di
tenelo figlio di Capaneo; Diomede figlio di Tideo e nipote di Eneo re di Calidone; Idomeneo e Merione figli di Deucalione,
io di Tideo e nipote di Eneo re di Calidone; Idomeneo e Merione figli di Deucalione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nes
Eneo re di Calidone; Idomeneo e Merione figli di Deucalione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re
done; Idomeneo e Merione figli di Deucalione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re di Pilo;.Antilo
figli di Deucalione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Pat
calione, e nipoti di Minosse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Patroclo figlio
sse, re di Creta, Nestore figlio di Neleo re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Patroclo figlio di Menezio e di Stenele;
glio di Neleo re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Patroclo figlio di Menezio e di Stenele; Podalirio e Macaone figli d
re di Pilo;.Antiloco tìglio di Nestore; Patroclo figlio di Menezio e di Stenele; Podalirio e Macaone figli di Esculapio;
e; Patroclo figlio di Menezio e di Stenele; Podalirio e Macaone figli di Esculapio; Protesilao figlio d’ Ificlo; Filottete
one figli di Esculapio; Protesilao figlio d’ Ificlo; Filottete figlio di Peante; ai quali, dopo la morte di Achilie si agg
figlio d’ Ificlo; Filottete figlio di Peante; ai quali, dopo la morte di Achilie si aggiunse Pirro figlio di lui e di Deid
i Peante; ai quali, dopo la morte di Achilie si aggiunse Pirro figlio di lui e di Deidamia, soprannomato Neottolemo, cioè
ai quali, dopo la morte di Achilie si aggiunse Pirro figlio di lui e di Deidamia, soprannomato Neottolemo, cioè nuovo gue
i i principali guerrieri furono Ettore, Paride, Troilo, Deifobo figli di Priamo, ed Enea figlio di Anchise e di Venere; a’
urono Ettore, Paride, Troilo, Deifobo figli di Priamo, ed Enea figlio di Anchise e di Venere; a’ quali si aggiunsero Anten
Paride, Troilo, Deifobo figli di Priamo, ed Enea figlio di Anchise e di Venere; a’ quali si aggiunsero Antenore re di una
nea figlio di Anchise e di Venere; a’ quali si aggiunsero Antenore re di una parte della Tracia coi figli Elieaonio e Poli
a coi figli Elieaonio e Polidamante; Melinone re dell’ Etiopia figlio di Titone e dell’ Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serp
a figlio di Titone e dell’ Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bel
ne e dell’ Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso
Aurora; Eufemo re de’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Traci
e’ Ciconi; Serpedone re di Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Tracia figlio di una del
i Licia figlio di Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Tracia figlio di una delle Muse; Cigno figliuol d
Giove e di Laodamia figlia di Bellerofonte; Reso re di Tracia figlio di una delle Muse; Cigno figliuol di Nettuno; e Pent
lerofonte; Reso re di Tracia figlio di una delle Muse; Cigno figliuol di Nettuno; e Pentesilea regina delle Amazoni. Non t
i Greci si prestarono a quella lega con egual prontezza. Ulisse cercò di sottrarsene simulandosi pazzo; ma Palamede per fa
inzione, e il costrinse ad entrar nella lega cogli altri. In vendetta di ciò fu poi detto, che Ulisse nel campo di Troia n
ga cogli altri. In vendetta di ciò fu poi detto, che Ulisse nel campo di Troia nascose dell’ oro sotto la tenda di Palamed
detto, che Ulisse nel campo di Troia nascose dell’ oro sotto la tenda di Palamede, e accusandolo di averlo ricevuto da’ Tr
di Troia nascose dell’ oro sotto la tenda di Palamede, e accusandolo di averlo ricevuto da’ Troiani per mezzo di tradimen
a di Palamede, e accusandolo di averlo ricevuto da’ Troiani per mezzo di tradimento, il fè lapidare da Greci. Tetide madre
roiani per mezzo di tradimento, il fè lapidare da Greci. Tetide madre di Achille, sapendo che sotto Troia sarebbe questi p
perito, l’ occultò sotto abito femminile tra le damigelle della corte di Licomede re di Stiro, ove dalla figlia di esso De
ltò sotto abito femminile tra le damigelle della corte di Licomede re di Stiro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe
ra le damigelle della corte di Licomede re di Stiro, ove dalla figlia di esso Deidamia poi ebbe Pirro. Ma Ulisse presentat
onobbe, e l’ indusse a partire con seco. Filottete era stato compagno di Ercole, e testimonio della morte di lui. Ercole v
eco. Filottete era stato compagno di Ercole, e testimonio della morte di lui. Ercole volle che le sue frecce tinte del san
ell’ Idra fossero seppellite con esso-lui, e fe giurarsi da Filottete di non mai ad alcuno manifestare il luogo del suo se
avvertiti i Greci dall’ oracolo, essere necessarie all’ espugnazione di Troia le frecce di Ercole, costrinsero Filottete
dall’ oracolo, essere necessarie all’ espugnazione di Troia le frecce di Ercole, costrinsero Filottete a scoprire dov’ egl
sero Filottete a scoprire dov’ egli fosse sepolto. Credette Filottete di non mancare al giuramento tacendo il luogo, e acc
nvece col piede. Ma allorchè le frecce ne furon tratte, cadutagli una di queste sol piede, incominciò egli a mandar tal fa
quali seco preso l’ aveano, perchè egli solo trattar sapeva le frecce di Ercole, furon costretti a lasciarlo in Lenno, dov
ne della guerra, e condotto a Troia vi fu guarito da Macaone figliuol di Esculapio. Mentre i Greci adunati in Aulide con m
on ottennero se non col sacrificio d’ Ifigenia, un serpente salito su di un vicin platano divorò otto uccellini nel lido,
o predetto dall’ oracolo, che il primo, il quale fosse sceso sul lido di Troia, sarebbe perito. Ciò gli altri ricusando, P
a guerra. Cagion della lite si fu, che essendo Venuto Crise sacerdote di Apollo per riscattare la figlia sua Astionome, no
iscattare la figlia sua Astionome, nota più comunemente sotto al nome di Criseide, la quale nella divisione della preda fa
quale nella divisione della preda fatta da’ Greci nella espugnazione di Crisa città della Frigia era toccata ad Agamennon
, perchè Agamenonne restituisse Criseide, come Calcante diceva essere di mestieri, Agamennone alteratamente dispose, che l
se egli pertanto nella sua tenda covando il suo sdegno, e protestando di non voler più combattere a favore de’ Greci, nè i
estando di non voler più combattere a favore de’ Greci, nè i consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse valsero a rimuov
ombattere a favore de’ Greci, nè i consigli di Nestore e le preghiere di Ulisse valsero a rimuoverlo dal suo proponimento.
imuoverlo dal suo proponimento. Frattanto Paride e Menelao convennero di terminare la guerra con un duello alla presenza d
soccombesse, indusse il troiano Pandaro a scoccare uno strale contro di Menelao per disturbare il duello, e trasportò Par
Ettore malgrado la resistenza che i Greci, e soprattutto Aiace figlio di Telamone, vi opponevano, ebbero de’ grandi vantag
pur fosser le navi, che tratte in secca servivano al campo de’ Greci di trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroc
, che tratte in secca servivano al campo de’ Greci di trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroclo amico di Achille
e’ Greci di trinceramento e di riparo. In questo mezzo Patroclo amico di Achille, non potendolo indurre a riprender le arm
di Achille, non potendolo indurre a riprender le armi, chiese almeno di poter con quelle armi andar egli a combattere con
chiese almeno di poter con quelle armi andar egli a combattere contro di Ettore; ma ne fu ucciso e dell’ armi spogliato. A
rpo dietro il suo cocchio, tre volte lo trascinò d’ intorno alle mura di Troia, nè si arrese che a gran fatica a restituir
estituirlo al misero padre, che venne in persona a domandarlo. L’ ira di Achille, e i mali di che fu cagione a’ Greci in p
padre, che venne in persona a domandarlo. L’ ira di Achille, e i mali di che fu cagione a’ Greci in prima, indi a’ Troiani
mento del primo poema epico che sia apparso, vale a dire dell’ Iliade di Omero. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese i
i Omero. Riconciliatosi Achille con Priamo chiese in isposa la figlia di lui Polissena; ma nell’ atto che celebravasi lo s
so invulnerabile in tutte le altre parti. Dice Ovidio, che la freccia di Paride fu là diretta da Apollo medesimo ad istanz
che la freccia di Paride fu là diretta da Apollo medesimo ad istanza di Nettuno al quale Achille aveva ucciso il figlio C
pure a’ dardi era impenetrabile. Grave battaglia per riavere il corpo di Achille insorse allora fra i Greci, ed i Troiani;
ed i Troiani; ma Ulisse recandoselo sulle spalle, difeso dallo scudo di Aiace, riuscì a portarlo nel campo de’ Greci, che
geo. Ma forte contesa poi nacque fra Ulisse ed Aiace per aver le armi di Achille, cui Tetide aveva posto in mezzo, perchè
cui Tetide aveva posto in mezzo, perchè fossero date al più degno; su di che non sapendo i Greci decidere, chiesero a’ Tro
danno, e avendo questi risposto Ulisse, le armi a lui furon date. Ma di ciò Aiace adirato ne venne sì furioso che ne perd
venne sì furioso che ne perde la ragione, e lanciatosi in una mandra di pecore si die a farne strage credendo di uccidere
, e lanciatosi in una mandra di pecore si die a farne strage credendo di uccidere Ulisse; e finalmente colla spada si trap
lta colà entrato insieme con Diomede, ne rapì il Palladio o simulacro di Palla le, sapendo esser destino che Troia non fos
presa finchè il Palladio conservasse, e menò prigioniero Eleno figlio di Priamo e vate, cui obbligò a svelare i futuri eve
Eleno figlio di Priamo e vate, cui obbligò a svelare i futuri eventi di Troia. E poichè era pure destino, che Troia fosse
E poichè era pure destino, che Troia fosse invincibile, se i cavalli di Reso venuto in soccorso di quella gustasser l’ er
che Troia fosse invincibile, se i cavalli di Reso venuto in soccorso di quella gustasser l’ erba de’ prati troiani, e bev
zichè giugnesse nella Troade; e posti amendue in agguato, lui ucciser di notte, e via condussero i cavalli. Ma lo stratage
, lui ucciser di notte, e via condussero i cavalli. Ma lo stratagemma di Ulisse più a Troia fatale fu in appresso l’ inven
di Ulisse più a Troia fatale fu in appresso l’ invenzione del cavallo di legno. Fece egli costruire da Epeo uno smisurato
rinchiuse egli medesimo co’ più valorosi Greci. Finsero gli altri poi di partire abbandonando l’ assedio di Troia, e dietr
orosi Greci. Finsero gli altri poi di partire abbandonando l’ assedio di Troia, e dietro l’ isola di Tenedo si nascosero.
ri poi di partire abbandonando l’ assedio di Troia, e dietro l’ isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di P
ia, e dietro l’ isola di Tenedo si nascosero. Invano Cassandra figlia di Priamo, che era per destino verace sempre e non c
n’ insidia e che doveva distruggersi. Invano pure Laocoonte Sacerdote di Apollo confermando la stessa cosa incominciò a sc
te di Apollo confermando la stessa cosa incominciò a scagliare contro di quello una lancia. In questo mentre, secondo Virg
istrutto da Ulisse, appostatamete erasi ascoso nelle paludi, fingendo di esser fuggito da’ Greci che voleano sacrificarlo.
che il cavallo era stato fabbricato da’ Greci, onde placar lo sdegno di Pallade irritata per la violazion del Palladio, e
e Meneleo uccisero Deifobo, e via condussero Elena, che dopo la morte di Paride, il quale era educato per man di Pirro, a
sero Elena, che dopo la morte di Paride, il quale era educato per man di Pirro, a quello era stata data in isposa. Pirro e
a quello era stata data in isposa. Pirro entrato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite figlio di lui: indi Priam
Pirro entrato a forza nella reggia di Priamo vi uccise Polite figlio di lui: indi Priamo stesso; e sacrificata Polissena
iglio di lui: indi Priamo stesso; e sacrificata Polissena sulla tomba di Achille, trasse prigioniera Andromaca vedova di E
Polissena sulla tomba di Achille, trasse prigioniera Andromaca vedova di Ettore. Gli altri tutti sparsi per le case e per
ando ridussero quella città già sì florida e sì possente a un mucchio di sassi e di cenere. Capo XIII. Del ritorno de’
ero quella città già sì florida e sì possente a un mucchio di sassi e di cenere. Capo XIII. Del ritorno de’ Greci, e sp
assi e di cenere. Capo XIII. Del ritorno de’ Greci, e spezialmente di Ulisse dopo la rovina di Troia. Superbi i Grec
 XIII. Del ritorno de’ Greci, e spezialmente di Ulisse dopo la rovina di Troia. Superbi i Greci della loro vittoria più
tro. Pirro giunse in Tessaglia guidando seco prigionieri Eleno figlio di Priamo, e la vedova di Ettore Andromaca; ma dopo
ssaglia guidando seco prigionieri Eleno figlio di Priamo, e la vedova di Ettore Andromaca; ma dopo il ritorno di Menelao s
figlio di Priamo, e la vedova di Ettore Andromaca; ma dopo il ritorno di Menelao sposato avendo Ermione figlia di lui prom
ndromaca; ma dopo il ritorno di Menelao sposato avendo Ermione figlia di lui promessa innanzi ad Oreste, da questo fu ucci
di lui promessa innanzi ad Oreste, da questo fu ucciso. Aiace figlio di Oileo avendo nella presa di Troia osato violare C
Oreste, da questo fu ucciso. Aiace figlio di Oileo avendo nella presa di Troia osato violare Cassandra nel tempio di Palla
Oileo avendo nella presa di Troia osato violare Cassandra nel tempio di Pallade, la Dea irritata suscitò contro di esso u
olare Cassandra nel tempio di Pallade, la Dea irritata suscitò contro di esso una fiera burrasca, dalla quale ben fu campa
ntro di esso una fiera burrasca, dalla quale ben fu campaio per opera di Nettuno sopra lo scoglio Gireo, ma poi vantandosi
ampaio per opera di Nettuno sopra lo scoglio Gireo, ma poi vantandosi di aver saputo a dispetto degli Dei salvarsi da se m
i salvarsi da se medesimo, fu dallo stesso Nettuno sommerso con parte di quello scoglio, ch’ ei distaccò col tridente. Ido
ta con Merione, sorpreso anch’ egli dalla tempesta, fe voto a Nettuno di sacrificargli il primo che sopra il lido incontra
o ei dovette rifuggiarsi in Calabria nel paese de’ Salentini. Diodoro di Sicilia però asserisce, che egli morì tranquillam
nquillamente in Creta, e che anche a suo tempo mostravasi nella città di Gnosso la tomba, ov’ egli era sepolto in compagni
asi nella città di Gnosso la tomba, ov’ egli era sepolto in compagnia di Merione. In Calabria parimente si ridusse Filotte
ione. In Calabria parimente si ridusse Filottete, e vi fondò la città di Petilia, ora Belcastro. Teucro per non aver vendi
città di Petilia, ora Belcastro. Teucro per non aver vendicato contro di Ulisse la morte del fratello Aiace, arrivato a Sa
in aiuto del figlio Enea. Or Venere in vendetta fè che Egialea moglie di Diomede si desse in preda a Cillabaro figlio di S
fè che Egialea moglie di Diomede si desse in preda a Cillabaro figlio di Stenelo, il che Diomede sapendo in luogo di ferma
preda a Cillabaro figlio di Stenelo, il che Diomede sapendo in luogo di fermarsi nella patria Argo venne ad approdar nell
a Argo venne ad approdar nella Puglia, ove presa in moglie una figlia di Dauno, fondò presso il monte Gargano la città di
in moglie una figlia di Dauno, fondò presso il monte Gargano la città di Arpi o Siponto, e vi fu poi secondo alcuni ucciso
; sebbene Ovidio dice essere questo tramutamento avvenuto a’ compagni di lui, che sprezzarono l’ ire di Venere. Nestore fu
esto tramutamento avvenuto a’ compagni di lui, che sprezzarono l’ ire di Venere. Nestore fu il solo, che dopo avere sotto
l’ ire di Venere. Nestore fu il solo, che dopo avere sotto alle mura di Troia perduto il figlio Antiloco ucciso da Mennon
tornarsene a Pilo, ove secondo i poeti giunse felicemente al termine di tre età. Quegli invece, che più avversità ebbe a
rcarsi precipitosamente, perduti settantadue compagni. Giunto al capo di Malea or capo Malio nel Peloponneso, la tempesta
l Peloponneso, la tempesta il portò all’ isola de’ Lotofagi nel golfo di Gabes presso Tripoli, dove spediti avendo due com
ndato con dodici compagni a visitare nella sua grotta Polifemo figlio di Nettuno, questi gliene divorò sei con animo di di
grotta Polifemo figlio di Nettuno, questi gliene divorò sei con animo di divorar gli altri ancora, se non che Ulisse, prim
utti nell’ atto che Polifemo, tolto lo smisurato macigno, che serviva di uscio alla grotta, ne mandò fuori la greggia. Con
reggia. Con questo acciecamento però Ulisse concitò contro se l’ odio di Nettuno, che mai non cessò di perseguitarlo, finc
o però Ulisse concitò contro se l’ odio di Nettuno, che mai non cessò di perseguitarlo, finchè in Itaca non fu giunto. Rad
ciolsero l’ otre credendo che gran tesoro vi si contenesse, e i venti di là scoppiati riportarono le navi a Lipari, di dov
i contenesse, e i venti di là scoppiati riportarono le navi a Lipari, di dove Ulisse sdegnosamente da Eolo fu poi discacci
paese de’ Lestrigoni, che da Cicerone supponsi ove fu poscia la città di Formia, ora Mola di Gaeta. Erano costoro uomini s
, che da Cicerone supponsi ove fu poscia la città di Formia, ora Mola di Gaeta. Erano costoro uomini selvaggi, di smisurat
la città di Formia, ora Mola di Gaeta. Erano costoro uomini selvaggi, di smisurata grandezza ed antropofagi; i quali gli f
ta grandezza ed antropofagi; i quali gli fracassaron con una grandine di sassi undici navi e appena egli colla sua e coi c
secondo Esiodo, Aglio e Latino, e secondò altri Telegono, per ordine di lei medesima n’ andò a’ Cimmeri, che da Plinio po
ma n’ andò a’ Cimmeri, che da Plinio pongonsi presso a Cuma ed allago di Averno (benchè altri Cimmeri pur vi fossero press
rno (benchè altri Cimmeri pur vi fossero presso la Palude Meotide); e di là scese all’ inferno a consultar l’ anima del te
discorso con Agamennone e con Achille, ma Aiace dispettosamente negò di rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene di
ispettosamente negò di rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene di Tizio, di Tantalo, di Sisifo, e l’ immagine di Er
ente negò di rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene di Tizio, di Tantalo, di Sisifo, e l’ immagine di Ercole. Torn
rispondergli; vide il giudice Minosse; le pene di Tizio, di Tantalo, di Sisifo, e l’ immagine di Ercole. Tornato a Circe,
udice Minosse; le pene di Tizio, di Tantalo, di Sisifo, e l’ immagine di Ercole. Tornato a Circe, e data sepoltura ad Elpe
zzogiorno si sottrasse all’ insidia del canto delle Sirene all’ isola di Capri, chiudendo a’ compagni le orecchie eoa cera
nave: schivò il mar burrascoso alle pietre erranti; passò lo stretto di Messina fra Scilla e Cariddi, ove Scilla colle se
l’ isola Gaulos, ora Gozo vicino a Malta, ove la Ninfa Calipso figlia di Atlante lo tenne per sette anni, e tentò di farse
e la Ninfa Calipso figlia di Atlante lo tenne per sette anni, e tentò di farselo marito promettendogli l’ immortalità e la
odo dice però ch’ ei n’ ebbe Nausitoo e Nausinoo. Pallade protettrice di Ulisse ottenne allora da Giove, che per mezzo di
Pallade protettrice di Ulisse ottenne allora da Giove, che per mezzo di Mercurio spedisse ordine a Calipso di rilasciarlo
allora da Giove, che per mezzo di Mercurio spedisse ordine a Calipso di rilasciarlo. Ma allorchè navigando prosperamente
ll’ isola. Quivi presentatosi nudo a Nausicaa figlia del re Alcinoo e di Arete, che colle ancelle era andata a lavare le v
lle ancelle era andata a lavare le vesti alfiume, ebbe da lei ristoro di cibo e dì vestimenta, e fu scortato alla città, o
evolmente far vendetta de’ Proci, i quali pretendendo forzar Penelope di lui moglie a sposare uno di loro, frattanto si di
roci, i quali pretendendo forzar Penelope di lui moglie a sposare uno di loro, frattanto si divoravano le sostanze di esso
lui moglie a sposare uno di loro, frattanto si divoravano le sostanze di esso, si trasformò in vecchio mendico. Sotto a qu
orci, ove essendo pur giunto il figlio Telemaco ritornato dal viaggio di Pilo e Sparla, ov’ era andato a cercar novelle di
tornato dal viaggio di Pilo e Sparla, ov’ era andato a cercar novelle di suo padre; Ulisse per ordine di Pallade a lui si
arla, ov’ era andato a cercar novelle di suo padre; Ulisse per ordine di Pallade a lui si manifestò, e presi seco gli oppo
ose a mendicare fra i Proci, dai quali sofferse pazientemente insulti di ogni maniera. Avendo poscia Penelope per ispirazi
mente insulti di ogni maniera. Avendo poscia Penelope per ispirazione di Pallade proposto a’ Proci di sposar quello, il qu
. Avendo poscia Penelope per ispirazione di Pallade proposto a’ Proci di sposar quello, il quale coll’ arco di Ulisse scag
ne di Pallade proposto a’ Proci di sposar quello, il quale coll’ arco di Ulisse scagliar sapesse uno strale attraverso ai
e coll’ arco di Ulisse scagliar sapesse uno strale attraverso ai fori di dodici scudi piantati a certa distanza, e non ess
i fori di dodici scudi piantati a certa distanza, e non essendo niuno di essi riuscito a tender quell’ arco, Ulisse, avuto
riuscito a tender quell’ arco, Ulisse, avutolo fra le mani col titolo di farne prova, incominciò col primo strale a passar
noo, e col terzo Eurimaco, ch’ erano i capi de’ Proci, e via seguendo di mano in mano cogli strali e colle aste recategli
hio Laerte suo padre; ed essendo là venuti per assalirlo Eupide padre di Antinoo con altri del suo partito, Laerte per con
pide padre di Antinoo con altri del suo partito, Laerte per consiglio di Pallade getto contro di essi la prima lancia con
n altri del suo partito, Laerte per consiglio di Pallade getto contro di essi la prima lancia con cui uccise Eupide, e dop
quanta uccisione degli altri, Pallade finalmente sotto alla sembianze di Mentore aio di Telemaco s’ interpose a far con es
e degli altri, Pallade finalmente sotto alla sembianze di Mentore aio di Telemaco s’ interpose a far con essi la pace. Sec
i Telemaco s’ interpose a far con essi la pace. Secondo la predizione di Tiresia, riportata da Omero, doveva quindi Ulisse
cio a Nettuno, vivuto sarebbe poscia in piena pace, e cessato avrebbe di vivere consunto mollemente dalla vecchiezza, ma a
ortora marina feri Ulisse senza conoscerlo. Capo XIV. Della venuta di Antenore, e Enea, in Italia. Dei capi de’ Troi
evole al partito dei Greci, perchè sempre consigliava la restituzione di Elena, e avendo in Troia scoperto Ulisse con abit
isse con abito simulato da schiavo non lo manifestò: dopo l’ incendio di Troia partì cogli Eneti popoli della Paflagonia,
re loro Filemone e venuto all’ estremo dell’ Adriatico fondò la città di Padova, e discacciati gli Euganei diede alla prov
cacciati gli Euganei diede alla provincia dal nome degli Eneti quello di Venezia. Enea figliuolo di Anchise, e di Venere e
alla provincia dal nome degli Eneti quello di Venezia. Enea figliuolo di Anchise, e di Venere e pronipote di Assarago, fra
dal nome degli Eneti quello di Venezia. Enea figliuolo di Anchise, e di Venere e pronipote di Assarago, fratello d’ Ilo r
quello di Venezia. Enea figliuolo di Anchise, e di Venere e pronipote di Assarago, fratello d’ Ilo re di Troia, fu anch’ e
o di Anchise, e di Venere e pronipote di Assarago, fratello d’ Ilo re di Troia, fu anch’ egli accusato da alcuni come trad
ia fu presa, dopo aver fatto secondo Virgilio quanto poteva in difesa di lei, allorchè vide Priamo ucciso, e la città in f
di lei, allorchè vide Priamo ucciso, e la città in fiamme, per ordine di Venere si prese sulle spalle il vecchio suo padre
do a mano il figlio Ascanio, parti seguito dalla moglie Creusa figlia di Priamo, che poi si smarrì, e andò a riamarsi ad A
dì una voce la quale gli annunziò che ivi sepolto era Polidoro figlio di Priamo, ucciso dal re Polinnestore per rapirne i
con cui Priamo l’ aveva a lui spedito. Aggiunge Ovidio, che la morte di Polidoro era stata poi vendicata da Ecuba percioc
stata poi vendicata da Ecuba perciocchè essendo i Greci dopo la presa di Troia approdati in Tracia, ove sacrificarono Poli
Polissena (che però altri dicono sacrificata da Pirro sopra la tomba di Achille), Ecuba accostatasi al mare per lavarne i
l cadavere del figlio Polidoro, e chiamato a se Polinnestore a titolo di consegnarli un nuovo tesoro da dare al figlio, de
di consegnarli un nuovo tesoro da dare al figlio, del quale dissimulò di sapere la morte, furiosamente, a lui avventandosi
aevan l’ origine; il che essendo interpetrato da Anchise per l’ isola di Creta, da cui oriundo era Teucro, Enea là si dire
, cui disse Pergamea. Ma sopravvenuta una fiera pestilenza, apparvero di notte ad Enea gli Dei Penati, avvisandolo che la
ndicata da Apollo era l’ Italia, da cui origine traeva Dardano nativo di Conto ora Cortona, fondatore della città Dardania
e Strofadi, ora Strivali, ove inquietato fu dalle Arpie, o Celeno una di queste predissegli che non avrebbe avuto seggio i
ò a Butroto, ora Batrinto porto dell’ Epiro, ove regnava Eleno figlio di Priamo con Andromaca vedova di Ettore, che egli a
dell’ Epiro, ove regnava Eleno figlio di Priamo con Andromaca vedova di Ettore, che egli aveva sposata dopo la morte di P
con Andromaca vedova di Ettore, che egli aveva sposata dopo la morte di Pirro. Accolto quivi con gran tripudio, ebbe da E
o quivi con gran tripudio, ebbe da Eleno, che era pur vate, l’ avviso di non approdare a’ vicini lidi della Calabria e del
i lidi della Calabria e della Puglia, perchè erano abitati dai Greci, di non fidarsi a passar lo stretto troppo pericoloso
idarsi a passar lo stretto troppo pericoloso fra Scilla e Cariddi, ma di circondar la Sicilia, di consultar poscia in Ital
o troppo pericoloso fra Scilla e Cariddi, ma di circondar la Sicilia, di consultar poscia in Italia la Sibilla Cumea, e fe
nsultar poscia in Italia la Sibilla Cumea, e fermarsi, dove alla riva di un fiume veduto avrebbe, una candida Troia con tr
eco Achemenide, cui Virgilio fìnge dimenticalo da Ulisse nella grotta di Polifemo, e che pregò di essere da lui raccolto.
lio fìnge dimenticalo da Ulisse nella grotta di Polifemo, e che pregò di essere da lui raccolto. Al tempo medesimo sopravv
udendo il trambusto de’ remi inseguì a piedi le navi per lungo tratto di mare, che non gli oltrepassava il ginocchio. Appr
ove fu accolto amorevolmente dal re Aceste figlio del fiume Crinise e di Egesta Troiana, ma ivi con estremo rammarico perd
esta gettalo ai lidi della Libia, ove dice Virgilio che Didone vedova di Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re di Tir
gilio che Didone vedova di Sicheo fuggendo dal fratello Pigmalione re di Tirto, il quale ucciso aveale il marito, approdat
arito, approdata era non molto innanzi, e ottenuto dal re Jarba tanto di terra quanto ne potesse cingere con un cuojo di b
to dal re Jarba tanto di terra quanto ne potesse cingere con un cuojo di bue, e tagliato questo in sottilissime liste, tan
issime liste, tanto spazio ne circondò, che potè fabbricarvi la città di Cartagine. Accolse ella Enea piacevolmente, e di
fabbricarvi la città di Cartagine. Accolse ella Enea piacevolmente, e di ardentissimo amore per lui si accese. Ma Jarba, f
volmente, e di ardentissimo amore per lui si accese. Ma Jarba, figlio di Giove e della Ninfa Garamantide, che era stato pr
iutato, ricorse al padre, il quale spedì Mercurio ad intimare ad Enea di lo sto partir per l’ Italia, ove chiamavalo il de
on preghiere, e con interporre l’ opera della sorella Anna, sforzossi di trattenerlo, finchè vedendolo già partito, sul ro
vedendolo già partito, sul rogo che avea fatto disporre col pretesto di un magico sacrificio per richiamarlo, ivi si ucci
da che Enea avea lasciato. Tutto questo però non è che un’ invenzione di Virgilio, poichè Didone secondo gli storici visse
Virgilio, poichè Didone secondo gli storici visse trecento anni dopo di Enea e si uccise anzi per conservar la fede a Sic
a. Da’ venti contrari fu Enea costretto a ritornare in Sicilia presso di Aceste, ove correndo l’ anniversario della morte
in Sicilia presso di Aceste, ove correndo l’ anniversario della morte di Anchise, celebrò solennemente i giuochi funebri i
lla morte di Anchise, celebrò solennemente i giuochi funebri in onore di lui. Intanto Giunone nemico implacabile dei Troja
e nemico implacabile dei Trojani spedì Iride, che’ sotto al sembiante di Beroe una delle Troiane insinuò alle altre di dar
che’ sotto al sembiante di Beroe una delle Troiane insinuò alle altre di dar fuoco alle navi, onde non essere più costrett
nde non essere più costrette ad esporsi a’ rischi del mare, e quattro di queste rimasero incendiate, il fuoco dell’ altre
a pioggia mandata da Giove. Allora il vecchio Naute consigliò ad Enea di lasciare in Sicilia presso di Aceste le donne e i
lora il vecchio Naute consigliò ad Enea di lasciare in Sicilia presso di Aceste le donne e i vecchi, e seco guidare in Ita
Anchise in sogno, Enea fondò per quelli una città, cui diede il nome di Acesta. Partito alla volta d’ Italia perdette il
suo nome fu detto poi Palinuro. Giunto a Cuma, seguendo il consiglio di Eleno presentossi alla Sibilla Deifobe, e secondo
o da presentarsi a Proserpina, e questo gli fu mostrato dalle colombe di Venere. Intanto Mise trombettiere di Enea sonando
to gli fu mostrato dalle colombe di Venere. Intanto Mise trombettiere di Enea sonando la conca marina era stato per invidi
to in mare; Enea datagli sepoltura sotto al promontorio, che dal nome di lui appellò Miseno, scese colla Sibilla sotterra,
cese colla Sibilla sotterra, entrando per una spelonca vicino al lago di Averno. Trapassati i mostri ch’ erano sull’ ingre
o sull’ ingresso, giunse al fiume Acheronte, cui tragittò sulla barca di Caronte, mostra to ad esso il ramo d’ oro; poi ad
la via de’ campi Elisi, ove additate gli furono, da Anchise le anime di quelli che dovevano da lui discendere fino a Marc
anime di quelli che dovevano da lui discendere fino a Marcello nipote di Augusto. Uscito dall’ inferno, e rimbarcatosi per
ta da Eleno; e avendo a caso sull’ erba stese larghe focacce in luogo di mense, poichè Ascanio avvertì, che mangiato il re
e il vaticinio dell’ arpia Celeno. Spedì adunque Oratorio a Latino re di Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo di Faun
que Oratorio a Latino re di Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo di Fauno suo padre di dover dare la figlia Lavinia a
no re di Laurento, il quale ammonito dall’ oracolo di Fauno suo padre di dover dare la figlia Lavinia ad uno straniero, ch
Fauno suo padre di dover dare la figlia Lavinia ad uno straniero, che di lontano paese sarebbe là giunto, ad Enea spontane
oglie del re Latino a nasconder la figlia ne’ monti sotto il pretesto di celebrale le orgie di Bacco; poi infiammò alla gu
nasconder la figlia ne’ monti sotto il pretesto di celebrale le orgie di Bacco; poi infiammò alla guerra Turno figlio di D
di celebrale le orgie di Bacco; poi infiammò alla guerra Turno figlio di Dauno re de’ Rutoli, al quale Lavinia era stata i
stata innanzi promessa; e finalmente fece che Ascanio coll’ uccisione di un cervo allevato da Tirteo pastore del re desse
ime zuffe tra i Latini e i Troiani. Dichiarata la guerra, Turno cercò di trarre al suo partito quanti potè de’ principi de
quali Mezenzio, che per le sue crudeltà era stato cacciato dal regno di Etruria; ed Enea per consiglio avuto in sogno dal
fiume Tevere, n’ andò per esso a chiedere soccorso ad Evandro figlio di Mercurio e di Carmenta o Nicostrata, il quale, co
n’ andò per esso a chiedere soccorso ad Evandro figlio di Mercurio e di Carmenta o Nicostrata, il quale, come si è detto,
rcurio e di Carmenta o Nicostrata, il quale, come si è detto, partito di Arcadia per avervi digraziatamente ucciso il padr
l colle Palatino. Evandro gli diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi, e il consigliò di ricorrere a’ Tirreni, i
gli diè suo figlio Pallante con una schiara di Arcadi, e il consigliò di ricorrere a’ Tirreni, i quali, espulso Mezenzio,
are nel regno, Turno frattanto avvisato da Giunone per mezzo d’ iride di profittar dell’ assenza di Enea, assalì la piccol
nto avvisato da Giunone per mezzo d’ iride di profittar dell’ assenza di Enea, assalì la piccola città, dove Enea aveva la
ò all’ altra sponda. I due amici Niso, ed Eurialo uscirono coraggiosi di notte per recare di queste cose l’ avviso ad Enea
I due amici Niso, ed Eurialo uscirono coraggiosi di notte per recare di queste cose l’ avviso ad Enea, ma entrambi rimase
o effigiate le future imprese de’ Latini e de’ Romani, e segnatamente di Augusto. Giunto che fu cogli Arcadi e co’ Tirreni
ia, in cui Turno uccise Pattante, Enea uccise Mezenzio e Lauso figlio di lui, e Giunone temendo per Turno, gli presentò un
di lui, e Giunone temendo per Turno, gli presentò una falsa immagine di Enea, cui egli inseguendo fino ad una nave a ciò
ui appiccossi altra battarglia, ove Camilla regina de’ Volsci, figlia di Metabo, venula in soccorso di Turno, fu uccisa da
, ove Camilla regina de’ Volsci, figlia di Metabo, venula in soccorso di Turno, fu uccisa dal toscano Arunte, e questi fu
, fu uccisa dal toscano Arunte, e questi fu poi trafitto da Opi Ninfa di Diana, alla quale Camilla era consagrata, Enea in
oltrandosi venne a porre l’ assedio a Laurento, Turno allora si offrì di decider la guerra con un duello. Questo ad istanz
allora si offrì di decider la guerra con un duello. Questo ad istanza di Giunone fu disturbato dalla ninfa Giuturna sorell
esto ad istanza di Giunone fu disturbato dalla ninfa Giuturna sorella di Turno, che mosse Tolunnio a scagliarsi contro a’
Troiani, onde la battaglia si fece generale. Enea in questa è ferito di saetta in una gamba, e sanato da Venere. Tornato
saetta in una gamba, e sanato da Venere. Tornato al campo va in cerca di Turno, cui Giuturna, presa la forma del cocchiere
ampo va in cerca di Turno, cui Giuturna, presa la forma del cocchiere di lui conduce in tutt’ altra parte. Enea appressa l
a pace coi Latini sposò Lavinia, che fabbricò una città, cui dal nome di essa chiamò Lavinia, e che Venere dopo tre anni a
o, che edificò Alba, e vi trasportò la sua sede. Dopo una lunga serie di re scese da lui Numitore padre d’ Ilia o Rea Silv
e di re scese da lui Numitore padre d’ Ilia o Rea Silvia sacerdotessa di Vesta, dalla quale congiunta a Marte nacque poi R
a, dalla quale congiunta a Marte nacque poi Romolo, e Remo, fondatori di Roma, di cui si è detto nella I. parte al capo VI
quale congiunta a Marte nacque poi Romolo, e Remo, fondatori di Roma, di cui si è detto nella I. parte al capo VI. App
aos il trasse il Dio della natura e ne formò il Mondo. Sotto al regno di Saturno fiori l’ età dell’ oro, in cui la terra t
, in cui la terra tutto producea da se medesima. Venne sotto al regno di Giove l’ età dell’ argento, in cui egli costrinse
ella quale inondarono tutt’ i vizi, Da questi irritato Giove delibera di sommerger la terra con un diluvio universale. Sce
un diluvio universale. Scende egli prima per visitarla, e Licaone re di Arcadia avendogli imbandito a cena, per farne pro
e re di Arcadia avendogli imbandito a cena, per farne prova, le carni di un ostaggio de’ Molossi, è da lui convertito in u
del Sole è fulminato da Giove e precipitato nell’ Eridano; le sorelle di lui son mutate in pioppi, e Cigno di lui cugino i
pitato nell’ Eridano; le sorelle di lui son mutate in pioppi, e Cigno di lui cugino in cigno. Parte I. Capo IX. Calisto è
ll’ orsa maggiore, e minore. Parte I. Capo XI. Il corvo avvisa Apollo di aver veduta Coronide figlia di Flegia col giovane
rte I. Capo XI. Il corvo avvisa Apollo di aver veduta Coronide figlia di Flegia col giovane Ischi. Egli uccide Coronide, e
li uccide Coronide, e le trae dal seno Esculapio. Il corvo è cangiato di bianco in nero. Parte I. Capo X. Coronide figlia
corvo è cangiato di bianco in nero. Parte I. Capo X. Coronide figlia di Coroneo è trasformata in cornacchia, Nittimene in
io nasce mezz’ uomo, e mezzo serpente. Parte I. Capo V. Ociroe figlia di Chirone è mutata in cavalla. Parte II. Capo VII.
e è mutata in cavalla. Parte II. Capo VII. Batto è cangiato in pietra di paragone. Parte I. Capo XII. Aglauro figlia di Ce
o è cangiato in pietra di paragone. Parte I. Capo XII. Aglauro figlia di Cecrope è mutata in nera pietra. Parte I. Capo XI
denti da cui nascono uomini armati. Parte II. Capo IV. Atteone nipote di Cadmo è cangiato in cervo. Parte I. Capo XI. Seme
nipote di Cadmo è cangiato in cervo. Parte I. Capo XI. Semele figlia di Cadmo è da un fulmine incenerita; Giove n’ estrae
e col bastone e diventa donna. Rivedendoli otto anni dopo li percuote di nuovo, e ritorna uomo. Nata contesa fra Giove, e
quale de’ due sessi provi piacer maggiore, la decide contro il parer di Giunone, che sia maggiore quello della femmina. G
o il parer di Giunone, che sia maggiore quello della femmina. Giunone di ciò irrirata l’ accieca, e Giove in compenso gli
al sorprender Giove nelle sue tresche amorose ne aveva avuto per pena di non poter più che ripetere le ultime parole altru
più che ripetere le ultime parole altrui. Essendosi poscia innamorata di Narciso, e veggendosi da lui fuggita, ne morì di
si poscia innamorata di Narciso, e veggendosi da lui fuggita, ne morì di rammarico, e fu convertita in rupe, che ancor rit
di rammarico, e fu convertita in rupe, che ancor ritiene la proprietà di replicare le ultime voci che la percuotono. 1 cor
la proprietà di replicare le ultime voci che la percuotono. 1 corsari di Tiro sono da Bacco mutati in delfini salvo Acete.
amate, per una fessura del muro che divideva le case loro, concertano di trovarsi la notte sotto un gelso presso al sepolc
ro, concertano di trovarsi la notte sotto un gelso presso al sepolcro di Nino. Tisbe è la prima a recarvisi; ma spaventata
la prima a recarvisi; ma spaventata da una lionessa, che fatta strage di buoi veniva a bere al vicin fonte, sen fugge lasc
sen fugge lasciando ivi il suo velo. Questo dalla lionessa è lordalo di sangue. Piramo sopraggiunto, vedendo il velo di T
la lionessa è lordalo di sangue. Piramo sopraggiunto, vedendo il velo di Tisbe insanguinato la crede divorata dalle fiere,
a ninfa Salmace in una fonte della Caria abbraccia Ermafrodito figlio di Mercurio e di Venere, e prega gli Dei di non esse
e in una fonte della Caria abbraccia Ermafrodito figlio di Mercurio e di Venere, e prega gli Dei di non esserne mai disgiu
abbraccia Ermafrodito figlio di Mercurio e di Venere, e prega gli Dei di non esserne mai disgiunta. Questi uniscono i due
esserne mai disgiunta. Questi uniscono i due corpi in un solo fornito di ambi i sessi. Alcitoe, Leuconoe, e le sorelle fig
solo fornito di ambi i sessi. Alcitoe, Leuconoe, e le sorelle figlie di Mineo sprezzando Bacco sono cangiate in pipistrel
mione e Armonia son tramutati in serpenti. Parte II. Capo V. Le gocce di sangue cadute dalla testa di Medusa sopra la Libi
in serpenti. Parte II. Capo V. Le gocce di sangue cadute dalla testa di Medusa sopra la Libia divengon tanti serpenti. Pa
te. Parte II. Capo III. Le piante marine, su cui Perseo posa la testa di Medusa, son convertile in coralli. Parte II. Capo
a di Medusa, son convertile in coralli. Parte II. Capo III. I capelli di Medusa erano stati da Pallade mutati in serpenti,
i Medusa erano stati da Pallade mutati in serpenti, perchè nel tempio di Pallade ella si era data a Nettuno convertito in
precipita dalla loggia e si ammazza. Parte I. Capo X. Le nove figlie di Piero sfidano le Muse al cauto, e son mutate in p
cauto, e son mutate in piche. Parte II. Capo X. Gli Dei nella guerra di Tifeo con Giove si trasformano in vari animali, e
tto. Parte I. Capo III. La ninfa Ciane volendosi opporre al rapimento di Proserpina è mutata in fonte. Parte I. Capo XIX.
nell’ arte del tessere, ed è mutalo in ragno. Parie. I. Capo V. Gara di Nettuno con Pallade per dar il nome ad Atene. Par
Emo e Rodope sono cangiati in monti, Pigmea in grue, Antigone figlia di Laomedonte in cicogna, le figlie di Cinira ne’ gr
, Pigmea in grue, Antigone figlia di Laomedonte in cicogna, le figlie di Cinira ne’ gradi del tempio di Giunone. Parte I C
ia di Laomedonte in cicogna, le figlie di Cinira ne’ gradi del tempio di Giunone. Parte I Capo V. Varie trasformazioni di
ne’ gradi del tempio di Giunone. Parte I Capo V. Varie trasformazioni di Giove, Nettuno, Apollo, Bacco, e Saturno. Parte I
è scorticato da Apollo. Parte I. Capo X. A Pelope risuscitato è fatta di avorio la spalla, che Cerere avea mangiata. Parte
. Capo XVIII. Giasone va alla conquista del Vello d’ oro; coll’ aiuto di Medea doma i tori spiranti fiamme, addormenta il
rmenta il drago ec. Parte II. Capo VII. Medea richiama Esone all’ età di quarant’ anni. Parte II. Capo VII. Bacco da esso
Per uccider Pelia Medea finge odio con Giasone, persuade alle figlie di Pelia di uccidere il padre e farlo cuocere in una
der Pelia Medea finge odio con Giasone, persuade alle figlie di Pelia di uccidere il padre e farlo cuocere in una caldaia,
elia di uccidere il padre e farlo cuocere in una caldaia, promettendo di ringiovanirlo, poi sovra un carro tirato da dragh
cangiato dalle Ninfe in uno scarabeo. Parte II. Capo I. Tioneo figlio di Bacco sul monte Ida rapisce un giovenco: è insegu
a in cagna. Questa dìcesi che poi divenisse la cagna d’ Icario figlio di Ebalo, e che avendo certi pastori dell’ Attica uc
oro avea dato, credettersi avvelenati. Mera indicò ad Erigione figlia di lui il luogo ov’ era sepolto; e questa per dolore
ssi a morte; che una festa in seguito s’ istituì ad onore d’ Icario e di Erigone, e si disse finalmente, che Icario era st
si disse finalmente, che Icario era stato portato in cielo nel segno di Boote, Erigone in quello della Vergine, e Mera in
in quello della Vergine, e Mera in quello elei la canicola. Le donne di Euripilo sono cangiate in vacche. Parte II. Capo 
pilo sono cangiate in vacche. Parte II. Capo II. I Telchini abitatori di Laliso città di Rodi, che affascinavano altrui co
te in vacche. Parte II. Capo II. I Telchini abitatori di Laliso città di Rodi, che affascinavano altrui co’ loro occhi, so
o’ loro occhi, sono da Giove mutati in iscogli sottomarini. La figlia di Alcidamante in Cartea città dell’ isola Cea è tra
n Cartea città dell’ isola Cea è trasformata in colomba. Cigno figlio di Apollo e di Iride, amato da Fillio, dopo aver mil
tà dell’ isola Cea è trasformata in colomba. Cigno figlio di Apollo e di Iride, amato da Fillio, dopo aver mille cose da l
amato da Fillio, dopo aver mille cose da lui ottenuto, pretende pure di aver un toro che Fillio gli ricusa; per dispetto
o si getta da una rupe, ed è convertito in cigno. La madre si strugge di dolore, e diventa un lago. Comba figlia di Ofio,
cigno. La madre si strugge di dolore, e diventa un lago. Comba figlia di Ofio, perseguitata a morte da’ figli, è cangiata
Un nipote del fiume Cefiso da Apollo è cangiato in foca. Anteo figlio di Eumelo re di Patrasso ascende il cocchio di Tritt
fiume Cefiso da Apollo è cangiato in foca. Anteo figlio di Eumelo re di Patrasso ascende il cocchio di Trittolemo, e n’ è
ato in foca. Anteo figlio di Eumelo re di Patrasso ascende il cocchio di Trittolemo, e n’ è precipitato. Parte I. Capo XVI
osse, ed è cangiato in mulacchia. Parte II. Capo IX. Essendo l’ isola di Egina spopolata dalla peste mandata da Giunone, E
isola di Egina spopolata dalla peste mandata da Giunone, Eaco figlio di Giove e di Egina a lui ricorre, e veggendo al pie
gina spopolata dalla peste mandata da Giunone, Eaco figlio di Giove e di Egina a lui ricorre, e veggendo al piede di una q
e, Eaco figlio di Giove e di Egina a lui ricorre, e veggendo al piede di una quercia gran quantità di formiche gli chiede
Egina a lui ricorre, e veggendo al piede di una quercia gran quantità di formiche gli chiede di avere altrettanti uomini,
veggendo al piede di una quercia gran quantità di formiche gli chiede di avere altrettanti uomini, Giove gli cangia quelle
iò vengon da Eaco nominati Mirmidoni da myrmex formica. Scilla figlia di Niso recide al padre un crine purpureo, cui era a
di Niso recide al padre un crine purpureo, cui era annesso il destino di Megara, per darlo a Minosse. Ella è cangiata in l
ta in lodola, e Niso in avoltoio. Parte II. Cap. VIII. Perdice nipote di Dedalo è da lui ucciso, e da Minerva cambiato in
tesso; il figlio Icaro cade in mare. Parte II, Capo VIII. Altea madre di Meleagro con lui sdegnata rimette sul fuoco il ti
eagro con lui sdegnata rimette sul fuoco il tizzone, al quale la vita di lui era annessa, ed ei muore consunto da interna
ed ei muore consunto da interna arsura. Parte I. Capo XI. Le sorelle di Meleagro piangendo la morte di lui sono cangiate
a arsura. Parte I. Capo XI. Le sorelle di Meleagro piangendo la morte di lui sono cangiate da Diana negli uccelli meleagri
ad Acheloo, è dal padre precipitata in mare, e da Nettuno ad istanza di Acheloo cangiata in un’ isola vicina ab l’ Echina
rigettati dagli altri, sono accolti amorevolmente da Filemone e Bauci di lui moglie. In ricompensa, condottili sopra di un
te da Filemone e Bauci di lui moglie. In ricompensa, condottili sopra di un colle, fan loro vedere il paese inospitale can
e il paese inospitale cangiato in palude, e il lor tugurio in tempio, di cui si fan Sacerdoti; e giunti a decrepitezza, br
mpio, di cui si fan Sacerdoti; e giunti a decrepitezza, bramando essi di non sopravvivere l’ uno all’ altra, son trasforma
one in elee, e Bauci in tiglio. Erisittone per aver tagliato il bosco di Cerere è tormentato dalla fame. Metra sua figlia,
cangiate in loto. Parte I. Capo XVI. Giolao figlio d’ Ificlo e nipote di Ercole ad istanza di lui è da Ebe restituito alla
te I. Capo XVI. Giolao figlio d’ Ificlo e nipote di Ercole ad istanza di lui è da Ebe restituito alla giovinezza. Parte II
da Ebe restituito alla giovinezza. Parte II. Capo II. Alcmeone figlio di Anfìarao uccide la madre Erifile; è agitato dalle
da’ cognati, è vendicalo da’ figli. Parte II. Capo VI. Bibli, figlia di Mileto e di Circe figlia del fiume Meandro, s’ in
, è vendicalo da’ figli. Parte II. Capo VI. Bibli, figlia di Mileto e di Circe figlia del fiume Meandro, s’ innamora di Ca
li, figlia di Mileto e di Circe figlia del fiume Meandro, s’ innamora di Cauno suo fratello gemello, e quest’ amore incest
andonando la patria. Bibli ne corre in traccia, e non trovandolo muor di dolore in Caria, e dalle ninfe Lelegeidi è cangia
in Caria, e dalle ninfe Lelegeidi è cangiata in fonte. Litto in Festo di Creta esige promessa da Teletusa sua moglie, che
tava per iscoprirsi all’ occasione che Ifi sposar doveva Jante figlia di Teleste; ma Teletusa ottiene da Iside, che sia re
ll’ inferno per ricuperare Euridice. Parte II. Capo VII. Letea moglie di Oleno, preferendosi in beltà alle Dee, è cangiata
a parte vuol essere della pena. Il giovane Cisso saltando nelle feste di Bacco cade in una profonda fossa, ed è mutato in
nvertiti in tori. Parte I. Capo VIII. Pigmalione scultore s’ innamora di una sua statua, chiede a Venere che sia animata,
animata, e l’ ottiene; da essa nasce Pafo, che dà il nome alla città di Pafo. Mirra figlia di Cinira s’ innamora del padr
; da essa nasce Pafo, che dà il nome alla città di Pafo. Mirra figlia di Cinira s’ innamora del padre; è trasformata nell’
un cignale, e cangiato in anemone. Parte I Capo VIII. Atalanta figlia di Scheneo ricusa di unirsi ad alcuno, che lei non v
iato in anemone. Parte I Capo VIII. Atalanta figlia di Scheneo ricusa di unirsi ad alcuno, che lei non vinca nel corso, po
accoglierli, riesce a precorrerla. Ma ingrato poi dimostrandosi verso di Venere, e da lei sospinto ad accoppiarsi con Atal
giato in leone, e Atalanta in leonessa. Le donne dei Ciconi assassine di Orfeo sono da Bacco mutate in piante, e un serpen
a Apolline mutato in Sasso. Parte II. Capo VII. Mide ottiene da Bacco di cangiare in oro tutto ciò ch’ egli tocca. Parte I
Apollo e Nettuno del prezzo convenuto per l’ edificazione delle mura di Troia. Nettuno manda un mostro marino, a cui Laom
Laormedonte, e dà Esione al socio Telamone. Parte, II. Capo II. Nozze di Peleo e Tetide. Parte I. Cap. XVII. Chione figlia
. Capo II. Nozze di Peleo e Tetide. Parte I. Cap. XVII. Chione figlia di Dedalione è trafitta da Diana; Dedalione si preci
a in mare, ed è cangialo in uno sparviero, Parte I. Capo XI. Ceice re di Trachine figlio di Fosfora va a consultar l’ orac
gialo in uno sparviero, Parte I. Capo XI. Ceice re di Trachine figlio di Fosfora va a consultar l’ oracolo, di Ciato, prom
XI. Ceice re di Trachine figlio di Fosfora va a consultar l’ oracolo, di Ciato, promettendo alla moglie Alcione di tornar
va a consultar l’ oracolo, di Ciato, promettendo alla moglie Alcione di tornar fra due mesi. Naufraga nel ritorno, e il s
mare. Gli Dei mossi a pietà cangiano amendue in Alcioni. Esaco figlio di Priamo e di Alessiroe ama non riamato la ninfa Ep
i mossi a pietà cangiano amendue in Alcioni. Esaco figlio di Priamo e di Alessiroe ama non riamato la ninfa Eperie. Mentre
sostituzione della cerva in suo luogo. Parte II. Capo XI. Cene figlia di Elato ottien da Nettuno di essere cangiata in mas
suo luogo. Parte II. Capo XI. Cene figlia di Elato ottien da Nettuno di essere cangiata in maschio. È uccisa dai Centauri
è trafitto da Ercole. Parte II. Capo II. Achille uccide Cigno figlio di Nettuno, questi eccita, Apollo a dirigere contro
cide Cigno figlio di Nettuno, questi eccita, Apollo a dirigere contro di esso lo strale di Paride. Parte II. Capo XI. Aiac
di Nettuno, questi eccita, Apollo a dirigere contro di esso lo strale di Paride. Parte II. Capo XI. Aiace proposto ad Ulis
Parte II. Capo XI. Aiace proposto ad Ulisse nella contesa per le armi di Achille, furioso si uccide, e dal suo sangue spun
dei giacinti. Parte II. Capo XI. Ecuba accieca Polinnestore uccisore di Polidoro ed è cangiata in cagna. Parte II. Capo X
son convertiti negli uccelli mennonidi. Parte II. Capo XII. Le figlie di Anio ottengon da Bacco di cangiare tutto quello c
li mennonidi. Parte II. Capo XII. Le figlie di Anio ottengon da Bacco di cangiare tutto quello che toccano in frumento, ol
e da Galatea cangiato in fiume. Parte I. Capo XVII. Glauco al mangiar di cert’ erba balzando in mare è fatto Dio marino. P
da esso invitata a domandare tutto ciò ch’ ella brama. Preso un pugno di arena, gli chiede di poter vivere tanti anni, qua
mandare tutto ciò ch’ ella brama. Preso un pugno di arena, gli chiede di poter vivere tanti anni, quante sono le arene che
e tanti anni, quante sono le arene che tiene in mano, ma si dimentica di chieder pure di non invecchiare. Non avendo adunq
ante sono le arene che tiene in mano, ma si dimentica di chieder pure di non invecchiare. Non avendo adunque voluto corris
i non invecchiare. Non avendo adunque voluto corrispondere all’ amore di Apollo ottiene bensì la longevità, ma arriva a ta
za, che consunto tutto il corpo, non ne riman che la voce. I compagni di Ulisse vengon da Circe cangiati in porci; Pico re
giati in porci; Pico re del Lazio è mutato in picchio, Canente moglie di lui è disciolta in aura. Parte I. Capo IX. I comp
nente moglie di lui è disciolta in aura. Parte I. Capo IX. I compagni di Diomene, Acmone, Lico, Ida, Retenore, Nitteo ed A
mene, Acmone, Lico, Ida, Retenore, Nitteo ed Abante sprezzando l’ ire di Venere sono cangiati in bianchi uccelli simili ai
sultando la Ninfe con ingiuriose parole è mutato in oleastro. Le navi di Enea incendiate da Turno sono da Cibele cangiate
al ritorno è petrificata da Nettuno. Parte II. Capo XII. Ardea patria di Turno dopo la morte di lui è incendiata da Enea,
a da Nettuno. Parte II. Capo XII. Ardea patria di Turno dopo la morte di lui è incendiata da Enea, e n’ escono gli uccelli
Ifi ama Anassarete, e da lei sprezzato si appicca innanzi alla porta di lei medesima. Quando è portato alla sepoltura, el
faccia alla, finestra a mirarlo, ed è cangiata in sasso. Nella guerra di Tito Tazio re dei Sabini contro di Roma, Terpea a
è cangiata in sasso. Nella guerra di Tito Tazio re dei Sabini contro di Roma, Terpea apre al Sabini, una porta; Venere ot
acque diventino bollenti, e i Sabini ne sono respinti. Miscelo figlio di Alemone Argivo, da Ercole in sogno è avvisatoci a
o l’ Esare fabbrica Taranto, cui dà questo nome dal’ vicino, sepolcro di Tarante figlio di Nettuno. Pittagora narra essere
a Taranto, cui dà questo nome dal’ vicino, sepolcro di Tarante figlio di Nettuno. Pittagora narra essere l’ anima di Eufor
epolcro di Tarante figlio di Nettuno. Pittagora narra essere l’ anima di Euforbo troiano ucciso da Menelao in lui trasmigr
a. Ippolito risuscitato da Esculapio è trasportato da Diana nel bosco di Aricia, e venerato quivi sotto il nome di Virbio.
sportato da Diana nel bosco di Aricia, e venerato quivi sotto il nome di Virbio. Nel medesimo bosco si ritira la Ninfa Epe
a zolla pesante, cui vede cangiarsi in fanciullo, al quale dà il nome di Trage; e questi, divien poi ivi il primo maestro
l nome di Trage; e questi, divien poi ivi il primo maestro dell’ arte di predire il futuro. Un’ asta scagliata da Romolo s
e proclamato Re. Egli invece convocato il senato ed il popolò domanda di esser escludo da Roma, ed in compenso gli viene a
da Roma, ed in compenso gli viene assegnato quanto terreno può cinger di un solco dal nascere al tramontare del sole. Escu
n solco dal nascere al tramontare del sole. Esculapio sotto la figura di serpente e condotto da Epidauro a Roma, e la libe
oglie l’ anima, e la porta in cielo, dove si manifesta sotto la forma di una cometa. Appendice. Origine dell’ idolatria
llustri. Questo culto però da principio era semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’ erbe ò di fronde in aperta campa
da principio era semplicissimo. Un mucchio di sassi coperti d’ erbe ò di fronde in aperta campagna, o in qualche luogo ele
o incominciaronsi ad effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio,
iaronsi ad effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, di argento
effigiare gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, di argento, e d’ oro
gli Dei sotto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, di argento, e d’ oro, s’ incom
tto varie forme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, di argento, e d’ oro, s’ incominciarono a
orme nelle statue di legno, di creta, di marmo, di bronzo, di avorio, di argento, e d’ oro, s’ incominciarono ad alzar lor
hè si giunse ad erigere i più magnifici templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quello di Diana in Efe
ci templi, quali erano il tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quello di Diana in Efeso, quelli di Apollo a Mileto e a Del
tempio di Vulcano a Memfi in Egitto, quello di Diana in Efeso, quelli di Apollo a Mileto e a Delfo, quelle di Cerere in El
quello di Diana in Efeso, quelli di Apollo a Mileto e a Delfo, quelle di Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Aten
elli di Apollo a Mileto e a Delfo, quelle di Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Atene, e in Roma quello di Giove
Cerere in Eleusi, quello di Giove Olimpio in Atene, e in Roma quello di Giove Capitolino, ed il Panteon che tuttavia suss
in cento buoi, oltre il detestabil costume in molti luoghi introdotto di sacrificare anche vittime umane. Ne sacrifici sol
ificare anche vittime umane. Ne sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e di bende, le, si indoravan le
che vittime umane. Ne sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e di bende, le, si indoravan le corna, le
umane. Ne sacrifici solenni la vittima ornavasi di fiori, di nastri e di bende, le, si indoravan le corna, le si poneva su
le corna, le si poneva sul capo la mola salsa, che era una stiacciata di farro con sale, il Sacerdote le strappava dal cap
sul fuoco, poi ordinava a’ ministri detti Vittimari, Popi, o Cultrari di scannarla; l’ Aruspice esaminava quindi le interi
a; l’ Aruspice esaminava quindi le interiora se eran sane, il che era di buon augurio, e se eran guaste o infette, che era
sane, il che era di buon augurio, e se eran guaste o infette, che era di augurio sinistro; per ultimo una porzione della v
dalle libazioni, che consistevano nel versare del vino (o in mancanza di esso dell’ acqua) in onore del Dio, al quale sacr
mo, traevansi gli auguri. Ogni tempio aveva i suoi Sacerdoti, e molti di questi erano distinti con nomi particolari second
i secondo il Dio a cui servivano, così Galli chiamava usi i Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali quelli di Ma
vivano, così Galli chiamava usi i Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali quelli di Marte, ec. In molti luoghi e
iamava usi i Sacerdoti di Cibele, Luperci quelli di Pane, Sali quelli di Marte, ec. In molti luoghi eranvi pur le Sacerdot
uoghi eranvi pur le Sacerdotesse, come in Delfo la Pitia sacerdotessa di Apollo; in Roma le Vestali custodi del fuoco di V
la Pitia sacerdotessa di Apollo; in Roma le Vestali custodi del fuoco di Vesta, e in molle parti cosi della Grecia, come d
o Bassaridi, o Tiadi, o Mimallonidi, o Edonidi, o Bliadi sacerdotesse di Bacco. In Roma chi aveva nelle cose sacre la supr
l Pontefice Massimo; Seguivano i Flamini, tra etti il Diale o Flamine di Giove era il primo, e solo avea il privilegio di
i il Diale o Flamine di Giove era il primo, e solo avea il privilegio di portare l’ albogalero ch’ era una specie di berre
e solo avea il privilegio di portare l’ albogalero ch’ era una specie di berretto bianco, poi venivano il Marziale, il Qui
lo detto ancora rex: sacrorum, come regina sacrorum diceasi la moglie di lui, e che secondo Macrobio sacrificava principal
Tagete Etrusco, il quale si favoleggiò esser nato da una grossa zolla di terra, cui sollevò un agricoltore profondando l’
la pace. Eravi pure in Roma il collegio degli Auguri, nè cosa alcuna di gran momento s’ intraprendeva, prima che questi n
nte si chiamavano auspici, altri dal mangiare de’ polli. Il fuoco era di buon augurio quando udivasi alla sinistra, perchè
do udivasi alla sinistra, perchè giudicavasi proveniente dalla destra di Giove; non così se udivasi al contrario. Tutti i
le parole e rumori uditi a caso e improvvisamente, offerivan materia di buono o tristo presagio, perchè riguardavansi com
o tristo presagio, perchè riguardavansi come avvisi spediti dagli Dei di ciò che aveva a succedere. Il desiderio di saper
e avvisi spediti dagli Dei di ciò che aveva a succedere. Il desiderio di saper l’ avvenire fu quello che diede origine all
propagata poscia nelle altre parli del mondo, e con cui pretendevasi di potere da’ movimenti e dalle posizioni degli astr
i gli affari importanti. I più famosi tra questi erano: 1. L’ oracolo di Dodona nell’ Epiro, dove i Sacerdoti rendeano le
ato per cui le favole dissero, che le querce parlavano. 2. L’ oracolo di Giove Aminone nella Libia, dove la statua di lui
parlavano. 2. L’ oracolo di Giove Aminone nella Libia, dove la statua di lui solennemente portavasi da’ Sacerdoti, e da’ s
suoi movimenti, i Sacerdoti interpetravano le risposte. 3. L’ oracolo di Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pitia sac
oracolo di Delfo, in cui le risposte davansi dalla Pitia sacerdotessa di Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su di
i le risposte davansi dalla Pitia sacerdotessa di Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su di una buca, di cui usciv
Pitia sacerdotessa di Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su di una buca, di cui uscivano delle forti esalazioni,
otessa di Apollo. Stava sopra di un tripode collocato su di una buca, di cui uscivano delle forti esalazioni, dalle quali
da’ Sacerdoti a ciò destinati, e disponevansi in versi. 4. L’ oracolo di Trofonio, il quale rendevasi in una caverna press
in una caverna presso Lebadea città della Beozia. Era Trofonio figlio di Ercino re di Orcomeno, e avendosi secondo Plutarc
a presso Lebadea città della Beozia. Era Trofonio figlio di Ercino re di Orcomeno, e avendosi secondo Plutarco, fabbricato
ondo Plutarco, fabbricato in compagnia del fratello Anamede il tempio di Delfo, ne chiese ad A polline la ricompensa. Ques
n cambio, che Trofonio fu inghiottito vivo dalla terra apertasi sotto di lui, e che in quella stessa caverna il suo oracol
’ ei faceva o rifiutare quello che gli si dava a mangiare. L’ oracolo di Venere in Africa tra Eliopoli e Biblo era favorev
lla. L’ oracolo della Fortuna a Preneste e ad Anzio rendevasi per via di sorti t gettando una specie di dadi, su cui erano
Preneste e ad Anzio rendevasi per via di sorti t gettando una specie di dadi, su cui erano scrìtti de’ Caratteri, il sign
i oracoli si rendevano in altri luoghi. Fra le donne che professarono di conoscere, e di predire il futuro, famose furono
devano in altri luoghi. Fra le donne che professarono di conoscere, e di predire il futuro, famose furono le Sibille, il n
tta dagli antichi Sambethe. 2. La Libica, detta da Euripide figliuola di Giove e di Lamea; 3. La Delfica da Diodoro chiama
ntichi Sambethe. 2. La Libica, detta da Euripide figliuola di Giove e di Lamea; 3. La Delfica da Diodoro chiamata Danfe; 4
odoro vivea al tempo della guerra troiana, e secondo Eusebio ai tempi di Romolo, 6. La Samia chiamata Pilo secondo Suida,
Erofile; 8. l’ Ellespontina che Eraclite Pontico dice vivuta al tempo di Ciro; 9. La Frigia, che soggiornava ad Ancira; 10
iburtina chiamata Albunea. Alcuni vi hanno aggiunto la Sardica nativa di Sardi nella Libia. Presso i Romani la più famosa
a, la quale si disse che offerse al re Tarquinio superbo una raccolta di versi sibillini in nove libri, chiedendone trecen
ti nel Campidoglio sotto alla guardia de’ Quindecemviri fino ai tempi di Silla, ne’ quali da un incendio rimasero consumat
espiazioni, le quali facevansi o per delitti commessi, o in occasione di pubbliche calamità per placare gli Dei, o all’ ap
n occasione di pubbliche calamità per placare gli Dei, o all’ apparir di prodigi straordinari per allontanare i mali che s
r allontanare i mali che si temevano, o all’ avvenirsi in alcuna cosa di mal augurio o per prepararsi a qualche impresa im
he si celebravano a Nemea, 4. gl’ Istimici, che si tenean nell’ istmo di Corinto. A questi giuochi concorreva tutta le Gre
A questi giuochi concorreva tutta le Grecia. Il premio era una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’
ecia. Il premio era una corona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’ terzi, ed una di pino ne’ quarti: ma i
ona di alloro ne’ primi e ne’ secondi, una di appio ne’ terzi, ed una di pino ne’ quarti: ma i vincitori erano poi celebra
tori erano poi celebrati da’ più insigni poeti, come appare dalle odi di Pindaro, erano spesso onorati di pubbliche statue
insigni poeti, come appare dalle odi di Pindaro, erano spesso onorati di pubbliche statue, e nella loro patria erano tenut
, o sulle bighe e le quadrighe; 2. il disco, ch’ era un pezzo rotondo di legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i gioc
di legno, o sasso, o ferro assai pesante, che i giocatori sforzavansi di gettare, quanto potessero più lontano; 3. il giav
gno prefisso; 4. La lotta o il pancrazio, cui gli atleti nudi ed unti di olio cercavano di atterrarsi l’ un l’ altro; 5. i
a lotta o il pancrazio, cui gli atleti nudi ed unti di olio cercavano di atterrarsi l’ un l’ altro; 5. il salto o all’ ins
e combattevasi ora co’ pugni soltanto, or co’ cesti, che erano guanti di duro cuojo guerniti spesso di ferro e di piombo.
oltanto, or co’ cesti, che erano guanti di duro cuojo guerniti spesso di ferro e di piombo. Questi giuochi più tardi intro
co’ cesti, che erano guanti di duro cuojo guerniti spesso di ferro e di piombo. Questi giuochi più tardi introdotti furon
teatri, e anfiteatri, e circhi magnifici innalzarono per celebrali, i di cui avanzi ancor si veggono non solo in Roma, ma
4 (1897) Mitologia classica illustrata
egli albori della vita intellettuale e sociale, crearono una quantità di favole e racconti intorno agli Dei della loro fed
e racconti intorno agli Dei della loro fede e agli uomini più valenti di loro stirpe; i quali racconti, propagati per trad
nuove aggiunte e trasformazioni, divennero il più prezioso patrimonio di que’ popoli, e come il tesoro contenente, sotto i
Ma niun altro popolo è stato mai così ricco e geniale nella creazione di tali racconti, quanto gli antichi Greci; la cui f
o con voce greca questi racconti, e Mitologia l’ esposizione ordinata di essi. Mito significa propriamente « parola, disco
o lo stesso significato ha la voce leggenda, e si parla quindi spesso di leggende mitologiche; ma è invalso l’ uso di chia
e si parla quindi spesso di leggende mitologiche; ma è invalso l’ uso di chiamare preferibilmente miti le narrazioni che r
classica, per distinguerla da quella d’ altri popoli. 2. La Mitologia di un popolo, non va confusa colla sua Religione; ha
, nella parte che riguarda gli Dei, rappresenta le credenze e la fede di quel popolo, ed è presupposta, come dalle istituz
are da innesti volgari o sconcie interpolazioni, e ad es. nei misteri di Eleusi ogni sacra memoria relativa al culto di De
, e ad es. nei misteri di Eleusi ogni sacra memoria relativa al culto di Demetra mantenevasi pura da ogni profanazione, in
eggende a loro relative erano nei tempi migliori della Grecia oggetto di fede comune, a cui si piegavano anche i sommi deg
mmi degli uomini; onde ancora Socrate professava, davanti ai giudici, di non aver nulla di comune con Anassagora il quale
onde ancora Socrate professava, davanti ai giudici, di non aver nulla di comune con Anassagora il quale aveva ritenuto il
come una terra; ed anche Platone si mostrava convinto della divinità di Helios e di Selene. Era dunque la Mitologia il fo
rra; ed anche Platone si mostrava convinto della divinità di Helios e di Selene. Era dunque la Mitologia il fondo delle cr
si farà solamente delle principali feste religiose celebrate in onore di ciascuna Divinità. 3. Come serie di racconti fant
este religiose celebrate in onore di ciascuna Divinità. 3. Come serie di racconti fantastici, la Mitologia ha stretto rapp
azioni figurate o nelle pitture vascolari e murali, o nelle scolature di pubblici e privati monumenti si ricavarono, com’
i poeti; e in più d’ un caso una statua celebre d’ una divinità fornì di quella un’ immagine si viva che divenne tradizion
i, scelti a preferenza d’ altri, diedero maggior rilievo rivestendoli di splendida forma poetica; e così la rozza materia
a; e così la rozza materia ridussero a una serie ben ordinata e bella di poetiche narrazioni. E quanto alle opere statuari
rdinata e bella di poetiche narrazioni. E quanto alle opere statuarie di soggetto mitologico, chi è che, ricordando il cel
tuarie di soggetto mitologico, chi è che, ricordando il celebre Giove di Fidia, immagine insieme di somma potenza e di mit
co, chi è che, ricordando il celebre Giove di Fidia, immagine insieme di somma potenza e di mite bontà, vero aspetto del G
rdando il celebre Giove di Fidia, immagine insieme di somma potenza e di mite bontà, vero aspetto del Giove supercilio cu
ontà, vero aspetto del Giove supercilio cuncta moventis e pur pieno di condiscendenza alle preghiere de’ mortali, non si
delle varie Divinità? Mitologia dunque e arti belle hanno molti punti di contatto; ed ecco perchè in questo libro l’ espos
’ è venuta creando e per secoli ha conservato una serie così numerosa di leggende intorno ai propri Dei e Semidei, molte d
elittuose. È un problema che già gli antichi filosofi avevano tentato di risolvere; e tra gli altri Evemero del IV sec. av
o di risolvere; e tra gli altri Evemero del IV sec. av. C., si avvisò di spiegare la mitologia sostenendo che i miti relat
che in tempi a noi più vicini, prese, appunto dal suo autore, il nome di Euemerismo. — Altri poi per altre vie cercarono u
ni pensarono che la mitologia e religione pagana sia una deformazione di un primitivo sano monoteismo, deformazione dovuta
ebbene frantesa e sfigurata. Lo stesso Gladstone ai nostri giorni è di questa opinione, l’unica, secondo lui, che getti
loro dall’Oriente racchiudano, sotto il velo della favola, i dettami di un’alta e civile sapienza; laonde l’opera del mod
nostro al tedesco Creuzer è abbastanza lunga la schiera dei seguaci di questa dottrina. — In ultimo son da ricordare i n
i Mitologia comparata; la quale, confrontando i miti dei varii popoli di stirpe aria e risalendo al l’ origine loro comune
ona parte dei racconti mitologici non sono altro che una deformazione di frasi immaginose, usate da principio a esprimere
ebre, veniva detto il Titano che strozza i serpenti della notte prima di trarre il suo carro su pel cielo; e si diceva pur
al termine della sua faticosa giornata. Un piccolo strumento composto di due pezzi di legno congegnati in modo da produr f
lla sua faticosa giornata. Un piccolo strumento composto di due pezzi di legno congegnati in modo da produr fuoco per mezz
i avrebbero dato origine semplicemente le personificazioni e metafore di cui abbonda un linguaggio primitivo. Filologi di
ficazioni e metafore di cui abbonda un linguaggio primitivo. Filologi di grandissimo valore hanno accolto e considerano an
stro compito discutere intorno a queste ipotesi e ricercare se alcuna di esse sia vera ad esclusione delle altre, o se un
are se alcuna di esse sia vera ad esclusione delle altre, o se un po’ di vero siavi in tutte, come non è improbabile. Noi
babile. Noi possiamo ritenere come certo: 1º Che quel grandioso corpo di narrazioni ed immagini onde consta la mitologia c
rietà dei luoghi e delle genti occasionarono diversa forma e sviluppo di leggende; essendo naturale che gli abitanti dei l
tà originariamente locali avvenne talvolta che assorgessero a dignità di dei nazionali. Così Era, la moglie legittima di Z
ssorgessero a dignità di dei nazionali. Così Era, la moglie legittima di Zeus, era in origine una divinità, venerata solam
e una divinità, venerata solamente in Argo, mentre la moglie del Zeus di Dodona chiamavasi Dione. — Anche ragioni storiche
e. La grande migrazione delle stirpi doriche nel Peloponneso, l’ urto di popoli e gli spostamenti che ne provennero, come
ando ancelle delle deità vincitrici, o a dirittura scendendo al grado di semplici eroi. Così la vittoria di Era come mogli
, o a dirittura scendendo al grado di semplici eroi. Così la vittoria di Era come moglie legittima di Giove ridusse le alt
grado di semplici eroi. Così la vittoria di Era come moglie legittima di Giove ridusse le altre consorti di lui allo stato
toria di Era come moglie legittima di Giove ridusse le altre consorti di lui allo stato di concubine; e Callisto, dea dell
moglie legittima di Giove ridusse le altre consorti di lui allo stato di concubine; e Callisto, dea della luna in Arcadia,
uogo ad Artemide, ne divenne ninfa ed ancella. 4º Causa efficacissima di evoluzione mitica, il moltiplicarsi di un mito in
ncella. 4º Causa efficacissima di evoluzione mitica, il moltiplicarsi di un mito in più altri per effetto di polionimia. P
oluzione mitica, il moltiplicarsi di un mito in più altri per effetto di polionimia. Più nomi o epiteti, usati poeticament
iù nomi o epiteti, usati poeticamente a designare uno stesso fenomeno di natura, davan luogo a diversi racconti; così vole
ersi racconti; così volendo esprimere il sole nascente, ora parlavasi di un figlio nato dalla Notte o dalle Tenebre, ora d
nte, ora parlavasi di un figlio nato dalla Notte o dalle Tenebre, ora di un gigante che strozza i serpenti delle tenebre,
Tenebre, ora di un gigante che strozza i serpenti delle tenebre, ora di un altro gigante che intraprende la sua corsa fat
e, ora di un altro gigante che intraprende la sua corsa faticosa, ora di un guerriero che si appresta alla sua lotta colle
ali miti dell’ antichità classica. In conseguenza noi ci contenteremo di aver dato questi cenni generali intorno alla spie
a affatto diversa la Mitologia greca e la romana. Quel ricco sviluppo di leggende, del quale s’ è fatto parola, propriamen
aliche conservarono per molto tempo il loro schietto essere primitivo di forze naturali divinizzate, e il concetto non ven
tti e definiti, nè si crearono popolari racconti intorno alle vicende di lor vita, alle loro parentele, alla loro discende
re le figure degli Dei, il senso religioso degl’ Italici si applicava di preferenza a istituire ordini sacerdotali, e sacr
olennità, a fissare con gran cura le cerimonie del culto e gli uffici di chi vi attendeva. Solo più tardi, allorchè i Roma
i miti che vedevano universalmente divulgati tra i Greci, e cercarono di adattar tutto questo al concetto tradizionale che
tradizionale che essi avevano delle varie divinità secondo le ragioni di somiglianza che pareva loro di scorgere. Così si
elle varie divinità secondo le ragioni di somiglianza che pareva loro di scorgere. Così si fece come una fusione di essere
omiglianza che pareva loro di scorgere. Così si fece come una fusione di essere mitici, il greco Zeus venne identificato c
e in occasione delle greche corrispondenti; si farà un cenno separato di quelle per le quali non trovasi alcun riscontro.
o — Cosmogonia e Teogonia — Titanomachia e Gigantomachia. 1. Prima di esporre le varie discendenze e vicende degli Dei
ava che le qualità umane fossero per loro innalzate al più alto grado di eccellenza; quindi il corpo degli Dei era pensato
., essendo caduto in terra durante una battaglia, occupava uno spazio di sette plettri o 700 piedi (Il. 21,407). Più robus
di (Il. 21,407). Più robuste ed agili eran le membra divine; la forza di Zeus era tale che col solo muover delle sopraccig
, e Zeus, ad es., dall’ alto trono dell’ Olimpo scorge, senza bisogno di esser presente, tutte le azioni degli uomini in q
talità; e se nascono e crescono come gli uomini, hanno per sè il dono di una grande celerità; Ermes, nato al mattino, suon
e dalla culla ov’ è in fasce sfugge per andare a rapire le giovenche di Apollo, e dopo nascostele, torna nella sua culla.
ro corpo può essere ferito, così l’ anima può essere afflitta da pene di varia natura; ma ciò non guasta la loro felicità
ecc., ed anche d’ un tratto farle cessare, e il loro potere eccedeva di gran lunga i limiti dell’ umano. Non si era pero
ngono rappresentati come invidi, gelosi, crudeli, pronti a ogni sorta di intrighi e di frodi, insonnia non immuni da quell
ntati come invidi, gelosi, crudeli, pronti a ogni sorta di intrighi e di frodi, insonnia non immuni da quelle colpe e diso
non a loro immagine e somiglianza, pur concedendo loro un cotal grado di superiorità da giustificare la venerazione e il c
condo Esiodo, ebbe origine dal Caos, intesa questo voce non nel senso di una rudis indigestaque moles, cioè una confusa mi
n nel senso di una rudis indigestaque moles, cioè una confusa miscela di tutte cose, che è un concetto posteriore, ma nel
eno naturale della terra fecondata dall’ acque. Prodotti dell’ unione di Gea e di Urano furono: a) i Titani; b) i Ciclopi;
ale della terra fecondata dall’ acque. Prodotti dell’ unione di Gea e di Urano furono: a) i Titani; b) i Ciclopi; c) gli E
uce e Tea (Theia), l’ irradiante, da cui nacquero i tre esseri datori di luce, Elio il sole, Selene la luna, Eos l’ Aurora
e queste coppie vanno ricordati tra i Titani Giapeto (Iapetos), padre di Prometeo, e due divinità che personificavano conc
marine; Taumante (Thaumas), rappresentante la maestà del mare, padre di Iride l’ arcobaleno, e delle Arpie (venti tempest
ione co significato primitivo. Raccontavasi dunque che, temendo Urano di perdere la signoria dell’ universo per opera dei
perchè facessero guerra al padre. Niuno dei maggiori aveva l’ ardire di ciò fare, ma sorto il più giovane, Crono, attaccò
’ obbligò a rinunziare in suo favore al dominio del mondo. Dal sangue di Urano nacquero le Erinni (Erinyes), furie vendica
rano nacquero le Erinni (Erinyes), furie vendicatrici d’ ogni delitto di sangue, i Giganti e le ninfe Meliadi (deità dei f
a formar il fusto delle lancie). Spodestato Urano, cominciò il regno di Crono; ma neanche questo doveva esser lungo e fel
che avrebbe subito la stessa sua sorte; e così avvenne. Crono temendo di essere detronizzato da uno de’ suoi figli, li ing
ne; ma quando nacque l’ ultimo figlio, Zeus, Rea lo nascose, e invece di esso porse al padre, involta nelle fasce, una pie
allevato dipoi segretamente da alcune ninfe in una grotta dell’ isola di Creta, crebbe ben presto in forze e maestà, e fat
ingoiati che per la divinità loro erano immortali, incominciò contro di lui la tremenda lotta che doveva por fine alla su
ni Oceano, Temi, Mnemosine e Iperione essendosi schierati dalla parte di Zeus, rimasero gli altri a difesa del fratello. Z
randoli dai ceppi a cui li aveva condannati Urano. La guerra durò più di dieci anni, e ne fu teatro la fertile Tessaglia,
no e Giapeto il monte Otri. Fu combattuta con straordinaria violenza; di qua e di là scagliaronsi rupi; Zeus ricorse anche
eto il monte Otri. Fu combattuta con straordinaria violenza; di qua e di là scagliaronsi rupi; Zeus ricorse anche ai fulmi
bavano dell’ immenso fragore. È evidente il significato naturalistico di questo mito; con esso rappresentavasi un gran con
uralistico di questo mito; con esso rappresentavasi un gran conflitto di forze della natura; forse era ancora un’ eco di q
asi un gran conflitto di forze della natura; forse era ancora un’ eco di quei grandi cataclismi geologici e diluvii, di cu
rse era ancora un’ eco di quei grandi cataclismi geologici e diluvii, di cui era viva la tradizione e si scorgono anche or
lle viscere terrestri. La Tessaglia appunto era stata scelta a teatro di questa guerra, perchè ivi erano più manifesti i s
lta a teatro di questa guerra, perchè ivi erano più manifesti i segni di antiche rivoluzioni geologiche. Alfine i Titani v
asciati loro a guardia gli Ecatonchiri, divenuti omai fide sentinelle di Zeus. Crono perdette il regno della vita e dovett
la vita e dovette contentarsi d’ allora in poi, secondo alcuni poeti, di regnare con Radamante sulle isole dei beati. Zeus
Ades quello del Tartaro; la terra rimase neutrale. Ma il nuovo ordine di cose non fu ancora assicurato. Gea crucciata per
uce un nuovo mostro Tifeo o Tifone (Typhæus, Typhon), con cento teste di drago vomitanti fuoco, dotato di grandezza e di f
e (Typhæus, Typhon), con cento teste di drago vomitanti fuoco, dotato di grandezza e di forza meravigliosa, lo indusse a m
hon), con cento teste di drago vomitanti fuoco, dotato di grandezza e di forza meravigliosa, lo indusse a muover contro Ze
ova, terribile lotta, che fe’ tremare cielo e terra; novella immagine di sconquassi geologici dovuti alle forze vulcaniche
onquassi geologici dovuti alle forze vulcaniche. I fulmini incessanti di Zeus domarono alfine il mostro, che fu gettato ne
festa l’ ira sua vomitando fuoco e fiamme. Alcuni poeti parlano anche di una Gigantomachia, ossia di una lotta contro Zeus
uoco e fiamme. Alcuni poeti parlano anche di una Gigantomachia, ossia di una lotta contro Zeus dei Giganti, nati dalle goc
machia, ossia di una lotta contro Zeus dei Giganti, nati dalle goccie di sangue sparse da Urano dopo la lotta con Crono. F
ettero subire la stessa sorte dei Titani. Da quel momento la signoria di Zeus durò incontrastata, e niun avversario più so
dei Romani? In origine i Romani non conoscevano alcun Dio come padre di Giove Ottimo Massimo; ma allorquando le idee grec
ava con in mano un coltello a falce, come Saturno; e le feste in onor di Crono, le Cronie, avevano qualche analogia col Sa
si fosse rifugiato nel Lazio, ed ivi nascostosi; donde il nome stesso di Latium, his quoniam latuisset tutus in oris ( V
us in oris ( Virg., Eneide, 8,324). Si aggiungeva che sotto il regno di Saturno, gli uomini avevan goduto il secol d’ oro
pace e fraterna eguaglianza; cacciato Saturno, succedette un periodo di discordie e di infelicità. — Quanto alle lotte de
a eguaglianza; cacciato Saturno, succedette un periodo di discordie e di infelicità. — Quanto alle lotte dei Titani e dei
figurati dell’ antichità non sono molto frequenti le rappresentazioni di Crono. Generalmente veniva raffigurato con faccia
o. Un busto ben conservato è quello che conservasi nel Museo Vaticano di Roma qui riprodotto (fig. 1). Nel Museo Capitolin
ervasi un bassorilievo che trovavasi su un lato d’ un altare in marmo di Giove e rappresenta il tiranno seduto, a cui una
nti, i quali miti offrivano facile argomento a rappresentazioni piene di energia e di vita. Fra le descrizioni poetiche di
miti offrivano facile argomento a rappresentazioni piene di energia e di vita. Fra le descrizioni poetiche di queste lotte
presentazioni piene di energia e di vita. Fra le descrizioni poetiche di queste lotte chi non ricorda quella che si legge
he di queste lotte chi non ricorda quella che si legge nella Teogonia di Esiodo, (v. 629 e seg.), così mirabile per grandi
(v. 629 e seg.), così mirabile per grandiosità e forza? E per tacere di tante allusioni che trovansi in molti autori e gr
hanno figura diversa dagli altri Dei ed eroi, a cominciare dall’ età di Alessandro Magno vennero raffigurati come aventi
all’ età di Alessandro Magno vennero raffigurati come aventi in luogo di gambe due serpenti che terminano dalla parte dell
minano dalla parte della testa. Un celebre cammeo del Museo Nazionale di Napoli rappresenta Giove su un carro tirato da qu
poli rappresenta Giove su un carro tirato da quattro cavalli, in atto di scagliare il fulmine su un gigante a gambe serpen
rto. Splendida è la rappresentazione che si scorge in un bassorilievo di un sarcofago nel Museo Vaticano, dove si vedono i
dove si vedono i Giganti volgersi minacciosi al cielo, in atto alcuni di lanciar sassi, altri di strappar rami di albero p
volgersi minacciosi al cielo, in atto alcuni di lanciar sassi, altri di strappar rami di albero per servirsene nella pugn
osi al cielo, in atto alcuni di lanciar sassi, altri di strappar rami di albero per servirsene nella pugna; a cui fan cont
bero per servirsene nella pugna; a cui fan contrapposto alcune figure di Giganti o già prostrati a terra o cadenti. Noi pr
presentiamo nelle fig. 2 e 3 due gruppi ricavati da rilievi marmorei di un altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di B
nelle fig. 2 e 3 due gruppi ricavati da rilievi marmorei di un altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino. In un
i da rilievi marmorei di un altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino. In uno si vede Giove coll’ aquila nella
Giove coll’ aquila nella sinistra, e nella destra un fulmine in atto di scagliarlo contro un gigante, mentre a sinistra u
un altro gigante, già fulminato, si solleva a stento da terra in atto di chieder grazia. Il secondo gruppo (fig. 3) rappre
ieder grazia. Il secondo gruppo (fig. 3) rappresenta Atena, la figlia di Giove, come vincitrice in lotta contro un gigante
vicina a esser incoronata da una Niche; in fondo si scorge la figura di Rea che invoca pietà per i suoi figliuoli.
ti da Era, Apollo ed Artemide nati da Leto, Atena uscita dal cervello di Zeus, Ermes nato da Maia e Afrodite nata da Dione
impo parte in terra, in mare e nell’ inferno. A parlare ordinatamente di tutti questi Dei, li divideremo in tre ordini, gl
ol dire: cielo, giorno; e dalla stessa radice deriva pure il lat. Iov di Iov-is, nomin. Iov-pater, Iu-piter (ind. Djaus-pi
le della luce, del giorno e del brillar del cielo. Da questo concetto di Dio celeste derivano appunto le attribuzioni vari
questo concetto di Dio celeste derivano appunto le attribuzioni varie di Zeus. Egli presiede ai fenomeni atmosferici; racc
dirla con un’ espressione popolare che designa appunto un alto grado di potenza, egli è che « fa la pioggia e, il bel tem
e, il bel tempo ». A queste attribuzioni si connette l’ Egida o scudo di Zeus; in origine null’ altro che un manto di nemb
onnette l’ Egida o scudo di Zeus; in origine null’ altro che un manto di nembi, scuotendo il quale n’ uscivano procelle e
e, più tardi creduto la pelle della capra Amaltea cinta tutt’ intorno di serpenti, sul cui mezzo Giove aveva fissato il vo
dell’ ospitalità è pure tutelato da Zeus Xenios (Hospitalis); a nome di lui si presentano i mendicanti e i forestieri, ed
presentano i mendicanti e i forestieri, ed egli punisce chi trascura di accoglierli e ospitarli benignamente. Come dello
dello stato così Zeus è anche il protettore della famiglia; ogni capo di famiglia era come un sacerdote di Giove, e in nom
rotettore della famiglia; ogni capo di famiglia era come un sacerdote di Giove, e in nome de’ suoi dipendenti offriva a lu
za; e il concetto che se n’ aveva non differiva gran fatto dall’ idea di Dio che si ha anche ora presso i volghi cristiani
Zeus, come dio supremo, doveva essere naturalmente la fonte più alta di divine rivelazioni. In vario modo credevasi manif
coli, ed aveva anche i suoi oracoli egli stesso, principalissimi quei di Dodona in Epiro e di Olimpia, e manifestava poi a
i suoi oracoli egli stesso, principalissimi quei di Dodona in Epiro e di Olimpia, e manifestava poi anche l’ avvenire per
va come un uomo con tutte le debolezze e i vizi dell’ umanità. Figlio di Crono e di Rea, egli fu bambino, e debole, impote
uomo con tutte le debolezze e i vizi dell’ umanità. Figlio di Crono e di Rea, egli fu bambino, e debole, impotente come tu
tutti i bambini degli uomini. A stento sottratto da Rea alla crudeltà di suo padre, venne allevato, in un antro segreto de
rudeltà di suo padre, venne allevato, in un antro segreto dell’ isola di Creta, per cura della ninfa Adrastea, e ricevette
a capra Amaltea; e perchè i suoi vagiti non giungessero alle orecchie di Crono, i Cureti, sacerdoti di Rea, facevano un gr
oi vagiti non giungessero alle orecchie di Crono, i Cureti, sacerdoti di Rea, facevano un gran fracasso intorno alla culla
ureti, sacerdoti di Rea, facevano un gran fracasso intorno alla culla di lui, battendo le spade contro gli scudi. Divenuto
venuto poi adulto, e potente, Zeus non disdegnò, secondo la leggenda, di cercar sollazzo negli amori di molte donne e immo
eus non disdegnò, secondo la leggenda, di cercar sollazzo negli amori di molte donne e immortali e mortali, destando così
amori di molte donne e immortali e mortali, destando così la gelosia di Era sua legittima moglie. Prima egli ha rapporti
e alla famiglia dei Titani, da cui generò le Ore e le Parche. Il Zeus di Dodona ebbe in moglie Dione, la madre di Afrodite
le Ore e le Parche. Il Zeus di Dodona ebbe in moglie Dione, la madre di Afrodite; quello d’ Arcadia ebbe Maia da cui nacq
Leto (Latona) Apollo ed Artemide. Era, la sorella e moglie legittima di Zeus, non gli diede che due figliuoli, Ares (Mart
. Tra le donne mortali amate da Zeus, la più celebre è Semele, figlia di Cadmo il re Tebano, come madre del dio Dioniso (D
are due cose: prima che spesso il linguaggio mitico presenta in forma di amore e di generazione la produzione di certi fen
e: prima che spesso il linguaggio mitico presenta in forma di amore e di generazione la produzione di certi fenomeni natur
ggio mitico presenta in forma di amore e di generazione la produzione di certi fenomeni naturali: ad es. l’ unione di Zeus
enerazione la produzione di certi fenomeni naturali: ad es. l’ unione di Zeus con Leto e la generazione di Apollo e Artemi
fenomeni naturali: ad es. l’ unione di Zeus con Leto e la generazione di Apollo e Artemide significa l’ unione del cielo e
tte, da cui provengono i raggi del sole e quelli della luna; l’ amore di Zeus con Demeter, la dea delle biade, rappresenta
vegetazione. In secondo luogo ciascuna località ove Zeus era oggetto di culto aveva le sue proprie leggende, identiche ne
ni relative al supremo Dio vennero a essere moltiplicate. 4. Il culto di Zeus si estese in tutte le provincie dell’ Eliade
in tutte le provincie dell’ Eliade, essendo riconosciuto come il Dio di tutta la nazione. Tuttavia alcune località acquis
uttavia alcune località acquistarono importanza maggiore dell’ altre; di tutte la più antica era Dodona, città della Tespr
tica era Dodona, città della Tesprozia in Epiro, dove già era oggetto di culto Zeus quando non eravi ancora in tutta la Gr
utta la Grecia alcun tempio a lui dedicato. Ivi era una sacra foresta di annose quercie, le cui foglie agitate dal vento,
come del resto quasi tutte le alture erano anticamente sedi del culto di questo dio celeste; ciò sia nella Grecia continen
a continentale sia in Creta e in altre isole. Ma il luogo più celebre di tutti pel culto di Zeus divenne la città di Olimp
in Creta e in altre isole. Ma il luogo più celebre di tutti pel culto di Zeus divenne la città di Olimpia in Elide, ove og
. Ma il luogo più celebre di tutti pel culto di Zeus divenne la città di Olimpia in Elide, ove ogni quattr’ anni (il perio
uattr’ anni (il periodo detto perciò Olimpiade) si radunavano i Greci di tutte le provincie per celebrarvi i giochi Olimpi
Greci di tutte le provincie per celebrarvi i giochi Olimpici in onor di Giove. Ivi, tra molte altre opere d’ arte, era la
or di Giove. Ivi, tra molte altre opere d’ arte, era la famosa statua di Fidia, della quale parleremo fra poco. 5. Al Zeus
ella luce, della pioggia e della tempesta, e pero invocato col titoli di Diespiter, padre del giorno, e Iupiter Lucetius,
lla lealtà, ed era detto Dius Fidius, e la Fides era un’ attribuzione di lui. Con lui si confondeva il dio Terminus che cu
io Terminus che custodiva i limiti delle proprietà prediali. Il culto di Giove si diffuse fin dai primi tempi di Roma, e c
proprietà prediali. Il culto di Giove si diffuse fin dai primi tempi di Roma, e col titolo di Giove Ottimo Massimo ebbe d
l culto di Giove si diffuse fin dai primi tempi di Roma, e col titolo di Giove Ottimo Massimo ebbe dai Tarquinii l’ onore
oma, e col titolo di Giove Ottimo Massimo ebbe dai Tarquinii l’ onore di un celebre tempio sul monte Capitolino. Più tardi
’ onore di un celebre tempio sul monte Capitolino. Più tardi al culto di Giove si uni quello di Giunone e Minerva, e in on
empio sul monte Capitolino. Più tardi al culto di Giove si uni quello di Giunone e Minerva, e in onore di questa triade Ca
ardi al culto di Giove si uni quello di Giunone e Minerva, e in onore di questa triade Capitolina si istituirono i Ludi Ro
i ebbe quindi un Iupiter Optimus Maximus Heliopolitanus, ossia il dio di Eliopoli in Egitto, raffigurato come un giovane c
timone del carro solare, ed ha nell’ altra il fulmine e delle spighe di grano; e un Iupiter O. M. Dolichenus, il dio guer
elle spighe di grano; e un Iupiter O. M. Dolichenus, il dio guerriero di Dolica in Siria, dall’ aspetto fiero e armato all
to alla romana, protettore dei soldati nel basso Impero. 6. La figura di Zeus-Iupiter nella letteratura e nell’ arte. Cenn
i più o meno compiute della sua figura è naturale che ricorrano assai di frequente nelle opere letterarie e nelle artistic
nelle artistiche. È celebre la pittura Omerica (Il. 1,528) del figlio di Crono che china i neri sopraccigli; onde sull’ im
iglio di Crono che china i neri sopraccigli; onde sull’ immortal capo di lui ondeggiano le chiome divine, e il grande Olim
ma. Più materiale è l’ immagine che ci dà lo stesso poeta della forza di Zeus mettendogli in bocca queste parole: « Orsù,
queste parole: « Orsù, dic’ egli agli altri Dei quando proibisce loro di prender parte alla battaglia che si combatteva pr
sono più forte degli Dei e degli uomini ». In senso elevato cantaron di Zeus i grandi poeti lirici dell’ Ellade, e inni s
e inni speciali composero Terpandro, Alcmano, Simonide, Pindaro. Più di tutti celebrò le lodi del Dio ottimo e sapientiss
eca nel suo momento più alto e più bello. Anche la filosofia si valse di questo concetto e invocò il nome di Zeus, ma ben
ello. Anche la filosofia si valse di questo concetto e invocò il nome di Zeus, ma ben presto le idee panteistiche guastaro
e idee panteistiche guastarono l’ immagine dei prischi tempi, facendo di Zeus l’ anima dell’ universo e ornandolo dei più
us aequo (Od. 3, 4, 45 sg.)3. Venendo alle rappresentazioni figurate di Zeus, è naturale che di esse e specialmente di st
sg.)3. Venendo alle rappresentazioni figurate di Zeus, è naturale che di esse e specialmente di statue se ne trovasse in a
presentazioni figurate di Zeus, è naturale che di esse e specialmente di statue se ne trovasse in antico un numero incalco
e, chi pensi alla grande diffusione del culto e al numero grandissimo di templi dedicati a questa divinità in tutta la Gre
ta divinità in tutta la Grecia. Ma il monumento più grandioso e degno di ammirazione era la statua fatta dal celebre Fidia
tatua fatta dal celebre Fidia (500-432 av. C.) e collocata nel tempio di Olimpia. Così la descrive il Gentile nella sua St
rive il Gentile nella sua Storia dell’ arte greca (p. 108): « Il Dio, di forme gigantesche, sta va seduto in trono, toccan
destra una piccola Nike alata volgentesi a lui con una benda, simbolo di vittoria, quasi significasse: da te vien la forza
hiome e la barba fluenti in lunghe ciocche componevano l’ espressione di mitezza e insieme di pensosa maestà; il petto lar
nti in lunghe ciocche componevano l’ espressione di mitezza e insieme di pensosa maestà; il petto largo e poderoso diceva
lle pietre, dell’ avorio univasi una miracolosa varietà ed abbondanza di rappresentazioni e di forme con rilievi, statue e
io univasi una miracolosa varietà ed abbondanza di rappresentazioni e di forme con rilievi, statue e pitture ». Questo cap
ancor si trovava in Olimpia sul finire del 4º secolo dopo C. Ai tempi di Teodosio, cessate del tutto le feste olimpiche, c
he ne ha lasciata scritta Pausania, valgono le riproduzioni su monete di Elide coniate ai tempi di Adriano (fig. 4); in un
Pausania, valgono le riproduzioni su monete di Elide coniate ai tempi di Adriano (fig. 4); in una è l’ immagine di tutta l
e di Elide coniate ai tempi di Adriano (fig. 4); in una è l’ immagine di tutta la statua col trono, in altra solo del capo
ua col trono, in altra solo del capo. — Nei secoli seguenti l’ ideale di Fidia parve non abbastanza interessante; si desid
essione più spirituale e si cercava ottener cui con maggior finitezza di particolari. Un notevole esempio di questo più re
ottener cui con maggior finitezza di particolari. Un notevole esempio di questo più recente ideale è il busto marmoreo del
te ideale è il busto marmoreo del Museo Pio Clementino, detto « Giove di Otricoli » (fig. 5). La ricca chioma che si drizz
te ai due lati dà al viso un cotale aspetto leonino e un’ espressione di grande forza mentre la bocca lievemente aperta e
volto accennano a una dolce mitezza. Celebre è anche la statua detta di Verospi nel Museo Vaticano, la quale rappresenta
appoggiata sullo scettro. Anche in altri Musei trovansi belle statue di Giove o in marino o in bronzo. In tutte si nota l
a la ricca chioma, la barba folta e ricciuta, il largo petto, indizio di forza; costanti attributi sono lo scettro del pot
o del potere, il fulmine, l’ aquila, la patera sacrificale come segno di culto, una palla sotto o vicino al trono, come se
e o Dea della vittoria. Spesso la sua chioma è ornata o d’ una corona di quercia, perchè la quercia era a lui sacra, o d’
zio del potere regio. II. Era-Giunone. 1. Figlia maggiore di Crono e di Rea, sorella e moglie di Zeus, Era è l
ere regio. II. Era-Giunone. 1. Figlia maggiore di Crono e di Rea, sorella e moglie di Zeus, Era è la divinità
ra-Giunone. 1. Figlia maggiore di Crono e di Rea, sorella e moglie di Zeus, Era è la divinità femminile del cielo, come
mminile del cielo, come Zeus ne è la divinità maschile. Gli attributi di lei corrispondono esattamente a quelli di Zeus; a
ità maschile. Gli attributi di lei corrispondono esattamente a quelli di Zeus; anch’ essa presiede ai fenomeni atmosferici
erici e celesti, anch’ essa scatena le tempeste ma con minor violenza di Zeus; anch’ essa divide con Zeus gli onori del re
ssa divide con Zeus gli onori del regno celeste. I rapporti coniugali di Era con Zeus formavano il nucleo dei miti ad essa
festeggiata in primavera, specialmente nelle località devote al culto di Era, come Argo, Micene, l’ Eubea, Samo ed Atene,
i e cerimonie nuziali. Molto spesso anche si compiacquero i mitografi di raccontare i coniugali dissensi della celeste cop
iti, spesso abbastanza trasparente, toglie a questi racconti quel che di strano e d’ immorale che a prima vista presentano
sere Era una deità della tempesta spiega come sia stata pensata madre di Ares, e il suo culto si connettesse con giuochi d
tata pensata madre di Ares, e il suo culto si connettesse con giuochi di guerra, ed essa serbasse un’ accanita ostilità co
es. nella guerra troiana contro i Troiani. 2. Ma il carattere morale di Era ricevette nelle leggende greche maggiore svil
ra considerata come protettrice del matrimonio e delle mogli, datrice di fecondità, e come madre di Ilitia (Ilithyia) era
rice del matrimonio e delle mogli, datrice di fecondità, e come madre di Ilitia (Ilithyia) era venerata quale dea della ma
thyia) era venerata quale dea della maternità. 3. In origine il culto di Era non era molto diffuso. La culla di questo cul
ernità. 3. In origine il culto di Era non era molto diffuso. La culla di questo culto fu la città di Argo, onde la Dea era
to di Era non era molto diffuso. La culla di questo culto fu la città di Argo, onde la Dea era preferibilmente chiamata l’
ta, seconde Omero eran le sue città predilette. Diffusosi il concetto di dea protettrice del matrimonio, anche il culto na
più. Da tempo antichissimo era essa venerata in Beozia e nelle isole di Eubea e di Samo. Il suo principal tempio era il c
mpo antichissimo era essa venerata in Beozia e nelle isole di Eubea e di Samo. Il suo principal tempio era il così detto E
rovavasi la più bella e preziosa statua della Dea, fatta da Policleto di Sicione, artista poco più giovane di Fidia, statu
ua della Dea, fatta da Policleto di Sicione, artista poco più giovane di Fidia, statua crisoelefantina, in oro e avorio co
ovane di Fidia, statua crisoelefantina, in oro e avorio come il Giove di Fidia, e a questo creduta pari per bellezza. 4. G
a dea romana che s’ identifica con Era (Iuno = Iovino, nome femminile di Giove). Dapprima era confusa con Mater Matuta, ve
cui essa assisteva in tutti gli atti della vita. Anzi ciascuna donna di Roma si diceva aver la sua Giunone, come ogni uom
rre a casa) conduceva la fidanzata alla casa dello sposo, ecc. Questo di speciale ebbe la romana Giunone, che divenne anch
a Giunone, che divenne anche protettrice dell’ intero stato, col nome di Iuno Regina. Aveva la sua cella nel tempio Capito
no Regina. Aveva la sua cella nel tempio Capitolino, accanto a quella di Giove. La festa principale della Dea era quella d
pale della Dea era quella detta Matronalia, che si celebrava il primo di Marzo. Quel di tutte le matrone romane recavansi
era quella detta Matronalia, che si celebrava il primo di Marzo. Quel di tutte le matrone romane recavansi processionalmen
ricevuto da lei in occasione d’ una pubblica calamita. Per confusione di parole, se n’ era poi anche fatta una protettrice
rotettrice della moneta e della zecca romana. 5. Molti busti e statue di Era e Giunone ci sono stati trasmessi dall’ arte
ione della bellezza matronale. Prima va ricordata una testa del Museo di Napoli (fig. 6) che probabilmente venne modellata
 6) che probabilmente venne modellata sul capolavoro sopra menzionato di Policleto. Poi è degna d’ ammirazione la testa co
irazione la testa colossale detta l’ Era Ludovisi (fig. 7), vero tipo di bellezza femminile, piena di grazia e dignità. Il
etta l’ Era Ludovisi (fig. 7), vero tipo di bellezza femminile, piena di grazia e dignità. Il Goethe soleva paragonarla a
eghe del manto ond’ è adorna. Del tutto diversa la così detta Giunone di Lanuvio (fig. 9), pure conservata in Vaticano, ra
pure conservata in Vaticano, rappresenta la Dea coperta d’ una pelle di capra, con lancia e scudo, in atteggiamento guerr
n lancia e scudo, in atteggiamento guerriero. Distintivi della figura di Era sono: il mento alquanto pronunziato, indizio
tivi della figura di Era sono: il mento alquanto pronunziato, indizio di ferma volontà, le labbra sporgenti, grandi occhi,
cettro e il diadema, come simbolo della regal potestà, spesso il velo di sposa, la patera dei sacrifizi in mano, un melogr
III. Pallade Atena-Minerva. 1. Secondo la teogonia di Esiodo, Pallade Atena era figlia di Zeus, essendo
inerva. 1. Secondo la teogonia di Esiodo, Pallade Atena era figlia di Zeus, essendo balzata fuori tutta armata, come gi
goiato la sua prima sposa Metis. Gli è il cielo temporalesco, gravido di nubi, che in mezzo a procelle e lampi partorisce
rovviso del lampo. Difatti si favoleggiava che al momento del nascere di Atena tutta la natura si fosse commossa, avesse t
della pace, della saggezza, quasi la personificazione della prudenza di Giove. Come dea guerresca, Atena porta oltre le s
dasse. Quando Perseo l’ uccise, Atena n’ avrebbe presa la testa, irta di serpi, per fissarla nel centro della sua egida, a
li uomini, ma vien dissipata dalla serena luce. 2. I caratteri morali di Atena sono connessi col fisici; ella rappresenta
za, che guida gli uomini sia in guerra sia in pace, ed è loro datrice di ogni bene. Essa dirige gli eserciti agli assalti,
di ogni bene. Essa dirige gli eserciti agli assalti, ma a differenza di Ares, Dio, come vedremo, della guerra brutale, es
, essa ispira i movimenti più ragionevoli e i più accorti stratagemmi di guerra. Omero ce la descrive consigliatrice e pro
mi di guerra. Omero ce la descrive consigliatrice e protettrice anche di singoli guerrieri, Ulisse, Achille, Diomede. Fu l
are i cavalli, e a usar i cocchi in battaglia; essa invento la tromba di guerra e il flauto. In tempo di pace, Atena è la
in battaglia; essa invento la tromba di guerra e il flauto. In tempo di pace, Atena è la dea protettrice delle città e de
nto, in Isparta, in Arcadia, poi in Beozia, in Tessaglia, nell’ isola di Rodi; ma il luogo dove questo culto raggiunse il
luogo dove questo culto raggiunse il massimo sviluppo, la vera patria di Pallade Atena fu la città che ebbe nome da lei, a
che ebbe nome da lei, anzi l’ intiera regione Attica. Per il possesso di questa terra aveva la Dea gareggiato con Posidone
lei dedicati, l’ Eretteo e il Partenone. L’ Eretteo sorgeva dal lato di settentrione, precisamente là dov’ era la sacra p
sacra pianta d’ olivo donata dalla Dea e vi si conservava una statua di lei che si diceva caduta dal cielo. Rifatto nell’
a una statua di lei che si diceva caduta dal cielo. Rifatto nell’ età di Pericle constava di tre celle fra loro raggruppat
che si diceva caduta dal cielo. Rifatto nell’ età di Pericle constava di tre celle fra loro raggruppate, e destinate alle
ad Atena Parteno (Parthenos = vergine). Rifatto anch’ esso nell’ età di Pericle, venne riccamente ornato di bassorilievi
ne). Rifatto anch’ esso nell’ età di Pericle, venne riccamente ornato di bassorilievi per opera del gran Fidia 4, il qua
le pure compose la statua della dea posta in fondo alla cella; statua di cui diremo più sotto. La venerazione delle genti
lendida manifestazione nelle feste Panatenee celebrate nel terzo anno di ogni Olimpiade. Oltre a spettacoli ginnici, corse
solenne processione alla quale prendevano parte elette rappresentanze di tutte le tribù attiche, e riusciva una solenne te
sa identificata; con questo però che in Minerva prevaleva il concetto di una dea pacifica, protettrice delle arti e delle
i una dea pacifica, protettrice delle arti e delle scienze, come pure di tutti i lavori femminili. Una Minerva guerriera n
o dall’ oriente, e un altro glie ne innalzo Augusto dopo la battaglia di Azio. Come dea della pace, Minerva era venerata i
ta insieme con Giove e Giunone, ed aveva la sua cella nel gran tempio di Giove Capitolino. Altri templi a lei dedicati sor
, ossia l’ ingegnosa, essendo la testa sede dell’ intelletto. In onor di Minerva si celebravano a Roma feste in Marzo e in
era particolarmente la festa dei musici, e soprattutto dei suonatori di flauto (tibicines). In occasione dei Quinquatrus
ione dei Quinquatrus maggiori si davano per quattro giorni spettacoli di lotte gladiatorie, perchè, come Ovidio dice: ens
)5, un ricordo dunque della Minerva guerriera. 5. Numerosissimi cenni di Atena-Minerva, e parziali racconti de’ suoi miti
fa Pindaro della Dea che « fuor d’ un salto balza armata dal cervello di Giove, un alto grido tonando, a cui la Terra madr
elo inorridi » (traduz. Fraccaroli). Le attribuzioni e le benemerenze di Minerva ben discorse Ovidio nel terzo de’ Fasti r
poeta nel sesto delle Metamorfosi con l’ usata vivacità e freschezza di colori narra l’ avventura di Aracne che avendo vo
rfosi con l’ usata vivacità e freschezza di colori narra l’ avventura di Aracne che avendo voluto competere colla Dea nell
nti figurati. Fin dai tempi più antichi, prima che si usassero statue di bronzo o marmo, gli artisti fabbricavano immagini
usassero statue di bronzo o marmo, gli artisti fabbricavano immagini di Pallade in legno, generalmente colla lancia in ma
uno stratagemma dai Greci. Un Palladio conservavano anche nel tempio di Vesta i Romani, credendolo appunto il Palladio tr
rilievi concernenti i miti relativi ad Atena e le cerimonie del culto di lei, ma compose l’ ammirata statua che custodivas
ntava (così il Gentile , op. cit. p. 101) la vergine dea protettrice di Atene nella serena maestà della pace dopo la vitt
tene nella serena maestà della pace dopo la vittoria. Ritta, avanzava di alcun poco il piede destro; la copriva un semplic
a testa difesa coll’ elmetto attico, adorno sul dinanzi da una figura di sfinge, e sul lati da due grifoni in alto rilievo
eme reggeva l’ asta che come abbandonata le si reclinava alla spalla; di sotto allo scudo ergeva il collo un serpente acco
rle corona. Il serpente accovacciato fra i piedi e lo scudo è simbolo di Erittonio, mitico re dell’ Attica, od anche del p
ta in avorio e oro, con due gemme per occhi e adorna anche nella base di rappresentazioni mitiche. Nello scudo Fidia aveva
aveva effigiato anche la propria figura; il che considerato come atto di empietà fu poi cagione della condanna di lui. — U
il che considerato come atto di empietà fu poi cagione della condanna di lui. — Un’ altra celebre statua di Fidia era la c
ietà fu poi cagione della condanna di lui. — Un’ altra celebre statua di Fidia era la così detta Atena promachos o propugn
. Noi riproduciamo nella fig. 11 una statua che è nel Museo nazionale di Napoli; figura Atena coll’ elmo attico come quell
Museo nazionale di Napoli; figura Atena coll’ elmo attico come quella di Fidia, ma indosso invece di una tunica ha un pall
igura Atena coll’ elmo attico come quella di Fidia, ma indosso invece di una tunica ha un pallio ricco di ben disposte pie
e quella di Fidia, ma indosso invece di una tunica ha un pallio ricco di ben disposte pieghe, maestoso e nobile il portame
ta una imitazione in bronzo d’ un palladio. La fig. 13 è riproduzione di una statua del Museo Capitolino; non più l’ elmo
elmo attico tondo, ma l’ elmo corinzio, l’ egida ridotta a una specie di corsetto colla testa di Medusa in mezzo quasi fib
elmo corinzio, l’ egida ridotta a una specie di corsetto colla testa di Medusa in mezzo quasi fibbia; ciò in conformità d
ontone orientale del Partenone, rappresentante l’ improvvisa comparsa di Atena fra gli Dei. Le statue romane d
mprovvisa comparsa di Atena fra gli Dei. Le statue romane di Minerva erano affatto simili alle Greche. Ricorde
lo la così detta Pallade del Giustiniani trovata dove ora è la chiesa di S. Maria sopra Minerva a Roma e conservata nel Mu
e conservata nel Museo Vaticano. In tutti questi monumenti la figura di Atena appar contrassegnata da una grande dignità
numenti la figura di Atena appar contrassegnata da una grande dignità di linee, qual convenivasi alla casta e vergine Dea,
mo. IV. Apollo. 1. Febo Apollo era detto, come Artemide, figlio di Zeus e di Leto o Latona. Narravasi che perseguita
Apollo. 1. Febo Apollo era detto, come Artemide, figlio di Zeus e di Leto o Latona. Narravasi che perseguitata dalla g
di Zeus e di Leto o Latona. Narravasi che perseguitata dalla gelosia di Era, la povera Leto fosse stata costretta a pereg
la gelosia di Era, la povera Leto fosse stata costretta a peregrinare di terra in terra prima di trovar un luogo sicuro do
vera Leto fosse stata costretta a peregrinare di terra in terra prima di trovar un luogo sicuro dove dare alla luce i figl
e dare alla luce i figli suoi. Finalmente ebbe ospitalità nell’ isola di Delo, ed ivi alle falde del monte Cinto partorì A
(Python), mostro parimente nato dalla terra, che infestava la pianura di Crisa nelle vicinanze di Delfo. Una simile vittor
e nato dalla terra, che infestava la pianura di Crisa nelle vicinanze di Delfo. Una simile vittoria di un Dio contro un se
ava la pianura di Crisa nelle vicinanze di Delfo. Una simile vittoria di un Dio contro un serpente, ricorre in tutte le mi
Apollo avendo colle sue freccie ucciso Pitone, n’ ebbe il soprannome di Pizio, e Delfo divenne d’ allora in poi sede prin
di Pizio, e Delfo divenne d’ allora in poi sede principale del culto di questo Dio. Molte altre leggende si raccontavano
ncipale del culto di questo Dio. Molte altre leggende si raccontavano di Apollo, tutte riferibili agli effetti della luce
elio (Thargelios), il calore fecondo che matura i frutti della terra ( di qui il nome del mese Targelione, o Maggio); era s
cavallette. Nota leggenda era quella che faceva Apollo servo pastore di Admeto re della Tessaglia, o di Laomedonte re del
uella che faceva Apollo servo pastore di Admeto re della Tessaglia, o di Laomedonte re della Troade; espressioni allegoric
animale dei paesi freddi e che domina d’ inverno; onde il soprannome di Apollo Licio (Lycius, da lycos, lupo). D’ altra p
o alle bestie e alle piante col soverchio ardente calore. Espressione di questo pensiero è il mito di Giacinto (Hyacinthus
ol soverchio ardente calore. Espressione di questo pensiero è il mito di Giacinto (Hyacinthus), il bel giovane Spartano, a
sua straordinaria bellezza, e da lui ucciso con un involontario colpo di disco mentre giocava; dal sangue dell’ ucciso, Ap
iorisce). È adunque palese il significato naturale e il valore fisico di Febo Apollo. 2. Di qui si spiegano anche le varie
Febo Apollo. 2. Di qui si spiegano anche le varie attribuzioni morali di Apollo. Egli è un Dio benefico e datore di ogni f
varie attribuzioni morali di Apollo. Egli è un Dio benefico e datore di ogni felicità ai mortali, ma ha anche il suo cara
o e funesto. È persino Dio della morte; manda pestilenze ed è cagione di morti improvvise. A Troia, quando i Greci negaron
quegli che allontana i mali, il medico; onde la leggenda lo fe’ padre di Asclepio o Esculapio e lo identificò con Peone il
rsino i perseguitati dalle Furie solio da lui compassionati e difesi; di che la leggenda di Oreste offre un bellissimo ese
i dalle Furie solio da lui compassionati e difesi; di che la leggenda di Oreste offre un bellissimo esempio. E poichè tra
li, durante i loro conviti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine; di qui il titolo di Apollo M
e i loro conviti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine; di qui il titolo di Apollo Musagete (M
ti. Dirigeva anche il coro delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine; di qui il titolo di Apollo Musagete (Mousagetes, con
e il coro delle Muse, figlie di Zeus e di Mnemosine; di qui il titolo di Apollo Musagete (Mousagetes, conduttore delle Mus
pollo per l’ attribuitogli potere divinatorio. Era creduto il profeta di Giove, e i suoi oracoli, considerati come l’ espr
d’ Apollo in antico ve n’ erano parecchi, ad es. uno nelle vicinanze di Colofone, un altro presso Mileto, altri nella Tro
continente ellenico; ma il più celebre senza contrasto era l’ oracolo di Delfo. Ivi la Pizia, sacerdotessa del Dio, assisa
erreno da cui esalava un vapore innebriante, era invasa da una specie di estasi, durante la quale, in mezzo a moti convuls
abe, da cui poi i sacerdoti ricavavano il divino responso. L’ oracolo di Delfo, sebbene fosse già scaduto d’ importanza fi
Cristianesimo, e ancora Giuliano l’ Apostata lo consultò. 3. Il culto di Apollo era diffusissimo fra i Greci, come general
come generale doveva essere la venerazione verso una divinità datrice di tanti beni fisici e morali. La città di Delfo per
ne verso una divinità datrice di tanti beni fisici e morali. La città di Delfo però era il luogo principale di questo cult
beni fisici e morali. La città di Delfo però era il luogo principale di questo culto. Ivi sorgeva uno splendido tempio ch
ricchezze che si calcolavano a 10000 talenti, ossia quasi 60 milioni di lire. Nelle vicinanze di Delfo, al terzo anno di
vano a 10000 talenti, ossia quasi 60 milioni di lire. Nelle vicinanze di Delfo, al terzo anno di ogni Olimpiade avevano lu
sia quasi 60 milioni di lire. Nelle vicinanze di Delfo, al terzo anno di ogni Olimpiade avevano luogo i giochi Pizii. — No
Olimpiade avevano luogo i giochi Pizii. — Non meno celebre pel culto di Apollo, era l’ isola di Delo, dove il Dio era nat
i giochi Pizii. — Non meno celebre pel culto di Apollo, era l’ isola di Delo, dove il Dio era nato. Il terreno dell’ isol
ica, ma è lo stesso Apollo greco, molto per tempo accolto nel Panteon di Roma. Le colonie greche dell’ Italia meridionale
li oracoli Sibillini che cominciarono a diffondersi ed essere oggetto di culto fin dal tempo di Tarquinio Superbo; e del r
e cominciarono a diffondersi ed essere oggetto di culto fin dal tempo di Tarquinio Superbo; e del resto si diffuse presto
io Superbo; e del resto si diffuse presto la fama anche dell’ oracolo di Delfo, che in solenni occasioni si mandava a cons
i pitici. Più tardi un vero slancio ebbe il culto Apollineo per opera di Augusto, che attribuiva la vittoria d’ Azio princ
sse uno splendido tempio sul Palatino cui adornò colla celebre statua di Scopa rappresentante Apollo Citaredo. 5. Nelle op
ollo Citaredo. 5. Nelle opere letterarie frequentissima è la menzione di Apollo, come ispiratore di ogni bellezza poetica
re letterarie frequentissima è la menzione di Apollo, come ispiratore di ogni bellezza poetica e reggitore del coro delle
ari tolti dalle leggende del Dio. Con esso si può confrontare l’ inno di Callimaco a Delo perchè contiene cenni delle ste
leggende, nella loro forma ammodernata. Del divino suono della cetra di Apollo dà una bella descrizione Pindaro nella pri
il fulmine, l’ aquila vinta dalle cadenze si addormenta sullo scettro di Zeus, Ares lascia in disparte le lancie e tutti g
o delle Metamorfosi, racconta con soavi versi la leggenda dell’ amore di Febo Apollo per Dafne ritrosa, e il mutamento di
leggenda dell’ amore di Febo Apollo per Dafne ritrosa, e il mutamento di costei nella pianta di lauro, da quel momento div
Febo Apollo per Dafne ritrosa, e il mutamento di costei nella pianta di lauro, da quel momento divenuta sacra al Dio. Cos
a di lauro, da quel momento divenuta sacra al Dio. Così lo fa parlare di sè stesso: ………………………….… mihi Delphica tellus Et
ico terna, solendo essere rappresentato in figura d’ un giovane bello di forme, accoppiante la grazia alla forza. Si segna
a e Prassitele, fioriti dal fine della guerra peloponnesiaca all’ età di Alessandro Magno. Scopa compose un Apollo Citared
nei secoli seguenti e da Augusto trasportato a Roma dopo la vittoria di Azio per collocarlo nel nuovo tempio sul Palatino
per collocarlo nel nuovo tempio sul Palatino, onde ebbe anche il nome di Apollo Actius o Palatinus. Si crede che di esso f
o, onde ebbe anche il nome di Apollo Actius o Palatinus. Si crede che di esso fosse una riproduzione la statua di Apollo M
us o Palatinus. Si crede che di esso fosse una riproduzione la statua di Apollo Musagete che conservasi in Vaticano (fig. 
piedi, coronato d’ alloro, toccante le corde della cetra, ha un volto di femminea bellezza, esprimente entusiastico rapime
. 15). Prassitele ideò un Apollo in nuovo atteggiamento, cioè in atto di uccidere una lucertola e compose la statua detta
tta Apollo Sauroctonos (fig. 16), che è in Vaticano. « Un adolescente di bellissime forme si appoggia col braccio sinistro
p. 130-1). Ma la statua più celebre d’ Apollo è il così detto Apollo di Belvedere (fig. 17) che pure è in Vaticano. Fu tr
incipio del XVI secolo e restaurata dal Montorsoli, il quale aggiunse di suo il mozzicone d’ arco nella mano sinistra; ma
nella mano sinistra; ma non si è ben certi rispetto alle opportunità di questo ristauro e rispetto all’ idea generale del
oro. Mirabile la bellezza della figura in quella disdegnosa coscienza di sè che mostra avere il Dio vittorioso8.
enza di sè che mostra avere il Dio vittorioso8. I simboli di Apollo sono per lo più l’ arco e le saette, rifer
isce col dardo de’ suoi raggi (cfr. l’ espressione lucida tela diei di Lucrezio); oppure la cetra e la corona d’ alloro,
o, il cervo, il cigno, il delfino. V. Artemide-Diana. 1. Figlia di Zeus e di Leto, Artemide partecipa della natura d
o, il cigno, il delfino. V. Artemide-Diana. 1. Figlia di Zeus e di Leto, Artemide partecipa della natura di suo frat
iana. 1. Figlia di Zeus e di Leto, Artemide partecipa della natura di suo fratello Apollo, di cui è, in certa guisa, la
us e di Leto, Artemide partecipa della natura di suo fratello Apollo, di cui è, in certa guisa, la forma femminile. Essa è
dea grandemente benefica. Ma aveva anche il suo lato sinistro. Armata di areo e freccie (i raggi lunari), essa adopera l’
a ombrose montagne, in luoghi deserti e boscosi, scortata da un coro di ninfe leggiadre, preceduta dagli ardenti cani, es
eggia per l’ alta statura. Ma guai al malcapitato cui prenda vaghezza di contemplare le nude forme della bagnante; niuno l
qualche luogo era anche venerata come dea della maternità, col titolo di Ilizia (Ilithyia). La bella leggenda del giovane
o ad Artemide per la sua castità, dà una chiara idea del concetto che di questa divinità s’ eran formati i Greci. Era poi
a politica, come protettrice della giustizia nelle città. 3. Il culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Feb
elle città. 3. Il culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e di Leto (Latona); e a Delo, come a
culto di Artemide era per lo più connesso col culto di Febo-Apollo e di Leto (Latona); e a Delo, come a Delfo e altrove,
della libera natura, essa aveva un culto speciale in Arcadia, regione di alte montagne, di valli profonde, di torrenti imp
a, essa aveva un culto speciale in Arcadia, regione di alte montagne, di valli profonde, di torrenti impetuosi e di tranqu
lto speciale in Arcadia, regione di alte montagne, di valli profonde, di torrenti impetuosi e di tranquilli laghi. Ivi i t
regione di alte montagne, di valli profonde, di torrenti impetuosi e di tranquilli laghi. Ivi i tempietti a lei dedicati
, per es., a Braurone nell’ Attica e a Sparta, Artemide sotto il nome di Ortia (Orthia), veniva placata in antico con sacr
ta della Dea. Con questa divinità sanguinaria si connette la leggenda di Ifigenia, la figlia di Agamennone, che doveva ess
a divinità sanguinaria si connette la leggenda di Ifigenia, la figlia di Agamennone, che doveva essere sacrificata in Auli
o che doveva essere sacrificata, sostituendole una cerva, e l’ avesse di poi portata con sè nella Tauride per farne là una
dal suo fratello Oreste avrebbe rapito e portato in Grecia la statua di Artemide Taurica. Affatto diversa poi dall’ Artem
degli animali e degli uomini. Ancora nei tempi cristiani era oggetto di culto; negli Atti degli Apostoli, si racconta di
ristiani era oggetto di culto; negli Atti degli Apostoli, si racconta di un tumulto sorto ad Efeso contro la predicazione
toli, si racconta di un tumulto sorto ad Efeso contro la predicazione di Paolo, gridandosi: Magna Diana Ephesiorum « gran
one di Paolo, gridandosi: Magna Diana Ephesiorum « grande è la Diana di Efeso ». 4. Diana era appunto la Deita italità co
i identificò l’ Artemide dei Greci. In origine Diana era il femminile di Ianus, una potenza celeste, dea lunare, connessa
ccia, e fatta protettrice delle donne. Un antichissimo tempio in onor di lei era in un bosco presso Aricia sul lago di Nem
chissimo tempio in onor di lei era in un bosco presso Aricia sul lago di Nemi, ov’ essa era chiamata Diana Nemorensis; un
Nemorensis; un altro sul monte Algido presso Tuscolo; ma più celebre di tutti fu il tempio eretto da Servio Tullio sul Mo
era tempio comune della lega de’ Latini; dove agli idi d’ Agosto (il di 13), anniversario della dedica del tempio, si off
rio della dedica del tempio, si offriva un solenne sacrificio in onor di Diana, ed era giorno festivo per gli schiavi. — Q
i schiavi. — Quando più tardi Diana fu confusa con Artemide, il culto di lei anche a Roma fu connesso con quello di Apollo
usa con Artemide, il culto di lei anche a Roma fu connesso con quello di Apollo, ad es., nei ludi secolari. 5. Oltre gli i
le leggende che vi si riferiscono. Ma le lodi più belle, più sentite di Diana furono scritte dai Latini. Il 34o carme di
ù belle, più sentite di Diana furono scritte dai Latini. Il 34o carme di Catullo, è una preghiera innalzata a Diana da un
Il 34o carme di Catullo, è una preghiera innalzata a Diana da un coro di fanciulli e fanciulle; ivi è salutata « signora d
ltori; le si rivolge preghiera che conservi la sua tutela alla stirpe di Romolo. Anche Orazio ha tra le sue odi degl’ inni
itus Iori 9 . Anche il carme secolare, come già si disse, è in onor di Apollo e di Diana regina delle sei ve; la quale u
. Anche il carme secolare, come già si disse, è in onor di Apollo e di Diana regina delle sei ve; la quale ultima è invo
romane e faccia prosperare le novelle generazioni. Una bella pittura di Diana al bagno la troverà chi scorra il terzo del
ra di Diana al bagno la troverà chi scorra il terzo delle Metamorfosi di Ovidio, là dove raccontasi la sorte toccata all’
screto Atteone. Venendo all’ arti del disegno, molte rappresentazioni di Artemide troviamo nelle pitture vascolari e nelle
 18, una statua trovata a Pompei e conservata ora nel Museo Nazionale di Napoli, rivestita d’ una ricca tunica, a molte pi
20 un’ altra statua pure del Louvre, che figura la bella Dea, in atto di affibbiarsi il pallio sulla destra spalla. Genera
so e il cinghiale. VI. Ares-Marte. 1. Venendo ai figli di Zeus e di Era, il primo è Ares, dio della guerra.
nghiale. VI. Ares-Marte. 1. Venendo ai figli di Zeus e di Era, il primo è Ares, dio della guerra. A differe
gli di Zeus e di Era, il primo è Ares, dio della guerra. A differenza di Atena, che rappresenta la prudenza e l’ avvedutez
vasi della guerra nel suo lato più brutale, come strage e spargimento di sangue. Secondo il suo significato naturale, Ares
no che si scatena con furioso irresistibile impeto; difatti era detto di lui che sua patria e suo soggiorno prediletto fos
emico della serena luce del sole e della calma dell’ atmosfera, avido di disordine e di lotta, Ares era detestato dagli al
ena luce del sole e della calma dell’ atmosfera, avido di disordine e di lotta, Ares era detestato dagli altri Dei; lo ste
do canta Omero, non d’ altro più compiacevasi che del selvaggio grido di guerra; armato dalla testa ai piedi, coll’ elmo d
sua lancia, colla sinistra imbracciando lo scudo, scorreva pel campo di battaglia seminando strage e morte. Aveva per com
quando cadde Ares ferito da Atena, ricoperse del suo corpo uno spazio di sette iugeri, mentre la sua capigliatura si lordò
corpo uno spazio di sette iugeri, mentre la sua capigliatura si lordò di polvere. Altra volta, preso ferito per opera di A
capigliatura si lordò di polvere. Altra volta, preso ferito per opera di Atena, emise un grido pari al clamore di nove o d
olta, preso ferito per opera di Atena, emise un grido pari al clamore di nove o diecimila uomini in procinto di attaccar b
emise un grido pari al clamore di nove o diecimila uomini in procinto di attaccar battaglia. In connessione con questo car
di attaccar battaglia. In connessione con questo carattere selvaggio di Ares, son le leggende che lo fan padre del brigan
e del re Tessalo Flegias (Phlegyas) che volendo incendiare il tempio di Apollo cadde sotto le freccie di questo Dio (pers
as) che volendo incendiare il tempio di Apollo cadde sotto le freccie di questo Dio (personificazione del lampo che nasce
ce dalla nube tonante). Anche le guerriere Amazzoni eran dette figlie di Ares. Men rozzo si mostrò Ares ne’ suoi rapporti
nell’ Odissea. I due essendosi trovati in segreto convegno nella casa di Efesto, questi, avvertito da Elios, il sole che t
l gustoso spettacolo. Secondo altri, Afrodite era la moglie legittima di Ares che per lei genero Armonia, la progenitrice
e della stirpe Tebana. 2. Non molto diffuso era nella Grecia il culto di Ares. Aveva però templi a Tebe e Argo, in unione
eopago (areios pagos), il celebre tribunale che giudicava dei delitti di sangue. Culto speciale aveva in Tracia, abitata d
l dio più ragguardevole dello stato, dopo Giove. Numa istituì in onor di lui il sacerdozio dei Sal ii. Narravasi che un di
uma istituì in onor di lui il sacerdozio dei Sal ii. Narravasi che un di mentre Numa pregava per la salvezza dello stato,
egno della sua grazia, avesse lasciato cadere giù dal cielo uno scudo di bronzo (ancile), e intanto avesse avvertito Numa
anto si fosse conservato quello scudo, tanto avrebbe durato l’ impero di Roma. Numa, riconosciuto quello scudo come lo scu
rato l’ impero di Roma. Numa, riconosciuto quello scudo come lo scudo di Marte, a meglio conservarlo, ne fece fabbricare a
ilia così ottenuti furono affidati appunto ai Salii, che erano dodici di numero, persone appartenenti alle più ragguardevo
odici di numero, persone appartenenti alle più ragguardevoli famiglie di Roma. Ogni anno nel mese di Marzo, sacro al dio M
artenenti alle più ragguardevoli famiglie di Roma. Ogni anno nel mese di Marzo, sacro al dio Marte, i Salii percorrevano p
esche e cantavano inni appositamente composti. Da quel tempo il culto di Mars pater acquistò sempre maggior popolarità. Lo
pre maggior popolarità. Lo si invocava dai generali d’ esercito prima di intraprendere qualsiasi spedizione militare; si c
de era detto Mars Gradivus; dopo la vittoria, gli si rendevano azioni di grazie offrendogli una parte del bottino; in caso
rendevano azioni di grazie offrendogli una parte del bottino; in caso di disdette, attribuite a’ suoi sdegni, si cercava a
attribuite a’ suoi sdegni, si cercava ammansirlo con grandi sacrifizi di espiazione. Si facevan compagne di Mars alcune di
va ammansirlo con grandi sacrifizi di espiazione. Si facevan compagne di Mars alcune divinità allegoriche, come Bellona, s
e di Mars alcune divinità allegoriche, come Bellona, sua sorella, dea di guerra, corrispondente alla greca Enio; Metus e P
il Valore; Victoria, la Vittoria; Pax, la Pace, tutte onorate in Roma di templi e di culto. Il campo di Marte (campus Mart
ictoria, la Vittoria; Pax, la Pace, tutte onorate in Roma di templi e di culto. Il campo di Marte (campus Martius), vasta
a; Pax, la Pace, tutte onorate in Roma di templi e di culto. Il campo di Marte (campus Martius), vasta piazza sulla riva s
ato. Tra i templi dedicati a Marte, merita special menzione il tempio di Marte Ultore che Augusto fece edificare nel suo f
ficare nel suo foro, a ricordare la vittoria riportata sugli uccisori di Cesare. 4. L’ Iliade e l’ Odissea son l’ opere do
tettore dell’ Olimpo, padre dei trionfi bene acquistati, soccorritore di Temi, cioè della Giustizia. Ma è questo un inno f
egli altri inni omerici. Di Mars o Mavors o Gradivus si fa parola ben di frequente negli scrittori latini, ma non si tratt
parola ben di frequente negli scrittori latini, ma non si tratta che di rapidi cenni. Lo mette in scena Claudio Claudiano
mici. Nelle arti figurative sono invece frequenti le rappresentazioni di Marte, giacchè ne è compresa la figura in molte s
resentazioni di Marte, giacchè ne è compresa la figura in molte scene di guerra, segnatamente in pitture vascolari o mural
ra, segnatamente in pitture vascolari o murali; ed anche l’ avventura di Ares e Afrodite fornì argomento a molti lavori. L
rgomento a molti lavori. La statuaria soleva rappresentarlo in figura di un giovane gagliardo, bello di forme, fiero nel p
tuaria soleva rappresentarlo in figura di un giovane gagliardo, bello di forme, fiero nel portamento, con elmo, lancia e s
elmo, lancia e scudo. Nella fig. 21 riproduciamo una statua del Museo di Laterano in Roma, la cui mano sinistra probabilme
tra probabilmente teneva una lancia che ora è perduta. È della scuola di Policleto. Invece alla scuola di Lisippo (356-323
ia che ora è perduta. È della scuola di Policleto. Invece alla scuola di Lisippo (356-323 av. C.), apparteneva la celebre
lla scuola di Lisippo (356-323 av. C.), apparteneva la celebre statua di Ares che è nella villa Ludovisi, pure a Roma (fig
la Ludovisi, pure a Roma (fig. 22). Il Dio vi è rappresentato in atto di riposo dopo la battaglia, ed ha aspetto più dolce
allo, il picchio. VII. Efesto-Vulcano. 1. L’ altro figlio di Zeus e di Era è Efesto (Hephaestos), Dio del fuoc
icchio. VII. Efesto-Vulcano. 1. L’ altro figlio di Zeus e di Era è Efesto (Hephaestos), Dio del fuoco. Si pens
zzato, e l’ ammirazione riconoscente degli uomini ne formasse oggetto di culto. E poichè il fuoco vien dal cielo, per ques
chè il fuoco vien dal cielo, per questo Efesto era stato detto figlio di Zeus. Lo si pensava zoppo; immagine dei movimenti
ti della fiamma. Narravasi poi che Era, vergognandosi della bruttezza di lui, lo aveva gettato dal cielo giù nel mare; ma
le Oceanidi Eurinome (Eurynome) e Tetide (Thetis) ebbero compassione di lui e lo accolsero e custodirono per nove anni in
ra precipitato per un giorno intiero, e infine era caduto nell’ isola di Lenno; i cui abitanti, i Sintii lo curarono finch
Sintii lo curarono finchè fu guarito. In questi racconti della caduta di Vulcano, è facile riconoscere un ricordo e un’ es
linguaggio mitico della caduta del fuoco dal cielo in terra, in forma di fulmine. Anche il fuoco sotterraneo, il fuoco vul
per lavorare i metalli. Così il monte Mosiclo (Mosychlos) nell’ isola di Lenno, l’ Etna in Sicilia erano le sedi principal
os) nell’ isola di Lenno, l’ Etna in Sicilia erano le sedi principali di Efesto. Ed essendosi osservato che nelle vicinanz
osi osservato che nelle vicinanze dei vulcani il vino si fa migliore, di qui la leggenda dell’ intima amicizia tra Efesto
icizia tra Efesto e Dioniso. Gli antichi poeti magnificavano le opere di questo divino artefice. Oltre allo splendido pala
vano le opere di questo divino artefice. Oltre allo splendido palazzo di bronzo che egli aveva fabbricato per sè sull’ Oli
zioni per gli altri Dei; poi si consideravano come opere sue l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, l
ravano come opere sue l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo di Eracle, lo scettro di Agamen
l’ egida di Giove e il suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo di Eracle, lo scettro di Agamennone, l’ armatura d’
l suo scettro, il tridente di Nettuno, lo scudo di Eracle, lo scettro di Agamennone, l’ armatura d’ Achille, ecc. 2. Il di
matura d’ Achille, ecc. 2. Il dio del fuoco, il fabbro divino, autore di tante opere in ferro e bronzo, era naturale fosse
orazione dei metalli e ammaestratine gli uomini; lo si faceva patrono di tutti gli artisti ed operai che per l’ opera loro
, sede principale dell’ arte e della coltura greca. Anche le leggende di Lenno avevan data ad Efesto in moglie Afrodite, e
’ incanto della grazia. 3. Non molto esteso era nella Grecia il culto di Efesto. Il luogo principale dov’ era venerato era
l culto di Efesto. Il luogo principale dov’ era venerato era l’ isola di Lenno; ivi, come già dicemmo, si credeva ch’ egli
, si credeva ch’ egli abitasse nel monte Mosiclo ed avesse a compagni di lavoro i Cabiri, i quali in conseguenza corrispon
corrispondevano ai Ciclopi dell’ Etna. Già abbiamo ricordato il culto di Efesto in Atene, accomunato con quello di Atena.
abbiamo ricordato il culto di Efesto in Atene, accomunato con quello di Atena. Nelle Efestee, (o feste in onor di Efesto)
tene, accomunato con quello di Atena. Nelle Efestee, (o feste in onor di Efesto) aveva solitamente luogo la corsa colle fi
Sud e in genere le terre vulcaniche erano naturalmente sede del culto di Efesto. Specialmente l’ isola di Lipari, una dell
he erano naturalmente sede del culto di Efesto. Specialmente l’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Ef
Specialmente l’ isola di Lipari, una delle Eolie, era detta l’ isola di Efesto; ivi era una grande officina dove lo si se
a dove lo si sentiva co’ suoi Ciclopi a batter colpi e attizzar vampe di fuoco. 4. I Romani, com’ è noto, chiamavano quest
vita e alla civiltà, era nelle antiche leggende italiche fatto sposo di Maia antica deità latina, sopranomata Maia Volcan
omata Maia Volcani e onorata con un sacrifizio il 1º Maggio; qualcosa di simile alla unione di Efesto con Afrodite. Le fes
norata con un sacrifizio il 1º Maggio; qualcosa di simile alla unione di Efesto con Afrodite. Le feste di Vulcano, le Vulc
ggio; qualcosa di simile alla unione di Efesto con Afrodite. Le feste di Vulcano, le Vulcanalia, avevan luogo durante il c
rincipale del Dio a Roma era il Vulcanal, non un tempio ma una specie di focolare pubblico, posto su un’ area alquanto ele
a specie di focolare pubblico, posto su un’ area alquanto elevata, al di sopra del Comitium dove si riunivano le assemblee
el Comitium dove si riunivano le assemblee del popolo. Un vero tempio di Vulcano era nel campo Marzio, probabilmente nelle
e Vulcanalia, avevan luogo i giochi Circensi. Un altro giorno festivo di Vulcano era il 23 Maggio, nel quale le trombe ed
i si attribuiva sia l’ origine dell’ incendio e l’ opera distruttrice di esso, sia lo spegnimento. Onde si ponevan le case
arresta il fuoco, a cui fu eretta una statua nel foro vicino a quella di Vulcano; e molte altre con tempietti trovavansi n
tempietti trovavansi nelle varie regioni della città. 5. L’ immagine di Efesto-Vulcano ricorre spesso nella poesia epica,
ne di Efesto-Vulcano ricorre spesso nella poesia epica, dove si parla di grandi opere costruite dal divino operaio. Così O
e (8,416 e segg.), Claudio Claudiano nel poemetto sul terzo consolato di Onorio (v. 191), si compiacquero a descrivere lo
91), si compiacquero a descrivere lo stridente lavorio dell’ officina di Vulcano, lo scorrer del bronzo fuso e dell’ oro n
i magli mossi dai Ciclopi. Altri narrarono altre parti delle leggende di questo Dio. L’ aneddoto di Venere, sorpresa da Vu
Altri narrarono altre parti delle leggende di questo Dio. L’ aneddoto di Venere, sorpresa da Vulcano con Marte, narrato ne
e sue forze, quindi barbuto. Per lo più non si tien conto del difetto di esser zoppo; la vista ne sarebbe stata disaggrade
bbe stata disaggradevole. Pero zoppa era la statua fatta da Alcamene, di cui parla Cicerone nel primo libro De Natura Deor
el resto lo si figurava in berretta e abito da operaio (exomis, sorta di tunica che lasciava nuda la spalla destra), e con
e con gli arnesi dell’ arte sua. Si hanno ben pochi monumenti antichi di Efesto. La fig. 23 è ricavata da un busto che con
nservasi in Vaticano. VIII. Ermes-Mercurio. 1. Ermes, figlio di Zeus e di Maia figlia d’ Atlante, nacque in una c
n Vaticano. VIII. Ermes-Mercurio. 1. Ermes, figlio di Zeus e di Maia figlia d’ Atlante, nacque in una caverna del
nato al mattino, verso il mezzogiorno esce dalle fasce, e del guscio di una tartaruga, trovata dinanzi alla caverna, si f
a Apollo non poteva ignorare la cosa, ed ecco se ne viene alla grotta di Cillene per obbligare Ermes a restituire il mal t
nega il fatto; onde Apollo a forza lo dove condurre davanti il trono di Zeus, lasciando a questo di decidere la contesa.
a forza lo dove condurre davanti il trono di Zeus, lasciando a questo di decidere la contesa. Anche allora stava Ermes in
ora stava Ermes in sul niego, ma Zeus, capita la cosa, gli diè ordine di cercare insieme con Apollo le giovenche e restitu
Apollo poi udito Ermes sonar la lira, tanto se ne compiacque che, pur di averla, gli lasciò le cinquanta giovenche. Così E
Apollo d’ allora in poi prese diletto dell’ arte musica. A dar segno di una compiuta riconciliazione, Apollo donò al frat
ione, Apollo donò al fratello la verga d’ oro a tre rampolli, datrice di benessere e prosperità, e d’ allora in poi visser
ice di benessere e prosperità, e d’ allora in poi vissero in rapporti di intima amicizia, benefici entrambi all’ umanità,
ligenza, Ermes del senno e della scaltrezza pratica. Tale la leggenda di Ermes narrata nell’ inno omerico. Incerto il sign
di Ermes narrata nell’ inno omerico. Incerto il significato naturale di questo mito. Secondo alcuni Ermes non è altro che
ito. Secondo alcuni Ermes non è altro che il crepuscolo. Le giovenche di Apollo da lui rubate sarebbero i raggi solari che
nefica pioggia. Un altro mito relativo ad Ermes è l’ incarico datogli di liberare Io, amata da Zeus, cui Era gelosa aveva
vacca e data a custodire ad Argo dai cent’ occhi. Ermes uccise Argo e di qui il suo titolo di Argifonte (Argiphontes). Per
ire ad Argo dai cent’ occhi. Ermes uccise Argo e di qui il suo titolo di Argifonte (Argiphontes). Per gli uni Io è la luna
ggente che guida al pascolo le vacche celesti ossia le nuvole gravide di pioggia. Il vento tempestoso uccide Argo, cioè os
orra qua e là per le regioni del cielo. 2. Varie sono le attribuzioni di Ermes; le une hanno rapporto col mondo umano, le
i che percorresse e terre e mari, ad annunziare alle genti la volontà di Giove o degli altri Dei. Così fu mandato alla nin
ri Dei. Così fu mandato alla ninfa Calipso per trasmetterle l’ ordine di Zeus circa il rilascio di Ulisse; fu mandato ad E
la ninfa Calipso per trasmetterle l’ ordine di Zeus circa il rilascio di Ulisse; fu mandato ad Egisto per avvertirlo di no
Zeus circa il rilascio di Ulisse; fu mandato ad Egisto per avvertirlo di non uccidere Agamennone; fu mandato ad Enea per i
gine. Già abbiamo ricordato l’ incarico più difficile datogli da Zeus di uccidere Argo dai cento occhi, custode di Io. Com
ù difficile datogli da Zeus di uccidere Argo dai cento occhi, custode di Io. Come messaggiero ed araldo degli Dei, Ermes p
mpre il caduceus. Era la verga stessa donatagli da Apollo, e constava di tre rampolli, di cui uno era il manico, gli altri
Era la verga stessa donatagli da Apollo, e constava di tre rampolli, di cui uno era il manico, gli altri due si raccoglie
ome i sogni si credeva venissero da Zeus, così Ermes, come messaggero di Zeus, era anche apportatore dei sogni e conciliat
ciliatore del sonno; onde gli si rivolgevano speciali preghiere prima di andare a letto. Infine, sempre nei rapporti sopra
to. Infine, sempre nei rapporti soprannaturali, Ermes avea la qualità di psicagogo o psicopompo, ossia conduttore delle an
trapassati nel regno delle ombre, e in certe occasioni anche, per via di oracoli e di scongiuri, le faceva tornare alle re
l regno delle ombre, e in certe occasioni anche, per via di oracoli e di scongiuri, le faceva tornare alle regioni superio
iori. Nei rapporti naturali, Ermes era venerato anzitutto come datore di prosperità e ricchezza nelle varie congiunture de
egli stesso, curava la fecondità e il benessere delle greggi; maestro di scaltrezza, era l’ aiuto del commercio e dei traf
o; e come a ciò giovano spesso le ciurmerie e gli inganni, così anche di tali cose si faceva Ermes patrono. — E poichè i t
trono. — E poichè i traffici della vita commerciale voglion sicurezza di strade e di viabilità, Ermes era anche il protett
oichè i traffici della vita commerciale voglion sicurezza di strade e di viabilità, Ermes era anche il protettore dei vian
ttore dei viandanti. Onde l’ uso e la denominazione delle erme, ossia di quelle pietre quadrate, sormontate da una testa o
Non era egli corridore valente tra i valenti? e abilissimo lanciator di dischi e pugilatore? Quindi lo si credeva fondato
credeva fondatore degli stadi e de’ ginnasi, i quali solevano ornarsi di imagini sue. Infine, come facondo oratore, era il
genere proteggeva tutte le invenzioni dell’ ingegno ed era ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Ermes era oggetto di s
gno ed era ispiratore di prudenti deliberazioni. 3. Ermes era oggetto di special culto in Arcadia dov’ egli credevasi nato
n Arcadia dov’ egli credevasi nato, poi anche in Attica e nelle isole di Lenno, Imbro e Samotracia, terre ricche di greggi
he in Attica e nelle isole di Lenno, Imbro e Samotracia, terre ricche di greggi e di pascoli. In Samotracia era venerato c
e nelle isole di Lenno, Imbro e Samotracia, terre ricche di greggi e di pascoli. In Samotracia era venerato col nome di C
re ricche di greggi e di pascoli. In Samotracia era venerato col nome di Cadmilo o Casmilo, e considerato come datore di f
era venerato col nome di Cadmilo o Casmilo, e considerato come datore di fecondità. 4. Il Mercurio dei Latini, dalla voce
uni coll’ Ermes greco. Il suo culto erasi introdotto insieme con quel di Cerere pochi anni dopo la cacciata dei Tarquinii,
uel di Cerere pochi anni dopo la cacciata dei Tarquinii, in occasione di una grande carestia, ma sembra sia rimasto sempre
mercanti onorava in lui il suo patrono e celebrava una festa agli idi di Maggio in onor di lui e della madre Maia. Più tar
n lui il suo patrono e celebrava una festa agli idi di Maggio in onor di lui e della madre Maia. Più tardi Mercurio si ide
ltre l’ inno omerico già ricordato, presso altri poeti greci si parla di Ermes e si raccontano le leggende a lui relative;
si parla di Ermes e si raccontano le leggende a lui relative; un inno di Alceo che ne cantava la nascita a Cillene s’ è di
l’ ode decima del libro 1o d’ Orazio, che ben riassume gli attributi di Mercurio, chiamandolo facondo nipote d’ Atlante e
gli Dei sia del cielo sia dell’ inferno. La rappresentazione plastica di Ermes ha preso diverse forme secondo il concetto
a un montone (Ermes crioforo), immagine che nei tempi cristiani servi di modello a figurare il Buon Pastore; ora apparisce
mmerciante, ed ha la borsa in mano; ora infine è messaggero ed araldo di Zeus coll’ ali ai piedi e sul petaso e in mano il
el pieno vigore delle sue forze e barbuto; più tardi prevalse l’ idea di figurarlo nel fiore della gioventù e senza barba.
entù e senza barba. A quest’ ultimo tipo appartiene la celebre statua di Prassitele scoperta nel 1877 ad Olimpia. Disgrazi
ri delle braccia; ma altre parti trovate in seguito, e la descrizione di Pausania, permisero di restaurarla quasi con cert
tre parti trovate in seguito, e la descrizione di Pausania, permisero di restaurarla quasi con certezza. La fig. 25 riprod
presenta con più precisione la testa. Il Dio, raffigurato in pienezza di gioventù, con forme robuste ed eleganti, porta su
’ animo ( Gentile, op. cit. p. 132). Un’ altra splendida statua di Ermes è quella in bronzo, trovata in Ercolano, ch
a in bronzo, trovata in Ercolano, che ora trovasi nel Museo Nazionale di Napoli, e rappresenta (fig. 26) il messaggiero de
o a sedere su una rupe. Le ali ai piedi sono ivi assicurate per mezzo di nastri. IX. Afrodite-Venere. 1. In Omero
i nastri. IX. Afrodite-Venere. 1. In Omero Afrodite è figlia di Zeus e di Dione, quella che a Dodona era venerata
IX. Afrodite-Venere. 1. In Omero Afrodite è figlia di Zeus e di Dione, quella che a Dodona era venerata come la s
ia di Zeus e di Dione, quella che a Dodona era venerata come la sposa di Zeus. Ma questa leggenda cedette il luogo ad un’
dir schiuma); e la prima terra, a cui approdò sarebbe stata l’ isola di Cipro, dove essa era venerata con culto speciale.
Cipro, dove essa era venerata con culto speciale. Di qui gli epiteti di Anadiomene (anadyomene, sorta su, intendi: dal ma
canto che emanava dal suo corpo. S’ indovina il significato primitivo di questa dea della bellezza; non è altro che l’ aur
l’ aurora, figlia del cielo, la quale sorride dall’ oriente e allieta di sua luce tutta la natura. Ma a questo concetto pr
, questo concetto era stato personificato nella dea Astarte; il culto di costei si diffuse insieme col commercio fenicio,
ella bellezza e dell’ amor sessuale. Presto si distinsero tre aspetti di questa deità; contrassegnati col nomi di Afrodite
to si distinsero tre aspetti di questa deità; contrassegnati col nomi di Afrodite Pandemo, Afrodite Urania e Afrodite Pont
Afrodite Pontia; la prima era l’ Afrodite terrena, protettrice anche di amori volgari; la seconda era la dea dell’ amore
di amori volgari; la seconda era la dea dell’ amore celeste, datrice di ogni benedizione; la terza era l’ Afrodite marina
te marina, patrona della navigazione e dei naviganti. Così il dominio di Afrodite si estendeva su tutta quanta la natura.
seri, divini ed umani un fascino irresistibile. Quindi molte leggende di dei od uomini presi d’ amore per Afrodite; anche
ie secondo le tradizioni locali e difficili a riassumersi. Come sposo di Afrodite or si nomina Ares, ora Efesto; più spess
ina Ares, ora Efesto; più spesso il secondo, torse perchè non mancava di attrattiva per ragioni di contrasto, l’ immagine
spesso il secondo, torse perchè non mancava di attrattiva per ragioni di contrasto, l’ immagine della bella Afrodite a fia
della bella Afrodite a fianco dello zoppo e odioso Dio del fuoco. Ma di questo matrimonio non si citano figli; bensì di A
oso Dio del fuoco. Ma di questo matrimonio non si citano figli; bensì di Afrodite e di Ares, e sarebbero Eros e Anteros, p
oco. Ma di questo matrimonio non si citano figli; bensì di Afrodite e di Ares, e sarebbero Eros e Anteros, personificazion
ende Afrodite è messa in rapporto con Dioniso e con Ermes. Spesso poi di essa si dice che esercito la sua forza sul mortal
Ippolito che rese infelice facendo che la matrigna Fedra innamorasse di lui, e il bel Narciso il quale sdegnava l’ amore
nava l’ amore della ninfa Eco, facendo che si invaghisse perdutamente di sè stesso. Merita un cenno speciale la leggenda d
amente di sè stesso. Merita un cenno speciale la leggenda dell’ amore di Afrodite per Adone, figlio di Fenice e di Afesibe
cenno speciale la leggenda dell’ amore di Afrodite per Adone, figlio di Fenice e di Afesibea. Era questa leggenda d’ orig
ale la leggenda dell’ amore di Afrodite per Adone, figlio di Fenice e di Afesibea. Era questa leggenda d’ origine asiatica
una caccia, ucciso da un cinghiale. Ella, addoloratissima, prego Zeus di richiamarlo in vita; ma intanto se n’ era anche i
i aggiunga Imene (Hymen o Hymenaios), il Dio delle nozze. 2. Il culto di Afrodite ebbe una straordinaria estensione in tut
regioni ove le stirpi elleniche si stanziarono e dominarono. Essendo di origine orientale, prese possesso primamente dell
ntale, prese possesso primamente delle grandi isole dell’ Egeo, e più di Cipro che si diceva la culla della Dea, e in Cipr
che si diceva la culla della Dea, e in Cipro specialmente delle città di Pafo e Amatunte che erano più in rapporto col Fen
oste del Mar Nero, poi ancora nelle Cicladi, specialmente nell’ isola di Delo, infine in Attica e Beozia. Altra terra cele
di Delo, infine in Attica e Beozia. Altra terra celebre per il culto di Afrodite fu l’ isola di Citera, onde essa ebbe il
ca e Beozia. Altra terra celebre per il culto di Afrodite fu l’ isola di Citera, onde essa ebbe il soprannome di Citerea,
culto di Afrodite fu l’ isola di Citera, onde essa ebbe il soprannome di Citerea, e di qui si estese nelle coste e nell’ i
ite fu l’ isola di Citera, onde essa ebbe il soprannome di Citerea, e di qui si estese nelle coste e nell’ interno del Pel
se nelle coste e nell’ interno del Peloponneso. Altro centro la città di Corinto, donde si diffuse in città vicine, Argo,
e. Poi si estese anche in Occidente; specialmente è celebre il tempio di Afrodite eretto sul monte Erice, oggi S. Giuliano
atura, onde a lei era sacro il mese dei flori, Aprile. Il nome stesso di Venere significa bellezza e grazia (cfr. venusto,
ni e sulla socievolezza tra gli uomini. Dall’ importanza che il culto di una tal dea aveva presso i Latini, provenne che q
atini, provenne che quando Venere si fuse con Afrodite, e le leggende di questa furono accolte in Occidente, facile ascolt
a furono accolte in Occidente, facile ascolto trovò anche la leggenda di Enea, detto figlio di Venere, e imaginato come fo
cidente, facile ascolto trovò anche la leggenda di Enea, detto figlio di Venere, e imaginato come fondatore della stirpe r
ato come fondatore della stirpe romana. In Roma v’ erano tre santuari di Venere, quello della dea Murcia, della Cloacina e
i identificò Murcia a Murtea, e si pensò a una dea del mirto (simbolo di casto amore); un tempio in onor di costei sorgeva
pensò a una dea del mirto (simbolo di casto amore); un tempio in onor di costei sorgeva a piè dell’ Aventino presso il Cir
Massimo, che si voleva fabbricato dai Latini ivi stanziati per opera di Anco Marzio. Il tempio di Cloacina trovavasi vici
bbricato dai Latini ivi stanziati per opera di Anco Marzio. Il tempio di Cloacina trovavasi vicino al Comitium, forse in q
rasporti funebri. Nè faccia meraviglia che la dea del piacere (libet) di venisse dea dei morti; spesso nell’ antica mitolo
gli estremi si toccano. — A queste forme più antiche del culto latino di Venere se n’ aggiunsero col tempo delle altre, se
l tempo delle altre, segnatamente quello della Venus Victrix, onorata di un tempio sul Campidoglio, e della Venus Genetrix
ata soprattutto da Giulio Cesare che faceva discendere da lei per via di Enea la sua famiglia, e che a lei votò un tempio
di Enea la sua famiglia, e che a lei votò un tempio dopo la vittoria di Farsalo; questo tempio fu costruito con grande sp
fu costruito con grande splendidezza e dedicato nel settembre del 708 di R. (46 av. C.). Il culto si diffuse anche più per
pio doppio fu eretto in Roma da Adriano. 4. Il nascimento e la storia di una dea così bella e cara agli uomini ispirarono
il suo poema della natura; nè meno degno d’ ammirazione l’ elogio che di Venere scrisse Ovidio nel quarto dei Fasti (v. 90
. Del resto non v’ è pittura della primavera che non contenga le lodi di Venere; ricordiamone una sola, quella d’ Orazio (
, diretta da Venere; il luogo fu già da noi citato dove si discorreva di Vulcano (pag. 90). Venendo all’ arti figurative,
. 90). Venendo all’ arti figurative, assai frequentemente l’ immagine di Afrodite fu presa a rappresentare dagli artisti a
anche velata; tale era ad es. la statua che trovavasi nell’ Acropoli di Atene, opera dello scultore Calamide, contemporan
nell’ Acropoli di Atene, opera dello scultore Calamide, contemporaneo di Fidia. La scuola più giovane preferì rappresentar
vita. Celebre tra l’ altre la Venere scolpita da Prassitele per quei di Cnido, posta nel loro tempio di Afrodite Euploia
enere scolpita da Prassitele per quei di Cnido, posta nel loro tempio di Afrodite Euploia (favorevole alla navigazione), d
lle loro monete. La fig. 27 presenta una testa che è una riproduzione di quella di Prassitele e trovasi a Berlino. Il capo
onete. La fig. 27 presenta una testa che è una riproduzione di quella di Prassitele e trovasi a Berlino. Il capolavoro di
produzione di quella di Prassitele e trovasi a Berlino. Il capolavoro di Prassitele ispiro in seguito parecchi altri statu
tri statuari; tra gli altri l’ autore della statua che è detta Venere di Milo, perchè fu trovata nel 1820 nell’ isola di M
ua che è detta Venere di Milo, perchè fu trovata nel 1820 nell’ isola di Milo, e che trovasi ora nella Galleria del Louvre
ta o la incantevole proporzione delle membra. Connesse col capolavoro di Prassitele sono anche la Venere trovata nell’ anf
apolavoro di Prassitele sono anche la Venere trovata nell’ anfiteatro di Capua, ora nel Museo di Napoli, e la celebre Vene
sono anche la Venere trovata nell’ anfiteatro di Capua, ora nel Museo di Napoli, e la celebre Venere del Medici della Gall
ma falsamente. Cogli scultori gareggiavano nelle rappresentazioni di Venere pittori e incisori. Apelle tra gli altri s
er la pittura della Venere Anadiomene che prima si trovava nel tempio di Esculapio a Coo, ma per opera di Augusto tu porta
mene che prima si trovava nel tempio di Esculapio a Coo, ma per opera di Augusto tu portata a Roma e posta nel tempio di G
o a Coo, ma per opera di Augusto tu portata a Roma e posta nel tempio di Giulio Cesare, il discendente di Venere. Tra le b
tu portata a Roma e posta nel tempio di Giulio Cesare, il discendente di Venere. Tra le bestie erano sacri a Venere la col
io. X. Estia-Vesta. 1. Estia (Hestia) era detta figlia maggiore di Crono e Rea, quindi sorella di Zeus e di Era; è d
tia (Hestia) era detta figlia maggiore di Crono e Rea, quindi sorella di Zeus e di Era; è da notarsi pero che nei poemi om
a) era detta figlia maggiore di Crono e Rea, quindi sorella di Zeus e di Era; è da notarsi pero che nei poemi omerici non
vamente tardi. Estia rappresentava il focolare domestico, come centro di tutta la vita della famiglia. Il fuoco in antico
resso il focolare della casa eran le statue degli Dei, ivi il ritrovo di tutti i membri della famiglia, ivi, per dir così,
Pritaneo, residenza del governo; ivi era un altare, su cui ardeva in di lei onore continuamente il fuoco. Da questo prend
lei onore continuamente il fuoco. Da questo prendevano con sè un po’ di fuoco quelli che andavano a colonizzare altre ter
e colla madre patria. Infine, siccome tutti gli Stati greci sentivano di essere fratelli e non trascuravano occasione di e
Stati greci sentivano di essere fratelli e non trascuravano occasione di esprimere questo sentimento di nazionalità, così
fratelli e non trascuravano occasione di esprimere questo sentimento di nazionalità, così l’ Estia del tempio di Delfo di
esprimere questo sentimento di nazionalità, così l’ Estia del tempio di Delfo divenne per loro rappresentazione sensibile
ppresentazione sensibile dell’ unità nazionale. Ivi pure si manteneva di continuo un vivo fuoco in onor della Dea. Come pu
diceva ch’ ella aveva voluto rimaner vergine, e che anche sollecitata di nozze da Posidone ed Apollo, aveva opposto un dec
va opposto un deciso rifiuto. Anche le donne che attendevano al culto di lei dovevano esser vergini o almeno di casta vita
donne che attendevano al culto di lei dovevano esser vergini o almeno di casta vita. 2. Il culto di Estia era diffusissimo
lto di lei dovevano esser vergini o almeno di casta vita. 2. Il culto di Estia era diffusissimo in Grecia e nelle colonie:
nel nome. Vesta pure era la dea del focolare domestico, conservatrice di pace e concordia nella famiglia; venerata insieme
lia; venerata insieme cogli Dei Penati, del quali riparleremo. Ma più di tutto la Vesta dei Romani fu oggetto di venerazio
del quali riparleremo. Ma più di tutto la Vesta dei Romani fu oggetto di venerazione come dea protettrice dello Stato. Il
di venerazione come dea protettrice dello Stato. Il più antico tempio di lei, che si credeva fondato da Numa Pompilio, sor
tener vivo questo fuoco attendevano le vergini Vestali, prima quattro di numero, poi sei. Lo spegnersi della sacra fiamma
i numero, poi sei. Lo spegnersi della sacra fiamma era ritenuto segno di sventura, e l’ ancella colpevole di questa trascu
a sacra fiamma era ritenuto segno di sventura, e l’ ancella colpevole di questa trascuranza era aspramente punita. Le Vest
ali erano scelte dal Pontefice Massimo, tra il sesto e il decimo anno di vita, e dovevano restar trent’ anni addette al se
che prender marito, ma in genere rimanevano tutta la vita al servizio di Vesta. Abitavano nel così detto Atrium Vestae, di
la vita al servizio di Vesta. Abitavano nel così detto Atrium Vestae, di cui non molti anni fa fu ritrovato e rimesso a lu
e rimesso a luce il sito preciso. Ivi si son trovate parecchie statue di Vestali, da cui si rileva qual ne fosse il portam
va qual ne fosse il portamento (fig. 29). — Un altro antico santuario di Vesta trovavasi in Lavinio, la metropoli dei Lati
do in carica, recavansi a offrir sacrifizio. — L’ annua festa in onor di questa Dea, detta Vestalia, aveva luogo il 9 Giug
Allora si ponevano sul focolare varii cibi e si conducevano al tempio di Vesta asini da macina inghirlandati e con pani ap
rimento. 4. Non molto frequente è la rappresentazione della figura di Vesta nell’ arte statuaria. La causa dev’ essere
spressa da Ovidio nel sesto dei Fasti, dove parlando del tempio tondo di Vesta a Roma soggiunge: Esse diu stultus Vestae
Vesta nec ignis habet 14 . Le poche volte che si scolpi l’ immagine di Vesta, si soleva raffigurarla seduta o in piedi i
piedi in atto tranquillo, compiutamente vestita e con l’ espressione di una severa onestà. Noi riproduciamo nella fig. 30
onestà. Noi riproduciamo nella fig. 30 una statua del Museo Torlonia di Roma, detta comunemente la Vesta del Giustiniani.
terizzarla, la tazza del sacrifizio, la fiaccola, il simpulum (specie di chicchera con lungo manico usata nei sacrifizi),
uro moderno, e forse non giusto perchè probabilmente la sinistra mano di questa statua teneva uno scettro. XI. Giano
gia greca, e sono Giano e Quirino. Ianus non è che la forma maschile di Diana, la luna, quindi era in origine una divinit
o, nel mare, sulla terra, tutto si diceva chiuso e riaperto per opera di Giano; onde era invocato cogli epiteti Patulcius
e aperto, e claudere, chiudere). Sulla terra era specialmente signore di tutti i passaggi, delle porte grandi e piccole (d
delle porte grandi e piccole (da Ianus, ianua — la porta). Gli archi di passaggio, a forma di volta, simbolo della volta
piccole (da Ianus, ianua — la porta). Gli archi di passaggio, a forma di volta, simbolo della volta celeste, si chiamavano
appunto iani. E perchè ogni passaggio ha due aspetti, il davanti e il di dietro, quindi l’ idea di figurarsi Giano con due
i passaggio ha due aspetti, il davanti e il di dietro, quindi l’ idea di figurarsi Giano con due faccie, una davanti, una
ncipio, ne vennero diverse attribuzioni. A lui erano sacri gli inizii di ogni periodo di tempo. Egli iniziava il nuovo ann
ro diverse attribuzioni. A lui erano sacri gli inizii di ogni periodo di tempo. Egli iniziava il nuovo anno, di cui il pri
cri gli inizii di ogni periodo di tempo. Egli iniziava il nuovo anno, di cui il primo mese era denominato da lui, Januariu
dae Ianuariae) era la festa del Dio; quel giorno si ornavano le porte di ogni casa con corone e rami d’ alloro, gli amici
nti si visitavano, si facevano gli augurii, e si regalavano a vicenda di monete e di dolci (strena, la strenna); a Giano s
avano, si facevano gli augurii, e si regalavano a vicenda di monete e di dolci (strena, la strenna); a Giano si facevano s
monete e di dolci (strena, la strenna); a Giano si facevano sacrifizi di focaccie, vino, incenso. Anche il primo di degli
iano si facevano sacrifizi di focaccie, vino, incenso. Anche il primo di degli altri mesi era in qualche modo dedicato a G
mesi era in qualche modo dedicato a Giano, e si rinnovavano in onore di lui sacrifizi e preghiere. Infine anche la prima
l’ impresa. Quindi nulla s’ incominciava senza chiedere la protezione di Giano, e anche qualsiasi cerimonia religiosa, in
a protezione di Giano, e anche qualsiasi cerimonia religiosa, in onor di qualsiasi divinità, doveva essere preceduta da un
a a Giano. Tra i fatti più notevoli della vita pubblica era l’ uscita di un esercito per una spedizione di guerra; in ques
i della vita pubblica era l’ uscita di un esercito per una spedizione di guerra; in quest’ occasione il comandante dell’ e
momento per tutta la durata della guerra si tenevano aperte le porte di un certo tempio di lui, per indicare che il Dio e
la durata della guerra si tenevano aperte le porte di un certo tempio di lui, per indicare che il Dio era uscito coll’ ese
. Analogamente ogni magistrato, entrando in carica, chiedeva l’ aiuto di Giano; le curie, inaugurando ogni loro adunanza,
uomini. Anche per la procreazione dei figliuoli era invocato col nome di Ianus Consivius. Giano era ancora ritenuto come l
i gli davano in moglie la dea delle fonti Iuturna, e lo facevan padre di Fontus, venerato sui Gianicolo, e del dio Tiberin
Gianicolo, e del dio Tiberino. Si credeva che egli avesse la potenza di far scaturire d’ improvviso sorgenti dalla terra;
vano penetrare nella città Palatina, zampillo d’ un tratto, per opera di Giano, una sorgente d’ acqua solforosa che impedi
che impedi il loro avanzarsi e li obbligò alla ritirata. 2. Al culto di Giano non occorrevano, si può dire, templi specia
quella frequentatissima strada che dal vecchio foro conduceva al foro di Cesare. Lo si diceva eretto da Numa, ed era appun
uma, ed era appunto il tempio le cui porte si tenevan chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra. Un altro tempio
pio le cui porte si tenevan chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra. Un altro tempio di Giano egualmente antic
chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra. Un altro tempio di Giano egualmente antico e ragguardevolo trovavasi
voglia leggere artisticamente riassunte le attribuzioni e le leggende di Giano, ricorra al primo libro dei fasti d’ Ovidio
rra al primo libro dei fasti d’ Ovidio ; ivi; a proposito delle feste di capo d’ anno, si discorre largamente di lui. L’
ivi; a proposito delle feste di capo d’ anno, si discorre largamente di lui. L’ arte statuaria, già s’ è detto, volendo
orso a una simile immagine, per es., nelle doppie erme e nella figura di Argo; e una doppia erma che si credeva opera di S
e erme e nella figura di Argo; e una doppia erma che si credeva opera di Scopa o di Prassitele, portò Augusto a Roma dall’
lla figura di Argo; e una doppia erma che si credeva opera di Scopa o di Prassitele, portò Augusto a Roma dall’ Egitto, pe
ssitele, portò Augusto a Roma dall’ Egitto, per servire come immagine di Giano. È dunque probabile che gli artisti romani
ppiare una faccia barbuta ad una sbarbata. Non avendo altri monumenti di Giano, riproduciamo (fig. 31) un’ antica moneta r
Giano, riproduciamo (fig. 31) un’ antica moneta romana con la figura di Giano bifronte. — Si assegnano a Giano come attri
corrispondente al Mars dei Latini, e prendeva nome dalla città sabina di Cures, i cui cittadini erano detti Quirites. Era
r e Mars, formando una triade che si riteneva protettrice dello stato di Roma. Numa assegnò a questo Dio un sacerdote spec
il flamen Quirinalis, e Tullo Ostilio creò per lui un secondo ordine di Salii. La festa animale di Quirino, detta Quirina
llo Ostilio creò per lui un secondo ordine di Salii. La festa animale di Quirino, detta Quirinalia, aveva luogo il 17 Febb
etta Quirinalia, aveva luogo il 17 Febbraio. Un antico tempio in onor di lui sorgeva sul Quirinale; il qual tempio fu rifa
onor di lui sorgeva sul Quirinale; il qual tempio fu rifatto nel 411 di R. (293 av. C.) da L. Papirio Cursore e ornato de
sole. — Più tardi Quirino venne a confondersi con Romolo, il primo re di Roma divinizzato, e ne nacque così il dio Romulus
rigine la doppia popolazione, venne in seguito a indicare i cittadini di Roma senza distinzione. B. Divinità secondari
popolare doveva annoverare fra gli Dei, v’ era naturalmente il sole; di qui il dio Elio (Helios). Gli antichi se lo figur
un, elmo d’ oro. Lo si diceva figlio del Titano Iperione (Hyperion) e di Tea (Theici) o, secondo altri, di Eurifaessa (Eur
io del Titano Iperione (Hyperion) e di Tea (Theici) o, secondo altri, di Eurifaessa (Euryphaëssa, la largisplendente), com
, come re della Colchide, e la maga Circe. La giornaliera occupazione di Elio era quella di portar la luce del giorno agli
chide, e la maga Circe. La giornaliera occupazione di Elio era quella di portar la luce del giorno agli Dei e agli uomini,
focosi destrieri; nè a tutta prima si pensò al modo come Elio dovesse di notte tornare a oriente per rinascere il giorno s
ove il carro e i cavalli già lo attendevano. È assai nota la leggenda di Fetonte (Phaëthon), detto figlio di Elio e di Cli
ndevano. È assai nota la leggenda di Fetonte (Phaëthon), detto figlio di Elio e di Climene; il quale avendo chiesto al pad
assai nota la leggenda di Fetonte (Phaëthon), detto figlio di Elio e di Climene; il quale avendo chiesto al padre di guid
, detto figlio di Elio e di Climene; il quale avendo chiesto al padre di guidare una volta il suo carro, e il padre avendo
re avendo imprudentemente consentito, si pose all’ opera; ma incapace di reggere i fervidi cavalli, s’ avvicinò troppo all
adia, sul monte Taigeto tra la Laconia e la Messenia, in Elide, e più di tutto nell’ isola di Rodi, dove si celebrava con
to tra la Laconia e la Messenia, in Elide, e più di tutto nell’ isola di Rodi, dove si celebrava con gran pompa un’ annua
Trinacia, (la terra dalle tre punte, la Sicilia?), erano sette greggi di giovenche e altrettanti di elette pecore, ciascun
re punte, la Sicilia?), erano sette greggi di giovenche e altrettanti di elette pecore, ciascun gregge di cinquanta capi,
te greggi di giovenche e altrettanti di elette pecore, ciascun gregge di cinquanta capi, il cui numero mai non cresceva nè
pi, il cui numero mai non cresceva nè scemava, affidati alla custodia di due ninfe Faetusa e Lampezia (la rilucente e la s
i due ninfe Faetusa e Lampezia (la rilucente e la splendente), figlie di Elio e di Neera. Anche in altri luoghi, dove Elio
e Faetusa e Lampezia (la rilucente e la splendente), figlie di Elio e di Neera. Anche in altri luoghi, dove Elio era vener
giorni dell’ anno, i quali in antico erano ripartiti in 50 settimane di sette giorni e sette notti. 4. Il culto del sole
omani era d’ origine sabina; quindi il luogo suo era presso il tempio di Quirino, sulla facciata del quale perciò appunto
sso. E del dio Sole si ripeterono le stesse favole riferite in Grecia di Elio. Fu presto confuso con Apollo. 5. Lungo sare
ole. Euripide ad es., nel Ione dipinse mirabilmente il sorgente astro di Elio che indora le cime delle montagne, mentre le
cra notte; immagine che si trova anche in pitture vascolari dell’ età di Fidia, rappresentato il sole sul suo carro e le s
à di Fidia, rappresentato il sole sul suo carro e le stelle in figura di giovanetti aerei che fuggono. Ne meno belle le de
che al voltarsi del cielo precipita la notte dall’ oceano involgendo di sua grand’ ombra la terra (es. Virg. Eneide, 2,25
che alla notte si assegnano de’ cavalli ma neri, ecc. La leggenda poi di Fetonte si ritrova in parecchi autori, già in Esi
etamorfosi, va certamente segnalato tra tutti gli altri per ricchezza di particolari, vivacità di colorito, armonia di ver
segnalato tra tutti gli altri per ricchezza di particolari, vivacità di colorito, armonia di verso. L’ arte statuaria più
gli altri per ricchezza di particolari, vivacità di colorito, armonia di verso. L’ arte statuaria più volte ricorse alla f
icorse alla figura del Sole e del suo carro, specialmente come motivo di decorazione; ad es., nel frontone orientale del P
ne orientale del Partenone, ad una estremità erano scolpiti i cavalli di Elio emergenti dalle onde, come nell’ estremità o
io emergenti dalle onde, come nell’ estremità opposta erano i cavalli di Selene che all’ apparire del raggio diurno si tuf
a quadriga col lungo abito proprio del cocchiere, e la testa coronata di raggi. — Più che mai a Rodi si vedevano statue de
a Rodi si vedevano statue del Sole. Celebre è il così detto « colosso di Rodi », una delle sette meraviglie del mondo anti
colosso di Rodi », una delle sette meraviglie del mondo antico, opera di Care di Lindo, allievo di Lisippo; era una statua
di Rodi », una delle sette meraviglie del mondo antico, opera di Care di Lindo, allievo di Lisippo; era una statua colossa
le sette meraviglie del mondo antico, opera di Care di Lindo, allievo di Lisippo; era una statua colossale in bronzo, eret
60 anni dopo eretta, fu distrutta da un terremoto. — Anche la caduta di Fetonte trovasi rappresentata più volte nei basso
etonte trovasi rappresentata più volte nei bassorilievi, specialmente di sarcofagi. b) Selene-Luna. 1. La luna co
ccia bianche, con la testa bellamente ricciuta e ornata d’ un diadema di raggi; la chiamavano l’ occhio della notte, e dic
leggiò pure de suoi segreti amori. Tra le altre è celebre la leggenda di Endimione (Endymion), leggenda che viveva segnata
con Ecate e Persefone. — Non sembra che Selene sia mai stata oggetto di culto speciale. 2. Alla Selene greca corrisponde
o speciale. 2. Alla Selene greca corrisponde l’ italica Luna, oggetto di culto specialmente fra i Sabini e gli Etruschi. U
una Noctiluca sorgeva sul Palatino, e un altro antichissimo santuario di lei era sull’ Aventino, fondato da Servio Tullio.
o da Servio Tullio. Come Dea mensile era festeggiata l’ ultimo giorno di Marzo, come Ovidio nei Fasti ricorda. 3. Innumere
elene negli autori; con lei vengono paragonate spesso le belle donne; di lei si loda la candida luce. Un frammento di Saff
e spesso le belle donne; di lei si loda la candida luce. Un frammento di Saffo ci parla degli astri che intorno alla bella
o da due cavalli o da giovenchi; tale ad es., la già ricordata figura di Selene posta a riscontro di quella di Elios, sul
chi; tale ad es., la già ricordata figura di Selene posta a riscontro di quella di Elios, sul frontone orientale del Parte
ad es., la già ricordata figura di Selene posta a riscontro di quella di Elios, sul frontone orientale del Partenone. Anch
idia nella base del suo Giove d’ Olimpia; tale trovavasi nell’ altare di Pergamo e in molte pitture vascolari. Frequentiss
. Frequentissima sui sarcofagi e sul monumenti sepolcrali l’ immagine di Endimione dormente visitato da Selene. Essa è con
c) Eos-Aurora. 1. Eos, l’ Aurora, era, come Elio e Selene, figlia di Iperione e di Tea. Rappresentava la prima luce de
. 1. Eos, l’ Aurora, era, come Elio e Selene, figlia di Iperione e di Tea. Rappresentava la prima luce del giorno, quin
diurna luce Dei ed uomini, prevenendo il carro del sole, e spargendo di rose il suo cammino. Il linguaggio mitico è qui t
tura del sorger dell’ aurora. Si aggiungevan leggende circa, i mariti di questa Dea. Il primo era stato Astreo, pel quale
uale essa divenne madre dei venti Borea, Zefiro, Euro e Noto (i venti di nord, ovest, est e sud), espressione mitica del f
nche questa scelta fu fortunata, perchè Orione fu ucciso dagli strali di Artemide. Allora ella sposò il re de’ Troiani Tit
tenne in dono da Giove l’ immortalità; se non che, essendosi scordata di chiedere anche una perpetua giovinezza, ne venne
e ch’ egli invecchiò perdendo ogni bellezza e ogni attrattiva. Figlio di Titone e di Eos fu Mennone, principe degli Etiopi
nvecchiò perdendo ogni bellezza e ogni attrattiva. Figlio di Titone e di Eos fu Mennone, principe degli Etiopi, quello che
mente il perduto figlio, e le sue lagrime cadono sulla terra in forma di rugiada. Il mito di Titone, vecchio tutto rughe,
lio, e le sue lagrime cadono sulla terra in forma di rugiada. Il mito di Titone, vecchio tutto rughe, non più capace d’ al
. Il mito di Titone, vecchio tutto rughe, non più capace d’ altro che di far sentir la sua voce, come una cicala, era un’
dardi cocenti del sole vien fatto vecchio, secco e deforme. Il figlio di lui Mennone, bellissimo tra gli eroi di Troia, er
o, secco e deforme. Il figlio di lui Mennone, bellissimo tra gli eroi di Troia, era forse l’ immagine del giorno nuovo, ri
i miti stessi della greca Eos, facendola pure sorella del Sole, sposa di Titone antico. Ma oggetto di culto con questo nom
, facendola pure sorella del Sole, sposa di Titone antico. Ma oggetto di culto con questo nome non è stata mai. Bensi anti
erato insieme con Mater Matuta, fu identificato con Melicerte, figlio di Leucotea. Antichi templi in onor di Matuta trovav
dentificato con Melicerte, figlio di Leucotea. Antichi templi in onor di Matuta trovavansi a Satricum tra i Volsci, a Cale
trovavansi a Satricum tra i Volsci, a Cales in Campania, in un bosco di Pesaro nell’ Umbria (od. Marche). Servio Tullio n
oma nel Foro Boario, tempio che Camillo ricostrui dopo la distruzione di Veio. 3. La bella Aurora, dalle dita rosee, dal m
Atria 17, e molti altri simili. Il dolore dell’ Aurora per la morte di Mennone suo figlio, bene è ricordato in un episod
crive con vivi colori la trasformazione delle faville uscite dal rogo di Mennone negli uccelli detti Mennonidi, i quali ap
t lacrimas et toto rorat in orbe 18 . Su vasi e su gemme incise non di rado troviamo la rappresentazione di Eos. Ora fig
Su vasi e su gemme incise non di rado troviamo la rappresentazione di Eos. Ora figura su una quadriga, ovvero è in atto
rappresentazione di Eos. Ora figura su una quadriga, ovvero è in atto di bardare i cavalli del sole, o fornita d’ ali vola
un vaso versa sulla terra la rugiada. Nel grande rilievo dell’ altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino, rappr
a. Nel grande rilievo dell’ altare di Giove in Pergamo, ora nel Museo di Berlino, rappresentante la Gigantomachia, si vede
i Latini Lucifer o Iubar e Vesper o Vesperugo. Fosforo, detto figlio di Eos e d’ Astreo, o secondo altri di Cefalo, dicev
Vesperugo. Fosforo, detto figlio di Eos e d’ Astreo, o secondo altri di Cefalo, dicevasi avesse gareggiato di bellezza co
os e d’ Astreo, o secondo altri di Cefalo, dicevasi avesse gareggiato di bellezza con Afrodite, oppure che Afrodite l’ ave
ro era stella cara a Venere, ma si credeva avesse il compito speciale di guidare i cortei nuziali e accompagnare la nuova
pagnare la nuova sposa a casa dello sposo, come si vede dal 62o Carme di Catullo. L’ arte soleva rappresentare questi due
e di Catullo. L’ arte soleva rappresentare questi due astri in figura di due bei garzoni, con fiaccole in mano. 2. Molte l
eggende correvano intorno ad Orione, già da noi menzionato come sposo di Eos, e come cacciatore, emulo di Artemide e da’ s
ne, già da noi menzionato come sposo di Eos, e come cacciatore, emulo di Artemide e da’ suoi strali ucciso. Dopo questo, s
o. Dopo questo, si diceva fosse stato trasformato nella costellazione di Orione, quella che appare sul nostro orizzonte da
gazione nei fenomeni relativi a detta costellazione; così l’ apparire di Orione nell’ estate al primo mattino nel ciel d’
ito suo impallidire al sorgere del sole, destò l’ immagine dell’ amor di Eos per lui; invece al principio dell’ inverno il
amor di Eos per lui; invece al principio dell’ inverno il suo levarsi di sera e l’ essere visibile tutta notte, splendido
sera e l’ essere visibile tutta notte, splendido fra gli altri gruppi di astri, die’ luogo alla leggenda del terribile cac
mina nel mezzo del mare, e pur leva la testa fino alle stelle, armato di aurea spada. Il cane del cacciatore Orione era la
e del seminare. Son sette stelle in tutto, le quali eran dette figlie di Atlante. La più vecchia e la più bella era Maia,
eggenda, erano cinque sorelle, le quali tanto piangevano per la morte di un loro fratello Iade (Hyas), che gli Dei per com
o che la celeste costellazione fosse stata immaginata come una mandra di porcellini, che sarebbe simbolo di fecondità. 5.
e stata immaginata come una mandra di porcellini, che sarebbe simbolo di fecondità. 5. Infine è da notare Arctos, l’ Orsa,
leggenda la identificava con Callisto, una ninfa Arcade, del seguito di Artemide, amata da Zeus epperò perseguitata da Ar
immagine dei buoi che arino un campo girando a tondo. 6. Sull’ altare di Pergamo si trovan rappresentate alcune stelle com
mo si trovan rappresentate alcune stelle come combattenti dalla parte di Zeus contro i Giganti. Artifizio a cui si ricorse
dalla parte del cielo. e) I Venti. 1. Erano anch’ essi oggetto di culto; segnatamente chi doveva intraprender viagg
h’ essi oggetto di culto; segnatamente chi doveva intraprender viaggi di mare, soleva propiziarseli con preghiere e sacrif
rifizi. Già si disse che i quattro venti principali erano detti figli di Eos e di Astreo. Il più temuto era Borea od Aquil
ià si disse che i quattro venti principali erano detti figli di Eos e di Astreo. Il più temuto era Borea od Aquilone, il v
a terra e agitar la superficie del mare. Per questo era detto rapitor di fanciulle, e un’ antica leggenda attica raccontav
rapitor di fanciulle, e un’ antica leggenda attica raccontava appunto di Orizia (Oreithyia) figlia di Eretteo, rapita da B
ntica leggenda attica raccontava appunto di Orizia (Oreithyia) figlia di Eretteo, rapita da Borea mentre stava giocando su
delle Metamorfosi. D’ altra parte, l’ avere Borea distrutto la flotta di Serse al tempo della guerra Persiana, gli dava di
e miracoloso era creduto il vento del sud, Noto o Austro, apportatore di piogge e tempeste che rendevano il mare innavigab
gge e tempeste che rendevano il mare innavigabile e tutto involgevano di densa tenebra. Ricordisi l’ Oraziano:           
4 e segg.). — Invece tutto favorevole era il vento Zefiro, o il vento di ponente, nuncio della primavera, detto Favonius d
nerato come Dio benefico. — Infine Euro, detto anche Vulturnus, vento di est, o più precisamente di sud-est, spirava solit
 Infine Euro, detto anche Vulturnus, vento di est, o più precisamente di sud-est, spirava solitamente al solstizio d’ inve
i riuniti nella Tracia, ovvero si credevano racchiusi in una caverna, di una certa isola Eolia, sotto la custodia di Eolo
racchiusi in una caverna, di una certa isola Eolia, sotto la custodia di Eolo loro re, il quale ricevutone l’ ordine da qu
a. 2. Importanti per la caratteristica dei quattro venti principali e di altri quattro venti secondari sono i rilievi di q
ro venti principali e di altri quattro venti secondari sono i rilievi di quell’ antico monumento ateniese che ancor si con
mento ateniese che ancor si conserva, ed è conosciuto sotto il titolo di « Torre dei venti ». È una specie di torre ottago
ed è conosciuto sotto il titolo di « Torre dei venti ». È una specie di torre ottagonale, sul cui fregio trovansi in mezz
ura corrispondente del fregio. Tale costruzione era dovuta all’ opera di Andronico Cirreste, ed era chiamata Orologio. Gli
Cirreste, ed era chiamata Orologio. Gli otto venti raffigurati a mo’ di uomini con l’ ali alla testa e alle spalle, e la
lo, l’ Apeliotes o subsolanus, vento d’ est, il Lips o Africus, vento di sud-ovest o libeccio, e lo Schiron o Iapyx od Onc
o di sud-ovest o libeccio, e lo Schiron o Iapyx od Onchesmites, vento di ovest-nord-ovest (soffiava dalla Iapigia verso la
ella loro volontà. a) Le Muse. 1. Secondo Esiodo erano figlie di Zeus e di Mnemosyne, la memoria, e nate nella Pie
volontà. a) Le Muse. 1. Secondo Esiodo erano figlie di Zeus e di Mnemosyne, la memoria, e nate nella Pieria, terra
dre Giove affinchè pensasse a crear tali esseri, che fossero in grado di eternare coll’ arte del canto le grandiose gesta
’ animo degli Dei, allorquando questi sono adunati nell’ alto palazzo di Zeus sull’ Olimpo. — In origine le Muse erano nin
correvano giù con dolce mormorio, e può ben essere che l’ impressione di questa musica della natura, abbia evocato l’ imma
impressione di questa musica della natura, abbia evocato l’ immagine di deità amanti del canto e compiacentisi dei luoghi
acevano solo del canto, ma presto furono pensate anche come sonatrici di qualche istrumento, e come tali si vedono spesso
n numero diverso) fu assegnata una provincia speciale e il patrocinio di un particolar genere letterario. Allora Clio dive
Pare fossero tutt’ uno colle ninfe Carmentes che formavano il corteo di Carmenta, la madre di Evandro; rappresentavano il
o colle ninfe Carmentes che formavano il corteo di Carmenta, la madre di Evandro; rappresentavano il canto degli oracoli,
elle Muse, uso che è stato accolto anche dai moderni; e negli epiteti di cui si servivano, mettevano in rilievo or la dolc
le statue erano numerose, giacchè se n’ adornavano non solo i templi di esse Muse, ma anche i teatri, le biblioteche, ecc
e biblioteche, ecc. Ogni musa aveva i suoi distintivi, Clio un rotolo di carta e uno stilo; Calliope pure uno stilo o una
o un rotolo di carta e uno stilo; Calliope pure uno stilo o una cassa di libri, non sempre facile a distinguersi da Clio;
i che si trovano in Vaticano; ad essi si riferiscono le nostre figure di Melpomene, Talia, Polinnia e Euterpe (fig. 33, 34
concepita nell’ età romana. Riproduciamo un’ altra Polinnia del Museo di Berlino (fig. 37), statua d’ insigne bellezza, ch
rlino (fig. 37), statua d’ insigne bellezza, che la raffigura in atto di pensar nuovi inni. b) Le Cariti
sar nuovi inni. b) Le Cariti o Grazie. 1. Figlie di Zeus e di Eurinome, secondo Esiodo, eran le Carit
inni. b) Le Cariti o Grazie. 1. Figlie di Zeus e di Eurinome, secondo Esiodo, eran le Cariti, che rap
ondo Esiodo, eran le Cariti, che rappresentavano tutto quel che v’ ha di bello e di grazioso sì nella natura sì nei costum
, eran le Cariti, che rappresentavano tutto quel che v’ ha di bello e di grazioso sì nella natura sì nei costumi e nella v
i e nella vita degli uomini. Secondo la leggenda più comune, eran tre di numero, e si chiamavano Aglaia, Eufrosine e Talia
hiamavano Aglaia, Eufrosine e Talia. Esse erano venerate come datrici di tutto quello che abbellisce e rende gradevole la
trici di tutto quello che abbellisce e rende gradevole la vita. Senza di esse, neppur gli Dei potevano godere una piena be
che rendono l’ uomo simpatico a’ suoi simili. Le Cariti erano oggetto di culto fin da antichi tempi in Orcomeno di Beozia
li. Le Cariti erano oggetto di culto fin da antichi tempi in Orcomeno di Beozia dove un santuario era loro dedicato, in Sp
n santuario era loro dedicato, in Sparta, in Atene, anche nell’ isola di Paro e altrove. Le feste in loro onore, le Carite
olevano cantare e danzare; ma per lo più eran dette formare il corteo di Afrodite. 2. Presso i Romani si veneravan le Graz
Cariti, dic’ egli, udite la mia preghiera; giacchè tutto quanto v’ è di piacevole e di dolce fra gli uomini dal vostro in
gli, udite la mia preghiera; giacchè tutto quanto v’ è di piacevole e di dolce fra gli uomini dal vostro intervento dipend
ntano del padre dell’ Olimpo ». Ricordiamo anche le Gratiæ decentes di Orazio, che in primavera facendo colle ninfe cort
appresso si ridussero gli abiti a leggeri veli, e infine verso l’ età di Scopa e Prassitele invalse l’ uso di rappresentar
geri veli, e infine verso l’ età di Scopa e Prassitele invalse l’ uso di rappresentarle nude. Il gruppo delle tre Grazie i
Ore. In intima connessione colle Cariti sono le Ore, dette figlie di Zeus e di Temi (Themis). Esse rappresentavano il
n intima connessione colle Cariti sono le Ore, dette figlie di Zeus e di Temi (Themis). Esse rappresentavano il regolare c
ò convocatrice delle assemblee dei celesti in esecuzione degli ordini di Giove, e presidente delle assemblee dei popoli su
ssemblee dei popoli sulla terra. Le Ore alla lor volta, come ministre di Zeus, erano da Omero dette le portinaie del cielo
rano da Omero dette le portinaie del cielo; ora ne richiudon le porte di dense nubi circondandolo, or di nuovo le riaprono
del cielo; ora ne richiudon le porte di dense nubi circondandolo, or di nuovo le riaprono disperdendo le nuvole. In altri
buona è posta nella loro dipendenza. Non solo erano credute ministre di Zeus, ma anche di altre Divinità, come Era, Afrod
la loro dipendenza. Non solo erano credute ministre di Zeus, ma anche di altre Divinità, come Era, Afrodite, Apollo, le Mu
altre Divinità, come Era, Afrodite, Apollo, le Muse. Le Ore erano tre di numero; ma i nomi son riferiti diversamente nelle
a l’ ordine legale, la giustizia, la pace, prevalendo in questa forma di leggenda il concetto morale di queste Deità. Più
a, la pace, prevalendo in questa forma di leggenda il concetto morale di queste Deità. Più tardi, nell’ età ellenistica e
no speciali deità presso i Romani; si può però ricordare che in luogo di Irene, essi veneravano quella che chiamavano Pace
Vespasiano uno splendido tempio nelle vicinanze del Foro; era adorno di parecchie opere d’ arte ed era annoverato tra i p
ta Eunomia, fondamento sicuro della città, e la sorella Dice e Irene, di opulenza dispensiere agli uomini, auree figlie de
logio le tre graziose vergini. — L’ arte rappresentò le Ore in figura di gentili fanciulle, ornate di flori, frutta e coro
. — L’ arte rappresentò le Ore in figura di gentili fanciulle, ornate di flori, frutta e corone, e con altri attributi, se
— Tra le Ore fu poi prediletta dagli scultori Irene che come datrice di pace e di ricchezza era anche oggetto di maggior
Ore fu poi prediletta dagli scultori Irene che come datrice di pace e di ricchezza era anche oggetto di maggior venerazion
ltori Irene che come datrice di pace e di ricchezza era anche oggetto di maggior venerazione. È celebre la statua di Irene
cchezza era anche oggetto di maggior venerazione. È celebre la statua di Irene scolpita da Cefisodoto, della giovane scuol
tatua di Irene scolpita da Cefisodoto, della giovane scuola ateniese, di cui credesi un’ imitazione l’ opera da noi riprod
zione l’ opera da noi riprodotta nella fig. 39 che è nella Gliptoteca di Monaco. « Raffigura una donna di nobile bellezza
nella fig. 39 che è nella Gliptoteca di Monaco. « Raffigura una donna di nobile bellezza appoggiata colla destra ad un alt
sul braccio sinistro un fanciullino che a lei stende la mano con atto di amorosissima grazia (è Pluto la ricchezza). V’ è
 cit. p. 125). Anche la Pax presso i Romani era rappresentata per via di statue; n’ eran distintivi un ramo d’ olivo, il c
e non è che la personificazione del potere irresistibile e vittorioso di Zeus, e gli è difatti inseparabile compagna nelle
ta potenza; infatti Atena stessa era venerata dagli Ateniesi col nome di Atena Niche, e a costei era dedicato un grazioso
n grazioso tempietto al lato occidentale dell’ Acropoli, quello detto di Niche Aptero (la Vittoria senz’ ali, così immagin
ù abbandonare Atene). In genere poi Niche divenne fra i Greci simbolo di ogni vittoria e di ogni prospero evento sia degli
). In genere poi Niche divenne fra i Greci simbolo di ogni vittoria e di ogni prospero evento sia degli Dei sia degli uomi
evento sia degli Dei sia degli uomini, invocata non solo in occasione di guerre ma anche nei certami ginnici e musici, tan
i Romani la dea Victoria, dea naturalmente loro molto cara e oggetto di ferventissimo culto. Già i Sabini avevano una div
occidente un terreno assai adatto ove stabilirsi e diffondersi. Sede di questo culto era il Campidoglio, ov’ era anche un
i questo culto era il Campidoglio, ov’ era anche un santuario in onor di Iupiter Victor. Sul Campidoglio i capitani vincit
vittoria alla porta Collina; altri ne istituì Cesare dopo la vittoria di Farsalo. Più di tutte è da ricordare la statua di
rta Collina; altri ne istituì Cesare dopo la vittoria di Farsalo. Più di tutte è da ricordare la statua di bronzo eretta d
re dopo la vittoria di Farsalo. Più di tutte è da ricordare la statua di bronzo eretta da Augusto nella Curia Iulia dopo l
romana soleva per lo più rappresentare la Vittoria alata con un ramo di palma e corona d’ alloro. Preziosa reliquia di sc
oria alata con un ramo di palma e corona d’ alloro. Preziosa reliquia di scalpello antico è una statua trovata negli scavi
vi d’ Olimpia nel 1875. È essa una Niche alata, che i Messenii e quei di Naupatto, per riportata vittoria, come l’ iscrizi
a vittoria, come l’ iscrizione dice, avevano fatto eseguire da Peonio di Mende della scuola di Fidia e consecrata in Olimp
crizione dice, avevano fatto eseguire da Peonio di Mende della scuola di Fidia e consecrata in Olimpia. La riproduciamo ne
amba sinistra, e mancava pure della testa; quest’ ultima fu ritrovata di poi sebbene col viso tutto guasto. È mirabile l’
col viso tutto guasto. È mirabile l’ atteggiamento della dea, in atto di scendere a volo sulla terra, già col piè destro a
gerezza. — Un’ altra grande statua è la Niche proveniente dall’ isola di Samotracia, ora al Museo del Louvre, che noi ripr
tta in monete locali (fig. 42); colla mano sinistra sosteneva l’ asta di bandiera di una nave vinta, e colla destra una tr
e locali (fig. 42); colla mano sinistra sosteneva l’ asta di bandiera di una nave vinta, e colla destra una tromba per ann
ra una tromba per annunziare la vittoria. Base della statua una prora di nave. Era questa la statua eretta a ricordo della
e nelle profondità del mare e fino allo Stige; per lo più in servigio di Zeus e di Era, ma anche talvolta di altri Dei. Nè
ofondità del mare e fino allo Stige; per lo più in servigio di Zeus e di Era, ma anche talvolta di altri Dei. Nè solo è me
llo Stige; per lo più in servigio di Zeus e di Era, ma anche talvolta di altri Dei. Nè solo è messaggiera, ma anche guida
è messaggiera, ma anche guida e consigliera. In Esiodo è fatta figlia di Taumante e dell’ Oceanina Elettra, sorella delle
a mitologia posteriore Iride diventa quasi esclusivamente messaggiera di Giunone, ed Ermes ne prende il posto nei rapporti
oeti che ne descrivon la figura, e ha l’ ali d’ oro, ed è tutta piena di rugiada, tra le goccie della quale scherza il sol
hens varios adverso sole colores 22 . Talvolta è fatta apportatrice di pioggia, onde Ovidio (Metam. I, 270)          Nu
contraddistingueva. Tra i monumenti superstiti ricorderemo la figura di Iride che è nel fregio orientale del Partenone do
rientale del Partenone dov’ essa è vicino ad Era; un’ altra Iride, ma di men sicura identificazione, era nel frontone orie
tone orientale dello stesso tempio dov’ è rappresentato il nascimento di Minerva. Quest’ ultima figura è senz’ ali. f)
ultima figura è senz’ ali. f) Ebe, la Gioventù. 1. Ebe, figlia di Zeus e di Era, era una personificazione della fio
gura è senz’ ali. f) Ebe, la Gioventù. 1. Ebe, figlia di Zeus e di Era, era una personificazione della fiorente giov
ella famiglia e agli ospiti. Più tardi, assunto Ganimede all’ ufficio di coppiere celeste, Ebe apparisce come sposa e mogl
e all’ ufficio di coppiere celeste, Ebe apparisce come sposa e moglie di Ercole, ma sempre fiorente di giovinezza e di bel
este, Ebe apparisce come sposa e moglie di Ercole, ma sempre fiorente di giovinezza e di beltà, e rappresentante anche dei
sce come sposa e moglie di Ercole, ma sempre fiorente di giovinezza e di beltà, e rappresentante anche dei godimenti che c
Nel culto Ebe or è messa in rapporto con Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele,
sa in rapporto con Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a q
pporto con Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a quella de
on Era, onde ad es., nell’ Ereo di Mantinea la statua di lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a quella della mogl
i lei, di mano di Prassitele, era messa accosto a quella della moglie di Zeus; ora è congiunta con Eracle come nel Cinosar
glie di Zeus; ora è congiunta con Eracle come nel Cinosarge (Ginnasio di Eracle ove insegnò Antistene Cinico) di Atene, e
come nel Cinosarge (Ginnasio di Eracle ove insegnò Antistene Cinico) di Atene, e in altre città, specialmente Fliunte e S
Stato. Per questo era dedicata a lei una speciale cappella nel tempio di Giove Capitolino. Era poi anche naturalmente la d
Era poi anche naturalmente la dea dei giovani e della età giovanile; di qui l’ uso che, allorquando i giovani romani assu
dedicato nel 193 av. C. presso il Circo Massimo, e un altro nell’ età di Augusto sul Palatino. 3. Orazio nella ode 30a del
pro, a visitar la casa della sua amata Glicera, enumera tra i seguaci di lei non solo l’ Amore e le Grazie e le Ninfe, ma
e. — Del resto nella statuaria antica non si trovano rappresentazioni di questa Dea; raffigurata la troviamo solo in pittu
e vascolari e in rilievi, specialmente dove si rappresentano le nozze di Ebe e di Eracle. Uno scultore moderno tentando qu
ri e in rilievi, specialmente dove si rappresentano le nozze di Ebe e di Eracle. Uno scultore moderno tentando questo argo
sti è il Canova (1757-1822). La sua Ebe è una bella fanciulla in atto di versare il nettare. g) Ganimede. 1. Come Eb
1. Come Ebe, così Ganimede (Ganymedes) aveva in Olimpo il compito di far da coppiere agli Dei. Omero dice che era figl
stesso l’ amato garzone. 2. I poeti greci più volte ricordano il mito di Ganimede, segnatamente i poeti erotici, come Ibic
cordano il mito di Ganimede, segnatamente i poeti erotici, come Ibico di Reggio, Fanocle di Alessandria, riferendo la legg
Ganimede, segnatamente i poeti erotici, come Ibico di Reggio, Fanocle di Alessandria, riferendo la leggenda nella ultima s
antica più volte trattò questo terna. Celebre era il gruppo in bronzo di Leocare, scultore ateniese del 4º sec. av. C., de
uali le carni sono protette per mezzo della clamide fluente. Il volto di Ganimede non esprime spavento, ma quasi un intimo
zampogna pastorale e un cane guarda in alto abbaiando. La difficoltà di rappresentare una figura librata nello spazio è s
o. — Altro motivo artistico frequente nella statuaria antica è quello di Ganimede raffigurato in atto di carezzare l’ aqui
uente nella statuaria antica è quello di Ganimede raffigurato in atto di carezzare l’ aquila di Giove. Serva di saggio la
ntica è quello di Ganimede raffigurato in atto di carezzare l’ aquila di Giove. Serva di saggio la statua del Museo di Nap
i Ganimede raffigurato in atto di carezzare l’ aquila di Giove. Serva di saggio la statua del Museo di Napoli, che noi rip
di carezzare l’ aquila di Giove. Serva di saggio la statua del Museo di Napoli, che noi riproduciamo nella fig. 44.
ella fig. 44. h) Eros, l’ Amore; e altre divinità del corteo di Afrodite. 1. Eros, la divinità dell’ Amore, eb
il Dio cosmogonico, già da noi ricordato, rappresentante della forza di attrazione che spinge le cose ad unirsi; dall’ al
a di attrazione che spinge le cose ad unirsi; dall’ altra, era figlio di Afrodite e di Ares e rappresentava la passione d’
e che spinge le cose ad unirsi; dall’ altra, era figlio di Afrodite e di Ares e rappresentava la passione d’ amore. Lo si
ppresentava la passione d’ amore. Lo si immaginava come un giovinetto di ammagliante bellezza, munito di un arco col quale
. Lo si immaginava come un giovinetto di ammagliante bellezza, munito di un arco col quale egli soleva lanciar le sue frec
ducendo in chi voleva, o Dei od uomini, la piaga d’ amore. Alla forza di Eros, dicevasi, neppur Zeus può sottrarsi; con ch
ù forte e temibile potenza della natura. — Come Dio, Eros era oggetto di culto, accosto ad Afrodite, specialmente a Tespia
primi non sono che personificazioni allegoriche e non furono oggetto di vero culto. Il più notevole è l’ ultimo che si di
getto di vero culto. Il più notevole è l’ ultimo che si diceva figlio di Afrodite come Eros. Raccontavano che il piccolo E
il piccolo Eros non volendo crescer su bene, sua madre, per consiglio di Temi (l’ ordin di natura) gli diede questo fratel
n volendo crescer su bene, sua madre, per consiglio di Temi (l’ ordin di natura) gli diede questo fratello perchè giocasse
petizione dell’ Eros greco, nè apparisce mai che abbia avuto l’ onore di un pubblico culto. 4. La figura di Eros e i miti
risce mai che abbia avuto l’ onore di un pubblico culto. 4. La figura di Eros e i miti ad essa relativi offrivano agli art
rivano agli artisti della parola e del disegno una messe inesauribile di argomenti e di motivi. Specialmente i poeti liric
isti della parola e del disegno una messe inesauribile di argomenti e di motivi. Specialmente i poeti lirici, e sovra tutt
reonte, inneggiano ad Eros; ma anche i tragici hanno spesso occasione di ricordare la potenza stragrande di questo Dio, e
e i tragici hanno spesso occasione di ricordare la potenza stragrande di questo Dio, e persino i filosofi ricamarono intor
grande di questo Dio, e persino i filosofi ricamarono intorno al mito di Eros le loro più belle teorie; basti ricordare il
al mito di Eros le loro più belle teorie; basti ricordare il Simposio di Platone. Fino ai più tardi tempi della poesia e d
la poesia e dell’ arte ellenistica e romana fu predominante la figura di quel volubile e scaltro giovanetto, che tirannegg
se, come appare specialmente dalle ultime poesie che vanno tra quelle di Anacreonte. Fra così ricca letteratura, basti ric
te. Fra così ricca letteratura, basti ricordare la graziosa allegoria di Amore e Psiche, quale si legge nelle Metamorfosi
raziosa allegoria di Amore e Psiche, quale si legge nelle Metamorfosi di Apulejo, scrittore del 2º sec. dell’ e.v. Psiche
ra una bellissima fanciulla, che per la sua bellezza destò la gelosia di Venere; questa allora ordinò a suo figlio che ecc
per eseguir l’ ordine; ma vista la fanciulla, si innamora egli stesso di lei, e vive con lei in felice unione, in una vall
o, dove nulla manoa alla loro felicità; soltanto Psiche ha l’ obbligo di non vedere cogli occhi del corpo quel essere divi
er tutta la terra il perduto bene; invano supplica gli Dei; lo sdegno di Venere non è ancora ammansito, ella la obbliga ai
bbliga ai più duri servigi, che la povera Psiche non sarebbe in grado di prestare se non fosse da invisibili potenze aiuta
divenuta madre della Voluttà. Questa la graziosa leggenda Apuleiana, di cui già si trovano cenni in altri scrittori e ope
e dopo continuo, in diverse guise rimaneggiata, a formare il soggetto di diverse opere. La statuaria, seguendo le fantasie
le fantasie dei poeti, prese anch’ essa a rappresentar Eros in figura di un giovinetto pieno di bellezza e di grazia. Spec
prese anch’ essa a rappresentar Eros in figura di un giovinetto pieno di bellezza e di grazia. Specialmente si segnalarono
sa a rappresentar Eros in figura di un giovinetto pieno di bellezza e di grazia. Specialmente si segnalarono gli scultori
rono gli scultori Scopa e Prassitele; del primo era celebre il gruppo di Eros, Irneros e Pothos posto nel tempio di Afrodi
rimo era celebre il gruppo di Eros, Irneros e Pothos posto nel tempio di Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che era i
l tempio di Afrodite in Megara; l’ Eros del secondo che era in Tespie di Beozia era considerato come una delle più belle s
a in Tespie di Beozia era considerato come una delle più belle statue di tutta l’ antichità. L’ imperatore Nerone la portò
o Tito. L’ arte posteriore prese a raffigurare il Dio d’ amore in età di fanciullo, adattandosi questa meglio alla rappres
te. Attualmente parecchie statue o statuette d’ Eros esistono ancora, di scalpello antico. Tra le più notevoli è il torso
delle Statue in Vaticano (fig. 45); bellissimo anche l’ Eros in atto di tender l’ arco che è nel Museo Capitolino (fig. 4
Museo Capitolino (fig. 46). Vi sono anche parecchie rappresentazioni di Amore e Psiche; celebre fra tutte il gruppo che è
ra tutte il gruppo che è in Vaticano, il quale li rappresenta in atto di abbracciarsi e baciarsi. — Nelle opere antiche Er
Tra i flori gli era sacra la rosa, perciò spesso lo si trova coronato di rose. Imeneo, personificazione delle gioie
one delle gioie nuziali, solo in tempi relativamente tardi fu oggetto di rappresentazione letteraria e artistica. Degli in
sentazione letteraria e artistica. Degli inni nuziali con invocazione di Imeneo, son notissimi i carmi 61o e 62o di Catull
ni nuziali con invocazione di Imeneo, son notissimi i carmi 61o e 62o di Catullo col ritornello « O Hymenaee Hymen, o Hyme
a nuziale. Per ultimo nella fig. 47 riproduciamo un rilievo del Museo di Napoli rappresentante i due fratelli Eros e Anter
Museo di Napoli rappresentante i due fratelli Eros e Anteros, in atto di contendere per la palma della vittoria; un’ imita
n altro rilievo che, secondo Pausania attesta, trovavasi nel Ginnasio di Elide. III. Divinità della nascita e della
ileithyia) era presso i Greci la Dea del parto. Nell’ Iliade si parla di più Ilizie, e son dette figlie di Era, e rapprese
ea del parto. Nell’ Iliade si parla di più Ilizie, e son dette figlie di Era, e rappresentano le doglie del parto. Più com
ia presero forme assai differenti secondo i tempi e i luoghi. Oggetto di culto era llizia specialmente nelle isole di Cret
empi e i luoghi. Oggetto di culto era llizia specialmente nelle isole di Creta e di Delo, ma aveva anche santuari ad Atene
oghi. Oggetto di culto era llizia specialmente nelle isole di Creta e di Delo, ma aveva anche santuari ad Atene, Tegea, Ar
dea del nascimento, già s’ è detto, Giunone Lucina; ma nei loro libri di preghiere trovavansi menzionate anche altre Deità
na Decima, una Partula come deità invocate nel nono o nel decimo mese di gestazione e nel momento del parto; poi una Cande
ne e nel momento del parto; poi una Candelifera, riterentesi all’ uso di accendere una candela nel momento della nascita;
ono in Roma, anche la parola Ilithyia venne adottata come epiteto sia di Giunone sia di Diana. Si ricordi il passo del Car
che la parola Ilithyia venne adottata come epiteto sia di Giunone sia di Diana. Si ricordi il passo del Carme Secolare di
o sia di Giunone sia di Diana. Si ricordi il passo del Carme Secolare di Orazio, ove a Diana si rivolge la preghiera: Rit
a probas vocari                      Se u Genitalis 25 . La figura di Ilizia sole va dagli artisti greci essere rappres
presentata come una donna tutta vestita, con una mano distesa in atto di porgere aiuto e una fiaccola nell’ altra mano, co
ggi del sole, e Coronide aveva nome da corone, la cornacchia, uccello di lunga vita. Conformemente a questo significato na
o stata Coronide, per colpe sue, condannata a morire sotto gli strali di Artemide prima che avesse dato alla luce il figli
er vendicare il figliuolo, uccise i Ciclopi, fabbricatori dei fulmini di Zeus, e sdegnato abbandonò per qualche tempo il C
per qualche tempo il Cielo. — In altri miti parlavasi della famiglia di Asclepio. Si diceva avesse in moglie Epione, ossi
alludono ai medicamenti e all’ arte salutare. 2. Asclepio era oggetto di culto in molti luogi della Grecia; il sito più ce
Epidauro nell’ Argolide, dov’ era un rinomato santuario (Asclepieo); di qui il culto si diffuse non solo a Sicione, Atene
a Cirene, a Pergamo, e, come vedremo, anche a Roma. Presso i santuari di Asclepio generalmente erano istituiti degli osped
urgici, con empiastri, con beveroni, ma più spesso con la recitazione di formole magiche e col metodo dell’ incubazione. C
suo male. 3. Presso i Romani, prima che s’ introducesse la religione di Esculapio, si veneravano come datrici di salute,
s’ introducesse la religione di Esculapio, si veneravano come datrici di salute, prima una Strenia o Strenua, antica deità
di salute, prima una Strenia o Strenua, antica deità sabina, in onor di cui era stato eretto un santuario con un sacro bo
ca Igiea; infine una dea Carna o Cardea, a cui si attribuiva la virtù di cacciar via le streghe, che venivan di notte a su
, a cui si attribuiva la virtù di cacciar via le streghe, che venivan di notte a succhiare il sangue ai bambini, ed era in
in genere ritenuta come protettrice del benessere fisico. — Il culto di Esculapio si introdusse in Roma l’ anno 463 di R.
ere fisico. — Il culto di Esculapio si introdusse in Roma l’ anno 463 di R. (291 av. C.) in occasione di una fierissima pe
pio si introdusse in Roma l’ anno 463 di R. (291 av. C.) in occasione di una fierissima pestilenza. Per suggerimento dei l
ad Epidauro per condur seco Esculapio, narravasi che il Dio in forma di serpente spontaneamente fosse venuto dietro ai le
li ultimi difensori della morente religione contrapponevano la figura di Esculapio a quella del Cristo, chiamandolo re, sa
sue epifanie, i suoi oracoli. 4. Tra le opere letterarie ove si parla di Asclepio, è degnissima di speciale menzione la te
li. 4. Tra le opere letterarie ove si parla di Asclepio, è degnissima di speciale menzione la terza Pitia di Pindaro, ove
i parla di Asclepio, è degnissima di speciale menzione la terza Pitia di Pindaro, ove a proposito di Ierone re di Siracusa
ssima di speciale menzione la terza Pitia di Pindaro, ove a proposito di Ierone re di Siracusa ch’ era infermo, il poeta h
iale menzione la terza Pitia di Pindaro, ove a proposito di Ierone re di Siracusa ch’ era infermo, il poeta ha occasione d
osito di Ierone re di Siracusa ch’ era infermo, il poeta ha occasione di esporre il mito di Asclepio, e lo fa, come suole,
di Siracusa ch’ era infermo, il poeta ha occasione di esporre il mito di Asclepio, e lo fa, come suole, bellamente intrecc
bellamente intrecciando auree sentenze al racconto. Narrazione vivace di colorito leggesi pure nel 15o delle Metamorfosi O
si pure nel 15o delle Metamorfosi Ovidiane, ove si racconta la venuta di Esculapio a Roma. Bella ed evidente la pittura ch
ch’ egli fa del Dio: Baculum tenens agreste sinistra 26 e in atto di Caesariem lo ngae dextra deducere barbae 27 .
o ad un bastone da lui tenuto. Tale si scorge in una statua del Museo di Napoli, che noi riproduciamo alla fig. 48. Altre
cui lingua come a quella del serpente gli antichi attribui vano virtù di guarire. Molte statue esistevano in antico di que
chi attribui vano virtù di guarire. Molte statue esistevano in antico di questo Dio, notevole tra l’ altre quella in oro e
in antico di questo Dio, notevole tra l’ altre quella in oro e avorio di Epidauro, della quale si ha la riproduzione in mo
no ad Asclepio e al suo culto. Non infrequenti le rappresentazioni di Igiea, la figlia (o secondo alcuni, moglie) di As
ti le rappresentazioni di Igiea, la figlia (o secondo alcuni, moglie) di Asclepio, in figura di una giovane donna, sana e
di Igiea, la figlia (o secondo alcuni, moglie) di Asclepio, in figura di una giovane donna, sana e robusta e nell’ atteggi
di una giovane donna, sana e robusta e nell’ atteggiamento simbolico di dar da mangiaro a un serpente. IV. Divinità d
l’ umana vita fosse soggetta al destino, che al momento della nascita di ognuno già fossero decretate le vicende della sua
momento del morire. E questo dicevasi talvolta effetto della volontà di Zeus o in genere degli Dei, tal altra si concepiv
in genere degli Dei, tal altra si concepiva il destino come qualcosa di superiore alla stessa volontà divina, potenza a c
rte, e l’ inflessibile; la prima occupata a filar lo stame della vita di ognuno, la seconda rappresentante ciò che v’ è di
lo stame della vita di ognuno, la seconda rappresentante ciò che v’ è di casuale in essa vita, la terza significante l’ in
resso i Romani il destino era espresso con Fatum, la parola divina; e di questa voce s’ usava il plurale fata (anche, in l
ano le Parche, propriamente dee della nascita, come le Carmentes; due di numero in origine, Nona e Decuma, dette così dagl
delle greche Moire. Si noti poi che dall’ età Augustea invalse l’ uso di usar la voce Fata a designar le parche stesse; di
stea invalse l’ uso di usar la voce Fata a designar le parche stesse; di qui la spinta alle fantasie medievali di immagina
a designar le parche stesse; di qui la spinta alle fantasie medievali di immaginare l’ esistenza delle fate e tessere into
Bellissima pittura delle Parche quella che si legge nell’ Epitalamio di Peleo e Tetide di Catullo (v. 307 e segg.): His
a delle Parche quella che si legge nell’ Epitalamio di Peleo e Tetide di Catullo (v. 307 e segg.): His corpus tremulum co
rdi a rappresentar le Moire; il tipo che divenne prevalente fu quello di tre donne che filano, ovvero di donne che annunzi
tipo che divenne prevalente fu quello di tre donne che filano, ovvero di donne che annunziano la ventura e pero tengono in
o di donne che annunziano la ventura e pero tengono in mano un rotolo di carta, talvolta in atto di scrivervi su. b) Ne
a ventura e pero tengono in mano un rotolo di carta, talvolta in atto di scrivervi su. b) Nemesi; Tiche-Fortuna e Agato
iara l’ idea della Nemesi, specialmente come punitrice e vendicatrice di ogni umana scelleratezza. Era oggetto di culto sp
ome punitrice e vendicatrice di ogni umana scelleratezza. Era oggetto di culto specialmente a Ramnunte nell’ Attica, dove
Ramnunte nell’ Attica, dove la si diceva figlia dell’ Oceano e madre di Elena; più Nemesi, in figura di demoni alati, si
si diceva figlia dell’ Oceano e madre di Elena; più Nemesi, in figura di demoni alati, si veneravano anche a Smirne. Quest
scrittori greci che hanno un’ intonazione morale, spesso fanno cenno di Nemesi e delle misure da lei prese contro persone
a le tante a noi giunte è stata con sicurezza riconosciuta per figura di Nemesi. 2. Tiche (Tyche), la dea della buona fort
na fortuna, secondo la leggenda più comune, era figlia dell’ Oceano e di Teti (Tethys). Come protettrice e conservatrice d
protettrice e conservatrice degli stati, era essa venerata e onorata di templi e statue in molte città della Grecia e del
molte città della Grecia e dell’ Asia. Col tempo si mutò il concetto di lei; e divenne significativa tanto della prospera
rospera sorte essi escogitarono la dea Felicitas, che fu pure oggetto di pubblica venerazione. Fondatore del culto della F
a stato egli stesso tanto fortunato; egli edificò alla Dea col titolo di Fors Fortuna un tempio, e istituì una solenne fes
ta pubblica, come Fortuna Publica, Fortuna populi Romani, o alla vita di qualche ordine sociale, come Fortuna muliebris, F
vita, come F. respiciens, obsequens, redux, manens, ecc. Anche fuori di Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra
quens, redux, manens, ecc. Anche fuori di Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra gli altri i templi di Preneste
i Roma la Fortuna era oggetto di culto; celebritra gli altri i templi di Preneste e di Anzio. Il primo tempio alla Felicit
una era oggetto di culto; celebritra gli altri i templi di Preneste e di Anzio. Il primo tempio alla Felicitas fu eretto d
Anzio. Il primo tempio alla Felicitas fu eretto da Lucullo nell’ età di Silia e venne arricchito di molte opere artistich
Felicitas fu eretto da Lucullo nell’ età di Silia e venne arricchito di molte opere artistiche provenienti dal bottino di
e venne arricchito di molte opere artistiche provenienti dal bottino di Memmio; dopo ne furono eretti altri, di cui uno p
tiche provenienti dal bottino di Memmio; dopo ne furono eretti altri, di cui uno persino in Campidoglio. Tiche e la Fortun
etti altri, di cui uno persino in Campidoglio. Tiche e la Fortuna non di rado sono menzionate nelle opere letterarie; bast
pere letterarie; basti ricordare l’ inno a Tiche composto da Pindaro, di cui però si conservano ora pochi frammenti, e la
nservano ora pochi frammenti, e la bellissima ode 35a del libro primo di Orazio alla Fortuna d’ Anzio, dove la loda come p
icano. La fig. 50 è pure ricavata da una statua del Vaticano; è copia di un antico lavoro di Eutichide di Sicione che trov
pure ricavata da una statua del Vaticano; è copia di un antico lavoro di Eutichide di Sicione che trovavasi ad Antiochia;
da una statua del Vaticano; è copia di un antico lavoro di Eutichide di Sicione che trovavasi ad Antiochia; come protettr
di Eutichide di Sicione che trovavasi ad Antiochia; come protettrice di città la dea porta in testa una corona murale; ne
ea porta in testa una corona murale; nella mano destra tiene un mazzo di spiglie e sotto a’ suoi piedi comparisce la figur
pi posteriori, a indicare l’ incertezza della Fortuna, invalse l’ uso di rappresentarla su una palla o su una ruota.
ndo così oscuro e impenetrabile, che gli antichi sentirono il bisogno di affidarlo ad altri esseri ancora, oltre i nominat
iali i Greci li chiamavan Demoni, gli Italici Genii; e così popolaron di Dei le case, le città, le campagne) da loro si as
Dei le case, le città, le campagne) da loro si aspettavano prosperità di eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offriv
le campagne) da loro si aspettavano prosperità di eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano, nel di natalizio d
osperità di eventi, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano, nel di natalizio di ognuno, vino, focacce, profumi, coro
venti, e ricchezza di prodotti, a loro s’ offrivano, nel di natalizio di ognuno, vino, focacce, profumi, corone. Specialme
simbolo del serpente che indicava fortuna, o raffigurandoli in forma di giovani colla cornucopia e la tazza in una mano,
ione dei grandi e molteplici effetti che le acque producono, feracità di terreni irrigati, meraviglie dell’ immenso mare o
dell’ immenso mare o in tempesta o in bonaccia, facile comunicazione di luoghi lontani per via della navigazione, e, effe
umerevoli esseri e racconti, specialmente in Grecia, paese così riceo di acque correnti e da tutte parti a contatto col ma
ue era l’ Oceano. Egli con Teti (Tethys) formava la coppia più antica di Titani, come già si disse (pag. 11), e raccontava
si che non avendo preso parte alla grande lotta contro la dominazione di Zeus, non ebbe la sorte degli altri Titani, ma po
si credeva che fosse l’ origine delle cose. L’ Oceano era detto padre di tutti i fiumi e di tutte le sorgenti della terra;
e l’ origine delle cose. L’ Oceano era detto padre di tutti i fiumi e di tutte le sorgenti della terra; in altri termini,
erficie là dove era la loro sorgente. I fiumi poi, benefici portatori di lecondità alle terre, erano fra i Greci, oggetto
enefici portatori di lecondità alle terre, erano fra i Greci, oggetto di un vero culto. Avevano i loro templi i loro sacer
i ebbero celebrità maggiore e un culto esteso a molte località; primo di tutti l’ Acheloo, il più grande dei fiumi greci,
iumi, venerato così a Atene e in Acaia ed Acarnania, come nell’ isola di Rodi e in Sicilia. Celebri pure l’ Asopo, nominat
llegria ai boschi, ai monti, alle valli. L’ immaginazione le popolava di ninfe. Basti ricordare fra esse la sorgente Amalt
chi. Tutti, conforme alla natura dell’ elemento loro, avevano il dono di mutarsi in più guise, e per solito avevano anche
anche la virtù della divinazione. 2. Anche per i Romani erano oggetto di venerazione le fonti e i fiumi. Origine di tutte
per i Romani erano oggetto di venerazione le fonti e i fiumi. Origine di tutte le fonti credevasi Fontus o Fons, figlio di
e i fiumi. Origine di tutte le fonti credevasi Fontus o Fons, figlio di Giano, in onor del quale si celebra va una festa
za della città. È nota la leggenda secondo la quale Rea Silvia, madre di Romolo, getta.ta nel fiume per ordine dello zio N
amente e fatta sua sposa. Nè solo i fiumi, ma anche l’ acque correnti di minor mole divenivan sacre ai Romani, la cui imma
inor mole divenivan sacre ai Romani, la cui immaginazione le popolava di graziose ninfe; celebre fra tutte la ninfa Egeria
del re Numa. 3. L’ arte antica aveva immaginato i fiumi ora in figura di animali, serpenti, tori, cinghiali, ora in figura
mi ora in figura di animali, serpenti, tori, cinghiali, ora in figura di uomini, ora in figura parte animalesca, parte uma
gura parte animalesca, parte umana. Specialmente è freguente la forma di toro, onde gli epiteti dati ai fiumi di tauromorf
ialmente è freguente la forma di toro, onde gli epiteti dati ai fiumi di tauromorfi dai Greci e tauriformes dai Latini (co
ini s’ ispirò la statuaria che soleva rappresentare i fiumi in figura di uomini, colla barba fluente e due piccole corna i
poggiati a un’ urna da cui esce abbondevole corso d’ acqua, e forniti di cornucopie a indicare l’ abbondanza che è frutto
che il Ponto, ossia il mare, era stato in origine prodotto spontaneo di Gea, la Terra; e che di poi unitosi colla stessa
mare, era stato in origine prodotto spontaneo di Gea, la Terra; e che di poi unitosi colla stessa Gea, si credeva avesse g
co del mare; gli antichi se lo figuravano come un buon vecchio, pieno di senno e di esperienza, che colle sue figliuole ab
; gli antichi se lo figuravano come un buon vecchio, pieno di senno e di esperienza, che colle sue figliuole abitava nel f
illante spelonca. Come tutti gli Dei delle acque, aveva Nereo il dono di predire l’ avvenire. Non sempre, a dir vero, offr
dini delle Esperidi andò a visitarlo per domandargli il modo migliore di venire in possesso degli aurei pomi, egli si sche
andogli spontaneamente quel che doveva avvenire. Le Nereidi, o figlie di Nereo, e dell’ Oceanina Doride erano, secondo i p
ereo, e dell’ Oceanina Doride erano, secondo i più antichi, cinquanta di numero, secondo leggende posteriori, cento. Eran
Zeus stesso l’ amava, ma essa preferi darsi in isposa a Peleo, figlio di Eaco, perche un oracolo aveva predetto che il fig
rte rappresentato come un vecchio dai ricci canuti, per lo più munito di scettro o di tridende. Più frequenti le rappresen
tato come un vecchio dai ricci canuti, per lo più munito di scettro o di tridende. Più frequenti le rappresentazioni delle
i, sopratutto nelle pitture vascolari. Per lo più son poste a cavallo di delfini e tritoni e altri marini mostri, formando
rapace e impetuosa. Queste ultime erano credute esseri alati col viso di donna e il corpo pennuto di uccello con lunghi ar
ltime erano credute esseri alati col viso di donna e il corpo pennuto di uccello con lunghi artigli. Specialmente si parla
il corpo pennuto di uccello con lunghi artigli. Specialmente si parla di loro nella leggenda degli Argonauti, dove figuran
la di loro nella leggenda degli Argonauti, dove figurano persecutrici di Fineo, il cieco indo vino Trace, a cui insozzano
ennuto il gran ventre, 34 costituiscono la più viva pittura poetica di questi esseri mostruosi. Una rappresentazione mon
ll’ Asia Minore. Ivi le Arpie hanno la solita figura, ma sono in atto di portar via le anime dei trapassati. c) Forchi
trapassati. c) Forchi e Cheto. A differerenza degli altri figli di Nereo, questa coppia rappresenta quella segreta t
rappresenta quella segreta terribile forza, per cui il mare si popola di mostri, e atterrisce l’ animo di chi su di esso s
ile forza, per cui il mare si popola di mostri, e atterrisce l’ animo di chi su di esso si avventura. Forchi (Phorkys) era
per cui il mare si popola di mostri, e atterrisce l’ animo di chi su di esso si avventura. Forchi (Phorkys) era il signor
i chi su di esso si avventura. Forchi (Phorkys) era il signore e capo di tutti i mostri marini, che eran detti il suo eser
rcito, e la sua sposa Cheto (Ketos) rappresentava il mare come patria di questi mostri. Da essi gli antichi Mitologi disse
Ladone custode dei pomi delle Esperidi. Forchi si diceva anche padre di Toosa, la ninfa rappresentante l’ impetuoso flutt
oosa, la ninfa rappresentante l’ impetuoso flutto marino, che per via di Posidone divenne madre dei Ciclope Polifemo.
mare, era Posidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli era figlio di Crono e di Rea e però fratello di Zeus, e che all
osidone. Giù s’ è visto nella Teogonia ch’ egli era figlio di Crono e di Rea e però fratello di Zeus, e che allorquando do
nella Teogonia ch’ egli era figlio di Crono e di Rea e però fratello di Zeus, e che allorquando dopo il trionfo di Zeus,
o e di Rea e però fratello di Zeus, e che allorquando dopo il trionfo di Zeus, i Cronidi si divisero la signoria dell’ uni
profondo del mare si pensava che abitasse in uno splendido palazzo; e di là movesse su un cocchio tirato da terapestosi ca
là movesse su un cocchio tirato da terapestosi cavalli, dall’ unghie di bronzo, per scorrere sopra i flutti. Irapetuoso è
e dalla profondità delle acque. Ma basta anche uno sguardo o un cenno di lui per rabbonire il mare minaccioso e ridonar la
feriscono a Posidone, originate dalla natura del mare, e dai rapporti di questo coll’ uomo. Prima di tutto egli era fatto
ate dalla natura del mare, e dai rapporti di questo coll’ uomo. Prima di tutto egli era fatto padre di parecchi giganti e
ai rapporti di questo coll’ uomo. Prima di tutto egli era fatto padre di parecchi giganti e mostri, per es., di Polifemo,
di tutto egli era fatto padre di parecchi giganti e mostri, per es., di Polifemo, l’ accecamento del quale tirò su Ulisse
ppariscono anche in altri racconti. Così quando Posidone in compagnia di Apollo ebbe fabbricate le mura di Troia, e Laomed
. Così quando Posidone in compagnia di Apollo ebbe fabbricate le mura di Troia, e Laomedonte li frodò della pattuita merce
che fu poi liberata da Eracle. Un fatto analogo si ha nella leggenda di Andromeda esposta pure a un mostro marino e liber
romeda esposta pure a un mostro marino e liberata da Perseo; leggenda di cui riparleremo. Invece la natura benefica del ma
ura benefica del mare, che insinuandosi dentro terra produce facilita di commerci e ricchezza, si riflette in altri raccon
altri racconti. Molte città greche vantavano per fondatore un figlio di Posidone; si raccoutava avesse egli in più luoghi
esse egli in più luoghi gareggiato con altre divinità per la signoria di alcuna terra, ad es., per l’ Attica con Atena, pe
urale fosse in grande venerazione presso i Greci; sopratutto la gente di mare, commerciauti, navigatori, pescatori lo avev
e delle coste e nelle isole. Nell’ interno son da ricordare pel culto di Posidone la Tessaglia, che a lui attribuiva la su
he con un colpo del suo tridente aveva egli aperto la scogliosa valle di Tempe e dato uno sfogo alle acque del fiume; poi
ra cui l’ Arcadia. Tra le città della costa, la più celebre pel culto di Posidone era Corinto; in onor di lui appunto venn
ella costa, la più celebre pel culto di Posidone era Corinto; in onor di lui appunto vennero ivi istituiti i giochi Istmic
ero ivi istituiti i giochi Istmici, che divennero una festa nazionale di tutta la Grecia. Tra l’ isole ricordiamo Egina, E
diamo Egina, Eubea, Teno una delle Cicladi, e Rodi. Bestia prediletta di Posidone era il cavallo; forse l’ onde marine acc
con Atena per il possesso dell’ Attica (cfr. pag. 43). Nelle leggende di Corinto narravasi che Posidone, per mezzo di Medu
pag. 43). Nelle leggende di Corinto narravasi che Posidone, per mezzo di Medusa, fosse padre del noto cavallo alato Pegaso
e il protettore delle corse e dai corridori prima del cimento onorato di preghiere e sacrifizi. — Oltre il cavallo, anche
gente non essenzialmente marittima, il Dio del mare non doveva essere di grande importanza. Quando poi si identificò Nettu
con Posidone, la qualità che più venne a essere rilevata si fu quella di Dio dei cavalli e delle corse. E difatti l’ unico
Dio latino Consus che si riteneva per un Neptunus equester. Ai tempi di Augusto, Agrippa, dopo vinta la flotta di Sesto P
Neptunus equester. Ai tempi di Augusto, Agrippa, dopo vinta la flotta di Sesto Pompeo e quella di Antonio e Cleopatra, ere
pi di Augusto, Agrippa, dopo vinta la flotta di Sesto Pompeo e quella di Antonio e Cleopatra, eresse, in memoria di queste
a di Sesto Pompeo e quella di Antonio e Cleopatra, eresse, in memoria di queste vittorie, un altro santuario a Nettuno nel
alum, mare; altri nominano come moglie Venilia, cui Virgilio fa madre di Turno re dei Rutuli. 4. La più bella rappresentaz
no re dei Rutuli. 4. La più bella rappresentazione poetica del potere di Nettuno leggesi nel primo dell’ Eneide, dove, des
l primo dell’ Eneide, dove, descritta la tempesta suscitata dall’ ira di Giunone contro i Troiani, si racconta come Nettun
ira di Giunone contro i Troiani, si racconta come Nettuno, accortosi di quello scompiglio del suo regno, sollevò sull’ on
glio del suo regno, sollevò sull’ onde la sua placida testa, e veduto di che si trattava, chiamò a sè Euro e Zefiro per ri
utorevole personaggio facilmente si queta e porge ascolto alle parole di lui, così    … Cunctus pelagi cecidit fragor, ae
iuta che fluisce intorno alla faccia coprendo le orecchie, un insieme di maestà e di forza; si dava però al volto una espr
isce intorno alla faccia coprendo le orecchie, un insieme di maestà e di forza; si dava però al volto una espressione più
ente e il delfino o qualche altro mostro marino. La più antica statua di Posidone a noi giunta è quella che era nel fronto
tumi. Nella fig. 52 si riproduce il Posidone che è nel Museo Laterano di Roma; corrisponde al tipo che prevalse nei tempi
IV. Anfitrite. Già fu ricordata come una delle Nereidi, sposa di Posidone; era dunque nel regno dell’ acque quello
genda, che Posidone l’ aveva vista a danzar colle sorelle nell’ isola di Nasso, e di là aveala rapita. Altri raccontavano
osidone l’ aveva vista a danzar colle sorelle nell’ isola di Nasso, e di là aveala rapita. Altri raccontavano ch’ essa era
nelle ultime profondità del remoto mare, ma ivi la scopri il delfino di Posidone e gliela ricondusse. Del resto in Omero
colei che spinge le onde contro gli scogli e si compiace circondarsi di delfini, cani e altri mostri marini. Solo più tar
pporto con Posidone e venerata come la sua sposa. Ai Romani, il culto di Anfitrite rimase come estraneo; la moglie di Nett
osa. Ai Romani, il culto di Anfitrite rimase come estraneo; la moglie di Nettuno, già s’ è detto, chiamavasi Salacia. Quan
Quando i poeti latini usano la voce Amphitrite, la prendono in senso di « mare » ( Ovid. Met. 1, 14). In arte, soleva Anf
ibuti del diadema e dello scettro. A volte son rappresentate le nozze di Posidone e Anfitrite, come in un celebre gruppo a
one e Anfitrite, come in un celebre gruppo a rilievo della Gliptoteca di Monaco, che si crede una riproduzione d’ un origi
a Gliptoteca di Monaco, che si crede una riproduzione d’ un originale di Scopa. V. Tritone e i Tritoni. 1. Anche Tri
magine del flutto rumoreggiante. Era detto l’ unico robusto figliuolo di Posidone e Anfitrite, che con loro abita nel pala
ravaselo in forma d’ uomo nella parte superiore del corpo, e in forma di pesce dalla coda biforcuta nella parte inferiore;
feriore; più tardi vi s’ aggiunse anche il petto e le zampe anteriori di cavallo, creando quei mostri a tre nature che fur
i cavallo, creando quei mostri a tre nature che furono detti Centauri di mare o Ittiocentauri (ichthyocentauri). A quest’
ava il mare agitato. — Cominciando dal quarto secolo av. C., in luogo di un unico Tritone, si pensò a tutto un genere di e
colo av. C., in luogo di un unico Tritone, si pensò a tutto un genere di esseri simili al figlio di Posidone; e così a poc
unico Tritone, si pensò a tutto un genere di esseri simili al figlio di Posidone; e così a poco a poco si venne diffonden
one; e così a poco a poco si venne diffondendo la credenza in un coro di Tritoni, rappresentanti nel regno marino quel che
gno marino quel che i Satiri o i Centauri nel regno terrestre; classe di esseri che vive sulle onde, tra i mostri marini e
onde, tra i mostri marini e le Nereidi, tra le quali si compiacciono di folleggiare, mentre dan di fiato anch’ essi alla
e le Nereidi, tra le quali si compiacciono di folleggiare, mentre dan di fiato anch’ essi alla vuota conchiglia. 2. Rappre
ioni dei Tritoni nell’ opere poetiche dell’ antichità ricorrono assai di frequente, per lo più non si menziona Posidone se
lo più non si menziona Posidone senza accennare un numeroso corteggio di Tritoni, Nereidi e mostri. Il Tritone mezzo uomo
one mezzo uomo e mezzo pesce è descritto minutamente già in Apollonio di Rodi, e da lui trasse Virgilio il suo:          
to da Ovidio nel primo delle Metamorfosi, dove si racconta il diluvio di Deucalione. Il ceruleo Tritone avuto l’ ordine di
racconta il diluvio di Deucalione. Il ceruleo Tritone avuto l’ ordine di soffiar nella sua tromba per ritirar l’ acque ai
undis 38 . L’ arte statuaria ricorreva spesso alle rappresentazioni di Tritoni o per motivo ornamentale delle statue di
lle rappresentazioni di Tritoni o per motivo ornamentale delle statue di Posidone e Anfitrite, o per lavori di fontane e s
motivo ornamentale delle statue di Posidone e Anfitrite, o per lavori di fontane e simili; l’ arte decorativa poi fece gra
er lavori di fontane e simili; l’ arte decorativa poi fece grand’ uso di Tritoni, e se ne vedono a centinaia in pitture va
e se ne vedono a centinaia in pitture vascolari o murali, in rilievi di terracotta, in vasi cesellati, ecc. Un gruppo deg
onservasi nel Museo Vaticano, rappresentante un ittiocentauro in atto di trascinar seco una Nereide riluttante. VI. Pro
ar seco una Nereide riluttante. VI. Proteo. Era Proteo un servo di Posidone, da lui incaricato di custodirgli il gre
VI. Proteo. Era Proteo un servo di Posidone, da lui incaricato di custodirgli il gregge delle foche e dell’ altre b
stie marine. Abitava nelle profondità del mare, ma compiacevasi anche di cercar riposo sul lido; e sopratutto nell’ ore ca
state narravasi che conducesse il suo gregge a meriggiare nell’ isola di Faro, ed egli stesso ivi in una caverna presso il
chè non isfuggisse, giacchè egli tutto tentavà, assumeva mille forme, di leone, di drago, di fuoco ardente, di pianta giga
fuggisse, giacchè egli tutto tentavà, assumeva mille forme, di leone, di drago, di fuoco ardente, di pianta gigantesca, di
giacchè egli tutto tentavà, assumeva mille forme, di leone, di drago, di fuoco ardente, di pianta gigantesca, di acqua sco
tentavà, assumeva mille forme, di leone, di drago, di fuoco ardente, di pianta gigantesca, di acqua scorrevole; se con tu
le forme, di leone, di drago, di fuoco ardente, di pianta gigantesca, di acqua scorrevole; se con tutto ciò non riusciva a
molto popolare tra marinai e pescatori. Speeialmente si parlava molto di lui nella regione di Antedone, città della Beozia
rinai e pescatori. Speeialmente si parlava molto di lui nella regione di Antedone, città della Beozia orientale sull’ Euri
pesci semivivi sull’ erba, vedesse con sua meraviglia che al contatto di un certa erba ripigliavan vita e risaltavan nel m
rba ripigliavan vita e risaltavan nel mare; allora mangiò egli stesso di quest’ erba e ne senti subito una tale sovreccita
ò in mare, dove benignamente accolto da Oceano e Teti, e purificatosi di tutte le debolezze umane, venne assunto tra gli D
a molte altre città litoraneo della Grecia e delle isole. La leggenda di Glauco Ponzio divento argomento predilotto della
a quel diantedone, come dice Pausania (9, 22, 7), onorarono la storia di Glauco col loro versi; nell’ età alessandrina Cal
identificazione è incerta; potrebbe anche essere una personificazione di qualche parte di mare, per es., del golfo di Baia
incerta; potrebbe anche essere una personificazione di qualche parte di mare, per es., del golfo di Baia. VIII. Ino
ere una personificazione di qualche parte di mare, per es., del golfo di Baia. VIII. Ino, Leucotea e Melicerte. 1
er essersi buttata a mare affidandosi alle deità marine in un momento di pericolo. Era essa figlia di Cadmo, sorella di Se
idandosi alle deità marine in un momento di pericolo. Era essa figlia di Cadmo, sorella di Semele, la madre di Dioniso, e
à marine in un momento di pericolo. Era essa figlia di Cadmo, sorella di Semele, la madre di Dioniso, e moglie del re Atam
to di pericolo. Era essa figlia di Cadmo, sorella di Semele, la madre di Dioniso, e moglie del re Atamante di Orcomeno. Al
dmo, sorella di Semele, la madre di Dioniso, e moglie del re Atamante di Orcomeno. Alla morte disgraziata di Semele, Ino s
Dioniso, e moglie del re Atamante di Orcomeno. Alla morte disgraziata di Semele, Ino si assunse la cura di allevare il pic
di Orcomeno. Alla morte disgraziata di Semele, Ino si assunse la cura di allevare il piccolo Dioniso; perciò incorse nello
e la cura di allevare il piccolo Dioniso; perciò incorse nello sdegno di Era che prese a perseguitar lei e i suoi due figl
lasciando che lei vivesse felice tra le Nereidi, e Melicerte col nome di Palemone, o protettore dei porti, fosse associato
fici del mare, pronti ad aiutare i naufraghi e chiunque aveva bisogno di loro. 2. Allorquando la mitologia greca penetro i
us dio dei porti. Allora si creò la storia, che la principessa figlia di Cadmo dopo il suo salto in mare sarebbe stata acc
rata in Ostia in seguito alla diffusione dei Baccanali, sotto il nome di Stimula; ivi le Menadi aizzate da Giunone avrebbe
he destava il caso della madre sventurata e la felice sorte toccatale di poi, onde più volte la illustrarono; Euripide ne
dei Fasti all’ 11 Giugno, giorno della festa detta Matralia in onore di Mater Matuta. — In arte Palemone era rappresentat
portato in groppa da un delfino, ovvero in braccio alla madre in atto di essere presentato a Posidone che con paterna beni
ndis , come dice Claudiano 39. Si dicevano figlie del fiume Acheloo e di Mnemosine o di Tersicore o di Calliope; ma in alt
e Claudiano 39. Si dicevano figlie del fiume Acheloo e di Mnemosine o di Tersicore o di Calliope; ma in altre leggende fig
Si dicevano figlie del fiume Acheloo e di Mnemosine o di Tersicore o di Calliope; ma in altre leggende figuran figlie di
ine o di Tersicore o di Calliope; ma in altre leggende figuran figlie di Forchi e Cheto. È nota l’ avventura di Ulisse in
altre leggende figuran figlie di Forchi e Cheto. È nota l’ avventura di Ulisse in Omero; per non lasciarsi ammaliare dall
ro anche in altri racconti come in quello degli Argonauti e del ratto di Proserpina. Si disse che Demetra appunto aveva da
che Demetra appunto aveva dato loro il corpo d’ uccelli in punizione di non aver aiutato la loro compagna di gioco nel mo
il corpo d’ uccelli in punizione di non aver aiutato la loro compagna di gioco nel momento che il re dell’ Inferno stava p
o le incantevoli regioni tra Napoli e Sorrento, o vicino allo stretto di Messina. 2. La poesia si compiacque del mito dell
poeticamente la leggenda, come fecero Omero nell’ Odissea, Apollonio di Rodi nel Poema degli Argonauti, ma si fè servire
etas ‌ 40. — Quanto alla figura, le Sirene erano immaginate col visi di donzella e col corpo d’ uccello. Ovidio nel quint
tamorfosi (v. 552 e sgg.) spiega la cosa ricordando che dopo il ratto di Proserpina, la ricercarono invano per tutta la te
divennero esse quasi Genii della morte, onde invalse la consuetudine di riprodurne le figure sul monumenti sepolcrali.
la terra. Non è essa colei dal cui grembo fecondo esce ogni rigoglio di vegetazione, onde l’ annua produzione di que’ fru
o fecondo esce ogni rigoglio di vegetazione, onde l’ annua produzione di que’ frutti che allietano l’ umana famiglia e le
to e ricchezza? Non è essa d’ altra parte tomba aperta ad ogni essere di cui cessa la vita? E dove, se non nel seno ascoso
a ad ogni essere di cui cessa la vita? E dove, se non nel seno ascoso di lei, si ripongono quelle energie che rimangono as
tti da queste riflessioni, gli antichi abbiano creata tutta una serie di divinità connesse colla terra, le une liete rifer
e alla fecondità delle greggi, le altre tristi, dominatrici del mondo di sotterra. Il culto di queste divinità doveva rise
greggi, le altre tristi, dominatrici del mondo di sotterra. Il culto di queste divinità doveva risentirsi di questo doppi
del mondo di sotterra. Il culto di queste divinità doveva risentirsi di questo doppio aspetto, ed estrinsecarsi in feste
doveva risentirsi di questo doppio aspetto, ed estrinsecarsi in feste di gioia per le une, di dolore per l’ altre; e così
questo doppio aspetto, ed estrinsecarsi in feste di gioia per le une, di dolore per l’ altre; e così fu. E poichè la gioia
lore solevano dagli antichi esprimersi in modo passionato e rumoroso, di qui il culto e le leste dette orgiastiche (da una
nifica sovreccitazione dell’ animo). È poi da notarsi che il concetto di tali divinità, e specialmente delle sotterranee,
tali divinità, e specialmente delle sotterranee, inchiudendo qualcosa di segreto e di inesplicabile, suggeri agli antichi
, e specialmente delle sotterranee, inchiudendo qualcosa di segreto e di inesplicabile, suggeri agli antichi Greci quella
i segreto e di inesplicabile, suggeri agli antichi Greci quella forma di culto ch’ ebbe nome di misteri, a cui erano ammes
abile, suggeri agli antichi Greci quella forma di culto ch’ ebbe nome di misteri, a cui erano ammessi solo gli iniziati, e
le tenebre del Caos, come essa avesse da sè prodotto Urano e Ponto, e di poi con essi congiunta avesse dato a luce i Titan
ll’ andar del tempo si disegnò meglio nella mente dei Greci la figura di Gea come madre di tutti gli esseri, non mai stanc
o si disegnò meglio nella mente dei Greci la figura di Gea come madre di tutti gli esseri, non mai stanca di produrre nuov
Greci la figura di Gea come madre di tutti gli esseri, non mai stanca di produrre nuovi mostri, come nutrice delle sue cre
ue creature, tutta intesa a farle crescere vigorose, e quindi datrice di prosperità. Ma anche d’ altro lato fu pensata Gea
glie nel suo segreto grembo, quindi divinità ctonica, ossia del mondo di sotterra. Questi concetti essendo comuni con altr
Atene dov’ era venerata specialmente come curotrofo ossia allevatrice di bambini: le leggende locali la facevano anzi madr
sia allevatrice di bambini: le leggende locali la facevano anzi madre di Erittonio, il progenitore della stirpe Attica. An
stirpe Attica. Anche come Dea dei morti, Gea veniva in Atene onorata di feste e cerimonie speciali. 2. Alla greca Gea cor
e, condizione d’ ogni stabilita delle cose, era invocata in occasione di terremoti col titolo di Tellus stabilita. Era anc
abilita delle cose, era invocata in occasione di terremoti col titolo di Tellus stabilita. Era anche Dea dei matrimoni, a
l console P. Sempronio, e sorgeva sulla piazza dov’ era prima la casa di Sp. Cassio. In onore di Tellus e di Cerere si cel
e sorgeva sulla piazza dov’ era prima la casa di Sp. Cassio. In onore di Tellus e di Cerere si celebravano solenni feste a
lla piazza dov’ era prima la casa di Sp. Cassio. In onore di Tellus e di Cerere si celebravano solenni feste al tempo dell
e di Cerere si celebravano solenni feste al tempo della seminagione e di primavera al germogliar delle biade. Altra festa
a quella detta Paganalia in Gennaio, celebrata in ogni pagus o gruppo di più villaggi, con solenni preghiere a Tellus e Ce
della campagna. 3. Già i più antichi poeti, Omero, Esiodo fanno cenno di di Gea o le rivolgon preghiere; uno degli inni Om
la campagna. 3. Già i più antichi poeti, Omero, Esiodo fanno cenno di di Gea o le rivolgon preghiere; uno degli inni Omeri
a, quindi chiamatela la madre Terra ». Varrone comincia il suo lavoro di cose agricole con un’ invocazione a Giove e a Tel
Tellus. — La statuaria antica rappresentava Gea come una mezza figura di donna che sorge dal suolo; tale si vede in un ril
ievo che è nel Museo Chiaramonti in Vaticano raffigurante Gea in atto di presentare suo figlio Erittonio ad Atena. Più tar
ù tardi si rappresentava come una donna distesa al suolo, contorniata di bambini, una cornucopia in una mano, un vitello g
a nel 1872. II. Rea-Cibele o la Gran Madre. 1. Rea, come figlia di Urano e di Gea, moglie di Crono e madre dei Croni
II. Rea-Cibele o la Gran Madre. 1. Rea, come figlia di Urano e di Gea, moglie di Crono e madre dei Cronidi, special
ele o la Gran Madre. 1. Rea, come figlia di Urano e di Gea, moglie di Crono e madre dei Cronidi, specialmente di Zeus,
di Urano e di Gea, moglie di Crono e madre dei Cronidi, specialmente di Zeus, ci è già nota dalla Teogonia. Era essa ogge
specialmente di Zeus, ci è già nota dalla Teogonia. Era essa oggetto di culto segnatamente nell’ isola di Creta, dove si
ta dalla Teogonia. Era essa oggetto di culto segnatamente nell’ isola di Creta, dove si diceva che ella avesse fatto allev
si alberga e feconda tanta parte della vita universale. Un tale culto di Rea si diffuse anche in altre terre, ad es. in Ar
fecondità della natura, venerato nella Lidia e nella Frigia col nome di « Gran Madre ». La vera patria di questa religion
nella Lidia e nella Frigia col nome di « Gran Madre ». La vera patria di questa religione era la città di Pessinunte, situ
me di « Gran Madre ». La vera patria di questa religione era la città di Pessinunte, situata nella Frigia maggiore, presso
gia maggiore, presso il fiume Sangario (od. Sakaria); nelle vicinanze di questa città erano sacri a Cibele il monte Dindim
era detta Dindimene, e il villaggio Berecinto, che le die l’ epiteto di Berecinzia (Berecyntia). Qui favoleggiavasi che l
col corteo de’ suoi sacerdoti detti Coribanti (rispondenti ai Cureti di Creta), i quali forniti di timballi e concavi dis
oti detti Coribanti (rispondenti ai Cureti di Creta), i quali forniti di timballi e concavi dischi metallici e corni e fla
ggiamente fantastico come tutto il suo culto. Conosciutissimo il mito di Atti (Attis o Atys) l’ amante di lei. Era costui
l suo culto. Conosciutissimo il mito di Atti (Attis o Atys) l’ amante di lei. Era costui un giovane Frigio di così eccezio
di Atti (Attis o Atys) l’ amante di lei. Era costui un giovane Frigio di così eccezionale bellezza che la Gran Madre lo vo
Madre lo volle per isposo. Dapprincipio egli corrispondeva all’ amore di lei, ma poi le fu infedele, e voleva spo sarsi co
di lei, ma poi le fu infedele, e voleva spo sarsi colla figlia del re di Pessinunte. Allora lo colpi la vendetta dell’ adi
nvitati erano insieme adunati, essa penetrò tra loro, li riempi tutti di timor panico e di alienazione. Atti fuggi sul mon
eme adunati, essa penetrò tra loro, li riempi tutti di timor panico e di alienazione. Atti fuggi sul monti e in un eccesso
i timor panico e di alienazione. Atti fuggi sul monti e in un eccesso di furore si uccise. Di che afllittala Dea, ordinò i
un eccesso di furore si uccise. Di che afllittala Dea, ordinò in onor di lui una cerimonia funebre da celebrarsi nell’ equ
nò in onor di lui una cerimonia funebre da celebrarsi nell’ equinozio di primavera. I Coribanti fra urli selvaggi e strepi
gue. Questo giovane Atti che muore e rinasce, come l’ Adone del culto di Afrodite, simboleggia la natura che sorge a vita
ita florida e rigogliosa e poi tosto appassisce e muore. La religione di Cibele ebbe una grande diffusione prima nelle pro
Madre i Dattili Idei, artisti lavoranti in bronzo e creduti inventori di ogni specie di arti utili, tra l’ altre del suono
Idei, artisti lavoranti in bronzo e creduti inventori di ogni specie di arti utili, tra l’ altre del suono e del ritmo mu
consiglio dei libri sibillini fu mandata un’ ambascieria ad Attalo re di Pergamo che allora dominava pure nella Frigia; At
re di Pergamo che allora dominava pure nella Frigia; Attalo cousegnò di buon grado la nera pietra che era considerata com
usegnò di buon grado la nera pietra che era considerata come l’ idolo di Cibele, e che forse era una pietra meteoritica da
che forse era una pietra meteoritica da secoli conservata nel tempio di Pessinunte. Fu portata a Roma ove giunse nell’ ap
to votato un tempio, che fu dedicato nel 563/191 poco lungi da quello di Apollo Palatino, tempio che più volte fu distrutt
to e ricostruito, tra gli altri da Augusto. Anche in Roma i sacerdoti di Cibele, detti Cureti, o Coribanti o Galli davano
la Dea Cibele e del suo corteggio leggesi nel secondo libro del poema di Lucrezio Sulla natura e nel quarto dei Fasti di O
condo libro del poema di Lucrezio Sulla natura e nel quarto dei Fasti di Ovidio. L’ uno e l’ altro accennano alla Dea port
’ essa era fondatrice e conservatrice delle città, e al suo corteggio di Coribanti che Tympana tenta tonant palmis et cym
ante la Dea seduta su un leone. Il tamburello è l’ attributo costante di questa Divinità. III. Dioniso-Bacco. 1.
i quali, a dir vero, agli elementi greci s’ intrecciarono molti altri di origine tracia o lidia o frigia. Luogo di nascita
’ intrecciarono molti altri di origine tracia o lidia o frigia. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe;
rono molti altri di origine tracia o lidia o frigia. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre
ia o lidia o frigia. Luogo di nascita di Dioniso era creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie di
ra creduta la città di Tebe; e sua madre era Semele, una delle figlie di Cadmo, amata da Zeus. A costei l’ amore di Zeus f
a Semele, una delle figlie di Cadmo, amata da Zeus. A costei l’ amore di Zeus fu fatale, perche indotta dalla gelosa Era a
Zeus fu fatale, perche indotta dalla gelosa Era a chiedere la grazia di poter vedere l’ amante in tutta la sua maestà fra
nte in tutta la sua maestà fra tuoni e lampi, fu involta dalle flamme di Zeus, ed ivi morì. Zeus però salvò il figlio che
aturità, se lo cuci in una coscia, e lo diede poi a luce a suo tempo; di qui dicevasi che Dioniso avesse avuto un doppio n
. Zeus poi consegnò il neonato ad Ermes perchè lo portasse alle ninfe di Nisa che s’ incaricavano di allevarlo; secondo al
to ad Ermes perchè lo portasse alle ninfe di Nisa che s’ incaricavano di allevarlo; secondo altra leggenda la sua prima nu
varlo; secondo altra leggenda la sua prima nutrice fu Ino, la sorella di Semele; in ogni caso è sempre un essere acqueo qu
un essere acqueo quello cui Dioniso vien affidato dopo il bruciamento di Semele, il che fa palese il significato naturale
sciuto nella solitudine dei boschi ed educato principalmente per cura di Sileno, Dioniso pianta la vite, e s’ innebria del
a vite, e s’ innebria dell’ umor che da essa cola e allora compiacesi di girare di luogo in luogo, incoronato d’ edera e a
s’ innebria dell’ umor che da essa cola e allora compiacesi di girare di luogo in luogo, incoronato d’ edera e alloro, con
luogo in luogo, incoronato d’ edera e alloro, con un numeroso corteo di ninfe, satiri e altri genii de’ boschi, e le fore
altri genii de’ boschi, e le foreste e i campi risuonano delle grida di giubilo emesse dall’ allegra comitiva. Così Dioni
di giubilo emesse dall’ allegra comitiva. Così Dioniso va estendendo di regione in regione la viticultura e anzi, vero co
egna agli uomini a lavorar la terra, fonda nuove città, si fa maestro di più miti costumi e di una vita più socievole e pi
orar la terra, fonda nuove città, si fa maestro di più miti costumi e di una vita più socievole e più lieta. — Una bella l
ttribuisse dagli antichi all’ uso del vino, e quanta fosse la potenza di Dioniso, è quella dei pirati Tirreni. In occasion
, è quella dei pirati Tirreni. In occasione d’ un viaggio dall’ isola di Icaria a quella di Nasso, Dioniso che aveva assun
ti Tirreni. In occasione d’ un viaggio dall’ isola di Icaria a quella di Nasso, Dioniso che aveva assunto la forma d’ un b
assunto la forma d’ un bel ragazzo col capelli ricciuti e il mantello di porpora, fu preso da alcuni pirati Tirreni che id
n cenno del divino fanciullo, cadono i ceppi che l’ avvincono, tralci di vite e rami d’ edera s’ avviticchiano intorno all
intorno alle vele, e giù ne cola il prezioso liquore, mentre un coro di ninfe invisibili intuona un canto di festa. Compa
prezioso liquore, mentre un coro di ninfe invisibili intuona un canto di festa. Compariscono davanti ai marinari attoniti
ndo un essere divino nel fanciullo, s’ era opposto al mal governo che di lui avevan preso a fare i compagni. — E così anch
tentavano impedire le sue feste orgiastiche. Sono celebri le leggende di Licurgo e di Penteo. Licurgo era un re della Trac
edire le sue feste orgiastiche. Sono celebri le leggende di Licurgo e di Penteo. Licurgo era un re della Tracia, figlio di
ggende di Licurgo e di Penteo. Licurgo era un re della Tracia, figlio di Driante (la selva), il quale cacciò le nutrici di
ella Tracia, figlio di Driante (la selva), il quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Nisa, dov’ egli era sta
ante (la selva), il quale cacciò le nutrici di Dioniso dalla campagna di Nisa, dov’ egli era stato allevato, onde il Dio s
e colla propria accetta uccise suo figlio scambiandolo per un tralcio di vite, e fu poi sbranato sul monte Pangeo da selva
aggi cavalli aizzatigli contro da Dioniso. Licurgo è il lungo inverno di Tracia, che si oppone alla propagazione della vit
e al calore della natura e alla operosità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di f
a natura e alla operosità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di forme gigantesche
la operosità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di forme gigantesche e di indole
ità dell’ uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di forme gigantesche e di indole selvaggia
uomo. — Penteo era re di Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di forme gigantesche e di indole selvaggia. Costui v
i Tebe, figlio di Echione e di Agave di Cadmo, di forme gigantesche e di indole selvaggia. Costui volle opporsi alle feste
ore, l’ uccise avendolo scambiato per un cinghiale. — Anche le figlie di Minia, re di Orcomeno, avendo osato disprezzara D
e avendolo scambiato per un cinghiale. — Anche le figlie di Minia, re di Orcomeno, avendo osato disprezzara Dioniso e rifi
Minia, re di Orcomeno, avendo osato disprezzara Dioniso e rifiutarsi di celebrarne le feste, furon mutate in pipistrelli.
in pipistrelli. In altro ordine d’ idee, merita un cenno la leggenda di Arianna, la qual fa parte delle tradizioni locali
Arianna, la qual fa parte delle tradizioni locali proprie dell’ isola di Nasso. Questa figlia di Minosse cretese, era renu
e delle tradizioni locali proprie dell’ isola di Nasso. Questa figlia di Minosse cretese, era renuta via da Creta seguendo
utato a uscir dal labirinto, dopo ucciso il Minotauro; ma nell’ isola di Nasso, mentr’ era addormentata, Teseo l’ abbandon
’ isola di Nasso, mentr’ era addormentata, Teseo l’ abbandonò e senza di lei salpo colle navi alla volta dell’ Attica. Chi
Diè in ismanie, corse al lido per veder se ancor si scorgeva la nave di Teseo, levo al cielo le più strazianti querele, m
un lieto frastuono, e presto vede con meraviglia accostarsi il corteo di Dioniso. Questi vedutala se n’ innamora e la fa s
grinazioni, e insieme venivano venerati nelle feste del culto. Perchè di Dioniso si abbia un concetto adeguato, conviene a
io del vino e della frutticultura in genere, Dioniso era il riscontro di Demetra, dea delle biade; veniva detto talvolta l
va amante del canto e delle Muse, volonteroso compagno delle Grazie e di Afrodite, medico del corpo e dell’ anima, e gli s
mmaginativa anche fra le generazioni meno antiche. Dopo la spedizione di Alessandro Magno in India, essendosi il culto di
. Dopo la spedizione di Alessandro Magno in India, essendosi il culto di Dioniso diffuso fino all’ estremo Oriente, sorse
ioniso detto Zagreus, il lacerato, era il primo Dio; era detto figlio di Zeus e di Persefona; e si narrava che essendo egl
to Zagreus, il lacerato, era il primo Dio; era detto figlio di Zeus e di Persefona; e si narrava che essendo egli destinat
altro Dioniso, il Tebano, mentre intanto fulminò i Titani. Dal cenere di questi nacquero gli uomini, e di qui la lotta tra
intanto fulminò i Titani. Dal cenere di questi nacquero gli uomini, e di qui la lotta tra il bene e il male nell’ animo um
uivano il fondamento della teologia e dei misteri orfici. 2. Il culto di Dioniso era straordinariamente diffuso in tutte l
terica sacra, feste triennali); esi celebravano in regioni montuose e di notte al lume delle fiaccole. Uno stuolo di donne
ano in regioni montuose e di notte al lume delle fiaccole. Uno stuolo di donne e fanciulle (giacchè gli uomini erauo esclu
ai) o Bassaridi, agitando tirsi (thyrsus, asta con la punta ricoperta di pampani o di edera) e fiaccole, ricingendosi il c
di, agitando tirsi (thyrsus, asta con la punta ricoperta di pampani o di edera) e fiaccole, ricingendosi il corpo con serp
fiaccole, ricingendosi il corpo con serpi, tra una musica assordaute di tamburelli e di flauti facevano una processione r
gendosi il corpo con serpi, tra una musica assordaute di tamburelli e di flauti facevano una processione rumorosa detta ti
Era tutto ciò un ricordo e un simbolo dello scempio che l’ inverno fa di tutti i prodotti onde la terra si ammanta. Invece
he l’ inverno fa di tutti i prodotti onde la terra si ammanta. Invece di primavera si festeggiava il ritorno di Dioniso co
de la terra si ammanta. Invece di primavera si festeggiava il ritorno di Dioniso con spargimento di flori e lieti canti. G
ece di primavera si festeggiava il ritorno di Dioniso con spargimento di flori e lieti canti. Giova ricordare le feste Dio
ieti canti. Giova ricordare le feste Dionisiache, ossia feste in onor di Dioniso che si celebravano in Atene. Erano le seg
n Atene. Erano le seguenti: 1º Le piccole Dionisie, o le feste rurali di Dioniso; avevan luogo sul finir di Novembre o in
iccole Dionisie, o le feste rurali di Dioniso; avevan luogo sul finir di Novembre o in principio del Dicembre; si faceva u
o in principio del Dicembre; si faceva una processione col sacrifizio di un capro. Alla lesta congiungevansi sollazzi camp
i spiritosi, origine della poesia drammatica. Divertimento prediletto di queste feste le Ascolie, o la danza sugli otri. 2
aveva luogo in Atene nel Gennaio. Presso il Leneo, uno dei due templi di Dioniso, facevasi una solenne processione; si ten
vasi la svinatura o lo spillare il nuovo vino che allora aveva finito di fermentare; nel secondo giorno, la festa del bocc
una grandiosa processione portavasi dal Leneo a un altro tempio, poi di nuovo al Leneo, una piccola immagine in legno del
ibera (= Persefone). Era il Dio del vino, della vendemmia e in genere di ogni produzione terrestre e animale; durante le f
e in genere di ogni produzione terrestre e animale; durante le feste di lui i devoti solevano abbandonarsi ad un’ allegri
aliche non avevano quel carattere romoroso ed orgiastico che il culto di Dioniso ebbe in Grecia. Solo più tardi, per l’ in
hici; ma poi molti scrittori, dall’ autore degli inni omerici a Nonno di Panopoli, dai primi drammaturghi latini a Claudia
primi drammaturghi latini a Claudiano hanno cantato qua e là le lodi di questo Dio straordinario. Ricordiamo solo che Esc
rio. Ricordiamo solo che Eschilo compose una trilogia intorno al mito di Licurgo, e trattò in un’ altra tragedia il mito d
ia intorno al mito di Licurgo, e trattò in un’ altra tragedia il mito di Penteo; al quale pure si riferisce la bellissima
il mito di Penteo; al quale pure si riferisce la bellissima tragedia di Euripide intitolata, « le Baccanti »; ricordiamo
che o Bassariche. Tra le cose latine, leggasi la 19a ode del 2o libro di Orazio, che in versi caldi e appassionati riassum
passionati riassume le principali leggende hacchiche e ha molti punti di contatto colle Baccanti d’ Euripide; ricordisi il
tatto colle Baccanti d’ Euripide; ricordisi il ben descritto incontro di Bacco e d’ Arianna nell’ epitalamio catulliano d
descritto incontro di Bacco e d’ Arianna nell’ epitalamio catulliano di Peleo e Tetide, dove le baccanti .… pars tecta q
terzo delle Metamorfosi e in principio del quarto descrive la strage di Penteo e la trasformazione dei pirati Tirreni in
Numerosi monumenti a noi giunti contengono rappresentazioni figurate di Dioniso. L’ arte più antica soleva presentarlo co
eva presentarlo con aspetto maestoso sebben collo sguardo sfolgorante di gioia, quindi si faceva il viso barbato; veggasi
tatua dei così detto Sardanapalo in Vaticano (fig. 55), un bel saggio di tal tipo. Più tardi si prese a dare alla figura d
55), un bel saggio di tal tipo. Più tardi si prese a dare alla figura di Dioniso un aspetto giovanile, quasi femmineo; è i
n aspetto giovanile, quasi femmineo; è il tipo che prevalse dal tempo di Prassitele in poi. A questo appartiene il celebre
) doveva essere della stessa categoria. La fig. 57 riproduce la testa di un Dioniso giovanile che è nel Museo Capitolino;
giovanile che è nel Museo Capitolino; un viso pieno d’ espressione e di bellezza; dapprima era stato preso per un’ Ariann
ta a riccioli pendenti sulle spalle, per lo più una corona d’ edera o di tralci di vite. Sul corpo è posta una pelle ferin
oli pendenti sulle spalle, per lo più una corona d’ edera o di tralci di vite. Sul corpo è posta una pelle ferina a tra ve
mano il tirso e una coppa. Si figurano anche delle belve in compagnia di Dioniso, per lo più leoni e pantere; oltre queste
mentata del Museo Vaticano che noi riproduciamo colla fig. 58; essa è di rara bellezza e probabilmente da ricondurre a un’
n’ aveva fatto un tipo che divenne celebre: la sua figura era in atto di ebbra agitazione, il capo arrovesciato all’ indie
Terra vanno annoverate le Ninfe, che noi vedemmo far parte del corteo di Bacco, ed anche di Artemide cacciatrice e di Afro
ate le Ninfe, che noi vedemmo far parte del corteo di Bacco, ed anche di Artemide cacciatrice e di Afrodite. Erano immagin
mmo far parte del corteo di Bacco, ed anche di Artemide cacciatrice e di Afrodite. Erano immaginate come belle e graziose
canti, o tuffando le loro tenere membra nelle fresche e limpide acque di solitari laglietti e torrenti. Talvolta s’ attrup
iori divinità della natura, e o cacciavano con Artemide, o scorrevano di luogo in luogo con Dioniso o si trovavano in inti
itudine; ma non mancarono leggende in cui narravasi qualche avventura di uomini, specialmente di eroi, colle ninfe. Spesso
o leggende in cui narravasi qualche avventura di uomini, specialmente di eroi, colle ninfe. Spesso di bambini morti si dic
ualche avventura di uomini, specialmente di eroi, colle ninfe. Spesso di bambini morti si diceva fossero stati rapiti dall
es. Dafni, il bel pastore siciliano, orgoglio della sua isola, amico di Artemide e Pane, sposo felice di una ninfa, poich
ano, orgoglio della sua isola, amico di Artemide e Pane, sposo felice di una ninfa, poichè l’ abbandonò per essersi lascia
egli occhi o secondo altri, perde la luce della sua vita cioè l’ amor di quella ninfa, per la quale invano ora spasimava,
sul monte Pelio, le Citeronie sul Citerone, ecc. La ninfa più celebre di questa categoria era Eco, la personificazione di
La ninfa più celebre di questa categoria era Eco, la personificazione di questo fenomeno acustico così frequente nelle val
to fenomeno acustico così frequente nelle valli profonde e tra catene di monti. Si narrava ch’ ella amasse alla follia il
Narciso, figlio dei fiume Cefiso, il quale invece non voleva saperne di lei; ond’ essa, consumata dal dolore, si ridusse
ì consunto dal dolore. Il fiore a cui diè nome è rimasto come simbolo di una bellezza senza cuore. 3º Le Ninfe delle piant
esse termine anche la vita della sua ninfa. 2. Le Ninfe erano oggetto di culto in molte regioni della Grecia, specialmente
a suggeriva l’ idea che ivi fosse un soggiorno prediletto alle Ninfe; di tali luoghi molti ne offriva la Grecia, in Tessag
letterarie. Specialmente la poesia bucolica aveva frequenti occasioni di descrivere scene della natura che sempre s’ avviv
tura che sempre s’ avvivavano colla presenza delle ninfe. Le leggenda di Dafni è ricordata più d’ una volta da Teocrito ne
iè poi argomento a un celebrato romanzo attribuito a Longo. La favola di Narciso trovò un narratore pieno di grazia in Ovi
nzo attribuito a Longo. La favola di Narciso trovò un narratore pieno di grazia in Ovidio che l’ espose nel terzo delle Me
Metamorfosi. La statuaria antica spesso rappresentò ninfe, in figura di graziose fanciulle, per lo più leggermente vestit
igura di graziose fanciulle, per lo più leggermente vestite, e ornate di flori e corone. Frequenti sopratutto i rilievi do
e. Frequenti sopratutto i rilievi dov’ esse son rappresentate in atto di danzare guidate da Ermes, al suono della zampogna
esentate in atto di danzare guidate da Ermes, al suono della zampogna di Pane. Le Naiadi hanno particolari attributi rifer
da attinger acqua, conchiglie. — Non infrequenti sono anche le statue di Narciso; una bellissima possiede il Museo di Napo
nti sono anche le statue di Narciso; una bellissima possiede il Museo di Napoli, in bronzo, in atto di ascoltare la voce d
rciso; una bellissima possiede il Museo di Napoli, in bronzo, in atto di ascoltare la voce di Eco (fig. 60); un’ altra è n
possiede il Museo di Napoli, in bronzo, in atto di ascoltare la voce di Eco (fig. 60); un’ altra è nella Galleria degli U
 60); un’ altra è nella Galleria degli Uffizi a Firenze, bella figura di giovane i cui lineamenti sono improntati a dolce
nelle sue varie forme, così i Satiri erano i rappresentanti maschili di questa medesima vita; erano quindi genii dei bosc
dei monti, e formavano insieme colle Ninfe e colle Baccanti il corteo di Dioniso. L’ immaginazione popolare li concepiva c
me a questa bestiale natura, attribuiva anche alla loro figura un che di bestiale, naso rincagnato, capelli arruffati, ore
le nacchere), inseguendo le ninfe, chiassando e bevendo in compagnia di Dioniso. La danza dei Satiri dicevasi con vocabol
li armenti e uccidessero le bestie, perseguitassero le donne in forma di spiriti folletti, spaventassero la gente. 2. Ebbe
intervento loro nelle feste Dionisio ha dato occasione alla creazione di quel genere drammatico che fu denominato « Il dra
Il dramma dei Satiri » (satyricum drama); nel quale sotto la maschera di Satiri venivano messi in parodia gli Dei ed Eroi
te si potevano volgere a riso. Il Ciclope d’ Euripide è un bel saggio di queste composizioni, che il popolino in Grecia pr
», se ne composero altresi nella età alessandrina, per es., da Timone di Fliunte, non più in verità per rappresentarli ma
designavano per lo più coll’ epiteto « capripedi » alludendo ai piedi di capra che la immaginazione popolare attribuiva lo
arti figurative pure i Satiri offrirono frequentissimamente argomento di rappresentazione. Qualunque scena di paesaggio, d
no frequentissimamente argomento di rappresentazione. Qualunque scena di paesaggio, di vendemmia, qualunque scena bacchica
imamente argomento di rappresentazione. Qualunque scena di paesaggio, di vendemmia, qualunque scena bacchica importava un
gio, di vendemmia, qualunque scena bacchica importava un certo numero di Satiri ne’ più svariati atteggiamenti. Un antico
poco, specie per opera della giovane scuola attica, prevalse un tipo di Satiri più giovani e più belli. Ora si raffigurav
un tronco e tiene nella mano destra un flauto; si crede che sia copia di un capolavoro di Prassitele. Altre volte si rappr
nella mano destra un flauto; si crede che sia copia di un capolavoro di Prassitele. Altre volte si rappresentano come gua
ano, bevon vino e s’ abbandonano a una festosa ebbrezza. Molte statue di Satiri trovansi nei varii Musei d’ Europa, ricord
Europa, ricordiamo i così detto « Fauno Barberini » della Gliptoteca di Monaco, un Satiro ebbro vinto dal sonno, forse or
della Villa Borghese a Roma, ricordiamo un Satiro in bronzo del Museo di Napoli pieno di vita, ecc. La fig. 62 riproduce u
hese a Roma, ricordiamo un Satiro in bronzo del Museo di Napoli pieno di vita, ecc. La fig. 62 riproduce un’ altra statua
a del Museo Capitolino che è in rosso antico. Anche le pitture murali di Pompei hanno frequenti rappresentazioni di Satiri
o. Anche le pitture murali di Pompei hanno frequenti rappresentazioni di Satiri. VI. Sileno, e i Sileni. 1. Er
testa calva, irsuto il petto e le membra, grasso e tondo come un otre di vino; e si diceva che incapace di reggersi in pie
membra, grasso e tondo come un otre di vino; e si diceva che incapace di reggersi in piedi, seguisse Dioniso a caval d’ un
etto da giovani Satiri. Gli orfici poi si formarono un altro concetto di Sileno, pensandolo come un saggio vecchio, che sd
ddisfazione che nella propria saggezza; uomo dotato anche della virtù di prevedere il futuro. Ma l’ antica mitologia non p
a virtù di prevedere il futuro. Ma l’ antica mitologia non parla solo di un Sileno, bensì di una moltitudine di Sileni. Pr
il futuro. Ma l’ antica mitologia non parla solo di un Sileno, bensì di una moltitudine di Sileni. Probabilmente si son q
ntica mitologia non parla solo di un Sileno, bensì di una moltitudine di Sileni. Probabilmente si son qui fuse diverse leg
moltitudine di Sileni. Probabilmente si son qui fuse diverse leggende di diversi luoghi. Mentre i Satiri eran genii dei bo
luoghi. Mentre i Satiri eran genii dei boschi e dei monti, i Sileni, di cui parlano per lo più le leggende asiatiche, era
he corre e irriga e feconda; difatti si pensavano con orecchie e code di cavallo, e il cavallo è spesso messo in rapporto
une invenzioni musicali. Ma nonostante queste differenze, in processo di tempo Satiri e Sileni si confusero. Tra i Sileni
e Olimpo suo alunno, era detto inventore del suon dei flauti, genere di musica che la religione di Cibele mise in onore.
etto inventore del suon dei flauti, genere di musica che la religione di Cibele mise in onore. In Attica narravasi che egl
Mida era il fondatore mitico del regno della Frigia; era detto figlio di Cibele, la quale avevalo immensamente arricchito.
oi avvenire tra gli uomini; quanto più era ricco, tanto più era avido di nuove ricchezze, e questa passione lo portò a com
chio Sileno, ebbro e stordito, erasi sviato dal cammino che il corteo di Bacco percorreva in Frigia ed era capitato in un
dino del re Mida; questi lo accolse benignamente, e dopo dieci giorni di banchetti e feste lo accompagnò nei campi di Lidi
nte, e dopo dieci giorni di banchetti e feste lo accompagnò nei campi di Lidia e lo restituì al giovinetto Bacco. Di che l
ovinetto Bacco. Di che lieto il Dio, volle compensar Mida promettendo di soddisfare qualunque desiderio egli fosse per esp
tra Pane ed Apollo; si narra va che avendo egli sentenziato in favor di Pane, Apollo si vendicò facendo che le orecchie d
ntenziato in favor di Pane, Apollo si vendicò facendo che le orecchie di lui divenissero asinine. Pieno di onta Mida volev
si vendicò facendo che le orecchie di lui divenissero asinine. Pieno di onta Mida voleva occultarle, ma un servo se n’ ac
n potendo tenerla nascosta, scavo in terra una fossa e mormorò dentro di quella quali orecchie avesse visto al suo padrone
one; poi rigetto la terra nel fosso. Sorto da quel punto un boschetto di tremule canne, queste agitate da leggieri ventice
al servo svelando le orecchie asinine del re Mida. 2. Sileno, maestro di sapienza e indovino, è il tema della sesta ecloga
Sileno, maestro di sapienza e indovino, è il tema della sesta ecloga di Virgilio. La pittura che il poeta fa di lui ebbro
è il tema della sesta ecloga di Virgilio. La pittura che il poeta fa di lui ebbro e immerso nel sonno, è vivissima; poi l
he ha ad argomento l’ origine delle cose e degli animali e il diluvio di Deucalione e il furto di Prometeo e più altre leg
gine delle cose e degli animali e il diluvio di Deucalione e il furto di Prometeo e più altre leggende della Mitologia. — 
furto di Prometeo e più altre leggende della Mitologia. — I racconti di Marsia e Mida hanno avuto la loro più bella forma
ultimo nell’ undecimo raccontandone la istoria con l’ usata vivacità di colori. Nell’ arte statuaria devonsi distinguere
olori. Nell’ arte statuaria devonsi distinguere due tipi diversissimi di Sileno, il Sileno educatore e il Sileno ebbro. De
edera e pampini. La fig. 64 ci dà un saggio della rappresentazione di Marsia. È una celebre statua del Museo Lateranens
arsia. È una celebre statua del Museo Lateranense, creduta imitazione di un’ opera di Mirone contemporaneo di Fidia. Marsi
celebre statua del Museo Lateranense, creduta imitazione di un’ opera di Mirone contemporaneo di Fidia. Marsia è raffigura
Lateranense, creduta imitazione di un’ opera di Mirone contemporaneo di Fidia. Marsia è raffigurato in atto di guardare c
opera di Mirone contemporaneo di Fidia. Marsia è raffigurato in atto di guardare con meraviglia e curiosità insieme il fl
ia appeso all’ albero e scorticato da Apollo offrì argomento a lavoro di scultura del 2º secolo av. C.; un torso trovasi a
2º secolo av. C.; un torso trovasi a Berlino, il quale forse è parte di un gruppo a cui apparteneva anche i così detto « 
nica e ottenne un culto diffusissimo. Lo si diceva comunemente figlio di Ermes e della ninfa Penelope, figlia di Driope; n
si diceva comunemente figlio di Ermes e della ninfa Penelope, figlia di Driope; narra vasi che è fosse nato co’ piedi di
nfa Penelope, figlia di Driope; narra vasi che è fosse nato co’ piedi di capra, con due corna sulla fronte e una lunga bar
e spaventata quando lo vide, ma il padre presolo e avvoltolo in pelli di lepre lo portò all’ Olimpo per farlo vedere agli
uesti ne presero un grau piacere, specialmente Bacco. Dal qual fatto, di essersi tutti gli Dei rallegrati di Pane, derivav
ecialmente Bacco. Dal qual fatto, di essersi tutti gli Dei rallegrati di Pane, derivavano gli antichi il suo nome (pan=tut
o in Arcadia, tra que’ monti che alzano al cielo la loro cima coperta di neve, tra quelle profonde valli solcate da delizi
quei folti cespugli, tra quelle verdi praterie, là Pane compiacevasi di passar la sua vita. Di giorno aggiravasi colle ni
e le Oreadi cantavano danzando le lodi degli Dei, e l’ eco rispondeva di valle in valle, e gli uomini rimanevano attoniti
E danzava egli stesso, Paue, alla maniera de’ pastori, pieno l’ animo di lieta allegrezza. L’ invenzione della zampogna, a
ione a una graziosa leggenda. Si favoleggiò ch’ egli fosse innamorato di una ninfa, chiamata Siringa; ma questa era restia
era restia e lo sfuggiva, preferendo la vita libera de’ monti al modo di Artemide. Un di ch’ ella era per essere presa da
sfuggiva, preferendo la vita libera de’ monti al modo di Artemide. Un di ch’ ella era per essere presa da lui che rincorre
ri; ma il lamento armonioso che usciva da esse suggeri al Dio l’ idea di unire più canne digradanti e formarne così uno st
(voce greca che val « zampogna »). Ma se la silvestre natura risuona di lieti canti e rallegra l’ animo di chi vive in es
Ma se la silvestre natura risuona di lieti canti e rallegra l’ animo di chi vive in essa, ha anche i suoi solenni silenzi
ilenzi e nella vasta solitudine avvien che produca un vago sentimento di paura. Di qui altre favole relative a Pane. Dicev
sun pastore osava sonare perche guai a chi avesse disturbato il sonno di lui! D’ altra parte quel vago senso di paura onde
chi avesse disturbato il sonno di lui! D’ altra parte quel vago senso di paura onde suol esser preso il viatore solitario
lti boschi, attribuivasi pure a Pane; e però ogni improvviso terrore, di cui il motivo s’ ignorasse, chiamavasi timor pani
ndo che Pane si divertiva a spaventare i viaggiatori con ogni maniera di voci strane e rumori inaspettati. Di qui si formò
ro i Titani, giacchè appena egli aveva cominciato a sonare una tromba di conchiglia da lui trovata, i Titani erano stati i
e aveva il dono della divinazione; in Arcadia vi era anche un oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sposa di Arcade, era d
n Arcadia vi era anche un oracolo di Pane, e la ninfa Erato, la sposa di Arcade, era detta la sua profetessa. Secondo alcu
sso e a una selvaggia eccitazione d’ animo che è inerente alla natura di questo Dio, offrì occasione a immaginare altri at
io, offrì occasione a immaginare altri atteggiamenti e altre leggende di lui. Già da tempi abbastanza antichi fu pensato i
chi fu pensato in rapporto con la gran Madre e se ne fece un compagno di lei. Così pure fu messo in relazione con Bacco e
cambiato. Anzi l’ immaginazione fu tratta a creare tutta una famiglia di Pani o Panischi, genii dei boschi, dalla figura m
iri, su pei monti e nelle foreste. Per altra via s’ avviò il concetto di Pane per influenza delle idee filosofiche; giacch
almente a lui sacre; sopratutto in Arcadia dove le alture del Menalo, di Tegea, del Liceo, di Cillene erano sedi di culto.
sopratutto in Arcadia dove le alture del Menalo, di Tegea, del Liceo, di Cillene erano sedi di culto. Il santuario princip
dove le alture del Menalo, di Tegea, del Liceo, di Cillene erano sedi di culto. Il santuario principale poi era ad Acaches
ario principale poi era ad Acachesio, città pure dell’ Arcadia. Fuori di questa regione, Pane era venerato in Beozia, in M
uto, giunti ai confini dell’ Argolide e dell’ Arcadia udirono la voce di Pane, la quale li invitava ad annunziare agli Ate
nnunziare agli Ateniesi ch’ egli era loro bene amico sebben essi poco di lui si curassero. Difatti nelle battaglie di Mara
e amico sebben essi poco di lui si curassero. Difatti nelle battaglie di Maratona e di Salamina la causa prrcipita della v
essi poco di lui si curassero. Difatti nelle battaglie di Maratona e di Salamina la causa prrcipita della vittoria fu il
de i nemici furono presi. D’ allora in poi una grotta nelle vicinanze di Atene fu consacrata a Pane, ed ivi venne egli ono
ata a Pane, ed ivi venne egli onorato con annui sacrifizi e una corsa di fiaccole. Gli animali che solitamente si offrivan
o a Pane erano vacche, capre e pecore; gli si porgevano anche offerte di miele, latte e mosto. 3. Un antico inno che è tra
ntico inno che è tra gli Omerici, il 19o, è un bel monumento in onore di Pane; descritta con colori vivaci l’ alpestre nat
pestre natura della regione Arcadica, il poeta ricorda le occupazioni di Pane e un lieto canto innalza al Dio sonatore e d
e danzatore. Gli scolii alla Terza Pitia ricordano una poesia perduta di Pindaro a Pane in cui lo si invocava come signore
; un altro è tra gli inni Orfici. Anche non è infrequente la menzione di Pane tra i poeti latini. A tacere d’ Ovidio che l
’ undecimo a proposito del re Mida, e anche altrove menziona il culto di Pane, come nel secondo dei Fasti (vv. 271 e sgg.)
Fasti (vv. 271 e sgg.), nessuno può dimenticare la vivissima pittura di Pane sonante che leggesi nel quarto libro del poe
issima pittura di Pane sonante che leggesi nel quarto libro del poema di Lucrezio, ov’ è detto che egli: Pinea semiferi c
ico nel 13o delle Puniche ha una rappresentazione veramente scultoria di Pane, facendolo vedere cinto le chiome e le tempi
mente scultoria di Pane, facendolo vedere cinto le chiome e le tempia di una corona di pino, con le due corna rosse che sc
a di Pane, facendolo vedere cinto le chiome e le tempia di una corona di pino, con le due corna rosse che scappan fuori de
se che scappan fuori della fronte, le orecchie dritte, il mento pieno di ispida barba; in mano un baston da pastore e il l
un baston da pastore e il lato sinistro del corpo velato da una pelle di daino. Non v’ è balza così ripida e impraticabile
intorno. Nell’ arti figurative è da distinguere una figura più antica di Pane ed una più recente. Nei migliori tempi dell’
tolta da una pittura murale trovata ad Ercolano. Gli attributi comuni di Pane erano la corona di pino o un ramo di pino in
ale trovata ad Ercolano. Gli attributi comuni di Pane erano la corona di pino o un ramo di pino in mano, il baston da past
olano. Gli attributi comuni di Pane erano la corona di pino o un ramo di pino in mano, il baston da pastore e la zampogna.
roprietà prediale, simile al Dio Terminus; in questo senso parla vasi di un Silvano Orientalis essendochè al confine di du
uesto senso parla vasi di un Silvano Orientalis essendochè al confine di due poderi, ivi hanno principio (oriuntur) i pode
opranomato Sanctus. A Silvano erano sacri certi boschi, ad es. quello di cui parla Virgilio nell’ ottavo dell’ Eneide (v. 
cui parla Virgilio nell’ ottavo dell’ Eneide (v. 597) nelle vicinanze di Cere. Un tempio sull’ Aventino venne eretto da Tr
e le ninfe. In arte lo rappresentavano come un vecchio con una corona di pino in testa e un ramo della stessa pianta nella
ano sinistra, la quale talvolta sostiene anche una pelle ferina piena di frutti; nella destra un coltello da giardiniere.
e contro i lupi, onde i due epiteti inuus e lupercus. Si diceva, come di Pane, ch’ egli amasse il soggiorno de’ boschi, de
e Ninfe. Anch’ egli si divertiva a spaventar la gente, e dicevasi che di notte penetrasse nelle case e tormentasse gli uom
arizioni patirose; in tal senso era detto Incubus. Aveva pure il dono di predir l’ avvenire o per via di segni diretti, co
era detto Incubus. Aveva pure il dono di predir l’ avvenire o per via di segni diretti, come rumori nei boschi, volo d’ uc
rumori nei boschi, volo d’ uccelli e simili, o indirettamente per via di sogni. Per questo rispetto aveva il soprannome di
irettamente per via di sogni. Per questo rispetto aveva il soprannome di Fatuus o Fataelus (da fari, parlare). Un celebre
oprannome di Fatuus o Fataelus (da fari, parlare). Un celebre oracolo di Fauno era in un bosco di Tivoli presso la fonte A
aelus (da fari, parlare). Un celebre oracolo di Fauno era in un bosco di Tivoli presso la fonte Albunea, quello al quale r
a fonte Albunea, quello al quale ricorse Latino al tempo della venuta di Enea in Italia, secondo il racconto di Virgilio n
e Latino al tempo della venuta di Enea in Italia, secondo il racconto di Virgilio nel settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). — 
conto di Virgilio nel settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). — In processo di tempo al concetto di un unico Faunus si sostituì
settimo dell’ Eneide (vv. 79-95). — In processo di tempo al concetto di un unico Faunus si sostituì il concetto di una mo
cesso di tempo al concetto di un unico Faunus si sostituì il concetto di una moltitudine di Fauni, com’ era avvenuto per S
oncetto di un unico Faunus si sostituì il concetto di una moltitudine di Fauni, com’ era avvenuto per Sileno, Pane, ecc.;
rodotti della terra e la ricchezza degli uomini. 2. Fauno era oggetto di culto antichissimo in ltalia, e per lo più lo si
o si onorava nell’ aperta campagna o in caverne o in boschi o per via di piante a lui consacrate. La principal festa in on
schi o per via di piante a lui consacrate. La principal festa in onor di lui, detta Faunalia, aveva luogo il cinque Decemb
rincipio dell’ inverno; si sacrificava un capro e si facevano offerte di latte e vino. La festa che aveva luogo in campagn
no i Lupercalia, che celebravansi il 15 Febbraio a Roma. Il santuario di Faunus Lupercus era in una grotta del Palatino de
questo santuario si cominciava la festa sacrificando dei capri; dopo di che i sacerdoti di Fauno, i Luperci, cingendosi i
i cominciava la festa sacrificando dei capri; dopo di che i sacerdoti di Fauno, i Luperci, cingendosi il nudo corpo con le
sacerdoti di Fauno, i Luperci, cingendosi il nudo corpo con le pelli di alcuni dei capri sacrificati e tagliate le altre
l paese, quel giorno dicevasi dies februatus (da februare, purgare) e di qui anche derivò il nome del mese Februarius, Feb
ario e il suo culto. È da ricordare specialmente la festa che in onor di lei le donne celebravano nella notte dal 3 al 4 D
e o del Pretore urbano. Vi si facevano preghiere e sacrifizi a favore di tutto lo Stato, e i maschi ne erano severamente e
e i maschi ne erano severamente esclusi. 3. Il poeta che alla figura di Fauno ha saputo dar miglior risalto è Orazio nell
ella più rigogliosa fertilità in tutta la Natura. In origine il culto di questa divinità era ristretto alle città dell’ El
ntide, poi si estese nella Lidia, nelle isole dell’ Egeo e in Grecia, di là passò anche in Italia e a Roma. Priapo era det
Grecia, di là passò anche in Italia e a Roma. Priapo era detto figlio di Dioniso e di Afrodite, da lui si faceva dipendere
passò anche in Italia e a Roma. Priapo era detto figlio di Dioniso e di Afrodite, da lui si faceva dipendere la prosperit
lui inviso. Gli si offrivano anche le primizie delle frutta e bevande di latte e miele. L’ immagine di Priapo era diversa
nche le primizie delle frutta e bevande di latte e miele. L’ immagine di Priapo era diversa secondochè si poneva nei giard
descrive vivamente Orazio nell’ 8a satira del primo libro, una specie di erina in legno con una roncola in mano contro i l
di erina in legno con una roncola in mano contro i ladri e un fascio di canne in testa che stormissero al vento, spavento
stormissero al vento, spavento agli uccelli. Riguardato come seguace di Bacco o di Venere, si raffigurava come un vecchio
o al vento, spavento agli uccelli. Riguardato come seguace di Bacco o di Venere, si raffigurava come un vecchio barbuto, c
o della eterna forza rigenerativa della terrestre natura, l’ immagine di Priapo si collocava anche sulle tombe. IX. Div
Divinità italiche della Campagna. a) Saturno e Opi. 1. Prima di venire a tratteggiare la figura di Demetra o Cere
a) Saturno e Opi. 1. Prima di venire a tratteggiare la figura di Demetra o Cerere, la grande dea delle biade, occo
se nascosto in quella terra che da questo fatto avrebbe avuto il nome di Lazio (a latendo). Si aggiungeva, che accolto ben
lie, Dea dell’ abbondanza, identificata colla madre terra produttrice di ogni umana agiatezza (opes). E per l’ intima conn
me Dei del matrimonio e del l’ allevamento de’ figliuoli. 2. Il culto di Saturno e Opi era antichissimo. Il tempio princip
. 2. Il culto di Saturno e Opi era antichissimo. Il tempio principale di Saturno, in cui anche Opi era venerata, trovavasi
no in piedi ancor adesso otto colonne. Antica e celebre festa in onor di Saturno era quella dei Saturnali. Aveva luogo dal
e si tenevan chiuse le botteghe; la gente s’ abbandonava a ogni sorta di scherzi e si permetteva ogni licenza. Il giorno p
iorno dell’ anno quella tanto maltrattata classe d’ uomini aveva modo di dimenticare la propria miseria! Quel giorno i ric
rallegrare il popolo i giochi del Circo. Insomma era tutta una festa di gioia per la città e più specialmente per le clas
ssi diseredate. 3. Nella letteratura Saturno figura più come il padre di Giove da lui cacciato dal trono celeste che non c
iere o una piccola falce. b) Vertunno e Pomona. 1. Altra coppia di dei italici, rilerentisi ai prodotti della terra.
ere (annus vertens, la stagione che cambia), era il Dio dei mutamenti di stagione, e specialmente dell’ autunno e dei frut
tunno e dei frutti che in autunno maturano. Gli si attribuiva il dono di poter assumere le più diverse forme, di fanciulla
no. Gli si attribuiva il dono di poter assumere le più diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore,
ribuiva il dono di poter assumere le più diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore, di giardiniere
l dono di poter assumere le più diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore, di giardiniere, di pesc
r assumere le più diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore, di giardiniere, di pescatore, ecc. Po
iù diverse forme, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore, di giardiniere, di pescatore, ecc. Pomona pure, da p
, di fanciulla, di uomo, di guerriero, di cacciatore, di giardiniere, di pescatore, ecc. Pomona pure, da pomum frutto, era
li alberi da frutta. Armata della sua piccola falce, essa si compiace di vagar per la campagna e i frutteti, e qui potar r
a si compiace di vagar per la campagna e i frutteti, e qui potar rami di soverchio rigogliosi, là fender la corteccia per
omparve in mille guise, or come mietitore, or falciatore, or potatore di viti, or pescatore, sempre senza frutto; infine p
i dell’ Aventino, ed ivi ogni anno il 13 Agosto si faceva un’ offerta di primizie a onor di lui. Tanto egli quanto Pomona
d ivi ogni anno il 13 Agosto si faceva un’ offerta di primizie a onor di lui. Tanto egli quanto Pomona avevano il proprio
na avevano il proprio sacerdote o flamine. 3. Una poetica descrizione di Vertunno ci è data da Properzio nella seconda ele
re la statua stessa del vico Tusco; e la graziosa istoria dell’ amore di Vertunno e Pomona forma argomento di un bell’ epi
la graziosa istoria dell’ amore di Vertunno e Pomona forma argomento di un bell’ episodio nel decimoquarto delle Metamorf
un giardiniere o frutticultore, la falciuola in mano, il grembo pieno di frutta. Così Pomona. c) Flora. 1. Anche que
la dea della fioritura e dei flori, fenomeno della natura come ricco di bellezza così importante di effetti, giacchè una
i flori, fenomeno della natura come ricco di bellezza così importante di effetti, giacchè una buona fioritura è la condizi
ortante di effetti, giacchè una buona fioritura è la condizione prima di una buona annata. Ed essendo dea dei flori, Flora
il florire della giovinezza e l’ età più gaia dell’ uomo, per ragion di somiglianza, era sotto il patrocinio di Flora. In
ù gaia dell’ uomo, per ragion di somiglianza, era sotto il patrocinio di Flora. Infine come Flora mater era invocata anche
. — Due templi erano a Roma dedicati a Flora, uno sul Quirinale forse di origine Sabina, un altro presso il tempio di Cere
uno sul Quirinale forse di origine Sabina, un altro presso il tempio di Cerere al Circo Massimo. Aveva il suo sacerdote,
cerdote, flamen floralis, e solennissime feste si celebravano in onor di lei dai 28 Aprile al 1º Maggio, le così dette Flo
n testa, e tra i copiosi flori i devoti della Dea raccolti nel tempio di lei presso il Circo abbandonavansi a giochi festo
spassi talvolta licenziosi. Nel Circo allora si faceva caccia non già di bestie selvaggie, ma di lepri, cavriuoli e simili
si. Nel Circo allora si faceva caccia non già di bestie selvaggie, ma di lepri, cavriuoli e simili. Durante queste feste,
ili. Durante queste feste, a partire dalla seconda metà del 6º secolo di R., invalse anche l’ uso di rappresentare i così
partire dalla seconda metà del 6º secolo di R., invalse anche l’ uso di rappresentare i così detti mimi, spettacoli d’ in
indole gaia e licenziosa. 2. Nel quinto dei Fasti d’ Ovidio si parla di Flora; ed ella stessa descrive il suo carattere e
ostei rappresentarsi come una giovane nel fiore dell’ età, con corone di flori in testa e mazzi in inano. Una bella statua
con corone di flori in testa e mazzi in inano. Una bella statua piena di vita, è la Flora del Museo Nazionale di Napoli, l
inano. Una bella statua piena di vita, è la Flora del Museo Nazionale di Napoli, la quale proviene dalle terme di Caracall
la Flora del Museo Nazionale di Napoli, la quale proviene dalle terme di Caracalla in Roma (fig. 69). d) Pale. 1. An
ui va connesso il nome del Palatium o monte Palatino, sede in origine di una tribù di pastori latini, i quali formarono il
o il nome del Palatium o monte Palatino, sede in origine di una tribù di pastori latini, i quali formarono il primo nucleo
ribù di pastori latini, i quali formarono il primo nucleo della città di Roma. A Pale innalzavano le loro preci i pastori
perchè concedesse fecondità e salute ai loro armenti. La festa annua di Pale cadeva il 21 Aprile, e dicevasi Palilia o Pa
arilia. Questo giorno si riteneva anche anniversario della fondazione di Roma. Le Palilie erano feste campestri e consiste
di Roma. Le Palilie erano feste campestri e consistevano in una serie di atti rivolti a purificare il bestiame e chiedere
e della Dea. I sacrificii erano incruenti, e consistevano in focaccie di miglio, vivande e latte tepido. Usanza caratteris
lio, vivande e latte tepido. Usanza caratteristica, si facevan fuochi di paglia e su questi saltavano tre volte i pastori
anche un agnello o un porcellino. Oltre ciù ogni impianto o mutazione di termini era sempre accompagnato da cerimonie reli
anche i confini dello Stato; come tale aveva una cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di G
a cappella nel tempio di Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove era una statua di Termine; giacchè narravas
Minerva sul Campidoglio, ed auche nel tempio di Giove era una statua di Termine; giacchè narravasi che allorquando si vol
; giacchè narravasi che allorquando si volle edificare il gran tempio di Giove Capitolino in uno spazio dove già sorgevano
tempio di Giove Capitolino in uno spazio dove già sorgevano tempietti di varie divinità, queste furono interrogate se vole
i Termine parla Ovidio nel secondo dei Fasti, e spiegando le feste in di lui onore, e ripetendo in forma poetica la preghi
ra che gli si innalzava, viene così a rilevare assai bene il concetto di questo Dio; ma non sappiamo che lo si immaginasse
terra produttrice. Demetra, che vuol dire la madre terra, era figlia di Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus; essa era
uttrice. Demetra, che vuol dire la madre terra, era figlia di Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus; essa era propriament
uol dire la madre terra, era figlia di Crono e di Rea, perciò sorella di Zeus; essa era propriamente la dea delle biade, m
insegnato agli uomini. E poichè l’ agricoltura suppone un cotal grado di civiltà; così era naturale s’ attribuisse a Demet
rado di civiltà; così era naturale s’ attribuisse a Demetra il merito di aver incivilito gli uomini e di averli ridotti da
le s’ attribuisse a Demetra il merito di aver incivilito gli uomini e di averli ridotti dalla condizione di rozzi cacciato
to di aver incivilito gli uomini e di averli ridotti dalla condizione di rozzi cacciatori e pastori a uno stato civile con
divinità, e infatti Dioniso-Bacco fu nei misteri venerato come figlio di Demetra e sposo di Cora-Persefone. E poichè d’ og
Dioniso-Bacco fu nei misteri venerato come figlio di Demetra e sposo di Cora-Persefone. E poichè d’ ogni società civile i
e popolari adunanze. Tra le sacre leggende che si connettono col nome di questa Dea, nessuna è più conosciuta e più import
ta Dea, nessuna è più conosciuta e più importante per capire il culto di lei, che il ratto di Persefone (Proserpina) o Cor
conosciuta e più importante per capire il culto di lei, che il ratto di Persefone (Proserpina) o Cora sua figlia. Un gior
erno per farne la sua sposa. Tutto ciò avveniva non senza il consenso di Zeus. Demetra aveva udito a distanza le grida del
velò la verità, nè tacque che Ade aveva rapito Persefone col consenso di Zeus. Allora Demetra crucciata contro il re degli
cessava la fertilità della terra e una universale carestia minacciava di sterminare l’ umana schiatta. Invano Zeus le invi
a ad allegrare gli uomini e d’ inverno sparisce? Si confronti il mito di Adone amato da Venere, mito che ha lo stesso sign
a seguente. Allorquando Demetra errava corrucciata pel mondo in cerca di sua figlia, capito ad Eleusi. Ivi, in forma di po
ata pel mondo in cerca di sua figlia, capito ad Eleusi. Ivi, in forma di povera vecchierella, sedutasi sulla via presso il
ute ad attingere acqua chiese soceorso ed asilo. Erano esse le figlie di Celeo, re d’ Eleusi. Costoro, tornate a palazzo,
a dell’ ultimo figlio suo Demofoonte. Così Demetra entrò nella reggia di Celeo. Il suo aspetto era più che di donna, e la
Così Demetra entrò nella reggia di Celeo. Il suo aspetto era più che di donna, e la regina stessa sentivasi inclinata a u
ssa sentivasi inclinata a una cotal soggezione e rispetto in presenza di lei; pure rimase da principio incognita. Assunto
ta Metanira insospettita stette in agguato e colse la nutrice in atto di gettar suo figlio nel fuoco. Die’ in acuto grido
i del proprio culto. Secondo altre leggende, era Trittolemo il figlio di Celeo a cui la Dea prestò le sue cure. D’ allora
n carro tirato da draghi insegnando a tutti l’ agricoltura e il culto di Demetra; e col diffondere l’ agricoltura diffoude
mici; onde la Dea dovè intervenire castigando i ribelli, come avvenne di Linceo re della Scizia e di Erisittone (Erysichth
venire castigando i ribelli, come avvenne di Linceo re della Scizia e di Erisittone (Erysichthon), figlio di Driope Tessal
venne di Linceo re della Scizia e di Erisittone (Erysichthon), figlio di Driope Tessalo (la Scizia e la Tessaglia regioni
tura). 2. Diffusissimo era in tutte le regioni della Grecia, il culto di Demetra e Persefone, ma il vero centro di questo
ioni della Grecia, il culto di Demetra e Persefone, ma il vero centro di questo culto era la piccola città di Eleusi situa
a e Persefone, ma il vero centro di questo culto era la piccola città di Eleusi situata nella baia di Salamina, a quattro
tro di questo culto era la piccola città di Eleusi situata nella baia di Salamina, a quattro ore di distanza da Atene. Cel
piccola città di Eleusi situata nella baia di Salamina, a quattro ore di distanza da Atene. Celebravansi annue feste dette
distanza da Atene. Celebravansi annue feste dette Eleusinie, in onore di Demetra e degli altri Dei con essa connessi. Si d
istiguevano le piccole e le grandi Eleusinie. Le piccole, dette anche di Agra, dal nome della collina sulle sponde dell’ I
avevan luogo nel mese Antesterione (Febbraio) e alludevano al ritorno di Persefone sulla terra, al risveglio primaverile d
Le grandi Eleusinie, celebravansi nel mese Boedromione (seconda metà di Settembre) e alludevano alla discesa di Persefone
ese Boedromione (seconda metà di Settembre) e alludevano alla discesa di Persefone agli Inferi, ossia al rientrare della v
ivernale. Queste duravano ben nove giorni e consistevano in una serie di riti, cerimonie, pubbliche preghiere e pratiche d
evano in una serie di riti, cerimonie, pubbliche preghiere e pratiche di pietà, anche rappresentazioni mimiche dei fatti r
a Atene si recava ad Eleusi. Chi vi prendeva parte, talvolta non meno di 30,000 persone, si cingevan la testa con corone d
talvolta non meno di 30,000 persone, si cingevan la testa con corone di ellera e di mirto, e siccome si usciva di Atene s
n meno di 30,000 persone, si cingevan la testa con corone di ellera e di mirto, e siccome si usciva di Atene sul far della
ingevan la testa con corone di ellera e di mirto, e siccome si usciva di Atene sul far della sera, portavau fiaccole in ma
così entravano in Eleusi nel silenzio della notte e tra lo splendore di migliaia di faci. Un’ altra festa, meno important
ano in Eleusi nel silenzio della notte e tra lo splendore di migliaia di faci. Un’ altra festa, meno importante delle Eleu
a, meno importante delle Eleusinie, aveva luogo in principio del mese di Novembre e vi si onorava Demetra come dea di legi
go in principio del mese di Novembre e vi si onorava Demetra come dea di legittime nozze e datrice di leggi. Erano le Tesm
ovembre e vi si onorava Demetra come dea di legittime nozze e datrice di leggi. Erano le Tesmoforie. Duravan cinque giorni
e giorni e vi potevan prendere parte solo le donne maritate. Il culto di Demetra per il senso riposto de’ suoi riti, de’ s
il senso riposto de’ suoi riti, de’ suoi simboli, per la connessione di Demetra colle divinità ctoniche, prese fin dai pi
tra colle divinità ctoniche, prese fin dai più antichi tempi la forma di mister o, cioè di culto segreto, a cui non poteva
ctoniche, prese fin dai più antichi tempi la forma di mister o, cioè di culto segreto, a cui non potevan premier parte ch
potevan premier parte che gli iniziati. Si esigevano certe condizioni di moralità per essere ammessi; e da principio n’ er
ere ammessi; e da principio n’ erano esclusi i barbari, col progresso di tempo anche questi s’ ammisero. Gli ammessi facev
so di tempo anche questi s’ ammisero. Gli ammessi facevano una specie di noviziato; appunto le piccole Eleusinie erano una
na specie di noviziato; appunto le piccole Eleusinie erano una specie di preparazione, senza cui non si poteva prender par
ran dei gradi; giacchè da semplici misti (mystae) si passava al grado di epopti o spettatori, e più in su di tutti era il
isti (mystae) si passava al grado di epopti o spettatori, e più in su di tutti era il ierofante o sacerdote supremo. Si pr
olo, pene severissime essendo comminate al trasgressore. Questa forma di religione segreta, nella quale penetrarono presto
elementi orfici, trasse a sè le più elette intelligenze, e il tempio di Eleusi divenne come il centro dei paganesimo elle
ca Demetra; giacchè poco dopo la cacciata dei Tarquinii, in occasione di una carestia, per suggerimento dei libri sibillin
Così le leggende relative a Demetra furon ripetute a Roma, e il ratto di Proserpina (tale suonò il nome di Persefone, seco
a furon ripetute a Roma, e il ratto di Proserpina (tale suonò il nome di Persefone, secondo la pronunzia latina), si crede
a pronunzia latina), si credette avvenuto in Sicilia, nelle vicinanze di Enna (od. Castrogiovanni). Nel culto ai tre Dei D
ere, Libero e Libera. Un tempio a queste tre Deità sorse verso il 260 di R. (494 av. C.) nelle vicinanze del Circo e ne fu
nza agli edili plebei che pure avevano la cura dell’ annona. Le feste di Cerere, o Cerialia, celebravansi dal 12 al 19 Apr
con una solenne processione alla quale prendevano parte tutti vestiti di bianco. In Agosto poi le matrone romane facevano
matrone romane facevano un’ altra festa per celebrare il ritrovamento di Proserpina e a questa intervenivano in bianche ve
a e a questa intervenivano in bianche vesti portando in dono primizie di frutta. La bestia che solitamente si sacrificava
favi col miele. 4. La più bella e antica rappresentazione letteraria di Demetra si trova nell’ inno omerico a questa Divi
eraria di Demetra si trova nell’ inno omerico a questa Divinità, inno di grande interesse perche rappresenta le più antich
nità (v. il coro che comincia al v. 1301). Ci rimangono pur frammenti di inni orfici ove del ratto di Proserpina si parla
al v. 1301). Ci rimangono pur frammenti di inni orfici ove del ratto di Proserpina si parla secondo le tradizioni più rec
radizioni più recenti. Del resto in molti altri autori si trova cenno di questi miti; ricordiamo solo la vivace narrazione
417-618) ove il ratto avviene in Sicilia, e Trittolemo è fatto figlio di Celeo, e la Dea l’ avrebbe guarito da una grave m
tina Claudio Claudiano compose un poemetto in quattro libri sul Ratto di Proserpina, dove descrisse in sonori versi le div
Ratto di Proserpina, dove descrisse in sonori versi le diverse scene di questo dramma con belle descrizioni, con parlate
verse scene di questo dramma con belle descrizioni, con parlate piene di sentimento, sebbene in genere con un’ intonazione
agerata. In arte si soleva figurar Demetra-Cerere con un’ espressione di dignità maestosa insieme e di mite dolcezza. È fa
urar Demetra-Cerere con un’ espressione di dignità maestosa insieme e di mite dolcezza. È facilmente riconoscibile dal fas
osa insieme e di mite dolcezza. È facilmente riconoscibile dal fascio di spighe che ha in mano e dalla corona di spighe ch
ente riconoscibile dal fascio di spighe che ha in mano e dalla corona di spighe che generalmente porta in testa; anche ha
e, è quella che trovavasi sul frontone orientale del Partenone, opera di Fidia. Quasi contemporaneo è il rilievo trovato n
è è men bella la Cerere della pittura pompeiana, conservata nel Museo di Napoli, dov’ essa figura sedente in trono con fia
eo di Napoli, dov’ essa figura sedente in trono con fiaccola e fascio di spighe in mano e a pie’ del trono un paniere cari
e fascio di spighe in mano e a pie’ del trono un paniere carico pure di spighe (fig. 68). XI. Persefone-Prose
e (fig. 68). XI. Persefone-Proserpina. 1. S’ è parlato di Persefone come la bella figlia di Demetra, person
fone-Proserpina. 1. S’ è parlato di Persefone come la bella figlia di Demetra, personificazione di quella forza indefet
arlato di Persefone come la bella figlia di Demetra, personificazione di quella forza indefettibile della natura, per cui
la più ricca vegetazione ricomparisce a’ nostri occlii, per avvizzire di nuovo e ritornare nel nulla al tardo autunno. Gli
’ oscuro grembo della terra. E Persefone con Ade formava il riscontro di Era e di Zeus. Tale è il concetto che unicamente
grembo della terra. E Persefone con Ade formava il riscontro di Era e di Zeus. Tale è il concetto che unicamente è accenna
ennato nelle opere Omeriche, dove non si sa ancor nulla del rapimento di loi e del ritorno periodico alla terra. Quando qu
ima a più lieta esistenza, supposto sempre che l’ uomo si renda degno di questa vita felice con una condotta retta e appro
te le idee greche, quindi auche per loro valse Proserpina come moglie di Plutone e regina dell’ inferno. Già s’ è detto ch
oglie di Plutone e regina dell’ inferno. Già s’ è detto che nel culto di Cerere con lei si identificò la dea Libera, il co
Cerere con lei si identificò la dea Libera, il contrapposto femminile di Liber o Bacchus. 3. Chi rieorda i furvae regna
nile di Liber o Bacchus. 3. Chi rieorda i furvae regna Proserpinae di Orazio e il suo: Mixta senum ac iuuenum densentu
la rappresentò sia come regina dell’ erebo, sia come graziosa figlia di Demetra, ma molto più nelle pitture vascolari e n
re il melograno e il narciso. XII. Ades-Plutone. 1. Ade, figlio di Crono e di Rea, quindi fratello di Zeus, era il r
rano e il narciso. XII. Ades-Plutone. 1. Ade, figlio di Crono e di Rea, quindi fratello di Zeus, era il re dell’ Inf
I. Ades-Plutone. 1. Ade, figlio di Crono e di Rea, quindi fratello di Zeus, era il re dell’ Inferno. Allorquando, dopo
tello di Zeus, era il re dell’ Inferno. Allorquando, dopo la vittoria di Zeus, questi aveva diviso co’ suoi fratelli il do
ne toccò il regno delle acque. Di Ades è compagna Persefone, come Era di Zeus, Anfitrite di Posidone. Già s’ è riferita la
elle acque. Di Ades è compagna Persefone, come Era di Zeus, Anfitrite di Posidone. Già s’ è riferita la leggenda del rapim
s, Anfitrite di Posidone. Già s’ è riferita la leggenda del rapimento di Persefone, ma è da avvertire che essa si è format
ro. Come re delle ombre Ade aveva nel concetto degli antichi qualcosa di sinistro e di misterioso; egli è un re occulto e
lle ombre Ade aveva nel concetto degli antichi qualcosa di sinistro e di misterioso; egli è un re occulto e che occultamen
; ma tanto più è terribile la sua potenza. Ognuno che entra nel regno di lui ogni speranza lasci; le porte di esso son ten
enza. Ognuno che entra nel regno di lui ogni speranza lasci; le porte di esso son tenute ben chiuse e ben custodite e niun
e era lui pure che con inflessibile rigore si impadroniva dell’ anima di ogni mortale, non appena fosse scoccata l’ ora su
a sua, per trascinarla con sè nell’ inferno; più tardi quest’ ufficio di psicopompo fu assegnato ad Ermes. Come accoglitor
quest’ ufficio di psicopompo fu assegnato ad Ermes. Come accoglitore di molte anime, Ade era anche detto Polidette o Poli
erribile, Ade ne aveva anche un altro mite e benefico. Non era il Dio di sotterra quella forza misteriosa per cui si nutro
e si ricavan le ricchezze minerali, gli ori, gli argenti, ecc. se non di sotterra? Non deve essere lo stesso Dio sotterran
non di sotterra? Non deve essere lo stesso Dio sotterraneo il signore di tutte quelle ricchezze e colui che ne fa dono ai
o stesso a Ermione città dell’ Argolide. Ma lo si invocava abbastanza di spesso nelle preghiere comuni, e in far ciò si ba
de e Demetra. Un tempietto a Dite sorgeva presso l’ altare del tempio di Saturno nel Foro. Un altro altare sacro agli Dei
me (furvae hostiae) in determinate notti. 4. Come intorno alla figura di Ades non sorsero numerosi miti, così ben di rado
Come intorno alla figura di Ades non sorsero numerosi miti, così ben di rado le arti o della parola o del disegno tolsero
o a descriverla o rappresentarla. I poeti greci e romani lo ricordano di sfuggita, con epiteti come imus tyrannus , rex
verlo. La statuaria quando lo rappresentò gli assegnò un’ espressione di volto severa ed arcigna, labbra ben chiuse, arruf
he un’ aggiunta degli artisti moderni latta per analogia del tridente di Posidone. XIII. L’ Inferno. 1. Giova qui ri
on molta distanza dalla superficie, attribuendosi alla terra la forma di un disco; tantoche allorquando scoppio aspra cont
a l’ isola dei beati in Esiodo). Allora anche dal mondo sotterraneo di Ade si stimava ben lontano il Tartaro, il carcere
ondo sotterraneo di Ade si stimava ben lontano il Tartaro, il carcere di bronzo dei titani, immaginati sotto il disco terr
otto il disco terrestre a tanta distanza quanta è quella del cielo al di sopra; e si diceva che un’ incudine di bronzo com
a quanta è quella del cielo al di sopra; e si diceva che un’ incudine di bronzo come avrebbe impiegato nove di e nove nott
a; e si diceva che un’ incudine di bronzo come avrebbe impiegato nove di e nove notti per giungere dal cielo in terra, cos
no spazio largo e tenebroso dentro terra, al quale si poteva accedere di qua su per molte entrature, giacchè dapertutto do
ssero parecchi fiumi, il Cocito (pianto), il Piriflegetonte (torrente di fuoco), l’ Acheronte (corrente di dolore) e lo St
ianto), il Piriflegetonte (torrente di fuoco), l’ Acheronte (corrente di dolore) e lo Stige (fiume dell’ odio). Quest’ ult
ronte, un vecchio bianco per antico pelo, severo il volto e gli occhi di bragia. Perciò i Greci usavano mettere in bocca a
iò i Greci usavano mettere in bocca ai morti un obolo, piccola moneta di bronzo, come nolo per passaggio dello Stige. Di l
tasse riuscire a riveder le stelle. Appena entrate le anime nel regno di Ade, erano sottoposte a giudizio davanti al tribu
me nel regno di Ade, erano sottoposte a giudizio davanti al tribunale di Minosse, Radamanti (Rhadamantys) ed Eaco. La sent
al tribunale di Minosse, Radamanti (Rhadamantys) ed Eaco. La sentenza di costoro decideva se esse dovessero seguire la sor
o giudicati nè buoni nè cattivi, erano obbligati a rimanere nel prato di Asfodillo, dove, ombre senza sostanza, conducevan
dove, ombre senza sostanza, conducevano un’ esistenza oscura e priva di gioie. Celebri le invenzioni antiche circa le pen
glio della Terra, per aver assalito con turpi desideri Leto sulla via di Pito, è disteso a forza in terra, e due avoltoi g
lla via di Pito, è disteso a forza in terra, e due avoltoi gli rodono di continuo il fegato, che di continuo rinasce. Tant
a forza in terra, e due avoltoi gli rodono di continuo il fegato, che di continuo rinasce. Tantalo, il re asiatico, antena
re asiatico, antenato degli Atridi Agamennone e Menelao, in punizione di aver abusato della confidenza degli Dei rivelando
a altri si raccontava, per aver dato in cibo agli Dei le membra cotte di suo figlio Pelope, è condannato ad un’ eterna fam
o Pelope, è condannato ad un’ eterna fame e sete, inasprita dal fatto di esser immerso fino al mento in un lago d’ acqua c
mento in un lago d’ acqua che però s’ abbassa quand’ egli fa l’ atto di bere, e di aver pendenti davanti agli occhi i più
n lago d’ acqua che però s’ abbassa quand’ egli fa l’ atto di bere, e di aver pendenti davanti agli occhi i più saporiti f
ebe si ritirano appena egli stende le mani per coglierli. Sisifo, re di Corinto, che colla sua astuta malvagità più volte
ità più volte ha destato l’ ira degli Dei, si ha avuto questo castigo di dover spingere un pesante masso su su fino alla c
, re dei Lapiti, reo anch’ egli d’ aver offeso Zeus, ha avuto la pena di essere legato mani e piedi a una ruota che sempre
a ruota che sempre gira. Infine le Danaidi, ossia le cinquanta figlie di Danao, ebe per ordine del padre avevano in una no
È noto a tutti l’ 11o libro dell’ Odissea dove si descrive l’ andata di Ulisse nel paese dei Cimmerii e l’ evocazione del
la predizione a lui fatta de’ suoi casi futuri. Qui però non si parla di una discesa all’ inferno; son l’ ombre che evocat
pittura che fece Virgilio nel sesto dell’ Eneide narrando la discesa di Enea all’ Averno, e la non meno vivace descrizion
non meno vivace descrizione che leggesi nel quarto delle Metamorfosi di Ovidio, a proposito della venuta di Giunone al re
gesi nel quarto delle Metamorfosi di Ovidio, a proposito della venuta di Giunone al regno delle ombre per trarne la furia
al regno delle ombre per trarne la furia Tisifone e ottener per mezzo di lei vendetta contro Ino sua rivale (v. 432 e sgg.
menzionata la pittura fatta da Polignoto (celebre artista dell’ età di Pericle) nella lesche o sala di convegno, che que
Polignoto (celebre artista dell’ età di Pericle) nella lesche o sala di convegno, che quei di Gnido avevano eretto a Delf
tista dell’ età di Pericle) nella lesche o sala di convegno, che quei di Gnido avevano eretto a Delfo. Riproduceva la visi
egno, che quei di Gnido avevano eretto a Delfo. Riproduceva la visita di Ulisse all’ ombre secondo il racconto di Omero. A
Delfo. Riproduceva la visita di Ulisse all’ ombre secondo il racconto di Omero. Ancor se ne legge la descrizione in Pausan
escrizione in Pausania. Noi possediamo ancora delle pitture vascolari di questo stesso tema; generalmente, rappresentandos
scolari di questo stesso tema; generalmente, rappresentandosi il mito di Ercole che rapisce Cerbero o di Orfeo che va a ri
eneralmente, rappresentandosi il mito di Ercole che rapisce Cerbero o di Orfeo che va a riprendere la sua Euridice, si ave
ro o di Orfeo che va a riprendere la sua Euridice, si aveva occasione di raffigurar l’ Inferno col palazzo regale di Pluto
idice, si aveva occasione di raffigurar l’ Inferno col palazzo regale di Plutone e Persefone e con varii gruppi di esseri
Inferno col palazzo regale di Plutone e Persefone e con varii gruppi di esseri infernali. XIV. Le Erinni-Furie. 1.
terribili Erinni, le dee della vendetta, le quali avevano il compito di perseguitare chi s’ era reso colpevole di qualsia
le quali avevano il compito di perseguitare chi s’ era reso colpevole di qualsiasi violazione dell’ ordine morale specialm
violazione dell’ ordine morale specialmente nel cerchio dei rapporti di famiglia. Secondo Esiodo erano nate dal sangue ch
condo Esiodo erano nate dal sangue che cadde sulla terra dalle ferite di Urano allorquando questi fu mutilato dal figlio C
orquando questi fu mutilato dal figlio Crono, sicchè il primo delitto di sangue nella più antica famiglia divina si suppon
’ figliuole delle tenebre. Da principio non era determinato il numero di queste Dee; Euripide fu il primo a parlare di tre
a determinato il numero di queste Dee; Euripide fu il primo a parlare di tre Erinni; solo nell’ età Alessandrina se ne sep
ere il concetto delle Erinni e a diffondere tra la gente un’ immagine di esso viva e paurosa. Nessun delitto, si diceva, s
ei colpevole, e più non l’ abbandonano; la loro presenza colla faccia di Gorgone, colla testa anguicrinita, incute un indi
ole ch’ esse portano in mano rischiarano d’ una sinistra luce i passi di lui, e il tormento suo non ha più line se non qua
significato buono; questo specialmente in connessione colla leggenda di Oreste. Costui colpevole di aver vendicato la mor
pecialmente in connessione colla leggenda di Oreste. Costui colpevole di aver vendicato la morte di suo padre Agamennone u
colla leggenda di Oreste. Costui colpevole di aver vendicato la morte di suo padre Agamennone uccidendo la madre Clitemest
padre Agamennone uccidendo la madre Clitemestra insieme coll’ amante di lei Egisto, era perseguitalo dalle Erinni; errò m
ando pace; ma a Delfo fu protetto da Apollo, il quale dopo molti riti di espiazione lo mandò ad Atene perche là fosse giud
presieduto dalla dea Atena. Anche là lo seguirono le Erinni sitibonde di sangue; ma chiuso il dibattimento, a parità di vo
no le Erinni sitibonde di sangue; ma chiuso il dibattimento, a parità di voti, avendo Atena stessa ed Apollo votato in fav
ento, a parità di voti, avendo Atena stessa ed Apollo votato in favor di lui, fu assolto. Le Erinni volevano far le loro v
ni si piegarono, ridonarono pace e prosperità all’ Attica, e col nome di Eumenidi, le ben pensanti, e Semne, Venerande, ve
bensì contro i colpevoli, ma benigno verso chi si pentisse e datrici di beni agli onesti. 2. Non solo in Atene le Erinni
ici di beni agli onesti. 2. Non solo in Atene le Erinni erano oggetto di culto, ma anche in Argo, in Sicione, nell’ Arcadi
le divinità ctoniche. Nell’ Attica era loro sacro il colle e il bosco di Colono, dove venne a cercar pace l’ infelice Edip
nni si sacrificavano pecore nere, e si facevano libazioni senza vino, di miele misto con acqua. 3. I Romani chiamarono Fur
greci; ma v’ è differenza grande dall’ uno all’ altro. Nell’ Eumenidi di Eschilo son dipinte come mostri somiglianti alle
ano i denti; le vesti nere sono tenute su da una cintura rosseggiante di sangue. Il loro coro canta:       Già la potente
le Eumenidi hanno altra figura; son esse fanciulle coll’ ali, il crin di serpi, le vesti intriso di sangue; e come cacciat
ura; son esse fanciulle coll’ ali, il crin di serpi, le vesti intriso di sangue; e come cacciatrici inseguono il reo porta
accole in mano. Talo immagine si conservò nei secoli seguenti e servi di modello ad altri poeti come Virgilio, Ovidio, Cla
i. XV. Ecate. 1. Secondo Esiodo, era figlia del titano Perseo e di Asteria. In origine non designava altro che un as
pariva in cielo, si poteva facilmente credere che rimanesse sotterra; di qui la collocazione di Ecate fra gli Dei infernal
eva facilmente credere che rimanesse sotterra; di qui la collocazione di Ecate fra gli Dei infernali. Quel che di arcano è
erra; di qui la collocazione di Ecate fra gli Dei infernali. Quel che di arcano è proprio della nuova luna si rispecchia n
l che di arcano è proprio della nuova luna si rispecchia nell’ indole di Ecate; la quale venne concepita come la dea delle
a delle apparizioni notturne, la dea degli spettri; dicevasi ch’ ella di notte bazzicasse insiem coll’ anime dei trapassat
alla porta delle città si collocavano certi pilastri con l’ immagine di lei, colla persuasione che ciù tenesse lontana da
ta Trivia. Più tardi, per opera degli Orfici, si modifico il concetto di Ecate; chè essa venne riguardata come una regina
te a Egina, ad Argo, poi nell’ Asia Minore dove sopratutto i santuari di Lagina e Stratonicea godevano molta ripntazione;
insieme con Ermes e le Cariti, come custode dell’ ingresso e compagna di Artemide. Nel culto privato si venerava Ecate ado
e compagna di Artemide. Nel culto privato si venerava Ecate adornando di flori, l’ ultimo giorno d’ ogni mese, la statuett
Ecate adornando di flori, l’ ultimo giorno d’ ogni mese, la statuetta di lei alla porta di casa, e ponendovi presso de’ ci
flori, l’ ultimo giorno d’ ogni mese, la statuetta di lei alla porta di casa, e ponendovi presso de’ cibi che poi i pover
presso de’ cibi che poi i poveri consumavano; eran le così dette cene di Ecate. Presso le statue poste nei trivii si sacri
come ad altre divinità infernali, pecore nere e si facevan libazioni di latte e miele. 3. Essendo la religione di Ecate d
nere e si facevan libazioni di latte e miele. 3. Essendo la religione di Ecate divenuta il nucleo fondamentale di ogni man
ele. 3. Essendo la religione di Ecate divenuta il nucleo fondamentale di ogni maniera d’ arti magiche e di superstizioni s
ate divenuta il nucleo fondamentale di ogni maniera d’ arti magiche e di superstizioni spiritistiche, ebbe facile entratur
cile entratura negli animi dei Romani, inclinatissimi a questo genere di cose. Sopratutto nell’ età imperiale tra il postu
riale tra il postumo rifioriro d’ ogni superstizione pagana, il culto di Ecate ebbe quasi ufficiale riconoscimento. Ancora
iocleziano costruiva in Antiochia una cripta per il culto sotterraneo di Ecate, alla quale cripta scendevasi per nna scala
ulto sotterraneo di Ecate, alla quale cripta scendevasi per nna scala di 365 gradini. 4. Ecate è nominata sposso dagli aut
esso dell’ Acropoli d’ Atene. Così pure nel rilievo del grande altare di Zeus a Pergamo Ecate apparisce tra i combattenti
combattenti con tre teste, sei braccia e un sol corpo. A dar un’ idea di queste rappresentazioni gioverà la fig. 70 riprod
riproducente una statuetta in bronzo del Museo Capitolino. La figura di mezzo ha in testa una berretta frigia con un diad
no. La figura di mezzo ha in testa una berretta frigia con un diadema di sette raggi, tiene nella mano destra un coltello
tributi propri delle Erinni e qui assegnati anche ad Ecate; la figura di sinistra ha in ambe le mani delle fiaccole, sulla
ambe le mani delle fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fiore di loto; quella di destra ha una chiave e una fune o
le fiaccole, sulla fronte una mezza luna con un fiore di loto; quella di destra ha una chiave e una fune o rappresenta la
rappresentata dalle Cere, divinità terribili le quali si compiacevano di aggirarsi pel campo di battaglia, avvolte in sang
e, divinità terribili le quali si compiacevano di aggirarsi pel campo di battaglia, avvolte in sanguinoso manto, in compag
lla Contesa (Eris), dello strepito della pugna e degli altri compagni di Ares; e crudelmente inesorabili via traevano mort
anche altre Cere che non in battaglia, ma in altre occasioni, per via di discordie e di risse, per via di morbi e della de
e che non in battaglia, ma in altre occasioni, per via di discordie e di risse, per via di morbi e della decrepitezza insi
glia, ma in altre occasioni, per via di discordie e di risse, per via di morbi e della decrepitezza insidiavano alla vita
ondo Esiodo costoro eran figli della notte, abitavano nell’ Inferno e di là venivano sulla terra a sorprendere i mortali,
rano venerati i parenti loro, i Sogni che abitavano, secondo Omero , di là dall’ Oceano, nell’ estremo Occidente. La loro
estremo Occidente. La loro abitazione si diceva avesse due porte, una di corno l’ altra d’ avorio; dall’ ultima, essendo l
i; dall’ altra, essendo il corno trasparente, uscivano i sogni veri e di facile spiegazione. Tra gli Dei de’ sogni s’ anno
s’ annoveravano Morfeo, che dicevasi apparire semplicemente in forma di qualche persona nota, Ichelo che assumeva qualsia
ma di qualche persona nota, Ichelo che assumeva qualsiasi forma anche di bestia, ed era detto anche Fobetore (apportator d
lsiasi forma anche di bestia, ed era detto anche Fobetore (apportator di paura), infine Fantaso, che appariva in forma di
Fobetore (apportator di paura), infine Fantaso, che appariva in forma di cose animate. 2. I Romani adottarono le stesse id
mietitore raccoglie il frumento mietuto nel granaio; e ora parlavasi di lui come di uno armato di falce che al tempo suo
accoglie il frumento mietuto nel granaio; e ora parlavasi di lui come di uno armato di falce che al tempo suo coglie chi d
umento mietuto nel granaio; e ora parlavasi di lui come di uno armato di falce che al tempo suo coglie chi deve, non rispa
i falce che al tempo suo coglie chi deve, non risparmiando i polpacci di chi tenta sfuggirgli; ora si pensava come una fig
he tutti doma, uomini e Dei, a infondere profondo sopore nelle membra di Zeus, perchè Posidone potesse, senza alcun impedi
io (v. 592 e sgg.) là dove si racconta come Iride fosse venuta a nome di Giunone per invitare il Sonno a dar notizia ad Al
di Giunone per invitare il Sonno a dar notizia ad Alcione della morte di suo marito Ceice. Ivi si dan compagni al Sonno i
i, ed è Morfeo quegli che obbedendo all’ ordine avuto prende le forme di Ceice e così comparisce alla povera Alcione riemp
le forme di Ceice e così comparisce alla povera Alcione riempiendola di dolore. — Rappresentazioni letterarie di Tanato a
povera Alcione riempiendola di dolore. — Rappresentazioni letterarie di Tanato abbiamo in un dramma satirico di Eschilo,
— Rappresentazioni letterarie di Tanato abbiamo in un dramma satirico di Eschilo, ove si sceneggiava la leggenda di Sisifo
iamo in un dramma satirico di Eschilo, ove si sceneggiava la leggenda di Sisifo che vince in astuzia la Morte e l’ incaten
sa discorre con Febo, che invano tenta distoglierla dal suo proposito di portar con sè l’ infelice regina sacratasi a mort
di portar con sè l’ infelice regina sacratasi a morte per la salvezza di suo marito Admeto. L’ arte dapprima rappresentava
enza d’ aspetto ch’ è accennata in Omero ed Esiodo; ad es. sull’ arca di Cipselo (cassa di legno con figure, consacrata in
’ è accennata in Omero ed Esiodo; ad es. sull’ arca di Cipselo (cassa di legno con figure, consacrata in Olimpia dai Cipse
assa di legno con figure, consacrata in Olimpia dai Cipselidi tiranni di Corinto) era impressa la Notte che portava in bra
po si modifico questo tipo della morte, prevalendo sempre più l’ idea di raffigurarla come un bel giovane, come Endimione
iovane, come Endimione od Eros, ora alato or no, generalmente in atto di dormire e colla face spenta o ancor accesa ma rov
i. A compiere l’ enumerazione e l’ illustrazione degli Dei antichi di Grecia e di Roma rimane che si parli di alcune Di
iere l’ enumerazione e l’ illustrazione degli Dei antichi di Grecia e di Roma rimane che si parli di alcune Divinità minor
lustrazione degli Dei antichi di Grecia e di Roma rimane che si parli di alcune Divinità minori, venerate dai Romani nell’
i nell’ interno della casa e fra le pareti domestiche, e però oggetto di culto privato anzichè della pubblica religione. C
tantissime perchè sempre a contatto coll’ uomo, e i popolani a quelle di preferenza rivolgevano le loro quotidiane preghie
enati. 1. La voce Penates si connette con penus, che è la raccolta di quelle provvigioni annue le quali si ripongono pe
Dei Penati erano in genere Dei della casa, non ben distinti dai Lari di cui parleremo. Quanti fossero, come si chiamasser
sero sempre un po’ indeterminate; ma per lo più appariscono in numero di due. Santuario degli Dei Penati era il focolare d
re sole va tenersi acceso continuamente il fuoco in onor dei Penati e di Vesta, e vicino al focolare si conservavano in ni
tichi come una grande famiglia. Già s’ è accennato (p. 111) al tempio di Vesta come al focolare sacro di tutta Roma; or s’
Già s’ è accennato (p. 111) al tempio di Vesta come al focolare sacro di tutta Roma; or s’ oggiunga che nel punto più ripo
unga che nel punto più riposto del tempio si conservavano le immagini di que’ Penati che la tradizione diceva portati da E
e’ Penati che la tradizione diceva portati da Enea in Italia. In onor di essi il Pontefice Massimo offriva gli stessi sacr
tà avevano i loro Dei Penati, sopratutto Lavinio la mistica metropoli di Roma ove i consoli, i pretori, i dittatori di Rom
io la mistica metropoli di Roma ove i consoli, i pretori, i dittatori di Roma, entrando in carica, venivano a far un solen
nati e a Vesta. 2. Dionigi d’ Alicarnasso , grande storico delle cose di Roma, assicura di aver visto in un antico tempio
Dionigi d’ Alicarnasso , grande storico delle cose di Roma, assicura di aver visto in un antico tempio una rappresentazio
Roma, assicura di aver visto in un antico tempio una rappresentazione di Dei Penati, in figura di due giovanetti dall’ abi
sto in un antico tempio una rappresentazione di Dei Penati, in figura di due giovanetti dall’ abito militare. Anche ora si
, come stanza, mentre i Penati avevano a cuore il nutrimento, i mezzi di vita. È a notarsi però che tale distinzione, fors
n proprio dominio, ne difendevano la sicurezza custodendola come cani di guardia, lavorivano la prosperità e la felicità d
l ritorno, ecc. Si veneravano i Lari bruciando incenso, incoronandone di fiori le immagini, offrendo libazioni di vino, ec
iando incenso, incoronandone di fiori le immagini, offrendo libazioni di vino, ecc. Si facevano anche intervenire alla men
o; eran dunque identici ai Manes, i buoni, e difatti eran detti figli di Mania o di Ace a Larentia; mentre l’ anime dei tr
que identici ai Manes, i buoni, e difatti eran detti figli di Mania o di Ace a Larentia; mentre l’ anime dei tristi si dic
van larvae o le lemures. Che gli antichi credessero alla presenza fra di loro dell’ ombre de’ trapassati è prova la festa
murie, il 9 maggio, in occasion della quale il capofamiglia s’ alzava di mezzanotte, e lavatesi tre volte le mani in acqua
miglia s’ alzava di mezzanotte, e lavatesi tre volte le mani in acqua di fonte, si aggirava a piè scalzi per la casa tacen
bocca fave nere che poi gettava dietro sè ripetendo una certa formola di scongiuro. Si credeva che le ombre si fermassero
Si attribuivano a questa venuta delle ombre le spaventose apparizioni di spettri, e altri fenomeni paurosi; per questo si
uando nel seppellirlo non erano state osservate tutte le prescrizioni di rito, credevasi che l’ ombra di quella persona va
state osservate tutte le prescrizioni di rito, credevasi che l’ ombra di quella persona vagasse intorno al cadavere o alla
e la rappresentazione che del Lar familiaris si trova nell’ Aulularia di Plauto. Ivi il poeta lo introduce a parlare nel p
storia d’ un certo tesoro nascosto in casa e a lui affidato dall’ avo di Euclione, che è il padrone attuale della casa; di
affidato dall’ avo di Euclione, che è il padrone attuale della casa; di questo tesoro egli non ha rivelato l’ esistenza a
lla casa; di questo tesoro egli non ha rivelato l’ esistenza al padre di Euclione perchè non lo onorava abbastanza, ma l’
hè potesse dotare la sua figliuola che ogni giorno onorava lui, Lare, di qualche offerta di vino, d’ incenso o d’ altra co
a sua figliuola che ogni giorno onorava lui, Lare, di qualche offerta di vino, d’ incenso o d’ altra cosa e anche di ghirl
Lare, di qualche offerta di vino, d’ incenso o d’ altra cosa e anche di ghirlande l’ adornava. È un prologo bellissimo, c
una patera sacrificale o un orciuolo, e dall’ altra un rhyton, specie di vaso da bere a forma di corno, in atto di versare
un orciuolo, e dall’ altra un rhyton, specie di vaso da bere a forma di corno, in atto di versare da questo vaso nella pa
ll’ altra un rhyton, specie di vaso da bere a forma di corno, in atto di versare da questo vaso nella patera o nell’ orciu
olo il liquido sprizzante. Si foggiavano vestiti d’ una tunica ornata di striscie di porpora stretta ai fianchi e succinta
do sprizzante. Si foggiavano vestiti d’ una tunica ornata di striscie di porpora stretta ai fianchi e succinta. Statuette
generalmente nell’ atrio, ma anche in altre parti della casa. Figure di Lari si conservano ancor ora, o nelle pitture mur
casa. Figure di Lari si conservano ancor ora, o nelle pitture murali di Pompei o in bronzo. La fig. 71, raffigurante una
murali di Pompei o in bronzo. La fig. 71, raffigurante una statuetta di bronzo trovata a Roma, può darcene chiara idea.
ea. 4. Oltre i Lari domestici, gli antichi veneravano altre specie di Lari, genii locali di attribuzioni diverse. V’ er
domestici, gli antichi veneravano altre specie di Lari, genii locali di attribuzioni diverse. V’ erano i Lari compitali,
a, i praestites, protettori della città, i quali si figuravan vestiti di pelle di cane e accompagnati da un cane; ancora s
stites, protettori della città, i quali si figuravan vestiti di pelle di cane e accompagnati da un cane; ancora si nominav
o un tempio nel campo Marzio in seguito a una vittoria navale (a. 575 di R., 179 av. C.) e che erano onorati di special fe
a una vittoria navale (a. 575 di R., 179 av. C.) e che erano onorati di special festa il 22 decembre. Così si moltiplicar
si accentuò sempre più la tendenza a identificare i Lari con le anime di celebri persone o già defunte o ancor viventi; co
ne o già defunte o ancor viventi; così Romolo e Remo divennero i Lari di Roma, e vivente ancora Augusto, il suo genio fu d
ro Severo aveva in casa due lararii, in uno dei quali oltre la statua di alcuni imperatori divinizzati aveva posto anche l
a statua di alcuni imperatori divinizzati aveva posto anche le statue di personaggi celebri per saviezza come Orfeo, Abram
personaggi celebri per saviezza come Orfeo, Abramo, Cristo, Apollonio di Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti
pollonio di Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti ed eroi di Grecia e di Roma, come Virgilio, Cicerone, Achill
Tiana, e nell’ altro quelle dei più celebri poeti ed eroi di Grecia e di Roma, come Virgilio, Cicerone, Achille, ecc.
ome più che uomini. Se si rifletta che non solo si sentiva il bisogno di spiegare le origini dell’ umanità intiera colmand
pi storicamente noti e i misteriosi principii, ma ancora gli abitanti di innumerevoli regioni, città, borgate, isole s’ in
bitanti di innumerevoli regioni, città, borgate, isole s’ ingegnavano di ricondurre la loro discendenza a nobili capi e i
inamente ispirati, ognuno capira agevolmente come un’ enorme quantità di leggende o nazionali o locali si dovesse formar n
mente a quegli esseri privilegiati che erano immaginati come qualcosa di mezzo tra gli Dei Olimpici e gli uomini mortali.
a teologica. 2. Come tra Dei e Genii si supponeva una differenza solo di grado, facendo i Genii inferiori agli Dei in forz
com’ essi, così tra Eroi ed uomini non si credeva ci fosse differenza di natura, essendo gli uni e gli altri soggetti alla
olti, prosciugando paludi, ovvero quelli che si segnalavano per fatti di arme straordinarii, tali da attestare doti fisich
Costoro erano creduti e detti figli degli Dei, certo dovevano essere di origine diversa dagli altri uomini, formati col l
distinguere tre classi; gli uni possono ben essere stati uomini veri, di cui la tradizione ha conservato la memoria magnif
infine, il maggior numero, non erano in origine che personificazioni di fenomeni naturali e come tali divinizzati e onora
zioni di fenomeni naturali e come tali divinizzati e onorati quà e là di culto, ma poi in seguito a qualche mutazione poli
mi, Divinità fatte eroi, avvenne poi anche talvolta che se ne facesse di nuovo l’ apoteosi; tale fu il caso di Ercole. Si
nche talvolta che se ne facesse di nuovo l’ apoteosi; tale fu il caso di Ercole. Si chiede: erano gli Eroi dagli antichi v
ssere oggetto d’ un qualche culto? In Omero non si fa alcuna menzione di ciò. Esiodo è il primo che usa la parola Semidei,
la parola Semidei, e accenna alla sorte serbata dopo morte agli Eroi di viversene felici nell’ isola dei beati, sotto il
agli Eroi di viversene felici nell’ isola dei beati, sotto il governo di Crono. Allora una cotal venerazione si aveva agli
no. Allora una cotal venerazione si aveva agli Eroi, e si può parlare di una religione degli Eroi, come si parlava di una
i Eroi, e si può parlare di una religione degli Eroi, come si parlava di una religione dei morti; pero non mai più di tant
li Eroi, come si parlava di una religione dei morti; pero non mai più di tanto, salvo per quelli che per essere stati divi
quelli che per essere stati divinizzati, erano divenuti vero oggetto di culto e si dedicavano loro anche dei templi. 3. O
e gli uomini fossero nati dagli alberi e dalle roccie; nella leggenda di Cadmo tebano si fecero sorgere dai denti seminati
; nella leggenda di Cadmo tebano si fecero sorgere dai denti seminati di un serpente (l’ animale sacro più d’ ogni altro a
lacustri dicevano i loro progenitori nati dai laghi, come Alalcomeneo di Beozia dal lago Copaide. Una opinione affatto div
teoria con quella dell’ autoctonia, in quanto si faceva un Dio sposo di qualche donna terrestre; così Giove unito con Pir
egava così la formazione della umana stirpe; più tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio di Giapeto e di Climene (di
della umana stirpe; più tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio di Giapeto e di Climene (di Temi secondo Eschilo), i
stirpe; più tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio di Giapeto e di Climene (di Temi secondo Eschilo), il quale avreb
tardi si fece autore di ciò Prometeo, figlio di Giapeto e di Climene ( di Temi secondo Eschilo), il quale avrebbe formato u
dei primi uomini, riferendosi dagli uni che fossero vissuti in istato di piena felicità e in intimità di conversare e di m
gli uni che fossero vissuti in istato di piena felicità e in intimità di conversare e di mensa cogli Dei, gli altri narran
ero vissuti in istato di piena felicità e in intimità di conversare e di mensa cogli Dei, gli altri narrando invece che si
zi dell’ umana cultura la più nota e anche la più bella è la leggenda di Prometeo. Dal Titano Giapeto e dall’ Oceanina Cli
ente o prudente) ed Epimeteo (chi pensa dopo, chi non ha che il senno di poi). Ora Prometeo rubò dal cielo il fuoco e ne l
sendo stata come profanata la pura forza celeste, Zeus puni l’ autore di questa profanazione facendolo incatenare su una r
no un’ aquila gli rodesse il fegato (sede d’ ogni mala cupidigia) che di notte sempre rinasceva. Alla fine Eracle lo liber
iso con una freccia l’ aquila, e avendo il centauro Chirone accettato di morire in luogo di Prometeo, ebbe luogo la riconc
l’ aquila, e avendo il centauro Chirone accettato di morire in luogo di Prometeo, ebbe luogo la riconciliazione tra Zeus
ra gli uomini sorsero e si diffusero mali pria sconosciuti, è il mito di Pandora. Zeus, adirato per il rapimento del fuoco
ono che doveva essere sorgente d’ innumerevoli guai. Ordinò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura di d
uai. Ordinò ad Efesto di plasmare con terra ed acqua una bella figura di donna; gli Dei andarono a gara per adornarla dell
cile parola e accortezza d’ ingegno, le Ore e le Cariti l’ adornarono di flori e abiti leggiadri; così da tutti donata fu
reche non meno che nella tradizione mosaica la prima donna fu cagione di tutti i mali che afflissero l’ umanità, e primo d
a donna fu cagione di tutti i mali che afflissero l’ umanità, e primo di tutti della morte. La storia dei primi uomini è n
tti che la terra spontaneamente produceva; tutti i beni senza miscela di mali; non si sapeva che fosse vecchiezza; dopo lu
, durante la quale gli uomini erano inferiori ai precedenti per forza di corpo e bontà di animo; rimanevan fanciulli fino
e gli uomini erano inferiori ai precedenti per forza di corpo e bontà di animo; rimanevan fanciulli fino a tarda età e s’
età e s’ impigri vano in una morbosa sonnolenza. Trascuravan persino di rendere onori agli Dei; onde Zeus preso da furore
e disperse questa schiatta, e te essere l’ età del bronzo. Gli uomini di questa erano selvaggi e violenti; amanti di lotte
tà del bronzo. Gli uomini di questa erano selvaggi e violenti; amanti di lotte e di guerre. Non ebbe bisogno Zeus di annie
zo. Gli uomini di questa erano selvaggi e violenti; amanti di lotte e di guerre. Non ebbe bisogno Zeus di annientarli perc
lvaggi e violenti; amanti di lotte e di guerre. Non ebbe bisogno Zeus di annientarli perchè da sè stessi si sterminarono c
e dell’ età umane giusta la leggenda comune, ma non mancavano varietà di racconti secondo i luoghi e le genti. Connessa in
eggenda delle varie generazioni umane è l’ altra leggenda del diluvio di Deucalione; giacchè si affermava che il diluvio e
punto per disperdere le corrotte generazioni de’ viventi e ripopolare di nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Pr
’ viventi e ripopolare di nuove genti la terra. Deucalione era figlio di Prometeo; sua moglie era Pirra, nata da Epimeteo
teo e Pandora. Avvertito da suo padre dell’ intenzione che Zeus aveva di sterminare con una generale inondazione tutti i v
monte Parnaso in Beozia. Così fu salvata dal naufragio la sola coppia di Deucalione e Pirra. I quali poi chiedendo grazia
i poi chiedendo grazia agli Dei, per ripopolar la terra ebbero ordine di velarsi la testa, disciogliersi le vesti e gettar
iersi le vesti e gettar dietro sè le ossa della gran madre. Il figlio di Prometeo acutamente interpreto l’ oracolo nel sen
racolosamente queste pietre si mutaron in uomini, maschi e femmine, e di qui ebbo origine la nuova popolazione della terra
di qui ebbo origine la nuova popolazione della terra. 4. Le leggende di Prometeo plasmatore d’ uomini e rapitore del fuoc
ggende di Prometeo plasmatore d’ uomini e rapitore del fuoco celeste, di Pandora, delle età umane, del diluvio Deucalioneo
iva raffigurato seduto su una rupe, con davanti a sè una figura fatta di terra, nell’ atto che questa viene animata da Ate
che questa viene animata da Atena; il che è rappresentato col simbolo di una farfalla posta da Atena sulla testa della fig
a posta da Atena sulla testa della figura. Più vivace era la leggenda di Prometeo rapitore del fuoco, la quale oltre ad av
nell’ altro poema delle Opere e dei Giorni, diè ad Eschilo argomento di comporre la famosa trilogia che rappresentava i t
esentava i tre momenti del mito, il rapimento del fuoco, la punizione di Prometeo, e la sua liberazione. Sebbene noi più n
pure è sufficiente a mostrarci l’ alto concetto che Eschilo si formò di Prometeo come di un Titano benefattore dell’ uman
te a mostrarci l’ alto concetto che Eschilo si formò di Prometeo come di un Titano benefattore dell’ umanità, che ne è pun
ro il suo oppressore. — Non mancano neppure rappresentazioni figurate di questo mito; in un sarcofago del Museo Capitolino
go del Museo Capitolino a Roma è rappresentata in rilievo l’ officina di Efesto cogli operai che battono sull’ incudine, d
ilievo l’ officina di Efesto cogli operai che battono sull’ incudine, di dietro un riparo scorgesi a mezzo la figura di Pr
attono sull’ incudine, di dietro un riparo scorgesi a mezzo la figura di Prometeo con una cannuccia in mano, pronto a rapi
ia in mano, pronto a rapire il fuoco. Da una parte si vede una coppia di uomini, maschio e femmina; forse sono Deucalione
iderati come i primi uomini, e così è messo in corrispondenza il mito di Prometeo creatore e quello del rapimento del fuoc
o meno compiuta enumerazione; qui ricordiamo soltanto il lungo passo di Esiodo nel poema delle Opere e dei Giorni (v. 109
razione che è nel primo delle Metamorfosi Ovidiane. Anche del diluvio di Deucalione la miglior pittura è quella di Ovidio
Ovidiane. Anche del diluvio di Deucalione la miglior pittura è quella di Ovidio nello stesso libro (vv. 260-415). Capit
po, i Centauri nelle selve del Pelio. Questi ultimi si dicevano figli di Issione e di Nefele, cioè una nuvola foggiata da
i nelle selve del Pelio. Questi ultimi si dicevano figli di Issione e di Nefele, cioè una nuvola foggiata da Giove a somig
Issione e di Nefele, cioè una nuvola foggiata da Giove a somiglianza di Era. La forma comunemente attribuita ai Centauri,
ve a somiglianza di Era. La forma comunemente attribuita ai Centauri, di mostri mezzo uomini mezzo cavalli, non era stata
tri mezzo uomini mezzo cavalli, non era stata pensata ancora ai tempi di Omero, il quale parla solo di uomini pelosi, dall
, non era stata pensata ancora ai tempi di Omero, il quale parla solo di uomini pelosi, dalle chiome arruffate, rozzi e vi
, dalle chiome arruffate, rozzi e violenti. Non molto prima dell’ età di Pindaro l’ immaginazione greca concepi l’ idea di
lto prima dell’ età di Pindaro l’ immaginazione greca concepi l’ idea di que’ mostri. La lotta dei Lapiti e dei Centauri,
e pelasgica, ebbe occasione e principio durante le feste per le nozze di Piritoo, re dei Lapiti e di Ippodamia, alle quali
e principio durante le feste per le nozze di Piritoo, re dei Lapiti e di Ippodamia, alle quali i principali fra i Centauri
mia, alle quali i principali fra i Centauri erano stati invitati. Uno di questi, Eurito, ebbro dal vino, fè atto di rapire
erano stati invitati. Uno di questi, Eurito, ebbro dal vino, fè atto di rapire con violenza la sposa; ciò dà luogo a una
esta lotta presero parte, a difesa dei Lapiti, Teseo e Nestore, amici di Piritoo. — Fra i campioni loro è da ricordare Cen
ntauri, sempre rimaneva illeso e forte, sicchè i Centauri per levarlo di mezzo furono obbligati a seppellirlo sotto una ca
per levarlo di mezzo furono obbligati a seppellirlo sotto una catasta di alberi. In leggende posteriori i Centauri figuran
tiri, i Sileni; si diceva accompagnassero docili e manierosi il carro di lui, sonando il corno o la lira. Tra questi Centa
a. Tra questi Centauri men rozzi tiene il primo posto Chirone, figlio di Crono e dell’ Oceanina Filira, già menzionato da
di Crono e dell’ Oceanina Filira, già menzionato da Omero come amico di Peleo ed educatore di Achille, cui egli avrebbe a
nina Filira, già menzionato da Omero come amico di Peleo ed educatore di Achille, cui egli avrebbe ammaestrato nella medic
lla medicina e nella ginnastica. Più tardi lo si fece educatore anche di altri e altri esseri mitici, come Castore e Polid
iò all’ immortalità per favorire Prometeo, in luogo del quale accettò di scendere all’ Inferno. 2. Una vivace e colorita d
idiane. Il racconto è messo in bocca a Nestore, che premesso il fatto di Ceneo convertito in maschio e fatto invulnerabile
convertito in maschio e fatto invulnerabile, ricorda le feste nuziali di Piritoo, e poi racconta come principiò e come si
iò e come si svolse la terribile zuffa, entrando in molti particolari di nomi e di fatti. — Più numerose sono le rappresen
si svolse la terribile zuffa, entrando in molti particolari di nomi e di fatti. — Più numerose sono le rappresentazioni fi
di nomi e di fatti. — Più numerose sono le rappresentazioni figurate di questo mito. E qui si avverta che mentre l’ arte
ntava i Centauri colla faccia d’ uomo, il corpo e le gambe posteriori di cavallo, si cominciò ai tempi di Fidia a immagina
uomo, il corpo e le gambe posteriori di cavallo, si cominciò ai tempi di Fidia a immaginare quella forma più bella che poi
ma più bella che poi venne universalmente adottata, la quale al corpo di un cavallo con tutte quattro le zampe univa il pe
ima e celebre Centauromachia era quella del frontone ovest del tempio di Zeus in Olimpia, opera attribuita ad Alcamene; se
di Zeus in Olimpia, opera attribuita ad Alcamene; se ne sono scoperti di recente importanti frammenti, dai quali si è potu
elle figure. Un’ altra Centauromachia ammiravasi nel fregio del Teseo di Atene; ed altra serie di rappresentazioni simili
ntauromachia ammiravasi nel fregio del Teseo di Atene; ed altra serie di rappresentazioni simili era nelle metopi meridion
ultime un buon numero esiste ancora, conservate nel Museo Britannico di Londra; sono varie scene, ora è un centauro che p
ra un altro galoppa sopra i cadaveri dei nemici uccisi; ora son scene di lotta, come quella che è rappresentata nella fig.
brutalità ferina. Nè vanno taciute le non meno belle rappresentazioni di Centauromachia che erano nel fregio del tempio di
le rappresentazioni di Centauromachia che erano nel fregio del tempio di Apollo Epicurio a Basse presso Figalia in Arcadia
conservano importanti frammenti nel Museo Britannico. Anche statue di Centauri isolati furono spesso fatte dagli antich
riproducono due Centauri in marino scuro del Museo Capitolino, l’ uno di tipo più vecchio l’ altro più giovane, opere di d
eo Capitolino, l’ uno di tipo più vecchio l’ altro più giovane, opere di due celebri scultori, Aristea e Papia di Afrodisi
l’ altro più giovane, opere di due celebri scultori, Aristea e Papia di Afrodisia. Furon trovate nella villa dell’ impera
no a Tivoli. b) Admeto e Alcestide. 1. Una bella leggenda di origine tessala è quella che riguarda Admeto e Al
e tessala è quella che riguarda Admeto e Alcestide. Admeto era figlio di Fere (Pheres), fondatore della città di Fere in T
Alcestide. Admeto era figlio di Fere (Pheres), fondatore della città di Fere in Tessaglia; regnava sulle fertili terre po
lle fertili terre poste in vicinanza del lago Bebeide (ora Bio). Frui di grande prosperità e ricchezza, in grazia di Apoll
o Bebeide (ora Bio). Frui di grande prosperità e ricchezza, in grazia di Apollo, il quale, allorquando, in punizione d’ av
’ aver ucciso co’ suoi dardi i Ciclopi fu obbligato a rimaner schiavo di qualche mortale, venne da Admeto e stette un inti
. In questo tempo strinsero tra loro un’ intima amicizia; gli armenti di Admeto prosperavano in maniera meravigliosa; Apol
pollo lo aiutò anche ad ottenere in moglie la bella Alcestide, figlia di Pelia re di Iolco, adempiendo la condizione impos
tò anche ad ottenere in moglie la bella Alcestide, figlia di Pelia re di Iolco, adempiendo la condizione imposta dal padre
a re di Iolco, adempiendo la condizione imposta dal padre della sposa di aggiogare allo stesso carro un cinghiale ed un le
lce vino alle Moire, le indusse a promettere che giunta l’ ultima ora di Admeto, esse lo avrebbero lasciato in vita purchè
Ade. Allorchè giunse questo momento, non vollero nè il vecchio padre di Admeto nè la madre morire pel figlio, per quanto
olungar la vita al marito. Persefone, commossa da un si bell’ esempio di fedeltà, la rimandò ad Admeto; o secondo un’ altr
o secondo un’ altra leggenda, Eracle capitato in quel momento a casa di Admeto, strappò, dopo violenta lotta, alla Morte
eto, strappò, dopo violenta lotta, alla Morte la sua preda. Il figlio di Admeto e Alcestide, Eumelo di nome, figura fra gl
tta, alla Morte la sua preda. Il figlio di Admeto e Alcestide, Eumelo di nome, figura fra gli eroi greci a Troia, e si la
la celebre fonte Iperea presso Fere. 2. Admeto fu più volte argomento di lavori poetici in Grecia; ma il più bel monumento
i in Grecia; ma il più bel monumento innalzato a celebrare la fortuna di lui e l’ atto eroico di Alcestide, è la tragedia
el monumento innalzato a celebrare la fortuna di lui e l’ atto eroico di Alcestide, è la tragedia di Euripide che da Alces
ebrare la fortuna di lui e l’ atto eroico di Alcestide, è la tragedia di Euripide che da Alcestide appunto s’ intitola. Iv
iunge Eracle, chè tal leggenda seguì Euripide, il qual Eracle sentito di che si trattava recasi alla tomba della defunta,
ndo ad Admeto la sposa rivivente; onde la tragedia si chiude tra inni di gioia e di festa. II. Beozia e Tebe. a)
to la sposa rivivente; onde la tragedia si chiude tra inni di gioia e di festa. II. Beozia e Tebe. a) Cadmo. 1
ebe. a) Cadmo. 1. Tra le leggende tebane la più nota è quella di Cadmo, fondatore di Tebe. Era costui figlio di Ag
1. Tra le leggende tebane la più nota è quella di Cadmo, fondatore di Tebe. Era costui figlio di Agenore, re fenicio, e
e la più nota è quella di Cadmo, fondatore di Tebe. Era costui figlio di Agenore, re fenicio, e quindi fratello di Europa.
di Tebe. Era costui figlio di Agenore, re fenicio, e quindi fratello di Europa. Allorchè Europa era stata portata via da
llo di Europa. Allorchè Europa era stata portata via da Zeus in forma di toro, e già era giunta all’ isola di Creta, Ageno
ata portata via da Zeus in forma di toro, e già era giunta all’ isola di Creta, Agenore disperato mandò Cadmo in cerca del
avere indarno scorsa la terra, Cadmo recossi a interrogare l’ oracolo di Delfo, e n’ ebbe in risposta, tralasciasse di cer
interrogare l’ oracolo di Delfo, e n’ ebbe in risposta, tralasciasse di cercar la sorella, ma seguisse una vacca con macc
car la sorella, ma seguisse una vacca con macchie sul fianchi a forma di mezzaluna che egli avrebbe incontrato, e dov’ ess
infine l’ uccise. Allora ammonito da Minerva, seminò in terra i denti di quel drago. Ed ecco ben presto spuntar fuori dall
alange d’ uomini armati, i quali cominciano a lottar furiosamente fra di loro e ferirsi e uccidersi. Cinque soli rimasero
te fra di loro e ferirsi e uccidersi. Cinque soli rimasero superstiti di questa feroce pugna, chiamati Echione, Udeo, Cton
dazione della città e diventarono i capistipite delle nobili famiglie di Tebe. Senonchè in espiazione di aver ucciso il dr
o i capistipite delle nobili famiglie di Tebe. Senonchè in espiazione di aver ucciso il drago, Cadmo dovè servire per otto
sto tempo, Ares gli perdonò e anzi gli diede in moglie Armonia figlia di lui e di Afrodite. Da queste nozze nacquero quatt
, Ares gli perdonò e anzi gli diede in moglie Armonia figlia di lui e di Afrodite. Da queste nozze nacquero quattro celebr
figliuole, Autonoe, Ino, Semele e Agave, e un maschio Polidoro, padre di Labdaco. Dopo aver lungo tempo regnato su Tebe, C
da Zeus ammessi all’ eterna vita dei Campi Elisi. Molti fra i motivi di questa leggenda sono certamente antichi, ad es. l
tichi, ad es. l’ uccisione del dragone, che vuol dire l’ eliminazione di impedimenti naturali alla cultura del suolo, giac
cultura del suolo, giacchè Ares cui il drago era sacro è apportatore di miasmi e pestilenza, e appunto la Beozia in antic
osa e non sana. Anche la seminagione dei denti del drago e la nascita di uomini armati dalla terra è motivo antico; ma a q
a questi si mescolarono leggende posteriori, come l’ origine fenicia di Cadmo di cui ancora Omero non sa nulla. Piuttosto
si mescolarono leggende posteriori, come l’ origine fenicia di Cadmo di cui ancora Omero non sa nulla. Piuttosto è da cre
Omero non sa nulla. Piuttosto è da credere che Cadmo fosse una specie di Ermes tebano, venerato dai Tebani come l’ ordinat
re loro e il promotore della più antica cultura in Beozia. 2. Il mito di Cadmo, oltrechè nelle Fenicie di Euripide, trovas
antica cultura in Beozia. 2. Il mito di Cadmo, oltrechè nelle Fenicie di Euripide, trovasi magistralmente esposto nel terz
Euripide, trovasi magistralmente esposto nel terzo delle Metamorfosi di Ovidio. Poche le rappresentazioni figurate; citer
Poche le rappresentazioni figurate; citeremo un vaso greco del Museo di Napoli, ove Cadmo è raffigurato in atto di scagli
mo un vaso greco del Museo di Napoli, ove Cadmo è raffigurato in atto di scagliare una pietra sul drago, mentre dietro lui
he dev’ essere fondata. b) Atteone. 1. Già s’ è avuto occasione di ricordare le avventure delle figlie di Cadmo, e d
1. Già s’ è avuto occasione di ricordare le avventure delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di
ordare le avventure delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dionis
enture delle figlie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave m
iglie di Cadmo, e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave madre di Penteo
e de’ loro figliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave madre di Penteo; e già s’ è toc
igliuoli, cioè di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave madre di Penteo; e già s’ è toccata anche l
di Ino madre di Melicerte, di Semele madre di Dioniso, di Agave madre di Penteo; e già s’ è toccata anche la sorte toccata
e, cioè Atteone, mutato in cerva e sbranato da’ suoi cani per castigo di aver vista in bagno Artemide, o come altri narrav
bagno Artemide, o come altri narrava, per essor venuto a gara con lei di abilità cacciatrice. Qui s’ aggiunga che il padre
o a gara con lei di abilità cacciatrice. Qui s’ aggiunga che il padre di Atteone era stato Aristeo figlio di Apollo, e che
ice. Qui s’ aggiunga che il padre di Atteone era stato Aristeo figlio di Apollo, e che egli era stato affidato per l’ educ
ai raggi cocenti della canicola. 2. Al vivo e commovente racconto che di questo episodio fa Ovidio nel terzo della Metamor
fa Ovidio nel terzo della Metamorfosi fanno riscontro le molte opere di pittura e scoltura che ancor oggi rappresentano A
itannico. Ivi Atteone non ancora trasformato in cervo, ma già fornito di corna che prenunziano la metamorfosi, si difende
lasciò Tebe, già era morto suo figlio Polidoro; ed essendo il figlio di lui Labdaco ancora in tenera età, rimase reggente
lui Labdaco ancora in tenera età, rimase reggente dello Stato Nitteo, di stirpe regale, proveniente dalla città di Iria (H
eggente dello Stato Nitteo, di stirpe regale, proveniente dalla città di Iria (Hyria o Hysia) in Beozia. Nitteo aveva una
a città di Iria (Hyria o Hysia) in Beozia. Nitteo aveva una figliuola di straordinaria bellezza, chiamata Antiope. Costei
stei avendo concesso i suoi favori a Zeus avvicinatosi a lei in forma di Satiro e sentendosi madre, per sfuggire lo sdegno
iuscì e morendo lasciò al fratello Lico, erede del trono, l’ incarico di far le sue vendette. Lico riprese la guerra, vins
iava in casa dello zio, ma subiva i più duri maltrattamenti per opera di Dirce moglie di Lico. Alfine riuscì a fuggire, e
lo zio, ma subiva i più duri maltrattamenti per opera di Dirce moglie di Lico. Alfine riuscì a fuggire, e per fortunata co
ò a due pastori che erano per caso presenti, ed erano Anfione e Zeto, di dare a colei la meritata morte legandola sulle co
na fonte presso Tebe che da lei fu denominata Dircea. Coll’ uccisione di Lico e di Dirce, il governo di Tebe tornò ai Cadm
resso Tebe che da lei fu denominata Dircea. Coll’ uccisione di Lico e di Dirce, il governo di Tebe tornò ai Cadmidi. Anfio
fu denominata Dircea. Coll’ uccisione di Lico e di Dirce, il governo di Tebe tornò ai Cadmidi. Anfione e Zeto regnarono i
one e Zeto regnarono insieme, ma il vero re era Anfione. Il carattere di questi due fratelli, veri Dioscuri Tebani, è dall
one gentile d’ animo, cultore della musica e della poesia, proraotore di ogni più fina arte. Si mostrò questa differenza a
Si mostrò questa differenza anche nella costruzione delle famose mura di Tebe, opera appunto attribuita al loro governo. Z
governo. Zeto stesso portava a spalle i più pesanti massi, più forte di qualsiasi manovale; ma Anfione al suono dolcissim
sorte toccata alla loro famiglia. Anfione aveva sposato Niobe figlia di Tantalo re della Frigia, sorella di Pelope; e n’
nfione aveva sposato Niobe figlia di Tantalo re della Frigia, sorella di Pelope; e n’ aveva avuto numerosa prole, sei masc
a sua fortuna e della sua stirpe divina (Tantalo suo padre era figlio di Zeus), voleva impedire alle donne tebane il culto
impedire alle donne tebane il culto alla dea Latona e a’ suoi figli, di cui ella stimavasi di molto superiore; la stessa
ebane il culto alla dea Latona e a’ suoi figli, di cui ella stimavasi di molto superiore; la stessa superbia onde già era
o. Le offese Divinità non tardarono a scendere alla vendetta. I figli di Anfione e Niobe perirono tutti a uno a uno colpit
i di Anfione e Niobe perirono tutti a uno a uno colpiti dalle freccie di Apollo e Diana. I poveri genitori non sopravvisse
sasso e trasportata sul monte Sipilo in Frigia, dove ancor non cessa di versar lagrime. — Non più felice ne’ suoi rapport
pporti domestici fu Zeto. Egli sposò Aedona (l’ usignolo), una figlia di Pandareo, l’ amico e compagno di Tantalo per il q
osò Aedona (l’ usignolo), una figlia di Pandareo, l’ amico e compagno di Tantalo per il quale ei rubò un cane dal tempio d
’ amico e compagno di Tantalo per il quale ei rubò un cane dal tempio di Zeus in Creta e perciò fu mutato in sasso. Aedona
, che presso Omero ha nome Itilo, presso i tragici Iti (Itys). Gelosa di Antiope che n’ aveva tanti più, concepì il malvag
Gelosa di Antiope che n’ aveva tanti più, concepì il malvagio disegno di uccidere nottetempo il figlio maggiore di Antiope
concepì il malvagio disegno di uccidere nottetempo il figlio maggiore di Antiope; ma in iscambio uccise il proprio. Di che
nua co’ suoi queruli trilli a rammentar la sua disgrazia. Della morte di Zeto nulla lasciò detto la tradizione; pero in Te
dere la tomba comune dei Dioscuri Tebani. Dopo la loro morte il trono di Tebe passò a Laio figlio di Labdaco, nipote di Po
scuri Tebani. Dopo la loro morte il trono di Tebe passò a Laio figlio di Labdaco, nipote di Polidoro. Le avventure tragich
la loro morte il trono di Tebe passò a Laio figlio di Labdaco, nipote di Polidoro. Le avventure tragiche toccate ai Labdac
ate altrove. 2. Un fatto così interessante e tragico come la vendetta di Antiope e il supplizio di Dirce era naturale entr
osì interessante e tragico come la vendetta di Antiope e il supplizio di Dirce era naturale entrasse presto nel dominio de
re quella d’ Euripide, imitata poi in latino da Pacuvio. Tra le opere di scoltura è degnissimo di menzione il celebre gran
itata poi in latino da Pacuvio. Tra le opere di scoltura è degnissimo di menzione il celebre grandioso gruppo in marmo che
celebre grandioso gruppo in marmo che si conserva nel Museo Nazionale di Napoli, detto il Toro Farnese, di cui riproduce i
che si conserva nel Museo Nazionale di Napoli, detto il Toro Farnese, di cui riproduce il disegno la fig. 76. All’ infuori
il Toro Farnese, di cui riproduce il disegno la fig. 76. All’ infuori di poche parti ristorate, si ritiene che sia lavoro
si ritiene che sia lavoro originale dei fratelli Apollonio e Taurisco di Tralle in Caria, appartenenti alla scuola rodia f
eretto originariamente in Rodi, al tempo d’ Augusto venne in possesso di Asinio Pollione che lo portò a Roma. Trovato nel
di Asinio Pollione che lo portò a Roma. Trovato nel 1547 nelle terme di Caracalla e collocato prima nel palazzo Farnese,
e è scolpita vicino a lui; l’ altro è Zeto; la donna davanti, in atto di chieder pietà, è Dirce, mentre Antiope raggiante
davanti, in atto di chieder pietà, è Dirce, mentre Antiope raggiante di gioia per la vendetta che si compie è posta più d
l davanti un piccolo Dio montanino contempla la scena con espressione di dolore. La cesta mistica che è ai piedi di Dirce,
a la scena con espressione di dolore. La cesta mistica che è ai piedi di Dirce, la pelle di cavriuolo ond’ essa è vestita
essione di dolore. La cesta mistica che è ai piedi di Dirce, la pelle di cavriuolo ond’ essa è vestita e altre cose indica
ssa è vestita e altre cose indicano che il fatto avviene in occasione di una festa bacchica, come si suppone nella tragedi
’ azione e insiem soddisfa l’ occhio del riguardante. Il contrasto di carattere fra Zeto e Anfione è pure un motivo art
e Anfione è pure un motivo artistico frequente in poesia e ispiratore di parecchie opere di pittura o scoltura. La fig. 77
motivo artistico frequente in poesia e ispiratore di parecchie opere di pittura o scoltura. La fig. 77 riproduce un bel r
propria, così come li fanno parlare i poeti tragici. Altro motivo di grande effetto artistico doveva essere la sciagur
Altro motivo di grande effetto artistico doveva essere la sciagura di Niobe. Chi non ricorda le superbe parole messe a
lle Metamorfosi, poi la descrizione viva e vera della morte dei figli di lei, e l’ espressione del suo immenso dolore? Qua
servato nella Galleria degli Uffizi a Firenze. Son copie fatte a Roma di sculture classiche greche, forse di Prassitele st
a Firenze. Son copie fatte a Roma di sculture classiche greche, forse di Prassitele stesso o di Scopa. Il gruppo fiorentin
tte a Roma di sculture classiche greche, forse di Prassitele stesso o di Scopa. Il gruppo fiorentino fu trovato nelle vici
no ammirabili per l’ espressione del dolore, e tutta la scena è piena di spavento e di compassione per la sorte toccata a
per l’ espressione del dolore, e tutta la scena è piena di spavento e di compassione per la sorte toccata a quella giovent
iosa composizione dei Niobidi fosse in origine collocata nel frontone di un tempio o se le statue fossero ordinate nell’ i
nterno del tempio ovvero disposte separatamente fra gli intercolunnii di un portico, è questione che si è molto agitata tr
, era, secondo la tradizione, Sisifo, figlio del tessalo Eolo, nipote di Elleno. Omero lo qualifica il più avido di guadag
o del tessalo Eolo, nipote di Elleno. Omero lo qualifica il più avido di guadagno fra gli uomini; allusione probabilmente
i. Le leggende relative a Sisifo concorrono a tratteggiarlo come eroe di una straordinaria scaltrezza. Quando Zeus rapì da
o a condizione che Asopo facesse scaturire una fonte nella cittadella di Corinto; di qui la celebre fonte Pirene. Avendo Z
ne che Asopo facesse scaturire una fonte nella cittadella di Corinto; di qui la celebre fonte Pirene. Avendo Zeus, per que
Sisifo. Ma questi riuscì anche questa volta a salvarsi; perchè prima di morire avendo ordinato a sua moglie di non celebr
volta a salvarsi; perchè prima di morire avendo ordinato a sua moglie di non celebrare funerali per lui, andato in Inferno
uratezza della moglie e tanto seppe fare e dire che gli fu consentito di tornare in vita per castigar la moglie; ma una vo
egli non volle più scendere all’ altro mondo e morì poi ben più tardi di morte naturale. Per tutte queste gherminelle Sisi
ale. Per tutte queste gherminelle Sisifo ebbe in inferno la nota pena di trascinare su per un monte un gran masso, che dal
poi riprecipitava a valle. Si è molto discusso sull’ origine del mito di Sisifo. La situazione di Corinto fra due mari che
. Si è molto discusso sull’ origine del mito di Sisifo. La situazione di Corinto fra due mari che senza posa ondeggiando n
bile che le leggende relative all’ eroe cittadino fossero un riflesso di questo fenomeno naturale. Ma in quelle leggende n
po il solstizio d’ inverno. 2. Sisifo die’ argomento a diversi drammi di Eschilo, il quale sceneggiò sia il lato serio di
nto a diversi drammi di Eschilo, il quale sceneggiò sia il lato serio di questo carattere in una tragedia, sia il lato umo
ia dell’ esame delle interiora. b) Glauco. 1. Glauco era figlio di Sisifo e padre di Bellerolonte. Propriamente Glau
le interiora. b) Glauco. 1. Glauco era figlio di Sisifo e padre di Bellerolonte. Propriamente Glauco non era che un
zia che gli toccò nei giochi funebri che ebbero luogo a Iolco in onor di Pelia, o, come altri narra, in altri giochi di Po
luogo a Iolco in onor di Pelia, o, come altri narra, in altri giochi di Potnia presso Tebe; e la disgrazia fu che i caval
allora fu venerato come spauracchio dei cavalli da corsa nei santuari di Posidone e negli ippodromi. 2. Il Glauco di Potni
lli da corsa nei santuari di Posidone e negli ippodromi. 2. Il Glauco di Potnia diè argomento a una tragedia di Eschilo; e
negli ippodromi. 2. Il Glauco di Potnia diè argomento a una tragedia di Eschilo; e le disgraziate quadrighe di Potnia son
a diè argomento a una tragedia di Eschilo; e le disgraziate quadrighe di Potnia son qua e là ricordate dai poeti greci e l
mbra absumpsere quadrigae47. Vedi anche i versi 553 e 554 dell’ Ibis di Ovidio. c) Bellerofonte. 1. Un altro eroe n
a Bellerofonte (bellerophon ovvero Bellerophontes). Era questi figlio di Glauco o di Posidone, nato e cresciuto in Corinto
te (bellerophon ovvero Bellerophontes). Era questi figlio di Glauco o di Posidone, nato e cresciuto in Corinto. Non è dett
rinto. Non è detto per qual causa (giacchè l’ uccisione attribuitagli di un cotal Bellero non è che una leggenda assai tar
ove ebbe benigna accoglienza dal re Preto. Ivi avvenne che la moglie di Preto, chiamata Antea da Omero, Stenebea (Stheneb
le; ma non volendo Bellerofonte, nuovo Giuseppe, cedere alle lusinghe di lei, ella lo accusò al marito di aver tentato tra
nuovo Giuseppe, cedere alle lusinghe di lei, ella lo accusò al marito di aver tentato tradire i doveri dell’ ospitalità. A
ia in compagnia del cavallo alato Pegaso; quel cavallo che era figlio di Posidone e di Medusa, sorto dal tronco di lei qua
a del cavallo alato Pegaso; quel cavallo che era figlio di Posidone e di Medusa, sorto dal tronco di lei quando Perseo le
quel cavallo che era figlio di Posidone e di Medusa, sorto dal tronco di lei quando Perseo le aveva tagliato la testa; e c
ndo Perseo le aveva tagliato la testa; e che poi posatosi sulla rocca di Corinto fu da Bellerofonte, coll’ aiuto di Atena,
e poi posatosi sulla rocca di Corinto fu da Bellerofonte, coll’ aiuto di Atena, domato. Jobate accolto l’ ospite Corinzio
accolto l’ ospite Corinzio e intesi i segreti segni del genero, pensò di mandare Bellerofonte in rischiose avventure, pers
fonte in rischiose avventure, persuaso vi avrebbe trovato la morte. E di qui in avanti Bellerofonte diventa l’ eroe nazion
’ eroe nazionale dei Licii. La prima impresa a cui lo mandò Jobate fu di combattere la Chimera, mostro nato da Tifone e da
o capra selvatica, dietro drago, o come Esiodo dice, aveva tre teste, di leone, di capra e di drago, e che possedendo gran
lvatica, dietro drago, o come Esiodo dice, aveva tre teste, di leone, di capra e di drago, e che possedendo grande velocit
etro drago, o come Esiodo dice, aveva tre teste, di leone, di capra e di drago, e che possedendo grande velocità e forza e
guerriere che formavano Stato da sè, senza uomini, dedite ad esercizi di guerra; le quali, secondo la leggenda, solevano r
pitale, oppure nel paese degli Sciti sulle rive delle palute Meotide; di là era voce che avessero fatto già di molte scorr
ulle rive delle palute Meotide; di là era voce che avessero fatto già di molte scorrerie nei paesi posti sulle rive dell’
aesi posti sulle rive dell’ Egeo; vedremo che si favoleggiava persino di una venuta delle Amazoni in Attica dove Teseo ebb
sto pericolo. Infine al ritorno, Jobate gli tese un’ imboscata deciso di farla finita con lui, ma il divino eroe se la cav
conciliò con lui, gli diè in moglie la sua figliuola e lo le’ sovrano di una parte della Licia. Non molto però potè godere
in che miseramente perì. Secondo Pindaro, si sarebbe attirato l’ odio di Zeus per aver voluto in groppa al suo Pegaso sali
ve ancor ora tira il carro del tuono. — Ancora è da ricordare la fine di Stenebea. Raccontasi che fatto re di parte della
— Ancora è da ricordare la fine di Stenebea. Raccontasi che fatto re di parte della Licia, Bellerofonte tornò a Tirinto s
cia, Bellerofonte tornò a Tirinto sul suo Pegaso, e riaccese l’ amore di Stenebea per lui. Allora egli la prese con sè sul
tarono a Tirinto la salma. Se si ricerca qual sia l’ origine del mito di Bellerofonte, indubbiamente si troverà che esso è
troverà che esso è una delle tante personificazioni del sole. Figlio di Posidone e di Glauco poteva ben essere dai Corinz
sso è una delle tante personificazioni del sole. Figlio di Posidone e di Glauco poteva ben essere dai Corinzii detto il So
rno sembrava a loro sorgere dalle onde del mare; e del resto il culto di Posidone e quello di Apollo o Elio si trovano spe
orgere dalle onde del mare; e del resto il culto di Posidone e quello di Apollo o Elio si trovano spesso connessi; le lott
mitica delle lotte fra il sole e i mostri delle tenebre. 2. La favola di Bellerofonte ha la sua parte nelle opere letterar
sua parte nelle opere letterarie ed artistiche dell’ antica Grecia e di Roma. Un lungo racconto si legge già nel sesto de
dandosi o il cavallo alato o la Chimera o le Amazoni o la trista fine di lui, questa paragonando a quella di Fetonte, come
era o le Amazoni o la trista fine di lui, questa paragonando a quella di Fetonte, come fa ad es. Orazio nell’ 11a ode del
gravatus Bellerophontem .48 — Anche le arti figurative hanno trattato di sovente questo soggetto; molte monete e gemine co
ari trattano questo o quel momento della favola. È celebre la Chimera di Arezzo, pregiato lavoro in bronzo che ora conserv
rezzo, pregiato lavoro in bronzo che ora conservasi nel Museo Etrusco di Firenze. La figura delle Amazoni infine fu una de
ide o alle sue ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi sempre di bipenne e di scudo a mezzaluna. Plinio racconta c
e ninfe ma con membra più tarchiate; armate quasi sempre di bipenne e di scudo a mezzaluna. Plinio racconta che una volta
nta che una volta Fidia, Policleto, Fradmone e Cresila, per desiderio di quei d’ Efeso, fecero a gara chi scolpisse la più
ra chi scolpisse la più bella Amazone. Vinse Policleto con una statua di bronzo che fu conservata parecchio tempo nel temp
con una statua di bronzo che fu conservata parecchio tempo nel tempio di Artemide in Efeso. Anche ora molte statue ci rima
nel tempio di Artemide in Efeso. Anche ora molte statue ci rimangono di Amazoni. Se ne possono distinguere tre tipi: 1º l
vverta che il braccio destro è restauro moderno. 2º L’ Amazone armata di asta, che è il modo come avevala effigiata Fidia.
di asta, che è il modo come avevala effigiata Fidia. Una bella statua di questo genere è nella Galleria Vaticana, portatav
seo Capitolino. 3º L’ Amazone in riposo, che si crede risalga al tipo di Policleto; bellissimo esemplare se ne trova nel B
Inaco si diceva figlio Foroneo, rappresentante del territorio fecondo di Argo, detto da alcuni il primo uomo, venerato com
nerato come iniziatore della coltura del paese, e fondatore del culto di Era sul monte Eubea, in genere come autore dell’
ome autore dell’ ordinamento civile e religioso degli Argivi. Sorella di Foroneo, non men celebre di lui era Io, la cui st
civile e religioso degli Argivi. Sorella di Foroneo, non men celebre di lui era Io, la cui storia antichissima fornì argo
, la cui storia antichissima fornì argomento a più e diversi racconti di poeti e mitografi. Eccola in breve. Io, sacerdote
ersi racconti di poeti e mitografi. Eccola in breve. Io, sacerdotessa di Era, attrasse a sè, per la sua singolare bellezza
ssa di Era, attrasse a sè, per la sua singolare bellezza, gli sguardi di Zeus che se ne innamorò. Di che accortasi la gelo
utò la sua sacerdotessa in una bianca vacca e l’ affidò alla custodia di Argo dai cent’ occhi. Chi puè dire il dolore e de
il dolore e della povera fanciulla che senza aver perso la coscienza di sè si vedeva mutata in vacca e invano accostavasi
enca senza nulla poter fare per lei? Alfine Zeus, mosso a compassione di Io, mandò Ermes che la liberasse dal vigile e ocu
igile e oculato custode. Ermes riuscì ad addormentare tutti gli occhi di Argo, e netta gli recise la testa dal busto, onde
e netta gli recise la testa dal busto, onde l’ epiteto ch’ ei s’ ebbe di Argifonte. Ma Era, pronta alla vendetta, mandò un
alla vendetta, mandò un assillo alla giovenca, e questa infuriata dal di lui morso cominciò a correre all’ impazzata vagan
essa vi fu onorata col nome d’ Iside. Già s’ è fatto cenno, parlando di Ermes, del significato naturalistico di questo mi
ià s’ è fatto cenno, parlando di Ermes, del significato naturalistico di questo mito. Io non è altro che la luna affidata
a affidata alla custodia del cielo stellato, la quale va peregrinando di terra in terra, quasi inseguita dall’ astro maggi
natura; o, come ad altri è sembrato, essa è la bianca nuvola, gravida di pioggia, che, ucciso il suo custode ossia il sole
ete, pitture vascolari anche ora vediamo rappresentare o la mutazione di Io in giovenca, coll’ uccisione di Argo o la fuga
diamo rappresentare o la mutazione di Io in giovenca, coll’ uccisione di Argo o la fuga d’ Io. La fig. 81 rappresenta la v
’ uccisione di Argo o la fuga d’ Io. La fig. 81 rappresenta la venuta di Ermes per la liberazione d’ Io, figurata questa p
principio; ed è tolta da una pittura murale che fu trovata nella casa di Livia sul Palatino, forse copia di qualche celebr
a murale che fu trovata nella casa di Livia sul Palatino, forse copia di qualche celebre pittura antica. b) Danao e
e pittura antica. b) Danao e le Danaidi. 1. Epafo, il figlio di Zeus e di Io, re dell’ Egitto, ebbe una figliuola
antica. b) Danao e le Danaidi. 1. Epafo, il figlio di Zeus e di Io, re dell’ Egitto, ebbe una figliuola, di nome
pafo, il figlio di Zeus e di Io, re dell’ Egitto, ebbe una figliuola, di nome Libia (Libya). Costei sposata a Posidone fu
figliuola, di nome Libia (Libya). Costei sposata a Posidone fu madre di due figliuoli, Agenore e Belo. Quegli regnò sul F
del Nilo, due figliuoli, Egitto e Danao, dei quali il primo fu padre di cinquanta maschi, il secondo di cinquanta femmine
e Danao, dei quali il primo fu padre di cinquanta maschi, il secondo di cinquanta femmine. Sorta discordia tra i fratelli
nao colle cinquanta Danaidi dovette esulare; e costruita, coll’ aiuto di Atena, la prima nave di cinquanta remi, mosse all
idi dovette esulare; e costruita, coll’ aiuto di Atena, la prima nave di cinquanta remi, mosse alla volta di quella terra
ll’ aiuto di Atena, la prima nave di cinquanta remi, mosse alla volta di quella terra da cui era venuta la progenitrice di
i, mosse alla volta di quella terra da cui era venuta la progenitrice di sua stirpe, Io. Vi giunse toccando Rodi, ove, a L
era allora re Gelanore il quale, riconosciuto Danao quale discendente di Io, gli cedette il regno. La leggenda attribuisce
l re Danao, il quale avendo trovato il paese disseccato per lo sdegno di Posidone, lo provvide di acqua, facendo scavare p
do trovato il paese disseccato per lo sdegno di Posidone, lo provvide di acqua, facendo scavare pozzi e canali. Anche avre
acendo scavare pozzi e canali. Anche avrebb’ egli introdotto il culto di Apollo e di Demetra. In seguito favoleggiasi che
re pozzi e canali. Anche avrebb’ egli introdotto il culto di Apollo e di Demetra. In seguito favoleggiasi che i cinquanta
di Apollo e di Demetra. In seguito favoleggiasi che i cinquanta figli di Egitto o Egiziadi vennero anch’ essi ad Argo e ob
date dalla leggenda per la punizione inflitta loro nell’ altro mondo, di attingere continuamente acqua in un vaso senza fo
attingere continuamente acqua in un vaso senza fondo. Anche nel mito di Danao e delle Danaidi è da credere che gli elemen
seccabili; Danao rappresenta l’ industria umana che cerco con l’ arte di rimediare alla naturale deficienza d’ acqua in Ar
n’ antica poesia epica, col titolo Danais, illustra va questo mito; e di poi diversi momenti della leggenda offrirono mate
) Preto e le Pretidi. A Linceo ed Ipermnestra. nacque un figliuolo di nome Abarte, il quale alla sua volta ebbe due gem
da operai licii una forte cittadella, assicurandogli così il possesso di Tirinto, anzi mettendolo in grado di estendere il
assicurandogli così il possesso di Tirinto, anzi mettendolo in grado di estendere il suo dominio fin verso Corinto. Or qu
bitesi per la loro bellezza e per la potenza del padre osarono manear di rispetto agli Dei, in pena di che furono colte da
per la potenza del padre osarono manear di rispetto agli Dei, in pena di che furono colte da schifosa malattia che le rese
i a cui dormendo alcune serpi avevano leccate le orecchie, in seguito di che egli aveva imparato a intendere il linguaggio
nguaggio degli uccelli. Melampo per questa guarigione ottenne la mano di una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, in
li. Melampo per questa guarigione ottenne la mano di una delle figlie di Preto, lfianassa, ed ebbe, insieme con suo fratel
, lfianassa, ed ebbe, insieme con suo fratello Biante parte del regno di Tirinto. Essendo Melampo figlio di Amitaone Messe
uo fratello Biante parte del regno di Tirinto. Essendo Melampo figlio di Amitaone Messenio, la stirpe degli Amitaonidi, in
celebre vate Anfiarao. d) Perseo. 1. Acrisio ebbe una figliuola di nome Danae. Di costei prese vaghezza Zeus; ma Acr
ia e il bambino in una cassetta e questa fè gettare in mare, persuaso di sottrarsi così al destino vaticinatogli. Ma che c
o gli eterni decreti degli Dei? La cassetta si diresse verso l’ isola di Serifo, una delle Cicladi, un pescatore a nome Di
a poich’ ella rifiutavasi, la fè sua schiava. Temendo poi la vendetta di Perseo, fatto omai grandicello, pensò affidargli
affidargli una pericolosa avventura per liberarsene, e gli diè ordine di portargli la testa della terribile Gorgone Medusa
Gorgone Medusa. Eran le Gorgoni, secondo Esiodo, tre sorelle, figlie di Forci (Phorkys) e di Cheto (dette perciò le Forci
le Gorgoni, secondo Esiodo, tre sorelle, figlie di Forci (Phorkys) e di Cheto (dette perciò le Forcidi). Si chiamavano St
rare. Ma vennero in suo soccorso Ermes e Atena, solite guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato di quel c
ena, solite guide ed aiuto di tutti gli eroi. Da loro venne informato di quel ch’ era uopo si procurasse per tentar l’ avv
ura pericolosa, cioè un elmo che rendeva invisibile, una magica sacca di viaggio e un paio di calzari alati. Questi miraco
un elmo che rendeva invisibile, una magica sacca di viaggio e un paio di calzari alati. Questi miracolosi amminicoli li av
i dalla nascita non avevano avuto che un occhio e un dente in comune, di cui si dovevano servire alternatamente. Inoltre P
Medusa secondo gli ammaestramenti avuti da Atena. Siccome lo sguardo di Medusa aveva la forza d’ impietrare chi la riguar
seo s’ accostò camminando all’ indietro, e, giovandosi dello specchio di Atena, tagliò di netto colla falce avuta da Ermes
mminando all’ indietro, e, giovandosi dello specchio di Atena, tagliò di netto colla falce avuta da Ermes il capo della Go
dusa nacquero il cavallo alato Pegaso e Crisaore (Chrysaor), il padre di Gerione. Tornato a Serifo, Perseo impietrò colla
), il padre di Gerione. Tornato a Serifo, Perseo impietrò colla testa di Medusa il suo nemico Polidette, e diè il regno al
regno al fratello Ditti. Poi se ne tornò ad Argo, consegnato il capo di Medusa ad Atena che lo pose sull’ egida sua per s
’ nemici (cfr. pag. 34). Questo il nucleo, abbastanza antico del mito di Perseo; ma il suo viaggio in ignote regioni e la
ma il suo viaggio in ignote regioni e la virtù straordinaria del capo di Medusa che ei portava seco al ritorno, dierono oc
eo, e Cassiepea era la sua moglie; avevano una figliuola assai bella, di nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata d
iuola assai bella, di nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata di sua bellezza e di quella della sua figliuola, e a
di nome Andromeda. Ora essendosi Cassiepea vantata di sua bellezza e di quella della sua figliuola, e avendo osato venire
arino che uccideva uomini e bestie. Gli Etiopi ricorsero all’ oracolo di Ammone, e n’ ebbero risposta sarebbero stati libe
ebbero risposta sarebbero stati liberati dal mostro solo a condizione di offrirgli in pasto la bella figlia del re. Cefeo
nto Andromeda legata allo scoglio, e già il mostro s’ avvicinava pien di desiderio a lei, quando Perseo volando co’ suoi a
o d’ averla sposa; uccise il mostro e sposo Andromeda; non prima pero di aver sostenuto guerra contro Fineo fratello del r
già era stata promessa. In questa guerra molto giovò a Perseo il capo di Medusa, giacchè con esso si sbarazzò di centinaia
molto giovò a Perseo il capo di Medusa, giacchè con esso si sbarazzò di centinaia di nemici impietrandoli. La leggenda di
a Perseo il capo di Medusa, giacchè con esso si sbarazzò di centinaia di nemici impietrandoli. La leggenda di Perseo si ch
on esso si sbarazzò di centinaia di nemici impietrandoli. La leggenda di Perseo si chiude col ritorno dell’ eroe ad Argo.
Perseo si riconcilia bensì coll’ avo suo Acrisio, il quale per timor di lui era fuggito a Larissa, ma, poichè il vaticini
hè il vaticinio dell’ oracolo doveva pure avverarsi, divenne uccisore di lui involontariamente; perchè in occasione di cer
rarsi, divenne uccisore di lui involontariamente; perchè in occasione di certi giochi allestiti dai Larissei in onor di lu
e; perchè in occasione di certi giochi allestiti dai Larissei in onor di lui, egli uccise Acrisio per isbaglio nel lanciar
ise Acrisio per isbaglio nel lanciare il disco. Di poi, vergognandosi di entrar in possesso del regno di Acrisio dopo aver
ciare il disco. Di poi, vergognandosi di entrar in possesso del regno di Acrisio dopo averlo ucciso, scambiò Argo con Tiri
ambiò Argo con Tirinto, cedutagli questa signoria da Megapente figlio di Preto. Ivi egli fondò le città di Midea e di Mice
questa signoria da Megapente figlio di Preto. Ivi egli fondò le città di Midea e di Micene, e per via dei figliuoli natigl
oria da Megapente figlio di Preto. Ivi egli fondò le città di Midea e di Micene, e per via dei figliuoli natigli da Androm
e di Micene, e per via dei figliuoli natigli da Andromeda fu il capo di una illustre prosapia; fra gli altri di Eracle, g
tigli da Andromeda fu il capo di una illustre prosapia; fra gli altri di Eracle, giacchè suo figlio Elettrione fu padre di
apia; fra gli altri di Eracle, giacchè suo figlio Elettrione fu padre di Alcmena e da un altro suo figlio nacque anche Anf
e Anfitrione. Anche fuori della Grecia si vollero trovare discendenti di Perseo. Così i re dei Persiani eran detti prosapi
are discendenti di Perseo. Così i re dei Persiani eran detti prosapia di Perseo, altrettanto i re del Ponto e della Cappad
el Ponto e della Cappadocia: in Egitto pure Erodoto trovà discendenti di Perseo, tantopiù che per via di Danao e Linceo eg
Egitto pure Erodoto trovà discendenti di Perseo, tantopiù che per via di Danao e Linceo egli stesso era d’ origine egizian
rive, e dicevasi che Pilumno avesse sposato Danae e fondato la città di Ardea; onde Turno re dei Rutuli, come è ricordato
rno re dei Rutuli, come è ricordato in Virgilio (En. 7, 410), vantava di discendere da Acrisio. Il significato naturale di
n. 7, 410), vantava di discendere da Acrisio. Il significato naturale di questo mito non può esser dubbio. Perseo è uno de
a lotta che presso le genti ariane ha dato luogo a così ricca varietà di favole. Anche nei particolari si vede: le nozze d
così ricca varietà di favole. Anche nei particolari si vede: le nozze di Zeus-oro e di Danae che altro sono se non la unio
ietà di favole. Anche nei particolari si vede: le nozze di Zeus-oro e di Danae che altro sono se non la unione fecondatric
la unione fecondatrice del cielo e della terra argiva, e la prigione di Danae che altro è se non la nebbiosa caligine del
ne del tuono reboante e spaventoso. E i mostri che nascono dal tronco di Medusa, Crisaore e Pegaso, chi può dubitare rappr
e Acrisio fa anche pensare al disco solare; anche Apollo con un colpo di disco uccide Giacinto (cfr. p. 57). 2. Per tempo
to (cfr. p. 57). 2. Per tempo le avventure straordinarie e commoventi di Perseo entrarono nel dominio della letteratura e
Danae, in un’ Andromeda e un’ altra intitolata da Ditti il pescatore di Serifo. Il commovente episodio di Danae abbandona
ra intitolata da Ditti il pescatore di Serifo. Il commovente episodio di Danae abbandonata col bambino sul mare, piena di
commovente episodio di Danae abbandonata col bambino sul mare, piena di umiltà e di rassegnazione ai voleri di Zeus, ha i
episodio di Danae abbandonata col bambino sul mare, piena di umiltà e di rassegnazione ai voleri di Zeus, ha ispirato uno
ta col bambino sul mare, piena di umiltà e di rassegnazione ai voleri di Zeus, ha ispirato uno dei più bei canti di Simoni
di rassegnazione ai voleri di Zeus, ha ispirato uno dei più bei canti di Simonide 49. A tacer d’ altri, sia ancora ricorda
ti di Simonide 49. A tacer d’ altri, sia ancora ricordato il racconto di Ovidio, nel quarto e quinto delle Metamorfosi, do
l quarto e quinto delle Metamorfosi, dove specialmente la liberazione di Andromeda e la guerra mossa da Fineo contro Perse
la tradizione. Che anche l’ arte assai per tempo abbia fatto suo pro’ di questo terna ricco di belle situazioni, oltre ad
he l’ arte assai per tempo abbia fatto suo pro’ di questo terna ricco di belle situazioni, oltre ad alcuni antichi vasi n’
oltre ad alcuni antichi vasi n’ è prova la celebre Metope del tempio di Selinunte, rappresentante l’ uccisione di Medusa.
a celebre Metope del tempio di Selinunte, rappresentante l’ uccisione di Medusa. Più tardi si moltiplicarono simili rappre
i, e che ora trovasi nel Museo Capitolino. Rappresenta la liberazione di Andromeda; il mostro giace morto in terra e Andro
a da Perseo; entrambe le statue nottevoli per espressione ed eleganza di movimento. Lo stesso motivo si trova pure trattat
hie pitture pompeiane, e in un altro rilievo marmoreo che è nel Museo di Napoli. Solitamente Perseo vien raffigurato co
Solitamente Perseo vien raffigurato col calzari alati, colla falce di cui si servi per uccidere Medusa e coll’ elmo che
lo rendeva invisibile. Il suo aspetto in genere ricorda molto quello di Ermes. — La testa della Medusa fu pure un tema fr
mente trattato. Siccome la superstizione attribuiva a queste maschere di Gorgoni la forza di allontanare le disgrazie, se
ome la superstizione attribuiva a queste maschere di Gorgoni la forza di allontanare le disgrazie, se ne faceva molto uso
ugli scudi, sulle corazze, sul battenti delle porte e su vari oggetti di uso domestico. Si notano due momenti nella storia
su vari oggetti di uso domestico. Si notano due momenti nella storia di questa rappresentazione artistica. I più antichi
ia di questa rappresentazione artistica. I più antichi si ingegnavano di dare alla testa di Medusa un’ espressione terribi
sentazione artistica. I più antichi si ingegnavano di dare alla testa di Medusa un’ espressione terribile, quindi sguardo
i, la chioma distesa e liscia sulla fronte e intorno alla testa a mo’ di collana un annodamento di serpi. Da Prassitele in
cia sulla fronte e intorno alla testa a mo’ di collana un annodamento di serpi. Da Prassitele in poi l’ arte disdegnò ques
alla morte. Un bell’ esempio l’ abbiamo nella Medusa della Gliptoteca di Monaco, che si riproduce nella fig. 83, provenien
nde delle provincie meridionali del Peloponneso ricordavano come eroi di que’ luoghi Tindareo, padre dei Dioscuri, di Elen
so ricordavano come eroi di que’ luoghi Tindareo, padre dei Dioscuri, di Elena e di Clitennestra, Afareo, il padre di Ida
ano come eroi di que’ luoghi Tindareo, padre dei Dioscuri, di Elena e di Clitennestra, Afareo, il padre di Ida e di Linceo
reo, padre dei Dioscuri, di Elena e di Clitennestra, Afareo, il padre di Ida e di Linceo (detti perciò Afaridi), Leucippo,
e dei Dioscuri, di Elena e di Clitennestra, Afareo, il padre di Ida e di Linceo (detti perciò Afaridi), Leucippo, padre di
, il padre di Ida e di Linceo (detti perciò Afaridi), Leucippo, padre di Ilaira e Febe (dette perciò le Leucippidi), Icari
o, padre di Ilaira e Febe (dette perciò le Leucippidi), Icario, padre di Penelope, infine Periere in Messenia ed Ebalo (Oe
Ebalo (Oebalus) in Laconia. Ben presto si cercò stabilire un rapporto di parentela tra questi eroi. L’ idea prevalente ven
questa che Tindareo, Afareo, Leucippo, Icario fossero fratelli, figli di Periere; secondo altri, Periere era padre soltant
fratelli, figli di Periere; secondo altri, Periere era padre soltanto di Afareo e Leucippo, ed Ebalo si faceva padre degli
rono amichevole accoglienza presso Testio, signore dell’ antica città di Pleurone in Etolia. Costui diede loro in moglie l
uole, a Icario Policaste che ebbe per figlia Penelope la futura sposa di Ulisse, a Tindareo la bella Leda, madre dei gemel
iù tardi Tindareo fu restituito per opera d’ Ercole alla sua signoria di Amicla (Amyclae) in Laconia, uccise Ippocoonte e
la sua signoria di Amicla (Amyclae) in Laconia, uccise Ippocoonte e i di lui bellicosi figliuoli. Ora è da ricordare che u
igliuoli. Ora è da ricordare che un’ antichissima leggenda raccontava di Leda come amata da Zeus, che le s’ era accostato
che le s’ era accostato in forma d’ un cigno. Ma poi quale dei figli di Leda avesse origine divina, correvano tradizioni
, correvano tradizioni molto diverse. Per Omero solo Elena era figlia di Zeus, Castore e Polluce e anche Clitennestra eran
ra figlia di Zeus, Castore e Polluce e anche Clitennestra erano figli di Tindareo, detti perciò Tindaridi. Più tardi si fe
, detti perciò Tindaridi. Più tardi si fecero Castore e Polluce figli di Zeus e però si dissero Dioscuri; più tardi ancora
dissero Dioscuri; più tardi ancora Castore si disse mortale e figlio di Tindareo, Polluce immortale e figlio di Zeus. In
ore si disse mortale e figlio di Tindareo, Polluce immortale e figlio di Zeus. In alcuni racconti si parla di un uovo depo
areo, Polluce immortale e figlio di Zeus. In alcuni racconti si parla di un uovo deposto da Leda, dal quale poi sarebbero
per cui i due gemelli si segnalarono; Castore era abilissimo domator di cavalli, Polluce era un bravo pugilatore e anche
a un bravo pugilatore e anche cavalcatore. Essi fecero una spedizione di guerra contro Teseo che aveva rapito la loro sore
rra contro Teseo che aveva rapito la loro sorella Elena ancor bambina di dieci anni, e presa per assedio la città di Afidn
rella Elena ancor bambina di dieci anni, e presa per assedio la città di Afidna, riuscirono a liberarla. Poi presero parte
co (Amykos). Anche presero parte alla caccia del cinghiale Calidonio, di cui si parlerà. Ultima loro impresa fu la lotta c
a loro impresa fu la lotta contro gli Afaridi loro cugini. La cagione di questa contesa è diversamente narrata; or si dice
ta; or si dice che nacque per aver essi, i Dioscuri, rapite le figlie di Leucippo re Messenia, le quali già erano fidanzat
figlie di Leucippo re Messenia, le quali già erano fidanzate ai figli di Afareo; or si parla di un bottino fatto in comune
essenia, le quali già erano fidanzate ai figli di Afareo; or si parla di un bottino fatto in comune d’ una mandra di giove
li di Afareo; or si parla di un bottino fatto in comune d’ una mandra di giovenchi, per la divisione del quale non rimaser
be le fraterne coppie; Castore fu ucciso da Ida, allora Polluce pieno di dispetto uccise Linceo, mentre Ida veniva colpito
no di dispetto uccise Linceo, mentre Ida veniva colpito da un fulmine di Zeus. Polluce, addoloratissimo per la morte del f
i; ma ciò non poteva essere perchè egli era immortale; alfine ottenne di passare un’ esistenza non separata dal fratello a
godessero entrambi la luce dell’ Olimpo. I Dioscuri divennero oggetto di grande venerazione non solo in Isparta ma in tutt
ar della tempesta. Quelle fiaramelle elettriche le quali in occasione di forti temporali vedonsi sulla cima degli alberi d
egli alberi delle navi e in genere sulle punte, dette da noi « fuochi di St. Elmo » considerate anche ora come indizii del
ai Dioscuri lasciavano indovinare agevolmente il senso naturalistico di questo mito. Essi erano fenomeni di luce ma di lu
gevolmente il senso naturalistico di questo mito. Essi erano fenomeni di luce ma di luce che lotta contro dei nemici, prob
il senso naturalistico di questo mito. Essi erano fenomeni di luce ma di luce che lotta contro dei nemici, probabilmente i
ano a Sparta per cui essi erano i protettori dello Stato, e i modelli di ogni virtù per i giovani. Nelle spedizioni di gue
ello Stato, e i modelli di ogni virtù per i giovani. Nelle spedizioni di guerra gli Spartani portavano spesso con sè un si
o si manteneva in onor dei Dioscuri. Ad Atene erano venerati col nome di Anakes (ossia Anactes, i re, i dominatori) e cele
merenze dei Dioscuri verso i naviganti. Altri epici antichi cantarono di loro e della discendenza di Leda; poi li celebrar
naviganti. Altri epici antichi cantarono di loro e della discendenza di Leda; poi li celebrarono parecchi lirici, tra cui
lebrarono parecchi lirici, tra cui Saffo, lo spartano Alcmane, autore di un inno che era molto cantato a Sparta, sopra tut
utore di un inno che era molto cantato a Sparta, sopra tutti Simonide di Ceo il quale serbava gratitudine ai Dioscuri per
e stato da loro salvato da certa morte. In una poesia scritta in onor di Scopa, della famiglia degli Alevadi, aveva egli l
gli lodato bensì il ricco uomo, ma molto anche i Dioscuri protettori; di che indispettito Scopa non aveva pagato l’ onorar
dare dai tanto lodati Dei. Orbene celebrandosi poco dopo nel palazzo di Scopa un solenne banchetto a cui era stato invita
a stato invitato anche il poeta, ecco giungono al palazzo due giovani di forme più che umane, sparsi di polvere e grondant
, ecco giungono al palazzo due giovani di forme più che umane, sparsi di polvere e grondanti di sudore; i quali per mezzo
zzo due giovani di forme più che umane, sparsi di polvere e grondanti di sudore; i quali per mezzo d’ un servo chiaman luo
ezzo d’ un servo chiaman luori Simonide come avessero urgente bisogno di parlargli. Appena Simonide ebbe messo il piede lu
piede luori della sala da pranzo, d’ un tratto sprofonda il pavimento di questa, traendo a morte Scopa e tutti quelli che
n essi i Dioscuri, comparsi solo per salvar la vita al poeta. — Cenni di benefici ottenuti od aspettati da Castore e Pollu
ovano spesso anche negli scrittori latini; a che contribuiva il fatto di essere i Dioscuri identificati con una costellazi
identificati con una costellazione, i lucida sidera fratres Helenae di Orazio, la cui apparita era di buon augurio. L’ a
one, i lucida sidera fratres Helenae di Orazio, la cui apparita era di buon augurio. L’ arte soleva rappresentare i Dios
come bel giovani, solitamente nudi o con una leggiera clamide in atto di tener in freno indomiti cavalli. Portavano in tes
o in testa un berretto semi-ovale sormontato da una stella. I colossi di Monte Cavallo a Roma, sono tra le più celebri sta
lossi di Monte Cavallo a Roma, sono tra le più celebri statue antiche di Dioscuri; veramente non un lavoro originale di sc
celebri statue antiche di Dioscuri; veramente non un lavoro originale di scalpello greco, bensì una copia ricavata da mode
lli in bronzo, ma in ogni modo una copia fatta bene e forse dell’ eta di Augusto. A Vienna trovasi un rilievo proveniente
evo proveniente dalla Licia, rappresentante il rapimento delle figlie di Leucippo, lavoro anche questo molto interessante.
e i primi inizii della loro civiltà, è Cecrope; più tardi pero anche di Cecrope, come di Cadmo, si favoleggiò che fosse v
della loro civiltà, è Cecrope; più tardi pero anche di Cecrope, come di Cadmo, si favoleggiò che fosse venuto dall’ Egitt
tore della cittadella (Cecropia), il fondatore del culto antichissimo di Zeus Hypatos e di Atena Polias. Sotto di Cecrope
lla (Cecropia), il fondatore del culto antichissimo di Zeus Hypatos e di Atena Polias. Sotto di Cecrope si diceva avesse a
atore del culto antichissimo di Zeus Hypatos e di Atena Polias. Sotto di Cecrope si diceva avesse avuto luogo la contesa d
tena Polias. Sotto di Cecrope si diceva avesse avuto luogo la contesa di Posidone e di Atena pel possesso dell’ Attica, e
otto di Cecrope si diceva avesse avuto luogo la contesa di Posidone e di Atena pel possesso dell’ Attica, e soggiungevasi
nza e rendeva possibile la coltura della terra, specie dell’ olivo, e di questa diffusione di coltura un po di merito spet
le la coltura della terra, specie dell’ olivo, e di questa diffusione di coltura un po di merito spettava ai primi abitato
la terra, specie dell’ olivo, e di questa diffusione di coltura un po di merito spettava ai primi abitatori del paese. Anc
rimi abitatori del paese. Anche al significato naturalistico del mito di Cecrope si riferisce il fatto che gli attribuivan
luvio Deucalioneo. Cacciato Cranao, si dice sia succeduto nel governo di Atene un Amfizione, figlio di Deucalione. Questi
anao, si dice sia succeduto nel governo di Atene un Amfizione, figlio di Deucalione. Questi sarebbe stato privato del regn
uesta consegnollo in una cassa chiusa alle sue sacerdotesse le figlie di Cecrope, proibendo di aprirla. Avendo esse disobb
na cassa chiusa alle sue sacerdotesse le figlie di Cecrope, proibendo di aprirla. Avendo esse disobbedito, vennero in puni
ndo di aprirla. Avendo esse disobbedito, vennero in punizione colpite di pazzia; ed Erittonio venne allevato dalla stessa
ato dalla stessa Dea nel suo santuario dell’ Acropoli, e fatto poi re di Atene. Anche ad Erittonio, come a Cecrope, la leg
’ altra leggenda relativa ad Erittonio, quella secondo la quale sotto di lui l’ Attica sarebbe stata invasa da Eumolpo fig
a quale sotto di lui l’ Attica sarebbe stata invasa da Eumolpo figlio di Posidone con buon numero di Traci e d’ Eleusini;
ca sarebbe stata invasa da Eumolpo figlio di Posidone con buon numero di Traci e d’ Eleusini; Erittonio, si diceva, non po
ì a vincerlo. Entrambi i capi sarebbero morti nello scontro. La tomba di Erittonio dicevasi conservata nell’ Eretteo, il s
i Erittonio dicevasi conservata nell’ Eretteo, il sacro antico tempio di Atena sull’ Acropoli, dove pure si conservava il
r sbaglio da lui stesso mentre ella lo spiava. In Atene dopo la morte di Eretteo, secondo la tradizione seguita dai Tragic
a nel seguente modo. Il primo Eretteo o Erittonio sarebbe stato padre di Pandione succeduto a lui nel regno; Pandione avre
uole Progne e Filomela; il secondo Eretteo poi sarebbe stato il padre di Orizia e di Procri e avrebbe avuto Ione per succe
e Filomela; il secondo Eretteo poi sarebbe stato il padre di Orizia e di Procri e avrebbe avuto Ione per successore. 3. De
e di Orizia e di Procri e avrebbe avuto Ione per successore. 3. Degna di ricordo la storia di Progne e Filomela. Progne er
ri e avrebbe avuto Ione per successore. 3. Degna di ricordo la storia di Progne e Filomela. Progne era andata sposa a Tese
do la storia di Progne e Filomela. Progne era andata sposa a Teseo re di Tracia, e con lui viveva da molti anni in buona c
on lui viveva da molti anni in buona compagnia. Le venne il desiderio di rivedere la sorella Filomela e pregò Teseo si rec
ela se n’ innamorò perdutamente; chiestala ed ottenutala col pretesto di condurla dalla sorella, la portò in luogo remoto
gliò crudelmente la lingua. La povera Filomela non poteva trovar modo di scampo e di vendetta, finalmente riuscì a far per
ente la lingua. La povera Filomela non poteva trovar modo di scampo e di vendetta, finalmente riuscì a far pervenire alla
le faceva conoscere la disgrazia sua. Progne tutta voltasi a pensieri di vendetta, profittando delle feste bacchiche, simu
la liberò e la condusse alla reggia, poi tutte e due insieme furenti di odio e di vendetta, sgozzarono il piccolo Iti che
e la condusse alla reggia, poi tutte e due insieme furenti di odio e di vendetta, sgozzarono il piccolo Iti che Progne av
avuto da Teseo, e tagliatene le membra le apprestarono in cibo al re; di che accortosi egli, voleva far scempio delle ree
lomela in rondine, com’ egli fu convertito in upupa. 4. Questo gruppo di leggende offriva begli argomenti alla poesia e al
’ aggirino intorno ad essi. Il ratto d’ Orizia tra altri fu argomento di tragedia ad Eschilo; Sofocle sceneggiò la leggend
ri fu argomento di tragedia ad Eschilo; Sofocle sceneggiò la leggenda di Procri e quella di Progne, imitato poi nell’ ulti
tragedia ad Eschilo; Sofocle sceneggiò la leggenda di Procri e quella di Progne, imitato poi nell’ ultima dai latini Livio
e Accio. E tutte tre queste leggende raccontò, con l’ usata ricchezza di colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto
queste leggende raccontò, con l’ usata ricchezza di colori e vivacità di sentimento, Ovidio nel sesto e nel settimo delle
nel settimo delle sue Metamorfosi; che sono tra gli episodi più belli di tutta l’ opera. Anche diverse pitture vascolari h
utta l’ opera. Anche diverse pitture vascolari hanno rappresentazioni di queste scene, e se ne trovano in parecchi musei d
o i nomi dei più antichi re, faceva il secondo Eretteo padre oltrechè di Orizia e Procri, anche di un altro Cecrope e di M
e, faceva il secondo Eretteo padre oltrechè di Orizia e Procri, anche di un altro Cecrope e di Mezione; e dei pari al seco
retteo padre oltrechè di Orizia e Procri, anche di un altro Cecrope e di Mezione; e dei pari al secondo Cecrope assegnava
ondo Cecrope assegnava per figliuolo un secondo Pandione, fatto padre di Egeo, Pallante, Niso e Lico. Si diceva che questo
o e Lico. Si diceva che questo Pandione scacciato dal trono dai figli di Mezione o Mezionidi, si fosse rifugiato a Megara;
trono dai figli di Mezione o Mezionidi, si fosse rifugiato a Megara; di là i suoi quattro figli, teste nominati, i Pandio
e la sua città assediata da Minosse cretese ed è allora che la figlia di lui, Scilla, innamoratasi del forestiero assediat
glia di lui, Scilla, innamoratasi del forestiero assediatore, strappò di testa al padre quel capello d’ oro da cui dipende
o Ciris. Infine Egeo si trovò alle strette per causa dei Pallantidi e di Minosse; dai quali pericoli lo salvò solo il figl
di Minosse; dai quali pericoli lo salvò solo il figlio Teseo. — Prima di narrare le gesta di costui, si ricordi ancora tra
i pericoli lo salvò solo il figlio Teseo. — Prima di narrare le gesta di costui, si ricordi ancora tra i Mezionidi Dedalo
e una corporazione d’ artefici. 2. Venendo a dire più particolarmente di Teseo, l’ eroe più celebre e come a dire l’ Eracl
fu madre. Essendo Egeo senza figli ed essendosi rivolto all’ oracolo di Delfo, questi gli rispose in maniera ch’ ei non c
Trezene dal saggio Pitteo per averne consiglio; ivi conobbe la figlia di lui Etra e n’ ebbe un figliuolo che fu Teseo; ma
; ma siccome Etra era amata da Posidone, Teseo era detto anche figlio di Posidone. Se si considera che Egeo e Posidone s’
one s’ identificano, si capirà facilmente che Teseo figlio del mare e di Etra, ossia l’ aria serena, è ancora una personif
i tra Trezene e Ermione, coll’ ordine che quando Teseo fosse in grado di sollevare quel masso, allora prendesse spada e sa
el masso, lo sollevò facilmente, e da quel momento iniziò la sua vita di eroe. — Avviatosi ad Atene compì una serie di fat
ento iniziò la sua vita di eroe. — Avviatosi ad Atene compì una serie di fatti eroici. Generalmente se ne contano sei: 1º
ne contano sei: 1º fra Trezene ed Epidauro uccise Perifete, un figlio di Efesto, rozzo come il padre, che aggrediva i vian
come il padre, che aggrediva i viandanti e li uccideva con una mazza di ferro (perciò detto Corinete, dalla voce greca co
detto Corinete, dalla voce greca coryne, mazza). 2º Sull’ istmo tolse di mezzo un altro assassino, Sini, detto Pitiocampte
n altro assassino, Sini, detto Pitiocampte (Pityocamptes) o piegatore di pini, perchè attaccava i passeggieri a due pini p
e. 3º Uccise una selvaggia e pericolosa scrofa che infestava il bosco di Crominione. 4º Liberò lo stretto passo Scironico
da Corinto s’ era rifuggita ad Atene. E già Medea minacciava toglier di mezzo anche il nuovo venuto ed aveva preparato al
stacolo sorgeva contro lui da parte dei Pallantidi, i cinquanta figli di Pallante, che appunto volevano entrare in possess
e cacciati da Teseo. Così rimase Teseo col padre incontestato signore di Atene. Qui è da collocare la spedizione più peric
, secondo altra leggenda, lo avevano mandato contro il terribile toro di Maratona e n’ era rimasto vittima, mosse coll’ ar
o vittima, mosse coll’ armi alla vendetta. Prese Megara e fu occasion di morte, come già si raccontò, al re Niso; vinse an
ati dal Minotauro, il mostro mezzo uomo mezzo toro, nato dall’ unione di Pasifae con un toro mandato da Posidone, nascosto
ae con un toro mandato da Posidone, nascosto da Minosse nel labirinto di Cnosso (probabilmente ricordo di una divinità fen
e, nascosto da Minosse nel labirinto di Cnosso (probabilmente ricordo di una divinità fenicia, il dio Baal, rappresentato
di una divinità fenicia, il dio Baal, rappresentato appunto con testa di toro, onorato con sacrifizi umani). Già due volte
ributo personale era stato pagato dagli Ateniesi; poco dopo l’ arrivo di Teseo ad Atene, doveva aver luogo la terza spediz
fu guida ed aiuto la Dea Afrodite. La quale inflammo Ariadne, figlia di Minosse, di amorosa passione verso Teseo; e quest
aiuto la Dea Afrodite. La quale inflammo Ariadne, figlia di Minosse, di amorosa passione verso Teseo; e questo fu la salv
di Minosse, di amorosa passione verso Teseo; e questo fu la salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo c
o; e questo fu la salvezza di lui perche Ariadne gli die’ un gomitolo di filo col quale egli potè penetrare nel labirinto,
nel suo ritorno, come a Nasso fu da lui abbandonata, e divenne moglie di Dioniso, già s’ è narrato nel capitolo relativo a
relativo a questo Dio. Nel ritorno ad Atene Teseo fu indiretta cagion di morte ad Egeo suo padre; erano rimasti d’ intesa
agion di morte ad Egeo suo padre; erano rimasti d’ intesa che in caso di felice ritorno avrebbe egli spiegato vela bianca
, mentre salpava con vela nera nell’ andata; Teseo tornando si scordò di spiegar vela bianca; Egeo vedendo la vela nera e
tiche; in ringraziamento alla sua divina protettrice istituì il culto di Afrodite Pandemo, e in onor di Dioniso ed Ariadna
ua divina protettrice istituì il culto di Afrodite Pandemo, e in onor di Dioniso ed Ariadna fondò le Oscoforie (oschophori
ed Ariadna fondò le Oscoforie (oschophoria), consistenti in una gara di corsa in cui venti giovani portavano tralci di vi
onsistenti in una gara di corsa in cui venti giovani portavano tralci di vite con grappoli e in una processione dal tempio
i vite con grappoli e in una processione dal tempio d’ Atena a quello di Dionisio, con sacrifizii; fondò pure le Pianepsie
(Pyanepsia) per il settimo giorno del mese Pianepsione, verso la fine di Ottobre, feste destinate a ringraziare la Divinit
dei frutti autunnali e lamentare colla fine dell’ estate la dipartita di Apollo. Politicamente Teseo riunì in una comunità
atenee a cui tutti gli Attici prendevano parte. — Delle altre imprese di Teseo, meritano ancora di essere ricordate le seg
ici prendevano parte. — Delle altre imprese di Teseo, meritano ancora di essere ricordate le seguenti: 1º ei domò il toro
, meritano ancora di essere ricordate le seguenti: 1º ei domò il toro di Maratona, quello stesso che Eracle aveva portato
con Piritoo e per fare cosa a lui grata scese all’ inferno allo scopo di rapire Persefone: ma Plutone mandò le Erinni a in
incatenarlo e farlo sedere a forza sopra un sasso che aveva la virtù di ritenere come incollati quelli che si posavan su.
llati quelli che si posavan su. Teseo fu più tardi liberato per opera di Eracle come si vedrà. Durante la sua assenza, i D
za, i Dioscuri ripresero la loro sorella dopo aver espuguato la città di Afidna ov’ ella era rinchiusa. 5º Insiem con Erac
tei seguì volontariamente Teseo ad Atene e divenne sua moglie e madre di quell’ ippolito (Hippolytos) che fini poi così tr
(Hippolytos) che fini poi così tragicamente, perchè accusato al padre di aver insidiato alla virtù delle sua matrigna Fedr
padre di aver insidiato alla virtù delle sua matrigna Fedra (sorella di Ariadne, sposata da Teseo dopo Antiopa), Teseo pr
ccasione costei anzichè unirsi alle sue conuazionali, combattè contro di loro a fianco dello sposo, ma venne uccisa. 7º Pr
caccia del cinghiale Calidonio; 8º e alla spedizione degli Argonauti, di cui parleremo appresso. — Riman da raccontare la
i Argonauti, di cui parleremo appresso. — Riman da raccontare la fine di Teseo. Toltagli la signoria di Atene da Menesteo
ppresso. — Riman da raccontare la fine di Teseo. Toltagli la signoria di Atene da Menesteo aiutato dai Dioscuri, egli si r
a di Atene da Menesteo aiutato dai Dioscuri, egli si recò nell’ isola di Sciro; ivi fu prima accolto benignamente dal re L
natogli da Fedra, riuscì a ottenere la successione. Più tardi le ossa di Teseo furono, per ordine dell’ oracolo, da Sciro
rio si può dire abbia dato il suo contributo a illustrare la leggenda di Teseo. La canto prima Omero in alcuni passi dell’
celebro alcuni momenti della leggenda, sopratutto le pietose vicende di Arianna; e la tragedia con Sofocle e Euripide sce
rianna; e la tragedia con Sofocle e Euripide sceneggiò la triste fine di Egeo e di Ippolito. Persino un dramma satirico fu
la tragedia con Sofocle e Euripide sceneggiò la triste fine di Egeo e di Ippolito. Persino un dramma satirico fu composto
o. Persino un dramma satirico fu composto da Euripide sull’ avventura di Schirone. È una biografia regolare, come si tratt
ardi tempi Plutarco. Tra i Latini ricordiamo Catullo, gentile cantore di Arianna nell’ Epitalamio di Peleo e di Tetide, e
atini ricordiamo Catullo, gentile cantore di Arianna nell’ Epitalamio di Peleo e di Tetide, e Ovidio che nell’ ottavo dell
diamo Catullo, gentile cantore di Arianna nell’ Epitalamio di Peleo e di Tetide, e Ovidio che nell’ ottavo delle Metamorfo
Ovidio che nell’ ottavo delle Metamorfosi narrò da par suo la caduta di Megara e l’ uccisione del Minotauro. Del pari ogn
e e arti minori, trassero ispirazione da qualche punto della leggenda di Teseo. In genere egli era figurato come un Eracle
a di Teseo. In genere egli era figurato come un Eracle, ma più svelto di corpo e più vivace d’ aspetto, le note che contra
la stirpe ionica in confronto della dorica; anch’ esso portava pelle di leone e mazza, qualche volta anche la clamide e i
ci. Su molti fra i pubblici monumenti ateniesi era scolpita la figura di Teseo: così nel tempio detto di Teseo le metope p
menti ateniesi era scolpita la figura di Teseo: così nel tempio detto di Teseo le metope portavano in rilievo rappresentaz
to di Teseo le metope portavano in rilievo rappresentazioni dei fatti di lui; alcune ancora esistono ma guaste e stroncate
del lato meridionale a rappresentare la Centauromachia con intervento di Teseo, e le metope del lato occidentale a figurar
a lotta degli Ateniesi contro le Amazoni. Anche nel campo dello scudo di Atena Parteno era raffigurata la lotta contro le
Atena Parteno era raffigurata la lotta contro le Amazoni. Pure fuori di Atene parecchi templi portavano ricordi statuari
azoni. Pure fuori di Atene parecchi templi portavano ricordi statuari di Teseo; il frontone occidentale del tempio di Zeus
rtavano ricordi statuari di Teseo; il frontone occidentale del tempio di Zeus in Olimpia lo aveva tra i combattenti contro
zione del fregio che ornava la colla del tempio d’ Apollo in Figalia, di cui importanti reliquie possiede ora il Museo Bri
ra il Museo Britannico. Noi presentiamo nella fig. 84 la riproduzione di un gruppo in bronzo, rappresentante la lotta di T
g. 84 la riproduzione di un gruppo in bronzo, rappresentante la lotta di Teseo contro il Minotauro, trovato non è molto pr
a nella valle superiore del Meandro e posseduto attualmente dal Museo di Berlino. Anche ricorderemo un bel rilievo della v
eo nel momento che trae fuori ili sotto il masso la spada e i sandali di suo padre. VII. Creta. a) Minosse e i
tricate. L’ eroe mitico dell’ isola e primo re fu Minosse. Era figlio di Zeus e di Europa. Costei, nata da un Fenice, dice
’ eroe mitico dell’ isola e primo re fu Minosse. Era figlio di Zeus e di Europa. Costei, nata da un Fenice, dice Omero, da
Agenore re dei Fenici, dicono i mitografi posteriori, quindi sorella di Cadmo, soleva andare a sollazzarsi colle ancelle
i, quindi sorella di Cadmo, soleva andare a sollazzarsi colle ancelle di Tiro sulla riva del mare. Vide, in mezzo all’ arm
a Zeus che aveva preso quell’ aspetto per accostarsi a lei. La figlia di Agenore s’ avvicina a si leggiadro animale e prim
n lui; egli posa il fianco sull’ arena ed offre il dorso alle carezze di lei e gode farsi adornare di flori le corna. Alfi
ll’ arena ed offre il dorso alle carezze di lei e gode farsi adornare di flori le corna. Alfine la regale donzella osò anc
i le corna. Alfine la regale donzella osò anche sedersi sulla schiena di lu; e allora il Dio si alza tosto, accostasi al l
tuffasi nell’ acqua e via sen va colla sua preda. Si poso nell’ isola di Creta. Ivi Europa divenne madre di Minosse, di Ra
lla sua preda. Si poso nell’ isola di Creta. Ivi Europa divenne madre di Minosse, di Radamanto (Rhadamanthus o Rhadamanthy
a. Si poso nell’ isola di Creta. Ivi Europa divenne madre di Minosse, di Radamanto (Rhadamanthus o Rhadamanthys), secondo
sse, di Radamanto (Rhadamanthus o Rhadamanthys), secondo alcuni anche di Sarpedone, eroe licio. Zeus poi laseiò Europa e i
uita dal Dio del cielo in forma d’ un bianco toro; appunto in Gortina di Creta si credeva pascolassero gli armenti del sol
credeva pascolassero gli armenti del sole; Asterio poi a cui i figli di Europa sono affidati non è che un’ altra forma di
o poi a cui i figli di Europa sono affidati non è che un’ altra forma di Zeus, e di fatti si parla anche di un Zeus Asteri
i figli di Europa sono affidati non è che un’ altra forma di Zeus, e di fatti si parla anche di un Zeus Asterios, come a
affidati non è che un’ altra forma di Zeus, e di fatti si parla anche di un Zeus Asterios, come a dire Dio degli astri, ci
fratelli, Minosse regnò solo in Creta e si sposò con Pasifae, figlia di Elio (altra personificazione della luna); da cui
essore nel governo, Deucalione, Glauco e Androgeo e alcune figliuole, di cui le più celebri furono Arianna (Ariadne) e Fed
dne) e Fedra. Minosse, ispirato dal padre, col quale dicevasi venisse di quando in quando a segreto colloquio, die’ savie
iritto al trono, ma la bellezza del toro gli suggeri la malvagia idea di appropriarselo e sacrificar un altro toro a Posid
o toro a Posidone. Ne fu ben punito, perchè il Dio ispirò alla moglie di Minosse Pasifae un pazzo amore per quel toro, si
e ridusselo al suo desiderio. Ne nacque il Minotauro, mostro composto di corpo umano con collo e testa di toro, che Minoss
nacque il Minotauro, mostro composto di corpo umano con collo e testa di toro, che Minosse fece rinchiudere nel labirinto
nchiudere nel labirinto costruttogli da Dedalo. Questo celebre figlio di Mezione e pronipote di Eretteo, avendo per gelosi
costruttogli da Dedalo. Questo celebre figlio di Mezione e pronipote di Eretteo, avendo per gelosia d’ arte ucciso il suo
pel re Minosse, tra altri edifici, il labirinto con tanti andirivieni di strade che niuno entratovi era in grado di uscirn
into con tanti andirivieni di strade che niuno entratovi era in grado di uscirne. A pascere il Minotauro la rinchiuso Mino
o, come Teseo li avesse alfine liberati venendo a Creta e coll’ aiuto di Arianna e di Dedalo penetrando nel labirinto e uc
li avesse alfine liberati venendo a Creta e coll’ aiuto di Arianna e di Dedalo penetrando nel labirinto e uccidendo il Mi
sgomentatosi pensò sfuggire per le vie aeree, e fabbricate delle ali di penne, le adattò con cera al suo corpo e a quello
a e staccatesi l’ aie, precipitò in quel mare che da lui ebbe il nome di Icario. Dedalo più prudente e più fortunato giuns
l nome di Icario. Dedalo più prudente e più fortunato giunse a Cuma e di là in Sicilia, dov’ ebbe benigna accoglienza dal
al re Cocalo. Là si recò subito anche Minosse per far vendetta contro di lui, e richiese a Cocalo la restituzione del fugg
non che ottenerla, fu egli stesso ucciso per istigazione delle figlie di Cocalo. Secondo una nota leggenda, ma di tarda fo
per istigazione delle figlie di Cocalo. Secondo una nota leggenda, ma di tarda formazione, Minosse diventò col fratello Ra
llo Radamanto e con Eaco il giudice dei morti nell’ Averno. Dei figli di Minosse, Catreo, come già si disse, gli succedett
come già si disse, gli succedette nel trono. Ebbe egli tre figliuole di cui una, Erope, sposa prima a Plistene poi ad Atr
uole di cui una, Erope, sposa prima a Plistene poi ad Atreo, fu madre di Agamennone e Menelao, l’ altra, Climene, sposa a
un figlio, Altemene, che andò a stabilirsi a Rodi fondandovi il culto di Zeus Atabyrios. Da questo figlio Altemene Catreo
ebbe morte secondo un’ antica disposizione dell’ oracolo. Altri figli di Minosse furono Deucalione che prese parte alla ca
alione che prese parte alla caccia del cinghiale Calidonio e fu padre di Idomeneo uno degli eroi Greci a Troia; Glauco che
roi Greci a Troia; Glauco che trovò fanciullo la sua morte in un vaso di miele dove cadde, ma fu richiamato in vita dall’
di miele dove cadde, ma fu richiamato in vita dall’ indovino Poliido di Argo, o secondo altri da Asclepio; infine l’ ulti
l medesimo in racconto notissimo dell’ ottavo libro (183-230) la fuga di Dedalo dal labirinto e la conseguente caduta fata
3-230) la fuga di Dedalo dal labirinto e la conseguente caduta fatale di Icaro; già abbiamo altrove ricordato dello stesso
abbiamo altrove ricordato dello stesso libro il racconto della caduta di Megara e dell’ uccisione del Minotauro (vv. 1-182
o. 1. Tra le leggende Cretesi è ancor da menzionare lo strano mito di Talo, l’ uomo di bronzo, leggenda che pare accenn
eggende Cretesi è ancor da menzionare lo strano mito di Talo, l’ uomo di bronzo, leggenda che pare accenni ad origine feni
icia e all’ uso dei sacrifizi umani. Talo dunque dicevasi fosse tutto di bronzo e invulnerabile; Efesto, o, secondo altri,
condo altri, Giove l’ aveva donato a Minosse come custode dell’ isola di Creta. Egli percorreva di corsa tre volte al gior
a donato a Minosse come custode dell’ isola di Creta. Egli percorreva di corsa tre volte al giorno l’ isola, e se qualche
imaneva presto dissanguato. E questo accaddegli allora che egli tento di impedire agli Argonauti reduci dalla Colchide lo
e nella letteratura e nell’ arte. Lo ricorda Simonide dicendolo opera di Efesto, lo ricorda Ibico chiamandolo delizia de’
opera di Efesto, lo ricorda Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani di Creta. Apollonio di Rodi nel quarto delle Argonau
ricorda Ibico chiamandolo delizia de’ bei giovani di Creta. Apollonio di Rodi nel quarto delle Argonautiche racconta poeti
to delle Argonautiche racconta poeticamente (v. 1638 e seg.) la morte di lui nel modo sopra riferito. Questo stesso tema s
su un vaso apulo rappresentante Talo che in seguito agli incantesimi di Medea muore nelle braccia dei Dioscuri. Le monete
le braccia dei Dioscuri. Le monete cretesi lo hanno sovente in figura di un giovane alato in atto di correre e di scagliar
monete cretesi lo hanno sovente in figura di un giovane alato in atto di correre e di scagliare pietre. VIII. Le legge
i lo hanno sovente in figura di un giovane alato in atto di correre e di scagliare pietre. VIII. Le leggende di Eracle
alato in atto di correre e di scagliare pietre. VIII. Le leggende di Eracle-Ercole. 1. Come Teseo era l’ eroe della
fossero diffusissime anche fra le popolazioni eolie, e in seguito sia di ventato l’ eroe nazionale dei Greci in genere. Sa
o l’ eroe nazionale dei Greci in genere. Salvochè al nucleo primitivo di queste leggende se ne aggiunsero e intrecciarono
momenti principali della vita dell’ eroe, ed avvertendo che molte son di origine relativamente recente, inventate o introd
ltre fonti per compire la biografia Eraclea. A) Nascita e giovinezza di Eracle. — Questa parte del racconto è stata elabo
è stata elaborata per lo più in Beozia. Eracle era detto discendente di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stir
a. Eracle era detto discendente di Perseo, e fu certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di E
certo il più illustre di questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote di Perseo. Sposo a costei era
i questa stirpe. Sua madre era Alcmena, figlia di Elettrione e nipote di Perseo. Sposo a costei era Anfitrione, nipote pur
trione e nipote di Perseo. Sposo a costei era Anfitrione, nipote pure di Perseo per via di Alceo. Or avendo Anfitrione ucc
Perseo. Sposo a costei era Anfitrione, nipote pure di Perseo per via di Alceo. Or avendo Anfitrione ucciso Elettrione, do
vendo Anfitrione ucciso Elettrione, dovè, per sottrarsi alla vendetta di Stenelo fratello dell’ ucciso, fuggire da Tirinto
accolse. Di qui mosse a una guerra contro i Teleboi o Tafi, colpevoli di aver invaso e saccheggiato il territorio di Elett
Teleboi o Tafi, colpevoli di aver invaso e saccheggiato il territorio di Elettrione e ucciso i fratelli di Alcmena. Gli è
invaso e saccheggiato il territorio di Elettrione e ucciso i fratelli di Alcmena. Gli è appunto durante l’ assenza di Anfi
ione e ucciso i fratelli di Alcmena. Gli è appunto durante l’ assenza di Anfitrione, che Zeus preso d’ amore per Alcmena l
ssenza di Anfitrione, che Zeus preso d’ amore per Alcmena la fè madre di Eracle. Di qui s’ intende come Eracle, sebben fig
a la fè madre di Eracle. Di qui s’ intende come Eracle, sebben figlio di Zeus, fosse anche detto Anfitrioniade. Gemello co
ello con Eracle, ma nato da Anfitrione, si disse Ificle. Eracle, nato di donna mortale, non doveva sfuggire all’ odio e al
non doveva sfuggire all’ odio e alla persecuzione della gelosamoglie di Zeus. Si manifestò quest’ ostilità fin dal primo
ella gelosamoglie di Zeus. Si manifestò quest’ ostilità fin dal primo di lui nascimento. Perchè, avendo Zeus, nel giorno i
ra il più forte dei Persidi, il quale sarebbe stato signore e sovrano di tutti i discendenti, Era, come dea dei parti, ric
utti i discendenti, Era, come dea dei parti, ricorse a quest’ astuzia di ritardare il parto di Alcmena e anticipare invece
a, come dea dei parti, ricorse a quest’ astuzia di ritardare il parto di Alcmena e anticipare invece di due mesi quello de
a quest’ astuzia di ritardare il parto di Alcmena e anticipare invece di due mesi quello della moglie di Stenelo; nacque q
parto di Alcmena e anticipare invece di due mesi quello della moglie di Stenelo; nacque quindi quel giorno Euristeo, al q
quale sebben vile ed imbelle, dovettero rimaner soggetti pel decreto di Zeus tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più f
pel decreto di Zeus tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più forte di lui. Non contenta di ciò, quando Eracle aveva ott
tutti i Persidi, ed anche Eracle tanto più forte di lui. Non contenta di ciò, quando Eracle aveva otto mesi, Era gli mando
one ottimi maestri; ma mentre egli faceva rapidi progressi nelle cose di guerra, essendo da Eurito esercitato nel trar d’
leone che infestava quel monte. Se da questo avesse ricavato la pelle di cui si rivestiva in seguito, o se dal leone di Ne
esse ricavato la pelle di cui si rivestiva in seguito, o se dal leone di Nemea di cui tra poco, la tradizione non sapeva d
vato la pelle di cui si rivestiva in seguito, o se dal leone di Nemea di cui tra poco, la tradizione non sapeva dire. Torn
oco, la tradizione non sapeva dire. Tornando a Tebe, incontrò i messi di Ergino, re dei Minii in Orcomeno, che si recavano
nii in Orcomeno, che si recavano a Tebe per ritirare l’ annuo tributo di 100 buoi; egli taglio loro naso e orecchie e li r
vinti i Minii, egli non solo libero Tebe dal tributo ma obbligo quei di Orcomeno a un tributo doppio. In quella guerra mo
uto doppio. In quella guerra morì Anfitrione. Creonte grato ad Eracle di tanta vittoria, gli diè in isposa sua figlia Mega
toria, gli diè in isposa sua figlia Megara, e gli Dei gli fecero dono di splendide armi. — A questo punto Euristeo re di T
i Dei gli fecero dono di splendide armi. — A questo punto Euristeo re di Tirinto (o Micene), chiamò Eracle al suo servizio
(o Micene), chiamò Eracle al suo servizio. Doveva, secondo il decreto di Zeus, compire dodici fatiche (il numero dodici fu
segni dello zodiaco), e così conseguire l’ immortalità. Alla chiamata di Euristeo, Eracle consulto l’ oracolo di Delfo, e
l’ immortalità. Alla chiamata di Euristeo, Eracle consulto l’ oracolo di Delfo, e n’ ebbe in risposta si rassegnasse al su
così la leggenda, uccise i suoi tre figli avuti da Megara e due figli di Iflcle. Tornato in sè, si recò a Tirinto per comp
recò a Tirinto per compiervi la sua missione. B) Eracle al servizio di Euristeo, o te dodici fatiche di Eracle. — Enumer
sua missione. B) Eracle al servizio di Euristeo, o te dodici fatiche di Eracle. — Enumeriamo qui le dodici fatiche second
orie, che si dissero, con greca voce, parerga. a) La lotta col leone di Nemea. Era un mostro nato da Tifone ed Echidna, e
one ed Echidna, ed aveva la pelle invulnerabile. Abitava nei dintorni di Nemea e Cleona. Eracle non potendo ferirlo nè col
ivi lo soffocò tra le braccia. Poi gli tolse la pelle, che gli servi di vestimento, come la testa gli serviva di elmo. b)
olse la pelle, che gli servi di vestimento, come la testa gli serviva di elmo. b) L’ Idra di Lerna. Era un grosso serpente
li servi di vestimento, come la testa gli serviva di elmo. b) L’ Idra di Lerna. Era un grosso serpente, nato anch’ esso da
hidna, con nove teste (il numero varia, alcuni dicono persin 10,000), di cui una immortale. Infestava i dintorni di di Ler
uni dicono persin 10,000), di cui una immortale. Infestava i dintorni di di Lerna nell’ Argolide uccidendo uomini e bestie
dicono persin 10,000), di cui una immortale. Infestava i dintorni di di Lerna nell’ Argolide uccidendo uomini e bestie. I
testa tagliata ne vedeva rinascer due. Allora, ricorrendo all’ aiuto di Iolao figlio di Ificle, suo fido compagno, fece d
ne vedeva rinascer due. Allora, ricorrendo all’ aiuto di Iolao figlio di Ificle, suo fido compagno, fece dare il fuoco ad
a questa fatica perche Eracle si fè aiutare da Iolao. c) Il cinghiale di Erimanto era sbucato dal monte Erimanto sul confi
l confini dell’ Acaia, dell’ Elide e dell’ Arcadia e guastava i campi di Psofi. Eracle lo inseguì e spinse sino alla cima
. Eracle lo inseguì e spinse sino alla cima del monte che era coperta di neve, e di là lo afferrò e s’ avviò per portario
inseguì e spinse sino alla cima del monte che era coperta di neve, e di là lo afferrò e s’ avviò per portario vivo ad Eur
anta paura che corse a nascondersi in una botte. Con quest’ avventura di Eracle si connette uno del parerga o fatiche acce
arte uccise e parte inseguì fino a Malea, dove si rifugiarono in casa di Chirone là cacciato dal Pelio per opera dei Lapit
to con un dardo d’ Eracle, e la ferita rimase insanabile. d) La cerva di Cerinea aveva le corna d’ oro e i piedi di rame;
se insanabile. d) La cerva di Cerinea aveva le corna d’ oro e i piedi di rame; era sacra ad Artemide, e soggiornava sul mo
in Arcadia la ferì con un dardo a un piede e la prese. e) Gli uccelli di Stinfalo abitavano sul lago di Stinfalo in Arcadi
a un piede e la prese. e) Gli uccelli di Stinfalo abitavano sul lago di Stinfalo in Arcadia, ed erano muniti di artigli,
i Stinfalo abitavano sul lago di Stinfalo in Arcadia, ed erano muniti di artigli, ali e becco di bronzo, e penne pure di b
lago di Stinfalo in Arcadia, ed erano muniti di artigli, ali e becco di bronzo, e penne pure di bronzo che essi lanciavan
adia, ed erano muniti di artigli, ali e becco di bronzo, e penne pure di bronzo che essi lanciavano come freccie. Eracle n
come freccie. Eracle ne uccise alcuni, altri spaventò con un sonaglio di bronzo datogli da Atena, si che non comparirono p
nauti, fuggirono all’ isola Arezia, vicino alla Colchide. f) Il cinto di Ippolita era un dono fatto a lei, regina delle Am
na delle Amazoni, da Ares. Or desiderava possederlo Admeta, la figlia di Euristeo. Eracle dovette dunque assumersi il comp
ta, la figlia di Euristeo. Eracle dovette dunque assumersi il compito di andarglielo a prendere. Si recò a Temiscira, la m
. La quale sulle prime era disposta a dare il cinto, ma Era in figura di Amazone diffuse la voce che si voleva rapire la r
altre, che son fra i parerga. Tra queste è da ricordare l’ avventura di Esione, figlia del re troiano Laomedonte, esposta
udata mercede, dopo l’ aiuto dato da lui e da Apollo a ri far le mura di Troia. Eracle ucciso il mostro, liberò la infelic
empo. g) Ripulimenlo delle stalle d’ Augia o Augea. Era costui figlio di Elios o Eleo re degli Epei nell’ Elide, ricco di
a. Era costui figlio di Elios o Eleo re degli Epei nell’ Elide, ricco di immensi armenti. Eracle doveva in un giorno netta
alle; impresa che veramente pareva impossibile. Augia stesso, sentito di che si trattava, non dubitò promettere il decimo
il decimo de’ suoi armenti, tanto era persuaso dell’ ineffettuabilità di un simile tentativo. Pure Eracle ci riuscì; giacc
Eracle ci riuscì; giacchè deviato il corso dell’ Alfeo o del Peneo o di tutte due, e fatte passar le acque nelle stalle d
lfeo o del Peneo o di tutte due, e fatte passar le acque nelle stalle di Augia, la forza della corrente facilmente trascin
Allora Eracle mandò un esercito contro l’ Elide; senonchè, in assenza di Augia, i Molionidi Eurito e Cteato sorpresero in
o, poi devastò il paese d’ Augia, e uccise lui stesso col figli. Dopo di che istituì i giochi Olimpici. h) Il toro di Cret
i stesso col figli. Dopo di che istituì i giochi Olimpici. h) Il toro di Creta era quello mandato da Posidone a preghiera
mpici. h) Il toro di Creta era quello mandato da Posidone a preghiera di Minosse, come s’ è narrato nelle leggende cretesi
o, e scorrendo il toro infuriato per l’ isola, Eracle ebbe il compito di prenderlo. Lo prese infatti e portò a Micene vivo
o. Lo prese infatti e portò a Micene vivo. Rimesso in libertà, figura di nuovo come toro di Maratona nella leggenda di Tes
e portò a Micene vivo. Rimesso in libertà, figura di nuovo come toro di Maratona nella leggenda di Teseo. i) Le cavalle d
esso in libertà, figura di nuovo come toro di Maratona nella leggenda di Teseo. i) Le cavalle di Diomede eran feroci besti
di nuovo come toro di Maratona nella leggenda di Teseo. i) Le cavalle di Diomede eran feroci bestie, a cui Diomede, re dei
e le portò vive ad Euristeo, il quale le rimise in libertà. l) I buoi di Gerione. Era questi un mostro, con tre corpi dal
Gerione. Era questi un mostro, con tre corpi dal ventre in su, figlio di Crisaore e di Callirroe; abitava nell’ isola Erit
uesti un mostro, con tre corpi dal ventre in su, figlio di Crisaore e di Callirroe; abitava nell’ isola Eritea (Erytheia)
Libia; gli si fa piantare le colonne da lui denominate sullo stretto di Gibilterra; si racconta che, offeso dai raggi coc
sole tramontante, puntò contro lui i suoi strali, onde Elios ammirato di tanto ardire gli lasciò l’ uso del suo battello d
tanto ardire gli lasciò l’ uso del suo battello d’ oro fatto a forma di tazza. Coll’ aiuto di questo potè l’ eroe passare
iò l’ uso del suo battello d’ oro fatto a forma di tazza. Coll’ aiuto di questo potè l’ eroe passare l’ Oceano e giungere
te Eurizione e il cane bicipite Ortro che erano a custodia del gregge di Gerione, se ne impossessò. Senonchè Gerione avver
tornò passando per l’ Iberia, la Gallia e l’ Italia e portò il gregge di Gerione ad Euristeo che lo sacrifîcò ad Era Argiv
. I Latini collocavano qui la lotta del loro Ercole col gigante Caco, di cui parleremo. m) I pomi aurei delle Esperidi. Er
i cui parleremo. m) I pomi aurei delle Esperidi. Erano questi un dono di nozze che Era aveva ricevuto da Gea in occasione
eus. Erano custoditi nell’ estremo occidente dalle Esperidi (le ninfe di ponente), figlie della notte e del drago Ladone,
se la sede delle Esperidi. Questo lo portò a nuovi e lunghi viaggi, e di qui l’ occasione di inventare molte altre avventu
eridi. Questo lo portò a nuovi e lunghi viaggi, e di qui l’ occasione di inventare molte altre avventure accessorie. Prima
ssorie. Prima per l’ Illiria si recò l’ eroe all’ Eridano, allo scopo di interrogare le ninfe di questo fiume intorno alla
iria si recò l’ eroe all’ Eridano, allo scopo di interrogare le ninfe di questo fiume intorno alla via da percorrere per g
o alla via da percorrere per giungere alle Esperidi. Gli fu suggerito di ricorrere all’ infallibile Nereo; egli lo sorpres
llora s’ avviò verso la Libia; ivi ebbe, secondo alcuni, l’ avventura di Anteo da altri riferita alla fatica precedente. P
ale lautamente imbandita. Dall’ Egitto Eracle si recò in Etiopia, poi di là dal mare in India, e giunse così al Caucaso do
ui riusciva al termine della spedizione; poichè Atlante s’ incaricava di andar lui a prendere i tre pomi d’ oro purchè Era
uristeo, tento lasciar Eracle nell’ imbarazzo. Ma questi, più scaltro di lui, lo pregò riassumesse il peso tanto almeno ch
uccidendo il drago dalle cento teste che li custodiva. n) La cattura di Cerbero fu l’ ultima e più grave fatica prescritt
dell’ Ade trovò Teseo e Piritoo legati in seguito al tentativo fatto di rapire Persefone. Eracle libero Teseo; e voleva a
rra ed allora egli desistò dall’ impresa. Ade poi gli diè il permesso di portare con sè il tricipite Cerbero, purchè riusc
luce del sole; e dopo averlo fatto vedere ad Euristeo, lo ricondusse di nuovo nell’ Inferno. Con questa fatica Ercole si
nuovo nell’ Inferno. Con questa fatica Ercole si liberò dal servizio di Euristeo. C) Gesta di Eracle dopo le dodici fati
on questa fatica Ercole si liberò dal servizio di Euristeo. C) Gesta di Eracle dopo le dodici fatiche. Tornato a Tebe, Er
incere lui e i suoi figli nel trar d’ arco. Eracle aspirava alla mano di Iole; venuto a gara con Eurito facilmente lo vins
ntanò da Ecalia l’ eroe; e poco dopo avuto in suo potere Ifito figlio di Eurito, lo precipitò giù dalle mura di Tirinto e
uto in suo potere Ifito figlio di Eurito, lo precipitò giù dalle mura di Tirinto e uccise. Più tardi si favoleggiava che I
di Tirinto e uccise. Più tardi si favoleggiava che Ifito fosse amico di Eracle e questi lo avesse ucciso in un accesso di
e Ifito fosse amico di Eracle e questi lo avesse ucciso in un accesso di follia. In ogni modo, versato questo sangue, occo
sato questo sangue, occorreva essere purificato. Ricorso all’ oracolo di Delfo, n’ ebbe ripulsa; adirato Eracle voleva far
n’ ebbe ripulsa; adirato Eracle voleva far violenza nel tempio stesso di Apollo, ed essendo comparso lo stesso Dio, con lu
i, la Pizia disse che Eracle doveva vivere per tre anni in condizione di schiavo. — Segue la leggenda della servitù a cui
genda della servitù a cui Eracle rimase soggetto presso Onfale, nglia di Iardano, vedova di Tmolo e regina della Lidia. È
a cui Eracle rimase soggetto presso Onfale, nglia di Iardano, vedova di Tmolo e regina della Lidia. È leggenda di origine
e, nglia di Iardano, vedova di Tmolo e regina della Lidia. È leggenda di origine lidia, poi intrecciata nei racconti greci
ei racconti greci; giacchè anche i Lidi avevano un loro eroe, solare, di nome Sandone che veneravano come capo di loro sti
vevano un loro eroe, solare, di nome Sandone che veneravano come capo di loro stirpe; e il carattere lidio della leggenda
; e il carattere lidio della leggenda si manifesta in quel non so che di effeminato e di sensuale che in essa si osserva.
lidio della leggenda si manifesta in quel non so che di effeminato e di sensuale che in essa si osserva. Dicevasi dunque
Dicevasi dunque che Eracle era vissuto per quei tre anni tra le donne di Onfale, filando lana come loro, anzi vestito da d
virile compì Eracle; presso Efeso prese e incatenò i Cercopi, specie di folletti scaltri e maliziosi che solevano fare ai
ndanti a lavorare nella sua vigna. — Tornato in libertà dalla servitù di Onfale, Eracle in unione con altri eroi Greci, co
elamone, Oicle, fece la sua spedizione contro Troia per trar vendetta di Laomedonte. La città fu presa e Laomedonte cadde
medonte cadde per mano d’ Eracle con tutti i suoi figli, ac eccezione di uno, Podarce. Eracle diede Esione in premio a Tel
Podarce. Eracle diede Esione in premio a Telamone, che la rese madre di Teucro; e poichè Esione ebbe da Eracle facoltà di
, che la rese madre di Teucro; e poichè Esione ebbe da Eracle facoltà di salvare col suo velo uno dei prigionieri, salvò s
anti. — Segue la spedizione contro Pilo, mossa dal fatto che Neleo re di Pilo aveva dato aiuto ai Molionidi, ovvero perchè
aveva dato aiuto ai Molionidi, ovvero perchè questi s’ era rifiutato di purgar Eracle dopo l’ uccisione di Ifito. Tale gu
ero perchè questi s’ era rifiutato di purgar Eracle dopo l’ uccisione di Ifito. Tale guerra contro i Pilii fu dai poeti po
e guerra contro i Pilii fu dai poeti posteriori narrata con una folia di particolari, e vennero introdotti a combattere an
ero introdotti a combattere anche gli Dei dell’ Olimpo, parte a favor di Neleo parte in aiuto di Eracle. Il quale avrebbe
ere anche gli Dei dell’ Olimpo, parte a favor di Neleo parte in aiuto di Eracle. Il quale avrebbe in tal occasione ferito
ompreso il terribile Periclimeno, che da Posidone aveva avuto il dono di assumere tutte le forme d’ animali che voleva. No
lla contro il re dei Lacedemonii. Era questi Ippocoonte, fratellastro di Tindareo, ed a lui aveva usurpato il regno. Eracl
uì la signoria a Tindareo. In questa occasione ebbe aiuto da Cefeo re di Tegea, e mentre era in questa città, generò con l
dell’ eroe la lotta sostenuta per ottenere in moglie Deianira, figlia di Eneo re degli Etoli e sorella di Meleagro e Tideo
ottenere in moglie Deianira, figlia di Eneo re degli Etoli e sorella di Meleagro e Tideo. Molti erano gli aspiranti, ma u
e; infine come toro perdette uno dei corni, che riempito da una ninfa di flori e frutti diventò il Corno dell’ abbondanza.
entauro Nesso. Dovendosi passare il fiume Eveno, Nesso era incaricato di traghettare Deianira; ma egli innamoratosi di lei
o, Nesso era incaricato di traghettare Deianira; ma egli innamoratosi di lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo
incaricato di traghettare Deianira; ma egli innamoratosi di lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo di Eracle lo
egli innamoratosi di lei tentò di fuggire colla bella preda. Un dardo di Eracle lo colse e gli fe’ pagar il fio di tanta a
colla bella preda. Un dardo di Eracle lo colse e gli fe’ pagar il fio di tanta audacia. Egli pur morendo fè terribile vend
prepararne dell’ unguento magico da assicurarsi in ogni caso l’ amore di suo marito. Si vedrà appresso qual inganno si nas
ro i Lapiti. Poi lottò in singolare tenzone con Cicno (Cycnos) figlio di Ares, presso Itone vicino al golfo di Pagase; e n
nzone con Cicno (Cycnos) figlio di Ares, presso Itone vicino al golfo di Pagase; e non solo uccise il suo avversario, ma f
ella guerra che era accorso in aiuto del figliuolo. D) Ultime vicende di Eracle e sua apoteosi. L’ ultima impresa di Eracl
liuolo. D) Ultime vicende di Eracle e sua apoteosi. L’ ultima impresa di Eracle fu la spedizione contro Eurito di Ecalia p
apoteosi. L’ ultima impresa di Eracle fu la spedizione contro Eurito di Ecalia per vendicare l’ affronto di avergli rifiu
le fu la spedizione contro Eurito di Ecalia per vendicare l’ affronto di avergli rifiutato la figlia Iole. La città fu con
mano del vincitore. Ma ecco nel ritorno a Trachine, Deianira, saputo di Iole, credendo assicurarsi l’ amore del marito co
ento avuto da Nesso, mandò in dono ad Eracle una bianca veste intrisa di quell’ unguento. L’ eroe senza sospetto la indoss
senti il corpo infiammarglisi e corrodersi, tentò strapparsi la veste di dosso; invano, s’ era così appiccicata alla carne
lore uccisa. Allora vedendo tutto perduto, ordinato a suo figlio Illo di sposar Iole, tornò sull’ Oeta, ivi fe’ erigere un
amme. Ma niuno de’ suoi voleva dar fuoco al rogo; infine Peante padre di Filottete o Filottete stesso che passava di là, g
rogo; infine Peante padre di Filottete o Filottete stesso che passava di là, gli rese questo servizio, in compenso di che
ttete stesso che passava di là, gli rese questo servizio, in compenso di che egli a lui donò il suo areo e le sue freccie.
i visse cogli immortali, e riconciliato con Era, ebbe da Zeus il dono di eterna gioventù, fatto sposo di Ebe, da cui ebbe
ciliato con Era, ebbe da Zeus il dono di eterna gioventù, fatto sposo di Ebe, da cui ebbe due figli, Alexiare e Aniceto. 2
o. 2. Tali sono i tratti più caratteristici della complicata leggenda di Eracle. Sebbene sia impossibile veder chiaro nell
eggenda di Eracle. Sebbene sia impossibile veder chiaro nell’ origine di questo intreccio di racconti, pur si capisce che
ebbene sia impossibile veder chiaro nell’ origine di questo intreccio di racconti, pur si capisce che qui si trovan mescol
aiuto nelle difficili congiunture della vita, specialmente col titoli di Soter, salvatore, e Alexicacos, allontanatore dei
e, massime che i molti viaggi attribuiti a lui offrivano l’ occasione di intrecciare ai racconti di provenienza ellenica a
gi attribuiti a lui offrivano l’ occasione di intrecciare ai racconti di provenienza ellenica altri di origine o almeno di
l’ occasione di intrecciare ai racconti di provenienza ellenica altri di origine o almeno di riferimento locale. Solitamen
ecciare ai racconti di provenienza ellenica altri di origine o almeno di riferimento locale. Solitamente la favola della s
. Solitamente la favola della spedizione contro Gerione e del ritorno di Ercole per l’ Italia era ampliata in tal senso. S
stanziato sul Palatino Evandro, dal quale era stato accolto con segni di amicizia; ma passando col suo armento per le pend
ove erano stati condotti, li trascinò alla sua grotta. Ma il muggito di questi bovi allontanati a forza dall’ armento fè
eva fatto scoprir il furto, eresse nel luogo della zuffa un altare in di lui onore e gli sacrificò uno dei buoi ricuperati
liberato quei luoghi da un così terribile nemico. Di qui il principio di un culto d’ Ercole nella religione romana. Gli fu
ntino e il Palatino, e a poco a poco anche dei templi, come il tempio di Hercules victor ivi stesso, e un altro a pie’ del
e della città, un giovenco o una giovenca, e anche i privati, in caso di guadagno, offrissero la decima parte ad Ercole pe
vano specialmente gli uomini, come le donne preferibilmente in quello di Castore. Anche pei Romani Ercole presiedeva alle
nnasii, e come Hercules defensor o salutaris veniva invocato nei casi di disgrazia. 4. Eracle nella letteratura classica h
clee. Già nell’ Iliade sono ricordate le fatiche compiute in servizio di Euristeo, sebbene non ne sia ancora fissato il nu
in servizio di Euristeo, sebbene non ne sia ancora fissato il numero di dodici, e altre gesta, fra cui specialmente la sp
momenti della storia Eraclea, attenendosi specialmente alle leggende di Trachine e dell’ Oeta; poesie speciali compose pe
Trachine e dell’ Oeta; poesie speciali compose per celebrare le nozze di Ceice con intervento di Eracle, e la lotta con Ci
oesie speciali compose per celebrare le nozze di Ceice con intervento di Eracle, e la lotta con Cicno il figlio di Ares; q
zze di Ceice con intervento di Eracle, e la lotta con Cicno il figlio di Ares; quest’ ultimo componimento esiste tuttora s
io di Ares; quest’ ultimo componimento esiste tuttora sotto il titolo di « scudo di Eracle », perche la descrizione delle
quest’ ultimo componimento esiste tuttora sotto il titolo di « scudo di Eracle », perche la descrizione delle armi e dell
llo scudo dell’ eroe viene ad essere l’ argomento principale. Tacendo di altri epici minori, è da ricordare Pisandro di Ro
to principale. Tacendo di altri epici minori, è da ricordare Pisandro di Rodi, vissuto nel 7º sec. av. C. il quale nel suo
7º sec. av. C. il quale nel suo celebre poema, intitolato « le gesta di Eracle » (Herakleia), fu uno dei primi a parlare
fu uno dei primi a parlare delle dodici fatiche cominciando dal leone di Nemea, dal quale l’ eroe doveva ricavare la pelle
doveva ricavare la pelle onde si vestiva e la clava. Segue in ordine di tempo Stesicoro che tratto di avventure isolate,
si vestiva e la clava. Segue in ordine di tempo Stesicoro che tratto di avventure isolate, come la lotta con Cerbero, l’
tratto di avventure isolate, come la lotta con Cerbero, l’ uccisione di Gerione ecc. con singolare vivacità di colori. Pi
otta con Cerbero, l’ uccisione di Gerione ecc. con singolare vivacità di colori. Più di tutti va menzionato qui Paniasi d’
o, l’ uccisione di Gerione ecc. con singolare vivacità di colori. Più di tutti va menzionato qui Paniasi d’ Alicarnasso, d
va menzionato qui Paniasi d’ Alicarnasso, del 5º sec. av. C. parente di Erodoto, autore di un poema in quattordici libri,
Paniasi d’ Alicarnasso, del 5º sec. av. C. parente di Erodoto, autore di un poema in quattordici libri, collo stesso titol
Erodoto, autore di un poema in quattordici libri, collo stesso titolo di quel di Pisandro, col quale si può dire i raccont
autore di un poema in quattordici libri, collo stesso titolo di quel di Pisandro, col quale si può dire i racconti eracle
ci inserirono qua e là nelle loro opere cenni e ricordi dell’ eroismo di Eracle; bastimi ricordar Pindaro, che nella prima
oso, vincitore in una lotta equestre, celebra con nobil arte la lotta di Eracle fanciullo col dragoni mandatigli da Era. A
eggiassero molti momenti della vita d’ Eracle, epperò tra le tragedie di Sofocle e di Euripide ve ne sono parecchie, e non
lti momenti della vita d’ Eracle, epperò tra le tragedie di Sofocle e di Euripide ve ne sono parecchie, e non delle men be
e non delle men belle intorno ad Eracle; basti ricordare le Trachinie di Sofocle che s’ aggirano intorno alla presa di Eca
ricordare le Trachinie di Sofocle che s’ aggirano intorno alla presa di Ecalia e alle ultime vicende dell’ eroe. Altri fr
filosofia trovò pascolo nelle cose Eraclee, foggiando un Eracle tipo di forza, di costanza nelle avversità, modello da pr
trovò pascolo nelle cose Eraclee, foggiando un Eracle tipo di forza, di costanza nelle avversità, modello da proporre ai
za, di costanza nelle avversità, modello da proporre ai giovani avidi di gloria. Tale è il noto racconto del Sofista Prodi
na donna apparsagli, tutta vezzi e lusinghe, gli vien descritta piena di gioie e di riso, o quella della virtù che da altr
parsagli, tutta vezzi e lusinghe, gli vien descritta piena di gioie e di riso, o quella della virtù che da altra donna, pi
nell’ aspetto, gli vien additata, aspra a percorrersi ma apportatrice di gloria e di immortalità; Eracle sceglie naturalme
o, gli vien additata, aspra a percorrersi ma apportatrice di gloria e di immortalità; Eracle sceglie naturalmente la secon
ie naturalmente la seconda. Ancora nell’ età alessandrina la leggenda di Eracle die’ argomento a lavori poetici diversi, o
omento a lavori poetici diversi, o trattata per intiero come da Riano di Creta, o parzialmente come da Teocrito e da Mosco
o di Creta, o parzialmente come da Teocrito e da Mosco, le cui poesie di ispirazione eraclea vanno tra le migliori, che va
ti la letteratura mitologica. — Anche nella letteratura latina i miti di Ercole sono spesso ricordati e celebrati. Già tra
ie che la plebe romana vide rappresentare e gustò, v’ è l’ Anfitrione di Plauto, dove lo scambio del marito di Alcmena e d
are e gustò, v’ è l’ Anfitrione di Plauto, dove lo scambio del marito di Alcmena e di Giove dà luogo a scene lepidissime e
v’ è l’ Anfitrione di Plauto, dove lo scambio del marito di Alcmena e di Giove dà luogo a scene lepidissime e piacevolissi
ta, si rende degno d’ una gloria immortale. In tal senso Orazio parla di lui quando descrive l’ uomo retto e costante ne’
ome quelle d’ Ercole; quindi troviamo narrata nel nono libro la lotta di Ercole con Acheloo pel possesso di Deianira, poi
mo narrata nel nono libro la lotta di Ercole con Acheloo pel possesso di Deianira, poi il turpe tentativo di Nesso e l’ uc
i Ercole con Acheloo pel possesso di Deianira, poi il turpe tentativo di Nesso e l’ uccisione di lui, e il triste dono fat
possesso di Deianira, poi il turpe tentativo di Nesso e l’ uccisione di lui, e il triste dono fatto dalla innamorata Deia
dell’ eroe sul rogo. Ancora nel duodecimo libro è menzionata la lotta di Ercole contro i Nelidi, specialmente contro Peric
Periclimeno, a cui nulla giovò la facoltà ottenuta dall’ avo Posidone di prendere a suo bell agio qualunque forma desidera
vo Posidone di prendere a suo bell agio qualunque forma desiderasse e di bel nuovo deporla. Finalmente ricordiamo qui la t
derasse e di bel nuovo deporla. Finalmente ricordiamo qui la tragedia di Seneca intitolata Hercules Furens, nella quale si
quando tornato dall’ Inferno dove aveva liberato Teseo, uccide Lico e di poi, divenuto furioso, uccide l’ infelice Megara
tra dello stesso Seneca Hercules Oelaeus, la quale, come le Trachinie di Sofocle, rappresenta la dolorosa morte e l’ apote
ell’ eroe. All’ arti figurative e specialmente alla statuaria il tipo di Ercole e le sue gesta offrivano inesauribile font
atuaria il tipo di Ercole e le sue gesta offrivano inesauribile fonte di argomenti. Quando si rappresentava Ercole solo, p
rappresentava Ercole solo, per lo più si cercava rendere l’ immagine di una forza straordinaria; quindi testa piccola e c
muscoli. Sopra tutti gli altri ottenne celebrità per rappresentazioni di questo genere lo scultore Lisippo, della giovane
scultore Lisippo, della giovane scuola Argiva, il quale si compiaceva di rendere nel bronzo la bellezza corporea, consider
bellezza corporea, considerata così nella calma come nell’ agitazione di commossi atteggiamenti. Famosa tra l’ altre la su
i commossi atteggiamenti. Famosa tra l’ altre la sua statua colossale di Ercole in bronzo ch’ era in Taranto, e da Taranto
iata sulla mano sinistra in aria mesta e pensierosa. Altro capolavoro di Lisippo era una statuetta, quasi ninnolo da mensa
dici fatiche; un gruppo fatto in origine per un santuario della città di Alizia in Acarnania, più tardi trasportato a Roma
di Alizia in Acarnania, più tardi trasportato a Roma. — Tra le statue di Ercole ancora esistenti, ha il primo luogo il col
ancora esistenti, ha il primo luogo il colosso conosciuto col titolo di « Ercole Farnese » trovato l’ anno 1540 nelle Ter
uto col titolo di « Ercole Farnese » trovato l’ anno 1540 nelle Terme di Caracalla, ora nel Museo Nazionale di Napoli (v. 
rovato l’ anno 1540 nelle Terme di Caracalla, ora nel Museo Nazionale di Napoli (v. la fig. 85). L’ eroe è in riposo dopo
iche passate e le future. Secondo l’ iscrizione, sarebbe quest’ opera di Glicone Ateniese; ma alcuni credono si abbia qui
ese; ma alcuni credono si abbia qui piuttosto una copia od imitazione di qualche statua di Lisippo. Artisticamente più imp
dono si abbia qui piuttosto una copia od imitazione di qualche statua di Lisippo. Artisticamente più importante, sebbene g
sebbene giunto a noi in condizioni tristissime, è il così detto torso di Belvedere in Vaticano, opera di Apollonio Atenies
ni tristissime, è il così detto torso di Belvedere in Vaticano, opera di Apollonio Ateniese, figlio di Nestore, trovato al
o torso di Belvedere in Vaticano, opera di Apollonio Ateniese, figlio di Nestore, trovato al tempo di Giulio II, in campo
ano, opera di Apollonio Ateniese, figlio di Nestore, trovato al tempo di Giulio II, in campo di Fiori, dove sorgeva il tea
Ateniese, figlio di Nestore, trovato al tempo di Giulio II, in campo di Fiori, dove sorgeva il teatro di Pompeo. È parte
vato al tempo di Giulio II, in campo di Fiori, dove sorgeva il teatro di Pompeo. È parte di una grande figura sedente, del
ulio II, in campo di Fiori, dove sorgeva il teatro di Pompeo. È parte di una grande figura sedente, della quale rimangono
endo l’ ordine biografico, non rara era in antico la rappresentazione di Ercole che strozza in culla i serpenti. Già il pi
Già il pittore Zeusi aveva dipinto questa scena aggiungendo le figure di Alcmena e di Anfitrione che riguardano spaventati
e Zeusi aveva dipinto questa scena aggiungendo le figure di Alcmena e di Anfitrione che riguardano spaventati. Nel Museo d
igure di Alcmena e di Anfitrione che riguardano spaventati. Nel Museo di Napoli si ammira ancor ora una pittura di Ercolan
rdano spaventati. Nel Museo di Napoli si ammira ancor ora una pittura di Ercolano sullo stesso soggetto, e una statuetta d
or ora una pittura di Ercolano sullo stesso soggetto, e una statuetta di scena analoga è nella Galleria degli Ulfizi a Fir
o del Museo Capitolino; i rilievi delle metope occidentali del tempio di Teseo in Atene e quelle del tempio di Zeus in Oli
e metope occidentali del tempio di Teseo in Atene e quelle del tempio di Zeus in Olimpia, di cui alcune si conservano nel
del tempio di Teseo in Atene e quelle del tempio di Zeus in Olimpia, di cui alcune si conservano nel Museo del Louvre a P
. Fra le imprese accessorie dette Parerga, quella che s’ incontra più di frequente è la lotta col centauri; ve ne son grup
requente è la lotta col centauri; ve ne son gruppi statuari nel Museo di Firenze e pitture vascolari in vasi di Volci e al
son gruppi statuari nel Museo di Firenze e pitture vascolari in vasi di Volci e altri. L’ incontro col centauro Nesso ris
l centauro Nesso riscontrasi in una pittura pompeiana che è nel Museo di Napoli; l’ eroe porta in collo il piccolo figliuo
i sta in umile atteggiamento Nesso il quale sembra chiedergli facoltà di tragittare Deianira. — Nella corte del Palazzo Pi
l Palazzo Pitti a Firenze è un celebre gruppo rappresentante la lotta di Ercole col gigante Anteo; e della liberazione di
presentante la lotta di Ercole col gigante Anteo; e della liberazione di Prometeo esiste una bella rappresentazione in un
ilia e ora conservato nel museo Capitolino. — A ricordare l’ incontro di Ercole con Atlante, il reggitore del mondo, giovi
ovi la fig. 86, rappresentante una celebre statua del Museo Nazionale di Napoli. — Tra i vari monumenti dove si raffiguran
nale di Napoli. — Tra i vari monumenti dove si raffigurano i rapporti di Ercole e di Onfale, il più importante e bello è i
li. — Tra i vari monumenti dove si raffigurano i rapporti di Ercole e di Onfale, il più importante e bello è il gruppo mar
e di Onfale, il più importante e bello è il gruppo marmoreo del Museo di Napoli; ove vedesi Onfale vestita della pelle leo
Onfale vestita della pelle leonina e colla clava nella destra in atto di riguardare con aria di dileggio l’ eroe vestito d
lle leonina e colla clava nella destra in atto di riguardare con aria di dileggio l’ eroe vestito da donna colla rocca in
Capitolo terzo. Leggende relative ad imprese cui presero parte eroi di diversi paesi. I. La caccia al cinghiale di
i presero parte eroi di diversi paesi. I. La caccia al cinghiale di Calidone. 1. Era re di Calidone in Etolia Eneo
versi paesi. I. La caccia al cinghiale di Calidone. 1. Era re di Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea,
1. Era re di Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea, figlia di Testio re di Pleurone, altra città dell’ Etolia.
Calidone in Etolia Eneo, e gli era moglie Altea, figlia di Testio re di Pleurone, altra città dell’ Etolia. Loro figlio e
lenne festa, celebrata in seguito ad abbondante vendemmia, trascurato di sacrificare ad Artemide, questa si vendicò mandan
vendicò mandando un fiero ed enorme cinghiale a infestare i dintorni di Calidone. Questa belva faceva danni d’ ogni manie
i Castore e Polluce, Teseo e l’ amico suo Piritoo, Linceo e Ida figli di Afareo, Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle
e, Teseo e l’ amico suo Piritoo, Linceo e Ida figli di Afareo, Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, P
co suo Piritoo, Linceo e Ida figli di Afareo, Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, Peleo padre di Ach
Ida figli di Afareo, Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, Peleo padre di Achille, Telamone di Salamin
Admeto di Fere, Giasone di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, Peleo padre di Achille, Telamone di Salamina, Anceo figlio di Li
ne di Iolco, Ificle e Iolao di Tebe, Peleo padre di Achille, Telamone di Salamina, Anceo figlio di Licurgo, la bella cacci
o di Tebe, Peleo padre di Achille, Telamone di Salamina, Anceo figlio di Licurgo, la bella cacciatrice Atalanta di Arcadia
e di Salamina, Anceo figlio di Licurgo, la bella cacciatrice Atalanta di Arcadia, e il noto vate Anfiarao d’ Argo. Dopo al
lanta di Arcadia, e il noto vate Anfiarao d’ Argo. Dopo alcuni giorni di feste in onor degli ospiti, fu indetta la caccia.
dar un colpo d’ ascia al cinghiale ebbe il corpo lacerato dalle zanne di esso e stramazzò morto a terra; morì pure Ileo e
eo e molti dei cani. Alfine un dardo ben diretto dal vigoroso braccio di Meleagro ferì la belva mortalmente e allora fu fa
fu dato naturalmente a Meleagro, ma egli, tutto preso dalla bellezza di Atalanta, lo cedette a lei, dicendo che spettava
ferito il cinghiale. Ciò destò le gelosie degli altri e specialmente di Plessippo e Tosseo figli di Testio e zii materni
stò le gelosie degli altri e specialmente di Plessippo e Tosseo figli di Testio e zii materni di Meleagro. Costoro, tese i
ri e specialmente di Plessippo e Tosseo figli di Testio e zii materni di Meleagro. Costoro, tese insidie ad Atalanta, le t
sero vilmente il dono che aveva avuto da Meleagro. Il quale indignato di questo li uccise. Ne nacque guerra tra gli Etoli
ignato di questo li uccise. Ne nacque guerra tra gli Etoli e i Cureti di Pleurone. Da principio quei di Calidone eran supe
nacque guerra tra gli Etoli e i Cureti di Pleurone. Da principio quei di Calidone eran superiori, ma poi avendo Altea, per
d’ assedio dai nemici. In questa distretta gli anziani e i sacerdoti di Calidone si volgono a Meleagro e lo pregano a rip
e istessa, ma Meleagro rimane irremovibile, come Achille nella guerra di Troia quand’ era adirato contro Agamennone per la
ntro Agamennone per la schiava toltagli. Alla fine riuscì alla moglie di Meleagro, Cleopatra, di ammansare quel firo animo
chiava toltagli. Alla fine riuscì alla moglie di Meleagro, Cleopatra, di ammansare quel firo animo. Riprese le armi e post
nte sconfitti; senonchè l’ eroe etolo non doveva tornar più dal campo di battaglia; la crudele erinni, che aveva udito la
o tardi pentitasi, si tolse la vita. Se ben si considera, la leggenda di Meleagro eroe etolo, non differisce dalle altre l
di Meleagro eroe etolo, non differisce dalle altre leggende regionali di cui s’ è parlato nel capitolo precedente, e in fo
ali di cui s’ è parlato nel capitolo precedente, e in fondo si tratta di un mito naturale, giacchè la lotta col cinghiale,
giacchè la lotta col cinghiale, la lotta dell’ eroe contro un mostro di natura, è costante espressione mitica della lotta
essante; e coll’ andar del tempo si fecero entrar in scena anche eroi di altre regioni greche; sicchè un primitivo mito lo
re regioni greche; sicchè un primitivo mito locale divenne narrazione di un’ impresa nazionale, acquistando così sempre ma
maggiore importanza. 2. Dopochè Omero aveva reso popolare il racconto di Meleagro nella sua prima forma, presto altri gene
nella sua prima forma, presto altri generi letterari si impadronirono di questo tipo, per crearvi intorno altre opere d’ a
Euripide svolgendo specialmente la parte più patetica, cioè l’ amore di Meleagro per Atalanta e l’ acerba morte dell’ ero
colari della pugna, e l’ uccisione dei Testiadi e il lungo ondeggiare di Altea prima di risolversi a vendicar la morte dei
gna, e l’ uccisione dei Testiadi e il lungo ondeggiare di Altea prima di risolversi a vendicar la morte dei fratelli levan
olversi a vendicar la morte dei fratelli levando dal fuoco il tizzone di Meleagro, e il dolore dei Calidonesi dopo la mort
te del loro giovine eroe e specialmente i mesti lamenti delle sorelle di lui in ultimo trasformate in uccelli. Una bella r
ia Calidonea ammiravano gli antichi sul frontone orientale del tempio di Atena Alea in Tegea d’ Arcadia, opera del grande
di Atena Alea in Tegea d’ Arcadia, opera del grande Scopa; il gruppo di mezzo era formato dal cinghiale e dalle figure di
de Scopa; il gruppo di mezzo era formato dal cinghiale e dalle figure di Meleagro, Teseo e Atalanta, disgraziatamente la p
di Meleagro, Teseo e Atalanta, disgraziatamente la parte monumentale di questo tempio, salvo pochi frammenti, è perduta.
esso si rappresentava il solo Meleagro e generalmente secondo un tipo di bellezza e di forza insieme. La figura 87 riprodu
sentava il solo Meleagro e generalmente secondo un tipo di bellezza e di forza insieme. La figura 87 riproduce appunto una
ellezza e di forza insieme. La figura 87 riproduce appunto una statua di questo genere, conservata nel Museo Vaticano. Si
sto genere, conservata nel Museo Vaticano. Si avverta quel non so che di malinconico che è nel viso di questo bel giovane.
eo Vaticano. Si avverta quel non so che di malinconico che è nel viso di questo bel giovane. II. La spedizione degli
tto regionale che a poco a poco ha preso l’ importanza d’ un’ impresa di tutta la nazione. A raccontar tutto chiaro, bisog
r tutto chiaro, bisogna rifarci un po’ dall’ alto. — Atamante, figlio di Eolo, era re dei Minii in Orcomeno di Beozia. Ave
dall’ alto. — Atamante, figlio di Eolo, era re dei Minii in Orcomeno di Beozia. Aveva in moglie Nefele (= la nuvola) e da
Ma poi lasciò la moglie celeste per sposare donna terrena, Ino figlia di Cadmo, dalla quale ebbe Learco e Melicerte, come
admo, dalla quale ebbe Learco e Melicerte, come già si disse parlando di Ino Leucotea (vedi pagina 206). Di che offesa Nef
andonò la terra, e per castigo inviò un’ ostinata siccità sulla terra di Atamante. Ino pensando approfittarsi di questa co
ostinata siccità sulla terra di Atamante. Ino pensando approfittarsi di questa congiuntura per toglier di mezzo i figli d
tamante. Ino pensando approfittarsi di questa congiuntura per toglier di mezzo i figli del primo letto, cercava indurre lo
tà. Allora Nefele intervenne in aiuto de’ suoi figli, e fe’ loro dono di un ariete dal vello d’ oro datole a questo scopo
n facendo, cadde Elle in mare, quel mare che da lei ricevette il nome di Ellesponto; Frisso invece giunse felicemente in C
te a Zeus protettore de’ fuggenti, e appese il vello d’ oro nel bosco di Ares facendovelo custodire da un terribile drago,
ile drago, sempre vigilante. Sposò anche ivi Calchiope, figlia del re di quella terra Eeta (Aietes). In conseguenza di tut
alchiope, figlia del re di quella terra Eeta (Aietes). In conseguenza di tutto ciò, riportare dall’ estero il vello d’ oro
di tutto ciò, riportare dall’ estero il vello d’ oro, come una specie di talismano atto a liberare la patria dai mali ond’
atria dai mali ond’ era angustiata, divenne per gli eroi della stirpe di Eolo il compito principale. Atamante stesso s’ ac
glio Melicerte saltando in mare e affidandosi alle deità marine. Dopo di che, essendo Atamante fuggito in Epiro, la signor
dei Minii passò a Creteo, suo fratello. Questi ebbe da Tiro figliuola di un terzo fratello più giovane, Salmoneo, tre figl
Tiro figliuola di un terzo fratello più giovane, Salmoneo, tre figli, di cui il maggiore chiamavasi Esone (Aeson). Questi
, ma ne fu discacciato da un fratellastro Pelia, che era detto figlio di Tiro e di Posidone. A stento potè Esone salvare d
discacciato da un fratellastro Pelia, che era detto figlio di Tiro e di Posidone. A stento potè Esone salvare dalla perse
di Tiro e di Posidone. A stento potè Esone salvare dalla persecuzione di Pelia il suo piccolo figlio Giasone (Iason), affi
in tutte quelle arti nelle quali solevano ammaestrarsi i nobili figli di Eroi. Giunto ai venti anni, mosse alla volta di I
trarsi i nobili figli di Eroi. Giunto ai venti anni, mosse alla volta di Iolco coll’ idea di obbligar lo zio a dargli la s
i di Eroi. Giunto ai venti anni, mosse alla volta di Iolco coll’ idea di obbligar lo zio a dargli la signoria a cui aveva
colo si guardasse da un forestiero monosandalo. Perciò preso sospetto di lui, e d’ altra parte non osando usare aperta vio
etto di lui, e d’ altra parte non osando usare aperta violenza, pensò di disfarsi dell’ incomodo ospite affidandogli qualc
vventura. Dichiarò pertanto gli avrebbe ceduto volentieri la signoria di Iolco, a condizione che egli si recasse a prender
Di qui la spedizione degli Argonauti. Giasone fe’ costruire nel portò di Iolco una nave a cinquanta remi, che dal nome del
e il nome degli eroi che presero parte alla spedizione, molta varietà di tradizioni. Nei tempi più antichi si nominavano s
tutti gli eroi della generazione immediatamente anteriore alla guerra di Troia, quindi i Dioscuri, i Boreadi, Telamone, Pe
omune, gli Argonauti salpati da Iolco toccaron terra prima all’ isola di Lenno, ove stettero alcun tempo colle Lenniesi ch
tempo colle Lenniesi che avevano tutte ucciso i loro infedeli mariti; di là per l’ Ellesponto giunsero a Cizico, ove furon
o, ove furono benevolmente accolti da Cizico, re dei Dolioni. Partiti di là, furono da una notturna tempesta risospinti a
Dolioni vennero a battaglia, nella quale il re Cizico cadde morto; e di dolore s’ uccise anche la sposa di lui Cleite e l
quale il re Cizico cadde morto; e di dolore s’ uccise anche la sposa di lui Cleite e le ninfe de’ boschi la piansero, e d
inia ov’ erano i Bebrici, e Amico loro re. Ivi Polluce venuto a lotta di pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmide
enuto a lotta di pugilato con Amico lo battò. Poi furono a Salmidesso di Tracia ov’ era un indovino cieco, Fineo; questi a
Salmidesso di Tracia ov’ era un indovino cieco, Fineo; questi a patto di esser liberato delle Arpie che infestavan quelle
; specialmente li avvisò del difficile passo delle Simplegadi, specie di scogli all’ entrata del Ponto Eusino, i quali alt
, e con tanta velocità che ben difficilmente una nave poteva passarvi di mezzo. Così istruiti gli Argonauti riuscirono fel
no, arrivarono prima al paese delle Amazoni, poi all’ isola Aretias o di Marte dove erano gli uccelli Stinfalii che Eracle
nfalii che Eracle aveva fatto fuggire dall’ Arcadia. Cacciatili anche di là, insieme col figli di Frisso che nel ritorno d
atto fuggire dall’ Arcadia. Cacciatili anche di là, insieme col figli di Frisso che nel ritorno dalla Colchide avevano nau
ide avevano naufragato a quell’ isola, giunsero nella sospirata terra di Eeta (Aietes), figlio del dio del Sole. — Rimanev
di Eeta (Aietes), figlio del dio del Sole. — Rimaneva il duro compito di rapire il vello d’ oro gelosamente custodito da u
elosamente custodito da un drago. Qui entra in scena Medea, la figlia di Eeta, che ha tanta parte in questa leggenda. Inna
a figlia di Eeta, che ha tanta parte in questa leggenda. Innamoratasi di Giasone s’ impegnò ad aiutarlo. E prima prometten
amoratasi di Giasone s’ impegnò ad aiutarlo. E prima promettendo Eeta di cedere il vello d’ oro a Giasone purchè aggiogass
giogasse due tori che sbuffavan fuoco dalle narici e avevan l’ unghie di bronzo, e con essi arasse un tratto di terreno se
alle narici e avevan l’ unghie di bronzo, e con essi arasse un tratto di terreno seminando nei solchi denti di drago e com
zo, e con essi arasse un tratto di terreno seminando nei solchi denti di drago e combattesse tutti gli uomini armati che n
omini armati che ne sarebbero nati, Medea che era maga e sacerdotessa di Ecate, die’ a Giasone un farmaco magico atto a di
ana forza. Così Giasone superò tutti gli ostacoli, e quando dai denti di drago seminati balzarono su tanti guerrieri, egli
ti di drago seminati balzarono su tanti guerrieri, egli per consiglio di Medea, gettò fra loro una grossa pietra, ond’ ess
onsiglio di Medea, gettò fra loro una grossa pietra, ond’ essi ciechi di furore volsero l’ armi uno contro l’ altro e a vi
ello. Allora Giasone si decise a rapirlo; e addormentato col farmachi di Medea il vigile drago, prese il vello e lo portò
in Occidente. Invano Eeta mandò gente a inseguirli; Medea trovò modo di trattenerli uccidendo e facendo a brani un fratel
con sè, Absirto, e gettando i pezzi a uno a uno nel mare; sicchè quei di Eeta si trattenevano a raccogliere que’ pezzi per
a, e i fuggiaschi guadagnarono terreno. Secondo altri, Absirto figlio di Eeta, era il condottiero delle genti mandate dal
sono dati molto diversi. Secondo gli uni tornarono per la stessa via di prima; secondo altri, risalendo il Fasi, fiume de
asi, fiume della Colchide, sarebbero giunti nell’ Oceano Orientale, e di là attraverso il Mar Rosso nel Nilo, ovvero per i
fiume Istro o Danubio sarebbero riusciti nell’ Oceano Occidentale, e di là per le colonne d’ Ercole sarebbero rientrati n
l vello d’ oro a Pelia. Ma questi non volle già mantenere la promessa di cedergli il regno; allora Medea pensò lei a torlo
nere la promessa di cedergli il regno; allora Medea pensò lei a torlo di mezzo; persuase le figlie di Pelia che tagliando
il regno; allora Medea pensò lei a torlo di mezzo; persuase le figlie di Pelia che tagliando a pezzi il padre e facendoli
eparati, avrebbero a lui ridonato fiorente giovinezza; così le figlie di Pelia divennero senza volerlo parricide. Rimase a
elia divennero senza volerlo parricide. Rimase al regno Acasto figlio di Pelia, che si proponeva anche di vendicare il pad
icide. Rimase al regno Acasto figlio di Pelia, che si proponeva anche di vendicare il padre; onde Giasone e Medea furono o
sopra un carro tirato da un drago alato. Ivi ebbe un figlio da Egeo, di nome Medo, e con questo poi tornò in Colchide all
, di nome Medo, e con questo poi tornò in Colchide allorchè per opera di Teseo dovette lasciare anche Atene. Giasone trovò
go che gli si sfracellò addosso. 2. La leggenda degli Argonauti è una di quelle che offrirono più copiosi materiali alla l
o de’ suoi momenti, nobili opere ai poeti posteriori; la quarta Pizia di Pindaro versa intorno a questo soggetto; molte de
izia di Pindaro versa intorno a questo soggetto; molte delle tragedie di Eschilo, Sofocle, Euripide mettono in iscena Gias
tragedie intitolate Medea, quella d’ Euripide rappresentante le scene di Corinto, imitata da Ennio nella Medea exul, l’ al
ante le scene di Corinto, imitata da Ennio nella Medea exul, l’ altra di Ennio stesso riferentesi alla Medea in Atene, que
xul, l’ altra di Ennio stesso riferentesi alla Medea in Atene, quella di Accio, sceneggiante la fuga dalla Colchide e la M
tene, quella di Accio, sceneggiante la fuga dalla Colchide e la Medea di Ovidio tanto lodata dai contemporanei. È da menzi
o lodata dai contemporanei. È da menzionare in modo speciale il poema di Apollonio liodio intitolato le Argonautiche, imit
timo libre delle Metamorfosi che narra poeticamente tutta la leggenda di Medea. Non sono poi molto numerosi i monumenti d’
bel bassorilievo è nel Museo Lateranense, e rappresenta Medea in atto di preparare i suoi farmachi circondata dalle Peliad
a notevole rappresentazione dello sbarco in Bitinia e della punizione di Amico. III. Il ciclo Tebano. 1. La patetica
patetica istoria della famiglia dei Labdacidi in Tebe era così ricca di caratteri e di fatti che costituì per tempo come
ia della famiglia dei Labdacidi in Tebe era così ricca di caratteri e di fatti che costituì per tempo come un ciclo di leg
sì ricca di caratteri e di fatti che costituì per tempo come un ciclo di leggende, il quale fornì inesauribile materia e a
esto ne abbiamo riservato l’ esposizione a questo luogo. Laio, figlio di Labdaco e pronipote di Cadmo, aveva avuto l’ avvi
to l’ esposizione a questo luogo. Laio, figlio di Labdaco e pronipote di Cadmo, aveva avuto l’ avviso dall’ oracolo, non g
in Omero è chiamata Epicasta) die’ alla luce un figlio, prima premura di Laio fu di esporlo, e torlo così di mezzo. Ma un
chiamata Epicasta) die’ alla luce un figlio, prima premura di Laio fu di esporlo, e torlo così di mezzo. Ma un pastore Cor
lla luce un figlio, prima premura di Laio fu di esporlo, e torlo così di mezzo. Ma un pastore Corinzio, trovato sul Citero
vato sul Citerone quel bambino abbandonato, lo raccolse e portò al re di Corinto, di nome Polibo; il quale essendo senza f
erone quel bambino abbandonato, lo raccolse e portò al re di Corinto, di nome Polibo; il quale essendo senza figli adottò
e « dai piedi gonfi », perchè presentava appunto questa particolarità di avere enfiati i piedi. Così crebbe Edipo nella pe
enfiati i piedi. Così crebbe Edipo nella persuasione che Polibo e la di lui moglie Merope (o Peribea) fossero i suoi veri
erchè avrebbe ucciso suo padre e sposato sua madre. Egli allora pensò di evitar Corinto, dove credeva aver lasciato i suoi
dove credeva aver lasciato i suoi genitori, e s’ avviò per la strada di Tebe. A un certo punto, in un passo angusto, si i
o sulla Sfinge. Il cocchiere che era con Laio ordina al giovane Edipo di dar luogo; ne nasce una contesa, nella quale Edip
Tebè, Edipo incontrò la famosa Sfinge. Era questa un mostro col corpo di leone e la faccia di donna, mandato da Era, adira
la famosa Sfinge. Era questa un mostro col corpo di leone e la faccia di donna, mandato da Era, adirata contro Laio, a inf
gava i passanti a sciogliere il celebre enigma, qual fosse l’ animale di quattro gambe al mattino, di due a mezzogiorno, d
il celebre enigma, qual fosse l’ animale di quattro gambe al mattino, di due a mezzogiorno, di tre alla sera; chi non sape
l fosse l’ animale di quattro gambe al mattino, di due a mezzogiorno, di tre alla sera; chi non sapeva rispondere, lo ucci
ccideva buttandolo giù in un profondo burrone. Appena saputo la morte di Laio, Creonte suo cognato preoccupato del continu
nato preoccupato del continuo pericolo della Sfinge, promise il trono di Tebe e la mano della vedova Giocasta a chi avesse
rì, onde Edipo entrò trionfante in Tebe e n’ ebbe secondo la promessa di Creonte, il trono e la mano di Giocasta; divenne
in Tebe e n’ ebbe secondo la promessa di Creonte, il trono e la mano di Giocasta; divenne così inconsciamente sposo di su
te, il trono e la mano di Giocasta; divenne così inconsciamente sposo di sua madre avverando il terribile oracolo che pesa
mente sposo di sua madre avverando il terribile oracolo che pesava su di lui. Ma nè egli nè lei non ne sapevano nulla anco
chè nei racconti più antichi non si dà alcuna discendenza al connubio di Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli
denza al connubio di Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli di Edipo e di Euriganea figlia di Iperfante, sposata
nnubio di Edipo con sua madre e quei quattro figuran figli di Edipo e di Euriganea figlia di Iperfante, sposata da lui dop
sua madre e quei quattro figuran figli di Edipo e di Euriganea figlia di Iperfante, sposata da lui dopo Giocasta. Dopo qua
una terribile pestilenza venne a infierire in Tebe e insieme si patì di grande carestia. Interrogato l’ oracolo, rispose
Interrogato l’ oracolo, rispose si cacciasse dalla città l’ uccisore di Laio. Edipo s’ affanna a ricercare il colpevole;
del servo che l’ aveva esposto bambino e che era scampato alla strage di Laio, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisor
ato alla strage di Laio, viene a sapere che è egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parricida e sposo di sua ma
è egli stesso l’ uccisore di Laio, sicchè egli era parricida e sposo di sua madre? A tal terribile scoperta, Giocasta si
scoperta, Giocasta si appicca, Edipo si cava gli occhi. Non contenti di ciò i Tebani l’ obbligarono ad abbandonare Tebe e
ieco, accompagnato dalla sua amorosa figliuola Antigone, andò errando di luogo in luogo in cerca di pace, finchè a Colono,
a amorosa figliuola Antigone, andò errando di luogo in luogo in cerca di pace, finchè a Colono, demo dell’ Attica, ebbe ri
rza d’ un oracolo, un luogo d’ asilo della terra Attica. Tale la fine di Edipo secondo Sofocle; che gli epici antichi in a
morì a Tebe e ivi fu sepolto; secondo altri ebbe sepoltura ad Eteone di Beozia in un santuario di Demeter. Morto Edipo, l
lto; secondo altri ebbe sepoltura ad Eteone di Beozia in un santuario di Demeter. Morto Edipo, la maledizione che pesava s
in un santuario di Demeter. Morto Edipo, la maledizione che pesava su di lui, secondo il concetto degli antichi, doveva na
oveva naturalmente ricadere sopra i figliuoli. Quindi un’ altra serie di guai. Eteocle e Polinice s’ eran convenuti di reg
Quindi un’ altra serie di guai. Eteocle e Polinice s’ eran convenuti di regnare in Tebe alternatamente un anno ciascuno.
o al fratello; il quale allora si rifugiò presso Adrasto della stirpe di Amitaone, re di Argo; proprio nello stesso tempo
l quale allora si rifugiò presso Adrasto della stirpe di Amitaone, re di Argo; proprio nello stesso tempo che vi cercava r
proprio nello stesso tempo che vi cercava rifugio anche Tideo figlio di Eneo fuggito da Calidone. Adrasto accolse i due f
neo fuggito da Calidone. Adrasto accolse i due fuggiaschi promettendo di rimetterli in trono, e die’ loro in ispose le sue
figliuole Argia e Deipile. E subito intraprese la guerra contro il re di Tebe Eteocle. È la guerra detta dei sette contro
nice e Tideo vi presero parte altri quattro eroi, Capaneo discendente di Preto, Ippomedonte nipote di Adrasto, Partenopeo
altri quattro eroi, Capaneo discendente di Preto, Ippomedonte nipote di Adrasto, Partenopeo fratello di Adrasto, o, secon
cendente di Preto, Ippomedonte nipote di Adrasto, Partenopeo fratello di Adrasto, o, secondo favole più recenti, figlio di
Partenopeo fratello di Adrasto, o, secondo favole più recenti, figlio di Meleagro e di Atalanta, infine Anfiarao, il celeb
tello di Adrasto, o, secondo favole più recenti, figlio di Meleagro e di Atalanta, infine Anfiarao, il celebre veggente de
agro e di Atalanta, infine Anfiarao, il celebre veggente della stirpe di Melampo cognato di Adrasto stesso. Veramente Anfi
infine Anfiarao, il celebre veggente della stirpe di Melampo cognato di Adrasto stesso. Veramente Anfiarao che per la sua
po cognato di Adrasto stesso. Veramente Anfiarao che per la sua virtù di antivedere le cose sapeva che la spedizione sareb
a male, non voleva prendervi parte e aveva tentato sfuggire ai messi di Adrasto che ne lo sollecitavano; ma Polinice aven
rasto che ne lo sollecitavano; ma Polinice avendo subornato la moglie di lui Erifile donandole lo splendido monile di Armo
endo subornato la moglie di lui Erifile donandole lo splendido monile di Armonia (bello a vedere ma ne pendeva la sventura
esito sfavorevole. S’ erano bensì i sette disposti colle loro schiere di contro alle sette porte di Tebe per cingerla di r
bensì i sette disposti colle loro schiere di contro alle sette porte di Tebe per cingerla di regolare assedio; alcuni di
ti colle loro schiere di contro alle sette porte di Tebe per cingerla di regolare assedio; alcuni di loro compirono anche
tro alle sette porte di Tebe per cingerla di regolare assedio; alcuni di loro compirono anche prodigi di valore, come Tide
cingerla di regolare assedio; alcuni di loro compirono anche prodigi di valore, come Tideo; ma tutto invano; Tiresia avev
utto invano; Tiresia aveva predetto ai Tebani la vittoria, quando uno di loro si consacrasse alla morte; vi si offerse Men
uno di loro si consacrasse alla morte; vi si offerse Meneceo, figlio di Creonte, precipitandosi dalle mura nella grotta g
Creonte, precipitandosi dalle mura nella grotta già abitata dal drago di Ares; allora tutto a rovescio per gli assalitori;
o a rovescio per gli assalitori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio di resistere anche al fuoco di Zeus, venne fulminato
ori; Capaneo che vantava nel suo orgoglio di resistere anche al fuoco di Zeus, venne fulminato dall’ alto delle scalate mu
oi ottenuto da Teseo s’ interponesse presso Creonte, il nuovo signore di Tebe, per ottenere licenza di dar sepoltura ai mo
onesse presso Creonte, il nuovo signore di Tebe, per ottenere licenza di dar sepoltura ai morti. — Dieci anni dopo, i figl
egli Epigoni o seconda guerra Tebana. Vi presero parte Egialeo figlio di Adrasto, Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice,
da guerra Tebana. Vi presero parte Egialeo figlio di Adrasto, Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice, Stenelo di Capaneo,
presero parte Egialeo figlio di Adrasto, Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice, Stenelo di Capaneo, Promaco di Partenop
o figlio di Adrasto, Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice, Stenelo di Capaneo, Promaco di Partenopeo, Alcmeone di Anfia
Diomede di Tideo, Tersandro di Polinice, Stenelo di Capaneo, Promaco di Partenopeo, Alcmeone di Anfiarao, ultimo Eurialo
ndro di Polinice, Stenelo di Capaneo, Promaco di Partenopeo, Alcmeone di Anfiarao, ultimo Eurialo di Mecisteo. Non combatt
Capaneo, Promaco di Partenopeo, Alcmeone di Anfiarao, ultimo Eurialo di Mecisteo. Non combattendo essi contro il volere d
padri, ma anzi con buoni auspici, ebbero fortuna. Laodamante, figlio di Eteocle, che ora governava in Tebe spiegò tutta l
saccheggiata. Una buona parte del bottino, e fra essa Manto la figlia di Tiresia fu mandata a Delfo come sacra offerta ad
a Delfo come sacra offerta ad Apollo, lu Tebe ebbe il regno Tersandro di Polinice, il quale poi prese parte alla guerra di
il regno Tersandro di Polinice, il quale poi prese parte alla guerra di Troia, ma vi perdette la vita. 2. Le leggende del
ema antichissimo col titolo « la Tebaide ». A questo attinse Antimaco di Colofone, contemporaneo di Platone, autore di un
« la Tebaide ». A questo attinse Antimaco di Colofone, contemporaneo di Platone, autore di un vasto poema dello stesso ti
questo attinse Antimaco di Colofone, contemporaneo di Platone, autore di un vasto poema dello stesso titolo; a cui fa risc
sso titolo; a cui fa riscontro nella letteratura latina il noto poema di Stazio. Le avventure speciali di Alcmeone, ucciso
lla letteratura latina il noto poema di Stazio. Le avventure speciali di Alcmeone, uccisore di sua madre Erifile, e perciò
il noto poema di Stazio. Le avventure speciali di Alcmeone, uccisore di sua madre Erifile, e perciò perseguitato dalle Er
eguitato dalle Erinni finchè ebbe espiazione e pace a Psofi per opera di Fegeo, alla cui figlia Alfesibea (o Arsinoe) dive
Alfesibea (o Arsinoe) divenuta sua moglie donò il peplo e il collare di Armonia tolto alla madre, ucciso poi dai fratelli
plo e il collare di Armonia tolto alla madre, ucciso poi dai fratelli di Alfesibea e venerato dopo morte con divini onori,
dopo morte con divini onori, queste avventure formarono l’ argomento di una poesia intitolata « Alcmeonide ». Fra i poeti
lirici si ricorda Stesicoro il quale trattò poeticamente la leggenda di Erifile. Ma sopra tutto i Tragici attinsero a pie
Ma sopra tutto i Tragici attinsero a piene mani a questa ricca fonte di leggende; Eschilo col « Sette contro Tebe » scene
e fratelli, al cui odio si contrappose l’ indole affettuosa e gentile di Antigone che al fine della tragedia dichiarava en
ntile di Antigone che al fine della tragedia dichiarava energicamente di voler, contro l’ ordine del re, dar sepoltura al
icamente di voler, contro l’ ordine del re, dar sepoltura al cadavere di Polinice; Sofocle riprese questo stesso motivo po
facendo della pietosa sorella il personaggio principale dei dramma; e di Edipo sceneggiò la sventura in due tragedie che s
atori fra i Latini; e si posson ricordar qui le Fenicie e l’ Alcmeone di Ennio, la Peribea di Pacuvio, la Tebaide, le Feni
si posson ricordar qui le Fenicie e l’ Alcmeone di Ennio, la Peribea di Pacuvio, la Tebaide, le Fenicie, l’ Antigone, gli
di Pacuvio, la Tebaide, le Fenicie, l’ Antigone, gli Epigoni e altre di Azzio, poi ancora l’ Edipo e le Fenicie di Seneca
igone, gli Epigoni e altre di Azzio, poi ancora l’ Edipo e le Fenicie di Seneca. A un così numeroso stuolo di opere letter
poi ancora l’ Edipo e le Fenicie di Seneca. A un così numeroso stuolo di opere letterarie relative al ciclo tebano non pos
l ciclo tebano non possiamo mettere a riscontro un numero rispondente di opere d’ arte; anzi queste sono relativamente sca
rispondente di opere d’ arte; anzi queste sono relativamente scarse o di poca importanza. Abbastanza frequenti le statue d
e statue della Sfinge, che a differenza della Sfinge egiziana, tronco di leone senz’ ali con petto e testa d’ uomo maschio
maschio, soleva raffigurarsi con tronco leonino alato e petto e testa di giovine donzella. Era ritenuta come simbolo del c
IV. Il ciclo Troiano. Eccoci all’ ultimo e più importante ciclo di leggende eroiche, qual’ è quello relativo alla gu
qual’ è quello relativo alla guerra Troiana, a cui presero parte eroi di diverse stirpi e di diverse regioni della Grecia.
ivo alla guerra Troiana, a cui presero parte eroi di diverse stirpi e di diverse regioni della Grecia. Esporremo brevissim
diverse regioni della Grecia. Esporremo brevissimamente le principali di tali leggende, dicendo prima delle stirpi eroiche
del ritorno. 1. I principali eroi greci che presero parte alla guerra di Troia, furono Agamennone e Menelao, Achille, Aiac
i Troia, furono Agamennone e Menelao, Achille, Aiace Telamonio, Aiace di Oileo, Diomede, Nestore ed Ulisse. Daremo brevi c
o in quel modo che già si espose parlando del regno dei morti. Figlio di Zeus, possessore di estesissimi fondi, era così b
ià si espose parlando del regno dei morti. Figlio di Zeus, possessore di estesissimi fondi, era così bene viso agli Dei ch
nte esposte in varie leggende. Alfine, colma la misura venne il tempo di pagare il fio di tanti delitti. Come abbia perdut
rie leggende. Alfine, colma la misura venne il tempo di pagare il fio di tanti delitti. Come abbia perduto regno e vita no
delitti. Come abbia perduto regno e vita non è detto; si conosce solo di lui la detta pena d’ oltre tomba. Figli di Tantal
n è detto; si conosce solo di lui la detta pena d’ oltre tomba. Figli di Tantalo furono Niobe e Pelope; sul quali ricadend
ne, furono perseguitati anch’ essi dalla sventura. La storia dolorosa di Niobe fu già da noi narrata dove si parlava delle
li alati donatigli da Posidone, poi guadagnossi Mirtilo, il cocchiere di Enomao inducendolo a levar i cavicchi dalle ruote
dalle ruote del cocchio del suo padrone e a sostituirli con cavicchi di cera. Così Pelope vinse la gara ed Enomao o rimas
ell’ Elide; mal ripagò poi Mirtilo del servizio resogli, che in luogo di dargli metà del regno come aveva promesso, lo pre
o da suo padre Ermes mutato nella costellazione dell’ auriga. — Figli di Pelope e di Ippodamia furono Atreo e Tieste (Thye
re Ermes mutato nella costellazione dell’ auriga. — Figli di Pelope e di Ippodamia furono Atreo e Tieste (Thyestes), altre
almeno secondo le leggende posteriori, perchè delle tragiche vicende di questi due fratelli Omero non conosce nulla ancor
lli Omero non conosce nulla ancora. Cominciarono a rendersi colpevoli di un fratricidio, uccidendo per istigazione di Ippo
ono a rendersi colpevoli di un fratricidio, uccidendo per istigazione di Ippodamia il loro consanguineo Crisippo che Pelop
pararono colla madre in Micene presso il loro cognato Stenelo, figlio di Perseo, o presso il figlio di lui Euristeo. Dopo
presso il loro cognato Stenelo, figlio di Perseo, o presso il figlio di lui Euristeo. Dopo la costui morte entrarono in p
ssesso della signoria d’ Argo, abitando Atreo in quel superbo palazzo di Micene, del quale ancora oggi si ammirano parecch
dio mortale. Tieste avendo dovuto lasciare Argo, portò seco un figlio di Atreo, di nome Plistene, e allevatolo come suo, u
e. Tieste avendo dovuto lasciare Argo, portò seco un figlio di Atreo, di nome Plistene, e allevatolo come suo, un bel gior
desse Atreo. Scoperto ed arrestato, dovette pagare colla morte il fio di tanta audacia. Ma Atreo quando seppe di aver fatt
tte pagare colla morte il fio di tanta audacia. Ma Atreo quando seppe di aver fatto uccidere il suo proprio figlio, concep
er fatto uccidere il suo proprio figlio, concepì un terribile disegno di vendetta contro il fratello. Si finse pronto a ri
el fratello venne co’ suoi due figli, Tantalo e Plistene, alla reggia di Micene. Allora Atreo fatti prendere segretamente
e ne appose le membra alla mensa del padre. Il sole stesso inorridito di tanta crudeltà, favoleggiavasi che volto il cocch
fosse tornato ad oriente. Tieste imprecando ogni maledizione sul capo di Atreo e della sua stirpe fuggì e riparossi alla c
one sul capo di Atreo e della sua stirpe fuggì e riparossi alla corte di Tesproto re dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì anc
si alla corte di Tesproto re dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì ancora di vendicarsi, coll’ aiuto di un unico figlio rimast
e dell’ Epiro. Più tardi gli riuscì ancora di vendicarsi, coll’ aiuto di un unico figlio rimastogli, Egisto, il quale ucci
o sulla riva del mare. Allora Tieste con Egisto ottennero la signoria di Micene, cacciatine i figli di Atreo, Agamennone e
Tieste con Egisto ottennero la signoria di Micene, cacciatine i figli di Atreo, Agamennone e Menelao. Ed eccoci agli eroi
eccoci agli eroi della guerra Troiana. Costoro riparatisi alla corte di Tindareo, re di Sparta, ebb’ ero in moglie le due
i della guerra Troiana. Costoro riparatisi alla corte di Tindareo, re di Sparta, ebb’ ero in moglie le due figliuole di lu
corte di Tindareo, re di Sparta, ebb’ ero in moglie le due figliuole di lui, Clitennestra ed Elena. Agamennone poi coll’
ore appartengono alla famiglia degli Eacidi. Eaco era un altro figlio di Zeus, nato da una figliuola del fiume Asopo. Era
io di Zeus, nato da una figliuola del fiume Asopo. Era re dell’ isola di Egina ed ebbe in moglie una figlia del centauro C
te la sua isola e spoglia d’ abitanti, ottenne da Zeus che uno sciame di formiche fossero trasformate in uomini, che furon
a ascritto con Minosse e Radamanto fra i giudici dell’ inferno. Figli di Eaco furono Peleo e Telamone. Costoro per avere,
igli di Eaco furono Peleo e Telamone. Costoro per avere, come i figli di Pelope ucciso un fratellastro, dovettero abbandon
e Euritio che gli diè in moglie la sua figliuola Antigone e lo fe’ re di una terza parte del suo dominio. Più tardi prese
arte del suo dominio. Più tardi prese parte alla caccia del cinghiale di Calidone, durante la quale ebbe la disgrazia di u
caccia del cinghiale di Calidone, durante la quale ebbe la disgrazia di uccidere involontariamente suo suocero. Allora la
Iolco dove prese parte ai giochi funebri istituiti da Acasto in onore di suo padre Pelia. In quest’ occasione Astidamia (
ia. In quest’ occasione Astidamia ( Omero la chiama Ippolita), moglie di Acasto, si invaghì di Peleo, ma lo trovò ritroso
e Astidamia ( Omero la chiama Ippolita), moglie di Acasto, si invaghì di Peleo, ma lo trovò ritroso a’ suoi desideri e all
uoi desideri e allora calunniollo presso il marito, come era avvenuto di Bellerofonte alla corte di Preto. Acasto allora,
niollo presso il marito, come era avvenuto di Bellerofonte alla corte di Preto. Acasto allora, volendo tor di mezzo Peleo,
enuto di Bellerofonte alla corte di Preto. Acasto allora, volendo tor di mezzo Peleo, s’ approfittò d’ un momento ch’ egli
i lo lasciò ivi solo, persuaso che i Centauri avrebbero fatto scempio di lui. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e g
i. Ma gli Dei vegliavano alla sua salvezza, e gli mandarono per mezzo di Ermes una spada di meravigliosa potenza; colla qu
avano alla sua salvezza, e gli mandarono per mezzo di Ermes una spada di meravigliosa potenza; colla quale egli potè respi
ale egli potè respingere trionfalmente gli assalti dei Centauri. Dopo di che tornato a Iolco, e presa la città coll’ aiuto
a Peleo i cavalli Xanto e Balio, e l’ amico Chirone una pesante asta di effetti miracolosi. Da queste nozze nacque unico
e immortale il figlio, così come era avvenuto con Demetra e il figlio di Celeo, è questa una leggenda che Omero ancora non
nda che Omero ancora non conosceva. Achille ebbe a educatore, al pari di tanti altri eroi greci, il centauro Chirone, seco
ri eroi greci, il centauro Chirone, secondo Omero anche Fenice figlio di Amintore, bravo nell’ eloquenza e nell’ arte mili
militare. Giovane nella pienezza delle forze, prese parte alla guerra di Troia, pur sapendo che sarebbe stata per lui fata
e suo figlio al suo destino lo mandò a Sciro e ivi lo nascose in casa di Licomede in abiti donneschi, donde poi sarebbe st
abiti donneschi, donde poi sarebbe stato tratto fuori per l’ astuzia di Ulisse. — Telamone, il fratello di Peleo, fuggend
stato tratto fuori per l’ astuzia di Ulisse. — Telamone, il fratello di Peleo, fuggendo da Egina, trovò una nuova patria
ovò una nuova patria in Salamina, ove il re Cicreo (Cychreus), figlio di Posidone, gli diè in isposa la figlia Glauce e do
il regno. Telamone poi, morta la prima moglie, sposò Peribea, figlia di Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Ami
Telamone poi, morta la prima moglie, sposò Peribea, figlia di Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Amico di Eracl
moglie, sposò Peribea, figlia di Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Amico di Eracle, Telamone lo accompagnò al
eribea, figlia di Alcatoo di Megara, che lo fe’ padre di Aiace. Amico di Eracle, Telamone lo accompagnò alla prima spedizi
di Eracle, Telamone lo accompagnò alla prima spedizione contro Troia; di là trasse con sè cattiva Esione figlia del re Lao
nne celebre arciero. Prese ancor parte col fratello Peleo alla caccia di Calidone e alla spedizione degli Argonauti. Cresc
Calidone e alla spedizione degli Argonauti. Cresciuto sotto la guida di un tal padre, spesso palleggiato da Eracle, Aiace
eva non essere un grande eroe. Crebbe aitante della persona e robusto di forza ed era il più forte fra gli eroi greci a Tr
olto inferiore ad Aiace Telamonio era l’ altro Aiace, locrese, figlio di quell’ Oileo, che pure aveva preso parte alla spe
tà, nella qual virtù solo Achille lo superava. Capitanava un esercito di Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede era f
un esercito di Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede era figlio di quel Tideo di Eneo, che, fuggito da Calidone e ac
Locri Opunzii, armati alla leggera. Diomede era figlio di quel Tideo di Eneo, che, fuggito da Calidone e accolto da Adras
gito da Calidone e accolto da Adrasto re d’ Argo e sposata una figlia di lui, prese parte con lui alla guerra dei sette co
o prese parte alla seconda guerra tebana, con che ottenne la signoria di Argo, sotto il supremo dominio di Agamennone risi
tebana, con che ottenne la signoria di Argo, sotto il supremo dominio di Agamennone risiedente in Micene. Ristabilì sul tr
trono etolico il suo nonno Eneo che era stato cacciato dai figliuoli di un suo fratello Agrio. Nella guerra di Troia, pro
a stato cacciato dai figliuoli di un suo fratello Agrio. Nella guerra di Troia, protetto da Pallade Atena, compì molti att
o. Nella guerra di Troia, protetto da Pallade Atena, compì molti atti di valore; specialmente è celebre per l’ attribuitog
saviezza o l’ astuzia; primo Nestore. Era l’ ultimo dei dodici figli di Neleo, il quale nato da Posidone e da Tiro, e per
figli di Neleo, il quale nato da Posidone e da Tiro, e pero fratello di Pelia, era stato cacciato da lui e aveva trovato
atria in Messenia. Venuta a urto con Eracle, la famiglia già prospera di Neleo ebbe la peggio, e morirono tutti i figli sa
sua saviezza e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d’ Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, nata dal celebre Autolico d
a e co’ suoi consigli. Ulisse infine era d’ Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, nata dal celebre Autolico di Erme astut
a d’ Itaca, figlio di Laerte e di Anticlea, nata dal celebre Autolico di Erme astuto e anche ladro. Moglie di Ulisse fu la
iclea, nata dal celebre Autolico di Erme astuto e anche ladro. Moglie di Ulisse fu la pia e nobile Penelope figlia di Icar
to e anche ladro. Moglie di Ulisse fu la pia e nobile Penelope figlia di Icario e perciò nipote di Tindareo. Così Ulisse a
i Ulisse fu la pia e nobile Penelope figlia di Icario e perciò nipote di Tindareo. Così Ulisse aveva un certo grado di aff
Icario e perciò nipote di Tindareo. Così Ulisse aveva un certo grado di affinità cogli Atridi. Alla guerra di Troia si re
osì Ulisse aveva un certo grado di affinità cogli Atridi. Alla guerra di Troia si rese famoso per la sua scaltrezza, per l
per la sua abilità e fermezza nei pericoli; anch’ egli era prediletto di Pallade Atena. Facciamo anche un cenno dei princi
a famiglia regnante in Troia traeva la sua origine da Dardano, figlio di Zeus, emigrato dall’ Arcadia a Samotracia e di là
ine da Dardano, figlio di Zeus, emigrato dall’ Arcadia a Samotracia e di là nella Frigia, ove aveva ottenuto dal re Teucro
re Teucro il terreno per fabbricarvi la città Dardania. Da una figlia di Teucro, Dardano ebbe un figliuolo, Erittonio, il
coppiere degli Dei, già abbiamo parlato. Gli altri due divennero capi di due diverse stirpi. Assaraco, rimasto nella regio
irpi. Assaraco, rimasto nella regione Dardania generò Capi (Capys), e di questo fu figlio Anchise padre di Enea. Ilo andò
one Dardania generò Capi (Capys), e di questo fu figlio Anchise padre di Enea. Ilo andò a porre stanza nel piano dello Sca
o andò a porre stanza nel piano dello Scamandro, e ivi fondò la città di Ilio o Troia. Fondata la città, pregò Zeus gli ma
trovò davanti la sua tenda il celebre Palladion, una statua in legno di Pallade Atena, al cui possesso da quel momento er
al cui possesso da quel momento era legata la felicità e il benessere di Troia. Morto Ilo, succedette Laomedonte, a cui Po
e Apollo costruirono la cittadella detta Pergamo. Come poi per manear di parola questo re si sia tirato addosso sciagure e
tirato addosso sciagure e calamità, e infine anche una grossa guerra di Eracle, fatale per lui e per la sua famiglia, nar
e per lui e per la sua famiglia, narrammo nel capitolo delle leggende di Eracle. Unico figlio superstite di Laomedonte fu
rrammo nel capitolo delle leggende di Eracle. Unico figlio superstite di Laomedonte fu Podarce, dopo il riscatto chiamato
aomedonte fu Podarce, dopo il riscatto chiamato Priamo, il quale fece di nuovo rifiorire il regno e colla moglie Ecuba (He
aride che fu cagion della guerra; seguivano Creusa che divenne moglie di Enea, Polissena che fu poi sacrificata sulla tomb
divenne moglie di Enea, Polissena che fu poi sacrificata sulla tomba di Achille, Cassandra la profetessa di sventura, Ele
he fu poi sacrificata sulla tomba di Achille, Cassandra la profetessa di sventura, Eleno, augure e vate; ultimo, il più gi
mi capi le vicende della guerra. Eris, la contesa, sorella e compagna di Ares, irritatasi per non essere stata invitata al
compagna di Ares, irritatasi per non essere stata invitata alle nozze di Peleo e Tetide, si vendicò destando una contesa i
to al pastore Paride. Era questi un figlio del re Priamo, ma a motivo di un sogno di cattivo augurio avuto dalla madre Ecu
e Paride. Era questi un figlio del re Priamo, ma a motivo di un sogno di cattivo augurio avuto dalla madre Ecuba nel dar a
odite la più bella donna del mondo. Egli assegnò il pomo ad Afrodite; di qui ne venne che Era ed Atena furono sempre acerb
rodite; di qui ne venne che Era ed Atena furono sempre acerbe nemiche di Troia, e Afrodite amica. Poco dopo, avendo Paride
n questa occasione ebbe il premio promessogli da Afrodite; alla corte di Menelao re di Sparta ove fu benignamente accolto,
ione ebbe il premio promessogli da Afrodite; alla corte di Menelao re di Sparta ove fu benignamente accolto, incontro la b
rta ove fu benignamente accolto, incontro la bellissima Elena, moglie di Menelao. Afrodite instillo in lei un ardente amor
Menelao temporariamente assente per un viaggio a Creta, e i fratelli di Elena, i Dioscuri, essendo occupati nella guerra
aridi, essa fuggi con Paride e se ne venne a Troia. Menelao ne chiese di poi la restituzione; avutone un rifiuto, si prepa
mano della bella Elena aveva fatto giurare, sarebbero corsi in aiuto di quello da lei prescelto, quando questi fosse assa
quando questi fosse assalito. In breve si raccolse nel portò beotico di Aulide una ragguardevole flotta disposta a salpar
ide una ragguardevole flotta disposta a salpare verso oriente. A capo di tutta quest’ armata fu scelto Agamennone re d’ Ar
rmata fu scelto Agamennone re d’ Argo che da solo aveva allestito più di cento navi. Senonchè avendo Agamennone ucciso una
ucciso una cerva sacra ad Artemide, questa lo puni mandando una calma di vento che impediva di salpare. L’ indovino Calcan
ad Artemide, questa lo puni mandando una calma di vento che impediva di salpare. L’ indovino Calcante interrogato rispose
do, sulle coste troiane. Strada facendo, accadde che Filottete figlio di Peante, tessalo, il quale possedeva le freccie e
te figlio di Peante, tessalo, il quale possedeva le freccie e l’ arco di Eracle, durante un sacrifizio fatto sull’ isola C
atto sull’ isola Crise venne. morsicato da un serpe in un piede; dopo di che molestando i compagni col suoi lamenti e col
do i compagni col suoi lamenti e col fetore della ferita, si deliberò di lasciarlo nell’ isola di Lenno. Più tardi lo si d
menti e col fetore della ferita, si deliberò di lasciarlo nell’ isola di Lenno. Più tardi lo si dovrà andar a riprendere p
he salta), cadde vittima del suo coraggio. Anche Cicno (Cycnos) il re di Colone nella Troade figlio di Posidone, che più v
uo coraggio. Anche Cicno (Cycnos) il re di Colone nella Troade figlio di Posidone, che più validamente si oppose a’ Greci
unto comincia propriamente la guerra. Riusciti vani i primi tentativi di prender d’ assalto la città, i Greci contentavans
primi tentativi di prender d’ assalto la città, i Greci contentavansi di scorrerie e saccheggi nelle terre vicine e così s
ò per ben dieci anni la guerra. Nei primi nove anni non avvenne nulla di veramente notevole, se non si ricordi l’ uccision
si ricordi l’ uccisione per man d’ Achille del più giovane dei figli di Priamo, Troilo, e la condanna a morte di Palamede
le del più giovane dei figli di Priamo, Troilo, e la condanna a morte di Palamede Eubeo, uomo saggio ricco di idee nuove e
o, Troilo, e la condanna a morte di Palamede Eubeo, uomo saggio ricco di idee nuove e poeta, creduto reo di intelligenze c
Palamede Eubeo, uomo saggio ricco di idee nuove e poeta, creduto reo di intelligenze con Priamo e di tradimento; tutti ma
ricco di idee nuove e poeta, creduto reo di intelligenze con Priamo e di tradimento; tutti maneggi di Ulisse che volle ven
creduto reo di intelligenze con Priamo e di tradimento; tutti maneggi di Ulisse che volle vendicarsi di lui perchè, quando
Priamo e di tradimento; tutti maneggi di Ulisse che volle vendicarsi di lui perchè, quando Ulisse in Itaca s’ era finto p
amennone. Passando a Crise, gli Achei avevano fatta schiava la figlia di Crise, sacerdote d’ Apollo, e costei era diletta
e a chiedere la restituzione della figliuola, offrendo congruo prezzo di riscatto, n’ ebbe dura ripulsa e derisione da Aga
o prezzo di riscatto, n’ ebbe dura ripulsa e derisione da Agamennone; di che il Dio Apollo infesto il campo Acheo di grave
derisione da Agamennone; di che il Dio Apollo infesto il campo Acheo di grave pestilenza. Tenutasi una popolare adunanza
se Criseide non fosse stata restituita al padre. Agamennone sdegnato di ciò, prendendosela specialmente con Achille, dich
ò avrebbe liberato Criseide ma avrebbe voluto per sè Briseide ancella di Achille; e in fatto, lasciata Criseide al padre m
a prendere Briseide e la fè condurre alla sua tenda. Achille sdegnato di questo procedere si appartò fra i suoi, rifiutand
chille sdegnato di questo procedere si appartò fra i suoi, rifiutando di prender più oltre parte alla guerra. I Troiani, s
ncipiarono a tormentare gli Achei; e Zeus, pregato da Tetide la madre di Achille, fè che la vittoria fosse dalla loro part
loro parte. Dopo parecchi fatti d’ arme in cui vanamente fecero atti di valore Agamennone, Aiace, Diomede, Ulisse, in ult
in ultimo Ettore cacciati i Greci fin nelle navi, già era in procinto di darvi il fuoco, allorchè Achille si lasciò indurr
Aiace il maggiore e altri eroi. Allora finalmente si rivolse l’ animo di Achille al pensiero di vendicare il morto amico,
ri eroi. Allora finalmente si rivolse l’ animo di Achille al pensiero di vendicare il morto amico, e per mezzo della sua d
l morto amico, e per mezzo della sua divina madre ottenuta dalle mani di Efesto una nuova armatura, scese di nuovo in camp
divina madre ottenuta dalle mani di Efesto una nuova armatura, scese di nuovo in campo, e allora dopo aver fatto strage d
va armatura, scese di nuovo in campo, e allora dopo aver fatto strage di Troiani, s’ azzuffò in terribile duello con Ettor
i, s’ azzuffò in terribile duello con Ettore e l’ uccise. Il cadavere di lui legato al cocchio del vincitore fu trascinato
el campo, e sarebbe poi stato gettato in pasto ai cani e agli uccelli di rapina, se il generoso Achille cedendo alle pregh
pina, se il generoso Achille cedendo alle preghiere del vecchio padre di Ettore non glie l’ avesse consegnato. — Perduto i
esti or da quelli eserciti ausiliari; e Achille ebbe ancora occasione di fare atti di valore. Prima vennero le Amazoni, gu
elli eserciti ausiliari; e Achille ebbe ancora occasione di fare atti di valore. Prima vennero le Amazoni, guidate dalla l
rima vennero le Amazoni, guidate dalla loro regina Pentesilea, figlia di Ares, e diedero molto da fare ai Greci, finchè Ac
regina. Poi vennero le genti Etiope, guidate da Mennone, detto figlio di Titone, fratello di Priamo, e di Eos, l’ aurora;
le genti Etiope, guidate da Mennone, detto figlio di Titone, fratello di Priamo, e di Eos, l’ aurora; anche queste dierono
pe, guidate da Mennone, detto figlio di Titone, fratello di Priamo, e di Eos, l’ aurora; anche queste dierono valido aiuto
, l’ aurora; anche queste dierono valido aiuto ai Troiani, e per mano di Mennone cadde il figlio di Nestore, Antiloco, fid
ierono valido aiuto ai Troiani, e per mano di Mennone cadde il figlio di Nestore, Antiloco, fido amico di Achille, ma alla
per mano di Mennone cadde il figlio di Nestore, Antiloco, fido amico di Achille, ma alla fine anche egli fu ucciso dal fo
dal forte Pelide, e disperse furono le sue genti. Pianse Eos la morte di suo figlio, e continua a piangerla, giacchè che c
non le lagrime dell’ Aurora? — Segue il grave avvenimento della morte di Achille; dopo aver fatto soccombere tanta gente,
he per lui. In un assalto alla porta Scea, una delle principali porte di Troia, mentre già egli stava per entrare in città
e, mentre festeggiava il suo sposalizio con Polissena la bella figlia di Priamo, fu a tradimento ucciso. Intorno al cadave
battè a lungo e con accanimento, finalmente riuscì ad Aiace ed Ulisse di assicurarne il possesso ai Greci. Allora comincia
sesso ai Greci. Allora cominciarono i lamenti e i pianti per la morte di tanto eroe; la madre Tetide e tutta la schiera de
ma vi aspirava anche Ulisse che al valore guerresco univa altri pregi di abilità e di eloquenza. Agamennone per consiglio
a anche Ulisse che al valore guerresco univa altri pregi di abilità e di eloquenza. Agamennone per consiglio di Atena deci
univa altri pregi di abilità e di eloquenza. Agamennone per consiglio di Atena decise la controversia in favore di Ulisse;
a. Agamennone per consiglio di Atena decise la controversia in favore di Ulisse; di che tanto s’ accorò Aiace che impazzi
ne per consiglio di Atena decise la controversia in favore di Ulisse; di che tanto s’ accorò Aiace che impazzi e dopo aver
più valente dei campioni greci. Bisognava giocar d’ astuzia oltrechè di braccio; ed egli era eroe da ciò. Egli dall’ indo
poteva prender Troia senza le freccie d’ Eracle che erano in possesso di Filottete rimasto a Lenno. Ulisse organizzò una s
ma della guerra. Poi Ulisse con Diomede compì la pericolosa avventura di penetrare travestito in Troia e portarne via il P
della città. Ancora Ulisse andò a Sciro a prendere il giovane figlio di Achille, Neottolemo, la cui presenza si diceva es
ser necessaria perchè cadesse Troia. Finalmente Ulisse ebbe il merito di suggerire e far costruire da Epeo il famoso caval
ebbe il merito di suggerire e far costruire da Epeo il famoso cavallo di legno, e disporre quell’ agguato che doveva aver
egno, e disporre quell’ agguato che doveva aver per effetto la caduta di Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascos
a di Troia. Trenta de’ più bravi fra i Greci si nascossero nel ventre di quell’ immenso cavallo, gli altri bruciarono il c
a salparono con la flotta, e si ripararono in un portò dell’ isoletta di Tenedo. I Troiani, lieti della partenza dei Greci
nza dei Greci, guardavano con curiosità quella meraviglia del cavallo di legno, non sapendo che cosa fosse. E qui racconta
dai Troiani, li ingannò inventando che era sfuggito alla persecuzione di Ulisse il quale lo aveva destinato vittima per un
lo un voto fatto per espiare il rapimento del Palladio; sarebbe stato di danno ai Troiani se l’ avessero offeso, per contr
senza indugio aprirono le porte della città per introdurvi il cavallo di legno. La notte seguente la flotta greca avvisata
avallo di legno. La notte seguente la flotta greca avvisata per mezzo di un fuoco acceso da Sinone, o, secondo altre legge
secondo altre leggende, da Elena, se ne tornò silenziosamente al lido di Troia; i soldati sbarcarono e mossero verso la ci
rstiti. Il vecchio Priamo, che aveva cercato protezione presso l’ ara di Zeus con Ecuba e le figlie, venne ucciso da Neott
e figlie, venne ucciso da Neottolemo che aveva già pure ucciso Polite di lui figlio; gli altri guerrieri troiani morirono
; le donne e i bambini caddero in ischiavitù, salvo Astianatte figlio di Ettore che fu buttato giù dalle mura. Colei che e
e figlio di Ettore che fu buttato giù dalle mura. Colei che era causa di tutti questi guai, Elena, fu trovata in casa di D
. Colei che era causa di tutti questi guai, Elena, fu trovata in casa di Deifobo, altro figlio di Priamo, che dopo la mort
tutti questi guai, Elena, fu trovata in casa di Deifobo, altro figlio di Priamo, che dopo la morte di Paride avevala sposa
trovata in casa di Deifobo, altro figlio di Priamo, che dopo la morte di Paride avevala sposata. Menelao nel suo sdegno co
sua bellezza non gli avesse nel momento decisivo fatto cader l’ arme di mano. Le perdonò e la condusse seco. Un’ ultima v
tima vittima doveva essere ancora l’ infelice Polissena, altra figlia di Priamo. Mentre Agamennone ancorata la sua flotta
a figlia di Priamo. Mentre Agamennone ancorata la sua flotta sul lido di Tracia aspettava un vento favorevole, l’ ombra d’
ento favorevole, l’ ombra d’ Achille comparvegli minacciosa chiedendo di essere placata col sangue di Polissena. L’ infeli
Achille comparvegli minacciosa chiedendo di essere placata col sangue di Polissena. L’ infelice ragazza strappata dal seno
da tanti dolori, verso sulla tomba d’ Achille il suo sangue per opera di Neottolemo. 3. Ed ora le avventure del ritorno de
ritorno de’ Greci; giacchè disperdendosi i varii capi col loro gruppi di uomini e di navi, si favoleggiò abbiano avuto div
Greci; giacchè disperdendosi i varii capi col loro gruppi di uomini e di navi, si favoleggiò abbiano avuto diversi casi pr
i di uomini e di navi, si favoleggiò abbiano avuto diversi casi prima di giungere alla loro patria, e alcuni anche in patr
riosa tempesta che lo colse sulle coste dell’ Eubea, nella sua reggia di Micene trovò la morte a tradimento per mano di Eg
ubea, nella sua reggia di Micene trovò la morte a tradimento per mano di Egisto che durante l’ assenza di lui aveva goduti
trovò la morte a tradimento per mano di Egisto che durante l’ assenza di lui aveva goduti i favori di Clitennestra. In que
er mano di Egisto che durante l’ assenza di lui aveva goduti i favori di Clitennestra. In quella congiuntura perdette la v
untura perdette la vita anche la profetessa troiana Cassandra, figlia di Priamo, fatta schiava di Agamennone. Aveva costei
nche la profetessa troiana Cassandra, figlia di Priamo, fatta schiava di Agamennone. Aveva costei il dono di vaticinare l’
, figlia di Priamo, fatta schiava di Agamennone. Aveva costei il dono di vaticinare l’ avvenire ma anche l’ infelicità di
Aveva costei il dono di vaticinare l’ avvenire ma anche l’ infelicità di non essere mai creduta, e avendo più d’ una volta
ere mai creduta, e avendo più d’ una volta predetta a’ suoi la caduta di Troia, non era stata accolta che con dileggi e de
di Troia, non era stata accolta che con dileggi e derisione. La morte di Agamennone non poneva fine ai tristi destini dell
neva fine ai tristi destini della stirpe dei Pelopidi. Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, al tempo della spavent
Strofio, abitante nella Focide. Ivi crebbe insieme con Pilade figlio di Strofio che era quasi coetaneo, e a poco a poco s
costante che divenne proverbiale. Giunto a età matura, Oreste decise di muovere a vendicare suo padre così indegnamente u
gli davan pace e lo inseguivano dovunque egli fuggiva. Dall’ oracolo di Delfo ebbe allora Oreste consiglio di recarsi in
que egli fuggiva. Dall’ oracolo di Delfo ebbe allora Oreste consiglio di recarsi in Tauride e rapir di là l’ immagine di A
o di Delfo ebbe allora Oreste consiglio di recarsi in Tauride e rapir di là l’ immagine di Atena e portarla in Attica. Vi
lora Oreste consiglio di recarsi in Tauride e rapir di là l’ immagine di Atena e portarla in Attica. Vi si recò con Pilade
o dal re Toante, stava per essere sacrificato, quando la sacerdotessa di Artemide che era Ifigenia sorella di Oreste, lo r
rificato, quando la sacerdotessa di Artemide che era Ifigenia sorella di Oreste, lo riconobbe, ed allora lo aiutò nel ratt
imento del re Toante. Tornato in Attica Oreste ebbe poi la protezione di Atena e fu assolto dall’ Areopago, come si narrò
toccata a Menelao che se ne tornava con Elena e i tesori del bottino di guerra. Una tempesta invero lo colse presso il pr
navi in Creta e in Egitto, e dove poi ancora girare sette anni prima di tornare a Sparta; ma ivi giunto godette per il re
to de’ suoi giorni non interrotta felicità. Trista sorte invece toccò di nuovo ad Aiace Locrese. Nel saccheggio di Troia e
. Trista sorte invece toccò di nuovo ad Aiace Locrese. Nel saccheggio di Troia essendo penetrato nel tempio di Atena e di
d Aiace Locrese. Nel saccheggio di Troia essendo penetrato nel tempio di Atena e di qui avendo strappato per forza Cassand
rese. Nel saccheggio di Troia essendo penetrato nel tempio di Atena e di qui avendo strappato per forza Cassandra che s’ e
paccò lo scoglio e l’ empio sprofondò in mare. Diomede, dopo la presa di Troia, tornò felicemente ad Argo; ma ivi trovò ch
ie non gli era stata fedele, e allora se n’ andò nell’ Etolia, patria di suo padre Tideo, ove viveva ancora l’ avo Eneo, m
a ancora l’ avo Eneo, ma spogliato della signoria per opera dei figli di Agrio suo fratello; Diomede combattè, vinse e res
a signoria dell’ Etolia. Si noti però che alcuni fanno quest’ impresa di Diomede anteriore alla guerra di Troia. Appresso
però che alcuni fanno quest’ impresa di Diomede anteriore alla guerra di Troia. Appresso narrasi, che Diomede colto in mar
arte a una guerra dei Dauni contro i Messapi, e v’ ottenesse signoria di re e fondasse diverse città come Benevento, Arpi,
come Benevento, Arpi, Brindisi. Certo in Italia ottenne Diomede onore di culto come in Grecia. Simil sorte ebbero pure due
aglia, l’ altro in Creta vennero in Italia, e ivi si fecero fondatori di nuove città. E Teucro, il fratellastro di Aiace T
, e ivi si fecero fondatori di nuove città. E Teucro, il fratellastro di Aiace Telamonio, tornò felicemente a Salamina, ma
felicemente a Salamina, ma il padre nol volle accogliere accusandolo di non aver custodito con più cura la vita di Aiace;
lle accogliere accusandolo di non aver custodito con più cura la vita di Aiace; ond’ egli lasciata di nuovo la patria, si
non aver custodito con più cura la vita di Aiace; ond’ egli lasciata di nuovo la patria, si recò nell’ isola di Cipro e i
di Aiace; ond’ egli lasciata di nuovo la patria, si recò nell’ isola di Cipro e ivi fondò una nuova Salamina, ove si stan
nuova Salamina, ove si stanziò co’ suoi. Ma la serie più interessante di avventure capitò ad Ulisse, secondo il noto racco
te riduconsi alle seguenti: a) Partito colle sue dodici navi dal lido di Troia, Ulisse veniva anzitutto sbattuto sulle cos
battaglia con costoro, e ben distrusse la lor città, ma poi sorpreso di notte, ebbe uccisi 72 de’ suoi uomini. b) Partito
a poi sorpreso di notte, ebbe uccisi 72 de’ suoi uomini. b) Partitosi di là, stava girando il promontorio Malea, quando un
quando una tempesta lo colse e spinse in alto mare. Dopo nove giorni di navigazione in balia dei venti, approdo alla terr
zione in balia dei venti, approdo alla terra dei Lotofagi (mangiatori di loto, un frutto di color rosso) nella Libia. Tre
venti, approdo alla terra dei Lotofagi (mangiatori di loto, un frutto di color rosso) nella Libia. Tre de’ suoi compagni,
a prima è l’ incontro col Ciclope Polifemo. Erano i Ciclopi un popolo di giganti in un’ isola del mare occidentale, che ab
Ulisse sbarcato nell’ isola con dodici compagni capito nella caverna di Polifemo che era figlio di Posidone. Ivi passò un
a con dodici compagni capito nella caverna di Polifemo che era figlio di Posidone. Ivi passò un ben brutto momento; giacch
buona fortuna portato del buon vino donatogli in Ismaro dal sacerdote di Apollo Marone, riuscì a ubbriacare il Ciclope; e
ò l’ unico occhio del gigante e l’ acciecò. Il giorno dopo gli riuscì di fuggire col compagni, uscendo questi dalla spelon
confusi colle pecore, ed egli avviticchiandosi al vello d’ un ariete di sotto il ventre. Il Ciclope tardi s’ accorse del
tre. Il Ciclope tardi s’ accorse del tiro fattogli e dovè contentarsi di invocar da suo padre Posidone vendetta contro Uli
be pervenuto felicemente alla sua patria. E difatti già erano le navi di Ulisse vicino ad Itaca, già si sognava la fine di
i già erano le navi di Ulisse vicino ad Itaca, già si sognava la fine di tante traversie, quando i compagni di Ulisse in u
d Itaca, già si sognava la fine di tante traversie, quando i compagni di Ulisse in un momento ch’ egli dormiva, per curios
gagliardi venti, e le navi sbattute dalla tempesta furono trasportate di nuovo in occidente. e) Allora Ulisse capitò nel p
tre s’ erano fracassate tra gli scogli. f) Dopo, pervenne nell’ isola di Eea, dove abitava la bella maga Circe, figlia di
pervenne nell’ isola di Eea, dove abitava la bella maga Circe, figlia di Elios e sorella di Eeta. Costei soleva trasformar
a di Eea, dove abitava la bella maga Circe, figlia di Elios e sorella di Eeta. Costei soleva trasformare in bestie i fores
alla partenza; Circe lo consigliò a navigare ancora verso occidente, di là dall’ Oceano, per potere presso i boschi di Pe
ncora verso occidente, di là dall’ Oceano, per potere presso i boschi di Persefone, nel vestibolo dell’ inferno, interroga
oschi di Persefone, nel vestibolo dell’ inferno, interrogare l’ anima di Tiresia e saper da lui in che modo potesse riusci
iuri, gli compariscono su dalle caligini profonde dell’ Ades l’ ombra di Tiresia e molte altre di eroi ed e roi ne, fra cu
dalle caligini profonde dell’ Ades l’ ombra di Tiresia e molte altre di eroi ed e roi ne, fra cui anche sua madre Anticle
a moglie Penelope e del figlio Telemaco. Tiresia gli rivela lo sdegno di Posidone contro di lui, ma lo rassicura dicendo r
del figlio Telemaco. Tiresia gli rivela lo sdegno di Posidone contro di lui, ma lo rassicura dicendo raggiungerà la patri
aggiungerà la patria purchè nella Trinacia siano rispettate le mandre di Elios. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda
purchè nella Trinacia siano rispettate le mandre di Elios. h) Tornato di là, Ulisse fece una seconda visita a Circe la qua
, poi li finivano miseramente; personificazione evidente dei pericoli di un mare in apparenza calmo e seducente. Ulisse ta
i Scilla e Cariddi. Perchè mentre si scansavano dal terribile vortice di Cariddi, avvicinatisi troppo all’ altro mostro ch
e il pericolo; infatti, trattenuto ivi dai venti contrari, i compagni di Ulisse spinti dalla fame dieron di piglio ad alcu
ivi dai venti contrari, i compagni di Ulisse spinti dalla fame dieron di piglio ad alcuni capi dell’ armento di Elios, seb
lisse spinti dalla fame dieron di piglio ad alcuni capi dell’ armento di Elios, sebbene Ulisse ne li avesse severamente pr
la vendetta degli offesi Dei; appena s’ eran messi in mare un fulmine di Zeus sconquassa la nave e la sprofonda nelle onde
ggiò sbattuto dall’ onde per nove giorni e infine pervenne all’ isola di Ogigia. l) Era quest’ isola solitaria abitata da
a di Ogigia. l) Era quest’ isola solitaria abitata da Calipso, figlia di Atlante. Costei accolse il naufrago con grande be
la sua Penelope perchè cedesse a queste lusinghe. Neanche la promessa di renderlo immortale valse a smuoverlo. Sette anni
sedeva sospirando e lagrimando alla riva e guardava coll’ animo pieno di desiderio nella direzione d’ Itaca. Alfine gli De
rio nella direzione d’ Itaca. Alfine gli Dei si mossero a compassione di tanto dolore, e Zeus mande per mezzo di Ermes ord
Dei si mossero a compassione di tanto dolore, e Zeus mande per mezzo di Ermes ordine a Calipso di lasciar partire l’ eroe
one di tanto dolore, e Zeus mande per mezzo di Ermes ordine a Calipso di lasciar partire l’ eroe. Egli felice partiva su u
il decimo-settimo scorge nella lontana nebbia il profilo dell’ isola di Scheria; ma mentre pieno di speranza s’ affaticav
lla lontana nebbia il profilo dell’ isola di Scheria; ma mentre pieno di speranza s’ affaticava per giungere a quella volt
eranza s’ affaticava per giungere a quella volta, ecco passa Posidone di ritorno dall’ Etiopia e lo scorge, e ancora tutto
a Posidone di ritorno dall’ Etiopia e lo scorge, e ancora tutto pieno di sdegno contro lui gli sconquassa la zattera e lo
lo avesse confortato e avvoltolo d’ un velo non gli avesse dato forza di resistere a nuoto. Dopo due giorni e due notti, a
istere a nuoto. Dopo due giorni e due notti, alfine raggiunse il lido di Scheria. Ivi incontra Nausica, figlia di Alcinoo
ti, alfine raggiunse il lido di Scheria. Ivi incontra Nausica, figlia di Alcinoo re dei Feaci; la quale lo conduce al pala
e. Ulisse ebbe amichevole accoglienza; si istituirono giochi in segno di festa; egli racconto le sue avventure; infine una
sero con tutti i suoi tesori sulla riva, n) Negli ultimi anni la casa di Ulisse in Itaca s’ era trovata in grandi afflizio
tener a bada questi Proci, giacchè avendo promesso si sarebbe decisa di passare a nuove nozze dopo terminato il lenzuolo
lenzuolo funebre che stava tessendo per il vecchio suocero, disfaceva di notte il lavoro fatto di giorno, onde venne in pr
a tessendo per il vecchio suocero, disfaceva di notte il lavoro fatto di giorno, onde venne in proverbio la tela di Penelo
a di notte il lavoro fatto di giorno, onde venne in proverbio la tela di Penelope a indicare un’ opera non mai condotta a
la. Quando fu sveglio, gli comparve Pallade Atena, la quale lo avvisò di quel che era avvenuto nella sua reggia e lo condu
quel che era avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abitazione di un pastore di porci Eumeo, per ivi fargli ritrova
avvenuto nella sua reggia e lo condusse all’ abitazione di un pastore di porci Eumeo, per ivi fargli ritrovare il figlio T
i Eumeo, per ivi fargli ritrovare il figlio Telemaco e porgergli modo di concertare il da farsi contro i Proci. Si avvicin
rebbe fatto la sua scelta; sarebbe stato preferito chi fosse in grado di tendere il grand’ arco di Ulisse, dono di Ifito,
sarebbe stato preferito chi fosse in grado di tendere il grand’ arco di Ulisse, dono di Ifito, e lanciare una freccia att
referito chi fosse in grado di tendere il grand’ arco di Ulisse, dono di Ifito, e lanciare una freccia attraverso dodici a
lisse, dono di Ifito, e lanciare una freccia attraverso dodici anelli di ferro. Ulisse comparve alla gara in abito di mend
attraverso dodici anelli di ferro. Ulisse comparve alla gara in abito di mendicante, e tutti i Proci invano essendosi prov
i invano essendosi provati a tendere quell’ arco, egli chiese facoltà di provarcisi e riuscito facilmente a vincere entram
re entrambe le prove, volse poi i dardi contro i Proci, e coll’ aiuto di Telemaco e di Atena tutti li uccise. Fattosi infi
prove, volse poi i dardi contro i Proci, e coll’ aiuto di Telemaco e di Atena tutti li uccise. Fattosi infine riconoscere
tria. La tradizione posteriore ad Omero lo faceva poi morire per mano di Telegono, figlio di lui e di Circe, da questa man
posteriore ad Omero lo faceva poi morire per mano di Telegono, figlio di lui e di Circe, da questa mandato alla ricerca de
e ad Omero lo faceva poi morire per mano di Telegono, figlio di lui e di Circe, da questa mandato alla ricerca del padre e
ne si raccontino le avventure toccate ad Enea, l’ eroe troiano figlio di Anchise e di Afrodite, il quale divenne anche ero
ino le avventure toccate ad Enea, l’ eroe troiano figlio di Anchise e di Afrodite, il quale divenne anche eroe italico. Me
to la restituzione d’ Elena e la pace, con venti navi salpò dal portò di Antandro per andare in cerca d’ una nuova patria.
ssegnate ad Enea furono dalla tradizione modellate in parte su quelle di Ulisse; quindi una certa somiglianza. Prima visit
e; quindi una certa somiglianza. Prima visitò la Tracia, poi l’ isola di Delo per ivi interrogare l’ oracolo d’ Apollo. Am
i l’ isola di Delo per ivi interrogare l’ oracolo d’ Apollo. Ammonito di andar in cerca della patria originaria della sua
cerca della patria originaria della sua famiglia, s’ avviò all’ isola di Creta, donde era venuto Teucro uno del re di Troi
lia, s’ avviò all’ isola di Creta, donde era venuto Teucro uno del re di Troia. Ma i Penati comparsigli in sogno gli addit
sa. Poco appresso venne a Butroto in Epiro, dove ritrovò Eleno figlio di Priamo che portato da Troia con Neottolemo, alla
leno figlio di Priamo che portato da Troia con Neottolemo, alla morte di questo, aveva ottenuto una parte del regno di lui
Neottolemo, alla morte di questo, aveva ottenuto una parte del regno di lui e sposato Andromaca, la vedova di Ettore. Rip
va ottenuto una parte del regno di lui e sposato Andromaca, la vedova di Ettore. Ripartitosi di là, volse la prora all’ is
el regno di lui e sposato Andromaca, la vedova di Ettore. Ripartitosi di là, volse la prora all’ isola di Sicilia. Ivi giu
ca, la vedova di Ettore. Ripartitosi di là, volse la prora all’ isola di Sicilia. Ivi giunto ebbe gentile accoglienza da A
giunto ebbe gentile accoglienza da Aceste figlio dei fiume Crimiso e di Egesta, nobile donna troiana. Però ebbe il dolore
fiume Crimiso e di Egesta, nobile donna troiana. Però ebbe il dolore di perdere allora il vecchio genitore Anchise cui eg
coste d’ Africa ove ebbe l’ incontro con la fenicia Didone fondatrice di Cartagine. Costei, invaghitasi di Enea, avrebbe v
ro con la fenicia Didone fondatrice di Cartagine. Costei, invaghitasi di Enea, avrebbe voluto che si fermasse con lei e di
che si fermasse con lei e divenisse suo sposo, ma un espresso ordine di Giove indusse Enea alla partenza. Allora rivisitò
visitò la Sicilia, poi alla fine toccò il lido d’ Italia in vicinanza di Cuma. Interrogata ivi la famosa Sibilla Cumana, n
di Cuma. Interrogata ivi la famosa Sibilla Cumana, n’ ebbe consiglio di scendere all’ Averno per veder l’ ombre dei trapa
l viaggio e veleggiò sino alle foci dei Tevere e scese nel territorio di Laurento, il cui re Latino l’ accolse benignament
— Ma altri osta — coli qui si opponevano all’ eroe. Amata, la moglie di Latino, avrebbe preferito sposare la sua figliuol
coppiò quella sanguinosa guerra, la quale dovea chiudersi colla morte di Turno e il trionfo di Enea. Il quale, poichè anch
sa guerra, la quale dovea chiudersi colla morte di Turno e il trionfo di Enea. Il quale, poichè anche Latino morì, gli suc
atino morì, gli successe nel governo e fondò nuova città che dal nome di sua moglie chiamò Lavinio. Quattro anni dopo morì
oglie chiamò Lavinio. Quattro anni dopo morì e appresso ebbe l’ onore di pubblico culto. 5. Le favole del ciclo troiano eb
e, rielaborare le tradizioni avite. Oltre le due grandi e note epopee di Omero, vanno ricordate le Ciprie di Stasino di Ci
Oltre le due grandi e note epopee di Omero, vanno ricordate le Ciprie di Stasino di Cipro, la Iliu Persis o distruzione d’
e grandi e note epopee di Omero, vanno ricordate le Ciprie di Stasino di Cipro, la Iliu Persis o distruzione d’ Ilio di Le
e le Ciprie di Stasino di Cipro, la Iliu Persis o distruzione d’ Ilio di Lesche da Lesbo, i Nosti di Argia da Trezene, la
pro, la Iliu Persis o distruzione d’ Ilio di Lesche da Lesbo, i Nosti di Argia da Trezene, la Telegonia di Eugammone da Ci
d’ Ilio di Lesche da Lesbo, i Nosti di Argia da Trezene, la Telegonia di Eugammone da Cirene. Ancora nella tarda età bizan
o d’ erudizione i vieti argomenti epici, videro la luce i Postomerici di Quinto Smirneo, la presa d’ Ilio di Trifiodoro, i
ici, videro la luce i Postomerici di Quinto Smirneo, la presa d’ Ilio di Trifiodoro, il ratto d’ Elena di Colluto Licopoli
di Quinto Smirneo, la presa d’ Ilio di Trifiodoro, il ratto d’ Elena di Colluto Licopolitano, in ultimo gli Anteomerici d
il ratto d’ Elena di Colluto Licopolitano, in ultimo gli Anteomerici di Tzetze. La lirica eziandio fè suo pro di questo m
o, in ultimo gli Anteomerici di Tzetze. La lirica eziandio fè suo pro di questo mondo così vario e ricco di sentimenti poe
tze. La lirica eziandio fè suo pro di questo mondo così vario e ricco di sentimenti poetici; ad es., Stesicoro trattò a su
uo modo la presa d’ Ilio, i Nosti, le leggende d’ Oreste; e le poesie di Pindaro sono ricche di accenni relativi alle legg
o, i Nosti, le leggende d’ Oreste; e le poesie di Pindaro sono ricche di accenni relativi alle leggende degli Eacidi. Spec
uripide a queste leggende riferentisi; basti dire che tutti i momenti di questa istoria furono sceneggiati, dal sacrificio
i Pelopidi e degli Atridi serbarono per secoli e secoli la virtù loro di commuovere profondamente chi aveva fibra per sent
r tacere dei traduttori, già Nevio nella Guerra punica ebbe occasione di narrare poeticamente la leggenda di Enea, ma poi
ella Guerra punica ebbe occasione di narrare poeticamente la leggenda di Enea, ma poi si innalzò com’ aquila sovra tutti,
a di Enea, ma poi si innalzò com’ aquila sovra tutti, poco al disotto di Omero stesso rimanendo, il gran poeta mantovano,
eide contiene nei primi libri una magistrale descrizione della caduta di Troia, la più viva e la più bella che a noi sia g
fosi d’ Ovidio, che cantano lo stesso tema; s’ aggiunga l’ Achilleide di Stazio; s’ aggiungano i continui ricordi e cenni
adizioni. Opera immensa sarebbe anche descrivere minutamente le opere di pittura e di scultura ispirate dalle leggende del
ra immensa sarebbe anche descrivere minutamente le opere di pittura e di scultura ispirate dalle leggende del ciclo troian
rincipalissime. E prima le scolture del frontone orientale del tempio di Zeus in Olimpia, rappresentanti il momento in cui
i dispone alla lotta contro Enomao; opera del celebre scultore Peonio di Mende contemporaneo di Fidia. Importanti framment
ntro Enomao; opera del celebre scultore Peonio di Mende contemporaneo di Fidia. Importanti frammenti di questo bassoriliev
scultore Peonio di Mende contemporaneo di Fidia. Importanti frammenti di questo bassorilievo furono scoperti un venti anni
a per cura del governo germanico. In mezzo s’ erge maestosa la figura di Zeus, a sinistra di lui stanno Pelope ed Ippodami
no germanico. In mezzo s’ erge maestosa la figura di Zeus, a sinistra di lui stanno Pelope ed Ippodamia, a destra Enomao c
figure secondarie. — In secondo luogo va ricordato il celebre gruppo di Laocoonte. Fu trovato nel 1506 in una vigna press
gruppo di Laocoonte. Fu trovato nel 1506 in una vigna presso le terme di Tito a Roma, e da papa Giulio II acquistato per i
Giulio II acquistato per il museo Vaticano. Mancava il braccio destro di Laocoonte, e fu ristaurato da Giov. Angelo Montor
duce questo gruppo come esso è attualmente in Vaticano. Si dice opera di tre scultori, Agesandro, Polidoro e Atenodoro del
e opera di tre scultori, Agesandro, Polidoro e Atenodoro della scuola di Rodi ed è probabile risalga all’ età classica di
enodoro della scuola di Rodi ed è probabile risalga all’ età classica di questa scuola (terzo secolo av. C.; il Lessing lo
2) rappresenta un singolo momento della tragica catastrofe. Il figlio di destra, giovanetto di forme morbide e gentili, è
olo momento della tragica catastrofe. Il figlio di destra, giovanetto di forme morbide e gentili, è quasi levato su di ter
o di destra, giovanetto di forme morbide e gentili, è quasi levato su di terra dalle violente strette del rettile che lo c
tro fianco del padre, gli attorce le parti superiori delle braccia, e di sotto alla destra ascella lo addenta con velenoso
colle estreme spire della coda allaccia in basso una gamba dei figli di sinistra, mentre l’ altro serpente gli arroncigli
braccio destro, ma non così che al giovine non sembri ancor possibile di sfuggire a quelle ritorte; e invero, pur tentando
e di sfuggire a quelle ritorte; e invero, pur tentando colla sinistra di liberare il piede inceppato, egli mostrasi spaven
o alle dita dei piedi si raggrinzano tremanti; un brivido, un fremito di dolore corre per tutte le membra, avvinte nelle s
un fremito di dolore corre per tutte le membra, avvinte nelle strette di quelle viscide e gelide spire. E di quel dolore è
le membra, avvinte nelle strette di quelle viscide e gelide spire. E di quel dolore è tanto più viva l’ impressione quant
ne analisi dei Gentile si può aggiungere l’ osservazione che la testa di Laocoonte così volta al cielo in atto di dolorosa
l’ osservazione che la testa di Laocoonte così volta al cielo in atto di dolorosa rassegnazione, sì che par voglia chieder
to gruppo denominato « Pasquino » che trovasi a Roma su un crocicchio di strade all’ angolo del palazzo Braschi, rappresen
azzo Braschi, rappresentante un guerriero che sostiene il corpo morto di un altro guerriero. Ne esistono copie antiche in
sostiene Patroclo, o ad Aiace che salva dal furor nemico il cadavere di Achille. In ogni modo il bel corpo giovanile dell
in diversi monumenti; tra questi van ricordati i marmi Egineti, resti di un bassorilievo marmoreo del tempio di Pallade in
cordati i marmi Egineti, resti di un bassorilievo marmoreo del tempio di Pallade in Egina scoperti nel 1811 e conservati o
Pallade in Egina scoperti nel 1811 e conservati ora nella gliptoteca di Monaco. In ultimo riproduciamo alla fig. 90
In ultimo riproduciamo alla fig. 90 un noto gruppo del Museo Ludovisi di Roma rappresentante una giovine donna colla chiom
colla chioma tagliata, che fa gentile accoglienza a un giovine minore di lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si
iata, che fa gentile accoglienza a un giovine minore di lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si tratti di Elettra
ine minore di lei d’ anni e di statura; per lo più si crede si tratti di Elettra ed Oreste nel momento che si rivedono nel
omento che si rivedono nella casa paterna contaminata dall’ uccisione di Agamennone. Il gruppo è detto esser opera di Mene
taminata dall’ uccisione di Agamennone. Il gruppo è detto esser opera di Menelao scolaro di Stefano della scuola di Prasit
sione di Agamennone. Il gruppo è detto esser opera di Menelao scolaro di Stefano della scuola di Prasitele fiorito nel 1º 
gruppo è detto esser opera di Menelao scolaro di Stefano della scuola di Prasitele fiorito nel 1º secolo av. C. Cap
ricordati. Nelle leggende Tessale e Argive è insigne Melampo, figlio di quell’ Amitaone, che venuto dalla Tessaglia in Me
Biante suoi figli vissero e fiorirono contemporaneamente alla stirpe di Neleo. Entrambi erano segnalati per la loro antiv
saviezza, ma specialmente Melampo, il quale avendo curato una covata di serpenti dopo aver dato sepoltura ai loro genitor
lli passarono ad Argo, ed ivi avendo Melampo saputo guarire le figlie di Preto, ottenne una parte del regno e così diè ori
to, Anfiarao, Alcmeone, Anfiloco che ebbero tante parte nelle vicende di Tebe e nelle due guerre dei sette e degli Epigoni
aca con Telemaco e Poliido che acquistò fama in Corinto. — Ogni ciclo di leggende ha il suo vate e indovino; fra gli Argon
ende ha il suo vate e indovino; fra gli Argonauti c’ era Mopso figlio di Ampico, tessalo; nelle leggende tebane è nominato
oiani. Di tutti costoro il più celebre fu Tiresia, sovrano nell’ arte di osservare il volo degli uccelli. Gli si assegnava
Gli si assegnava una vecchiaia favolosa, dicendolo nato nei primordi di Tebe e facendolo ancora vivo al tempo della distr
erciò fu sempre in grande estimazione presso i Tebani. Dopo la caduta di Tebe, trovò la morte nella fuga; ancora nel secon
ora nel secondo sec. dopo C. si indicava la sua tomba nelle vicinanze di Aliarto. Tiresia ebbe una figliuola, Manto, dotat
o. Tiresia ebbe una figliuola, Manto, dotata anch’ essa della facoltà di vaticinar l’ avvenire. Fatta prigioniera di guerr
anch’ essa della facoltà di vaticinar l’ avvenire. Fatta prigioniera di guerra al momento della distruzione di Tebe, fu p
l’ avvenire. Fatta prigioniera di guerra al momento della distruzione di Tebe, fu portata a Delfo e consacrata ad Apollo;
uzione di Tebe, fu portata a Delfo e consacrata ad Apollo; per ordine di lui andò poi nell’ Asia Minore, dove fondò l’ ora
; per ordine di lui andò poi nell’ Asia Minore, dove fondò l’ oracolo di Claro presso Colofone. Quivi sposatasi con Rachio
fondò l’ oracolo di Claro presso Colofone. Quivi sposatasi con Rachio di Creta, diè alla luce Mopso, il quale divenne il f
eta, diè alla luce Mopso, il quale divenne il fondatore dell’ oracolo di Mallo in Cilicia. 3. I più celebri poeti dell’ et
vevano a udirlo e le fiere selvaggie s’ ammansivano. Nota la leggenda di Orfeo e di Euridice, sua sposa. Morta questa di a
irlo e le fiere selvaggie s’ ammansivano. Nota la leggenda di Orfeo e di Euridice, sua sposa. Morta questa di acerba morte
ano. Nota la leggenda di Orfeo e di Euridice, sua sposa. Morta questa di acerba morte per essere stata morsicata da un ser
i la pianse in dolcissimi canti che commuovevano fin le pietre. Pensò di scendere all’ inferno per veder di riaverla. In f
commuovevano fin le pietre. Pensò di scendere all’ inferno per veder di riaverla. In fatti il suo dolce canto faceva spun
anto faceva spuntar le lagrime fin sul ciglio delle Erinni e il petto di bronzo del re dell’ ombra si commosse. Gli fu con
ebbe stata inesorabilmente ritolta. Lieto intraprende egli il viaggio di ritorno; lo seguiva Euridice; ma a un certo punto
e montagne della Tracia a dare sfogo al suo dolore, e gli avvenne poi di perire miseramente lacerato da uno stuolo di Bacc
olore, e gli avvenne poi di perire miseramente lacerato da uno stuolo di Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non era men
stuolo di Baccanti nel quale s’ imbattè. — Lino non era meno celebre di Orfeo. Era figlio della Musa Urania, come Orfeo d
n era meno celebre di Orfeo. Era figlio della Musa Urania, come Orfeo di Calliope, e rallegrava de’ suoi canti le regioni
ell’ Elicona. Forse costui non è altro che la personificazione mitica di antico canto popolare in cui si lamentava con que
te in Argo, a Tebe, nell’ isola d’ Eubea, e anche si facevan feste in di lui onore. — Tamiri (Thamyris) fu il primo dei ca
corti de’ principi e dei nobili e la folia raccolta a festa. Ma pecca di superbia e volle gareggiare colle Muse onde fu ac
diffondere l’ arte poetica nell’ Attica. Si diceva discepolo o figlio di Orfeo, e citavansi anche delle poesie di lui, can
Si diceva discepolo o figlio di Orfeo, e citavansi anche delle poesie di lui, canti religiosi e lustrali, inni, vaticini.
lavori che nell’ età storica correvano col suo nome eran naturalmente di elaborazione ben posteriore. 4. Fra gli artisti m
bia in già detto una parola (cfr. pag. 360 e 370). Lavorò nell’ isola di Creta, in Attica e anche in Italia e Sicilia; e s
ilia; e si segnalò sia per costruzioni architettoniche sia per lavori di statuaria. Due altri artisti, a cui si attribuiva
i di statuaria. Due altri artisti, a cui si attribuiva la costruzione di grotte, cripte, camere per tesori, furono Trofoni
ma Nemea lo chiama l’ esimio profeta dell’ altissimo Zeus, il profeta di verità; mentre i Tragici lo introdussero nei loro
creduta mai, è personaggio che ricorre spesso nei drammi che trattano di Troia caduta e delle vicende dolorose serbate ai
a gara a onorare l’ alta virtù del cantore tracio; e il pietoso caso di Euridice e la discesa all’ inferno di Orfeo trova
ntore tracio; e il pietoso caso di Euridice e la discesa all’ inferno di Orfeo trova un interprete eloquente in Ovidio, ne
i ricordiamo solo un bel rilievo in marino che si conserva in Napoli, di cui diamo il disegno alla fig. 91. Rappresenta la
disegno alla fig. 91. Rappresenta la seconda irreparabile separazione di Orfeo ed Euridice. Questa, che è la figura di mez
rreparabile separazione di Orfeo ed Euridice. Questa, che è la figura di mezzo, posa leggermente la mano sulla spalla d’ O
ste dolcezza. La terza figura è Ermes che deve compiere il suo dovere di separare i due amanti, ma si vede che lo fa a mal
iacchè gli Dei hanno in odio quelle violenza che rende l’ uomo capace di qualunque delitto. » 2. « Giove illustre pel tri
e si compiace la Dea guerriera. » 6. « Pegno della salvezza nostra e di quella dello stato. » 7. I, 515 e segg.  : « … i
lla dello stato. » 7. I, 515 e segg.  : « … impero ho io sulla terra di Delfo e su Claro(nella Ionia, presso Colofone) e
ate Diana, gentili donzelle; e voi, fanciulli, lodato il chiomato Dio di Cinto (monte dell’ isola de Delo ove Apollo nacqu
a gaerra il mio Stilicone, il quale secondo il costume mi arricchisce di trofei, e i pennacchi de’ nemici sospende alla pi
pende alla pianta (in mio onore). Comuni son fra noi sempre le trombe di guerra, in comune risuonan gli squilli di esse tr
on fra noi sempre le trombe di guerra, in comune risuonan gli squilli di esse trombe, e attaccati i cavalli al carro seguo
esse trombe, e attaccati i cavalli al carro seguo io gli accampamenti di lui. » 11. « Già Venere Citerea al lume della l
egg . « Per lungo tempo credetti io stoltamente che vi fossero statue di Vesta, ma poi appresi che sotto la curva cupola n
Un fuoco sempre vivo celasi in quel tempio, e Vesta non è suscettiva di essere effigiata come non è neanche il fuoco. »
nte oriente la vigile Aurora apri le purpuree porte e gli atrii pieni di rose ». 18. Metam. 13, 622: « Anche ora dà pie
lle caramente diletta. » 20. Carm. I, 3, 15: « la rabbia del vento di sud, più ch’ ogni altro arbitro e sovrano del mar
ugiada pel cielo e tinta ili mille diversi colori dal sole che le sta di faccia. » 23. « Iride l’ ambasciatrice di Giunon
colori dal sole che le sta di faccia. » 23. « Iride l’ ambasciatrice di Giunone, di varii colori vestita, s’ impregna d’
ole che le sta di faccia. » 23. « Iride l’ ambasciatrice di Giunone, di varii colori vestita, s’ impregna d’ acqua e port
porta alimento alle nubi. » 24. « La Gioventù, poco aggraziata senza di te. » 25. « Tu o llizia, che benigna schiudi all
avanti a’ piedi loro In viminee cestelle eran raccolti Morbidi velli di candida lana. (Versione Rigutini , Firenze, Barb
segg.: « Te sempre precede la cruda Nécessità portando nella sua mano di bronzo chiodi da travi e cunei, nè le manea il fe
ione e il piombo liquido. Te accompagna la Speranza e la rara Fedeltà di bianco panno velata, la quale non ti rifiuta la s
oni le case dei potenti. » 31. « Il giovane, cinto le novelle corna di pieghevoli canne. » 32. V. 11 e segg.: «  Parte
le novelle corna di pieghevoli canne. » 32. V. 11 e segg.: «  Parte di loro vedesi nuotare, parte sedendo su scogli far
te le stesse fattezze, ma neppur diverse, come è naturale trattandosi di sorelle. » 33. Eneide, 3, 216: « Di vergine è
ttandosi di sorelle. » 33. Eneide, 3, 216: « Di vergine è il volto di quegli uccelli, e sozzo il gran ventre e adunche
o, Orl. Fur. 33, str. 120. Erano sette in una schiera, e tutte Volto di donna avean, pallide e smorte, Per lunga fame att
l’ ugne incurve e torte; Grande e fetido il ventre, e lunga coda Come di serpe che s’ aggira e snoda. 35. V. 142: « … i
: « tutto si questo il fragor del mare, dopochè il genitore guardando di lungi le onde e comparendo dall’ aperto cielo pie
ndo l’ onda sotto il petto semiferino ». 38. V. 335 e sgg.: « …Ei dà di piglio alla cava attorcigliata tromba che dall’ u
Suoni stridea. » 44. V. 585: « Scuotendo il semiferino capo velato di corone di pino, spesso con curvo labbro percorre
dea. » 44. V. 585: « Scuotendo il semiferino capo velato di corone di pino, spesso con curvo labbro percorre le bucate
etto ad aggiungere al limo, che era la materia principale, particelle di sostanze prese da ogni parte, e che al nostro pet
anze prese da ogni parte, e che al nostro petto apponesse la violenza di furioso leone. » 47. Georg. III, 266: … Più
alle Passa i segni il furor. Venere istessa In loro il suscitò quando di Glauco Preser col denti ad isbranar le membra Le
bra Le potniadi puledre. (Traduz. Sapio, Palermo 75). 48. « I caso di Fetonte abbruciato è tale che spaventa chi concep
lerofonte. » 49. Fram. 37 nell’ ediz. del Bergk. Eccone la versione di G. Mazzoni:         Quando fu dentro all’ arca d
ncedimi perdono! 50. Di qui l’ espressione proverbiale: « un letto di Procuste » usata a designare condizione disagiata
una grande impressione. » 52. Così intitolata, dal nome della moglie di Eneo re di Celidone, fatta schiava allorchè Eneo
impressione. » 52. Così intitolata, dal nome della moglie di Eneo re di Celidone, fatta schiava allorchè Eneo fu caccialo
a schiava allorchè Eneo fu caccialo dal regno per opera dei figliuoli di Agrio suo fratello, cfr. pag. 412. 53. Carm. I,
5 (1855) Compendio della mitologia pe’ giovanetti. Parte I pp. -389
S. E. R. Monsignor D. Ignazio De Bisogno Della Metropolitana chiesa di Napoli canonico cardinale del titolo di S. Giorgi
o Della Metropolitana chiesa di Napoli canonico cardinale del titolo di S. Giorgio Maggiore e Vescovo di Ascalona. E.
Napoli canonico cardinale del titolo di S. Giorgio Maggiore e Vescovo di Ascalona. E. R. V olendo porre in istampa un
. R. Vengo con ciò a soddisfare ad un antico mio obbligo, ch’è quello di far palese nel miglior modo che posso quanto debb
generoso Suo Cuore. E veramente da che posi il piede in questa città di Napoli, fra le altre d’Italia bellissima, di molt
il piede in questa città di Napoli, fra le altre d’Italia bellissima, di molti valorosi Personaggi ebbi assai a lodarmi, i
alorosi Personaggi ebbi assai a lodarmi, i quali, come volle la bontà di Dio, di me presero cura più che paterna. Or fra e
Personaggi ebbi assai a lodarmi, i quali, come volle la bontà di Dio, di me presero cura più che paterna. Or fra essi senz
ravezza, piacemi brevemente discorrere con V. E. R. sull’intendimento di questa opericciuola, chè così verrà a scorgersi p
ulle quali il tempo non istenderà mai il velo della obblivione. E più di ogni altro i Poeti colla soavità de loro versi co
Poeti colla soavità de loro versi conseguirono in guisa l’ammirazione di tutt’i secoli e di tutte le nazioni, che pare spe
de loro versi conseguirono in guisa l’ammirazione di tutt’i secoli e di tutte le nazioni, che pare spenta ogni speranza d
di tutt’i secoli e di tutte le nazioni, che pare spenta ogni speranza di mai più trapassarli. Or se questi sovrani ingegni
ri, se non vogliono che si spenga del tutto fra noi ogni benigno lume di gentili discipline. E si spegnerà senza fallo, se
erà senza fallo, se la rea peste del moderno romanticismo non lascerà di perdere miseramente ogni seme di buona letteratur
del moderno romanticismo non lascerà di perdere miseramente ogni seme di buona letteratura. Or a fin di agevolare a’ giova
scerà di perdere miseramente ogni seme di buona letteratura. Or a fin di agevolare a’ giovani studiosi l’intelligenza de’
eti e greci e latini, non son molti anni che diedi alla luce un Corso di Mitologia, il quale ha meritato il benigno compat
ha meritato il benigno compatimento del pubblico. Il fine principale di quel mio lavoro fu quello di porre nelle mani del
timento del pubblico. Il fine principale di quel mio lavoro fu quello di porre nelle mani della gioventù una Mitologia, la
i porre nelle mani della gioventù una Mitologia, la quale fosse ricca di erudizione per l’intelligenza degli antichi poeti
ricca di erudizione per l’intelligenza degli antichi poeti, e scevra di ogni anche menoma espressione contraria all’ ones
rpi leggende degli antichi Pagani. E forse mi fu dato, la Dio mercè, di conseguire l’intento, atteso che quel libro può p
la Mitologia però era voluminosa, e forse un po soverchiamente carica di greca e di latina erudizione ; per cui molti mi h
a però era voluminosa, e forse un po soverchiamente carica di greca e di latina erudizione ; per cui molti mi han consigli
arsi da’ fanciulli nelle scuole, e da quelli che non amano il corredo di molta erudizione. E questo appunto è quello che
o è quello che ora presento al pubblico fregiato del chiarissimo Nome di V. E. R. la quale son certo che l’accoglierà con
pubblico attestato della mia stima e gratitudine, con cui ho l’onore di baciarle devotamente il s. Anello e di segnarmi
ratitudine, con cui ho l’onore di baciarle devotamente il s. Anello e di segnarmi Di V. E. R. div.° umil.° servitore obb
viene da satur, satollo, perchè il tempo, simboleggiato sotto il nome di Satùrno, si satolla di anni ; o da satus per sati
, perchè il tempo, simboleggiato sotto il nome di Satùrno, si satolla di anni ; o da satus per satio, seminagione, perchè
alla voce ebraica sathar, nascondersi, perchè Satùrno, fuggendo l’ira di Giove, si occultò nel Lazio, come diremo. Da’ Gre
so regolare è il misuratore e quasi l’autore del tempo (2). La moglie di Satùrno chiamossi Cibèle (Κυβηβη e Κυβελε, Cybèle
orte. Si chiamava pur Caos (Χαος, Chaos), che si credeva il principio di tutte le cose. II. Storia favolosa di Satùrno.
che si credeva il principio di tutte le cose. II. Storia favolosa di Satùrno. Il Cielo, detto da’ Greci Urano, era
figliuolo, il divorava. Il che significa che il tempo tutto consuma e di anni insaziabilmente si pasce(2). E da siffatta c
consuma e di anni insaziabilmente si pasce(2). E da siffatta crudeltà di quel nume ebbe origine l’inumano costume d’immola
el nume ebbe origine l’inumano costume d’immolargli vittime umane. Or di ciò la moglie fu tanto dolente che di due gemelli
d’immolargli vittime umane. Or di ciò la moglie fu tanto dolente che di due gemelli occultò il maschio ch’era Giove, a Sa
ch’era Giove, a Satùrno mostrando la sola Giunòne. Dicono che invece di Giove gli presentò una pietra avvolta in fasce, d
so del tempo discaccia e vince il passato (3). III. Discacciamento di Satùrno. Partizione dell’universo fra’ suoi figli
ère, occultarsi, perchè quel Nume erasi quivi occultato. Or la moglie di Satùrno avea anche partorito Nettùno, e poscia Pl
stesso modo alla crudeltà del padre sottratti. E questi tre figliuoli di Satùrno tutto fra loro si divisero il gran regno
o il gran regno dell’universo, sicchè a Giove, il cielo, cioè l’isola di Creta ; a Nettùno, il mare, cioè le isole del mar
a, toccò in sorte. In questa partizione del mondo fatta da’ figliuoli di Satùrno scorgesi adombrata la storia de’ tre figl
’ figliuoli di Satùrno scorgesi adombrata la storia de’ tre figliuoli di Noè, i quali dopo il diluvio si divisero la terra
e del Lazio, accolse Satùrno con lietissimo animo, ed il fece padrone di buona parte del suo reame ; percui questi il rega
l fece padrone di buona parte del suo reame ; percui questi il regalò di una sì segnalata prudenza, che le future cose non
tenuto per un nume e chiamato figliuolo del Cielo, perchè siam soliti di chiamare figliuoli del cielo, o dal cielo discesi
am soliti di chiamare figliuoli del cielo, o dal cielo discesi coloro di cui ammiriamo le grandi virtù, o che vengono inas
alia, era consacrata a Satùrno e chiamavasi Saturnia. Sotto il regno di questo nume fu l’età dell’oro. I poeti nel descri
trascorsero dalla creazione dell’uomo in poi, diedero ad esse il nome di varii metalli, de’ quali la maggiore o minore pre
, de’ quali la maggiore o minore preziosità facesse rilevare la bontà di ciascun secolo. Ciò voleva dire che il genere uma
n secolo. Ciò voleva dire che il genere umano dal suo primitivo stato di felicità e d’innocenza a passo a passo era tralig
ecolo d’oro, in cui la terra, senza che coltivata fosse, ogni maniera di frutti produceva ; nè vi erano limiti che divides
a a tutti comune. Le città non aveano mura, perchè non viera a temere di ostile assalto ; nè il suono si udiva di marziali
a, perchè non viera a temere di ostile assalto ; nè il suono si udiva di marziali trombe che turbasse i tranquilli sonni e
sse i tranquilli sonni e la dolcezza della pace. Non vi era cupidigia di avere ; non si piativa ne’ tribunali ; nè gli uom
Degli antichi re Aborigeni che regnarono in Italia avanti alla guerra di Troia, il primo fu Stercenio o Dercenno, cui succ
o, il quale da Marica, ninfa de’ Minturnesi, ebbe il re Latìno, padre di Lavinia. E però il popolo Latino ebbe sua origine
adre di Lavinia. E però il popolo Latino ebbe sua origine da Satùrno, di cui figliuolo era Pico, peritissimo nella scienza
rii ed insigne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuola di Giano e di Venilia, chiamata Canènte per la marav
gne nel maneggio de’ cavalli (2). Egli sposò una figliuola di Giano e di Venilia, chiamata Canènte per la maravigliosa mae
agna il cercavano, furono dalla Maga anche cangiati in orribili forme di fiere. Ma Canènte forsennata pel dolore per sei g
ere che portò poscia il suo nome, finì disciolta in leggiera auretta, di se non lasciando che la voce. Fauno si vuole figl
giera auretta, di se non lasciando che la voce. Fauno si vuole figlio di Pico e quindi nipote di Satùrno, ed avea per mogl
lasciando che la voce. Fauno si vuole figlio di Pico e quindi nipote di Satùrno, ed avea per moglie Fauna, la quale dava
li alle donne, come il marito agli uomini. Virgilio(2) pone l’oracolo di Fauno nella sacra selva di Albùna (Albunea), ov’e
to agli uomini. Virgilio(2) pone l’oracolo di Fauno nella sacra selva di Albùna (Albunea), ov’era un fonte lungo il Tevero
ùna (Albunea), ov’era un fonte lungo il Teverone, che dava larga vena di acque sulfuree ; ma Ovidio (3) il mette sul monte
sulfuree ; ma Ovidio (3) il mette sul monte Aventino un dì abbondante di fonti e di sacri boschetti. Fauno fu il primo ad
ma Ovidio (3) il mette sul monte Aventino un dì abbondante di fonti e di sacri boschetti. Fauno fu il primo ad edificare d
erivata la parola fanum, tempio. De’ Fauni diremo nella seconda parte di quest’opera. V. Feste Saturnali. Tempio di Gia
emo nella seconda parte di quest’opera. V. Feste Saturnali. Tempio di Giano. I Latini adunque eran superbi di aver
. Feste Saturnali. Tempio di Giano. I Latini adunque eran superbi di aver avuto Satùrno per fondatore di lor nazione e
I Latini adunque eran superbi di aver avuto Satùrno per fondatore di lor nazione e che nelle vene de’lor primi e più a
imi e più antichi signori era un sangue proveniente dal vecchio padre di Giove. Di che i Romani vollero serbare solenne me
aturnali (Κρονια, Saturnalia), le quali erano immagine dell’aurea età di Satùrno, e si celebravano con allegria grandissim
ea età di Satùrno, e si celebravano con allegria grandissima nel mese di Dicembre per cinque giorni detti da Catullo (4) i
della sognata eguaglianza del secolo d’oro. Per la tradizione ancora di quel secolo a tempo di Giano, Numa, secondo re di
za del secolo d’oro. Per la tradizione ancora di quel secolo a tempo di Giano, Numa, secondo re di Roma, dedicò a quel nu
a tradizione ancora di quel secolo a tempo di Giano, Numa, secondo re di Roma, dedicò a quel nume un tempio, ch’esser dove
econdo re di Roma, dedicò a quel nume un tempio, ch’esser dovea segno di pace, se teneasi chiuso ; e se aperto, di guerra.
empio, ch’esser dovea segno di pace, se teneasi chiuso ; e se aperto, di guerra. Ovidio (1) rappresenta Giano che nel suo
ed or quella. Virgilio (2) al contrario finge nobilmente, nel tempio di Giano chiuso da ben cento chiavistelli di bronzo
inge nobilmente, nel tempio di Giano chiuso da ben cento chiavistelli di bronzo stare incatenati e la Guerra e Marte, e ch
a e Marte, e che Giano siede sempre alla custodia delle due sue porte di ferro. Ed infine Orazio (3) rappresenta Giano ste
o tempio qual custode ed autore della pace. Quindi il Tasso, parlando di Argante, disse : Spiegò quel crudo il seno e’l m
isse, vi sfido. E’l disse in atto sì feroce ed empio, Che parve aprir di Giano il chiuso tempio. Questo tempio tre volte
iuse a Roma, a tempo, cioè, del pacifico re Numa ; sotto il consolato di T. Manlio, terminata la prima guerra Punica ; e f
o, terminata la prima guerra Punica ; e finalmente, dopo la battaglia di Azio, regnando per Cesare Augusto grandissima pac
Chiròne (Χειρων, Chiron), ch’era mezzo uomo e mezzo cavallo, cioè uno di que’mostri che i poeti chiamaron Centauri. Di che
ra si chiama quella pelle sottilissima ch’è fra la scorza ed il legno di quell’albero, di cui si servivano gli antichi per
la pelle sottilissima ch’è fra la scorza ed il legno di quell’albero, di cui si servivano gli antichi per iscrivere. Essi
i antichi per iscrivere. Essi intonacavano leggiermente una tal pelle di uno strato di cera, sopra la quale incidevano le
iscrivere. Essi intonacavano leggiermente una tal pelle di uno strato di cera, sopra la quale incidevano le lettere con un
trato di cera, sopra la quale incidevano le lettere con un punteruolo di ferro (Stylus), la cui testa serviva per cancella
ma nella medicina, nell’astronomia e nella musica, oltre alla scienza di predire il futuro. Avendo un giorno presagito il
spettava il giovinetto Esculapio, e la morte dello stesso Chiròne era di natura sua immortale, perchè figliuolo di Satùrno
te dello stesso Chiròne era di natura sua immortale, perchè figliuolo di Satùrno ; ma mentre maneggiava le armi di Ercole,
immortale, perchè figliuolo di Satùrno ; ma mentre maneggiava le armi di Ercole, ferito per caso in un piede da una saetta
erito per caso in un piede da una saetta intinta nel sangue dell’idra di Lerna, impaziente del dolore, e vano riuscendo og
rasformato in una costellazione detta del Centauro. VII. Sacerdoti di Cibèle-Ati-Taurobolio. I Sacerdoti di Cibèle
Centauro. VII. Sacerdoti di Cibèle-Ati-Taurobolio. I Sacerdoti di Cibèle appellavansi Galli dal fiume Gallo, della
capo e cozzavano fronte a fronte come montoni, per cui ebbero il nome di Coribanti ; si tosavano nella parte anteriore del
donnesco. Si chiamavan Curèti, perchè avean allevato Giove nell’isola di Creta. E Virgilio (1) dice che il culto di Cibèle
allevato Giove nell’isola di Creta. E Virgilio (1) dice che il culto di Cibèle fu portato da Creta nella Troade. I sacrif
che il culto di Cibèle fu portato da Creta nella Troade. I sacrificii di quella Dea si celebravano con tumultuose grida ed
celebravano con tumultuose grida ed ululati, e collo strepitoso suono di cornamuse, di cembali e di timpani, a’quali i Cor
n tumultuose grida ed ululati, e collo strepitoso suono di cornamuse, di cembali e di timpani, a’quali i Coribanti accoppi
grida ed ululati, e collo strepitoso suono di cornamuse, di cembali e di timpani, a’quali i Coribanti accoppiavano i loro
li i Coribanti accoppiavano i loro balli. I quali timpani erano falti di un cerchio di legno, a cui si sottoponeva un cuoi
accoppiavano i loro balli. I quali timpani erano falti di un cerchio di legno, a cui si sottoponeva un cuoio ; e si suona
va un cuoio ; e si suonavano o colle bacchette o colle mani. Mida, re di Frigia, ritrovò i modi Frigii, o sia il suono di
colle mani. Mida, re di Frigia, ritrovò i modi Frigii, o sia il suono di quella cornamusa (tibia), sulla quale i Coribanti
che ne accresceva l’acuto e stridulo suono. Gran parte ne’sacrificii di Cibèle avea Ati (Αττης, Atys, Attis), bellissimo
poscia a lei dedicato. I Coribànti ogni anno piangevano l’amaro fato di Ati ; e chi colle chiome rabbuffate discorreva pe
uoteva timpani e cembali, in guisa che il monte Ida era tutto ripieno di tumulto e di furori. Siccome i Frigii sotto nome
i e cembali, in guisa che il monte Ida era tutto ripieno di tumulto e di furori. Siccome i Frigii sotto nome di Cibèle int
era tutto ripieno di tumulto e di furori. Siccome i Frigii sotto nome di Cibèle intendevano la Terra, così adoravano il So
di Cibèle intendevano la Terra, così adoravano il Sole sotto il nome di Ati, il quale credesi sepolto sul monte Agdiste,
edesi sepolto sul monte Agdiste, a piè del quale era la celebre città di Pessinunte, a’ confini della Frigia, ove Cibèle a
ttà di Pessinunte, a’ confini della Frigia, ove Cibèle avea un tempio di grandissima magnificenza. Da questa città fu port
ipione fu collocata nel tempio della Vittoria sul Palatino, a’quattro di Aprile, che fu festa grandissima, celebrandosi il
de’grandi Dei Giove, Giunòne e Minèrva il dì precedente alle calende di Settembre e furono istituiti dal re Tarquinio Pri
Tarquinio Prisco. I giuochi Megalesi si celebra vano avanti al tempio di Cibèle con istraordinario concorso, ed in que’gio
acerdote, per l’espiazione de’delitti, e per la salute del Principe o di que’che l’offerivano, e fu da’ pagani introdotto
; o un ariete, ed allora si diceva Criobolio ; e si offeriva in onore di Ati. Chi doveva consacrarsi o espiarsi col Taurob
ol Taurobolio, si faceva scendere in una profonda fossa che coprivasi di un graticcio, sul quale s’immolava un toro colle
asi di un graticcio, sul quale s’immolava un toro colle corna dorate, di cui il sangue per quei forami colando, tutto aspe
nfondono da’poeti ; ma secondo alcuni Vesta era figliuola primogenita di Satùrno e di Rea ; e da Virgilio (1) chiamasi Mad
oeti ; ma secondo alcuni Vesta era figliuola primogenita di Satùrno e di Rea ; e da Virgilio (1) chiamasi Madre, perchè la
li uomini e degli Dei ; o perchè Vesta era il principal nume tutelare di Roma e specialmente della Terra, e per essa inten
a e specialmente della Terra, e per essa intendono il fuoco. Il culto di Vesta o del fuoco eterno fu per Enèa dalla Frigia
il fuoco era in grandissima venerazione. Enèa lo stabilì nella città di Lavinia, donde Ascanio il recò ad Alba Longa, da
nio il recò ad Alba Longa, da cui poscia passò a Roma. Il sacro fuoco di Vesta si teneva nel famoso tempio edificato da Nu
ficato da Numa, presso al quale era il palagio del suo fondatore. Era di forma rotonda per significare l’universo ch’è rot
la figura rappresentava la terra che credevan gli antichi della forma di una sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l
forma di una sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l’ immagine di Vesta non di rado si trova negli antichi monument
sfera. In esso non era alcun simulacro ; ma l’ immagine di Vesta non di rado si trova negli antichi monumenti. E oltre il
Italia, erano in quel tempio allogati. Le Sacerdotesse che avean cura di questo fuoco, si chiamavano le Vergini Vestali. N
doveano avere padre e madre viventi (patrimi et matrimi), e non meno di sei, nè più di dieci anni. Fu loro uffizio princi
padre e madre viventi (patrimi et matrimi), e non meno di sei, nè più di dieci anni. Fu loro uffizio principale, vegliare
nel cielo, così, per cura delle Vestali, sempre arder dovea il fuoco di Vesta a tutela della Republica. Era esso fuoco di
rder dovea il fuoco di Vesta a tutela della Republica. Era esso fuoco di legna che ardevano su di un focolare ; e se per c
sta a tutela della Republica. Era esso fuoco di legna che ardevano su di un focolare ; e se per colpa della Vestale o per
mo. Rinnovellavasi poi l’estinto fuoco co’raggi solari raccolti mercè di una lente. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèl
fuoco co’raggi solari raccolti mercè di una lente. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèle e di Giano. Satùrno ben di
ggi solari raccolti mercè di una lente. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèle e di Giano. Satùrno ben di rado si rit
accolti mercè di una lente. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèle e di Giano. Satùrno ben di rado si ritrova negli a
. IX. Iconologia di Satùrno, di Cibèle e di Giano. Satùrno ben di rado si ritrova negli antichi monumenti. Qualche
rova negli antichi monumenti. Qualche volta si dipingeva in sembianza di un vecchio canuto, con lunga barba, col corpo cur
elato o mezzo coperto, per dinotare che i tempi sono oscuri e coperti di un velo densissimo. In un dipinto Pompeiano vi è
operti di un velo densissimo. In un dipinto Pompeiano vi è una figura di Satùrno, di venerando aspetto, col capo velato ed
velo densissimo. In un dipinto Pompeiano vi è una figura di Satùrno, di venerando aspetto, col capo velato ed il corpo av
onca in mano. Nel Museo Capitolino, Satùrno velato e seduto è in atto di prendere e divorare una pietra che Rea gli presen
nge pure alato, per significare la velocità del tempo, o sotto figura di un serpente che si morde la coda, per mostrare l’
terra ; percui, a dinotarne l’immobilità, si rappresentava seduta su di un cubo. Avea il capo coronato di torri e di merl
obilità, si rappresentava seduta su di un cubo. Avea il capo coronato di torri e di merli di mura, per significare le citt
rappresentava seduta su di un cubo. Avea il capo coronato di torri e di merli di mura, per significare le città che sono
ntava seduta su di un cubo. Avea il capo coronato di torri e di merli di mura, per significare le città che sono come la c
a con un disco in mano ; attorniata da molte belve ; con veste ornata di ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sp
n mano ; attorniata da molte belve ; con veste ornata di ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sparsa di fiori ;
rniata da molte belve ; con veste ornata di ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sparsa di fiori ; ed alle volte
veste ornata di ogni maniera di metalli e di pietre preziose e sparsa di fiori ; ed alle volte coronavasi di quercia, per
lli e di pietre preziose e sparsa di fiori ; ed alle volte coronavasi di quercia, per ricordare che gli uomini un tempo nu
quercia, per ricordare che gli uomini un tempo nudrivansi del frutto di quell’albero. Spesso si dipingeva sopra un cocchi
lia la setticolle Roma a Cibèle, la quale, coll’augusto capo coronato di torri ; lieta per vedersi madre di tanti numi, vi
quale, coll’augusto capo coronato di torri ; lieta per vedersi madre di tanti numi, vien portata su pomposo cocchìo per l
nosceva le passate e le future cose, o perchè persuase agli Aborigeni di mutar costumi e di attendere all’agricoltura ; o
e le future cose, o perchè persuase agli Aborigeni di mutar costumi e di attendere all’agricoltura ; o perchè Giano figura
dicare le quattro stagioni dell’anno cui egli presedeva. Nelle monete di Giano, da una parte vedeansi le due facce, e dall
si le due facce, e dall’altra, una nave, per ricordare che Satùrno su di una nave erasi salvato nell’Italia ; o l’arca in
’arca in cui Noè campò dal generale diluvio. X. Principali epiteti di Giano e di Cibèle. Janus bifrons, geminus, b
i Noè campò dal generale diluvio. X. Principali epiteti di Giano e di Cibèle. Janus bifrons, geminus, biceps, Gian
ero), Giano propagatore del genere umano. Enthea, cioè divina, piena di Dio, si chiama Cibèle, e Mygdonia, da Middonia, p
σειν) che significa cadere, perchè quivi cadde dal cielo un simulacro di quella Dea ; Dea turrita et turrigera, perchè la
rchè la prima diede le torri alle città, o perchè sotto la protezione di lei esse credevansi poste. XI. Alcune altre co
la protezione di lei esse credevansi poste. XI. Alcune altre cose di Satùrno e di Giano. Satùrno si annoverava piu
e di lei esse credevansi poste. XI. Alcune altre cose di Satùrno e di Giano. Satùrno si annoverava piuttosto fra gl
he fra i celesti ; la quale credenza nacque dal giudicarsi il pianeta di Satùrno di malefico influsso, ch’è l’indole degli
lesti ; la quale credenza nacque dal giudicarsi il pianeta di Satùrno di malefico influsso, ch’è l’indole degli Dei infern
ra infausto e malaguroso, specialmente per viaggiare. Da quest’indole di Satùrno venne il greco proverbio : Κρονιον ομμα,
rno venne il greco proverbio : Κρονιον ομμα, Saturnius oculus, occhio di mal augurio. Si chiamavano Saturnii alcuni versi
erchè ritrovati in Italia che dicevasi Saturnia ; o per quella specie di malignità che si attribuiva a Satùrno. Sotto la t
ella specie di malignità che si attribuiva a Satùrno. Sotto la tutela di questo nume erano i Gladiatori, perchè si reputav
o nume erano i Gladiatori, perchè si reputava egli una divinità avida di sangue e crudele. Satùrno era anche Dio dell’agri
buiva l’invenzione degl’innesti, la coltivazione della terra e l’arte di letamare ; percui ebbe l’onorevole nome di Stercu
zione della terra e l’arte di letamare ; percui ebbe l’onorevole nome di Stercuzio. Nel tempio di Satùrno al pendìo del Ca
e di letamare ; percui ebbe l’onorevole nome di Stercuzio. Nel tempio di Satùrno al pendìo del Campidoglio era l’erario o
secolo d’oro il furto era sconosciuto. Giano s’invocava nel principio di tutt’i sacrificii, perchè come portinaio del ciel
va i debitori a pagare ; il quale vico chiamavasi Janus, da un tempio di lui quivi allogato. Esso dividevasi come in tre p
icenza, con cui sopra tutte le create cose diffonde quanto ha ragione di bene, e però dagli antichi salutavasi ottimo mass
αν, vivere, perchè Giove dona a tutti la vita. II. Storia favolosa di Giove. L’antica Mitologia contava molti Giovi
ntica Mitologia contava molti Giovi ; e più popoli si davano il vanto di aver veduto nascere questo nume fra loro ; ma i P
nazzaro : Cagion sì giusta mai Creta non ebbe Per Giove o per Giunon di gloriarsi. Or il natale di Giove è variamente ra
mai Creta non ebbe Per Giove o per Giunon di gloriarsi. Or il natale di Giove è variamente raccontato da’Poeti. Secondo E
icino a partorir Giove, si consigliò col Cielo e colla Terra sul modo di nasconderlo alla crudeltà del genitore. I quali a
i aprirono alla figliuola quel che per decreto del Fato avvenir dovea di Satùrno e di Giove, e le imposero di recare il fa
la figliuola quel che per decreto del Fato avvenir dovea di Satùrno e di Giove, e le imposero di recare il fanciullino nel
r decreto del Fato avvenir dovea di Satùrno e di Giove, e le imposero di recare il fanciullino nell’isola di Creta, ove in
Satùrno e di Giove, e le imposero di recare il fanciullino nell’isola di Creta, ove in un antro grandissimo fu allevato. S
diello alla ninfa Neda, che lo portasse a Creta e quivi il nutricasse di nascosto. Allora le ninfe Melie, compagne de’ Cor
o, dandogli a poppare il latte della Capra Amaltèa, con un dolce favo di mele, che tosto fabbricò l’ape Panàcre sul monte
o fabbricò l’ape Panàcre sul monte Ida. Altri dicono che Melissèo, re di Creta, ebbe due figliuole, Amaltèa e Melissa, le
due figliuole, Amaltèa e Melissa, le quali nudrirono Giove con latte di capra e con mele. Or questa capra avea due curvi
rni, de’ quali uno si ruppe ad un albero. Amaltèa, dopo averlo ornato di fiori e di odorose erbette, il colmò di ogni mani
ali uno si ruppe ad un albero. Amaltèa, dopo averlo ornato di fiori e di odorose erbette, il colmò di ogni maniera di frut
. Amaltèa, dopo averlo ornato di fiori e di odorose erbette, il colmò di ogni maniera di frutti ed offerillo al pargoletto
averlo ornato di fiori e di odorose erbette, il colmò di ogni maniera di frutti ed offerillo al pargoletto Giove, il quale
lo, la sua nutrice trasformò in costellazione, ed al corno donò virtù di provvedere abbondevolmente quella ninfa di ogni c
ne, ed al corno donò virtù di provvedere abbondevolmente quella ninfa di ogni cosa, che a lei fosse piaciuta. E questo chi
iaciuta. E questo chiamasi Cornucopia, Corno dell’abbondanza, e Corno di Amaltèa. Affinchè poi il vagire del fanciullino u
familiare a’Cretesi, e solita a farsi, quando si celebrava il natale di Giove. Virgilio (1) dice che le api, allettate da
ell’antro del monte Ditteo, in Creta, furono col loro mele le nutrici di Giove, dal quale ebbero in premio quell’stinto ne
i ; sebbene altri l’intendano per Giove nocivo, dal vedersi la statua di lui armata di saette per ferire. Come poi Giove o
tri l’intendano per Giove nocivo, dal vedersi la statua di lui armata di saette per ferire. Come poi Giove ottenuto avesse
ne dell’universo l’impero del cielo, si è per noi detto nell’articolo di Satùrno. III. Potenza e maestà di Giove. Di lu
si è per noi detto nell’articolo di Satùrno. III. Potenza e maestà di Giove. Di lui fulmine. Salmonèo. Dopo che ebb
ere e della forza che sedevan sempre con lui nel medesimo cocchio. Ma di tutti gli Dei Pallade o la Sapienza era più d’app
Ma di tutti gli Dei Pallade o la Sapienza era più d’appresso al trono di Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Ni
era più d’appresso al trono di Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Niente di meno gli antichi fecero Giove sogg
sso al trono di Giove che sempre valevasi de’ consigli di lei. Niente di meno gli antichi fecero Giove soggetto alle deter
dita ch’egli colassù regna. Per ciò salutavasi da’ Poeti coll’epiteto di vibratore del fulmine (αστεροπητης) ; ed al fulmi
vibratore del fulmine (αστεροπητης) ; ed al fulmine davasi l’aggiunto di domator di ogni cosa (πανδαματωρ). La folgore ste
el fulmine (αστεροπητης) ; ed al fulmine davasi l’aggiunto di domator di ogni cosa (πανδαματωρ). La folgore stessa onorava
emodo gelose, come ebbe a sperimentare il superbo Salmonèo, figliuolo di Eolo, re di Elide, in Morea, diverso da Eolo, re
, come ebbe a sperimentare il superbo Salmonèo, figliuolo di Eolo, re di Elide, in Morea, diverso da Eolo, re de’ venti. I
eale, volendo imitare il Dio del fulmine, fabbricò un altissimo ponte di bronzo, che passava sopra di Elide ; sul quale pa
del fulmine, fabbricò un altissimo ponte di bronzo, che passava sopra di Elide ; sul quale passeggiando con magnifico cocc
more simile al tuono ; e lanciando accese fiaccole, imitava i fulmini di Giove. Il qual folle divisamento questi mal soffe
l cacciò nell’inferno. Ma niuno dispregiò con più orgoglio la potenza di Giove, che Capanèo, di Argo, figliuolo d’Ipponoo
Ma niuno dispregiò con più orgoglio la potenza di Giove, che Capanèo, di Argo, figliuolo d’Ipponoo e di Astinome. Questo g
glio la potenza di Giove, che Capanèo, di Argo, figliuolo d’Ipponoo e di Astinome. Questo greco capitano andò con Polinice
oo e di Astinome. Questo greco capitano andò con Polinice alla guerra di Tebe, e nel dare la scalata alle mura, con empio
isse, volere impadronirsi della città a dispetto del medesimo Giove ; di che questi adirato tosto il fulminò. Dice Vegezio
primo inventore della scalata, il quale fu da’Tebani con sì gran mole di pietre oppresso, che si disse morto da un fulmine
con sì gran mole di pietre oppresso, che si disse morto da un fulmine di Giove. IV. Continuazione. Aquila-Ganimède-Peri
Continuazione. Aquila-Ganimède-Perifànte. L’aquila era l’uccello di Giove e la ministra del suo fulmine. Finsero ciò
prestatogli nel rapir Ganimède. Dicesi che Perifànte, antichissimo re di Atene, governò con tanta sapienza il suo popolo,
ta sapienza il suo popolo, che fu adorato qual altro Giove ; il quale di ciò adirato volea fulminarlo, ma per intercession
iove ; il quale di ciò adirato volea fulminarlo, ma per intercessione di Apòllo, eui Perifante avea consacrato un tempio,
Apòllo, eui Perifante avea consacrato un tempio, il cambiò in aquila, di cui valevasi nell’attraversare gli spazii dell’ar
di cui valevasi nell’attraversare gli spazii dell’aria. E la consorte di lui che non volle esser disgiunta dal marito, fu
ora. A principio l’universo non era che un’informe e confusa mole di materia, che gli antichi dissero caos, cioè confu
sione universale della materia, che contenea in se misti gli elementi di tutte le cose, in guisa che ove era terra, ivi pu
conveniente, e si videro e cielo e terra e mare far magnifica mostra di lor bellezza ; e l’ordine che uscì del caos fu sì
a tutte le create cose la più bell’opera fu l’uomo, da’ Poeti creduto di origine celeste e divina. Ma qui è mestieri rifer
uto di origine celeste e divina. Ma qui è mestieri riferire la favola di Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto
mestieri riferire la favola di Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto e di Climene, il quale di alto ingegno do
rire la favola di Prometeo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto e di Climene, il quale di alto ingegno dotato, del fan
meteo (Προμηθηυς, Prometheus), fig. di Giapeto e di Climene, il quale di alto ingegno dotato, del fango della terra formò
i fatto vedendo Prometeo altro non essere l’uomo che una bella statua di vita priva e di senso, col favor di Minerva salit
Prometeo altro non essere l’uomo che una bella statua di vita priva e di senso, col favor di Minerva salito al cielo, acce
ssere l’uomo che una bella statua di vita priva e di senso, col favor di Minerva salito al cielo, accese una flaccola al f
. Oltre a ciò agli uomini donò un tal fuoco, e loro mostrò la maniera di farne uso. Il che mal sofferendo Giove, comandò a
l supplizio. Or Giove, per vendicare il temerario attentato del fig. di Giapeto, ordinò a Vulcano che di fango eziandio f
care il temerario attentato del fig. di Giapeto, ordinò a Vulcano che di fango eziandio formasse il corpo della donna, all
eloquenza ; percui chiamossi Pandora (Πανδωρα, Pandora), quasi ornata di tutt’i doni. Altri dicono che gli Dei, mal soffer
na e tutti l’arricchirono de’ loro doni ; e che Giove, per vendicarsi di ciò, comandò a Mercurio di recarla in dono ad Epi
e’ loro doni ; e che Giove, per vendicarsi di ciò, comandò a Mercurio di recarla in dono ad Epimeteo, fratello di Prometeo
i di ciò, comandò a Mercurio di recarla in dono ad Epimeteo, fratello di Prometeo e padre di Pirra, con un vaso o cassetta
Mercurio di recarla in dono ad Epimeteo, fratello di Prometeo e padre di Pirra, con un vaso o cassetta magnifica e ben chi
o o cassetta magnifica e ben chiusa, nella quale era ogni generazione di mali. Epimeteo, dimentico del consiglio del frate
chè prima gli uomini viveano in lietissima felicità. Tentò egli tosto di chiuderla, ma solo sull’orlo rimase la speranza c
e si poteva o dovea far prima, è imitar Epimeteo, non l’antivedimento di Prometeo. Si racconta che avendo Epimeteo fatto d
on l’antivedimento di Prometeo. Si racconta che avendo Epimeteo fatto di creta una figura umana, Giove sdegnato il cambiò
iò in bertuccia. Prometeo vuol dire in greco previdenza o provvidenza di Dio. L’uomo adunque fu la grand’opera di Prometeo
eco previdenza o provvidenza di Dio. L’uomo adunque fu la grand’opera di Prometeo, cioè della divina Provvidenza ; e di Mi
nque fu la grand’opera di Prometeo, cioè della divina Provvidenza ; e di Minerva, o sia di una sapienza tutta divina ; e l
pera di Prometeo, cioè della divina Provvidenza ; e di Minerva, o sia di una sapienza tutta divina ; e l’anima, un fuoco t
lla vita socievole e civile ; ovvero avendo ritrovato il primo l’arte di fare le statue, si finse che avesse formato l’uom
il primo l’arte di fare le statue, si finse che avesse formato l’uomo di creta e lo avesse animato con fuoco tolto dal cie
to dal cielo. Quanta somiglianza poi abbia questa favola col racconto di Mosè sulla creazione dell’uomo e della donna, il
uoco dal cielo e mostratone l’uso agli uomini, perchè ritrovò il modo di conservare il fuoco tratto dalla selce nella mido
la midolla della ferula o canna d’India. O infine fu Prometeo un uomo di gran senno che collo specchio di metallo primo ra
’India. O infine fu Prometeo un uomo di gran senno che collo specchio di metallo primo raccolse i solari raggi, ed insegnò
chio di metallo primo raccolse i solari raggi, ed insegnò agli uemini di far uso di quel fuoco che parea calato dal cielo.
allo primo raccolse i solari raggi, ed insegnò agli uemini di far uso di quel fuoco che parea calato dal cielo. VI. Con
i che tutti lasciarono la terra pe’ delitti degli uomini resa indegna di que’ celesti abitatori ; chè privilegio era dell’
odere gli uomini il consorzio degli Dei. La Vergine Astrèa però, fig. di Giove e di Temi, e Dea della giustizia, fu l’ulti
omini il consorzio degli Dei. La Vergine Astrèa però, fig. di Giove e di Temi, e Dea della giustizia, fu l’ultima che lasc
a Vergine. Si chiamò pure Temi, la quale secondo Omero avea l’affizio di regolare i banchetti degli Dei, quando sedevano a
li. Imperocchè è antica fama che i Giganti, uomini o piuttosto mostri di smisurata grandezza, che avean mille braccia e ga
ttosto mostri di smisurata grandezza, che avean mille braccia e gambe di serpenti, aspirando follemente a discacciare Giov
il Pelio. Allora Giove con un fulmine abbattè quella superba congerie di monti, che ben tre volte avean tentato d’innalzar
rchè procreati entrambi dalla Terra (γηγενεις, terrigenae). L’origine di questa favola da’ Poeti sì variamento raccontata,
Odissea  ». Io vidi giù nel Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie di Aloeo e madre di Oto e di Efialte, giganti di alt
di giù nel Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie di Aloeo e madre di Oto e di Efialte, giganti di altissima statura, i
l Tartaro, dice Ulisse(1), Ifimedìa, moglie di Aloeo e madre di Oto e di Efialte, giganti di altissima statura, i quali, n
se(1), Ifimedìa, moglie di Aloeo e madre di Oto e di Efialte, giganti di altissima statura, i quali, nudriti dalla Terra,
Efialte, giganti di altissima statura, i quali, nudriti dalla Terra, di nove anni erano già alti nove cubiti. Essi osaron
mettendo sopra il monte Ossa, ed a questo il boscoso Pelio. Ma prima di eseguire l’empio attentato, il figliuol di Latòna
il boscoso Pelio. Ma prima di eseguire l’empio attentato, il figliuol di Latòna li uccise ». L’Olimpo per forza di un gran
mpio attentato, il figliuol di Latòna li uccise ». L’Olimpo per forza di un gran tremuoto fu distaccato dal monte Ossa(2),
Titani ed i Giganti, vieppiù inacerbita, volle fare l’estrema pruova di sua possanza, producendo dal seno del Tartaro il
so Tifeo o Tifone (Τυφεως, Τυφων, Typhoeus), il quale avea cento capi di dragone e di ogni maniera di animali feroci, e vo
fone (Τυφεως, Τυφων, Typhoeus), il quale avea cento capi di dragone e di ogni maniera di animali feroci, e vomitando orren
φων, Typhoeus), il quale avea cento capi di dragone e di ogni maniera di animali feroci, e vomitando orrende fiamme, dava
i, vinti dal terrore, per consiglio del Dio Pan, pigliarono sembianza di animali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Ba
, per consiglio del Dio Pan, pigliarono sembianza di animali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Dian
Dio Pan, pigliarono sembianza di animali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunò
no sembianza di animali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunòne, di vacca ; Ven
imali ; Giove, di ariete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunòne, di vacca ; Venere, di pesce ; e
iete ; Apollo di corvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunòne, di vacca ; Venere, di pesce ; e Mercurio, d’ibi. Da
rvo ; Bacco, di capro ; Diana, di gatto ; Giunòne, di vacca ; Venere, di pesce ; e Mercurio, d’ibi. Da questa trasformazio
i fulmini inseguì il mostro, il quale pel Mediterraneo fuggendo l’ira di lui, fu da quel Nume al vasto suo corpo sovrappos
le gambe, mentre l’ignivomo Etna gli sta sopra il capo. Alla favola di Tifeo han dato luogo que’venti procellosi e quell
ue’venti procellosi e quelle orribili fiamme che dal seno della terra di tratto in tratto si veggono uscire. Da’ marinari
rra di tratto in tratto si veggono uscire. Da’ marinari si dà il nome di tifone alla tromba, fenomeno assai frequente nel
de’ vulcani che sollevano in aria le intere rupi, si formarono l’idea di una guerra fra la terra ed il cielo. Virgilio (1)
ia, dalla quale vogliono che un tempo fu distaccata Procida per forza di orribile tremuoto. Il che ha dovuto avere origine
forza di orribile tremuoto. Il che ha dovuto avere origine da’ versi di Omero (2), ne’ quali dice che Tifeo giace sepolto
verbo greco (φλεγω) che significa ardere, perchè conservano le tracce di un antico incendio vulcanico. In generale, i Giga
di un antico incendio vulcanico. In generale, i Giganti erano uomini di grandissima robustezza e ferocia, che insolentiva
dice Macrobio (3), furono i giganti che una qualche empia generazione di uomini, i quali negando l’esistenza degli Dei, fe
i. Dal sangue de’ Giganti (4) fulminati da Giove nacque una razza di uomini crudeli e spregiatori de’ Numi. Giove, per
la genia, tenne il gran concilio degli Dei e vi parlò della necessità di perdere il genere umano sì stranamente malvagio.
ssità di perdere il genere umano sì stranamente malvagio. In conferma di che raccontò l’empio fatto di Licaone, fig. di Ti
no sì stranamente malvagio. In conferma di che raccontò l’empio fatto di Licaone, fig. di Titano e della Terra e re di Arc
malvagio. In conferma di che raccontò l’empio fatto di Licaone, fig. di Titano e della Terra e re di Arcadia. Il quale, a
raccontò l’empio fatto di Licaone, fig. di Titano e della Terra e re di Arcadia. Il quale, avendo udito che Giove, mosso
e la stessa pruova. La quale favola può spiegarsi dicendo che il nome di Licaòne (da λυκος, lupus) ha dato occasione di fi
si dicendo che il nome di Licaòne (da λυκος, lupus) ha dato occasione di fingere che quel Re, forse crudele ed empio, fu t
ntropia (λυκανθρωπια). Or la temeraria impresa de’ giganti, l’empietà di Licaòne ed i grandi vizii degli uomini avean moss
di Licaòne ed i grandi vizii degli uomini avean mossa talmente l’ira di Giove che in quel gran consesso stabilì di perder
avean mossa talmente l’ira di Giove che in quel gran consesso stabilì di perdere gli uomini con un diluvio. Era nella Foci
rtici, e sì alto che trapassava le nubi, chiamato Parnaso. Sulla cima di esso fortunatamente salvaronsi su piccola barca D
alvaronsi su piccola barca Deucalione e Pirra. Era il primo figliuolo di Prometeo e di Pandora, o di Climene ; e Pirra, di
iccola barca Deucalione e Pirra. Era il primo figliuolo di Prometeo e di Pandora, o di Climene ; e Pirra, di Epimeteo ; tu
eucalione e Pirra. Era il primo figliuolo di Prometeo e di Pandora, o di Climene ; e Pirra, di Epimeteo ; tutti e due per
il primo figliuolo di Prometeo e di Pandora, o di Climene ; e Pirra, di Epimeteo ; tutti e due per pietà fra gli altri uo
dalle acque, ed essi soli sopravviventi, consultarono Temi che a que’ di dava oracoli a Delfo, o Giove stesso, come dicono
Pirra, in donne ; e così rinnovellossi l’umana generazione. Al tempo di questo diluvio si rapporta il fatto di Filemone e
l’umana generazione. Al tempo di questo diluvio si rapporta il fatto di Filemone e Bauci, due vecchi sposi, i quali, colt
la vita in lieta e contenta poverlà ; ma eran sì virtuosi che il nome di Bauci perproverbio denotava una povera, ma pietos
lto gradì que’ sinceri e pietosi ufficii, manifestandosi comandò loro di seguirlo sopra un colle vicino, da cui additò il
gnifico tempio. Essi dimandarono a Giove non altro che esser ministri di quel tempio e di morire insieme. Furono esauditi
ssi dimandarono a Giove non altro che esser ministri di quel tempio e di morire insieme. Furono esauditi i loro voti ; e g
arvi. Omero però nel principio del XX. libro dell’Iliade pone la sede di Giove nella parte più alta dell’Olimpo ; e nelle
i altri Numi, dalle quali andavano a consiglio nella stellata magione di Giove. Ma l’Olimpo propriamente è un monte di Tes
nella stellata magione di Giove. Ma l’Olimpo propriamente è un monte di Tessaglia vicino all’Ossa ed al Pelio, così alto
o stesso, o la parte più alta e risplendente del cielo, dov’è la sede di Giove e degli altri Dei. Or ogni volta che Giove
sentiero che vedesi in cielo in alcune notti serene, tutto luccicante di minute stelle, e di un notabile candore, per cui
in cielo in alcune notti serene, tutto luccicante di minute stelle, e di un notabile candore, per cui ha preso il nome dal
e candore, per cui ha preso il nome dal latte. A destra ed a sinistra di questa strada sorgevano le magnifiche abitazioni
abitazioni degli Dei ; e pel mezzo, sul suo cocchio, Giove era solito di passeggiare. E’ fama che Mercurio fu per qualche
llattato da Giunòne, e che dal poco latte per caso caduto dalla bocca di lui si fosse formata la via lattea. La celeste ma
dalla bocca di lui si fosse formata la via lattea. La celeste magione di Giove poggiava tutta su gli omeri di un sol uomo,
a via lattea. La celeste magione di Giove poggiava tutta su gli omeri di un sol uomo, ch’era il celebre Atlante, re della
di un sol uomo, ch’era il celebre Atlante, re della Mauritania, fig. di Giapeto e di Climene, fratello di Prometeo, e con
mo, ch’era il celebre Atlante, re della Mauritania, fig. di Giapeto e di Climene, fratello di Prometeo, e condottiere de’
Atlante, re della Mauritania, fig. di Giapeto e di Climene, fratello di Prometeo, e condottiere de’ Titàni alla folle imp
ne, fratello di Prometeo, e condottiere de’ Titàni alla folle impresa di discacciare Giove dal cielo. Dal quale essendo st
o stati que gli audaci precipitati nell’inferno, Atlànte ebbe la pena di sostenere sulle spalle il non leggier peso del ci
). Si racconta che avvertito dall’oracolo a guardarsi da un figliuolo di Giove, non volea che abitasse in casa sua uomo de
se in casa sua uomo del mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo, fig. di Giove e di Danae, gli mostrò il capo di Medùsa ed
sua uomo del mondo. Pel qual rifiuto sdegnato Perseo, fig. di Giove e di Danae, gli mostrò il capo di Medùsa ed il trasfor
rifiuto sdegnato Perseo, fig. di Giove e di Danae, gli mostrò il capo di Medùsa ed il trasformò in monte. L’Atlante è un m
le alte montagne. Altri vogliono che quel Re fosse stato un Astronomo di gran valore, che andava sulla vetta del monte Atl
favoleggiarono ch’ei sosteneva il cielo colle spalle(3). IX. Mensa di Giove. Ambrosia-Nettare-Ebe-Ganimède. Il Ciel
il luogo ove Giove banchettava cogli altri Numi ; e sedere alla mensa di Giove vuol dire, esser posto nel numero degli Dei
la Divinità conversa solo colla gente innocente. In Diospoli, o città di Giove, era un magnifico tempio, da cui gli Etiopi
era un magnifico tempio, da cui gli Etiopi solevan prendere le statue di Giove e degli altri Dei e portarle processionalme
significa cibo degl’Immortali, o che dona l’immortalità, e credevasi di una dolcezza nove volte maggiore di quella del me
e dona l’immortalità, e credevasi di una dolcezza nove volte maggiore di quella del mele. Il Nettare poi (da νη priv. e κτ
pascevan d’ambrosia (4). Oltre a ciò era l’ambrosia quasi un unguento di virtù divina. Venere (5) sulla ferita del figliuo
i balsamo salutare, l’ambrosia ; e Giove stesso (6) comandò ad Apollo di ungere di ambrosia il corpo del figliuolo Sarpedo
salutare, l’ambrosia ; e Giove stesso (6) comandò ad Apollo di ungere di ambrosia il corpo del figliuolo Sarpedone ucciso
stò ad Enèa dal divino odore che spiravano le sue chiome tutte sparse di ambrosia. Questo cibo delizioso dilettava tutt’i
l rende immortale, percui è annoverato fra gli Dei. Quanto ha ragione di dolcezza e di amabilità, tutto ciò che ristora e
ale, percui è annoverato fra gli Dei. Quanto ha ragione di dolcezza e di amabilità, tutto ciò che ristora e reca giocondit
nomi dell’ambrosia e del nettare(2). Così Petrarca : Pasco la monte di sì nobil cibo, Ch’ambrosia e nettar non invidio a
vidio a Giove. Le pecore presso Ovidio (3) hanno le mammelle ricolme di nettare, cioè di latte ; e le acque che beveano i
e pecore presso Ovidio (3) hanno le mammelle ricolme di nettare, cioè di latte ; e le acque che beveano i primi uomini a m
nettare per sete ogni ruscello. L’ambrosia era propriamente il cibo di Giove e degli altri Dei, ed il nettare, la loro b
in varii tempi furono i coppieri che mescevano il nettare alla mensa di Giove, Vulcano, Ebe e Ganimède (4) ; ma la più ce
ù celebre fu la bellissima Ebo (Ηβη, Hebe), Dea della gioventù e fig. di Giove e di Giunòne ; la qual cosa voleva dire che
u la bellissima Ebo (Ηβη, Hebe), Dea della gioventù e fig. di Giove e di Giunòne ; la qual cosa voleva dire che gli Dei no
istrare la divina bevanda, cadde sconciamente al suolo e fu occasione di molto ridere alla celeste brigata ; per cui Giove
petua floridezza e stabilità del Romano impero. Fu surrogato in luogo di Ebe Ganimède (Γανυμηδης, Ganymedes), ch’era flor
urrogato in luogo di Ebe Ganimède (Γανυμηδης, Ganymedes), ch’era flor di bellezza e di gioventù, detto pur Catamìto, e fig
ogo di Ebe Ganimède (Γανυμηδης, Ganymedes), ch’era flor di bellezza e di gioventù, detto pur Catamìto, e fig. di Troe, re
s), ch’era flor di bellezza e di gioventù, detto pur Catamìto, e fig. di Troe, re della Troade, ch’ebbe tre figli, Ilo, As
Ed abitasse cogli Eterni. Monti. Strabone (1) riferisce che il ratto di Ganimède avvenne in un luogo vicino a Cizico, chi
e in costellazione, ch’è l’undecimo segno del zodiaco, detto Aquario, di cui le stelle son disposte in guisa che rappresen
Nell’Iliade (3) Minerva, intorno agli omeri divini Pon la ricca di fiocchi Egida orrenda, Che il Terror d’ogn’intorn
capo, orribile prodigio Dell’Egioco Signore. Monti. In questo luogo di Omero, dice Mad. Dacier, l’egida certamente è uno
sto luogo di Omero, dice Mad. Dacier, l’egida certamente è uno scudo, di cui i combattenti ricoprivano le spalle nell’anda
ndi che per egida i poeti intendevano ora lo scudo, ora la corazza sì di Giove, che di Pallade e di altri numi. Per dare a
ida i poeti intendevano ora lo scudo, ora la corazza sì di Giove, che di Pallade e di altri numi. Per dare ad intendere lo
ntendevano ora lo scudo, ora la corazza sì di Giove, che di Pallade e di altri numi. Per dare ad intendere lo sdegno di Gi
iove, che di Pallade e di altri numi. Per dare ad intendere lo sdegno di Giove i poeti dicono ch’esso orribilmente scuote
immortal la preziosa Egida, da cui cento eran sospese Frange conteste di finissim’oro, E valea cento tauri ogni gherone. I
’egida (αιγις, aegis da αιξ, αιγος, capra) era propriamente una pelle di capra, che ricopriva lo scudo o la corazza di Gio
propriamente una pelle di capra, che ricopriva lo scudo o la corazza di Giove e di Minerva ; e questa fu la pelle della c
te una pelle di capra, che ricopriva lo scudo o la corazza di Giove e di Minerva ; e questa fu la pelle della capra Amalte
e ricoprire coll’egida significa proteggere, spfendere. Nel bel mezzo di essa era il capo della Gorgone, del quale tanto s
lla Gorgone, del quale tanto si valse uno de’ più celebrati figliuoli di Giove. Ma convien raccontare la cosa dal principi
ante (1) era una spaziosa ed aprica pianura, tutt’all’intorno munita, di cui al primo ingresso a bitavano due sorelle di s
t’all’intorno munita, di cui al primo ingresso a bitavano due sorelle di stranissima natura, Pefredo ed Enio, alle quali a
), perchè furon vecchie e canute fin dal loro nascimento. Eran figlie di Forco, dio marino, e di Ceto, fig. del Ponto e de
e canute fin dal loro nascimento. Eran figlie di Forco, dio marino, e di Ceto, fig. del Ponto e della Terra ; ed aveano un
o, e di Ceto, fig. del Ponto e della Terra ; ed aveano un sol occhio, di cui si servivano a vicenda, sicchè or l’una vegli
sicchè or l’una vegliava, ed ora l’altra alla custodia delle Gorgoni, di cui eran sorelle e guardiane. Or le Gorgoni (Γοργ
essa sola era mortale. Or sì bel pregio de’ capelli perdè per volere di Minerva, la quale per vendicare l’onor del suo te
’impietrire chiunque la riguardasse. E qui comincia la celebre favola di Perseo, uno de’ più grandi figliuoli di Giove.
ui comincia la celebre favola di Perseo, uno de’ più grandi figliuoli di Giove. XI. Continuazione. Abante, nipote di
iù grandi figliuoli di Giove. XI. Continuazione. Abante, nipote di Danao e duodecimo re degli Argivi, ebbe due figli
Acrisio cui l’oracolo avea predetto che sarebbe morto da un figliuolo di Danae, e la madre ed il figliuolino ben rinchiusi
anae, e la madre ed il figliuolino ben rinchiusi in una cesta coperta di cuoio espose alla discrezione delle onde ; ma per
a coperta di cuoio espose alla discrezione delle onde ; ma per volere di Giove fu essa dal mare trasportata presso a Serif
, il quale la giovane Danae sposò, e Perseo fece educare in un tempio di Minèrva. Il seppe Acrisio e pretese la figliuola
lidètte ; ma questi ottenne che si acchetasse ad una solenne promessa di Persèo, che non avrebbe mai poste le mani addosso
vrebbe mai poste le mani addosso all’avo. Essendo Acrisio nella corte di Polidètte, venne questi a morte ; ed allora fu ch
nne questi a morte ; ed allora fu che celebrandosi funebri giuochi in di lui onore, Persèo lanciò il suo disco, che il ven
ò raccontano in questa guisa una tal favola (1). Polidètte desideroso di sposar Danae, per disfarsi di Persèo, già adulto,
na tal favola (1). Polidètte desideroso di sposar Danae, per disfarsi di Persèo, già adulto, finse di dover celebrare sole
desideroso di sposar Danae, per disfarsi di Persèo, già adulto, finse di dover celebrare solenni nozze con Ippodamìa, prin
nse di dover celebrare solenni nozze con Ippodamìa, principessa greca di famosa bellezza ; e per farle più splendide, ordi
ù splendide, ordinò che ciascuno degl’invitati facesse qualche pruova di valore, e che Persèo vi recasse il capo della Gor
il cappello ed i calzari alati ; da Vulcàno, una scimitarra o specie di falce di diamante ; da Minèrva, uno scudo lucido
llo ed i calzari alati ; da Vulcàno, una scimitarra o specie di falce di diamante ; da Minèrva, uno scudo lucido al pari d
o specie di falce di diamante ; da Minèrva, uno scudo lucido al pari di tersissimo specchio, giacchè egli a Minèrva ed a
giacchè egli a Minèrva ed a Mercurio era carissimo ; e postosi l’elmo di Plutòne (Orci galea) che rendeva invisibile chi l
luogo ove dimoravano le fatali sorelle. Quivi, ingannate le figliuole di Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine di M
ngannate le figliuole di Forco, Minèrva gli diede a vedere l’immagine di Medùsa nel suo scudo come in uno specchio ; e l’e
volo, portando in mano quel teschio che grondava sangue, qual trofeo di sua vittoria. Dal sangue di lei, appena reciso il
teschio che grondava sangue, qual trofeo di sua vittoria. Dal sangue di lei, appena reciso il capo, nacque il caval Pegas
ei, appena reciso il capo, nacque il caval Pegaso, e Crisaòrre, padre di Geriòne. XII. Continuazione-Serpenti della Lib
ennero qua e là a cadere su quell’adusto suolo le gocciole del sangue di quel reciso teschio, dalle quali, come da velenos
e da velenosa semenza, pullullarono que’ ferali e mostruosi serpenti, di cui l’Affrica abbonda. Giunto poi all’ estremità
i l’Affrica abbonda. Giunto poi all’ estremità dell’ Etiopia, vide su di uno scoglio una donzella di leggiadra e regale se
poi all’ estremità dell’ Etiopia, vide su di uno scoglio una donzella di leggiadra e regale sembianza colle mani legate, l
il suo volo vicino a quella vergine infelice, ch’era Andromeda, fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa
vergine infelice, ch’era Andromeda, fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba di sua bellezza, ave
da, fig. di Cefèo, re degli Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba di sua bellezza, avea detto di superar le Nereidi in
Etiopi, e di Cassiopèa. Or questa superba di sua bellezza, avea detto di superar le Nereidi in leggiadria ; le quali, in p
a, avea detto di superar le Nereidi in leggiadria ; le quali, in pena di tanta baldanza, legarono la figliuola a quello sc
a. Altri dicono che le Nereidi pregarono Nettùno, che avesse il regno di Cefèo ricoperto di acque, e che dall’oracolo di G
le Nereidi pregarono Nettùno, che avesse il regno di Cefèo ricoperto di acque, e che dall’oracolo di Giove Ammòne avea qu
, che avesse il regno di Cefèo ricoperto di acque, e che dall’oracolo di Giove Ammòne avea questo re inteso, non potersi i
impresa ed uccide la bestia con applauso grande de’ riguardanti. Dopo di che, per lavarsi le mani, nascose fra certe piant
di che, per lavarsi le mani, nascose fra certe piante marine il capo di Medùsa ; le quali tosto si convertirono in pietra
sto si convertirono in pietra, ed il sangue che ne grondava, le tinse di un bel rosso. Questi sono i coralli, i quali, sta
ali nacque Perse che diede il nome alla Persia. Cassiopèa pe’ prieghi di Perseo fu posta colla famiglia fra gli astri. Dop
pèa pe’ prieghi di Perseo fu posta colla famiglia fra gli astri. Dopo di ciò (1), ritornato Perseo a Serifo, vi ritrovò la
a Serifo, vi ritrovò la madre Danae, la quale, per fuggire le insidie di Polidette, erasi col fratello Ditte ritirata in u
Polidette, erasi col fratello Ditte ritirata in un luogo sacro. Egli di ciò adirato e vedendo che quegli abitanti avean f
ti avean favorito Polidette contro la madre, col mostrar loro il capo di Medusa, e Polidètte ed i suoi sudditi cangiò in s
apo di Medusa, e Polidètte ed i suoi sudditi cangiò in sassi. L’isola di Serifo (2) è pietrosa a segno, che ha dovuto dare
i Serifo (2) è pietrosa a segno, che ha dovuto dare occasione a’Poeti di fingere la trasformazione de’ suoi abitanti in sa
fingere la trasformazione de’ suoi abitanti in sassi. Persèo, nipote di Acrisio, re di Argo, fu fondatore della città di
sformazione de’ suoi abitanti in sassi. Persèo, nipote di Acrisio, re di Argo, fu fondatore della città di Micene, ed uno
assi. Persèo, nipote di Acrisio, re di Argo, fu fondatore della città di Micene, ed uno degli eroi dell’antichità per lung
hità per lunghe e malagevoli imprese celebratissimo. Medusa fu regina di un popolo bellicoso vicino alla palude Tritonia,
llezza, e recisole il capo, portollo in Grecia qual trofeo da servire di spettacolo a quella gente. Si dice che in Africa
la gente. Si dice che in Africa vi sia un animale, forse il Catoblepa di Plinio (3), detto Medusa, di cui gli occhi hanno
ca vi sia un animale, forse il Catoblepa di Plinio (3), detto Medusa, di cui gli occhi hanno la virtù di far morire e quas
atoblepa di Plinio (3), detto Medusa, di cui gli occhi hanno la virtù di far morire e quasi impietrire chi il rimirasse. T
-Minos-Sarpedone-Radamànto. Vengono in iscena tre altri figliuoli di Giove, anche di grandissima celebrità, di cui ecc
-Radamànto. Vengono in iscena tre altri figliuoli di Giove, anche di grandissima celebrità, di cui ecco la favolosa is
iscena tre altri figliuoli di Giove, anche di grandissima celebrità, di cui ecco la favolosa istoria. Euròpa (Ευροπη, Eur
di cui ecco la favolosa istoria. Euròpa (Ευροπη, Europa) fu figliuola di Agenore, re della Fenicia, e di Argiope. La quale
Euròpa (Ευροπη, Europa) fu figliuola di Agenore, re della Fenicia, e di Argiope. La quale nel fiore degli anni suoi ed ol
e nel fiore degli anni suoi ed oltremodo bellissima, con un drappello di nobili donzelle andava un giorno a diletto lungo
le la sua ventura, approdò colà una nave, che avea dipìnta l’immagine di un toro ; della quale uscendo uomini armati, viol
quale fra le disperate lagrime delle compagne, per mare, tutta fuori di se per lo spavento, fu trasportata nell’isola di
er mare, tutta fuori di se per lo spavento, fu trasportata nell’isola di Creta. Palefato dice che un Signore di Creta, chi
nto, fu trasportata nell’isola di Creta. Palefato dice che un Signore di Creta, chiamato Tauro, invase colle sue armi la F
a, e fra le altre nobili donzelle portò seco prigioniera la figliuola di Agenore ; da che uscì tosto in campo Giove trasfo
partiti a ritrovar la sorella ; senza la quale non avessero osato mai di ritornare alla patria. Per tal comando partiti i
te. Il quale rispose, che fosse andato nella Focide da Pelagòne, fig. di Anfidamante, e dall’armento di lui avesse scelto
andato nella Focide da Pelagòne, fig. di Anfidamante, e dall’armento di lui avesse scelto a scorta del suo viaggio un bue
e scelto a scorta del suo viaggio un bue con un segno bianco a foggia di luna piena in ambedue i lati. Così fece, ed andan
qua ad un fonte, gli furono i compagni morti da un dragone, figliuolo di Marte, che il fonte guardava. Cadmo uccise quel m
i Marte, che il fonte guardava. Cadmo uccise quel mostro con un colpo di pietra, o colla sua spada ; e per consiglio di Mi
el mostro con un colpo di pietra, o colla sua spada ; e per consiglio di Minerva ne seminò i denti, da’ quali nacquero uom
o rimasero non più che cinque, i quali aiutarono Cadmo nella fabbrica di Tebe. Così Apollodoro, Igino ed altri ; ma Ovidio
ndo per far cosa grata a’ studiosi giovanetti. Stanco ormai Cadmo (2) di più cercare la sorella Europa, ed esule dalla pat
patria per comando dell’ingiusto genitore andò a consultare l’oracolo di Apòllo sul luogo, ove avesse a stabilir finalment
Indomita giovenca, rispose Febo, tu ritroverai in solitaria campagna, di cui seguendo le orme, ov’essa fermerà il suo camm
pascere a piè del monte, riverente ne siegue il cammino e sulle orme di essa giunge in non conosciuta terra, ove per vole
per volere del fato sorger dovea la novella città. Egli intanto pensa di offerire forse la giovenca stessa in sacrificio a
. Quivi era appiattato il mostruoso dragone, che gl’infelici compagni di Cadmo divorò crudelmente. Il quale del loro indug
bbe stato un giorno trasformato in serpente. Poscia Minèrva gl’impone di seminare i denti dell’ucciso serpente, da’ quali
i denti dell’ucciso serpente, da’ quali sorge tosto mirabile schiera di armati guerrie ri (1), che fra loro battendosi cr
ti si uccisero. E questi cinque aiutarono Cadmo ad edificare la città di Tebe, o più veramente la cittadella che chiamò Ca
tori del paese, ov’era Tebe, si chiamavano Sparti ; e forse la venuta di Cadmo mosse grandi discordie civili fra loro, per
discordie civili fra loro, per le quali perirono non pochi uomini ; e di que’ che nel paese primeggiavano sopravvissero so
ero soli cinque, che si unirono a Cadmo. Fiorente e lungo fu il regno di Cadmo in Tebe, ma la sua felicità pur ebbe un ter
a felicità pur ebbe un termine. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig. di Marte e di Venere, ed alle sue nozze intervennero
pur ebbe un termine. Avea sposata Armonìa, o Ermiòne, fig. di Marte e di Venere, ed alle sue nozze intervennero tutti gli
insero per modo l’animo dell’infelice genitore, che colla moglie uscì di Tebe, e dopo molto errare approdò nell’Illirio, o
uscì di Tebe, e dopo molto errare approdò nell’Illirio, ove annoiati di tante calamità furon cangiati in serpenti in pena
tante calamità furon cangiati in serpenti in pena dell’ucciso dragone di Marte. Si sa che Cadmo il primo portò dalla Fenic
e Radamanto. Non vi ha forse nome nella Mitologia più grande del nome di Minos, che regnò nell’isola di Creta o Candia, al
me nella Mitologia più grande del nome di Minos, che regnò nell’isola di Creta o Candia, alla quale dettò leggi di tanta s
Minos, che regnò nell’isola di Creta o Candia, alla quale dettò leggi di tanta sapienza, che credevasi averle date lo stes
a un’intima familiarità, detto perciò da Omero dimestico e famigliare di Giove (Διος μεγαλον οαριστης). Egli faceva creder
si che i poeti lo ponessero per giudice dell’inferno. Era forse un re di moltissima sapienza, che i Cretesi adorarono col
forse un re di moltissima sapienza, che i Cretesi adorarono col nome di Giove, e che in quell’isola avea anche la sua tom
atenee, vi riportò tutt’i premii dovuti a’vincitori ; percui Egeo, re di Atene, o secondo altri, gli Atleti Ateniesi per i
ndetta, e prima pose stretto assedio a Megara, città vicina ad Atene, di cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandion
ssedio a Megara, città vicina ad Atene, di cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re di Atene, del quale si p
ara, città vicina ad Atene, di cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re di Atene, del quale si parlava molto
a ad Atene, di cui era signore Niso, fig. di Marte, o di Pandione, re di Atene, del quale si parlava molto a que’ dì per l
i Atene, del quale si parlava molto a que’ dì per la sua chioma tutta di bellissímo oro, dalla quale la conservazione dipe
ò al nemico per metterlo al possesso della città. Ma Minos, per tanta di lei empietà inorridito, ricusò di seco condurla a
so della città. Ma Minos, per tanta di lei empietà inorridito, ricusò di seco condurla a Creta, com’essa desiderava ; perc
iderava ; percui gittossi disperatamente nel mare, o vi fu per ordine di Minos precipitata. Il corpo di lei fu dal mare tr
ratamente nel mare, o vi fu per ordine di Minos precipitata. Il corpo di lei fu dal mare trasportato presso ad un promonto
ntre inseguiva la figliuola per punirla, fu trasformato in una specie di sparviere, ch’è nemico del ciri. Vuolsi che sia o
n una specie di sparviere, ch’è nemico del ciri. Vuolsi che sia opera di Virgilio un bel poemetto intitolato Ciris, nel qu
emetto intitolato Ciris, nel quale diffusamente si racconta la favola di Niso e di Scilla. Giorgio Sabino per questo crine
itolato Ciris, nel quale diffusamente si racconta la favola di Niso e di Scilla. Giorgio Sabino per questo crine fatale di
la favola di Niso e di Scilla. Giorgio Sabino per questo crine fatale di Niso intende un qualche arcano e segreto consigli
to crine fatale di Niso intende un qualche arcano e segreto consiglio di quel re, che Scilla palesò a Minos, percui gli fu
ugnata Megara, e vinti gli Ateniesi, loro impose, in pena della morte di Androgeo, il ben duro tributo di dare ogni anno s
si, loro impose, in pena della morte di Androgeo, il ben duro tributo di dare ogni anno sette nobili giovanetti, i quali t
estilenza, dalla quale disse l’oracolo non potersi liberare, che dopo di aver dato a Minos quella terribile soddisfazione
ella terribile soddisfazione (2). Il Minotauro era un mostro col capo di bue ed il corpo di forma umana, sebbene nelle mon
isfazione (2). Il Minotauro era un mostro col capo di bue ed il corpo di forma umana, sebbene nelle monete degli abitanti
i bue ed il corpo di forma umana, sebbene nelle monete degli abitanti di Gela, e di Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani
corpo di forma umana, sebbene nelle monete degli abitanti di Gela, e di Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un
di Taormina, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un mostro con corpo di toro, e di uomo insieme. A questo mostro che dimo
, in Sicilia, e de’ Napoletani, vedesi un mostro con corpo di toro, e di uomo insieme. A questo mostro che dimorava nel la
i toro, e di uomo insieme. A questo mostro che dimorava nel laberinto di Creta gli Ateniesi mandar doveano quell’infelice
Metamorfosi (1). Plinio vuole che fosse stato costruito ad imitazione di quello sì famoso di Egitto, ma che n’era solo la
nio vuole che fosse stato costruito ad imitazione di quello sì famoso di Egitto, ma che n’era solo la centesima parte, e c
in se inestrigabili ravvolgimenti. Altri però dicono che il laberinto di Creta fu una spelonca con moltissimi ravvolgiment
rdice. Del Cretese laberinto fu autore Dedalo, Ateniese, artefice di alto ingegno, che fece opere ammirabili e statue
o senza che ne apparisca la cagione. Inventò pure non pochi strumenti di grande utilità per le arti, come la scure, la liv
la scure, la livella, il succhiello ; e fu il primo che fornì le navi di antenne e di vele. Ma tanta sua lode d’ingegno fu
livella, il succhiello ; e fu il primo che fornì le navi di antenne e di vele. Ma tanta sua lode d’ingegno fu annebbiata d
e di vele. Ma tanta sua lode d’ingegno fu annebbiata da un vil tratto di gelosia. Dalla sorella Perdice avea un nipote chi
l’uso della sega e del compasso. Vuole Ovidio che la spina del dorse di un pesce gli avesse data la prima idea della sega
a della sega ; ma secondo Diodoro, avendo ritrovato l’intera mascella di un serpente, se ne servì per tagliare un picciol
ra mascella di un serpente, se ne servì per tagliare un picciol pezzo di legno e così inventò la sega. Dedalo ne fu tocco
u tocco da non lodevole invidia, percui lo precipitò dalla cittadella di Atene, spacciando poscia una casuale caduta. Minè
tato cangiato in pernice. Fu questo delitto la cagione delle sventure di Dedalo, il quale citato avanti all’Areopago, dall
o, dalla patria fuggendo, si ricoverò in Creta e chiese la protezione di Minos. E qui fu che per colpa del suo ingegno ave
gran senno, mostrando che a’ mortali niente è disdetto, trovò il modo di uscire di quella noiosa prigione. Con mirabile ar
, mostrando che a’ mortali niente è disdetto, trovò il modo di uscire di quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1)
modo di uscire di quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1), di cera e di piume fece due paia di ali che imitavan
scire di quella noiosa prigione. Con mirabile artificio(1), di cera e di piume fece due paia di ali che imitavano quelle d
prigione. Con mirabile artificio(1), di cera e di piume fece due paia di ali che imitavano quelle degli uccelli, e ponendo
eguito dal figliuolo Icaro ch’era seco nel laberinto e che pure fornì di ali, si librò nell’aria, e con volo non mai vedut
accozzate, e l’infelice Icaro cadde nel mare che da ciò ebbe il nome di mare Icario (2). I poeti spesso chiamano ali, le
no al volo (3) ; e perciò Dedalo fuggì dal laberinto a volo, cioè, su di una nave velocemente portata dalle vele, ch’erano
o, che nella scienza del cielo ammaestrò il figliuolo Icaro, il quale di essa superbo e pieno di giovanile ardore, le faci
cielo ammaestrò il figliuolo Icaro, il quale di essa superbo e pieno di giovanile ardore, le facili conoscenze sprezzando
tempio ad Apòllo, nel quale gli consacrò le ali e vi dipinse la morte di Androgeo e più altre sue famose avventure, come s
e sue famose avventure, come sa chiunque ha letto l’ammirabile Eneide di Virgilio. Degli altri due figliuoli di Giove, Sar
e ha letto l’ammirabile Eneide di Virgilio. Degli altri due figliuoli di Giove, Sarpedone o Sarpedonte, e Radamanto, vi è
edone o Sarpedonte, e Radamanto, vi è poco a dire. Il primo figliuolo di Giove e di Europa, o di Laodamìa, abbandonò Creta
pedonte, e Radamanto, vi è poco a dire. Il primo figliuolo di Giove e di Europa, o di Laodamìa, abbandonò Creta, sua patri
damanto, vi è poco a dire. Il primo figliuolo di Giove e di Europa, o di Laodamìa, abbandonò Creta, sua patria, si ritirò
iò per una contesa avuta col fratello Minos. Si vuole che visse l’elà di tre uomini. Per somigliante cagione il fratello R
XVI. Castore e Polluce. Castore e Polluce furono gemelli e fig. di Giove e di Leda ; o di Tindaro, fig. di Ebalo e r
ore e Polluce. Castore e Polluce furono gemelli e fig. di Giove e di Leda ; o di Tindaro, fig. di Ebalo e re della Lac
e. Castore e Polluce furono gemelli e fig. di Giove e di Leda ; o di Tindaro, fig. di Ebalo e re della Laconia, detti
Polluce furono gemelli e fig. di Giove e di Leda ; o di Tindaro, fig. di Ebalo e re della Laconia, detti per ciò Tindaridi
iù Dioscuri (Διοσκουροι, i. e. Διος κουροι, Iovis filii), o figliuoli di Giove per eccellenza. Or Polluce era insigne per
r la maestria nel giuoco del cesto, o pugilato ; e Castore, nell’arte di maneggiare i cavalli. E se Virgilio (2) attribuis
nella Bebricia o Bitinia, ove a que’ dì regnava Amico (Amyrus), fig. di Nettuno e della ninfa Melìte, al quale si dà il v
myrus), fig. di Nettuno e della ninfa Melìte, al quale si dà il vanto di avere il primo ritrovato il giuoco del cesto. Per
ato il giuoco del cesto. Percui Virgilio (1) per lodare Bute ed Erice di segnalata destrezza nel combattimento del cesto,
gino parla de’solenni giuochi fatti celebrare in Argo da Acasto, fig. di Pelia, re di Tessaglia, ne’ quali fra gli altri e
’solenni giuochi fatti celebrare in Argo da Acasto, fig. di Pelia, re di Tessaglia, ne’ quali fra gli altri eroi riportaro
al cesto. Pindaro dice che i Dioscuri, accolti amorevolmente in casa di Panfae, uno degli ascendenti materni di Tieo, di
accolti amorevolmente in casa di Panfae, uno degli ascendenti materni di Tieo, di cui il poeta canta la vittoria nell’ode
morevolmente in casa di Panfae, uno degli ascendenti materni di Tieo, di cui il poeta canta la vittoria nell’ode X Nemea,
ice Orazio (2), a’ naviganti si mostra il benigno astro de’ figliuoli di Leda, si abbonaccia il mare, i venti si acchetano
ago da’ corsali che l’infestavano ; ed ancora perchè una gran fortuna di mare che poneva a rischio di rompersi la nave deg
vano ; ed ancora perchè una gran fortuna di mare che poneva a rischio di rompersi la nave degli Argonauti, acchetossi tost
hi che spesso apparir si veggono nelle tempeste, si chiamano i fuochi di Castore e Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi
hiamano i fuochi di Castore e Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi di S. Elmo o di S. Nicola. I quali, se appariscono t
chi di Castore e Polluce, ed oggidì da’ marinari, fuochi di S. Elmo o di S. Nicola. I quali, se appariscono tutti e due, i
quali, se appariscono tutti e due, indicano buon tempo ; e son segno di vicina tempesta, se ne apparisce un solo. Ma vedi
ne apparisce un solo. Ma vediamo che dicono i poeti dell’estremo fato di questi eroi. Pretendevano essi di sposare Febe ed
he dicono i poeti dell’estremo fato di questi eroi. Pretendevano essi di sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello
ato di questi eroi. Pretendevano essi di sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello di Afareo, re di Messenia, già
retendevano essi di sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello di Afareo, re di Messenia, già promesse spose a’ due
si di sposare Febe ed Elaira, fig. di Licippo, fratello di Afareo, re di Messenia, già promesse spose a’ due principi Ida
re di Messenia, già promesse spose a’ due principi Ida e Linceo, fig. di Afareo. Questo Linceo era celebratissimo per l’ac
fierissimo combattimento presso Afidna, città della Laconia e patria di Febe e di Elaira ; e secondo Teocrito, vicino all
o combattimento presso Afidna, città della Laconia e patria di Febe e di Elaira ; e secondo Teocrito, vicino alla tomba di
e patria di Febe e di Elaira ; e secondo Teocrito, vicino alla tomba di Afareo ; ed in esso, Castore fu morto per man di
o, vicino alla tomba di Afareo ; ed in esso, Castore fu morto per man di Linceo. Polluce vendicò la morte del fratello, uc
eo. Polluce vendicò la morte del fratello, uccidendo Linceo ; e Giove di un fulmine colpì Ida, il quale percosso avea Poll
pregò Giove che lo avesse fatto morire, perchè non volea vivere senza di Castore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di a
on volea vivere senza di Castore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di abitar solo nel cielo, o di dividere l’immortalit
tore ; e che Giove gli lasciò la scelta o di abitar solo nel cielo, o di dividere l’immortalità col fratello in guisa che
zzonte. Nelle medaglie anti che i Dioscuri son rappresentati in forma di due giovani con un berretto o cappello, sul quale
fione (Αμφιων, Amphion) e Zeto (Ζηθος, Zethus) furono gemelli, e fig. di Giove e di Antiope, fig. del fiume Asopo, o di Ni
ων, Amphion) e Zeto (Ζηθος, Zethus) furono gemelli, e fig. di Giove e di Antiope, fig. del fiume Asopo, o di Nitteo, e reg
furono gemelli, e fig. di Giove e di Antiope, fig. del fiume Asopo, o di Nitteo, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfi
g. di Giove e di Antiope, fig. del fiume Asopo, o di Nitteo, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfione fig. di Mercurio
Asopo, o di Nitteo, e regina di Tebe. Non manca chi dice Anfione fig. di Mercurio, dal quale ebbe quella famosa lira che a
nte suonata, che mosse i sassi ad unirsi da se per fabbricare le mura di Tebe (1), alla quale fecero sette porte (Θηβη εν
iede ad allevare ad un pastore del monte Citerone, ove vissero ignari di loro condizione ; ed Anfione divenne celebre per
ne divenne celebre per la musica, e Zeto, per la caccia. Il primo era di mansueto ingegno e di cuore pieghevole alla pietà
la musica, e Zeto, per la caccia. Il primo era di mansueto ingegno e di cuore pieghevole alla pietà ; il secondo, di natu
ra di mansueto ingegno e di cuore pieghevole alla pietà ; il secondo, di natura più salvatica, è chiamato duro e feroce da
ti da un pastore ch’era lor madre, i due fratelli vendicarono i torti di lei, come nell’articolo di Apollo dirassi. A Zeto
madre, i due fratelli vendicarono i torti di lei, come nell’articolo di Apollo dirassi. A Zeto ed Anfione aggiungiamo Arc
rticolo di Apollo dirassi. A Zeto ed Anfione aggiungiamo Arcade, fig. di Giove e di Callisto (Καλλιστω, Callisto), ch’era
Apollo dirassi. A Zeto ed Anfione aggiungiamo Arcade, fig. di Giove e di Callisto (Καλλιστω, Callisto), ch’era una giovane
di Giove e di Callisto (Καλλιστω, Callisto), ch’era una giovane ninfa di Arcadia, fig. del re Licaone, la quale per insign
quale per insigne bellezza e per perizia nella caccia fra le compagne di Diana primeggiava. Da lei ebbe Giove un fig. chia
. chiamato Arcade, che fu nella caccia valentissimo, edificò la città di Trapezunte, og. Trebisonda, e diede il nome all’A
poesia, specialmente pastorale, ed alla musica. Or Callisto, per odio di Giunone, fu cangiata in orsa, la quale più anni e
di Giunone, fu cangiata in orsa, la quale più anni errando pe’ boschi di Arcadia, avvenne che il figliuolo, già di alcuni
più anni errando pe’ boschi di Arcadia, avvenne che il figliuolo, già di alcuni lustri, era vicino a ferirla di saetta, qu
avvenne che il figliuolo, già di alcuni lustri, era vicino a ferirla di saetta, quando Giove e la madre, ed il figliuolo
dendo l’implacabile Giunone, andò tosto da Teti, moglie dell’Oceano e di loro nutrice, dalla quale ottenne che vietato l’a
ll’Oceano e di loro nutrice, dalla quale ottenne che vietato l’avesse di tuffarsi nelle onde. Da ciò è che questa costella
Orsa si appella pure Carro (αμαξα, plaustrum), perchè le sette stelle di questa costellazione verso il polo artico rappres
il polo artico rappresentano un carro, ad Artofilace fu dato il nome di Boote, o guidatore di buoi, essendo che siegue l’
sentano un carro, ad Artofilace fu dato il nome di Boote, o guidatore di buoi, essendo che siegue l’Orsa, come un bifolco
eti(3). Arturo finalmente è una stella nella coda della costellazione di Boote ; ma da’ poeti si prende per l’Orsa stessa.
a. XIX. Eaco-Mirmidoni. Eaco (Αιακος, Aeacus), altro figliuolo di Giove, fu il più giusto principe de’ tempi suoi,
e origine il popolo de’ Mirmidoni, i quali avendo seguito Peleo, fig. di Eaco, che fuggiva dalla patria, si stabilirono ne
a spopolata per una pestilenza mandata da Giunone, Eaco, veduto a piè di una quercia grandissimo stuolo di formiche, pregò
data da Giunone, Eaco, veduto a piè di una quercia grandissimo stuolo di formiche, pregò Giove che gli desse un popolo nel
in uomini. Eran questi i Mirmidoni che seguirono Achille alla guerra di Troia(2). Fu pure cagione di lode per la pietà di
midoni che seguirono Achille alla guerra di Troia(2). Fu pure cagione di lode per la pietà di Eaco una strana siccità, con
Achille alla guerra di Troia(2). Fu pure cagione di lode per la pietà di Eaco una strana siccità, con cui i Numi afflisser
consultato l’oracolo rispose che la siccità sarebbe cessata, se il re di Egina avesse interceduto a pro della Grecia. Eaco
ig. del centauro Chirone, ebbe Peleo e Telamone ; e da Psammate, fig. di Nereo e di Dori, ebbe Foco, il quale, per le sue
tauro Chirone, ebbe Peleo e Telamone ; e da Psammate, fig. di Nereo e di Dori, ebbe Foco, il quale, per le sue virtù, dal
naco, fiume dell’Argolide, che nasce da Artemisio o dal Linceo, monti di Arcadia, e per ciò detta Inachide (Inachis) ; ma
Inachide (Inachis) ; ma Apollodoro la fa figliuola d’Iaso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io era nello scudo di Turno,
figliuola d’Iaso, ed altri, di Pireno. La favola d’Io era nello scudo di Turno, il quale discendeva da Inaco(2). Giove che
che Eschilo dice d’ignota origine (γηγενες) ; ed altri vogliono fig. di Arestore, pronipote di un altro Argo, fig. di Gio
ota origine (γηγενες) ; ed altri vogliono fig. di Arestore, pronipote di un altro Argo, fig. di Giove e di Niobe, diversa
ed altri vogliono fig. di Arestore, pronipote di un altro Argo, fig. di Giove e di Niobe, diversa dalla figliuola di Tant
ogliono fig. di Arestore, pronipote di un altro Argo, fig. di Giove e di Niobe, diversa dalla figliuola di Tantalo. Egli a
e di un altro Argo, fig. di Giove e di Niobe, diversa dalla figliuola di Tantalo. Egli avea il capo ornato di cento occhi,
i Niobe, diversa dalla figliuola di Tantalo. Egli avea il capo ornato di cento occhi, de’ quali due alla volta per dormire
er dormire si chiudevano, mentre gli altri erano aperti alla custodia di quella stranissima vacca. Da Euripide però si chi
però si chiama Panopte (πανοπτης), perchè avea tutto il corpo coperto di occhi. Or Giove comandò a Mercurio che, ucciso Ar
i per tutta la terra, agitata o da uno spettro, ch’era l’ombra stessa di Argo ; o da una furia ; o dall’animaletto che app
ia ; o dall’animaletto che appellasi estro (οιστρον, oestrum), specie di mosca assai molesta agli armenti, la quale colle
a lei prese il nome d’Ionio. Passò quindi nella Scizia per lo stretto di Costantinopoli, che da siffatto avvenimento ebbe
o stretto di Costantinopoli, che da siffatto avvenimento ebbe il nome di Bosforo. Giunse finalmente nell’Egitto per opera
ento ebbe il nome di Bosforo. Giunse finalmente nell’Egitto per opera di Mercurio, e quivi partorì Epafo. Allora Giove res
somigliassero ad Iside e ad Api. Questa Dea si vestiva dagli Egiziani di bianchissimo lino ; e di lino eziandio vestivano
ad Api. Questa Dea si vestiva dagli Egiziani di bianchissimo lino ; e di lino eziandio vestivano i Sacerdoti di lei(1) ; f
ziani di bianchissimo lino ; e di lino eziandio vestivano i Sacerdoti di lei(1) ; forse perchè Iside era stata una regina
ivano i Sacerdoti di lei(1) ; forse perchè Iside era stata una regina di Egitto che mostrò a quel popolo l’uso del lino. I
lino. In quanto ad Epafo, appena nato fu rapito da’ Cureti per ordine di Giunone. Ma, uccisi questi da Giove, Io andò lung
la Regina de’ Biblii, il riportò a regnare in Egitto, ove, per ordine di Giove medesimo, edificò una città famosa, che chi
cui ebbe una figliuola chiamata Libia, la quale, essendo stata regina di gran parte dell’Africa, a questo paese diede il n
stata regina di gran parte dell’Africa, a questo paese diede il nome di Libia. Questo fu quell’Epafo che cagionò la famos
l nome di Libia. Questo fu quell’Epafo che cagionò la famosa sventura di Fetonte, come si dirà nell’articolo di Apollo.
che cagionò la famosa sventura di Fetonte, come si dirà nell’articolo di Apollo. XXI. Dardano-Eolo. I Troiani, come
gnaggio e della lor nazione. Ed invero Dardano, lor primo re, fu fig. di Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran fi
ella lor nazione. Ed invero Dardano, lor primo re, fu fig. di Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole di
, fu fig. di Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole di Atlante e di Pleione. Essa non vedesi comparire f
Giove e di Elettra, una delle Pleiadi, ch’eran figliuole di Atlante e di Pleione. Essa non vedesi comparire fra le sorelle
sorelle, perchè oltre modo dolente delle disavventure de’ discendenti di Dardano, e del miserando fato di Troia, abbandonò
e delle disavventure de’ discendenti di Dardano, e del miserando fato di Troia, abbandonò il suo posto e ritirossi presso
ebbe da Elettra Iasio, o Eezione. Dardano, il quale si vuole oriundo di Cortona ch’era l’antica Corito (Corythus), città
l’origine, uccise il fratello Iasio, essendo nata fra loro per ragion di successione gravissima discordia ; e temendo l’ir
suoi Dei, che si conservò lungo tempo in quelle contrade. Ideo, fig. di Dardano, co’ suoi compagni si stabilì nelle monta
roio o Troe (Τρως, Tros), suo figliuolo, che alla città diede il nome di Troia, e che fu padre d’Ilo, di Assaraco e di Gan
gliuolo, che alla città diede il nome di Troia, e che fu padre d’Ilo, di Assaraco e di Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte,
lla città diede il nome di Troia, e che fu padre d’Ilo, di Assaraco e di Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte, padre di Pria
dre d’Ilo, di Assaraco e di Ganimede. Da Ilo nacque Laomedonte, padre di Priamo, il quale morì sepolto fra le ceneri dell’
trovò i cocchi a quattro cavalli (quadrigae), i quali per altro prima di lui erano in uso presso gli Egiziani. A tempo del
stesso esercita un impero assoluto su i venti ; ma poscia, per opera di Giunone, il diede ad Eolo, e gli concesse di sede
i ; ma poscia, per opera di Giunone, il diede ad Eolo, e gli concesse di sedere alla mensa de’ Numi. Plinio(4) dice che fu
li concesse di sedere alla mensa de’ Numi. Plinio(4) dice che fu fig. di Elleno e che ritrovò la ragione de’venti ; ma da’
ttante figliuole ; e lo chiama caro agli Dei. Egli sedeva sulla vetta di un monte, e collo scettro frenava gli sdegni de’v
etta fuoco con grande splendore ; e quivi, dice Strabone, era la sede di Eolo. A queste isole approdò Ulisse, il quale da
bbe tutt’i venti in un grand’otre legato nella sua nave ad una catena di argento, salvo Zeffiro che spirar dovea a prosper
una catena di argento, salvo Zeffiro che spirar dovea a prospero fine di sua navigazione. Ma i compagni, per sospetto che
isse dormiva, ed i venti scatenati turbarono all’Eroe i dolci disegni di tosto rivedere la cara patria e gli amici(1). Eol
Diodoro Siculo, fig. d’Ippota, approdò con alcuni compagni all’isola di Lipari, ove, sposata la figliuola del vecchio re
gli abitatori delle isole Vulcanie, le quali gettano fuoco, dal fumo di essi prevedevano quali venti per tre giorni doves
avvenne che avendo Eolo il primo osservato i movimenti e le direzioni di quelle fiamme, e predetto qual vento dovesse spir
nti che se loro comandasse, fu stimato Dio de’venti. XXII. Oracolo di Giove Ammone e di Dodona. Celebri nell’antich
mandasse, fu stimato Dio de’venti. XXII. Oracolo di Giove Ammone e di Dodona. Celebri nell’antichità sono l’oracolo
i Giove Ammone e di Dodona. Celebri nell’antichità sono l’oracolo di Giove Ammone, nella Cirenaica, paese della Libia,
oracolo di Giove Ammone, nella Cirenaica, paese della Libia, e quello di Dodona, nell’Epiro ; tanto che negli antichi temp
chi tempi niuna cosa rilevante s’imprendeva senza consultar l’oracolo di Giove Ammone o quello di Dodona(3). E Strabone co
vante s’imprendeva senza consultar l’oracolo di Giove Ammone o quello di Dodona(3). E Strabone conghietturò, il tempio di
iove Ammone o quello di Dodona(3). E Strabone conghietturò, il tempio di Ammone un dì essere stato in mezzo al mare, perch
e da una parola greca (αμμος), che significa sabbia, perchè il tempio di Giove Ammone fu da Bacco fondato negli arenosi de
gò Giove che gli desse un ristoro. Quel nume gli apparve in sembianza di un montone, il quale col piede fece zampillare un
bianza di un montone, il quale col piede fece zampillare una sorgente di fresche acque. Allora Bacco quivi edificò un magn
Allora Bacco quivi edificò un magnifico tempio a Giove sotto il nome di Ammone, o arenario. Altri scrivono che un ariete
le pe’deserti della Libia guidava l’assetato suo esercito ; in premio di che fu quell’animale posto fra’segni celesti ; e
i avessero nella Libia. Il quale sorgeva in mezzo alle infocate arene di que’deserti, sebbene il sacro recinto intorniato
selva ; il che aveasi qual miracolo del nume. Una fontana ricchissima di acque che presso al tempio si divideva in mille r
e che presso al tempio si divideva in mille rigagnoli, era la cagione di quella verdura, cui Properzio aggiunge un freschi
n corna ritorte nascondeva la frente. Altri dicono che avea sembianza di ariete. Lucano afferma che il santuario era di se
ono che avea sembianza di ariete. Lucano afferma che il santuario era di semplice struttura, e povero di oro e di argento 
. Lucano afferma che il santuario era di semplice struttura, e povero di oro e di argento ; ma altri descrivono il simulac
afferma che il santuario era di semplice struttura, e povero di oro e di argento ; ma altri descrivono il simulacro del nu
oro e di argento ; ma altri descrivono il simulacro del nume formato di smeraldi e di altre preziose gemme. In quest’orac
nto ; ma altri descrivono il simulacro del nume formato di smeraldi e di altre preziose gemme. In quest’oracolo le rispost
Celebre nella storia è la spedizione del grande Alessandro al tempio di Giove Ammone(1). Non contento egli del colmo dell
grandezza cui era giunto, si credeva o voleva esser creduto figliuolo di Giove ; e per dar colore a siffatta mensogna, imp
d un bosco amenissimo, in mezzo al quale era quella favolosa fontana, di cui le acque allo spuntar del sole erano tiepide 
 ; e bollivano a mezza notte. Quivi l’eroe Macedone ritrovò il tempio di Giove Ammone, rappresentato sotto la figura di un
done ritrovò il tempio di Giove Ammone, rappresentato sotto la figura di un ariete, che i Sacerdoti portavano su di una na
presentato sotto la figura di un ariete, che i Sacerdoti portavano su di una nave dorata, da’cui fianchi pendevano molte l
portavano su di una nave dorata, da’cui fianchi pendevano molte lazze di argento, con il processional seguito di matrone e
fianchi pendevano molte lazze di argento, con il processional seguito di matrone e di verginelle, che cantavano inconditi
vano molte lazze di argento, con il processional seguito di matrone e di verginelle, che cantavano inconditi carmi per ren
bbe da’ Sacerdoti la risposta che dovea aspettarsi ; essere figliuolo di Giove e meritare divini onori. Plutarco racconta
Giove e meritare divini onori. Plutarco racconta ch’egli, a proposito di ciò, rispose, non doverne fare le maraviglie, per
doverne fare le maraviglie, perchè Giove, il quale per natura è padre di tutti, ama che gli ottimi sien chiamati suoi figl
ti, ama che gli ottimi sien chiamati suoi figliuoli. Vicino al tempio di Giove Ammone ritrovasi il così detto sale ammonia
che ha preso il nome o dalle arene, cui è frammischiato, o dal tempio di Ammone, presso al quale si raccoglieva(1). Dodona
così detta o dalla ninfa Dodona, fig. dell’ Oceano, o da Dodona, fig. di Giove e di Europa. Quivi era il famoso oracolo di
o dalla ninfa Dodona, fig. dell’ Oceano, o da Dodona, fig. di Giove e di Europa. Quivi era il famoso oracolo di Giove Dodo
, o da Dodona, fig. di Giove e di Europa. Quivi era il famoso oracolo di Giove Dodoneo, il più antico di quanti ne avesse
i Europa. Quivi era il famoso oracolo di Giove Dodoneo, il più antico di quanti ne avesse la Grecia, e che per molto tempo
he ne fu la prima sacerdotessa. Omero chiama Selli o Elli i Sacerdoti di quest’oracolo, che menavano vita austerissima. Or
he menavano vita austerissima. Or in quella città era una selva tutta di querce consacrate a Giove, le quali con umana voc
(4) dicono, che in quella selva dava gli oracoli una colomba dal ramo di una sacra quercia ; la quale finzione nacque da c
di una sacra quercia ; la quale finzione nacque da che nel linguaggio di quel paese sì le colombe, e sì le indovine aveano
nguaggio di quel paese sì le colombe, e sì le indovine aveano il nome di Peliadi. Altri finalmente dicono che a Dodona dav
Dodona davano gli oracoli due colombe, delle quali una volò al tempio di Apollo in Delfo ; e l’altra, a quello di Giove Am
lle quali una volò al tempio di Apollo in Delfo ; e l’altra, a quello di Giove Ammone. Un uomo importunamente loquace per
quace per modo proverbiale chiamavasi aes Dodonaeum, perchè l’oracolo di Giove Dodoneo era tutto circondato di certi vasi
aes Dodonaeum, perchè l’oracolo di Giove Dodoneo era tutto circondato di certi vasi di bronzo che si toccavano l’un l’altr
perchè l’oracolo di Giove Dodoneo era tutto circondato di certi vasi di bronzo che si toccavano l’un l’altro, sì che, per
va per ben lungo tempo. Ulisse andò a Dodona per conoscere la volontà di Giove, che dava oracoli dalla sua altissima querc
utrintò, co’più scelti compagni andò egli pure a consultare l’oracolo di Giove a Dodona. XXIII. Giuochi Olimpici. I
l’oracolo di Giove a Dodona. XXIII. Giuochi Olimpici. In onore di Giove Olimpico si celebravano i giuochi detti Oli
no da Luciano i grandi giuochi Olimpici (Ολυμπια μεγαλα) a differenza di altri meno considerevoli, che si celebravano in a
come in Dio, luogo della Macedonia, in Atene, a Smirne ec. ma quelli di Olimpia erano i grandi giuochi, a’quali si concor
iria, dalla Cirenaica e da più altri paesi. Ed era tanto lo splendore di que’giuochi, che Pindaro(2) ebbe a dire che sicco
dire che siccome l’acqua supera tutti gli elementi, e l’oro è da più di qualsivoglia preziosa cosa, così l’Olimpico certa
mente primeggia. Questi giuochi si vogliono istituiti da Ercole, fig. di Giove, e di Alcmena, il quale vi combattè il prim
gia. Questi giuochi si vogliono istituiti da Ercole, fig. di Giove, e di Alcmena, il quale vi combattè il primo con Acareo
o ogni grande e nobile impresa ; ma Strabone ne vuole autori i popoli di Etolia, i quali edificarono Olimpia e celebrarono
ma Olimpiade. Altri dicono che l’istituì Atreo per onorare i funerali di Pelope, suo padre. A tempo della guerra di Troia
reo per onorare i funerali di Pelope, suo padre. A tempo della guerra di Troia i giuochi olimpici o non vi erano, o aveano
ero non ne fa motto ne’suoi poemi. A tempo poi d’Ifito, contemporaneo di Licurgo, cioè 23 anni circa avanti la fondazione
to, contemporaneo di Licurgo, cioè 23 anni circa avanti la fondazione di Roma, e 776 prima di G. C. erano quasi dimenticat
Licurgo, cioè 23 anni circa avanti la fondazione di Roma, e 776 prima di G. C. erano quasi dimenticati, o almeno assai rar
ti, o almeno assai rari ; ed egli fu che li richiamò a nuova vita più di quattro secoli dopo la guerra di Troia. Da quest
fu che li richiamò a nuova vita più di quattro secoli dopo la guerra di Troia. Da quest epoca si contano le Olimpiadi, ch
di Troia. Da quest epoca si contano le Olimpiadi, che sono lo spazio di cinque anni, o meglio, di quattro anni compiuti,
si contano le Olimpiadi, che sono lo spazio di cinque anni, o meglio, di quattro anni compiuti, trascorsi i quali doveansi
a Olimpiade. Da questo tempo nella storia greca si legge qualche cosa di certo, giacchè i fatti che precedono il periodo d
olimpiade ; e lo storico, dalla prima olimpiade sino a noi. La città di Olimpia era illustre per l’oracolo di Giove Olimp
olimpiade sino a noi. La città di Olimpia era illustre per l’oracolo di Giove Olimpico, e per un magnifico tempio di ques
a illustre per l’oracolo di Giove Olimpico, e per un magnifico tempio di questo Nume, ricco de’ doni della Grecia, ove gra
questo Nume, ricco de’ doni della Grecia, ove grandeggiava la statua di Giove Olimpico, di avorio e di oro, capolavoro di
de’ doni della Grecia, ove grandeggiava la statua di Giove Olimpico, di avorio e di oro, capolavoro di Fidia e che Plinio
lla Grecia, ove grandeggiava la statua di Giove Olimpico, di avorio e di oro, capolavoro di Fidia e che Plinio chiama supe
ndeggiava la statua di Giove Olimpico, di avorio e di oro, capolavoro di Fidia e che Plinio chiama superiore ad ogni imita
lavoro di Fidia e che Plinio chiama superiore ad ogni imitazione. Era di tanta grandezza, che parve essersi peccato contro
overe delle sopraceiglia fa tremare l’olimpo. Nelle vicinanze adunque di questo tempio ed alla riva dell’Alfeo si celebrav
e’quali il fiore della greca gioventù si esercitava in cinque maniere di pubblici cimenti, ch’erano la lotta, il disco, il
ombattere, dava il suo nome dieci mesi prima, e nel pubblico ginnasio di Elide occupavasi in esercizii preparatori i. L’or
mbattenti era regolato dalla sorte, mettendosi delle palle in un’urna di argento. Qualche volta anche gli esercizii d’inge
anche gli esercizii d’ingegno ebbero luogo ne’giuochi olimpici, come di eloquenza, di poesia e simili. Isocrate vi recitò
rcizii d’ingegno ebbero luogo ne’giuochi olimpici, come di eloquenza, di poesia e simili. Isocrate vi recitò il suo panegi
enza, di poesia e simili. Isocrate vi recitò il suo panegirico, opera di dieci anni ; e Pindaro ebbe il dispiacere di vede
il suo panegirico, opera di dieci anni ; e Pindaro ebbe il dispiacere di vedervi i versi di Corinna preferiti a’suoi. Si s
opera di dieci anni ; e Pindaro ebbe il dispiacere di vedervi i versi di Corinna preferiti a’suoi. Si sa che Tucidide, fan
storia. Il vincitore dei giuochi olimpici avea per premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte di alloro, la qua
vincitore dei giuochi olimpici avea per premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte di alloro, la quale bastava
limpici avea per premio una corona di appio o di ulivo, ed alle volte di alloro, la quale bastava ad infondere ne’combatte
alloro, la quale bastava ad infondere ne’combattenti un nobile amore di gloria. Ma, oltre a ciò, la lode de’vincitori era
ra grandissima ed immortale ; si ergevano loro delle statue nel bosco di Giove, in Olimpia, e ritornando alla patria, vi e
i sopra cocchi a qualtro cavalli, ed ogni nazione a gara li ricolmava di privilegii. XXIV. Giore Capitolino, suo tempio
privilegii. XXIV. Giore Capitolino, suo tempio, e giuochi in onore di Giove e di Giunone. Al tempio di Giove Olimpi
XXIV. Giore Capitolino, suo tempio, e giuochi in onore di Giove e di Giunone. Al tempio di Giove Olimpico, nella G
, suo tempio, e giuochi in onore di Giove e di Giunone. Al tempio di Giove Olimpico, nella Grecia, soggiungiamo quello
e. Al tempio di Giove Olimpico, nella Grecia, soggiungiamo quello di Giove Capitolino che a Roma n’emulò la magnificen
i il custode ed il conservatore dell’impero. E però teneva lo scettro di oro o di avorio, ed avea il tempio nel luogo più
ode ed il conservatore dell’impero. E però teneva lo scettro di oro o di avorio, ed avea il tempio nel luogo più elevato d
nel luogo più elevato del Campidoglio, per significare la maggioranza di lui sopra gli altri Dei(1). Teneva la destra arma
la maggioranza di lui sopra gli altri Dei(1). Teneva la destra armata di un fulmine di oro, e di oro eziandio la barba ; d
di lui sopra gli altri Dei(1). Teneva la destra armata di un fulmine di oro, e di oro eziandio la barba ; donde la ridevo
pra gli altri Dei(1). Teneva la destra armata di un fulmine di oro, e di oro eziandio la barba ; donde la ridevole follia
fulmine di oro, e di oro eziandio la barba ; donde la ridevole follia di Caligola, che per imitare Giove portava il fulmin
lica arrivò ad una magnificenza degna del nome romano(2). L’aia n’era di otto iugeri, e ciase un lato era lungo circa duge
scaglioni, che ne rendevano più maestoso il prospetto. Le porte eran di bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il si
devano più maestoso il prospetto. Le porte eran di bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il simulacro di Giove su di
orte eran di bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il simulacro di Giove su di un cocchio dorato. Ma, distrulta Cart
bronzo, ed i vasi, di argento ; ed in alto, il simulacro di Giove su di un cocchio dorato. Ma, distrulta Cartagine, se ne
dorò riccamente la soffitta, e le tegole ; e le porte furon ricoperte di lamine di oro, oltre e candelieri e statue e coro
mente la soffitta, e le tegole ; e le porte furon ricoperte di lamine di oro, oltre e candelieri e statue e corone tutte d
icoperte di lamine di oro, oltre e candelieri e statue e corone tutte di oro, ed altri splendidi doni senza numero. Fra le
e di oro, ed altri splendidi doni senza numero. Fra le più rare opere di scoltura vi era il cane che lambisce la propria f
ria ferita, l’Ercole Capitolino, l’Apollo colossale, e l’aurea statua di Giove, la cui destra vibra il fulmine a tre punte
ultima, da Domiziano, il quale fece venir dalla Grecia quelle colonne di pietra pentelica, che tuttavia si ammirano nella
le colonne di pietra pentelica, che tuttavia si ammirano nella chiesa di Aracoeli. Ed in questo tempio l’antica Roma vide
iano istituire il certame Capitolino, in cui gareggiavano e suonatori di cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il pre
o e suonatori di cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il premio di una corona e di un ramo ornato di nastri(2). E gi
cetra, e poeti ed istrioni, i quali aveano il premio di una corona e di un ramo ornato di nastri(2). E giunsero questi gi
istrioni, i quali aveano il premio di una corona e di un ramo ornato di nastri(2). E giunsero questi giuochi a tanta rino
giuochi Capitolini computavano gli anni. Rimase poi a Roma il costume di coronarsi solennemente i poeti ed i retori dagli
erano in tanto onore nell’Italia e nella Germania. XXV. Iconologia di Giove. Giove si rappresentava sotto sembianza
XXV. Iconologia di Giove. Giove si rappresentava sotto sembianza di un vecchio venerando, con lunga barba ed il capo
mbianza di un vecchio venerando, con lunga barba ed il capo corona to di alloro o di ulivo, talvolta velato o cinto di pic
n vecchio venerando, con lunga barba ed il capo corona to di alloro o di ulivo, talvolta velato o cinto di piccola benda ;
ba ed il capo corona to di alloro o di ulivo, talvolta velato o cinto di piccola benda ; è seduto su trono di avorio, coll
i ulivo, talvolta velato o cinto di piccola benda ; è seduto su trono di avorio, collo scettro nella sinistra, nella destr
di, un’aquila. Alle volte per iscettro gli si dava il fulmine ; e non di rado vedesi in atto di fulminare i giganti che ti
te per iscettro gli si dava il fulmine ; e non di rado vedesi in atto di fulminare i giganti che tiene sotto i piedi. Il G
giganti che tiene sotto i piedi. Il Giove Pluvio si figurava a guisa di vecchio con capelli e barba lunga, e con le bracc
capelli e barba lunga, e con le braccia aperte e spenzolate, in atto di versare copiosa pioggia. In un intonaco Pompeiano
iosa pioggia. In un intonaco Pompeiano vi è Giove barbato, con corona di quercia ed adagiato sulle nuvole che addensa col
che, come quella del leone, gli scende giù dal capo. Il Winckelmann è di parere che il capo di Giove abbia sempre gli stes
eone, gli scende giù dal capo. Il Winckelmann è di parere che il capo di Giove abbia sempre gli stessi caratteri che dagli
nticamente adorato. Si vede pure Giove Serapide con la testa fregiata di raggi. In una medaglia di Alessandria vi è Giove
e pure Giove Serapide con la testa fregiata di raggi. In una medaglia di Alessandria vi è Giove Serapide col modio circond
a’sette pianeti e dallo zodiaco. In una corniola del gabinetto del Re di Francia, l’Olimpo è indicato da un Giove, che sie
attro cavalli, nella destra tenendo uno scettro, la cui cima è ornata di un fiore, e con la sinistra scagliando i fulmini
iganti. É certamente difficilissimo l’immaginar cavalli in attitudine di maggiore vivacità e fierezza, di caratterizzare G
mo l’immaginar cavalli in attitudine di maggiore vivacità e fierezza, di caratterizzare Giove con espressione più degna di
ivacità e fierezza, di caratterizzare Giove con espressione più degna di lui e di formare i giganti con più terribile aspe
fierezza, di caratterizzare Giove con espressione più degna di lui e di formare i giganti con più terribile aspetto, ment
n le loro maestose facce minacciano il supremo Nume, che vibra contro di loro ì fulmini ». In una statua di Giove in terra
il supremo Nume, che vibra contro di loro ì fulmini ». In una statua di Giove in terra cotta rinvenuta in un tempio di Po
lmini ». In una statua di Giove in terra cotta rinvenuta in un tempio di Pompei, quel Nume si vede con corona di quercia,
cotta rinvenuta in un tempio di Pompei, quel Nume si vede con corona di quercia, che gli circonda le chiome cadenti. Giov
circonda le chiome cadenti. Giove Dodoneo avea il capo inghirlandato di quercia, albero a lui sacro. Giove Ammone dipinge
quali sono cocentissimi nella Libia. Ebe si dipinge col capo coronato di fiori, e con una coppa d’oro in una mano, come qu
in una mano, come quella che versava il nettare agli Dei ; e pasceva di ambrosia l’aquila di Giove. Castore e Polluce poi
ella che versava il nettare agli Dei ; e pasceva di ambrosia l’aquila di Giove. Castore e Polluce poi si disegnavano dagli
ve. Castore e Polluce poi si disegnavano dagli Spartani con due pezzi di legno paralleli insieme uniti a due traversi pur
ani con due pezzi di legno paralleli insieme uniti a due traversi pur di legno ; e questa primitiva configurazione si ravv
diaco son figurati i Gemini o Gemelli(1). XXVI. Principali epiteti di Giove. Iupiter Aegiochus, Αιγιοχος, Giove Eg
ti di Giove. Iupiter Aegiochus, Αιγιοχος, Giove Egioco ; epiteto di Giove assai frequente in Omero, Esiodo ec. così d
, capra, ed οχη, alimento, perchè Giove fu nudrito in Creta col latte di una capra ; o perchè porta l’egida. Iupiter Anxu
a capra ; o perchè porta l’egida. Iupiter Anxurus si chiama in forma di giovinetto imberbe. Così veneravasi particolarmen
giovinetto imberbe. Così veneravasi particolarmente nell’antica città di Terracina, detta Anxur. Da Giovenale si appella I
giorno stesso chiamavasi Giove(2). Iupiter Dictaeus, da Ditte, monte di Creta, ch’ebbe un tal nome dalla ninfa Ditte, che
ch’ebbe un tal nome dalla ninfa Ditte, che vi si adorava. In un antro di quel monte fu nudrito Giove(3). Iupiter Elicius,
rano o dedicavano le spoglie opime, cioè quel bottino che il generale di un esercito riportava sul re o capitano dell’eser
la pace, quod pacem ferre putaretur. Romolo riportò le spoglie opime di Acrone, re de’ Ceninesi ; e dedicatele a Giove Fe
i Acrone, re de’ Ceninesi ; e dedicatele a Giove Feretrio, edificò in di lui onore il primo tempio a Roma(5). Iupiter Ful
ter Idaeus, così detto o da Ida, monte della Frigia ; o da Ida, monte di Creta, ov’era la culla e la tomba di quel nume.
e della Frigia ; o da Ida, monte di Creta, ov’era la culla e la tomba di quel nume. Iupiter Lapis, detto dalla pietra che
costume era il giurare per Iovem Lapidem. Iupiter Latialis. In onore di lui si celebravano sul monte Albano le ferie lati
ali duravano quattro giorni, e vi assistevano i consoli co’magistrati di 47 popoli del Lazio, de’quali i principali, dopo
, gli Ernici ed i Volsci. Iupiter Olympius, così detto o dalla città di Olimpia, ov’era il famoso suo tempio ; o dal mont
che diceasi Olimpo. Nei conviti il primo bicchiere si bevea in onore di Giove Olimpico(2). Ζευς ορκιος, da ορκος, giurame
omini giurare. Nel luogo ove gli Elei tenean senato, era un simulacro di Giove che nelle mani avea i fulmini, pronto a pun
, o perchè era a dorato in ogni ling uaggio, o perchè ascolta le voci di tutti. Iupiter Pater ; epiteto principale di Gio
perchè ascolta le voci di tutti. Iupiter Pater ; epiteto principale di Giove spesso chiamato da’poeti padre degli uomini
amente davanti a’ Sabini, a sistendo (2). XXVII. Alcune altre cose di Giove. L’albero consacrato a Giove era la que
(3). Si sa che Giove richiamò gli antichissimi uomini dal ferino cibo di carne umana a quello più mite delle ghiande, di c
omini dal ferino cibo di carne umana a quello più mite delle ghiande, di cui si cibavano prima che s’introducesse l’uso de
oce iuglans, noce, è quasi Iovis glans, perchè quest’albero dà frutti di miglior sapore che la ghianda. A Giove si sacrifi
ri dicono che se gli poteva sacrificare(4). Tra i pianeti vi è quello di Giove, di cui la luce dagli Astrologi si reputa b
che se gli poteva sacrificare(4). Tra i pianeti vi è quello di Giove, di cui la luce dagli Astrologi si reputa benigna e p
i reputa benigna e prospera al genere umano, a differenza del pianeta di Marte che l’ha terribile e sanguigna(5). Omero(6)
neta di Marte che l’ha terribile e sanguigna(5). Omero(6) fa menzione di Ate (Ατη, noxa), la quale fa cadere gli uomini ne
a), la quale fa cadere gli uomini negli errori, ed è per loro cagione di sventure ; e la chiama veneranda figliuola di Gio
, ed è per loro cagione di sventure ; e la chiama veneranda figliuola di Giove, ìl quale adirato per aver dato mano ad un
avata dalla soverchia moltitudine de’malvagi pregò Giove a sollevarla di sì molesto peso ; e che per ciò quel Nume mandò p
la di sì molesto peso ; e che per ciò quel Nume mandò prima la guerra di Tebe, e poi quella di Troia. Percui le guerre più
; e che per ciò quel Nume mandò prima la guerra di Tebe, e poi quella di Troia. Percui le guerre più che i fulmini e le in
ove è l’anima del mondo ; e però i poeti dicevano che tutto era pieno di Giove, e che tutto dee cominciare da Giove. Omero
tto era pieno di Giove, e che tutto dee cominciare da Giove. Omero(3) di passaggio dice che le timide colombe recano l’amb
le timide colombe recano l’ambrosia a Giove. Giunone I. Nomi di questa Dea e lor ragione. Cicerone(4) crede c
. Cicerone(4) crede che il nome Iuno venga a iuvando, come quello di Giove ; e riferisce che, secondo gli Stoici, Giun
ne era l’aere posto in mezzo alla terra ed al cielo. E diceasi moglie di Giove, perchè l’aere, o sia Giunone, ha molta som
i affermano che Ηρα sia detta quasi αηρ, per metatesi, o trasposizion di lettere. II. Storia favolosa di Giunone. G
αηρ, per metatesi, o trasposizion di lettere. II. Storia favolosa di Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e di Cibe
on di lettere. II. Storia favolosa di Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e di Cibele. Samo era il suo soggiorno gr
. II. Storia favolosa di Giunone. Giunone fu fig. di Saturno e di Cibele. Samo era il suo soggiorno gradito, perchè
abbia avuto il suo natale, vicino al fiume Imbraso e sotto una pianta di vetrice(1). Nella sua fanciullezza fu educata da
bea, Prosinna ed Ascrea, fig. del fiume Asterione ; o da Temeno, fig. di Pelasgo, che abitava nella città di Stinfalo. Ome
ume Asterione ; o da Temeno, fig. di Pelasgo, che abitava nella città di Stinfalo. Omero(2) però fa dire a Giunone che qua
ntata e restaurata dall’acqua. Alcuni però affermano che l’educazione di Giunone fu affidata alle Ore. La Dea adunque ebbe
lare ; e si vuole che il pavone, uccello caro a Giunone, nato a Samo, di là si fosse propagato in altri luoghi ; e che per
se propagato in altri luoghi ; e che perciò fosse consacrato alla Dea di Samo(3) ; ed i pavoni di quell’isola sono in gran
ghi ; e che perciò fosse consacrato alla Dea di Samo(3) ; ed i pavoni di quell’isola sono in gran pregio. Omero racconta l
i pavoni di quell’isola sono in gran pregio. Omero racconta la favola di Argo, ma non fa motto della trasformazione di lui
mero racconta la favola di Argo, ma non fa motto della trasformazione di lui in pavone. Mosco, e dopo lui Ovidio, favolegg
ulacro ; e niuna cosa era più rispettata nella Grecia che i Sacerdoti di Giunone in Argo. Secondo Virgilio(5) Giunone alla
o le sue armi ed il cocchio, tanto che meditava farla donna e signora di tutte le altre città. I Cartaginesi la veneravano
era un suo antico tempio ed una statua che la rappresentava in abito di novella sposa. Queste nozze celebraronsi con sole
abito di novella sposa. Queste nozze celebraronsi con solennità degna di siffatti numi : e Mercurio ebbe da Giove l’incari
ed uomini ed animali. La ninfa Chelone con inudita temerità beffossi di tal matrimonio, e fu sola a non intervenirvi. All
che chelone (Χελωνη) in greco vuol dire testuggine. III. Carattere di Giunone. Emo e Rodope. Gerane. Antigone. Giun
la Dea de’ regni e delle ricchezze, percui spesso salutasi col titolo di Regina(1). I poeti la dipingono oltremodo superba
. I poeti la dipingono oltremodo superba e pertinace nel suo sdegno ; di che nelle favole sono non pochi esempi. L’Emo ed
i si favoleggia ch’erano in quella regione un fratello ed una sorella di tal nome, i quali sì forte si amavano, che, per u
rella di tal nome, i quali sì forte si amavano, che, per un tal vezzo di stolta superbia, chiamavansi, Emo col nome di Gio
, che, per un tal vezzo di stolta superbia, chiamavansi, Emo col nome di Giove, e Rodope, con quello di Giunone. Per la qu
ta superbia, chiamavansi, Emo col nome di Giove, e Rodope, con quello di Giunone. Per la qual follia questa Dea li cangiò
altissimi, che serbano ancora que’nomi(2). Fu pure bersaglio all’ira di Giunone l’infelice Oenoe, o Gerane(3), regina de’
Oenoe, o Gerane(3), regina de’Pigmei, la quale in bellezza vantandosi di vincere le stesse Dee, fu da Giunone trasformata
battimento. Il Troiano esercito, dice Omero(4), marciava Come stormo di augei, forte gridando E schiamazzando, col romor
Monti. Gameron crede che Pigmeo (a πυγμη, pugnus), significhi uomo di braccio forte, e che poscia male a proposito l’ab
che poscia male a proposito l’abbiano trasportato a denotare un uomo di bassa statura. Iaquelot vuole che la favola de’Pi
nata dal costume degli Etiopi, i quali metter soleano piccoli uomini di paglia, o Pigmei, ne’loro campi, per ispaventare
via il grano seminato. Ma secondo Mad. Dacier, i Pigmei erano popoli di Etiopia di sì bassa statura, che i Greci li chiam
no seminato. Ma secondo Mad. Dacier, i Pigmei erano popoli di Etiopia di sì bassa statura, che i Greci li chiamarono Pigme
sì bassa statura, che i Greci li chiamarono Pigmei, cioè dell’altezza di un cubito. E come le grù di verno abbandonano le
i li chiamarono Pigmei, cioè dell’altezza di un cubito. E come le grù di verno abbandonano le regioni settentrionali per a
Omero finse la guerra de’ Pigmei colle grù. Finalmente Antigone, fig. di Laomedonte, re di Troia, per la sua bellissima ch
rra de’ Pigmei colle grù. Finalmente Antigone, fig. di Laomedonte, re di Troia, per la sua bellissima chioma osò agguaglia
e che per compassione degli Dei fu trasformata in cicogna ch’è nemica di questi rettili. E Cinira, re di Cipro, ebbe delle
fu trasformata in cicogna ch’è nemica di questi rettili. E Cinira, re di Cipro, ebbe delle figliuole, le quali, perchè ard
angiate ne’marmorei gradini, del suo tempio(1). Ma più conto è l’odio di questa Dea contro i Troiani per l’oltraggio recat
tentò ogni mezzo per vederne l’estrema rovina, tanto che non finì mai di perseguitare il pio Enea, miserabile avanzo di Tr
tanto che non finì mai di perseguitare il pio Enea, miserabile avanzo di Troia, sino a porre fra le due eterne rivali Roma
bile che la loro ostinata lotta non finì che colla totale distruzione di quest’ultima. E poichè il pertinace sdegno della
toccò sì al vivo l’animo altero della Dea, e che fu la fatale cagione di tanti famosi avvenimenti. IV. Cagioni del fata
e cagione di tanti famosi avvenimenti. IV. Cagioni del fatale odio di Giunone contra i Troiani. Laomedonte e Priamo.
in quell’anno sarebbe nato nel suo regno, se gli avessero circondata di mura la città di Troia, o la sola cittadella dett
rebbe nato nel suo regno, se gli avessero circondata di mura la città di Troia, o la sola cittadella detta Pergamo. Finita
ro re mancò alla giurata promessa ; percui Nettuno inondò la campagna di Troia, ed Apollo mandò micidiale pestilenza. Omer
ta che Giove sdegnato con Nettuno ed Apollo che avea seguito le parti di Giunone contra di lui, li avea condannati a servi
ato con Nettuno ed Apollo che avea seguito le parti di Giunone contra di lui, li avea condannati a servir Laomedonte nel f
di lui, li avea condannati a servir Laomedonte nel fabbricar le mura di Troia ; e Pindaro(2) aggiunge che sapendo que’ Nu
ad essere divorata da una balena. Dopo alcuni anni cadde la sorte su di Esione, fig. di Laomedonte, la quale legata ad un
ata da una balena. Dopo alcuni anni cadde la sorte su di Esione, fig. di Laomedonte, la quale legata ad uno scoglio aspett
na ventura la regale donzella fu liberata da Ercole, e Telamone, fig. di Eaco, che ritornavano dalla spedizione contro le
tornavano dalla spedizione contro le Amazzoni. Il padre avea promesso di dar loro, oltre la figliuola, alcuni cavalli ch’e
ni e de’ loro posteri, tanto che Virgilio(1) afferma che lo spergiuro di Laomedonte era la cagione delle civili discordie
che lo spergiuro di Laomedonte era la cagione delle civili discordie di Roma. Ercole offeso assedia Troia, uccide Laomedo
mone, che primo era entrato nella città. Ad Esione fu data la facoltà di liberare un prigioniere, ed ella scelse Podarcete
suo piccolo fratello, e per prezzo del riscatto diede un serto d’oro, di cui avea il capo inghirlandato ; percui fu il gio
Priamo (a πριαμαι, redimere). Ercole al giovane Priamo diede il regno di Troia, e Telamone portò a Salamina Esione, dalla
to Teucro(2). Priamo dopo Arisba, sua prima moglie, sposò Ecuba, fig. di Dimante, re di Tracia, da cui ebbe molti figliuol
riamo dopo Arisba, sua prima moglie, sposò Ecuba, fig. di Dimante, re di Tracia, da cui ebbe molti figliuoli, de’ quali i
ne conta sino a 90, Igino 54, ed altri 17. V. Continuazione. Sogno di Ecuba. Paride ed Elena. Or Ecuba, essendo gra
zione. Sogno di Ecuba. Paride ed Elena. Or Ecuba, essendo gravida di Paride, sognò di partorire una fiaccola, che tutt
cuba. Paride ed Elena. Or Ecuba, essendo gravida di Paride, sognò di partorire una fiaccola, che tutta quanta incendia
ta la sua Corte nella più grande costernazione ; si corre all’oracolo di Apollo, e vien risposto che sarebbe nato un fanci
uel parto, che dovea essere un giorno l’infelice cagione della rovina di Troia. Priamo pieno di affanno comanda che appena
sere un giorno l’infelice cagione della rovina di Troia. Priamo pieno di affanno comanda che appena nato il fatale fanciul
alcuni pastori, l’educarono come loro figliuolo, e gli posero il nome di Paride o Alessandro. Il quale cresciuto in età ed
ralmente giustissimo nel dirimere le controversie, venne in gran fama di equità in tutto il paese ; ma una famosa lite fec
ine del giudicare. Assai celebrate presso gli antichi furono le nozze di Peleo, a cui, benchè mortale, dice Omero, gli Dei
tti avranno cara la lingua del Lazio. Peleo adunque, e Telamone, fig. di Eaco, fuggendo dalla patria Egina per avere uccis
n Teti, sarebbe nato un figliuolo maggiore del padre. Perciò si tenne di sposarla, temendo che un tal figliuolo l’avesse a
ritto : Pulchriori detur  : diasi alla più bella. Fu questo il segno di fiera contesa fra le tre Dee Giunone, Pallade e V
non volendo seder giudice fra la moglie e due figliuole, impose loro di rimettersi al giudizio del pastorello Paride. Le
ricco e potente reame, se a lei aggiudicato avesse il pomo ; Minerva, di dargli doviziosi tesori di sapienza ; e Venere, d
lei aggiudicato avesse il pomo ; Minerva, di dargli doviziosi tesori di sapienza ; e Venere, di farlo sposo di bellissima
il pomo ; Minerva, di dargli doviziosi tesori di sapienza ; e Venere, di farlo sposo di bellissima fanciulla. Paride sente
va, di dargli doviziosi tesori di sapienza ; e Venere, di farlo sposo di bellissima fanciulla. Paride sentenziò a favore d
re, di farlo sposo di bellissima fanciulla. Paride sentenziò a favore di questa Dea ; e d’allora in poi Minerva e più la n
pomo è mio . Or dopo qualche tempo fu Paride conosciuto per figliuolo di Priamo e però accolto nella reggia. Poco dopo, al
ò accolto nella reggia. Poco dopo, allestita una flotta, sotto specie di legazione, fu da Priamo mandato nella Grecia in c
con grandissima cortesia fu accolto nella sua reggia da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re d
sima cortesia fu accolto nella sua reggia da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re di Sparta, i
olto nella sua reggia da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re di Sparta, il quale avea per mog
a da Menelao, fig. di Atreo e di Europa, fratello di Agamennone, e re di Sparta, il quale avea per moglie Elena, fig. di G
o di Agamennone, e re di Sparta, il quale avea per moglie Elena, fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce,
none, e re di Sparta, il quale avea per moglie Elena, fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale er
a, il quale avea per moglie Elena, fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale era di straordinaria
fig. di Giove e di Leda, e sorella di Castore e Polluce, la quale era di straordinaria bellezza. Or Menelao andò per suoi
fu che Paride, mancando alle sante leggi dell’ospitalità, col favore di Venere rapì Elena, e seco la condusse a Troia, o
erevoli mali. Il vecchio Eumeo appresso Omero(1), vinto dal desiderio di rivedere Ulisse, si rivolge sdegnoso ad Elena che
e perdizione. Ed in Ovidio(2) Penelope lagnandosi della lunga assenza di Ulisse, desidera che dalle insane onde del mare f
osse stata coperta quella nave che portò a Sparta il fatale figliuolo di Priamo, cagione di tanti mali ; ed Enone : oh ! D
quella nave che portò a Sparta il fatale figliuolo di Priamo, cagione di tanti mali ; ed Enone : oh ! Dei, esclama, sommer
Enone : oh ! Dei, esclama, sommergete, vi prego, la malaugurosa nave di Paride. Ahi ! di quanto sangue Troiano viene essa
, esclama, sommergete, vi prego, la malaugurosa nave di Paride. Ahi ! di quanto sangue Troiano viene essa ricolma ! Partì
ga guerra ed infinito pianto alla patria, chè il seguirono cento navi di Greci Eroi, a vendicare l’oltraggiato onore di Me
l seguirono cento navi di Greci Eroi, a vendicare l’oltraggiato onore di Menelao, i quali fermato aveano in lor cuore di n
e l’oltraggiato onore di Menelao, i quali fermato aveano in lor cuore di non ritornare, se non se distrutta Troia(3). Allo
armi ripeterà la Grecia congiurata a distruggere la spergiura reggia di Priamo. Ahi ! di quanto sudore grondano e cavalli
Grecia congiurata a distruggere la spergiura reggia di Priamo. Ahi ! di quanto sudore grondano e cavalli e cavalieri ! e
egni guerrieri(1). Ed il vaticinio fu vero sì che l’ostinata vendetta di Giunone rimase pienamente appagata. Dopo un assed
inata vendetta di Giunone rimase pienamente appagata. Dopo un assedio di ben dieci anni, dopo tanti avvenimenti famosi, ca
dopo tanti avvenimenti famosi, cadde ridotta in cenere la sacra città di Troia, tomba fatale di Asia e di Europa, e che di
famosi, cadde ridotta in cenere la sacra città di Troia, tomba fatale di Asia e di Europa, e che distrusse il fior degli E
dde ridotta in cenere la sacra città di Troia, tomba fatale di Asia e di Europa, e che distrusse il fior degli Eroi e tant
poeti, Giunone depose alla fine il suo sdegno contra l’invisa stirpe di Priamo. Al dir di Orazio(3), morto Romolo, nel ce
pose alla fine il suo sdegno contra l’invisa stirpe di Priamo. Al dir di Orazio(3), morto Romolo, nel celestial consiglio,
Al dir di Orazio(3), morto Romolo, nel celestial consiglio, in grazia di Marte, Giunone consentì che questo suo nipote fos
consentì che questo suo nipote fosse annoverato fra gli Dei, contenta di aver veduta Troia distrutta, e che Roma distendes
ta la terra, purchè però fra Troia e Roma fosse frapposto gran tratto di procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e di Pa
e Roma fosse frapposto gran tratto di procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e di Paride insultassero gli armenti. Virg
frapposto gran tratto di procelloso mare, ed al sepolcro di Priamo e di Paride insultassero gli armenti. Virgilio(4) al c
carattere capriccioso ed importuno orgoglio muoveva spesso la collera di Giove, col quale non era mai d’accordo, e garriva
ndecoroso. Avvedutosi una volta Giove, dice Omero(5), degli artifizii di Giunone, pe’ quali i Greci mettevano in rotta i T
immenso vôto Tu pendola ondeggiavi, e per l’eccelso Olimpo ne fremean di rabbia i Numi, Ma sciorti non potean. Monti. Dic
Ma sciorti non potean. Monti. Dicono che Vulcano, volendosi vendicar di Giunone, le regalò un trono di oro, sul quale app
Dicono che Vulcano, volendosi vendicar di Giunone, le regalò un trono di oro, sul quale appena assisa, vi restò legata. Ba
rò per indurre Vulcano a sciorre la povera Giunone. A Sparta un’opera di scoltura rappresentava Vulcano in atto di sciogli
Giunone. A Sparta un’opera di scoltura rappresentava Vulcano in atto di sciogliere Giunone. Il ch. Heyne dice che per Giu
a l’etere e la terra, e si figurò il mare e la terra sotto il simbolo di due pesi attaccati a’ piedi di Giunone. L’orgogli
rò il mare e la terra sotto il simbolo di due pesi attaccati a’ piedi di Giunone. L’orgoglio della nostra Dea la rendea in
a rendea inquieta ed infelice, e spesso le conveniva giungere ad atti di sommissione poco degni della sua grandezza, di mo
eniva giungere ad atti di sommissione poco degni della sua grandezza, di modo che il titolo di regina del cielo, ed il tro
di sommissione poco degni della sua grandezza, di modo che il titolo di regina del cielo, ed il trono di oro che le dà Ca
sua grandezza, di modo che il titolo di regina del cielo, ed il trono di oro che le dà Callimaco, lo scettro ed il diadema
ì che biondeggiano le biade nel suolo, ove un dì era Troia ; ma piena di cruccio vede la flotta di Enea navigare alla volt
e nel suolo, ove un dì era Troia ; ma piena di cruccio vede la flotta di Enea navigare alla volta dell’Italia per farvi ri
na Troia novella e più potente ; prevede la grandezza della posterità di lui, che un dì signoreggiar dovea tutt’i popoli e
ta Cartagine ; richiama alla memoria i ricevuti torti, ed al paragone di Pallade, la quale per più lieve cagione avea fulm
evole pregarlo che scatenasse i venti per disperdere la nemica flotta di Enea. Ma i suoi disegni sempremai le fallivano ;
fallivano ; giacchè le convenne vedere da una fredda nube il trionfo di Enea, e permettere suo malgrado che fosse posto n
suoi posteri regnassero su tutta la terra. VII. Grandezza e maestà di Giunone. Iride. Da quanto dicono i poeti di G
I. Grandezza e maestà di Giunone. Iride. Da quanto dicono i poeti di Giunone e del suo carattere, siam costretti a cre
grandezza e potenza vi è assai a dire, ed i poeti stessi non lasciano di raccontarci grandi e belle cose della Regina degl
unone esser dovea la lor regina. Quindi era tutta sua propria un’aria di maestà nel portamento, di cui si vanta presso Vir
egina. Quindi era tutta sua propria un’aria di maestà nel portamento, di cui si vanta presso Virgilio(2). Spesso a Giove e
le medesime prerogative e gli stessi attributi ; e Stazio non dubitò di attribuire a Giunone Argiva la potenza di scaglia
ibuti ; e Stazio non dubitò di attribuire a Giunone Argiva la potenza di scagliare il fulmine. E se a Giove davasi l’aggiu
va la potenza di scagliare il fulmine. E se a Giove davasi l’aggiunto di ottimo massimo, anche Giunone da Virgilio(1) si c
). Eolo(3) riceve gli ordini della Regina de’ cieli colla sommessione di un suddito rispettoso innanzi alla sua sovrana ;
alla sua sovrana ; e le dice ch’è tutta sua mercè se gode del favore di Giove, se ha l’impero de’ venti e siede alla mens
e alla mensa de’ Numi. Il che può spiegarsi dicendo che per beneficio di Giunone, cioè dell’aria, Eolo signoreggiava i ven
li produce. Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il quale da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig. di Deucalione e di Pi
Di quest’Eolo fu fig. Etlio, il quale da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig. di Deucalione e di Pirra. Etlio
g. Etlio, il quale da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig. di Deucalione e di Pirra. Etlio da Giove fu ammesso
le da’ più dicesi fig. di Giove e di Protogenia, fig. di Deucalione e di Pirra. Etlio da Giove fu ammesso in cielo ; ma pe
confinato giù nell’Inferno. Abbiamo pure un argomento della grandezza di Giunone in quel che dicono i poeti d’Iride. È ver
i poeti d’Iride. È vero che in Omero(4) Ebe pone le ruote al cocchio di Giunone, e vi attacca il bel giogo e le leggiadre
el giogo e le leggiadre pettiere ; ma propriamente Iride era l’intima di lei cameriera e la sua messaggiera fedele(5). Giu
i suoi ; e quando moveva a fare le imposte cose, tutta facevasi bella di mille colori, ed invisible ad occhio mortale, col
bella di mille colori, ed invisible ad occhio mortale, col suo piede di rose segnava velocemente quel sentiere arcuato di
tale, col suo piede di rose segnava velocemente quel sentiere arcuato di più colori che in tempo di pioggia si vede nell’a
segnava velocemente quel sentiere arcuato di più colori che in tempo di pioggia si vede nell’aria di riucontro al sole, d
tiere arcuato di più colori che in tempo di pioggia si vede nell’aria di riucontro al sole, detto arco baleno o celeste, e
he in greco significa ammirabile, perchè non vi è cosa più ammirabile di quell’arco formato dalle gocce di acqua di una nu
perchè non vi è cosa più ammirabile di quell’arco formato dalle gocce di acqua di una nube posta di rincontro al sole ; e
n vi è cosa più ammirabile di quell’arco formato dalle gocce di acqua di una nube posta di rincontro al sole ; e da Elettr
mirabile di quell’arco formato dalle gocce di acqua di una nube posta di rincontro al sole ; e da Elettra, che significa s
’arco-baleno mostra le mutazioni dell’aria. Omero le dà il soprannome di piè-leggiera. VIII. Varie incumbenze di Giunon
Omero le dà il soprannome di piè-leggiera. VIII. Varie incumbenze di Giunone. Fortuna. Pluto. Come Giunone era la
ed ogni altro bene temporale, e che dal Guidi chiamasi superba al par di Giuno. Era essa là Dea della buona e della trista
pingono calva, cieca, colle ali a’ piedi, uno de’ quali appoggiato al di sopra di una ruota, e l’altro, sospeso in aria. D
alva, cieca, colle ali a’ piedi, uno de’ quali appoggiato al di sopra di una ruota, e l’altro, sospeso in aria. Da ciò la
in aria. Da ciò la frase, essere al colmo, o nell’infimo della ruota di Fortuna. La rappresentavano pure con un sole ed u
rnucopia, segno dell’abbondanza, ed a Tebe si rappresentava nell’atto di condurre per mano, in forma di fanciullo, Pluto,
, ed a Tebe si rappresentava nell’atto di condurre per mano, in forma di fanciullo, Pluto, Dio delle ricchezze, ponendo il
tesse ; nè deesi confondere con Plutone, Dio dell’Inferno. Nel Timone di Luciano, Pluto si finge zoppo, allorchè da Giove
ontrario e più veloce degli uccelli, quando vuole abbandonare la casa di altri ; e ciò perchè le ricchezze tardi ed a sten
di, e poveri gli uomini dabbene. Ritornando alla Fortuna, negli scavi di Pompei si è ritrovata una statuetta di argento ch
ando alla Fortuna, negli scavi di Pompei si è ritrovata una statuetta di argento che rappresenta la Fortuna vestita di tun
ritrovata una statuetta di argento che rappresenta la Fortuna vestita di tunica talare, con un diadema ornato della mezza
a di tunica talare, con un diadema ornato della mezza luna e del fior di loto, i capelli fluttuanti su gli omeri ; un timo
il corno dell’abbondanza, nella sinistra ; ed una smaniglia figurata di un serpente le cinge il braccio diritto. Alla For
azio(1) si attribuisce un grosso chiodo o per significare la fermezza di lei, o per esprimere la forza e la potenza della
nte credevano dipendere gl’incerti avvenimenti della guerra. Il motto di Cesare era : Virtute duce, comite Fortuna  ; ed
presedeva alla cerimonia, con cui la sposa ungeva la porta della casa di suo marito prima di entrarvi, in segno che dovea
onia, con cui la sposa ungeva la porta della casa di suo marito prima di entrarvi, in segno che dovea recarvi l’abbondanza
I Greci davano un tal carico a Diana, detta perciò Lucina. Le calende di ciascun mese, anzi tutt’i mesi, erano consacrati
devano la luna, il corso della quale regola i mesi. IX. Iconologia di Giunone. Da Pindaro(1) si chiama Giunone la D
ama Giunone la Dea che siede sull’aureo trono. Il pavone è sì proprio di lei, che nel cerchio marmoreo de’ dodici Dei co’
eo de’ dodici Dei co’ segni zodiacali, già Borghese, ed ora nel Museo di Parigi, basta sol esso per indicarla. Appresso Fu
. I Latini le davano l’asta ; ed è nota la Giunone Curite de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea era una st
è nota la Giunone Curite de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea era una statua di Giunone in piedi e maggi
de’ Sabini, di cui parla Servio. Nel tempio di Platea era una statua di Giunone in piedi e maggiore del naturale, opera d
tea era una statua di Giunone in piedi e maggiore del naturale, opera di Prassitele, il quale fu il primo a dare lo sfendo
dare lo sfendone a questa Dea. Era esso un ornamento del capo a guisa di corona, detto volgarmente diadema, che usavasi da
ov’erano i nastri per legarsi. Giunone il più dipingesi collo scettro di oro, qual Regina del cielo(2), come vedesi nella
boope, e la sublime nobiltà de’ lineamenti del volto. In un intonaco di Pompei, oltre lo sfendone, lo scettro ed il pavon
cettro ed il pavone, vi è pure un piccolo simulacro della Vittoria su di una colonna ; e Cicerone rimproverava a Verre di
ro della Vittoria su di una colonna ; e Cicerone rimproverava a Verre di aver tolto alcune Vittorie di oro ch’erano nel te
lonna ; e Cicerone rimproverava a Verre di aver tolto alcune Vittorie di oro ch’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si no
rava a Verre di aver tolto alcune Vittorie di oro ch’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendone non era
’erano nel tempio di Giunone a Malta. Si noti che lo sfendone non era di metallo, ma tessuto o lavorato a rete. « Giunone,
Giunone, dice il ch. Winckelmann(3), oltre il diadema rialzato a modo di collina, è riconoscibile agli occhi grandi ed all
ticolarmente proprii a questa Dea, che ad un semplice profilo rimasto di una testa muliebre in un guasto cammeo del Museo
unone. » Massimo Tirio(1) dice che Policleto fece in Argo una statua di Giunone, colle braccia bianche o di avorio ; dal
Policleto fece in Argo una statua di Giunone, colle braccia bianche o di avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario r
ne, colle braccia bianche o di avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario ricamo ; di regal sembiante ed assisa su tr
bianche o di avorio ; dal bell’occhio ; dalla veste di vario ricamo ; di regal sembiante ed assisa su trono di oro. Nella
; dalla veste di vario ricamo ; di regal sembiante ed assisa su trono di oro. Nella Galleria Giustiniani, a Giunone si dà
iebre detto credemno, o teristrio (θεριστριον, ο ιματιον). La Giunone di Samo avea sul capo la corona, per cui chiamavasi
capo la corona, per cui chiamavasi Giunone la Regina, ed era coperta di un gran velo nel rimanente del corpo. In una mone
erta di un gran velo nel rimanente del corpo. In una moneta de’ tempi di Gordiano vedesi Giunone Samia in piedi col velo e
re la sua statua che nel Campidoglio si venerava, come da’ medaglioni di Adriano apparisce, ne’ quali si rappresentano le
ità Capitoline. Giunone Lucina in un’antica moneta dipingesi in forma di matrona che sta ritta in piedi, avendo una tazza
elle donne, per ciò ne’ vasi etruschi si vede spesso dipinta in forma di leggiadra ed alata giovinetta. X. Principali e
a in forma di leggiadra ed alata giovinetta. X. Principali epiteti di Giunone. Iuno Argiva, detta dalla città di A
X. Principali epiteti di Giunone. Iuno Argiva, detta dalla città di Argo a lei cara, ove in suo onore celebravansi al
ra, ove in suo onore celebravansi alcune feste (ηραια) col sacrificio di un’ecatombe. Nella statua di Giunone Argiva(2) la
ansi alcune feste (ηραια) col sacrificio di un’ecatombe. Nella statua di Giunone Argiva(2) la Dea si rappresenta assisa su
a statua di Giunone Argiva(2) la Dea si rappresenta assisa sul trono, di straordinaria grandezza e tutta di oro e di avori
a si rappresenta assisa sul trono, di straordinaria grandezza e tutta di oro e di avorio colla corona sul capo, tenendo ne
resenta assisa sul trono, di straordinaria grandezza e tutta di oro e di avorio colla corona sul capo, tenendo nella sinis
ettro. Vi erano le Grazie e le Ore bellamente scolpite ; ed era opera di Policleto. Iuno aspera, atrox, iniqua, saeva, to
, e quindi crudele ed ingiusto. Βοωπις, occhigrande, che ha gli occhi di bue. Appresso i Greci gli occhi grandi reputavans
gli occhi grandi reputavansi i più belli ; quindi(1) avere gli occhi di Giunone vuol dire averli grandi e belli. Viene da
Iuno Gabina ; detta così perchè era in grande onore presso il popolo di Gabio, antica città nella campagna di Roma(2). I
n grande onore presso il popolo di Gabio, antica città nella campagna di Roma(2). Iuno Gamelia, Γαμηλια (a γαμος, nuptiae
to(3). Iuno Kalendaris ; perchè a lei era consacrato il primo giorno di ciascun mese. Iuno Lacinia. da un promontorio de
da’ sacri boschi a lei dedicati ; o meglio a luce, perchè coll’aiuto di lei i bambini uscivano alla luce del giorno ; e p
degli uomini. Le donne nel giorno della loro nascita sacrificavano in di lei onore, come gli uomini, al loro genio(5). Ma
litia o Lucina. Iuno Moneta, detta a monendo, perchè ammonì i Romani di sacrificare una troia gravida per divertire i mal
gli Aurunci. Allora le fu dedicato un tempio. Iuno Samia, dall’isola di Samo, celebre per la nascita, per le nozze e pel
dall’isola di Samo, celebre per la nascita, per le nozze e pel tempio di Giunone. Iuno Saturnia, o solo Saturnia, perchè
tempio di Giunone. Iuno Saturnia, o solo Saturnia, perchè figliuola di Saturno. Iuno Unxia, dall’antico costume de’ Rom
orta, quando entrava nella casa dello sposo. XI. Alcune altre cose di Giunone. Il pittore Zeusi, ad istanza de’ Cro
usi, ad istanza de’ Crotoniati, abbelli con insigni pitture il tempio di Giunone Lacinia da loro tenuto in somma venerazio
pio di Giunone Lacinia da loro tenuto in somma venerazione. E per uso di esso dipinse un’Elena, che rappresentar dovea il
della bellezza ; percui copiò da più sembianti quel che ciascuno avea di più leggiadro e perfetto. Terminata l’opera, e co
aspettò che gli uomini ne giudicassero, ma tosto vi appose quel verso di Omero : Volto ha simile alle immortali Dee. Nic
one avea al suo servigio quattordici bellissime Ninfe(1) ; ma più che di ogni altra, ella servivasi dell’opera d’Iride, su
da’ pavoni ch’erano sacri alla nostra Dea, per essere uccello superbo di se stesso ed ambizioso. Secondo Buffon il pavone
l’allocco, a Giunone. Questo difatti è l’aquila della notte, e il re di quella tribù di uccelli che temono la luce del gi
unone. Questo difatti è l’aquila della notte, e il re di quella tribù di uccelli che temono la luce del giorno e volano so
anti contro gli Dei, Giunone erasi nascosta in Egitto sotto la figura di una vacca. Giunonie si chiamavano alcune feste Ro
ura di una vacca. Giunonie si chiamavano alcune feste Romane in onore di questa Dea. Si vuole che Giano avesse introdotto
i questa Dea. Si vuole che Giano avesse introdotto in Italia il culto di lei, il quale era molto diffuso presso gli antich
rime statue degli Dei consistevano in pietre informi. Le sacerdotesse di lei le tessevano delle corone, e coprivano i suoi
erdotesse di lei le tessevano delle corone, e coprivano i suoi altari di un’erba che nasceva nel fiume Asterione, sulle cu
e se le prestava in Olimpia, ove ogni anno si facevano de’ giuochi in di lei onore, a’ quali soprintendevano sedici donne,
chi in di lei onore, a’ quali soprintendevano sedici donne, e schiere di donzelle si disputavano il premio della corsa nel
io della corsa nello stadio degli olimpici giuochi, ch’era una corona di ulivo. Quelle donne ricamavano un velo o stoffa d
i e Bitone, i quali, vedendo che la madre Cidippe andava al tempio su di un carro tirato da buoi, percui non vi potea giun
ella stessa guisa dopo il sacrificio, ella pregò la Dea che in premio di ciò concedesse a’ figliuoli il maggior bene che p
or bene che può toccare all’uomo. Si addormentarono essi placidamente di un sonno, da cui mai più non si svegliarono ; con
ero degli uomini(2) ; o perchè colle sue armi inspira timore e sembra di minacciare (quia minatur. Cic.). Cornificio pure
rmi (minitans armis). Altri finalmente dalla memoria derivano il nome di Minerva, quasi Meminerva ; ed ognun sa che gli an
nun sa che gli antichi aveano Minerva per la memoria, o per figliuola di quella. Questa Dea poi chiamavasi Pallade (Pallas
empre chiamata Pallade Minerva (Παλλας Αθηνη). II. Storia favolosa di Minerva. Cicerone(1) conta sino a cinque Mine
inariamente si confondono dagli antichi poeti. Riguardo al nascimento di lei, alcuni la vogliono nata da Giove e da Metide
gliono nata da Giove e da Metide ; e presso Eusebio si dice figliuola di Giove e di Temi. Stesicoro fu il primo che finse,
da Giove e da Metide ; e presso Eusebio si dice figliuola di Giove e di Temi. Stesicoro fu il primo che finse, Minerva es
emi. Stesicoro fu il primo che finse, Minerva esser nata dal cervello di Giove ; e Luciano in un suo dialogo lepidamente i
ine armata da capo a piedi, che scuoteva lo scudo ed agitava l’asta ; di età matura e bellissima, benchè di occhi azzurri.
oteva lo scudo ed agitava l’asta ; di età matura e bellissima, benchè di occhi azzurri. Anche Esiodo racconta che Giove, q
degli eserciti, che chiamavasi Tritone o Tritogenia. Quindi negl’inni di Orfeo appellasi figliuola unigenita (μονογενης) d
lasi figliuola unigenita (μονογενης) del Dio sovrano, uscita del capo di lui. Pindaro(2) volendo lodare l’isola di Rodi, c
io sovrano, uscita del capo di lui. Pindaro(2) volendo lodare l’isola di Rodi, cara a Minerva per le belle arti che vi fio
inerva per le belle arti che vi fiorivano e per la doviziosa felicità di cui godeva, finge nobilmente che quando dal cerve
iosa felicità di cui godeva, finge nobilmente che quando dal cervello di Giove, per un colpo di mannaia datogli da Vulcano
deva, finge nobilmente che quando dal cervello di Giove, per un colpo di mannaia datogli da Vulcano, uscir dovea Minerva,
e’ sacrificii. Di ciò il Sole fece intesi i suoi figliuoli, cioè que’ di Rodi, affinchè fossero stati i primi a far sacrif
sacrificii alla nata Dea. Ma quelli saliti sulla rocca dimenticarono di portar seco il sacro fuoco, e però furono dagli A
i si resero famosi nella scoltura, vedendosi nelle loro strade statue di uomini e di animali, che sembravano aver moto e v
famosi nella scoltura, vedendosi nelle loro strade statue di uomini e di animali, che sembravano aver moto e vita. Pallade
he sembravano aver moto e vita. Pallade(1) uscita appena del cervello di Giove, si mostrò nella Libia, che credevasi la pi
a del mondo e più vicina al cielo, come argomentavano dal gran calore di quella regione ; e quivi nelle acque della palude
gione ; e quivi nelle acque della palude Tritonia si specchiò, e paga di se volle chiamarsi Tritonia : e però nelle vicina
cchiò, e paga di se volle chiamarsi Tritonia : e però nelle vicinanze di quella palude, nel giorno natale della Dea, molte
e della Dea, molte vergini donzelle il celebravano con diverse specie di giuochi. Ma Omero dice che in Alalcomenio, città
on diverse specie di giuochi. Ma Omero dice che in Alalcomenio, città di Beozia, nacque Minerva ; e che un Beozio chiamato
to Alalcomeno allevò quella Dea e le consacrò un tempio ed una statua di avorio, la quale fu da Silla recata a Roma. Euseb
one, nell’Africa, o del fiume Tritone, in Beozia, famosa per le opere di lana ; e perchè le arti son frutto della mente, s
e arti son frutto della mente, si finse ch’ella era nata dal cervello di Giove. L’opinione più comune è che Minerva sia st
cervello di Giove. L’opinione più comune è che Minerva sia stata fig. di Cecrope, primo re di Atene, e che si crede il Gio
opinione più comune è che Minerva sia stata fig. di Cecrope, primo re di Atene, e che si crede il Giove degli Ateniesi ; e
alle belle lettere ed alle armi soprantende, e ch’era uscita del capo di suo padre. Ma più veramente volevano dirci i poet
o già un ritrovato dell’ingegno umano, ma piuttosto un parto del capo di Giove, cioè dell’inesausta fonte della mente e sa
inerva è pur qualche volta celebrata per l’avvenenza della forma ; ma di rado i poeti ne lodano la chioma di bellezza. In
per l’avvenenza della forma ; ma di rado i poeti ne lodano la chioma di bellezza. In Tibulto vi è chi giura pe’crini di M
i ne lodano la chioma di bellezza. In Tibulto vi è chi giura pe’crini di Minerva, come in Properzio si giura per gli occhi
i giura pe’crini di Minerva, come in Properzio si giura per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bionda al di
a per gli occhi di questa Dea(2). La sua chioma poi era bionda al dir di Stazio(3). III. Potenza e maestà di Minerva. A
a chioma poi era bionda al dir di Stazio(3). III. Potenza e maestà di Minerva. Aiace di Oileo. Fra tutt’ i Numi, Mi
ionda al dir di Stazio(3). III. Potenza e maestà di Minerva. Aiace di Oileo. Fra tutt’ i Numi, Minerva più si avvic
utt’ i Numi, Minerva più si avvicinava a Giove, il quale de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio di G
il quale de’ consigli di lei sempremai si avvaleva. Quindi nel tempio di Giove Olimpico era una statua che lo rappresentav
Per ciò Minerva(3) adoravasi a Roma nel tempio Capitolino alla destra di Giove, che avea Giunone alla sua sinistra. Essa,
ua sinistra. Essa, dice il citato Aristide, sopra gli altri figliuoli di Giove, sola ha conseguito tutte le prerogative e
’ Tebani presso Sofocle prima s’invoca Minerva, l’immortale figliuola di Giove, e poscia Diana ed Apollo(4). Minerva, seco
la di Giove, e poscia Diana ed Apollo(4). Minerva, secondo il pensare di Omero, era l’intelletto stesso e la provvidenza d
secondo il pensare di Omero, era l’intelletto stesso e la provvidenza di Giove(5) ; ed Esiodo dice che quella Dea ha una p
Padre de’ Numi(6). Quindi si disse(7) che Minerva era la forza stessa di Giove ; che tutto era comune a lei con quel Nume
a la forza stessa di Giove ; che tutto era comune a lei con quel Nume di modo che quanto essa disponeva, tutto era dal suo
lemaco, al quale la Dea della sapienza, sotto le sembianze ed il nome di Mentore, si fece, nella varia sua fortuna, fedeli
ta. In segno della sua potenza davasi a Minerva anche il fulmine, ma di minor forza che quello di Giove ; e però quando v
tenza davasi a Minerva anche il fulmine, ma di minor forza che quello di Giove ; e però quando volle vendicarsi di Aiace,
a di minor forza che quello di Giove ; e però quando volle vendicarsi di Aiace, il dimandò a quel Nume e lo scagliò, chè i
tutte le calamità sofferte nel ritorno alle lor patrie dopo l’eccidio di Troia, da Omero(1) a Minerva principalmente si at
) a Minerva principalmente si attribuiscono, come Virgilio(2), quello di Aiace, fig. di Oileo, re de’ Locresi, il quale co
ncipalmente si attribuiscono, come Virgilio(2), quello di Aiace, fig. di Oileo, re de’ Locresi, il quale con venti navi an
, il quale con venti navi andò cogli altri principi Greci alla guerra di Troia. Per aver egli profanato il tempio di Miner
rincipi Greci alla guerra di Troia. Per aver egli profanato il tempio di Minerva, dopo la rovina di quella città, sdegnata
i Troia. Per aver egli profanato il tempio di Minerva, dopo la rovina di quella città, sdegnata la Dea gli eccitò contro g
ovina di quella città, sdegnata la Dea gli eccitò contro gran fortuna di mare, e le sue navi ruppero presso il promontorio
farea, sul quale essendosi egli rifuggito, Minerva scagliò il fulmine di Giove e fece morire il sacrilego Aiace divorato d
sbattuto, e morì inghiottito dalle onde ; percui chiamossi lo scoglio di Aiace. Altro argomento della potenza di questa De
; percui chiamossi lo scoglio di Aiace. Altro argomento della potenza di questa Dea è il sapere che quando Prometeo di fan
argomento della potenza di questa Dea è il sapere che quando Prometeo di fango formò il corpo dell’uomo, Minerva, cioè la
nelle quali più chiaro si scorge vigore d’intelletto ed un non so che di divino, eran soliti gli antichi di attribuirle a
gore d’intelletto ed un non so che di divino, eran soliti gli antichi di attribuirle a Minerva. E pare che per ciò abbian
fare un’opera crassa Minerva, cioè grossolanamente(6) ; e quell’altra di Petronio, omnis Minervae homo, per dire un uomo i
enze e delle arti. Atene. Essendo che Minerva nacque dal cervello di Giove ; e l’ingegno o la sapienza dell’uomo, con
rte ; e che le lettere ed i letterati erano sotto la guardia e tutela di lei. Da ciò pure avvenne che questa Dea fu qual s
ra fra Nettuno e Minerva pel nome che dar si dovea alla novella città di Atene, percui cantò l’Alighieri : ……. se tu se’
a lite, E onde ogni scienzia disfavilla. Secondo Apollodoro, a tempo di Cecrope, usavan gli Dei scegliere le città, nelle
iantato a terra il suo tridente, fece ov’era Atene, uscire un braccio di mare. Venne poscia Minerva, ed alla presenza di C
ne, uscire un braccio di mare. Venne poscia Minerva, ed alla presenza di Cecrope piantò un verdeggiante e bellissimo ulivo
an lite, sedendo Giove in mezzo a’ primarii Numi, sulla testimonianza di Cecrope, sentenziò per Minerva, la quale chiamò l
acconta che, regnando Cecrope, nacque da se un ulivo nella cittadella di Atene, e presso a quello, una copiosa vena di acq
ulivo nella cittadella di Atene, e presso a quello, una copiosa vena di acqua. Si consultò l’oracolo, ed Apollo rispose,
per Nettuno, e per Minerva, le donne. La quale vinse per un suffragio di più ; e però Nettuno adirato coprì di acqua il pa
La quale vinse per un suffragio di più ; e però Nettuno adirato coprì di acqua il paese dell’Attica. Virgilio dice(1) che
nascere da Minerva, quando ella venne a contesa con Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle medaglie di Atene, la q
a contesa con Nettuno. Il capo di Minerva era il tipo delle medaglie di Atene, la quale tenevasi dagli antichi per la sed
nell’Attica, ed avendo ritrovato gli uomini del paese dediti al culto di Nettuno, cioè inchinati alla navigazione ed al co
ggiare, si studiò a suo potere d’introdurre fra quella gente il culto di Minerva, o sia l’amore delle arti e dell’agricolt
amore delle arti e dell’agricoltura. Da ciò venne grande ribellamento di quel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò di acche
venne grande ribellamento di quel popolo fiero, che Cecrope s’ingegnò di acchetare col trarre dalla sua parte principalmen
parte principalmente le donne. E ciò vuol dire la vittoria dell’ulivo di Minerva. V. Continuazione. Aracne. Tiresia. In
’Lidii. Or questa fu una giovinetta d’ignobili natali, fig. d’Idmone, di Colofone, il quale tingeva la lana di porpora. Il
ignobili natali, fig. d’Idmone, di Colofone, il quale tingeva la lana di porpora. Il soggiorno di quella valorosa era Ipep
dmone, di Colofone, il quale tingeva la lana di porpora. Il soggiorno di quella valorosa era Ipepa, oscura terra della Lid
, o avvolgerla al fuso, o far bellissimi ricami. Ma una gran maestria di rado è disgiunta da cieco orgoglio. Aracne non du
ran maestria di rado è disgiunta da cieco orgoglio. Aracne non dubitò di provocare Minerva, con soggettarsi, se vinta foss
nto, ed imprendono a tessere ciascuna un nobilissimo drappo istoriato di varii favolosi racconti. L’infelice Aracne tutta
toriato di varii favolosi racconti. L’infelice Aracne tutta si studiò di vincere la sua divina rivale, e fece un broccato
a divina rivale, e fece un broccato da reggere al paragone con quello di Minerva. Ma la Dea gelosa motteggiò l’opera di Ar
al paragone con quello di Minerva. Ma la Dea gelosa motteggiò l’opera di Aracne, e dispettosamente colla spola le percosse
e trasformolla in ragno. Il quale animaletto tesse una tela finissima di sì bello e maraviglioso artifizio che ha dato occ
ma di sì bello e maraviglioso artifizio che ha dato occasione a’poeti di foggiare quell’Aracne industriosa, che da Minerva
ustriosa, che da Minerva fu trasformata in ragno e che pur non lascia di esercitare l’arte sua prediletta, tessendo tuttav
ia di esercitare l’arte sua prediletta, tessendo tuttavia quella tela di sì mirabil lavoro. Ed in greco aracne vuol dire i
tela. (Suida). E incerto a qual Nume debba attribuirsi l’acerbo fato di Tiresia, Tebano e figliuol di Evero o di Peneto,
al Nume debba attribuirsi l’acerbo fato di Tiresia, Tebano e figliuol di Evero o di Peneto, e della ninfa Caricle. Al qual
ba attribuirsi l’acerbo fato di Tiresia, Tebano e figliuol di Evero o di Peneto, e della ninfa Caricle. Al quale ancor gio
, mentre coi veltri andava per que’ sacri boschi discorrendo, avvenne di veder Pallade al fonte d’Ippocrene(1). E come niu
divenne insigne indovino per quelle contrade. Ebbe ancora lunga vita di sette o di otto secoli ; e al dir d’Omero(2) gli
signe indovino per quelle contrade. Ebbe ancora lunga vita di sette o di otto secoli ; e al dir d’Omero(2) gli fu pur conc
avesse senno ed accorgimento, e che tutti gli altri vagassero a modo di ombre. Alla Dea delle arti attribuivasi ancora l’
enzione del flauto (tibia), alla quale(3) diedero occasione i lamenti di Steno e di Euriale, ed i sibili de’ serpenti con
flauto (tibia), alla quale(3) diedero occasione i lamenti di Steno e di Euriale, ed i sibili de’ serpenti con quelli misc
isto pianto. Igino però racconta che Minerva la prima fece il flauto di un osso di cervo ritrovato a caso. Lo suonò alla
. Igino però racconta che Minerva la prima fece il flauto di un osso di cervo ritrovato a caso. Lo suonò alla tavola degl
lla gara con Apollo pagò il fio del suo ardimento, come nell’articolo di quel Nume diremo. I suonatori di flauto (tibicine
el suo ardimento, come nell’articolo di quel Nume diremo. I suonatori di flauto (tibicines) veneravano la Dea nel dì festi
prima nave che portò Giasone alla conquista del vello d’oro, fu opera di lei, o di Giasone medesimo, ma sotto la direzione
che portò Giasone alla conquista del vello d’oro, fu opera di lei, o di Giasone medesimo, ma sotto la direzione della Dea
ntinente eran passate ad abitare rimote isole(1) ; e che Minos II, re di Creta, che visse 120 anni prima degli Argonauti,
o che riuscì sì fatale a Troia, fu eziandio per opera e per consiglio di Minerva fabbricato(1). Epeo, fig. di Panopeo, fu
iandio per opera e per consiglio di Minerva fabbricato(1). Epeo, fig. di Panopeo, fu il fabbro della gran machina, sulla q
i Greci già vicini a partire questo dono consacrano. Ma lo Scoliaste di Omero afferma che il cavallo Troiano fu un trovat
Ma lo Scoliaste di Omero afferma che il cavallo Troiano fu un trovato di Ulisse, il quale in ogni sua azione era dalla Pru
denza, cioè da Minerva, diretto ; e che però ebbe dal poeta l’epiteto di sterminatore di città. Si osservi che un artefice
inerva, diretto ; e che però ebbe dal poeta l’epiteto di sterminatore di città. Si osservi che un artefice, il quale lavor
di sterminatore di città. Si osservi che un artefice, il quale lavora di legno, da Esiodo si chiama servo di Minerva. Molt
che un artefice, il quale lavora di legno, da Esiodo si chiama servo di Minerva. Molte altre erano le arti e le invenzion
percui in Atene a lei si sacrificava la pecora. Ed in Omero per opera di Minerva s’intende il lanificio ed il tessere. Ave
’ panni (fullones), i calzolai, i pittori, gli scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel mese di Marzo pagavano lo
i pittori, gli scultori, ed i maestri di scuola. I discepoli nel mese di Marzo pagavano lo stipendio a’ maestri, il quale
, il quale da Minerva chiamavasi minerval, e davasi prima delle feste di Minerva dette Quinquatria, nelle quali gli scolar
aestri novelli offerivano le primizie de’ loro studii ad una immagine di Minerva che ponevano ne’ ginnasii. Anche la medic
altra apparteneva a questa Dea. Esiodo fa uscir Pallade dal cervello di Giove, e la chiama Tritonia dagli occhi azzurri,
era la protettrice e la custode delle città. L’acropoli, o cittadella di Atene fu opera delle sue mani ; ed in Eretria era
 ; ed in Eretria era un tempio consacrato a Minerva Poliade o custode di città. Al dir di Pausania, i Trezenii le diedero
era un tempio consacrato a Minerva Poliade o custode di città. Al dir di Pausania, i Trezenii le diedero il nome di Poliad
o custode di città. Al dir di Pausania, i Trezenii le diedero il nome di Poliade, perchè erasi dichiarata protettrice dell
nome di Poliade, perchè erasi dichiarata protettrice della loro città di accordo con Nettuno. VII. Minerva la stessa ch
ttuno. VII. Minerva la stessa che l’Iside degli Egiziani. Areopago di Atene. Il Sig. di Santa Croce nel suo libro s
la stessa che l’Iside degli Egiziani. Areopago di Atene. Il Sig. di Santa Croce nel suo libro su i Misteri del Pagane
. di Santa Croce nel suo libro su i Misteri del Paganesimo, si studia di dimostrare che i Greci foggiarono la loro Minerva
dimostrare che i Greci foggiarono la loro Minerva sul tipo dell’Iside di Egitto. Di fatto Platone ed Erodoto(1) affermano
d Erodoto(1) affermano che Minerva era l’Iside venerata a Sais, città di Egitto, sotto il nome di Neith. La civilizzazione
e Minerva era l’Iside venerata a Sais, città di Egitto, sotto il nome di Neith. La civilizzazione, come dicono, del genere
roteggeva le arti ; nel che si vede Minerva, inventrice e protettrice di esse. In Ermopoli Iside si credeva la prima delle
a una nave ; ed i Greci dissero che Minerva avea insegnata la maniera di costruire le navi. Minerva presedeva alla guerra 
che nella scrittura geroglifica significa un soldato, era il simbolo di quella Dea. La città di Sais dicevasi fondata da
oglifica significa un soldato, era il simbolo di quella Dea. La città di Sais dicevasi fondata da Iside ; ed Atene fece lo
La città di Sais dicevasi fondata da Iside ; ed Atene fece lo stesso di Minerva, sicchè chiamavasi città di Pallade, e l’
a Iside ; ed Atene fece lo stesso di Minerva, sicchè chiamavasi città di Pallade, e l’Attica, terra di Minerva(1). Celebre
sso di Minerva, sicchè chiamavasi città di Pallade, e l’Attica, terra di Minerva(1). Celebre nella greca istoria è il trib
ς, Mars, et παγος, collis), così detto, perchè assembravasi sul colle di Marte, ch’era non lungi da Atene. Non è qui luogo
ravasi sul colle di Marte, ch’era non lungi da Atene. Non è qui luogo di favellare della incorruttibile severità di quel t
da Atene. Non è qui luogo di favellare della incorruttibile severità di quel tribunale che presso gli antichi ebbe tanta
everità di quel tribunale che presso gli antichi ebbe tanta rinomanza di saviezza e di giustizia. Socrate(2) affermava di
l tribunale che presso gli antichi ebbe tanta rinomanza di saviezza e di giustizia. Socrate(2) affermava di non conoscere
ebbe tanta rinomanza di saviezza e di giustizia. Socrate(2) affermava di non conoscere uomini che giudicassero con maggior
liberarsi da’ mostri che notte e giorno il tormentavano, va al tempio di Apollo a Delfo ed implora il soccorso di quel Num
l tormentavano, va al tempio di Apollo a Delfo ed implora il soccorso di quel Nume. Apollo lo purifica, e dopo le solite a
ifica, e dopo le solite abluzioni e gli offerti sacrificii, gl’impone di andare in Atene e mettersi sotto la protezione di
crificii, gl’impone di andare in Atene e mettersi sotto la protezione di Minerva, pregandola ch’ella stessa lo assolvesse.
este ubbidisce e giunge al tempio della Dea, portando in mano un ramo di ulivo. Prostrato all’altare di lei, la prega a li
io della Dea, portando in mano un ramo di ulivo. Prostrato all’altare di lei, la prega a liberarlo dalle Furie, che ad ont
berarlo dalle Furie, che ad onta delle espiazioni, non avean lasciato di tormentarlo. Minerva se gli mostra propizia ; ma
i più sapienti e probi fra gli Ateniesi, e loro affiderò la decisione di questa causa. Essi legati dalla religione del giu
 » Minerva adunque stabilì l’Areopago come il tribunale de’ figliuoli di Egeo, e come il baluardo della Grecia e la salvez
de’ figliuoli di Egeo, e come il baluardo della Grecia e la salvezza di Atene. Apollo stesso difende la causa di Oreste ;
o della Grecia e la salvezza di Atene. Apollo stesso difende la causa di Oreste ; si raccolgono i voti, i quali ritrovati
in favore del reo, ed egli fu assoluto. Chiamossi questo il suffragio di Minerva (Ψηφος της Αθηνας. Lucian.), e passò in l
gio di Minerva (Ψηφος της Αθηνας. Lucian.), e passò in legge a favore di tutti i colpevoli. Gli Areopagiti davano il loro
alcune pietruzze bianche e nere, le quali mettevansi in due urne, una di rame, chiamata di assoluzione ; l’altra di legno,
ianche e nere, le quali mettevansi in due urne, una di rame, chiamata di assoluzione ; l’altra di legno, chiamata di morte
ettevansi in due urne, una di rame, chiamata di assoluzione ; l’altra di legno, chiamata di morte. Alcuni storici dicono q
ne, una di rame, chiamata di assoluzione ; l’altra di legno, chiamata di morte. Alcuni storici dicono questo tribunale ist
natenee. Erittonio. L’asta, lo scudo e l’elmo erano tanto proprii di Pallade, che per questi soli, nel tempio di Giuno
’elmo erano tanto proprii di Pallade, che per questi soli, nel tempio di Giunone in Elea, il suo simulacro distinguevasi d
he un bel peplo. Callimaco(2) descrive Pallade e la sua ninfa vestite di peplo ; e Teocrito loda Cerere dal peplo. Omero i
nerva, or Teti, ed ora Venere ornate del loro peplo ; e chiama quello di Venere, più fulgido del fuoco. Allorchè facevasi
Minerva l’offerta del peplo, questo o si gettava addosso al simulacro di lei a guisa di veste, o si deponeva umilmente app
ta del peplo, questo o si gettava addosso al simulacro di lei a guisa di veste, o si deponeva umilmente appiè della Dea(1)
Dea(1). Nelle grandi feste Panatenee celebratissima cosa era il peplo di Minerva. Per via di occulte machine portavasi per
feste Panatenee celebratissima cosa era il peplo di Minerva. Per via di occulte machine portavasi per le strade al tempio
machine portavasi per le strade al tempio della Dea una nave fornita di remi e che per vela avea un peplo. Se questo foss
più verisimile. In quell’arazzo erano istoriate le più belle imprese di Pallade, e principalmente la pugna di lei co’ Tit
istoriate le più belle imprese di Pallade, e principalmente la pugna di lei co’ Titani e co’ Giganti(2). Queste feste Pan
nori, ogni anno. Si vogliono istituite da Teseo, o da Erittonio, fig. di Vulcano, il quale per avere i piedi di serpente,
da Teseo, o da Erittonio, fig. di Vulcano, il quale per avere i piedi di serpente, era stato da Minerva segretamente in un
nte in un suo tempio allevato. Giunto ad età adulta e fattosi padrone di Atene, fabbricò sulla rocca di quella città un te
Giunto ad età adulta e fattosi padrone di Atene, fabbricò sulla rocca di quella città un tempio a Minerva ed istituì le fe
mpio a Minerva ed istituì le feste Panatenee. Questo re inventò l’uso di andare in cocchio per nascondere la deformità de’
etta Enioco. Nelle Panatenee maggiori si cantavano da’Rapsodi i versi di Omero per una legge d’Ipparco, fig. di Pisistrato
i cantavano da’Rapsodi i versi di Omero per una legge d’Ipparco, fig. di Pisistrato(3) ; ed alcuni vecchi e vecchie portav
fig. di Pisistrato(3) ; ed alcuni vecchi e vecchie portavan de’ rami di ulivo. In dette feste, fra gli altri giuochi, cel
te dell’Attica in una città ; e perciò vi erano ammessi tutt’i popoli di quella regione. I Romani in onore di Minerva cele
ò vi erano ammessi tutt’i popoli di quella regione. I Romani in onore di Minerva celebravano in marzo ed in giugno le fest
cesso delle loro opere ; e non pochi chiedevano l’eloquenza e la fama di Demostene e di Cicerone(2). Chiamavansi pure Quin
o opere ; e non pochi chiedevano l’eloquenza e la fama di Demostene e di Cicerone(2). Chiamavansi pure Quinquatria le fest
uinquatria le feste o giuochi annuali istituiti da Domiziano in onore di Minerva, che si celebravano sul monte Albano, e n
e Albano, e ne’quali gareggiavano poeti ed oratori. IX. Iconologia di Minerva. Massimo Tirio(3) dice che Fidia rapp
rio(3) dice che Fidia rappresentò Minerva in nulla inferiore a quella di Omero, cioè in sembianza di una vergine avvenente
sentò Minerva in nulla inferiore a quella di Omero, cioè in sembianza di una vergine avvenente, cogli occhi azzurri, di al
ero, cioè in sembianza di una vergine avvenente, cogli occhi azzurri, di alta statura, coll’egida al petto, e con elmo, as
con elmo, asta e scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato di crini di cavallo, e colle chiome
scudo. In una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato di crini di cavallo, e colle chiome bionde e sparse
n una gemma si rappresenta con armi ed elmo di oro ed ornato di crini di cavallo, e colle chiome bionde e sparse a guisa d
o rettile è simbolo della prudenza. In una sardonica della collezione di Stosch, Minerva Salutare o Medica è preceduta da
ente, ed ba un parazonio, o scimitarra pendente al fianco. Nel tempio di Minerva Elidia, il casco di questa Dea era sormon
scimitarra pendente al fianco. Nel tempio di Minerva Elidia, il casco di questa Dea era sormontato da un gallo, animale, c
a un gallo, animale, cui piacciono le battaglie. Quello della Minerva di Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo
cui piacciono le battaglie. Quello della Minerva di Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede una Minerva
Atene era montato di una sfinge ; ed in un cammeo si vede una Minerva di bel lavoro, sull’elmo della quale son quattro sim
imbolo della fama e della sapienza ; ed un cocchio a quattro cavalli, di cui Minerva dicesi inventrice. Pausania parla di
o a quattro cavalli, di cui Minerva dicesi inventrice. Pausania parla di una statua della Dea che avea un gallo sul cimier
na statua della Dea che avea un gallo sul cimiero ; ed il Montfaucon, di un’altra ch’è nel Museo del Monastero Sangermanes
allo sul cimiero, ed una borsa nella sinistra. Callimaco le dà l’elmo di oro ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche di oro
Callimaco le dà l’elmo di oro ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche di oro. In un antico dipinto di Pompei, Minerva ha l
o ; ed Euripide, lo scudo e l’asta anche di oro. In un antico dipinto di Pompei, Minerva ha l’elmo crestato. Nella pugna d
un antico dipinto di Pompei, Minerva ha l’elmo crestato. Nella pugna di Giove contro i Giganti, questa Dea fece grandi pr
giganti. In un monumento riferito da Gorleo vedesi la Dea vincitrice di un gigante, che ha steso a terra colla sua asta ;
de’ giganti sparte. Plinio(1) fra gli argomenti della gran maestria di Fidia annovera la statua di Minerva, in Atene, al
(1) fra gli argomenti della gran maestria di Fidia annovera la statua di Minerva, in Atene, alta 26 cubili, tutta di avori
Fidia annovera la statua di Minerva, in Atene, alta 26 cubili, tutta di avorio e di oro. Nello scudo vi avea scolpito la
era la statua di Minerva, in Atene, alta 26 cubili, tutta di avorio e di oro. Nello scudo vi avea scolpito la battaglia de
u le scarpe, quella de’ Lapiti e de’ Centauri ; alla base, la nascita di Pandora, con venti immagini di Numi, e segnatamen
e de’ Centauri ; alla base, la nascita di Pandora, con venti immagini di Numi, e segnatamente della Vittoria, di quattro c
i Pandora, con venti immagini di Numi, e segnatamente della Vittoria, di quattro cubiti, e di avorio, e con un serpente ch
immagini di Numi, e segnatamente della Vittoria, di quattro cubiti, e di avorio, e con un serpente ch’era forse Erittonio,
e di avorio, e con un serpente ch’era forse Erittonio, ed una sfinge di bronzo. Spesso si dà a questa Dea il trono a guis
, ed una sfinge di bronzo. Spesso si dà a questa Dea il trono a guisa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio
sa di regina ; ed appresso gli Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva Poliade assisa su di un trono colla conoc
i Eritrei vi era un tempio ed una statua di Minerva Poliade assisa su di un trono colla conocchia in una mano ed un globo
Se si rappresentava vicino a Giove, stava ritta in piedi. La Minerva di Troia, o il Palladio(3), teneva nella destra la l
uno scudo, secondo Virgilio(4). Una patera rappresenta Minerva armata di scudo e di lancia, mentre esce del capo di Giove.
secondo Virgilio(4). Una patera rappresenta Minerva armata di scudo e di lancia, mentre esce del capo di Giove. Alcuni dic
rappresenta Minerva armata di scudo e di lancia, mentre esce del capo di Giove. Alcuni dicono che quando uscì dal cervello
no la lancia, e nell’altra, uno scudo risplendente ; e ch’era vestita di una veste, sulla quale brillavano i colori dell’i
avano i colori dell’iride(1). L’egida(2) alle volte era come le pelli di cui van coperti alcuni pastori, veggendosi che Pa
erto non solo il petto, ma la schiena ancora ; ed alle volte, a guisa di mantello. Dice il Winckelmann « che quasi tutte l
a guisa di mantello. Dice il Winckelmann « che quasi tutte le figure di Minerva hanno la chioma di dietro raccolta e lega
il Winckelmann « che quasi tutte le figure di Minerva hanno la chioma di dietro raccolta e legata con una stringa, la qual
questa chioma si spande e si slarga verso il fine…. Da questa foggia di le gare i capelli di dietro, propria delle figure
nde e si slarga verso il fine…. Da questa foggia di le gare i capelli di dietro, propria delle figure di Pallade, sembra q
Da questa foggia di le gare i capelli di dietro, propria delle figure di Pallade, sembra questa Dea essere stata cognomina
è Pallade in piedi con una tibia in ciascuna mano. Sopra una medaglia di Atene vedesi Minerva che disputa con Nettuno sul
Minerva Pacifera, con l’elmo e lo scudo ; tiene la lancia ed un ramo di ulivo. I Greci attribuivano a Minerva un aspetto
vedesi Pallade colla Vittoria in una mano, e che con un piede posa su di un globo, per indicare che la sapienza regola il
pienza regola il mondo. Gli Ateniesi veneravano Minerva sotto il nome di Pallade vincitrice. Alcuni dicono che Minerva por
a ; ma comunemente le si attribuisce l’asta. X. Principali epiteti di Minerva. Minerva Alalcomenia (Αθηνα αλαλκομεν
si da Omero o da Alalcomenia, città della Beozia, ov’era un simulacro di lei ; o da Alalcomena, nutrice di questa Dea ; o
à della Beozia, ov’era un simulacro di lei ; o da Alalcomena, nutrice di questa Dea ; o dal verbo greco αλαλκω, iuvo, perc
. Αματωρ ο αμητρος, senza madre, così detta, perchè nata dal cervello di Giove. Armipotente ed Armisona, armipotens ; gr.
re a Minerva Marziale, il quale chiamavasi Αρειας Αθηνας βωμος, l’ara di Minerva Marziale. Capta. Con questo nome avea in
, sul monte Celio. Fu così detta o quasi Capita, perchè nata dal capo di Giove ; o da captus, voce degli Auguri, che signi
ca o Calcidica (a χαλκος, aes, et οικος, domus) dicevasi o dal tempio di bronzo a Minerva edificato dagli esuli di Calcide
omus) dicevasi o dal tempio di bronzo a Minerva edificato dagli esuli di Calcide, nell’Eubea ; o perchè in uno de’suoi tem
ell’Eubea ; o perchè in uno de’suoi tempii era un altare o una statua di rame ; o perchè ella insegnò l’uso del rame. Cor
asia (a κορυφη, caput, e γενος, genus) detta o perchè uscita del capo di Giove ; o perchè figlia di Giove e di Corifa, sec
νος, genus) detta o perchè uscita del capo di Giove ; o perchè figlia di Giove e di Corifa, secondo Cicerone. Δεσποινα, re
detta o perchè uscita del capo di Giove ; o perchè figlia di Giove e di Corifa, secondo Cicerone. Δεσποινα, regina o sign
οινα, regina o signora. In generale a tutti gli Dei davasi l’aggiunto di signore ; ma gli Ateniesi con questo nome salutav
ristofane e da altri(1). Εργανη, laboriosa ; Ευρεσιτεχνος, inventrice di arti, dicevasi per le tante arti ed opere, cui pr
; soprannome assai frequente presso Omero. Il color glauco è il verde di mare, o il color celeste, ch’è misto tra il bianc
lle armi, come dicono gl’Italiani. Così potrebbe spiegarsi l’aggiunto di caesius dato da Catullo(2) ad un feroce leone del
dato da Catullo(2) ad un feroce leone della Libia. Innupta ; epiteto di Minerva adoperato da Virgilio, che vuol dire verg
erato da Virgilio, che vuol dire vergine. Itonia, Ιτωνια, soprannome di Minerva, la quale veneravasi in ispecial modo ad
ma Virgo secondo alcuni chiamasi Minerva da Catullo(3), perchè nacque di padre senza madre. Ma altri dicono che patrimus s
e. Poliade, ερισυπτολις, guardiana delle città ; πολιουχος, custode di città, da πολις, urbs, ed εχειν, habere. Tritoni
da τριτω, che appo i Cretesi significava capo, perchè nacque dal capo di Giove. XI. Alcune altre cose di Minerva.
icava capo, perchè nacque dal capo di Giove. XI. Alcune altre cose di Minerva. Minervium chiamavasi un tempio cons
a ; ed il luogo, ove si congregavano gli uomini studiosi per trattare di cose letterarie, da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sul
are di cose letterarie, da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sulla cittadella di Atene era un tempio di Pallade detto il Partenone
da’ Greci chiamavasi Ateneo. Sulla cittadella di Atene era un tempio di Pallade detto il Partenone ; dietro al quale stav
ne ; dietro al quale stava il tesoro pubblico, affidato alla custodia di Giove Sotere e di Pluto. Fu così detto dal simula
le stava il tesoro pubblico, affidato alla custodia di Giove Sotere e di Pluto. Fu così detto dal simulacro di Minerva det
alla custodia di Giove Sotere e di Pluto. Fu così detto dal simulacro di Minerva detta la Vergine (παρθενος), opera di Fid
osì detto dal simulacro di Minerva detta la Vergine (παρθενος), opera di Fidia. Partenione poi è l’erba detta camamilla, o
per guarire un operaio a lui caro caduto da un ponte o dalla sommità di un tempio. Alla civetta attribuivano i Greci la c
vigilanza. Anche il gallo era sacro alla nostra Dea, che nelle monete di molti antichi popoli si vede effigiata con un gal
dorme mai, essendo il gallo simbolo della vigilanza ; o perchè esso è di sua natura pugnacissimo ; percui conveniva alla D
sa in luogo, ove se ne ha dovizia, attesochè in Atene era gran numero di siffatti uccelli. Cicerone(1) domandò all’amico A
Termini. Altri credono che un’Ermatena sia un pilastro, o colonna su di cui veggasi allogata una testa o un busto di Mine
n pilastro, o colonna su di cui veggasi allogata una testa o un busto di Minerva senza braccia. Fulvio Orsini pensò che un
braccia. Fulvio Orsini pensò che un’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e di scudo, la quale alle sole g
vio Orsini pensò che un’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e di scudo, la quale alle sole gambe vada a
pensò che un’Ermatena fosse una Minerva armata di cimiero, di asta e di scudo, la quale alle sole gambe vada a terminare
ppo quadrato. Ma per Ermatena deesi intendere propriamente una statua di mezzo busto, la quale sulla medesima base present
con un sol nome composto dinotavano due numi, come Ermeracle, statua di Mercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di
me composto dinotavano due numi, come Ermeracle, statua di Mercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Erm
e numi, come Ermeracle, statua di Mercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Ermapollo, di Mercurio e di
e Ermeracle, statua di Mercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Ermapollo, di Mercurio e di Apollo ec.
ercurio e di Ercole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Ermapollo, di Mercurio e di Apollo ec. Or Mercurio e Minerva pr
rcole ; Zenoposidon, di Giove e di Nettuno ; Ermapollo, di Mercurio e di Apollo ec. Or Mercurio e Minerva presso gli antic
comuni aveano i sacrificii. E nelle scuole mettevansi pure le statue di Mercurio e di Minerva, essendo Mercurio Dio dell’
i sacrificii. E nelle scuole mettevansi pure le statue di Mercurio e di Minerva, essendo Mercurio Dio dell’eloquenza, dal
ata la sapienza cui presiede Minerva, essa non è che un vano strepito di parole(1). Il Palladio era una statua di Minerva,
a non è che un vano strepito di parole(1). Il Palladio era una statua di Minerva, o secondo altri, un piccolo scudo simile
al cielo, mentre Ilo fabbricava la fortezza d’Ilio, l’oracolo comandò di costruirsi un tempio su quella rocca per custodir
e conservato quel fatale deposito. Altri raccontano che una figliuola di Pallante, avendo sposato Dardano nell’Arcadia, gl
. I suoi nepoti andarono a Troia e nella più riposta parte del tempio di Pallade ch’era nella cittadella, allogarono quell
Enea avendo seco portato il vero in Italia, essi lo posero nel tempio di Vesta, affidandone la custodia alle Vestali. E si
done la custodia alle Vestali. E si racconta che a tempo dell’assedio di Troia, sapendo i Greci che il Palladio rendeva qu
o ove custodivasi la fatale effigie ; ed uccisi i custodi, col favore di Antenore, che avea per moglie una sacerdotessa di
custodi, col favore di Antenore, che avea per moglie una sacerdotessa di Pallade, con sacrilega mano la rapirono. Del qual
gato a Lavinio, e poscia in Alba Longa dal figliuolo Ascanio, a tempo di Tullo Ostilio recato a Roma fu posto nel tempio d
o Ascanio, a tempo di Tullo Ostilio recato a Roma fu posto nel tempio di Vesta, ove a niuno era lecito vederlo, se non se
quale dice che i Greci credevano, Apollo essere lo stesso Sole(1) ; e di essi parleremo in un solo articolo. La voce Apoll
co che significa perdere (απολλυμι), e par che voglia dire apportator di rovina, perchè il soperchio calore del Sole è dan
hè libere vagatur per gli spazii del cielo(3). II. Storia favolosa di Apollo. Gli antichi contavano cinque Dei di q
II. Storia favolosa di Apollo. Gli antichi contavano cinque Dei di questo nome ; de’quali il primo si finge fig. di
contavano cinque Dei di questo nome ; de’quali il primo si finge fig. di Vulcano e signore di Eliopoli, in Egitto ; il sec
di questo nome ; de’quali il primo si finge fig. di Vulcano e signore di Eliopoli, in Egitto ; il secondo nacque in Creta
ui avean gli Arcadia ricevuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo è fig. di Giove e di Latona, il quale nacque ad un parto co
i Arcadia ricevuto le leggi(4). Ma il nostro Apollo è fig. di Giove e di Latona, il quale nacque ad un parto con Diana nel
i Giove e di Latona, il quale nacque ad un parto con Diana nell’isola di Delo. Della quale raccontano i Poeti che Giove tr
elo. Della quale raccontano i Poeti che Giove trasformò Asteria, fig. di Titano, in quaglia, per essere stato da lei dispr
nata un’isola, detta Ortigia o isola delle quaglie (ορτυξ, coturnix), di cui quell’isola abbondava, ed era una delle Cicla
elle Cicladi, nell’ Egeo. Era mobile a segno che ad un leggier soffio di vento vedeasi galleggiare sulle acque ; il che fi
re quell’isola scossa da frequenti tremuoti(1). Or Latona ch’era fig. di Polo e di Tebe, essendo gravida di Apollo, avvenn
sola scossa da frequenti tremuoti(1). Or Latona ch’era fig. di Polo e di Tebe, essendo gravida di Apollo, avvenne che Pito
tremuoti(1). Or Latona ch’era fig. di Polo e di Tebe, essendo gravida di Apollo, avvenne che Pitone, serpente nato dalla p
che Pitone, serpente nato dalla putredine della terra dopo il diluvio di Deucalione, sapendo da’fatali libri che un figliu
po il diluvio di Deucalione, sapendo da’fatali libri che un figliuolo di Latona dovea ucciderlo, si diede a perseguitaria
ircondava il Parnaso ; e Stazio(3) dice che uccisa occupava lo spazio di ben cento iugeri. Esso dava le risposte da un ora
todir qualche luogo ; e nelle medaglie veggonsi tripodi attortigliati di un serpente che credeasi animale dotato della vir
animale dotato della virtù d’indovinare. Latona intanto, per comando di Giove, fu dal vento borea portata a Nettuno, il q
il quale prese a proteggerla ; e non potendo un Nume disfare il fatto di un altro Nume(4), non volle far fronte apertament
apertamente a Giunone, e però menolla nell’isola Ortigia che ricoprì di acque ; il che la salvò dal dente di quel mostro.
a nell’isola Ortigia che ricoprì di acque ; il che la salvò dal dente di quel mostro. La favola di questo serpente(5) venn
icoprì di acque ; il che la salvò dal dente di quel mostro. La favola di questo serpente(5) venne da un tiranno chiamato P
sia dissipò e distrusse colla forza de’suoi raggi, che son le saette di Apollo. Or Nettuno fece uscir fuori delle acque l
le ossa sul tripode o cortina che pose nel suo tempio, ed in memoria di ciò istituì solenni giuochi funebri detti Pizii c
detti Pizii che celebravansi ogni quattro anni, non lungi dalla città di Crissa, detta Pito, e poscia Delfo. Omero(1) dice
degli Dei. Bellissime cose ci dicono i poeti della eterna giovinezza di Apollo, che dipingevano co’ più dolci colori dell
ngevano co’ più dolci colori della bellezza, e che non mai per volger di anni scadeva. Quindi leggiadrissimo e con biondi
leggiadrissimo e con biondi e ben lunghi capelli il rappresentavano, di modo che, scriveva Tibullo(2). Febo e Bacco avean
i eterna la giovinezza ; e per lodare una bella chioma, la dice degna di ornare il capo di Apollo e di Bacco. Or Latona(3)
ezza ; e per lodare una bella chioma, la dice degna di ornare il capo di Apollo e di Bacco. Or Latona(3) sgravatasi de’suo
lodare una bella chioma, la dice degna di ornare il capo di Apollo e di Bacco. Or Latona(3) sgravatasi de’suoi divini gem
uolo della Terra, perchè i poeti dicevan nati dalla terra que’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; ovvero di Giove e di E
van nati dalla terra que’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; ovvero di Giove e di Elara, la quale avendolo partorito ed
lla terra que’ch’eran di mostruosa corporatura(4) ; ovvero di Giove e di Elara, la quale avendolo partorito ed allevato in
ue saette, e confinandolo all’inferno, ove disteso occupava lo spazio di nove iugeri ; ed il fegato di lui, sempre rinasce
inferno, ove disteso occupava lo spazio di nove iugeri ; ed il fegato di lui, sempre rinascendo, pasce un grande avvoltoio
o. A strani accidenti andò soggetto questo Nume per la catastrofe di Fetonte, o secondo altri, per quella di Esculapio
questo Nume per la catastrofe di Fetonte, o secondo altri, per quella di Esculapio. Da Climene, fig. dell’Oceano e di Teti
econdo altri, per quella di Esculapio. Da Climene, fig. dell’Oceano e di Teti, ebbe Apollo un figlio chiamato Fetonte, e t
quale giovinetto, dandosi assai vanto de’ suoi natali, da Epafo, fig. di Giove e d’Io, fu motteggiato, quasi non fosse egl
ssene Fetonte, e tutto lagrimoso fu tosto dalla madre a far doglianze di quell’oltraggio. Climene, per acchetare il dolore
migliore che andar dal padre a chiarirsi del vero ; e Fetonte vi andò di buona voglia. Sopra altissime colonne era edifica
. Sopra altissime colonne era edificata la magione del Sole, la quale di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risplende
ltissime colonne era edificata la magione del Sole, la quale di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risplendeva. Il te
di oro e di fiammeggianti piropi per tutto risplendeva. Il tetto era di candido avorio, e le porte di argento. Il lavoro
opi per tutto risplendeva. Il tetto era di candido avorio, e le porte di argento. Il lavoro vinceva la materia, perchè Vul
natura. Sopra un trono d’inestimabile bellezza sedeva Apollo, vestito di luce ; il quale al veder Fetonte non si tenne dal
andolo ch’era veramente suo figlio. Giurò poscia per la stigia palude di volergli concedere quanto avesse dimandato. Allor
avesse dimandato. Allora Fetonte, mosso da giovanile vaghezza, chiese di guidare per un giorno i cavalli del cocchio pater
dare per un giorno i cavalli del cocchio paterno. Si argomentò Apollo di distornarlo da sì pericolosa voglia, ma indarno ;
narlo da sì pericolosa voglia, ma indarno ; e Fetonte prese le redini di que’ destrieri, i quali mal sapendo governare, or
inandosi alla terra, l’abbruciava ; ora discostandosene, faceva morir di freddo gli uomini e gli animali. Il che vedendo G
ir di freddo gli uomini e gli animali. Il che vedendo Giove, percosse di un fulmine l’audace giovane, che precipitò nel Po
ovvero Eridano, come quel fuoco scintillante che a ciel sereno vedesi di notte trascorrere per l’aria(1). Egli fu poscia d
da Febo allogato nel cielo e trasformato in costellazione. Or le tre di lui sorelle, dolenti del tristo fato di Fetonte,
o in costellazione. Or le tre di lui sorelle, dolenti del tristo fato di Fetonte, alla riva dell’Eridano lo piangevano con
’elettro o sia l’ambra. Fu pianto eziandio Fetonte da Cigno (Cycnus), di lui parente ed amico, e fig. di Stenelo, re de’Li
o eziandio Fetonte da Cigno (Cycnus), di lui parente ed amico, e fig. di Stenelo, re de’Liguri, il quale pel dolore fu can
retto il lume, Quando fu pianto il fabuloso elettro, E Cigno si vestì di bianche piume. Alcuni per Fetonte intendono qual
o, il quale, dedito ad osservare il corso del Sole, fosse morto prima di compiere l’audace opera delle sue astronomiche co
ti. Ovidio dice che Febo si sdegnò sì fortemente pel lagrimevole caso di Fetonte che volea lasciar la cura del suo cocchio
io. Ma le maggiori sue sventure ebbero quest’altra cagione. Figliuolo di Apollo e della ninfa Coronide fu Esculapio nella
i due fig. Podalirio e Macaone, avendo seguito Agamennone alla guerra di Troia, coll’arte loro a que’ guerrieri furono di
amennone alla guerra di Troia, coll’arte loro a que’ guerrieri furono di grandissimo aiuto. Or avendo egli colla virtù del
egli colla virtù della medicina restituita la vita ad Ippolito, fig. di Teseo, ne andò Giove in grandissima collera ; ed
ve in grandissima collera ; ed indottovi eziandio dalle gravi querele di Plutone, il quale si doleva per vedersi rapito un
ale si doleva per vedersi rapito un abitatore del suo regno, percosse di un fulmine Esculapio, e così tolse la vita a chi
i la dava(1). Esculapio vuolsi inventore della Clinica, e sotto forma di serpente adoravasi ad Epidauro, città del Pelopon
tempio ; e da’ medici è reputato lor Dio e protettore. Polluce parla di alcune feste in di lui onore, dette Asclepie. Dio
ici è reputato lor Dio e protettore. Polluce parla di alcune feste in di lui onore, dette Asclepie. Dionigi il vecchio, ti
ne feste in di lui onore, dette Asclepie. Dionigi il vecchio, tiranno di Siracusa, veduta in Epidauro la statua di Esculap
Dionigi il vecchio, tiranno di Siracusa, veduta in Epidauro la statua di Esculapio con barba d’oro, comandò che gli fosse
. Continuazione. Admeto. Dafne. Giacinto. Or Apollo, per la morte di Esculapio adirato, volle farne vendetta, e non po
lle farne vendetta, e non potendo l’ira sua sfogare con Giove, uccise di saetta i Ciclopi, fabbricatori del fulmine ; per
nità e cacciollo dal cielo. Fu pure obbligato a pascolare gli armenti di Admeto, re di Fere, in Tessaglia, lungo il fiume
lo dal cielo. Fu pure obbligato a pascolare gli armenti di Admeto, re di Fere, in Tessaglia, lungo il fiume Anfriso(2). Om
lungo il fiume Anfriso(2). Omero dice che Apollo pascolò le giumente di Fere, agguagliate in velocità agli uccelli ; ma a
guagliate in velocità agli uccelli ; ma altri vogliono ch’eran mandre di tori(3). Admeto fu uno del principi greci che con
buona accoglienza ; e specialmente volendo egli sposare Alceste, fig. di Perilao, e consentendolo questi a condizione che
cchio tirato da un leone e da un cinghiale, Apollo gl’insegnò il modo di aggiogare sì feroci animali. Gli ottenne pure dal
ì generosamente a perder la vita. Proserpina mossa a pietà del dolore di quel Re, volea rendergli Alceste ; ma non consent
e ; ma non consentendolo Plutone, Ercole che albergava allora in casa di Admeto, pugnò colla morte, ed andato all’inferno,
no, ne liberò la generosa Alceste(1). A questi tempi accadde il fatto di Dafne, leggiadrissima ninfa, fig. del Peneo, nobi
il fatto di Dafne, leggiadrissima ninfa, fig. del Peneo, nobile fiume di Tessaglia, il quale, a piè del monte Pindo scorre
l quale, a piè del monte Pindo scorrendo, innaffia la deliziosa valle di Tempe(2). La quale avvezza alle arti della caccia
lle arti della caccia ed alla solitudine, fuggendo un giorno la vistu di Apollo, quand’era per nascondersi nelle paterne a
nelle paterne acque del Peneo, fu da quel Nume trasformata in alloro, di cui staccò un verde ramoscello ed ornossene le te
ramoscello ed ornossene le tempia. Questa pianta fu a lui dedicata, e di essa s’inghirlandava ogni cosa che gli appartenev
’ giuochi Pizii ec. e le sue statue ne’ monumenti veggonsi o coronate di alloro o con in mano un ramoscello di esso. Gl’in
’ monumenti veggonsi o coronate di alloro o con in mano un ramoscello di esso. Gl’indovini ne mangiavano le frondi(3), che
e le Muse nel farlo poeta gli diedero come per iscettro un ramoscello di verde alloro. Giacinto poi fu un giovinetto Spart
scello di verde alloro. Giacinto poi fu un giovinetto Spartano, amico di Apollo, col quale presso l’Eurota trovossi un gio
sua vendetta, spirò più gagliardo e spinse il disco a colpire il capo di quel bellissimo fanciullo, il quale, morendo, fra
capo di quel bellissimo fanciullo, il quale, morendo, fra le braccia di Apollo il piegò, come un bel papavero dall’aratro
dolore, e dal suo sangue fece nascere un fiore del colore dell’ostro di Tiro, che chiamasi giacinto, nelle cui frondi, in
ll’ostro di Tiro, che chiamasi giacinto, nelle cui frondi, in memoria di tanto dolore volle scritte le greche lettere αι,
anto. Amico ancora del nostro Apollo fu il bellissimo Ciparisso, fig. di Telefo. Amava egli moltissimo un cervo di grande
bellissimo Ciparisso, fig. di Telefo. Amava egli moltissimo un cervo di grande bellezza, consacrato alle Ninfe dell’isola
tissimo un cervo di grande bellezza, consacrato alle Ninfe dell’isola di Zea, una delle Cicladi, il quale sì per le campag
pagne, e sì per le case andava a diletto ; e le ramose corna fregiate di oro, un bel monile di gemme al collo ed altri orn
e andava a diletto ; e le ramose corna fregiate di oro, un bel monile di gemme al collo ed altri ornamenti ne facevano il
emme al collo ed altri ornamenti ne facevano il più piacevole diporto di quel paese, e sopra tutti, di Ciparisso, il quale
ti ne facevano il più piacevole diporto di quel paese, e sopra tutti, di Ciparisso, il quale ora al prato, ora all’acqua c
opra tutti, di Ciparisso, il quale ora al prato, ora all’acqua chiara di un fiumicello il menava. Ma un giorno, stando que
vedersene, il ferì con un dardo ; e ne fu sì dolente che pregò i Numi di poterlo piangere sempre. Allora Apollo il cangiò
Allora Apollo il cangiò in cipresso, albero luttuoso e segno funesto di morte. V. Orfeo. Lino. Mida. Marsia. Niobe. Ar
stero toccava la lira e sì dolcemente cantava che non solo gli uomini di fiera indole, ma le tigri ancora ed i feroci leon
fra l’erbe, le ferì il piede e l’uccise. Di che fu sì grave il dolore di Orfeo che ne piangeva senza speranza di conforto,
Di che fu sì grave il dolore di Orfeo che ne piangeva senza speranza di conforto, e l’estinta consorte dì e notte chiamav
dimenticare le proprie pene ; ed allora fu che le Eumenidi stupirono di quell’insolito canto, il Cerbero si tenne di latr
he le Eumenidi stupirono di quell’insolito canto, il Cerbero si tenne di latrare e fermossi la volubile ruota d’ Issione.
ore donò la sposa, ma con patto che non si voltasse a guardarla prima di uscire del doloroso regno. Questa finzione ha pot
sta finzione ha potuto avere origine dalla sacra istoria della moglie di Loth, che fu trasformata in una statua di sale. O
sacra istoria della moglie di Loth, che fu trasformata in una statua di sale. Or l’infelice Orfeo, mentre pel fosco aere
celebrò tutt’i numi, salvo che Bacco, il quale per ciò spinse contro di lui le Baccanti, le quali crudelmente il fecero i
are giunse a Lesbo ; e la lira fu cangiata in una costellazione bella di nove chiarissime stelle, ch iamasi la lira. Orfeo
erno, ed ove si evocavano le ombre de’morti. Quivi egli evocò l’ombra di Euridice ; e credendosi da lei seguito, quando si
egnò pure l’astronomia a’ Greci ; ed il suono della sua lira composta di sette corde rappresentava l’armonia de’pianeti. D
cevano i Tracî che gli usignuoli i quali nidificavano presso la tomba di lui, facevano un canto più soave che altreve. Ari
no un canto più soave che altreve. Aristeo che fu cagione della morte di Euridice, nacque da Apollo e da Cirene, fig. d’ I
llo portata in quel luogo della Libia, ove dopo fu edificata la città di Cirene, così detta dal suo nome. Nato appena Aris
suo nome. Nato appena Aristeo, Apollo il diede ad allevare alle Ninfe di que’ luoghi ; dalle quali avendo egli appreso a c
dice che Aristeo ritrovò pure il fattoio. È fama(2) che un dì, morte di morbo e di fame le industriose pecchie del buon A
risteo ritrovò pure il fattoio. È fama(2) che un dì, morte di morbo e di fame le industriose pecchie del buon Aristeo, dal
morbo e di fame le industriose pecchie del buon Aristeo, dalla valle di Tempe andò egli doloroso al fonte, da cui nasce i
lla madre Cirene. Quivi lagrimando la prega che il modo gli additasse di riprodurre le sue api. La quale, accoltolo amorev
riprodurre le sue api. La quale, accoltolo amorevolmente, gli propone di andare da Proteo, Dio marino, il quale si mutava
suoi sciami per gli oltraggi fatti ad Euridice, e per placare l’ombra di Orfeo. Allora Cirene al figlio prescrive il sacri
are l’ombra di Orfeo. Allora Cirene al figlio prescrive il sacrificio di quattro tori e di altrettante giovenche ; dalle p
eo. Allora Cirene al figlio prescrive il sacrificio di quattro tori e di altrettante giovenche ; dalle putrefatte viscere
i, dopo nove giorni, vide con grata maraviglia volare infinito numero di api che ronzando aggrupparonsi a’ rami degli albe
api che ronzando aggrupparonsi a’ rami degli alberi, pendendo a guisa di grossi grappoli di uva. Plinio(3) dice che quando
grupparonsi a’ rami degli alberi, pendendo a guisa di grossi grappoli di uva. Plinio(3) dice che quando le pecehie son tut
reputa ciò una favola. Ad Orfeo convien soggiungere Lino, fig. ancora di Apollo e della musa Tersicore. Nel suonar la lira
ici. Insegnò la musica ad Orfeo, ad Ercole ed a Tamira, poeta insigne di Tracia e cantore sì nobile che osò gareggiare nel
ucciso dal suo discepolo Ercole colla propria lira, perchè, vedendolo di poca attitudine al canto, ne lo avea un di poca a
ia lira, perchè, vedendolo di poca attitudine al canto, ne lo avea un di poca attitudine al canto, ne lo avea un dì aspram
VI. Continuazione. Celebre ancora è nelle favole l’avvenimento di Mida, fig. di Cibele, o meglio, di Gordio, re del
azione. Celebre ancora è nelle favole l’avvenimento di Mida, fig. di Cibele, o meglio, di Gordio, re della Frigia. Si
ncora è nelle favole l’avvenimento di Mida, fig. di Cibele, o meglio, di Gordio, re della Frigia. Si ritrovò egli una volt
ollo(2). Imolo, re della Lidia, che n’era l’arbitro, giudieò a favore di questo Nume. Piacque a tutti la sentenza ; ma Mid
ane. Allora Apollo in pena gli fece crescere due lunghissime orecchie di asino ; il che volendo egli celare, portava una t
un fosso, con fievole e paurosa voce ripeteva : Mida ha le orecchie di asino  ; ed alcune canne mosse dal vento ripeteva
 ; ed alcune canne mosse dal vento ripetevano : Mida ha le orecchie di asino . Il che fece a tutti aperto il difetto del
A principio Marsia vinse ; ma quel nume, avendo temperata la cetra su di altro tuono, il satiro non potè colla piva seguir
o. E però vinto pagò il fio della sua temerità, perchè Apollo, geloso di sua gloria, legatolo ad un albero, il fece vivo v
la pelle qual trofeo della vittoria, sospese in un tempio della città di Celene. I Satiri e le Ninfe piansero con tante la
Celene. I Satiri e le Ninfe piansero con tante lagrime l’acerbo fato di lui, che di quelle si fece un fiume, detto Marsia
atiri e le Ninfe piansero con tante lagrime l’acerbo fato di lui, che di quelle si fece un fiume, detto Marsia, ch’è nella
rigia, non lungi dal Meandro. Presso ai rostri in Roma era una statua di Marsia, ove univansi i causidici per le loro facc
comporre le liti(1). La sorgente del fiume Marsia è una palude spessa di cannucce buone per le linguette de’ pifferi. Un q
ri. Un qualche uomo d’ingegno, chiamató Marsia, forse in quel luogo e di quelle cannucce fece la prima volta i pifferi ; d
se in quel luogo e di quelle cannucce fece la prima volta i pifferi ; di che fu tanto superbo che parlò in modo da paragon
che Marsia fu un filosofo che ritrovò il flauto e disputò con Apollo di cose filosofiche. Fu pure segno alla vendetta di
e disputò con Apollo di cose filosofiche. Fu pure segno alla vendetta di questo Nume l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e d
he. Fu pure segno alla vendetta di questo Nume l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelop
egno alla vendetta di questo Nume l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie d
endetta di questo Nume l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie di Anfione,
me l’infelice Niobe, fig. di Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie di Anfione, re di Tebe ed insign
fig. di Tantalo e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie di Anfione, re di Tebe ed insigne suonatore di lira.
o e di Dione o di Taigeta, sorella di Pelope, e moglie di Anfione, re di Tebe ed insigne suonatore di lira. Di costui ella
rella di Pelope, e moglie di Anfione, re di Tebe ed insigne suonatore di lira. Di costui ella partorì sette figliuoli, ed
ira. Di costui ella partorì sette figliuoli, ed altrettante figliuole di grandissima bellezza ; di che venne in molta supe
ì sette figliuoli, ed altrettante figliuole di grandissima bellezza ; di che venne in molta superbia. La fatidica Manto, f
ma bellezza ; di che venne in molta superbia. La fatidica Manto, fig. di Tiresia, imposto avea alle donne Tebane di offrir
a. La fatidica Manto, fig. di Tiresia, imposto avea alle donne Tebane di offrir sacrificii a Latona. Niobe ne fu gelosa, e
cii a Latona. Niobe ne fu gelosa, e fra la raccolta moltitudine parlò di Latona con assai villanie : aver ella per avo mat
per avo materno Atlante, e Giove, per suocero ed avo ; esser signora di ampio reame ed aver sembianze degne di una Dea, o
suocero ed avo ; esser signora di ampio reame ed aver sembianze degne di una Dea, oltre sette figliuoli ed altrettante fig
anze degne di una Dea, oltre sette figliuoli ed altrettante figliuole di una bellezza che non avea pari sotto le stelle ;
gato un luogo a partorire, ed aver solo due figliuoli ; ed altre cose di grande dispregio. Allora Latona sul monte Cinto f
alla vendetta. Era vicino a Tebe uno spazioso campo, ove i figliuoli di Niobe si esercitavano alla palestra. Quivi Apollo
sua empietà verso i Numi e dell’ acerbità del suo dolore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta era n
umi e dell’ acerbità del suo dolore. Niobe, fig. di Tantalo e sorella di Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò
e sorella di Pelope, con cui venuta era nel Peloponneso, sposò il re di Tebe ; il quale matrimonio fu felice per numerosa
osa e bellissima prole. Dovea questa regina avere un animo orgoglioso di sua felicità a segno di sconfortare i Tebani dal
Dovea questa regina avere un animo orgoglioso di sua felicità a segno di sconfortare i Tebani dal culto de’ Numi. Timagora
e’ Numi. Timagora dice che i Tebani a tradimento uccisero i figliuoli di Anfione, forse per dispetto dell’alterigia e dell
irono in una pestilenza ; il che i poeti dissero effetto delle saette di Apollo. E l’empia Regina n’ebbe sì gran dolore ch
ato vuole che sia nata la favola dall’aver Niobe posta una sua statua di pietra sul sepolcro de’ suoi figliuoli. Finalment
sepolcro de’ suoi figliuoli. Finalmente Pausania racconta che fu egli di persona sulla vetta del Sipilo per vedervi la fav
lo per vedervi la favolosa Niobe, e che quivi vide una rupe, la quale di lontano avea sembianza di una donna mesta e piang
Niobe, e che quivi vide una rupe, la quale di lontano avea sembianza di una donna mesta e piangente. In Firenze vi è un’a
ima Niobe co’ figliuoli, forse quella trasportata dalla villa Medicea di Roma, opera d’inestimabile bellezza, non si sa se
la villa Medicea di Roma, opera d’inestimabile bellezza, non si sa se di Scopa o di Prassitele(1). VII. Crise – Crine 
dicea di Roma, opera d’inestimabile bellezza, non si sa se di Scopa o di Prassitele(1). VII. Crise – Crine – Cassandra
ssandra. Nel primo libro dell’ Iliade si legge la favolosa storia di Crise, sacerdote di Apollo Sminteo e padre di Ast
mo libro dell’ Iliade si legge la favolosa storia di Crise, sacerdote di Apollo Sminteo e padre di Astinome, detta da lui
egge la favolosa storia di Crise, sacerdote di Apollo Sminteo e padre di Astinome, detta da lui Criseide. Agamennone, sovr
ino fatto nella Misia. Il desolato genitore, fidando sulla protezione di Apollo, degli abiti sacerdotali vestito andò agli
con villani modi rigetta le preghiere del sacerdote, il quale, l’ira di lui temendo, senza la figliuola se ne ritorna, e
se la figliuola Astinome con preziosi doni ad Apollo. Ma nella favola di Crine sì ha una più nobile vendetta, ed una glori
etta, ed una gloriosa spedizione, per cui Apollo meritò il soprannome di Sminteo, o sia distruggitore dei topi. In Crisa,
truggitore dei topi. In Crisa, castello della Frigia, fu un sacerdote di Apollo, chiamato Crine, il quale, avendo lasciato
fu un sacerdote di Apollo, chiamato Crine, il quale, avendo lasciato di fare alcuni sacrificii di quel Nume, in pena vide
, chiamato Crine, il quale, avendo lasciato di fare alcuni sacrificii di quel Nume, in pena vide miseramente darsi il guas
vide miseramente darsi il guasto al suo campo da grandissima schiera di topi. Per allontanare tanto male placò con molti
di topi. Per allontanare tanto male placò con molti sacrificii l’ira di Apollo ; il quale, volendo liberare da quella pes
ndo liberare da quella peste il campo del suo sacerdote, in sembianza di uomo accolto in casa da Orde, di lui pastore, col
ampo del suo sacerdote, in sembianza di uomo accolto in casa da Orde, di lui pastore, colle saette uccise tutti que’ topi 
que’ topi ; e comandò al pastore che dicesse a Crine, avergli Apollo di persona sgomberato i campi di que’ nocevoli anima
ore che dicesse a Crine, avergli Apollo di persona sgomberato i campi di que’ nocevoli animali, il che udendo Crine, fece
ininteo. Un più strano gastigo dal nostro Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdo
più strano gastigo dal nostro Apollo ebbe Cassandra, fig. di Priamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdotessa donata
riamo e di Ecuba. Avea egli a questa sua sacerdotessa donata la virtù di presagire il futuro ; ma poscia, di lei mal conte
sua sacerdotessa donata la virtù di presagire il futuro ; ma poscia, di lei mal contento, volle che non le si prestasse m
E forse Troia sarebbe aucora, se avessero i Troiani creduto a’ veraci di lei pronostici, chè quando essi inconsideratament
dar fede a’ suoi presagi(1). Sposò Corebo che perì nell’ultima notte di Troia ; e questa incendiata, toccò in sorte ad Ag
to banchetto da Egisto e dalla disleale consorte. VIII. Incumbenze di Apollo-Nove Muse. Luoghi del loro soggiorno.
del loro soggiorno. Non poche e tutte nobilissime erano le incumbenze di Apollo. E primieramente egli era il Dio de’ carmi
ente egli era il Dio de’ carmi e della poesia, non che della musica e di tutte le belle arti. I poeti erano suoi sacerdoti
tt’i cultori delle arti belle. Qual signore del canto, andava superbo di una bella lira di oro che avea ricevuta da Mercur
arti belle. Qual signore del canto, andava superbo di una bella lira di oro che avea ricevuta da Mercurio ; ed era il duc
rcurio ; ed era il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran esse fig. di Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci 
era il duce e quasi il sovrano delle Muse. Eran esse fig. di Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci ; o di Giov
ran esse fig. di Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci ; o di Giove e di Minerva che secondo alcuni era la Memo
g. di Giove e di Moneta, ch’era la Mnemosine de’ Greci ; o di Giove e di Minerva che secondo alcuni era la Memoria. Fedro(
he significa ricercare, investigare, essendo l’investigazione origine di tutte le umane conoscenze. Furon dette pure Camen
na pasceva il suo gregge ; e donandogli, quasi scettro, un ramoscello di alloro, il consacraron poeta(3). Le Muse ed Apoll
ean per vergini, era il loro felice soggiorno. Un suolo tutto coperto di alberi e di erbette salubri di gratissimo odore ;
ini, era il loro felice soggiorno. Un suolo tutto coperto di alberi e di erbette salubri di gratissimo odore ; un boschett
lice soggiorno. Un suolo tutto coperto di alberi e di erbette salubri di gratissimo odore ; un boschetto sacro a quelle De
Dee fu dato viver tranquille ; e molti vi furono ardimentosi a segno di sfidarle nel canto. Filammone, fig. di Apollo e d
vi furono ardimentosi a segno di sfidarle nel canto. Filammone, fig. di Apollo e della ninfa Chione, uno de’ più antichi
Chione, uno de’ più antichi Musici(1), ed il primo che istituì i cori di donzelle, fu amico dei versi e del canto. Venuto
rese le ali, fuggirono velocissime per l’aria ; ed egli che salito su di un’alta torre del suo palagio, volea follemente s
zzatore delle scienze e delle arti, o perchè disturbò la tranquillità di quel paese con continue guerre, si disse da’ Poet
elebratissima è la gara delle Pieridi colle Muse. Alcuni per un luogo di Strabone avvisano che la regione detta Pieria ed
itato da’ popoli della Macedonia(3). Pierio adunque era probabilmente di Pella, in Macedonia ; e da Evippe, di Peonia, ebb
ierio adunque era probabilmente di Pella, in Macedonia ; e da Evippe, di Peonia, ebbe nove figliuole, le quali, della cogn
da Evippe, di Peonia, ebbe nove figliuole, le quali, della cognizione di molte scienze ed arti dotate, osarono le Muse ste
lte scienze ed arti dotate, osarono le Muse stesse provocare in fatto di canto. Accettata la disfida e scelte le Ninfe a g
le Ninfe a giudici della contesa, cantarono prima le audaci figliuole di Piero ; e poscia le Muse sciolsero la lingua ad u
lora le Ninfe affermarono, alle Muse doversi la vittoria ; ed in pena di lor presunzione furono le figliuole di Evippe tra
versi la vittoria ; ed in pena di lor presunzione furono le figliuole di Evippe trasformate in piche, la cui voce è tanto
se. Forse sotto il simbolo delle gazze si volle significare l’audacia di tanti poeti infelici, la loquacità de’ quali, sim
e. Pegaso. Parnaso. Persio(2) per dire che non era poeta, afferma di non aver bagnato le labbra nel fonte del cavallo.
fiume Termesso, essendo naturale che una fontana si chiami figliuola di un fiume. L’Ariosto, parlando delle donne che acq
da Medusa ; ma comunemente si vuole che quando Perseo recise il capo di Medusa, dal sangue che gocciolonne sul suolo, nac
sa, dal sangue che gocciolonne sul suolo, nacque un destriero fornito di ali velocissime, che fu appunto il Pegaso, il qua
ll’Elicona col piede percosse una pietra, da cui spicciò un bel fonte di chiarissima acqua, la quale bevuta dava virtù di
spicciò un bel fonte di chiarissima acqua, la quale bevuta dava virtù di poetare ; e questo fu l’Ippocrene. A questa favol
ale cercando nella Beozia un luogo per edificare una città, mentre su di un bel destriero girava per varie contrade, fu il
del Parnasso aveano in grandissima venerazione. Era tutto ombreggiato di pregevole alloro, ed avea due sommità, Cirra e Ni
lungi il monte Citerone pur sacro a Bacco ed alle Muse. Alla custodia di quel fonte stava un dragone di strana grandezza ;
ro a Bacco ed alle Muse. Alla custodia di quel fonte stava un dragone di strana grandezza ; de’ quali ritroviamo moltissim
dar qualche giardino, edificio o antro, anzi a rappresentare il Genio di qualche luogo. Cadmo uccise o colla sua spada, o
di qualche luogo. Cadmo uccise o colla sua spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro, il quale, uscendo di un antro
a spada, o con un gran colpo di pietra quel mostro, il quale, uscendo di un antro del Parnasso, ove stavasi rìntanato, ave
ell’acqua per un sacrificio. Il qual fonte chiamavasi pure Aretias, o di Marte ; e da Seneca fu detto Dirceo. Secondo alcu
ublime allievo delle Muse, appellasi cigno Dirceo(1). Antiope fu fig. di Nitteo o del fiume Asopo, e moglie di Lico, re di
igno Dirceo(1). Antiope fu fig. di Nitteo o del fiume Asopo, e moglie di Lico, re di Tebe, il quale, dopo averla da se dis
1). Antiope fu fig. di Nitteo o del fiume Asopo, e moglie di Lico, re di Tebe, il quale, dopo averla da se discacciata, sp
origine ; e per vendicare l’onta della madre legarono Dirce alla coda di un indomito toro. La quale così per più tempo mis
ssione degli Dei convertita in una fontana del suo nome. Il supplizio di Dirce è rappresentato in un bel gruppo del palazz
Farnese, detto il toro Farnese, che ritrovasi nel R. Museo Borbonico di Napoli. Alcuni dicono che Anfione e Zeto furon fi
useo Borbonico di Napoli. Alcuni dicono che Anfione e Zeto furon fig. di Giove e di Antiope ; che per comando di Apollo ci
ico di Napoli. Alcuni dicono che Anfione e Zeto furon fig. di Giove e di Antiope ; che per comando di Apollo circondaron d
che Anfione e Zeto furon fig. di Giove e di Antiope ; che per comando di Apollo circondaron di mura la città di Tebe, e ch
on fig. di Giove e di Antiope ; che per comando di Apollo circondaron di mura la città di Tebe, e che discacciato dal tron
e di Antiope ; che per comando di Apollo circondaron di mura la città di Tebe, e che discacciato dal trono Laio, fig. di L
aron di mura la città di Tebe, e che discacciato dal trono Laio, fig. di Labdaco, quivi essi regnarono. Le Muse donarono a
e donarono ad Anfione la lira, che toccava sì dolcemente, che al suon di quelle corde i sassi, movendosi da se, andarono i
ni a portar le pietre per le mura della città. Orazio(2) coll’esempio di lui e di Orfeo dimostra la virtù prodigiosa della
ar le pietre per le mura della città. Orazio(2) coll’esempio di lui e di Orfeo dimostra la virtù prodigiosa della poesia e
denti. Ne’ loro giardini e sacri boschetti vi eran fontane e ruscelli di mele, da cui i Poeti, i quali si assomigliavano a
è qual’ape industriosa del monte Matino, che negli ombrosi boschetti di Tivolì, dal timo fabbrica il mele de’ suoi dolci
ero(3). Le Muse cantavano in cielo le lodi dei Numi, e principalmente di Giove, lor padre. Il quale rimasto vincitore de’
vincitore de’ giganti, Apollo e le Muse un sublime inno cantarono in di lui onore(4). Quindi l’Ariosto rivolto a Febo dic
crede che la favola delle Muse ebbe origine da una qualche accademia di musica da Giove stabilita in Creta, in cui primeg
egli fu chiamato lor padre tra perchè la poesia pare inspirata virtù di un Nume, e perchè egli il primo fra’ Greci ritrov
Jubal della Sacra Scrittura, che fu, per così dire, il primo maestro di cappella, (Pater canentium cithara. Genes). Il Pi
ovea esservi un boschetto sacro alle Muse, perchè Properzio(1) invece di poetare adopera la frase abitare il bosco Ascreo.
il bosco Ascreo. Ed in altro luogo chiama Ascrei i fonti d’Ippocrene, di Aganippe, ec. a’ quali beono i poeti maggiori, tu
di Aganippe, ec. a’ quali beono i poeti maggiori, tutto al contrario di lui che bevea al Permesso, fiumicello che scorre
benchè nato a Cuma, perchè educato in Ascra. Libetra fu pure un fonte di Magnesia, nella Macedonia, sacro alle Muse, da es
n Catullo vuol dire attendere alla poesia. Pirene chiamavasi un fonte di limpidissime acque sull’Acrocorinto, monte, alle
dissime acque sull’Acrocorinto, monte, alle cui radici stava la città di Corinto. Pirene, fig. di Acheloo, o di Oebalo, pi
rinto, monte, alle cui radici stava la città di Corinto. Pirene, fig. di Acheloo, o di Oebalo, piangendo oltremodo il figl
alle cui radici stava la città di Corinto. Pirene, fig. di Acheloo, o di Oebalo, piangendo oltremodo il figlio Cencria, pe
onte. Il caval Pegaso fu preso da Bellorofonte, mentre bevea al fonte di Pirene. Anzi Stazio(3) afferma che questa fontana
ol suo piè diede il Pegaso ad un sasso. Vicino ad essa era una statua di Apollo, e le sue acque davano pure la virtù di po
ad essa era una statua di Apollo, e le sue acque davano pure la virtù di poetare. Notisi infine che in generale gli antri
detti sì spesso lor sacerdoti ed amici, con far bere ad essi l’acqua di alcuno de’ mentovati fonti(1), la quale aver cred
(1), la quale aver credeano non so quale virtù d’infondere la facoltà di verseggiare. XII. Incumbenzè e breve iconologi
Le Muse si dipingono belle e vestite con molta semplicità e modestia, di modo che possonsi riconoscere pel solo carattere
icità e modestia, di modo che possonsi riconoscere pel solo carattere di un decente abbigliamento. Alla loro testa si vede
di un decente abbigliamento. Alla loro testa si vede Apollo coronato di alloro e colla lira in mano. Non di rado negli an
oro testa si vede Apollo coronato di alloro e colla lira in mano. Non di rado negli antichi monumenti si veggono vestite d
lira in mano. Non di rado negli antichi monumenti si veggono vestite di lunghe tonache, ed una o due piume sul capo, per
e celebra le azioni degli uomini grandi. Rappresentavasi in sembianza di una giovane coronata di alloro. Ila in mano un fa
i uomini grandi. Rappresentavasi in sembianza di una giovane coronata di alloro. Ila in mano un fascio di carte ed uno sti
in sembianza di una giovane coronata di alloro. Ila in mano un fascio di carte ed uno stile per segnarvi le memorabili ges
no stile per segnarvi le memorabili gesta ed i fatti storici. La Clio di Ercolano ha vicino a se uno scrigno pieno di mano
i fatti storici. La Clio di Ercolano ha vicino a se uno scrigno pieno di manoscritti. Euterpe, (ab ευ, bene, et τερπω, del
isce l’invenzione del flauto ; percui sul basso rilievo dell’apoteosi di Omero questa Musa tiene un doppio flauto. Si dipi
usa tiene un doppio flauto. Si dipinge come una giovane inghirlandata di fiori, con carte musicali ed un flauto in mano, e
n carte musicali ed un flauto in mano, e con altri strumenti appresso di se. Talia, (a θαλεω, floreo), quasi fiorente, pre
se. Talia, (a θαλεω, floreo), quasi fiorente, presedeva alla commedia di cui vuolsi inventrice, ed all’agricoltura. Tiene
socco comico a’ piedi. La Talia del Museo Pio-Clementino era coronata di ellera, pianta consacrata a Bacco, ch’era Dio deg
pianta consacrata a Bacco, ch’era Dio degli spettacoli. Nelle pitture di Ercolano, Talia è in piedi, vestita di una tonaca
egli spettacoli. Nelle pitture di Ercolano, Talia è in piedi, vestita di una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata di
Nelle pitture di Ercolano, Talia è in piedi, vestita di una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata di alloro, e col pe
è in piedi, vestita di una tonaca, e di una palla fimbriata, coronata di alloro, e col pedo o bastone pastorale, perchè pr
erchè presedeva agli studii campestri. Nel bassorilievo dell’apoteosi di Omero, Talia è quella che tiene la lira ed è in a
eosi di Omero, Talia è quella che tiene la lira ed è in atteggiamento di recitare. Melpomene, (a μελπομαι, cano), era la M
mano tiene scettri e corone, e nell’altra, un pugnale. In una pittura di Ercolano si rappresenta vestita di una tonaca col
’altra, un pugnale. In una pittura di Ercolano si rappresenta vestita di una tonaca colle maniche sino a’ gomiti, di un pe
no si rappresenta vestita di una tonaca colle maniche sino a’ gomiti, di un peplo e di un pallio attaccato alla cintura ;
nta vestita di una tonaca colle maniche sino a’ gomiti, di un peplo e di un pallio attaccato alla cintura ; ha la testa ci
di un peplo e di un pallio attaccato alla cintura ; ha la testa cinta di alloro o di una benda ; colla destra si appoggia
e di un pallio attaccato alla cintura ; ha la testa cinta di alloro o di una benda ; colla destra si appoggia ad una clava
lei si attribuisce l’invenzione della cetra. Si rappresenta in forma di una giovane inghirlandata, e che ha in mano un’ar
Musa delle poesie erotiche, ed invocavasi da’ giovani romani nel mese di Aprile. È molto simile a Tersicore ; e si rappres
di Aprile. È molto simile a Tersicore ; e si rappresenta in sembianza di una giovane coronata di mirto e di rose, avendo i
e a Tersicore ; e si rappresenta in sembianza di una giovane coronata di mirto e di rose, avendo in una mano la lira, e ne
re ; e si rappresenta in sembianza di una giovane coronata di mirto e di rose, avendo in una mano la lira, e nell’altra, u
o in una mano la lira, e nell’altra, un arco o plettro. Nelle pitture di Ercolano, Erato è in piedi ed ha in mano la cetra
brati da’poeti, li tramanda alla posterità. Il più dipingesi coronata di fiori, e qualche volta di perle e di pietre prezi
a alla posterità. Il più dipingesi coronata di fiori, e qualche volta di perle e di pietre preziose, vestita di bianco, co
erità. Il più dipingesi coronata di fiori, e qualche volta di perle e di pietre preziose, vestita di bianco, colla destra
nata di fiori, e qualche volta di perle e di pietre preziose, vestita di bianco, colla destra in atto di arringare, uno sc
i perle e di pietre preziose, vestita di bianco, colla destra in atto di arringare, uno scettro nella sinistra, ed un roto
etro al suo capo una stella. Catullo la fa madre d’Imeneo ; ed Igino, di Lino. Calliope infine, (a καλος, pulcher, et οψ,
d Esiodo(3), la più nobile delle altre tutte. Si rappresenta in forma di una giovane coronata di alloro, di sembianza maes
le delle altre tutte. Si rappresenta in forma di una giovane coronata di alloro, di sembianza maestosa, tenendo nella dest
tre tutte. Si rappresenta in forma di una giovane coronata di alloro, di sembianza maestosa, tenendo nella destra una trom
ventò la cetra(5), e ch’ebbe la lira da Mercurio(6). XIII. Oracoli di Apollo. Tempio di Delfo. Callimaco loda il no
e ch’ebbe la lira da Mercurio(6). XIII. Oracoli di Apollo. Tempio di Delfo. Callimaco loda il nostro Apollo dalla
pollo dalla moltiplice cognizione delle cose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le principali arti di cui egli era duce e
ione delle cose ; e secondo lo Scoliaste di Omero, le principali arti di cui egli era duce e maestro, furono la musica, de
abbiam parlato, la divinazione, la medicina e l’arte sagittaria, cioè di maneggiar l’arco. Quindi sotto la tutela di lui e
e l’arte sagittaria, cioè di maneggiar l’arco. Quindi sotto la tutela di lui erano gli arcieri, i musici, i cantori e suon
, i musici, i cantori e suonatori, i vati e gli auguri. Lo Scoliaste di Pindaro afferma che Apollo appreso avea da Pan la
o ch’ei era il dio della divinazione. Rappresentavasi quindi coronato di alloro ch’era simbolo della conoscenza del futuro
ndi coronato di alloro ch’era simbolo della conoscenza del futuro ; e di alloro si coronavano le imposte de’suoi tempii ;
ro si coronavano le imposte de’suoi tempii ; e quando Apollo mostrava di esser presente, tutto si scuoteva il sacro lauro(
sser presente, tutto si scuoteva il sacro lauro(1). Da ciò il costume di gettare nel fuoco le frondi di quella pianta ; le
a il sacro lauro(1). Da ciò il costume di gettare nel fuoco le frondi di quella pianta ; le quali se facevano un certo str
a funesto, se nol facevano(2). Or qui dobbiam favellare degli oracoli di Apollo, e prima di quello famoso di Delfo, città
acevano(2). Or qui dobbiam favellare degli oracoli di Apollo, e prima di quello famoso di Delfo, città della Focide, sulla
i dobbiam favellare degli oracoli di Apollo, e prima di quello famoso di Delfo, città della Focide, sulla vetta del monte
dagli antichi allogata giusto nel mezzo non solo della Grecia, ma pur di tutta la terra, e però la chiamavano l’ombelico d
lla Grecia, ma pur di tutta la terra, e però la chiamavano l’ombelico di essa(3). Notano i dotti che lo stesso credevano i
ombelico di essa(3). Notano i dotti che lo stesso credevano i Giudei, di Gerusalemme, gli Ateniesi, di Atene, e così di al
dotti che lo stesso credevano i Giudei, di Gerusalemme, gli Ateniesi, di Atene, e così di altre città. E si racconta che G
so credevano i Giudei, di Gerusalemme, gli Ateniesi, di Atene, e così di altre città. E si racconta che Giove, volendo sap
esto centro del mondo era il celebre oracolo ed il nobilissimo tempio di Apollo, ricco delle dovizie di tutt’ i popoli e d
lebre oracolo ed il nobilissimo tempio di Apollo, ricco delle dovizie di tutt’ i popoli e di molti monarchi, non che de’ p
nobilissimo tempio di Apollo, ricco delle dovizie di tutt’ i popoli e di molti monarchi, non che de’ più pregevoli monumen
re al determinato valore. Il tempio poi, ov’era allogato un simulacro di Apollo tutt’oro, stava su di una rupe altissima i
tempio poi, ov’era allogato un simulacro di Apollo tutt’oro, stava su di una rupe altissima intorno intorno tagliata, ed i
ttà ; e del tempio e della città le balze ed i dirupi facevan le veci di mura, sicchè non era certo, se più mirabile fosse
del luogo, o la maestà del Nume. Il mezzo della città avea sembianza di vasto teatro, e quando vi era assai gridare di uo
a città avea sembianza di vasto teatro, e quando vi era assai gridare di uomini e forte suono di trombe, rintronando le ru
i vasto teatro, e quando vi era assai gridare di uomini e forte suono di trombe, rintronando le rupi, si udiva più grande
dava profetiche risposte dal sacro tripode ch’era posto sull’apertura di quella grotta. In questo tempio scrissero gli ant
. In questo tempio scrissero gli antichi a lettere d’oro tre precetti di Chilone Lacedemonio : Conosci te stesso ; non de
i .. Ed appresso i Greci correva voce che Socrate dall’oracolo stesso di Delfo era stato dichiarato il più sapiente di tut
ate dall’oracolo stesso di Delfo era stato dichiarato il più sapiente di tutti gli uomini. Omero(2) riferisce, avere Apoll
guiderdone pari alla fatica, cioè quella cosa che gli fosse sembrata di loro maggior vantaggio. Apollo significò che di l
he gli fosse sembrata di loro maggior vantaggio. Apollo significò che di là a tre giorni avrebbero veduto l’effetto della
to della preghiera ; il quale fu, essersi ritrovati morti nell’ultimo di essi. Volle con ciò Apollo dare ad intendere, niu
re, niuna cosa essere per l’uomo migliore che la morte(3). Nel tempio di Delfo era il celebre tripode o cortina. Servio di
e tripode o cortina. Servio dice che i tripodi erano mense nel tempio di Apollo Delficio, sopra le quali le sacerdotesse d
o mense nel tempio di Apollo Delficio, sopra le quali le sacerdotesse di quel nume profetavano. E Plinio per cortina inten
l quale la Pitonessa dava gli oracoli(1), ispirata dal Nume per mezzo di un vento o vapore che usciva da un freddo sotterr
do sotterraneo, quando essa sedea sul tripode. Dicono che Flegia fig. di Marte e re de’ Lapiti, ’in Tessaglia, per vendett
che Flegia fig. di Marte e re de’ Lapiti, ’in Tessaglia, per vendetta di un grave oltraggio recatogli da Apollo, incendiò
tta di un grave oltraggio recatogli da Apollo, incendiò il suo tempio di Delfo. E perciò quel Nume il fulminò e cacciollo
e cacciollo all’inferno, ove sedendo sotto un gran sasso che minaccia di cadere, è condannato a sempre temerne la rovina(2
annato a sempre temerne la rovina(2). I Greci dicevano che nel tempio di Delfo la radice del rafano era stata posta innanz
rafano era stata posta innanzi agli altri cibi, essendo essa figurata di oro, la bietola, di argento, e la rapa di piombo(
ta innanzi agli altri cibi, essendo essa figurata di oro, la bietola, di argento, e la rapa di piombo(3). Nè a Delfo solo,
cibi, essendo essa figurata di oro, la bietola, di argento, e la rapa di piombo(3). Nè a Delfo solo, ma in più altri luogh
mbo(3). Nè a Delfo solo, ma in più altri luoghi erano celebri oracoli di Apollo. In Claro, città della Ionia, era un tempi
della Ionia, era un tempio che in magnificenza appena cedeva a quello di Diana in Efeso, ed ove Apollo dava i suoi oracoli
pollo dava i suoi oracoli in versi. Si vuole edificato da Manto, fig. di Tiresia, la quale, presa Tebe, sua patria, dagli
a, la quale, presa Tebe, sua patria, dagli Epigoni, erasi nella città di Claro ritirata. Un altro oracolo era in Cirra, la
e proprio il verno, in Patara, città dell’Asia Minore(4), e sei mesi di està, in Delo. Teseo, dovendo partire per combatt
partire per combattere il Minotauro, promise con voto ad Apollo Delio di far sì che gli Ateniesi ogni anno facessero un vi
quasi quel serpente gli avesse vietato il prender l’acqua. Ma in pena di aver voluto gabbare il Dio degl’indovini, fu cond
i astri il corvo, il serpe e la tazza. Alcuni scrittori sull’autorità di Aristotele(3) hanno asserito che i corvi verament
ristotele(3) hanno asserito che i corvi veramente non beono nel tempo di està ; il che ha potuto dar luogo alla favola. Gl
sua morte, la quale esso annunzia con un canto dolcissimo. Figliuolo di Apollo e d’Ipermestra o Ipermnestra, fu Anfiarao,
e morto, si tenne celato a tutti, salvo che alla moglie Erifile, fig. di Talao e sorella di Adrasto, il quale, per iscopri
elato a tutti, salvo che alla moglie Erifile, fig. di Talao e sorella di Adrasto, il quale, per iscoprire il cognato, le d
i Adrasto, il quale, per iscoprire il cognato, le diede un bel monile di oro e gemmato, fatto da Vulcano ; ed ella di quel
, le diede un bel monile di oro e gemmato, fatto da Vulcano ; ed ella di quel dono invaghita tradì il consorte. Anfiarao i
no invaghita tradì il consorte. Anfiarao impose al figliuolo Alcmeone di vendicar dopo la sua morte il tradimento della ma
so afferma ch’egli avea trovata la medicina, e che conosceva la virtù di ciascun’erba ; nel che gliantichi facevan consist
attribuisce l’invenzione della medicina oculare. Da non pochi luoghi di Omero si scorge che ad Apollo attribuivan gli ant
i, come a Diana, quelle delle femmine. Così Ecuba assomiglia il corpo di Ettore ad un fiore, che Apollo uccide co’ dolci s
nti. Eurito, nell’Odissea, muore repentinamente, perchè avendo osato di venire a contesa con Apollo sulla perizia nel man
cose dissero i poeti, perchè alle volte il calore del sole è cagione di subitanee morti. Ad Apollo poi, come a Dio della
ardi uccisero il mostruoso Pitone ed i Ciclopi, come pure i figliuoli di Niobe. Da Orazio(1) chiamasi Febo tremendo per l’
l gigante Tizio, avendo usato poco rispetto a Latona, fu dalle saette di Apollo ucciso e condannato nel tartaro ad occupar
aette di Apollo ucciso e condannato nel tartaro ad occupare lo spazio di ben nove iugeri collo smisurato suo corpo. Altri
iugeri collo smisurato suo corpo. Altri dicono che fu da Giove ucciso di un fulmine. Morto Ettore, l’indomito Achille, app
un fulmine. Morto Ettore, l’indomito Achille, appressandosi alle mura di Troia, con gran voce diceva ch’egli solo bastava
eva ch’egli solo bastava ad espugnare quella città infelice. Sdegnato di ciò Apollo prende la figura di Paride e coll’inev
ugnare quella città infelice. Sdegnato di ciò Apollo prende la figura di Paride e coll’inevitabile suo strale mortalmente
Apollo diresse il suo dardo. Infine è certo che principale attributo di Apollo è l’arco ed il turcasso ; da che ebbe i so
ttributo di Apollo è l’arco ed il turcasso ; da che ebbe i soprannomi di Arciero, di Ecaergo, o che colpisce da lungi, e p
Apollo è l’arco ed il turcasso ; da che ebbe i soprannomi di Arciero, di Ecaergo, o che colpisce da lungi, e più altri ; i
tri ; i quali dinotano che il sole co’ suoi raggi che sono gli slrali di Apollo, da lontano fa sentire la sua influenza. S
da Vulcano e l’arco e le sue frecce inevitabili. Sotto la protezione di Apollo erano inoltre i fondatori delle città ; e
le colonie o fondar doveano qualche città, eran soliti presso i Greci di consultare l’oracolo di Delfo sì riguardo al luog
ano qualche città, eran soliti presso i Greci di consultare l’oracolo di Delfo sì riguardo al luogo ed al modo d’impadroni
re l’impresa(1). Callimaco(2) afferma che Apollo non solo era maestro di fondare città, ma che n’era pure fondatore egli s
era pure fondatore egli stesso. Quindi molte città si davano il vanto di avere avuto questo Nume a fondatore, e Cirene, e
ne, e Tere o Terea, e Carne, e Nasso in Sicilia, e Delo specialmente, di cui parlando il poeta fa menzione dell’ara cornea
a Apollo, ed una delle maraviglie del mondo. Era essa tutta costrutta di corna di capra che Diana ucciso avea sul monte Ci
ed una delle maraviglie del mondo. Era essa tutta costrutta di corna di capra che Diana ucciso avea sul monte Cinto, le q
ai ingegnosamente dispote ed intrecciate insieme senza alcuna maniera di cemento. Una tradizione attribuiva ad Apollo la c
emento. Una tradizione attribuiva ad Apollo la costruzione delle mura di Megara ; e si vuole che avesse aiutato Alcatoo, f
ne delle mura di Megara ; e si vuole che avesse aiutato Alcatoo, fig. di Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una dell
gara ; e si vuole che avesse aiutato Alcatoo, fig. di Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quell
, fig. di Pelope e nipote di Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quella città, ove a tempo di Pausania mostravasi
Tantalo, a fabbricare una delle fortezze di quella città, ove a tempo di Pausania mostravasi ancora la pietra, sulla quale
lira, e che da quell’istante rendeva toccata un suono simile a quello di questo strumento. Il dice Ovidio(3). Quando fè f
si non fu muto ; Ma da marmo o d’acciar percosso alquanto Puro rendea di quella cetra il canto. Anguillara. Era pure Dio
gge. Quindi chiamossi Nomio o pastorale fin da che guardò gli armenti di Admeto. Se gl’immolava il lupo, ch’è animale pern
, Apollo : Nel tenebroso fondo d’una torre, Ove mai non entrò raggio di Apollo. Secondo Macrobio, il Sole era adorato da
do Macrobio, il Sole era adorato dagli antichi sotto varii nomi, come di Bacco, di Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sol
o, il Sole era adorato dagli antichi sotto varii nomi, come di Bacco, di Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sole era il B
era adorato dagli antichi sotto varii nomi, come di Bacco, di Apollo, di Mercurio ecc. E forse il Sole era il Baal o Belo
incipio dal culto del sole, e che quest’astro fosse stato la divinità di quasi tutte le antiche nazioni. Avea i suoi tempi
acrificii, e si diceva fig. d’Iperione, mentre Apollo riputavasi fig. di Giove e di Latona. Omero il fa figliuolo d’Iperio
e si diceva fig. d’Iperione, mentre Apollo riputavasi fig. di Giove e di Latona. Omero il fa figliuolo d’Iperione e di Eur
utavasi fig. di Giove e di Latona. Omero il fa figliuolo d’Iperione e di Eurifessa ; ed Esiodo, d’Iperione e di Tia o Tea.
o il fa figliuolo d’Iperione e di Eurifessa ; ed Esiodo, d’Iperione e di Tia o Tea. Cicerone(4) numera cinque Soli ; il pr
e e di Tia o Tea. Cicerone(4) numera cinque Soli ; il primo figliuolo di Giove e nipote dell’ Etere ; il secondo, d’Iperio
lo di Giove e nipote dell’ Etere ; il secondo, d’Iperione ; il terzo, di Vulcano, fig. del Nilo, al quale gli Egiziani ave
lcano, fig. del Nilo, al quale gli Egiziani avean consacrata la città di Eliopoli ; il quarto che in Rodi ebbe per figliuo
ell’isola Eèa in un superbo palagio che sorgeva in mezzo ad una selva di annose querce. Da Omero chiamasiDiva terribile, d
ed egli racconta che, approdato Ulisse a quell’isola, ebbe il dolore di vedersi molti suoi compagni trasformati in porci
dolore di vedersi molti suoi compagni trasformati in porci per virtù di alcuni di lei farmaci, ed al tocco della sua magi
vedersi molti suoi compagni trasformati in porci per virtù di alcuni di lei farmaci, ed al tocco della sua magica verga.
o sarebbe accaduto ad Ulisse, se Mercurio non gli avesse dato un’erba di stupenda virtù, chiamata moli (μωλυ, moly)(1). «
(μωλυ, moly)(1). « Bruna, dice Omero, N’è la radice, il fior bianco di latte ; Moli i Numi la chiamano : resiste Alla m
suolo Staccarla ; ai Dei che tutto ponno, cede. Pindem. Colla virtù di quest’erba sciolse Ulisse l’incanto, ed ottenne d
i immondi, come sono tutt’i voluttuosi. Per modo proverbiale la tazza di Circe si adopera da Cicerone(3) per dinotare un u
ente veggasi cambiato in altro. Dicono dippiù(4) che desiderosa Circe di vendicare alcuni torti ricevuti da Scilla, bellis
di vendicare alcuni torti ricevuti da Scilla, bellissima ninfa, fig. di Forco e di Cretide, con alcuni suoi magici farmac
re alcuni torti ricevuti da Scilla, bellissima ninfa, fig. di Forco e di Cretide, con alcuni suoi magici farmaci avvelenò
anza, subito sentì cangiarsi la metà inferiore del suo corpo in forma di rabbiosi cani. Della quale sua deformità forte ve
forte vergognandosi, gettossi nel mare presso la Sicilia, e per opera di Glauco fu convertita in dea marina. Scilla era un
assorbiva i vascelli con rumoreggiare spaventoso ; da ciò la finzione di Omero, che Scilla, mostro marino, presso alla Sic
la, mostro marino, presso alla Sicilia, avea divorato alcuni compagni di Ulisse ; e da ciò pure quella rabbia Scillea di V
orato alcuni compagni di Ulisse ; e da ciò pure quella rabbia Scillea di Virgilio(1). Circe ancora(2) avverti Ulisse che s
gran numero tra buoi e pecore pe’fertili campi della Sicilia ed eran di loro natura immortali. Venivan guidati al pascolo
Fetusa e Lampezie, fig. del Sole, e della ninfa Neera. Ma i compagni di quell’eroe, mentre esso dormiva, vinti dalla fame
to al Sole che pregò Giove a punir quell’oltraggio ; e ciò fu cagione di gravi disastri all’infelice Ulisse. XVI. Conti
rora e la Notte. I solari destrieri erano bianchi e tutti sfolgoranti di luce. Son essi Eoo, cioè l’orientale, Eto, o l’ar
so a tuffarsi nel mare che colora delle sue vampe. I Greci asserivano di sentire un certo rumore verso occidente, allorchè
discendere in esso il Sole. Da questa opinione ebbe origine la favola di considerare il Sole come un Nume portato sul cocc
occhio, dopo essere stato trasportato pel settentrione all’oriente su di un vascello d’oro, lavoro misterioso di Vulcano.
l settentrione all’oriente su di un vascello d’oro, lavoro misterioso di Vulcano. Quindi cantò l’Ariosto : Il Sole appena
. Quindi cantò l’Ariosto : Il Sole appena avea il dorato crine Tolto di grembo alla nutrice antica. Ed altrove : Era ne
’ora che traea i cavalli Febo del mar con rugiadoso pelo ; E l’Aurora di fior vermigli e gialli Venia spargendo d’ogn’into
l sole, che apriva le porte rosseggianti dell’oriente e le sale piene di rose(1). Percui cantò il nostro Torquato : Già l
incontrano siffatte comparazioni. Omero spesso l’addita cogli epiteti di figliuola del mattino (ηως ηριγενεια), di Dea dal
esso l’addita cogli epiteti di figliuola del mattino (ηως ηριγενεια), di Dea dalle rosee dita (ροδοδακτυλος), e dall’ aure
ς). Nell’Odissea(2) si rappresenta nell’atto che sorge dall’oceano su di un cocchio a due cavalli, Lampo e Fetonte, i qual
te, quantunque candida si appella, come Virgilio(1) la rappresenta su di un cocchio con due rosei cavalli, benchè la dica
alla bella luce del giorno nascente. Or l’Aurora fu fig. d’Iperione e di Tea, la quale era fig. del Cielo e della Terra(2)
di Tea, la quale era fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperione e di Eurïfessa(3) ; o di Titano e della Terra ; o di P
fig. del Cielo e della Terra(2) ; o d’Iperione e di Eurïfessa(3) ; o di Titano e della Terra ; o di Pallante, detta perci
a(2) ; o d’Iperione e di Eurïfessa(3) ; o di Titano e della Terra ; o di Pallante, detta perciò Pallantiade (4). Chiamossi
n gran velo sulla testa rivoltato indietro, e dice che colle sue dita di rose apre le porte dell’oriente ; e ch’ ella vers
iede sul suo tirato da due cavalli bianchi, secondo Teocrito, o color di rosa, secondo Virgilio. Marito dell’ Aurora fu Ti
ndo Virgilio. Marito dell’ Aurora fu Titono, fratello, o meglio, fig. di Laomedonte e fratello di Priamo. Fu uomo di grand
’ Aurora fu Titono, fratello, o meglio, fig. di Laomedonte e fratello di Priamo. Fu uomo di grande bellezza, ed ottenne da
fratello, o meglio, fig. di Laomedonte e fratello di Priamo. Fu uomo di grande bellezza, ed ottenne da Giove(6) il dono d
ero anche dalla vecchiezza, il povero Titono dovea tollerare i disagi di un’ età decrepita senza che potesse morire ; tant
decrepita senza che potesse morire ; tanto che si dice la vecchiezza di Titone per una età molto inoltrata. Or egli avea
una età molto inoltrata. Or egli avea avuto dall’ Aurora un figliuolo di grande bellezza, chiamato Mennone, che recò socco
ercui da Catullo si chiama l’Etiope Mennone, e da Properzio la reggia di Mennone si pone per l’Etiopia. Presso Troia uccis
di Mennone si pone per l’Etiopia. Presso Troia uccise Antiloco, fig. di Nestore, ed egli stesso fu ucciso da Achille. Tit
o fu ucciso da Achille. Titono ne fu sì dolente che dagli Dei ottenne di esser cangiato in cicala. La madre poi pianse ama
mente l’estinto figliuolo, ed il piange tuttavia, giacchè le gocciole di matutina rugiada che cadono sull’ erba e sui fior
liuolo Mennone(1). Dalle ceneri dell’estinto Mennone uscì gran numero di uccelli, detti Mennonidi (Memnonides), i quali og
(Memnonides), i quali ogni anno dall’ Etiopia si recavano al sepolcro di lui, e dopo molti disperati lai, combattendo fra
rse era l’Amenofi degli Egiziani, o sia il sole nascente divinizzato, di cui è celebre la statua colossale in Tebe di Egit
le nascente divinizzato, di cui è celebre la statua colossale in Tebe di Egitto, la quale(3), quando era illuminata da’pri
gi del sol nascente, formava un suono articolato. XVII. Iconologia di Apollo. Nel Museo Borbonico vi è una statua d
XVII. Iconologia di Apollo. Nel Museo Borbonico vi è una statua di Apollo detta da Winckelmann la più bella fra le s
una statua di Apollo detta da Winckelmann la più bella fra le statue di questo nume ; e la sua testa, il colmo dell’umana
umana bellezza. Esso in piedi e con le gambe incrocicchiate è in atto di unire il canto al dolce suono della sua lira. Un
dolce suono della sua lira. Un cigno sta a’ suoi piedi. Gli abitanti di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di
piedi. Gli abitanti di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino che visse a tempo di Dedalo.
una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino che visse a tempo di Dedalo. Il Nume teneva l’arco nella destra, e nel
le tre Grazie, la prima con una lira, la seconda col flauto, e quella di mezzo con la sampogna in bocca. La magnifica stat
a di mezzo con la sampogna in bocca. La magnifica statua dell’ Apollo di Belvedere ritrovata fra le rovine di Anzio, antic
La magnifica statua dell’ Apollo di Belvedere ritrovata fra le rovine di Anzio, antica città d’Italia, verso la fine del s
diglione del Belvedere in Vaticano, donde trae il suo nome. Alla pace di Tolentino nel 1797 fu trasportata in Francia ; ma
ritornò nel Vaticano. È verisimile che fra le statue della Casa aurea di Nerone tolte alla Grecia vi fosse anche questa, l
sibile. Questa mirabile statua tanto supera tutti gli altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo di Omero è più grande
tanto supera tutti gli altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo di Omero è più grande di quelli descritti dagli altr
i altri simulacri di quel nume, quanto l’Apollo di Omero è più grande di quelli descritti dagli altri poeti. Il complesso
imavera eterna, qual regnà ne’ beati Elisî, spande sulle virili forme di un’età perfetta i tratti della piacevole gioventù
rzi sull’altera struttura delle sue membra…… Gli occhi suoi son pieni di quella dolcezza che mostrar suole allorchè le cir
e e più altre parole ; nell’estasi della sua ammirazione per l’Apollo di Belvedere, diceva il ch. Winckelmann. E l’immorta
appena si affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e nel labbro di sotto alquanto sporto in fuori, non giunge ad osc
sguardi, e la faretra appesa agli omeri sembra che, secondo la frase di Omero, suoni sulle spalle del Dio sdegnato. Un’et
fonde mollemente sul suo mollissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore, di eleganza, che vi si vede i
ente sul suo mollissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore, di eleganza, che vi si vede il più bello,
o mollissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore, di eleganza, che vi si vede il più bello, il più att
vi si vede il più bello, il più attivo degli Dei, senza la morbidezza di Bacco, e senza le affaticate musculature di Ercol
Dei, senza la morbidezza di Bacco, e senza le affaticate musculature di Ercole, ancorchè deificato. L’aurea sua clamide s
ide si allaccia gentilmente sull’omero destro, ed i piedi sono ornati di bellissimi calzari, forse di quel genere che dai
ull’omero destro, ed i piedi sono ornati di bellissimi calzari, forse di quel genere che dai Greci si appellavanosandalia
quel genere che dai Greci si appellavanosandalia leptoschide, sandali di sottili strisce ec. » In questa statua chi ravvis
tri, dopo la strage che fece degli orgogliosi giganti, o de’figliuoli di Niobe ; e chi dopo l’uccisione del serpente Piton
i di Niobe ; e chi dopo l’uccisione del serpente Pitone. Molte statue di Apollo avevano il capo coronato di alloro ; e son
del serpente Pitone. Molte statue di Apollo avevano il capo coronato di alloro ; e sono ovvii in esse i capelli raccolti
, il Zodiaco, e simili. Così in una pietra antica è inciso il colosso di Rodi, opera di Carete Lindio e di Lachete, ed una
simili. Così in una pietra antica è inciso il colosso di Rodi, opera di Carete Lindio e di Lachete, ed una delle maravigl
a pietra antica è inciso il colosso di Rodi, opera di Carete Lindio e di Lachete, ed una delle maraviglie del mondo, alto
lie del mondo, alto 105 piedi, ch’era allogato all’ingresso del porto di Rodi. Da una parte si vede la testa del simulacro
porto di Rodi. Da una parte si vede la testa del simulacro circondata di raggi, come rappresentavasi il Sole o Febo Apollo
a il cocchio, che corre sì veloce le strade del cielo(1). I due piedi di questa famosa statua di bronzo poggiavano sopra i
sì veloce le strade del cielo(1). I due piedi di questa famosa statua di bronzo poggiavano sopra i due moli che formavano
a statua di bronzo poggiavano sopra i due moli che formavano il porto di Rodi ; e le navi a vele gonfie passavano liberame
melli. Nel dipingere Apollo i poeti ed i pittori adoperano ogni fiore di bellezza. Egli va superbo per la bella sua chioma
o per la bella sua chioma lunghissima(2), che portava tutta profumata di odorosi unguenti e di assirio nardo. Secondo Call
oma lunghissima(2), che portava tutta profumata di odorosi unguenti e di assirio nardo. Secondo Callimaco, avea la clamide
econdo Callimaco, avea la clamide fermata sulle spalle con una fibbia di oro ; ed alle volte la veste lunga citaredica, o
dice Tibullo, agli amaranti si unissero bianchi gigli. Alla sinistra di lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata di ge
i unissero bianchi gigli. Alla sinistra di lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro.
i gigli. Alla sinistra di lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La sua eterna gio
nistra di lui pendeva la sonora lira di oro ed ornata di gemme, opera di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più ca
ra di mirabil lavoro. La sua eterna gioventù era più cara per cagione di una fiorente avvenenza che ornava le fresche sue
per la quale noi mortali siam sordi(1). XVIII. Principali epiteti di Apollo. Apollo arcitenens, cioè arciero, per
ξοφορος, che porta l’arco ; τοξοτης, arciero ; αργυροτοξος, dall’arco di argento ; εκαεργος, il lungi saettante, e più alt
one. Gr. προοψιος. Apollo Actius, così detto dal celebre promontorio di Azio, ove Augusto vinse Antonio e Cleopatra. Vi a
i detti Actia, che quell’imperatore trasportò a Roma dopo la vittoria di Azio. Apollo αλεξικακος, che allontana il male. E
ste, la carestia ed ogni pubblica calamità. E però nel Carme secolare di Orazio si fanno preghiere a que’numi per la felic
e’ Branchidi, e che fu bruciato da Serse. Fu così detto da un giovane di Tessaglia assai amato da Apollo. Quest’oracolo er
assai amato da Apollo. Quest’oracolo era il più veridico dopo quello di Delfo. Apollo Cinzio, Κυνθιος, Cynthius, da Cint
Delfo. Apollo Cinzio, Κυνθιος, Cynthius, da Cinto, monte nell’isola di Delo, ove nacquero Apollo e Diana, la quale per c
la quale per ciò fu pur detta Cinzia. Stefano vuole che tutta l’isola di Delo un tempo si chiamava Cinto. Apollo Cirreo,
angiò in alloro. Con questo soprannome avea un tempio ed un boschetto di alloro presso Antiochia. Chiamavasi pure Dafnefor
ovane ministro, il quale nelle feste Dafneforie portava un ramoscello di alloro, con sopra un globo di rame, da cui molti
feste Dafneforie portava un ramoscello di alloro, con sopra un globo di rame, da cui molti altri piccoli pendevano. Quest
ano. Queste feste si celebravano ogni nove anni nella Beozia in onore di Apollo. Apollo Delfico, Δελφικος, Delphicus, da D
ia in su la lieta Delfica Deità dovria la fronda Peneia, quando alcun di se asseta. Apollo Delio, Delius, da Delo, isola
ης, cioè fig. d’Iperione, il quale, secondo alcuni mitologi, era fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, della Luna
perione, il quale, secondo alcuni mitologi, era fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, della Luna e di tutti gli a
logi, era fig. di Urano, marito di Tia e padre del Sole, della Luna e di tutti gli astri. In Omero trovasi Ηελιος υπεριων,
nio, Latonius, Latous, λητοιδης, appellavasi Apollo, perchè figliuolo di Latona. Apollo Licigenete, λυκηγενης, dicesi da
Nomio, Nomius, νομιος, cioè pastorale, forse perchè guidò gli armenti di Admeto. Apollo Palatino, Platinus, dicevasi da’
el tempio edificatogli da Augusto sul monte Palatino dopo la vittoria di Azio. Apollo Paean, παιαν, così detto o dal verb
a i morbi e li guarisce ; o perchè, quando Latona, partita dall’isola di Eubea, co’ suoi figli Apollo e Diana, passando vi
assando vicino all’antro del serpente Pitone, ed uscito questo contro di loro, gridò ιω παιαν, ferisci ; il quale grido di
loro, gridò ιω παιαν, ferisci ; il quale grido divenne l’intercalare di tutti gl’inni di Apollo (1). Παυδερκης, (a πας, o
αιαν, ferisci ; il quale grido divenne l’intercalare di tutti gl’inni di Apollo (1). Παυδερκης, (a πας, omnis, et δερκω, v
o che avea a Patara, antica città dell’ Asia Minore, ove ne’ sei mesi di inverno dava i suoi oracoli. Apollo Sosiano, Sos
e Orazio(1) che i Sosii erano i principali. XIX. Alcune altre cose di Apollo. M. Fulvio Nobiliore dalla città di Am
XIX. Alcune altre cose di Apollo. M. Fulvio Nobiliore dalla città di Ambracia nell’ Epiro, trasportò a Roma le statue
ro, trasportò a Roma le statue delle nove Muse, che allogò nel tempio di Ercole. Eumenio(2) dice che Fulvio nella Grecia a
ttime e si dava la morte a’ malfattori(3). Il Liceo, celebre ginnasio di Atene destinato all’educazione della gioventù, er
icle. Peana o Peane (παιαν, paean) chiamavasi un inno cantato in onor di Apollo, feritore del serpente Pitone, o dopo qual
nare alcuna sciagura. Peani pure chiamavansi gl’inni cantali in onore di qualsivoglia altro nume od eroe, quando era immin
’eliotropio o girasole. Clizia, ninfa Babilonese, fig. dell’ Oceano e di Teti, avendo commesso non so qual fallo contro di
fig. dell’ Oceano e di Teti, avendo commesso non so qual fallo contro di Febo, ne fu sì dolente che ricusò di prender cibo
ommesso non so qual fallo contro di Febo, ne fu sì dolente che ricusò di prender cibo, stando sempre cogli occhi rivolti a
onsacrato ad Apollo, perchè col suo canto annunzia il vicino apparire di Febo, cioè del Sole. Talora se gl’immolavano degl
o Pausania, anche un toro. I cigni poi chiamansi da Callimaco cantori di Febo ; e Plutarco dice che Apollo dilettavasi del
avasi della musica e della voce de’cigni. Platone afferma che l’anima di Orfeo avea scelto di abitare nel corpo di un cign
della voce de’cigni. Platone afferma che l’anima di Orfeo avea scelto di abitare nel corpo di un cigno. Carme secolare (c
Platone afferma che l’anima di Orfeo avea scelto di abitare nel corpo di un cigno. Carme secolare (carmen saeculare) era
e si celebravan da’ Romani con gran pompa per tre giorni al terminare di ogni secolo dalla fondazione di Roma. In essi uno
ran pompa per tre giorni al terminare di ogni secolo dalla fondazione di Roma. In essi uno scelto coro di giovanetti e di
nare di ogni secolo dalla fondazione di Roma. In essi uno scelto coro di giovanetti e di donzelle di cui eran viventi e pa
olo dalla fondazione di Roma. In essi uno scelto coro di giovanetti e di donzelle di cui eran viventi e padre e madre (pat
ndazione di Roma. In essi uno scelto coro di giovanetti e di donzelle di cui eran viventi e padre e madre (patrimi et matr
e di cui eran viventi e padre e madre (patrimi et matrimi.) al numero di ventisette e gli uni e le altre cantavan quel car
umero di ventisette e gli uni e le altre cantavan quel carme in onore di Apollo e di Diana, numi tutelari della Repubblica
tisette e gli uni e le altre cantavan quel carme in onore di Apollo e di Diana, numi tutelari della Repubblica. Ignorasi i
arà in pregio presso i letterati sino a che si gusterà al mondo fiore di poesia. In esso si cantano le lodi de’due figliuo
al mondo fiore di poesia. In esso si cantano le lodi de’due figliuoli di Latona e si fanno voti per la felicità dell’imper
loro istituzione vedi Livio e Macrobio, chè noi abbiamo assai parlato di Apollo. Diana o la Luna. I.Nomi divers
to rischio Ne porgi aita. Caro Ove vedesi dato alla Luna l’aggiunto di regina de’ boschi, ch’era proprio di Diana. Onde
vedesi dato alla Luna l’aggiunto di regina de’ boschi, ch’era proprio di Diana. Onde cantò l’Ariosto(2) : O santa Dea che
ll’inferno mostri L’alta bellezza tua sotto più forme ; E nelle selve di fere e di mostri Vai cacciatrice seguitando l’orm
mostri L’alta bellezza tua sotto più forme ; E nelle selve di fere e di mostri Vai cacciatrice seguitando l’orme. Quindi
tando l’orme. Quindi comunemente si dice che una sola è la figliuola di Latona, la quale appellasi Luna nel cielo, Diana
agitta. Noi, per maggior distinzione, ragioneremo in questo articolo di Diana – Luna ; nella seconda parte, di Diana prop
ragioneremo in questo articolo di Diana – Luna ; nella seconda parte, di Diana propriamente detta ; e nella terza, di Dian
a ; nella seconda parte, di Diana propriamente detta ; e nella terza, di Diana-Ecate o Proserpina. Ed in quanto a’ nomi de
condo alcuni deriva dal verbo luceo, quasi Lucina, toltane la sillaba di mezzo ; ovvero perchè di notte sola risplende (so
erbo luceo, quasi Lucina, toltane la sillaba di mezzo ; ovvero perchè di notte sola risplende (sola lucet). Altri vogliono
vasi Σεληνη da σελας, che vuol dire splendore. II. Storia favolosa di questa Dea. La Luna era la più grande divinit
l Sole, percui adoravasi dalla maggior parte degli Orientali col nome di Urania o Dea Celeste. Gli Egiziani la chiamavano
E veramente i primi uomini colpiti dalla grandezza e dallo splendore di questi due corpi luminosi, agevolmente s’indusser
li Dei che tutte le cose governano. La Luna da Omero ora si dice fig. di Pallante, ed ora d’Iperione, e di Eurifessa. Ma E
. La Luna da Omero ora si dice fig. di Pallante, ed ora d’Iperione, e di Eurifessa. Ma Esiodo dice che da Iperione e da Te
a notte. Le sue influenze si temeano assai dagli antichi, come quelle di una Dea che si mostra solo di notte. Da ciò gl’in
emeano assai dagli antichi, come quelle di una Dea che si mostra solo di notte. Da ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale,
e si mostra solo di notte. Da ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale, di quelle di Crotone ec. le quali colla virtù de’ lo
a solo di notte. Da ciò gl’incantesimi delle maghe Tessale, di quelle di Crotone ec. le quali colla virtù de’ loro magici
iberare dal drago che volea divorarla ; il che accadeva nell’ecclissi di questo corpo celeste, le quali eran riputate come
quali eran riputate come deliquii, cui esso era soggetto per la paura di quel mostro ; ed a ciò credevasi poter porgere ai
ura di quel mostro ; ed a ciò credevasi poter porgere aiuto col suono di alcuni bronzi percossi(2). Gli antichi confondeva
orte. La Notte si dipingeva qual donna sopra un carro, alata, coperta di un gran velo, o di un peplo nero (μελαμπεπλος νυξ
ipingeva qual donna sopra un carro, alata, coperta di un gran velo, o di un peplo nero (μελαμπεπλος νυξ, Nox nigro-peplo.
) dipinge la Notte che attacca al suo cocchio i destrieri, ed un coro di stelle che il sieguono ; ella si porta dietro il
armonico movimento degli astri, loro attribuivano i poeti una specie di ballo ; anzi Luciano(3) afferma che gli astri die
o e della Notte, e fratello della Morte, perchè esso sembra una morte di breve tempo. E come il sonno è uno de’più maravig
lpebre . Presso Virgilio(1), il Sonno con un ramo intinto nel liquore di Lete stilla il placido riposo negli occhi di Pali
ramo intinto nel liquore di Lete stilla il placido riposo negli occhi di Palinuro. Quindi l’Ariosto : Il Sonno venne e sp
Il Sonno venne e sparse il corpo stanco Col ramo intinto del liquor di Lete. Callimaco gli dà l’ala Letea ; ed in Ovidi
Letea ; ed in Ovidio(2) la reggia del Sonno è bagnata da un ruscello di acqua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era n
uscello di acqua Letea. Il suo soggiorno secondo Omero era nell’isola di Lenno ; o nel paese de’ Cimmerii che gli antichi
ntorni della Campania presso Baia e Pozzuoli, che abitava negli antri di quella contrada. In un antro dei Cimmerii Ovidio
a una valletta amena Lontana da cittadi e da villaggi, Che all’ ombra di due monti è tutta piena D’antichi abeti e di robu
villaggi, Che all’ ombra di due monti è tutta piena D’antichi abeti e di robusti faggi. Il sole indarno il chiaro dì vi me
cacciato ognuno. Il silenzio va intorno e fa la scorta, Ha le scarpe di feltro e ’l mantel bruno, Ed a quanti n’incontra
rta, Ha le scarpe di feltro e ’l mantel bruno, Ed a quanti n’incontra di lontano, Che non debban venir, cenna con mano. L
il Sonno avea la sua reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva di alti papaveri e di mandragore, piante soporifere,
a reggia, intorno alla quale verdeggiava una selva di alti papaveri e di mandragore, piante soporifere, su cui stavan de’
pipistrelli. E presso il Winckelmann(1) la Notte dipingesi colle ali di pipistrello. Riferisce Pausania (2), che i Lacede
ii il Sonno e la Morte insieme ; e negli antichi monumenti l’immagine di un fanciullo alato col papavero ed una lucerna ra
coprisse quelli che voleva addormentare. Il vediamo pure in sembianza di un fanciullo alato immerso nel sonno e col capo a
nno e col capo appoggiato sopra i papaveri, mentre abbraccia la testa di un leone sdraiato. Figliuoli del Sonno erano i so
abitavano al vestibolo dell’inferno, onde uscivano per due porte, una di corno, dalla quale i veraci, l’altra d’avorio, da
sso che Icelo, mandava i sogni paurosi e si cangiava in istrane forme di animali. Gli antichi hanno variamente rappresenta
pra un carro preceduto dagli astri ; ora con grandi ali ; ora coperta di un largo e nero velo stellato che tiene con una m
ione – Endimione. Leggesi nel Banier che la prima delle figliuole di Urano, chiamata per eccellenza Basilea o la Regin
una, insigni tutti e due per bellezza e per senno. I Titani, fratelli di Basilea, temendo che l’impero dell’universo potes
di Basilea, temendo che l’impero dell’universo potesse venire in mano di Elio, uccisero Iperione ed annegarono il figliuol
l cercò lungamente, ma indarno ; percui lassa si addormentò alla riva di un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplende
indarno ; percui lassa si addormentò alla riva di un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplendente di una aureola di l
ntò alla riva di un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplendente di una aureola di luce e trasformato nella sostanza
i un fiume, ove sognò di vedere il figlio risplendente di una aureola di luce e trasformato nella sostanza del Sole. Selen
rmati in due astri, il Sole e la Luna, ebbero onori divini. Nel fatto di Elio si ravvisa il Sole che nel suo tramontare si
ifica il gran fiume che Omero chiama Oceano. E qui è mestieri parlare di Endimione, fig. di Etlio, o piuttosto di Giove e
che Omero chiama Oceano. E qui è mestieri parlare di Endimione, fig. di Etlio, o piuttosto di Giove e della ninfa Calice,
no. E qui è mestieri parlare di Endimione, fig. di Etlio, o piuttosto di Giove e della ninfa Calice, fig. di Eolo. E’ fu p
mione, fig. di Etlio, o piuttosto di Giove e della ninfa Calice, fig. di Eolo. E’ fu pastore o cacciatore, ovvero re di El
lla ninfa Calice, fig. di Eolo. E’ fu pastore o cacciatore, ovvero re di Elide, il quale dimandò ed ottenne da Giove l’imm
zia e probità, accolto lo avesse in cielo ; ma che, avendo egli osato di oltraggiare Giunone, ne fosse stato discacciato e
Luna godeva a rimirarlo dal cielo. E Plutarco pensa che il conversare di alcuni Dei cogli uomini, come i Romani finsero di
a che il conversare di alcuni Dei cogli uomini, come i Romani finsero di Egeria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e
ei cogli uomini, come i Romani finsero di Egeria con Numa ; i Frigii, di Cibele con Ati ; e gli Arcadi, della Luna con End
con Endimione, voleva significare in linguaggio poetico quella specie di commercio che la Divinità tiene cogli uomini inte
za ed al conseguimento della vera beatitudine. V. Breve iconologia di Diana Luna. Diana, o la Luna, o Selene sovent
a Luna. Diana, o la Luna, o Selene sovente si dipingeva assisa su di un carro con una face in mano e colla mezza luna
rappresenta con una fiaccola in mano ; percui le donne ne’ sacrificii di questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto, nel
; percui le donne ne’ sacrificii di questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto, nel sacro bosco di Aricia, portavano in m
ficii di questa Dea detti Artemia, agl’idi di Agosto, nel sacro bosco di Aricia, portavano in mano fiaccole ardenti. Quest
in ambedue le mani. Il che donotava che Selene o Diana Luna illumina di notte il mondo, come il Sole, di giorno. Ed in un
ava che Selene o Diana Luna illumina di notte il mondo, come il Sole, di giorno. Ed in un bassorilievo(1) si vede la Luna
ull’orizzonte. Il suo cocchio era portato da due cavalli, e nell’arco di Costantino a Roma vedesi su di un cocchio con Esp
ra portato da due cavalli, e nell’arco di Costantino a Roma vedesi su di un cocchio con Espero che fa le veci di cocchiere
i Costantino a Roma vedesi su di un cocchio con Espero che fa le veci di cocchiere. L’immortale Raffaello dipinse la Luna
aretra e le frecce, attributi della Diana de’ Romani. Sopra un gruppo di nubi vedesi sul suo cocchio notturno tirato da du
o. In un antico monumento Diana Lucifera o la Luna si dipinge coperta di un gran velo seminato di stelle, con una mezza lu
Diana Lucifera o la Luna si dipinge coperta di un gran velo seminato di stelle, con una mezza luna sul capo, ed in mano u
elle, con una mezza luna sul capo, ed in mano una face. Nell’articolo di Diana diremo altre cose che riguardano l’iconolog
ose che riguardano l’iconologia della Luna. VI. Principali epiteti di Diana Luna. Luna bicornis appellasi da Orazi
corno. Da Orazio chiamasi Noctiluca, e regina siderum, che risplende di notte, e regina degli astri. Da’ Greci dicevasi ν
olla sua luce la notte. E credo che si chiamò Fascelis non dal fascio di legna, in cui Oreste ed Ifigenia portarono avvolt
io di legna, in cui Oreste ed Ifigenia portarono avvolto il simulacro di Diana Taurica, come dice il Calepino, ma dal grec
Latmia Luna, dal monte Latmo, nella Caria. VII. Alcune altre cose di Diana Luna. Giovenale(3) festivamente descriv
una. Giovenale(3) festivamente descrive l’intollerabile loquacità di una donna letterata e saccente, la quale, col sol
io che Rufo pone nel duodecimo rione della città (2). Tacito(3) parla di un tempio edificato da Servio Tullio. Gli Arcadi(
a di un tempio edificato da Servio Tullio. Gli Arcadi(4) si vantavano di essere al mondo prima della Luna. Heyne(5) crede
ssere al mondo prima della Luna. Heyne(5) crede assai oscuro il senso di questa favola ; e Krebsio vuole che forse vi fu u
nel numero delle Dee ; ed ecco gli Arcadi nati prima della Luna, cioè di Selene. Bacco I. Nomi dati a questo Nume
Dicevasi pure Iaccus dal greco ιαχω, gridare, per le grida tumultuose di coloro che sacrificavano a questo nume. Gli si da
e di coloro che sacrificavano a questo nume. Gli si dava pure il nome di Dionisio, o perchè da Giove fu affidato all’educa
ure il nome di Dionisio, o perchè da Giove fu affidato all’educazione di Niso, o dall’isola di Nisa ove fu educato. Macrob
o, o perchè da Giove fu affidato all’educazione di Niso, o dall’isola di Nisa ove fu educato. Macrobio(7) dimostra che Lib
vuole chiamato Libero dalla voce liberi, figliuoli, perchè figliuolo di Cerere. II. Storia favolosa di Bacco. Igin
liberi, figliuoli, perchè figliuolo di Cerere. II. Storia favolosa di Bacco. Igino fra’ figliuoli di Giove e di Pro
di Cerere. II. Storia favolosa di Bacco. Igino fra’ figliuoli di Giove e di Proserpina annovera anche Bacco o Libe
II. Storia favolosa di Bacco. Igino fra’ figliuoli di Giove e di Proserpina annovera anche Bacco o Libero. Diodoro
acchi ; uno Indiano che fu il primo a piantar le viti ; l’altro, fig. di Giove e di Proserpina, inventore dell’agricoltura
Indiano che fu il primo a piantar le viti ; l’altro, fig. di Giove e di Proserpina, inventore dell’agricoltura ; ed il te
. di Giove e di Proserpina, inventore dell’agricoltura ; ed il terzo, di Giove e di Semele, cui i Greci attribuiscono le v
e di Proserpina, inventore dell’agricoltura ; ed il terzo, di Giove e di Semele, cui i Greci attribuiscono le vittorie e l
si raccontano. Ampelio dice che vi sono cinque Liberi ; il primo fig. di Giove e di Proserpina, il quale fu agricoltore e
no. Ampelio dice che vi sono cinque Liberi ; il primo fig. di Giove e di Proserpina, il quale fu agricoltore e trovò il vi
di Proserpina, il quale fu agricoltore e trovò il vino, e fu fratello di Cerere ; il secondo, di Merone o Melone, ch’era u
fu agricoltore e trovò il vino, e fu fratello di Cerere ; il secondo, di Merone o Melone, ch’era un antico nome del Nilo(4
il secondo, di Merone o Melone, ch’era un antico nome del Nilo(4), e di Flora ; il terzo, di Cabito o Cabiro che regnò ne
e o Melone, ch’era un antico nome del Nilo(4), e di Flora ; il terzo, di Cabito o Cabiro che regnò nell’Asia ; il quarto,
Flora ; il terzo, di Cabito o Cabiro che regnò nell’Asia ; il quarto, di Saturno e di Semele ; ed il quinto di Niso e di E
rzo, di Cabito o Cabiro che regnò nell’Asia ; il quarto, di Saturno e di Semele ; ed il quinto di Niso e di Esione. Cicero
he regnò nell’Asia ; il quarto, di Saturno e di Semele ; ed il quinto di Niso e di Esione. Cicerone(5)finalmente dice che
ell’Asia ; il quarto, di Saturno e di Semele ; ed il quinto di Niso e di Esione. Cicerone(5)finalmente dice che abbiamo pi
. Cicerone(5)finalmente dice che abbiamo più Dionisii ; il primo nato di Giove e di Proserpina ; il secondo, dal Nilo il q
5)finalmente dice che abbiamo più Dionisii ; il primo nato di Giove e di Proserpina ; il secondo, dal Nilo il quale si dic
stituì le feste Trieteridi. Non veggo però perchè non faccia menzione di Bacco, fig. di Giove e di Semele, ch’è più noto d
Trieteridi. Non veggo però perchè non faccia menzione di Bacco, fig. di Giove e di Semele, ch’è più noto degli altri. Or
. Non veggo però perchè non faccia menzione di Bacco, fig. di Giove e di Semele, ch’è più noto degli altri. Or di tanti Ba
ne di Bacco, fig. di Giove e di Semele, ch’è più noto degli altri. Or di tanti Bacchi i poeti hanno fatto un solo, fig. ap
i altri. Or di tanti Bacchi i poeti hanno fatto un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e di E
di tanti Bacchi i poeti hanno fatto un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Ar
anno fatto un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia, era incinta di ques
un solo, fig. appunto di Giove e di Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia, era incinta di questo fanciull
i Semele. La quale, fig. di Cadmo e di Ermione o Armonia, era incinta di questo fanciullo. Giunone che la odiava, prese le
ncinta di questo fanciullo. Giunone che la odiava, prese le sembianze di una vecchia appellata Beroe, secondo il costume d
e degl’Iddii, i quali, per ingannare i mortali, predevan la sembianza di qualche persona loro familiare(1). La vecchia adu
sa maniera, induce Semele a chiedere che Giove le si mostrasse armato di fulmini e nello splendore della sua maestà. Divie
splendore della sua maestà. Diviene vaga oltremodo l’incauta giovane di tanta visione, e sì ardentemente ne prega Giove c
nto ; ma non sostenne l’infelice quella grandezza e morì o pel timore di una folgore che le scoppiò innanzi, o pel fuoco,
cco, e compiuti i nove mesi, fu dato nascostamente ad educare ad Ino, di lui zia, perchè fig. di Cadmo e di Armonia, come
esi, fu dato nascostamente ad educare ad Ino, di lui zia, perchè fig. di Cadmo e di Armonia, come Semele, e poscia raccoma
o nascostamente ad educare ad Ino, di lui zia, perchè fig. di Cadmo e di Armonia, come Semele, e poscia raccomandato alle
di Cadmo e di Armonia, come Semele, e poscia raccomandato alle ninfe di Nisa, le quali in un loro antro lo allattarono. A
alle ninfe di Nisa, le quali in un loro antro lo allattarono. Al dir di Plinio(2) molti ponevano la città di Nisa nell’ I
oro antro lo allattarono. Al dir di Plinio(2) molti ponevano la città di Nisa nell’ India, come pure il monte Mero consacr
o a Giove ; e ch’era fama, in quella esser nato Bacco, ed in un antro di detto monte essere stato nudrito ; il che diede l
ro di detto monte essere stato nudrito ; il che diede luogo e materia di favoleggiare a’ greci poeti. Strabone(4) afferma
eria di favoleggiare a’ greci poeti. Strabone(4) afferma che la città di Nisa era stata edificata da Bacco ; ed il monte M
rastare alla città, e nascervi ellera e viti. Quanto poi alle nutrici di Bacco si dee sapere che le stelle le quali sono n
di (Υαδες). Ferecide fu il primo a dire ch’esse sono le ninfe nutrici di Baceo, e che chiamavansi pure Dodonidi da Dodona,
lla famosa maga a far lo stesso colle ninfe che nudrito lo aveano ; e di fatto per di lei opera tornarono a bellissima gio
ga a far lo stesso colle ninfe che nudrito lo aveano ; e di fatto per di lei opera tornarono a bellissima giovinezza. Ma a
furon da Giove convertite in altrettante stelle per sottrarle all’ira di Giunone. Ovidio(1) finalmente racconta ch’eran fi
trarle all’ira di Giunone. Ovidio(1) finalmente racconta ch’eran fig. di Atlante e di Etra, fig. dell’ Oceano e di Teti, e
a di Giunone. Ovidio(1) finalmente racconta ch’eran fig. di Atlante e di Etra, fig. dell’ Oceano e di Teti, e che molto am
mente racconta ch’eran fig. di Atlante e di Etra, fig. dell’ Oceano e di Teti, e che molto amavano un lor fratello detto I
a seguì pure cinghiali e feroci leoni. Un giorno, cercando nel covile di una lionessa i suoi leoncelli, fu posto a morte c
attogli dalle ninfe. In un vaso dello Spon si vede Mercurio nell’atto di affidare Bacco alla ninfa Leucotoe ; ed in un mar
vato dal vino, vi scorse una bellezza, in cui traluceva un non so che di divino, tanto che se gli raccomandò fortemente. D
pur legarlo ; ma le catene gli caddero da se, Destatosi il nume disse di voler andare a Nasso, ma que’ ribaldi volgono alt
o perchè prestò a questo nume un’ amichevole ospitalità o perchè era di viti fra le Cicladi feracissima(1). Allora fu che
a ; e resa immobile la nave, ed i remi e le vele vestite ad un tratto di ellera e di corimbi, si vide egli stesso agitare
mmobile la nave, ed i remi e le vele vestite ad un tratto di ellera e di corimbi, si vide egli stesso agitare il tirso ing
lera e di corimbi, si vide egli stesso agitare il tirso inghirlandato di pampini, ed attorniato stranamente di tigri, di p
agitare il tirso inghirlandato di pampini, ed attorniato stranamente di tigri, di pantere e di altri siffatti animali. O
l tirso inghirlandato di pampini, ed attorniato stranamente di tigri, di pantere e di altri siffatti animali. O per paura
rlandato di pampini, ed attorniato stranamente di tigri, di pantere e di altri siffatti animali. O per paura di questa sub
namente di tigri, di pantere e di altri siffatti animali. O per paura di questa subita mutazione, o per un cieco furore ma
ta mutazione, o per un cieco furore mandato loro da Bacco, i compagni di Acete saltano nelle acque e son di presente conve
mandato loro da Bacco, i compagni di Acete saltano nelle acque e son di presente convertiti in delfini ; ed Acete, riceve
e più esempii riferisce Luciano stesso e Plinio(2), fra’ quali quello di Arione è notissimo. Vuolsi pure(3) che sieno molt
) che sieno molto amanti della musica ; e però si disse che col suono di musicali strumenti Bacco fece che i Tirreni corsa
lfino fra gli astri. Or Acete giunto a Nasso fu tutto inteso al culto di Bacco ; ma pur ebbe a temere del furibondo Penteo
ere, onde uscì libero. Ovidio dice, che Bacco stesso, presa la figura di Acete, fu presentato a Penteo, di cui racconterem
, che Bacco stesso, presa la figura di Acete, fu presentato a Penteo, di cui racconteremo l’acerbo fato. Bacco era il dio
nteremo l’acerbo fato. Bacco era il dio del vino, e perciò descrivesi di un carattere, quale al nume dell’ubbriachezza si
za si conveniva. Eran lungi da lui le cure ed il pianto ; dilettavasi di fiori, e cingeva la fronte di corimbi o grappoli
lui le cure ed il pianto ; dilettavasi di fiori, e cingeva la fronte di corimbi o grappoli di ellera, i quali, secondo Pl
nto ; dilettavasi di fiori, e cingeva la fronte di corimbi o grappoli di ellera, i quali, secondo Plutarco, hanno virtù d’
i quali, secondo Plutarco, hanno virtù d’inebbriare ; e spesso ancora di pampini. Vestiva un abito di color d’oro che giun
nno virtù d’inebbriare ; e spesso ancora di pampini. Vestiva un abito di color d’oro che giungeva sino a’delicati suoi pie
zzevoli occupazioni che per le guerriere imprese(1). Questo carattere di effeminatezza ed i vergognosi disordini delle org
ed i vergognosi disordini delle orgie mossero Penteo a tal dispregio di Bacco ed a tanto sdegno per le sue feste, che a t
e, che a tutto potere cercò distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig. di Echione e di Agave, fig. di Cadmo. Ovidio il chia
o potere cercò distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig. di Echione e di Agave, fig. di Cadmo. Ovidio il chiama dispregiat
distoglierne i suoi Tebani. Era egli fig. di Echione e di Agave, fig. di Cadmo. Ovidio il chiama dispregiatore de’ Numi e
fig. di Cadmo. Ovidio il chiama dispregiatore de’ Numi e specialmente di Bacco, ed il dipinge più stranamente furioso, anz
eroce, che non fa Euripide nelle sue Baccanti. Il cieco vate Tiresia, di cui Penteo derideva i pronostici, gli avea presag
i avea presagita una morte funesta pel dispregiar che faceva le orgie di Bacco ; ma quegli, schernendo i suoi detti, cerca
i dal celebrar que’ misteri, a’ fatti aggiungendo l’onta : esser cosa di grande vergogna che uomini avvezzi a non temere i
mici brandi, sien vinti da insani ululati donneschi e da sozzo gregge di avvinazzati ; che conveniva alla Tebana gioventù
eniva alla Tebana gioventù impugnar la spada, non il tirso ; coprirsi di celata, non di una ghirlanda di ellera ; che pens
na gioventù impugnar la spada, non il tirso ; coprirsi di celata, non di una ghirlanda di ellera ; che pensassero all’onor
nar la spada, non il tirso ; coprirsi di celata, non di una ghirlanda di ellera ; che pensassero all’onor della patria, e
e l’imbelle straniero, cioè Bacco, senza indugio gli recassero carico di catene. Bacco dalla Lidia era venuto a Tebe, ed e
a era venuto a Tebe, ed egli stesso presso Euripide(2) dice che prima di ogni altra greca città aveva ripiena Tebe de’ cla
aso, a Bacco ed alle Muse consacrato. All’arrivo del Nume le campagne di Tebe, risuonano di festose grida, e la gente a ga
e Muse consacrato. All’arrivo del Nume le campagne di Tebe, risuonano di festose grida, e la gente a gara e senza ordine s
teo rampogna i suoi, dileggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze di Cadmo, di Atamante e di altri più accesi nell’ira
na i suoi, dileggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze di Cadmo, di Atamante e di altri più accesi nell’ira, vola nel
eggia i misteri del Nume, ed alle rimostranze di Cadmo, di Atamante e di altri più accesi nell’ira, vola nel Citerone a fa
più accesi nell’ira, vola nel Citerone a far mal governo de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo
, vola nel Citerone a far mal governo de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo di alberi ; quivi, p
verno de’ seguaci di Bacco. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo di alberi ; quivi, prima di ogni altra la madre Agav
o. Nel mezzo di quel monte era un luogo nudo di alberi ; quivi, prima di ogni altra la madre Agave il crede un mostruoso c
gni altra la madre Agave il crede un mostruoso cinghiale e coll’aiuto di Autonoe e d’Ino, di lei sorelle, e di altre Bacca
gave il crede un mostruoso cinghiale e coll’aiuto di Autonoe e d’Ino, di lei sorelle, e di altre Baccanti, colle proprie m
ostruoso cinghiale e coll’aiuto di Autonoe e d’Ino, di lei sorelle, e di altre Baccanti, colle proprie mani fa in pezzi il
. Il qual fatto atroce fece grande in que’ luoghi il nome e la gloria di Bacco. È verisimile che Penteo fosse stato un re
ini ed al pericoloso furore che nelle intere città destavano le orgie di Bacco, o sia l’uso soperchio e sregolato del vino
pure sì spaventoso esempio non ritenne altri dal dispregiar le orgie di Bacco. Tiresia(1), dopo il fatto di Penteo, avea
nne altri dal dispregiar le orgie di Bacco. Tiresia(1), dopo il fatto di Penteo, avea invitato le donne Tebane a fare una
Penteo, avea invitato le donne Tebane a fare una gran festa in onore di quel nume, minacciando lo sdegno di lui a chiunqu
ne a fare una gran festa in onore di quel nume, minacciando lo sdegno di lui a chiunque avesse ricusato di farla. Quelle d
di quel nume, minacciando lo sdegno di lui a chiunque avesse ricusato di farla. Quelle donne corrono volenterose a celebra
o ogni altra lor cura domestica. Erano a que’ dì a Tebe tre figliuole di Mineo, fiume di Tessaglia, dette Leuconoe, Alcato
cura domestica. Erano a que’ dì a Tebe tre figliuole di Mineo, fiume di Tessaglia, dette Leuconoe, Alcatoe, e Leucippe, l
neschi lavori più che impazzare colle altre ed aver parte a’disordini di quelle feste, col racconto di piacevoli novellett
e colle altre ed aver parte a’disordini di quelle feste, col racconto di piacevoli novellette alleggerivano la noia della
alleggerivano la noia della fatica. Ma ben tosto pagarono esse il fio di tal dispregio, ché il lor lavoro fu turbato da fo
il fio di tal dispregio, ché il lor lavoro fu turbato da forte suonar di timpani e di altri strumenti che lor pareva udire
dispregio, ché il lor lavoro fu turbato da forte suonar di timpani e di altri strumenti che lor pareva udire. Le misere d
la vendetta del Nume, che mostrasi presente per l’improvviso apparire di varie fiere ed il risplendere di cento faci, si a
i presente per l’improvviso apparire di varie fiere ed il risplendere di cento faci, si appiattano fuggendo il lume, e fin
tano fuggendo il lume, e finalmente si veggon mutate in brutte figure di pipistrelli. Alcuni dicono che quelle donzelle pr
re di pipistrelli. Alcuni dicono che quelle donzelle prese dal furore di Bacco lacerarono Ippaso, fig. di Leucippe, e che
che quelle donzelle prese dal furore di Bacco lacerarono Ippaso, fig. di Leucippe, e che andarono ad unirsi alle Baccanti,
in pipistrelli cangiate. Eliano dice che le Mineidi erano trè sorelle di saviezza, e di onestà, quale a donna ben nata si
cangiate. Eliano dice che le Mineidi erano trè sorelle di saviezza, e di onestà, quale a donna ben nata si conviene, le qu
che i sapienti reggitori de’popoli mal volentieri vedevano, il culto di Bacco allignare ne’loro paesi. Omero(1) racconta
di Bacco allignare ne’loro paesi. Omero(1) racconta che Licurgo, fig. di Driante e re di Tracia, armato di un pungolo da b
re ne’loro paesi. Omero(1) racconta che Licurgo, fig. di Driante e re di Tracia, armato di un pungolo da buoi inseguiva le
Omero(1) racconta che Licurgo, fig. di Driante e re di Tracia, armato di un pungolo da buoi inseguiva le nutrici di Bacco
nte e re di Tracia, armato di un pungolo da buoi inseguiva le nutrici di Bacco e ne faceva mal governo, tanto che furon co
pugnar contro i numi. Igino però racconta che Licurgo, essendo nemico di Bacco e non volendolo riconoscere per dio, il cac
a medicina che le umane menti trasforma. Onde reso furioso per ope ra di Bacco, la moglie ed il figliuolo uccise, ed esso
antere esposto. Avverso eziandio a Bacco fu Acrisio, re d’ Argo, fig. di Abante e padre di Danae. Egli(1) ebbe di Bacco sì
verso eziandio a Bacco fu Acrisio, re d’ Argo, fig. di Abante e padre di Danae. Egli(1) ebbe di Bacco sì poca stima, che n
fu Acrisio, re d’ Argo, fig. di Abante e padre di Danae. Egli(1) ebbe di Bacco sì poca stima, che non volle riconoscerlo p
ebbe di Bacco sì poca stima, che non volle riconoscerlo per figliuolo di Giove ; che anzi, armata mano, gl’impedì ch’entra
Argo ; nè mai permise che nella sua città prendessero piede le orgie di quel nume. Parliamo ora d’Icaro e della figliuola
e della figliuola Erigone, che non riportarono gran pro dall’amicizia di Bacco, il quale, quando andava per le città mostr
one, lttima e Penelope. Ora a sì buon ospite donò Bacco un otre pieno di generoso vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi
eno di generoso vino per mostrarne l’uso a’ sudditi suoi ; ed egli su di un cocchio con Erigone e col fedel cane Mera andò
e l’uso del novello liquore. Alcuni agricoltori, avendone bevuto fuor di misura, caddero in grave letargo ; e credendo che
redendo che Icaro avesse lor data qualche avvelenata bevanda, a colpi di bastone l’uccisero. Allora il cane Mera col suo m
egli Dei fu trasportata in cielo e detta la Vergine. Per le preghiere di lei Icaro fu cangiato nella costellazione detta B
tato detto cane o canicola pei rabbiosi calori che spesso son cagione di pericolose infermità. Or per vendicare la morte d
spesso son cagione di pericolose infermità. Or per vendicare la morte di Erigone, Bacco mandò tal morbo agli Ateniesi, che
cadute in gran furore, si davano da loro stesse la morte. Per rimedio di tanto male volle l’oracolo che gli Ateniesi punis
re a ciò istituirono certi giuochi, ne’ quali, in memoria della morte di Erigone, ad alcuni alberi mettevan de’lacci, a cu
carole e con canti facevan quel giorno più lieto. Anche da Eneo, fig. di Partaone e marito di Altea(1), fu lietamente acco
cevan quel giorno più lieto. Anche da Eneo, fig. di Partaone e marito di Altea(1), fu lietamente accolto il nostro Bacco,
per sì liberale ospitalità, il regalò della vite e gli additò il modo di coltivarla ; che anzi il vino chiamò οινος dall’o
νος dall’ospite ; ma è più verisimile che la favola sia nata dal nome di Eneo, ovvero Oeneo che in greco significa vino.
vvero Oeneo che in greco significa vino. V. Propagazione del culto di Bacco. Spedizione delle Indie. Ma, ad onta di
pagazione del culto di Bacco. Spedizione delle Indie. Ma, ad onta di tante contraddizioni, Bacco trionfò dei nemici, e
ata prese piede e si propagò mirabilmente. Forse Orfeo portò il culto di lui dall’Egitto ; il quale per far onore a Cadmo,
ncipe della famiglia Cadmea, qual’era Bacco, le favole e le cerimonie di una divinità Egiziana, cioè di Osiride, in guisa
al’era Bacco, le favole e le cerimonie di una divinità Egiziana, cioè di Osiride, in guisa che il Bacco de’ Greci era l’Os
adizione poetica, nella guerra de’ giganti Bacco, coperto della pelle di una tigre, liberò Giove da’loro assalti, e ne fu
a pezzi ; il che han dovuto i Greci copiare dalla storia della morte di Osiride ucciso dal gigante Tifone, suo fratello.
igan ti vollero scacciare Giove dal suo trono, Bacco, presa la figura di animoso leone, fece prodigii di valore ed atterrò
dal suo trono, Bacco, presa la figura di animoso leone, fece prodigii di valore ed atterrò il gigante Reto, mentre Giove g
« coraggio, mio figlio ! » Ma ciò non si può attribuire al figliuolo di Semele, perchè la guerra de’ giganti avvenne molt
lo di Semele, perchè la guerra de’ giganti avvenne molti secoli prima di Cadmo. Oltre a ciò ad Osiride era consacrata l’el
Sicolo dice che Osiride fu il primo a trovare la vite nel territorio di Nisa, e che avendo scoperto il modo di coltivarla
trovare la vite nel territorio di Nisa, e che avendo scoperto il modo di coltivarla, fu il primo a bere il vino, ed agli a
, fu il primo a bere il vino, ed agli altri uomini insegnò la maniera di farlo ; cose tutte che convengono a Bacco. Marzia
ano Capella afferma che gli Egiziani indicavano il sole sotto il nome di Osiride ; e da Virgilio e da Macrobio sappiamo ch
i ricorda che Osiride dagli Egiziani era rappresentato sotto la forma di un toro. Ma niuna cosa meglio dimostra che il Bac
assai esperte nel canto, delle quali era capo Apollo, e da una turba di uomini velluti che chiamavansi Satiri ; la quale
acco divenuto adulto partì per l’oriente, fermato avendo in suo cuore di portare in que’ lontani paesi la civiltà e l’arte
ndo in suo cuore di portare in que’ lontani paesi la civiltà e l’arte di fare il vino. Di questo viaggio fu pur cagione l’
ltà e l’arte di fare il vino. Di questo viaggio fu pur cagione l’odio di Giunone, di cui fu Bacco il bersaglio, come gli a
di fare il vino. Di questo viaggio fu pur cagione l’odio di Giunone, di cui fu Bacco il bersaglio, come gli altri figliuo
io di Giunone, di cui fu Bacco il bersaglio, come gli altri figliuoli di Giove. Così un’altra volta fuggendo lo sdegno di
gli altri figliuoli di Giove. Così un’altra volta fuggendo lo sdegno di lei, si addormentò in una campagna, ove fu assali
due teste, detto anfesibena ; ed egli destatosi l’uccise con un colpo di sermento. Fu pure per l’odio della Dea che il pov
compagnò Cerere, quando cercava la perduta figliuola. A fine eziandio di sottrarsi alle persecuzioni di Giunone, trascorse
la perduta figliuola. A fine eziandio di sottrarsi alle persecuzioni di Giunone, trascorse quasi tutta l’Asia seguito da
ioni di Giunone, trascorse quasi tutta l’Asia seguito da un esercito, di cui non erasi mai veduto altro più strano. Era es
cito, di cui non erasi mai veduto altro più strano. Era esso composto di uomini e di donne, tutti agitati dal divino furor
non erasi mai veduto altro più strano. Era esso composto di uomini e di donne, tutti agitati dal divino furore del loro d
o furore del loro duce. Molto han detto i poeti delle Ninfe, compagne di Bacco, il quale da Orazio(1) chiamasi signore del
re e Sileno, ebbe compagni in tale impresa i Satiri, i Pani, i Cabiri di Samotracia, i Coribanti ed i Cureti, ministri di
ri, i Pani, i Cabiri di Samotracia, i Coribanti ed i Cureti, ministri di Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandat
motracia, i Coribanti ed i Cureti, ministri di Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli
ureti, ministri di Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli di uva, col tirso in mano,
ri di Cibele. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli di uva, col tirso in mano, ed i calzari
. Bacco, vestito di porpora ed inghirlandato di pampini e di grappoli di uva, col tirso in mano, ed i calzari ricamati d’o
oli di uva, col tirso in mano, ed i calzari ricamati d’oro, sedeva su di un cocchio tirato da tigri, o da linci, avendo a
il vecchio Sileno. Questo strano esercito era preceduto da una banda di Satiri, ed i soldati invece di armi portavane tir
no esercito era preceduto da una banda di Satiri, ed i soldati invece di armi portavane tirsi, cembali, flauti e tamburi,
i e tamburi, mentre le donne aveano le chiome sciolte ed eran vestite di pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran c
ri, mentre le donne aveano le chiome sciolte ed eran vestite di pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati d
le donne aveano le chiome sciolte ed eran vestite di pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati di ellera e
n vestite di pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati di ellera e di pampini. In una gemma vedesi Bacco su
pelli di tigri e di pantere ; e gli uomini eran coronati di ellera e di pampini. In una gemma vedesi Bacco su di un cocch
ni eran coronati di ellera e di pampini. In una gemma vedesi Bacco su di un cocchio tirato da due centauri, de’quali uno s
centauri, de’quali uno suona il doppio flauto, e l’altro, una specie di cembalo, solito a suonarsi ne’ sacrificii di Bacc
o, e l’altro, una specie di cembalo, solito a suonarsi ne’ sacrificii di Bacco. Il che finsero per significare che i centa
o in Esichio ch’esso nella sua greca origine significa qualunque cosa di figura acuminata e quasi conica, e dinotava pure
que cosa di figura acuminata e quasi conica, e dinotava pure il gambo di qualunque frutice. Ma in un senso più ristretto v
di qualunque frutice. Ma in un senso più ristretto vuol dire un’asta di legno o bastone attorcigliato di pampini e di ell
enso più ristretto vuol dire un’asta di legno o bastone attorcigliato di pampini e di ellera, usato dal nostro nume nelle
retto vuol dire un’asta di legno o bastone attorcigliato di pampini e di ellera, usato dal nostro nume nelle sue guerre de
le sue guerre dell’ India, e che i suoi seguaci portavano nelle feste di lui ; e perciò lo ritroviamo sì spesso in quasi t
i ; e perciò lo ritroviamo sì spesso in quasi tutte le rappresentanze di Bacco. Ne’ soli vasi del Museo Borbon. Ritrovasi
appresentanze di Bacco. Ne’ soli vasi del Museo Borbon. Ritrovasi piú di quaranta volte. Si vuole che questo tirso si foss
rozzi Indiani, che non avean cognizione delle armi, giacchè la punta di essa asta, o lancia o giavellotto, era celata tra
e combattè con prospero evento ed impose la sua legge a tutt’i popoli di quella penisola, da’ quali fu accolto come una di
’Oronte e l’Idaspe, che arrestarono il loro corso, dando all’esercito di Bacco di poterli passare a piedi asciutti. In ciò
l’Idaspe, che arrestarono il loro corso, dando all’esercito di Bacco di poterli passare a piedi asciutti. In ciò si scorg
re a piedi asciutti. In ciò si scorge copiato il prodigioso passaggio di Mosè e del popolo ebreo pel mar rosso. VI. Con
lo ebreo pel mar rosso. VI. Continuazione. Sileno. Mida. Figliuole di Anio. Capo e conduttore della festosa schiera
apo, e figuravansi quasi sempre ubbriachi. Sileno poi si credeva fig. di Mercurio o di Pan, e di una ninfa ; ed avea la te
ansi quasi sempre ubbriachi. Sileno poi si credeva fig. di Mercurio o di Pan, e di una ninfa ; ed avea la testa calva e co
sempre ubbriachi. Sileno poi si credeva fig. di Mercurio o di Pan, e di una ninfa ; ed avea la testa calva e cornuta, nas
a, naso grosso e voltato in su, statura piccola e corpulenta con aria di viso gioconda, o piuttosto beffarda ; e se gli dà
a. In un cammeo del Museo Borbon. Vedesi un Sileno caudato, assiso su di una nebride all’ombra di un albero, cui è sospesa
Borbon. Vedesi un Sileno caudato, assiso su di una nebride all’ombra di un albero, cui è sospesa la siringa e due pive. N
abbia omesso le corna, delle quali costantemente son munite le altre di lui immagini. Diodoro Sicolo dice che il primo Si
la sua posterit Nel Museo Borb. Vi è un Sileno vecchio, basso, calvo, di caricata e truce fisonomia, di barba folta, ispid
Vi è un Sileno vecchio, basso, calvo, di caricata e truce fisonomia, di barba folta, ispido e panciuto, come Apuleio desc
satiro Marsia. Or il nostro Sileno era sempre ubbriaco(1) ; percui su di un asino, ove a stento si reggeva, accompagnò Bac
accompagnò Bacco nei suoi viaggi e specialmente nelle Indie, coronato di edera e con una tazza in mano. Or avvenne un gior
enne un giorno(2) che Sileno addormentatosi non potè seguire l’armata di Bacco. Ansi si racconta che il re Mida avea fatto
’armata di Bacco. Ansi si racconta che il re Mida avea fatto un fonte di vino per ubbriacare e quindi impadronirsi del buo
ise accordargli qualunque grazia chiesto gli avesse ; ed egli domandò di cangiare in oro tutto ciò che toccato avesse. Ma
regò che se gli togliesse sì pernicioso privilegio. Bacco gli comanda di lavarsi nel Pattolo, fiume della Lidia, che da qu
olo, fiume della Lidia, che da quel tempo ebbe l’arena d’oro ; percui di cosa preziosa, e di grandi ricchezze dicesi l’oro
ia, che da quel tempo ebbe l’arena d’oro ; percui di cosa preziosa, e di grandi ricchezze dicesi l’oro di Lidia, o le ricc
a d’oro ; percui di cosa preziosa, e di grandi ricchezze dicesi l’oro di Lidia, o le ricchezze del Pattolo. Il ch. Goguet(
ò dire che tutto converta in oro. Ritrovò pure l’ancora ; e Demodoce, di lui moglie, l’arte di coniare le monete. Le ricch
rta in oro. Ritrovò pure l’ancora ; e Demodoce, di lui moglie, l’arte di coniare le monete. Le ricchezze di Mida andavano
e Demodoce, di lui moglie, l’arte di coniare le monete. Le ricchezze di Mida andavano in proverbio. Egli fu successore di
onete. Le ricchezze di Mida andavano in proverbio. Egli fu successore di Gordio, suo padre, che fondò il regno di Frigia.
roverbio. Egli fu successore di Gordio, suo padre, che fondò il regno di Frigia. Anio(4), vecchio sacerdote di Apollo, rac
, suo padre, che fondò il regno di Frigia. Anio(4), vecchio sacerdote di Apollo, racconta all’amico Anchise la trasformazi
te di Apollo, racconta all’amico Anchise la trasformazione in colombe di quattro sue figlie, alle quali avea Bacco data la
in colombe di quattro sue figlie, alle quali avea Bacco data la virtù di cangiare in frumento, in vino, o in olio tutto ci
ì non mancassero vettovaglie all’esercito ; ma esse, invocato l’aiuto di Bacco, furon cangiate in colombe. VII. Continu
cco, furon cangiate in colombe. VII. Continuazione. Arianna. Feste di Bacco. Baccanti. Bacco è spesso chiamato vinc
co oriente domator glorioso. Molti monumenti rappresentano il trionfo di Bacco, dopo quella famosa spedizione, di cui han
nti rappresentano il trionfo di Bacco, dopo quella famosa spedizione, di cui han cantato tanti poeti, e specialmente Nonno
’suoi Dionisiaci. Ed appunto nel ritorno dalle Indie accadde il fatto di Arianna, fig. di Minos, re di Creta, e di Pasifae
Ed appunto nel ritorno dalle Indie accadde il fatto di Arianna, fig. di Minos, re di Creta, e di Pasifae. Allorchè Teseo
el ritorno dalle Indie accadde il fatto di Arianna, fig. di Minos, re di Creta, e di Pasifae. Allorchè Teseo giunse a Cret
alle Indie accadde il fatto di Arianna, fig. di Minos, re di Creta, e di Pasifae. Allorchè Teseo giunse a Creta per pugnar
gnare col Minotauro, quella giovane principessa gl’insegnò la maniera di vincerlo, dandogli un gomitolo di filo(1) che ell
e principessa gl’insegnò la maniera di vincerlo, dandogli un gomitolo di filo(1) che ella teneva per un capo, stando alla
avea in mano l’eroe Ateniese, il quale, ucciso il mostro, coll’aiuto di quel gomitolo, forse dato ad Arianna dallo stesso
o, forse dato ad Arianna dallo stesso Dedalo, potè ritrovare l’uscita di quell’inestrigabile luogo. Poscia, temendo l’ira
di quell’inestrigabile luogo. Poscia, temendo l’ira del padre, fuggì di Creta insieme con Teseo, il quale, dimentico del
abbandonò l’infelice donzella, mentre dormiva, sulla deserta spiaggia di Nasso, isola dell’ Arcipelago. Quivi approdò poco
ondo Omero, Diana stessa trattenne Arianna in quell’isola per volontà di Bacco che intendeva menarla in moglie. Le fece po
che intendeva menarla in moglie. Le fece poscia il dono d’una corona di oro, che avea ricevuta da Venere. Era essa lavoro
a corona di oro, che avea ricevuta da Venere. Era essa lavoro egregio di Vulcano ; e Bacco, dopo la morte di Arianna, la p
a Venere. Era essa lavoro egregio di Vulcano ; e Bacco, dopo la morte di Arianna, la pose fra gli astri, ed è una costella
po la morte di Arianna, la pose fra gli astri, ed è una costellazione di nove stelle detta dagli astronomi la corona di Ar
ed è una costellazione di nove stelle detta dagli astronomi la corona di Arianna, o corona settentrionale, o Gnossia. Seco
oso. Nelle feste baccanali si rappresentava in certa guisa il trionfo di Bacco o la spedizione delle Indie. Si vedeva Bacc
lle Indie. Si vedeva Bacco accompagnato dalle Baccanti, da’ suonatori di flauto, da donzelle con crotali e timpani in mano
si celebravano da’ Tebani ogni terzo anno con notturni, discorrimenti di donne, e con arcane cerimonie sul monte Citerone 
onne, e con arcane cerimonie sul monte Citerone ; e perchè si facevan di notte, dicevansi nitterne (a νυξ, nox.). I Tracii
i le introdussero nella Grecia, e si contano fra le più antiche orgie di Bacco. A questa specie di orgie appartiene la bel
ecia, e si contano fra le più antiche orgie di Bacco. A questa specie di orgie appartiene la bellissima comparazione, con
da sacro furore, quando alle orgie trieteriche la chiama l’udito nome di Bacco e le notturne grida del Citerone. Questo mo
Bacco ed alle Muse, ed era famoso per le orgie che vi si celebravano di notte, tanto che Ovidio(3) il chiama monte fatto
tanto che Ovidio(3) il chiama monte fatto per le cose sacre. Le feste di Bacco si chiamavano Baccanali, Dionisiache, e più
osi furori con cui celebravansi dalle Baccanti, le qualì si cingevano di serpenti sì la chioma che il resto del corpo(4) ;
i serpenti sì la chioma che il resto del corpo(4) ; andavano coronate di edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pell
sì la chioma che il resto del corpo(4) ; andavano coronate di edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pelle di cervo
davano coronate di edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pelle di cervo o di cavriuiolo detta nebide ; e portavano
nate di edera e di pampini ; sulle spalle aveano una pelle di cervo o di cavriuiolo detta nebide ; e portavano in mano il
Alcune fanciulle dette Cistofore portavan le mistiche ceste o panieri di Bacco, nei quali, fra le altre cose misteriose, e
ludeva o a’ due aggiunti misteriosi che Orfeo dà a Bacco, chiamandolo di tre generazioni (τριγονος), o di tre nature (τριφ
si che Orfeo dà a Bacco, chiamandolo di tre generazioni (τριγονος), o di tre nature (τριφυης) ; o alle feste trieteriche.
vede mezzo aperta e pare che n’esca un serpente ; ed è tutta coronata di edera. Vi erano pure le Canefore, cioè alcune don
ioè alcune donzelle nobili che portavano piccoli canestri d’oro colmi di ogni maniera di frutta ; forse perchè a Bacco era
lle nobili che portavano piccoli canestri d’oro colmi di ogni maniera di frutta ; forse perchè a Bacco eran esse consacrat
i licnofori, che portavano il misterioso vaglio (μυστικον λικνον)(3) di Bacco, di cui non potevasi fare a meno in tutte l
ri, che portavano il misterioso vaglio (μυστικον λικνον)(3) di Bacco, di cui non potevasi fare a meno in tutte le feste di
ικνον)(3) di Bacco, di cui non potevasi fare a meno in tutte le feste di lui. Nel tempo poi di queste solennità, una turba
cui non potevasi fare a meno in tutte le feste di lui. Nel tempo poi di queste solennità, una turba innumerabile di uomin
ste di lui. Nel tempo poi di queste solennità, una turba innumerabile di uomini e di donne vestite in modo assai strano co
Nel tempo poi di queste solennità, una turba innumerabile di uomini e di donne vestite in modo assai strano correva per le
lle feste baccanali erano sì vituperevoli e pericolosi che l’anno 568 di Roma il Senato fu obbligato a proibirne la celebr
u obbligato a proibirne la celebrazione, sebbene non si tennero molto di ritornare alla primiera sfrenata licenza di quell
bene non si tennero molto di ritornare alla primiera sfrenata licenza di quelle feste obbrobriose. In Atene però, donde pa
che da’ Baccanali o feste Dionisiache si contavano gli anni. In onore di Bacco si celebravano pure le feste antesterie, in
hiavi, e tutt’i cittadini si consideravano uguali, come ne’ Saturnali di Roma. Le Baccanti si chiamavan pure Bistonidi, ci
pure Bistonidi, cioè donne Tracie, perchè Bistonii erano gli abitanti di una parte della Tracia, in cui le orgie principal
to gridare ; Tiadi, o da θυω, celebrare le orgie ; o da una figliuola di Cefisso, fiume della Beozia, chiamata Tiade, che
ozia, chiamata Tiade, che fu la prima iniziata nelle misteriose orgie di Bacco. VIII. Varie incumbenze di Bacco. Ba
a iniziata nelle misteriose orgie di Bacco. VIII. Varie incumbenze di Bacco. Bacco fu il primo che insegnò agli uom
Bacco fu il primo che insegnò agli uomini l’uso del vino, ed il modo di colfivare le viti, per cui spesso da’poeti chiama
pel fuoco ; ed in un antico poeta si rappresenta Bacco stesso in atto di pigiare le uve (2). Quindi a Nasso, ove egli era
o Bacco, ovvero il vino, generato da igneo seme. Ed in Pellene, città di Acaia (3), in onore di Bacco Lamptero si celebrav
, generato da igneo seme. Ed in Pellene, città di Acaia (3), in onore di Bacco Lamptero si celebravano alcune feste nottur
i torce accese, e qua e là per le contrade collocavansi crateri pieni di vino ; il che, al dire di Diodoro Siculo(4), sign
per le contrade collocavansi crateri pieni di vino ; il che, al dire di Diodoro Siculo(4), significava il Sole che in vin
ampelos, così quel poeta(2) favoleggiò che vi fu un tale Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi a
uel poeta(2) favoleggiò che vi fu un tale Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e
Ampelo, fig. di un Satiro e di una Ninfa, ed uno de’ più grandi amici di Bacco e forse suo sacerdote, il quale abitava sul
rdote, il quale abitava sull’ Ismaro, monte della Tracia fin da’tempi di Omero(3) insigne per le viti. Egli un giorno cadd
li bellicosi della Tessaglia. Il centauro Euritione, avvinazzato fuor di misura, come lo erano gli altri commensali, commi
ano gli altri commensali, commise a zioni molto indegne, specialmente di quella lieta circostanza, per cui fu maltrattato
pugna de’ Centauri e de’ Lapiti avverte a non oltrepassare i confini di un moderato bere. In Bacco vediamo espresso il Pa
vio a coltivar la terra e piantò una vigna ; ed avendo fatto il vino, di cui non conosceva la forza, ne bevve sino a resta
aco, come la Scrittura racconta. Ritrovò pure il nostro Bacco il modo di estrarre e di apparecchiare il mele ; ed in Eurip
crittura racconta. Ritrovò pure il nostro Bacco il modo di estrarre e di apparecchiare il mele ; ed in Euripide(1) leggiam
la terra promessa, ove Mosè condur dovea gl’ Israeliti, avea ruscelli di latte e di mele. Ovidio (2) seriamente ci raccont
omessa, ove Mosè condur dovea gl’ Israeliti, avea ruscelli di latte e di mele. Ovidio (2) seriamente ci racconta che viagg
ono, percui Bacco, riunite quelle industriose pecchie, ebbe la gloria di aver ritrovata l’arte di fare il mele. A Bacco ez
e quelle industriose pecchie, ebbe la gloria di aver ritrovata l’arte di fare il mele. A Bacco eziandio si attribuisce l’i
e l’invenzione dell’aratro, percui da Pindaro(3) si chiama assistente di Cerere, e da Strabone(4), il genio di Cerere. E g
Pindaro(3) si chiama assistente di Cerere, e da Strabone(4), il genio di Cerere. E gli Spartani(5) dicevano che avea pur r
r questa ragione ancora credo che Pausania(6), descrivendo una statua di Bacco fatta da Policleto, dice che i coturni che
he i coturni che appartenevano alla tragedia, erano i calzari proprii di quel nume, mentre in una mano teneva un vaso da b
ti ed alle gozzoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisce l’invenzione di una specie di danza ; e celebre è il tiaso, ch’er
zoviglie. Da Luciano(7) gli si attribuisce l’invenzione di una specie di danza ; e celebre è il tiaso, ch’era una danza de
io ; percui Tiasarca era il preside ai tripudii ed a’conviti in onore di Bacco. E propriamente per tiaso s’intende una mol
in onore di Bacco. E propriamente per tiaso s’intende una moltitudine di tripudianti o di convitati. Il giovinetto Cisso,
. E propriamente per tiaso s’intende una moltitudine di tripudianti o di convitati. Il giovinetto Cisso, amico di Bacco, d
moltitudine di tripudianti o di convitati. Il giovinetto Cisso, amico di Bacco, danzando avanti a lui, o sia facendo parte
sformato in edera che chiamasi pure cisso (κισσος). IX. Iconologia di Bacco. Fanno conoscere Bacco, volto bello ed
ere Bacco, volto bello ed effeminato ; molle delicatezza delle mani e di tutte le altre parti del corpo ; corona di pampin
e delicatezza delle mani e di tutte le altre parti del corpo ; corona di pampini e di ellera ; bionda e lunga chioma inane
delle mani e di tutte le altre parti del corpo ; corona di pampini e di ellera ; bionda e lunga chioma inanellata che gli
a ; bionda e lunga chioma inanellata che gli cade su gli omeri ; vaso di oro per uso di bere nella destra : e nella sinist
nga chioma inanellata che gli cade su gli omeri ; vaso di oro per uso di bere nella destra : e nella sinistra, il tirso or
oro per uso di bere nella destra : e nella sinistra, il tirso ornato di ellera e nella sommità guernito di acuto ferro. C
e nella sinistra, il tirso ornato di ellera e nella sommità guernito di acuto ferro. Così Penteo descrive Bacco nella tra
acuto ferro. Così Penteo descrive Bacco nella tragedia delle Baccanti di Euripide(1). Egli non meno che Apollo celebravasi
i non meno che Apollo celebravasi per un’eterna bellezza, e pel fiore di una gioventù che non veniva mai meno. Quindi da O
eniva mai meno. Quindi da Orazio(2) fu detto candido, epiteto proprio di un bel volto ; e le arti del disegno fecero a gar
a natura le forme più leggiadre e più care, le quali con bell’accordo di grazia potessero esprimere questa divina giovinez
n bell’accordo di grazia potessero esprimere questa divina giovinezza di Bacco. Di una lunga chioma ancora e bellissima ve
e picciole corna che potea levarsi a suo talento : il che era simbolo di maestà e di potenza(3)). Tibullo rappresenta Bacc
orna che potea levarsi a suo talento : il che era simbolo di maestà e di potenza(3)). Tibullo rappresenta Bacco con dolci
maestà e di potenza(3)). Tibullo rappresenta Bacco con dolci grappoli di uva pendenti dalle sue corna. Nella così detta ca
vede un Bacco, le cui bionde chiome son cinte della solita ghirlanda di corimbi, i quali intessuti a foggia di serto eran
n cinte della solita ghirlanda di corimbi, i quali intessuti a foggia di serto erano indizio di un simulacro di quel nume
irlanda di corimbi, i quali intessuti a foggia di serto erano indizio di un simulacro di quel nume (4). Ornato di corona f
bi, i quali intessuti a foggia di serto erano indizio di un simulacro di quel nume (4). Ornato di corona fatta di corimbi
oggia di serto erano indizio di un simulacro di quel nume (4). Ornato di corona fatta di corimbi che sono i frutti dell’ed
rano indizio di un simulacro di quel nume (4). Ornato di corona fatta di corimbi che sono i frutti dell’edera, ed armato d
to di corona fatta di corimbi che sono i frutti dell’edera, ed armato di tirso il vide Filostrato il vecchio ; e Callistra
so il vide Filostrato il vecchio ; e Callistrato(5) ammirò una statua di Bacco, ch’era avvenente, pieno di delicata mollez
e Callistrato(5) ammirò una statua di Bacco, ch’era avvenente, pieno di delicata mollezza, conmolti vezzi negli occhi, e
e, pieno di delicata mollezza, conmolti vezzi negli occhi, e coronato di edera, come Euripide il dipinge nelle Baccanti. I
e co’crini raccolti e pendenti a guisa delle donzelle ; ha una corona di pampini con grappoli di uva, come il descrive Ovi
ndenti a guisa delle donzelle ; ha una corona di pampini con grappoli di uva, come il descrive Ovidio(2), e la mitra sul c
rive Bacco con un vaso nella destra che fors’era il cantaro potatorio di Arnobio, ed il tirso nella sinistra. Nell’arca di
l cantaro potatorio di Arnobio, ed il tirso nella sinistra. Nell’arca di Cipselo descritta da Pausania vedevasi Bacco con
Nell’arca di Cipselo descritta da Pausania vedevasi Bacco con un vaso di oro nella destra ; ed altri artefici gli ponevano
nella destra ; ed altri artefici gli ponevano in mano diverse specie di vasi, come il carchesio ed il corno(7). Di Bacco
le scendeva sino a’ teneri piedi(8). I poeti rappresentano il cocchio di Bacco tirato o da tigri, o da pantere, o da linci
nte come un grassotto e ben colorito giovane, senza barba, co’capelli di un biondo oro, e sovente ancora come un fanciullo
capelli di un biondo oro, e sovente ancora come un fanciullo coronato di edera e di pampini. Ha in una mano un tirso ; nel
un biondo oro, e sovente ancora come un fanciullo coronato di edera e di pampini. Ha in una mano un tirso ; nell’altra, de
ppoli d’uva, e qualche volta un rython, cioè un vaso da bere in forma di corno, o un chantharus, cioè una coppa a due mani
coppa a due manichi. Effigiasi talvolta nudo ; talvolta con una pelle di pantera alle spalle ; or sul dosso di Pane, or fr
a nudo ; talvolta con una pelle di pantera alle spalle ; or sul dosso di Pane, or fra le braccia di Sileno che fu il suo b
elle di pantera alle spalle ; or sul dosso di Pane, or fra le braccia di Sileno che fu il suo balio ; or sopra un carro ci
braccia di Sileno che fu il suo balio ; or sopra un carro circondato di edera e di pampini, tirato da due pantere o da du
Sileno che fu il suo balio ; or sopra un carro circondato di edera e di pampini, tirato da due pantere o da due tigri ; o
i, tirato da due pantere o da due tigri ; or colle corna in testa, ma di oro, come cel rappresenta Orazio ; e sovente come
bei monumenti relativi a Bacco è il vaso d’oro del museo d’antichità di Parigi trovato nella città di Rennes. Questo rapp
o è il vaso d’oro del museo d’antichità di Parigi trovato nella città di Rennes. Questo rappresenta nel mezzo Bacco ed Erc
un caprone ; Sileno coricato sopra un cammello, e per ultimo un coro di musici che assistono alla festa. Ercole comparisc
stato obbligato ad abbandonare a’ Fauni che gli sono accanto, la cura di portare l’enorme sua clava, ma non potrebbe regge
n potrebbe reggersi in piedi, se non fosse sostenuto da altri seguaci di Bacco. Quanto a questo dio, egli è assiso tranqui
pra il suo carro tirato da pantere ; ha una mano nella testa in segno di riposo, e rimira con indifferenza il vinto suo an
ona il cembalo. Vi è un Fauno, dal cui omero sinistro pende una pelle di tigre, ed ha in bocca due tibie diritte. Vi è un
dipingere. Presso De La Chausse(1) si dipingono le Baccanti coronate di pampini, di edera e di serpenti. In un antico dip
Presso De La Chausse(1) si dipingono le Baccanti coronate di pampini, di edera e di serpenti. In un antico dipinto Pompeia
a Chausse(1) si dipingono le Baccanti coronate di pampini, di edera e di serpenti. In un antico dipinto Pompeiano vi è un
nella sua conta e bella giovinezza siede maestosamente sopra un trono di oro borchiato di gemme, e strato di porpora. Il p
bella giovinezza siede maestosamente sopra un trono di oro borchiato di gemme, e strato di porpora. Il peplo che dagli om
iede maestosamente sopra un trono di oro borchiato di gemme, e strato di porpora. Il peplo che dagli omeri gli discende si
l peplo che dagli omeri gli discende sino a’piedi è violaceo foderato di verde. Il suo solito serto di corimbi gli cinge i
scende sino a’piedi è violaceo foderato di verde. Il suo solito serto di corimbi gli cinge i biondi ed intonsi capelli, ed
d armacollo. Colla destra tiene in mano un cratere a due manichi pure di oro, e colla sinistra si appoggia al tirso. La pa
La pantera ed i cembali si veggono da un lato e dall’altro del trono di questo dio che sta dipinto sopra un fondo rosso(2
o riferisce che Bacco, dopo aver ritrovato il vino, bevea in un corno di bue. X. Epiteti principali di Bacco. Acra
ritrovato il vino, bevea in un corno di bue. X. Epiteti principali di Bacco. Acratoforo, ακρατοφορος, che porta vi
κρατοφορος, che porta vin puro ; ed Acratapote, ακρατοποτης, bevitore di vino puro, sono soprannomi di Bacco. Bassareo, B
 ; ed Acratapote, ακρατοποτης, bevitore di vino puro, sono soprannomi di Bacco. Bassareo, Bassareus, fu detto Bacco dalla
fica volpe, perchè le Baccanti dette Bassaridi, facevano uso non solo di pelli di cervo, ma anche di pelli volpine ; o da
e, perchè le Baccanti dette Bassaridi, facevano uso non solo di pelli di cervo, ma anche di pelli volpine ; o da βαζω, gri
ti dette Bassaridi, facevano uso non solo di pelli di cervo, ma anche di pelli volpine ; o da βαζω, gridare ; o da Bassa,
nutrici. Persio chiama Briseo il poeta Accio a cagion della tragedia di Bacco da lui composta ; o perchè i poeti tragici
o da lui composta ; o perchè i poeti tragici sono sotto la protezione di quel nume. Bromio, βρομιος, Bromius, così detto
, Ιακλος βουκερος, tauriformis, perchè rappresentavasi o con un corno di toro in mano, ch’era l’antica forma de’ vasi per
lo stesso che Bacco, o meglio il sole, che rappresentavasi con testa di toro, e faccia di uomo. Edonio, Edonus, dal mont
co, o meglio il sole, che rappresentavasi con testa di toro, e faccia di uomo. Edonio, Edonus, dal monte Edon, nella Trac
nella Tracia, ove era singolarmente onorato. Evante o Evan, cognome di Bacco, dal grido delle Baccanti evan, che corrisp
che ha una chioma delicata ; κρυσοκομης, dall’aurea chioma ; epiteti di Bacco per la sua bella e delicata capellatura. Κρ
bella e delicata capellatura. Κρισσοκομης, e κισσοστεφανος, coronato di edera. Plinio(1) dice che Bacco fu il primo a por
ce che Bacco fu il primo a porsi in testa una corona, e che questa fu di edera. Leneo, Lenaeus pater, da λυαιος, torchio
uesta fu di edera. Leneo, Lenaeus pater, da λυαιος, torchio da vino, di cui credevasi inventore. In onore di Bacco invent
ter, da λυαιος, torchio da vino, di cui credevasi inventore. In onore di Bacco inventore del torchio si celebravano le fes
ove Bacco fu educato. Racemifer, cioè Bacco che ha il capo coronato di grappoli. Semeleius, Semeleia proles, Bacco, fig
l capo coronato di grappoli. Semeleius, Semeleia proles, Bacco, fig. di Semele. Tioneo, Θυωνευς, Thyoneus, fu detto Bacc
che Giove, ad istanza del figliuolo, allogò fra le immortali col nome di Tione. Tirsigero, θυρσοφορος, Thyrsiger, Bacco c
οφορος, Thyrsiger, Bacco che porta il tirso. XI. Alcune altre cose di Bacco. Niuno ignora l’uso de’ serpenti nelle
altre cose di Bacco. Niuno ignora l’uso de’ serpenti nelle orgie di Bacco. Euripide(1) ci fa sapere che Bacco appena
o. Euripide(1) ci fa sapere che Bacco appena nato portò il capo cinto di una corona di serpenti ; e Nonno(2) afferma che B
ci fa sapere che Bacco appena nato portò il capo cinto di una corona di serpenti ; e Nonno(2) afferma che Bacco, in segno
hè il serpente mutando la spoglia, ringiovanisce. Quindi ne’sacrifizi di quel nume un coro di Baccanti in alcune ceste por
o la spoglia, ringiovanisce. Quindi ne’sacrifizi di quel nume un coro di Baccanti in alcune ceste portava de’ serpenti, fo
nume un coro di Baccanti in alcune ceste portava de’ serpenti, forse di quella specie, che anche mordendo, non nuoce. Alt
do, non nuoce. Altri dicono che non eran mica veri serpenti, ma fatti di oro o di altro metallo ; ed il Vossio(3) avvisa c
uoce. Altri dicono che non eran mica veri serpenti, ma fatti di oro o di altro metallo ; ed il Vossio(3) avvisa che le scu
isa che le scuriate che quelle strane sacerdotesse tenevano in mano e di cui si cingevano, non eran serpenti vivi e veri,
n mano e di cui si cingevano, non eran serpenti vivi e veri, ma fatti di cuoio e di crini a guisa di serpenti. Da Cicerone
cui si cingevano, non eran serpenti vivi e veri, ma fatti di cuoio e di crini a guisa di serpenti. Da Cicerone e da Ovidi
, non eran serpenti vivi e veri, ma fatti di cuoio e di crini a guisa di serpenti. Da Cicerone e da Ovidio(4) sappiamo che
Cicerone e da Ovidio(4) sappiamo che i giovanetti Romani nelle feste di Bacco dette Liberalia, prendevano la viril toga,
prendevano la viril toga, e ciò o per indicare la perpetua giovinezza di quel nume, o perchè i padri di famiglia volevan p
o per indicare la perpetua giovinezza di quel nume, o perchè i padri di famiglia volevan porre sotto la protezione del pa
e (διθυρω). Or da questo suo cognome fu chiamato ditirambo un inno in di lui onore. Le poesie ditirambiche a principio can
lui onore. Le poesie ditirambiche a principio cantavansi nelle feste di Bacco da uomini invasati dal suo furore, e senza
mini invasati dal suo furore, e senza legge alcuna ; ma Laso, maestro di Pindaro, le ridusse ad una forma più regolare. In
iù regolare. In esse, volendosi in certo modo imitare la sregolatezza di una mente alterata dal vino, dee regnare una lice
al soperchio suo estro, passa senza legge da una ad un’altra maniera di versi. Ciò attesta Orazio(1) di Pindaro ; ed egli
enza legge da una ad un’altra maniera di versi. Ciò attesta Orazio(1) di Pindaro ; ed egli stesso in due odi a Bacco(2) pa
la forma esteriore. Degli antichi non vi sono restati esempi perfetti di ditirambica poesia, che potessero farci concepire
di ditirambica poesia, che potessero farci concepire una giusta idea di siffatto componimento ; ma gl’Italiani vantano il
porre. Da’ poeti ditirambici nacque il proverbio, aver più poco senno di un poeta ditirambico, per dinotare un uomo stupid
mbico, per dinotare un uomo stupido e furioso. L’ordinario sacrificio di Bacco fu quello di un capro ch’era animale assai
un uomo stupido e furioso. L’ordinario sacrificio di Bacco fu quello di un capro ch’era animale assai dannoso alle viti(3
fra le loro divinità tre Dee dette le tre Grazie che finsero compagne di Venere. I Greci le chiamarono Cariti (χαριτες) da
gratia ; ed i latini Charites o Gratiae, perchè esse eran la sorgente di tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile, di
harites o Gratiae, perchè esse eran la sorgente di tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile, di giocondo e di piacevo
e, perchè esse eran la sorgente di tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile, di giocondo e di piacevole in tutte le c
se eran la sorgente di tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile, di giocondo e di piacevole in tutte le cose. II.
gente di tutte le grazie, o di quanto vi ha di amabile, di giocondo e di piacevole in tutte le cose. II. Storia favolos
, di giocondo e di piacevole in tutte le cose. II. Storia favolosa di Venere. Venere, una delle più celebri divinit
istinguevano parecchie. Cicerone(3) dice che una era fig. del Cielo o di Urano, e della Luce o del Giorno ; l’altra uscita
amata Astarte, che sposò Adone. Or la ninfa Dione, fig. dell’Oceano e di Teti, era la madre di Venere, percui Cesare che s
sò Adone. Or la ninfa Dione, fig. dell’Oceano e di Teti, era la madre di Venere, percui Cesare che si vantava discendere d
cui Cesare che si vantava discendere da Venere e da Anchise per parte di Enea, chiamasi Dioneo da Virgilio(1). I poeti per
ribuiscono ciò ch’è proprio delle altre tre. Omero chiama Venere fig. di Giove ; ed Esiodo la dice nata dalla schiuma del
Giove ; ed Esiodo la dice nata dalla schiuma del mare presso l’isola di Cipro ; percui Museo(2) la chiama donna e signora
onna e signora del mare ; e da Orazio(3) appella vasi sovrana padrona di Cipro, ove nacque ed esercitava in modo particola
ome dea della marina. Plinio(4) riferisce che Augusto pose nel tempio di Giulio Cesare un quadro che rappresentava Venere
tempio di Giulio Cesare un quadro che rappresentava Venere nell’atto di uscire dalle onde del mare, detta perciò Anadiome
. I pesci che portaron quell’uovo alla riva, e le colombe, ad istanza di Venere, furon da Giove allogate tra gli astri ; e
dice Esiodo, nacque Venere, la più bella delle Dee, presso all’isola di Cipro, e portata da una conchiglia approdò a Cite
ll’isola di Cipro, e portata da una conchiglia approdò a Citera, cit. di quell’isola, ove i fiori e le tenere erbette le g
i e degli Dei. Fu poscia portala da Zeffiro, mentre le Stagioni, fig. di Giove e di Temi, l’attendevano sulla spiaggia. Es
ei. Fu poscia portala da Zeffiro, mentre le Stagioni, fig. di Giove e di Temi, l’attendevano sulla spiaggia. Esse l’ornaro
osì la condussero all’Olimpo, ove la sua bellezza destò la maraviglia di tutt’i numi. Giove volendo dare un compenso a Vul
ie. I poeti, dice Banier, seguendo queste ridenti idee, han procurato di vincersi scambievolmente nel descrivere i pregi d
dee, han procurato di vincersi scambievolmente nel descrivere i pregi di lei ; ed i pittori e gli scultori, a loro imitazi
o imitazione, ne hanno formato una Dea che in se riunisce quanto vi è di più bello e di più amabile. Secondo Lattanzio, Ve
e hanno formato una Dea che in se riunisce quanto vi è di più bello e di più amabile. Secondo Lattanzio, Venere non era al
ti ne foggiarono una dea. Ma il Banier ricerca l’origine della favola di Venere nella Fenicia. Questa dea, egli dice, era
isole del mediterraneo e nella Grecia, vi recarono eziandio il culto di quella dea. Essi dovettero in prima fermarsi a Ci
rmarsi a Cipro ch’è la più vicina alle coste della Siria, ed il culto di lei vi fu generalmente abbracciato. Di là andaron
teso parlare. E come i Fenicii che i primi avean recato colà il culto di Venere, eran venuti per mare ; così i Greci che p
Fenicii, e vuolsi nata in Tiro, si era maritata con Adone, giovanetto di grandissima bellezza, e fig. di Cinira, re di Cip
si era maritata con Adone, giovanetto di grandissima bellezza, e fig. di Cinira, re di Cipro. Amava(1) egli oltremodo la c
a con Adone, giovanetto di grandissima bellezza, e fig. di Cinira, re di Cipro. Amava(1) egli oltremodo la caccia, e Vener
non occuparvisi troppo pel pericolo delle fiere ch’egli inseguiva. E di fatto un giorno sul monte Idalo, di Cipro(2), fu
delle fiere ch’egli inseguiva. E di fatto un giorno sul monte Idalo, di Cipro(2), fu mortalmente ferito da un grosso cing
che Apollo, cangiato in cinghiale, avesse ucciso Adone per vendicarsi di Venere, la quale avea privato di vista Erimanto,
, avesse ucciso Adone per vendicarsi di Venere, la quale avea privato di vista Erimanto, di lui figliuolo, che l’avea vedu
ne per vendicarsi di Venere, la quale avea privato di vista Erimanto, di lui figliuolo, che l’avea veduta nel bagno. Alle
giovane Venere accorse, sparse del nettare sulla ferita e dal sangue di lui fece nascere un fiore che Bione crede essere
o (ανεμος, ventus). Altri vogliono che l’anemone nacque dalle lagrime di Venere, la quale, entrando nella foresta in tracc
a quale, entrando nella foresta in traccia del ferito Adone, la spina di un rosaio le punse il piede, ed una goccia del su
ch’eran tutte bianche. Adonie erano feste che si celebravano in onore di Adone. In esse tutta la città vestivasi a lutto,
o. Adone avea un tempio insieme con Venere in Amatunta ; e nel tempio di Giove Conservatore a Roma avea una cappelletta, o
o. Bione, poeta buccolico, ha fatto un idillio bellissimo sulla morte di Adone ; e Teocrito la cantò in versi anacreontici
ia ha il celebre poema del cav. Marini intitolato l’ Adone. La favola di Atalanta e d’Ippomene si racconta nelle Metamorfo
nta e d’Ippomene si racconta nelle Metamorfosi(3), insieme con quella di Adone. Fu essa figliuola di Scheneo, re di Argo.
nelle Metamorfosi(3), insieme con quella di Adone. Fu essa figliuola di Scheneo, re di Argo. Un oracolo avea predetto che
osi(3), insieme con quella di Adone. Fu essa figliuola di Scheneo, re di Argo. Un oracolo avea predetto che maritandosi sa
e maritandosi sarebbe stata cangiata in altra forma ; per cui fuggiva di dare la mano a chicchessia ed attendeva solo alla
a ch’era velocissima, vinse molti concorrenti, i quali ebbero la pena di morte giusta la convenzione. Or Venere ad Ippomen
orte giusta la convenzione. Or Venere ad Ippomene o Ippomedonte, fig. di Megaro o di Marte, dato avea tre pomi d’oro colti
la convenzione. Or Venere ad Ippomene o Ippomedonte, fig. di Megaro o di Marte, dato avea tre pomi d’oro colti nel giardin
mi d’oro colti nel giardino delle Esperidi, o in un luogo dell’ isola di Cipro. Il quale con arte gettò nel meglio della c
endo la donzella raccogliere, con tal ritardo diede luogo ad Ippomene di giungere prima di lei alla designata meta. In pre
accogliere, con tal ritardo diede luogo ad Ippomene di giungere prima di lei alla designata meta. In premio della vittoria
della vittoria sposò egli Atalanta ; ma Venere, cui dimenticato avea di rendere le dovute grazie, sdegnata fece che profa
di rendere le dovute grazie, sdegnata fece che profanassero un tempio di Cibele, la quale di ciò oltremodo offesa vendicò
grazie, sdegnata fece che profanassero un tempio di Cibele, la quale di ciò oltremodo offesa vendicò l’oltraggio, trasfor
, trasformando entrambi in leoni che attaccò al suo cocchio. La corsa di Atalanta e d’Ippomene è il soggetto di due belle
taccò al suo cocchio. La corsa di Atalanta e d’Ippomene è il soggetto di due belle figure del giardino delle Tuilèries. Qu
linio(1) attesta che i giardini in generale erano sotto la protezione di Venere ; e negli orti Sallustiani era un tempio d
otto la protezione di Venere ; e negli orti Sallustiani era un tempio di Venere colla iscrizione : « Gli Editui di Venere
i Sallustiani era un tempio di Venere colla iscrizione : « Gli Editui di Venere degli orti Sallustiani. » Si racconta che
onato le avesse de’ pomi d’oro co’ ramoscelli. Giunone pregò la Terra di poterne piantare ne’ suoi giardini ch’eran vicini
monte Atlante. Ora l’Esperidi ch’eran tre sorelle poste alla guardia di detti pomi e fig. di Atlante e di Esperide, fig.
’Esperidi ch’eran tre sorelle poste alla guardia di detti pomi e fig. di Atlante e di Esperide, fig. di Espero, ne cogliev
eran tre sorelle poste alla guardia di detti pomi e fig. di Atlante e di Esperide, fig. di Espero, ne coglievano spesso ;
oste alla guardia di detti pomi e fig. di Atlante e di Esperide, fig. di Espero, ne coglievano spesso ; per cui Giunone li
coglievano spesso ; per cui Giunone li diede in guardia ad un dragone di enorme grandezza detto Ladone e nato da Tifone e
etusa ; ma sul loro numero e nome variano i Mitologi. IV. Vittoria di Venere sopra Giunone e Minerva, e sue conseguenze
nze nella condotta dell’Iliade e dell’ Eneide. Si è nell’articolo di Giunone favellato del fatal pomo della discordia,
olo di Giunone favellato del fatal pomo della discordia, del giudizio di Paride e della vittoria che riportò la nostra Dea
on fu la sola cagione che spinse Venere a proteggere l’infelice città di Troia, e gli odiati avanzi di essa. Ella da Anchi
se Venere a proteggere l’infelice città di Troia, e gli odiati avanzi di essa. Ella da Anchise, principe Troiano e nipote
gli odiati avanzi di essa. Ella da Anchise, principe Troiano e nipote di Priamo, che alcuni dicono fig. di Assaraco, e ch’
Anchise, principe Troiano e nipote di Priamo, che alcuni dicono fig. di Assaraco, e ch’era bellissimo, avea avuto un figl
tò gli effetti del pernicioso suo sdegno su tutti gli eroi del sangue di lei. Ed ecco ne’ due grandi teatri dell’ Iliade e
della Eneide, Giunone e Pallade tutte intese alla finale distruzione di Troia ed a spegnere in Enea ogni scitilla di quel
alla finale distruzione di Troia ed a spegnere in Enea ogni scitilla di quella città sventurata ; mentre Venere pone in o
lena e i suoi tesori. Si viene al combattimento, e Paride è nel punto di essere ucciso da Menelao ; ma Venere fatta accort
e divino, degno degl’immortali. Omero, ella dice, non si è contentato di attribuire agli Dei le passioni ed i vizii degli
suoi, che questi Dei inferiori, cioè, avessero i loro corpi, sebbene di altra natura che i nostri, e che per ciò potevano
iutati da Nettuno fecero de’ Troiani. Giove interdetto avea agl’Iddii di prender parte alla guerra di Troia ; per cui Giun
Troiani. Giove interdetto avea agl’Iddii di prender parte alla guerra di Troia ; per cui Giunone scaltramente ottiene il m
a di Troia ; per cui Giunone scaltramente ottiene il misterioso cinto di Venere, fingendo che volea avvalersene per compor
reci e fare grande strage de’ Troiani. Rinomato è il misterioso cinto di Venere detto zona da’ Greci (ζονη, et κεστος, acu
l quale erano chiuse e raccolte tutte le lusinghe e che avea la virtù di rendere amabile chi lo portava, tanto che Luciano
l discorso. Il Tasso ha imitato la descrizione che fa Omero del cinto di Venere, quando descrive la cintura di Armida.
crizione che fa Omero del cinto di Venere, quando descrive la cintura di Armida. V. Continuazione. Ma i fati traevan
a dover sostenere l’ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte di Venere, di Apollo e degli altri numi che
ostenere l’ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte di Venere, di Apollo e degli altri numi che ne favor
ultima sua rovina ; e gli sforzi, benchè potenti, di Marte di Venere, di Apollo e degli altri numi che ne favorivano la ca
destinato eccidio. Troia cadde e ne fu miserando avanzo il figliuolo di Venere e di Anchise, il pio Enea. Il volere del f
ccidio. Troia cadde e ne fu miserando avanzo il figliuolo di Venere e di Anchise, il pio Enea. Il volere del fato il porta
Anchise, il pio Enea. Il volere del fato il portava in Italia ; l’ira di Giunone a tutto potere volea tenerlo lontano da q
a regione ; e Venere dovè proteggerlo dall’odio ostinato della moglie di Giove. Ecco in breve qual figura fa Venere nell’
a ad Anchise(1) che l’ Italia sarebbe stata il termine delle sventure di Enea ; ed è noto che Apollo avea presagita la ser
ed è noto che Apollo avea presagita la serie fatale degli avvenimenti di quell’eroe, de’ suoi posteri e della nuova città
na flotta dalla Sicilia alla volta del Lazio, una tempesta ad istanza di Giunone suscitata da Eolo, fa sì che l’eroe troia
coste della Libia. Di ciò afflitta la madre Venere, cogli occhi molli di dolci lagrime, si fa innanzi a Giove sull’Olimpo,
che avrebbe riposto in cielo il magnanimo Enea ; le rivela la nascita di Romolo, il quale fondar dovea la gran città di Ma
; le rivela la nascita di Romolo, il quale fondar dovea la gran città di Marte e dirla Roma dal suo nome, città ch’esser d
dovea l’eterna imperatrice del mondo ; e le predice infine la gloria di Cesare, il quale ripeteva l’origine da Giulio o A
oria di Cesare, il quale ripeteva l’origine da Giulio o Ascanio, fig. di Enea e nipote di Venere(1), tanto che nello stemm
l quale ripeteva l’origine da Giulio o Ascanio, fig. di Enea e nipote di Venere(1), tanto che nello stemma della famiglia
tanto che nello stemma della famiglia Giulia vedeasi segnato il nome di Venere. Per ciò Cesare consacrò a questa Dea il m
gnato il nome di Venere. Per ciò Cesare consacrò a questa Dea il mese di Aprile, che Ovidio(2) afferma, essere stato così
. Da siffatte solenni promesse del Padre de’ numi Venere rincorata il di vegnente si fece incontro al figliuolo, il quale
pinti. Era ella(3). Donzella a l’armi, a l’abito, al sembiante Parea di Sparta, o qual in Tracia Arpalice Leggera e sciol
ompagno Acate distornati fossero o trattenuti, tutti intorno coprilli di folta nebbia, la quale allora si disciolse, quand
disciolse, quando riveduti i compagni, si mostrò a Didone sfolgorante di singolare dignità e bellezza. Temendo intanto(2),
onsacrata a Giunone, qual’era Cartagine, e per la naturale incostanza di una donna, il suo Enea non avesse quivi a ritrova
sacri boschetti del monte Idalo, fa sì che Cupido, preso il sembiante di lui, ispirasse a Didone grandissimo amore verso l
pirasse a Didone grandissimo amore verso l’eroe Troiano. Anzi si pose di accordo con Giunone, e per diversi fini le nemich
ed Enea in marital nodo si stringano ; Giunone, per impedire ad Enea di porre il piede in Italia e fondarvi il destinato
ura la dimora del figliuolo in Cartagine, chè ben sapeva, le promesse di Giove e la venuta di Enea nel Lazio non potersi d
liuolo in Cartagine, chè ben sapeva, le promesse di Giove e la venuta di Enea nel Lazio non potersi da forza alcuna distor
potersi da forza alcuna distornare. Nettuno intanto, per le preghiere di Venere, rende il mare tranquillo, ed Enea, dopo l
a dell’antica Cuma. Quivi colla scorta della Sibilla, pel vicino lago di Averno, pone il piede nel buio regno di Plutone,
ella Sibilla, pel vicino lago di Averno, pone il piede nel buio regno di Plutone, e Venere manda una coppia di amorose col
o, pone il piede nel buio regno di Plutone, e Venere manda una coppia di amorose colombe, che col fausto lor volo gli most
mo. Giunto finalmente Enea nel Lazio, e timorosa la madre pel turbine di guerra che addensar si vedeva sul capo del dilett
. Or avendo Giove nel consesso de’ numi imposto a Venere ed a Giunone di venire ad amichevole concordia e non più brigarsi
atti degli uomini, Venere rinnova le sue lagnanze pel pernicioso odio di Giunone contro i Troiani, per la salute de’ quali
ntro i Troiani, per la salute de’ quali ella supplica, e specialmente di Ascanio ; e Giunone dall’altra parte con avventat
lmente di Ascanio ; e Giunone dall’altra parte con avventato discorso di tanti mali accagiona i Troiani, e quindi Venere s
ni, e quindi Venere stessa ; percui Giove vedendo che indarno tentava di richiamare quelle Dee alla concordia, per non off
determinazioni del fato interamente commette. Arde intanto gran fuoco di guerra fra Turno ed Enea per la promessa mano del
; ma vana riesce ogni arte. Allora Venere da Creta portò un cespuglio di dittamo, col quale risanò di repente la piaga, pe
llora Venere da Creta portò un cespuglio di dittamo, col quale risanò di repente la piaga, percui Enea, ristorate le forze
i Enea, ristorate le forze, ritorna alla pugna, e dopo orrenda strage di Rutuli, vittorioso dà morte all’infelice Turno, s
rebbe Il nome de’ Latini, il regno d’Alba, E le mura e l’imperio alto di Roma. Caro. Le avventure di Enea sono descritte
regno d’Alba, E le mura e l’imperio alto di Roma. Caro. Le avventure di Enea sono descritte nell’Eneide di Virgilio, bel
alto di Roma. Caro. Le avventure di Enea sono descritte nell’Eneide di Virgilio, bel poema che pe’ Romani potea dirsi po
l poema che pe’ Romani potea dirsi poema nazionale, come era l’Iliade di Omero pe’ Greci. Enea mo rì in una battaglia pres
a mo rì in una battaglia presso il Numicio, fiumicello nella Campagna di Roma ; e si disse che Venere, a malgrado di Giuno
fiumicello nella Campagna di Roma ; e si disse che Venere, a malgrado di Giunone, l’avesse portato in cielo. Ebbe un tempi
grado di Giunone, l’avesse portato in cielo. Ebbe un tempio alla riva di quel fiume, e si numerava fra gli Dei indigeti o
numerava fra gli Dei indigeti o tutelari del paese (1). VI. Corte di Venere – Cupido ed Antero – Le Grazie. Imene
 Armonia. Orazio (2) descrive Venere accompagnata dalla galante corte di Cupido, delle Grazie, della Gioventù e di Mercuri
pagnata dalla galante corte di Cupido, delle Grazie, della Gioventù e di Mercurio. Nicearco (3) dipinse Venere in mezzo al
) dipinse Venere in mezzo alle Grazie ed agli Amori. Anche in un inno di Omero, nel seguito di Venere si pone la Gioventù
zzo alle Grazie ed agli Amori. Anche in un inno di Omero, nel seguito di Venere si pone la Gioventù o Ebe, che Igino dice
nel seguito di Venere si pone la Gioventù o Ebe, che Igino dice fig. di Giove e di Giunone, che sposò Ercole in cielo. Ap
o di Venere si pone la Gioventù o Ebe, che Igino dice fig. di Giove e di Giunone, che sposò Ercole in cielo. Apuleio poi a
a Imero (Ιμερος). E Venere presso Luciano nel giudizio delle Dee dice di avere due belli figliuoli, Imero ed Ero, cioè il
terra preceduta dall’alato Zeffiro, come da suo foriere. E nell’inno di Apollo dice Omero che le Grazie intrecciano nell’
rano i numi col dolce lor canto. Era questa la gaia e splendida corte di Venere ; ma dei suoi figliuoli il principale era
Da’Greci si appellava Eros (Ερως), come Antero che pur si voleva fig. di Venere e di Marte, era il suo contrario, cioè l’A
appellava Eros (Ερως), come Antero che pur si voleva fig. di Venere e di Marte, era il suo contrario, cioè l’Amore o l’Ami
roca, o il Contr’Amore. Secondo Cicerone (4), il primo Cupido fu fig. di Mercurio e di Diana prima ; il secondo, di Mercur
tr’Amore. Secondo Cicerone (4), il primo Cupido fu fig. di Mercurio e di Diana prima ; il secondo, di Mercurio e di Venere
), il primo Cupido fu fig. di Mercurio e di Diana prima ; il secondo, di Mercurio e di Venere seconda ; ed il terzo, detto
pido fu fig. di Mercurio e di Diana prima ; il secondo, di Mercurio e di Venere seconda ; ed il terzo, detto Antero, di Ve
secondo, di Mercurio e di Venere seconda ; ed il terzo, detto Antero, di Venere terza e di Marte. Alcuni lo dicono fig. de
io e di Venere seconda ; ed il terzo, detto Antero, di Venere terza e di Marte. Alcuni lo dicono fig. del Caos e della Ter
rza e di Marte. Alcuni lo dicono fig. del Caos e della Terra ; altri, di Venere e del Cielo ; ma comunemente si dice nato
li occhi bendati, colle ali, per ciò detto alato, ed aligero ; armato di strali, e col turcasso, per cui si chiama il fare
Arciero. Qualche volta vedesi Venere che tiene alta la faretra piena di strali, e Cupido che saltando si sforza di afferr
iene alta la faretra piena di strali, e Cupido che saltando si sforza di afferrarla. Ne’ vasi di Millin si rappresenta Ven
na di strali, e Cupido che saltando si sforza di afferrarla. Ne’ vasi di Millin si rappresenta Venere che abbraccia Cupido
e era la Venere Urania o celeste, è assisa sopra un monticello sparso di fiori, veste un gran manto seminato di stelle ed
isa sopra un monticello sparso di fiori, veste un gran manto seminato di stelle ed è adorna di pendenti, di collane e di b
o sparso di fiori, veste un gran manto seminato di stelle ed è adorna di pendenti, di collane e di braceialetti, ed il fan
iori, veste un gran manto seminato di stelle ed è adorna di pendenti, di collane e di braceialetti, ed il fanciullo vi è n
n gran manto seminato di stelle ed è adorna di pendenti, di collane e di braceialetti, ed il fanciullo vi è nudo. Spesso q
mare, ed alle volte suona qualche strumento. Egli infine era non solo di grande bellezza, ma da Ovidio (1), che ne descriv
rionfo, chiamasi aureo, e si descrive colle ali e le chiome screziate di gemme, e su di un cocchio che ha le ruote dorate,
i aureo, e si descrive colle ali e le chiome screziate di gemme, e su di un cocchio che ha le ruote dorate, mentre la madr
mo ora alle Grazie. Esse erano le compagne indivisibili e le ministre di Venere. Si lavavano nel fonte Acidalio ch’ è pres
nificava che i beneficii debbono essere puri e senza sordida speranza di retribuzione. In detta città eran quelle Dee con
ron dette da Pindaro regine della ricca Orcomeno. Quivi Eteocle, fig. di Cefisso, fiume che bagna Orcomeno, sacrificò la p
ig. di Cefisso, fiume che bagna Orcomeno, sacrificò la prima volta in di loro onore ; e però Teocrito chiama le Grazie, le
ma volta in di loro onore ; e però Teocrito chiama le Grazie, le dive di Eteocle. Le Grazie (Χαριτες, Charites) erano tre,
erano tre, Pasitea, Egiale ed Eufrosine, secondo il Boccaccio, e fig. di Giove e di Autonoe. Alcuni però le vogliono nate
Pasitea, Egiale ed Eufrosine, secondo il Boccaccio, e fig. di Giove e di Autonoe. Alcuni però le vogliono nate da Giove e
caro a tutti. Ed in altro luogo (3), una delle Grazie, ornata il capo di eleganti bende, dicesi vezzosa moglie di Vulcano,
delle Grazie, ornata il capo di eleganti bende, dicesi vezzosa moglie di Vulcano, ed essa introduce Teti nella magione aff
sa moglie di Vulcano, ed essa introduce Teti nella magione affumicata di quel nume. Omero, dice Mad. Dacier, dà per moglie
bro divino. Da Esiodo si appellano Aglaia, Eufrosine e Talia e figlie di Giove e della bella Eurinome, una delle Oceanine.
Muse ; ed in Delfo le statue delle Grazie erano collocate alla destra di Apollo. Gli abitanti dell’ isola di Delo consacra
razie erano collocate alla destra di Apollo. Gli abitanti dell’ isola di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di
abitanti dell’ isola di Delo consacrarono una statua ad Apollo, opera di un loro concittadino. Il nume teneva l’arco nella
Da Orfeo si chiamano madri dell’allegrezza (Χαρμωσυνης γενετειρα) ; e di rado facevansi deliziosi banchetti senza invocarl
decoro e l’ornamento dell’olimpo. Omero (1) dice che le due cameriere di Nausicaa, fig. di Alcinoo, ricevevano dalle Grazi
to dell’olimpo. Omero (1) dice che le due cameriere di Nausicaa, fig. di Alcinoo, ricevevano dalle Grazie la loro bellezza
n numero delle Divinità degli antichi alcuna non vi è che sia vestita di più amabili circostanze che le Grazie, dalle qual
uali tutte le altre prendono in prestito, per così dire, quanto hanno di amabile e di vezzoso. Esse erano la sorgente di t
altre prendono in prestito, per così dire, quanto hanno di amabile e di vezzoso. Esse erano la sorgente di tutto ciò che
sì dire, quanto hanno di amabile e di vezzoso. Esse erano la sorgente di tutto ciò che vi è di dilettevole e di gaio in na
di amabile e di vezzoso. Esse erano la sorgente di tutto ciò che vi è di dilettevole e di gaio in natura ; esse danno a’ l
ezzoso. Esse erano la sorgente di tutto ciò che vi è di dilettevole e di gaio in natura ; esse danno a’ luoghi, alle perso
i avere quel dono, senza il quale ogni altro è inutile, cioè, il dono di piacere. Perciò esse avevano più che tutte le alt
iacere. Perciò esse avevano più che tutte le altre Dee un gran numero di adoratori : tutti gli stati, tutte le professioni
perzio (1), equivale alle altre « in disgrazia delle Muse, a dispetto di Minerva » (Musis iniquis, invita Minerva). E Plut
Minerva). E Plutarco (2) riferisce che, essendo il Filosofo Senocrate di volto austero e tetrico, soleva dirgli Platone « 
olto austero e tetrico, soleva dirgli Platone « Vedi, caro Senocrate, di sacrificare alle Grazie ». Queste Dee per lo più
congiunte, per indicare la concordia degli amici (3). Anacreonte dice di loro che spargon rose a piene mani (ροδα βρυουσι)
belle e ridenti, vestite più con garbo che con magnificenza, coronate di fiori, con in mano alcune rose senza spine, che v
Un poeta (4) finalmente invita le Grazie a venirne a lui dalla città di Orcomeno, ed in prima Aglaia che si distingue al
ngue al lieto e decoroso sembiante ; Talia che ha il sacro capo cinto di verdeggiante ghirlanda ; ed Eufrosine, dalle bell
fingon loro compagne. Esiodo le chiama Eunomia, Dice ed Irene, e fig. di Giove e di Temi ; ed afferma che le Grazie e Suad
compagne. Esiodo le chiama Eunomia, Dice ed Irene, e fig. di Giove e di Temi ; ed afferma che le Grazie e Suada ornarono
i Giove e di Temi ; ed afferma che le Grazie e Suada ornarono Pandora di aureo monile, e le Ore, de’ più bei fiori di prim
e Suada ornarono Pandora di aureo monile, e le Ore, de’ più bei fiori di primavera. Presso Omero le Ore sono le portinaie
mavera. Presso Omero le Ore sono le portinaie del cielo, e le ancelle di Giunone. Presso i Greci esse corrispondevano alle
dici parti uguali, finsero che le Ore fossero dodici sorelle ministre di Giove e compagne delle Grazie, che avean cura de’
succinte, come le danzatrici, fino alle ginocchia ; la testa coronata di foglie di palma che si raddrizzano. I moderni di
come le danzatrici, fino alle ginocchia ; la testa coronata di foglie di palma che si raddrizzano. I moderni di ordinario
 ; la testa coronata di foglie di palma che si raddrizzano. I moderni di ordinario le rappresentano con ali di farfalla, a
a che si raddrizzano. I moderni di ordinario le rappresentano con ali di farfalla, accompagnate da Temi, e portanti oriuol
omesse in matrimonio. E le novelle spose consacravano a Venere, prima di sposare, i loro fantocci, per indicare che davano
ci, per indicare che davano un addio a’puerilì trastulli. E figliuolo di Venere e di Bacco si vuole Imene o Imeneo, dio de
care che davano un addio a’puerilì trastulli. E figliuolo di Venere e di Bacco si vuole Imene o Imeneo, dio delle nozze, c
Bacco si vuole Imene o Imeneo, dio delle nozze, che altri dicono fig. di Apollo e di Calliope. Catullo (1) l’appella abita
le Imene o Imeneo, dio delle nozze, che altri dicono fig. di Apollo e di Calliope. Catullo (1) l’appella abitatore dell’El
tore dell’Elicona e fig. della musa Urania. Egli fu un nobile giovane di Atene, di cui fecero il dio delle nozze, nelle qu
Elicona e fig. della musa Urania. Egli fu un nobile giovane di Atene, di cui fecero il dio delle nozze, nelle quali assai
va. Catullo stesso, con dolcissimi versi il rappresenta inghirlandato di odorosa maggiorana ; col flammeo ch’era un velo g
colore della fiamma, proprio delle novelle spose ; con calzari anche di colore giallo, che portavansi dagli uomini studio
ortavansi dagli uomini studiosi del vestire elegante ; e con una face di pino in mano, di cui solevan far uso nelle nozze,
omini studiosi del vestire elegante ; e con una face di pino in mano, di cui solevan far uso nelle nozze, mentre con sonor
matrimonio. Quindi agli sposi novelli si augurava la sua felicità ; e di lui si fece un nume dell’innocenza e del buon cos
’ principali Padri, eran menate loro a casa da certi della plebe, che di ciò avevano avuto commissione. Tra le quali si di
avuto commissione. Tra le quali si dice che, essendo stata presa una di eccelente bellezza dalla compagnia di un certo Ta
ce che, essendo stata presa una di eccelente bellezza dalla compagnia di un certo Talassio ; e domandando molti che la rin
; coloro i quali la menavano, perchè non le fosse fatta violenza, che di Talassio era e che a Talassio era menata, rispond
r ricordare alla sposa il dovere ehe ha la donna, quando va a marito, di attendere alla fatica ed alle faccende domestiche
voce si adopera spesso a significare le stesse nozze (2). In un inno di Omero insieme con Venere e colle Grazie s’introdu
alla collisione (3) ; per cui Eraclito poneva la guerra per principio di tutte le cose, che potrebbe essere l’amicizia e l
le fecero de’ doni. Vulcano e Minerva (1) le donarono una veste tinta di ogni maniera di vizii e di scelleratezze ; il che
ni. Vulcano e Minerva (1) le donarono una veste tinta di ogni maniera di vizii e di scelleratezze ; il che fu cagione di t
e Minerva (1) le donarono una veste tinta di ogni maniera di vizii e di scelleratezze ; il che fu cagione di tutt’i delit
tinta di ogni maniera di vizii e di scelleratezze ; il che fu cagione di tutt’i delitti de’ posteri di Cadmo. Venere le fe
e di scelleratezze ; il che fu cagione di tutt’i delitti de’ posteri di Cadmo. Venere le fece il dono della fatale collan
tti de’ posteri di Cadmo. Venere le fece il dono della fatale collana di oro, per la quale Erifile scoprì a Polinice il lu
i oro, per la quale Erifile scoprì a Polinice il luogo, ove Anfiarao, di lei marito, erasi nascosto per non andare alla gu
ve Anfiarao, di lei marito, erasi nascosto per non andare alla guerra di Tebe, come in altro luogo si è detto. VIII. Lu
era venerato, e che avea sotto la sua tutela, era per esso argomento di maggior dignità ; per cui non di rado gli Dei ste
a sua tutela, era per esso argomento di maggior dignità ; per cui non di rado gli Dei stessi con un certo sentimento di ia
dignità ; per cui non di rado gli Dei stessi con un certo sentimento di iattanza noveravano i luoghi dedicati al lor cult
edicati al lor culto. Cosi la nostra Dea presso Virgilio (2) si vanta di esser signora di Amatunta, di Pafo, di Citera e d
lto. Cosi la nostra Dea presso Virgilio (2) si vanta di esser signora di Amatunta, di Pafo, di Citera e della città d’Idal
nostra Dea presso Virgilio (2) si vanta di esser signora di Amatunta, di Pafo, di Citera e della città d’Idalia. Catullo (
a presso Virgilio (2) si vanta di esser signora di Amatunta, di Pafo, di Citera e della città d’Idalia. Catullo (3) chiama
lia del mare e signora del sacro Idalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta, di Golgo e di Dura
e e signora del sacro Idalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta, di Golgo e di Durazzo. Orazio
a del sacro Idalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta, di Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infin
dalio bosco, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta, di Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Vene
, delle Assirie pianure, di Ancona, di Gnido, di Amatunta, di Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Venere col tito
ta, di Golgo e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Venere col titolo di regina di Gnido e di Pafo, e la prega ad abbandon
go e di Durazzo. Orazio (4) infine invoca Venere col titolo di regina di Gnido e di Pafo, e la prega ad abbandonare per po
azzo. Orazio (4) infine invoca Venere col titolo di regina di Gnido e di Pafo, e la prega ad abbandonare per poco la sua d
mo brevemente de’ principali. Amatunta era città marittima dell’isola di Cipro, specialmente consacrata a Venere che vi av
frequentato. Il tempio poi eretto a Citera era tenuto pel più antico di quanti ne avea questa Dea nella Grecia ; il che d
quanti ne avea questa Dea nella Grecia ; il che dimostra che il culto di lei da quella città dovè passare nella Grecia ste
città dovè passare nella Grecia stessa. Era ivi adorata sotto il nome di Venere Urania, e gli abitanti erano a lei in part
ti erano a lei in particolar modo consacrati. Presso a quest’isola su di una conchiglia approdò Venere già nata dalla spum
approdò Venere già nata dalla spuma del mare. Ma Cipro, isola natale di Venere, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luo
a del mare. Ma Cipro, isola natale di Venere, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luogo celebrata pel culto di quella de
nere, nel Mediterraneo, è più di ogni altro luogo celebrata pel culto di quella dea. Di quest’isola era capitale Pafo, in
uella dea. Di quest’isola era capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere, nel quale, al dir di Virgilio (1), su cen
capitale Pafo, in cui vedeasi un tempio di Venere, nel quale, al dir di Virgilio (1), su cento altari bruciavano Sabei in
tari bruciavano Sabei incensi e spargevan grato odore molte ghirlande di freschi fiori. Qui Virgilio fa menzione solo d’in
ghirlande di freschi fiori. Qui Virgilio fa menzione solo d’incenso e di fiori offerti a Venere, e non di uccise vittime,
irgilio fa menzione solo d’incenso e di fiori offerti a Venere, e non di uccise vittime, perchè su gli altari di essa non
fiori offerti a Venere, e non di uccise vittime, perchè su gli altari di essa non si spargeva mai sangue e specialmente in
cialmente in Pafo. Tacito racconta che Tito, navigando presso l’isola di Cipro, volle visitare il tempio di Venere celebre
che Tito, navigando presso l’isola di Cipro, volle visitare il tempio di Venere celebre pel concorso di cittadini e di for
ola di Cipro, volle visitare il tempio di Venere celebre pel concorso di cittadini e di forestieri. Le antiche memorie, eg
olle visitare il tempio di Venere celebre pel concorso di cittadini e di forestieri. Le antiche memorie, egli dice (2), lo
mare, fosse quivi approdata. Era proibito spargere sangue sull’altare di lei, ma solo se le porgevano preghiere e vi ardev
ide. Clemente Alessandrino (3) a proposito riflette che queste figure di Venere e di altri Dei e Dee, che non aveano figur
e Alessandrino (3) a proposito riflette che queste figure di Venere e di altri Dei e Dee, che non aveano figura umana, era
re e di altri Dei e Dee, che non aveano figura umana, erano argomento di assai rimota antichità, in cui non ancora si cono
ento di assai rimota antichità, in cui non ancora si conosceva l’arte di dare al legno ed al marmo forme di uomini o di an
cui non ancora si conosceva l’arte di dare al legno ed al marmo forme di uomini o di animali. Gnido, città della Caria, er
ra si conosceva l’arte di dare al legno ed al marmo forme di uomini o di animali. Gnido, città della Caria, era puro tutta
uomini o di animali. Gnido, città della Caria, era puro tutta propria di Venere. In essa un bellissimo bosco di gradevoli
Caria, era puro tutta propria di Venere. In essa un bellissimo bosco di gradevoli piante e specialmente di mirti, rendeva
enere. In essa un bellissimo bosco di gradevoli piante e specialmente di mirti, rendeva delizioso quel soggiorno e degno d
che vi si adorava. Vi andavano a folla per ammirarne la statua, opera di Prassitele e di perfetta bellezza, descritta eleg
a. Vi andavano a folla per ammirarne la statua, opera di Prassitele e di perfetta bellezza, descritta elegantemente da Luc
egantemente da Luciano. Plinio (4) afferma che quella statua non solo di tutte le altre opere di quell’insigne statuario e
Plinio (4) afferma che quella statua non solo di tutte le altre opere di quell’insigne statuario era la più bella, ma che
a simile, e che molti solo per vederla andavano a Gnido. Nicomede, re di Bitinia, volea comprarla a patto di pagare tutto
la andavano a Gnido. Nicomede, re di Bitinia, volea comprarla a patto di pagare tutto il debito della città ch’era grandis
ch’era grandissimo ; ma que’ generosi cittadini non vollero privarsi di un tesoro che avea tanto nobilitato la loro patri
Ciprigna ? o chi mai ha posto sì a mabile avvenenza in un sasso ? Fu di Prassitele la mano ; e credo che Venere stessa, a
ndonato l’olimpo, venuta sia ad abitare a Gnido. « Ed in un epigramma di Eveno : » Giunone e Pallade, come videro la Vener
in un epigramma di Eveno : » Giunone e Pallade, come videro la Venere di Gnido, ah ! dissero, ingiustamente noi ci lagniam
idero la Venere di Gnido, ah ! dissero, ingiustamente noi ci lagniamo di Paride ». E finalmente sull’Erice, monte della Si
almente sull’Erice, monte della Sicilia, fu uno de’ più ricchi tempii di Venere, che vuolsi edificato insieme colla città
più ricchi tempii di Venere, che vuolsi edificato insieme colla città di tal nome da Erice, fig. di Venere e di Bute, e re
, che vuolsi edificato insieme colla città di tal nome da Erice, fig. di Venere e di Bute, e re di una parte della Sicilia
edificato insieme colla città di tal nome da Erice, fig. di Venere e di Bute, e re di una parte della Sicilia, che fu ucc
ieme colla città di tal nome da Erice, fig. di Venere e di Bute, e re di una parte della Sicilia, che fu ucciso da Ercole
ra stato provocato a singolar tenzone, quando portò in Sicilia i buoi di Gerione. Virgilio, però racconta(2), che avendo E
rgilio, però racconta(2), che avendo Enea fondato in Sicilia la città di Acesta, edificò sul monte Erice un magnifico temp
alia, ben descritto da Polibio e da Diodoro Siculo. IX. Iconologia di Venere. Eratostene riferisce che Canace Sicio
ia di Venere. Eratostene riferisce che Canace Sicionio avea fatta di oro e di avorio una statua bellissima di Venere,
ere. Eratostene riferisce che Canace Sicionio avea fatta di oro e di avorio una statua bellissima di Venere, la quale
e Canace Sicionio avea fatta di oro e di avorio una statua bellissima di Venere, la quale portava in mano un pomo in segno
n segno della vittoria riportata sulle Dee rivali, come in una moneta di Plautilla era Venere col pomo e coll’epigrafe « a
sacrata da molti antichi monumenti, e specialmente dal sublime quadro di Apelle, ove la Dea era rappresentata in atto di a
te dal sublime quadro di Apelle, ove la Dea era rappresentata in atto di asciugarsi la chioma nell’istante ch’esce delle o
quale opera, se crediamo a Properzio, fu riposta la principal gloria di quell’insigne pittore. È noto poi che si rapprese
l gloria di quell’insigne pittore. È noto poi che si rappresentava su di una conchiglia, come si vede in molti antichi mon
e celeste che nacque da Giove e da Armonia, e diversa dall’altra fig. di Dione, era caratterizzata da un diadema sul capo
e a quello che porta Giunone. La Venere Vittoriosa (victrix) è adorna di un simile serto. La più bella statua di questa De
Vittoriosa (victrix) è adorna di un simile serto. La più bella statua di questa Dea, ma senza braccia e che pone il sinist
ua di questa Dea, ma senza braccia e che pone il sinistro piede sopra di uncasco, è stata scoperta negli scavi del teatro
istro piede sopra di uncasco, è stata scoperta negli scavi del teatro di Capua, ed ora orna il real palazzo di Caserta. Wi
scoperta negli scavi del teatro di Capua, ed ora orna il real palazzo di Caserta. Winckelmann pretende che il diadema sia
mano, e qualche volta con un fiore, il quale forse indicava il potere di lei su’giardini, di cui i Greci ed i Romani la ri
a con un fiore, il quale forse indicava il potere di lei su’giardini, di cui i Greci ed i Romani la riputavano signora. Om
ed i Romani la riputavano signora. Omero fa menzione del nitido peplo di Venere, col quale ella ricoprì il figliuolo Enea
enderlo da’ dardi de’ Greci. La Venere de’ Medici ch’è nella galleria di Firenze fondata da’ principi della famiglia de’ M
uesta Venere non può essere che la Gnidia, vale a dire, il capolavoro di Prassitele in marmo, che fu portata a Gnido ed al
lla sua rinomanza e del concorso de’ forestieri. Questa statua ch’era di marmo pentelico, è la più maravigliosa di quante
tieri. Questa statua ch’era di marmo pentelico, è la più maravigliosa di quante ne vanta l’antichità. Luciano la chiama op
iano la chiama opera bellissima, e ne propone il capo, come esemplare di una perfetta bellezza. Alcuni dicono ch’essa sia
e esemplare di una perfetta bellezza. Alcuni dicono ch’essa sia opera di Fidia o di Scopa, la cui Venere, collocata di rin
di una perfetta bellezza. Alcuni dicono ch’essa sia opera di Fidia o di Scopa, la cui Venere, collocata di rincontro al c
icono ch’essa sia opera di Fidia o di Scopa, la cui Venere, collocata di rincontro al circo Flaminio, superava(1)la stessa
ta di rincontro al circo Flaminio, superava(1)la stessa Venere Gnidia di Prassitele. Al piede sinistro della Dea si vede u
letti Amori(2). La Venere del Museo Capitolino si è conservata meglio di tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu tras
del Museo Capitolino si è conservata meglio di tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu trasportata nel Museo di Pari
di tutte le altre statue di questa Dea. Essa fu trasportata nel Museo di Parigi, e si annovera fra le più belle statue di
rasportata nel Museo di Parigi, e si annovera fra le più belle statue di questa maniera. Invece del deifino della Venere M
a una parte un gran vaso da profumi, su cui è gettato un panno orlato di frange. La Venere Lennia fu opera di Fidia ; e Lu
su cui è gettato un panno orlato di frange. La Venere Lennia fu opera di Fidia ; e Luciano la preferisce a tutte le altre
ia fu opera di Fidia ; e Luciano la preferisce a tutte le altre opere di quell’insigne scultore, il quale vi appose anche
gne scultore, il quale vi appose anche il suo nome. Ma opera stupenda di Apelle fu la Venere di Coo, nella quale, dice Pro
vi appose anche il suo nome. Ma opera stupenda di Apelle fu la Venere di Coo, nella quale, dice Properzio (3), di quell’in
penda di Apelle fu la Venere di Coo, nella quale, dice Properzio (3), di quell’inimitabile pittore fu riposta la gloria ma
u riposta la gloria maggiore. « L’opera più celebre, dice Carlo Dati, di questo artefice insigne fu la Venere di Coo,Anadi
più celebre, dice Carlo Dati, di questo artefice insigne fu la Venere di Coo,Anadiomene, cioè emergente o sorgente dal mar
e con folgoranti pupille accender fiamme nell’acque. Ridean le labbra di rose, e facea sì bel riso giocondare ogni cuore.
le membra divine, per farsi dolci al cui soave contatto detto avresti di veder correre a gara le onde, eccitando nella cal
pesta. Sollevavan dalle acque le mani candidissime il prezioso tesoro di bionda chioma ; e mentre quella spremeano, parea
mentre quella spremeano, parea che da nugola d’oro diluviasse pioggia di perle. Sì stupenda pittura dedicò Augusto nel tem
iasse pioggia di perle. Sì stupenda pittura dedicò Augusto nel tempio di G. Cesare, consacrando al padre l’origine e l’aut
o nel tempio di G. Cesare, consacrando al padre l’origine e l’autrice di casa Giulia ; e per averla da’ cittadini di Coo,
dre l’origine e l’autrice di casa Giulia ; e per averla da’ cittadini di Coo, rimesse loro cento talenti dell’imposto trib
loro cento talenti dell’imposto tributo. Essendosi guasta nella parte di sotto, non si trovò chi osasse restaurarla ; onde
si trovò chi osasse restaurarla ; onde tale offesa ridondò in gloria di Apelle. I tarli finalmente affatto la consumarono
iasse così bella cosa alla terra ; e Nerone nel suo principato invece di quella ve ne pose una fatta da Doroteo…. Cominciò
e ne pose una fatta da Doroteo…. Cominciò un’altra Venere a’ medesimi di Coo, della quale fece la testa e la sommità del p
non fu meno ammirata, perchè fosse imperfetta, e succedette in luogo di encomio il dolor della perdita, sospirandosi quel
umano. » Fu in grande stima, dice lo stesso Dati, un Cupido coronato di rose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene nel
o coronato di rose fatto da Zeusi e che si vedeva in Atene nel tempio di Venere, del quale forse fece menzione Aristofane(
ere, del quale forse fece menzione Aristofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo di Paro una statua di Venere di esimia bell
quale forse fece menzione Aristofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo di Paro una statua di Venere di esimia bellezza, che
nzione Aristofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo di Paro una statua di Venere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma ne
stofane(2). Anche Fidia(3) fece di marmo di Paro una statua di Venere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma nel portico
statua di Venere di esimia bellezza, che vedevasi a Roma nel portico di Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese, di lui discepol
che vedevasi a Roma nel portico di Ottavia ; ed Alcamente, Ateniese, di lui discepolo, ne fece anche una bellissima, cui
cui Fidia stesso diede l’ultima mano. Essa era allogata fuori le mura di Atene nella contrada detta degli orti(εν κεποις),
i(εν κεποις), percui chiamavasi Venere Ortense, ov’era pure un tempio di Venere Urania, non lungi da quello di Apollo. Qu
Ortense, ov’era pure un tempio di Venere Urania, non lungi da quello di Apollo. Questa Dea(1) il più si dipingeva a guis
lungi da quello di Apollo. Questa Dea(1) il più si dipingeva a guisa di bellissima donzella che sta sulle acque del mare
del mare e con una conchiglia in mano ; ed avea sul capo un bel serto di rosse e di bianche rose, mentre candide colombe l
con una conchiglia in mano ; ed avea sul capo un bel serto di rosse e di bianche rose, mentre candide colombe le svolazzan
ano d’intorno. Comunemente però si rappresenta portata per le onde su di una conchiglia ; si vede anche spesso su di un co
ta portata per le onde su di una conchiglia ; si vede anche spesso su di un cocchio tirato da cigni, o da bianche colombe
), uccelli a lei consacrati ; ed Ovidio(3) anche il cocchio trionfale di Cupido fa tirare dalle colombe. Le sue chiome fur
fa tirare dalle colombe. Le sue chiome furono inghirlandate dalle Ore di un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono
Le sue chiome furono inghirlandate dalle Ore di un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti di oro e
landate dalle Ore di un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti di oro e di un prezioso monile. Fina
e di un’assai bella corona di oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti di oro e di un prezioso monile. Finalmente Venere si
ssai bella corona di oro, ed esse l’ornarono di bei pendenti di oro e di un prezioso monile. Finalmente Venere si rapprese
un gloho celeste in mano, per indicare Venere Urania ; ora assisa su di un delfino, con una colomba in grembo ; ora con A
con Cupido e colle Grazie ; ma più spesso come uscente del mare sopra di una conchiglia portata da due Tritoni, o su di un
uscente del mare sopra di una conchiglia portata da due Tritoni, o su di un cocchio tirato da due cavalli marini ; o da un
eggermente, mentre Cupido le nuota a fianco. X. Principali epiteti di Venere. Acidalia, Ακιδαλια ; fu così detta V
erivi da απο, e ροδιτης, cangiata in απο la tenue π nell’aspirata φ ; di modo che αφροδιτη sia quasi απροδιτη, cioè simile
atusia, Αμαθουσια, Amathusia, così detta daAmatunta, città dell’isola di Cipro, alla quale diede il nome Amatusia, madre d
, città dell’isola di Cipro, alla quale diede il nome Amatusia, madre di Cinira. Anadiomene, Αναδιομενη, da αναδυμι, esco
Forse per la bellezza, perchè diceasi aureo tutto ciò che ha ragione di bellezza. Orazio chiamòaurea la mediocrità dello
chè credevasi regina del cielo e della terra. Crazio la chiama regina di Pafo e di Guido. Celeste o Urania, Ουρανια, quas
asi regina del cielo e della terra. Crazio la chiama regina di Pafo e di Guido. Celeste o Urania, Ουρανια, quasi madre de
amor puro. Cipria o Ciprigna, Κυπρις, Κυπρογενης, Cypria, dall’isola di Cipro, ove nacque ed era venerata. Dante disse :
erzo epiciclo. E stella ciprigna chiamossi dall’ Ariosto il pianeta di Venere : Fra le più adorne non parea men bella,
e citereo, perchè consacrato a Venere. Dionea, Dionaea, Venere, fig. di Diane ; percui G. Cesare fu detto Dioneo, come di
lontano dal capo Lilibeo, sul quale fu edificato un memorabile tempio di Venere. Filomede, φιλομμειδης Αφροδιτη, Venere c
d Aprile, il primo a Marte, suo padre, ed il secondo, a Venere, madre di Enca, affinchè lanno cominciasse sotto il patroci
Venere, madre di Enca, affinchè lanno cominciasse sotto il patrocinio di que’ numi, da’ quali avea avuto origine la città
tto il patrocinio di que’ numi, da’ quali avea avuto origine la città di Roma ; per cui ne’sacrificii invocavasi Marte col
ne la città di Roma ; per cui ne’sacrificii invocavasi Marte col nome di padre (Marspiter), e Venere con quello di genitri
i invocavasi Marte col nome di padre (Marspiter), e Venere con quello di genitrice (Venus genitrix). In mezzo al foro Giul
di genitrice (Venus genitrix). In mezzo al foro Giulio era il tempio di Venere Genitrice, che quel gran generale, la nott
Genitrice, che quel gran generale, la notte precedente alla battaglia di Farsaglia, promesso aveva alla dea, se riportato
o, città, ove Venere era particolarmente onorata. Idalia, soprannome di Venere dal culto resole in Idalia, città dell’iso
ia, soprannome di Venere dal culto resole in Idalia, città dell’isola di Cipro. Libitina, Lubentina o Libentina, lat.Libi
dono con Venere ; ed altri dicono essere stata Proserpina. Nel tempio di questa dea si conservavano le cose necessarie pe’
a’ giardini. Stratonica chiamasi Venere da Tacito(4), forse in onore di Stratonica, ava di Seleuco II, detto Callinico, i
onica chiamasi Venere da Tacito(4), forse in onore di Stratonica, ava di Seleuco II, detto Callinico, il quale nel decreto
co, il quale nel decreto degli Smirnesi avea dichiarato che il tempio di Venere Stratonica godesse del dritto di asilo.
avea dichiarato che il tempio di Venere Stratonica godesse del dritto di asilo. XI. Alcune altre cose di Venere. Fr
nere Stratonica godesse del dritto di asilo. XI. Alcune altre cose di Venere. Fra gli animali erano specialmente co
o della bella Ciprigna era portato per l’aria or da una bianca coppia di amorose colombe, or da’ cigni ed ora da due neri
lier fiori. Cupido volea superare la madre ; per cui s’incollerì fuor di misura, quando vide che la ninfa Peristera era ve
sa ed il mirto erano consacrati a Venere ; ed anticamente i simulacri di quella dea si coronavano di rose(3). Ovidio(4) af
ati a Venere ; ed anticamente i simulacri di quella dea si coronavano di rose(3). Ovidio(4) afferma che Venere l’avvertì t
afferma che Venere l’avvertì toccandolo leggermente con un ramoscello di mirto, come a suo poeta. Nel giuoco de’ dadi il p
to, come a suo poeta. Nel giuoco de’ dadi il punto fortunato dicevasi di Venere, come il contrario si chiamava del cane. I
va del cane. I Genii aveano una certa affinità colle Grazie, compagne di Venere. Gli antichi credevano, che tutte le arti
i ad esprimere le varie faccende del macinare, Sono sette e fanciulli di aspetto assai giulivo ed alati, quali appunto son
li chiama figli delle ninfe, e fanciulli belli ed alati. Nel dipinto di una parete Pompeiana si rappresenta un genio in s
dipinto di una parete Pompeiana si rappresenta un genio in sembianza di vaghissima giovane colle ali spiegate, il corno d
le ali spiegate, il corno dell’ abbondanza nella sinistra, ed un ramo di ulivo nella destra. Fu poi antica credenza che i
ome Giunone, delle donne, e si onorava specialmente nel giorno natale di ciascuno, per cui fu detto Dio Natalizio (Deus Na
ed i luoghi aveano i loro Genii tutelari ; per cui vi era il costume di salutare una città o un luogo, quando vi entravan
tutelare(4) ; i quali Genii spesso si rappresentavano sotto la forma di serpenti. All’articolo di Venere e di Cupido appa
ii spesso si rappresentavano sotto la forma di serpenti. All’articolo di Venere e di Cupido appartiene la favola di Narcis
rappresentavano sotto la forma di serpenti. All’articolo di Venere e di Cupido appartiene la favola di Narciso, fig. di C
di serpenti. All’articolo di Venere e di Cupido appartiene la favola di Narciso, fig. di Cefisso, fiume della Beozia, e d
’articolo di Venere e di Cupido appartiene la favola di Narciso, fig. di Cefisso, fiume della Beozia, e della ninfa Liriop
co, che il fatto dimostrò vero ; perocchè nel meglio della gioventu e di una fiorentissima bellezza attese solo alla cacci
pel caldo, si ritirò in una fresca ed amena valletta, ov’era un fonte di limpidissime acque, di cui nè pastore, nè armento
una fresca ed amena valletta, ov’era un fonte di limpidissime acque, di cui nè pastore, nè armento avea mai intorbidato l
re e veggendo nello specchio delle acque la sua immagine, fu attonito di quella singolare e freschissima bellezza che non
vaneggiando per sì folle amore, dopo lungo languire, morì, alla riva di quel fonte, di puro disagio ; sebbene alcuni dico
r sì folle amore, dopo lungo languire, morì, alla riva di quel fonte, di puro disagio ; sebbene alcuni dicono che fosse in
e ninfe cangiato in un bel fiore che tiene il suo nome. In un dipinto di Pompei rappresentasi Narciso in forma di bel garz
e il suo nome. In un dipinto di Pompei rappresentasi Narciso in forma di bel garzone che al margine di un fonte si specchi
i Pompei rappresentasi Narciso in forma di bel garzone che al margine di un fonte si specchia nelle acque, tenendo due dar
inistra ed a fianco due veltri. L’acqua chiamasi da Dante lo specchio di Narciso. Questa favola significa l’amor folle e d
ecchio di Narciso. Questa favola significa l’amor folle e disordinato di se stesso, che i Greci dissero filauzia (φιλαυτια
ω, fut. αρω,distruggere, ben convenendo al dio della guerra il titolo di distruggitore sì degli uomini che delle città. Da
tolo di distruggitore sì degli uomini che delle città. Da questo nome di Marte forse nacque la voce greca αρετη, virtù, e
linguaggio significano forte. Ed egli col Vossio riprova l’etimologia di Cicerone, il quale(1) fa derivare la parola Mavor
orchè stava tranquillo. Avea un tempio dentro la città col soprannome di Quirino, quasi tranquillo custode della medesima 
Quirino, quasi tranquillo custode della medesima ; ed un altro fuori di essa, nella via Appia, come nume bellicoso. Vogli
da gradior, io cammino, perchè questo nome gli si dava solo in tempo di guerra, quando rappresentavasi armato di picca e
me gli si dava solo in tempo di guerra, quando rappresentavasi armato di picca e nell’attitudine di chi cammina velocement
o di guerra, quando rappresentavasi armato di picca e nell’attitudine di chi cammina velocemente. Bellona poi, detta antic
Enyo, dal verbo ενυω, che significa uccidere. II. Storia favolosa di Marte. Marte, dio della guerra, fu fig. di Gi
II. Storia favolosa di Marte. Marte, dio della guerra, fu fig. di Giove e di Giunone(2) ; o secondo alcuni di Enio.
ia favolosa di Marte. Marte, dio della guerra, fu fig. di Giove e di Giunone(2) ; o secondo alcuni di Enio. Giunone il
dio della guerra, fu fig. di Giove e di Giunone(2) ; o secondo alcuni di Enio. Giunone il partori nella Tracia(3), ove, al
condo alcuni di Enio. Giunone il partori nella Tracia(3), ove, al dir di Callimaco(4), egli siede sull’alto vertice del mo
Scizia Europea, spesso confusi coi Traci. Or come la gente Tracia era di un’indole feroce e bellicosa, accortamente i poet
ortamente i poeti fecero nascere Marte in quella regione. Ma il culto di questo nume derivò dall’Egitto, ove la teologia e
u i pretesi loro influssi. Il torbido e rossastro aspetto del pianeta di Marte fecegli attribuire la virtù di diseccare, e
e rossastro aspetto del pianeta di Marte fecegli attribuire la virtù di diseccare, e quindi nella zona torrida quella ezi
re la virtù di diseccare, e quindi nella zona torrida quella eziandio di far morire. Da ciò venne che al dio Marte fu asse
un solo. Il primo fu il Belo degli Egiziani che i Greci dissero fig. di Nettuno e di Libia, e che fu padre di Danao e di
primo fu il Belo degli Egiziani che i Greci dissero fig. di Nettuno e di Libia, e che fu padre di Danao e di Egitto ; egli
iziani che i Greci dissero fig. di Nettuno e di Libia, e che fu padre di Danao e di Egitto ; egli fu il primo inventore de
i Greci dissero fig. di Nettuno e di Libia, e che fu padre di Danao e di Egitto ; egli fu il primo inventore della spada,
di Egitto ; egli fu il primo inventore della spada, e ritrovò l’arte di schierare un esercito(1) ; il secondo fu un re di
a, e ritrovò l’arte di schierare un esercito(1) ; il secondo fu un re di Egitto ; il terzo fu un re di Tracia, chiamato Od
re un esercito(1) ; il secondo fu un re di Egitto ; il terzo fu un re di Tracia, chiamato Odino, assai bellicoso e che fec
ma la danza e gli altri esercizii ginnastici che servir doveano quasi di preludio all’arte della guerra, per cui divenne u
o che il suo educatore ne avea fatto un perfetto danzatore. In premio di ciò Giunone diede a Priapo la decima del bottino
rebbe fatto Marte nelle battaglie ; e nella Bitinia durava il costume di offerire a quel buono educatore il decimo delle s
cerdoti detti Salii, con molta gravità e religione danzavano in onore di Marte. Ed Omero dà al nume della guerra il sopran
ano in onore di Marte. Ed Omero dà al nume della guerra il soprannome di danzatore. Diodoro Siculo(1) racconta che Marte f
arato il nume. Nella guerra contro i giganti(2), Oto ed Efialte, fig. di Aloeo, giganti di strana grandezza, giunsero ad i
la guerra contro i giganti(2), Oto ed Efialte, fig. di Aloeo, giganti di strana grandezza, giunsero ad incatenar Marte e t
to ch’ebbe a sostenere con Ercole. Avea quest’eroe ucciso Cicno, fig. di Marte e di Pelopea(3), da cui era stato sfidato a
a sostenere con Ercole. Avea quest’eroe ucciso Cicno, fig. di Marte e di Pelopea(3), da cui era stato sfidato a singolar t
’altro la paura (Metus). III. Continuazione. Nel famoso assedio di Troia il nostro Marte ebbe a sostenere e gravi av
Scamandro con Achille e calmato lo sdegno de’ due rivali per volontà di Giunone(4), più risorse la contesa fra’ numi che
gne l’ insanguinato Marte avventò il gran telo e ferì l’orrenda egida di quella Dea, la quale con un macigno colpì nel col
i vergognosamente al suolo. Ma certo fu più ontoso per Marte il fatto di Diomede. Incoraggiava Marte i Troiani(1), e, già
Incoraggiava Marte i Troiani(1), e, già prevalendo Ettore coll’aiuto di quel nume, Diomede, dopo le più mirabili pruove,
nel ventre, ed allora mugolò il ferito nume, e ruppe in un tuon pari di nove o dieci mila combattenti al grido. I Troi l’
oso salì alle sfere, e col padre de’ numi lamentossi della tracotanza di Minerva che stimolato avea il figliuol di Tideo a
lamentossi della tracotanza di Minerva che stimolato avea il figliuol di Tideo a guerreggiar pazzamente co’numi ; ma Biec
Mad. Dacier, la quale è tutta dolcezza, tranquillità e pace, odia più di ogni altra cosa le sregolate e brutali passioni ;
nato e le devastatrici discordie delle ingiuste guerre. Nel fatto poi di Minerva che vince ed abbatte l’impetuoso Marte, O
vittoriosi della forza cieca ed insensata. Peone intanto, per comando di Giove, guarì a Marte la ferita fattagli da Diomed
con brusche ed acerbe parole ritenne pure Minerva lo impetuoso furore di Marte(2), allorchè, udito avendo questo nume che
do questo nume che Deifobo avea ucciso nella pugna un suo figliuolo e di Astioche, chiamato Ascalafo, il quale, capitano d
uale, capitano degli Orcomenii, avea condotto trenta navi alla guerra di Troia, erasi mosso per andar di presente a farne
avea condotto trenta navi alla guerra di Troia, erasi mosso per andar di presente a farne spaventosa vendetta. IV. Cont
i presente a farne spaventosa vendetta. IV. Continuazione. Seguito di Marte e di lui carattere. Ma il seguito del n
a farne spaventosa vendetta. IV. Continuazione. Seguito di Marte e di lui carattere. Ma il seguito del nostro Marte
la Discordia d’insaziabil furore (αμοτον μεμανια), sorella e compagna di Marte, l’accompagnano. Da Marte, rompitore di scu
ια), sorella e compagna di Marte, l’accompagnano. Da Marte, rompitore di scudi (ρινοτορος), dice Esiodo, e da Venere, nacq
ense falangi de’ prodi campioni pongono in iscompiglio. E nello scudo di Ercole si rappresentano del terribile Marte gli a
cocchio, allato al quale sta il Terrore e la Paura, che lo Scoliaste di Eschilo chiama ministri o servi di Marte. Bellona
rrore e la Paura, che lo Scoliaste di Eschilo chiama ministri o servi di Marte. Bellona, sorella del nume, gli metteva in
va al combattimento. Essa avea in mano un flagello ed una verga tinta di sangue, le chiome sparse e gli occhi di fuoco. Vi
n flagello ed una verga tinta di sangue, le chiome sparse e gli occhi di fuoco. Virgilio(1) con Marte accompagna le Furie,
Bellona, Sgominavan le genti. Caro. Orazio(1) chiama Bellona amante di sangue, perchè le stragi ed il sangue sono l’infe
il carattere. Omero ed Esiodo il chiamano nume insaziabilmente avido di guerra e di battaglie ; bruttato di stragi e di s
e. Omero ed Esiodo il chiamano nume insaziabilmente avido di guerra e di battaglie ; bruttato di stragi e di sangue ; omic
iamano nume insaziabilmente avido di guerra e di battaglie ; bruttato di stragi e di sangue ; omicida e devastatore delle
insaziabilmente avido di guerra e di battaglie ; bruttato di stragi e di sangue ; omicida e devastatore delle città. Nelle
o e colla sferza ne sollecita i veloci destrieri. Orazio(4), parlando di quelli che muoiono in guerra, con bella immagine
l guerriero furore danno un grato spettacolo all’insaziabile crudeltà di Marte. Egli è un nume audace e terribile, spoglia
gli è un nume audace e terribile, spogliatore pernicioso e spezzatore di scudi. Omero spesso lo chiama impetuoso (θουρος Α
o l’elmo, mentre la Fama da per tutto gli andava innanzi. V. Culto di Marte appresso i Romani. Sacerdoti Salii. Ancili.
Roma ed il popolo romano aveano dal dio della guerra preso il nome di città e popolo di Marte ; ed il culto di lui pres
lo romano aveano dal dio della guerra preso il nome di città e popolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente er
o della guerra preso il nome di città e popolo di Marte ; ed il culto di lui presso quella gente era fin dalla sua origine
a gente era fin dalla sua origine assai celebre. Ed in vero un popolo di natura sua bellicoso e che al valore guerriero do
o adunque che Romolo fosse nato da Marte e da Ilia o Rea Silvia, fig. di Numitore ; ed un eroe d’indole feroce e guerriera
eroce e guerriera, come Romolo, poteva assai bene chiamarsi figliuolo di Marte. Fu egli quindi meritamente inteso a promuo
ò Martius, da Marte, il primo mese dell’ anno, che allora non era che di dieci mesi(1). Una lupa, animale dedicato al dio
a guerra, perchè rapace e feroce, porse il suo latte a’ due figliuoli di Marte, Romolo e Remo ; e Properzio(2), rivolto a
e sua feroce. Or si finse Romolo nato da Marte anche perchè l’origine di cotanta città ed il principio di quell’impero che
nato da Marte anche perchè l’origine di cotanta città ed il principio di quell’impero che dopo il potere degl’Iddii avea a
ntissimo, doveva esser fatale(3). Ed in quanto alla morte ed apoteosi di Romolo, si racconta(4), ch’egli, nel frastuono di
a morte ed apoteosi di Romolo, si racconta(4), ch’egli, nel frastuono di una gran tempesta, fosse stato rapito e portato i
tali opere, e rassegnando un dì l’esercito nel piano vicino al padule di Capre, mentre ch’ei parlamentava, incontanente si
, incontanente si levò una tempesta con grandissimo strepito e romore di tuoni, e con sì folta nebbia e caligine lo circon
rcondò, che privò i circostanti interamente della vista della persona di lui ; nè fu poscia veduto più in terra. La gioven
dio nato d’Iddio, re e padre della città romana. Ma allora vi furono di quelli che tacitamente seco stessi giudicassero,
ero, Romolo essere stato lacerato per le mani de’ senatori nel tempio di Vulcano, donde si credeva che ciascun senatore av
ascun senatore avesse sotto la toga portata fuori una parte del corpo di lui, acciocchè il fatto non si manifestasse. Al p
lle Sabine rapite, fu do po morte annoverata fra’ numi col soprannome di Orta o di Ora (1). Ma non fu Romolo che avesse il
rapite, fu do po morte annoverata fra’ numi col soprannome di Orta o di Ora (1). Ma non fu Romolo che avesse il primo int
di Ora (1). Ma non fu Romolo che avesse il primo introdotto il culto di Marte in quelle contrade. Gli antichi Latini(2),
in quelle contrade. Gli antichi Latini(2), prima che fosse Roma, più di ogni altro nume il veneravano ; e ciò per l’indol
, più di ogni altro nume il veneravano ; e ciò per l’indole bellicosa di essi popoli. Anche Varrone asserisce che i Romani
Romani aveano preso il nome de’ mesi da’ popoli latini, e che il mese di Marzo fu così chiamato da Marte, non perchè era i
e il mese di Marzo fu così chiamato da Marte, non perchè era il padre di Romolo, ma perchè così dicevasi da’ popoli del La
dicevasi da’ popoli del Lazio. Quello poi ch’è più celebre nel culto di Marte è il sacerdozio de’ Salii, così detti da sa
sacerdoti a Marte Gradivo, chiamati Salii, e diede loro il distintivo di una tunica ricamata, e sopra la tunica nel petto
i una tunica ricamata, e sopra la tunica nel petto un certo pettorale di bronzo ; ed ordinò che portassero quegli scudi ch
nemente. Plutarco poi in Numa racconta che nell’ottavo anno del regno di Numa, mentre un’ orribile pestilenza devastava Ro
tilenza devastava Roma e l’Italia, si vide cadere dal cielo uno scudo di bronzo. Allora Numa, sulla parola di Egeria, fece
vide cadere dal cielo uno scudo di bronzo. Allora Numa, sulla parola di Egeria, fece intendere al popolo che quello scudo
ò racconta(1) che Giove con frequenti e spaventosi fulmini pieno avea di gran terrore e Numa ed il popolo romano. Egeria,
olla quale quel religioso monarca avea segrete conferenze sul governo di Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pi
o monarca avea segrete conferenze sul governo di Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pico e di Fauno, da’ quali
conferenze sul governo di Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pico e di Fauno, da’ quali appreso avrebbe il mod
sul governo di Roma, gli suggerisce di consultar l’oracolo di Pico e di Fauno, da’ quali appreso avrebbe il modo di allon
ultar l’oracolo di Pico e di Fauno, da’ quali appreso avrebbe il modo di allontanare quel male sì grave. Numa consulta l’o
ntanare quel male sì grave. Numa consulta l’oracolo e coll’intervento di que’ numi ottiene da Giove la promessa che sarebb
un pubblico segno. Ed il dimani fattosi il popolo innanzi alla reggia di Numa, a ciel sereno tuonò tre volte e tre volte b
e si vide scendere dal cielo uno scudo ch’era il pegno della salvezza di Roma. Per impedire che involato fosse, Numa ne fe
e assai ingegnoso, il quale dal re altra mercede non volle che quella di porre il suo nome, a perpetua memoria, ne’ carmi
ui ne’ carmi saliari trovasi scritto ancisia. Numa affidò la custodia di siffatto scudo a’ Salii, ma insieme agli altri un
i, potesse con difficoltà esser rubato. Questi sacerdoti alle calende di Marzo facevano una danza per la città in onore di
erdoti alle calende di Marzo facevano una danza per la città in onore di Marte, la quale rassomigliava molto alla pirrica
e, la quale rassomigliava molto alla pirrica de’ Greci, ch’ era ballo di gente armata. Essi accordavano il loro canto ed i
al tintinnio degli scudi che percuotevano con una bacchetta o specie di pugnali. La festa durava tredici giorni, ed in tu
cantavano e che si attribuivano a Numa, eran tanto oscuri e composti di voci sì strane, che Quintiliano afferma, appena i
rsi dagli stessi sacerdoti(3). In mezzo al foro era in Roma un tempio di grande magnificenza, ove si venerava Marte Ultore
mine Marziale, che in dignità si avvicinava al Diale, cioè al Flamine di Giove, e si sceglieva sempre mai fra i patrizii.
e si sceglieva sempre mai fra i patrizii. VI. Di alcuni figliuoli di Marte. Oltre a Romolo e Remo, figliuola di Ma
I. Di alcuni figliuoli di Marte. Oltre a Romolo e Remo, figliuola di Marte fu Alcippe, la quale essendo stata oltraggi
rte fu Alcippe, la quale essendo stata oltraggiata da Alirrozio, fig. di Nettuno e della ninfa Eurite, Marte ne fece vende
rte del figliuolo, chiamò Marte in giudizio ; ma i migliori cittadini di Atene, che formavano il tribunale destinato a sì
o (αρεοπαγος ab Αρης, Mars, et παγος, vicus), cioè la rupe o la rocca di Marte, perchè quel tribunale era posto su di un r
cioè la rupe o la rocca di Marte, perchè quel tribunale era posto su di un rialto. I giudici in questa famosa causa furon
uesta famosa causa furon dodici, ed appartenevano alle prime famiglie di Atene ; e però si disse che Marte fu giudicato da
ii, favorevoli. Ma dell’Areopago si è detta alcuna cosa nell’articolo di Minerva. Igino chiama Otrera moglie di Marte ; ma
etta alcuna cosa nell’articolo di Minerva. Igino chiama Otrera moglie di Marte ; ma altri la dicono di lui figliuola. Era
di Minerva. Igino chiama Otrera moglie di Marte ; ma altri la dicono di lui figliuola. Era essa una celebre Amazzone, o l
sa una celebre Amazzone, o lor regina, che fabbricò il celebre tempio di Diana in Efeso ; e da lei ebbe Marte una figliuol
liuola chiamata Ippolita, la quale portava il cingolo o sia la fascia di Marte (balteus Martis) per segno della sua diguit
o sia la fascia di Marte (balteus Martis) per segno della sua diguità di regina delle Amazzoni. Ercole, per compiacere Eur
, per compiacere Euristeo, volle farne acquisto ; percui mosse contro di lei e l’uccise. Ma Plutarco dice che Ippolita fu
lei e l’uccise. Ma Plutarco dice che Ippolita fu schiava e poi moglie di Teseo, dalla quale ebbe l’infelice Ippolito. Anch
quale ebbe l’infelice Ippolito. Anche la valorosa Pentesilea fu fig. di Marte e di Otrera(1) ; anzi vogliono(2) che le Am
l’infelice Ippolito. Anche la valorosa Pentesilea fu fig. di Marte e di Otrera(1) ; anzi vogliono(2) che le Amazzoni nacq
alla naiade Armonia ; o da Marte e da Venere. E veramente una nazione di donne bellicosissime, com’eran le Amazzoni, con m
riori ad Omero introdussero anche queste donne bellicose nella guerra di Troia, e finsero che un drappello di esse portò a
ste donne bellicose nella guerra di Troia, e finsero che un drappello di esse portò ainto a Priamo. Ed a proposito di Pent
finsero che un drappello di esse portò ainto a Priamo. Ed a proposito di Pentesilea, son bellissimi due luoghi di Virgilio
nto a Priamo. Ed a proposito di Pentesilea, son bellissimi due luoghi di Virgilio che la descrivono. Mentre Enea(3) in una
i Virgilio che la descrivono. Mentre Enea(3) in una parete del tempio di Giunone a Cartagine contempla maravigliando i fat
ete del tempio di Giunone a Cartagine contempla maravigliando i fatti di Troia, Scorge d’altronde di lunati scudi Guidar
artagine contempla maravigliando i fatti di Troia, Scorge d’altronde di lunati scudi Guidar Pentesilea le armate schiere
Amazzoni sue vide in battaglia Attorneggiar Ippolita, e col carro Gir di Pantasilea le schiere aprendo Con femminei ululat
te, ed il loro nome significa un’eroina, una donna guerriera e capace di ardite e pericolose imprese. In quanto poi a Pent
e imprese. In quanto poi a Pentesilea, essa, combattendo nell’assedio di Troia, fu uccisa da Achille. Altro degno figliuol
do nell’assedio di Troia, fu uccisa da Achille. Altro degno figliuolo di Marte e di Cirene fu Diomede, re de’ Bistonii, po
edio di Troia, fu uccisa da Achille. Altro degno figliuolo di Marte e di Cirene fu Diomede, re de’ Bistonii, popolo guerri
e’ Bistonii, popolo guerriero della Tracia. Esso avea quattro cavalli di natura sì feroce che doveano star legati con cate
uattro cavalli di natura sì feroce che doveano star legati con catene di ferro, e non mangiavano che carne umana, chiamati
a lui quei cavalli che poscia donò ad Euristeo. Anche Enomao fu fig. di Marte e di Asterope, o di Arpina, fig. di Danao.
cavalli che poscia donò ad Euristeo. Anche Enomao fu fig. di Marte e di Asterope, o di Arpina, fig. di Danao. Egli da Eva
scia donò ad Euristeo. Anche Enomao fu fig. di Marte e di Asterope, o di Arpina, fig. di Danao. Egli da Evarete, fig. di A
isteo. Anche Enomao fu fig. di Marte e di Asterope, o di Arpina, fig. di Danao. Egli da Evarete, fig. di Acrisio, procreò
arte e di Asterope, o di Arpina, fig. di Danao. Egli da Evarete, fig. di Acrisio, procreò Ippodamia, vergine di esimia bel
i Danao. Egli da Evarete, fig. di Acrisio, procreò Ippodamia, vergine di esimia bellezza, che a niuno dar volea in matrimo
masero vinti, e secondo la convenzi one anche uccisi. Ma Pelope, fig. di Tantalo, ricevuti da Nettuno cavalli alati, e tra
da Nettuno cavalli alati, e tratto al suo partito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle
i alati, e tratto al suo partito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle Danaidi, al quale
tto al suo partito Mirtilo, cocchiere di Enomao, e fig. di Mercurio e di Fatusa, una delle Danaidi, al quale avea promesso
nse Enomao nel corso per essersi rovesciato il cocchio pel tradimento di Mirtilo ; la quale caduta costò a quel principe i
la al perfido Mirtilo, il precipitò nel mare che da lui prese il nome di Mirtoo. Da Ippodamia Pelope ebbe Ippalco, Atreo e
rtoo. Da Ippodamia Pelope ebbe Ippalco, Atreo e Tieste. Enomao era re di Pisa in Elide. Mirtilo fu dal padre Mercurio coll
masi Enioco o il cocchiere. Pelope e la sua famiglia per questo fatto di Mirtilo, furon costantemente da Mercurio persegui
alzato un tempio ed a Mirtilo un funebre monumento. Lico infine, fig, di Marte, che regnava in una parte dell’Africa, in o
infine, fig, di Marte, che regnava in una parte dell’Africa, in onore di suo padre sacrificava tutti gli stranieri che giu
suo paese. A Diomede sarebbe toccata la stessa sorte, se la figliuola di quel barbaro re, mossane a compassione, non gli a
ane a compassione, non gli avesse salvata la vita. VII. Iconologia di Marte e di Bellona. Marte si rappresentava ar
ssione, non gli avesse salvata la vita. VII. Iconologia di Marte e di Bellona. Marte si rappresentava armato da cap
a, col volto infocato, qualche volta colla barba, ma per lo più senza di essa ; sopra un cocchio tratto da cavalli, ovvero
di essa ; sopra un cocchio tratto da cavalli, ovvero da lupi, armato di asta e di flagello. Spesso si rappresentava con u
sopra un cocchio tratto da cavalli, ovvero da lupi, armato di asta e di flagello. Spesso si rappresentava con una corazza
si rappresentava con una corazza sulla quale erano dipinti più mostri di varie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava
iù mostri di varie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava coperto di una corazza di diamante. I due quadri di Rubens a
rie forme ; ed Orazio(1) dice che Marte andava coperto di una corazza di diamante. I due quadri di Rubens a Firenze, i qua
ice che Marte andava coperto di una corazza di diamante. I due quadri di Rubens a Firenze, i quali rappresentano Marte nel
due quadri di Rubens a Firenze, i quali rappresentano Marte nell’atto di andare e di ritornare dalla battaglia, danno la p
i Rubens a Firenze, i quali rappresentano Marte nell’atto di andare e di ritornare dalla battaglia, danno la più grande id
to di andare e di ritornare dalla battaglia, danno la più grande idea di questo nume. Gli Spartani rappresentavano Marte i
rapacità e ferocia, era a quel nume consacrato. Ed a piè delle statue di lui si vede spesso un gallo, uccello che gli era
. Non è difficile rinvenire Marte con l’egida in petto e con la testa di Medusa. Marte vincitore si rappresentava con un t
trofeo in mano ; e Marte Gradivo vedevasi dipinto nell’atteggiamento di un uomo che marcia a gran passi. In una parola, g
n, rappresentano Marte in una maniera molto uniforme, sotto la figura di un uomo armato di un elmo, della picca e di uno s
arte in una maniera molto uniforme, sotto la figura di un uomo armato di un elmo, della picca e di uno scudo ; or nudo, or
uniforme, sotto la figura di un uomo armato di un elmo, della picca e di uno scudo ; or nudo, or coll’ abito militare, ed
rbuto, ma il più delle volte senza barba. VIII. Epiteti principali di Marte e di Bellona. Αλαλαξιος, soprannome di
l più delle volte senza barba. VIII. Epiteti principali di Marte e di Bellona. Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che
. Epiteti principali di Marte e di Bellona. Αλαλαξιος, soprannome di Marte, che deriva dalla voce αλαλα, la quale era
rra, ovvero Enio o Bellona. Arete, da Αρης, virtù, forza, soprannome di Marte, che forse è l’αρετη de’ Greci. Armiger, ο
i Marte, che forse è l’αρετη de’ Greci. Armiger, οπλοφορος ; epiteto di questo nume da οπλα, arma, e φερω, occido. Da Ovi
del nume della guerra. Anche Bellona da Omero si chiama devastatrice di città, πτολιπορθος Ενυω. Bisultor, che si vendic
dica due volte. Fu così detto da Augusto, per aver vendicato la morte di Cesare colla sconfitta di Bruto e di Cassio ; e l
tto da Augusto, per aver vendicato la morte di Cesare colla sconfitta di Bruto e di Cassio ; e l’uccisione di Crasso, coll
sto, per aver vendicato la morte di Cesare colla sconfitta di Bruto e di Cassio ; e l’uccisione di Crasso, colla vittoria
morte di Cesare colla sconfitta di Bruto e di Cassio ; e l’uccisione di Crasso, colla vittoria riportata su i Parti(2).
esercito proprio, colle proprie forze, presa la metafora da’ Generali di armata ; percui disse Plauto meis copiis invece d
afora da’ Generali di armata ; percui disse Plauto meis copiis invece di meo Marte. Enialio ; Ενυαλιος ; così chiamasi Ma
ingueva Marte da Enialio, giacchè nell’ Aiace dice « o il nume armato di corazza di bronzo, cioè Marte, ovvero Enialio ».
te da Enialio, giacchè nell’ Aiace dice « o il nume armato di corazza di bronzo, cioè Marte, ovvero Enialio ». Presso Omer
la voce Enialio alle volte dinota Marte, ed alle volte è un aggiunto di questo nume. Quindi Merione da Omero chiamasi ugu
arspiter presso i Romani salutavasi ne’ sacrificii(1), o perchè padre di Romolo, o perchè nelle preghiere tutti gli Dei in
i Romolo, o perchè nelle preghiere tutti gli Dei invocavansi col nome di padre(2). Nel sacrificio ambarvale si dice Marspi
e vendicatore. Pitisco crede che debbonsi riconoscere due tempii, uno di Marte ultore, nel foro Augusto, da questo monarca
, da questo monarca edificato con rara magnificenza dopo la battaglia di Filippi(4) ; e l’altro di Marte bisultor, nel Cam
ato con rara magnificenza dopo la battaglia di Filippi(4) ; e l’altro di Marte bisultor, nel Campidoglio. Altri però pensa
da Augusto dedicato a Marte Ultore. Χαλκεος Αρης, Mars aereus, Marte di bronzo, per indicare la fortezza del dio della gu
indicare la fortezza del dio della guerra. Quindi Χαλκοχιτων, vestito di bronzo ; Χαλκεωθωρηξ, che ha il petto armato di u
i Χαλκοχιτων, vestito di bronzo ; Χαλκεωθωρηξ, che ha il petto armato di una corazza di bronzo, sono epiteti frequenti pre
estito di bronzo ; Χαλκεωθωρηξ, che ha il petto armato di una corazza di bronzo, sono epiteti frequenti presso Omero. I
bronzo, sono epiteti frequenti presso Omero. IX. Alcune altre cose di Marte e di Bellona Oltre il lupo, il pico anc
o epiteti frequenti presso Omero. IX. Alcune altre cose di Marte e di Bellona Oltre il lupo, il pico ancora era con
a un pico eziandio furono nutriti. Da Ovidio il pico chiamasi uccello di Marte (Martia avis). Come dio della guerra, prese
, popolo bellicoso e devoto a Marte, aveano nelle selve i loro tempii di Marte, che chiamavasi pure Silvano(6) Ovidio(1)
mpii di Marte, che chiamavasi pure Silvano(6) Ovidio(1) fa menzione di una festa in onore di Marte solita a celebrarsi i
amavasi pure Silvano(6) Ovidio(1) fa menzione di una festa in onore di Marte solita a celebrarsi in Roma alle calende di
una festa in onore di Marte solita a celebrarsi in Roma alle calende di Giugno fuori della porta Capena ; ed in Livio(2)
Giugno fuori della porta Capena ; ed in Livio(2) ritroviamo un tempio di Marte avanti a questa porta, che si vuole ristaur
rte avanti a questa porta, che si vuole ristaurata da Silla. Nel mese di Ottobre poi gli s’immolava ogni anno il mìglior c
allo de’ cocchi vincitori nel campo Marzio, ed appellavasi il cavallo di ottobre (equus october. Fest.). Bellona poi avea
us october. Fest.). Bellona poi avea un celebre tempio fuori le porte di Roma, nel quale si assembrava il Senato per ricev
lla città i generali romani che aveano l’onore del trionfo. Una turba di fanatici, credendosi agitati dal divino furore di
trionfo. Una turba di fanatici, credendosi agitati dal divino furore di Bellona, spacciavano di predire il futuro. Potreb
anatici, credendosi agitati dal divino furore di Bellona, spacciavano di predire il futuro. Potrebbe dirsi che questa supe
superstizione sia venuta dalla Cappadocia, come quella de’ sacerdoti di Cibele, ai quali molto si rassomigliavano que’ di
uella de’ sacerdoti di Cibele, ai quali molto si rassomigliavano que’ di Bellona. Tibullo(3) dice che la sacerdotessa di q
rassomigliavano que’ di Bellona. Tibullo(3) dice che la sacerdotessa di quella Dea, invasata dal suo furore, prima di pre
ice che la sacerdotessa di quella Dea, invasata dal suo furore, prima di predire il futuro al poeta, si flagella, non teme
e la spada(5) ; ed i guerrieri presso Omero si appellano ora ministri di Marte (θερακοντες Αρηος), ed ora di lui figliuoli
o Omero si appellano ora ministri di Marte (θερακοντες Αρηος), ed ora di lui figliuoli (οζοι Αρηος), ed uguali a Marte (Αρ
derivare dal verbo ειρω, annunziare, per l’ufficio che Mercurio avea di messaggiere de’ numi. Meglio è però attenerci a D
è però attenerci a Diodoro Siculo, il quale afferma che il nome greco di Mercurio è parola egiziana, giacchè Hermes presso
dire, in mezzo agli uomini, secondo S. Agostino(4) ; o perchè, al dir di Servio(5), questo dio sempre corre dal cielo all’
pre corre dal cielo all’ inferno, e viceversa. II. Storia favolosa di Mercurio. Il nostro Mercurio era il Thoth deg
i Etruschi, l’Ermete de’ Greci ed il Theutate de’ Galli. Lo Scoliaste di Stazio(1) conta quattro Mercurii ; il primo, figl
. Lo Scoliaste di Stazio(1) conta quattro Mercurii ; il primo, figlio di Giove e di Maia ; il secondo, del Cielo o del Gio
ste di Stazio(1) conta quattro Mercurii ; il primo, figlio di Giove e di Maia ; il secondo, del Cielo o del Giorno ; il te
o di Giove e di Maia ; il secondo, del Cielo o del Giorno ; il terzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e
di Maia ; il secondo, del Cielo o del Giorno ; il terzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene,
lo o del Giorno ; il terzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene, dal quale fu ucciso Argo. Cic
orno ; il terzo, di Libero e di Proserpina ; ed il quarto, di Giove e di Cillene, dal quale fu ucciso Argo. Cicerone(2) ne
annovera cinque : il primo, fig. del Cielo o del Giorno ; il secondo, di Valente e di Coronide, ch’è lo stesso che Trofoni
ue : il primo, fig. del Cielo o del Giorno ; il secondo, di Valente e di Coronide, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo,
do, di Valente e di Coronide, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo, di Giove terzo e di Maia, dal quale e da Penelope na
di Coronide, ch’è lo stesso che Trofonio ; il terzo, di Giove terzo e di Maia, dal quale e da Penelope nacque Pan ; il qua
Pan ; il quarto, nato dal Nilo, che gli Egiziani non credevan lecito di nominare ; il quinto adorato nella città di Feneo
ziani non credevan lecito di nominare ; il quinto adorato nella città di Feneo, in Arcadia, il quale dicesi avere ucciso A
o. Ed in questo mese gli Egiziani celebravano una gran festa in onore di Mercurio(3). Servio(4), pur dice che Mercurio, uc
to l’uso delle lettere e de’ numeri. Ma i poeti tutto ciò che narrasi di Mercurio, l’attribuiscono al Mercurio greco, fig.
ciò che narrasi di Mercurio, l’attribuiscono al Mercurio greco, fig. di Giove e di Maia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò
rrasi di Mercurio, l’attribuiscono al Mercurio greco, fig. di Giove e di Maia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò Pleione, un
tribuiscono al Mercurio greco, fig. di Giove e di Maia. Atlante, fig. di Giapeto, sposò Pleione, una delle Oceanitidi, la
la luce sullo stesso monte Cilleno, sul pendio del quale era la città di Cillene. Fu quindi questo nume assai venerato dag
l’Arcadia colla madre, prima che fosse Roma, portò nel Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume
Roma, portò nel Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume e di una ninfa di Arcadia, che i Greci
Lazio il culto di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume e di una ninfa di Arcadia, che i Greci chiamavan Temi,
to di Mercurio. E questo Evandro era fig. di quel nume e di una ninfa di Arcadia, che i Greci chiamavan Temi, ed i Latini
rmen)(1). Quindi è che Mercurio chiamavasi facondo ed illustre nipote di Atlante (2). E si vuole che Mercurio avesse dato
uinto mese dell’anno, chiamandolo Maius dal nome della madre Maia ; e di fatto i mercatanti in questo mese facevano in Rom
d a Mercurio(3). Questo nume, dice Pausania, nacque sul monte Coricio di Arcadia, ed appena nato, le Ninfe lo lavarono in
ia a Mercurio stesso consacrate ; e le Stagioni, e le Ore ebbero cura di allevarlo. Ma dell’infanzia di Mercurio mirabili
 ; e le Stagioni, e le Ore ebbero cura di allevarlo. Ma dell’infanzia di Mercurio mirabili cose ci narrano gli antichi. Lu
gli antichi. Luciano descrive con molta grazia alcune furtive imprese di lui ancor bambino ed avvolto nelle fasce (εν τοις
 ; e che a Giove pure avrebbe rubato il fulmine, se non avesse temuto di restarne bruciato. E Vulcano, mentre queste cose
ate involate le tanaglie ed altri fabbrili strumenti. Omero nell’inno di Mercurio dice che questo nume nacque la mattina,
o quì notiamo che Guinone gli volle dar latte e che da poche gocciole di esso a caso cadute ebbe origine la via lattea. La
adute ebbe origine la via lattea. La quale avventura si racconta pure di Ercole. III. Continuazione. Il Mercurio de’ Gr
ne. Il Mercurio de’ Greci è l’Ermete degli Egiziani. Varie incumbenze di questo nume. Autolico. Da Diodoro Siculo e da
ρεις, tres, e μεγιστος, maximus), forse per le sue tre grandi qualità di altissimo Filosofo, di sommo Sacerdote e di grand
maximus), forse per le sue tre grandi qualità di altissimo Filosofo, di sommo Sacerdote e di grandissimo Monarca. Incredi
le sue tre grandi qualità di altissimo Filosofo, di sommo Sacerdote e di grandissimo Monarca. Incredibili cose si dicono d
sommo Sacerdote e di grandissimo Monarca. Incredibili cose si dicono di lui e degl’innumerevoli libri da lui composti. Eg
finalmente fu riputato il padre dell’eloquenza, percui meritò il nome di Ermete, cioè di oratore ; il che ben conviene al
putato il padre dell’eloquenza, percui meritò il nome di Ermete, cioè di oratore ; il che ben conviene al Mercurio de’ Gre
o e l’egiziano Mercurio intercede, vedremo quali furono le incumbenze di questo nume il più affaccendato di quanti mai vi
vedremo quali furono le incumbenze di questo nume il più affaccendato di quanti mai vi ebbero Iddii nel cielo. Della qual
cielo. Della qual cosa forte si duole colla madre Maia in un dialogo di Luciano, dicendo che non v’era fra’ celesti aleun
go di Luciano, dicendo che non v’era fra’ celesti aleuno più infelice di lui, (εν ουρανω θεος αθλιωτερος) per le tante fac
rosia. Ed il peggio è che neppure la notte mi è dato dormire, dovendo di notte guidare le anime a Plutone ed assistere al
oro giudizio, come se fossero picciole occupazioni quelle giornaliere di attendere alla palestra, di farla da araldo, d’is
o picciole occupazioni quelle giornaliere di attendere alla palestra, di farla da araldo, d’istruire i retori e cento altr
da araldo, d’istruire i retori e cento altre. Ma lasciamo il celiare di Luciano e passiamo a divisare partitamente le inc
l celiare di Luciano e passiamo a divisare partitamente le incumbenze di Mercurio. E primieramente egli presedeva al comme
rotettore de’mercatanti. Quindi (1) chiunque era addetto alla vendita di qualsivoglia merce, offeriva incenso a Mercurio p
hi dice, essere suo costume, quando ritornava a casa con molto lucro, di ringraziare Mercurio, il quale lo avea aiutato ne
pongono in vendita le merci, chiamasi officina mercuriale. Alcuni son di parere che i Greci abbiano preso il loro Mercurio
di parere che i Greci abbiano preso il loro Mercurio da Chanaan, fig. di Cham, perchè chanaan in ebraico significa mercata
ad esercitare con molta gloria la mercatura ed il commercio. Agl’idi di Maggio era in Roma solenne festa pe’ mercatanti i
. Agl’idi di Maggio era in Roma solenne festa pe’ mercatanti in onore di Mercurio che si voleva nato in quel giorno ; e gl
o, immolando una troia gravida, e se stessi e le loro merci, per modo di espiazione, lavandosi nel fonte detto di Mercurio
si e le loro merci, per modo di espiazione, lavandosi nel fonte detto di Mercurio, ch’era vicino alla porta Capena (4). Co
curio accompagnato colla Fortuna tenere un’ancora e sedere sul rostro di una nave. Ma non solo de’ mercatanti ; egli fu pu
Racconta poscia in qual guisa, ancora fanciallo, avendo rubato i buoi di Admeto, che Apollo avea in guardia, nell’atto ste
stesso che n’era da lui fortemente rampognato, gli rubò il turcasso ; di che avvedutosi Apollo, non potè tenersi dal rider
Mercurio rubò i buoi ad Apollo, fu solo veduto da un vecchio pastore di que’ dintorni chiamato Batto, al quale, affinchè
infedeltà Mercurio oltremodo adirato il trasformò nella pietra detta di paragone, della quale ci serviamo per saggiare l’
gine. In un monte della Messenia vedevasi un sasso che avea sembianza di uomo e nel quale gli antichi dicevano ch’era stat
e d’Indice. Battologia poi (βαττολογια) vuol dire inutile ripetizione di parole, ed è un vizio di elocuzione consistente i
i (βαττολογια) vuol dire inutile ripetizione di parole, ed è un vizio di elocuzione consistente in una moltiplicità di par
i parole, ed è un vizio di elocuzione consistente in una moltiplicità di parole che non contengono alcun sentimento. Secon
idio avesse seguita siffatta etimologia. Erodoto (2) finalmente parla di un tale Batto, principe della città di Cirene, il
. Erodoto (2) finalmente parla di un tale Batto, principe della città di Cirene, il quale avea una voce esile e balbutiva 
in greco vuol dire uomo balbuziente. E per argomento della destrezza di questo nume nell’ingannare, Omero (3) racconta ch
i questo nume nell’ingannare, Omero (3) racconta ch’egli, per volontà di Giove, guidò l’infelice Priamo sino alla tenda di
h’egli, per volontà di Giove, guidò l’infelice Priamo sino alla tenda di Achille, per riscattare con molti doni il corpo d
lento il sonno, Nella destra si reca e scioglie il volo. In un batter di ciglio all’Ellesponto Giunge e al campo Troian. Q
vecchio re co’ doni introduce inosservato nel padiglione del figlinol di Peleo. Così, secondo che dice Orazio (4), il ricc
leo. Così, secondo che dice Orazio (4), il ricco Priamo, colla scorta di Mercurio, deluse i superbi Atridi, ed i Tessali f
amenti a Troia infesti. Forse un qualche greco comandante, per volere di Achille, di notte andò incontro a Priamo, per gui
ia infesti. Forse un qualche greco comandante, per volere di Achille, di notte andò incontro a Priamo, per guidarlo con si
urezza alla tenda dell’eroe, il quale avea pure ordinato alle guardie di aprire le porte e non molestare il re troiano ; e
i ravvisa destrezza e sagacità d’ingegno, e perciò riputavasi maestro di ogni dolo e frode, cioè di quella scaltra accorte
ità d’ingegno, e perciò riputavasi maestro di ogni dolo e frode, cioè di quella scaltra accortezza che impone agli altri e
tri ed illude sì nella civile e bellica scienza, e sì in que’ giuochi di mano ed altre maniere d’inganni fatti per diporto
enso dissero che Mercurio era ladro, e dio de’ ladri. Da Chione, fig. di Dedalione, e da Mercurio nacque Autolico (1). La
hione, fig. di Dedalione, e da Mercurio nacque Autolico (1). La madre di lui fu a tal segno superba che osò vantarsi di es
Autolico (1). La madre di lui fu a tal segno superba che osò vantarsi di essere più bella di Diana ; percui questa dea in
re di lui fu a tal segno superba che osò vantarsi di essere più bella di Diana ; percui questa dea in una caccia le forò l
aquila, o in isparviere. Autolico poi dal padre Mercurio ebbe il dono di una singolar destrezza nel rubare, e di cangiar c
l padre Mercurio ebbe il dono di una singolar destrezza nel rubare, e di cangiar ciò che involava in qualunque forma, in g
nza corna ; anzi esso stesso varie forme prendeva. Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il quale disperando d
o stesso varie forme prendeva. Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il quale disperando di poter conoscere l’
Or era egli solito di rubare le pecore di Sisifo, il quale disperando di poter conoscere l’autore del furto, pensò di marc
ifo, il quale disperando di poter conoscere l’autore del furto, pensò di marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo
marcare le sue pecore sotto a’ piedi ; ed avendo sorpreso gli armenti di Autolico, con siffatto mezzo giunse a scoprire il
ire il rubatore delle sue pecore. Piacque tanto ad Autolico l’astuzia di Sisifo che volle dargli in moglie la figliuola An
; le quali se vanno disgiunte, la prima non sarà che un vano strepito di parole. E per ciò pure gli antichi offerivano sac
) ; che inventò la palestra e la lira, e che presedeva a quanto hanno di bello le scienze e le arti. Ed Igino (4) afferma
ô alcune lettere greche dal volo delle gru, le quali imitano la forma di quelle lettere. Non fa quindi maraviglia se gli a
ettere. Non fa quindi maraviglia se gli antichi (5) aveano il costume di sacrificare a Mercurio la lingua ; e se i cittadi
ano il costume di sacrificare a Mercurio la lingua ; e se i cittadini di Listri (6), vedendo quel che operava il Signore p
ittadini di Listri (6), vedendo quel che operava il Signore per mezzo di S. Barnaba e di S. Paolo, chiamarono Giove il pri
ri (6), vedendo quel che operava il Signore per mezzo di S. Barnaba e di S. Paolo, chiamarono Giove il primo, ed il second
primo, ed il secondo, Mercurio, appunto perchè destava la maraviglia di tutti colla sua sovrumana eloquenza (quoniam ipse
m ipse erat dux verbi). E se gli antichi diedero a Mercurio la gloria di avere il primo istituito un culto e de’ sacrifici
re il primo istituito un culto e de’ sacrificii agli Dei, come ancora di aver ridotto gli uomini che vivevano a guisa di b
agli Dei, come ancora di aver ridotto gli uomini che vivevano a guisa di bestie, alla vita socievole ed umana, dobbiam ric
lla vita socievole ed umana, dobbiam ricordarci che, giusta le parole di Cicerone (1), niun’altra forza salvochè quella de
onora. Si vuole (4) che Mercurio, avendo per caso ritrovato il guscio di una testuggine alla riva del Nilo, ed i soli nerv
avuto un suono ; il che diede la prima idea della lira, che facevasi di tartaruga. Essa per lo più avea sette corde ; ed
ortata a Lirnesso, città della Frigia, pervenne finalmente nelle mani di Achille (7). Un’altra principale incumbenza di Me
finalmente nelle mani di Achille (7). Un’altra principale incumbenza di Mercurio fu quella di essere il messaggiere degli
di Achille (7). Un’altra principale incumbenza di Mercurio fu quella di essere il messaggiere degli Dei, e specialmente d
Mercurio fu quella di essere il messaggiere degli Dei, e specialmente di Giove. Era quindi considerato qual ministro ed ar
de’ viandanti e de’ pastori, e condottiere delle anime all’inferno. E di fatto presso Plauto (1) egli stesso afferma, esse
stesso afferma, esser noto a tutti che gli Dei aveano a lui concesso di farla da lor messaggiere e di presedere a’ lucri.
tutti che gli Dei aveano a lui concesso di farla da lor messaggiere e di presedere a’ lucri. Giove gli avea posto le ali a
bella guisa descrivono Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. Il quale gl’ impone di recarsi a Calipso p
o che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. Il quale gl’ impone di recarsi a Calipso per indurla a liberare da quell
’ impone di recarsi a Calipso per indurla a liberare da quella specie di prigionia il divino Ulisse ; ed allora Obbedì il
na ancora, E con quella tra man l’aure fendea. Pindem. Ad imitazione di Omero, Virgilio descrive Mercurio che si accinge
ero, Virgilio descrive Mercurio che si accinge ad eseguire gli ordini di Giove. « Udito ch’ebbe Mercurio, ad eseguir tost
rchi, e le teste si sollevano l’una contro l’altra, spesso un poco al di sopra dell’estremità della verga, mentre le code
erva che Mercurio da’ poeti è quasi sempre adoperato come messaggiero di pace, laddove Iride per lo più annunzia guerra e
a loro frapponendola. Si racconta che quando Apollo pasceva le greggi di Admento, Mercurio gli regalò una lira, e n’ebbe i
qual simbolo della pace. Al caduceo gli antichi poeti davano la virtù di conciliare e di togliere il sonno, detto perciò s
la pace. Al caduceo gli antichi poeti davano la virtù di conciliare e di togliere il sonno, detto perciò sonnifero da Ovid
alla testa, nella destra tiene una borsa, e nella sinistra un caduceo di antichissima forma, cioè senza serpi. Era antica
gliono ch’esso li apriva piuttosto, alludendosi al costume de’ Romani di aprire sul rogo gli occhi de’ cadaveri, che avean
Non s’intende però, perchè lo stesso poeta (2), parlando della morte di Didone, finge che l’infelice Regina non potea mor
or la sua testa all’Orco inferno. Caro. Allora Giunone, avendo pietà di quella morte affannosa, mandò Iride dal cielo, la
o o Caronte che porta in mano una spada per tagliare la ciocca fatale di Alceste. Ma comunque ciò sia, certa cosa è che pr
te. Ma comunque ciò sia, certa cosa è che principale e nobile ufficio di Mercurio era quello di accompagnare le anime de’
, certa cosa è che principale e nobile ufficio di Mercurio era quello di accompagnare le anime de’ trapassati o ai beati E
ndaro a Plutone piuttosto attribuisca siffatto incarico ; ma la verga di Mercurio, dice Virgilio (4), e quella che ha sua
grato sì a’ celesti che agl’infernali Iddii. E ne’ dialoghi de’ morti di Luciano si ritrova spesso occupato a trattar coll
a trattar colle ombre e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte gli era dato di riposare alquanto, essendo
e con Caronte ; ed in essi si lagna che neppure di notte gli era dato di riposare alquanto, essendo obbligato di condurre
neppure di notte gli era dato di riposare alquanto, essendo obbligato di condurre le anime de’ defonti a Plutone, e farla
i, de’ quali Ulisse avea fatto grandissima strage : Mercurio intanto di Cillene il Dio, L’alme de’ Proci estinti a se chi
i al lieto soggiorno degli Elisi, e che coll’aurea sua verga, a guisa di pastore, si mena innanzi le ombre leggiere de’ tr
passati (levem turbam, ειδωλα καμοντων. Hom.). Quanto finsero i Greci di Mercurio, fu loro insegnato da Orfeo, che l’avea,
loro insegnato da Orfeo, che l’avea, appreso dagli Egizii. L’Oceano, di cui parla Omero, era il Nilo : le porte del sole
ui parla Omero, era il Nilo : le porte del sole voglion dire la città di Eliopoli, cioè la città del sole (ηλιος, sol, et
na palude non lontana da Menfi, chiamata Acherusia, ch’era circondata di verdeggiante loto e di canne. E Mercurio presso g
a Menfi, chiamata Acherusia, ch’era circondata di verdeggiante loto e di canne. E Mercurio presso gli Egiziani era un uomo
Mercurio presso gli Egiziani era un uomo che acompagnava il cadavere di Api, re e dio da loro adorato sotto la figura di
mpagnava il cadavere di Api, re e dio da loro adorato sotto la figura di un bue, sino ad un luogo, ove lo consegnava ad un
e a Mercurio si dee l’invenzione della palestra, lodando l’accortezza di quel nume, il quale i primi uomini ancora fieri e
za, ed i loro corpi co’ ginnastici esercizii della palestra si studiò di rafforzare. La palestra era un luogo, ove gli ant
ignificare la lotta stessa ed i certami ginnastici. Palestra era fig. di Mercurio, o di Ercole, a cui debbesi l’invenzione
otta stessa ed i certami ginnastici. Palestra era fig. di Mercurio, o di Ercole, a cui debbesi l’invenzione della palestra
cui debbesi l’invenzione della palestra. Altri dicono che Corico, re di Arcadia, ebbe due figliuoli, Plesippo ed Eneto, e
arte della lotta, Palestra insegnolla a Mercurio, il quale in memoria di quella donzella, diede alla nuova arte della lott
memoria di quella donzella, diede alla nuova arte della lotta il nome di palestra. V. Iconologia di Mercurio. Ordin
ede alla nuova arte della lotta il nome di palestra. V. Iconologia di Mercurio. Ordinariamente si dipingeva questo
a’ piedi un gallo ed un becco(2) E com’egli formò la lira del guscio di una testuggine, così spesso questo animale si ved
adri ; e si rappresentava colle ali a’ piedi, forse perchè il pianeta di Mercurio credevasi il più veloce fra tutti gli al
rchè gli si attribuiva la coltura del genere umano. Vi era una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito di tonaca
e umano. Vi era una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito di tonaca, e di una clamide, e che porta un ariete s
ra una statua di Mercurio(1) coll’elmo in testa, vestito di tonaca, e di una clamide, e che porta un ariete sotto il bracc
una clamide, e che porta un ariete sotto il braccio. Ed in una strada di Corinto vedeasi un Mercurio di bronzo, che seduto
ete sotto il braccio. Ed in una strada di Corinto vedeasi un Mercurio di bronzo, che seduto avea un artete a lato(2), fors
sua protezione gli armenti e li faceva crescere(3) Anche negli scavi di Pompei si è trovato un idoletto di bronzo grazios
ceva crescere(3) Anche negli scavi di Pompei si è trovato un idoletto di bronzo graziosamente lavorato che rappresenta Mer
lin, avea in Lesbo, ov’era onorato con quel titolo, una statua, opera di Calamide, che lo rappresentava nell’attodi portar
ch’era il dio de’ pastori. Altri dicono che avea liberato i cittadini di Tanagra dalla peste, girando tre volte in forma e
un montone sulle spalle. Chiamasi Mercurio Crioforo un bell’intaglio di Dioscoride, ov’è rappresentato Mercurio che porta
taglio di Dioscoride, ov’è rappresentato Mercurio che porta una testa di montone in un piatto ». In alcuni antichi monumen
numenti(4) si vede rappresentato Mercurio con una catena che gli esce di bocca e si attacca alle orecchie di coloro che vo
curio con una catena che gli esce di bocca e si attacca alle orecchie di coloro che volea seco condurre ; bel simbolo dell
eo, in punta al quale è una mezza luna. Si dipinge come un giovinetto di bello aspetto, di svelta corporatura, e per lo pi
ale è una mezza luna. Si dipinge come un giovinetto di bello aspetto, di svelta corporatura, e per lo più con un mantello
e per lo più con un mantello alle spalle. Una delle più belle statue di Mercurio è quella del Museo Pio-Clementino, credu
da Winckelmann, un Meleagro. Sopra una pietra incisa si vede in atto di ricondurre un’anima fuori dell’inferno. Vicino a
ali esso si reputa il più accorto e sagace. VI. Principali epiteti di Mercurio. Αγγελος των θεων, messaggiere degli
in Esiodo ; e Mercurius ministrator nelle iscrizioni tutti soprannomi di Mercurio, che significano l’ufficio di messaggier
le iscrizioni tutti soprannomi di Mercurio, che significano l’ufficio di messaggiere e di ministro de’numi. Agoreo, Αγορα
ti soprannomi di Mercurio, che significano l’ufficio di messaggiere e di ministro de’numi. Agoreo, Αγοραιος (αγορα, forum
affico ; Κερδεμπορος, (a κερδος, lucrum, et πορος, transitus), datore di lucri, κερδωος, che presiede at lucro o apportato
situs), datore di lucri, κερδωος, che presiede at lucro o apportatore di lucro ; πολυτροπος, versipelle ; ποικιλοβουλος, a
lle piazze. Ales o Alipes Deus chiamato da’ poeti(1), perchè fornito di ali a’ piedi ed al petaso. Argicida, Αργειφοντης
oè uccisore del pastore Argo che avea cento occhi, come nell’articolo di Giove si è detto. Arcas, Arcas aliger, così dett
. Arcas, Arcas aliger, così detto, perchè allevato in Cillene, monte di Arcadia. Atlantiade, Mercurio nipote di Atlante,
è allevato in Cillene, monte di Arcadia. Atlantiade, Mercurio nipote di Atlante, padre di Maia. Caducifero e Caduceatore
ene, monte di Arcadia. Atlantiade, Mercurio nipote di Atlante, padre di Maia. Caducifero e Caduceatore (2), che porta il
rta il caduceo. Da Omero dicesi Χρυσορραπις, cioè che porta una verga di oro, e Vergadoro, secondo il Salvini. Gli antichi
no, così detto per vedersi spesso nell’inferno a trattar colle ombre, di cui era il conduttore. Enodio, Viale (ab εν, in,
, ed arbitro della pace da Ovidio chiamasi Mercurio, come messaggiere di pace. Psicagoge, ψυχαγωγος (a ψυχη, anima, et αγ
προστατης (praeses somni), perchè portava’ il caduceo che avea virtù di conciliare il sonno. Χαρμοφρων o Χαρμοφερων, Hom.
ων o Χαρμοφερων, Hom. (a Χαρμα, laetitia, et φρην, mens), apportatore di allegrezza, forse perchè dio del guadagno. VII
allegrezza, forse perchè dio del guadagno. VII. Alcune altre cose di Mercurio. Nella gigantomachia, Mercurio coll’
e altre cose di Mercurio. Nella gigantomachia, Mercurio coll’elmo di Plutone sul capo che rendeva invisibile chi lo po
avvinto co’ suoi serpentini stragrandi ravvolgimenti(2) ; per comando di Giove stesso andò da Deucalione per trattare la r
ne del genere umano dopo il suo famoso diluvio(3) ; per comando anche di Giove attaccò l’audace Issione alla ruota che lo
ruota che lo tormenta nell’inferno(4) ; inchiodò Prometeo con chiodi di ferro ad un sasso smisurato del monte Caucaso e g
va (5) ; trasportò Castore e Polluce in Pallene ; accompagnò il carro di Plutone che andava a rapire Proserpina ; aiutò Pe
si per tutto, in cielo, in terra ed anche nell’inferno. Da Lara, fig. di Almone, ebbe Mercurio i Lari (Lares) ch’erano la
, ritrovandosi nelle iscrizioni Lares viarum ; ed in loro onore a’ 22 di Dicembre si celebrava una festa delta Compitalia.
urgativa(2). Lattanzio(3) dice che Mercurio fu un uomo antichissimo e di gran dottrina fornito, non che della conoscenza d
omo antichissimo e di gran dottrina fornito, non che della conoscenza di molte arti e scienze. Perciò fu innalzato agli on
e nel tempo stesso il nume che presedeva a quel fiume. Nell’articolo di Saturno abbiam detto che la moglie di lui chiamav
eva a quel fiume. Nell’articolo di Saturno abbiam detto che la moglie di lui chiamavasi Opi, cioè ricca, forse dall’antico
sì per le biade e pe’ frutti, e sì pe’ metalli è la perenne sorgente di ogni nostra ricchezza (1) ; o secondo Macrobio(2)
biade. Varrone(1) finalmente vuole che la Terra fu detta Opi, perchè di essa abbiamo bisogno per vivere, (nobis opus est
t ad vivendum), essendo madre universale, produttrice e dispensatrice di tutt’i beni. II. Storia favolosa della Terra o
ispensatrice di tutt’i beni. II. Storia favolosa della Terra o sia di Opi. Igino dice che la Terra insieme col Ciel
opria conservazione, percui chiamaron Dea la Terra, ch’è la donatrice di quelle cose, per le quali vivono essi e godono mo
ti gli esseri. E però spesso chiamavasi la Gran Madre, perchè, al dir di Aristotele(3), siccome naturalmente tocca alle ma
E Plinio(4) dice che per ragione de’ grandi meriti della Terra verso di noi le abbiam dato il venerando nome di madre. Di
andi meriti della Terra verso di noi le abbiam dato il venerando nome di madre. Di fatto essa nel nostro nascimento ci acc
degli Dei ; ed il più degli antichi credevano che l’uomo fosse fatto di terra ed acqua riscaldata da’ raggi del sole. Qui
siedono alle nozze (1), perchè riputavasi la madre e quasi la nutrice di tutte le cose. È noto finalmente il fatto di Brut
madre e quasi la nutrice di tutte le cose. È noto finalmente il fatto di Bruto che baciò la Terra come madre comune di tul
oto finalmente il fatto di Bruto che baciò la Terra come madre comune di tull’i mortali (2). Pare che gli antichi avessero
icerone (3) leggiamo che alcuni credevano, la cessazione dell’oracolo di Delfo essere avvenuta, perchè, a cagione del lung
vestita dava gli oracoli. E qual virtù, prosegue a dire, è più divina di quella esalazioni, le quali la mente muovono, e l
le quali la mente muovono, e la rendono previdente del futuro a segno di  ; predirlo anche in versi ? Secondo Plutarco, La
Apollo ; ed aggiunge, quivi essere stato comune oracolo della Terra e di Nettuno ; e che poscia la Terra avesse ceduto il
uo oracolo a Temi, e questa ad Apollo. Euripide (4) chiama il tripode di Apollo, tripode di Temi ; e dice che a lei erano
e questa ad Apollo. Euripide (4) chiama il tripode di Apollo, tripode di Temi ; e dice che a lei erano suggerite le rispos
madre de’ sogni. Essa predisse a Giove la vittoria sopra i Titani ; e di lei figliuolo era il serpente Pitone, il quale av
Pitone, il quale avea il dono della divinazione e custodiva l’oracolo di Delfo. Pausania (1) finalmente fa menzione di un
e e custodiva l’oracolo di Delfo. Pausania (1) finalmente fa menzione di un oracolo della Dea Tellure vicino ad Olimpia. E
no collocati in luoghi sotterranei ; percui, dice Fontenelle, i paesi di scoscese montagne, e però piene di caverne, abbon
; percui, dice Fontenelle, i paesi di scoscese montagne, e però piene di caverne, abbondavano più degli altri di oracoli.
oscese montagne, e però piene di caverne, abbondavano più degli altri di oracoli. Tale era la Beozia, che, al dir di Pluta
bondavano più degli altri di oracoli. Tale era la Beozia, che, al dir di Plutarco, ne avea moltissimi. La quale cosa era c
ligioso orrore. Così sappiamo che a principio si consultava l’oracolo di Delfo coll’appressarsi ad un’oscura caverna ch’er
n’oscura caverna ch’era nel monte Parnaso, e respirarne il vapore che di essa usciva. Ma non pochi fanatici essendovi cadu
fronzuto allora, custodiva il sotterraneo oracolo. A Claro l’oracolo di Apollo era una caverna ed un fonte, di cui bevend
neo oracolo. A Claro l’oracolo di Apollo era una caverna ed un fonte, di cui bevendo l’acqua, predicevano il futuro ; la v
n fonte, di cui bevendo l’acqua, predicevano il futuro ; la vita però di chine bevea, era breve. Nella Tracia era un antro
mana descritto da Virgilio(2) era un antro immenso scavato nel fianco di una rupe, a cui si andava per cento vie e cento p
me, quando la Sibilla dava le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re di Tebe, o di Apollo, con mirabile mae
Sibilla dava le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re di Tebe, o di Apollo, con mirabile maestria edificav
a le sue risposte. Trofonio ed Agamede, fig. di Ergino, re di Tebe, o di Apollo, con mirabile maestria edificavano tempii
maestria edificavano tempii e regali palagi ; fabbricarono il tempio di Delfo, e fecero il nuzial talamo di Alcmena, madr
i palagi ; fabbricarono il tempio di Delfo, e fecero il nuzial talamo di Alcmena, madre di Ercole. Trofonio fu inghiottito
arono il tempio di Delfo, e fecero il nuzial talamo di Alcmena, madre di Ercole. Trofonio fu inghiottito dalla terra in qu
dalla terra in quel luogo della Livadia, ove si vedeva la fossa detta di Agamede, o la caverna di Trofonio. « L’oracolo, d
della Livadia, ove si vedeva la fossa detta di Agamede, o la caverna di Trofonio. « L’oracolo, dice Fontenelle, era sopra
oracolo, dice Fontenelle, era sopra una montagna, in un recinto fatto di pietre bianche, su cui si alzavano obelischi di r
, in un recinto fatto di pietre bianche, su cui si alzavano obelischi di rame. In questo recinto era una caverna a foggia
lzavano obelischi di rame. In questo recinto era una caverna a foggia di un forno, fatta a scalpello. Quivi aprivasi un pe
istendersi in terra , prendere nell’una e nell’altra mano certe paste di mele, senza le quali non potevasi entrare ; si me
o tirar dentro con forza e prestezza grande ». III.Storia favolosa di alcuni figliuoli della Terra. Abbiam notato ne
ostruosa statura e stratordinaria robustezza (1). Quindi ogni maniera di giganti si volle procreata dalla Terra, avvisando
ra di giganti si volle procreata dalla Terra, avvisando che ad uomini di strana corporatura ben conveniva una madre di smi
avvisando che ad uomini di strana corporatura ben conveniva una madre di smisurata grandezza. Perciò vediamo che oltre i T
i dicono fig. del Cielo e della Terra , sebbene alcuni li dicano fig. di Nettuno e di Anfitrite. Anche Apollodoro dice che
del Cielo e della Terra , sebbene alcuni li dicano fig. di Nettuno e di Anfitrite. Anche Apollodoro dice che la Terra, do
tendono il sole. E dalla forma rotonda del loro occhio ebbero il nome di Ciclopi (a κυκλος, orbis, et ωψ, ωπος, oculus). E
Secondo Esiodo (1) essi erano divina progenie nata da Crono, non più di tre, e ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmi
essi erano divina progenie nata da Crono, non più di tre, e ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove. Ma sec
Crono, non più di tre, e ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove. Ma secondo Omero(2), essi erano mostruosi
za religione. A’ medesimi per altro si attribuisce un particolar modo di fabbricare, detto ciclopeo (4). Servio dice che c
diosa ; ed Aristotele chiama i Ciclopi inventori delle torri. Le mura di Micene, e specialmente una porta sormontata da le
ta da leoni, fu opera loro ; ed essi fabbricarono al re Preto le mura di Tirinto, città dell’Argolide. Quindi le rovine de
le mura di Tirinto, città dell’Argolide. Quindi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più di trem
Tirinto, città dell’Argolide. Quindi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più di tremila anni, di
tà dell’Argolide. Quindi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più di tremila anni, dimostrano la
ndi le rovine delle mura di Tirinto, di Micene e di Nauplia, dopo più di tremila anni, dimostrano la prima immagine ed i p
i primi a connettere, senza alcun cemento, grandi e grossolani massi di forma irregolare, per cui adoperavano piccole pie
an tra loro i massi rozzi ed informi. Fu loro invenzione ancora Parte di fabbricare il ferro (1) ; e come Vulcano, antico
e ancora Parte di fabbricare il ferro (1) ; e come Vulcano, antico re di Egitto, aveva insegnato il primo a mettere in ope
tere in opera il ferro ; così i poeti , introdotto in Grecia il culto di quel nume, con lui congiunsero i Ciclopi ch’erano
lto di quel nume, con lui congiunsero i Ciclopi ch’erano fabbricatori di ferro, e li posero a ministri nella fucina di lui
i ch’erano fabbricatori di ferro, e li posero a ministri nella fucina di lui. Che i Ciclopi non avessero che un sol occhio
olifemo acciecato da Ulisse. Strabone(2) parla delle caverne o specie di laberinti cavati da’Ciclopi a Nauplia nel seno de
r trarne delle pietre. E come gli Egiziani nelle miniere facevano uso di una lucerna legata alla fronte che li scorgesse i
tenebre ; così nacque la favola che i Ciclopi fossero giganti forniti di un sol occhio circolare in mezzo alla fronte. Anc
occhio circolare in mezzo alla fronte. Anche figliuolo della Terra e di Nettuno fu Anteo, giganti alto sessanta quattro c
lla Libia. Il quate, avendo promesso in voto agli Dei un altare tutto di cranii umani, costringeva a lottar seco tutt’i vi
i non dobbiamo omettere i Centimani Briareo, Gige e Cotto, i quali(1) di cento braccia e cinquanta teste forniti, sì per e
tere e della Terra. Essi, nella guerra de’Titani, sostennero le parti di Giove, comechè alcuni l’annoverano fra i giganti
altrove(3) dice che ad Egeone arde il petto, perchè provocò i fulmini di Giove, il quale confinollo nel tartaro. IV. Co
o nel tartaro. IV. Continuazione – Superficie della Terra popolata di numi. Dio Pan, La Terra non solamente ebbe mol
sa in tutta quanta la sua superficie fosse stata da’ gentili popolata di varie e numerose classi di Dei. Di fatto e boschi
uperficie fosse stata da’ gentili popolata di varie e numerose classi di Dei. Di fatto e boschi, e monti, e fiumi, e fonta
monti, e fiumi, e fontane, e città, e campagne ed ogni altra maniera di luoghi, tutti si credevano da grandi schiere di n
ed ogni altra maniera di luoghi, tutti si credevano da grandi schiere di numi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia
chiere di numi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia là truppe di Satiri e di Egipani ; altrove e Napee e Driadi, e
mi abitati ; ed era bello vedere colla fantasia là truppe di Satiri e di Egipani ; altrove e Napee e Driadi, ed Oreadi e s
e di Egipani ; altrove e Napee e Driadi, ed Oreadi e simili drappelli di Ninfe ; e quasi non poter dare un passo senza abb
a che la Divinità è in tutt’i luoghi. Or noi per ragionare con ordine di tante specie di numi, favelleremo prima del Dio P
à è in tutt’i luoghi. Or noi per ragionare con ordine di tante specie di numi, favelleremo prima del Dio Pan, ch’era la na
ni, de’ Silvani, de’ Satiri, ed il dio de’ pastori, de’ cacciatori, e di tutti gli abitanti della campagna. Quindi lo dipi
campagna. Quindi lo dipingevano in modo da sembrare che partecipasse di tutto l’universo. Avea le corna per significare i
viso, per esprimere il rosseggiare dell’etere ; avea il ventre sparso di stelle, per indicare gli astri ; la barba ed i ca
ab αιξ, αιγος, capra), perchè rappresenta vasi colle gambe ed i piedi di capra ; sebbene Egipani o Semicapri erano propria
pani o Semicapri erano propriamente uomini favolosi, che aveano forma di capra dal mezzo all’ingiù. E da Pane, lor capo, f
i Satiri, o sia gli Dei delle foreste e de’campi ; e per la deformità di essi avvenne che tutt’i mostruosi e segnalali per
i essi avvenne che tutt’i mostruosi e segnalali per qualche sconcezza di corpo si chiamassero Satiri, o Pani, o Egipani. E
, che ne sono scompigliati e posti in fuga. Or questo dio Pan fu fig. di Demogorgone, o di Giove e di Fimbride ; o di Merc
pigliati e posti in fuga. Or questo dio Pan fu fig. di Demogorgone, o di Giove e di Fimbride ; o di Mercurio. Pan suggerì
posti in fuga. Or questo dio Pan fu fig. di Demogorgone, o di Giove e di Fimbride ; o di Mercurio. Pan suggerì agli Dei ch
r questo dio Pan fu fig. di Demogorgone, o di Giove e di Fimbride ; o di Mercurio. Pan suggerì agli Dei che si fossero can
Mercurio. Pan suggerì agli Dei che si fossero cangiali in varie forme di animali, allorchè si rifuggirono in Egitto, per l
irono in Egitto, per lo spavento del crudele Tifone ; e che in grazia di sì prudente consiglio, fu da essi trasformato nel
indovinare ; ma che poi vennero a contesa sulla perizia del suono ; e di ciò fu cagione l’esser venuto Pan in gran superbi
o siringa (συριγξ, fistula) ch’è strumento musicale da fiato, formato di varie cannucce con certa proporzione disuguale, p
varie cannucce con certa proporzione disuguale, per lo più in numero di sette e congiunte con cera ; il quale era diverso
pogna, con cui per altro spesso si confonde. Or vi furono tre maniere di quesio strumento, quello ad una canna (μονοκαλαμο
to, quello ad una canna (μονοκαλαμος), che ritrovò Mercurio ; l’altro di più cannucce formalo (πολυκαλαμος), di cui fu inv
che ritrovò Mercurio ; l’altro di più cannucce formalo (πολυκαλαμος), di cui fu inventore Sileno ; ed il terzo in cui le c
el plagiaulo (πλαγιαυλος, tibia obliqua) o flauto traverso. Ed al dir di Ovidio (4), in fistola fu trasformata Siringa, un
elle più belle Naiadi che abitavano un monte vicino a Nonaera , città di Arcadia, e figliuola del Ladone, bel fiume che si
adone , fu per pietà delle ninfe sorelle, cangiata in palustre canna, di cui Pan formò la fistola che dal nome di quella n
cangiata in palustre canna, di cui Pan formò la fistola che dal nome di quella ninfa fu detta siringa. Lucrezio (5) vuole
lare che fa naturalmente un leggiero venticello intromesso pe’ forami di una cannuccia , abbia data a’ rusticani uomini l’
fistola e della sampogna, la quale (6) essendo la più semplice forma di musicale strumento, fu eziandio la più semplice f
mplice forma di musicale strumento, fu eziandio la più semplice forma di musicale strumento, fu eziandio la più antica ; e
astorale Arcadia , ove a lui eran sacri il Menalo ed il Liceo , monti di Arcadia tanto celebrati da’ poeti. Orazio (8) per
ficare Pan dice il nume cui piacciono gli armenti ed i piniferi monti di Arcadia. E chiamavasi Menalio, dal Menalo ; e Teg
adia ov’era in particolar modo venerato. A lui era consacrato il pino di cui portava inghirlandato il capo, come anche fac
o (ilex). V.Continuazione – Fauni – Silvani. Dopo aver parlato di Pan, dio della natura e capo de’ rusticani Iddii,
mo lo sguardo a’ varii luoghi della Terra che vedransi tutti popolati di numi. E primieramente i boschi eran abitati da nu
ti di numi. E primieramente i boschi eran abitati da numerose schiere di Satiri, di Fauni, di Silvani e di altri siffatti
E primieramente i boschi eran abitati da numerose schiere di Satiri, di Fauni, di Silvani e di altri siffatti Dei ; anzi
amente i boschi eran abitati da numerose schiere di Satiri, di Fauni, di Silvani e di altri siffatti Dei ; anzi ogni alber
hi eran abitati da numerose schiere di Satiri, di Fauni, di Silvani e di altri siffatti Dei ; anzi ogni albero avea una ni
pur troppo conte le Driadi e le Amadriadi ec. I monti erano popolati di Oreadi ; le valli, di Napee ; i prati, di Limonia
riadi e le Amadriadi ec. I monti erano popolati di Oreadi ; le valli, di Napee ; i prati, di Limoniadi ; i fiumi, di Potam
ec. I monti erano popolati di Oreadi ; le valli, di Napee ; i prati, di Limoniadi ; i fiumi, di Potamidi ; le fontane, di
ati di Oreadi ; le valli, di Napee ; i prati, di Limoniadi ; i fiumi, di Potamidi ; le fontane, di Naiadi ; e così di molt
di Napee ; i prati, di Limoniadi ; i fiumi, di Potamidi ; le fontane, di Naiadi ; e così di molte altre generazioni di nin
di Limoniadi ; i fiumi, di Potamidi ; le fontane, di Naiadi ; e così di molte altre generazioni di ninfe. Se volgiamo gli
Potamidi ; le fontane, di Naiadi ; e così di molte altre generazioni di ninfe. Se volgiamo gli occhi a’campi, vedremo e V
a de’pastori, ed il dio Termine. I giardini erano sotto la protezione di Flora, di Pomona, di Priapo ec. Le città e le cas
ri, ed il dio Termine. I giardini erano sotto la protezione di Flora, di Pomona, di Priapo ec. Le città e le case aveano i
io Termine. I giardini erano sotto la protezione di Flora, di Pomona, di Priapo ec. Le città e le case aveano i loro Penal
iascun uomo, e forse ciascun luogo, il suo Genio. Delle quali maniere di numi qui brevemente discorreremo. I poeti latini
confondono Fauno con Pan, perchè le favole degli antichi Italiani non di rado si mescolavano con quelle de’ Greci ; ed all
i mescolavano con quelle de’ Greci ; ed allora a Fauno davano i piedi di capra. Alcuni vogliono ancora che Silvano fosse l
a lui compagni, Vengan con le zampogne a schiera a schiera. Fauno, di cui si parlò nell’articolo di Saturno, detto pure
zampogne a schiera a schiera. Fauno, di cui si parlò nell’articolo di Saturno, detto pure Fatuo, era il padre de’ Fauni
losi de’ campi, de’ monti e delle selve, che rappresentavansi a guisa di Satiri. Si consideravano come semidei, ma credeva
consacrato il pino e l’olivo selvatico. Si rappresentavano in figura di becco dalla cintura in giù, e con le corna di cap
ppresentavano in figura di becco dalla cintura in giù, e con le corna di capra (semicaper Faunus. Ovid. ) ; ma con lineame
vid. ) ; ma con lineamenti meno schifosi ed una fisonomia più allegra di quella de’ Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fa
a più allegra di quella de’ Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fauno di bronzo ben conservato e di ammirabile lavoro, rit
Satiri. Nel Museo Borbonico vi è un Fauno di bronzo ben conservato e di ammirabile lavoro, ritrovato in una bellissima ca
n conservato e di ammirabile lavoro, ritrovato in una bellissima casa di Pompei, la quale da questo prezioso monumento ha
asa di Pompei, la quale da questo prezioso monumento ha preso il nome di casa del Fauno.Esso ha le corna, è coronato di pi
mento ha preso il nome di casa del Fauno.Esso ha le corna, è coronato di pino e vedesi in atto di danzare tutto ebbrifesta
casa del Fauno.Esso ha le corna, è coronato di pino e vedesi in atto di danzare tutto ebbrifestante. Furon poi detti Faun
Giustino significa io son preso da divino furore. Finalmente in onore di Fauno nelle selve e nelle campagne si celebravano
onore di Fauno nelle selve e nelle campagne si celebravano alle none di Dicembre alcune feste dette Faunalia, per le qual
de ch’è una specie d’inno. I Luperci poi eran sacerdoti del dio Pan o di Fauno ; e Lupercali si dicevano alcune feste in o
el dio Pan o di Fauno ; e Lupercali si dicevano alcune feste in onore di quel nume(2), che celebravansi a’15 di Febbraio.
dicevano alcune feste in onore di quel nume(2), che celebravansi a’15 di Febbraio. Lupercale poi era un luogo o antro sott
n suo tempio era l’ippodromo e lo stadio, ove si celebravano in onore di Pan le feste dette Licee. Or Evandro dall’Arcadia
ficavano. In un marmo (2) si vede un Silvano che ha in mano il tronco di un picciolo cipresso ; e si sa che Virgilio (3) a
a con un giovane cipresso in mano. E spesso si dipinge con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori, o di canne,
iovane cipresso in mano. E spesso si dipinge con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori, o di canne, e col cipr
so in mano. E spesso si dipinge con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori, o di canne, e col cipresso in mano.
o si dipinge con una corona di frondi di alberi, o di grandi fiori, o di canne, e col cipresso in mano. Orazio (4) lo chia
ono coi Fauni e cogli altri numi abitalori de’ boschi. Ed a proposito di questa folla di boscherecci Iddii giova qui rifer
cogli altri numi abitalori de’ boschi. Ed a proposito di questa folla di boscherecci Iddii giova qui riferire un bel luogo
di questa folla di boscherecci Iddii giova qui riferire un bel luogo di Lucrezio (5), il quale, parlando dell’eco, così e
ozzo villan sente da lungi Qualor scotendo del biforme capo La corona di pino il dio de’ boschi, Spesso con labbro adunco
liro era propriamente un dio boschereccio ; e Satiri erano una specie di semidei, abitatori delle selve, cornuti e co’ pie
ς, τραγοποδες. Capripedes Satyri. Lucret.). Orazio(1) dà loro i piedi di capra e le orecchie acute. Sino alla cintura avea
aveano forma umana e due corna nella fronte ; tutto il resto poi era di capra. Plinio dice de’ Satiri, essere animali vel
ando sono infermi o vecchi. In un ninfeo, luogo sacro presso la città di Apollonia, fu preso un Satiro che dormiva a terra
presso la città di Apollonia, fu preso un Satiro che dormiva a terra, di quella sembianza appunto, in cui viene dai pittor
pre. Il gran solitario S. Antonio in una sassosa valle vide una forma di uomo di picciola statura, col naso adunco, col ca
gran solitario S. Antonio in una sassosa valle vide una forma di uomo di picciola statura, col naso adunco, col capo cornu
omo di picciola statura, col naso adunco, col capo cornuto e che avea di capra l’altra metà del corpo. Ed a tempo di Costa
l capo cornuto e che avea di capra l’altra metà del corpo. Ed a tempo di Costantino un simile animale fu portato vivo nell
d a tempo di Costantino un simile animale fu portato vivo nella città di Alessandria, ove servì di maraviglioso spettacolo
simile animale fu portato vivo nella città di Alessandria, ove servì di maraviglioso spettacolo a quel gran popolo ; e ch
peratore stesso volle vederlo. Plinio riferisce che sul monte Atlante di giorno era gran silenzio ; ma che la notte vi si
silenzio ; ma che la notte vi si vedeano fuochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpa
a che la notte vi si vedeano fuochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpani e di cemba
vedeano fuochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpani e di cembali. Il ch. Shaw(1) d
ochi accesi ed un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpani e di cembali. Il ch. Shaw(1) dice, quel m
d un danzare di Egipani e di Satiri con suono di trombe, di timpani e di cembali. Il ch. Shaw(1) dice, quel monte essere a
ali, pel soverchio calore del sole, il giorno vivono nelle caverne, e di notte accendono de’ fuochi e fanno lieto strepito
nelle caverne, e di notte accendono de’ fuochi e fanno lieto strepito di canti e di suoni. Forse la specie di scimmia dett
ne, e di notte accendono de’ fuochi e fanno lieto strepito di canti e di suoni. Forse la specie di scimmia detta orang-out
e’ fuochi e fanno lieto strepito di canti e di suoni. Forse la specie di scimmia detta orang-outang (simia satyrus) che mo
mana, ma sozza e deforme, con picciole corna, come quelle de’capretti di fresco nati, con coda, cosce setolose e piedi com
lle de’capretti di fresco nati, con coda, cosce setolose e piedi come di becco. Erano inchinati ad un ballo comico, che co
sfacciali, fu nominata una rappresentazione da’ Greci detta Satirica, di cui servivansi per rallegrare gli animi dopo la t
gedia. Satira poi chiamasi eziandio una poesia mordace che si propone di riprendere i vizi degli uomini, come quelle di Or
mordace che si propone di riprendere i vizi degli uomini, come quelle di Orazio, di Giovenale ec. Dette sermones, e scritt
si propone di riprendere i vizi degli uomini, come quelle di Orazio, di Giovenale ec. Dette sermones, e scritte piuttosto
o stile. Ebbe un tal nome da una scodella (a lance satura), che piena di varii frutti si offeriva a Cerere ; e così la sat
se cose abbraccia(4). E satura significava ancora una vivanda formata di varie specie di cibi. E Pescennio Festo scrisse l
a(4). E satura significava ancora una vivanda formata di varie specie di cibi. E Pescennio Festo scrisse le sue storie per
ra ebbe nome da’ Satiri, i quali portavan piatti e cestellini ricolmi di ogni generazione di frutti e ne facevan dono alle
iri, i quali portavan piatti e cestellini ricolmi di ogni generazione di frutti e ne facevan dono alle Ninfe. Le Ninfe poi
unghissima, come a’ Fauni, a’ Satiri ec. e che riputavansi una specie di Genii locali che aveano un culto particolare ed a
or consacrati eran tempietti, o antri, da cui spicciava qualche polla di fresche e limpide acque. Orfeo le chiama abitatri
spiaggia della Libia, ove dopo la nota tempesta presero porto le navi di Enea, alloga un antro ombroso che chiama abitazio
e sorgenti dei fiumi ed i prati erbosi. Di fatto vi eran molte specie di Ninfe, che il nome prendevano da’luoghi. Le Oread
b ορος, mons) eran ninfe abitatrici de’ monti che si voglion compagne di Diana. La Terra, dice Esiodo (4), partorì gli alt
), partorì gli alti mouti, grate abitazioni delle divine Ninfe che su di essi dimorano. Le valli aveano le loro Napee (a ν
l Chiabrera : I regii alberghi spaziosi, gli orti Mirabili soggiorni di Napee. Ed altrove : A’sospiri di Zeffiro soavi
ziosi, gli orti Mirabili soggiorni di Napee. Ed altrove : A’sospiri di Zeffiro soavi E per li campi se ne va succinta In
vano con queglistessi, sotto la cui corteccia eran rinchiuse. Il nome di Driadi però si dava a quelle Ninfe boscherecce ch
virae (1) ; e vi era un tempietto consacrato alle Amadriadi col nome di sacellum Querquetulanum (2). Le Limoniadi (a λειμ
i degli uomini ed a’ loro cambiamenti, come quegli che poteva cangiar di forma, come Proteo. Era anche il simbolo di una n
quegli che poteva cangiar di forma, come Proteo. Era anche il simbolo di una naturale attitudine e destrezza di agire, per
e Proteo. Era anche il simbolo di una naturale attitudine e destrezza di agire, per la quale ad alcuno ogni cosa felicemen
cemente succede (res bene vertit. Orazio (3) chiamò nato in disgrazia di Vertunno un uomo volubile e che non è padrone de’
olino, il Palatino e l’Aventino (a verso amne)(4) ; altri dal volgere di un anno (ab anno vertente), perchè gli si offriva
una statua vedesi Vertunno tutto vestito, colla barba e colla spoglia di un animale ; e sopra una piega della coda vi sono
ono molti frutti. Si rappresenta pure come un giovane, con una corona di diverse piante, nella sinistra, alcuni frutti, ne
i frutti, nella destra, un cornucopia. Nel foro romano era una statua di Vertunno, presso alla quale stavano molte bottegh
era una statua di Vertunno, presso alla quale stavano molte botteghe di mercatanti e librai(2). A Vertunno soggiungiamo P
rai(2). A Vertunno soggiungiamo Pomona, dea de’giardini e de’fruti, e di lui moglie. Ovidio(3) la dice una delle Amadriadi
zio che per la sua destrezza nel coltivare i giardini, meritò la mano di Vertunno. Visse a’ tempi di Proca, re de’ Latini 
nel coltivare i giardini, meritò la mano di Vertunno. Visse a’ tempi di Proca, re de’ Latini ; ed avea un sacerdote (flam
ceasi Clori, che sposò il vento Zeffiro, detto perciò l’alato cavallo di Clori (4), perchè i venti per la velocità si para
esentano a cavallo. Secondo Varrone essa fu un’antica Dea de’ Sabini, di cui T. Tazio introdusse il culto a Roma. Nel Muse
introdusse il culto a Roma. Nel Museo Borb. vi è una statua colossale di Flora in marmo pentelico panneggiata di tunica, d
rb. vi è una statua colossale di Flora in marmo pentelico panneggiata di tunica, di peplo e di pallio, il quale, formando
a statua colossale di Flora in marmo pentelico panneggiata di tunica, di peplo e di pallio, il quale, formando un picciol
lossale di Flora in marmo pentelico panneggiata di tunica, di peplo e di pallio, il quale, formando un picciol seno verso
a caratterizzano per la Dea della primavera. Si rappresentava vestita di un abito cangiante, co’capelli fatti in trecce e
va vestita di un abito cangiante, co’capelli fatti in trecce e sparsi di fiori ; i nudi e delicati suoi piedi sfiorar semb
solleva e la regge in aria sopra i leggieri suoi vanni. Ad ogni passo di lei spunta dal suolo un nuovo fiore ; la sua fron
ie rose freschissime, ed il suo fiato spira fragranza. Le vere statue di Flora sono molto rare. A Pompei vedesi una bella
lto rare. A Pompei vedesi una bella Flora, colle chiome inghirlandate di frondi e di fiori, e nel collo un monile : la sua
Pompei vedesi una bella Flora, colle chiome inghirlandate di frondi e di fiori, e nel collo un monile : la sua rossa tunic
affibbiata sulla sinistra spalla, e con un braccio sostiene un cesto di fiori, e colla destra, un serto anche di fiori. È
un braccio sostiene un cesto di fiori, e colla destra, un serto anche di fiori. È adorna di quattro ali rosse ed occhiute,
un cesto di fiori, e colla destra, un serto anche di fiori. È adorna di quattro ali rosse ed occhiute, come quelle delle
perchè dalla Terra ci vengono tutt’i beni della vita. Fu essa moglie di Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la sua modest
a Terra ci vengono tutt’i beni della vita. Fu essa moglie di Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la sua modestia meritò gl
engono tutt’i beni della vita. Fu essa moglie di Fauno, o di Giano, o di Numa, e per la sua modestia meritò gli onori divi
i riti si celebravano in casa del Pontefice Massimo, o del Console, o di qualche altro alto magistrato. Se le sacrificava
edificato un tempio sull’Aventino, poscia ristorato da Livia, moglie di Augusto. Priapo, fig. di Bacco, e di Venere, era
’Aventino, poscia ristorato da Livia, moglie di Augusto. Priapo, fig. di Bacco, e di Venere, era il dio degli orti, da’ qu
oscia ristorato da Livia, moglie di Augusto. Priapo, fig. di Bacco, e di Venere, era il dio degli orti, da’ quali teneva l
adri e degli uccelli (2). Era pure venerato da’ pastori e da’ padroni di mandre e di sciami ; e gli si offeriva latte e qu
uccelli (2). Era pure venerato da’ pastori e da’ padroni di mandre e di sciami ; e gli si offeriva latte e qualche focacc
eriva i primi frutti della villa. Spesso si rappresentava sotto forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed u
i della villa. Spesso si rappresentava sotto forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie
so si rappresentava sotto forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie di vite o di allor
o forma di Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie di vite o di alloro. Da’ poeti (3) chiamas
Erma, con corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie di vite o di alloro. Da’ poeti (3) chiamasi rubicond
corna di becco, orecchie di capro, ed una corona di foglie di vite o di alloro. Da’ poeti (3) chiamasi rubicondo, perchè
ite o di alloro. Da’ poeti (3) chiamasi rubicondo, perchè dipingevasi di minio. Pale, secondo alcuni, era un Dio, e al dir
rchè dipingevasi di minio. Pale, secondo alcuni, era un Dio, e al dir di Ovidio, una Dea de’ pastori, cui facevan voti pel
lice parto del gregge ed affinchè ne tenesse lontani i lupi ; e prima di condurlo a’ pascoli di primavera, con dei sacrifi
d affinchè ne tenesse lontani i lupi ; e prima di condurlo a’ pascoli di primavera, con dei sacrificii alla Dea, eran soli
rlo a’ pascoli di primavera, con dei sacrificii alla Dea, eran soliti di purificarlo. Se le offeriva del latte, e di latte
cii alla Dea, eran soliti di purificarlo. Se le offeriva del latte, e di latte si spargeva la statua di lei (4) ; ed i suo
rificarlo. Se le offeriva del latte, e di latte si spargeva la statua di lei (4) ; ed i suoi sacrificii si chiamavan Palil
Palilia o Parilia. Nel suo giorno festivo Romolo gettò le fondamenta di Roma ; e perciò ogni anno i Romani con grande all
mpi e vindice delle usurpazioni. Numa il fece adorare sotto la figura di una pietra quadrata, a cui si facevan sacrificii
piantato ne’ campi, o antica pietra incontrasse in un trivio coronata di fiori ; il che intendono gl’interpetri dell’erme
6). Numa istituì le feste del dio Termine dette Terminalia, pel dì 20 di Febbraio, Livio (7) racconta che volendo Tarquini
Giove, acciocchè la piazza del monte libera fosse per la edificazione di esso, ordinò di esaugurare tutt’i tempii di quel
la piazza del monte libera fosse per la edificazione di esso, ordinò di esaugurare tutt’i tempii di quel luogo, ma che qu
fosse per la edificazione di esso, ordinò di esaugurare tutt’i tempii di quel luogo, ma che quello del dio Termine non fu
guri. Per siffatto augurio parve che non essendo stata mossa la sedia di Termine e il non aver ceduto quel dio solo tra tu
vere ad essere quivi ferma e stabile ; e ciò fu ricevuto qual augurio di fermezza e perpetuità dell’imperio. IX. Alcuni
o seno, cioè delle vaste sue pianure. Curotrofa, κουροτροφα, nudrice di giovanetti. Con questo nome avea un tempio nell’A
tempio nell’Attica. Μεγαλη Θεος, la gran Dea. Ολβοδοτειρα, donatrice di ricchezze, perchè dalla terra tutte le ricchezze
perchè dalla terra tutte le ricchezze provengono. Omni parens, madre di tutti, appellasi da Virgilio (3) ; gr. παμμητηρ,
riens. Παντροφος, epiteto della Terra presso Orfeo, cioè nutricatrice di tutti. X. Alcune altre cose della Terra. G
sacrificavano delle vacche pregne, forse per significare la fecondità di essa. Cerere. I. Nomi diversi dati a que
a madre, essendo Cerere la stessa cosa che la Terra. Forse diminutivo di tal nome è l’altro Δηω, come chiamasi dai Greci ;
i faceva lieto augurio col dire : la troverai. II. Storia favolosa di Cerere. Cerere fu figliuola di Saturno e di O
a troverai. II. Storia favolosa di Cerere. Cerere fu figliuola di Saturno e di Opi, e secondo il Boccaccio, ve ne f
II. Storia favolosa di Cerere. Cerere fu figliuola di Saturno e di Opi, e secondo il Boccaccio, ve ne fu un’altra fi
di Opi, e secondo il Boccaccio, ve ne fu un’altra figlia del Cielo e di Vesta, sorella di Saturno e moglie di Sicano, ant
il Boccaccio, ve ne fu un’altra figlia del Cielo e di Vesta, sorella di Saturno e moglie di Sicano, antichissimo re della
fu un’altra figlia del Cielo e di Vesta, sorella di Saturno e moglie di Sicano, antichissimo re della Sicilia, il quale a
ui gli uomini, selvatici ancora, durando lor vita ne’ boschi a foggia di belve e liberamente vagando senza tetto e senza l
i belve e liberamente vagando senza tetto e senza leggi, si pascevano di vili ghiande e nelle acque dei fonti spegnevano l
rvo aratro insegnò agli uomini a coltivar la terra e ad usare, invece di quel ferino cibo delle ghiande, l’eletto frumento
ssima, era posta in mezzo all’isola, quindi detta il suo ombilico, su di un luogo alto, nel quale era una bella pianura ed
ssimi fiori. Quella città non già una città pareva, ma un gran tempio di Cerere, ed i cittadini, tanti di lei sacerdoti. O
una città pareva, ma un gran tempio di Cerere, ed i cittadini, tanti di lei sacerdoti. Or vicino ad Enna era una spelonca
ad Enna era una spelonca, onde uscì Plutone a rapir Proserpina, fig. di Cerere, la quale essendo stata in quel dì dalla n
ini, E agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere esser mai spenti ;
tagni, i torrenti, La terra, il mare ; e poi che tutto il mondo Cercò di sopra, andò al tartareo fondo. III. Continuaz
ise sì forte un giovinetto che la dea adirata il trasformò in ramarro di vario colore(1), che fuggì tosto di mano alla dol
a adirata il trasformò in ramarro di vario colore(1), che fuggì tosto di mano alla dolente vecchia e si ascose in un foram
in Sicilia la nostra Cerere, guarda per tutto e pure all’amico fonte di Ciane, la quale più lingua non avea da dire alla
e della figliuola. Ma pur vide su le sue acque galleggiare la cintura di Proserpina ; il che fu argomento di essere stata
sue acque galleggiare la cintura di Proserpina ; il che fu argomento di essere stata per que’ luoghi rapita ; di che pian
erpina ; il che fu argomento di essere stata per que’ luoghi rapita ; di che pianse, e fu in collera colla Sicilia tutta,
colla Sicilia tutta, quasi ingrata a’ suoi beneficii, percui privolla di tutt’i suoi doni. Allora, per pietà di sì gravi m
uoi beneficii, percui privolla di tutt’i suoi doni. Allora, per pietà di sì gravi mali, la ninfa Aretusa, dalle sue chiare
serpina per forza rapita, già moglie del dio dell’inferno, era regina di quel tenebroso regno, come Giunone del cielo. Cer
, come Giunone del cielo. Cerere rimane attonita a tal nuova, e piena di dispetto ne va al cielo, sopra il suo cocchio, e
nire che se l’abbia in moglie quel villano rapitore con sì grave onta di Giove stesso e della madre. Giove la racconsola,
mala ventura, Proserpina, andando un giorno per certi giardini ricchi di alberi fruttiferi, ne colse una bellissima melagr
rdini ricchi di alberi fruttiferi, ne colse una bellissima melagrana, di cui mangiò sette granelli. Ascalafo, fig. dell’Ac
agrana, di cui mangiò sette granelli. Ascalafo, fig. dell’Acheronte e di Orfne, ninfa dell’inferno, svelò un tal fatto ; p
lo, e sei altri nell’inferno con Plutone. Allora acchetossi lo sdegno di Cerere, e la terra, quasi lieta per l’allegrezza
terra, quasi lieta per l’allegrezza della dea, ringiovanì e vestissi di bellissime messi. Cerere fu regina di Sicilia ed
ella dea, ringiovanì e vestissi di bellissime messi. Cerere fu regina di Sicilia ed insegnò a que’ popoli l’agricoltura, l
Tesmofora. Si finse in Sicilia particolarmente venerata, per ragione di quella fertilità delle sue campagne, per la quale
ttolemo. Ovidio racconta che quando Proserpina, essendo nei campi di Enna a coglier fiori, fu rapita da Plutone, eran
’Acheloo, fiume della Grecia che ha la sua origine dal monte Pindo, e di Sterope. Le quali, dolenti oltremodo di tanta per
ua origine dal monte Pindo, e di Sterope. Le quali, dolenti oltremodo di tanta perdita, furon subito a cercarla per ogni l
riuscendo vana ogni lor cura, pregaron gli dei che potessero, fornite di ale, andar sulle acque del mare per averne contez
re per averne contezza. E però furon trasformate in uccelli con volto di donzella e dolcissima voce umana. Igino dice che
iglio. Comunemente si dice che le Sirene dal mezzo in su aveano forma di donzella, e dal mezzo in giù, di pesce, con due c
Sirene dal mezzo in su aveano forma di donzella, e dal mezzo in giù, di pesce, con due code. L’una dolcemente cantava ; l
che la Sirena Leucasia fu sepolta in un’isoletta o scoglio nel golfo di Pesto, detto oggidì la Licosa. Si vuole poi che N
dì la Licosa. Si vuole poi che Napoli fu detta Partenope dalla Sirena di questo nome, la quale presso quella ridente e del
che Aristotele chiama delle Sirene. Le quali, intese ad ogni maniera di malvagi diletti, tiravano i forestieri alla lor c
voce delle Sirene in linguaggio poetico ; i quali fra tanti sollazzi di quella corte perdevan la virtù e l’avere ; erano,
a virtù e l’avere ; erano, cioè, divorati dalle Sirene. La favola poi di Alfeo e di Aretusa non ha che fare propriamente c
’avere ; erano, cioè, divorati dalle Sirene. La favola poi di Alfeo e di Aretusa non ha che fare propriamente con Cerere ;
ge ingegnosamente che la ninfa Aretusa, vedendo sterilite le campagne di Sicilia per l’ira di Cerere che volea ad ogni mod
la ninfa Aretusa, vedendo sterilite le campagne di Sicilia per l’ira di Cerere che volea ad ogni modo trovar la figliuola
ando sulle onde il ceruleo capo, io fui una delle ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e fra le seguaci di Diana, di m
onde il ceruleo capo, io fui una delle ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e fra le seguaci di Diana, di me non vi fu
i una delle ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e fra le seguaci di Diana, di me non vi fu altra più amica de’ boschi
e ninfe d’Acaia, fig. di Nereo e di Dori ; e fra le seguaci di Diana, di me non vi fu altra più amica de’ boschi e della c
evano bellissima ; ma, ad altri studii intesa, poco o nulla mi caleva di ciò ; che anzi vedendo un giorno non poter io fug
iorno non poter io fuggire da Alfeo che mi perseguitava, pregai Diana di aiuto, e la buona dea mi cangiò di presente in be
che mi perseguitava, pregai Diana di aiuto, e la buona dea mi cangiò di presente in bellissimo fonte. E così cangiata, pe
a fontana Aretusa : « In una isoletta ch’è l’ultima parte della città di Siracusa, vi è un fonte di acqua dolce, chiamato
a isoletta ch’è l’ultima parte della città di Siracusa, vi è un fonte di acqua dolce, chiamato Aretusa, di grandezza incre
la città di Siracusa, vi è un fonte di acqua dolce, chiamato Aretusa, di grandezza incredibile ed abbondantissimo di pesci
dolce, chiamato Aretusa, di grandezza incredibile ed abbondantissimo di pesci ; il quale tutto da’ fiotti sarebbe coperto
i pesci ; il quale tutto da’ fiotti sarebbe coperto, se argini e moli di pietra dal mare nol disgiungessero. » Pausania(2)
ro. » Pausania(2) inclina a credere l’unione delle acque dell’Alfeo e di Aretusa, indotto da una risposta dell’oracolo di
e acque dell’Alfeo e di Aretusa, indotto da una risposta dell’oracolo di Delfo, il quale, inanimando un tale Archia di Cor
a risposta dell’oracolo di Delfo, il quale, inanimando un tale Archia di Corinto a mandare una colonia a Siracusa, disse :
hi Olimpici si uccidono le vittime e nell’Alfeo si getta il soperchio di quegli animali. Ma è tutto ciò una favola ; perch
bisca le onde ; percui non par possibile che rimangono dolci le acque di un fiume che passa pel mare o sotto ad esso. Trit
sa pel mare o sotto ad esso. Trittolemo finalmente fu il caro allievo di Cerere(1), la quale giunta nell’Attica, dopo lung
nta nell’Attica, dopo lungo cercare, stanca e mesta presso alla città di Eleusi sedè su di un sasso vicino ad un ulivo, pe
opo lungo cercare, stanca e mesta presso alla città di Eleusi sedè su di un sasso vicino ad un ulivo, perciò chiamato piet
fu amorevolmente invitata a casa loro, avendo la dea presa sembianza di una vecchia. Era Celeo padrone di quel podere e m
loro, avendo la dea presa sembianza di una vecchia. Era Celeo padrone di quel podere e marito di Metanira che piangeva per
a sembianza di una vecchia. Era Celeo padrone di quel podere e marito di Metanira che piangeva per un suo figliuolino infe
fermo. Entrata che fu la dea, donò al fanciullo il vigor della vita ; di che fu lietissima quella famigliuola. E poscia l’
migliuola. E poscia l’amò tanto che volle con latte divino nutricarlo di giorno, mentre di notte il passava pel fuoco, per
a l’amò tanto che volle con latte divino nutricarlo di giorno, mentre di notte il passava pel fuoco, per renderlo immortal
r renderlo immortale ; il che dalla madre osservato, fu cagione a lei di spavento, ed a Cerere di disgusto ; percui Tritto
che dalla madre osservato, fu cagione a lei di spavento, ed a Cerere di disgusto ; percui Trittolemo restò mortale, ma vo
di disgusto ; percui Trittolemo restò mortale, ma volle la dea che su di un cocchio tirato da dragoni alati, discorrendo p
umento ed insegnasse l’agricoltura ; e ciò fu prima in Atene, a tempo di Eretteo, sesto re di quella città. Poscia trascor
l’agricoltura ; e ciò fu prima in Atene, a tempo di Eretteo, sesto re di quella città. Poscia trascorse i paesi dell’Europ
Asia, ed arrivò nella Scizia, ove allora regnava Linco, uomo astuto e di crudeli costumi. Il quale, conosciuto il fine deg
e di crudeli costumi. Il quale, conosciuto il fine degli aerei viaggi di Trittolemo, n’ebbe invidia ; e perciò con finta a
vidia ; e perciò con finta amorevolezza accoltolo nella reggia, tentò di ucciderlo. Ma Cerere non mancò al suo Trittolemo
lla reggia, tentò di ucciderlo. Ma Cerere non mancò al suo Trittolemo di pronto aiuto, e punì tosto la gelosa crudeltà di
cò al suo Trittolemo di pronto aiuto, e punì tosto la gelosa crudeltà di Linco, cangiandolo in lince, fiera di vario color
e punì tosto la gelosa crudeltà di Linco, cangiandolo in lince, fiera di vario colore che significa la sua indole astuta ;
ltri animali addetti all’agricoltura ; ed in Atene credevasi ministro di Cerere e di Trittolemo e fu allogato fra gli astr
addetti all’agricoltura ; ed in Atene credevasi ministro di Cerere e di Trittolemo e fu allogato fra gli astri più splend
lemo e fu allogato fra gli astri più splendidi. Dal bue venne il nome di Buzige, Ateniese, che fu il primo a porre i buoi
se, che fu il primo a porre i buoi all’aratro. VII. Feste in onore di Cerere – Misteri Eieusini. I Siciliani e gli
Siciliani e gli abitanti dell’Attica istituirono delle feste in onore di Cerere ; la prima Proarosia, avanti la semina ; l
vano in Eleusi, città fra Megara ed Atene, così detta da Eleusi, fig. di Ogige e maestro di Mercurio. In questa città cele
tà fra Megara ed Atene, così detta da Eleusi, fig. di Ogige e maestro di Mercurio. In questa città celebravansi le feste e
questa città celebravansi le feste eleusine istituite da Eretteo, re di Atene, o da Museo, o da Eumolpo o da Orfeo. Avend
zioni, bagnandosi nel fiume Ilisso. Questi piccioli misteri servivano di preparazione a’ grandi di Eleusi, per essere a pa
e Ilisso. Questi piccioli misteri servivano di preparazione a’ grandi di Eleusi, per essere a parte dei quali era mestieri
te dei quali era mestieri sottoporsi a molte pruove e ad un noviziato di cinque anni, ne’ quali era permesso solo di entra
pruove e ad un noviziato di cinque anni, ne’ quali era permesso solo di entrare nel vestibolo del tempio e non già nel sa
ù celebre de’ grandi Misteri Eleusini da Cerere stessa istituiti dopo di aver somministrato agli Ateniesi molto frumento i
uiti dopo di aver somministrato agli Ateniesi molto frumento in tempo di carestia. Il famoso tempio di Eleusi era destinat
o agli Ateniesi molto frumento in tempo di carestia. Il famoso tempio di Eleusi era destinato a queste misteriose cerimoni
a queste misteriose cerimonie, ove i Greci concorrevano verso il mese di Agosto. Passati i cinque anni di pruova, a chi vo
e i Greci concorrevano verso il mese di Agosto. Passati i cinque anni di pruova, a chi volea iniziarsi si aprivano i segre
ea iniziarsi si aprivano i segreti riti, salvo pochî ch’era riserbato di sapere a’ soli sacerdoti. Due giovani Acarnani ch
ondannati a morte, comechè stato fosse manifesto che quello era fallo di pura ignoranza. Il Gerofante o sommo sacerdote ap
te o sommo sacerdote apriva agl’iniziati alcuni segreti che giuravano di non manifestare ; e chi mancava, riputavasi esecr
tto disprezzare questi misteri e questa fu una delle principali reità di Socrate. Molti grandi uomini s’iniziarono a quest
altri Cicerone, il quale dice (1) che gli uomini v’imparavano l’arte di ben vivere ed erano aiutati a menare una vita mig
ni pretendono che in essi s’insegnavano i principali dommi dell’unità di Dio, della sua provvidenza, della creazione, de’
io, della sua provvidenza, della creazione, de’ gastighi e de’ premii di un’altra vita ec ; i quali, per timore del popolo
i. Ma i Padri della Chiesa ci fanno certi che sotto il venerando nome di misteri nascondevano quei ciechi Pagani le più co
evoli scelleratezze. VIII. Erisittone – Mestra. Erisittone, re di Tessaglia, in disprezzo di Cerere tagliò una selv
I. Erisittone – Mestra. Erisittone, re di Tessaglia, in disprezzo di Cerere tagliò una selva a lei consacrata, nel bel
ramosa quercia, intorno a cui le Driadi facevano i loro balli, e che di una Driade era pure il grato albergo. Cerere, in
alli, e che di una Driade era pure il grato albergo. Cerere, in forma di sacerdotessa, cercò distornarlo da sì reo disegno
figliuola Mestra o Metra, la quale, ricevuto da Nettuno il privilegio di potere cangiar forma, si fece vendere più volte p
l quale con tutto ciò finì miserabilmente la vita. Pelope poi fu fig. di Tantalo e di Taigete. Volendo questi sperimentare
utto ciò finì miserabilmente la vita. Pelope poi fu fig. di Tantalo e di Taigete. Volendo questi sperimentare la divinità
itornò Pelope in vita, e per la spalla mangiata da Cerere ne pose una di avorio. IX. Iconologia di Cerere. In un af
la spalla mangiata da Cerere ne pose una di avorio. IX. Iconologia di Cerere. In un affresco di Pompei vedesi Cerer
e pose una di avorio. IX. Iconologia di Cerere. In un affresco di Pompei vedesi Cerere in maestosa attitudine, con
n fiaccola nella destra, e sostenendo colla sinistra un cesto ricolmo di spighe. La sua bionda chioma è all’apollinea, con
icolmo di spighe. La sua bionda chioma è all’apollinea, con ghirlanda di spighe intrecciata con un lungo vezzo di perle o
all’apollinea, con ghirlanda di spighe intrecciata con un lungo vezzo di perle o di ghiande. Altrove sì vede assisa con ma
ea, con ghirlanda di spighe intrecciata con un lungo vezzo di perle o di ghiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col
rle o di ghiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col capo cinto di corona di foglie fermate con un diadema ; colla d
hiande. Altrove sì vede assisa con maestà, e col capo cinto di corona di foglie fermate con un diadema ; colla doppia fiac
a prende un lembo del manto, nel quale Mercurio mette una borsa piena di danaro, per indicare che i due grandi mezzi di ri
mette una borsa piena di danaro, per indicare che i due grandi mezzi di ricchezza sono l’agricoltura ed il commercio. Sul
mezzi di ricchezza sono l’agricoltura ed il commercio. Sulle medaglie di Feres, nella Tessaglia, dice Millin, vedesi Cerer
antichi monumenti figuravasi il più come una donna robusta, coronata di spighe, bionda e quasi rossiccia le chiome, acces
con de’ papaveri in mano. In un’antica moneta vedesi Cerere coronata di molte spighe ; e Tibullo (1) ci fa sapere che gli
ighe ; e Tibullo (1) ci fa sapere che gli antichi ponevano una corona di spighe avanti la porta del tempio di quella Dea.
gli antichi ponevano una corona di spighe avanti la porta del tempio di quella Dea. In un dipinto di Pompei essa siede so
ona di spighe avanti la porta del tempio di quella Dea. In un dipinto di Pompei essa siede sopra un trono di oro, coronata
mpio di quella Dea. In un dipinto di Pompei essa siede sopra un trono di oro, coronata di spighe intrecciate fra un velo b
a. In un dipinto di Pompei essa siede sopra un trono di oro, coronata di spighe intrecciate fra un velo bianco che le disc
za maniche, ed un peplo giallo con pieghe fluttuanti. Tiene un fascio di spighe nella sinistra ed una face accesa nella de
la sinistra ed una face accesa nella destra. X. Principali epiteti di Cerere. Alma (ab alo), soprannome di Cerere
a. X. Principali epiteti di Cerere. Alma (ab alo), soprannome di Cerere inventrice del grano con cui gli uomini si
aie. Aleteria (αληθω, molo) ; soprannome della Dea, perchè in tempo di carestia avea impedito a’ mugnai di rubar la fari
annome della Dea, perchè in tempo di carestia avea impedito a’ mugnai di rubar la farina. Ctonia (Χθων, terra), epiteto d
ificò Ctonia sul monte Prono nel Peloponneso. Si celebravano in onore di lei alcune feste dette Ctonie. Eleusina, dalla c
ano in onore di lei alcune feste dette Ctonie. Eleusina, dalla città di Eleusi, celebre pel tempio e pe’ misteri della De
e (taedis) andò in cerca della figliuola(5). XI. Alcune altre cose di Cerere. Cerere presedeva alla costellazione d
llazione della Vergine, perchè questo segno del zodiaco cade nel mese di agosto, in cui la messe suol esser matura ; e per
ncora la troia precidanea (hostia vel porca praecidanea. Gell.) prima di mietere le biade ; sebbene vittime precidanee era
re a qualche rito trascurato. A questa Dea si facevau pure sacrificii di erba verdeggiante in tempo di primavera(1). I giu
A questa Dea si facevau pure sacrificii di erba verdeggiante in tempo di primavera(1). I giuochi cereali si celebravano in
e in tempo di primavera(1). I giuochi cereali si celebravano in onore di Cerere dalle matrone romane vestite di bianco e c
ereali si celebravano in onore di Cerere dalle matrone romane vestite di bianco e con fiaccole in mano, in memoria di Cere
e matrone romane vestite di bianco e con fiaccole in mano, in memoria di Cerere che andava in cerca della sua Proserpina ;
la corsa de’cavalli(2). Infine, essendo Cerere l’inventrice dell’arte di seminare il grano, da’ poeti si prende pel frumen
lcire il ferro. Da’ Greci chiamavasi Ηφαιστος. II. Storia favolosa di questo Nume. Vulcano, secondo Omero(1), fu fi
toria favolosa di questo Nume. Vulcano, secondo Omero(1), fu fig. di Giove e di Giunone ; ma Cicerone(2) annovera molt
osa di questo Nume. Vulcano, secondo Omero(1), fu fig. di Giove e di Giunone ; ma Cicerone(2) annovera molti Vulcani ;
l primo fig. del Cielo, da cui e da Minerva nacque Apollo, protettore di Atene ; il secondo, fig. del Nilo, detto Opa dagl
il secondo, fig. del Nilo, detto Opa dagli Egiziani ; il terzo, fig. di Giove terzo e di Giunone, che avea la sua fucina
del Nilo, detto Opa dagli Egiziani ; il terzo, fig. di Giove terzo e di Giunone, che avea la sua fucina a Lenno ; ed il q
rzo e di Giunone, che avea la sua fucina a Lenno ; ed il quarto, fig. di Menalo, signore di alcune isole dette Vulcanie. O
he avea la sua fucina a Lenno ; ed il quarto, fig. di Menalo, signore di alcune isole dette Vulcanie. Or Vulcano nacque sì
na gamba e rimase zoppo. E peggio gli sarebbe venuto, se gli abitanti di Lenno per caso non lo avessero fra Ie loro bracci
isola si dice che fosse stato nudrito da Eurinome, fig dell’Oceano e di Teti. Giove il volle in parte consolare di sì gra
urinome, fig dell’Oceano e di Teti. Giove il volle in parte consolare di sì grave oltraggio, dandogli a fabbricare i fulmi
are di sì grave oltraggio, dandogli a fabbricare i fulmini. Le fucine di questo nume erano a Lenno, a Lipari e sotto il mo
bro Siciliano. Quindi Lenno dicesì Vulcania(3). Ma per testimonianza di Omero, Vulcano nacque da Giove e da Giunone ; e G
to alla madre posta dal marito in prigione. Caduto Vulcano nell’isola di Lenno e per tal caduta reso zoppo, Teti ne prese
ari, ch’e una delle Eolie o Vulcanie. Or ciò si finse, perchè l’isola di Lenno, l’Etna e le Vulcanie, fra le quali è Lipar
Vulcanie, fra le quali è Lipari, son soggette a’tremuoti ed abbondano di fuochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco
ndano di fuochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco nel tentare di uscire di sotterra, si disse ch’erano i colpi de’
uochi sotterranei. Ed il rumore che fa il fuoco nel tentare di uscire di sotterra, si disse ch’erano i colpi de’ martelli
otterra, si disse ch’erano i colpi de’ martelli dei Ciclopi, ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove, chiama
e’ martelli dei Ciclopi, ministri di Vulcano nel fabbricare i fulmini di Giove, chiamati da’ poeti Bronte, Sterope e Pirac
onte, Sterope e Piracmone. I quali furono i primi ad inventare l’arte di lavorare il ferro ; e perciò si finse che avesser
no nel fabbricare i fulmini. Or quantunque insigne fosse la deformità di questo nume, pure, in compenso del discacciamento
e e suoi pregiati lavori. I poeti han foggiato il loro Vulcano su di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogn
avori. I poeti han foggiato il loro Vulcano su di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori d
iato il loro Vulcano su di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori di rame e di ferro(1). Gougu
ulcano su di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori di rame e di ferro(1). Gouguet dice che gl
di Tubalcain, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori di rame e di ferro(1). Gouguet dice che gli Egizii e
in, fig. di Lamech, che fu artefice di ogni sorta di lavori di rame e di ferro(1). Gouguet dice che gli Egizii ebbero a re
i foggiarono i Greci il loro Dio del fuoco, ch’era pure il protettore di quelli che lavorano il ferro. Ed era sì perfetto
erfetto nell’arte sua che tutte le armi degli Dei, ed anche i fulmini di Giove, si fingono fabbricati da Vulcano e da’ Cic
iù illustri eroi. Esso diede ad Ercole la corazza d’oro ; ad Eèta, re di Colco, due grandi tori che aveano piedi di bronzo
orazza d’oro ; ad Eèta, re di Colco, due grandi tori che aveano piedi di bronzo e gettavan fuoco dalla bocca ; a Minerva,
e gettavan fuoco dalla bocca ; a Minerva, alcuni crotali o campanelli di bronzo che poscia la Dea donò ad Ercole. Cadmo ne
nze degl’Iddii sull’Olimpo, e de’ belli sedili ne’ portici della casa di Giove ; il talamo di questo nume, ed uno scettro
limpo, e de’ belli sedili ne’ portici della casa di Giove ; il talamo di questo nume, ed uno scettro che Vulcano diede a G
trono d’oro che Giunone promise al Sonno in guiderdone ; e la corazza di Diomede, e la tazza di argento che Fedimo, re di
promise al Sonno in guiderdone ; e la corazza di Diomede, e la tazza di argento che Fedimo, re di Sidone, donato avea a M
rdone ; e la corazza di Diomede, e la tazza di argento che Fedimo, re di Sidone, donato avea a Menelao ; ed i cani d’oro e
o che Fedimo, re di Sidone, donato avea a Menelao ; ed i cani d’oro e di argento nella reggia di Alcinoo, re de’ Feaci, ch
ne, donato avea a Menelao ; ed i cani d’oro e di argento nella reggia di Alcinoo, re de’ Feaci, che pareau vivi(1). Mirabi
a reggia di Alcinoo, re de’ Feaci, che pareau vivi(1). Mirabile opera di Vulcano fu pure la reggia del Sole con tanto sfog
a corona da lui donata a Venere e da Venere ad Arianna(3) ; e le armi di Enea fabbricate ad istanza di Venere e sì bene da
e e da Venere ad Arianna(3) ; e le armi di Enea fabbricate ad istanza di Venere e sì bene da Virgilio(4) descritte. Si vuo
Venere e sì bene da Virgilio(4) descritte. Si vuole(5) che la collana di Armonia fosse stata ad Erifile, moglie di Anfiara
Si vuole(5) che la collana di Armonia fosse stata ad Erifile, moglie di Anfiarao e sorella di Adrasto, data in premio da
llana di Armonia fosse stata ad Erifile, moglie di Anfiarao e sorella di Adrasto, data in premio da Polinice, per avere pe
mente scoperto il marito ch’erasi nascosto per non andare alla guerra di Tebe, ove sapeva dover morire, come avvenne(6) M
o da Minerva e da Vulcano un uomo che faccia molte e bellissime opere di arte. Ma di tutte le opere attribuite al Dio del
e da Vulcano un uomo che faccia molte e bellissime opere di arte. Ma di tutte le opere attribuite al Dio del fuoco la più
i tutte le opere attribuite al Dio del fuoco la più famosa è lo scudo di Achille descritto con arte maravigliosa da Omero(
il primo pittor delle memorie antiche. Ucciso Patroclo, grande amico di Achille, dal Troiano Ettore, questi s’impossessa
amico di Achille, dal Troiano Ettore, questi s’impossessa delle armi di lui ch’eran quelle del figliuol di Peleo e se ne
re, questi s’impossessa delle armi di lui ch’eran quelle del figliuol di Peleo e se ne riveste. Alla nuova della morte del
, lo esorta a soprassedere, finchè gli porti una nuova armatura. Ella di fatto si presenta a Vulcano e ne lo prega istante
e accoglienze, volenteroso si accinge all’opera e fabbrica uno scudo, di cui Omero fa una descrizione ch’è il più bel pezz
rica uno scudo, di cui Omero fa una descrizione ch’è il più bel pezzo di poesia che ci abbia conservata la greca favella.
conservata la greca favella. Si vuole che la descrizione dello scudo di Enea fatta da Virgilio sia mollo inferiore a quel
Virgilio sia mollo inferiore a quella del poeta greco. Anche lo scudo di Ercole descritto da Esiodo fu opera di Vulcano. P
el poeta greco. Anche lo scudo di Ercole descritto da Esiodo fu opera di Vulcano. Per comando di Giove egli ancora di fang
scudo di Ercole descritto da Esiodo fu opera di Vulcano. Per comando di Giove egli ancora di fango fece la prima donna, d
ritto da Esiodo fu opera di Vulcano. Per comando di Giove egli ancora di fango fece la prima donna, detta Pandora, che pre
ngo fece la prima donna, detta Pandora, che presentò agli Dei coperta di velo e con aurea corona in capo. In breve, Vulcan
aurea corona in capo. In breve, Vulcano si diceva inventore dell’arte di lavorare il ferro, il rame, l’oro, l’argento e tu
lo fu egli Dio del fuoco e de’ fabbri, ma esercitò eziandio l’ufficio di coppiere alla mensa di Giove nell’Olimpo. Or come
o e de’ fabbri, ma esercitò eziandio l’ufficio di coppiere alla mensa di Giove nell’Olimpo. Or come la sua deformità non e
lla Ebe. Era insorta fra Giove e Giunone pericolosa contesa pel fatto di Teti, cui Giove promessa avea la vittoria de’ Tro
. Veggasene in Omero(1) il grazioso racconto. IV.Di alcune imprese di Vulcano e di alcuni suoi figliuoli. Nella gue
n Omero(1) il grazioso racconto. IV.Di alcune imprese di Vulcano e di alcuni suoi figliuoli. Nella guerra contro i
clito zoppo Vulcano, malgrado la debolezza delle sue gambe, non mancò di adoperarsi per la salvezza degli altri Dei, avend
ucciso il gigante Clito con una mazza. Allorchè Diomede, coll’aiuto di Pallade, fece le più mirabili pruove, era fra i T
, fece le più mirabili pruove, era fra i Troiani un Darete, sacerdote di Vulcano, al quale fu ucciso da quell’eroe il prim
il secondo avrebbe schivata la morte, se Vulcano non lo avesse cinto di nebbia e così sottratto al furor del nemico. Famo
di nebbia e così sottratto al furor del nemico. Famosa poi è la lotta di Achille collo Scamandro, fiume della Frigia, chia
a Frigia, chiamato Xanto dagl’Iddii, e dagli uomini Scamandro, al dir di Omero(1). Il figliuol di Peleo, dopo grandi prode
dagl’Iddii, e dagli uomini Scamandro, al dir di Omero(1). Il figliuol di Peleo, dopo grandi prodezze, fatta avea terribile
arte nello Scamandro, il quale, al vedere il suo letto iugombro tutto di cadaveri, irato parla ad Achille, Io minaccia, lo
o a Vulcano, il quale, all’invito della madre, un vasto foco accende, di cui la vampa si rivolge contro il fiume, il quale
mme. Ah ! cessa Della contesa ; immantinente Achille Scacci pur tutti di cittade i Teucri ec. Monti Ecco come Omero descr
o come Omero descrive la forza del fuoco, simboleggiato sotto il nome di Vulcano, a cui niuna cosa o nume vale a resistere
hi popoli d’Italia. Egli era(2) un ladrone famoso in quelle contrade, di gigantesca statura, di truce sembianza, e grande
i era(2) un ladrone famoso in quelle contrade, di gigantesca statura, di truce sembianza, e grande calamità di chi in que’
ontrade, di gigantesca statura, di truce sembianza, e grande calamità di chi in que’luoghi capitava(3) ; e che da Virgilio
Ercole, poscia ch’ebbe morto Gerione(1), condusse in que’ luoghi buoi di maravigliosa bellezza ; e presso al Tevere fermat
al viaggio, quivi profondamente addormentossi. Allora Caco, invaghito di que’ buoi e scelti i più belli, ed attesochè le p
rcuotendo Caco colla sua clava, l’uccise. Altro famoso ladrone e fig. di Vulcano e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il
o colla sua clava, l’uccise. Altro famoso ladrone e fig. di Vulcano e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale era gig
e di Anticlea fu Perifete o Corinete, il quale era gigante che armato di una mazza di ferro, uccideva i viandanti che capi
fu Perifete o Corinete, il quale era gigante che armato di una mazza di ferro, uccideva i viandanti che capitavano ad Epi
Epidauro, città del Peloponneso. Teseo l’uccise e gli tolse la clava, di cui poscia fece uso egli stesso. Cercione, ancora
la clava, di cui poscia fece uso egli stesso. Cercione, ancora, fig. di Vulcano, attaccava i viandanti a due alberi piega
o fecegli provare ciò che faceva soffrire agli altri. V.Iconologia di Vulcano. Presso De La Chausse(2) si vede Vulc
Presso De La Chausse(2) si vede Vulcano col cappello, ed a guisa di fabbro deforme e zoppo, col martello nella destra
ella stessa guisa ; folta barba, capellatura negletta ; mezzo coperto di un abito che gli giunge sopra il ginocchio, cou u
ano che Vulcano era zoppo, pure in nessuna delle immagini che abbiamo di questo nume, si rappresenta con siffatta deformit
to, e pare zoppo, ma senza alcuna deformità. VI.Epiteti principali di Vulcano. Anfigieo, αμφιγυηεις, zoppo da ambe
ucina. Κυλλοποδιων, zoppo, da κυλλος, claudus, e πους, pes ; aggiunto di Vulcano assai frequente in Omero. Ignipotens, ci
ens, cioè arbitro del fuoco,si chiama da Virgilio, perchè ritrovatore di esso. Iunonigena, cioè fig. di Giunone, si appel
hiama da Virgilio, perchè ritrovatore di esso. Iunonigena, cioè fig. di Giunone, si appella da Ovidio. Lennio, Lemnius,
è fig. di Giunone, si appella da Ovidio. Lennio, Lemnius, dall’isola di Lenno, ove cadde dal cielo. Pandamo (a παν, omne
ove cadde dal cielo. Pandamo (a παν, omne, et δαμαω, domo), domatore di tutte le cose, perchè il fuoco tutto doma. VII
i tutte le cose, perchè il fuoco tutto doma. VII.Alcune altre cose di Vulcano. Luciano racconta(1), che vennero a g
no, un uomo. Il dio Momo, scelto ad arbitro della contesa, nell’opera di Vulcano notò questo difetto, che non avea fatto u
se egli dicesse il vero o mentisse. Vulcanalia erano feste in onore di Vulcano, in cui i Romani facevano un picciol sagg
acevano un picciol saggio del loro studio per una certa superstizione di buouo augurio. Plinio il giovane.(2), descrivendo
stizione di buouo augurio. Plinio il giovane.(2), descrivendo il modo di vivere del suo zio, racconta ch’egli cominciava l
el suo zio, racconta ch’egli cominciava le sue letterarie vigilie net di delle feste Volcanali, e che ciò faceva non per r
vigilie net di delle feste Volcanali, e che ciò faceva non per ragion di augurio, ma per attendere a’ serii suoi studii. I
e. Finalmente, dice Apollodoro, Vulcano fu quello che per commessione di Giove, attaccò Prometeo al monte Caucaso in pena
e per commessione di Giove, attaccò Prometeo al monte Caucaso in pena di aver rubato il fuoco dal cielo. Si vuole che per
pena di aver rubato il fuoco dal cielo. Si vuole che per ciò si servì di catene d’oro e di chiodi di diamante. Diana
o il fuoco dal cielo. Si vuole che per ciò si servì di catene d’oro e di chiodi di diamante. Diana I.Nomi diversi
dal cielo. Si vuole che per ciò si servì di catene d’oro e di chiodi di diamante. Diana I.Nomi diversi dati a qu
I.Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Nell’articolo di Giano si disse che Diana fu detta quasi Jana, agg
sse che Diana fu detta quasi Jana, aggiunta la lettera D per dolcezza di suono, come afferma Macrobio(1), il quale riferis
così detta dal greco διος, Giove, quasi Joviana, a Jove, perchè fig. di Giove. Da’ Greci chiamavasi Αρτεμις, da αρτεμης,
erfetto, dice Platone, perchè Diana fu vergine. II.Storia favolosa di questa Dea. Cicerone(4) annovera tre Diane :
sa di questa Dea. Cicerone(4) annovera tre Diane : la prima, fig. di Giove e di Proserpina ; la seconda, più conosciut
a Dea. Cicerone(4) annovera tre Diane : la prima, fig. di Giove e di Proserpina ; la seconda, più conosciuta, che nacq
conosciuta, che nacque da Giove terzo e da Latona ; e la terza, fig. di Upi e di Glauce. Quella adunque di cui si parla c
ta, che nacque da Giove terzo e da Latona ; e la terza, fig. di Upi e di Glauce. Quella adunque di cui si parla comunement
rzo e da Latona ; e la terza, fig. di Upi e di Glauce. Quella adunque di cui si parla comunemente, è la fig. di Giove e di
pi e di Glauce. Quella adunque di cui si parla comunemente, è la fig. di Giove e di Latona, che nacque gemella con Apollo
uce. Quella adunque di cui si parla comunemente, è la fig. di Giove e di Latona, che nacque gemella con Apollo nell’isola
a fig. di Giove e di Latona, che nacque gemella con Apollo nell’isola di Delo. Callimaco nel bell’inno di Diana dice che G
nacque gemella con Apollo nell’isola di Delo. Callimaco nel bell’inno di Diana dice che Giove amò assai questa sua figliuo
rginità ; e ch’egli le avea donato l’arco, gli strali ed il drappello di sessanta ninfe Oceanine per suo corteggio, oltre
ltre che le custodivano l’arco, i coturni ed i cani. Le concesse pure di presedere alla caccia, alle vie ed a’parti. Quind
fa Pirene, il quale fu dalla Dea che cacciava, per imprudenza ucciso, di che la madre sparse tante lagrime da farne un fon
e ed in cui dicesi che fu ella convertita. Nè meno funesto fu il fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re di
che fu ella convertita. Nè meno funesto fu il fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re di Arcadia, e di Auto
ertita. Nè meno funesto fu il fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re di Arcadia, e di Autonoe. Era nella B
funesto fu il fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re di Arcadia, e di Autonoe. Era nella Beozia una valle
fato di Atteone, nipote di Cadmo e fig. di Aristeo, re di Arcadia, e di Autonoe. Era nella Beozia una valle ombrosa chiam
Partenio. In esso Diana, stanca per la lunga caccia, in un bel giorno di està, si lavava. Or Atteone che là vicino passava
va. Or Atteone che là vicino passava coi suoi veltri, seguendo l’orme di una fiera, fu da Diana trasformato in cervo ; nel
rabbiosi contro l’infelice Atteone. III.Continuazione – Carattere di Diana – Cinghiale Caledonio. Da non pochi fat
a – Cinghiale Caledonio. Da non pochi fatti della storia favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere era que
oria favolosa di questa Dea si scorge che il suo carattere era quello di una Dea gelosa della sua bellezza, non che della
e ed inchinevole a punire coloro che l’oltraggiavano. Ed i sacrificii di vittime umane di cui si compiaceva, ce la fanno c
a punire coloro che l’oltraggiavano. Ed i sacrificii di vittime umane di cui si compiaceva, ce la fanno credere anche crud
di cui si compiaceva, ce la fanno credere anche crudele. Chione, fig. di Dedalione, chiamata da altri Filonide, ebbe la fo
Chione, fig. di Dedalione, chiamata da altri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella di Diana ; la quale di ciò sde
one, chiamata da altri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella di Diana ; la quale di ciò sdegnata la uccise con un
ri Filonide, ebbe la follia di vantarsi più bella di Diana ; la quale di ciò sdegnata la uccise con uno strale. Dedalione
o, ma Apollo per compassione il cangiò in isparviere(1). Le figliuole di Niobe, come si disse nell’articolo di Apollo, fur
in isparviere(1). Le figliuole di Niobe, come si disse nell’articolo di Apollo, furono da Diana nella propria reggia ucci
ticolo di Apollo, furono da Diana nella propria reggia uccise a colpi di freccia per averla dispregiata a cagione della su
eccia per averla dispregiata a cagione della sua veste corta a foggia di uomo. Di Orione ancora raccontasi che avendo oltr
ne ancora raccontasi che avendo oltraggiata la nostra Dea, fu da essa di presente ucciso colle saette, o da uno scorpione
arte. Ma fra tutte le altre strepitosa fu la vendetta che fece Diana di Eneo, re di Caledone o Calidonia, città della Gre
a tutte le altre strepitosa fu la vendetta che fece Diana di Eneo, re di Caledone o Calidonia, città della Grecia ; favola
della Grecia ; favola assai conta fra gli antichi poeti. Egli fu fig. di Partaone, o di Porteo (Πορθευς. Hom.) e di Eurite
favola assai conta fra gli antichi poeti. Egli fu fig. di Partaone, o di Porteo (Πορθευς. Hom.) e di Eurite, fig. d’Ippoda
ntichi poeti. Egli fu fig. di Partaone, o di Porteo (Πορθευς. Hom.) e di Eurite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea
ς. Hom.) e di Eurite, fig. d’Ippodamante, ed avea sposata Altea, fig. di Testio, dalla quale ebbe Meleagro, Deianira e Tid
, apparvero ad Altea le tre Parche, le quali filavano lo stame fatale di quel fanciullo, e che vaticinando avessero detto 
di quel fanciullo, e che vaticinando avessero detto : Durerà la vita di questo fanciullo fino a che durerà questo fanciul
ino a che durerà questo acceso tizzone . Spaventata la madre, e preso di fretta il fatale tizzone, il nascose in una cassa
mi, fra’quali sola Diana fu a bella posta trascurata. La Dea per fare di tanto oltraggio una vendetta degna di lei, fece u
sta trascurata. La Dea per fare di tanto oltraggio una vendetta degna di lei, fece uscire di una foresta presso la città d
ea per fare di tanto oltraggio una vendetta degna di lei, fece uscire di una foresta presso la città di Caledone, un cingh
una vendetta degna di lei, fece uscire di una foresta presso la città di Caledone, un cinghiale mostruoso e di straordinar
di una foresta presso la città di Caledone, un cinghiale mostruoso e di straordinaria ferocia, celebrato sotto il nome di
nghiale mostruoso e di straordinaria ferocia, celebrato sotto il nome di cinghiale Caledonio. Il quale orribilmente devast
donio. Il quale orribilmente devastando quelle contrade faceva strage di armenti e di uomini e così impediva la coltura de
le orribilmente devastando quelle contrade faceva strage di armenti e di uomini e così impediva la coltura de’ campi. A li
o, e quasi tutti gli eroi che presero parte alla prima, non mancarono di cercare argomento di gloria in quella caccia, gia
eroi che presero parte alla prima, non mancarono di cercare argomento di gloria in quella caccia, giacchè ne’ tempi eroici
mortalità. Oltre Castore e Polluce, Giasone, Piritoo e l’amico Teseo, di cui dicevasi che non vi era impresa senza Teseo,
i che non vi era impresa senza Teseo, vi eran Plesippo e Tosseo, fig. di Testio e fratelli di Altea, e Telamone, e Peleo,
esa senza Teseo, vi eran Plesippo e Tosseo, fig. di Testio e fratelli di Altea, e Telamone, e Peleo, padre di Achille ; ed
osseo, fig. di Testio e fratelli di Altea, e Telamone, e Peleo, padre di Achille ; ed oltre più altri la quanto bella, alt
ltre più altri la quanto bella, altrettanto valorosa Atalanta, ch’era di Arcadia e fig. di Giasio, re degli Argivi, compag
quanto bella, altrettanto valorosa Atalanta, ch’era di Arcadia e fig. di Giasio, re degli Argivi, compagna di Diana, veloc
alanta, ch’era di Arcadia e fig. di Giasio, re degli Argivi, compagna di Diana, velocissima nel corso e sì valente cacciat
ice che Ovidio la chiama onore de’boschi. Riunito sì nobile drappello di eroi, si diede la caccia alla feroce belva. Anfia
lo di eroi, si diede la caccia alla feroce belva. Anfiarao, sacerdote di Febo, fu il primo a ferire quel mostro ; ma Diana
imo a ferire quel mostro ; ma Diana ne allontanò il colpo ; nè quello di Castore e Polluce fu più felice. Lo strale che do
. Lo strale che dovea ucciderlo, fu lanciato dalla giovane Atalanta ; di che ebbero vergogna que’ forti eroi. Meleagro che
iso cinghiale, cose che in que’ tempi si desideravano quasi argomenti di fortezza, come le spoglie de’vinti nemici. Ma i f
argomenti di fortezza, come le spoglie de’vinti nemici. Ma i fratelli di Altea, mal soffrendo che il premio del valore si
a donzella, violentemente le tolgono la pelle dell’ucciso cinghiale ; di che sdegnato Meleagro non dubitò di uccidere i fr
la pelle dell’ucciso cinghiale ; di che sdegnato Meleagro non dubitò di uccidere i fratelli della madre ; la quale, udito
i a poco a poco, come quel tizzone si consumava nel fuoco. Pel dolore di sì acerbo fato due sorelle di Meleagro furono da
zone si consumava nel fuoco. Pel dolore di sì acerbo fato due sorelle di Meleagro furono da Diana cangiate in quella speci
ato due sorelle di Meleagro furono da Diana cangiate in quella specie di galline che noi chiamiamo di Faraone e che forse
urono da Diana cangiate in quella specie di galline che noi chiamiamo di Faraone e che forse è l’uccello Africano (Afra av
noi chiamiamo di Faraone e che forse è l’uccello Africano (Afra avis) di Orazio. Fra gli antichi monumenti ci restano var
d’opera dell’antichità. Nel giardino delle Tuilleries vi è una statua di Meleagro, il quale è appoggiato ad una lancia ed
l teschio dell’ucciso cinghiale. Nel Museo Borb. si ammira un dipinto di Pompei, in cui vedesi al dorso di una montagna su
el Museo Borb. si ammira un dipinto di Pompei, in cui vedesi al dorso di una montagna su di una colonna allogato un simula
mmira un dipinto di Pompei, in cui vedesi al dorso di una montagna su di una colonna allogato un simulacro di Diana : sied
desi al dorso di una montagna su di una colonna allogato un simulacro di Diana : siede Meleagro in mezzo al dipinto, e for
eleagro fa ad Atalanta il dono fatale, che sono certamente i fratelli di Altea. IV. Continuazione – Oreste ed Ifigenia.
a Tauride, paese della Scizia, pareva che Diana fosse stata più avida di sangue umano ; e quivi i suoi sacrificii partecip
sangue umano ; e quivi i suoi sacrificii partecipavano della fierezza di que’ popoli. Non lungi da noi, diceva l’esule di
avano della fierezza di que’ popoli. Non lungi da noi, diceva l’esule di Sulmona(1), è un luogo detto la Tauride, ove l’ar
ulmona(1), è un luogo detto la Tauride, ove l’ara della faretrata Dea di crudeli vittime si pasce ; ed il bianco marmo di
della faretrata Dea di crudeli vittime si pasce ; ed il bianco marmo di essa dello sparso sangue de’ forestieri rosseggia
ali contrade capitato ; e che quella vergine credeva essere Ifigenia, di cui e di Oreste ecco la celebre favola. Agamenno
ade capitato ; e che quella vergine credeva essere Ifigenia, di cui e di Oreste ecco la celebre favola. Agamennone avea o
eletto egli supremo duce de’ Greci contro Troia, per una gran fortuna di mare suscitata dall’ira di Diana, era trattenuto
’ Greci contro Troia, per una gran fortuna di mare suscitata dall’ira di Diana, era trattenuto colla flotta in Aulide, cit
itata dall’ira di Diana, era trattenuto colla flotta in Aulide, città di Beozia sull’Euripo. Allora si consultò. Calcante,
n Asia ; e che perciò doveasi placare col sacrificio d’Ifigenia, fig. di Agamennone ; il quale ricusò di ubbidire, ma dovè
acare col sacrificio d’Ifigenia, fig. di Agamennone ; il quale ricusò di ubbidire, ma dovè cedere ; ed Ulisse con Diomede
pietà dell’ innocente fanciulla, la tolse al sacrificio, ricoprendola di folta nebbia e sostituendo in suo luogo una cerva
d un toro ; ed essa per aria fu portata nella Tauride, ove nel tempio di Diana esercitò le funzioni di sacerdotessa. Alcun
u portata nella Tauride, ove nel tempio di Diana esercitò le funzioni di sacerdotessa. Alcuni antichi scrittori (1) dicono
2) dimostra che anche i Greci qualche volta ebbero il barbaro costume di sacrificare agl’Iddii vittime umane. Or a que’di
e regnava Toante, il quale destinò Ifigenia a sacrificare sull’altare di Diana gli stranieri che nei confini del suo regno
avvenimento tolse la vergine da que’ barbari luoghi. Oreste era fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, r
e la vergine da que’ barbari luoghi. Oreste era fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, re di Sparta, la q
arbari luoghi. Oreste era fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, re di Sparta, la quale coll’aiuto dello
Oreste era fig. di Agamennone, e di Clitennestra, fig. di Tindaro, re di Sparta, la quale coll’aiuto dello scellerato Egis
scellerato Egisto uccise il proprio consorte. Allora fu che Elettra, di lui sorella, vedendo il fanciullo Oreste in peric
che Elettra, di lui sorella, vedendo il fanciullo Oreste in pericolo di essere dalla madre trucidato, mandollo segretamen
lo di essere dalla madre trucidato, mandollo segretamente nella corte di Strofio, re della Focide, che avea per moglie una
la corte di Strofio, re della Focide, che avea per moglie una sorella di Agamennone. Il quale accolse il giovanetto princi
iù famose amicizie della Grecia. Oreste intanto già adulto si propone di vendicare l’uccisione del padre, e coll’aiuto di
ià adulto si propone di vendicare l’uccisione del padre, e coll’aiuto di Pilade uccide Egisto insieme colla propria madre
icidio, tosto si turbò la mente dell’infelice Oreste ; piombano sopra di lui le furie infernali armate di serpenti, i cui
ell’infelice Oreste ; piombano sopra di lui le furie infernali armate di serpenti, i cui occhi infiammati stillavano sangu
ue ; e notte e giorno l’inseguono, mentre alle sue orecchie risuonano di continuo le grida della madre uccisa. I greci poe
ù vivi colori porre avanti gli occhi del popolo lo stato spaventevole di un cuore tormentato da’rimorsi. Or l’infelice pri
dovea nella Tauride dal re Toante, rapire da quel tempio il simulacro di Diana e trasportarlo in Argo. Avuta questa rispos
ni della Tauride, furon presi e condotti a Toante e portati al tempio di Diana per esservi immolati. Allora i due generosi
endo Toante dar morte ad Oreste, tanto questi, che Pilade affermavano di essere Oreste, perchè l’uno volea per l’altro mor
conobbe ch’eran greci ; e che la sacerdotessa stessa propose che uno di loro fosse immolato e rimandato l’altro libero al
era diretta al fratello Oreste che credeva in Argo ; e ciò fu cagione di riconoscersi con indicibile allegrezza. Allora se
riconoscersi con indicibile allegrezza. Allora senza indugio pensano di fuggire da que’barbari lidi, dal tempio rapiscono
tornano alla patria. Questa favola non ritrovasi in Omero ; ma i casi di questa principessa e della famiglia di Agamennone
ritrovasi in Omero ; ma i casi di questa principessa e della famiglia di Agamennone formano il soggetto di molte tragedie 
questa principessa e della famiglia di Agamennone formano il soggetto di molte tragedie ; e l’Ifigenia in Tauride è una de
tto di molte tragedie ; e l’Ifigenia in Tauride è una delle più belle di Euripide. V. Varie incumbenze di Diana. Ab
in Tauride è una delle più belle di Euripide. V. Varie incumbenze di Diana. Abbiam di sopra avvertito che Diana er
le più belle di Euripide. V. Varie incumbenze di Diana. Abbiam di sopra avvertito che Diana era Dea della caccia. P
te(1) scrive che la caccia ed i cani da caccia erano stati invenzione di Apollo e di Diana. La quale tutto dì era intesa a
che la caccia ed i cani da caccia erano stati invenzione di Apollo e di Diana. La quale tutto dì era intesa a cacciare, e
sa a cacciare, ed abitava in mezzo a’boschi, accompagnata da una muta di cani e da un drappello di ninfe, specialmente Ore
in mezzo a’boschi, accompagnata da una muta di cani e da un drappello di ninfe, specialmente Oreadi, anche cacciatrici. Pe
pei monti, e tra questi nomina il Taigete e l’Erimanto, dilettandosi di ferire i cervi ed i cinghiali. E si noti che pres
ella caccia delle lepri, per ciascuno si pagavano due oboli al tesoro di Diana. Vi era ancora una danza solita a farsi in
i al tesoro di Diana. Vi era ancora una danza solita a farsi in onore di questa Dea dalle donzelle che prendevansi tutte i
a Dea. In Delo ed in altre città della Grecia vi erano danze in onore di Apollo e di Diana Cacciatrice ; e presso Euripide
lo ed in altre città della Grecia vi erano danze in onore di Apollo e di Diana Cacciatrice ; e presso Euripide nelle Troad
ulle che al suono delle tibie danzano tutte unite ed in giro in onore di Diana. Molte ninfe e Marine, e Fluviatili, ed Ore
ella stessa guisa che dai poeti ci venne rappresentata Diana su’monti di Delo o sulle sponde dell’ Eurota in mezzo alle ni
Diana oltre a ciò presedeva a’parti, deta perciò da Macrobio (2) duce di coloro che nascono e de’mortali corpi autrice. Da
i dice che essa nove volte avea chiamata Lucina in aiuto. Da un luogo di Orazio(6) si scorge che quantunque presso i Latin
ed era come ispettrice e custode de’porti(7) ; e per ciò il simulacro di lei era collocato in capo alle vie ed anche avant
lle case. Ciò si scorge eziandio da moltissime medaglie coll’immagine di Diana battute dalle città marittime di Efeso, di
tissime medaglie coll’immagine di Diana battute dalle città marittime di Efeso, di Smirne, di Napoli ec. VI. Culto pres
daglie coll’immagine di Diana battute dalle città marittime di Efeso, di Smirne, di Napoli ec. VI. Culto prestato a Dia
’immagine di Diana battute dalle città marittime di Efeso, di Smirne, di Napoli ec. VI. Culto prestato a Diana – Tempio
feso, di Smirne, di Napoli ec. VI. Culto prestato a Diana – Tempio di Efeso. Il culto di Diana fu molto esteso ed a
oli ec. VI. Culto prestato a Diana – Tempio di Efeso. Il culto di Diana fu molto esteso ed antico. Dalla Media negl
le coste del Mar Nero, e nell’Asia Minore, ove si confuse con quello di Cibele. Nella Scizia fu adorata sotto il nome di
i confuse con quello di Cibele. Nella Scizia fu adorata sotto il nome di Diana Taurica, cui si offerivano vittime umane ;
cui si offerivano vittime umane ; passò nella Grecia e fu l’ Artemide di quel paese ; ed i Romani l’invocarono col nome di
ia e fu l’ Artemide di quel paese ; ed i Romani l’invocarono col nome di Diana. Il novello culto de’figliuoli di Latona pe
Romani l’invocarono col nome di Diana. Il novello culto de’figliuoli di Latona perseguitato da’sacerdoti delle antiche Di
itato da’sacerdoti delle antiche Divinità, fu bene accolto nell’isola di Delo, ov’era un altare di Apollo, da lui stesso f
ntiche Divinità, fu bene accolto nell’isola di Delo, ov’era un altare di Apollo, da lui stesso fatto colle corna delle cap
ssai venerata in Aricia, città del Lazio, edificata da Ippolito, fig. di Teseo, e di Antiope. Nella Grecia non vi era borg
a in Aricia, città del Lazio, edificata da Ippolito, fig. di Teseo, e di Antiope. Nella Grecia non vi era borgo o città ch
non avesse tempii e simulacri della nostra Dea ; ma pare che il culto di lei avesse avuto la principale sua sede in Efeso,
suo onore celebravansi le feste dette Efesie. Ciò si pruova dal fatto di Demetrio(1), capo degli orefici che vivevano del
capo degli orefici che vivevano del lucro ricavato da certi tempietti di argento ch’essi vendevano, ne’ quali era il simul
ti tempietti di argento ch’essi vendevano, ne’ quali era il simulacro di Diana e l’effigie del tempio di Efeso. Il quale,
vendevano, ne’ quali era il simulacro di Diana e l’effigie del tempio di Efeso. Il quale, vedendo che S. Paolo allontanava
lto, suscitò grave tumulto fra quegli artefici, dicendo che per opera di Paolo si perdeva l’onore prestato al tempio della
lla grande Diana degli Efesii e che cominciava ad obbliarsi la maestà di esso venerata dall’Asia tutta, anzi da tutto il m
ta, anzi da tutto il mondo (2). In quella città adunque era il tempio di Diana Efesina, il più magnifico ed il più ricco c
) ; e tutta l’Asia concorse ad ornarlo ed arricchirlo con quanto avea di più prezioso(4). Vi erano 127 colonne del più bel
avea di più prezioso(4). Vi erano 127 colonne del più bel marmo, dono di altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea
l marmo, dono di altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea era di ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo di osc
no di altrettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea era di ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo di oscuri natali,
rettanti re dell’ Asia, e la statua della Dea era di ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo di oscuri natali, desidera
la statua della Dea era di ebano o di legno di cedro. Erostrato, uomo di oscuri natali, desiderando di acquistare celebrit
no o di legno di cedro. Erostrato, uomo di oscuri natali, desiderando di acquistare celebrità al suo nome, incendiò quel g
istare celebrità al suo nome, incendiò quel gran tempio. I magistrati di Efeso proibirono con gravi pene di porre il suo n
diò quel gran tempio. I magistrati di Efeso proibirono con gravi pene di porre il suo nome nelle pubbliche carte ; ma ciò
me fosse tramandato alla posterità insieme colla storia dell’incendio di quel tempio(1). VII. Iconologia di Diana.
ieme colla storia dell’incendio di quel tempio(1). VII. Iconologia di Diana. Diana, come Dea della caccia, si vede
lca una cerva. I poeti tanto al sole che alla luna assegnano il trono di oro ; ma sembra più proprio di Diana il trono di
sole che alla luna assegnano il trono di oro ; ma sembra più proprio di Diana il trono di Argento. In un’antica medaglia
a assegnano il trono di oro ; ma sembra più proprio di Diana il trono di Argento. In un’antica medaglia di Perga, in Panfi
embra più proprio di Diana il trono di Argento. In un’antica medaglia di Perga, in Panfilia, la Dea ha il capo coronato no
antica medaglia di Perga, in Panfilia, la Dea ha il capo coronato non di dittamo, ma di alloro ; sta in piedi, in abito su
di Perga, in Panfilia, la Dea ha il capo coronato non di dittamo, ma di alloro ; sta in piedi, in abito succinto, con una
ttamo, ma di alloro ; sta in piedi, in abito succinto, con una corona di lauro nella destra, colla sinistra appoggiata ad
, il turcasso su gli omeri, un cane a’fianchi ed un arco teso in atto di scoccare una freccia. Una statua del Museo Napole
Una statua del Museo Napoleone rappresenta Diana cacciatrice, calzata di ricco coturno ; posa una mano sulla faretra, tien
a una cerva. Dice Millin che le due trecce che formano la pettinatura di Diana e che vengono a congiungersi ed attaccarsi
non avesse alcun altro de’suoi attributi. VIII. Principali epiteti di Diana. Agrotera, gr. αγροτερα, presso Omero,
αγροτις κουρα, donzella cacciatrice. Aricina, così detta dalla selva di Aricia, ove avea un culto particolare. Aventina,
eva sul monte aventino. Cinzia, Cynthia, dal Cinto, monte dell’isola di Delo, ove nacque con Apollo. Dicevasi pure Delia.
Efesia, dal magnifico tempio che avea in Efeso. Elafiea, soprannome di Diana, col quale era adorata in Elide e che signi
di Diana, col quale era adorata in Elide e che significa cacciatrice di cervi cervus et βολος, iactus. Il decimo mese del
saeva dicesi da Ovidio(1), perchè Dea vendicativa, iraconda ed avida di sangue. Virgo per eccellenza chiamasi la nostra
ii ne’ Iuoghi, ove ponevano capo tre strade. IX. Alcune altre cose di Diana. Callimaco pone al servizio di Diana ve
de. IX. Alcune altre cose di Diana. Callimaco pone al servizio di Diana venti ninfe dette Annisiadi, le quali avean
’ calzari venatorii della Dea e de’ suoi cani, attaccavano al cocchio di lei le cerve e le distaccavano ec. Secondo Virgil
i lei le cerve e le distaccavano ec. Secondo Virgilio(4) le fanciulle di Tiro godevano di portare siffatti calzari a mezza
le distaccavano ec. Secondo Virgilio(4) le fanciulle di Tiro godevano di portare siffatti calzari a mezza gamba che ben co
a origine col maraviglioso delle favole. Furono quindi i primi albori di quel gran popolo come un riflesso di gloria che g
le. Furono quindi i primi albori di quel gran popolo come un riflesso di gloria che gli veniva dall’eroismo de’suoi fondat
dall’eroismo de’suoi fondatori e de’suoi primi sovrani ; e la storia di quel tempo che passò dalla fondazione degli antic
ltro divennero regolate repubbliche, non è che un quadro maraviglioso di favole bellamente dipinto dalla vivace fantasia d
di favole bellamente dipinto dalla vivace fantasia de’ greci poeti su di un fondo istorico ; una tela di Eroi e di Semidei
la vivace fantasia de’ greci poeti su di un fondo istorico ; una tela di Eroi e di Semidei, colla quale la greca poesia ha
fantasia de’ greci poeti su di un fondo istorico ; una tela di Eroi e di Semidei, colla quale la greca poesia ha saputo tr
dei, colla quale la greca poesia ha saputo trarsi sopra l’ammirazione di tutt’i secoli. E quest’ammirabile poesia ben sepp
ed ignobile, come quelli che discendevano da uomini, i quali, a guisa di fiere, viveano senza freno di leggi e senza coltu
iscendevano da uomini, i quali, a guisa di fiere, viveano senza freno di leggi e senza coltura, finsero che i loro maggior
poi, vedendo essi alcune loro opere veramente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e di tanti al
cune loro opere veramente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e di tanti altri, non gli stimaro
opere veramente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e di tanti altri, non gli stimarono mortali
ente grandi ed eroiche, come di Ercole sappiamo, di Teseo, di Minos e di tanti altri, non gli stimarono mortali, ma disser
davano a memoria ; il loro linguaggio era sommamente poetico, e pieno di sublimi immagini e di audaci metafore ; il loro b
loro linguaggio era sommamente poetico, e pieno di sublimi immagini e di audaci metafore ; il loro bel cielo, il suolo, tu
lanci la loro fantasia. Così i sommi uomini erano trasformati in Eroi di divina origine ; e que’ vecchi tempi divennero un
di divina origine ; e que’ vecchi tempi divennero un informe ammasso di stranissimi avvenimenti e di favolose tradizioni.
ecchi tempi divennero un informe ammasso di stranissimi avvenimenti e di favolose tradizioni. Ora è qui da notare che l’ep
zioni. Ora è qui da notare che l’epoca degli Eroi della Grecia, ricca di memorandi fatti, de’ quali la storia ci aprirà un
ricca di memorandi fatti, de’ quali la storia ci aprirà un bel campo di dilettevoli conoscenze, termina colla guerra di T
i aprirà un bel campo di dilettevoli conoscenze, termina colla guerra di Troia ed arriva sino alla fondazione del regno di
ermina colla guerra di Troia ed arriva sino alla fondazione del regno di Sicione, forse il più antico degli altri tutti. S
un uomo che si era reso celebre per prodigiosa forza, o per una serie di belle azioni, ed a cui dopo la morte prestavansi
, ed a cui dopo la morte prestavansi onori divini. Davasi poi il nome di Semidei (ημιθεοι) agli Dei di second’ordine che t
avansi onori divini. Davasi poi il nome di Semidei (ημιθεοι) agli Dei di second’ordine che traevano la loro origine da’Num
rigine da’Numi. Da Esiodo(1) si appellano gli Eroi divina generazione di uomini che diconsi Semidei ; ma Omero dà questo t
nome l’espressione generale della fortezza. Ragion vuole adunque che di lui si parli in primo luogo. Ercole o Alcide.
ti Ercoli, e Cicerone sei ; ma il più celebre è l’Ercole Tebano, fig. di Giove e di Alcmena, o di Anfitrione e della detta
e Cicerone sei ; ma il più celebre è l’Ercole Tebano, fig. di Giove e di Alcmena, o di Anfitrione e della detta Alcmena. G
 ; ma il più celebre è l’Ercole Tebano, fig. di Giove e di Alcmena, o di Anfitrione e della detta Alcmena. Gli Autori Ingl
ale ed il Lavaur credono che la maggior parte delle decantate imprese di Ercole sieno state ritratte dalla storia di Sanso
e delle decantate imprese di Ercole sieno state ritratte dalla storia di Sansone, seguendo le orme di S. Agostino, il qual
Ercole sieno state ritratte dalla storia di Sansone, seguendo le orme di S. Agostino, il quale sostiene che da Sansone pri
tezza e della ferocia portata oltre l’ordinario ; per cui, parlandosi di uomo robustissimo, suol dirsi ch’egli è un Ercole
obustissimo, suol dirsi ch’egli è un Ercole ; e fatica erculea dicesi di fatica grandissima. Or quest’eroe fin dall’infanz
; ed Ercole, senza restar punto atterrito, li uccise. Plinio(1) parla di un Ercole fanciullo che vuolsi opera della mano d
e. Plinio(1) parla di un Ercole fanciullo che vuolsi opera della mano di Zeusi ; ed in una pittura di Ercolano si vede Erc
le fanciullo che vuolsi opera della mano di Zeusi ; ed in una pittura di Ercolano si vede Ercole bambino che strangola i d
nella medicina, e Lino, a suonare la lira. Fatto adulto e cresciuto, di straordinaria statura e di forza stragrande, avve
suonare la lira. Fatto adulto e cresciuto, di straordinaria statura e di forza stragrande, avvenue, come racconta Senofont
pensieroso medita sul partito da abbracciare, gli apparvero due donne di grande statura, una di sembianza nobile ed avvene
artito da abbracciare, gli apparvero due donne di grande statura, una di sembianza nobile ed avvenente, e l’altra, di colo
e di grande statura, una di sembianza nobile ed avvenente, e l’altra, di colore e di sembianze non naturali e con veste so
statura, una di sembianza nobile ed avvenente, e l’altra, di colore e di sembianze non naturali e con veste soperchiamente
era la Virtù, la seconda la Voluttà, ciascuna delle quali procurando di guadagnarlo colle promesse, Ercole abbracciò il p
procurando di guadagnarlo colle promesse, Ercole abbracciò il partito di seguire la prima. Dopo ciò l’eroe si presentò ad
to di seguire la prima. Dopo ciò l’eroe si presentò ad Euristeo, fig. di Stenelo, il quale, avuta la signoria di Micene, g
si presentò ad Euristeo, fig. di Stenelo, il quale, avuta la signoria di Micene, guardava Ercole con somma gelosia, poichè
con somma gelosia, poichè questi avendo dritto alla corona, come fig. di Anfitrione, facealo forte temere di essere da lui
ndo dritto alla corona, come fig. di Anfitrione, facealo forte temere di essere da lui sbalzato dal trono. Quindi a ragion
to dal trono. Quindi a ragione Euristeo fece ogni sforzo per disfarsi di siffatto competitore. Accortosi di ciò Ercole e v
steo fece ogni sforzo per disfarsi di siffatto competitore. Accortosi di ciò Ercole e vedendosi gravato di tante pericolos
di siffatto competitore. Accortosi di ciò Ercole e vedendosi gravato di tante pericolose imprese, consultò l’oracolo, da
l’impose dodici ardue imprese che diconsi i dodici travagli o fatiche di Ercole (αθλα, aerumnae. Petron.). La prima fatica
e di Ercole (αθλα, aerumnae. Petron.). La prima fatica fu l’uccisione di un leone di enorme grandezza ch’era in una selva
(αθλα, aerumnae. Petron.). La prima fatica fu l’uccisione di un leone di enorme grandezza ch’era in una selva d’Acaia dett
sciva per infestare gli uomini e gli armenti. Enorme era la grandezza di quel mostro che avea sette teste, ed anche più, s
a sette teste, ed anche più, secondo alcuni. Dice Igino che il veleno di questo serpente era sì pestifero che il solo alit
e immedicabili, del quale morì egli stesso. La terza fatica fu quella di portar viva a Micene la cerva Cerinitide che avea
aggio del Ladone, già stanca la ferì, e sulle spalle, col beneplacito di Diana, la portò viva a Micene. Questa cerva da’ G
Diana, la portò viva a Micene. Questa cerva da’ Greci chiamasi da’piè di bronzo (2), per dinotare la robustezza e velocità
o sulle spalle il cinghiale Erimanzio, il quale, dall’Erimanto, monte di Arcadia, sbucando, devastava il paese della Psofi
sofide. Alcuni dicono che l’avesse ucciso. La quinta fatica fu quella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re d
he l’avesse ucciso. La quinta fatica fu quella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re di Elide, il quale, aven
iso. La quinta fatica fu quella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re di Elide, il quale, avendo un bovile am
a fatica fu quella di ripurgare la stalla di Augia, fig. di Elio e re di Elide, il quale, avendo un bovile ampissimo con t
eroe eseguito, facendo passare il fiume Alfeo, o il Peneo, a traverso di quella grande stalla. Ma Augia, non volendo stare
’ patti, fu da Ercole ucciso. Da ciò il proverbio : nettare la stalla di Augia (3), che vuol dire, fare un’opera d’immensa
3), che vuol dire, fare un’opera d’immensa fatica. La sesta fu quella di purgare il lago Stinfalo, dell’Arcadia, dagli ucc
ta fu quella di purgare il lago Stinfalo, dell’Arcadia, dagli uccelli di rapina che si pascevano di carne umana, i quali f
lago Stinfalo, dell’Arcadia, dagli uccelli di rapina che si pascevano di carne umana, i quali furon [dal nostro eroe colle
ro eroe colle saette uccisi, e discacciati da quella palude col suono di campanelli di bronzo fatti da Vulcano e che aveag
saette uccisi, e discacciati da quella palude col suono di campanelli di bronzo fatti da Vulcano e che aveagli donato Mine
imi, si disse ch’eran nati da Marte. In settimo luogo gli fu ingiunto di prendere il famoso toro di Creta ; nella quale sp
da Marte. In settimo luogo gli fu ingiunto di prendere il famoso toro di Creta ; nella quale spedizione aiutò Giove ad att
ortò vivo ad Euristeo. Tolse in ottavo luogo dalla Tracia le giumente di Diomede, fig. di Marte e di Cirene, e tiranno cru
steo. Tolse in ottavo luogo dalla Tracia le giumente di Diomede, fig. di Marte e di Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bis
in ottavo luogo dalla Tracia le giumente di Diomede, fig. di Marte e di Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bistonii, popo
te e di Cirene, e tiranno crudelissimo de’ Bistonii, popolo bellicoso di una parte della Tracia, il quale le tenea legate
licoso di una parte della Tracia, il quale le tenea legate con catene di ferro e le alimentava della carne di coloro che p
quale le tenea legate con catene di ferro e le alimentava della carne di coloro che passavano per que’ luoghi. Ercole, ave
dusse ad Euristeo che le consacrò a Giunone. La nona fatica fu quella di togliere il cingolo ad Ippolita, regina delle Ama
ngolo ad Ippolita, regina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura di Marte, di cui ella era figliuola. Ercole, ricevut
ppolita, regina delle Amazzoni, il quale diceasi la cintura di Marte, di cui ella era figliuola. Ercole, ricevuto il coman
tura di Marte, di cui ella era figliuola. Ercole, ricevuto il comando di Euristeo, assalì e vinse il popolo bellicoso dell
llicoso delle Amazzoni, e fatta prigioniera Ippolita, portò la famosa di lei cintura ad Admeta, fig. di Euristeo, ch’era t
prigioniera Ippolita, portò la famosa di lei cintura ad Admeta, fig. di Euristeo, ch’era tanto vaga di possederla. La dec
famosa di lei cintura ad Admeta, fig. di Euristeo, ch’era tanto vaga di possederla. La decima fu quella d’impadronirsi de
tanto vaga di possederla. La decima fu quella d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe, una del
sederla. La decima fu quella d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe, una delle Oceanidi. Era
ima fu quella d’impadronirsi de’ buoi di Gerione, fig. di Crisaorre e di Calliroe, una delle Oceanidi. Era egli un gigante
lissimi armenti per offrirli ad Euristeo. L’undecima fatica fu quella di cogliere i pomi d’oro del giardino delle Esperidi
llodoro che il nostro eroe giunto nel paese dell’Esperidi, per avviso di Prometeo, fece sì che Atlante fosse andato a cogl
ma d’oro nell’atto ch’esso sugli omeri suoi sosteneva il cielo invece di lui ; sebbene altri affermano che Ercole stesso,
inferno. In non pochi monumenti si osservano rappresentati i travagli di Ercole. Un bassorilievo, dice Millin, fa vedere l
Un bassorilievo, dice Millin, fa vedere l’eroe che saetta gli uccelli di Stinfalo, che abbatte l’idra e che s’impadronisce
l’idra e che s’impadronisce de’ pomi d’oro dell’Esperidi. Un bel vaso di marmo del Card. Albani rappresenta in rilievo le
aso di marmo del Card. Albani rappresenta in rilievo le varie fatiche di Ercole ch’egli rassegna alla presenza di Euristeo
in rilievo le varie fatiche di Ercole ch’egli rassegna alla presenza di Euristeo. Ma, oltre queste dodici fatiche, innume
Euristeo. Ma, oltre queste dodici fatiche, innumerevoli altre imprese di Ercole si raccontano. Egli debellò i giganti che
lirono il cielo ; giacchè essendo ne’libri del fato che senza l’ainto di un mortale non potean esser vinti, per consiglio
che senza l’ainto di un mortale non potean esser vinti, per consiglio di Minerva Giove chiamò Ercole in aiuto, ed egli ucc
fra que’ mostri. Famoso è poi il combattimento che per Deianira, fig. di Eneo, re di Caledonia, ebbe a sostenere con Achel
tri. Famoso è poi il combattimento che per Deianira, fig. di Eneo, re di Caledonia, ebbe a sostenere con Acheloo, fiume de
nere con Acheloo, fiume della Grecia ed il maggior fig. dell’Oceano e di Teti, il quale si trasformò prima in serpente, e
serpente, e poscia in toro ; ma Ercole lo vinse e gli tolse un corno, di cui le ninfe, dopo averlo ripieno di frutti e di
e lo vinse e gli tolse un corno, di cui le ninfe, dopo averlo ripieno di frutti e di fiori, fecero il Cornucopia, o corno
gli tolse un corno, di cui le ninfe, dopo averlo ripieno di frutti e di fiori, fecero il Cornucopia, o corno dell’abbonda
dell’abbondanza. Si noti che gli antichi davano a’ fiumi capo e corna di toro ; e negli antichi monumenti(2) Acheloo vedes
i toro ; e negli antichi monumenti(2) Acheloo vedesi col capo fornito di corna. Pausania descrive un monumento ch’era a Me
escrive un monumento ch’era a Megara, il quale rappresentava la pugna di Ercole coll’Acheloo, in cui Marte era dalla parte
Acheloo, in cui Marte era dalla parte del fiume, e Minerva, da quella di Ercole. Uccise Eurizione, Centauro, fig. d’Ission
di Ercole. Uccise Eurizione, Centauro, fig. d’Issione, che pretendeva di sposar la detta Deianira ; e nelle nozze di Pirit
d’Issione, che pretendeva di sposar la detta Deianira ; e nelle nozze di Piritoo fece strage de’ Centauri, i quali ubbriac
quali ubbriachi, avendo fatto insulti non leggieri a Deidamia, sposa di quell’eroe, erano venuti ad un serio combattiment
Delle sue spedizioni stabilì pure un termine nelle così dette colonne di Ercole, ch’erano i due monti Abila e Calpe, uno i
monti Abila e Calpe, uno in Africa e l’altro in Europa sullo stretto di Gibilterra. Quivi giunto il figliuol di Giove e c
altro in Europa sullo stretto di Gibilterra. Quivi giunto il figliuol di Giove e credendo che que’ due monti fossero il te
mondo, vi fece innalzare due colonne, dette da Plinio meta de’ viaggi di Ercole. Innumerevoli altre imprese si attribuisco
he troppo lungo sarebbe qui riferirle tutte ; per cui ora della morte di lui favelleremo. Ercole, per comando dell’oracolo
velleremo. Ercole, per comando dell’oracolo, abitar dovea nella città di Tirinto ch’era vicina ad Argo e da cui fu detto T
se mai Ercole l’avesse indossata, cresciuto sarebbe l’amor suo verso di lei. Ma a quel sangue era misto il veleno dell’Id
amor suo verso di lei. Ma a quel sangue era misto il veleno dell’Idra di Lerna, di cui eran tinte le saette dell’eroe. Or
erso di lei. Ma a quel sangue era misto il veleno dell’Idra di Lerna, di cui eran tinte le saette dell’eroe. Or dopo qualc
nira per conciliarsi vie più l’amore dello sposo, gli mandò per Lica, di lui servo, il fatale regalo della camicia di Ness
oso, gli mandò per Lica, di lui servo, il fatale regalo della camicia di Nesso. Della quale vestito, sentendosi tutto bruc
leone Nemeo e la sua clava, vi fece attaccar fuoco da Filottete, fig. di Peante, al quale donato avea la faretra e le avve
roia espugnarsi, e vi morì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi era di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del qu
ì sopra. Così il fuoco consumò quanto vi era di mortale nel figliuolo di Giove, per volere del quale fu egli ammesso nel n
ono e lo portò in cielo, ove sposò Ebe, Dea della gioventù e coppiera di Giove. L’albero consacrato ad Ercole era il piopp
ntù e coppiera di Giove. L’albero consacrato ad Ercole era il pioppo, di cui si coronavano i suoi sacerdoti e gli eroi che
menti, dice Noel, Ercole vien rappresentato ordinariamente co’ tratti di un uomo forte e robusto, colla clava in mano e co
che volta sopra un braccio ed alle volte sopra la testa. La più bella di tutte le statue di questo eroe è l’Ercole Farnese
braccio ed alle volte sopra la testa. La più bella di tutte le statue di questo eroe è l’Ercole Farnese, Iavoro di Glicone
iù bella di tutte le statue di questo eroe è l’Ercole Farnese, Iavoro di Glicone, Ateniese. Antico regno di argo. Qu
eroe è l’Ercole Farnese, Iavoro di Glicone, Ateniese. Antico regno di argo. Questo regno fu così detto da Argo, uno
di argo. Questo regno fu così detto da Argo, uno de’suoi re e fig. di Giove. I suoi pascoli erano di tanta rinomanza ch
ì detto da Argo, uno de’suoi re e fig. di Giove. I suoi pascoli erano di tanta rinomanza che si finge, Nettuno avervi pasc
llo Egitto, re dell’Egitto ; e l’oracolo avea detto che uno de’generi di Danao lo avrebbe ucciso ; percui ricusò di darle
ea detto che uno de’generi di Danao lo avrebbe ucciso ; percui ricusò di darle in matrimonio a’figli di Egitto ; il quale,
anao lo avrebbe ucciso ; percui ricusò di darle in matrimonio a’figli di Egitto ; il quale, ciò mal soffrendo, cacciò il f
ecò in Argo, dove fece valere il dritto che vi avea, come discendente di Epafo, fig. d’Io, ch’era nata da Inaco, primo re
suo re, Egitto sotto la condotta de’cinquanta suoi figli mandò contro di lui poderoso esercito e l’ obbligò a dar loro in
tal misfatto, salvò il marito Linceo, col quale fuggissene alla città di Lircea. Essa intanto ricuperò la grazia del padre
no lungo tempo, muggendo, per l’Argolide ; e ciò, per essersi vantate di superare Ginnone in bellezza. Ma furon guarite da
are Ginnone in bellezza. Ma furon guarite da Melampode con buona dose di elleboro. Acrisio poi ebbe una figliuola chiamata
elleboro. Acrisio poi ebbe una figliuola chiamata Danae, che fu madre di Perseo, che uccise Acrisio e fondò Micene. Dopo E
Acrisio e fondò Micene. Dopo Euristeo salì su quel trono Atreo, fig, di Pelope e nipote di Tantalo. Il quale, per un grav
cene. Dopo Euristeo salì su quel trono Atreo, fig, di Pelope e nipote di Tantalo. Il quale, per un gravissimo fallo commes
degli nomini, così avea in orrore le malvage loro azioni. La famiglia di Atreo ha dato agli antichi argomento di molte tra
vage loro azioni. La famiglia di Atreo ha dato agli antichi argomento di molte tragedie ; ed Orazio(1) per dire che la tra
un verseggiare dimesso, nomina la famosa cena Tiestea. Atreo fu padre di Agamennone e di Menelao ; e Tieste, di Egisto, il
imesso, nomina la famosa cena Tiestea. Atreo fu padre di Agamennone e di Menelao ; e Tieste, di Egisto, il quale esposto i
a cena Tiestea. Atreo fu padre di Agamennone e di Menelao ; e Tieste, di Egisto, il quale esposto in un bosco e ritrovato
esposto in un bosco e ritrovato da un pastore, fu nutricato con latte di capra e per ciò detto Egisto (ab, αιξ, αιγος, cap
a. L’unico figliuolo rimasto ad Agamennone fu Oreste, a cui nel trono di Argo successe Pentilo, a lui Adrasto, e poscia il
cia il figliuolo Egialeo. Dopo del quale salì sul trono Diomede, fig. di Tideo, il quale, dopo l’impresa di Tebe, cogli al
quale salì sul trono Diomede, fig. di Tideo, il quale, dopo l’impresa di Tebe, cogli altri Greci andò alla guerra di Troia
il quale, dopo l’impresa di Tebe, cogli altri Greci andò alla guerra di Troia, dopo la quale tornò in Grecia ; ma disgust
lla moglie passò nell’Apulia o Puglia ; ove avendo liberato Dauno, re di quel tratto della Puglia da esso detto Daunia, da
della Puglia da esso detto Daunia, da’nemici che forte lo stringevano di assedio, ne ottenne buona parte del regno, e quiv
uno. Antico regno dell’attica. Il paese dell’Attica era sterile di sua natura, ma per l’industria degli abitanti reu
, e che per ciò portavano sul capo una locusta d’oro(1). Fra le città di quel paese primeggiava Atene chiamata occhio dell
ni onori a Giove ; e dopo più altri re salì sul trono Pandione, padre di Progne e Filomela. Era la prima moglie di Tereo,
ì sul trono Pandione, padre di Progne e Filomela. Era la prima moglie di Tereo, re di Tracia, il quale avendo con gravissi
andione, padre di Progne e Filomela. Era la prima moglie di Tereo, re di Tracia, il quale avendo con gravissimo oltraggio
ggio che con lei faceva da Atene nella Tracia, l’infelice donzella su di un fazzoletto scrisse con sottil ricamo il suo in
cante, nelle feste ; Dionisiache, liberò la sorella, e per vendicarsi di tanta ingiuria, uccise Iti, suo figliuolo, e lo d
nta ingiuria, uccise Iti, suo figliuolo, e lo diede al padre in forma di vivanda, acciocchè il mangiasse. Di che avvedutos
e a cercar esca ai figliuoli ita era E trova il nido voto Successore di Pandione fu Eretteo, stimato il più possente prin
Successore di Pandione fu Eretteo, stimato il più possente principe di que’tempi ; per cui Borea, re di Tracia, bramando
eo, stimato il più possente principe di que’tempi ; per cui Borea, re di Tracia, bramando di stringere con lui parentela,
ossente principe di que’tempi ; per cui Borea, re di Tracia, bramando di stringere con lui parentela, chiesegli in isposa
egata dal padre, che avea fresco ancora nella memoria l’orrendo fatto di Tereo, quel barbaro re se la condusse via per for
gono alati ne’piedì e nel capo, come gli altri venti. Procri, sorella di Oritia, sposò Cefalo, fig. di Deioneo, o di Mercu
, come gli altri venti. Procri, sorella di Oritia, sposò Cefalo, fig. di Deioneo, o di Mercurio, e nipote di Eolo. Regnò p
ri venti. Procri, sorella di Oritia, sposò Cefalo, fig. di Deioneo, o di Mercurio, e nipote di Eolo. Regnò pure in Atene E
lla di Oritia, sposò Cefalo, fig. di Deioneo, o di Mercurio, e nipote di Eolo. Regnò pure in Atene Egeo, il quale non cred
Atene Egeo, il quale non credendo poter durare sul trono orbo com’era di figli, consultò l’oracolo di Delfo, da cui ebbe s
endo poter durare sul trono orbo com’era di figli, consultò l’oracolo di Delfo, da cui ebbe sì oscura risposta che, non ba
li l’ingegno ad intenderla, si recò a Trezene da Pitteo, che con fama di gran sapienza reggea quella città. Il quale, rica
vello ospite d’impalmare la sua figliuola Etra. Egeo intanto, temendo di condurre in Atene una straniera per moglie, fece
, temendo di condurre in Atene una straniera per moglie, fece disegno di abbandonarla ; e perchè già era incinta, per non
abbandonarla ; e perchè già era incinta, per non perdere la speranza di un figliuolo da lei, condotta Etra in un alpestre
condotta Etra in un alpestre luogo, sollevò un gran macigno ch’era su di una cavità, nella quale, riposta la sua spada, so
ngendole che se partorisse un maschio, subito che giunto fosse in età di poter sollevare quel sasso, col contrassegno dell
o, col contrassegno della spada, lo avesse inviato da lui in Atene. E di fatto Etra partorì un figlio che si chiamò Teseo,
manico della spada. Nel viaggio da Trezene ad Atene, udite le imprese di Ercole, e bramoso d’imitarlo, uccise Perifete ed
arlo, uccise Perifete ed il masnadiere Sinnide, non che Scirone, fig. di Eaco, e famoso ladrone dell’Attica, il quale prec
viandanti. Si segnalò ne’giuochi Eleusini, avendo ucciso Cercione, re di Eleusi ed inventore della lotta. Uccise ancora il
Procuste, il quale costringeva i viandanti a stendersi sopra un letto di ferro, stirandoli sino a che divenissero della st
ndo loro i piedi, s’eran più lunghi. E finalmente essendogli riuscito di allacciare il famoso toro di Maratona, il conduss
lunghi. E finalmente essendogli riuscito di allacciare il famoso toro di Maratona, il condusse vivo in Atene, sacrificando
bianca ; la prima, segno d’infausto evento al ritorno, e la seconda, di prospero. Giunto a Creta ottiene da Minos il perm
la seconda, di prospero. Giunto a Creta ottiene da Minos il permesso di combattere col mostro, ed uccisolo, libera gli At
a, fig. del re, che Teseo avea sposata, dato avesse a lui un gomitolo di filo, col quale potè trovare il modo di sortire d
dato avesse a lui un gomitolo di filo, col quale potè trovare il modo di sortire dal laberinto. Dopo questo successo veleg
eleggiò per Atene, avendo ingratamente abbandonata Arianna nell’isola di Nasso, mentre dormiva ; ed avvicinandosi alla cit
dosi alla città, trasportato dalla soperchia allegrezza, si dimenticò di far inalberare la vela bianca ch’era il convenuto
io divorato dal Minotauro, gittossi nel mare che da lui prese il nome di mare Egeo. Oltre le mentovate imprese, Teseo vins
Plutone ottenne la loro liberazione ; sebbene altri dicono che niuno di loro fosse di là uscito(1). Antico regno di te
ne la loro liberazione ; sebbene altri dicono che niuno di loro fosse di là uscito(1). Antico regno di tebe. Nell’an
altri dicono che niuno di loro fosse di là uscito(1). Antico regno di tebe. Nell’antica Beozia erano assai luoghi di
1). Antico regno di tebe. Nell’antica Beozia erano assai luoghi di grandissima rinomanza, e fra gli altri la grotta
ssima rinomanza, e fra gli altri la grotta Trofonia, ov’era l’oracolo di Giove Trofonio ; la città di Tespia, sul fiume Te
tri la grotta Trofonia, ov’era l’oracolo di Giove Trofonio ; la città di Tespia, sul fiume Tespio, alla quale faceva ombra
ona, percui le Muse che l’abitavano furon delle Tespiadi ; e la città di Tebe, edificata da Cadmo, ove, dopo la morte di A
Tespiadi ; e la città di Tebe, edificata da Cadmo, ove, dopo la morte di Anfione e Zeto, sali sul trono Laio, che sposò Gi
orte di Anfione e Zeto, sali sul trono Laio, che sposò Giocasta, fig. di Creonte, dalla quale ebbe un figlio che fu dal pa
per compassione il lasciò vivo nella campagna, donde da un guardiano di armenti fu condotto a Polibo, re di Corinto, il q
a campagna, donde da un guardiano di armenti fu condotto a Polibo, re di Corinto, il quale, fattigli risanare i piedi, per
olo. Edipo intanto, cresciuto in età, e sapendo che non era figliuolo di Polibo, andò a consultare l’oracolo di Delfo nel
sapendo che non era figliuolo di Polibo, andò a consultare l’oracolo di Delfo nel tempo stesso che Laio viaggiava per que
be, ove per avere spiegato l’enigma della sfinge, ottenne la signoria di quella città. La Sfinge era un mostro che infesta
elle mani rassembrava una donzella, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce di uomo, unghie di leone e coda di
rava una donzella, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce di uomo, unghie di leone e coda di dragone. Esso div
a, e nel corpo, un cane, ed avea ali di uccello, voce di uomo, unghie di leone e coda di dragone. Esso divorava i viandant
un cane, ed avea ali di uccello, voce di uomo, unghie di leone e coda di dragone. Esso divorava i viandanti ; e l’oracolo
che nella fanciullezza cammina spesso colle mani e co’piedi, a guisa di quadrupede ; nella giovinezza, a due piedi ; e ne
uoi figliuoli Eteocle e Polinice, dopo la morte del padre, convennero di regnare a vicenda un anno per ciascuno ; ma il fr
e, il quale in Argo sposò la figliuola del re Adrasto che gli promise di riporlo sul trono. E di fatto preparò una famosa
ò la figliuola del re Adrasto che gli promise di riporlo sul trono. E di fatto preparò una famosa spedizione, nella quale
no Anfiarao prevedendo dover tutti perire salvo che Adrasto, ricusava di prendervi parte e ne dissuadeva anche gli altri.
se a seguire la poderosa armata che Adrasto condusse alle sette porte di Tebe ; percui sette furono i capitani che l’accom
Tebe ; percui sette furono i capitani che l’accompagnarono, Adrasto, di Argo ; Polinice, Tebano ; Tideo, Caledonio ; Anfi
o, Adrasto, di Argo ; Polinice, Tebano ; Tideo, Caledonio ; Anfiarao, di Pilo ; Capaneo, Argivo ; Ippomedonte, di Argo, e
Tideo, Caledonio ; Anfiarao, di Pilo ; Capaneo, Argivo ; Ippomedonte, di Argo, e Partenopeo, fig. di Meleagro e di Atalant
di Pilo ; Capaneo, Argivo ; Ippomedonte, di Argo, e Partenopeo, fig. di Meleagro e di Atalanta, Arcade. Or tutti e sette
aneo, Argivo ; Ippomedonte, di Argo, e Partenopeo, fig. di Meleagro e di Atalanta, Arcade. Or tutti e sette questi princip
nta, Arcade. Or tutti e sette questi principi perirono avanti le mura di Tebe salvo che Adrasto, il quale salvossi per la
chè prediceva il futuro. Raccontasi che i nemici fratelli, convennero di decidere l’affare, venendo a singolar tenzone, la
go, su cui si bruciavano i loro cadaveri. E questa fu la prima guerra di Tebe tanto celebrata da’poeti ; ed i sette duci c
ι Θηβας). Ma più famosa ancora è la seconda intrapresa da’discendenti di que’ primi sette. I quali, essendosi uniti insiem
or), cioè figliuoli e posteri de’primi eroi che caddero sotto le mura di Tebe. Scelto Alcmeone per duce, dieci anni dopo l
lcmeone per duce, dieci anni dopo la prima spedizione, strinsero Tebe di assedio, e vedendo ucciso il re Laodamante, fig.
e, strinsero Tebe di assedio, e vedendo ucciso il re Laodamante, fig. di Eteocle, i Tebani di notte uscirono della città c
assedio, e vedendo ucciso il re Laodamante, fig. di Eteocle, i Tebani di notte uscirono della città colle loro famiglie, l
e degli Epigoni, e ne fabbricarono altrove un’ altra. Antico regno di tessaglia. La Tessaglia era un paese assai cel
ove abitarono i Centauri. Quivi erano gli ameni giardini della valle di Tempo, la quale era in un sito assai delizioso fr
l’Olimpo, ed era bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ricca di tutt’i pregi di natura, talchè fu riputata il dol
a bagnata dal bel fiume Peneo. Questa valle era ricca di tutt’i pregi di natura, talchè fu riputata il dolce soggiorno del
chiama Tessalo. Celebri poi erano i cavalli della Tessaglia, i quali, di razza assai bella, eran pure ben maneggiati da qu
de’ Centauri, i quali aveano nella parte superiore del corpo la forma di uomo ; e nel resto, quella di cavallo. Dicono alc
ella parte superiore del corpo la forma di uomo ; e nel resto, quella di cavallo. Dicono alcuni che l’idea de’ Centauri na
e mezzo cavalli. Da’poeti si dicono fig. d’Issione, re de’ Lapiti, e di Nefele. In un trapezoforo o sia piede di mensa, d
d’Issione, re de’ Lapiti, e di Nefele. In un trapezoforo o sia piede di mensa, del Museo Borb. si vede un centauro ricope
o o sia piede di mensa, del Museo Borb. si vede un centauro ricoperto di una nebride svolazzante e senza barba, che tiene
a impresa più memoranda della spedizione degli Argonauti. Esone, fig. di Creteo, volle, già vecchio, destinar Pelia, suo f
e non divenisse maggiore Giasone, suo figliuolo. Pelia però, risoluto di assicurare il regno per se, ne consultò l’oracolo
trovandosi dalla parte opposta del fiume Anauro, mentre si affrettava di varcarlo, gli cadde dal piede una scarpa ; il che
rlo, gli cadde dal piede una scarpa ; il che fece credere a Pelia che di lui dovea guardarsi, secondo l’oracolo. Laonde, a
do l’oracolo. Laonde, avendo domandato al nipote che dovesse mai fare di una persona, da cui esso per detto dell’oracolo a
conquista del vello d’oro. Or raccontano le favole che Atamante, fig. di Eolo, e re di Orcomeno, nella Beozia, ebbe da Nef
vello d’oro. Or raccontano le favole che Atamante, fig. di Eolo, e re di Orcomeno, nella Beozia, ebbe da Nefele un fig. ch
n fig. chiamato Frisso ed una fig. detta Elle. Sposò poscia Ino, fig. di Cadmo ; e come Giunone avea un odio implacabile c
di Cadmo ; e come Giunone avea un odio implacabile contro la famiglia di costui, volle sfogarlo anche contro Ino ed Ataman
e sfogarlo anche contro Ino ed Atamante ; ed alla prima pose in cuore di far perire i figliuoli di Nefele. Percui, avendo
o ed Atamante ; ed alla prima pose in cuore di far perire i figliuoli di Nefele. Percui, avendo Atamante consultato l’orac
uoli di Nefele. Percui, avendo Atamante consultato l’oracolo sul modo di far cessare una gran carestia, Ino trovò il modo
’oracolo sul modo di far cessare una gran carestia, Ino trovò il modo di far dire a’sacerdoti ch’era mestieri sacrificar F
o a condurre all’altare quel principe infelice. Ma Nefele, col favore di Giove, trovò la maniera di liberarlo, dandogli un
l principe infelice. Ma Nefele, col favore di Giove, trovò la maniera di liberarlo, dandogli un ariete donatole da Mercuri
igne pel suo vello d’oro ; sul quale montati Frisso ed Elle tentarono di passare il mare e recarsi nella Colchide per quiv
la vita ; ma l’infelice Elle cadde nel mare che da lei prese il nome di Ellesponto. Forse quest’ariete era una nave chiam
a una nave chiamata l’Ariete che in su la prora avea la figura dorata di quest’animale. Frisso intanto giunto a Colco, ove
co, ove regnava Eeta, fig. del Sole e della ninfa Perseide e fratello di Circe e di Pasifae, sacrificò l’ariete dal vello
nava Eeta, fig. del Sole e della ninfa Perseide e fratello di Circe e di Pasifae, sacrificò l’ariete dal vello d’oro a Mar
le l’appese ad una quercia in un boschetto consacrato a Marte o in un di lui tempio, ov’era custodito da un dragone che se
nteroso si offrì ad eseguire i comandi del zio, e chiamato Argo, fig. di Frisso e di Calciope, fece da lui, sotto la direz
ffrì ad eseguire i comandi del zio, e chiamato Argo, fig. di Frisso e di Calciope, fece da lui, sotto la direzione di Mine
o Argo, fig. di Frisso e di Calciope, fece da lui, sotto la direzione di Minerva, fabbricare la prima nave che dall’artefi
la prima nave che avesse solcato l’infido elemento e che fu costruita di pini tagliati sul monte Pelio. Questa nave famosa
e costellazioni, come anche l’ariete che portò Frisso e ch’è il segno di Ariete. Allestita la nave, Giasone indusse ad abb
sse ad abbracciar quell’impresa molti altri giovani ch’erano il fiore di tutta la Grecia per nobiltà e per valore, conosci
di tutta la Grecia per nobiltà e per valore, conosciuti sotto il nome di Argonauti, de’quali nomineremo i principali ; Tif
’quali nomineremo i principali ; Tifi, a cui Giasone affidò il timone di quella nave e che morì nel viaggio presso i Maria
ggio presso i Mariandinii, ed ebbe per successore Anceo ; Orfeo, fig. di Eagro ; Zete e Calai, di Borea ; Castore e Polluc
, ed ebbe per successore Anceo ; Orfeo, fig. di Eagro ; Zete e Calai, di Borea ; Castore e Polluce, di Giove ; Telamone e
 ; Orfeo, fig. di Eagro ; Zete e Calai, di Borea ; Castore e Polluce, di Giove ; Telamone e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Gi
e e Calai, di Borea ; Castore e Polluce, di Giove ; Telamone e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e
a ; Castore e Polluce, di Giove ; Telamone e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo,
uce, di Giove ; Telamone e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo, il quale Linceo a
e Peleo, di Eaco ; Ercole, di Giove ; Teseo, di Egeo ; Ida e Linceo, di Afareo, il quale Linceo aveva una vista sì acuta
vista lincea si disse proverbialmente una vista acutissima ; Laerte, di Acrisio ; Autolico, di Mercurio ; Atalanta, di Sc
proverbialmente una vista acutissima ; Laerte, di Acrisio ; Autolico, di Mercurio ; Atalanta, di Scheneo ; Meleagro, di En
a acutissima ; Laerte, di Acrisio ; Autolico, di Mercurio ; Atalanta, di Scheneo ; Meleagro, di Eneo ; Augia, del Sole ; I
di Acrisio ; Autolico, di Mercurio ; Atalanta, di Scheneo ; Meleagro, di Eneo ; Augia, del Sole ; Ificlo, di Testio ; ed a
Atalanta, di Scheneo ; Meleagro, di Eneo ; Augia, del Sole ; Ificlo, di Testio ; ed altri non pochi. Or a questi avventur
llicose simili alle Amazzoni, delle quali era regina Issipile, moglie di Toante, da cui furono que’ prodi assai cortesemen
esero il viaggio verso il paese de’ Dolioni, ove regnava Cizico, fig. di Apollo o di Eneo, il quale li accolse con somma u
ggio verso il paese de’ Dolioni, ove regnava Cizico, fig. di Apollo o di Eneo, il quale li accolse con somma umanità ; ma
Apollo o di Eneo, il quale li accolse con somma umanità ; ma partiti di notte tempo dall’isola, furon respinti indietro d
uti ne furon dolenti a dismisura, e con molte lagrime diedero l’onore di magnifica sepoltura a quel principe infelice, da
ruppe, e mentre che andava nel bosco per farsene un altro, Ila, fig. di Tiodamante e molto caro a quell’eroe, fu per la s
che bevea ad una fonte. Or mentre si tratteneva Ercole, inconsolabile di tal perdita, a cercarlo, ma invano, facendo, dice
ile di tal perdita, a cercarlo, ma invano, facendo, dice Virgilio(1), di quel nome risuonare tutta la spiaggia, gli Argona
, città della Tracia, ove consultarono il famoso indovino Fineo, fig. di Agenore, o di Nettuno, intorno alla riuscita dell
Tracia, ove consultarono il famoso indovino Fineo, fig. di Agenore, o di Nettuno, intorno alla riuscita della loro spedizi
o fu da Giove reso cieco, perchè apriva il futuro a’ mortali ; ed era di continuo molestato dalle Arpie che infestavano il
dalle Arpie che infestavano il paese. Erano queste mostruosi uccelli di rapina, col volto di donna, sempre pallido per la
stavano il paese. Erano queste mostruosi uccelli di rapina, col volto di donna, sempre pallido per la fame, con lunghi cri
onna, sempre pallido per la fame, con lunghi crini, e con mani armate di difformi e rapaci artigli. Spargevano esse un odo
toccavano e rapivano dalle tavole le vivande(1). Si chiamavano i cani di Giove e di Giunone, de’ quali servivansi contro q
rapivano dalle tavole le vivande(1). Si chiamavano i cani di Giove e di Giunone, de’ quali servivansi contro quelli che v
la sola Celeno ; ed Esiodo, Aello ed Ocipede, il quale le chiama fig. di Taumante, fig. del Ponto, e della Terra, e di Ele
il quale le chiama fig. di Taumante, fig. del Ponto, e della Terra, e di Elettra, fig. dell’Oceano e di Teti. Or giunti gl
ante, fig. del Ponto, e della Terra, e di Elettra, fig. dell’Oceano e di Teti. Or giunti gli Argonauti alla corte di Fineo
ettra, fig. dell’Oceano e di Teti. Or giunti gli Argonauti alla corte di Fineo, questi li pregò che lo avessero liberato d
rte di Fineo, questi li pregò che lo avessero liberato dalla molestia di que’ mostri, chè così avrebbe loro additato il mo
dalla molestia di que’ mostri, chè così avrebbe loro additato il modo di giungere salvi nella Colchide. Venute quindi le A
hide. Venute quindi le Arpie a fare il solito mal governo della mensa di Fineo, Zete e Calai, alati fig. di Borea, colla s
il solito mal governo della mensa di Fineo, Zete e Calai, alati fig. di Borea, colla spada in mano diedero loro la caccia
erto), perchè là giunti i due volanti eroi, fu loro disdetto da Giove di più inseguirle e quindi dovettero tornare indietr
dell’indovino lasciano volare avanti una colomba e non si cimentarono di passare lo stretto fintanto che non la videro sal
entarono di passare lo stretto fintanto che non la videro salva fuori di esso ; e le Simplegadi da quel tempo divennero im
compiacerlo, ma volle prima far pruova del suo valore, comandandogli di sottoporre al giogo due grandi, e fierissimi tori
ssimi tori e che avesse con essi solcata la terra, seminandovi alcuni di que’ denti didragone già seminati da Cadmo ed a l
ati da Cadmo ed a lui donati da Minerva. Questi buoi aveano le unghie di bronzo e mandavano per la bocca e per le nari viv
onzo e mandavano per la bocca e per le nari vive flamme ; dono fatale di Vulcano. Giasone accettò l’arduo cimento, ed istr
one accettò l’arduo cimento, ed istruito da Medea, insigne maga, fig. di Eeta, che da lui si avea fatto promettere con giu
aga, fig. di Eeta, che da lui si avea fatto promettere con giuramento di sposarla e portarla seco nella Grecia, ricevuto d
di sposarla e portarla seco nella Grecia, ricevuto da lei un unguento di mirabile virtù, non fu punto offeso da que’ feroc
to ucciso, se, col consiglio della stessa Medea, non avesse procurato di introdurre fra loro una strana discordia. Ciò fat
nda ad Eeta l’adempimento della promessa ; ma vedendo ch’egli cercava di uccidere gli Argonauti ed incendiare la loro nave
il viaggio per la Grecia. Eeta, oltremodo adirato, inseguì Giasone ; di che accortasi Medea fece in pezzi Absirto e qua e
re dolentissimo trattenendosi a raccogliere, diede tempo a’ fuggitivi di ritirarsi in Tessaglia. Egli poi seppellì i brani
felice figliuolo in un luogo chiamato Tomi (a τομη, sectio) dal fatto di Absirto e celebre per l’esilio di Ovidio(1). Giun
ato Tomi (a τομη, sectio) dal fatto di Absirto e celebre per l’esilio di Ovidio(1). Giunto intanto Giasone da Pelia e trov
abbandonata, mandò a fuoco il palagio del re, uccise tutt’i figliuoli di lui e fuggissene in Atene. Giasone dopo morte ebb
in Atene. Giasone dopo morte ebbe onori divini Ora diremo brevemente di Bellerofonte, fig. del mentovato Glauco o Creonte
lo, si rifuggì da Preto, dal quale fu espiato. Ma per le cattive arti di Stenobea, moglie di Preto, entrato in sospetto ne
eto, dal quale fu espiato. Ma per le cattive arti di Stenobea, moglie di Preto, entrato in sospetto nell’animo di questo p
ive arti di Stenobea, moglie di Preto, entrato in sospetto nell’animo di questo principe, fu da lui mandato a lobate, re d
della Licia e padre dì Stenobea, con lettere, nelle quali lo pregava di dar morte all’infelice giovane ; e da ciò si chia
gava di dar morte all’infelice giovane ; e da ciò si chiamano lettere di Bellerofonte quelle che sono dannose a chi le por
la Chimera che infestava un monte della Licia. Questo mostro era fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto
he infestava un monte della Licia. Questo mostro era fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto di leone, il
o mostro era fig. di Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto di leone, il ventre di capra, e la coda di dragone,
Tifone e di Echidna, ed avea il capo ed il petto di leone, il ventre di capra, e la coda di dragone, e vomitava fuoco dal
, ed avea il capo ed il petto di leone, il ventre di capra, e la coda di dragone, e vomitava fuoco dalla bocca. Bellerofon
da di dragone, e vomitava fuoco dalla bocca. Bellerofonte, col favore di Minerva ed avendo ottenuto da Nettuno il cavallo
onta che dopo l’impresa della Chimera, l’eroe tentò coll’alato Pegaso di salire in cielo ; e che avendo Giove mandato un a
l cavallo fece precipitare l’audace cavaliere al suolo, il quale morì di tal caduta. Da Properzio(1) il Pegaso si chiama c
quale morì di tal caduta. Da Properzio(1) il Pegaso si chiama cavallo di Bellerofonte ; e da Orazio(2) la Chimera dicesi i
zio(2) la Chimera dicesi ignea, cioè ignivoma. Storia dell’assedio di troia. Ecco, dice Banier, un avvenimento che s
a considerevole nella Grecia all’infuora delle guerre de’ discendenti di Ercole con Euristeo. Ma quale fu mai la fatale ca
ai la fatale cagione che mosse il fiore de’ Greci guerrieri a cingere di sì ostinato assedio quell’infelice città, il qual
no de’ numi, dicono i poeti(3), pel quale avvenne il famoso rapimento di Elena. Di sopra(4) abbiam discorso ed il fatale o
oso rapimento di Elena. Di sopra(4) abbiam discorso ed il fatale odio di Giunone contra i Troiani, ed il pomo della Discor
Giunone contra i Troiani, ed il pomo della Discordia, ed il giudizio di Paride ed il rapimento di Elena ; ora rimane a di
ed il pomo della Discordia, ed il giudizio di Paride ed il rapimento di Elena ; ora rimane a dire quel che tocca più da v
da vicino la greca celebratissima spedizione contra l’infelice città di Priamo. La più bella e naturale narrazione di que
contra l’infelice città di Priamo. La più bella e naturale narrazione di questa guerra è quella di Omero nella sua Iliade,
Priamo. La più bella e naturale narrazione di questa guerra è quella di Omero nella sua Iliade, poema inimitabile, che no
più antiche storie della Grecia. Uopo è adunque distinguere nel poema di Omero quello ch’è storia e quello ch’è mera finzi
oria e quello ch’è mera finzione. Egli descrive lo stato della Grecia di quel tempo, la quale era divisa in molti piccioli
ale era divisa in molti piccioli principati ; dice che Agamennone, re di Micene, di Sicione e di Corinto, era il più poten
isa in molti piccioli principati ; dice che Agamennone, re di Micene, di Sicione e di Corinto, era il più potente principe
piccioli principati ; dice che Agamennone, re di Micene, di Sicione e di Corinto, era il più potente principe di tutta la
e, re di Micene, di Sicione e di Corinto, era il più potente principe di tutta la Grecia e che fu eletto supremo capitano 
con infinite altre cose, che sono pura istoria. Quindi è che il poema di Omero merita di esser tenuto per la più antica st
re cose, che sono pura istoria. Quindi è che il poema di Omero merita di esser tenuto per la più antica storia della Greci
i Omero merita di esser tenuto per la più antica storia della Grecia, di cui i primi tempi sono sepolti nell’obblio, per n
dai Greci in questa spedizione ; secondo Omero erano 1186 ; ed al dir di Tucidide, 1200. In questa guerra erano impegnate
e de’Greci, salvo che quelle degli Acarnani. Troia sostenne l’assedio di quel formidabile esercito per ben dieci anni. Olt
i anni. Oltre i popoli della Frigia, della Licia e della Misia, venne di Tracia in soccorso dell’infelice città Reso con f
i ed Etiopi. Or la bella armata de’ Greci si era assembrata nel porto di Aulide, ove Calcante, celebre indovino, senza il
na da’ Greci, predisse che sarebbero stati ben dieci anni all’assedio di Troia, e dichiarò che Diana era quella che oppone
nell’Asia co’ contrarii venti ; e che doveasi placare col sacrificio di una vittima, la quale fu Ifigenia, come di sopra
asi placare col sacrificio di una vittima, la quale fu Ifigenia, come di sopra si è detto. Giunti finalmente i Greci alla
e stato ucciso chiunque il primo avesse posto il piede sulla spiaggia di Troia. Percui, quivi approdate le greche navi e t
. Percui, quivi approdate le greche navi e tutti indugiando a smontar di nave per timore dell’oracolo, Iolao, fig. d’Ificl
ndo a smontar di nave per timore dell’oracolo, Iolao, fig. d’Ificle e di Diomedea. fu il primo a porre il piede a terra e
morto il primo fra tutti. Il che saputosi dalla moglie Laodamia, fig. di Acasto, ottenne dagli Dei di poter parlare coll’e
che saputosi dalla moglie Laodamia, fig. di Acasto, ottenne dagli Dei di poter parlare coll’estinto sposo non più che tre
empo ricondotto Protesilao fra le ombre da Mercurio, Laodamia ne morì di dolore. Poco tempo intanto dopo il cominciamento
iamento dell’assedio, fu il campo greco percosso da grave pestilenza, di cui l’origine da Omero(1) è attribuita ad Apollo 
’origine da Omero(1) è attribuita ad Apollo ; perchè Crise, sacerdote di quel nume, essendo venuto alle navi de’ Greci per
le navi de’ Greci per riscattare la figliuola Criseide ch’era schiava di Agamennone, fu da questo principe villanamente di
questo principe villanamente discacciato. Il sacerdote pregò il nume di vendicarlo del torto, ed Apollo mandò la peste ne
sciagura nacque pure una gara funesta fra Agamennone ed Achille, fig. di Peleo, fig. di Eaco, detto spesso per ciò Eacide,
pure una gara funesta fra Agamennone ed Achille, fig. di Peleo, fig. di Eaco, detto spesso per ciò Eacide, dall’avo, e Pe
to spesso per ciò Eacide, dall’avo, e Pelide, dal padre. Peleo era re di Tessaglia ed avea sposata Teti, la più bella dell
lle quali nozze fu dalla Discordia sulla mensa gittato il fatal pomo, di cui si è nella prima parte favellato. Teti, appen
cina. Avendo poi predetto l’oracolo ch’egli sarebbe morto all’assedio di Troia, Teti nascose il giovanetto eroe travestito
, Teti nascose il giovanetto eroe travestito da fanciulla nella corte di Licomede, re dell’isola di Sciro, ove, sotto nome
o eroe travestito da fanciulla nella corte di Licomede, re dell’isola di Sciro, ove, sotto nome di Pirra, si trattenne sin
ulla nella corte di Licomede, re dell’isola di Sciro, ove, sotto nome di Pirra, si trattenne sino a che avendo Calcante pr
do Calcante predetto che Troia non potea espugnarsi senza il soccorso di Achille, Ulisse lo scoprì sotto le mentite spogli
i Mirmidoni, popoli della Ftiolide, andò cogli altri duci alla guerra di Troia. Di lui non vi era più forte e prode guerri
lui non vi era più forte e prode guerriero, siechè da Omero chiamasi di tutt’i Greci gran baluardo, e da Ovidio, muro de’
peravano nella prerogativa del comando, Achille ed essi ed ogni altro di bellezza e di valore avanzava(1), e la sua veloci
prerogativa del comando, Achille ed essi ed ogni altro di bellezza e di valore avanzava(1), e la sua velocità oltremodo c
iamasi Achille dal piè veloce (ποδυκης). Orazio(2) ci dà il carattere di quest’eroe come quello di un uomo pronto, iracond
oce (ποδυκης). Orazio(2) ci dà il carattere di quest’eroe come quello di un uomo pronto, iracondo, inesorabile, altero. Or
sti restituita al padre la sua schiava Criseide per placare lo sdegno di Apollo, in vece di essa per forza si prese Brisei
adre la sua schiava Criseide per placare lo sdegno di Apollo, in vece di essa per forza si prese Briseide ch’era toccata i
prese Briseide ch’era toccata in sorte ad Achille nella ripartizione di un bottino. Per tal cagione il figliuol di Peleo,
Achille nella ripartizione di un bottino. Per tal cagione il figliuol di Peleo, sdegnato oltre misura, si ritira sopra le
oltre misura, si ritira sopra le navi con tutta la sua gente e ricusa di più combattere pe’ Greci. Noi dobbiamo a quest’ir
poemi conosciuti. Achille si rinchiuse nella sua tenda, ove procurava di consolarsi di quell’ingiusto oltraggio, cantando
ti. Achille si rinchiuse nella sua tenda, ove procurava di consolarsi di quell’ingiusto oltraggio, cantando al suon della
hiere de’principi greci, continua lo stesso autore, nè le rimostranze di Fenice, suo antico precettore, nè le instigazioni
è le rimostranze di Fenice, suo antico precettore, nè le instigazioni di tutt’i suoi amici erano state valevoli a farlo us
instigazioni di tutt’i suoi amici erano state valevoli a farlo uscire di questa specie d’inazione ; allorchè, avendo udito
e d’inazione ; allorchè, avendo udito che in una zuffa Patroclo, fig. di Menezio, cui Achille avea promesso di riportargli
che in una zuffa Patroclo, fig. di Menezio, cui Achille avea promesso di riportargli sano e salvo il figlio dopo la guerra
le avea promesso di riportargli sano e salvo il figlio dopo la guerra di Troia, era stato ucciso da Ettore, fig. di Priamo
o il figlio dopo la guerra di Troia, era stato ucciso da Ettore, fig. di Priamo, dimenticando il suo antico risentimento c
la morte del suo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo e di Achille si annovera fra le più cont
uo amico, il quale gli era stato sì caro che l’amicizia di Patroclo e di Achille si annovera fra le più conte della Grecia
vittoria coll’aver fatto strascinare per tre volte intorno alle mura di Troia l’infelice cadavere di Ettore attaccato pe’
ascinare per tre volte intorno alle mura di Troia l’infelice cadavere di Ettore attaccato pe’ piedi al suo cocchio ed espo
ltoi. Ma essendo andato Priamo a gittarsi a’suoi piedi, supplicandolo di restituirgli il cadavere di suo figlio, commosso
mo a gittarsi a’suoi piedi, supplicandolo di restituirgli il cadavere di suo figlio, commosso Achille dalle lagrime dell’i
lio, commosso Achille dalle lagrime dell’infelice vecchio gli permise di portarselo via. Rendendo a Patroclo i funebri ono
mbra, gli sacrificò dodici giovani prigionieri troiani ch’egli uccise di propria mano sul rogo dell’estinto amico. Ovidio
gno, ove solamente l’eroe era vulnerabile. Omero però non fa menzione di tale prerogativa, ma il dice morto in un combatti
tale prerogativa, ma il dice morto in un combattimento presso le mura di Troia(1). Dopo la sua morte nacque una famosa gar
e da Vulcano, le quali si ottennero da Ulisse con grandissimo cruccio di Aiace, il quale, per tal ragione, si uccise(2). E
cio di Aiace, il quale, per tal ragione, si uccise(2). E questo basti di Achille. I Greci intanto ch’erano stanchi di un a
ccise(2). E questo basti di Achille. I Greci intanto ch’erano stanchi di un assedio sì lungo, si determinarono alla fine d
o ch’erano stanchi di un assedio sì lungo, si determinarono alla fine di venire ad uno stratagemma. Coll’aiuto di Pallade(
, si determinarono alla fine di venire ad uno stratagemma. Coll’aiuto di Pallade(3), fabbricano un cavallo di legno di smi
e ad uno stratagemma. Coll’aiuto di Pallade(3), fabbricano un cavallo di legno di smisurata grandezza, di cui fu fabbro Ep
stratagemma. Coll’aiuto di Pallade(3), fabbricano un cavallo di legno di smisurata grandezza, di cui fu fabbro Epeo, fig.
di Pallade(3), fabbricano un cavallo di legno di smisurata grandezza, di cui fu fabbro Epeo, fig. di Panopeo, atleta, arch
cavallo di legno di smisurata grandezza, di cui fu fabbro Epeo, fig. di Panopeo, atleta, architetto e guerriero all’assed
bro Epeo, fig. di Panopeo, atleta, architetto e guerriero all’assedio di Troia. In esso rinchiudono buon drappello di scel
e guerriero all’assedio di Troia. In esso rinchiudono buon drappello di scelti guerrieri, e fingendo esser quello un voto
a Minerva che aveano offesa col rapimento del Palladio, fanno mostra di ritornare in Grecia col resto dell’armata. I cred
rare il fatale cavallo che allogano sul Pergamo, ch’era la cittadella di Troia. Si danno ad una gioia immoderata, e la not
venuto seguo alla greca flotta’ che si era nascosta dietro l’isoletta di Tenedo, col suo aiuto mettono a sacco ed a fuoco
, se crediamo a Virgilio, in una notte sola fu interamente distrutta, di modo che altro non vi restò che il solo nome(1) ;
nel viaggio sofferte. In quanto a’Troiani, quelli ch’ebbero la sorte di campa re dalla comune strage, andarono a fissare
tenore si fermò in Italia e fondò la nazione degli Eneti. Eleno, fig. di Priamo, andò in Macedonia, e vi fabbricò la città
i fabbricò la città d’Ilio. In quanto ad Enea, principe troiano, fig. di Venere e di Anchise, tutti gli serittori romani l
a città d’Ilio. In quanto ad Enea, principe troiano, fig. di Venere e di Anchise, tutti gli serittori romani lo dicono ven
ori romani lo dicono venuto in Italia, e lo fanno fondatore del regno di Alba Longa. I Cesari ambiziosamente affettavano d
ondatore del regno di Alba Longa. I Cesari ambiziosamente affettavano di essere suoi discendenti, siccome i Romani non las
fettavano di essere suoi discendenti, siccome i Romani non lasciarono di derivare la loro origine da’ Troiani che seguiron
embra che sia stato dubbioso in affermare un tal fatto, e si protesta di non avere pruove sufficienti per ammettere o rige
Bocarto(2) ha raccolto validissimi argomenti a provare che la venuta di Enea in Italia sia una mera favola. Per dire poi
ra favola. Per dire poi le sue avventure bisognerebbe ripetere quanto di lui cantò l’immortal Mantovano nel gran poema del
diversi dati a questo nume e lor ragione. Dio del mare e fratello di Giove e di Plutone era Nettuno, detto da’ Latini
i a questo nume e lor ragione. Dio del mare e fratello di Giove e di Plutone era Nettuno, detto da’ Latini Neptunus. C
isa, egli dice, da ogni parola derivare un’altra col solo cambiamento di qualche lettera. Il Vossio però approva l’etimolo
o cambiamento di qualche lettera. Il Vossio però approva l’etimologia di Varrone, che fa nascere questo nome da un’altra p
re coll’impeto delle sue onde scuote la terra. II. Storia favolosa di Nettuno. Omero(2) dice che Giove e Nettuno er
osa di Nettuno. Omero(2) dice che Giove e Nettuno erano figliuoli di un medesimo padre, ma che il primo il vinceva in
turno, a Nettuno toccò in sorte l’impero del mare, come nell’articolo di Giove si è detto. Quindi è che spesso appo i poet
li sdegnato con Eolo, che senza saputa sua suscitato avea, ad istanza di Giunone, fiera tempesta contro le navi di Enea, r
suscitato avea, ad istanza di Giunone, fiera tempesta contro le navi di Enea, raffrena il furore de’ venti, accheta le on
desiderata. Anche magnifica è l’idea che Omero(3) ci dà della potenza di Nettuno, ch’era del partito de’ Greci contro i Tr
e bellissimi sono i versi con cui il gran poeta il descrive nell’atto di recarsi a soccorrere i Greci e risvegliare il cor
vidio(4) Venere dice a Nettuno che la sua potenza è prossima a quella di Giove. Egli dallo stesso poeta(5) chiamasi l’asso
voce. Col suo tridente percuote la terra, e ne sgorgano larghi fiumi di acqua(6). Anzi qualche volta ad un colpo del trid
erra, egli dimostrava particolarmente col tridente che era una specie di scettro a tre punte, che sempre mai portava in ma
forse, secondo Millin, non era che un istrumento da prendere i pesci, di cui anche al presente fanno uso i greci pescatori
a Giove, l’elmo a Plutone ed a Nettuno il tridente ; e che coll’aiuto di siffatte armi vinsero i Titani e li rinchiusero n
liato contra il promontorio detto Nisiro che avea staccato dall’isola di Coo. III. Continuazione – Potenza di Nettuno –
che avea staccato dall’isola di Coo. III. Continuazione – Potenza di Nettuno – Alcuni dei principali suoi figliuoli.
lla terra esercita quell’infido elemento, e tremendi sono gli effetti di esso, che noi tuttodì sperimentiamo. Di fatto al
i affermavano che la valle per la quale scorre il fiume Peneo a guisa di un canale, sia stata opera di Nettuno ; ed a ragi
la quale scorre il fiume Peneo a guisa di un canale, sia stata opera di Nettuno ; ed a ragione, egli soggiunge, perchè cr
ota la terra e che tutte le grandi aperture fatte in essa sieno opera di lui, o sia del mare, al vedere quella famosa vall
ttuno era il nume che avea più potere degli altri. Ed una grande idea di questa sua potenza sul mare ci dà Virgilio(3), qu
do intorno al loro re. La terra con dolce fremito attesta la presenza di lui. Sotto al suo cocchio si curvano i fiotti, e
avi. Anzi Virgilio(2) afferma che la terra percossa dal gran tridente di Nettuno produsse un generoso destriero. Perciò ch
destriero. Perciò chiamasi Ippio o Equestre ; e Pausania fa menzione di tempii ed altari innalzati a Nettuno Equestre. E
di tempii ed altari innalzati a Nettuno Equestre. E nella prima parte di quest’ operetta abbiam raccontata la famosa gara
m raccontata la famosa gara che fu fra Nettuno e Minerva per la città di Atene, e come Nettuno fece uscir della terra un b
come Nettuno fece uscir della terra un bel cavallo, che qual simbolo di guerra fu nel consiglio degli Dei giudicato meno
di guerra fu nel consiglio degli Dei giudicato meno utile dell’ulivo di Minerva, ch’era simbolo della pace. Per tutto ciò
Grecia, in Italia e specialmente ne’luoghi marittimi furono in onore di lui innalzati molti tempii, ed istituiti de’ giuo
ti tempii, ed istituiti de’ giuochi e delle feste. Per questa potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia e di crude
ochi e delle feste. Per questa potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia e di crudeltà che gli uomini meritamente
feste. Per questa potenza di Nettuno e per una tale idea di ferocia e di crudeltà che gli uomini meritamente attribuiscono
ttribuiscono al mare, è avvenuto che i poeti, come chiamano figliuoli di Giove tutti quelli che per insigne virtù si disti
distinguono, quasi fossero progenie del cielo ; così dicono figliuoli di Nettuno, cioè quasi partecipi della inumanil à de
secondi, i Ciclopi, i Lestrigoni, Scirone, Polifemo e molti altri. E di questi diremo brevemente qualche cosa. E qui mett
oso Polifemo, detto da Omero il Ciclope per eccellenza. Egli era fig. di Nettuno e della ninfa Toosa, fig. di-Forco. Quest
a un sol occhio in mezzo alla fronte e mangiava carne umana(2) ed era di una statura pari all’altezza di un monte. Molti p
onte e mangiava carne umana(2) ed era di una statura pari all’altezza di un monte. Molti poeti mettono presso all’Etna la
ifemo chiamasi da Tibullo(3) abitatore della rupe Etnea. Telemo, fig. di Eurimo, famoso indovino, gli avea predetto che un
so avvenimento è assai piacevolmente raccontato da Omero(5), e merita di esser letto da’giovani studiosi. Il Chiabrera, al
to da’giovani studiosi. Il Chiabrera, alludendo al vino che per opera di Ulisse imbriacò Polifemo, cantò leggiadramente :
er opera di Ulisse imbriacò Polifemo, cantò leggiadramente : Lagrime di piropo, Onde lo scaltro Ulisse Spense l’unico cig
ll’immenso Ciclopo. È noto pure il nostro Polifemo per l’avvenimento di Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig.
er l’avvenimento di Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia.
mento di Aci, giovane ed avvenente pastore siciliano, fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia. Per cagion
giovane ed avvenente pastore siciliano, fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia. Per cagione di Galatea
ente pastore siciliano, fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia. Per cagione di Galatea l’inumano Ciclope
fig. di Fauno e di una ninfa di Simete, fiume di Sicilia. Per cagione di Galatea l’inumano Ciclope irato fuor di misura l’
fiume di Sicilia. Per cagione di Galatea l’inumano Ciclope irato fuor di misura l’uccise, lanciando uno scoglio di enorme
’inumano Ciclope irato fuor di misura l’uccise, lanciando uno scoglio di enorme grandezza che lo schiacciò. Il quale, per
uno scoglio di enorme grandezza che lo schiacciò. Il quale, per opera di Galatea, fu cangiato nel fiume oggidì detto fredd
ella ninfa gittossi nel mare e si uni alle Nereidi, sue sorelle. Dopo di Polifemo dirò alcuna cosa de’ Lestrigoni, che Gel
o di Polifemo dirò alcuna cosa de’ Lestrigoni, che Gellio chiama fig. di Nettuno : ed uno Scoliaste dell’Odissea parla di
e Gellio chiama fig. di Nettuno : ed uno Scoliaste dell’Odissea parla di un Lestrigone, fig. di quel nume, dal quale fa di
Nettuno : ed uno Scoliaste dell’Odissea parla di un Lestrigone, fig. di quel nume, dal quale fa discendere il popolo de’
quale fa discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano questi una razza di uomini di gigantesca statura e feroci, che cibava
discendere il popolo de’ Lestrigoni. Erano questi una razza di uomini di gigantesca statura e feroci, che cibavansi di car
sti una razza di uomini di gigantesca statura e feroci, che cibavansi di carne umana, ed abitavano nella Sicilia, o second
Formia, città della Campania. Antichissimo re de’ Lestrigoni fu Lamo, di eui fa menzione Omero ed Ovidio ; ma quando, per
ero, era alta come una montagna. Essi fecero mal governo de’ compagni di Ulisse, come raccontasi nell’ Odissea(1) Figliuo
o de’ compagni di Ulisse, come raccontasi nell’ Odissea(1) Figliuoli di Nettuno furono eziandio Beoto ed Eolo o Elleno, c
rono eziandio Beoto ed Eolo o Elleno, ch’egli ebbe da Melanippe, fig. di Desmonte. Il primo diede il nome alla Beozia, ed
lia. Pausania dice che Eumolpo fu pure figliuolo del nostro Nettuno e di Chione, fig. di Borea, re di Tracia. Egli diede i
ce che Eumolpo fu pure figliuolo del nostro Nettuno e di Chione, fig. di Borea, re di Tracia. Egli diede il nome agli Eumo
o fu pure figliuolo del nostro Nettuno e di Chione, fig. di Borea, re di Tracia. Egli diede il nome agli Eumolpidi, sacerd
idi diede un ferofante agli Eleusini fino a che fu fra loro il tempio di quella Dea. Molti altri figli ebbe Nettuno ; Ergi
re della Sicilia. che per avere posto fra i suoi armenti uno de’buoi di Gerione, che Ercole avea smarrito, fu da questo e
Marte ; e molti altri, dice Millin, erano considerati come figliuoli di Nettuno ; la quale moltitudine di figli deriva a
n, erano considerati come figliuoli di Nettuno ; la quale moltitudine di figli deriva a quel nume dall’essere stato dato g
figli deriva a quel nume dall’essere stato dato generalmente il nome di figlio di Nettuno a tutti coloro che si distinser
iva a quel nume dall’essere stato dato generalmente il nome di figlio di Nettuno a tutti coloro che si distinsero nelle ma
time pugne, e per la loro abilità nelta nautica. Sesto Pompeo, gonfio di sue vittorie in mare e della gloria acquistata, v
e della gloria acquistata, volle anche egli essere chiamato figliuolo di Nettuno ; titolo che trovasi sulle medaglie di lu
ere chiamato figliuolo di Nettuno ; titolo che trovasi sulle medaglie di lui. Da Orazio fu detto Neptunius dux (1) IV.
L’ Oceano, secondo Esiodo, era fig. del Cielo e della Terra, e marito di Teti, diversa dalla Nereide Teti che fu madre di
ella Terra, e marito di Teti, diversa dalla Nereide Teti che fu madre di Achille. Da Omero e da Virgilio chiamasi padre de
di Achille. Da Omero e da Virgilio chiamasi padre degli Dei, e padre di tutte le cose. La quale favola, dice M. Dacier, h
a quale favola, dice M. Dacier, ha dovuto avere origine dall’opinione di alcuni antichi filosofi, i quali credevano che tu
l’Oceano, e dalla terra, o sia da Teti. Nella descrizione dello scudo di Achille si dice che il gran fiume Oceano chiudea
ello scudo di Achille si dice che il gran fiume Oceano chiudea l’orlo di esso ; dalle quali parole argomentano alcuni che
figliuoli del Cielo ; e per ciò spesso da’ poeti se gli dà l’aggiunto di vecchio, e gli Dei stessi per lui, come per la mo
oeti padre de’più gran fiumi, de’quali Esiodo ne conta venticinque, e di moltissime figliuole dette Oceanidi, ovvero Ocean
lo(2) vien detto padre delle ninfe. Lo troviamo poi figurato in forma di un vecchio assiso sulle onde del mare con una pic
e che spesso si adopera a dinotare il mare(1). Essa si rappresenta su di una conchiglia tirata da delfini o da cavalli mar
su di una conchiglia tirata da delfini o da cavalli marini, nell’atto di andare a diporto su per le onde del mare, accompa
e marine deità. Vi era Forco, fig. del Ponto e della Terra e fratello di Nereo, il quale era quasi duce del coro degli alt
era quasi duce del coro degli altri marini Iddii e de Tritoni. Figlie di questo Forco e di Ceto erano le Farciadi, cioè le
coro degli altri marini Iddii e de Tritoni. Figlie di questo Forco e di Ceto erano le Farciadi, cioè le Gree, le Gorgoni,
le Gree, le Gorgoni, il drago delle Esperidi, Scilla ; e Toosa, madre di Polifemo. Da Omero Forco si chiama principe del m
emo. Da Omero Forco si chiama principe del mare. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al quale serviva di tromb
orco si chiama principe del mare. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al quale serviva di trombettiere, detto
are. Vi era Tritone, fig. di Anfitrite e di Nettuno, al quale serviva di trombettiere, detto perciò canoro, precedendolo e
d annunziandolo col suonare una conca marina ritorta e fatta a foggia di cono, di cui anche gl’ Indiani si servivano in ve
andolo col suonare una conca marina ritorta e fatta a foggia di cono, di cui anche gl’ Indiani si servivano in vece di buc
fatta a foggia di cono, di cui anche gl’ Indiani si servivano in vece di buccina. I poeti a lui attribuivano pure l’uffici
rvivano in vece di buccina. I poeti a lui attribuivano pure l’ufficio di calmare i fiotti e far cessare le tempeste ; anzi
avuto senso, ubbidivano al suo impero. Veniva rappresentato in figura di mezzo uomo e mezzo pesce, con buccina in mano, o
in figura di mezzo uomo e mezzo pesce, con buccina in mano, o in atto di suonarla. Gli antichi ammettevano diversi Tritoni
a stessa figura e le stesse incumbenze ; ed ora son figura, che serve di ornamento all’architettura ed in certi dipinti. I
inti. In un calcedonio(4) vedesi Venere per le onde portata sul dorso di un enorme Tritone. Nel corteggio del signore del
mare posto sull’erba alcuni pesci, questi ritornati a vita per virtù di quell’erba, saltarono di nuovo nel mare. Di che a
uni pesci, questi ritornati a vita per virtù di quell’erba, saltarono di nuovo nel mare. Di che avvedutosi Glauco e fatto
saltarono di nuovo nel mare. Di che avvedutosi Glauco e fatto accorto di quella occulta virtù, per essa gettossi nel mare
ito in uno de’marini Iddii, ai quali i marinari salvati dalle fortune di mare sciolgono sul lido i loro voti insieme con P
loro voti insieme con Panopea e Melicerta(1). Questa Panopea era fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e
nsieme con Panopea e Melicerta(1). Questa Panopea era fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e Melicerta d
ra fig. di Nereo e di Dori ; e quindi una delle Nereidi ; e Melicerta di cui Ovidio(2) ha bellamente descritta la trasform
(2) ha bellamente descritta la trasformazione in Dio marino, era fig. di Atamante, e d’Ino, fig. di Cadmo, percui dicesi I
la trasformazione in Dio marino, era fig. di Atamante, e d’Ino, fig. di Cadmo, percui dicesi Inoo da Virgilio. Giunone, g
dicesi Inoo da Virgilio. Giunone, gelosa della prosperità d’Ino, come di tutta la famiglia di Cadmo, pose sì strano furore
io. Giunone, gelosa della prosperità d’Ino, come di tutta la famiglia di Cadmo, pose sì strano furore nell’animo di quel r
come di tutta la famiglia di Cadmo, pose sì strano furore nell’animo di quel re, che pigliando Ino per una leonessa, ed i
re da un’alta rupe del promontorio Lecheo. Nettuno allora, ad istanza di Venere di cui Ino era nipote, perchè fig. di Armo
lta rupe del promontorio Lecheo. Nettuno allora, ad istanza di Venere di cui Ino era nipote, perchè fig. di Armonia, li tr
ttuno allora, ad istanza di Venere di cui Ino era nipote, perchè fig. di Armonia, li trasformò in due divinità marine. Ino
moderazione. A lui, come agli altri Dei marini, attribuivano la virtù di presagire il futuro, forse perchè il mare dà de’s
ava i giorni fra i canti e le danze delle Nereidi, ninfe marine. fig. di lui e di Dori. Omero(1) afferma che le Nereidi in
rni fra i canti e le danze delle Nereidi, ninfe marine. fig. di lui e di Dori. Omero(1) afferma che le Nereidi in un antro
di in un antro ch’era nel fondo del mare, formavano il’ bel corteggio di Teti, madre di Achille, la quale con esse compian
ch’era nel fondo del mare, formavano il’ bel corteggio di Teti, madre di Achille, la quale con esse compiange l’infelice f
) in un antro ch’era sotto la sorgente del Peneo, stanno in compagnia di Cirene, madre di’ Aristeo ; e nell’ Eneide(3) ess
rene, madre di’ Aristeo ; e nell’ Eneide(3) esse formano il corteggio di Nettuno e ne circondano il cocchio. Catullo(4) le
Nettuno e ne circondano il cocchio. Catullo(4) le rappresenta in atto di sollevare il capo sulle onde del mare e di ammira
(4) le rappresenta in atto di sollevare il capo sulle onde del mare e di ammirare stupefatte la prima nave Argo che per lo
chi monumenti. Esse finalmente si rappresentavano per lo più a foggia di donzelle avvenenti, co’capelli intrecciati di per
ano per lo più a foggia di donzelle avvenenti, co’capelli intrecciati di perle, sopra delfini e cavalli marini, portando p
delfini e cavalli marini, portando per lo più in una mano il tridente di Nettuno, e nell’altra, un delfino, o alcuni rami
mano il tridente di Nettuno, e nell’altra, un delfino, o alcuni rami di corallo. Alle volte però ritrovansi rappresentate
so si veggono assise sopra Tritoni od altri mostri marini. Le pitture di Ercolano ci offrono tre Nereidi, la prima colloca
Le pitture di Ercolano ci offrono tre Nereidi, la prima collocata su di un cavallo marino ; la seconda sopra un grosso pe
un cavallo marino ; la seconda sopra un grosso pesce ; e la terza su di un giovane toro, che finisce in delfino. A lutte
tte queste divinità aggiungiamo il celebre Proteo, fig. dell’Oceano e di Teti, e di Nettuno e di Fenice. Egli avea la virt
divinità aggiungiamo il celebre Proteo, fig. dell’Oceano e di Teti, e di Nettuno e di Fenice. Egli avea la virtù di presag
ungiamo il celebre Proteo, fig. dell’Oceano e di Teti, e di Nettuno e di Fenice. Egli avea la virtù di presagire il futuro
. dell’Oceano e di Teti, e di Nettuno e di Fenice. Egli avea la virtù di presagire il futuro, ed Orfeo dice ch’egli conosc
ersi cantavano l’origine delle cose, e ponevano l’acqua per principio di tutt’i corpi ; opinione abbracciata da molti anti
indovini non predicevano il futuro, se non quando si avea il coraggio di sorprenderli e legarli, come di Sileno e dello st
ro, se non quando si avea il coraggio di sorprenderli e legarli, come di Sileno e dello stesso Proteo afferma Virgilio(1).
irgilio(1). Da Omero si scorge che Proteo era il guardiano del gregge di Nettuno, ch’era composto di foche, animali anfibi
ge che Proteo era il guardiano del gregge di Nettuno, ch’era composto di foche, animali anfibii che hanno voce simile a qu
era composto di foche, animali anfibii che hanno voce simile a quella di un fanciullo, e di altri mostri marini : pereui d
he, animali anfibii che hanno voce simile a quella di un fanciullo, e di altri mostri marini : pereui disse Orazio(2), che
altri mostri marini : pereui disse Orazio(2), che a tempo del diluvio di Deucalione, Proteo guidava il suo gregge sopra le
il suo gregge sopra le cime delle più alte montagne. V. Iconologia di Nettuno. Nettuno(3) si rappresenta coronato d
. V. Iconologia di Nettuno. Nettuno(3) si rappresenta coronato di palustri giunchi, con chioma e barba ritorta e lu
sguardo fiero e dall’atteggiamento, con cui tiene un piede sulla cima di uno scoglio : allusione alla potenza ch’egli eser
ola talvolta col suo tridente. Winckelmann dice che la configurazione di Nettuno è alquanto diversa da quella di Giove, av
nn dice che la configurazione di Nettuno è alquanto diversa da quella di Giove, avendo la barba più increspata, ed essendo
quieto, ed or turbato. Si rappresenta pure sopra un cocchio in forma di conchiglia, tirato da cavalli marini, e col tride
da cavalli marini, e col tridente in mano. Una delle più belle statue di questo nume in piedi è quella del Museo Pio-Cleme
n piedi è quella del Museo Pio-Clementino. Sulle medaglie della città di Berito nella Fenicia i cavalli marini che portano
rito nella Fenicia i cavalli marini che portano il suo cocchio, hanno di cavallo tutta la parte superiore del corpo, mentr
utta la parte superiore del corpo, mentre l’inferiore termina in coda di pesce, come tutt’i mostri marini. « Assiso sopra
n due delfini che nuotano sulla superficie dell’acqua, e con la prora di un vascello carico di grano, indica l’abbondanza
ano sulla superficie dell’acqua, e con la prora di un vascello carico di grano, indica l’abbondanza arrecala da una prospe
azione. Sopra una medaglia, in cui la vittoria comparisce sulla prora di una nave, suonando la tromba, mentre Nettuno nel
i una nave, suonando la tromba, mentre Nettuno nel rovescio in figura di combattente vibra il tridente per mettere in fuga
ere in fuga i nemici, è stata rappresentata la grande vittoria navale di Demetrio Poliorcete sopra Tolomeo. Nettuno sopra
no che negli antichi monumenti non si vede mai Nettuno con una corona di giunchi ; ma d’ordinario, a guisa di Giove, porta
vede mai Nettuno con una corona di giunchi ; ma d’ordinario, a guisa di Giove, porta un diadema, o pure una benda regale.
guisa di Giove, porta un diadema, o pure una benda regale. La corona di giunchi non vien data se non se a’ Tritoni e ad a
ue antiche del Dio del mare sono rarissime. VI. Principali epiteti di Nettuno. Enosigeo, Ενοσιγαιος, lat. Ennosiga
Enosigeo, Ενοσιγαιος, lat. Ennosigaeus presso Giovenale ; soprannome di Nettuno o del mare deificato, da ενοσις, concussi
Equestre o Ippio, gr. Ἱππιος ; fu così detto, perchè ritrovò l’arte di cavalcare, secondo Pausania. Istmio, gr. ισθμιος
rte di cavalcare, secondo Pausania. Istmio, gr. ισθμιος ; soprannome di Nettuno, dal culto a lui prestato sull’istmo di C
ισθμιος ; soprannome di Nettuno, dal culto a lui prestato sull’istmo di Corinto. Neptunus Pater, da un picciolo tempio c
a buon porto, ed a cui i marinari offerivano sacrificii in rendimento di grazie, trovasi mentovato in un’antica iscrizione
è l’insegna sua principale era il tridente. VII. Alcune altre cose di Nettuno. Fra le piante erano a Nettuno specia
rano bianco o veloce, sapendosi che a quel nume si sacrificavano tori di color nero(6). Le sue feste chiamavansi Neptunali
feste chiamavansi Neptunalia, e si celebravano sotto capanne formate di rami di alberi sulle sponde del Tevere. Scilla d
hiamavansi Neptunalia, e si celebravano sotto capanne formate di rami di alberi sulle sponde del Tevere. Scilla da’più di
di rami di alberi sulle sponde del Tevere. Scilla da’più dicesi fig. di Nettuno e della ninfa Crateide, sebbene altri la
fig. di Nettuno e della ninfa Crateide, sebbene altri la dicano fig. di Forco e di Ecate, o di Tifone e di Echidna. Racco
ttuno e della ninfa Crateide, sebbene altri la dicano fig. di Forco e di Ecate, o di Tifone e di Echidna. Raccontasi (1) c
a ninfa Crateide, sebbene altri la dicano fig. di Forco e di Ecate, o di Tifone e di Echidna. Raccontasi (1) che la maga C
eide, sebbene altri la dicano fig. di Forco e di Ecate, o di Tifone e di Echidna. Raccontasi (1) che la maga Circe, ingelo
di Tifone e di Echidna. Raccontasi (1) che la maga Circe, ingelosita di Scilla, de’ suoi veleni contaminò un bel fonte, o
ani marini che orribilmente latravano. Alcuni vogliono che per ragion di Nettuno, la moglie Anfitrite avesse indotto Circe
arino. Pare che Virgilio abbia confuso questa Scilla con l’altra fig. di Niso, di cui si è parlato nella prima parte. Nè q
re che Virgilio abbia confuso questa Scilla con l’altra fig. di Niso, di cui si è parlato nella prima parte. Nè questo poe
ma parte. Nè questo poeta è uniforme nel descrivere la trasformazione di Scilla ; poichè se nell’Eneide dice ch’essa al di
e la trasformazione di Scilla ; poichè se nell’Eneide dice ch’essa al di sopra è una leggiadra donzella, mentre termina in
ch’essa al di sopra è una leggiadra donzella, mentre termina in corpi di lupi colle code di delfini (2), in una egloga poi
è una leggiadra donzella, mentre termina in corpi di lupi colle code di delfini (2), in una egloga poi afferma che finiva
’è fra la Sicilia e la Calabria. Or Cariddi era una vecchia figliuola di Nettuno e della Terra, la quale, rubato avendo ad
ttuno e della Terra, la quale, rubato avendo ad Ercole alcuni de’buoi di Gerione, fu da Giove fulminata e trasformata nell
trasformata nella voragine che porta il suo nome e ch’è nello stretto di Messina in faccia allo scoglio di Scilla. Questa
ta il suo nome e ch’è nello stretto di Messina in faccia allo scoglio di Scilla. Questa voragine detta violenta da Tibullo
a voragine detta violenta da Tibullo, e non altrimenti che lo scoglio di Scilla, celebratissima nell’epopea greca e latina
de (5) ; il che tutto deriva dal noto flusso e riflusso dello stretto di Messina. Ed i latrati di Scilla non son altro che
iva dal noto flusso e riflusso dello stretto di Messina. Ed i latrati di Scilla non son altro che lo strepito ed il rumore
nfrangono fra quegli scogli. E come avvicinandosi troppo allo scoglio di Scilla o alla caverna di Cariddi, si corre perico
li. E come avvicinandosi troppo allo scoglio di Scilla o alla caverna di Cariddi, si corre pericolo di naufragare, così, p
o allo scoglio di Scilla o alla caverna di Cariddi, si corre pericolo di naufragare, così, per esprimere che spesso il tim
orre pericolo di naufragare, così, per esprimere che spesso il timore di un male ci conduce in un altro peggiore, si disse
chi detti Consuali, che porsero il destro alla feroce gioventù romana di rapire le Sabine donzelle (1) Parte III.
, vedere ; per cui Aide dinota un luogo tenebroso, o secondo la frase di Virgilio, una casa senza luce (sine luce domus),
ell’inferno, immaginato da’ poeti nel centro della terra, per servire di eterna prigione a coloro, i cui delitti non erano
e dalla Terra ; ed era propriamente un luogo dell’inferno, ove prima di passare agli Elisii dimoravano le anime de’ buoni
prende per l’inferno stesso. Sovente si chiama pure Orco, ch’era nome di Plutone ; e però da Properzio dicesi Minos giudic
gia, o per l’Orco, fiume che nasceva da quella palude. Or questi nomi di Aide, Tartaro, Erebo ed Orco, quantunque propriam
tesso ; come Virgilio disse che notte e dì stassi aperta l’atra porta di Dite (1). E Dante cantò : E’l buon maestro disse
e ha nome Dite. Averno pure da’ poeti dicesi l’inferno (2), dal Iago di Averno, il quale, come diremo, era per folte selv
quali sognarono, passare essa, dopo la morte, per molti e varii corpi di animali, e ciò per lo spazio di ben tremila anni.
opo la morte, per molti e varii corpi di animali, e ciò per lo spazio di ben tremila anni. Da che nacque la loro gran cura
mila anni. Da che nacque la loro gran cura d’imbalsamare i cadaveri e di fabbricare quelle tombe magnifiche che fecero dir
’immortalità dell’anima, e quella della metempsicosi, e quindi l’idea di due luoghi che accoglier debbono le anime dopo la
’idea di due luoghi che accoglier debbono le anime dopo la morte, uno di pena, detto Inferno, l’altro di premio, detto Eli
r debbono le anime dopo la morte, uno di pena, detto Inferno, l’altro di premio, detto Elisio o Campi Elisii. Or ecco in q
poli posti all’estremità dell’Oceano, e coperti da tenebre eterne. Or di quali Cimmerii parla il greco poeta ? Sappiamo ch
osforo da essi detto Cimmerio, non lungi dalla Palude Meolide. L’aere di quei luoghi era assai crasso e coperto di perpetu
alla Palude Meolide. L’aere di quei luoghi era assai crasso e coperto di perpetua nebbia, per cui di rado godevano della v
di quei luoghi era assai crasso e coperto di perpetua nebbia, per cui di rado godevano della vista del Sole. percui tenebr
però parla de’Cimmerii, antichi popoli della Campania, presso il lago di Averno, ov’era la grotta della Sibilla, vicino a
rranei, e la notte uscivano a commettere mille ruberie. Or i Cimmerii di Omero sono quelli presso Baia e Pozzuoli, perchè
Epiro o della Tesprozia, come vuole Le Clerc, o quelli del Bosforo, o di altre parti del mondo (2). É dunque poetica licen
à dell’Oceano i Cimmerii dell’Italia. Strabone afferma che i Cimmerii di Omero erano sulle coste d’Italia, e che gli antic
ia, e che gli antichi ponevano presso al lago d’Averno la Negromanzia di Omero, cioè l’undecimo libro dell’Odissea, ove si
’undecimo libro dell’Odissea, ove si parla dell’evocazione dell’ombra di Tiresia. Plinio (3) pone la città de’ Cimmerii ne
resia. Plinio (3) pone la città de’ Cimmerii nelle vicinanze del lago di Averno non lungi da Pozzuoli, da’Campi Flegrei e
re que’luoghi bassi ed oscuri e circondati da montagne che impedivano di vedere il tramontar del sole. Nell’Iliade (4) Gio
vedere il tramontar del sole. Nell’Iliade (4) Giove proibisce a’ numi di prender parte alla guerra di Troia e minaccia di
Nell’Iliade (4) Giove proibisce a’ numi di prender parte alla guerra di Troia e minaccia di precipitarli nel Tartaro, ove
ve proibisce a’ numi di prender parte alla guerra di Troia e minaccia di precipitarli nel Tartaro, ove sotterra è un barat
cipitarli nel Tartaro, ove sotterra è un baratro profondissimo, porte di ferro e soglia di bronzo ; e che tanto è di sotto
aro, ove sotterra è un baratro profondissimo, porte di ferro e soglia di bronzo ; e che tanto è di sotto all’Orco, quanto
atro profondissimo, porte di ferro e soglia di bronzo ; e che tanto è di sotto all’Orco, quanto la terra al cielo. Il Tart
so luogo, che tanto è lontano dalla terra, quanto questa dal cielo. E di fatto un’incudine di ferro fatta cadere dal cielo
lontano dalla terra, quanto questa dal cielo. E di fatto un’incudine di ferro fatta cadere dal cielo non giungerebbe sull
a si facesse cadere giù nel Tartaro. Intorno ad esso avvi una trincea di solido bronzo, e porte e mura di bronzo fabbricat
ro. Intorno ad esso avvi una trincea di solido bronzo, e porte e mura di bronzo fabbricate da Nettuno, ove dimora il Sonno
e da Nettuno, ove dimora il Sonno e la Morte, nè vi giunge mai raggio di sole ; ed un terribile mastino che fa mille moine
come Enea offrì sacrificii agli Dei Mani e come ottenne l’aureo ramo, di cui non poteva fare a meno chi volea penetrare ne
eo ramo, di cui non poteva fare a meno chi volea penetrare nella casa di Plutone, descrive nobilmente l’entrata di quell’e
volea penetrare nella casa di Plutone, descrive nobilmente l’entrata di quell’eroe negli oscuri regni di Dite ; e dopo av
utone, descrive nobilmente l’entrata di quell’eroe negli oscuri regni di Dite ; e dopo aver raccontato quanto quivi maravi
ato quanto quivi maravigliando vide, passa a descrivere la gran città di Plutone o il Tartaro, il quale, secondo il poeta,
ne o il Tartaro, il quale, secondo il poeta, ha in tutto la sembianza di un’orrenda prigione, in cui Radamanto ha la sopri
econdo lui, una strada silenziosa e declive, fiancheggiata mestamente di tassi che danno un’ombra funesta, conduce all’inf
ta nebbia esala dalla Stigia palude. Per quella via scendono le ombre di fresco uscite de’corpi che sono stati sepolti. Il
o le ombre de’morti che ignorano la strada che mena alla feral reggia di Plutone. La vasta infernale città ha mille porte 
tta la terra accoglie i fiumi nel suo seno, così quel luogo, Ie anime di ogni paese. Quivi errano le ombre esangui, che so
urie, fig. della Notte, divinità crudeli ed inesorabili, colle chiome di atri serpenti, stanno avanti le porte della tarta
tanno avanti le porte della tartarea prigione chiuse con chiavistelli di diamante. In simil guisa Tibullo(1) con elegantis
e. In simil guisa Tibullo(1) con elegantissimi versi descrive la casa di Plutone. Secondo ch’egli dice, il paese degli emp
ace da noi discosto in profonda notte avvolto, intorno al quale fiumi di nera acqua risuonano. Quivi l’orrenda Tisifone ch
le fiumi di nera acqua risuonano. Quivi l’orrenda Tisifone che invece di crini ha il capo attorto di crudeli serpenti, i r
nano. Quivi l’orrenda Tisifone che invece di crini ha il capo attorto di crudeli serpenti, i rei flagella ; e per timbre q
labbro, più avviva la rabbiosa sua sete. Quivi infine è l’empia prole di Danao, la quale per avere offesa Venere, invano i
ale per avere offesa Venere, invano il cavo doglio delle vicine acque di Lete riempie. Passiamo ora a desc rivere l’amenit
più comune li pone in alcune isole dell’Oceano dette Isole Fortunate, di cui anche Pindaro fa menzione. Or gli antichi poe
o guiderdone delle loro buone e gloriose azioni, trasportarono quanto di ameno e dilettevole può immaginare una bella fant
acevole varietà della natura. Poscia la Grecia, coltivando gli studii di una migliore filosofia, a’materiali piaceri di un
coltivando gli studii di una migliore filosofia, a’materiali piaceri di un luogo ameno e di un clima beato, aggiunse il g
ii di una migliore filosofia, a’materiali piaceri di un luogo ameno e di un clima beato, aggiunse il gaudio di una mente p
ali piaceri di un luogo ameno e di un clima beato, aggiunse il gaudio di una mente placida e serena, il quale nasce dalla
gaudio di una mente placida e serena, il quale nasce dalla coscienza di una virtù pura e costante. Pindaro finge due regn
o, ove giudica Radamanto, che tutti gli altri poeti pongono nel regno di Plutone. Dice poi che coloro i quali saranno ritr
asseranno a soggiornare nelle Isole Fortunate, ov’è l’augusto palagio di Saturno. Amabili venticelli ch’escon del mare, ri
mani ed il crine adorno. Il tutto si governa secondo i giusti decreti di Radamanto che sempremai siede allato a Saturno, p
adamanto che sempremai siede allato a Saturno, padre de’numi e marito di Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti g
to a Saturno, padre de’numi e marito di Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti gli altri. Pindaro, nel descrivere
rno, padre de’numi e marito di Rea, il cui trono si eleva al di sopra di tutti gli altri. Pindaro, nel descrivere in tal g
egna Saturno. Quivi soggiornano le anime felici degli eroi che godono di una coscienza tranquilla e sicura, a’quali un ter
eggiare formano dolci melodie. Quivi il terreno senza coltura è ricco di cassia, ed odorifere rose il suol benigno tutto g
ed odorifere rose il suol benigno tutto germoglia ; e quivi drappelli di donzelle e di giovani si stanno fra liete danze,
ose il suol benigno tutto germoglia ; e quivi drappelli di donzelle e di giovani si stanno fra liete danze, avendo il capo
e di giovani si stanno fra liete danze, avendo il capo inghirlandato di mirto. Meglio però Virgilio (2) e con più lodevol
uivi, al dir del poeta, non giovanetti e donzelle, ma magnanimi eroi, di sangue divino e nati in secoli più felici, vivono
si per mano a quel fortunato soggiorno. Ma i versi del poeta meritano di esser letti per la loro bellezza. Or raccogliendo
olpe, si chiamava Inferno, cioè luogo basso e sotterraneo. L’ingresso di questo regno è oltre i confini dell’oceano fra le
iumi Cocito e Piriflegetonte urtandosi cadono nell’Acheronte. Il lago di Averno, per folte tenebre che il circondavano, sp
era una delle porte del regno delle ombre ; come ancora una spelonca di spaventosa profondità, ch’era nel Tenaro, promont
rge al cielo le annose braccia ; sotto ogni fronda del quale, a guisa di vani fantasmi, si annidano i Sogni. Anche Omero (
de’ Sogni. Oltre a ciò vi sono sulle porte varie mostruose apparenze di fiere ; i biformi Centauri e le biformi due Scill
a Chimera, e l’Idra Lernea, e Gerione, e le Gorgoni e le Arpie. Prima di giungere alla casa di Plutone ed al tribunale di
rnea, e Gerione, e le Gorgoni e le Arpie. Prima di giungere alla casa di Plutone ed al tribunale di Minos è mestieri passa
ni e le Arpie. Prima di giungere alla casa di Plutone ed al tribunale di Minos è mestieri passar l’Acheronte, comechè gene
hè generalmente si dica che le Ombre debban passare il fiume Slige su di una barca guidata da Caronte, a cui ciascuna di e
are il fiume Slige su di una barca guidata da Caronte, a cui ciascuna di esse dar debbe una moneta per nolo. Cerbero, cane
, per impedirne l’entrata a’ vivi, e l’uscita a’ morti. Le ombre però di quelli, i cui cadaveri eran rimasti insepolti, er
Caronte sono ammesse nella vecchia sua barca che dopo sì lungo spazio di tempo. Nè quel nocchiero in essa accoglie alcun u
coglie alcun uomo vivente, il quale non avesse mostrato il fatal ramo di oro che dovea staccare da un albero sacro a Prose
go la calunnia e la mensogna ; Minos ad essi superiore decide in caso di oscurità e di dubbio. Dopo la loro sentenza vanno
e la mensogna ; Minos ad essi superiore decide in caso di oscurità e di dubbio. Dopo la loro sentenza vanno le ombre al l
osi vagiti de’ bambini morti sul nascere ; nel secondo, eran le ombre di quelli che per falsi delitti apposti, furono ingi
giorno de’ buoni o i Campi Elisii. IV. Descrizione più particolare di alcuni luoghi dell’ Inferno. Primieramente os
lutone e cogl’infernali luoghi, davasi dagli antichi poeti l’aggiunto di pallido e di nero. E perciò ancora essi opachi e
’infernali luoghi, davasi dagli antichi poeti l’aggiunto di pallido e di nero. E perciò ancora essi opachi e tenebrosi si
nebrosi si fingevano da’poeti ; ed avvedutamente Omero fra le tenebre di cui erano i Cimmerii eternamente coperti, pose il
onda spelonca trovata in rozza e scheggiosa roccia, difesa da un lago di nere acque e cinta da annose e folte selve. Della
iva un alito, anzi una peste, percui gli uccelli non vi poteano volar di sopra senza lasciarvi la vita ; per la qual cosa
ivi Orfeo avesse evocata l’ombra della consorte Euridice. Ma l’Averno di Virgilio ch’è il più celebrato da’ poeti, è quell
essere quivi una bocca dell’inferno, per la quale entrò il figliuolo di Anchise guidato dalla Sibilla Cumana, come pel se
che l’Averno negli antichissimi tempi era da una selva inaccessibile di grandi alberi circondato, percui non vi penetrava
ibile di grandi alberi circondato, percui non vi penetrava mai raggio di sole, e che il volgo credeva, gli uccelli che sop
ava mai raggio di sole, e che il volgo credeva, gli uccelli che sopra di esso volavano, dalle pestifere esalazioni cadere
abbondanza del nutrimento che loro offre. In alcuni siti ha 180 piedi di profondità, ma non ha più quell’aspetto tenebroso
neti. Si osservano tuttavia sulle sue sponde, da una parte gli avanzi di un tempio di Apollo, dall’altra, la celebre grott
rvano tuttavia sulle sue sponde, da una parte gli avanzi di un tempio di Apollo, dall’altra, la celebre grotta della Sibil
lla Sibilla Cumana. Infine non vi è cosa più pittoresca che l’aspetto di questo lago che gli antichi riguardavano come la
dimoravano lungo tempo nascoste sotto terra ; da che nacque la favola di essere quello un fiume infernale. Dal fatto di Al
a che nacque la favola di essere quello un fiume infernale. Dal fatto di Alessandro, re dell’Epiro, che distesamente si ra
te nella Molossia, parte dell’antico Epiro, passava vicino alla città di Pandosia ch’era propriamente nella Tesprozia, e s
ropriamente nella Tesprozia, e si gettava nel golfo Tesprozio, oggidì di Butrintò ; l’altro che scorreva presso ad un’altr
dal mar Tirreno. E vicino a questa Pandosia fu ucciso Alessandro, re di Epiro. Nella palude Acherusia insieme col Cocito
ndo i poeti della Grecia collocata nell’ Epiro il regno della Notte e di Plutone, i fiumi di quel paese divennero per cons
ecia collocata nell’ Epiro il regno della Notte e di Plutone, i fiumi di quel paese divennero per conseguenza fiumi dell’I
nte, fiume dell’inferno che deriva dallo Stige. Esso volgeva torrenti di fiamme e da ogni lato circondava il Tartaro. Da u
n fiume. Il Cocito, dice Virgilio (1), fiume limaccioso e che abbonda di canne, colla tarda sua onda, e lo Stige che con n
ui ripe appellansi da Properzio sorde, cioè inesorabili, è una palude di orrida pece e di solfo limaccioso e fumante. Le s
i da Properzio sorde, cioè inesorabili, è una palude di orrida pece e di solfo limaccioso e fumante. Le sue acque mandavan
appellasi da Ovidio. Per essa gli Dei stessi ed anche Giove temevano di spergiurare (2) : « L’acqua dello Stige forma un
la decima parte è riservata pel gastigo degli Dei spergiuri. Chiunque di essi siasi renduto colpevole, rimane per un anno
unque di essi siasi renduto colpevole, rimane per un anno senza segno di vita ; è egli steso su di un letto in un perfetto
o colpevole, rimane per un anno senza segno di vita ; è egli steso su di un letto in un perfetto sopore, e privo del netta
i de’ beati Elisii. Le acque del qual fiumicello beveansi dalle anime di coloro che passar doveano ad albergare in nuovi c
oro che passar doveano ad albergare in nuovi corpi, avendo esse virtù di far dimenticare interamente il passato ; per cui
o quasi tutt’i poeti, dice il Dizionario Storico-mitologico, le acque di Lete e tutte le cose che di quelle acque venivano
l Dizionario Storico-mitologico, le acque di Lete e tutte le cose che di quelle acque venivano asperse, oltre l’oblio, ind
nel quinto libro dell’Eneide diede al Dio del sonno un ramo stillante di umor Leteo ; ed Ovidio, nelle Metamorfosi, descri
fosi, descrivendo la casa del Sonno, vi fece scorrere intorno un ramo di questo fiume. L’Ariosto, nel Furioso, imitò l’ide
ella luna un gran fiume, nel quale erano da un vecchio gittati i nomi di tutt’i mortali. tranne alcuni pochi che certi ben
, prendevano un altro corpo per così dire ombratile e leggiero, privo di sangue, di carne e di ossa (1). Da Omero queste o
o un altro corpo per così dire ombratile e leggiero, privo di sangue, di carne e di ossa (1). Da Omero queste ombre chiama
corpo per così dire ombratile e leggiero, privo di sangue, di carne e di ossa (1). Da Omero queste ombre chiamansi simulac
po, o secondo altri, intorno alla palude Stigia, che loro era vietato di varcare, per lo spazio di cento anni (3). Credeva
no alla palude Stigia, che loro era vietato di varcare, per lo spazio di cento anni (3). Credevano pure i gentili che un c
ense su i sepoleri, che dicevansi inferiae. E principalmente le anime di coloro ch’eran da immatura morte rapiti, vagando
o si radunavano chi al foro per attendere alle liti, chi nella reggia di Plutone, e chi si occupava nelle arti professate
fessate in vita. Presso Omero le ombre trattano le cause al tribunale di Minos, ed Arione si esercita, come in vita, alla
rsi dalle ombre de’ morti, intendendo alcuni per Dei Mani una maniera di Dei Infernali che si placavano con certi sacrific
eri, e finalmente le pene stesse dell’inferno, come nel celebre luogo di Virgilio, ove si dice che ciascuno soffre i suoi
are ch’esce da tre gole, fa echeggiare quelle orrende bolge e riempie di spavento le ombre esangui (2). Omero(3) fa parola
bolge e riempie di spavento le ombre esangui (2). Omero(3) fa parola di questo mostro ch’egli chiama il mastino di Pluton
ui (2). Omero(3) fa parola di questo mostro ch’egli chiama il mastino di Plutone, ma non gli dà il nome di Cerbero. Esiodo
to mostro ch’egli chiama il mastino di Plutone, ma non gli dà il nome di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice for
i dà il nome di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito di una voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa f
di Cerbero. Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito di una voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa fig. del giga
Esiodo usa il nome Cerbero e lo dice fornito di una voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa fig. del gigante Tifeo e
voce di bronzo e di cinquanta teste ; lo fa fig. del gigante Tifeo e di Echidna. Comunemente però a questo famoso cane si
nno tre capi e tre gole ; e Virgilio (4) gli dà pure il collo crinito di serpenti. Alcuni poeti han finto che Cerbero tocc
o di serpenti. Alcuni poeti han finto che Cerbero toccato dalla verga di Mercurio restava assopito ; ma presso Virgilio (5
una mistura sonnifera. Orazio (6) finalmente, facendo plauso al canto di Orfeo, dice che alla dolcezza di quello dovette d
finalmente, facendo plauso al canto di Orfeo, dice che alla dolcezza di quello dovette darsi vinto il crudele guardiano d
altro luogo (7) il chiama bestia dalle cento teste. Le Furie, al dir di Virgilio (8), aveano nel primo entrar dell’Infern
far da carnefice delle anime condannate agli eterni supplicii. Al dir di Ovidio esse sedevano avanti le porte dell’eterno
l’eterno carcere, ed aveano serpenti per crini, o crini frammischiati di serpenti ; percui da’ Greci Tisifone si chiama da
otto all’insania, i ferali pensieri ed i rimorsi della coscienza sono di noi stessi il carnefice ; questi sono degli empii
urie che giorno e notte tormentano i parricidi. E Nerone, quel mostro di crudeltà, come Svetonio racconta (2), confessava
rone, quel mostro di crudeltà, come Svetonio racconta (2), confessava di non essersi potuto liberare dalle Furie che conti
arca le anime de’morti, chiamavasi Caronte, detto da Orazio satellite di Plutone. Il nostro Dante il descrive come un vecc
ome un vecchio bianco per antico pelo, ed il chiama Dimonio con occhi di bragia. Virgilio il fa nocchiero dell’Acheronte ;
e de’ morti, non già i corpi de’vivi ; percui con gravi parole ricusò di ricevere Enea nella sua nave e portarlo di là del
ui con gravi parole ricusò di ricevere Enea nella sua nave e portarlo di là della stigia palude (1). E di fatto ricordavas
evere Enea nella sua nave e portarlo di là della stigia palude (1). E di fatto ricordavasi Caronte che avendo per timore a
do per timore accolto Ercole nella sua barca, quando questo figliuolo di Giove volle andare all’inferno, donde portò via l
fio in una prigione. E temeva pure ch’ Enca imitato avesse l’audacia di Teseo e di Piritoo, che un dì tentarono di rapire
prigione. E temeva pure ch’ Enca imitato avesse l’audacia di Teseo e di Piritoo, che un dì tentarono di rapire la stessa
a imitato avesse l’audacia di Teseo e di Piritoo, che un dì tentarono di rapire la stessa Proserpina. Ma come vide l’aureo
vide l’aureo ramo, cadde l’ira del vecchio nocchiero, ed il figliuolo di Anchise fu tosto nell’affumicato legno accolto. Q
tosto nell’affumicato legno accolto. Questo nume infernale fu nipote di Demogorgone e fig. dell’Erebo e della Notte ; ed
di Demogorgone e fig. dell’Erebo e della Notte ; ed il nome Caronte è di origine egiziana, nel quale idioma esso significa
ifica un nocchiero. I gentili ponevano in bocca a’cadaveri una moneta di oro o di argento per pagare a Caronte il nolo del
nocchiero. I gentili ponevano in bocca a’cadaveri una moneta di oro o di argento per pagare a Caronte il nolo del loro pas
are il fio delle commesse scelleratezze. Si sa che Radamanto era fig. di Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale
delle commesse scelleratezze. Si sa che Radamanto era fig. di Giove e di Europa, come lo era l’altro infernale giudice Min
vea giustissime leggi a’Cretesi. Radamanto regnò nella Licia con fama di grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure di Gi
ò nella Licia con fama di grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure di Giove e di Europa, o di Egina, fig. del fiume Aso
ia con fama di grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure di Giove e di Europa, o di Egina, fig. del fiume Asopo, con ugu
i grandissima giustizia, come Eaco, fig. pure di Giove e di Europa, o di Egina, fig. del fiume Asopo, con ugual fama di gi
i Giove e di Europa, o di Egina, fig. del fiume Asopo, con ugual fama di giustizia regnò in quella contrada che dicevasi E
o Enone e che Eaco stesso chiamò. Egina dal nome della madre. La lode di giustissimo re gli meritò presso i poeti un posto
fa dire ad Ulisse, aver veduto nell’inferno Minos, l’illustre figlio di Giove, che assiso, con aureo scettro in mano, giu
hi in piedi, stavano al suo tribunale avanti la porta dell’ampia casa di Plutone. È noto infine che questo gran principe d
ta dell’ampia casa di Plutone. È noto infine che questo gran principe di Creta, di cui abbiam parlato nell’articolo di Gio
pia casa di Plutone. È noto infine che questo gran principe di Creta, di cui abbiam parlato nell’articolo di Giove, dettò
he questo gran principe di Creta, di cui abbiam parlato nell’articolo di Giove, dettò leggi di grandissima sapienza e fu p
e di Creta, di cui abbiam parlato nell’articolo di Giove, dettò leggi di grandissima sapienza e fu per fama di molta giust
’articolo di Giove, dettò leggi di grandissima sapienza e fu per fama di molta giustizia lodato a cielo da tutt’i poeti, p
usto per eccellenza ; e da Omero e da Orazio dicesi coscio de’segreti di Giove. VII. Storia de’più famosi malvagi posti
si malvagi posti da’poeti nell’inferno. Cominciamo da Tantalo, re di Lidia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e
da’poeti nell’inferno. Cominciamo da Tantalo, re di Lidia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e di Niobe ; e Gio
Cominciamo da Tantalo, re di Lidia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e di Niobe ; e Giove (2) era solito confid
mo da Tantalo, re di Lidia e fig. di Giove. Egli fu padre di Pelope e di Niobe ; e Giove (2) era solito confidargli ogni s
, avendolo pure ammesso alla sua mensa ; ma Tantalo ebbe l’imprudenza di svelare agli uomini le segrete cose del padre de’
per ciò da Giove condannato a stare nell’inferno in mezzo ad un lago di fresche e limpide acque che gli giungevano sino a
lla caduta del quale era continuamente atterrito. Quindi chiama sasso di Tantalo il timore di una guerra imminente. Orazio
era continuamente atterrito. Quindi chiama sasso di Tantalo il timore di una guerra imminente. Orazio (3) paragona a Tanta
ps). Dell’empia vivanda poi da Tantalo preparata agli Dei colle carni di Pelope, suo figlio, abbiamo altrove ragionato. A
o, gli va rodendo le viscere sempre rinascenti ; e ciò per aver osato di oltraggiare Diana. Pindaro (1) dice ch’egli fu da
are Diana. Pindaro (1) dice ch’egli fu da Diana stessa ucciso a colpi di frecce. Era di enorme statura, e da’più si dice c
aro (1) dice ch’egli fu da Diana stessa ucciso a colpi di frecce. Era di enorme statura, e da’più si dice che il suo corpo
norme statura, e da’più si dice che il suo corpo occupava nove iugeri di terra. Lucrezio (2) afferma che i poeti sotto l’i
ve iugeri di terra. Lucrezio (2) afferma che i poeti sotto l’immagine di Tizio ci han voluto rappresentare il tormento per
l’immagine di Tizio ci han voluto rappresentare il tormento perpetuo di un cuore signoreggiato da qualche veemente passio
e signoreggiato da qualche veemente passione. Sisifo poi, discendente di Eolo, regnò a Corinto dopo che Medea se ne allont
ell’inferno, condannato a dovere eternamente sollevare sino alla cima di un monte un gran macigno, donde, appena giunto, r
, ricadeva per un potere supremo nella valle sottoposta. Lo Scoliaste di Omero afferma che fu condannato a tal pena per av
sasso. A Sisifo soggiungiamo il famoso Issione, re de’Lapiti, e fig. di Flegias, chiamato perfido da Orazio, perchè ammes
hiamato perfido da Orazio, perchè ammesso da Giove alla sua mensa osò di oltraggiare la stessa Giunone. In pena della qual
one. In pena della quale arroganza ed ingratitudine Giove lo percosse di un fulmine e lo precipitò nel Tartaro, ove Mercur
recipitò nel Tartaro, ove Mercurio lo attaccò ad una ruota circondata di serpenti, che gira velocemente senza fermarsi un
attinsero dall’Egitto il loro Inferno ed i Campi Elisii. Diodoro di Sicilia riferisce che i Sacerdoti di Egitto trova
o ed i Campi Elisii. Diodoro di Sicilia riferisce che i Sacerdoti di Egitto trovavano scritto ne’loro annali che Orfeo
oro annali che Orfeo, Museo, Omero, Pittagora, Platone ed altri Greci di gran rinomanza, erano stati in quell’antichissimo
ltare la loro riposta sapienza ; e che quanto poteano vantare i Greci di più ammirabile, tutto l’aveano attinto da’loro sa
zioni, tutte erano state da Orfeo portate dall’Egitto nella Grecia. E di fatto Ermete chiamavasi in Egitto quegli che acco
fatto Ermete chiamavasi in Egitto quegli che accompagnava il cadavere di Api fino ad un certo luogo, ove da lui era conseg
certo luogo, ove da lui era consegnato ad un’uomo mascherato a guisa di Cerbero. Da Orfeo l’appresero i Greci ; e però Om
gli Egiziani nel linguaggio del popolo così chiamavasi quel fiume ; e di là delle porte del Sole, cioè di Eliopoli (ab ηλι
opolo così chiamavasi quel fiume ; e di là delle porte del Sole, cioè di Eliopoli (ab ηλιος, sol, et πολις, urbs), città d
che un luogo presso la palude Acherusia non lungi da Menfi, irrigato di belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di
Acherusia non lungi da Menfi, irrigato di belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di canne e di loto. Ora gli Egizi
i da Menfi, irrigato di belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di canne e di loto. Ora gli Egiziani erano soliti pe
irrigato di belle acque ed ombreggiato di ameni boschetti di canne e di loto. Ora gli Egiziani erano soliti per quella pa
vano Caronte, davasi un obolo pel trasporto ; da che è nata la favola di Caronte e della sua barca. Le varie dimore, dice
oltissime stanze, dagli anditi e dalle giravolte del famoso laberinto di Egitto, e sopra tutto da quelle ch’eran sotterra,
laberinto di Egitto, e sopra tutto da quelle ch’eran sotterra, al dir di Erodoto. I Coccodrilli sacri che gli Egiziani nud
Egiziani nudrivano in que’ luoghi sotterranei, han dovuto dare l’idea di que’mostri che i poeti allogarono nel regno di Pl
han dovuto dare l’idea di que’mostri che i poeti allogarono nel regno di Plutone e specialmente all’entrata di esso. Dall’
he i poeti allogarono nel regno di Plutone e specialmente all’entrata di esso. Dall’Egitto eziandio venne l’idea de’ giudi
i esso. Dall’Egitto eziandio venne l’idea de’ giudici dell’Inferno. E di fatto, dice Rollin, è noto che non era permesso i
tenere da un pubblico giudizio un tale onore. Si radunavano i giudici di là da un lago che tragittavano in una barca. Appe
no alla morte stendevasi, e ciascuno mosso dall’altrui esempio temeva di disonorare la sua memoria e la sua famiglia. Quan
re la sua memoria e la sua famiglia. Quando il morto non era convinto di alcun mancamento, sepellivasi con onore. Or chi n
iose dell’Egitto. L’Acheronte de’greci poeti fu inventato sul modello di un lago di Egitto, presso Menfi, detto Acherusa,
gitto. L’Acheronte de’greci poeti fu inventato sul modello di un lago di Egitto, presso Menfi, detto Acherusa, nelle spond
Mani (quasi summus Manium. Capell.), sebbene Ovidio (1) ne parla come di una divinità incerta. Ad esso attribuivansi i ful
ribuivansi i fulmini notturni, come a Giove quelli che si scagliavano di giorno (2). Presso Plauto (3) si adopera la voce
priv. et ειδω, video) che significano non vedere, perchè era signore di quel regno tenebroso ed oscuro, ovvero un Dio inv
eo (Αιδωνευς Hesiod.) che significa lo stesso. II. Storia favolosa di Plutone. Plutone (4) fu fig. di Saturno e di
lo stesso. II. Storia favolosa di Plutone. Plutone (4) fu fig. di Saturno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di
II. Storia favolosa di Plutone. Plutone (4) fu fig. di Saturno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e di Ne
Plutone (4) fu fig. di Saturno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di lo
) fu fig. di Saturno e di Rea o sia Opi, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di loro, e nel m
Opi, e quindi fratello di Giove e di Nettuno. Egli era il più giovane di loro, e nel modo stesso che i due primi, fu sottr
enitore. Nella divisione dell’universo a lui toccò l’inferno. Diodoro di Sicilia vuole che questa favola abbia avuto origi
o origine dall’essere stato Plutone il primo ad introdurre il costume di seppellire i morti e di rendere loro gli altri fu
ato Plutone il primo ad introdurre il costume di seppellire i morti e di rendere loro gli altri funebri onori. Ma pare più
chiama padre e giudice dell’inferno ; e Stazio il descrive nell’atto di giudicare le ombre senza misericordia di alcuno,
Stazio il descrive nell’atto di giudicare le ombre senza misericordia di alcuno, circondato dalle Furie e da ogni maniera
enza misericordia di alcuno, circondato dalle Furie e da ogni maniera di tormenti (2). Di Plutone poi, come degli altri in
poeti che hanno un cuore crudele ed inesorabile ; e ci vien descritto di una maestà truce e tremenda. Il suo capo, al dir
ci vien descritto di una maestà truce e tremenda. Il suo capo, al dir di Claudiano, è in oscura nube ravvolto ; dalla qual
oscura nube ravvolto ; dalla qual cosa ha potuto avere origine l’elmo di Plutone (Orci galea), armatura che rendeva invisi
onore (3). E la stessa Dacier osserva che gli antichi davano il nome di Giove non solo al signore del cielo, ma ancora al
volessero trarne lo stesso Plutone. III. Continuazione. Mitologia di Plutone di origine Egiziana e contenente un’alleg
trarne lo stesso Plutone. III. Continuazione. Mitologia di Plutone di origine Egiziana e contenente un’allegoria astron
, essere certa cosa che gli antichi sacerdoti greci, seguendo le orme di quelli di Egitto, hanno spesso inventato delle fa
erta cosa che gli antichi sacerdoti greci, seguendo le orme di quelli di Egitto, hanno spesso inventato delle favole che a
Luciano discorre dell’ Astrologia, fa chiaramente vedere che ne’poemi di Omero e di Esiodo vi ha un’ analogia grandissima
corre dell’ Astrologia, fa chiaramente vedere che ne’poemi di Omero e di Esiodo vi ha un’ analogia grandissima fra l’astro
l Plutone de’ Greci era il Serapide degli Egiziani, come dice Diodoro di Sicilia ; il quale Serapide era la stessa cosa ch
i Egizii rappresentavano il Sole, cioè il Genio solare, sotto il nome di Osiride, bisogna dire che il Plutone o il Giove i
isogna dire che il Plutone o il Giove infernale de’Greci, o l’Osiride di Egitto, era il sole d’inverno, cioè il sole che a
sconosciuto e nascosto emisfero percorre, come si ha da un frammento di Porfirio (1). Con questo principio possiamo spieg
to di Porfirio (1). Con questo principio possiamo spiegare l’opinione di coloro, i quali hanno preso Plutone per le ricche
viscere della terra per virtù degl’ influssi solari. Quest’ allegoria di Plutone, pel quale intendevasi il sole d’inverno,
che possa confermarsi con ciò che i mitologi dicono del celebre elmo di Plutone. Quando i giganti diedero la scalata al c
ale, sebbene non sembrasse formidabile a’giganti, nulladimeno fu loro di grandissimo danno, poichè avea la virtù di render
ganti, nulladimeno fu loro di grandissimo danno, poichè avea la virtù di rendere invisibili coloro che il portavano. Esiod
sibili coloro che il portavano. Esiodo, nella descrizione dello scudo di Ercole, dice che l’elmo di Plutone, di folte tene
ano. Esiodo, nella descrizione dello scudo di Ercole, dice che l’elmo di Plutone, di folte tenebre circondato, stava sul c
nella descrizione dello scudo di Ercole, dice che l’elmo di Plutone, di folte tenebre circondato, stava sul capo di quell
ce che l’elmo di Plutone, di folte tenebre circondato, stava sul capo di quell’eroe. Or le nubi di cui il sole nell’invern
di folte tenebre circondato, stava sul capo di quell’eroe. Or le nubi di cui il sole nell’inverno è sempre coperto, hanno
erno è sempre coperto, hanno senza dubbio fatto immaginare quest’elmo di Plutone. Oltre a ciò il Sig. Dupuis fa vedere che
oreale, bella costellazione posta presso il serpentario, secondo tipo di Giove terrestre o infernale. Questo au tore dimos
itrovi in Egitto o nella Fenicia ; dalla quale cosa presero argomento di fingere che in quell’isola Proserpina sia stata r
di fingere che in quell’isola Proserpina sia stata rapita da Plutone, di collocarla nell’inferno per sei mesi, e per altri
di collocarla nell’inferno per sei mesi, e per altri sei nel cielo, e di chiamarla sposa di Autunno, come la dice Orfeo in
inferno per sei mesi, e per altri sei nel cielo, e di chiamarla sposa di Autunno, come la dice Orfeo in un suo inno. IV
posa di Autunno, come la dice Orfeo in un suo inno. IV. Iconologia di Plutone. Alcuni vogliono che negli antichi mo
e aveano il capo inghirlandato, come dice Furnuto. Un raro medaglione di Adriano offre una figura ritta in piedi, avente l
condo Vaillant, questo straordinario tipo rappresenta i tre figliuoli di Saturno riuniti, che si riconoscono Giove, per l’
a, ed ora un’asta ; una volta sola la forca, e due soltanto col modio di Serapi-Plutone. Spesso i monumenti numismatici ci
mismatici ci offrono Plutone che rapisce Proserpina da lui portata su di una quadriga. Questo Dio rappresentasi sempre con
li da’ Ciclopi. I poeti ed i mitologi, dice Millin, ornarono la testa di Plutone di una corona di ebano, altri, di adianto
opi. I poeti ed i mitologi, dice Millin, ornarono la testa di Plutone di una corona di ebano, altri, di adianto o capelven
d i mitologi, dice Millin, ornarono la testa di Plutone di una corona di ebano, altri, di adianto o capelvenere, pianta ch
e Millin, ornarono la testa di Plutone di una corona di ebano, altri, di adianto o capelvenere, pianta che nasce nei luogh
i, profondi e scogliosi. Egli compariva sovente assiso sopra un trono di ebano ; così lo rappresentò in rilievo e circonda
lo rappresentò in rilievo e circondato dalle Ore sulla base del trono di Amiclea, il celebre scultore di Magnesia, Baticle
ondato dalle Ore sulla base del trono di Amiclea, il celebre scultore di Magnesia, Baticlete. Sovente vedesi sopra un carr
scultore di Magnesia, Baticlete. Sovente vedesi sopra un carro d’oro di antica forma, tirato da quattro neri e focosi cav
do che conveniva al principe delle tenebre. Il suo aspetto era quello di un uomo terribile assiso su di un trono di zolfo,
lle tenebre. Il suo aspetto era quello di un uomo terribile assiso su di un trono di zolfo, col regio scettro nella destra
Il suo aspetto era quello di un uomo terribile assiso su di un trono di zolfo, col regio scettro nella destra, mentre tie
iumi Lete, Cocito, Flegetonte, ed Acheronte. V. Principali epiteti di Plutone. Ades o Adesio, Adesius, Αδης, sopra
ali epiteti di Plutone. Ades o Adesio, Adesius, Αδης, soprannome di Plutone, da αδης pro αιδης, Orcus, o mors. Altor
Dio delle purificazioni che facevansi per le ombre de’ morti nel mese di Febbraio dagli antichi Romani. Esse dicevansi Feb
, purgare, espiare. Plutone eziandio fu detto Giove coll’aggiunto ora di nero, Iupiter niger, ora di Stigio, Iupiter Stygi
eziandio fu detto Giove coll’aggiunto ora di nero, Iupiter niger, ora di Stigio, Iupiter Stygius, ed ora di Ctonio, ευς Χθ
to ora di nero, Iupiter niger, ora di Stigio, Iupiter Stygius, ed ora di Ctonio, ευς Χθονιος, Giove terrestre. Ferale, so
imo riposo degli uomini. Tellumo, a tellus. VI. Alcune altre cose di Plutone. Omero(2) racconta che Ercole osò fer
ne altre cose di Plutone. Omero(2) racconta che Ercole osò ferire di saetta lo stesso Plutone alla porta del Tartaro,
saetta lo stesso Plutone alla porta del Tartaro, per cui diede grida di grandissimo dolore, e ne fu guarito da Peone, med
fu guarito da Peone, medico degli Dei, che avea pur sanata una ferita di Marte fattagli da Diomede. Lo scultore Cefisodoto
va, sono il frutto della pace. Ovidio dice che Plutone portava redini di rugginoso ferro, ch’era colore proprio di tutte l
che Plutone portava redini di rugginoso ferro, ch’era colore proprio di tutte le infernali cose, in guisa che di color fe
ferro, ch’era colore proprio di tutte le infernali cose, in guisa che di color ferrigno dicesi da Claudiano la sopravveste
se, in guisa che di color ferrigno dicesi da Claudiano la sopravveste di quel nume. Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli
o la sopravveste di quel nume. Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli di questo nume, di cui la cura era affidata ad Alett
di quel nume. Lo stesso Ovidio chiama neri i cavalli di questo nume, di cui la cura era affidata ad Aletto, che facevali
cui la cura era affidata ad Aletto, che facevali pascolare sulle rive di Cocito, e li attaccava al cocchio del suo signore
attaccava al cocchio del suo signore. A Plutone si offerivano vittime di color nero. Così Medea (4), volendo render propiz
capre si bruciavano sopra i suoi altari(5). Il cipresso era l’albero di Plutone, e perciò ponevasi qual segno funebre ava
on vi è speranza che mai più risorga. Nella Grecia era generale l’uso di ornare la porta delle case che rinchiudevano un c
le l’uso di ornare la porta delle case che rinchiudevano un cadavere, di rami di cipresso, perchè quest’albero vi era comu
di ornare la porta delle case che rinchiudevano un cadavere, di rami di cipresso, perchè quest’albero vi era comune. Ma i
erciò l’uso n’era riserbato a’ soli ricchi. Quindi Orazio afferma che di tutt’i beni nessuno lo seguirà alla tomba, salvo
Nomi diversi dati a questa Dea e lor ragione. Dovendo noi parlare di Proserpina, Dea dell’inferno, diciamo che questo
reco εϰας, procul, perchè dimora assai lungi da noi ; o un soprannome di Apollo, di lei fratello, detto Ecato, perchè come
procul, perchè dimora assai lungi da noi ; o un soprannome di Apollo, di lei fratello, detto Ecato, perchè come da Febo di
rgine, donzella, assolutamente si adopera a dinotare Proserpina, fig. di Cerere (2). II. Storia favolosa di Proserpina.
era a dinotare Proserpina, fig. di Cerere (2). II. Storia favolosa di Proserpina. Secondo Cicerone (3), Libera era
ndo Cicerone (3), Libera era la stessa che Proserpina, ed era sorella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi fig. di Gi
erpina, ed era sorella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi fig. di Giove primo e di Cerere, cioè del Cielo e della T
rella di Libero o Bacco ; e dal medesimo dicesi fig. di Giove primo e di Cerere, cioè del Cielo e della Terra, e reputavas
rapita da Plutone, signore dell’inferno, come a lungo si è raccontato di sopra ; e come consorte del fratello di Giove, fu
come a lungo si è raccontato di sopra ; e come consorte del fratello di Giove, fu tosto dichiarata regina de’silenziosi r
do mettere il piede negl’infernali luoghi, ad imitazione dell’ Ulisse di Omero, sacrifica all’uno ed all’altra per renders
o luogo abbiam detto, che Proserpina strappava pochi capelli dal capo di chi dovea morire e che così ne condannava la vita
e destinate al Dio dell’inferno ; e si sa che costumavano gli antichi di svellere de’peli dalla fronte di una vittima che
e si sa che costumavano gli antichi di svellere de’peli dalla fronte di una vittima che dovea sacrificarsi agli Dei e get
ttarli nel fuoco ; perciò si finge che Proserpina toglieva una ciocca di capelli agli uomini destinati quasi vittime alla
i destinati quasi vittime alla morte. Il Tartaro adunque era il regno di Proserpina ; percui presso Orazio vedere il regno
nel tempo loro prescritto dall’imperiosa Proserpina. E pure, ad onta di tanta potenza che vantar potea la moglie di Pluto
oserpina. E pure, ad onta di tanta potenza che vantar potea la moglie di Plutone, Piritoo e Teseo osarono con inudito cora
passaporto del ramo dalle foglie d’oro, essendoche, pel bel racconto di Virgilio(3), niuno entrar potea ne’bui regni dell
a Proserpina. Claudiano(1) introduce Plutone che, usando ogni maniera di argomenti per mitigare il dolore di Proserpina in
Plutone che, usando ogni maniera di argomenti per mitigare il dolore di Proserpina indegnamente rapita, fra le altre cose
ne de’loro arcani sacrificii(2), ne’quali era mestieri principalmente di grandissimo silenzio. Non di rado le maghe, le qu
2), ne’quali era mestieri principalmente di grandissimo silenzio. Non di rado le maghe, le quali alle loro erbe univano i
e le rive de’fiumi che alle maghe somministravano in gran copia erbe di efficacia e virtù incredibile ; le quali nascevan
ed infernali Iddii. E veramente esse ebbero gran parte nel rapimento di Proserpina. Plutone, dice Claudiano(4), volendo d
ccettar volesse lo scettro del tenebroso suo regno, irritato minaccia di scuotere l’universo fin dalle fondamenta. Ma le P
re, avendo appreso da Pan qual fosse il luogo, ove, dopo il rapimento di Proserpina, erasi ritirata Cerere, spedì a lei le
rche. Le loro preghiere calmarono quell’afflitta madre che acconsentì di rivedere la luce e di presentarsi al sovrano degl
e calmarono quell’afflitta madre che acconsentì di rivedere la luce e di presentarsi al sovrano degli Dei, il quale giurò
ivedere la luce e di presentarsi al sovrano degli Dei, il quale giurò di restituirle la figliuola, purchè la stessa gustat
rche(1). Il mentovato Claudiano dice che durante il tempo delle nozze di Plutone, esse cessarono da’loro lavori, e che fur
ze di Plutone, esse cessarono da’loro lavori, e che furono incaricate di ricondurre Proserpina sulla terra, allorchè giung
terra, allorchè giungea l’istante in cui il Destino le avea permesso di ritornare fra le braccia della propria madre. Or
oso nel Tartaro, erano riguardate come padrone dispotiche della sorte di tutti, di cui regolavano i destini, in guisa che
rtaro, erano riguardate come padrone dispotiche della sorte di tutti, di cui regolavano i destini, in guisa che quanto avv
ro. Lo Spanheim dimostra che gli antichi davano al Fato anche il nome di Parche ; e Lattanzio afferma che al Fato gli Dei
s) il tagliava. Secondo Tibullo(2), le Parche predicevano sul nascere di ciascuno il tenore della sua vita, filando quello
a sua vita, filando quello stame fatale che a nessuno de’ numi è dato di sciogliere. Secondo Igìno, esse erano fig. dell’E
bile della nostra sorte che, come dice, Orazio(1), la Divinità cuopre di caliginosa notte. Apollodoro però le dice fig. di
la Divinità cuopre di caliginosa notte. Apollodoro però le dice fig. di Giove e di Temi. Alcuni vogliono che furon dette
à cuopre di caliginosa notte. Apollodoro però le dice fig. di Giove e di Temi. Alcuni vogliono che furon dette Parche per
οιρα, fato, perchè le Parche spesso si confondono col fato. Nell’inno di Mercurio attribuito ad Omero, il soggiorno delle
il Parnasso ; il che conviene molto bene colla bellissima invenzione di Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sull
nvenzione di Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e di Teti, introduce le Parche che cantano
i Catullo, il quale nel suo celebre epitalamio sulle nozze di Peleo e di Teti, introduce le Parche che cantano i grandi de
arche che, volgendo i loro fusi, cantano gli eterni decreti del Fato, di cui erano ministre(2). Da un verso del lodato poe
Da un verso del lodato poeta(3) si scorge che le Parche erano vestite di un abito ricamato di rami di quercia, come alcuni
o poeta(3) si scorge che le Parche erano vestite di un abito ricamato di rami di quercia, come alcuni interpetri vogliono,
3) si scorge che le Parche erano vestite di un abito ricamato di rami di quercia, come alcuni interpetri vogliono, sebbene
di quercia, come alcuni interpetri vogliono, sebbene altri intendano di una corona di quercia che portano sul capo, perch
ome alcuni interpetri vogliono, sebbene altri intendano di una corona di quercia che portano sul capo, perchè anche Platon
ano sul capo, perchè anche Platone dice ch’esse aveano il capo ornato di corone ; e ne’frammenti di Sofocle Proserpina si
Platone dice ch’esse aveano il capo ornato di corone ; e ne’frammenti di Sofocle Proserpina si finge coronata di frondi di
to di corone ; e ne’frammenti di Sofocle Proserpina si finge coronata di frondi di quercia. Secondo lo stesso Catullo la v
ne ; e ne’frammenti di Sofocle Proserpina si finge coronata di frondi di quercia. Secondo lo stesso Catullo la veste delle
Secondo lo stesso Catullo la veste delle Parche era bellamente orlata di porpora di Tiro ; ed Orfeo le dice coperte della
stesso Catullo la veste delle Parche era bellamente orlata di porpora di Tiro ; ed Orfeo le dice coperte della più risplen
lla più risplendente e lucida porpora. Baticlete sulla base del trono di Amicleo pose le Parche insieme colle Ore intorno
a Plutone ; ed a Megara erano state scolpite da Teocosmo sulla testa di un Giove, forse per dinotare che anche questo num
ve, forse per dinotare che anche questo nume era soggetto al Destino, di cui le Parche erano ministre. Nel palazzo Pitti a
le Parche erano ministre. Nel palazzo Pitti a Firenze vi è un quadro di Michelangelo rappresentante le Parche colla conoc
o rappresentante le Parche colla conocchia, col fuso e colle forbici, di così grande espressione che riempiono di spavento
a, col fuso e colle forbici, di così grande espressione che riempiono di spavento a vederle. Il destino di ciascuno dagli
sì grande espressione che riempiono di spavento a vederle. Il destino di ciascuno dagli antichi si credeva scritto in un l
gge che Giove stesso con Venere va a consultarlo per leggervi il fato di Giulio Cesare. Questa specie di archivio, in cui
va a consultarlo per leggervi il fato di Giulio Cesare. Questa specie di archivio, in cui la fatale serie delle cose vedev
l luogo, ove soggiornano le tre sorelle, cioè le Parche, ed era fatto di bronzo e di solido ferro, sebbene la fatal sorte
soggiornano le tre sorelle, cioè le Parche, ed era fatto di bronzo e di solido ferro, sebbene la fatal sorte de’monarchi
e la fatal sorte de’monarchi vi era scritta sul diamante, come quella di Cesare, in quella guisa che presso Claudiano A tr
a che presso Claudiano A tropo sul diamante segna le fatidiche parole di Giove. Alle volte vediamo le Parche occupate a ca
ve. Alle volte vediamo le Parche occupate a cantare il felice destino di alcuni, come nell’epitalamio di Catullo predicano
occupate a cantare il felice destino di alcuni, come nell’epitalamio di Catullo predicano il fato glorioso di Achille ; e
di alcuni, come nell’epitalamio di Catullo predicano il fato glorioso di Achille ; e spesso prescrivono il tempo che l’uom
ge, allorchè parla del fatale tizzone, al quale era attaccata la vita di Meleagro. Esse presiedono al ritorno dall’inferno
ttaccata la vita di Meleagro. Esse presiedono al ritorno dall’inferno di tutti coloro che, essendovi entrati, a veano da P
oloro che, essendovi entrati, a veano da Plutone ottenuto il permesso di uscirne, come Cerere, Bacco, Ercole, Teseo ed alt
e si servono del ministero degli uomini per togliere la vita a coloro di cui è compiuto il corso. Così elegantemente Virgi
ilio(3) per significare che Aleso dovea morire per mano del figliuolo di Evandro, dice che le Parche gli posero le mani ad
che le Parche gli posero le mani addosso e lo consacrarono alle armi di Evandro, cioè di Pallante, suo figlio. Il veloce
i posero le mani addosso e lo consacrarono alle armi di Evandro, cioè di Pallante, suo figlio. Il veloce avvolgersi de’lor
Parche con immutabile volontà regolavano(4). Per significare un uomo, di cui la vita fosse stata una serie di sventure, di
ano(4). Per significare un uomo, di cui la vita fosse stata una serie di sventure, dicevasi che in sul suo nascere la Parc
con volto nugoloso(1). E questo basti delle Parche. IV. Iconologia di Proserpina. Proserpina per ordinario si rappr
per ordinario si rappresenta assisa allato a Plutone, sopra un trono di ebano e con una fiaccola in mano ; ovvero sopra u
no de’ narcissi ch’ella raccoglieva, quando fu rapita da Plutone. Non di rado si vede col calato sul capo, il qual vaso o
si vede col calato sul capo, il qual vaso o paniere simile a quelli, di cui servivansi in Grecia per coglier fiori, era s
ro che teneva Proserpina, allorchè fu rapita da Plutone. Il rapimento di questa Dea è quasi il solo avvenimento della sua
scultori abbiano rappresentato. Plinio(2) scrive che Prassitele fece di bronzo una Proserpina rapita, opera ch’egli chiam
rpina rapita, opera ch’egli chiama bellissima. Lo stesso autore parla di un ratto di Proserpina rappresentato in un quadro
, opera ch’egli chiama bellissima. Lo stesso autore parla di un ratto di Proserpina rappresentato in un quadro di Nicomaco
sso autore parla di un ratto di Proserpina rappresentato in un quadro di Nicomaco, che vedevasi nel Campidoglio in un temp
o in un quadro di Nicomaco, che vedevasi nel Campidoglio in un tempio di Minerva. Sopra un vaso della galleria del princip
on ampio peplo ; sulla testa ha un diadema gemmato ed è adorna ancora di una collana e di due braccialetti con perle. Sopr
sulla testa ha un diadema gemmato ed è adorna ancora di una collana e di due braccialetti con perle. Sopra i medaglioni e
ana e di due braccialetti con perle. Sopra i medaglioni e le medaglie di Siracusa vedesi la testa di Proserpina che fu pre
n perle. Sopra i medaglioni e le medaglie di Siracusa vedesi la testa di Proserpina che fu presa da alcuni per quella di A
acusa vedesi la testa di Proserpina che fu presa da alcuni per quella di Aretusa, credendo di raffigurarvi delle foglie di
di Proserpina che fu presa da alcuni per quella di Aretusa, credendo di raffigurarvi delle foglie di canne, nelle spighe
a alcuni per quella di Aretusa, credendo di raffigurarvi delle foglie di canne, nelle spighe che le servono di corona ; ma
do di raffigurarvi delle foglie di canne, nelle spighe che le servono di corona ; ma la parola Κορας, donzella, che trovas
te medaglie, prova ch’essa è una Proserpina, la quale, essendo figlia di Cerere, può benissimo essere coronata di spighe,
na, la quale, essendo figlia di Cerere, può benissimo essere coronata di spighe, come la madre. V. Epiteti principali d
mo essere coronata di spighe, come la madre. V. Epiteti principali di Proserpina. Antesforia, da ανθος, fiore, e φ
ta. Core, gr. Κορη, donzella ; soprannome che leggesi nelle medaglie di Sicilia, come abbiam detto. Clonia, gr. Χθονιϰ,
trove si è detto. Libera, lat. Libera, così detta da Libero o Bacco, di cui si voleva sorella. Libitina, lat. Libitina,
ie eran feste celebrate in Sicilia ed in Atene in memoria delle nozze di Proserpina con Plutone. VI. Alcune altre cose
moria delle nozze di Proserpina con Plutone. VI. Alcune altre cose di Proserpina. Proserpina, dice il Banier, o Giu
Banier, o Giunone Stigia, la quale spesso disputa ad Atropo l’uffizio di reci dere il filo della nostra vita, fu posta anc
nel numero delle Parche. Or ecco come questo Autore spiega la favola di esse. La loro grande vecchiezza significa l’etern
le Muse, ciò vuol dire che quelle Dee regolano l’armonia maravigliosa di esse, in cui consiste l’ordine ed il sistema dell
terile(1), in segno della sua sterilità. Il simbolo poi più ordinario di questa Dea era il papavero, come l’emblema del so
papavero, come l’emblema del sonno de’morti. Consiglio generale di pubblica instruzione Napoli 13 Settembre 1856
Vista la domanda del tipografo Andrea Festa, con la quale ha chiesto di porre a stampa l’opera intitolata : Compendio di
la quale ha chiesto di porre a stampa l’opera intitolata : Compendio di Mitologia per uso de’ giovanetti del Sacerdote D
che non si darà se prima lo stesso Regio Revisore non avrà attestato di aver riconosciuto nel confronto esser l’impressio
o esser l’impressione uniforme all’originale approvato. Il Consultore di Stato Presidente Provvisorio Cav. Capomazza Il
s Cyttarus. Georg. III. v. 89. Amicla era città della Laeouia, reggia di Tindaro, ove furono allevati Castore e Polluce.
(2). In Eliac. cap. 18. (3). Aen. VI, v. 864 sqq. (1). Labus Mus. di Mantova. vol. III. tav. 13. (1). Met. XV, v. 196
rer. v. 10, sqq. (3). Virg. Georg. I, v. 212. (1). Stellio, specie di lucertola. (1). Cic. Verr. II, cap. 2. (2). De
6 (1824) Breve corso di mitologia elementare corredato di note per uso de’ collegi della capitale, e del regno pp. 3-248
ai migliori mitologi tanto Italiani, che oltramontani, e si è pensato di escluderne non solo quanto riguardar poteva la pa
o di escluderne non solo quanto riguardar poteva la parte più sublime di questa Scienza, e non ancora a portata de’ princi
tile, istruttivo : accresciuto e corretto dall’autore, e colla giunta di un trattato sulle Divinità favolose adorate dai N
Storia, e la spiegazione della favola. L’indica il suo nome composto di due voci Greche, le quali unite significano disco
lici favole : noi le consideriamo come piacevoli invenzioni, o tratti di spirito destinati talvolta a spiegare, o piuttost
on doversene punto dubitare, e non vedevano nel tutto, che il sistema di religione dagl’Iddj ad essi presentato, e che i P
dotti si sono a maggior segno affaticati per rintracciare la sorgente di tali invenzioni : essi hanno azzardato le più pla
he potessero appagare almeno la fantasia : ma non mai loro è riuscito di poter dire : ecco la verità. Taluni hanno rinvenu
dire : ecco la verità. Taluni hanno rinvenuto nelle favole l’abbozzo di varj effetti naturali2 : altri hanno creduto, che
rj effetti naturali2 : altri hanno creduto, che contenessero precetti di morale ; parecchi si sono avvisati, che racchiude
visati, che racchiudessero istoriche verità sfigurate dalla bizzarria di una immaginazione amica della menzogna : non escl
diverse figure simboliche de’ lavori dell’agricoltura. A qual dunque di tanti sistemi ci appiglieremo ? L’incertezza, e l
problema non lascia luogo alla scelta. Vi sono bensì delle favole, il di cui sviluppo è si chiaro, che per negarlo bisogne
nunciare all’istessa evidenza. In quelle solamente non si può perdere di vista l’oggetto misterioso, che l’antichità si ha
nota. Ma tali sistemi, ed interpetrazioni sarebbero all’intutto fuori di proposito in un’ opera fatta per darci le idee pr
uzione, e la pubblica felicità, come chiaramente rilevasi dalle opere di Omero, e di Esiodo1. Del vantaggio della Mitolo
pubblica felicità, come chiaramente rilevasi dalle opere di Omero, e di Esiodo1. Del vantaggio della Mitologia. Ma d
l frutto non può essere che scarsissimo : ma per l’opposto ci fornirà di grandi vantaggi per bene intendere le opere degli
e opere degli antichi, per la lettura de’ poeti, e per l’intelligenza di tanti lavori dell’ultima perfezione usciti dallo
che rimbomba nell’acre, è una Ninfa, che si duole, o piange la morte di Narciso. Così il poeta nella nobile combinazione
o piange la morte di Narciso. Così il poeta nella nobile combinazione di tante finzioni aleggia nella sua fantasia : adorn
o assai spesso i poeti cangiato le favole a lor talento, non è facile di tenere un metodo esatto delle loro vantate invenz
re un metodo esatto delle loro vantate invenzioni. Omero non è sempre di accordo con Esiodo : e Ovidio, che visse molto do
ostanza ci avverte, che gli antichi scrittori si assumevano il dritto di far parlare, ed agire a lor talento gli Dei : e t
are, ed agire a lor talento gli Dei : e talvolta abusavano pur troppo di un tal privilegio. Se non è agevole cosa il conci
ielo ad un novello Dio1. Ma fa d’uopo osservare, che la maggior parte di questi Dei sconosciuti nel sistema mitologico, o
, o molto poco vi sono nominati, o per nulla vi entrano. La divisione di quest’opera ci darà un’ idea della Mitologia in g
, Vesta, Apollo, Diana, Venere, Marte, Vulcano. I rimanenti otto numi di prim’ordine erano il Destino, Saturno, Genio, Plu
Bacco, Amore, Cibele, e Proserpina 2. Vedremo in seguito le Divinità di secondo ordine, che preseggono ai campi, ai fiori
Tra questi Agamennone, Ulisse, ec. ec. Vi ha altresì una moltitudine di favole accoppiate alla storia degli Dei, ma che p
altro non forma una parte del sistema religioso. Tali erano le favole di Bauci, e Filemone, di Piramo, e Tisbe, ed altre c
rte del sistema religioso. Tali erano le favole di Bauci, e Filemone, di Piramo, e Tisbe, ed altre consimili. Finalmente g
Tisbe, ed altre consimili. Finalmente gli Uomini fermi nel principio di un’idea sublime, e consolante, che la Divinità re
uardiamo tali Divinità come semplici figure allegoriche1. Divinità di prim’ordine. Il Destino. Non perchè abb
r questo noi considerarlo come il più degno fra gli Dei, e nel dritto di riscuotere gli omaggi de’ mortali : che anzi a lu
cuotere gli omaggi de’ mortali : che anzi a lui non si faceva offerta di veruna sorta, poichè niente poteva sperarsi dal m
tien un libro ove è descritto il futuro : gli Dei avevano la facoltà di poter consultare cotesto libro2. Spesse fiate i p
ibro2. Spesse fiate i poeti confondono il nome del Destino con quello di Legge immutabile, privandolo della Divinità. I
e materie, ond’è composto l’Universo. Vien egli rappresentato in atto di assegnare ad ogni elemento il suo posto. Agitando
di assegnare ad ogni elemento il suo posto. Agitandosi in un ammasso di luce sembra dissipare da per ogni dove la densità
el zodiaco comincia a comparire sulla sua testa. Si dà ancora il nome di Caos alla mole indigesta, che formavano gli eleme
vano gli elementi prima che fossero segregati. Ecco il sublime tratto di Ovidio tradotto dall’Anguillara, nel quale trovia
locato seme : Anzi era l’un contrario all’altro opposto Per le parti di mezzo, e per l’estremo : Fea guerra il lieve al g
l secco l’umor, col freddo il caldo. ……………………………… Ma quel che ha cura di tutte le cose, La natura migliore, e ’l vero Dio,
blime loco. ……………………………… Abbiamo quì rapportato un picciolo squarcio di questo celebre pezzo di Ovidio, per far conoscere
Abbiamo quì rapportato un picciolo squarcio di questo celebre pezzo di Ovidio, per far conoscere l’idea, che avevano gli
in moto per formarne l’universo. Il dippiù si potrà leggere nel testo di Ovidio, e presso il suo anzidetto traduttore.
a certa età, si rivoltarono contro lo stesso loro padre, ad eccezione di Oceano. Ma Urano ebbe il di sopra, e li condannò
contro lo stesso loro padre, ad eccezione di Oceano. Ma Urano ebbe il di sopra, e li condannò ad essere eternamente legati
eternamente legati : il solo Saturno andò esente da tal pena per cura di Titea per essere il prediletto. Questi animato da
cura di Titea per essere il prediletto. Questi animato dallo spirito di vendetta spezzò le catene de’ suoi fratelli, e s’
ungendo all’usurpazione il parricidio, mutilò suo padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato. Dal sangue di
padre con una falce di ferro, che sua madre gli avea dato. Dal sangue di Urano, che si sparse sulla terra nacquero i Gigan
ma. Saturno. Titano, perchè il primogenito, dovea essere l’erede di Urano : egli dunque reclamò l’imperio : ma Saturn
aggiustamento, che gli propose Titano, col quale Saturno si obbligava di non allevar figli maschi, affinchè il governo fos
evar figli maschi, affinchè il governo fosse ritornato nella famiglia di Titano. Tantoppiù Saturno prestò orecchio a tale
ata la vita. Il solo Giove fu esente da tale disgrazia, mercè le cure di Cibele sua madre, che accorgendosi essere incinta
retamente da Titèa si ritirò in una grotta Chiamata Dittèa nell’isola di Creta, ed ivi partorì Giove, e Giunone ; affidò i
o raccomandò ai Cureti, o sieno Coribanti, Sacerdoti vestiti a foggia di guerrieri ; ma bensì ritenne presso di se Giunone
ti, Sacerdoti vestiti a foggia di guerrieri ; ma bensì ritenne presso di se Giunone, poichè il trattato stabilito con Tita
ale gli fece recere i figli da lui precedentemente divorati. Il Regno di Saturno però non ebbe molta durata. Il torbido su
turno però non ebbe molta durata. Il torbido suo umore, e ’l coraggio di Giove turbarono la sua felicità. Egli in fine fu
così dal Latino latere, perchè ivi si nascose per sottrarsi dall’ira di Giove. Fu accolto da Giano, principe Tessalo, che
e Tessalo, che regnava allora nel Lazio. Col consiglio, ed assistenza di questo Dio, Giano civilizzò i suoi popoli, insegn
dagli uomini. Fu ascritto egli stesso al numero degli Dei, col titolo di Dio della pace. Il suo Tempio era chiuso, allorch
era chiuso, allorchè la guerra era finita : onde in seguito dicevasi di qualche principe Romano, che aveva data la pace a
omano, che aveva data la pace all’imperio : Egli ha chiuso il tempio di Giano . Egli era effigiato a due facce : sia perc
era effigiato a due facce : sia perchè avendo egli il dritto sul mese di Gennajo riguardasse l’anno scorso, e quello, che
a, e sopraffatto dalla disperazione ritirossi nella Sicilia, ove morì di dispiacere. Questa è la favola di Saturno : una d
e ritirossi nella Sicilia, ove morì di dispiacere. Questa è la favola di Saturno : una delle più chiare, e facili a spiega
mente ci restituisce i giorni, e le notti. Cibele. Cibele figlia di Urano, presso i Greci Cibebe, era la sorella, e l
le figlia di Urano, presso i Greci Cibebe, era la sorella, e la sposa di Saturno, a cui partorì molti figli. Varj furono i
rno, a cui partorì molti figli. Varj furono i suoi nomi. Ebbe il nome di Cibele da una montagna della Frigia : come pure T
ta ; fu chiamata Magna Mator, o Mater Deum, qual Madre delle Divinità di prim’ordine ; come altresì Vesta l’antica per dis
Titèa sua madre. Questa Dea ci viene rappresentata sotto le sembianze di una donna robusta, coronata di foglie di quercia,
viene rappresentata sotto le sembianze di una donna robusta, coronata di foglie di quercia, avendo in mano una chiave, ed
resentata sotto le sembianze di una donna robusta, coronata di foglie di quercia, avendo in mano una chiave, ed un timpano
rcia, avendo in mano una chiave, ed un timpano con sopravveste sparsa di fiori, assisa sopra di un carro tirato da’ lioni1
a chiave, ed un timpano con sopravveste sparsa di fiori, assisa sopra di un carro tirato da’ lioni1. Talvolta è figurata a
lioni1. Talvolta è figurata all’impiedi, o cavalcando un lione, e non di rado con un piede in terra, ed un altro sul rostr
un lione, e non di rado con un piede in terra, ed un altro sul rostro di una nave, per dinotare il di lei dominio sull’uno
n piede in terra, ed un altro sul rostro di una nave, per dinotare il di lei dominio sull’uno, e l’altro elemento. In pare
uno, e l’altro elemento. In parecchi templi dell’antichità, le statue di Cibele altro non erano, che semplici piramidi, pe
del suo sopracciglio tremava l’Universo : il Fato solamente aveva su di lui la preminenza(1). Dopo aver vinto Saturno, eg
e, un tridente per Nettuno ; a Giove fu riserbato il fulmine composto di grandine, di acqua, di fuoco, di vento, con framm
e per Nettuno ; a Giove fu riserbato il fulmine composto di grandine, di acqua, di fuoco, di vento, con frammischiarvi la
uno ; a Giove fu riserbato il fulmine composto di grandine, di acqua, di fuoco, di vento, con frammischiarvi la luce, lo s
ove fu riserbato il fulmine composto di grandine, di acqua, di fuoco, di vento, con frammischiarvi la luce, lo scoppio, il
ro la sua reggia, sovrapposero montagne sopra montagne. Temendo Giove di soccombere, chiamò in suo ajuto tutte le divinità
ajuto tutte le divinità. La Dea Stige, che regnava sopra ai fiumi, le di cui acque circondavano l’inferno, fu la prima ad
ui acque circondavano l’inferno, fu la prima ad accorrere in soccorso di Giove, recando seco la Vittoria, il Potere, l’Emu
da lei nati. Per compenso volle Giove, che i giuramenti fatti in nome di Stige neppure i Dei potessero violare. Il Destino
a altresì predetto, che per ultimar questa guerra ci voleva la destra di un uomo : Giove a tal tempo si servì di Ercole, c
ta guerra ci voleva la destra di un uomo : Giove a tal tempo si servì di Ercole, che diede non equivoci contrassegni del s
oprattutto si distinse Minerva, che seppellì Encelado sotte l’Etna, i di cui sforzi si risentono tuttavia, al dire de’ Poe
fiamme, e sassi per liberarsi dal grave peso, che l’opprime. Per mano di Minerva cadde pur il Gigante Pallante, della di c
e l’opprime. Per mano di Minerva cadde pur il Gigante Pallante, della di cui pelle ella si coprì, con prenderne anche il n
pelle ella si coprì, con prenderne anche il nome ad eterna ricordanza di tale vittoria. Cadde finalmente in questa guerra
il terrore, che ispirava. Egli aveva cento teste con serpenti armati di lingue nere, ed avvelenate, vibranti urli che inc
i presero la fuga, e si nascosero colà nell’Egitto sotto le sembianze di diversi animali ; ma Giove più coraggioso abbattè
tente nemico : lo rovesciò, e restituì la pace all’Olimpo. In seguito di tale vittoria, che sommamente accrebbe la potenza
impo. In seguito di tale vittoria, che sommamente accrebbe la potenza di Giove, volle questi occuparsi del governo del Mon
i si diede in preda sì fattamente, che la sua maestà fu più degradata di quello, che sarebbe avvenuto ad un uomo. Noi avre
quello, che sarebbe avvenuto ad un uomo. Noi avremo sovente occasione di parlare delle diverse sembianze, sotto le quali s
la sua dignità. Omero, che ci ha data fra i poeti un’idea più nobile di Giove, ce lo dipinge accigliato, colla fronte cov
che a suo talento distribuisce. Talvolta è rappresentato assiso sopra di un carro, e spessissimo sopra l’aquila, che per t
o sopra l’aquila, che per tale ragione chiamasi comunemente l’Augello di Giove. L’armatura, che difendeva questo Dio, era
Capra, che in progresso fu donata a Minerva, che ci appiccò la testa di Medusa. Vedremo non di rado Giove sotto la figura
o fu donata a Minerva, che ci appiccò la testa di Medusa. Vedremo non di rado Giove sotto la figura di un ariete, o almeno
appiccò la testa di Medusa. Vedremo non di rado Giove sotto la figura di un ariete, o almeno colle corna di questo animale
non di rado Giove sotto la figura di un ariete, o almeno colle corna di questo animale, detto perciò Giove Ammone, o sia
per cavarsi la sete. Appena che questo Dio ebbe implorato il soccorso di Giove, si vide innanzi un ariete, che battendo la
n ariete, che battendo la terra col suo piede ne scaturì una sorgente di acqua. Bacco riconoscente innalzò un altare al su
onoscente innalzò un altare al suo benefattore sotto la denominazione di Giove Ammone (2). Giunone. Giunone era sorell
zione di Giove Ammone (2). Giunone. Giunone era sorella, e moglie di Giove. Per tale gli Dei la riconoscevano. La sua
maestà del suo grado : ma il suo orgoglio era insoffribile. Parlando di se stessa, ella dicea « Io sposa, e sorella di ch
insoffribile. Parlando di se stessa, ella dicea « Io sposa, e sorella di chi regge il tuono, Regina degli Dei, del Cielo,
palese al Mondo, che questi Dei sì potenti nulla possono al paragone di me » ! Virg. I risultati di questo rispettabile m
Dei sì potenti nulla possono al paragone di me » ! Virg. I risultati di questo rispettabile matrimonio non furono altrett
impo era testimonio de’ loro pettegolezzi. La Dea non perdeva giammai di vista tutti gli andamenti del suo sposo, e perseg
nti del suo sposo, e perseguitava a morte chiunque poteva darle ombra di sospetto. Sfogò il suo sdegno principalmente sopr
eva darle ombra di sospetto. Sfogò il suo sdegno principalmente sopra di Io, Europa, Semele, e Latona. Argo fornito di cen
no principalmente sopra di Io, Europa, Semele, e Latona. Argo fornito di cent’occhi, che aveva in guardia Io cangiata da G
zzato da Mercurio, e transformato in pavone. La Dea in compenso della di lui fedeltà appiccò gli occhi del suddetto alla c
perchè accompagnava la sposa alla casa del marito. Per testimonianza di Cicerone fu altresì detta Moneta dal Latino moner
Latino monere per una voce, che fu udita nel suo tempio in occasione di un fiero terremoto, colla quale si avvertivano i
occasione di un fiero terremoto, colla quale si avvertivano i Romani di sacrificare una troja gravida per placare lo sdeg
rticolarmente. Crucciata Giunone per essere nata Minerva dal cervello di Giove senz’averci avuta parte, volle altresì ella
ndicato un fiore, che appena toccato dalla Dea la fece diventar madre di Marte. La sempre bella Ebe era la Dea della giovi
. La sempre bella Ebe era la Dea della giovinezza. Il suo impiego era di porgere il nettare agli Dei : ma cessarono le sue
are agli Dei : ma cessarono le sue funzioni, dacchè ebbe la disgrazia di cadere una volta al di loro cospetto. A tale uffi
rono le sue funzioni, dacchè ebbe la disgrazia di cadere una volta al di loro cospetto. A tale uffizio fu destinato il gen
elo sulla terra con un calcio. Vulcano non curò questo maltrattamento di suo padre, ma non perdonò a sua madre, che lo ave
cano volle essere il ministro. Egli sospese in aria Giunone per mezzo di due pietre di calamita colle incudini attaccate a
ere il ministro. Egli sospese in aria Giunone per mezzo di due pietre di calamita colle incudini attaccate ai calcagni, do
dietro le spalle con una catena d’oro. Invano gli Dei si affaticarono di liberarla : il solo Vulcano poteva darle ajuto :
rla : il solo Vulcano poteva darle ajuto : ma questi non si determinò di farlo, se non a condizione, che gli si darebbe in
e, che gli si darebbe in isposa Venere la più bella fralle Dee. Oltre di Argo aveva Giunone al suo servizio anche una mess
a Giunone al suo servizio anche una messaggiera per nome Iride figlia di Taumante, e di Elettra, e sorella delle Arpìe. El
o servizio anche una messaggiera per nome Iride figlia di Taumante, e di Elettra, e sorella delle Arpìe. Ella era assai ca
rco celeste. Giunone è rappresentata riccamente vestita, assisa sopra di un carro tirato da pavoni, portando lo scettro in
cettro in mano, ed un pavone al suo fianco. Cerere. Cerere figlia di Soturno, e di Cibele era la Dea delle biade, e de
, ed un pavone al suo fianco. Cerere. Cerere figlia di Soturno, e di Cibele era la Dea delle biade, e de’ campi. Ella
diva benefica ebbe da Giove la rinomata Proserpina, infelice cagione di tante sue sciagure. Mentre un giorno questa giova
tante sue sciagure. Mentre un giorno questa giovane Dea in compagnia di alcune Ninfe passeggiava per le praterìe di Sicil
giovane Dea in compagnia di alcune Ninfe passeggiava per le praterìe di Sicilia accanto la fontana di Enna, incontrossi c
lcune Ninfe passeggiava per le praterìe di Sicilia accanto la fontana di Enna, incontrossi con Plutone, che lasciato per p
orrisposto, la rapì, e la fece sedere nel suo carro tirato da cavalli di color nero a dispetto delle lagnanze di Minerva,
l suo carro tirato da cavalli di color nero a dispetto delle lagnanze di Minerva, e Cianea, che fu punita per tal cagione
tal cagione da Plutone, con averla cangiata in un fonte ne’ contorni di Siracusa. Al momento, che Cerere si accorse della
ontorni di Siracusa. Al momento, che Cerere si accorse della mancanza di sua figlia, l’andò di notte, e di giorno cercando
l momento, che Cerere si accorse della mancanza di sua figlia, l’andò di notte, e di giorno cercando per tutta la terra co
he Cerere si accorse della mancanza di sua figlia, l’andò di notte, e di giorno cercando per tutta la terra con fiaccole a
nell’Etna. Ritrovò ella il velo, che a Proserpina era caduto sul lago di Siracusa nel volersi difendere dalla violenza di
era caduto sul lago di Siracusa nel volersi difendere dalla violenza di Plutone : e dalla Ninfa Aretusa, le cui acque sco
nferno, che nel solo caso ch’ella non avesse gustato alcun nutrimento di qualunque sorta. Ascalafo l’accusò di aver mangia
avesse gustato alcun nutrimento di qualunque sorta. Ascalafo l’accusò di aver mangiato de’ granelli di un pomo granato, pe
o di qualunque sorta. Ascalafo l’accusò di aver mangiato de’ granelli di un pomo granato, per la qual denuncia fu cangiato
r la qual denuncia fu cangiato in gufo : ma fu accordato a Proserpina di poter passare sei mesi con sua madre, ed altretta
vamente all’agricoltura con insegnarne i principj a Trittolemo figlio di Celèo Re di Eleusi, inculcando al medesimo che ne
agricoltura con insegnarne i principj a Trittolemo figlio di Celèo Re di Eleusi, inculcando al medesimo che ne avesse isti
ando al medesimo che ne avesse istituiti altresì gli uomini. In vista di tal comando scorse Trittolemo l’Asia, e l’Europa.
’Europa. Mancò poco però, che nella Scizia non fosse perito per parte di Linco geloso della preminenza, che in tal mestier
nza, che in tal mestiere a Trittolemo aveva Cerere accordata. In pena di sua perfidia Linco fu trasmutato in Lince, animal
tato in Lince, animale ch’è simbolo della crudeltà. Cadde la vendetta di questa Dea altresì sopra di Erisittone, uno de’ p
simbolo della crudeltà. Cadde la vendetta di questa Dea altresì sopra di Erisittone, uno de’ primi di Tessaglia per aver q
la vendetta di questa Dea altresì sopra di Erisittone, uno de’ primi di Tessaglia per aver questi tagliata una foresta co
ri per soddisfarla. Cerere vien rappresentata ordinariamente coronata di spighe con una fiaccola in una mano, e nell’altra
ronata di spighe con una fiaccola in una mano, e nell’altra un fascio di biade1. Vesta. Parimente figlia di Saturno, e
a mano, e nell’altra un fascio di biade1. Vesta. Parimente figlia di Saturno, e Cibele era Vesta Dea della verginità,
o il fuoco, che ai raggi solari ogni anno si raccendeva nelle calende di Marzo. Le sue Sacerdotesse dette Vestali erano ob
a chi non manteneva il fuoco acceso sopra il suo altare. La pena era di essere seppellita viva all’istante. Apollo. A
oeti ; come pure lo è della musica, dell’eloquenza, della medicina, e di tutte le belle arti. Riguardavano gli antichi que
erato come il Sole medesimo. Lo chiamavano altresì Febo, assiso sopra di un carro sfavillante, e tirato da quattro furiosi
la sorpresa dove tu spandi i tuoi raggi. » Quinault. L’Aurora figlia di Titano, e della Terra apre ogni mattina le porte
del Cielo al carro del Sole. Questo carro circondato dalle Ore figlie di Giove, e di Temi, impiega dodici ore a fare il su
carro del Sole. Questo carro circondato dalle Ore figlie di Giove, e di Temi, impiega dodici ore a fare il suo giro. Al f
e Muse. La sua Reggia è in Parnaso, in Pindo, in Elicona ; sulle rive di Permesso, del fonte Castalio, o d’Ippocrene, luog
fonte Castalio, o d’Ippocrene, luoghi poco discosti dall’amene valli di Tempe nella Tessaglia. Talvolta questo Dio annunc
questo Dio annuncia ai mortali la loro sorte ; l’oracolo più celebre di questa divinità era a Delfo. Lo vediamo altresì s
seguir Diana sua sorella nel più forte delle boscaglie sotto la forma di un giovine leggiadro, con capelli ondeggianti sug
adro, con capelli ondeggianti sugli omeri, con turcasso dorato, pieno di frecce, e con arco alla mano, come appunto si oss
o alla mano, come appunto si osserva nella superba statua dell’Apollo di Belvedere. L’artista servendosi del marmo di Carr
perba statua dell’Apollo di Belvedere. L’artista servendosi del marmo di Carrara ignoto ai Greci, ma il più atto a potere
fierezza, e ’l disprezzo dopo aver ucciso il serpente Pitone in atto di guardarlo mentre spira. Di questo mostro ecco la
arlo mentre spira. Di questo mostro ecco la favola. Latona era figlia di Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e di Diana. Acc
re spira. Di questo mostro ecco la favola. Latona era figlia di Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e di Diana. Accortasi Gi
to mostro ecco la favola. Latona era figlia di Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e di Diana. Accortasi Giunone della prope
o la favola. Latona era figlia di Ceo e di Febe, e madre di Apollo, e di Diana. Accortasi Giunone della propensione di Gio
e, e madre di Apollo, e di Diana. Accortasi Giunone della propensione di Giove per questa giovanetta, ebbra di sdegno la s
rtasi Giunone della propensione di Giove per questa giovanetta, ebbra di sdegno la scacciò dal Cielo, e per non darle treg
lo, e per non darle tregua in verun luogo, obbligò la Terra a giurare di non darle un asilo neppure nel suo seno. Di più f
resso uno stagno ; i terrazzani che tagliavano giunchi, le proibirono di dissetarsi. Sdegnato Giove dal Cielo di tanta bar
iavano giunchi, le proibirono di dissetarsi. Sdegnato Giove dal Cielo di tanta barbarie, e mosso dai prieghi di Latona, ca
arsi. Sdegnato Giove dal Cielo di tanta barbarie, e mosso dai prieghi di Latona, cangiò questi uomini insensibili in ranoc
nocchi, e li condannò ad abitare ne’ pantani. Ad onta però del potere di Giove, non avrebbe Latona ritrovato un sito ove s
del suo tridente non avesse fatta sorgere dal fondo del mare l’isola di Delo, non inclusa nel giuramento fatto dalla Terr
ramento fatto dalla Terra. Colà rifugiossi Latona, e sotto una pianta di palma partorì Apollo, e Diana. Apollo per gratitu
pria errante nel mare : e tosto che fu adulto, ed istruito nell’arte di maneggiar l’arco, ammazzò il serpente Pitone, che
bocca, ed i suoi urli arrivavano fino al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e di serpenti al di sotto tocc
suoi urli arrivavano fino al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e di serpenti al di sotto toccava il cielo
rrivavano fino al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e di serpenti al di sotto toccava il cielo, e la terra
al Cielo. Il suo corpo coverto di piume al di sopra, e di serpenti al di sotto toccava il cielo, e la terra. Moltiplici fu
di sotto toccava il cielo, e la terra. Moltiplici furono le avventure di Apollo, riguardandolo in qualità di un giovane ga
a. Moltiplici furono le avventure di Apollo, riguardandolo in qualità di un giovane gajo di età sempre fresca, ed istruito
o le avventure di Apollo, riguardandolo in qualità di un giovane gajo di età sempre fresca, ed istruito nelle belle arti.
ta Ninfa. Un giorno mentre l’inseguiva a tutta possa, ella per timore di cadere fralle di lui mani, chiamò in suo ajuto Pe
no mentre l’inseguiva a tutta possa, ella per timore di cadere fralle di lui mani, chiamò in suo ajuto Penèo suo padre, e
o suo padre, e fu tosto cangiata in alloro. Il Dio, ad eterna memoria di questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la
di questa Ninfa, volle adornare le sue tempia, e la lira delle foglie di questa pianta, e volle altresì, che la corona di
la lira delle foglie di questa pianta, e volle altresì, che la corona di alloro fosse in seguito il premio de’ guerrieri,
o il premio de’ guerrieri, e de’ poeti. Amò ancora Leucotoe figliuola di Orcamo Re di Babilonia, presso la quale egli s’in
e’ guerrieri, e de’ poeti. Amò ancora Leucotoe figliuola di Orcamo Re di Babilonia, presso la quale egli s’introdusse sott
mo Re di Babilonia, presso la quale egli s’introdusse sotto l’aspetto di Eurinome sua madre. Clizia figlia dell’Oceano, ch
potè salvarla, la tramutò in una pianta, che dà l’incenso. Il rimorso di un tal attentato condusse a morte Clizia cangiata
che gli estinti, e fra questi a restituire la vita ad Ippolito figlio di Tesèo. Un potere così grande ingelosì lo stesso G
roncò i giorni ad Esculapio, e lo situò poi nel Cielo sotto l’aspetto di una costellazione detta Serpentario, ascrivendolo
come Dio della medicina. Era rappresentato questo Dio sotto la figura di un uomo grave, coperto da un mantello con bastone
una tazza nell’altra, ed un gallo a’ suoi piedi. Il tempio più famoso di questo Dio era in Epidauro, dove i Sacerdoti pret
e i Sacerdoti pretendevano, che loro si manifestasse sovente in forma di serpente. La morte di Esculapio fu cagione di una
vano, che loro si manifestasse sovente in forma di serpente. La morte di Esculapio fu cagione di una ben seria sventura di
stasse sovente in forma di serpente. La morte di Esculapio fu cagione di una ben seria sventura di Apollo. Non potendo que
serpente. La morte di Esculapio fu cagione di una ben seria sventura di Apollo. Non potendo questo Dio attaccar Giove di
a ben seria sventura di Apollo. Non potendo questo Dio attaccar Giove di fronte per vendicarsi, ammazzò a furia di frecce
o questo Dio attaccar Giove di fronte per vendicarsi, ammazzò a furia di frecce i Ciclopi, che avevano fabbricato il fulmi
retto, per non perir della fame, ad avvilirsi a pascolare gli armenti di Admeto Re di Tessaglia. Qual impiego avendo lasci
n perir della fame, ad avvilirsi a pascolare gli armenti di Admeto Re di Tessaglia. Qual impiego avendo lasciato per i fur
i di Admeto Re di Tessaglia. Qual impiego avendo lasciato per i furti di Mercurio, non trovò altra via, che di fare il mur
ego avendo lasciato per i furti di Mercurio, non trovò altra via, che di fare il muratore con offrire unito a Nettuno, par
lla divinità, al Re Laomedonte la sua opera nella fabbrica delle mura di Troja. La mercede fu convenuta : ma questi che no
uesti che non aveva molta dilicatezza, terminato il lavoro, gli mancò di parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una p
olta dilicatezza, terminato il lavoro, gli mancò di parola. Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una pestilenza attaccò gli
Lo sdegno di Apollo fu cagione, che una pestilenza attaccò gli stati di questo principe spergiuro. Da Nettuno contemporan
va promessa in isposa a questo Eroe : ma al suo solito pure gli mancò di parola. Infuriato Ercole per tale indegnità, asse
reso Laomedonte, lo ammazzò. Volle in seguito, che Telamone figliuolo di Eaco Re di Salamina sposasse Esione, in guiderdon
onte, lo ammazzò. Volle in seguito, che Telamone figliuolo di Eaco Re di Salamina sposasse Esione, in guiderdone del corag
sere stato il primo nell’assalto. Rimesso finalmente Apollo in grazia di Giove, comparì nuovamente nel Cielo rivestito del
gli attirò una nuova disgrazia. Fetonte a lui nato da Climene figlia di Teti, e dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe
di Teti, e dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe con Epafo figlio di Giove, e di Jo, per avergli quest’ultimo rinfacci
dell’Oceano, ebbe un giorno delle brighe con Epafo figlio di Giove, e di Jo, per avergli quest’ultimo rinfacciato di non e
Epafo figlio di Giove, e di Jo, per avergli quest’ultimo rinfacciato di non essere nato da Apollo, come egli credeva. Il
ne Fetonte portò le sue doglianze a Climene sua madre, che gl’insinuò di recarsi ad Apollo per assicurarsene, locchè senza
contrassegno della paterna tenerezza. Fetonte gli chiedette in grazia di poter condurre per un sol giorno il suo carro per
il carro risplendente, e si allontana pur troppo, malgrado il divieto di suo padre. Ma i cavalli indocili all’insolita voc
il Cielo talora, talora verso la terra, portano dappertutto la forza di un fuoco distruttore. I monti s’incendiano, le pi
zza a Giove i suoi prieghi. Il Re degli Dei mosso a compassione diede di piglio al suo fulmine, e lo scagliò contro Fetont
Pò. Le Eliadi figlie del Sole Lampetusa, Lampezia, e Faetusa, sorelle di Fetonte sentirono il più vivo dolore di sua morte
Lampezia, e Faetusa, sorelle di Fetonte sentirono il più vivo dolore di sua morte : furono cangiate in pioppi, e le di lo
ono il più vivo dolore di sua morte : furono cangiate in pioppi, e le di loro lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno
furono cangiate in pioppi, e le di loro lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno amico di Fetonte ne morì di dolore,
oppi, e le di loro lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno amico di Fetonte ne morì di dolore, e fu trasformato in Ci
lagrime diventarono granelli di ambra. Cicno amico di Fetonte ne morì di dolore, e fu trasformato in Cigno. Apollo dopo av
pente Pitone, volle altresì vendicarsi dell’orgoglio, e del disprezzo di Niobe Regina di Tebe, figliuola di Tantalo, e mog
lle altresì vendicarsi dell’orgoglio, e del disprezzo di Niobe Regina di Tebe, figliuola di Tantalo, e moglie di Anfione.
rsi dell’orgoglio, e del disprezzo di Niobe Regina di Tebe, figliuola di Tantalo, e moglie di Anfione. Ella superba per av
del disprezzo di Niobe Regina di Tebe, figliuola di Tantalo, e moglie di Anfione. Ella superba per aver sette figli maschi
fione. Ella superba per aver sette figli maschi, e sette femmine ardì di aver la preminenza su di Latona, che non ne aveva
ver sette figli maschi, e sette femmine ardì di aver la preminenza su di Latona, che non ne aveva che due, portando la sua
di Latona, che non ne aveva che due, portando la sua empietà al segno di frastornare le feste, che si celebravano in onore
empietà al segno di frastornare le feste, che si celebravano in onore di questa Dea, che per punirla si rivolse a’ suoi fi
questa Dea, che per punirla si rivolse a’ suoi figli. Apollo a colpi di frecce uccise i maschi, che si esercitavano in un
egli meritava ; fu soggetto ai colpi dell’invidia. Pane ebbe l’ardire di mettere al paragone il suo flauto alla lira del f
be l’ardire di mettere al paragone il suo flauto alla lira del figlio di Latona : gli propose una disfida, che Apollo vole
na : gli propose una disfida, che Apollo volentieri accettò. Tmolo Re di Lidia fu scelto per giudice, ed il suo voto fu pe
o per giudice, ed il suo voto fu per Apollo. Mida ivi pur presente fu di contrario avviso ; Apollo sdegnato della sua teme
i a quelli dell’asino. Il povero Mida disperato per tal regalo, cercò di nascondergli sotto un’alta berretta. Per disgrazi
Marsia satiro, e musico valentissimo, che parimente ebbe il coraggio di sfidare il Dio delle Muse. Accettò Apollo la sfid
l Dio delle Muse. Accettò Apollo la sfida a patto, che chi restava al di sotto, fosse stato a discrezione del vincitore. M
n albero, vivo fu scorticato. Le Ninfe si dilettavano delle cantilene di questo satiro, e lo piansero tanto, che colle di
vano delle cantilene di questo satiro, e lo piansero tanto, che colle di loro lagrime crebbe di molto il volume delle acqu
questo satiro, e lo piansero tanto, che colle di loro lagrime crebbe di molto il volume delle acque di un fiume della Fri
anto, che colle di loro lagrime crebbe di molto il volume delle acque di un fiume della Frigia detto Marsìa. Questi sono i
rigia detto Marsìa. Questi sono i principali avvenimenti della storia di Apollo. Diana. Diana figlia di Giove, e di La
rincipali avvenimenti della storia di Apollo. Diana. Diana figlia di Giove, e di Latona, sorella gemella di Apollo ven
venimenti della storia di Apollo. Diana. Diana figlia di Giove, e di Latona, sorella gemella di Apollo veniva riguarda
pollo. Diana. Diana figlia di Giove, e di Latona, sorella gemella di Apollo veniva riguardata in tre diversi aspetti,
cioè nel Cielo, nella terra, e nell’inferno. Nel Cielo sotto il nome di Selene, o di Febe, durante la notte, guidava il c
lo, nella terra, e nell’inferno. Nel Cielo sotto il nome di Selene, o di Febe, durante la notte, guidava il carro lunare,
terra ella era tutta dedíta alla caccia, e chiamavasi Diana. Il nome di Ecate a lei si appropriava nell’inferno, dove il
ai ciurmadori. Triplice Ecate talvolta perciò la chiamavano. Era ella di più la Dea della verginità, e de’ parti. Come nac
Dea della verginità, e de’ parti. Come nacque alquanti momenti prima di Apollo, non sì tosto vide la luce del giorno, che
atona, e tocca dai dolori, che provava sua madre nel partorire, giurò di serbare in perpetuo la sua verginità. Il suo pudo
grande, che arrivò a punire severamente Attèone, ch’ebbe la sventura di vederla nel bagno. Questi era un insigne cacciato
ura di vederla nel bagno. Questi era un insigne cacciatore, figliuolo di Aristèo, e nipote di Cadmo. Sdegnato la Dea per l
gno. Questi era un insigne cacciatore, figliuolo di Aristèo, e nipote di Cadmo. Sdegnato la Dea per l’involontario fallo,
. Ella castigò altresì le Ninfe, che la seguivano. Callisto figliuola di Licaone fu amata da Giove, che per sedurla più fa
ne fu amata da Giove, che per sedurla più facilmemte, prese l’aspetto di Diana istessa. La Dea venuta in cognizione del tu
isto, che dopo qualche tempo diede alla luce Arcade. Furono a notizia di Giunone i nuovi intrighi del suo sposo, e Callist
none i nuovi intrighi del suo sposo, e Callisto pagò il fio del reato di Giove : Giunone implacabile trasformò in orsa que
ta da Arcade suo figlio, e valente cacciatore. Questi non era al caso di riconoscerla, stava già sul punto di scagliarle i
cciatore. Questi non era al caso di riconoscerla, stava già sul punto di scagliarle i suoi dardi, se Giove non si fosse af
ul punto di scagliarle i suoi dardi, se Giove non si fosse affrettato di evitare un parricidio con aver sottratto la madre
uò nel cielo tra ’l numero delle costellazioni. Callisto ebbe il nome di Orsa maggiore, ed Arcade quello di Orsa minore, o
stellazioni. Callisto ebbe il nome di Orsa maggiore, ed Arcade quello di Orsa minore, o Boote, Bifolco. Diana assai gelosa
folco. Diana assai gelosa de’ suoi dritti avvolse ne’ malanni la casa di Enéo Re di Calidonia, per non essersi questi rico
a assai gelosa de’ suoi dritti avvolse ne’ malanni la casa di Enéo Re di Calidonia, per non essersi questi ricordato di le
nni la casa di Enéo Re di Calidonia, per non essersi questi ricordato di lei in un sacrifizio che offrì a tutti gli Dei, c
un sacrifizio che offrì a tutti gli Dei, con aver inviato un cignale di enorme grandezza negli stati di questo principe.
gli Dei, con aver inviato un cignale di enorme grandezza negli stati di questo principe. Molti de’ primi guerrieri della
guerrieri della Grecia si unirono per dargli caccia. Atalanta figlia di Glasio Re di Arcadia fu la prima a ferirlo. Melea
lla Grecia si unirono per dargli caccia. Atalanta figlia di Glasio Re di Arcadia fu la prima a ferirlo. Meleagro figliuodi
sio Re di Arcadia fu la prima a ferirlo. Meleagro figliuodi Enèo finì di ucciderlo, e spinto dal coraggio che aveva mostra
esta giovane principessa, le offrì il teschio del cignale. I fratelli di Altea moglie di Enèo credettero, che questa spogl
ncipessa, le offrì il teschio del cignale. I fratelli di Altea moglie di Enèo credettero, che questa spoglia dovesse esser
di Altea moglie di Enèo credettero, che questa spoglia dovesse essere di loro pertinenza. La contesa andò avanti, si venne
nenza. La contesa andò avanti, si venne alle mani, o riuscì a Melagro di vincere i suoi nemici : in seguito egli sposò Ata
nemici : in seguito egli sposò Atalanta. Malgrado che Diana giurasse di esser casta, e sommo fosse il suo contegno, s’inv
na giurasse di esser casta, e sommo fosse il suo contegno, s’invagchì di Endimione leggiadro pastorello di Caria, nipote d
o fosse il suo contegno, s’invagchì di Endimione leggiadro pastorello di Caria, nipote di Giove, e dal medesimo condannato
ntegno, s’invagchì di Endimione leggiadro pastorello di Caria, nipote di Giove, e dal medesimo condannato a dormire per se
edesimo condannato a dormire per sempre nell’inferno, per avere osato di pretendere sopra Giunone. Ma Diana, che sotto il
avere osato di pretendere sopra Giunone. Ma Diana, che sotto il nome di Ecate aveva una grande influenza nell’impero di P
na, che sotto il nome di Ecate aveva una grande influenza nell’impero di Plutone, di là il trasse, e lo nascose in una gro
o il nome di Ecate aveva una grande influenza nell’impero di Plutone, di là il trasse, e lo nascose in una grotta del mont
atmos nella Caria. Vedesi Diana ordinariamente rappresentata in abito di cacciatore col turcasso sulle spalle, e coll’arco
à sono rivolte verso il Cielo : ornamento, che indica, il suo impiego di condurre il carro della luna. Talvolta è tirata s
il suo impiego di condurre il carro della luna. Talvolta è tirata su di un carro da due cervi : qualche volta porta una f
stinata ad eternare col suo canto gli Eroi. La sua effigie è coronata di allori con qualche papiro alla mano, o con un lib
l doppio flauto. La Musa della commedia era Talìa : la sua corona era di ellera, recando in mano una maschera, e ’l pedum,
ndo in mano una maschera, e ’l pedum, o sia bastone pastorale. Ornata di corona regale Melpomene spiegava i suoi dritti su
eggiata da piccoli amori. Polimnia è la musa della memoria. L’indole di tal nome porta seco il significato di molti Inni,
la musa della memoria. L’indole di tal nome porta seco il significato di molti Inni, per indicare i diversi soggetti, che
perciò la Musa dell’astronomia. La sua testa è coronata da un diadema di stelle : ha per insegna un compasso, un globo, ed
l’imperi, Con rendere immortali uomini, e Dei. Canta Calliope al suon di dolce lira, Ed alte imprese scopo son del canto.
vità Melpomene narrando Tragici eventi, a pianger ci riduce. Coronata di mirti Erato esalta Le dolcezze di amore, e le con
enti, a pianger ci riduce. Coronata di mirti Erato esalta Le dolcezze di amore, e le conquiste. Di piccol flauto i suoni a
ia insegna, Atteggiando cogli occhi, e col sembiante. Destasi al suon di musico stromento Terpsicore, e danzar snella si v
danzar snella si vede. Col spirto animator dell’opre belle Le figlie di Memoria Apollo investe Le guida ognor, e l’immort
lio. Appena uscita alla luce questa Dea, Zefiro la condusse all’Isola di Cipro, dove le Ore presero cura della sua educazi
a tale che fu giudicata la più bella fra le Dee, ed a lei in concorso di Pallade, e Giunone, fu dato da Paride il pomo di
ed a lei in concorso di Pallade, e Giunone, fu dato da Paride il pomo di oro, che la Discordia aveva gittato dove si celeb
o di oro, che la Discordia aveva gittato dove si celebrarono le nozze di Teti, e di Peleo. Ma altrettanto indecente e scon
he la Discordia aveva gittato dove si celebrarono le nozze di Teti, e di Peleo. Ma altrettanto indecente e sconvenevole fu
iamo quì piuttosto miglior partito indicare un’ altra Venere celeste, di cui parla Platone, tutta spirante decenza, e graz
irante decenza, e grazie non affettate, e riposta saviezza. La Venere di cui parliamo, non è certamente un sogno di Platon
iposta saviezza. La Venere di cui parliamo, non è certamente un sogno di Platone. Parecchi accreditati scrittori ci assisi
Cipro, in Atene, e presso i Fenicj, dove non era permesso agli uomini di entrare1. Osserviamo ordinariamente Venere accomp
rdinariamente Venere accompagnata dalle Grazie, o da Amore, assisa su di un carro tirato da cigni, o da colombe. Queste fu
rato da cigni, o da colombe. Queste furono a lei sacrate al proposito di un picciolo avvenimento. Stava la Dea un giorno c
la Dea un giorno cogliendo dei fiori in un boschetto : Amore vantossi di esser egli più sollecito in raccoglierli : ed agi
ciato perciò Amore cangiò la Ninfa in colomba. L’ornamento principale di Venere era una zona, o sia cintura, che aveva la
ncipale di Venere era una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà di darle sempre nuove attrattive. Giunone una volta
comparir più bella al suo sposo. I luoghi dove si esercitava il culto di Venere, erano principalmente Gnido, Amatunte, Paf
Pafo, Idea, Citera 1.   Cupido, o sia Amore. Amore era figliuolo di Venere, e di Marte. Egli è sempre figurato qual f
Citera 1.   Cupido, o sia Amore. Amore era figliuolo di Venere, e di Marte. Egli è sempre figurato qual fanciullino pi
di Venere, e di Marte. Egli è sempre figurato qual fanciullino pieno di grazie, e di astuzie con un arco alla mano, ed un
di Marte. Egli è sempre figurato qual fanciullino pieno di grazie, e di astuzie con un arco alla mano, ed un turcasso su
rco alla mano, ed un turcasso su gli omeri2. Le sue picciole ali sono di colore azzurro, di porpora, e dorate. Il Riso, il
n turcasso su gli omeri2. Le sue picciole ali sono di colore azzurro, di porpora, e dorate. Il Riso, il Gioco, il Piacere,
Piacere, il Vezzo vengono espressi egualmente che lui sotto le forme di alati Amoretti. Sul nascere di Cupido ognuno prev
essi egualmente che lui sotto le forme di alati Amoretti. Sul nascere di Cupido ognuno prevedeva, che sarebbe il più trist
succhiò il latte delle bestie feroci. Appena che Amore arrivò all’età di poter maneggiare l’arco, se ne formò uno di frass
che Amore arrivò all’età di poter maneggiare l’arco, se ne formò uno di frassino, e si servì de’ rami di cipresso per far
r maneggiare l’arco, se ne formò uno di frassino, e si servì de’ rami di cipresso per fare le frecce. I primi suoi saggi f
degli uomini. Amò Psiche, e la fece da Zefiro trasportare in un luogo di delizie, ove la trattenne per molto tempo, senza
se conosciuto. Venere afflitta per vedere il suo figlio fatto suddito di questa giovane, la perseguitò con tanta stizza, c
che infelicemente alla fine se ne morì. Ma Giove, ch’era della parte di Cupido, restituì a Psiche la vita, e gliela desti
isposa. Psiche è rappresentata come una ragazza ingenua, e colle ali di farfalla. Vulcano. Si è già detto, che Vulcan
lungo tempo nell’aria, e sarebbe senza dubbio morto, se gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel cadere fralle
se gli abitatori di Lenno non lo avessero raccolto nel cadere fralle di loro braccia. Egli si ruppe ciò non ostante una c
e dove poteva far mostra de’ suoi rari talenti, che fu appunto quella di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di Le
che fu appunto quella di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di Lenno, in quella di Lipari, e secondo alcuni poet
la di fabbro ; e stabilì la sua fucina nell’isola di Lenno, in quella di Lipari, e secondo alcuni poeti, sotto l’Etna2. Co
oeti, sotto l’Etna2. Compagni de’ suoi lavori erano i Ciclopi, specie di giganti figli della Terra, che avevano un occhio
erope, e Piracmone. Vulcano fece uscire dalla sua fucina una quantità di capi d’opera, che formavano l’ammirazione degli D
one degli Dei, e degli uomini. Opera delle sue mani furono il fulmine di Giove, e le saette di Amore. Alle preghiere di Te
uomini. Opera delle sue mani furono il fulmine di Giove, e le saette di Amore. Alle preghiere di Teti egli s’indusse a la
mani furono il fulmine di Giove, e le saette di Amore. Alle preghiere di Teti egli s’indusse a lavorare l’armatura di Achi
di Amore. Alle preghiere di Teti egli s’indusse a lavorare l’armatura di Achille, e ad istanza di Venere fece quella di En
di Teti egli s’indusse a lavorare l’armatura di Achille, e ad istanza di Venere fece quella di Enea. Vulcano finalmente er
a lavorare l’armatura di Achille, e ad istanza di Venere fece quella di Enea. Vulcano finalmente era il Dio del fuoco, e
va non pertanto un altro nel Cielo molto più decente, qual’era quello di porgere il nettare agli Dei. Vero è, che la poca
i Dei. Vero è, che la poca grazia, colla quale esercitava le funzioni di coppiere, fu cagione che Ebe avesse un tale incar
tto Urano, che questa donna avrebbe dato alla luce una bambina dotata di una perfetta saviezza, ed uu fanciullino a cui il
ero del mondo, egli divorò Meti. Dopo qualche tempo gli venne un male di capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un
ne un male di capo, ed essendo ricorso a Vulcano, questi con un colpo di accetta gli aprì il cervello, ed immantinente ne
ualmente gelosa de’ suoi dritti. Ella non la perdonò ad Aracne figlia di Idimone nativo di Colofone per essersi vantata di
’ suoi dritti. Ella non la perdonò ad Aracne figlia di Idimone nativo di Colofone per essersi vantata di sapere l’arte del
nò ad Aracne figlia di Idimone nativo di Colofone per essersi vantata di sapere l’arte del ricamo al pari di Minerva istes
o di Colofone per essersi vantata di sapere l’arte del ricamo al pari di Minerva istessa. La Dea in segno di disprezzo le
sapere l’arte del ricamo al pari di Minerva istessa. La Dea in segno di disprezzo le diede varj colpi di navicella sulla
di Minerva istessa. La Dea in segno di disprezzo le diede varj colpi di navicella sulla testa. Disperata Aracne per tale
bbe con Tiresia, terminò all’istante. Avendo questi avuta la temerità di guardarla mentre stava nel bagno, fu privato dell
il dritto con Nettuno pel nome, che doveva darsi alla nascente città di Atene. I Dei decisero, che chi de’ due rendesse u
terra, e fece uscire un cavallo. Minerva ivi fece nascere una pianta di ulivo, ed ottenne l’intento. Iu seguito questo ar
o armato dell’Egida, ch’era per l’appunto uno scudo fatto dalla pelle di un mostro chiamato Egi, che Minerva aveva ammazza
anti. Ella aveva sopra questo scudo fatto incidere la terribile testa di Medusa con i capelli di serpenti. Vi ha chi dice,
uesto scudo fatto incidere la terribile testa di Medusa con i capelli di serpenti. Vi ha chi dice, che l’Egida era fatta d
rlo concepì Marte. Questa è l’origine per altro gentile della nascita di un Dio così terribile, qual’era quello della guer
ma1 i Greci, che in lingua loro chiamano Marte Ares lo dicono figlio di Giove, e di Giunone. Marte è rappresentato armato
, che in lingua loro chiamano Marte Ares lo dicono figlio di Giove, e di Giunone. Marte è rappresentato armato da capo a p
, avendo un gallo a lui vicino, simbolo della vigilanza. Il suo carro di acciajo è guidato da Bellona Dea similmente della
mansi il Terrore, e lo Spavento. Parecchi mostri sono effigiati sulla di lui carrozza : il Furore, e lo Sdegno formano l’o
re gli sta d’accanto. Eccone ne’ seguenti versi il ritratto. Armato di fierezza il rio Terrore Con minaccevol voce, e in
ede accanto, Con occhi torvi, e spada in alto alzata, Con alma, e cor di sicurezza pieno, Seco traendo la sfidata morte, D
mbi orrendi, Che il Mondo d’evitar invan procura. Terribil questo Dio di lampi cinto Calpesta al suo passar scettri, e cor
rcurio Dio del commercio, e messaggiero degli Dei. Atlante figliuolo di Giove, e di Climene ebbe sette figliuole, chiamat
del commercio, e messaggiero degli Dei. Atlante figliuolo di Giove, e di Climene ebbe sette figliuole, chiamate le Atlanti
Climene ebbe sette figliuole, chiamate le Atlantidi. Maja la maggiore di esse fu la madre di Mercurio2. Egli nacque il mat
igliuole, chiamate le Atlantidi. Maja la maggiore di esse fu la madre di Mercurio2. Egli nacque il mattino ; al mezzo gior
isposizioai a saper rubare, così fra tanti suoi attributi ebbe quello di Dio de’ ladroncelli, e rubatori. Non ancor grande
tore per nome Batto fu il solo, che se ne avvide. Mercurio per timore di essere scoverto gli donò la più bella delle vacch
bella delle vacche, che aveva involate : ma non fidandosi interamente di lui, finse di ritirarsi : e ricomparso sotto un a
cche, che aveva involate : ma non fidandosi interamente di lui, finse di ritirarsi : e ricomparso sotto un altro aspetto g
apeva : allora Mercurio diedesi a conoscere, e lo trasformò in pietra di paragone : pietra che ha la virtu di scoprire la
oscere, e lo trasformò in pietra di paragone : pietra che ha la virtu di scoprire la natura de’ metalli da essa toccati. N
ato Ermafrodito, voce greca indicante il nome de’ suoi genitori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio e
greca indicante il nome de’ suoi genitori, cioè di Ermete Mercurio, e di Afrodite Venere. Mercurio era fra gli Dei il più
Venere. Mercurio era fra gli Dei il più occupato : era il confidente di tutti, ed in particolare di Giove, ed il Messaggi
i Dei il più occupato : era il confidente di tutti, ed in particolare di Giove, ed il Messaggiere dell’Olimpo. Egli si mis
rcigliati due serpenti. Come protettore del commercio porta una borsa di cuojo : allorchè poi è incaricato di condurre le
re del commercio porta una borsa di cuojo : allorchè poi è incaricato di condurre le ombre de’ morti all’inferno, gli si d
dà una semplice bacchetta1. Bacco Dio del Vino. Bacco è figliuolo di Giove, e di Semele nata da Cadmo2. Ella ad insinu
ice bacchetta1. Bacco Dio del Vino. Bacco è figliuolo di Giove, e di Semele nata da Cadmo2. Ella ad insinuazione di Gi
figliuolo di Giove, e di Semele nata da Cadmo2. Ella ad insinuazione di Giunone, che le comparve sotto l’aspetto di Beroe
mo2. Ella ad insinuazione di Giunone, che le comparve sotto l’aspetto di Beroe sua nutrice, chiedette a Giove una grazia,
Mercurio, che accompagnava il Sovrano degli Dei, ebbe appena il tempo di salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora nel
na il tempo di salvare il picciolo Bacco, che stavasi ancora nel seno di sua madre. Ma siccome non era giunto il tempo, ch
uesti lo educò nelle caverne del Monte Nisa nell’Arabia. Le figliuole di Atlante, e ’l vecchio Sileno satiro, che amava mo
Bacco a suo tempo contestò la sua gratitudine, cangiando le figliuole di Atlante in stelle dette Jadi, e facendo presso di
giando le figliuole di Atlante in stelle dette Jadi, e facendo presso di se restare il giocoso Sileno, che lo seguiva sopr
disceso in terra conquistò le Indie. Tutta la sua armata era composta di uomini, e donne, che portavano un tirso, cioè fre
ta di uomini, e donne, che portavano un tirso, cioè frecce circondate di pampini, e di edere, che ne nascondevano la punta
e donne, che portavano un tirso, cioè frecce circondate di pampini, e di edere, che ne nascondevano la punta. Per tale con
ericolosissima l’irritare questo Nume, che acremente volle vendicarsi di Penteo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe pr
a l’irritare questo Nume, che acremente volle vendicarsi di Penteo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe proibito a’ suo
acremente volle vendicarsi di Penteo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe proibito a’ suoi sud diti di celebrare le fe
teo, e di Licurgo. Avendo Penteo Re di Tebe proibito a’ suoi sud diti di celebrare le feste di Bacco, questo Dio ispirò al
ndo Penteo Re di Tebe proibito a’ suoi sud diti di celebrare le feste di Bacco, questo Dio ispirò alla madre del Re, ed al
mmazzarono senza conoscerlo. Licurgo Re della Tracia, che aveva osato di dichiararsi nemico di Bacco, si ruppe le gambe, m
cerlo. Licurgo Re della Tracia, che aveva osato di dichiararsi nemico di Bacco, si ruppe le gambe, mentre s’impegnava di t
di dichiararsi nemico di Bacco, si ruppe le gambe, mentre s’impegnava di tagliare tutte le vigne che stavano ne’ suoi stat
suoi stati. Vedesi ordinariamente rappresentato Bacco sotto l’aspetto di un bel giovane imberbe1 con capelli biondi inanel
di un bel giovane imberbe1 con capelli biondi inanellati, e coronati di edera2, o di pampini. In una mano tiene un tirso,
ovane imberbe1 con capelli biondi inanellati, e coronati di edera2, o di pampini. In una mano tiene un tirso, e nell’altra
tirso, e nell’altra de’ grappoli d’uva, o un vaso da bere. Una pelle di pantera gli covre gli omeri si talvolta assiso so
, e tirato da due tigri1. Nettuno Dio del mare. Nettuno figliuolo di Saturno, e di Clbele nella divisione del Mondo eb
due tigri1. Nettuno Dio del mare. Nettuno figliuolo di Saturno, e di Clbele nella divisione del Mondo ebbe, come si è
del mare, dove principalmente esercitava il suo potere, come Sovrano di tutt’i Dei delle acque. Si suole rappresentare in
delle acque. Si suole rappresentare in piedi sopra un carro, formato di conchiglie, tirato da cavalli marini : tiene in m
valli marini : tiene in mano il tridente, col quale comanda ai flutti di sollevarsi, o di mettersi in calma : impone altre
ene in mano il tridente, col quale comanda ai flutti di sollevarsi, o di mettersi in calma : impone altresì ai venti, o di
ti di sollevarsi, o di mettersi in calma : impone altresì ai venti, o di spirare per tutta la terra, o di rinserrarsi nell
n calma : impone altresì ai venti, o di spirare per tutta la terra, o di rinserrarsi nelle loro caverne. La sua corte è co
a terra, o di rinserrarsi nelle loro caverne. La sua corte è composta di Tritoni, che fanno echeggiare l’aere al suono del
ndo vola sulle acque. Noi abbiamo già osservato le principali vicende di Nettuno : ve ne ha di più ancora ; ma è inutile d
Noi abbiamo già osservato le principali vicende di Nettuno : ve ne ha di più ancora ; ma è inutile di quì rapportarle. Egl
principali vicende di Nettuno : ve ne ha di più ancora ; ma è inutile di quì rapportarle. Egli sposò Amfitrite figliuola d
ile di quì rapportarle. Egli sposò Amfitrite figliuola dell’Oceano, e di Dori Dea del mare. Plutone Dio dell’inferno.
di Dori Dea del mare. Plutone Dio dell’inferno. Plutone figliuolo di Saturno, e di Cibele, germano di Giove, e di Nett
l mare. Plutone Dio dell’inferno. Plutone figliuolo di Saturno, e di Cibele, germano di Giove, e di Nettuno, ebbe in p
Dio dell’inferno. Plutone figliuolo di Saturno, e di Cibele, germano di Giove, e di Nettuno, ebbe in porzione il regno de
erno. Plutone figliuolo di Saturno, e di Cibele, germano di Giove, e di Nettuno, ebbe in porzione il regno degli estinti,
che stava nelle viscere della terra. Si figura assiso sopra un trono di ebano, avendo uno scettro a due punte in una mano
iavi, per dinotare, che a chi entrava nel suo regno, non era permesso di più uscirne. Cerbero cane con tre teste stava imm
permesso di più uscirne. Cerbero cane con tre teste stava immobile ai di lui piedi. Abbiamo già osservato in qual maniera
bbiamo già osservato in qual maniera egli involò Proserpina figliuola di Cerere, per farla divenir sua moglie. Questo Dio
più ridente ; ed in conseguenza non si sarebbe ritrovata una Dea, che di tutto suo genio si fosse a lui accoppiata. Des
pali per ivi penetrare. Alla porta dell’inferno stava una moltitudine di Esseri malefici, fra i quali soprattutto le Malat
eronte fiume grande, e torbido, che deponeva il suo limo nello stagno di Cocito, dopo avere attraversato l’impero di Pluto
il suo limo nello stagno di Cocito, dopo avere attraversato l’impero di Plutone. Bisognava tragittarlo. Appena che Mercur
rio armato della sua verga, aveva condotte le ombre novelle alla riva di questo fiume, Caronte figlio dell’Erebo, e della
iglio dell’Erebo, e della Notte le riceveva nella sua barca al prezzo di una piccola moneta, e le trasportava nella ripa o
vecchio, ma la sua vecchiaja era sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo di stoffa di color bigio legata sopra delle spalle e
ma la sua vecchiaja era sempre fresca, e vigorosa. Un pezzo di stoffa di color bigio legata sopra delle spalle era il suo
gio legata sopra delle spalle era il suo vestire2. Sulla riva opposta di Acheronte stava Cerbero, cane di enorme grandezza
il suo vestire2. Sulla riva opposta di Acheronte stava Cerbero, cane di enorme grandezza, che aveva tre teste, e tre gole
divisione dell’Inferno Cinque fiumi ivi scorrevano, cioè l’Acheronte di cui abbiamo già parlato : il fiume Stige, le cui
re a vuoto : Cocito da sole lagrime formato : Flegetonte, che in vece di acqua correva in fiamme : e ’l fiume Lete, o sia
di acqua correva in fiamme : e ’l fiume Lete, o sia dell’Obblìo 1, le di cui acque facevano perdre la memoria del passato.
’ giusti. Esse passeggiavano tranquillamente per que’ boschetti pieni di ogni delizia, si sollazzavano in mille guise per
si sollazzavano in mille guise per quelle vaste praterie, e godevano di una felicità non mai interrotta. Ben diverso era
tavano ristrette le ombre de’ delinquenti soggette ad una moltitudine di pene. Da tale separazione di buoni, e di cattivi
delinquenti soggette ad una moltitudine di pene. Da tale separazione di buoni, e di cattivi si argomenta, che tutte le om
soggette ad una moltitudine di pene. Da tale separazione di buoni, e di cattivi si argomenta, che tutte le ombre erano gi
ombre erano giudicate al loro arrivo all’Inferno. Discese dalla barca di Caronte, all’istante erano condotte innanzi a tre
se, Eaco, e Radamanto, che colà perpetuamente dimoravano, sedendo nel di loro tribunale con una bacchetta alla mano in seg
da per tutto spiravano ferocia : il loro abbigliamento era un gruppo di colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e n
colubri, con una fiaccola accesa in una mano, e nell’altra una sferza di serpenti, colla quale ffagellavano le ombre a lor
offrivano nel Tartaro1. Sisifo, che durante la sua vita aveva colmata di delitti la Grecia, era condannato a trascinare pe
cia, era condannato a trascinare per sempre un enorme sasso alla cima di una montagna, d’onde gravitando pel proprio peso
icadeva immantinente. Flegia, che aveva appiccato il fuoco al tempio di Apollo, stava inchiodato a’ piedi di una rupe, ch
eva appiccato il fuoco al tempio di Apollo, stava inchiodato a’ piedi di una rupe, che sembrava ad ogn’istante di schiacci
o, stava inchiodato a’ piedi di una rupe, che sembrava ad ogn’istante di schiacciarlo colla sua caduta. Il gigante Tizio,
’istante di schiacciarlo colla sua caduta. Il gigante Tizio, che ardì di attentare all’onore di Latona, sentiva lacerarsi
o colla sua caduta. Il gigante Tizio, che ardì di attentare all’onore di Latona, sentiva lacerarsi i visceri da un avoltoj
, che si rinnovavano. Issione era attaccato ad una ruota, che girava di continuo. Egli aveva osato di aspirare al possess
era attaccato ad una ruota, che girava di continuo. Egli aveva osato di aspirare al possesso di Giunone. Giove per assicu
ota, che girava di continuo. Egli aveva osato di aspirare al possesso di Giunone. Giove per assicurarsi del suo delitto, g
si del suo delitto, gli avea consegnata una figura fantastica formata di nuvole, e che s’assomigliava perfettamente alla D
gli stimoli della fame, e della sete, malgrado che una pianta carica di frutta gli penda sulla testa, ed egli stesso stìa
che non avea fondo. La loro istoria esige qualche dettaglio. Danao Re di Argo padre delle suddette, le aveva promesse in m
elle suddette, le aveva promesse in matrimonio ai cinquanta figliuoli di Egitto suo fratello Re dell’Egitto : ma fu un tem
de’ figli del suo germano lo avrebbe rovesciato dal trono, egli diede di nascosto a ciascuna delle sue figlie un pugnale c
i diede di nascosto a ciascuna delle sue figlie un pugnale con ordine di ammazzare i loro sposi nella prima notte, che ad
ella prima notte, che ad essi si univano. La sola Ipermnestra rifiutò di obbedire, salvando il suo sposo Linceo, che amava
Parte seconda Divinità del second’ordine. GL’Iddj maggiori, di cui abbiamo già letta la storia, partecipavano de
ria, partecipavano della natura reale, e della natura immaginaria. Il di loro potere era più, o meno esteso. Essi avrebber
umane debolezze, credette indispensabile l’immaginare delle divinità di second’ordine, che si occupavano dei dettagli, ch
ndo le corna sulla testa, il volto umano, le cosce irsute, ed i piedi di capra. Il flauto composto di più canne, che porta
volto umano, le cosce irsute, ed i piedi di capra. Il flauto composto di più canne, che porta fralle mani, ci fa sovvenire
flauto composto di più canne, che porta fralle mani, ci fa sovvenire di un avvenimento de’ più particolari di sua vita. A
ta fralle mani, ci fa sovvenire di un avvenimento de’ più particolari di sua vita. Amò questo Dio Siringa ninfa del seguit
più particolari di sua vita. Amò questo Dio Siringa ninfa del seguito di Diana : ma come questa non voleva per niente asco
i Diana : ma come questa non voleva per niente ascoltarlo, tentò egli di usare la forza : la ninfa si diede alla fuga, e s
adonte suo padre, dal quale fu cangiata in canna. Pane per consolarsi di tal perdita, tagliò alcune canne accozzandole ins
e, chiamato Siringa dal nome della ninfa. Fauno. Fauno figliuolo di Pico Re del Lazio cra altresì il Dio de’ pastori,
ltresì il Dio de’ pastori, ed è rappresentato sotto la forma medesima di Pane. Pico suo padre non avendo voluto ascoltar C
Sono rappresentati così gli uni, come gli altri colle corna, e piedi di becco, non altrimenti che Fauno, e Pane. Silen
ecco, non altrimenti che Fauno, e Pane. Sileno. Sileno figliuolo di una ninfa, aveva educato Bacco, e passò tutti i s
omo viaggiava per la Lidia, smontato dal suo asinello si fermò presso di un fonte, ed ivi prese sonno. Mida che lo seppe,
ò presso di un fonte, ed ivi prese sonno. Mida che lo seppe, bramando di averlo per un poco nella Corte, mentre dormiva, f
verlo per un poco nella Corte, mentre dormiva, fece empire la fontana di vino in luogo dell’acqua che conteneva. Svegliato
e alla sua Reggia, e lo trattò così bene, che Sileno ritornato presso di Bacco parlava sempre in lode di questo re. Bacco
osì bene, che Sileno ritornato presso di Bacco parlava sempre in lode di questo re. Bacco in compenso di tanti favori pres
resso di Bacco parlava sempre in lode di questo re. Bacco in compenso di tanti favori prestati al suo caro Sileno, disse a
to un bene inestimabile. Tal grazia ottenne : ma si accorse ben tosto di aver ottenuto un dono dei più funesti. Allorchè v
acco da lui nuovamente chiamato in soccorso non lo avesse consigliato di andare a lavarsi le mani nelle acque del fiume Pa
o il suo dolce carattere. Una volta due ninfe lo sorpresero nel fondo di una grotta, ove egli erasi addormentato : da lung
de, le ninfe lo legarono con alcune ghirlande, e gli tinsero il volto di mora spina : sorrise Sileno svegliato nel vedersi
sorrise Sileno svegliato nel vedersi fralle loro mani : dimandò loro di esser posto in libertà, e non l’ottenne, che dopo
i : dimandò loro di esser posto in libertà, e non l’ottenne, che dopo di avere adempiuto alla sua promessa. Silvano. È
rma umana ; il più apparteneva al cavallo. Si crede nata l’invenzione di questi esseri favolosi, per designare i primi uom
i primi uomini domatori de’ cavalli. Chirone. Chirone figliuolo di Saturno, e di Filira ninfa dell’Oceano, era il pi
i domatori de’ cavalli. Chirone. Chirone figliuolo di Saturno, e di Filira ninfa dell’Oceano, era il più saggio ed is
onosceva la forza dei semplici, ed era eccellente medico. Come figlio di Saturno aveva il dono dell’immortalità : ma essen
urno aveva il dono dell’immortalità : ma essendosi fatta cadere sopra di un piede una freccia avvelenata di Ercole, provò
 : ma essendosi fatta cadere sopra di un piede una freccia avvelenata di Ercole, provò un dolore tanto sensibile che cercò
Ercole, provò un dolore tanto sensibile che cercò in grazia agli Dei di poter morire : il suo voto fu esaudito, e dopo mo
fu esaudito, e dopo morte ottenne un luogo nel Zodiaco sotto il nome di Sagittario. Ociroe sua figlia parimente istruita
sapeva altresì presagire il futuro : ella volla annunziare il destino di Esculapio, e ne fu punita con perdere la sua figu
Vertunno,ABCD e Pomona. Vertunno era il Dio dell’autunno, e sposo di Pomona Dea de’ frutti. Allorchè arrivarono entram
ezza, e non ismentirono quella fedeltà, che a vicenda avevano giurato di mantenere. Era rappresentato Vertunno sotto l’asp
vano giurato di mantenere. Era rappresentato Vertunno sotto l’aspetto di un bel giovine coronato di foglie di diverse pian
Era rappresentato Vertunno sotto l’aspetto di un bel giovine coronato di foglie di diverse piante, portando nella sinistra
sentato Vertunno sotto l’aspetto di un bel giovine coronato di foglie di diverse piante, portando nella sinistra mano dell
rutta, e nella destra il corno dell’abbondanza. Una giovanetta armata di una biscia, e recando un ramo carico di frutta, e
ndanza. Una giovanetta armata di una biscia, e recando un ramo carico di frutta, era l’effigie di Pomona. Termine. Il
mata di una biscia, e recando un ramo carico di frutta, era l’effigie di Pomona. Termine. Il Dio Termine, la cui statu
Dio Termine, la cui statua non era altro che una pietra, o un tronco di albero, vegliava ai confini delle campestri posse
Termine sii tu pietra, o informe tronco, Il tuo poter egual è a quel di Giove. Salva tu l’orto mio, e ’l campicello Dalle
l è a quel di Giove. Salva tu l’orto mio, e ’l campicello Dalle trame di avaro, e rio vicino : Che ingordo ognor se d’usur
i : Ricalca il tuo terren : io sol quì impero. Priapo. La statua di Priapo collocavasi ne’ giardini ad uso di fantocc
ero. Priapo. La statua di Priapo collocavasi ne’ giardini ad uso di fantoccio per ispauracchio : questo basta per dim
basta per dimostrare, che questo Dio non era bello : aveva l’aspetto di un satiro. La sua effigie consisteva nella sola p
adattava una falce alla mano. Ancorchè brutto, era pertanto figliuolo di Venere, e fratello di Cupido. Giunone che per eff
a mano. Ancorchè brutto, era pertanto figliuolo di Venere, e fratello di Cupido. Giunone che per effetto di rivalità odiav
to figliuolo di Venere, e fratello di Cupido. Giunone che per effetto di rivalità odiava Venere, mercè i suoi incantesimi,
orgente, ed al corso de’ fiumi, erano altresì Dei. La loro figura era di vecchi con capelli, e barba grondanti acqua, e so
era di vecchi con capelli, e barba grondanti acqua, e sovente in vece di barba, e capelli avevano minutissime canne. Essi
dei fiumi sottoposta alla loro sorveglianza. Spesso portano le corna di bue, e talvolta l’intiera testa di questo animale
veglianza. Spesso portano le corna di bue, e talvolta l’intiera testa di questo animale. Le Ninfe. Nereo, e Dori figl
di questo animale. Le Ninfe. Nereo, e Dori figli dell’Oceano, e di Teti diedero alla luce un’ infinità di figliuole
o, e Dori figli dell’Oceano, e di Teti diedero alla luce un’ infinità di figliuole conosciute sotto il nome di Ninfe. I pa
diedero alla luce un’ infinità di figliuole conosciute sotto il nome di Ninfe. I particolari loro nomi derivavano dai div
e le montagne. Ella abitava le sponde del Cefiso. Aveva la proprietà di parlare tutte le lingue : ma abusò di un tal dono
del Cefiso. Aveva la proprietà di parlare tutte le lingue : ma abusò di un tal dono, e quindi fu condannata a ripetere so
rupe. Sopravisse solamente la sua voce, per ripetere le ultime parole di chi la interrogava. Narciso. Narciso passò i
sò i suoi giorni alla caccia. Un giorno mentre si riposava sulla riva di un fonte, vide la sua immagine che traspariva nel
l’acqua : fu talmente sorpreso della sua bellezza, che divenne amante di se stesso. Ma inutilmente egli si studiava di ott
zza, che divenne amante di se stesso. Ma inutilmente egli si studiava di ottenere l’oggetto de’ suoi desiri : le onde cris
lusinghiera immagine. Non volle pertanto abbandonarla, e si contentò di morire sulla riva di quel fonte ; fu cangiato in
. Non volle pertanto abbandonarla, e si contentò di morire sulla riva di quel fonte ; fu cangiato in un fiore, che conserv
ti. Dopo Nettuno, il più grande de’ Dei marini, era Oceano figliuolo di Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua
ttuno, il più grande de’ Dei marini, era Oceano figliuolo di Urano, e di Titea, o sia la Terra. Sposò Teti sua germana, da
i, come si è detto, procrearono le Ninfe, e le Nereidi. Tra il numero di quest’ultime vi ha Teti, che bisogna distinguere
ha Teti, che bisogna distinguere da Teti sua madre. Giove la guardava di buon occhio : ma avendo saputo dal Destino che da
uella nascerebbe un bambino, che avrebbe un giorno superato la gloria di suo padre, la maritò con Peleo, dalla qual coppia
ra gli Eroi della favolosa antichità. Tritone. Tritone figliuolo di Nettuno, e della ninfa Salacia, altri dicono Amfi
ttuno, e della ninfa Salacia, altri dicono Amfitrite, aveva la figura di uomo fino alla cintura : il resto del corpo termi
esto del corpo terminava in pesce con doppia coda. Il suo impiego era di dar fiato ad una conca avanti il carro di Nettuno
ia coda. Il suo impiego era di dar fiato ad una conca avanti il carro di Nettuno. I suoi figliuoli chiamavansi al par di l
conca avanti il carro di Nettuno. I suoi figliuoli chiamavansi al par di lui Tritoni. Proteo. Proteo figliuolo dell’O
i al par di lui Tritoni. Proteo. Proteo figliuolo dell’Oceano, e di Teti era il conduttore degli armenti di Nettuno.
oteo figliuolo dell’Oceano, e di Teti era il conduttore degli armenti di Nettuno. Questo gregge componevasi di foche, ed a
era il conduttore degli armenti di Nettuno. Questo gregge componevasi di foche, ed altri mostri marini. Proteo possedeva i
omponevasi di foche, ed altri mostri marini. Proteo possedeva il dono di presagire il futuro : ma bisognava stentare molti
ere sempre nuova forma, e figura. Virgilio ci ha fatta la descrizione di questo Dio nel quarto libro delle sue Georgiche.
dente ai porti chiamavasi Melicerta nella sua infanzia. Ino figliuola di Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie di Atamant
ti chiamavasi Melicerta nella sua infanzia. Ino figliuola di Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie di Atamante re di Tebe
sua infanzia. Ino figliuola di Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie di Atamante re di Tebe, dalla qual coppia nacque Mel
no figliuola di Cadmo, e di Ermione fu la terza moglie di Atamante re di Tebe, dalla qual coppia nacque Melicerta, Frisso,
e di Tebe, dalla qual coppia nacque Melicerta, Frisso, ed Helle figli di Atamante nati da un altro matrimonio divennero l’
di Atamante nati da un altro matrimonio divennero l’oggetto dell’odio di Ino loro madrigna. Intimoriti volendo sottrarsi d
ione, sen fuggirono seco portando un superbo Ariete, la cui pelle era di oro. Traversando il mare sul dorso di questo magn
uperbo Ariete, la cui pelle era di oro. Traversando il mare sul dorso di questo magnifico Ariete, Helle cadde nelle onde,
e col figlio, dove furono ammessi fra i Dei marini. Ino prese il nome di Leucotoe, e Melicerta quello di Palemone, che i R
i fra i Dei marini. Ino prese il nome di Leucotoe, e Melicerta quello di Palemone, che i Romani chiamarono Portunno. Gl
no Portunno. Glauco. Glauco era un celebre pescatore della Città di Anteona nella Beozia. Un giorno si avvide, che al
na proprietà particolare : ne mangiò, e si senti al momento la voglia di tuffarsi nelle onde. I Dei marini lo accolsero, e
ro classe. Eolo Dio dei venti. Eolo regnava nelle isole chiamate di Vulcano poste fra la Sicilia, e l’Italia, e dipen
te di Vulcano poste fra la Sicilia, e l’Italia, e dipendeva dai cenni di Nettuno, che gli ordinava di mettere i venti in l
cilia, e l’Italia, e dipendeva dai cenni di Nettuno, che gli ordinava di mettere i venti in libertà, o d’incatenarli nelle
il più impetuoso partiva dal settentrione. Egli rapì Orizia figliuola di Erettèo re di Atene, dalla quale ebbe Zeto, e Cal
so partiva dal settentrione. Egli rapì Orizia figliuola di Erettèo re di Atene, dalla quale ebbe Zeto, e Calai effigiati c
più dolce, e lusinghiero : lo invocano, e lo credono uno de’ compagni di Amore. I poeti sovente lo dipingono in aria di un
edono uno de’ compagni di Amore. I poeti sovente lo dipingono in aria di un bel garzone colle ali di farfalla. Le Siren
ore. I poeti sovente lo dipingono in aria di un bel garzone colle ali di farfalla. Le Sirene. Le Sirene erano tre ninf
o tre ninfe leggiadre chiamate Leucosia, Ligia, e Partenope 1, dotate di estrema bellezza, e di una voce bellissima, segua
hiamate Leucosia, Ligia, e Partenope 1, dotate di estrema bellezza, e di una voce bellissima, seguaci di Proserpina. Allor
nope 1, dotate di estrema bellezza, e di una voce bellissima, seguaci di Proserpina. Allorchè questa Dea fu rapita da Plut
chiesero le ali agli Dei per andarla cercando : ma nell’impossibilità di trovarla, fissarono la loro sede sulla sommità de
ovarla, fissarono la loro sede sulla sommità delle rocce, occupandosi di dar la morte ai naviganti tirati dalla dolcezza d
itrovato chi sapesse ingannarle. Al saggio Ulisse spettò l’esecuzione di un tale decreto. Evitò il loro canto insidioso, t
facendosi egli stesso legare ad un albero del naviglio. Per la rabbia di essere stata elusa la loro arte, le Sirene si pre
la cintura in giù. Le Arpie. Malgrado che le Arpie fossero figlie di Nettuno, e della Terra, non appartenevano però al
enevano però alla classe della divinità marine. Erano mostri col viso di donna fornite di ali con orecchi di orso, ed arti
classe della divinità marine. Erano mostri col viso di donna fornite di ali con orecchi di orso, ed artigli alle mani, ed
ità marine. Erano mostri col viso di donna fornite di ali con orecchi di orso, ed artigli alle mani, ed a’ piedi. Carid
ubato alcuni bovi : indi cangiata in mostro marino. Scilla figliuola di Forco Dio del mare, e di Ecate, o sia della Notte
cangiata in mostro marino. Scilla figliuola di Forco Dio del mare, e di Ecate, o sia della Notte era altresì un altro mos
lla comparve con sei teste orribili, con altrettante gole, tre ordini di denti, e dodici braccia armate di artigli. Ingozz
i, con altrettante gole, tre ordini di denti, e dodici braccia armate di artigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la
tigli. Ingozzava i vascelli tutt’intieri, e la sua cintura era armata di cani che abbajavano senza interruzione, e che div
vano senza interruzione, e che divoravano chiunque aveva la disgrazia di cadere in poter loro. Scilla, e Cariddi spogliate
no due scogli pericolosi. Scilla è un golfo tra Reggio, e Messina, il di cui fragore rassomiglia all’abbajare de’ cani. Ca
ano. Come spesso accadeva che i naviganti mentre volevano evitare uno di questi scogli incorrevano nell’altro, ebbe origin
in un carro tirato da due cavalli neri. Il suo velo, e la veste sono di color nero ornato di stelle. Porta talvolta una f
a due cavalli neri. Il suo velo, e la veste sono di color nero ornato di stelle. Porta talvolta una fiaccola rivolta verso
atello della Morte, ch’è un sonno perpetuo. La pittura, che fa Ovidio di questo Dio, è sì bella, che ci fa chiaramente con
del sonno. Situa egli il suo palazzo nel paese de Cimmerj1 ove raggio di luce non penetra, ed altro non si sente che il so
entare i mortali. Riposa il Nume in una stanza sopra il letto coverto di piume circondato da cortine di color nero. Gli si
e in una stanza sopra il letto coverto di piume circondato da cortine di color nero. Gli si vede appresso una quantità di
ircondato da cortine di color nero. Gli si vede appresso una quantità di sogni, che dormono ammonticchiati l’uno sopra l’a
e era collocato presso quello delle Muse per dinotare, che gli uomini di lettere hanno bisogno del riposo, e della calma d
suoi piedi una ruota per correre da pertutto, e giudicare del merito di ognuno. Divinità domestiché. I Dei Lari,
di ognuno. Divinità domestiché. I Dei Lari, ed i Penati. Fa di mestieri distinguere di Lari dai Penati. I Lari e
domestiché. I Dei Lari, ed i Penati. Fa di mestieri distinguere di Lari dai Penati. I Lari erano Dei particolari del
tempi nostri, e persiste tuttavia in questa opinione una moltitudine di sciocchi, ed ignoranti2. Di varie altre Divin
il Dio delle ricchezze. Era questi il Dio delle ricchezze figliuolo di Cerere, e Giasone. Vedesi rappresentato qual vecc
ll’abbondanza, e gli occhi bendati con un piede in aria, e l’altro su di una ruota, che gira con velocità. Gli antichi cre
a Fortuna le ali ai piedi, indizio della sua incostanza, ed un ciuffo di capelli sulla testa, che fa d’uopo afferrare, per
a d’uopo afferrare, perchè non iscappi dalle mani. La Fortuna, al dir di Cicerone, è un nome vano ; e si potrebbe credere
rebbe credere lo avesse l’antichità inventato per evitare l’occasione di lagnarsi contro la Providenza1. Arpocrate. A
losofo Greco. Egli è rappresentato con un dito sulla bocca, è vestito di una pelle di lupo picchiettata d’occhi, e di orec
Egli è rappresentato con un dito sulla bocca, è vestito di una pelle di lupo picchiettata d’occhi, e di orecchi per indic
o sulla bocca, è vestito di una pelle di lupo picchiettata d’occhi, e di orecchi per indicare, che bisogna vedere, e senti
nch’essi il silenzio nel numero degl’Iddii, e lo dipingevano in forma di una donna che chiamarono Muta. Temi. Figliuol
Giustizia. Fu creduta da Eusebio quella tale Carmenta donna savissima di Arcadia, che presagiva il futuro. Le matrone Roma
trea. Vi ha tra poeti, chi crede Temi la stessa che Astrea, figliuola di Giove, e di Temi. Durante il secolo di oro Astrea
tra poeti, chi crede Temi la stessa che Astrea, figliuola di Giove, e di Temi. Durante il secolo di oro Astrea conversò co
a stessa che Astrea, figliuola di Giove, e di Temi. Durante il secolo di oro Astrea conversò cogli uomini : ma stanca, ed
io de’ piaceri, e della mensa era Como. Egli è rappresentato coronato di fiori, e con una fiaccola in mano, perchè gran pa
ella notte era a lui consagrata. Momo. Era questo l’amico stretto di Como. La buffoneria ben si accoppia con i piaceri
ria ben si accoppia con i piaceri della mensa. Il primo degli oggetti di Momo era mettere in ridicolo le azioni degli Dei,
on poteva cangiar sito, dove ci fosse un vicino pericoloso. L’origine di Momo non sembra conveniente al suo carattere, gia
donne invocato allorchè si maritavano. Vedesi Imenèo sotto l’aspetto di un giovane leggiadro, coronato di rose, e con una
vano. Vedesi Imenèo sotto l’aspetto di un giovane leggiadro, coronato di rose, e con una fiaccola in mano. Le Grazie.
ose, e con una fiaccola in mano. Le Grazie. Le Grazie eran figlie di Giove, e di Venere. Seguivano per lo più la loro
na fiaccola in mano. Le Grazie. Le Grazie eran figlie di Giove, e di Venere. Seguivano per lo più la loro madre, ed as
evano sortite dalla natura. Vengono rappresentate ignude, dandosi fra di loro la mano. Avevano picciola statura ; ma un’ar
resentati con que’ caratteri, ed attributi che avvertivano gli uomini di quanto potevano temere, o sperare. Eccone un esem
resenta Temi, Dea della giustizia. Colla bilancia ella pesa le azioni di ciascuno, ed egualmente giudica del merito di chi
cia ella pesa le azioni di ciascuno, ed egualmente giudica del merito di chicchessia : colla spada punisce i malfattori. I
dica del merito di chicchessia : colla spada punisce i malfattori. Il di lei tranquillo aspetto annunzia, che i suoi giudi
l di lei tranquillo aspetto annunzia, che i suoi giudizj sono sceveri di qualunque prevenzione. Talvolta è dipinta con ben
e Tigrane. Crede il Vossio che la Felicità adorata da Greci col nome di Ευδαιμονια sia la stessa che Salus la salute pubb
alute pubblica. L’Abbondanza. Vedesi l’abbondanza sotto la figura di una donna robusta, rovesciando un corno pieno di
anza sotto la figura di una donna robusta, rovesciando un corno pieno di frutta di ogni sorta. La Povertà. Era questa
la figura di una donna robusta, rovesciando un corno pieno di frutta di ogni sorta. La Povertà. Era questa figliuola
l Lusso, e dell’Ozio dipinta come una donna pallida, magra, e coverta di cenci, spesso in atto di darsi alla disperazione.
nta come una donna pallida, magra, e coverta di cenci, spesso in atto di darsi alla disperazione. La Speranza. A quest
pia guisa è rappresentata : cioè col corno dell’abbondanza con frutta di ogni specie, e fiori : ma per lo più vedesi appog
o all’onore. La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella di una donna di fresca età con veste bianca, e seden
La virtù è figlia della verità. La sua figura era quella di una donna di fresca età con veste bianca, e sedendo sopra di p
a quella di una donna di fresca età con veste bianca, e sedendo sopra di pietra quadrata per indicare la fermezza, ed aggi
a, ed aggiustatezza del suo carattere. La Verità. La sua figura è di una giovane vergine vestita di un abito bianco, e
attere. La Verità. La sua figura è di una giovane vergine vestita di un abito bianco, e semplicissimo, e talvolta vede
issimo, e talvolta vedesi nuda con uno specchio alla mano. Era figlia di Saturno, o piuttosto del Tempo. La Menzogna.
a Menzogna. Vediamo la Menzogna spesso rappresentata sotto l’aspetto di Mercurio Dio dell’eloquenza, bugiardo e facile ad
er palesare il bene, ed il male. Gli antichi la credevano messaggiera di Giove. Virgilio ce la rappresenta come una donna
evano messaggiera di Giove. Virgilio ce la rappresenta come una donna di statura orribile, e gigantesca, ornata di piume,
rappresenta come una donna di statura orribile, e gigantesca, ornata di piume, occhi, lingue, e bocche. « Ella, al dir di
gigantesca, ornata di piume, occhi, lingue, e bocche. « Ella, al dir di un poeta, è una Diva, o piuttosto un mostro di st
bocche. « Ella, al dir di un poeta, è una Diva, o piuttosto un mostro di straordinaria grandezza coverto di occhi, e di or
è una Diva, o piuttosto un mostro di straordinaria grandezza coverto di occhi, e di orecchi, la cui voce imita lo scrosci
o piuttosto un mostro di straordinaria grandezza coverto di occhi, e di orecchi, la cui voce imita lo scroscio del tuono 
La Concordia. Due tempj aveva in Roma la Concordia. Era figliuola di Giove, e di Temi. Il suo potere si estendeva sull
dia. Due tempj aveva in Roma la Concordia. Era figliuola di Giove, e di Temi. Il suo potere si estendeva sulle famiglie,
ονοια, ed aveva un tempio in Olimpia. La Pace. Era altresì figlia di Giove, e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata
eva un tempio in Olimpia. La Pace. Era altresì figlia di Giove, e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata con corona
iglia di Giove, e di Temi la Pace. Vien ella rappresentata con corona di alloro, con una immaginetta di Pluto in una mano,
ce. Vien ella rappresentata con corona di alloro, con una immaginetta di Pluto in una mano, e nell’altra un ramo di ulivo.
lloro, con una immaginetta di Pluto in una mano, e nell’altra un ramo di ulivo. Questa Dea si ricovera nel Cielo, allorchè
eltà. La fedeltà, o la buona Fede aveva il suo culto nel Lazio prima di Romolo. Ella presedeva ai trattati, alle alleanze
iolabili erano i giuramenti concepiti per lei. Vien dipinta con veste di color bianco, e colle mani giunte, segno della fe
una veste parimente bianca. Le Preghiere. Omero le chiama figlie di Giove. Egli le rappresenta umili, timide, e zoppi
ti, e sovente malconce1. Il Pudore. Vedesi il Pudore in sembianza di una donna coverta da un velo. La Sanità. Vien
lla è denominata anche Igia. La Voluttà. Una femina nuda coronata di rose con coppa d’oro dove beve una biscia, è l’ef
amo. Vien ella rappresentata qual donna robusta, avendo doppio ordine di mammelle per indicare la sua fecondità, e la cura
indicare la sua fecondità, e la cura che si prende per la sussistenza di quanto ha creato. La Providenza. Gli antichi
creato. La Providenza. Gli antichi la dipingevano sotto l’aspetto di una venerabile matrona col corno dell’abbondanza
i ben molti ne innalzarono. I Romani la figuravano qual donna vestita di una tunica, nel di cui lembo si leggeva questo mo
lzarono. I Romani la figuravano qual donna vestita di una tunica, nel di cui lembo si leggeva questo motto : la morte, e l
nel di cui lembo si leggeva questo motto : la morte, e la vita. Sulla di lei fronte era altresì scritto : l’està, e l’inve
va per genitori il Sonno, e la Notte. Erano a lei sagrati due animali di lentissimo moto, la tartaruga, e la lumaca. Gli a
meglio ingannare. Il resto del corpo terminava in serpente colla coda di scorpione. Una stretta di questa coda cagionava l
del corpo terminava in serpente colla coda di scorpione. Una stretta di questa coda cagionava la morte1. Il Terrore.
stretta di questa coda cagionava la morte1. Il Terrore. Una testa di lione sopra il corpo di una donna disegnava il Te
agionava la morte1. Il Terrore. Una testa di lione sopra il corpo di una donna disegnava il Terrore. Portava in mano u
ne. È rappresentata presso a poco come la Fortuna con un piede sopra di una ruota che gira rapidamente. La sua testa è ca
iede sopra di una ruota che gira rapidamente. La sua testa è calva al di dietro : nella parte d’avanti presenta soltanto u
enta soltanto un ciuffo che bisogna afferrare. La sua mano era armata di un rasojo1. La Necessità. Figlia della Fortun
a della Fortuna comandava agli Dei, ed agli uomini. Le sue mani erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli
i erano di bronzo, ed avevano una caviglia ed una zeppa. Gli abitanti di Corinto le avevano innalzato un tempio. L’Invi
no innalzato un tempio. L’Invidia. L’Invidia abita sotto la volta di una rupe sterile, e senza verdura. Si asconde in
ile, e senza verdura. Si asconde in un antro spaventevole, ove raggio di luce non penetra. Smunta, pallida, con ciglio tor
a. Le lodi e gli encomj offendono il suo orecchio. Il suo supplizio è di vedere innalzati i talenti. In somma è un mostro,
stesso si macera, e da tutti è detestato. La Vittoria. Era figlia di Stige, e del gigante Pallante. Si dipinge alata c
di Stige, e del gigante Pallante. Si dipinge alata con un ramoscello di palma in una mano, e nell’altra con una corona te
ramoscello di palma in una mano, e nell’altra con una corona tessuta di alloro, e di ulivo. La Primavera. È rappresen
i palma in una mano, e nell’altra con una corona tessuta di alloro, e di ulivo. La Primavera. È rappresentata sotto l’
alloro, e di ulivo. La Primavera. È rappresentata sotto l’effigie di Flora con ghirlanda, ed un cestellino di rose.
appresentata sotto l’effigie di Flora con ghirlanda, ed un cestellino di rose. L’Està. Per esprimere questa stagione v
questa stagione vedesi Cerere col corno dell’abbondanza, e una corona di spighe. L’Autunno. Un giovane con corba di fr
bondanza, e una corona di spighe. L’Autunno. Un giovane con corba di frutta, e carezzando un cane rappresenta l’Autunn
L’Inverno. Vedesi ordinariamente dipinto l’Inverno sotto l’aspetto di un vecchio che si riscalda, o stassene rinchiuso
o che si riscalda, o stassene rinchiuso in una grotta. Egli è vestito di un abito che tutto lo circonda ; i suoi capelli,
he tutto lo circonda ; i suoi capelli, e la barba bianca sono coverti di ghiaccio1. La Discordia. Una donna con serpen
che circondano l’umano genere. Essi li credevano tanti Esseri capaci di allontanare, o di attirarci le disgrazie. Così sa
umano genere. Essi li credevano tanti Esseri capaci di allontanare, o di attirarci le disgrazie. Così sagrificavano alla F
ndò tanto innanzi, che immaginarono un Nume, che non abbiamo l’ardire di nominare in lingua nostra, detto crepitus ventris
dire di nominare in lingua nostra, detto crepitus ventris 1 La serie di tante stravaganze, nel momento che prova la debol
za dello spirito umano, ci avverte del bisogno che abbiamo della mano di Dio in tutti gli eventi della nostra vita. Non av
i della nostra vita. Non avendo potuto gli antichi aver l’idea giusta di un Dio vero, unico, e creatore dell’Universo, for
Dio vero, unico, e creatore dell’Universo, formarono altrettanti Dei di tutti gli attributi, che al vero Ente supremo si
o, e da una mortale, oppur da un uomo, e da una Dea. Davasi il titolo di Eroe a chi per qualche impresa segnalata o illust
ennone, Ulisse, e tanti altri. Le gesta dei primi vanno sotto il nome di Storia favolosa, perchè combinata da un miscuglio
no sotto il nome di Storia favolosa, perchè combinata da un miscuglio di fatti veri, e di favole. Storia eroica diremo que
di Storia favolosa, perchè combinata da un miscuglio di fatti veri, e di favole. Storia eroica diremo quella che narra i f
con una particella del fuoco celeste. Prometeo. Prometeo figliuolo di Giapeto, e di Climene figlia dell’Oceano, era il
ella del fuoco celeste. Prometeo. Prometeo figliuolo di Giapeto, e di Climene figlia dell’Oceano, era il più ingegnoso
’Oceano, era il più ingegnoso de’ Titani. Egli per emulare la potenza di Giove ardì creare, un uomo, servendosi del sempli
si del semplice limo della terra cui diede l’anima con una particella di quel fuoco celeste, che dal carro del sole aveva
gato, che la notte si rinnovellava per essere al dì vegnente divorato di nuovo. Eterno sarebbe stato il suo supplizio, se
nuovo. Eterno sarebbe stato il suo supplizio, se Ercole che si trovò di là passando, non lo avesse liberato. Non contento
e si trovò di là passando, non lo avesse liberato. Non contento Giove di tale vendetta, e per punire gli uomini delle loro
nato al testè detto supplizio. Epimeteo meno sospettoso, e diffidente di suo fratello Prometeo, volle aprir questo vaso do
mpo fu detto l’età dell’oro, tanto decantala da’ poeti sotto il regno di Saturno. A questa tenne dietro l’età dell’argento
tenne dietro l’età dell’argento, ed ebbe meno puri costumi. Nell’età di bronzo spuntarono i primi semi della guerra, e de
ntarono i primi semi della guerra, e dei delitti. Finalmente nell’età di ferro non potendo più gli Dei tollerare la perver
a ; ma per non confondere i giusti cogli empj, intraprese colla guida di Mercurio un viaggio sulla terra, e si fermò press
ese colla guida di Mercurio un viaggio sulla terra, e si fermò presso di Licaone re dell’Arcadia. Questi dubitando della d
Irritato Giove per tale indegnità, incenerì con un fulmine il palazzo di questo mostro. Licaone tentò sottrarsi alla vende
del genere umano ; ma senza far danno alla terra, che voleva popolare di una nuova specie. Ordinò ai venti, che avessero u
monte Parnaso, e dopo aver ringraziato i Dei, pensarono alla maniera di ripopolare la terra. A tale oggetto consultaron T
legio, ma riflettendo, che la gran madre era la terra, e le pietre le di lei ossa, eseguirono a puntino il consiglio. Dai
propriamente nel luogo, dove Atene fu fabbricata. Sposò la figliuola di Attèo re del paese, e della sua colonia se ne for
colonia se ne formarono dodici borghi, che diedero principio al Regno di Atene. Al culto degli Dei del paese aggiunse quel
to degli Dei del paese aggiunse quello de’ suoi, e sopra tutto quello di Minerva, e di Giove, e di tanti che aveva dall’Eg
el paese aggiunse quello de’ suoi, e sopra tutto quello di Minerva, e di Giove, e di tanti che aveva dall’Egitto portati.
iunse quello de’ suoi, e sopra tutto quello di Minerva, e di Giove, e di tanti che aveva dall’Egitto portati. Cadmo. F
ve, e di tanti che aveva dall’Egitto portati. Cadmo. Figliuolo fu di Agenore re di Fenicia, e fratello della bella Eur
che aveva dall’Egitto portati. Cadmo. Figliuolo fu di Agenore re di Fenicia, e fratello della bella Europa rapita da
enicia, e fratello della bella Europa rapita da Giove sotto l’aspetto di un toro. Disperato Agenore, che non aveva nouve d
ve sotto l’aspetto di un toro. Disperato Agenore, che non aveva nouve di sua figlia, impose a Cadmo di andarla cercando si
Disperato Agenore, che non aveva nouve di sua figlia, impose a Cadmo di andarla cercando sin che la trovasse. Essendo sta
un bove. La novella sua patria fu detta per tal ragione Beozia. Prima di edificare la città capitale, volle offrire de’ sa
i ritornare, si recò egli stesso sulla faccia del luogo, e gli riuscì di ammazzare quel mostro. Per ordine di Minerva semi
a faccia del luogo, e gli riuscì di ammazzare quel mostro. Per ordine di Minerva seminati i denti del dragone produssero d
denti del dragone produssero de’ nuovi soldati che si scannarono fra di loro, restandone soli cinque che lo ajutarono all
tto dalle disgrazie si ritirò nell’Illiria perseguitato dalla gelosia di Giunone, e finalmente dagli Dei fu cangiato in se
finalmente dagli Dei fu cangiato in serpente. Perseo. La nascita di Perseo fu assai singolare. Acrisio re di Argo ave
ente. Perseo. La nascita di Perseo fu assai singolare. Acrisio re di Argo aveva una figliuola di rara bellezza chiamat
di Perseo fu assai singolare. Acrisio re di Argo aveva una figliuola di rara bellezza chiamata Danae. Come l’oracolo gli
ato la morte all’avo, rinchiuse Acrisio la sua figliuola in una torre di bronzo. Spinto Giove dalla curiosità di vedere qu
la sua figliuola in una torre di bronzo. Spinto Giove dalla curiosità di vedere questa giovane, si trasformò in pioggia di
ove dalla curiosità di vedere questa giovane, si trasformò in pioggia di oro, e mentre i custodi erano intenti a raccorre
ro, e mentre i custodi erano intenti a raccorre l’oro, riuscì a Giove di penetrare nella torre. Divenne Danae madre di Per
e l’oro, riuscì a Giove di penetrare nella torre. Divenne Danae madre di Perseo : del che accortosi Acrisio la fece metter
accolse la madre col bambino, con prendere somma cura dell’educazione di questo principe. Ma in seguito Polidette divenuto
ducazione di questo principe. Ma in seguito Polidette divenuto amante di Danae, e temendo di Perseo, cercò di allontanarlo
principe. Ma in seguito Polidette divenuto amante di Danae, e temendo di Perseo, cercò di allontanarlo fingendo di volere
eguito Polidette divenuto amante di Danae, e temendo di Perseo, cercò di allontanarlo fingendo di volere sposare una princ
amante di Danae, e temendo di Perseo, cercò di allontanarlo fingendo di volere sposare una principessa di Grecia, ed in t
seo, cercò di allontanarlo fingendo di volere sposare una principessa di Grecia, ed in tale occasione per ostentare il suo
Grecia, ed in tale occasione per ostentare il suo fasto voleva quanto di più raro esistesse nel mondo. Per rendere adunque
uanto di più raro esistesse nel mondo. Per rendere adunque il viaggio di Perseo più lungo, e pericoloso gli ordinò di anda
ndere adunque il viaggio di Perseo più lungo, e pericoloso gli ordinò di andare in cerca della testa di Medusa, ch’ era un
seo più lungo, e pericoloso gli ordinò di andare in cerca della testa di Medusa, ch’ era una delle tre Gorgoni figliuole d
cerca della testa di Medusa, ch’ era una delle tre Gorgoni figliuole di Forco Dio marino, che regnavano nelle isole Gorgo
solo dente, che s’improntavano a vicenda. La loro chioma era composta di serpenti, che si rizzavano, e fischiavano di cont
loro chioma era composta di serpenti, che si rizzavano, e fischiavano di continuo. Taluni poeti credono che tal sorte infe
credono che tal sorte infelice avesse avuta solamente Medusa per odio di Minerva, che in tal guisa la sfigurò perchè amata
n tal guisa la sfigurò perchè amata da Nettuno, che con poco rispetto di questa Dea attestò la sua premura per questa giov
to di questa Dea attestò la sua premura per questa giovane nel tempio di Minerva. Poichè Perseo fu allontanato dalla reggi
sto sotto l’egida vinse le tre Gorgoni, e ritornò in Argo colla testa di Medusa, di cui si servì per cangiar gli uomini in
’egida vinse le tre Gorgoni, e ritornò in Argo colla testa di Medusa, di cui si servì per cangiar gli uomini in pietra. Ta
hi guardava questa testa era soggetto ad un tale destino, e le stille di sangue che ne grondarono, divennero serpenti. Con
, Perseo liberò Andromeda1 legata nuda ad uno scoglio per esser preda di un mostro marino, che uccise all’istante, ed in p
, che uccise all’istante, ed in premio sposò questa giovane figliuola di Cefèo, e di Cassiope. Perseo sbrigatosi da’ suoi
all’istante, ed in premio sposò questa giovane figliuola di Cefèo, e di Cassiope. Perseo sbrigatosi da’ suoi nemici ritor
ificato l’oracolo. Bellerofonte. Ascoltiamone la storia per bocca di Glauco suo discendente. « Questo Eroe (diceva a D
uesto Eroe (diceva a Diomede durante la guerra Trojana) era figliuolo di Glauco re di Corinto : Giove lo aveva sottoposto
iceva a Diomede durante la guerra Trojana) era figliuolo di Glauco re di Corinto : Giove lo aveva sottoposto a Preto re d’
to a Preto re d’Argo. Come aveva una vantaggiosa figura, Antea moglie di Preto ebbe per lui qualche inclinazione, ma senza
nti, lo mandò a Giobate suo suocero re della Licia con ordini segreti di prendere vendetta dell’oltraggio a lui fatto. Bel
avendo aperto le lettere del re d’Argo, impose immantinente all’Eroe di andare a combattere con un mostro terribile chiam
e di andare a combattere con un mostro terribile chiamato la Chimera, di razza immortale colla testa di lione, il corpo di
mostro terribile chiamato la Chimera, di razza immortale colla testa di lione, il corpo di capra, la coda di serpente, e
hiamato la Chimera, di razza immortale colla testa di lione, il corpo di capra, la coda di serpente, e che gittava fiamme
, di razza immortale colla testa di lione, il corpo di capra, la coda di serpente, e che gittava fiamme dalla gola. L’intr
a di serpente, e che gittava fiamme dalla gola. L’intrepido figliuolo di Glauco alla vista de’ segnali a lui mostrati dagl
e riportò compiuta vittoria. Conoscendo allora Giobate, che il valore di Bellerofonté era superiore ai perigli, gli diede
no ». Minosse. Gli Ateniesi avendo assassinato Androgeo figliuolo di Minosse re di Creta, questo principe alla testa d
se. Gli Ateniesi avendo assassinato Androgeo figliuolo di Minosse re di Creta, questo principe alla testa di una armata p
Androgeo figliuolo di Minosse re di Creta, questo principe alla testa di una armata poderosa assediò Atene, e non si ritir
che non fu segnato un trattato, col quale gli Ateniesi si obbligarono di dargli annualmente sette donzelle, ed altrettanti
, e liberò Atene da sì crudele tributo. Minosse servendosi dell’opera di Dedalo architetto ingegnosissimo, formò un edifiz
e rinchiudere il Minotauro ; e lo stesso Dedalo ch’ era incorso nella di lui disgrazia con il suo figlio Icaro. Questi per
con il suo figlio Icaro. Questi però escogitò la maniera come uscire di prigione coll’ajuto delle ali composte di cera, e
gitò la maniera come uscire di prigione coll’ajuto delle ali composte di cera, e di penne per se, e per Icaro. Avvertì per
iera come uscire di prigione coll’ajuto delle ali composte di cera, e di penne per se, e per Icaro. Avvertì pertanto il fi
suo nome. Icarus Icariis nomina fecit aquis, Ovidio. Minosse fu padre di molti figli : i più conosciuti furono Androgèo, F
udici nell’inferno con Eaco, e Radamanto. Teseo. Etra, ed Egèo re di Atene furono i genitori di Teseo. Volendo questo
, e Radamanto. Teseo. Etra, ed Egèo re di Atene furono i genitori di Teseo. Volendo questo Eroe fin dalla fanciullezza
i Teseo. Volendo questo Eroe fin dalla fanciullezza imitare il valore di Ercole, e ritrovandosi nella Corte di Piteo re di
fanciullezza imitare il valore di Ercole, e ritrovandosi nella Corte di Piteo re di Trezenia, e padre di Etra volle intra
a imitare il valore di Ercole, e ritrovandosi nella Corte di Piteo re di Trezenia, e padre di Etra volle intraprendere un
i Ercole, e ritrovandosi nella Corte di Piteo re di Trezenia, e padre di Etra volle intraprendere un viaggio per Atene per
n facendo diede i primi saggi del suo valore. Passando pel territorio di Epidauro, uccise Perifeto che lo aveva sfidato a
ifeto che lo aveva sfidato a battersi seco. Di là traversando l’istmo di Corinto, punì Sinni assassino, che aveva una forz
forza prodigiosa, solito ad attaccare le vittime che cadevano fra le di lui mani, a due rami di pino curvati, che poscia
o ad attaccare le vittime che cadevano fra le di lui mani, a due rami di pino curvati, che poscia si raddrizzavano collo s
i. Teseo lo fece morire nella stessa guisa. Passando per le frontiere di Megara precipitò dall’alto di una rupe l’infame S
stessa guisa. Passando per le frontiere di Megara precipitò dall’alto di una rupe l’infame Scirrone che spogliava i vianda
gante Procruste. Questo scellerato faceva stendere i forestieri sopra di un letto di ferro, e tagliava le parti che sporge
ste. Questo scellerato faceva stendere i forestieri sopra di un letto di ferro, e tagliava le parti che sporgevano in fuor
ad Atene, dove non potendosi vedere ozioso volle combattere col toro di Maratona, che menò vivo in Città per sacrificarlo
Città per sacrificarlo ad Apollo. Vennero dopo poco tempo i deputati di Minosse a chiedere per la terza volta il solito t
te donzelle. Volle Teseo ascriversi fra quelli, e malgrado le lagrime di suo padre si pose in viaggio ad oggetto di combat
lli, e malgrado le lagrime di suo padre si pose in viaggio ad oggetto di combattere col Minotauro, e liberare Atene da sì
bio perito in questa per altro gloriosa impresa, se Arianna figliuola di Minosse non lo avesse consigliato di attaccare un
sa impresa, se Arianna figliuola di Minosse non lo avesse consigliato di attaccare un filo all’entrata del Laberinto ove i
aglia il Minotauro, e coll’ajuto del filo uscì dagl’intrighi tortuosi di quel luogo. Volle Arianna seguire i passi di ques
ì dagl’intrighi tortuosi di quel luogo. Volle Arianna seguire i passi di quest’Eroe, che amava per il suo valore : ma ques
quest’Eroe, che amava per il suo valore : ma questi ebbe la crudeltà di abbandonare nell’isola di Nasso colei, che gli av
il suo valore : ma questi ebbe la crudeltà di abbandonare nell’isola di Nasso colei, che gli aveva salvata la vita. Restò
vata la vita. Restò l’infelice Arianna in quell’isola fino all’arrivo di Bacco, che ritornava vincitore dall’Indie ; quest
si nel mare, che dal suo nome fu chiamato Egèo. Teseo montò sul trono di Atene : promulgò delle leggi, che contribuirono m
gò delle leggi, che contribuirono moltissimo ad accrescere la potenza di quel popolo. Il resto di sua vita fu un misto di
ibuirono moltissimo ad accrescere la potenza di quel popolo. Il resto di sua vita fu un misto di azioni grandiose, e ripre
ccrescere la potenza di quel popolo. Il resto di sua vita fu un misto di azioni grandiose, e riprensibili talvolta, come a
u un misto di azioni grandiose, e riprensibili talvolta, come altresì di felicità, e di disgrazie. Trovò in fine da pertut
zioni grandiose, e riprensibili talvolta, come altresì di felicità, e di disgrazie. Trovò in fine da pertutto occasioni pe
utto occasioni per accrescere la riputazione che godeva. In compagnia di Ercole fece la guerra alle Amazoni, donne sommame
Accompagnò Meleagro alla caccia del cignale Calidonio. Dopo la morte di Antiopa, Teseo sposò Fedra figliuola di Minosse,
nale Calidonio. Dopo la morte di Antiopa, Teseo sposò Fedra figliuola di Minosse, e sorella di Arianna. Ben sapendo egli,
a morte di Antiopa, Teseo sposò Fedra figliuola di Minosse, e sorella di Arianna. Ben sapendo egli, che le madrigne guarda
sse, e sorella di Arianna. Ben sapendo egli, che le madrigne guardano di mal occhio i figli del primo letto, inviò Ippolit
venne questo figlio in seguito l’odio del padre per una nera calunnia di Fedra. Volendo Teseo vendicarsene, pregò Nettuno
a di Fedra. Volendo Teseo vendicarsene, pregò Nettuno che gli promise di esaudire i suoi voti. Un giorno, mentre Ippolito
amicizia strettissima con Piritoo re de’ Lapiti. Alla fama del valore di questo Eroe, Piritoo volle farne la pruova, e lo
volle farne la pruova, e lo sfidò a singolar tenzone. Nel punto però di azzuffarsi, furono entrambi sorpresi del proprio
o entrambi sorpresi del proprio coraggio : quindi mossi da sentimenti di vera stima, si diedero vicendevolmente la mano, e
podamia. I Centauri invitati alle nozze ebbri, ed impazzati tentarono di rapire la sposa. I Lapiti diedero di piglio alle
ze ebbri, ed impazzati tentarono di rapire la sposa. I Lapiti diedero di piglio alle armi, e Teseo non si fece pregare per
pregare per fare lo stesso. In ricompensa Piritoo contribuì al ratto di Elena figliuola di Tindaro, e di Leda, per averla
o stesso. In ricompensa Piritoo contribuì al ratto di Elena figliuola di Tindaro, e di Leda, per averla veduta Teseo balla
icompensa Piritoo contribuì al ratto di Elena figliuola di Tindaro, e di Leda, per averla veduta Teseo ballare con molta g
duta Teseo ballare con molta grazia nel tempio. Questa indegna azione di Teseo fu causa di una guerra terribile. Castore,
con molta grazia nel tempio. Questa indegna azione di Teseo fu causa di una guerra terribile. Castore, e Polluce germani
di Teseo fu causa di una guerra terribile. Castore, e Polluce germani di Elena ostilmente entrarono ne’ suoi stati, ed i s
oo suo amico, e compagno d’armi volendo imitarlo, gli venne la smania di rapir Proserpina. Arrivati all’Inferno, Plutone f
ferno, Plutone fu avvertito della trama, e fatte sciogliere le catene di Cerbero, si avventò questi a Piritoo, e lo strang
o a restar per sempre nel Tartaro. Per sua fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare la sua pena. Teseo di ritorno a
ua fortuna Ercole gli ottenne di potere abbreviare la sua pena. Teseo di ritorno alla terra procurò di rientrare ne’ suoi
di potere abbreviare la sua pena. Teseo di ritorno alla terra procurò di rientrare ne’ suoi stati che aveva occupati Mnest
ne’ suoi stati che aveva occupati Mnesteo : ma i sudditi malcontenti di un re che loro attirava una folla di sventure, no
esteo : ma i sudditi malcontenti di un re che loro attirava una folla di sventure, non vollero in niun conto riceverlo. Qu
ure, non vollero in niun conto riceverlo. Quindi si ritirò nell’isola di Sciro, ove Licomede regnava. Ivi visse miserabilm
o aveva meritati. Castore, e Polluce. Rapito Giove dalla bellezza di Leda sposa di Tindaro re di Sparta, volle un dì v
ti. Castore, e Polluce. Rapito Giove dalla bellezza di Leda sposa di Tindaro re di Sparta, volle un dì visitarla trasf
, e Polluce. Rapito Giove dalla bellezza di Leda sposa di Tindaro re di Sparta, volle un dì visitarla trasformatosi in ci
lo accolse nel seno, e ritrovandosi incinta dopo nove mesi si sgravò di due ovi, in uno de’ quali stava rinchiuso Polluce
tro Castore, e Clitennestra. I primi due furono riguardati come figli di Giove, e gli altri due per figliuoli di Tindaro,
furono riguardati come figli di Giove, e gli altri due per figliuoli di Tindaro, detti in seguito indifferentemente tutti
Amico al giuoco del cesto. Castore si segnalò nel corso, e nell’arte di domare i cavalli. Entrambi andarono al conquisto
irazione degli Ateniesi. Mercè la nobile cura che entrambi si presero di purgar l’Arcipelago dai corsari che lo infestavan
capo de’ due fratelli, e cessò tosto quel fiero temporale. Le fiamme di tal sorta che apparivano nel sorgere, o nel mezzo
orale. Le fiamme di tal sorta che apparivano nel sorgere, o nel mezzo di qualche tempesta si credevano segni felici, chiam
ezzo di qualche tempesta si credevano segni felici, chiamati i fuochi di Castore, e di Polluce. Amarono i due fratelli nel
e tempesta si credevano segni felici, chiamati i fuochi di Castore, e di Polluce. Amarono i due fratelli nel tempo istesso
, e di Polluce. Amarono i due fratelli nel tempo istesso le figliuole di Leucippe, Febe, e Talaria, che bisognò rapire, pe
colla morte del primo. Polluce vendicò parimente Castore colla morte di Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale
e vendicò parimente Castore colla morte di Ida. Polluce perchè figlio di Giove era immortale. Ma il vivere gli era insoffr
Giasone. Regnando in Tessaglia Esone principe debole, ed incapace di difendere i dritti del suo popolo ; fu sbalzato d
rono da Pelia suo fratello. Questi per palliare l’usurpazione promise di restituire il regno a suo nipote Giasone, allorch
di restituire il regno a suo nipote Giasone, allorchè venisse all’età di poter governare. Divenuto adulto gli fu proposto
proposto dallo zio la conquista del vello d’oro, che il giovane avido di gloria non esitò punto d’intraprendere a traverso
il giovane avido di gloria non esitò punto d’intraprendere a traverso di tanti pericoli, che ne impedivano il possesso. Bi
tanti pericoli, che ne impedivano il possesso. Bisogna sovvenirsi quì di quanto sì è detto riguardo a Frisso, ed Elle figl
venirsi quì di quanto sì è detto riguardo a Frisso, ed Elle figliuoli di Atamante re di Tebe. Perseguitati questi da Ino l
quanto sì è detto riguardo a Frisso, ed Elle figliuoli di Atamante re di Tebe. Perseguitati questi da Ino loro madrigna, s
be. Perseguitati questi da Ino loro madrigna, sen fuggirono sul dorso di un ariete, la cui lana era di oro, e traversarono
loro madrigna, sen fuggirono sul dorso di un ariete, la cui lana era di oro, e traversarono un canale del mar nero. Elle
di oro, e traversarono un canale del mar nero. Elle ebbe la disgrazia di cadere, e diede il nome di Ellesponto a quel mare
anale del mar nero. Elle ebbe la disgrazia di cadere, e diede il nome di Ellesponto a quel mare. Frisso più fortunato guad
poi collocato in un campo consagrato a quel Dio, e sotto la custodia di un dragone terribile. Fu Marte tanto contento di
e sotto la custodia di un dragone terribile. Fu Marte tanto contento di questa offerta che promise immense ricchezze a ch
uesta offerta che promise immense ricchezze a chi avrebbe il possesso di quella lana, e ne propose a tutti gli Eroi la con
la lana, e ne propose a tutti gli Eroi la conquista. Giasone risoluto di partire, chiamò a parte della gloria di quell’imp
a conquista. Giasone risoluto di partire, chiamò a parte della gloria di quell’impresa tutti gli Eroi della Grecia. Il vas
Grecia. Il vascello detto Argo fu quello che trasportò questa schiera di Eroi, perciò detti Argonauti. Noi non ci daremo l
ta schiera di Eroi, perciò detti Argonauti. Noi non ci daremo la pena di fare la diceria di tutte le avventnre precedenti
perciò detti Argonauti. Noi non ci daremo la pena di fare la diceria di tutte le avventnre precedenti al viaggio, e degli
enti al viaggio, e degli ostacoli che sormontarono mercè l’assistenza di Giunone, e di Minerva. Il viaggio però era il min
o, e degli ostacoli che sormontarono mercè l’assistenza di Giunone, e di Minerva. Il viaggio però era il minore de’ mali a
iunone, e di Minerva. Il viaggio però era il minore de’ mali a fronte di quelli dell’acquisto del vello. Bisognava in prim
gnava in primo luogo rompere una barriera custodita da due tori (dono di Vulcano) che avevano le corna, e i piedi di bronz
stodita da due tori (dono di Vulcano) che avevano le corna, e i piedi di bronzo, dalle cui fauci correvano torrenti di fuo
ano le corna, e i piedi di bronzo, dalle cui fauci correvano torrenti di fuoco, indi assoggettarli al giogo, e lavorare un
ggettarli al giogo, e lavorare un campo vergine con seminarci i denti di un dragone, da’ quali dovevano venir fuora alcuni
tasse un solo : finalmente uccidere un mostro, che stava alla guardia di sì prezioso deposito. Il più difficile era che tu
più difficile era che tutto questo doveva effettuarsi nel breve corso di un giorno. L’impresa avrebbe sgomentato lo stesso
o ispirato amichevoli sentimenti per Giasone a Medèa figliuola del re di Celco, maga espertissima, al cui potere ubbidiva
manieri, si sottoposero al giogo, fu lavorata la terra, uscirono dal di lei seno gli armati, che in vista di una pietra a
lavorata la terra, uscirono dal di lei seno gli armati, che in vista di una pietra ad essi lanciata posti in iscompiglio
i scannarono : fu assopito, indi ucciso quel mostro mercè l’efficacia di alcune erbe, o di una bevanda apprestata da Medèa
assopito, indi ucciso quel mostro mercè l’efficacia di alcune erbe, o di una bevanda apprestata da Medèa. S’impadronì Gias
e con istupore de’ suoi compagni, che si erano scoraggiti all’aspetto di tanti pericoli. Ciò fatto di concerto con Medèa,
gni, che si erano scoraggiti all’aspetto di tanti pericoli. Ciò fatto di concerto con Medèa, che sposò, pensarono di fuggi
tanti pericoli. Ciò fatto di concerto con Medèa, che sposò, pensarono di fuggirsene col favore della notte trasportando se
arono di fuggirsene col favore della notte trasportando seco i tesori di Eta padre di Medèa. Questi senza perdita di tempo
irsene col favore della notte trasportando seco i tesori di Eta padre di Medèa. Questi senza perdita di tempo cominciò ad
rasportando seco i tesori di Eta padre di Medèa. Questi senza perdita di tempo cominciò ad inseguirli : ma la perfida figl
l medesimo a raccogliere gli avanzi dell’infelice garzone. Il ritorno di Giasone, e degli Argonauti riempì di gioja tutta
ell’infelice garzone. Il ritorno di Giasone, e degli Argonauti riempì di gioja tutta la Tessaglia. Ivi si celebrarono dell
rinto dove Giasone la seguì. Ma incostante quest’ultimo cercò la mano di Creusa figliuola di Creonte re di Corinto, e l’ot
a seguì. Ma incostante quest’ultimo cercò la mano di Creusa figliuola di Creonte re di Corinto, e l’ottenne. Sdegnata Medè
costante quest’ultimo cercò la mano di Creusa figliuola di Creonte re di Corinto, e l’ottenne. Sdegnata Medèa per tanta in
re di Corinto, e l’ottenne. Sdegnata Medèa per tanta infedeltà, finse di volere intervenire alle nozze per felicitare la n
nozze per felicitare la nuova coppia, con aver fatto il dono a Creusa di una veste avvelenata, ma coverta di diamanti. La
, con aver fatto il dono a Creusa di una veste avvelenata, ma coverta di diamanti. La sventurata figlia di Creonte appena
di una veste avvelenata, ma coverta di diamanti. La sventurata figlia di Creonte appena ne fu vestita, che fu consumata da
stita, che fu consumata da un fuoco sul momento. Non contenta la maga di tale strepitosa vendetta prese i figli che aveva
e barbaramente li trucidò : indi montato un carro s’involò alla vista di tutti, e recossi ad Atene, dove procurò di sedurr
carro s’involò alla vista di tutti, e recossi ad Atene, dove procurò di sedurre il vecchio Egèo. Passò Giasone il resto d
o sul vascello Argo che stava sulla riva, fu schiacciato dalla caduta di una trave che si era staccata. Ercole. Nacque
ve, che la sedusse sotto l’aspetto del suo sposo Anfitrione figliuolo di Alcèo. Come Giove aveva detto nel concilio degli
divenuto un Eroe, irritata Giunone spiegò un odio implacabile contro di Ercole, detto anche Alcide, perchè nipote di Alcè
odio implacabile contro di Ercole, detto anche Alcide, perchè nipote di Alcèo. Standosi ancora in culla, la Dea gli aizzò
e serpi per farlo affogare. In questo rincontro fece Ercole conoscere di esser egli figliuolo di Giove, avendo preso ambo
re. In questo rincontro fece Ercole conoscere di esser egli figliuolo di Giove, avendo preso ambo i serpenti, e stretti ta
eso ambo i serpenti, e stretti talmente, che li schiacciò. Creonte re di Tebe prese cura della sua educazione, che fu qual
Ercole gli mostrò tutta la gratitudine, avendo liberata Tebe nell’età di anni dieci dal giogo de’ Miniani. Ammazzò Ergino
suo valore, e preludj de’ travagli, che gli aveva riserbati lo sdegno di Giunone, che noi in un fiato accenneremo. Il prim
i pelle si vestì. Il secondo fu contro l’Idra, che desolava le paludi di Lerna presso Argo. Questo mostro aveva cento coll
rinascendo a misura, che si tagliavano. Ercole le sterminò coll’ajuto di Jolo suo cugino, a cui impose di bruciarle appena
avano. Ercole le sterminò coll’ajuto di Jolo suo cugino, a cui impose di bruciarle appena ch’egli le recidesse. Temprò egl
ch’egli le recidesse. Temprò egli in seguito le sue frecce nel sangue di quest’Idra, che conteneva un veleno potentissimo.
sangue di quest’Idra, che conteneva un veleno potentissimo. Per mano di Ercole caddero caddero altresì gli augelli straor
a tanto numeroso il loro stuclo che oscurava l’aria. Avevano il becco di ferro, e dal rostro lanciavano delle particelle d
tesso metallo. Furono questi mostri abbattuti, e scacciati dal rumore di alcuni timpani di bronzo, che Minerva gli aveva d
ono questi mostri abbattuti, e scacciati dal rumore di alcuni timpani di bronzo, che Minerva gli aveva donati. La quarta s
pedizione fu la presa della cerva del monte MenaIo, che aveva i piedi di bronzo, e le corna di oro, che per un anno intero
della cerva del monte MenaIo, che aveva i piedi di bronzo, e le corna di oro, che per un anno intero inseguì. Fu ucciso pa
nno intero inseguì. Fu ucciso parimente da Ercole il famoso cinghiale di Erimanto che trasportò vivo sulle spalle. Era tan
he in vederlo ritornare Euristeo si nascose per la paura in una botte di bronzo. Erano tante sporche le stalle di Augìa re
se per la paura in una botte di bronzo. Erano tante sporche le stalle di Augìa re di Argo, che l’Eroe per nettarle deviò i
ura in una botte di bronzo. Erano tante sporche le stalle di Augìa re di Argo, che l’Eroe per nettarle deviò il corso del
fiume Alfeo. Un toro che gittava fiamme dalle narici desolava l’isola di Creta. Nettuno colà lo aveva spiccato perchè Mino
là lo aveva spiccato perchè Minosse non gli aveva sagrificato un bove di maravigliosa bellezza, come gli aveva promesso. E
no tutt’i forestieri, ch’entravano ne’ suoi stati. Il secondo pasceva di carne umana i suoi cavalli. La pena medesima fu l
e ammazzò. L’Esperidi erano tre, Egle, Aretusa, ed Esperusa figliuole di Espero germano di Atlante, che fu cangiato in una
idi erano tre, Egle, Aretusa, ed Esperusa figliuole di Espero germano di Atlante, che fu cangiato in una stella che compar
ma accorto ladrone nel rubare ad Ercole alcuni bovi ebbe l’avvertenza di condurli nella sua caverna, tirandoli per la coda
uccise l’indegno ladrone. Stupenda è la descrizione, che fa Virgilio di questa grotta nel lib. 8. Dell’Eneide. Stava nell
ti. Aveva questi promesso a Nettuno suo padre d’innalzargli un tempio di cranj, ed ossa umane. Ercole andò a fargli una vi
le lo tenne sospeso in aria finchè spirò l’ultimo fiato. Una fucinata di uomini che avevano picciolissima statura detti Pi
che avevano picciolissima statura detti Pigmei per vendicare la morte di Antèo loro re si affollò intorno di Ercole, che r
tti Pigmei per vendicare la morte di Antèo loro re si affollò intorno di Ercole, che ridendo li pose in fuga. Questo Eroe
eese duc volte all’Inferno per liberare Teseo, indi Alceste figliuola di Pelia, ed Anassabia. Suo padre per sottrarla dall
fece loro sentire che per ottenerla in isposa dovevano condurla sopra di un carro tirato da due bestie feroci di different
sposa dovevano condurla sopra di un carro tirato da due bestie feroci di differente specie. Admeto ebbe la fortuna d’impal
n cinghiale che Apollo gli diede. Ma il Destino geloso della felicità di Admeto era presso a troncare i suoi giorni, quand
care i suoi giorni, quando Alceste che lo amava alla follìa, si offrì di morire per lui. Fu questa l’unica fiata che le Pa
ata che le Parche s’intenerirono : recisero quindi il filo della vita di Alceste, e lasciarono vivere Admeto. Mentre si ce
Alceste, e lasciarono vivere Admeto. Mentre si celebravano i funerali di questa grande Eroina, esempio dell’amor conjugale
grande Eroina, esempio dell’amor conjugale, arrivò Ercole alla corte di Admeto. Commosso dalla sposizione del fatto non v
e rimenò la tenera Alceste al suo sposo fedele, malgrado la renitenza di Plutone. Volle Ercole per la seconda volta marita
tone. Volle Ercole per la seconda volta maritarsi, e chiese la destra di Jole figliuola di Eurito, che domandò tempo per p
per la seconda volta maritarsi, e chiese la destra di Jole figliuola di Eurito, che domandò tempo per pensarci, sull’idea
on potesse essere contenta accoppiata ad un uomo, che aveva ammazzato di propria mano i suoi figli. Ercole che fra le sue
edendo tal pretesto un vero rifiuto, crucciato si portò via i cavalli di Eurito : suo figlio Ifito, che volle reclamarli,
lli di Eurito : suo figlio Ifito, che volle reclamarli, cadde vittima di Ercole. Il suo rimorso avendo costretto Ercole a
bblicamente lasciato vendere. Ercole vi acconsentì, e diventò schiavo di Onfale regina di Lidia Da schiavo divenne amante,
ato vendere. Ercole vi acconsentì, e diventò schiavo di Onfale regina di Lidia Da schiavo divenne amante, e per guadagnars
egina di Lidia Da schiavo divenne amante, e per guadagnarsi l’affetto di Onfale si ridusse colla conocchia a filare tra le
plus ultra. Finalmente ritornando nella Grecia sposò Dejanira sorella di Meleagro, che volendo condurre alla patria, pregò
che volendo condurre alla patria, pregò Nesso centauro a trasportarla di là del fiume Eveno. Nesso gli avrebbe nel passagg
a. Questo mostro si vendicò in una maniera terribile. Consigliò prima di morire alla credula Dejanira di conservare una ca
na maniera terribile. Consigliò prima di morire alla credula Dejanira di conservare una camicia intrisa nel suo sangue per
risa nel suo sangue perchè la dasse allo sposo, allorchè aveva motivo di sospettare della di lui fedeltà. Questa principes
perchè la dasse allo sposo, allorchè aveva motivo di sospettare della di lui fedeltà. Questa principessa volendo interamen
o così funesto. Finalmente gittossi in un rogo, pregando i suoi amici di appiccarvi il fuoco. Il solo Filottete fra tanti
eva cader Troja. Le fiamme consumarono solamente quel tanto che aveva di mortale ; ma come figlio di Giove dopo morto fu d
onsumarono solamente quel tanto che aveva di mortale ; ma come figlio di Giove dopo morto fu dal medesimo trasportato nel
al medesimo trasportato nel Cielo. Filottete. Filottete figliuolo di Peano mercè l’amicizia di Ercole fu collocato nel
l Cielo. Filottete. Filottete figliuolo di Peano mercè l’amicizia di Ercole fu collocato nel numero degli Eroi. Dicemm
nel numero degli Eroi. Dicemmo già ch’egli aveva assistito alla morte di questo Eroe con aver giurato di non rivelare il l
ià ch’egli aveva assistito alla morte di questo Eroe con aver giurato di non rivelare il luogo della sua tomba ; ma i Grec
rendere Troja, lo fecero mancare al giuramento. Egli intanto credette di eludere il sacro voto battendo col piede la terra
voto battendo col piede la terra, in quel luogo ove stavano le ceneri di Ercole : ma gli Dei lo punirono egualmente che se
nfezione, ed il fetore era tale, che i Greci lo lasciarono nell’isola di Lenno, ove menò un vita miserabile. Intanto come
miserabile. Intanto come le sue frecce erano necessarie per la presa di Troja, i Greci dopo la morte di Achille furono co
frecce erano necessarie per la presa di Troja, i Greci dopo la morte di Achille furono costretti di ricorrere a lui. Cruc
la presa di Troja, i Greci dopo la morte di Achille furono costretti di ricorrere a lui. Crucciato Filottete dal tradimen
unque, e giunto al campo de’ Greci, il bravo medico Macaone figliuolo di Esculapio trovò la maniera di guarire la di lui p
reci, il bravo medico Macaone figliuolo di Esculapio trovò la maniera di guarire la di lui piaga. Orfèo. La saggia ant
medico Macaone figliuolo di Esculapio trovò la maniera di guarire la di lui piaga. Orfèo. La saggia antichità ha onor
lle altre Divinità, ch’aveva nella Grecia introdotte. Egli era figlio di Eagro re della Tracia, e della Musa Calliope. Apo
l’inferno per chiedere in grazia a Plutone la sua sposa, lusingandosi di ammansire que’ mostri al suono della sua lira. Gl
di ammansire que’ mostri al suono della sua lira. Gli riuscì in fatti di riavere da Plutone la cara sua sposa a condizione
e non fosse uscito dall’inferno. Lo smanioso Orfèo dimenticò l’ordine di Plutone, e sparì per la seconda fiata Euridice. Q
seconda fiata Euridice. Questa perdita lo afflisse in modo, che giurò di fuggire per sempre la compagnia delle donne. Le f
che giurò di fuggire per sempre la compagnia delle donne. Le femmine di Tracia furono sì offese da tale disprezzo, che av
a tale disprezzo, che avendolo incontrato mentre celebravano le feste di Bacco, lo fecero in pezzi, e ne dispersero le mem
ielo1. Non possiamo dispensarci qui dal rapportare il divino squarcio di Virgilio su tale proposito. Descrivendo questo su
Virgilio su tale proposito. Descrivendo questo sublime poeta la morte di Euridice, ne attribuisce la cagione al pastore Ar
ri, e nella fuga fu da una serpe morsicata. Quindi Aristèo a consigli di sua madre avendo consultato Proteo, così questi g
lumine ripae. Haec Proteus, etc. Virg. Georg. IV. Edipo. Lajo re di Tebe aveva sposata Giocasta figliuola di Creonte,
org. IV. Edipo. Lajo re di Tebe aveva sposata Giocasta figliuola di Creonte, che aveva prima di Lajo parimente regnat
di Tebe aveva sposata Giocasta figliuola di Creonte, che aveva prima di Lajo parimente regnato in Tebe.Gli fu predetto da
liare, che avesse esposto il bambino in un deserto. Ma questi in vece di abbandonarlo alle bestie feroci, lo legò ad un al
ad un albero per un piede. Per tal ragione il faneiullo ebbe il nome di Edipo, voce Greca, che dinotò piè gonfio. Forba g
ipo, voce Greca, che dinotò piè gonfio. Forba guardiano degli armenti di Polibo re di Corinto a caso lo trovò, e mosso a c
ca, che dinotò piè gonfio. Forba guardiano degli armenti di Polibo re di Corinto a caso lo trovò, e mosso a compassione de
la sventura d’incontrarsi con Lajo, che avendogli imposto bruscamente di scostarsi, Edipo che nol conosceva, credendosi of
afflissero Tebe. Un mostro alato chiamato Sfinge colla testa, e mani di donna, il corpo di un cane desolava le campagne d
n mostro alato chiamato Sfinge colla testa, e mani di donna, il corpo di un cane desolava le campagne di Tebe, e standosi
olla testa, e mani di donna, il corpo di un cane desolava le campagne di Tebe, e standosi in aguato in un passo del monte
to ai medesimi degli cnigmi indissolubili. Creonte, che dopo la morte di Lajo aveva ripreso le redini del governo, fece no
bbe sposato Giocasta. La vita del mostro dipendeva dallo scioglimento di uno degli enigmi che proponeva. Edipo intraprende
proponeva. Edipo intraprendente, ed ardito, malgrado che tanti prima di lui fossero periti, ebbe il coraggio di presentar
ito, malgrado che tanti prima di lui fossero periti, ebbe il coraggio di presentarsi al mostro, che gli dimandò qual era q
tone. Appena spiegato questo enigma, la sfinge si precipitò dall’alto di una roccia, e spirò. Così Tebe fu liberata : Edip
e la risposta fu, che il flagello cesserebbe allora quando l’uccisore di Lajo fosse stato riconosciuto, e punito. Lo svent
, si diede da se stessa la morte. Eteocle, e Polinice. Il delitto di Edipo fu cagione di altre disgrazie nella sua fam
ssa la morte. Eteocle, e Polinice. Il delitto di Edipo fu cagione di altre disgrazie nella sua famiglia. Eteocle, e Po
sgrazie nella sua famiglia. Eteocle, e Polinice suoi figli convennero di regnare un anno per ciascuno. Eteocle come primo
figli convennero di regnare un anno per ciascuno. Eteocle come primo di età prese le redini del governo : ma terminato l’
e le redini del governo : ma terminato l’anno, non si sentì la voglia di deporre il comando. Sdegnato Polinice ritirossi i
de accoglienza, e gli diede una sua figliuola in isposa. Questi tentò di aggiustare le differenze tra i due fratelli, invi
sto a vendicare i suoi dritti colle armi. Dopo lunga, e varia fortuna di questa guerra, stanchi i due fratelli risolvetter
e varia fortuna di questa guerra, stanchi i due fratelli risolvettero di terminarla in un combattimento a corpo a corpo. S
nti. Nomi de’ principali Guerrieri, che si distinsero nella guerra di Tebe. La guerra di Tebe fu una delle più famose
ncipali Guerrieri, che si distinsero nella guerra di Tebe. La guerra di Tebe fu una delle più famose nei tempi eroici. El
delle più famose nei tempi eroici. Ella è stata il soggetto del canto di molti poeti, come quella di Troja, che diede occa
roici. Ella è stata il soggetto del canto di molti poeti, come quella di Troja, che diede occasione al poema di Omero. Tra
to di molti poeti, come quella di Troja, che diede occasione al poema di Omero. Tra i capi che allora si distinsero, si co
e, e Partenopèo. Adrasto, come si è già detto, fu la molla principale di questa guerra, avendo aceolto nella sua reggia Po
disfece più volte Eteocle ; incontrò non ostante la morte all’assedio di Tebe. Egli fu padre del celebre Diomede, che si s
Tebe. Egli fu padre del celebre Diomede, che si segnalò nella guerra di Troja. Amfiarao famoso indovino, sposo di Erifile
che si segnalò nella guerra di Troja. Amfiarao famoso indovino, sposo di Erifile figliuola di Adrasto, fu anche pressato a
guerra di Troja. Amfiarao famoso indovino, sposo di Erifile figliuola di Adrasto, fu anche pressato ad armarsi : ma sapend
apendo egli che doveva perire in questa guerra, si ritirò dalla corte di suo cognato, e si nascose. La sola Erifile sapeva
le sapeva il luogo della sua ritirata, che non tardò a scoprire mercè di una bella collana a lei donata da Polinice. Amfia
aver però imposto al suo figlio Alcmeone, che appena intesa la nuova di sua morte, avesse tolta di vita Erifile. Morì egl
iglio Alcmeone, che appena intesa la nuova di sua morte, avesse tolta di vita Erifile. Morì egli in fatti : ed Alcmeone es
li in fatti : ed Alcmeone esegui l’ordine paterno. Ma tosto il sangue di Erifile fu vendicato, essendo stato consegnato al
rifugiò a Psofi in Arcadia, per ivi fare de’ sacrifizj colla speranza di riacquistare la perduta tranquillità. Fegèa re de
a fatale collana. Avendola però dopo ripudiata per Calliroe figliuola di Acheloo, chiese di nuovo questa collana ai fratel
vendola però dopo ripudiata per Calliroe figliuola di Acheloo, chiese di nuovo questa collana ai fratelli, che vendicarono
l perfido Alcmeone. Capanèo è l’Eroe, che forma il soggetto del poema di Stazio intitolato la Tebaide. Questo principe era
el poema di Stazio intitolato la Tebaide. Questo principe era fornito di un feroce coraggio, ma accompagnato dalla prudenz
feroce coraggio, ma accompagnato dalla prudenza. Sprezzava il fulmine di Giove, che credeva incapace di offendere. Giove v
o dalla prudenza. Sprezzava il fulmine di Giove, che credeva incapace di offendere. Giove volle punire tale empietà, e col
le punire tale empietà, e col fulmine appunto lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove era salito il primo di tutti. La sua sp
mine appunto lo schiacciò sulle mura di Tebe, ove era salito il primo di tutti. La sua sposa Evadne figliuola d’Ifi per lo
a massima indifferenza si gettò sul rogo, ove si bruciava il cadavere di Capanèo, e mischiò le sue ceneri con quelle del m
Ippomedonte, e Partenopèo ebbero poca fama, e perirono sotto le mura di Tebe. Adrasto fu il solo, che ritornò alla patria
ugli attributi de’ due sessi, fu chiamato Tiresia, che decise a favor di Giove, e contro di Giunone. Spiacque alla Dea una
due sessi, fu chiamato Tiresia, che decise a favor di Giove, e contro di Giunone. Spiacque alla Dea una tale decisione, e
ro di Giunone. Spiacque alla Dea una tale decisione, e per vendicarsi di Tiresia, lo privò della vista. Giove però lo comp
r vendicarsi di Tiresia, lo privò della vista. Giove però lo compensò di tanta perdita conpermettergli di poter leggere ne
della vista. Giove però lo compensò di tanta perdita conpermettergli di poter leggere nel libro dell’ avvenire, e col don
leggere nel libro dell’ avvenire, e col dono della vita cinque volte di più del resto de’ mortali. Dopo la morte de’ figl
ta cinque volte di più del resto de’ mortali. Dopo la morte de’ figli di Edipo, cioè Eteocle, e Polinice, Creonte fratello
morte de’ figli di Edipo, cioè Eteocle, e Polinice, Creonte fratello di Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle
cioè Eteocle, e Polinice, Creonte fratello di Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle sue cure fu di proibire ch
ello di Giocasta salì sul trono di Tebe, e la prima delle sue cure fu di proibire che si desse la sepoltura alle ceneri di
a delle sue cure fu di proibire che si desse la sepoltura alle ceneri di Polinice, perchè aveva chiamati de’ forestieri pe
igone non tollerando quest’ultimo insulto fatto al suo fratello, uscì di notte, e rendette al fratello gli ultimi uffizj.
li ultimi uffizj. Ciò saputosi dal re, condannò Antigone a morte, che di sua mano precedentemente si era uccisa prevedendo
e, che di sua mano precedentemente si era uccisa prevedendo lo sdegno di Creonte. Tal morte fu seguita da quella di Emone
ccisa prevedendo lo sdegno di Creonte. Tal morte fu seguita da quella di Emone amante di Antigone, e figliuolo di Creonte 
lo sdegno di Creonte. Tal morte fu seguita da quella di Emone amante di Antigone, e figliuolo di Creonte : e la madre di
l morte fu seguita da quella di Emone amante di Antigone, e figliuolo di Creonte : e la madre di Emone non potendo reggere
ella di Emone amante di Antigone, e figliuolo di Creonte : e la madre di Emone non potendo reggere al dolore parimente da
enchè regnasse sovranamente, era non pertanto considerato qual tutore di Leodamante, figliuolo di Eteocle. Giunto questi a
te, era non pertanto considerato qual tutore di Leodamante, figliuolo di Eteocle. Giunto questi all’età della ragione, si
i Eteocle. Giunto questi all’età della ragione, si riaccese la guerra di Tebe per opera di Adrasto, che stuzzicava i guerr
questi all’età della ragione, si riaccese la guerra di Tebe per opera di Adrasto, che stuzzicava i guerrieri della Grecia
 : Leodamante fu spogliato del trono, e vi ascese Tersandro figliuolo di Polinice. Tantalo. Rimontiamo frattanto ai te
figurò molto in tal’epoca. Tantalo ne fu il capo : egli era figliuolo di Giove, e della ninfa Plota, e regnava nella Frigi
questi stato chiamato da Troe in una festa che si celebrò nella città di Troja, per vendicarsi di tale oscitanza, rapì al
Troe in una festa che si celebrò nella città di Troja, per vendicarsi di tale oscitanza, rapì al padre il gentile Ganimede
animede. Ecco la prima scintilla, che produsse a suo tempo l’incendio di Troja. Abbenchè di stirpe divina, Tantalo non fu
ima scintilla, che produsse a suo tempo l’incendio di Troja. Abbenchè di stirpe divina, Tantalo non fu punto attaccato all
alla pruova la divinità, con preparar loro in un banchetto le membra di Pelope suo figlio. Fremettero di orrore gli Dei :
parar loro in un banchetto le membra di Pelope suo figlio. Fremettero di orrore gli Dei : la sola Cerere stordita dal disp
ara Proserpina, si rivolse a tali odiose vivande, e mangiò una spalla di Pelope. Con un fulmine Giove incenerì Tantalo : i
luogo della spalla mangiata da Cerere, gliene sostituirono un’ altra di avorio. Suo padre gli lasciò in retaggio una guer
orio. Suo padre gli lasciò in retaggio una guerra cagionata dal ratto di Ganimede, onde fu obbligato di abbandonare la Fri
etaggio una guerra cagionata dal ratto di Ganimede, onde fu obbligato di abbandonare la Frigia, e ritirarsi presso Enomao
e fu obbligato di abbandonare la Frigia, e ritirarsi presso Enomao re di Elide. Questo principe aveva una figliuola chiama
lli, ch’erano velocissimi, perchè figli del vento. Pelope che anelava di ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Eno
nto. Pelope che anelava di ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Enomao, che gli promise di spezzare l’asse che so
ottenerla, se la intese con Mirtilo auriga di Enomao, che gli promise di spezzare l’asse che sosteneva le ruote del carro,
sò de’ suoi stati, facendo gittare nel mare Mirtilo sotto il pretesto di vendicare la morte di Enomao. Pelope s’impadronì
endo gittare nel mare Mirtilo sotto il pretesto di vendicare la morte di Enomao. Pelope s’impadronì del paese, che fu dett
seguito Peloponneso, oggi la Morea. Atrèo, e Tieste. Fra i figli di Pelope sono celebri Atrèo, e Tieste. Ad insinuazi
oro madre ammazzarono il loro fratello Crisippo nato da una concubina di Pelope chiamata Astiochea ; perlochè furono cacci
a di Pelope chiamata Astiochea ; perlochè furono cacciati dalla Corte di Crisippo insieme con Ippodamia. Rifuggironsi pres
te di Crisippo insieme con Ippodamia. Rifuggironsi presso Euristeo re di Argo, la cui figlia Erope sposò Atrèo, che divenn
Eraclidi nell’Attica. Tieste che restò in sua corte corruppe il cuore di Erope, e ne ottenne due figli. Avendo Atrèo scove
i. Avendo Atrèo scoverto l’incestuoso commercio, si contentò da prima di cacciare il fratello dalla sua corte : ma non cre
tello dalla sua corte : ma non credendosi vendicato abbastanza, finse di riconciliarsi con lui. Lo richiamò quindi alla Co
esposto dalla madre fu allevato da’ pastori. Atrèo, seguita la morte di Erope, sposò Pelopea che non riconosceva per sua
a anche Egisto insieme con Agamennone, e Menelao. Tanta complicazione di errori finalmente si scoprì. Atrèo spirando nuova
pirando nuova vendetta, mandò Agamennone, Menelao, ed Egisto in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla
one, Menelao, ed Egisto in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla vista di quella spada Tieste riconobb
to in cerca di Tieste, che lo colsero nel tempio di Delfo. Alla vista di quella spada Tieste riconobbe il suo figlio Egist
none, e Menelao. Agamennone, e Menelao detti gli Atridi perchè figli di Atrèo, cacciati dalla patria dopo la morte del pa
alla patria dopo la morte del padre, si ritirarono presso Polifide re di Sicione, che gl’inviò ad Eneo re dell’Ecalia. Mar
ione, che gl’inviò ad Eneo re dell’Ecalia. Maritati entrambi per opra di questo principe generoso alle due figliuole di Ti
tati entrambi per opra di questo principe generoso alle due figliuole di Tindaro Clitennestra, ed Elena, giurarono la vend
ue figliuole di Tindaro Clitennestra, ed Elena, giurarono la vendetta di Atrèo, e perseguitarono Tieste, che per altro non
l trono d’Argo che trasferì a Micene, e Menelao divenne il successore di Tindaro re di Sparta. Essi regnarono in pace, qua
che trasferì a Micene, e Menelao divenne il successore di Tindaro re di Sparta. Essi regnarono in pace, quando Paride fig
Tindaro re di Sparta. Essi regnarono in pace, quando Paride figliuolo di Priamo re di Troja recossi alla Grecia per reclam
Sparta. Essi regnarono in pace, quando Paride figliuolo di Priamo re di Troja recossi alla Grecia per reclamare Esione su
one sua zia, che Telamone altra volta aveva menata via sotto il regno di Laomedonte. Il giovane ambasciadore, che spirava
nte. Il giovane ambasciadore, che spirava galanteria, ebbe l’attività di sedurre Elena moglie di Menelao, indi la rapì. Fu
dore, che spirava galanteria, ebbe l’attività di sedurre Elena moglie di Menelao, indi la rapì. Furono spedite a Priamo in
amo in tale circostanza diverse ambascerie : ma il veochio re in vece di restituir Elena, affacciò fuori tempo diverse rag
ir Elena, affacciò fuori tempo diverse ragioni, e sopratutto l’affare di Ganimede figliuolo di Troe, rapito da Tantalo. Ec
ri tempo diverse ragioni, e sopratutto l’affare di Ganimede figliuolo di Troe, rapito da Tantalo. Ecco la terribile guerra
Ecco la terribile guerra, che interessò tanto tutta la Grecia contro di Troja. Agamennone fu il generale in capo di quest
to tutta la Grecia contro di Troja. Agamennone fu il generale in capo di quest’armata, che doveva vendicare l’insulto fatt
che doveva vendicare l’insulto fatto a suo fratello. Questo re prima di partire si riconciliò sinceramente con Egisto, a
a, ed i figli. Il perfido Egisto lungi dal corrispondere all’amicizia di Agamennone, sedusse la di lui sposa, e fece uccid
Egisto lungi dal corrispondere all’amicizia di Agamennone, sedusse la di lui sposa, e fece uccidere un rapsodo 1, che il r
sapere tutto ciò che si faceva nella sua corte. Giunse tant’oltre la di lui scandalosa condotta, che fece assassinare Aga
rra. Oreste, e Pilade. Clitennestra vedutasi libera dopo la morto di Agamennone sposò Egisto, e lo fece montar sul tro
e montar sul trono. Oreste suo figlio sarebbe stato parimente vittima di sua madre, se Elettra sua sorella non lo avesse c
re per la Focide, ove regnava Strofio, che aveva in moglie la sorella di Agamennone. Colà Oreste trovò Pilade figlio di St
a in moglie la sorella di Agamennone. Colà Oreste trovò Pilade figlio di Strofio, ed alla parentela unì puranche la più st
tra segretamente lo fece entrare in Micene, e sparse dei falsi rumori di sua morte. Egisto, e Clitennestra caddero nella r
orte. Egisto, e Clitennestra caddero nella retc, e recatisi al tempio di Apollo per rendere grazie al nume, entrato Oreste
Apollo per rendere grazie al nume, entrato Oreste con i suoi soldati di propria mano ammazzò la rea coppia. Ciò fatto, Or
a che non liberò sua sorella Ifigenìa, che languiva sotto la tirannia di Toante. Da costci fu riconosciuto in Tauride, e n
tirannia di Toante. Da costci fu riconosciuto in Tauride, e nel punto di dover essere sacrificato a Diana, il suo amico Pi
la sua sincera amicizia. Avendo finalmente Oreste ricuperato il trono di suo padre, diede Elettra per isposa a Pilade, e v
o questo, se si eccettuino le ultime cose, accadde prima della guerra di Troja, di cui daremo una minuta descrizione nella
se si eccettuino le ultime cose, accadde prima della guerra di Troja, di cui daremo una minuta descrizione nella seguente
una minuta descrizione nella seguente quarta parte del presente corso di Mitologia. Parte quarta Origine della guer
presente corso di Mitologia. Parte quarta Origine della guerra di Troja. L’origine di questa guerra bisogna rip
gia. Parte quarta Origine della guerra di Troja. L’origine di questa guerra bisogna ripeterla, al dir de’ poeti
infedele a Giunone sentiva una forte inclinazione per Teti figliuola di Nereo, e di Dori, che fa d’uopo distinguere da Te
Giunone sentiva una forte inclinazione per Teti figliuola di Nereo, e di Dori, che fa d’uopo distinguere da Teti moglie de
d’uopo distinguere da Teti moglie dell’Oceano. Sapendo però per detto di Temi, che il figlio che nascerebbe da Teti avanze
ò per detto di Temi, che il figlio che nascerebbe da Teti avanzerebbe di gran lunga la gloria di suo padre, rinunziò di bu
il figlio che nascerebbe da Teti avanzerebbe di gran lunga la gloria di suo padre, rinunziò di buona gana agl’impulsi del
be da Teti avanzerebbe di gran lunga la gloria di suo padre, rinunziò di buona gana agl’impulsi del suo cuore, e maritò Te
buona gana agl’impulsi del suo cuore, e maritò Teti a Peleo figliuolo di Eaco re della Ftiotide nella Tessaglia. Achille,
a. Tali nozze furono celebrate con gran pompa. Crucciata la Discordia di non esservi stata chiamata gittò un pomo di oro n
a. Crucciata la Discordia di non esservi stata chiamata gittò un pomo di oro nella sala del festino, col motto alla più be
cidere a chi delle tre Dive spettasse quel pomo. Era questi figliuolo di Priamo re di Troja, e di Ecuba, allora occupato a
delle tre Dive spettasse quel pomo. Era questi figliuolo di Priamo re di Troja, e di Ecuba, allora occupato a custodire i
ve spettasse quel pomo. Era questi figliuolo di Priamo re di Troja, e di Ecuba, allora occupato a custodire i suoi armenti
pena nato lo facesse morire ; ma avendone compassione quest’uffiziale di Priamo, lo consegnò ad alcuni pastori. Alla fama
le di Priamo, lo consegnò ad alcuni pastori. Alla fama della bellezza di questo pastorello volle Priamo vederlo : ne restò
ra suo figlio, e malgrado la minaccia dell’oracolo, ebbe la debolezza di volerlo tenere presso di se nella reggia. Mercuri
la minaccia dell’oracolo, ebbe la debolezza di volerlo tenere presso di se nella reggia. Mercurio intanto condusse le tre
io intanto condusse le tre Dive da questo fortunato pastore. Ciascuna di esse procurò di corrompere il di lui cuore. Giuno
sse le tre Dive da questo fortunato pastore. Ciascuna di esse procurò di corrompere il di lui cuore. Giunone gli promose d
a questo fortunato pastore. Ciascuna di esse procurò di corrompere il di lui cuore. Giunone gli promose degli onori : Mine
: Venere la più bella donna ch’ esistesse. La lite fu decisa a favore di quest’ultima. Giunone, le Minerva giurarono di ve
ite fu decisa a favore di quest’ultima. Giunone, le Minerva giurarono di vendicarsene, e mantennero esattamente la loro pa
te alla sua promessa. Essendo Paride partito per la Grecia per ordine di suo padre, ebbe colà l’occasione di vedere Elena
partito per la Grecia per ordine di suo padre, ebbe colà l’occasione di vedere Elena la più bella tra le donne di que’ te
adre, ebbe colà l’occasione di vedere Elena la più bella tra le donne di que’ tempi : se ne invaghi, e favorito dalla Dea
mpi : se ne invaghi, e favorito dalla Dea degli amori ebbe la fortuna di piacerle. Egli tentò un volo più sublime. Menelao
a fortuna di piacerle. Egli tentò un volo più sublime. Menelao marito di Elena er’assente : la rapì, e la condusse seco a
ta a Menelao pose in rivolta tutta la Grecia, e tutti lo assicurarono di secondare la sua vendetta. Furono non pertanto in
mbasciatori a Priamo per finir colle buone la faccenda, ma tali mezzi di riconciliazione non ebbero l’effetto desiderato,
llorchè fu rapito Ganimede, come sopra si è detto. Fu quindi risoluto di farsi la guerra, e dopo lunghi preparamenti si fe
giammai favorevole il vento, se prima non si fosse placato lo sdegno di Diana contro di Agamennone, che le aveva uccisa u
ole il vento, se prima non si fosse placato lo sdegno di Diana contro di Agamennone, che le aveva uccisa una cerva a lei c
va a lei cara : questo delitto non poteva espiarsi, se non col sangue di una principessa della famiglia del reo. Mostrossi
alla collera della Dea, che placatasi dell’offerta sostituì in luogo di quella una cerva, e trasportò Ifigenia in Tauride
eci, e trovarono i Trojani ben disposti a riceverli. Durante il corso di nove anni varia fu la fortuna delle armi. La pres
urante il corso di nove anni varia fu la fortuna delle armi. La presa di Troja, che accadde nel decimo anno della guerra,
va soltanto dal coraggio degli aggressori, ma dall’adempimento ancora di molte fatalità. In primo luogo doveva trovarsi in
à. In primo luogo doveva trovarsi in quest’armata uno de’ discendenti di Eaco, che aveva in compagnia di Apollo, e di Nett
i in quest’armata uno de’ discendenti di Eaco, che aveva in compagnia di Apollo, e di Nettuno faticato ad edificare le mur
mata uno de’ discendenti di Eaco, che aveva in compagnia di Apollo, e di Nettuno faticato ad edificare le mura di Troja. A
va in compagnia di Apollo, e di Nettuno faticato ad edificare le mura di Troja. Achille discendeva da questo principe : ma
e il figlio morirebbe nell’assedio, lo aveva vestito sotto le spoglie di donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla
bbe nell’assedio, lo aveva vestito sotto le spoglie di donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla corte di Licomede
le spoglie di donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla corte di Licomede re di Sciro fra le damigelle di Deidamia
donna col nome di Pirra, e lo aveva inviato alla corte di Licomede re di Sciro fra le damigelle di Deidamia sua figlia. Ul
lo aveva inviato alla corte di Licomede re di Sciro fra le damigelle di Deidamia sua figlia. Ulisse il più astuto, e prud
a sua figlia. Ulisse il più astuto, e prudente fra i Greci s’incaricò di condurre Achille alla guerra. Egli si mascherò pe
guerra. Egli si mascherò per la strada, ed introdottosi nella reggia di Licomede, espose innanzi alle donne varj giojelli
osa. Un altro decreto del fato comandava, che si cercassero le frecce di Filottete lasciategli da Ercole, che i Greci avev
che i Greci avevano vilmente abbandonato, come si è detto, nell’isola di Lenno : riuscì anche ad Ulisse di condurlo a Troj
donato, come si è detto, nell’isola di Lenno : riuscì anche ad Ulisse di condurlo a Troja. Ma la più difficile tra le legg
ndurlo a Troja. Ma la più difficile tra le leggi imposte dal Fato era di portar via una statuetta di Minerva chiamata Pall
fficile tra le leggi imposte dal Fato era di portar via una statuetta di Minerva chiamata Palladium, nella quale consistev
a per ogni dove, colla sua destrezza seppe involarla coll’ajuto bensì di Diomede. Impedì parimente che i cavalli di Reso r
involarla coll’ajuto bensì di Diomede. Impedì parimente che i cavalli di Reso re della Tracia bevessero nel fiume Xanto. T
eso re della Tracia bevessero nel fiume Xanto. Trovò anche la maniera di far venire Telefo figliuolo di Ercole ferito da A
el fiume Xanto. Trovò anche la maniera di far venire Telefo figliuolo di Ercole ferito da Achille con un colpo di lancia,
far venire Telefo figliuolo di Ercole ferito da Achille con un colpo di lancia, e che si era dichiarato nemico de’ Greci.
to nemico de’ Greci. Come questi non poteva guarire, se non per mezzo di quella lancia medesima, il saggio re d’Itaca glie
lancia medesima, il saggio re d’Itaca glie ne portò la ruggine. Tolti di mezzo questi ostacoli, sarebbe Troja caduta prima
questi ostacoli, sarebbe Troja caduta prima del tempo, se lo spirito di partito, e di divisione non fosse entrato nell’ar
li, sarebbe Troja caduta prima del tempo, se lo spirito di partito, e di divisione non fosse entrato nell’armata : divisio
divino poema del grande Omero. Analisi dell’Iliade. Del figliuol di Pelèo, del divo Achille Al par nell’odio, e nell’
eccidio final terribil pegno, Cantami, o Musa etc. etc. Ces. traduz. di Omero. Nella divisione del bottino dopo la pres
. Ces. traduz. di Omero. Nella divisione del bottino dopo la presa di Tebe spettò ad Agamennone Criseide figliuola di C
bottino dopo la presa di Tebe spettò ad Agamennone Criseide figliuola di Crise gran sacerdote di Apollo. Si affrettò quest
Tebe spettò ad Agamennone Criseide figliuola di Crise gran sacerdote di Apollo. Si affrettò questi di venire al campo de’
seide figliuola di Crise gran sacerdote di Apollo. Si affrettò questi di venire al campo de’ Greci carico di doni per risc
ote di Apollo. Si affrettò questi di venire al campo de’ Greci carico di doni per riscattare la sua figlia, che Agamennone
cattare la sua figlia, che Agamennone volle onninamente tenere presso di se. Sdegnato Apollo suscitò nell’armata una fiera
più risentito giunse a minacciare Agamennone, che vinto dalle premure di tutti, fu costretto a cedere la prigioniera, ma p
cedere la prigioniera, ma per vendicarsi spedì due araldi alla tenda di Achille, che rapirono Briscide schiava del figliu
di alla tenda di Achille, che rapirono Briscide schiava del figliuolo di Pelco, e che amava alla follìa. Montato in furie
olo di Pelco, e che amava alla follìa. Montato in furie Achille giurò di non combattere più per la Grecia, se prima non si
vendicati i suoi torti. Teti fin dal fondo del mare intese le querele di suo figlio, ed immantinente volò sull’Olimpo per
o conoscesse il danno che poteva produrre alla Greca armata il riposo di Achille. Mosso Giove ai prieghi di Teti, inviò ad
odurre alla Greca armata il riposo di Achille. Mosso Giove ai prieghi di Teti, inviò ad Agamennone un sogno ingannatore on
in battaglia vengono alle mani. Nel forte dell’azione Paride, cagione di questa guerra, uscito dalle file propose una pugn
momento a condizione, che il vincitore sarebbe il pacifico possessore di Elena. Ma al semplice balenar delle armi Paride c
ar delle armi Paride ch’ era un vile cominciò a tremare, e prevedendo di dover restarci di sotto, si raccomandò alle gambe
de ch’ era un vile cominciò a tremare, e prevedendo di dover restarci di sotto, si raccomandò alle gambe. Il poeta per pal
l trattato, ma gli Dei che si erano radunati per decidere sulla sorte di Troja, vollero che l’assedio si fosse prolungato.
Minerva stessa, che non sapeva perdonarla ai Trojani per il giudizio di Paride, discese sulla terra, e regolò la mano di
jani per il giudizio di Paride, discese sulla terra, e regolò la mano di uno de’ combattenti a lanciare una freccia dirett
ò la mano di uno de’ combattenti a lanciare una freccia diretta al re di Sparta. Il colpo arrivò leggiermente a Menelao ;
schierò il suo esercito, e cominciò la pugna con maggior accanimento di prima. L’invincibil Diomede, figliuolo di Tidèo,
gna con maggior accanimento di prima. L’invincibil Diomede, figliuolo di Tidèo, oprò prodigj in questa battaglia. Lo spave
Dei medesimi. Ferì Venere, che voleva torgli d’innanzi Enea al punto di essere sagrificato : diede altresì un colpo a Mar
rte Dio della guerra. Finalmente Ettore il solo de’ Trojani, che ardì di farglisi innanzi, ritornò in città a consiglio di
’ Trojani, che ardì di farglisi innanzi, ritornò in città a consiglio di Eleno suo fratello a fine di persuadere sua madre
si innanzi, ritornò in città a consiglio di Eleno suo fratello a fine di persuadere sua madre, e le matrone Trojane di rec
eno suo fratello a fine di persuadere sua madre, e le matrone Trojane di recarsi al tempio di Pallade, per pregare la Dea,
ne di persuadere sua madre, e le matrone Trojane di recarsi al tempio di Pallade, per pregare la Dea, che allontanasse Dio
iglio : ma l’Eroe dopo aver abbracciato il fanciullo, e la sposa volò di nuovo al campo, portando lo scompiglio nelle file
che favoriva i Trojani, s’incontra colla Dea, ed insieme stabiliscono di suggerire ad Ettore il progetto di chiedere una t
colla Dea, ed insieme stabiliscono di suggerire ad Ettore il progetto di chiedere una tenzone singolare col più forte de’
ro innanzi, e gittarono i loro nomi in un elmo : cadde la sorte sopra di Ajace figliuolo di Telamone. Corre questi alla pu
rono i loro nomi in un elmo : cadde la sorte sopra di Ajace figliuolo di Telamone. Corre questi alla pugna, che malgrado t
suo carro, e si diresse sul monte Ida. Disperando intanto Agamennone di poter sottoporre i Trojani, pensò di sciogliere l
a. Disperando intanto Agamennone di poter sottoporre i Trojani, pensò di sciogliere l’assedio : ma i Greci tutti credendo
ciogliere l’assedio : ma i Greci tutti credendo ciò una viltà, furono di contrario avviso. Ciascun diceva essere miglior c
, furono di contrario avviso. Ciascun diceva essere miglior consiglio di persuadere ad Achille di tornare, e fargli presen
iso. Ciascun diceva essere miglior consiglio di persuadere ad Achille di tornare, e fargli presente quanto fosse necessari
he la sua collera finalmente doveva aver fine, e gli promise da parte di Agamennone dieci talenti di oro, venti vasi dello
doveva aver fine, e gli promise da parte di Agamennone dieci talenti di oro, venti vasi dello stesso metallo, sette tripo
venti vasi dello stesso metallo, sette tripodi, altrettante donzelle di Lesbo, e quel ch’era più, la sua cara Briseide. Q
cara Briseide. Queste grandiose promesse, accompagnate dall’eloquenza di Ulisse, furono inutili : Achille fu inflessibile.
inflessibile. Nel dì seguente le due armate si schierarono in ordine di battaglia. Ma Giove, che voleva donare la vittori
oleva donare la vittoria ai Trojani, inviò Iride ad Ettore con ordine di ritirarsi dal campo, e ricomparirvi, allorchè Aga
o obbligato a ritirarsi nella sua tenda. Così fu fatto, e la presenza di Ettore animò talmente i Trojani, che respinsero i
astrinsero a ricovrarsi ai loro vascelli. Agamennone nuovamente parlò di levare l’assedio, ma Ulisse lo distolse. Mentre G
Ella dimandò a Venere una zona, o sia cintura, che aveva la proprietà di aggiungere nuovi vezzi, e maggior pregio alla bel
n fuga, allorchè Giove si svegliò. Accortosi del cambiamento per arte di sua moglie, la rimproverò fortemente : ma riuscì
er arte di sua moglie, la rimproverò fortemente : ma riuscì a Giunone di placarlo prima di partire. Vedendo Giove il bisog
lie, la rimproverò fortemente : ma riuscì a Giunone di placarlo prima di partire. Vedendo Giove il bisogno di aiutar Priam
uscì a Giunone di placarlo prima di partire. Vedendo Giove il bisogno di aiutar Priamo, spedisce Iride a Nettuno con ordin
iove il bisogno di aiutar Priamo, spedisce Iride a Nettuno con ordine di ritirarsi, e nel tempo stesso comanda ad Apollo d
Nettuno con ordine di ritirarsi, e nel tempo stesso comanda ad Apollo di recarsi al padiglione di Ettore ferito da Ajace f
irarsi, e nel tempo stesso comanda ad Apollo di recarsi al padiglione di Ettore ferito da Ajace figliuolo di Telamone. L’E
d Apollo di recarsi al padiglione di Ettore ferito da Ajace figliuolo di Telamone. L’Eroe erasi già ristabilito, e questo
volta dovettero ritirarsi ai loro vascelli. I Trojani erano al punto di attaccarvi il fuoco, ed Ettore si era già accosta
elli, quando sopraggiunse arditamente Ajace, per opporsi al figliuolo di Priamo. Patroclo intanto vedendo minacciata la fl
roclo intanto vedendo minacciata la flotta corse ad implorare l’ajuto di Achille : lo scongiurò a prendere le armi : ma tu
ngiurò a prendere le armi : ma tutto fu inutile. Gli permise soltanto di servirsi delle armi, e de suoi soldati a condizio
soltanto di servirsi delle armi, e de suoi soldati a condizione però di niente intraprendere all’infuori della difesa del
re all’infuori della difesa della flotta. Vestito Patroclo delle armi di Achille, e seguito da’ Tessali si gitta in mezzo
ito da’ Tessali si gitta in mezzo ai nemici, che credendolo il figlio di Peleo, si danno alla fuga. Superbo pel terrore ch
one, l’uccise. Patroclo nel cadere gli predisse la sua morte per mano di Achille. Ettore si burlò del presagio, e lo spogl
el presagio, e lo spogliò delle sue armi. Appena che giunse a notizia di Achille la morte di Patroclo, il suo dolore non e
ogliò delle sue armi. Appena che giunse a notizia di Achille la morte di Patroclo, il suo dolore non ebbe limiti. La sentì
nco del vecchio Nereo, intese Teti negli abissi dell’Oceano il pianto di suo figlio : si affrettò di asciugare le sue lagr
e Teti negli abissi dell’Oceano il pianto di suo figlio : si affrettò di asciugare le sue lagrime con promettergli le armi
i ella da Vulcano che spese tutta la notte a fabbricarne delle nuove, di cui armato Achille ricomparve fra i capi dell’Arm
era. Agamennone per non farsi vincere in generosità, mandò alla tenda di Achille la cara Briseide, carica di que’ doni, ch
e in generosità, mandò alla tenda di Achille la cara Briseide, carica di que’ doni, che gli aveva inutilmente prima offert
ue’ doni, che gli aveva inutilmente prima offerti. Impaziente Achille di sfogare la sua rabbia col sangue de’ Trojani, app
are la sua rabbia col sangue de’ Trojani, appena diede tempo ai Greci di prendere il necessario riposo. Fu deciso di darsi
pena diede tempo ai Greci di prendere il necessario riposo. Fu deciso di darsi una nuova battaglia, e’ gli Dei stessi fra
e gli si opponeva : ma queste vittime erano per lui volgari : anelava di versare tutto il sangue di Ettore. S’incontrarono
te vittime erano per lui volgari : anelava di versare tutto il sangue di Ettore. S’incontrarono alla fine i due guerrieri,
le fino alla ferocia : negò allo spirante nemico fino la consolazione di sapere, se la sua spoglia mortale si recasse all’
o trascinò intorno le mura della città. Funesto spettacolo agli occhi di un vecchio padre, di una madre, d’una sposa ! Pri
mura della città. Funesto spettacolo agli occhi di un vecchio padre, di una madre, d’una sposa ! Priamo, Ecuba, Andromaca
dre, di una madre, d’una sposa ! Priamo, Ecuba, Andromaca dalle torri di Ilio ebbero la sciagura di guardare l’infelice Et
osa ! Priamo, Ecuba, Andromaca dalle torri di Ilio ebbero la sciagura di guardare l’infelice Ettore intriso di sangue, ed
orri di Ilio ebbero la sciagura di guardare l’infelice Ettore intriso di sangue, ed asperso di polvere. Le lagrime di dolo
sciagura di guardare l’infelice Ettore intriso di sangue, ed asperso di polvere. Le lagrime di dolore, e le grida arrivar
’infelice Ettore intriso di sangue, ed asperso di polvere. Le lagrime di dolore, e le grida arrivarono al Cielo : l’aria r
suonava de’ loro lamenti : l’intera città era in lutto. La prima cura di Achille fu d’innalzare un rogo alla riva del mare
il fuoco consumò tutto, furono raccolte le ceneri, e rinchiuse entro di un’ urna d’oro, e portate nel padiglione di Achil
ceneri, e rinchiuse entro di un’ urna d’oro, e portate nel padiglione di Achille. Per celebrare ancora con maggior pompa l
eccitare l’emulazione. Tutto questo non bastò a soddisfare la collera di Achille. Per lo spazio di nove giorni trascinò tr
to questo non bastò a soddisfare la collera di Achille. Per lo spazio di nove giorni trascinò tre volte il mattino il cada
covrì col suo scudo per non farlo corrompere. Finalmente si contentò di cederlo al vecchio Priamo, che in persona era ven
n persona era venuto supplichevole a dimandarlo, e che offrì de’ doni di gran valore rifiutati peraltro da Achille. Ecco i
ice in questo poema in qual maniera fu presa Troja, contento soltanto di aver descritto gli effetti dell’ira di Achille. S
presa Troja, contento soltanto di aver descritto gli effetti dell’ira di Achille. Si accenna nell’Odissea la distruzione d
i effetti dell’ira di Achille. Si accenna nell’Odissea la distruzione di quest’ infelice città, e l’artifizio che usarono
ifizio che usarono i Greci per rendersene padroni. Fine della vita di Achille. Achille morì per mano del più vigliacco
ta di Achille. Achille morì per mano del più vigliacco de’ figliuoli di Priamo. Quest’Eroe divenne amante di Polissena fi
del più vigliacco de’ figliuoli di Priamo. Quest’Eroe divenne amante di Polissena figliuola di Priamo, che aveva veduta s
figliuoli di Priamo. Quest’Eroe divenne amante di Polissena figliuola di Priamo, che aveva veduta sulle mura di Troja. La
amante di Polissena figliuola di Priamo, che aveva veduta sulle mura di Troja. La chiedette a suo padre con promessa di r
eva veduta sulle mura di Troja. La chiedette a suo padre con promessa di rivolgere le sue armi a difesa degli stati di que
suo padre con promessa di rivolgere le sue armi a difesa degli stati di questo re. Priamo accettò l’offerta ; ma nel punt
no, da Paride fu lanciata una freccia, che Apollo diresse al calcagno di Achille. Era questa la sola parte del suo corpo s
ue salutari. È inutile quì notare, che Omero non abbia fatta menzione di tale favola : il suo Eroe sarebbe stato meno gran
: il suo Eroe sarebbe stato meno grande, se lo avesse dipinto fornito di un tal dono. I poeti che scrissero dopo di Omero,
lo avesse dipinto fornito di un tal dono. I poeti che scrissero dopo di Omero, immaginarono questa favola, come accessori
opo di Omero, immaginarono questa favola, come accessoria alla storia di Achille. Fu un punto stesso l’esser ferito, e mor
di Achille. Fu un punto stesso l’esser ferito, e morire il figliuolo di Peleo. I Greci per potergli fare gli onori della
urono obbligati a fare altrettanto che fece Priamo per avere il corpo di Ettore. Pel corso di dieciassette giorni furono c
e altrettanto che fece Priamo per avere il corpo di Ettore. Pel corso di dieciassette giorni furono celebrate l’esequie co
rso di dieciassette giorni furono celebrate l’esequie coll’intervento di Teti, e delle Nereidi. A lui fu eretta una superb
iglio immolò sulla sua tomba Polissena, innocente cagione della morte di quest’Eroe. Ajace figliuolo di Telamone, ed Uliss
lissena, innocente cagione della morte di quest’Eroe. Ajace figliuolo di Telamone, ed Ulisse si contrastarono le sue armi
iuolo di Telamone, ed Ulisse si contrastarono le sue armi al cospetto di tutta l’armata : ma questa volle che si dessero a
ace ne fu tanto indispettito, che giunse a massacrare una moltitudine di porci, credendo di sacrificare Agamennone con tut
ispettito, che giunse a massacrare una moltitudine di porci, credendo di sacrificare Agamennone con tutt’i Greci. Ritornat
, ed indi fu cangiato in un fiore. Analisi dell’Odissèa. L’Iliade di Omero ci ha presentate delle sanguinose battaglie
non equivoche del più sublime coraggio. Abbiamo osservato in persona di Achille un esempio funesto delle umane passioni.
questo Eroe a far morire il migliore dei suoi amici, ed una quantità di guerrieri, che avrebbe potuto soccorrere. Abbiamo
correre. Abbiamo per l’opposto veduto gl’Iddj dominati da uno spirito di partito : il ritratto che il poeta ce ne ha lasci
iando per brevità altre riflessioni che potrebbero farsi. L’ Odissèa, di cui ci accingiamo a fare l’analisi, racchiude la
di cui ci accingiamo a fare l’analisi, racchiude la storia de’ viaggi di un Eroe, la cui prudenza e saviezza abbiamo già a
eziosi, ed interessanti per la società. Vedremo Ulisse senza perdersi di coraggio far fronte ai perigli, ed alle disgrazie
es hominum multorum vidit, et urbes. Traduce così Orazio il principio di questo secondo parto di Omero. Ulisse partì alla
t, et urbes. Traduce così Orazio il principio di questo secondo parto di Omero. Ulisse partì alla volta della Grecia dopo
do parto di Omero. Ulisse partì alla volta della Grecia dopo la presa di Troja : ma ritenuto da Calipso nell’isola di Ogig
lla Grecia dopo la presa di Troja : ma ritenuto da Calipso nell’isola di Ogigia, ove regnava, aveva quasi perduto la spera
so nell’isola di Ogigia, ove regnava, aveva quasi perduto la speranza di ritornare ad Itaca sua patria. Bramava Calipso di
perduto la speranza di ritornare ad Itaca sua patria. Bramava Calipso di divenire sua sposa : ma questo principe stancava
divenire sua sposa : ma questo principe stancava gli Dei, pregandoli di fargli rivedere la sua cara Penelope, e’ l giovan
iegata per lui la sua protezione, discesa dall’Olimpo sotto l’aspetto di Menta Re de’ Tafj, si presentò a Telemaco, consig
Re de’ Tafj, si presentò a Telemaco, consigliandolo a recarsi presso di Nestore, o pure alla corte di Menelao, dove proba
lemaco, consigliandolo a recarsi presso di Nestore, o pure alla corte di Menelao, dove probabilmente avrebbe avuto nuove d
o pure alla corte di Menelao, dove probabilmente avrebbe avuto nuove di suo padre. Si avvide Telemaco, che Minerva stessa
inerva stessa gli parlava per essersi ritirata la Dea sotto la figura di un uccello, come altresì perchè si sentì animato
e. Intima pel dì vegnente un’assemblea generale : si duole aspramente di quei che aspiravano alla mano di sua madre : ordi
mblea generale : si duole aspramente di quei che aspiravano alla mano di sua madre : ordina che siano cacciati dalla reggi
: ordina che siano cacciati dalla reggia, scongiurando i suoi sudditi di ajutarlo a reprimere la loro temerità. La notte s
ppena arrivato, è chiamato ad una festa che si celebrava per le nozze di una figliuola di quel re, che gli disse aver inte
chiamato ad una festa che si celebrava per le nozze di una figliuola di quel re, che gli disse aver inteso da Proteo Dio
ecchè non consolante, apportò nondimeno grande sollievo alle angustie di Telemaco. Lascia quì il poeta questo giovanetto p
il giorno fissato dal Destino, in cui Ulisse doveva uscire dall’isola di Calipso, spicca Mercurio a questa ninfa coll’inti
all’isola di Calipso, spicca Mercurio a questa ninfa coll’intimazione di lasciarlo partire. Convenne ubbidire, il figliuol
oll’intimazione di lasciarlo partire. Convenne ubbidire, il figliuolo di Laerte si aveva già costruito un battello : lo as
battello : lo ascende, e si dà tosto in balìa del mare. Per il corso di dieciassette giorni la sua navigazione fu felice
a lui contrario suscita una burrasca cotanto furiosa, che il naviglio di Ulisse ne resta fracassato, ed egli stesso resta
stesso resta seppellito negli abissi dell’oceano. Non si perde l’Eroe di coraggio : in preda del pericolo comparisce sulla
retto a quello si tiene, errando a discrezione dell’onda furiosa. Ino di fresco ammessa fralle divinità del mare viene a s
o ammessa fralle divinità del mare viene a soccorrerlo : lo consiglia di andare a nuoto nell’isola de’ Feaci, dove ritrove
ezza : gli dà un velo, che lo garantisce da ogui periglio, con ordine di gittarlo nel mare allorchè avrà afferrato il lido
il lido. Ulisse ubbidisce, e dopo dieci giorni, ed altrettante notti di fatica, e di timori arriva all’imboccatura di un
sse ubbidisce, e dopo dieci giorni, ed altrettante notti di fatica, e di timori arriva all’imboccatura di un fiume, e pren
i, ed altrettante notti di fatica, e di timori arriva all’imboccatura di un fiume, e prende terra alla fine. Fuor di peric
ri arriva all’imboccatura di un fiume, e prende terra alla fine. Fuor di pericolo, ma nudo si veste di secche foglie di al
n fiume, e prende terra alla fine. Fuor di pericolo, ma nudo si veste di secche foglie di alberi, e si mette placidamente
terra alla fine. Fuor di pericolo, ma nudo si veste di secche foglie di alberi, e si mette placidamente a dormire. Minerv
Minerva intanto sempre intenta a proteggerlo corre a volo alla reggia di Alcinoo, re de’ Feaci : apparisce in sogno a Naus
sua figlia, e la consiglia a lavare le più belle sue vesti, con dirle di più, che le sue nozze erano vicine a celebrarsi.
caricato un carro de’ suoi pannilini, si affretta colle sue compagne di andare al fiume per lavarli. Ciò fatto, e dopo br
gnarsi, chi per giocare alla palla. Desta allora Minerva il figliuolo di Laerte, che prima di farsi innanzi a Nausicae si
re alla palla. Desta allora Minerva il figliuolo di Laerte, che prima di farsi innanzi a Nausicae si avvolge in un vestito
he prima di farsi innanzi a Nausicae si avvolge in un vestito formato di foglie, e di piccoli ramicelli. Ma asperso ancora
arsi innanzi a Nausicae si avvolge in un vestito formato di foglie, e di piccoli ramicelli. Ma asperso ancora di polvere s
vestito formato di foglie, e di piccoli ramicelli. Ma asperso ancora di polvere spaventa le giovani donzelle, che fuggono
venta le giovani donzelle, che fuggono da pertutto. La sola figliuola di Alcinoo non si sgomenta, che anzi lo aspetta. Uli
ne, gli dà degli abiti, della biancheria, ed un’ampollina d’oro piena di odori per potersi profumare. L’eroe essendosi lav
rice con nobile contegno, e con aria maestosa, onde guadagnò il cuore di tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la sua fame
on aria maestosa, onde guadagnò il cuore di tutti. Aveva gran bisogno di ristorar la sua fame : gli si apprestano de’ cibi
ittà. Lasciata Nausicae alle porte, si presenta ad Aleinoo in qualità di uno straniero, rifiuto delle onde furiose. Il buo
riose. Il buon re lo accoglie con quella bontà che forma il carattere di quei temdi remoti. Ulisse in contracambio del gen
to espone la cagione, ond’era stato spinto dalla tempesta negli stati di Alcinoo : soggiunge, che un fulmine di Giove aven
nto dalla tempesta negli stati di Alcinoo : soggiunge, che un fulmine di Giove avendo sfasciato il suo naviglio, egli si s
n fulmine di Giove avendo sfasciato il suo naviglio, egli si salvò su di una panca nell’isola di Ogigia ; isola dove regna
o sfasciato il suo naviglio, egli si salvò su di una panca nell’isola di Ogigia ; isola dove regnava Calipso, Dea pericolo
emblea de’ grandi del Regno : loro presenta il suo ospite : espone la di lui trista situazione, e li dispose a fargli de’
a melodia della sua voce, cantando varie avventure, durante l’assedio di Troja. Alla rimembranza de’ fatti colà accaduti n
se narra quanto gli era accaduto Ecco la sua narrativa. Dopo la presa di Troja, egli con i suoi compagni si pose alla vela
ni vascello. Scappato dalle loro mani dopo una pugna sanguinosa, uscì di strada per la seconda fiata con averlo il vento s
nti offrirono a suoi compagni il loto2, frutto che aveva la proprietà di far dimenticare la patria a chi lo mangiava. Ulis
far dimenticare la patria a chi lo mangiava. Ulisse usò l’accortezza di far legare sulle panche de’ navigli chiunque avev
far legare sulle panche de’ navigli chiunque aveva avuta la disgrazia di gustarlo. Lo stesso vento portò la di lui flotta
iunque aveva avuta la disgrazia di gustarlo. Lo stesso vento portò la di lui flotta all’isola de’ Ciclopi, fermandosi in u
i compagni entrò in una vasta caverna dove abitava Polifemo figliuolo di Nettuno, gigante di enorme grandezza, che avea un
una vasta caverna dove abitava Polifemo figliuolo di Nettuno, gigante di enorme grandezza, che avea un occhio solo nel mez
gente nella caverna, ne chiuse l’ingresso con un sasso, che la forza di venti uomini non avrebbe potuto smuovere. Al prim
contro divorò due marinari : e ’l dì vegnente altri due gli servirono di colezione. Ulisse che per tutte le vie trovava me
isse preso un forte bastone, che aveva aguzzato, lo ficcò nell’occhio di Polifemo, che al sentirsi ferito cominciò ad urla
o mi ha ferito, ripigliò Polifemo1 : (aveva Ulisse avuta l’accortezza di dirgli che questo era il suo nome). Credettero i
lopi, che avesse perduta la ragione, e lo lasciarono così. Trattavasi di uscire dalla grotta : anche a questo pensò l’astu
ri Ulisse con i compagni, volle inseguirli, e gittò a caso un macigno di straordinaria mole, di cui fu facile evitare l’in
i, volle inseguirli, e gittò a caso un macigno di straordinaria mole, di cui fu facile evitare l’incontro. Indi corsero al
itare l’incontro. Indi corsero al lido, e s’imbarcarono colla perdita di soli quattro socj dal gigante ingojati. La flotta
ve regnava Eolo re de’ venti : Volendo questi favorire la navigazione di Ulisse, dopo avergli fatto una gentile accoglienz
. Erano già a vista d’Itaca : si vedevano oramai torreggiare i palagi di quest’isola, quando i socj di Ulisse, credendo ch
si vedevano oramai torreggiare i palagi di quest’isola, quando i socj di Ulisse, credendo che in quell’otre si conservasse
cj di Ulisse, credendo che in quell’otre si conservasse qualche sorta di vino prezioso, lo aprirono. All’istante scapparon
lla fin fine verso il paese dei Lestrigoni, popoli che si dilettavano di mangiar la carne umana, ed in fatti furono divora
a carne umana, ed in fatti furono divorati due compagni del figliuolo di Laerte. Di là la flotta approdò all’isola di Circ
e compagni del figliuolo di Laerte. Di là la flotta approdò all’isola di Circe, famosa maga figlia del Sole, i di cui inca
la flotta approdò all’isola di Circe, famosa maga figlia del Sole, i di cui incantesimi sorpassavano le forze della natur
rì una bevanda, che li trasformò al momento in porci. Avvisato l’Eroe di questo nuovo disastro, strada facendo ricevè da M
un’ erba, che lo garantiva dalle più funeste malìe. Ulisse al coverto di ogni pericolo snudò la spada minacciando Circe di
. Ulisse al coverto di ogni pericolo snudò la spada minacciando Circe di ucciderla, se tentasse a sorte d’ingannarlo. Inti
a sorte d’ingannarlo. Intimorita la Dea cadde a suoi ginocchi : giurò di far quanto avrebbe dimandato, e restituì allo sta
nocchi : giurò di far quanto avrebbe dimandato, e restituì allo stato di prima i suoi compagni. Ulisse si trovò così conte
’ Cimmerj1, per ivi invocare le ombre de’ morti, e consultare l’anima di Tiresia Tebano. Istruito dalla maga seppe evitare
i abbracciato ad un albero della nave. Le onde lo portarono all’isola di Ogigia, come si è detto, dove regnava, la vaga Ca
a Calipso, sovrana dell’isola. Questo fu il contenuto della narrativa di Ulisse, che Alcinoo, ed i Feaci ascoltarono con a
a : i marinari non, vollero per rispetto destarlo, e lasciatolo sopra di un letto di verdura, ripresero il camino verso l’
ri non, vollero per rispetto destarlo, e lasciatolo sopra di un letto di verdura, ripresero il camino verso l’isola de’ Fe
non riconobbe affatto il proprio suo regno : ma Minerva sotto l’abito di un pastore l’avvertì del luogo ov’egli si trovava
a caverna. Indi la Dea toccandolo con una bacchetta, cangiò gli abiti di Ulisse in tanti cenci, ed immantinente involandos
te involandosi recossi a Sparta, dove stava Telemaco. Sotto la figura di pitoccante, e fingendosi un vecchio Cretese, il f
a figura di pitoccante, e fingendosi un vecchio Cretese, il figliuolo di Laerte portossi alla casa di Eumeo suo amico, dov
gendosi un vecchio Cretese, il figliuolo di Laerte portossi alla casa di Eumeo suo amico, dove bene accolto si tenne scono
meo suo amico, dove bene accolto si tenne sconosciuto fino al ritorno di Telemaco, a cui Minerva aveva ispirato il desider
ino al ritorno di Telemaco, a cui Minerva aveva ispirato il desiderio di lasciare Sparta1. Poichè Ulisse e Telemaco furono
emaco furono riuniti, pensarono a mezzi onde disfarsi de’ persecutori di Penelope. Entrano separatamente in città. Ulisse
elope, le narra una falsa istoria delle sue avventure, con aggiungere di aver egli in Creta accolto Ulisse in sua casa, e
i con i suoi persecutori. Nel dì vegnente questa principessa promette di dar la sua mano a chi meglio sapesse maneggiare l
sa promette di dar la sua mano a chi meglio sapesse maneggiare l’arco di Ulisse. Tutt’i pretendenti sono radunati, non esc
. Ulisse parimente si fa innanzi : i principi danno del ridicolo alla di lui pretenzione, e non gli permettono d’impugnar
, e non gli permettono d’impugnar l’arco, se non a forza degli ordini di Penelope. L’Eroe prende l’arco, lo carica di una
non a forza degli ordini di Penelope. L’Eroe prende l’arco, lo carica di una freccia, e la fa passare per dodici anelli at
avvicinatosi a lui snuda la sua spada, e piomba sopra ai persecutori di Penelope. In un istante le strade sono inondate d
ecutori di Penelope. In un istante le strade sono inondate dal sangue di questi perfidi, e da quello dei loro aderenti. I
ne riconosciuto, e corre da suo padre Laerte, che piangeva la perdita di un figlio, che credeva di non mai più rivedere. R
a suo padre Laerte, che piangeva la perdita di un figlio, che credeva di non mai più rivedere. Restituito Ulisse a suoi st
illità nel suo regno. Analisi dell’Eneide. Virgilio ad imitazione di Omero ha cantato i viaggi, e le imprese guerriere
io ad imitazione di Omero ha cantato i viaggi, e le imprese guerriere di Enea, figliuolo di Venere, e di Anchise. Questo p
Omero ha cantato i viaggi, e le imprese guerriere di Enea, figliuolo di Venere, e di Anchise. Questo poeta Latino nell’En
tato i viaggi, e le imprese guerriere di Enea, figliuolo di Venere, e di Anchise. Questo poeta Latino nell’Eneide ha imita
ioso, quanto Achille. L’oggetto che si ha prefisso Virgilio, è quello di dare una origine illustre ai Romani, facendoli di
a grande comparsa nell’Eneide, dove Virgilio ce lo dipinge in qualità di un uomo pietoso, saggio, e valoroso. Seguiamolo p
valoroso. Seguiamolo pertanto. Era memore ancora Giunone del giudizio di Paride, e voleva perseguitare gli avanzi di Troja
cora Giunone del giudizio di Paride, e voleva perseguitare gli avanzi di Troja scappati dal ferro de’ Greci. Col veleno ne
o il mare in iscompiglio, ed avesse ingojato i vascelli del figliuolo di Venere. Eolo ubbidisce, ed all’istante una terrib
uo impero, non fusse uscito dall’umida sua reggia, ordinando ai venti di rientrare nelle proprie caverne. Enea che vedeva
ro divenuti preda dell’infuriato elemento, entra in una picciola baja di Libia. Ivi frattanto i suoi compagni pensano a ri
suo figlio : si presenta a Giove, e gli rammenta le promesse fatte in di lui favore. Questo Dio le rinnova, ed assicura Ve
regnerebbe per lungo tempo. Spedisce intanto Mercurio a Didone regina di Cartagine per indurla a bene accogliere il princi
nochè un solo, in un porto vicino, indi dopo averlo coverto per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista di tutti, gli
dopo averlo coverto per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista di tutti, gli ordina di recarsi a Cartagine. Seguito
per mezzo di una nuvola per involarlo alla vista di tutti, gli ordina di recarsi a Cartagine. Seguito dal suo fedele Acate
Trojano. Venere allora fa sgombrare la nuvola, e vedesi Enea in atto di offrire i suoi omaggi alla regina. Didone incanta
offrire i suoi omaggi alla regina. Didone incantata dall’aria nobile di questo Eroe, e sensibile alle di lui disgrazie, g
a. Didone incantata dall’aria nobile di questo Eroe, e sensibile alle di lui disgrazie, gli contesta la gioja che sente pe
oni per una grandiosa festa. Sul finir del banchetto è richiesto Enea di fare il racconto dell’assedio di Troja, e dei mal
finir del banchetto è richiesto Enea di fare il racconto dell’assedio di Troja, e dei malanni da lui sofferti dopo un’epoc
osì funesta. « Stanchi i Principi della Grecia, Enea imprese a dire, di anni dieci di assedio, che li teneva lontani dall
« Stanchi i Principi della Grecia, Enea imprese a dire, di anni dieci di assedio, che li teneva lontani dalla patria, esco
itarono uno stratagemma per sorprendere Troja. Costruirono un cavallo di legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero n
no stratagemma per sorprendere Troja. Costruirono un cavallo di legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero nel di lui
ono un cavallo di legno di straordinaria grandezza, e rinchiusero nel di lui fianco i più accreditati guerrieri. Indi fing
chiusero nel di lui fianco i più accreditati guerrieri. Indi fingendo di sciogliere l’assedio si nascosero dietro l’isola
ri. Indi fingendo di sciogliere l’assedio si nascosero dietro l’isola di Tenedo. Credendo allora i Trojani di essere sicur
edio si nascosero dietro l’isola di Tenedo. Credendo allora i Trojani di essere sicuri corrono a vedere questo smisurato c
uoco : taluni la vogliono introdurre nella città. Laocoonte sacerdote di Nettuno è di avviso che si abbatta questo mostruo
la vogliono introdurre nella città. Laocoonte sacerdote di Nettuno è di avviso che si abbatta questo mostruoso cavallo, e
a questo mostruoso cavallo, ed egli stesso lancia un dardo nel fianco di quello. Arrestano intanto i Trojani un giovine Gr
nto, dicendo, esser egli l’odio de’ Greci : soggiunge, che il cavallo di legno è un’offerta fatta a Minerva prima di parti
soggiunge, che il cavallo di legno è un’offerta fatta a Minerva prima di partire per placarla : di più li consiglia ad int
di legno è un’offerta fatta a Minerva prima di partire per placarla : di più li consiglia ad introdurre questo colosso nel
te che aveva scagliata la sua asta contro del cavallo, stando in atto di fare un sagrifizio a Nettuno, fu assalito da due
. Questi rettili prodigiosi si attorcigliarono al corpo de’ due figli di Laocoonte, e si avviticchiarono sopra di lui mede
arono al corpo de’ due figli di Laocoonte, e si avviticchiarono sopra di lui medesimo, ch’era venuto per soccorrerli. Ciò
perfido Sinone : si abbatte un’ ala delle mura, e s’introduce a forza di uomini il cavallo fatale nella città : indi ciasc
mini il cavallo fatale nella città : indi ciascuno si ritira, e pieni di sicurezza si danno in preda ai piaceri della mens
cire gli armati ivi nascosti ; in un istante l’infelice città è piena di soldati, che portano da per tutto il ferro, il fu
a. Ettore gli apparisce in sogno, lo avverte dell’arrivo de’ Greci, e di essere oramai giunto l’esterminio di Troja. Enea
avverte dell’arrivo de’ Greci, e di essere oramai giunto l’esterminio di Troja. Enea vuol morire colle armi alla mano, ed
rminio di Troja. Enea vuol morire colle armi alla mano, ed alla testa di pochi suoi amici attacca quanti Greci incontra. M
concittadini, che non li riconoscono. Corre pertanto Enea in soccorso di Priamo, assediato nel suo palazzo da Pirro, che i
, si affretta per la difesa della sua sposa Creusa, del figlio suo, e di Anchise suo padre. Presi gli Dei Penati, che died
suo, e di Anchise suo padre. Presi gli Dei Penati, che diede in mano di Anchise, si accolla questo vecchio rispettabile s
ispettabile sulle sue spalle, traversa l’incendiata città col disegno di ritirarsi sul monte Ida. Fuori le porte inseguito
ai Greci perde Creuso. Col favore delle fiamme ritorna colla speranza di rinvenirla, ma gli apparve l’ombra soltanto della
i che avevano abbracciata la stessa sua sorte, Enea forma il progetto di andare in cerca di quella terra che il Destino gl
cciata la stessa sua sorte, Enea forma il progetto di andare in cerca di quella terra che il Destino gli prometteva. Fa co
liati sul monte Ida, e si scosta dai patrj lidi con venti legni. Dopo di essersi fermato nella Tracia, in Delo, in Creta,
adre Anchise. Trapani fu il termine de’ suoi viaggi, allorchè volendo di là far vela per l’Italia, un Dio tutelare l’aveva
à far vela per l’Italia, un Dio tutelare l’aveva condotto nell’impero di Didone. » Avendo Enea dato fine al suo racconto,
che gli aveva assegnati la regina. Rapita intanto Didone dalla virtù di Enea, confessa la sua inclinazione ad Anna sua ge
a farlo suo sposo. Giunone per impedire il corso dei destini a favore di Enea propose a Venere queste nozze, che finse di
dei destini a favore di Enea propose a Venere queste nozze, che finse di acconsentirvi. Profittano le due Dive del momento
nozze, che finse di acconsentirvi. Profittano le due Dive del momento di una tempesta suscitatasi mentre tutta la Corte de
la partenza, e fa preparare segretamente la flotta. Penetra Didone il di lui disegno : lo rimprovera, e si duole di sì bar
flotta. Penetra Didone il di lui disegno : lo rimprovera, e si duole di sì barbaro tradimento. Cerca Enea di scusarsi, ma
egno : lo rimprovera, e si duole di sì barbaro tradimento. Cerca Enea di scusarsi, ma nel tempo stesso dispone il tutto pe
to con tanta cortesia. Accortasi del tradimento Didone monta il piano di una loggia a vista delle fuggenti vele : carica l
ano di una loggia a vista delle fuggenti vele : carica l’ingrato Enea di maledizioni, che dopo molti socoli si verificaron
i Cartaginesi, ed i Romani, e non potendo resistere al dolore risolve di darsi la morte. Fingendo di volere fare un sagrif
e non potendo resistere al dolore risolve di darsi la morte. Fingendo di volere fare un sagrificio agli Dei dell’inferno,
pericoli, ad insinuazione d’Iride inviata da Giunone sotto l’aspetto di una vecchia, appiccarono il fuoco alle navi. La f
urono bruciati. Nella seguente notte apparve in sogno ad Enea l’ombra di Anchise, che lo consigliò a lasciare in Trapani i
ne, ed a condur seco soltanto gli uomini d’armi. Gl’insinuò parimente di portarsi a Cuma per consultar la Sibilla, che lo
che lo avrebbe condotto all’inferno. Eseguì a puntino Enea gli ordini di Anchise. Arrivato a Cuma, recossi all’antro della
Deifobe, che gli predisse quanto doveva accadergli nell’Italia prima di fondare una città. Indi gli ordinò di penetrare i
va accadergli nell’Italia prima di fondare una città. Indi gli ordinò di penetrare in una oscura foresta, dove avrebbe rit
trare nell’inferno, per offrirlo in dono a Proserpina. Riuscì ad Enea di trovar questa pianta. Finalmente colla scorta del
a pianta. Finalmente colla scorta della Sibilla, passando per lo Lago di Averno, discende al soggiorno de’ morti : ivi rit
i : ivi ritrova molti de’ suoi amici, e gli addita Anchise sulle rive di Lete le ombre di quelli Eroi, che dovevano un gio
olti de’ suoi amici, e gli addita Anchise sulle rive di Lete le ombre di quelli Eroi, che dovevano un giorno formare la gl
di quelli Eroi, che dovevano un giorno formare la gloria dell’impero di Roma. Ritornato sulla terra il figliuolo di Vener
are la gloria dell’impero di Roma. Ritornato sulla terra il figliuolo di Venere, levò l’ancora, dirigendo la sua flotta ve
a sarebbe divenuto suo genero. Piccata Giunone de’ fortunati successi di questo principe, si affrettò ad interromperne il
tto : inviò questa furia alla reggia d’Amata, ispirandole il progetto di nascondere sua figlia Lavinia in seno delle vicin
etto di nascondere sua figlia Lavinia in seno delle vicine montagne : di là la Furia passò alla corte di Turno, lo stimola
vinia in seno delle vicine montagne : di là la Furia passò alla corte di Turno, lo stimola a prendere le armi col nerbo de
o. Enea, e Turno si avanzano in mezzo dell’armata schierata in ordine di battaglia, e con pari accanimento si azzuffano. R
minò così una guerra, che mettea sossopra l’Italia intera1. Giunta di varie altre favole. Comecchè le seguenti favole
nti che possano illustrare la storia de’ tempi eroici, come la guerra di Tebe, l’incendio di Troja, ecc., è necessario non
strare la storia de’ tempi eroici, come la guerra di Tebe, l’incendio di Troja, ecc., è necessario nondimeno di formarne u
la guerra di Tebe, l’incendio di Troja, ecc., è necessario nondimeno di formarne un’ idea per aver piena cognizione della
negarono. Bauci, e Filemone abitavano in una meschina capanna coperta di giunchi, dove appena si trovava una tavola di leg
eschina capanna coperta di giunchi, dove appena si trovava una tavola di legno, che ne formava tutto l’addobbo. Furono que
un’ oca, ch’ era tutta la loro ricchezza. Gl’immortali viandanti nel di vegnente per punire gli abitanti del paese, e per
are il loro potere a chi gli aveva alloggiati, li conducono alla cima di una montagna con far loro vedere tutto il villagg
olti, che fu cangiata in un tempio magnifico. Bauci, e Filemone pieni di riconoscenza dimandarono in grazia di essere i sa
nifico. Bauci, e Filemone pieni di riconoscenza dimandarono in grazia di essere i sacerdoti di questo tempio, e di morire
one pieni di riconoscenza dimandarono in grazia di essere i sacerdoti di questo tempio, e di morire in un giorno istesso p
cenza dimandarono in grazia di essere i sacerdoti di questo tempio, e di morire in un giorno istesso per non soffrire il d
mpio, e di morire in un giorno istesso per non soffrire il dispiacere di dover uno di essi piangere la morte dell’altro. Q
rire in un giorno istesso per non soffrire il dispiacere di dover uno di essi piangere la morte dell’altro. Questa grazia
ma i rispettivi parenti, che appartenevano a due principali famiglie di Tebe, per antica nimicizia non erano di accordo.
ano a due principali famiglie di Tebe, per antica nimicizia non erano di accordo. Quindi non potendosi i due amanti accopp
non potendosi i due amanti accoppiare con i nodi d’imeneo, pensarono di fuggire dalla patria, e stabilirsi in un paese lo
cadde un velo, che preso dal lione, dopo averlo lacerato, lo intrise di sangue della sua gola. Sopraggiunto Piramo, vide
Piramo, vide questo velo, e credendo che Tisbe fosse stata la vittima di qualche belva, con un pugnale si diede la morte.
zampillando sulla pianta del moro, le sue frutta da bianche divennero di color rosso. Polifemo, e Galatea. Il ruvido C
olifemo amava alla follìa la bella Galatea, una delle tante figliuole di Nereo. Assiso sulla riva del mare, ad alta voce l
reo. Assiso sulla riva del mare, ad alta voce la chiamava, pregandola di venir fuori dalle onde. Ma il povero Ciclope non
a sorda, malgrado che non fosse insensibile. Ella amava Aci figliuolo di Fauno. Sorprese un giorno Polifemo la bella coppi
gliuolo di Fauno. Sorprese un giorno Polifemo la bella coppia a piedi di una roccia. Galatea ebbe tempo di tuffarsi nell’o
no Polifemo la bella coppia a piedi di una roccia. Galatea ebbe tempo di tuffarsi nell’onde : ma Aci ebbe la sventura di e
a. Galatea ebbe tempo di tuffarsi nell’onde : ma Aci ebbe la sventura di essere schiacciato da un gran sasso, che il Ciclo
lope gli scagliò. Inconsolabile la ninfa, pregò gli Dei, ed il sangue di Aci diede la nascita ad un fiume che fu chiamato
che fu chiamato Aci dal nome del pastorello. Driope. Driope ninfa di Arcadia, e sposa di Andremone strappò alcuni rami
dal nome del pastorello. Driope. Driope ninfa di Arcadia, e sposa di Andremone strappò alcuni rami di una pianta detta
e. Driope ninfa di Arcadia, e sposa di Andremone strappò alcuni rami di una pianta detta Loto, per darne a mangiare le fr
detta Loto, per darne a mangiare le frutta a suo figlio. Alcune gocce di sangue caddero da questa pianta che prima era sta
ermogliarsi sotto i piedi le radici, diventando ancor essa una pianta di simile natura. Pigmalione. Pigmalione fu uno
lione la sposò, e da questa coppia nacque Pafo, che fabbricò la città di Pafo nell’isola di Cipro. Ifide. Era tanta la
a questa coppia nacque Pafo, che fabbricò la città di Pafo nell’isola di Cipro. Ifide. Era tanta la miseria di un abit
la città di Pafo nell’isola di Cipro. Ifide. Era tanta la miseria di un abitante di Festo in Creta chiamato Ligda, che
o nell’isola di Cipro. Ifide. Era tanta la miseria di un abitante di Festo in Creta chiamato Ligda, che fece sentire a
nta crudeltà, si raccomandò alla Dea Iside, che le ispirò il progetto di allevare la bambina sotto spoglie maschili. Così
fece la povera madre, ma stava per iscoprirsi il segreto all’istante di doversi maritare Ifide (tale era il nome della fa
insieme. Leandro ogni notte traversava a nuoto lo stretto alla vista di un fanale, ch’ Ero accendeva su di una torre. Lea
sava a nuoto lo stretto alla vista di un fanale, ch’ Ero accendeva su di una torre. Leandro aveva acquistato la superiorit
eda dell’infido elemento. Avendo il mattino osservato Ero il cadavere di Leandro dal mare gittato sul lido, vinta dal dolo
ssa nel mare. Aconzio, e Cidippe. Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide nel tempio di Diana, e la c
Era Cidippe una delle più belle di Delo. Aconzio la vide nel tempio di Diana, e la chiedette per isposa ai suoi parenti 
a. Gittò nel tempio una palla, dove era scritto : io giuro per Diana di essere la sposa di Aconzio . Cidippe prese quella
una palla, dove era scritto : io giuro per Diana di essere la sposa di Aconzio . Cidippe prese quella palla, e lesse il
a palla, e lesse il giuramento. Allorchè questa giovane era sul punto di maritarsi, era sorpresa da una febbre violenta, f
rpresa da una febbre violenta, finchè i suoi parenti si determinarono di darla a Aconzio. Anassarte. Amava Ifi inutilm
a Aconzio. Anassarte. Amava Ifi inutilmente Anassarte, figliuolo di un ricco abitante di Cipro. Legò una notte Ifi al
rte. Amava Ifi inutilmente Anassarte, figliuolo di un ricco abitante di Cipro. Legò una notte Ifi alla porta di Anassarte
igliuolo di un ricco abitante di Cipro. Legò una notte Ifi alla porta di Anassarte una corda, e con quella per disperazion
ella durezza del suo cuore. Coreso, e Calltroe. Calliroe donzella di Calidonia non volle giammai corrispondere all’inc
ai corrispondere all’inclinazione, che aveva per lei Coreso sacerdote di Bacco, che vendicò il suo ministro con far sorger
quando si fosse sacrificata a Bacco una vittima umana, ed in mancanza di questa la stessa Calliroc. Nessuno ebbe la voglia
, ed in mancanza di questa la stessa Calliroc. Nessuno ebbe la voglia di morire, onde Calliroe fu condotta all’ara. Coreso
Calliroe fu condotta all’ara. Coreso generoso all’eccesso, nel punto di sagrificarla, rivolse contro se stesso il coltell
grificarla, rivolse contro se stesso il coltello, e si diede la morte di propria mano. Conobbe allora Calliroe la fedeltà
si diede la morte di propria mano. Conobbe allora Calliroe la fedeltà di quel cuore, e mossa da compassione volle immolars
mossa da compassione volle immolarsi per placare in tal guisa l’ombra di Coreso. Cleobide, e Bitone. Questi due giovan
mbra di Coreso. Cleobide, e Bitone. Questi due giovani, figliuoli di una sacerdotessa di Argo, sono l’esempio dell’amo
leobide, e Bitone. Questi due giovani, figliuoli di una sacerdotessa di Argo, sono l’esempio dell’amor filiale. Essi tras
Dei renderli abbastanza contenti sulla terra. Ceneo. In compenso di essere stata amata Ceneo da Nettuno, ottenne in g
In compenso di essere stata amata Ceneo da Nettuno, ottenne in grazia di essere cangiata in uomo, e colla proprietà di ess
tuno, ottenne in grazia di essere cangiata in uomo, e colla proprietà di essere invulnerabile. Perì questa ninfa nella gue
i ammonticchiati ne nacque un uccello. Ceice, e Alcione. Ceice re di Trachinia nella Tessaglia morì naufragato, mentre
nella Tessaglia morì naufragato, mentre andava a consultare l’oracolo di Apollo a Claro. Alcione sua moglie, che teneramen
do con impazienza, ma Giunone in sogno le fece intendere la disgrazia di suo marito. Spaventata la misera Alcione del sini
o gittato dal mare sulla riva. Al momento che si accostava, si avvide di avere sul dorso le ali, che la sostenevano all’ar
eice ancor esso fu trasformato in uccello, ed entrambi ebbero il nome di Alcioni. Dicono i poeti che questi uccelli fanno
lo formano, e ne nascono i figli. L’Aurora. L’Aurora non contenta di aver amato Titono figliuolo di Laomedonte, volle
i. L’Aurora. L’Aurora non contenta di aver amato Titono figliuolo di Laomedonte, volle altresì trasportarlo nel cielo,
tono chiedette una vita lunghissima, ma non avendo avuta l’accortezza di domandar benanche una perpetua gioventù unita all
a per compassione lo cangiò in cicala. Deifobe. Deifobe figliuola di Glauco, e Sibilla di Cuma ebbe presso a poco la m
cangiò in cicala. Deifobe. Deifobe figliuola di Glauco, e Sibilla di Cuma ebbe presso a poco la medesima sorte di Tito
ola di Glauco, e Sibilla di Cuma ebbe presso a poco la medesima sorte di Titono. Ella fu amata da Apollo, al quale dimandò
a medesima sorte di Titono. Ella fu amata da Apollo, al quale dimandò di poter vivere tanti anni, per quanti granellini di
o, al quale dimandò di poter vivere tanti anni, per quanti granellini di arena poteva stringere in mano sua. Il Nume la es
L’Aurora avendo concepito una forte inclinazione per Cefalo figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro
concepito una forte inclinazione per Cefalo figliuolo di Mercurio, e di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla
di Ersete lo trasportò nel suo carro mentre era alla caccia, facendo di tutto per fargli dimenticare Procri sua sposa. Ma
o : quindi dovette rimandarlo con dirgli, che un giorno si pentirebbe di tanta poca sua sensibilità. Tal minaccia fece div
lo geloso, e sospettoso. Travestito volle mettere a pruova la fedeltà di sua moglie, che per vergogna sen fuggì fra le sel
ellotto che si scagliava a colpo sicuro, e ritornava dopo fralle mani di chi lo aveva lanciato. Per parte sua Procri diven
entre Cefalo si riposava stanco dalle fatiche della caccia, si avvide di un certo calpestio in un vicino cespuglio : crede
osi, che cangiò in due stelle. Filomela, e Tereo. Tereo figliuolo di Marte sposò Progne figlia di Pandione re di Atene
. Filomela, e Tereo. Tereo figliuolo di Marte sposò Progne figlia di Pandione re di Atene, e la condusse nella Tracia,
e Tereo. Tereo figliuolo di Marte sposò Progne figlia di Pandione re di Atene, e la condusse nella Tracia, ov’egli regnav
er nome Filomela, che amava colla massima tenerezza. Dopo cinque anni di lontananza volle Progne rivederla. S’incaricò Ter
po cinque anni di lontananza volle Progne rivederla. S’incaricò Tereo di fare il viaggio di Atene per contentare la sua sp
ontananza volle Progne rivederla. S’incaricò Tereo di fare il viaggio di Atene per contentare la sua sposa, ma nel condurl
o un secondo delitto, le strappò barbaramente la lingua per impedirle di poter palesare la sua disgrazia. Continua lo scel
le risentita escogitò una terribile vendetta. Profittando delle feste di Bacco prese l’abito di una baccante : liberò sua
na terribile vendetta. Profittando delle feste di Bacco prese l’abito di una baccante : liberò sua sorella dalla prigione 
lo diede a mangiare a Tereo in un solenne banchetto. Cercando questi di vedere suo figlio, allora Filomela infuriata si p
riso nel sangue dell’infelice figliuolo. Avvampando d’ira Tereo diede di piglio alla spada per inseguire le due sorelle :
e lo stesso Tereo in uno sparviero. Aristeo. Fu Aristeo figliuolo di Apollo, e della ninfa Cirene. Egli si occupò dell
vi, e sopratutto ebbe cura delle api. Sposò Aristeo Autonoe figliuola di Cadmo, fu padre di Atteone, che Diana cangiò in c
be cura delle api. Sposò Aristeo Autonoe figliuola di Cadmo, fu padre di Atteone, che Diana cangiò in cervo. Dopo la morte
Cadmo, fu padre di Atteone, che Diana cangiò in cervo. Dopo la morte di questo suo figlio, si ritirò in Sardegna da lui p
tori gl’innalzarono degli altari. Pico, e Canente. Fu Pico figlio di Saturno, padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò
o degli altari. Pico, e Canente. Fu Pico figlio di Saturno, padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola
Pico, e Canente. Fu Pico figlio di Saturno, padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola di Giano, e di Ve
di Saturno, padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola di Giano, e di Venilia. Fu amato da Circe famosa mag
padre di Fauno, ed avo di Latino. Sposò Canente figliuola di Giano, e di Venilia. Fu amato da Circe famosa maga, e figlia
famosa maga, e figlia del Sole, e che lo vide mentre andava in cerca di erbe, e dalla medesima fu cangiato in picchio1.
i erbe, e dalla medesima fu cangiato in picchio1. Egeria. Seguace di Diana era la ninfa Egeria. Credevasi ch’ella cons
ninfa Egeria. Credevasi ch’ella consigliasse Numa Pompilio secondo re di Roma per ben governare. La morte di Numa le cagio
igliasse Numa Pompilio secondo re di Roma per ben governare. La morte di Numa le cagionò tanto dolore, che fu cangiata in
ta in una fontana. Arione. Arione fu un musico celeberrimo nativo di Metimna di Lenno, molto amato da Periandro re di
ontana. Arione. Arione fu un musico celeberrimo nativo di Metimna di Lenno, molto amato da Periandro re di Corinto. Un
o celeberrimo nativo di Metimna di Lenno, molto amato da Periandro re di Corinto. Un giorno mentre navigava, i marinari lo
tare nel mare, per arricchirsi delle sue spoglie. Lusingandosi Arione di poterli intenerire, dimandò in grazia di poter to
spoglie. Lusingandosi Arione di poterli intenerire, dimandò in grazia di poter toccare un’altra volta la sua lira : ma non
lle Muse. Anfione. Era questi un altro eccellente cantore, figlio di Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono dell
Anfione. Era questi un altro eccellente cantore, figlio di Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira,
sti un altro eccellente cantore, figlio di Giove, e di Antiope regina di Tebe. Il suono della sua lira, e la sua voce era
ietro le pietre, e si situarono in tal modo, che ne formarono le mura di Tebe. Ciò basti per un corso di Mitologia element
in tal modo, che ne formarono le mura di Tebe. Ciò basti per un corso di Mitologia elementare. Potranno i giovani lettori
quali ci siamo contenuti. Avviso.   Si è creduto opportuno di quì inserire il seguente trattalo dello stesso Si
o di quì inserire il seguente trattalo dello stesso Sig. Tomeo autore di quest’opera, pubblicato fin dall’anno 1817 - per
ozzato l’origine, lo scopo, lo sviluppo della Favola. Nel breve corso di poche pagine ci siamo studiati di accennarne alme
luppo della Favola. Nel breve corso di poche pagine ci siamo studiati di accennarne almeno l’applicazione, l’oggetto, la m
gran numero degli Dei adorati dal Gentilesimo. Questa serie numerosa di false Divinità sarebbe stata maggiore, laddove pe
no, che da principio ci abbiamo proposto : riserbandoci non per tanto di darne cammin facendo un’ idea, benchè superficial
trice delle belle arti, e delle scienze. Dapertutto veggonsi de’ capi di opera della pittura, e scultura, e della più rice
e scultura, e della più ricercata architettura, che malgrado il corso di tanti secoli, l’edace tempo ha rispettato. Non vi
lingua, che ci mettono al giorno de’ sacri riti, e della vita civile di que’ tempi. Se non altro, gli scavi di Ercolano,
acri riti, e della vita civile di que’ tempi. Se non altro, gli scavi di Ercolano, e di Pompei ci hanno aperto un campo la
lla vita civile di que’ tempi. Se non altro, gli scavi di Ercolano, e di Pompei ci hanno aperto un campo larghissimo, dove
Greche città andò superba la nostra Napoli, che favorita dalla natura di un dolce clima, e fertile terreno, formava il dom
tranquilla 1. Fin dall’epoca della sua fondazione anteriore a quella di Roma, avrebbe potuto dirsi di lei : Quam tu Urbe
della sua fondazione anteriore a quella di Roma, avrebbe potuto dirsi di lei : Quam tu Urbem hanc cernis, quae regna futu
icchezze non possiamo con certezza e precisione dar fuori un trattato di quanto riguarda il nostro assunto. Le tante vicen
icende, alle quali è stata soggetta la nostra Patria, il lungo andare di tanti secoli ha dovuto per necessità contribuire
ribuire alla perdita d’infiniti monumenti. Possiamo solamente per via di congetture stabilire le basi del nostro argomento
i giuochi, e giornalieri esercizj. Oltre a ciò le rispettive reliquie di templi che ancor oggi ammiriamo, fanno fede abbas
oletane, e della magnificenza della loro città : giacchè quanto vi ha di grande e magnifico nelle più vaste Capitali, per
alche cosa riguardante le Deità comuni alle altre nazioni. Quantunque di questa ne abbiamo abbastanza parlato nella prima
e di questa ne abbiamo abbastanza parlato nella prima parte, era però di somma necessità rinnovarne il discorso per l’inte
e a nostri giorni sono esistenti. Senza dipartirci punto dall’oggetto di dare delle cognizioni elementari, potrà di leggie
artirci punto dall’oggetto di dare delle cognizioni elementari, potrà di leggieri acquistare la Gioventù le idee necessari
non è nuovo : ma piace lusingarci che l’ordine almeno, e ’l vantaggio di veder tutto ad un colpo di occhio potrà dargli un
ngarci che l’ordine almeno, e ’l vantaggio di veder tutto ad un colpo di occhio potrà dargli un’ aria di novità ; risparmi
vantaggio di veder tutto ad un colpo di occhio potrà dargli un’ aria di novità ; risparmiando ai giovani la pena, e noja
aria di novità ; risparmiando ai giovani la pena, e noja lunghissima di andar rintracciando le patrie memorie sparse quà,
e memorie sparse quà, e là in tanti libri, e scrittori per lo più fra di loro discordi. A tale proposito abbiamo procurato
i per lo più fra di loro discordi. A tale proposito abbiamo procurato di scegliere quello che pareva più plausibile, avend
primitive costumanze, ed osservare il delirio, e le fantastiche idee di religione de’ nostri maggiori, che ad imitazione
nta nostra Religione Cattolica, nel cui seno abbiamo avuto la fortuna di nascere. I. Partenope. Dicemmo già che
lle Sirene chiamata Partenope, che colle altre abitava nella spiaggia di Sorrento, e che in vicinanza di Napoli cessò di v
he colle altre abitava nella spiaggia di Sorrento, e che in vicinanza di Napoli cessò di vivere, diede il nome alla nostra
bitava nella spiaggia di Sorrento, e che in vicinanza di Napoli cessò di vivere, diede il nome alla nostra Città. Fra le a
stra Città. Fra le altre così dette, la più celebre credesi figliuola di Eumelo re di Fera in Tessaglia. Scrivono taluni c
ra le altre così dette, la più celebre credesi figliuola di Eumelo re di Fera in Tessaglia. Scrivono taluni che questa gio
esse il suolo dove oggi è Napoli per sua abitazione, guidata dal volo di una colomba, della quale così cantò il nostro Sta
trattandosi dell’origine delle grandi città sogliono essere, al dire di Livio, se non favolose, almeno sospette, volentie
atterremo al sentimento dell’insigne geografo Strabone. Attesta egli di essere stata Napoli edificata dai Cumani, chiamat
la da Palepoli, cioè vecchia città. Andò però quasi in disuso il nome di Napoli, ritenendo per lo più quello di Partenope
ò però quasi in disuso il nome di Napoli, ritenendo per lo più quello di Partenope fino a che Augusto, al dire di Solino,
ritenendo per lo più quello di Partenope fino a che Augusto, al dire di Solino, dopo di aver ornato di marmi il di lei fa
o più quello di Partenope fino a che Augusto, al dire di Solino, dopo di aver ornato di marmi il di lei fabbricato, volle
Partenope fino a che Augusto, al dire di Solino, dopo di aver ornato di marmi il di lei fabbricato, volle che Napoli, o s
ino a che Augusto, al dire di Solino, dopo di aver ornato di marmi il di lei fabbricato, volle che Napoli, o sia nuova cit
enominata. Alla testè lodata favolosa Sirena, o alla pudica figliuola di Eumelo furono assegnati gli onori divini, e frall
artenope un luogo distinto. Vedesi nelle nostre monete inciso il capo di Partenope ; ed attesta Licofrone antichissimo poe
l capo di Partenope ; ed attesta Licofrone antichissimo poeta, che al di lei sepolcro bruciavano saci i Napoletani, e l’At
l’ameno Giacomo Sannazaro poeticamente scherzando, celebrano le nozze di Partenope col Sebeto, annoverato anch’ esso fra i
ia, che anche a dì nostri osservasi una grande testa presso la Chiesa di S. Eligio, che credevano essere appunto quella ch
credevano essere appunto quella che apparteneva alla statua colossale di Partenope. Ignorasi il luogo preciso del sepolcro
statua colossale di Partenope. Ignorasi il luogo preciso del sepolcro di lei, da molti situato nel monticello, dove oggi è
polcro di lei, da molti situato nel monticello, dove oggi è la Chiesa di S. Giovanni Maggiore. Altri, e fra questi il Pont
moso così pure cantò il nostro concittadino Stazio piangendo la morte di suo padre :   Exere semirutos subito de pulvere
Partenope a cacciar fuori la testa dalla tomba, ruinata dalla scossa di un gran terremoto (afflato monte), e compiangere
fflato monte), e compiangere la morte del suo allievo, cioè del padre di Stazio.   II. Il Sebeto. L’antichissimo
l Sebeto. L’antichissimo culto che professavano i primi abitatori di Napoli a questo patrio siumicello, esige da noi d
i primi abitatori di Napoli a questo patrio siumicello, esige da noi di doversene quì far parola, ed appunto dietro l’art
la, ed appunto dietro l’articolo Partenope. Quale sia stata l’origine di questo nome Sebeto, si disputa dagli antiquarj. V
ne di questo nome Sebeto, si disputa dagli antiquarj. Vi ha chi crede di ricavarla dal Sabbato degli Ebrei, giorno in cui
dicvlam Restituit Sebetho. Dov’è da notarsi che questo tale Eutico di origine Greca rinnovò l’antichissimo culto dovuto
hè i primi fondatori delle Città in vicinanza de’ fiumi, erano soliti di attribuire ai medesimi gli onori divini, e presso
mi, erano soliti di attribuire ai medesimi gli onori divini, e presso di noi si celebravano in Capua le feste del Volturno
rchè con gravissima perdita dell’Architettura rovinò il famoso tempio di Castore, e Polluce, oggi Chiesa di S. Paolo, ritr
chitettura rovinò il famoso tempio di Castore, e Polluce, oggi Chiesa di S. Paolo, ritrovossi una elegantissima Greca iscr
, stupefatto esclamò : Minuit praesentia famam. Il gran poeta Cesareo di lui scrisse : Quanto ricco d’onor, povero d’onde
a Città, dovettero per conseguenza accordare il culto Divino anche al di lei padre Eumelo. Fralle antichissime Fratrie1 ch
. Fralle antichissime Fratrie1 che in Napoli esistevano ad imitazione di Atene, trovasi annoverata quella degli Eumelidi,
regione Capuana. Citano gli antiquarj diverse iscrizioni in conferma di quanto da noi si assersce. A questa Fratria crede
stato ascritto Stazio poeta, nostro concittadino, che vivea a’ tempi di Domiziano. IV. Eunosto. Di questo giova
tarco, il cui testo alquanto lungo in poche parole esporremo. Eunosto di Tanagra nella Boezia fu un giovane eroe conosciut
la castità. Di costui innamorossi una ragazza chiamata Ocna figliuola di Colono. Accortosi il giovane Eroe di tale inclina
ragazza chiamata Ocna figliuola di Colono. Accortosi il giovane Eroe di tale inclinazione, oltre di averla bruscamente ca
uola di Colono. Accortosi il giovane Eroe di tale inclinazione, oltre di averla bruscamente cacciata via, denunciò schiett
bruscamente cacciata via, denunciò schiettamente l’affare ai fratelli di lei. Ocna pensò di prevenirlo, ed indusse i frate
a via, denunciò schiettamente l’affare ai fratelli di lei. Ocna pensò di prevenirlo, ed indusse i fratelli ad ammazzare Eu
i prevenirlo, ed indusse i fratelli ad ammazzare Eunosto, accusandolo di avere il mdesimo attentato alla sua pudicizia. Se
essa con un laccio si diede la morte. I Tanagrei ad eterna ricordanza di questo avvenimento, innalzarono un tempio ad Euno
era permesso alle donne l’ingresso. Ciò diede occasione ai Napoletani di ascrivere anch’ essi Eunosto fralle patrie tutela
ove adoravasi Eunosto, azzardò una congettura, che in seguito dopo la di lui morte il tempo verificò. Credeva egli che una
ta una tale opinione : ma scavandosi li fondamenti parecchi anni sono di una casa in vicinanza della porta di S. Gennaro,
li fondamenti parecchi anni sono di una casa in vicinanza della porta di S. Gennaro, si avvidero i muratori di alcune vecc
a casa in vicinanza della porta di S. Gennaro, si avvidero i muratori di alcune vecchie fabbriche sepolte molti palmi al d
vvidero i muratori di alcune vecchie fabbriche sepolte molti palmi al di sotto del livello della strada. Pervenuto ciò a n
ratria o sia Curia degli Eunostidi. Siffatta scoverta avrebbe colmato di gioja il Martorelli già trapassato se avesse vedu
sse stato il Dio che presiedeva ai mulini ; opinione che ha procurato di confutare a tutta possa il mentovato Martorelli.
torelli. V. Apollo. Oltre quanto si è detto in questo corso di Mitologia nell’articolo Apollo, è da notarsi rigu
emigrantis Apollo. E virgilio nel 6 dell’Eneide parlando del famoso di lui tempio : Arces, quibus altus Apollo Praeside
o di lui tempio : Arces, quibus altus Apollo Praesidet. Le vestigia di questo tempio ancor oggi si veggono accanto all’a
Fusaro. Sotto diverse sembianze fu Apollo in Napoli adorato col nome di Ebone, di Mitra, di Serapide. Di ognuno di questi
otto diverse sembianze fu Apollo in Napoli adorato col nome di Ebone, di Mitra, di Serapide. Di ognuno di questi nomi impr
se sembianze fu Apollo in Napoli adorato col nome di Ebone, di Mitra, di Serapide. Di ognuno di questi nomi imprendiamo a
in Napoli adorato col nome di Ebone, di Mitra, di Serapide. Di ognuno di questi nomi imprendiamo a distintamente parlare.
Una nostra Greca antica iscrizione ci fa acquistare la conoscenza di questo nume tutelare. ΗΒΩΝΙ ΕΠΙΦΑΝΕΣΤΑΤΩΙ ΘΕΩΙ H
tutelare. ΗΒΩΝΙ ΕΠΙΦΑΝΕΣΤΑΤΩΙ ΘΕΩΙ Heboni clarissimo Deo. L’ etimo di questa voce benchè alquanto stiracchiato, potrebb
Ebraico Abir, taurus. In fatti era egli rappresentato sotto l’aspetto di un bove con faccia di uomo, e propriamente di un
In fatti era egli rappresentato sotto l’aspetto di un bove con faccia di uomo, e propriamente di un vecchio con lunga barb
sentato sotto l’aspetto di un bove con faccia di uomo, e propriamente di un vecchio con lunga barba. Nelle nostre antiche
nostre antiche monete segnate col motto Heboni, e Neapolitae, si vede di altri emblemi fregiato. Macrobio ne’ suoi Saturna
bio ne’ suoi Saturnali ci dice la ragione, onde Ebone sotto la figura di un toro era adorato : Taurum vero multiplici rat
mplo consecratum Soli colunt taurum . Nè è da dispregiarsi l’opinione di taluni, che credono adorato il toro in Napoli, in
o il toro in Napoli, in Pozzuoli, Atella, Capua, ed in tutta la terra di Lavoro per essere questo animale il più utile e n
imale il più utile e necessario per l’agricoltura. Della varia figura di questo Nume, secondo lo stesso Macrobio, dee dirs
o Macrobio, dee dirsi, che i Napoletani lo veneravano sotto l’aspetto di un vecchio, a differenza delle altre nazioni, che
hio, a differenza delle altre nazioni, che lo riconoscevano col volto di un fanciullo, di un giovanetto, di un uomo : allu
delle altre nazioni, che lo riconoscevano col volto di un fanciullo, di un giovanetto, di un uomo : alludendo alle quattr
ni, che lo riconoscevano col volto di un fanciullo, di un giovanetto, di un uomo : alludendo alle quattro età del Sole nel
rofessato un culto particolare verso il principe de’ pianeti col nome di Ebone. La nostra Cattedrale edificata sulle ruine
nome di Ebone. La nostra Cattedrale edificata sulle ruine del tempio di questo Dio abbastanza ce ne assicura. Anche il no
uesto Dio abbastanza ce ne assicura. Anche il nostro Pontano parlando di Ebone, così cantava : Urbs Hebone salutat, agriq
alla virtù de’ raggi solari, che vibrati sulla terra hanno l’attività di animare quanto contiensi nelle viscere di lei. Un
ulla terra hanno l’attività di animare quanto contiensi nelle viscere di lei. Una antica iscrizione ci somministra piena c
viscere di lei. Una antica iscrizione ci somministra piena cognizone di questa esotica Divinità. Omnipolenti Dei Mithr
pius Claudius Terronius Dexter Dicavit. A questo, Mitra, al dire di Suida, immolavano i Persiani molte vittime, e spe
esta, che il gran Ciro giurava per questo Dio, e Lampridio nella vita di Commodo fa menzione de’ sacri riti praticati ne’
lla vita di Commodo fa menzione de’ sacri riti praticati ne’ sacrifiz di lui. La sua figura eccola espressa da Lattanzio G
VII. Serapide. Ecco in iscena nuovamente il sole col nome di Serapide. Il di lui culto era etesissimo nell’Egi
apide. Ecco in iscena nuovamente il sole col nome di Serapide. Il di lui culto era etesissimo nell’Egitto. Crede Varro
u riposto dopo morto, onde i Greci prima lo chiamarono Sorapis. Oltre di un tempio grandioso a lui eretto in Pozzuoli, i d
ono Sorapis. Oltre di un tempio grandioso a lui eretto in Pozzuoli, i di cui superbi avanzi ancor oggi si ammirano, credes
antica. Oltre le mentovate denominazioni si dava ad Apollo l’epiteto di servator, sanator. Quindi alla buona salute (Hygi
na salute (Hygiae) furono altresì eretti monumenti, ed altari. Presso di Orazio : Sic me servavit Apollo. Troviamo il so
e servavit Apollo. Troviamo il sole insignito ancora degli attributi di Bacco, presso alcune delle nostre monete, cioè co
entino, Massico, e tanti altri diedero occasione alle piacevoli feste di Bacco in Pozzuoli. Ivi queste feste erano colla m
. Artemisia, o sia la Luna. In grandissimo credito era a tempi di Napoli Greca Artemisia, o sia la Luna, sì perchè
a a tempi di Napoli Greca Artemisia, o sia la Luna, sì perchè germana di Apollo, sì perchè erano trasportati i Napoletani
on questo motto eran segnate le antiche nostre monete. Nelle medaglie di Sicilia vien denominata altresì Σωτειρα, servatri
ric, crede che il tempio della luna fosse dov’è al presente la Chiese di S. Maria Maggiore (la Pietrasanta), luogo in cui
ondatrice della Chiesa suddetta, si conservavano moltissimi monumenti di questo tempio famoso. Il circondario del tempio d
famoso. Il circondario del tempio della luna era il più rispettabile di Napoli. Colà a sentimento dell’accurato Capaccio
a la Fratria, o sia Curia degli Artemisj, addetti all’amministrazione di questo tempio, e dov’era, al dire di Martorelli,
isj, addetti all’amministrazione di questo tempio, e dov’era, al dire di Martorelli, ascritto il nostro concittadino egreg
’arte sua musicale : ed in questo sito fu ritrovato l’insigne cavallo di bronzo di Greco lavoro, antico stemma della Città
musicale : ed in questo sito fu ritrovato l’insigne cavallo di bronzo di Greco lavoro, antico stemma della Città, la cui t
pera del Cardinal Caraffa. Colà tuttavia si ammirano diverse reliquie di fabbriche a mattoni, che ritengono presso di noi
mmirano diverse reliquie di fabbriche a mattoni, che ritengono presso di noi il nome di Anticaglie. IX. Orione.
reliquie di fabbriche a mattoni, che ritengono presso di noi il nome di Anticaglie. IX. Orione. Secondo la test
il nome di Anticaglie. IX. Orione. Secondo la testimonianza di Esiodo, ebbe questo Nume a padre Nettuno, e sua m
una freccia ad un punto nero che nel mare si vedeva (ch’era la testa di Orione), fu pronta costei, come abilissima nel tr
o, ed ivi situarlo nel Zodiaco, formandone una costellazione col nome di Orione. La di lui statua osservasi oggigiorno nel
arlo nel Zodiaco, formandone una costellazione col nome di Orione. La di lui statua osservasi oggigiorno nel luogo detto S
Orione. La di lui statua osservasi oggigiorno nel luogo detto Seggio di Porto, portando in mano un pugnale, e vestito il
etto Seggio di Porto, portando in mano un pugnale, e vestito il corpo di lunghi ispidi peli, indicanti o i raggi solari, o
della pioggia. Era questo Dio tutelare adorato in Napoli dalla gente di mare, e nel sito da noi enunciato è probabile che
ino a’ tempi da noi non molto remoti avevano per costume i Napoletani di celebrare una festa in onore di Orione, nella qua
moti avevano per costume i Napoletani di celebrare una festa in onore di Orione, nella quale fralle altre formalità si bru
ità si bruciava una barchetta in ogni anno nella notte della Natività di Nostro Signore. Chiamasi oggi questa statua dal v
statua dal volgo falsamente il pesce Nicolò : ingannato dalla storia di un tale Nicola Pesce espertissimo nuotatore, che
cui semper anhelo Votivam taciti quassamus lampada mystae. Le feste di questa Dea erano celebrate con grandissima pompa
rante : il loro corso, e con assegnate cerimonie si alludeva al ratto di Proserpina, figliuola di Cerere rapita da Plutone
con assegnate cerimonie si alludeva al ratto di Proserpina, figliuola di Cerere rapita da Plutone nelle fertili campagne d
da un basso rilievo situato nella sommità della facciata della Chiesa di S. Giovanni Evangelista, appartenente alla nobile
egli stesso il nostro Stazio, portando accese faci nelle mani in atto di andare in cerca della rapita Proserpina. Tra i mi
ni in atto di andare in cerca della rapita Proserpina. Tra i ministri di questa Dea erano ammesse altresì le donne. I sacr
vano conservarne gli arcani, come rilevasi dalle parole taciti mystae di Stazio. Il tempio di questa Dea, secondo il più v
arcani, come rilevasi dalle parole taciti mystae di Stazio. Il tempio di questa Dea, secondo il più volte citato Capaccio,
econdo il più volte citato Capaccio, ed altri, era la presente Chiesa di S. Gregorio Armeno, dove nello scavo dei fondamen
llo scavo dei fondamenti furono ritrovati diversi monumenti, e statue di marmo. XI. Castore, e Polluce. La prese
marmo. XI. Castore, e Polluce. La presente magnifica Chiesa di S. Paolo era il tempio dedicato ai due gemelli Nu
iversi altri monumenti furono nell’anno 1591 rinvenute le immaginette di questi due fratelli. Questo gran tempio scosso da
ervarne almeno gli avanzi grandiosi, furono lasciate due sole colonne di ordine Corintio, come al presente si osservano. M
ntovata testè iscrizione ci manifesti un’epoca recente, qual’è quella di Tiberio, il culto non pertanto assegnato dai Napo
apoletani ai Dioscuri è molto anteriore. I busti, e gli altri emblemi di Castore, e Polluce erano scolpiti nel teatro, e s
ciò essendo questi Numi immediati protettori de’ naviganti, come nel di loro articolo abbiamo dimostrato, sembra naturale
ato, vivendo Tiberio. XII. Ercole. Merita quì in certo modo di farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuet
io. XII. Ercole. Merita quì in certo modo di farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuette e di marmo, e d
Merita quì in certo modo di farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuette e di marmo, e di bronzo rappresentanti
n certo modo di farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuette e di marmo, e di bronzo rappresentanti questo Eroe, fa
di farsi menzione di Ercole. Le centinaja di statuette e di marmo, e di bronzo rappresentanti questo Eroe, fanno credere
tte e di marmo, e di bronzo rappresentanti questo Eroe, fanno credere di essere stato egli ascritto fra i Penati e gl’Iddj
isitò varie contrade del nostro regno, a cui diede il suo nome. Oltre di Eraclea nella magna Grecia, chiamasi in Napoli vi
di Eraclea nella magna Grecia, chiamasi in Napoli vico Eraclio, o sia di Ercole, una straduccia nelle vicinanze della Chie
Eraclio, o sia di Ercole, una straduccia nelle vicinanze della Chiesa di S. Agostino Maggiore. L’antico Ercolano, oggi Res
oggi Resina, vanta da Ercole la sua origine, come altresì il Portico di Ercole, Portici, di cui parla Petronio nella cena
da Ercole la sua origine, come altresì il Portico di Ercole, Portici, di cui parla Petronio nella cena di Trimalchione. Cr
tresì il Portico di Ercole, Portici, di cui parla Petronio nella cena di Trimalchione. Credesi però che tali luoghi ripeta
mediatamente al Vesuvio1. XII. Vesta. L’antichissima Chiesa di S. Maria della Rotonda a nostri giorni demolita,
la rotonda figura del medesimo, ed alcuni marmi colà rinvenuti, oltre di un tripode, ed un lavacro di marmo, possono abbas
o, ed alcuni marmi colà rinvenuti, oltre di un tripode, ed un lavacro di marmo, possono abbastanza persuaderci di una tale
di un tripode, ed un lavacro di marmo, possono abbastanza persuaderci di una tale verità. Affermano taluni che di forma ro
ssono abbastanza persuaderci di una tale verità. Affermano taluni che di forma rotonda era il tempio di Vesta per indicare
una tale verità. Affermano taluni che di forma rotonda era il tempio di Vesta per indicare la rotondità della terra, o pe
iamavano Vesta. Osservavasi questo tempio accanto il palazzo del Duca di Casacalenda, e propriamente a fronte della porta
Casacalenda, e propriamente a fronte della porta grande della Chiesa di S. Angelo a Nilo. In questa regione abitavano gli
ata da varj simboli, e diversi putti indicanti le molte ramificazioni di questo fiume. Colà altresì stava la Fratria degli
Alessandrini (Cynaeorum, da Κυων, il cane) poichè gli Egiziani oltre di Osiride, Iside ed altri, adoravano Anubi, effigia
siride, Iside ed altri, adoravano Anubi, effigiato sotto le sembianze di un cane. XIV. La Fortuna. Anche alla Fo
Anche alla Fortuna indrizzavano i loro voti gli antichi abitatori di Napoli, come dal motto ΤΥΧΗΙ ΝΕΑΠΟΛΕΟΣ, Fortunae
Neapolis. Dalla seguente antichissima iscrizione ritrovata sul colle di Posilipo verso la parte che guarda Euplea, la Gaj
olle di Posilipo verso la parte che guarda Euplea, la Gajola o scuola di Virgilio, apparisce che a lei erano consegrati te
Pantheum sua pecunia D. Secondoche attesta Strabone dal promontorio di Nettuno fino alla Magna Grecia erano innalzati de
nti, ed affini in contrassegno e conferma del comune attaccamento fra di loro. Proxima cognati dixere Charistia Chari :
ιον Demonio. Censorino lo crede un continuo assistente ed osservatore di tutte le nostre azioni. Servio parla di due Genj 
nuo assistente ed osservatore di tutte le nostre azioni. Servio parla di due Genj : uno che ci esorta a bene operare, l’al
apolï ci dimostrano il culto che al Genio si professava. Nelle monete di Adriano, e Diocleziano viene espresso il Genio co
monete di Adriano, e Diocleziano viene espresso il Genio colla figura di un giovine guerriero con lunga veste, portando in
mano una patera, e nell’altra il corno dell’ za. Celebre fu il Genio di Socrate, ed a questi Genj che noi chiamiamo folle
ntati. XVI. Le Grazie. Resta a dire brevemente qualche cosa di quelle Divinità, a cui la nostra patria dispensav
parte si leggeva. Νεοπ. Nepolitae, e dall’altra era impressa la testa di una delle Grazie col motto Χὰριτες, Charites. Di
azie col motto Χὰριτες, Charites. Di Priapo sappiamo, che nelle feste di Cerere, di cui sopra abbiamo parlato, si portava
tto Χὰριτες, Charites. Di Priapo sappiamo, che nelle feste di Cerere, di cui sopra abbiamo parlato, si portava processiona
di cui sopra abbiamo parlato, si portava processionalmente l’immagine di questa sozza Divinità : costume peraltro indecent
um Flavia Artemisia uxore Jovi Ejazio libens votum solvit. La radice di questa voce è affatto ignota, se pure non si dove
vi Sabbazio dal Greco σαϐάζειν, saltare, come praticavasi nelle feste di Bacco. Probabile è altresì che la vera lezione fo
e, ma poco soddisfacenti. Finalmente ciascuna delle Fratrie ne’ tempi di Napoli Greca aveva il proprio Nume tutelare. In e
nia, a stratis lectis, nei quali sedevano gl’invitati. Questi al dire di Livio, s’imbandivano presso i Romani colle carni
divano presso i Romani colle carni delle vittime immolate, e nei casi di qualche seria disgrazia della Repubblica. Si è gi
mente si conservano, mercè le provvide cure del Re nostro Signore. Il di più la gioventù medesima potrà ricavarlo dalla le
Signore. Il di più la gioventù medesima potrà ricavarlo dalla lettura di tanti scrittori, che diffusamente hanno trattato
jae 176 3 temdi tempi 181 28 non, vollero non vollero 214 5 di questa di queste 222 17 Boezia Beozia 240 8
6 3 temdi tempi 181 28 non, vollero non vollero 214 5 di questa di queste 222 17 Boezia Beozia 240 8 inclinati
ventori delle favole. La Mitologia degli antichi comincia dall’unione di Urano, o del Cielo con la Terra, e termina per lo
l’unione di Urano, o del Cielo con la Terra, e termina per lo ritorno di Ulisse ad Itaca. Tutto questo periodo si chiama κ
questo periodo si chiama κυκλος μυθικος il cerchio mitico, o il corso di tutta la favola. 1. I poeti primi teologi, ed in
I poeti primi teologi, ed inventori d’immaginarie sostanze animate o di Dei, o di Eroi spacciavano presso il popolo tutto
rimi teologi, ed inventori d’immaginarie sostanze animate o di Dei, o di Eroi spacciavano presso il popolo tuttociò che pe
to, che abbellivano poi con i parti della loro fantasia. Ecco al dire di Vico l’origine delle favole, o siano favelle cont
volta gli effetti, o gli attributi del mondo fisico. Vulcano, a modo di esempio, vien preso per il fuoco, Giunone per l’a
ria, Nettuno per l’acqua, e cet. 1. Omero, ed Esiodo primi scrittori di favole nella Grecia. Prima di questi non abbiamo
t. 1. Omero, ed Esiodo primi scrittori di favole nella Grecia. Prima di questi non abbiamo altri scrittori profani all’in
ecia. Prima di questi non abbiamo altri scrittori profani all’infuori di Sanconiatone Fenicio, e Ermete Egizio, di cui par
rittori profani all’infuori di Sanconiatone Fenicio, e Ermete Egizio, di cui parlan Porfirio, e Manetone antico Storico Eg
antico Storico Egiziano. Da Suida, e dall’anzidetto Porfirio parlasi di Abari, che credono sia vissuto a’ tempi della gue
firio parlasi di Abari, che credono sia vissuto a’ tempi della guerra di Troja. Delle sue opere appena i titoli sono a noi
. Delle sue opere appena i titoli sono a noi pervenuti, cioè l’arrivo di Apollo ne’ paesi degl’Iperborei, le nozze del fiu
rei, le nozze del fiume Ebro, e la Teogonia. Credesi lo stesso autore di amuleti e talismani, e che avesse costruito il fa
eti e talismani, e che avesse costruito il famoso Palladio colle ossa di Pelope che vendette ai Trojani. 1. Marco Terenzi
de’ poeti faceva nascere nel mondo allora bambino i Dei all’occasione di qualche umana necessità, o utilità. Quindi l’orig
s proprios in fabellas transtulit. 1. Così Giove in Omero si duole di non potere piegare il destino, e salvar da morte
il fato prende la bilancia ; e perchè il lato, che decide della morte di quest’eroe, trabocca, è obbligato di abbandonarlo
il lato, che decide della morte di quest’eroe, trabocca, è obbligato di abbandonarlo al destino. 1. Era indivisibilment
piata al Fato, o sia Destino. Alla Necessità lo stesso Giove, al dire di Filemone, fu soggetto. Vien ella descritta da Ora
. Cosi Giove entra con Venere in questo luogo, per leggere il destino di Giulio Cesare. 3. Noi trattiamo in questo luogo
a’ venti del primo ordine. 1. S. Girolamo nella versione del cantico di Giuditta rassomiglia ai Titani i guerrieri di Olo
la versione del cantico di Giuditta rassomiglia ai Titani i guerrieri di Oloferne : Non enim cecidit potens eorum in juve
iei suae dissolvit eum . 1. Parecchi altri animali crano al servizio di questa Dea, a lungo descritti da Lucrezio nel lib
te pronunziavano, affinchè anche il nome ci avesse dato un’idea della di Lui grandezza. 1. Tale rassembrava anche agli Eb
ella di Lui grandezza. 1. Tale rassembrava anche agli Ebrei il volto di Mosè sfavillante di luce, allorchè discese dal Si
a. 1. Tale rassembrava anche agli Ebrei il volto di Mosè sfavillante di luce, allorchè discese dal Sina. (2). Giove ebbe
issimi soprannomi : e se Varrone fa montare sino a trecento il numero di quei, che gli vennero da’ Romani, e dagli altri p
magnifico tempio in Roma detto Capitolium da caput, cioè da una testa di un uomo chiamato Tolo, che si trovò nel cavare le
uomo chiamato Tolo, che si trovò nel cavare le fondamenta. Gli avanzi di questo tempio veggonsi tuttavia in Roma nella Chi
a. Gli avanzi di questo tempio veggonsi tuttavia in Roma nella Chiesa di Ara Coeli. 1. Questo è il tipo ordinario di Cere
via in Roma nella Chiesa di Ara Coeli. 1. Questo è il tipo ordinario di Cerere su le medaglie di Sicilia, e di Metaponto.
di Ara Coeli. 1. Questo è il tipo ordinario di Cerere su le medaglie di Sicilia, e di Metaponto. Si vede sovente sopra di
1. Questo è il tipo ordinario di Cerere su le medaglie di Sicilia, e di Metaponto. Si vede sovente sopra di un carro tira
rere su le medaglie di Sicilia, e di Metaponto. Si vede sovente sopra di un carro tirato da serpenti ; talora aver nelle m
o nelle mani. Con quest’attributo l’adoravano gli Achei sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa
ano gli Achei sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea di Efeso era una delle sette meravigli
sotto il nome di Porta-vase ποτηριοφορος. 1. Il tempio di questa Dea di Efeso era una delle sette meraviglie del Mondo pe
sette meraviglie del Mondo per i tesori, e le statue d’oro, d’avorio, di marmo, e di bronzo per lo spazio di cinquecento a
glie del Mondo per i tesori, e le statue d’oro, d’avorio, di marmo, e di bronzo per lo spazio di cinquecento anni ivi amma
ori, e le statue d’oro, d’avorio, di marmo, e di bronzo per lo spazio di cinquecento anni ivi ammassati. Erostrato ci atta
cinquecento anni ivi ammassati. Erostrato ci attaecò fuoco per voglia di cosi poter tramandare il suo nome alla posterità 
posterità ; il che gli riuscì, malgrado il decreto fatto dagli Efesj di non doversi giammai pronunziare il suo nome. 1.
del Giorno ; la seconda nata dalla schiuma del mare ; la terza figlia di Giove, e di Dione ; la quarta Astarte, che sposò
la seconda nata dalla schiuma del mare ; la terza figlia di Giove, e di Dione ; la quarta Astarte, che sposò Dione. Ma i
; la quarta Astarte, che sposò Dione. Ma i poeti che nulla han curato di esser conseguenti nelle favole inventate dalla fe
e dei sensi. 1. Esistono tuttavia in Citera, oggi Cerigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di Venere, dal
Citera, oggi Cerigo, gli avanzi di una torre antica, una volta tempio di Venere, dal quale credono essere stata rapita Ele
Suol dipingersi Cupido colla benda su gli occhi per dinotare, al dire di Vico, l’amor cieco, e sregolato, per distinguerlo
Vulcani ; il primo figlio del Cielo, il secondo del Nilo, ed il terzo di Giove, e Giunone. Quest’ultimo abitava le isole V
chi scultori, e pittori hanno soppresso questo difetto, o l’esprimono di una maniera poco sensibile. Il Vulcano d’Atene fa
dono taluni, che Vulcano favoloso sia una copia del famoso Tubalcain, di cui parlasi nel libro della Genesi, inventore de’
nesi, inventore de’ fornelli, ed espertissimo nel lavorare ogni sorta di metalli. 1. Era Vulcano particolarmente adorato
nell’altra. Giovine però, e senza barba si vede sulle patere Etrusche di Dempstero, e sulle medaglie Romane. 1. Palladiu
mpstero, e sulle medaglie Romane. 1. Palladium era la famosa statua di questa Dea che conservavasi in Troja, e trasporta
ortata da Enea in Italia, fu gelosamente custodita in Roma nel tempio di Vesta. 2. La civetta, ed il serpente erano gli a
ati a questa Dea. Il che diè luogo a Demostene bandito dagli Ateniesi di dire, che Minerva si compiaceva di tre villane be
a Demostene bandito dagli Ateniesi di dire, che Minerva si compiaceva di tre villane bestie, del serpente, della civetta,
Il Dio delle battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latin
e battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si leg
i Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza di Giove.
Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza di Giove. 1. Il Dio d
che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza di Giove. 1. Il Dio delle battaglie fu secondo Omer
Il Dio delle battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latin
e battaglie fu secondo Omero, e tutt’i poeti Greci figlio di Giove, e di Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si leg
i Giunone. Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza di Giove.
Non è che appresso de’ Latini che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza di Giove. 1. Marte p
che si legge questo dispetto di Giunone di voler concepir Marte senza di Giove. 1. Marte porta molti soprannomi, la più
armi, Armigero, Bellicoso ec. Dato gli venne da Augusto il soprannome di Bisultor, che accorda due vittorie, allorchè i Pa
vittorie, allorchè i Parti gli resero le aquile perdute dalle legioni di Crasso. 2. Questi è quel Mercurio, di cui parla
e aquile perdute dalle legioni di Crasso. 2. Questi è quel Mercurio, di cui parla Cicerone de nat. Deor. che trovò le leg
no la voce Theos, cioè Dio. Al suddetto Mercurio trismegisto, al dire di Gramblico de mysteriis Aegyptiorum, si attribuisc
, che vennero dopo, seguirono il loro esempio. Bellissima è la statua di bronzo, che si conserva nel Real Museo Borbonico,
di bronzo, che si conserva nel Real Museo Borbonico, e più espressiva di quella che si ammira nelle ville Negroni, e Ludov
n Roma. 2. Tullio nel libro III. della Natura degli Dei c. 25. parla di cinque Bacchi, aggiungendone duc ai tre rapportat
ortati da Diodoro, e da Filostrato. Di essi il più famoso è il figlio di Semele conosciuto sotto il nome di Tebano, o il B
Di essi il più famoso è il figlio di Semele conosciuto sotto il nome di Tebano, o il Bacco de’ Greci. 1. Questo è il car
to il nome di Tebano, o il Bacco de’ Greci. 1. Questo è il carattere di Bacco il Tebano : per contrario l’Indiano è rappr
o l’Indiano è rappresentato vecchio con lunga barba, ond’ebbe il nome di Bacco Barbato Καταπωγων. 2. Simbolo della stabil
hi erano sommamente scrupolosi nel seppellire gli estinti. Enea prima di scendere all’Inferno fu astretto dalla Sibilia a
insepolto. Virg. Æneid. lib. VI. 2. Avevano gli Egiziani il costume di trasportare colle barchette al di là del Nilo i c
2. Avevano gli Egiziani il costume di trasportare colle barchette al di là del Nilo i cadaveri in un sito destinato alle
n tale incarico chiamavasi Charon, onde i poeti inventarono la favola di Caronte, e del fiume Stige. 1. Credesi chiamato
iume Stige. 1. Credesi chiamato Lete uno de’ rami del Nilo. L’autore di questa favola forse fu Orfeo, che viaggiò nell’Eg
questa favola forse fu Orfeo, che viaggiò nell’Egitto, e visse prima di Omero. 1. Anche oggidi si veggono alcune grotte
a di Omero. 1. Anche oggidi si veggono alcune grotte nel promontorio di Tenaro, al presente Capo Maina, che gli antichi s
rno. 1. Afferma un dotto scrittore, che Chirone fu eletto precettore di Achille per dinotare che gli Eroi debbonsi servir
Centauro Chirone. 1. Quest’ultima ha dato il nome alla nostra Città di origine egualmente favolosa, come quella di Roma,
il nome alla nostra Città di origine egualmente favolosa, come quella di Roma, e di tutte le grandi Città. Credono i poeti
a nostra Città di origine egualmente favolosa, come quella di Roma, e di tutte le grandi Città. Credono i poeti, che le Si
randi Città. Credono i poeti, che le Sirene abitassero nella spiaggia di Sorrento, o di Capri. Leggasi su di questo artico
edono i poeti, che le Sirene abitassero nella spiaggia di Sorrento, o di Capri. Leggasi su di questo articolo, quanto ha s
Sirene abitassero nella spiaggia di Sorrento, o di Capri. Leggasi su di questo articolo, quanto ha scritto il gran Mazzoc
an Mazzocchi. L’Autore dell’opera intitolata i Fenicj primi abitatori di Napoli, crede che il nome Partenope, come infinit
tori di Napoli, crede che il nome Partenope, come infiniti altri, sia di origine Fenicia, composto di due voci Part. Nop.
nome Partenope, come infiniti altri, sia di origine Fenicia, composto di due voci Part. Nop. clima felix. 1. Omero nell’O
rotte, ed in luoghi oscuri, e tenebrosi nella Campania presso il lago di Averno. 1. Il corno, e l’avorio, che porta in ma
l’avorio, che porta in mano questo Nume, ha data occasione a Virgilio di dire al sesto Libro dell’Eneide, che i sogni nell
ro dell’Eneide, che i sogni nell’inferno entravano per due porte, una di corno, l’altra di avorio. Per quella di corno com
e i sogni nell’inferno entravano per due porte, una di corno, l’altra di avorio. Per quella di corno come trasparente entr
entravano per due porte, una di corno, l’altra di avorio. Per quella di corno come trasparente entravano i sogni veri : p
quella di corno come trasparente entravano i sogni veri : per quella di avorio, come materia meno diafana passavano i fal
ell’immortale Alessandro Guidi, che comincia Una donna superba al par di Giuno. 1. Descrizione pur troppo ruvida. Pare, c
are, che le preghiere si dovessero piuttosto rappresentare in qualità di donzelle nude, semplici, colle mani giunte, capel
omani per contrario ne fecero una Dea, perchè il suo nome in latino è di genere feminino. 1. Leggansi le canzonette sulle
di genere feminino. 1. Leggansi le canzonette sulle quattro stagioni di Paolo Rolli ameno, e leggiadro poeta. 1. Si è d
so che la Natura nello stato dell’innocenza. La temerità, e la smania di voler saper tutto figurata nella curiosità di Epi
a temerità, e la smania di voler saper tutto figurata nella curiosità di Epimeteo ha cagionato i malanni, e le disgrazie d
questa favola un’ allusione dell’universale diluvio accaduto ai tempi di Noè ? Come questa generale inondazione forma un’
essandrino crede essere ciò avvenuto trecento anni prima della guerra di Troja : in conseguenza nel 2540 del mondo, e 1514
lla guerra di Troja : in conseguenza nel 2540 del mondo, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re
2540 del mondo, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava
do, e 1514 prima di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava di essere p
ma di Gesù Cristo. 1. Andromeda era figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava di essere più bella di Gi
omeda era figlia di Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava di essere più bella di Giunone. La Dea per punirla d
Cefèo re di Etiopia, e di Cassiope che si vantava di essere più bella di Giunone. La Dea per punirla di tale vanità, volle
ope che si vantava di essere più bella di Giunone. La Dea per punirla di tale vanità, volle vendicarsene per mezzo di Nett
none. La Dea per punirla di tale vanità, volle vendicarsene per mezzo di Nettuno, che inviò un mostro marino che desolava
ttuno, che inviò un mostro marino che desolava le spiagge degli stati di Cefèo. Fu consultato l’Oracolo in tale occasione,
ui risposta fu che non sarebbe cessato il flagello, se la primogenita di Cassiope, ch’era Andromeda, non si fosse lasciata
del mostro. Così fu fatto. 1. Chiamavansi anche Dioscuri, cioè figli di Giove ; siccome Romolo, e Remo potrebbero essere
essere i Dioscuri de’ Latini. 1. Vedesi tuttavia in Roma la spelonca di Caco alle falde del Monte Aventino. 1. Sembra ch
re allusione al seguente fatto attestato dalle sacre carte. La moglie di Loth era in Sodoma, allorchè questa Città andò in
allorchè questa Città andò in fiamme. Le virtù, ed i buoni andamenti di Loth piacquero tanto a Dio, che fu esente dalla p
andamenti di Loth piacquero tanto a Dio, che fu esente dalla pioggia di fuoco che cadde in Sodoma. L’aspetto di questa Ci
, che fu esente dalla pioggia di fuoco che cadde in Sodoma. L’aspetto di questa Città pareva un inferno. Il divieto impost
’aspetto di questa Città pareva un inferno. Il divieto imposto a Loth di non rivoltarsi in dietro fino a che non fosse fuo
imposto a Loth di non rivoltarsi in dietro fino a che non fosse fuori di pericolo colla moglie, è lo stesso di quello che
etro fino a che non fosse fuori di pericolo colla moglie, è lo stesso di quello che diede Plutone ad Orfèo. Gli antichi im
co nero, oscuro, come Loth nell’Ebreo idioma oscurare. Calliope madre di Orfèo vuol dir canto, ed Orfèo appunto era il can
racia. Euridice vuol dire due volte perduto, come accadde alla moglie di Loth dal marito posta in salvo, e che poi nuovame
de’ rinomati poeti. Tali erano quei, che in seguito cantarono i pezzi di Omero. Molti critici, e fra questi il nostro Vico
ro. Molti critici, e fra questi il nostro Vico, credono, che il poema di Omero sia composto di tanti piccioli squarci comp
ra questi il nostro Vico, credono, che il poema di Omero sia composto di tanti piccioli squarci composti, e messi insieme
la Scienza nuova dell’Autore suddetto. 1. Ecatombe era un sacrifizio di cento bovi, che si faceva agli Dei in qualche gra
scritto dall’autore dell’opera intitolata : I Fenicj primi abitatori di Napoli, il quale sostiene, che quasi tutta la nav
bitatori di Napoli, il quale sostiene, che quasi tutta la navigazione di Ulisse si aggirò nel seno di Baja. 1. Sembra str
sostiene, che quasi tutta la navigazione di Ulisse si aggirò nel seno di Baja. 1. Sembra strano che Ulisse non sia stato
Omero ci assicura che un suo cane per nome Argo diede segni manifesti di aver ravvisato il suo padrone saltellando, e dime
ravvisato il suo padrone saltellando, e dimenando la coda. 1. Niente di più favoloso quanto l’incontro di Enea con Didone
do, e dimenando la coda. 1. Niente di più favoloso quanto l’incontro di Enea con Didone, che visse 300 anni dopo. Bisogna
che visse 300 anni dopo. Bisogna dire, che Virgilio, tuttochè conscio di questo anacronismo, volle servirsi di questo bell
che Virgilio, tuttochè conscio di questo anacronismo, volle servirsi di questo bellissimo episodio nel suo poema. L’Abate
asio in uno de’ suoi meravigliosi drammi ha parimente seguito le orme di Virgilio. 1. Non appartiene a noi di fare il pa
i ha parimente seguito le orme di Virgilio. 1. Non appartiene a noi di fare il paragone fra Omero, e Virgilio. Un’ infin
artiene a noi di fare il paragone fra Omero, e Virgilio. Un’ infinità di critici si sono occupati di questo argomento, e p
agone fra Omero, e Virgilio. Un’ infinità di critici si sono occupati di questo argomento, e pende tuttavia incerta la lit
occupati di questo argomento, e pende tuttavia incerta la lite, a chi di questi due valenti uomini debba darsi il primo lu
debba darsi il primo luogo. Basta a noi dire che Virgilio sulle orme di Omero ha lavorato il divino suo poema, che malgra
a lavorato il divino suo poema, che malgrado varj difetti, non lascia di essere uno de’ migliori squarci che l’antichità c
nacque in un villaggio presso Mantova : visse gran tempo nella Corte di Augusto, principe che amava a maggior segno i let
usto, principe che amava a maggior segno i letterati. Fu grande amico di Orazio, di Tucca, Vario, Mecenate, Pollione, e di
ipe che amava a maggior segno i letterati. Fu grande amico di Orazio, di Tucca, Vario, Mecenate, Pollione, e di tanti altr
ti. Fu grande amico di Orazio, di Tucca, Vario, Mecenate, Pollione, e di tanti altri insigni personaggi, e poeti, che in q
irono. Ritornando da Atene con Augusto, si ammalò in Brindisi : prima di morire ordinò, che si desse alle fiamme la sua En
entem ignobilis oti. Fu seppellito (per quanto si dice) sulla grotta di Coccejo volgarmente detta di Pozzuoli, in una tom
ellito (per quanto si dice) sulla grotta di Coccejo volgarmente detta di Pozzuoli, in una tomba, che ancora oggi si vede.
detta di Pozzuoli, in una tomba, che ancora oggi si vede. Poco prima di morire compose egli stesso il seguente distico da
et nunc Parthenope : cecini pascua, rura, duces. 1. La circostanza di essere stato Pico un celebre indovino, e l’aver s
anza di essere stato Pico un celebre indovino, e l’aver sempre presso di se tenuto un picchio ha data l’occasione ai poeti
altri molti. 1. Classis Abantia, colonia venuta dalla Grecia sopra di una flotta. 2. Volucrem, eioè la colomba da noi
trani. 1. La voce φρατρια, fratria altro non indica che un’ adunanza di cittadini che formavano un corpo, un collegio in
asi a questo proposito l’opera intitolata : I Fenicj primi abitatori di Napoli. 1. Ovid. Fast.
7 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLVI. Giasone e Medea » pp. 342-489
r regale aspetto ; e Dante che lo pose nell’ Inferno come ingannatore di femmine, non tace però di alcune sue egregie doti
che lo pose nell’ Inferno come ingannatore di femmine, non tace però di alcune sue egregie doti, facendo dire a Virgilio 
l monton privati fene. » Medea se ne invaghì ; e Giasone le promise di sposarla e di condurla seco ad esser regina in Gr
ti fene. » Medea se ne invaghì ; e Giasone le promise di sposarla e di condurla seco ad esser regina in Grecia, se lo ai
desse parte alle preaccennate prove, ma stettero tutti a vedere pieni di maraviglia, specialmente allorquando Giasone semi
quando vide che il padre stesso li inseguiva con un esercito, invece di fidare nel valore degli Argonauti, ove mai s’impe
do delitto ottenne l’intento, e dimostrò a tutti, non che allo sposo, di qual tempra ella fosse72. Quanto alla strada che
che ora direbbesi erculea (benchè vi mancasse, come sappiamo, l’aiuto di Ercole che aveva lasciati molto prima i compagni)
fra breve in altri capitoli. In questo convien continuare il racconto di Giasone e Medea. Poco lieto di questo ritorno fu
questo convien continuare il racconto di Giasone e Medea. Poco lieto di questo ritorno fu Pelia usurpatore del regno di G
e e Medea. Poco lieto di questo ritorno fu Pelia usurpatore del regno di Giasone, poichè aveva sperato di essersi tolto di
itorno fu Pelia usurpatore del regno di Giasone, poichè aveva sperato di essersi tolto di mezzo per sempre il nipote ; ed
surpatore del regno di Giasone, poichè aveva sperato di essersi tolto di mezzo per sempre il nipote ; ed ora lo vedeva tor
tolto di mezzo per sempre il nipote ; ed ora lo vedeva tornare colmo di gloria col prezioso vello ed una fiera moglie di
vedeva tornare colmo di gloria col prezioso vello ed una fiera moglie di lui più tremenda. E qui ricominciano gli atroci f
ui ricominciano gli atroci fatti e le magiche frodi. È una invenzione di alcuni poeti, e specialmente di Ovidio, che Medea
e le magiche frodi. È una invenzione di alcuni poeti, e specialmente di Ovidio, che Medea col sugo di certe erbe trasfuso
enzione di alcuni poeti, e specialmente di Ovidio, che Medea col sugo di certe erbe trasfuso nelle vene del vecchio Esone
Esone lo ringiovanisse,73 poichè tutti gli altri dicono che il padre di Giasone fosse stato molto prima ucciso da Pelia ;
sserire che Medea per punir crudelmente Pelia fe’ credere alle figlie di lui che potrebbero ringiovanire il vecchio padre
lla moglie ed avutine due figli, ricominciò una vita errante in cerca di straordinarie avventure ; ed essendosi fermato lu
straordinarie avventure ; ed essendosi fermato lungamente alla corte di Creonte re di Corinto, si sparse la fama che egli
avventure ; ed essendosi fermato lungamente alla corte di Creonte re di Corinto, si sparse la fama che egli avrebbe sposa
e trovando che la fama non era stata bugiarda, finse rassegnazione e di voler fare anch’essa un dono alla novella sposa,
no alla novella sposa, e le diede un abito ed anche un cinto spalmati di magici succhi, che divamparono in fiamme nell’app
orì carbonizzata, e l’incendio si comunicò anche alla reggia. Nè solo di questa atroce vendetta fu paga la furibonda Medea
e anche i figli, potendo più in lei l’odio contro Giasone che l’amore di madre ; e poi, benchè chiusa nella reggia fuggì p
penti alati, e se ne andò ad Atene nella corte del vecchio Egeo padre di Teseo. Quel che ivi macchinasse sarà detto nel ra
el che ivi macchinasse sarà detto nel racconto particolare della vita di questo Eroe. Giasone colpito cru- delmente nelle
nelle sue più care affezioni tornò affranto dal dolore nel suo regno di Tessaglia ; e di lui null’altro più si racconta c
re affezioni tornò affranto dal dolore nel suo regno di Tessaglia ; e di lui null’altro più si racconta che la trista fine
base come un glorioso trofeo, e che Giasone frequentemente all’ombra di essa arrestavasi ripensando ai dì che furono, qua
ro state altre anche avanti. Si può bene ammettere che fosse la prima di quella particolare ed egregia costruzione, ma non
ppiamo dalla Storia della scoperta dell’America, che anche i selvaggi di quella parte del mondo adopravano piccole barche
selvaggi di quella parte del mondo adopravano piccole barche formate di un sol tronco d’albero scavato naturalmente per v
ente per vecchiezza, oppure artificialmente col fuoco o con stromenti di pietra. Anzi gli scrittori filosofi che studiano
che rapì Europa non fosse altro che una nave coll’insegna o col nome di quell’animale, e così il montone di Frisso ed Ell
una nave coll’insegna o col nome di quell’animale, e così il montone di Frisso ed Elle ; mentre poi per l’ aureo vello in
ue opere filosofiche riporta una scena della tragedia degli Argonauti di Lucio Accio, nella quale il poeta finge, che un p
ore che non aveva mai prima veduto una nave, nello scorgere dall’alto di un monte il vascello degli Argonauti traversare i
lvaggi dell’America, quando videro avvicinarsi alle loro rive le navi di Colombo. Ma di tutte le invenzioni mitologiche di
rica, quando videro avvicinarsi alle loro rive le navi di Colombo. Ma di tutte le invenzioni mitologiche di cui fu abbelli
e loro rive le navi di Colombo. Ma di tutte le invenzioni mitologiche di cui fu abbellito il racconto della spedizione deg
cconto della spedizione degli Argonauti, nessuna divenne più popolare di quella del fiero carattere di Medea. I Drammatici
Argonauti, nessuna divenne più popolare di quella del fiero carattere di Medea. I Drammatici Greci e Latini vi trovarono u
bile, per dirlo col vocabolo usato dall’Alfieri ; ed anche nel secolo di Augusto sembra che si recitassero frequentemente
to sembra che si recitassero frequentemente tragedie sui fatti atroci di Medea, poichè Orazio nella poetica avverte che ne
roci di Medea, poichè Orazio nella poetica avverte che nelle tragedie di tale argomento non si deve introdurre Medea ad uc
a poi lasciato gran desiderio nei letterati la perdita della tragedia di Ovidio intitolata Medea, perchè tutti i più celeb
rdita in quanto che nessuna altra tragedia ci resta dell’aureo secolo di Augusto. XLVII Origine della Civiltà simboleg
lo di Augusto. XLVII Origine della Civiltà simboleggiata nei miti di Orfeo e di Anfione La forza del braccio e degl
to. XLVII Origine della Civiltà simboleggiata nei miti di Orfeo e di Anfione La forza del braccio e degli stromenti
. Questa deriva ed è prodotta soltanto dalla persuasione e dalle arti di pace. Quindi la guerra è giustificata soltanto qu
ittadino, e stanno ad indicare nel primitivo loro significato il modo di vivere della città, ossia dei cittadini ; quindi,
he civili nel senso morale, essendo invece le più incivili e immorali di tutte, e segno manifesto di decadenza della civil
essendo invece le più incivili e immorali di tutte, e segno manifesto di decadenza della civiltà ; poichè questa se non è
tteri poetici dei primi civilizzatori dei popoli. Essendo incerto chi di loro due esistesse prima, comincierò da Anfione,
nfione, del quale è più breve il racconto. Anfione fu creduto figlio di Giove e di Antiope (o secondo altri di Mercurio),
quale è più breve il racconto. Anfione fu creduto figlio di Giove e di Antiope (o secondo altri di Mercurio), e che foss
to. Anfione fu creduto figlio di Giove e di Antiope (o secondo altri di Mercurio), e che fosse re di Tebe. Di lui si narr
o di Giove e di Antiope (o secondo altri di Mercurio), e che fosse re di Tebe. Di lui si narra un solo fatto mirabile, che
lo fatto mirabile, che val per mille ; e quasi nessun poeta tralascia di accennarlo, e tra questi anche Dante. Dicono che
posero in giro l’uno sopra l’altro intorno a lui, e formarono le mura di Tebe80. È facile intendere che questa favolosa in
sugli animi delle persone più rozze e dure per attirarle a un genere di vita più umano e sociale. A questo fine e con que
voca Dante le Muse a dare alla sua poesia una efficacia pari a quella di Anfione : « Ma quelle donne aiutino il mio verso
ir non sia diverso. » Se quest’ Anfione era quel desso che fu marito di Niobe, come dice Ovidio81, egli ebbe a provar la
81, egli ebbe a provar la più crudele sventura domestica, quella cioè di perder tutti i figli per colpa e in punizione del
cioè di perder tutti i figli per colpa e in punizione della superbia di sua moglie (V. il N. XVI). Di Orfeo creduto figli
della superbia di sua moglie (V. il N. XVI). Di Orfeo creduto figlio di Apollo e della Musa Calliope si narrano innumerev
n dai Mitologi attribuiti anche ad altri civilizzatori dei popoli83 : di Orfeo soltanto e non d’altri è propria la gloria
ri dei popoli83 : di Orfeo soltanto e non d’altri è propria la gloria di avere operato prodigii anche nel regno delle Ombr
egli in prima vita. Narrano i poeti, e tra questi più splendidamente di tutti Virgilio, che Orfeo nel giorno stesso desti
morì per essere stata morsa in un piede da una vipera. La desolazione di Orfeo è indescrivibile : basti il dire che egli o
, che lo stesso Can Cerbero ne rimase ammaliato, e le Furie cessarono di tormentare i dannati per ascoltarlo, e Plutone e
e Plutone e Proserpina inteneriti gli accordarono la grazia implorata di riprender la sua diletta Euridice. Vi aggiunsero
Ma quando furon vicini allo sbocco dell’Inferno presso il promontorio di Tenaro, Orfeo udì del romore, e temendo per Eurid
ndo per Euridice, si voltò a mirare ; ed allora Euridice diè un grido di dolore, e gli disse per sempre addio. Fu inutile
empre addio. Fu inutile correre per raggiungerla, o tentar nuovamente di penetrare nel regno delle Ombre : il Destino vi s
ine indispettite dei suoi rifiuti, percorrendo nel giorno delle feste di Bacco quelle regioni, trovarono Orfeo, e furibond
elle regioni, trovarono Orfeo, e furibonde lo fecero a brani. Il capo di lui ruotolando giù per le balze del Rodope cadde
ato dal busto e trasportato dalla fiumana ripeteva pur sempre il nome di Euridice. Fu poi raccolto dai Lesbii e datogli on
costellazione boreale che ne porta tuttora il nome e vedesi fregiata di 21 stella. Al racconto mitologico di Euridice tro
uttora il nome e vedesi fregiata di 21 stella. Al racconto mitologico di Euridice trovasi sempre congiunto nei poeti quell
onto mitologico di Euridice trovasi sempre congiunto nei poeti quello di Aristeo, che fu il primo Apicultore dell’Antichit
erciò fu da taluni considerato come uno dei Semidei. Ambiva anch’egli di sposare Euridice, e quando seppe che era stato pr
a calpestò una vipera, pel cui morso velenoso morì, come abbiam detto di sopra. Le Ninfe per vendicar la morte della loro
Ninfe per vendicar la morte della loro compagna uccisero tutte le api di Aristeo, e così lo privarono delle sue rendite. N
nsigliato dalla Madre ricorse a Proteo, che dopo i soliti sutterfugii di molteplici trasformazioni finalmente gli disse di
soliti sutterfugii di molteplici trasformazioni finalmente gli disse di sacrificar quattro giovenche in espiazione della
i : tant’è vero che il volgo dice che è un Ercole chiunque sia dotato di robustezza e forza straordinaria. Ma le imprese c
i attribuiscono al greco Eroe son tante, perchè tanti furono gli eroi di questo nome, e ad un solo Ercole si ascrissero le
gli eroi di questo nome, e ad un solo Ercole si ascrissero le imprese di tutti. Fra i molti Eroi di questo nome (Cicerone
ad un solo Ercole si ascrissero le imprese di tutti. Fra i molti Eroi di questo nome (Cicerone ne conta 6 e Varrone 43) fu
3) fu il più fortunato quello Tebano, perchè arricchito delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re
, perchè arricchito delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; m
to delle spoglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che er
poglie di tutti gli altri. Egli era figlio di Anfitrione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che era figlio d
rione re di Tebe e di Alcmena sua moglie ; ma fu detto che era figlio di Giove, per render più credibili, secondo le idee
to che era figlio di Giove, per render più credibili, secondo le idee di quei tempi, le sue straordinarie e prodigiose ges
uali generalmente si afferma che fossero 12, conosciute sotto il nome di fatiche d’Ercole, ed imposte ad esso dal re Euris
e trovasse da uccider mostri o tiranni. Ammesso che egli fosse figlio di Giove e di Alcmena v’è da aspettarsi che Giunone
da uccider mostri o tiranni. Ammesso che egli fosse figlio di Giove e di Alcmena v’è da aspettarsi che Giunone lo persegui
l fanciullo, che, per quanto dicono i poeti, anche in culla era degno di Giove, strangolò loro. Questo fatto divenne tanto
to, che anche i pittori, e principalmente gli scultori si dilettarono di rappresentare Ercole infante che stringe in ciasc
Ercole infante che stringe in ciascuna mano un serpente e sta in atto di strangolarli entrambi84.Questa insidia di Giunone
o un serpente e sta in atto di strangolarli entrambi84.Questa insidia di Giunone contro un bambino parve troppo atroce e c
udele a tutti gli Dei, che le ne fecero un rimprovero ; ed essa finse di cangiar l’odio in benevolenza, e per illuder megl
astra, che perciò gli antichi chiamarono Via lattea ; la quale invece di esser prodotta dal latte di Giunone è un incommen
i chiamarono Via lattea ; la quale invece di esser prodotta dal latte di Giunone è un incommensurabile strato di milioni e
e di esser prodotta dal latte di Giunone è un incommensurabile strato di milioni e milioni di stelle. Galassia la chiamava
al latte di Giunone è un incommensurabile strato di milioni e milioni di stelle. Galassia la chiamavano i Greci in lor lin
so illustre da Era, ossia da Giunone, vale a dire per le persecuzioni di questa Dea. I Latini con poca differenza di ortog
dire per le persecuzioni di questa Dea. I Latini con poca differenza di ortografia lo dissero Hercules che noi traduciamo
zione ; ed Ercole ebbe maestri ed occupazioni non solo in ogni genere di esercizii ginnastici e guerreschi, ma pur anco ne
tramandarono un tristo esempio gli Antichi, il solo che sia a disdoro di quest’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro
he sia a disdoro di quest’eroe, che cioè rimproverato dal suo maestro di musica chiamato Lino, gli ruppe la testa colla li
se spontaneamente la via della Virtù, e si rassegnò al voler del Fato di star sottoposto ad Euristeo. A questo tempo della
o. A questo tempo della sua vita si riferisce il moralissimo racconto di Ercole al Bivio, in cui si finge che il giovane e
conto di Ercole al Bivio, in cui si finge che il giovane eroe, invece di sceglier la via della Voluttà, per quanto sembras
rima le 12 imprese impostegli da Euristeo, e conosciute sotto il nome di fatiche d’Ercole, e poi le altre non meno celebri
elle medesime ne indica lo scopo, cioè : 1ª il Leon Nemeo ; 2ª l’Idra di Lerna ; 3ª il Cinghiale d’Erimanto ; 4ª la Cerva
Nemeo ; 2ª l’Idra di Lerna ; 3ª il Cinghiale d’Erimanto ; 4ª la Cerva di Menalo ; 5ª le Arpie ; 6ª le Amazzoni ; 7ª le sta
; 4ª la Cerva di Menalo ; 5ª le Arpie ; 6ª le Amazzoni ; 7ª le stalle di Augia ; 8ª il Toro Cretense ; 9ª il tiranno Diome
vello, che portò sempre in dosso per manto e come il suo primo trofeo di gloria. Questi due distintivi, la clava e la pell
corporatura dell’Eroe fanno riconoscere Ercole nelle molte statue che di lui vedonsi ovunque. L’estinto Leone, non si sa p
zione che ne porta il nome, ed è uno dei 12 segni del Zodiaco, adorno di 93 stelle. 2ª Fatica : L’Idra di Lerna La
dei 12 segni del Zodiaco, adorno di 93 stelle. 2ª Fatica : L’Idra di Lerna La parola Idra derivando da un vocabolo
enti aquatici. I Naturalisti moderni, invece, lo hanno dato ai polipi di acqua dolce, assomigliando forse i microscopici t
i polipi di acqua dolce, assomigliando forse i microscopici tentacoli di questi alle molteplici teste dell’Idra favolosa.
a testa ne rinascessero due. Questa Idra avea per soggiorno la palude di Lerna in Grecia. Quanto fosse difficile e pericol
le ferite produceva quel terribile effetto ; e Giunone per impedirgli di compier l’impresa gli mandò un enorme Cancro a mo
re in aiuto il suo servo o amico Jolao che lo schermisse dalle offese di uno dei due nemici, in mezzo a cui si trovava : s
ci, in mezzo a cui si trovava : schiacciò prima il Cancro, e poi finì di tagliar le teste all’Idra, e nel sangue di essa t
rima il Cancro, e poi finì di tagliar le teste all’Idra, e nel sangue di essa tinse le sue freccie che divennero in appres
nero in appresso tanto famose anche nei poetici racconti della guerra di Troia. Il Cancro per questo maligno e sciagurato
rato servigio prestato a Giunone fu trasformato nel segno del Zodiaco di tal nome e fregiato di 85 stelle. Anche l’Idra fu
a Giunone fu trasformato nel segno del Zodiaco di tal nome e fregiato di 85 stelle. Anche l’Idra fu trasportata nel firmam
tronomi antichi chiamata l’Idra femmina, costellazione boreale adorna di 52 stelle, la più grande e lucente delle quali fu
’Idra. Gli Astronomi moderni dopo la scoperta dell’America e del Capo di Buona Speranza avendo osservate le costellazioni
e costellazioni australi non mai viste dagli antichi, diedero il nome di Idra maschio ad una di esse composta di sole 8 st
i non mai viste dagli antichi, diedero il nome di Idra maschio ad una di esse composta di sole 8 stelle. 3ª Fatica : Il
agli antichi, diedero il nome di Idra maschio ad una di esse composta di sole 8 stelle. 3ª Fatica : Il Cinghiale di Eri
ad una di esse composta di sole 8 stelle. 3ª Fatica : Il Cinghiale di Erimanto Questo cinghiale uscito dalle selve
lve del monte Erimanto menava stragi e devastazioni come il cinghiale di Calidonia. Ercole da sè solo compiè una più ardua
rese vivo e lo portò ad Euristeo, che soltanto a vederlo ebbe a morir di paura. 4ª Fatica : La Cerva di Mènalo Non
che soltanto a vederlo ebbe a morir di paura. 4ª Fatica : La Cerva di Mènalo Non sarebbe stata una gran fatica se E
e distintivo, cioè le corna d’oro, ed alcuni aggiungono anche i piedi di bronzo, Euristeo voleva possederla viva ; perciò
a per un anno intero, e finalmente la raggiunse in un angolo o lingua di terra alla foce del fiume Ladone. 5ª Fatica :
ica : Le Arpie Questi mostri furono descritti da noi colle parole di Virgilio e di Dante nel parlare della spedizione
Questi mostri furono descritti da noi colle parole di Virgilio e di Dante nel parlare della spedizione degli Argonaut
a che la fatica d’Ercole, riferibile alle Arpie, fosse compiuta prima di quel tempo, poichè in questo fatto le Arpie son c
io, ed esse fuggirono in Tracia a tormentar Fineo ; discacciate anche di là da Calai e Zete si fermarono nelle Isole Stròf
nne antiche eran più fiere delle moderne. Oltre quelle che nell’isola di Lenno « Tutti li maschi loro a morte dienno, »
enno, » e si costituirono in repubblica, troviamo ora un regno tutto di donne, le quali non solo avevano ucciso tutti li
greci che significano senza mammella, ed allude a quel che raccontano di queste guerriere i Mitologi, che cioè per esser p
n,) quindi nella Cappadocia sul fiume Termodonte.Ad Ercole fu imposto di combatter con esse per togliere ad Ippolita loro
con esse per togliere ad Ippolita loro regina un preziosissimo cinto di cui si era invogliata Admeta figlia di Euristeo.
regina un preziosissimo cinto di cui si era invogliata Admeta figlia di Euristeo. Coloro che dissero che Ercole oltre a t
nticamente, ma anche dopo la scoperta dell’America, e fu dato il nome di fiume delle Amazzoni al più gran fiume di quel nu
’America, e fu dato il nome di fiume delle Amazzoni al più gran fiume di quel nuovo continente e del mondo, perchè si pres
quel nuovo continente e del mondo, perchè si prestò fede al racconto di Orellana compagno di Pizzarro, che nel 1540, quan
e e del mondo, perchè si prestò fede al racconto di Orellana compagno di Pizzarro, che nel 1540, quand’egli primo vi penet
d’egli primo vi penetrò, avesse trovato su quelle rive una repubblica di Amazzoni87. 7ª Fatica : Le Stalle di Augia
su quelle rive una repubblica di Amazzoni87. 7ª Fatica : Le Stalle di Augia Augìa era un re d’Elide, che possedend
to mitologico dicesi ancora oggidì, come in antico, che par la stalla di Augia qualunque abituro ove sia poca nettezza.
Toro Cretense Dopo che Ercole ebbe ucciso il Leon Nemeo e l’Idra di Lerna, e preso vivo il Cinghiale di Erimanto, non
bbe ucciso il Leon Nemeo e l’Idra di Lerna, e preso vivo il Cinghiale di Erimanto, non dovè sembrargli una straordinaria f
atica il liberar Creta da un Toro furioso mandato da Nettuno ai danni di quel popolo. Se poi lo prendesse vivo o lo uccide
non li risparmia. Seppe che Diomede re dei Bistonii in Tracia pasceva di sangue e di carne umana certi suoi strani cavalli
rmia. Seppe che Diomede re dei Bistonii in Tracia pasceva di sangue e di carne umana certi suoi strani cavalli carnivori,
ndo : anche Dante diceva, « Che le terre d’Italia tutte piene « Son di tiranni, ed un Marcel diventa « Ogni villan che p
an che parteggiando viene. » Ci vorrebbe sempre un Ercole « Valente di consiglio e pro’ di mano, » come l’antico, a pur
viene. » Ci vorrebbe sempre un Ercole « Valente di consiglio e pro’ di mano, » come l’antico, a purgarne la Terra. Erco
urgarne la Terra. Ercole aveva saputo che nella Spagna esisteva un re di statura gigantesca e di forma mostruosa, con tre
aveva saputo che nella Spagna esisteva un re di statura gigantesca e di forma mostruosa, con tre corpi, tre teste e sei a
e sei ale ; e più mostruoso era l’ animo suo crudele che dilettavasi di straziare i popoli, e dar, come Diomede, la carni
arni umane in cibo alle sue giovenche. Ercole lo uccise e s’impadronì di tutte le mandre, varcando con esse i Pirenei e le
Di questo viaggio che diede occasione ad altre straordinarie imprese di Ercole, non comandate a lui da Euristeo, parlerem
i convien dire che quando egli fu giunto allo stretto, che ora dicesi di Gibilterra e allora di Gades, ivi arrestò il cors
do egli fu giunto allo stretto, che ora dicesi di Gibilterra e allora di Gades, ivi arrestò il corso delle sue spedizioni
llora di Gades, ivi arrestò il corso delle sue spedizioni dalla parte di ponente, e, secondo i Mitologi, pose in questo st
eduto che fosse questo un avvertimento, che dava Ercole ai naviganti, di non avanzarsi nell’Oceano Atlantico. Anche Dante
l’uom più oltre non si metta. » Perciò poco più oltre, fino al tempo di Colombo, si azzardarono gli uomini ad avanzarsi n
l’iscrizione Non plus ultra delle colonne d’Ercole divenne un assioma di cautela e di confine dell’umano ardire. Gli Spagn
Non plus ultra delle colonne d’Ercole divenne un assioma di cautela e di confine dell’umano ardire. Gli Spagnoli coniarono
te colonne d’Ercole fossero fatte come quelle delle monete spagnole o di uno dei quattro o cinque ordini dell’architettura
cinque ordini dell’architettura, ma erano due montagne sullo stretto di Gibilterra, chiamate Abila e Calpe, la 1ª apparte
1ª Fatica : I pomi del giardino delle Esperidi Da Espero fratello di Atlante deriva il patronimico di Espèridi che per
elle Esperidi Da Espero fratello di Atlante deriva il patronimico di Espèridi che perciò significa le figlie di Espero
ante deriva il patronimico di Espèridi che perciò significa le figlie di Espero ; le quali erano tre, chiamate Egle, Aretu
ano esse nell’Affrica un bel giardino con alberi che producevano pomi di solido oro ; ma perchè questi avrebbero allettato
omi di solido oro ; ma perchè questi avrebbero allettato la cupidigia di molti, eran guardati da un terribil dragone con c
ran guardati da un terribil dragone con cento teste pronte all’offesa di chi si accostasse. Ercole uccise il dragone, e pr
le vi si accinse ben più volentieri che alle altre, perchè trattavasi di liberar l’amico suo Teseo, il quale per secondare
ondare il suo inseparabile Piritoo si unì ad esso nella folle impresa di rapir Proserpina. Piritoo fu fatto a brani dal ca
imale. Dante ci fa supporre che Cerbero trascinato da Ercole tentasse di resistere, e puntasse il muso in terra come fanno
tentasse di resistere, e puntasse il muso in terra come fanno i cani di questo mondo, quando non voglion seguir chi li ti
cendogli rimaner pelato il mento e il gozzo, secondo le parole stesse di Dante89 Oltre le dodici fatiche impostegli da Eu
Dante89 Oltre le dodici fatiche impostegli da Euristeo, compì Ercole di proprio moto e di spontanea volontà anche altre i
dodici fatiche impostegli da Euristeo, compì Ercole di proprio moto e di spontanea volontà anche altre imprese non meno im
chiamate dai Greci con una sola parola composta parerga, cioè fatiche di giunta o di soprappiù ; delle quali converrà alme
Greci con una sola parola composta parerga, cioè fatiche di giunta o di soprappiù ; delle quali converrà almeno accennare
amose. Combattè Ercole spontaneamente col Libico gigante Antéo figlio di Nettuno e della Terra ; e benchè l’Eroe Tebano lo
ttesse più volte, quegli appena steso sul terreno risorgeva più forte di prima a combattere : la madre Terra rendevagli no
li nel cap. 12 del lib. ii dei suoi celebri Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio : « Anteo re di Libia assaltato da Erc
dei suoi celebri Discorsi sulla prima Deca di Tito Livio : « Anteo re di Libia assaltato da Ercole Egizio fu insuperabile,
entro a’confini del suo regno ; ma come e’ se ne discostò per astuzia di Ercole, perdè lo Stato e la vita. E ne deduce que
uno impeto che non possono ad assaltare altrui. » Questo Anteo è uno di quei giganti che Dante dice di aver veduto nell’I
ssaltare altrui. » Questo Anteo è uno di quei giganti che Dante dice di aver veduto nell’Inferno, anzi fu quello stesso c
più gran malvagio che sia mai esistito. I poeti dicono che era figlio di Vulcano e che abitava in una caverna del Monte Av
na del Monte Aventino, che egli chiudeva con un macigno e con ordigni di ferro fattigli da suo padre. Di là scendeva a rub
endeva a rubare ed uccidere ; e il terreno all’ intorno biancheggiava di ossa umane delle sue vittime. Giunse Ercole nel p
a quelli delle loro compagne ; ed aperta a forza la caverna, a colpi di clava uccise Caco che inutilmente gettava contro
caverna, a colpi di clava uccise Caco che inutilmente gettava contro di lui fumo e fiamme dalla bocca e dalle narici. Tut
o agli ultimi tempi del Paganesimo. Tutte le più minute particolarità di tale avvenimento furono a gara descritte da Virgi
esso : « Lo mio Maestro disse : Quegli è Caco « Che sotto il sasso di monte Aventino « Di sangue fece spesse volte laco
Mitologi raccontano che Ercole per far riposare Atlante dalla fatica di sostenere la volta del Cielo colle spalle, si sot
r un giorno ; e suppongono che l’Eroe Tebano fosse già adulto a tempo di Perseo, il quale per mezzo della testa di Medusa
no fosse già adulto a tempo di Perseo, il quale per mezzo della testa di Medusa cangiò Atlante nel monte di tal nome, come
eo, il quale per mezzo della testa di Medusa cangiò Atlante nel monte di tal nome, come dicemmo. Non apparisce però da alt
tri fatti o invenzioni della Mitologia che Ercole fosse contemporaneo di Perseo. Non staremo a narrar la mischia che ebbe
taremo a narrar la mischia che ebbe Ercole coi Centauri, perchè nulla di straordinario vi fu, oltre le ferite e le morti,
inario vi fu, oltre le ferite e le morti, solito e necessario effetto di tutte le risse e di tutte le guerre. Diremo solta
le ferite e le morti, solito e necessario effetto di tutte le risse e di tutte le guerre. Diremo soltanto che i Centauri e
o al collo ; invece del quale avevano il petto, le braccia e la testa di uomo. Così rappresentati posson vedersi in pittur
tati posson vedersi in pittura e in scultura ; ed è celebre il gruppo di Ercole e del Centauro sotto le loggie dell’Orgagn
cole e del Centauro sotto le loggie dell’Orgagna in Firenze, scultura di Gio. Bologna. Di altra più tremenda e famosa pugn
a più tremenda e famosa pugna de’Centauri converrà parlare nella vita di Teseo. Quanto poi alla liberazione di Esìone, fig
uri converrà parlare nella vita di Teseo. Quanto poi alla liberazione di Esìone, figlia di Laomedonte re di Troia, dall’es
re nella vita di Teseo. Quanto poi alla liberazione di Esìone, figlia di Laomedonte re di Troia, dall’esser divorata da un
Teseo. Quanto poi alla liberazione di Esìone, figlia di Laomedonte re di Troia, dall’esser divorata da un mostro marino, e
re di Troia, dall’esser divorata da un mostro marino, e alla vendetta di Ercole perchè non gli furono da quel re spergiuro
osservati i patti, sarà più a proposito ragionare nel racconto dei re di Troia. Basti qui l’avere accennate queste imprese
esso racconteremo più a lungo. È tempo ormai che Ercole abbia un poco di riposo dalle sue molteplici e sovrumane fatiche,
e sue molteplici e sovrumane fatiche, e che noi assistiamo alle nozze di lui, senza trascurar però di notare in appresso q
fatiche, e che noi assistiamo alle nozze di lui, senza trascurar però di notare in appresso qualche sua debolezza che in u
prima Mègara figlia del re Creonte tebano92 e poscia Deianira figlia di Oeneo re d’Etolia e sorella di Meleagro. I Mitolo
onte tebano92 e poscia Deianira figlia di Oeneo re d’Etolia e sorella di Meleagro. I Mitologi gli attribuiscono molte altr
e in Grecia, ed anche una in Italia, e questa dicono che fu la figlia di Evandro. Ebbe perciò molti figli, che nella Mitol
nella Mitologia e nella Storia Greca son tutti compresi sotto il nome di Eràclidi, patronimico significante figli e discen
tto il nome di Eràclidi, patronimico significante figli e discendenti di Eracle, che è il greco nome, come abbiam detto, d
igli e discendenti di Eracle, che è il greco nome, come abbiam detto, di Ercole. Ma fra tutte le mogli di lui merita speci
è il greco nome, come abbiam detto, di Ercole. Ma fra tutte le mogli di lui merita special menzione Deia-nira, perchè per
u il solo pretendente che non cedesse al nome ed alla fama del valore di Ercole, il solo che osò cimentarsi con lui in sin
con lui in singolar tenzone, fidandosi forse nel privilegio che avea di trasformarsi in toro e in serpente. Infatti comba
e. Infatti combattè anche sotto queste due forme, oltre che in quella di Nume fluviatile ; ma Ercole avvezzo a strangolar
e giganti, vinse con molta facilità Acheloo sotto qualunque forma, e di più gli ruppe un corno, onor della fronte degli D
n via per ritornar colla sposa a Tebe, trovò il fiume Evèno sì gonfio di acque da non potersi guadare. Sopraggiunto il Cen
acque da non potersi guadare. Sopraggiunto il Centauro Nesso si offrì di passar Deianira all’altra riva sull’equino suo do
l’altra riva sull’equino suo dorso ; ma appena l’ebbe in groppa tentò di rapirla correndo in altra direzione. Ercole lo ra
ole lo raggiunse con una delle sue freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna ; e Nesso sentendosi mortalmente ferito si
sua veste insanguinata sarebbe un talismano per conservarle l’affetto di suo marito. E infatti quella veste o camicia di N
conservarle l’affetto di suo marito. E infatti quella veste o camicia di Nesso fu in ultimo la causa della morte di Ercole
tti quella veste o camicia di Nesso fu in ultimo la causa della morte di Ercole, come diremo. Dante ci ricorda questo fatt
io : « …………Quegli è Nesso « Che morì per la bella Deianira, « E fe’ di sè la vendetta egli stesso. » Ercole dopo qualch
tesso. » Ercole dopo qualche tempo ricominciò la sua vita randagia e di avventure, e la Fama divulgò che a menomar la glo
enomar la gloria delle sue imprese eroiche, avesse avuto la debolezza di filare, vestito da donna fra le ancelle di Onfale
avesse avuto la debolezza di filare, vestito da donna fra le ancelle di Onfale regina di Lidia ; e fu detto inoltre che e
debolezza di filare, vestito da donna fra le ancelle di Onfale regina di Lidia ; e fu detto inoltre che egli voleva sposar
detto inoltre che egli voleva sposare la bella e giovane Jole figlia di Eurito re dell’Oecalia. Deianira credè giunto il
di Eurito re dell’Oecalia. Deianira credè giunto il momento decisivo di provar l’effetto del talismano di Nesso. Ne fece
ra credè giunto il momento decisivo di provar l’effetto del talismano di Nesso. Ne fece lavare l’insanguinata tunica o cam
 : il veleno dell’Idra cominciava a fare il suo effetto. Tentò l’Eroe di strapparsi di dosso quella tunica, ma era sì ader
ell’Idra cominciava a fare il suo effetto. Tentò l’Eroe di strapparsi di dosso quella tunica, ma era sì aderente alla pell
e la sua clava. Lasciò soltanto le freccie tinte nel sangue dell’Idra di Lerna all’amico Filottete che era presente, impon
Idra di Lerna all’amico Filottete che era presente, imponendogli però di sotterrarle e di non manifestarne il luogo ad alc
’amico Filottete che era presente, imponendogli però di sotterrarle e di non manifestarne il luogo ad alcuno. Il suo corpo
moglie Ebe Dea della Gioventù. Gli Astronomi antichi diedero il nome di Ercole ad una delle costellazioni boreali che è c
o il nome di Ercole ad una delle costellazioni boreali che è composta di 128 stelle ; e gli Astronomi moderni, incomincian
mmentare l’Ercole Farnese, scultura greca ; l’Hercules furens, gruppo di Canova, ove Ercole tenendo sospeso Lica per un pi
di Canova, ove Ercole tenendo sospeso Lica per un piede, sta in atto di scagliarlo nel mare, e l’Ercole appoggiato alla c
Ercole appoggiato alla clava, inciso da Benvenuto Cellini nel sigillo di Cosimo I granduca di Toscana. I poeti cantarono c
a clava, inciso da Benvenuto Cellini nel sigillo di Cosimo I granduca di Toscana. I poeti cantarono concordemente inni a q
osto in cielo e nel numero degli Dei « Non già perchè figliuol fosse di Giove, « Ma per mille che ei fece illustri prove9
tri prove95. » XLIX CastoRe e Polluce L’ origine mitologica di Càstore e Pollùce è delle più strane e incredibil
migerate presso gli Antichi. Storicamente Castore e Polluce son figli di Tindaro re di Sparta e di Leda sua moglie ; mitol
o gli Antichi. Storicamente Castore e Polluce son figli di Tindaro re di Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son
i. Storicamente Castore e Polluce son figli di Tindaro re di Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son figli di Gi
Tindaro re di Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son figli di Giove, di cui fu detto che comparve a Leda sotto
di Sparta e di Leda sua moglie ; mitologicamente son figli di Giove, di cui fu detto che comparve a Leda sotto la forma d
on figli di Giove, di cui fu detto che comparve a Leda sotto la forma di Cigno. Inventata questa trasformazione di Giove i
parve a Leda sotto la forma di Cigno. Inventata questa trasformazione di Giove in cigno, i Mitologi fantasticarono che Led
affermarono che Polluce ed Elena, nati dallo stesso uovo, eran figli di Giove, e perciò Semidei, mentre Castore e Clitenn
ntre Castore e Clitennestra, che uscirono dall’altro uovo, eran figli di Tindaro, e perciò semplici mortali. Orazio poi as
ltro immortale. Quindi allorchè i poeti classici li considerano figli di Tindaro li chiamano Tindàridi, e se figli di Giov
ici li considerano figli di Tindaro li chiamano Tindàridi, e se figli di Giove Diòscuri, essendo il vocabolo Dios uno dei
figli di Giove Diòscuri, essendo il vocabolo Dios uno dei greci nomi di Giove, sinonimo di Zeus. Nè questa disparità di a
scuri, essendo il vocabolo Dios uno dei greci nomi di Giove, sinonimo di Zeus. Nè questa disparità di asserzioni dovrà rec
os uno dei greci nomi di Giove, sinonimo di Zeus. Nè questa disparità di asserzioni dovrà recar maraviglia : la finzione e
a quello cioè da cui nacque la bella Elena, la quale fu la vera causa di quella guerra, come vedremo97. Castore e Polluce
vedremo97. Castore e Polluce diedero il più grande e celebre esempio di amor fraterno. Erano sempre insieme in tutte le i
i, nè mai si disgiunsero in qualunque altra occasione sino alla morte di Castore. Divennero eccellenti ambedue negli eserc
Elena che era stata rapita da Teseo ; ma avendola trovata nella città di Afidna con Etra madre di Teseo, le condussero via
a da Teseo ; ma avendola trovata nella città di Afidna con Etra madre di Teseo, le condussero via entrambe senza incontrar
ostacolo. L’impresa più utile che fecero a vantaggio della umanità fu di purgare il mare dai pirati ; quindi i Mitologi li
e che Polluce, per vendicar la morte del fratello, uccise l’uccisore di esso. Ida fu poco dopo fulminato da Giove. I poet
ncipalmente Ilaira o Talaira che serbò fede sino alla morte all’ombra di Castore. Polluce, per ultimo e impareggiabil trat
orte all’ombra di Castore. Polluce, per ultimo e impareggiabil tratto di amor fraterno, volle anche comunicare la propria
care la propria immortalità all’estinto fratello, e ottenne dagli Dei di star per lui la metà dell’anno nel regno delle Om
cui, secondo l’antico linguaggio astronomico, entra il sole nel mese di maggio. In questa costellazione si vedono col tel
elescopio sino a 85 stelle, ma quasi tutte piccolissime, meno che due di prima grandezza, le quali perciò si scorgono beni
ueste furono e son chiamate Castore e Polluce ; e quindi ebbe il nome di Gemelli l’intera costellazione. Perciò questi due
ll’Ode 12ª del lib. i 98 ; ma è probabile che confondessero le stelle di Castore e Polluce colle stelle di Sant’Elmo (come
obabile che confondessero le stelle di Castore e Polluce colle stelle di Sant’Elmo (come le chiamano i marinari), fenomeno
uce colle stelle di Sant’Elmo (come le chiamano i marinari), fenomeno di luce elettrica che sovente si osserva sulle punte
nfermo, « Sull’antenna da prua muoversi in giro « L’oricrinite stelle di Santermo 99. Dante parla più volte della costel
azione dei Gemelli nella Divina Commedia, perchè egli nacque nel mese di maggio, e perciò, secondo il linguaggio astrologi
o, e perciò, secondo il linguaggio astrologico, era sotto l’influenza di questa costellazione. La rammenta da prima col no
to l’influenza di questa costellazione. La rammenta da prima col nome di Castore e Polluce nei seguenti versi del Canto il
il del Purgatorio : « …..Se Castore e Polluce « Fossero in compagnia di quello specchio « Che su e giù del suo lume condu
 » Al qual segno o costellazione, rivolge un saluto ed un rendimento di grazie col linguaggio astrologico di quei tempi,
volge un saluto ed un rendimento di grazie col linguaggio astrologico di quei tempi, e intanto ci fa sapere ch’ei nacque n
trologico di quei tempi, e intanto ci fa sapere ch’ei nacque nel mese di maggio sotto quella costellazione : « O glorïose
ce fossero nati da un uovo partorito da Leda, chiama la costellazione di questi gemelli il bel nido di Leda nella seguente
torito da Leda, chiama la costellazione di questi gemelli il bel nido di Leda nella seguente terzina del C. xxvii del Para
del Paradiso : « E la virtù che lo sguardo m’indulse, « Del bel nido di Leda mi divelse, « E nel ciel velocissimo m’impul
legislatore dei Cretesi Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio di Giove e di Europa, la quale fu rapita da Giove st
e dei Cretesi Dicemmo nel N° XXX che Minosse era figlio di Giove e di Europa, la quale fu rapita da Giove stesso trasfo
rapita da Giove stesso trasformato in toro, e trasportata nell’isola di Creta. In quell’isola nacque e crebbe Minosse e d
la nacque e crebbe Minosse e divenne ottimo re e sapiente legislatore di quel popolo. Nella sua vita pubblica appartiene p
alla Storia che alla Mitologia ; ed all’opposto nella vita privata, o di famiglia, più alla Mitologia che alla Storia. La
perchè erano ancora dirette alla educazione della gioventù, imponendo di abituarla alle fatiche affinchè divenisse forte e
le leggi affinchè divenisse morigerata e civile. Nella vita privata o di famiglia, per altro, egli fu poco fortunato ; ma
r altro, egli fu poco fortunato ; ma le sue sventure domestiche furon di certo magnificate e accresciute dai Mitologi, poi
sono stimate favolose dagli storici e dai filosofi greci e latini. Ma di queste appunto noi dobbiamo principalmente parlar
. Ma di queste appunto noi dobbiamo principalmente parlare, trattando di Mitologia. Minosse prese in moglie Pasifae, una d
ole, dalla quale ebbe un figlio che fu chiamato Androgeo e due figlie di nome Arianna e Fedra. Dipoi i Mitologi aggiunsero
zo toro ; il quale fu chiamato il Minotauro, parola composta dei nomi di Minosse e di Tauro, ossia toro101. Di più fu dett
quale fu chiamato il Minotauro, parola composta dei nomi di Minosse e di Tauro, ossia toro101. Di più fu detto che questo
01. Di più fu detto che questo mostro era carnivoro e pascevasi anche di carne umana. Minosse per allontanarlo dalla vista
pascevasi anche di carne umana. Minosse per allontanarlo dalla vista di tutti lo fece chiudere nel labirinto, ove gli era
o dati a divorare i condannati a morte. Era il Labirinto una fabbrica di un gran numero di stanze e anditi tortuosi (alcun
i condannati a morte. Era il Labirinto una fabbrica di un gran numero di stanze e anditi tortuosi (alcuni dicono tre mila)
rta per uscirne. Gli Antichi rammentano quattro labirinti : 1° quello di Egitto, il più grande di tutti ; 2° questo dell’i
chi rammentano quattro labirinti : 1° quello di Egitto, il più grande di tutti ; 2° questo dell’isola di Creta fatto a som
 : 1° quello di Egitto, il più grande di tutti ; 2° questo dell’isola di Creta fatto a somiglianza di quello, ma molto più
ù grande di tutti ; 2° questo dell’isola di Creta fatto a somiglianza di quello, ma molto più piccolo ; 3° il labirinto de
quello, ma molto più piccolo ; 3° il labirinto dei Cabiri nell’isola di Lenno ; e 4° quello di Chiusi, attribuito al re P
iccolo ; 3° il labirinto dei Cabiri nell’isola di Lenno ; e 4° quello di Chiusi, attribuito al re Porsena. Quest’ultimo, p
i : degli altri 3 è più difficile indovinare lo scopo o l’uso. Quello di Creta fu costruito per ordine di Minosse da Dedal
indovinare lo scopo o l’uso. Quello di Creta fu costruito per ordine di Minosse da Dedalo, ingegnoso architetto e meccani
ieme col suo figlio Icaro nel labirinto. Per altro egli trovò il modo di uscirne. Fingendo di voler costruire qualche nuov
caro nel labirinto. Per altro egli trovò il modo di uscirne. Fingendo di voler costruire qualche nuovo meccanismo per offr
andar nell’Asia Minore. Aveva prima dato ad Icaro saggi avvertimenti di tenersi, volando, in una via di mezzo ; ma il gio
rima dato ad Icaro saggi avvertimenti di tenersi, volando, in una via di mezzo ; ma il giovinetto li trascurò, e per boria
inore : il qual mare dagli antichi fu perciò chiamato Icario dal nome di questo incauto giovinetto che vi annegò102. I cla
vi annegò102. I classici antichi encomiano tanto l’ingegno inventivo di Dedalo, che del suo nome formarono un aggettivo c
Anche l’Ariosto chiamò Dedalo Architetto chi costruì il gran palazzo di gemme e d’oro che il Duca Astolfo trovò nel mondo
ò nel mondo della Luna. Dante nel Canto xxix dell’Inferno usò il nome di Dedalo per significar volatore, o uomo volante a
alo per significar volatore, o uomo volante a somiglianza e coll’arte di Dedalo, facendo così dire a Capocchio : « Ver è
mmenta anche il volo d’Icaro là dove assomiglia la sua paura a quella di questo giovanetto, « …..quando Icaro misero le r
cono a Dedalo un grave delitto a cui lo spinse l’invidia, quello cioè di aver precipitato dalla fortezza di Atene il suo n
i lo spinse l’invidia, quello cioè di aver precipitato dalla fortezza di Atene il suo nipote Perdice che dimostrava con nu
suo nipote Perdice che dimostrava con nuove invenzioni ingegnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse di cu
enzioni ingegnosissime di dover divenire eccellente nelle arti stesse di cui gli era stato maestro lo zio. Sin qui potrebb
ora per gli straordinarii effetti che ne derivarono. Androgeo figlio di Minosse ed erede del trono era così valente negli
iglio fece loro la guerra, e avendoli vinti impose ad essi un tributo di sangue, esigendo cioè che fossero mandati in Cret
sero mandati in Creta 7 giovanetti e 7 giovanette Ateniesi per servir di cibo al Minotauro ; il qual tributo dovea rinnova
Egeo. A questo punto cessano i fatti notabili della vita particolare di Minosse, e tutte le altre vicende della sua famig
se, e tutte le altre vicende della sua famiglia dipendono dalle gesta di Teseo ; perciò le rammenteremo qui appresso nel p
alle gesta di Teseo ; perciò le rammenteremo qui appresso nel parlare di quest’Eroe. LI Teseo Gli Ateniesi ambiron
nto è debitrice l’Attica civiltà ne’suoi primordii, avesse un’aureola di poetica gloria non inferiore a quella di Ercole ;
primordii, avesse un’aureola di poetica gloria non inferiore a quella di Ercole ; e perciò a forza d’invenzioni favolose s
Vite degli Uomini illustri tanti insulsi prodigii, scrivendo la vita di Teseo per farne il parallelo con quella di Romolo
rodigii, scrivendo la vita di Teseo per farne il parallelo con quella di Romolo, si trova molto impacciato a sceverarne il
Pompei : « Ora mi fosse possibile purgare il racconto da quanto v’ha di favoloso e ridurlo a prendere aspetto di Storia !
e il racconto da quanto v’ha di favoloso e ridurlo a prendere aspetto di Storia ! Dove però non si possa renderlo in alcun
colgano senza rigore ciò che si narra intorno a fatti sì antichi. » E di certo neppur la decima parte di quel che egli nar
narra intorno a fatti sì antichi. » E di certo neppur la decima parte di quel che egli narra di Teseo è da considerarsi co
ì antichi. » E di certo neppur la decima parte di quel che egli narra di Teseo è da considerarsi come verità istorica, ess
riporsi tra le favole. Più volte prima d’ora abbiamo avuto occasione di rammentar questo Eroe : i suoi concittadini lo ha
suoi concittadini lo hanno introdotto in tutte le più celebri imprese di quei tempi, nella caccia del cinghiale di Calidon
utte le più celebri imprese di quei tempi, nella caccia del cinghiale di Calidonia, nella spedizione degli Argonauti e nel
spedizione degli Argonauti e nella guerra delle Amazzoni in compagnia di Ercole : quindi nacque il proverbio : Non senza T
e i pretesi miracoli. Non bastò agli Ateniesi che Teseo fosse figlio di un loro re, ma dissero che era figlio di Nettuno,
niesi che Teseo fosse figlio di un loro re, ma dissero che era figlio di Nettuno, e così lo fecero appartenere al numero d
numero dei Semidei. Per altro poco giovò a quest’Eroe l’esser figlio di un Dio, chè anzi, come vedremo in appresso, gli n
in appresso, gli nocque. Contenti dalla boria che il loro Eroe fosse di origine divina, non vollero per altro minorare la
ribuirne il merito ad una special protezione soprannaturale. Egeo re di Atene, figlio di Pandione e nipote di Cecrope, av
o ad una special protezione soprannaturale. Egeo re di Atene, figlio di Pandione e nipote di Cecrope, aveva sposato Etra
ezione soprannaturale. Egeo re di Atene, figlio di Pandione e nipote di Cecrope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re d
ne, figlio di Pandione e nipote di Cecrope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re di Trezene nel tempo che era ospite in
Pandione e nipote di Cecrope, aveva sposato Etra figlia di Pitteo re di Trezene nel tempo che era ospite in casa di lui ;
Etra figlia di Pitteo re di Trezene nel tempo che era ospite in casa di lui ; ma dovendo partir per la guerra, lasciò ad
iglio fu chiamato Teseo ; il quale nel crescere diede segni manifesti di gran forza e coraggio ; e sentendo encomiare le g
ni manifesti di gran forza e coraggio ; e sentendo encomiare le gesta di Ercole n’ebbe invidia, e agognava di poterlo imit
 ; e sentendo encomiare le gesta di Ercole n’ebbe invidia, e agognava di poterlo imitare. Quando poi egli seppe la sua ver
d Atene per mare con viaggio più breve e più sicuro ; ma egli preferì di viaggiar per terra desiderando non già di schivar
iù sicuro ; ma egli preferì di viaggiar per terra desiderando non già di schivare, ma di affrontare i pericoli dei masnadi
gli preferì di viaggiar per terra desiderando non già di schivare, ma di affrontare i pericoli dei masnadieri e dei mostri
quali combattè è da rammentarsi l’assassino Perifete, che era armato di una clava di rame ; Teseo lo uccise, e presa quel
tè è da rammentarsi l’assassino Perifete, che era armato di una clava di rame ; Teseo lo uccise, e presa quella clava la p
a quella clava la portò sempre come il suo primo trofeo, a imitazione di quel che fece Ercole della pelle del Leon Nemeo.
ospizio in casa sua, li legava in un letto, e poi se eran più lunghi di quello tagliava loro le gambe che sopravanzavano,
he sopravanzavano, e se eran più corti li faceva giungere alla misura di quel letto tirando e dislocando le loro membra107
quel letto tirando e dislocando le loro membra107. Teseo con un colpo di clava liberò la Terra da quel mostro di crudeltà.
membra107. Teseo con un colpo di clava liberò la Terra da quel mostro di crudeltà. Preceduto dalla fama di questi ed altri
lava liberò la Terra da quel mostro di crudeltà. Preceduto dalla fama di questi ed altri mirabili fatti giunse Teseo in At
la Maga Medea, fuggita da Corinto dopo essersi crudelmente vendicata di Giasone, come dicemmo ; ed avendo acquistato molt
adronirsi del regno ; e quindi lo persuase a toglierlo insidiosamente di vita avvelenandolo in un pranzo. Teseo fu invitat
tto il regno in iscompiglio ed in lutto, perchè appressavasi il tempo di mandar per la terza volta il tributo di sangue a
perchè appressavasi il tempo di mandar per la terza volta il tributo di sangue a Minosse. Il giovane Eroe, come erede del
ue a Minosse. Il giovane Eroe, come erede del trono, credè suo dovere di liberare il suo popolo da questo vergognoso tribu
. La nave che portava a Creta queste innocenti vittime aveva in segno di lutto le vele nere. Egeo ordinò che al ritorno, s
Egeo ordinò che al ritorno, se era reduce il figlio, vi si mettessero di color porpureo ad annunziargli da lontano la liet
ad annunziargli da lontano la lieta novella e liberarlo quanto prima di pena. Giunse la nave a Gnosso capitale dell’isola
rlo quanto prima di pena. Giunse la nave a Gnosso capitale dell’isola di Creta il giorno avanti i funebri giuochi che Mino
hiudevansi le Ateniesi vittime nel labirinto. Teseo chiese ed ottenne di prender parte anch’egli a quei giuochi ; e destò
titori ; e a tutti dispiacque, e più che agli altri ad Arianna figlia di Minosse, che quel giovane Eroe dovesse sì tosto m
quel giovane Eroe dovesse sì tosto miseramente perire. Arianna pensò di salvarlo, sperandone in premio di esser fatta sua
o miseramente perire. Arianna pensò di salvarlo, sperandone in premio di esser fatta sua sposa e quindi regina di Atene. D
lvarlo, sperandone in premio di esser fatta sua sposa e quindi regina di Atene. Due erano i pericoli di morte per chi foss
esser fatta sua sposa e quindi regina di Atene. Due erano i pericoli di morte per chi fosse entrato nel labirinto : quell
quello d’incontrare il Minotauro ed esser da lui divorato, e l’altro di morir di fame per non poter ritrovare l’uscita. D
’incontrare il Minotauro ed esser da lui divorato, e l’altro di morir di fame per non poter ritrovare l’uscita. Dal primo,
un mezzo semplicissimo a sua disposizione. Diede a Teseo un gomitolo di filo, perchè fissandone l’un dei capi all’ingress
notauro, potesse ritrovare, tornando indietro, la porta. L’invenzione di Arianna riuscì egregiamente. Teseo dopo avere ucc
vela, e si diressero tutti insieme verso Atene. L’invenzione del filo di Arianna divenne tanto famigerata, che anche nelle
lo del discorso o del ragionamento e simili. Del Minotauro e del filo di Arianna parla anche Dante nell’Inferno, ove affer
evano difetti e vizii, come abbiamo notato più volte, non è sperabile di trovar perfetti i Semidei e gli Eroi mitologici.
rovar perfetti i Semidei e gli Eroi mitologici. Teseo commise un atto di perfidia e di barbarie, da non potersi in modo al
i Semidei e gli Eroi mitologici. Teseo commise un atto di perfidia e di barbarie, da non potersi in modo alcuno scusare,
la sua salvezza ; ed egli invece l’abbandonò sola nella deserta isola di Nasso. Fortunatamente per essa giunse il giorno s
so in quell’isola Bacco, che la fece sua sposa, come dicemmo parlando di questo Dio. Intanto Teseo si avanzava per mare se
do di questo Dio. Intanto Teseo si avanzava per mare senza ricordarsi di cangiar le vele alla nave. Egeo che tutti i giorn
i fu detto Mare Egeo quello che ora chiamasi l’Arcipelago. La letizia di Teseo nel giunger salvo ad Atene si cangiò subito
augurio incominciò egli a regnare. Molte però furono le opere egregie di lui ; ma non tutto gli andò a seconda, come vedre
emente da lui compiuti, rammenteremo che egli prese vivo il cinghiale di Maratona e lo sacrificò ad Apollo ; combattè una
« uccise Tèrmero cozzando insieme col capo. » Di questo nuovo genere di duello ad imitazione degli arieti, e prescelto in
Plutarco stesso : « perchè percuotendo Tèrmero col capo suo nel capo di coloro co’quali s’incontrava, mandavali a morte ;
vali a morte ; così pur Teseo andò gastigando i ribaldi usando contro di loro quella violenza che essi usavano contro degl
lcuni Mitologi asserirono che Teseo uccidesse ancora Falàride tiranno di Agrigento in Sicilia. Questo tiranno propose un p
o propose un premio a chi inventasse un nuovo e più tormentoso genere di supplizio ; e un tal Perillo valente artefice ate
pplizio ; e un tal Perillo valente artefice ateniese fabbricò un toro di rame in atto di mugghiare ; nelle interne cavità
al Perillo valente artefice ateniese fabbricò un toro di rame in atto di mugghiare ; nelle interne cavità del quale doveva
e così arroventando a poco a poco il metallo, gli urli e gli spasimi di chi v’era dentro tormentato imitassero i muggiti
ossia fu pena ben meritata dall’iniquo artefice che si fece ministro di crudeltà del più efferato tiranno. Ecco come Dant
dell’Inferno : « Come ‘l bue Cicilian che mugghiò prima « Col pianto di colui (e ciò fu dritto), « Che l’avea temperato c
« Mugghiava con la voce dell’afflitto, « Sì che, con tutto ch’e’fosse di rame, « Pure el pareva dal dolor trafitto. » Toc
or trafitto. » Toccò poi al tiranno Falaride a entrar dentro il toro di rame, o ciò fosse per opera di Teseo, come dicono
ranno Falaride a entrar dentro il toro di rame, o ciò fosse per opera di Teseo, come dicono alcuni Mitologi, o per solleva
ndetta popolare, come afferma Cicerone109. Il quale parla molte volte di questo toro nelle sue opere, e dice fra le altre
opera d’arte antica fu rapito dai Cartaginesi, e dopo la distruzione di Cartagine restituito da Scipione agli Agrigentini
da Scipione agli Agrigentini110. Si raccontano ancora diverse imprese di Teseo compiute in compagnia del suo maggiore amic
compiute in compagnia del suo maggiore amico Piritoo ; ed ecco prima di tutto come nacque la loro amicizia. Piritoo re de
i poeti, dirò soltanto che anche Cicerone rammenta Teseo come esempio di vera amicizia. Quando Piritoo sposò Ippodamia, s’
olta la sposa e la vita dai Centauri convitati anch’essi al banchetto di nozze. Storicamente i Centauri eran popoli della
, credè che uomo e cavallo fossero un solo animale mostruoso composto di queste due forme o nature111. Mitologicamente poi
nzione, anche Dante la riporta nella Divina Commedia, e trova il modo di farla rammentare nel Purgatorio in questi versi :
rmati, che satolli « Teseo combattêr co’doppi petti. » I principali di essi invitati alle nozze di Piritoo, quando furon
combattêr co’doppi petti. » I principali di essi invitati alle nozze di Piritoo, quando furono al termine del pranzo, ess
l vino, manifestarono la loro natura più bestiale che umana, tentando di rapire la sposa ed altre donne convitate : onde c
vono o almeno vi alludono112. Se non v’era Teseo che facesse prodigii di valore, la vittoria restava ai Centauri ; i quali
(il che non sarebbe un gran vanto) ma fra tutti gli antichi Eroi ; e di lui dovremo parlare particolarmente altrove. Dan
mente altrove. Dante ha posto nell’Inferno « ….. i Centauri armati di saette « Come solean nel mondo andare a caccia, »
econdo le descrizioni mitologiche ; ed uno dei più celebrati è quello di Giovan Bologna sotto le Loggie dell’Orgagna in Fi
Giovan Bologna sotto le Loggie dell’Orgagna in Firenze. Tralasciando di parlare di altri fatti che nulla hanno di straord
ogna sotto le Loggie dell’Orgagna in Firenze. Tralasciando di parlare di altri fatti che nulla hanno di straordinario o si
na in Firenze. Tralasciando di parlare di altri fatti che nulla hanno di straordinario o singolare, la maggior prova d’imp
strane e perigliose imprese che o all’uno o all’altro venisse in idea di tentare. E la più strana davvero e la più pericol
dea di tentare. E la più strana davvero e la più pericolosa fu quella di Piritoo di andare all’Inferno per rapir Proserpin
are. E la più strana davvero e la più pericolosa fu quella di Piritoo di andare all’Inferno per rapir Proserpina moglie di
u quella di Piritoo di andare all’Inferno per rapir Proserpina moglie di Plutone ; e Teseo ciecamente lo secondò. Ma, come
di Plutone ; e Teseo ciecamente lo secondò. Ma, come dicemmo parlando di Ercole, Piritoo fu lacerato dal Can Cerbero, e Te
Inferno114. Restano ora da raccontarsi soltanto le vicende domestiche di Teseo e la sua morte. Da prima aveva sposato Ippo
o alcuni chiamata Antiope) gli era nato un figlio a cui diede il nome di Ippolito. Dipoi rapì la bella Elena, ma gli fu ri
da Castore e Polluce, come dicemmo. In appresso sposò Fedra, sorella di Arianna, da lui abbandonata nell’isola di Nasso :
presso sposò Fedra, sorella di Arianna, da lui abbandonata nell’isola di Nasso : e qui non si sa intendere come Fedra, dop
, dopo quel che era accaduto alla sorella, non sospettasse della fede di Teseo. Ma, sposatolo, fu essa a lui causa di grav
n sospettasse della fede di Teseo. Ma, sposatolo, fu essa a lui causa di gravissimo lutto. Essendo già adulto Ippolito, pa
dra, deposto il madrignal talento, come direbbe l’Alfieri, lo vedesse di buon occhio ; ma poi sembrandole altero e scortes
uesta favola colle seguenti parole : « Nettuno aveva promesso a Teseo di appagare tre suoi desiderii : desiderò Teseo irat
chi le richiede115. Il modo che tenne Nettuno per appagar Teseo si fu di far comparire all’improvviso un mostro marino nel
morsi, si diede la morte. È questo il soggetto della celebre tragedia di Racine, intitolata Fedra. Anche Teseo finì misera
chio ; poichè discacciato dal regno da Menesteo, si ritirò alla corte di Licomede re di Sciro, ed ivi fu ucciso o col ferr
iscacciato dal regno da Menesteo, si ritirò alla corte di Licomede re di Sciro, ed ivi fu ucciso o col ferro, o coll’esser
nza. In Atene per altro dopo la morte dell’invasore Menesteo, i figli di Teseo, tra i quali il più noto chiamavasi Demofoo
cuperarono il regno paterno. Ci vollero per altro miracoli e risposte di Oracoli per eccitare il popolo a ricercar le ossa
acoli e risposte di Oracoli per eccitare il popolo a ricercar le ossa di Teseo e riportarle con onore ad Atene. E allora,
on onore ad Atene. E allora, come dice Plutarco, « gli Ateniesi pieni di allegrezza le ricevettero con splendida pompa e c
iovani liberati dal Minotauro ; ed inoltre l’onoravano agli otto pure di ogni altro mese. LII Atrocità Tebane La c
li otto pure di ogni altro mese. LII Atrocità Tebane La città di Tebe per fatti storici straordinari è meno rammen
La città di Tebe per fatti storici straordinari è meno rammentata di Atene e di Sparta, ma per racconti mitologici non
à di Tebe per fatti storici straordinari è meno rammentata di Atene e di Sparta, ma per racconti mitologici non cede il pr
ogici non cede il primato a nessun’altra città della Grecia. Parlando di Cadmo dicemmo della origine mirabilissima di Tebe
à della Grecia. Parlando di Cadmo dicemmo della origine mirabilissima di Tebe, di cui altra non havvene che sia più maravi
recia. Parlando di Cadmo dicemmo della origine mirabilissima di Tebe, di cui altra non havvene che sia più maravigliosa :
iù maravigliosa : sappiamo inoltre che da madre Tebana nacque Bacco ; di sangue Tebano furono la Dea Leucotoe e il Dio Pal
e Bacco ; di sangue Tebano furono la Dea Leucotoe e il Dio Palemone ; di Atamante re di Tebe era l’ariete col vello d’oro 
ngue Tebano furono la Dea Leucotoe e il Dio Palemone ; di Atamante re di Tebe era l’ariete col vello d’oro ; Tebano fu Erc
ra sono da raccontarsi atroci fatti della corte Tebana, fiera materia di ragionare, come direbbe il Certaldese. Fra i succ
ra materia di ragionare, come direbbe il Certaldese. Fra i successori di Cadmo, circa due secoli dopo la fondazione di Teb
ldese. Fra i successori di Cadmo, circa due secoli dopo la fondazione di Tebe, troviamo nella Cronologia Greca Laio II ; e
zione di Tebe, troviamo nella Cronologia Greca Laio II ; e della vita di questo re raccontansi soltanto due fatti : il pri
si soltanto due fatti : il primo, che egli avendo saputo dall’Oracolo di dover essere ucciso dal figlio di cui era incinta
che egli avendo saputo dall’Oracolo di dover essere ucciso dal figlio di cui era incinta Giocasta sua moglie, diede ordine
cciso dal figlio di cui era incinta Giocasta sua moglie, diede ordine di farlo perire appena nato ; il secondo, che non os
samente salvato. Ed ecco in qual modo : Nato appena il figlio, invece di essere ucciso immediatamente nella reggia, fu esp
assero le fiere, ed appeso per un piede a un ramo d’albero. Ma invece di una fiera crudele passò prima di là un pietoso pa
piede a un ramo d’albero. Ma invece di una fiera crudele passò prima di là un pietoso pastore, che lo prese e lo portò al
ra suo padre, e andò a interrogare intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il quale gli rispose di non cercarne, per
re intorno ai suoi genitori l’Oracolo di Delfo ; il quale gli rispose di non cercarne, perchè avrebbe ucciso il padre e sp
la madre. Ma egli non potendo tollerare un’umile ed oscura condizione di vita, si diè a percorrer la Grecia in cerca di av
e ed oscura condizione di vita, si diè a percorrer la Grecia in cerca di avventure, e incontratosi in Laio in una strada s
a in cerca di avventure, e incontratosi in Laio in una strada stretta di una solinga campagna venne a questione col cocchi
trada stretta di una solinga campagna venne a questione col cocchiere di lui e lo uccise : e poichè Laio voleva difendere
complicano, e vi predomina l’invenzione mitologica. Creonte fratello di Giocasta, dopo la morte di Laio prese le redini d
l’invenzione mitologica. Creonte fratello di Giocasta, dopo la morte di Laio prese le redini del regno ; e poichè in quel
e le redini del regno ; e poichè in quel tempo infestava le vicinanze di Tebe un mostro chiamato la Sfinge, che aveva ucci
no figli eredi del trono. La Sfinge era un mostro col capo e le zampe di leone alato, e col petto e la testa di donna. Ess
un mostro col capo e le zampe di leone alato, e col petto e la testa di donna. Essa fermava i passeggieri e proponeva lor
un enigma ; e se non lo indovinavano li strangolava ; il nome stesso di Sfinge che le fu dato dai Greci significa Strango
ovinasse il suo enigma, sarebbe toccato ad essa a morire. Edipo passò di là, e la Sfinge lo fermò e gli diede a indovinar
dosi guadagnato il promesso premio, sposò Giocasta e fu proclamato re di Tebe. Gli nacquero in appresso due figli che furo
sposto che per farla cessare conveniva bandire dallo Stato l’uccisore di Laio. Edipo si diè premura di farne le più minute
onveniva bandire dallo Stato l’uccisore di Laio. Edipo si diè premura di farne le più minute investigazioni ; e dalle circ
veva esposto nel bosco il regio infante, comprese che egli era figlio di Laio e parricida, e che Giocasta era sua madre. A
di Laio e parricida, e che Giocasta era sua madre. Allora inorridito di questo suo perverso destino, esclamò, come dice S
osa sua figlia Antigone ; e Giocasta si diede la morte. I tristi casi di Edipo furono il soggetto di molte tragedie ; ed o
Giocasta si diede la morte. I tristi casi di Edipo furono il soggetto di molte tragedie ; ed ogni scrittore li modificò o
perava : tutti però si accordano nel dire che egli morì lungi da Tebe di disagio e di cordoglio. Intanto Eteocle come prim
i però si accordano nel dire che egli morì lungi da Tebe di disagio e di cordoglio. Intanto Eteocle come primogenito incom
no. Polinice si trovò costretto ad esulare, e ricoveratosi alla corte di Adrasto re degli Argiesi ne sposò la figlia Argia
rasto re degli Argiesi ne sposò la figlia Argia, e così impegnò anche di più quel re, divenuto suo suocero, ad aiutarlo a
detta dei sette Prodi, perchè sette furono i valorosi capi o generali di questa guerra, cioè : Adrasto, Polinice, Tideo, C
Capaneo, Ippomedonte, Anfiarao e Partenopeo. Ma poichè i fatti d’arme di questa guerra, per quanto sanguinosi e strenui, n
to terminò con un duello tra i due fratelli, ci affretteremo a parlar di questo, tacendo delle inutili stragi che lo prece
iserbandoci in ultimo a dar notizia soltanto delle gesta e della fine di questi prodi. Eteocle, quantunque non ignorasse
e di questi prodi. Eteocle, quantunque non ignorasse questo apparato di guerra, non volle prestare orecchio a nessuna tra
una transazione o accordo ; e istigato dallo zio Creonte, che sperava di profittare della discordia dei nipoti per impadro
ch’egli alla guerra ; e dopo molte battaglie combattute sotto le mura di Tebe, restando sempre indecisa la sorte delle arm
linice. Eteocle cadde mortalmente ferito : e in quegli ultimi istanti di vita fingendo di volersi riconciliare col fratell
adde mortalmente ferito : e in quegli ultimi istanti di vita fingendo di volersi riconciliare col fratello, ma furente in
fingendo di volersi riconciliare col fratello, ma furente in cuor suo di lasciarlo in vita vincitore e re, chiese di abbra
o, ma furente in cuor suo di lasciarlo in vita vincitore e re, chiese di abbracciarlo per l’ultima volta ; e, raccolte tut
ra le vesti, uccise proditoriamente Polinice, e vedendolo morto prima di lui, con questa infernale soddisfazione spirò. I
infernale soddisfazione spirò. I poeti inventarono che posti i corpi di entrambi i fratelli ad ardere nello stesso rogo,
gli animi loro erasi comunicata a tutte le molecole dei loro corpi. E di questo mitologico prodigio fa menzione anche Dant
dove parlando della duplice fiamma che ricuopre nell’Inferno le anime di Ulisse e di Diomede, egli dice che quella fiamma
o della duplice fiamma che ricuopre nell’Inferno le anime di Ulisse e di Diomede, egli dice che quella fiamma « ……. par s
nni. E per primo atto inumano proibì che fossero seppellite le ceneri di Polinice, dichiarandolo traditore e ribelle. Non
belle. Non curando il barbaro divieto Antigone sorella e Argia vedova di Polinice, ne raccolsero in un’urna le ceneri e le
ppellirono ; e il tiranno condannolle entrambe a morte, stimando così di render più sicuro il possesso del trono per la su
delitti esser felice com’egli credeva ; poichè avvenne che il figlio di lui Emone essendo invaghito di Antigone, e non po
credeva ; poichè avvenne che il figlio di lui Emone essendo invaghito di Antigone, e non potendo salvarla dalla crudeltà d
essendo invaghito di Antigone, e non potendo salvarla dalla crudeltà di suo padre, si uccise per disperazione. Anche Isme
ella medesima. Così rimase solo Creonte nell’orrida e luttuosa reggia di Tebe. Su questi atroci fatti esiste un poema lati
Tebaide, esistono tragedie antiche e moderne. E per parlare soltanto di queste, chi non conosce il Polinice e l’Antigone
il Polinice e l’Antigone d’Alfier i, e in francese Les Frères Ennemis di Racine ? Troppo lungo sarebbe l’enumerare soltant
Dante che molte volte ne parla o vi allude. Oltre l’esempio riportato di sopra, l’Alighieri immaginò di avere incontrato n
o vi allude. Oltre l’esempio riportato di sopra, l’Alighieri immaginò di avere incontrato nel Purgatorio il poeta Stazio a
to nel Purgatorio il poeta Stazio autore della Tebaide, con cui parla di questo poema, e fa dire all’autore stesso : « Ca
on cui parla di questo poema, e fa dire all’autore stesso : « Cantai di Tebe e poi del grande Achille ; » e da Virgilio
; » e da Virgilio fa chiamare Eteocle e Polinice la doppia tristizia di Giocasta, e narrare che trovansi nel Limbo « An
a come fue. » Dei prodi generali che aiutarono Polinice nella guerra di Tebe parleremo separatamente nel prossimo numero,
ìgoni Adrasto re degli Argiesi o Argivi aveva soltanto due figlie di nome Argìa e Deifile, le quali teneva guardate co
e quali teneva guardate con diligentissima cura senza farle mai uscir di città, perchè l’Oracolo gli aveva predetto (o egl
nuti contemporaneamente alla corte Argiva Polinice e Tideo, e chiesto di sposare queste due principesse, Adrasto vi accons
le, portava sulle spalle per distintivo, e quasi per manto, una pelle di leone, e Tideo come fratello di Meleagro una pell
tintivo, e quasi per manto, una pelle di leone, e Tideo come fratello di Meleagro una pelle di cinghiale, Adrasto interpre
anto, una pelle di leone, e Tideo come fratello di Meleagro una pelle di cinghiale, Adrasto interpretò che le parole dell’
ia, e secondo alcuni, il proprio fratello. Ma Adrasto prese l’assunto di riconquistare ad entrambi col proprio esercito l’
ad entrambi col proprio esercito l’avito regno ; e cominciò da quello di Polinice, la causa del quale era molto più urgent
a causa del quale era molto più urgente e più giusta. Prima per altro di dichiarar la guerra ad Eteocle volle tentare se e
suo genero. Bisogna credere che Adrasto non conoscesse bene l’indole di questo suo genero, affidandogli una sì delicata m
ne a fare il diplomatico, ma piuttosto l’Antropofago : infatti invece di conciliare, inasprì sempre più, perchè non solo a
di conciliare, inasprì sempre più, perchè non solo altercò, ma diede di piglio alla spada nella reggia stessa ed al convi
ercò, ma diede di piglio alla spada nella reggia stessa ed al convito di Eteocle ; e poi inseguito da una schiera di solda
ggia stessa ed al convito di Eteocle ; e poi inseguito da una schiera di soldati, li mise in rotta ed in fuga egli solo, l
dunque la guerra e incominciate le regolari battaglie, fece prodigii di valore, e la destra sua valeva per cento mani ; m
i ; ma finalmente colpito da uno strale avvelenato morì sotto le mura di Tebe. Ebbe da Deifile un figlio che fu il famoso
so, dopo Achille, fra tutti i capitani greci che andarono alla guerra di Troia. Di Ippomedonte è da dirsi soltanto che egl
erra di Troia. Di Ippomedonte è da dirsi soltanto che egli era nipote di Adrasto e valorosissimo ; ma di lui non si narran
da dirsi soltanto che egli era nipote di Adrasto e valorosissimo ; ma di lui non si narrano fatti straordinarii degni di p
e valorosissimo ; ma di lui non si narrano fatti straordinarii degni di particolar menzione. Egli pure morì alla guerra d
traordinarii degni di particolar menzione. Egli pure morì alla guerra di Tebe. Capanèo era un Argivo arditissimo, che pri
guerra di Tebe. Capanèo era un Argivo arditissimo, che primo inventò di dar la scalata alle fortezze. Al suo ardire univa
nsolente ed empio disprezzo per gli Dei ; e giunse perfino a vantarsi di prender Tebe egli solo a dispetto di Giove, i cui
ei ; e giunse perfino a vantarsi di prender Tebe egli solo a dispetto di Giove, i cui fulmini, a quanto egli diceva, non g
ferenza che v’era, fulminandolo mentre egli dava la scalata alle mura di Tebe, e precipitandolo nell’Inferno. Dante che ab
ro Dio, ci narra che egli vide Capaneo nell’Inferno sotto una pioggia di fuoco che cadeva dall’alto « ……….. in dilatate f
ggia di fuoco che cadeva dall’alto « ……….. in dilatate falde, « Come di neve in alpe senza vento ; » e aggiunge che anch
sfidava il supremo dei Numi, dicendo che quantunque Giove lo sættasse di tutta sua forza, « Non ne potrebbe aver vendetta
vansi al marito i funebri onori. Dal loro connubio era nato un figlio di nome Stènelo, che fu poi uno dei più valorosi gue
i nome Stènelo, che fu poi uno dei più valorosi guerrieri all’assedio di Troia. Orazio lo dice : Pugnæ Sthenelus sciens. P
o lo dice : Pugnæ Sthenelus sciens. Poche ed incerte notizie si hanno di Partenopeo. Alcuni lo credono fratello di Adrasto
ed incerte notizie si hanno di Partenopeo. Alcuni lo credono fratello di Adrasto, ed altri figlio di Atalanta, la famosa c
di Partenopeo. Alcuni lo credono fratello di Adrasto, ed altri figlio di Atalanta, la famosa cacciatrice che fu la prima a
Atalanta, la famosa cacciatrice che fu la prima a ferire il cinghiale di Calidonia. Per quanto fosse valoroso, anch’egli p
di Calidonia. Per quanto fosse valoroso, anch’egli perì nella guerra di Tebe. Molto invece fu narrato di Anfiarao e dell
loroso, anch’egli perì nella guerra di Tebe. Molto invece fu narrato di Anfiarao e della sua famiglia. Essendo egli indov
vido capitano, regalò una preziosissima collana ad Erifile pregandola di persuadere Anfiarao di accompagnarlo alla guerra.
na preziosissima collana ad Erifile pregandola di persuadere Anfiarao di accompagnarlo alla guerra. Erifile non potendo in
Erifile non potendo indurvi il marito colle parole, tradì il segreto di lui, scuoprendo il posto o nascondiglio ov’egli s
scondiglio ov’egli si era celato. Costretto allora Anfiarao per punto di onore e per comando del re a partir cogli altri p
ore e per comando del re a partir cogli altri per la guerra, e sicuro di dovervi perire, lasciò detto al figlio Alcmeone,
al figlio Alcmeone, che appena udita la sua morte lo vendicasse. Perì di fatti sotto le mura di Tebe ed in un modo straord
appena udita la sua morte lo vendicasse. Perì di fatti sotto le mura di Tebe ed in un modo straordinario e mirabile, a qu
re egli osservava gli astri, per trame, come gli Astrologi, argomento di predizioni, gli si aperse sotto i piedi la terra
’Inferno con tutti gli altri pretesi Indovini antichi e moderni. Dice di averlo veduto egli stesso, e che Virgilio glielo
tutti : Dove rui, « Anfiarao ? perchè lasci la guerra ? « E non restò di ruinare a valle « Fino a Minòs che ciascheduno af
in una similitudine del Canto iv del Paradiso : « Come Alcmeone che di ciò pregato « Dal padre suo, la propria madre spe
o. » E a questo adornamento diè opportunamente l’Alighieri l’epitelo di sventurato, perchè oltre all’essere stato causa d
pitelo di sventurato, perchè oltre all’essere stato causa della morte di Anfiarao e di Erifile, riuscì funesto anche al fi
turato, perchè oltre all’essere stato causa della morte di Anfiarao e di Erifile, riuscì funesto anche al figlio Alcmeone
a Alfesibea ; ma poi ripudiatala per isposar Callirœ, questa desiderò di possedere la famosa collana di Erifile ; ed Alcme
a per isposar Callirœ, questa desiderò di possedere la famosa collana di Erifile ; ed Alcmeone per contentar la nuova spos
na di Erifile ; ed Alcmeone per contentar la nuova sposa, pretendendo di ritogliere il prezioso monile alla ripudiata Alfe
e il prezioso monile alla ripudiata Alfesibea, fu ucciso dai fratelli di lei. Così la discordia dei figli di Edipo produss
Alfesibea, fu ucciso dai fratelli di lei. Così la discordia dei figli di Edipo produsse una serie infinita di guai e di sc
lei. Così la discordia dei figli di Edipo produsse una serie infinita di guai e di sciagure che di conseguenza in consegue
la discordia dei figli di Edipo produsse una serie infinita di guai e di sciagure che di conseguenza in conseguenza duraro
figli di Edipo produsse una serie infinita di guai e di sciagure che di conseguenza in conseguenza durarono per molti ann
drasto, il solo dei Sette Prodi rimasto in vita, quantunque per causa di quella guerra avesse perduto ambedue i suoi gener
ti ed atti alle battaglie. Ma dei fatti d’arme e degli effetti ultimi di questa guerra scarseggiano e sono incerte le noti
n ne mancarono ; e v’è chi afferma che fu anche saccheggiata la città di Tebe e che Tersandro figlio di Polinice ne prende
rma che fu anche saccheggiata la città di Tebe e che Tersandro figlio di Polinice ne prendesse il governo ; e inoltre che
governo ; e inoltre che molti Tebani prima del saccheggio preferirono di andar profughi dalla patria in cerca di nuove sed
ma del saccheggio preferirono di andar profughi dalla patria in cerca di nuove sedi. Quest’ultimo fatto è rammentato ancor
ammentato ancora dall’Alighieri, ov’egli parla dell’indovino Tiresia, di Manto figlia di lui, e dell’origine di Mantova pa
dall’Alighieri, ov’egli parla dell’indovino Tiresia, di Manto figlia di lui, e dell’origine di Mantova patria di Virgilio
i parla dell’indovino Tiresia, di Manto figlia di lui, e dell’origine di Mantova patria di Virgilio. Noi avremo occasione
ino Tiresia, di Manto figlia di lui, e dell’origine di Mantova patria di Virgilio. Noi avremo occasione di tenerne proposi
i, e dell’origine di Mantova patria di Virgilio. Noi avremo occasione di tenerne proposito in un altro Capitolo destinato
i antichi tragici e delle antiche plebi ; ed alcuni non hanno cessato di comparire anche sui moderni teatri francesi ed it
he sui moderni teatri francesi ed italiani. Basterà citare la Pelopea di Pellegrin e l’Atreo di Crebillon e di Voltaire ;
rancesi ed italiani. Basterà citare la Pelopea di Pellegrin e l’Atreo di Crebillon e di Voltaire ; il Tieste di Ugo Foscol
iani. Basterà citare la Pelopea di Pellegrin e l’Atreo di Crebillon e di Voltaire ; il Tieste di Ugo Foscolo, l’Agamennone
Pelopea di Pellegrin e l’Atreo di Crebillon e di Voltaire ; il Tieste di Ugo Foscolo, l’Agamennone e l’Oreste di Alfieri.
lon e di Voltaire ; il Tieste di Ugo Foscolo, l’Agamennone e l’Oreste di Alfieri. Inoltre appartenenti a questa stirpe dei
stirpe dei Pelopidi furono due dei principali personaggi del l’Iliade di Omero, a istigazione dei quali s’imprese e si con
, a istigazione dei quali s’imprese e si condusse a termine la guerra di Troia. È dunque indispensabile nella classica let
a guerra di Troia. È dunque indispensabile nella classica letteratura di tutti i popoli e di tutti i tempi il conoscere al
dunque indispensabile nella classica letteratura di tutti i popoli e di tutti i tempi il conoscere almeno i fatti princip
ti i popoli e di tutti i tempi il conoscere almeno i fatti principali di questa stirpe funesta e troppo famosa per infami
l parlare dei dannati celebri dell’ Inferno pagano, dicemmo che padre di Pelope fu Tantalo condannato alle pene del Tartar
e risuscitato da Giove. Ora è a dirsi che egli sposò Ippodamia figlia di Enomao, re d’ Elide e Pisa119, ed ebbe molti figl
figliuoli e discendenti che sono in comune appellati col patronimico di Pelopidi. Ma il modo con cui Pelope ottenne la sp
allontanare i pretendenti proponeva loro condizioni durissime, cioè o di superarlo nella corsa dei cocchi (ed egli co’ suo
cocchi (ed egli co’ suoi cavalli figli del Vento era insuperabile), o di essere uccisi se perdevano. E già più d’uno aveva
ua patria, e volle tentare anch’egli il periglioso arringo ; ma cercò di uscirne vittorioso colla frode e col tradimento.
terra morì. Pelope rimase senza contrasto vincitore, e divenne sposo di Ippodamia e re di Elide. Quanto poi al premio pro
e rimase senza contrasto vincitore, e divenne sposo di Ippodamia e re di Elide. Quanto poi al premio promesso a Mirtilo no
rto, » ma fingendosi irritato delle indiscrete e ardite pretenzioni di lui, lo fece gittar nel mare. Per altro nell’ amm
a quella penisola della Grecia che ora chiamasi Morea, e che dal nome di Pelope fu detta dagli antichi Peloponneso. Da Ipp
fame furono Atreo e Tieste. L’inimicizia e la perfidia impareggiabile di questi due mostruosi fratelli furono rese più orr
tornò indietro dal suo corso. All’opposto la plebe antica dilettavasi di veder rappresentato sulle scene questo ferale spe
ferale spettacolo. Orazio nella Pœtica dà per precetto agli scrittori di tragedie di non far cuocere al nefando Atreo le c
acolo. Orazio nella Pœtica dà per precetto agli scrittori di tragedie di non far cuocere al nefando Atreo le carni umane s
eo : « È sepolcro ai suoi figli il padre loro121. » L’odio esecrando di Atreo e di Tieste non solo durò finchè vissero qu
polcro ai suoi figli il padre loro121. » L’odio esecrando di Atreo e di Tieste non solo durò finchè vissero questi fratel
eremo implicato Egisto nei loro domestici casi. Infatti occorre prima di tutto di dover dire che Egisto uccise a tradiment
licato Egisto nei loro domestici casi. Infatti occorre prima di tutto di dover dire che Egisto uccise a tradimento Atreo s
to Atreo suo zio, e quindi con Tieste suo padre s’impadronì del regno di Micene e ne cacciò Agamennone e Menelao legittimi
imi eredi. Questi si rifugiarono a Sparta nella corte del re Tindaro, di cui sposarono le figlie Clitennestra ed Elena ; q
Tieste ed Egisto, ricuperando il paterno regno ; del quale per patto di famiglia divenne re il solo Agamennone, essendo M
miglia divenne re il solo Agamennone, essendo Menelao erede del trono di Sparta, poichè eran già morti e divenuti Dei ed A
ltre delle molte fila ond’ è formata la lunga epica tela della guerra di Troia. LV Gli Antenati di Achille Dopo es
rmata la lunga epica tela della guerra di Troia. LV Gli Antenati di Achille Dopo esserci contristati gli occhi e ’
chi e ’l petto nel leggere e nell’intendere gli orrori degli Antenati di Agamennone e Menelao, ci sorride la speranza di c
orrori degli Antenati di Agamennone e Menelao, ci sorride la speranza di confortarci nel riandar la vita e le gesta degli
speranza di confortarci nel riandar la vita e le gesta degli Antenati di Achille, di quell’Erœ che fu invidiato da Alessan
confortarci nel riandar la vita e le gesta degli Antenati di Achille, di quell’Erœ che fu invidiato da Alessandro Magno, p
o Magno, perchè ebbe per banditore delle sue lodi Omero. La prosapia di Achille deriva da Giove : genus ab Jove summo ; p
eriva da Giove : genus ab Jove summo ; poichè Eaco suo avo era figlio di Giove e di Egina. Eaco nacque in quell’isola dell
ove : genus ab Jove summo ; poichè Eaco suo avo era figlio di Giove e di Egina. Eaco nacque in quell’isola dell’Arcipelago
o nacque in quell’isola dell’Arcipelago che portò anticamente il nome di sua madre, e che ora con poca differenza di suono
portò anticamente il nome di sua madre, e che ora con poca differenza di suono chiamasi Engía o Enghía. Quest’isola fu don
a di suono chiamasi Engía o Enghía. Quest’isola fu donata da Asopo re di Beozia a sua figlia Egina, e perciò divenne il re
a da Asopo re di Beozia a sua figlia Egina, e perciò divenne il regno di Eaco. Ma la stizzosa e vendicativa Giunone, usa a
ripopolò quel regno in un modo miracoloso : fece uscire da un tronco di quercia una gran quantità di grosse formiche, le
do miracoloso : fece uscire da un tronco di quercia una gran quantità di grosse formiche, le quali appena toccata terra di
grosse formiche, le quali appena toccata terra divennero uomini tutti di ferro e di valore armati. Così raccontano i pœti,
iche, le quali appena toccata terra divennero uomini tutti di ferro e di valore armati. Così raccontano i pœti, i quali er
mati. Così raccontano i pœti, i quali erano in quell’epoca più arditi di Darwin e compagni Antropologi a far derivare gli
ri derivati dalle formiche son quei prodi Mirmìdoni sudditi e soldati di Achille all’ assedio di Troia. Forse la radicale
he son quei prodi Mirmìdoni sudditi e soldati di Achille all’ assedio di Troia. Forse la radicale del loro nome, che in gr
zia « Fosse in Egina il popol tutto infermo, « Quando fu l’ær sì pien di malizia, « Che gli animali, infino al picciol ver
le genti antiche « Secondo che i pœti hanno per fermo, « Si ristorâr di seme di formiche ; « Ch’era a veder per quella os
i antiche « Secondo che i pœti hanno per fermo, « Si ristorâr di seme di formiche ; « Ch’era a veder per quella oscura val
to Foco. Di Telamone abbiamo già detto che fu uno degli Argonauti ; e di altre sue imprese e vicende, come pure de’ suoi d
e Teucro, parleremo più opportunamente in appresso. Ora convien dire di Peleo che fu il padre di Achille. Peleo dopo la
opportunamente in appresso. Ora convien dire di Peleo che fu il padre di Achille. Peleo dopo la morte di Eaco abbandonò (
onvien dire di Peleo che fu il padre di Achille. Peleo dopo la morte di Eaco abbandonò (non si sa bene per quali motivi)
la morte di Eaco abbandonò (non si sa bene per quali motivi) l’isola di Egina, e seguìto dai Mirmidoni andò nella Grecia
no in quella parte della Tessaglia che era detta Ftiòtide dalla città di Ftia sua capitale. Quantunque piccolo principe me
dalla città di Ftia sua capitale. Quantunque piccolo principe meritò di sposare una Dea ; e questa fu Teti ninfa marina,
tino essendo conosciuto da Giove e dagli altri Dei, trattenne ciascun di loro dallo sposar Teti, e tutti d’accordo convenn
tenne ciascun di loro dallo sposar Teti, e tutti d’accordo convennero di unirla in matrimonio con quel mortale che ne foss
nirla in matrimonio con quel mortale che ne fosse più degno per bontà di animo e per parentela coi Numi ; e il prescelto f
arentela coi Numi ; e il prescelto fu Peleo, ottimo principe e nipote di Giove. Furono queste le più splendide nozze che f
le Dee, esclusa soltanto la Discordia. Ma questa Dea maligna e nemica di pace trovò il modo di spargere dissensioni tra i
to la Discordia. Ma questa Dea maligna e nemica di pace trovò il modo di spargere dissensioni tra i convitati gettando dal
le Dee, e cagionato un grande impæcio agli Dei, nell’esser richiesti di pronunziare un verdetto così pericoloso. Giove st
to così pericoloso. Giove stesso se ne scusò prudentemente, e propose di farne giudice un semplice pastore che senza preve
se senza voler cedere, cioè Giunone, Minerva e Venere, e consentirono di starsene al lodo dell’arbitro rusticano. Furono d
moglie. Il pastore consegnò l’aureo pomo a Venere. Fu giusto giudice di certo, poichè Venere, come tutti sanno, era la De
a Paride la promessa sarà detto nel parlar dell’origine della guerra di Troia. Ora è a dirsi che dal matrimonio di Peleo
dell’origine della guerra di Troia. Ora è a dirsi che dal matrimonio di Peleo con Teti nacque un figlio che fu chiamato A
apeva già dal libro del Fato che questo suo figlio sarebbe un fulmine di guerra ; quindi per maggior sicurezza procurò di
o sarebbe un fulmine di guerra ; quindi per maggior sicurezza procurò di renderlo invulnerabile tuffandolo nelle acque del
se a prendere una nuova precauzione, a trafugare il figlio nell’isola di Sciro e nasconderlo in gonna femminile tra le dam
nell’isola di Sciro e nasconderlo in gonna femminile tra le damigelle di Deidamia figlia del re Licomede. Ivi rimase Achil
amo giunti col racconto all’ epoca in cui ebbe luogo la famosa guerra di Troia, è tempo di parlare di questa città e dei s
conto all’ epoca in cui ebbe luogo la famosa guerra di Troia, è tempo di parlare di questa città e dei suoi re, come pure
epoca in cui ebbe luogo la famosa guerra di Troia, è tempo di parlare di questa città e dei suoi re, come pure della vera
di parlare di questa città e dei suoi re, come pure della vera causa di quella guerra. LVI La città di Troia e i suo
oi re, come pure della vera causa di quella guerra. LVI La città di Troia e i suoi re Dalla Grecia convien passare
one fra l’Ellesponto ed il monte Ida esisteva l’antica e famosa città di Troia. Sino al 1870 non si seppe neppur dire con
a città di Troia. Sino al 1870 non si seppe neppur dire con sicurezza di non errare : qui fu ; di modo che taluni dubitaro
1870 non si seppe neppur dire con sicurezza di non errare : qui fu ; di modo che taluni dubitaron perfino se la città di
on errare : qui fu ; di modo che taluni dubitaron perfino se la città di Troia fosse mai esistita. Lo stesso Cantù nelle p
za risolverlo ; e soltanto si affermò da qualcuno che sopra una parte di quel classico terreno sorge un villaggio turco ch
nn avendo fatte escavazioni in quella regione perfino alla profondità di 14 metri, è giunto a dissotterrare una gran parte
ità di 14 metri, è giunto a dissotterrare una gran parte delle rovine di quella celebre città, ed asserisce pubblicamente
ubblicamente per le stampe nel suo libro intitolato Antichità Troiane di essere stato il primo a scuoprire l’identità di p
ato Antichità Troiane di essere stato il primo a scuoprire l’identità di posizione della esistente Hissarlik con l’antica
di posizione della esistente Hissarlik con l’antica e distrutta città di Troia. E poichè un inglese di nome Frank Calvert,
issarlik con l’antica e distrutta città di Troia. E poichè un inglese di nome Frank Calvert, da molti anni abitante e poss
un inglese di nome Frank Calvert, da molti anni abitante e possidente di terreni nella regione asiatica presso lo stretto
egione asiatica presso lo stretto dei Dardanelli, reclamò la priorità di tale scoperta, questa è pel mondo letterario una
n solo l’esistenza, ma anche la precisa ubicazione della famosa città di Troia123. Il nome di Troia, con cui questa città
anche la precisa ubicazione della famosa città di Troia123. Il nome di Troia, con cui questa città è passata ai posteri,
Canto i dell’Inferno, facendo dire a Virgilio : « Pœta fui e cantai di quel giusto « Figliuol d’Anchise che venne da Tro
e dovrà dedurre dalla Mitologia e dai classici antichi la differenza di significato di quei due termini per intendere il
e dalla Mitologia e dai classici antichi la differenza di significato di quei due termini per intendere il preciso concett
el dar la spiegazione degli altri nomi della stessa città. I vocaboli di Dardania, Teucria, Ilio e Troia adoprati comuneme
prati comunemente come sinonimi della stessa città, derivano dal nome di altrettanti re Troiani : e, se di questi fosse ac
lla stessa città, derivano dal nome di altrettanti re Troiani : e, se di questi fosse accertata la cronologia e la Storia,
a la cronologia e la Storia, sarebbe molto facile determinare l’epoca di quelle denominazioni e la diversa estensione dell
versale non ha potuto dare un giudizio sicuro sulla genealogia dei re di Troia e sulla verità dei fatti che di loro si rac
sicuro sulla genealogia dei re di Troia e sulla verità dei fatti che di loro si raccontano. Dovendosi quindi ricorrere al
rirò per lo scopo del mio racconto mitologico le splendide asserzioni di Omero, di Virgilio e di Dante alle sparute anatom
o scopo del mio racconto mitologico le splendide asserzioni di Omero, di Virgilio e di Dante alle sparute anatomie o anali
o racconto mitologico le splendide asserzioni di Omero, di Virgilio e di Dante alle sparute anatomie o analisi critiche di
mero, di Virgilio e di Dante alle sparute anatomie o analisi critiche di certi antichi eruditi e di taluni moderni filolog
e alle sparute anatomie o analisi critiche di certi antichi eruditi e di taluni moderni filologi. Ed ecco prima di tutto l
di certi antichi eruditi e di taluni moderni filologi. Ed ecco prima di tutto la genealogia dei re Troiani quale Omero fa
Troiani quale Omero fa dirla da Enea ad Achille : « Ma se più brami di mia stirpe udire « Al mondo chiara, primamente Gi
ente Erittonio……. « ……. D’Erittonio nacque « Trœ re de’Troiani, e poi di Trœ « Generosi tre figli Ilo ed Assaraco « E il
aomedonte ; « Titone a questo e Priamo e Lampo e Clizio « E l’alunno di Marte Icetaone ; « Assaraco ebbe Capi e Capi Anch
ardano come fondatore e primo re della città che da lui prese il nome di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra u
re della città che da lui prese il nome di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie di Atlante.
ittà che da lui prese il nome di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie di Atlante. In tutto c
di Dardania. Egli era figlio di Giove e di Elettra una delle 7 figlie di Atlante. In tutto ciò concorda anche Virgilio, ch
è anche Giulio Cesare dittatore discendeva dai Troiani, e il suo nome di Giulio derivava da quello di Giulo Ascanio figlio
re discendeva dai Troiani, e il suo nome di Giulio derivava da quello di Giulo Ascanio figlio di Enea, come asserisce Virg
i, e il suo nome di Giulio derivava da quello di Giulo Ascanio figlio di Enea, come asserisce Virgilio125. Nella Cronologi
l Cantù tra i Documenti della sua Storia Universale, è posto il regno di Dardano dal 1568 al 1537 avanti G. C. ; ma sono i
dano, cioè Scamandro e Teucro ; e da questo re si fa derivare il nome di Teucria dato alla città ed anche al territorio Tr
per altro son quegli stessi rammentati da Omero. Di Erittonio figlio di Dardano i mitologi non raccontano alcun fatto not
ontano alcun fatto notabile ; e molti danno questo nome ad Eretteo re di Atene che fu figlio di Vulcano. Anche Omero, come
bile ; e molti danno questo nome ad Eretteo re di Atene che fu figlio di Vulcano. Anche Omero, come abbiam veduto, lo dice
no. Anche Omero, come abbiam veduto, lo dice soltanto il più opulento di ogni altro re. Da Erittonio nacque Trœ, o Troo, o
i ogni altro re. Da Erittonio nacque Trœ, o Troo, onde vennero i nomi di Troia e di Troiani, come dal nome del figlio suo
o re. Da Erittonio nacque Trœ, o Troo, onde vennero i nomi di Troia e di Troiani, come dal nome del figlio suo Ilo derivò
di Troia e di Troiani, come dal nome del figlio suo Ilo derivò quello di Ilion (in italiano Ilio) alla città stessa. Omero
ma gli altri pœti usano per lo più indiscriminatamente i diversi nomi di Troia : solo alcuni intendono per Ilio l’interno
Questa distinzione che riconoscesi più d’una volta nelle espressioni di Virgilio fu adottata dall’Alighieri nelle due ter
sioni di Virgilio fu adottata dall’Alighieri nelle due terzine citate di sopra. Il nome poi di Pèrgamo era dato soltanto a
dottata dall’Alighieri nelle due terzine citate di sopra. Il nome poi di Pèrgamo era dato soltanto alla parte più alta e p
evato ; e per questa stessa etimologia pergamo in italiano è sinonimo di pulpito. Tra i figli di Trœ o Troo è da notarsi n
ssa etimologia pergamo in italiano è sinonimo di pulpito. Tra i figli di Trœ o Troo è da notarsi non solo Ilo che fu re di
ulpito. Tra i figli di Trœ o Troo è da notarsi non solo Ilo che fu re di Troia dopo la morte del padre, ma anche Assàraco
e Ganimede. « Assàraco ebbe Capi e Capi Anchise, » che fu genitore di Enea, come fa dire Omero da Enea stesso ; quindi
tesso ; quindi Assàraco è lo stipite della stirpe e della discendenza di Enea, e perciò i Romani, discendenti dai Troiani,
Eneidi da Virgilio, son detti ancora Gens Assaraci, ossia discendenti di Assaraco. Quanto poi a Ganimede dicemmo già nel N
Quanto poi a Ganimede dicemmo già nel N° XV che fu rapito dall’aquila di Giove e trasportato in cielo per far da coppiere
to parola quasi tutti i pœti ; ed anche nella prosa del volgo il nome di Ganimede è usato per indicare un giovane azzimato
iovane azzimato e lezioso. Dagli Antichi per altro ebbe anche l’onore di esser posto nella Costellazione detta dell’ Aquar
detta dell’ Aquario, che è uno dei dodici segni del Zodiaco e rifulge di 127 stelle. Dante non si è già dimenticato di ra
del Zodiaco e rifulge di 127 stelle. Dante non si è già dimenticato di rammentar Ganimede. Nel Canto ix del Purgatorio n
già le notti al mezzo dì sen vanno. » Laomedonte fu l’unico figlio di Ilo e il penultimo re di Troia ; e di lui parlano
sen vanno. » Laomedonte fu l’unico figlio di Ilo e il penultimo re di Troia ; e di lui parlano più a lungo i Mitologi c
Laomedonte fu l’unico figlio di Ilo e il penultimo re di Troia ; e di lui parlano più a lungo i Mitologi che di tutti i
l penultimo re di Troia ; e di lui parlano più a lungo i Mitologi che di tutti i suoi predecessori ; ma lo rappresentano c
ntano con caratteristiche poco favorevoli, cioè come un gran mancator di fede, non però impunemente. L’ultima cinta delle
ran mancator di fede, non però impunemente. L’ultima cinta delle mura di Troia fu ordinata da Laomedonte, ed i pœti aggiun
mali dovevano tutti gli anni esporre a un mostro marino una fanciulla di lor nazione per esser divorata come vittima espia
lor nazione per esser divorata come vittima espiatoria. Sulla scelta di questa decideva la sorte, la quale dopo qualche a
rreva quella regione limitrofa alla Troade. Avuta notizia dell’editto di Laomedonte, s’impegnò col re di uccidere l’orca,
lla Troade. Avuta notizia dell’editto di Laomedonte, s’impegnò col re di uccidere l’orca, a patto però che gli desse in pr
non stette a pregar gli Dei che punissero il re spergiuro e mancator di parola ; ma col proprio braccio e coll’aiuto di T
spergiuro e mancator di parola ; ma col proprio braccio e coll’aiuto di Telamone e di pochi altri compagni s’impadronì di
ancator di parola ; ma col proprio braccio e coll’aiuto di Telamone e di pochi altri compagni s’impadronì di Troia, la sac
raccio e coll’aiuto di Telamone e di pochi altri compagni s’impadronì di Troia, la saccheggiò, uccise Laomedonte, prese Es
o ed infelicissimo re Troiano passò alla posterità. Degli altri figli di Laomedonte rammentati da Omero nei versi sopracit
endo l’Aurora ottenuto per esso dagli Dei l’immortalità, si dimenticò di chiedere ad un tempo la perpetua giovinezza del s
ciò Titone invecchiò tanto che venne in uggia a sè stesso, e desiderò di morire. Gli Dei lo cangiarono in cicala, trasform
nell’estrema sua vecchiezza. Riscattato che fu Priamo e proclamato re di Troia, sposò Ècuba figlia di Dimante re di Tracia
Riscattato che fu Priamo e proclamato re di Troia, sposò Ècuba figlia di Dimante re di Tracia, e da essa ebbe molti figli,
fu Priamo e proclamato re di Troia, sposò Ècuba figlia di Dimante re di Tracia, e da essa ebbe molti figli, di ciascuno d
osò Ècuba figlia di Dimante re di Tracia, e da essa ebbe molti figli, di ciascuno dei quali dovrà parlarsi nel raccontare
contare le estreme sventure della loro patria ; e prima converrà dire di quello che ne fu causa, cioè di Paride. I poeti s
a loro patria ; e prima converrà dire di quello che ne fu causa, cioè di Paride. I poeti si fanno dalla lontana, e veramen
lla lontana, e veramente ab ovo, narrando che Ecuba quand’era incinta di questo figlio sognò di aver partorito una fiamma
e ab ovo, narrando che Ecuba quand’era incinta di questo figlio sognò di aver partorito una fiamma che incendiava tutta l’
appena nato i genitori lo fecero esporre in un bosco, perchè perisse di disagio, o fosse divorato da qualche fiera ; ma i
sse di disagio, o fosse divorato da qualche fiera ; ma invece avvenne di lui come di Edipo, che fu trovato vivo da un past
io, o fosse divorato da qualche fiera ; ma invece avvenne di lui come di Edipo, che fu trovato vivo da un pastore ed allev
tre Dee, come dicemmo. In qual modo poi egli desse causa alla guerra di Troia si dirà subito nel prossimo capitolo. LV
si dirà subito nel prossimo capitolo. LVII Origine della guerra di Troia e preparativi per la medesima Dopo che V
rativi per la medesima Dopo che Venere ebbe riportato pel giudizio di Paride il più splendido trionfo nel vanto della b
e, convenne pure che pensasse a mantener la promessafatta al giudice, di procurargli cioè per moglie la più bella donna de
e del re Menelao, come dicemmo : e questa stessa, secondo le promesse di Venere, doveva divenir moglie dell’umile pastore
facilmente neppur da una Dea. In quanto al pastore fu trovato il modo di farlo riconoscere per figlio di Priamo e di Ecuba
quanto al pastore fu trovato il modo di farlo riconoscere per figlio di Priamo e di Ecuba in un torneo in cui Paride vins
astore fu trovato il modo di farlo riconoscere per figlio di Priamo e di Ecuba in un torneo in cui Paride vinse tutti i fi
utti i figli del re ; e in tale occasione investigando essi l’origine di lui, scuoprirono che egli era il loro fratello es
bino nelle selve, e per tale lo riconobbero senza pensar più al sogno di Ecuba e all’interpretazione di quello. Così Parid
riconobbero senza pensar più al sogno di Ecuba e all’interpretazione di quello. Così Paride divenne principe reale, e per
terpretazione di quello. Così Paride divenne principe reale, e perciò di nascita pari a quella di Elena ; e come fanno tut
Così Paride divenne principe reale, e perciò di nascita pari a quella di Elena ; e come fanno tutti i giovani principi and
ollero rendere nè l’una nè gli altri. Ecco la vera causa della guerra di Troia, perchè Menelao offeso nei sentimenti di am
era causa della guerra di Troia, perchè Menelao offeso nei sentimenti di amor proprio e nell’interesse, giurò vendetta e l
e, giurò vendetta e l’ottenne. D’accordo col suo fratello Agamennone, di lui più potente e più ardito, rappresentò a tutti
sulto nazionale, come un’ onta all’intera Grecia ; e la maggior parte di questi principi accorse ad un generale congresso
un generale congresso in Argo, ove mossi dalle parole e dall’autorità di Agamennone consentirono a portar guerra di esterm
lle parole e dall’autorità di Agamennone consentirono a portar guerra di esterminio ai Troiani, ed elessero Agamennone ste
di esterminio ai Troiani, ed elessero Agamennone stesso Duce supremo di quell’impresa nazionale e capo di tutti i princip
sero Agamennone stesso Duce supremo di quell’impresa nazionale e capo di tutti i principi collegati. Ecco perchè egli è ch
e dei re, e da Dante lo Gran Duca dei Greci. Fu risoluto che il luogo di convegno per far tutti insieme il passaggio per m
far tutti insieme il passaggio per mare nella Troade sarebbe il porto di Aulide nella Beozia in faccia all’isola di Eubea.
la Troade sarebbe il porto di Aulide nella Beozia in faccia all’isola di Eubea. Vi accorsero infatti principi ed armati da
rti della Grecia, ma non tanto in fretta, perchè molti ebbero bisogno di prender tempo per prepararsi ; altri pensandovi m
he meritarono in appresso, per le loro grandi gesta in quell’impresa, di esser fatti da Omero i protagonisti dei suoi due
o i protagonisti dei suoi due poemi l’Iliade e l’Odissea. E veramente di Achille non sapevasi dove fosse, ed Ulisse diceva
Fortunatamente essendo venuto in Aulide tra i primi Palamede figlio di Nauplio, re della vicina isola di Eubea, egli, in
Aulide tra i primi Palamede figlio di Nauplio, re della vicina isola di Eubea, egli, ingegnosissimo qual era, sospettò ac
i, ingegnosissimo qual era, sospettò accortamente che Ulisse fingesse di esser pazzo per non andare alla guerra e non lasc
Penelope e il suo Telemaco ; e recatosi in Itaca scuoprì la finzione di lui e lo indusse a seguirlo. Ulisse poi si diede
i nascondesse in abito femminile) fu questo : Si travestì da mercante di gioie, e andò ad offrirle nelle corti alle princi
fece palese Achille ; il quale dimenticando il suo travestimento, su di essa fissò il suo sguardo, e a quella diè di pigl
il suo travestimento, su di essa fissò il suo sguardo, e a quella diè di piglio, quando appositamente Ulisse fingendo un i
itamente Ulisse fingendo un improvviso assalto, fe’ suonare la tromba di guerra. Fu allora deciso dei futuri destini di Ac
fe’ suonare la tromba di guerra. Fu allora deciso dei futuri destini di Achille. All’eloquente invito di Ulisse s’infiamm
Fu allora deciso dei futuri destini di Achille. All’eloquente invito di Ulisse s’infiammarono gli spiriti guerreschi del
a effemminata ed oscura preferì una breve esistenza terrena, ma piena di gloria immortale ; nè valse a ritardarlo e tratte
ia immortale ; nè valse a ritardarlo e trattenerlo in Sciro l’affetto di Deidamia figlia del re, che egli aveva segretamen
aveva segretamente sposata ; e dalla mollezza e dagli agi della corte di Licomede partì con Ulisse per i duri travagli del
uerrieri, che per quanto fece dire Dante a Virgilio, « ……. Grecia fu di maschi vota « Sì, che appena rimaser per le cune 
soggiunge : « Onde pianse Ifigènia il suo bel volto « E fe’ pianger di sè i folli e i savi « Che udîr parlar di così fat
uo bel volto « E fe’ pianger di sè i folli e i savi « Che udîr parlar di così fatto cólto. » Secondo altri però la Dea Di
ima fune. » LVIII Decenne assedio e battaglie intorno alle mura di Troia Nel tempo che i Greci si preparavano per
raevano delle nuove. Priamo era già vecchio ; ma aveva un gran numero di figli esercitati tutti nelle armi, e più valente
fu giunta in vista delle coste della Troade, scorse in diversi punti di quelle schierato l’esercito troiano, o ad impedir
mano dello stesso Ettore. È ricordata con somme lodi Laodamia moglie di lui affettuosissima, la quale desiderando di vede
mme lodi Laodamia moglie di lui affettuosissima, la quale desiderando di veder l’ombra del marito e poi morire, fu trovata
e non ebbero ugual fama, e colla loro morte pagarono il primo tributo di sangue al Dio della guerra. Ma, finalmente, respi
onvien dire che ai tempi nostri non si capisce facilmente qual genere di guerra intendessero i Greci di fare ai Troiani, o
non si capisce facilmente qual genere di guerra intendessero i Greci di fare ai Troiani, ossia qual fosse la loro tattica
attica e il loro disegno, o, come suol dirsi francescamente, il piano di guerra, perchè non cinsero mai la città di Troia
i francescamente, il piano di guerra, perchè non cinsero mai la città di Troia in modo che non potesse ricever di fuori e
chè non cinsero mai la città di Troia in modo che non potesse ricever di fuori e viveri e truppe ausiliarie, nè mai, per n
rovarono forse degli ostacoli che non avevano preveduti : la mancanza di provvisioni li costringeva a sbandarsi per vettov
ente d’assedio la città da bloccarla ; nè fino al decimo anno osarono di assaltarla ; nè i Troiani di abbandonare il siste
occarla ; nè fino al decimo anno osarono di assaltarla ; nè i Troiani di abbandonare il sistema difensivo. I fatti perciò
di abbandonare il sistema difensivo. I fatti perciò e gli avvenimenti di quei primi nove anni si riducono a pochi : la noi
ochi, fatalità e superstizioni per tenere a bada i soldati, e pascere di speranze la loro credulità. Attribuivasi infatti
delle sentinelle e delle evoluzioni militari ; e si aggiunge inoltre di quattro lettere dell’alfabeto greco. Il suo ingeg
eco. Il suo ingegno straordinario meritava però miglior sorte, poichè di lui si racconta che fu condannato a morte dai Gre
ui si racconta che fu condannato a morte dai Greci per falso sospetto di tradimento ; e questo giudizio fu dichiarato iniq
o da Socrate ai giudici che lo condannarono 129. Fu un infame delitto di Ulisse quello di far comparir reo Palamede per me
iudici che lo condannarono 129. Fu un infame delitto di Ulisse quello di far comparir reo Palamede per mezzo di falsi docu
nfame delitto di Ulisse quello di far comparir reo Palamede per mezzo di falsi documenti di corrispondenza col nemico, sot
isse quello di far comparir reo Palamede per mezzo di falsi documenti di corrispondenza col nemico, sotterrati a bella pos
ti di corrispondenza col nemico, sotterrati a bella posta nella tenda di esso. Anche Virgilio nel libro ii dell’Eneide par
ta nella tenda di esso. Anche Virgilio nel libro ii dell’Eneide parla di Palamede, e ne fa da Sinone attribuire la morte a
de, e ne fa da Sinone attribuire la morte all’invidia e al tradimento di Ulisse in questi termini, secondo la traduzione d
ia e al tradimento di Ulisse in questi termini, secondo la traduzione di Annibal Caro : « Non so se, ragionandosi, agli o
nnibal Caro : « Non so se, ragionandosi, agli orecchi « Ti venne mai di Palamede il nome, « Che nomato e pregiato e glorï
maramente il piansi. » Ma che Ulisse avesse ciò fatto per vendicarsi di Palamede, che aveva scoperto la sua simulazione d
esiste, qualunque ne fosse il motivo, nessuno scusa nè assolve Ulisse di avere inventato una sì nera calunnia. Immaginaron
oia potesse esser presa dai Greci ; e perciò furono dette le fatalità di Troia. Se ne contano sei : 1ª Fatalità. — Doveva
Se ne contano sei : 1ª Fatalità. — Doveva prender parte alla guerra di Troia un discendente di Eaco ; e questa fatalità
Fatalità. — Doveva prender parte alla guerra di Troia un discendente di Eaco ; e questa fatalità si avverò la prima colla
scendente di Eaco ; e questa fatalità si avverò la prima colla venuta di Achille, che era figlio di Peleo e nipote di Eaco
a fatalità si avverò la prima colla venuta di Achille, che era figlio di Peleo e nipote di Eaco, e perciò chiamato dai poe
rò la prima colla venuta di Achille, che era figlio di Peleo e nipote di Eaco, e perciò chiamato dai poeti il Pelìde e l’E
ccie d’Ercole, che quest’Eroe morendo lasciò a Filottete coll’obbligo di non manifestarle ad alcuno, come dicemmo. I Greci
reci pregarono tanto Filottete che ei le portò in Aulide ; ma in pena di aver mancato alla promessa fatta ad Ercole, nel m
le, nel maneggiar quelle freccie che erano tinte nel sangue dell’Idra di Lerna, glie ne cadde una in un piede, e gli cagio
nte, che i Greci nell’andare a Troia lo abbandonarono solo nell’isola di Lenno. In appresso però avendo bisogno di quelle
bandonarono solo nell’isola di Lenno. In appresso però avendo bisogno di quelle freccie, lo andarono a riprendere e lo fec
e lo fecero curare dai medici dell’armata Macaone e Podalirio, figli di Esculapio, che lo guarirono. 3ª Fatalità. — Dovev
Fatalità. — Doveva divenire amico un nemico ; e questi era Tèlefo re di Misia. Telefo, quantunque di sangue greco per par
amico un nemico ; e questi era Tèlefo re di Misia. Telefo, quantunque di sangue greco per parte di padre perchè era figlio
era Tèlefo re di Misia. Telefo, quantunque di sangue greco per parte di padre perchè era figlio di Ercole, essendo divenu
lefo, quantunque di sangue greco per parte di padre perchè era figlio di Ercole, essendo divenuto re di Misia, regione lim
o per parte di padre perchè era figlio di Ercole, essendo divenuto re di Misia, regione limitrofa alla Troade, dovè, per r
divenuto re di Misia, regione limitrofa alla Troade, dovè, per ragion di Stato, fare alleanza con Priamo contro i Greci ;
ggir dal suo regno ; e per maggiore sciagura rimase colpito dall’asta di Achille, le cui ferite erano insanabili. Consulta
e sottostare a qualunque condizione. Guarito colla limatura del ferro di quell’asta rimase nel campo greco in adempimento
co in adempimento dei patti, e divenne amico dei Greci per sentimento di gratitudine. Dante rammenta questa virtù dell’ast
per sentimento di gratitudine. Dante rammenta questa virtù dell’asta di Achille nei seguenti versi del Canto xxx dell’Inf
e soleva la lancia « D’Achille e del suo padre esser cagione « Prima di trista e poi di buona mancia. » 4ª Fatalità. — B
ia « D’Achille e del suo padre esser cagione « Prima di trista e poi di buona mancia. » 4ª Fatalità. — Bisognava impedir
i di buona mancia. » 4ª Fatalità. — Bisognava impedire che i cavalli di Reso re di Tracia, bevessero le acque del fiume X
mancia. » 4ª Fatalità. — Bisognava impedire che i cavalli di Reso re di Tracia, bevessero le acque del fiume Xanto ; il c
re di Tracia, bevessero le acque del fiume Xanto ; il che significava di impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed er
sero le acque del fiume Xanto ; il che significava di impedire a Reso di recar soccorsi a Troia ; ed era questa non già un
d era questa non già una superstizione, ma una necessaria precauzione di guerra. Ulisse e Diomede provvidero che si avvera
ima che arrivasse a Troia e portando nelle greche trinciere i cavalli di lui. 5ª Fatalità. — Dovevano i Greci impadronirsi
lità. — Dovevano i Greci impadronirsi del Palladio che era nel tempio di Pallade dentro alla rocca di Troia. Ulisse e Diom
dronirsi del Palladio che era nel tempio di Pallade dentro alla rocca di Troia. Ulisse e Diomede essendo penetrati in Troi
io pena vi si porta. » 6ª Fatalità. — Dovevasi abbattere il sepolcro di Laomedonte : e questa fatalità fu compiuta per op
a loro città, come vedremo. Nel decimo anno del lungo e lento assedio di Troia avvennero intorno alle mura di essa le più
o anno del lungo e lento assedio di Troia avvennero intorno alle mura di essa le più memorabili battaglie, che furono narr
contiene la lunga serie ; e perciò per traslato suol dirsi un’iliade di sventure a significare una lunga serie di esse. S
aslato suol dirsi un’iliade di sventure a significare una lunga serie di esse. Sebbene il titolo d’Iliade che diede Omero
ero al suo poema, derivando da Ilio, appelli in generale alle vicende di Troia, il poeta sovrano ne ristrinse così i limit
Achei, molte anzi tempo all’Orco « Generose travolse alme d’eroi, « E di cani e di augelli orrido pasto « Le salme abbando
te anzi tempo all’Orco « Generose travolse alme d’eroi, « E di cani e di augelli orrido pasto « Le salme abbandonò (così d
roi, « E di cani e di augelli orrido pasto « Le salme abbandonò (così di Giove « L’alto consiglio s’adempia), da quando « 
di Atride e il divo Achille. » Omero dunque cantò nell’Iliade l’ira di Achille e le funeste conseguenze di quella. Il po
ro dunque cantò nell’Iliade l’ira di Achille e le funeste conseguenze di quella. Il poema comincia dal narrare la causa ch
icizia fra Achille ed Agamennone, e termina con la morte e le esequie di Ettore. Il tempo in cui avvennero tutti i fatti i
ia prima d’ora letto l’Iliade, potrà, dopo l’introduzione da me fatta di sopra a questa lettura, intender tutto il poema s
e i fatti principali che vi si contengono, per l’obbligo che mi corre di non lasciar lacune nel mio umile racconto. La cau
cose. — Aveva Agamennone una schiava chiamata Crisèide perchè figlia di Crisa sacerdote e re ; e venuto il padre a riscat
po infierendo una pestilenza nel campo greco, fu creduta una vendetta di Apollo per l’insulto fatto al suo sacerdote. Ciò
placare quel Nume e far cessare la pestilenza. Agamennone s’impermalì di trovarsi costretto a render Criseide, e imbizzarr
costretto a render Criseide, e imbizzarrito insultò Calcante, e disse di volere un’altra schiava in compenso, diversamente
le e frasi sì poco parlamentari, che fu per terminare colla uccisione di Agamennone per mano di Achille, se questi non era
amentari, che fu per terminare colla uccisione di Agamennone per mano di Achille, se questi non era trattenuto dalle eloqu
fiero Pelide, a tutti occulta, « A lui sol manifesta, » e gl’impedì di uccidere il re dei re. Obbedì Achille, ma giurò p
l’impedì di uccidere il re dei re. Obbedì Achille, ma giurò per altro di non più combatter per esso. E ritiratosi nelle su
nemici. Infatti i Troiani, conosciuta l’ira e la volontaria inazione di Achille, presero coraggio ad assaltare i Greci, e
l più debole artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale di Achille e di Diomede colle spade e colle lance. C
artigliere col suo cannone è più potente e più micidiale di Achille e di Diomede colle spade e colle lance. Convien qui no
acile indovinare che Venere favorirà i Troiani in grazia del giudizio di Paride, e che Marte campione di Venere la seconde
rirà i Troiani in grazia del giudizio di Paride, e che Marte campione di Venere la seconderà in tutto e per tutto ; e per
le opposte ragioni Giunone e Minerva, per dispetto cioè del giudizio di Paride e per invidia di Venere, perseguiteranno i
one e Minerva, per dispetto cioè del giudizio di Paride e per invidia di Venere, perseguiteranno i Troiani e favoriranno i
an nome d’Immortali. » Per quanto i capitani greci facessero prodigi di valore a gara con Diomede, la sorte era contraria
iamento dei superstiti ed illesi. Si notò allora con dolore l’assenza di Achille, e sorse vivissimo in tutti i cuori il de
l’assenza di Achille, e sorse vivissimo in tutti i cuori il desiderio di lui : lo stesso Agamennone si pentì di averlo ins
in tutti i cuori il desiderio di lui : lo stesso Agamennone si pentì di averlo insultato. E Achille intanto nelle sue sic
o dei più illustri personaggi della sua armata, oltre la restituzione di Briseide, i più ricchi doni ed una delle proprie
lle stette fermo al niego e respinse sdegnosamente qualunque proposta di conciliazione. Qualche giorno dopo, peggiorando s
anti « Eran dianzi i miglior, tutti alle navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual di fendente : di saetta il forte «
i miglior, tutti alle navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual di fendente : di saetta il forte « Tidìde Diomede, e
tti alle navi « Giacean feriti, quale di saetta, « Qual di fendente : di saetta il forte « Tidìde Diomede, e di fendente «
i saetta, « Qual di fendente : di saetta il forte « Tidìde Diomede, e di fendente « L’inclito Ulisse e Agamennòn ; » si p
Agamennòn ; » si presentò Patroclo piangendo ad Achille, e lo pregò di permettergli almeno di combatter egli con le divi
entò Patroclo piangendo ad Achille, e lo pregò di permettergli almeno di combatter egli con le divine armi di lui per trat
lo pregò di permettergli almeno di combatter egli con le divine armi di lui per trattenere alquanto l’impeto dei Troiani
ottenne ; ma la sua pietà gli costò cara, perchè dopo aver dato prove di mirabil valore facendo strage dei nemici, quand’e
battenti spingendo furiosamente il suo cocchio in cerca dell’uccisore di Patroclo. Trovatolo e costringendolo subito a com
olo e costringendolo subito a combattere non volle udir patti, neppur di render la salma ai parenti e al sepolcro ; con im
suo carro, lo trascinò per tre volte nella polvere intorno alle mura di Troia ; e poi tornato alle sue tende lo trascinò
oi tornato alle sue tende lo trascinò altre volte intorno al cadavere di Patroclo, quasi che l’estinto amico dovesse esult
amico nell’urna stessa destinata ad accoglier le sue, aveva risoluto di lasciar pasto alle fiere dell’aria e della terra
risoluto di lasciar pasto alle fiere dell’aria e della terra il corpo di Ettore ; quando la sera vede comparire nella sua
ngendo quella mano che gli uccise il figlio, e lo prega singhiozzando di rendergli il corpo di Ettore per dargli sepoltura
gli uccise il figlio, e lo prega singhiozzando di rendergli il corpo di Ettore per dargli sepoltura, offrendo per riscatt
rda il corpo del suo figlio senza alcun riscatto. Anzi per aver tempo di far lavare e sparger di balsami quel deformato ca
lio senza alcun riscatto. Anzi per aver tempo di far lavare e sparger di balsami quel deformato cadavere, obbliga Priamo a
tte nella sua tenda, e la mattina gli fa trovare imbalsamata la salma di Ettore in un funebre carro coperto di un ricchiss
fa trovare imbalsamata la salma di Ettore in un funebre carro coperto di un ricchissimo manto e gli assegna un drappello d
ebre carro coperto di un ricchissimo manto e gli assegna un drappello di Mirmidoni che lo accompagnino sino a Troia. Colla
issime parole : « Questi furo gli estremi onor renduti « Al domatore di cavalli Ettorre. » Anche Ugo Foscolo termina il
che Ugo Foscolo termina il suo celebre Carme sui Sepolcri con le lodi di quest’Eroe Troiano morto in difesa della patria :
di di quest’Eroe Troiano morto in difesa della patria : « E tu onore di pianti, Ettore, avrai « Ove fia santo e lagrimato
« Risplenderà sulle sciagure umane 133. » Parrebbe che dopo la morte di Ettore, che era il più formidabil guerriero Troia
battaglie e per le gravi ferite che avevano tocche i più dei capitani di ambe le parti, vi fosse, senza bisogno di pattuir
o tocche i più dei capitani di ambe le parti, vi fosse, senza bisogno di pattuirla, una tregua necessaria indispensabile.
rsi intenerito per Priamo s’intenerisse non meno per Polissena figlia di lui, poichè aderì alla proposta fattagli di sposa
meno per Polissena figlia di lui, poichè aderì alla proposta fattagli di sposarla, e per trattarne andò nel tempio di Apol
ì alla proposta fattagli di sposarla, e per trattarne andò nel tempio di Apollo, ove Paride a tradimento lo ferì nel calca
nerabile, e tagliatogli quel tendine, che d’allora in poi fu chiamato di Achille, gli cagionò la morte. Dolenti i Greci di
in poi fu chiamato di Achille, gli cagionò la morte. Dolenti i Greci di aver perduto il loro principal sostegno, gli rese
orio Sigèo, e chiusero le sue ceneri nella stessa urna ov’eran quelle di Patroclo, com’egli avea desiderato. Insorse quind
ontesa per decidere chi dovesse possedere quelle armi che furono opra di Vulcano, impareggiabili per tempra e per lavoro.
stinati a contrastarsele Aiace Telamonio ed Ulisse ; quegli più prode di braccio, questi più valente di consiglio. In pubb
Telamonio ed Ulisse ; quegli più prode di braccio, questi più valente di consiglio. In pubblico parlamento esposero entram
divenuto furibondo, mentre errava per la campagna incontrò una mandra di porci, e credendoli altrettanti greci li uccise t
tuale si tolse da sè stesso la vita colla propria spada. Per la morte di Achille veniva a mancare nel campo greco la prese
Per la morte di Achille veniva a mancare nel campo greco la presenza di un Eacide, e perciò la prima delle fatalità di Tr
ampo greco la presenza di un Eacide, e perciò la prima delle fatalità di Troia, di cui abbiamo parlato. Ma Ulisse sapeva b
la presenza di un Eacide, e perciò la prima delle fatalità di Troia, di cui abbiamo parlato. Ma Ulisse sapeva bene che di
fatalità di Troia, di cui abbiamo parlato. Ma Ulisse sapeva bene che di Achille esisteva un figlio nato da Deidamia, e vi
o suo Licomede in Sciro : quindi andò ad invitarlo a recarsi al campo di Troia per vendicar la morte del padre ; e Pirro,
ampo di Troia per vendicar la morte del padre ; e Pirro, degno figlio di Achille, non ebbe mestieri di altre parole per se
morte del padre ; e Pirro, degno figlio di Achille, non ebbe mestieri di altre parole per seguire Ulisse ; e quantunque gi
i fior quando n’usciro i frutti. » I Greci gli posero il soprannome di Neottòlemo, che significa il nuovo venuto alla gu
Al tempo stesso Ulisse, al suo ritorno con Pirro, passò per l’isola di Lenno per ricondurre al campo greco Filottete, ab
donato, come dicemmo, in quell’isola, ove pel dolor della sua ferita, di cui non era ancora guarito, condusse una vita pie
la sua ferita, di cui non era ancora guarito, condusse una vita piena di affanni e di privazioni. Non fu già in Ulisse com
, di cui non era ancora guarito, condusse una vita piena di affanni e di privazioni. Non fu già in Ulisse commiserazione p
e di privazioni. Non fu già in Ulisse commiserazione per la disgrazia di Filottete, ma calcolo di politica per aver nuovam
ià in Ulisse commiserazione per la disgrazia di Filottete, ma calcolo di politica per aver nuovamente nel campo greco le f
er aver nuovamente nel campo greco le freccie d’Ercole in adempimento di una delle fatalità di Troia. Filottete infatti no
campo greco le freccie d’Ercole in adempimento di una delle fatalità di Troia. Filottete infatti non si fidava di Ulisse,
mento di una delle fatalità di Troia. Filottete infatti non si fidava di Ulisse, e solo consentì e si risolse di andar con
lottete infatti non si fidava di Ulisse, e solo consentì e si risolse di andar con lui, rassicurato che fu dalle parole de
hille. Giunto nel campo greco fu guarito da Macaone e Podalirio figli di Esculapio ; e allora mise in opera subito una di
ne e Podalirio figli di Esculapio ; e allora mise in opera subito una di quelle freccie saettando Paride, che di quella fe
lora mise in opera subito una di quelle freccie saettando Paride, che di quella ferita morì. La qual morte del rapitore di
ettando Paride, che di quella ferita morì. La qual morte del rapitore di Elena diede la maggior soddisfazione all’offeso M
e di Elena diede la maggior soddisfazione all’offeso Menelao, e tolse di mezzo un altro ostacolo a terminar finalmente in
r finalmente in qualche modo la lunga e disastrosa guerra. Prima però di raccontare l’eccidio di Troia, convien far parola
modo la lunga e disastrosa guerra. Prima però di raccontare l’eccidio di Troia, convien far parola, almeno incidentalmente
ntare l’eccidio di Troia, convien far parola, almeno incidentalmente, di quei principi e guerrieri, amici ed alleati dei T
ta in battaglia. Fra questi v’eran due Semidei, cioè Sarpèdone figlio di Giove e di Laodamia, e Mènnone figlio dell’Aurora
glia. Fra questi v’eran due Semidei, cioè Sarpèdone figlio di Giove e di Laodamia, e Mènnone figlio dell’Aurora e di Titon
rpèdone figlio di Giove e di Laodamia, e Mènnone figlio dell’Aurora e di Titone. Essendo ambedue re, il primo della Licia
icia ed il secondo dell’Etiopia, andarono alla guerra con una schiera di lor gente, e furono entrambi uccisi in battaglia
altri da Ulisse. Dopo la loro morte accaddero dei miracoli : il corpo di Sarpèdone fu trasportato invisibilmente (si dice
Sarpèdone fu trasportato invisibilmente (si dice da Apollo per ordine di Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popol
invisibilmente (si dice da Apollo per ordine di Giove) nel suo regno di Licia perchè i suoi popoli gli rendessero solenne
è i suoi popoli gli rendessero solennemente i funebri onori. Dal rogo di Mènnone, mentre il suo corpo ardeva uscirono degl
al rogo di Mènnone, mentre il suo corpo ardeva uscirono degli uccelli di una nuova specie non prima veduta, che furon chia
li Ornitologi. Si racconta ancora un altro miracolo, che dalla statua di Mènnone, quando era percossa dai raggi del Sole,
era percossa dai raggi del Sole, uscivano suoni musicali come quelli di una cetra : i sacerdoti facevan credere al volgo
li di una cetra : i sacerdoti facevan credere al volgo che lo spirito di Mènnone animando quella statua tramandasse quei s
rgilio così la descrive nel lib. i dell’Eneide : « Scorge d’altronde di lunati scudi « Guidar Pentesilèa l’armate schiere
alier, non teme intoppo. » (Traduzione del Caro). E Dante asserisce di averla veduta nel Limbo colle Eroine : « Vidi Ca
Vidi Camilla e la Pentesilea « Dall’altra parte. » LIX Eccidio di Troia L’invenzione del cavallo di legno per pr
altra parte. » LIX Eccidio di Troia L’invenzione del cavallo di legno per prender la città di Troia è non solo di
io di Troia L’invenzione del cavallo di legno per prender la città di Troia è non solo di nuovo genere, ma unica nel su
enzione del cavallo di legno per prender la città di Troia è non solo di nuovo genere, ma unica nel suo genere. Omero dice
no per dire. Omero nel libro viii dell’Odissea, parlando del cavallo di legno, lo chiama « ……………. l’edifizio « Del gran
ma insigne !) « Degli eroi per cui Troia andò in faville. » (Traduz. di Pindemonte.) E Virgilio nel libro ii dell’ Eneid
l libro ii dell’ Eneide facendo narrare da Enea la presa e l’incendio di Troia palesa pur anco il motivo per cui ricorsero
e edificaro. « Poscia finto che ciò fosse per vóto « Del lor ritorno, di tornar sembiante « Fecero tal che se ne sparse il
elle grotte, « Che molte erano e grandi in sì gran mole, « Rinchiuser di nascoso arme e guerrieri « A ciò per sorte e. per
accortissimo Ulisse, fu un grande azzardo chiudersi come in una torre di legno nelle vicinanze di Troia, mentre il rimanen
n grande azzardo chiudersi come in una torre di legno nelle vicinanze di Troia, mentre il rimanente dell’esercito era già
dell’esercito era già partito sulle navi e ritiratosi dietro l’isola di Tènedo, venti e più miglia distante. Nè mancò fra
tante. Nè mancò fra i Troiani chi proponesse d’incendiar quel cavallo di legno, o gettarlo nel mare, o farlo a pezzi, sosp
r l’opposta deliberazione, inventando superstizioni, miracoli e frodi di Sinone, non son mai riusciti a far creder perdona
alvo altrove. Ecco in poche parole il tragico avvenimento della presa di Troia ; ma gli episodii son tanti che empirebbero
conviene almeno accennarne i principali e più famigerati. L’episodio di Laocoonte fu reso celebre non solo da Virgilio, m
solo da Virgilio, ma anche dalla greca scultura. Laocoonte sacerdote di Apollo fu uno di quei Troiani che volevano incend
, ma anche dalla greca scultura. Laocoonte sacerdote di Apollo fu uno di quei Troiani che volevano incendiare o in qualunq
volevano incendiare o in qualunque altro modo distruggere il cavallo di legno, e inoltre gli scagliò un dardo che rimase
strangolarono tutti e tre. Fu detto subito che questo era un castigo di Minerva, perchè Laocoonte aveva violato quel dono
del Vaticano) nel quale vedesi Laocoonte con i due suoi figli in atto di fare i supremi sforzi per liberarsi da quelli spa
re nemico dei Greci e indurre i Troiani a portare in Troia il cavallo di legno, oltre al farne la più eloquente narrazione
» Quanto ai principali guerrieri che entrarono nel cavallo sarà bene di conoscerne i nomi riferiti da Virgilio, per inten
e Toante e Macaone « E Pirro e Menelao con lo scaltrito « Fabbricator di quest’inganno, Epeo. » (Traduz. del Caro.) Virgi
che la minacci. » Fu in quel giorno che si avverò l’ultima fatalità di Troia, che consisteva, come dicemmo, nell’atterra
tà di Troia, che consisteva, come dicemmo, nell’atterrare il sepolcro di Laomedonte ; il qual sepolcro essendo addossato a
sere atterrato dai Troiani stessi. Ma più che all’insidia del cavallo di legno è probabile che dovessero i Greci la presa
sidia del cavallo di legno è probabile che dovessero i Greci la presa di Troia al tradimento. Tal ne corse la fama che fu
questi dall’Alighieri. Fu detto antichissimamente che Antènore nipote di Priamo ex sorore tradisse i Troiani, e che perciò
Priamo ex sorore tradisse i Troiani, e che perciò potè uscire illeso di mezzo alle argive schiere e trasportarsi in Itali
re e trasportarsi in Italia, ove fondò Padova. Che anche Dante avesse di lui questa opinione lo dimostrò coll’aver dato il
ante avesse di lui questa opinione lo dimostrò coll’aver dato il nome di Antenòra a quella divisione dell’Inferno in cui s
dei loro Eroi nascosero più che poterono il tradimento, talchè a noi di quel fatto così remoto « Debil’aura di fama appe
o il tradimento, talchè a noi di quel fatto così remoto « Debil’aura di fama appena giunge. » Il sospetto di tradimento
fatto così remoto « Debil’aura di fama appena giunge. » Il sospetto di tradimento cresce ancora dal sapersi che Elena do
petto di tradimento cresce ancora dal sapersi che Elena dopo la morte di Paride, pur restando nella corte troiana, aveva s
aride, pur restando nella corte troiana, aveva saputo trovare il modo di persuader Menelao a riprenderla per moglie al suo
erla per moglie al suo ritorno in Grecia, come difatti avvenne. Anche di Enea fu detto da qualche scrittore di minor conto
ia, come difatti avvenne. Anche di Enea fu detto da qualche scrittore di minor conto che egli fosse stato in qualche modo
e egli fosse stato in qualche modo d’accordo coi Greci ; ma oltre che di sì grave accusa non si trova traccia alcuna in Om
o, egli è poi sì altamente encomiato come il pio Enea nel poema epico di Virgilio, che lo stesso Dante ha detto di lui :
il pio Enea nel poema epico di Virgilio, che lo stesso Dante ha detto di lui : « Ch’ei fu dell’alma Roma e del suo impero
re a lungo in un capitolo a parte. Fra gli episodii però dell’eccidio di Troia uno dei più lagrimevoli è quello della mort
diti, e presa e incendiata dai Greci la sua città, fu ucciso per mano di Pirro. Nè qui si arrestò la vendetta del giovane
è qui si arrestò la vendetta del giovane guerriero, che impadronitosi di Polissèna, causa innocente della morte di Achille
uerriero, che impadronitosi di Polissèna, causa innocente della morte di Achille, la uccise sulla tomba del padre, in sacr
ella morte di Achille, la uccise sulla tomba del padre, in sacrifizio di espiazione all’ombra di lui. Nè meno miseranda è
a uccise sulla tomba del padre, in sacrifizio di espiazione all’ombra di lui. Nè meno miseranda è la fine di Ecuba. Fu all
acrifizio di espiazione all’ombra di lui. Nè meno miseranda è la fine di Ecuba. Fu allora che « Ecuba trista, misera e ca
etamorfosi, e pietosamente la modificò dicendo, come abbiam riportato di sopra : « Forsennata latrò siccome cane, » e co
o i suoi giorni gemendo ed urlando. Tutti gli altri e figli e parenti di ambo i sessi della famiglia di Priamo divennero s
ndo. Tutti gli altri e figli e parenti di ambo i sessi della famiglia di Priamo divennero schiavi dei Greci, e principalme
ella famiglia di Priamo divennero schiavi dei Greci, e principalmente di Pirro e di Agamennone : e delle loro vicende parl
ia di Priamo divennero schiavi dei Greci, e principalmente di Pirro e di Agamennone : e delle loro vicende parleremo in ap
ndo l’ordine cronologico degli avvenimenti. Le incomparabili sciagure di questa regia famiglia hanno sempre ispirato gli a
marmi ; ed anche il vivente scultore Pio Fedi col suo mirabil gruppo di quattro statue, chiamato volgarmente il ratto di
l suo mirabil gruppo di quattro statue, chiamato volgarmente il ratto di Polissena (ratto ben diverso pel significato dell
i e della Mitologia. In quel gruppo vedesi Pirro che si è impadronito di Polissena e la sostiene col braccio sinistro soll
la spada minaccia Ecuba che inginocchiata e supplicante tenta invano di trattenerlo e di commuoverlo a rendergli la figli
a Ecuba che inginocchiata e supplicante tenta invano di trattenerlo e di commuoverlo a rendergli la figlia ; e sul suolo f
erlo e di commuoverlo a rendergli la figlia ; e sul suolo fra i piedi di Pirro giace moribondo Polite, uno dei figli di Pr
sul suolo fra i piedi di Pirro giace moribondo Polite, uno dei figli di Priamo. 135. LX Ritorno dei Greci in patria
iamo. 135. LX Ritorno dei Greci in patria Incendiata la città di Troia, e divise fra i vincitori le prede, nessun’
i vincitori le prede, nessun’altra maggior premura ebbero i Greci che di ritornare in patria dopo tanti anni, tanti perico
i della più tremenda e memorabil vendetta. Le prede non eran soltanto di schiavi e di schiave, ma anche di ricchi tesori c
remenda e memorabil vendetta. Le prede non eran soltanto di schiavi e di schiave, ma anche di ricchi tesori che i Greci no
endetta. Le prede non eran soltanto di schiavi e di schiave, ma anche di ricchi tesori che i Greci non avevan dimenticato
schiave, ma anche di ricchi tesori che i Greci non avevan dimenticato di rapire dai troiani palagi prima che vi giungesser
ima che vi giungesser le fiamme. Furon tutti contenti della lor parte di preda ; ma la dissenzione si manifestò tra loro p
a e cessato il pericolo, ognuno si credè sciolto da qualunque vincolo di subordinazione al comandante supremo ; e lo stess
lui, e volle partire con pochi altri il secondo giorno dopo la presa di Troia. Si unirono ad esso il vecchio Nestore, Uli
chio Nestore, Ulisse e Diomede, e veleggiarono insieme sino all’isola di Tenedo. Costì nuovamente si divisero : Ulisse tor
o. Costì nuovamente si divisero : Ulisse tornò indietro alle spiaggie di Troia, e gli altri si diressero verso la patria,
azioni. Agamennone era rimasto accampato intorno alle fumanti rovine di Troia insieme con Pirro figlio di Achille e gli a
campato intorno alle fumanti rovine di Troia insieme con Pirro figlio di Achille e gli altri capitani che non vollero part
to compassionevole in uno dei superstiti della infelicissima famiglia di Priamo. Tra gli schiavi di Pirro v’era Andròmaca,
ei superstiti della infelicissima famiglia di Priamo. Tra gli schiavi di Pirro v’era Andròmaca, vedova del famoso Ettore.
o come stella, dice Omero, unica speranza della madre, unico rampollo di quell’eroe. La madre al primo romore della presa
e, unico rampollo di quell’eroe. La madre al primo romore della presa di Troia lo mandò a nascondere nel sepolcro di Ettor
primo romore della presa di Troia lo mandò a nascondere nel sepolcro di Ettore fuori della città ; e poi divenuta schiava
ere nel sepolcro di Ettore fuori della città ; e poi divenuta schiava di Pirro andava segretamente a portar cibo al piccol
a Pirro che tiene sospeso in aria il piccolo Astianatte, ed è in atto di scagliarlo lontano da sè, mentre l’infelice madre
cagliarlo lontano da sè, mentre l’infelice madre inginocchiata ai piè di lui lo supplica indarno per la salvezza del figli
rno per la salvezza del figlio136. Quando Agamennone credè opportuno di partire, tutti i principi greci che erano rimasti
he erano rimasti con esso salparono contemporaneamente dalle spiaggie di Troia e insieme navigarono verso la Grecia finchè
empesta non li divise ; la quale piombò loro addosso vicino all’isola di Eubea. Ivi viveva ancora Nauplio padre dell’infel
perciò per vendicar la morte del figlio aveva Nauplio sempre cercato di nuocere in ogni modo alle famiglie ed agli Stati
io sempre cercato di nuocere in ogni modo alle famiglie ed agli Stati di quei Greci che erano andati alla guerra di Troia.
lle famiglie ed agli Stati di quei Greci che erano andati alla guerra di Troia. Egli dunque all’avvicinarsi della greca fl
farei (al sud-ovest dell’ Eubea) perchè i Greci li credessero segnali di un porto amico ove ripararsi dalla tempesta, ed i
invece percuotendovi naufragassero ; ma non vi perì che Aiace figlio di Oileo, e tutti gli altri si salvarono, con gran d
figlio di Oileo, e tutti gli altri si salvarono, con gran dispiacere di Nauplio, principalmente perchè ne seppe scampato
campato Ulisse, contro il quale era maggiore l’ira sua e il desiderio di vendetta. Aiace stesso Oilèo (detto anche il mino
ce Telamonio che si uccise da sè stesso), perì, anzichè per l’insidia di Nauplio, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Mine
cise da sè stesso), perì, anzichè per l’insidia di Nauplio, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che nel t
esso), perì, anzichè per l’insidia di Nauplio, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che nel tempio di lei
, per l’ira di Minerva e di Nettuno : Minerva sdegnata che nel tempio di lei avesse egli insultato la profetessa Cassandra
el tempio di lei avesse egli insultato la profetessa Cassandra figlia di Priamo ; Nettuno, perchè Aiace sbattuto dalle ond
figlia di Priamo ; Nettuno, perchè Aiace sbattuto dalle onde si vantò di scampare dal naufragio ad onta degli Dei e dello
l tempo della sua più che decenne assenza, Egisto suo cugino e figlio di Tieste continuando a nutrire l’odio del padre con
rire l’odio del padre contro gli Atridi, si era insinuato nella corte di Agamennone e nell’animo di Clitennestra ; ed aven
o gli Atridi, si era insinuato nella corte di Agamennone e nell’animo di Clitennestra ; ed avendo fatto sparger voce che A
a a ritornar nel suo regno. Tra le sue schiave eravi Cassandra figlia di Priamo, profetessa veridica in tutte le sue predi
Priamo, profetessa veridica in tutte le sue predizioni, ma per volere di Apollo con essa adirato, non mai creduta da alcun
nella sua propria reggia. L’iniquo Egisto sentendo imminente l’arrivo di lui, raggirò talmente il debole e corrotto animo
mminente l’arrivo di lui, raggirò talmente il debole e corrotto animo di Clitennestra, da renderla convinta che per evitar
corrotto animo di Clitennestra, da renderla convinta che per evitare di essere uccisi entrambi da Agamennone non v’era al
gisto, e Cassandra da Clitennestra, non chè tutti i più fidi compagni di Agamennone ivi presenti, dagli sgherri dell’usurp
, dagli sgherri dell’usurpatore tiranno. Egisto, il quale molto prima di Machiavelli sapeva che « è necessario all’usurpat
e molto prima di Machiavelli sapeva che « è necessario all’usurpatore di un trono estirpare tutti i « rampolli della famig
n trono estirpare tutti i « rampolli della famiglia che regnava prima di lui, » avea tese insidie alla vita del piccolo Or
prima di lui, » avea tese insidie alla vita del piccolo Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra ; ma la sorella Elet
avea tese insidie alla vita del piccolo Oreste figlio di Agamennone e di Clitennestra ; ma la sorella Elettra, più assenna
pietosa della madre, lo aveva segretamente posto in salvo nella corte di Strofio re della Fòcide. Questa saggia precauzion
lvo nella corte di Strofio re della Fòcide. Questa saggia precauzione di Elettra, congiunta alla voce che in appresso fece
re della morte del fratello, rese possibile la ben meritata punizione di Egisto e di Clitennestra, perchè Oreste giunto ap
te del fratello, rese possibile la ben meritata punizione di Egisto e di Clitennestra, perchè Oreste giunto appena alla pu
nnestra, perchè Oreste giunto appena alla pubertà, essendo impaziente di ricuperare il trono di suo padre e vendicarne la
giunto appena alla pubertà, essendo impaziente di ricuperare il trono di suo padre e vendicarne la morte, accompagnato dal
ne la morte, accompagnato dall’incomparabile amico suo Pilade, figlio di Strofio, ritornò nascostamente nella sua reggia,
l tiranno, uccise anch’essa collo stesso pugnale grondante del sangue di Egisto. Ma accortosi di avere ecceduto nella vend
ssa collo stesso pugnale grondante del sangue di Egisto. Ma accortosi di avere ecceduto nella vendetta fu invaso dalle Fur
rica Chersoneto (ora Crimea) furon consegnati a Toante re e sacerdote di quella regione, il quale sacrificava all’idolo di
ante re e sacerdote di quella regione, il quale sacrificava all’idolo di Diana vit time umane, scelte tra i forestieri che
vi approdavano nel suo Stato. Quei Mitologi i quali dicono che invece di Ifigenia fosse sacrificata una cerva, asseriscono
ade, riconobbe il fratello, e quindi si accordò con esso e coll’amico di lui ad uccider Toante. Ciò fatto, portaron via la
oll’amico di lui ad uccider Toante. Ciò fatto, portaron via la statua di Diana e tornarono insieme in Grecia, ove Oreste l
ecia, ove Oreste liberato finalmente dalle Furie sposò Ermìone figlia di Menelao e di Elena, e regnò non solo in Argo e in
ste liberato finalmente dalle Furie sposò Ermìone figlia di Menelao e di Elena, e regnò non solo in Argo e in Micene, ma a
el Peloponneso. Egli ebbe un figlio chiamato Tisamène, che fu re dopo di lui ; e l’amico Pilade sposando l’eroica Elettra
lettra unì ai vincoli dell’amicizia quelli della affinità. Le vicende di Agamennone e di Oreste diedero ampio argomento a
ncoli dell’amicizia quelli della affinità. Le vicende di Agamennone e di Oreste diedero ampio argomento a molte tragedie a
mento a molte tragedie antiche e moderne, e tra le altre a quelle due di Alfieri che hanno per titolo il nome del gran re
i che hanno per titolo il nome del gran re dei re e quello del figlio di lui 137. Menelao ed Elena dopo esser partiti da
artiti da Tenedo erano stati spinti dalla tempesta sino in Egitto ; e di là tornati a Sparta vissero insieme in pace più a
u Menelao, essendo odiata da tutti come causa della disastrosa guerra di Troia, fu costretta a fuggire dal regno di Sparta
sa della disastrosa guerra di Troia, fu costretta a fuggire dal regno di Sparta che era il regno dei suoi antenati, e rico
ua parente a cui era morto il marito in quella guerra, fu, per ordine di essa, soffocata in un bagno da tre sue ancelle tr
tre sue ancelle travestite da Furie. Neottolemo, ossia Pirro figlio di Achille, tornando in Grecia co’ suoi Mirmidoni, c
co’ suoi Mirmidoni, condusse seco tra gli altri schiavi Eleno figlio di Priamo e Andromaca vedova di Ettore. Di schiava l
seco tra gli altri schiavi Eleno figlio di Priamo e Andromaca vedova di Ettore. Di schiava la fece divenire sua moglie, e
ed ebbe da essa un figlio a cui alcuni Mitologi antichi danno il nome di Molosso ; poi la ripudiò e la fece sposare ad Ele
r volontà della nazione, o per conquista. Quindi sposò Lanassa nipote di Ercole, ed ebbe da essa più figli. La fine però d
osò Lanassa nipote di Ercole, ed ebbe da essa più figli. La fine però di quest’eroe fu poco gloriosa, e non per disgrazia,
per disgrazia, ma per colpa sua. Volle rapire Ermione promessa sposa di Oreste, ed Oreste venuto alle mani con esso lo uc
. I suoi figli e discendenti si mantennero per molti secoli nel regno di Epiro, e formarono la dinastia detta dei Pirridi
dei Pirridi o Eàcidi 138, fra i quali il più celebre è quel Pirro re di Epiro che venne in Italia cogli elefanti a combat
amiglia, in cui però mancava il figlio Antìloco, ucciso sotto le mura di Troia per mano di Ettore, o, secondo altri, di Me
rò mancava il figlio Antìloco, ucciso sotto le mura di Troia per mano di Ettore, o, secondo altri, di Mennone. Diomede, i
, ucciso sotto le mura di Troia per mano di Ettore, o, secondo altri, di Mennone. Diomede, il più prode guerriero dopo Ac
o Achille, arrivò salvo in Argo, ma non volle ritornare nel suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui l’animo di s
tornare nel suo regno di Etolia, perchè seppe alienato da lui l’animo di sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la
pe alienato da lui l’animo di sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la fine di Agamennone. Venne invece in Italia
lui l’animo di sua moglie Egialèa, ed ebbe forse paura di far la fine di Agamennone. Venne invece in Italia nella Puglia,
che gli diede per dote una parte del suo regno, ed ivi fondò la città di Arpi, e, secondo altri, anche Siponto, presso il
lorquando giunse in Italia Enea, ed essendo allora richiesto da Turno di unirsi con lui per distruggere quest’ultimo avanz
hiesto da Turno di unirsi con lui per distruggere quest’ultimo avanzo di Troia, ricusò dicendo che la guerra con quella na
zione era stata dannosa agli stessi vincitori. Anche Filottete invece di tornare nella sua patria venne in Italia e fondò
nella sua patria venne in Italia e fondò nella Magna Grecia la città di Petilia, alla quale credesi corrispondere ora Pol
di Petilia, alla quale credesi corrispondere ora Policastro sul golfo di questo nome. Alcuni attribuiscono a Idomeneo re d
licastro sul golfo di questo nome. Alcuni attribuiscono a Idomeneo re di Creta e nipote di Minosse la fondazione di questa
di questo nome. Alcuni attribuiscono a Idomeneo re di Creta e nipote di Minosse la fondazione di questa città ; ma Omero
ttribuiscono a Idomeneo re di Creta e nipote di Minosse la fondazione di questa città ; ma Omero che parla più volte con g
questa città ; ma Omero che parla più volte con gran lode del valore di Idomeneo, quanto al suo ritorno dice soltanto che
ivi Mitologi che Idomeneo avesse fatto un voto imprudente come quello di Jefte ; e che volendo adempierlo coll’uccidere il
dai suoi sudditi e si rifugiò nella Magna Grecia, ove fondò il regno di Salento. Resta ora soltanto a parlare del ritorno
e fondò il regno di Salento. Resta ora soltanto a parlare del ritorno di Ulisse ; ma poichè sulle straordinarie e mirabili
ritorno di Ulisse ; ma poichè sulle straordinarie e mirabili vicende di quest’Eroe dopo l’eccidio di Troia, Omero trovò d
è sulle straordinarie e mirabili vicende di quest’Eroe dopo l’eccidio di Troia, Omero trovò da scrivere un intero poema di
Eroe dopo l’eccidio di Troia, Omero trovò da scrivere un intero poema di ventiquattro Canti, converrà almeno accennarne le
o accennarne le principali in un capitolo separato. LXI I Viaggi di Ulisse « Già tutti i Greci che la nera Parca
e dalla casta donna « Rimanea lungi Ulisse. » (Om., Odiss., i. Trad. di Pindemonte.) E lungi rimase dieci anni dopo la p
s., i. Trad. di Pindemonte.) E lungi rimase dieci anni dopo la presa di Troia senza che di lui giungesse alla sua famigli
demonte.) E lungi rimase dieci anni dopo la presa di Troia senza che di lui giungesse alla sua famiglia novella alcuna. E
nza e del suo forte braccio per discacciar dalla sua reggia una turba di principi greci delle Isole Ionie, che credendolo
into pretendevano che Penelope sua moglie si risolvesse a sposare uno di loro. Erano questi i Proci (cioè i pretendenti) d
esse a sposare uno di loro. Erano questi i Proci (cioè i pretendenti) di cui tanto a lungo favella Omero nell’Odissea 139,
o favella Omero nell’Odissea 139, narrando che divoravano le sostanze di Ulisse e passavano il tempo in conviti, in canti
sse e passavano il tempo in conviti, in canti e in balli nella reggia di lui. Penelope, sperando sempre nel ritorno del ma
a di lui. Penelope, sperando sempre nel ritorno del marito, differiva di giorno in giorno a sposare qualcuno di loro ; e t
ritorno del marito, differiva di giorno in giorno a sposare qualcuno di loro ; e trovandosi finalmente costretta a determ
o ; e trovandosi finalmente costretta a determinare il tempo, promise di far la scelta di uno dei Proci dopo di aver finit
finalmente costretta a determinare il tempo, promise di far la scelta di uno dei Proci dopo di aver finito un tela che ave
determinare il tempo, promise di far la scelta di uno dei Proci dopo di aver finito un tela che avea incominciata ; ma di
uno dei Proci dopo di aver finito un tela che avea incominciata ; ma di giorno la tesseva e di notte la distesseva, e la
aver finito un tela che avea incominciata ; ma di giorno la tesseva e di notte la distesseva, e la tela non finiva mai. Qu
stesseva, e la tela non finiva mai. Quindi passò in proverbio la tela di Penelope a significare un lavoro che non ha mai t
o l’accorta ed affettuosa moglie tenne a bada i Proci sino al ritorno di Ulisse. Intanto Telemaco impaziente di aver qualc
a bada i Proci sino al ritorno di Ulisse. Intanto Telemaco impaziente di aver qualche notizia di suo padre, partì segretam
itorno di Ulisse. Intanto Telemaco impaziente di aver qualche notizia di suo padre, partì segretamente da Itaca accompagna
, partì segretamente da Itaca accompagnato da Minerva sotto la figura di Mentore e andò a Pilo da Nestore e a Sparta da Me
o la tempesta che avea divisa la flotta greca nessuno seppe più nulla di Ulisse. V’ era però speranza che egli vivesse, pe
uno aveva detto o sentito dire che ei fosse morto. Infatti Omero dice di Ulisse, « ….. che molto errò, poi ch’ebbe a ter
oi compagni, « Che delle colpe lor tutti periro. » (Odiss., i. Trad. di Pindemonte.) I viaggi di Ulisse dopo la guerra di
colpe lor tutti periro. » (Odiss., i. Trad. di Pindemonte.) I viaggi di Ulisse dopo la guerra di Troia si trovano chiamat
(Odiss., i. Trad. di Pindemonte.) I viaggi di Ulisse dopo la guerra di Troia si trovano chiamati ancora gli errori di Ul
Ulisse dopo la guerra di Troia si trovano chiamati ancora gli errori di Ulisse, perchè egli, come dice Omero, molto errò,
forza del vento e delle tempeste. Solamente dall’isola dei Feaci (ora di Corfù) andò direttamente ad Itaca sua patria, com
che Ulisse errò per dieci anni, crederà che egli in quel lungo spazio di tempo fosse stato chi sa quante volte agli antipo
iù volte la circumnavigazione del nostro globo. Invece la navigazione di Ulisse in dieci anni non si estese al di là delle
globo. Invece la navigazione di Ulisse in dieci anni non si estese al di là delle acque del Mediterraneo, qualunque sia il
Mediterraneo, qualunque sia il nome speciale che prende dallo stretto di Gibilterra alle foci del Don nel Mar d’ Azof. Ma
nea la nominasse ; » e poi fu trattenuto dalla Ninfa Calipso per più di sette anni nell’isola di Ogige 140, talchè restan
oi fu trattenuto dalla Ninfa Calipso per più di sette anni nell’isola di Ogige 140, talchè restano meno di due anni per tu
so per più di sette anni nell’isola di Ogige 140, talchè restano meno di due anni per tutte le navigazioni e traversate da
ti, ossia evocazione delle anime degli estinti che un’impresa propria di Ulisse. Infatti egli stesso così narra quel suo m
« Là dal crin crespo e dal canoro labbro « Dea veneranda un gonfiator di vele « Vento in poppa mandò, che fedelmente « Ci
, la cura « Al timonier lasciandone ed al vento. » (Odiss.,xi. Trad. di Pindemonte.) E questo viaggio fu compiuto in un s
io fu compiuto in un sol giorno prima che Ulisse abbandonasse l’isola di Circe, mentre a compierlo con mezzi umani, dove p
quei tempi un anno per andare e tornare. Ristretti dunque gli errori di Ulisse dentro i loro veri limiti di tempo e di sp
nare. Ristretti dunque gli errori di Ulisse dentro i loro veri limiti di tempo e di spazio, determiniamo i luoghi che, sec
etti dunque gli errori di Ulisse dentro i loro veri limiti di tempo e di spazio, determiniamo i luoghi che, secondo Omero,
lotta greca capitanata da Agamennone, e diviso da quella per violenza di una tempesta, Ulisse fu spinto ad Ismaro, città d
l’Affrica ; quindi nel paese dei Ciclopi fra l’Affrica e la Sicilia ; di là nell’Eolia, ossia in una delle isole Eolie fra
tornò indietro e passò davanti all’isola delle Sirene lungo la costa di Napoli, e poi fra Scilla e Cariddi nello stretto
ne lungo la costa di Napoli, e poi fra Scilla e Cariddi nello stretto di Messina, e si fermò alquanto nella Trinacria, oss
mpagni che perirono in una tempesta, arrivò Ulisse nuotando all’isola di Ogige, e di là salpando in una nave da lui stesso
erirono in una tempesta, arrivò Ulisse nuotando all’isola di Ogige, e di là salpando in una nave da lui stesso costruita e
olto onorevolmente dal re Alcinoo e con larghissimi doni ricompensato di tutti i danni sofferti, ritornò di là comodamente
con larghissimi doni ricompensato di tutti i danni sofferti, ritornò di là comodamente in Itaca su di una nave dei Feaci
sato di tutti i danni sofferti, ritornò di là comodamente in Itaca su di una nave dei Feaci stessi. Tra i casi più straord
Charybdim, » cioè quel che avvenne ad Ulisse nel paese dei Lestrìgoni di cui era re Antifate, poi fra Scilla e Cariddi e n
osse Antifate re dei Lestrìgoni e qual sorte incontrassero i compagni di Ulisse nella città e nella reggia di quello, sarà
l sorte incontrassero i compagni di Ulisse nella città e nella reggia di quello, sarà bene sentirlo narrare da Omero stess
del padre. « Tocco ne aveano il limitare appena, « Che femmina trovâr di sì gran mole, « Che rassembrava una montagna ; e
montagna ; e un gelo « Si sentiro d’orror correr pel sangue. « Costei di botto Antifate chiamava « Dalla pubblica piazza,
igoni l’udiro, « E accorrean chi da un lato e chi dall’altro, « Forti di braccio, in numero infiniti « E giganti alla vist
e, io, sguainato il brando, « E la fune recisa, a’miei compagni « Dar di forza nel mar co’remi ingiunsi, « Se il fuggir mo
altri tutti « Colà restaro sfracellati e spersi. » (Odiss., x. Trad. di Pindemonte.) Di Scilla e di Cariddi ho già parlat
fracellati e spersi. » (Odiss., x. Trad. di Pindemonte.) Di Scilla e di Cariddi ho già parlato nel Cap. XXVIII, trattando
cadevano. Ma quando « I salsi flutti ringhiottiva, tutta « Commoveasi di dentro, ed alla rupe « Terribilmente rimbombava i
endo, una azzurigna « Sabbia parea nell’imo fondo : verdi « Le guance di paura a tutti io scôrsi. « Mentre in Cariddi tene
vam le ciglia, « Una morte temendone vicina, « Sei de’compagni, i più di man gagliardi, « Scilla rapimmi dal naviglio. Io
i ! per l’estrema volta. « Qual pescator che su pendente rupe « Tuffa di bue silvestre in mare il corno « Con lunghissima
getto mai « Di cotanta pietà non mi s’offerse. » (Odiss., xii. Trad. di Pindemonte.) Ma se Ulisse nell’andare in Sicilia
in Sicilia potè passare fra Scilla e Cariddi con la perdita soltanto di 6 compagni, nel ritorno li perdè tutti, e si trov
ritorno li perdè tutti, e si trovò spinto dalla tempesta nel vortice di Cariddi. In qual modo strano e mirabile ei ne sca
rimase inerme. « Poi la base dell’albero l’irata « Onda schiantò : ma di taurino cuoio « Rivestialo una striscia, ed io co
intera notte « Scorsi sui flutti ; e col novello Sole « Tra la grotta di Scilla e la corrente « Mi ritrovai della fatal v
o vennero a galla. « Nella stagion che il giudicante, sciolte « Varie di caldi giovani contese, « Sorge dal foro e per cen
ieami amica, e in molte guise « Mi confortava. » (Odiss., xii. Trad. di Pindemonte). Da questa descrizione, che è una del
ravigliose rammentate da Orazio nella Poetica, apparisce, che a tempo di Omero, o non era stata ancora inventata l’altra f
ccennato nel Cap. XXVIII, o che egli non l’adottò, e preferì soltanto di abbellire poeticamente quel vortice tanto temuto
trova il compendio in Virgilio, che ne pone il racconto sulle labbra di Achèmene, uno dei compagni di Ulisse : « ……….. È
o, che ne pone il racconto sulle labbra di Achèmene, uno dei compagni di Ulisse : « ……….. È questo un antro « Opaco, imme
, che macello è sempre « D’umana carne, onde ancor sempre intriso « È di sanie e di sangue. Ed è il Ciclopo « Un mostro sp
lo è sempre « D’umana carne, onde ancor sempre intriso « È di sanie e di sangue. Ed è il Ciclopo « Un mostro spaventoso, u
 Un mostro spaventoso, un che col capo « Tocca le stelle (o Dio, leva di terra « Una tal peste), chè a mirarlo solo, « Sol
a, « Di sanguinosa bava il mento asperso, « Frangea co’ denti a guisa di maciulla. « Ma nol soffrì senza vendetta Ulisse,
enti a guisa di maciulla. « Ma nol soffrì senza vendetta Ulisse, « Nè di sè stesso in sì mortal periglio « Punto obliossi 
po chino « Giacer nell’antro, e sonnacchioso e gonfio « Ruttar pezzi di carne e sangue e vino, « Che ne restrinse. Ed inv
al foco aguzzo « Sopra gli fummo ; e quel ch’unico avea « Di targa e di febea lampade in guisa « Sotto la torva fronte oc
di miracoli della poetica facoltà, o vogliam dire del genio inventivo di Omero : nè Orazio intese di far l’enumerazione di
coltà, o vogliam dire del genio inventivo di Omero : nè Orazio intese di far l’enumerazione di tutti, ma soltanto di citar
del genio inventivo di Omero : nè Orazio intese di far l’enumerazione di tutti, ma soltanto di citarne alcuni dei più stra
Omero : nè Orazio intese di far l’enumerazione di tutti, ma soltanto di citarne alcuni dei più straordinarii e mirabili a
stesso Dante trovò il modo d’inserire nella Divina Commedia il canto di una Sirena, alla quale fa dire, tra le altre cose
vicino per udirla cantare. Mi affretto dunque a terminar la biografia di Ulisse dicendo che, secondo Omero, Ulisse fu rico
Ulisse fu ricondotto dai Feaci nella sua isola nativa dopo venti anni di assenza ; ed ivi poste in opera tutte le sue più
le sue più mirabili astuzie, potè finalmente coll’aiuto del figlio e di alcuni suoi sudditi che gli erano rimasti fedeli,
sse tornò in Itaca ; anzi alcuni asseriscono che egli fu ucciso prima di giungervi, ed altri che non tornò più in patria e
Dante nella Divina Commedia. Anzi è qui da notarsi una gran diversità di opinione fra Omero e Dante rispetto alla stima da
ero e Dante rispetto alla stima da aversi dell’indole e delle imprese di Ulisse non meno che di Achille. Omero poeta pagan
la stima da aversi dell’indole e delle imprese di Ulisse non meno che di Achille. Omero poeta pagano e cantore di Eroi mez
prese di Ulisse non meno che di Achille. Omero poeta pagano e cantore di Eroi mezzi barbari, ammira la forza e l’astuzia,
oi due poemi il più forte e il più astuto dei personaggi della guerra di Troia, e giudicando soltanto dagli effetti, come
rista, » non poteva esser così indulgente come Omero per gli eccessi di Achille e di Ulisse. Ma…. (com’egli giustamente o
poteva esser così indulgente come Omero per gli eccessi di Achille e di Ulisse. Ma…. (com’egli giustamente osserva), « M
assai meno indulgente con Ulisse che con Achille. Infatti gli eccessi di Achille dipendevano dall’impeto degli affetti, ch
 …… e vidi il grande Achille « Che con amore alfine combatteo. » Ma di Ulisse ragiona a lungo nel Canto xxvi dell’Infern
uesta : che Ulisse volle passar le colonne d’Ercole, ossia lo stretto di Gibilterra, per andare in cerca di nuove regioni
colonne d’Ercole, ossia lo stretto di Gibilterra, per andare in cerca di nuove regioni nell’Oceano atlantico ; e, quel che
; e, quel che è più notabile, tenne presso a poco la stessa direzione di Colombo, 2600 anni prima di lui, ma piegando un p
, tenne presso a poco la stessa direzione di Colombo, 2600 anni prima di lui, ma piegando un poco più al sud ; e dopo 5 me
ossia l’equatore, quando vide in distanza una montagna bruna più alta di quante mai ne avesse vedute, e da quella nuova te
tti i suoi compagni. Queste particolarità, che son tutte d’invenzione di Dante, dimostrano che egli quasi due secoli prima
tte d’invenzione di Dante, dimostrano che egli quasi due secoli prima di Colombo e di Paolo Toscanella supponeva l’esisten
one di Dante, dimostrano che egli quasi due secoli prima di Colombo e di Paolo Toscanella supponeva l’esistenza di nuove t
e secoli prima di Colombo e di Paolo Toscanella supponeva l’esistenza di nuove terre in mezzo all’Oceano, ma credeva che n
l suddetto Canto xxvi è mirabile in ogni sua parte, e non merita meno di quelli della Francesca da Rimini e del Conte Ugol
n merita meno di quelli della Francesca da Rimini e del Conte Ugolino di essere studiato e imparato a memoria. Io ne ripor
to soltanto le ultime terzine che contengono la narrazione della fine di Ulisse posta da Dante sulle labbra di Ulisse stes
engono la narrazione della fine di Ulisse posta da Dante sulle labbra di Ulisse stesso ; e ciò per dimostrazione e conferm
te sulle labbra di Ulisse stesso ; e ciò per dimostrazione e conferma di quanto ho accennato di sopra : « E volta nostra
se stesso ; e ciò per dimostrazione e conferma di quanto ho accennato di sopra : « E volta nostra poppa nel mattino, « De
r del marin suolo. « Cinque volte racceso e tanto casso « Lo lume era di sotto della luna, « Poi ch’entrati eravam nell’al
acque, « In fin che ‘l mar fu sopra noi richiuso. » LXII Venuta di Enea in Italia Per quanto Omero parli onorevol
II Venuta di Enea in Italia Per quanto Omero parli onorevolmente di Enea nell’Iliade, e ne rammenti gl’illustri natal
e ne rammenti gl’illustri natali, dicendolo figlio della Dea Venere e di Anchise principe troiano, e divenuto in appresso
a Venere e di Anchise principe troiano, e divenuto in appresso genero di Priamo per averne sposata la figlia Creusa, e ino
usa, e inoltre ne celebri pur anco le pugne e il valore sotto le mura di Troia, non ostante Enea, secondo Omero, è sempre
o inferiore ad Ettore, il solo antagonista che potesse stare a fronte di Achille. Tutta la fama che rese uno dei più illus
ronte di Achille. Tutta la fama che rese uno dei più illustri il nome di Enea e degno di poema e d’istoria ei l’acquistò d
. Tutta la fama che rese uno dei più illustri il nome di Enea e degno di poema e d’istoria ei l’acquistò dopo l’eccidio di
ome di Enea e degno di poema e d’istoria ei l’acquistò dopo l’eccidio di Troia, perchè venne in Italia e fondò un regno ne
iamo ad un tempo in Enea l’Eroe mitologico e lo stipite del fondatore di Roma, l’ufficio del Mitologo è compiuto dove di E
stipite del fondatore di Roma, l’ufficio del Mitologo è compiuto dove di Enea s’impadronisce lo Storico per narrar di lui
Mitologo è compiuto dove di Enea s’impadronisce lo Storico per narrar di lui ciò che crede conforme alla verità, o almeno
o in che egli concorda coi Mitologi e coi poeti. Enea ebbe il titolo di Pio per aver salvato dall’incendio di Troia il ve
coi poeti. Enea ebbe il titolo di Pio per aver salvato dall’incendio di Troia il vecchio suo padre Anchise portandolo sul
sua emigrazione, non potè averne notizia alcuna. Dipoi con una flotta di 20 navi partì dalle spiaggie della Troade in cerc
con una flotta di 20 navi partì dalle spiaggie della Troade in cerca di nuove terre per fondarvi un regno ; e nel suo cor
ente Virgilio, diverse terre e diverse isole, cioè la Tracia, l’isola di Delo, l’isola di Creta, le isole Strofadi, l’isol
verse terre e diverse isole, cioè la Tracia, l’isola di Delo, l’isola di Creta, le isole Strofadi, l’isola di Leucate, l’E
Tracia, l’isola di Delo, l’isola di Creta, le isole Strofadi, l’isola di Leucate, l’Epiro, la Sicilia, le coste settentrio
i Leucate, l’Epiro, la Sicilia, le coste settentrionali dell’Affrica, di nuovo la Sicilia e finalmente giunse in Italia. I
per altro dice soltanto che Enea profugo dalla patria dopo l’eccidio di Troia andò prima nella Macedonia, poi nella Sicil
po l’eccidio di Troia andò prima nella Macedonia, poi nella Sicilia e di là nel territorio di Laurento. Tutto ciò che di m
andò prima nella Macedonia, poi nella Sicilia e di là nel territorio di Laurento. Tutto ciò che di maraviglioso raccontas
, poi nella Sicilia e di là nel territorio di Laurento. Tutto ciò che di maraviglioso raccontasi di questo viaggio sino al
nel territorio di Laurento. Tutto ciò che di maraviglioso raccontasi di questo viaggio sino all’arrivo di Enea in Italia
ciò che di maraviglioso raccontasi di questo viaggio sino all’arrivo di Enea in Italia è dunque totalmente d’invenzione p
Mitologia, e noi dobbiamo, sia pur brevemente, parlarne. Il prodigio di cui Enea fu testimone in Tracia è il primo non so
gicamente, ma pur anco per la sua importanza, poichè fu creduto degno di essere imitato dall’Alighieri, dall’Ariosto e dal
itato dall’Alighieri, dall’Ariosto e dal Tasso. Converrà dunque prima di tutto sentirlo narrare da Virgilio stesso, o alme
lito « Un picciol monticello, a cui sorgea « Di mirti in sulla cima e di cornioli « Una folta selvetta. In questa entrando
lla cima e di cornioli « Una folta selvetta. In questa entrando « Per di frondi velare i sacri altari, « Mentre de’suoi pi
’apparve un mostro ; chè divelto il primo « Dalle prime radici, uscîr di sangue « Luride goccie, e ne fu il suolo asperso.
o. « Ghiado mi strinse il core ; orror mi scosse « Le membra tutte, e di paura il sangue « Mi si rapprese. lo le cagioni a
scitico Marte i santi Numi « Adorando, porgea preghiere umili, « Che di sì fiera e portentosa vista « Mi si togliesse, o
do che grida e dice : « Ah perchè sì mi laceri e mi scempi ? « Perchè di così pio, così spietato « Enea ver me ti mostri ?
to ? a che contamini « Col sangue mio le consanguinee mani ? « Chè nè di patria, nè di gente esterno « Son io da te ; nè q
tamini « Col sangue mio le consanguinee mani ? « Chè nè di patria, nè di gente esterno « Son io da te ; nè questo atro liq
o « Umor preso e radici han fatto selva. » Che Polidoro fosse figlio di Priamo e di Ecuba lo abbiamo accennato parlando d
so e radici han fatto selva. » Che Polidoro fosse figlio di Priamo e di Ecuba lo abbiamo accennato parlando della trista
di Priamo e di Ecuba lo abbiamo accennato parlando della trista fine di questa infelice regina ; ma poichè Virgilio ne fa
areggiato mirabilmente con Virgilio estendendo il virgiliano prodigio di un solo albero ad un’intera selva infernale, imma
ad un’intera selva infernale, immaginando cioè che in ciascun albero di quella selva fosse chiusa come nel proprio corpo
un albero di quella selva fosse chiusa come nel proprio corpo l’anima di un dannato suicida. Questa scena dolorosa e funes
e Dante che quella selva era animata, e venisse poi a scuoprire in un di quegli alberi l’anima di Pier delle Vigne, è preg
era animata, e venisse poi a scuoprire in un di quegli alberi l’anima di Pier delle Vigne, è pregio dell’opera riferirlo c
« E ‘l tronco suo gridò : Perchè mi schiante ? « Da che fatto fu poi di sangue bruno, « Ricominciò a gridar : Perchè mi s
bruno, « Ricominciò a gridar : Perchè mi scerpi ? « Noi hai tu spirto di pietate alcuno ? « Uomini fummo, ed or sem fatti
pi ; « Ben dovrebb’esser la tua man più pia, « Se state fossim’ anime di serpi. « Come d’un stizzo verde, ch’arso sia « Da
de’capi che dall’altro geme, « E cigola per vento che va via ; « Così di quella scheggia usciva insieme « Parole e sangue 
la selva incantata ; ma conviene aver lette le loro descrizioni prima di quella di Dante, affinchè non perdano nulla del l
ncantata ; ma conviene aver lette le loro descrizioni prima di quella di Dante, affinchè non perdano nulla del loro presti
inario avvenne ad Enea ed ai suoi compagni nelle isole Strofadi, e fu di trovarvi le Arpie. Noi descrivemmo questi mostri
nche Dante e l’Ariosto. Virgilio racconta che i Troiani per non morir di fame furon costretti a cacciare le Arpie colle la
are le Arpie colle lancie e coi dardi, perchè sempre, com’eran solite di far dovunque, rapivano quante vivande potevano af
, e infettavano le rimanenti ; e aggiunge che Celeno 145, la maggiore di esse, presagì ai Troiani che in pena di averle of
e che Celeno 145, la maggiore di esse, presagì ai Troiani che in pena di averle offese soffrirebbero talmente la fame da d
le mense che i Troiani divorarono furono le focacce che servivan loro di piatto e di tavola quando nelle spedizioni mangia
i Troiani divorarono furono le focacce che servivan loro di piatto e di tavola quando nelle spedizioni mangiavano sulla n
lva delle anime dei suicidi, ed accresce colla loro presenza l’orrore di quella, negli alberi della quale « Non frondi ve
l’orrore di quella, negli alberi della quale « Non frondi verdi, ma di color fosco « Non rami schietti, ma nodosi e invo
chi con tosco. » Inoltre le Arpie sono ivi destinate a far l’ufficio di demòni, a tormentar cioè quegli zoofiti infernali
celta ; « Ma là dove fortuna la balestra, « Quivi germoglia come gran di spelta ; « Surge in vermena ed in pianta silvestr
entato da Virgilio, che cioè Enea sospinto dalla tempesta sulle coste di Barberia, avesse trovato in quel territorio, ove
rio, ove ora è Tunisi, la regina Didone che facea fabbricare la città di Cartagine. Secondo i Cronologisti più accreditati
Cronologisti più accreditati, Didone viveva tre secoli dopo la guerra di Troia, e perciò era impossibile che avesse conosc
a ; ma per quanto vi sia questo non piccolo anacronismo, l’invenzione di Virgilio fu ritenuta per una verità istorica ed e
ginesi contro i Romani sino allo stipite della dinastia del fondatore di Roma ed a quei compagni di Enea, dai quali vantav
allo stipite della dinastia del fondatore di Roma ed a quei compagni di Enea, dai quali vantavansi discesi molti dei più
li ed illustri Romani. Didone, chiamata altrimenti Elisa, era figlia di Belo re di Tiro e Sidone nella Fenicia ; ed ebbe
tri Romani. Didone, chiamata altrimenti Elisa, era figlia di Belo re di Tiro e Sidone nella Fenicia ; ed ebbe per marito
 ; ed ebbe per marito Sichèo che poi fu ucciso da Pigmalione fratello di lei, per impadronirsi delle ricchezze e del regno
r mare con molti tesori e molti compagni o sudditi e fondare la città di Cartagine in Affrica. Gettato su quelle coste dal
accolto umanamente dalla regina, la quale offrì ad esso ed ai Troiani di fare un sol popolo coi Tirii, e credendo accettat
uo nuovo regno, e lasciò correr la fama che Enea fosse divenuto sposo di lei che prima avea rifiutato le nozze con altri p
a avea rifiutato le nozze con altri principi per serbar fede al cener di Sicheo 148 Ma Enea chiamato dai Fati a fondare un
Ad Enea era già morto in Sicilia il vecchio padre Anchise nella città di Drèpano (ora Trapani), ove regnava Alceste di san
dre Anchise nella città di Drèpano (ora Trapani), ove regnava Alceste di sangue troiano. L’Ariosto ha voluto significare q
o una perifrasi allusiva alla sepoltura che ivi diede Enea alla salma di suo padre ; e così la rammenta nel descrivere un
lla salma di suo padre ; e così la rammenta nel descrivere un viaggio di uno degli eroi del suo poema : « Passa gli Umbri
de, a cui commise « Il pietoso figliuol l’ossa d’Anchise 150. Prima di andar nel Lazio, Enea si fermò a Cuma, « Ove in
Prima di andar nel Lazio, Enea si fermò a Cuma, « Ove in alto sorgea di Febo il tempio, « E là dov’era la spelonca immane
illa Cumana, che era solita dare agli altri le sue risposte per mezzo di foglie sparse qua e là geroglificamente nella sua
ente nella sua caverna, ad Enea fece singolare accoglienza e si offrì di guidarlo nel regno delle Ombre per vedere e consu
frì di guidarlo nel regno delle Ombre per vedere e consultare l’anima di suo padre Anchise. In questo sotterraneo viaggio
o Stato delle anime dopo la morte secondo la religione pagana ; e noi di questi soggetti importantissimi per la classica M
parlato a lungo nei Cap. XXIX, XXX e XXXI. E qui è bene osservare che di questo viaggio, che nell’Eneide di Virgilio è un
e XXXI. E qui è bene osservare che di questo viaggio, che nell’Eneide di Virgilio è un episodio, Dante ha fatto il soggett
ggetto della Divina Commedia, adattando e subordinando le idee pagane di Virgilio alla teologia cristiana, e senza allonta
Virgilio alla teologia cristiana, e senza allontanarsi dalle dottrine di questa, descrivendo con mirabil fantasia e sapien
bil fantasia e sapienza l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso. Prima di narrare come finalmente Enea giunse nel Lazio ed
one, ebbero il nome, che tuttora conservano, da qualcuno dei compagni di Enea. I più notabili sono il capo Misèno 151 e la
i compagni di Enea. I più notabili sono il capo Misèno 151 e la città di Gaeta. E perchè Virgilio stesso ne dà la spiegazi
la lingua latina. Nè può credersi che sia questa una mera invenzione di Virgilio, poichè oltre i poeti Properzio, Silio I
anche i geografi Solino e Mèla confermano la stessa origine del nome di questo promontorio. Non lungi dal promontorio v’
Augusto a guardia dell’Italia. L’altro nome, quello cioè della città di Gaeta, ha pur esso un’origine troiana ; e Virgili
ggettivo Caietanus divenne Gaetano. Anche Dante ripete che alla città di Gaeta fu dato questo nome da Enea, poichè nel Can
’Italia prima che vi giungesse Enea, come difatti si deduce dai poemi di Omero e di Virgilio. Finalmente Enea entrando nel
ma che vi giungesse Enea, come difatti si deduce dai poemi di Omero e di Virgilio. Finalmente Enea entrando nella foce del
uella regione che doveva divenir sì celebre nella storia con la città di Roma e il popol di Quirino. Gli storici latini, i
oveva divenir sì celebre nella storia con la città di Roma e il popol di Quirino. Gli storici latini, incominciando da Tit
nte con Virgilio, ad asserire che Enea strinse alleanza con Latino re di Laurento nel paese dei Latini, e ne sposò la figl
sò la figlia Lavinia ; che sostenne una pericolosissima guerra contro di Turno re dei Rutuli, pretendente e, secondo alcun
di Turno re dei Rutuli, pretendente e, secondo alcuni, promesso sposo di Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in
omesso sposo di Lavinia, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor di sua moglie la città di Lavinio, e che in appresso
, e lo vinse ed uccise 152 ; che fondò in onor di sua moglie la città di Lavinio, e che in appresso Ascanio figlio suo e d
ua moglie la città di Lavinio, e che in appresso Ascanio figlio suo e di Creusa, fabbricò la città di Alba Lunga, così chi
, e che in appresso Ascanio figlio suo e di Creusa, fabbricò la città di Alba Lunga, così chiamata, secondo Tito Livio, pe
morì due anni dopo, e fu adorato come un Indigete Dio. Ma dalla morte di Enea sino alla nascita di Romolo son molto scarsi
dorato come un Indigete Dio. Ma dalla morte di Enea sino alla nascita di Romolo son molto scarsi di notizie, o vere o inve
. Ma dalla morte di Enea sino alla nascita di Romolo son molto scarsi di notizie, o vere o inventate, tanto gli storici qu
entate, tanto gli storici quanto i poeti. Appena appena sono in grado di farci sapere i nomi dei re d’Alba, per ordine di
appena sono in grado di farci sapere i nomi dei re d’Alba, per ordine di successione sino a Numitore padre di Rea Silvia,
i nomi dei re d’Alba, per ordine di successione sino a Numitore padre di Rea Silvia, dalla quale nacquero Romolo e Remo. E
le nacquero Romolo e Remo. E sebbene a questo punto intenda la Storia di sostituirsi alla Mitologia, la sana critica per a
a, la sana critica per altro ci fa conoscere che nei primi tre secoli di Roma alla verità istorica è quasi sempre frammist
credenze religiose o vogliam dire superstiziose, ma pur anco le cause di certi usi od abusi od errori dei popoli pagani, a
lle principali superstizioni del Paganesimo, che derivarono dal culto di tali Dei : il che faremo nei seguenti capitoli.
in generale Avevano gli antichi Pagani un irrefrenabile desiderio di conoscere il futuro, e al tempo stesso una classi
ò credetter possibile, si trovaron subito gl’impostori che asserirono di possederne il privilegio o il segreto. Così nacqu
l segreto. Così nacquero ed ebbero credito gli Oracoli ed ogni genere di Divinazione. Degli Oracoli ragionammo a lungo nel
ici fu il perpetuo corredo della pagana religione e sorgente continua di nuove superstizioni. La parola Divinazione è di o
e e sorgente continua di nuove superstizioni. La parola Divinazione è di origine latina : deriva a divis, cioè dagli Dei,
dagli Dei, e sta perciò a significare l’interpretazione della volontà di essi. Quindi è fondata sulla credenza che gli Dei
ni sensibili più o meno evidenti. E siccome la volontà e l’intenzione di chiunque si riferisce sempre alle cose da farsi,
farsi, ossia future, perciò la Divinazione fu considerata come l’arte di conoscere l’avvenire. Infatti Cicerone la definì 
ostrare che la Divinazione non esiste 155 ; ma noi non avremo bisogno di una simile dimostrazione, dopo quanto abbiam dett
altri, diede origine a molte altre denominazioni delle diverse specie di Divinazione, e principalmente alla Negromanzia, c
soltanto i vaticinii ed i sogni : l’artificiale tutte le altre specie di divinazione, che si facevano derivare dal canto e
li pratiche religiose del Paganesimo suol darsi comunemente il titolo di superstizioni ; perciò è da vedersi ancora qual’è
olo di superstizioni ; perciò è da vedersi ancora qual’è l’etimologia di questa parola e quale estensione di significato l
edersi ancora qual’è l’etimologia di questa parola e quale estensione di significato le attribuivano i Politeisti romani.
ficato le attribuivano i Politeisti romani. La parola superstizione è di origine latina, e Cicerone la fa derivare da supe
uron chiamati superstiziosi 157 ; » ed aggiunge poi che quel vocabolo di superstizione ebbe in appresso un più esteso sign
he egli credeva superstiziose, a noi basta il sapere, per l’argomento di questo capitolo, aver egli dichiarata vana e insu
vinazione in tutte le sue parti, specie e distinzioni, come indicammo di sopra : il che in altri termini equivale a dire c
di sopra : il che in altri termini equivale a dire che la Divinazione di qualunque genere o specie era una vera superstizi
pecie era una vera superstizione. Ma perchè gli scrupolosi politeisti di quel tempo non credessero che dicendo egli così m
e si purifica e si nobilita eliminandone ciò che vi sia stato intruso di vano e di irrazionale dalla imbecillità degli uom
ica e si nobilita eliminandone ciò che vi sia stato intruso di vano e di irrazionale dalla imbecillità degli uomini 159.
LXIV Gl’Indovini dei tempi eroici Trattandosi in questo capitolo di quel genere di divinazione soltanto che credevasi
ini dei tempi eroici Trattandosi in questo capitolo di quel genere di divinazione soltanto che credevasi derivare da sp
ini, che erano considerati come i profeti dei Pagani, basterà parlare di qualcuno dei più celebri dell’Epoca eroica. Tra i
a guerra dei sette Prodi. Di lui si raccontano più mirabili fatti che di qualunque altro indovino. Basti il rammentare che
che sette anni dopo ritrovando quegli stessi serpenti attortigliati e di nuovo percuotendoli, ritornò maschio. Questa favo
Virgilio così gli dice : « Vedi Tiresia che mutò sembiante « Quando di maschio femmina divenne, « Cangiandosi le membra
che egli conosceva più d’ogni altro i pregi e i difetti delle persone di ambedue i sessi ; e perciò appunto inventarono i
e vinta, se per la patria avesse sacrificato sè stesso un discendente di Cadmo, Menèceo figlio di Creonte udendo questo, n
avesse sacrificato sè stesso un discendente di Cadmo, Menèceo figlio di Creonte udendo questo, non dubitò di uccidersi, o
endente di Cadmo, Menèceo figlio di Creonte udendo questo, non dubitò di uccidersi, o gettandosi dalle mura di Tebe, come
eonte udendo questo, non dubitò di uccidersi, o gettandosi dalle mura di Tebe, come narrano alcuni, o trafiggendosi colla
ssè, secondo Omero, andò nel regno delle Ombre, come dicemmo parlando di quest’Eroe, per consultare l’indovino Tiresia, e
ma elesse, « Mantova l’appellar senz’altra sorte. » Tale è l’origine di Mantova, che Dante fa raccontare a Virgilio stess
iuse, e ove rendeva oracoli a chi andasse a consultarlo ; ed ivi morì di fame. Si aggiunse dipoi che un Genio andò ad abit
e a dar responsi in quella caverna che si continuò a chiamare l’antro di Trofonio ; ma che era un luogo così orrido che ch
poi tanto serio e mesto che non rideva mai più finchè vivesse. Perciò di un uomo malinconico e che sembrasse spaurato dice
ato dicevasi dai Greci, come in proverbio, che era disceso nell’antro di Trofonio. Dell’indovino Anfiarao abbiamo parlato
Trofonio. Dell’indovino Anfiarao abbiamo parlato a lungo nella guerra di Tebe ; di Calcante e di Euripilo abbastanza nella
Dell’indovino Anfiarao abbiamo parlato a lungo nella guerra di Tebe ; di Calcante e di Euripilo abbastanza nella guerra di
Anfiarao abbiamo parlato a lungo nella guerra di Tebe ; di Calcante e di Euripilo abbastanza nella guerra di Troia, Di alt
la guerra di Tebe ; di Calcante e di Euripilo abbastanza nella guerra di Troia, Di altri indovini antichi di minor fama fi
Euripilo abbastanza nella guerra di Troia, Di altri indovini antichi di minor fama fia laudabile tacerci, e concluder di
tri indovini antichi di minor fama fia laudabile tacerci, e concluder di tutti in generale quel che abbiamo accennato in p
incipio, che cioè l’arte loro era un effetto d’impostura da un lato e di stupida credulità dall’altro ; e decisiva è la se
un lato e di stupida credulità dall’altro ; e decisiva è la sentenza di Dante, che li condanna tutti quanti, antichi e mo
responsi colle foglie nella sua caverna, come abbiamo detto parlando di Enea : « Così al vento nelle foglie lievi « Si p
i Enea : « Così al vento nelle foglie lievi « Si perdea la sentenzia di Sibilla. » (Parad., xxxiii, v. 65). Anche gli sc
alcune profezie sulla venuta del Messia e su diversi fatti della vita di lui 163. Quindi è che le immagini delle Sibille s
i delle Sibille si trovano anche nelle Chiese, come per es. nel Duomo di Siena si vedono sul pavimento in niello o graffit
a una iscrizione latina che accenna qual fosse la profezia a ciascuna di esse attribuita164. Non dovrà dunque recar maravi
ne e la interpretazione a un Magistrato o Collegio sacerdotale, prima di dieci e poi di quindici persone ; e secondo il se
etazione a un Magistrato o Collegio sacerdotale, prima di dieci e poi di quindici persone ; e secondo il senso palese o su
ieci e poi di quindici persone ; e secondo il senso palese o supposto di questi libri si regolavano spesso in Roma i più a
pposto di questi libri si regolavano spesso in Roma i più alti affari di Stato ; e si ricorreva talvolta a consultarli qua
a consultarli quando veniva meno ogni umano consiglio, come nei casi di pestilenza o di qualche altra pubblica sventura.
uando veniva meno ogni umano consiglio, come nei casi di pestilenza o di qualche altra pubblica sventura. Non potremo amme
pestilenza o di qualche altra pubblica sventura. Non potremo ammetter di certo che le Sibille fossero profetesse ispirate
ammetter di certo che le Sibille fossero profetesse ispirate dal Dio di Abramo, nè che gli Dei falsi e bugiardi potessero
ue cercarne la spiegazione nel soprannaturale, che può essere oggetto di fede nelle idee religiose, non già di ragionament
aturale, che può essere oggetto di fede nelle idee religiose, non già di ragionamento nelle scienze umane. Solo potremo re
obabile riflettendo che Sibille chiamavansi le sacerdotesse del culto di Apollo nell’ Asia Minore, le quali a guisa e somi
sia Minore, le quali a guisa e somiglianza della Pitonessa del tempio di Delfo pretendevano di essere anch’esse ispirate d
guisa e somiglianza della Pitonessa del tempio di Delfo pretendevano di essere anch’esse ispirate dallo stesso Dio e di d
di Delfo pretendevano di essere anch’esse ispirate dallo stesso Dio e di dar veridici responsi, poichè avevano imparato an
buiti alle Sibille ; e siccome si credè, e forse era vero, che alcune di queste Sacerdotesse preferissero una vita girovag
e. Quindi si raccolsero i loro responsi, veri o supposti, e una copia di queste raccolte erano i così detti libri sibillin
eriose che si spacciavano per Sibille fossero state o no sacerdotesse di Apollo, nessuno avrebbe potuto assicurarlo, e si
le positivo. E poichè era utile ai reggitori degli Stati per facilità di governo che il popolo fosse così credulo ed ignor
erudito del Paganesimo ; e sono le seguenti : 1ª La Sibilla Persica, di cui fece menzione Nicànore che scrisse le gesta d
a Sibilla Persica, di cui fece menzione Nicànore che scrisse le gesta di Alessandro Magno. 2ª La Sibilla Libica rammentata
ammentata da Euripide nel prologo della Lamia. 3ª La Sibilla Dèlfica, di cui parlò il filosofo Crisippo in quel libro che
libro che egli compose sulla Divinazione. 4ª La Sibilla Cumea, ossia di Cuma in Italia, che è rammentata da Nevio, da Pis
Apollodoro, asserendo che era sua concittadina. 6ª La Sibilla Samia, di cui Eratòstene lasciò scritto che ne era stata fa
uale fu detto che vaticinò in Ancira. 10ª La Sibilla Tiburtina, ossia di Tivoli, aveva nome Albunea, della quale è ramment
Phasis, erat. » E i Naturalisti confermano quel che dice il fagiano di Marziale ; poichè chiamano Fagiano del Fasi la sp
a nelle fagianiere. 72. Ovidio, che fu relegato nell’antica città di Tomi sul Mar Nero presso Odessa, ci dice in una e
lo che significa dissezione (e dal quale fu composto pur anco il nome di Anatomia) : « Inde Tomis dictus locus hic ; quia
l’elegia ; ma prima ha raccontato poeticamente tutto l’atroce delitto di Medea, ed asserito con sicurezza che questo nome
l’atroce delitto di Medea, ed asserito con sicurezza che questo nome di Tomi lo aveva il territorio anche prima che vi fo
i cœde fuisse loco. » I Geografi moderni credono che l’attuale città di Ovidiopol, fabbricata da Caterina II verso la foc
annata anche per legge. Non ostante si asserisce da alcuni autori che di tanto in tanto i medici francesi ne abbiano riten
esi ne abbiano ritentato la prova. Peraltro la trasfusione del sangue di una bestia nelle vene dell’ uomo o della donna no
 ; ed anche in Italia, e precisamente in Napoli, fu eseguita nel mese di novembre 1872 con prospero successo l’operazione
1872 con prospero successo l’operazione della trasfusione del sangue di un agnello nelle vene di una signora non anco tre
so l’operazione della trasfusione del sangue di un agnello nelle vene di una signora non anco trentenne, in caso di anemia
e di un agnello nelle vene di una signora non anco trentenne, in caso di anemia grave per ripetute emorragie. (V. il giorn
3 novembre 1872). È da sapersi inoltre che il Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere in Milano, pubblicò tra gli alt
Lombardo di Scienze e Lettere in Milano, pubblicò tra gli altri temi di concorso anche il seguente Tema per l’anno 1875 :
nno 1875 : La trasfusione del sangue nell’uomo, studiata nel concetto di innesto ematico ; e promise un premio di lire 150
’uomo, studiata nel concetto di innesto ematico ; e promise un premio di lire 1500 e una medaglia d’oro di lire 500. 74.
nesto ematico ; e promise un premio di lire 1500 e una medaglia d’oro di lire 500. 74. Per chi studia o sa il latino, e s
i lire 500. 74. Per chi studia o sa il latino, e si diletta non solo di studi letterarii, ma pur anco dei filosofici, rip
ici, riporterò la celebre osservazione del romano oratore e filosofo, di cui ho fatto cenno di sopra nel testo : « Ergo ut
bre osservazione del romano oratore e filosofo, di cui ho fatto cenno di sopra nel testo : « Ergo ut hic (pastor) primo as
dai retori e dai logici, ed è il seguente posto dal poeta sul labbro di Medea : « Servare potui, perdere an possim rogas
vidio stesso, che per lo più rammenta modestamente altre sue Opere, e di talune confessa ancora i difetti, parla poi più v
el Diritto Internazionale, per cui meritò e merita il glorioso titolo di Precursore di Grozio. 78. « Aliud civitas non es
ernazionale, per cui meritò e merita il glorioso titolo di Precursore di Grozio. 78. « Aliud civitas non est quam concors
r ritornare altrove su questo stesso argomento (poichè si tratterebbe di un’epoca meno remota di quella eroica), parlerò q
uesto stesso argomento (poichè si tratterebbe di un’epoca meno remota di quella eroica), parlerò qui brevemente della prin
ui brevemente della principal maraviglia che gli Antichi raccontavano di Arione, vissuto sei in sette secoli prima dell’ è
suto sei in sette secoli prima dell’ èra volgare, ossia verso i tempi di Tarquinio Prisco. — Ritornando Arione dalla corte
ia verso i tempi di Tarquinio Prisco. — Ritornando Arione dalla corte di Periandro re di Corinto, colmo di ricchezze acqui
di Tarquinio Prisco. — Ritornando Arione dalla corte di Periandro re di Corinto, colmo di ricchezze acquistate col canto
co. — Ritornando Arione dalla corte di Periandro re di Corinto, colmo di ricchezze acquistate col canto e col suono, i mar
uono, i marinari che lo riconducevano a Metimna sua patria nell’isola di Lesbo, congiurarono di ucciderlo per impadronirsi
riconducevano a Metimna sua patria nell’isola di Lesbo, congiurarono di ucciderlo per impadronirsi dei suoi tesori. Egli
ua narrazione con le lodi del delfino e col premio che ebbe dagli Dei di esser cangiato nella costellazione che porta quel
phina recepit « Jupiter, et stellas jussit habere novem. » Ma invece di sole nove stelle, come ne vedevano gli Antichi ad
inciando da Omero che accenna a cantici e poemi antichissimi in onore di questo Eroe, troviamo per altro in Pindaro la pri
lle in brani. » (Traduz. del Borghi.) 85. Lino fu creduto figlio di Apollo e della Musa Terpsicore e nato qualche ann
to figlio di Apollo e della Musa Terpsicore e nato qualche anno prima di Orfeo. I poeti li considerano entrambi, e maestro
rambi, e maestro e discepolo, valentissimi nel suono e nel canto ; ma di Lino non hanno saputo inventare aneddoti maravigl
suprema est meta laboris. » 87. Il Naturalista Buffon diede il nome di Amazzoni ai pappagalli colle estremità delle ali
il nome di Amazzoni ai pappagalli colle estremità delle ali colorate di rosso e di giallo, i quali vivono lungo le rive d
Amazzoni ai pappagalli colle estremità delle ali colorate di rosso e di giallo, i quali vivono lungo le rive del fiume de
e delle Amazzoni. In Mineralogia fu chiamata Amazzonìte quella specie di pietra preziosa (feldspato) ordinariamente di col
mazzonìte quella specie di pietra preziosa (feldspato) ordinariamente di colore verdastro o olivastro, che si scava nelle
ato in quella stella omonima che prima comparisce la sera dalla parte di occidente : dalla qual voce Espero derivò poi la
ro in italiano. Ma questa stella non è veramente altro che il pianeta di Venere. Infatti, troviamo che anche Cicerone nel
hè più lontana dalla stessa parte. 89. « Che giova nelle fata dar di cozzo ? « Cerbero vostro, se ben vi ricorda, « Ne
liano le parole cacofonia (cattivo suono) ; cacografia (cattiva forma di scritto) ; cacodèmone (cattivo genio o spirito) e
scritto) ; cacodèmone (cattivo genio o spirito) ecc. 92. Col titolo di Mègara móglie di Ercole esiste in greco un elegan
èmone (cattivo genio o spirito) ecc. 92. Col titolo di Mègara móglie di Ercole esiste in greco un elegantissimo Idillio d
itamente da quel sommo ingegno del Leopardi. 93. Ved. le Metamorfosi di Ovidio,lib. ix, dal principio. 94. Vedasi l’inno
no che Virgilio nel lib. viii dell’Eneide afferma cantato nelle feste di Ercole. 95. Vedasi la canzone di Fulvio Testiint
’Eneide afferma cantato nelle feste di Ercole. 95. Vedasi la canzone di Fulvio Testiintitolata : La virtù più che la nobi
r., Epist.) 97. Orazio nella Poetica volendo dar precetti sul modo di ordinare e comporre il poema epico non fa altro c
or., Od. i, 12ª.) 99. Questo fenomeno elettrico è chiamato il fuoco di S. Elmo anche in fisica e meteorologia ; e si man
. In questo stesso anno 1875, il dì 27 febbraio fu osservato un fuoco di S. Elmo a Monte Cassino. Il parafulmine situato s
a. Però è da notare che il parafulmine della cupola si eleva molto al di sopra degli altri. Il fenomeno incominciò alle or
era, i buoi muggivano tanto da far paura, e tentavano con ogni sforzo di svincolarsi per fuggire. Questo fenomeno del fuoc
con ogni sforzo di svincolarsi per fuggire. Questo fenomeno del fuoco di S. Elmo è stato osservato in Monte Cassino ora pe
ni Mitologi inventarono ancora che Dedalo facesse a Pasifae una vacca di legno tanto al naturale che i tori mugghiavano in
poi adopra l’aggettivo Dœdalea nella seguente celebre strofa in lode di Pindaro : « Pindarum quisquis studet æmulari « J
retto che vedesi nella Galleria Farnese. 105. Lo stesso nome greco di questo giovinetto (Perdix) fu dato anche in latin
. — Ovidio nel lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita facilità di verso e di locuzione, accenna, tra le altre somig
nel lib. viii delle Metamorfosi, colla sua solita facilità di verso e di locuzione, accenna, tra le altre somiglianze che
vii.) 107. Benedetto Menzini nella sua Poetica assomiglia al letto di Procuste il Sonetto, perchè dev’essere di soli qu
Poetica assomiglia al letto di Procuste il Sonetto, perchè dev’essere di soli quattordici versi, nè più nè meno ; e notand
e di soli quattordici versi, nè più nè meno ; e notando le difficoltà di chiuder bene e senza sforzo un bel concetto poeti
etto, dissuade dal cimentarvisi chi non sia nato poeta : « In questo di Procuste orrido letto « Chi ti sforza a giacer ?
time parole sembrerebbe che Plutarco lodasse e dichiarasse più giusta di tutte la pena del taglione. Notino peraltro i gio
on trovasi oggidì in nessun Codice dei popoli civili ; tranne la pena di morte in caso di omicidio premeditato. 109. « In
in nessun Codice dei popoli civili ; tranne la pena di morte in caso di omicidio premeditato. 109. « In Phalarim, cujus
dosi predire il suo esilio, assomiglia sè stesso all’innocente figlio di Teseo. La predizione è posta sulle labbra del suo
si partì Ippolito d’Atene « Per la spietata e perfida noverca, « Tal di Fiorenza partir ti conviene. » 117. « Subdu
t facto pius et sceleratus codem. » (Ibid,, v. 406.) 119. La città di Pisa in Toscana credesi fondata (per quanto asser
o asserisce Strabone nel lib. ii) da quei guerrieri della greca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla
reca città di Pisa nel Peloponneso, che nel loro ritorno dalla guerra di Troia furono spinti dalla tempesta sulle coste de
iavelli non ha creduto indegno dell’alta sua mente il trarre precetti di politica dai miti dell’Antichità pagana e dei tem
roi antichi erano dati ad educare ed istruire (come noi abbiamo detto di Ercole e di Giasone, ed ora diciamo di Achille) a
erano dati ad educare ed istruire (come noi abbiamo detto di Ercole e di Giasone, ed ora diciamo di Achille) al Centauro C
truire (come noi abbiamo detto di Ercole e di Giasone, ed ora diciamo di Achille) al Centauro Chirone, che era, come tutti
dà il Machiavelli : « Dovete dunque sapere come sono due generazioni di combattere : l’una con le leggi, l’altra con la f
dagli antichi scrittori, i quali scrivono come Achille e molti altri di quelli principi antichi furono dati a nutrire a C
er consiglieri meno Centauri che sia possibile. 123. Chi fosse vago di conoscere le particolarità relative a questa scop
noscere le particolarità relative a questa scoperta ed alla questione di priorità fra il dott. Schliemann e il Calvert, pu
priorità fra il dott. Schliemann e il Calvert, può leggere la lettera di quest’ultimo riportata nell’ Atheneum, del 7 nove
materiale della città, ed il secondo i cittadini ed anche il diritto di cittadinanza ; come pure dei due appellattivi Rom
le Tusculane, riporta tradotta da lui stesso in latino questa parlata di Socrate ; della quale il punto riferibile a Palam
id., Trist., i, 2ª.) 133. È famigerato ed assiomatico il bel verso di Orazio : « Dulce et decorum est pro patria mori.
ragione ammirava le opere del Bartolini, vivente a tempo suo, scrisse di lui nella Terra dei Morti : « E tu, giunto a com
fosse ammirata ed applaudita dal pubblico quella scena della tragedia di Pacuvio, in cui Oreste e Pilade gareggiano a dar
a vita per salvare quella dell’amico, quando Egisto voleva sapere chi di loro due fosso Oreste, ed entrambi si affaticavan
bi si affaticavano a dire : Io sono Oreste. Riporto le precise parole di Cicerone : « Qui clamores tota cavea nuper in ho
el Purgatorio queste parole : Io sono Oreste, come un esempio sublime di amor del prossimo, conosciuto anche dai Pagani.
s vincere posse, » Pirro è chiamato Eacide, alludendosi allo stipite di quella dinastia, che fu Eaco, avo di Achille. 1
Eacide, alludendosi allo stipite di quella dinastia, che fu Eaco, avo di Achille. 139. La parola Odissea deriva da Odiss
le. 139. La parola Odissea deriva da Odisseo, che era il greco nome di Ulisse ; e perciò quel poema potrebbe in italiano
o i Latini e non si fa altro che tradurli. Essi conservarono al poema di Omero il greco titolo di Odissea, e diedero al pr
tro che tradurli. Essi conservarono al poema di Omero il greco titolo di Odissea, e diedero al protagonista di esso il nom
poema di Omero il greco titolo di Odissea, e diedero al protagonista di esso il nome di Ulisse ; e così fecero e fanno gl
il greco titolo di Odissea, e diedero al protagonista di esso il nome di Ulisse ; e così fecero e fanno gl’Italiani. 140.
nome di Ulisse ; e così fecero e fanno gl’Italiani. 140. Quest’isola di Ogige dicevasi e credevasi che fosse situata nel
a favolosa, come la Dea che vi risiedeva. 141. Essendo Ulisse figlio di Laerte e di Anticlea ambedue mortali, non apparte
come la Dea che vi risiedeva. 141. Essendo Ulisse figlio di Laerte e di Anticlea ambedue mortali, non appartenne al numer
e che Ulisse fosse annegato nell’Oceano Atlantico, e ripete l’epiteto di folle applicandolo parimente all’ardire di quell’
antico, e ripete l’epiteto di folle applicandolo parimente all’ardire di quell’eroe : « Si ch’io vedea di là da Gade il v
e applicandolo parimente all’ardire di quell’eroe : « Si ch’io vedea di là da Gade il varco « Folle d’Ulisse, » ecc.
ato come gli faceva comodo ; ma forse è più probabile che nelle copie di Virgilio vedute da Dante fosse scritto Cur invece
che nelle copie di Virgilio vedute da Dante fosse scritto Cur invece di Quid, come dicesi che si trovi tuttora in qualche
contro me giusto. » 145. I poeti ci hanno conservato il nome anche di due altre Arpie, che eran chiamate Occìpete e Ael
ternario si trova spesso nella Mitologia, incominciando dai tre figli di Saturno, sino alle tre Arpie ora rammentate. 14
no alle tre Arpie ora rammentate. 146. Dante non dimentica neppure di far cenno della funesta predizione delle Arpie ai
o fanno, « Che cacciar delle Strofade i Troiani « Con tristo annunzio di futuro danno. » 147. Dante fa la perifrasi d
annunzio di futuro danno. » 147. Dante fa la perifrasi del nome di Didone rammentando di chi essa era figlia e la su
nno. » 147. Dante fa la perifrasi del nome di Didone rammentando di chi essa era figlia e la sua malaugurata predilez
sua malaugurata predilezione per Enea : « Che più non arse la figlia di Belo, « Noiando ed a Sicheo ed a Creusa. » (Para
, 97.) Rammenta ancora col biasimo che si merita Pigmalione, fratello di lei : « Noi ripetiam Pigmalïone allotta, « Cui t
dell’oro ghiotta. » (Purgat. xx, 103.) 148. Perciò Dante, parlando di Didone, disse di lei che ruppe fede al cener di S
 » (Purgat. xx, 103.) 148. Perciò Dante, parlando di Didone, disse di lei che ruppe fede al cener di Sicheo. 149. E c
erciò Dante, parlando di Didone, disse di lei che ruppe fede al cener di Sicheo. 149. E celebre in Virgilio (Eneide, lib
icheo. 149. E celebre in Virgilio (Eneide, lib.  iv) l’imprecazione di Didone che sembra un presagio delle guerre Punich
he sembra un presagio delle guerre Puniche e delle tremende battaglie di Annibale che tanta strage fecero dei Romani e mis
e tanta strage fecero dei Romani e misero in forse l’esistenza stessa di Roma : « Jam vos, o Tyrii, stirpem et genus omne
« Madre, alla tua pria ch’all’altrui ruina. » Dante asserisce ancora di aver veduto nel Limbo « ………….il re Latino « Ch
 — (Cic., De Divinat., ii, 72.) 160. Si noti come Dante avendo detto di sopra che Tiresia diventò femmina, usa qui il pro
he Tiresia diventò femmina, usa qui il pronome le, cioè a lei, invece di gli, cioè a lui, perchè Tiresia finchè non ebbe r
i con la verga era non più maschio, ma femmina. Perciò usa il pronome di genere femminile. 161. Alcuni credono che quella
ella Galleria Capitolina in Roma) rappresenti Meneceo. — E questa una di quelle statue che dai primi repubblicani francesi
primi repubblicani francesi furono portate a Parigi, e dopo la caduta di Napoleone I restituite a Roma. 162. Il nome stes
dopo la caduta di Napoleone I restituite a Roma. 162. Il nome stesso di Sibilla ha qualche cosa di misterioso, poichè, se
 I restituite a Roma. 162. Il nome stesso di Sibilla ha qualche cosa di misterioso, poichè, secondo alcuni Etimologisti,
le Dies iræ, è rammentata l’autorità della Sibilla insieme con quella di David : Teste David cum Sybilla. 164. Tra le più
164. Tra le più celebri pitture delle Sibille basterà citare quella di Baldassarre Peruzzi nella chiesa detta di Fonte G
bille basterà citare quella di Baldassarre Peruzzi nella chiesa detta di Fonte Giusta in Siena, quella del Guercino nella
8 (1880) Lezioni di mitologia
ri in Torino, singolarmente nell’anno 1862, da quando ebbi la ventura di conoscervi dappresso nella conversazione del cele
ella Biblioteca Universitaria e passeggiando talora con voi nelle vie di cotesta veramente italiana città, al mio cuore ca
tà, al mio cuore carissima e dai buoni venerata, nella compagnia pure di quel dolcissimo Giovanni Boglino, fratello a me p
intima amicizia, e nel quale già parvemi riabbracciare le sante anime di Silvio Pellico e di Vincenzo Gioberti, poiché e’
el quale già parvemi riabbracciare le sante anime di Silvio Pellico e di Vincenzo Gioberti, poiché e’ visse per lungo temp
ragrossa, e voi con erudita e limpida parola, e con abbondevole copia di argomenti e d’esempi, sponevate parecchie verità
ente commendato in Europa. Non isgradite ora, che io, a testimonianza di grato animo e di affetto, che non iscema per lont
n Europa. Non isgradite ora, che io, a testimonianza di grato animo e di affetto, che non iscema per lontananza nè per tem
ettò il nostro Poeta nell’anno 1807-8 per gli Artisti queste Lezioni, di guisa che non possiam ricercarvi quel più peregri
a. Ad ogni modo, non cancellate da’ vostri affettuosi ricordi, quello di un ammiratore ed amico, che bramò anche in questa
71. Corrado Gargiolli . Avvertimento. Dei pregj delle Lezioni di Mitologia di G. B. Niccolini, pubblicate nell’ann
Gargiolli . Avvertimento. Dei pregj delle Lezioni di Mitologia di G. B. Niccolini, pubblicate nell’anno 1855 in Fir
1855 in Firenze, favellarono molto saviamente i critici e i biografi di lui, e tali giudizj riporteremo a suo tempo, come
n questa raccolta. — Dei difetti, o mancamenti, parlò l’Autore meglio di qualunque lettore, scrivendo, è gran tempo, a chi
io di qualunque lettore, scrivendo, è gran tempo, a chi lo richiedeva di stampare il suo Corso; « Son grato alla cortese o
ato alla cortese opinione che il Prof. Valeri ha delle mie Lezioni di Mitologia ; ma, dopo le opere di Creuzer e d’al
Prof. Valeri ha delle mie Lezioni di Mitologia ; ma, dopo le opere di Creuzer e d’altri letterati Tedeschi, gli antic
e lettera, colla quale, trenta anni appresso, e’ consentiva la stampa di una parte del Corso medesimo agli Editori Fiorent
i Fiorentini: « Ben volentieri permetto loro, secondo che desiderano, di stampare le Lezioni da me recitate nell’Accadem
he desiderano, di stampare le Lezioni da me recitate nell’Accademia di Belle Arti nel primo anno del mio Corso. Li prego
emia di Belle Arti nel primo anno del mio Corso. Li prego nulladimeno di fare avvertire che sono scritte coll’ unico scopo
rego nulladimeno di fare avvertire che sono scritte coll’ unico scopo di porre nei giovani il desiderio di leggere i Class
che sono scritte coll’ unico scopo di porre nei giovani il desiderio di leggere i Classici, il cui studio tanto aiuta la
ola parte dei loro scritti; e se nella gioventù fosse entrato l’amore di questi studj io avrei fatto di più » 2. Veramente
e nella gioventù fosse entrato l’amore di questi studj io avrei fatto di più » 2. Veramente unanime fu l’ammirazione per l
e valse a preparare, e da’ quali dovrebbe sorgere, insieme colle voci di alta riconoscenza per lui, frutto più copioso di
, insieme colle voci di alta riconoscenza per lui, frutto più copioso di nobili ed efficaci opere, onde l’Italia non falli
stava la dignità della origine loro. E consegnato infatti agli annali di tutte le genti che agli astri, e specialmente al
n genere disperso. E certo, se fra le cose create degna avvene alcuna di ammirazione, egli è il ministro maggiore della Na
l’universo ride e si rinnova, il vincitor delle tenebre, la vera sede di Dio, che, al dir del Profeta, vi pose il suo padi
ità l’origine delle nazioni per essi ordinate. Quindi è che l’istoria di tutte le genti (se quella dei Giudei se ne eccett
o deposito del suo culto) comincia dalle favole: onde io ho giudicato di dover con queste dar principio alle mie Lezioni,
e Lezioni, ed aprire quel vasto arringo, in cui inoltrandomi sì pieno di lusinghiera fiducia sul vostro compatimento, ho q
dell’impresa a che accinto mi sono. Non fu mai maggiore l’opportunità di ripetere col divino Alighieri; « Che chi pensass
che arduo è l’assunto, ed accrescere ad un tempo in voi il desiderio di impadronirvi di quelle notizie che sono l’oggetto
ssunto, ed accrescere ad un tempo in voi il desiderio di impadronirvi di quelle notizie che sono l’oggetto delle mie fatic
di quelle notizie che sono l’oggetto delle mie fatiche, ho deliberato di darvi il prospetto delle Lezioni che formeranno i
i ostacoli che s’incontrano in così lungo cammino. Essendomi prefìsso di cominciare dalle Favole per quindi condurle dove,
ei e del mondo avevano le diverse idolatre nazioni; poiché la notizia di questa formazione è fondamento di tutta la Mitolo
idolatre nazioni; poiché la notizia di questa formazione è fondamento di tutta la Mitologia, e in molti vetusti monumenti,
simboli direbbero agli occhi ineruditi. Percorsa che avremo l’istoria di questi vaneggiamenti coi quali l’umana ragione ar
oi quali l’umana ragione architettò l’universo, si renderà necessario di mostrare come dai Pagani si adoravano questi Dei,
l’oggetto delle nostre ricerche. Questo esame ci porgerà l’occasione di dividere le divinità pagane in due classi: maggio
e le divinità pagane in due classi: maggiori, e minori. Sarà mia cura di non omettere veruno dei simboli coi quali questi
tere veruno dei simboli coi quali questi Dei vengono rappresentati, e di combinare per quanto potrò la Mitologia scritta c
vivamente e con dignità non rappresenti l’originale, avrò io l’ardire di volgarizzarlo per vostro vantaggio, come la tenui
stro vantaggio, come la tenuità dei miei lumi il comportano. Gli Inni di Omero e di Callimaco, le Metamorfosi d’ Ovidio, p
gio, come la tenuità dei miei lumi il comportano. Gli Inni di Omero e di Callimaco, le Metamorfosi d’ Ovidio, poeta sopra
le Metamorfosi d’ Ovidio, poeta sopra ogni altro pittore, e le opere di molti altri famosi diventeranno a voi familiari,
nobile e antica gara che regna fra la Pittura e la Poesia. L’amenità di questi studj, nei quali desidero avervi compagni
ono dei più celebrati antichi poemi. Il lungo viaggio degli Argonauti di cui fu prezzo il vello d’oro conquistato da Giaso
inse tanti pericoli, somministrerà materia a molte Lezioni, e potrete di mille immagini far tesoro udendo i versi di Orfeo
molte Lezioni, e potrete di mille immagini far tesoro udendo i versi di Orfeo, di Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, ne
ioni, e potrete di mille immagini far tesoro udendo i versi di Orfeo, di Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, nelle di cui
lle immagini far tesoro udendo i versi di Orfeo, di Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, nelle di cui carte vivono ancora
dendo i versi di Orfeo, di Apollonio Rodio e di Valerio Flacco, nelle di cui carte vivono ancora « Quei gloriosi che pass
te vivono ancora « Quei gloriosi che passaro a Coleo: » vi sembrerà di errare sulle sponde del Fasi estremo, e di veder
ro a Coleo: » vi sembrerà di errare sulle sponde del Fasi estremo, e di veder veramente dalle glebe incantate nascere fat
eri; spirar fiamma i tori che tardano a riconoscere lo stesso tiranno di Coleo, e domato il terrore custode del vello di F
ere lo stesso tiranno di Coleo, e domato il terrore custode del vello di Frisso dai potenti incantesimi di Medea, della qu
domato il terrore custode del vello di Frisso dai potenti incantesimi di Medea, della quale Euripide finirà di narrarci le
Frisso dai potenti incantesimi di Medea, della quale Euripide finirà di narrarci le sciagure e i delitti. Ma maggiore arg
ide finirà di narrarci le sciagure e i delitti. Ma maggiore argomento di pianto vi daranno gli squallidi campi di Tebe, co
litti. Ma maggiore argomento di pianto vi daranno gli squallidi campi di Tebe, contrastati dagli odj profani di due fratel
vi daranno gli squallidi campi di Tebe, contrastati dagli odj profani di due fratelli destinati alla colpa ed all’odio vic
mo ancora in Eschilo ed in Euripide i Sette Re congiurati all’eccidio di Tebe. Ed eccoci giunti a quell’epoca in cui la Gr
iegò  tutte le sue forzo por vendicare l’ingiuria del violato ospizio di Menelao; eccoci all’istoria d’Ilio sciagure d’Ili
Menelao; eccoci all’istoria d’Ilio sciagure d’Ilio che fama divennero di Omero, « Di quel signor dell’altissimo canto. Ch
’aquila vola. » Chi fra voi non rivolgorà la sua attenzione ai versi di tanto poeta, del « Primo pittor delle memorie an
i versi di tanto poeta, del « Primo pittor delle memorie antiche. » di quello che colla divina Iliade dettò i più sublim
quante carte, a quante statue, a quante pitture atlìdata fu la t’ama di quelli ho pugnarono e cadiloro sotto le mura, ope
otto le mura, opera degli Dei! Dopo che Omero ci avrà descritto l’ira di Achille, la discordia degli Dei, il tenero addio
à descritto l’ira di Achille, la discordia degli Dei, il tenero addio di Andromaca ad lettore, che rimprovera a Paride lo
aiutati dal tradimento e dalla fortuna, adeguarono al suolo l’altezza di Troia convertita in cenere e caverne. Nè senza ve
farei ruppero le navi trionfali dei Greci ingannati dalle infide faci di Nauplio. Sul soglio del Re si assise l’adultero E
assise l’adultero Egisto. L’amore e le tempeste resero lungo l’errore di Ulisse, mentre i Proci insidiavano la fedeltà di
esero lungo l’errore di Ulisse, mentre i Proci insidiavano la fedeltà di Penelope, che aspettandolo, canuta divenne. Sofo
ne. Sofocle ed Euripide comanderanno il nostro pianto sulle sciagure di molti dei vincitori dell’Asia. Le avventure dell’
re di molti dei vincitori dell’Asia. Le avventure dell’accorto figlio di Laerte narrate ci saranno da Omero nel suo poema.
nell’Iliade egli è simile al sole quando nel mezzo del giorno riempie di sua luce l’universo, nell’Odissea ancora imita l’
raggi mandare l’ultimo saluto alla terra. Ma poco compenso ai nipoti di Bardano sarebbero i diversi infortunj degli Achei
gine e gli augusti principj della gente romana, e nella divina Eneide di lui avrà il suo compimento l’istorica Mitologia.
istituto se, esaurite le favole teologiche ed istoriche, tralasciassi di parlarvi delle divinità adorate da quelle nazioni
ità quasi gareggia colla famosa istoria dell’arte del disegno. I lumi di tanto scrittore diminuiranno le difficoltà delle
parla, e che tuttora si vedono nei loro monumenti. Difficile è l’arte di esprimere le idee col mezzo delle immagini, in ch
a difficil pittura del pensiero, agevolmente vi si presenterà il modo di ritrarre con simboli semplici e chiari gli esseri
che i falsi numi adorate furono dai filosofi dell’antichità, che meno di noi le nominavano, ma più n’erano fedeli ai vener
ano, ma più n’erano fedeli ai venerati precetti. Vorrei nel prospetto di queste Lezioni aver potuto imitare l’architetto,
reti divisamenti, e costringe a percorrerlo l’attonito pellegrino che di esso ha piena la vista. Ma se la conoscenza delle
cando, rivolgerete la mente alla dignità dell’impresa, e agli scritti di quei grandi dei quali le idee possono farsi vostr
possono farsi vostre; giacché i concetti della mente dirigono la mano di coloro che nati sono alla gloria dell’arte. Miche
ati sono alla gloria dell’arte. Michelangelo, leggendo gli alti versi di quel magnanimo suo concittadino, che sdegnando tr
uta. E voi pure vi esalterete in voi stessi, udendo i versi immortali di quei sommi intelletti che trionfano di tanti seco
essi, udendo i versi immortali di quei sommi intelletti che trionfano di tanti secoli, e dei quali la fama durerà quanto i
nemici del nome Italiano l’invidia e l’ammirazione, per cui disperino di emularci, conoscendo che il genio non può mai col
ipio si prenderà dai Caldei, popolo antichissimo, ove nacque l’autore di quell’insensato progetto, che Iddio arrestò e pun
esce comparve verso Babilonia, abbandonando il mare Eritreo. La testa di uomo sovrastava sopra quella di pesce, e piedi um
bbandonando il mare Eritreo. La testa di uomo sovrastava sopra quella di pesce, e piedi umani pure stavano uniti alla coda
alla coda. Questo mostro era robusto, aveva favella umana, ed erudiva di giorno i mortali nelle scienze, nella religione,
i ed animali mostruosi, simili a quelli che erano ritratti nel tempio di Belo da Erodoto descritto. Omorca, che signoreggi
l’universo, narra lo stesso, fu da Belo divisa in due parti: con una di queste formò la terra, coli’ altra il cielo, ucci
leravano la luce, s’accorse essere il mondo deserto, impose a un nume di troncargli la testa, e col sangue che dalla^ piag
e i pianeti, dando compimento alla creazione. Non so se questa serie di assurdità sia un’alterazione della Genesi di Mosè
. Non so se questa serie di assurdità sia un’alterazione della Genesi di Mosè; che io non sono nè curioso nè ardito per in
Fenicj, come si rileva da Eusebio, che ci ha conservato un frammento di Sanconiatone, che forse egli trasse da Filone, tr
Sanconiatone, che forse egli trasse da Filone, traduttore delle opere di questo antichissimo sacerdote. Il principio dell’
sacerdote. Il principio dell’universo, secondo esso, era uno spirito di aere oscuro, ed un turbato caos di folte tenebre
rso, secondo esso, era uno spirito di aere oscuro, ed un turbato caos di folte tenebre ingombro. Ciò per molti secoli fu i
uzione nata dalla mistura delle acque, onde derivarono le generazioni di tutto l’universo. Vi furono oltre a ciò alcuni an
zioni di tutto l’universo. Vi furono oltre a ciò alcuni animali privi di seotimento, dai quali furono prodotti altri dotat
tti furono contemplatori dei cieli Zophasemen. Ebbero questi la forma di ovo, e generato il fango, cominciarono a risplend
arono a risplender col sole e con gli altri pianeti. L’aria si riempì di luce; dal calore furono generati i venti e le nub
U’aria; le nuvole si urtarono fra loro, e vita diedero al folgore, il di cui tuono riscosse gli animali ragionevoli, che c
ito, pure sembra a questo data l’eternità e l’indipendenza, attributo di Dio; onde il sistema fenicio non conduce direttam
fenicio non conduce direttamente all’ateismo, come sembrò ad Eusebio di Cesarea. Forse questa cosmogonia a tanto sospetto
cosmogonia a tanto sospetto soggiacque, perchè fu derivata da quella di Thoth, che fu pure agli Egiziani comune, dei qual
un dipresso si esprime. Una era la forma della terra e del cielo, le di cui nature erano in sieme confuse. Separatesi, il
i onde è popolata la terra. Quelle che avevano ricevuto maggior grado di calore divennero volatili; quelle che in loro ave
avevano più terra, furono rettili ed animali terrestri; quelle nella di cui generazione preponderò l’acqua, balzarono com
o del tempo la terra, inaridita dal sole e dai venti, perde il potere di produrre animali, che quindi moltiplicarono col m
la sola degli Egiziani, ninno potrebbe scusargli dall’ateismo, poiché di alcuna divinità nell’esposta cosmogonia non si fa
Parve altrimenti al dottissimo Cudworth, che mostrò le contradizioni di Eusebio di Cesarea. Non è del nostro istituto il
imenti al dottissimo Cudworth, che mostrò le contradizioni di Eusebio di Cesarea. Non è del nostro istituto il comporre sì
dorata fra l’altre una certa divinità detta Neph, da cui era opinione di alcuno che fosse formata la macchina del mondo. Q
formata la macchina del mondo. Questa era simboleggiata nel sembiante di un uomo di color celeste, che avea nelle mani una
macchina del mondo. Questa era simboleggiata nel sembiante di un uomo di color celeste, che avea nelle mani una cintura ed
i moti. Nell’evo era simboleggiato l’universo. Eppure, sotto la forma di serpente col capo di sparviere, è sentimento di a
simboleggiato l’universo. Eppure, sotto la forma di serpente col capo di sparviere, è sentimento di alcuni che fosse da lo
ppure, sotto la forma di serpente col capo di sparviere, è sentimento di alcuni che fosse da loro Iddio ancora adorato. Se
dio ancora adorato. Se questo apriva gli occhi, l’universo si erapiva di luce; le tenebre occupavano tutte le cose se li c
iose istituì colla divinità dei suoi versi, viene accusato per alcuni di avere a suo capriccio inventati i nomi degli Dei
Altri, al contrario, lo difendono da tanto rimprovero, asserendo che di Dìo ebbe idee più giuste di ogni altro pagano. Or
endono da tanto rimprovero, asserendo che di Dìo ebbe idee più giuste di ogni altro pagano. Orazio, infatti, lo chiama int
dio che Timoteo fece della cosmogonia orfica, egli potrebbe trionfare di tutte le calunnie dei suoi avversarj. In tanta di
trionfare di tutte le calunnie dei suoi avversarj. In tanta discordia di opinioni, non posso che riportare le parole del m
principio Iddio formò l’Etere, ove abitavano gli Dei, e da ogni parte di questo erano il Caos e la Notte che sta sotto l’E
plendore. Questa luce era la primogenita degli esseri, e il principio di essa avea dato vita a tutte le cose ed all’uomo i
de Dopo questo, diminuirò la noia che forse avrà ca gionata l’istoria di tanti delirj, leggendovi la descri zione della ba
a copia tutta l’anima dell’originale: non so se avrò avuto la fortuna di riescirvi. Udite intanto l’origine e la genealogi
voluttà degli uomini e degli Dei, indivisibil compagna delle Grazie e di Amore, a cui mille altari fumarono in Pafo, in Am
Citerà. Regnava intanto la discordia fra gli Dei, e Cielo minacciava di punire i Titani suoi figli. La Notte, benché niun
i Titani suoi figli. La Notte, benché niun dio degnasse il suo letto di tenebre, generò da sé stessa l’inesorabil Destino
a Fame, degli Affanni, delle Guerre, delle Stragie delle Sconfitte, e di tutto ciò che i mortali tormenta, come le querele
ereo e da Dori, figliuola dell’Oceano, nacquero le Nereidi nel numero di cinquanta. Taumante sposò Elettra figlia deirOcea
ale avendo sposata Calliroe figlia dell’Oceano, n’ebbe Gerione mostro di tre teste. La stessa Calliroe die la vita ad un a
Esperidi. Tati dall’Oceano ebbe tutti i fiumi, ed innumerabile stuolo di ninfe abitatrici delle fontane. Esiodo le fa asce
fa ascendere a tremila, e ad altrettanto i fiumi figli dell’Oceano e di Teti. Ftia ed Iperione generarono il Sole la Luna
eti. Ftia ed Iperione generarono il Sole la Luna, l’Aurora colle dita di rosa; e Creio dal suo matrimonio con Eurita otten
ro unico ai mali Le nate a vaneggiar menti mortali.6 » Dal commercio di Fallante con Stige figlia dell’Oceano e di Teti n
mortali.6 » Dal commercio di Fallante con Stige figlia dell’Oceano e di Teti nacquero Zelo, la bella Nice, o Vittoria, la
lo, la bella Nice, o Vittoria, la Forza, la Violenza, eterne compagne di Giove, ch’egli chiamò in sua difesa quando far vo
que a Giove che doni ed onori le rese in gui derdone; ritenne i figli di lei, e volle che nel di lei nome temessero di spe
onori le rese in gui derdone; ritenne i figli di lei, e volle che nel di lei nome temessero di spergiurare gli Dei. Febea
erdone; ritenne i figli di lei, e volle che nel di lei nome temessero di spergiurare gli Dei. Febea ebbe da Geo l’amabile
lo e della terra e del mare, che sempre era fra gli antichi principio di sacrifizj e preghiere, e presiedeva ai consigli d
consigliatasi coi suoi genitori presentò a Saturno una pietra coperta di fasce, invece del figlio che occultò in Creta; on
occultò in Creta; onde questa isola va superba per essere stata culla di Giove; e i Cretesi mendaci ardiscono di mostrare
uperba per essere stata culla di Giove; e i Cretesi mendaci ardiscono di mostrare ancora il sepolcro del padre degli uomin
o, il perfido Menezio, l’astuto Prometeo, l’incauto Epimeteo, cagione di lacrime eterne al genere umano. Giove fece piomba
rne al genere umano. Giove fece piombare nell’inferno Menezio ripieno di mille colpe, die la cura ad Atlante di sostenere
e nell’inferno Menezio ripieno di mille colpe, die la cura ad Atlante di sostenere coi forti omeri il Cielo nel paese dell
il Cielo nel paese dell’Esperidi, e sul Caucaso incatenò Prometeo, le di cui interiora rinascevano alla pena sotto il rost
ò Prometeo, le di cui interiora rinascevano alla pena sotto il rostro di un avvoltoio. Dopo la guerra contro Saturno e con
che sembra creder questi confinati in pena, giacché come avremo luogo di vedere, stettero nella battaglia dei Titani dalla
remo luogo di vedere, stettero nella battaglia dei Titani dalla parte di Giove. Si unì la Terra col Tartaro, volendo vendi
i, e generò l’ultimo e il più terribile dei suoi figli. Tifone, dalle di cui spalle nascevano cento teste di serpente. Per
ile dei suoi figli. Tifone, dalle di cui spalle nascevano cento teste di serpente. Pericolava il Cielo; Giove stava in for
ono; ma rimediò alla comune paura l’arme per cui trionfò dei fratelli di questo, il fulmine, col quale lo precipitò nel Ta
à dicendo, che quando le Parche rendevano ragione, figlie chiamavansi di Giove; allorché il caso guidava le forbici fatali
ta coatradizione, e mille altre, abbiano origine dall’essere il poema di Esiodo stato soggetto a molti cangiamenti, come v
itone; Venere generò da Marte lo Spavento, il Timore, eterni compagni di questo dio, ed Armonia la bella. Maia figlia di A
more, eterni compagni di questo dio, ed Armonia la bella. Maia figlia di Atlante partorì Mercurio a Giove, che ebbe pure d
congiunse all’abbandonata Arianna, ed Ercole fatto dio diventò marito di Ebe. La bella Perseide partorì al Sole Circe ed E
la generazione degli Dei, secondo i Greci, conservataci da Esiodo, il di cui poema non è del tutto privo di bellezze, come
Greci, conservataci da Esiodo, il di cui poema non è del tutto privo di bellezze, come Banier sentenzia arditamente. Voi
quel che comanda Il core a me nell’animoso petto Dica: Gran tempo fra di noi pugnammo, Numi Titani, e di Saturno figli, De
ll’animoso petto Dica: Gran tempo fra di noi pugnammo, Numi Titani, e di Saturno figli, Della vittoria e dell’ impero ince
dei potenti Le percosse: dall’una all’altra parte Volan dardi, cagion di pianto alterno. D’ambo la voce al ciel stellato a
o ardor l’Èrebo investe, Ode, e vede la pugna, e con la terra Par che di nuovo si confonda il cielo, E il caos antico l’un
escon fremiti, polve, e grida, e pianto, E tutto il fulmin vince arme di Giove. Già la battaglia inchina. Era il valore In
erta: Ma fra le prime schiere ivano Gige E Cotto e Briareo, che avean di guerra Insaziabil sete, e dalle forti Mani trecen
pietre ad un sol tratto Scagliavan spesso, e ai pallidi Titani Facean di mille dardi ombra tremenda: Ma il mesto suol già
eterna le superbe mani; E Giove solo col poter del ciglio Li circondò di triplicati nodi. Lezione terza. Dei Templi e
a zolle ed informi pietre offrivano sacri fizj al padre degli uomini, di cui, al dire di Cicerone, degno tempio è solament
mi pietre offrivano sacri fizj al padre degli uomini, di cui, al dire di Cicerone, degno tempio è solamente l’universo. Pe
lere nei templi circoscrivere Iddio. Banier reputa che il tabernacolo di Mosè costruito nel deserto fosse il primo: ma que
dolatria, che grandeggiava innanzi lui nell’Egitto. Vi è anzi ragione di credere che da questo paese piuttosto derivasse i
ragione di credere che da questo paese piuttosto derivasse il costume di edificare i templi fra le altre nazioni. Ma sicco
tume di edificare i templi fra le altre nazioni. Ma siccome la vanità di ogni popolo cerca di arrogarsi le invenzioni di t
empli fra le altre nazioni. Ma siccome la vanità di ogni popolo cerca di arrogarsi le invenzioni di tutte le cose, la Grec
Ma siccome la vanità di ogni popolo cerca di arrogarsi le invenzioni di tutte le cose, la Grecia ne fa autore Deucalione,
, divennero col tempo miracoli dell’arte, come il tempio antichissimo di Belo, quello di Giove Olimpico e quello di Diana
tempo miracoli dell’arte, come il tempio antichissimo di Belo, quello di Giove Olimpico e quello di Diana in Efeso, dal di
ome il tempio antichissimo di Belo, quello di Giove Olimpico e quello di Diana in Efeso, dal di cui incendio cercò Erostra
imo di Belo, quello di Giove Olimpico e quello di Diana in Efeso, dal di cui incendio cercò Erostrato di acquistar fama. S
mpico e quello di Diana in Efeso, dal di cui incendio cercò Erostrato di acquistar fama. Sarà mia cura descriverli quando
volti all’oriente disegnavano col lituo, o bastone ritorto, una parte di cielo, e questa dicevasi tempio: però Lucrezio di
di fu comune questa denominazione a tutti i luoghi destinati al culto di qualche nume. Si dividevano in più parti i templi
a quale i sacerdoti attingevano l’acqua necessaria per le lustrazioni di coloro ch’entravano nel tempio. Succedeva a quest
; il corintio per Vesta: e qualche volta gli univano, come nel tempio di Minerva presso i Tegeati, dove queste diverse nor
hitettura furono da Scopa Pario con solenne artificio distribuite. Ma di questa varietà erano causa i moltiplici attributi
rtali che credevano abitarvi, poiché lunghi e scoperti erano i templi di Giove, di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Ve
credevano abitarvi, poiché lunghi e scoperti erano i templi di Giove, di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Venere, del
coperti erano i templi di Giove, di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadr
i di Giove, di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadrato era quello di Gia
di Cielo, della Luna, rotondi quelli di Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadrato era quello di Giano. Nè ciò b
li di Venere, del Sole, di Cerere e di Bacco, e riquadrato era quello di Giano. Nè ciò bastava: conveniva pure che il luog
a semplicità dei loro templi; ed eran pure assicurati dalla riverenza di que’ rozzi mortali non corrotti dai vizj e dalle
sempio i Galli guidati dal sacrilego Brenno, che derubarono il tempio di Delfo, e deridendo la religione dei sepolcri cerc
i, in celesti, marini ed infernali. Succederà a questi la descrizione di quelli coi quali gli antichi sancivano il giurame
antichi sancivano il giuramento, placavano le ombre degli estinti, le di cui tombe bevvero qualche volta umano sangue. Ach
ppo vendicato amico quello dei prigionieri Troiani; Pirro sulla tomba di lui uccise Polissena guidato dal paterno furore.
o furore. Ma gli Dei aveano già dato l’esempio della colpa: che r ara di Diana era stata tinta in Aulide col sangue d’Ifig
he furono « Famoso pianto della scena Argiva. » Favelleremo intanto di quelli che si offrivano ai celesti. — Erano solit
primo luogo quando le gote dell’aurora, per servirmi dell’espressione di Dante, pallide divenivano, ed il sole appariva su
, altri il collo. S’indoravano le corna delle vittime, e si cingevano di bende: nè a questo uso sceglievasi il rifiuto, ma
oteva innanzi all’ara degli Dei. Chiunque toccasse l’altare macchiato di delitto, grato non era il sacrifizio, e sicura la
non era il sacrifizio, e sicura la collera dei numi. Infatti, al dir di Giovenale, qual’ostia non merita di vivere più de
collera dei numi. Infatti, al dir di Giovenale, qual’ostia non merita di vivere più del colpevole? La viva acqua dei fiumi
del colpevole? La viva acqua dei fiumi purgar doveva le mani asperse di stragi recenti ancora a coloro che escivano dalle
iacere pure m^ani e core innocente alla divinità nelle tenebre ancora di una falsa religione: Nè minor cura adopravasi nel
legittimi legni, cioè ordinati dalle leggi, che prescrivevano il modo di sacrificare. Doveva ardere il mirto a Venere, il
gnavano, giacché allora erano credute poco accette; e ciò pareva loro di esplorare, spargendole con una mistura di sale e
accette; e ciò pareva loro di esplorare, spargendole con una mistura di sale e farina di orzo, detta mola, e strisciando
areva loro di esplorare, spargendole con una mistura di sale e farina di orzo, detta mola, e strisciando loro l’obliquo co
fronte sino alla coda. Osservate queste cose, il sacerdote ammantato di bianca o purpurea veste dettava le preci, e sparg
e bellissima, che tenendo dalla destra la patera, diffonde il liquore di Bacco sulla candidissima ostia, pregando voti ine
estra, e finalmente la vittima percossa cadeva nel proprio sangue, il di cui spruzzo sovente sulla bianca veste del sacerd
veste del sacerdote rosseggiava. Purgate ed aperte le vittime, nelle di cui viscere palpitanti cercavano l’ ira degli Dei
inità dell’aria, oltre il fumo delle vittime, caro era ancora l’odore di eletti incensi; onde Me dea bruciò soavi farmachi
aventato; e Virgilio ne rappresenta il suo eroe, che ornato le chiome di ulivo, getta dalla prora nei flutti parte della v
, getta dalla prora nei flutti parte della vittima e il liquore, dono di Bacco, di cui tre volte al padre dell’onde fa lib
lla prora nei flutti parte della vittima e il liquore, dono di Bacco, di cui tre volte al padre dell’onde fa libazioni il
ra gli atri animali, che mansuefar doveano l’eterna mestizia e del re di Stige e dei numi consorti nell’impero e nella pen
il sacrifizio che loro facevasi da quei che scampati erano al furore di una malattia chiamavasi lustrazione, o ringraziam
a chiamavasi lustrazione, o ringraziamento, perchè aveano risparmiato di uccidere. All’Eumenidi in silenzio sacrificavano
’Eumenidi in silenzio sacrificavano gli Esichidi, così detti dal nome di Esico eroe, al quale un ariete era prima immolato
orte il vigile custode; E tregua al duolo ancor nel mesto sonno Trova di estinti figli afflitta madre, » passeggia chiusa
Omero, tradotto dall’ immortai Cesarotti, che osserva la derivazione di questo rito dall’Egitto, ove le bestie a ciò dest
o rito dall’Egitto, ove le bestie a ciò destinate si chiamavano ostie di maledizione, se ne tagliava la testa, e carica d’
e masse, E gli splendidi bronzi, ed i superbi Dodici corridori, e le di Lesbo Sette donzelle, a cui splendeva in mezzo D’
venerande Erinni Punitrici degli empj; a tutti io giuro Che ‘l pudor di Briseide e la beltade Mi furon sacri, che l’amore
ssò: l’araldo il teschio Spiccò, roteilo, e lo scagliò nel mare Carco di tutti sopra sé raccolti I tristi augurj e minacci
no, come mi sono prefisso nella mia Lezione. Quindi Omero ci occuperà di nuovo, leggendovi nella traduzione del sq pra lod
a fu degli antichi pianger gli estinti parenti per tre giorni, avanti di rendere alla gelida spoglia i debiti onori. Allor
ltimo dono, le ponevano, non senza pianto, nei sepolcri. E chi ardirà di riprendere questi tributi, i quali solo seguivano
loro quell’onore « Che solo in terra avanzo è della morte? » Nulla di più santo presso gli antichi che le tombe: onde T
Nulla di più santo presso gli antichi che le tombe: onde Tibullo, ne’ di cui versi odi ancora i sospiri dell’amore, diceva
nell’Oriente, quando il cadavere del marito incendevasi, vi era gara di morte. Cessata la fiamma, incenerito il rogo ed i
te fra le faville; il che appare chiaramente in Virgilio nel funerale di Miseno, quantunque Teofrasto ne dica che una piet
. Steril giovenca all’ignudo spirto immolavasi: bende cerulee, frondi di funebre cipresso circondavano gli altari ed i ves
l tumulo, chiamavano tre volte l’anima del trapassato, ne spruzzavano di chiarissime acque i compagni con un ramo di ulivo
rapassato, ne spruzzavano di chiarissime acque i compagni con un ramo di ulivo, e così tutti piangendo gli dicevano l’ulti
ulivo, e così tutti piangendo gli dicevano l’ultimo addio. Funerali di Patroclo. ………………………………… Ma grande Ed ammirando in
e sacrata un giorno Dispersa avria sull’onde tue, se salvo E vincitor di Troia alle sue braccia Ritornato m’avessi. Invan,
a al petto. Nuovi lai, nuovi pianti: al Re si voglie Pelide allora, e di riposo e cibo. Disse, ha d’uopo la turba; alle su
su lui riversa Da doppia urna d’argento un doppio rivo Di biondo mei, di liquid’olio. A questo, Quasi a seguir del lor Sig
’olio. A questo, Quasi a seguir del lor Signor la sorte, Tristo pegno di fé, mescono il sangue Quattro destrier d’alta cer
o il tergo avvinti Dodici Troi presso la bara: il fero Va coll’acciar di gola in gola, e tutti Sul feretro gli stende, ind
r di gola in gola, e tutti Sul feretro gli stende, indi mettendo Alto di tetra gioia orrido strido: — Patroclo, esclama, q
or promette Sacrifizio gradito; essi a quel grido Corrono ufìzìosi, e di lor possa Tutta investon la pira; ale rugghianti
combattere sull’etimologia della voce altare, e sarà per noi soggetto di dubbio ancora se sussista veramente la differenza
mortali: quindi è che nel principio gli altari non furono che ammassi di erbe, pietre informi, mucchi di terra, come attes
pio gli altari non furono che ammassi di erbe, pietre informi, mucchi di terra, come attestasi per Pausania essere stata l
ormi, mucchi di terra, come attestasi per Pausania essere stata l’ara di Giove Licio. Coi costumi si mutò la materia onde
a onde erano composti; e piacque ogni forma, quantunque si osservasse di costruire più alti quelli ch’esser sacri doveano
elesti, più bassi tenendo i destinati agli Dei della terra. Di marmo, di bronzo, di oro si formavano le are; raramente si
bassi tenendo i destinati agli Dei della terra. Di marmo, di bronzo, di oro si formavano le are; raramente si trovavano d
marmo, di bronzo, di oro si formavano le are; raramente si trovavano di legno, come per Pausania si osserva. La cenere st
ve Olimpio fu eretto da Ercole Ideo in faccia al Pelopio ed al tempio di Giunone. Questo, secondo il mentovato scrittore,
di Giunone. Questo, secondo il mentovato scrittore, era dell’altezza di ventidue piedi, in varj ordini diviso, cinto di s
ore, era dell’altezza di ventidue piedi, in varj ordini diviso, cinto di scale, di cenere e pietre composte. Altari di con
ell’altezza di ventidue piedi, in varj ordini diviso, cinto di scale, di cenere e pietre composte. Altari di consimil mate
rj ordini diviso, cinto di scale, di cenere e pietre composte. Altari di consimil materia sorgevano nel tempio stesso d’Ol
’Olimpia a Giunone e alla Terra. Miracolo del mondo era l’ara formata di corna inalzata ad Apollo in Delo, che niun glutin
va; onde Callimaco, lusingando la credula superstizione, disse, esser di tanto artificio solamente lo stesso nume capace.
i voti e i sospiri. Infatti antichissimo era fra gl’idolatri il rito di sacrificare su luoghi elevati, onde nelle sacre c
errore così caro all’umano intelletto. Sei are sorgevano sull’Olimpo, di molte erano popolati rimetto, il Parnete, l’Anche
lido del mar risonante erger un altare ad Apollo, fu loro prima cura di elevarlo eccessivamente, come se imitar volessero
i altari, e tribomi dicevansi, e sembra che si praticassero nel culto di divinità, di ufficj e di parentela congiunte, gia
ribomi dicevansi, e sembra che si praticassero nel culto di divinità, di ufficj e di parentela congiunte, giacché nell’Egi
ansi, e sembra che si praticassero nel culto di divinità, di ufficj e di parentela congiunte, giacché nell’Egitto, maestro
ità, di ufficj e di parentela congiunte, giacché nell’Egitto, maestro di scienze e di superstizioni, vi erano di tal sorta
j e di parentela congiunte, giacché nell’Egitto, maestro di scienze e di superstizioni, vi erano di tal sorta dedicati a L
giacché nell’Egitto, maestro di scienze e di superstizioni, vi erano di tal sorta dedicati a Latona, Apollo e Diana. Fra
icità sola raccomanda, altre l’ornamento, gli Dei, i genj, i sonatori di flauto che vi sono scolpiti; la maggior parte di
, i genj, i sonatori di flauto che vi sono scolpiti; la maggior parte di esse ha negli angoli teste di animali. Numerosi a
che vi sono scolpiti; la maggior parte di esse ha negli angoli teste di animali. Numerosi al pari degli Dei erano gli alt
i Dei erano gli altari, e Virgilio ci mostra larba, il barbaro rivale di Enea, che cento, così traduce Annibal Caro, « N’
e di Enea, che cento, così traduce Annibal Caro, « N’avea sacrati, e di continui fochi Mantenendo agli Dei vigilie eterne
i, e di continui fochi Mantenendo agli Dei vigilie eterne Di vittime, di fiori e di ghirlande, Gli tenea sempre riveriti e
tinui fochi Mantenendo agli Dei vigilie eterne Di vittime, di fiori e di ghirlande, Gli tenea sempre riveriti e colti. »
he la divinità. Esiste ancora in Narbona l’ara dedicata ad Augusto, e di molte iscrizioni la memoria non ci è stata invidi
per onorar Giove in Olimpia; la seconda edificò Ercole dopo la morte di Caco, « Che sotto il sasso di monte Aventino Di
a seconda edificò Ercole dopo la morte di Caco, « Che sotto il sasso di monte Aventino Di sangue fece spesse volte laco.
fece spesse volte laco. Onde cessar le sue opere bieco Sotto la mazza di Ercole, che forse Gliene die cento, e non sentì l
che forse Gliene die cento, e non sentì le diece. » Quest’ara, opera di quelle mani onde fu la terra vendicata e difesa,
credevasi la pena degli spergiuri. I re vi giuravano sopra i trattati di pace; erano abbracciate dai colpevoli e dagl’ inf
aggiungeva il giuramento; onde Giovenale disse che gli empj venditori di spergiuri, che intrepidamente vi si accostavano,
i accostavano, ponevano la mano, non solo sull’ara, ma pure sul piede di Cerere, divinità venerata. Si celebravano gli spo
ità determinato. Assai degli altari. Intorno ai sacrifìzj eccovi quel di pili che importa sapere; poiché, se tener conto s
voti, parlerò delle ostie che allora si offrivano, poiché ogni genere di sacrifìzj può in queste due classi esser compreso
i genere di sacrifìzj può in queste due classi esser compreso. Quando di lungo viaggio erano fuggiti ai perìcoli, propizia
ito dal cielo una moglie pudica, e le offrivano incenso sotto il nome di Lucina, perchè ne favorisse il parto quando era p
e di Lucina, perchè ne favorisse il parto quando era per farli ricchi di prole. Un bianco toro, una corona, opime spoglie
vino; gli agricoltori offrivano agnelli e giovenchi a Cerere, vestiti di bianco, e legate le mani con rami d’olivo, perchè
lla messe. I sacrifizj statuiti avevano luogo in tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone, di Esculapio nel gennaio, di N
I sacrifizj statuiti avevano luogo in tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone, di Esculapio nel gennaio, di Nettuno e d
statuiti avevano luogo in tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone, di Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei inf
tutti i mesi. Quelli di Giano, di Giunone, di Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Mi
Esculapio nel gennaio, di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apol
di Nettuno e degli Dei infernali nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Merc
infernali nel febbraio, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Gio
o, di Minerva nel marzo, di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cere
di Venere nell’aprile, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulca
e, di Apollo nel maggio, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì
, di Mercurio nel giugno, di Giove nel luglio, di Cerere nell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di
Cerere nell’agosto, di Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel novembre, di Vesta nel dicembre. Ovidio
Vulcano nel settembre, dì Marte nell’ottobre, di Diana nel novembre, di Vesta nel dicembre. Ovidio nei Fasti alla curiosi
lissena, ch’ Euripide e Seneca, tradotti, vi narreranno. — Seneca, la di cui descrizione ho tradotta come le forze del mio
rze del mio ingegno il permettevano, vi racconterà il secondo, che fu di doppio dolore cagione ad Ecuba, al pari d’Ilio, s
ri d’Ilio, splendido documento dell’instabil sorte. Serberemo i versi di Euripide alla seguente Lezione. Precedevano le os
ersi di Euripide alla seguente Lezione. Precedevano le ostie coronati di lauro i tibicini. Quindi seguivano vaghi fanciull
sultore, distribuiva secondo l’ordine i vasi per le libazioni ripieni di vino. I così detti vittimari conducevano gli anim
popa consegnavanla che succinto e mezzo nudo la percoteva. Gli ufficj di questi ultimi non sono abbastanza distinti, e qui
no preceduti i sacrifizj dalle lustrazioni, che facevansi con un ramo di ulivo, o con istrumento a ciò destinato, del qual
iò destinato, del quale può vedersi la figura nelle medaglie argentee di Giulio Cesare e di Antonino Pio.   Presentata che
uale può vedersi la figura nelle medaglie argentee di Giulio Cesare e di Antonino Pio.   Presentata che si era l’ostia, il
o detto dolabra, delle palpitanti vittime radevano la pelle: le parti di esse ponevano in vasi detti in genere anclabri, c
a in vasi detti sfagbii, dei quali la figura si scorge nelle medaglie di Caligola e di Augusto. I pezzi della vittima dest
i sfagbii, dei quali la figura si scorge nelle medaglie di Caligola e di Augusto. I pezzi della vittima destinati ai numi,
rostivano nelli spiedi, come in Omero si lecere. Si faceva ancora uso di due altri vasi, detti salino e patella. Le acerne
nsi le primizie che si offrivano agli eterni. Accrescerei il catalogo di questi sacri utensili, se in queste cose la vista
il catalogo di questi sacri utensili, se in queste cose la vista, più di ogni descrizione, non ammaestrasse; onde per voi
lie e i monumenti, mentre io adempio al mio scopo venendo a favellare di quei sacrifìzj, i quali vorrei per onore del gene
rancese pretende. A questa opinione, che onora il core e non la mente di chi la produsse, si oppone in primo luogo l’autor
non la mente di chi la produsse, si oppone in primo luogo l’autorità di Erodoto, il quale afferma che i popoli della Taur
Plutarco ha lasciato scritto, non vietò così barbaro costume. Volete di più? Udite come Cicerone rimprovera ai Galli ques
erone rimprovera ai Galli questo costume nella sua Orazione in difesa di Fonteio. Egli dice, volendo dimostrare la poca fe
dimostrare la poca fede dei loro giuramenti: « Cosa volete che vi sia di santo e di religioso per coloro i quali, se qualc
la poca fede dei loro giuramenti: « Cosa volete che vi sia di santo e di religioso per coloro i quali, se qualche volta da
ncora ai dì nostri? Laonde quale reputate voi che esser possa la fede di chi i numi crede doversi placare colle colpe e co
rimediassi colla brevità alla noia che in voi deve produrre l’aridità di queste ricerche. Seneca intanto, coi suoi versi i
i queste ricerche. Seneca intanto, coi suoi versi immaginosi, vi sarà di sollievo. Il Sacrificio di Astianatte e Polissen
tanto, coi suoi versi immaginosi, vi sarà di sollievo. Il Sacrificio di Astianatte e Polissena. Fra le troiane mura eccel
dirupo. Lo circonda a gara Il volgo, i duci, e son vote le navi. Chi di colle minor le vette ingombra, d’altra rupe sull’
e ingombra, d’altra rupe sull’acuta cima Libra i tremuli piedi; altri di un faggio Abbraccia il tronco, un lauro altri ric
lterezza. In core acheo Breve è pietà: che già ripete Ulisse Le preci di Calcante, e al crudo rito Chiama numi di sangue.
e già ripete Ulisse Le preci di Calcante, e al crudo rito Chiama numi di sangue. Allora, oh vera Prole d’Ettorre: il ferro
to reteo. L’avversa parte Chiusa è da colle facile, che sorge A guisa di teatro. Era ogni lido Ingombro, e presso la spera
teatro. Era ogni lido Ingombro, e presso la sperata terra Già credea di vedere il facil volgo Che odia e mira i delitti.
Già credea di vedere il facil volgo Che odia e mira i delitti. Ancor di Troia La schiava gente al proprio pianto accorsa
ci. Troncar l’ultima speme il ferro argivo. Quando improvviso balenar di tede Percosse i lumi della turba incerta, E Polis
Ogni Troiano Dicea sommessamente: Abi quella face Splenda alle nozze di tua figlia, o vile Spartana, e così te la Grecia
a regina antica. Tace attonito il volgo, e chi commove Beltade, e chi di gioventude il fiore, Tutti fortuna; e il fermo co
ti fortuna; e il fermo cor che morte Incontrar sembra, e desta in cor di tutti Maraviglia e pietade. È sul paterno Sepolcr
quinta. Dei sacrifizj umani. I mortali non contenti nel princìpio di offrire alla divinità, erbe ed incensi, quindi an
e vittime contaminarono le loro mani e i templi degli Dei. È opinione di alcuni che questa orribile costumanza avesse prin
questa orribile costumanza avesse principio coli’ idolatria al tempo di Saruch nella quinta generazione; e se ciò sussist
alute della patria immolò la figlia; che i Tiri sacrificarono i figli di Sisifo, persuasi al misfatto dall’oracolo di Apol
ri sacrificarono i figli di Sisifo, persuasi al misfatto dall’oracolo di Apollo. Lo stesso autore infama la memoria di Tes
l misfatto dall’oracolo di Apollo. Lo stesso autore infama la memoria di Teseo, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antio
Lo stesso autore infama la memoria di Teseo, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antiope sua moglie e figliuola di Marte,
, cui lo stesso dio ordinò di uccidere Antiope sua moglie e figliuola di Marte, che Adrasto ed Ipponoo suoi figli seguiron
i seguirono gettandosi nel fuoco8; vittima volontaria per la salvezza di Tebe sua patria si offerse Meneceo, e di questi f
a volontaria per la salvezza di Tebe sua patria si offerse Meneceo, e di questi furori e di questi delitti sono ricchi gli
salvezza di Tebe sua patria si offerse Meneceo, e di questi furori e di questi delitti sono ricchi gli annali del genere
tè consigliare la superstizione ! Fuggiva la pietà dai crudeli altari di Teutate e d’Eso orribile, sui quali palpitavano v
ni sacrificavano i Cerasti; ninna divinità si compiacque maggiormente di questi sacrifìzj che Diana, e lo mostreremo quand
giormente di questi sacrifìzj che Diana, e lo mostreremo quando della di lei statua in Tauride si avrà nel corso della pre
tatua in Tauride si avrà nel corso della presente Lezione opportunità di parlare. Causa di tanta empietà era la credenza c
i avrà nel corso della presente Lezione opportunità di parlare. Causa di tanta empietà era la credenza che questa abominaz
leraggini, quasi le colpe con altre colpe potessero espiarsi. Seneca, di cui la descrizione serbiamo alla seguente Lezione
o alla seguente Lezione, ci mostra per questo motivo immolati i figli di Tieste, e maggiore compassione desterà nei vostri
ati i figli di Tieste, e maggiore compassione desterà nei vostri cori di quella che sentiste udendo del sacrificio di Asti
desterà nei vostri cori di quella che sentiste udendo del sacrificio di Astianatte e di Polissena. Sacrificavansi ancora
tri cori di quella che sentiste udendo del sacrificio di Astianatte e di Polissena. Sacrificavansi ancora umane vittime pe
e e di Polissena. Sacrificavansi ancora umane vittime per la salvezza di un moribondo amico o congiunto; e quando un tiran
ei, discendevano al supplizio degl’innocenti. Lo stesso Giove Laziale di umane ostie già compiacevasi, ma Numa, di mansuet
ti. Lo stesso Giove Laziale di umane ostie già compiacevasi, ma Numa, di mansueti costumi maestro ai Romani, eluse con acc
sueti costumi maestro ai Romani, eluse con accorta ripulsa la dimanda di quel dio che parlar facevano i sacerdoti crudeli.
gli scampati dalla morte, e resi loro per tutta la vita felici. Degni di lode i Siri, che tutti i sacrifizj cruenti vietar
da cui ho tradotto quei versi immortali ai quali è consegnato il fato di Polissena e d’Ifigenia. Ambedue queste descrizion
ia. Ambedue queste descrizioni sono meno adorne d’immagini che quella di Seneca: ma pure di molta compassione percotono il
descrizioni sono meno adorne d’immagini che quella di Seneca: ma pure di molta compassione percotono il core per la stessa
nunzio: Perchè vuoi che il dolor rinnovi, o donna, Narrando il fato di tua figlia? Assai Piansi in mirarla alla funesta
e funeste stille, E placa la sdegnosa anima: sorgi, E bevi il sangue: di donzella è sangue: La Grecia, il figlio te lo don
ennon gridava: All’infelice giovinetta. Achei, Almen lasciate libertà di morte. — E la vergine udendo i regi detti, I bei
po esangue Compose, e i lini. Del cadere onesto In te la cura trionfò di morte, Magnanima donzella: e frondi e fiori Sparg
e Timante nella pittura che lo rappresentava avendo tutte le immagini di mestizia esauste nel volto dei circostanti, le se
ircostanti, le sembianze del misero padre, imitando Euripide, coperse di un velo, quasi disperasse dell’arte, Pausania, ch
quasi disperasse dell’arte, Pausania, che dovrebbe essere nelle mani di tutti gli artisti, dice che presso gli Egineti vi
secondo mentovato scrittore, ne mostrano la tomba. Molta il discordia di pareri regna sull’esito di questo sacrifizio. Alc
, ne mostrano la tomba. Molta il discordia di pareri regna sull’esito di questo sacrifizio. Alcuni dicono che Ifigenia fos
a portata nella Tauride nel momento dell’ espiazione, e mise in luogo di essa una cerva. Ovidio l’ha posta nel numero dell
Metamorfosi. Antonino Liberale riporta che fu cangiata in una specie di Genio immortale, e che nell’isola di Leuce si con
ta che fu cangiata in una specie di Genio immortale, e che nell’isola di Leuce si congiunse ad Achille. Evvi un’altra opin
lirici, e specialmente da Stesicoro, la quale narra che una donzella di questo nome fu in Aulide sagrificata, ma che di T
arra che una donzella di questo nome fu in Aulide sagrificata, ma che di Teseo, e non di Agamennone era figlia, e che Elen
zella di questo nome fu in Aulide sagrificata, ma che di Teseo, e non di Agamennone era figlia, e che Elena a lui l’aveva
ta credenza, ed io ho reputato farvi cosa grata traducendo la parlata di Clitennestra, e la descrizione del sacrifizio, ch
endo la parlata di Clitennestra, e la descrizione del sacrifizio, che di bellezze classiche ridonda. Udite, innanzi, i div
io, che di bellezze classiche ridonda. Udite, innanzi, i divini versi di Lucrezio sull’istesso soggetto, che ho desunti da
pol tutto Stillar per gli occhi in larga vena il pianto Sol per pietà di lei, che muta e mesta Teneva a terra le ginocchia
nocente e casta Povera verginella in tempo tale Che prima al re titol di padre desse; Che tolta dalla man de’ suoi più car
co’1 soave nodo D’un illustre imeneo; ma per cadere Nel tempo istesso di sposarsi, offerta Dal padre in sacrifìcio ostia d
or tengono a gara, E ancor trema e rifugge. Eramo giunti Della figlia di Giove al sacro bosco Ed ai floridi prati ove dei
che sicura al ferro Offro il collo animoso. — In questi detti Figlia di re conosce ognuno. In mezzo Taltibio stava, e all
ffre e Agamennon ch’è padre. A noi concedi il navigar felice. Possiam di Troia conquistar le mura. — All suol rivolte le p
ani, e prega, Ed attento osservò dove alla gola Vibrasse il ferro. Io di dolor nei lacci Preso, alla terra dechiiiava i lu
uesto giorno valicar l’Egeo. Euripide, Ifigenia in Aulide. Parlata di Clitennestra. Apra il mar nuovi abissi, i Greci i
secrata terra D’Atreo ravvisi il vero erede, il figlio, E dalla mensa di delitto piena Un dì torcesti l’atterrito raggio,
Spaventa, e i numi fa discordi in cielo. Di mille dardi all’ombra il di si cela, E primizia di strage il sangue scorre. M
discordi in cielo. Di mille dardi all’ombra il di si cela, E primizia di strage il sangue scorre. Ma Calcante si avanza: a
ni rozze furono nel loro principio, e non giunsero a quell’alto grado di bellezza e di perfezione in che collocate sono, s
o nel loro principio, e non giunsero a quell’alto grado di bellezza e di perfezione in che collocate sono, se non arricchi
anta vita da gareggiare quasi colle vive sembianze. È impossibil cosa di rintracciare la patria di questo ritrovato, e non
asi colle vive sembianze. È impossibil cosa di rintracciare la patria di questo ritrovato, e non vi ha motivo per conceder
r vi può dove non sia nato quest’ uso, e chi non scorge che l’origine di esso nelle tenebre della più remota antichità sta
ta nascosa? Osserva Winkelman, che coloro i quali trattano del nascer di un’arte, sogliono il più delle volte, fidati a po
cer di un’arte, sogliono il più delle volte, fidati a poche relazioni di rassomiglianza, dedurre da queste generali conseg
di rassomiglianza, dedurre da queste generali conseguenze, e tessere di tutti i ritrovati false genealogie, nelle quali u
e di tutti i ritrovati false genealogie, nelle quali una sola nazione di tutte l’altre è maestra. Per evitare questo error
e di tutte l’altre è maestra. Per evitare questo errore sarò contento di osservare che nelle più antiche statue egizie non
sti informi sassi in Fera città dell’Arcadia. Altro non fu la Giunone di Tespi, la Diana d’Icaro: colonne erano il Giove M
colonne erano il Giove Milichio a Sidone, la Diana Patroa, la Venere di Pafo. Sotto questa forma Bacco rappresentavasi. S
tanto nei vocaboli sta l’origine delle cose racchiusa. Con due pezzi di legno paralleli, insieme uniti a due traversi pur
. Con due pezzi di legno paralleli, insieme uniti a due traversi pure di legno, disegnavano gli Spartani Castore e Polluce
dditati. Furono collocate col progresso del tempo le teste sulla cima di queste pie tre: cosi a Tricoloni e a Tegea in Arc
alle quali, con profondo scherzo, paragona Giovenale gl’inetti nobili di Roma, che si appoggiavano sulla fama degli avi. A
nei simulacri; convenienti forme si effigiarono nella parte superiore di essi, indicando con taglio longitudinale la divis
fama eterna ottenne, e diede a questi simulacri il suo nome. Il nome di erme non si dava solamente alle statue di Mercuri
ulacri il suo nome. Il nome di erme non si dava solamente alle statue di Mercurio, ma a tutte quelle ancora che ne imitava
ità rappresentata. Ancora nei bei giorni dell’arte per le città tutte di Grecia questi simulacri erano sparsi, ed Alcibiad
ade fé’ troncare il capo a tutti quelli che erano in Atene, a riserva di quello che stava avanti la porta di Andocide, che
lli che erano in Atene, a riserva di quello che stava avanti la porta di Andocide, che per questo motivo la prigionia soff
iché, appena partì colla flotta, fu accusato e coU’esiglio punito. Ma di tutte le teste rimaste fu modello il volto di Alc
coU’esiglio punito. Ma di tutte le teste rimaste fu modello il volto di Alcibiade; al che allude l’eleofante Ariste lieto
he allude l’eleofante Ariste lieto in una sua lettera, dove una donna di sue bellezze gloriosa scrive che norma il sembian
dove una donna di sue bellezze gloriosa scrive che norma il sembiante di lei, e non quello di Alcibiade, esser doveva dell
bellezze gloriosa scrive che norma il sembiante di lei, e non quello di Alcibiade, esser doveva dell’erme. Era lecito il
gie degli Dei. Nel Giove Olimpico, che veruno emulò, e neir Esculapio di Epidauro, l’avorio erano con artificio, che vince
ta serviva alle statue degli Dei che furono detti Fictilia, dall’arte di gettarle, e Plinio dice che la semplicità dei pri
l’oro ancora dalle figure degli Dei. Giovenale, favellando del Giove di Creta di Tarquinio Prisco, lo chiamò di creta, e
cora dalle figure degli Dei. Giovenale, favellando del Giove di Creta di Tarquinio Prisco, lo chiamò di creta, e non viola
ovenale, favellando del Giove di Creta di Tarquinio Prisco, lo chiamò di creta, e non violato ancora dall’oro. Marco Acili
la prima statua in Italia, eh’ eresse nel tempio della Pietà al padre di lui Glabrione. Nè legge veruna prescrivea l’ alte
d affronti, e gli ebbero da Cambise allora che a Memfi vide il tempio di Vulcano. Però quando l’Egitto fu conquistato da A
itarono i greci costumi nel rappresentare la divinità; il che fu loro di doppio vantaggio cagione, giacché del vincitore e
a loro mitologia veniva interamente dall’ Egitto. In questa diversità di statura data ai numi furono seguiti dai Greci e d
tatura data ai numi furono seguiti dai Greci e dai Romani, quantunque di alcune divinità le statue fossero comunemente pic
vo timore dei mortali, che vi adoravano lo stesso silenzio, e l’ombre di divinità ignota e terribile ripiene. In questi lu
ove gli Ebrei, varcato l’Eritreo, si accamparono. Pei Greci la selva di Dodona fu solenne oggetto di venerazione; trentad
treo, si accamparono. Pei Greci la selva di Dodona fu solenne oggetto di venerazione; trentadue boschi sacri si numeravano
o questi ultimi erano stati costruiti in luogo non selvoso, cercavano di rimediarvi cingendoli di alberi intorno. Mosè, pr
ti costruiti in luogo non selvoso, cercavano di rimediarvi cingendoli di alberi intorno. Mosè, prefìggendosi di vietare ag
avano di rimediarvi cingendoli di alberi intorno. Mosè, prefìggendosi di vietare agli Ebrei l’idolatria, verso la quale li
il loro genio e delle altre genti l’esempio, non permise che l’altare di Dio fosse circondato da alberi a foggia di selva.
, non permise che l’altare di Dio fosse circondato da alberi a foggia di selva. Pure, tanto l’inclinazione prevalse, che G
oni vi appendeva la superstizione, prodiga tanto, che appena, al dire di Stazio, luogo restava ai rami. Tagliarli intieram
on sacrifizio al nume del luogo. Celebri sono nell’antichità i boschi di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina,
io al nume del luogo. Celebri sono nell’antichità i boschi di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina, di Giove La
del luogo. Celebri sono nell’antichità i boschi di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina, di Giove Laziale, di A
elebri sono nell’antichità i boschi di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina, di Giove Laziale, di Augusto, e mo
ntichità i boschi di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina, di Giove Laziale, di Augusto, e molti altri, dei qua
di Apollo, di Lucina, di Feronia, di Diana Aricina, di Giove Laziale, di Augusto, e molti altri, dei quali la descrizione
gli antichi si legge. Famosa è quella che Lucano ne ha data del bosco di Marsiglia, che i soldati romani atterrarono, non
ore comandato dalla maestà del loco, ma pesata, come egli dice, l’ira di Cesare e quella degli Dei. Tradurrei per vostro v
di Cesare e quella degli Dei. Tradurrei per vostro vantaggio i versi di questo ingegno sovrano, se il Tasso avendone deri
tuosa questa impresa. Quindi ho voi garizzato quella parte del Tieste di Seneca, ove si descrive il bosco che era presso a
e era presso alla reggia degli empj fratelli. Confido che vi riempirà di maraviglia e di terrore non meno il sacrifizio es
a reggia degli empj fratelli. Confido che vi riempirà di maraviglia e di terrore non meno il sacrifizio eseguitovi dal mos
nge delle ricche stanze La fuga artificiosa antica selva. Alto arcano di regno. Educa il mesto Suolo non liete piante, o v
Mirtoo Infamia e nome. Qui stan tutte altere L’avite colpe, gran base di regno. Nasce fra l’ombre che ogni augello teme Un
ombre che ogni augello teme Un rivo, e pigro qual palude stagna. Così di Stige è l’inviolabil onda Sacramento dei numi. Od
erali, e suonar gli antri Per le scosse catene, ulular l’ombre. Ombre di sangue. Qui, con gli occhi vedi Ciò che udire è t
edi Ciò che udire è terror; splende la selva Come da fiamme accesa, e di latrati Triplice suona. Inusitati mostri Nell’att
nte, che purpurea benda Mestamente circonda: incensi, il sacro Liquor di Bacco Atreo sparge sull’ara: Atrocemente sugi’ ig
roppo soffristi, e la tua fuga è tarda: Già banchetta Tieste, e assai di luce Vi è perchè scorga il feral cibo, e cessi II
Lezioni ho cercato, quanto la povertà dell’ingegno mio lo concedeva, di rendere vostre tutte quelle notìzie, che preceder
Pausania l’attesta, sarebbe il numerare le nazioni che si gloriarono di aver data a Giove l’educaziono o la cuna, o perch
presso gli antichi questo nome, sia che la patria dei sommi fu sempre di dubbi e di contrasto argomento. Creta, più d’ogni
antichi questo nome, sia che la patria dei sommi fu sempre di dubbi e di contrasto argomento. Creta, più d’ogni altra grec
reca città, questo vanto si arroga; e l’antro del monte Ditteo ferace di querci fu della puerizia di lui testimone famoso.
arroga; e l’antro del monte Ditteo ferace di querci fu della puerizia di lui testimone famoso. Si oppongono alla gloria de
no alla gloria dei Cretesi mendaci, i quali additano pure il sepolcro di Giove, i Messenj, che?ul giogo d’Itome mostrano u
egli uomini e degli Dei, quando i Cureti lo sottrassero alla crudeltà di Saturno. E l’Arcadia è illustre ancora pel fiume
dalla fame cagionate, fu loro risposto che cesserebbero quando l’ossa di Ettore fossero da Obrino trasportate in quella ci
brino trasportate in quella città che non avesse militato all’eccidio di Troia, e che fosse ad un tempo patria di Giove; e
avesse militato all’eccidio di Troia, e che fosse ad un tempo patria di Giove; ed ambedue queste qualità si trovarono riu
e, città della nominata regione. Che che ne sia, l’istoria dei natali di Giove, del parto di R.ea, dell’inganno di Saturno
ata regione. Che che ne sia, l’istoria dei natali di Giove, del parto di R.ea, dell’inganno di Saturno deluso da un sasso
e sia, l’istoria dei natali di Giove, del parto di R.ea, dell’inganno di Saturno deluso da un sasso fasciato, si trova esp
crizioni Doniane. Nè minor lite reo’na fra a:ìi antichi sulle nutrici di tanto fanciullo, poiché Luciano e Arato, con molt
, con molti altri, dicono che alimento gli fosse il latte della Capra di nome Amaltea, ma chiamata ancora Olenia dei Class
ltea, ma chiamata ancora Olenia dei Classici, perchè presso una città di Beozia detta Oleno fu nutrita. Una medaglia battu
città di Beozia detta Oleno fu nutrita. Una medaglia battuta in onore di Antonino Pio esprime nel rovescio Giove b'ambino
esto animale. Virgilio nelle Georgiche dice che dalle Api fu pasciuto di miele nell’antro Ditteo Giove, che in mercede lor
lioso intelletto. Reda, Itome, Adrastea, le sorelle dei Cureti figlie di Melissea, Tisoa, Agno, si disputano nell’antichit
ea, Tisoa, Agno, si disputano nell’antichità l’aurea culla del fi"lio di Saturno. Nè mancò chi le colombe e l’aquile minis
che in un tempio veneratissìmo vedevasi la statua della Fortuna, dal di cui seno beato suggeva Giove con Giunone il primo
Secondo alcuni erano così le cure divise: Adrastea lusingava il sonno di Giove; le ninfe Melie, recandolo in seno, lo nutr
Così sono rappresentati in due medaglie dei Laodicesi e degli Apamesi di Frigia, destinate ad onorare due imperatori roman
i romani, Caracalla e Decio. Titano si accorse che Giove e i fratelli di lui erano contro il giuramento educati; onde di t
he Giove e i fratelli di lui erano contro il giuramento educati; onde di tale sdegno arse che Saturno e Rea circondò di ca
uramento educati; onde di tale sdegno arse che Saturno e Rea circondò di catene. Udì Giove adulto il fato dei genitori; ra
catene. Udì Giove adulto il fato dei genitori; raccolse gran schiera di soldati cretesi e di stranieri esuli, e nel primo
ulto il fato dei genitori; raccolse gran schiera di soldati cretesi e di stranieri esuli, e nel primo impeto di battaglia
n schiera di soldati cretesi e di stranieri esuli, e nel primo impeto di battaglia debellò i Titani, e ripose sul soglio O
attaglia debellò i Titani, e ripose sul soglio Opi e Saturno. Innanzi di combattere fece sacrifizio in Nasso, e gli apparv
a vittoria futura; perciò volle che sacra gli fosse, e quando, al dir di Orazio, l’esperimento fedele in rapire il biondo
concesse l’impero. Perciò nei monumenti è sempre posta al destro lato di Giove, e nel Museo Guarnacci si vede un simulacro
e alte venture. Non placarono i henefizj del figliuolo 1’ troce animo di Saturno, il quale memore degli oracoli fatali, in
gli preparava. Giove, avvertito, riunì il primiero esercito, e cercò di aggiungere i Cecropi fallaci, che ricevuti gli st
è bastò al sire dell’Olimpo questa vendetta: tolse a Saturno il mezzo di generare altri figli. Drepano fu chiamato Corcira
enerare altri figli. Drepano fu chiamato Corcira dalla falce ministra di quell’ingiuria, a cui deve il suo nascere la madr
la madre degli amori. Favoleggiarono gli antichi che Apollo coronato di lauro e vestito di porpora cantasse dopo la pugna
ri. Favoleggiarono gli antichi che Apollo coronato di lauro e vestito di porpora cantasse dopo la pugna famosa, e coll’ete
pugna famosa, e coll’eterna armonia della sua cetra e dei suoi versi di incognita e maravigliosa dolcezza così riempisse
Apollo, alludendo al canto famoso: « Vieni splendido e bello; copriti di veste purpurea, ed ordina bellamente le lunghe ch
i a Giove vincitore dopo che fu posto in fuga Saturno. » Ma col regno di Giove vennero sciagure e delittiPrima la terra no
producevano tutti i frutti. Veleno non avevano i serpenti, nè avidità di sangue i lupi; il mare non aveva procelle. Fuggir
mutando avventa contro il cielo le sue fiam me, fa crollar le caverne di Vulcano e cadere gli stessi fulmini, onde fu vint
ni dell’Oriente, instituì i re, che secondo Omero, sono la prima cura di lui. Domò altri giganti dei quali era capitano Ti
ensieri perfetti costrinsero i fratelli secondo lui a non invidiargli di possedere il cielo quasi propria sua casa. Lattan
tanzio spiega questa favola istoricamente, asserendo che l’oriente fu di Giove, l’occidente di Plutone, e le regioni marit
avola istoricamente, asserendo che l’oriente fu di Giove, l’occidente di Plutone, e le regioni marittime di Nettuno. Non o
l’oriente fu di Giove, l’occidente di Plutone, e le regioni marittime di Nettuno. Non ostante, fu opinione degli antichi c
time di Nettuno. Non ostante, fu opinione degli antichi che il potere di Giove non solamente al cielo si limitasse, ma che
nume. Così effisriato era Giove Patroo veduto da Pausania nel tempio di Minerva in Corinto. Era fama presso quei cittadin
resso quei cittadini che davanti a quella statua Priamo, nell’eccidio di Troia, tentasse fuggire l’imminente fortuna, igno
ricreazione dei potenti sicuri. L’amore divenne gran parte della vita di Giove che vestì mille sembianze per deludere il g
ita di Giove che vestì mille sembianze per deludere il geloso ingegno di Giunone, e macchiando i talami de’mortali, gl’ill
upero, associando in tal maniera col cielo la terra. Il celebre ratto di Europa che die nome ad una parte del mondo, è fra
uropa che die nome ad una parte del mondo, è fra le segnalate imprese di Giove. Teocrito, ovvero altro greco poeta, lo dà
dire. Uditene la traduzioue che ho tentata, e che sarà copia infelice di così leggiadro originale. Già Venere ad Europa u
copre gli stancati letti, Allor dormia nelle sublimi stanze La figlia di Fenice, e le parea Veramente veder due terre in l
e le parea Veramente veder due terre in lite. Per lei sembianza avean di donna entrambe: Una è simile a peregrina; ha l’al
dei numi La vision m’offerse, e chi fu quella Straniera? oh come amor di lei mi prese ! Quanto m’accolse dolcemente: i lum
niliaco flutto, Oro era Giove, e bronzo Io: le donava Forme più care di bellezze eterne Il nume: del canestro all’orlo es
e sulla fronte Sorgon le corna, e son fra loro eguali, Siccome quelle di crescente luna, Venne sul prato, nè terror la vis
or che lunge Dalla terra già sua non vide Europa Più lido e monti, ma di sopra il cielo, E sotto il mare immenso, intorno
furor dell’onde Ridi: io son Giove; e l’amor tuo mi fece Vestir forme di toro; e per te sola Tanto seritier misuro. E te f
llustri, Scettrati regi all’universo intero. — Disse, e fu fatto, che di Giove i detti Son fato. Apparve Creta, e spogliò
Lezione ottava. Gli amori, le trasformazioni, i figli e i terapli di Giove. A diverse sembianze favoleggiarono i po
omini e degli Dei, onde essere dei suoi amori contento. Dopo le nozze di Meti figlia dell’Oceano, che a mostruoso fato sog
ti figlia dell’Oceano, che a mostruoso fato soggiacque, e quella pure di Temi, amore lo prese della sorella; nè la reveren
renza del sangue comune protesse Giunone delusa. Il pudore vietavagli di manifestare i voti nascosi nel cuore, onde si can
al dio che a sua voglia il cielo oscura e rasserena, coperse la terra di unica nuvola: Giunone si rifuggì sull’accennato c
mentito aspetto`. ed a un dio innamorato chi resiste? Dal primo furto di Giove nacquero le Preci, che, al dir d’ Omero, se
delle mortali in onta agli sdegni gelosi della moglie. Leda figliuola di Tindaro gli piacque, ed in candido cigno trasform
andido cigno trasformato volò presso lei, fìngendo evitare l’artiglio di un’aquila che sopra gli pendeva. Elena e Polluce
alle voluttà del dio, dicesi collocato fra gli astri alla destra mano di Cefeo. Teocrito vi ha narrato nella passata Lezio
mano di Cefeo. Teocrito vi ha narrato nella passata Lezione il ratto di Europa. x\ggiungerò che Giove ehbe da lei Minosse
x\ggiungerò che Giove ehbe da lei Minosse e Radamanto. Fra le amanti di Giove infelicissima fu Antiope, argomento dei tra
i Giove infelicissima fu Antiope, argomento dei tragici incolti versi di Pacuvio. Costei, fìgha di Nitteo e moglie di Lieo
ntiope, argomento dei tragici incolti versi di Pacuvio. Costei, fìgha di Nitteo e moglie di Lieo re dei Tebani, fu violata
ei tragici incolti versi di Pacuvio. Costei, fìgha di Nitteo e moglie di Lieo re dei Tebani, fu violata da Giove mutato in
repudiò la consorte, e le successe nel talamo Dirce, che alle tenebre di una prigione condannò la rivale. Sua propizia for
e tenebre di una prigione condannò la rivale. Sua propizia fortuna, o di Giove il volere, fé’ che vicina a partorire fuggi
terna, e pii e scellerati ad un tempo uccisero Lieo e la matrigna. Nò di minore compassione percuotono il cuore le vicende
esente Lezione, Giova intanto compire brevemente la serie dello colpe di Giove, poiché i semidei celebrati dai versi dei g
la gloria dell’origine e la felicità delle imprese. Calisto, l’emula di Diana, felicissima fra tutte le ninfe (se Giove n
e Giove non le avesse rapito il pudore mentendo le forme della dea, i di cui studj seguiva) diede alla luce Arcade: e la c
lavacri dell’oceano, cioè non tramonta. Danae non difesa dalla torre di bronzo (tanta è la possanza dell’oro:) deve a Gio
di bronzo (tanta è la possanza dell’oro:) deve a Giove l’esser madre di Perseo, di quel famoso che liberò Andromeda bella
(tanta è la possanza dell’oro:) deve a Giove l’esser madre di Perseo, di quel famoso che liberò Andromeda bella, benché br
e (che tanta lode ottenne pugnando sotto le mura d’Ilio) furono figli di Deidamia, da Giove delusa. Che dirò d’Ercole, pri
ono figli di Deidamia, da Giove delusa. Che dirò d’Ercole, prima lode di Giove, che in tante imprese vincitore stancò la f
mena, che ingannò colle sembianze d’Anfitrione marito. Nè minor vanto di Giove partorì Semole, punita della dimanda superb
celebre al pari d’Ercole è Bacco, che empì l’ Oriente e 1’ Occidente di sua fama, e fu causa d’invidia e di conquiste ad
he empì l’ Oriente e 1’ Occidente di sua fama, e fu causa d’invidia e di conquiste ad Alessandro. A questi s’aggiunga Piri
one, e che l’ardire e l’amicizia rendono illustre. Eccovi il catalogo di altri figli meno chiari. Deu calione da lodoma, B
iove nelle sue galanterie si dimenticò delle dee. Latona lo fé’ padre di Apollo e Biana, li due occhi del cielo; la bionda
, che col primo sorriso mansuefece la severa mestizia dell’imperatore di Bite. ‘Mnemosine, seco unita nelle spiagge Pierie
gloria dell’invenzione. Ma tutto quello che d’isterico hanno preteso di ritrovare gli antichi nelle divinità é per la cri
elle divinità é per la critica dubbio; e qualora vi sia qualche parte di vero, é colla favola tanto confuso che é impresa
impresa ardita ed inutile lo sceverarlo, abbandonandosi alla licenza di congetture difficili ed infelici. Beve render cau
nza di congetture difficili ed infelici. Beve render cauti coloro che di mendace fama in traccia non vanno, il vaneggiare
cauti coloro che di mendace fama in traccia non vanno, il vaneggiare di molti illustri, che tanto differiscono nei result
icerche. E a questo fato soggiacer dovevano brancolando nelle tenebre di una religione così diversa per origine, indole, t
d’esempio Giove quanta incertezza regni nella Mitologia, Tre (al dir di Cotta in Cicerone nel suo libro Della Natura degl
adia; uno dall’Etere, l’altro dal cielo: il terzo in Creta, figliuolo di Saturno. Ma lo stesso Cicerone mille altri ne nom
iove confuso col destino. Abbandonando tanti ‘dubbj e tanta diversità di opinioni, vi parlerò dei templi più famosi di Gio
dubbj e tanta diversità di opinioni, vi parlerò dei templi più famosi di Giove e dei nomi diversi che l’evento, i luoghi e
ppresentato. Udite intanto come viene da Pausania descritto il tempio di Giove Olimpico nell’Attica. — « Avanti di entrarv
ausania descritto il tempio di Giove Olimpico nell’Attica. — « Avanti di entrarvi (così favella il mentovato scrittore) co
l’ha consacrato, ponendovi quella bella statua che converte gli occhi di tutto il mondo, non per la sua grandezza, perchè
Voi vedete in questo tempio due statue dell’imperatore Adriano, fatte di marmo di Taso, e due altre di marmo egiziano. Sul
e in questo tempio due statue dell’imperatore Adriano, fatte di marmo di Taso, e due altre di marmo egiziano. Sulle colonn
e statue dell’imperatore Adriano, fatte di marmo di Taso, e due altre di marmo egiziano. Sulle colonne del tempio sono rap
presentate in bronzo tutte le città che gli Ateniesi chiamano colonie di Adriano. Il recinto del tempio è per lo meno di q
iesi chiamano colonie di Adriano. Il recinto del tempio è per lo meno di quattro stadj (cinquecento passi geometrici), ed
i), ed in così lungo circuito voi non trovate luogo che non sia pieno di statue, perchè ciascuna città ha voluto segnare i
e tanto spazio molte antichità: un Giove in bronzo, un vecchio tempio di Saturno e Rea, una selva sacra, chiamata bosco di
, un vecchio tempio di Saturno e Rea, una selva sacra, chiamata bosco di Olimpia. Ivi si vede un’apertura, per la quale le
si vede un’apertura, per la quale le acque scolarono dopo il diluvio di Deucalione. Tutti gli anni praticano di gittarvi
que scolarono dopo il diluvio di Deucalione. Tutti gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta composta di farina d
iluvio di Deucalione. Tutti gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta composta di farina di grano e miele. Fra qu
ne. Tutti gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta composta di farina di grano e miele. Fra queste antichità io
gli anni praticano di gittarvi una specie di pasta composta di farina di grano e miele. Fra queste antichità io pongo anco
Fra queste antichità io pongo ancora una colonna, su cui è la statua di Socrate, uomo degno di memoria, che alla posterit
o pongo ancora una colonna, su cui è la statua di Socrate, uomo degno di memoria, che alla posterità lasciò tre grandi ese
gno di memoria, che alla posterità lasciò tre grandi esempj: il primo di costanza, perchè all’età di novantotto anni non a
terità lasciò tre grandi esempj: il primo di costanza, perchè all’età di novantotto anni non avea cessato d’insegnare e di
nza, perchè all’età di novantotto anni non avea cessato d’insegnare e di avere discepoli; il secondo di una modestia rara,
to anni non avea cessato d’insegnare e di avere discepoli; il secondo di una modestia rara, che dagli affari pubblici e da
i affari pubblici e dalle cure del governo lontano lo tenne; il terzo di amore supremo per la libertà, che attestò essergl
atta degli Ateniesi a Cheronea, volontario pose fine alla vita. « Fa di mestieri porre nella stessa classe quei Persiani
alla vita. « Fa di mestieri porre nella stessa classe quei Persiani di marmo frigio, che sostengono un treppiede di bron
ssa classe quei Persiani di marmo frigio, che sostengono un treppiede di bronzo, e che sono capilavori tanto essi che il t
che sono capilavori tanto essi che il treppiede. Del resto, il tempio di Giove Olimpico è antico: si pretende che da Deuca
si pretende che da Deucalione fosse edificato; ed in prova, la tomba di lui presso il tempio si addita. » Fin qui Pausani
ani Prideaux, che osserva come questo tempio era grande quanto quello di Salomone, e minore al solo tempio di Belo che in
tempio era grande quanto quello di Salomone, e minore al solo tempio di Belo che in Babilonia sorgeva. Pisistrato gli die
Belo che in Babilonia sorgeva. Pisistrato gli die principio: i figli di lui, Ippia ed Ipparco, lo continuarono. Perseo re
incipio: i figli di lui, Ippia ed Ipparco, lo continuarono. Perseo re di Macedonia, Antioco Epifane siro lo accrebbero; la
Perseo re di Macedonia, Antioco Epifane siro lo accrebbero; la gloria di compirlo e di consacrarlo toccò, come fu detto so
acedonia, Antioco Epifane siro lo accrebbero; la gloria di compirlo e di consacrarlo toccò, come fu detto sopra, ad Adrian
e circondavano l’esterno: il loco, dove era fabbricato, avea la forma di peristilio. L’altezza era di sessantotto piedi, l
loco, dove era fabbricato, avea la forma di peristilio. L’altezza era di sessantotto piedi, la larghezza di novantacinque,
forma di peristilio. L’altezza era di sessantotto piedi, la larghezza di novantacinque, la lunghezza di dugentotrenta. Bel
era di sessantotto piedi, la larghezza di novantacinque, la lunghezza di dugentotrenta. Bellissimo marmo tratto dal monte
onte Pentelieo lo copriva: dal mezzo della volta pendeva una Vittoria di bronzo dorato, e sotto il simulacro di essa stava
lla volta pendeva una Vittoria di bronzo dorato, e sotto il simulacro di essa stava uno scudo d’oro dove era effigiata Med
artifìcio effigiata era nella facciata anteriore del tempio la pugna di Enomao e di Pelope. Giove stava in mezzo, ed alla
ffigiata era nella facciata anteriore del tempio la pugna di Enomao e di Pelope. Giove stava in mezzo, ed alla destra di l
la pugna di Enomao e di Pelope. Giove stava in mezzo, ed alla destra di lui il re, la consorte Sterope, e l’auriga Mirtil
cavalli. Pelope, Ippodamia e lo scudiere tenevano la sinistra. Opera di Peonio erano tutte queste figure. La facciata pos
rappresentava il combattimento dei Centauri e dei Lapiti nelle nozze di Pirotoo: dalle mani di Alcamene, emulo e scolare
ttimento dei Centauri e dei Lapiti nelle nozze di Pirotoo: dalle mani di Alcamene, emulo e scolare di Fidia, erano nate le
apiti nelle nozze di Pirotoo: dalle mani di Alcamene, emulo e scolare di Fidia, erano nate le sembianze famose. Nel intern
olpita era la caccia del cignale, terrore dell’Erimanto, e le imprese di Ercole contro Diomede e Gerione ed altri mostri,
la terra vendicata e difesa. Sotto due loggie sostenute da due ordini di colonne si arrivava al trono e al simulacro dì Gi
ordini di colonne si arrivava al trono e al simulacro dì Giove, opera di Fidia, che niuno, al dir di Quintiliano, potè emu
a al trono e al simulacro dì Giove, opera di Fidia, che niuno, al dir di Quintiliano, potè emulare; in cui l’oro e l’avori
, che la preziosa materia era vinta. Una corona che imitava le foglie di ulivo cingeva la fronte del nume, che nella destr
cingeva la fronte del nume, che nella destra tenea una Vittoria, pure di avorio e di oro, nella sinistra uno scettro mirab
ronte del nume, che nella destra tenea una Vittoria, pure di avorio e di oro, nella sinistra uno scettro mirabile sovrasta
uno scettro mirabile sovrastato dall’aquila. Nei calzari e nel manto di Giove era compreso ogni genere di animali e di fi
all’aquila. Nei calzari e nel manto di Giove era compreso ogni genere di animali e di fiori. Splendeva per l’oro e per le
ei calzari e nel manto di Giove era compreso ogni genere di animali e di fiori. Splendeva per l’oro e per le pietre prezio
re preziose il trono variato dall’ebano e dall’a vorio e dalle figure di animali diversi: agli angoli vi erano quattro Vit
tavano ai piedi del nume. I gradiniMalla parte anteriore erano ornati di sfìngi; al di sotto Apollo e Diana miravansi puni
i del nume. I gradiniMalla parte anteriore erano ornati di sfìngi; al di sotto Apollo e Diana miravansi punire nei figli l
gi; al di sotto Apollo e Diana miravansi punire nei figli la superbia di Niobe. Le traverse ch’erano ai piedi dello stesso
bia di Niobe. Le traverse ch’erano ai piedi dello stesso trono, erano di mille figure adornate; in una erano figurati sett
Oltre i gradini del trono, vi erano ancora due colonne che gli erano di sostegno. Finalmente una gran balaustrata dipinta
ne che gli erano di sostegno. Finalmente una gran balaustrata dipinta di figure tutta 1’ opera racchiudeva. Paneno fratell
ustrata dipinta di figure tutta 1’ opera racchiudeva. Paneno fratello di Fidia vi avea ritratto Atlante che sosteneva il c
tanto peso: Teseo e Piritoo fra i seguaci dell’eroe: il combattimento di lui col leone nemeo: l’attentato d’ Aiace verso C
simulacro, vi erano le Grazie e le Ore, le une e le altre nel numero di tre. Nella base di questa macchina Fidia avea sco
o le Grazie e le Ore, le une e le altre nel numero di tre. Nella base di questa macchina Fidia avea scolpito da una parte
’estremità, e parea sopra un cavallo correre velocemente. Una cortina di velo tessuto dagli Assirii e tinto dai Fenici: (d
la sommità fino al suolo. Sarebbe lungo annoverare gli splendidi doni di ogni nazione che accresceano la maestà di questo
noverare gli splendidi doni di ogni nazione che accresceano la maestà di questo tempio misurato dalla statua e dal trono d
resceano la maestà di questo tempio misurato dalla statua e dal trono di Giove. Basterà dirne che dagli antichi, nel loro
al patrio speco Giove, e disse ver lei con caldo affetto: O ben degna di me, chi fìa, che teco Vorrai bear nel tuo felice
tenesse nascosto; Qui lei fermata ed ai suoi preghi volta, Non pensa di partirsi così tosto, Ma seco quel piacer sì grato
sua fede. Noi ritrovando in cielo, è più che certa, Che sian contro di sé fraudi ed offese: Discende in terra, e quella
e toro, Che goderà così leggiadra fera! Cerca saper qual sia, donde e di cui, E di che armento, e chi l’ha data a lui. Per
e goderà così leggiadra fera! Cerca saper qual sia, donde e di cui, E di che armento, e chi l’ha data a lui. Per troncar G
no facean la sentinella. Ovunque il bel pastor la faccia gira. Ch’ha di si ricche gemme il capo adorno, Alla giovenca sua
po adorno, Alla giovenca sua per forza mira, Perch’egli scuopre ancor di dietro il giorno; Nè gli è d’uopo, s’altrove ella
he d’ascoltar gli piaccia, Ma come il suo muggire orribil ode, Scorre di qua, di là tutto quel sito, Fuggendo sé medesma e
oltar gli piaccia, Ma come il suo muggire orribil ode, Scorre di qua, di là tutto quel sito, Fuggendo sé medesma e’I suo m
la figlia: Tutto quel ch’esse fan vuol fare anch’ ella, Dando a tutti di sé gran meraviglia: Toccar si lascia, e fugge, e
zando ella s’aggira ed erra, Il mesto padre suo grato ed umano Svelle di propria man l’erba di terra, A lei la porge e mos
erra, Il mesto padre suo grato ed umano Svelle di propria man l’erba di terra, A lei la porge e mostra di lontano; Ella s
umano Svelle di propria man l’erba di terra, A lei la porge e mostra di lontano; Ella s’accosta, e leggermente afferra L’
r con la mia morte L’intenso e dispietato dolor mio, Che a fin verrei di sì perversa sorte. Veggo or quanto mi neccia esse
contr’Argo ir s’apparecchi: E perchè non sia più sì vigilante, Vegga di tor la luce a tanti specchi. Tosto ei la verga e
parte sogna, E non dà noia al discorso il sognare, Col pensier desto di sapere agogna, E il pastor prega che voglia conta
quei cent’ occhi svelle, E fa le penne al suo pavon più belle. Empie di gioie la superba coda Del suo pavone, e gli occhi
il petto, Per l’acque giura del tartareo regno, Che mai più non avrà di lei sospetto, E tenga il giuramento Stigio in peg
na faccia, I pie dinanzi suoi si fer due braccia. L’unghia sua fessa di nuovo si fende D’altri tre fessi, che fan cinque
buon successo. » Metamorfosi, lib. I. Lezione nona. Dei cognomi di Giove. I nomi che diedero a Giove le nazioni,
nomi che diedero a Giove le nazioni, presso le quali fu adorato, sono di non lieve importanza nella Mitologia, giacché, co
di non lieve importanza nella Mitologia, giacché, come ho avuto luogo di riflettere nella passata Lezione, contribuirono n
ra i varii poteri che gli erano attribuiti. Generalmente il simulacro di lui facevasi sedente: nuda n’era la parte superio
ivano gli Spartani. Gli Eliopoliti lo effigiarono colla destra armata di sferza, a guisa di auriga, e tenente nella sinist
Gli Eliopoliti lo effigiarono colla destra armata di sferza, a guisa di auriga, e tenente nella sinistra i fulmini e le s
mio scopo, vi tesso il catalogo dei più famosi cognomi dati al figlio di Saturno. Padre, Re, Ottimo, Massimo, fu da tutti
ibuito l’impero del mondo, e l’arbitrio delle sorti mortali. Col nome di Custode particolarmente adoravasi presso i Romani
ustode particolarmente adoravasi presso i Romani, ed è nelle medaglie di Nerone ritratto assiso sul soglio, col fulmine ne
fu venerato in molte greche città, e specialmente in Corinto col nome di Corifeo? E noto che non solo il tetto, ma le pare
l’arme del Saturnio, e vi alludeva Orazio dicendo: « Nè. la gran mano di Giove fulminante. » Tonante lo dissero gli Auguri
, dopo la guerra Cantabrica, gii eresse un simulacro nel Campidoglio, di cui Plinio forse favella, commendandolo sopra le
glio, di cui Plinio forse favella, commendandolo sopra le altre opere di Leocrate insigne scultore. In alcune medaglie del
cultore. In alcune medaglie del nominato imperatore vi è l’iscrizione di Giove Tonante. Molte sono l’etimologie del cognom
arono opime spoglie Romolo, Cornelio Cosso, e Marco Marcello uccisore di Viridomaro re dei Galli. Perchè Giove fosse chiam
fuga vergognosa: in questo luogo stesso io ti prometto sotto il nome di Giove Statore un monumento, che ai posteri attest
ai Roma salvata. — In alcune antiche medaglie, specialmente in quelle di Antonino Pio e di Gordiano, scorgesi nel rovescio
 In alcune antiche medaglie, specialmente in quelle di Antonino Pio e di Gordiano, scorgesi nel rovescio un’immagine nuda
o nel terzo libro, degli edifizi peritteri ragionando, ne avverte che di tal genere era il tempio di Giove Statore nel por
fizi peritteri ragionando, ne avverte che di tal genere era il tempio di Giove Statore nel portico di Metello. Onorato era
avverte che di tal genere era il tempio di Giove Statore nel portico di Metello. Onorato era presso i Romani Giove Lapide
apideo. Così chiamavasi per la pietra che adoperavano nel giuramento, di cui ci ha conservato memoria Polibio nella guerra
perche ai Romani assediati dai Galli fama era che avesse consigliato di gettare del pane negli accampamenti di Brenne, on
ama era che avesse consigliato di gettare del pane negli accampamenti di Brenne, onde togliergli la speranza di vincere i
re del pane negli accampamenti di Brenne, onde togliergli la speranza di vincere i Romani col mezzo della fame. È opinione
rgli la speranza di vincere i Romani col mezzo della fame. È opinione di alcuni, ma ridicola, che la statua detta Marforio
di alcuni, ma ridicola, che la statua detta Marforio sia il simulacro di Giove Pistore. Pistio dai Greci, Fidio, Santo e S
un marmo dice averlo così veduto scolpito Lilio Giraldi nella figura di due ingenui fanciulli in mezzo a due figure, una
ta Onore, 1’ altra muliebre su cui si leggeva Verità: come simulacro, di Fidio inscritto era sulla testa dei fanciulli. Gi
fanciulli. Giove Pluvio ricorda Pausania, Furnuto, ed il commentatore di Pindaro: i Pagani gli attribuirono quel miracolo
gli attribuirono quel miracolo che fece il Redentore per le preghiere di una legione cristiana. Gli Ateniesi con questo no
o Giove Vimineo, che diede, o più probabilmente ebbe nome da un colle di Roma, dove fra i vimini l’antica semplicità altar
de Giove Vendicatore ebbe adorazioni dai Romani; e da Agrippa, al dir di Plinio, il Panteon gli fu consacrato. Museo disse
nne. Sarò breve, e per quanto sarà in mio potere, alleggerirò la noia di queste ricerche, nelle quali l’utilità difficilme
nelle quali l’utilità difficilmente può mescolarsi col diletto. Assai di Giove Olimpico. Da Ida, e Ditte, monti di Creta,
scolarsi col diletto. Assai di Giove Olimpico. Da Ida, e Ditte, monti di Creta, fu nominato Ideo, Ditteo. Egioco, secondo
, e che sortì questo nome dalla pelle della capra Amaltea. Del titolo di Patroo dato al dio, e della maniera colla quale f
emore della pietà paterna. Fu anche chiamato Panonteo, perchè il nome di lui volava nelle bocche di tutti i mortali. Carco
Fu anche chiamato Panonteo, perchè il nome di lui volava nelle bocche di tutti i mortali. Carco della sua altezza lo cogno
li amici e dei parenti ne abbracciava l’altare che in Olimpia, al dir di Pausania, sorgeva. Con somma religione Giove ospi
esso che sacerdotessa., ha la favola originata. E dove lascio l’antro di Trofonio che diede a Giove l’oracolo e il nome? F
ella vita dell’impostore Apollonio Tianeo. Giove Epidoto, cioè datore di beni, onorò Sparta severa. Giove Polieo, o custod
i, fu cognominato, e famoso tempio gli edificò Adriano. Sotto il nome di Aratrio lo adorarono i Fenici i. Ammone fu detto
ole e degne d’un nume che rispose a Labieno Catone, quando fu pregato di interrogarne l’oracolo sugli eventi futuri. Assab
bino fu detto Giove dagli Arabi; Ermontide dagli Egiziani dalla città di Ermonto. Con Belo fu confuso dagli Assiri, benché
ata il padre del famoso Ennio Quirino Visconti, che secondo il parere di molti si giovò totalmente dei lumi del figlio. A
totalmente dei lumi del figlio. A questa succederà la promessa Elegia di Properzio, che ho tradotta, quantunque disperi ch
io, che ho tradotta, quantunque disperi che le straordinarie bellezze di cui ridonda possano in altra lingua trasportarsi.
ridonda possano in altra lingua trasportarsi. « Il più bel simulacro di Giove che ne abbia, come si esprime Visconti, las
e. Siede egli qual si conviene a sovrano. Ha l’aquila ministra presso di se; ed appoggiandosi colla manca allo scettro, so
vece del fulmine reggesse, come divinità propizia, una patera in atto di gradire e ricever le offerte, come il Giove Custo
o di gradire e ricever le offerte, come il Giove Custode nelle monete di Nerone, o la Vittoria, come il Vin citore in quel
e nelle monete di Nerone, o la Vittoria, come il Vin citore in quelle di Domiziano, e come ancor le tre Grazie che adornav
miziano, e come ancor le tre Grazie che adornavano il trono del Giove di Fidia in Olimpia, e vedonsi in mano di Giunone in
adornavano il trono del Giove di Fidia in Olimpia, e vedonsi in mano di Giunone in una rara medaglia mezzana, di Faustina
n Olimpia, e vedonsi in mano di Giunone in una rara medaglia mezzana, di Faustina giuniore, del Museo Albani, e finalmente
Museo Albani, e finalmente le Ore, o Stagioni, come in un medaglione di Commodo in Vaticano. Il capo, a cui servono d’orn
arba e i capelli inanellati, è lievemente inchinato quasi in attudine di concedere. Fu disegnata dal celebre LeBrun fra i
di concedere. Fu disegnata dal celebre LeBrun fra i più bei monumenti di Roma, e ne fu disotterrata una copia in piccolo,
ove è la Curia; il bevve Di sudor generoso ancor fumante Il destrier di battaglia. All’acque il piede Tarpea volgeva: al
l primo Fumo scorgea sulla città levarsi, Salia sul Campidoglio. Eran di sangue, (Tanta è l’offesa degli irsuti pruni) Tin
ll’ausonie donzelle io sarò colpa Empia ministra del virgineo foco, E di quell’ara che il mio pianto irriga. Diman si pugn
via lubrica, infida, E tacit’acque nel confìn fallace Nasconde. Aiuto di potenti carmi Io vorrei darti, o bello; a te conv
ro. Al regio letto in questo modo ascese Chi le fiamme ingannar tentò di Vesta. E fu data la morte al tradimento. Prope
. Lezione decima. Giunone. Argo e Samo gareggiarono per l’onore di esser patria a Giunone, regina degli Dei, consort
i, consorte e sorella del Tonante. La prima città colla testimonianza di Omero dà forza alle sue ragioni; la seconda op po
seconda op pone il grido volgare, gli annui sacrifizii, e l’auto rità di non meno venerati scrittori. Contento d’ indi car
ppena il fulmine vinse, e che vinti minacciavano dalle ruine. La cura di educare la divina fanciulla fu affidata ad Eubea,
rfosi alle figlie dell’Oceano; e questa opinione si avvicina a quella di Omero, ove Giunone andando a visitare Teti, l’Oce
elle loro case già fu da essi beatamente nutrita. In questa diversità di nutrici e di patria, la fortuna della dea a quell
e già fu da essi beatamente nutrita. In questa diversità di nutrici e di patria, la fortuna della dea a quella di Giove ra
uesta diversità di nutrici e di patria, la fortuna della dea a quella di Giove rassomiglia. È inutile il ripetervi a quale
iungerò solamente che vi alludevano gli Argivi, onorando un simulacro di lei assiso sul trono, e collo scettro su cui posa
tto, dissero i poeti, partorì Marte, supremo danno, e cagione perenne di lacrime al genere umano. Gran scusa alla collera
e cagione perenne di lacrime al genere umano. Gran scusa alla collera di Giunone erano i continui furti di Giove; i quali
nere umano. Gran scusa alla collera di Giunone erano i continui furti di Giove; i quali sempre ingiustamente puniva nelle
alità all’inimicizia famosa. Favoleggiarono gli antichi che lo sdegno di Giunone andasse tant’ oltre che fuggitasi nella E
o ritiro toglierla veruna promessa del ravveduto marito. Il consiglio di Giove non trovava mezzi di placarla. Citerone, re
romessa del ravveduto marito. Il consiglio di Giove non trovava mezzi di placarla. Citerone, re dei Plateensi, il più astu
iterone, re dei Plateensi, il più astuto dei mortali, persuase al dio di fabbricare un simulacro di legno, e dopo averlo o
il più astuto dei mortali, persuase al dio di fabbricare un simulacro di legno, e dopo averlo ornato delle più splendide s
, spargendo al tempo stesso la fama delle sue nozze con Platea figlia di Asopo. Prestò lede Giunone alla falsa novella: ac
iò scritto. Venerata con somma religione era specialmente la divinità di lei in Sparta, in Argo, in Micene, quantunque anc
in Sparta, in Argo, in Micene, quantunque ancora presso gli abitanti di Elide fossero stabiliti per ogni quinto anno giuo
prescelse la dea questa forma per celare le sue sembianze. Col sangue di un’agnella le propiziavano, a tenore di una legge
le sue sembianze. Col sangue di un’agnella le propiziavano, a tenore di una legge di Numa, le donne famose per impudicizi
anze. Col sangue di un’agnella le propiziavano, a tenore di una legge di Numa, le donne famose per impudicizia che avesser
una legge di Numa, le donne famose per impudicizia che avessero osato di profanare il tempio colla loro presenza. Devote p
giamento: il secondo, perchè nacque, al dir dei Mitologi, dalla morte di Argo, cui fu inutile la vigilia dei cento lumi co
i coi quali custodiva la misera Io. Una delle più grandi disavventure di Giunone fu l’essere sospesa alla volta dell’etere
dini aiutarono il dio, cui l’infermo piede i passi ritardava. Ancelle di Giunone furono quattordici ninfe, ma prevalevasi
lmente espressa dal marmo (così il Visconti), nè quanto possiamo dire di questa eccellente statua quasi colossale dell’alt
ossiamo dire di questa eccellente statua quasi colossale dell’altezza di palmi tredici, può farne al giusto comprendere tu
to sicuramente con Omero per esprimerne la bellezza, pregio singolare di questa dea sopranominata costantemente λευκώλενος
e la maestà de’ grandi occhi, onde Giunone fu appellata βοωπις, occhi di bue, l’eleganza e la gentilezza dei panneggiament
la finitezza del lavoro in ogni minima parte ce la danno per un’opera di un grande artefice della Grecia. Se non ci mancas
per ve rificarne l’identità, si potrebbe dire cbe fosse quella stessa di Prassitele, che si ammirava nel tempio di Platea
ire cbe fosse quella stessa di Prassitele, che si ammirava nel tempio di Platea in piedi appunto, e molto maggior del natu
el naturale. Ma ora nè possiamo distinguere con precisione la maniera di quel gran maestro, delle cui opere non conosciamo
fu nel passato secolo, cioè nel 600, disotterrata sotto il Monastero di San Lorenzo in Panisperna, ove collocano i topogr
il Monastero di San Lorenzo in Panisperna, ove collocano i topografi di Roma le Terme d’Olimpiade, personaggio incerto, i
e medaglie sulla testa della Giustizia, creduta esprimere il ritratto di Livia, col nome di questa prima Augusta, fu contr
sta della Giustizia, creduta esprimere il ritratto di Livia, col nome di questa prima Augusta, fu contradistinta, non rifl
a fisonomia affatto ideale, che non combina coli’ immagini più sicure di quell’Augusta, e che lo stile stesso della scultu
te se si considera lo stile della testa, ci ravviseremo un non so che di quel quadrato, secondo la frase di Varrone, ramme
esta, ci ravviseremo un non so che di quel quadrato, secondo la frase di Varrone, rammentato da Plinio; e se si fa rifless
della drapperia sul fianco sinistro un serpeggiamento, o successione di pieghe uniformi, solita osservarsi nei monumenti
to, o successione di pieghe uniformi, solita osservarsi nei monumenti di quello stile più antico che noi chia miamo etrusc
antico che noi chia miamo etrusco. Questi caratteri ci danno il tempo di questa scultura per molto remoto, e per quello ap
a maniera più antica che l’avea preceduta, come appunto nelle pitture di Raffaello si ravvisano talvolta i vestigi delle m
l’ornamento del capo gentilmente ripiegato al dinanzi. Questa specie di corone, dette volgarmente diademi, erano appunto
zi. Questa specie di corone, dette volgarmente diademi, erano appunto di quelle usate dalle donne greche, chiamate στεφανα
chiamate στεφαναι, e coronœ dai Latini. Il nome però più particolare di queste si fatte, che sorgono verso il mezzo e van
remità, per le quali si lega dietro la testa. — La esatta descrizione di un ornato che si vede sul capo di tante statue e
o la testa. — La esatta descrizione di un ornato che si vede sul capo di tante statue e busti muliebri, senz’essere mai st
re mai stato bastantemente illustrato, mi è sembrato meritare un poco di riflessione. Lo meritano ancora le crespe della t
όες dai Greci appallavansi, e le vesti così pieghettate στολιδωτοι, e di una di queste così pieghettate fa menzione Senofo
Greci appallavansi, e le vesti così pieghettate στολιδωτοι, e di una di queste così pieghettate fa menzione Senofonte. Os
pieghettate fa menzione Senofonte. Osserva Polluce che solevano esser di lino, e che col tenerle piegate si obbligavano a
ero, tradotto dal celebre Cesarotti, vi mostrerà la dea che col cinto di Venere accresce la sua eterna bellezza per distog
ni, e le animate Paci, E i molli Scherzi, e Voluttà spirante Ebbrezza di delizia, e quanto alfine Forma il senso inefFabbi
i frammisto Fulgido elettro de’ suoi rai l’asperge. Tra ‘1 scintillar di quei raggianti lampi Mezzo ascoste traspaiono a v
istade, Che più che in sé vive in altrui; l’ignudo Non fucato Candor; di sé sicura Nobil Fiducia che alla fede invita; E l
alla fede invita; E l’ingenuo Pudore, amabil velo Di compresso desio; di nebbie sgombra Placida Ilarità; Dolcezza umile Ch
umile Che l’ire ammorza, e Sofferenza accorta Che i tempi esplora, e di contrasti ignara Condiscendenza, che alle proprie
he senza Leggiadra ésca vital langue e si spegne. Con tai due nuove e di diversa tempra Arti, che all’uopo adattamente app
il già pentito sposo Chieder gemendo de’ suoi proprii oltraggi, Quasi di proprie colpe, a lei perdono. Con questo a Giuno
l corso volse Dell’erma Tracia alle pendici alpestri, Seffsrio eterno di nevi: indi sul dorso Poggia dell’Ida; al Gargare
Gargare sublime Lieta s’avanza, ed improvvisa al guardo S’appresenta di Giove. In lei s’affisa Muto il gran Nume, e nel s
ve. In lei s’affisa Muto il gran Nume, e nel suo volto ammira Un fior di leggiadrissima beltade, Che di dolcezza insolita
n Nume, e nel suo volto ammira Un fior di leggiadrissima beltade, Che di dolcezza insolita l’inonda. Quasi dessa non pargl
insolita l’inonda. Quasi dessa non pargli, e al par sorpreso Di lei, di se: Tu qui dal ciel? domanda, Compagna amata, e c
le, alla piacevol voce, Ai cari vezzi già l’arcana forza Dell’ arnese di Venere serpeggia Soavemente a Giove in sen; già t
on tuo: che ignota forza Esce da te, dai detti tuoi: qual nova Spezie di bello in te risplende, e tutto M’empie lo spirto
pirosetta con sogghigno accorto, Scherzi o t’infinofi: e che? t’uscir di mente La candida Latona, e Cerer bionda, Semole,
a a questi Deve Alcide, e Polluce, e Perseo, e Bacco, Veraci eroi che di tiranni e mostri Purgar cittadi e disertar forest
cielo Con terra innesta, e l’universo attempra. Non un afi’etto sol, di tutti è un misto Quel ch’io sento per te: lievi f
questo Ch’alma e sensi m’investe. Il giorno istesso Che colsi il fior di tua beltà non arsi Di tale ardor; vieni al mio se
etto (impaziente Ripiglia il re del cielo): occhio profano Di nume, o di mortai non fìa che turbi Le nostre gioie: inacces
i; il dio la stringe Cupidamente; un’azzurrina nube D’ oro trapunta e di purpurei solchi Cela i riti d’amor. Sentì la terr
hiude D’amorosette pallide viole. Di m.olle loto e teneri giacinti, E di candidi gigli, e d’aureo croco Messe odorosa, che
rosia amico letto; Mentre dal sen della dorata nube Che gli circonda, di nettaree stille Rugiada soavissima discende. Sorr
sche Di lieti augei, d’ implacidite belve, E garrir d’aure, e fremito di fronde, Crollar di rami e gorgogliar di fonti Al
, d’ implacidite belve, E garrir d’aure, e fremito di fronde, Crollar di rami e gorgogliar di fonti Al gioir del suo nume
e, E garrir d’aure, e fremito di fronde, Crollar di rami e gorgogliar di fonti Al gioir del suo nume Ida festeggia. » Il
Iliade, Canto XIV, v. 267 e segg. Lezione decimaprima. Dei cognomi di Giunone. Moltiplici, quasi al pari di quelli d
one decimaprima. Dei cognomi di Giunone. Moltiplici, quasi al pari di quelli di Giove, furono i cognomi che la verità d
prima. Dei cognomi di Giunone. Moltiplici, quasi al pari di quelli di Giove, furono i cognomi che la verità degli uffic
one delle nazioni impose a Giunone. Lo scopo della presente Lezione è di parlare de’ più famosi, esponendovi le maniere ne
e’ più famosi, esponendovi le maniere nelle quali fa la dea, a tenore di essi, rappresentata. Lucina, quantunque questo no
donne nei dolori del parto affidata le era la tutela. Nelle medaglie di Faustina è effigiata nelle sem. bianze di una mat
a la tutela. Nelle medaglie di Faustina è effigiata nelle sem. bianze di una matrona stolata, che ha nella destra la pater
rchè nelle nozze onoravasi, e fra i precetti che il sommo filosofante di Cheronea diede ai maritati, yì è quello di far sa
i che il sommo filosofante di Cheronea diede ai maritati, yì è quello di far sacrifizio a Giunone Gamelia. Cinzia dicevanl
doglio che C. Flaminio nella sua guerra contro i Liguri avea promesso di edificare alla consorte del Tonante. Insigne nell
erchè accenna l’epoca in cui la pittura fu conosciuta nel Lazio mercè di Marco Ludio oriundo d’ Etolia. Di Giunone Moneta
ne Moneta è frequente menzione negli scrittori, ed [è dubbio se onore di tempio avesse sul Campidoglio, o sull’Aventino. C
are, e il pontefice massimonella curia celebre propiziava. Col titolo di Curi, perchè così l’asta significavano i Sabini,
di Curi, perchè così l’asta significavano i Sabini, Roma la invocò, e di qui vogliono che derivasse il costume di dividere
i Sabini, Roma la invocò, e di qui vogliono che derivasse il costume di dividere coU’asta le chiome degli sposi. Un promo
a le chiome degli sposi. Un promontorio dell’ Italia le diede il nome di Lacinia, e santo a tutti i popoli era il suo temp
nto a tutti i popoli era il suo tempio: e Fulvio Censore che lo scemò di marmi per ornar il tempio della Fortuna Equestre,
unone Caprivora fu adorata dai Lacedemoni, e Pausania vuole che l’uso di sacrificarle quell’animale fosse stabilito da Erc
fu detta dalle due greche città, che vi accennai disputarsi la gloria di esser patria. La statua della dea che in Argo amr
esser patria. La statua della dea che in Argo amruiravasi, era opera di Policleto, composta di avorio ed oro, come il Gio
a della dea che in Argo amruiravasi, era opera di Policleto, composta di avorio ed oro, come il Giove Olimpico ed altri si
. Sedeva coronata sopra un soglio circondato dalle Grazie e dall’Ore, di maravigiioso lavoro. Avea in una mano un pomo, e
’altra. Simile effìgie, nata dalla stessa mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una sua nutric
stessa mano famosa, era nel tempio di Giunone detta Prosimna dal nome di una sua nutrice. Giunone Citeronia commemora Plut
e di una sua nutrice. Giunone Citeronia commemora Plutarco nella vita di Aristide. Di Telchinia, così detta dai Telchini,
o. Aggiungerò la descrizione che Visconti nel Museo Pio Clementino dà di due statue di Giunone velata, e di Giunone lattan
la descrizione che Visconti nel Museo Pio Clementino dà di due statue di Giunone velata, e di Giunone lattante. Udirete, c
sconti nel Museo Pio Clementino dà di due statue di Giunone velata, e di Giunone lattante. Udirete, ch’egli porta opinione
endo il mio costume, ho ardito tradurre. Giunone velata. « La statua di Giunone velata, disotterrata presso Castel di Gui
one velata. « La statua di Giunone velata, disotterrata presso Castel di Guido, sito corrispondente all’antica Lorio, è co
ncontra e colla patera nelle antiche medaglie, che portano l’epigrafe di Giunone regina. E velata era la sua statua che su
genzio, vissuti in un tempo nel quale i filosofi pagani si sforzavano di scusare con industri allegorie tutte le assurdità
piegazioni. « Il primo intende pel velo le nubi che ofi’uscano Taria, di cui questo nume è il simbolo; l’altro crede addit
tichi artefici, i quali la velarono come matrona, o come ancora sposa di Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Plat
a sposa di Giove, col quale titolo ebbe un simulacro in Platea, opera di Callimaco. Velata era la sua statua antichissima
in Platea, opera di Callimaco. Velata era la sua statua antichissima di legno in Samo, lavoro di Smilide, contemporaneo d
imaco. Velata era la sua statua antichissima di legno in Samo, lavoro di Smilide, contemporaneo di Dedalo, come apparisce
tatua antichissima di legno in Samo, lavoro di Smilide, contemporaneo di Dedalo, come apparisce dalle sue medaglie; ed olt
dalle sue medaglie; ed oltre il velo aveva ancora sul capo una specie di modio: lo che più volentieri osservo, perchè nel
e dai numi le loro dovizie: nella nostra statua, che non è certamente di uno stile così antico, può ditsi aggiunto per imi
ertamente di uno stile così antico, può ditsi aggiunto per imitazione di qualche vetusta immagine della dea, o per dimostr
o Pio. » Giunone lattante. « Singolare è pel soggetto questa statua di Giunone lattante. Ma quanto siamo certi che la de
e. Ma quanto siamo certi che la dea sia appunto la sposa e la germana di Giove, e per l’ornamento del capo, e per una cert
ngannata da Giove, come crede Pausania, o persuasa da Pallade, al dir di Tzetze. Si aggiunge che il robusto infante la mor
l cielo. « Quantunque però si faccia negli antichi epigrammi menzione di un’effigie di Giunone in simile atto, non avendo
ntunque però si faccia negli antichi epigrammi menzione di un’effigie di Giunone in simile atto, non avendo il bambino nes
atto, non avendo il bambino nessun segno che lo distingua pel figlio di Giove e di Alcmena, non siamo sicuri di questo so
avendo il bambino nessun segno che lo distingua pel figlio di Giove e di Alcmena, non siamo sicuri di questo soggetto. Sem
o che lo distingua pel figlio di Giove e di Alcmena, non siamo sicuri di questo soggetto. Sembra anzi che Albrico abbia su
erchè tutti si siano apposti a credere in braccio della gelosa moglie di Giove un parto delle sue rivali, quando era ella
glie di Giove un parto delle sue rivali, quando era ella stessa lieta di triplice prole, d’Ebe, cioè, di Vulcano e di Mart
rivali, quando era ella stessa lieta di triplice prole, d’Ebe, cioè, di Vulcano e di Marte. Siccome il sesso esclude la p
do era ella stessa lieta di triplice prole, d’Ebe, cioè, di Vulcano e di Marte. Siccome il sesso esclude la prima, non esi
i Vulcano e di Marte. Siccome il sesso esclude la prima, non esiterei di scegliere Marte tra i figli di Giunone per suppor
l sesso esclude la prima, non esiterei di scegliere Marte tra i figli di Giunone per supporlo il bambino rappresentato nel
a perchè alcune medaglie imperiali vengono opportunamente in soccorso di tale congettura. « Fra le medaglie in gran bronzo
ente in soccorso di tale congettura. « Fra le medaglie in gran bronzo di Giulia Mammea madre di Alessandro Severo, una ve
e congettura. « Fra le medaglie in gran bronzo di Giulia Mammea madre di Alessandro Severo, una ve ne ha, nella quale è ef
iamo da Ovidio che offesa Giunone per non aver avuta parte nel natale di Pallade, voleva anch’essa avere una prole che fos
che fosse sua unicamente, doride o Flora fu quella che trovò il mezzo di appagarla presentandole un fiore nato ne’ campi o
vò il mezzo di appagarla presentandole un fiore nato ne’ campi olenii di Acaia, che col solo contatto la rese feconda. La
tto la rese feconda. La prole fu Marte, il fiore, secondo Servio, era di gramigna. Ora se la Giunone nella medaglia di Mam
re, secondo Servio, era di gramigna. Ora se la Giunone nella medaglia di Mammea ha in braccio Marte bambino, ò questo un i
sto suo epiteto, e l’erba o il fiore che ha nella destra nelle monete di Gallo e di Volusiano, da alcuni antiquari preso p
teto, e l’erba o il fiore che ha nella destra nelle monete di Gallo e di Volusiano, da alcuni antiquari preso per una tana
guerra. Mi resta solo ad osservare che Giunone ebbe ancora il titolo di Natalis, ed allora è lo stesso che Lucina, uffici
corso dei secoli ne abbia assai rispettata l’ integrità. » Nascita di Marte narrata da Flora. Io già fui ninfa del beat
tei la cara preda Portar, strisciando al delicato volto La gran barba di nembi umida e grave. Ma il fallo emenda, e a me d
olto La gran barba di nembi umida e grave. Ma il fallo emenda, e a me di sposa il nome Concesse, e mai nel fortunato letto
r sei lode, Perchè simile a te non fer gli Dei Altro fanciullo. A che di Croco io parlo E d’Ati e del fìgiiuol di Mirra in
i Dei Altro fanciullo. A che di Croco io parlo E d’Ati e del fìgiiuol di Mirra infame. Famoso pianto della Cipria dea, E d
ella m’espone A un tempo il loco e del cammin la meta: Le do conforto di soavi detti; Ella risponde: Il mio dolor non chie
la terra Alla mia cura ignote erbe potenti. Nò il mare immenso? ancor di Lete in riva Io coglier voglio i ferruginei fiori
mio tu potresti Non so che… Per tre volte io le volea Darle promessa di soccorso, e tante Morì sul labbro la parola. E Gi
Ten prego, o Ninfa: noi saprà quel forte Che paventi: e giurò l’acque di Stige, Pallor dei numi, Allor risposi: In questo
ele che fermato il genitore avea coi Titani comandò all’amore materno di celarlo, dandolo in custodia ai pastori, e fra la
ziò la crudeltà, e ne persuase r inganno. È troppo grande la divinità di Nettuno perchè gli antichi non siano discordi sul
nità di Nettuno perchè gli antichi non siano discordi sull’educazione di lui; la quale, alcuni opponendosi all’accennata o
zia dei potenti fu sempre miracolosa, sono contento d’ indicare e non di comporre questa lite; e seguendo l’ istoria del n
le quali ebbe dopo che Saturno fu balzato dal trono. Il felice evento di queste, permise ai fratelli di gittare le sorti p
fu balzato dal trono. Il felice evento di queste, permise ai fratelli di gittare le sorti per dividere il governo dell’uni
bitrio delle onde. Divenuto abitatore del nuovo regno, amore lo prese di Anfitrite ribelle ai desiderii dello dio. L’impeg
amore lo prese di Anfitrite ribelle ai desiderii dello dio. L’impegno di conciliarla alle sue voglie commise al delfino, c
fortunato nell’impresa n’ ebbe in premio (come lasciò scritto Igino) di risplendere nel cielo non lungi dal Capricorno. E
Igino) di risplendere nel cielo non lungi dal Capricorno. E opinione di alcuni che Venilia, e non Anfitrite, fosse moglie
orno. E opinione di alcuni che Venilia, e non Anfitrite, fosse moglie di Nettuno; il quale, imitatore di Giove fratello, i
enilia, e non Anfitrite, fosse moglie di Nettuno; il quale, imitatore di Giove fratello, in fiume, in toro, in delfino mut
deluse trasformato in cavallo; ed ebbe da varie ninfe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e d
; ed ebbe da varie ninfe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, B
a varie ninfe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Ori
fe infinito numero di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno
di figli. Libia lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno di uno dei Tritoni
lo fé’ padre di Fenice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno di uno dei Tritoni, Tirro di Palem
nice, di Aello e di Agenore; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno di uno dei Tritoni, Tirro di Palemone e Neleo, Vener
e; Cedusa di Asopo, Bilie di Orione, Celeno di uno dei Tritoni, Tirro di Palemone e Neleo, Venere di Erice; e Teseo ancora
Orione, Celeno di uno dei Tritoni, Tirro di Palemone e Neleo, Venere di Erice; e Teseo ancora, secondo la Mitologia, era
ndo la Mitologia, era suo figlio, quantunque Plutarco, che nella vita di lui ha soggiogate le favole col vero, ne avverta
olata l’antica semplicità mitologica, finsero che Nettuno, come padre di Teseo, mandasse quella foca, o mostro marino, ond
i che avea colle proprie mani nutriti. Devono pure agli amorosi furti di Nettuno la vita Bronte, Busiride, Lestrigone, Efi
con gli altri per legar Giove, che fatto accorto da Teti, fu contento di punire la ribellione in Apollo e Nettuno, comanda
contento di punire la ribellione in Apollo e Nettuno, comandando loro di servire a Laomedonte per la costruzione delle mur
rgine salute, e morte il mostro vendicatore. Erodoto spiega l’origine di questa favola dicendo, che Laomedonte si servi pe
commemorò Luciano che Nettuno formò un toro. Minerva inventò il modo di costruire una casa, e da Vulcano fu l’uomo compos
demia, domò, come Sofocle accenna nell’Edipo Colonco. Il commentatore di Apollonio gli contrasta questo vanto, che attribu
ide e Osiride fu figlio. Eccovi esposto quello che intorno alle gesta di Nettuno favoleggiarono i poeti. Conviene adesso a
eti lo mostrarono assiso nudo sopra la conca col tridente, e talvolta di cerulea veste coperto. Al cocchio del nume alcuni
e alcuni aggiunsero i destrieri, altri i vitelli marini. Gran schiera di Dei e di Ninfe dell’ Oceano lo accompagnava, tutt
aggiunsero i destrieri, altri i vitelli marini. Gran schiera di Dei e di Ninfe dell’ Oceano lo accompagnava, tutta varia d
n schiera di Dei e di Ninfe dell’ Oceano lo accompagnava, tutta varia di sembianze. A destra gli pone Virgilio le smisurat
anze. A destra gli pone Virgilio le smisurate balene, e l’antico coro di Glauco, Palemone, i celeri Tritoni, e tutto l’ese
antico coro di Glauco, Palemone, i celeri Tritoni, e tutto l’esercito di Forco: a sinistra Teti, Melite, Panopea, le Nisee
i fati d’Enea oppose l’ira dei venti, che prima dormiva nelle caverne di Eolo re loro, fìnse il poeta che Nettuno al tumul
avesse la suscitata tempesta. Udite Virgilio nella celebre traduzione di Annibal Caro: « Così dicendo, in quanto appena i
g. Filostrato nelle Immagini unisce i cavalli e le balene al cocchio di Nettuno, che fa ridere il seno del tranquillo Oce
tranquillo Oceano. Platone, presso gii Atlantidi, rammenta un tempio di maravigliosa struttura, nel quale il dio col subl
toccando il soffitto sedeva sopra un cocchio, e governava la briglia di alati cavalli. Cento Nereidi posate sopra i delfi
reidi posate sopra i delfini gii facevan corona. In due medaglie, una di Vespasiano, l’altra di Adriano, intitolate a Nett
lfini gii facevan corona. In due medaglie, una di Vespasiano, l’altra di Adriano, intitolate a Nettuno Reduce, si scorge l
l’altra di Adriano, intitolate a Nettuno Reduce, si scorge l’immagine di lui, che colla sinistra vibra triplice scutica, e
fu edificato un tempio. Un promontorio della Laconia gli die il nome di Tenario, e nel tempio di lui, narra Tucidide, dai
Un promontorio della Laconia gli die il nome di Tenario, e nel tempio di lui, narra Tucidide, dai barbari Spartani furono
i cavalli. Ippico lo chiamò la Grecia, sia che maestro lo reputassero di frenare i destrieri, o perchè dalla terra percoss
la terra percossa dal tridente balzasse fremente cavallo. Nell’ istmo di Corinto, ove celebravansi i giuochi, dei quali i
mmenso Pindaro, sorgeva un tempio a Nettuno Ismico dedicato. Col nome di Petreo, perchè divise le montagne, adoravasi dai
di Petreo, perchè divise le montagne, adoravasi dai Tessali; cognome di Eliconio Elice gli diede, città sessanta stadii d
el terremoto, secondo essi prodotto dalle acque; onde è che in figura di toro vengono rap. presentati nelle antiche monete
mi dal Paganesimo dati a Nettuno, che ninno atteggiò con maestà degna di un dio quanto Omero descrivendone il viaggio sul
reci soccorso. Questa passo dell’ Iliade, ammirato da Longino, merita di esservi letto nella traduzione del celebre Monti.
uuo, che su l’alte assiso Selvose cime della tracia Samo, Contemplava di là l’aspro conflitto; E tutto l’Ida e Troia, e de
ta si ravvolge tutta La divina persona; ed impugnato L’aureo flagello di gentil lavoro, Monta il carro, e legger vola su l
strazione. « Rarissima (così il Visconti) è fra le antiche la statua di Nettano: noi vi distinguiamo l’immagine del dio d
non solo dall’ idea del volto, che ha qualche tratto della fìsonomia di Giove senza però averne l’aspetto egualmente maes
are; ma dal tridente principalmente, chiamato da Eschilo 10 l’insegna di Nettuno, ch’egli stringe nella sinistra. Benché l
quadrangolare, e che perciò non dovea essere uno scettro, non lascia di determinare questo strumento, pel tridente del di
ntato è un Nettuno, che affatto nudo é rappresentato in una statuetta di bronzo dell’ Ercolano 11. Plutone non s’ incontra
marmi e nelle medaglie suole accompagnarlo. Osservabile è l’integrità di questo simulacro, e la grana finissima del marmo,
ecimaterza. Mercurio. La favola non essendo in parte che una serie di racconti alterati dalla maraviglia, dal terrore e
poeti dispensatori della fama, sono spesse volte attribuite le azioni di molti, che ebbero la sventura di un nome comune.
no spesse volte attribuite le azioni di molti, che ebbero la sventura di un nome comune. Infatti, al dire di Cicerone, seg
di molti, che ebbero la sventura di un nome comune. Infatti, al dire di Cicerone, seguito da Arnobio, quattro, oltre il f
furono i Mercurii: il primo nacque dal Cielo e dal Giorno, il secondo di Valente e di Foronide, ed è lo stesso che Trofoni
urii: il primo nacque dal Cielo e dal Giorno, il secondo di Valente e di Foronide, ed è lo stesso che Trofonio: il terzo d
ma fu anch’ egli adorato dagli egiziani, e gli attribuivano la morte di Argo e la scoperta dell’ argento. Nonostante a Me
rte di Argo e la scoperta dell’ argento. Nonostante a Mercurio figlio di Maia e di Giove, nipote di Atlante e di Pleione,
o e la scoperta dell’ argento. Nonostante a Mercurio figlio di Maia e di Giove, nipote di Atlante e di Pleione, appropria
ell’ argento. Nonostante a Mercurio figlio di Maia e di Giove, nipote di Atlante e di Pleione, appropria la Mitologia ogni
Nonostante a Mercurio figlio di Maia e di Giove, nipote di Atlante e di Pleione, appropria la Mitologia ogni vanto degli
canne, trapassò con queste il dorso dell’ucciso animale, lo circondò di bovina pelle, con accorto consiglio v’impose i cu
ò di bovina pelle, con accorto consiglio v’impose i cubiti e li fornì di due gioghi, vi tese sopra sette corde, e tentando
ava all’indietro. Nè bastò questo accorgimento all’ineffabile astuzia di Mercurio. Gettò i sandali nell’arena del mare, e
stuzia di Mercurio. Gettò i sandali nell’arena del mare, e con foglie di mirto e di mirica ordì pei piedi nuovo riparo. Lo
ercurio. Gettò i sandali nell’arena del mare, e con foglie di mirto e di mirica ordì pei piedi nuovo riparo. Lo vide dall’
affaticherai prima che ti rendano il frutto sperato; ma ora fai vista di esser cieco e sordo, e taci, poiché io non porto
luna col recente raggio illuminava la terra quando il potente figlio di Giove arrivò al fiume Alfeo, dove in una stalla n
i non s’udiva il latrare. Entrò con tacito piede nell’antro, si cinse di nuovo delle fasce, credendo di fare inganno a Mai
con tacito piede nell’antro, si cinse di nuovo delle fasce, credendo di fare inganno a Maia. Ma ad essa, come a dea, tutt
nchesto, scoperse l’autore del furto dagl’indizii datigli dal vecchio di cui favellammo, volò al selvoso monte Cillenio; i
invincibili tenebre della morte. L’infanzia fu la scusa e la risposta di Mercurio, che dopo molte frodi e parole andò col
dopo molte frodi e parole andò col Saettante sull’Olimpo al tribunale di Giove, che rise vedendo l’accorto fanciulletto, c
ella destra negava accortamente l’imputato delitto. Impose ad amendue di essere amici, e fe’comandamento a Mercurio di mos
itto. Impose ad amendue di essere amici, e fe’comandamento a Mercurio di mostrare dove avesse nascoso i rapiti giovenchi a
, e più dell’accennato istrumento, che celermente percosso dal figlio di Maia suonò incognita armonia, che l’amabil voce s
eguiva. A quel concento gli Dei immortali e la terra tenebrosa parean di nuovo confondersi, e risentire l’antico amore. Qu
nuovo confondersi, e risentire l’antico amore. Questo canto fu pegno di pace fra gli Dei: il re delle Muse imparò l’arte
to canto fu pegno di pace fra gli Dei: il re delle Muse imparò l’arte di percorrere le corde della sacra cetra allegratric
compensa concesse a Mercurio la cura della 2:reo’2’ia, ed aurea verga di tre foglie, potente ad eseguire tutti i consigli
a, ed aurea verga di tre foglie, potente ad eseguire tutti i consigli di Giove. Questi sono i principii dell’infanzia del
i consigli di Giove. Questi sono i principii dell’infanzia del nipote di Atlante narrati per Omero. Luciano, che sovraname
narrati per Omero. Luciano, che sovranamente era fornito del talento di spargere il ridicolo su tutto, amplificò il racco
o del talento di spargere il ridicolo su tutto, amplificò il racconto di Omero dicendo che, mentre Vulcano educavalo, gli
ggiunge. Dicesi che a Batto, in pena della perfidia, cangiò in pietra di paragone il petto spergiuro, e l’arte insegnò di
ia, cangiò in pietra di paragone il petto spergiuro, e l’arte insegnò di rubare ad Autolieo avo di Ulisse. Dio dell’arment
ragone il petto spergiuro, e l’arte insegnò di rubare ad Autolieo avo di Ulisse. Dio dell’armento lo venerarono i pastori,
essere senza amori: frutto ne furono diversi figli. Da Aglauro figlia di Cecrope ebbe Erico, da Daira Eleusina, Buno da Al
ra Eleusina, Buno da Alcidamea, Calco da Ociroe, Evandro dalla figlia di Cadmo, e da Cleobula Mirtillo. Lungo sarebbe 1’ a
delle maniere nelle quali fu Mercurio rappresentato, e la descrizione di due statue di lui data dal Visconti nel Museo Pio
nelle quali fu Mercurio rappresentato, e la descrizione di due statue di lui data dal Visconti nel Museo Pio Clementino. D
o Clementino. Da Omero è narrata la pietosa cura che il nume si prese di Priamo, che verso la tenda di Achille avviavasi p
ta la pietosa cura che il nume si prese di Priamo, che verso la tenda di Achille avviavasi per chiedere il corpo dell’esti
a facendo del dono esperimento. Degli altri simboli ed ufficii propri di questa divinità favellerò nella seguente Lezione,
llo, la venustà del soggetto, rendono pregevolissima questa statuetta di grandezza naturale, di Mercurio fanciullo. L’ali
getto, rendono pregevolissima questa statuetta di grandezza naturale, di Mercurio fanciullo. L’ali che ha sulla testa assa
te frammischiate ai capelli, come simbolo della velocità dell’ingegno di questo nume inventore, secondo Macrobio, non ne r
umenti le ali appariscano sul suo petaso, o cappello, in una medaglia di Metaponto si vedono legate al capo con un semplic
ma del naso alquanto ripiegata all’insù, caratterizza l’astuto figlio di Maia come Omero l’appella, παιδα πολυτροπον` nè l
bra, possa convenire anche al Sonno. Questo gesto è proprio per altro di Mercurio, come ne fan fede molte antiche gemme, f
de, narra che avendo egli involato lo stesso giorno che nacque i buoi di Apolline, per quanto colla sua avvedutezza si avv
que i buoi di Apolline, per quanto colla sua avvedutezza si avvisasse di celare ogni indizio del furto, non potè sfuggire
isasse di celare ogni indizio del furto, non potè sfuggire alla vista di un vecchio lavoratore dei campi di Onchesto, al q
urto, non potè sfuggire alla vista di un vecchio lavoratore dei campi di Onchesto, al quale raccomandò con tutta energia c
suoi Dialoghi, in cui delinea collo spiritoso suo stile il carattere di Mercurio infante, similissimo a quello che ha seg
nte, similissimo a quello che ha segnato l’antico scultore nei tratti di questa graziosa figura col suo maestrevole scalpe
istro mancava nell’antico ed ora porta la borsa, distintivo notissimo di questo dio, a cui si attribuiva il lucro ed il co
rve per farlo al primo colpo d’occhio conoscere. L’abito è una specie di camicia o suhucida, che si osserva qualche volta
tti antichi. Fu dissot terrato questo gentil monumento nel territorio di Tivoli; nel predio dei Sabi a Quintiliato, contra
ei Sabi a Quintiliato, contrada cosi detta dalle reliquie della villa di Quintilio Varo. Gli eruditi spositori delle antic
à Tiburtine convengono che in questo sito fose precisamente il predio di Cintia celebre nei versi di Properzio. » Mercur
n questo sito fose precisamente il predio di Cintia celebre nei versi di Properzio. » Mercurio agoreo. « Il caduceo, in
io. » Mercurio agoreo. « Il caduceo, in greco ααδυκειον, cioè verga di banditore e di araldo, rende assai distinta quest
o agoreo. « Il caduceo, in greco ααδυκειον, cioè verga di banditore e di araldo, rende assai distinta questa statua di Mer
oè verga di banditore e di araldo, rende assai distinta questa statua di Mercurio, giacché è la sola nella quale siasi con
cui gli furono anche attribuite le ali alle piante. Questa verga era di oro, onde sortì Mercurio il soprannome di verga d
le piante. Questa verga era di oro, onde sortì Mercurio il soprannome di verga d’oro κρυσορραπις e vien detto la verga del
da Igino, che ha lo stesso significato. « Benché il simulacro non sia di greca scultura ha però una certa nobila semplicit
che raccomanda quasi sempre le opere degli antichi. Adornava il Foro di Preneste, nelle cui ruine fu dissotterrato, e dev
nza, ma ancora come divinità tutelare del Commercio. La verificazione di quanto affermiamo è un risultato degli schiavi in
un risultato degli schiavi intrapresi nell’orto dei Padri Dottrinarii di Palestrina, che resta immediatamente sotto le sus
che resta immediatamente sotto le sustruzioni arcuate che servono ora di muro alla città. Questo è il piano sottoposto al
na Primigenia, che ne abbelliva le falde fino ad una certa altezza, e di maniera che se ne godeva nel Foro il maestoso pro
toso prospetto, compartito con simmetria e varietà in diversi ordini, di sustruzioni, portici ed edifizii, nella guisa app
ali un Lucio Vero giovine, maggiore del naturale, un’Augusta in forma di Venere, un istrione, un gruppo d’Esculapio e d’Ig
forma di Venere, un istrione, un gruppo d’Esculapio e d’Igia, questa di Mercurio Agoreo, e diverse altre che si riportera
erse altre che si riporteranno a suo luogo, si sono scoperte due basi di gran mole con singolari iscrizioni, le quali dimo
entemente che spettavano questi avanzi al Foro Prenestino, che in una di esse vien menzionato: e non altrove appunto che n
otti dal Salvini. Lezione decimaquarta. Dei simboli e degli uffìcj di Mercurio. Fra i cosinomi che l’antichità diede
i Mercurio. Fra i cosinomi che l’antichità diede all’astuto figlìo di Maia, non ve n’ha forse alcuno più ripetuto che q
tuto figlìo di Maia, non ve n’ha forse alcuno più ripetuto che quello di Cillenio, il quale da Cillene, monte di Arcadia e
lcuno più ripetuto che quello di Cillenio, il quale da Cillene, monte di Arcadia e patria del nume, secondo la più comune
. L’alato Cillenio lo chiamò Virgilio che apportatore lo fa dei cenni di Giove ad Enea immemore della Italia promessagli d
orgea, delle cui spalle il Cielo è soma; D’Atlante, la cui testa irta di pini, Di nubi involta, a pioggia, a venti, a nemb
r gel canuto e curvo E da fiumi rigato. In questo monte. Che fu padre di Maia, avo di lui, Primamente fermossi: indi calan
e curvo E da fiumi rigato. In questo monte. Che fu padre di Maia, avo di lui, Primamente fermossi: indi calando Si gittò s
ndo…………………… » Eneide, lib. IV, v. 237 e segg. Di questa descrizione di Virgilio si giovò GianBologna nel simulacro del n
tto, e per tanto ufficio attribuito gli fu il caduceo, che come segno di pace scolpito si mira nelle antiche monete. Intor
ffidò degli armenti. I mitologi più recenti aggiungono che col potere di questo l’ire separò nell’Arcadia di due serpenti,
recenti aggiungono che col potere di questo l’ire separò nell’Arcadia di due serpenti, onde vi furono uniti per significar
i più efferati. Jamblico, che col velo dell’allegoria adonestar volle di soverchio le favole per opporle con insana fiduci
nume dell’eloquenza. Checché ne sia, il caduceo distingueva i legati di pace; e gli atleti nella palestra lo adoperavano
e da Ateneo si rileva. Di Mercurio chiamato Acacesio, da Acaco figlio di Licaone educatore del nume, era celebre il tempio
i dai quattro ritrovati dei quali fé’ ricca l’umana gente; e al parer di altri, più probabile, dalla figura della statua d
gente; e al parer di altri, più probabile, dalla figura della statua di lui Erme nominata, colla quale comunemente gli an
Così scolpito gli antichi lo ponevano per indicare le strade, e verso di esse rivolgevano la testa del nume, sotto la qual
dio come narra Giulio Cesare nei suoi Commentarj. Di Mercurio Agoreo, di cui il simulacro vi descrisse il Visconti nella p
perchè alle beate sedi dell’ Eliso le conduceva, ed allora l’epiteto di infernale gli davano. Onde Claudiano disse: Tegeo
’epiteto di infernale gli davano. Onde Claudiano disse: Tegeo, nipote di Atlante deità comune ai celesti e agli infernali,
, nipote di Atlante deità comune ai celesti e agli infernali, cagione di commercio fra la terra e l’averno. — Crioforo, o
’Anubi de2:li Eo’iziani è lo stesso che Mercurio. Esaminerò la verità di questa asserzione favellando delle divinità egizi
cui come suo ministro favoleggiarono che Giove affidasse pure la cura di Bacco fanciullo, come rilevasi da Plinio, da Paus
illustrazione del famoso Visconti sopra la statua chiamata l’Antinoo di Belvedere, ma riconosciuta dal consenso dei dotti
a dal consenso dei dotti e’degli artisti per rappresentante il figlio di Maia. Farò a questa succedere una breve Ode di Or
ppresentante il figlio di Maia. Farò a questa succedere una breve Ode di Orazio in lode del nume, la quale ho volgarizzata
di Orazio in lode del nume, la quale ho volgarizzata non con fedeltà di traduttore, ma con licenza d’interpetre. Mercuri
di traduttore, ma con licenza d’interpetre. Mercurio detto l’Antinoo di Belvedere. « Ecco la prima volta che questa insig
mbedue le accennate classi s’erano giù avvisti che le immagini sicure di quel famoso Bitino non avvaloravano, ma smentivan
sentivano sull’altro della nuova denominazione, Alcuni s’immaginavano di ravvisarvi Teseo, altri fra i quali il celebre Me
celebre Mengs, un Ercole imberbe, i più finalmente, dietro l’autorità di Winkelmann, un Meleagro. Se di Teseo per altro ha
e, i più finalmente, dietro l’autorità di Winkelmann, un Meleagro. Se di Teseo per altro ha la nostra statua la serena avv
e colla benda, nè finalmente i capelli che crespi in nessuna immagine di Teseo s’incontrano. Se d’Ercole ha una certa robu
delle tre: non ha forse altro fondamento che una leggera somiglianza di attitudine conia celebre statua di quell’eroe, ch
amento che una leggera somiglianza di attitudine conia celebre statua di quell’eroe, che si con serva in questo stesso Mus
l’abitudine delle membra molto più robusta e per così dire atletica, di quella che si osserva nei Meleagri; disconviene l
erva nei Meleagri; disconviene la graziosa pendenza del capo, propria di un nume che s’ inchina ad ascoltar le preghiere d
e finalmente l’assenza totale dei distintivi del vincitor della belva di Calidone, che non solamente nella nostra statua p
ono affatto, e non si conserva verun vestigio. Io non ho mai dubitato di ravvisare Mercurio in uno dei più bei simulacri d
il crine vezzosamente increspato. A lui secondo la minuta descrizione di Galeno, l’aria soave del volto e lo sguardo dolce
delle membra che palesa l’inventore o il padre della palestra, al dir di Filostrato. sua figlia; a lui finalmente è tutto
incombenze delle sue moltiplici attribuzioni. Mancano è vero, i segni di Mercurio più comuni; l’ali, il petaso, il caduceo
. Non sono però questi simboli tanto suoi proprii che senza uno o più di questi non s’incontrino immagini di Mercurio; e f
suoi proprii che senza uno o più di questi non s’incontrino immagini di Mercurio; e forse non convenivano alla destinazio
trino immagini di Mercurio; e forse non convenivano alla destinazione di questa statua, non essedovene alcuno caretteristi
de alla palestra e agli atleti, che n’era forse il soggetto. « Alcuno di questi simboli, e singolarmente il caduceo, potev
le mani. Che più? per ridurre la congettura a dimostrazione si chiede di vederne un’antica copia in cui esistano tuttora i
vederne un’antica copia in cui esistano tuttora i segni non equivoci di Mercurio? Questa è sotto gli occhi del pubblico n
la Galleria Farnese, dove con piacevol sorpresa può vedersi l’Antinoo di Belvedere coi talari ai piedi e col caduceo alla
inoo di Belvedere coi talari ai piedi e col caduceo alla manca. Parte di questi simboli è indubitatamente antica, e il ris
più certo per decifrare simili ambiguità. Che se alcuno fosse curioso di apprendere onde avesse il nostro Mercurio tratta
l’avvenenza del volto e l’increspatura dei capelli suscitarono l’idea di questa rassomiglianza, che non ha poi retto alla
, che non ha poi retto alla diligente osservazione dei ritratti certi di Antinoo. Credettero ancora di avere un altro fond
ligente osservazione dei ritratti certi di Antinoo. Credettero ancora di avere un altro fondamento per tale opinione nel n
ettero ancora di avere un altro fondamento per tale opinione nel nome di Adrianello che davasi, ai tempi del Nardini, al s
tuto derivare da un’aggiunta fatta da quell’Augusto alle vicine Terme di Tito; come se una statua, dissot» terrata dalle r
icine Terme di Tito; come se una statua, dissot» terrata dalle rovine di un edifizio ch’ebbe per fondatore Adriano, non po
appartenere ad altri che al suo favorito. « Paolo III la reputò degna di figurare nel giardino di Belvedere presso al Laoc
al suo favorito. « Paolo III la reputò degna di figurare nel giardino di Belvedere presso al Laocoonte e all’Apollo, e que
to dall’ammirazione dell’ età susseguenti. Non vi è sicuramente opera di scultura nella quale sia giunta a tanta perfezion
avi dell’ Ercolano, è ora in Francia, ed è stata pubblicata dal conte di Caylus. Non si dee per altro porre, nel numero de
l conte di Caylus. Non si dee per altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bronzo di Salisburgo, qua
i dee per altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bronzo di Salisburgo, quantunque nella Storia del
altro porre, nel numero delle copie di questa statua quella di bronzo di Salisburgo, quantunque nella Storia delle Arti ci
ella Storia delle Arti ciò si asserisca. È questo uno dei piccoli nei di quelr opera classica, che non ne oscurano il meri
la totale diversità. È ben vero che si dice rappresentare r immagine di Antinoo come si vede nel marmo Vaticano, e l’asse
r immagine di Antinoo come si vede nel marmo Vaticano, e l’asserzione di questa pretesa rassomiglianza ha sedotto Winkelma
ntico nel quale è incassato il piantato della statua, è tutto segnato di colpi di scalpello; lo che indica essere stato ri
quale è incassato il piantato della statua, è tutto segnato di colpi di scalpello; lo che indica essere stato rivestito d
o segnato di colpi di scalpello; lo che indica essere stato rivestito di più preziosa materia. » Ode di Orazio sopra Mer
lo che indica essere stato rivestito di più preziosa materia. » Ode di Orazio sopra Mercurio. Parafrasata Cillenio dio,
vono i venti Coll’eterno vigor dei piedi alati: Scendi fra noi quando di dio gli accenti Seguono i Fati. Nume pietoso ai m
dei mali. Non regie bende. Baciò le mani al vincitor tremendo Sparse di sangue, ed ammutir le squadre Achille nel senil v
ca notte. Lezione decimaquinta. Apollo. Fra i più chiari figli di Giove, Apollo si distingue, il signore del canto,
canto, l’eterno rettore dei corsieri del sole, il custode del futuro, di cui dilegua le tenebre; il re della Delfica terra
ode del futuro, di cui dilegua le tenebre; il re della Delfica terra, di Claro, di Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio
turo, di cui dilegua le tenebre; il re della Delfica terra, di Claro, di Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio di Saturno
la Delfica terra, di Claro, di Tenedo, e dei regni Panopei. Al figlio di Saturno lo partorì Latona con la sorella, emula i
perseguitata si appoggiò, partoriente (per servirmi dell’espressione di Dante) li due occhi del cielo. Apollo, benché dio
llo, benché dio, soggiacque a molte sventure: onde veruno dei numi fu di esso più compassionevole, avendo fatto degli uman
avendo fatto degli umani mali esperimento. Illustre fra gl’infortunii di lui è quello che gli procurò l’amore paterno. Ave
aterno. Aveva Esculapio, peritissimo della medicina, trovato il mezzo di sottrarre i mortali alla più terribile delle dee,
diresse infallibili saette sui Ciclopi fabbricatori del fulmine, arme di Giove, e ministro della morte vendicata. Sdegnato
fu debitore il primo d’infiniti benefizii, onde nell’insigne tragedia di Euripide il nume col suo pietoso ministero aiuta
fine, poiché la povertà lo costrinse a dividere con Nettuno l’impresa di costruire le mura troiane. Non adoprò il dio, sec
o i popoli per la colpa del re, ma propizio ai Troiani diresse l’arco di Paride contro Achille, di lui solamente minore. E
l re, ma propizio ai Troiani diresse l’arco di Paride contro Achille, di lui solamente minore. Egli, che al dire di Orazio
di Paride contro Achille, di lui solamente minore. Egli, che al dire di Orazio, del mentito destriero col timido inganno
ti i figli nascosi ancora nelle viscere materne, cadde, benché figlio di dea, e il collo superbo bruttò nella polvere troi
e in altre opere servili domò la divina alterezza perchè fu aiutatore di Alcatoo per edificare l’ inestricabile errore del
estimonianza. Nel suo mortale pellegrinaggio cercò Apollo l’oblivione di tante cure, ed inventò la musica; scoperta che da
to: conciliano alcuni questa difficoltà, concedendo la lira al figlio di Maia, ad Apollo la cetra. Il nume non fu nell’amo
non fu nell’amore felice, benché fra gli immortali bellissimo e ricco di tanti doni. Superbo pel vinto Pitone, vide Amore
difficil vittoria doveva sullo spazioso serpente. Sdegnato il figlio di Venere volò sul Parnaso, e due dardi di diversa o
serpente. Sdegnato il figlio di Venere volò sul Parnaso, e due dardi di diversa opera tolse dalla faretra. Col primo, dor
di di diversa opera tolse dalla faretra. Col primo, dorato e ministro di amore, ferì Apollo; col secondo, di piombo, d’inv
tra. Col primo, dorato e ministro di amore, ferì Apollo; col secondo, di piombo, d’invincibil odio cagione, saettò la figl
o, d’invincibil odio cagione, saettò la figlia del fiume Peneo, emula di Diana nella castità e nei comuni studj. Non giova
ui si cangiò l’amata ninfa, che quindi divenne « Onor d’imperadori e di poeti. » Misere pure furono le amanti che a Febo
ancora il suo affanno. Cara gli era soprattutto quando amore lo prese di Leucotoe, ch’egli deluse nelle sembianze della ge
e invidiò gli amplessi immortali la ninfa affannosa, diffamò la colpa di lei, onde il padre spietato sotterrò viva la mise
isera, che invano al consapevol nume tendeva le braccia. Tentò Apollo di richiamare il calore nelle gelide membra. Si oppo
Elitropio, trasformata. Ma assai per la presente Lezione degli amori di Apollo. Un simulacro di lui chiamato Saurottono,
Ma assai per la presente Lezione degli amori di Apollo. Un simulacro di lui chiamato Saurottono, v’illustrerà il Visconti
ano piene le case e le ville de’ grandi, i luoghi pubblici e i templi di Roma. In questa elegantissima statua siamo sicuri
blici e i templi di Roma. In questa elegantissima statua siamo sicuri di ravvisare il celebre Saurottono, lavoro di bronzo
issima statua siamo sicuri di ravvisare il celebre Saurottono, lavoro di bronzo dei più rinomati dello spesse volte lodato
voro di bronzo dei più rinomati dello spesse volte lodato Prassitele, di cui non solo in marmo, ma in bronzo ancora ed in
anciullo insidioso, perdona alla strisciante lucertola: ella desidera di morire per le tue mani. — Poco più c’insegna ques
dera di morire per le tue mani. — Poco più c’insegna questo epigramma di ciò che il nome stesso della statua ci apprendere
certola. Nò il soggetto rappresentato in questa azione, nè l’artefice di sì bell’opera, sono menzionati nel distico. La de
accurata, e servì per far riconoscere in simile statua il Saurottono di Prassitele al celebre Winkelmann mio antecessore.
Prassitele al celebre Winkelmann mio antecessore. Fece (son le parole di Plinio dove parla delle opere di Prassitele in br
mio antecessore. Fece (son le parole di Plinio dove parla delle opere di Prassitele in bronzo), fece un Apollo jmbere insi
ola con una saetta da vicino. L’età della nostra figura, l’attitudine di scagliare una freccia da vicino e senza l’arco, l
ra giovane e fanciullo, che fa prova contro una lucertola puerilmente di quelli strali inevitabili, che dovevano un giorno
ice lo ha caratterizzato, ce la fanno conoscere per un nume. L’azione di saettare non può essere equivoca che fra Apollo e
mente raccolta, e quasi all’ uso donnesco, è tutta propria del figlio di Latona, sebbene conviene particolarmente all’età
ndi, ed alcune, fra le quali la nostra e quella della Villa Borghese, di più elegante lavoro. » Inno di Callimaco. Come
ostra e quella della Villa Borghese, di più elegante lavoro. » Inno di Callimaco. Come si scosse l’apollineo ramo E l’at
dio combatte. Apollo il coro onorerà se canta A senno suo: chi al par di lui lo puote. Che siede a destra del gran Giove,
. E chi più ricco E dello dio? Per me Delfo lo dica : Decoro è in lui di gioventude eterna, E neppur l’ombra di lanugin pr
elfo lo dica : Decoro è in lui di gioventude eterna, E neppur l’ombra di lanugin prima Oltraggio fece al delicato volto: N
to, E il poeta e l’arcier ama, e le sorti. Le mediche insegnò cure, e di morte All’invitta ragione oppor dimora. E pastor
adre, Che all’uom ti partorì pronto soccorso. A te il livore sussurrò di furto: Io non ammiro quel cantor che lascia Di na
ll’assirio fiume E l’onda, ma sua preda è solo il fango, E va superba di sozzura. All’alta Cerere, madre delle bionde spig
lusinga l’auretta e chiama il sole. Lezione decimasesta. I templi di Apollo. Non posso dar principio migliore alla
o dalle imprese, dal tempio e dall’oracolo del nume. Pausania, tesoro di pellegrine cognizioni per l’artista, c’istruirà c
arole. «Vi sono molte tradizioni, e tutte diverse, intorno alla città di Delfo, e più ve n’ha ancora sull’oracolo di Apoll
verse, intorno alla città di Delfo, e più ve n’ha ancora sull’oracolo di Apollo, perchè dicesi che anticamente Delfo era i
onde vi presedesse. I Greci hanno antiche poesie intitolate Consigli di Eumolpó, che attribuiscono a Museo figlio di Anti
esie intitolate Consigli di Eumolpó, che attribuiscono a Museo figlio di Antifemo. È fama che la Terra pronunziasse ella s
a i suoi oracoli in questo luogo, e pure i suoi Nettuno col ministero di Pircone. Si pretende che snccessivamente la dea d
Temi ne facesse dono ad Apollo, e che quest’ultimo, per aver la parte di Nettuno, gli cedesse Calaurea che è dirimpetto a
oeo nativa del luogo, e conosciuta per Inni che fece per gli abitanti di Delfo, attribuisce a stranieri venuti dalle contr
« Si pretende che la prima cappella del dio fosse composta dai remi di un lauro di Tempo, e non era che una semplice cap
nde che la prima cappella del dio fosse composta dai remi di un lauro di Tempo, e non era che una semplice capanna. È grid
ondo un’altra tradizione, questa seconda cappella fu edificata da uno di Delfo chiamato Ptera, che coll’equivoco del suo n
e luogo alla favola mentovata. Credono, in terzo luogo, che il tempio di Apollo fosse composto di rame; il che non deve se
vata. Credono, in terzo luogo, che il tempio di Apollo fosse composto di rame; il che non deve sembrare incredibile, poich
ateria per la sua figlia, la quale si vede ancora a Sparta nel tempio di Minerva Calcieca, così chiamata perchè era tutta
Sparta nel tempio di Minerva Calcieca, così chiamata perchè era tutta di rame. In Roma, il luogo ove si amministra la gius
nde per la sua gran dezza: ma ciò che più vi si ammira è un pavimento di rame che per tutto si stende. « Così non è incred
rame che per tutto si stende. « Così non è incredibile che il tempio di Apollo in Delfo fosse di rame, ma che Vulcano lo
ende. « Così non è incredibile che il tempio di Apollo in Delfo fosse di rame, ma che Vulcano lo fabbricasse; il che non c
la maniera che Pindaro ha immaginato, giovandosi, a quel ch’io penso, di ciò che Omero disse sulle Sirene. « Vi è discordi
ltri che si fuse il rame onde era composto. Che che ne sia, il tempio di Apollo fu rifatto di pietra la quarta volta da Ag
ame onde era composto. Che che ne sia, il tempio di Apollo fu rifatto di pietra la quarta volta da Agamede e da Trofonio.
fatto di pietra la quarta volta da Agamede e da Trofonio. Fu bruciato di nuovo sotto l’arcontato di Ersiclide in Atene, il
olta da Agamede e da Trofonio. Fu bruciato di nuovo sotto l’arcontato di Ersiclide in Atene, il primo anno della Lvm Olimp
rimo anno della Lvm Olimpiade, illustrato dalla vittoria che Diognete di Crotone riportò ai giuochi olimpici. Quanto al te
costruzione col danaro dal popolo consacrato per quest’uso. Spiritare di Corinto n’è stato l’architetto. « Si vuole clie n
o, e la selva, da lui ebbero, il nome. Aggiungono che trovasse l’arte di conoscere l’avvenire col volo degli uccelli, e ch
l’arte di conoscere l’avvenire col volo degli uccelli, e che la città di cui è fondatore fosse sommersa nel diluvio di Deu
uccelli, e che la città di cui è fondatore fosse sommersa nel diluvio di Deucalione. « I pochi uomini che avanzarono all’a
so coi lupi e le altre hestie feroci, che con gli urli servivano loro di scorta, vi edificarono una città chiamata Licorea
ninfa Coricia Licoro, che diede il suo nome al detto luogo, e quello di sua madre ad un altro, che Coricio ai tempi nostr
una fanciulla chiamata Tia, che fu la prima insignita del sacerdozio di Bacco, e celebrò Torgie in onore del dio; dal che
empo la gente del paese chiamò la città non solamente Delfo, ma Pito: di che Omero fa testimonianza nella enumerazione dei
fa testimonianza nella enumerazione dei Focesi. Coloro che si piccano di sapere le genealogie, pretendono che Delfo avesse
inione più comune è che Apollo vi.uccidesse un uomo colle freccio. il di cui corpo essendo rimasto insepolto, infettò gii
do rimasto insepolto, infettò gii abitanti, e pose alla città il nome di Pito, cioè cattivo odore. Infatti Omero ha detto
avano orecchie a queste incantatrici morivano, ed i loro corpi, privi di tomba, avvelenavano l’aria dell’isola. « I poeti
eva un figlio scelerato che ardì saccheggiare a mano armata il tempio di Apollo, e le case di molti ricchi particolari. Po
to che ardì saccheggiare a mano armata il tempio di Apollo, e le case di molti ricchi particolari. Porse il popolo preghie
me perchè in tanto pericolo non lo abbandonasse, e Femonoe interprete di lui risposegli in versi esametri, dei quali è tal
ntro il bandito del Parnaso, e lo distenderà ai suoi piedi. Macchiato di un sangue così vile, ricorrerà ai Cretesi per ess
ificato, e questo avvenimento sarà celebre eternamente. — « Il tempio di Apollo fu dunque esposto fino dal suo principio a
celerati. Infatti, dopo questo bandito dell’isola Eubea, gli Orcomeni di Flegia, e quindi Pirro figlio di Achille, si pref
ndito dell’isola Eubea, gli Orcomeni di Flegia, e quindi Pirro figlio di Achille, si prefissero di saccheggiarlo. Una part
i Orcomeni di Flegia, e quindi Pirro figlio di Achille, si prefissero di saccheggiarlo. Una parte dell’armata di Serse ebb
lio di Achille, si prefissero di saccheggiarlo. Una parte dell’armata di Serse ebbe lo stesso scopo. I Focesi per le istig
mpio, e lo possederono lungamente. Quindi i Galli vennero all’assedio di Delfo. Finalmente era nei fati di questo tempio d
Quindi i Galli vennero all’assedio di Delfo. Finalmente era nei fati di questo tempio di non scampare all’ empietà di Ner
ennero all’assedio di Delfo. Finalmente era nei fati di questo tempio di non scampare all’ empietà di Nerone. Egli portò v
Finalmente era nei fati di questo tempio di non scampare all’ empietà di Nerone. Egli portò via cinquecento statue di bron
on scampare all’ empietà di Nerone. Egli portò via cinquecento statue di bronzo, tanto d’uomini illustri che dei numi. « P
itici. Dicesi che questi giuochi consistevano anticamente in una gara di musica e di poesia, nella quale il premio concede
i che questi giuochi consistevano anticamente in una gara di musica e di poesia, nella quale il premio concedevasi a colui
i) più bell’inno in onor del nume. Nella prima celebrazione Crisotemi di Creta fu vincitore: egli era figlio di quel Carma
a prima celebrazione Crisotemi di Creta fu vincitore: egli era figlio di quel Carmanore che aveva purificato Apollo. « Dop
l Carmanore che aveva purificato Apollo. « Dopo lui Filamrnone figlio di Crisotemi, ed in seguito Tamiri figlio di Filammo
 Dopo lui Filamrnone figlio di Crisotemi, ed in seguito Tamiri figlio di Filammone, poiché si vuole che nò Orfeo, il quale
’oracolo: ma che essendo divenuto cieco, facesse poco uso del talento di ma-ritare il suono colla voce. « Nella XLVIII oli
to di ma-ritare il suono colla voce. « Nella XLVIII olimpiade Glaucia di Crotone fu proclamato vincitore in Olimpia. Il te
Glaucia di Crotone fu proclamato vincitore in Olimpia. Il terzo anno di questa olimpiade gli Anfizioni fecero delle varia
ori. Si tolse l’accompagnatura dei flauti, perchè aveva un non so che di tristo, e non poteva convenire che alle lamentazi
re Duce d’ogni altro, e per te solo, o Dio, Ineguale guerrier, benché di Teti Figlio scotesse le Dardanie mura Con la, fat
uerrier, benché di Teti Figlio scotesse le Dardanie mura Con la, fato di Troia, asta tremenda. Qual pin reciso da bipenne
sta tremenda. Qual pin reciso da bipenne acuta, O querce, ch’il furor di Noto atterra, E di larga mina il bosco ingombra.
pin reciso da bipenne acuta, O querce, ch’il furor di Noto atterra, E di larga mina il bosco ingombra. Cade il Pelide, e n
Tu gli animosi spirti Mi desti, e la divina arte dei versi Ed il nome di vate. voi, che siete Fra le vergini prime, e voi
versi Ed il nome di vate. voi, che siete Fra le vergini prime, e voi di chiara Stirpe fanciulli, alla gran dea tutela Che
razio, Ode V, lib. iv. Lezione decimasettima. Monumenti del tempio di Delfo. Pausania, nell’enumerazione dei doni c
elfo. Pausania, nell’enumerazione dei doni che ornavano il tempio di Delfo, tesse la storia delle imprese di quelle na
i doni che ornavano il tempio di Delfo, tesse la storia delle imprese di quelle nazioni, dalle quali erano stati offerti.
le quali erano stati offerti. Io sopprimerò questa parte del racconto di lui, perchè non conviene allo scopo delle mie Lez
e si può discendere per tutte le parti con un facil pendio. Il tempio di Apollo ha la stessa posizione ed occupa gran part
i e degli atleti, che hanno nell’arte loro riportata la palma, Faille di Crotone sarà da me solo rammentato, illustre per
ro una statua in Delfo. Nel recinto del tempio vedrete subito un toro di bronzo, opera di Teopropo di Egina, offerta dai C
Delfo. Nel recinto del tempio vedrete subito un toro di bronzo, opera di Teopropo di Egina, offerta dai Corciresi, Si pres
ecinto del tempio vedrete subito un toro di bronzo, opera di Teopropo di Egina, offerta dai Corciresi, Si presenta quindi
ste in un Apollo, in una Vittoria con le statue degli eroi originarii di Tegea; come Callisto figlia di Licaone Arcade che
ia con le statue degli eroi originarii di Tegea; come Callisto figlia di Licaone Arcade che diede il suo nome a tutta la c
i Licaone Arcade che diede il suo nome a tutta la contrada, il figlio di lui Elato, Afida e Azano, Trifilo, che ebbe per m
a e Azano, Trifilo, che ebbe per madre non Erato, ma Laodamia, figlia di Amicla re di Macedonia, ed Eraso figlio di Trifil
ifilo, che ebbe per madre non Erato, ma Laodamia, figlia di Amicla re di Macedonia, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e
Erato, ma Laodamia, figlia di Amicla re di Macedonia, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e la Callisto sono di Pausania
di Macedonia, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e la Callisto sono di Pausania di Apollonia; la Vittoria e la statua di
, ed Eraso figlio di Trifilo. L’Apollo e la Callisto sono di Pausania di Apollonia; la Vittoria e la statua di Arcade sono
e la Callisto sono di Pausania di Apollonia; la Vittoria e la statua di Arcade sono di Dedalo Sicionio; Trifilo ed Azano
sono di Pausania di Apollonia; la Vittoria e la statua di Arcade sono di Dedalo Sicionio; Trifilo ed Azano sono di Samola
e la statua di Arcade sono di Dedalo Sicionio; Trifilo ed Azano sono di Samola Arcadie. Finalmente Elato, Afida ed Eraso
d Azano sono di Samola Arcadie. Finalmente Elato, Afida ed Eraso sono di Antifane Argivo. Innanzi a questi simulacri ne st
a questi simulacri ne stanno altri nuovi dei Lacedemoni in rendimento di grazie per la vittoria che riportarono sopra gli
niesi. j) Dietro queste statue, nel secondo posto, si scorgono quelle di quegli animosi guerrieri greci, che favorivano ad
uegli animosi guerrieri greci, che favorivano ad Egospotamo l’impresa di Lisandro. Patrocle e Canaco se ne credono gli aut
autori. Gli Argivi, che in questo combattimento ebbero la presunzione di credersi vittoriosi, inviarono a Delfo un cavallo
o la presunzione di credersi vittoriosi, inviarono a Delfo un cavallo di bronzo ad imitazione di quello di Troia, opera di
ersi vittoriosi, inviarono a Delfo un cavallo di bronzo ad imitazione di quello di Troia, opera di Antifane Argivo. « Sul
riosi, inviarono a Delfo un cavallo di bronzo ad imitazione di quello di Troia, opera di Antifane Argivo. « Sul piedistall
a Delfo un cavallo di bronzo ad imitazione di quello di Troia, opera di Antifane Argivo. « Sul piedistallo del medesimo v
bottino, che gli Ateniesi conqaistarono dai Persiani nella battaglia di Maratona. « Dette state sono in prima Minerva ed
si: Eretteo, Cecrope, Pandione, Leo, Antioco, Egeo ed Acamante figlio di Teseo. Vi si ammira ancora Codro figlio di Melant
o, Egeo ed Acamante figlio di Teseo. Vi si ammira ancora Codro figlio di Melanto, Teseo e Fileo, benché tribù alcuna non a
Fileo, benché tribù alcuna non abbia il loro nome. Dalle mani famose di Fidia sono nati tutti questi simulacri. « Presso
consistono nelle immagini dei principali capi che presero il partito di Polinice, e si unirono con lui per l’assedio di T
he presero il partito di Polinice, e si unirono con lui per l’assedio di Tebe; Adrasto figlio di Talao, Tideo figlio di En
Polinice, e si unirono con lui per l’assedio di Tebe; Adrasto figlio di Talao, Tideo figlio di Eneo, i discendenti di Pre
con lui per l’assedio di Tebe; Adrasto figlio di Talao, Tideo figlio di Eneo, i discendenti di Preto, come Capaneo nato d
di Tebe; Adrasto figlio di Talao, Tideo figlio di Eneo, i discendenti di Preto, come Capaneo nato da Ipponoo, ed Eteocto d
si; finalmente lo stesso Polinice ed Ippomedonte, nato da una sorella di Adrasto. Là pure vedesi il carro di Anfiarao con
Ippomedonte, nato da una sorella di Adrasto. Là pure vedesi il carro di Anfiarao con Batone suo parente e suo scudiere, c
uo parente e suo scudiere, che tiene le briglie dei cavalli. L’ultima di queste statue è di Aliterse; l’altre sono di Ipat
udiere, che tiene le briglie dei cavalli. L’ultima di queste statue è di Aliterse; l’altre sono di Ipatodoro e di Aristogi
ie dei cavalli. L’ultima di queste statue è di Aliterse; l’altre sono di Ipatodoro e di Aristogitone. Offrirono pure ad Ap
L’ultima di queste statue è di Aliterse; l’altre sono di Ipatodoro e di Aristogitone. Offrirono pure ad Apollo gli Argivi
Offrirono pure ad Apollo gli Argivi le statue degli Epigoni, e quella di Danae re di Argo con Ipermestra, figlia di lui, s
re ad Apollo gli Argivi le statue degli Epigoni, e quella di Danae re di Argo con Ipermestra, figlia di lui, sola innocent
ue degli Epigoni, e quella di Danae re di Argo con Ipermestra, figlia di lui, sola innocente. Accanto ad essa è Linceo, e
antico. « Succede il presente dei Tarentini, che consiste in cavalli di bronzo e nelle immagini de’prigionieri. Questo mo
onzo e nelle immagini de’prigionieri. Questo monumento è della scuola di Agelada Argivo. Accanto vi è il tesoro dei Sicion
l delfico tempio. Segue il dono dei Gnidii, eh’ è una statua equestre di Triopa loro fondatore, Latona, Apollo e Diana: qu
membra forate. Gli Ateniesi ed i Tebani hanno pur costruita col nome di tesoro una specie di cappella, i primi per lascia
teniesi ed i Tebani hanno pur costruita col nome di tesoro una specie di cappella, i primi per lasciar una memoria della p
o una specie di cappella, i primi per lasciar una memoria della pugna di Maratona, i secondi di quella di Leuttra. Gli Ate
a, i primi per lasciar una memoria della pugna di Maratona, i secondi di quella di Leuttra. Gli Ateniesi hanno ancora edif
per lasciar una memoria della pugna di Maratona, i secondi di quella di Leuttra. Gli Ateniesi hanno ancora edificato un p
colle ricchezze dei popoli del Peloponneso e dei loro alleati. Rostri di navi e scudi di bronzo ne stavano sospesi alla vo
dei popoli del Peloponneso e dei loro alleati. Rostri di navi e scudi di bronzo ne stavano sospesi alla volta. Sopra quest
billa quando gli oracoli proferiva. Vedrete ancora in Delfo una testa di toro di Peonia in bronzo, donata da Dropione re d
ando gli oracoli proferiva. Vedrete ancora in Delfo una testa di toro di Peonia in bronzo, donata da Dropione re di quella
in Delfo una testa di toro di Peonia in bronzo, donata da Dropione re di quella contrada. Davanti alla nominata testa sta
a. Davanti alla nominata testa sta un simulacro donato dagli abitanti di Andro, che credesi rappresentare Andreo loro fond
Focesi; Giove Ammone sul carro, dono dei Cirenei, popolo della Libia di origine greca; una statua equestre di Achille, de
dei Cirenei, popolo della Libia di origine greca; una statua equestre di Achille, dei Tessali; un Apollo con una cerva, de
Tessali; un Apollo con una cerva, dei Macedoni, che abitano la città di Dione sotto il monte Pierio. La statua di Ercole,
edoni, che abitano la città di Dione sotto il monte Pierio. La statua di Ercole, che quindi si scorge, è dono dei Tebani,
ina dei Filasi, l’Apollo della stessa materia, appartiene agli Arcadi di Mantinea. Un poco più lontano vi è Apollo ed Erco
co più lontano vi è Apollo ed Ercole che disputano un tripode: ognuno di loro vuole averlo, e sono per battersi: ma Latona
ritengono Apollo; Minerva pacifica Ercole. La Minerva e la Diana sono di Chioni, le aitre statue del monumento di Dillo e
. La Minerva e la Diana sono di Chioni, le aitre statue del monumento di Dillo e di Amicle scnltori di Corinto. Ve tradizi
a e la Diana sono di Chioni, le aitre statue del monumento di Dillo e di Amicle scnltori di Corinto. Ve tradizione in Delf
i Chioni, le aitre statue del monumento di Dillo e di Amicle scnltori di Corinto. Ve tradizione in Delfo che Ercole figlio
Amicle scnltori di Corinto. Ve tradizione in Delfo che Ercole figlio di Anfitrione, essendo venuto per consultare l’oraco
portò via dal tempio un treppiede, e la sacerdotessa gridò: E Ercole di Tirinto, e non quello di Canopo, — perchè innanzi
treppiede, e la sacerdotessa gridò: E Ercole di Tirinto, e non quello di Canopo, — perchè innanzi Ercole egiziano era pure
tenne quello che desiderava, e quindi i poeti hanno presa l’occasione di fingere ch’Ercole aveva pugnato con Apollo per un
ria che i Greci riportarono insieme a Platea, la nazione intera stimò di suo dovere il fare un dono ad Apollo, che consist
ono ad Apollo, che consistè in un tripode d’oro sostenuto da un drago di bronzo. Il serpente rimane ancora: ma il tripode
l’armata focose. « L’ascia che si vede fu offerta da Periclito figlio di Eutimaco. Ecco quello che intorno ad essa si racc
i Eutimaco. Ecco quello che intorno ad essa si racconta. Cigno figlio di Nettuno, che regnò a Colono città della Troade, v
lono città della Troade, verso l’isola Leucofri, sposò Proclea figlia di Clizio e sorella di quel Caletore che, secondo Om
ade, verso l’isola Leucofri, sposò Proclea figlia di Clizio e sorella di quel Caletore che, secondo Omero nell’Iliade, fu
Omero nell’Iliade, fu ucciso da Aiace, mentre voleva bruciare la nave di Protesilao. Cigno ebbe da Proclea un maschio ed u
econda, Morta la prima moglie, sposò in seconde nozze Filonome figlia di Craugaso, che s’innamorò di Tene figliastro. Non
e, sposò in seconde nozze Filonome figlia di Craugaso, che s’innamorò di Tene figliastro. Non essendo riescita nella sua p
gliastro. Non essendo riescita nella sua passione, l’accusò al marito di averla volata violare. Cigno, ingannato da questa
l mare. Salvati per loro ventura, arrivarono a Leucofri, che dal nome di Tene Tenedo fu detta. Qualche tempo dopo. Cigno s
taglia la fune, la nave s’allontana, e fugge preda dei venti. L’ascia di Tene ha fondato un proverbio che si applica a que
lessibili nel loro sdegno. « I Greci inviarono pure a Delfo un Apollo di bronzo egualmente che che un Giove in Olimpia, do
gualmente che che un Giove in Olimpia, dopo le due vittorie marittime di Artemisio e di Salamina. Due altre statue del num
he un Giove in Olimpia, dopo le due vittorie marittime di Artemisio e di Salamina. Due altre statue del nume sono ofierta
sono ofierta degli Epidauri e dei Megaresi. Nel pavimento del tempio di Delfo bellissime sentenze leggevansi, e di somma
. Nel pavimento del tempio di Delfo bellissime sentenze leggevansi, e di somma utilità per la condotta della vita. Tralasc
leggevansi, e di somma utilità per la condotta della vita. Tralascio di riportarle, giacché sono notissime, spettando ai
re qual’è la tua patria: limita la tua curiosità a conoscere il paese di tua madre: ella era dell’isola d’Io, ove terminer
mente da un enigma. — Però gli abitanti d’Io mostrano ancora la tomba di Omero nella loro isola, e quella di Olimene in un
nti d’Io mostrano ancora la tomba di Omero nella loro isola, e quella di Olimene in un luogo separato. « Presso la fontana
te sopra un muro a man dritta un gran quadro che rappresenta la presa di Troia, e a sinistra i Greci che s’imbarcano per i
he porta dei vestiti, ed Echeace che discende da un ponte con un’urna di bronzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfanno il padi
on un’urna di bronzo. Polite, Strofìo ed Alfio disfanno il padiglione di Menelao, che era un poco lontano dalla nave, ed A
no dalla nave, ed Anfialo ne tende un altro più vicino. Sotto i piedi di Anfialo v’è un fanciullo di cui s’ignora il nome.
tende un altro più vicino. Sotto i piedi di Anfialo v’è un fanciullo di cui s’ignora il nome. Fronti è il solo che abbia
iullo di cui s’ignora il nome. Fronti è il solo che abbia la barba, e di cui Polignoto abbia preso il nome da Omero. Brise
de: Diomede sopra essa, ed Ifi accanto, sembrano ammirare la bellezza di Elena. Questa bella donna è seduta: presso di lei
no ammirare la bellezza di Elena. Questa bella donna è seduta: presso di lei è Eu ribate araldo d’ Ulisse, benché manchi d
a è seduta: presso di lei è Eu ribate araldo d’ Ulisse, benché manchi di barba. Elena ha due donne seco, Pantali ed Elettr
a sua padrona; la seconda le attacca la sua calzatura. Omero si serve di altri nomi nell’Iliade, quando ci sappresenta Ele
e verso le mura della città. Sopra Elena vi è un uomo seduto, vestito di porpora, ed esternamente afflitto. Non vi è bisog
to. Non vi è bisogno d’iscrizione per conoscere che è Eleno figliuolo di Priamo. — (È da notarsi questo passo di Pausania,
noscere che è Eleno figliuolo di Priamo. — (È da notarsi questo passo di Pausania, perchè ci fa intendere che in questa pi
ausania, perchè ci fa intendere che in questa pittura, ove vi era più di ottanta figure, ogni principale era distinta col
nella stessa attitudine che Lesche lo dipinge nel suo poema sul sacco di Troia, poiché dice che il medesimo fu ferito da A
a notte stessa che la città loro fu presa. Dopo lui é Licomede figlio di Creonte, ferito nel pugno, come il mentovato poet
ta narra ch’egli fu da Agenore. Polignoto avea dunque lette le poesie di Lesche, altrimenti non avrebbe potuto sapere tutt
de ferito in due altre parti alla testa e nel tallone. Eurialo figlio di Mecesteo ha pure due ferite, una nel capo, l’altr
ferite, una nel capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure sono al di sopra di Elena situate. » Questa pittura che ci
una nel capo, l’altra nel pugno. Tutte queste figure sono al di sopra di Elena situate. » Questa pittura che ci convince
tinuerà Pausania a descriverci nella seguente Lezione. Udite la sorte di Niobe e dei figli di lei da Ovidio, che in questa
scriverci nella seguente Lezione. Udite la sorte di Niobe e dei figli di lei da Ovidio, che in questa parte ho volgarizzat
o insigne traduttore, dividendo cogli artisti dell’età sua il difetto di dare moderni costumi agli antichi, nuoce allo sco
lla propria sorte Non eri. In mezzo alle tebane vie, Ripiena il petto di furor presago. Manto scorrea: sulle tremanti bend
e date ai figli Di Latona ed a lei preghi ed incensi. Cingete il crin di lauro: io vel comando. La Diva il vuole. Le presc
avo E per socero Giove: il Frigio aspetta I miei cenni tremante; a me di Cadmo Serve là reggia, e Tebe, a cui le mura Del
ri delle regie stanze In ogni parte: a questo aggiungi un volto Degno di diva, e sette figli, e sette Giovinette, che son
gi un volto Degno di diva, e sette figli, e sette Giovinette, che son di mille amanti E speranza e sospiro. Ancor cercate
si chiuse: alfine Dielle l’errante Delo instabil suolo. Qui fu madre di due figli, che sono Settima parte della nostra pr
ue figli, che sono Settima parte della nostra prole. Io son felice, e di fortuna rido Le minacce: me fa copia sicura. Molt
rabbia all’animoso petto. E sì parlava colla doppia prole Sulla vetta di Cinto. Io che son madre Di voi superba, e fra le
a di Cinto. Io che son madre Di voi superba, e fra le dee minore Solo di Giuno, non avrò gli altari Che i secoli onorar, n
miei figli, e ai numi eterni I mortali anteporre: e me chiamava Priva di prole: dell’altero detto In lei cada l’ingiuria,
sangue. Egli già prono Dai crini del corsier balza, e la terra Bagna di sangue. Dell’avito nome Tantalo erede, e il suo m
Dell’avito nome Tantalo erede, e il suo minor fratello Fedirne, prova di novelle forze Facean nella palestra, e petto a pe
rato era dall’arco L’irrevocabil strale: entrò nel core Poco, e causa di morte è breve piaga. La fama e il pianto dei cong
mar l’altre, sempre Correre a morte per diverso fato. L’ultima avanza di cotanta prole: Colla vesta e col suo corpo la mad
sta e col suo corpo la madre La protegge gridando: Una ti chiedo, Una di tante: e in mezzo ai prieghi muore La giovinetta.
i stessi Immoti stanno nelle guance meste, E nell’immagin sua nulla è di vivo. Fredda è la lingua: più non scorre il sangu
Ovidio , Metamorf., lib. vi. Lezione decimottava. Apollo detto di Belvedere. Voleva compiere la descrizione di q
mottava. Apollo detto di Belvedere. Voleva compiere la descrizione di quelle pitture colle quali Polignoto celebrò Delf
ma pensando che veruna lode per Apollo è più grande che il simulacro di lui, detto di Belvedere, non ho voluto ritardare
he veruna lode per Apollo è più grande che il simulacro di lui, detto di Belvedere, non ho voluto ritardare neppur un mome
di lui, detto di Belvedere, non ho voluto ritardare neppur un momento di aprirvi il tesoro di quelle cognizioni, colle qua
edere, non ho voluto ritardare neppur un momento di aprirvi il tesoro di quelle cognizioni, colle quali Winkelmann e Visco
olle quali Winkelmann e Visconti illustrarono l’origine e le bellezze di questa statua, eterna maraviglia e disperazione d
el marmo, che sembra aver realizzato la sua idea con un semplice atto di volontà. Ha rap presentato il figlio di Latona qu
sua idea con un semplice atto di volontà. Ha rap presentato il figlio di Latona quando è sdegnato e ha ritratto nel suo vo
a la soave bellezza, nè la interna serenità inseparabile dalla natura di un nume. L’arco, ch’ei regge ancora in alto colla
vine sue ire; ma contro chi ha vibrato gli strali? non dubitano tutti di rispondere unanimemente contro Pitone. Ma perchè
’occasione dell’ Iliade? Perchè non piuttosto contro l’infelice prole di Niobe onde la materna offesa non resti inulta? Pe
Perchè non contro dell’infedele Coronide, che faceva essere il figlio di Giove geloso di un uomo mortale? Tutti questi sog
o dell’infedele Coronide, che faceva essere il figlio di Giove geloso di un uomo mortale? Tutti questi soggetti son più no
i soggetti son più nobili e più degni d’esser immaginati che la morte di un rettile, e il suo sguardo sollevato non sembra
suolo. Qualunque però sia stato lo scopo delle sue freccie, l’ azione di aver saettato è tanto evidentemente espressa, che
i e ravvolti, che danno idea della sorprendente bellezza della chioma di Febo più che gli epiteti di χρυσοκομοςe di, ακερσ
della sorprendente bellezza della chioma di Febo più che gli epiteti di χρυσοκομοςe di, ακερσερσεκομης, chioma d’oro, e i
ente bellezza della chioma di Febo più che gli epiteti di χρυσοκομοςe di , ακερσερσεκομης, chioma d’oro, e intonso, co’ qua
appena s’affaccia nelle narici insensibilmente enfiate, e nel labbro di sotto alquanto esposto in fuori, non giunge ad os
fonde mollemente sul suo bellissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore e di eleganza, che vi si vede
ente sul suo bellissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore e di eleganza, che vi si vede il più bello
bellissimo corpo, così giudiziosamente misto di agilità, di vigore e di eleganza, che vi si vede il più bello e il più at
i si vede il più bello e il più attivo degli Dei, senza la morbidezza di Bacco, e senza le affaticate muscolature di Ercol
Dei, senza la morbidezza di Bacco, e senza le affaticate muscolature di Ercole, ancorché deificato. L’aurea sua clamide s
amide s’allaccia gentilmente sull’omero destro, e i piedi sono ornati di bellissimi calzari, forse di quel genere che i Gr
sull’omero destro, e i piedi sono ornati di bellissimi calzari, forse di quel genere che i Greci chiamavano sandali, di so
lissimi calzari, forse di quel genere che i Greci chiamavano sandali, di sottili strisce. Il tronco stesso, riservato per
insignificante, ma vi è scolpito un serpe, o alludente alla vittoria di Pitone, che allora non potrebbe esser 1’ argoment
llora non potrebbe esser 1’ argomento del simulacro, o alla medicina, di cui Apollo è il nume, e il simbolo la serpe. « Qu
« Questa incomparabile figura fu ritrovata a Capo d’Anzo fra le ruine di quell’antica città, celebre nella storia romana e
a Fortuna, e per le delizie imperiali chiamate da Filostrato col nome di reggia dei- Cesari, che tale poteano dirsi, attes
dei- Cesari, che tale poteano dirsi, attesa la premura che si presero di abbellirle tanti imperalori romani da Augusto fin
glia dunque che tante insigni sculture lo adornassero, come l’ApoUine di Vaticano, e la celebre statua del Gladiatore Borg
rezione, come si crede, del Buonarroti. Il marmo è un finissimo greco di somma conservazione, non mancando che la mano sin
dilÌ2^ente osservazione fattavi espressamente dai periti e professori di questo genere e in ciò la forza della verità mi o
da un grand’uomo dei nostri tempi (il celebre Mengs) che non contento di aver rapita la meraviglia del secolo colle sue so
del secolo colle sue sorprendenti pitture, ha meritato ancora la fama di autore, mercè l’amicizia di persona distinta per
denti pitture, ha meritato ancora la fama di autore, mercè l’amicizia di persona distinta per impieghi e per letteratura,
Mi conviene, dissi, dissentire in ciò che riguarda il marmo, non solo di questa statua, ma in ciò che ne deduce; cioè che
ica non sieno che copie d’alti perfetti originali, o almeno originali di second’ordine, impareggiabili, se si confrontino
’arte rediviva fra le nazioni moderne ha saputo produrre, ma molto al di sotto dell’opere ammirate dalla Grecia. Questa op
e, comecché faccia onore a chi l’ha proposta, perchè nasce da un’idea di perfezione assai superiore alla comune capacità c
o che si sforzava ritrarre nelle sue pitture, formata sull’astrazione di ciò, che vi ha di più sorprendente nei pezzi dei
ritrarre nelle sue pitture, formata sull’astrazione di ciò, che vi ha di più sorprendente nei pezzi dei più insigni della
a greca scultura, non è però confermata dalla verità, ed è appoggiata di vacillanti argomenti, quando si voglia estendere
ifetti osservati nella figura, riconosciuta d’altra parte per ciò che di più bello esista nell’arte. « L’opinione falsa ch
che di più bello esista nell’arte. « L’opinione falsa che fosse marmo di Carrara, era la ragion più forte, come quello ch’
lunque altra scultura. « Verificato pertanto che sia marmo delle cave di Grecia e del più bello, cade il fondamento di di
he sia marmo delle cave di Grecia e del più bello, cade il fondamento di di tutto il discorso. L’essere stato collocato pi
sia marmo delle cave di Grecia e del più bello, cade il fondamento di di tutto il discorso. L’essere stato collocato piutt
a quanto giungesse il lusso dei Cesari e la non curanza del pubblico di Roma per le arti del disegno. E poi, una villa ch
d’opera della scultura che si vedeano tal volta ornare come l’Ercole di Mirone e il Giove di Prassitele, i portici e i gi
ra che si vedeano tal volta ornare come l’Ercole di Mirone e il Giove di Prassitele, i portici e i giardini privati. I dif
ontrar più d’una risposta. E per lasciare la generale che nulla vi ha di veramente perfetto, e che perciò si trovano degli
tore eccellente non è tanto l’assenza dei difetti, quanto l’esistenza di certe bellezze e di certi pregi, che non possono
è tanto l’assenza dei difetti, quanto l’esistenza di certe bellezze e di certi pregi, che non possono esser il prodotto ch
erte bellezze e di certi pregi, che non possono esser il prodotto che di talenti non comuni: può dirsi ancora che è stato
enti non comuni: può dirsi ancora che è stato consiglio dell’artefice di allentanarsi in ciò dal rigido vero per servire a
late queste scorrezioni, ma ne avrebbe ritratto qualche maggior grado di bellezza e di effetto. Che se s’insistesse ancora
orrezioni, ma ne avrebbe ritratto qualche maggior grado di bellezza e di effetto. Che se s’insistesse ancora, e si oppones
ezza e di effetto. Che se s’insistesse ancora, e si opponesse, perchè di una statua così eccellente non abbiano parlato gl
tatua così eccellente non abbiano parlato gli antichi, non mi curerei di rispondere, che poche memorie ci sou restate nell
oche memorie ci sou restate nelli scritti a noi pervenuti, e soltanto di quelle che o per la situazione in luoghi assai fr
econdo Plinio, poteva render l’autore illustre; non mi curerei, dico, di questa risposta, ma sosterrei piuttosto, che vera
marmo rammentati da Plinio, ma che non può determinarsi per mancanza di piìi accurata descrizione, Lasciando da parte que
e non possono convenire all’azione del nostro, ne rammenta Plinio due di Filisco, un di Prassitele, ed uno di Calamide. Qu
onvenire all’azione del nostro, ne rammenta Plinio due di Filisco, un di Prassitele, ed uno di Calamide. Quei di Filisco e
l nostro, ne rammenta Plinio due di Filisco, un di Prassitele, ed uno di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici di Ot
nta Plinio due di Filisco, un di Prassitele, ed uno di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici di Ottavia, uno nel suo
di Prassitele, ed uno di Calamide. Quei di Filisco erano nei Portici di Ottavia, uno nel suo tempio, l’altro per ornament
embra inferirsi che l’altro fosse vestito. Ma l’essere anche ai tempi di Plinio situati ambedue in luogo pubblico e sacro,
nsigne scultura. « Più facilmente può credersi questa statua l’Apollo di marmo di Prassitele che Plinio annovera fra le pi
ultura. « Più facilmente può credersi questa statua l’Apollo di marmo di Prassitele che Plinio annovera fra le più belle o
llo di marmo di Prassitele che Plinio annovera fra le più belle opere di quello scultore, senza additare il sito preciso d
ove si custodiva. Potrebbe anche con maggior probabilità esser quello di Calamide esistente ai tempi di Plinio negli Orti
e con maggior probabilità esser quello di Calamide esistente ai tempi di Plinio negli Orti Serviliani, appartenenti agli A
linio negli Orti Serviliani, appartenenti agli Augusti fino dai tempi di Nerone, donde può essere stata trasferita nelle d
i mali, ed era stata a questo nume eretta in Atene dopo la cessazione di un male epidemico. Ben conveniva in questa occasi
pidemico. Ben conveniva in questa occasione una simile rappresentanza di Apollo in atto appunto di saettare infermità e mo
questa occasione una simile rappresentanza di Apollo in atto appunto di saettare infermità e morte, ma nel tempo stesso c
confuse col diluvio universale, perciò adattatissimo simbolo del fine di una mortalità impetrato dalla potenza d’Apollo. «
ni su tanto incomparabile simulacro, non voglio defraudare il lettore di una descrizione piena d’estro di questa statua de
ro, non voglio defraudare il lettore di una descrizione piena d’estro di questa statua dettata a Winkelmann dall’entusiasm
aginazione le straordinarie bellezze. Eccola: « La statua dell’Apollo di Belvedere è il più sublime ideale dell’arte, fra
tatua tanto supera tutti gli altri simulacri del dio, quanto l’Apollo di Omero è più grande degli altri descritti dai suss
imavera eterna, qual regna nei beati Elisi, spande sulle virili forme di un’età perfetta i piacevoli tratti della ridente
Genio, e prendi una natura celeste per riempier l’anima tua coll’idea di un bello sovrumano; potrai formartene allora una
artene allora una giusta immagine, poiché in quella figura nulla vi è di mortale, nessuno indizio si scorge dell’umana fra
ta la superfìcie. Eccolo: egli ha inseguito il serpente Pitone contro di cui ha per la prima volta piegato il suo arco, e
ollevato in una piena compiacenza, portasi quasi all’infinito bene al di là della sua vittoria. Siede nelle sue labbra il
dell’animo rimaner sembrano inalterabili, e gli occhi suoi sono pieni di quella dolcezza, che mostrar suole allorché lo ci
he si avvicini a quella sublimità in cui egli manifestossi alla mente di Omero: ma. in questa statua del figlio di Giove s
gli manifestossi alla mente di Omero: ma. in questa statua del figlio di Giove seppe l’ artefice, eguale a quel gran poeta
ze particolari, che ad ognuna delle altre deità sono proprie. Egli ha di Giove la fronte gravida della dea della Sapienza,
a degli Dei in maniera dignitosa inarcati; é la sua bocca un’immagine di quella dell’amato Branco, in cui respirava la vol
uo capo, in cima a cui sembra con bella pompa annodata dalle Grazie e di aromi celesti profumata. Mirando questo prodigio
ando questo prodigio dell’arte, tutte l’altre opere ne oblio, e sovra di me stessa e dei sensi mi sollevo per degnamente e
à mi sento trasportato in Delo, e nelle Licie selve, che Apollo onorò di sua presenza. Farmi già che l’immagine, che io me
’immagine, che io men formo, vita acquisti e moto come la bella opera di Pigmalione. Ma come potrò io ben dipingerla e des
e più sensibili tratti, che n’ho abbozzati. Depongo pertanto a’ piedi di questa statua l’idea che ne ho dato, imitando cos
mutò d’opinione riguardo all’autore della celebre statua dell’Apollo di Belvedere, e alla qualità del marmo in cui è scol
alità del marmo in cui è scolpita. Affermò non potersi supporre opera di Ca. lamide un lavoro sì perfetto, dove la più sev
tore dell’Apollo abbia imitata questa statua da una delle più antiche di Calamide, correggendone i difetti, aggiungendovi
lezze. Così facevano gli antichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole di Farnese quel di Lisippo, di cui esiste una copia
vano gli antichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole di Farnese quel di Lisippo, di cui esiste una copia antica in Firenz
ichi: così Glicone perfezionò nell’Ercole di Farnese quel di Lisippo, di cui esiste una copia antica in Firenze: così Cleo
Visconti dice sostenersi dai mineralogisti che nelle cave abbandonate di Carrara si trovan vene di marmo perfettamente sim
ai mineralogisti che nelle cave abbandonate di Carrara si trovan vene di marmo perfettamente simili a quella dell’Apollo,
perfettamente simili a quella dell’Apollo, e vide in Parigi un marmo di Carrara, che si credeva greco. Udite adesso da Ov
greco. Udite adesso da Ovidio, che, incoraggito dal voNicccLiNi. Lez. di Mit. ecc. 30 stro compatimento, ho tradotto, quan
u Dafne a Febo il primo amor, che diede Non sorte ignara, ma il furor di un nume Iva superbo del domato mostro. Quando mir
rattiene Sull’ombroso Parnaso, e li due strali Dalla faretra liberò: di piombo È l’uno, d’oro l’altro, ed hanno effetto C
’amante aborre il nome; Sol delle selve a lei piace il secreto; Emula di Diana, ama alle belve, Terror dei boschi, contras
contrastar le spoglie; Ai capelli l’error frena una benda. Ed ai voti di mille amanti oppone Odio e rifiuto, e amor dispre
d’Imeneo la face: E dolcemente nel paterno collo Trattien le braccia, di rossore onesto Ornata il volto, e dice: A me conc
e per largo incendio il campo, Tal regna nel Febeo petto la fiamma, E di sterile amor nutre la speme; Vede pender sul coll
pruno Non ti punga il bel pie, che non è degno Di essere oifeso, che di pianto io sia Cagione: aspra è la via dove ti aff
E il gregge inculto non osservo — ignori. Temeraria, chi fuggi: a me di Delfo Serve la reggia e Claro, io son di Giove Fi
. Temeraria, chi fuggi: a me di Delfo Serve la reggia e Claro, io son di Giove Figlio: degli anni io sono il padre: io sol
u custode Fida starai presso l’auguste porte Tutela del sacrato arbor di Giove. Fia teco il vanto di perpetue frondi, Sico
l’auguste porte Tutela del sacrato arbor di Giove. Fia teco il vanto di perpetue frondi, Sicome regna gioventude eterna N
asi capo Scosse l’onor della frondosa cima, Raro dono al Poeta, e che di Giove E del fulmine suo l’ire prescrive. Ovidi
escrive. Ovidio Metamorf., lib. I. Lezione decimanona. Imagini di Apollo in pittura e in scultura. Altri lumi da
al Winkelmann e dal Visconti derivar voglio sopra Apollo, primo vanto di Latona, innanzi di tesservi il catalogo dei diver
Visconti derivar voglio sopra Apollo, primo vanto di Latona, innanzi di tesservi il catalogo dei diversi nomi coi quali l
elle sue figure si ravvisano in bella armonia combinate la robustezza di un’età perfetta, e le molli forme di una florida
armonia combinate la robustezza di un’età perfetta, e le molli forme di una florida gioventù. Queste forme sono grandiose
i eziandio nella loro giovine morbidezza; nè rassomigliano già quelle di un amante effemminato e molle, allevato fra le fr
ato fra le fresche ombre, e come dice Ibico, da Venere stessa nutrito di rose, ma son degne di un garzone nobile, e nato a
re, e come dice Ibico, da Venere stessa nutrito di rose, ma son degne di un garzone nobile, e nato a grandi imprese. Si ve
sua figura una sanità vivace che annunzia la forza, simile all’aurora di un bel giorno. Non pretendo però che tanta beltà
giorno. Non pretendo però che tanta beltà si trovi in tutte le statue di Apollo. « La più bella testa del nume, dopo la c
le statue di Apollo. « La più bella testa del nume, dopo la celebre di Belvedere, è senza dubbio quella d’una poco osser
senza dubbio quella d’una poco osservata statua sedente del medesimo, di grandezza maggiore del naturale, nella Villa Ludo
maggiore del naturale, nella Villa Ludovisi. È questa intatta al pari di quella, e anco meglio esprime un Apollo benigno e
vole per esser la sola, che io sappia, che ha un particolar attributo di Apollo, cioè il bastone di pastore incurvato, app
io sappia, che ha un particolar attributo di Apollo, cioè il bastone di pastore incurvato, appoggiato alla pietra su cui
ος) per indicare l’arte pastorizia da lui esercitata presso Admeto re di Tessaglia. Vi hanno quattro teste di Apollo perfe
lui esercitata presso Admeto re di Tessaglia. Vi hanno quattro teste di Apollo perfettamente simili: una è quella statua
nno quattro teste di Apollo perfettamente simili: una è quella statua di Belvedere, l’altra unita al busto, e affatto inte
olino, e la quarta nella Farnesina. Da questa si può prendere un’idea di quell’acconciatura di capelli che i Greci chiamav
la Farnesina. Da questa si può prendere un’idea di quell’acconciatura di capelli che i Greci chiamavano κρωβυλος, e che pr
precisione descritta. Questa voce significa nei maschi quella maniera di acconciarsi che nelle fanciulle chiamavasi κορυμβ
on dovea vedersi il laccio che li sosteneva. « Tale è la capigliatura di una figura muliebre in una delle più belle pittur
elli in amendue i sessi può scusare coloro i quali hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo di bronzo nel Museo di
usare coloro i quali hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo di bronzo nel Museo di Ercolano che ha i capelli vol
hanno dato il nome di Berenice ad un bell’Apollo di bronzo nel Museo di Ercolano che ha i capelli voltati all’insù, e leg
a lodato Autore intorno alla chioma del nume. « La capellatura bionda di Apollo può essere considerata egualmente come all
magine: ma senza attaccarci questo senso bisognava dargli dei capelli di questo colore come al più bello dei giovini, poic
oduce un effetto meno piacevole che quello dei capelli biondi; verità di pratica, riconosciuta da tutti gli artisti. Un pa
iondi; verità di pratica, riconosciuta da tutti gli artisti. Un passo di Ateneo che contiene due espressioni di Simonide
a tutti gli artisti. Un passo di Ateneo che contiene due espressioni di Simonide m’impegna a fare questa osservazione. La
e m’impegna a fare questa osservazione. La prima è il tono della voce di una vergine che esce da una bocca di porpora, ed
e. La prima è il tono della voce di una vergine che esce da una bocca di porpora, ed il personaggio messo in scena da Ate
mbra egli bello ai Greci? — La seconda espressione riguarda l’epiteto di Apollo dagli aurei capelli, perchè, come dice ris
i Greci avranno fatta la stessa osservazione, perchè tutte le figure di Apollo, conformemente a l’epiteto in quistione e
e figure di Apollo, conformemente a l’epiteto in quistione e ad altri di simil genere che gii hanno dati i poeti, saranno
na capellatura bionda, come noi possiamo giudicare dal piccolo numero di pitture che sono giunte sino a noi, nelle quali q
ità giovanili, neppur Zeffiro eccettuato. Sembra dunque che nel passo di Ateneo , che ho citato, bisogni porre un interro
i capelli del suo favorito: gli voleva neri nell’interno e splendidi di fuori: non ch’eglino fossero neri, ma solamente o
si forma delle cavità. Così mi sembra che deva intendersi dei capelli di color blu che Omero dà ad Ettore ed a Bacco: va
, che interiormente, e nei luoghi ove sono ombrati, offrono una tinta di questi colori. » Scusate, per amore di Winkelman
no ombrati, offrono una tinta di questi colori. » Scusate, per amore di Winkelmann, questa digressione di lui medesimo so
uesti colori. » Scusate, per amore di Winkelmann, questa digressione di lui medesimo sopra i capelli biondi, che può esse
essione di lui medesimo sopra i capelli biondi, che può esservi forse di qualche utilità, e mostrarvi almeno quanto si pos
elle medaglie con una patera in mano, e tiene al tempo stesso un ramo di mirto, attributo ordinario alle sue figure nell’i
esso un ramo di mirto, attributo ordinario alle sue figure nell’isola di Lesbo, perchè, secondo l’opinione degli antichi,
avorisce la divinazione. Per questa ragione in Atene si diede il nome di θαυμαντις13, indovino del dio, vale a dire di Apo
Atene si diede il nome di θαυμαντις13, indovino del dio, vale a dire di Apollo, a quelli che morendo di fame masticavano
ντις13, indovino del dio, vale a dire di Apollo, a quelli che morendo di fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una me
a dire di Apollo, a quelli che morendo di fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una medaglia di argento di Antioco I
he morendo di fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una medaglia di argento di Antioco III re di Siria i due sassi so
di fame masticavano le foglie di lauro. Sopra una medaglia di argento di Antioco III re di Siria i due sassi sono indicati
o le foglie di lauro. Sopra una medaglia di argento di Antioco III re di Siria i due sassi sono indicati in una figura sed
ntioco III re di Siria i due sassi sono indicati in una figura seduta di Apollo, coi capelli annodati sopra la sommità del
nno i capelli annodati nella stessa maniera. Il pomo posto nella mano di Apollo indicava il premio che si dava nei primi t
nificantissima, che si trova in una medaglia. La medaglie della città di Tessalonica offrono Apollo che si corona da sé st
della città di Tessalonica offrono Apollo che si corona da sé stesso di lauro come vincitore nel suo combattimento con Ma
l suo combattimento con Marsia. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch, Temi gli presenta una tazza di ambrosia,
na pietra incisa del Gabinetto di Stosch, Temi gli presenta una tazza di ambrosia, immagine tolta da Omero. Apollo si trov
con questi attributi era nominato Agreo, cioè cacciatore: ma l’Apollo di Vaticano non può essere un Apollo cacciatore, com
pence pretende. La cerva sopra un altare, con altri attributi propri: di Apollo, rappresenta la ninfa Arge, che fu trasfor
tata, seguendolo, che ella l’avrebbe raggiunto ancora che la velocità di lui fosse rapida quanto quella del Sole. «  Pluta
à di lui fosse rapida quanto quella del Sole. «  Plutarco fa menzione di un Apollo tenente un gallo sulla mano per indicar
enzione di un Apollo tenente un gallo sulla mano per indicare il Sole di cui annunzia il comparir sull’orizzonte. Il front
’orizzonte. Il frontispizio del settimo volume dell’ Antichità Greche di Gronovio, mostra Apollo che tiene il piede sopra
rovare da che questo simbolo sia derivato. Un topo accanto alla testa di Apollo sulle medaglie di Tenedo indica il soprann
olo sia derivato. Un topo accanto alla testa di Apollo sulle medaglie di Tenedo indica il soprannome Smìnteo di questo dio
testa di Apollo sulle medaglie di Tenedo indica il soprannome Smìnteo di questo dio, che nel dialetto cretese significa To
un arco nella destra, e le tre Grazie poste sulla sinistra: ciascuna di esse teneva istrumento musicale: una il flauto, l
l mezzo la lira: si pretendeva che questa statua fosse fino dai tempi di Ercole. Il delfino di cui si fa uso nei tripodi d
etendeva che questa statua fosse fino dai tempi di Ercole. Il delfino di cui si fa uso nei tripodi di Apollo, è un ornamen
sse fino dai tempi di Ercole. Il delfino di cui si fa uso nei tripodi di Apollo, è un ornamento allegorico che significa l
odi di Apollo, è un ornamento allegorico che significa la metamorfosi di questo dio in pesce: può ancora applicarsi al cre
orfosi di questo dio in pesce: può ancora applicarsi al creduto amore di questo animale per la musica. Apollo non è stato
non è stato mai rappresentato col berretto frigio, e le teste fornite di questo e con lunghi capelli effigiate nei lati di
e le teste fornite di questo e con lunghi capelli effigiate nei lati di una tomba di marmo antico trovata in Francia, non
ornite di questo e con lunghi capelli effigiate nei lati di una tomba di marmo antico trovata in Francia, non sono che mas
ncia, non sono che maschere che trovansi frequentemente nei monumenti di simil genere, onde si è ingannato De Boze nella D
verà adesso la statua dell’Apollo Citaredo. « Nell’insigne simulacro di Apollo, che abbiamo descritto (l’Apollo del Belve
el Belvedere), ci ha rappresentato r artefice la possanza e lo sdegno di questo nume: in quello che ora spieghiamo, ravvis
altre nove delle Muse, che fan corona al loro corifeo, ci rammentiamo di quello scolpito a bassorilievo sull’ arca di Cips
corifeo, ci rammentiamo di quello scolpito a bassorilievo sull’ arca di Cipselo unitamente al coro delle nove dee d’Elico
ste son le Muse, Amabil coro che il circonda e segue. « La maraviglia di chi considera il movimento e l’espressione di que
segue. « La maraviglia di chi considera il movimento e l’espressione di questa bellissima statua è giustificata dal pregi
gono. È noto, per infamia della storia augusta, il fanatico trasporto di Nerone pel suono della cetra e pel canto, che lo
canto, che lo fece discendere sino a comparire su i palchi d’Italia e di Grecia a contrastare la palma coi professori più
Italia e di Grecia a contrastare la palma coi professori più rinomati di queste arti, e a compiacersi di riportarla come d
la palma coi professori più rinomati di queste arti, e a compiacersi di riportarla come di uno dei più gloriosi suoi fast
ssori più rinomati di queste arti, e a compiacersi di riportarla come di uno dei più gloriosi suoi fasti. Ci narra Svetoni
polline, e come tale nelle statue e nelle monete effigiato. Parecchie di queste medaglie greche e latine si conservano tut
. ciò che più singolarmente fa al nostro proposito si è che la figura di Nerone Citaredo è tanto simile a questa statua di
si è che la figura di Nerone Citaredo è tanto simile a questa statua di Apollo, che ne sembra copiata nel modo e nell’att
chiome. È credibile che l’adulazione, in un secolo specialmente pieno di gusto e d’intelligenza nelle belle arti, non abbi
o e d’intelligenza nelle belle arti, non abbia scelto fra i simulacri di Febo che il più nobile e il più celebrato, perchè
mulacri di Febo che il più nobile e il più celebrato, perchè servisse di emblema del citaredo imperatore. Possiamo dunque
e presso gli antichi la più bella figura che offrisse Apollo in abito di Citaredo. E se mi sarà lacito d’inoltrare le conf
una replica, o una copia fatta da mano maestra, dell’Apollo sonatore di cetra di Timarchide Ateniese, famosa scultura che
ica, o una copia fatta da mano maestra, dell’Apollo sonatore di cetra di Timarchide Ateniese, famosa scultura che accompag
di Timarchide Ateniese, famosa scultura che accompagnava nei portici di Ottavia le nove Muse di Filisco. La mae stria del
famosa scultura che accompagnava nei portici di Ottavia le nove Muse di Filisco. La mae stria del lavoro, non meno che la
che ci sono rimaste in attitudini simili forse a quelle delle lodate di Filisco, come andremo a suo luogo notando. « Racc
ccogliamoci alquanto dallo stupore in cui ci trasporta l’osservazione di così bel simulacro per esaminar ciò che d’istrutt
orona tanto propria dei citaredi che nel certame delfico dei sonatori di cetra comparivano questi coronati di lauro. Osser
nel certame delfico dei sonatori di cetra comparivano questi coronati di lauro. Osserva Luciano a tal proposito che i più
contentavano dell’alloro naturala, mentre i più ricchi si adornavano di lauree d’oro, ornate di smeraldi in luogo di bacc
o naturala, mentre i più ricchi si adornavano di lauree d’oro, ornate di smeraldi in luogo di bacche. La gemma che disting
più ricchi si adornavano di lauree d’oro, ornate di smeraldi in luogo di bacche. La gemma che distingue la corona del nost
eziose, come lo dimostrano molte medaglie, fra le quali un medaglione di Commodo del Museo Carpegna ora in Vaticano, un bu
one di Commodo del Museo Carpegna ora in Vaticano, un busto colossale di Traiano in Campidoglio, e una singolarissima test
busto colossale di Traiano in Campidoglio, e una singolarissima testa di Augusto in età senile in questo nostro Museo. L’a
n tutta la proprietà. (La palla dei Latini era, secondo Tosservazione di Servio, la stessa cosa che il peplo dei Greci). Q
la nostra statua, dove l’artefice ha voluto significare la ricchezza di questo abito di Apollo colla gemma che lo guarnis
a, dove l’artefice ha voluto significare la ricchezza di questo abito di Apollo colla gemma che lo guarnisce sul petto. La
clamide che gli sta sospesa agli omeri con due borchie è anche parte di questo abito citaredico, per testimonianza degli
a, come può ancora congetturarsi dalle immagini della Musa tragica, e di quella delle tibie, fornite nei monumenti antichi
Musa tragica, e di quella delle tibie, fornite nei monumenti antichi di simil fascia. La cetra apta baltheo, secondo la e
ntichi di simil fascia. La cetra apta baltheo, secondo la espressione di Apuleio, pende dagli omeri del nume per una speci
la espressione di Apuleio, pende dagli omeri del nume per una specie di armacollo. Tali cetre più grandi, che così per co
hio dette φορμιγγες, parola greca con cui talora si denota ogni sorta di cetra o lira: nomi dagli antichi stessi usati tal
usati talvolta promiscuamente. La nostra è notabile pel basso rilievo di Marsia appeso, che ne adorna uno dei corni, o bra
desso quanto voglia significarsi da Tibullo colle citate parole opera di rara arte, e come convenientemente Luciano descri
descriva Orfeo e le Muse affigiate nelle cesellature dell’aurea cetra di Evangelo. Intendiamo ancora con quanta ragione fo
are Nerone, che mostrava una somma emulazione coi più famosi sonatori di cetra, e nei pubblici certami di Grecia fìngea as
a emulazione coi più famosi sonatori di cetra, e nei pubblici certami di Grecia fìngea assoggettarsi al libero giudizio de
ettarsi al libero giudizio de’ Presidenti dei giuochi per aver motivo di più compiacersi della vittoria. Quel corpo rettan
degli espositori delle antichità ercolanesi. » Per la vittoria navale di Azio Tacete tutti: nuovi versi io canto, Sacerdot
. Innanzi ai lari Cada percossa una giovenca. L’urna Ministri l’acque di Cirene: il serto Lazio con l’edra Filitea gareggi
Del tuo favor l’impresa è degna. Augusto Chiede versi; si taccia anco di Giove Quando Augusto si canta: a Febo un porto S’
nocchier non detta i voti. Qui del mondo pugnar le mani: ascose Mole di pini con diverso fato L’onde soggette. Eran d’Ant
no, e in la feminea destra Avvilita tremò l’asta romana. Dell’augurio di Giove avea le vele Piene l’Augusta nave, e l’altr
I legni Vadano ad incontrarsi: io son degli anni Il padre: io guiderò di Giulio i rostri Con la man trionfale. — In questi
Per quelle vie che incatenato scorse Giugurta. Avresti, o Febo, onor di tempio, Che dieci navi nel Leucadio flutto Uno st
no. Properzio, libro IV, eleg. vi. Lezione vigesima. Dei cognomi di Apollo. Questa Lezione, ultima fra quelle che
cognomi di Apollo. Questa Lezione, ultima fra quelle che trattano di Apollo, è destinata a tesservi la serie dei nomi
non il più grande dei numi. Pulio fu detto, perchè autore ai mortali di salute, e Teseo gli fé’ voti sotto tal cognome, q
cara Atene volle profondere la vita esponendosi al Minotauro infamia di Creta. Sopra Pachino, promontorio della Sicilia,
elo cuna del dio, e sola fra tutte le terre pietosa a Latona, gli die di Delio la volgare denominazione, ed P^pidelio fu d
di Delio la volgare denominazione, ed P^pidelio fu detto il simulacro di lui, il quale, dopo che l’isola predetta fu da un
mulacro di lui, il quale, dopo che l’isola predetta fu da un Prefetto di Mitridate saccheggiata, la fortuna dell’onde recò
ortuna dell’onde recò alle spiaggie del Peloponneso per farlo oggetto di culto ai Greci presso Malea. Regna discordia sull
vvicina è quella che derivar fa questo nome dalla luce, prima qualità di questo dio, che simboleggia il Sole « Il ministr
contradice, perchè nel Viaggio in Attica lo deduce da Lieo figliuolo di Pandione, e nel Viaggio a Corinto, dal lupo che s
ignificare. Lucigenete Apollo fu chiamato da Omero, non come generato di Licia (poiché questa favola, come osserva Eraclid
enita degli esseri e dell’universo, Latoo lo dissero per Latona madre di lui, e frequenti esempi di questo cognome si legg
niverso, Latoo lo dissero per Latona madre di lui, e frequenti esempi di questo cognome si leggono in tutti i poeti. Spodi
ollo sorgeva. Stazio volendo esprimere il dolore del dio per la morte di Anfìarao, reputò di non poter meglio giungere al
volendo esprimere il dolore del dio per la morte di Anfìarao, reputò di non poter meglio giungere al suo scopo che dicend
di non poter meglio giungere al suo scopo che dicendo: « Sarai sempre di Febo eterno e nuovo dolore^ e lungamente in Delfo
tori nei giuochi che sacri gli erano ne riportavano in premio tripodi di bronzo. Diede al dio il nome d’Ismenio il colle I
dio il nome d’Ismenio il colle Ismene, che sorgeva della destra porta di Tebe all’ingresso, celebrato da due statue, una d
della destra porta di Tebe all’ingresso, celebrato da due statue, una di Fidia, l’altra di Scopa, rappresentanti Mercurio
di Tebe all’ingresso, celebrato da due statue, una di Fidia, l’altra di Scopa, rappresentanti Mercurio e Minerva. Patroo
Mercurio e Minerva. Patroo cognominarono Apollo, non come protettore di una città sola, ma quasi padre di tutte. Rendevan
inarono Apollo, non come protettore di una città sola, ma quasi padre di tutte. Rendevano famoso il tempio, che sotto ques
no famoso il tempio, che sotto questo titolo aveva in Atene, le opere di Eufranore, che primeggia fra gli antichi pittori.
minose spire la terra spaventata. Cintio Apollo fu chiamato dal monte di Delo, e divise questo nome colla sorella. Didimeo
dell’Asia, nella quale ebbe oracoli ed altari fondato da Manto figlia di Tiresia, che qui fuggiva la vendetta degli Epigon
iglia di Tiresia, che qui fuggiva la vendetta degli Epigoni vincitori di Tebe. Come Teossenio, cioè ospitale, fu venerato
econdo Pindaro, una veste, e secondo Pausania, dell’argento. Col nome di Parrasio s’onorava Apollo in Arcadia; Agieo fu de
Arcadia; Agieo fu detto dalle vie, e così lo nomina Orazio in un’Ode, di cui vi ho letta la traduzione. 14 Patareo da Pat
ava colla pura rugiada Castalia, che tiene i gioghi e la selva nobile di Licia. » Amicleo lo nomarono ancora da Amicla, lu
edificato era un tempio insigne per ricchezza e per lavoro. Col nome di Carneo si trova frequentemente Apollo mentovato d
i scrittori e specialmente da CaUimaco: alcuni rintracciano il motivo di questo nome in Carno figliuolo di Giove e di Euro
maco: alcuni rintracciano il motivo di questo nome in Carno figliuolo di Giove e di Europa, che fu educato dal nume, altri
i rintracciano il motivo di questo nome in Carno figliuolo di Giove e di Europa, che fu educato dal nume, altri in diversa
e inventata ìa favola che Apollo dirigesse l’arco dell’imbelle figlio di Priamo, perchè ivi un tempio gli sorgeva. Apollo
d are. Virgilio disse: « Ci promette l’Italia Apollo Grineo. » L’arco di argento gii diede l’epiteto di Argirotosso, e per
mette l’Italia Apollo Grineo. » L’arco di argento gii diede l’epiteto di Argirotosso, e per l’arco sua arma fu chiamato Ar
le Muse. Presso gli Eliopolitani effigiato era Apollo nelle sembianze di un giovine senza barba, che colla destra teneva i
ovine senza barba, che colla destra teneva inalzata la sferza a guisa di auriga, e il fulmine e le spighe confondea colla
riga, e il fulmine e le spighe confondea colla sinistra. Dal catalogo di questi cognomi potete ricavare che Apollo presso
nque i Mitologi diano a quest’ultimo origine differente. Prevalendomi di questa conseguenza, narrerò l’avventura di Fetont
e differente. Prevalendomi di questa conseguenza, narrerò l’avventura di Fetonte; che ho tradotto dalle Metamorfosi di Ovi
za, narrerò l’avventura di Fetonte; che ho tradotto dalle Metamorfosi di Ovidio, giacché voi, col vostro compatimento mi a
te incoraggito a tentare simile impresa dopo l’Anguillara. Avventura di Fetonte. Per sublimi colonne era del Sole Alta la
ra, ed a sinistra stanno Altrettanti. Calcò le chiare soglie La prole di Climene, e vide i tetti Del dubitato padre, e rat
paterno. Il pie ritenne Lungi, perchè non soffre occhio mortale Luce di Febo, che sul soglio siede Di smeraldi distinto,
sul soglio siede Di smeraldi distinto, ed ha velate L’eterne mem.bra di purpurea veste. Stanno al lato del nume i mesi, i
ii eguali Ore e Stagioni: a Primavera il crine Cingono i fiori: ed ha di spighe un serto La nuda Estate: dell’Autunno i pi
i piedi Tingon le uve calcate; al freddo Inverno Le chiome irsute son di neve asperse. Stupisce all’alta novità del loco I
: Dell’immenso mondo Pubblica luce, Febo padre, l’uso Se a me concedi di cotanto nome, Nè vera colpa sotto iramagin falsa
ra i fulmini suoi, paventa, o figlio, Questo mio carro, e chi maggior di Giove? Arduo è il primo cammin: lo vince appena I
i tu gire e trattener dell’asse La fuga? forse col desio figuri Città di numi, e selve e ricchi templi. Forme e insidie di
desio figuri Città di numi, e selve e ricchi templi. Forme e insidie di belve all’aspra strada Crescon tema, e se ninno e
lusinghieri amplessi? avrai, non temi. Quello che brami: ch’io giurai di Stige L’inviolabil acque: ah tu più saggio Sii ne
invan frappose II genitore: alfin conduce il figlio Al cocchio, dono di Vulcano: è l’asse D’oro, d’oro il timone e delle
mezzo: il resto, o figlio. Alla fortuna raccomando: io bramo Che sia di te più savia: a me si vieta Libertà di dimore, e
a raccomando: io bramo Che sia di te più savia: a me si vieta Libertà di dimore, e già la notte Toccò le mete dell’esperio
igro Boote Col tuo plaustro fuggisti. Allor che vide Giù giù la terra di Olimene il figlio Impallidì, tremar le guance, e
quando vide colla torta coda Lo scorpione vibrar l’atro veneno, Fuor di sé per paura il freno errante Abbandona. Lo sente
i suoi la fuga accresce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua, di là, di su, di giù gli mena: Ora toccan le stelle,
la fuga accresce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua, di là, di su, di giù gli mena: Ora toccan le stelle, or Cin
accresce: Non ha legge l’error: l’impeto cieco Di qua, di là, di su, di giù gli mena: Ora toccan le stelle, or Cintia amm
Fetonte, e larga fiamma Gli depreda le chiome: un lungo tratto Segnò di luce nel turbato cielo: Così membra cader stella
torno alla natura degli Dei ha scritto, più furono le Diane. Una nata di Giove e di Proserpina e madre dell’Amore; l’altra
natura degli Dei ha scritto, più furono le Diane. Una nata di Giove e di Proserpina e madre dell’Amore; l’altra figlia di
Una nata di Giove e di Proserpina e madre dell’Amore; l’altra figlia di Giove e di Latona; la terza di Upi e di Glauce, c
i Giove e di Proserpina e madre dell’Amore; l’altra figlia di Giove e di Latona; la terza di Upi e di Glauce, che i Greci
ina e madre dell’Amore; l’altra figlia di Giove e di Latona; la terza di Upi e di Glauce, che i Greci sovente chiamano col
re dell’Amore; l’altra figlia di Giove e di Latona; la terza di Upi e di Glauce, che i Greci sovente chiamano col vocabolo
di Glauce, che i Greci sovente chiamano col vocabolo paterno. I vanti di tutte s’arroga la seconda, che è sorella di Apoll
vocabolo paterno. I vanti di tutte s’arroga la seconda, che è sorella di Apollo e custode delle selve ed onore degli astri
or Fallante. Fingono i Mitologi che prima del fratello nata, uffìcii di levatrice prestasse alla madre, onde differente n
ente n’è la patria, e al dire dell’innografo conosciuto sotto il nome di Omero, nacque in Ortigia la prima, in Delo il sec
ad un parto stesso, come da Cornelio Tacito si rileva. Ecco le parole di lui. « Primi fra tutti vennero gli Efesii commemo
stesso una selva, ove Apollo dopo l’uccisione dei Ciclopi evitò l’ira di Giove. » Nè questa differenza deve farci maravig
trice. Questa opinione fu seguita da Eschilo, che chiamò Diana figlia di Cerere, la quale, al dire di Pausania, era lo ste
uita da Eschilo, che chiamò Diana figlia di Cerere, la quale, al dire di Pausania, era lo stesso che l’Iside degli Egizian
cida le belve selvagge. Concedimi sessanta ballatrici oceanine, tutte di nove anni, non cinte ancora, tutte fanciulle. Yog
disse: - — Ah se le dee mi partorissero tali figli, poco curerei Tire di Giunone gelosa. Abbiti, figliuola, quello che dim
ermò colla testa i suoi detti. Andò quindi la fanciulla a Leuce monte di Creta, crinito di boschi; poscia all’Oceano, e sc
suoi detti. Andò quindi la fanciulla a Leuce monte di Creta, crinito di boschi; poscia all’Oceano, e scelse le ninfe che
. Gioì Cerato, gioì Teti perchè mandarono le loro figlie in compagnia di Diana. Circondata da queste andò ai Ciclopi, e gl
n eco spaventoso. Diana solo non mutò faccia, perchè fanciulla ancora di tre anni, quando fu posta a sedere dà Latona sui
ra di tre anni, quando fu posta a sedere dà Latona sui forti ginocchi di Brente, a lui con la mano pargoletta strappò dal
tto le lane ferruginee. Eccovi esposti i principii della fanciullezza di questa diva, i cui attributi unì l’ Ariosto nella
ll’inferno mostri L’alta bellezza tua sotto più forme, E per le selve di fere e di mostri Vai cacciatrice seguitando l’orm
mostri L’alta bellezza tua sotto più forme, E per le selve di fere e di mostri Vai cacciatrice seguitando l’orme, Mostram
tanti, Che vivendo imitò tuoi studi santi. » Unisco la illustrazione di due simulacri di questa divinità, tratta dal Muse
o imitò tuoi studi santi. » Unisco la illustrazione di due simulacri di questa divinità, tratta dal Museo Clementino del
vidio, che ho tradotto seguendo il mio costume, vi narrerà il destino di Atteone. « Uno de’ più nubili simulacri di Diana
me, vi narrerà il destino di Atteone. « Uno de’ più nubili simulacri di Diana questa tavola ci presenta, scultura belliss
tamente la stimò la più bella fra le figure non succinte della figlia di Latona. Si vede la dea in atto di estrarre dal tu
le figure non succinte della figlia di Latona. Si vede la dea in atto di estrarre dal turcasso, che tiene appeso agii omer
o nudo incominciando dagli omeri e che si vedeva in moltissime statue di divinità femminili. Due sole borchie sostengono s
ssime statue di divinità femminili. Due sole borchie sostengono sopra di essa una specie di peplo; tutto l’abito insomma è
inità femminili. Due sole borchie sostengono sopra di essa una specie di peplo; tutto l’abito insomma è tanto semplice qua
attitudine non è il riposo, col quale ha creduto il senator Bonarroti di render ragione dell’abito che giunge fino a’ pied
nator Bonarroti di render ragione dell’abito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella di saettare
ito che giunge fino a’ piedi di una sua Diana. La sua azione è quella di saettare, nè dee farci maraviglia che tuttavia no
rdi o contro il tentatore Orione, come canta Orazio, o contro i figli di Niobe per vendicare la madre. Omero stesso nella
er vendicare la madre. Omero stesso nella sua Necromanzia fa menzione di qualche eroina estinta dalle sue freccio, e la pr
amente il credemnum de’ Greci, ed io rifletto che l’etimologia stessa di quella voce lo insegna. Credemnum non è altro, an
tribuirsi, perchè Clemente Alessandrino dà il credemno per distintivo di Leucotea. Il fondamento di ciò è la favola Omeric
Alessandrino dà il credemno per distintivo di Leucotea. Il fondamento di ciò è la favola Omerica, nella quale si narra che
diva del mare die il suo credemno al naufrago Ulisse perchè gii fosse di scampo. Deducesi da tutto ciò che Ino o Leucotea
in figure virili, e anche barbate, che sono per altro della compagnia di Bacco, per tacere l’immagine di questo nume, che
e, che sono per altro della compagnia di Bacco, per tacere l’immagine di questo nume, che ne hanno cinta la fronte. E dunq
to il credemno un ornato bacchico che si dava a Leucotea come nudrice di Bacco, non così proprio per altro di questa secon
si dava a Leucotea come nudrice di Bacco, non così proprio per altro di questa seconda divinità che non possa attribuirsi
ell’opinione del Winkelmann, dà il credemno ad Andromaca, nuzial dono di Venere; lo dà a Penelope, come abbian sopra notat
lla campagna, era ancora una delle deità della caccia. Spesso in atto di cacciatori veggonsi i Fauni e anche i Centauri, c
ai cacciatori si attribuisce, non si osserva ora che nelle immao’ini di Bacco de’ suoi seguaci. E questo l’ephaptis, che
ndono per lo più una sola mano, si veggono soltanto in qualche figura di Bacco, in alcuni busti di Sileno, uno dei quali i
mano, si veggono soltanto in qualche figura di Bacco, in alcuni busti di Sileno, uno dei quali in bronzo, è presso di me e
i Bacco, in alcuni busti di Sileno, uno dei quali in bronzo, è presso di me e in altre immagini, che pure a simili soggett
donna con corona e abbiggliamento da baccaute. Questo bronzo mi serve di lume per riconoscere Ercole in abito femminile ne
spiegato per Clodio da certi antiquarii. E questi un giovine robusto di capelli ricci, con un collo erculeo, coperto di v
ti un giovine robusto di capelli ricci, con un collo erculeo, coperto di veste muliebre e con una mano nella stessa guisa
tima circostanza indicati nel marmo della Villa Panfili, e nel bronzo di Napoli dalla corona di pampani. « Finalmente se t
ti nel marmo della Villa Panfili, e nel bronzo di Napoli dalla corona di pampani. « Finalmente se taluno vi fosse che amas
pampani. « Finalmente se taluno vi fosse che amasse tanto l’opinione di Winkelmann che volesse assolutamente avere per Le
Agave madre del cacciatore Atteone, e cacciatrice anch’essa e in atto di cacciatrice dipinta una volta da Lesche, a cui sa
i sarebbe stato dato il credemno come ad una Cadmeide, e però germana di Leucotea. Non voglio tralasciare di rilevar la ma
e ad una Cadmeide, e però germana di Leucotea. Non voglio tralasciare di rilevar la materia di questa statua, ch’è un marm
erò germana di Leucotea. Non voglio tralasciare di rilevar la materia di questa statua, ch’è un marmo bianco greco, compos
var la materia di questa statua, ch’è un marmo bianco greco, composto di vari strati, detto volgarmente Cipolla. In questo
na. Tale appunto la veggiamo in tante greche medaglie particolarmente di Mitilene, e tanto simile è quella figura alla pre
da un medesimo originale. Sarà stata questa qualche eccellente opera di rinomati artefici, della quale non vi è restata n
è restata negli scrittori memoria. Ha questa bella statua una specie di stivaletti, ch’erano i coturni venatorii degli an
ni venatorii degli antichi, de’ quali doveva esser calzata l’immagine di Diana che le promette in voto il virgiliano Micen
a che le promette in voto il virgiliano Micene in que’ versi: « Tutta di levigato marmo starai con roseo coturno avvinte l
, allorché dice ch’ ella desiderava d’esser ministra della luce, « E di portar la tunica succinta Sino al ginocchio, e
diti han creduto che il portar alle spalle il turcasso sìa distintivo di questa dea, ma i monumenti li contradicono. Delle
e segnatamente Atalanta nel bel bassorilievo Borghesiano della morte di Meleagro. Fu trovata la presente statua negli ort
lle arti favorevole. La nicchia dove era collocata vedevasi rivestita di alabastri, e l’abside n’era messo a musaico. »
ar felice; il fato Soceri t’accordò Venere e Marte; La prole aggiungi di cotanta moglie, Figli e figlie, nipoti, amabil pe
ir beato Anzi l’ultimo dì si vieta all’uomo. Tu primiera cagion fosti di pianto, misero Atteon, mutato in cervo Con non tu
a, e voi, cani feroci. Ch’il sangue saziò del signor vostro. Colpa fu di fortuna, e non delitto: Ahi qual può nell’error e
delitto: Ahi qual può nell’error esser delitto: Sorgeva un monte che di varie belve Macchiò la strage: il sole in mezzo a
etto i suoi compagni, Che gian pei boschi con error diverso: Compagni di fatica, ei dice, assai Reti e ferro macchiò di be
rror diverso: Compagni di fatica, ei dice, assai Reti e ferro macchiò di belve il sangue Nel fortunato dì; quando l’aurora
iorno sul rosato carro Ricondurranne, alla proposta caccia Torneremo di nuovo. Apre la terra Di Febo il raggio, e lo star
a succinta. Antro selvoso Cupo vaneggia nel recesso estremo: Arte par di natura, e qui fìngea L’imitatrice sua col proprio
e con Seca: coU’usato umore Mentre si terge la Titania dea. Il nipote di Cadmo al bosco arriva Per ignoto sentier con pass
so Fiammeggia, o come è dell’Aurora il volto Quando le briglie sparse di rugiada Le presentano l’Ore, e invan la chiama Il
nza velo Mi vedesti se il puoi: — nè più minaccia. Giunge alla fronte di vivace cervo Le corna, il collo gli prolunga, acu
ili gambe Muta i piedi e le braccia, e il bianco corpo Tutto gli vela di macchiata pelle, E d’ignoto timor gli colma il pe
più del vento, Ileo feroce, E Lelape, e Teronte, Agre che trova Orme di belve con sagaci nari, E mille veltri che è il ri
agaci nari, E mille veltri che è il ridir dimora. La turba, che furor di preda infiamma, Fra rupi e tane, fra scoscesi sas
onoscete il vostro Signore: al suo desio manca la voce: L’aer risuona di latrati; il tergo Melan chete il primier fere coi
suo pianto il suono Non è, nò meno si conviene a cervo. I noti gioghi di querele meste Riempie; a terra le ginocchio inchi
ve atroci Dei feri cani, che immergean la bocca Nel petto, e in forma di fallace cervo Sbranano il signor loro; in molte p
, Metamorf., lib. III. Lezione vigesimaseconda. Gesta e simulacri di Diana. « L’animosa fanciulla in mezzo al terr
lle compagne, ch’avriano con le mani sopraposte agli occhi desiderato di celarsi nel grembo alle loro genitrici, cosi diss
— Su via, fabbricatemi un arco Cidonio (così dicevasi da Cidone città di Creta, celebre per questo genere di armi), le fre
io (così dicevasi da Cidone città di Creta, celebre per questo genere di armi), le freccie, la faretra: io sono figlia di
re per questo genere di armi), le freccie, la faretra: io sono figlia di Latona come Apollo: che s’io prenderò in caccia q
rmi, in men ch’il dico, le compirono i Ciclopi. Vola armata alla casa di Pane in Arcadia, e quel nume barbuto le fé’ dono
armata alla casa di Pane in Arcadia, e quel nume barbuto le fé’ dono di cinque cani capaci di strascinare per la pelle gl
ane in Arcadia, e quel nume barbuto le fé’ dono di cinque cani capaci di strascinare per la pelle gli stessi leoni, e di a
di cinque cani capaci di strascinare per la pelle gli stessi leoni, e di altrettante cagnoletto credute prestissime a segu
restissime a seguire i cavrioli, le lepri, ed a guidare sulla traccia di qualunque animale. Di qui partita trovò sulla vet
. Stupefatta così disse al suo core: — Questa prima caccia sarà degna di me. — Di cinque, quattro ne prese senza il corso
ce. Una fiigoita sul fiume Celadone ricevè il masso Cerineo per voler di Giunone, acciocché fosse d’Ercole l’ultima impres
hé fosse d’Ercole l’ultima impresa. « Tu, virginea Diana, ucciditrice di Tizio, cui un avoltoio divora il core rinascente,
le cerve. Dove queste ti condussero per la prima volta? Sul monte Emo di Tracia, ove il turbine di Borea i mortali con gra
ondussero per la prima volta? Sul monte Emo di Tracia, ove il turbine di Borea i mortali con grave gelo flagella. Qui da u
una belva, la quarta scoccasti le infallibili saette sopra una città di scelerati, che contro i suoi, contro gli stranier
io sia quegli; abbia sempre a cuore il canto in cui si odano le nozze di Latona, e tu molto regni con Apollo, e di tutte l
to in cui si odano le nozze di Latona, e tu molto regni con Apollo, e di tutte l’imprese tue si favelli, dei cani, degli a
, dei cocchi, che leggermente ti trasportano quando vai verso la sede di Giove. Qui gl’immortali incontro ti si fanno nel
ti gli Dei, e specialmente la stessa suocera Giunone quando ti prende di sul cocchio un toro assai grande, o per un pie di
ne quando ti prende di sul cocchio un toro assai grande, o per un pie di dietro smisurato palpitante cignale, e quindi con
: lascia pascere sui monti le capre selvaggie e le lepri: e che fanno di male? ma i cignali offendono i seminati, e i bovi
o, e recano loro il trifoglio facile a nascere, che mietono dai prati di Giunone, e che pascon i destrieri di Giove. Tu va
a nascere, che mietono dai prati di Giunone, e che pascon i destrieri di Giove. Tu vai, diva, intanto nella casa paterna,
anti. Dolica, una delle Cicladi, fra l’isole ti fu la più cara; Perga di Panfilia tra le città; Taigeto fra le montagne; E
to fra le montagne; Euripo fra i porti. La ninfa Gortinia ucciditrice di cervi amasti sopra le altre; Britomarte certa sae
ice di cervi amasti sopra le altre; Britomarte certa saettatrice, del di cui amore preso Minosse errò pei monti di Creta.
arte certa saettatrice, del di cui amore preso Minosse errò pei monti di Creta. La ninfa or sotto querci irsute si nascond
ssò mai finche avendola quasi afferrata ella si precipitò dalla punta di una montagna nel mare, e quivi balzata nelle reti
eressero altari, vi fanno sacrifizii, e in quel giorno la ghirlanda è di pino, giunco; ma si vieta il cingersi di mirto, p
n quel giorno la ghirlanda è di pino, giunco; ma si vieta il cingersi di mirto, perchè un ramo di quest’albero si attaccò
a è di pino, giunco; ma si vieta il cingersi di mirto, perchè un ramo di quest’albero si attaccò al velo della donzella me
ora Cirene, cui desti due cani da caccia, e la bionda Procri consorte di Cefalo Peionide amato dall’Aurora. Dicono ancora
cani. La lodano quelli che furono chiamati per la caccia del cignale di Calidone: infatti i segni della vittoria vennero
arla nell’inferno: che non mentirebbero le loro viscere, che sparsero di sangue la Menalia montagna. « O Diana, tu hai mol
ittà: tu abiti Mileto, che fondò sotto i tuoi auspici Neleo figliuolo di Codro, il quale dalla terra di Cecrope sciolse le
ò sotto i tuoi auspici Neleo figliuolo di Codro, il quale dalla terra di Cecrope sciolse le navi. Agamennone pose nel tuo
tari, toccarono in sorte pugne infelici: nè vi sia alcuno che ardisca di contrastarle l’arte di ferir cervi, che premio do
e pugne infelici: nè vi sia alcuno che ardisca di contrastarle l’arte di ferir cervi, che premio doloroso di questo vanto
he ardisca di contrastarle l’arte di ferir cervi, che premio doloroso di questo vanto riportò Agamennone sulle rive dell’E
ambirono le tue nozze. Non ricusate la solenne danza annuale in onore di lei; che questo rifiuto costò lacrime a Ippona. »
rifiuto costò lacrime a Ippona. » Fin qui Callimaco vi ha raccontate di questa di vinità le geste più illustri. Ora convi
stò lacrime a Ippona. » Fin qui Callimaco vi ha raccontate di questa di vinità le geste più illustri. Ora conviene parlar
el Museo d’Ercolano, così Winkelmann si esprime, sta in atteggiamento di andare come lo sono per lo più le figure di quest
ime, sta in atteggiamento di andare come lo sono per lo più le figure di questa divinità. Gli angoli della bocca sono un p
coli ricci, e lateralmente le scendono in lunghe treccie sugli omeri: di dietro sono legati a molta distanza dalla testa,
compresse, viene nell’orlo esteriore circondato da una stretta fascia di color d’oro, sopra alla quale sta immediatamente
lor d’oro, sopra alla quale sta immediatamente altra fascia più larga di color rossigno, sparsa di fiori bianchi per indic
e sta immediatamente altra fascia più larga di color rossigno, sparsa di fiori bianchi per indicare il ricamo: nella stess
a, che dalla spalla destra viene a passare sulla mammella sinistra, e di tal colore sono pure i lacci dei calzari. Stava q
ono pure i lacci dei calzari. Stava questa statua in un piccol tempio di una villa, che apparteneva alla sepolta città di
in un piccol tempio di una villa, che apparteneva alla sepolta città di Pompeia. « Generalmente Diana più che ogni altra
aggiori ha la figura e le sembianze d’una vergine, eh’ essendo dotata di tutte l’attrattive del suo sesso, sembra ignorarl
appunto si conviene ad una dea, che per lo più rappresentasi in atto di correre; cioè diretto orizzontalmente in guisa ch
ti. I suoi capelli sono d’ogni intorno della testa ripiegati in su, e di dietro alla maniera delle fanciulle legati sopra
rale, eh’ è nella casa Accoramboni, ove è rappresentato il sacrifizio di Oreste e di Pilade, si vede Diana Taurica che tie
nella casa Accoramboni, ove è rappresentato il sacrifizio di Oreste e di Pilade, si vede Diana Taurica che tiene un ferro
e un ferro nel fodero per indicare i sacrifizi umani; e il soprannome di questa deità vi è indicato per una testa di toro
zi umani; e il soprannome di questa deità vi è indicato per una testa di toro scorticato, sospesa ad un albero che ad essa
to, sospesa ad un albero che ad essa è vicino. « La sola antica testa di Diana,’sulla quale la mezza luna si sia conservat
,’sulla quale la mezza luna si sia conservata, appartiene alla figura di questa dea eh’ è nella Villa Borghese in Roma. Le
uesta dea eh’ è nella Villa Borghese in Roma. Le sue Oreadi, o ninfe, di cui Obi è la più conosciuta, hanno delle lunghe a
eadi, o ninfe, di cui Obi è la più conosciuta, hanno delle lunghe ali di aquila, come le aveva la dea nella famosa arca di
no delle lunghe ali di aquila, come le aveva la dea nella famosa arca di Cipselo. Sopra un’urna eh’ è nel Campidoglio, e s
lla Villa Borghese, queste ninfe tengono i cavalli attaccati al carro di Diana, quando discende per dare un bacio a Endimi
si vede in niun luogo le Oreadi col turcasso. Nel numero delle ninfe di Diana si trovano ancora le Driadi, vale a dire le
ire le custodi delle foreste, e sopra tutto delle querce. Una pittura di Ercolano ci rappresenta una Driade, di cui la par
utto delle querce. Una pittura di Ercolano ci rappresenta una Driade, di cui la parte inferiore è formata di foglie, e che
colano ci rappresenta una Driade, di cui la parte inferiore è formata di foglie, e che tiene un’ asce nelle sue mani: la p
queste si chiamava Figalia. » Non solamente le donne seguaci furono di Diana, ma fra gli uo’mini ancora vi ebbe chi imit
gli studii. Giova rammentare fra molti Ippolito, emulo della castità di questa dea, tanto da meritare l’ira di Venere, cu
Ippolito, emulo della castità di questa dea, tanto da meritare l’ira di Venere, cui soddisfece l’amore della delusa matri
, cui soddisfece l’amore della delusa matrigna. Diana, nella tragedia di Euripide intitolata l’ Ippolito coronato, introdo
creduto potere aggiungere a questa Lezione la descrizione della morte di Ippolito, la quale ho tra ciotta da Racine, che n
zze derivate dal nominato tragico greco. Morte d’ Ippolito. Lasciata di Trezene avea la porta Ippolito: facea corona al c
: facea corona al cocchio Schiera ch’imita il suo silenzio, e gara Ha di mestizia col signor, che segue Pensoso il calle M
spuma è rosso il morso. Fama è che un nume nel tumulto orrendo Pungea di sproni il polveroso fianco Ai corridori fra l’acu
a: terror la voce Accresce a loro: una ferita sola Son le sue membra: di querele e gridi Risuona il piano. Si rallenta alf
dre. Racine, Fedra, Atto v. Sc. 6. Lezione vigesimaterza. Tempio di Diana in Efeso. Quando nelle prime Lezioni, br
ppresso, poiché, secondo Plinio, tutta 1’ Asia concorse per lo spazio di dugento ventanni, o come dice altrove, di quattro
Asia concorse per lo spazio di dugento ventanni, o come dice altrove, di quattrocento, cfd ornarlo, ad abbellirlo. Asseris
i. Ma Pausania dice che a questo gran poeta non era nota 1’ antichità di questo tempio mentre le stesse Amazzoni vennero d
vennero dalle rive del Termodonte per sacrificare a Diana Efesina nel di lei tempio, del quale avevano cognizione; e ciò p
alche tempo prima disfatte da Ercole, e precedentemente da Bacco, nel di lei tempio si erano rifugiate. Ci vien riferito d
n una nicchia scavata in un olmo, in cui apparentemente era la statua di Diana. Quello del quale io parlo era meno antico.
del quale io parlo era meno antico. Ecco la descrizione che fa Plinio di questa magnifica mole. « Fu fabbricato questo, t
ure, che alcune volte nella terra si fanno; ed affinchè le fondamenta di un sì pesante edifizio avessero della sodezza in
inzuppato d’acqua, vi posero del carbone pestato, e sopra esso pelli di montone colla lor lana. Aveva (Questo tempio, con
lor lana. Aveva (Questo tempio, continua lo stesso autore, 425 piedi di lunghezza e 200 di larghezza: le 127 colonne che
uesto tempio, continua lo stesso autore, 425 piedi di lunghezza e 200 di larghezza: le 127 colonne che sostenevano Tedifiz
e sostenevano Tedifizio sono state donate da altrettanti re, ed erano di 60 piedi alte. Fra queste colonne ve n’eran 36 be
. Fra queste colonne ve n’eran 36 ben lavorate collo scalpello, e una di mano del celebre Scopa. L’architetto che condusse
one, ed è cosa mirabile che siansi potuti mettere in opera architravi di sì gran peso. L’artificio di cui servissi questo
iansi potuti mettere in opera architravi di sì gran peso. L’artificio di cui servissi questo valente artefice per ve nirne
golare. Distese sulla sommità delle colonne certi gran sacchi ripieni di rena: poi lasciando scorrere leggermente questa s
loro posto. Chersifrone ebbe maggior difficoltà a collocar una pietra di maggior mole sopra la porta del tempio. » Creder
qual maniera era riuscito a situare questa enorme macchina: ma invece di questo riferisce freddamente e con serietà una vi
i dovea collocare. Si potrà ben credere che il tetto del tempio fosse di tavole di cedro, conforme avverte lo stesso autor
llocare. Si potrà ben credere che il tetto del tempio fosse di tavole di cedro, conforme avverte lo stesso autore; ma non
cui salivasi sino alla cima del tetto e ch’era fatta d’un solo tronco di vite, quantunque nei terreni dell’Asia ingrossi e
grande e magnifica. Altri architetti vi travagliarono, e ben 220 anni di tempo ci vollero prima che fosse interamente comp
ci vollero prima che fosse interamente compita. Dovevano le ricchezze di questo tempio essere immense, giacche tanti re co
ti re contribuirono ad abbellirlo: nò in Asia vi era cosa piìi famosa di questo edificio, non tanto per la divozione, quan
questo edificio, non tanto per la divozione, quanto pel gran concorso di gente che portavasi ad Efeso. Quel che racconta S
so. Quel che racconta San Paolo della sedizione tramata dagli orefici di questa città, che tiravano il loro sostentamento
ittà, che tiravano il loro sostentamento nel formar piccole statuette di Diana in argento, può ben provare la celebrità de
statuette di Diana in argento, può ben provare la celebrità del culto di quella dea. Sembra peraltro che la descrizione fa
Dinocrate, o, secondo Plinio, Dinocare, ristesse che disegnò la città di Alessandria, e che del monte Atos voleva fare una
Quest’ultimo, che fu veduto da Strabene, era altrettanto vago e pieno di ricchezze quanto era il primo, e vi si vedevano l
si vedevano l’opere dei più famosi scultori. Era quasi tutto l’altare di mano di Prassitele. Parla Senofonte di una statua
ano l’opere dei più famosi scultori. Era quasi tutto l’altare di mano di Prassitele. Parla Senofonte di una statua d’oro m
tori. Era quasi tutto l’altare di mano di Prassitele. Parla Senofonte di una statua d’oro massiccio, della quale Erodoto,
ico era dipterico, vale a dire tutto ai lati circondato da due ordini di colonne in forma di un doppio portico, che aveva
ale a dire tutto ai lati circondato da due ordini di colonne in forma di un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghe
ordini di colonne in forma di un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghezza, più di 36 di larghezza, e che vi si co
in forma di un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghezza, più di 36 di larghezza, e che vi si contavano 127 colonn
ma di un doppio portico, che aveva 71 pertica di lunghezza, più di 36 di larghezza, e che vi si contavano 127 colonne tilt
di all’intorno. Mitridate l’aveva limitato per quanto portava un tiro di freccia. Marcantonio raddoppiò questo spazio; ma
spazio; ma Tiberio per evitare gli abusi che commettevansi col favore di tali privilegi, abolì quest’asilo. Non troviamo i
col favore di tali privilegi, abolì quest’asilo. Non troviamo in oggi di un così celebre edifizio che alcune ruine, delle
io che alcune ruine, delle quali può vedersi la relazione nel viaggio di Spencer. Le medaglie ci rappresentano spesso ques
Le medaglie ci rappresentano spesso questo questo tempio colla figura di Diana: ma il frontespizio, nel breve spazio che h
igura di Diana: ma il frontespizio, nel breve spazio che ha tal sorta di monumenti, non è adornato che di sole otto colonn
o, nel breve spazio che ha tal sorta di monumenti, non è adornato che di sole otto colonne, qualche volta di sei, di quatt
di monumenti, non è adornato che di sole otto colonne, qualche volta di sei, di quattro, o solamente di due. Darò compime
menti, non è adornato che di sole otto colonne, qualche volta di sei, di quattro, o solamente di due. Darò compimento alla
e di sole otto colonne, qualche volta di sei, di quattro, o solamente di due. Darò compimento alla presente Lezione ricord
te di due. Darò compimento alla presente Lezione ricordando la Caccia di Meleagro, e le sventure e i delitti onde venne ac
delitti onde venne accompagnata, e che ho tradotto da Ovidio. Caccia di Meleagro. Dedalo stanco nella terra etnea Stava,
oni, vario onor d’incensi. Per l’argive città la fama errante Spargea di Teseo il nome, e quei che chiude L’Achea ferace a
rutti, Biade a Cerer libasse, e vino a Bacco, A Pallade l’umor biondo di olivo, Onde a tutti gli Dei giunse l’onore Ambizi
ittà sicura appena, Finché desio d’onore arse nel petto A Meleagro, e di compagni illustri A schiera eletta. Vi è la doppi
nave primiera; evvi Teseo, Piritoo d’amistade unica fede, I due figli di Testi e Linceo, il fero Leucippo, e per saette in
ciulla pueril potresti Dirlo, e virgineo in giovinetto. Appena L’eroe di Calidon la vide, ed arse, E felice, esclamò, colu
glie i cani, e segue L’orme dei piedi nell’arena impresse, E ha desio di trovare il suo periglio. Vi era concava valle, ov
e piogge unisce. Qui violento i suoi nemici incontra Il cinghial, più di folgore veloce, Che vien da nube che squarciata t
consiglier canuto Se, sull’afRssa asta librato, i rami Non afferrava di vicina querce Ove mirò sicuro il suo nemico, Che
unco rostro D’Otriade, ch’ai recenti anni si fida, L’anche divora. Ma di Leda i figli, Non stelle ancora eh’ il nocchiero
iò l’orecchia: il sangue Sul nero vello rosseggiò: più lieto Meleagro di lei fu certo: il primo Il sangue vide, e l’addita
or temerario. — Ai detti aggiunse Strale potente del seguace voto, Ma di pioppo s’oppon frondoso ramo. Yibra un dardo Gias
ergo del fidato cane. Che si volge al signore e muor latrando. La man di Meleagro ebbe diverso Fato: in terra la prima ast
o irrita Il suo nemico, e nell’avverso fianco Nasconde il dardo. Ecco di plauso un grido Le gioie attesta dei compagni: e
imposto piede Schiaccia il capo fatale e dice: A parte Vieni Atalanta di mia gloria, e prendi Questa spoglia mio dritto: e
nefando colpo Il sicuro Plexippe uccide. Incerto Fra vendetta e timor di fato eguale Stava il fratello: i suoi dubbi inter
utor della recente morte Noto le fu, lascia il dolore, e muta In amor di vendetta il vano pianto. Eravi un ramo, che le tr
uno all’altra Dubbia ubbidisce: così Testia ondeggia In gran tempesta di contrarli affetti. Or depon l’ira, or la nutrisce
Sentite: abbiate per le tombe un dono, Un dono grande, il figlio mio, di questo Percosso petto scelerato pegno. Ahimè, dov
deggio? Dei fratelli mi stanno innanzi agli occhi Ancor le piaghe, e di cotanta strage Immagine maggiore: or mi percote,
di cotanta strage Immagine maggiore: or mi percote, O figlio, il core di pietà materna. Lassa! vincete, e mal vincete, o m
Lassa! vincete, e mal vincete, o miei Fratelli: ecco vendetta, ombre di sangue, E poi vi seguirò. — Disse; e col volto Ri
tode della muta polve Si stringe, il nome sulla tomba impresso Bagnan di nuovo pianto. Alfìn Diana Per tanto lutto impieto
Metamorf., lib. viii. Lezione vigesimaquarta. Dei nomi più famosi di Diana. Diana, onde non esser minore del fratel
rchè non altro che questo astro reputavasi, come dal consenso risulta di tutti i poeti. E favoleggiano che per Endimione p
lla finzione diede forse Endimione perchè primo ad osservare il corso di questo pianeta, norma alle pastorali fatiche. Dav
da un cavallo bianco e da un nero, ovvero da bovi. Per testimonianza di Festo, anche il mulo univasi al carro della diva.
e fu da molti reputata lo stesso che Diana e la Luna. Non è qui luogo di discutere 1’ origine di questa opinione. Osserver
o stesso che Diana e la Luna. Non è qui luogo di discutere 1’ origine di questa opinione. Osserverò solamente che secondo
conservata l’antica semplicità delle favole, questa prima era figlia di Asteria, sorella di Latona e moglie di Perseo. Ti
semplicità delle favole, questa prima era figlia di Asteria, sorella di Latona e moglie di Perseo. Titania fu cognominata
avole, questa prima era figlia di Asteria, sorella di Latona e moglie di Perseo. Titania fu cognominata Diana, perchè da u
disse dall’ amor della castità, o più propabilmente da Partenio monte di Arcadia, atto alla caccia, occupazione favorita d
da Partenio monte di Arcadia, atto alla caccia, occupazione favorita di questa dea. Lucifera, o Portaluce cognominavasi,
sta dea. Lucifera, o Portaluce cognominavasi, e nei Monumenti Inediti di Winkelmann per ciò espressa si vede colla face e
azione dei fanciulli fino all’effusione del sangue. Gli altri cognomi di questa divinità hanno relazione ai luoghi, ove le
si attributi che stimavano spettarle. Quanto al simulacro ed al culto di Diana Efesina v’ instruirà Visconti nella seguent
ce ne giunge nuova la rappresentanza, altro non faremo che considerar di passaggio il rapporto de’ moltiplici attributi de
^etto. A ragione si è lamentato Gronovio degli antiquarii, che invece di spiegare tutti que’ simboli coll’arcana teologia
a la dea degli Efesii. Quantunque non siamo stati iniziati ai misteri di questo nume, possiamo pure da un solo passo di Sa
ti iniziati ai misteri di questo nume, possiamo pure da un solo passo di San Girolamo indovinare il sistema dei Gentili ri
Così si esprime quel dottissimo Padre ne’ suoi commenti all’Epistola di San Paolo agli Efesini: — Diana con molte mammell
c) affinchè con quella effìgie ancora mentissero esser lei la nutrice di tutte le bestie e di tutti i viventi. — Tanto bas
a effìgie ancora mentissero esser lei la nutrice di tutte le bestie e di tutti i viventi. — Tanto basta per poter riguarda
ella terra medesima confusa colla natura stessa per essere la nudrice di quanto quaggiù vediamo. « Su questo principio and
iamo. « Su questo principio andremo spiegando tutto quel che ci offre di misterioso questa bizzarra figura. Incominciando
l’antichità del simulacro. Siccome ne’ vetusti tempi i sassi in forma di mete, di piramidi, di colonne furono per divinità
tà del simulacro. Siccome ne’ vetusti tempi i sassi in forma di mete, di piramidi, di colonne furono per divinità venerati
cro. Siccome ne’ vetusti tempi i sassi in forma di mete, di piramidi, di colonne furono per divinità venerati, così nella
venerati, così nella forma della nostra figura ravvisiamo le traccie di simili rozzi idoli, a’ quali si andò a poco a poc
e sulle arti della Grecia e dell’Asia qualche influenza, non dubiterò di ravvisarvi lo stile egiziano di rappresentare com
’Asia qualche influenza, non dubiterò di ravvisarvi lo stile egiziano di rappresentare come fasciate le loro immagini, che
ummie trarre 1’ origine. Questo rozzo corpo del simulacro è stato poi di varii emblemi arricchito, che tutti han relazione
arie fasce che la circondano, dove hanno alcuni travedute, o le vitte di Cerere, o i circoli, e fin le stesse fasi lunari.
vitte di Cerere, o i circoli, e fin le stesse fasi lunari. « Siccome di legno era quest’idolo vetustissimo, il rozzo arte
mili agli spiedi, armi da caccia, e così confacenti a Diana. Un luogo di Minucio Felice l’attesta, che, guasto da’ critici
Questa descrizione vien confermata da tutte le antiche medaglie, che di simili sostegni fornita ce la presentano. Siccome
onservarci simile particolarità. La testa della nostra Diana coronata di torri si assomiglia in ciò a quella della Cibele
sco lunare, come lo è sovente nelle antichità dell’ Egitto, e il nome di (grec), o lunette, che avevano presso i Greci sim
ità per tal congettura. « Essendo tutto il simulacro della dea ornato di figure di animali, tutti prodotti da lei e nutric
l congettura. « Essendo tutto il simulacro della dea ornato di figure di animali, tutti prodotti da lei e nutricati, non è
guarnire sino il suo nimbo: quelli però su d’esso effigiati, forniti di ali, e perciò collocati nella parte più sublime,
si veggono sulle spalle e sulle braccia della dea: ma quello che v’è di più osservabile è il suo petto e la sua collana.
boli della propas^azione e della fecondità. La seconda scende a guisa di luna crescente, ed è tutta tramezzata da ghiande,
di luna crescente, ed è tutta tramezzata da ghiande, sotto un festone di varie frutta, denotanti il più antico cibo degli
ivamente sullo Zodiaco, e così alate appunto, e come ninfe, o seguaci di Diana, o della Luna, rappresentate ne’ bassi rili
Endimione. Ne’ vani delle fasce è tutta coperta la statua al dinanzi di mezze figure d’ animali, capri, tori, grifi e sim
di mezze figure d’ animali, capri, tori, grifi e simili; dai fianchi, di fiori e d’api; e sulla sommità, di due mezze figu
tori, grifi e simili; dai fianchi, di fiori e d’api; e sulla sommità, di due mezze figure femminili nude ed alate. Si scor
lla immaginazione. Io per me credo che le lor gambe dovrebbero essere di volatile in corrispondenza delle ali, e che quest
n alcuni rami che sono nel Tesoro Gronoviano uniti alla dissertazione di Menestrier rappresentanti questa Diana medesima.
alcuni scrittori, che iianno rappresentato questi uccelli come mostri di sembianze feminee: ma siccome nella maggior parte
empre più credibile che sien sirene. « Enumerati così i varii simboli di questa immagine misteriosa, e conosciuto che abbi
emblemi della natura, altro non ci resta a notare, senonchè le statue di Diana in tal guisa espresse, sono una prova di qu
re, senonchè le statue di Diana in tal guisa espresse, sono una prova di quanto fosse divulgata ancora per l’Italia e per
a e per Roma questa asiatica religione, conformemente a quelle parole di un certo Demetrio, che leggiamo negli Atti degli
ento dei tempietti della dea con una certa somiglianza al gran tempio di Efeso, una delle maraviglie del mondo, anzi la pi
Efeso, una delle maraviglie del mondo, anzi la più stupenda, al dire di parecchi autori; costui mosse a tumulto la moltit
e, perchè le dottrine evangeliche predicate da San Paolo aveano fatto di molto decrescere lo spaccio di queste sue opere.
he predicate da San Paolo aveano fatto di molto decrescere lo spaccio di queste sue opere. Una somiglianza di quel gran te
o di molto decrescere lo spaccio di queste sue opere. Una somiglianza di quel gran tempio, o piuttosto del sacello della d
n piccolo, lavorata in oro dagli antichi, e sta rinchiusa nel castone di un anello, la cui gemma trasparente, eh’ era una
endeva. Si vedono in questo lavoro come tre porte, delle quali quella di mezzo è la maggiore. Si erge sopra di questa la m
e tre porte, delle quali quella di mezzo è la maggiore. Si erge sopra di questa la mezza luna, simbolo di Diana, e il suo
i mezzo è la maggiore. Si erge sopra di questa la mezza luna, simbolo di Diana, e il suo simulacro, che dovea esservi in a
gli corrispondeva. Nelle porte laterali si vedono due candelabri: al di sopra sembrano collocati due vasi, e al di sotto
vedono due candelabri: al di sopra sembrano collocati due vasi, e al di sotto due volatili con alcune piccole perle. Una
i con alcune piccole perle. Una sì rara antichità mi è sembrata degna di una sì minuta descrizione, e perchè illustra il c
oni, che ora si è smarrita, e che certameute alludeva alla fondazione di quel gran tempio, alle Amazoni attribuita da pare
Amazoni attribuita da parecchi scrittori. » Illustre fra le compagne di Diana fu Calisto, ed è prezzo dell’opera riportar
gne di Diana fu Calisto, ed è prezzo dell’opera riportar le avventure di questa infelice, che Giove sedusse, mentre s’aggi
rava sulla terra bisognosa de’ suoi uffìcii pei danni dall’ ardimento di Fetonte prodotti. Uditene il racconto da Ovidio c
Or nelle mani ha l’arco, Or le saette: e può vera chiamarsi Guerriera di Diana: a lei più cara Non fu veruna fra l’eletta
se noto ancora Le fosse, vale, sì, vale una lite Quel volto: e ratto di Diana il manto E le sembianze veste, e dice: ninf
nco Dal riposo dell’erba alza la ninfa Dicendo: Salve, o dea, maggior di Giove, Giudice me. L’ascolta il nume, e ride, E c
on dà fanciulla, Sopra la bocca alla risposta pronta Stampa. La ninfa di un color di rosa Tinge la faccia, ed i mutati amp
lla, Sopra la bocca alla risposta pronta Stampa. La ninfa di un color di rosa Tinge la faccia, ed i mutati amplessi, E sen
a, Va lungi, e non macchiar 1’ onde scerete. — Sapea la maritai colpa di Giove L’alta matrona, e differia la pena, Qual uo
o aspetta. Or d’indugio ragion non v’è; fanciullo Arcade è già (dolor di Giuno): è nato Dalla rivale sua: biechi rivolse G
a Che tu feconda colla prole al mondo La nostra ingiuria e il disonor di Giove Attestassi: ma pena avrai. Le forme, Tuo va
or di Giove Attestassi: ma pena avrai. Le forme, Tuo vanto, e a Giove di peccar cagione, Io ti torrò. - — Disse, e pel cri
ei pie gli uffici adempie. Per vasta bocca ecco deforme il volto Lode di Giove: il favellar l’è tolto. Onde pietà col suo
azioni, alla mala fede degli scrittori, e più ancora a quella mistura di diverse opinioni or popolari or filosolìche, che
odoto, citato da Pausania, lasciò scritto che Minerva dicevasi figlia di Nettuno e della palude Tritonide, e questo favolo
ita della dea. Inventore dell’opinione che vuol Pallade nata dal capo di Giove fu Stesicoro, che volle forse con questo ra
i mortali che la sapienza in Pallade figurata era interamente fisrlia di dio. Luciano, che burlando or insegnò, or perver
è tutta sua, Giove afflitto dai dolori del parto, che non il soccorso di Lucina implora, ma quello di Vulcano, che con acu
ai dolori del parto, che non il soccorso di Lucina implora, ma quello di Vulcano, che con acutissima scure fa gli uffizii
mplora, ma quello di Vulcano, che con acutissima scure fa gli uffizii di levatrice, onde sonora nell’armi balzò dal capo d
dell’ Iliade, non dalla palude Tritonide, ma da Alalcomenio castello di Beozia, Alalcomenia disse Minerva; e questo luogo
ta quindi ne formò l’effìgie, e le pose sul petto quell’arme, cagione di terrore e di morte. Questo simulacro è fama che f
formò l’effìgie, e le pose sul petto quell’arme, cagione di terrore e di morte. Questo simulacro è fama che fosse il celeb
ama che fosse il celebre Palladio che Troia difendeva. Tale discordia di natali e di genitori derivò, secondo Cicerone, da
e il celebre Palladio che Troia difendeva. Tale discordia di natali e di genitori derivò, secondo Cicerone, dalTesserci st
, secondo Cicerone, dalTesserci state cinque Minerve. La prima, madre di Apollo; la seconda nata dal Nilo, e dagli Egizii
a dagli Arcadi Coria, ed inventrice delle quadrighe; la quinta figlia di Pallante ed ucciditrice di lui, perchè tentava di
ventrice delle quadrighe; la quinta figlia di Pallante ed ucciditrice di lui, perchè tentava di violarla. A Pallade genera
e; la quinta figlia di Pallante ed ucciditrice di lui, perchè tentava di violarla. A Pallade generata dal capo di Giove si
trice di lui, perchè tentava di violarla. A Pallade generata dal capo di Giove si attribuiscono tutte le glorie dell’altre
si attribuiscono tutte le glorie dell’altre, e dicono che Teducazione di lei fu subito confidata a Dedale ingegnosissima d
stette per Giove: le armi terribili, il cocchio e le cavalle macchiò di molto sangue, e vogliono alcuni che in tal circos
lle macchiò di molto sangue, e vogliono alcuni che in tal circostanza di Pallade sortisse il cognome, perchè alle fraterne
, e l’asta Avean dall’altra parte incominciati De l’armigera Palla, e di commesso Lo fregiavano a gara. Erano i fregi Nel
mmesso Lo fregiavano a gara. Erano i fregi Nel petto della dea groppi di serpi. Che d’oro avean le scaglie, e cento intric
serpi. Che d’oro avean le scaglie, e cento intrichi Facean guizzando di Medusa intorno Al fiero teschio, che così com’era
» Una deità così terribile dovea dividere con Marte la gloria feroce di presiedere alla guerra; ed infatti Omero, o chi s
a; ed infatti Omero, o chi sia l’autore delllnno a Venere, così parla di Minerva, dicendo che ignote le erano le dolcezze
va, dicendo che ignote le erano le dolcezze dell’amore: « Alla figlia di Giove dagli occhi glauchi piacquero i doni di Mar
ll’amore: « Alla figlia di Giove dagli occhi glauchi piacquero i doni di Marte, le stragi, le guerre, le tenzoni, le pugne
le pugne: insegnò la prima ai mortali fare i cocchi e le rote armate di bronzo. » Gli stessi versi detti Ortrii le si tri
ti animavano nella zuffa. Il celebre Monti cantò le qualità guerriere di Minerva in questi versi: « Alma figlia di Giove
cantò le qualità guerriere di Minerva in questi versi: « Alma figlia di Giove Che alla destra t’assidi Del tuo gran padre
udi, Delle rote il fragor; che la grand’asta Sull’egida battendo empi di lampi Di Maratona i campi E le rupi Erettee: tu c
ro, ovvero al fremente cavallo nato dal tridente del nume, la maniera di edificare una casa. A lei, per testimonianza di T
del nume, la maniera di edificare una casa. A lei, per testimonianza di Teocrito, di Virgilio, di Ovidio, si devono le tr
maniera di edificare una casa. A lei, per testimonianza di Teocrito, di Virgilio, di Ovidio, si devono le trombe, le tibi
dificare una casa. A lei, per testimonianza di Teocrito, di Virgilio, di Ovidio, si devono le trombe, le tibie, i fusi, il
, di Ovidio, si devono le trombe, le tibie, i fusi, il ricamo, l’arte di tessere ogni genere di lanificio, e fino le leggi
le trombe, le tibie, i fusi, il ricamo, l’arte di tessere ogni genere di lanificio, e fino le leggi. Ma per ninno ritrovat
ò maggior fama e riconoscenza dai mortali che pel dono dell’oliva, il di cui albero, al dire di Erodoto, non trovavasi ant
scenza dai mortali che pel dono dell’oliva, il di cui albero, al dire di Erodoto, non trovavasi anticamente che presso gli
rodoto, non trovavasi anticamente che presso gli Ateniesi. La castità di Minerva è posta in dubbio. Senza parlare di Vulca
gli Ateniesi. La castità di Minerva è posta in dubbio. Senza parlare di Vulcano e di Erictoneo, il quale nacque in modo c
. La castità di Minerva è posta in dubbio. Senza parlare di Vulcano e di Erictoneo, il quale nacque in modo ch’è bello il
. Assai delle azioni e degli attributi della dea. Passiamo a trattare di più interessante soggetto, cioè delle maniere nel
i era dagli antichi sentata. Dopo, Visconti v’illustrerà un simulacro di lei nel Museo Capitolino. Pallade è stata rappres
pitolino. Pallade è stata rappresentata con Giunone, allato del trono di Giove, in piedi. La sua figura, vale a dire il Pa
a la civetta, il suo attributo era la cornacchia. Una statua in marmo di grandezza naturale lavorata nel più antico stile
esenta Pallade con la sua egida attaccata al collo con delle strisele di pelle, e gettata sopra il braccio sinistro per se
le strisele di pelle, e gettata sopra il braccio sinistro per servire di difesa, nella stessa maniera che i Greci portavan
, nella stessa maniera che i Greci portavano i loro scudi all’assedio di Troia, perchè a quest’epoca non si era ancora sco
perchè a quest’epoca non si era ancora scoperta la maniera più comoda di porre delle strisce nella parte interiore dello s
o: circostanza che si avrebbe potuto riportare per schiarire un passo di Snida. Nel combattimento si voltava lo scudo in m
dica la sua vittoria sopra Nettuno cagionata dal nome che si trattava di dare ad Atene. Quando ella è col serpente, ella s
o che Gronovio abbia potuto prendere simil figura per Circe. La testa di toro ornata di bende, che si vede da un lato nell
abbia potuto prendere simil figura per Circe. La testa di toro ornata di bende, che si vede da un lato nelle medaglie aten
allade Mecanica, che sopra un basso rilievo presiede alla costruzione di Capua, è egualmente rara. Si è portati a prender
rtati a prender per una trombetta il carcasse che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata di arco e di frecc
per una trombetta il carcasse che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata di arco e di freccia portata sull
il carcasse che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata di arco e di freccia portata sulla spalla, per farne
e che una figura mutilata di una pittura di Ercolano armata di arco e di freccia portata sulla spalla, per farne una Palla
ia portata sulla spalla, per farne una Pallade che avea il soprannome di trombetta. La veste di questa dea è rossa, ed il
, per farne una Pallade che avea il soprannome di trombetta. La veste di questa dea è rossa, ed il manto, o la drapperia c
ente gialla nelle antiche pitture, come le copie dei quadri dai bagni di Tito conservati alla biblioteca del Vaticano lo p
ade è stata riguardata come l’immagine del fuoco etereo. Nel rovescio di una medaglia di Marc’Aurelio si vede Pallade mont
ardata come l’immagine del fuoco etereo. Nel rovescio di una medaglia di Marc’Aurelio si vede Pallade montata sopra una sf
una sfinge, la quale ha, come vi è noto, l’ali d’uccello, gli artigli di leone, il viso e il busto di fanciulla: e Pausani
vi è noto, l’ali d’uccello, gli artigli di leone, il viso e il busto di fanciulla: e Pausania c’insegna che gli Ateniesi
forte e sagace. Gli Etruschi attaccarono ali alle spalle ed ai piedi di Minerva, forse perchè figlia di Pallante, « Pall
taccarono ali alle spalle ed ai piedi di Minerva, forse perchè figlia di Pallante, « Pallade, come Diana (al dire di Wink
rva, forse perchè figlia di Pallante, « Pallade, come Diana (al dire di Winkelmann) ha sempre l’aspetto serio, e par l’im
a sempre l’aspetto serio, e par l’immagine del pudor verginale scevra di ogni debolezza di sesso, in guisa che sembra aver
serio, e par l’immagine del pudor verginale scevra di ogni debolezza di sesso, in guisa che sembra aver domato lo stesso
, in guisa che sembra aver domato lo stesso amoreIndi è che gli occhi di Pallade servono ad ispiegare quel nome che aveano
, che suona lo stesso. Ha gli occhi meglio tondeggianti e meno aperti di Giunone; non solleva la testa orgogliosa, ed ha m
lo sguardo, come chi tranquillamente medita. Tale però non è la testa di Pallade posta per simbolo di Roma, ove qual domin
lamente medita. Tale però non è la testa di Pallade posta per simbolo di Roma, ove qual dominatrice dei regni mostra nell’
gni mostra nell’atteggiamento una franchezza e superiorità da sovrana di quasi tutto il mondo allora conosciuto, ed ha, si
rò osservare che questa dea sulle greche monete d’argento della città di Veha in Lucania, ove ha un elmo alato, tiene bene
ei crini a lei propria ha preso Pallade il soprannome poco conosciuto di (grec); Polluce spiegando questa voce con quest’
a idea: ma probabilmente quest’epiteto indica una maniera particolare di legare le chiome: maniera che ha pur voluto spieg
to, per cui sulla sua chioma biònda giurar si solea. Si trova, sebben di rado, qualche volta Pallade tenente la destra sul
, qual vedesi presso il Giove seduto in cima alla facciata del tempio di questo dio sul basso rilievo del sacrifìcio di Ma
la facciata del tempio di questo dio sul basso rilievo del sacrifìcio di Marc’ Aurelio, e su una medaglia di Adriano nella
sul basso rilievo del sacrifìcio di Marc’ Aurelio, e su una medaglia di Adriano nella biblioteca Vaticana. » Udite adess
isconti nota sopra una statua della dea. « Questo elegante simulacro di Minerva Armata ha segni troppo distinti per ricon
lmo in capo, suo ornamento insieme e sua difesa, onde trasse i titoli di (grec), e (grec), cìoò che ha bella ed aurea cela
ta non respirava che battaglie e stragi. Ha F egida al petto, corazza di Giove, fatta dal cuoio della capra Amaltea, ove è
onfa nel mezzo. Ecco come ce la descrive Omero: « E la tunica messasi di Giove Ammassatore delle nubi, armossi Di forti ar
gonia testa D’un crudel mostro, cruda testa orrenda, Di Giove allievo di capra portento. » « Questo capo fatale ai riguard
a colla lingua fuor della labbra; e così esistono in Roma varie teste di Medusa, e si trova anche nel basso rilievo nell’u
Medusa, e si trova anche nel basso rilievo nell’urna sincrolarissima di porfido nero, ch’è sotto l’aitar maggiore di San
ell’urna sincrolarissima di porfido nero, ch’è sotto l’aitar maggiore di San Nicola in Carcere. Ciò non ostante alcuni ant
in Carcere. Ciò non ostante alcuni antiquari: tanto si son dilettati di misteriose interpretazioni, che in una simile tes
a spoglia istessa del mostro piuttosto che la sua immagine sull’egida di Minerva, lo ricavo da ciò che narra Pausania, che
egida di Minerva, lo ricavo da ciò che narra Pausania, che nel tempio di Minerva Itonia essendo apparsa la dea alla sua sa
gnia più propria che quella delle Belle Arti, e il parto del cervello di Giove che colle figlie di lui e della Memoria. Si
a delle Belle Arti, e il parto del cervello di Giove che colle figlie di lui e della Memoria. Si vedevano perciò queste di
di lui e della Memoria. Si vedevano perciò queste divinità nel tempio di Minerva Alea in Tegea, e molti antichi sarcofagi
hi sarcofagi ce le mostrano a Pallade unite. » Descrizione delle armi di Pallade. « Ma l’altra dea ch’è del gran padre imm
to fiocchi sanguinoso lume: L’Egida cui d’intorno erano accolti Tutti di guerra gli abborriti mostri , Spaventevol corona:
la Rabbia Schiumosa i labbri, ivi la Zuffa e l’Ira Lacere i volti, e di flagello armata La Caccia inseguitrice, e la stri
bil asta Di mura atterratrice, a folgor pari. Domatrice d’eserciti, e di troni Disperditrice, ove di Giove al fianco Lasci
e, a folgor pari. Domatrice d’eserciti, e di troni Disperditrice, ove di Giove al fianco Lascia la Diva, e a noi scende mi
Iliade, Canto V, v. 875 e segg. Lezione vigesimasesta. Dei cognomi di Minerva. Gli attributi delle divinità antiche,
vano sono consegnate ai diversi cognomi, il numero dei quali indicava di un nume la gloria e la possanza. Minerva, dea del
continuamente chiama Minerva dagli occhi glauchi, e per testimonianza di Pausania così ancora effigiavasi, poiché in Atene
l Ceramico vi era un tempio, ove il simulacro della dea era con occhi di questo colore figurato. Pensano alcuni che di ciò
della dea era con occhi di questo colore figurato. Pensano alcuni che di ciò fosse cagione la libica credenza che ascrive
ni che di ciò fosse cagione la libica credenza che ascrive la nascita di Minerva alla palude Tritonide ed a Nettuno, cui p
ognome, e Gellio crede con probabilità maggiore che glauchi gli occhi di Pallade si dicessero perchè tremendi di aspetto,
aggiore che glauchi gli occhi di Pallade si dicessero perchè tremendi di aspetto, e simili a quelli del biondo imperator d
tto, e simili a quelli del biondo imperator delle foreste. Col titolo di Marziale, o Guerriera, fu adorata dagli antichi,
hi, ed ebbe un’ara nell’Areopago che le consacrò Oreste, assoluto pel di lei voto della pena decretata al matricidio, onde
ole, guidato dalle furie paterne, divenne. Gli Ateniesi colle spoglie di Maratona le costrussero un tempio. Ippia, od Eque
più felice della tibia, giacché favoleggiarono che dopo l’invenzione di questa, avendone tentato il suono, si vide nell’a
direte chiamata Minerva da Callimaco nella celebre Elegia sui lavacri di lei, la quale per vostro vantaggio ho tradotta. D
demoni fu cognominata Calcieca, perchè aveva presso loro un simulacro di bronzo, che Gitiade, pure spartano, aveva compost
nzo, che Gitiade, pure spartano, aveva composto. E nella nona regione di Roma antica afferma P. Vittore che fu col titolo
ella nona regione di Roma antica afferma P. Vittore che fu col titolo di Calcidica venerata: anzi è parere di alcuni che c
rma P. Vittore che fu col titolo di Calcidica venerata: anzi è parere di alcuni che consecrato le fosse il tempio ove si a
onsecrato le fosse il tempio ove si adora adesso, vero nume, la Madre di Cristo, e che conserva nonostante coli’ unito ‘co
re di Cristo, e che conserva nonostante coli’ unito ‘convento il nome di Minerva. Minerva fu Ellolide appellata, perchè ne
nome di Minerva. Minerva fu Ellolide appellata, perchè nell’incendio di Corinto presa dai Doriesi, due sorelle, Euritio e
mico nel reo. I Telchini, per origine Cretesi, ma abitanti nell’isola di Cipro, essendo celebri per l’artificio d’imitare
o. Rinomato presso i Danni, antichi popoli della Puglia, fu il tempio di Pallade Achea, dove fama era che si conservassero
pio di Pallade Achea, dove fama era che si conservassero tutte l’armi di Diomede, che dall’opportunità del luogo invitato,
nvitato, scese coi suoi compagni in questo loco, ove, ardendo le navi di lui, le Troiane donne fuggire poterono la servitù
erva col titolo d’ Igiea, o dea della Salute, ebbe statua nella rocca di Atene, che Pericle le pose facendo credere al vol
esta divinità gli si era in sogno manifestata per insegnargli il modo di guarire un artefice insigne, caro alla plebe, che
che era caduto nell’assistere alla costruzione delle porte. Col nome di Vittoria era pure dagli Ateniesi adorata, e il si
Col nome di Vittoria era pure dagli Ateniesi adorata, e il simulacro di lei senza ali teneva un melagrano nella destra, u
. Po liade, Civile, la istessa nazione la disse, onde nelle ‘medaglie di Atene si vede da una parte il tridente, dall’ alt
aglie di Atene si vede da una parte il tridente, dall’ altra la testa di Pallade, perchè col dio del mare divideva di ques
te, dall’ altra la testa di Pallade, perchè col dio del mare divideva di questa città l’impero e la tutela. Nella cittadel
mare divideva di questa città l’impero e la tutela. Nella cittadella di Elide vi era un tem.pio di Minerva col titolo di
ttà l’impero e la tutela. Nella cittadella di Elide vi era un tem.pio di Minerva col titolo di Ergane, così detta perchè p
la. Nella cittadella di Elide vi era un tem.pio di Minerva col titolo di Ergane, così detta perchè presiedeva all’arte del
a lana, della gloria della quale era gelosa, come lo indica la favola di Aracne mutata in ragno per aver voluto contrastar
ta in ragno per aver voluto contrastare alla dea il primato nell’arte di tessere le tele. Il simulacro di lei era d’avorio
astare alla dea il primato nell’arte di tessere le tele. Il simulacro di lei era d’avorio e d’oro, ed opera di Fidia, per
i tessere le tele. Il simulacro di lei era d’avorio e d’oro, ed opera di Fidia, per quello che si credeva. Sul casco della
ferita in una coscia, che dice aver veduta Pausania con una legatura di purpureo colore. Spiega lo stesso il motivo di qu
sania con una legatura di purpureo colore. Spiega lo stesso il motivo di questo modo di rappresentarla, narrando che Teuti
egatura di purpureo colore. Spiega lo stesso il motivo di questo modo di rappresentarla, narrando che Teuti, il quale died
dannata a sterilità eterna. Col tempo i popoli consultarono l’oracolo di Dodona, che loro propose di placare coll’accennat
Col tempo i popoli consultarono l’oracolo di Dodona, che loro propose di placare coll’accennato simulacro Minerva. « L’at
propose di placare coll’accennato simulacro Minerva. « L’attitudine di questa figura (così il Visconti) che tien posato
sse il suo olivo, pianta diletta a Pallade, ed emblema del soprannome di Pacifera. Benché lo stile di questa statua non si
tta a Pallade, ed emblema del soprannome di Pacifera. Benché lo stile di questa statua non sia eccellente, pure ci present
ccellente, pure ci presenta un bell’insieme, e una buona disposizione di panneggiamento sì nella tonaca che nel manto, ed
ggiamento sì nella tonaca che nel manto, ed in oltre ci offre le armi di Pallade in una maniera assai distinta. Chi osserv
guerniscono, cbe ci dà qualche idea come dovesse essere quella famosa di Desilao, ammirata in Atene col nome di Minerva Mu
e dovesse essere quella famosa di Desilao, ammirata in Atene col nome di Minerva Musica, i serpenti di bronzo della di cui
di Desilao, ammirata in Atene col nome di Minerva Musica, i serpenti di bronzo della di cui armatura erano con tanta sott
irata in Atene col nome di Minerva Musica, i serpenti di bronzo della di cui armatura erano con tanta sottigliezza ed arti
con tanta sottigliezza ed artifizio lavorati che risuonavano al sonar di una cetra. Lo scudo finalmente è rotondo, quale d
reci scudo argolico, attribuito dai classici a questa dea. Così parla di questo Polibio: — La parma è forte per la sua str
ì parla di questo Polibio: — La parma è forte per la sua struttura, e di sufficiente grandezza per la difesa, essendo di f
r la sua struttura, e di sufficiente grandezza per la difesa, essendo di figura rotonda, ed avendo il suo diametro di tre
a per la difesa, essendo di figura rotonda, ed avendo il suo diametro di tre piedi. — Non solo la forma, ma anche la grand
riferita descrizione della parma. Che poi tale si fin gesse lo scudo di Pollade apparisce da Plinio, che lo chiama parma
che lo chiama parma al libro xxvi. Gli scudi argolici dei Greci erano di questa maniera, secondo l’osservazione di Winkelm
di argolici dei Greci erano di questa maniera, secondo l’osservazione di Winkelmann (Monumenti antichi inediti, tomo II);
tichi inediti, tomo II); quindi un simile scudo, che cadde dal tempio di Pallade in Argo, nello sposalizio delle figlie di
he cadde dal tempio di Pallade in Argo, nello sposalizio delle figlie di Adrasto, è chiamato da Stazio orbe di bronzo. In
, nello sposalizio delle figlie di Adrasto, è chiamato da Stazio orbe di bronzo. In quello della nostra statua è osservabi
’imbracciatura, detta dai Greci (grec), diversa dal (grec) o striscia di cuoio, per cui si porta van gli scudi in tempi pi
porta van gli scudi in tempi più vetusti appesi al collo. « La statua di Pallade che presentiamo è interessante pel movime
e della vergine guerriera, ed insieme l’etimologia del suo nome greco di Pallade e del latino di Minerva. Se il secondo ha
a, ed insieme l’etimologia del suo nome greco di Pallade e del latino di Minerva. Se il secondo ha avuto l’origine dal fur
asta, colla quale rompe l’ intere squadre d’eroi, contro cui, al dire di Omero, si adira la figlia del forte padre. E se i
dice il poeta, per gli ordini delle battaglie, e in questa attitudine di combattente è rappresentata ancora nelle greche m
, che a lei forse si dava perchè le armature fabbricate in Argo erano di pregio maggiore. Nel centro di questo è figurata,
è le armature fabbricate in Argo erano di pregio maggiore. Nel centro di questo è figurata, anzi è ripetuta l’egida che ha
a guisa d’ammanto si osserva nell’insigne cammeo della santa cappella di Parigi, rappresentante l’apoteosi di x\ugusto. È
igne cammeo della santa cappella di Parigi, rappresentante l’apoteosi di x\ugusto. È da notarsi che rari sono i simulacri
usata questa espressione quasi in altri soggetti fuorché nelle figure di Diana cacciatrice, di Minerva guerreggiante, e di
ne quasi in altri soggetti fuorché nelle figure di Diana cacciatrice, di Minerva guerreggiante, e di Cupido che scocca il
uorché nelle figure di Diana cacciatrice, di Minerva guerreggiante, e di Cupido che scocca il dardo. M’era caduto in pensi
ido che scocca il dardo. M’era caduto in pensiero se questi simulacri di una guerriera tanto espressivi non si avessero pi
gettura, tanto piiì che l’attitudine minacciosa, all’idea che avevano di Minerva i Gentili ed ai nomi che le dierono ben c
inerva i Gentili ed ai nomi che le dierono ben corrisponde. La statua di scalpello -infelice non ci conserva che il bel mo
che distingue al primo sguardo questa maestosa figura, é stato motivo di attribuirla a Minerva, e di risarcirla con altri
do questa maestosa figura, é stato motivo di attribuirla a Minerva, e di risarcirla con altri simboli proprii di questa de
o di attribuirla a Minerva, e di risarcirla con altri simboli proprii di questa dea del valore e del sapere. Non è già che
in qualche rara statua femminile si osservano, ed esser propriamente di quel genere che paludamento appellavasi ed insign
greci le clamidi virili, regie e militari, e quale appunto era quella di cui Minerva medesima volle adorno Giasone, poiché
pagno nel lavoro della nave d’Argo. Osservando attentamente le pieghe di questo nobile panneggiamento appariscono queste s
la dea si suppone armato, la quale coi rilievi dei suoi orli guerniti di serpi sospenda così il sovrapjosto paludamento: n
damento: nè al certo altra cagione saprei immaginare per un tal getto di pieghe, forse vero, ma sicuramente non imitabile.
itabile. « Sono diverse negli antichi monumenti le immagini della dea di Atene coperta del paludamento della guisa stessa
a che la nostra è rappresentata: fra l’altre così vestita è l’effigie di lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il g
è rappresentata: fra l’altre così vestita è l’effigie di lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio di Orest
tata: fra l’altre così vestita è l’effigie di lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio di Oreste, e nel ba
l’effigie di lei nel vaso di argento di Zopiro esprimente il giudicio di Oreste, e nel bassorilievo simile del Palazzo Giu
poi in tali monumenti, ove Pallade si mostra paludata, non è in atto di guerra, non si è stimato improprio aggiungere all
ce le si è fatto reggere colla destra, come lo regge nel bassorilievo di un’ ara Capitolina, ed in una mezza figura singol
a ch’ò nella Villa Ludovisi. Nella sinistra le si è collocato il ramo di ulivo, nato, secondo la favola, presso la rocca d
collocato il ramo di ulivo, nato, secondo la favola, presso la rocca di Atene per suo volere; è simbolo di Minerva quando
secondo la favola, presso la rocca di Atene per suo volere; è simbolo di Minerva quando ha il titolo di Pacifera, e viene
cca di Atene per suo volere; è simbolo di Minerva quando ha il titolo di Pacifera, e viene considerata come dea tutelare d
li’ anno le vergini Argive con solenni cerimonie portare il simulacro di Pallade, ed unitamente collo scudo di Diomede bag
cerimonie portare il simulacro di Pallade, ed unitamente collo scudo di Diomede bagnarlo nel fiume Inaco. Prende dalla so
bas’natura occasione Callimaco nel sesruente Inno, in cui si propone di cantare le lodi della dea, alle quali dà principi
a ai cavalli, la sua natia beltà, la nettezza e l’abbigliamento. Reca di poi la ragione perchè col di lei simulacro s’imme
ltà, la nettezza e l’abbigliamento. Reca di poi la ragione perchè col di lei simulacro s’immerga ancora lo scudo di Diomed
poi la ragione perchè col di lei simulacro s’immerga ancora lo scudo di Diomede. Indi propone alcuni riti e precetti di c
merga ancora lo scudo di Diomede. Indi propone alcuni riti e precetti di cerimonie, affinchè lo fanciulle in tal giorno an
anco; Nè allor che vinti della terra i figli Tutte l’armi portò lorde di sangue: Ma pria dal cocchio alle cavalle sciolse
e un riccio. Il doppio stadio due volte sessanta Percorso aveva, qual di Leda i figli, Che stelle or sono: allo spartano E
he a lei stillar del proprio orto le piante, E le corse un color come di rosa Mattutina sul volto, o quale è il frutto Del
, ecco che grata Schiera t’incontra d’Acestorie figlie. Lo scudo a te di Diomede arreca, Come in Argo è costume antico. Eu
n dirupate balze. Che Pallatìdi han nome. Esci, Minerva Sterminatrice di città, che l’elmo Dorato porti, della bionda test
ivolga. Per l’estrema volta Queste mura vedrà chi mira ignuda Minerva di città custode. Ah vieni, O veneranda diva: intese
che? Toglieste gii occhi al mio fanciullo: o figlio, Figlio infelice: di Minerva i fianchi Scorgesti e il petto; ma di nuo
iglio, Figlio infelice: di Minerva i fianchi Scorgesti e il petto; ma di nuovo il sole Non vedrai certo. me misera, o mont
Ella tornando ammira L’insolito silenzio, e l’albor caro Mira sparso di sangue, ed errar vede Le note piume per lo sparso
sparso di sangue, ed errar vede Le note piume per lo sparso nido. Ma di Minerva il cor pietà percosse, E all’amica dicea:
che grato a Palla Non è rapir gii occhi ai fanciulli; è questa Legge di Giove: chi gli eterni mira. Se non l’elegge Iddio
premio. Ahi quanto offerte Autonoe n’arderà, quante Aristeo, Pregando di veder cieco soltanto Atteon giovinetto, il caro f
i Fra le figlie il concesse: o donne, alcuna Madre non srenerò la dea di Giove. Balzò nelle paterne armi sonante Dalla tes
Salve, o dea: proteggi Tu l’Argiva cittade, e qua rivolgi I destrieri di nuovo, e i Danai salva. Lezione vigesimasetti
sangue della disonesta ferita, colla quale Saturno mutilò Celo padre di lui, e dalla spuma del mare. Appena nata, dai cap
ivina, maraviglia e delizia dell’universo. Antipatro Sidonio parlando di questa famosa pittura in tal maniera favella: Rim
nere nella bellezza. — Dicesi che concepita in una conchiglia ripiena di perle, navigò con questa a Cipro, onde Stazio fac
ena di perle, navigò con questa a Cipro, onde Stazio facendo l’elogio di una bella donna fa dire alla dea: Questa sarebbe
do l’elogio di una bella donna fa dire alla dea: Questa sarebbe degna di sorgere meco dai flutti cerulei, e di sedere nell
alla dea: Questa sarebbe degna di sorgere meco dai flutti cerulei, e di sedere nella nostra conchiglia. — L’autore degli
ia. — L’autore degli Inni Omerici al contrario narra l’aura rugiadosa di Zeffìro, che dolcemente spirando la porta sopra m
elli in reti dorate accolti ricevono amabilmente la dea, la ricoprono di veste incorruttibile, e sopra il capo immortale p
casa paterna. Poiché ogni ornamento ebbero disposto intorno al corpo di Venere, la condussero dai numi che gareggiavauo p
ussero dai numi che gareggiavauo per abbracciarla, ed ognuno chiedeva di prenderla in moglie, ammirando le forme della div
iedeva di prenderla in moglie, ammirando le forme della diva coronata di viole, e dalle nere palpebre. Fin qui Omero: ma C
o le Veneri adorate dagli antichi, nate da genitori diversi. La prima di queste, del Cielo e del Giorno figlia, ebbe tempi
ste, del Cielo e del Giorno figlia, ebbe tempio in Elide; la seconda, di cui abbiamo favellato, generata dalla spuma, died
a al secondo Cupido; la terza, da Giove e da Dionea creata, fu moglie di Vulcano. Platone vuole che vi siano due Veneri, l
. Epimenide Cretese, seguendo un parere del tutto op posto, pensa che di Saturno ed Evenirne Venere fosse figlia. L’opinio
e più comune si è quella che alla spuma del mare fecondata dal sangue di Celo ascrive il nascere di questa divinità, ed il
e alla spuma del mare fecondata dal sangue di Celo ascrive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, c
ngue di Celo ascrive il nascere di questa divinità, ed il nome stesso di Afrodite, col quale i Greci chiamavano Venere, no
nella Teogonia vuole che appena nata andasse al monte Citerò, da cui di Citerea sortì il cognome, e quindi a Cipro, dove
unsero d’olio immortale, coll’odoroso peplo le coprirono le membra, e di ogni altra veste adornata andava ad Ilio veloceme
rigendosi a traverso le nubi. Giunse prestamente al monte Ida ripieno di belve, e mentre s’avviava verso Anchise. i lupi,
hise lo vide, che in disparte dagli altri suonava la cetra. La figlia di Giove gli si fé’ innanzi simile ad indomita vergi
a ad un tempo della figura e delle vesti stupende, poiché era coperta di un peplo più risplendente di un raggio di fuoco;
delle vesti stupende, poiché era coperta di un peplo più risplendente di un raggio di fuoco; collane di vario ornamento ci
tupende, poiché era coperta di un peplo più risplendente di un raggio di fuoco; collane di vario ornamento cingevano il de
a coperta di un peplo più risplendente di un raggio di fuoco; collane di vario ornamento cingevano il delicato collo; e il
le, ed invidiata vecchiezza. Dissimulò Venere la sua divinità dicendo di esser figlia di Otreo, che alla ben munita Frigia
vecchiezza. Dissimulò Venere la sua divinità dicendo di esser figlia di Otreo, che alla ben munita Frigia comandava, e ra
, che alla ben munita Frigia comandava, e rapita da Mercurio dal coro di Diana come destinata in sposa d’Anchise. Crebbe l
come dea le inspirava, e condusse al talamo coperto da pelli d’orse e di leoni di propria mano uccisi la creduta fanciulla
le inspirava, e condusse al talamo coperto da pelli d’orse e di leoni di propria mano uccisi la creduta fanciulla, che ind
si volgeva chinando a terra gli occhi verecondi. Qui sciolse il cinto di Venere, giacque fra le braccia immortali, e fu co
ere, giacque fra le braccia immortali, e fu concepito Enea. Ma quando di nuovo i pastori riconducono alle stalle l’armento
o alle stalle l’armento dalle fiorite pasture, stette Venere sul capo di Anchise a dolce sonno in preda, d’eterna bellezza
bianza. — Sollevò la testa Anchise, ma allor che vide le divine forme di Citerea rivolse altrove gli occhi impauriti, si c
ste il bel volto, e gridò: Tu m’ ingannasti, diva: ma pietà ti prenda di me che poco vivrò ed infermo fra i mortali, perch
i me che poco vivrò ed infermo fra i mortali, perchè questa è la pena di chi giace con le dee. — Consolò Venere i timori d
nsolò Venere i timori dell’eroe; scusò il proprio errore coll’esempio di altri beati: illustre figlio ed ancor più famosi
ancor più famosi nipoti promise all’amante. Ma gli fé’ severo comando di tacere la vera madre del figlio che nascerebbe, e
se egli avesse manifestata la sua fortuna provato avrebbe il fulmine di Giove e l’ira degli altri numi. Ma non fu Anchise
i numi. Ma non fu Anchise il solo fortunato fra gli uomini pei favori di Venere. Adone aveva fama maggiore ed annual tribu
ini pei favori di Venere. Adone aveva fama maggiore ed annual tributo di lacrime, come udirete nel fine della presente Lez
suaso da tentare la stessa fatica. Gli altri amori e le altre imprese di Venere riserbo ad un’altra volta, per trattenervi
nervi sulle diverse maniere nelle quali vien rappresentata, argomento di tanto interesse per voi, e scopo principale dei m
uesto frutto gettato dall’amante alla fanciulla era una dichiarazione di amore, come da molti antichi scrittori si rileva.
e, ma tali che esser non devono sansruinose. Una meda2:lia dell’isola di Citerà rappresenta Venere coU’arco nella mano sin
. Saffo dipinge Venere sopra un carro tirato da dei passeri, immagine di cui l’arte non pare che abbia profittato, poiché
e è fatte delle Giunoni, ma la voluttà e la forma degli occhi proprii di Venere vi fa conoscere questa dea piuttosto che G
sta dea piuttosto che Giunone, della quale gli occhi avevano un’ aria di maestà e di grandezza. Si crede di trovare ancora
tosto che Giunone, della quale gli occhi avevano un’ aria di maestà e di grandezza. Si crede di trovare ancora la Venere C
a quale gli occhi avevano un’ aria di maestà e di grandezza. Si crede di trovare ancora la Venere Celeste in una bella fig
re ancora la Venere Celeste in una bella figura vestita delle pitture di Ercolano, che dalla mano diritta porta un ramo co
incise offrono Venere a cavalcioni sopra un ariete: ma il soprannome di Epitragia che significa lo stesso, sembra apparte
ta, per significare la fedeltà costante nell’amore. La Venere Celeste di Fidia posava un piede sopra una testuggine per in
ine per indicare (secondo Plutarco) alle donne che il loro dovere era di custodire la casa come questo animale, e di occup
ne che il loro dovere era di custodire la casa come questo animale, e di occuparvisi delle domestiche fatiche. Come simbol
esto animale, e di occuparvisi delle domestiche fatiche. Come simbolo di un amore puro e spogliato di ogni desiderio sensu
i delle domestiche fatiche. Come simbolo di un amore puro e spogliato di ogni desiderio sensuale, è stata rappresentata an
stata rappresentata ancora con dell’ali. Famosa in Plinio è la statua di Venere composta di calamita col fine di attrarre
ancora con dell’ali. Famosa in Plinio è la statua di Venere composta di calamita col fine di attrarre quasi per grazie se
Famosa in Plinio è la statua di Venere composta di calamita col fine di attrarre quasi per grazie segrete un Marte di fer
ta di calamita col fine di attrarre quasi per grazie segrete un Marte di ferro. Udite da Winkelmann altre pregevoli cogniz
una più compiuta forma, e comincia il seno a sollevarsi. Io mi figuro di vedere in lei quella Laide che Apelle iniziava ai
i figuro di vedere in lei quella Laide che Apelle iniziava ai misteri di amore, e me la immagino appunto qual dovette per
la immagino appunto qual dovette per la prima volta ignuda esporsi al di lui sguardo. È nella stessa attitudine una Venere
guasta; tal pure è altra statua, la quale è copia fatta da Menofanto di una Venere che stava presso Troade, come scorgesi
ta in quell’età in cui sposò Peleo. « Venere Celeste, cioè quella che di Giove e d’Armonia è figlia, distinguesi per un di
Armonia è figlia, distinguesi per un diadema (ciò vi avvertii io pure di sopra) simile a quello eh’ è proprio a Giunone. P
o eh’ è proprio a Giunone. Porta pure questo diadema Venere vittrice, di cui una statua che posa un piede su un elmo fu di
osa un piede su un elmo fu dissotterrata nel teatro dell’antica città di Capua, e sta ora in Caserta. Essa è bellissima, s
no le braccia. In alcuni bassi rilievi che rappresentano il rapimento di Proserpina, e singolarmente nella più bella delle
delle due urne esistenti nel Palazzo Barberini, ha così cinto il capo di diadema una Venere vestita, la quale in compagnia
sì cinto il capo di diadema una Venere vestita, la quale in compagnia di Pallade, di Diana e di Proserpina medesima, sta c
capo di diadema una Venere vestita, la quale in compagnia di Pallade, di Diana e di Proserpina medesima, sta cogliendo fio
dema una Venere vestita, la quale in compagnia di Pallade, di Diana e di Proserpina medesima, sta cogliendo fiori nei prat
sima, sta cogliendo fiori nei prati del l’Etna in Sicilia. Tal fregio di capo è stato pure attribuito a Teti nella pittura
ilia. Tal fregio di capo è stato pure attribuito a Teti nella pittura di un bel vaso di terra cotta esistente nella Biblio
o di capo è stato pure attribuito a Teti nella pittura di un bel vaso di terra cotta esistente nella Biblioteca Vaticana.
ti indicanti lascivia, coi quali alcuni moderni artisti hanno creduto di caratterizzare le loro Veneri. L’amore dagli anti
ri. L’amore dagli antichi maestri, come dai pili ragionevoli filosofi di quei tempi, consideravasi, per valermi dell’espre
i filosofi di quei tempi, consideravasi, per valermi dell’espressione di Euripide, come il consigliere della saviezza. « Q
Venere si rappresentasse costantemente ignuda. Vestita era la Venere di Prassitele a Coo, vestita è una bella statua di q
Vestita era la Venere di Prassitele a Coo, vestita è una bella statua di questa dea, che dianzi vedevasi nel Palazzo Spada
bene nell’aggruppamento delle membra darci l’idea dell’azione che fa di sorger dal bagno, che resta a prima vista evident
rappresentato nè il putto collo sciugatoio, nè indicata l’attitudine di tergersi come in altre gemme e statue dello stess
izio con cui ha ancora impiegato per sostegno dell’ anca sinistra uno di quei vasi d’unguento senza manichi, che alabastri
esto vaso rovesciato l’azione del bagno, dove era stile degli antichi di ungersi, è ancora un utensile tutto proprio di Ve
ra stile degli antichi di ungersi, è ancora un utensile tutto proprio di Venere, che amava i preziosi unguenti a segno che
egno che il poeta Agatia in un epigramma dell’ A ntolos^ia non dubita di chiamare simili vasi arli alabastri della dea. Qu
che adorna alla dea il solo braccio sinistro, e che è formato a guisa di un piccol serpe che se le sia avvolto. Questo cos
mato a guisa di un piccol serpe che se le sia avvolto. Questo costume di portare simili abbigliamenti a un solo braccio, e
i è illustrato da Festo, che lo appella spinther, e lo spiega: genere di braccialetto che le donne sogliono portare nella
pressamente le serpi. Fu rinvenuta questa bella scultura nella tenuta di Salone a destra della Via Prenestina in un sito a
anza del possessore avrà anticamente falsificato. Quanto fosse lecito di portare nelle tenebre di una tanta antichità la l
anticamente falsificato. Quanto fosse lecito di portare nelle tenebre di una tanta antichità la luce di qualche debole con
fosse lecito di portare nelle tenebre di una tanta antichità la luce di qualche debole congettura, potremmo supporla una
bole congettura, potremmo supporla una replica della Venere nel bagno di Policarmo ammirata in Roma e rammentata da Plinio
Policarmo ammirata in Roma e rammentata da Plinio. » Canto funerale di Adone. « Io piango, Adone: è morto il bello Adone
nguisce l’occhio sotto al morto ciglio; Dal labbro fugge il bel color di rosa, E intorno al labbro langue il moribondo Bac
e e sposo, L’Assirio sposo suo alto chiamando. A lui sul corpo un rio di sangue andava, E giù dal fianco rosseggiava il pe
, E giù dal fianco rosseggiava il petto, E il costato, che dianzi era di neve, Di porpora era fatto al morto Adone. Ahi ah
Adone, ahi ahi! Dicon le querce, e i monti: ahi lasso Adone! Piangono di Ciprigna i fiumi il lutto, Piangon sulle montagne
l dolor fansi vermigli. Venere la cittade e la campagna Tutta riempie di doglioso canto. Ahi ahi Criprigna: è morto il bel
rto il bello Adone! L’Eco risuona: È morto il bello Adone. Ahi l’amor di Ciprigna e chi non piagne? Tosto che vide e che c
i, al crudo e disamabil rege. Ed io vivo infelice, perchè dea Sono, e di te seguir non m’è permesso. Ricevi, Proserpina, i
permesso. Ricevi, Proserpina, il mio marito; Che in ciò tu sei molto di me migliore; E tutto il bello a te ne scende, e a
bello a te ne scende, e a Pluto. Tutta misera son, tutta dolente. Nè di doler mi veggio mai satolla. Piango Adon, che m’è
o i pargoletti Amori. Teco perì, nè più possiede incanto Olà sì pieno di grazia il mio bel cinto. Perchè, audace garzon, s
i sacri sonni Nel letto aurato, or corca il tristo Adone. Gitta sopra di lui ghirlande e fiori; E ogni cosa con lui tu git
i sol risonar si sente. Ai ai Adone, ai Imeneo, ai. Piangon le Grazie di Cinéra il figlio: È morto il bello Adon, tra lor
e di Cinéra il figlio: È morto il bello Adon, tra lor dicendo. Queste di te maggiori alzan le strida, Citerea; piangono Ad
nto. Idillio, XXIII. Lezione vigesimottava. Cognomi più illustri di Venere. La presente Lezione è destinata a tess
e Lezione è destinata a tesservi colla serie dei cognomi più illustri di Venere l’altre maniere di effigiarla che rilevar
sservi colla serie dei cognomi più illustri di Venere l’altre maniere di effigiarla che rilevar si possono dai monumenti e
monumenti e dagli scrittori, le quali la brevità prefissami mi vietò di comprendere nel passato ragionamento. Il nome di
prefissami mi vietò di comprendere nel passato ragionamento. Il nome di Venere, come osserva Varrone in Macrobio, non fu
ò ai grammatisi il disputare più a lungo, contentandomi dell’autorità di tant’ uomo. Non solo, come osservai, figurarono l
i, figurarono la diva sorgente sopra una conchiglia dal mare in forma di giovinetta, ma pure con sembianze di donna che te
una conchiglia dal mare in forma di giovinetta, ma pure con sembianze di donna che teneva la stessa conchiglia ornata di r
ma pure con sembianze di donna che teneva la stessa conchiglia ornata di rose, e ch’era circondata dalle Grazie e dagli Am
ento, con sandali e con fibbie dorate. Canaco Sicionio fé’ l’immagine di Venere sedente col capo ornato di nimbo, che in u
ate. Canaco Sicionio fé’ l’immagine di Venere sedente col capo ornato di nimbo, che in una mano aveva un papavero, nell’al
dei Grccì, adoravano i creduli amanti antichi, stimando che in potere di lei fosse il dare, o togliere l’amore. Venere Ast
i lei fosse il dare, o togliere l’amore. Venere Astarte, cioè l’astro di Venere, fu adorato dai Bidoni, ed è opinione di a
Astarte, cioè l’astro di Venere, fu adorato dai Bidoni, ed è opinione di alcuni che fosse lo stesso che la dea Siria, quan
one adorassero la luna. Amatusia fu chiamata la dea da Amatunta città di Cipro, ove veneravasi sommamente. Di Citerea è fr
— Venere fu cognominata ancora Morfo dagli Spartani, ed il simulacro di lei era sedente col capo coperto, e coi piedi inc
eretto un tempio alla dea colr indicato cognome. Aggiungo alla serie di questi cognomi tre descrizioni di statue di Vener
dicato cognome. Aggiungo alla serie di questi cognomi tre descrizioni di statue di Venere del Visconti, dalle quali quante
nome. Aggiungo alla serie di questi cognomi tre descrizioni di statue di Venere del Visconti, dalle quali quante cognizion
ante, si conoscono in varie collezioni, ed ora il nome e le sembianze di Muse, ora di ninfe, ora di altre divinità hanno s
scono in varie collezioni, ed ora il nome e le sembianze di Muse, ora di ninfe, ora di altre divinità hanno sortito dal ca
collezioni, ed ora il nome e le sembianze di Muse, ora di ninfe, ora di altre divinità hanno sortito dal capriccio dei ri
o dal capriccio dei ristauratori e degli antiquarii. Pure le medaglie di Sabina Augusta e di altre imperatrici ne mostrano
ristauratori e degli antiquarii. Pure le medaglie di Sabina Augusta e di altre imperatrici ne mostrano la figura medesima
a nella stessa attitudine, e precisamente nell’abito stesso, col nome di Venere Genitrice: onde potersi accertare con buon
nto qual fosse il vero soggetto delle accennate sculture. « Le statue di Venere non ignudo non sono state abbastanza osser
n parte discoperto, lo abbiamo considerato come proprio dell’ effigie di Venere: ora mi sono avvenuto in un passo degli Ar
effigie di Venere: ora mi sono avvenuto in un passo degli Argonautici di Apollonio Rodio che dà gran lume a siffatte immag
escrizione delle figure travagliate da Minerva stessa nel paludamento di Giasone, non omette l’ immagine di Venere collo s
da Minerva stessa nel paludamento di Giasone, non omette l’ immagine di Venere collo scudo in mano del dio Marte: l’affib
e ne adombra l’ignudo, sono anch’esse da’ greci poeti alle, immagini di Venere attribuite. Apparisce evidentemente da un
mmagini di Venere attribuite. Apparisce evidentemente da un epigramma di Antipatro nella greca Antologia che la maniera pi
pigramma di Antipatro nella greca Antologia che la maniera più comune di rappresentare Venere era di vestirla di tuniche a
greca Antologia che la maniera più comune di rappresentare Venere era di vestirla di tuniche artificiosamente piegate. Anc
gia che la maniera più comune di rappresentare Venere era di vestirla di tuniche artificiosamente piegate. Anche dell’ ele
di tuniche artificiosamente piegate. Anche dell’ eleganza dell’ atto di sollevarsi dietro all’omero il manto si è avuto l
a dell’ atto di sollevarsi dietro all’omero il manto si è avuto luogo di ragionare per riconoscervi una leggiadria introdo
re per riconoscervi una leggiadria introdotta nelle arti greche assai di buon’ora, e almeno fin dai tempi di Polignoto. Pe
ntrodotta nelle arti greche assai di buon’ora, e almeno fin dai tempi di Polignoto. Per quel che riguarda le Veneri vestit
he riguarda le Veneri vestite non mi tratterrò a confutare l’opinione di Winkelmann sul preteso cesto di Venere, ch’egli r
n mi tratterrò a confutare l’opinione di Winkelmann sul preteso cesto di Venere, ch’egli ravvisa in un cinto intorno ai lo
preteso cesto di Venere, ch’egli ravvisa in un cinto intorno ai lombi di alcune figure femminili: mi ha prevenuto in ciò i
to l’aria del volto e le graziose fattezze convenienti alla più bella di tutte le dee; non tanto la gentil positura in cui
entil positura in cui è situata, reggendo colla manca un panno ornato di frange per asciugarsi, che cade aggruppato sopra
a un panno ornato di frange per asciugarsi, che cade aggruppato sopra di un’urna, rende singolare questo bel simulacro di
ade aggruppato sopra di un’urna, rende singolare questo bel simulacro di Venere, quanto il presentarci una immagine della
simulacro di Venere, quanto il presentarci una immagine della Venere di Guido, capo d’opera di Prassitele, anzi della sco
uanto il presentarci una immagine della Venere di Guido, capo d’opera di Prassitele, anzi della scoltura, lavoro inclito n
i della scoltura, lavoro inclito nell’universo, secondo l’espressione di Plinio. Avea giudiziosamente riflettuto il cavali
flettuto il cavalier Mengs, che la straordinaria bellezza della testa di questa statua, superiore al resto delle membra, b
al resto delle membra, benché non mai disgiunte, e più la simiglianza di un’altra testa meravigliosa nella reggia di Madri
nte, e più la simiglianza di un’altra testa meravigliosa nella reggia di Madrid, la dimostravano copia di qualche sorprend
ltra testa meravigliosa nella reggia di Madrid, la dimostravano copia di qualche sorprendente originale. Ma come indovinar
re? Quel che sembrava difficilissimo è reso facile, anzi è posto fuor di dubbio dalle medaglie, sicuro deposito delle più
econdite erudizieni. Due medaglioni greci imperiali battuti in Guido, di Caracalla e Plautilla, uno dei quali è in Francia
illa, uno dei quali è in Francia nel Real Gabinetto, e l’altro presso di me, rappresentano nel rovescio la famosa Venere d
, e l’altro presso di me, rappresentano nel rovescio la famosa Venere di Prassitele. Nessuno vorrà dubitare che la Venere
re di Prassitele. Nessuno vorrà dubitare che la Venere de’ medaglioni di Guido, replicata la stessa in diversi conii, non
rsi conii, non sia tratta dal loro mirabile originale. « Or la figura di Venere in questi medaglioni è perfettamente simil
ciatura dei capelli, che non sono, come la maggior parte delle statue di Venere, raccolti in un nodo sopra la fronte. Ques
hità e delle arti poter vedere così intiera e conservata una immagine di quel nobile simulacro, che i Gnidi per somme imme
, che i Gnidi per somme immense d’oro non voller cedere a Nicomede re di Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’o
Nicomede re di Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’opera di Scopa e di Briasside; per cui tanti navigavano a
e di Bitinia, che ecclissava nel suo tempio i capi d’opera di Scopa e di Briasside; per cui tanti navigavano a bella posta
o degli antichi giunse agli eccessi i. più stravaganti. La perfezione di quest’ opera avea impegnato l’artefice a replicar
e a replicarla in bronzo, e si ammirava il duplicato in Roma ai tempi di Claudio, dove perì nell’incendio Neroniano. Il fa
Roma ai tempi di Claudio, dove perì nell’incendio Neroniano. Il fato di quella di marmo non ci è noto. Chi sa che la test
empi di Claudio, dove perì nell’incendio Neroniano. Il fato di quella di marmo non ci è noto. Chi sa che la testa che è in
to per l’acqua del bagno; la cura della beltà han cercato gli antichi di esprimere con questi accessorii nelle statue di V
n cercato gli antichi di esprimere con questi accessorii nelle statue di Venere; così in quella di Troade, di cui esiste i
sprimere con questi accessorii nelle statue di Venere; così in quella di Troade, di cui esiste in Roma una copia antica di
n questi accessorii nelle statue di Venere; così in quella di Troade, di cui esiste in Roma una copia antica di Menofanto,
ere; così in quella di Troade, di cui esiste in Roma una copia antica di Menofanto, ha invece dell’urna una scatola d’abbi
sul vivo sasso, da quella parte appunto ov’è stata scoperta una cava di nobilissimo alabastro. La presente statua di Vene
stata scoperta una cava di nobilissimo alabastro. La presente statua di Venere era già in Vaticano, collocata probabilmen
te e l’Apollo, nel cortile detto perciò delle statue, allora giardino di agrumi. Venere vincitrice. « Dagli scavi d’Otrico
enere coll’armi, quale ha talvolta nelle medaglie imperiali il titolo di Vincitrice. La prima era che la presente statua a
gligenza cadente, foggia usata dagli antichi bene spesso nelle figure di Venere vestita, e particolarmente in quella di Ve
ne spesso nelle figure di Venere vestita, e particolarmente in quella di Venere Vincitrice coli’ armi, al rovescio delle m
e in quella di Venere Vincitrice coli’ armi, al rovescio delle monete di Giulio Cesare. La seconda riguardava quel frammen
o delle monete di Giulio Cesare. La seconda riguardava quel frammento di pilastro o di colonnetta, su cui ora tien posato
di Giulio Cesare. La seconda riguardava quel frammento di pilastro o di colonnetta, su cui ora tien posato un elmo che su
etta, su cui ora tien posato un elmo che suole accompagnare parecchie di siffatte immagini di Venere, e nelle gemme e nell
posato un elmo che suole accompagnare parecchie di siffatte immagini di Venere, e nelle gemme e nelle medaglie non ad alt
medaglie non ad altro effetto che a sostenere alcun pezzo d’armatura di quelli che Venere ostenta. Fu dunque ristaurata s
ata su questa idea, e le fu aggiunta la palma allusiva al suo epiteto di Vincitrice, che in più monumenti si scorge. Se la
o epiteto di Vincitrice, che in più monumenti si scorge. Se la favola di Virgilio, il quale introduce Venere che reca ad E
, il quale introduce Venere che reca ad Enea suo figlio l’armi, opera di Vulcano, non fosse di sua invenzione, ma come par
enere che reca ad Enea suo figlio l’armi, opera di Vulcano, non fosse di sua invenzione, ma come parecchie altre del suo p
lesti. Ma troppo è chiara in questo episodio virgiliano l’ imitazione di Omero per credere anteriore tal favola al latino
al latino poeta: sembra piuttosto che gloriandosi la famiglia Giulia di quell’origine, origine anche in certo modo di tut
dosi la famiglia Giulia di quell’origine, origine anche in certo modo di tutto il nome Romano, non abbia voluto rappresent
me la dea della mollezza, ma in una guisa che convenisse ad una madre di Roma e di Enea. Siccome dunque non mancavano già
della mollezza, ma in una guisa che convenisse ad una madre di Roma e di Enea. Siccome dunque non mancavano già nella Grec
Enea. Siccome dunque non mancavano già nella Grecia antichi simulacri di Venere coll’armi, questi furono scelti per adombr
to allude Properzio in quel verso: Portò Venere stessa ai suoi l’armi di Cesare — e a questo si riferiscono tutte le roman
l’armi di Cesare — e a questo si riferiscono tutte le romane immagini di Venere colle armi. Non sono però queste giammai e
nere colle armi. Non sono però queste giammai equivoche coi simulacri di Pallade. Venere tratta le armi, ma o per adornarn
ma o per adornarne un trofeo come vincitrice, o per riporlo in tempo di pace, allorché accarezzando Marte sospende il fur
ti. La colonia otriculana avrà venerato in questo simulacro l’origine di Roma e degli Augusti. Quantunque la figura sia co
glie succede il poco avventurato marito Vulcano, che, secondo Esiodo, di Giunone e di Giove fu figlio, come ad altri piace
il poco avventurato marito Vulcano, che, secondo Esiodo, di Giunone e di Giove fu figlio, come ad altri piace, deve intera
dre. A questo dio furono dati i vanti d’altri, che ebbero la sventura di aver seco lui il nome comune, giacché al dire di
e ebbero la sventura di aver seco lui il nome comune, giacché al dire di Cicerone, più furono i Vulcani oltre il mentovato
sto dio, come piace ad Euripide, le fiaccole nelle nozze, ed in onore di lui celebravansi delle corse con le dette fiaccol
ravansi delle corse con le dette fiaccole nella mano. Si affaticavano di portarle accese fino alla meta prescritta: quello
i secoli avvenire. Che primo Vulcano ritrovasse il fuoco non è fuori di questione. Questo utile ritrovato attribuiscono a
o attribuiscono a Prometeo, più antico del dio, secondo lo Scoliaste di Sofocle, e ch’ebbe con esso ara comune. Ma delle
tore è creduto, e divide, secondo l’Inno Omerico, l’onore con Minerva di avere insegnato agli uomini che abitavano nelle s
l’inutil tentativo fu figlio Erittonio. Il Sole gli svelò l’adulterio di Venere, che ottenne in moglie (quantunque alcuni
venne, e non vi fu alcuno deg’ Immortali, che non invidiasse la sorte di Marte. La piromanzia, cioè la pretesa maniera d’
maniera d’ indovinare col mezzo del fuoco, ascrivono pure a Vulcano, di cui Virgilio così descrive la fucina: « Giace tr
olita. Parte abbozzata con tre raggi attorti Di grandinoso nembo; tre di nube Pregna di pioggia; tre d’acceso fuoco, E tre
bozzata con tre raggi attorti Di grandinoso nembo; tre di nube Pregna di pioggia; tre d’acceso fuoco, E tre di vento impet
inoso nembo; tre di nube Pregna di pioggia; tre d’acceso fuoco, E tre di vento impetuoso e fiero. I tuoni vi aggiungevano
tre di vento impetuoso e fiero. I tuoni vi aggiungevano e i baleni, E di fiamme e di furie e di spavento Un cotal misto. A
impetuoso e fiero. I tuoni vi aggiungevano e i baleni, E di fiamme e di furie e di spavento Un cotal misto. Altrove erano
e fiero. I tuoni vi aggiungevano e i baleni, E di fiamme e di furie e di spavento Un cotal misto. Altrove erano intorno Di
9 e segg. Vulcano è stato rappresentato nelle pitture con un cappello di colore violetto per indicare il fuoco celeste, de
n l’iscrizione al Re dell’Arte; il che si riporta all’arte monetaria, di cui l’inspezione sembra qui essere attribuita a q
e Polignac, hanno fatto nascere con ragione dei dubbii sull’antichità di questo monumento. I sacrifizii propri a questo di
e Marcello dopo la disfatta dei Cartaginesi verso Nola. Cabiro figlio di Vulcano è indicato col martello sulle medaglie di
Nola. Cabiro figlio di Vulcano è indicato col martello sulle medaglie di Tessalonica. Vulcano fu l’artefice dell’infausta
nica. Vulcano fu l’artefice dell’infausta Pandora, del cane in bronzo di Procri, e di quel famoso scettro che, fatto per G
fu l’artefice dell’infausta Pandora, del cane in bronzo di Procri, e di quel famoso scettro che, fatto per Giove, passò d
reo, da Atreo a Tieste, e da Tieste ad Agamennone. Era anche ai tempi di Pausania la principale divinità dei Cheronei. Fra
ti fochi accende Diversamente: in più fornaci immerse Di fulgid’oro e di forbito argento E schietto stagno e rosseggiante
da; ha nella manca Salda tenaglia, e colla destra inalza Pesante mole di martel, che cala Con grossi colpi: il docile meta
visto lavor d’immenso scudo Di tempra impenetrabile, e più d’arte Che di materia prezioso: il cinge D’oro fiammante un tri
l chiaror delle notturne faci Al desiato talamo si guida Da uno stuol di congiunti, Imene, Imene! Suona d’intorno: di garz
mo si guida Da uno stuol di congiunti, Imene, Imene! Suona d’intorno: di garzoni un coro Tesse liete carole, e bossi e cet
e bossi e cetre Ne raddoppian la gioia, e su le soglie Garrula frotta di donzelle e donne Mesce domande e meraviglie e pla
popolo frequente Corre al fóro in tumulto, ove s’alterca Ai ministri di Temide dinanzi Per impensata uccision: nel mezzo
nun sospeso, incerto Guarda i lor atti, e la sentenza attende. Mostra di guerra travaglioso aspetto L’altra cittade. Ella
Ella d’assedio è cinta Da squadra ostil, che nel suo cor già certa È di pronta conquista, e sol consulta Della sorte dei
cquattato e tacito aspettando Che pur giungesse pastoral masnada, Che di cornuta e di lanuta torma Traeva al campo nutriti
acito aspettando Che pur giungesse pastoral masnada, Che di cornuta e di lanuta torma Traeva al campo nutritivo aiuto. Gli
o nutritivo aiuto. Gli spensierati villanzon trastullo Lieti prendean di lor zampegne, e al varco S’eran già tratti in rip
fiume: allora Sbucan d’agguato i giovini nascosti E van lor sopra, e di pastori e mandre Fanno preda e macello. All’impro
pastori e mandre Fanno preda e macello. All’improvviso Romor d’arme e di grida il campo in fretta I nemici abbandonano, e
so Romor d’arme e di grida il campo in fretta I nemici abbandonano, e di botto Corrono a quella volta: aspra battaglia Qui
e appare Quel che dianzi passò rappella e arresta. Di rustisch’opre e di campestre vita Grate vicende rappresenta altrove
vicende rappresenta altrove L’atteggiato metallo. Ampio là vedi Ricco di pingui rammollite zolle Stendersi un campo, in cu
e zolle Stendersi un campo, in cui tre volte il dente Fisse l’aratro; di cultor callosi Robusta turba l’aggiogate coppie D
attende, e lor presenta Ricolma tazza, guiderdon dell’opra E ristoro di lena: essi d’un sorso La si votan giocondi, e più
e per mirabil’ arte Vivido in suo fulgor l’oro s’imbruna. Dei tesori di Cerere poc’oltre Altro campo biondeggia, e vi sta
ersano: raccorle Gode scherzoso fanciullesco stormo, Ch’indi alla man di villanelle industri Le trasmette a vicenda, e que
enda, e queste attente Nodi formando delle vote paglie Ne fan cataste di covoni e monti. Cheto in disparte su d’un trono e
noril; nè lente Dei polverosi mietitor le mogli E le figlie sollecite di bianco Fior di frumento triturato e d’erbe Sapide
Dei polverosi mietitor le mogli E le figlie sollecite di bianco Fior di frumento triturato e d’erbe Sapide e pingui e di
ecite di bianco Fior di frumento triturato e d’erbe Sapide e pingui e di rappreso latte, Non senza i doni del licer celest
ente nereggiano, le viti Regge un lungo filar d’olmi d’argento. Siepe di stagno lo ripara, e fosca Di ceruleo metal fossa
amente, e i moti Dell’agii piede al dotto suono accorda. Erboso pasco di cornuti armenti Colà si scorge; stagno ad òr fram
spettacolo giocondo Offre amena valletta, ove belando D’agnelletti e di pecore saltella Candida greggia: una selvetta, un
vergini Palma a palma stringendo un ballo intessono. Quelle in gonne di lin sottile e candido, Che scosse all’aura vagame
ndido. Vaghe ghirlande a quelle il crine infiorano, Coltella a questi di dorato manico In guaine d’argento a’ fianchi pend
nacque Marte da Giunone col mezzo d’ un fiore indicatole dalla moglie di Zeftìro vi esposi allora che questa gelosa matron
ustode della prima semplicità delle favole non nega a Giove la gloria di esser padre del dio della guerra. Tero, che in gr
dei meno culti popoli dovrebbe essere propria la guerra: ma la storia di tutte le età ha mostrato quanto all’intentenzione
storia di tutte le età ha mostrato quanto all’intentenzione lodevole di coloro, che sotto il velo di strane immaginazioni
strato quanto all’intentenzione lodevole di coloro, che sotto il velo di strane immaginazioni nascosero profonde dottrine,
egittima moglie, e visse ancora in questo, com’è costume dei soldati, di rapina: non ostante, alcuni gli hanno dato per co
rtaone, Cupido, Armonia, Calibe, Romolo e Remo ed altri si gloriarono di dovergli i natali. Favoleggiano che sia tratto in
che gallo, e porta ancora la pena della sua negligenza e del rossore di Marte, annunciando ai mortali il giorno col batte
i verri, quantunque il cavallo per la simiglianza della ferocia fosse di lui propria offerta. Si annovera fra i vanti del
santità dei giudizi, che Areopago si disse. Dicesi che Marte accusato di avere ucciso Alirrozio figlio di Nettuno, perchè
si disse. Dicesi che Marte accusato di avere ucciso Alirrozio figlio di Nettuno, perchè violar voleva Alcippe sua figlia,
sua figlia, difese con successo la causa della sua vita alla presenza di dodici Dei, e ne fu per comun suffragio assoluto.
al nume, le quali è prezzo dell’opera il ridire, giacché della storia di esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli di Alo
e, giacché della storia di esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli di Aloeo con catene di bronzo legato lo tennero per
ria di esso sono gran parte. Oto ed Efialte figli di Aloeo con catene di bronzo legato lo tennero per tredici mesi, e peri
bronzo legato lo tennero per tredici mesi, e perito forse sarebbe se di questa disavventura non fosse stato fatto accorto
on fosse stato fatto accorto Mercurio, che con le arti usate lo tolse di furto. Ascalafo figliuolo di Marte, che comandava
Mercurio, che con le arti usate lo tolse di furto. Ascalafo figliuolo di Marte, che comandava ai Beoti, nell’assedio di Tr
to. Ascalafo figliuolo di Marte, che comandava ai Beoti, nell’assedio di Troia ucciso cagionò al nume tanto dolore che sen
di Troia ucciso cagionò al nume tanto dolore che senza temere l’ ira di Giove, il quale avea vietato agli Dei il prender
ender parte in favore, contro i Troiani, ordinò al Furore e alla Fuga di apprestare il suo carro e prendere le sue armi ri
o e prendere le sue armi rilucenti. Era egli per accendere nell’animo di Giove terribile furore se la dea Minerva non lo a
:?2:iunto. Gli trasse l’elmo, lo scudo e l’asta, ed in un tuono pieno di asprezza gli disse: Furioso ed insensato che sei,
la collera che t’ inspira la morte del figliuolo. Anche dei più prodi di lui hanno già morsa la polvere, o la morderanno b
la morderanno ben tosto: È forse possibile nei sanguinosi combattenti di salvare dalla morte tutti i figliuoli degl’Immort
mede, al contrario, coU’asta guidata da Minerva penetrò ben avanti al di sotto le coste, e ferì il corpo divino. Marte nel
vino. Marte nel ritirarla gettò un grido spaventevole, quale è quello di un’intera armata che segue il nemico. In mezzo ad
uello di un’intera armata che segue il nemico. In mezzo ad una nuvola di polvere s’inalzò verso l’Olimpo, e col core oppre
trò a Giove il sangue immortale che scorreva dalla ferita, lagnandosi di Diomede e di Minerva, che tanto gli aveva fatto o
l sangue immortale che scorreva dalla ferita, lagnandosi di Diomede e di Minerva, che tanto gli aveva fatto osare. Giove g
a, che tanto gli aveva fatto osare. Giove guardandolo con occhi pieni di collera: Incostante e perfido, gli disse, fra tut
ferita un balsamo eccellente che lo risanò senza, fatica; che nulla è di mortale in un Dio. Omero nell’Odissea racconta g
Dei, come vi esposi nella passata Lezione, risero dell’incauta trama di Vulcano. Nettuno, il più severo, pregò istantemen
nella Tracia. Palefato spiega questa favola dicendo che Sol figliuolo di Vulcano re di Egitto volendo far osservare con tu
Palefato spiega questa favola dicendo che Sol figliuolo di Vulcano re di Egitto volendo far osservare con tutto il rigore
dama della sua corte avea commercio impudico con un cortigiano, entrò di notte nella sua casa, ed avendola sorpresa coll’a
iliò al principe tutta la benevolenza del popolo. L’equivoco del nome di Sol e Sole, dice questo autore, ha potuto dar mot
e di Sol e Sole, dice questo autore, ha potuto dar motivo alla favola di Omero. Dare un senso istorico alle favole è impre
ortì Marte dagli antichi. Dio comune fu detto; e fra i diversi motivi di questa appellazione il più probabile è quello di
fra i diversi motivi di questa appellazione il più probabile è quello di Servio, che lo vuole derivato perchè nelle guerre
risce. Gradivo e Quirino presso i Latini furono i due principali nomi di Marte. Il primo gli davano quando era tranquillo;
iava. Leggiamo che avesse due templi: il primo nella città col titolo di Quirino, come della pubblica sicurezza custode; i
ona, ed è del nume sorella, come ad altri piace, genitrice. Il tempio di Marte Ultore, o Vendicatore, in Roma, fu dedicato
ore, o Vendicatore, in Roma, fu dedicato da Augusto dopo la battaglia di Filippi, nella quale questo fortunato usurpatore
i, nella quale questo fortunato usurpatore vinse nelle pubbliche armi di Cassio e di Bruto la libertà dell’ universo. L’os
le questo fortunato usurpatore vinse nelle pubbliche armi di Cassio e di Bruto la libertà dell’ universo. L’osservazione d
e armi di Cassio e di Bruto la libertà dell’ universo. L’osservazione di Vitruvio che ordinariamente i templi di Marte era
ell’ universo. L’osservazione di Vitruvio che ordinariamente i templi di Marte erano fuori delle mura, onde nel popolo dis
ensione non nascesse, è smentita dall’istoria, giacché dentro le mura di Alicarnasso e di Roma stessa vi erano templi cons
sse, è smentita dall’istoria, giacché dentro le mura di Alicarnasso e di Roma stessa vi erano templi consacrati al dio del
essa vi erano templi consacrati al dio della guerra. I soli sacerdoti di Marte formavano in Roma un collegio detto dei Sal
tto dei Salii. Mi riserbo a favellarne nelle mie Lezioni sull’istoria di tanta nazione. Conviene adesso indagare nei monum
monumenti le maniere nelle quali fu Marte rappresentato. Marte armato di una sferza come vendicatore, si trova sopra delle
e alla favola accennatavi della prigionia fattagli soffrire dai figli di Aloeo, o alla maniera dei più antichi Greci che a
gli di Aloeo, o alla maniera dei più antichi Greci che aveano costume di effigiarlo coi piedi incatenati. Gli Spartani add
i effigiarlo coi piedi incatenati. Gli Spartani adducevano in ragione di questo uso di figurarlo, il vano timore che gli a
oi piedi incatenati. Gli Spartani adducevano in ragione di questo uso di figurarlo, il vano timore che gli abbandonasse. V
donasse. Vedesi con un olivo in mano il Marte Pacifero in un rovescio di una medaglia dell’imperator Massimino. E così pre
ator Massimino. E così pretesero, come osserva il senator Buonarroti, di adulare questo imperatore nelle sue maggiori crud
l’Impero. Marte che va presso Rea Silvia, origine favolosa del potere di Roma, era rappresentato sugli elmi dei soldati ro
un antico scrittore. Ma un Marte, qual lo vorrebbe il signor Vatelet, di cui ogni minima fibra esprimesse la forza, il cor
certamente fra tutti i lavori degli antichi. Le due più belle figure di questo dio. soqo una statua sedente coll’Amore ai
udovisi, ed un piccolo Marte su una delle basi dei due bei candelabri di marmo, che erano dianzi nel Palazzo Barberini: am
cosi efìSgiato sulle monete e sulle gemme. » Da questa osservazione di Winkelmann forse il conte Rangiaschi nella Disser
aschi nella Dissertazione sul Marte Ciprio ha pensato che dalla barba di Adriano, il quale nell’immagine del dio della gue
sentato in una statua del Museo dementino, siano derivate le immagini di Marte barbato, una delle quali è il chiamato Pirr
che, ma alcune d’oro della Repubblica romana offrono la testa barbata di Marte colla medesima fìsonomia. Udite da Stazio l
colla medesima fìsonomia. Udite da Stazio la descrizione della reggia di Marte, alla quale Giove manda Mercurio per movere
logia. Io ho tradotto questo episodio della Tebaide, il quale è pieno di bellissime immagini, come lo concedono le mie for
elata, con error diverso Lo trae del loco la tempesta eterna. Schiere di nubi contro il cielo opposte E’I primo soffio d’A
rotegge la difesa alata Il divin capo: fra sterili boschi Sorger vede di Marte il tempio, e trema In rimirarlo. Opposta ad
ad Euro giace L’implacabile casa, e i suoi furori Le fan corona. Son di ferro i muri, E di ferro le soglie e le colonne.
placabile casa, e i suoi furori Le fan corona. Son di ferro i muri, E di ferro le soglie e le colonne. Quivi i suoi raggi
on sanguinosa faccia Siede la Morte armata, e sopra l’are Fuma sangue di guerra, e sol vi splende Un fuoco alle cittadi ar
, i lamenti; e Marte in mezzo Urtar le file, e comandar le stragi: Sì di Vulcan l’arte divina espresse, Che a lui mostrato
ante. Ecco ritorna, ^E le belle ire del valor guerriero Ha nel volto; di sangue Ircano è lordo II manto, ed il crudel spru
Tebaide, lib. 7. Lezione trentesimaprima. Cerere. Fra le figlie di Saturno e di Rea bellissima fu Cerere, onde Giove
7. Lezione trentesimaprima. Cerere. Fra le figlie di Saturno e di Rea bellissima fu Cerere, onde Giove, che coi dom
o dolore della madre, e regina delrinferno. Non vi è cosa più potente di un esempio illustre, onde la colpa ne’ grandi è m
e Here chiamavansi essa e la madre. Vi furono alcuni che dall’incesto di Cerere dissero nato un cavallo, onde favoleggioss
ata. Pane errando per la caccia nell’Arcadia scoperse l’antro custode di tanto pegno, lo indicò a Giove che mandò le Parch
ta sua collera deponesse. Alcuni attribuiscono questo evento al ratto di Proserpina, che infinita tristezza cagionò alla d
alla diva. Cerere discendendo dagli Dei ai mortali amò Jasione figlio di Elettra e di Giove, come attesta Omero nel quinto
rere discendendo dagli Dei ai mortali amò Jasione figlio di Elettra e di Giove, come attesta Omero nel quinto libro dell’
ffrendo nel suo figlio un rivale, col fulmine l’uccise. Lo Scoliaste di Teocrito vuole che da questo amore infelice nasce
rca. Abitò Cerere in Corcira, o Corfù, la quale innanzi che la figlia di Asopo ivi sepolto le dasse il suo nome, si chiamò
Asopo ivi sepolto le dasse il suo nome, si chiamò Drepano dalla falce di Saturno, come è la più comune opinione, o da quel
pinione, o da quelle che Cerere fé’ fabbricare a Vulcano onde il modo di mietere agli uomini insegnasse. La Sicilia tutta
crini. Agli occhi danno, alfin svelse due pini. E nel foco gli accese di Vulcano, E die lor non potere esser mai spenti, E
stagni, i torrenti, La terra, il mare; e poiché tutto il mondo Cercò di sopra, andò al Tartareo fondo. » Orlando Fur.,
12, St. 1, 2. Andando in traccia della figlia pervenne ad un castello di cui era signore Eleusio, cui la moglie Jona avend
utrice. La dea si offerse per questo ufficio, ed il fanciullo nutrito di latte divino maravigliosamente cresceva. Ammirava
vano i genitori la robustezza del fanciullo, e loro cadde in pensiero di osservare gli andamenti della nutrice. Scorse il
n carro tratto dai serpenti, perchè agli uomini insegnasse la maniera di seminare le biade. Altri narrano la stessa avvent
se la maniera di seminare le biade. Altri narrano la stessa avventura di Celeo, soggiungendo che fu padre di Trittolemo, e
Altri narrano la stessa avventura di Celeo, soggiungendo che fu padre di Trittolemo, e che amendoe furono da Cerere nella
e fu scoperto dal Mattei, e dal Runchenio pubblicato. Potè coll’aiuto di questi versi il celebre Visconti dare la spiegazi
uesti versi il celebre Visconti dare la spiegazione del basso rilievo di una patera non ancora compreso. Tanto è vero che
i artefici si formavano sui poeti, perciò con loro dividono la gloria di serbarci la religione e la storia delle nazioni.
bilimento dell’altra. Quindi è che gli antichi attribuivano la gloria di tutte due a Cerere, che i Latini confusero da pri
, la Terra. Distinta da questa, ella fu nonostante chiamata la regina di tutte le cose, la distributrice di tutte le ricch
a fu nonostante chiamata la regina di tutte le cose, la distributrice di tutte le ricchezze, la madre di tutte le piante e
na di tutte le cose, la distributrice di tutte le ricchezze, la madre di tutte le piante e di tutti gli animali; finalment
la distributrice di tutte le ricchezze, la madre di tutte le piante e di tutti gli animali; finalmente ella ebbe una folla
utte le piante e di tutti gli animali; finalmente ella ebbe una folla di epiteti consimili, che l’autore degl’Inni, falsam
ti relativi alle messi ed alla cultura della terra. Ora vi è coronata di spighe di grano; ora molte ne tiene nella mano; a
i alle messi ed alla cultura della terra. Ora vi è coronata di spighe di grano; ora molte ne tiene nella mano; altre volte
testa e tiene un’asta. Ella porta ancora la cornucopia, e dei piatti di frutti. Giove avendo promesso a Cerere che Proser
mmaginare dopo questa tradizione tutti gli epiteti, dei quali il nome di Cerere è accompagnato presso i poeti greci e lati
poeti greci e latini. Son troppo conosciuti per fermarvisi, e servirà di notare che l’uso di rappresentare la dea con le s
. Son troppo conosciuti per fermarvisi, e servirà di notare che l’uso di rappresentare la dea con le spighe di grano le av
, e servirà di notare che l’uso di rappresentare la dea con le spighe di grano le avea fatto consacrare il segno della Ver
tto consacrare il segno della Vergine, essendo la spiga un bell’astro di questa costellazione. Non solo i templi di Cerere
ndo la spiga un bell’astro di questa costellazione. Non solo i templi di Cerere erano ornati di fasci di spighe, ma degl’i
tro di questa costellazione. Non solo i templi di Cerere erano ornati di fasci di spighe, ma degl’istrumenti ancora della
esta costellazione. Non solo i templi di Cerere erano ornati di fasci di spighe, ma degl’istrumenti ancora della mietitura
ma degl’istrumenti ancora della mietitura. Si poneva la maggior parte di questi edifìzi fuori delle città, sia perchè la d
suo simbolo sopra molti monumenti. Ovidio, Virgilio, e un gran numero di poeti latini si sono serviti del nome di Cerere p
, Virgilio, e un gran numero di poeti latini si sono serviti del nome di Cerere per significare il pane. Si faceva onore d
o serviti del nome di Cerere per significare il pane. Si faceva onore di tutto ciò che si referisce all’agricoltura a ques
che volta confuso. Il primo rassomigliava a un cilindro, e si trovano di questa forma nelle vicinanze di Palestrina; il se
omigliava a un cilindro, e si trovano di questa forma nelle vicinanze di Palestrina; il secondo oflriva la figura di un gr
sta forma nelle vicinanze di Palestrina; il secondo oflriva la figura di un gran vaso, del quale l’ apertura è larga. Quan
so, del quale l’ apertura è larga. Quando se ne servivano nelle feste di Minerva era ripieno di lana, perchè questa dea, c
ra è larga. Quando se ne servivano nelle feste di Minerva era ripieno di lana, perchè questa dea, come vi accennai, aveva
di lana, perchè questa dea, come vi accennai, aveva insegnata l’arte di lavorarla. Al contrario in quelle di Cerere il ca
accennai, aveva insegnata l’arte di lavorarla. Al contrario in quelle di Cerere il calato, o canestro, rinchiudeva dei fio
l simbolo della Primavera, come quello dell’estate quando era ripieno di spighe. Una statua di Cerere trovata nelle rovine
era, come quello dell’estate quando era ripieno di spighe. Una statua di Cerere trovata nelle rovine di Eleusi offre quest
ando era ripieno di spighe. Una statua di Cerere trovata nelle rovine di Eleusi offre questa dea col calato sulla testa. I
sta ragione che sopra alcune medaglie si vede Cerere con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si scorge una testa d
e con delle spighe di grano, in mezzo delle quali si scorge una testa di papavero. Il serpente che è, per così dire, figli
redini, dall’altra una fiaccola, che in origine non era che un pezzo di pino. N’era rigorosamente prescritto l’uso nelle
pino. N’era rigorosamente prescritto l’uso nelle cerimonie del culto di Cerere. Le offrivano delle vitelle, e qualche vol
frivano delle vitelle, e qualche volta è rappresentata con. una testa di toro. Quantunque tutto questo possa aver relazion
i toro. Quantunque tutto questo possa aver relazione ad Iside modello di Cerere, io non penso che questa maniera di rappre
relazione ad Iside modello di Cerere, io non penso che questa maniera di rappresentare la dea greca sia tanto antica. Noi
ora nei monumenti antichi Cerere tenente della mano diritta una testa di montone, animale che le sacrificavano. Ma il porc
edue le mani, e con una troia ai piedi. Degli altri simboli e maniere di rappresentare Cerere, e di tutte le altre cose in
ia ai piedi. Degli altri simboli e maniere di rappresentare Cerere, e di tutte le altre cose interessano la storia ed il c
re Cerere, e di tutte le altre cose interessano la storia ed il culto di questa divinità famosa, parlerò nelle seguenti Le
ivinità famosa, parlerò nelle seguenti Lezioni. Nè sarà per me omesso di trattare delle feste di lei e dei misteri Eleusin
nelle seguenti Lezioni. Nè sarà per me omesso di trattare delle feste di lei e dei misteri Eleusini, i quali, sui teatri s
perdonando alla fatica pel vostro vantaggio, ho tradotto il poemetto di Claudiano sul ratto di Proserpina, che può presta
pel vostro vantaggio, ho tradotto il poemetto di Claudiano sul ratto di Proserpina, che può prestare tante immagini al pi
onamenti sopra Cerere, Udite intanto parte del primo libro: Il ratto di Proserpina. Lungi, profani: io piiì mortai non so
: Il ratto di Proserpina. Lungi, profani: io piiì mortai non sono, E di Febo il furor mi agita il petto. Nelle sedi trema
esti meditò la guerra. Perchè, dannato a steril vita, ignora Dolcezza di marito, e non ascolta Nome di padre Dall’abisso i
dannato a steril vita, ignora Dolcezza di marito, e non ascolta Nome di padre Dall’abisso in torma Escono tutti dell’Aver
pposte Briareo sanguigno. Le custodi Parche Le minacele vietar del re di Dite. Avanti il soglio del severo capo Sparsero l
ommo imperator dell’ombre. Per cui corrono sempre i nostri fusi. Che, di tutto principio e fin, compensa Con le veci di vi
re i nostri fusi. Che, di tutto principio e fin, compensa Con le veci di vita alterna morte, Per cui s’avviva la materia,
una consorte, e Giove Non fia che a te la neghi. — Udì le preci Il re di Dite, e n’arrossì: l’atroce Indocil’alma illangui
arrossì: l’atroce Indocil’alma illanguidiva, eguale A Borea allor che di pruine armato L’ispido mento e le sonanti penne I
cosse indietro Le sonore procelle agli antri loro. Quindi comanda che di Maja il figlio Si faccia innanzi, onde gli ardent
notte, Ch’ ultimo nella sorte io sol possiedo Informi spiaggie, e te di luce il cielo Cinge, e calpesti con altero piede
posi Tu dal fulmine stanco in grembo a Giuno. Gli ascosi furti tacerò di Temi E di Cerer gli amplessi, onde di figli Beata
l fulmine stanco in grembo a Giuno. Gli ascosi furti tacerò di Temi E di Cerer gli amplessi, onde di figli Beata turba ti
Giuno. Gli ascosi furti tacerò di Temi E di Cerer gli amplessi, onde di figli Beata turba ti corona. Io traggo Oscuri gio
questa Pace infernale: dell’antica notte 1 principi ne attesto, e te di Stige, Pallor del cielo, inviolato flutto. Se Gio
flutto. Se Giove non consente, a nuova guerra Trarrò l’aperta Dite, e di Saturno Fransfere io vosrlio le catene antiche: S
: del richiesto nodo Qual sarà il frutto? e chi col puro sole L’ombre di Stige Gambiera? Piaceva Alfin questo consiglio al
, abbiano degli artefici guidata la mano. L’istinto che ha la formica di riunire il grano l’avrà fatta porre nell’opere a
iunge. I galli piacevano a Cerere, ed uno si mira sul modio, o moggio di lei, stringere nel becco un topo, considerato con
a dea delle biade. Ecco la ragione per la quale si trova nel rovescio di molte medaglie che hanno una spiga di grano, sull
la quale si trova nel rovescio di molte medaglie che hanno una spiga di grano, sulla quale siede uno di questi animali. L
di molte medaglie che hanno una spiga di grano, sulla quale siede uno di questi animali. Le gru passavano ancora per fedel
uno di questi animali. Le gru passavano ancora per fedeli interpreti di Cerere, e le erano con sacrate. L’immaginazione d
li adottati nel principio dal popolo, ne ha creati grandissimo numero di altri, che ad altra divinità possono riferirsi. E
sedente sul globo. Lo scettro ed il fulmine ch’ella tiene, sono segni di possanza, che comuni le sono con altri numi. Simi
che si vede ancora sopra alcuni monumenti non è particolare attributo di lei; e non può essere che l’offerta di capitani c
ti non è particolare attributo di lei; e non può essere che l’offerta di capitani che abbiano creduto doverle dell’armi lo
bbiano creduto doverle dell’armi loro la fortuna. La palma, la corona di lauro altra origine non hanno; ed il leone, che s
era simbolo speciale. A Figalia città dell’Arcadia Cerere era vestita di nero, con un delfino in una mano, con una colomba
una colomba nell’altra, lo che accennava i mal graditi abbracciamenti di Nettuno, e il dolore in cui l’immerse Plutone rap
racciamenti di Nettuno, e il dolore in cui l’immerse Plutone rapitore di Proserpina, eterna cura della dea. La diversità d
iù remota antichità Cerere non ebbe tutti questi attributi: le statue di lei non furono che informi pietre, legni, come qu
i: le statue di lei non furono che informi pietre, legni, come quelle di tutte le divinità più famose. Questa forma fu con
ivinità più famose. Questa forma fu conservata a Cerere sotto il nome di Paria, o Egiziana, perchè poco da Iside differisc
gressi dei Greci nelle arti fecero loro abbandonare rapidamente l’uso di quelle masse informi, di quelle figure mostruose,
ti fecero loro abbandonare rapidamente l’uso di quelle masse informi, di quelle figure mostruose, e di quelli atteggiament
idamente l’uso di quelle masse informi, di quelle figure mostruose, e di quelli atteggiamenti sforzati che caratterizzano
rere espressa con un velo che cade sulla parte posteriore della veste di lei: porta un alto diadema, dal quale escono di s
osteriore della veste di lei: porta un alto diadema, dal quale escono di sopra foglie e spighe. Quella parte di capelli, c
alto diadema, dal quale escono di sopra foglie e spighe. Quella parte di capelli, che non è nascosa, con felice disordine
isordine adombra la fronte. Qual variazione fatta non si era ai tempi di Albrico: Cerere dal dolore distinta viene indicat
mpi di Albrico: Cerere dal dolore distinta viene indicata con l’abito di una vecchia contadina seduta sopra un bove: ella
sopra un bove: ella portava, ed aveva al braccio un canestro ripieno di sementa. Dai lati erano due agricoltori, dei qual
lica i simboli, e diviene tutto enimma e confusione. Tale è la statua di Cerere con ali, che hanno neir estremità un raggi
opie, delle quali escono due figure allegoriche. Stanno sulle braccia di lei Castore e Polluce: sta in piedi accanto ad un
o ad un altare con una patera nella mano. Chi cercherà la spiegazione di questo monumento? E un poco meno difficile di pen
cercherà la spiegazione di questo monumento? E un poco meno difficile di penetrare il senso allegorico di un altro, che of
monumento? E un poco meno difficile di penetrare il senso allegorico di un altro, che ofi’re la fisrura di Cerere fra due
e di penetrare il senso allegorico di un altro, che ofi’re la fisrura di Cerere fra due alberi carichi di frutta. Si vede
o di un altro, che ofi’re la fisrura di Cerere fra due alberi carichi di frutta. Si vede a destra Giunone dea delle nuvole
aglie con spighe nella mano, da Cerere non differisca. Che che ne sia di questa congettura, egli è certo che grande amiciz
to che grande amicizia regnava fra le dee. Perciò Cofìsidoro immaginò di fare una statua della Pace, che avesse in seno il
are una statua della Pace, che avesse in seno il giovine Pluto figlio di Cerere. L’allegoria divien sensibile pei racconti
ine Pluto figlio di Cerere. L’allegoria divien sensibile pei racconti di Esiodo e di Omero.- Dicono essi che questo dio de
glio di Cerere. L’allegoria divien sensibile pei racconti di Esiodo e di Omero.- Dicono essi che questo dio delle ricchezz
- Dicono essi che questo dio delle ricchezze fu il frutto degli amori di Cerere con Jasione. Gli scrittori seguenti hanno
a questo racconto il senso il più semplice ed il più vero. Petellide di Cnosso assicurava che Pluto ebbe il fratello Filo
ebbe dalla fatica sussistenza migliore. Ammirando Cerere il ritrovato di lui, lo rapì, e lo pose nel cielo fra le costella
lui, lo rapì, e lo pose nel cielo fra le costellazioni sotto il nome di Bifolco. Questa favola non mi sembra così antica
dente, ma l’allegoria rinchiude in sé un’eguale evidenza. La fatica è di compenso al povero per le ricchezze, e somministr
è di compenso al povero per le ricchezze, e somministrandogli il modo di soddisfare alle necessità della vita, può fargli
nel santuario profetico successe. Per la cessione libera e volontaria di lei, Febe sua sorella ne divenne la terza sovrana
la nascita del suo nipote gliene fece un dono, e gli diede il cognome di Febo. — Apollo fu dunque il quarto che rispose gl
dato luogo alla favola, la quale suppone che Cerere divori la spalla di Pelope, alla quale ne fu sostituita un’ altra di
ere divori la spalla di Pelope, alla quale ne fu sostituita un’ altra di avorio. Non è difficile comprendere il senso dell
ll’avorio significfite. Conviene adesso accennare brevemente il ratto di Proserpina, uno dei principali avvenimenti della
e il ratto di Proserpina, uno dei principali avvenimenti della storia di Cerere. Ai primi poeti, e fra gli altri Fante, ch
Prassitele, rappresentarono questo fatto inciso ancora sulle medaglie di molti popoli della Sicilia e dell’Asia Minore. In
antico si vede Plutone che rapisce Proserpina malgrado le dissuasioni di Minerva. Mercurio, utile in questa intrapresa, pr
sa, precede il carro del rapitore, e sembra voler consolare la figlia di Cerere. Questa composizione allegorica può essere
to. In quello si vede sopra una colonna la Persuasione; sotto i piedi di lei Venere seduta, che ha sulle ginocchia Paride
sione, nè attributi che possano fargli conoscere. Ritornando al ratto di Proserpina io non credo antichissima l’ idea di f
. Ritornando al ratto di Proserpina io non credo antichissima l’ idea di fare trasportare il carro di Plutone da dei cigni
erpina io non credo antichissima l’ idea di fare trasportare il carro di Plutone da dei cigni, o da cavalli guidati dall’A
Amore, come si vede in due gemme del Museo Stosciano. E mi si conceda di portare lo stesso giudizio sulla rappresentazione
lo che si riferisce alle relazioni immaginate più tardi fra la favola di Proserpina ed il sistema astronomico. Il ratto d
ardi fra la favola di Proserpina ed il sistema astronomico. Il ratto di Proserpina. (continuazione). Etna al Cielo antepo
tra la getula Teti E scote i lilibei bracci spumando; Quinci sdegnosa di ripari scote Peloro opposto la Tirrena rabbia. In
ed adorna. Etna innanzi ai fuggenti occhi decresce: Ahi quante volte di presago pianto Bagnò le gote: e volse indietro i
rra, Più cara a me del cielo; io del mio sangue La gioia ed il dolor, di questo petto Caro dolor, ti raccomando. Avrai Tu
rere. L’agricoltura e le leggi affidate a Cerere, ricca la rendono di attributi e di simboli più di ogni altra dea. La
coltura e le leggi affidate a Cerere, ricca la rendono di attributi e di simboli più di ogni altra dea. La presente Lezion
ggi affidate a Cerere, ricca la rendono di attributi e di simboli più di ogni altra dea. La presente Lezione è destinata a
nn in due belle figure della Villa Negroni, credute Cariatidi, dubita di ravvisarvi due simulacri di Cerere. Sopra una pie
Villa Negroni, credute Cariatidi, dubita di ravvisarvi due simulacri di Cerere. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di
isarvi due simulacri di Cerere. Sopra una pietra incisa del Gabinetto di Stosch questa dea è in un carro tirato da due ele
In un’ altra si vede presso lei una formica, che trasporta una spiga di grano. Credesi trovare in una figura riportata da
leone. Alcuni hanno creduto riconoscere Trittolemo sulla bella coppa di Farnese, già nel Gabinetto del re di Napoli: quel
ere Trittolemo sulla bella coppa di Farnese, già nel Gabinetto del re di Napoli: quello che è tenuto da questa figura semb
Napoli: quello che è tenuto da questa figura sembra essere una specie di sacco. Un’urna sepolcrale, pubblicata da Montfauc
n carro tirato da due serpenti. Cerere è rappresentata sulle medaglie di Palermo come Giunone, cioè col capo coperto da un
ile, come Lessing ha riflettuto nella sua famosa opera sul Laocoonte, di trovare nei monumenti delle arti le divinità con
ata con sì belle sembianze quanto in una moneta d’argento della città di Metaponto nella Magna Grecia, esistente nel Museo
apoli. Nel rovescio vi sono, secondo il solito, impresse delle spiche di frumento, sulle cui foglie posa un sorcio. Essa h
posa un sorcio. Essa ha qui, come sopra altre monete, il manto tirato di dietro sulla veste, e porta intrecciato fra le sp
ntrecciato fra le spighe e le foglie un diadema elevato alla marniera di Giunone, coperto in parte dai capelli che ha giud
à della Ma^na Grecia e della Sicilia sem brano essersi molto studiate di dare sulle loro monete sì alla madre che alla fig
ezza: e diffìcilmente si troveranno ancora pel conio monete più belle di alcune siracusane rappresentanti una testa di Pro
conio monete più belle di alcune siracusane rappresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un Vincitore con una q
a collezione del signor Pellerin. Si vede in esse Proserpina coronata di frondi lunghe e appuntate, simile a quelle che or
e appuntate, simile a quelle che ornano insieme alle spiche la testa di Cerere: e quindi le credo foglie dello stelo del
sta di Cerere: e quindi le credo foglie dello stelo del grano anziché di canna palustre, quali furono giudicate da alcuni
quali furono giudicate da alcuni scrittori, che perciò si avvisarono di vedere in quelle monete l’effigie della ninfa Are
uzione delle forme principali del nudo e senza affettata ricercatezza di partiti, rendono questa scultura un esemplare nel
ale, i papaveri e le spighe che ha nella manca sono le qualificazioni di Cerere: ma conviene avvertire ch’essendo la sinis
a conviene avvertire ch’essendo la sinistra mano con quanto contiene, di moderno risarcimento, non siamo sicuri che siasi
’opinione del Venuti che la credeva una Giulia Pia: men strana quella di Paolo Alessandro Maffeì, che nel pub])licarla fra
olo Alessandro Maffeì, che nel pub])licarla fra le più insigni statue di Roma, l’appellò Crispina, quantunque non simigli
issime e verisimilmente ideali. In questa oscurità non posso omettere di lodare l’avvedimento di chi l’ha fatta ristaurare
ideali. In questa oscurità non posso omettere di lodare l’avvedimento di chi l’ha fatta ristaurare per Cerere, però che la
ere alle medesime idee nel figurarla velata. « Di altezza colossale e di nobile artifizio è ancor la presente statua, tolt
ntentare 1’ occhio egualmente che la riflessione, la quale non lascia di distinguervi la scelta e l’ideale. Si può dire ch
sali, restandone i dintorni tutti assai distinti ed osservabili ancor di lontano, e non offrendo neppure d’appresso punto
osservabili ancor di lontano, e non offrendo neppure d’appresso punto di rozzo, di trascurato: ma essendo quelle linee par
i ancor di lontano, e non offrendo neppure d’appresso punto di rozzo, di trascurato: ma essendo quelle linee parallele, ch
e pieghe del panneggiamento, con tale intelligenza disposte e variate di spazi che al tempo istesso che non cagionano veru
na esatta imitazione della natura. Insomma se il precedente fa mostra di maggior grazia e di maggiore eleganza, questo sem
della natura. Insomma se il precedente fa mostra di maggior grazia e di maggiore eleganza, questo sembra eseguito con mag
iore maestria. « Questa figura femminile priva delle braccia, vestita di una semplice tunica talare stretta e alquanto rip
gue tutto l’andamento della veste soprapostavi; priva ancora nel capo di ogni ornamento straordinario che simbolico potess
conseguenti nelle loro pratiche, come altre forme davano alle membra di un dio che a quelle d’un eroe e d’un uomo, altre
a quelle d’un eroe e d’un uomo, altre a quelle d’Apollo che a quelle di Bacco, o di Mercurio, di Marte, così di altre rag
un eroe e d’un uomo, altre a quelle d’Apollo che a quelle di Bacco, o di Mercurio, di Marte, così di altre ragioni si serv
n uomo, altre a quelle d’Apollo che a quelle di Bacco, o di Mercurio, di Marte, così di altre ragioni si servissero per un
quelle d’Apollo che a quelle di Bacco, o di Mercurio, di Marte, così di altre ragioni si servissero per una Venere, d’alt
ta proporzione meno svelta che in altre figure, una maggior larghezza di spalle, maggior rilievo di petto e di fianchi che
che in altre figure, una maggior larghezza di spalle, maggior rilievo di petto e di fianchi che Tordmario, ho creduto che
e figure, una maggior larghezza di spalle, maggior rilievo di petto e di fianchi che Tordmario, ho creduto che siasi volut
uadrata e robusta così bene espressa da Lucrezio con quei due epiteti di doppia e mammosa, che sembrano aver suggerito al
che sembrano aver suggerito al nostro artefice il carattere generale di questa scultura destinata, come suppongo, per eff
ere generale di questa scultura destinata, come suppongo, per effigie di quella dea che fu propriamente cognominata Alma,
farà specie che le si ergessero simulacri colossali, e che forse uno di questi fosse collocato nel teatro di Pompeo, esse
lacri colossali, e che forse uno di questi fosse collocato nel teatro di Pompeo, essendo le rappresentazioni teatrali entr
l culto greco e romano, ed essendo particolarmente Cerere la compagna di Bacco, nume propriamente autore e preside del tea
iamente autore e preside del teatro. » Udite il fine del primo libro di Claudiano sul ratto di Proserpina. Il ratto di P
e del teatro. » Udite il fine del primo libro di Claudiano sul ratto di Proserpina. Il ratto di Proserpina. (Continuazio
fine del primo libro di Claudiano sul ratto di Proserpina. Il ratto di Proserpina. (Continuazione). E sede augusta Ida a
a, Di mie cure il segreto affido: il fato Vuol Proserpina unita al re di Dite. Così Temi predisse: Atropo incalza La preda
ompie il suo decreto il tempo. Invadi la Sicilia, opra le frodi, Armi di te; quando l’Aurora appare Sul balzo d’Oriente, a
aterno cenno Obbediente la seguì Minerva: Si fé’ terza la dea, terror di belve. Splende la strada sotto i pie divini: Dell
e divini: Dell’attonito mondo augurio scende La Cometa cosi; splendon di sangue I crini, e d’essi la minaccia accenna Temp
ccia accenna Tempesta ai legni, alle città nemica. Vennero a loco ove di Cerer splende La sede, già sudor lungo ai Ciclopi
a loco ove di Cerer splende La sede, già sudor lungo ai Ciclopi: Son di ferro le mura, e ferro sono Le porte. Stanchi Pir
erfetta La gradita fatica, e sopra il volto A lei corse un color come di rose. Cui l’opposto candor beltade accresce. Era
andor beltade accresce. Era nell’Oceàn celato il sole Spargeva i doni di quiete amica L’umida notte, e la cerulea biga Seg
i stagni, onde lor spuma D’oblio sicuro l’assopita lingua. Orfneo che di crudel luce risplende, Eton che indietro la saett
o la saetta lascia, E Nitteo gloria dello stigio armento, Alastor che di Dite il fumo segna, Si stanno innanzi alle alte s
saghi Sian della preda che il signore attende. (Fine del primo libro di Claudiano). Lezione trentesimaquarta. Feste Te
ne trentesimaquarta. Feste Tesmoforie e misteri Eleusini. Le feste di Cerere dette Tesmoforie furono, secondo Demostene
doro Siculo e Plutarco, trasferite dall’Egitto nella Grecia col mezzo di Orfeo, che le cerimonie sacre ad Osiride ed Iside
onie sacre ad Osiride ed Iside ridusse al culto della dea ed a quello di Bacco. A Trittolemo, secondo altri, figlio di Cel
o della dea ed a quello di Bacco. A Trittolemo, secondo altri, figlio di Celeo devesi delle mentovate feste l’instituzione
nx^^ggior fede il primo, perchè Esichio cristiano era meno a portata di conoscer le pratiche dell’idolatria. Presedevano
tiche dell’idolatria. Presedevano alle Tesmoforie due donne maritate, di legittimi natali, scelte da un’assemblea del loro
sse della Gran Dea chiamate Miste. Il signor D’Hancarville ha preteso di escludere questa opinione, ma il famoso Visconti
ute, portavano sul capo libri legali, come si ricava dallo Scoliaste di Teocrito. Si astenevano dall’opera di Venere per
come si ricava dallo Scoliaste di Teocrito. Si astenevano dall’opera di Venere per alcuni giorni, e gran rimedio alle vog
an rimedio alle voglie impudiche credevano il dormire sopra le foglie di vetrice. Mangiavano ancora l’aglio per studio di
mire sopra le foglie di vetrice. Mangiavano ancora l’aglio per studio di castità. Per togliere ancora il sospetto dell’imp
luogo, che perciò Tesmoforio era detto. Era sacrilegio l’usar corone di fiori, perchè a Cerere rammentavano le sventure d
avano le sventure della rapita figlia, e con eguale rigore proibivasi di mangiare il melagrano, giacché Proserpina, per av
rario i misteri eleusini ebbero per oggetto il diverso pellegrinaggio di Cerere per la rapita Proserpina, e i doni dell’ag
iorno delle feste celebrare un sacrifizio detto ^V7f/t« coli’ oggetto di allontanare lo sdegno della dea, se per caso nell
scorgerle nel celebre vaso etrusco della Galleria, qualora l’opinione di Visconti sia vera. E prezzo dell’opera il favella
rà che tutta la Grecia vi concorreva, che i Romani istituirono a gara di quelli i celebri giuochi secolari, documento dell
a gara di quelli i celebri giuochi secolari, documento dell’ altezza di quel popolo signore del mondo, che fissò i limiti
. Vien riferita ad Eamolpo per altri, che ne prendono motivo dal nome di Eumolpidi, che i sacerdoti dei Misteri avevano in
questo particolare. Tertulliano nel suo Apologetico divide la gloria di questa impresa, dicendo che Orfeo in Pieria, Muse
ia obbligarono gli uomini a queste iniziazioni. Ma quale è la cagione di questi misteri? Scorrendo Cerere in traccia della
cioè sensa riso, presso il pozzo Callicoro. Poscia venuta nella sede di Celeo, che comandava agli Eleusini, rinacque dopo
tituito un coro, cantarono un inno alla dea. Secondo Cicerone, niente di più divino diede Atene di questi misteri, pei qua
un inno alla dea. Secondo Cicerone, niente di più divino diede Atene di questi misteri, pei quali dalla rozza e feroce vi
usa: i secondi si devono al fatto seguente. Doveva Ercole per comando di Euristeo trar Cerbero dall’ Inferno, e non volend
domanda d’Ercole amico e benemerito degli Ateniesi. Si trovò il modo di conciliare questa difficoltà. Piglio adottò Ercol
nicarsi. I maggiori erano sacri a Cerere, i minori a Proserpina fìgha di lei. Differivano ancora nel luogo e nel tempo, gi
si, i secondi in Agrea nell’Attica. I maggiori avevano luogo nel mese di (grec)Agosto; i minori nel Gennaio (grec). Nei mi
all’iniziazione colle lustrazioni. Queste facevansi ponendo le pelli di vittime immolate a Giove sotto i piedi di quelli
facevansi ponendo le pelli di vittime immolate a Giove sotto i piedi di quelli che avevano dei sacrilegi commessi. D’uopo
di di quelli che avevano dei sacrilegi commessi. D’uopo vi era ancora di corone e fiori; ed Idrano, dall’acqua, si chiamav
ti del Pireo. Nei primi tempi non v’ era spesa, ma Aristogitone pensò di trarre una ^rendita per l’erario di Atene fissand
era spesa, ma Aristogitone pensò di trarre una ^rendita per l’erario di Atene fissando una mercede per coloro che volevan
parte interiore del tempio. Dei veli pendenti assicuravano il segreto di ciò che si faceva nel sacrario. Che più? vi erano
ntimi erano solo conosciuti, e conveniva aspettare cinque anni avanti di essere ammesso all’iniziazione che si celebrava d
cinque anni avanti di essere ammesso all’iniziazione che si celebrava di notte. Il ratto di Proserpina. (Continuazione).
i essere ammesso all’iniziazione che si celebrava di notte. Il ratto di Proserpina. (Continuazione). Gl’Ionii flutti col
rati La Verginella dei materni detti Immemore: cosi voUer le Parche E di Vener l’inganno: il vicin fato Con mesto cigolio
gio alcuno, e seco Volgon il piò le dee sorelle: è prima Venere lieta di sua frode: in core, Conscia di tanto furto, essa
ò le dee sorelle: è prima Venere lieta di sua frode: in core, Conscia di tanto furto, essa misura Del rapitor l’inusitata
e fa le Pandionie rocche; Una ministra della guerra, e l’altra Terror di belve: è nel cimiero aurato Tifon scolpito, che n
dido manto Alla Gorgone adombra il crin fìschiante. Dolce è r aspetto di Diana, e molto Fratello era nel viso, e vedi i lu
to di Diana, e molto Fratello era nel viso, e vedi i lumi E le guance di Febo: il sesso solo Gli distingue. Splendean le n
ristide, il tempio Eleusino accoglieva nel suo recinto maggior numero di persone che ogni città di Grecia nelle sue feste.
o accoglieva nel suo recinto maggior numero di persone che ogni città di Grecia nelle sue feste. Il sacrario, secondo Stra
pavimento e le congiunse cogli epistilii; altri architetti decorarono di ben intesi ornamenti. Gl’iniziandi si coronavano
itetti decorarono di ben intesi ornamenti. Gl’iniziandi si coronavano di mirto, si tergevano le mani coiraccjua sacra avan
si coronavano di mirto, si tergevano le mani coiraccjua sacra avanti di entrar nel tempio, che senza un sacrifizio non s’
figure d’animali, mille arcani segni impedivano al profano la lettura di questi libri, e n’assicuravano al sacerdote il se
erano letti innanzi dal gran sacerdote detto Jerofante: eran composti di allegorie dirette ad incutere orrore e meraviglia
ondevano: Digiunai, e bevvi il ciceone, — ch’era una bevanda composta di molti liquori, che Cerere per le persuasioni di u
una bevanda composta di molti liquori, che Cerere per le persuasioni di una donna chiamata Baubone, bevve nel suo dolore
ora si udivano gridi, lamenti: ora tenebre, ora luce, ora apparizione di fulmini, di mostri spaventavano, come ho notato d
no gridi, lamenti: ora tenebre, ora luce, ora apparizione di fulmini, di mostri spaventavano, come ho notato di sopra, gl’
e, ora apparizione di fulmini, di mostri spaventavano, come ho notato di sopra, gl’iniziandi fra il canto e la danza. Coll
r delle fasce ai fanciulli. Il sacerdote, o maestro dei misteri, come di sopra per me vi fu detto, Jerofante si chiamava,
Jerofante si chiamava, ed era delitto per l’iniziato rivelare in nome di lui. Si ornava nelle sembianze di Creatore, ed er
tto per l’iniziato rivelare in nome di lui. Si ornava nelle sembianze di Creatore, ed era insigne per l’ammanto, per la ch
la benda, e per la voce e per l’età venerando, Atene aveva il diritto di dare questi ministri, che dedicandosi ad una perp
icandosi ad una perpetua verginità, stimavano gran rimedio agl’impeti di amore il liquore della cicuta. Oltre l’Jerofante
tro dell’ara la Luna. Presedeva poi ai misteri un prefetto col titolo di re, il quale comandava che ogni nemico dalle ceri
e cose che si fossero fatte contro il rito. Ad altri quattro col nome di Curatori, scelti dal popolo, per legge era commes
i Greci tutti. Demonace e Socrate l’omisero. Quanto vaglia l’autorità di quest’ultimo lo sa chiunque ama la virtù, e non c
a l’autorità di quest’ultimo lo sa chiunque ama la virtù, e non cerca di scemarle la fede del genere umano con insensati s
Nè dimenticherò lo Scita Anacarsi, reso ancor più famoso dall’ opera di Barthélemy, che combina il gusto e l’erudizione.
al maniera si consacravano furono chiamate Melissee. Uno dei vantaggi di questi misteri era che gl’iniziati obbligati si c
cizio della virtù più severa. Cicerone dice che non solo erano causa di vivere con allegrezza, ma pure di morire con buon
erone dice che non solo erano causa di vivere con allegrezza, ma pure di morire con buone speranze. Era opinione che le de
a opinione che le dee Eleusine, Cerere e Proserpina, fossero liberali di buoni consigli. Il merito di questi prestigi segu
e, Cerere e Proserpina, fossero liberali di buoni consigli. Il merito di questi prestigi seguiva ancora nell’Inferno l’omb
a ancora nell’Inferno l’ombre dei devoti, onde la morte era principio di un migliore avvenire. I non iniziati erano allont
di un migliore avvenire. I non iniziati erano allontanati dal tempio di Cerere; e ciò fu cagione di guerra fra Filippo e
non iniziati erano allontanati dal tempio di Cerere; e ciò fu cagione di guerra fra Filippo e gli Ateniesi, che dell’antic
, che dell’antica fortuna non conservano che la superbia. Due giovani di Acarnia ignari di queste cerimonie entrarono nel
fortuna non conservano che la superbia. Due giovani di Acarnia ignari di queste cerimonie entrarono nel tempio cogl’inizia
perse per profani, e condotti ai prefetti del tempio furono, come rei di grave colpa, uccisi. I non iniziati erano dall’op
icidi ancora involontarii, i magi, i prestigiatori (forse per gelosia di mestiere), e finalmente quelli ch’erano macchiati
orse per gelosia di mestiere), e finalmente quelli ch’erano macchiati di qualunque delitto. Era delitto divulgare i riti d
ch’erano macchiati di qualunque delitto. Era delitto divulgare i riti di Cerere ai profani, ed erano obbligati al segreto
rve in alcune sue opere avere toccato con profana curiosità i misteri di Cerere. Orazio, forse il più filosofo dei poeti,
uesto soggetto, nella seguente Lezione. Udite parte del secondo libro di Claudiano. Il ratto di Proserpina. (Continuazion
guente Lezione. Udite parte del secondo libro di Claudiano. Il ratto di Proserpina. (Continuazione). Di Cerere la prole è
trali sembrar Diana, e Palla Se lo scudo portasse: arte felice, Emula di natura, a lei pingea La veste, e qui l’Iperionia
al tripudio le Meonie ninfe, Che l’Ermo nutre, nel solenne rito Fanno di Bacco, e le paterne ripe Scorron con ebra gioia:
genitor soave, Che pei miei prati con lascivo volo Regni, e fai lieto di rugiada l’anno, Mira le ninfe, e del signor del t
ei fior serto dei numi. — Disse, e Zeffir scotea tosto le penne Umide di rugiada, e col fecondo Umor marita le soggette gl
lor: sparge le rose Di sanguigno splendore, e dolce tinge Le violette di color ferrigno.. Non tanti nelle penne Iride acco
esse Altra i candidi gigli, e chi le tempia Coll’amaraco adorna, e va di rose Coronata, e del bel ligustro adorna Il sen,
i, gran parte dell’antica religione. Nel decimoquinto giorno del mese di Agosto, detto dai Greci Boedromione, aveva princi
oedromione, aveva principio la solennità, come da Plutarco nella vita di Camillo e di Alessandro si rileva. È incerto per
veva principio la solennità, come da Plutarco nella vita di Camillo e di Alessandro si rileva. È incerto per quanto tempo
Nel secondo il banditore della cerimonia avvertiva i Misti iniziati, di portarsi al mare. Nel terzo si facevano dei sacri
sacrifizii, s’immolava la triglia sacra a Cerere, la quale vietavasi di gustare agl’iniziati. Si aggiungeva alle libazion
campo Rario, ed era sacrilegio il gettare niente fuora. Il sacerdote di Giunone non poteva gustare di veruna cosa, e quan
o il gettare niente fuora. Il sacerdote di Giunone non poteva gustare di veruna cosa, e quando si solennizava la festa di
e non poteva gustare di veruna cosa, e quando si solennizava la festa di Cerere chiudevasi il tempio della dea, come quell
nizava la festa di Cerere chiudevasi il tempio della dea, come quello di Cerere quando era la festività di Giunone. Nel qu
si il tempio della dea, come quello di Cerere quando era la festività di Giunone. Nel quarto giorno vi era la processione
to rito ai fiori colti da Proserpina nei prati siciliani, ed al ratto di lei, cagione di perpetuo dolore alla madre. Quest
colti da Proserpina nei prati siciliani, ed al ratto di lei, cagione di perpetuo dolore alla madre. Questo carro aveva le
sto, che lentamente procedeva, veniano le donne con le ceste mistiche di purpurea fascia circondate. Avean la forma di arc
e con le ceste mistiche di purpurea fascia circondate. Avean la forma di arca, e vi eran nascosi serpenti, piramidi, volum
Avean la forma di arca, e vi eran nascosi serpenti, piramidi, volumi di lane e melagrani, che vietarono a Proserpina di e
nti, piramidi, volumi di lane e melagrani, che vietarono a Proserpina di esser restituita a Cerere. Nel quinto giorno anda
di esser restituita a Cerere. Nel quinto giorno andavano gl’iniziati di ambidue i sessi portando di notte con volto truce
e. Nel quinto giorno andavano gl’iniziati di ambidue i sessi portando di notte con volto truce le fiaccole, intorno alla g
grandezza delle quali si gareggiava. Alludevano in ciò al lungo errar di Cerere dopo avere accese le faci al monte Etneo.
accese le faci al monte Etneo. Nel sesto giorno vi era la processione di Bacco, coronato di mirto e non di edera, come con
onte Etneo. Nel sesto giorno vi era la processione di Bacco, coronato di mirto e non di edera, come con error manifesto lo
sesto giorno vi era la processione di Bacco, coronato di mirto e non di edera, come con error manifesto lo rappresenta Cl
festo lo rappresenta Claudiano. Questo Bacco non era il Tebano figlio di Giove e di Semele, ma un altro che dal re degli D
ppresenta Claudiano. Questo Bacco non era il Tebano figlio di Giove e di Semele, ma un altro che dal re degli Dei e da Cer
entavano gli Eleusini era detta. Nel settimo giorno vi era una specie di caccia, certame, che giovani a piedi e a cavallo
ertame, che giovani a piedi e a cavallo facevano coi tori. Una misura di orzo n’era il premio, perchè questo vegetabile er
ilievo antico pubblicato dal Lami nell’opera del Meursio sul soggetto di cui si tratta. L’ottavo giorno si diceva Epidauri
giorno si diceva Epidaurio, perchè instituito dagli Ateniesi in onore di Esculapio, che venne da Epidauro dopo i celebrati
la solennità erano i rei e i debitori sicuri. Era vietato alle donne di andare ad Eleusi colle bighe, e gli asini avean l
alle donne di andare ad Eleusi colle bighe, e gli asini avean l’onore di portare tutto quello che era necessario pei miste
i cristiani, e che Valentiniano, che proibir gli voleva, fu costretto di concederne alle preghiere di un uomo illustre la
no, che proibir gli voleva, fu costretto di concederne alle preghiere di un uomo illustre la continuazione. Teodosio il ma
lasi, dai Feniati, dagli Spartani e dai Cretesi. Claudio Cesare tentò di trasportarli presso i Romani, e la sua intenzione
rtanti intorno ad un soggetto tanto rammentato dagli scrittori, e non di rado espresso nei monumenti. Voi ancora potete di
enti. Voi ancora potete dire d’ essere iniziati. Claudiano terminerà di raccontarvi di Proserpina le avventure. Il ratto
a potete dire d’ essere iniziati. Claudiano terminerà di raccontarvi di Proserpina le avventure. Il ratto di Proserpina.
udiano terminerà di raccontarvi di Proserpina le avventure. Il ratto di Proserpina. (Continuazione). Ogni altra ninfa nel
o dei fiori Di Cerere vincea l’unica speme: Il ridente canestro empie di foglie Agresti e i fiori accoppia, e sé corona Fa
con nuovi serti insegna. La ferrea cima lussureggia, e fugge L’orror di Marte, e la placata cresta Tien Primavera. Coi sa
gaci cani Colei che scorre del Partenio i boschi Or sprezza i cori, e di frenar con vago Serto del crin la libertà non sde
l fumante giro. Come occulto guerrier cerca la strada Dentro le fosse di scavato campo Onde il sicuro oste sorprenda, e vi
in che prepara a Giove. L’udì l’abitator dei ghiacci alpini, Il Tebro di trionfi ancor non cinto. Ma poiché vinta dalla ma
iume; Vincon del Parto la saetta, i venti, II volo del pensier: spuma di sangue Il freno, e tinge le fumanti arene. Fuggon
gli Sbrana il petto, poiché nel tergo immenso Il furor consumò, scote di sangue I tinti velli, e dei pastor disprezza I vi
ti velli, e dei pastor disprezza I vili sdegni. Gli dicea Minerva: Re di vigliacca plebe, o dei fratelli Pessimo, con la f
e qui ti spinse? ed osi Profanar con la tua quadriga il mondo? Per te di Lete è il pigro stagno, e sono Spose degne di te
adriga il mondo? Per te di Lete è il pigro stagno, e sono Spose degne di te le stigie ancelle. Torna alla notte tua, lasci
al nero carro, L’asta fiammeggia, e già saria vibrata, Ma puro raggio di tranquilla luce Giove ne torse, e con tonante nem
I gioghi Te piangeranno del Menalio monte, E il mesto cinto, e tacerà di Delfo Il fraterno delubro. — E tratta intanto L’E
ove è l’amor d’un padre? Qual delitto in me tanta ira commove? Non io di Flegra nel fatai tumulto Portai l’insegne contro
ma schiava. O male amati fiori, o della madre Disprezzati consigli, o di Ciprigna Arti tardi scoperte. madre naia, Aita; a
on funeste cure Proserpìna il tuo cor? scettro maggiore Avrai, nè son di te consorte indegno. Io pur son prole di Saturno,
ettro maggiore Avrai, nè son di te consorte indegno. Io pur son prole di Saturno, e serve A me la mole delle cose: il gior
reno, E gli guidan fumanti ai noti prati. Parte tiene la reggia, orna di rami Le soglie, e il letto con adorni vasi Inalza
anto, e son più rari Li orrori eterni; non l’incerte sorti Agita Fuma di Minòs, è muto Ogni flagello, non urli, non pianti
oprio Espero lascia. Proserpina al nuzial letto è condotta, Ed ornata di stelle il nero ammanto Pronuba notte le sta press
gomento delle nostre ricerche. Intorno alle altre divinità ho cercato di esporvi le opinioni degli antichi, e d’illustrarl
va la tenuità delle mie forze e la vastità del subietto. È sentimento di alcuni che due Veste vi siano state: una, madre"
tto. È sentimento di alcuni che due Veste vi siano state: una, madre" di Saturno, che Pale ancora fu detta; e Y altra figl
e: una, madre" di Saturno, che Pale ancora fu detta; e Y altra figlia di lui. La somiglianza del nome le fece confondere,
vedovasi per attestare, secondo Posidonio, che a lei dovevasi l’arte di fabbricarle. Narra Aristocrito che dopo la vittor
dopo la vittoria riportata sui Giganti, Giove diede a Vesta la scelta di ciò che più le piacesse, ed essa, oltre le prime
i ciò che più le piacesse, ed essa, oltre le prime libazioni, ottenne di castità perpetua il dono. Reputavasi il fuoco ete
oni, ottenne di castità perpetua il dono. Reputavasi il fuoco etereo, di che simbolo è Vesta, perpetuo degli antichi, onde
nascer da questa alcun corpo. — Infatti, in Corinto vi era un tempio di Vesta senza alcuna statua, e vi si vedeva solamen
in Roma un tempio alla dea Vesta, e lo fece costruire quasi in forma di un globo, non già, dice Plutarco, per significare
tutto l’universo, nel mezzo del quale stava quel fuoco che chiamavano di Vesta. Pure lo stesso nei Problemi, indagando la
ente probabile il parere accennatovi sulla confusione tra Vesta madre di Saturno, e Vesta sorella di Giove. Nel tempio acc
ennatovi sulla confusione tra Vesta madre di Saturno, e Vesta sorella di Giove. Nel tempio accennato mantenevano i Romani
evano più accenderlo con altro fuoco: bisognava, dice Plutarco, farne di nuovo, esponendo qualche materia atta a prender f
e di nuovo, esponendo qualche materia atta a prender fuoco nel centro di un vaso concavo presentato al Sole. Ciò forse pot
to però pretende, che questo nuovo fuoco si facesse collo sfregamento di un legno, a ciò atto, forandolo. Lo rinnovavano o
gno, a ciò atto, forandolo. Lo rinnovavano ogni anno nel primo giorno di Marzo ancora che non si estinguesse. Il fuoco sac
l primo giorno di Marzo ancora che non si estinguesse. Il fuoco sacro di Vesta non conservavasi solamente nei templi, ma a
di Vesta non conservavasi solamente nei templi, ma ancora alla porta di ogni casa particolare, da che la parola vestibolo
ni casa particolare, da che la parola vestibolo è derivata. Il tempio di Vesta in Roma era aperto a tutti nel giorno, ma n
perto a tutti nel giorno, ma non era permesso ad alcun uomo lo starvi di notte, e nel giorno stesso gli uomini non potevan
ura in una donna sedente circondata da delle piante, e da ogni genere di animali, che l’accarezza. È chiaro che confonde V
accarezza. È chiaro che confonde Vesta colla Terra. Sopra una lampade di bronzo del Museo Romano si vede la dea che tiene
el Museo Romano si vede la dea che tiene una fiaccola accesa in forma di lancia nella mano destra, ed una patera, simbolo
unemente una lampade per indicare il fuoco eterno. Sopra un monumento di forma circolare eh’ è, ovvero era, nel Campidogli
lare eh’ è, ovvero era, nel Campidoglio, inciso nei Monumenti inediti di Winkelmann, Vesta è la sola dea che abbia un lung
elmann, Vesta è la sola dea che abbia un lungo scettro. L’abito suo è di matrona; qualche volte invece della lampade ha un
piccola Vittoria. I titoli che ha nelle medaglie e nei monumenti sono di Santa, Felice, Eterna, Antica, Madre. Sarebbe qui
menti sono di Santa, Felice, Eterna, Antica, Madre. Sarebbe qui luogo di favellare delle sacerdotesse della dea dette Vest
oria e delle costumanze romane, opportunità migliore mi si presenterà di trattarne quando, dopo avere indagata nelle favol
le la religione degli antichi, vi narrerò gli usi e i magnanimi fatti di quel popolo signore dell’universo. Il vostro cuor
l popolo signore dell’universo. Il vostro cuore dimanda che avvenisse di Cerere quando si accorse che le era stata rapita
ta la figlia. Soddisfarà a così giusto desiderio Claudiano: Il ratto di Proserpina. (Continuazione.) Cerer spaventa nelle
nta nelle sacre rupi, Ch’il suono degli scudi empie, sicuro Simulacro di mal; notte ripete I timori del giorno; in ogni so
ammanto i panni allegri, E nei lari fiorir gli orni infecondi. Sorgea di tutto il bosco a lei più caro Un lauro, ed eran l
el virgineo letto: Questo, reciso fin dall’imo, trarre Vede, e brutti di polve i rami incolti. Cercò la colpa, e rispondea
ché sorprese la notizia antica Nel dubbio volto, le dicea la madre: O di qual colpa sei punita, e donde Questo pallore? A
: Crudele Madre, ed immemor dell’estinta figlia, Tanto ti prese oblio di me? disprezzi Così l’unica prole? e caro un giorn
in tormentoso abisso, Mentre tu, cruda, tra le Frigie danze Esulti, e di rumor vano riempi L’Idea montagna: Se il materno
erno affetto Tutto dal core non scacciasti, e sei Cerere santa, e che di tigre ircana Il sen non ti nutrì, da questi lacci
, ed ogni giorno Tremendi auguri: al mio dolor minaccia. Quante volte di spighe i biondi fasci Cadon spontanei dalle chiom
rda il vento: Non sì gli ozii del ciel Giove avviliro Che alla difesa di cotanto pegno II suo fulmin non vibri: Or vai, ma
non mertata sferza. Cerca Sicilia, e d’Ida appena è scesa, E paventa di tutto, e nulla spera. Sì teme augel che non pennu
gradito Portar la pargoletta al sommo Giove, E locarla con dolce atto di madre Nel ginocchio paterno, ed era a lei Genitri
enitrice seconda. Allora avea La canizie del suo capo tremante Sparsa di polve, e gran pianto spargea Sull’alunna divina.
lunga pace dei tranquilli lari. (Fine della traduzione del Poemetto di Claudiano). Lezione trentesimottava. Il Caos,
ella sua Teogonia, se crediamo ad Erodoto, divise con Omero la gloria di dare un sistema alle opinioni religiose, quantunq
on violata l’antica semplicità delle favole, le adornassero solamente di alcune circostanze. Nel principio, dice Esiodo, e
rincipio, dice Esiodo, era il Caos, quindi la larga Terra sede sicura di tutti gì’ immortali, i quali tengono i gioghi del
immortali, i quali tengono i gioghi del nevoso Olimpo, e nei recessi di essa stava il Tartaro tenebroso. V’era ancora l’A
ortali e degli uomini la mente e il prudente consiglio. Dal principio di Esiodo traendo l’argomento della mia Lezione, rag
lla Terra, e dell’Amore. Secondo Ovidio Caos fu detto l’unico aspetto di tutta la natura nell’universo, che consisteva in
ed indigesta mole, in un inerte peso, ed in ammucchiati semi discordi di cose non ben congiunte. Il rintracciare altro neg
iche testimonianze. Esiodo, come avete veduto, non descrive l’origine di lei, ma immediatamente dopo il Caos la pone. V’è
di lei, ma immediatamente dopo il Caos la pone. V’è chi la fa moglie di Titano. L’autore delllnno Omerico la chiama gran
uesta dea un’agnella nera, come rilevasi dal terzo libro dell’ Iliade di Omero. Orazio le assegna altra vittima nel porco,
so rintracciare nei monumenti antichi e nelle medaglie i modi diversi di rappresentare la Terra. In una pittura antica del
a la pugna tra Ercole ed Anteo, la Terra è rappresentata nella figura di una donna assisa sopra una rupe. Ella avea luogo
i una donna assisa sopra una rupe. Ella avea luogo nella composizione di questa tavola come madre di Anteo, che rinnuovava
rupe. Ella avea luogo nella composizione di questa tavola come madre di Anteo, che rinnuovava le sue forze ogni volta che
mincia il suo corso; il disegno n’è bello, e rammenta i celebri versi di Ovidio: La via è ripida, terribile, ma sono i qua
re il carro, dicendogli che s’egli fosse salito sui fiammanti Coc chi di Febo, la Terra niente pel mutato auriga avrebbe t
ione indirizzata a Comodo. Nerone era eccellente a guidare un cocchio di carriera. » Fin qui Addison, del quale ho riporta
artefici possono trarre dalle combinazioni dei poeti. In una medaglia di Giulia Augusta esposta dal Begero, siede la Terra
ielo e delle Stelle fìngesi madre. Stassi adagiatamente sotto l’ombra di una palma per dinotare la sua continua fecondità,
do questo albero simbolo della fertilità e della durata. Scorgonsi al di sopra del suddetto globo sorger le quattro stagio
te nei quattro fanciullini, tutti rivolti verso la Terra; ed il primo di essi, che rappresenta l’Inverno, ha un manto che
esprimevano con giovani uomini o fanciulli le stagioni, perchè presso di loro chiamavansi neutramente i tempi dell’anno, a
come appunto da Macrobio viene espressa. La Terra è turrita, ed ha al di sopra alla destra Mercurio, come si distingue dal
odate pongono in mezzo la Terra: sotto a Marte stassi la Luna, che ha di fronte Giove, ed in mezzo tutto raggiante mirasi
nostre ricerche. I Latini, come nota Servio, diedero ad Amore il nome di Cupido. Ma questa regola non è generale, come in
ed alla Terra. Secondo Cicerone vi furono tre Amori. Il primo, figlio di Mercurio e Diana: il secondo di Mercurio e Venere
vi furono tre Amori. Il primo, figlio di Mercurio e Diana: il secondo di Mercurio e Venere; il terzo nato dalla Venere ter
nato dalla Venere terza e da Marte, ed Antero chiamato: lo Scoliaste di Teocrito lo favoleggia nato dal Caos e dalla Terr
e Lezione a ciò che riguarda Cerere col leggervi il delitto e la pena di Eresittone. che da Ovidio ho tradotto: Eresitton
oso, e sola è bosco: Memori segni la cingean, corone Varie, argomento di potente voto. Le Driadi all’ombra dei sacrati ram
mpiva: era del bosco Maggior, quanto sovrasta all’erba il bosco . Non di Triope pertanto il figlio astenne Dall’arbor sacr
glio astenne Dall’arbor sacro il ferro, e allorché vide La pia dimora di tremante servo. Gli rapisce la scure, e in questi
In colpo obliquo, Ciò detto libra la bipenne; trema, E par che pianga di Dodona il legno, E colle frondi impallidir le ghi
col cenno del divino capo Scosse i campi ove gran messe biondeggia, E di tormento lacrimabil serto Ordia; ma chi sopra Ere
v. 741 e segg. Lezione tremesimanona. Gli attributi e i simulacri di Amore. La Notte. Vi esposi nella passata Lezio
da^li antichi intorno a questa divinità potente. Nella famosa pittura di Zeusi in Atene vedevasi Amore coli’ ali e coronat
famosa pittura di Zeusi in Atene vedevasi Amore coli’ ali e coronato di rose. Col tempo gli furono afirsriunti non solame
, la Contesa. Seguì l’idee degli antichi il Petrarca allora che disse di questo dio: « Ei nacque d’ozio e di lascivia uma
chi il Petrarca allora che disse di questo dio: « Ei nacque d’ozio e di lascivia umana Nutrito di pensier dolci e soavi,
disse di questo dio: « Ei nacque d’ozio e di lascivia umana Nutrito di pensier dolci e soavi, Fatto signore e dio da gen
ettati, e la nostra volontà muta loco. « Meritamente è armata la mano di saette formate a guisa di amo18, e la faretra pen
à muta loco. « Meritamente è armata la mano di saette formate a guisa di amo18, e la faretra pende dall’una all’altra spal
e delle più celebri statue dell’antichità è nel viaggio è nel Yiaggio di lui rammentata. Neir ingresso dell’Academia vi er
scolpito da Scopa insieme col Desiderio e la Passione. Fra le pitture di Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si a
iderio e la Passione. Fra le pitture di Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si ammiravano nel tempio di Esculapio
Pausia contemporaneo ed emulo di Apelle, che si ammiravano nel tempio di Esculapio in Epidauro, distinguevasi un Amore, ch
rme non mai adoprata. Successivamente Lisippo fece per essi un Cupido di bronzo, e Prassitele ne aveva per l’ innanzi scol
Cajo imperatore dei Romani, che Claudio lo rimandò, ed ultimamente fu di nuovo rubato da Nerone e situato in Roma, ove fu
ove fu consumato dal fuoco. Il Cupido che vedovasi in Tespi ai tempi di Pausania era di Metrodoro Ateniese, che aveva imi
o dal fuoco. Il Cupido che vedovasi in Tespi ai tempi di Pausania era di Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statua d
pi di Pausania era di Metrodoro Ateniese, che aveva imitata la statua di Prassitele, la quale aveva tanta celerità, che si
i Prassitele, la quale aveva tanta celerità, che si faceva il viaggio di Tespi unicamente per vederla. I tespiesi celebrav
spi unicamente per vederla. I tespiesi celebravano una festa in onore di Cupido, nella quale vi era il premio non solo pei
in Elide vedevasi sullo stesso piedistallo delle Grazie alla diritta di loro. In Egira l’Amore alato stava in una piccola
all’infinito. Una delle sue immagini più dotte è quella del Gabinetto di Stosch, che l’offre tenente un gruppo di chiavi i
dotte è quella del Gabinetto di Stosch, che l’offre tenente un gruppo di chiavi in mano, che egli è il padrone ed il guard
o di chiavi in mano, che egli è il padrone ed il guardiano del talamo di Venere, come Euripide si esprime. Rappresentato i
grec) o chiavigero. Si rappresentava ancora l’Amore con gli attributi di tutte le grandi divi^nità per denotare l’estensio
le si veggono dodici piccoli Amori, dei quali il primo porta la clava di Ercole sulla spalla, e il secondo il martello di
primo porta la clava di Ercole sulla spalla, e il secondo il martello di Vulcano, L’Amore sotto la figura di Giove è in pi
spalla, e il secondo il martello di Vulcano, L’Amore sotto la figura di Giove è in piedi nel mezzo, appoggiato sopra un c
eroi, e tiene il fulraine nella mano, L’Amore, secondo l’espressione di Plutarco, è il compagno delle Muse, delle Grazie
o l’espressione di Plutarco, è il compagno delle Muse, delle Grazie e di Venere. Una gemma del Museo Fiorentino ci offre A
iga sopra un’anfora, e questa immagine sembra esser tolta dall’Ercole di Omero. Sopra una pietra conosciutissima, l’Amore
forme. Con ragione quindi l’autore degl’Inni, che vanno sotto il nome di Orfeo, la chiamò madre degli uomini e degli Dei.
el quale cominciavano a risplender le stelle. Euripide disse: Coperta di nere vesti sale sul cocchio la Notte, e gli astri
ia, la Vecchiezza, le Tenebre, la Miseria, sono sua prole, per tacere di molti altri. Vogliono alcuni che senza marito la
ito la generasse, ed altri, coll’Èrebo congiunta. La Notte tenente al di sopra della sua testa una vesr,e volante seminata
Notte tenente al di sopra della sua testa una vesr,e volante seminata di stelle si scorge in una gemma antica, ove il Maff
ica, ove il Maffei ha creduto vedere la dea dell’Ore. Monfaucon parla di una consimil figura dipinta in un antico manoscri
o rilievo del Palazzo Albani, che esprime la scoperta dell’ adulterio di Venere con Marte, questa dea assisa sopra un lett
lterio di Venere con Marte, questa dea assisa sopra un letto tiene al di sopra di essa un manto volante, per indicare prob
Venere con Marte, questa dea assisa sopra un letto tiene al di sopra di essa un manto volante, per indicare probabilmente
to volante, per indicare probabilmente che questo delitto fu commesso di notte. Sopra un altro monumento, che rappresentav
soggetto, ma che non esiste più, la Notte era effigiata nella figura di una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrell
tte era effigiata nella figura di una donna nuda con delle lunghe ali di pipistrello, e con una fiaccola nella mano. Compi
na fiaccola nella mano. Compirò il mio ragionamento colla descrizione di un simulacro di Arùore del Museo dementino, data
a mano. Compirò il mio ragionamento colla descrizione di un simulacro di Arùore del Museo dementino, data dal celebre Visc
no, data dal celebre Visconti. Succederà a questa un’elegante Canzone di Lodovico Savioli sopra Amore e Psiche. Si present
e di Lodovico Savioli sopra Amore e Psiche. Si presenterà l’occasione di ritornare col tempo su questa favola ingegnosa, c
tanta venustà raccontata da L. Apuleio: « Maggior sarebbe il pregio di questa bellissima mezza figura quando colla stess
intracciar l’autore. « La grazia e la venustà sono le doti principali di questa scultura, che non manca nè di verità, nè d
venustà sono le doti principali di questa scultura, che non manca nè di verità, nè di morbidezza. La celeste fisonomia ce
le doti principali di questa scultura, che non manca nè di verità, nè di morbidezza. La celeste fisonomia ce lo farebbe ra
i morbidezza. La celeste fisonomia ce lo farebbe ravvisare pel figlio di Venere compagno delle Grazie, anche senza riflett
e, anche senza riflettere che aveva in antico le ali, riportate forse di bronzo, rimanendovi sopra gli omeri i vani per in
ovi sopra gli omeri i vani per inserirvele. « In due repliche antiche di questo elegante simulacro, inferiori però al nost
però al nostro frammento per la finezza dell’esecuzione, le ali sono di marmo. Una di queste assai conservata, coll’arco
o frammento per la finezza dell’esecuzione, le ali sono di marmo. Una di queste assai conservata, coll’arco della destra e
e del Viminale, nel sito ove gli espositori della topografia marmorea di Roma antica leggono Bagno di Agrippina. Quantunqu
gli espositori della topografia marmorea di Roma antica leggono Bagno di Agrippina. Quantunque però non esista monumento a
ista monumento antico a mia conoscenza che possa illustrare l’origine di questa graziosa figura, inclinerei molto ad attri
tele. Sappiamo da Plinio ch’egli scolpì l’Amore a Tespi piccola città di Beozia, che per questo solo era visitata dai fore
la rimosse per restituirla loro: che Nerone tornò a ritorla e la fece di hel nuovo trasportare nella metropoli, dove perì
o si ammirava, come vuole Plinio, anche ai suoi giorni ne’ porticati di Ottavia. Asserisce questo autore che Prassitele s
re che Prassitele scolpì un’ altra volta Cupido tutto nudo pel tempio di Parlo dove ebbe fama e avventure pari a quelle de
Parlo dove ebbe fama e avventure pari a quelle del simulacro materno di Guido. Quel che sicuro è, che la moltiplicità del
ltiplicità delle copie ce lo attesta per una delle più celebri statue di questo nume; ed io la crederei volentieri un’imma
oglio, nel Palazzo Laute e altrove, potrebbe essere imitato da quello di Tespi. » Amore e Psiche « E tu, cura soave Di tac
igliando alla giurata guerra. Ma la vendetta invano Volgean gli occhi di Psiche. Ardesti, e a te l’antiche Arme cadeau di
no Volgean gli occhi di Psiche. Ardesti, e a te l’antiche Arme cadeau di mano. Vittima incerta entro a funereo letto Trado
valli profonde in ricco tetto Peso a un Zefiro amico ella scendea. Là di se in forse i vuoti dì vivea Fra tema e speme a s
mortal lavoro. Ivi alle tue fatiche Ofiria dolce ristoro Il molle sen di Psiche Irrequieta Diva, Che nelle gioie altrui t’
i Per l’aure lievi a volo. Te ritenne Citerà. Ivi t’accolse La rosata di Psiche emula antica, E medicava la pietosa mano L
il cibo e gli occhi il sonno chiude. Elia passa, e il soggiorno Tenta di Pluto, e il fatai dono chiede: Ricusa i cibi, e a
sommo Olimpo l’ali, E innanzi al Re, che i maggior Dii governa, Narrò di Psiche e di se stesso i mali, E chiedea modo a ta
l’ali, E innanzi al Re, che i maggior Dii governa, Narrò di Psiche e di se stesso i mali, E chiedea modo a tanta ira mate
egli offre agli infelici dei sogni, coi quali l’immaginazione, stanca di vere sciagure, cerca un miglior avvenire. Certo è
rca un miglior avvenire. Certo è che i sogni sono la compagnia eterna di questa cara divinità, come appare da Tibullo, che
to piede. — Questa immagine da lui derivò il Casa nella prima terzina di questo famoso Sonetto, che voi udirete volentieri
e l’ali Tue brune sopra me distendi e posa. Ov’è il silenzio, che il di fugge e il lume? E i lievi sogni, che con non sec
e il di fugge e il lume? E i lievi sogni, che con non secure Vestigia di seguirti han per costume? Lasso: che invan te chi
o coltre: Sanza la qual chi sua vita consuma, Cotal vestigio in terra di sé lascia, Qual fumo in aere od in acqua la schiu
a, Qual fumo in aere od in acqua la schiuma. » Quindi è che fratello di Lete lo disse con ragione Orfeo, che chiamò pure
o quel faceto scrittore, in una vasta pianura circondata da una selva di papaveri grossi come alberi, e di mandragore: mil
sta pianura circondata da una selva di papaveri grossi come alberi, e di mandragore: mille erbe che producono il sonno fio
i all’odio. Nasce da due fonti, che sgorgano in sconosciuto loco. Uno di questi si chiama il Nero, l’altro Tutta-Notte. Ne
chiama il Nero, l’altro Tutta-Notte. Nella città sono due porte: uno di corno lavorata con grande artifizio mostra espres
e, come in basso rilievo, tutte le immagini che cadono nella fantasia di chi dorme. Nell’altra di avorio bianchissimo non
tutte le immagini che cadono nella fantasia di chi dorme. Nell’altra di avorio bianchissimo non sono i sogni espressi per
condo si adora l’Apatia. Nel terzo la Verità. Sono popolate le strade di Sogni, tutti di figura diversa. Alcuni sono graci
’Apatia. Nel terzo la Verità. Sono popolate le strade di Sogni, tutti di figura diversa. Alcuni sono gracili, piccoli, gob
diversa. Alcuni sono gracili, piccoli, gobbi, con gambe torte. Altri di bella statura e non men leggiadri di volto e di p
i, gobbi, con gambe torte. Altri di bella statura e non men leggiadri di volto e di portamento. Vi sono Sogni che alati mi
on gambe torte. Altri di bella statura e non men leggiadri di volto e di portamento. Vi sono Sogni che alati minacciano, c
a graziosa pittura può presentare molte idee al vostro criterio, come di non poco lume per l’arte vi possono essere le seg
per l’arte vi possono essere le seguenti notizie, che intorno ai modi di figurare il Sonno derivo dagli antichi monumenti.
Questo dio è rappresentato per una figura addormentata nelle braccia di Morfeo suo figlio, secondo Ovidio. Così in due ur
Così in due urne cinerarie al Campidoglio si vede Endimione, l’amante di Diana, dormire sul monte Latmo. Morfeo è ordinari
enta lo stesso genio addormentato coli’ ali ripiegate, e con dei capi di papavero nella mano. In un altare di Trezene si o
i’ ali ripiegate, e con dei capi di papavero nella mano. In un altare di Trezene si offrivan dei sacrifizi al Sonno, come
onno, come l’amico delle Muse. Quindi nel Museo Clementine una statua di lui è posta dopo le figlie di Mnemosine dal Visco
Quindi nel Museo Clementine una statua di lui è posta dopo le figlie di Mnemosine dal Visconti, che illustra due altri si
, che illustra due altri simulacri dello stesso Nume, che erano parte di quella preziosa raccolta delle più belle statue d
raccolta delle più belle statue del mondo. Io non voglio defraudarvi di tante cognizioni preziose per l’Arti e per la Mit
de inserirò in questo mio ragionamente, come soglio, le illustrazioni di tanto antiquario. « Non farà maraviglia che nel
i di tanto antiquario. « Non farà maraviglia che nel Museo Tiburtino di Cassio fosse stata unita la statua del Sonno a qu
eressero in Trezene un’ara comune a questa divinità. « Nè tal maniera di pensare deve sembrare affatto strana a chi riflet
ce ne resti. (Notate che ancora non si erano scoperti gli altri due, di cui parla Visconti nel terzo tomo. « Ha già avver
vertito Winkelmann che quello della Villa Borghesi scolpito in pietra di paragone, è opera moderna dell’ Algardi, come ris
rticolarmente nelle palpebre mollemente chiuse, e nel capo, che pieno di grave sonnolenza pende sull’omero manco. « Così p
no in una bell’ara del Palazzo Albani, dal quale è stata presa l’idea di porgli in mano una face rovesciata, simbolo dei s
i che per lui si estinguono. L’ara che è ai suoi piedi é forse quella di Trezene, ch’ebbe comune colle Muse, e la pianta è
Capitolino, oltre l’ali alle tempie, ha più agli omeri due altre ali di farfalla che lo adornano ancora nel Museo Matteia
edaglie della famiglia Tizia. Chi riflette che in altre vi è la testa di Bacco, nume anch’esso del Parnaso, e che al roves
vi è la testa di Bacco, nume anch’esso del Parnaso, e che al rovescio di tutte è il Pegaseo, che diede origine al celebre
rigine al celebre Ippocrene, e che inoltre poeta rinomato fu ai tempi di Augusto uno di questa famiglia, il quale si suppo
re Ippocrene, e che inoltre poeta rinomato fu ai tempi di Augusto uno di questa famiglia, il quale si suppone essere stato
o relazione veruna, e perchè non gli può competere quell’acconciatura di capo, che pur ci offrono le più sicure immagini d
quella delle citate medaglie, eccetto nell’ali delle tempia, che sono di farfalla. È stata dagli antiquari attribuita a Pl
co a un uomo, e meno ad un filosofo convenienti, e il ritratto stesso di quel grand’ uomo conservatoci in alcune di quelle
enti, e il ritratto stesso di quel grand’ uomo conservatoci in alcune di quelle medaglie contornate, che cotroni comunemen
nostro Museo, e nella nostra statua medesima, e finalmente per le ali di farfalla che adornano gli omeri di quel Nume in v
medesima, e finalmente per le ali di farfalla che adornano gli omeri di quel Nume in vari bassirilievi, e segnatamente ne
egnatamente nel sar cofago Capitolino. L’ingegnosa allegoria nell’ali di farfalla, come simbolo dell’immortalità dell’anim
a testa simile alle monete della famiglia Tizia, ha le ali come fatte di piume, che non sostengono simile allusione, e che
ò in verun conto rappresentare quel filosofo. « Fra le molte immagini di questo placido nume, colle quali spesso compiacev
i di questo placido nume, colle quali spesso compiacevasi l’antichità di rallegrar la tristezza dei sepolcri, poche sono e
za dei sepolcri, poche sono egualmente conservate, ninna è così ricca di simboli come la presente. « Il Sonno rappresentat
l Sonno rappresentato qui come un genio, o fanciullo alato, è in atto di tranquillo riposo, disteso tutto sul suolo, ed un
eso tutto sul suolo, ed una delle ripiegate sue ali par che gli serva di morbido letto. « I letei papaveri, parte ancora f
 I letei papaveri, parte ancora fiorenti, parte già formati in guscio di semi, pendono dalla sua lenta sinistra, e tre pic
ggio per simbolo del Sonno, le cui apparenze mentisce l’iemal torpore di questo piccolo quadrupede. Nè semplicemente del S
pede. Nè semplicemente del Sonno è simbolo, ma ancora della salubrità di quella ristorante interruzione dei sensi, poiché
geto e pingue apparisse il gentile animale dopo il sonno e il digiuno di un’intera stagione. « Presso al Sonno è scolpita
r virtù del Sonno sembrò libera da’ lacci della materia, e più capace di conversar colle sostanze spirituali e divine. « M
l’apparente sua sonnolenza durante la fredda stagione. « Tal replica di simboli, per così dire sinonimi, parrebbemi alqua
inonimi, parrebbemi alquanto inelegante. Io congetturo che l’immagine di questo rettile vi sia aggiunta con più mistero. «
ulo non avea altro simbolo della sacra sua professione che l’immagine di un ramarro, che parea strisciargli dall’omero ver
to in compagnia del Sonno potrà significare i presagi, che gli uomini di ogni secolo e di ogni nazione si sono lusingati p
el Sonno potrà significare i presagi, che gli uomini di ogni secolo e di ogni nazione si sono lusingati poter ritrarre dai
llo stesso rettile. Si trova la lucertola aggiunta ad alcune immagini di Mercurio, a quelle dell’Amore dormente, a quelle
magini di Mercurio, a quelle dell’Amore dormente, a quelle finalmente di Apollo stesso. Mercurio è il dator de’ sogni: le
è il dator de’ sogni: le storie degli antichi e moderni amori mancano di rado di una qualche avventura, che i sogni degli
or de’ sogni: le storie degli antichi e moderni amori mancano di rado di una qualche avventura, che i sogni degli amanti n
tato dalle rozze nazioni attribuito al alcune più che ad altre specie di viventi, dovrà attribuirsi a quei cangiamenti del
non si dubiti della loro rappresentanza. « Il celebre Lessing è stato di parere che sì fatti genii, giovinetti, o fanciull
te interpretarsi uno per la Morte e l’altro pel Sonno, giacché simili di sembianza erano rappresentati nell’arca di Cipsel
pel Sonno, giacché simili di sembianza erano rappresentati nell’arca di Cipselo e simili; come gemelli par li supponga Om
a riflessione del signor Herder, pure in qualche monumento una figura di questo genere, e simile in gran parte alle accenn
nca, il quale è scolpito nei bassi rilievi rappresentanti la tragedia di Medea, ed accompagna i doni avvelenati che i fanc
gedia di Medea, ed accompagna i doni avvelenati che i fanciulli figli di Giasone recano alla sposa, che dee divenir loro m
la morte; e la natura della rappresentanza non sofire l’addolcimento di nessun eufemismo. La seconda riguarda l’interpret
. La seconda riguarda l’interpretazione dello stesso Lessing al luogo di Pausania, ove dice che nell’arca di Cipselo la Mo
one dello stesso Lessing al luogo di Pausania, ove dice che nell’arca di Cipselo la Morte e il Sonno erano due fanciulli c
e greca possa significare altra cosa, anzi voler indicare la positura di sovrappor una all’altra gamba, in cui sono espres
ostumato sovente anche nei genii dì altre classi, forse ad imitazione di Cupido. « Le chiome del nostro Genio sono distint
bergo e tempio; Di Febo ignoto ad ogni raggio il suolo, E sola nebbia di caligin mista. Con vigil canto non invoca il gior
. Con vigil canto non invoca il giorno Chi soffre il danno del rossor di Marte: Le frondi immote non lusinga il vento, Abi
non lusinga il vento, Abita muta quiete. Esce dagl’imi Sassi ruscello di liquor Leteo: Invita i sonni il mormorio dell’ond
trider non renda: Niun custode ba la soglia: in mezzo all’antro Sorge di ebano un letto, e nero velo Lo copre. Qui giace l
e lo dio: le membra Il languor gli discioglie: i vani sogni Imitatori di diverse forme Giacciongli intorno, e non ba tante
Cicerone nel libro terzo dà per genitori allo dio quelli che il poeta di Ascra gli assegna per fratelli. Celo sposò col te
Celo sposò col tempo la Terra, che lo fé’ padre d’insigne moltitudine di figli. Questi sono Ceo, Crio, Iperione, Giapeto,
dei figli della Terra e del Cielo, fu creduto dagli antichi genitore di tutti gli animali e di tutti gli Dei. Forse in qu
e del Cielo, fu creduto dagli antichi genitore di tutti gli animali e di tutti gli Dei. Forse in questa opinione influì l’
relativamente a Giunone. Fu credenza degli antichi che avesse il capo di toro, come attesta Euripide nell’Oreste. Io penso
reputavano i fiumi, i quali nelle medaglie sono indicati colle fòrme di toro. L’ Oceano fu amico dell’ infelice Prometeo,
ani, che contro Giove prese le armi illustrando l’ardimento e la pena di Promoteo suo figlio. Avanti la guerra dei Giganti
ia. Di Mnemosine non sappiamo se non che fu madre delle Muse ed amica di Giove, che per sedurla si trasformò in Pastore. L
di Giove, che per sedurla si trasformò in Pastore. L’unico simulacro di lei che ne resti è nel Museo Clementine, e così v
i più singolari per la rarità e per l’erudizione è la presente statua di Mnemosine, o sia la Memoria, figlia della Terra e
to in vetusti caratteri sulla sua base, non solo ci dà il significato di questo simulacro, che sarebbe restato oscurissimo
to oscurissimo, ma ci è servito per riconoscere con maggior chiarezza di quella che potevamo sperare l’immagine della sua
ntiquaria sian le troppo sottili interpretazioni, pure questa maniera di portare la sopravvesta, che costantemente si osse
basti a giustificare un simil divisamento. «La dea eh’ è il soggetto di questa scultura abbastanza è nota pei carmi non m
l’unica statua, e forse, più generalmente parlando, l’unica immagine di questa dea. Avea creduto il Cupero di vederla nel
ente parlando, l’unica immagine di questa dea. Avea creduto il Cupero di vederla nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero i
dea. Avea creduto il Cupero di vederla nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero in quella figura istessa che abbiamo ricono
atte sul Parnaso in quel monumento, credo che la decima alla sinistra di Apollo sia piuttosto la Pizia. Piacemi estremamen
alle statue fìnor pubblicate, un volume, ma piuttosto un disco veduto di profilo per presentarvi sopra le offerte, una cas
co veduto di profilo per presentarvi sopra le offerte, una cassettina di profumi che i Latini chiamavano acerra. « Se poi
fra le ministre d’Apollo, io risponderei che la credo Femonoe, prima di quel ministero, ed inventrice dei versi esametri,
inventrice dei versi esametri, anzi reputata figlia, secondo alcuni, di Febo istesso. « Lodevole è l’interpretazione che
si rende verisimile quanto è certo dall’annessa epigrafe che il borgo di Priene, patria di questo savio, lo era altresì di
e quanto è certo dall’annessa epigrafe che il borgo di Priene, patria di questo savio, lo era altresì di Apollonio scultor
igrafe che il borgo di Priene, patria di questo savio, lo era altresì di Apollonio scultore di tal monumento. Osservo solt
Priene, patria di questo savio, lo era altresì di Apollonio scultore di tal monumento. Osservo soltanto che il soggetto d
Apollonio scultore di tal monumento. Osservo soltanto che il soggetto di quel simulacro potrebbe essere il Licio Oleno poe
imulacro potrebbe essere il Licio Oleno poeta vetustissimo, e profeta di Apollo, che secondo alcuni tenne l’oracolo di Del
vetustissimo, e profeta di Apollo, che secondo alcuni tenne l’oracolo di Delfo pria delle Pizie, e fu il primo a servirsi
primo a servirsi dei versi esametri. Il tripode indica il suo uffizio di Vate Apollineo e se la sua testa non è ornata di
ndica il suo uffizio di Vate Apollineo e se la sua testa non è ornata di corona, o di benda, come a sacerdote si converreb
uffizio di Vate Apollineo e se la sua testa non è ornata di corona, o di benda, come a sacerdote si converrebbe, non dee c
di benda, come a sacerdote si converrebbe, non dee ciò farci cangiar di pensiero poiché il capo è di moderno restauro, nè
i converrebbe, non dee ciò farci cangiar di pensiero poiché il capo è di moderno restauro, nè possiamo avere il piacere, o
poiché il capo è di moderno restauro, nè possiamo avere il piacere, o di verificare l’opinione dello Scott col confronto d
e, o di verificare l’opinione dello Scott col confronto dell’immagine di Biante dissotterrata nella villa di Cassio a Tivo
Scott col confronto dell’immagine di Biante dissotterrata nella villa di Cassio a Tivoli, con questo stesso, di rigettarla
ante dissotterrata nella villa di Cassio a Tivoli, con questo stesso, di rigettarla. « Debbo avvertire che in questo insig
iferirsi a Mnemosine poiché rappresenta la Memoria, col nome però non di (grec), Memoria, ma di (grec), cioè Ricordanza. E
iché rappresenta la Memoria, col nome però non di (grec), Memoria, ma di (grec), cioè Ricordanza. E questa nel piano infer
el piano inferiore del bassorilievo dove i personaggi, eccetto quello di Omero, son tutti allegorici piuttosto che mitolog
ate una dietro l’altra, così ancora l’epigrafi corrispondono al piano di tutte e due: una però è scritta sotto dell’altra.
re quella della Memoria, quantunque l’epigrafe (grec) sia nella linea di sopra. Sembra probabile la lor congettura all’att
1’ iscrizione Sofia, o la Sapienza, tiene la mano aperta come in atto di favellare. Quantunque queste figure corrispondano
ei tempi andati, e la Sapienza poi è la donna velata e quasi in abito di filosofessa immersa in profonde meditazioni, non
prire novelle verità. Il velo sul capo che vedremo dato all’ immagine di Aspasia unica nel nostro Museo col suo nome greco
egregio fresco la madre delle Muse la mano all’orecchio quasi in atto di volersi eccitare qualche rammemoranza. E non è gi
e ha avuto un esempio nelle antiche gemme servite, come si suol dire, di ricordino, nelle quali si vede incisa una mano in
suol dire, di ricordino, nelle quali si vede incisa una mano in atto di stropicciare un orecchio col motto greco (grec) R
io mi tirò, e mi avvertì. « Giacché è caduta in questo luogo menzione di questa eccellente pittura, osservo con piacere ch
i notando in queste esposizioni, e che egli avea dall’antico dedotti, di cui era oltre modo amatore e studioso.» Temi fig
Temi figliuola anch’essa del Cielo e della Terra era sorella maggiore di Saturno e zia di Giove. Ella si distinse colla su
ch’essa del Cielo e della Terra era sorella maggiore di Saturno e zia di Giove. Ella si distinse colla sua prudenza ed amo
il nome. Attese ancora all’astrologia e divenne peritissima nell’arte di predir l’avvenire, e dopo la sua morte ebbe dei t
templi dove si aveano degli oracoli. Pausania favella dì un tempio e di un oracolo che avea sul monte Parnaso insieme col
delle Parche. Temi, dice Feste, era quella che comandava agli uomini di chiedere agli Dei ciò che era giusto e ragionevol
lutone ed altri, ch’ella generò da Saturno, e sottrasse alla crudeltà di così mostruoso padre. Questa dea, come osserva il
essero santuarii diversi in Grecia e in Roma. Differisce pure il modo di rappresentarle: sono tanto distinte che spesse vo
nto distinte che spesse volte è rappresentata giacente sotto il carro di Rea la Terra, che spessissimo nei bassirilievi vi
, come afferma il sopra lodato scrittore, e a ciò mi muove l’autorità di Luciano, cui veruno negherà la notizia perfetta d
idero Cibele e Rea come la stessa divinità. L’ introduzione del culto di Cibele, o Rea, si deve agli Ateniesi, che dopo av
Gallo (così chiamavansi i sacerdoti della dea) che apportò i misteri di lei, furono afflitti dalla fame. Quindi per consi
, furono afflitti dalla fame. Quindi per consiglio della sacerdotessa di Apollo detta Pizia, placarono la dea ergendole un
ncipii della religione; il quale avendo veduta con Olimpico, sonatore di flauto, la madre degli dei che con fragore e lamp
ono i Tebani, dopo che, colpiti dalla novità, interrogarono l’oracolo di Delfo, che rispose loro di alzare un tempio alla
piti dalla novità, interrogarono l’oracolo di Delfo, che rispose loro di alzare un tempio alla Dea. Roma nella guerra di A
lfo, che rispose loro di alzare un tempio alla Dea. Roma nella guerra di Annibale chiese ad Attalo re di Pessinunte nella
un tempio alla Dea. Roma nella guerra di Annibale chiese ad Attalo re di Pessinunte nella Galazia il simulacro di Cil)ele,
Annibale chiese ad Attalo re di Pessinunte nella Galazia il simulacro di Cil)ele, che si credeva caduto dal cielo in terra
to dal cielo in terra, il quale non era che una pietra grigia informe di mediocre grandezza. Fu incontrata la nave ricca d
tra grigia informe di mediocre grandezza. Fu incontrata la nave ricca di tanto dono da immensa folla verso l’imboccatura d
pinta più innanzi, e che Quinta Claudia donna d’illustre famiglia, ma di contrastata onestà, chiedesse alla dea di poter d
nna d’illustre famiglia, ma di contrastata onestà, chiedesse alla dea di poter dar pubblica testimonianza dell’inno cenza
ava, e trasse con picciolo sforzo la nave nel porto. L’idolo al suono di voci e strumenti fu lavato da sacerdoti Frigii do
lla Vittoria. Quattordici anni dopo le fu dedicato un tempio in forma di Tolo, o cupoletta, e la pietra di Pessinunte che
o le fu dedicato un tempio in forma di Tolo, o cupoletta, e la pietra di Pessinunte che somigliava per la sua scabrosità u
iava per la sua scabrosità una testa umana, videsi sopraposta a guisa di volto nella statua che ivi le fu eretta. Altro si
el Circo. Celebravansi alla dea in Roma ogni anno solennità alla metà di Aprile, ed erano chiamate megalesie, cioè feste d
madre. Quando la Repubblica stava, verun romano prese parte nel culto di Cibele figlio della frigia mollezza. Col tempo i
timpani in mano e con leoni a basso del trono, poiché nelle medaglie di genere così viene effigiata. ed è verisimile che
edaglie di genere così viene effigiata. ed è verisimile che la statua di tanto scultore servisse di modello a tutti gli al
e effigiata. ed è verisimile che la statua di tanto scultore servisse di modello a tutti gli altri simulacri esposti alla
pubblica ad orazione. Diffìcilmente si trova senza l’accompagnamento di uno o più leoni, emblema favorito della sovranità
solenne lo stare a sedere che nelle monete, le quali come protettrice di Smirne la rappresentano in unione con altri numi,
ante senza verun appoggio. Un basso rilievo conservato nella libreria di San Marco in Venezia ci offre Cibele che ha sul c
esta in piedi tenendo nella destra un’asta, nella sinistra un timpano di insolita grandezza. Ella è volta alla sinistra ve
timpano di insolita grandezza. Ella è volta alla sinistra verso Ati, di cui narreremo le avventure, il quale abbigliato a
ure, il quale abbigliato alla Frigia rimane parimenti in piedi veduto di prospetto, la sinistra appoggiata sopra un grosso
inistra appoggiata sopra un grosso bastone, la destra oziosa. Accanto di questo vedesi una punta di fabbrica, avanti cui s
grosso bastone, la destra oziosa. Accanto di questo vedesi una punta di fabbrica, avanti cui stanno due figure muliebri d
o vedesi una punta di fabbrica, avanti cui stanno due figure muliebri di statura molto minore, matronalmente vestite, la p
cola, portando fra le mani uno schifo. Ma gli attributi piiì costanti di Cibele sono la torre che il capo le fregia, e il
egge colla sinistra il timpano, mentre lo percote colla destra armata di un plettro a più sferze, che invece di nodi hanno
lo percote colla destra armata di un plettro a più sferze, che invece di nodi hanno di quegli ossi, che tali si dicono: or
la destra armata di un plettro a più sferze, che invece di nodi hanno di quegli ossi, che tali si dicono: ora il timpano l
o appiè d’un pino. Rade volte tiene nella sinistra un’asta, attributo di risorsa per non lasciare la mano oziosa. Vi è anc
come padrona dell’universo. I leoni sogliono sedere per terra a guisa di satelliti, uno a destra, uno a sinistra del trono
alto si sollevano. Vi è ancora ove la dea rimane assisa sulla schiena di un leone, come nel quadro da Plinio celebrato Nic
e. Tale è l’unione tra Cibele e il leone, che talvolta la sola figura di questo in medaglie, ed anche la sola testa, simbo
ed anche la sola testa, simbolo comparisca del suo culto. Il compagno di Cibele suo ministro e favorito, è il frigio eunuc
icato da Zoega scorgesi incontro il cocchio della dea quasi all’ombra di un pino, al cui tronco egli si appoggia. L’abbigl
all’ombra di un pino, al cui tronco egli si appoggia. L’abbigliamento di esso da quello degli altri Frigii si distingue pe
mani ricopre sino alle noci dei piedi, e sino dentro le scarpe, e che di taglio aperto a riprese, con bottoncini astretto
marmo, dice Zoega, sembra che siasi voluto alludere all’ occultazione di Ati, e che Cibele ne vada in cerca risuonar facen
tirato sotto il pino porta la destra mano alla guancia come chi finge di nascondersi, nella sinistra tenendo il timpano so
ue tibie, una diritta, l’altra curva, consuete ad accompagnare i riti di Cibele, erano scolpite, dice Zoega, in una delle
ima segata in due pezzi, egli le ha fatte incidere secondo gl’indizi: di Grutero. Nell’altra delle fiancate contigue all’a
’angolo ove è il carro della dea erano due faci rovesciate ed un paio di cembali, cose relative alla cerca dello smarrito
embali, cose relative alla cerca dello smarrito giovinetto. La favola di Ati è in diversi modi narrata. Ovidio narra che A
ratosi della ninfa Sangaride ruppe il voto, e perciò da Cibele accesa di furore si privò di quelle parti che mancano ai so
Sangaride ruppe il voto, e perciò da Cibele accesa di furore si privò di quelle parti che mancano ai soprani. I ministri d
che ne sia, Ati è celebre nella Mitologia, e noi abbiamo un poemetto di Catullo ove descrive il pentimento che successe d
uccesse dopo la dolorosa operazione. Non starò a indagare se l’Eunuco di cui parla questo poeta sia per l’appunto il Frigi
etrusca. « Entro veloce legno, Tenuto già per alto mar viaggio, Pien di caldo desire il giovin Ati Rapidamente corse al f
piante intorno cinto, U’ da rabbioso alto furor sospinto, Tratto fuor di sua mente. Con selce si sanò dura e tagliente. Du
come piuttosto ella s’accorse Della cangiata sua forma nativa (E già di fresco sangue, ovunque corse. Tingendo il suolo e
ue corse. Tingendo il suolo e imporporando giva) Tosto le bianche man di neve porse Al tuo lieve timballo, o frigia Diva,
e bianche man di neve porse Al tuo lieve timballo, o frigia Diva, Che di tromba ti tien luogo, e con cui Consacri, o madre
compagne prese a dir tremante: Per l’erto calle Gitene, o Galle Tutte di schiera, Tutte alla nera Alta foresta, Di lei che
resta, Di lei che al Dindimo Monte si venera: Su, greggia tenera, Su, di Cibelle Erranti Ancelle: Voi che vaghe di terra s
ra: Su, greggia tenera, Su, di Cibelle Erranti Ancelle: Voi che vaghe di terra straniera. Della patria, com’ esuli, uscist
, e la fera Rabbia meco del mare soffriste, E in grand’ odio alla dea di Citerà L’aspro taglio di fare patiste: Su, vagand
el mare soffriste, E in grand’ odio alla dea di Citerà L’aspro taglio di fare patiste: Su, vagando, Carolando, Vostra ment
orgo, ov’è L’ostello frigio, La selva frigia Della Dea Cibele. La ‘ve di cembalo Squilli risuonano, Là ‘ve di timpano Mugg
frigia Della Dea Cibele. La ‘ve di cembalo Squilli risuonano, Là ‘ve di timpano Mugghi rintuonano; Dove fa il barbaro Son
pieveloce guida Sieguon le Galle rattamente in Ida. Giunte al tempio di Cibelle Spossatene Pel soverchio ronzare, Senza c
E veggendo chiaramente Qual’ ei fosse, e fra che gente, Piena il cor di tempesta Alle sponde del mar si ricondusse: Ivi d
enni frai boschi D’Ida solinghi e foschi: Dove a nevi, meschinella, E di fere ad antri gelidi Sempre accanto vivrò: Ed ora
albergo inghirlandato e adorno. Io, io dei numi ancella? Io ministra di Rea m’appellerò? Io una delle menadi. Io di me pa
numi ancella? Io ministra di Rea m’appellerò? Io una delle menadi. Io di me parte, io steril uom sarò? Io del verd’Ida i l
om sarò? Io del verd’Ida i luoghi Per fredda neve algenti abiterò? Io di Frigia i gran gioghi Di stanza in luogo eternamen
tatrice cerva, Ov’è il torvo cignal boschivagante? Or sì dolore Porto di ciò che fai; Or sì l’errore Poter mutar vorrei. C
belva, Vanne, e quinci ritrarsi alla selva Per marcia forza Di furor, di follìa Costui ne sforza, Che baldanzoso Troppo e
Squassa in atto terribile e fero. Così torva parlò Cibele, e il giogo di sua man lento. Va la belva orribile ed aspera. S’
o, A lui si stringe addosso, Ond’egli a più non posso Fugge, già fuor di mente, e si rinselva, E nella fera selva Sempre d
selva, E nella fera selva Sempre d’esser seguìo Ministra a Rea finché di vita uscio. O dea, magna dea, diva Dindimea, Cibe
io. O dea, magna dea, diva Dindimea, Cibelle, o signora. Lungi, lungi di casa mia Stiesi affatto la tua frenesia. Altri pu
esmaterza. Feste d’Ati. — Saturno Nella passata Lezione tralasciai di dirvi che Ati. l’amante o il sacerdote di Cibele,
passata Lezione tralasciai di dirvi che Ati. l’amante o il sacerdote di Cibele, era con annue feste onorato. La solennità
e durava sei giorni. Il primo giorno tagliavasi dalla selva un albero di pino e portavasi in processione al santuario dell
dea per essere ivi erettto. Il secondo impiegavasi per cercare a suon di trombe lo smarrito Ati. Il terzo rappresentava la
mbe lo smarrito Ati. Il terzo rappresentava la consacrata mutilazione di esso all’ombra del venerato pino: tutto era in qu
egno della dea, ed assunto Ati fra gl’immortali. Il quinto era giorno di riposo. Il sesto terminava la solennità colla pur
rati, portavasi in coperta lettiga, ovvero sotto carro coperto ad uso di carpento, tirato da buoi, per essere con segreti
ed indi con licenziosa pompa riconducevasi al tempio. Il significato di questa favola fu indagato da quelli che nel decad
fu indagato da quelli che nel decadimento del Paganesimo si armarono di platoniche sottigliezze per difendere l’assurdità
relativa ad Ati e Cibele, pubblicata dal signor Zoega, si fa menzione di un sacrifizio di toro ed ariete chiamato Taurobol
Cibele, pubblicata dal signor Zoega, si fa menzione di un sacrifizio di toro ed ariete chiamato Taurobolo e Criobolo, ed
i i mentovati animali, che colle bende pei sacrifizj stanno all’ombra di un pino. Questo, dice il prelodato scrittore, è c
o all’ombra di un pino. Questo, dice il prelodato scrittore, è carico di arnesi delle cerimonie frigie, cimbali, zampogna
ppor si può il falcone, scherzo della madre Idea. I cembali hanno ciò di particolare, che nel centro della concavità appar
à apparisce un quasi campanello, che l’illustratore dei bassi rilievi di Roma non si ricorda di avere altrove in simili mo
mpanello, che l’illustratore dei bassi rilievi di Roma non si ricorda di avere altrove in simili monumenti osservato. Conv
ar mi antichi. Cavavasi per questo oggetto una profonda fossa coperta di un intavolato fornito di una quantità di pertugj
er questo oggetto una profonda fossa coperta di un intavolato fornito di una quantità di pertugj a modo di crivello: occul
o una profonda fossa coperta di un intavolato fornito di una quantità di pertugj a modo di crivello: occultavasi sotto que
sa coperta di un intavolato fornito di una quantità di pertugj a modo di crivello: occultavasi sotto questo la persona che
tavasi sotto questo la persona che ricever dovea il taurobolo, ornata di ricca veste, corona d’oro e sacre bende, e sopra
indi il cadavere dissanguato della vittima, ascendeva sul paleo tutto di sangue grondante il tauroboliato, che mediante ta
ne l’adorava in distanza qual persona sacra ed amica degli Dei. Assai di Rea, o Cibele. Saturno marito di lei si presenta
sona sacra ed amica degli Dei. Assai di Rea, o Cibele. Saturno marito di lei si presenta alle nostre ricerche. Ora di Celo
o Cibele. Saturno marito di lei si presenta alle nostre ricerche. Ora di Celo, or dell’Oceano, or della Terra, ora di Teti
lle nostre ricerche. Ora di Celo, or dell’Oceano, or della Terra, ora di Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più
a di Teti figlio lo fanno gli antichi. L’opinione più comune è quella di Esiodo che ne attribuisce l’origine a Celo ed all
e da Giove, ed avendo liberato i fratelli, ottenne facilmente da loro di succeder nel regno del padre. Oltre i Ciclopi, pe
on Saturno nel priijcipio, e che quindi, essendo ogni re intollerante di compagno, la madre Vesta, o la Terra, le sorelle
izione che educasse i tigli maschi che da lui nascessero, onde in uno di esso pervenisse per diritto ereditario il dominio
ed avendo udito che un figlio lo avrebbe cacciato dal trono, stabilì di uccidergli tutti. Incresceva al core di Rea tanta
e cacciato dal trono, stabilì di uccidergli tutti. Incresceva al core di Rea tanta crudeltà, onde fuggì in Creta per parto
uggì in Creta per partorire Giove, come vi esposi allora che favellai di questo dio. Si crede per alcuni che sì mostruosa
da essi incatenato. Giove volò per liberare il padre, e col soccorso di soldati Cretesi vìnse i Giganti, e restituì il tr
no a tramare insidie al proprio figlio, che accortosene, col soccorso di Prometeo nel Tartaro incatenò l’ingrato genitore.
nsiglio governava quei popoli fortunati. Perciò in Italia come autore di un miglior modo di vivere fu Saturno onorato con
uei popoli fortunati. Perciò in Italia come autore di un miglior modo di vivere fu Saturno onorato con Rea, e Virgilio fé’
generando, a poco a poco Si fé’ d’altro colore e d’altra lega. Quinci di guerreggiar venne il furore; L’ingordigia, l’aver
urno non fuggisse, e che legge eterna lo tenesse con Oiapeto fratello di lui, come piace ad Omero, nel l’Èrebo incatenato.
antichi l’invenzione della falce, o sia perchè insegnasse la maniera di mietere, ovvero perchè si servi di quest’arme, an
o sia perchè insegnasse la maniera di mietere, ovvero perchè si servi di quest’arme, ancora per lui fatale, per mutilare i
ncora per lui fatale, per mutilare il genitore. Saturno, benché padre di tre Dei principali, non ebbe però fra i poeti il
nché padre di tre Dei principali, non ebbe però fra i poeti il titolo di Padre degli Dei, forse per la crudeltà ch’esercit
or rimprovero, che la posterità abbia fatto a questa Nazione. Diodoro di Sicilia riferisce che essendo i Cartaginesi stati
ma nobiltà dugento giovani per essere sacrificati, e ve ne furono più di trecento altri, i quali, sentendosi colpevoli, si
l fanciullo sacrificato. I Cartaginesi però non furono soli colpevoli di questa odiosa superstizione: anche gli antichi Ga
dei Romani, sacrificavano pure a Saturno vittime umane. Narra Dionigi di Alicarnasso che Ercole, volendo abolire in Italia
ra Dionigi di Alicarnasso che Ercole, volendo abolire in Italia l’uso di questi sacrifizii, eresse un altare sul colle Sat
o stesso la religione dei popoli, acciò non si potessero rimproverare di aver abbandonati i loro antichi usi, insegnò agli
aver abbandonati i loro antichi usi, insegnò agli abitanti la maniera di placare l’ira di Saturno col sostituire, invece d
i loro antichi usi, insegnò agli abitanti la maniera di placare l’ira di Saturno col sostituire, invece degli uomini, che,
aturno. Tulio Ostilio istituì, secondo Macrobio, i saturnali in onore di lui. L’oggetto di queste feste era di conservare
lio istituì, secondo Macrobio, i saturnali in onore di lui. L’oggetto di queste feste era di conservare la memoria del sec
Macrobio, i saturnali in onore di lui. L’oggetto di queste feste era di conservare la memoria del secol d’oro, nel quali
regalavano generosamente. Cominciava questa solennità tumultuosa i 16 di dicembre, e durava tre giorni, e qualche volta qu
elle costumanze romane, ne parlerò più a lungo nell’esporvi l’istoria di quella nazione. A Saturno si sacrificava colla te
pietra inviluppata in un drappo. Si mettevano dei legami alla statua di Saturno che rappresentava il Tempo, e questi cons
i Saturno che rappresentava il Tempo, e questi consistevano in fascie di lana, che si toglievano il giorno della sua festa
scie di lana, che si toglievano il giorno della sua festa. Una statua di Saturno, riportato da Montfaucon ha delle piccole
per indicare non il tempo in generale, ma solamente una piccola parte di questo. Lezione quarantesimaquarta. Dei Ciclop
tti gli autori non annettevano a questo nome Fistessa idea. I Ciclopi di Esiodo sono figliuoli del Cielo e della Terra, si
lle leggi della società, nè dell’arti più necessarie. Polifemo figlio di Nettuno è loro capo, e porta lo stesso nome che u
degli eroi dell’Iliade. Non vi ha alcuna cosa che meno si rassomigli di queste due sorta di Ciclopi. Quelli di Esiodo son
ade. Non vi ha alcuna cosa che meno si rassomigli di queste due sorta di Ciclopi. Quelli di Esiodo sono esseri allegorici,
na cosa che meno si rassomigli di queste due sorta di Ciclopi. Quelli di Esiodo sono esseri allegorici, meteore personific
’iride o l’arcobaleno, le arpie i venti tempestosi e nocevoli. Quelli di Omero sono personaggi poetici e di pura immaginaz
enti tempestosi e nocevoli. Quelli di Omero sono personaggi poetici e di pura immaginazione, simili a quelli delle nostre
simili a quelli delle nostre novelle. Se ne conosce una terza specie, di cui la memoria si era conservata nell’Argolide, e
ione, riportata da Strabene, attribuiva la costruzione delle fortezze di Tirinto e di Nauplia, fabbricate da Acrisie avo d
ta da Strabene, attribuiva la costruzione delle fortezze di Tirinto e di Nauplia, fabbricate da Acrisie avo di Perseo. Egl
one delle fortezze di Tirinto e di Nauplia, fabbricate da Acrisie avo di Perseo. Eglino erano sette, tutti originari di Li
bricate da Acrisie avo di Perseo. Eglino erano sette, tutti originari di Licia. Mostravansi ai tempi, di Strabene le reliq
. Eglino erano sette, tutti originari di Licia. Mostravansi ai tempi, di Strabene le reliquie della loro opera, e questi a
ari somministrati dal signor Fourmont dopo il suo ritorno dal viaggio di Levante. Egli ne parlava come di massi inalzati a
mont dopo il suo ritorno dal viaggio di Levante. Egli ne parlava come di massi inalzati a forza di braccia, e posti gli un
al viaggio di Levante. Egli ne parlava come di massi inalzati a forza di braccia, e posti gli uni sopra gli altri; i framm
zati a forza di braccia, e posti gli uni sopra gli altri; i frammenti di altre pietre vi sono mescolati per riempire i vuo
tre vi sono mescolati per riempire i vuoti; vi si scorge delle specie di volte, o grotte, con volte in forma di arcata. Ac
oti; vi si scorge delle specie di volte, o grotte, con volte in forma di arcata. Acrisie e Prete, pei quali i Ciclopi lavo
Ciclopi lavorarono, devono aver vissuto dugento anni avanti la presa di Troia. Callimaco e i poeti posteriori, come Virg
osteriori, come Virgilio e Ovidio, hanno immaginato una quarta specie di Ciclopi, dei quali fanno dei fabbri che lavorano
specie di Ciclopi, dei quali fanno dei fabbri che lavorano nell’Isola di Lipari. Euripide nella sua tragedia di Alceste fa
fabbri che lavorano nell’Isola di Lipari. Euripide nella sua tragedia di Alceste fa uccidere i Ciclopi da Apollo per aver
er aver fabbricato il fulmine col quale Giove uccise Esculapio figlio di lui. Questi Ciclopi di Euripide sono quelli di Es
ulmine col quale Giove uccise Esculapio figlio di lui. Questi Ciclopi di Euripide sono quelli di Esiodo, figli del Cielo e
ccise Esculapio figlio di lui. Questi Ciclopi di Euripide sono quelli di Esiodo, figli del Cielo e fratelli di Saturno, ma
Ciclopi di Euripide sono quelli di Esiodo, figli del Cielo e fratelli di Saturno, ma il poeta tragico dimenticava che egli
ito da statue d’oro, che sono il capolavoro della sua arte. I Ciclopi di Callimaco sono probabilmente quelli che portano i
I Ciclopi di Callimaco sono probabilmente quelli che portano il nome di Cabiri su molte medaglie, nelle quali li vediamo
nelle quali li vediamo rappresentati con attributi relativi all’ arte di fabbro. L’isola di Lenno era consacrata a Vulcano
amo rappresentati con attributi relativi all’ arte di fabbro. L’isola di Lenno era consacrata a Vulcano: vi aveva dei temp
e prime armature. Lenno ebbe già un Vulcano, che le fece dare il nome di Etalia, ma di cui non resta alcun vestigio. Quest
re. Lenno ebbe già un Vulcano, che le fece dare il nome di Etalia, ma di cui non resta alcun vestigio. Questa circostanza
uesta isola al dio del fuoco. I suoi sacerdoti avevano la reputazione di guarire le morsicature dei serpenti: lo che eglin
Fin qui il signor Fréret, le si cui dotte osservazioni mi faro lecito di rettificare e di supplire. Non può asserirsi che
Fréret, le si cui dotte osservazioni mi faro lecito di rettificare e di supplire. Non può asserirsi che i Ciclopi d’ Euri
clopi d’ Euripide siano figliuoli del Cielo e della Terra come quelli di Esiopò, giacche egli nella tragedia, che porta il
titolo, ne fa padre Nettuno. Polifemo il piu potenti e il piu famoso di essi, che furono cento, nacque, secondo Apollonio
nto, nacque, secondo Apollonio, dal nominato dio del mare e da Europa di Tizio figliuola. Omero nel primo libro dell’Odiss
frutti loro produce spontanea la terra. La vite stessa si arrichisce di grappoli, che Giove accresce colla pioggria. Igno
 Natale Conti ha male interpretato questo passo d’ Omero, dicendo che di cose importanti dava sentenza la moglie, il figli
figliuolo. Abbastanza dei Ciclopi, giacche mi hi presenterà occasione di parlarrjedi nuovr^ rjuando l’ordine delle mie Lez
Lezioni ne condurra al viaggio rti [jli.sse, che scampo alla crudeltà di [-"olifemo lasciandogli doloroso ricordo. Nel fir
firjc dei mio ra^onamento udirete quanto que;,to mo.struo.so ardesse di Oalatea, da 7’eocrito, di cui l’Idillio, detto il
udirete quanto que;,to mo.struo.so ardesse di Oalatea, da 7’eocrito, di cui l’Idillio, detto il CìcIojjC, ho tradotto, ‘;
ui l’Idillio, detto il CìcIojjC, ho tradotto, ‘;,~;[jero che ofjTiurj di voi ^’onv.-rra con Quiri tiliano che questo poeta
arietà dei Ciclopi. Così conviene considerarli sotto difierenti punti di vista. Come inventori dell’arte di fabbricare il
onsiderarli sotto difierenti punti di vista. Come inventori dell’arte di fabbricare il ferro e di lavorare i metalli relat
nti punti di vista. Come inventori dell’arte di fabbricare il ferro e di lavorare i metalli relativamente ai Greci, perchè
perchè quest’arte era molto più antica nell’Oriente: come una specie di medici e d’ incantatori, che univano all’ applica
edi naturali certe formule magiche, alle quali si attribuiva la virtù di sopire i dolori, e ancora di dissiparli: come que
giche, alle quali si attribuiva la virtù di sopire i dolori, e ancora di dissiparli: come quelli che stabilirono nella Gre
i dissiparli: come quelli che stabilirono nella Grecia il nuovo culto di Giove: finalmente come i custodi, i nutritori di
recia il nuovo culto di Giove: finalmente come i custodi, i nutritori di questo dio e Genii addetti al servizio di Rea, qu
come i custodi, i nutritori di questo dio e Genii addetti al servizio di Rea, qualità che loro si dà, confondendoli coi Cu
tà che loro si dà, confondendoli coi Cureti e coi Coribanti. 11 tempo di questi Dattili, considerati come inventori dell’a
nti. 11 tempo di questi Dattili, considerati come inventori dell’arte di fabbricare il ferro, risale molto alto nell’Istor
di fabbricare il ferro, risale molto alto nell’Istoria Greca. L’epoca di questa scoperta è del terzo secolo avanti la pres
Greca. L’epoca di questa scoperta è del terzo secolo avanti la presa di Troia, ma posteriore alla spedizione di Sesostri
terzo secolo avanti la presa di Troia, ma posteriore alla spedizione di Sesostri nell’Asia minore e nella Tracia. Questo
urna nizzare paesi fin allora abitati da selvaggi. Questa difi’usione di cognizioni e di lumi portò l’arte di lavorare i m
si fin allora abitati da selvaggi. Questa difi’usione di cognizioni e di lumi portò l’arte di lavorare i metalli nella Fri
da selvaggi. Questa difi’usione di cognizioni e di lumi portò l’arte di lavorare i metalli nella Frigia, e dalla Frigia p
o che eglino aveano passato dalla Frigia in questa isola e lo sbaglio di quelli che s’allontanano in questo punto dal sent
a due montagne situate una in Creta, in Frigia l’altra. Il frammento di Foronide nomina tre Dattili: Ohelmi, Damnaneo ed
o di Foronide nomina tre Dattili: Ohelmi, Damnaneo ed Acmone ministri di Adrastia o di Cibelle, dice il poeta, scoprirono
nomina tre Dattili: Ohelmi, Damnaneo ed Acmone ministri di Adrastia o di Cibelle, dice il poeta, scoprirono il ferro nelle
Perito, e caro delle muse al coro. Polifemo traea sì facil vita, Odio di Galatea, Ciclope illustre. Ed ardea per la ninfa
chi ti ama aborri? O nel sembiante più bianca del latte, Più morbida di agnella, e più lasciva Di vitelletta, ma dell’uva
ida di agnella, e più lasciva Di vitelletta, ma dell’uva acerba Aspra di più, ten vieni allor eh’ un sonno Dolce mi prende
i fuggi, e fuggi Qual pecorella che canuto lupo Rimiri. Io m’invaghii di te, fanciulla. Allorché a corre di Giacinto i fio
canuto lupo Rimiri. Io m’invaghii di te, fanciulla. Allorché a corre di Giacinto i fiori Sul mio monte venisti, e scorta
era Per quella via. Gran tempo è ch’io ti vidi, Ma t’amo ancora, e tu di me non curi. Donzella vaga, io so perché mi fuggi
e mille io pasco, L’ottimo umore che da lor si munge Mi bevo, e copia di rappreso latte Ho nell’estate, ho nell’autunno, e
nell’autunno, e sempre Le mie fiscelle ne son curve. Io canto Meglio di ogni Ciclope, e di te canto. Mio dolce pomo, e di
mpre Le mie fiscelle ne son curve. Io canto Meglio di ogni Ciclope, e di te canto. Mio dolce pomo, e di me, spesso a molte
ve. Io canto Meglio di ogni Ciclope, e di te canto. Mio dolce pomo, e di me, spesso a molte Ore di notte. Per te sola alle
i Ciclope, e di te canto. Mio dolce pomo, e di me, spesso a molte Ore di notte. Per te sola allevo Undici cavrioli e quatt
a in formidabil’onde, E se io ti sembro troppo irsuto, io tengo Legno di querce, e inestinguibil foco Sotto il cerere mio
potrei Soffrir che l’alma ancor tu mi bruciassi E l’unico occhio mio di te men caro. O madre mia, perchè non farmi l’ali
insieme, Meco mungi, o rappiglia il latte. madre. Tu sol m’iugiurii, di te sol mi dolgo: Punto bene di me ti disse, e mag
ia il latte. madre. Tu sol m’iugiurii, di te sol mi dolgo: Punto bene di me ti disse, e magro, Sottil mi vede ogni dì più.
danni degl’incatesimi. I Dattili Idei portarono nella Grecia il culto di Giove e lo stabilirono, secondo Pausania, in Olim
ualmente singolare per la materia e per la forma. Avea ventidue piedi di elevazione, e trentadue di larghezza. Era compost
ateria e per la forma. Avea ventidue piedi di elevazione, e trentadue di larghezza. Era composto l’altare di ceneri sulle
piedi di elevazione, e trentadue di larghezza. Era composto l’altare di ceneri sulle quali si manteneva un fuoco eterno.
insensibilmente in polvere, si riparava tutti gli anni nell’equinozio di primavera, che cadeva dell’anno Olimpico nell’ult
o i Telchini padri o figli dei Dattili Idei. Questi nomi, come quelli di Coribanti e di Cureti, non erano nomi di popoli o
dri o figli dei Dattili Idei. Questi nomi, come quelli di Coribanti e di Cureti, non erano nomi di popoli o di famiglie, m
ei. Questi nomi, come quelli di Coribanti e di Cureti, non erano nomi di popoli o di famiglie, ma semplici epiteti. Dalla
omi, come quelli di Coribanti e di Cureti, non erano nomi di popoli o di famiglie, ma semplici epiteti. Dalla più leggera
piteti. Dalla più leggera attenzione su ciò che significava la parola di Telchini sarebbero stati i critici disingannati.
ore. Non ostante col tempo questo nome divenne ingiurioso, e sinonimo di demonio, d’incantatore. I Telchini con tutto ciò
to delle loro scoperte. Secondo Diodoro fu loro affidata l’educazione di Nettuno, e chiamati furono figli del mare: lo che
lità nella metallurgia: èglino (era fama) avevano fabbricata la falce di cui Rea armò Saturno, e il tridente di Nettuno. P
a) avevano fabbricata la falce di cui Rea armò Saturno, e il tridente di Nettuno. Probabilmente eglino impararono nell’iso
e il tridente di Nettuno. Probabilmente eglino impararono nell’isola di Cipro celebrata per le sue miniere, l’arte di lav
o impararono nell’isola di Cipro celebrata per le sue miniere, l’arte di lavorare il ferro e il rame dagli abitanti, che s
ini nel fiore degli anni. In terzo luogo si dissero Cureti i ministri di Giove nell’Isola di Creta, e quelli di Rea nella
anni. In terzo luogo si dissero Cureti i ministri di Giove nell’Isola di Creta, e quelli di Rea nella Frigia, perlochè sot
o si dissero Cureti i ministri di Giove nell’Isola di Creta, e quelli di Rea nella Frigia, perlochè sotto questo ultimo si
rano chiamati perchè erano i più giovani fra i sacerdoti incumbenzati di questo ufficio nelle processioni di Giove e di Re
vani fra i sacerdoti incumbenzati di questo ufficio nelle processioni di Giove e di Rea. I Salii in Roma camminavano facen
sacerdoti incumbenzati di questo ufficio nelle processioni di Giove e di Rea. I Salii in Roma camminavano facendo ogni tan
banti era per lo contrario accompagnata da movimenti quasi convulsivi di tutto il corpo e di tutta la testa. Eccovi quel c
trario accompagnata da movimenti quasi convulsivi di tutto il corpo e di tutta la testa. Eccovi quel che importa sapere de
rò che i Cabiri erano presso gli antichi considerati come i sacerdoti di alcune divinità. Come Dei subalterni, Erodoto chi
lterni, Erodoto chiama Cabiri alcuni Dei Egiziani che dicevansi figli di Vulcano, la più antica divinità dell’Egitto. Nell
ncora nella Macedonia e nell’Asia Minore. I Cabiri adorati nell’isola di Samotracia erano considerati come divinità di pri
biri adorati nell’isola di Samotracia erano considerati come divinità di primo ordine, giacché si chiamavano Dei grandi. D
imo ordine, giacché si chiamavano Dei grandi. Dei potenti. Come figli di Vulcano Tessalonica li onorava di un culto singol
Dei grandi. Dei potenti. Come figli di Vulcano Tessalonica li onorava di un culto singolare, e sulle medaglie di questa ci
ulcano Tessalonica li onorava di un culto singolare, e sulle medaglie di questa città si vedono col berretto del dio, di f
are, e sulle medaglie di questa città si vedono col berretto del dio, di forma conica, tenenti da una mano un martello, da
i la somiglianza delle loro arti e dei loro ritrovati mi ha obbligato di unire i Dattili, i Cureti, i Coribanti, i Cabiri,
ri, Esiodo pone le Furie primogenite del sangue che esci dalla ferita di Celo. Ma io credo necessario ragionare innanzi de
a di Celo. Ma io credo necessario ragionare innanzi del loro re, cioè di Plutone, e quindi di tutta la corte infernale: on
o necessario ragionare innanzi del loro re, cioè di Plutone, e quindi di tutta la corte infernale: onde discendete meco co
l pensiero nell’Inferno degli Idolatri, che prestò all’ immaginazione di Polignoto una pittura tanto celebre fra i Greci,
i Polignoto una pittura tanto celebre fra i Greci, quanto lo è quella di Michelangiolo fra noi. Nella seguente Lezione Pau
suo Viaggio nell’Attica, esservi stata presso gli Ateniesi una statua di questo dio fanciullo con la Pace per nutrice, for
rse per significare che questa dea regna solo fra i morti. È opinione di alcuni che la favola dell’Inferno assegnatogli in
o, fu detto che Plutone abitava nel centro della terra. La corta vita di coloro che si applicano a questo lavoro può avere
uesto lavoro può avere accreditata la volgare superstizione. Le geste di questo dio si limitano al suo ratto di Proserpina
olgare superstizione. Le geste di questo dio si limitano al suo ratto di Proserpina, che Claudiano da me tradotto vi ha de
elle passate Lezioni. Converrà dunque favellare delle diverse maniere di rappresen tarlo. Plutone, secondo Winkelmann, non
rma 1’ opinione del principe degli antiquarii la seguente descrizione di una statua di Plutone del Museo dementino data da
e del principe degli antiquarii la seguente descrizione di una statua di Plutone del Museo dementino data da Quirino Visco
il Giove Sotterraneo, il Giove Dite, conosciuto comunemente col nome di Plutone, o Dio Ricco, nome che al latino dite si
run monumento. Conviene bensì al suo capo il medio, o calato, emblema di ricchezze e d’abbondanza, come a quel nume cui le
Plutone il nume dei morti, essendo stato costume antichissimo quello di servirsi delle spelonche e di altri luoghi sotter
sendo stato costume antichissimo quello di servirsi delle spelonche e di altri luoghi sotterra per seppellire i cadaveri,
ia. « Il Cerbero che sta ai piedi del nume è rappresentato in figura di un cane tricipite, come in tutti i monumenti anco
a noi sono pervenute. « Quello che nel nostro simulacro interessa più di ogni altra cosa lo sguardo del sagace conoscitore
sagace conoscitore, è la perfetta somiglianza che ha con le immagini di Serapide. Sì osservi, fra 1’ altre quella riporta
ra a Serapide dedicata. La Storia antica e la Mitologia rendono conto di tal somiglianza. « Sappiamo dalla teologia pagana
otivo d’un suo sogno, trasportare in Alessandria un vetusto simulacro di Giove Dite, o Infernale, venerato con antichissim
, e riconosciuto per Plutone dal Cerbero e dal Serpente, ebbe il nome di Serapide, o Sarapide, divinità indigena ed analog
ide, divinità indigena ed analoga al greco Plutone, col quale amarono di confonderla. Esigeva ciò il genio dei Greci, e be
ci, e ben conveniva alle circostanze degli Egiziani. Godevano i primi di ritrovare nel culto delle nazioni la lor teologia
itrovare nel culto delle nazioni la lor teologia; desideravano questi di uniformarsi alle opinioni religiose della nazione
o Giove Dite, dei Sinopiti, fu venerato dal Paganesimo sotto il nome di Serapide. Così ebbe fama una divinità dell’Egitto
rapide. Così ebbe fama una divinità dell’Egitto, oscura fino ai tempi di Alessandro Magno, e fu ritratta in figura, attrib
ionisio il geografo, ch’era Alessandrino, lo riconosce pel gran Giove di Sinope ; e nelle monete di questa città, che dive
Alessandrino, lo riconosce pel gran Giove di Sinope ; e nelle monete di questa città, che divenne poi colonia romana, s’i
, che divenne poi colonia romana, s’incontra frequentemente l’effigie di questo nume. Osserva ancora che il calato, modio,
di questo nume. Osserva ancora che il calato, modio, si vede sul capo di quasi tutte le antichissime divinità asiatiche, c
asi tutte le antichissime divinità asiatiche, come del Giove Labradeo di Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi di Sm
divinità asiatiche, come del Giove Labradeo di Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi di Smirne, delle Diane di Perg
ome del Giove Labradeo di Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi di Smirne, delle Diane di Perga ed Efeso: e vogliasi
di Milaso, della Giunone di Samo, della Nemesi di Smirne, delle Diane di Perga ed Efeso: e vogliasi questo attributo spieg
hi, voglia interpretarsi per simbolo dell’abbondanza e della dovizia, di cui si riguardarono questi numi come dispensatori
cato che voglia darsi a quel modio, sempre dovrà riconoscersi per uno di quei fregi chiamati da Giovenale: « antichi ornam
no di quei fregi chiamati da Giovenale: « antichi ornamenti degli Dei di Asia. » « Infatti per quanto cariche di pompose d
« antichi ornamenti degli Dei di Asia. » « Infatti per quanto cariche di pompose dec orazioni sian le teste delle figure e
tà asiatiche si assomigli. Quindi comparisce in verisimile l’opinione di alcuni Padri, i quali supponendo al modio di Sera
in verisimile l’opinione di alcuni Padri, i quali supponendo al modio di Serapide un’origine egizia, han pensato alludersi
da Giuseppe all’Egitto, e han traveduto quel patriarca nell’immagine di Serapide. « Quantunque la scultura del nostro Plu
accusi l’epoca della decadenza dell’arti, epoca nella quale il culto di Serapide riuniva quasi in un solo oggetto la molt
ile per la sua integrità e per rappresentarci forse l’immagine stessa di Plutone da Sinope trasportata in Alessandria. Cer
a Sinope trasportata in Alessandria. Certo che il vedere sulle monete di tante città greco-asiatiche impressa la stessa ef
solo in bassi rilievi, ma ancora in statue, come in quella del tempio di Pozzuolo, ora a Portici, ed in un’altra in Villa
dei popoli ne fosse divenuto l’originale. Il nostro marmo non lascia di esprimere nell’aria del volto quel non so che di
tro marmo non lascia di esprimere nell’aria del volto quel non so che di torvo e di feroce notato da Winkelmann come carat
on lascia di esprimere nell’aria del volto quel non so che di torvo e di feroce notato da Winkelmann come caratteristico d
so che di torvo e di feroce notato da Winkelmann come caratteristico di Plutone, cui sovente è apposto dai Greci l’epitet
caratteristico di Plutone, cui sovente è apposto dai Greci l’epiteto di (grec), che vale odioso. L’amor della vita avea d
rec), che vale odioso. L’amor della vita avea destato quel sentimento di avversione che si ebbe pel dio della morte: quind
tichi Dualisti.» Tornando al simulacro è da notarsi che le mani sono di moderno ristauro, che la destra doveva reggere la
sinistra stringere un’asta, o uno scettro, quale suol vedersi in mano di Serapide nei monumenti: scettro che ben conviene
chiara. Ciò non ostante il vedere costantemente replicata l’immagine di tali piante e sul calato d’un piccol Plutone pres
o e glandifero. L’elee era, come il cipresso, una pianta sepolcrale e di tristo augurio: quindi può riputarsi consacrata a
Winkelmann l’avea veduto. Rappresenta Amore e Psiche presso al trono di Plutone e di Proserpina, favola narrata con tanto
’avea veduto. Rappresenta Amore e Psiche presso al trono di Plutone e di Proserpina, favola narrata con tanto vezzo da L.
n ha sul capo, benché sembrasse a Winkelmann, forse per dimenticanza, di avervelo osservato. L’ abito, come nella statua,
ica pittura col capo velato: onde presso i Greci avea sortito il nome di (grec), il cui senso vale oscuro, invisibile.»
nso vale oscuro, invisibile.» Lezione quarantesimasesta. L’Inferno di Polignoto. Pausania nel suo Viaggio nella Gre
aylus, disegnatore valente ed erudito, ne dà per prova la descrizione di due pitture di Polignoto fatta da questo autore.
ore valente ed erudito, ne dà per prova la descrizione di due pitture di Polignoto fatta da questo autore. Vi regna una co
ra la distribuzione delle parti pittoriche. Il prelodato Caylus cercò di rimediarvi; e, pose tanta chiarezza nella descriz
izione, che il signor Lorrain potè eseguire ad acqua forte il dipinto di Polignoto. Vi esporrò il secondo perchè riguarda
erchè riguarda l’Inferno, ove Ulisse discende per consultare 1’ anima di Tiresia sui mezzi di ritornare felicemente ne’ su
rno, ove Ulisse discende per consultare 1’ anima di Tiresia sui mezzi di ritornare felicemente ne’ suoi stati. Si vede sub
i. Si vede subito un fiume ch’è l’Acheronte: le sue rive sono ripiene di giunchi. Vi si distinguono dei pesci, ma leggeris
sue ginocchia una cista, eguale a quelle che sono in uso nelle feste di Cerere: ella fu la prima che trasportò dall’isola
uso nelle feste di Cerere: ella fu la prima che trasportò dall’isola di Paro in quella di Taso il culto di questa dea. La
i Cerere: ella fu la prima che trasportò dall’isola di Paro in quella di Taso il culto di questa dea. La composizione comi
la prima che trasportò dall’isola di Paro in quella di Taso il culto di questa dea. La composizione comincia in questo fi
sta dea. La composizione comincia in questo fiume: cosi dice il conte di Caylus: bisogna tagliarlo pel terreno, e non most
o partecipar del bianco ch’egli sarà possibile col giorno, che si usa di spargere per illuminare gli oggetti dei quali l’I
e per illuminare gli oggetti dei quali l’Inferno è ripieno. La figura di quest’ombre deve essere molto allungata: questo è
quali parla Pausania, Caylus sospetta che questo autore abbia creduto di vedervi un artifizio, al quale Polignoto non avrà
rpi. Sulla ripa del fiume vi ha cosa degna d’osservazione, e che è al di sotto della barca di Caronte; un figlio snaturato
iume vi ha cosa degna d’osservazione, e che è al di sotto della barca di Caronte; un figlio snaturato è strozzato da suo p
gio da una donna perita nella composizione dei veleni, e so prattutto di quelli che sono stati ritrovati pel supplizio dei
essa è inumana, bisogna diminuirne l’orrore per non scancellare ridea di giustizia. Egli era impossibile di far capire che
l’orrore per non scancellare ridea di giustizia. Egli era impossibile di far capire che queste bevande erano veleni prepar
e della pittura: ma ciò sa rebbe contrario allo spirito dell’arte. Al di sopra di questi due gruppi si vede Eurinome, che
ittura: ma ciò sa rebbe contrario allo spirito dell’arte. Al di sopra di questi due gruppi si vede Eurinome, che ha un col
ha un color nero che al blu si avvicina, ed è assiso sopra una pelle di avoltoio. Quelli che spiegano questa pittura a De
a carne dei morti, e loro non lascia che le ossa. I poeti non parlano di questa Eurinome. Per servire al testo conviene ra
esta Eurinome. Per servire al testo conviene rappresentare circondato di scheletri questo dio d’altronde sconosciuto. Si v
omigliante al padre. Ifidemea ebbe grandi onori dai Carli della città di Milasso. Più alto due compagni di Ulisse, Peremed
grandi onori dai Carli della città di Milasso. Più alto due compagni di Ulisse, Peremede ed Euriloco, conducono dei monto
ibile. Quindi è Arianna seduta sopra uno scoglio, e guarda la sorella di lei Fedra sospesa ad una corda che tiene con due
i. Questa disposizione presenta con orror minore la funesta avventura di Fedra. Questo esempio dato dagli antichi ne inseg
e equivalgono. Un tal compenso, dice Caylus, mi sorprende dalla parte di un artista così antico. Al di sopra di Fedra, Glo
, dice Caylus, mi sorprende dalla parte di un artista così antico. Al di sopra di Fedra, Glori è giacente sulle ginocchia
ylus, mi sorprende dalla parte di un artista così antico. Al di sopra di Fedra, Glori è giacente sulle ginocchia di Tia. E
a così antico. Al di sopra di Fedra, Glori è giacente sulle ginocchia di Tia. Elleno si erano vicendevolmente amate in vit
chia di Tia. Elleno si erano vicendevolmente amate in vita. Glori era di Orcomene in Beozia, e sposò Neleo figlio di Nettu
amate in vita. Glori era di Orcomene in Beozia, e sposò Neleo figlio di Nettuno. Tia ebbe commercio con Nettuno stesso. A
bbe commercio con Nettuno stesso. Accanto a Tia si vede Procri figlia di Eretteo, e dopo essa Glimene che le volge le spal
, e dopo essa Glimene che le volge le spalle. L’istoria rende ragione di questa attitudine. L’avventura di Procri è nota.
le spalle. L’istoria rende ragione di questa attitudine. L’avventura di Procri è nota. Dopo la sua morte Gefalo sposò Gli
ntura di Procri è nota. Dopo la sua morte Gefalo sposò Glimene figlia di Minia e n’ebbe Ifìclo. In un piano più da lungi s
li che da essa aveva avuti, la repudiò come una sposa disgraziata. Al di sopra delle donne delle quali abbiamo parlato è l
iata. Al di sopra delle donne delle quali abbiamo parlato è la figlia di Salmoneo seduta sopra una pietra, ed accanto a le
etra, ed accanto a lei Erifìle in piedi, che fa passar la sua mano al di sotto della sua tunica, come per nascondere il mo
sotto della sua tunica, come per nascondere il monile così famoso. Al di sopra di Erifìle Polignoto ha rappresentato Elpen
la sua tunica, come per nascondere il monile così famoso. Al di sopra di Erifìle Polignoto ha rappresentato Elpenore, ed U
tiene la sua spada stesa sopra la fossa. L’indovino Tiresia arriva al di là della fossa. Dietro lui si vede Anticlea madre
iresia arriva al di là della fossa. Dietro lui si vede Anticlea madre di Ulisse seduta sopra una pietra. Elpenore è vestit
a pietra. Elpenore è vestito da marinaro con una tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più basso, al di sotto di Uli
enore è vestito da marinaro con una tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più basso, al di sotto di Ulisse, Teseo e
aro con una tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più basso, al di sotto di Ulisse, Teseo e Piritoo stanno assisi su
na tunica corta tessuta di giunchi o di corda. Più basso, al di sotto di Ulisse, Teseo e Piritoo stanno assisi su delle se
o stanno assisi su delle sedie. Teseo tiene con ambe le mani la spada di Piritoo e la sua: Piritoo fìssa gli occhi su ques
esso: le posizioni delle fìgure son variate con arte. Benché l’azione di Ulisse sia l’oggetto principale di questa composi
variate con arte. Benché l’azione di Ulisse sia l’oggetto principale di questa composizione, Polignoto non l’ha distinta
stinta con alcuna affettazione, e concorre con le altre per l’effetto di un ricco e magnifico insieme. Si veggono in segui
di un ricco e magnifico insieme. Si veggono in seguito le due figlie di Pandaro, Camiro e Clitia: elleno sono coronate di
guito le due figlie di Pandaro, Camiro e Clitia: elleno sono coronate di fiori, e giocano ai dadi. Pausania racconta qui l
coronate di fiori, e giocano ai dadi. Pausania racconta qui l’istoria di queste fanciulle com’è narrata nell’Odissea. Egli
o scettro; egli tiene una bacchetta nella mano. Il gioco delle figlie di Pandaro sparge una varietà grata. L’ attitudine d
gioco delle figlie di Pandaro sparge una varietà grata. L’ attitudine di Antiloco, che posa il piede sopra una pietra, si
ggio più solido alle loro statue. Questa bacchetta nella mano diritta di Agamennone è diffìcile a spiegarsi. Il pittore av
egarsi. Il pittore avrebbe egli dato a questo principe questo bastone di comando, perchè lo scettro, che ne era il segno n
Protesilao seduto riguarda Achille, e Patroclo è in piedi al disopra di Achille: sono tutti senza barba, Agamennone eccet
one eccettuato. Più alto è il giovin Foco: le sue forme hanno un’aria di nobiltà, egli ha un anello in uno dei diti della
che dalla sua barba sembra più avanzato, tira questo anello dal dito di Foco: quest’ultimo, figlio di Aiace, passò in Egi
ù avanzato, tira questo anello dal dito di Foco: quest’ultimo, figlio di Aiace, passò in Egina in un paese che si chiamò d
anello, e Foco lo lascia prendere come pegno dell’amicizia antica. Al di sopra di queste due figure è Mera seduta sopra un
Foco lo lascia prendere come pegno dell’amicizia antica. Al di sopra di queste due figure è Mera seduta sopra una pietra:
di queste due figure è Mera seduta sopra una pietra: ella era figlia di Prete e proni potè di Sisifo: morì fanciulla. Sul
è Mera seduta sopra una pietra: ella era figlia di Prete e proni potè di Sisifo: morì fanciulla. Sullo stesso piano è Atte
i potè di Sisifo: morì fanciulla. Sullo stesso piano è Atteone figlio di Arìsteo. La sua madre gli accanto; eglino tengono
i accanto; eglino tengono un cerbiatto, e sono seduti sopra una pelle di cervo. Un cane da caccia è seduto ai loro piedi.
ccia è seduto ai loro piedi. Il Conte Caylus ha fatto uso dell’anello di Foco per provare l’ antichità degli anelli. Si ve
egli tiene la sua lira dalla mano sinistra, e nella diritta dei rami di salcio: gli alberi accanto ai quali siede, sembra
i dicono che era un Greco amante della musica e sopra tutto dei canti di Orfeo. Schedio che comandava i Focei all’assedio
a tutto dei canti di Orfeo. Schedio che comandava i Focei all’assedio di Troia ha una corona d’erbe campestri sulla testa,
ta, e ne sono rotto le corde. Tutte queste rappresentazioni, composte di re, di regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini
e sono rotto le corde. Tutte queste rappresentazioni, composte di re, di regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini celebr
o le corde. Tutte queste rappresentazioni, composte di re, di regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini celebri nel l’ist
tte queste rappresentazioni, composte di re, di regine, di guerrieri, di poeti, e d’uomini celebri nel l’istoria e nella r
religione, avevano nell’antichità un effetto che più non sussiste. Al di sopra di Tamiri è Marsia seduto sopra una pietra,
, avevano nell’antichità un effetto che più non sussiste. Al di sopra di Tamiri è Marsia seduto sopra una pietra, ed accan
ra una pietra, ed accanto a lui Olimpo, rappresentato nelle sembianze di un giovine che impara a suonare la tibia. Se voi
gli occhi alla sommità della tavola, voi scorgete, sullo stesso piano di Atteone, di Aiace di Salamina, Palamede e Tersite
la sommità della tavola, voi scorgete, sullo stesso piano di Atteone, di Aiace di Salamina, Palamede e Tersite, che giuoca
à della tavola, voi scorgete, sullo stesso piano di Atteone, di Aiace di Salamina, Palamede e Tersite, che giuocano agli s
Tersite, che giuocano agli scacchi inventati dal primo. Aiace figlio di Oileo guarda il loro giuoco. Si vede che ha naufr
ato dalla spuma che lo copre: Polignoto ha qui riuniti tutti i nemici di Ulisse. Pausania avrebbe dovuto notare che l’art
lisse. Pausania avrebbe dovuto notare che l’artista aveva avuto cura di allontanare il re d’ Itaca da questo gruppo. L’os
ne che fa sulla schiuma, della quale Aiace è coperto, cade nel numero di quei minuti particolari, dai quali il genio dell’
ore: ma conviene rammentarsi che gli antichi reputavano questo genere di morte la maggior disgrazia, perchè gli privava de
sa considerazione giustifica Virgilio, che fa gemere Enea all’aspetto di una violenta tempesta. Un poco al di sopra d’ Aia
, che fa gemere Enea all’aspetto di una violenta tempesta. Un poco al di sopra d’ Aiace figlio di Oileo si vede Meleagro f
aspetto di una violenta tempesta. Un poco al di sopra d’ Aiace figlio di Oileo si vede Meleagro figlio di Eneo, che guarda
Un poco al di sopra d’ Aiace figlio di Oileo si vede Meleagro figlio di Eneo, che guarda questo eroe. Fra questi personag
ppoggia la testa sulle mani. Memnone tiene una delle sue sulle spalle di Sarpedone. Il pittore ha rappresentato degli ucce
lle di Sarpedone. Il pittore ha rappresentato degli uccelli sul manto di Memnone; questi uccelli si chiamano Memnonidi. Ac
idi. Accanto a lui si vede uno schiavo etiope per indicare che era re di quella nazione. Sopra Sarpedone e Memnone si vede
ede Paride giovine e senza barba: egli batte le mani come fa la gente di campagna, e sembra invitare Pentesilea ad avvicin
ma dal suo volto si vede che lo disprezza: è ritratta nelle sembianze di una giovine che tiene un arco scitico, e che ha l
ne che tiene un arco scitico, e che ha le spalle coperte da una pelle di leopardo. Più in alto vi sono due donne che porta
este donne sono fra le non iniziate. Più alto si vede Callisto figlia di Licaone, la ninfa Nomia, e Pero figlia di Neleo.
lto si vede Callisto figlia di Licaone, la ninfa Nomia, e Pero figlia di Neleo. Una pelle d’ orso serve di tappeto a Calli
aone, la ninfa Nomia, e Pero figlia di Neleo. Una pelle d’ orso serve di tappeto a Callisto, che ha i piedi sulle ginocchi
e d’ orso serve di tappeto a Callisto, che ha i piedi sulle ginocchia di Nomia. Gli Arcadi dicono che Nomia era una ninfa
infe vivono per molto tempo, ma non sono immortali. Questa abbondanza di Polignoto può somministrare alla pittura moderna
i Polignoto può somministrare alla pittura moderna un numero infinito di bellissimi soggetti, dei quali Tesecuzione riesci
circondano si vede una balza dirupata. Sisifo figlio d’Eolo si sforza di spingere in su una grossa pietra. Se vede nello s
una grossa pietra. Se vede nello stesso luogo un doglio, e un gruppo di figure composto di un vecchio, di un fanciullo e
Se vede nello stesso luogo un doglio, e un gruppo di figure composto di un vecchio, di un fanciullo e di molte donne post
stesso luogo un doglio, e un gruppo di figure composto di un vecchio, di un fanciullo e di molte donne poste sopra uno sco
glio, e un gruppo di figure composto di un vecchio, di un fanciullo e di molte donne poste sopra uno scoglio: una di quest
ecchio, di un fanciullo e di molte donne poste sopra uno scoglio: una di queste è accanto a un vecchio, ed è molto vecchia
sania, che questo gruppo rappresenti quelli che disprezzano i imsteri di Cerere, perchè gli antichi Greci ponevano questi
antichi Greci ponevano questi misteri tanto al disopra delle pratiche di Religione, quanto gli dei sono maggiori degli ero
e lo divora. Ma Pausania osserva che Polignoto ha seguito il racconto di Archiloco, che ha parlato di questo scoglio. Tale
rva che Polignoto ha seguito il racconto di Archiloco, che ha parlato di questo scoglio. Tale è la descrizione che dà Paus
e ha parlato di questo scoglio. Tale è la descrizione che dà Pausania di uno dei più celebri dipinti, stupore della Grecia
consiglio la letttura, onde possiate arricchire il vostro intelletto di cognizioni, che possono guidarvi nei vostri studi
to di cognizioni, che possono guidarvi nei vostri studii. L’avventura di Orfeo, che coli’ armonia del suo canto potè riave
perde, violando la legge impostagli da Proserpina, è con tanta maestà di stile descritta nella Georgica di Virgilio, che i
i da Proserpina, è con tanta maestà di stile descritta nella Georgica di Virgilio, che io ho tentata la traduzione di quei
descritta nella Georgica di Virgilio, che io ho tentata la traduzione di quei versi, benché persuaso dell’impossibilità di
ntata la traduzione di quei versi, benché persuaso dell’impossibilità di esprimere, non che di pareggiare la bellezza di q
quei versi, benché persuaso dell’impossibilità di esprimere, non che di pareggiare la bellezza di quei versi immortali.
so dell’impossibilità di esprimere, non che di pareggiare la bellezza di quei versi immortali. Te fuggendo: Aristeo, pel
e empì gli ultimi monti: La rocca Rodopea ti pianse, e l’alto Pangeo, di Reso la Mavorzia terra Con Orizia d’Atene, e Geti
asce e quando muore il giorno. E le Tenarie foci, e le profonde Porte di Dite, e per paura cieco Il nero bosco ei vide; al
e ai cari sposi Rapite, e figli ai genitori in faccia Posti sul rogo: di Oocito il nero Fango gli lega e le deformi canne,
ase istesse E i regni della morte, e avvinto il crine Le stigie suore di cerulei serpi; Cessò il latrato nell’aperte gole
vietava traghettar Caronte L’opposto stagno: e come mai poteva Seguir di nuovo la rapita moglie, O piegar con qual canto i
ntri sonava Che le tigri placò, trasse le querci. Tal mesto all’ombra di frondoso pioppo Piange usignolo li smarriti figli
dele dolor le Tracie donne, Fra le feste dei numi e le notturne Orgie di Bacco disperdean pei larghi Campi infamati lacera
oi potrete difficilmente rintracciare queste notizie nei libri comuni di Mitologia, che spesse volte ingannano più di quel
notizie nei libri comuni di Mitologia, che spesse volte ingannano più di quello che illuminino gli artisti, onde vi esorto
inino gli artisti, onde vi esorto a sentire maggiormente l’importanza di questi studii. La figura di Plutone ha in ogni ri
sorto a sentire maggiormente l’importanza di questi studii. La figura di Plutone ha in ogni riguardo il carattere di Giove
questi studii. La figura di Plutone ha in ogni riguardo il carattere di Giove, ma di. Giove truce ed iracondo, quale Sene
i. La figura di Plutone ha in ogni riguardo il carattere di Giove, ma di . Giove truce ed iracondo, quale Seneca tragico ce
ibuisce a Plutone la chioma calante giù sopra la fronte, al contrario di quella di Giove che si solleva: ma non è in ciò d
Plutone la chioma calante giù sopra la fronte, al contrario di quella di Giove che si solleva: ma non è in ciò d’accordo c
tano, del quale la chioma ed anche il vestiario si conformano all’uso di Giove. Il basso rilievo Ostiense, ora al Museo Pi
porti la tunica: in ciò da Giove diverso, ed accostantesi al costume di Serapide, di cui però non ha in testa il medio, c
ica: in ciò da Giove diverso, ed accostantesi al costume di Serapide, di cui però non ha in testa il medio, come per inavv
notata, asserisce Winkelmann; ma ha la chioma legata con benda ad uso di Giove, Col capo velato lo veggiamo in una delle p
l sepolcro dei Nasoni illustrate dal Bellori, ove Visconti ha creduto di riconoscere Saturno, quantunque il velo, come dis
que il velo, come distintivo, niun antico scultore gli assegni. Assai di Plutone. Nessun reo è assoluto davanti al tribuna
scellerati. Eumenidi furono chiamate da Oreste, perchè col consiglio di Pallade potè in Argo placarle. Licofrone ed Eschi
i Proserpina e Plutone; Esiodo nella Teogonia le vuol nate dal sangue di Saturno, quantunque nel suo libro intitolato L’op
ano, secondo Virgilio, nel vestibolo dell’Inferno con altra compagnia di loro ben degna. « Nel primo entrar del doloroso
de le Furie I ferrati covili: il Furor folle. L’empia Discordia, che di serpi ha il crine E di sangue mai sempre il volto
covili: il Furor folle. L’empia Discordia, che di serpi ha il crine E di sangue mai sempre il volto intriso.» Così tradus
6 verso 402 e segg.); E nel duodecimo libro le fa assistere al soglio di Giove. Siccome il rimorso segue nel momento la co
evo pubblicato da Zoega, rappresentante Oreste in Delfo, sono fornite di grandi ali alle spalle, che gli Etruschi, e senza
ate n’è priva, e l’altra senz’ali lo porta. Sarà piuttosto una specie di legami destinati a reggere l’abito succinto a fog
to una specie di legami destinati a reggere l’abito succinto a foggia di grembiule, che generalmente vestono le figure che
ono le figure che tal cintura hanno, usata ancora dalle figure egizie di solo grembiule vestite. Gli stivaletti che in que
nei monumenti etruschi, forse accennano la velocità, con cui, a guisa di cacciatori inseguono i rei, quantunque sembrerebb
pesanti da inverno, si crederebbero dagli Etruschi per solo capriccio di tal foggia calzate, usitata da loro in molte altr
rie avendo intorno i fianchi un largo cinto, che in alcune è fregiato di perle. Una di essa tiene nella destra un pugnale,
orno i fianchi un largo cinto, che in alcune è fregiato di perle. Una di essa tiene nella destra un pugnale, nella sinistr
ra che le tre restanti, che molto hanno sofferto dal tempo, parimente di torcie fossero armate. Le teste conservate sono t
sima è moderna. Nel basso rilievo le Furie sono cinque, ed il nu mero di tre, che vien loro assegnato, non altro denota ch
nota che pluralità, onde sul più antico teatro greco comparivano cori di Furie fino al numero di cinquanta. 1 nomi delle t
sul più antico teatro greco comparivano cori di Furie fino al numero di cinquanta. 1 nomi delle tre Furie così sono espre
i che non osavano proferirne il nome. Quindi Elettra dice nell’Oreste di Euripide: Le Furie, che io non ardisco nominare,
no guardare, e non senza terrore. Ed era fama che se alcuno macchiato di delitto fosse entrato nel tempio, che Oreste loro
dell’Achea, fosse nell’istante da furori e paure agitato. Gli antichi di nere vesti credevano che fossero ammantate, poich
e nera. Questi sacrifizi si facevano nel maggior silenzio, e in tempo di notte, ed era vietato ai nobili l’intervenirvi. E
Infatti Edipo giunto nella loro selva fu ammaestrato dao^li Ateniesi di portar acqua di fonte perenne, e di versarla in v
iunto nella loro selva fu ammaestrato dao^li Ateniesi di portar acqua di fonte perenne, e di versarla in vasi preparati a
va fu ammaestrato dao^li Ateniesi di portar acqua di fonte perenne, e di versarla in vasi preparati a quest’uso, dei quali
e di versarla in vasi preparati a quest’uso, dei quali dovea cingere di pelle d’agnello nero gli orli ed i manichi. Quind
e, e dopo questa libazione piegare a terra con ambe le mani nove rami di ulivo. Le corone che si ponevano quelli che si sa
e corone che si ponevano quelli che si sacrificavano alle Furie erano di narciso e di croco. Furnuto ed Eustazio allegano
si ponevano quelli che si sacrificavano alle Furie erano di narciso e di croco. Furnuto ed Eustazio allegano una ragione r
tivamente al primo fiore. Questi autori pretendono che la derivazione di questo nome provenga da (grec) sbalordimento, ed
a a sinistra della via maestra un tempio dedicato a Dee, che le genti di quel luogo chiamano Manie, e tutto il cantone d’
urioso. Molto d’appresso al tempio si vede un piccolo terreno coperto di una specie di tomba, sulla quale è incisa la figu
d’appresso al tempio si vede un piccolo terreno coperto di una specie di tomba, sulla quale è incisa la figura di un dito.
erreno coperto di una specie di tomba, sulla quale è incisa la figura di un dito. Eglino chiamano questo luogo sepoltura d
ficato un tempio all’ Eumenidi. Raccontano che alla prima apparizione di queste Dee, quando elleno levaron di cervello Ore
ntano che alla prima apparizione di queste Dee, quando elleno levaron di cervello Oreste, egli le vide tutte nere, che all
ll’ombre de’ morti, ma che sacrificò alle seconde. Ed ancora ai tempi di Pausania in memoria del narrato avvenimento credo
ncora ai tempi di Pausania in memoria del narrato avvenimento credono di poter sacrificare a queste Dee, ed alle Grazie ad
rive le Furie. «Ove in un punto vidi dritte ratto Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminili aveano ed atto
resente. Quindi Cloto, ch’era la più giovane delle sorelle, avea cura di presedere al punto nel quale si nasce, e di tener
delle sorelle, avea cura di presedere al punto nel quale si nasce, e di tener la conocchia: Lachesi filava tutti gli avve
ava tutti gli avvenimenti della nostra vita; ed Atropo, la più matura di tutte, tagliava colle forbici il filo. I Mitologi
ltima le eseguisce. Altri fanno scrivere le Parche sotto la dettatura di Plutone. L’opinione più comune è che il Fato, il
che il Fato, il quale comandava a Giove, ed agli altri Dei, sia pure di esse il padrone. Platone fa vedere queste tre de
ueste tre dee nel mezzo delle sfere celesti con abiti bianchi coperti di stelle, coronate il capo, ed assise sopra troni r
perti di stelle, coronate il capo, ed assise sopra troni risplendenti di luce, dove accordano la loro voce col canto delle
nata, ed Atropo quelle che avverranno un giorno, Pausania ci ragiona di alcuni templi, che avevano nella Grecia: i Lacede
Lacedemoni ne avevano eretto uno in una loro città vicino al sepolcro di Oreste, ed i Sicionii gliene aveano dedicato un a
le Furie, vale a dire che loro sacrificavano pecore nere. Nella città di Olimpia vi era un altare consacrato a Giove condu
Parche, vicino al quale ne avevano un altro queste dee. In una statua di Teocosmo, nella quale lavorò ancora Fidia, le Par
me coli’ Ore, erano nella testa del nominato Dio. Vicino al ‘sepolcro di Eteocle e Polinice stava scolpita una delle tre P
ria feroce, gran denti, mani adunche; insomma sembianze più terribili di una fiera, per additare il terribile destino di q
mbianze più terribili di una fiera, per additare il terribile destino di quei due fratelli nati al delitto. Ma generalment
li antichi monumenti. Esse trovansi generalmente espresse nella morte di Meleagro, e son belle fanciulle, ora con l’ali al
capo, or senza, distinguendosi fra loro pei singolari attributi. Una di esse viene costantemente effigiata in atto di scr
ingolari attributi. Una di esse viene costantemente effigiata in atto di scrivere su un rotolo. Talora non vi sono cbe due
guicrinite, e con faci accese nelle mani, e con braccia ignudo contro di Oreste armate, su un vaso di terra cotta della Co
nelle mani, e con braccia ignudo contro di Oreste armate, su un vaso di terra cotta della Collezione Porcinari, pubblicat
a della Collezione Porcinari, pubblicato nella seconda parte dei Vasi di Hamilton. Così giovani e belle vengono rappresent
ste vindici dee su varii bassi rilievi in Roma, ove la stessa vicenda di Oreste si figura. Fra la gente tormentata nell’In
rata. Eccovene brevemente r istoria. Queste erano cinquanta figliuole di Danao re d’Argo, che negava di sposarle ad altret
oria. Queste erano cinquanta figliuole di Danao re d’Argo, che negava di sposarle ad altrettanti figli di Egitto suo frate
iuole di Danao re d’Argo, che negava di sposarle ad altrettanti figli di Egitto suo fratello, perchè l’oracolo gli aveva p
lla guerra a sacrificare il proprio timore alla pubbUca salute, cercò di evitare la minaccia del fato, ordinando alle figl
Linceo suo sposo. Udirete in Ovidio, tradotto da Remigio, la pittura di quella orribile notte, narrata al fuggito sposo d
ostra fantasia potrà forse da questa descrizione ricavare il soggetto di una pittura. Già spargeva la notte il fosco e l’
evuto a mensa Miseri aveano, e dall’ignaro vulgo Compressi intorno, e di novelli fiori Cinti i capei, che preziosi unguent
i novelli fiori Cinti i capei, che preziosi unguenti Facevan molli, e di letizia pieni Da lor fato crudel portati furo Ent
e volve e scuote II gelato Aquilon frondosa chioma D’arbore antico, o di frondoso pioppo, Tal io tremava, o se tremar più
o al suo cugin la vita. Ma se questa mia destra ardito avesse Di trar di vita alcun, non sarebb’ella Prima del sangue mio
eregrini amanti? Ma presuppongo, e lo confermo vero. Che fosser degni di morir: che abbiamo Misere noi commesso? or per qu
affretti, questa Agli occhi tuoi sarà l’ultima notte. Onde d’orrore e di spavento pieno Sorgesti presto, o ti fuggìa dagli
o d’ogni stagion rimiro Spaventi e morti, ov’io dogliosa seggio Cinta di ferro i pie, le braccia e il collo.» Ovidio ,
onai in parte quando le mie ricerche ebbero per soggetto Cerere madre di lei: ma l’ampiezza dell’istoria e degli attributi
tto Cerere madre di lei: ma l’ampiezza dell’istoria e degli attributi di questa dea non mi permise d’ inserirvi le altre n
resente argomento. Non tutti opinarono che Proserpina fosse figliuola di Cerere, e quelli che con Ecate la confusero le di
emplicità delle Favole, le dà Cerere per genitrice, contro l’opinione di Apollodoro, che figliuola la dice di Stige e di G
per genitrice, contro l’opinione di Apollodoro, che figliuola la dice di Stige e di Giove. È inutile il ridirvi come fu ra
ce, contro l’opinione di Apollodoro, che figliuola la dice di Stige e di Giove. È inutile il ridirvi come fu rapita in Sic
nutile il ridirvi come fu rapita in Sicilia; solamente aggiungerò che di questa credenza erano tanto persuasi gli abitanti
e aggiungerò che di questa credenza erano tanto persuasi gli abitanti di quell’Isola, che usavano di giurar sempre per |Pr
redenza erano tanto persuasi gli abitanti di quell’Isola, che usavano di giurar sempre per |Proserpina. Ora cani, ora nere
tà della Magna Grecia e della Sicilia sembrano essersi molto studiate di dare sulle loro monete, sia a Cerere che a Proser
zza: e difficilmente si troveranno ancora pel conio, monete più belle di alcune siracusane, rappresentanti una testa di Pr
onio, monete più belle di alcune siracusane, rappresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un vincitore su di una
appresentanti una testa di Proserpina, e nel rovescio un vincitore su di una quadriga. Queste monete avrebbero dovuto esse
ero dovuto esser meglio disegnate e incise nella Collezione del Museo di Pellerin. Si vede in esse Proserpina coronata di
Collezione del Museo di Pellerin. Si vede in esse Proserpina coronata di frondi lunghe e appuntate simili a quelle che orn
e e appuntate simili a quelle che ornano insieme alle spighe la testa di Cerere, e quindi Winkelmann le crede foglie dello
e, e quindi Winkelmann le crede foglie dello stelo del grano, anziché di canna palustre, quali furono giudicate da alcuni
quali furono giudicate da alcuni scrittori, che perciò si avvisarono di vedere in quelle monete l’effigie della Ninfa Are
artisti, sopra tutto il celebre Prassitele, rappresentarono il ratto di Proserpina, inciso ancora su molte medaglie della
sce Proserpina non ostante le ragioni della severa Minerva. Mercurio, di cui l’intervento non è inutile in questo genere d
Minerva. Mercurio, di cui l’intervento non è inutile in questo genere di avvenimenti, precede il carro del rapitore, e sem
questo genere di avvenimenti, precede il carro del rapitore, e sembra di Cerere voler consolare la figlia. Questa composiz
gorica, che potrete riscontrar nel primo tomo dell’Antichità spiegata di Montfaucon, può essere dei bei tempi della Grecia
onumento da Winkelmann pubblicato. Non credo però molto antica l’idea di attaccare al carro del suo rapitore due cigni, du
e si vede in due gemme incise del Museo Stosciano. Che mi si permetta di portare simil giudizio sulla rappresentazione del
tesso soggetto, che si trova pure nel primo tomo dell’opera mentovata di Montfaucon, ove in fondo del basso rilievo sono e
che fa allusione alle relazioni, immaginate più tardi, tra la favola di Proserpina e il sistema astronomico. Sopra un bas
n monumento rappresentato, e dà peso alla sua congettura un certo che di mesto e di riserbato che si vede nella figura di
rappresentato, e dà peso alla sua congettura un certo che di mesto e di riserbato che si vede nella figura di lei, come s
gettura un certo che di mesto e di riserbato che si vede nella figura di lei, come se ancora si ricordasse della madre, e
l mento, inculta ed irta Pende canuta barba. Ha gli occhi accesi Come di bragia. Ha con un groppo al collo Appeso un lordo
ll’altra riva ogrior la gente morta: Vecchio è d’aspetto e d’anni, ma di forze Come dio vigoroso e verde è sempre.» Enei
aro, che così tradusse Virgilio, ebbe per certo in mente questi versi di Dante, che così introduce Caronte nel suo Inferno
nose gote Al nocchier della livida palude, Che’ntorno agli occhi avea di fiamme rote. Ma quell’anime ch’eran lasse e nude,
renti, L’umana specie, il luogo, il tempo, e il seme Di lor semenza e di lor nascimenti. Poi sì ritrasser tutte quante ins
ia, Ch’attende ciascun uom che Dio non teme. Caron dimenio, con occhi di bragia. Loro accennando, tutte le raccoglie; Batt
pittori antichi, come udiste da Pausania nella descrizione del quadro di lui, vecchio lo ritrasse. Questo dio stimavasi cr
utti noi nudi scendiamo nel sepolcro. Plutone per sollevare il dolore di Proserpina l’idea della sua nuova grandezza, così
la morte. Ella solo infatti confessa quanto piccola cosa sia l’uomo di cui ristabilisce i diritti e fa sicure vendette b
iù d’ogni altro popolo al regno dell’ombre. Tre, come vi ho accennato di sopra, sono i giudici dell’Inferno secondo i Mito
Eaco. Minosse nacque da Giove e da Europa, figliuola, secondo alcuni, di Fenice, secondo altri, di Agenore^ e che dal furt
ove e da Europa, figliuola, secondo alcuni, di Fenice, secondo altri, di Agenore^ e che dal furto di Giove partorì pure Sa
secondo alcuni, di Fenice, secondo altri, di Agenore^ e che dal furto di Giove partorì pure Sarpedonte e Radamanto. Nato d
orì pure Sarpedonte e Radamanto. Nato da padre furtivo, dopo la morte di Giove Asterie, i Cretesi non volevano ch’egli sal
te comparve un toro dal mare, ed i Cretesi maravigliati gli permisero di regnare. Non sono d’accordo sulla sua patria gli
rdo sulla sua patria gli antichi. Chi lo vuole forestiero, chi nativo di Creta, e non figlio di Giove. Omero, fra gli alt
i antichi. Chi lo vuole forestiero, chi nativo di Creta, e non figlio di Giove. Omero, fra gli altri, nell’Odissea, lo vu
lio di Giove. Omero, fra gli altri, nell’Odissea, lo vuole discepolo di Giove, e dice che in quest’isola regnò per nove a
tanto potente per mare da imporre tributo agli Ateniesi per la morte di Andro geo, come dichiarerò a suo luogo parlandovi
esi per la morte di Andro geo, come dichiarerò a suo luogo parlandovi di Teseo. Nacquero da lui (non contando Androgeo) Gl
rinto venisse in Sicilia da Cocalo, che gli fu ospite liberale. Ma le di lui figlie ingannate da Dedalo, lo uccisero getta
ttando all’improvviso acqua bollente nel bagno. Ma quello che è fuori di dubbio si è che per la fama della sua giustizia m
che è fuori di dubbio si è che per la fama della sua giustizia meritò di esser creduto figliuolo di Giove e giudice all’In
che per la fama della sua giustizia meritò di esser creduto figliuolo di Giove e giudice all’Inferno. L’avventura di Niso
i esser creduto figliuolo di Giove e giudice all’Inferno. L’avventura di Niso giustissimo lo dimostra. Regnava questi in N
iono spiegar coli’ istoria la favola, dicono che nel purpureo capello di Niso sono significate le chiavi della città conse
do gli antichi, il presidente della Corte infernale, e a lui spettava di giudicare delle cose che erano dubbie. Omero ce
i, fu anch’esso per la sua prudenza ed amore del giusto stimato degno di tanto uffizio. Focilide lo celebra come l’uomo il
: certamente giustissimi furono sempre riputati gli antichi reggitori di Creta, e le leggi di quelr isola famosa servirono
imi furono sempre riputati gli antichi reggitori di Creta, e le leggi di quelr isola famosa servirono di norma al divino L
ntichi reggitori di Creta, e le leggi di quelr isola famosa servirono di norma al divino Licurgo. Nell’Inferno gli attribu
o di norma al divino Licurgo. Nell’Inferno gli attributi del fratello di Minos così da Virgilio sono esposti: « Questo è
buti del fratello di Minos così da Virgilio sono esposti: « Questo è di Radamanto il tristo regno, Là dove egli ode, esam
egno, Là dove egli ode, esamina, condanna, E discuopre i peccati, che di sopra Son dalle genti o vanamente ascosi In vita,
enti o vanamente ascosi In vita, o non purgati anzi la morte. Nè pria di Radamanto esce il precetto Che Tesifone è presta
I, v. 844 e segg. L’istoria però ci fa molto dubitare della giustizia di Radamanto, narrandoci che fuggì da Creta per aver
ggiunge agli altri due giudici dell’inferno, e fu anch’esso figliuolo di Giove. Al Tonante lo partorì Egina figlia di Asop
e fu anch’esso figliuolo di Giove. Al Tonante lo partorì Egina figlia di Asopo, dopo essere stata ingannata dal dio nelle
figlia di Asopo, dopo essere stata ingannata dal dio nelle sembianze di fuoco. Ella diede il suo nome a un’Isola dove, su
ta ed antica. Questi nuovi mortali furono chiamati Mirmidoni, e ninno di voi ignorerà che di essi fu condottiero Achille,
nuovi mortali furono chiamati Mirmidoni, e ninno di voi ignorerà che di essi fu condottiero Achille, che ad Eaco fu nipot
fu nipote. Egli ebbe tre figli da due donne. Foco da Sam mete figlia di Nereo, Telamone e Peleo padre dell’eroe d’ Omero
di Nereo, Telamone e Peleo padre dell’eroe d’ Omero da Endaide figlia di Chirone. Del resto Eaco fu in tanta riputazione,
one, che essendo tutta la Grecia travagliata dalla siccità, l’oracolo di Delfo rispose, che se volevano placare Giove si s
oracolo di Delfo rispose, che se volevano placare Giove si servissero di Eaco per intercessore. Egli giudicava i morti eur
Flegetonte. Tutte l’anime per passar nell’Inferno varcano sulla barca di Caronte questo fiume torbo e fangoso, pieno di vo
no varcano sulla barca di Caronte questo fiume torbo e fangoso, pieno di voragini, che bolle e si frange, e che col suo ne
suo nero loto si perde in Cocito. Alcuni fanno figliuolo questo fiume di Titano e della Terra, e dicono che discese fino n
condo l’opinione riportata dal Boccaccio, nacque da Oerere nell’Isola di Oreta, e non potendo sostenere la luce, si ritirò
e era un fiume della Tesprozia, che avea le sue sorgenti dalle paludi di Acherusa, e scaricavasi accanto Ambracia nel golf
herusa, lago dell’Egitto presso Menfi, circondato da campagne ripiene di tombe. E il giudizio che si esercitava in questo
onde egli in premio le concesse che il giuramento pel nume e l’acque di lei sarebbe stato formidabile e tremendo agli ste
tato formidabile e tremendo agli stessi numi. Quelli che fra loro nel di lei nome spergiuravano erano per del tempo allont
e fosse il fiume divenuto favoloso. Opinano alcuni che fosse nel seno di Baia vicino al lago Averno, e che i Sacerdoti ava
ri avvalorassero quest’opinione, per godere dell’amenità e dei frutti di quel clima beato; secondo altri è un fonie dell’A
le, secondo Pausania, agli animali ed all’uomo, ed aveva la proprietà di spezzare i vasi di ogni terra e di qualunque meta
a, agli animali ed all’uomo, ed aveva la proprietà di spezzare i vasi di ogni terra e di qualunque metallo. L’unghie sole
ed all’uomo, ed aveva la proprietà di spezzare i vasi di ogni terra e di qualunque metallo. L’unghie sole del cavallo resi
rono che Plutone ruppe la fedeltà giurata a Proserpina con una figlia di questo fiume, chiamata Minta, che fu dalla regina
fiume si perde con Flegetonte nell’Acheronte, e che non è che un rivo di Stige. Il nome di esso deriva dalle querele e dai
Flegetonte nell’Acheronte, e che non è che un rivo di Stige. Il nome di esso deriva dalle querele e dai pianti onde riemp
e dei malvagi. Di Flegetonte sappiamo solo che vi sgorgavano torrenti di fiamme, e che gli erano corona le carceri dei con
gli erano corona le carceri dei condannati da Radamanto. Dirò adesso di Nemesi, che vendicava gli oppressi in vita, dai s
a della Giustizia, che i lievi fremiti dei mortali contieni con freno di adamante, odiando la perniciosa superbia degli uo
dei diti, significa la misura che i Greci chiamavano (grec), simbolo di una retribuzione giusta ed equa di tutte le azion
i Greci chiamavano (grec), simbolo di una retribuzione giusta ed equa di tutte le azioni. Lo sguardo che ella volge nel su
occupa per discoprire i segreti più nascosi; ed è sotto questo punto di vista eh’ Esiodo la chiama figlia della Notte. Pe
iano la rappresenta con un dito sulla bocca. Il ramo eh’ ella tiene è di melo selvaggio per mostrare la durezza e l’infles
r mostrare la durezza e l’inflessibilità de’ suoi decreti. Una figura di marmo alla Villa Albani è stata creduta da Winkel
si, ma da lui con ragione dissente, come udirete, Visconti. La figura di una donna alata, che in un quadro dell’ Ercolano
ave che si allontana, e che non è stata determinata nella spiegazione di quella pittura, è Nemesi probabilmente, ed hanno
egli Etiopi rappresentati sulla coppa che teneva nella mano la Nemesi di Fidia, della quale Pausania non ha spiegato il si
to da Omero a questa nazione. Quindi Fidia può avere avuto intenzione di rappresentare i favoriti di Nemesi, i quali per u
. Quindi Fidia può avere avuto intenzione di rappresentare i favoriti di Nemesi, i quali per una condotta virtuosa dei ben
i favoriti di Nemesi, i quali per una condotta virtuosa dei beneficii di lei si rendono degni. Visconti così illustra una
beneficii di lei si rendono degni. Visconti così illustra una statua di Nemesi del Museo Pio dementino. « Quando la penn
stra una statua di Nemesi del Museo Pio dementino. « Quando la penna di un antiquario ha da versare sull’esposizione di u
o. « Quando la penna di un antiquario ha da versare sull’esposizione di un argomento interessante e sicuro, acquista egli
na più viva confidenza nella sua facoltà, e si dimentica delle taccie di frivolo, immaginario, che sogliono darsi da’ bell
lo, immaginario, che sogliono darsi da’ belli spiriti a questo genere di letteratura. « La bella statuetta della dea Nemes
ente i surriferiti caratteri per incoraggirne l’espositore. Le figure di Nemesi sono assai note nelle greche medaglie, spe
figure di Nemesi sono assai note nelle greche medaglie, specialmente di Smirne, ove erano venerate due Nemesi in un tempi
’lor beni e del loro potere. Il freno le pendeva dalla manca, simbolo di moderazione, specialmente nelle parole: alle volt
moderazione, specialmente nelle parole: alle volte stringeva un ramo di frassino, inteso pel flagello onde percuotere i d
he a questo gesto si riferisse ciò che dissero gli antichi del cubito di Nemesi, dalla maggior parte spiegato per una verg
r una verga, che il simulacro della dea stringesse in mano. Il dubbio di Spanhemio parve a ragione a Winkelmann una certez
nkelmann una certezza, o egli stesso senza riflettere alla congettura di Spanhemio così pensò e scrisse: lodevole in quest
ma non egualmente nell’applicare la sua osservazione ad una statuetta di Villa Albani, la quale solleva, è vero, il manto
grembo alcuna cosa, ma non già per presentare la consueta attitudine di Nemesi cognita dalle medaglie, dalle gemme e dai
che nella statua osserviamo, la quale combina coir indubitate figure di Nemesi, e fra le altre colle più certe che sono i
mesi, e fra le altre colle più certe che sono in un medaglione del re di Francia, ove si rappresenta Y apparizione delle N
ione delle Nemesi Smirne ad Alessandro, mentre il conquistatore sotto di un platano prendea riposo: apparizione, a meglio
nuova edificazione e la sua grandezza. Lo scultore, qualunque fosse, di quei vetusti simulacri, inventò quel gesto, onde
o l’intera misura del cubito. Sembra però che il braccio delle Nemesi di Smirnee restasse afi’atto isolato, nè reggesse al
e alcun poco il peplo o l’orlo della soprave sta, come nelle immagini di Nemesi ne’ bassi rilievi e nelle gemme osserviamo
hanno nell’antica tradizione verun appoggio. « Se ardissi avanzar su di ciò la mia opinione direi che invano si cerca il
no si cerca il mistero in un ripiego dello scultore, che non contento di questo braccio isolato delle Nemesi di Smirne, co
llo scultore, che non contento di questo braccio isolato delle Nemesi di Smirne, come di un’attitudine secca e forzata, ha
e non contento di questo braccio isolato delle Nemesi di Smirne, come di un’attitudine secca e forzata, ha pensato ingegno
rne, come di un’attitudine secca e forzata, ha pensato ingegnosamente di dare al braccio stesso un’ azione che lo fissasse
deata, ebbe una folla d’imitatori, che la replicarono in varii generi di lavoro, ed in varii tempi. Così è rappresentata N
e. Questo bel simulacro fu trovato nella Villa Adriana, mancante però di un braccio, il quale è stato ristaurato con in ma
e però di un braccio, il quale è stato ristaurato con in mano un ramo di frassino, simbolo di cui danno esempio i monument
il quale è stato ristaurato con in mano un ramo di frassino, simbolo di cui danno esempio i monumenti, e che ci accennano
tro sarebbesi dovuto porre in mano il freno per imitare le due Nemesi di Smirne, una delle quali nella mano sinistra ha il
rne, una delle quali nella mano sinistra ha il freno, l’altra il ramo di frassino. La perdita però dei simboli secondari n
li secondari non ci si rende molto sensibile, attesa la conservazione di quel gesto che esprime il cubito e la misura. Que
o che esprime il cubito e la misura. Questo è l’indubitato distintivo di Nemesi, che ce la fa riconoscere in questo unico
a tal denominazione dagli autori, dalle medaglie, dalla combinazione di tutti i monumenti che ci rimangono. Più non chied
che ci rimangono. Più non chiederebbesi ad una tal quale esposizione di questo nobilissimo marmo, se non domandasse qualc
che periodo la descrizione lasciataci da Pausania della famosa Nemesi di Ramnunte borgo dell’Attica, simulacro per la divo
va già preceduti il secol d’oro dell’arte. Agoracrito Parlo discepolo di Fidia n’era stato l’artefice, e tanta eccellenza
efiSgiare una Venere, soggetto che volea rappresentare in concorrenza di Alcamene suo condiscepolo. « Il favore e la passi
n concorrenza di Alcamene suo condiscepolo. « Il favore e la passione di Fidia per questo secondo gli procurarono il socco
della mano maestra. Non avrebbe perciò soccombuto al paragone l’opera di Agoracrito, se il pubblico d’Atene parziale pel s
no il cangiamento, nè assai difficile, non avendo ancora lo scalpello di Prassitele osato di rappresentar nuda la dea dell
è assai difficile, non avendo ancora lo scalpello di Prassitele osato di rappresentar nuda la dea della beltà, e di mischi
lpello di Prassitele osato di rappresentar nuda la dea della beltà, e di mischiare la lascivia alla religione. Ebbeperò il
ltà, e di mischiare la lascivia alla religione. Ebbeperò il simulacro di Nemesi Ramnusia simboli tali, che poco felicement
plicabili. Il confronto degli antichi scrittori ci pone ora in istato di rischiarare i dubbi, che non seppero dileguare in
are i dubbi, che non seppero dileguare in Pausania i più colti Attici di quel borgo: tanto la servitù dei Romani aveva già
ni aveva già degradata la Grecia! « Il simulacro avea in mano un ramo di pomi,, che alludeva alla vittoria d’Ida, e che po
, che alludeva alla vittoria d’Ida, e che poi fu confuso col frassino di Nemesi. Dall’altra reggeva un’ampolla, sul cui co
erano rappresentate le figure degli Etiopi. Qui è la maggior esitanza di Pausania: ma non è questa ampolla che una fiala d
a maggior esitanza di Pausania: ma non è questa ampolla che una fiala di preziosi unguenti tutta propria di Venere, su cui
non è questa ampolla che una fiala di preziosi unguenti tutta propria di Venere, su cui sono scolpiti gli Etiopi, non per
Etiopi, non per la loro giustizia, come vanno ideando i commentatori di quel classico, ma per indicare o la Libia, o l’Ar
bbastanza che non sono le vittorie dei forti. » Questa illustrazione di Visconti non è esente da molti sbagli, come ha ri
gli Artisti, fuggisse con Icaro suo mal avventurato figlio a Minosse, di cui vi favellai nella passata Lezione. Dedal, ch
ripeterà: s’inalza Sulle penne, e precede il suo compagno. Timido sol di lui: così dall’alto Nido tenera prole al cielo av
ente Lezione, nella quale favellerò pure della Vittoria all’ arbitrio di lei soggetta. L’autore di un inno su Cerere, attr
favellerò pure della Vittoria all’ arbitrio di lei soggetta. L’autore di un inno su Cerere, attribuito ad Omero, figlia la
annovera fra l’altre ninfe oceanine, compagne dei malaugurati studii di Proserpina sui prati siciliani. Dal sangue nata l
splendida, ma la men vera fra le sorti umane, fu quasi sempre prezzo di sangue o cittadino o straniero. Prova infatti l’I
Dee, come parve a Giovenale, e se molto ella possa negli avvenimenti di quaggiù, e se qualche volta, più che al coraggio
potenti l’esito felice delle loro imprese. Dante stimò che il potere di quest’ Essere morale combinarsi potesse coi princ
mani: Perchè una gente impera, e l’altra langue. Seguendo lo giudicio di costei, Che è occulto come in erba l’angue. Vostr
ia dirò che Omero non parla della Fortuna, non perchè, com’è pensiero di alcuni, commettesse il governo delle cose a Dio s
rive avere Omero nominato (grec), o Fortuna, sarà stato come si crede di quegli altri che ci restano, a lui falsamente att
imili a Nemesi, e con lei fu sovente confusa. In fatti in un rovescio di una medaglia pubblicata dal senator Buonarroti, N
ito delle Nemesi con essa identificata, scrive Pausania che nè quella di Raamunte, nè altra, che antica fosse, ne aveva; m
o ch’egli crede, invocandosi questa dea dagli amanti le davano le ali di Cupido. Ma forse sarà stata un’invenzione degli a
. Ma forse sarà stata un’invenzione degli artefici, dopo che il padre di Bupalo aggiunse il primo le ali a Cupido e alla V
to si volge una ruota. Costantino, dice lo stesso Buonarroti, compose di molti simboli la sua statua della Fortuna, ch’ere
e: le diede la corona murale, le ali, la cornucopia, la nave, il ramo di ulivo; bisogna più lodarne la buona intenzione ed
concepiva per l’impero che il buon gusto. Per escludere ogni sospetto di gentilesimo le pose col tempo in testa una croce
strare la sua dipendenza da Dio. Ciò diede motivo a Giuliano Apostata di levare questa statua, e di nasconderla sotto terr
Dio. Ciò diede motivo a Giuliano Apostata di levare questa statua, e di nasconderla sotto terra. Il simulacro però posto
conderla sotto terra. Il simulacro però posto nel senato fu occasione di scandalo, posciachè lo stesso imperatore, dandogl
il significato della Gentilità, gli fece sacrifizii. Da questo fatto di Costantino forse ne venne che molti imperatori cr
oma e con tanta cura conservavano nel Senato, avendola, dopo la morte di Costanzo, che l’avea fatta levare, rimessa, e rit
la ancora sotto Valentiniano il Giovine, come si vede dalla relazione di Simmaco, e da Sant’Ambrogio, e da Prudenzio che n
Prudenzio che ne scrissero contro. La Fortuna felice in una medaglia di Giulia Pia è fatta con un putto avanti, con il co
he non può meritare per l’arte. Comunissimo sono l’immagini in bronzo di questa deità, com’anche in gemme e in medaglie: n
nostra, dissotterrata nello scavo aperto pochi anni sono sulla piazza di San Marco non lungi dall’ antico Foro Trajano, ci
uali la vetusta superstizione caricò questo nume ignoto alla teologia di Omero e di Esiodo. Molti indagatori delle cose an
usta superstizione caricò questo nume ignoto alla teologia di Omero e di Esiodo. Molti indagatori delle cose antiche hanno
odo. Molti indagatori delle cose antiche hanno attribuito il silenzio di quei padri della Mitologia su tal proposito ad id
zio di quei padri della Mitologia su tal proposito ad idee più giuste di quelle che si ebbero nell’età susseguenti, come a
come altra Fortuna non avessero ravvisata che la volontà e il decreto di Giove. Io però sospetto che si voglia con tal div
sospetto che si voglia con tal divisamento far onore a quei due Poeti di una filosofia che non hanno mai immaginata. Esiod
non hanno mai immaginata. Esiodo dà alle Parche tutti quegli ufnzii, di che i posteriori mitologi hanno investita la Fort
estita la Fortuna. « E presso Omero quel Fato più forte della volontà di Giove non é molto consentaneo all’ esattezza dell
i circonscrivevano la possanza del loro Dio, e con cui si lusingavano di spiegare l’origine del male: necessità che i Poet
all’arbitrio della Fortuna. Quindi è nominata in alcune lapidi prima di Giove; quindi il suo simulacro Prenestino sostene
quindi il suo simulacro Prenestino sosteneva fra le braccia, in forma di due bambini, il re e la regina degli Dei. Questo
e la regina degli Dei. Questo dominio è indicato nel timone, simbolo di governo, e nel globo. La ruota, altro suo distint
città, le famiglie. Bupalo fu il primo a fregiare la Fortuna Smirnea di questo attributo: altri, prima di lui, le avevano
primo a fregiare la Fortuna Smirnea di questo attributo: altri, prima di lui, le avevano collocato in braccio Pluto bambin
prima di lui, le avevano collocato in braccio Pluto bambino. « Anche di un altro simbolo adornò Bupalo questo suo simulac
uni si contentano d’ intendere per questa voce il Cielo senza curarsi di sapere sotto che forma, e in qual guisa posava su
« Gli altri spiegano questo polo pel modio, o calato, fregio consueto di molte antiche divinità. « A me sembra che la paro
ficato. Questa voce non ci dà altra idea presso gli scrittori, se non di qualche cosa di concavo, quindi fu tratta a denot
oce non ci dà altra idea presso gli scrittori, se non di qualche cosa di concavo, quindi fu tratta a denotare il cielo, ch
ll’uomo, e fino l’orologio solare, il quale da una concava superficie di segmento sferico venia formato, e vien perciò com
erico venia formato, e vien perciò comparato da Polluce ad una specie di scodella o di conca. Come dunque si vuol questa v
rmato, e vien perciò comparato da Polluce ad una specie di scodella o di conca. Come dunque si vuol questa volta appropria
erviti gli antichi per denotare il calato della Diana Efesina, quello di Serapide, quello della Diana Pergea, e tante altr
e, che simili al modio della Fortuna torreggiano sulla testa venerata di tanti dii? « Io per me non credo dovermi allontan
r me non credo dovermi allontanare dal senso più naturale e più certo di quel vocabolo, quando vedo che i monumenti non me
vedo che i monumenti non mei contrastano. Intendo per polo una specie di celata, pìleo, quale appunto osservo sul capo a m
gini somiglia quasi ad un berretto frigio. Ecco adunque quella specie di callotta che copriva la testa della Fortuua Smirn
ella Fortuua Smirnea, forse per indicare l’oscurità delle risoluzioni di lei, quella della sua origine, per imitazione dei
ivenuto simbolo proprio della Fortuna, ci darà una chiara spiegazione di quelle espressioni di Orazio: — Di qui l’apice la
o della Fortuna, ci darà una chiara spiegazione di quelle espressioni di Orazio: — Di qui l’apice la rapace fortuna inalzò
Di qui l’apice la rapace fortuna inalzò con stridore acuto, qui gode di averlo deposto: — espressioni, le quali non ci of
rimenti che un’ immagine assai fredda e indeterminata, non degna però di quel sommo lirico fra quanti ci sono restati. « F
l solito ornamento del calato non manca alla nostra statua, ma è però di una figura molto comune, e che somiglia quasi all
iù monumenti, e che gli ottenero forse da Pindaro il magnifico titolo di (grec); cioè portatrice, o ancora sostenitrice del
sostenitrice delle città. » La Vittoria, secondo Esiodo, è figliuola di Stige e di Fallante. Aveva molti tempii in Roma e
e delle città. » La Vittoria, secondo Esiodo, è figliuola di Stige e di Fallante. Aveva molti tempii in Roma e nella Grec
Fallante. Aveva molti tempii in Roma e nella Grecia, e Siila in onore di questa divinità istituì pubblici giuochi dopo ave
giavano questa dea nella forma dell’aquila, alla quale Giove, al dire di Orazio, diede il dominio sugli erranti uccelli, p
à, la Vittoria è rappresentata, come per l’ordinario, sotto la figura di una donna seduta, mezza vestita, che tiene il cad
uta, mezza vestita, che tiene il caduceo nella destra. In una pittura di Ercolano questa dea tiene nella mano destra una c
una pittura di Ercolano questa dea tiene nella mano destra una corona di foglie di. querce, ed uno scudo dalla sinistra. U
a di Ercolano questa dea tiene nella mano destra una corona di foglie di . querce, ed uno scudo dalla sinistra. Una Vittori
e Filippo. Indica una Vittoria certa immagine, che ci rammenta l’idea di quel quadro, col quale si rimproverò a Timoteo ca
iche che si vedono nella Villa Albani, e Winkelmann ha data la stampa di uno di questi monumenti nella sua Storia dell’Art
e si vedono nella Villa Albani, e Winkelmann ha data la stampa di uno di questi monumenti nella sua Storia dell’Arte. Nel
resistenza e indegnazione del Senato, quanto la Storia e gli scritti di Simmaco ci rammentano. « Rari ciò non ostante so
i simulacri d’una certa grandezza, o perchè fossero per maggior parte di bronzo, distrutti perciò dal bisogno e dall’ ava
cendesse alla resistenza del Senato romano, ad abolire ogni monumento di questa idolatria. « Fra i pochi che ne restano in
il nostro. « Esprime una vittoria navale coll’appoggiare il piede su di un rostro di nave, ad esempio di quella che si ve
 Esprime una vittoria navale coll’appoggiare il piede su di un rostro di nave, ad esempio di quella che si vede nelle meda
a navale coll’appoggiare il piede su di un rostro di nave, ad esempio di quella che si vede nelle medaglie. Non perciò è p
portata per terra e per mare, o forse ancora il trofeo non indica uno di quelli che si ergevano sul campo di battaglia, ma
e ancora il trofeo non indica uno di quelli che si ergevano sul campo di battaglia, ma uno di quegli altri, dei quali i te
n indica uno di quelli che si ergevano sul campo di battaglia, ma uno di quegli altri, dei quali i templi, i portici, gli
ne a proposito l’artefice del nostro marmo ha dunque preso il partito di farla riposare sul trofeo, per indicare la sicure
ta dall’aver volto in fuga e disarmato i nemici. A questa espressione di sicurezza parebbe che possa alludere la situazion
a parte più intera, non ci apprendesse che la sua vera attitudine era di coprirsi il capo, quasi per gioco, dell’elmo sosp
ittoria non è, qual la descrive Prudenzio, vestita le tumide mammelle di pieghe ondeggianti, ma quasi nuda: così ce l’offr
gemme, nelle quali la Vittoria sacrifica un toro, o presso all’antro di Mitra, per denotare vittime de’ trionfi. La coron
usti esemplari. « Questa statuetta era forse destinata all’ ornamento di qualche architettura con altre simili. L’occasion
o navale nei tempi in che fiorirono le arti in Roma. Pur nelle monete di Vespasiano e di Tito, si vede la Vittoria col ros
pi in che fiorirono le arti in Roma. Pur nelle monete di Vespasiano e di Tito, si vede la Vittoria col rostro di nave. Chi
nelle monete di Vespasiano e di Tito, si vede la Vittoria col rostro di nave. Chi sa che non fosse una semplice imitazion
oria col rostro di nave. Chi sa che non fosse una semplice imitazione di quelle tante immagini, che nell’auge dell’impero
ziaca. La Canzone del celebre Alessandro Guidi sulla Fortuna ridonda di bellissime immagini, onde io credo che vi sarà ut
, onde io credo che vi sarà utile udirla. « Una donna superba al par di Giuno Con le trecce dorate a l’aura sparse, E co’
par di Giuno Con le trecce dorate a l’aura sparse, E co’ begli occhi di cerulea luce, Ne la capanna mia poc’anzi apparse:
ò allor maravigliosi accenti, Che tutti erano intenti A torsi in mano di mia mente il freno. Ponmi, disse, la destra entro
enir con aureo piede al tuo soggiorno: Allor vedrai ch’io sono Figlia di Giove: e che germana al Fato, Sovra il trono immo
a col sereno piede: Entro l’eolie rupi Lego l’ali de’ venti, E soglio di mia mano De’ turbini spezzar le rote ardenti, E d
abilonia in fronte, R,ecò sul Tigri le corone al Perso, Espose al pie di Macedonia i troni: Del mio poter fur doni I trion
eali Di Roma i gran natali; E l’aquile superbe Sola in prima avvezzai di Marte al lume, Ond’alto in su le piume Cominciaro
ume Cominciaro a sprezzar l’aure vicine, E le palme sabine: Io senato di regi Su i sette colli apersi: Me ne gli alti peri
ta e duce I romani consigli: Io coronai d’allori Di Fabio le dimore E di Marcello i violenti ardori: Africa trassi in sul
nto mondo fei gran dono a Roma. So che ne’ tuoi pensieri Altre figlie di Giove Ragionano d’imperi, E de le voglie tue fans
. Così il pallido aspetto ancor non scorge De le misere cure: L’orror di queste spoglie E di questo capanna ancor non vede
petto ancor non scorge De le misere cure: L’orror di queste spoglie E di questo capanna ancor non vede: Vive fra l’auree M
e l’Oriente corsi Co’ piedi irati, e a le provincie impressi Il petto di profonde orme di morte? Squarciai le bende imperi
Co’ piedi irati, e a le provincie impressi Il petto di profonde orme di morte? Squarciai le bende imperiali e il crine A
battaglie il giunsi E con le stragi de le turbe perse Tingendo al mar di Salamina il volto, Che ancor s’ammira sanguinoso
a Combattuta e confusa L’aifricana virtute, E al Punico feroce Recate di mia man l’atre cicute. Per me Roma avventò le fia
ccise. Nè il ferro che de’ Cesari le membra Cominciò a violar per man di Bruto. Teco non tratterò l’alto furore Sterminato
nte invocate dai poeti, secondo la più antica Mitologia, erano figlie di Celo, come Saturno e i primi degli Dei. Ma l’opin
Dei. Ma l’opinione meno inveterata e più seguita è che fossero figlie di Mnemosine e di Giove. Dagli antichi, non solament
one meno inveterata e più seguita è che fossero figlie di Mnemosine e di Giove. Dagli antichi, non solamente del canto, ma
e di Mnemosine e di Giove. Dagli antichi, non solamente del canto, ma di ogni sapienza moderatrici furono stimate queste d
parti dell’umane cognizioni alle quali presiedono, hanno data materia di contrasto a diversi scrittori; ma ogni querela ha
egli scrittori coi monumenti, ha indicato agli artisti i mezzi sicuri di rappresentarle distintamente. Io non posso preval
antichi, e per la maggior parte trovate insieme nella Villa Tiburtina di Cassio. Dappoiché la rinomata Collezione delle Mu
Cristina perì nel mare, non si lusingavano gli amatori dell’antichità di rivederne una più completa e più conservata qual
« Nell’incominciarne la descrizione non mi allontanerò dall’ordine di Esiodo e di Erodoto, esponendo per la prima la st
cominciarne la descrizione non mi allontanerò dall’ordine di Esiodo e di Erodoto, esponendo per la prima la statua di Clio
dall’ordine di Esiodo e di Erodoto, esponendo per la prima la statua di Clio. « La distinguo per tale dal volume che ha i
pitture dell’Ercolano, ove si leggono inoltre i nomi e i dipartimenti di ciascuna Musa. Vero è che il volume è ancora in m
dipartimenti di ciascuna Musa. Vero è che il volume è ancora in mano di Calliope musa dell’Epopea nelle stesse pitture: m
e ultime a chi scrive dei versi come Calliope, e che ha spesso d’uopo di cancellare o di riformare dove all’incontro sareb
crive dei versi come Calliope, e che ha spesso d’uopo di cancellare o di riformare dove all’incontro sarebbe assai impropr
riformare dove all’incontro sarebbe assai improprio darli per simbolo di Clio musa deiristoria, che siccome rammenta i sec
tanto diffondersi nei suoi scritti, che male a proposito cercherebbe di registrarli nei pugillari. Perciò l’altrove lodat
ntando la musa dell’Epopea colle solite tavolette. « Non dubito punto di assegnar francamente l’Istoria a Clio, ed in ciò,
llio xx d’ Apuleio, e la testimonianza finalmente del dotto scoliaste di Apollonio, che dice la storia invenzione di Clio.
mente del dotto scoliaste di Apollonio, che dice la storia invenzione di Clio. Una prova dell’impiego di questa Musa è il
llonio, che dice la storia invenzione di Clio. Una prova dell’impiego di questa Musa è il suo nome medesimo. Diodoro e Plu
depositaria delle grandi azioni. Ma il senso più antico e più genuino di questa voce, in che è con preferenza adoprata da
o di questa voce, in che è con preferenza adoprata da Omero, è quello di esprimere piuttosto che gloria, fama soltanto e r
memoria dei posteri le memorabili azioni, o sieno esse reputate degne di lode, ovvero di biasimo. Il sasso su cui siede la
eri le memorabili azioni, o sieno esse reputate degne di lode, ovvero di biasimo. Il sasso su cui siede la Musa può simbol
di biasimo. Il sasso su cui siede la Musa può simboleggiare le rocche di Parnaso, dell’Elicona, e ci fa sovvenire il nome
come quelle della maggior parte delle statue mitologiche, ma sembrano di cuoio, che coprono il piede nè mostrano allacciat
ta sacra ad Apollo, e perchè la testa, antica bensì, ma probabilmente di una Musa, non è la propria di questa statua che n
a testa, antica bensì, ma probabilmente di una Musa, non è la propria di questa statua che ne fu trovata mancante. Merita
e. Merita osservazione il volume che ha in seno. Quello che vi rimane di antico è bastante a dimostrare non esser di membr
eno. Quello che vi rimane di antico è bastante a dimostrare non esser di membrana, ma di papiro, tanto comparisce arrendev
vi rimane di antico è bastante a dimostrare non esser di membrana, ma di papiro, tanto comparisce arrendevole nelle pieghe
e dei volumi ancora presso i Greci, dacché la reser nota le conquiste di Alessandro, prima specialmente che la gelosia di
er nota le conquiste di Alessandro, prima specialmente che la gelosia di Tolomeo Fi ladelfo negandole l’estrazione di Egit
cialmente che la gelosia di Tolomeo Fi ladelfo negandole l’estrazione di Egitto facesse inventare nella biblioteca di Perg
o negandole l’estrazione di Egitto facesse inventare nella biblioteca di Pergamo le cartepecore dette perciò pergamene. Se
ore dette perciò pergamene. Se queste statue delle Muse fossero copie di quelle celebri di Filisco, che abbellivano i port
ergamene. Se queste statue delle Muse fossero copie di quelle celebri di Filisco, che abbellivano i portici di Ottavia, qu
fossero copie di quelle celebri di Filisco, che abbellivano i portici di Ottavia, questo volume potrebbe servire di una co
che abbellivano i portici di Ottavia, questo volume potrebbe servire di una congettura per fissare 1’età incerta di quell
o volume potrebbe servire di una congettura per fissare 1’età incerta di quell’artefice, e crederlo posteriore ad Alessand
ciare un bel monumento appartenente a Clio dissotterrato fra le ruine di Castro Nuovo sul lido del mare Tirreno in vicinan
o fra le ruine di Castro Nuovo sul lido del mare Tirreno in vicinanza di Civitavecchia. È questo un Termine, o erma, manca
in vicinanza di Civitavecchia. È questo un Termine, o erma, mancante di capo, coir iscrizione latina che significa: A Giu
usa della Storia, che non è altro che il Genio o la Divinità tutelare di essa, onorata sotto questo nome. — Telefo e Prisc
lmente a notare che la Musa Clio, nel celebre monumento dell’Apoteosi di Omero è a mio credere la seconda figura nel piano
so Calliope che ha i pugillari. La Storia nel piano più basso in atto di sacrificare ha un simile distintivo. Dissento in
n ciò dallo Schott, che dà questo nome alla Musa colla lira del piano di mezzo. Così nel sarcofago del Campidoglio sarà Cl
e quella della cetra che è la prima sulla facciata. Stimo a proposito di rammentare questi monumenti delle Muse, che sono
ecenza del vestimento ci determina a questa seconda opinione, giacché di rado le Ninfe in altra guisa s’incontrano che sem
mente sortito il suono dei flauti. « Di simile ufficio, tutto proprio di Euterpe, fa fede l’antico scoliaste dell’ Antolog
questi versi: Infonde Euterpe alle forate canne Il fiato, ch’è forier di melodia. « E consentono a’ Greci i Latini Orazio,
i Latini Orazio, Ausonio, Petronio, Afranio: quantunque lo scoliaste di Apollonio le attribuisca le Matematiche, e Plutar
lle verità fisiche. Non però a caso se l’è dato piuttosto l’attributo di Euterpe che quelle di Urania, perchè nell’abito d
n però a caso se l’è dato piuttosto l’attributo di Euterpe che quelle di Urania, perchè nell’abito di questa Musa vi è qua
ttosto l’attributo di Euterpe che quelle di Urania, perchè nell’abito di questa Musa vi è qualche cosa ove fondare una mag
o, oltre non esservi vestigio alcuno del globo, principale distintivo di Urania, a cui corrisponde il radio, o bacchetta,
additare i segni. La Musa rappresentata in questo bel marmo è ornata di una gemma sull’orlo superiore della tunica in mez
ore della tunica in mezzo al petto. Simili ornamenti più sono proprii di una musa teatrale qual’era Euterpe, che della sev
ai Classici, e può bastarne per una prova l’iscrizione delle Commedie di Terenzio in molti antichi testi che hanno: — rapp
e nel sarcofago Capitolino Euterpe coi flauti è rappresentata vestita di un abito simile a quello delle muse teatrali dell
petto che fosser copie d’insigni originali, e forse delle lodate Muse di Filisco; al qual proposito giova riflettere che n
ante però del capo, e che nell’altro palazzo a Velletri era la statua di Urania, che ora compisce il numero delle nostre M
osservazione del marmo si è che la cetra posata in terra resta presso di questa Musa, e non è, come nelle copie in rame, v
delle tibie, al quale la rico noscono lo Spon e gli altri espositori di quel monumento, Talia. « La musa della Co
e caricata, principalmente, come dal baston pastorale e dalla corona di edera di cui ha fregiata la chioma. Questa corona
ta, principalmente, come dal baston pastorale e dalla corona di edera di cui ha fregiata la chioma. Questa corona è sacra
spettacoli teatrali, e conviene perciò alla sagace Talia, inventrice di quel ramo dell’arte scenica, che se non è il più
ventrice di quel ramo dell’arte scenica, che se non è il più utile, è di sicuro il più generalmente gustato. Talia i comic
suo doppio uffìzio, sì ai piaceri e ai divertimenti, che sono i fiori di cui si sparge il disastroso sentiero della vita,
go Matteiano. Questi stessi attributi la caratterizzano nelle pitture di Erodano ugualmente che nel lodato bassorilievo Ca
lmente che nel lodato bassorilievo Capitolino, dove anzi è abbigliata di un manto, che dall’omero sinistro le scende sotto
o marmo è calzata Melpomene: quantunque la poca esattezza del disegno di questo insigne sarcofago abbia data occasione di
sattezza del disegno di questo insigne sarcofago abbia data occasione di equivoco al dotto illustratore dei bassirilievi C
stratore dei bassirilievi Capitolini. « Nel nobil marmo dell’Apoteosi di Omero nessuna Musa ha la maschera, e Talia non pu
superiore, che ha la cetra nella sinistra, e sta colla destra in atto di gestire e recitare. Questo gesto simile a molti d
me colla nostra Musa, e che perciò dovevano esserle sacri. Fi vestita di una tunica colle maniche sino a mezzo braccio str
ne Bacchica degli spettacoli teatra li. È stato supplito sull’indizio di un vestigio circolare, che altro non poteva indic
e per vostro vantaggio traduco dai poeti non sono sempre suscettibili di esser rappresentate nella pittura. Per soddisfare
ddisfare a questo vostro desiderio ho trovato un mezzo migliore, ed è di tradurvi in ogni Lezione, finché non saremo giunt
finché non saremo giunti alla Mitologia Bacchica, una delle Immagini di Filostrato. Queste non sono che descrizioni di qu
ca, una delle Immagini di Filostrato. Queste non sono che descrizioni di quadri antichi, ma fatte con quell’ eleganza che
i di quadri antichi, ma fatte con quell’ eleganza che è tutta propria di questo scrittore. Ve ne sia d’esempio la seguente
a. — Questa è Tebe, perchè vi sono sette porte nelle mura, e l’armata di Pohnice, figlio di Edipo, divisa in altrettante s
perchè vi sono sette porte nelle mura, e l’armata di Pohnice, figlio di Edipo, divisa in altrettante schiere. Fra queste
misuri con occhi arditi le mura, delle quali si ride perchè è facile di scalarle. Pure non 1’ hanno offeso ancora coi sas
le. Pure non 1’ hanno offeso ancora coi sassi i Tebani, che paventano di dare principio alla battaglia. E qui si manifesta
, che s’allontanano e vanno quanto la vista. Inoltre Tebe non è priva di predizioni, perchè Tiresia, il profeta, dà un ora
erchè Tiresia, il profeta, dà un oracolo, che riguarda Meneceo figlio di Creonte. Tebe, egli dice, sarà liberata dal peric
arsi nella grotta del serpente. Però Meneceo va a morire senza saputa di suo padre: degno certamente di grandissima compas
Però Meneceo va a morire senza saputa di suo padre: degno certamente di grandissima compassione per la sua tenera giovine
delicato, ma animoso, capace della palestra come sono quei brunastri di pelle olivastra che Platone loda tanto. E l’ha mu
ei brunastri di pelle olivastra che Platone loda tanto. E l’ha munito di stomaco e di lianchi rilevati, con cosce muscolos
di pelle olivastra che Platone loda tanto. E l’ha munito di stomaco e di lianchi rilevati, con cosce muscolose, largo e ro
lianchi rilevati, con cosce muscolose, largo e robusto nelle spalle, di collo fermo ed indomabile, senza lunaa chioma e s
elpomene, Tersicore, Erato. Melpomene. « Questa bella statua di Melpomene ci manifesta al primo sguardo la musa d
destr-a la bellézza del volto nobilmente austero, la fronte ingombra di capelli, la corona bacchica di pampini e grappoli
nobilmente austero, la fronte ingombra di capelli, la corona bacchica di pampini e grappoli, la positura eroica di appoggi
capelli, la corona bacchica di pampini e grappoli, la positura eroica di appoggiare sopra un sasso il pie sinistro: sono t
iare sopra un sasso il pie sinistro: sono tanti distintivi del genere di poesia a cui generalmente presiede. « Infatti nul
ivi del genere di poesia a cui generalmente presiede. « Infatti nulla di piìi proprio per denotare la Tragedia che la masc
nfatti nulla di piìi proprio per denotare la Tragedia che la maschera di Ercole, la cui clava suole esser il suo simbolo p
ggior parte dei monumenti. Qui però è da osservarsi che la capigliera di queste maschere detta dai Greci ò’/xo;, dai Latin
detta dai Greci ò’/xo;, dai Latini Superficies, è coperta della pelle di leone, che secondo Polluce formava una parte del
olluce formava una parte del l’apparato tragico. Sembra che ì simboli di questo eroe siano stati prescelti per adombrare l
rescelti per adombrare la tragedia perchè si comprendesse qual genere di personaggi e d’azioni formasse il suo più opportu
, e i rustici furono i primi attori che le recitarono, tinto il volto di mosto. Il suo nome stesso Tragedia, che vale cant
una sequela del sacrificio, che facevasi al nume inventore del vino, di questo quadrupede danneggiatore delle viti. Perci
r la sua sovrintendenza alla Tragedia fu venerato in Atene col titolo di Melpomeno. Non a caso ho annoverato fra i distint
caso ho annoverato fra i distintivi della Tragedia anche la positura di questa Musa, poiché con somma giustezza aveva rif
la statua Capitolina, che non dovrebbe perciò riguardarsi come quella di un semplice Pancraziaste. « Che Melpomene sia la
otremmo pure argomentare dai metri stessi dei drammi greci. « L’abito di questa Musa è una tonaca talare e lunghe maniche
ca talare e lunghe maniche con sopra un peplo, o tonaca pili corta, e di piiì il sirma teatrale bizzarramente aggruppato.
a qual replica serve a provar sempre più la celebrità degli originali di queste Muse. La nostra era in antico stata ristau
ata ristaurata, e il ristauratore avea cangiato la spada in una clava di cui rimanevano le vestigia in alcuni perni ruggin
stato riposto sulla sinistra il più antico suo simbolo. Non è calzata di coturno, ma di una semplice aluta, calcare già da
ulla sinistra il più antico suo simbolo. Non è calzata di coturno, ma di una semplice aluta, calcare già da noi in altre s
statue delle Muse osservato. « Per continuare nell’intrapreso metodo di distinguere nei celebri monumenti ciascuna Musa,
stinguere nei celebri monumenti ciascuna Musa, dirò che nell’Apoteosi di Omero Melpomene è la figura muliebre velata, più
primersi nel rame il coturno non avea data occasione a questi eruditi di poter giungere alla vera idea dell’artefice, a cu
apitolino: ha la maschera tragica alzata dal volto, che le serve come di cuffia ed ornamento del capo, ed altissimi coturn
tra statua, lo che sempre più ci assicura che r artefice non ha usata di questa situazione senza mistero. Nel sarcofago di
tefice non ha usata di questa situazione senza mistero. Nel sarcofago di Villa Mattei Meipomene è la seconda Musa della fa
ciata, come l’accusa la maschera tragica nella manca, e l’abito cinto di gran fascia di cui è adorna. Tersicore. «
ccusa la maschera tragica nella manca, e l’abito cinto di gran fascia di cui è adorna. Tersicore. « Due sono, seco
ulla rupe del Parnaso, vestita della tunica a mezze maniche, coronata di alloro, calzata di quel genere di scarpe che abbi
so, vestita della tunica a mezze maniche, coronata di alloro, calzata di quel genere di scarpe che abbiamo ravvisate per l
la tunica a mezze maniche, coronata di alloro, calzata di quel genere di scarpe che abbiamo ravvisate per le antiche alute
ell’armoniosa sua lira? La credo Tersicore per la somiglianza appunto di questo musicale istrumento con quello che ha la T
uesta Lira la testuggine che ne forma il corpo, secondo l’ invenzione di Mercurio, descritta diffusamente nell’Inno Omeric
ne di Mercurio, descritta diffusamente nell’Inno Omerico; e due corna di capra ne formano le braccia, che perciò si trovan
si trovano spesso appellate corna della cetra. Tale appunto è la Lira di Tersicore nell’accennate pitture. « Il nome di Te
Tale appunto è la Lira di Tersicore nell’accennate pitture. « Il nome di Tersicore, che vale dilettante della danza, non s
ntate danzando, particolarmente intorno all’ are dei numi. L’impronta di questa origine si trova ancora nelle greche canzo
igine si trova ancora nelle greche canzoni, e singolarmente in quelle di Pindaro divise in strofe, antistrofe ed epodo. Le
rime parole derivano dal Greco(grec), volgere, ed allude alla maniera di girare da destra a sinistria e da sinistra a dest
crittori, a distinguerla con tal simbolo. « La grazia dell’attitudine di questo simulacro la rende pregevolissima da osser
imile alla nostra era ancor questa Musa nella Collezione della Regina di Svezia. Il rincontro dei monumenti è una prova de
i è una prova della stima in cui si avevano anticamente gli originali di queste figure delle Muse, che eran forse, come ab
pite da Filisco, ed ammirate dall’antica Roma e da Plinio nei portici di Ottavia. Questa statua era mancante del capo: ma
 La Lira distingue Tersicore nel singolare bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed è la prima che siede sul secondo piano
ampa, ha preso il plettro per un volume, ed ha dato alla Musa il nome di Clio. Con tal nome è distinta ancora la nostra Mu
al dotto espositore dei bassi rilievi Capitolini, che si è contentato di seguire l’epigramma di Callimaco, già da noi osse
bassi rilievi Capitolini, che si è contentato di seguire l’epigramma di Callimaco, già da noi osservato come il più lonta
o epigramma abbia confuso gli antiquarii nel riconoscere nelle figure di Tersicore piuttosto la Musa Clio contro la testim
le figure di Tersicore piuttosto la Musa Clio contro la testimonianza di Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture di E
Tersicore piuttosto la Musa Clio contro la testimonianza di Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture di Ercolano. « C
ntro la testimonianza di Ausonio, di Petronio Afranio e delle pitture di Ercolano. « Così nel sarcofago Matteiano, Tersico
so. Nelle monete romane della famiglia Pomponia si riconosce la testa di questa Musa dal plettro ch’è nell’area del dritto
nza accompagnata dal suono, le allegrie delle nozze, ecco gli ufficii di Erato secondo la maggior parte degli antichi, che
. Apollonio nel terzo libro dove incomincia la narrazione degli amori di Medea con Giasone, chiama Erato con questi bei ve
alla sua lolco. Amore Tanto in Medea potè. Vezzosa Musa, Tu le parti di Venere sortisti, Induci tu le rigide fanciulle Ad
le rigide fanciulle Ad amar, donde avesti il caro nome. « Le pitture di Ercolano hanno Erato la saltria, che regola cioè
a e del suono, come hanno a maraviglia provato i dottissimi spositori di quei monumenti: onde Ausonio nell’Idillio xx diss
o salta coi piedi, coi carmi, col volto. — Finalmente i due scoliasti di Apollonio e dell’ Antologia attribuiscono ad Erat
statua, nella quale si vede Erato similissima a quella della pittura di Ercolano nella situazione, nel movimento, nell’ab
nel movimento, nell’abito, che sta suonando la cetra per dar il tempo di qualche lieta danza nuziale. E vestita, come la m
che lieta danza nuziale. E vestita, come la maggior parte delle Muse, di una tonaca a mezze maniche, fermata con piccole b
r insigne bassorilievo Colonna, dove si vede danzante per le pendici di Elicona, ravvisata ancor dallo Schott, e l’altro
Erato non potrà esser che la terza figura, che posando la sinistra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di
ando la sinistra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di una specie di velo stretto a guisa di rete che (g
ra su di una base, sta pensierosa ed ha il capo coperto di una specie di velo stretto a guisa di rete che (grec) dai Greci
ensierosa ed ha il capo coperto di una specie di velo stretto a guisa di rete che (grec) dai Greci appellavasi. Nel rame c
sa; giacché la Filosofia era, secondo gli antichi, lo studio favorito di Erato, onde alcuni han dedotto il suo nome dalla
testa, ch’è la stessa colla quale si rappresenta Safi’o nelle monete di Lesbo. Infatti, non sotto altre sembianze che sot
monete di Lesbo. Infatti, non sotto altre sembianze che sotto quelle di Erato dovea rappresentarsi la decima musa di Miti
mbianze che sotto quelle di Erato dovea rappresentarsi la decima musa di Mitilene, la più celebrata maestra delle nostre c
la più celebrata maestra delle nostre canzoni.» Udite da Filostrato di altre due pitture la descrizione, che ho tradotta
lustre per sapienza. Fra questi sette che a Polinice Tebano tentavano di restituire V impero, nessuno ritornò fuori che Ad
nessuno ritornò fuori che Adrasto ed Anfìarao; gli altri ha la città di Cadmo: perirono per l’aste, pei sassi e per le sc
e ferito dal fulmine, avendo il primo arrogantemente ferito Giove. Ma di questi convien dire altrove. La pittura ci comand
erito Giove. Ma di questi convien dire altrove. La pittura ci comanda di guardare al solo Anfìarao colle stesse corone e c
sotto terra. I cavalli sono bianchi, le rote con impeto si aggirano: di spuma è sparsa la terra, i crini si riversano ad
ano: di spuma è sparsa la terra, i crini si riversano ad esso bagnati di sudore-, si è sparsa intorno una lieve polvere, c
e vaticinante. È ancora Oropo rappresentato giovine in mezzo a donne di color glauco: esse denotano il mare. È dipinto an
e di color glauco: esse denotano il mare. È dipinto ancora l’ora colo di Anfìarao nell’antro e divino. Ivi è la verità in
vino. Ivi è la verità in bianca veste, ivi la porta dei sogni, poiché di sonno hanno bisogno quelli che interrogano l’orac
on faccia tranquilla, ed ha una veste bianca sopra una nera, poiché è di suo dominio la notte e il giorno. Tiene ancora un
il giorno. Tiene ancora un corno nelle mani, come quello che è solito di condurci i sogni per la vera porta. — Agamennon
o, questi che spirano sulla mensa, questo nappo rovesciato dal calcio di un uomo che gli palpita accanto, questa fanciulla
litennestra Agamennone, cosi ebro, che lo stesso Egisto non ha temuto di osare tanto delitto. Clitennestra poi, coir insid
ri più grandi si taglierebbero. Se noi riguardassimo ciò come un atto di tragedia, grandi cose in poco spazio di tempo sar
iguardassimo ciò come un atto di tragedia, grandi cose in poco spazio di tempo sarebbero state con gran compassione rappre
ate dunque: le fiaccole sono ministre della luce, perchè ciò successe di notte: i nappi ove il vino spumava risplendono pi
calci, parte rotto, parte versato sopra loro: e alcune coppe ripiene di sangue cadono dalle tremule mani perchè nell’ubri
nti, vi è chi ha il collo tagliato, cercando d’inghiottire un boccone di vivanda o un sorso di vino, questo ha la testa re
llo tagliato, cercando d’inghiottire un boccone di vivanda o un sorso di vino, questo ha la testa recisa di sotto le spall
e un boccone di vivanda o un sorso di vino, questo ha la testa recisa di sotto le spalle nella stessa attitudine che si ab
o si rovescia prono sulla testa e sulle spalle. Vi é alcuno che cerca di evitare la morte, un altro vorrebbe fuggire, ma l
vino, il colore non così presto gli abbandona. Ma il punto principale di tutto questo mistero é Ao’amennone, ucciso non ne
rincipale di tutto questo mistero é Ao’amennone, ucciso non nei campi di Troia, nò sulle rive dello Scamandro, ma tra fanc
ra merita ciò che accade a Cassandra, poiché Clitennestra si affretta di alzare tutta la scure sopra lei con uno sguardo f
ribile dal furore: dove la misera, tutta delicata e divina, si sforza di andare a cadere sopra Agamennone, strappandosi le
one, strappandosi le sue ghirlande dalla chioma per porle sulla testa di lui. Finalmente la scure è alzata: ella vi rivolg
è alzata: ella vi rivolge gli occhi paurosi, ed esclama un non so che di compassionevole, affinchè Agamennone, udendola in
ssionevole, affinchè Agamennone, udendola in quel poco che gli rimane di vita, ne sia commosso: egli racconterà tutto ques
o gesto è quello che la determina. Non sembrerà strana questa maniera di rappresentarla quando veniamo in un’esatta cogniz
nità ed il silenzio. Col dito al labbro l’esprimono le lodate pitture di Ercolano, il quale atto resta a maraviglia illust
a un greco epigramma sfuggito all’immensa erudizione degli espositori di quei monumenti. Eccolo: Taccio, ma parla in grazi
mano, e taciturna in atto Un loquace silenzio a tutti accenno. « Dopo di ciò non sembrerà punto dubbio qual Musa onorasse
i ciò non sembrerà punto dubbio qual Musa onorasse Numa sotto il nome di Musa Tacita Silenziosa. Siccome però la ricordanz
la fecero presiedere questa Musa all’ arte dei Pantomimi, che a forza di gesti sapevano rendere facondo il loro silenzio,
a di gesti sapevano rendere facondo il loro silenzio, e rappresentare di tutto il cielo poetico le avventure più dilettevo
tutto il cielo poetico le avventure più dilettevoli. Che questa sorta di danze fosse diretta dalla Musa Polinnia, è consen
dda ed estrema sfera del tardo Saturno. La nostra Polinnia è coronata di rose, corona che attribuiscono alle Muse i greci
nale, e che nel nostro Museo è una statua, la cui testa è il ritratto di una matrona romana, tal quale anch’ essa alla Pol
nto è nella nostra statua con tal’ eleganza trattato, che può servire di esemplare, vedendosi trasparire al di sotto la ma
ganza trattato, che può servire di esemplare, vedendosi trasparire al di sotto la mano della Musa come da un velo. « Consi
e così colla destra si sostiene il mento che non le sarebbe possibile di favellare. Simile situazione ben conviene alla Mu
ile di favellare. Simile situazione ben conviene alla Musa Silenziosa di Numa, eh’ era la nostra Polinnia, giacché non seg
la nostra Polinnia, giacché non seguiremo in ciò l’erudito espositore di quel monumento che la chiama Erato, e dà il nome
rudito espositore di quel monumento che la chiama Erato, e dà il nome di Polinnia alla Musa dei pugillari da noi creduta C
lla situazione medesima, ‘ s’ incontra nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, ed è la terza del secondo piano presso Apo
che 1’ ha creduta Calliope, non avea bene considerata la combinazione di questi dae bassirilievi, essendo, come abbiamo de
volette che ha nella mano in quello del Campidoglio. La particolarità di esser involta nel manto è ancor più chiaramente i
l capo; l’altra eguale al vero, moderna per altro dal mezzo in su, ma di eccellente scalpello, nella Villa Pinciana. « Nel
elle attrattive, colle quali Paride s’ insinuò nell’animo della sposa di Menelao. Polinnia, eh’ è la Musa del Gesto e dell
’ è la Musa del Gesto e dell’Azione, è qui posta per le belle maniere di Paride, come in altri simili monumenti si vede Pi
asione: le altre due indicano la sua perizia nella musica e nel suono di varii istrumenti, che possedeva egli in un grado
parlano espressamente i Classici: fra gli altri Omero mette in bocca di Ettore questo rimprovero al germano: Non varratti
così minaccia Paride presso Orazio: — Invano feroce della protezione di Venere pettinerai la chioma, e dividerai sull’imb
epiteto grati alle donne, mostra con quanta ragione abbia lo scultore di quel bel bassorilievo rappresentata Erato colla c
, come ministra della seduzione della bella Spartana. « Questa figura di Polinnia in atto di sostenersi il mento colla man
a seduzione della bella Spartana. « Questa figura di Polinnia in atto di sostenersi il mento colla mano, e tanto replicata
n atto di sostenersi il mento colla mano, e tanto replicata, la stimo di molto antica invenzione, appunto per trovarsi nel
ntica invenzione, appunto per trovarsi nel bassorilievo dell’Apoteosi di Omero, nel quale tutte le altre Muse sono rappres
del Giardino Quirinale, quella del Palazzo Lancellotti, e una figura di Matrona del Museo Pio-Clementino, sarà forse stat
na figura di Matrona del Museo Pio-Clementino, sarà forse stata opera di Filisco, dalle cui Muse sospetto copiata la nostr
e una maschera ai piedi per simbolo delle pantomime teatrali, proprie di Polinnia. Siccome questo attributo disconverrebbe
che avea aggiunto a ciascheduna il nome e 1’ ufficio, stimò superfluo di sottoporre epigrafe alcuna a questa Musa come abb
suoi attributi. « E vero che nella nostra statua cotesti simboli sono di moderno ristauro, ma altri non potevano essere qu
ma altri non potevano essere quando fosse stata pur questa la figura di Urania: e che la statua a questa Musa si apparten
on genuine e non riportate. « È stata una fortuna pel Museo dementino di poter possedere con tutta sicurezza la statua di
pel Museo dementino di poter possedere con tutta sicurezza la statua di Urania, la quale nella Collezione Tiburtina aveva
à la ravvisò e fu presentata a Pio VI. Abbattuto perciò quanto vi era di modernosi rese alla statua la sua vera espression
lobo e il radio la contrassegnano dappertutto: è perciò nell’Apoteosi di Omero la seconda nel secondo piano; nel sarcofago
astronomi hanno segnati in cielo, quali appunto si veggono sul globo di Urania nella medaglia della famiglia Pomponia, e
ponia, e in un’altra pittura dell’Ercolano; e perchè l’abbiglia mento di tal figura conviene perfettamente a una Musa. È c
lia mento di tal figura conviene perfettamente a una Musa. È coronata di fiori come la nostra Polinnia, ed è vestita di un
a una Musa. È coronata di fiori come la nostra Polinnia, ed è vestita di un abito teatrale a lunghe maniche, che abbiamo o
, che abbiamo osservato esser la palla citaredica l’ortostadio, cinto di una gran fascia quale appunto veggiamo e nel prot
o con maggior forza quest’ ultima conformità perchè dalla somiglianza di queste due statue colossali neir abito e nella mo
re che sieno due delle nove Muse che adornavano forse l’antico teatro di Pompeo, nelle cui ruine si suppone trovata quella
invenne anche la Farnesiana, come la vicinanza del sito ne può essere di qualche indizio. La fabbrica al cui abbellimento
statue destinate fu forse la ragione perchè si vestisse anche Urania di un abbigliamento teatrale.» Eccovi altre descriz
rato. Antigone. — Gli Ateniesi avendo intrapresa la guerra pei corpi di quelli che caddero davanti Tebe, daranno qui sepo
apaneo, ed ancora ad Ippomedonte e a Partenopeo. Ma a Polinice figlio di Edipo sarà reso questo ufficio dalla sorella Anti
sto ufficio dalla sorella Antigone, essendo per questa effetto uscita di notte fuori del recinto delle mura, contro l’edit
into delle mura, contro l’editto fatto da Creonte, che nessuno osasse di seppellirlo nella terra che egli avea tentato di
, che nessuno osasse di seppellirlo nella terra che egli avea tentato di render serva. Ecco ciò eh’ è nel piano. Morti sop
Morti sopra morti, cavalli accanto ai loro signori, e fango irabevuto di sangue e sudore, del quale la crudele Bellona tan
ni: ma Capaneo è pari a un gigante. Quanto a Polinice, ananch’ esso è di grande statura, ed in ciò a loro eguale. Antigone
inalzato il corpo, il quale ella seppellisce aggiungendolo alla tomba di Eteocle, cercando con questo di riconciliare i du
seppellisce aggiungendolo alla tomba di Eteocle, cercando con questo di riconciliare i due fratelli. Ma che diremo noi de
esto di riconciliare i due fratelli. Ma che diremo noi dell’artifizio di questa pittura? Poiché la luna sparge non so qual
ancora abbastanza fedele alla vista; e l’infelice principessa, piena di orrore e di spavento, vorrebbe lamentarsi s’ella
stanza fedele alla vista; e l’infelice principessa, piena di orrore e di spavento, vorrebbe lamentarsi s’ella ardisse, abb
obuste braccia. Ella rattiene non ostante le sue lacrime avendo paura di quelli che sono in sentinella. E quantunque ella
do paura di quelli che sono in sentinella. E quantunque ella desideri di guardare in qua e in là all’ intorno, tien pur l’
ente fisso su Polinice piegando il ginocchio in terra. Ecco un tronco di melagrano nato nell’istante da se, il quale si di
acceso onde rendere le dovute esequie ai due corpi, non vuole essere di accordo nè mescolare le sue fiamme, ma le allonta
l’Indiani: ma gli Etiopi, e un Greco nell’Etiopia, e il combattimento di questo che di buona voglia ha intrapreso per amor
gli Etiopi, e un Greco nell’Etiopia, e il combattimento di questo che di buona voglia ha intrapreso per amore. Io penso ch
ona voglia ha intrapreso per amore. Io penso che avrete udito parlare di Perseo, che dicesi avere ucciso nell’Etiopia un g
r divorare gli uomini e gli animali. Perlochè il pittore facendo caso di questo, ed avendo compassione di Andromeda per es
li. Perlochè il pittore facendo caso di questo, ed avendo compassione di Andromeda per esser stata esposta a questa bestia
orrerlo. Quanto alla giovinetta, ella é piacevole e gentile per esser di una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per
una tal bianchezza in Etiopia, ma più ancora per la sua beltà. Perchè di delicatezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà
ra per la sua beltà. Perchè di delicatezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese, di costanza, di grandezza, di
rchè di delicatezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese, di costanza, di grandezza, di coraggio tutte le Spar
atezza ella vincerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese, di costanza, di grandezza, di coraggio tutte le Spar tane. È dipi
ncerebbe una Lidia, di maestà un’Ateniese, di costanza, di grandezza, di coraggio tutte le Spar tane. È dipinta in un gest
mbra essere in dubbio, e godere con spavento e terrore. Ella riguarda di un lato dell’occhio Perseo, al quale ella invia d
ore. Ella riguarda di un lato dell’occhio Perseo, al quale ella invia di già un sorrìso, un’imbasciata. Egli giace sulla t
so, un’imbasciata. Egli giace sulla tenera erba spargendo gran stille di sudore, ed ha messo da parte la sua spaventevole
co già dei pastori che gli presentano latte e vino eh’ egli riceve, e di cui si compiace. Certo questi Etiopi sono piacevo
cui si compiace. Certo questi Etiopi sono piacevoli a vedersi, benché di un colore diverso: ridono smodatamente, e sono in
po stesso la giovinetta, lasciando ondeggiare al vento la sua clamide di porpora tutta sparsa di stille di sangue, che la
lasciando ondeggiare al vento la sua clamide di porpora tutta sparsa di stille di sangue, che la bestia nel combattimento
ondeggiare al vento la sua clamide di porpora tutta sparsa di stille di sangue, che la bestia nel combattimento ha spruzz
contro lui. Vadano a nascondersi i Pelopidi in paragone delle spalle di Perseo, perchè essendo belle per sé stesse e di u
paragone delle spalle di Perseo, perchè essendo belle per sé stesse e di un vivo color sanguigno, la fatica le tinge ancor
tica le tinge ancora, le vene si gonfiano mentre egli anela. La vista di Andromeda ne accresce il moto. — Lezione cin
nquantesimaquarta. Urania sedente, Calliope. Dopo la illustrazione di queste altre due statue Yoi avrete avuto da Visco
e è questa eleganti:.^sima statua, le supera forse tutte in finitezza di lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata ne
a statua, le supera forse tutte in finitezza di lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata nel fondo Cassiano di Tivol
di lavoro ed in maestria di scalpello. Fu trovata nel fondo Cassiano di Tivoli dove le altre, e quantunque vi siano indiz
ata colle altre alla medesima collezione, e per la notabile diversità di grandezza, e per essere di un’altra ma niera di a
ma collezione, e per la notabile diversità di grandezza, e per essere di un’altra ma niera di artifizio. Le altre Muse, be
la notabile diversità di grandezza, e per essere di un’altra ma niera di artifizio. Le altre Muse, bellissime nella invenz
omposizione del tutto insieme, aveano le teste incassate e amovibili, di lavoro più elegante e gentile, come apparisce dal
iligenza. Son tali insomma quali possiamo figurarci delle belle copie di bellissimi originali. Questa all’incontro, il cui
più piccola e men significante sua parte, che non possiamo far a meno di crederla un elegante originale. » È stata ristora
appunto l’Urania fra le muse Tiburtine, e perchè non mostra vestigio di aver avuto la cetra, o i pugillari, il volume, e
la caratterizzasse, determinandola al tempo stesso per una delle muse di Pindo lo star seduta come le altre sovra un sasso
ico nel nostro marmo si è che circa la metà della vita varia il panno di essa, vedendovisi diligentemente segnata la cucit
luce una tonaca detta catonace perchè appunto avea le parti inferiori di pelle: abbiamo in Senofonte menzione di un’altra,
punto avea le parti inferiori di pelle: abbiamo in Senofonte menzione di un’altra, ch’era soltanto pieghettata dal mezzo i
n giù. Questi esempi possono farci sembrare cosa strana simil varietà di drappo nello stesso pezzo del vestimento, ma non
stesso pezzo del vestimento, ma non ci mostrano cosa dobbiamo pensare di quel che abbiamo sott’ occhi. Io vado pensando ch
e la tonaca dal mezzo in su è trasparente, sia fatta dal mezzo in giù di più grosso drappo non per altra ragione che per q
vvertito, onde sfuggire le taccio che incontravano presso i moralisti di quei tempi simili abiti trasparenti, che Coe, ves
so i moralisti di quei tempi simili abiti trasparenti, che Coe, vesti di vetro, o lucide dai Latini eran dette. « Notabili
i, essendo stretti dai lacci sopra il nudo piede, che tengon ferma al di sotto la suola, la quale é di un’altezza non comu
opra il nudo piede, che tengon ferma al di sotto la suola, la quale é di un’altezza non comune, e pari quasi a quella dei
i più lodati monumenti. Benché possa perciò competere ad essi il nome di coturni, mi sembra di riconoscervi piuttosto i sa
. Benché possa perciò competere ad essi il nome di coturni, mi sembra di riconoscervi piuttosto i sandali Tirrenici, così
Polluce quali li veggiamo scolpiti. Aggiunge il mentovato autore che di questi era calzata la Pallade di Fidia, onde non
ti. Aggiunge il mentovato autore che di questi era calzata la Pallade di Fidia, onde non debbonsi avere per abbigliamento
Pallade di Fidia, onde non debbonsi avere per abbigliamento improprio di una Musa, che ol’ tre r essere come tale amica di
gliamento improprio di una Musa, che ol’ tre r essere come tale amica di Pallade, lo è maggiormente perchè presiede alle S
che la testa riportata per essere antica. Si vede adorna sulla fronte di una penna, fregio non insolito delle Muse come tr
loro voluto competere nella perizia del canto. Qualunque si abbracci di questi motivi, si escluderà sempre quello arrecat
antasie dei poeti. Queste e simili fredde allegorie non son più degne di presentarsi alla buona critica del secol nostro.
ella Poesia. In questa attitudine appunto Laide incontrò nei giardini di Corinto il tenero Euripide, che stava componendo
stava componendo dei versi: e così forse il più privilegiato allievo di Calliope reggendo i pugillari sulle ginocchia, co
ve del paterno Mela scriveva quei carmi, che dovevano esser l’incanto di tutte le generazioni avvenire. Se dunque da Omero
zioni avvenire. Se dunque da Omero fin a Orazio i poeti han costumato di registrare i loro versi su di simili tavolette, c
mero fin a Orazio i poeti han costumato di registrare i loro versi su di simili tavolette, che, colla facilità che offriva
loro versi su di simili tavolette, che, colla facilità che offrivano di cancellare lo scritto, animavan l’autore a quei m
le quali non avvien quasi mai che possa scriversi cosa la qual meriti di esser letta, nessun simbolo più adattato di quest
versi cosa la qual meriti di esser letta, nessun simbolo più adattato di questo potrà darsi a Calliope, che è la musa prop
della poesia Epica, ende fu riputata la compagna dei re e la nudrice di Omero. Questo genere di poesia si è dovuto esprim
e fu riputata la compagna dei re e la nudrice di Omero. Questo genere di poesia si è dovuto esprimere cui pugillarì, e per
larì, e perchè appunto Omero, eh’ è il maestro dei versi eroici, dice di averli scritti sulle tavolette, e perchè la liric
si registra o si legge. Il volume le hanno assegnato anche i pittori di Ercolano, e hanno avuto perciò il bisogno dell’ep
ato un utile insegnamento ai giovani poeti, mostrando loro quanto più di riflessione e di ponderazione richiegga lo scrive
gnamento ai giovani poeti, mostrando loro quanto più di riflessione e di ponderazione richiegga lo scrivere ciò che in ver
e pensierosa che ha saputo dare a questa figura, per la quale merita di essere con meraviglia considerata da chiunque ama
a chiunque ama le belle arti: essendo questo il lor più sublime grado di scolpire l’anima e di rappresentare il pensiero.
e arti: essendo questo il lor più sublime grado di scolpire l’anima e di rappresentare il pensiero. « Il simbolo dei pugil
obili delle Muse: li ha la seconda Musa del primo piano dell’Apoteosi di Omero, non osservati però dagli illustratori di q
o piano dell’Apoteosi di Omero, non osservati però dagli illustratori di quel celebre marmo: li ha la Calliope scolpita ne
e ve gli ha ravvisati il chiarissimo signor Abate Amaduzzi espositore di quel monumento, e con scelta erudizione, tratta d
ta senza considerargli i pugillari che ha nella manca: in una pittura di Ercolano è questa Musa così parimente rappresenta
entata; e il quadro stesso, per torre ogni dubbio, ci offre la figura di un Poeta coronato di edera e col volume fra le ma
tesso, per torre ogni dubbio, ci offre la figura di un Poeta coronato di edera e col volume fra le mani. « Questo bel simu
questa non cade alcun dubbio. La seconda presenta al dritto la testa di una musa coronata, come tutte le seguenti, di all
enta al dritto la testa di una musa coronata, come tutte le seguenti, di alloro, e che ha nell’area un volume coi suoi lac
adio i circoli segnati su del globo che vien sostentato da una specie di tripode. La quinta moneta rappresenta una Musa se
secondo me, è Polinnia; Erato, secondo il Begero. La laurea, propria di tutte le Muse, è qui data a Polinnia, perchè appu
o, mentre al rovescio è rappresentata questa dea della Lirica in atto di suonare il suo favorito istrumento. È detta dal B
el dritto, e con una sola in mano nel tipo del rovescio. « Le ragioni di queste denominazioni sono le medesime da noi acce
i e dei monumenti, e principalmente nelle immagini delle Muse fornite di una greca epigrafe, le quali si ammirano fra le t
servate per tanti secoli, per farne poi all’ età nostra ed al sovrano di quella bella parte d’ Italia un dono splendido e
ia un dono splendido e inaspettato. » Ed ora udite altre descrizioni di antiche pitture che io traggo da Filostrato. Ari
na l’abbandonasse in Dia, isola, quantunque ciò non per ingratitudine di lui, ma per volontà di Bacco pensino alcuni che s
a, isola, quantunque ciò non per ingratitudine di lui, ma per volontà di Bacco pensino alcuni che sia avvenuto, avrai fors
orse udito ancora dalla nutrice. Poiché esse esercitate in tal genere di favole, le accompagnano, quando vogliono, ancora
mpagnano, quando vogliono, ancora col pianto. Non avrò dunque bisogno di dirti che Teseo è quello che è nella nave, Bacco
e è nella nave, Bacco quello eh’ è in terra, nè a te come ignaro dirò di riguardare la fanciulla come giaccia sui sassi in
nfatti dipingere Arianna bella, bello Teseo non è difficile a veruno: di Bacco ancora vi sono innumerabili forme in che pu
nima, ha fatto lo dio, poiché i corimbi tessuti in serto sono indizio di Bacco, ancora che l’opera sia inetta, e il corno
il corno nato nelle tempie accusa Bacco, e pure la pardalide, o pelle di pantera, è manifesto segno dello dio. Ma qui Bacc
rtuni in questa circostanza, son rigettati. Nè le Baccanti si servono di cimbali, nè i Satiri di tibie presentemente che l
nza, son rigettati. Nè le Baccanti si servono di cimbali, nè i Satiri di tibie presentemente che lo stesso Pane frena il s
suo saltare perchè non turbi il sonno della fanciulla. Bacco vestito di porpora, coronato di rose, si accosta ad Arianna,
on turbi il sonno della fanciulla. Bacco vestito di porpora, coronato di rose, si accosta ad Arianna, ebro di Amore, come
cco vestito di porpora, coronato di rose, si accosta ad Arianna, ebro di Amore, come dice Anacreonte di quelli che amano s
o di rose, si accosta ad Arianna, ebro di Amore, come dice Anacreonte di quelli che amano smisuratamente. Teseo poi ama, m
creonte di quelli che amano smisuratamente. Teseo poi ama, ma il fumo di Atene, e può dirsi che Arianna non abbia conosciu
che sono innanzi la prora. Rimira anche Arianna, o piuttosto il sonno di lei. Il petto è nudo fino al bellico: supino il c
rgogni. Che soave respiro, o.Bacco: tu baciandola, ne dirai se sappia di pomi o di vite. — Antiloco. — Che Achille amass
e soave respiro, o.Bacco: tu baciandola, ne dirai se sappia di pomi o di vite. — Antiloco. — Che Achille amasse Antiloco
voi potete averlo rilevato da Omero, quando lo vedete il più giovane di tutti i Greci, e pensate a quel mezzo talento d’o
il più giovane di tutti i Greci, e pensate a quel mezzo talento d’oro di cui gli fece dono nei giuochi. Da lui pure gli fu
cui gli fece dono nei giuochi. Da lui pure gli fu annunziata la morte di Patroclo, e gli fu impedito di uccidersi sul corp
Da lui pure gli fu annunziata la morte di Patroclo, e gli fu impedito di uccidersi sul corpo del diletto amico. Queste son
dito di uccidersi sul corpo del diletto amico. Queste sono le pitture di Omero, ma il soggetto di questa è Mennone, che ve
po del diletto amico. Queste sono le pitture di Omero, ma il soggetto di questa è Mennone, che venuto di Etiopia uccide An
o le pitture di Omero, ma il soggetto di questa è Mennone, che venuto di Etiopia uccide Antiloco che difendeva Nestore suo
o padre, ed il terrore che spaventa i Greci, perchè avanti all’arrivo di Mennone stimavano una favola i Negri. Ora avendo
di si mettono a piangere Antiloco; con essi il re d’ Itaca, il figlio di Tideo e tutti gli altri parenti ed amici. Ulisse
del suo viso; Agamennone dalla sua divina presenza: quanto al figlio di Tideo una libertà generosa lo esprime. Voi ben di
eo una libertà generosa lo esprime. Voi ben discernerete ancora Aiace di Telamone alla sua terribil fierezza, e quello di
rnerete ancora Aiace di Telamone alla sua terribil fierezza, e quello di Locri alla sua agile velocità. I soldati poi che
l’uno coll’altro piede sopra l’aste fissate in terra. Ma non crediate di distinguere Achille dalla sua lunga chioma perchè
chille dalla sua lunga chioma perchè egli se l’è recisa dopo la morte di Patroclo; non ostante la sua bellezza ve lo mostr
e i suoi rasi capelli. Presentemente egli piange prostrato sul petto di Antiloco promettendogli, come io credo, magnifich
endogli, come io credo, magnifiche esequie, e forse l’armi e la testa di Mennone, ed egual vendetta finalmente alla memora
e, ed egual vendetta finalmente alla memoranda che fece sull’uccisore di Patroclo. Mennone è non ostante in piedi fra i su
chierati in battaglia: aspro e terribile, la lancia in pugno, vestito di una pelle di leone, con un volto lieto e risoluto
attaglia: aspro e terribile, la lancia in pugno, vestito di una pelle di leone, con un volto lieto e risoluto getta un sor
ntrario par che sorrida e porta nella sua faccia impresso il contento di aver salvata la vita a suo padre. Egli è morto di
mpresso il contento di aver salvata la vita a suo padre. Egli è morto di un colpo d’asta: l’anima ha abbandonato il viso,
ne cinquantesimaquinta. Le Grazie. Quali dee hanno maggior diritto di succedere alle Muse che le Grazie, ch’ebbero fra
antichi comune il tempio con loro, e che dispensatrici sono anch’esse di tanti doni agli uomini, ed alle quali ninno è in
anch’esse di tanti doni agli uomini, ed alle quali ninno è in obbligo di sacrificare più che l’artista? Disputata è pure l
obbligo di sacrificare più che l’artista? Disputata è pure l’origine di queste amabili divinità. Esiodo nella sua Teogoni
Talia ed Eufrosine. Gli Spartani però n’ adoravano due sole col nome di Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con es
ufrosine. Gli Spartani però n’ adoravano due sole col nome di Olita e di Penna: gli Ateniesi combinavano con essi nel nume
ione, fu annoverata da Pausania fra le Grazie, ed Egle la più giovine di tutte fu data in moglie a Vulcano. Consentono tut
lcano. Consentono tutti gli scrittori nel farle compagne indivisibili di Venere. Secondo Pausania erano in antico rapprese
loro abito, continua egli, era dorato: la faccia, le mani ed i piedi di marmo bianco: una teneva una rosa, l’altra un dar
marmo bianco: una teneva una rosa, l’altra un dardo, la terza un ramo di mirto. Bupalo pure le fé’ vestite a Smirne, e que
e dell’antichità, da Apelle. Pitagora in Pergamo, e Socrate figliuolo di Sofronisco, nelle statue che fece in Atene, prati
poco come si trovano nei monumenti che ne sono rimasti. Giova intanto di sapere che sino dai tempi di Pausania vi era 1’ u
menti che ne sono rimasti. Giova intanto di sapere che sino dai tempi di Pausania vi era 1’ uso di dipingerle ignude, fors
Giova intanto di sapere che sino dai tempi di Pausania vi era 1’ uso di dipingerle ignude, forse perchè essendosi negli u
orie volevano significare che queste amabili divinità non abbisognano di alcuno ornamento, e che a coloro ai quali elleno
o su queste divinità, come fra l’altre cose lo mostra l’uso singolare di collocare le Grazie in mezzo ai Satiri più sozzi,
za le quali la bellezza perde le sue attrattive, la saviezza il mezzo di giovare, e la scienza allontana dal suo santuario
cessare del flauto il suono. Quest’ avventura stabilì in Paros 1’ uso di sacrificare senza flauto nè corona. Generalmente
rona. Generalmente i templi sacri- a Venere e ad Amore, e quelli pure di Mercurio, erano ancora alle Grazie dedicati, per
a danzare. — S’invocavano nei conviti, e con tre brindisi era costume di onorarle. Mille belle allegorie possono da queste
ono dagli antichi maggior venerazione. Osserva Macrobio che le statue di Apollo portano nella destra le Grazie, nella sini
dà la sanità è più pronta dell’altra. Crisippo così ragiona nel libro di Seneca sui benefìzii; «Ora dirò perchè le Grazie
a lo riceva, la terza lo renda. Pensano altri che vi siano tre generi di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli c
la terza lo renda. Pensano altri che vi siano tre generi di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendon
ltri che vi siano tre generi di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli che gli ricevon
i di benefizi: di quelli che gli meritano, di quelli che gli rendono, di quelli che gli ricevono e gli rendono. Ma in qual
i che gli ricevono e gli rendono. Ma in qualunque maniera si giudichi di queste cose, che n’ importa di questa scienza? Pe
o. Ma in qualunque maniera si giudichi di queste cose, che n’ importa di questa scienza? Perchè quelle mani unite fra loro
po delle illusioni, che può trarre la morale da queste dee, ragionerò di quello che più v’ interessa, cioè degli antichi m
li antichi monumenti nei quali sono rappresentate. Le Grazie compagne di Venere non si trovano vestite che sull’ altare et
trusco così spesso citato, che è nella Villa Borghese. Sono effigiate di tutto rilievo, ma le teste ne sono moderne. Un ma
ffigiate di tutto rilievo, ma le teste ne sono moderne. Un marmo pure di tutto rilievo, ma di mediocre scultura. come pens
ievo, ma le teste ne sono moderne. Un marmo pure di tutto rilievo, ma di mediocre scultura. come pensa Visconti, in Siena
comodano la chioma. Può essere illustrata da questa delicata immagine di Claudiano, che ho espressa in questi versi: Cosi
in questi versi: Cosi d’intorno a Venere Stan l’Idalie sorelle: Una di largo nettare Le bionde chiome asperge; L’ altra
terza In lunghe anella e ride. Al gruppo del Palazzo Ruspoli servono di sostegno due vasi collocati alle due estremità, s
le due estremità, simili a quelli che sogliono accompagnare le statue di Venere. A ciò mirava, come è stato osservato dal
vesti mentre che si lavavano. Tre donzelle nude che adornano il piede di un vaso nella Villa Borghese sono forse le immagi
nte vestite, e in quelle dei Germani presso Vaillant sono tutte volte di fronte. Quando si cominciò a rappresentare le Gra
gono per le mani su qualche medaglia) altra differenza che il vestito di queste ultime. In un vetro riportato dal Fabbrett
Palazzo Ruspoli siano ritratti fondati sulla particolare acconciatura di capelli. Non è nuovo il rappresentare i mortali n
più scellerato fra gì’ imperatori romani fu ritratto nelle sembianze di Apollo. In un bel cammeo del cavalier Wortley l’u
alier Wortley l’ultima Grazia a destra ha un berretto simile a quello di Vulcano. Questa è probabilmente Aglaia o Egle, la
vine delle Grazie, che, come vi ho accennato, i mitologi fanno moglie di Vulcano. Simil berretto sospetta il Visconti che
. Mercurio, egli dice, scorge mi ad Esculapio un uomo barbato vestito di pallio, che rende grazie al Nume con un ginocchio
ngraziamento, ha introdotte appresso Esculapio le Grazie, una rivolta di schiena, e l’altre due di fronte, e tutte nude, i
e appresso Esculapio le Grazie, una rivolta di schiena, e l’altre due di fronte, e tutte nude, in quella guisa appunto che
mpo, nè conservano i consueti attributi del ramoscello e delle spiche di grano. Pensa a ragione Visconti che sia una tavol
posate sulla patera, che ha in mano Gi anone in una medaglia inedita di Faustina minore della Collezione Albani, offerta
one Albani, offerta forse alla dea per ringraziamento della fecondità di quell’Augusta. Eccovi due altre pitture antiche d
fieramente e con una certa audacia contro le onde, è Aiace Locrense, di cui la nave dal fulmine è già stata colpita. Egli
i stessi numi. Però Nettuno terribile ed irritato sopraggiunge, pieno di tempeste e di procelle gli irti capelli. Già sole
Però Nettuno terribile ed irritato sopraggiunge, pieno di tempeste e di procelle gli irti capelli. Già soleva combattere
te e di procelle gli irti capelli. Già soleva combattere in compagnia di Aiace contro 1 Troiani (perchè savio e modesto ri
te. Quindi una larga fiamma accresciuta dal vento, onde il foco serve di vela al naviglio fuggente. Aiace ritornando in se
gli urti dello Dio. — Mennone. — I soldati che voi vedete qui sono di Mennone: ma non hanno armi perchè si propongono d
oi vedete qui sono di Mennone: ma non hanno armi perchè si propongono di fare l’esequie del più grande fra loro, che ha ri
ta nel petto. Vedendo qui questo largo e spazioso piano tutto coperto di tende e di padiglioni, munito a guisa di accampam
o. Vedendo qui questo largo e spazioso piano tutto coperto di tende e di padiglioni, munito a guisa di accampamento, e una
spazioso piano tutto coperto di tende e di padiglioni, munito a guisa di accampamento, e una città ben cinta di mura, io n
di padiglioni, munito a guisa di accampamento, e una città ben cinta di mura, io non so perchè non sarebbero questi gli E
arrivato por soccorrere i Troiani fu ucciso da Achille, benché fosse di statura niente a lui minore. Infatti guardate qua
l suo caro figlio contrista il Sole, e prega la Notte che si affretti di venire più presto del solito per arrestare l’eser
arrestare l’esercito, onde ella possa togliersi il corpo col consenso di Giove. Ecco lo trasporta già: essendo la premura
la premura che si dà espressa nell’estremità del quadro. La sepoltura di Mennone non si trova. Solo si vede in Etiopia tra
olo si vede in Etiopia trasformato in una pietra nera nelle sembianze di un uomo seduto: ma quando il raggio del sole ne p
Esculapio. Esculapìo, secondo la più comune opinione, fu figliuolo di Apollo e di Coronide, come attesta l’autore degli
Esculapìo, secondo la più comune opinione, fu figliuolo di Apollo e di Coronide, come attesta l’autore degli Inni ed Ome
la conducesse, non consapevole dell’amore del nume. Ella nei confini di Epidauro partorì Esculapio, il quale fu esposto i
elpusi avvenisse. Ivi è fama ohe il fanciullo fosse nutrito dal latte di una capra custodita dal cane d’una greggia. Il pa
cane, la capra, il fanciullo. Divina luce -vide scintillare dal volto di lui, e il grido di questo prodigio si sparse per
fanciullo. Divina luce -vide scintillare dal volto di lui, e il grido di questo prodigio si sparse per quelle regioni. Si
questo prodigio si sparse per quelle regioni. Si vuole che questo aio di Esculapio fosse un bastardo di Arcade, e che pres
uelle regioni. Si vuole che questo aio di Esculapio fosse un bastardo di Arcade, e che presto pure si diffondesse l’opinio
do di Arcade, e che presto pure si diffondesse l’opinione che il nume di poco nato guariva da ogni malat tia. Trigone fu l
risentire gli effetti della sua scienza salutare fosse un certo Asole di Epidauro tiranno, e che in memoria del benefìzio
idauro tiranno, e che in memoria del benefìzio fosse aggiunto il nome di lui al dio, che prima Apio era detto. Io penso ch
il nome di lui al dio, che prima Apio era detto. Io penso che il nome di Esculapio derivi dagli effetti che produceva la m
dagli effetti che produceva la medicina semplice degli antichi, cioè di acquietare i dolori, non riducendosi allora quest
a da madre mortale. Ippolito essendo ritornato in vita per la perizia di lui, Giove si sdegnò tanto che gli uomini potesse
o. Si celebravano nell’Arcadia in un bosco, ove eredevasi il sepolcro di Esculapio, i giuochi ogni cinque anni, ma i templ
uata fra i Carii e gl’Ionii, era il mentovato edifizio sempre ripieno di ammalati, e le pareti coprivano innumerabili tavo
rivano innumerabili tavolette, ove erano scritte le malattie e i nomi di quei creduli, che stimavano essere stati coll’aiu
uli, che stimavano essere stati coll’aiuto del nume guariti. Il culto di Esculapio fu portato in Asia da Epidauro, secondo
nia nelle Corintiache, dove poco prima, in Titano, descrive la statua di questo dio velata di un gran panno (di modo che s
, dove poco prima, in Titano, descrive la statua di questo dio velata di un gran panno (di modo che si vedeva solamente la
in Titano, descrive la statua di questo dio velata di un gran panno ( di modo che si vedeva solamente la faccia, le mani,
differente dal solito pallio, che si vede nel rovescio del medaglione di Vero pubblicato dal Buonarotti, e che vien descri
otti, e che vien descritto da Tertulliano, per ornamento delle statue di Esculapio. In quanto al bastone col serpente avvi
a, particolarmente con i preservativi, onde si vede solo nelle monete di Coo città a lui consacrata; e Pausania dal serpen
l serpente avviticchiato allo scettro, in mano a due statue del bosco di Trofonio, dice che da quello avrebbe qualcheduno
onio, dice che da quello avrebbe qualcheduno congetturato che fossero di Esculapio e della Salute. Era sovente questa dea
quale proviene Igia, sia la buona salute: onde Apollo era fatto padre di Esculapio, perchè il Sole con i suoi annuali giri
dato il serpente per l’attenenza con Esculapio: e lo facevano in atto di dargli da mangiare, per alludere ai serpenti in v
atto di dargli da mangiare, per alludere ai serpenti in varii templi di Esculapio nutriti, ai quali coloro che sacrificav
iscono alla salute dei corpi, sono forse i serpenti fatti per simbolo di quei due principali pianeti, il moto dei quali, s
i, il moto dei quali, siccome delle stelle tutte, veniva, al riferire di San Clemente Alessandrino, espresso dagli Egizi c
o per nutrice Trigone, forse per essere il cibo del grano più salubre di tutti; e per moglie Epione, che secondo altri gl’
icare i medicamenti lenitivi; sicché dall’autore che va sotto il nome di Orfeo, viene invocato Epiodoro, cioè che dà le co
nacea, e la Salute stessa, i quali tutti, secondo scrive lo scoliaste di Aristofane, son presi dal sanare; a’ quali Snida
ofane, son presi dal sanare; a’ quali Snida aggiunge Acesio Sanatare, di cui fa menzione Pausania insieme con Evamerione,
cui fa menzione Pausania insieme con Evamerione, che significa esser di buona salute e complessione, e dice essere una me
re che vuol dire Scacciatore dei mali. Plinio annovera per figliuola di Esculapio anche Egle, cioè risplendente per il sa
ano colore delle carni; e Marino poeta de’ Lupercali dà per figliuola di Esculapio anche Roma, che significa forza, che i
forza, che i Romani chiamarono valetudine. Era tutta questa comitiva di Dei fatta molte volte insieme, quando in più, qua
particolari e il sentimento degli artefici, come dai precitati luoghi di Pausania e Plinio si conosce: ma con verun altro
, che Pausania dice esser così chiamato da’ Pergameni, Acesio da quei di Epidauro, e Evamerione in Titano: onde si legge a
ipode a Giove Esculapio, a ciascun piede del quale vi era un’immagine di questi tre Dei. Telesforo in una medaglia dei Nic
pubblicato dallo Sponio si vede un fanciullo colla penula cuculiata, di cui è rivestita la figura del mese di Dicembre in
nciullo colla penula cuculiata, di cui è rivestita la figura del mese di Dicembre in un antico calendario: questo abito pe
adottato. In molte statue vedesi esser chiuso da per tutto; in quella di Telesforo è fatto in forma di un piccolo piviale
si esser chiuso da per tutto; in quella di Telesforo è fatto in forma di un piccolo piviale da potersi serrare, e accostar
el medaglione del Buonarroti è aperto dalle parti solamente, a foggia di un certo mantello portato ancora dai navicellai.
lla patera, sul bastone, e sul serpe, lor simboli, nè sulla giustizia di quest’ allegorica figliazione. Raro è bensì quest
rica figliazione. Raro è bensì questo gruppo trovato nell’antico fòro di Preneste, per esser l’unico in marmo di tutto ril
uppo trovato nell’antico fòro di Preneste, per esser l’unico in marmo di tutto rilievo che ci offra unite queste divinità
in iscrizioni, in medaglie e in bassirilievi. « Dico l’unico, perchè di quello di Firenze nella Galleria non resta che la
ioni, in medaglie e in bassirilievi. « Dico l’unico, perchè di quello di Firenze nella Galleria non resta che la statua di
o, perchè di quello di Firenze nella Galleria non resta che la statua di Esculapio e una sola mano della Salute. In quello
e il nostro assai più pregevole, poiché lo possiamo credere una copia di quello descrittoci da Pausania, come il più illus
o descrittoci da Pausania, come il più illustre fra tutti i simulacri di Esculapio. Dice egli: — Il più celebre fino ai mi
culapio. Dice egli: — Il più celebre fino ai miei tempi dei simulacri di Esculapio, secondo gli Argivi, rappresenta in can
ratore, conservano però le fisonomie e i caratteri conosciuti propri: di queste divinità. « Ad Esculapio è stata adattata
onumenti, cominciando dalla stupenda gemma del Museo Stosch, col nome di Aulo. Non è però che di Esculapii imberbi non fac
lla stupenda gemma del Museo Stosch, col nome di Aulo. Non è però che di Esculapii imberbi non facciano menzione gli antic
one gli antichi, e non ne abbiano rinvenuto alcuno i moderni. È degno di memoria quello ultimamente trovato nel giardino d
inale maggior del naturale, nel cui viso imberbe sospetto il ritratto di qualche Medico illustre. È ottimamente conservato
vede nella bella statua degli Orti Farnesiani, che si crede la stessa di quella dell’Isola Tiberina, e si osserva ancora i
gnor Bracci Cista, Mistica. » Eccovi da Filostrato un altro soggetto di pittura antica. Ercole furioso. — Assalite ardit
entre i due altri giacciono per terra: egli ha ancora la mano in atto di ferire, poiché crede di essere in Argo, e di ucci
ono per terra: egli ha ancora la mano in atto di ferire, poiché crede di essere in Argo, e di uccidere i figli di Euristeo
a ancora la mano in atto di ferire, poiché crede di essere in Argo, e di uccidere i figli di Euristeo. Voi avete udito in
atto di ferire, poiché crede di essere in Argo, e di uccidere i figli di Euristeo. Voi avete udito in Euripide che affrett
cheggiar la casa del vile fratello. Il furore lo inganna: è difficile di persuaderlo con gli oggetti presenti. Che ciò vi
ttime sono sparse qua e là per l’altare insieme alla pelle del Leone: di questi due miseri fanciulletti, ad uno la freccia
spalle la punta del dardo entrata pel petto: le loro gote sono sparse di lagrime e di sangue. I servi circondano il forsen
ta del dardo entrata pel petto: le loro gote sono sparse di lagrime e di sangue. I servi circondano il forsennato padre co
e e di sangue. I servi circondano il forsennato padre come si farebbe di un toro arrabbiato. Unocerca di legarlo d’agguato
o il forsennato padre come si farebbe di un toro arrabbiato. Unocerca di legarlo d’agguato, l’altro di prenderlo nel corpo
farebbe di un toro arrabbiato. Unocerca di legarlo d’agguato, l’altro di prenderlo nel corpo: chi grida, chi è sospeso all
alta al collo. Ercole non conosce nulla: spinge ferocemente chi cerca di avvicinarsegli, gli calpesta, mentre dalla bocca
. Voi avete sovente udito dire nelle tragedie che le Furie sono causa di tutto questo, ma adesso non le vedete perchè dent
sono celate. — Lezione cinquantesimasettima. Bacco. Argomento di sogni eruditi e di ardimentose congetture è la di
Lezione cinquantesimasettima. Bacco. Argomento di sogni eruditi e di ardimentose congetture è la divinità ed il culto
i sogni eruditi e di ardimentose congetture è la divinità ed il culto di Bacco. Famoso al pari di Ercole per le conquiste:
mentose congetture è la divinità ed il culto di Bacco. Famoso al pari di Ercole per le conquiste: l’Oriente e l’Occidente
riente e l’Occidente è pieno della sua fama: nè poca gloria è per lui di essere stato causa d’ invidia e di conquiste ad A
sua fama: nè poca gloria è per lui di essere stato causa d’ invidia e di conquiste ad Alessandro. Non è fuor d’ogni dubbio
usa d’ invidia e di conquiste ad Alessandro. Non è fuor d’ogni dubbio di chi fosse figlio e dove nascesse. Diodoro Siculo
culo riferisce, dagli Egiziani asserirsi che tutto quello che narrasi di Semele e Giove, genitori di lui secondo la volgar
ni asserirsi che tutto quello che narrasi di Semele e Giove, genitori di lui secondo la volgare opinione, era menzogna tes
a volgare opinione, era menzogna tessuta da Orfeo iniziato ai misteri di Osiride, coli’ oggetto di lusingare la greca ambi
nzogna tessuta da Orfeo iniziato ai misteri di Osiride, coli’ oggetto di lusingare la greca ambizione. Cadmo, ripiglia lo
matrimonio, aveva con Osiride, e della circostanza della pronta morte di questo, istituì in suo onore dei sacrifizii, insi
perdonar si deve all’antichità questo errore, poiché lo deve ai versi di tanto poeta. Ed il sentimento dei sacerdoti egizi
erdoti egiziani avvalorato viene da Erodoto, che paragonando le feste di Bacco e di Osiride, sorprende la rassomiglianza d
iani avvalorato viene da Erodoto, che paragonando le feste di Bacco e di Osiride, sorprende la rassomiglianza di queste du
ragonando le feste di Bacco e di Osiride, sorprende la rassomiglianza di queste due divinità, e crede trasportato in Greci
ueste due divinità, e crede trasportato in Grecia da Melampo il culto di Osiride, sotto il nome di Bacco. Nisa in Arabia e
e trasportato in Grecia da Melampo il culto di Osiride, sotto il nome di Bacco. Nisa in Arabia era la patria del dio, e pa
e fu deposto dopo la sua nascita: ciò viene attestato ancora dal nome di Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova osservar
ita: ciò viene attestato ancora dal nome di Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova osservare che di Osiride qui era la f
ra dal nome di Dionisio, vale a dire dio di Niso. Giova osservare che di Osiride qui era la famosa colonna. Le imprese del
i era la famosa colonna. Le imprese del Nume sono consegnate al poema di Nonno, da cui estrarrò quello che per voi vi ha d
onsegnate al poema di Nonno, da cui estrarrò quello che per voi vi ha di più interessante. Non vi è nulla di più necessari
estrarrò quello che per voi vi ha di più interessante. Non vi è nulla di più necessario per voi che il sapere quale idea g
ninno può meglio soddisfare che Visconti nella seguente illustrazione di una delle più belle statue che rappresentino il d
statue che rappresentino il dio del Vino. « La sorprendente bellezza di questa scultura non può rappresentarsi abbastanza
a e quella carnosità a cui è ridotta la pietra, nè quella delicatezza di lineamenti, che serpeggiando quasi insensibilment
nte. « Questo superbo monumento delle arti greche fu trovato mancante di tutte l’estremità: del capo, cioè, delle braccia
iare dai mitologi nè tutti gli epiteti, nè tutte le lodi della chioma di Bacco, come cose troppo note e comuni: basta il r
to forse è il più costante degli attributi bacchici, poiché il figlio di Semele si trova talvolta rappresentato con lunga
rova talvolta rappresentato con lunga barba, nonostante il soprannome di fanciullo eterno; si trova tutto vestito, non ost
osì sparse intorno al collo, agli omeri, al petto. Coi ricci pendenti di qua e di là lo descrive Luciano. « L’analogia di
e intorno al collo, agli omeri, al petto. Coi ricci pendenti di qua e di là lo descrive Luciano. « L’analogia di teste sic
. Coi ricci pendenti di qua e di là lo descrive Luciano. « L’analogia di teste sicuramente bacchiche, colle chiome nella s
ser particolarmente rammentata: è quella che si ammira nella Galleria di Firenze sul corpo di un Bacco appoggiato ad un Fa
ammentata: è quella che si ammira nella Galleria di Firenze sul corpo di un Bacco appoggiato ad un Fauno. La testa, benché
me lo indica il differente lavoro dei capelli che pendono dal capo, e di quelli rimasti congiunti alle spalle. Presentato
le, la testa antica della nostra statua. Or quella testa è certamente di Bacco, come la corona di pampini, e la fascia che
nostra statua. Or quella testa è certamente di Bacco, come la corona di pampini, e la fascia che stringe la fronte, lo pr
la fronte, lo provano. Ma un’altra prova non meno certa del soggetto di questa statua è quello appunto dove si fonda la c
punto dove si fonda la contraria opinione, cioè il carattere feminile di tutti i contorni, e particolarmente la situazione
a situazione, il rilievo, e la rotondità dei fianchi. Non vi ha nulla di più proprio di Bacco: o provenisse ciò dall’uso e
l rilievo, e la rotondità dei fianchi. Non vi ha nulla di più proprio di Bacco: o provenisse ciò dall’uso e dal capriccio
voluto rappresentare il dio dei piaceri e della mollezza, il compagno di Venere e delle ninfe, o da dogmi di un’antica teo
eri e della mollezza, il compagno di Venere e delle ninfe, o da dogmi di un’antica teologia rediviva nei tempi che precede
nei tempi che precedettero la caduta del culto pagano, o da un genio di moralizzare, che fosse dai poeti passato agli art
ue principio, ho detto, ciò provenisse, certo è che uno dei caratteri di Bacco fu quello di essere rappresentato di forme
tto, ciò provenisse, certo è che uno dei caratteri di Bacco fu quello di essere rappresentato di forme feminili. Quindi un
to è che uno dei caratteri di Bacco fu quello di essere rappresentato di forme feminili. Quindi un latino epigramma così l
latino epigramma così lo descrive: « E trae il tenero Bacco la forma di una vergine. » Quindi Momo, presso Luciano, rile
di una vergine. » Quindi Momo, presso Luciano, rileva tra i difetti di Bacco la sua complessione feminile e donnesca; qu
itore, ora cornuto per emblema dell’ebrietà, ora barbato come in aria di maestro e di legislatore. Da ciò dee ripetersi ta
rnuto per emblema dell’ebrietà, ora barbato come in aria di maestro e di legislatore. Da ciò dee ripetersi tanta varietà d
aria di maestro e di legislatore. Da ciò dee ripetersi tanta varietà di rappresentarlo, tanto più che gli statuarii han v
imulacro è un modello impareggiabile per un corpo maschile bellissimo di una bellezza effeminata; questa espressione è por
portata fino air ideale: volendo indicarci in certo modo i due sessi di questo nume, i contorni ne sono mirabili e fuggen
e perdono in estensione. » Ma prima che v’ inoltriate in questo mare di Mitologia adempirò alla mia promessa ritornando a
esto mare di Mitologia adempirò alla mia promessa ritornando all’ uso di leggervi la descrizione dei poeti, dopo aver quas
ggervi la descrizione dei poeti, dopo aver quasi esaurite le Immagini di Filostrato. Ho scelta la viva pittura fatta da Va
trato. Ho scelta la viva pittura fatta da Valerio Fiacco della strage di Lenno, che vi accennai parlando di Vulcano, a cui
tta da Valerio Fiacco della strage di Lenno, che vi accennai parlando di Vulcano, a cui la riconoscenza rendeva cara quest
i Vulcano, a cui la riconoscenza rendeva cara quest’isola. Sarà colpa di me che ho tentato tradurre questa parte del poema
sola. Sarà colpa di me che ho tentato tradurre questa parte del poema di lui, nella quale gareggia con Stazio, se non sent
to. Già presso è il dì che, vincitor nell’armi. Disperso i Traci avea di Lenno il Duce, Che tesser navi osò di fragil cann
ell’armi. Disperso i Traci avea di Lenno il Duce, Che tesser navi osò di fragil canna: Lieto pel mar move i vessilli, e pi
patria, o per diverse cure Affannose consorti, eccovi ancelle Premio di lunga guerra. — In cupo nembo La Diva avvolta, pe
pena Tacque la Dea, che alla cittade in mezzo Vola lieta la Fama. Era di Codro Eurinome pudica ai lari accanto, Che dalle
r: Colui che cerchi E coi voti e col pianto, arde l’indegno Dell’amor di una schiava: arde, e ritorna Coll’adultera sua, c
che al casto letto Già s’avvicina: Non per fama eguale E non per lode di pudore e d’arte A te, gran prole Doriclea: gli pi
iglior fìa che tu scelga Altri Penati: pei tuoi figli io tremo: Privi di madre, odio alla druda: io veggo Già la torva mat
lta e dice Le intese voci ognuna, e fede al danno Non v’ha chi neghi: di querele e gridi Empiono i templi, e sulle soglie
lami infelici Non riveggono più: nel cielo aperto Stanno ammassate, e di dolore han gara, E d’orribili voti. A loro in mez
ar fulmini e strage, Strage dei Numi? poiché gli altri danni Soffriam di guerra: Me schiava destina Il furioso? Me, perchè
ina Il furioso? Me, perchè raminga Lasci i figli, la patria? Ah: pria di spade, E di foco, rapito all’are istesse, Non arm
so? Me, perchè raminga Lasci i figli, la patria? Ah: pria di spade, E di foco, rapito all’are istesse, Non armerem le dest
La notte, e traggon colle schiave spose I nuovi sonni, un non so che di grande Amor c’ispirerà. — Disse, e rivolse Gli oc
un non so che di grande Amor c’ispirerà. — Disse, e rivolse Gli occhi di foco in giro, e sulla terra Lanciò dal seno gli s
i strappati figli. II cor materno e l’infiammate menti Il gemer sacro di Ciprigna vince. Riguardan tutte il mare e fingon
prigna vince. Riguardan tutte il mare e fingon danze: Ornano i templi di festive frondi, E ai reduci mariti ostentan gioia
eseo appresso Sta Tisifone, e liba i crudi cibi Ed i nappi ferali, e, di tormento Novità, con i neri angui l’abbraccia. Sc
pazza, E col pallido volto Ire feroci, E la Rabbia e l’Inganno: alza di Morte L’imaorine maggior le truci mani Quando di
ia e l’Inganno: alza di Morte L’imaorine maggior le truci mani Quando di Marte la chiamò tonando La moglie, e alzò la sang
lzò la sanguinosa insegna. Ma delitto maggior Venere imprende: Gemiti di chi cade e di chi spira Finge, scorre le case, e
osa insegna. Ma delitto maggior Venere imprende: Gemiti di chi cade e di chi spira Finge, scorre le case, e nella destra P
vibra, e le guida Ai talami, e alle dubbie un ferro trova. Ahi: come di delitti io tanti aspetti, E tanti fati di diverse
e un ferro trova. Ahi: come di delitti io tanti aspetti, E tanti fati di diverse morti Seguirò? fra quai mostri, ordin cru
i Seguirò? fra quai mostri, ordin crudele, II poeta conduci? Oh: qual di colpe Serie orrenda si svela: Oh, chi mi ferma Me
: gli occhi soltanto Tien chiusi a tutti la paura, come Mirin squadre di furie, e sopra il ferro Di Bellona fiammeggi: Alt
sede Di tanto regno. Eran consorti e figlie Contaminate, e sol piene di mostri E l’isola crudel. La man pietosa Armata, a
a mente incerta. Padre, trattieni alla tua figlia il brando! Disse, e di Bacco al consapevol tempio Guidò piangendo il gen
Valerio Flacco , Argon. lib. II, v. 78. Udite adesso la fine infelice di Penteo, che dal Poema di Nonno ho tradotto. Vide
ib. II, v. 78. Udite adesso la fine infelice di Penteo, che dal Poema di Nonno ho tradotto. Vide dell’ arbor sulla cima a
con voce insana! Quasi corona a lui circola intorno La turba feminil; di foglie ornato Laccio l’arbore stringe, e in un co
lumi, 11 senno, ahimè, chi t’ha rapito? Addio, Citerone, addio monti di Tebe, Arbori male ascesi: madre, addio, Cara Agav
madre, addio, Cara Agave, che il tuo fanciullo uccidi. Mira le guance di lanugin prima Vestite appena, e ogni sembianza um
i nutristi. — inutil voce, Cessa da tuoi discorsi: è sorda Agave!— Se di Bacco mi vuoi vittima, uccidi Sola il tuo figlio,
he nella polve Si rivolge, traeva: altra gli svelle La destra in atto di pregar: lo tira Per l’altra mano Autouoe a se, la
i leoni. Cadmo, appella Penteo compagno del tuo soglio, e miri L’opre di Bacco con gelosi lumi. Affrettatevi, o servi, e a
atevi, o servi, e alla Cadmea Soglia fìggete il sanguinoso capo, Dono di mia vittoria. Ahi che tal belva Mai non uccise In
ia mie lieta lo pose Armonia, e quindi le porgeva il petto. Spettator di tue glorie il figlio cerchi, Misero: e come il ch
llustri Doni mi diede alle divine nozze D’Armonia Giove, e degni eran di Marte E di Vener Celeste: Il mar nasconde Ino, e
i mi diede alle divine nozze D’Armonia Giove, e degni eran di Marte E di Vener Celeste: Il mar nasconde Ino, e la chiesta
sua vecchiezza: Hai Penteo morto, ed Atteon nascondi. — Sì diceva, e di lacrime un torrente Di Citerone la canuta fronte
on sazia il sangue Della tua stirpe. A me la rabbia antica Rendi: che di furor specie più cruda Ho, la saviezza. Fa che un
Giove Salvava il figlio dal materno scempio Tutta la stirpe ad abolir di Cadmo. Or sii pietoso: al sangue mio fa guerra Un
Penteo, infelice: il reo fu Bacco: Agave E innocente. Che dico? ancor di sano’ue Grondano le mie mani, e pel reciso Capo r
enditi o Bacco: è sangue Del figlio mio: Pel mio delitto io vissi Più di lui: ma fedele a questo pianto Gl’inalzerò la tom
, Dionisiache, lib. XLVI. Lezione cinquantesimottava. Generazione di Bacco. Le avventure di Bacco cominciano nel se
Lezione cinquantesimottava. Generazione di Bacco. Le avventure di Bacco cominciano nel settimo Canto del poema di N
acco. Le avventure di Bacco cominciano nel settimo Canto del poema di Nonno; onde da questo io dò principio all’estratt
di Nonno; onde da questo io dò principio all’estratto che ho promesso di darvi di questo poema. Ci presenta il poeta Amore
onde da questo io dò principio all’estratto che ho promesso di darvi di questo poema. Ci presenta il poeta Amore occupato
trovare Giove per rappresentargli l’infelicità dell’uomo. Egli ricusa di governare da qui innanzi un mondo destinato a tan
inato a tanti mali, ed uomini, la vita dei quali è così breve e piena di pene. Invano, egli dice, si è inventata la lira:
ì breve e piena di pene. Invano, egli dice, si è inventata la lira: i di lei suoni armoniosi non dissipano tutti i dolori.
i di lei suoni armoniosi non dissipano tutti i dolori. Accusa Pandora di aver aperto il vaso fatale, da cui sono escite tu
le, da cui sono escite tutte le sciagure, e non riconosce la prudenza di Prometeo, che per rimediarvi non ha pensato dì to
nettare, piuttosto che il fuoco sacro. Giove dopo averlo udito, cerca di assicurarlo, svelandogli i segreti del destino, e
i i segreti del destino, e gli rivela il mistero della nascita futura di Bacco suo figlio, che deve portare agli uomini un
e dolce quanto il nettare. Cerere, egli dice, ha coperti recentemente di spighe i solchi, e presto mio figlio farà scorrer
te di spighe i solchi, e presto mio figlio farà scorrere dei ruscelli di vino che spremerà dai frutti dell’autunno. Tutta
a volta eterea a percorrere la via degli astri, e a tenere il fulmine di Giove suo padre. Egli risplenderà delle grazie de
e. Egli risplenderà delle grazie della gioventù, e una mitra in forma di serpenti attortigliati coronerà la sua testa. Egl
e le Ore. Il dio del Tempo ritornò presso Armonia, e Giove al palazzo di Giunone. Non ostante l’Amore, quel nume accorto,
del Caos, si avanzava col suo turcasso che rinchiudeva i dodici dardi di fuoco destinati a trapassare il core di Giove nel
he rinchiudeva i dodici dardi di fuoco destinati a trapassare il core di Giove nelle sue metamorfosi diverse. Ogni dardo a
la sua iscrizione. Egli scelse il quinto, che renderlo doveva amante di Semole: lo allacciò di edera, lo intinse nel nett
i scelse il quinto, che renderlo doveva amante di Semole: lo allacciò di edera, lo intinse nel nettare, afiinchè Bacco fac
par dell’Aurora, sferzava i muli attaccati a un carro, in conseguenza di un sogno, che aveva avuto, e del quale il poeta r
lla sua coscia, finché avesse condotto al termine un fanciullo armato di corna di toro, e che sembrava essere della natura
oscia, finché avesse condotto al termine un fanciullo armato di corna di toro, e che sembrava essere della natura di quest
fanciullo armato di corna di toro, e che sembrava essere della natura di questo animale. Cadmo suo padre consulta Tiresia
ale. Cadmo suo padre consulta Tiresia ed Europa sua figlia nel tempio di Minerva per sacrificare a Giove dio del Fulmine u
crificare a Giove dio del Fulmine un toro, che rappresenta l’immagine di Bacco, ed un capro nemico dei frutti autunnali. Q
ll’Asopo ove scese per bagnarsi. Amore vibrò la sua freccia nel cuore di Giove, che per meglio osservare la sua amante si
, che solo fra gì’ immortali li vibra. Egli la consola, e le promette di situarla un giorno nei campi dell’Olimpo, ove spl
quello delle altre amanti, Giove risale al cielo, e lascia la figlia di Cadmo incinta nel palazzo di suo padre. Già le su
iove risale al cielo, e lascia la figlia di Cadmo incinta nel palazzo di suo padre. Già le sue forme, che diventano rotond
deggianti, accusano la sua colpa. Ella già prende gusto per 1’ edera, di cui ella intralcia la corona ornamento della sua
la intralcia la corona ornamento della sua testa. Se ascolta il suono di qualche strumento già si prepara a danzare, e a i
eno sembra accompagnare la madre. Ben presto l’Invidia sotto le forme di Marte le suscita per nemiche Minerva e Giunone. E
ti vi mescola il suo splendore con quello della luna: Apollo è figlio di Latona: Ganimede nato mortale abiterà dunque i ci
ortali. Io vado a ritirarmi in Tracia, piuttosto che esser testimonio di questa profanazione del tempio degli Dei, e veder
azione del tempio degli Dei, e vedere Andromeda, Perseo, la sua testa di Medusa e la sua scimitarra, e le forme orribili d
e orribili della balena. — Così parlava l’ Invidia gelosa dei destini di Semele, che la chiamavano al cielo col suo fiolio
uo fiolio. Giunone medita nell’istante uno stratagemma per vendicarsi di questa nuova amante. Ella s’indirizza alla dea de
. Ella s’indirizza alla dea della Furberia, che errava sulle montagne di Creta sua casa: le racconta i suoi dispiaceri e i
sua casa: le racconta i suoi dispiaceri e i suoi timori: ella le dice di temer che Giove non finisca per bandirla dal ciel
a per bandirla dal cielo, e ne faccia Semele la regina. Ella la prega di prestarle il suo magico cinto affinchè ella possa
eria, ingannata ella stessa da Giunone, le accorda la dimanda. Armata di questo cinto, Giunone va nelle stanze di Semele n
e accorda la dimanda. Armata di questo cinto, Giunone va nelle stanze di Semele nelle sembianze della vecchia nutrice dì E
le stanze di Semele nelle sembianze della vecchia nutrice dì Europa e di Cadmo. Finge d’intenerirsi sulla sorte della giov
Cadmo. Finge d’intenerirsi sulla sorte della giovine principessa, il di cui onore è pubblicamente attaccato. La interroga
e della sua gloria, ed armato del suo fulmine; questo è il solo mezzo di assicurarsene. La giovine principessa accecata da
tto divide. Io non vi ho ancora veduto, le dice, nelle forme maestose di un Dio. Giove si affligge di questa dimanda in di
ra veduto, le dice, nelle forme maestose di un Dio. Giove si affligge di questa dimanda in discreta, ed accusa le Parche n
iccome prevede le conseguenze, e vuol salvar Bacco, incarica Mercurio di togliere il fanciullo ai fuochi. terribili che co
finalmente coli’ accordarle ciò che richiede. Semele s’ insuperbisce di questo favor singolare, che la pone infinitamente
insuperbisce di questo favor singolare, che la pone infinitamente al di sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra di o
pone infinitamente al di sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra di orgoglio e di gioia, vuol toccare il fulmine terr
ente al di sopra delle sue sorelle. La sciagurata, ebra di orgoglio e di gioia, vuol toccare il fulmine terribile, e ne pe
e, e ne perisce in mezzo al fuoco. Il suo figlio per mezzo delle cure di Mercurio fugge all’incendio che consuma sua madre
compagni Mercurio, Marte, Venere e la Luna. Voi vedete dalla sciagura di Semele quanto fosse terribile l’ira di Giunone. I
una. Voi vedete dalla sciagura di Semele quanto fosse terribile l’ira di Giunone. Il caso di Atamante e d’ Ino che ho trad
a sciagura di Semele quanto fosse terribile l’ira di Giunone. Il caso di Atamante e d’ Ino che ho tradotto da Ovidio n’ è
che ho tradotto da Ovidio n’ è un esempio ancor più tremendo. Innanzi di passare alla descrizione del poeta vi espongo la
vi espongo la favola brevemente. Irritata Giunone, che dopo la morte di Semele Ino sua sorella si fosse adossata la cura
che dopo la morte di Semele Ino sua sorella si fosse adossata la cura di allevare Bacco, giurò di vendicarsene. Mandò ad A
le Ino sua sorella si fosse adossata la cura di allevare Bacco, giurò di vendicarsene. Mandò ad Atamante Tisifone, la qual
Uetto: ed Ino a un tale spettacolo sorpresa da un trasporto furibondo di terrore, fuggì, tenendo nelle braccia, l’altro fi
espone La causa della via, dell’odio, ed apre Suo feroce volere, onde di Cadmo Non stia la reggia, ed il furor conduca Ata
in un confonde Preghi, impero, promesse, onde commova Le dive. Appena di parlar Giunone Cessò, che scosse l’arruffata chio
chioma Tisifone, e divise i serpi opposti Dalla pallida fronte. Uopo di detti, Dicea, non avvi, che fatto figura Quello c
e torna all’aura antica Di miglior cielo. — Già la face impugna Grave di sangue, e la purpurea vesta, Sparsa di stragi, co
o. — Già la face impugna Grave di sangue, e la purpurea vesta, Sparsa di stragi, con ritorte serpi Ricinge, e lascia la tr
no entrambi, Ma la Furia le soglie assedia, e stende Le braccia cinte di viperei nodi: Scote le chiome, e sibilar del capo
lingua: alfine della fronte al mezzo Svelle due serpi, e con la man, di morte Apportatrice, lor dà via: percorrono Il sen
ri vaganti, e della cieca Mente l’oblio, colpe, furori e pianto. Amor di strage, con recente sangue In cavo bronzo la fera
onzo la feral cicuta: Tutto unito n’avea. Mentre paventa L’alta prole di Cadmo, in sen le vibra Il composto furor, che le
ni, le reti: or qui m’apparve Di doppia prole lionessa altera. — Come di belva, della moglie insegue L’orme, e rapisce dal
a, con le nude braccia. Evoè Bacco, suona: e rise Giuno Sotto il nome di Bacco, e disse: Questi Usi ti doni il tuo beato a
IV, v. 463 e seg. Lezione cinquantesimanona. Nascita ed educazione di Bacco. Origine della vite. Dopo la morte di Se
Nascita ed educazione di Bacco. Origine della vite. Dopo la morte di Semele, il re degli Dei depose nella sua coscia i
suo termine, e non ve lo tolse che per darlo alla luce. Nell’istante di questa nuova nascita di Bacco l’Ore si trovano pr
o tolse che per darlo alla luce. Nell’istante di questa nuova nascita di Bacco l’Ore si trovano pronte per riceverlo, e po
ongono sulla sua testa una corona d’edera. Intralciano ì suoi capelli di un serpente tortuoso, di cui la fronte è armata d
a corona d’edera. Intralciano ì suoi capelli di un serpente tortuoso, di cui la fronte è armata di corna, coll’oggetto di
ano ì suoi capelli di un serpente tortuoso, di cui la fronte è armata di corna, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura
n serpente tortuoso, di cui la fronte è armata di corna, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura di Bacco, cioè di toro
a fronte è armata di corna, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura di Bacco, cioè di toro e di serpente. Quindi il poet
ta di corna, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura di Bacco, cioè di toro e di serpente. Quindi il poeta ci dipinge Me
a, coll’oggetto di ritrarre la doppia natura di Bacco, cioè di toro e di serpente. Quindi il poeta ci dipinge Mercurio, ch
ninfe dell’Acque, chiamate ladi. Queste erano sette sorelle figliuole di Atlante e di Etra, chiamate Ambrosia, Eudora, Cor
que, chiamate ladi. Queste erano sette sorelle figliuole di Atlante e di Etra, chiamate Ambrosia, Eudora, Coronide, Pesile
Poliso, e Tiona. Giunone avendole rese furiose, Mercurio fu obbligato di levar loro Bacco per confidarlo ad Ino figliuola
urio fu obbligato di levar loro Bacco per confidarlo ad Ino figliuola di Cadmo e sorella di Semele, dea marina, madre di P
i levar loro Bacco per confidarlo ad Ino figliuola di Cadmo e sorella di Semele, dea marina, madre di Palemone. Ma Giunone
arlo ad Ino figliuola di Cadmo e sorella di Semele, dea marina, madre di Palemone. Ma Giunone avendo minacciata della sua
le. Così Bacco cresceva, e diveniva forte ogni giorno sotto la tutela di Rea. Nonno dipinge i Pani che danzano intorno al
al giovine Bacco, e compongono il corteggio del dio, che ha le forme di toro. Celebrano queste danze, ripetendo il nome d
ibele e Giove. Nonostante Giunone irritata contro Ino che aveva osato di nutrire, Bacco si dichiara contro essa, e riempie
sato di nutrire, Bacco si dichiara contro essa, e riempie la sua casa di quelle infelicità, che Ovidio vi descrisse in par
del Fattolo. Qui scherzando sulle coste della Frigia fece conoscenza di un giovine Satiro chiamato Ampelo, o la Vigna. Il
non è contento che con lui, e si affligge della sua assenza. L’amore di Ampelo gli tien luogo di tutto: finisce per chied
ui, e si affligge della sua assenza. L’amore di Ampelo gli tien luogo di tutto: finisce per chiederlo a Giove, e sollecita
che ama. Ampelo è sempre vincitore alla lotta e alla corsa. È facile di avvedersi che tutto ciò non è che un’ allegoria s
facile di avvedersi che tutto ciò non è che un’ allegoria sull’ amore di Bacco per la vigna. Diodoro espone ciò sempliceme
ei due amici. Ampelo è vincitore ancora nel nuoto; ma ha l’imprudenza di voler scherzare con gii animali delle foreste, e
ri da Bacco, che tutti i pericoli gli dimostra: lo avverte sopratutto di guardarsi dalle corna del toro. Ma questo avverti
vvertimento fu inutile ad Ampelo, quantunque Bacco avesse sempre cura di accompagnarlo. La dea del Male gli persuade di mo
cco avesse sempre cura di accompagnarlo. La dea del Male gli persuade di montar sopra un toro, come Bellerofonte sul Pegas
ra un toro, come Bellerofonte sul Pegaso, e con altrettanta sicurezza di Europa che non ebbe bisogno di freno per condur q
ul Pegaso, e con altrettanta sicurezza di Europa che non ebbe bisogno di freno per condur quello che la rapì. Il caso cond
sceso dalle montagne per bere: il giovine audace osa salirvi, e tenta di condurlo: toglie dei giunchi del fiume per farne
condurlo: toglie dei giunchi del fiume per farne una frusta, e cinge di fiori lo corna dell’animale. In questa positura s
vescia il giovine Ampelo che muore della caduta. Un Satiro testimonio di questa sventura l’annunzia a Bacco, che inconsola
ta sventura l’annunzia a Bacco, che inconsolabile diviene. Egli bagna di lacrime il corpo del suo amico steso sulla polver
gna di lacrime il corpo del suo amico steso sulla polvere, e lo copre di rose e di gigli. Versa nelle piaghe l’ambrosia do
rime il corpo del suo amico steso sulla polvere, e lo copre di rose e di gigli. Versa nelle piaghe l’ambrosia donatagli da
rsa nelle piaghe l’ambrosia donatagli da Rea, che dopo la metamorfosi di Ampelo in vite, bastò per dare al suo frutto un o
sa l’ Inferno inesorabile che non rende le sue prede. Scongiura Giove di voler rendere la vita al suo amico per qualche is
dere la vita al suo amico per qualche istante. L’Amore sotto la forma di Sileno, portando in mano il tirso, viene a consol
o, portando in mano il tirso, viene a consolar Bacco, e gli consiglia di formare dei nuovi amori onde dimenticare il perdu
n’ allegoria fisica sulla spiga e sul gambo che la sostiene, nei nomi di Calamo e Carpo. Ma nulla può mitigare il dolore d
sostiene, nei nomi di Calamo e Carpo. Ma nulla può mitigare il dolore di Bacco. Le Stagioni intanto, delle quali il poeta
uali il poeta fa la descrizione, vanno alla reggia del Sole, e ognuna di loro ha ornamenti che la caratterizzano. Il Canto
o del Sole loro padre, ove riscontrano Espero e la Luna crescente, il di cui carro è tirato dai bovi. Vi si legge la descr
izza a Giove una delle Stagioni, quella dell’Autunno, che gli dimanda di non restar sola senza funzioni, e di affidarle la
la dell’Autunno, che gli dimanda di non restar sola senza funzioni, e di affidarle la cura di maturare i nuovi frutti che
gli dimanda di non restar sola senza funzioni, e di affidarle la cura di maturare i nuovi frutti che produrrà la vigna. Gi
rrà la vigna. Giove le dà lusinghiere speranze, e le addita le tavole di Armonia nelle quali sono scritti i destini dell’
e presiede al nettare delizioso che si spreme dalla vite, e la figura di Ganimede cht; inalza la sua coppa. Uditi questi d
diluvio che gli compisce. Nella terza l’avventura dTo, d’Argo, quella di Filomela, e molte altre. La ninfa delle Stagioni
cerca cogli occhi la quarta Tavola, che offre l’immagine della coppa di Ganimede dalla quale il nettare scorre, e vede ch
veva a Febo il lauro, a Minerva l’ulivo, a Cerere le spighe. È rapita di gioia a questa vista, va a raggiungere le sue sor
tto; che non passerà l’Acheronte, e diverrà per i mortali la sorgente di un liquore delizioso, che sarà la consolazione de
o che produce l’uva, e forma una vite. Il nuovo albero prende il nome di Ampelo, come il suo amico, e divien carico di un
o albero prende il nome di Ampelo, come il suo amico, e divien carico di un frutto nero, mentre il giovin Cisso, cangiato
utto, lo spreme fra le sue dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno di bove che gli serve di coppa. Lo gusta, e s’applau
sue dita, e ne fa scorrere l’umore in un corno di bove che gli serve di coppa. Lo gusta, e s’applaudisce della sua scoper
s’applaudisce della sua scoperta. Apostrofa l’ombra del suo amico, la di cui morte ha preparata la felicità dei mortali. D
a, crescesse sulle rupi, quando un serpente volle mangiare del frutto di lei, e raccoglierne il liquore. La sua bocca dive
umore, e Bacco •ch’errava per le montagne se n’ avvide, e si rammentò di un antico oracolo di Rea. In conseguenza fece un
rava per le montagne se n’ avvide, e si rammentò di un antico oracolo di Rea. In conseguenza fece un foro in questa rupe p
In conseguenza fece un foro in questa rupe per procurarsi una specie di strettoio in cui mettere l’ uve. Egli le preme co
mpagnano, e questo episodio termina il duodecimo Canto. La spedizione di Bacco nelle Indie cantata in tutte le istorie del
a narrarla nella seguente Lezione. Udite da Filostrato la descrizione di due pitture antiche relative alla storia di Bacco
Filostrato la descrizione di due pitture antiche relative alla storia di Bacco. Semele. — Questo fulmine, in apparenza co
gli Dei, tutto ciò si riferisce a quest’ avventura. Una grossa nuvola di fiamme inviluppando la città, di Tebe si dirige f
quest’ avventura. Una grossa nuvola di fiamme inviluppando la città, di Tebe si dirige furiosamente contro il palazzo di
viluppando la città, di Tebe si dirige furiosamente contro il palazzo di Cadmo. Giove va a visitare Semole, la quale è già
e Bacco nasce in mezzo al fuoco, mentre che la madre nelle sembianze di un’ ombra sale nel cielo, dove le Muse la celebre
le Muse la celebreranno. Ma Bacco esce dal seno materno più rilucente di una stella, mentre che la fiamma, separandosi, gl
mentre che la fiamma, separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia e di Siria. L’edere coi loro grap
la fiamma, separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia e di Siria. L’edere coi loro grappoli le co
separandosi, gli forma una grotta più piacevole di quelle di Lidia e di Siria. L’edere coi loro grappoli le corrono intor
ben tosto i lacrimevoli casi che vi avverranno. Ha per ora una corona di edera che gli pende con negligenza sulla testa, e
on negligenza sulla testa, e sembra pronta a cadere, perchè gli duole di dovere essere ornato per la nascita di Bacco. Ecc
nta a cadere, perchè gli duole di dovere essere ornato per la nascita di Bacco. Ecco l’arrabbiata Megera che pianta dei sa
alci accanto a lui, e fa sorgere una fontana d’ acqua viva pel sangue di Atteone e di Penteo che sparger vi si deve. — P
a lui, e fa sorgere una fontana d’ acqua viva pel sangue di Atteone e di Penteo che sparger vi si deve. — Penteo. — Qui
anno gettato a terra il misero Penteo, smembrandolo sotto l’apparenza di un leone, e adesso lacerano la preda, e sono la p
cano le mani, l’altra tira il proprio figlio pe’ capelli. Voi direste di vederle veramente, e che gridino dalla gioia: tan
o, e punge le donne coi suoi sdegni violenti. Elleno non s’ avveggono di quello che fanno, nè come Penteo loro gridi miser
nno, nè come Penteo loro gridi misericordia: non odono che il ruggito di un leone. Ecco le cose che passano sopra la monta
sopra la montagna. Quanto a quello che dopo vedete, è Tebe, la reggia di Cadmo, e un gran pianto nel Fòro. I parenti, gli
i, gli amici, che riuniscono il corpo onde porlo sulla pira. La testa di Penteo è talmente sfigurata che Bacco stesso n’ha
l non avere infuriato con Bacco: Ma ciò che accade alle donne è degno di gran compassione: quel che non conobbero nel Cite
cate, ma ancora la forza che le rese forsennate. Sulla montagna piene di ardore di combattere facevano risuonare le valli
ncora la forza che le rese forsennate. Sulla montagna piene di ardore di combattere facevano risuonare le valli dei loro g
, ma non ardisce toccarlo: che ha le mani, il seno, le gote tinte del di lui sangue. Vi sono ancora Armonia e Cadmo, ma no
e la metamorfosi del rimanente. — Lezione sessantesima. Avventure di Bacco. Decretata dal fato la conquista dell’In
retata dal fato la conquista dell’Indie, Giove invia Iride al palazzo di Rea per comandare a Bacco che vada a combattere g
da il principe Deriade, che significa Bissa, loro re, che sotto forma di Cerasta nata dall’acqua dei fiumi, si era reso te
questi popoli le sue orgie e i doni della vite. E noto che i misteri di Bacco e l’invenzione del vino si celebravano come
dunque vola da Rea, beve il nuovo liquore, intima a Bacco gli ordini di Giove, che gli comanda di sterminare una nazione
il nuovo liquore, intima a Bacco gli ordini di Giove, che gli comanda di sterminare una nazione che non sa rispettare gli
armata, che deve esser comandata da Bacco. Si legge il lungo cataloga di tutti quelli che si riuniscono sotto gli stendard
oi eh’ erano stati cogli Argonauti, nè vi manca l’ordinario corteggio di Cibele, che rassomiglia molto quello dei misteri
dinario corteggio di Cibele, che rassomiglia molto quello dei misteri di Bacco. Vi è pure Aristeo inventore del miele, al
le, al quale la Cosmogonia dei popoli della Libia affida l’educazione di Bacco. Tutte le genti dell’Attica hanno parte in
che gl’Italiani da Fauno comandati. Emazione conduce i suoi guerrieri di Samotracia: e già tutte le schiere erano riunite
di Samotracia: e già tutte le schiere erano riunite sotto il vessillo di Bacco, quando la Pleiade Elettra brillando nel ci
Bacco il segnale felice del combattimento e della vittoria. Il resto di questo Canto comprende l’enumerazione dei differe
cco. Nel Canto seguente il poeta ci dipinge Cibele che arma in favore di Bacco i suoi Genii e i suoi Dei. Ella chiama al s
oi Genii e i suoi Dei. Ella chiama al suo soccorso i due Cabiri figli di Vulcano, i Dattili, i Coribanti, i Telcbinii, i C
tili, i Coribanti, i Telcbinii, i Centauri, i Ciclopi, i dodici figli di Pane, Sileno, tutta la truppa dei Satiri, i figli
ne, Sileno, tutta la truppa dei Satiri, i figli delle ladi, le figlie di Lamo che aveano nutrito Bacco. Le ninfe Oreadi, l
ano il cielo e le stelle. Con questo treno lo dio lascia il soggiorno di Cibele, e s’ incammina verso i luoghi occupati da
indiano Astraide, che accampa il suo esercito sulle rive dell’Astaco, di cui vuole a Bacco contrastare il passaggio. Ne ra
l contegno delle due armate nemiche trincierate sulle rive del fiume, di cui le acque son cangiate in vino da Bacco dopo l
fiume, di cui le acque son cangiate in vino da Bacco dopo la disfatta di una parte degl’Indiani. Quelli che avanzano, mara
a loro perdita, bevono 1’ onda del fiume, che prendono per nettare, e di cui non possono mai saziarsi. Il nume si approfit
amato Imno, che si era innamorato della ninfa. E espressa la passione di lui, con l’ostinazione di Nice, che ribelle a’ su
amorato della ninfa. E espressa la passione di lui, con l’ostinazione di Nice, che ribelle a’ suoi voti respinge le sue pr
a una freccia sul misero amante. Le ninfe lo piangono, ed Amore giura di vendicarlo, sottomettendo questa bellezza feroce
e coir aiuto del suo cane fedele donatogli da Pane, al quale promette di collocarlo nel cielo accanto a Sirio ed a Procion
o, che coglie la favorevole occasione per commettere così caro furto, di cui Pane stesso è geloso. La Ninfa si sveglia, e
ardi. E costretta ad esiliarsi dalle selve a lei così care per timore di riscontrarvi Diana, di soffrirne i rimproveri: li
iliarsi dalle selve a lei così care per timore di riscontrarvi Diana, di soffrirne i rimproveri: linalmente si avvede di e
i riscontrarvi Diana, di soffrirne i rimproveri: linalmente si avvede di esser madre. Dà alla luce una figlia chiamata Tel
ttoria dopo la disfatta degl’Indiani, contro i quali riprende le armi di nuovo. Il diciassettesimo Canto ci rappresenta Ba
le armi di nuovo. Il diciassettesimo Canto ci rappresenta Bacco, che di nuovo marcia contro gl’Indiani, prosegue le sue c
’Indiani, prosegue le sue conquiste in Oriente coli’ apparecchio meno di un guerriero che del capo di una festa Bacchica.
quiste in Oriente coli’ apparecchio meno di un guerriero che del capo di una festa Bacchica. Arriva sulla terra fertile di
rriero che del capo di una festa Bacchica. Arriva sulla terra fertile di Alibe, che il tranquillo Eudi bagna colle sue acq
n ricompensa a gustare del suo nuovo liquore, e gli dà pur una pianta di vite da coltivare. Bacco continua il suo cammino,
ino, e marcia contro Oronte capo degl’Indiani, al quale Astraide avea di già partecipata la furberia impiegata da Bacco co
due armate animate alla battaglia dai loro generali. Oronte dà esempi di valore ai proprii soldati, e nulla resiste ai suo
toria dello dio, e Blemi, capo degl’ Indiani, si presenta con un ramo di ulivo per domandargli la pace. Il seguente Libro
fatta allo dio. L’autore ci dà pure la descrizione del palazzo del re di Assiria, delle ricchezze delle quali fa pompa, e
tazza esortandolo a seguitare le sue vittorie, e gli rammenta quella di Giove sul serpente Campe e sopra i Giganti: quell
rammenta quella di Giove sul serpente Campe e sopra i Giganti: quella di Marte sul mostro figlio di Echidna: quella di Per
l serpente Campe e sopra i Giganti: quella di Marte sul mostro figlio di Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, all
sopra i Giganti: quella di Marte sul mostro figlio di Echidna: quella di Perseo sulla belva marina, alla quale Andromeda e
erseo sulla belva marina, alla quale Andromeda era esposta. Il figlio di Danae, dic’egli. liberò lei, e voi salverete la v
Astrea, oltraggiata dai delitti degl’Indiani. Dopo questa esortazione di Stafilo, Bacco invia un araldo al capo degl’India
, Bacco invia un araldo al capo degl’Indiani, a Deriade per proporgli di accettare i suoi doni, o di prepararsi al combatt
apo degl’Indiani, a Deriade per proporgli di accettare i suoi doni, o di prepararsi al combattimento, ed aspettare il dest
suoi doni, o di prepararsi al combattimento, ed aspettare il destino di Oronte. Perisce Stafilo, e la morte di lui move i
mento, ed aspettare il destino di Oronte. Perisce Stafilo, e la morte di lui move il dolore di tutta la sua famiglia e del
destino di Oronte. Perisce Stafilo, e la morte di lui move il dolore di tutta la sua famiglia e della sua casa. Il Canto
. Il Canto diciannovesimo comincia dallo spettacolo della principessa di Assiria desolata per la perdita del suo sposo. El
l suo liquore per consolarsi. Serve, dic’ella, eh’ io vegga una tazza di questa deliziosa bevanda, ed io non piangerò più.
passo non si accorda con la dignità degli altri Canti. Meti dichiara di esser pronta a sacrificar tutto per unirsi a Bacc
ella raccomanda il giovine Botri e Pito. Bacco l’assicura e promette di associare alle sue feste Meti, Stafilo e Botri. C
ltimi, il primo nei grani dell’uva, nel grappolo il secondo. Il resto di questo Canto contiene la descrizione dei giuochi
la descrizione dei giuochi che fa celebrare Bacco accanto al sepolcro di Stafilo. Eagro di Tracia ed Eretteo di Atene si d
giuochi che fa celebrare Bacco accanto al sepolcro di Stafilo. Eagro di Tracia ed Eretteo di Atene si disputano il premio
rare Bacco accanto al sepolcro di Stafilo. Eagro di Tracia ed Eretteo di Atene si disputano il premio del canto. La vittor
Avete udito nella presente Lezione proporsi a Bacco in esempio Perseo di Andromeda liberatore: vi sarà caro l’udire da Man
beratore: vi sarà caro l’udire da Manilio poeta latino la descrizione di questo avvenimento, che ho tradotta. Il fatto è t
avvenimento, che ho tradotta. Il fatto è troppo noto per aver bisogno di spiegazione: dirò solo che Andromeda era figliuol
er aver bisogno di spiegazione: dirò solo che Andromeda era figliuola di Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea che aveva avu
gno di spiegazione: dirò solo che Andromeda era figliuola di Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire
ione: dirò solo che Andromeda era figliuola di Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire di credersi pi
iuola di Cefeo re di Etiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire di credersi più bella di Giunone. Nettuno per vendic
tiopia, e di Cassiopea che aveva avuto r ardire di credersi più bella di Giunone. Nettuno per vendicar la sorella mandò un
ubblico danno, fa esposta Andromeda, secondo la risposta dell’oracolo di Giove Ammone. Soffria la pena dell’error materno
il dubbio evento. L’innocente cagion mirava, e teme Del suo liberator di sé scordata: Sospira, e il cor più che le membra
vicino fonte. Indi volò maggiore all’ alto scoglio, E alla fanciulla di rossor dipinta Le catene togliendo, i primi baci
v. 543 e segg. Lezione sessantesimaprima. Continuano le avventure di Bacco. Bacco nel ventesimo Canto è occupato a
Bacco nel ventesimo Canto è occupato a consolar Mete e tutta la casa di Stafilo. La notte invita tutti al sonno, ed Eupet
notte invita tutti al sonno, ed Eupetale, o la bella foglia, nutrice di Bacco, prepara gli appartamenti per dormire. Vi è
e di Bacco, prepara gli appartamenti per dormire. Vi è la descrizione di un sogno che ha lo dio, nel quale la Discordia, c
ne di un sogno che ha lo dio, nel quale la Discordia, colle sembianze di Cibele, viene a rimproverargli i suoi ozii, e 1’
e Pito si uniscono ai Satiri e alle Baccanti, che compongono l’armata di Bacco. Lo dio dirige le sue schiere per Tiro e pe
ro e per Biblo sulle rive del fiume Adone presso il Libano e le coste di Nisa in Arabia. In questi luoghi regnava Licurgo
e coste di Nisa in Arabia. In questi luoghi regnava Licurgo figliuolo di Marte, principe feroce, del quale il poeta fa un
a fa un ritratto così terribile, come quello che Y antichità ha fatto di Enomao, col quale Licurgo era stato allevato. Orn
ro Bacco. Iride, per adempire al desiderio della dea, prende le forme di Marte, e gli tiene un lungo discorso. Di già il r
e forme di Marte, e gli tiene un lungo discorso. Di già il re prevede di esser vincitore. La dea va in seguito a trovar Ba
La dea va in seguito a trovar Bacco, e prende per ingannarlo la forma di Mercurio: lo impegna a trattar con riguardi di am
er ingannarlo la forma di Mercurio: lo impegna a trattar con riguardi di amicizia Licurgo ed a presentarsegli inerme. Bacc
l dio, armandosi della sferza del bifolco, perseguita le ladi nutrici di Bacco, e tutta la turba delle Baccanti. Il nume s
e che ha ricevuto Bacco. Il Canto seguente comincia col combattimento di Ambrosia contro Licurgo, che la fa prigioniera. L
a ella incatena il suo vincitore coi suoi giri tortuosi. Invano tenta di liberarsi. Le ladi, Poliso, Tiona e Fesile corron
cammino. Intanto le Nereidi, o le ninfe del Mar Rosso, si occupavano di Bacco fra le loro acque, e gareggiavano neir acca
annunzia il ritorno del loro capo. Questo inviato avea corna a guisa di luna, e una veste di pelle di becco. Deriade disp
del loro capo. Questo inviato avea corna a guisa di luna, e una veste di pelle di becco. Deriade disprezza l’armata di Bac
capo. Questo inviato avea corna a guisa di luna, e una veste di pelle di becco. Deriade disprezza l’armata di Bacco, e si
sa di luna, e una veste di pelle di becco. Deriade disprezza l’armata di Bacco, e si prepara a combattere. Rinnuova contro
eriade, ed annunziagli che io l’aspetto. Intanto la gioia pel ritorno di Bacco occupava i Satiri e le Baccanti. Proteo gli
già manifestato ciò ch’era successo nella sua assenza: l’ accecamento di Licurgo e la metamorfosi di Ambrosia già collocat
uccesso nella sua assenza: l’ accecamento di Licurgo e la metamorfosi di Ambrosia già collocata fra le stelle. L’araldo ri
à collocata fra le stelle. L’araldo ritorna, e gli arreca la risposta di Deriade, onde lo dio rivolge il suo carro verso l
rma gl’Indiani, e si accampa vicino ad una oscura boscaglia. L’armata di Bacco giunge sulle rive dell’ Idaspe, e la presen
glia. L’armata di Bacco giunge sulle rive dell’ Idaspe, e la presenza di questo dio sparge il coraggio e la gioia in tutte
pongono alla pugna. Ma un Amadriade scopre il loro disegno ai soldati di Bacco, che s’ armano segretamente. Gl’Indiani sch
, che s’ armano segretamente. Gl’Indiani schierati assalgono l’armata di Bacco, che fugge con inganno per condurli neUa pi
neUa pianura. Incontanente la presenza del nume li spaventa, e si fa di loro orribil macello. Le acque dell’ Idaspe si ti
sangue degl’Indiani. Baco ed Erette© si distinguono fra i combattenti di Bacco. Il vigesimo terzo Libro contiene il seguit
ntiene il seguito della battaglia data sulle rive dell’ Idaspe, nelle di cui acque sono precipitati gl’Indiani fuggenti in
. È descritta la confusione che questo avvenimento pone neir esercito di Bacco. Lo dio minaccia il fiume, che diviene più
Giove pone d’accordo l’Oceano e Bacco, al quale l’idaspe è costretto di dimandar grazia. Lo dio del Vino si placa, e nelr
ei dell’ Olimpo. Apollo vuol proteggere Aristeo, Mercurio prende cura di Pane figlio di Penelope, e Vulcano dei suoi Cabir
. Apollo vuol proteggere Aristeo, Mercurio prende cura di Pane figlio di Penelope, e Vulcano dei suoi Cabiri. Bacco s’inol
iri. Bacco s’inoltra alla testa della sua armata; e Giove nelle forme di un’ aquila gli serve di guida portando nell’aria
a testa della sua armata; e Giove nelle forme di un’ aquila gli serve di guida portando nell’aria Eaco suo figlio. Intanto
rive dell’Idaspe. È descritto il dolore che sparse la nuova nel campo di Deriade, e la gioia che regnava in quello di Bacc
parse la nuova nel campo di Deriade, e la gioia che regnava in quello di Bacco. I vincitori, fra i piaceri della mensa, ca
ntano le antiche Cosmogonìe, la guerra dei Giganti, l’imprigionamento di Saturno, che negli abissi del Tartaro impiega van
ente le armi dell’Inferno per difendersi, e Venere che lavora l’opera di Minerva. Quindi i soldati si abbandonano al sonno
cantare la guerra delle Indie, e si protesta che, seguendo l’esempio di Omero, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacc
do l’esempio di Omero, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacco al di sopra di Perseo, di Ercole, e degli eroi che pugn
pio di Omero, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacco al di sopra di Perseo, di Ercole, e degli eroi che pugnarono sot
o, non canterà che gli ultimi anni. Pone Bacco al di sopra di Perseo, di Ercole, e degli eroi che pugnarono sotto le mura
sopra di Perseo, di Ercole, e degli eroi che pugnarono sotto le mura di Troia. Quindi descrive il timore e la desolazione
la desolazione degli abitanti sulle rive del Gange, e la disperazione di Deriade, che avea saputo che le acque dell’Idaspe
cque dell’Idaspe si erano cangiate in vino, e presagivano le vittorie di Bacco. Il nume vergognandosi del riposo in cui la
ole degli ostacoli che Giunone ai suoi trionfi frappone. Ati l’amante di Cibele, di cui il poeta ci rammenta la famosa cas
stacoli che Giunone ai suoi trionfi frappone. Ati l’amante di Cibele, di cui il poeta ci rammenta la famosa castrazione, v
dalle sette porte; l’aquila che rapisce Ganimede, e il combattimento di Damasene contro un orribile serpente. Nè trionfa:
il serpente è risuscitato per virtù d’ una certa pianta chiamata fior di Giove, che applicata richiama pure in vita Tilo v
r di Giove, che applicata richiama pure in vita Tilo vittima infelice di questo animale. Si vedeva pur Rea che aveva parto
ima infelice di questo animale. Si vedeva pur Rea che aveva partorito di poco; e Saturno che divora le pietre che prende p
i sul magnifico scudo inviato da Rea a Bacco, e che attraeva la vista di tutte le schiere. Giunge la notte, e stendendo su
ichiama al sonno i mortali. Nel Canto seguente Minerva sotto le forme di Oronte appare in sogno a Deriade, e lo muove a co
numeroso, deve egli dormire quando il nemico è alle porte? L’uccisore di Oronte tuo genero vive ancora, ed egli non è vend
ferita che vi ha fatto il tirso del tuo nemico. Perchè Licurgo figlio di Marte non è qui? tu vedresti fuggire Bacco subito
e. Entrano nella lega tutti gli abitanti delle rive dell’Indo; mandre di elefanti compaiono. Comanda questo esercito numer
ti compaiono. Comanda questo esercito numeroso Deriade, che si gloria di discendere dall’Idaspe e da Astraide una delle fi
to contiene notizie curiose sui costumi, gli usi e l’istoria naturale di questo paese. Di già l’Aurora aveva aperte le por
la nascente luce del Sole era riflessa dalle acque del Gange; i raggi di quest’ astro avevano scacciate le ombre dalla ter
uest’ astro avevano scacciate le ombre dalla terra quando una pioggia di sangue venne a predire agl’Indiani la loro sicura
redire agl’Indiani la loro sicura disfatta. Non ostante Deriade pieno di un’orgogliosa fiducia dispone i suoi Indiani cont
ispone i suoi Indiani contro lo dio, e loro rivolge un discorso pieno di disprezzo per nemici e per Bacco, nel quale il ba
zzo per nemici e per Bacco, nel quale il barbaro rammenta molti fatti di Mitologia Greca. L’armata degl’Indiani, la loro v
ni, la loro veste, la loro armatura è descritta del pari che l’armata di Bacco, la quale si distribuisce in quattro corpi.
a gì’ immortali, e invita molte divinità a interessarsi per la difesa di Bacco, mostrando loro le diverse ragioni che esig
i Dei si dividono: Pallade, Apollo, Vulcano, Minerva secondano i voti di Giove, mentre che Giunone riunisce contro Bacco M
imprese del dio. Ora udite da Flostrato, che traduco, la descrizione di antiche pitture. Pelope ed Ippodamia. — La marav
ppodamia. — La maraviglia, che qui vedete, deriva da Enomao arcade, e di Arcadia sono pure quelli che gridando incontro gl
no pure quelli che gridando incontro gli si fanno, perchè la quadriga di lui si è spezzata per l’artifìcio di Mirtillo. Ne
gli si fanno, perchè la quadriga di lui si è spezzata per l’artifìcio di Mirtillo. Nelle imprese della guerra non vi era a
adoprati nei solenni combattimenti. I Lidii, benché esperti nell’arte di guidare, usavano bighe ai tempi di Pelope: ma col
I Lidii, benché esperti nell’arte di guidare, usavano bighe ai tempi di Pelope: ma col tempo divennero così valenti da ac
coppiar insieme otto cavalli. Guardate ora come sono terribili quelli di Enomao, ed impetuosi al corso. Spinti dal furore,
li di Enomao, ed impetuosi al corso. Spinti dal furore, tutti coperti di spuma e quanto cupamente neri, come sogliono esse
tutti coperti di spuma e quanto cupamente neri, come sogliono essere di Arcadia tutti i cavalli. Quelli di Pelope al cont
pamente neri, come sogliono essere di Arcadia tutti i cavalli. Quelli di Pelope al contrario sono tutti bianchi. agili, ob
iderate Enomao rovesciato, fiero ed orribile, e simigliante a Diomede di Tracia, che il suo destriero pasceva di sangue. R
bile, e simigliante a Diomede di Tracia, che il suo destriero pasceva di sangue. Riconoscerete alla bellezza Pelope, che g
a il vino agli Dei sul monte Sipilo, onde Nettuno talmente s’ invaghì di lui che gli fé’ dono di questo cocchio, col quale
onte Sipilo, onde Nettuno talmente s’ invaghì di lui che gli fé’ dono di questo cocchio, col quale potrebbe traversare il
mbedue assisi sul cocchio, e sono trasportati da un ardente desiderio di abbracciarsi. Pelope è vestito molto delicatament
ume Alfeo si alza dalle sue acque profonde onde presentare una corona di ulivo selvaggio al vincitore che passa lungo le s
d’Ippodamia sono sepolti nei monumenti che vedete, e sono nel numero di tredici: la terra ha prodotti dei fiori intorno a
, tutto ciò è stato dipinto con questo oggetto. I parenti e gli amici di Capaneo lo seppelliscono in Argo, essendo stato u
e. Poiché dunque i duci e tutti gli altri perirono davanti alla città di Cadmo, gli Ateniesi ottennero a forza per essi l’
Tideo, Ippomedonte e gli altri. Di più la sua moglie Evadne deliberò di morire sopra il suo rogo. Mirate: ella si dirige
più caro agli Dei. Non rivolge indietro lo sguardo, ma sembra in atto di chiamare il suo marito. Intanto dei piccoli amori
fiamma sia destinata a così nobile uso, poiché qual vittima più degna di una moglie che s’ immola per amor del marito: —
el marito: — Lezione sessantesimaseconda. Continuano le avventure di Bacco. Fauno, Aristeo ed Eaco più di tutti s’i
onda. Continuano le avventure di Bacco. Fauno, Aristeo ed Eaco più di tutti s’inoltrano contro gl’Indiani. Il poeta nel
poeta ne rappresenta quello dei cavalieri. Argilippo combatte armato di torcie infiammate, uccide molti Indiani, e ferisc
to di torcie infiammate, uccide molti Indiani, e ferisce con un colpo di pietra Deriade stesso. Il resto del canto passa i
i mede, i Ciclopi, e i Coribanti, Damnaneo, Ocitoo e Acmone educatori di Bacco. Giunone avvertita della disfatta degrindia
ella disfatta degrindiani viene per rianimare il coraggio e il furore di Deriade loro capo, che unisce le sue truppe, e co
nnova la battaglia. Morreo rompe la linea dei Satiri, Imeneo favorito di Bacco sostiene l’urto dell’esercito, animato dall
ce Imeneo nella coscia. Bacco n’ è vivamente afflitto, e ha gran cura di sanare il suo favorito. Incontanente il giovine I
è pur la descrizione della zuffa eccitata fra Aristeo, i Càbiri figli di Vulcano, e le Baccanti. Calice pugna al fianco de
Pafo, a Lenno, e quindi al cielo ritorna. Bacco profitta dell’assenza di Marte per assalire gl’Indiani, e per far guerra a
all’ala sinistra. Morreo manifesta la sua meraviglia perchè i soldati di Bacco armati del solo tirso battono gì’ Indiani.
e vivamente, e n’accusa la vile paura. Morreo ferisce Eurimedonte, al di cui soccorso vola Alcone suo fratello. Eurimedont
ano loro padre, che copre Morreo colle sue fiamme. Ma l’I daspe padre di Deriade l’ estingue: uccide Flogio, ed insulta al
erribile spada sconvolge l’armata dei Satiri, e perisce sotto i colpi di Eurimedonte. Qui il poeta descrive il dolore di M
perisce sotto i colpi di Eurimedonte. Qui il poeta descrive il dolore di Meroe sua figlia, numera le altre vittime di Morr
poeta descrive il dolore di Meroe sua figlia, numera le altre vittime di Morreo, Alcimachia ed altre Menadi, che hanno i n
adi comune. Giunone sostiene Deriade, e terribile lo rende agli occhi di Bacco che prende la fuga: Minerva lo richiama al
ue codardia. Lo dio riprende coraggio, ritorna all’assalto, fa strage di gran quantità d’Indiani, e ferisce Melanione il n
a Giunone sempre costante nel suo odio contro Bacco cerca nuovi mezzi di nuocergli. Discende all’ Inferno per trovarvi Pro
quarto arriva sulle sponde del Gange. Quivi mostra alla Furia mucchi di morti, reliquie infelici dell’ armata indiana. La
uie infelici dell’ armata indiana. La tremenda s’irrita delle fortune di Bacco più della stessa Giunone, che a lei si rivo
o, mentre la Furia si ritira in un antro, ove si spoglia della figura di serpente, e prende quella di gufo, aspettando che
in un antro, ove si spoglia della figura di serpente, e prende quella di gufo, aspettando che Giunone le annunzi il sonno
, e prende quella di gufo, aspettando che Giunone le annunzi il sonno di Giove, secondo gli avvertimenti a lei dati dalla
e colla sua quiete gli occhi del re degli Dei, onde servire al furore di Giunone. Lo dio del Sonno obbedisce, ed Iride va
questo cinto potente, onde io prevenga questi mali, risvegli l’amore di Giove per me, e possa aiutar gl’Indiani, mentre i
Immortali è dal sonno dell’amore domato. Venere aderisce alle dimando di Giunone, che tosto dirige il suo volo verso l’Oli
a si arma contro Bacco, e già fischiano i suoi serpenti. Nella figura di un leone infuriato si precipita sopra Bacco, e gl
e profittando del disordine assale le Baccanti. Marte nelle sembianze di Morreo accende la battaglia, e fa prodezze dalla
battaglia, e fa prodezze dalla parte degl’Indiani. Molti dei compagni di Bacco prendono la fuga e si nascondono nei boschi
si precipitava negli accessi della sua rabbia, Cari, la Grazia figlia di Bacco e di Venere, spettatrice del furore di suo
ava negli accessi della sua rabbia, Cari, la Grazia figlia di Bacco e di Venere, spettatrice del furore di suo padre, si a
, Cari, la Grazia figlia di Bacco e di Venere, spettatrice del furore di suo padre, si afiliggeva sulla misera sorte di lu
spettatrice del furore di suo padre, si afiliggeva sulla misera sorte di lui. Ella era occupata a formare una corona di fi
eva sulla misera sorte di lui. Ella era occupata a formare una corona di fiori per Venere, e sale al cielo, onde veder la
anda la cagione. Non la tace, e la prega ad interessarsi per la sorte di suo padre. Venere commossa, invia Aglae a Cupido,
lle sommità dell’Olimpo. Aveva accanto il giovine Imeneo suo compagno di giuochi: ambidue avevano scommesso trastulli fanc
sero premio al più bravo, ed il poeta ne fa una piacevole descrizione di que’ giuochi innocenti. Il giovine Ganimede era i
. Il giovine Ganimede era il giudice. Aglae chiama Amore col pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la regg
e col pretesto di una menzogna, ed il fan cìullo vola verso la reggia di sua madre, che teneramente lo abbraccia. Gli espo
presentemente è neir armata delle Baccanti, e lo invita a innamorare di essa Morreo tremendo. Amore si arma contro l’eroe
accende dell’amore il più ardente per la bella Calcomedia, che finge di amarlo. L’insensato credeva di potere, benché ner
nte per la bella Calcomedia, che finge di amarlo. L’insensato credeva di potere, benché nero, ispirar questa passione, e C
Intanto ella profitta del silenzio della notte per andare in traccia di Bacco fra le selve. Il fiero Morreo più non pensa
Morreo più non pensa alla guerra. Sosroùoo’ato dall’ amore acconsente di essere incatenato da Bacco. Il poeta dopo averci
lo spettacolo che offre il cielo nella notte. Yi si distingue il toro di Europa posto fra le costellazioni, Calisto cangia
orsa, Mirtillo in cocchiere celeste, ed accanto a Cassiopea l’Aquila di Egìna. Morreo pure desidererebbe di mutar figura,
, ed accanto a Cassiopea l’Aquila di Egìna. Morreo pure desidererebbe di mutar figura, e di prendere le sembianze di Giove
iopea l’Aquila di Egìna. Morreo pure desidererebbe di mutar figura, e di prendere le sembianze di Giove nei suoi amori con
Morreo pure desidererebbe di mutar figura, e di prendere le sembianze di Giove nei suoi amori con Antiope, onde goder pote
di Giove nei suoi amori con Antiope, onde goder potesse, nella forma di Satiro, dei favori della sua amante. La ninfa ter
recipitarsi nel mare piuttosto che sposarlo. Ma Teti, sotto l’aspetto di una Baccante, la distoglie da questa disperata ri
e dice eh’ ella pure ha custodita la sua verginità contro gli assalti di Giove che l’ha perseguitata: le consiglia d’ingan
il fiero Indiano con apparente condiscendenza: questo è il solo mezzo di salvare l’armata delle Baccanti. Aggiunge che se
to il destino del padre, che in sogno le apparve. Credo utile innanzi di esporvi brevemente la favola. Essendo stato Bacco
nsarlo, facendogli gustare il nuovo liquore, ed insegnandogli il modo di coltivare la vite che lo produce. Icaro fece part
d altri contadini che divenuti ubriachi uccisero il donatore. L’ombra di lui apparve in sogno alla figlia, che disperata a
na. Giove impietosito pose Icaro, Erigone e il cane nel cielo. Morte di Erigone. D’Icaro l’alma le sembianze antiche Pres
va nella nota casa. Avea la veste, che l’ incerta strage Dicea, rossa di sangue, e per la polve Squallida, e aperta dagli
anuto petto Queste ferite. — Mise acuto grido Erigono: nei suoi sonni di pianto Desiava abbracciarlo, e le parea Che contr
: Infelice, ti sveglia, e cerca il padre, Il padre tuo, che nel furor di Bacco I barbari villani han colle scuri Ucciso. f
este rimira: a me d’intorno S’aggiravano gli ebrii: era fra loro Gara di crudeltà; gridai: Pastori, Aita: e non mi udiano.
rte. Sian vedove l’acque, Sterile Torto, e più la vite aborri, Cagion di morte al genitore, e piangi. — Sì dicendo fuggì l
ori, Ma s’egli è morto, e più viti non pianta. Io morir voglio al par di lui. — Sì disse, E sopra il dorso del vicino bosc
li Bacco è effigiato. Dopo avervi in gran parte narrata l’ istoria di Bacco, per accrescere la vostra attenzione io pas
e su questa divinità e ad un tempo la Teologica Mitologia. Nel quadro di Filo strato che rappresenta Bacco ed Arianna, que
strato che rappresenta Bacco ed Arianna, questo dio porta un vestito di porpora, egualmente che in due pitture scoperte a
era nella sua spedizione contro gl’Indiani, e porta ancora una corona di alloro in segno della vittoria eh’ egli riportò;
vittoria eh’ egli riportò; e questa corona è conosciuta sotto il nome di Grande. Una singolar foggia di rappresentarlo è q
esta corona è conosciuta sotto il nome di Grande. Una singolar foggia di rappresentarlo è quella che si scorge in un picco
r foggia di rappresentarlo è quella che si scorge in un piccolo Bacco di bronzo con un Genio alato, di cui la testa è ador
uella che si scorge in un piccolo Bacco di bronzo con un Genio alato, di cui la testa è adornata del lungo collo di un’ oc
bronzo con un Genio alato, di cui la testa è adornata del lungo collo di un’ oca, che tenendosi in ginocchio sopra le sue
arroti che questa figura rappresenti Bacco, quando, temendo lo sdegno di Licurgo, si nascose nel mare presso Teti, come av
nel mare presso Teti, come avete udito nel darvi l’estratto del poema di Nonno sopra lo dio. In una medaglia dell’isola di
’estratto del poema di Nonno sopra lo dio. In una medaglia dell’isola di Samo si vede la rappresentazione unica di Bacco v
In una medaglia dell’isola di Samo si vede la rappresentazione unica di Bacco vincitore d’un’Amazone: e Plutarco è il sol
le vicinanze d’Efeso fino a Samo, finché Bacco la raggiunse. Il carro di questo dio è condotto da tigri e pantere perchè q
i amano il vino. Nei primi tempi si rappresentava Bacco con una testa di toro; e si congettura da un Inno degli abitanti d
acco con una testa di toro; e si congettura da un Inno degli abitanti di Elide, commemorato da Plutarco, le sue statue pur
ommemorato da Plutarco, le sue statue pure devono avere avuti i piedi di questo animale. Omero dà a Bacco la capellatura
ere avuti i piedi di questo animale. Omero dà a Bacco la capellatura di color blu, che ad Ettore pure assegna: Winkelmann
he interiormente e nei luoghi ove sono ombreggiati mostrano una tinta di questo colore. Con tutta la venerazione che aver
ne che aver si debbe al maestro dell’antiquaria, io non sono contento di questa spiegazione, e reputo che Omero abbia dato
esta spiegazione, e reputo che Omero abbia dato un colore alle chiome di Bacco simile a quello dell’uva, che sovente è blu
iome di Bacco simile a quello dell’uva, che sovente è blu. Una statua di Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un
a quello dell’uva, che sovente è blu. Una statua di Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un ceppo di vite, ed un
Una statua di Bacco nell’isola di Nasso era stata fatta con un ceppo di vite, ed un’altra rappresentante lo stesso dio co
eppo di vite, ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era di legno di fico per allusione alla do
ed un’altra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era di legno di fico per allusione alla dolcezza dei fru
ra rappresentante lo stesso dio col soprannome di dolce, era di legno di fico per allusione alla dolcezza dei frutti di qu
di dolce, era di legno di fico per allusione alla dolcezza dei frutti di questo albero. Fra le maniere rare di rappresenta
usione alla dolcezza dei frutti di questo albero. Fra le maniere rare di rappresentare Bacco, delle quali veruna è giunta
in Atene, secondo quello che racconta Pausania, si vedeva una statua di Jacco, il quale era lo stesso che Bacco, con la f
face. E Libanio, descrivendo Alcibiade come vestito da Bacco in atto di celebrare gli Orgii, mostra che aveva una face. S
ebravano la notte, come si vede in Pausania dove parla delle Baccanti di Sidone, della festa del Padre Libero, cioè Bacco,
to chiamavansi Lamptera, cioè festa delle fiaccole, e da molti luoghi di San Clemente Alessandrino nell Ammonizione ai Gen
: e appresso Euripide interrogato Penteo se gli Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde di notte per lo più, perc
esso Euripide interrogato Penteo se gli Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde di notte per lo più, perchè le te
rogato Penteo se gli Orgii si celebrassero di dì o di notte, risponde di notte per lo più, perchè le tenebre portano vener
Bacco, il nume porta per bicchiere un corno, che finisce in una testa di capro: siccome sono fatti quei due grandi di marm
che finisce in una testa di capro: siccome sono fatti quei due grandi di marmo tutti rabescati duellerà o di vite nella Vi
iccome sono fatti quei due grandi di marmo tutti rabescati duellerà o di vite nella Villa Borghese, che hanno per fondo un
duellerà o di vite nella Villa Borghese, che hanno per fondo un capo di vitella; e nella Pompa Bacchica di Tolomeo vi era
ghese, che hanno per fondo un capo di vitella; e nella Pompa Bacchica di Tolomeo vi era condotto su un carro uno di questi
la; e nella Pompa Bacchica di Tolomeo vi era condotto su un carro uno di questi corni d’oro di trenta cubiti: e dei Centau
hica di Tolomeo vi era condotto su un carro uno di questi corni d’oro di trenta cubiti: e dei Centauri medesimi, dei quali
edete tante volte espresso nei bassirilievi, ed è uno degli attributi di Bacco. Io mi prevarrò delle notizie che intorno a
ria dello stratagemma usato cogl’ Indiani, portavano la punta coperta di ellera, al che allude San Giustino dicendo: Come
ongetturare che quella pannocchia che si suol vedere in cima all’aste di Bacco rappresenti l’istesso ferro coperto di elle
vedere in cima all’aste di Bacco rappresenti l’istesso ferro coperto di ellera, tessuto insieme a scaglie di pesce, la qu
presenti l’istesso ferro coperto di ellera, tessuto insieme a scaglie di pesce, la quale forse per la similitudine fu chia
retti a dire che la portassero sui tirsi: quando per altro le scaglie di quella pannocchia nei marmi sono basse assai senz
rmi sono basse assai senza risalto conveniente ad una pina, e sovente di proporzione maggiore di quelle che sieno le corte
za risalto conveniente ad una pina, e sovente di proporzione maggiore di quelle che sieno le cortecce di fuori di quel fru
na, e sovente di proporzione maggiore di quelle che sieno le cortecce di fuori di quel frutto, come si potrà osservare nel
ente di proporzione maggiore di quelle che sieno le cortecce di fuori di quel frutto, come si potrà osservare nel bel camm
gura lo chiamavano ellera: se noi vogliamo che la sia quella in cima, di rado e forse non mai potremo ritrovare in tanti a
ma che in questa, eccetto che alcune volte si vede un’asta circondata di tralci e di foglie bensì, ma che sono piuttosto d
esta, eccetto che alcune volte si vede un’asta circondata di tralci e di foglie bensì, ma che sono piuttosto di vite, seco
un’asta circondata di tralci e di foglie bensì, ma che sono piuttosto di vite, secondo quello d’ Ovidio: Agita l’asta vela
sono piuttosto di vite, secondo quello d’ Ovidio: Agita l’asta velata di fronde di pampano. — Le quali aste erano co mimem
osto di vite, secondo quello d’ Ovidio: Agita l’asta velata di fronde di pampano. — Le quali aste erano co mimemente dai p
attaccate ai rami. Poiché per lo più, senza che vi fosse altro ferro di sotto e dentro, dovevano fare quelle pannocchie t
altro ferro di sotto e dentro, dovevano fare quelle pannocchie tutte di foglie d’ellera cucite insieme per semplice e sol
, ci mettevano quel tirso, onde Euripide chiama la ferula bene ornata di tirso. Che poi quest’aste, le quali si veggono ne
come istrumenti sacri, si sogliono vedere adornati: onde nella Pompa di Bacco di Tolomeo, da citarsi sovente, vi era la s
rumenti sacri, si sogliono vedere adornati: onde nella Pompa di Bacco di Tolomeo, da citarsi sovente, vi era la statua che
omeo, da citarsi sovente, vi era la statua che rappresentava la città di Nisa, la quale aveva nella sinistra un tirso circ
a la città di Nisa, la quale aveva nella sinistra un tirso circondato di mitre. Ma siccome dall’ aste col ferro coperto di
un tirso circondato di mitre. Ma siccome dall’ aste col ferro coperto di ellera ebbero origine i tirsi, così è molto proba
ilitudine che avevano coi tirsi, chiamate aste tirssi; e forse furono di tal sorte quelle dette da Appiano di capo largo,
mate aste tirssi; e forse furono di tal sorte quelle dette da Appiano di capo largo, ch’erano adoprate anche dai cacciator
cacciatori, e si veggono in mano del centauro celeste fatto in forma di cacciatore. A questa necessaria digressione sul t
aria digressione sul tirso aggiungo la descrizione d’una mezza figura di Bacco datane da Visconti. Voi ci troverete rammen
arattere, e quasi un’eguale bellezza si ammira in questa mezza statua di Bacco, trovata nel cavamente degli Orti Carpensi
ensi presso il Tempio. Per comodo dei trasporti si facevano le statue di più pezzi, e comunemente di due, quelle (cred’io)
omodo dei trasporti si facevano le statue di più pezzi, e comunemente di due, quelle (cred’io) che lungi dal luogo della l
oro destinazione si lavoravano per uso, o per ornamento dei palazzi e di ville particolari, per potersi a loro piacimento
nto con più facilità trasferire. Si crede comunemente che tal costume di lavorare sia stato usato dagli Egizii. A questo p
iamo ascrivere la perdita della metà inferiore del nostro Bacco, come di tre belle statue feminili del Museo Capitolino, e
he si è conservato ci fa desiderare il rimanente: con tanta sublimità di contorni, con tanta maestria di scalpello è stato
are il rimanente: con tanta sublimità di contorni, con tanta maestria di scalpello è stato scolpito. « La testa antica ha
esta antica ha un’idea bella divinamente, e ben conviene a quel nume, di cui si potea dire: Tu bellissimo sei riguardato n
del dio Tebano, che questo nume a un tempo voluttuoso e guerriero era di mezzo alla pace e alla guerra. Vi ammiriamo quell
alla robustezza del più antico dei conquistatori. La testa è coronata di pampani, e la fronte è fasciata della benda bacch
 Il fonte rappresenta Narciso, e la pittura il fonte, e tutte le cose di Narciso. Un giovinetto tornato di poco dalla cacc
a pittura il fonte, e tutte le cose di Narciso. Un giovinetto tornato di poco dalla caccia vi sta sopra: trae amore da lui
propria bellezza. Nell’acqua poi, come vedi, quasi folgora. L’antro è di Acheloo e delle Ninfe. La pittura segue il verisi
il verisimile: le statue sono rappresentate con poca arte lavorate, e di pietra qui nata; e altre sono rose dal tempo: par
quello che lo dio apparir fece in grazia delle Baccanti. Così abbonda di viti, di edera, di bei pampini, e vi sono ancora
e lo dio apparir fece in grazia delle Baccanti. Così abbonda di viti, di edera, di bei pampini, e vi sono ancora dei tirsi
pparir fece in grazia delle Baccanti. Così abbonda di viti, di edera, di bei pampini, e vi sono ancora dei tirsi. Si ralle
ell’ombra pei diti rovesciati. L’anelito ch’è nel petto non so se sia di cacciatore, o di amante: gli occhi sono sicuramen
i rovesciati. L’anelito ch’è nel petto non so se sia di cacciatore, o di amante: gli occhi sono sicuramente d’ innamorato;
ro glauchi e feroci sono mitigati dall’amore che vi siede. Egli crede di esser amato, perchè l’ombra lo riguarda nello ste
in maniere infinite la move il vento. Ma non tralasceremo nemmen ora di narlarne. E densa, e di color d’oro: parte è sul
move il vento. Ma non tralasceremo nemmen ora di narlarne. E densa, e di color d’oro: parte è sul collo, parte dividono gl
gli orecchi, parte è agitata sulla fronte, parte è sul mento a guisa di barba. Vi sono due Narcisi di uguale bellezza: un
sulla fronte, parte è sul mento a guisa di barba. Vi sono due Narcisi di uguale bellezza: uno è in aria, l’altro è immerso
. — Leggete in questo fiore Giacinto, perchè vi è scritto, ed attesta di essere stato procreato dalla terra per amore di u
è scritto, ed attesta di essere stato procreato dalla terra per amore di un bel giovinetto che piange quando è primavera.
sia stato commesso. Ma siccome qui venuti non siamo coli’ intenzione di riprender la favola, nè disposti all’incredulità,
da bastare ad uno che sta in piedi. Quest’ altura sostenendo le parti di dietro e la gamba destra, fa oblique le parti din
eve insieme saltare e seguire la mano destra. E questa è l’attitudine di uno che sostiene il disco: conviene che abbassand
erchè hai rivolto ildisco contro il giovinetto: Ma tu ridi del dolore di Apollo: e colle ali alle tempia con insultante fì
na del dio del canto. — Lezione sessantesimaquarta. Altre maniere di rappresentar Bacco. I Sileni, i Satiri, e i Fauni
Bacco è rappresentato; quindi ai Pani, ai Satiri, ai Fauni, argomento di molte questioni, si estenderà il mio ragionamento
il mio ragionamento. Qualche volta il nume incontrasi con breve pelle di fiera, o spesso con lunga vesta, che Tibullo e St
che Polluce crede la Lidia, Snida la Tracia. Ma le più volte è ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire di
de la Lidia, Snida la Tracia. Ma le più volte è ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire di una pelle di ce
e più volte è ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire di una pelle di cerbiatto, in memoria della metamorf
ornato di un panno, o di una nebride, che è quanto dire di una pelle di cerbiatto, in memoria della metamorfosi che di lu
anto dire di una pelle di cerbiatto, in memoria della metamorfosi che di lui in questo animale fece Giove per salvarlo, qu
ne. Non solo l’alloro, ma ancora la querce e la smilace furono fregio di lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente d
lace furono fregio di lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente di lui e di tutto il coro ò l’ellera e le sue coccol
no fregio di lui e delle Baccanti. L’ornamento più frequente di lui e di tutto il coro ò l’ellera e le sue coccole, perchè
per esser latore del vino; spesso asta o tirso, qualche volta un ramo di ferula, che come simbolo d’iniziazione ai suoi mi
orti, si conseerasse questo benefizio col darne a Bacco il soprannome di porta ferule. Alle gambe per lo più ha coturni, c
sendo egli il dio della Tragedia, per cui il giudizio fra le tragedie di Eschilo presso Aristofane nelle Rane è devoluto a
presso Aristofane nelle Rane è devoluto a lui. Che più? sul sepolcro di Sofocle fu posta la statua di Bacco. I Pani, come
è devoluto a lui. Che più? sul sepolcro di Sofocle fu posta la statua di Bacco. I Pani, come rileva il dottissimo Lanzi, f
i Bacco. I Pani, come rileva il dottissimo Lanzi, furono più compagni di Bacco in guerra che compagni deirOrgie e dei Bacc
e gli Arcadi ingentilirono il loro Pan in qualche medaglia, facendolo di coscie e gambe e piedi d’uomo, non par che fosser
on restano che i Satiri e i Sileni, e con questa compagnia nell’Isola di Nasso è dipinto Bacco dal dottissimo Catullo. Ma
Lanzi, uno dei più grandi antiquarii dei nostri tempi. I Satiri erano di figura umana, somiglianti al cavallo solo nella c
le quali, se alcuna cosa si aggiunge d’ircino, par fosse per fantasia di artefice e di poeta. Nonno attesta l’opinione esp
lcuna cosa si aggiunge d’ircino, par fosse per fantasia di artefice e di poeta. Nonno attesta l’opinione esposta con quest
questi versi, così elegantemente dal Lanzi tradotti: « Doppia punta di corna in cima acute, Sopra le tempie in fronte a
in giuso. » I Sileni, secondo il più comune sistema greco, non sono di una genia diversa dai Satiri. Tutta questa famigl
moderni artefici pare che non conoscessero se non il Sileno educatore di Bacco, che ritraggono simo, calvo, basso, panciut
basso, panciuto. I Sileni in Roma antica ci si rappresentano vestiti di pelose tuniche con pallio fiorato: in Grecia pure
con pallio fiorato: in Grecia pure con vesti villose, che nella Pompa di Tolomeo erano rosse o di porpora: talora aveano p
ecia pure con vesti villose, che nella Pompa di Tolomeo erano rosse o di porpora: talora aveano pallio rosso e calzari di
olomeo erano rosse o di porpora: talora aveano pallio rosso e calzari di color bianco, e si fa pur menzione di cappello. S
a aveano pallio rosso e calzari di color bianco, e si fa pur menzione di cappello. Si rileva da ciò l’enorme difi’erenza c
nsi i pantomimi. Solenni difficoltà hanno i Fauni, divinità anch’essi di Bacco. Cosa potremo dirne noi se il pontefice lat
Greci: questa spira soavità ed eleganza: in tutto vi è l’originalità di un popolo pieno d’ingegno per inventare, pieno di
vi è l’originalità di un popolo pieno d’ingegno per inventare, pieno di fantasia per abbellire, pieno di scrittori per co
pieno d’ingegno per inventare, pieno di fantasia per abbellire, pieno di scrittori per conservare ciò che gli antichi avea
to. I suoi figli sono creduti deità fatidiche, sino ad Augusto. Sotto di lui perdono la profezia, e sono mescolati coi Sat
ti Fauni, non possono comunemente riputarsi per tali, perchè i Greci, di cui sono opera i vasi, non conobbero Fauni, ma Sa
Italiani che ne fecero, ne dipinsero, e in barbaro latino in alquanti di essi scrissero, furono più antichi che non la fav
o in alquanti di essi scrissero, furono più antichi che non la favola di questi numi uniti al coro di Bacco. Sebbene le fo
ro, furono più antichi che non la favola di questi numi uniti al coro di Bacco. Sebbene le forme d’uomo siano pari nel Fau
omia. Quello del Fauno parmi più uniforme: lo distingue un non so che di lieto e di semplice, come nei villanelli un riso
o del Fauno parmi più uniforme: lo distingue un non so che di lieto e di semplice, come nei villanelli un riso innocente,
scono nel genere caprigno, e spesso simboli adattati alla professione di campagna. Invéce di spoglie di lince a lui convie
rigno, e spesso simboli adattati alla professione di campagna. Invéce di spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o
esso simboli adattati alla professione di campagna. Invéce di spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora;
essione di campagna. Invéce di spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora; in luogo di tirsi e di flauti
campagna. Invéce di spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora; in luogo di tirsi e di flauti il ricurvo
spoglie di lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora; in luogo di tirsi e di flauti il ricurvo baston pastorale det
lince a lui conviensi pelle di capra o di pecora; in luogo di tirsi e di flauti il ricurvo baston pastorale detto pedo, e
baston pastorale detto pedo, e la sampogna; e dove il Satiro è ornato di ellera, egli ha spesso corona e rami di pino: si
na; e dove il Satiro è ornato di ellera, egli ha spesso corona e rami di pino: si aggiunge talora un carico di frutte e di
a, egli ha spesso corona e rami di pino: si aggiunge talora un carico di frutte e di spighe. Tra i libri degli antiquarii
pesso corona e rami di pino: si aggiunge talora un carico di frutte e di spighe. Tra i libri degli antiquarii il Lanzi non
credo farvi cosa grata inserendo nel mio discorso la descrizione, che di un Fauno del Museo dementino ha data Visconti. Ne
za, sulle attitudini delle figure, se vi accostate all’antico digiuni di queste cognizioni, delle quali vi scongiuro a sen
ficare le tanto variate immagini dei numi agresti, seguaci e compagni di Bacco. Osservandoli ora colle membra inferiori ca
a e colle corna; or in senile, or in giovenile età, si è dato il nome di Satiro a quelli che nell’aria del volto, nelle co
ro a quelli che nell’aria del volto, nelle corna, nelle anche e gambe di capro somigliavano le antiche rappresentanze del
di capro somigliavano le antiche rappresentanze del dio Pan; il nome di Fauni a quelli che coll’orecchie sole e colla cod
che coll’orecchie sole e colla coda e qualche volta con un principio di corna si veggono, ma le gambe e coscie dei quali
e hanno pur voluto distinguere con differenti nomi le diverse maniere di Fauni, lasciando questa appellazione a quelli che
Fauni, lasciando questa appellazione a quelli che in forma umana han di capra gli orecchi, le corna, la coda, e chiamando
gli orecchi, le corna, la coda, e chiamando Titiri quelle rare figure di Baccanti che nulla tengono del caprino. — Merita
tengono del caprino. — Merita sicuramente qualche lode l’accuratezza di tali scrittori, giacché si studiano di far corris
nte qualche lode l’accuratezza di tali scrittori, giacché si studiano di far corrispondere a diversi nomi diverse idee; lo
far corrispondere a diversi nomi diverse idee; lo che alla chiarezza di queste molto contribuisce. Sembra però che troppo
dere affatto simile opinione hasta riflettere che si trovano immagini di lavoro greco e di remota antichità di tutti i div
e opinione hasta riflettere che si trovano immagini di lavoro greco e di remota antichità di tutti i divisati generi di Ba
lettere che si trovano immagini di lavoro greco e di remota antichità di tutti i divisati generi di Baccanti: eppur sappia
gini di lavoro greco e di remota antichità di tutti i divisati generi di Baccanti: eppur sappiamo che i Greci non conobber
eppur sappiamo che i Greci non conobbero giammai i Fauni, ma col nome di Satiri e di Sileni chiamarono promiscuamente i se
mo che i Greci non conobbero giammai i Fauni, ma col nome di Satiri e di Sileni chiamarono promiscuamente i seguaci di Bac
ma col nome di Satiri e di Sileni chiamarono promiscuamente i seguaci di Bacco. Non è però che talvolta non distinguessero
he talvolta non distinguessero ancora i Greci i caratteri individuali di vari numi di simil genere, e forse niuna più sole
on distinguessero ancora i Greci i caratteri individuali di vari numi di simil genere, e forse niuna più solenne distinzio
numi di simil genere, e forse niuna più solenne distinzione conobbero di quella di Pane e di Sileno. Il primo in sembianze
mil genere, e forse niuna più solenne distinzione conobbero di quella di Pane e di Sileno. Il primo in sembianze semicapri
, e forse niuna più solenne distinzione conobbero di quella di Pane e di Sileno. Il primo in sembianze semicaprine fu comu
vinità d’Arcadia e dei pastori, in Sileno l’aio, il compagno, il duce di Bacco. Tutti i Classici sono conformi ne’ due acc
conformi ne’ due accennati caratteri, e niuna descrizione è più viva di quella che fa di loro Luciano, additandoceli alla
accennati caratteri, e niuna descrizione è più viva di quella che fa di loro Luciano, additandoceli alla testa delle arma
tremante; un altro, uomo mostruoso, dal mezzo in giù simile a capro, di gambe peloso, con corna, barba lunga, e stizzoso.
gambe peloso, con corna, barba lunga, e stizzoso. Questi due ritratti di Sileno o di Pan servono per farceli rico noscere
, con corna, barba lunga, e stizzoso. Questi due ritratti di Sileno o di Pan servono per farceli rico noscere nei monument
medesima, che scorgiamo negli autori che ne discorrono. E dove alcuni di questi ultimi ce lo danno per un vecchio ubbriaco
cose, ed ha pieno il petto d’una sincera filosofìa. Questa idea ci dà di Sileno la sesta Egloga di Virgilio, e una simile
d’una sincera filosofìa. Questa idea ci dà di Sileno la sesta Egloga di Virgilio, e una simile ne dovette avere il Greco
ia moderno restauro ciò che ha nelle mani, pure non è dubbia l’azione di aver premuto il grappolo dell’uva nel nappo; in q
ersi da chi non ha sotto gli occhi il marmo stesso: la testa coronata di frondi d’ellera e di corimbi è d’un carattere sor
tto gli occhi il marmo stesso: la testa coronata di frondi d’ellera e di corimbi è d’un carattere sor prendente; e la natu
ane maligno, ma che ha indotto i moderni a dar la hella denominazione di Socrate e d’Alcibiade ad alcuni gruppi lascivi, c
pi lascivi, che rappresentano la licenza de’ Baccanali. Questa statua di Sileno è assai stimabile, ed è affatto diversa da
rappresentato secondo Virgilio: Enfiato le vene come sempre dal vino di ieri — e finalmente da quella curiosissima del Pa
da quella curiosissima del Palazzo Gentili, ove Sileno vedesi vestito di un abito teatrale lavorato a maglia, che si ponea
ri per meglio rappresentare le membra pingui ed irsute |del nutritore di Bacco, abito che finora è stato cagione di molti
i ed irsute |del nutritore di Bacco, abito che finora è stato cagione di molti equivoci a chi si è accinto a dar l’esposiz
tato cagione di molti equivoci a chi si è accinto a dar l’esposizione di quel marmo. » Lezione sessantesimaquima. I Ce
marmo. » Lezione sessantesimaquima. I Centauri. Fra i seguaci di Bacco furono i Centauri, di cui vi esporrò l’orig
tesimaquima. I Centauri. Fra i seguaci di Bacco furono i Centauri, di cui vi esporrò l’origine, i nomi, le imprese, qui
antichi monumenti nei quali vengono rappresentati. Issione figliuolo di Flegia, e secondo altri di Marte e di Pisidice, p
i vengono rappresentati. Issione figliuolo di Flegia, e secondo altri di Marte e di Pisidice, prese in moglie Dia figlia d
appresentati. Issione figliuolo di Flegia, e secondo altri di Marte e di Pisidice, prese in moglie Dia figlia di Eineo, pr
a, e secondo altri di Marte e di Pisidice, prese in moglie Dia figlia di Eineo, promettendo di dare al suocero molti doni
Marte e di Pisidice, prese in moglie Dia figlia di Eineo, promettendo di dare al suocero molti doni come era costume degli
tore della propria moglie ad un convito con finta amicizia, asserendo di volersi dal suo obbligo liberare. Trovò Eineo la
a morte nella casa del perfido genero, che cader lo fece in una fossa di carboni accesi, alla quale avea fragili tavole so
ice ritornò scellerato; e sconoscente ai benefizii dello dio, tentava di sedurne la moglie. Rivelò questa al consorte gl’i
spiste scellerato; ma il re degli Dei volendo accertarsi della verità di quello che asserito gli veniva, diede ad una nuvo
à di quello che asserito gli veniva, diede ad una nuvola le sembianze di Giunone. Strinse il credulo adultero fra le sue b
ro, e del suo vano delitto furono frutto i Centauri. Vantavasi quindi di avere del Tonante violata la moglie; ma questi st
avasi quindi di avere del Tonante violata la moglie; ma questi stanco di esser clemente, lo precipitò nell’Inferno, dove f
sser clemente, lo precipitò nell’Inferno, dove fu legato ad una ruota di ferro circondata di serpenti. Eccovi esposta 1’ o
ecipitò nell’Inferno, dove fu legato ad una ruota di ferro circondata di serpenti. Eccovi esposta 1’ origine dei Centauri.
prese si riducono alla pugna coi Lapiti nella circostanza delle nozze di Piritoo con Deidamia o Ippodamia. Vinti dal vino
odamia. Vinti dal vino e dall’amore volevano fare ingiuria alla sposa di Piritoo e alle altre mogli dei Lapiti; ma furono
Piritoo e alle altre mogli dei Lapiti; ma furono superati con l’aiuto di Teseo nella pugna, in cui da principio volavano l
questo. Nonno al principio del Libro XIV delle Dionisiache, o imprese di Bacco, delle quali vi ho dato r estratto, gli ann
sai dei Satiri desiderio del dolce vino, mezzo perfetto, l’uomo misto di cavallo nitriva, bramando alzare con le sue spall
esso negli antichi bassirilievi si veggono i Centauri tirare il carro di Bacco. In questa guisa sono scolpiti in un bel ca
are il carro di Bacco. In questa guisa sono scolpiti in un bel cammeo di cinque strati di diverso colore riportato dal Buo
acco. In questa guisa sono scolpiti in un bel cammeo di cinque strati di diverso colore riportato dal Buonarroti, e che ra
aglioni antichi. In questo si rappresenta forse Bacco, che dall’isola di Nasso conduce in cielo Arianna: guida il carro Im
Giù basso in terra accosto all’ onde del mare vi è la Ninfa, o Genio di quell’isola, con una vela che le svolazza sulla t
si suol dare ai venti, quasi che per festeggiare ancor egli le nozze di Bacco, le rive e il paese intorno a quel fiume re
uell’isola, e che diedero occasione alla favola che vi fosse un fonte di vino. Ma per tornare al nostro proposito principa
, e uniti alle Baccanti, siccome si vedevano in quello scifo, fattura di Acragante, il quale, secondo riferisce Plinio, si
e, il quale, secondo riferisce Plinio, si conserva in Rodi nel tempio di Bacco. In molti monumenti antichi, particolarment
di Bacco. In molti monumenti antichi, particolarmente nel medaglione di Giulia Augusta di Nicea stampato dal Sequino, si
i monumenti antichi, particolarmente nel medaglione di Giulia Augusta di Nicea stampato dal Sequino, si vede un Centauro e
o onocentauri, cioè mezzi uomini e mezzi asini, animale puranco amico di Bacco, e destinato a portare il vecchio e corpule
oll’altra una lampade, o face accesa, che soleva portarsi nelle feste di Bacco, come vi ho accennato nella passata Lezione
altro Centauro fu costumato dagli antichi, in quella loro semplicità di vivere, per bicchiere, come a lungo fa vedere Ate
ettentrionali: e incominciatosi poscia ad arricchirgli e poi a fargli di metalli anche preziosi, ne fu sovente in molti bi
ordinato la prima volta da Tolomeo Filadelfo per adornarne la statua di Arsinoe: onde si può credere che fosse simile a q
e che fosse simile a quei due cornucopi che si veggono nelle medaglie di quella regina. Le Centauresse si trovano ancora c
, in certi buchi o tagli Vi mettevano alcune piccole e sottili lamine di rame infilate eoa un fìl di ferro, di modo che ba
mettevano alcune piccole e sottili lamine di rame infilate eoa un fìl di ferro, di modo che battendo colle mani il cembalo
alcune piccole e sottili lamine di rame infilate eoa un fìl di ferro, di modo che battendo colle mani il cembalo, venivano
tendo colle mani il cembalo, venivano a risonare. In un cammeo antico di vetro riportato dal Buonarroti, in cui Bacco sta
le vigorose palme — ed erano perciò leggieri e semplicemente composti di un cerchio e d’ una pelle tiratavi sopra, secondo
all’ altra Centauressa del mentovato cammeo, erano in uso nelle feste di Bacco, come quelle che furono prese da’ Misteri d
’ Misteri della madre degli Dei. Ancora la Centauressa nel medaglione di Giulia di Nicea riferito di sopra, suona le tibie
della madre degli Dei. Ancora la Centauressa nel medaglione di Giulia di Nicea riferito di sopra, suona le tibie, siccome
Dei. Ancora la Centauressa nel medaglione di Giulia di Nicea riferito di sopra, suona le tibie, siccome quella nel sarcofa
fossero ado prate da’ Baccanti, dicendo che in molti luoghi è usanza di sonarle mentre si vendemmia; al che allude quel d
ti luoghi è usanza di sonarle mentre si vendemmia; al che allude quel di Euripide: Rallegrarsi colla tibia, posar le cure
grarsi colla tibia, posar le cure quando verrà l’uva. — E nella Pompa di Tolomeo vi era un carro carico di uve, ch’erano p
quando verrà l’uva. — E nella Pompa di Tolomeo vi era un carro carico di uve, ch’erano pigiate da sessanta Satiri, i quali
ro carico di uve, ch’erano pigiate da sessanta Satiri, i quali a suon di tibie cantavano versi della vendemmia. Hanno fina
imo anno si chiamavano (grec) poi dai Greci. E Lattanzio commentatore di Stazio pretende che si chiamassero pure nebridi l
mentatore di Stazio pretende che si chiamassero pure nebridi le pelli di daino. Polluce fra le vesti dei Satiri, e per co
e pelli di daino. Polluce fra le vesti dei Satiri, e per conseguenza di Bacco, annovera ancora le pelli di capra e quella
esti dei Satiri, e per conseguenza di Bacco, annovera ancora le pelli di capra e quella della pantera, imitata per lo più
immaginar le Centauresse par che Luciano l’ insinui. E da una pittura di lui, crede Winkelmann, imitata una gemma eh’ egli
orta nei Monumenti inediti, e che rappresenta una Centauressa in atto di allattare un piccolo Centauro. Rare ciò non ostan
tante pur sono le loro rappresentanze nei monumenti, e per lo più fan di se mostra, come nel nostro marmo, in compagnia di
i, e per lo più fan di se mostra, come nel nostro marmo, in compagnia di Bacco e dei suoi seguaci. « Le tredici figure com
l’ aureo secolo delle arti. Rappresentano Bacco inebriato dal ritorno di un banchetto. Preceduto da un Fauno barbato e cin
lato e il braccio destro, ha il capo inchinato sugli omeri e coronato di edera. Una Centauressa lo segue, e i crotali, ist
ra. Una Centauressa lo segue, e i crotali, istrumento sonoro composto di due verghette rotonde di metallo da una parte più
gue, e i crotali, istrumento sonoro composto di due verghette rotonde di metallo da una parte più sottili che dall’altra d
a una parte più sottili che dall’altra dove terminano come in un capo di chiodo mal difende dalla petulanza di un giovin B
dove terminano come in un capo di chiodo mal difende dalla petulanza di un giovin Baccante, che salito in ginocchio sulla
ccante porta anch’egli accesa la face, che un Fauno barbato e fornito di tirso tenta involargli. Due fanciulli coi tirsi g
ardono incensi. Un vecchio Fauno coturnato e cinto intorno a’ fianchi di breve pallio gli segue colla sua face; e il grupp
orno a’ fianchi di breve pallio gli segue colla sua face; e il gruppo di un’ altra Centauressa, la quale insieme con un Fa
ito, chiude il bassorilievo. Centauro. « È stato questo bel simulacro di marmo bianco statuario recentemente scavato press
ue famosi Centauri del Museo Capitolino, conosciuti già sotto il nome di Centauri di Furietti, nobili avanzi della Villa A
ntauri del Museo Capitolino, conosciuti già sotto il nome di Centauri di Furietti, nobili avanzi della Villa Adriana: la c
morato, pure oltre la rarità del soggetto hanno un grandissimo merito di lavoro, e per alcune parti, che si sono in questo
tendo che il color nero del marmo, in cui han lavorato i due artefici di Cipro, esigeva qualche maggior risentimento di fo
avorato i due artefici di Cipro, esigeva qualche maggior risentimento di forme e certe decisioni di contorni più segnate p
ipro, esigeva qualche maggior risentimento di forme e certe decisioni di contorni più segnate perchè potessero distinguers
l’orma del piccolo cavaliere. « L’Amorino, che è sul secondo, è cinto di una fascia per sospendervi la faretra. Queste fig
ma alle presenti sculture. Si vede nel Borghesiano un Centauro adulto di robusta corporatura e di fiera indole, che domato
. Si vede nel Borghesiano un Centauro adulto di robusta corporatura e di fiera indole, che domato dal nume infante ha perd
maneva nel torso un attacco, che additava aver sostenuto qualche cosa di massiccio, non si è seguito in ciò l’esempio del
, se gli è posta in mano una lepre, preda riportata nella sua caccia, di cui dimostra la gioia negli occhi e nel volto: ma
. Non è molto differente questo concetto da quello del secondo Idilio di Bione, dov’è descritto un giovine cacciatore, che
sse l’inutil caccia, e che anzi a suo tempo Amore avrebbe fatto preda di lui, e si sarebbe seduto vincitore sul suo capo:
l suo capo: — Sul capo tuo s’assiderà renente. Oltreché simile azione di cacciatore data al Centauro ne nobilita ed abbell
tauro ne nobilita ed abbellisce l’espressione: ed è poi tutta propria di questi selvaggi misti di uomo e cavallo. Sappiamo
llisce l’espressione: ed è poi tutta propria di questi selvaggi misti di uomo e cavallo. Sappiamo anche coll’analogia dell
omprendiamo da Omero che molto tempo prima che si cavalcasse si usava di attaccare i cavalli a’ carri, e altri cavalieri n
nell’Iliade e nell’Odissea che combattenti sui cocchi. La favola però di Fedro, del cavallo e del cinghiale, ci fa conosce
che l’occasione della caccia fu quella che introdusse la prima 1’ uso di sedere sul dorso del destriero. Non furono dunque
uestri, quantunque l’etimologia del nome che sembra indicare feritori di tori abbia fatto inventare un’altra origine stori
icare feritori di tori abbia fatto inventare un’altra origine storica di questo mostro, da Palefato diffusamente descritta
o si è copiato il pedo, che si osserva antico nel Capitolino, a norma di cui si è supplita ogni altra parte mancante. Con
rici quasi mosse al nitrito, e nella forma dell’orecchio un certo che di cavallino, che si mesce colle sembianze umane, e
maginarsi, uniforme. Si è situata questa rarissima statua nel seguito di Bacco, essendo noto il trasporto di tali mostri p
esta rarissima statua nel seguito di Bacco, essendo noto il trasporto di tali mostri pel vino, che servì ad Ercole per cav
i antichi bassirilievi e cam mei accompagnare, o ancor trarre i carri di Bacco. Nel tronco che sostiene il ventre del Cent
ro simile al Capitolino, si vede scolpita una siringa con alcuni rami di pino, arnesi proprii dei seguaci di Bacco. »
lpita una siringa con alcuni rami di pino, arnesi proprii dei seguaci di Bacco. » Lezione sessantesimasesta. Le seguac
rii dei seguaci di Bacco. » Lezione sessantesimasesta. Le seguaci di Bacco. Vi ho parlato dei Satiri, dei Sileni, d
uri. L’ordine prefissomi mi conduce a favellarvi delle donne compagne di Bacco, che si distinguono tra loro col mezzo dell
o, che si distinguono tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Nai
tinguono tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome
tra loro col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome di Baccan
col mezzo delle diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome di Baccanti deriv
diverse denominazioni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome di Baccanti deriva dalla greca pa
oni: di Baccanti, di Lene, di Tie, di Mimallonidi, di Naiadi. Il nome di Baccanti deriva dalla greca parola (grec), che si
greca parola (grec), che significa ululare smodatamente, come quello di Menadi ha sua origine da (grec) che equivale ad i
nume, ove affettavano e mentivano il furore bacchico solito a trarre di se chiunque n’era inspirato: sicché Agave sbranò
suo figlio, Licurgo imperversò col ferro contro se stesso. Le femmine di Lemno spensero tutto il sesso virile che aveano n
rsi le bende crinali, sparger la chioma ai venti, come Virgilio canta di Amata, levar alto le fiaccole e il grido, urlando
ersona violenti e fanatici, non misurati con legge alcuna: scotimenti di capo, stralunamenti di occhi, vibramenti di tutto
ici, non misurati con legge alcuna: scotimenti di capo, stralunamenti di occhi, vibramenti di tutto il corpo, quali si veg
legge alcuna: scotimenti di capo, stralunamenti di occhi, vibramenti di tutto il corpo, quali si veggono negli uccelli de
penti attorti intorno alla vita, o cinti al capo. Questi eccessi però di furore, per cui sappiamo che i serpenti si facean
i facean mansuefare, non sono ovvii nei vasi d’Italia, ove tra i cori di più trasporto la stessa scompigliatura dei cappel
ove tra i cori di più trasporto la stessa scompigliatura dei cappelli di rado si vede nelle Baccanti. Le Tie sono introdot
che tutte fossero egualmente Tie, tenute solo, se non erro, nel grado di sacerdotesse. Catullo par distinguere i Baccanti
ù particolarmente dice dei secondi, celebravano oscure Orgie, misteri di Bacco nelle cave ciste. Quelli che considerar vog
e, prendono l’etimologia da (grec), sacrifico, o da Tuia sacerdotessa di Bacco, la prima che istituì le Orgie. Pausania ti
Pausania tiene la seconda sentenza, e da Tuia dice derivato quel coro di donne attiche, che insieme con le delfiche donne
n ignorò questo rito, e scrisse: Spesso l’errante Bacco nella sommità di Parnaso spinse le Tiadi gridanti Evoe con le spar
uegli le deponevano. In Atene, e forse altrove, era un collegio quasi di Tiadi, e diceansi Gerare; eran quattordici di num
, era un collegio quasi di Tiadi, e diceansi Gerare; eran quattordici di numero, e dovean fare l’arcano sacrificio per la
le uccidevano i malcauti, sebbene a queste ancora Pausania dà il nome di Menadi. Ad esse andavano miste l’Amazzoni, nell’e
il resto han comune colle Baccanti trovandosi per titolo dell’ Idilio di Teocrito Lene, o le Baccanti, e tenendo lo stesso
nque da dubitarsi che quelle nei vasi dipinti dispensan vino, o siano di questa classe o ne imitino il ministero: potrian
che alcuno ha detto aver temprato coli’ acqua il vino alla compagnia di Bacco, perchè non nocesse, ma vi è altra più plau
ma vi è altra più plausibile ragione per inserirvele. Le Naiadi sono di un ordine superiore all’ altre seguaci di Bacco f
inserirvele. Le Naiadi sono di un ordine superiore all’ altre seguaci di Bacco finora descritte; sono semidee, sono ninfe.
sono ninfe. Il creduto Orfeo sembra chiaramente insinuarlo nell’Inno di Sileno, ove lui saluta come condottiero di Naiadi
mente insinuarlo nell’Inno di Sileno, ove lui saluta come condottiero di Naiadi e di Baccanti. E Ovidio nel fine del iv li
arlo nell’Inno di Sileno, ove lui saluta come condottiero di Naiadi e di Baccanti. E Ovidio nel fine del iv libro De Ponto
ltre. Con qualche verisimiglianza si rincontreranno le Naiadi nutrici di Bacco, dette anco Nereidi, e più comunemente Nise
Secondo i creduti Omero, Orfeo, Apollodoro, Igino, furono educatrici di Bacco negli antri di Nisa in Arabia, anzi l’accom
ero, Orfeo, Apollodoro, Igino, furono educatrici di Bacco negli antri di Nisa in Arabia, anzi l’accompagnarono nei suoi vi
soccorsero contro Licurgo: quindi possono considerarsi come la norma di tutte l’altre Baccanti. Non è inverisimile che si
i. Non è inverisimile che si riscontrino nei vasi al vestito seminato di stelle, quale nella cista Kircheriana lo ha Bacco
sta Kircheriana lo ha Bacco Nictelio, e in oltre alla ferula, insegna di chi presiede alle sue orgie, e qualche particolar
in un toro, che vuol credersi Bacco con corno potorio in mano, levasi di terra dipinta in un vaso della Galleria. Le più c
i fra loro sono Ippa, Nisa e Bacca. Udite da Visconti l’illustrazione di un bassorilievo Bacchico esposto continuamente al
teressante, quando si consideri la sua forma non lascia dubbio alcuno di aver servito per ara sepolcrale, comecché la sua
circa due l’altezza; rastremato alcun poco verso la sommità. E ornato di cornici e di membri intagliati sì nella superiore
ltezza; rastremato alcun poco verso la sommità. E ornato di cornici e di membri intagliati sì nella superiore che nell’est
gge sospeso su quattro piedi cavati dal pezzo medesimo, che han forma di quattro alate chimere. La sua superfìcie superior
e da vetusti scrittori e alcuna pur ne sussiste. Più raro è l’esempio di are bislunghe, ma non è unico: poiché tale appunt
dicato a Bacco, nume annoverato fra gli Dei terrestri. A questa sorta di divinità era costume ordinario ergere are, che po
r prova a confermare il suo sentimento abbastanza valido al confronto di tanti monumenti, i quali cimostran Bacco espresso
figura. Il Bellori che lo chiamò Trimalcione, trascurò al suo solito di osservare che i ministri della mensa eran Fauni.
osate su d’un altro letto d’incontro Bacco, scorgonsi due figure, una di giovin seminudo, l’altro di donna, involte ambedu
incontro Bacco, scorgonsi due figure, una di giovin seminudo, l’altro di donna, involte ambedue nella sintesi, e fìsse amb
e piedi caprini è senza tovaglia, e collocata fra due letti e coperta di vasi destinati alla bevanda. « Cinque figure segu
alla bevanda. « Cinque figure seguono il Dio, che s’affretta a godere di quel licore di cui ha beato i mortali. Due sembra
 Cinque figure seguono il Dio, che s’affretta a godere di quel licore di cui ha beato i mortali. Due sembrano preparargli
l primo accompagnando la danza al canto, il secondo unendovi il suono di un doppio flauto. Il primo è un giovine Baccante
un timpano o tamburello, e vien sorretta da un altro Fauno. La statua di Priapo in profilo, che termina dal mezzo in giù a
rale, denominato perciò Ercole Silvano. Un’ altra pastorella studiasi di sottrarre il capretto dalle poppe della madre, pr
continuando il soggetto, ha due Centauri, mostri mansuefatti dal dio di Nisa, al quale gli abbiamo veduti prestar servigi
tro colla ferula e diademati ambedue, perchè il diadema fu invenzione di Bacco. Sostengo il primo una piccola Menade cinta
cco. Sostengo il primo una piccola Menade cinta piuttosto che vestita di nebride, l’altra un fanciullo citaredo. Ma nel me
a di nebride, l’altra un fanciullo citaredo. Ma nel mezzo un focolare di assai vaga forma, ove sono appoggiate due faci ar
iato anch’egli a quei venerati misteri sperava distinguersi in grazia di ciò dal volgo dei trapassati, o ancora che pur co
ei trapassati, o ancora che pur cotento sull’esempio del dio del Vino di una vita lieta e voluttuosa, cedeva poi alla sort
satollo da ricca mensa. » Il Visconti ha presa questa idea del verso di Lucrezio. Cur non ut plenus vita conviva recedis
Lezione sessantesimasettima. Monumenti più celebri rappresentanti di Bacco. Vi ho esposto nelle passate Lezioni tut
tanti di Bacco. Vi ho esposto nelle passate Lezioni tutte le gesta di Bacco; e sui compagni che gli dava la religione p
di Bacco; e sui compagni che gli dava la religione pagana ho cercato di portare la luce delle congetture aiutata dai monu
inguono l’artista erudito dal volgo degl’ignoranti. Dopo questa serie di memorie avanzate agli sdeigni di colui che muta i
go degl’ignoranti. Dopo questa serie di memorie avanzate agli sdeigni di colui che muta i regni, nell’interpetrazione dell
i più sublimi concetti. Interrogato Fidia, dopo aver fatto la statua di Giove Olimpico, se lo dio stesso si fosse degnato
fatto la statua di Giove Olimpico, se lo dio stesso si fosse degnato di manifestarsegli, additò il maestro di tanto mirac
lo dio stesso si fosse degnato di manifestarsegli, additò il maestro di tanto miracolo dell’arte, recitando questi divini
il maestro di tanto miracolo dell’arte, recitando questi divini versi di Omero, nei quali il nume è ritratto: Disse, ed i
cerò dalla famosa statua creduta, prima Visconti, Sardanapalo: quindi di due bassirilievi Bacchici si darà l’illustrazione
ro soggetto del simulacro. Il mio parere è molto diverso sì da quello di Winkelmann, sì dal comune. Lo sottopongo al giudi
tatua con tutte le sue circostanze. È effigiato nel marmo un uomo, il di cui volto maestoso e sereno è decorato da una lun
atone dai nostri maggiori solea attribuirsi, e che vedesi ripetuto su di tanti ermi. I capelli più della barba acconciamen
osità dell’abito corrisponde al lusso della sua capigliera. È vestito di una larga tunica sovrabbondante ancora in lunghez
sovrabbondante ancora in lunghezza a foggia delle teatrali, composta di sotti: drappo, forse di bisso pieghettato minutam
n lunghezza a foggia delle teatrali, composta di sotti: drappo, forse di bisso pieghettato minutamente: è poi avvolto in u
stato perchè da alcuni si riconoscesse nel simulacro il lussurioso re di Nini ve: e ben sembrava conveniente al soggetto e
chia che veniva da quattro feminili statue sorretta, le quali a guisa di Cariatidi facevan le veci di colonne, e tal compa
minili statue sorretta, le quali a guisa di Cariatidi facevan le veci di colonne, e tal compagnia era ben conveniente al c
an le veci di colonne, e tal compagnia era ben conveniente al costume di quel voluttuosissimo re. Feriva ad alcuni la fant
za del volto della statua principale coi volgarmente creduti ritratti di Platone, e siccome quel filosofo da qualche tacci
reduti ritratti di Platone, e siccome quel filosofo da qualche taccia di mollezza non andò esente, sospettavan diretta in
ad un più antico e sobrio Sardanapalo rammentatoci da Snida. Nessuna di tali opinioni mi sembra tanto fondata da poter re
to, e perchè la lunga barba alla sua storia non corrisponde, e perchè di fatti le greche medaglie ce ne rappresentano l’im
ben si discerne il mento sbarbato. Nè può abbracciarsi il sentimento di chi lo volle un ritratto di Platone. Oltre le rag
arbato. Nè può abbracciarsi il sentimento di chi lo volle un ritratto di Platone. Oltre le ragioni rilevate in contrario d
ario da Winkelmann, l’unico fondamento della somiglianza coi ritratti di quel filosofo riman distrutto dalla cognizione de
osofo riman distrutto dalla cognizione del sincero e genuino ritratto di Platone, assolutamente diverso da’creduti volgara
tamente diverso da’creduti volgaramente, e che si vede nella Galleria di Firenze. L’opinione poi di Winkelmann non è affat
volgaramente, e che si vede nella Galleria di Firenze. L’opinione poi di Winkelmann non è affatto probabile, poiché non ve
oiché non verisimile che tanti ritratti e simulacri ci sien pervenuti di un principe, la cui storia rimaneva isolata da qu
ed assai dubbiamente da qualche notizia indiretta. Io penso che prima di dar nome alla statua, secondo l’epigrafe che port
figura precisamente scorgiamo nei bassirilievi detti volgarmente Cene di Trimalcione, dove un corteggio di Sileni e di Fau
bassirilievi detti volgarmente Cene di Trimalcione, dove un corteggio di Sileni e di Fauni la contradistingue per Bacco. L
detti volgarmente Cene di Trimalcione, dove un corteggio di Sileni e di Fauni la contradistingue per Bacco. La stessa coi
comparabile cammeo presso il signor Jenkins, rappresenta il simulacro di Bacco fra le offerte dei dei suoi seguaci; la ste
ro statue muliebri, e un simile accompagnamento avea il Bacco vestito di Sicione. Il numero di quattro corrisponde alla tr
un simile accompagnamento avea il Bacco vestito di Sicione. Il numero di quattro corrisponde alla tradizione dell’anonimo,
rano fallaci ai simulacri delle Pretidi in Sicione, e a quelli stessi di Temistocle e di Milziade in Atene. La statua di O
simulacri delle Pretidi in Sicione, e a quelli stessi di Temistocle e di Milziade in Atene. La statua di Oreste nell’Ereo,
ne, e a quelli stessi di Temistocle e di Milziade in Atene. La statua di Oreste nell’Ereo, se si leggeva l’epigrafe, dovea
contradditorie? La stessa testa che nel Campidoglio ha il nome greco di Pindaro, nel Museo Clementine ha quello di Sofocl
mpidoglio ha il nome greco di Pindaro, nel Museo Clementine ha quello di Sofocle. Il bassorilievo di tre figure, che in Vi
i Pindaro, nel Museo Clementine ha quello di Sofocle. Il bassorilievo di tre figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antic
l bassorilievo di tre figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antichi di Anfione, di Zeto, di Antiope, in una replica a Na
vo di tre figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antichi di Anfione, di Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quel
figure, che in Villa Pinciana ha i nomi antichi di Anfione, di Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orf
hi di Anfione, di Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orfeo, di Euridice, di Mercurio. Se dunque le fal
one, di Zeto, di Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orfeo, di Euridice, di Mercurio. Se dunque le false epigraf
di Antiope, in una replica a Napoli ha quello di Orfeo, di Euridice, di Mercurio. Se dunque le false epigrafi non impediv
rcurio. Se dunque le false epigrafi non impedivano i Greci antiquarii di decidere sui migHori indizii del vero soggetto de
napalo, quantunque antica non sarà genuina. Difatti sembra posteriore di molto alla scultura: la duplicità del a non è con
ndi la buona critica c’insegna che se non debbono avvicinarci l’epoca di un monumento che abbia tutti i segni dell’anterio
teriorità, servono però a confermarci neiropinione della posteriorità di un’altro, che già ne somministri non leggieri sos
gieri sospetti. Che se mi si chiedesse qual può esser stata l’origine di questa falsa denominazione, e se l’impostura, o l
chi espositori delle più antiche rappresentanze. Sembra che tal sorta di gente si moltiplicasse verso il tempo degli Anton
e scritti i nomi delle statue loro. Colui che die alla nostra il nome di Sardanapalo cadde in un errore conforme a quello
o dei moderni antiquarii, che hanno dato ad una figura simile il nome di Trimalcione: leggendo esagerate in Petronio la cr
imalcione: leggendo esagerate in Petronio la crapula e la delicatezza di questo soggetto, gli hanno attribuito quelle imma
co. Gli antichi presso i quali erano in proverbio le cene, e il lusso di Sardanapalo, con simile oscitanza l’avranno ricon
quelle rappresentanze, e quindi nella nostra statua, che alla figura di quei tanti bassirilievi perfettamente somiglia. T
ttamente somiglia. Tanto più facile era 1’ equivoco, quanto la statua di Sardanapalo in Anchialo dalle statue Bacchiche ne
ci avrebbe fatti certi la conservazione del destro braccio. La statua di Sardanapalo alzava la destra colle dita disposte
dava dagli antichi ancora alle figure Bacchiche, come la bella statua di bronzo d’ un Baccante ubriaco lo comprova. E sicc
iccome in espressione per lo più voluttuosa solcano esser tali figure di Bacco: la nostra, per avventura, avea la mano, ch
er quel che riguarda l’arte, il nostro Bacco barbato è un pezzo degno di qualche studio. La voluttà, la mollezza nell’età
vestito e colto, ma l’anima stessa mostra quella stupida contentezza di una persona abbandonata a’ piaceri, e che non sen
e nobile, qual si conviene ad un dio, e la fìsonomia lo mostra capace di grandi idee. Può dirsi veramente un dio d’Epicuro
inebriato ai piaceri, che però non giungono ad alterarlo, e spogliato di tutte le cure. I capelli sembrano stillanti di pr
alterarlo, e spogliato di tutte le cure. I capelli sembrano stillanti di preziosi balsami, e l’abito è eseguito con una so
d è ben diversa dalle consuete: non saprei assomigliarla che a quella di un Bacco barbato, o di un sacerdote sotto le semb
onsuete: non saprei assomigliarla che a quella di un Bacco barbato, o di un sacerdote sotto le sembianze del nume dipinto
agnavano la figura del nostro nume sono alla Villa Albani ove servono di Cariatidi. Mancavano del capo e delle braccia, ma
avano del capo e delle braccia, ma sono state risarcite in attitudine di Canefore, seguendo l’indicazione delle braccia me
Canefore, seguendo l’indicazione delle braccia medesime. La scultura di Bacco è però di gran lunga superiore a quella del
ndo l’indicazione delle braccia medesime. La scultura di Bacco è però di gran lunga superiore a quella delle figure access
la delle figure accessorie. Bacco nascente. « Il soggetto singolare di questo grandioso bassorilievo, la sua conservazio
suo stile possono farlo considerare, come uno dei più rari monumenti di simil genere che ne’ Musei si conservino. La nasc
ari monumenti di simil genere che ne’ Musei si conservino. La nascita di Bacco dalla coscia di Giove è un avvenimento che
genere che ne’ Musei si conservino. La nascita di Bacco dalla coscia di Giove è un avvenimento che abbiamo sovente udito
ento che abbiamo sovente udito ricordare dai mitologi e dai poeti, ma di cui non avevamo finora incontrato negli avanzi de
to negli avanzi dell’arti antiche memoria alcuna. Ctesiloco discepolo di Apelle scelse questo argomento per soggetto di un
a. Ctesiloco discepolo di Apelle scelse questo argomento per soggetto di una poco religiosa pittura, nella quale avea rapp
le dee levatrici. Ma questa pittura convien dire che fosse una specie di parodia d’ altre composizioni esprimenti il fatto
se il senso arcano che i misteri vi aveano congiunto. « Due monumenti di questo genere sono il presente bassorilievo, e la
colle del puerperio quindi fu detta. Egli è certamente in attitudine di un qualche sforzo, ma senza pregiudicare alla sua
na alcun poco Mercurio, che ha fatto seno del gomito, e lo ha coperto di una pelle di capriolo detta nebride e sacra alla
Mercurio, che ha fatto seno del gomito, e lo ha coperto di una pelle di capriolo detta nebride e sacra alla nascente deit
no. Il pargoletto nume si scioglie dalle membra paterne, ed è in atto di lanciarsi in braccio al germano. I suoi capelli s
tto di lanciarsi in braccio al germano. I suoi capelli sono cinti già di diadema come a re si conviene, e come a istitutor
sono cinti già di diadema come a re si conviene, e come a istitutore di religione. « Il petaso di Mercurio angoloso, la s
come a re si conviene, e come a istitutore di religione. « Il petaso di Mercurio angoloso, la sua clamide, i suoi calzari
nte a quelli coi quali è stato rappresentato da Salpione nel bel vaso di Gaeta, il cui soggetto è quasi la seconda scena d
il cui soggetto è quasi la seconda scena del nostro, cioè la consegna di Bacco infante fatta da Mercurio a Leucotea. Nè ma
che Plinio chiamò Dee levatrici: anche qui tre dee assistono al parto di Giove, alla nascita di quel nume, che fu detto l’
evatrici: anche qui tre dee assistono al parto di Giove, alla nascita di quel nume, che fu detto l’allegria de’ mortali. H
de’ parti, e gesto perciò, dal quale veniva caratterizzata la statua di questa dea nel suo tempio d’Egio in Acaja. Ha dal
abbastanza vien contrassegnata per Cerere. Aggiungo che quella specie di rete che le raccoglie le chiome è la solita accon
la specie di rete che le raccoglie le chiome è la solita acconciatura di Proserpina nelle medaglie di Sicilia, e serve nel
oglie le chiome è la solita acconciatura di Proserpina nelle medaglie di Sicilia, e serve nel bassorilievo ad accrescer se
ro una stretta ed evidente unione nel culto del paganesimo. L’ amistà di Cerere con Bacco sembra esser nata dall’affinità
sembra esser nata dall’affinità delle loro invenzioni, poiché l’ una di miglior cibo, l’altro provvede i mortali di migli
invenzioni, poiché l’ una di miglior cibo, l’altro provvede i mortali di miglior bevanda, ed amendue un genere di alimenti
, l’altro provvede i mortali di miglior bevanda, ed amendue un genere di alimenti introdussero da procurarsi difficilmente
eo Carpegna, ora del Vaticano, e in molti altri monumenti. « L’unione di Bacco e di Proserpina ha motivi meno evidenti, co
, ora del Vaticano, e in molti altri monumenti. « L’unione di Bacco e di Proserpina ha motivi meno evidenti, come quelli c
uelli che nei Misteri soltanto si rilevavano, ma certo è che il culto di queste tre divinità fu congiunto, sì nei gran mis
del Paganesimo. A Pirea non lungi da Sicione erano insieme le statue di Cerere, di Proserpina e di Bacco: tre simulacri d
simo. A Pirea non lungi da Sicione erano insieme le statue di Cerere, di Proserpina e di Bacco: tre simulacri di bronzo al
n lungi da Sicione erano insieme le statue di Cerere, di Proserpina e di Bacco: tre simulacri di bronzo alle stesse divini
insieme le statue di Cerere, di Proserpina e di Bacco: tre simulacri di bronzo alle stesse divinità s’eressero in Roma co
non men dei Greci onorarono con Cerere, Libero e Libera: e monumento di questo culto è anche il presente bassorilievo, il
di questo culto è anche il presente bassorilievo, il quale, comecché di stile soltanto accennato e poco finito, mostra un
comecché di stile soltanto accennato e poco finito, mostra un lavoro di molta antichità, e forse degli ultimi tempi della
blica; e alla semplicità e bellezza delle figure può giudicarsi copia di greco nobilissimo originale. Bacco e Baccanti.
pia di greco nobilissimo originale. Bacco e Baccanti. « Niun genere di soggetti nei monumenti di antiche arti più sovent
riginale. Bacco e Baccanti. « Niun genere di soggetti nei monumenti di antiche arti più sovente s’ incontra di quello ch
ere di soggetti nei monumenti di antiche arti più sovente s’ incontra di quello che le favole, le feste, i simboli, i riti
ci ne rappresenta. sia ch’essendo stato riputato quel nume protettore di tutte le arti teatrali, la pittura e la scultura
le arti teatrali, la pittura e la scultura gareggiassero ad adornare di simile rappresentazione i luoghi dei pubblici div
limento dei cenacoli; o sia finalmente ohe quale istitutore e corifeo di misteri riputati allor sacrosanti, le allusioni a
à presso degli avanzi delle arti vetuste son memorie ancora del culto di questo nume. Il presente bassorilievo staccato da
i: hanno, è vero, il minor pregio nell’esecuzione, che non manca però di quella forza e sicurezza di stile necessaria a &g
regio nell’esecuzione, che non manca però di quella forza e sicurezza di stile necessaria a >far distinguere ancor da l
aria a >far distinguere ancor da lontano tutte le parti essenziali di un lavoro. « Il principal gruppo ch’è nel mezzo d
giare l’ondeggiamento della mal ferma persona. Il suo capo è coronato di edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, i
lla mal ferma persona. Il suo capo è coronato di edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, il suo petto di un serto
onato di edera, la sua fronte di una fascia, o credemno, il suo petto di un serto d’ alloro che dal sinistro omero scende
, che lo sostiene, e Mete dall’altra parte scuote un timpano, simbolo di quell’ insana compiacenza che accompagna il delir
 Vicino al gruppo, alla manca dei riguardanti, è scolpito l’educatore di Bacco, Sileno, che rattempra al suono della cetra
l suo bastone pastorale: si rivolge indietro verso una Beccante cinta di nebride, la quale sembra invitarlo alla danza: qu
fiamma accesa e face rovesciata appresso, 1’ altra con delle offerte di frutta soprappostevi. Le tre figure a sinistra no
i serpenti Bacchici sono stretti nella destra, la sua tunica è cinta di campanelli adoperati forse nei misteri e nei riti
, che dava allo strepito dei bronzi l’antica superstizione. « Il nome di Titiri é particolarmente appropriato a siff’atti
« Il nome di Titiri é particolarmente appropriato a siff’atti seguaci di Bacco addetti alla vita di pastori e caprai. « Un
colarmente appropriato a siff’atti seguaci di Bacco addetti alla vita di pastori e caprai. « Un giovine quasi nudo, se non
ne quasi nudo, se non quanto ha gettata sull’omero sinistro una pelle di pardo, suona con forza un istrumento da fiato, ti
ta ed accesa è presso questa figura, la quale è poi seguita da quella di una Menade, o Baccante furiosa, che può sembrare
i misteriosi arredi dei Baccanali. Delle linci o pantere con canestri di frutti, e teschi di capro, maschera di bocca chiu
dei Baccanali. Delle linci o pantere con canestri di frutti, e teschi di capro, maschera di bocca chiusa, e un Fauno con u
e linci o pantere con canestri di frutti, e teschi di capro, maschera di bocca chiusa, e un Fauno con una capra empiono il
no con una capra empiono il basso del quadro. Que st’ ultimo gruppo è di minor proporzione che non esige il resto delle fi
ne sessantesimottava. Altri monumenti bacchici. Un’ altra immagine di Bacco barbato, una statua di un Fauno ed un’ altr
onumenti bacchici. Un’ altra immagine di Bacco barbato, una statua di un Fauno ed un’ altra ninfa Bacchica, e diversi b
aranno argomento della presente Lezione. Confido che le illustrazioni di questi monumenti saranno utili per l’ intelligenz
ato. « Che le immagini simili al presente, rare al ^erto in simulacri di tutto rilievo, in altro genere d’antico assai com
ni, debbano ascriversi a Bacco Indiano e barbato, si è già con luoghi di scrittori, con osservazioni di monumenti posto in
Indiano e barbato, si è già con luoghi di scrittori, con osservazioni di monumenti posto in sufficiente chiarezza. A tali
di monumenti posto in sufficiente chiarezza. A tali immagini appunto di Bacco alludeva Plinio, e più apertamente Solino q
deva Plinio, e più apertamente Solino quando paragonavano all’ arredo di questo nume, l’ abito del re di Taprobana. Simile
olino quando paragonavano all’ arredo di questo nume, l’ abito del re di Taprobana. Simile per avventura al pallio che avv
o l’altra conosciuta prima per Sardanapalo, era il grandioso ammanto di cui una statuetta di Bacco sostenuta in mano da u
prima per Sardanapalo, era il grandioso ammanto di cui una statuetta di Bacco sostenuta in mano da un Fauno vedovasi cope
un Fauno vedovasi coperta, ed al quale ha dato Plinio stesso il nome di Palla, nome equivalente a quello di peplo, che gr
ale ha dato Plinio stesso il nome di Palla, nome equivalente a quello di peplo, che grecamente qualunque ampio mantello o
come che avessero poi strettamente lo stesso nome due diversi generi di abbigliamenti donneschi. « La testa del simulacro
e diversi generi di abbigliamenti donneschi. « La testa del simulacro di nobile e serena fìsonomia ha la sua lunga e ben a
a chioma avvinta dal diadema, dec orazione inventata da questo figlio di Giove: onde ne ha il capo cinto persino in quel b
l suo nascimento. « E credibile che in antico si vedessero nelle mani di questa statua il tirso e la fiala, insegne propri
nume, come si osservano in varii monumenti che ci presentano immagini di Bacco barbato. Queste immagini appunto provano an
el culto Bacchico, secondo il costume accennato altrove dei sacerdoti di mentir l’abito e le sembianze delle divinità a cu
abito e le sembianze delle divinità a cui si consacravano: e immagini di numi agresti e del corteggio Bacchico saran quell
ni di numi agresti e del corteggio Bacchico saran quelle, che a guisa di erme e di termini adornarono gli antichi giardini
agresti e del corteggio Bacchico saran quelle, che a guisa di erme e di termini adornarono gli antichi giardini. « La scu
a di erme e di termini adornarono gli antichi giardini. « La scultura di questo marmo è diligente, e tratta da buono esemp
o con fedeltà ma con una certa durezza. Fauno. « I festosi compagni di Bacco, divinità sempre liete e scherzevoli, ora o
itate danze, onde saltanti furono cognominati dai poeti, e più mobili di tutti gli animali, quasi da senno furon detti da
i vuote, ma reca delle frutta, primizie dei campi e oblazione propria di Bacco, nella sua nebride, che pendente dall’omero
oronata è la sua testa come proprio è dei sacrificanti, e la corona è di pino, arbore onde questi silvestri semidei circon
onservati. « La somiglianza che accenno è argomento della provenienza di figure sì fatte da nobile originale, di cui però
è argomento della provenienza di figure sì fatte da nobile originale, di cui però nelle scarse notizie che ci sono pervenu
e amiche e le madri dei Satiri e dei Sileni, le nutrici e le compagne di Bacco, sono anche le divinità locali dei fiumi, d
fonti, e perciò ben s’uniscono coir immagine del serpe, eh’ è simbolo di quelle oscure divinità dei luoghi dette Genii, de
e acque colle immagini delle Ninfe dormenti: quindi cotanti simulacri di siffatte semidee tutti giacenti, e in atto di rec
uindi cotanti simulacri di siffatte semidee tutti giacenti, e in atto di reclinar suU’ urne le addormentate cervici. A que
ono vedersi col serpe: ho perciò distinto la presente figura col nome di ninfa Bacchica per esser fornita di questo simbol
tinto la presente figura col nome di ninfa Bacchica per esser fornita di questo simbolo Dionisiaco. Dorme però ed è cinta
per esser fornita di questo simbolo Dionisiaco. Dorme però ed è cinta di un gran serpe la ninfa di un fonte in un bassoril
o simbolo Dionisiaco. Dorme però ed è cinta di un gran serpe la ninfa di un fonte in un bassorilievo del Palazzo Giustinia
assorilievo del Palazzo Giustiniani, ove è rappresentata la punizione di Penteo per aver tentato di proscrivere i Baccanal
stiniani, ove è rappresentata la punizione di Penteo per aver tentato di proscrivere i Baccanali. Un angue striscia pure s
tentato di proscrivere i Baccanali. Un angue striscia pure sul petto di una piccola ninfa, che dorme appoggiata all’urna,
che dorme appoggiata all’urna, simile in atto alla pretesa Cleopatra di questa Collezione, e di un’ altra che è ancor sen
l’urna, simile in atto alla pretesa Cleopatra di questa Collezione, e di un’ altra che è ancor senz’ urna come la nostra,
un’ altra che è ancor senz’ urna come la nostra, edita fra le statue di Dresda. Tutto ciò prova la ragionevolezza della p
che per nobilitare con qualche celebrata avventura la rappresentanza di questo marmo, pretendevano ravvisarvi Olimpiade,
e del gran Macedone, col serpe in cui si pretese trasformato per amor di lei Giove Ammone. « Più al caso parrebbemi di far
se trasformato per amor di lei Giove Ammone. « Più al caso parrebbemi di far ricerca perchè la nostra statua sia senz* urn
verisimile che il soggetto del nostro marmo sia piuttosto r immagine di una defunta rappresentata sul coperchio del suo m
i una defunta rappresentata sul coperchio del suo monumento in foggia di ninfa Bacchica, come, al dir di Properzio, stanca
coperchio del suo monumento in foggia di ninfa Bacchica, come, al dir di Properzio, stanca dall’assidue danze cade sull’er
ia che si è usata nel vestiario delle figure, quando sotto le spoglie di un soggetto mitologico dovea rappresentarsi qualc
ondotto il rilievo della figura, la quale, come suol vedersi in molte di si fatte immagini sepolcrali, non può dirsi assol
di si fatte immagini sepolcrali, non può dirsi assolutamente eseguita di tutto rilievo; ma tranne le estremità e le parti
esto del corpo è più basso che non sarebbe nel vero, e trattato quasi di mezzo rilievo. Una tal pratica mai da me non osse
stiziosa credenza, che molto quei misteri e quelle cerimonie avessero di valore per conciliare all’anime dei defunti ripos
azioso bassorilievo rappresentante Sileno tutto ravvolto in una pelle di pantera e calzato i pie di coturno son degne di q
entante Sileno tutto ravvolto in una pelle di pantera e calzato i pie di coturno son degne di qualche attenzione la vivaci
ravvolto in una pelle di pantera e calzato i pie di coturno son degne di qualche attenzione la vivacità della mossa, la na
’eleganza dello scalpello. Gli orecchi umani distinguono il nutritore di Bacco dalla torma dei Fauni, e le striscie di cuo
istinguono il nutritore di Bacco dalla torma dei Fauni, e le striscie di cuoio che stringe nella manca trattengono alcun p
cee del dio Pan si usavano simili striscie, colle quali nelle licenze di quei giuochi percuotevano quelli che incontravano
ai Romani le solennità lupercali istituite da Evandro. La connessione di Sileno con Pan non ha bisogno di esser provata: i
istituite da Evandro. La connessione di Sileno con Pan non ha bisogno di esser provata: il nome stesso di Fauno è corrotto
one di Sileno con Pan non ha bisogno di esser provata: il nome stesso di Fauno è corrotto dal greco Pan, e quel di Sileno
ser provata: il nome stesso di Fauno è corrotto dal greco Pan, e quel di Sileno competeva, secondo Pausania, a tutti i Sat
uel di Sileno competeva, secondo Pausania, a tutti i Satiri, o Fauni, di età senile. Altri monumenti bacchici rappresentan
onumenti bacchici rappresentano quindi Satiri, Fauni e Sileni forniti di questa specie di sferza. Bacco sul carro tirato
rappresentano quindi Satiri, Fauni e Sileni forniti di questa specie di sferza. Bacco sul carro tirato da Centauri. « I
centauro a destra, e tiene nelle mani un vessillo simile ai romani, e di quella figura ch’ebbe poi il labaro degl’imperato
cristiani, cioè un drappo quasi quadrato, che pende da ambe le parti di un bastone incrociato nella sommità d’ un’ asta.
ne incrociato nella sommità d’ un’ asta. Questo può forse da un passo di Plinio rilevarsi come invenzione di Bacco. « Acra
sta. Questo può forse da un passo di Plinio rilevarsi come invenzione di Bacco. « Acrato, che vuol dire vin puro, è, come
esentato in questo fanciullo, e sì le altre sue immagini, sì lo stato di ubbriachezza in cui Bacco si presenta me lo fanno
ato su d’un carro a quattro ruote su cui è steso un origliere a guisa di letto. Egli sembra ubriaco, e sostiene in ambe le
uisa di letto. Egli sembra ubriaco, e sostiene in ambe le mani corone di fiori secondo il costume de’ banchetti. La donna
o sorge un rustico altare. Innanzi un Fauno ed una Canefora, cioè una di quelle donne che portavano nei canestri le primiz
te da una pantera e da un leone, sul cui dorso, giusta la descrizione di Nonno, siede senza freno il fanciullo Ampelo. V
scrizione di Nonno, siede senza freno il fanciullo Ampelo. Vittoria di Bacco. « Che nelle favole Bacchiche siansi trasfu
ria di Bacco. « Che nelle favole Bacchiche siansi trasfuse le imprese di Sesostri, o d’ altro antichissimo conquistatore,
o d’ altro antichissimo conquistatore, che l’Oriente fosse la patria di quell’uomo singolare che insegnò ai Greci tante a
dipingonci la sua venuta da quelle contrade come il ritorno trionfale di un capitano sì prode, che non trovò altri emuli d
o del presente bassorilievo è relativo appunto alle vittorie del nume di Nisa. Vedesi la sua comitiva uscir lieta e carica
ittorie del nume di Nisa. Vedesi la sua comitiva uscir lieta e carica di prede dalle porte di vinta città. L’abito barbari
isa. Vedesi la sua comitiva uscir lieta e carica di prede dalle porte di vinta città. L’abito barbarico dei prigionieri, e
i l’elefante, ci additano che l’azione è nell’Indie, famosa conquista di Bacco. « Son tre Fauni e due Baccanti che conduco
appunto come si descrive nelle Dionisiache, in questi versi D’altri di Bacco la vagante schiera Lega al tergo le mani,
iamo altronde aver conosciuto gli antichi naturalisti anche un genere di minori elefanti, che dicevano avvezzi nell’India
minudo. Una Baccante lo stimola col suo tirso. Altri portano canestri di frutta forse esotiche, ed accompagnano una panter
a, empie il campo con naturalezza e senza confusione. Pompa nuziale di Bacco e di Arianna. « L’argomento di questo basso
campo con naturalezza e senza confusione. Pompa nuziale di Bacco e di Arianna. « L’argomento di questo bassorilievo è d
enza confusione. Pompa nuziale di Bacco e di Arianna. « L’argomento di questo bassorilievo è dei men comuni fra i ‘sogge
le orgie, i trieterici, feste che si facevano ogni tre anni in onore di Bacco, altre solennità Dionisiache, ma una delle
a una delle più famose favole fra quelle che alla storia appartengono di questo nume. ch’egli s’invaghisse di Arianna abba
lle che alla storia appartengono di questo nume. ch’egli s’invaghisse di Arianna abbandonata già da Teseo, o che a forza e
sse, tutti consentono Dell’attribuire a Bacco per sua sposa la figlia di Minosse e di Pasifae. Parecchie sono le antiche s
nsentono Dell’attribuire a Bacco per sua sposa la figlia di Minosse e di Pasifae. Parecchie sono le antiche sculture che c
suna, che ci ofirano, come il presente bassorilievo, la pompa nuziale di Bacco e di Arianna. « La schiera dei Baccanti pre
i ofirano, come il presente bassorilievo, la pompa nuziale di Bacco e di Arianna. « La schiera dei Baccanti precede i cocc
inetto Baccante sotto l’omero destro 1’ appoggia, e serve all’ufficio di Paraninfo. Imeneo sta sul carro medesimo, e solle
, e sembra che la governi, « I pettorali, o phalerɶ delle fiere, sono di fiori e di pampani. Una Baccante lì presso dà fia
che la governi, « I pettorali, o phalerɶ delle fiere, sono di fiori e di pampani. Una Baccante lì presso dà fiato ad una s
di fiori e di pampani. Una Baccante lì presso dà fiato ad una specie di buccina, o tromba, e così accenna la musica non t
ta mai nella letizia degli Imenei. Più curioso e singolare è il carro di Bacco: è tratto da cavalli, come in nessun altro
hio medesimo, e il nume colla ferula nella manca, e la destra in atto di riposo ripiegata sul capo, giace in seno di una d
anca, e la destra in atto di riposo ripiegata sul capo, giace in seno di una dea seminuda, velata anch’essa come la sposa,
seno di una dea seminuda, velata anch’essa come la sposa, e che serve di pronuba a queste nozze. Se costei sia Venere, i d
sposa, e che serve di pronuba a queste nozze. Se costei sia Venere, i di cui amori con Bacco non sono ignoti, e dai quali
che ad onta dell’antica gelosia e del primiero odio contro il figlio di Semele, condiscese pure a porgere a lui adulto il
quella corona che fu poi riposta fra le stelle. Un Fauno veduto quasi di schiena sostiene sulla spalla sinistra un’otre, e
ure sono tutte elegantissime: si distinguono però fra le altre quelle di Arianna e di Venere sì per la grandiosità dei pan
e elegantissime: si distinguono però fra le altre quelle di Arianna e di Venere sì per la grandiosità dei panneggiamenti,
enti, sì per la grazia delle situazioni. Merita per la sua semplicità di essere ancora osservata la figura del Fauno coli’
esattezza o correzione che non s’intendono abbastanza. « La positura di Cupido, che parte siede sulla pantera, parte stri
questo bassorilievo, che studiata e corretta non possa divenir degna di qualunque nome più grande che illustrasse a quegl
santesimanona. Altri monumenti bacchici. Questa Lezione é l’ultima di quelle che trattano della teologia mitologica, ed
ti al pittore, e più ne presentano l’amore, gl’incantesimi, i delitti di Medea. Seguendo il mio costume vi esporrò quelli
gli antichi monumenti che riguardano questa famosa impresa. Vi prego di accrescere la vostra attenzione. Bacco ed Ercole
. Bacco ed Ercole sul carro tirato dai Centauri. « Il raro argomento di questo bassorilievo compensa largamente il difett
retta unione che riconosceva la pagana mitologia fra questi due figli di Giove, Ercole e Bacco. L’antichità che gli consid
propria assessori, ravvisava in questi eroi divinizzati molte maniere di rassembrarsi. Sono accennate presso che tutte in
questo greco epigramma: Ambo Tehani, ambo guerrieri, ed ambo Prole di Giove: un tratta il tirso, ed uno Della possent
divisa ad Ercole e Bacco perseverò nell’impero romano anche nel regno di Caracalla. « Mi sembra assai verisimile che il no
desi usato con sì poco risparmio nell’antica scultura fin dall’impero di Severo stesso da quel di Comodo. « Il bassoriliev
sparmio nell’antica scultura fin dall’impero di Severo stesso da quel di Comodo. « Il bassorilievo rappresenta un carro tr
sugli omeri un cratere: le redini del cocchio sono in mano del Genio di Bacco, il quale appressandosi colla destra alle l
cantaro, il tirso, o la ferula nella manca. Ercole siede alla destra di Bacco quantunque nume inferiore, perchè lo sculto
ha ricevuto nel suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guernita di una testa di pantera, gl’intagli del giogo rappre
nel suo cocchio. Infatti l’estremità del timone guernita di una testa di pantera, gl’intagli del giogo rappresentanti delf
mmagine vedansi aggiunti ancora al carro d’Alcide. Di questa alleanza di Bacco e di Ercole è ancora un monumento il famoso
ansi aggiunti ancora al carro d’Alcide. Di questa alleanza di Bacco e di Ercole è ancora un monumento il famoso bassorilie
nza di Bacco e di Ercole è ancora un monumento il famoso bassorilievo di stucco arricchito di greche epigrafi, già Farnesi
ole è ancora un monumento il famoso bassorilievo di stucco arricchito di greche epigrafi, già Farnesiano, ora Albano, che
epigrafi, già Farnesiano, ora Albano, che ha per soggetto l’apoteosi di quest’ultimo. Egli giace sulle spoglie del leone
arsi uno dei più eccellenti ohe sian mai stati eseguiti in tal genere di lavoro. La festività del soggetto e la caricatura
ti in tal genere di lavoro. La festività del soggetto e la caricatura di alcune l’orme sono combinate così bene con quella
iltà d’idee, eh’ è pur l’anima delle antiche arti, che poco ha in ciò di comparabile, forse nulla di superiore. « Sileno e
ma delle antiche arti, che poco ha in ciò di comparabile, forse nulla di superiore. « Sileno evidentemente contrassegnato
abbandonandosi con tutta la persona piegata al dinanzi fra le braccia di un giovinetto Fauno veduto di schiena, leva la de
rsona piegata al dinanzi fra le braccia di un giovinetto Fauno veduto di schiena, leva la destra in atto di acclamazione e
ccia di un giovinetto Fauno veduto di schiena, leva la destra in atto di acclamazione e di accompagnare col gesto i clamor
tto Fauno veduto di schiena, leva la destra in atto di acclamazione e di accompagnare col gesto i clamorosi Evoè. Il tirso
ccompagnare col gesto i clamorosi Evoè. Il tirso che gli dovea servir di sostegno, non è più in suo potere, ma gli ricade
o della sua situazione: mentre un altro Faunetto che il segue, veduto di profilo, cerca distrigarlo dall’avvolgimento dell
erizzar meglio la rappresentanza, e ad indicar chiaramente la cagione di tanto disordine. Baccanale. « I bassirilievi sc
nale. « I bassirilievi scolpiti attorno a questa grande e nobil vasca di greco marmo dissotterrata nei fondamenti del sont
nate ai sepolcri, vediamo qui più attamente adoperato alla condizione di uno di quei gran tini appellati dai Romani lacus,
sepolcri, vediamo qui più attamente adoperato alla condizione di uno di quei gran tini appellati dai Romani lacus, e anch
bra dai Greci, che servivano alla vendemmia. L’ orlo superiore adorno di bellissimi ovoli, che sembrano averlo terminato s
mi ovoli, che sembrano averlo terminato senza coperchio: le due teste di leone poste ad abbellimento di due fori pei quali
erminato senza coperchio: le due teste di leone poste ad abbellimento di due fori pei quali potea scorrere il premuto lico
danza ebra e scomposta propria dei Satiri e dei Sileni sotto il nome di Cordace conosciuta dai Greci. Sì varie, sì elegan
eate a seconda della lor natura caprina e non infrequente in immagini di Fauni. La positura dell’ultimo, verso la destra d
itura dell’ultimo, verso la destra dei riguardanti, è la medesima che di un’elegantissima statuetta in bronzo dell’Ercolan
i però non gli cedono nè in bellezza de’ movimenti, nè in naturalezza di situazioni. Son tutti e cinque coronati la testa
nè in naturalezza di situazioni. Son tutti e cinque coronati la testa di pino, egualmente dalle sue capillate frondi che d
ero diletto a Pan duce dei Satiri e dei Fauni, quindi nelle cerimonie di Pan introdotto, ed usato al par delle viti e dell
ciulle comparvero nella pompa Bacchica del Filadelfo recinte il crine di corone d’oro imitanti le foglie di pino. Le spogl
ica del Filadelfo recinte il crine di corone d’oro imitanti le foglie di pino. Le spoglie di fiere che hanno intorno alle
cinte il crine di corone d’oro imitanti le foglie di pino. Le spoglie di fiere che hanno intorno alle membra non son già n
e hanno intorno alle membra non son già nebridi, ma pardalidi o pelli di pantere e di tigri. « I loro tirsi, come quei del
no alle membra non son già nebridi, ma pardalidi o pelli di pantere e di tigri. « I loro tirsi, come quei delle lor compag
ome nelle guerre Indiche ci vengono descritti, e quali ebbero il nome di aste-tirsi. « Le duplici tibie, le verghe pastori
i. « Le duplici tibie, le verghe pastorizie, i prefericoli, cioè vasi di bronzo senza manichi, aperti come catini, sono i
 Quattro delle Baccanti sollevansì sulle punte dei piedi in movimento di danza concitata e violenta, che al gettar la test
o, mentre la seconda in leggiadrissimo atto solleva soltanto le falde di un breve ammanto che le s’inarca dietro le spalle
’ultima fìgura che sembra la corifea del Triaso, è forse Nisa nudrice di Bacco, il cui simulacro colossale e mobile da per
piedi spargendo latte dalla fiala eh’ era nella sua destra e tornava di tempo in tempo a sedersi. Se non che la nostra fi
o ha una gran face nella manca, arnese ugualmente proprio delle feste di Bacco che di quelle di Cerere. « I teschi dei cap
face nella manca, arnese ugualmente proprio delle feste di Bacco che di quelle di Cerere. « I teschi dei capri scolpiti n
a manca, arnese ugualmente proprio delle feste di Bacco che di quelle di Cerere. « I teschi dei capri scolpiti nel terrazz
enii che cavalcano le pantere son genii Bacchici, e le due gran teste di leone ci ricordano i rapporti Dionisiaci di quest
hici, e le due gran teste di leone ci ricordano i rapporti Dionisiaci di questa fiera che, sacra alla madre degli Dei, pas
i questa fiera che, sacra alla madre degli Dei, passò nelle solennità di Bacco a quelle di Cibele confuse, e ci danno argo
, sacra alla madre degli Dei, passò nelle solennità di Bacco a quelle di Cibele confuse, e ci danno argomento di quel furo
e solennità di Bacco a quelle di Cibele confuse, e ci danno argomento di quel furore da cui comprese le Menadi rendeansi p
forti delle più forti belve, onde sì vantarono in un epigramma greco di ritornar dalla caccia colla testa di uccisi leoni
vantarono in un epigramma greco di ritornar dalla caccia colla testa di uccisi leoni. Le Baccanti. « Quantunque Euripid
ia intitolata Le Baccanti la modestia e la decenza che queste seguaci di Bacco sapevano conservare nel furore stesso dell’
li artefici preferissero, per dare alla loro opera un vezzo maggiore, di rappresentare piuttosto ciò che accadeva talvolta
ma le ninfe dei monti, dei boschi e delle fontane, come la compagnia di veri Satiri e Fauni lo fa arguire. « La Baccante
come la compagnia di veri Satiri e Fauni lo fa arguire. « La Baccante di questo bel bassorilievo è quasi del tutto ignuda,
i compagni. Un flauto è alla bocca del Fauno abbigliato della spoglia di una pantera, e il Satiretto, che viene appresso,
di una pantera, e il Satiretto, che viene appresso, è ancora in atto di dar fiato a un’altra tibia. L’altro Satiro fanciu
che la precede, sembra intento anch’ esso a trar suono da una specie di piva conosciuta presso gli antichi sotto il nome
ono da una specie di piva conosciuta presso gli antichi sotto il nome di tibia otricularia, cioè tibia coll’otre. « Il suo
ibia otricularia, cioè tibia coll’otre. « Il suolo sassoso, che serve di terrazzo alla composizione, ci richiama alla ment
anali del Citerone, del Tmolo, deirElicona e del Taigeto, e r epiteto di frequentatore di montagne, dato a Bacco dai Poeti
e, del Tmolo, deirElicona e del Taigeto, e r epiteto di frequentatore di montagne, dato a Bacco dai Poeti per dimostrare c
bia saputo l’arte ritrarre, è certamente il pargoletto Fauno coronato di edera, che seduto a terra con espressione maravig
no coronato di edera, che seduto a terra con espressione maravigiiosa di avidità si tracanna il vino da una tazza da lui c
antiche sanno combinare così i pregi opportì, perchè non perdono mai di vista il prototipo della più scelta natura. L’ az
iullo. « Sembrerà strano, cred’io, a chi non ha idea della negligenza di molti espositori di cose antiche, essere ancora u
rano, cred’io, a chi non ha idea della negligenza di molti espositori di cose antiche, essere ancora un Fauno il famoso Gi
ne sono state pubblicate finora. Darò fine all’istoria, ai monumenti di Bacco, e nel tempo stesso alla Mitologia Teologic
o descrivono: « Dall’altra parte la bella Arianna Con le sorde acque di Teseo si dole, E dell’aura e del sonno che la ing
palustre canna. Par che in atto abbia impresso tai parole: Ogni fiera di te meno è crudele; Ognun di te più mi saria fedel
tto abbia impresso tai parole: Ogni fiera di te meno è crudele; Ognun di te più mi saria fedele. Vien sopra un carro d’ell
dele; Ognun di te più mi saria fedele. Vien sopra un carro d’ellera e di pampino Coperto Bacco, il qual duo tigri guidano,
iotola, Qual ha preso una ninfa, e qual si rotola. Sopra l’asin Silen di ber sempre avido Con vene grosse, nere, e di most
tola. Sopra l’asin Silen di ber sempre avido Con vene grosse, nere, e di mosto umide, Marcido sembra, sonnacchioso e gravi
e di mosto umide, Marcido sembra, sonnacchioso e gravido. Le luci ha di vin rosse, enfiate e fumide. L’ardite Ninfe l’asi
Dobbiamo esser certi, che ancora degli ultimi avanzamenti negli studj di Mitologia farebbe tesoro il Niccolini, se vivendo
l Niccolini, se vivendo ricomponesse le sue Lezioni, perchè l’ingegno di lui, non ci stancheremo di ripeterlo, era altamen
omponesse le sue Lezioni, perchè l’ingegno di lui, non ci stancheremo di ripeterlo, era altamente progressivo. Vedi la nos
XI e XII, e nel Vol. 7.º il Proemio, pag. XII, ecc. ecc. 2. Lezioni di Mitologia a uso degli artisti, Firenze 1855, Barb
sua lettera bellissima e inedita. 5. Porfirio, adducendo l’opinione di Numerio intorno al racconto di Mosè sulla creazio
a. 5. Porfirio, adducendo l’opinione di Numerio intorno al racconto di Mosè sulla creazione, ove dicesi che lo spirito d
ntorno al racconto di Mosè sulla creazione, ove dicesi che lo spirito di Dio era portato sopra l’acque, narra che le divin
ato quel ch’egli insegnava del moversi la terra sopra l’acque a guisa di una nave; e di essa trovansi le traccio in alcuni
i insegnava del moversi la terra sopra l’acque a guisa di una nave; e di essa trovansi le traccio in alcuni monumenti dell
onumenti dell’antichità. Nella Villa Ludovisi vi ha una piccola Iside di marmo, che tiene sopra una nave il pie sinistro;
edi Luciano , De sacrificiis. 17. Jasione è figlio, secondo Isacio, di Minos e di Fronia. 18. Dalle saette formate in g
o , De sacrificiis. 17. Jasione è figlio, secondo Isacio, di Minos e di Fronia. 18. Dalle saette formate in guisa d’amo
rni Bacchici simili ai venatorii, e diversi dai teatrali, eran specie di stivaletti propri di chi frequentava la campagna,
i venatorii, e diversi dai teatrali, eran specie di stivaletti propri di chi frequentava la campagna, che difendevano i pi
9 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo I pp. 3-423
Introduzione. Se col volgere degli anni si videro di quando in quando anche le Scienze pressochè tutte
carle l’Età trascorse. Non saprei però, se finalmente oggidì ciascuna di esse fosse da risguardarsi come a tale grado di p
mente oggidì ciascuna di esse fosse da risguardarsi come a tale grado di perfezione ridotta ; che più non abbisognasse di
si come a tale grado di perfezione ridotta ; che più non abbisognasse di lavoro alcuno. Tale per certo non è la Mitologia,
abbisognasse di lavoro alcuno. Tale per certo non è la Mitologia, il di cui studio è poi sì necessario a costituire l’uom
cui studio è poi sì necessario a costituire l’uomo erudito ; e capace di ravvisare molti preziosi avanzi della più rimota
i fatti se nell’ applicarsi a qualsivoglia Scienza quell’ordine prima di tutto conviene seguire ; il quale a guisa di lumi
ienza quell’ordine prima di tutto conviene seguire ; il quale a guisa di luminosa face suole guidare agevolmente il nostro
nosa face suole guidare agevolmente il nostro intelletto all’acquisto di ogni più sublime e difficile cognizione ; questa
ta esattezza d’ordine non venne fin’ora osservata dalla maggior parte di quegli Scrittori, che nella nostra Italiana favel
fabeticamente esposti, possono con tutta facilità offrirsi agli occhi di chi or l’uno or l’altro vuole separatemente conos
cui cosi concatenate risultassero, che potessero acquistarsi il nome di Mitologica Istoria. Ciò da alcuni già si fece ; m
l’opra loro non è poi così abbastanza compita, che non ci lasci privi di molte e molte interessanti cognizioni. Al difetto
olte e molte interessanti cognizioni. Al difetto loro pertanto tentai di supplirvi io : non che abbracciando siffatto argo
omento in tutta la sua estensione, v’abbia introdotta una connessione di Fatti in forma di perpetua, nè mai interrotta nar
sua estensione, v’abbia introdotta una connessione di Fatti in forma di perpetua, nè mai interrotta narrazione : disegno
utte le Favole ad un ragionato ordine, non omettessi nel tempo stesso di soddisfare anche a quelli, che bramosi di leggere
omettessi nel tempo stesso di soddisfare anche a quelli, che bramosi di leggere o questa solamente o quella, niente delle
ima si descrivono le Maggiori Divinità, e delle Minori pure per mezzo di Annotazioni al fine di ogni Capo, onde non interr
ggiori Divinità, e delle Minori pure per mezzo di Annotazioni al fine di ogni Capo, onde non interrompere il filo della le
terza finalmente trattasi delle Virtù e de’ Vizj, de’ Beni e de’ Mali di questa vita, secondochè furono dal Gentilesimo di
à e là indicate, in guisa però, che non resti mai violata quell’unità di disegno, a cui mira la tessitura della presente I
eparatamente presa. Che se tra le Belle-Lettere alcune ve ne sono, il di cui principalissimo oggetto è quello di costituir
Lettere alcune ve ne sono, il di cui principalissimo oggetto è quello di costituire lo spirito virtuoso ; la Mitologia al
o spirito virtuoso ; la Mitologia al certo, facendoci ammirare quanto di bello la Grecia spezialmente e il Lazio cantarono
ad un eterno obblio, mentre se ne risvegliava la piacevole ricordanza di quello. Questo è ciò, di che c’instruiva anche M.
re se ne risvegliava la piacevole ricordanza di quello. Questo è ciò, di che c’instruiva anche M. Rollin, quando trattava
a promuovere i grandi oggetti del piacere e dell’utilità, altrettanto di attenzione vi si usa, affinchè varie altre di que
ll’utilità, altrettanto di attenzione vi si usa, affinchè varie altre di quelle o si mostrino corrette riguardo alle licen
zione sia per derivare alla presente Opera, p rchè spoglia comparisce di qualsivoglia spiegazione. Le rivoluzioni successi
i abbagli degli Etimologisti, l’iperbole sì familiare agli Entusiasti di ogni genere, tutto ciò concorse a stabilire la va
terreno ; esposto indifferentemente a tutti, e dove tutti credettero di scuoprirvi ciò che le loro idee, o i loro partico
carono lo scioglimento d’ogni Favoloso racconto ; altri si avvisarono di aver trovata la vera spiegazione delle Favole, me
me dunque in così oscure materie, e in mezzo a tanta e sì yaria copia di giudizj e opposizioni altrui, come non avrebbesi
ni altrui, come non avrebbesi a trovare vacillante e incerto il passo di chi volesse salire alla vera sorgente di siffatte
acillante e incerto il passo di chi volesse salire alla vera sorgente di siffatte Descrizioni ? La Pagana Teologia non è a
agana Teologia non è agli occhi delle persone sensate, che un tessuto di stravaganti idee, e un cumulo (come dice il saggi
uto di stravaganti idee, e un cumulo (come dice il saggio Fontenalle) di menzogne non meno strane, che manifeste. Il voler
gazione sarebbe lo steaso, che voler costituirsi interprete de’ sogni di chi delira. La migliore spiegazione (soggiunge He
spiegazione (soggiunge Heyne) che far si possa delle Favole, è quella di presentarle quali furono, seguendone la traccia e
, qualunque siasi lavoro, a cui lio da varj anni consecrato i ritagli di tempo, che le altre occupazioni della vita mi las
mpo, che le altre occupazioni della vita mi lasciavano, possa servire di gradimento agli amatori delle Belle-Lettere. I
i nozioni preliminari. L’Uomo volontariamente divenuto cieco di mente in mezzo a’ più evidenti lumi della natural
enti lumi della naturale ragione, ed empiamente costituitosi perverso di cuote, non ostante i possenti ajuti della Divina
ostante i possenti ajuti della Divina Grazia, perdette la giusta idea di quell’Ente unico e supremo, ch’è la causa prima e
l’Ente unico e supremo, ch’è la causa prima efficiente, e regolatrice di tutte le cose. Quindi in tale esecrando eccesso d
nte, e regolatrice di tutte le cose. Quindi in tale esecrando eccesso di follia ei cadde, che non isdegnò di ammettere con
Quindi in tale esecrando eccesso di follia ei cadde, che non isdegnò di ammettere con apertissima contraddizione più Natu
e con apertissima contraddizione più Nature Divine, nè ebbe in orrore di tributare alle più vili creature quel culto, che
enta mila ; e Plinio soggiunge, che più Dei si adoravano da’ Gentili, di quel che uomini v’avesseto sulla terra. Le tante
e’ sacri e profani Scrittori non lasciano stabilire con sicurezza chi di sì enormi delirj ne sia stato l’autore. Certo è,
latria è quasi così antica, come lo è il mondo ; ed è parimenti fuori di ogni dubbio, ch’essa con tale e sì ampio corso si
ate Deità ben presto si acquistarono quasi da per tutto immensa turba di adoratori. Queglino stessi, che saggi Filosofi er
fi erano creduti, mentre internamente deridevano il mostruoso ammasso di tante chimeriche Divinità, ad esse-poi con sacril
ere, Nettuno. Minerva, Marte, Vulcano, Mercurio, ed Esculapio. Dodici di questi si dissero Consenti, o perchè aveano il di
pio. Dodici di questi si dissero Consenti, o perchè aveano il diritto di prestare il loro assenso alle deliberazioni di Gi
rchè aveano il diritto di prestare il loro assenso alle deliberazioni di Giove(a), o perchè erano riputati assessori e con
oto(c) primi gli Egiziani a introdurre il culto a questi dodici Dei : di là passò poi nella Grecia, dove sino da’ tempi di
questi dodici Dei : di là passò poi nella Grecia, dove sino da’ tempi di Pisistrato fu loro dedicato in Atene un tempio. A
stessi vennero istituite le Feste Consenzie, così dette dal consenso di molti, i quali si facevano ad anorare questi Dei,
i divinizzati(a). I Romani innoltre ammisero tra’ loro Dei moltissimi di quelli delle altre Nazioni, e li chiamarono Aggiu
delle altre Nazioni, e li chiamarono Aggiunti. V’erano pure appresso di loro gli Dei Novensili, e questi al dire di Varro
ti. V’erano pure appresso di loro gli Dei Novensili, e questi al dire di Varrone erano quelli, che da’ Sabini si trasferir
riconoscono le nove Divinità, alle quali Giove accordò il privilegio di scagliare il fulmine(c). Servio poi per Dei Noven
gli Eroi e gli altri mortali, che per le loro esimie gesta meritarono di essere annoverati tra gli Dei(d). Più verisimile
venerarne anch’ eglino i Numi, così abbiano dato agli stessi il noms di Dei Novensili(e). Saturno. Saturno al dire
li stessi il noms di Dei Novensili(e). Saturno. Saturno al dire di Platone(a) era figlio di Oceano e di Teti ; ma Es
Novensili(e). Saturno. Saturno al dire di Platone(a) era figlio di Oceano e di Teti ; ma Esiodo nella sua Teogonia,
. Saturno. Saturno al dire di Platone(a) era figlio di Oceano e di Teti ; ma Esiodo nella sua Teogonia, ossia Canto
ore. Saturno lo fece perire. L’impeto del mondo passò allora appresso di lui, di Titano, e di Giapeto ; ma poi lo ritenne
urno lo fece perire. L’impeto del mondo passò allora appresso di lui, di Titano, e di Giapeto ; ma poi lo ritenne il solo
perire. L’impeto del mondo passò allora appresso di lui, di Titano, e di Giapeto ; ma poi lo ritenne il solo Saturno a pat
non lasciasse vivere alcun figliuolo maschio, affinchè il regno dopo di lui passasse a chi per diritto creditario apparte
no de’ proprj figli lo avrebbe scacciato dal regno(d). Tra’ figliuoli di Saturno, i quali incontrarono la trista sorte, si
divorò(a) (9). Una certa bevanda, che poi Meti, figlia dell’ Oceano e di Teti, gli somministrò, fece sì, ch’ egli restitui
ell’ Oceano e di Teti, gli somministrò, fece sì, ch’ egli restituisse di nuovo alla luce tutti i figliuoli, che avea divor
one, e unitosi quindi a’ suoi figliuoli, caricò Saturno, e sua moglie di pesanti catene. Giove però, raccolta una numerosa
ua moglie di pesanti catene. Giove però, raccolta una numerosa truppa di Cretesi e di altri esuli, debellò i Titani, e rim
pesanti catene. Giove però, raccolta una numerosa truppa di Cretesi e di altri esuli, debellò i Titani, e rimise sul trono
, debellò i Titani, e rimise sul trono il genitore. Questi per timore di esserne nuovamente da Giove stesso scacciato, com
(d). Il Nume, accolto benignamente da quel re, gl’ insegnò la maniera di vivere, e di coltivare le campagne. Giano in rica
accolto benignamente da quel re, gl’ insegnò la maniera di vivere, e di coltivare le campagne. Giano in ricambio lo assoc
a una nave, che ricordasse quella, su cui Saturno avea approdato alle di lui sponde(e) (14). Giano altresì instituì in ono
approdato alle di lui sponde(e) (14). Giano altresì instituì in onore di questo Nume le Feste Saturnali, le quali poi cont
ata ogni occupazione, si viveva solamente tra’ piaceri(15). La statua di Saturno, mentre tutto l’ anno vedeasi carita di c
iaceri(15). La statua di Saturno, mentre tutto l’ anno vedeasi carita di catene, simbolo di quelle, con cui egli era stato
ua di Saturno, mentre tutto l’ anno vedeasi carita di catene, simbolo di quelle, con cui egli era stato avvinto da Giove,
gli era stato avvinto da Giove, allora si scioglieva, per indicare la di lui liberazione, ovvero la libertà, di cui godeva
si scioglieva, per indicare la di lui liberazione, ovvero la libertà, di cui godevano allora spezialmente i Servi(16). Cos
Costoro in que’ giorni assumevano il berettino, detto pileo, simbolo di libertà appresso quelle Genti. Eglino venivano al
Sintesi(18) (a). Tra mezzo a tali Feste eravi anche un combattimento di Gladiatori(19). Gli Ateniesi pure celebrarono sim
stizione. Un empio e barbaro sentimento d’ omaggio versò sugli altari di lui sangue umano ; e i padri stessi col più feroc
ma, a Saturno eretta nella via, che conduceva al Campidoglio. Al dire di Festo correva fama, che la medesima fosse stata i
reva fama, che la medesima fosse stata innalzata dagli Epei, compagni di Ercole, o da Ercole stesso. Cerei pure ardevano i
il lume dell’ umana vita(e). Saturno rappresentasi sotto l’ aspetto di un vecchio incurvato, co’ capelli bianchi, con lu
erra(c). Cibele. Cibele nacque da Urano e da Titea, e fu moglie di Saturno. Venne così denominata dal monre Cibelo,
a Frigia, e sopra il quale fu da principio venerata(a). Sotto ii nome di questa Dea riconoscevasi la Terra, benchè questa,
riconoscevasi la Terra, benchè questa, come abbiamo osservato, fosse di lei madre ; ma non è da maravigliarsi, giacchè ap
appellò anche Tellure e Vesta(1), i quali nomi corrispondono a quello di Terra(b). Come Vesta, chiamata in vece da’ Greci
cchi opposti al Sole(i). Esso però si rinovava ogni anno alle Calende di Marzo(l). Il medesimo conservavasi sospeso in vas
alle Calende di Marzo(l). Il medesimo conservavasi sospeso in vasetti di terra(a), e vi si gettavano con profusione fiori
ed anche cose preziose. Dal crepitare diverso e dal diverso scherzare di quella fiamma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebb
mma si traevano gli Oracoli(3) ; ed ebbe da ciò origine quella spezie di Divinazione, chiamata Piromanzia.(4). Nel predett
a Piromanzia.(4). Nel predetto tempio non pote ano entrare gli uomini di notte, nè penetrare giammai in quella parte del m
ormata Giuturna(c) (6). Eravi finalmente appresso i Romani il costume di tenere il mentovato fuoco anche nell’ ingresso de
7) e dalle città, ove spezialmente era onorata. Ebbe innoltre il nome di Maja, ossia Magna-Madre, di Rea, di Buona-Dea, di
lmente era onorata. Ebbe innoltre il nome di Maja, ossia Magna-Madre, di Rea, di Buona-Dea, di Ope, e d’ Iside. Si chiamò
ra onorata. Ebbe innoltre il nome di Maja, ossia Magna-Madre, di Rea, di Buona-Dea, di Ope, e d’ Iside. Si chiamò Maja(h),
be innoltre il nome di Maja, ossia Magna-Madre, di Rea, di Buona-Dea, di Ope, e d’ Iside. Si chiamò Maja(h), ossia Magna M
sendo ella risguardata come la Genitrice comune degli Dei(i). Il nome di Rea le derivò dal verbo Greco rin, scorrere, perc
a terra(l). Venne denominata Buona Dea, perchè la terra è la sorgente di moltissimi beni(m) (8). Dalla voce latina opes, r
Isiaci, i quali menavano una vita assai austera : non facevano uso nè di sale, nè di vino ; vestivano di lino ; andavano c
ali menavano una vita assai austera : non facevano uso nè di sale, nè di vino ; vestivano di lino ; andavano colla testa r
a assai austera : non facevano uso nè di sale, nè di vino ; vestivano di lino ; andavano colla testa rasa ; e si cuoprivan
, chiamate Isie, nelle quali si portavano in giro vasi pieni d’orzo e di grano, perchè diceasi, ch’ ella ne aveva insegnat
vea un tempio, sacro sì a Lei, che a Serapide(12). Sotto il Consolato di Pisone e di Gabinio ne fu proibito il culto, ma p
o, sacro sì a Lei, che a Serapide(12). Sotto il Consolato di Pisone e di Gabinio ne fu proibito il culto, ma poi dall’ Imp
e di Gabinio ne fu proibito il culto, ma poi dall’ Imperatore Comodo di nuovo venne introdotto(f). E’ celebre il grande a
nde affetto, che Iside dimostrò ad Ifide. In Festo, Città dell’ Isola di Creta, dimorava un certo Ligdo, uomo oscuro e pov
à dell’ Isola di Creta, dimorava un certo Ligdo, uomo oscuro e povero di condizione, ma di costumi irreprensibile. Egli, v
reta, dimorava un certo Ligdo, uomo oscuro e povero di condizione, ma di costumi irreprensibile. Egli, vedendo gravida Tal
Nacque una bellissima bambina ; ma Teletusa, cui Iside avea commesso di serbarla in vita, destramente fece credere al mar
avea commesso di serbarla in vita, destramente fece credere al marito di aver partorito un bambino. Ligdo lo chiamò Ifide 
ò Ifide ; e scorsi tredici anni, gli destinò in moglie Giante, figlio di Teleste, suo connazionale, la quale fralle giovan
Giante, figlio di Teleste, suo connazionale, la quale fralle giovani di Festo si decantava per la più bella. Teletusa, co
si decantava per la più bella. Teletusa, conoscendo l’ impossibilità di tale sposalizio, usò ogni studio per trarlo in lu
più differirlo, si recò colla figlia all’altare d’ Iside, e la pregò di soccorso. Uscì finalmente la madre dal tempio. La
nte in isposa(a) (13). Tra i molti, che si consecrarono al sacerdozio di Cibele, sono pur celebri i Galli, e le Vestali. I
lebri i Galli, e le Vestali. I primi furono detti Galli, perchè prima di sacrificare alla loro Dea beveano al fiume Gallo.
’ agitare che facevano il capo, mentre ballavano, e in mezzo il suono di timpani e altri musicali stromenti orribilmente u
donne, e andavano quà e là mendicando, fingendo che Cibele si cibasse di ciò che veniva loro offerto : dal che acquistaron
e di ciò che veniva loro offerto : dal che acquistarono anche il nome di Matragirti, ossia raccoglitori per la Madre, come
llana, che gli discendeva sino al petto, e da cui pendevano due busti di Ati(a). Era stato questi un bellissimo pastore de
a ne prese vendetta. Sangaride era una delle Ninfe Amadriadi. La vita di queste dipendeva dall’ esistenza di certe quercie
na delle Ninfe Amadriadi. La vita di queste dipendeva dall’ esistenza di certe quercie, cosicchè mancando queste, anche qu
Ninfe perivano. Cibele atterrò la quercia ; a cui era affissa la vita di Sangaride ; e questa più non esistette. Ati volev
o(c) (17). Quindi una delle ceremonie, che si praticavano nelle Feste di Cibele era il portare per la città un pino, e rip
Cibele era il portare per la città un pino, e riporlo poi dinanzi al di lei tempio. Questa ceremonia si appellava Dendrof
uegli, che portava l’albero(d). Gli anzidetti Sacerdoti oltre il nome di Galli ebbero anche quello di Dattili, d’ Idei, e
). Gli anzidetti Sacerdoti oltre il nome di Galli ebbero anche quello di Dattili, d’ Idei, e di Cureti. Dattili, perchè dà
oti oltre il nome di Galli ebbero anche quello di Dattili, d’ Idei, e di Cureti. Dattili, perchè dà principio erano solame
a nella Frigia ; appresso il quale soggiornavano ; Cureti dall’ Isola di Creta, ove poscia si trasferirono(e). Altri poi p
o fu affidato alla loro cura(b) : e quindi dicesi ch’ eglino al suono di certi scudi di bronzo solevano aggiungervi il can
lla loro cura(b) : e quindi dicesi ch’ eglino al suono di certi scudi di bronzo solevano aggiungervi il canto di certi ver
glino al suono di certi scudi di bronzo solevano aggiungervi il canto di certi versi, detti poscia Datsili, affinchè Satur
scia Datsili, affinchè Saturno, cui voleasi tenere occulta la nascita di quel bambino, non ne udisse i vagiti(c). Le Vesta
a Tarquinio Prisco alquanto dopo ve ne aggiunse altre due. La facoltà di eleggerle apparteneva prima a’ Re ; e scacciati q
ontefioi. Era vietato l’ammettervi quelle, cho non ancor aveano l’età di sei anni, o aveano oltre passati i dieci(d). Al m
passati i dieci(d). Al momento della loro elezione ricevevano il nome di Amata, la quale era stata la prima Vestale(e). Ad
la quale era stata la prima Vestale(e). Addette una volta al servigio di Vesta, doveano rimanorvi trenta anni, dieci per a
rarvi le altre, che vi si sostituivano. Il loro principale dovere era di serbarsi vergini, e di attendere alla conservazio
si sostituivano. Il loro principale dovere era di serbarsi vergini, e di attendere alla conservazione del sacro fuoco. Se
tia si affidava dal Sommo Pontefice a gravi Matrone le quali ambivano di averne la cura(b). Le Ve stali finalmente godevan
b). Le Ve stali finalmente godevano molti privilegi : avevane diritto di testamentare, anche essendo vivo il loro padre ;
era permesso il celebrare ogni anno le Feste Argee(c) (20). In onore di Cibele s’istituirono le Feste Vestalie, le Megale
a Dea Vesta ; gli asini si conducevano in giro per la città, coronati di fiori, e portando essi come certe collane, format
città, coronati di fiori, e portando essi come certe collane, formate di pane ; finalmente si ornavano le macine di corone
ome certe collane, formate di pane ; finalmente si ornavano le macine di corone(d). I Libri Sibillini(21) aveano predetto
e sempre più accresciuto, qualora avessero potuto trasferire appresso di se Cibele da Pessimunte, città della Galazia nell
enne nella propria casa, tinchè le si eresse un tempio(b). In memoria di tutto ciò Roma adottò le Feste, solite a celebrar
a, chiamata Lavazione, perchè essa consisteva nel lavare il simulacro di Cibele nel piccolo fiume Almone, che trovavasi su
allora ogni lutto e ceremonia funebre. Ciascuno innanzi al simulacro di Cibele faceva pompa di ciò che aveva di più prezi
remonia funebre. Ciascuno innanzi al simulacro di Cibele faceva pompa di ciò che aveva di più prezioso. Tutti vestivano a
Ciascuno innanzi al simulacro di Cibele faceva pompa di ciò che aveva di più prezioso. Tutti vestivano a loro capriccio, e
eramente usavano delle insegne delle dignità le più cospicue. Il fine di tali Feste era quello di ottenere in copia le fru
segne delle dignità le più cospicue. Il fine di tali Feste era quello di ottenere in copia le frutta dalla terra(e). Le Or
nche Fordicali, o Fordicidie(g). Una carestia avvenuta sotto il regno di Numa Pompilio diede occasione alle medesime. Quel
di Numa Pompilio diede occasione alle medesime. Quel re dell’ oracolo di Fauno, di cuì parleremo altrove, udi che per far
mpilio diede occasione alle medesime. Quel re dell’ oracolo di Fauno, di cuì parleremo altrove, udi che per far cessare qu
ar cessare quelle desolazione conveniva placaro Cibele col sacrifizio di due vittime, nate da una sola giovenca. Trenta di
bele col sacrifizio di due vittime, nate da una sola giovenca. Trenta di queste gravide s’immolarono in quel giorno, e la
a divenne nuovamente fertile(a). Cibele comparisce dipinta con corona di toni il capo, donde le derivò appresso i Greci il
erivò appresso i Greci il nome a Pirgofora, porta-torri (b), e quello di Turrita e le Turrigora appresso i Latini(c). Sta
onessa. Finalmente le si diede anche le scettro in mano. Le torri sul di lei capo indicano, che Cibe le fu la prima, che i
che Cibe le fu la prima, che insegnò a fortificare le città co mezzo di quelle(d). I due animali, da cui viene tirato il
le città co mezzo di quelle(d). I due animali, da cui viene tirato il di lei carro, ricordano Ippomene, figlio de Macareo
, ricordano Ippomene, figlio de Macareo o Megareo, e Atalanta, figlia di Scheneo re di Scito, cangiati da questa Dea negli
pomene, figlio de Macareo o Megareo, e Atalanta, figlia di Scheneo re di Scito, cangiati da questa Dea negli anzideetti an
gli altri prodotti della terra(f). Cerere. Cerere era figliuola di Saturno e di Cibele(a). Gli Antichi la venerarono
dotti della terra(f). Cerere. Cerere era figliuola di Saturno e di Cibele(a). Gli Antichi la venerarono come la Dea
a tutelare de’ campi(1), perchè fu la prima che insegnasse la maniera di seminare le biade per sostituirle alle ghiande, d
a(3), Persefone(c), e Core(4). A tale oggetto Cerere soleva accendere di notte due fiaccole sull’ Etna, monte della Sicili
due fiaccole sull’ Etna, monte della Sicilia, da cui esalavano globi di fuoco ; e però fu detta Tedifera(d). Il viaggio i
appressò ad una capanna per ricercarvi dell’acqua. Una vecchierella, di nome Baubo(c), prontamente ne la soddisfece, Ment
ntre Cerere si dissetava, il giovinetto Abante, figlio d’ Ipotoonte e di Metanira, si fece a motteggiarla di soverchia ing
tto Abante, figlio d’ Ipotoonte e di Metanira, si fece a motteggiarla di soverchia ingordigia. Se ne offese la Dea, e lo c
bbia nell’indicato modo castigato Abante, perchè quegli avea deriso i di lei sacrifizj(g). Anche Celeo, re d’ Eleusi, aven
endo sopra una pietra, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò di rallegrarla con varj ridicoli
a, la accolse nella sua Reggia. Giambe, una delle di lui serve, cercò di rallegrarla con varj ridicoli racconti(a). La Dea
re quel re dell’ accoglienza, che le avea fatto, prese ad allevare il di lui figliuolo, Trittolemo(5) ; e volendo renderlo
l fuoco. Ne venne interrotta da Celeo(b), e in vece gl’insegnò l’arte di seminare il frumento(6). La stessa Dea gli sommin
dragoni alati(7), onde potesse indicare a tutti gli uomini la maniera di fare lo stesso(c). Trittolemo, scorse le Provinci
i, appenachè vide lo straniero, e ne intese il nome e il motivo della di lui venuta, arse d’invidia, ch’egli fosse autore
e il motivo della di lui venuta, arse d’invidia, ch’egli fosse autore di sì bel dono ; ma tuttavia, fingendo amicizia, lo
di sì bel dono ; ma tuttavia, fingendo amicizia, lo accolse appresso di se, per trucidarlo poi, qualora fosse caduto in p
o. Non vi riuscì però, poichè Cerere, la quale vegliava alla salvezza di Trittolemo, cangiò il perfido Linco in lince, ani
lla salvezza di Trittolemo, cangiò il perfido Linco in lince, animale di acutissima vista(d). Trittolemo poi, ritornato da
da’ suoi viaggi, restituì a Cerere il carro(8), e stabilì in Eleusi a di lei onore una festa(e) (9). Non altrimenti Cerere
quel tempo ignota a tutti gli uomini(f). La Dea inoltre volle, che i di lui discendenti, chiamati Fitalidi, presiedessero
olle, che i di lui discendenti, chiamati Fitalidi, presiedessero alle di lei sacre ceremonie : il quale onore fu loro conf
fu loro confermato da Teseo(a). Cerere pure si presentò a Plemneo, re di Sicione, e figlio di Perato, e veggendolo afflitt
Teseo(a). Cerere pure si presentò a Plemneo, re di Sicione, e figlio di Perato, e veggendolo afflittissimo, perchè tutti
cione, e figlio di Perato, e veggendolo afflittissimo, perchè tutti i di lui figliuoli, appena nati, morivano, si offerse
o, perchè tutti i di lui figliuoli, appena nati, morivano, si offerse di allevargli quello, che in que’giorni era comparso
Dea in Nettuno, il quale, trasformatosi in cavallo, la rendette madre di una figlia, che fu nominata Era(c). Altri dicono
i dicono che Cerere in quella circostanza abbia partorito un cavallo, di cui poscia così se ne vergognò, che copertasi di
artorito un cavallo, di cui poscia così se ne vergognò, che copertasi di nera veste, e fuggendo l’aspetto degli altri Numi
degli altri Numi, si nascose in oscurissima spelonca. La terra per la di lei assenza divenne sterile, e grave pestilenza i
ngo sarebbe il ridire quante terre e quanti mari girasse Cerere prima di ritornarsene in Sicilia. Non le restava più luogo
luogo ad esplorare nell’ Universo ; sicchè abbandonata ogni speranza di ritrovare la figlia, si fermò desolata presso una
rattanto la fronte dal fondo delle acque la Ninfa Aretusa, originaria di Pisa in Elide, e le natrò di aver véduto la di le
delle acque la Ninfa Aretusa, originaria di Pisa in Elide, e le natrò di aver véduto la di lei figliuola sedere in trono s
fa Aretusa, originaria di Pisa in Elide, e le natrò di aver véduto la di lei figliuola sedere in trono sposa di Plutone (a
, e le natrò di aver véduto la di lei figliuola sedere in trono sposa di Plutone (a). Pausania soggiunge, che fu la Ninfa
ania soggiunge, che fu la Ninfa Crisantide quella che indicò il ratto di Proserpina a Cerere, quando questa Dea giunse in
a a Cerere, quando questa Dea giunse in Argo appresso Pelasgo, figlio di Triopa (b). A sì tristo avviso restò per lungo te
tempo attonita la dolente madre, ma rasserenato poi lo spirito, volò di nuovo all’ Olimpo, e ricorse a’ Giove pet riavere
limpo, e ricorse a’ Giove pet riavere Proserpina, ch’ era pure figlia di hai. Il Nume promise di soddisfarla, qualora la g
e pet riavere Proserpina, ch’ era pure figlia di hai. Il Nume promise di soddisfarla, qualora la giovine non avesse gustat
ddisfarla, qualora la giovine non avesse gustato alcun cibo nel Regno di Plutone. Proserpina v’ avea mangiato alquante gra
o nel Regno di Plutone. Proserpina v’ avea mangiato alquante granella di melogranato. L’ avea veduta Ascalafo, partorito a
tto, e fu quindi da Proserpina cangiato in Gufo, uccello annunziatore di funesti eventi. Sembrava, che per Cerere dovesse
eventi. Sembrava, che per Cerere dovesse essere perduta ogni speranza di ricuperare la figlia ; ma Giove fece sì che per s
lia ; ma Giove fece sì che per sei mesi dell’ anno la avesse appresso di se la madre, e per altrettanti il marito (c). Cer
una statua, con tale artifizio formata, che chi la mirava, o credeva di vedere Cerere stessa, o la dilei effigie discesa
panda, perchè somministrava del pane a coloro, che si rifugiavano nel di lei asilo (b) (11). Si disse Mallofora, ossia por
o un gran tempio in Ermione, città della Laconia, nel quale ogni anno di Estate se ne celebrava la festa con una processio
uale ogni anno di Estate se ne celebrava la festa con una processione di Sacerdoti di varie Divinità e di Magistrati. Li s
o di Estate se ne celebrava la festa con una processione di Sacerdoti di varie Divinità e di Magistrati. Li seguivano uomi
lebrava la festa con una processione di Sacerdoti di varie Divinità e di Magistrati. Li seguivano uomini, donne, e fanciul
guivano uomini, donne, e fanciulli, vestiti a bianco, inghirlan, dati di fiori, e cantando inni. Venivano dietro giovenche
o, e successivamente vi s’ immolavano da quattro matrone (e). Il nome di Raria le derivò dal campo Rario in Eleusi, che fu
leusi, che fu il primo ad essere seminato da Trittolemo (f). In onote di Cerere s’instituirono varie altre Feste. Tra ques
dell’ Attica, ove si celebravano, ebbero per eccellenza anche il nome di Misterj, perchè in esse tutto era mistico. Dicesi
te dalla stessa Cerere ; altri dal re Eretteo ; altri da Museo, padre di Eumolpo ; altri dallo stesso Eumolpo(12). Si sole
vittime a Giove e a Cerere ; si facevano libazioni con due vasi pieni di vino, uno de’ quali versavasi dalla parte d’ Orie
iù volte fermandosi, cantando inni, e sacrificando (d). Ne’ sacrifizj di questa Dea si usavano corone di mirto o di narcis
ni, e sacrificando (d). Ne’ sacrifizj di questa Dea si usavano corone di mirto o di narciso, per ricordare la tristezza, a
ficando (d). Ne’ sacrifizj di questa Dea si usavano corone di mirto o di narciso, per ricordare la tristezza, a cui Cerere
so, per ricordare la tristezza, a cui Cerere soggiacque dopo il ratto di sua figlia. Queste Feste ebbero principio nell’ A
ossia bella danza, da’ balli sacri, che vi facevano le donne in onore di questa Dea. Non molto lungi eravi un sasso, chiam
to, su cui Cerere si riposò stanca e afflitta. Le stesse Feste furono di due sorta, maggiori e minori. Le maggiori, delle
ggiori, delle quali abbiamo fin’ ora parlato, s’instituirono in onore di Cerere, le minori in onore di Proserpina. Quelle
n’ ora parlato, s’instituirono in onore di Cerere, le minori in onore di Proserpina. Quelle si celebravano, come abbiamo d
queste in Agri, appresso il fiume Ilisso. Le minori erano una spezie di preparazione alle maggiori. Niuno poteva esservi
i secondi ne penetravano l’ interno, e loro dopo un anno si concedeva di poter conoscere i più occulti riti e ceremonie di
n anno si concedeva di poter conoscere i più occulti riti e ceremonie di tali Solennità. L’iniziazione si faceva di notte,
ù occulti riti e ceremonie di tali Solennità. L’iniziazione si faceva di notte, e ad essa non solo gli Ateniesi, ma tutti
zioni concorrevano (c). V’ erano ammesse anche le donne sotto il nome di Melisse. Credevasi, che l’essere fatto partecipe
nne sotto il nome di Melisse. Credevasi, che l’essere fatto partecipe di questi Misterj producesse una dolce tranquillità
e fatto partecipe di questi Misterj producesse una dolce tranquillità di vita in questo mondo, e la speranza di una miglio
ducesse una dolce tranquillità di vita in questo mondo, e la speranza di una migliore nell’ altra (d). Niuno poteva palesa
nza di una migliore nell’ altra (d). Niuno poteva palesare il secreto di quelle sacre ceremonie senza soggiacere alla pena
esare il secreto di quelle sacre ceremonie senza soggiacere alla pena di morte. Gl’ iniziati pure si coronavano di mirto,
senza soggiacere alla pena di morte. Gl’ iniziati pure si coronavano di mirto, e si cuoprivano di una veste nuova, la qua
a di morte. Gl’ iniziati pure si coronavano di mirto, e si cuoprivano di una veste nuova, la quale non deponevano, se non
lmente, che le predette Feste minori sieno state introdotte in grazia di Ercole, il quale per legge non poteva essere amme
to distance da Pellene, città dell’ Acaja. Si solemizzavano pel corso di tre giorni. Nel terzo le donne scacciavano dal te
i(a). Chi celebrava le Demetrie, si percuoteva con flagelli, composti di corteccie d’alberi (b). In Eleuti v’ erano pure a
cie d’alberi (b). In Eleuti v’ erano pure ad anore della stessa Dea e di Proserpina certi Giuochi(14) detti Demetrj, ne’ q
ferto era una Festa, in cui i Romani portavano delle spighe al tempio di Cerere (d). Le Tesmoforie furono così dette da Ce
a Trittolemo, re d’ Eleusi (g) (15). Si celebravano da donne nobili e di onesta vita, e due di loro ciascun giorno venivan
eusi (g) (15). Si celebravano da donne nobili e di onesta vita, e due di loro ciascun giorno venivano scelte a presiedervi
i loro ciascun giorno venivano scelte a presiedervi. Queste vestivano di bianco, ed erano obbligate a vivere tre o cinque
erdote, detto Stefanoforo dalla corona, che portava in capo. Al tempo di tali Feste le predette donne portavano sulla test
lligenia, che secondo alcuni fu nutrice, e secondo altri sacerdotessa di Cerere (a). Queste Feste si dissero anche Cereali
ue’ d’ Eleusi, consistevano in sactifizj, offerti alcuni giorni prima di seminare la terra. S’instituirono per comando di
alcuni giorni prima di seminare la terra. S’instituirono per comando di un certo vate, chiamato Autia, il quale asserì, c
o vate, chiamato Autia, il quale asserì, che quello era il solo mezzo di placare la Dea, che affliggeva tutta la Grecia co
llio (c). Le Ambarvali erano Feste o private, e si facevaco da’ padri di famiglia ; o pubbliche, e si solenizzavano da’ Fr
tre volte conducevano intorno alle stesse ne’ campi le vittime prima di sacrificarle. Un talé sacrifizio dicevasi Suoveta
di sacrificarle. Un talé sacrifizio dicevasi Suovetaurilio (d), ossia di una pecora, di un porco, e di un toro (e). Il sac
. Un talé sacrifizio dicevasi Suovetaurilio (d), ossia di una pecora, di un porco, e di un toro (e). Il sacrificatote, cor
fizio dicevasi Suovetaurilio (d), ossia di una pecora, di un porco, e di un toro (e). Il sacrificatote, coronato di querci
una pecora, di un porco, e di un toro (e). Il sacrificatote, coronato di quercia, seguito dal popolo, e saltando, intuonav
alcuna distinzione tralle Feste Ambarvali e le Amburbie (g). Al tempo di queste prima del sacrifizio si conduceva la vitti
iesi in memoria del dolore, che Cerere ebbe a soffrire per la perdita di sua figliuola (i). Tra’ varj tempj, eretti a Cere
nimali se ne cuopriva il pavimento, affinchè nol profanassero i piedi di coloro, che aveano commesso qualche delitto. Tre
che aveano commesso qualche delitto. Tre erano i principali Sacerdoti di questo Tempio, il Gerofante, il Daduco o Lampadef
to Daduco o Lampadeforo, ossia Porta-fiaccola, perchè nelle Solennità di questa Dea do vea portare una fiaccola, come face
vea portare una fiaccola, come faceva Cerere, quan do andava in cerca di Proserpina (b). Il terzo final mente si chiamò Ce
celebre il castigo, con cui Cerere puni il Tessalo Erisittone, figlio di Triope. Costui, com’ era disprezzatore di tutti i
Tessalo Erisittone, figlio di Triope. Costui, com’ era disprezzatore di tutti i Numi, così osò di tagliare anche un bosco
o di Triope. Costui, com’ era disprezzatore di tutti i Numi, così osò di tagliare anche un bosco a Cerere consecrato. Erav
sittone atterrò pure quell’ albero. Se ne sdegnò Cerere, e si propose di cruciarl col mezzo della Fame. Non conveniva però
a il Fato, che la Fame si unisse con Cerere ; quindi costei per mezzo di una delle Oreadi la eccitò a recarsi entro le vis
ei per mezzo di una delle Oreadi la eccitò a recarsi entro le viscere di Erisittone, nè a lasciarvisi giammai vincere dall
scere di Erisittone, nè a lasciarvisi giammai vincere dall’ affluenza di qualsivoglia cibo. Così avvenne : la Fame volò di
ere dall’ affluenza di qualsivoglia cibo. Così avvenne : la Fame volò di notte a spargere il suo veleno sopra lo scellerat
lerato, mentre dormiva. Appenachè egli si destò dal sonno, le viscere di lui si trovarono per avidità di mangiare in somma
è egli si destò dal sonno, le viscere di lui si trovarono per avidità di mangiare in somma agitazione e tormento. In mezzo
di mangiare in somma agitazione e tormento. In mezzo a immensa copia di cibi si querelava di trovarsi digiuno, e altri co
agitazione e tormento. In mezzo a immensa copia di cibi si querelava di trovarsi digiuno, e altri continuamente ne cercav
suo martirio. Di tutti i suoi beninon gli restava che una figliuola, di nome Metra, e questa pure egli vendette per isfam
questa pure egli vendette per isfamarsi. Ella però, de mal comportava di vivere in servitù, pregò Nettuno, che ne la liber
vestì da pescatore. Non molto dopo Metra ritornò alla primiera forma di donna ; ed Erisittone, avvedutosi del privilegio,
nna ; ed Erisittone, avvedutosi del privilegio, che godeva la figlia, di tramutarsi, di nuovo la vendette. Non cessava la
tone, avvedutosi del privilegio, che godeva la figlia, di tramutarsi, di nuovo la vendette. Non cessava la meschina di pre
figlia, di tramutarsi, di nuovo la vendette. Non cessava la meschina di prendere ora questo ed ora quell’ aspetto per ali
rdente, dall’ardore della sua fame (b). Cerere rappresentasi coronata di spighe, e con fiaccola accesa in mano. Altri la d
anche assisa sopra un carro, tirato da Dragoni alati, con un fascetto di papaveri nella destra, e una fiaccola nella sinis
nella sinistra. Le si dà il papavero, o perchè anche questo è simbolo di fertilità ; o perchè a Dea, addolorata per la per
to è simbolo di fertilità ; o perchè a Dea, addolorata per la perdita di Proserpina, nè potendo addormentarsi, usò di quel
ddolorata per la perdita di Proserpina, nè potendo addormentarsi, usò di quel fiore, che ha l’ittività di conciliare il so
rpina, nè potendo addormentarsi, usò di quel fiore, che ha l’ittività di conciliare il sonno (d). Giove. Moltissimi
onno (d). Giove. Moltissimi appresso gli Antichi ebbero il nome di Giove. Il Vossio ne numera trecento (a), Il famos
ssio ne numera trecento (a), Il famoso però, e quello, a cui le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figliuolo
o, a cui le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figliuolo di Saturno e di Cibele. Costei, per sottrarlo alla m
esta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figliuolo di Saturno e di Cibele. Costei, per sottrarlo alla morte, che Sat
abbiamo esposto, gli avrebbe dato, lo spedì secretamente nell’ Isola di Creta, in un antro del monte Ida, appresso i Cori
in un antro del monte Ida, appresso i Coribanti(1). Questi, fingendo di sacrificare, e strepitando con cembali e timpani,
o. Lattanzio dice, che ne furono incaricate Melissa e Amaltea, figlie di Melisseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il
e, che ne furono incaricate Melissa e Amaltea, figlie di Melisseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume di mele e
tea, figlie di Melisseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume di mele e di latte di capri (c). Apollodoro, Grammat
e di Melisseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume di mele e di latte di capri (c). Apollodoro, Grammatico Atenie
sseo, re di Creta ; e ch’ elleno nutrirono il Nume di mele e di latte di capri (c). Apollodoro, Grammatico Ateniese, soggi
. Apollodoro, Grammatico Ateniese, soggiunge, che altre due figliuole di Melisseo, le quali furono Adrastea e Ida, atteser
o col latte della capra Amaltea (d). In Igino leggesi, che la nutrice di Giove fu Adamantea ; che questa sospendeva la cul
ove fu Adamantea ; che questa sospendeva la culla del bambino a’ rami di un albero, onde poter affermare a Saturno, che il
bambino a’ rami di un albero, onde poter affermare a Saturno, che il di lui figliuolo non trovavasi nè in cielo, nè sulla
rra, nè in mare ; e che finalmente ella, acciocchè non si udissero le di lui grida, radunava vicino a quell’ albero i giov
i udissero le di lui grida, radunava vicino a quell’ albero i giovani di que’ dintorni, e dava loro a suonare dei piccoli
o i giovani di que’ dintorni, e dava loro a suonare dei piccoli scudi di bronzo, e delle picche (a), Pausania numera trall
i scudi di bronzo, e delle picche (a), Pausania numera tralle nutrici di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una st
i di Giove una certa Alcinoe, la quale ebbe poi una statua nel tempio di Minerva presso i Tegeati (b). Aglaosténe nomina t
he Giove abbia per questo cangiato il loro colore, il quale prima era di ferro, in quello d’oro (g) (3). V’è finalmente ch
i, Ossa, Pelio, e Olimpo, e cominciarono a scagliare contro la Reggia di Giove grossi macigni ed alberi ardenti (a). Giove
precipitosamente quasi tutti a nascondersi in Egitto sotto la figura di varie piante e animali (b) (5). Correva fama allo
, quando non avesse avuto in suo ajuto qualche mortale. Per consiglio di Minerva si cercò di Ercole, il quale v’accorse, e
avuto in suo ajuto qualche mortale. Per consiglio di Minerva si cercò di Ercole, il quale v’accorse, e fece grande strage
lirono vivi sotto il monte Erna (c) (6). Passato il mondo dal governo di Saturno sotto quello di Giove, finirono le altre
te Erna (c) (6). Passato il mondo dal governo di Saturno sotto quello di Giove, finirono le altre tre età, l’una detta d’a
o di Giove, finirono le altre tre età, l’una detta d’argento, l’altra di bronzo o di r me, e la terza di ferro. In quella
finirono le altre tre età, l’una detta d’argento, l’altra di bronzo o di r me, e la terza di ferro. In quella d’argento si
e età, l’una detta d’argento, l’altra di bronzo o di r me, e la terza di ferro. In quella d’argento si abbreviò l’antica p
di ferro. In quella d’argento si abbreviò l’antica primavera ; quella di rame o di bronzo fu produttrice di genj bellicosi
In quella d’argento si abbreviò l’antica primavera ; quella di rame o di bronzo fu produttrice di genj bellicosi e feroci 
breviò l’antica primavera ; quella di rame o di bronzo fu produttrice di genj bellicosi e feroci ; e quella di ferro diven
rame o di bronzo fu produttrice di genj bellicosi e feroci ; e quella di ferro divenne sorgente fonesta di tutte le scelle
genj bellicosi e feroci ; e quella di ferro divenne sorgente fonesta di tutte le scelleraggini (d). Giove quindi seppellì
uomini in un abisso d’acque, nè lasciò in vita che Deucalione, figlio di Prometeo (e) (7) e re della Tessaglia, e la di lu
che Deucalione, figlio di Prometeo (e) (7) e re della Tessaglia, e la di lui moglie, Pirra, nata da Epimeteo eda Pandora,
soli, i quali si fossero serbati senza colpa (f). Giove poi per mezzo di questi due ripopolò in maravigliosa guisa la terr
ione, in breve tempo si viddero cangiati in uomini, e in donne quelli di Pirra (a). Deucalione, allora offrì solenni sacri
lleno(c), e una figlia, Protogenia (d), che fu da Giove renduta madre di Etlio, padre di Endimione (e), del quale parlerem
figlia, Protogenia (d), che fu da Giove renduta madre di Etlio, padre di Endimione (e), del quale parleremo. In onore di G
madre di Etlio, padre di Endimione (e), del quale parleremo. In onore di Giove s’instituirono le Olimpiadi, ossia i Giuoch
agna d’Olimpia, città d’Elea, vicino al fiume Alfeo (f). Niente si sa di certo intorno all’origine di essi. V’è chi dice c
vicino al fiume Alfeo (f). Niente si sa di certo intorno all’origine di essi. V’è chi dice che uno de’Dattili, di nome Er
i certo intorno all’origine di essi. V’è chi dice che uno de’Dattili, di nome Ercole, trasferitosi con altri quattro suoi
Ercole, trasferitosi con altri quattro suoi fratelli dall’Ida, monte di Creta, in Elide, ivi li abbia introdotti (g). Alt
i disfece i Titani ; e soggiuagono che Apollo rimase allora vincitore di Mercurio nella Corsa, e Marte nel Pugilato (h). A
re Nettuno, che gli avea fatto conseguire in moglie Ippodamia, figlia di Enomao, come più diffusamente vedremo. Altri vogl
vedremo. Altri vogliono che sieno stati instituiti da Ercole, figlio di Alcmena, in onore di Pelope, da cui egli traeva o
ono che sieno stati instituiti da Ercole, figlio di Alcmena, in onore di Pelope, da cui egli traeva origine per parte di m
di Alcmena, in onore di Pelope, da cui egli traeva origine per parte di madre, e che i medesimi, essendo stati per qualch
ualche tempo sospesi, si sieno poi rinovati da Ifito o Ificlo, figlio di Ercole (a). Altri narrano, che Ercole li introdus
ere a’medesimi Giuochi, volle tuttavia farlo sotto le mentite spoglie di Atleta (d) (9). Col progresso poi del tempo anche
citori, fu una corona d’ulivo selvatico (f). Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di querc
a corona d’ulivo selvatico (f). Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma,
ulivo selvatico (f). Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma, e di appio
atico (f). Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma, e di appio. I medesi
Vi si diedero poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma, e di appio. I medesimi vincito
ro poi corone di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma, e di appio. I medesimi vincitori conseguir
e di gramigna, di salcio, di lauro, di mirto, di quercia, di palma, e di appio. I medesimi vincitori conseguirono altresì
’Elide. Era loro uffizio il dare degli avvertimenti agli Atleti prima di ammetterli a que’ Giuochi, e il farli giurare, ch
emo de’ Giuochi (a). Notiamo per ultimo che i Giuochi Olimpici furono di nuovo int rrotti a’ tempi di Corebo(b), e che si
per ultimo che i Giuochi Olimpici furono di nuovo int rrotti a’ tempi di Corebo(b), e che si ristabilirono da Climeno, fig
otti a’ tempi di Corebo(b), e che si ristabilirono da Climeno, figlio di Arcade, uno de’ discendenti d’Ercole Ideo (c). Tr
figlio di Arcade, uno de’ discendenti d’Ercole Ideo (c). Tralle Feste di Giove si fa menzione della Bufonia, così detta, p
ufonia, così detta, perchè si celebrava dagli Ateniesi col sacrifizio di molti buoi (d). La medesima Solennità chiamavasi
orzo mescolato con frumento. Tostochè uno de’ buoi, che dovei servire di vittima, mangiava di quel grano, il sacerdote con
umento. Tostochè uno de’ buoi, che dovei servire di vittima, mangiava di quel grano, il sacerdote con una scure feriva que
sere spezzata, e giudicando che il bue non avesse più a sopravvivere, di comune consenso lo sacrificavano (f). Altri dicon
iede, che intorno ad esso si facevano girare dei buoi, e che il primo di questi, il quale toccava quel cibo, veniva sacrif
i, il quale toccava quel cibo, veniva sacrificato. Tre soli, ciascuno di diversa famiglia, potevano fare in Atene siffatto
i, l’altro li feriva, e il terzo li sacrificava. Vuolsi che l’origine di tal ceremonia sia stata questa : un sacerdote di
Vuolsi che l’origine di tal ceremonia sia stata questa : un sacerdote di Giove, detto Taulone, o Diomo, o Sopatro, vide ma
n giudizio la scure, e si assolvette il Sacerdote (a). Tra’ Sacerdoti di Giove il maggiore si appellava Flamine Diale. Que
ed era la più distinta tra tutti i Flamini. Chi n’era fregiato, usava di una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un a
ta tra tutti i Flamini. Chi n’era fregiato, usava di una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La di l
hi n’era fregiato, usava di una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La di lui beretta era formata de
a di una veste reale, di una sefia d’avorio, e di un anello d’oro. La di lui beretta era formata della pelle di qualche bi
orio, e di un anello d’oro. La di lui beretta era formata della pelle di qualche bianca pecora, ch’egli avea sacrificato a
a stessa beretta v’avea una piccola verga d’ulivo ; ed egli solo avea di itto di portar a in ogni tempo, mentre gli altri
beretta v’avea una piccola verga d’ulivo ; ed egli solo avea di itto di portar a in ogni tempo, mentre gli altri Flamini
l suo Nume. Non poteva nè andare a cavallo, nè dormire la notte fuori di Roma, nè rimirare un esercito disposto in battagl
un luogo, ove vi giacesse un morto. Se alcun reo metteva piede nella’ di lui casa, o si gettava a’ di lui piedi, non andav
morto. Se alcun reo metteva piede nella’ di lui casa, o si gettava a’ di lui piedi, non andava più soggetto la meritato su
(a). Gli altri nomi, dati a Giove, sono pressochè innumerabili. Altri di essi gli derivarono, ov’ era in ispezial modo ven
Padre, e Re, perchè si considerava come il Sovrano degli altri Dei, e di tutti gli uomini (b). Gli si diede il nome di Sta
rano degli altri Dei, e di tutti gli uomini (b). Gli si diede il nome di Statore, ossia che ferma, perchè Romolo, combatte
i, ed essendo per rimanerne vinto, invocò Giove, acciocchè fermasse i di lui soldati, che cominciavano a darsi alla fuga.
olo alle falde del monte Palatino eresse al Nume un tempio col titolo di Giove Statore (c). La statua di questo Dio ivi st
o eresse al Nume un tempio col titolo di Giove Statore (c). La statua di questo Dio ivi stringeva una picca nella destra,
arciando contro Annibale, cadde col suo cavallo dinnauzi al simulacro di Giove Statore. I di lui soldati ebbero tal fatto
bale, cadde col suo cavallo dinnauzi al simulacro di Giove Statore. I di lui soldati ebbero tal fatto per infausto presagi
questo titolo Augusto gli alzò un tempio nel Campidoglio, in memoria di essere stato salvato dal fulmine, che colpì la di
idoglio, in memoria di essere stato salvato dal fulmine, che colpì la di lui lettica, e uccise chi la dirigeva, mentre egl
e, che colpì la di lui lettica, e uccise chi la dirigeva, mentre egli di notte viaggiava verso la Spagna (d). Vuolsi, che
Greco, citato da Plutarco, soggiunge, che Teseo le istituì in memoria di Ecale, donna vecchia e povera, ma virtuosissima,
, donna vecchia e povera, ma virtuosissima, la quale aveagli promesso di sacrificare ella stessa a Giove, se egli fosse ri
ì, primachè (g). Teseo ritornasse da quella spedizione. Prese il nome di Mecaneo dal verbo greco micanevome, intraprendere
proteggesse le imprese degli uomini. V’avea in Argo presso il tempio di Cerere un bronzo, che sosteneva le statue di Giov
in Argo presso il tempio di Cerere un bronzo, che sosteneva le statue di Giove, di Diana, e di Minerva (h). Appresso Pausa
esso il tempio di Cerere un bronzo, che sosteneva le statue di Giove, di Diana, e di Minerva (h). Appresso Pausania legges
io di Cerere un bronzo, che sosteneva le statue di Giove, di Diana, e di Minerva (h). Appresso Pausania leggesi, che quel
he gli Argivi dinanzi a quel simulacro, prima d’andarsene all’assedio di Troja, giurarono tutti di perire, piuttostochè ab
el simulacro, prima d’andarsene all’assedio di Troja, giurarono tutti di perire, piuttostochè abbandonare quell’impresa(a)
to dagli Antichi per lo stesso Cielo(b). Giove sulla più alla pendice di quel monte radunava sovente a consiglio gli altri
lla Città d’Olimpia il più magnifico tempio, che fu chiamato il Trono di Giove. Il Dio era ivi assiso sopra un trono, cint
Trono di Giove. Il Dio era ivi assiso sopra un trono, cinto la fronte di una corona, che imitava la foglia di ulivo. La st
sopra un trono, cinto la fronte di una corona, che imitava la foglia di ulivo. La stessa statua era d’oro e d’avorio. Ave
ria, parimenti d’oro e d’avorio ; nella sinistra uno scettro, formato di tutte le sorta di metalli Erano pur d’oro la capi
ro e d’avorio ; nella sinistra uno scettro, formato di tutte le sorta di metalli Erano pur d’oro la capigliatura e il mant
gliatura e il mantello del Nume (d). Questo simulacro era stato opera di Fidia, figlio di Carmida (e). Le fondamenta del p
tello del Nume (d). Questo simulacro era stato opera di Fidia, figlio di Carmida (e). Le fondamenta del predetto tempio fu
amenta del predetto tempio furono gettate da Pisistrato, e moltissimi di lui successori v’aggiunsero sempre qualche orname
Venne appellato Ideo dal monte Ida, ove fu allevato (i). Ne’ dintorni di Celeno, Città della Frigia, si aperse una vasta e
la libertà (b). Queste soleano essere celebrate appresso Asopo, fiume di Platea, da ambasciatori, spediti da quasi tutte l
essione, anounziata colle trombe. Vi concorrevano molti corri, ornati di ghirlande di fiori, e sopra uno di essi eravi rip
nziata colle trombe. Vi concorrevano molti corri, ornati di ghirlande di fiori, e sopra uno di essi eravi riposto un nero
i concorrevano molti corri, ornati di ghirlande di fiori, e sopra uno di essi eravi riposto un nero toro. Certi giovani po
si eravi riposto un nero toro. Certi giovani portavano dei vasi pieni di vino, di Iatte, d’oglio, e di profumi. V’interven
riposto un nero toro. Certi giovani portavano dei vasi pieni di vino, di Iatte, d’oglio, e di profumi. V’intervenive final
Certi giovani portavano dei vasi pieni di vino, di Iatte, d’oglio, e di profumi. V’intervenive finalmente il principale M
imban ivano un sacro convito, a cui ad alta voce invitavano le ombre di quegli Eroi (e). Fu detto Dodoneo, perchè in Dod
ttà della Tessaglia, da altri dell’Epiro (a), eravi una foresta piena di quercie, da dove credevasi che il Nume desse i su
e acque, le estingueva, e le riaccendeva estinte (d). La Sacerdotessa di quel luogo faceva credere, che il mormorio della
una venerabile quercia, donde dava le sue misteriose risposte(13). La di lei riputazione s’accrebbe ; s’alzò un tempio a G
stare maggiore riputazione all’anzidetto Oracolo. Si formò una statua di rame, che rappresentava Giove armato di una sferz
Oracolo. Si formò una statua di rame, che rappresentava Giove armato di una sferza dello stesso metallo. Essa ne’ giorni,
ta quercia, e si appendevano pure intorno alla medesima parecchi vasi di bronzo. La statua, scossa dal vento, percuoteva c
el concavo delle altre quercie circonvicine, rendevano la spiegazione di sì confusa armonia ; e per tale motivo tutti queg
ello stesso nome, che fu il primo ad alzargli un tempio (b). Appresso di questo scorreva una fonte indovina, detta l’ Acqu
sacro ministero (c). Nel mezzo al predetto tempio v’avea il simulacro di Giove, fonnato di bronzo, e fornito di pietre pre
). Nel mezzo al predetto tempio v’avea il simulacro di Giove, fonnato di bronzo, e fornito di pietre preziose. Il piedesta
tto tempio v’avea il simulacro di Giove, fonnato di bronzo, e fornito di pietre preziose. Il piedestallo del medesimo era
etre preziose. Il piedestallo del medesimo era d’oro, e avea la forma di navicella. Questo Nume ivi avea altresì cento are
a la forma di navicella. Questo Nume ivi avea altresì cento are e più di cento sacerdoti. La pelle di ariete gli cuopriva
to Nume ivi avea altresì cento are e più di cento sacerdoti. La pelle di ariete gli cuopriva la testa, e scendevagli pel d
testa dello stesso animale. Non si va d’accordo riguardo alla ragione di tale particolarità. Dicono alcuni, che Giove non
iove non volendo mostrarsi ad Ercole, suo figlio, il quale desiderava di vederlo, nè potendo più resistere alle di lui ist
figlio, il quale desiderava di vederlo, nè potendo più resistere alle di lui istanze, uccise un ariete, si ravvolse nella
istere alle di lui istanze, uccise un ariete, si ravvolse nella pelle di quello, e in tal guisa gli comparve (d). Altri so
soggiungono, che Bacco ne’ deserti dell’Arabia, trovandosi languente di sete, implorò l’ajuto di Giove. Questi sotto la s
e’ deserti dell’Arabia, trovandosi languente di sete, implorò l’ajuto di Giove. Questi sotto la sembianza di ariete percos
anguente di sete, implorò l’ajuto di Giove. Questi sotto la sembianza di ariete percosse col piede la terra, e così gli ad
e Oracolo, cui si facesse rispondere con più solennità, quanto quello di Giove Ammone, ma i suoi detti erano molto intrica
nava dove voleva andarsene ; e faceva altri moti, che interpretati da di lui Ministri, servivano di risposta a chi ne lo c
; e faceva altri moti, che interpretati da di lui Ministri, servivano di risposta a chi ne lo consultava. Così Alessandro
di risposta a chi ne lo consultava. Così Alessandro il Grande ottenne di essere da questo Oracolo dichiarato figliuolo di
ro il Grande ottenne di essere da questo Oracolo dichiarato figliuolo di Giove (b). Anche Iarba, re dell’Africa, pretenden
rato figliuolo di Giove (b). Anche Iarba, re dell’Africa, pretendendo di essere discendente dallo stesso Dio, gli eresse c
esse un altare, e gli sacrificò sul monte Aventino (a). Al soprannome di Elicio corrisponde quello di Epifane, ossia che a
cò sul monte Aventino (a). Al soprannome di Elicio corrisponde quello di Epifane, ossia che apparisce, in quanto che Giove
Luceno o Lucezio (c). Si disse Erceo, perchè si venerava in un luogo di ciascuna casa, chiuso all’intorno, e il quale chi
otivo della fame, Giove comparve a questi in sogno, e loro disse, che di tutto il frumento, il quale aveano, formassero de
Giove un’ara nel Campidoglio, e diede allo stesso Nume il soprannome di Pistore (e). Giove sotto il nome di Patroo avea n
de allo stesso Nume il soprannome di Pistore (e). Giove sotto il nome di Patroo avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo
rannome di Pistore (e). Giove sotto il nome di Patroo avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua di legno, la
nome di Patroo avea nel tempio di Minerva, eretto in Argo, una statua di legno, la quale oltre i due soliti occhi ne aveva
i Musici tra loro gareggiavano (b). Dicesi che Aristomene, cittadino di Messene, abbia sacrificato trecento uomini a Giov
l Lazio, ov’era sul monte Albano in singolare modo onorato. L’origine di siffatto culto si deriva da Tarquinio il Superbo.
ni, cogli Ernici, e co’Volsci, per assicurarne la perpetuità, propose di alzare a Giove sul predetto monte un tempio, che
lleati ogni anno avessero a radunarsi per sacrificarvi un toro, delle di cui viscere ne venisse distribuita a ciascun popo
tre, e finalmente quattro. In questo dì v’erano nel Campidoglio corse di quadrighe (f). Questi quattro giorni si denominar
ine(g). Tra’varj nomi, pe’ quali i Greci e i Romani giuravano, quello di Giove era uno de’ principali. Quindi questo Nume,
si nominò Orcio. Que’ d’ Olimpia aveano collocato nel loro Senato la di lui statua, e per inspirare alle genti maggior te
mani (h). Giove, per conservare la memoria della capra Amaltea, col di cui latte era stato nutrito nella suainfanzia, ne
tte era stato nutrito nella suainfanzia, ne cuoprì il suo scudo cotta di lei polle, e lo chiamò Egide. Da ciò anch’egli fu
che, offerse, il sacrifizio a Giove, e quelle tosto si ritiraro no al di là del fiume Alfeo (b) (16). E’stato detto Pluvio
Alfeo (b) (16). E’stato detto Pluvio ; ossia Piovoso, perchè in tempo di siccità se ne implorava la pioggia (c). Sotto que
a in Roma un altare nel tempio del Campidoglio, Narrasi, che l’armata di Trajano, vedendosi agli estremi della vita per ma
tosto discose dal Cielo dirottissima pioggia. Per eternare la memoria di tal fatto, si scolpì sulla colonna Trajana la fig
re la memoria di tal fatto, si scolpì sulla colonna Trajana la figura di questo Nume, e de’ soldati in atto di raccorre l’
sulla colonna Trajana la figura di questo Nume, e de’ soldati in atto di raccorre l’acqua nel concavo de’loro scudi (d). A
e), in tale occasione si faceva anche girare da’ sacerdoti per le vie di Roma con grande pompa la sacra Pietra, detta Mana
Manale, la quale trovavasi fuori della Porta Capena presso un tempio di Marre. Diceasi che subito dopo questa ceremonia s
api mediante la celebrazione de’ Giuochi Consnali(17), a’ quali molte di quelle erano concorse (a). I predetti popoli, par
molte di quelle erano concorse (a). I predetti popoli, par vendicarsi di siffatta violenza, portarono tosto le armi contro
si di siffatta violenza, portarono tosto le armi contro gli abitatori di Roma. Romolo li rispinse, uccise Acrone, re de’ C
ure eresse il primo tempio allo stesso Nume, e a questo diede il nome di Feretrio, dal verbo latino fero, porre. Da ciò ne
eretrio, dal verbo latino fero, porre. Da ciò ne avvenne, che anche i di lui posteri colà vi recavano le spoglie nemiche,
tina praeda, spoglia de’ nemici (c). Domiziano impose a Giove il nome di Conservatore, perchè credette, che lo avesse salv
o Capitolino (e). Servio Tullio ivi gli eresse un maestoso temoio, le di cui fondamenta erano sute gettate da Tarquinio Pr
al Senato. Alcuni poi pretendono, che lo dessero nello stesso tempio di Giove (b). In questo inoltre si pronunziavano i g
di Giove (b). In questo inoltre si pronunziavano i giuramenti solenni di fedeltà a’ magistrati. I Generali pure d’armata v
’ magistrati. I Generali pure d’armata vi porgevano i loro voti prima di andarsene al campo. Anche il Senato vi si radunav
ene al campo. Anche il Senato vi si radunava pertrattare degli affari di grande importanza (c). Di questo tempio finalment
Di questo tempio finalmente si racconta, che Tarquinio Prisco, prima di fondarlo, ordinò, che si rimovessero da quel luog
Dio Termine(22), e la Dea Ebe, riconosciuta da’ Romani sotto il nome di Giuventa, ossia Dea della Gioventù (23), non voll
o lasciati entro il recinto del nuovo tempio (d). L’immobile fermezza di Termine ebbesi per buon augurio della perpetuità
’altra dall’Imperatore Vespasiano, l’ultima da Domiziano(a). In onore di Giove Capitolino, che avea salvato il Campidoglio
salvato il Campidoglio dalle armi de’ Galli, il Senato per consiglio di Camillo instituì certi Giuochi, denominati Capito
stituì certi Giuochi, denominati Capitolini, e introdusse un Collegio di scelte persone, il quale ne regolava tutte le cer
tte le ceremonie (b). A Giove Capitolino si diede anche il soprannome di Ottimo Massimo (c). Si chiamò Licco dal monte Lic
eda, e Agno (d). Eravi colà una fontana, che avea il nome della terza di queste Ninfe. In tempo di siccità il Sacerdote di
à una fontana, che avea il nome della terza di queste Ninfe. In tempo di siccità il Sacerdote di Giove, dopo aver sacrific
il nome della terza di queste Ninfe. In tempo di siccità il Sacerdote di Giove, dopo aver sacrificato, agitava l’acqua di
siccità il Sacerdote di Giove, dopo aver sacrificato, agitava l’acqua di quella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da
er sacrificato, agitava l’acqua di quella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da di là si alzava tosto una nuvoletta,
agitava l’acqua di quella fontana con un piccolo ramo di quercia. Da di là si alzava tosto una nuvoletta, che andava cond
nte ebbe un tempio e un bosco. In questo chiunque metteva piede prima di aver fatto le dovute lustrazioni, necessariamente
nchè fossero opposti a’ raggi del Sole, producessero ivi alcuna ombra di se medesimi (f). Altri poi dicono, che Giove fu d
una certa palude, venivano da lui cangiati in lupi, e a que’medesimi di loro, i quali dopo nove anni nello stesso modo la
so modo la ripassavano, senza essersi mai per tutto quel tempo cibati di carne urnana, era pet virtù di lui restituita la
ssersi mai per tutto quel tempo cibati di carne urnana, era pet virtù di lui restituita la figura d’uomini (a). Ebbe il no
era pet virtù di lui restituita la figura d’uomini (a). Ebbe il nome di Lapide o Lapideo, perchè i Romani, quando stabili
vvero perchè Rea, come abbiamo raccontato, presentò a Saturno in vece di Giove una pietra, che fu da quello divorata (c).
pio vicino alla fontana Asbamea, amendue a lui sacri, presso la città di Tiana nella Cappadocia (d). Le acque della stessa
amente si denominava Atabiria (f). Colà avea Giove un tempio con tori di bronzo, i quali co’ loro muggiti predicevano le s
o muggiti predicevano le sventure (g). Tra Sigeo e Reteo, Proinontorj di Troja, sorgeva un ara sacra a Giove, appellato Pa
acra a Giove, appellato Panonfeo (h), o perchè egli ascoltava la voce di tutti, o perchè dalla voce di tutti era onorato (
eo (h), o perchè egli ascoltava la voce di tutti, o perchè dalla voce di tutti era onorato (i). Giove in un tempio di Terr
tti, o perchè dalla voce di tutti era onorato (i). Giove in un tempio di Terracina, città della Campania Romana, si venera
i Terracina, città della Campania Romana, si venerava sotto il titolo di Ansuro o Ansiro o Ansiro, ossia giovine e senza b
era anche tenuto per l’aria o pel Cielo. Quindi da lui sotto il nome di Mematte se no implorava in Atene la serenità con
solenni sacrifizj, detti parimenti Mematterj (a). Gli derivò il nome di Ceraunio, ossia Fulminatore, dal fulmine, il qual
fulmine, il quale veniva scagliato spezialmente da lui (b) (25). Que’ di Megara eressero un tempio senza tetto a questo Di
ara eressero un tempio senza tetto a questo Dio : lo che diede motivo di chiamarlo Conio, ossia Polveroso (c). Venne denom
ssia Polveroso (c). Venne denominato Milichio, ossia Placido (d), e a di lui onore si celebrarono fuori della città d’Aten
vano solenni conviti e sacrifizj. L’oggetto delle medesime era quello di essere immuni da’ pericoli e disastri (e). Esichi
gli Ateniesi gli offrivano biade d’ogni sorte, oglio, e latte (h). La di lui statua si riponeva nel pubblico erario (i). E
). La di lui statua si riponeva nel pubblico erario (i). Ebbe il nome di Trifilio a cagione del magnifico tempio, ch’ egli
. Tarquinio il Superbo eresse a Giove un tempio in Roma sotto il nome di Giove Sponsore (b). Come tale presiedeva alla rel
libazioni agli Dei (a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con som
ma durante la solennità de’Lettisterni esercitavasi verso ogni ordine di persone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè
sone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè tutti potevano servirsi di ogni cosa che vi trovavano, senza però portarne v
no una religiosa ceremonia, praticata da’Romani spezialmente in tempo di pubbliche calamità per placare gli Dei. Essa cons
gli Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle a
banchetto, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel
le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano varj letti, affinchè stando s
passero della mensa, che veniva loro imbandita. Alle Dee però in vece di letti si preparavano dei sedili (f). Il presieder
lae, vivande (g), perchè eglino mangiavano i cibi, imbanditi al tempo di tale solennità agli Dei (a). Eglino erano da prin
(b). . Giove premiò in singolar modo la benevolenza esercitata verso di quelli. Egli e Mercurio sotto le sembianze di via
olenza esercitata verso di quelli. Egli e Mercurio sotto le sembianze di viaggiatori ricercatono alloggio da molte case in
sse Divinità, le quali chiesero, che fosse lasciata in vita. Alzatisi di mensa i due personaggi, si manifestarono per quel
abbassati gli occhi, viddero sommerse nelle acque tutte le abitazioni di que’ dintorni, fuorchè la loro capanna, la quale
vacchierelli, che ne divenissero i sacerdoti, e die dopo lungo tratto di vita avessero a morire nel medesimo istante, onde
rire nel medesimo istante, onde l’uno non avesse a soffrire il dolore di condurre l’altro alla tomba. Erano giunti all’est
adia Costui faceva morire tutti gli stranicri, i quali giungevano ne’ di lui Stati. Giove sotto la figura d’uomo si recò s
iove sotto la figura d’uomo si recò sulla sera ad alloggiare appresso di lui. Licaone subito si propose di farlo perire ;
ò sulla sera ad alloggiare appresso di lui. Licaone subito si propose di farlo perire ; ma prima volle assicurarsi, se era
olle assicurarsi, se era egli un Nume, quale lo aveano riconosciuto i di lui sudditi : Stabilì quindi di ucciderlo, mentre
Nume, quale lo aveano riconosciuto i di lui sudditi : Stabilì quindi di ucciderlo, mentre dormiva, nè essendovi riuscito,
riuscito, fece un altro tentativo. Gli presentò sullamensa le membra di un giovane, che i Molossi aveano spedito agli Arc
o spedito agli Arcadi in ostaggio. Il Padre de’Numi, pieno d’orrore e di sdegno, scagliò in quello stesso istante un fulmi
pe’loro inganni e spergiuri. Costoro promisero con giuramento a Giove di ajutarlo, allorchè si accingeva a scacciare Satur
utarlo, allorchè si accingeva a scacciare Saturno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti gli stipendj, gli mancarono di fede
urno dal trono ; ma dopo di aver ricevuti gli stipendj, gli mancarono di fede, e presero innoltre ad insultarlo. Il Nume l
esso alla Sicilia, nelle quali coloro abitavano (a). Prometeo, figlio di Giapeto e Temide, o di Climene, o della Ninfa Asi
e quali coloro abitavano (a). Prometeo, figlio di Giapeto e Temide, o di Climene, o della Ninfa Asia (b), volle prendersi
Temide, o di Climene, o della Ninfa Asia (b), volle prendersi giuoco di Giove. Fece uccidere due tori ; riempì delle carn
rendersi giuoco di Giove. Fece uccidere due tori ; riempì delle carni di questi la pelle d’uno degli stessi, ne pose tutte
adirò, che tolse agli uomini il fuoco (c). Prometeo allora coll’ajuto di Minerva ascese in Cielo ; e, appressata una face
ia preso per animare gli uomini, che aveva formati (e). Giove, offeso di questo nuovo insulto, commise al Dio Vulcano, ch’
al Dio Vulcano, ch’ei pure formasse una donna, a cui si diede il nome di Pandora, ossia fornita di tutti i doni, perchè va
formasse una donna, a cui si diede il nome di Pandora, ossia fornita di tutti i doni, perchè varie Divinità la ornarono p
sia fornita di tutti i doni, perchè varie Divinità la ornarono poscia di molte belle prerogative. Costei venne da Mercurio
ice. Prometeo sprezzò il dono, e Pandora lo recò in vece ad Epimeteo, di lui fratello. Questi, spinto da stolta curiosità,
, spinto da stolta curiosità, aprì il vaso fatale ; e tutti subito da di là si sparsero sulla terra i rinchiusivi mali, nè
si sparsero sulla terra i rinchiusivi mali, nè altro restè nel fondo di quello che la speranza, unico conforto de’ miseri
ì, che quelle si riproducessero, onde il rapace uccello avesse sempro di che cibarsi. In quesco sì do loroso stato Promete
si nomina, Calamo, figlio del fiume Moandro. Egli amava Carpo, figlio di Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenere
alamo, figlio del fiume Moandro. Egli amava Carpo, figlio di Zefiro e di una delle Ore, da cui con pari tenerezza n’era co
te la vita. Calamo, inconsolabile per sì trista sventura, pregò Giove di togliere lui pure dal mondo, e di riunirlo all’am
per sì trista sventura, pregò Giove di togliere lui pure dal mondo, e di riunirlo all’amato suo Carpo. Il Nume lo cangiò i
e crescere lungo le rive de’ fiumi, e a cui diedesi parimenti il nome di Calamo (g). Giove amò altresì molte donne, e per
arie guise, come vedremo. Quì solamente ricordiamo, ch’egli s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglia di Tindaro, re d
vedremo. Quì solamente ricordiamo, ch’egli s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglia di Tindaro, re di Sparta (a) ; c
nte ricordiamo, ch’egli s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglia di Tindaro, re di Sparta (a) ; che cangiatosi in Cig
ch’egli s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglia di Tindaro, re di Sparta (a) ; che cangiatosi in Cigno, finse d’ess
iove rappresentasi in varie guise, ma la più comune è sotto la figura di maestoso personaggio, conlunga e folta barba, ass
egio scettro (c), ovvero con una Vittoria nella sinistra. Appresso al di lui soglio siede Eunomia, e vi sta osservando tut
iede Eunomia, e vi sta osservando tutte le azioni de’ mortali (d). A’ di lui piedi vi sta pure un’Aquila colle ale spiegat
rasformò in Aquila per rapire Ganimede, figlio della Ninfa Calliroe e di Troe, re della Frigia(37), e per farsi porgere da
la Frigia(37), e per farsi porgere da lui in Cielo il nettare in vece di Ebe (f). L’Aquila talvolta stringe tragli artigli
collocata sulla cima dell’anzidetto scettro. Alcuni pongono appresso di Giove la Fama, figlia di Titano e della Terra, in
l’anzidetto scettro. Alcuni pongono appresso di Giove la Fama, figlia di Titano e della Terra, in qualità di sua ambasciat
appresso di Giove la Fama, figlia di Titano e della Terra, in qualità di sua ambasciatrice, colle ale sparse d’occhi, e co
. Giove finalmente fu rappresentato come fanciullo, che avea appresso di se la Capra Amaltes, e le Ninfe di Creta, me nutr
come fanciullo, che avea appresso di se la Capra Amaltes, e le Ninfe di Creta, me nutrici. Sotto questo aspetto Romolo gl
gliene presagì la futura vittoria (c) : lo che fece sì che l’effigie di un’ Aquila per volere dello stesso Nume divenisse
per volere dello stesso Nume divenisse anche l’Insegna militare nelle di lui posteriori spedizioni (d) (40). Secondo perch
è un’Aquila, come abbiamo osservato, gli somministrò il nettare nella di lui infanzia. Terzo perchè il Nume, come pure si
anzia. Terzo perchè il Nume, come pure si è riferito, sotto la figura di tal volatile rapì Ganimede. Evvi finalmente chi d
scuoteva gli onori divini, ed era in un tempio venerato sotto il nome di Giove Conservatore. Ciò talmente promosse lo sdeg
Aquila, gli affidasse la custodia del suo fulmine, e gli permettesse di avvicinarsi al di lui trono, quando voleva (e) (4
asse la custodia del suo fulmine, e gli permettesse di avvicinarsi al di lui trono, quando voleva (e) (41). Si può consid
(41). Si può consideraro come sacro a Giove anche il Nibbio, uccello di rapina. La terra avea prodotto un mostro, il qual
ichiarato, che colui, il quale avesse potuto abbruciarne le interiora di quel mostro, avrebbe anche potuto vincere gli Dei
d era anche per abbruciarne le interiora, quando un Nibbio per ordine di Giove le portò via. Giove stesso allora, dopo d’a
giore (a). Bacco. Furonvi molti, à quali venne imposto il nome di Bacco. Quegli però, di cui favellano tutti i Poet
Furonvi molti, à quali venne imposto il nome di Bacco. Quegli però, di cui favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al
ò, di cui favellano tutti i Poeti Greci e Latini, e al quale le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figlio di
e al quale le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figlio di Giove e di Semele (a) (1). Giunone, gelosa dell’a
le gesta di tutti gli altri si attribuiscono, è il figlio di Giove e di Semele (a) (1). Giunone, gelosa dell’affetto, che
ll’affetto, che Giove dimostrava per Semele, prese le sembianze della di lei nutrice, Beroe, e la eccitò a ricercare da qu
ove, che prevedeva quanto era per riuscirle fatale l’inchiesta, tentò di dissuadernela, ma sempre in vano. Ascese quindi s
ppena costei lo vide, che ne rimase incenerita(2). Era allora gravida di Bacco. Giove s’inserì tosto il non ancor maturo i
ue oscie (b) (3). Da ciò ne avvenne, che Bacco acquistò il soprannome di Pirisporo, ossia nato dal fuoco (c), e quello alt
l soprannome di Pirisporo, ossia nato dal fuoco (c), e quello altresì di Ditirambo, e di Bimatre. Fu detto Ditirambo, perc
Pirisporo, ossia nato dal fuoco (c), e quello altresì di Ditirambo, e di Bimatre. Fu detto Ditirambo, perchè essendo due v
imatre. Fu detto Ditirambo, perchè essendo due volte venuto al mondo, di questo per così dire ne avea passato due volte la
ipose, come abbiamo testè accennato, in una coscia, e ne fece le veci di madre(a). Alcuni dicono, che Bacco sia nato in Te
a la maggior patte soggiunge, ch’ ei trasse i suoi natali nella città di Nisa, donde prese poi il nome di Dionisio, per al
ei trasse i suoi natali nella città di Nisa, donde prese poi il nome di Dionisio, per alludere nello stesso tempo al padr
iama Dios (c). Neppure si va d’ accordo riguardo i nomi delle nutrici di Bacco. Ovidio dice, ch’ egli fu prima allevato da
ici di Bacco. Ovidio dice, ch’ egli fu prima allevato da Ino, sorella di Semele, e che da quella venne poi affidato alle N
Ino, sorella di Semele, e che da quella venne poi affidato alle Ninse di Nisa, dette Niseidi (d), o Nisiadi (e), le quali,
Niseidi (d), o Nisiadi (e), le quali, per sottrarlo alle persecuzioni di Giunone, lo nascosero ne’ loro antri, e lo alimen
loro antri, e lo alimentarono del proprio latte. Oppiano nomina come di lui nutrici, Ino, Autonoe, e Agave(f). Demarco sc
to dalle Ore (g). Luciano soggiunge, che Mercurio lo pottò alle Ninfe di Nisa(h). Altri sono di parere, che lo abbiano all
no soggiunge, che Mercurio lo pottò alle Ninfe di Nisa(h). Altri sono di parere, che lo abbiano allevato sette figlie di A
i Nisa(h). Altri sono di parere, che lo abbiano allevato sette figlie di Atlante, re della Mauritania, dette le Iadi, e le
ure, Pito, e Tiche o Tite(i) (4). V’ è chi asserisce, che nell’ Isola di Nasso ebbero cura della di lui infanzia le Ninfe,
) (4). V’ è chi asserisce, che nell’ Isola di Nasso ebbero cura della di lui infanzia le Ninfe, Filia, Coronide, e Clida(l
ida(l). Orfeo non nomina come tale, che Ippa(m). Finalmente Apollonio di Rodi vuole, che Bacco siasi portato nell’ Isola d
’ Aristeo, inventore del mele e dell’ olio(a). Una delle prime azioni di questo Nume fu quella di discendere nell’Inferno
mele e dell’ olio(a). Una delle prime azioni di questo Nume fu quella di discendere nell’Inferno per trarne fuori sua madr
lla di discendere nell’Inferno per trarne fuori sua madre. Nel tempio di Diana, eretto in Trezene, v’ aveano due altari, s
i Bacco avea ricondotto Semele sulla terra(b). Tralle altre gesta poi di lui la più celebre è la sua conquista dell’ Arcad
, con cui lo perseguitava Giunone. Egli radunò moltitudine d’uomini e di donne, e seco loro s’accinse alla grande impresa.
Idaspe, ed ei lo disectò. Conquistate le Indie, vi fabbricò la città di Nisa, ove insegnò l’arte di coltivare le viti : e
onquistate le Indie, vi fabbricò la città di Nisa, ove insegnò l’arte di coltivare le viti : e quindi fu venerato come il
re le viti : e quindi fu venerato come il Dio del vino(c). In memoria di tale conquista, per cui il Nume avea impiegato tr
te Trieteriche(d), o Triennie(e), o Trieteridi(f). Queste si facevano di notte solamente dalle matrone e dalle vergini, le
one e dalle vergini, le quali si abbandonavano allora ad ogni eccesso di frenesia(g). Bacco fu anche appellato Antio, Bris
o Evio, Tioneo, e Sabazio. Si chiamò Antio, ossia fiorito, perchè le di lui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Br
Antio, ossia fiorito, perchè le di lui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome di una delle di lui nu
le di lui statue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome di una delle di lui nutrici ; o perchè aveva un temp
tue in Atene erano coperte di fiori(a). Briseo, dal nome di una delle di lui nutrici ; o perchè aveva un tempio in Brisa,
nutrici ; o perchè aveva un tempio in Brisa, promontorio dell’ Isola di Lesbo ; o perchè egli fu il primo, che insegnò ag
empo delle quali si mangiava in pubblico, e ciascuno aveva la libertà di dire tutto quello, che voleva. Innoltre alcune ve
chie, coronate d’ ellera, stavano allora assise alla porta del tempio di Bacco, alzavano dinanzi a se un focolare, e invit
cco(b) (5) o Bromio (c), dallo strepito, che si faceva al tempo delle di lui solennità, ovvero da quello, che sogliono far
romio dalla Ninfa, Brome o Bromie, che lo educò(d). Dal predetto nome di Eleleo anche le di lui Sacerdotesse, delle quali
Brome o Bromie, che lo educò(d). Dal predetto nome di Eleleo anche le di lui Sacerdotesse, delle quali quanto prima parler
vino, ma anche de’ fichi (g). I Potniesi, mentre celebravano le Feste di Bacco, talmente si ubbriacarono, che ne uccisero
Nume tosto li afflisse con grave pestilenza. Consultarono l’ Oracolo di Apollo, e questo loro prescrisse d’ immolate a Ba
vinetto. Così per molti anni si fece da loro, e finalmente per volere di Bacco stesso sostituirono in luogo del giovinetto
o in luogo del giovinetto una capra, per cui il Nume acquistò il nome di Egobolo(h). Evante o Evio, perchè nel tempo delle
acquistò il nome di Egobolo(h). Evante o Evio, perchè nel tempo delle di lui Feste andavasi gridando evan, evan (i) : dond
elle di lui Feste andavasi gridando evan, evan (i) : donde anche alle di lui Sacerdotesse derivò il nome di Evanti(a). Alt
evan, evan (i) : donde anche alle di lui Sacerdotesse derivò il nome di Evanti(a). Altri dicono, che la voce Evio signifi
n quella circostanza siasi trasformato in leone, e abbia sbranato uno di que’ nemici(c). Tioneo, dal verbo Greco, thyn, sa
va sulta terra(d) ; ovvero dall’ essere stata anche chiamata Tione la di lui madre, Semele (e). Sabazio, da’ Sabi, gente d
Sabazj si appellarorono pure i sacrifizj, che gli si offerivano, e i di lui misterj(g) (6). Le altre Feste di Bacco furon
izj, che gli si offerivano, e i di lui misterj(g) (6). Le altre Feste di Bacco furono le Baccanali, le Scierie o Sciere, l
e nelle sacre ceremonie (a). Ne’ primi tempi si offriva un vaso pieno di vino, una cesta di fichi, e il sacrifizio di un I
onie (a). Ne’ primi tempi si offriva un vaso pieno di vino, una cesta di fichi, e il sacrifizio di un Irco, animale odioso
si offriva un vaso pieno di vino, una cesta di fichi, e il sacrifizio di un Irco, animale odioso al Nume, perchè esso sue
Feste si distinsero poscia in grandi e piccole (c). Queste servivano di preparazione a quelle(d), si celebravano in apert
anche. Lenee dal greco linos, torchio (e). Alle grandi davasi il nome di Dionisie, o Dionisiache dall’ anzidetto soprannom
davasi il nome di Dionisie, o Dionisiache dall’ anzidetto soprannome di Dionisio, proprio di Bacco ; e quelle si facevano
onisie, o Dionisiache dall’ anzidetto soprannome di Dionisio, proprio di Bacco ; e quelle si facevano nella Primavera (f).
allora d’ ellera. Non si udivano che voci clamorose, e forte strepito di timpani e tamburi. Alcuni ubbriachi comparivano v
e strepito di timpani e tamburi. Alcuni ubbriachi comparivano vestiti di pelli d’irco o di tigre, e colla testa entre le c
ani e tamburi. Alcuni ubbriachi comparivano vestiti di pelli d’irco o di tigre, e colla testa entre le corna di un giovane
vano vestiti di pelli d’irco o di tigre, e colla testa entre le corna di un giovane cervo (h). Un ragazzo sopra un carro,
ava Bacco, mentre altri gli saltellavano d’intorno sotto le sembianne di Satiri e di Fauni(8) (i). Un vecchio, che rappres
entre altri gli saltellavano d’intorno sotto le sembianne di Satiri e di Fauni(8) (i). Un vecchio, che rappresentava uno d
tutti all’ allegrezza. Si portavano certi altari, formati come ceppi di vite, e coronati anch’ essi d’ellera, su’ quali a
este mistiche(10) in queste Feste era solenne assai più che in quelle di qualunque altro Nume(a). Le predette racchiudevan
lle di qualunque altro Nume(a). Le predette racchiudevano le primizie di tutte le frutta, le quali si consecravano al Nume
ie di tutte le frutta, le quali si consecravano al Nume(b). La statua di Bacco era collocata sulla Tensa(11), tirata da an
no si celebravano in Alea, città d’Arcadia. Per comando dell’ Oracolo di Delfo allora le donne si battevano con verghe all
Oracolo di Delfo allora le donne si battevano con verghe all’ altare di Bacco, e la statua del medesimo si portava sotto
; eche le une e le altre si chiamassero anche Vinali(m) (12). Il nome di Apaturie derivò della voce, apati, inganne. La Be
a ad Atene per un Territorio limitrofo. Santio, re de’ Beozj, propose di dar fine al contrasto con un particolare com-batt
, che lo risiutò, fu deposto, e venne eletto Melanto Messenio, siglio di Neleo e di Periclimene, che lo accettò. Essendo s
siutò, fu deposto, e venne eletto Melanto Messenio, siglio di Neleo e di Periclimene, che lo accettò. Essendo sul punto di
, siglio di Neleo e di Periclimene, che lo accettò. Essendo sul punto di venire alle mani, Melanto tacciò Santio di aver v
accettò. Essendo sul punto di venire alle mani, Melanto tacciò Santio di aver violati i patti, avendo egli al suo fianco u
avendo egli al suo fianco un altro guerriero, coperto con nera pelle di capra. Santio girò il capo per vedere chi era sec
ra seco, e restò frattanto da Melanto ucciso. Gli Ateniesi in memoriz di questo avvenimento alzarono un tempio a Bacco Mel
esto avvenimento alzarono un tempio a Bacco Melanegiro, ossia vestito di ner a pelle di capra, perchè si credette, ch’ egl
o alzarono un tempio a Bacco Melanegiro, ossia vestito di ner a pelle di capra, perchè si credette, ch’ egli fosse allora
dopo la vendemia appresso i Pellenj, popoli d’Acaja. Si andava allora di notte con fiaccole accese al tempio di Bacco. In
poli d’Acaja. Si andava allora di notte con fiaccole accese al tempio di Bacco. In tutti i borghi della città si esponevan
io di Bacco. In tutti i borghi della città si esponevano anfore piene di vino, le quali servivano per i passeggieri. Da ta
perchè si gustava il vino : il secondo coa, cogno, ossia gran misura di vino, perchè ne’ conviti ciascuno bevea da una ta
a per lui solo. Voleasi cou ciò ricordare un fatto, avvenuto a’ tempi di Pandione, o come altri yogliono, di Demofconte, r
rdare un fatto, avvenuto a’ tempi di Pandione, o come altri yogliono, di Demofconte, re d’ Atene. Oreste, avendo ucciso su
del suo delitto, giunse in Atene, mentre si celebravano le solennità di Bacco. Pendione lo invitò a banchettare seco lui 
banchettare seco lui ; ma temendo che gli altri convitati ricusassero di bere con Oreste, ordinò che a ciascuno di quelli
altri convitati ricusassero di bere con Oreste, ordinò che a ciascuno di quelli fosse dato un bicchiere : e così tolse l’i
besi potuto recare a quell’ ospite. In questo dì si faceva grande uso di vino, e chi nel bere superava ogni altro, consegu
chi nel bere superava ogni altro, conseguiva in premio un vaso pieno di vino, e una corona intrecciata di foglie, e la qu
conseguiva in premio un vaso pieno di vino, e una corona intrecciata di foglie, e la quale talvolta era anche d’oro. Anda
o chitra, ossia pignatta, perchè in essa si faceva bollire ogni sorte di legumi, e questi si offrivano in sacrifizio a Bac
o una festa particolare, ma con tal nome si chiamavano tutte le Feste di Bacco(a). Le Nittelie erano le Orgie, così dette,
cco(a). Le Nittelie erano le Orgie, così dette, perchè si celebravano di noste, correndo con torcla accese per Atene(b). C
che v’intervenivano, tenevano una tazza in mano, e faceano nel tempio di Bacco ampie libazioni. Tali Feste si celebravano
tempio nell’ Attica presso una Cittadella, detta Caria da Car, siglio di Foroneco(d). Le Agrionie o Agranie o Agrianie era
d’ellera. Elleno le cominciavano, corrando da tutte le parti in cerca di Bacco ; e non trovandolo, lo credevano ritirato a
nevano dégli enigmi e delle intricate questioni (f). Tra gli Orcomenj di Beozia v’ avea di particolate in queste Feste, ch
i e delle intricate questioni (f). Tra gli Orcomenj di Beozia v’ avea di particolate in queste Feste, che le donne n’erano
te in queste Feste, che le donne n’erano escluse. Quindi un sacerdote di Bacco con nuda spada le inseguiva, ed eragli perm
un sacerdote di Bacco con nuda spada le inseguiva, ed eragli permesso di uccidere tutte quelle, che poteva raggiungere. Co
e poteva raggiungere. Così fece Zoilo, Sacerdote Cheronese. Le figlie di Minia, che uecisero Ippaso, figlio di Leucippe, e
Sacerdote Cheronese. Le figlie di Minia, che uecisero Ippaso, figlio di Leucippe, e lo recarono sulla mensa furono con tu
. Tre vasi vuoti allora si riponevano nella Cappella del Nume a vista di tutti. I Sacerdoti ne sigillavano le porte. Al nu
. Al nuovo dì rientravano nella Cappella, e si trovavano i vasi pieni di vino(b). I Contadini dell’ Attica al tempo delle
al tempo delle vendemmie sacrificavano a Bacco un irco, e colla pelle di questo formavano un vaso, detto otre, ora gonfio
co, e colla pelle di questo formavano un vaso, detto otre, ora gonfio di sola aria, ora pieno di vino. Al di fuori lo unge
sto formavano un vaso, detto otre, ora gonfio di sola aria, ora pieno di vino. Al di fuori lo ungevano d’olio, e poi vi sa
o un vaso, detto otre, ora gonfio di sola aria, ora pieno di vino. Al di fuori lo ungevano d’olio, e poi vi saltavano sopr
Al di fuori lo ungevano d’olio, e poi vi saltavano sopra, studiandosi di rimanervi ritti con un solo piede. Chi cadeva, er
riportava in premio o quello stesso otre, o un altro, ma sempre pieno di vino. Questa Festa fu detta Ascolia dal greco ver
ri più alti e più vicini alle stesse vigne attaccavano certe figurine di Bacco, dette oscille per la piccolezza del loro v
, dette oscille per la piccolezza del loro volto(c). Le Sacerdotesse di Bacco si chiamarono Baccani,(a), Tiadi(b), Menadi
dicano il furore, a cui elleno si abbandonavano nel tempo delle Feste di Bacco(d). Pausania vuole, che sieno state dette T
ieno state dette Tiadi da una certa Tia, che fuila prima Sacerdotessa di Bacco(e). Le sole Tiadi aveano la cognizione dell
re Mimalloni(f) o Mimallonidi(g), Edonidi(h), e Bassaridi(i). Il nome di Mimallonidi derivò loro da Mimante, monte della J
’era stato solito a farsi vedere il loro Nume. Quindi vestivano pelli di tigri, portavano i capelli sparsi dietto le spall
gri, portavano i capelli sparsi dietto le spalle, cingevano la fronte di ellera, e di corna, ed aveano in mano delle fiacc
o i capelli sparsi dietto le spalle, cingevano la fronte di ellera, e di corna, ed aveano in mano delle fiaccole accese, o
lle fiaccole accese, o il tirso(l). Era questo un asta, attortigliata di frondi di vite o d’ellera(14). Edonidi poi erano
le accese, o il tirso(l). Era questo un asta, attortigliata di frondi di vite o d’ellera(14). Edonidi poi erano quelle, ch
e o d’ellera(14). Edonidi poi erano quelle, che celebravano i misterj di Bacco sul monte Edone, a’confini della Tracia e d
te Edone, a’confini della Tracia e della Macedonia(m). Ebbero il nome di Bassaridi, o perchè solevano cuoprirsi di una lun
acedonia(m). Ebbero il nome di Bassaridi, o perchè solevano cuoprirsi di una lunga veste, detta da’ Traci bassaride ; o da
mevasi anche col verbo bazin ; o perchè elleno si vestivano con pelli di volpi, dette in lingua Tracia bassari ; o finalme
o per aver un tempio in Bassata, borgo della Lidia(a). Tra’ Sacerdoti di Bacco il più famoso fu Coreso. Questi divenne tal
uesti divenne tale per l’amore, che nutriva per Calliroe, Principessa di Calidone, da cui però altro non otteneva che indi
, li riduceva finalmente a morte. Quella città, vedendosi in pericolo di divenire un deserto, consultò l’Oracolo di Dodona
ttà, vedendosi in pericolo di divenire un deserto, consultò l’Oracolo di Dodona ; e questo rispose, che si doveva placare
Oracolo di Dodona ; e questo rispose, che si doveva placare lo sdegno di Bacco col sacrificargli per mano di Coreso la gio
, che si doveva placare lo sdegno di Bacco col sacrificargli per mano di Coreso la giovine Calliroe, o qualche altro, che
ine Calliroe, o qualche altro, che avesse voluto sostituirono in vece di lei. Niuno avendo voluto farlo, fu condotta la Pr
Principessa all’altare ; ma Coreso, accesosi allora più d’affetto che di vendetta, rivolse contro di se medesimo il ferro,
Coreso, accesosi allora più d’affetto che di vendetta, rivolse contro di se medesimo il ferro, e cadde morto a’di lei pied
o egli la amava, nè volendo neppure ella sopravvivere a lui, si privò di vita appresso una fontana, che prese poi il di le
vivere a lui, si privò di vita appresso una fontana, che prese poi il di lei nome(b). Fu pure a Bacco molto caro Icario, o
di lei nome(b). Fu pure a Bacco molto caro Icario, o Icaro(c), figlio di Ebalo, re degli Spartani. Questi lo accolse nella
artani. Questi lo accolse nella sua casa, e il Nume gl’insegnò l’arte di fare il vino. Icario ne fece bere ad alcuni pasto
Attica in sì copiosa quantità, che si ubbriacarono. Egliso stimarono di essore stati avvelenati ; e dopo aver ucciso Icar
ristezza(a). Molti vennero puniti da Bacco, tra’quali Licurgo, figlio di Driante, e re degli Edonj, popoli vicinial predet
te, e re degli Edonj, popoli vicinial predetto monte Edone ; Cianippo di Siracusa ; Driope, figlia bellissima di Eurite ;
edetto monte Edone ; Cianippo di Siracusa ; Driope, figlia bellissima di Eurite ; Orfe e Lico, figlie di Dione, re di Laco
Siracusa ; Driope, figlia bellissima di Eurite ; Orfe e Lico, figlie di Dione, re di Laconia ; certi nocchieri della Lidi
riope, figlia bellissima di Eurite ; Orfe e Lico, figlie di Dione, re di Laconia ; certi nocchieri della Lidia ; Penteo, f
i Dione, re di Laconia ; certi nocchieri della Lidia ; Penteo, figlio di Echione e di Agave ; Alcitoe colle altre sorelle,
i Laconia ; certi nocchieri della Lidia ; Penteo, figlio di Echione e di Agave ; Alcitoe colle altre sorelle, dette Miniei
di da Minia, loro padre. Licurgo perseguitò sul monte Nisa Bacco e le di lui Sacerdotesse. Queste spaventate gettarono a t
asso(b). Il castigo, che n’ebbe Licurgo, fu, che Giove alle preghiere di Bacco lo rendette cieco, e lo fece morire di tris
che Giove alle preghiere di Bacco lo rendette cieco, e lo fece morire di tristezza(c). V’è chi dice, che Licurgo avea coma
fecero fare a brani da’cavalli(a). Cianippo avea disprezzato le Orgie di Bacco. Questi lo fece cadere in sì forte ubbriach
a nefanda scelleraggine. Lo stesso Nume desolò inoltre colla peste la di lui città. L’Oracolo, consultato sopra tale disas
si sarebbe placato, qualora non si fosse sacrificato Cianippo. Ciane, di lui figliuola, penetrata dall’infelicità de’suoi
isso, avuto da Andremone, e per divertirlo gli diede in mano un fiore di Loto(16), pianta sacra a Bacco. Il Nume se ne sde
sacra a Bacco. Il Nume se ne sdegnò, e convertì lei pure in un albero di Loto(c). Bacco, presentatosi a Dione, ne venne on
atosi a Dione, ne venne onorevolmente accolto. Il Dio s’invaghì della di lui figliuola, Caria ; ma non poteva mai trattene
Caria ; ma non poteva mai trattenersi con essa sola, perchè le altre di lei sorelle, Orfe e Lico, sempre glielo impedivan
rito anche Caria, e che l’abbia trasformata in albero, che ritenne il di lei nome(d) (17). Certi nocchieri della Lidia ric
o nel loro naviglio un fanciullo bellissimo. Era stato predato da uno di loro stessi, di nome Ofelte, in solitaria campagn
lio un fanciullo bellissimo. Era stato predato da uno di loro stessi, di nome Ofelte, in solitaria campagna ; e aggravato
allora immerso nel sonno. Il piloto della nave, cui Omero dà il nome di Medede(a), e Ovidio quello di Acete, lo riconobbe
piloto della nave, cui Omero dà il nome di Medede(a), e Ovidio quello di Acete, lo riconobbe per un Nume, e si fece a preg
vidio quello di Acete, lo riconobbe per un Nume, e si fece a pregarlo di ristorarli da’loro travagli marittimi, e di perdo
ume, e si fece a pregarlo di ristorarli da’loro travagli marittimi, e di perdonare a chi lo avea ivi trasportato. Dittide
he il giovinetto fosse posto in libertà ; ma vi si opposero gli altri di lui compagni, Libide, Melanto, Alcimedonte, Epope
alla patria. Allo strepito delle voci il fanciullo si destò, e chiese di essere condotto a Nasso. I nocchieri giurarono pe
di essere condotto a Nasso. I nocchieri giurarono per le marine Deità di compiacernelo ; ma poi presero, malgrado d’ Acete
risparmiò industria e sudori l’attonita ciurma per rimetterlo a forza di vele e remi in corso ; ma questi, e quelle si cuo
ò co’sacrifizj(d). Sparsasi la voce, che Bacco s’avvicinava alle mura di Tebe, il popolo corse ad incontrarlo con giulivi
sero dinanzi il Nume strettamente legato. Ritornati coloro, grondanti di sangue, riferirono di non averlo trovato, e gli p
trettamente legato. Ritornati coloro, grondanti di sangue, riferirono di non averlo trovato, e gli presentarono in vece un
sentarono in vece uno de’di lui seguaci. Penteo volle saperne il nome di lui, e quello de’genitori, la patria, e la ragion
ne plebea. Indi gli narrò le maraviglie, che Bacco avea operato nella di lui nave. Penteo, sciolto il freno ad un subitane
eo poi si recò al Citerone, monte, ove le Tebane celebravano le Feste di Bacco : e perchè quelle nol vedessero, montò sopr
Feste di Bacco : e perchè quelle nol vedessero, montò sopra un albero di un piccolo bosco(18). Agave tuttavia, di lui madr
ssero, montò sopra un albero di un piccolo bosco(18). Agave tuttavia, di lui madre, lo osservò, e fu la prima ad avventars
re, lo osservò, e fu la prima ad avventarsegli furibonda. Nè contenta di essere sola, chiamò anche in suo ajuto le due sor
brani(c). Avea intimato il sacro Ministro, che le padrone e le serve di Tebe ; abbandonato ogni lavoro, solennizzassero l
le serve di Tebe ; abbandonato ogni lavoro, solennizzassero le Feste di Bacco. Tutte ubbidirono ; le sole Minieidi ostina
i Bacco. Tutte ubbidirono ; le sole Minieidi ostinatamente ricusarono di farlo ; Ognuna di loro, per rendere frattanto le
idirono ; le sole Minieidi ostinatamente ricusarono di farlo ; Ognuna di loro, per rendere frattanto le ore meno nojose in
si fece a tenere vatj dilettevoli racconti, e tra questi la mutazione di colore delle more del Gelso(19). Rimbombò all’imp
loro tele divenivano verdi, e fronzute a foggia d’ellera, e che parte di esse si convertiva in viti, parte in tralci, e pa
rte in tralci, e parte in pampani. Sulla sera udirono uno scuotimento di tutta la casa. Questa comparve poscia illuminata
rve poscia illuminata da molte fiaccole, e si sentirono orribili urli di feroci belve. Le Sorelle smarrite a sì strano eve
ite a sì strano evento fuggirono a nascondersi ; ma in vano tentarono di sottrarsi alla pena, che sovrastava al loro delit
ro cangiate in Nottole(a) (20). Pausania riferisce, che queste figlie di Minia divennero allora sì acciecate, che estrasse
di Minia divennero allora sì acciecate, che estrassero a sorte quale di esso tre avrebbe dato uno de’proprj figliuoli a m
e sopra Leucippe, che sacrificò Ippaso, suo figlio(b). Tra’ figliuoli di Bacco si nominano Stafilo(21), e Narce(22). Plini
figliuoli di Bacco si nominano Stafilo(21), e Narce(22). Plinio parla di un tempio di Bacco nell’ Isola di Andro, appresso
Bacco si nominano Stafilo(21), e Narce(22). Plinio parla di un tempio di Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il quale v’a
filo(21), e Narce(22). Plinio parla di un tempio di Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il quale v’avea una fontana, la d
Bacco nell’ Isola di Andro, appresso il quale v’avea una fontana, la di cui acqua cangiavasi ogni anno in vino : qualità,
ttà della Focide, v’avea un celebre tempio, dedicato a questo Dio, il di cui sacrificatore prediceva l’avvenire. Pausania
are per guarire le loro malattie. Era pure sacra a Bacco una quantità di vasi, atti a contenere il vino. I più famosi però
vino. I più famosi però erano i Colatoi Vinarj(a). Questi erano vasi di sottilissimi e fitti buchi traforati, chiamati da
elle tazze delle mense(b). I poveri, non potendo procacciarsi Colatoi di rame, o d’altro metallo, usavano un panno, detto
mo detto, dipingesi ora giovine, ed ora vecchio. Cinge egli la fronte di corona, da cui pendono varj corimbi, ossia grappo
i, ossia grappoli d’ellera, per cui fu anche detto Corimbifero(d). Il di lui volto è rubicondo e allegro ; bionda la chiom
da la chioma, e ondeggiante sulle spalle(e). La sua veste è una pelle di pantera. Tiene in mano un tirso(23). Sta assiso s
inci(g). Virgilio dice che le redini del predetto carro crano formate di pampini(h). Fu talora questo Nume veduto anche co
o formate di pampini(h). Fu talora questo Nume veduto anche con corna di toro nella fronte, e tal’altra con testa dello st
ale(i). Finalmente gli si diede in mano un grappolo d’uva, o un corno di bue, perchè gli Antichi soleano bere con quello i
cco fu denominato Tauricorno(m). Giuonone Giunone era figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano gli Scrittori ne
nato Tauricorno(m). Giuonone Giunone era figliuola di Saturno e di Cibele (a). Variano gli Scrittori nel riferirci i
he la Dea fu allevata in Sinfalo, città d’ Arcadia, da Temeno, figlio di Pelasgo, il quale le alzò tre tempj sotto tre nom
o, come quanto prima riferiremo (g). Giove invaghitosi della bellezza di questa Dea, e volendo ridorla sensibile al suo am
al suo amore, rendette l’aria estremamente fredda, e sotto la figura di cuculo si rifugiò appresso Ia Dea. Questa, veggen
allora le sue premiere sembianze, e la sposò. Ciò avvenne nell’ Istmo di Corinto sul Tornace, monte della Laconia, il qual
a monte del cuculo (a). Per la medesima ragione gli Argivi nel tempio di Giunone posero la di lei statua sopra un trono co
). Per la medesima ragione gli Argivi nel tempio di Giunone posero la di lei statua sopra un trono collo scettro, e con un
la di lei statua sopra un trono collo scettro, e con un cuculo sopra di quello (b). Quando si celebrarono le nozze di Giu
, e con un cuculo sopra di quello (b). Quando si celebrarono le nozze di Giunone con Giove, Mercurio v’invitò tutti gli De
mini, e perfino tutti gli animali. La sola Ninfa. Chelone, se ne rise di tale matrimonio, nè volle intervenirvi. Mercurio
ise di tale matrimonio, nè volle intervenirvi. Mercurio portossi alla di lei casa, situata lungo le rive di un fiume, e la
tervenirvi. Mercurio portossi alla di lei casa, situata lungo le rive di un fiume, e la sommerse colla stessa Ninfa. Quest
inoltre, cangiata in Testuggine, fu costretta a sempre portare sopra di se la propria casa, e fu condannata in pena delle
e derisioni ad un perpetuo silenzio (c). Dicesi, che la maggior parte di quelli, che assistettero alle anzidette nozze, fe
presentarono dei pomi d’oro, raccolti dal loro giardino. La bellezza di quelle frutta talmente piacque alla Dea, che mand
na armonia con Giove, e unita a Pallade e a Nettuno perfino lo caricò di catene. Il Gigante Briareo però sciolse que’ceppi
due ancudini, che le pendevano a piedi (a). Gli altri Numi tentarono di scioglierle que’legami, ma non potetono mai riusc
d). E ben ebbero a sperimentame i tristi effetti anche Lamla, figlial di Nettuno (e) o di Belo o di Libia (f), e le Ninfa
a sperimentame i tristi effetti anche Lamla, figlial di Nettuno (e) o di Belo o di Libia (f), e le Ninfa Io, nata dal fium
tame i tristi effetti anche Lamla, figlial di Nettuno (e) o di Belo o di Libia (f), e le Ninfa Io, nata dal fiume Inaco e
(f), e le Ninfa Io, nata dal fiume Inaco e da Ismene, e sacerdotessa di questa Divinità (g). Lamia per la sua sorprendent
iore dell’ erà la trasse a forza in un bosco d’ Acaja, fra gli orrori di una caligine, fatta porgere all’ improvviso, dond
Nume stava conversando con una mortale(3). Giunone, sollecita sempre di Giove, lo andò cercando, nè potendolo trovare in
co, e ne sgombrò la caligine. Ma Giove ; il quale erasì accorio della di lei vesuta, avea giù cangiata Io in candida giove
ata Io in candida giovenca. Ammirò Giunonò sì vago animale, e chiese, di qual armento e pastoro egli fosse. Giove rispose,
i fosse. Giove rispose, che lo avea partorito la terra. Finse, la Dea di crederlo, e pregò il marito che a lei donasse que
mente cedette l’animale. Giunone lo diede in custodia ad Argo, figlio di Arestore, detto da’ Greci Panopte, ossia tutte oc
tta giovenca all’ importuno custode. Calò Mercurio. da Cielo in abito di pastore, e al suono di rusticale sampogna addorme
tuno custode. Calò Mercurio. da Cielo in abito di pastore, e al suono di rusticale sampogna addormentò tutti gli occhi d’
tò tutti gli occhi d’ Argo. Mentre però erasi per eseguire il comando di Giove, giovane Jerace svegliò Argo. Mercurio, non
vane Jerace svegliò Argo. Mercurio, non potendo più allora verificare di nascosto il suo furto, uccise quel custode(4), e
uel custode(4), e cangiò Jerace nell’ uccello a cui si diede il nonte di Sparviero (a) (5). Se ne afflisse Giunone, e racc
ti della terra, finchè si precipitò alla fine nel cuare, che dal nome di lei fu detto Jonio (a). I Poeti Greci pretendono,
da’ Latini Asilo, e dagl’ Italiani Tafano. Tale intetto è una spezie di mosca, ch’ estremamente traraglia i greggi (b). T
placò Giunone, restituì ad Io la priniera figura, e la rendette madre di Epafo (c) (6). Nè solemente gelosa, ma superba al
hè nacquero da Preto, re d’ Argo nel Peloponeso(8) ; Antigone, figlia di Laomedonte ; Aedoe, figlia di Pandareo Efesino, e
go nel Peloponeso(8) ; Antigone, figlia di Laomedonte ; Aedoe, figlia di Pandareo Efesino, e Politecno, artefie della citt
; Aedoe, figlia di Pandareo Efesino, e Politecno, artefie della città di Colofone nella Lidia ; e Sida, moglio el Gigante
e Pretidi preferirono la casa el loro padre alle ricchezze de Itempio di Giunone, overo, come vuole Igino, la loro bellezz
Dea. Giunone talmente agitò il loro pirito, che tutte due credettero di essere divenute iovenche, e si misero a correro p
ivenute iovenche, e si misero a correro per le campagne. Ina malattia di tal fatta era di gran dolore all’ aimo di Preto.
e si misero a correro per le campagne. Ina malattia di tal fatta era di gran dolore all’ aimo di Preto. Usò questi di tut
r le campagne. Ina malattia di tal fatta era di gran dolore all’ aimo di Preto. Usò questi di tutti i mezzi per uarirnele,
lattia di tal fatta era di gran dolore all’ aimo di Preto. Usò questi di tutti i mezzi per uarirnele, e perfino promise un
le in matrimonio a chi le avesse ritornate a salute. Melampode, aglio di Amitaone e di Dorippe, ne intrapreso la guarigion
io a chi le avesse ritornate a salute. Melampode, aglio di Amitaone e di Dorippe, ne intrapreso la guarigione.(9). Cominci
ndusse a felice esito l’impresa. Ebbe in isposa Ifianassa (a) (10) ma di ciò non contento, fece sì, che Preto cedesse un’a
ello, Biante (b) (11). Giunone cangiò Antigone in Cicognà per punirla di essersi paragonata a lei in bellezza (c). Aedone
c). Aedone e Politecno erano due sposi felici, ma da che si vantarono di amarsi piucchò Giove e Giunone, questa Dea mandò
nire una seuia curule, e la moglie la tessitura d’una tela. Proposero di gareggiaro, e stabilirono che chi di loro fosse p
tessitura d’una tela. Proposero di gareggiaro, e stabilirono che chi di loro fosse per compire più presto la sua opera, a
icercare a Pandareo l’altra una figliuola, Chelidone, fingendo che la di lei sorella desiderasse di vederla. La ottenne, l
una figliuola, Chelidone, fingendo che la di lei sorella desiderasse di vederla. La ottenne, la condusse in un bosco, le
La ottenne, la condusse in un bosco, le recise i capelli, la cuo prì di abbiette vesti, e dopo di averle minacciata la mo
n un bosco, le recise i capelli, la cuo prì di abbiette vesti, e dopo di averle minacciata la morte, se mai avesse indicat
, e dopo di averle minacciata la morte, se mai avesse indicata alcuna di tali cosa ad Aedone, appresso di questa la condus
morte, se mai avesse indicata alcuna di tali cosa ad Aedone, appresso di questa la condusse secondo il patto in qualità di
ad Aedone, appresso di questa la condusse secondo il patto in qualità di serva. La sorella, non ricono scendola, andava ag
ualità di serva. La sorella, non ricono scendola, andava aggravandola di fatiche e travagli continui. Udendola finalmente
stino, tali e sì pressanti ri cerche le fece, che venne in cognizione di tutte ciò, ch’erale accaduto. L’ una e l’altra ri
izione di tutte ciò, ch’erale accaduto. L’ una e l’altra risolvettero di far mangiare a Politecno l’unico suo figliuolo, I
Politecno se ne accorse, e perseguitò le due sorelle sino nella casa di Pandareo. Questi lo caricò di catene, gli unse’ i
rseguitò le due sorelle sino nella casa di Pandareo. Questi lo caricò di catene, gli unse’ il corpo di mele, e nudo Io las
ella casa di Pandareo. Questi lo caricò di catene, gli unse’ il corpo di mele, e nudo Io lasciò esposto in un campo. Aedon
ire, quando Giove, penetrato dalle triste disavventure della famiglia di Pandareo, cangiò in uccelli tutti quelli, che la
ce che Giunone fece perire Sida, perchè anche questa erasi millantata di essere più bella di lei. Benchè Giunone non sia q
perire Sida, perchè anche questa erasi millantata di essere più bella di lei. Benchè Giunone non sia quasi mai vissuta in
trimonj (c) (13). Quindi le si diedero i nomi d’ Iterduca o Domiduca, di Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite, di Popu
(13). Quindi le si diedero i nomi d’ Iterduca o Domiduca, di Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite, di Populonia, di Fe
le si diedero i nomi d’ Iterduca o Domiduca, di Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite, di Populonia, di Febroa o Febru
d’ Iterduca o Domiduca, di Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite, di Populonia, di Febroa o Februale o Februla o Febru
Domiduca, di Pronuba, di Gamelia, di Curite o Quirite, di Populonia, di Febroa o Februale o Februla o Februata, d’ Opigen
di Populonia, di Febroa o Februale o Februla o Februata, d’ Opigena, di Lucina, d’ Unsia, di Giuga, e di Cinsia. Come Ite
roa o Februale o Februla o Februata, d’ Opigena, di Lucina, d’ Unsia, di Giuga, e di Cinsia. Come Iterduca (d) o Domiduca,
le o Februla o Februata, d’ Opigena, di Lucina, d’ Unsia, di Giuga, e di Cinsia. Come Iterduca (d) o Domiduca, avea cura,
e Pronuba, la invocarono gli sposi nel sacrifizio, che facevano prima di unirsi in matrimonio. Tale sacrifizio consisteva
offerire alla Dea porzione del capelli della sposa, e una vittima, il di cui fiele gettavasi lungi dal tempio, o a piedi d
desimo sacrifizio chiamavasi Eratelia da Era, nome proprio della Dea, di cui quanto prima parleremo, e da telos, voce, che
to prima parleremo, e da telos, voce, che anticamente usavasi in vece di gamos, nozze : onde Eratelia secondo tale etimolo
va sacrifizio fatto a Giunone, preside delle nozze (b). Anche il nome di Gamelia la caratterizza tale. Sotto questo titolo
a, perchè era spezialmente invocata dal popolo (b) (14). Ebbe il nome di Februa o Februalo o Februla o Februata, perchè pr
minarono, perchè in modo particolare era onorata co sacrifizj il mese di Febbrajo (d). Fu chiamata Opigena a cagione dell’
icono, che fu così detta, perchè nacque da Ope (f). Le derivò il nome di Lucina, ed anche di Lucezia, perchè si credeva, c
etta, perchè nacque da Ope (f). Le derivò il nome di Lucina, ed anche di Lucezia, perchè si credeva, ch’ella conferisse la
non potevano più partorire. Un augure sacrificò un becco. Colla pelle di questa vittima furono sferzate quelle donne, ed e
icesi che da ciò ne sia derivato, che le donne, le quali desideravano di aver prole, si sottomettessero a’colpi di sferza,
onne, le quali desideravano di aver prole, si sottomettessero a’colpi di sferza, che i Sacerdoti del Dio Pane(15) al tempo
a tutti coloro, che incontravano per istrada (h) (17). Sotto il nome di Unsia presiedeva all’ unzione, che faceva la spos
ella Dea era tenuta da’ Romani in grande venerazione, nè alcuno osava di toccarla (f). Come Era ottenne in Argo, in Samo,
tenne in Argo, in Samo, ed in Egina cette Feste, dette Eree. Al tempo di queste que’ d’ Argo, dopo d’averle offerto il sac
acrifizio, detto Ecatombe(19), si disputavano ciascun anno una corona di mirto, e uno scudo di bronzo, preposto in premio
mbe(19), si disputavano ciascun anno una corona di mirto, e uno scudo di bronzo, preposto in premio a chi ascendeva sul te
preposto in premio a chi ascendeva sul teatro, penetrava in un luogo, di cui n’era difficile l’ingresso, e staccava uno sc
resso, e staccava uno scudo, che colà era confiscato. Un’ altra Festa di questo nome ogni cinque anni sì celebrava in Elid
inocchia. Quella, che vinceva, ridevea una corona d’ulivo, e porzione di un bue sacrificato, e potea consecrare alla Dea l
lei, ma ella vi dimostrava sempre una forte resistenza. Citerone, re di Platea nella Beozia, e il più astuto di que’ temp
orte resistenza. Citerone, re di Platea nella Beozia, e il più astuto di que’ tempi, lo consigliò che formasse una statua
, e il più astuto di que’ tempi, lo consigliò che formasse una statua di legno, che la vestisse pomposamente, e che la fac
lui (a). E perchè Citerone n’era stato l’autore, perciò ella dal nome di lui fu detta Citeronia (b). Giove poi per ricompe
lebrò la Festa delle Dedali (così anticamente si chiamavano le statue di legno) per onorare la memoria della predetta rico
attordici delle principali città, della Grecia preparavano una statua di legno, adoma de’ più ricchi abbigliamenti. Nel gi
doma de’ più ricchi abbigliamenti. Nel giorno della Festa una Matrona di ciascuna città, coperta di lunga veste, e seguita
amenti. Nel giorno della Festa una Matrona di ciascuna città, coperta di lunga veste, e seguita da numerosa moltitudine di
cuna città, coperta di lunga veste, e seguita da numerosa moltitudine di Beozj, portava la statua sull’ anzidetto monte, o
portava la statua sull’ anzidetto monte, ove stava preparato un Rogo di straordinaria grandezza. Là s’immolavano quattord
i veneravano prima d’ intraprendere alcuna fabbrica (a) (21). Il nome di Lacinia le derivo da Lacinio, promontorio d’ Ital
animali, parimenti sacri alla Dea. Plinio aggionge, che sull’ingresso di quel tempio si trovava un’ara allo scoperto, su c
no de’ quali si fabbricò da C. Cornelio. Dicono, che i Consoli, prima di assumere la loro carica, v’ andassero ad offerire
uoi limiti (e). Ebbe il nome d’ Imbrasia dal fiume Imbraso nell’Isola di Samo, in cui i Sacerdoti lavavano la statua di qu
ume Imbraso nell’Isola di Samo, in cui i Sacerdoti lavavano la statua di questa Dea ; e però quelle acque erano riputate s
stodime il tempio. Gli Argivi promisero ad alcuni Tirreni gran sonina di danaro, se avessero rubato quella statua, sperand
gran sonina di danaro, se avessero rubato quella statua, sperando poi di far postare ad Adniete la pena del furto, e di ve
a statua, sperando poi di far postare ad Adniete la pena del furto, e di vendicersi così della di lei fuga. Coloro vi rius
far postare ad Adniete la pena del furto, e di vendicersi così della di lei fuga. Coloro vi riuscirono ; ma trasportata l
o, un castigo della Dea, ne deposero a terra la statua, e procurarono di placare da Deità, cui essa rappresentava. Sul far
orse, che mancava nel tempio la statua. Subito ne diede avviso a que’ di Samo. Costoco, avendola trovata sulla spiaggia de
i ogni anno portavano la medesima statua sulle rive del mare ; e dopo di a verle offerto certe focacce, la riportavano a s
avano a suo luogo (a). Vuolsi che sia stata detta Feronia dalla città di questo nome, situata alle radici del monte Soratt
la città di questo nome, situata alle radici del monte Soratte, nella di cui sommità ella aveva un tempio (b) (22). Non si
dosi il volto e le mani nella fontana sacra, che scorreva al lato del di lei tempio (c). Virgilio racconta, che rimasto co
la statua ; ma che essendosi lo stesso bosco all’ improvviso coperto di foglie, la statua fu fasciata, dov’ era (a). Stra
fatti liberi, tenevano Feronia per loro protettrice e assumovano nel di lei tempio il pileo (c). Era chiamata Boopide, pe
(d). Si diceva Calendaride, perchè le erano consecrati i primi giorni di ciascun meso, denominael Calende (e). Allora le s
ra (f). Al tempo della guetra degli Arunci i Romani furono minacciati di grande terremoto Giunone li avvertì, che per allo
idoglio (h). Suida dà un origine differente sì al nome, che al tempio di Moneta. I, Romani, dio’ egli, mauravano d’argento
to. Così avvenne ; e i Romani onorarono quindi la Dea sotto il titolo di Moneta, cominciarono a coniare le monete nel di l
a Dea sotto il titolo di Moneta, cominciarono a coniare le monete nel di lei tempio, e la venerarono, come preside alle me
tumio Livio, Dittatore de’ Fidenatì, il quale, accampatosi alle porte di Roma, ricercò al Senato le madri di famiglia, e I
il quale, accampatosi alle porte di Roma, ricercò al Senato le madri di famiglia, e Ie figlie loro. Una schiava, di nome
icercò al Senato le madri di famiglia, e Ie figlie loro. Una schiava, di nome Filotide o Tutela o Retania (a), accitò le a
di nome Filotide o Tutela o Retania (a), accitò le altre sue compagne di vestire gli abiti delle padrone, e di offerirsi a
), accitò le altre sue compagne di vestire gli abiti delle padrone, e di offerirsi a’ nemici, come le : elleno fossero que
o quelle, ch’ eglino ricercavano. Distribuise tralle milizie, finsero di celebraro tra loro una festa, e talmente ubbriaca
cemente riuscito, prese dal predetto albero ad onorarla sotto il nome di Caprotina, e a lei instituì un sacrifizio, il qua
, furono marine a spese del pubblico erario, ed ebbero la permissione di vestire gli abiti delle Matrone Romane (b). Ebbe
missione di vestire gli abiti delle Matrone Romane (b). Ebbe il nome di Lanuvia per cansa del tempio che aveva in Lanuvio
a venerare Giunone Lanuvia. Cicerone dice, che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata di un’asta e di uno sc
unone Lanuvia. Cicerone dice, che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata di un’asta e di uno scudo(a). Fu de
cerone dice, che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata di un’asta e di uno scudo(a). Fu detta Tropea, perch
che ivi la Dea era vestita di una pelle di capra, armata di un’asta e di uno scudo(a). Fu detta Tropea, perchè presiedeva
(a). Fu detta Tropea, perchè presiedeva a’ trionfi, e perchè al tempo di quelli le si offerivano dei sacrifizj (b). Si den
le si offerivano dei sacrifizj (b). Si denominò Conservatrice, perchè di cinque cerve colle corna d’oro, alle quali Diana
saglia, una ne venne salvasa da Giunone (c). Derivò a Giunone il nome di Natale dall’esiere onorata da ognuno nel di lui g
Derivò a Giunone il nome di Natale dall’esiere onorata da ognuno nel di lui giorno natalizio (d) (23). Si chiamò Acrea, p
), che poi nestò connimato dalle fiamme(25). Era pur celebre la festa di questa Dea in quella città Essa consisteva in una
buoi inghirlandati precedevano pel sacrifizio, le carni de’ quali si di stribuivano poi in gran parte agli assistenti. Se
i di stribuivano poi in gran parte agli assistenti. Se guiva un corpo di giovani Argivi, coperti d’armi, che deponevano pr
o un cantico composto de Livio Poeta. Mentro lo imparavano nel tempio di Giove Statore, cadde un fulmine su quello di Giun
lo imparavano nel tempio di Giove Statore, cadde un fulmine su quello di Giunone Regina nell’Aventino. A questo avveniment
ini, i quali risposero, che le Dame Romane doveano placare la sorella di Gìove con sacrifizj e offerte. Presentarono quest
Apollo nella città per la porta Carmentale. Si portarono due immagini di Giunone Regina, fatte di cipresso. Seguirono poi
porta Carmentale. Si portarono due immagini di Giunone Regina, fatte di cipresso. Seguirono poi le ventisette giovani con
cemviri le accompagnarono, coronati d’alloro, e colla veste ricamata di porpora. Questa processione, dopo essersi fermata
ata di porpora. Questa processione, dopo essersi fermata nella piazza di Roma, ove le predette giovani ballarono, continuò
a di Roma, ove le predette giovani ballarono, continuò sino al tempio di Giunone. Le vittime furono scannate da’ Decemviri
o di Giunone. Le vittime furono scannate da’ Decemviri, e le immagini di cipresso vennero collocate nel tempio. Giunone ne
o, in cui, gettandosi delle focacce, se queste s’immergevano, ciò era di buon augurio ; se altrimenti, di cattivo (a). Giu
ce, se queste s’immergevano, ciò era di buon augurio ; se altrimenti, di cattivo (a). Giunone fu altresì onorata in Olimpi
artagine. Si pretendeva che la Dea avesse presieduto alla costruzione di questa città, e che la proteggesse al pari dell’I
costruzione di questa città, e che la proteggesse al pari dell’Isola di Samo. Avea ivi un tempio magnifico, che Didone av
’Isola di Samo. Avea ivi un tempio magnifico, che Didone aveva ornato di pitture, le quali rappresentavano i principali av
le quali rappresentavano i principali avvenimenti dell’ultima guerra di Troja (b). Ebbe pure nell’Isola di Lesbo un tempi
ali avvenimenti dell’ultima guerra di Troja (b). Ebbe pure nell’Isola di Lesbo un tempio, in cui le donne si radunavano pe
uno de’quali le sta anche d’appresso (e). Cinge la fronte con diadema di rose e di gigli (f). Talvolta in figura di giovin
li le sta anche d’appresso (e). Cinge la fronte con diadema di rose e di gigli (f). Talvolta in figura di giovinetta colle
inge la fronte con diadema di rose e di gigli (f). Talvolta in figura di giovinetta colle ali spiegate e di varj colori st
e di gigli (f). Talvolta in figura di giovinetta colle ali spiegate e di varj colori sta a’ di lei piedi Iride, soprannomi
ta in figura di giovinetta colle ali spiegate e di varj colori sta a’ di lei piedi Iride, soprannominata Taumanziade (g),
ziade (g), o Taumantide (a), perchè nacque da Taumante. Era questa la di lei ambasciatrice (b) (26). Tralle altre Ninfe, l
tà dell’Argolide (e). Plutone. Plutone fu considerato figliuolo di Saturno e di Cibele. Egli, come abbiamo detto, re
ide (e). Plutone. Plutone fu considerato figliuolo di Saturno e di Cibele. Egli, come abbiamo detto, regna nell’ Inf
no e di Cibele. Egli, come abbiamo detto, regna nell’ Inferno(a) (1), di cui è bellissima la descrizione, che ce ne dà Vir
ne, che ce ne dà Virgilio(b). Due porte, dic’ egli, ha l’Inferno, una di corno e l’altra d’avorio. All’ ingresso dello ste
no la loro abitazione le Furie(5), le Arpie(6), la Chimera(7), l’Idra di Lerna(8) ; le Gorgoni(9), le Parche(10), e gli De
a i condannati a ingiusta morte, e quelli, che, stanchi delle miserie di quaggiù, spontaneamente si privarono di vita. Sta
i, che, stanchi delle miserie di quaggiù, spontaneamente si privarono di vita. Stannovi d’ appresso i campi, abitati dagli
rada apresi in due : alla destra v’ è quella, che conduce alla Reggia di Plutone, e a’ Campi Elisj, pieni d’ogni puro piac
a avvi quella, che mette all’ orrida carcere, detta il Tartaro(19), e di cui abbiamo favellato. Un altro luogo finalmente
hè nè la menzogna, nè la calunnia possono mai introdurvisi. I Giudici di colà sono Minos, primo re di Creta, siglio di Gio
nnia possono mai introdurvisi. I Giudici di colà sono Minos, primo re di Creta, siglio di Giove, e di Europa ; Radamanto,
introdurvisi. I Giudici di colà sono Minos, primo re di Creta, siglio di Giove, e di Europa ; Radamanto, di lui fratello ;
. I Giudici di colà sono Minos, primo re di Creta, siglio di Giove, e di Europa ; Radamanto, di lui fratello ; ed Eaco, na
o Minos, primo re di Creta, siglio di Giove, e di Europa ; Radamanto, di lui fratello ; ed Eaco, nato dalla Ninfa Egina(20
o Dio, che, aprendosi la terre in voragini, penetrasse qualche raggio di luce giù negli abissi, e mettesse in iscompiglio
. Quivi lungo le rive del lago Pergusa(b), o Pergo, vicino alla città di Enna, Proserpina, figlia di Giove e di Cerere, ga
go Pergusa(b), o Pergo, vicino alla città di Enna, Proserpina, figlia di Giove e di Cerere, gareggiava colle compagne(21)
b), o Pergo, vicino alla città di Enna, Proserpina, figlia di Giove e di Cerere, gareggiava colle compagne(21) in cogliere
la memoria, fece germogliare negli Elisj un pioppo, cui diede il nome di quella Ninfa(b). Quindi Omero dà al pioppo il sop
e il nome di quella Ninfa(b). Quindi Omero dà al pioppo il soprannome di pianta Acherusia, ossia infernale (c). Varj altri
che una sola volta si discende all’ Inferno(g). Gli si diede il nome di Februo, attesochè i Romani gli sacrificavano nel
iede il nome di Februo, attesochè i Romani gli sacrificavano nel mese di Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero anche Qu
i Febbrajo(h) Gli stessi Romani lo dissero anche Quietale, perchè nel di lui regno, ossia dopo morte si gode perfetto ripo
dell’ opulenza(b) (24). Finalmente fu detto Giove Stigio(c). In onore di Plutone si celebrarono i Giuochi Taurilj(d) o Tau
ni de’ tori allora immolati. Tali Giuochi sempre si celebravano fuori di Roma nel Circo Flaminio, onde gli Dei Infernali,
il loro nome da Terento, luogo del Campo Marzio, ov’ eravi il tempio di Plutone, e un’ ara sotterra(f), la quale si lasci
ara sotterra(f), la quale si lasciava vedere solamente all’ occasione di tali Giuochi(g) (25) (26). Questi si denominarono
no(h). Altri poi soggiungono, che siccome tali Giuochi si celebravano di raro, così volgarmente si disse, che succedevano
mai più per vederli. Per tre giorni si celebravano con ogni genere e di giuochi sì nel Circo che nel teatro, e di sacrifi
lebravano con ogni genere e di giuochi sì nel Circo che nel teatro, e di sacrifizj, fatti in tutti i tempj non solo a Plut
in Pilo, ed ebbe ivi un assai magnifico tempio(c). Non molto lungi da di là evvi il monte Menta, così detto da Menta, giov
iovine amata da Plutone, e da lui convertita in erba, che conservò il di lei nome(d). Ovidio vuole, che sia stata Proserpi
ue nelle fosse, come se quello avesse dovuto penetrare fino nel regno di lui(g). La vittima la più ordinaria, dice Diodoro
il toro. Questo Autore soggiugne, che i Siracusani gliene offerivano di neri tutti gli anni sulla fontana di Ciane, per d
e i Siracusani gliene offerivano di neri tutti gli anni sulla fontana di Ciane, per dove credevano, ch’ egli avesse preso
una mano il bidente, ossia una forca a due punte, la quale gli serve di scettro, ed ha nell’ altra varie chiavi. Queste i
ro, ed ha nell’ altra varie chiavi. Queste indicano, che le porte del di lui Regno sono talmente custodite, che chi v’ ent
one, Orfnco, Nitteo, e Alastore(c). Apollo Cicerone fa menzione di quattro Apolli (a). Comunemente però non si ricon
o, il quale nacque da Giove e da Latona (b), figlia secondo Omero (c) di Saturno, e secondo Apollodoro (d) del Titano Ceo
condo Omero (c) di Saturno, e secondo Apollodoro (d) del Titano Ceo e di Febe. Giunone sdegnata, perchè Giove amava la mad
l Titano Ceo e di Febe. Giunone sdegnata, perchè Giove amava la madre di questo Nume, lo scacciò dal Cielo, e fece giurare
gliere Latona in alcun luogo, quando fosse per partorire. Nè contenta di ciò, suscitò contro di Latona il mostro Pitone(1)
luogo, quando fosse per partorire. Nè contenta di ciò, suscitò contro di Latona il mostro Pitone(1), affinchè da per tutto
che fu chiamata Delo(2), acciocchè divenisse sicuro asilo alla figlia di Ceo per dare alla luce Apollo e Diana (e) (3). Ap
orre alle radici del fiume Parnasso (g). Apollo poi, secondo l’ordine di Giove, ando a purificarsi in Tempe, valle delizio
alle deliziosa della Tessaglia (4) Indi in memoria della strage fatta di quel mosto instituì i Giuochi Pitici (a) (5). Gli
e fatta di quel mosto instituì i Giuochi Pitici (a) (5). Gli abitanti di quasi tutte le Isole del mare Egeo, conosciute so
tanti di quasi tutte le Isole del mare Egeo, conosciute sotto il nome di Cicladi, celebravano questi Giuochi verso il prin
ncitori, che pure si appellarono Pitonici, vennero poi anche regalati di certi pomi, sacri ad Apollo (g). A tali vincitori
, o d’argento. Orazio la chiama Sabina, perchè i Sabini ne lavoravano di eccellenti (h). Finalmente in Delfo ogni nove ann
ità, denominata Septerio. Mostravasi allora l’indicato Pitone in atto di essere inseguito da Apollo (i). Apollo non dimorò
i essere inseguito da Apollo (i). Apollo non dimorò sempre nell’isola di Delo, ma fu poscia trasferito in Cielo. Avvenne p
to esiliò Apollo dal Cielo (a). Si ritirò il Nume appresso Admeto, re di Fere nella Tessaglia. Egli lungo le rive del fium
imaco (c) cavalle. Ferecide dice, che Apollo se ne stette nella corte di quel re un solo anno (d) ; Servio soggiunge nove
iunge nove (e). Il Nume apportò molti vantaggi ad Admeto. Rendette le di lui giovenche sì feconde, che partorivano due vit
ano due vitelli alla volta (f) ; e si constituì il Dio tutelare della di lui casa. Ottenne dalle Parche, che Admeto, già v
vesse, purchè qualche altro avesse voluto incontrare la morte in vece di lui. La sola Alceste, la quale Admeto per favore
la morte in vece di lui. La sola Alceste, la quale Admeto per favore di Apollo avea conseguito in matrimonio(6), si trovò
se genetosamente la sua (g) : lo che le meritò da Omero il soprannome di Divina (h) (7). Apollo durante il suo esilio sull
uo esilio sulla terra prese pure ad amare il giovane Giacinto, figlio di Amicla Volle un dì divertirsì seco lui al gioco d
i al gioco del disco ; ed essendo questo ricaduto con impeto sul capo di Giacinto, talmente lo colpì, che lo mise a morte.
ella Troade. Laomedonte, figlio d’Ilo, stava allora alzandovi le mura di Troja. Il Nume insieme con Nettuno, ramingo del p
del pari sulla terra, esibì la sua assistenza a quel re per una somma di danaro. Compito il faticoso lavoro, Laomedonte ri
er una somma di danaro. Compito il faticoso lavoro, Laomedonte ricusò di soddisfare alla convenuta mercede (b). Quindi Apo
alla convenuta mercede (b). Quindi Apollo fece perire una gran parte di quegli abitanti con una peste desolatrice (c). Nè
trice (c). Nè fu solamente in Troja, dove Apollo esercitò il mestiere di muratore. Egli ajutò anche Alcatoo, figlio di Pel
lo esercitò il mestiere di muratore. Egli ajutò anche Alcatoo, figlio di Pelope, ad ergere un labirinto in Megara, città d
nato stromento (d). Apollo, riconcillatosi finalmente con Giove, sali di nuovo all’Olimpo, e fu venerato come una Divinità
na Divinità (e). Il tempio più famoso, che gli si fabbricò, fu quello di Delfo (f), per cui il Nume conseguì anche il nome
bricò, fu quello di Delfo (f), per cui il Nume conseguì anche il nome di Delfico (g). Dicevano gli Antichi, che questo tem
tempio era stato prima costruiro con rami d’alloro, tolti dalla valle di Tempe, e che avea la forma di capanna. Soggiungev
ro con rami d’alloro, tolti dalla valle di Tempe, e che avea la forma di capanna. Soggiungevano, che le Api, distrutto il
. Soggiungevano, che le Api, distrutto il primo, ne alzarono un altro di cera, e di penne d’uccelli. S’inventò poi un terz
vano, che le Api, distrutto il primo, ne alzarono un altro di cera, e di penne d’uccelli. S’inventò poi un terzo tempio, e
elli. S’inventò poi un terzo tempio, e si disse, che quello era opera di Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gruppo di fi
n terzo tempio, e si disse, che quello era opera di Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gruppo di figure sul frontespizio
, che quello era opera di Vulcano, e ch’era di bronzo, con bel gruppo di figure sul frontespizio, le quali davano grato su
mpj non furono che immaginarj. Uno realmente n’esistette, e fu quello di pietra, eretto nell’anno primo della V. Olimpiade
ino furono trovati morti (b) (8). Anche Antifane d’Argo, e Androstene di Tebe, statuarj, molto cooperarono col loro ingegn
di Tebe, statuarj, molto cooperarono col loro ingegno agli ornamenci di quel tempio (c). In esso v’aveano cinque Ministri
estò, ch’egli dallo stesso tempio voleva dare i suoi Oracoli. Diodoro di Sicilia narra, che sul monte Parnasso v’avea un a
redizioni. Conchiude col riferire, che, essendo pericolosa l’apertura di quella fossa, vi si soprappose un trepiede, perch
o poi, per rendere noti i suoi Oracoli nel tempio anzidetto, si servà di una Sacerdotessa, denominata Sternomantide, o Pit
Presa allora da violentissimo e improvviso tremore, faceva risuonare di grida e urli il tempio, e riempiva di sacro orror
vviso tremore, faceva risuonare di grida e urli il tempio, e riempiva di sacro orrore l’animo degli astanti (e). Proferiva
una presta morte sorpresa. Molte precauzioni si usavano nella scelta di tale Sacerdotessa. Dovea essera vergine, e di osc
si usavano nella scelta di tale Sacerdotessa. Dovea essera vergine, e di oscuri natali(f). La prima femmina, che nell’anzi
i(f). La prima femmina, che nell’anzidetto tempio enunciò gli Oracoli di Apollo, fu Femonoe, la quale fece parlare il Nume
la gioventù ; ma da che Echecrate, giovino Tessalo, rapì la Pitonessa di quel tempo, si pubblicò una legge, per cui quelle
tempo, si pubblicò una legge, per cui quelle donne doveano avere più di cinquanta anni(b). Tralle medesime sono celebri L
avere più di cinquanta anni(b). Tralle medesime sono celebri Lampusia di Colofone(9), figlia di Calcante ; Nicostrata(10),
anni(b). Tralle medesime sono celebri Lampusia di Colofone(9), figlia di Calcante ; Nicostrata(10), nata da Ionio, re d’Ar
rata(10), nata da Ionio, re d’Arcadia ; e la Ninfa Egeria(11), moglie di Numa. Benchè talvolta l’Oracolo di Delfo riusciss
ia ; e la Ninfa Egeria(11), moglie di Numa. Benchè talvolta l’Oracolo di Delfo riuscisse fallace, e avesse espostimoltissi
, se crediamo a Teopompo, consistevano da principio in un gran numero di vasi, e tripodi di rame. Questa semplicità non du
pompo, consistevano da principio in un gran numero di vasi, e tripodi di rame. Questa semplicità non durò lungo tempo, e v
. Gige, re della Lidia, fu il primo ad offerirvi grandissima quantità di vasi d’oro e d’argento(12). Venne poi imitato da
l tempio tripodi(13), vasi, scudi, corone, e statue d’oro e d’argento di varia grandezza(14). Narrasi, che Apollo per mezz
. Narrasi, che Apollo per mezzo della Pitonessa ricercò agli abitanti di Sifno, isola del mare Egeo, la decima parte di ci
ricercò agli abitanti di Sifno, isola del mare Egeo, la decima parte di ciò, che ritraevano dalle loro ricchissime minier
o e d’argento. Queglino cominciarono a deporre annualmenns nel tempio di Delfo il richiesto tributo ; ma avendo in seguito
nondò le loro miniere, e le fece intieramente sparire(a). La custodia di tutti questi tesori fu affidata a Ione, figlio d’
custodia di tutti questi tesori fu affidata a Ione, figlio d’Apollo e di Creusa, nata da Eretteo, re d’Atene(b) (15). Il p
i per comando degli Anfizioni(16) gli Alcmeonidi, ossia i discendenti di Alcmeone, famiglia potente d’Atene, scacciati dal
patria da’Pisistratidi, costruirono il medesimo tempio con molto più di magnificenza, di quel che era stato proposto dal
ratidi, costruirono il medesimo tempio con molto più di magnificenza, di quel che era stato proposto dal nobile architetto
eta. Poco tempo dopo avvenne agli Egialesi una pestilenza desolatrice di tutto il loro paese. Consultarono gl’Indovini, e
este, dette Apollonie, nelle quali la principale ceremonia era quella di far usoire dalla città lo stesso numero di fanciu
ipale ceremonia era quella di far usoire dalla città lo stesso numero di fanciulle e di giovani, i quali andassero in cert
era quella di far usoire dalla città lo stesso numero di fanciulle e di giovani, i quali andassero in certa guisa cercand
i, o solamente, come vuole Plutarco, il settimo giorno del primo mese di primavera, perchè que’di Delfo pretendevano, che
omontorio d’Azio in Epiro. Si celebravano cun combattimenti d’Atloti, di cavalli, e di navi (e). Uccidevasi allora un buc
io in Epiro. Si celebravano cun combattimenti d’Atloti, di cavalli, e di navi (e). Uccidevasi allora un buc per le mosche,
e di navi (e). Uccidevasi allora un buc per le mosche, le quali sazie di quel sangue volavano via, nè più vi ritornavano(a
gusto dopo la vittoria, che riportò sopra Marc’Antonio e Cleopatra, e di cui si credette debitore ad Apollo, rinovò queste
in Azio, egli ne trasferì in Roma la celebrazione, la quale si faceva di cinque in cinque anni. Anche Apollo dal predetto
o Promontorio fu denominato Azio(b). Augusto poi gli aggiunse il nome di Palatino, perchè sul monte dello stesso nome gli
n tempio assai celebre pe’portici e per la Biblioteca Greca e Latina, di cui era fornito(c) (17). Le Giacinzie venivario s
enivario solennizzate dagli Spartani per tre giorni appresso la tomba di Giacinto, sopra di cui vedeasi la figura d’Apollo
te dagli Spartani per tre giorni appresso la tomba di Giacinto, sopra di cui vedeasi la figura d’Apollo, alla quale si off
pollo, alla quale si offerivano sacrifizj. Il primo e il terzo giorno di queste Feste erano consecrati a piangere la morte
il terzo giorno di queste Feste erano consecrati a piangere la morte di Giacinto : Il secondo dì eta tutto allegrezza, e
utto allegrezza, e gli schiavi sedevano a mensa co’loro padroni. Cori di giovanetti suonavano la lira, o cantavano inni al
roni. Cori di giovanetti suonavano la lira, o cantavano inni al suono di flauto a Giacinto. Altri danzavano, o a cavallo f
ono di flauto a Giacinto. Altri danzavano, o a cavallo facevano prova di loro maestria ne’pubblici luoghi. La pompa s’inca
luoghi. La pompa s’incamminava verso Amicle, guidata da uno col nome di Legato, il quale offeriva i voti della nazione ne
col nome di Legato, il quale offeriva i voti della nazione nel tempio di Apollo. Giunta colà, vi si sacrificava, comincian
allo spargere in libazione vino e latte. L’altare era la stessa tomba di Giacinto(d). Le Poliie si celebravano in Tebe ad
e solennità i Tebani solevano sacrificangli dei tori, ma per mancanza di questi fu poi introdotto il costume d’immolargli
memoria del pellegrinaggio d’Apollo sulla terra(c). Dopo la battaglia di Canne si credette d’aver trovato ne’versi d’un ce
bbligarsi con voto solenne a celebrare ogni anno de’ Giuochi in onore di Apollo, perciò a persuasione di Cornelio Rufo Dec
ebrare ogni anno de’ Giuochi in onore di Apollo, perciò a persuasione di Cornelio Rufo Decenviro furono subito instituiti
i Cornelio Rufo Decenviro furono subito instituiti sotto il Consolato di Appio Claudio e di. Q. Fulvio Flacco, e dal nome
enviro furono subito instituiti sotto il Consolato di Appio Claudio e di . Q. Fulvio Flacco, e dal nome del Nume chiamati A
tà ; che il medesimo andò loro incontro, e li mise in fuga coll’ajuto di Apollo ; e che questi vibrò contro di loro moltis
o, e li mise in fuga coll’ajuto di Apollo ; e che questi vibrò contro di loro moltissime frecce. Da principio non era fiss
Oropo, città dell’Eubea, dove dava Oracoli(c) ; Pitio dall’uccisione di Pitone(d) ; Nomio, ossia Pastore, per aver avuto
di Pitone(d) ; Nomio, ossia Pastore, per aver avuto cura delle greggi di Admeto : dal che ne derivò altresì, ch’egli fosse
senio, Tirseo, Epidelio, Iperboreo, e Febo. Si disse Delio dall’isola di Delo, ov’ebbe i natali, e dava oracoli sei mesi d
a, città della Licia, nell’ Asia Minore, donde acquistò anche il nome di Patareo(f). Plutarco dice d’aver veduto in Delo u
appellavasi Ceraton, perchè era stata da Apollo fanciulletto composta di corna di capri, uccisi da Diana sul monte Cinto(a
si Ceraton, perchè era stata da Apollo fanciulletto composta di corna di capri, uccisi da Diana sul monte Cinto(a). Su que
a un ricco tempio, e un celebre oracolo(c). I Greci aveano il costume di alzare degli altari nelle strade. Alcuni di quest
I Greci aveano il costume di alzare degli altari nelle strade. Alcuni di questi furono sacri anche ad Apollo, il quale fu
preside alle strade (d). Pausania poi narra, che un certo Iperboreo, di nome Agieo, trasferitosi nella Focide insieme con
ocide insieme con un certo Pagaso gittò i primi fondamenti del tempio di Delfo, sacro ad Apollo, e che perciò il Nume fu d
rciò il Nume fu detto Agieo, o Iperboreo(e). Derivò ad Apollo il nome di Peane o di Peone(19), perchè era egli considerato
e fu detto Agieo, o Iperboreo(e). Derivò ad Apollo il nome di Peane o di Peone(19), perchè era egli considerato come il Di
menti Pean,dopochè erasi riportata qualche vittoria(g). Anche il nome di Alessicaco significa quello che guarisce ; e come
la guerra, che sostenevano con alcuni popoli del Peloponneso a’giorni di Pericle (a). Al nome di Alessicaco corrisponde qu
no con alcuni popoli del Peloponneso a’giorni di Pericle (a). Al nome di Alessicaco corrisponde quello altresì di Apotrope
orni di Pericle (a). Al nome di Alessicaco corrisponde quello altresì di Apotropeo(b) (21), e di Epicurio. Sotto questo ul
nome di Alessicaco corrisponde quello altresì di Apotropeo(b) (21), e di Epicurio. Sotto questo ultimo il Nume era in modo
perchè lo stesso Dio avea liberato quel luogo dalla peste(c). Al dire di Clemente i discendenti di Teucro, usciti dall’Iso
liberato quel luogo dalla peste(c). Al dire di Clemente i discendenti di Teucro, usciti dall’Isola di Creta, per cercare a
te(c). Al dire di Clemente i discendenti di Teucro, usciti dall’Isola di Creta, per cercare altrove il loro stabilimento,
e una notte lungo le rive dell’Ellesponto, avvenne che un gran numero di topi divorò i loro scudi. Il dì seguente i Cretes
e greca sminthos, topo ; v’eressero un tempio ad Apollo sotto il nome di Sminteo ; e risguardarono come sacri tutti i topi
lo sotto il nome di Sminteo ; e risguardarono come sacri tutti i topi di que’dintorni(d). Polemone poi, citato dallo stess
n’altra origine al predetto tempio. Apollo, dicono, aveva nella città di Crisa in Misia un sacerdote, di nome Crine. Il Nu
io. Apollo, dicono, aveva nella città di Crisa in Misia un sacerdote, di nome Crine. Il Nume per punirlo della negligenza,
con cui esercitava il suo ministero, mandò de’topi a desolare tutti i di lui giardini. Orde, pastore di quello, lo avvisò
tero, mandò de’topi a desolare tutti i di lui giardini. Orde, pastore di quello, lo avvisò della commessa negligenza. Si r
Si ravvide il Sacerdote, e il Nume uccise i topi. Crine in rendimento di grazie gl’innalzò quel tempio(a). Curotrofo si ch
mi capelli, e consecrarli a questo Nume(b). Diedesi ad Apollo il nome di Didimeo, perchè in Didima, luogo vicino a Mileto
aro, città della Ionia, fabbricata appresso Colofone da Manto, figlia di Tiresia, e grande Indovina, come lo era il di lei
lofone da Manto, figlia di Tiresia, e grande Indovina, come lo era il di lei padre(a) (23). Dicesi, che quella fonte siasi
ovina, e quella della sua patria(b). Strabone aggrunge, che chi bevea di quelle acque, contraeva la virtù di predire le co
Strabone aggrunge, che chi bevea di quelle acque, contraeva la virtù di predire le cose future(c). E’ stato denominato Is
acerdozio d’ Apollo Ismenio ad un giovane, nato da nobile famiglia, e di avvenente aspetto(e). Licogene o Licottono da lic
e, fu cangiata in quell’ animale. Per questa ragione anche nel tempio di Delfo vedeasi un simulacro di lupo in bronzo. V’
le. Per questa ragione anche nel tempio di Delfo vedeasi un simulacro di lupo in bronzo. V’ è però chi soggiunge, che per
rto ; e collo zampe smosse la terra, che lo tenea coperto(f). Il nome di Spondio, che deriva da spondì, trattato, diedesi
sochè i Beozj gli aveano alzata nel tempio d’ Ercole un’ ara, formata di ceneri di vittime, sacrificate in onore dello ste
ozj gli aveano alzata nel tempio d’ Ercole un’ ara, formata di ceneri di vittime, sacrificate in onore dello stesso Dio(a)
re dello stesso Dio(a). E’ incerto, donde derivasse ad Apollo il nome di Carneo. Altri dicono da Carneo Trojano ; altri da
dicono da Carneo Trojano ; altri dal bellissimo giovine Carno, figlio di Giove e di Europa, cui il Nume teneramente amava 
arneo Trojano ; altri dal bellissimo giovine Carno, figlio di Giove e di Europa, cui il Nume teneramente amava ; altri da
arno d’ Acarnania, che Apollo erudì nell’ arte dell’ indovinare, e la di cui strage, commessa da’ Dorj, venne vendicata da
de, che le abbiano introdotte i Greci, perchè aveano provocato contro di loro le sdegno d’ Apollo, quando sul monte Ida ta
i loro le sdegno d’ Apollo, quando sul monte Ida tagliarono un albero di rami simili nella durezza e rigidezza alle corna,
nella durezza e rigidezza alle corna, per formare il cavallo Trojano, di cui parleremo. Altri finalmente sono di parere, c
r formare il cavallo Trojano, di cui parleremo. Altri finalmente sono di parere, che sieno state così denominate dall’ ess
l quale, essendo per portarsi contro Troja, avea fatto voto ad Apollo di tributargli cospicui onori, se la di lui imptesa
Troja, avea fatto voto ad Apollo di tributargli cospicui onori, se la di lui imptesa avesse avuto felice riuscita. Le anzi
o(b). Si denominò Triopio dal proporsi in un certo giuoco dei tripodi di bronzo in premio a’ vincitori. Ma questi tripodi
casa(c). Fu detto Soratte dall’ essergli stata consecrata la montagna di questo nome, situata nel paese de’ Falisci, poco
nel paese de’ Falisci, poco lontana dal Tevere(d) (24). Ebbe il nome di Teosenio, ossia Dio dell’ ospitalità ; e come tal
Teosenio, ossia Dio dell’ ospitalità ; e come tale lo veneravano que’ di Pellene, città d’ Acaja. Eglino ogni anno celebra
avano que’ di Pellene, città d’ Acaja. Eglino ogni anno celebravano a di lui onore certe Feste, dette parimenti Teosenie.
intagliato(e), ovvero una veste, detta clena, come vuole lo Scoliaste di Pindaro(f). Apollo Teosenio aveva un tempio e una
Scoliaste di Pindaro(f). Apollo Teosenio aveva un tempio e una statua di bronzo in quella città(g). Apollo sotto il nome d
empio e una statua di bronzo in quella città(g). Apollo sotto il nome di Tirseo era onorato in Cianea, città della Licia.
a lui sacra, in cui vedeasi indicato tutto quello, che si desiderava di sapere(h). Saccheggiatasi l’Isola di Delo, e il t
tutto quello, che si desiderava di sapere(h). Saccheggiatasi l’Isola di Delo, e il tempio d’Apollo, che vi si trovava, la
i l’Isola di Delo, e il tempio d’Apollo, che vi si trovava, la statua di questo Dio per disprezzo fu gettata in mare. I fl
neravano Apollo, perchè credevano, che nella loro Isola fosse nata la di lui madre, Latona. Queglino per così dire erano S
nata la di lui madre, Latona. Queglino per così dire erano Sacerdoti di questo Nume, e continuamenté cantavano Inni a di
dire erano Sacerdoti di questo Nume, e continuamenté cantavano Inni a di lui onore. Gli aveano dedicato un vasto terreno,
tavano Inni a di lui onore. Gli aveano dedicato un vasto terreno, nel di cui mezzo eravi un magnifico tempio, rotondo, e p
terreno, nel di cui mezzo eravi un magnifico tempio, rotondo, e pieno di ricchi doni. La loro stessa città era consecrata
cchi doni. La loro stessa città era consecrata ad Apollo, e abbondava di musici e suonatori. Credevano, che ogni diciannov
sse tra loto, suonasse la lira, e danzasse ogni notte dall’ Equinozio di Primavera sino all’ apparire delle Plejadi. Per t
utti. Da prima erano due o tre vergini, accompagnate da cento giovani di grande coraggio, le quali portavano quelle offert
gio, le quali portavano quelle offerte. Fecero poi passare i donativi di mano in mano per mezzo di que’popoli, che si trov
elle offerte. Fecero poi passare i donativi di mano in mano per mezzo di que’popoli, che si trovavano sulla strada dal lor
. Tra’ Sacerdoti d’ Apollo Iperboreo è famoso Abaride Scita, e figlio di Seuta. Egli fu regalato dal Nume d’ una freccia d
ia, e scorreva per qualsisia inaccessibile luogo. Lo stesso vantavasi di predire il futuro, e spezialmente il terremoto ;
alcuni non mangiava mai, ed era stato quegli, che con uno degli ossi di Pelope avea formato il Palladio(a). Apollo si den
che il Sole(b). Sotto questo aspetto ebbe per padre Iperione, figlio di Urano e di Titea(c). In onore di Febo s’ insituir
e(b). Sotto questo aspetto ebbe per padre Iperione, figlio di Urano e di Titea(c). In onore di Febo s’ insituirono le Fest
etto ebbe per padre Iperione, figlio di Urano e di Titea(c). In onore di Febo s’ insituirono le Feste Dafnefotie, e le Tar
i nove anni da’ Beozj. Allora la cima del tronco d’un ulivo, coronato di alloro e altri fiori, si cuopriva con un globo di
’un ulivo, coronato di alloro e altri fiori, si cuopriva con un globo di rame, il quale rappresentava il Sole. Sotto di qu
cuopriva con un globo di rame, il quale rappresentava il Sole. Sotto di quello se ne collocava un altro minore che indica
quello se ne collocava un altro minore che indicava la Luna. Intorno di essi due ponevasi un gran numero di plù piccoli,
ore che indicava la Luna. Intorno di essi due ponevasi un gran numero di plù piccoli, i quali rappresentavano le Stelle. A
pompa in giro. Chi ciò faceva, chiamavasi Dafneforo. Egli era coperto di magnifica e lunga veste, co’ capelli sparsi, e ci
e cingeva in capo una corona d’ oro. Venivano poscia due cori, l’ uno di giovani, che stringevano in mano una bacchetta in
’ uno di giovani, che stringevano in mano una bacchetta inghirlandata di fiori, e l’ altro di donzelle, che portavano rami
stringevano in mano una bacchetta inghirlandata di fiori, e l’ altro di donzelle, che portavano rami d’ ulivo, e cantavan
rico. Così si andava al tempio d’ Apollo Ismenio o Galasio. L’origine di tale Festa è questa : gli Eolj ; che abitavano in
vicini, per obbedite ad un Oracolo, andarono a guastare il territorio di Tebe, allora assediata da’ Pelasgi. Le due armate
da’ Pelasgi. Le due armate si trovarono nello stesso tempo obbligate di celebrate una Festa d’ Apollo. Si fece pertanto u
altri tagliarono degli allori, per portarli poi in mano coll’ oggetto di onorare il Nume. Polemata, capo de’Beozj, vide in
sogno un giovane, che lo regalava d’una intera armata, e comandavagli di consecrare ogni nove anni degli allori alla stess
dopo il sogno questo Generale disfece i nemici. Egli perciò ebbe cura di celebrare la comandata festa ; e questa poscia si
si portavano in giro ; nell’ altro si purificavano le città. Un coro di musici gareggiava poi nel canto. Era lecito nel t
ttà. Un coro di musici gareggiava poi nel canto. Era lecito nel tempo di queste Festo scrivere ne’pubblici Registri i figl
ad un cervo, protestò che lo avrebbe raggiunto, quand’ anche il corso di lui fosse stato rapido al par di quello del Sole(
bbe raggiunto, quand’ anche il corso di lui fosse stato rapido al par di quello del Sole(c). Il Sole arse d’amore per la v
, e da Orcamo, re degli Assirj(d). Il lucido Dio, prese le sembbianze di Eurinome, si appressò a Leucotoe ; che con alquan
ò questi una fossa, e vi seppellì viva la figlia. Il Sole, spettatore di tale barbarie, cercò coll’ attività de’ suoi ragg
ole, spettatore di tale barbarie, cercò coll’ attività de’ suoi raggi di aprire la strada alla misera, onde ritornasse all
o il terreno, trovò egli Leucotoe già morta. Ne asperse quindi allora di nettare il corpo e il terreno. Questo mandò tosto
simboleggiare l’ abbondanza, ch’ egli produce. Ha in capo una corona di raggi, ed è tirato sopra un carro da quattro cava
a Musica, e però viene tenuto come il capo delle Muse(d) (32), figlie di Giove e di Mnemosina(e) (33). Con queste il Nume
però viene tenuto come il capo delle Muse(d) (32), figlie di Giove e di Mnemosina(e) (33). Con queste il Nume soggiornava
o. Tra questi si nominano Marsia, Satiro della Frigia ; Niobe, figlia di Tantalo, re della Lidia, e di Eurianassa ; il Gig
ia, Satiro della Frigia ; Niobe, figlia di Tantalo, re della Lidia, e di Eurianassa ; il Gigante Tizio, figlio di Giove e
i Tantalo, re della Lidia, e di Eurianassa ; il Gigante Tizio, figlio di Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di
re della Lidia, e di Eurianassa ; il Gigante Tizio, figlio di Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di Teti ; Mida
nassa ; il Gigante Tizio, figlio di Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di Teti ; Mida, figlio di Gordio, e re d
igante Tizio, figlio di Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di Teti ; Mida, figlio di Gordio, e re della Frigia 
Giove e di Elara ; Caanto, figlio di Oceano e di Teti ; Mida, figlio di Gordio, e re della Frigia ; e certi Argivi. Marsi
Argivi. Marsia(41) presumeva che niuno potesse uguagliarlo nell’ arte di suonare la tibia, stromento da fiato, simile al n
uonare la tibia, stromento da fiato, simile al nostro flauto(42). Osò di provocare Apollo a confronto, colla condizione, c
iacere il vinto. Apollo, essendone giudici le Muse(a), o gli abitanti di Nisa(b), vi riuscì superiore. Egli appese Marsia
ne Tebane ad offerire voti e incensi a Latona, come madre d’ Apollo o di Diana, Niobe andava sgridando quelle donne riguar
do quelle donne riguardo al culto, che rendevano a Latona ; e tentava di persuaderle, che una madre di due soli figliuoli,
lto, che rendevano a Latona ; e tentava di persuaderle, che una madre di due soli figliuoli, qual’ era stata colei, non do
figliuoli, qual’ era stata colei, non dovea essere posta a confronto di chi ne avea assai più. Se ne querelò Latona con D
o frecce li misero tutti a morte. Lo stesso fine incontrarono pure le di lei figliuole, eccettuata Clori, la quale fu lasc
vvìssute Melibea e Amicla, perchè elleno ne implorarono la protezione di Latona ; e che le medesime inalzarono a Latona st
go(a). Apollodoro soggiunge, che fu risparmiata la morte anche ad uno di que’ maschi, nominato Anfione(b) (44). Niobe poi,
ta in sasso(c). Scrisse Ferecide(d), che Elara, come si trovò gravida di Tizio, Giove la nascose sotterra per sottrarla al
i Tizio, Giove la nascose sotterra per sottrarla alle furiose gelosie di Giunone. Morì la madre, e nacque il bambino fin d
bino fin d’ allora d’estraordinaria grandezza. La terra fu incaricata di nutrirlo ; e quindi fu creduto di lei figliuolo(e
a grandezza. La terra fu incaricata di nutrirlo ; e quindi fu creduto di lei figliuolo(e). Igino narra, che Giunone, gelos
). Tizio nell’ Inferno è tormentato secondo Igino da un serpente, che di continuo gli rode il fegato e il cuore. Virgilio
ojo(h), ovvero due, corne altri pretendono(a), vanno pascendosi delle di lui viscere, le quali divorate rinascono di nuovo
), vanno pascendosi delle di lui viscere, le quali divorate rinascono di nuovo. Caanto doveva andare in traccia di sua sor
le quali divorate rinascono di nuovo. Caanto doveva andare in traccia di sua sorella. Melia, ch’era stata rapita da Apollo
rella. Melia, ch’era stata rapita da Apollo, e fatta madre d’Ismeno e di Tenero(45). Egli, come seppe, ch’ella trovavasi a
bosco Ismenio, a lui consecrato. Apollo per tal delitto scoccò contro di lui una freccia, che gli diede la morte(b). Pane
ontro di lui una freccia, che gli diede la morte(b). Pane in presenza di certe Ninfe soleva cantare al suono della zampogn
e Ninfe soleva cantare al suono della zampogna. Egli, benchè ineguale di fotze, ardì di anteporsi in ciò ad Apollo, e di v
cantare al suono della zampogna. Egli, benchè ineguale di fotze, ardì di anteporsi in ciò ad Apollo, e di venire seco lui
Egli, benchè ineguale di fotze, ardì di anteporsi in ciò ad Apollo, e di venire seco lui a confronto. Sedette giudice dell
a(46), diede la preferenza a Pane. Se ne sdegnò Apollo, e rendette le di lui orecchie sìmili a quelle dell’asino. Il Re, v
dette le di lui orecchie sìmili a quelle dell’asino. Il Re, vedendosi di sì deforme aspetto, studiò di celarne la bruttezz
i a quelle dell’asino. Il Re, vedendosi di sì deforme aspetto, studiò di celarne la bruttezza col cuoprìrsì le tempia di p
forme aspetto, studiò di celarne la bruttezza col cuoprìrsì le tempia di purpurea tiara. Con tutto ciò se ne accorse quell
servi, che gli accorciava ì capelli, quando erano lunghi : e smanioso di pubblicare, che il suo Re aveva le orecchie asini
e il suo Re aveva le orecchie asinine, ma non osando nel tempo stesso di farlo per timote di castigo, scavò in rimota camp
orecchie asinine, ma non osando nel tempo stesso di farlo per timote di castigo, scavò in rimota campagna una fossa, ed i
gò il suo desiderio. Qualche tempo dopo uscì da quel terreno quantità di canne ; e queste, agitate dal vento, andarono rip
orare da’cani un figliuolo, che Apollo aveva avuto da Psamate, figlia di Crotopo. Il Nume per punirli suscitò il mostro Pe
Nume, e colla peste desolò la città d’Argo. Corebo consultò l’Oracolo di Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò di pi
ebo consultò l’Oracolo di Delfo, e la Pitonessa in risposta gli vietò di più ritornarsone tra’ suoi. Gli soggiunse, che pr
dal tempio un tripode, e che nel luogo, ove quello fosse per cadergli di mano, ergesse un tempio ad Apollo, ed ivi fissass
uesti sono celebri Cirene, figlia del fiume Peneo ; Ciparisso, figlio di Telefo ; Sinope, figlia d’Asopo ; la Ninfa Stilbe
o di Telefo ; Sinope, figlia d’Asopo ; la Ninfa Stilbe ; Iapi, figlio di Jaso ; Rea, figlia di Stafilo e di Crisotemi ; la
figlia d’Asopo ; la Ninfa Stilbe ; Iapi, figlio di Jaso ; Rea, figlia di Stafilo e di Crisotemi ; la Ninfa Acacalide ; la
o ; la Ninfa Stilbe ; Iapi, figlio di Jaso ; Rea, figlia di Stafilo e di Crisotemi ; la Ninfa Acacalide ; la figlia di Mac
ea, figlia di Stafilo e di Crisotemi ; la Ninfa Acacalide ; la figlia di Macareo, detta Isse(47) ; e la Ninfa Bolina. Cire
arte dell’ Africa, che poscia fu detta Cirenaica, e la rendette madre di molti figliuoli, tra’quali si nomina Aristeo(a).
a ne dimostrò estremo dolore, e chiese agli Dei, che gli concedessero di piangere sempre. Infruttuosa non rimase la di luì
i, che gli concedessero di piangere sempre. Infruttuosa non rimase la di luì preghiera, e in tal dilovio di lagrime egli p
sempre. Infruttuosa non rimase la di luì preghiera, e in tal dilovio di lagrime egli proruppe, che divenne verde cipresso
questa metamorfosi, ordinò, che il cipresso fosse in avvenire simbolo di lutto, ch’esso servisse d’ornamento nelle pompe f
llo rapì pure Sinope, e recatosi secolei nel Ponto, la rendette madre di Siro, il quale diede poi il suo nome a’Sirj. Dice
da alcuni, ch’ella abbia ottenuto da Giove e da Apollo la prerogativa di conservarsi sempre vergine(c). Da Stilbe e da Apo
iti, e dall’altro i Centauri, popoli della Tessaglia(d). Iapi fu vate di somma riputazione, ed esimio suonatore di cetra.
Tessaglia(d). Iapi fu vate di somma riputazione, ed esimio suonatore di cetra. Virgilio dice, che Apollo gl’inseghò l’art
. Virgilio dice, che Apollo gl’inseghò l’arte degli augurj, e il modo di conoscere l’attività delle piante, e che lo regal
gurj, e il modo di conoscere l’attività delle piante, e che lo regalò di celeri frecce, e di un’armoniosissima cetra(e).
onoscere l’attività delle piante, e che lo regalò di celeri frecce, e di un’armoniosissima cetra(e). Rea partorì ad Apoll
niosissima cetra(e). Rea partorì ad Apollo un figlio. Se ne adirò il di lei padre, e la fece gettare nel mare. I flutti l
la fece gettare nel mare. I flutti la portarono sulle rive dell’Isola di Delo, dove fu raccolta col bambino. A questo ella
la di Delo, dove fu raccolta col bambino. A questo ella diede il nome di Anio. Lo depose poscia sull’altare d’Apollo, e lo
de il nome di Anio. Lo depose poscia sull’altare d’Apollo, e lo pregò di prenderne cura. Così fece il Nume(a). Apollo ebbe
derne cura. Così fece il Nume(a). Apollo ebbe da Acacalide nell’Isola di Creta due figli, Filandro e Filacide. Questi furo
Questi furono esposti alle bestie, e nutriti da una capra. In memoria di tal fatto gli abitanti di Elira, città situara so
bestie, e nutriti da una capra. In memoria di tal fatto gli abitanti di Elira, città situara sopra una delle montagne di
l fatto gli abitanti di Elira, città situara sopra una delle montagne di Creta, spedirono al tempio d’Apollo in Delfo una
le montagne di Creta, spedirono al tempio d’Apollo in Delfo una capra di bronzo, che allattava due bambini(b). Apollo, per
lti figliuoli, tra’quali i più rinomati sono Lino, nativo della città di Tebe nella Beozia(48), Filamone(49), Anfione(50),
lcuni fu trasformata in quell’animale per sottrarla alle persecuzioni di Giunone, sì perchè Apollo, come Dio de’Pastori, v
he agli augurj, i quali spezialmente si traevano dal volo e dal canto di quell’uccello(c) (55). Ovidio racconta, che Apoll
5). Ovidio racconta, che Apollo, volendo celebrare una festa in onore di Giove, commise ad un Corvo di recargli pel sacrif
o, volendo celebrare una festa in onore di Giove, commise ad un Corvo di recargli pel sacrifizio dell’acqua, tratta da una
spiegò a tale oggetto il volo, ma avendo osservato un albero, carico di fichi, si fermò appresso lo stesso, finchè quelli
use, dipingesi assiso sulla cima del Parnasso, circondato dalle Muse, di bell’aspetto, senza barba, co’capelli biondi, e o
consecrata. Dietro alle spalle porta il turcasso. Talvolta ha intorno di se gli stromenti di varie Arti. Con una mano stri
lle spalle porta il turcasso. Talvolta ha intorno di se gli stromenti di varie Arti. Con una mano stringe pure una corona
o, per cui divenne sacro ad Apollo l’alloro, è questo ; Dafne, figlia di Peneo, uno de’fiumi maggiori della Tessaglia, era
o la terra la nascondesse nelle sue viscere, ovvero ch’ella cambiasse di forma. Nè in vano pregò, poichè d’improvviso vide
una pianta d’alloro(a). Ecate. ECate secondo alcuni era figlia di Perse e di Asteria, secondo altri del Sole e dell
d’alloro(a). Ecate. ECate secondo alcuni era figlia di Perse e di Asteria, secondo altri del Sole e della Notte, o
figlia di Perse e di Asteria, secondo altri del Sole e della Notte, o di Cerere e di Giove, o di Giove e di Latona. Fu det
rse e di Asteria, secondo altri del Sole e della Notte, o di Cerere e di Giove, o di Giove e di Latona. Fu detta Ecate, o
eria, secondo altri del Sole e della Notte, o di Cerere e di Giove, o di Giove e di Latona. Fu detta Ecate, o perchè riten
do altri del Sole e della Notte, o di Cerere e di Giove, o di Giove e di Latona. Fu detta Ecate, o perchè riteneva cento a
di Giove e di Latona. Fu detta Ecate, o perchè riteneva cento anni al di là del fiume Stige chi dopo morte era rimasto sen
ia Proserpina, nell’ Inferno (a). Esiodo dice, che la Luna era figlia di uno de’ Titani, cioè d’ Iperione, il quale la ebb
idi, per cui la Luna fu chiamata Titania (b). Ecate poi sotto il nome di Diana comparve alla luce del giorno sull’altissim
omparve alla luce del giorno sull’altissimo monte, Cinto, nell’ Isola di Delo, donde fu anche denominata Cinzia. Ella vene
nità, e ne dimostrò gelosia in sommo grado (c). Quindi uccise a colpi di frecce Bufago, figlio di Giapeto, perchè costui s
ia in sommo grado (c). Quindi uccise a colpi di frecce Bufago, figlio di Giapeto, perchè costui sul monte Foloe avea tenta
i Giapeto, perchè costui sul monte Foloe avea tentato d’ insultare al di lei pudore (d). Fece altresì esperimentare gli ef
d Atteone, cacciatore, nato dal celebre Aristeo, e da Autonoe, figlia di Cadmo. Quegli, avento fatta una grande strage di
e da Autonoe, figlia di Cadmo. Quegli, avento fatta una grande strage di selvaggina in boschi e in monti, desistette dalla
distante da quel luogo eravi la valle Gargafia, solitaria e ingombra di cipressi e di pini. Nell’estremità della stessa v
uel luogo eravi la valle Gargafia, solitaria e ingombra di cipressi e di pini. Nell’estremità della stessa v’avea una sorg
ro le Ninfe, che, formata alla meglio una corona a Diana, procurarono di nasconderla. Ranide spezialmente, Fiale, e Nife a
stinsero ; ma inutilmente, poichè la Dea era dal collo in su più alta di ciascheduna. Diana spruzzò di quell’acqua sul vol
chè la Dea era dal collo in su più alta di ciascheduna. Diana spruzzò di quell’acqua sul volto ad Atteone, e lo cangiò in
a brani straziato (a). Lo Scoliaste d’Apollonio chiama Atteone figlio di Melisso, e soggiunge ch’egli fu lacerato da color
soggiunge ch’egli fu lacerato da coloro, i quali celebravano le Orgie di Bacco (b). Diodoro di Sicilia però vuole, che Att
acerato da coloro, i quali celebravano le Orgie di Bacco (b). Diodoro di Sicilia però vuole, che Atteone abbia incontrato
e pretende, che colui ne sia stato così punito, perchè ebbe la vanità di credersi più abile di Diana nell’arte della cacci
ne sia stato così punito, perchè ebbe la vanità di credersi più abile di Diana nell’arte della caccia (c) (2). Nè sarebbe
è sarebbe da maravigliarsi, che ciò avesse potuto essere la causa del di lui castigo. Sappiamo da Omero, che questa Dea co
ppiamo da Omero, che questa Dea come intese, che anche Orione, figlio di Nettuno e di Brille(3), oltre essere famosissimo
ro, che questa Dea come intese, che anche Orione, figlio di Nettuno e di Brille(3), oltre essere famosissimo Astronomo, er
a altresì celebre cacciatore, ne concepì gelosia(4), e privò lui pure di vita(5). Ella poi se ne pentì, e ottenne da Giove
dippe, e Melanippo con Cometo. La Dea colpì con una freccia la lingua di Chione, figlia di Dedalione, perchè ella aveva os
con Cometo. La Dea colpì con una freccia la lingua di Chione, figlia di Dedalione, perchè ella aveva osato di credersi pi
cia la lingua di Chione, figlia di Dedalione, perchè ella aveva osato di credersi più bella di lei. L’infelice per tale fe
e, figlia di Dedalione, perchè ella aveva osato di credersi più bella di lei. L’infelice per tale ferita morì (b) (7). Aco
nfelice per tale ferita morì (b) (7). Aconzio, giovinetto dell’ Isola di Cea, nel mare Egeo, fornito di singolare avvenenz
) (7). Aconzio, giovinetto dell’ Isola di Cea, nel mare Egeo, fornito di singolare avvenenza, erasi recato al tempio di Di
nel mare Egeo, fornito di singolare avvenenza, erasi recato al tempio di Diana in Delo per vedere le Feste di quella Dea.
vvenenza, erasi recato al tempio di Diana in Delo per vedere le Feste di quella Dea. Quivi osservò la bella Cidippe, nata
n troppo nobile condizione, e la povertà, in cui trovavasi, gli erano di ostacolo per giungere a possederla. Per riuscirvi
ll’artifizio. Sapeva, che quando facevasi qualche promessa nel tempio di Diana, non v’avea più maniera di dispensarsene. S
facevasi qualche promessa nel tempio di Diana, non v’avea più maniera di dispensarsene. Scrisse sopra un bellissimo pomo d
r non esperimentarlo più a lungo sposò Aconzio (a). Melanippo, figlio di Marte, avendo veduto in un tempio di Diana la gio
ò Aconzio (a). Melanippo, figlio di Marte, avendo veduto in un tempio di Diana la giovine sacerdotessa, Cometo, si unì a l
la giovine sacerdotessa, Cometo, si unì a lei col più stretto vincolo di cordiale amore : e perchè eglino non potevano mar
alattia, per cui poco tempo dopo moritono. Nè quì ebbe fine lo sdegno di Diana. Ella prese ad opprimere eziandio quegli ab
no questo sacrifizio (b). I più cari a Diana furono Endimione, figlio di Calice e di Etlio, e re d’ Elide ; Britomarti, de
crifizio (b). I più cari a Diana furono Endimione, figlio di Calice e di Etlio, e re d’ Elide ; Britomarti, detta da Diodo
di Etlio, e re d’ Elide ; Britomarti, detta da Diodoro Britona, Ninfa di Creta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretu
lide ; Britomarti, detta da Diodoro Britona, Ninfa di Creta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretusa, figlia di Nereo
omarti, detta da Diodoro Britona, Ninfa di Creta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretusa, figlia di Nereo e di Corid
Ninfa di Creta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretusa, figlia di Nereo e di Coride, nata in Elide. Endimione per l
reta, e figlia di Giove e di Carme (c) ; e Aretusa, figlia di Nereo e di Coride, nata in Elide. Endimione per la sua giust
Elide. Endimione per la sua giustizia ottenne da Giove il privilegio di sempre dormire(8) in una spelonca del Latmo, mont
ricolo d’essere divorata da qualche bestia selvaggia, implorò l’ajuto di Diana, che ne la liberò. Britomarti, grata a tant
grata a tanta beneficenza, fabbricò un tempio alla Dea sotto il nome di Dittinna, che significa la Dea delle reti (10). A
ti (10). Altri dicono, che Britomarti per sottrarsi alle persecuzioni di Minos, re di Creta, si gettò in mare, e che dopo
i dicono, che Britomarti per sottrarsi alle persecuzioni di Minos, re di Creta, si gettò in mare, e che dopo morte fu da D
da Diana ammessa tralle Divinità (a). Avvertasi altresì, che il nome di Britomarti fu dato alla stessa Diana (b). Aretusa
a. A tale prerogativa vi si aggiungeva l’altra, ch’ella, benchè fosse di non ordinaria avvenenza, pure non amava di essere
tra, ch’ella, benchè fosse di non ordinaria avvenenza, pure non amava di essere riconosciuta per tale, anzi arrossiva dell
ò d’inseguirla. Ella, non potendo più reggersi, implorò la protezione di Diana. Questa Dea la involse in una nuvola, e la
rotezione di Diana. Questa Dea la involse in una nuvola, e la adombrò di sì folta caligine, che per quanto Alfeo la cercas
non mai poteva ritrovarla. Aretusa tuttavia era in angustie, nè osava di muovere un piede, nè di respirare per non iscopri
a. Aretusa tuttavia era in angustie, nè osava di muovere un piede, nè di respirare per non iscoprirsi. Un freddo sudore sc
i respirare per non iscoprirsi. Un freddo sudore scorse allora per le di lei membra, e in un istante trovossi convertita i
in lei avvenuta, e spogliatosi delle umane sembianze, ripigliò quelle di fiume. Così voleva pure raggiungerla, ma Diana la
la verginità, solevano portare in canestri certi sacrifizj al tempio di Diana, e divenute gravide, nè potendo più usare d
custodivano la verginità (c). E’ stata detta Panagea dal suo scorrere di foresta in foresta ; o dal trovarsi ora in cielo,
ora sulla terra, ed ora nell’ Inferno ; o finalmente dal suo cangiare di forma e di figura (d). In Elide fu onorata sotto
erra, ed ora nell’ Inferno ; o finalmente dal suo cangiare di forma e di figura (d). In Elide fu onorata sotto il nome di
cangiare di forma e di figura (d). In Elide fu onorata sotto il nome di Elafebola (e), o di Elafia, ossia cacciatrice del
di figura (d). In Elide fu onorata sotto il nome di Elafebola (e), o di Elafia, ossia cacciatrice del cervo, perchè in ci
assarono appresso quasi tutti i popoli della Grecia (a). Lo Scoliaste di Stazio dice, che alcune giovani della Laconia, da
di Stazio dice, che alcune giovani della Laconia, danzando nel tempio di Diana, chiamata perciò Cariatide, s’accorsero, ch
va rovina. Si rifugiarono sopra una noce, e restarono sospese a’ rami di quella (b). Elleno perciò ogni anno al tempo dell
’ campi(d), o perchè avea un tempio in Agri, città dell’ Attica, e il di cui terreno era opportunissimo alla caccia. In qu
ia. In quel tempio si offeriva ogni anno dagli Ateniesi un sacrifizio di cinquecento capre. Intorno all’ instituzione di t
teniesi un sacrifizio di cinquecento capre. Intorno all’ instituzione di tale sacrifizio Senofonte dice, che fattasi nell’
o Senofonte dice, che fattasi nell’ Attica un’ irruzione da Dario, re di Persia, Callimaco fece voto di sacrificare a Dian
ell’ Attica un’ irruzione da Dario, re di Persia, Callimaco fece voto di sacrificare a Diana tante capre, quanti Persiani
momento un numero corrispondente degli accennati animali, si decretò di sacrificarne cinquecento ciascun anno (e). La sta
i, si decretò di sacrificarne cinquecento ciascun anno (e). La statua di Diana Cindiade avea il privilegio, che nè pioggia
ccola città del’ Lazio, fabbricata, come vedremo, da Ippolito, figlio di Teseo (a). Questi le eresse un tempio, e v’introd
ebbe altresì un bosco. Un servo fuggitivo n’era il Sacerdote col nome di Re del bosco. Esso doveva aver ucciso di propria
n’era il Sacerdote col nome di Re del bosco. Esso doveva aver ucciso di propria mano il suo predecessore, e stringeva sem
redecessore, e stringeva sempre una spada per resistere a chi tentava di privare lui pure di vita. Quì si celebrava anche
geva sempre una spada per resistere a chi tentava di privare lui pure di vita. Quì si celebrava anche una festa, in cui i
i Romani si astenevano per qualche dì dalla caccia, coronavano i cani di fiori, e con fiaccole accese si recavano nella pr
r sacrificare alla Dea (b). Fu denominata Saronia da Sarone, terzo re di Trezene. Questi amò assaissimo la caccia(11). Ins
si trovò senza accorgersi in alto mare, dove vi perdette la vita. Il di lui corpo fu portato nel bosco sacro di Diana, e
dove vi perdette la vita. Il di lui corpo fu portato nel bosco sacro di Diana, e poi sepolto nell’atrio di quel tempio. P
i corpo fu portato nel bosco sacro di Diana, e poi sepolto nell’atrio di quel tempio. Per tale motivo i di lui sudditi in
di Diana, e poi sepolto nell’atrio di quel tempio. Per tale motivo i di lui sudditi in seguito celebrarono a Diana certe
dette parimenti Saronie (c). Fu detta Munichia dal re Munico, figlio di Pentacleo ; o da quella parte del Pireo, che si c
nichie, nelle quali le si offerivano delle focacce (d). Ebbe il nome di Brauronia da Brauron, borgo dell’ Attica (a). Ivi
di Brauronia da Brauron, borgo dell’ Attica (a). Ivi eravi un tempio di Diana, fabbricato da Oreste, colla statua della D
spada sul capo d’ una vittima umana ; e alcune gocce, sparse in orore di Diana, n’erano il sacrifizio (b). A Diana Brauron
n quegli abitanti. Un’incauta fanciulla divenne sua preda. I fratelli di lei uccisero quell’animale. Venne perciò la peste
sia delle strade che si dividevano in tre, sulle quali si riponeva il di lei simulacro (c). Si chiamò Febe da Febo, suo fr
il quale le comunica parte della propria luce, affinchè ella illumini di notte la terra (d). Conseguì il nome di Egemone,
luce, affinchè ella illumini di notte la terra (d). Conseguì il nome di Egemone, ossia di conduttrice, perchè ella di not
la illumini di notte la terra (d). Conseguì il nome di Egemone, ossia di conduttrice, perchè ella di notte serve in certo
a (d). Conseguì il nome di Egemone, ossia di conduttrice, perchè ella di notte serve in certo modo di guida a’ viaggiatori
emone, ossia di conduttrice, perchè ella di notte serve in certo modo di guida a’ viaggiatori. Come tale rappresentasi con
a per placarla, mentr’era adirata per causa del delitto, commesso nel di lei tempio da Cometo e Melanippo (g). Si disse No
io da Cometo e Melanippo (g). Si disse Nottiluca, ossia che risplende di notte. Ebbe un tempio sul monte Palatino, in cui
ltimo de’ predetti nomi avea un tempio, nel quale le nutrici al tempo di certe Feste, dette Titenidie, portavano i fanciul
mentre si sacrificavano alla Dea lattanti porci per la conservazione di que’ bambini. Si faceva allora anche un pubblico
bblico convito (c). Fu chiamata Brimo, perchè avendo Mercurio tentato di conversare seco lei, ella ne fremette (d). Altri
i, che soleva destare questa Dea (e). Il Vossio pretende, che il nome di Levana derivi dall’altro Ebraico Levanà, che nel
atrice lo poneva sul terreno, e il padre poi, o altra persona in vece di lui ne lo alzava e abbracciava. Era sì necessario
fizj (f). Ecate finalmente, considerata come Proserpina, ebbe il nome di Libitina(12), e si risguardò come la Dea preside
come la Dea preside a’ funerali(13). Roma le inalzò un tempio, adorno di colonne, e di statue di bronzo, e circondato da u
eside a’ funerali(13). Roma le inalzò un tempio, adorno di colonne, e di statue di bronzo, e circondato da un bosco sacro.
unerali(13). Roma le inalzò un tempio, adorno di colonne, e di statue di bronzo, e circondato da un bosco sacro. Ivi compe
lla Dea. Coloro, ch’erano stabiliti a riceverla, registravano il nome di ciascun inorto in un libro, detto il Registro di
registravano il nome di ciascun inorto in un libro, detto il Registro di Libitina. Per mezzo di questo si sapeva il numero
ciascun inorto in un libro, detto il Registro di Libitina. Per mezzo di questo si sapeva il numero de’ morti in Roma ogni
questo si sapeva il numero de’ morti in Roma ogni anno (a). In onore di Libitina finalmente ogni novilunio si celebravano
icevano, che lo avea fatto Libitina (b). Anche i Stratonicesi al dire di Strabone (c) solennizzavano con grande concorso l
Acaja. Augusto, avendo spopolata Calidone, diede a’ Patresi una parte di quelle spoglie, tralle quali eravi la statua di D
a’ Patresi una parte di quelle spoglie, tralle quali eravi la statua di Diana, chiamata da’ Calidonj Lafria, da che crede
a, da che credettero che si fosse calmata la sua collera contro Eneo, di cui parleremo. Que’ popoli la custodivano gelosam
isponevano in giro legni verdi, e Innghi cinquanta braccia. Nel mezzo di essi collocavano quantità di legno secco. Portava
i, e Innghi cinquanta braccia. Nel mezzo di essi collocavano quantità di legno secco. Portavano in processione la predetta
due cervi. Si preparava il sacrifizio d’ogni sorta d’animali vivi, e di frutta. Gli animali, dal calore resi furiosi, ten
li vivi, e di frutta. Gli animali, dal calore resi furiosi, tentavano di fuggire. Si riprendevano, e si riconducevano all’
nie o Neomenie vennero così dette, perchè si celebravano al principio di tutti i mesilunari. Gli Ateniesi allora offerivan
i nobili, ornate a gran pompa, offerivano alla Dea cestelli, coronati di fiorì, e pieni di rarj doni, e tra questi eranvi
gran pompa, offerivano alla Dea cestelli, coronati di fiorì, e pieni di rarj doni, e tra questi eranvi i più belli lavori
onere un felice matrimonio (c) (15). L’Efesie s’instituirono da que’ di Efeso, la principale ceremonia delle quali consis
do il Pitisso si celebravano con pompa nel tempio della Dea contratti di nozze. Dietro il tempio stesso eravi un bosco, in
nella quale gli Spartani sull’altare della Dea venerata sotto il nome di Ortia, sì aspramente fla’ gellavano con verghe i
o con verghe i più nobili giovinetti, che questi sempre si ritraevano di là aspersi di sangue, e talvolta anche spiravano
più nobili giovinetti, che questi sempre si ritraevano di là aspersi di sangue, e talvolta anche spiravano sotto i micidi
mento. Quelli, che morivano sotto le battiture, si coronavano a guisa di vincitori, e aveano onorovole sepoltura. Una sace
acevano alla flagellazione, finchè solamente ne usciva qualche stilla di sangue (a). A proposito poi di Diana Ortia notia
hè solamente ne usciva qualche stilla di sangue (a). A proposito poi di Diana Ortia notiamo, che Anfiteno o Anfisteno, il
A proposito poi di Diana Ortia notiamo, che Anfiteno o Anfisteno, il di lui padre, Anficle, Irbo, suo figlio, e i suoi né
co, e Alopeco, Spartani, divennero maniaci per aver toccata la statua di Diana Orcia (a). Ecate oltre gl’ indicati tempj n
ebbe molti altri. Tre furono i più famosi, erecti a lei sotto il nome di Diana : l’uno sul monte Aventino, l’altro in Efes
Chersoneso Taurica. Sulle porte del primo si appendevano delle corna di bue. Plutarco dice, che ciò forse si facesse per
facesse per conservare la memoria d’un Fatto, avvenuto sotto il regno di Servio Tullio. Un certo Antrone Coracio, Sabino,
a gioventa, e ne attaccò le corna alla porta del tempio, a differenza di tutti gli altri tempj di Diana, sulle porte de’ q
le corna alla porta del tempio, a differenza di tutti gli altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano appese delle c
altri tempj di Diana, sulle porte de’ quali erano appese delle corna di cervo (b). Il tempio di Efeso si fabbricò in duge
ulle porte de’ quali erano appese delle corna di cervo (b). Il tempio di Efeso si fabbricò in dugento venti anni dal celeb
cò in dugento venti anni dal celebre Architetto Chersifrone. Era esso di sorprendente magnificenza, e conteneva cento vent
o di sorprendente magnificenza, e conteneva cento venti sette colonne di maravigliosa lunghezza e bellezza, le quali erano
rtale il suo nome (b). Il predetto Alessandro propose a que’ d’ Efeso di somministrare loro tutto ciò, che poteva rendere
alla Dea, purchè nell’ Iscrizione del medesimo avessero ricordato il di lui nome. Non v’ acconsentirono, e le donne in ve
di lui nome. Non v’ acconsentirono, e le donne in vece si spogliarono di tutti i loro preziosi ornamenti, cosiochè questo
tempio niente era minore nella magnificenza del primo (c). Gli Sciti di nuovo lo distrussero (d). Il tempio eretto a Dian
rica divenne famoso pel barbaro costume, introdotto da Toante(16), re di quel paese, il quale sacrificava alla Dea i fores
, il quale sacrificava alla Dea i forestieri, che giungevano appresso di lui. Quìndi Diana per ironia fu detta Orsiloche,
della caccia, rappresentasi con una mezza luna sulla fronte, calzata di coturni, con arco e turcasso, e con un cane a’suo
ro, tirato da bianchi servi (f). Venere. ALcuni Antichi parlano di più Veneri. Platone ne riconobbe due, Venere Uran
re ; la terza, nata da Giove e da Dione, da cui ella acquistò il nome di Dejonea(b). I Poeti però Greci e Latini non fanno
me di Dejonea(b). I Poeti però Greci e Latini non fanno menzione, che di quella, la quale sortì dalla schiuma del mare, e
ellezza e del piacere(c). La medesima secondo Esiodo passò nell’isola di Citera(d), e secondo Omero in quella di Cipro(e).
condo Esiodo passò nell’isola di Citera(d), e secondo Omero in quella di Cipro(e). Ella vi fu portata da Zefiro. Le Ore la
isposa ; ma finalmente fu data in matrimonio a Vulcano, il più brutto di tutti gli Dei(g). Venere fu particolarmente vener
(g). Venere fu particolarmente venerata in Amatunte, città nell’Isola di Cipro. Dicesi, che gli abitanti di quella città,
rata in Amatunte, città nell’Isola di Cipro. Dicesi, che gli abitanti di quella città, chiamati Cerasti, perchè aveano la
e, essendochè gli sacrificavano i forestieri, che giungevano appresso di loro. Venere, sdegnata per tale inumanità, cangiò
anità, cangiò quelle genti in tori, affinchè elleno stesse servissero di vittime pe’sacrifizj(a). La Dea medesima fu anche
il nome d’Idalia(b) ; in Citera, Isola dell’Arcipelago, dov’eravi il di lei più antico tempio(c) ; in Cnido, antica città
go, dov’eravi il di lei più antico tempio(c) ; in Cnido, antica città di Caria, la quale divenne celebre per una maravigli
città di Caria, la quale divenne celebre per una maravigliosa statua di marmo, formata da Prassitele, la quale rappresent
rappresentava questa Dea(d) ; in Isparta, ove trovavansi molte statue di lei(1) ; in Lesbo, Isola del mare Egeo ; in Pafo,
di lei(1) ; in Lesbo, Isola del mare Egeo ; in Pafo, città dell’Isola di Cipro. Cinira, figlio di Pigmalione(2), e ricchis
la del mare Egeo ; in Pafo, città dell’Isola di Cipro. Cinira, figlio di Pigmalione(2), e ricchissimo re di Cipro(e), rico
ell’Isola di Cipro. Cinira, figlio di Pigmalione(2), e ricchissimo re di Cipro(e), riconoscendosi ricolmato dalla Dea di f
(2), e ricchissimo re di Cipro(e), riconoscendosi ricolmato dalla Dea di favori, le consecrò la città di Pafo, da lui fabb
), riconoscendosi ricolmato dalla Dea di favori, le consecrò la città di Pafo, da lui fabbricata, e le alzò un tempio, di
le consecrò la città di Pafo, da lui fabbricata, e le alzò un tempio, di cui egli stesso volle costituirsene il sacerdote(
lle costituirsene il sacerdote(f). Ne avvenne quindi, che i sacerdoti di Pafo erano sempre scelti dalla famiglia reale, e
. Quindi si sa, che Catone offerì al Re Tolommeo la gran Sacerdotessa di quello, ond’egli volesse cedere Cipro a’Romani. S
Sonovi poi alcuni Scrìttori, i quali dicono, che la città e il tempio di Pafo, dedicato a Venere, furono fabbricati da Paf
cagione delle impudiche Propetidi, abia tatrici della predetta città di Amatunte in Cipro. Queste femmine si trovarono ca
n sassi, perchè alla loro sfrenata dissolutezza v’aggiunsero l’ardire di negare o deridere la potenza di Venere. Frattanto
ta dissolutezza v’aggiunsero l’ardire di negare o deridere la potenza di Venere. Frattanto la Scultura, cui Pigmalione ama
alione amava e conosceva perfettamente, era il continuo oggetto della di lui applicazione. Formò egli d’avorio una giovine
uo oggetto della di lui applicazione. Formò egli d’avorio una giovine di tale bellezza e leggiadria, che ne restò pazzamen
leggiadria, che ne restò pazzamente innamorato. Giunto il dì festivo di Venere in quell’ Isola, si appressò Pigmalione al
Ciò fece sì, che mentr’egli per lo innanzi erasi dichlarato odiatore di donne, e nemico di nozze, fu poi veduto a sposare
entr’egli per lo innanzi erasi dichlarato odiatore di donne, e nemico di nozze, fu poi veduto a sposare pieno di contentez
o odiatore di donne, e nemico di nozze, fu poi veduto a sposare pieno di contentezza l’opera stessa delle sue mani. Egli n
di contentezza l’opera stessa delle sue mani. Egli n’ebbe un figlio, di nome Pafo, di cui abbiamo testè fatta menzione(a)
a l’opera stessa delle sue mani. Egli n’ebbe un figlio, di nome Pafo, di cui abbiamo testè fatta menzione(a). Ritornando p
ui abbiamo testè fatta menzione(a). Ritornando poi al predetto tempio di Venere in Cipro, dicesi che in esso col progresso
racconta innoltre, che nello stesso tempio siasi fatto venire Tamira di Cilicia per istabilirvi la scienza degli Aruspici
allo scoperro, pure non veniva mai bagnato dalla pioggia(c), nè sopra di quello si offerivano che incenso e fiori(a). Fina
incenso e fiori(a). Finalmente Venere era venetata anche nella città di Sesto, situata sulle rive dell’ Ellesponto(3). Ve
esse avuto parte nella creazione del mondo(m). Cesare, che pretendeva di descendere da questa Dea per mezzo di Julo, figli
ondo(m). Cesare, che pretendeva di descendere da questa Dea per mezzo di Julo, figlio d’Enea, le fece ergere un tempio sot
me. Plinio dice, che quel Dittatore spedì al medesimo tempio quantità di pietre preziose(a). Ebbe il nome di Tritonia, per
spedì al medesimo tempio quantità di pietre preziose(a). Ebbe il nome di Tritonia, perchè veniva portata da’ Tritoni. Ques
to. Altri dicono, elle la Dea ricevette tal nome, perchè Jone, figlio di Suto, mentre offeriva un sacrifizio, vide un corv
te della vittima, e la depose sul predetto Promontorio(d). Nel tempio di Venere Coliade v’erano delle statue, le quali rap
mirto, ch’erale sacro ; e che tal nome fu poi corrotto nell’anzidetto di Murcia o Murzia. Ella aveva, una Capella non lung
io alle radici del monte Aventino(a) (5). Plinio fa menzione del nome di Cloacina(b). Egli lo deriva dal verbo latino clue
a omicida, e fu attribuita a Venere, attesochè una certa donna Greca, di noma Laide, figlia di Timandra, restò uccisa nel
uita a Venere, attesochè una certa donna Greca, di noma Laide, figlia di Timandra, restò uccisa nel di lei tempio a colpi
erta donna Greca, di noma Laide, figlia di Timandra, restò uccisa nel di lei tempio a colpi d’aghi da alcune donne Tessale
colpi d’aghi da alcune donne Tessale, ch’erano divenute gelose della di lei bellezza(d). Dicesi, che per la medesima ragi
Dicesi, che per la medesima ragione siasi dato a Venere anche il none di Anosia, empia (e). Sotto il nome di Libentina ebb
siasi dato a Venere anche il none di Anosia, empia (e). Sotto il nome di Libentina ebbe un tempio in Roma, in cui le giova
io d’Esculapio. Strabone riferisce, che i Romani, per averla appresso di loro, offerirono a quelle genti di renderli esent
che i Romani, per averla appresso di loro, offerirono a quelle genti di renderli esenti di cento talenti sul tributo, che
averla appresso di loro, offerirono a quelle genti di renderli esenti di cento talenti sul tributo, che pagavano alla loro
a’ Galli, si avevano reciso i capelli per formarne delle corde ad uso di certe macchine di guerra(b). L’altro tempio le fu
no reciso i capelli per formarne delle corde ad uso di certe macchine di guerra(b). L’altro tempio le fu fabbricato, perch
abbricato, perchè le predette donne, essendosi rasa la testa a motivo di certa malattia, ottenero mercè la protezione di q
asa la testa a motivo di certa malattia, ottenero mercè la protezione di questa Dea di riacquistare in brevissimo tempo i
motivo di certa malattia, ottenero mercè la protezione di questa Dea di riacquistare in brevissimo tempo i loro capelli(c
elli(c). Un fatto, avvenuto in Efeso, diede motivo alla consecrazione di due tempj in onore di Venere. Alesside e Melibea
enuto in Efeso, diede motivo alla consecrazione di due tempj in onore di Venere. Alesside e Melibea si amavano teneramente
amavano teneramente, e aveansi reciprocamente promesso con giuramento di sposarsi, quando accadde, che i genitori della gi
i mise in viaggio. I venti la portarono al luogo stesso, ove l’amante di lei erasi ritirato ; ed ella v’arrivò nel momento
a tavola con alcuni amici. I due giovani si maritarono, e in memoria di tale avvenimento alzarono i due predetti tempj a
venimento alzarono i due predetti tempj a Venere, l’uno sotto il nome di Automata, perchè improvvisamente si erano rotte l
si erano rotte le gomone del predetto naviglio ; l’altro sotto quello di Epideta, perchè Melibea era arrivata, quando si s
li, città d’ Arcadia(b). Una statua, ch’ella ebbe a Sparta nel tempio di Giunone Iperchiria, le acquistò il nome di Venere
a ebbe a Sparta nel tempio di Giunone Iperchiria, le acquistò il nome di Venere Giunone. Questa statua era antichissima ;
e nubili recavansi a farle offerte e sacrifizj(c). Sotto il Consolato di M. Acilio e di C. Porzio la figlia d’un cittadino
nsi a farle offerte e sacrifizj(c). Sotto il Consolato di M. Acilio e di C. Porzio la figlia d’un cittadino Romano fu colp
bri Sibillìni, e se ne intese, che le giovani Romane erano minacciate di castigo, perchè avevano abbandonata la virtù. A t
Cangia-cuori (d). Cadmo la chiamò in vece Apostrofia(e). L’onore poi di consecrare quella statua fu concesso a Sulpicia,
’onore poi di consecrare quella statua fu concesso a Sulpicia, figlia di Patercolo, e moglie di Fulvio Flacco, come quella
e quella statua fu concesso a Sulpicia, figlia di Patercolo, e moglie di Fulvio Flacco, come quella, ch’era la donna la pi
e moglie di Fulvio Flacco, come quella, ch’era la donna la più pudica di Roma(f). Venere Verticordia al tempo di Marcello
ch’era la donna la più pudica di Roma(f). Venere Verticordia al tempo di Marcello ebbe anche un tempio fuori della porta C
à, o per riacquistarla, se la aveano perduta. Fu detta Euploea, ossia di felice navigazione, perchè era la protettrice de’
re sopra un monte presso Napoli. In esso eravi la statua la più bella di questa Dea, che si fosse fatta da Prassitele, e d
tatua la più bella di questa Dea, che si fosse fatta da Prassitele, e di cui un ragguardevole giovine ne divenne amante(a)
vogliono, che questo tempio sia stato eretto da Enea Trojano. Diodoro di Sicilia poi dice, che il medesimo sussisteva prim
medesimo in gran copia l’oro e le gemme. Dedalo, eccellente artefice, di cui parleremo, v’avea riposto una giovenca d’oro,
quale perfettamente imitava il naturale, e avea decorato quel tempio di molti altri ammirabili lavori. Notte e giorno vi
; e ne’ primi tempi si aveva tanto rispetto per esso, che niuno osava di porre mano ne’tesori, che vi si custodivano. Amil
a’suoi soldati. Si finge, ch’egli perciò abbia dovuto vedere a perire di pestilenza la sua armata, e ch’egli stesso sia st
onto. Sotto questo nome aveva un tempio in Ermione, città dell’ Istmo di Corinto, e la di lei statua era colà molto pregia
o nome aveva un tempio in Ermione, città dell’ Istmo di Corinto, e la di lei statua era colà molto pregiabile per la sua g
za e bellezza. Ivi le giovani avanti le loro nozze, e le vedove prima di rimaritarsi, andavano ad offerire sacrifizj(a). F
e da un tempio, che Agamennone le consecrò nella Beozia dopo la morte di Arginno, il quale era stato da lui teneramente am
fiume Cefiso(c). Agoracrito e Alcameno, celebri statuarj e discepoli di Fidia, contrastarono chi di loro era per formare
e Alcameno, celebri statuarj e discepoli di Fidia, contrastarono chi di loro era per formare la più bella Venere. Quella
vesse a restare in Atone, la vendette a certi stranieri sotto il nome di Nemesì, e queglino la trasportarono in Ranno(d).
d). Dalla maggiot parte delle Greche città vennero celebrate in onore di questa Dea le Feste Afrodisie. Le più celebri era
uesta Dea le Feste Afrodisie. Le più celebri erano quelle dell’ Isola di Cipro, introdotte da Cinira. Niuno v’era ammesso,
allora abbandonasse Erice per andarsene nella Libia dietro la scorta di quegli uccelli. Nove giorni dopo quelle stesse ge
rano Priapo(7), Imene o Imeneo(8), le Grazie(9), Cupido(10), ed Enea, di cui parleremo altrove. La stessa Dea amò assai Ad
Enea, di cui parleremo altrove. La stessa Dea amò assai Adone, figlio di Cinira (11), re di Cipro, e di Mirta. Costei dopo
emo altrove. La stessa Dea amò assai Adone, figlio di Cinira (11), re di Cipro, e di Mirta. Costei dopo averlo partorito f
La stessa Dea amò assai Adone, figlio di Cinira (11), re di Cipro, e di Mirta. Costei dopo averlo partorito fu dagli Dei
averlo partorito fu dagli Dei trasformata nell’albero, che ritenne il di lei nome(b). Altri dicono, ch’ella fu da Venere a
iungono che a Mirra toccò sì trista avventura, perchè Cencride, madre di lei, si milantava d’avere in Mirra una figliuola
idetto albero, primachè partorisse Adone ; ch’essendo venuto il tempo di darlo alla luce, l’albero s’aprì ; e che ne compa
venne raccolto dalle Najadi, e nominato Adone. Quelle Ninfe, al dire di questi ultimi Scrittori, ebbero cura di lui, lo n
Adone. Quelle Ninfe, al dire di questi ultimi Scrittori, ebbero cura di lui, lo nascosero sotto l’erba, e lo bagnarono de
l giovine non fu sì facile a prevalersi delle prudenti esortazioni. E di lui cani trassero fuori dalla macchia uno smisura
a essa strappandosi col dente dalla pelle il ferro, lo svelse intriso di sangue, inseguì il cacciatore, lo afferrò, e lo s
bellezza, nè più il guardò. Così se ne afflisse il Pastore, che morì di tristezza. Venere lo cangiò in fiume ; ma tuttavi
i tristezza. Venere lo cangiò in fiume ; ma tuttavia egli non cessava di amare Argira, ch’era stata pure trasformata in fo
ch’era stata pure trasformata in fontana. Venere, cui la trista sorte di Selinno continuava a destare compassione, gli fec
tinuava a destare compassione, gli fece obbliare del tutto la memoria di quella Ninfa. Per questo si credette, che le acqu
questo si credette, che le acque del predetto fiume avessero la virtù di far perdere a chi ne bevea, o vi si bagnava, la r
la ricordanza de’loro amori (a). Venere castigò Anasarete, e le donne di Lenno. Ad Ifide, leggiadro giovinetto di Salamina
astigò Anasarete, e le donne di Lenno. Ad Ifide, leggiadro giovinetto di Salamina in Cipro, bastò di rimirare un giorno An
di Lenno. Ad Ifide, leggiadro giovinetto di Salamina in Cipro, bastò di rimirare un giorno Anasarete, nata da Teucro, per
ncepirne un amore senza limiti. La disuguanglianza de’natali tenne il di lui cuore ondeggiante per qualche tempo. Non pote
la giovine le sue tenerezze, e talora drizzava i suoi voti alla porta di colei, come a una Divinità, e l’aspergeva di vino
a i suoi voti alla porta di colei, come a una Divinità, e l’aspergeva di vino e odori, e la cingeva di fiori, e la baciava
lei, come a una Divinità, e l’aspergeva di vino e odori, e la cingeva di fiori, e la baciava. Anasarete per altro lo sprez
la baciava. Anasarete per altro lo sprezzava e derideva. Egli, stanco di tolerare più a lungo siffatto martirio, attaccò u
ù a lungo siffatto martirio, attaccò una fune alla soglia della porta di colei, se l’annodò alla gola, e pendulo se ne mor
bi, e che dice non esservi nel Dizionario Mitologico. Arsinoe, figlia di Nicocreonte, re di Cipro, fu cangiata da Venere i
esservi nel Dizionario Mitologico. Arsinoe, figlia di Nicocreonte, re di Cipro, fu cangiata da Venere in pietra, perchè fu
o, fu cangiata da Venere in pietra, perchè fu spettatrice de’funerali di Arceofonte, che morì per non poterla sposare (b).
unerali di Arceofonte, che morì per non poterla sposare (b). Le donne di Lenno sacrificarono a tutte le Deità, fuorchè a V
a. Frammischiò tra loro la Dea Mefiti (13), la quale, com’era proprio di lei, le rese, tutte d’un odore sì fetido, che se
no allora, sdegnate per siffatta separazione, implorarono il soccorso di Poliso. Costei era Sacerdotessa d’Apollo, e donna
i vaticinj avea talmente reso famoso in Lenno e in tutta la Grecia il di lei nome, che senza il suo consiglio o comando ni
on solo autrice, ma ministra eziandio dell’esterminio. Toante, figlio di Bacco e d’Arianna, e re di Lenno, avea avuto da M
a eziandio dell’esterminio. Toante, figlio di Bacco e d’Arianna, e re di Lenno, avea avuto da Mirina, sua moglie, una figl
Arianna, e re di Lenno, avea avuto da Mirina, sua moglie, una figlia, di nome Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore
e Ipsipile. Costei ebbe pietà del suo genitore, lo nascose nel tempio di Bacco, e poi lo fece passare secretamente nell’is
se nel tempio di Bacco, e poi lo fece passare secretamente nell’isola di Chio appresso il fratello Enopio, che là vi regna
pile fuggì da Lenno, e presa da’corsari, fu venduta a Licurgo, figlio di Pronace, e re di Nemea (c). Tra gli ustelli il p
no, e presa da’corsari, fu venduta a Licurgo, figlio di Pronace, e re di Nemea (c). Tra gli ustelli il più caro a Venere
lomba. Dicesi, che la Dea anche si trasformasse in questo uccello. Il di lei figlio, Cupido, si vantò di poter cogliere in
si trasformasse in questo uccello. Il di lei figlio, Cupido, si vantò di poter cogliere in un giardino più fiori di sua ma
i figlio, Cupido, si vantò di poter cogliere in un giardino più fiori di sua madre. Venere prese a gareggiare seco lui ; m
eggiare seco lui ; ma egli coll’ajuto delle ali sì velocemente girava di fiore in fiore, ch’era per riportarne la vittoria
a, perchè era stata tinta del sangue d’Adone, quando si punse con una di quelle spine, per la quale puntura la rosa divenn
gie del mare per asciugarsi i capelli, e veggendo da lungi una ciurma di Satiri, corse a nascondersi tra alcuni mirti (c) 
le sue sacerdotesse(16). Le perle altresì erano particolare ornamento di Venere, come quella, che si voleva nata nel mare
ere, come quella, che si voleva nata nel mare in una conchiglia piena di margarite (d). Plinio (e), e Macrobio (a) ci narr
l’aceto, fu divisa in due parti per farne gli orocchini ad una statua di Venere. Lampridio lasciò scritto, che l’Imperator
ceste (e). Sul Libano poi, ov’era molto onorata, e avea il soprannome di Architide (f), compariva afflitta, col capo coper
ariva afflitta, col capo coperto, e appoggiato sulla sinistra in atto di piangere in morte di Adone. Nettuno. Nettun
apo coperto, e appoggiato sulla sinistra in atto di piangere in morte di Adone. Nettuno. Nettuno fu considerato figl
re in morte di Adone. Nettuno. Nettuno fu considerato figliuolo di Saturno e di Cibele. Il di lui padre, dopo d’aver
i Adone. Nettuno. Nettuno fu considerato figliuolo di Saturno e di Cibele. Il di lui padre, dopo d’averlo mangiato,
ttuno. Nettuno fu considerato figliuolo di Saturno e di Cibele. Il di lui padre, dopo d’averlo mangiato, lo restituì po
Secondo un’altra tradizione più seguita, e citata da Pausania(a), la di lui madre, tostochè lo partorl, lo nascose tra’pa
un pulodro, il quale da lui venne tosto divorato. Arno fu la nutrice di Netteno(b) (1). Questo Nume nella divisione dell’
sione dell’Impero del mondo ebbe la signoria del mare, delle isole, e di tutti i luoghi circonvicini(c). Egli però, trovan
o a Giove, ch’ei regnasse nel Cielo, cospirò insiome co’Titani contro di lui, ma finalmente ne venne relegato sulla terra(
ielo, nè sapendo come vivere, si unì a lui per ajutare Laomedonte, re di Troja, il quale stava fabbricando le mura dì quel
mura dì quella città. Egli, attesa la promessa, che gli fece quel re, di grossa somma di danaro, s’accinse a rendere quell
ittà. Egli, attesa la promessa, che gli fece quel re, di grossa somma di danaro, s’accinse a rendere quelle mura conforti
conforti argini sicure dalle inondazioni. Laomedonte ricusò alla fine di pagarlo. Non tollerò Nettuno l’oltraggio, e fece
i le acque, che portarono estrema rovina alla nascente città. Nè pago di tale vendetta, intimò per mezzo ed’un oracolo, ch
pago di tale vendetta, intimò per mezzo ed’un oracolo, che la figlia di quello stesso re servisse di pasto ad un mostro m
ò per mezzo ed’un oracolo, che la figlia di quello stesso re servisse di pasto ad un mostro marino(a) (2). Nettuno fu chia
tabile e fu data a Nettuno, perchè secondo Servio egli avea il potere di rendore tale la terra(b). Strabone racconta ; che
(b). Strabone racconta ; che il mare da quattro giorni videsi coperto di fiamme, che estremamente lo agitavano, quando fin
di fiamme, che estremamente lo agitavano, quando finalmente dal mezzo di quelle comparve quantità di rupi ardenti, le qual
lo agitavano, quando finalmente dal mezzo di quelle comparve quantità di rupi ardenti, le quali, unitesi insieme, presero
(c). Con tale titolo ebbe altri tempj nella Grecia(d), e uno al Capo di Tenaro, nella Laconia, sull’ingresso della grotta
si faceva al tempo de’Giuochi Circensi, ma anche perchè trovò l’arte di cavalcare(a), ovvero perchè egli fece dono del ca
i ad alcuna fatica, e si conducevano per le strade e campagne, adorni di bellissimi arnesi, e inghirlandati di fiori. Le s
er le strade e campagne, adorni di bellissimi arnesi, e inghirlandati di fiori. Le stesse Feste si celebravano anche da’Ro
ati di fiori. Le stesse Feste si celebravano anche da’Romani col nome di Giuochi Consuali. Appresso Mantinsa, città del Pe
nsa, città del Peloponneso nell’Arcadia, eravi un antichissimo tempio di Nettuno Ippio, fabbricato da Agamede e Trofonio :
ieco(c). Si chiamò Enosictone, per indicare il potere, ch’egli aveva, di scuotere la terra, e di suscitarvi i terremoti(d)
ctone, per indicare il potere, ch’egli aveva, di scuotere la terra, e di suscitarvi i terremoti(d). Fu denominato Onchesti
lui suscitate, soventi volte cigionano tal’effetto. Si celebravano a di lui onore le Feste Posidie o Posidonie. Questo Nu
lui onore le Feste Posidie o Posidonie. Questo Nume aveva nell’Isola di Tenedo, una delle Cicladi, un gran tempio, consid
dò la maggior parte del loro paese. Il Nume finalmente alle preghiere di Giunone ne sospese il castigo, e quegli abitanti
castigo, e quegli abitanti fabbricarono un tempio a lui sotto il nome di . Prosclistio, ossia inondante, nel luogo, ove le
si crano titirate(b). Nettuno, non potendo indurre Anfitrite, figlia di Nereo e di Dori(3), a divenire sua moglie, spedì
itirate(b). Nettuno, non potendo indurre Anfitrite, figlia di Nereo e di Dori(3), a divenire sua moglie, spedì un Delfino,
del fiume Acheloo, come più comunemente si crede, e la rendette madre di Leche e di Cencreo(5). Molti figliuoli nacquero a
cheloo, come più comunemente si crede, e la rendette madre di Leche e di Cencreo(5). Molti figliuoli nacquero a Nettuno. I
iareo, uno de’Ciclopi, scelto per giudice, decise, che il Promontorio di Corinto dovesse appartenere al Sole, e a Nettuno
bravano(15). I medesimi erano riputati sì sacri, che non si tralasciò di celebrarli neppure dopochè la città di Corinto ve
sì sacri, che non si tralasciò di celebrarli neppure dopochè la città di Corinto venne distrutta da Mummio, Duce de’Romani
nti dell’Istmo(c). I vincitori da principio si coronavano con fron li di pino, indi con foglie d’appio secco(d). I loro no
te nella pubblica piazza. Fu loro aggiunta finalmente anche una somma di danaro, che da Solone si fissò a cento dramme. I
za in patria da’suoi concittadini. L’onore, che si riportava a motivo di questo Inno, era maggiore d’ogni altro(a). Oltre
ano il costume d’offerirgli il fiele degli animali, perchè l’amarezza di quello avea relazione con quella del mare(f). Non
sacrifizio al Nume(16). I Romani gli avevano consecrato tutto il mese di Febbrajo, affinchè egli fosse propizio nella Prim
ore, fu popolata da dieci figliuoli, che partorì a Nettuno una figlia di Clitone e di Leucippe. Questo Nume sul pendìo del
ata da dieci figliuoli, che partorì a Nettuno una figlia di Clitone e di Leucippe. Questo Nume sul pendìo del Campidoglio
doglio aveva un tempio, e nel Circo Flaminio un’ara, la quale al dire di Tito Livio grondava di sudore. E’pur famoso il te
e nel Circo Flaminio un’ara, la quale al dire di Tito Livio grondava di sudore. E’pur famoso il tempio, che aveva in Tena
omontorio della Laconia, e ch’eragli stato eretto da Tenaro, fratello di Geresto, e figlio di Giove, che diede il suo nome
ia, e ch’eragli stato eretto da Tenaro, fratello di Geresto, e figlio di Giove, che diede il suo nome al predetto Promonto
no era eziandio dedicata la piccola isola, situata in faccia al porto di Trezene, e detta Calavria da Calavro, figlio di N
ta in faccia al porto di Trezene, e detta Calavria da Calavro, figlio di Nettuno : così narra Filostefano, citato dallo Sc
ia si sa aver servito d’asilo, ed esservisi ritirato anche Demostene, di cui vi si mostrava il sepolcro. Era altresì celeb
no aveva in Geresto, città dell’Eubea, donde gli derivò il soprannome di Gerestio ; e Gerestie si diceano le Feste, che in
Ippocampi, vale a dire cavalli, che aveano due piedi soli, e la coda di pesce(d). Comparisce Nettuno anche in atto di sed
e piedi soli, e la coda di pesce(d). Comparisce Nettuno anche in atto di sedere sopra un mare tranquillo con due pesci, de
Nercidi e da’Tritoni. Lo precede Nerco, il quale, suonando una spezie di tromba, formata d’una conca marina, annunzia la p
cangiata in giumenta(f). V’è chi soggiunge, che Nettuno con un colpo di tridente abbia prodotto Arione, quando egli e Min
da Nettuno, e fu poi adottata da Giove(a). Altri la chiamarono figlia di Pallante(b). La maggior parte de’ Mitologi dicono
che lo stesso Nume, poco tempo dopo sorpreso da gagliardissimo dolor di capo, ricorse a Vulcano, il quale con un colpo d’
etto nome, perchè offesa da Pallante, suo padre, lo scorticò, e della di lui pelle si fece uno scudo, detto egide. Evvi fi
, uno de’ Giganti, i quali aveano mosso guerra a Giove(d). Le nutrici di questa Dea furono Alalcomenia, Aulide, e Telsinia
lo pe’ rei, e in cui si conservò poi la pelle e i denti del Cinghiale di Calidone(a) (2). Ebbe il nome di Boarmia da’ Beoz
poi la pelle e i denti del Cinghiale di Calidone(a) (2). Ebbe il nome di Boarmia da’ Beozj, perchò queglino credevano, ch’
llata Partenia, ossia Vergine, perchè quantunque fosse divenuta madre di varj figliuoli, tuttavia, bagnandosi ogni anno ne
tto nome il tempio, distrutto da’ Persiani, e rifabbricato per ordine di Pericle dal celebre Architetto Ittino insieme con
edi. Il medesimo tempio chiamavasi anche Ecatompedon, ossia il tempio di cento piedi, perchè tanti ne avea di lunghezza(c)
che Ecatompedon, ossia il tempio di cento piedi, perchè tanti ne avea di lunghezza(c). Custodi dello esso erano de’serpent
i primo dì del mese ricevevano dagli Agremoni sacerdoti il sacrifizio di una schiacciati, fatta col mele(a). Fu chiamata E
delle arti, perchè le si attribuiva l’invenzione della maggior parte di esse(b). Sul qual proposito è famosa l’istoria di
della maggior parte di esse(b). Sul qual proposito è famosa l’istoria di Aracne, figlia d’Idmone. Costei in Colofone, citt
Colofone, città della Lidia, così eccellentemente riusciva ne’ lavori di tapezzerie, che moltissimi stranieri si recavano
issimi stranieri si recavano da lontani paesi ad ammirare la bellezza di quelli. Gli elogi, che Aracne ne riceveva, le ins
ogi, che Aracne ne riceveva, le inspirarono tale presunzione, che osò di preferirsi in quell’arte alla stessa Minerva. La
rime la bramava corretta e non punita, a lei si presentò in sembianza di vecchia, la esortò ad essere meno vana, e a chied
meno vana, e a chiedere perdono a Minerva d’averla provocata, sicura di conseguirlo. Aracne trattò da insensata la donna,
ttò da insensata la donna, e protestò che non sarebbe mai per mutarsi di parere. Minerva allora si, diede a conoscere per
o la rabbia, che il rossore ridussero la infelico a disperato partito di sospendersi con un laccio, e morire. Minerva però
ellato Sciro(5) ; o dalla voce greca sciros, calcina, o gesso, perchè di tal materia era composta la statua di lei, fatta
ciros, calcina, o gesso, perchè di tal materia era composta la statua di lei, fatta da Teseo, ritornato da Creta ; o final
a Creta ; o finalmente dall’altra voce sciron, ombrella, perchè sotto di questa portavasi la di lei statua dal sacerdote E
dall’altra voce sciron, ombrella, perchè sotto di questa portavasi la di lei statua dal sacerdote Eretteo, o da uno degli
a sacerdotale in Atene, e consecrata a Minerva. Gli Ateniesi iu onore di questa Dea celebravano le Feste Scire, o Scirofor
forte e valorosa. I Plateesi delle spoglie, riportate nella battaglia di Maratona, le innalzarono sotto questo titolo un t
le innalzarono sotto questo titolo un tempio(c). Le si diede il nome di Calinitide da chalinòs, freno, perchè aveva in Co
e per combattere la Chimera. La statua della Dea in questo tempio era di legno, il volto poi e le mani di bianca pietra(d)
tatua della Dea in questo tempio era di legno, il volto poi e le mani di bianca pietra(d). Si chiamò Ippia, ossia Equestre
u appellate Lafira dalla voce greca lafira, spoglie de’nemici, perchè di queste s’impadronivano quegli eserciti, cui ella
riva(c). Insorta contesa tra Nettuno e Minerva riguardo al Territorio di Trezene, Giove propose, che tutte le due Divinità
, che tutte le due Divinità vi fossero onorate, Minerva sotto il nome di Poliade, ossia protectrice della città, e Nettuno
ome di Poliade, ossia protectrice della città, e Nettuno sotto quello di re di Trezene(d). Ciò si conferma dalle due medag
Poliade, ossia protectrice della città, e Nettuno sotto quello di re di Trezene(d). Ciò si conferma dalle due medaglie, i
indicate dal Goltzio, sopra una delle quali v’è il tridente, simbolo di Nettuno, e sull’altra la testa di Minerva col mot
elle quali v’è il tridente, simbolo di Nettuno, e sull’altra la testa di Minerva col motto Poliade. Il tempio, che Minerva
remota antichità, e fabbricato sopra una rupe. Vi si vedeva al tempo di Strabone(e) una lampada inestinguibile, e un edif
ve soggiornavano le vergini, consecrate al culto della Dea. La statua di Minerva era d’avorio, e passava per uno de’più ce
atua di Minerva era d’avorio, e passava per uno de’più celebri lavori di Fidia. Minerva Poliade ebbe pure un tempio sopra
di Fidia. Minerva Poliade ebbe pure un tempio sopra una delle colline di Sparta presso la Cittadella. Ebbe altresì un temp
n tempio in Tegoa nell’Arcadia. In quello si conservavano dei capelli di Medusa, i quali Minerva aveva donato a Cefeo, fig
, che Tegea non sarebbe mai stata presa da nemiche armi. Il Sacerdote di questo tempio v’entrava una sola volta all’anno(a
a). Questa Dea ebbe parimenti un tempio in Eritre, nell’Acaja, ove la di lei statua era di straordinaria grandezza. La Min
e parimenti un tempio in Eritre, nell’Acaja, ove la di lei statua era di straordinaria grandezza. La Minerva Poliade, che
zio. Era attribuito quell’animale a questa Divinità, perchè è simbolo di sapienza, attesa la sua perspicacia e accortezza.
a, o perchè la educò Tritone ; o perchè ella nacque appresso il fiume di questo nome, il quale trovasi nella Beozia(b) ; o
o del mese, come vuole Callistene, citato da Tzétze(c). Sotto il nome di Tritonia aveva un tempio in Arcadia presso i Fene
lla Beozia presso d’Alalcomene(d). I Dorj s’impadronirono della città di Corinto. Due sorelle, chiamate Ellotide ed Eurizi
Due sorelle, chiamate Ellotide ed Eurizione, si ritirarono nel tempio di Minerva per sottrarsi agl’insulti del vincitore.
dell’Oracolo dovea cessare ; se non qualora si fosse placata l’ombra di Ellotide e di sua sorella. Così si eseguì coll’in
dovea cessare ; se non qualora si fosse placata l’ombra di Ellotide e di sua sorella. Così si eseguì coll’innalsare un nuo
Così si eseguì coll’innalsare un nuovo tempio a Minerva sotto il nome di Ellotide. S’instituì allora anche una Festa, dett
ittà, fabbricata da Gecrope nella Grecia. Gli Dei, scelti per giudici di tale questione, stabilirono, che quella delle due
squarciata col tridente la terra, ne fece uscire un cavallo, simbolo di guerra ; Minerva alli opposto fece pullulare un g
a ; Minerva alli opposto fece pullulare un germoglio d’ulivo, simbolo di pace. I Numi decisero, che questa fosse migliore
che significa Minerva(b). Per la stessa ragione vennero instituite in di lei onore le Feste, dette Niceterie(c). Si denomi
nia(b). Fu denominata Calcieco dalla voce greca chalcòs, rame, perchè di tal metallo era formata la statua e il tempio, ch
mata la statua e il tempio, che questa Dea avea in Isparta. I giovani di questa città oclebravano le Feste, chiamate Calci
ssero le conne d’Istide, perchè furono esaudite ; quando la pregarono di renderle in una sola notte madri di varj figli pe
no esaudite ; quando la pregarono di renderle in una sola notte madri di varj figli per accrescere il poco numero d’uomini
gli per accrescere il poco numero d’uomini, che si trovavano appresso di loro(d). Si chiamò Piletide dal nome greco pili,
aschile, che le si attribuiva(f). Le altre Feste, instituite in onore di questa Dea, furono le Quinquatrie, l’Arreforia, e
, l’Arreforia, e le Panatenec. Le prime si celebravano per onorare il di lei giorno natalizio(g). Si dissero Quinquatrie,
uatrie, o perchè venivano solennizzate dopo il quinto giorno degl’Idi di Marzo(a) ; o perchè esse duravano cinque giorni,
ano dei sacrifizj, e negli altri eranvi nel teatro varj combattimenti di Gladiatori(b). Sonovi alcuni, i quali riferiscono
aturnali(c). Narrasi inoltre, che gli Scolari durante la celebrazione di tali Feste spedivano a’ loro Maestri certi doni,
a misteriosa, e fero, portare, fu così detta, perchè quattro vetgini, di nascita illustre, coperte di vesti bianche, e orn
, fu così detta, perchè quattro vetgini, di nascita illustre, coperte di vesti bianche, e ornate d’oro, portavano le Misti
nate d’oro, portavano le Mistiche Ceste(e). Le Panatence, ossia Feste di tutta Atene, perchè tutti gli Ateniesi doveano in
e maggiori. Le prime si celebravano, ogni anno, o come altri dicono, di tre in tre anni ; le maggiori poi ogni cinque ann
convenne impiegarvi maggior tempo. Nelle minori si facevano tre sorta di giuochi. Il primo era la corsa a piedi e a cavall
cavallo con torcia accese ; il secondo la lotta ; il terzo una spezie di gara tra’ Poeti e Musici. Il premio di questi Giu
la lotta ; il terzo una spezie di gara tra’ Poeti e Musici. Il premio di questi Giuochi era un vaso pieno d’oglio e una co
natence maggiori il primo dì si considerava come quello della nascita di Minerva, e vi si facevano certe offerte e sacrifi
zj alla Dea ; i tre giorni seguenti si solennizzavano con ogni genere di giuochi ; il quinto era il più festivo, e si face
tà una magnifica cavalcata, alla testa della quale si portava a guisa di vessillo il Peplo di Minerva(6). Era quello una v
lcata, alla testa della quale si portava a guisa di vessillo il Peplo di Minerva(6). Era quello una veste bianca, a ricamo
senza maniche, sopra la quale erano espresse le azioni più memorabili di questa e delle altre Divinità(a) (7). Nel predett
ette Difrefore ; perchè portavano piecole sedie e ombrelle. Le Feste, di cui parliamo, prima di Teseo, si chiamavano Atenc
portavano piecole sedie e ombrelle. Le Feste, di cui parliamo, prima di Teseo, si chiamavano Atence, perchè si celebravan
omuni a tutti gli abitanti dell’Attica, e allora acquistarono il nome di Panatence(c). Il primo institutore delle medesime
so, e Aglauro o Agraulo, nate da Cecrope, re d’Atene, e da una figlia di Atteo, antico abitatore dell’Attica, e le quali s
tico abitatore dell’Attica, e le quali servivano a Minerva in qualità di sacerdotesse(9). La Dea avea loro intimato di non
no a Minerva in qualità di sacerdotesse(9). La Dea avea loro intimato di non aprire giammai l’anzidetto cestello, perchè v
il comando, ma l’altra sorella nol fece. Ciò accese talmente Minerva di sdegno, che per punire Aglauro della sua disobbed
i precipitò nel mare(b). Altri dicono, che Minerva le inspirò gelosia di Erse, la quale però ne veniva impedita di vedere
Minerva le inspirò gelosia di Erse, la quale però ne veniva impedita di vedere Mercurio, da cui era sommamente amata ; e
i finalmente pretendono, che Pandroso sola abbia osservato il comando di non aprire il cestello ; e che perciò gli Atenies
; e che perciò gli Ateniesi le abbiano eretto un tempio presso quello di Minerva, e instituita una festa, detta Pandroso(d
a. Ecco come ciò avvenne : Ausesia, e Lamia o Damia, ve ni dell’Isola di Creta, nell’andarsene a Trezene, vi rimasero lapi
due statue, l’una ad Ausesia, e l’altra a Lamia. Coloro interrogarono di nuovo l’Oracolo per sapere di qual materia le due
e l’altra a Lamia. Coloro interrogarono di nuovo l’Oracolo per sapere di qual materia le due comandate statue doveano form
sere in varie altre parti della torra, prova la grande estensione del di lei culto. Ella n’ebbe in Egitto, nella Fenicia,
uì grandi onori e moltissimi tempj(b). Questa Dea amò Eretteo, figlio di Pandione I, e sesto re d’Atene. La terra, dice Om
’Atene. La terra, dice Omero, lo diede alla luce, e Minerva ebbe cura di allattarlo ella medesima ; e lo ripose nel suo te
lla medesima ; e lo ripose nel suo tempio d’Atene(c) (11). Una figlia di Coroneo, Principe della Focide, era richiesta da
o Nettuno se n’era invaghito, e in varj modi avea più volte procurato di conciliarsi il di lei affetto. Ella mercè l’ajuto
invaghito, e in varj modi avea più volte procurato di conciliarsi il di lei affetto. Ella mercè l’ajuto di Minerva non gl
volte procurato di conciliarsi il di lei affetto. Ella mercè l’ajuto di Minerva non gli prestò veruna corrispondenza, fin
a, finchè la stessa Dea trasformolla in cornacchia, e la tenne presso di se, come ministra e compagna. Minerva poi la allo
la corse a riferisle, che Aglauro avea aperto il cestello ; e in vece di lei prese ad lamare la Civetta, nella quale era s
d lamare la Civetta, nella quale era stata cangiata Nittimene, figlia di Nitteo, re di Lesbo(d). Questo uccello ordinatiam
vetta, nella quale era stata cangiata Nittimene, figlia di Nitteo, re di Lesbo(d). Questo uccello ordinatiamente si confon
bre, diviene simbolo della sapienza. Minerva si rappresenta in divise di guerriera, collo scudo imbracciato, con una Civet
n divise di guerriera, collo scudo imbracciato, con una Civetta sopra di quello, coll’Egide al petto, e coll’asta alla man
. MArte secondo Esiodo (a) e quasi tutti i Poeti Greci era figlio di Giove e di Giunone. Ovidio poi, seguito da altri
secondo Esiodo (a) e quasi tutti i Poeti Greci era figlio di Giove e di Giunone. Ovidio poi, seguito da altri Poeti Latin
glie, che si consecravano a Marte (c). Questo Nume ebbe anche il nome di Quirite, Bisultore, Turio, Salisubsolo, Arete, Gr
re, ossia due volte vendicatore, perchè avea vendicato la morte prima di Cesare, e poi de’ due Crassi, cioè di M. il padre
è avea vendicato la morte prima di Cesare, e poi de’ due Crassi, cioè di M. il padre, e di P. il figlio (a). Si denominò T
a morte prima di Cesare, e poi de’ due Crassi, cioè di M. il padre, e di P. il figlio (a). Si denominò Turio dal greco ver
dal greco verbo theo, essere in furore : lo che esprime l’impetuosità di lui ne’ combattimenti(b). E’ stato chiamato Salis
. E’ stato chiamato Salisubsolo a cagione delle danze, che facevano i di lui Sacerdoti, detti Salj, de’ quali quanto prima
ivo dal verbo latino gradior, camminare, per darlo a divedere in atto di marciare. Roma sotto questo titolo gli eresse un
questo titolo gli eresse un tempio nella via Appia(e). Aerope, figlia di Cefeo, nel partorire un figlio morì di dolore. Be
a via Appia(e). Aerope, figlia di Cefeo, nel partorire un figlio morì di dolore. Benchè morta, non lasciò di pascere in gr
feo, nel partorire un figlio morì di dolore. Benchè morta, non lasciò di pascere in gran copia il bambino col proprio latt
dalla voce afenos, abbondanza (f). Venne appellato Ginecotene da que’ di Tegea, quando le donne di quella città gli offeri
nza (f). Venne appellato Ginecotene da que’ di Tegea, quando le donne di quella città gli offerirono un sacrifizio, cui no
furono dette Equirie da equus, cavallo, perchè consistevano in corse di cavalli. Le medesime Feste si trasportavano sul m
ncilie trassero il loro nome da certi piccoli scudi, incavati a forma di conca da due parti, i quali si chiamavano ancili.
arti, i quali si chiamavano ancili. In Roma cadde dal Cielo uno scudo di rame. Numa Pompilio, il quale allora vi regnava,
ò con altri undici, del tutto simili a quello, affinchè la difficoltà di riconoscerlo facesse sì, che non venisse rubato.
, eccellente artefice, li lavorò. Tutti dodici si riposero nel tempio di Marte, e se ne affidò la custodia ad altrettanti
tio, com’egli avea ricercato in premio del suo lavoro (c). Altri sono di parere, che gli anzidetti Sacerdoti sieno stati d
figliuoli. La terza, acciocchè la fecondità, che ha la terra nel mese di Marzo, si concedesse anche alle Matrone Romane. L
ale, come abbiamo esposto, presiedeva alle nozze e a’ parti. Al tempo di queste Feste le donne ricevevano dei regali da’ l
o, perchè questi uccelli sono rapaci (a). Marte sposò Bellona, figlia di Forci e di Ceto (b) (4). Plauto dà il nome di Ner
uesti uccelli sono rapaci (a). Marte sposò Bellona, figlia di Forci e di Ceto (b) (4). Plauto dà il nome di Nerieue alla m
e sposò Bellona, figlia di Forci e di Ceto (b) (4). Plauto dà il nome di Nerieue alla moglie di questo Dio(c). Bellona poi
di Forci e di Ceto (b) (4). Plauto dà il nome di Nerieue alla moglie di questo Dio(c). Bellona poi secondo alcuni Scritto
sso Marte (e). I Poeti dicono, ch’ella preparava il carro e i cavalli di Marte, quando questi andava alla guerra (f). Mart
andava alla guerra (f). Marte prese ad amare anche Filonomia, figlia di Nittino, re d’ Arcadia, e della Ninfa Arcadia. El
assava gran parte della sua vita nelle foreste. Marte prese la figura di pastora, e la rendette madre di due gemelli. Ella
nelle foreste. Marte prese la figura di pastora, e la rendette madre di due gemelli. Ella per timore del padre li getto a
allattati da una lupa. Il pastore Telefo poi li raccolse, prese cura di loro, e denominò uno Parrasio, e l’altro Licasto.
soggetto a varie vicende. Ei volle opporsi agli Aloidi, che tentavano di rapire le Dee, Giunone e Diana. Coloro lo fecero
ecero prigioniero, e per varj mesi lo tennero rinchiuso in una gabbia di bronzo. Non avrebbe più riacquistata la libertà,
toglierlo da quell’ infelice stato (a). Marte inoltre alle preghiere di Venere, ferita da Diomede, figlio di Tideo, avea
a). Marte inoltre alle preghiere di Venere, ferita da Diomede, figlio di Tideo, avea preso a proteggere i Trojani. Minerva
ojani. Minerva, che odiava Venere, eccitò Diomede a combattere contro di Marte. Questo Dio, appenachè lo vide, tentò di fe
de a combattere contro di Marte. Questo Dio, appenachè lo vide, tentò di ferirlo ; ma Minerva fece sì, che Diomede invece
degli Dei, lo risanò (b). Marte finalmente uccise Allirrozio, figlio di Nettuno e della Ninfa Eurite, perchè colui aveva
figlio di Nettuno e della Ninfa Eurite, perchè colui aveva offeso la di lui figliuola, Alcippe. Nettuno se ne querelò app
pe sì bene difendersi che ne partì assolto (c) (7). Pare che il culto di Marte non siasi molto esteso tra’ Greci, perciocc
iocchè Pausania, il quale fece menzione degli Dei loro, non fa parola di alcun tempio di Marte, ma solamente parla di due
il quale fece menzione degli Dei loro, non fa parola di alcun tempio di Marte, ma solamente parla di due o tre delle di l
Dei loro, non fa parola di alcun tempio di Marte, ma solamente parla di due o tre delle di lui statue (d). Per lo contrar
arola di alcun tempio di Marte, ma solamente parla di due o tre delle di lui statue (d). Per lo contrario non fuvi luogo,
o onorato, quanto in Roma, perchè questa lo risguardava come il padre di Remo e Romolo, e il protettore del suo Imperio. T
ebbe appresso i Romani, quello, fabbricato nella piazza sotto il nome di Marte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia di
iazza sotto il nome di Marte Vendicatore da Augusto dopo la battaglia di Filippo, era uno de’ più celebri. Nell’ ingresso
era uno de’ più celebri. Nell’ ingresso del medesimo eravi la statua di Venere a lato di quella di Marte (a). Un altro te
celebri. Nell’ ingresso del medesimo eravi la statua di Venere a lato di quella di Marte (a). Un altro tempio, pellaro Reg
ell’ ingresso del medesimo eravi la statua di Venere a lato di quella di Marte (a). Un altro tempio, pellaro Reggia, ebbe
io, pellaro Reggia, ebbe pure in Roma. Ivi gli s’immolava un cavallo, di cui la gioventù, divisa in due partiti, se ne dis
o Eremartea, Divinità, che gli Antichi onoravano con certi rendimenti di grazie, quando aveano conseguito qualche eredità.
ndimenti di grazie, quando aveano conseguito qualche eredità. Il nome di quella era composto dalle due voci eredità e Mart
ità e Marte (c). Il picchio era uccello, sacro a Marte, perchè esso è di natura molto coraggioso, ed ha il becco sì forte,
eri sino alla midolla (d) (8). Marte rappresentasi sotto le sembianze di gigante, con elmo in testa, armato di asta e scud
appresentasi sotto le sembianze di gigante, con elmo in testa, armato di asta e scudo, coperto di vesti militari, e con ma
bianze di gigante, con elmo in testa, armato di asta e scudo, coperto di vesti militari, e con manto sulle spalle. Alcuni
no a lui il gallo, per ricordare, che questo Nume cangiò nella figura di tale uccello il giovane Alettrione in pena di ess
ume cangiò nella figura di tale uccello il giovane Alettrione in pena di essersi addormentato, quando dovea fare la sentin
addormentato, quando dovea fare la sentinella alla porta del palagio di Vulcano, finchè Marte si tratteneva con Venere (f
ia le Spavento e il Timore (a). Plutarco vuole, che Fobo fosse figlio di questo Dio, e che a lui pure si sacrificasse per
alle armate (b). Vulcano. VUlcano secondo alruni era figliuolo di Giunone e di Giove(a). Cicerone riconobbe quattro
b). Vulcano. VUlcano secondo alruni era figliuolo di Giunone e di Giove(a). Cicerone riconobbe quattro Vulcani, uno
lcani, uno de’ quali era figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il terzo di Menalio, e il quarto di Giove e di Giunone(b). La
figlio del Cielo, l’altro del Nilo, il terzo di Menalio, e il quarto di Giove e di Giunone(b). La maggior parte però de’
Cielo, l’altro del Nilo, il terzo di Menalio, e il quarto di Giove e di Giunone(b). La maggior parte però de’ Teogonisti
ano sia nato dalla sola Giunone(c) ; e però gli diedero il soprannome di Apator, ossia senza padre (d). Comparve sino dal
nge, che fa Giove quegli, il quale lo precipitò dal Cielo nell’ Isola di Lenno, perchè egli volle prestare soccorso a Giun
li si ruppe una coscia, e divenne zoppo : lo che gli acquistò il nome di Tardipede, ossia tardo di piede (g). Ne presero c
divenne zoppo : lo che gli acquistò il nome di Tardipede, ossia tardo di piede (g). Ne presero cura di lui bambino que’ di
uistò il nome di Tardipede, ossia tardo di piede (g). Ne presero cura di lui bambino que’ di Lenno(h). Omero vuole, che lo
dipede, ossia tardo di piede (g). Ne presero cura di lui bambino que’ di Lenno(h). Omero vuole, che lo abbia educato Teti(
vano in Lenno, nelle caverne del monte Etna in Sicilia, e nelle Isole di Lipari, dette perciò da’ Greci Efestiadi, e da’ L
ndo un’antica tradizìone, riferita da Pausania, una delle prime opere di Vulcano fu una sedia d’oro, la quale egli spedì i
endicarsi del disprezzo, ch’ella gli aveva dimostrato per causa della di lui bruttezza. La Dea, che non diffidava del figl
ne rimase stretta da certi occulti legami, che diede motivo agli Dei di grande riso(g). Bacco finalmente ubbriacò Vulcano
i(h). Vulcano dopotal fatto costruì nell’ Olimpo un magnifico palagio di bronzo, e vi piantò una fucina, nella quale vi la
tuosi trattenimenti don Marte(2). Vulcano formò una sottilissima rete di ferro, la distese sul terreno, ove soleano adagia
proruppe in altissime risa, e per qualche tempo si parlò nell’ Olimpo di questa ridicola scena. Vulcano finalmente alle pr
l’ Olimpo di questa ridicola scena. Vulcano finalmente alle preghiere di Nettuno pose Venere e Marte in libertà. Questi si
rso Pafo(b). Vulcano ebbe due figli, Broteo(3), e Ceculo(4). In onore di Vulcano oltre le Feste Lampadeforie, della quali
a, calcòs, rame, perchè si solennizzavano spezialmente dagli artefici di rame, per ricordare che nella loro città si trovò
artefici di rame, per ricordare che nella loro città si trovò l’arte di portre in opera il predetto metallo(c). Questo Nu
bbe molti tempj anche in Roma. Se ne ricorda uno, fabbricato al tempo di Romolo, e di Tazio. Questo era fuori della città,
pj anche in Roma. Se ne ricorda uno, fabbricato al tempo di Romolo, e di Tazio. Questo era fuori della città, come lo eran
Romolo, e di Tazio. Questo era fuori della città, come lo erano que’ di Marte. Gli Auguri aveano giudicato, che il Dio de
del fuoco e quello della guerra non dovessero starsene entro le mura di Roma, affinchè l’uno non vi cagionasse incendj, l
ensioni tra il popolo(a) I Cani d’ordinario erano i custodi de’ tempj di Vulcano(b). Eliano riferisce, che intorno al temp
(5). Vulcano rappresentasi con barba e capigliatura negletta, coperto di veste, che appena gli giunge alle ginocchia, con
alle ginocchia, con beretta rotonda e appuntita in capo, tutto sparso di sudore, e annerito la fronte dal fumo, con maltel
ra, e con tanaglie nella sinistra(c). Albrico lo dipinse coll’aspetto di fabbro, deforme e zoppo, che con una mano alza in
sopra un’incudine delle tanaglie per lavorate un fulmine. Al lato poi di lui evvi un’aquila, che attende il predetto fulmi
e). Arnob. l. 3. adv. Gent. (a). In Timao. (1). Il Caos al dire di Esiodo(a) fu il principio di tutte le cose. Ovidi
(a). In Timao. (1). Il Caos al dire di Esiodo(a) fu il principio di tutte le cose. Ovidio più chiaramente lo definisc
vidio più chiaramente lo definisce per quel miscuglio rozzo e confuso di tutte le cose, il quale servì di prima materia al
e per quel miscuglio rozzo e confuso di tutte le cose, il quale servì di prima materia alla produzione del Mondo(b). (2).
Inferno(d). (3). Oceano fu riconosciuto come un Dio del mare, marito di Teti, sorella di Saturno, e Dea parimenti delle a
Oceano fu riconosciuto come un Dio del mare, marito di Teti, sorella di Saturno, e Dea parimenti delle acque. Questo Nume
cquero Asia e Libia, dall’ altra ebbe Europa e Trace. Oceano fu padre di moltissimi altri figliuoli, delle fontane, e de’
primi capelli de’ fanciulli. I fiumi si rappresentano sotto la figura di uomo e di bue, perchè il loro strepito si rassomi
lli de’ fanciulli. I fiumi si rappresentano sotto la figura di uomo e di bue, perchè il loro strepito si rassomiglia al mu
a di uomo e di bue, perchè il loro strepito si rassomiglia al muggito di tal animale(f). Gli Antichi monumenti ce li mostr
on un gomito sopra un’ urna, co’ capelli bagnati, e col capo coronato di canne, delle quali ne tengono talvolta alcune anc
lvolta alcune anche in mano. Oceano poi rappresentasi sotto l’aspetto di un vecchio, assiso sulle onde, con picca o lancia
ecchio, assiso sulle onde, con picca o lancia in mano, ed ha appresso di se un mostro marino. (4). Comunemente dicesi, ch
o. (4). Comunemente dicesi, che Giapeto abbia sposasito Asia, figlia di Oceano e di Partenope, da cuigli vennero partorit
unemente dicesi, che Giapeto abbia sposasito Asia, figlia di Oceano e di Partenope, da cuigli vennero partoriti Espero, At
te, Menezio, Prometeo, ed Epimeteo(a). Esiodo però vuole che la madre di questi sia stata Climene, figlia d’Oceano e di Te
erò vuole che la madre di questi sia stata Climene, figlia d’Oceano e di Teti(b). (b). Hesiod. Theog. V. 123. (5). I Ci
od. Theog. V. 123. (5). I Ciclopi furono così detti, perchè ciascuno di loro aveva un solo occhio rotondo nel mezzo della
icilia, viveano senza leggi e senza religione ; si cibavano solamente di ciò, che la terra da se produceva ; e divoravano
ieri, che cadevano nelle loro mani(d). Furono anche creduti figliuoli di Nettuno e d’Anfitrite(e). Eurìpide vuole, che il
infa Toosa e da Nettuno(g). Apollonio gli dà per madre Europa, figlia di Tizio(h). V’ è chi lo dice figlio di Elaso e dell
gli dà per madre Europa, figlia di Tizio(h). V’ è chi lo dice figlio di Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di A
izio(h). V’ è chi lo dice figlio di Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo era d
è chi lo dice figlio di Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo era di straordin
Elaso e della Ninfa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo era di straordinaria grandezza(l), e ave
infa Stilbe, e chi di Elaso e di Amimone(i). Il corpo di Polifemo era di straordinaria grandezza(l), e avea secondo alcuni
frutta, perpetua era la primavera, scorrevano per le pianure ruscelli di latte, e dagli alberi stillava in gran copia il m
venire ; come pensavasi, che l’urna, la quale trovasi talvolta tralle di lui mani, racchiudesse la sorte de’ mortali. Il D
mai eretto alcun tempio, nè statua alcuna. Solamente nella Cittadella di Corinto v’ ebbe un piccolo tempio, sacro alla Nec
ella di Corinto v’ ebbe un piccolo tempio, sacro alla Necessità, e il di cui ingresso non permettevasi che a’ ministri del
esiod. in Theog. v. 484. (9). La pietra, divorata da Saturno in vece di Giove, fu da’ Latini detta Abadir, e da’ Greci Be
abbia spontaneamente rinunziato a Giove il regno e l’amministrazione di tutte le altre cose(a). (c). Nat. Com. Myth. l.
erchè questo va sempre in giro, perciò a Giano si diede anche il nome di Eano dal verbo latino eo, andare (b). (12). Gli
popoli del Peleponneso, passati a stabil rsi in Italia sotto la guida di Enotro, figlio di Licaone, re d’Arcadia(c). (d).
neso, passati a stabil rsi in Italia sotto la guida di Enotro, figlio di Licaone, re d’Arcadia(c). (d). Virg. Aen. l. 7.
e d’Arcadia(c). (d). Virg. Aen. l. 7. (13). Giano acquistò il nome di Bifronte(d) e di Biforme(e) o dalle due faccie, c
(d). Virg. Aen. l. 7. (13). Giano acquistò il nome di Bifronte(d) e di Biforme(e) o dalle due faccie, colle quali era im
colle quali era impresso nelle monete ; o perchè avea la prerogativa di ricordarsi il passato e di prevedere il futuro ;
elle monete ; o perchè avea la prerogativa di ricordarsi il passato e di prevedere il futuro ; ovvero secondo Plutarco per
ci Divinità maggiori si aggiunsero in Roma. Quivi egli ebbe un tempio di dodici porte, le quali in tempo di guerra stavano
in Roma. Quivi egli ebbe un tempio di dodici porte, le quali in tempo di guerra stavano aperte ; e cessata quella, tosto s
o, il quale in certa guisa apriva l’anno ; giacchè questo con Feste a di lui onore sempre cominciavasi da’ Romani(l). Le F
ri, fichi, e mele ; sulle soglie delle porte faceva ascendere il fumo di grati odori ; ivi pure imbandiva mense a’ passegg
case trartava a lauti conviti. Tutti reciprocamente si spedivano doni di buon augurio, detti Strene(a), i quali da prima c
in oro e in argento. In quel tempo inoltre recavasi il popolo, adorno di nuove vesti, sul monte Tarpeo a porgere voti per
bbliche ne veniva liberato. Ogni altro reo finalmente, a cui riusciva di toccare la toga dell’ Imperatore, ne rimaneva ass
si doveano fare. A Giano oltre i mentovati nomi si diede anche quello di Quadrifonte, e di Clavigero : il primo, in quanto
Giano oltre i mentovati nomi si diede anche quello di Quadrifonte, e di Clavigero : il primo, in quanto ch’ egli si risgu
i che gli animali. Quindi potevano essere venduti, niente possedevano di proprio, nè guadagnavano per se cosa alcuna. Tutt
na porzione de’ritratti guadagni, chiamata peculio (b). Questa classe di Servi aveva i suoi Dei particolari, deteti Anculi
i Dei particolari, deteti Anculi(c). (17). I Greci e i Romani, prima di sedersi a tavola, eleggevano co’ dadi uno de’ con
a tavola, eleggevano co’ dadi uno de’ convitati, a cui davano il nome di Simposiarco, ossia Re del Convito, perchè presied
chè presiedeva alla mensa, eprescriveva a tutti gli altri la quantità di vino(d). Quello, a cui sortiva la figura di Vener
tti gli altri la quantità di vino(d). Quello, a cui sortiva la figura di Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una
la figura di Venere, era l’eletto. Questi era distinto con una corona di fiori(e). Non bisogna confondere il simposiarco c
il simposiarco coll’Architriclino, il quale si stabiliva dal padrone di casa, e avea la cura, che fosse ben disposto tutt
che apparteneva al convito. Le tazze, in cui beveano, erano coronate di fiori. Nel fine del pranzo si ungevano il capo d’
quali giudicavano opportuni a preservare da’tristi effetti del vino, di cui allora piucchè mai a dismisura usavano. Per l
hè mai a dismisura usavano. Per la medesima ragione si ornavano anche di fiori il capo, il collo, e’l petto(a). (18). La
olori. (a). Macrob. Saturn. l. 14. (19). Anticamente i prigionieri di guerra s’immolavano alle ombre di coloro, che glo
4. (19). Anticamente i prigionieri di guerra s’immolavano alle ombre di coloro, che gloriosamente erano morti sul campo.
sero in vece combattero gli uni contro gli altri, giacchè così alcuno di loro avrebbe potuto evitare la morte. Tali combat
ino poi, che li sostenevano, si dissero Gladiatori da gladium, spada, di cui per lo più facevano uso. Quando l’offeso alza
abbassava l’arma, ciò era indizio, che davasi per vinto. La vita però di lui dipendeva dalla volontà degli spettatori, o d
into. La vita però di lui dipendeva dalla volontà degli spettatori, o di chi vi presiedeva ; e allora soltanto facilmente
ri, da prima consisteva in una palma, in danaro, e in una rozza verga di legno, detta da’ Latini rudis (b), e dalla quale
(b), e dalla quale al Gladiatore, che la conseguiva, derivava il nome di Rudiario(c). (b). Macrob. Saturn. l. 12. (c).
cosa. Rappresentasi con piedi alati, assisa sopra una ruota, in atto di volgersi con somma rapidità in giro, con moltissi
tà in giro, con moltissimi capelli al dinanzi della testa, e calva al di dietto(d). Que’ d’ Eleusi le consecrarono un temp
parisce velata, e appoggiata a una colonna(b). Vedevasi anche in atto di portare sopra un globo l’uccello, detto Fenice. F
sua spezie, che dopo essere vissuto cinquecento anni, formisi un nido di odorose legna, che sopra di queste da se si abbru
vissuto cinquecento anni, formisi un nido di odorose legna, che sopra di queste da se si abbruci, e che rinasca poi dalle
(c). (21). I sacrifizj da principio consistevano in semplici offerte di erbe e piante, svelte colle radici, colle foglie,
ificò mai alcun animale(g). S’introdusse finalmente l’orrendo costume di sacrificare gli stessi uomini. Qualora si faceva
Qualora si faceva il sacrifizio degli an mali, il Sacerdote, coperto di splendida veste, e coronato la fronte, eccitava p
acidamente sacrificare (lo che conoscevasi, traendo un coltello dalla di lei fronte sino alla coda), perchè altrimenti si
, se ne indoravano le corna e la fronte. Questa talora ornavasi anche di corone, formate dell’ albero sacro alla Divinità,
oco. Sulta testa pure della vittima si riponeva un miscuglio d’orzo e di sale, detto mola salsa, donde derivò la voce immo
teriora dello stesso animale per trarne de’ presagi, e si aspergevano di farina, o di vino, o di latte, o del sangue della
stesso animale per trarne de’ presagi, e si aspergevano di farina, o di vino, o di latte, o del sangue della stessa vitti
male per trarne de’ presagi, e si aspergevano di farina, o di vino, o di latte, o del sangue della stessa vittima. Al temp
. Al tempo del sacrifizio si abbruciava pure dell’incenso, e dal fumo di quello si presagiva parimenti l’avvenire : Io che
n terra o sul fuoco vino puro, ovvero mescolato con acqua. Ogni sorte di vino però non era opportuno a fare tal ceremonia,
però non era opportuno a fare tal ceremonia, poichè non era permesso di prenderne da una vigna, che non ancora fosse stat
e dal fulmine, o contaminate per aversi alcuno data la morte appresso di esse(c). Le libazioni si facevano a tazze piene,
i erasi per sacrificate, il Sacerdote assaggiava prima egli una tazza di vino puro, indi ne faceva gustare agli astanti pi
id. Fast. l. 4. (1). Il Gentilesimo riconobbe un’altra Vesta, figlia di Saturna(a), e sotto il nome di questa venerava eg
esimo riconobbe un’altra Vesta, figlia di Saturna(a), e sotto il nome di questa venerava egli il fuoco(b). I Poeti però co
in Virg. Aeneid. l. 4. (2). Atene ebbe quel fuoco perpetuo sulle are di Minerva, e Delfo su quello di Apollo : e sì in De
tene ebbe quel fuoco perpetuo sulle are di Minerva, e Delfo su quello di Apollo : e sì in Delfo, che in Atene si custodiva
’ Numi, colla quale eglino indicavano quelle arcane e future cose, la di cui cognizione non poteasi conseguire dal lume or
non poteasi conseguire dal lume ordinario della natura. Niente v’ebbe di più opportuno, quanto gli Oracoli, per alimentare
gli astuti Sacerdoti del Paganesimo ne ritraevano, fece sì che sempre di nuovi da per tutto se ne stabilissero(e). I Minis
per più lungo tempo si mantennero in grande riputazione. Di questi e di molti altri ancora parleremo altrove. Quì soltant
colla Teomanzia.Questa era un vaticinio, che i Numi davano per mezzo di certi uomini, detti perciò Teomanti. Costoro si d
i prima per qualche tempo, e talora anche per qualche anno mostravano di trovarsi fuori de’sensi, e come morti ; e titorna
e’sensi, e come morti ; e titornati poi in sestessi, narravano quanto di maraviglioso pretendevano di aver veduto o udito.
ornati poi in sestessi, narravano quanto di maraviglioso pretendevano di aver veduto o udito. Ciò era conforme alla falsa
era necessario a ben dirigere l’umana vita. Alle tre accennate classi di Teomanti si può aggiungervi quella de’ Moribondi,
ate classi di Teomanti si può aggiungervi quella de’ Moribondi, ossia di quelli, che vicini a morte credevano di conoscere
i quella de’ Moribondi, ossia di quelli, che vicini a morte credevano di conoscere l’avvenire(a). (4). L’uomo, sempre in
L’uomo, sempre inquieto intorno all’avvenire, cercò in tutti i tempi di penetrarne i più profondi secreti. Fu quindi trov
ti. Fu quindi trovata la Divinazione, ossia l’arte, con cui per mezzo di sensibili indizj si credeva di poter iscuoprire i
zione, ossia l’arte, con cui per mezzo di sensibili indizj si credeva di poter iscuoprire il futuro. Da ciò ebbe principio
l primo sia stato Tage. Festo lo fa figliuolo del Dio Genio, e nipote di Giove. Altri dicono ch’egli era di oscuri natali,
figliuolo del Dio Genio, e nipote di Giove. Altri dicono ch’egli era di oscuri natali, e che divenne illustre, tostochè p
, tostochè professò l’arte d’indovinare(b). Cicerone poi intorno alla di lui origino ce ne fa il seguente racconto : smuov
raccolse intorno a lui la Toscana gente. Tage, che sotto le sembianze di fanciullo riuniva in se la prudenza e gravità del
avità dell’ età matura, si mise allora a favellare, e tutte le parole di lui, scrupolosamente raccolte e scritte, formaron
. Per la medesima ragione divenne pure assai celebre Ermotimo, nativo di Clazomene, città della Ionia nell’ Asia Minore. D
tivo di Clazomene, città della Ionia nell’ Asia Minore. Dicesi che la di lui anima soleva separarsi dal corpo, e che vi ri
e la di lui anima soleva separarsi dal corpo, e che vi rientrava dopo di essersi trasferita in differenti luoghi a predirv
erita in differenti luoghi a predirvi l’avvenire. Si aggiunge, che la di lui moglie in una di tali circostanze ne fece sep
uoghi a predirvi l’avvenire. Si aggiunge, che la di lui moglie in una di tali circostanze ne fece seppellire o abbruciare
ne fece seppellire o abbruciare il corpo : lo che impedì allo spirito di Ermotimo di rimettersi nel corpo, donde se n’era
ellire o abbruciare il corpo : lo che impedì allo spirito di Ermotimo di rimettersi nel corpo, donde se n’era partito. Que
possibile tagliare una cote col rasojo ; e l’ Indovino alla presenza di lui tosto lo fece. Più nomi appresso i Romani si
omi appresso i Romani si diedero agl’ Indovini, e spezialmente quello di Auspici, Auguri, e Aruspici. I primi, detti anche
re(b). Tale distinzione però col progresso del tempo svanì, e il nome di Auspici si estese anche a quello di Auguri(c). Qu
gresso del tempo svanì, e il nome di Auspici si estese anche a quello di Auguri(c). Questi erano tenuti in sommo onore, e
uardavano come persone sacre(d). Sotto Romolo componevano un Collegio di tre, poi di cinque, e finalmente di quindici. Il
me persone sacre(d). Sotto Romolo componevano un Collegio di tre, poi di cinque, e finalmente di quindici. Il più vecchio
to Romolo componevano un Collegio di tre, poi di cinque, e finalmente di quindici. Il più vecchio d’età n’era il capo, ech
tuoni, e la direzione degli stessi, l’origine orientale de’fulmini, o di altra plaga, le Comete, l’ecclissi, e i venti alt
ervazione de’fulmini, si dicevano Fulguratori, ed erano i più stimati di tutti(a). Solevano parimenti gli Auguri porsi a s
ali uccelli, e da qual parte vi comparivano. I segni a sinistra erano di buon augurio, di cattivo a destra(b). Il luogo, d
qual parte vi comparivano. I segni a sinistra erano di buon augurio, di cattivo a destra(b). Il luogo, dove si prendevano
ittime e le interiora loro per trarne dei presagi(d). L’arte pertanto di costoro, chiamat Aruspicina o Estipicio, versava
erano tutte, e in perfettissimo stato. Se comparivano vivide, ciò era di buon augurio ; se pallide e languide, di cattivo.
comparivano vivide, ciò era di buon augurio ; se pallide e languide, di cattivo. Queste bene spesso si asserivano essere
ia della Divinazione, abbiano emanato molte leggi contro i professori di essa, e benche il tempo n’abbia sempre più manife
he professa la Chiromanzia, ossia la stolta scienza, con cui pretende di trarre vaticinj dalla particolare composiziono de
j dalla particolare composiziono dellemani. Divengono quindi soggetti di pesata osservazione in quest’ arto non solo le po
, che le medesime eminenze lasciano tra loro. Si fa gran caso altresì di conoscere, se quelle linee siono grosse o sottili
riguardo all’antica Piromanzia notiamo essere stata quella una spezie di Divinazione, la quale si faceva col fuoco, osserv
strepito(b). (b). Herodian. l. 1. (5). Il Palladio era una statua di legno, la quale rappresentava la Dea Minerva in a
ra una statua di legno, la quale rappresentava la Dea Minerva in atto di tenere nella sinistra una conocchia col fuso(c),
scudo(d). Altri dicono, che questo simulacro siasi formato delle ossa di Pelope(e). Comunemente però pretendesi, che Ilo,
le ossa di Pelope(e). Comunemente però pretendesi, che Ilo, quarto re di Troja nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno,
a nell’ Asia Minore, abbia chiesto un segno, il quale gli fosse stato di buon augurio per la durata della città d’Ilo, che
quella statua(a). La medesima, come vedremo anche nella seconda Parte di quest’ Opera ; fu tolta a’ Trojani dai due Greci,
ito in Italia(c). Altri poi vogliono, che Diomede dopo la distruzione di Troja, trasportato da una burrasca in Italia, sia
trasportato da una burrasca in Italia, sia stato dagli Dei avvertito di restituire a’ Trojani il Palladio, e ch’ egli per
il Palladio, e ch’ egli perciò lo abbia ceduto ad Enea, o ad uno de’ di lui amici, chiamato Naute(d). Comunque ciò sia, c
one. Cecilio Metello per sottrarlo alle fiamme, appiccatesi al tempio di Vesta, ov’ erasi riposto sotto la custodia delle
ov’ erasi riposto sotto la custodia delle Vestali, si gettò nel mezzo di quelle(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
(e). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (6). Giuturna era figlia di Dauno, e sorella di Turno, re de’ Rutuli. Giove a
ob. Hofman. Lex. Univ. (6). Giuturna era figlia di Dauno, e sorella di Turno, re de’ Rutuli. Giove avea preso ad amarla.
ella di Turno, re de’ Rutuli. Giove avea preso ad amarla. Ella ricusò di corrispondergli, e come lo vide avvicinarsele, si
o Larunda, figlia del fiume Almone, palesò a Giunone e a Giuturna la di lui volontà. Giove se ne sde gnò, e dopo avero tr
e sde gnò, e dopo avero troncata a Lara la lingua, comandò a Mercurio di trasferirla nell’ Inferno. Costei perciò fu denom
ì da Giove l’immortalità, e venne cangiata in fontana, che ritenne il di lei nome, e la quale dalle donne spezialmente si
onne spezialmente si onorava, perchè speravano d’incontrare per mezzo di essa un matrimonio e un parto felice(b) (d). O
(8). Per Buona Dea si riconosceva anche una Divinità misteriosa, il di cui nome non era noto che alle donne. Plutarco la
arco la confonde con Flora, detta da’ Greci Clori, Dea dei fiori, e a di cui onore s’istituirono le Feste ei Giuochi Flora
i si celebravano(d). Varrone dice che Buona-Dea fu chiamata la moglie di Fauno, re d’Italia, perchè ella visse sì pudica,
questo le sole donne Romane le sacrificavano : e perchè ciò facevano di notte in occulto(f) ; però il loro sacrifizio per
ri credono essere stata Clausa, ed altri Claudia Vestale(g). Dal nome di Fauno conseguì anche la predetta di lui moglie qu
ltri Claudia Vestale(g). Dal nome di Fauno conseguì anche la predetta di lui moglie quello di Fauna. Ella inoltre si appel
g). Dal nome di Fauno conseguì anche la predetta di lui moglie quello di Fauna. Ella inoltre si appellò Fatua, ossia farid
ente notiamo, che appresso i Romani conseguì gli onori Divini ande il di lei figliuolo, Sterculio o Stercuzio, così detto,
agli Dei, ma anche le ricchezze de’ particolari(c). Cesare nel tempio di Ope depositò il suo tesoro, che fu poi dissipato
pulej. Metam. l. 2. (10). Osiride nacque da Giove e da Niobe, figlia di Foroneo, a cui successe nel regno degli Argivi. A
pio nella città, detta Jeracopoli, città degli sparvieri. I Sacerdoti di quel tempio erano tenuti ad alimentarvi un gran n
I Sacerdoti di quel tempio erano tenuti ad alimentarvi un gran numero di siffatti uccelli, donde derivò poi loro il nome d
rvi un gran numero di siffatti uccelli, donde derivò poi loro il nome di Jeracobosci, nutritori degli sparvieri. Chiunque
. Chiunque per qualsisia anche non voluto accidente avesse ucciso uno di quegli uccelli, era inevitabilmente condannato al
i rendevano gli onori Divini. Dicesi finalmente, che una certa Pamila di Tebe in Egitto, ritornando dal tempio di Giove, o
lmente, che una certa Pamila di Tebe in Egitto, ritornando dal tempio di Giove, ov’ erasi recata per attignere dell’acqua,
cata per attignere dell’acqua, aveva udito una voce, che le comandava di pubblicare la nascita di Osiride ; ch’ ella n’era
cqua, aveva udito una voce, che le comandava di pubblicare la nascita di Osiride ; ch’ ella n’era stata scelta a di lui ba
a di pubblicare la nascita di Osiride ; ch’ ella n’era stata scelta a di lui balia ; e che gli Egiziani, avendo voluto ch’
partecipasse agli onori Divini, aveano stabilito certe Feste in onore di Osiride, dette dal nome di lei Pamilie(a). (11).
ini, aveano stabilito certe Feste in onore di Osiride, dette dal nome di lei Pamilie(a). (11). Oro fece guerra a Tifone,
11). Oro fece guerra a Tifone, che aveva fatto morire Osiride, e dopo di averlo vinto e ucciso salì sul trono del padre, m
mortale, e gl’insegnò la medicina e l’arte della Divinazione. Fornito di tali prerogative, ricolmò l’Egitto di benefizj, e
arte della Divinazione. Fornito di tali prerogative, ricolmò l’Egitto di benefizj, e ne divenne un Nume(b). Matrobio dice,
ne divenne un Nume(b). Matrobio dice, che gli Egiziani sotto il nome di Oro adoravano il Sole(c). (c). Joan. Jacob. Hof
iv. (a). Ovid. Metam. l. 9. (13). Antonio Liberale(a) dà il nome di Lampro a Ligdo, di Galatea a Teletusa, e di Leuci
etam. l. 9. (13). Antonio Liberale(a) dà il nome di Lampro a Ligdo, di Galatea a Teletusa, e di Leucippo ad Ifide. (b).
io Liberale(a) dà il nome di Lampro a Ligdo, di Galatea a Teletusa, e di Leucippo ad Ifide. (b). Nat. Com. Mythol. l. 9.
si credevano presiedere alle acque, e generalmente riputavansi figlie di Oceano e di Teti. Elleno si distinguevano in vari
presiedere alle acque, e generalmente riputavansi figlie di Oceano e di Teti. Elleno si distinguevano in varie classi : q
presiedevano a’ fonti e a’ fiumi(o), da’ quali presero anche il nome di Potamidi(p). Tra queste la più bella era Egle(a),
i Potamidi(p). Tra queste la più bella era Egle(a), figlia del Sole e di Neera(b). Cinque delle Najadi fecero un sacrifici
glia del Sole e di Neera(b). Cinque delle Najadi fecero un sacrificio di dieci tori, a cul invitarono tutte le Deità campe
ono istituite appresso i Romani le Feste Fontinali, giacchè nel tempo di quelle si gettavano ne’ fonti ghirlande di fiori,
ntinali, giacchè nel tempo di quelle si gettavano ne’ fonti ghirlande di fiori, e se ne coronavano anche i pozzi(d). Scali
ena, per cui anche la stessa Porta fu detta Fontinale(e). Il nome poi di Ninfe per catacresi si diede anche a quelle Divin
dimoravano ne’ monti(f). Omero le chiama Orestiadi, e le fa figliuole di Giove(g). Strabone dice, che nacquero da Foroneo
me abbiamo indicato, nascevano col nascere delle quercie, e cessavano di esistere, quando quelle pure mancavano(f). Notiam
sebbene non avessero le Ninfe alcun tempio, nulladimeno erano onórate di particolare culto. Latte ed oglio loro si offriva
15). Pausania dice che Sagaritide o Sangaride non fu amante, ma madre di Ati, e riferisce la seguente favola : Giove, dic’
la luce un mostro, ch’ era maschio e femmina, e a cui diedesi il nome di Agdesti o Agdisto. Nacque da questo un mandorlo,
diedesi il nome di Agdesti o Agdisto. Nacque da questo un mandorlo, i di cui frutti erano bellissimi. La predetta Sagariti
di cui frutti erano bellissimi. La predetta Sagaritide si ripose uno di quelli nel seno, e partorì un fanciullo. Una capr
artorì un fanciullo. Una capra lo nutrì in una selva, e sotto il nome di Ati crebbe egli di sì rara bellezza fornito, che
. Una capra lo nutrì in una selva, e sotto il nome di Ati crebbe egli di sì rara bellezza fornito, che Agdesti medesimo se
invaghì. Giunto quegli all’età virile, si trasferì alla Corte del Re di Pessinunte per isposarne la figliuola. Agdesti vi
a figliuola. Agdesti vi sopravvenne, e tal furore inspirò nell’ animo di Ati, che questi si fece eunuco(h). Notisi altresì
sacri alle Divinità si risguardavano dagli Antichi con sommo rispetto di religione, ed erano onorati di particolare culto.
avano dagli Antichi con sommo rispetto di religione, ed erano onorati di particolare culto. Si circondavano di fasce(c), e
di religione, ed erano onorati di particolare culto. Si circondavano di fasce(c), e ad essi si appendevano corone, voti,
iatori si fermavano appresso i medesimi, come appresso tempj o statue di Numi(f). (d). Inscript. apud Gruter. pag. 64
erza una Vestale, che avea lasciato spegnersi il sacro fuoco in tempo di notte(g). Tralle Vestali parimenti una certa Emil
roprio velo sulla fredda cenere, dicesi che all’improvviso comparvero di nuovo le fiamme(h). (19). Numa Pompilio condanna
e, per cui era loro reciso il capo. S’introdusse poi anche il costume di seppellirle vive in un sotterraneo, che si trovav
nite Minucia(l), e Oppia(m). E’ pur celebre questo proposito il fatto di Tuccia o Tuzia : costei falsamente accusata d’ave
cusata d’aver violata la castità, prese un crivello, e supplicò Vesta di poter attingete con esso dell’ acqua al Tevere, e
sta di poter attingete con esso dell’ acqua al Tevere, e portarla nel di li tempio. Così fu ; e la Vestale rimase giustifi
però d’Alicarnasso vuole, che colei non abbia potuto evitare la pena di essere flagellata e che sia stata poscia sepolta
. in Caesare. (c). Plutare. in Numa (20). Le Feste Argee al dire di Festo si celebravano col gettarsi dalle Vestali n
lle Vestali nel Tevere trenta figure d’Argei, ossia d’Argivi, formate di giunchi, e dette esse pure Argee. Plutarco dice,
iunchi, e dette esse pure Argee. Plutarco dice, che i primi abitatori di que’ dintorni soleano gettare nell’anzidetto fium
l’Istoria e nelle tenebre della Favola, che appena si rende probabile di poter asserirne la verità. Platone, il primo fra
atone, il primo fra gli Antichi, che ne parlasse, non fa menzione che di una sola Sibilla(e). Parecchi ne’ secoli posterio
sola Sibilla(e). Parecchi ne’ secoli posteriori seguirono l’opinione di questo Filosofo, e riconobbero la sola Erofila, n
Samia, la Sardica, e l’Egizia(d). Il più comune parere però e quello di Varrone, il quale asserisce ch’erano dieci, la Pe
la Cumana(e). La Persica, o Caldea, come adaltri piace chiamarla, era di nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei, i
i nome Sambete(f). Pausania narra che gli Ebrei, i quali abitavano al di sopra della Palestina, la denominavano Saba, e la
di sopra della Palestina, la denominavano Saba, e la facevano figlia di Beroso. Ella, continua lo stesso Storico, e quell
stesso Storico, e quella stessa, che da alcuni si appella la Sibilla di Babilonia, e da altri la Sibilla d’Egitto(g). La
onia, e da altri la Sibilla d’Egitto(g). La Libica era creduta figlia di Giove e di Lamia. Il suo proprio nome era Elissa.
altri la Sibilla d’Egitto(g). La Libica era creduta figlia di Giove e di Lamia. Il suo proprio nome era Elissa. Dicono die
sse prima dell’ ottantesima Olimpiade : lo che si accorda coll’ Epoca di Euripide(h). La Delfica chiamavasi Dafue, figlia
elfica chiamavasi Dafue, figlia del Tebano Tiresia, celebre Indovino, di cui parleremo. Fu sopranuominata Delfica, perchè
rleremo. Fu sopranuominata Delfica, perchè venne consecrata al tempio di Apollo in Delfo. Sebbene desse risposte una sola
esse risposte una sola volta all’anno, pure si raccolse gran quantità di versi ; e dicesi che anche Omero n’ abbi sparso n
e. Celio Rodigir o finalmente asserisce che questa Sibilla era figlia di Dardano e di Neso, nata da Teucro, e ch’era parti
gir o finalmente asserisce che questa Sibilla era figlia di Dardano e di Neso, nata da Teucro, e ch’era particolmente onor
cuni poi la denominano Femonoe(d). Virgilio la chiama Deifobe, figlia di un certo Glauco(e). Narrasi di questa Sibilla, ch
d). Virgilio la chiama Deifobe, figlia di un certo Glauco(e). Narrasi di questa Sibilla, che Apollo non solamente le conce
o(e). Narrasi di questa Sibilla, che Apollo non solamente le concesse di cohoscere l’avvenire, ma le offerse eziandio qual
rse eziandio qualsivoglia altra cosa, che bramar potesse. Ella chiese di vivere tanti anni, quanti granelli di sabbia racc
che bramar potesse. Ella chiese di vivere tanti anni, quanti granelli di sabbia racchiudeva nella mano, ma non avvertì di
nni, quanti granelli di sabbia racchiudeva nella mano, ma non avvertì di ricercarne al tempo stesso permanente la freschez
tesso permanente la freschezza della sua gioventù. Quindi tutti sopra di lei si accumularono i danni del tempo ; e dicesi
. anni, quando la interrogò Enea intorno il suo viaggio all’ Inferno, di cui parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le
parleremo altrove(f). Questa Sibilla dava le sue risposte nel tempio di Apollo dal fondo di un antro, uscendo da cento pa
). Questa Sibilla dava le sue risposte nel tempio di Apollo dal fondo di un antro, uscendo da cento parti del medesimo orr
la le rimetteva nell’ ordine primiero donde nasceva che i consultanti di frequente delut se ne partissero senza risposta v
isposta veruna(a). All’ Eritrea, come abbiamo detto, si diede il nome di Erofila. Lattanzio vuole, che sia stata con no me
li in Babilonia(b). Pausania riferisce, che no bosco sacro del tempio di Apollo Sminteo sussistevi ancora a’ suoi giorni i
tempio di Apollo Sminteo sussistevi ancora a’ suoi giorni il sepolcro di questa femmin(c). E quì si noti, che i boschi fur
lto delle Divinità(d), perchè credevasi, che il silenzio e l’oscurità di que’ recinti fossero opportuni a rendere più risp
ue’ recinti fossero opportuni a rendere più rispettabili gli esercizj di Religione. Ivi s’innalzavano altari, e si facevan
l sacro bosco era gravissimo delitto. Neppure era lecito il levare da di là se non gli alberi, i quali si credeva che attr
ati da danze e da altri indizj d’allegrezza(e). La Samia avea il nome di Fitò(f). Eusebio pei la denomina Erofile, e dice
Fitò(f). Eusebio pei la denomina Erofile, e dice che vivesse a’ tempi di Numa Pompilio(g). Da Isidoro finalmente fu chiama
Igino lo fa nascere da Tifone e da Echidna(b). La Dea Giunone, nemica di Tebe, prese cura di allevare questo Mostro, e poi
da Tifone e da Echidna(b). La Dea Giunone, nemica di Tebe, prese cura di allevare questo Mostro, e poi lo lasciò ne’ dinto
e, prese cura di allevare questo Mostro, e poi lo lasciò ne’ dintorni di quella città sul colle Ficeo. Esso avea la voce d
sul colle Ficeo. Esso avea la voce d’uomo, le ali d’uccello, il volto di donna, il corpo di cane, la coda di dragone, e le
so avea la voce d’uomo, le ali d’uccello, il volto di donna, il corpo di cane, la coda di dragone, e le unghie di leone. E
’uomo, le ali d’uccello, il volto di donna, il corpo di cane, la coda di dragone, e le unghie di leone. E perchè la Sfinge
il volto di donna, il corpo di cane, la coda di dragone, e le unghie di leone. E perchè la Sfinge proponeva certi enigmi,
deva tutti coloro che non ne davano la giusta spiegazione(c), però la di lei figura si usò per indicare, che la sopraddett
rogava. Eraclide vuole che costei enunziasse i suoi vaticinj a’ tempi di Solone e di Ciro(d). La Frigia fu tenuta in sommo
lide vuole che costei enunziasse i suoi vaticinj a’ tempi di Solone e di Ciro(d). La Frigia fu tenuta in sommo onore nell’
sue risposte. La Tiburtina venne così detta, perchè salita alla fama di eccellente vaticinatrice in Tivoli, fu ivi adorat
tre un bosco e una fonte, sacri alla stessa Sibilla(a). Dicesi che la di lei statut con un libro in mano siasi trovata nel
che il Senato Romano con solenne pompa l’abbia trasferita nel tempio di Giove Capitoli no. Questa Sibilla chiamavasi Albu
de(d). Fu denominata Jerofile, e Demofile(e). Costei recò nove volumi di predizioni a Tarquinio Prisco, e ne ricercò per e
ettò l’inchiesta, ed ella fu tenuta per pazza. La Sibilla in presenza di Tarquinio ne bruciò allora tre, e gli offerse gli
alle fiamme, e fece la medesima ricerca per i tre ultimi. La fermezza di lei fece sì, che Tarquinio consultasse gli Auguri
i Auguri, per consiglio de’ quali sborsò finalmente l’anzidetta somma di danaro. Que’ libri poscia si ammisero tralle cose
se ne affidò la custodia a due Patrizj, detti Duunviri(f). Il numero di questi da’ Tribuni, C. Licinio e L. Sesto, fu poi
a a quindici, denominati Quindicenviri. Questi soli aveano il diritto di leggere e interpretare i medesimi libri, i quali
di leggere e interpretare i medesimi libri, i quali erano una spezie di Oracolo, cui Roma spesso consultava(a). Era stabi
ezie di Oracolo, cui Roma spesso consultava(a). Era stabilita la pena di morte a quello, che avesse lasciato leggere que’
dopo 450. anni perì nell’ incendio del Campidoglio sotto la Dittatura di Cornelio Silla(b). Il Console C. Curione, per rip
i Cornelio Silla(b). Il Console C. Curione, per riparare alla perdita di que’ fatidici Libri, propose al Senato di spedire
, per riparare alla perdita di que’ fatidici Libri, propose al Senato di spedire ambasciatori in Eritrea per farne una nuo
icinato(c). Dicesi che nel favoloso impasto, il quale portava il nome di Libri Sibillini, alcuni ve ne sieno stati, i qual
ti, i quali comprendessero varie predizioni riguardo a Cristo, e alla di lui Religione(d). (a). Herod. l. 1. Valer. l. 
. Mythol. l. 9. (e). Ovid. Metam. l. 10 (22). E’ celebre l’istoria di Atalanta, figlia di Scheneo. Ella era assai pregi
. Ovid. Metam. l. 10 (22). E’ celebre l’istoria di Atalanta, figlia di Scheneo. Ella era assai pregi bile in bellezza, e
idio pretende, che li abbia fatti perire Driante al tempo delle nozze di Piritoo(a), dell quali parletemo altrove. Comuncu
cue ciò sia, Atalanta importunata da molti, affinchè siscegliesse uno di loro in isposo, dichiarò finalmente, che tale le
insero all’ impresa, e vi perdettero la vita. Ippomene alfine, figlio di Macareo o Megareo, e di Merope, aspirò anch’ egli
i perdettero la vita. Ippomene alfine, figlio di Macareo o Megareo, e di Merope, aspirò anch’ egli a quelle nozze, nè si s
ope, aspirò anch’ egli a quelle nozze, nè si sbigottì del tristo fine di tanti altri, ma supplice ricorse a Venere onde ri
La Dea gli diede tre pomi d’oro, colti in Tamaseno, campo dell’ Isola di Cipro, e lo instruì dell’ uso che far ne doveva.
la mossa, e come Ippomene videsi non molto dopo perdente, gettò fuori di strada e quanto più lungi potè uno de’ pomi, rice
uanto più lungi potè uno de’ pomi, ricevuti da Venere. Avida Atalanta di farne l’acquisto, uscì di via per raccorlo, e die
e’ pomi, ricevuti da Venere. Avida Atalanta di farne l’acquisto, uscì di via per raccorlo, e diede tempo intanto al giovin
’acquisto, uscì di via per raccorlo, e diede tempo intanto al giovine di oltrepassarla. Atalanta, rinforzata la corsa, lo
al giovine di oltrepassarla. Atalanta, rinforzata la corsa, lo passò di nuovo, ma poi tornò a distrarsi dal trasporto di
a la corsa, lo passò di nuovo, ma poi tornò a distrarsi dal trasporto di fare suo l’altro pomo, che le si presentò dinanzi
prenderne vendetta, inspirò sì a lui che ad Atalanta l’empio progetto di profanare un empio di Cibele, situato in folta bo
spirò sì a lui che ad Atalanta l’empio progetto di profanare un empio di Cibele, situato in folta boscaglia. Così fecero ;
non è da confondersi questa Atalanta coll’altra d’ Arcadia, e figlia di Giasio o Giasone, la quale fu presa in moglie da
delle sementi sotto terra (a). Quando poi le stesse ne comparivano al di sopra, ella era invocata sotto il nome di Segezia
le stesse ne comparivano al di sopra, ella era invocata sotto il nome di Segezia (b), o di Segesta (c). Occatore vegliava,
rivano al di sopra, ella era invocata sotto il nome di Segezia (b), o di Segesta (c). Occatore vegliava, allorchè si orpic
ruggine (r). Varrone vuole, che fosse un Nume chi ciò faceva, e che a di lui onore si celebrassero le Feste Robigali (s),
offrivano al predetto Dio vino, incenso, e le interiora una pecora e di un cane (a). Runcina era invorata allo svellersi
2). Alcuni confusero Cerere con Cotitto, Dea della lascivia. Il culto di questa si professava nella Tracia, nella Grecia,
sava nella Tracia, nella Grecia, e in Corinto. Tutto era laidezza. Le di lei Feste, dette Cotittie, si facevano di notte,
nto. Tutto era laidezza. Le di lei Feste, dette Cotittie, si facevano di notte, e vi si osservava un impenetrabile secreto
rchè si bagnavano con acqua calda (i). (3). Proserpina sotto il nome di Ferefatta ebbe in Cizico certe Feste, detto Feref
b. Hofman. Lex. Univ. (5). Non si va d’accordo riguardo all’origine di Trittolemo. Gli Argivi al dira di Pausania (n) lo
i va d’accordo riguardo all’origine di Trittolemo. Gli Argivi al dira di Pausania (n) lo fanno figliuolo di Trochilo, gran
di Trittolemo. Gli Argivi al dira di Pausania (n) lo fanno figliuolo di Trochilo, gran Sacerdote d’Argo, ch’erasi ritirat
o, ch’erasi ritirato in Eleusi a cagione dell’odio d’ Agenore, figlio di Triopa, re d’Argo, e dove avea sposato una donna,
lo fa nascere da Raros, Principe Ateniese, e da quella tralle figlie di Anfizione, la quale ebbe da Nettuno il figlio Cer
lle figlie di Anfizione, la quale ebbe da Nettuno il figlio Cercione, di cui parleremo (b). V’è chi credette, che Trittole
mo (b). V’è chi credette, che Trittolemo ed Eubuleo fossero figliuoli di Disaule, fratello di Celeo, ch’eglino sieno stati
tte, che Trittolemo ed Eubuleo fossero figliuoli di Disaule, fratello di Celeo, ch’eglino sieno stati quelli ; i quali avv
, ch’eglino sieno stati quelli ; i quali avvertirono Cerere del ratto di sua figlia, e che la Dea per gratitudine abbia lo
mano figlio del re Eleusio : Secondo questo ultimo Scrittore la madre di Trittolemo appellavasi Iona (f), e secondo Apollo
sebbene dimostrasse per lui pure somma tenerezza, e si fosse proposta di renderlo immortale. Soleva quindi la Dea riporlo
ea riporlo la notte sul fuoco, ed ungerlo d’ambrosia il giorno. Ma la di lui madre, sorpresa da si strano spettacolo, mise
a da si strano spettacolo, mise un grido, con cui interroppe l’azione di Cerere ; e questa, salita di nuovo sopra il suo c
se un grido, con cui interroppe l’azione di Cerere ; e questa, salita di nuovo sopra il suo carro, lasciò Deifonte in pred
iliti a custodire le cose preziose (i) : ed ebbe da ciò origine l’uso di na scondere la loro testa sotto le soglie delle p
j instituissero (d). Finalmente altri Dei eziandio sotto le sembianze di quelli, come vedremo, si rappresentarono. (c).
etta Serpentario, fu da Cerere convertito uno de’ Re de’ Geti, popoli di Misia, perchè egli fece morire uno de’ Dragoni de
erpente collocato tragli Astri (f). Altri soggiungono, che Triopa, re di Tessaglia, per aver saccheggiato un tempio di Cer
iungono, che Triopa, re di Tessaglia, per aver saccheggiato un tempio di Cerere, fu primieramente punito con una tormentos
to con una tormentosissima fame, e che poi fu messo a morte dal morso di un serpente, e con questo trasferito in Cielo. Da
soggiungesi, che il predetto Triopa colà salì, perchè liberò l’isola di Rodi da’ serpenti, che la infestavano (g). Eratos
di Rodi da’ serpenti, che la infestavano (g). Eratostene finalmente è di parere, che sotto il nome di Serpentario debbasi
infestavano (g). Eratostene finalmente è di parere, che sotto il nome di Serpentario debbasi riconoscere Esculapio (h), di
, che sotto il nome di Serpentario debbasi riconoscere Esculapio (h), di cui parleremo. (e). Hyg. fab.  147. (9). Tritt
o. (e). Hyg. fab.  147. (9). Trittolemo, attesochè insegnò il modo di seminare la terra, fu onorato come un Dio dagli A
o un tempio e un altare, e gli consecrarono un’ Aja, ossia uno spazio di terreno, ove si seccava e si batteva il frumento
Com. Mythol. l. 5. (e). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (10). Que’ di Siracusa solevano sacrificare ogni anno alcuni to
a stato il primo a porgervi sactifizio, quando, conducendo via i buoi di Gerione, attraversò la Sicilia (b). (a). Ovid.
. (a). Cic. Verr. 7. (b). Varro apud Non. (11). Sotto il nome di Empanda si ricombbe un’altra Divinità, preside a’
Corinth. (f). Job. Iacob. Hofman. Lex. Univ. (12). I discendenti di Eumolpo, detti Eumolpidi, ebbero eglino soli pel
discendenti di Eumolpo, detti Eumolpidi, ebbero eglino soli pel corso di moltissimi anni il privilegio, che uno di loro fo
bbero eglino soli pel corso di moltissimi anni il privilegio, che uno di loro fosse sempre il Gerofante del tempio di Cere
i il privilegio, che uno di loro fosse sempre il Gerofante del tempio di Cerere in Eleusi. Chi avea conseguito tale dignit
). L’iniziazione ne’ Misterj consisteva nell’essere ammessi per mezzo di certe ceremonie al conoscimento di alcune arcane
teva nell’essere ammessi per mezzo di certe ceremonie al conoscimento di alcune arcane cose, appartenenti alla Religione (
isco, il Pugilato, e la Lotta, detta anche Palestra (c). La Corsa era di tre sorte, a piedi, a cavallo, e sopra i carri. L
Ippodromia (e), sì onorevole, che intraprendevasi anche dalle persone di alto grado. Qualche volta si faceva con due caval
ano gli Eroi e i Principi stessi, i quali non meno ambivano la gloria di riportarvi il premio, che quella di trionfare de’
quali non meno ambivano la gloria di riportarvi il premio, che quella di trionfare de’ loro nemici (g). Il Salto consistev
r trapassare uno spazio più o meno esteso (a). Il Disco era una palla di figura piana e rotonda, pesantissima, perchè form
era una palla di figura piana e rotonda, pesantissima, perchè formata di ferro, o di piombo, o di pietra. Conveniva gettar
a di figura piana e rotonda, pesantissima, perchè formata di ferro, o di piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alt
iana e rotonda, pesantissima, perchè formata di ferro, o di piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alto, o più lung
o di piombo, o di pietra. Conveniva gettarla o più alto, o più lungi di una determinata meta (b). Queglino, che vi si ese
no chiamati Discoboli (c). Il Pugilato s’intraprendeva da due, armati di bracciale, guernito di piombo, o di ferro, o di r
c). Il Pugilato s’intraprendeva da due, armati di bracciale, guernito di piombo, o di ferro, o di rame, e denominato Cesto
to s’intraprendeva da due, armati di bracciale, guernito di piombo, o di ferro, o di rame, e denominato Cesto, con cui l’u
endeva da due, armati di bracciale, guernito di piombo, o di ferro, o di rame, e denominato Cesto, con cui l’uno avventand
avventandosi centro l’altro vicendevolmente si battevano, finchè uno di loro cedeva, o cadeva morto (d). La Lotta finalme
(d). La Lotta finalmente si faceva pure da due, i quali si sforzavano di suambievolmente atterrarsi. Chi più vi resisteva,
i resisteva, n’era premiato (e). Sì la Lotta, che il Pugilato al dire di alcuni (f) venivano indicati dal solo nome Pancra
per impedire il freddo nel momento del sudore, usavano un certo abito di lungo pelo, detto Endromide (o). Il premio, che d
iportavano a tali Giuochi, era una semplice corona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore, gli era permesso di pr
ona d’erba. Quando uno di loro non avea competitore, gli era permesso di prendersela. Così fece Ercole, non avendo trovato
messo di prendersela. Così fece Ercole, non avendo trovato chi osasse di cimentarsi seco lui (a). La loro celebrità altres
a come nobile e sacra. I re stessi la escritavano. Vestivano un abito di porpora, si ornavano di una corona il capo, e str
re stessi la escritavano. Vestivano un abito di porpora, si ornavano di una corona il capo, e stringevano in mano una bac
lestra (h), Circo (a), Anfiteatro, ed Arena. Lo Stadio era uno spazio di terreno di cento venticinque passi (b), ove si fa
Circo (a), Anfiteatro, ed Arena. Lo Stadio era uno spazio di terreno di cento venticinque passi (b), ove si faceva la cor
ad addestrasi negli esercizj atletici (d), Il preside all’ istruzione di questa gioventù si appellava Efebarca. A tale ogg
li si esercitavano i Gladiatori (g). L’uno e l’altra erano uno spazio di terreno, circondato di gradini e sedili, i quali
adiatori (g). L’uno e l’altra erano uno spazio di terreno, circondato di gradini e sedili, i quali andavano alzandosi in g
spettacolo, in cui veniva rappresentata una selva piena delle frutta di tutti gli alberi (h). L’Arena poi si chiamò anche
so, quando si facevano le Naumachie ; ossia i Ginochi formati a guisa di combattimenti navali (a). (c). Meurs. Graec. F
(g). Nat. Com. Mythol. l. 5. (15). Erodoto vuole, che le figliuole di Danao abbiano potiato dall’ Egitto le Feste Tesmo
Ibid. (16). Le Feste Talisie secondo alcuni si celebravano in onore di tutti gli Dei (d). (a). Declausire Diction. Myt
’illustri natali. Per insegna della loro dignità portavano una corona di spighe, legata con bianco nastro. Credesi, che qu
egata con bianco nastro. Credesi, che questa sia stata la prima sorte di corone, la quale siasi usata appresso i Romani (f
ne l’origine : Acca Laurenzia, moglie del pastore Faustolo, e nutrice di Remo e di Romolo, proceduta da dodici suoi figliu
ne : Acca Laurenzia, moglie del pastore Faustolo, e nutrice di Remo e di Romolo, proceduta da dodici suoi figliuoli, facev
rifizio per chiedere agli Dei abbondante raccolta dalle campagne. Uno di que’ figliuoli morì, e Romolo, per onorare la sua
oli morì, e Romolo, per onorare la sua nutrice, volle sostituirsi nel di lui luogo (h). E quì parlando della predetta donn
De Theolog. Gentil. l. I. (1). IN memoria della cura, che presero di Giove i Coribanti, in Cnosso, città di Creta, si
emoria della cura, che presero di Giove i Coribanti, in Cnosso, città di Creta, si celebrava una Festa, detta Coribantica
i, quando loro appativano le Api, le risguardavano come annunziatrici di funesti eventi (d). La vigilia della battaglia, i
atrici di funesti eventi (d). La vigilia della battaglia, in cui que’ di Farsaglia videro Pompeo disfatto, uno sciame di A
attaglia, in cui que’ di Farsaglia videro Pompeo disfatto, uno sciame di Api si posò sugli altari (e). (h). Ovid. Metam.
Hom. Iliad. l. 16. (l). Lucan. l. 1. (4). I Giganti erano uomini di straordinaria figura e robustezza. Intorno all’or
rano uomini di straordinaria figura e robustezza. Intorno all’origine di costoro varie sono le opinioni degli Antichi. Alc
questa e da Urano (f), ovvero dal Tartaro (g). Omero li fa figliuoli di Nettuno e d’Ifimedea (h). Altri dicono, che sieno
(i). L’aspetto de’ Giganti era terribile, la barba lunga (l), i piedi di serpenti (m) ; e però furono soprannominati Serpe
o Tifeo(c), Gige, Cotto e Briareo(d). Gli Aloidi erano due fratelli, di nome Oto ed Efialte. Costoro nacquero da Ifimedia
e mentr’egli toccava co’piedi il più profondo del mare, la superfizie di questo appena gli arrivava alla eintura(g). Omeco
erchè Giove, come vedremo, avea posta al mondo Minerva senza il mezzo di una donna, pregò il Cielo, la Terra, e tutti gli
l mezzo di una donna, pregò il Cielo, la Terra, e tutti gli altri Dei di permettere, ch’ella pure da se sola partorisse ;
terra, ne usciroso dei vapori, i quali formarono Tifone(h). Il corpo di costui era di tale altezza, che arrivava alle ste
iroso dei vapori, i quali formarono Tifone(h). Il corpo di costui era di tale altezza, che arrivava alle stelle : con una
elle : con una mano toocava l’Oriente, e coll’altra l’Occidente ; da’ di lui omeri si alzavano cento teste di dragoni ; e
, e coll’altra l’Occidente ; da’ di lui omeri si alzavano cento teste di dragoni ; e mandava flamme dagli occhi e dalla bo
Egeone(b). Egli avea cinquanta teste, e cento mani. Lo stesso dicesi di Gige e di Cotto(c) : e però questi tre Giganti da
. Egli avea cinquanta teste, e cento mani. Lo stesso dicesi di Gige e di Cotto(c) : e però questi tre Giganti da’ Greci so
quanta bocche, dalle quali mandava fuoco(f). Alcuni poi sotto il nome di Briareo e di Gige riconoscono un solo Gigante(g).
, dalle quali mandava fuoco(f). Alcuni poi sotto il nome di Briareo e di Gige riconoscono un solo Gigante(g). (a). Nat.
e gli Egiziani solevano rendere alle piante e alle bestie(h). Diodoro di Sicilia narra, che que’ popoli ridotti dalla care
ali ; e che anche allora quando si dosiderò da Tolommeo, re d’Egitto, di stringere alleanza co’ Romani, non si potè scampa
gere alleanza co’ Romani, non si potè scampare dalla morte un soldato di questi, perchè aveva ucciso, bonchè inavvedutamen
o scesso monte(m). Minerva uccise Pallante(n). Ippolito restò privato di vita da Mercurio, e Grazione da Diana(o). Clizio
Grazione da Diana(o). Clizio fu fatto morire da Vulcano con un colpo di massa di ferro infuocato(p) Porfirione fu colpito
da Diana(o). Clizio fu fatto morire da Vulcano con un colpo di massa di ferro infuocato(p) Porfirione fu colpito prima da
Porfirione fu colpito prima dalle frecce d’Ercole, e poi dal fulmine di Giove(a). Toone e Agrio vennero uccisi dalle Parc
o uccisi dalle Parche(b) Gli Aloidi furono messi a morte dalle frecce di Apollo e di Diana(c) Omero però dice, che li priv
le Parche(b) Gli Aloidi furono messi a morte dalle frecce di Apollo e di Diana(c) Omero però dice, che li privò di vita il
te dalle frecce di Apollo e di Diana(c) Omero però dice, che li privò di vita il solo Apollo(d)Polibote, inseguito da Nett
ita il solo Apollo(d)Polibote, inseguito da Nettuno, giunse all’Isola di Coo, quando il predetto Nume scaghò contro di lui
ttuno, giunse all’Isola di Coo, quando il predetto Nume scaghò contro di lui una parte di quella stessa Isola, chene cuopr
’Isola di Coo, quando il predetto Nume scaghò contro di lui una parte di quella stessa Isola, chene cuoprì il corpo, e for
hene cuoprì il corpo, e formò l’altra Isola, detta Nisiro(e)Apollonio di Rodi racconta, che Tifone, fulminato da Giove sul
e(f) Plutarco soggiunge, che gli Egiziani solevano dire, che i vapori di quella palude erano effetto del respirare, che vi
Gigante : e quindi l’anzidetta palude da loro chiamavasi lo spiraglio di Tifone(g). Virgilio vuole, che costui sia stato s
d. Ibid. l. 2. (e). Apollon. l. 3. (7). Omero dice, che il padre di Deucalione si chiamava Minos(m). (f). Nat. Com.
). Nat. Com. Mytol. l. 8. (a). Ovid. Met. l. 1. (8). In memoria di coloro, che per causa di quel Diluvio perirono, s
. (a). Ovid. Met. l. 1. (8). In memoria di coloro, che per causa di quel Diluvio perirono, si celebrarono dagli Ateni
tuttavia non fu secondo la legge punita, perchè si ebbe riguardo alla di lei nascita e valore(a). (e). Paus. l. 5. (f)
ob. Hofman. Lex. Univ. (h). Paus. l. 5. (10). Cinisca, figliuola di Archidamo, re di Sparta, fu la prima donna, la qu
Univ. (h). Paus. l. 5. (10). Cinisca, figliuola di Archidamo, re di Sparta, fu la prima donna, la quale siasi esercit
Mileto, tre volte riportò il premio negli anzidetti Giuochi. La forza di lui eguagliava la sua voracità. Invitato a pranzo
lui eguagliava la sua voracità. Invitato a pranzo da Ariobarzane, re di Persia, mangiò da se solo tutte le vivande, che d
ati(e). Più volte conseguì il premio in tali Giuochi Acusilao, figlio di Diagora, e fratello di Damagete, discendenti da q
guì il premio in tali Giuochi Acusilao, figlio di Diagora, e fratello di Damagete, discendenti da que’ di Rodi. Narrasi, c
silao, figlio di Diagora, e fratello di Damagete, discendenti da que’ di Rodi. Narrasi, che la prima volta che Acusilao fu
e spargevano fiori per dove passava. Diagora, Damagete, Àcusilao, e i di lui figliuoli ebbero ciascuno una statua in Alti(
ede, dell’Isola d’ Astipalea, lottando con Icco, d’Epidauro, lo privò di vita con un solo pugno. L’azione di lui dagli Ell
do con Icco, d’Epidauro, lo privò di vita con un solo pugno. L’azione di lui dagli Ellanodici si giudicò un delittò, ed eg
. Cleomede, inseguito co sassi da quegli abitanti, entrò in un tempio di Minerva, e si nascose in un sepolero. Si consultò
e in un sepolero. Si consultò l’ Oracolo per sapere cosa era avvenuto di lui ; e si udì ch’egli era l’ultimo degli Eroi, e
li Eroi, e che conveniva onorarlo co’sacrifizj(c). Dicono, che Milone di Crotona siasi posto sulle spalle un toro di quatt
zj(c). Dicono, che Milone di Crotona siasi posto sulle spalle un toro di quattro anni, e che correndo ; lo abbia portato s
o Atleta portò altresì sulle spalle da Crotona sino ad Alti la statua di bronzo, cretta a Giovo(e). Egli innoltre teneva n
uovere. Alcune volte legavasi la fronte con grossissima fune a foggia di benda, e poi ritenendo il respiro, e chiudendo co
concittadino(c). Celebrandosi i mentovati Giuochi, Sotade, dell’Isola di Creta, fu premiato nella Corsa. Questo godeva sì
errò tutti coloro, i quali seco lui lottavano, e un fantasma sotto le di lui sembianze ne annunziò la vittoria agli Eginet
mbianze ne annunziò la vittoria agli Egineti(e). Teagene, della città di Taso, fu quello tra tutti gli Atleti, che abbia r
leti, che abbia riportato più corone a’ Giuochi pubblici. Egli in età di nove anni, ritornando dalla scuola, e avendo osse
do dalla scuola, e avendo osservato in una pubblica strada una statua di bronzo, la portò sino alla sua casa ; indi la rim
’avea presa. Dopo morte gli s’innalzò una statua, la quale da uno de’ di lui nemici veniva frequentemente insultata. Avven
a fame, che poco dopo era insorta ad affliggerli(a). Teopompo, figlio di Demarato, riportò ne’ Giuochi Olimpici il premio
si segnalò. Tutti tre ebbero una statua in Altri(b). Timanto, nativo di Cleone, avea lasciata la professione d’Atleta a c
divenuta grave la vita, accese il rogo, e vi si precipitò(c). Fidola di Corinto, concorso a’Giuochi Olimpici, cadde in te
orso a’Giuochi Olimpici, cadde in terra sul principio della Corsa. Il di lui cavallo continuò a correre, oltrepassò gli al
alla Lotta, e il figlio alla Corsa de’cavalli. In Alti cravi il carro di Polifite sopra una colonna alto della statua di s
n Alti cravi il carro di Polifite sopra una colonna alto della statua di suo padre(a). Butacide di Crotona, uomo di straor
olifite sopra una colonna alto della statua di suo padre(a). Butacide di Crotona, uomo di straordinaria bellezza, restò uc
colonna alto della statua di suo padre(a). Butacide di Crotona, uomo di straordinaria bellezza, restò ucciso in un combat
gli offrirono dei sacrifizj(b). Ne’ mentovati Giuochi Eutimio, nativo di Locri, fu sempre premiato, eccettuata una sola vo
da Teagene(c). Fu pure ne’ medesimi Giuochi coronato Promaco, figlio di Drione, cittadino di Pellene, nel Peloponneso. Eb
re ne’ medesimi Giuochi coronato Promaco, figlio di Drione, cittadino di Pellene, nel Peloponneso. Ebbe una statua di bron
lio di Drione, cittadino di Pellene, nel Peloponneso. Ebbe una statua di bronzo in Alti, e un’altra di marmo in Pellene, i
llene, nel Peloponneso. Ebbe una statua di bronzo in Alti, e un’altra di marmo in Pellene, in una spezie di Academia, ovel
atua di bronzo in Alti, e un’altra di marmo in Pellene, in una spezie di Academia, ovela gioventù faceva i suoi primi eser
Olimpici(d). Appresso Pausania oltre i predetti Atleti si fa menzione di Pite, nato da Andromaco in Adbera, città della Tr
a menzione di Pite, nato da Andromaco in Adbera, città della Tracia ; di Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Mosc
i Pite, nato da Andromaco in Adbera, città della Tracia ; di Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di T
a Andromaco in Adbera, città della Tracia ; di Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco, di C
ra, città della Tracia ; di Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ; di Pirilam
Tracia ; di Telesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di
elesta, di Messenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’El
ssenia ; di Teotimo, figlio di Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’Elea ; di Resib
glio di Moschione ; di Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Salea
i Tersiloco, di Corcira ; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Saleada Spartano ; e di Ag
 ; di Pirilampe, d’Efeso, di Pittalo, d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Saleada Spartano ; e di Agametore, di Mantinea(e)
, di Pittalo, d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Saleada Spartano ; e di Agametore, di Mantinea(e). (11). Il nome di Pare
d’Elea ; di Resibio, d’Opunte ; di Saleada Spartano ; e di Agametore, di Mantinea(e). (11). Il nome di Parentali davasi a
di Saleada Spartano ; e di Agametore, di Mantinea(e). (11). Il nome di Parentali davasi anche alle Feste, ossia a’convit
istor. l. 2. (12). Servio vuole, che quella colomba avesse le penne di colore d’oro. (d). Plin. l. 2. (e). Id. Ibid
(d). Plin. l. 2. (e). Id. Ibid. (13). Da principio gli Oracoli di Dodona al dire di Strabone erano manifestati da u
(e). Id. Ibid. (13). Da principio gli Oracoli di Dodona al dire di Strabone erano manifestati da uomini(a), detti To
omini(a), detti Tomari da Tomaro o Tmaro, monte della Tesprozia, alle di cui falde fu eretto il mentovato tempio(b). (f).
a). Potter. Archacol. Graec. l. 2. (14). Le Sorti erano una spezie di Divinazione, la quale si eseguiva in due modi : i
atte al senso de’proprj desiderj ; ovvero coll’aprire a caso un libro di qualche Poeta, e coll’interpretarvi il verso, che
il verso, che primo si offtiva agli occhi : ma questa ultima manlera di presagire il futuro si diceva anche Rapsodomanzia
il futuro si diceva anche Rapsodomanzia, dalle Rapsodie, ossia Poemi di Omero, perchè appresso gli Antichi, come alcuni c
ente Omero. L’altro modo, con cui si traevano le Sorti, era per mezzo di dali, o di piccole pietre, o di fave, sulle quali
L’altro modo, con cui si traevano le Sorti, era per mezzo di dali, o di piccole pietre, o di fave, sulle quali eranvi inc
i si traevano le Sorti, era per mezzo di dali, o di piccole pietre, o di fave, sulle quali eranvi incisi certi segni, di c
di piccole pietre, o di fave, sulle quali eranvi incisi certi segni, di cui se ne consultava la spiegazione in alcune Tav
molto coltivate dalle Ninfe Trie, nutridi d’ Apollo. A questa spezie di Divinazione si può ridurre anche quella eseguita
lzare la mano verso il Cielo ; indi col porla sull’altare(c). In vece di questo se ne servirono anche di una pietra(d). Il
ndi col porla sull’altare(c). In vece di questo se ne servirono anche di una pietra(d). Il giuramento appresso i Greci era
care il mutuo consenso. Vi si chiamavano poscia gli Dei in testimonio di ciò, che si stabiliva ; e si pronunziavano altres
sacrificava al. Dio Miode, si vedeva uscire dal Territorio una nuvola di Mosche. Il predetto Nume era invocato anche contr
effettuare il ratto delle donne Sabine (d). Tito Livio sotto il nome di Conso riconosce il Dio Nettuno, soprannominato Ip
Nettuno, soprannominato Ippio, ossia Equestre, dalla magnifica corsa di cavalli, la quale si faceva altempo di tali Giuoc
questre, dalla magnifica corsa di cavalli, la quale si faceva altempo di tali Giuochi. Oltre siffatta corsa eravi quel la
il vincitore, veniva condotto con molta pompa al tempio, e coronavasi di mirto. Narrasi, che un certo Ratumeno Romano, cor
atumeno Romano, correndo in questi Giuochi, cadde dal carro ; e che i di lui cavalli, avendo continuato il loro corso, e m
no quelle, che un Generale toglieva a quello dell’armata nemica, dopo di averlo ucciso di propria mano nel combattimento (
Generale toglieva a quello dell’armata nemica, dopo di averlo ucciso di propria mano nel combattimento (g). (b). Tit. L
remo (h). (e). Cic. pro Rabir. (20). Nello scavarsi le fondamenta di Giove Capitolino si trovò la testa di un certo To
). Nello scavarsi le fondamenta di Giove Capitolino si trovò la testa di un certo Tolo (i) : la che servì a’Romani d’augur
a’Romani d’augurio, che la loro città sarebbe divenuta la dominatrice di tutto il mondo (l). Quindi quel monte, che prima
in giro una, portata sopra un letticciuolo, e posta sopra un cuscino di stoffa preziosa (c). (b). Job. Jacob. Hofman. L
. Univ. (c). Pitise. (22). Il Dio Termine in Roma fino dal tempo di Numa Pompilio fu riconosciuto come il protettore
ali s’inghirlandavano i confini delle campagne, si facevano libazioni di latte e di vino, e si offrivano frutta e focacce
rlandavano i confini delle campagne, si facevano libazioni di latte e di vino, e si offrivano frutta e focacce di farina (
acevano libazioni di latte e di vino, e si offrivano frutta e focacce di farina (d). In seguito gli furono sacrificati anc
norò poscia nelle grandi strade, ov’era rappresentato sotto la figura di grossa pietra quadrata, o di ceppo, o d’uomo, ma
de, ov’era rappresentato sotto la figura di grossa pietra quadrata, o di ceppo, o d’uomo, ma senza braccia e piedi, accioc
Termine era quella stessa pietra, che Saturno avea divorato in luogo di Giove (a). Dionisio d’Alicarnasso pretende, che i
e rappresentavasi anch’egli, come abbiamo osservato, sotto la figura di una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu f
abbiamo osservato, sotto la figura di una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu figlia di Giove e di Giunone (d) ;
o la figura di una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu figlia di Giove e di Giunone (d) ; ma secondo i Poeti Latin
di una pietra. (23). Ebe al dire di Apollodoro fu figlia di Giove e di Giunone (d) ; ma secondo i Poeti Latini Giunone s
rata da que’di Fliasia, contrada della Grecia nel Peloponneso. Ivi il di lei tempio era inviolabile asilo pegl’infelici. O
ile asilo pegl’infelici. Ogni anno per più giorni vi si celebravano a di lei onore delle Feste (i). Anche que’di Corinto l
rinto le innalzarono un tempio (l). Finalmente in Roma fino da’ tempi di Servio Tullio era venerata nel Campidoglio. Legge
mpidoglio. Leggesi innoltre, che M. Livio, essendo Console, fece voto di fabbricarle un tempio nel giorno, in cui avesse v
rcad. (e). Nat. Com. Mythol. l.. 3 (24). Le tre predette nutrici di Giove furono cangiate in Orse, ma non si sa per q
(b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (25). Il sulmine era segno di sovrana potenza, a cui niuno poteva resistere. Pe
nza, a cui niuno poteva resistere. Per questo anche Apelle nel tempio di Diana Efesina distinse Alessandro col fulmine in
Diana Efesina distinse Alessandro col fulmine in mano. I felmini poi di Giove si figuravano in due maniere : o come una s
felmini poi di Giove si figuravano in due maniere : o come una spezie di tizzone fiammeggiante in ambe l’estremità, il qua
 ; ovvero come una macchina acuta in ognuna delle due parti, e armata di due frecce. Sotto questa seconda forma sembra, ch
rcelo a divedere anche Luciano, il quale v’aggiunse essere il fulmine di Giove lungo dieci piedi (e). Virgilio finalmente
Giove lungo dieci piedi (e). Virgilio finalmente vuole, che i fulmini di Giove sieno molti, e che ognuno di essi contenga
io finalmente vuole, che i fulmini di Giove sieno molti, e che ognuno di essi contenga tre raggi di grandine, tre di piogg
fulmini di Giove sieno molti, e che ognuno di essi contenga tre raggi di grandine, tre di pioggia, tre di fuoco, e tre di
sieno molti, e che ognuno di essi contenga tre raggi di grandine, tre di pioggia, tre di fuoco, e tre di vento. Lostesso P
he ognuno di essi contenga tre raggi di grandine, tre di pioggia, tre di fuoco, e tre di vento. Lostesso Poeta soggiunge,
i contenga tre raggi di grandine, tre di pioggia, tre di fuoco, e tre di vento. Lostesso Poeta soggiunge, che ne’medesimi
novi mescolati i lampi terribili, lo strepito spaventoso, le striscie di fiamma, la collera di Giove, e il terrore de’mort
terribili, lo strepito spaventoso, le striscie di fiamma, la collera di Giove, e il terrore de’mortali (a). Il fulmine er
e, e il terrore de’mortali (a). Il fulmine era la principale Divinità di Seleucia in Siria, e onoravasi con inni e altre p
. V’è chi pensa, che fosse così onorato Giove stesso sotto il simbolo di fulmine. Tutti i luoghi, percossi dal fulmine, er
i luoghi, percossi dal fulmine, erano riputati sacri, nè era permesso di più averli ad uso profano (b). Niuno, senza diven
on vi si fosse drizzato un altare, e offerta in sacrifizio una pecora di due anni, detta bidente, ossia alla quale erano n
i luoghi (e). Plinio dice, che non era permesso d’abbruciare il corpo di coloro ch’erano stati colpiti dal fulmine, ma che
o fulminato, ricevette gli onori del Rogo (g). Il Rogo era un mucchio di legna per abbruciare i morti (h). Esso era circon
le oggetto si aspergeva anche il corpo, che doveasi dare alle fiamme, di varj fragranti liquori. Il Rogo era formato a gui
uoco. Vi si gettavano ad ardere le più ricche vesti del defonto, e le di lui armi, se era stato guerriero. Innoltre gli an
davano a piangere. Le urne de’ricchi erano talvolta d’oro, d’argento, di bronzo, di porfido ; i poveri le aveano di creta.
angere. Le urne de’ricchi erano talvolta d’oro, d’argento, di bronzo, di porfido ; i poveri le aveano di creta. Un Sacerdo
talvolta d’oro, d’argento, di bronzo, di porfido ; i poveri le aveano di creta. Un Sacerdote tre volte aspergeva d’acqua l
ustrale tutti gli astanti per purificarli. Ognuno de’medesimi in atto di partire dava l’ultimo addio al morto, e augurava
in atto di partire dava l’ultimo addio al morto, e augurava alle ossa di lui la terra lieve. Finalmente chiudevano l’urna
eon era anche il nome delle Statue, che riunivano in se gli attributi di molti Numi (d). (b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. U
(b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (27). I Sabini sotto il nome di Filio riconoscevano Ercole (e). Questi fu anche d
sia stato eretto da Tarquinio il Superbo, e che quaranta anni dopo la di lui morte Spurio Postumio Console ne abbia fatta
libazioni agli Dei (a). Gli ospiti, quando partivano, erano ricolmati di doni, i quali da loro si conservavano poi con som
ma durante la solennità de’Lettisterni esercitavasi verso ogni ordine di persone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè
sone ; e le case erano aperte a tutti, sicchè tutti potevano servirsi di ogni cosa che vi trovavano, senza però portarne v
no una religiosa ceremonia, praticata da’Romani spezialmente in tempo di pubbliche calamità per placare gli Dei. Essa cons
gli Dei. Essa consisteva in un sacro banchetto, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle a
banchetto, denominato il Convito di Giove. Vi s’invitavano le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel
le statue di lui e delle altro Divinità, alle quali perciò nel tempio di Giove si drizzavano varj letti, affinchè stando s
passero della mensa, che veniva loro imbandita. Alle Dee però in vece di letti si preparavano dei sedili (f). Il presieder
lae, vivande (g), perchè eglino mangiavano i cibi, imbanditi al tempo di tale solennità agli Dei (a). Eglino erano da prin
he Licaone venne mutato in Lupo, perchè sacrificò un fanciullo, e col di lui sangue ne bagnò l’ara di Giove, che trovavasi
po, perchè sacrificò un fanciullo, e col di lui sangue ne bagnò l’ara di Giove, che trovavasi sul monte Liceo (c). Altri s
caro al suo popolo, a cui insegnò a condurre una vita meno selvaggia di prima ; ch’egli eresse su’monti d’Arcadia la citt
meno selvaggia di prima ; ch’egli eresse su’monti d’Arcadia la città di Licosura, la più antica di tutta la Grecia ; e ch
ch’egli eresse su’monti d’Arcadia la città di Licosura, la più antica di tutta la Grecia ; e che v’inalzò un altare a Giov
ggi, pubblicò, che Giove si recava spesso a visitarlo sotto la figura di straniero. I di lui figliuoli, per assicurarsene,
he Giove si recava spesso a visitarlo sotto la figura di straniero. I di lui figliuoli, per assicurarsene, nel momento, in
con gagliardissimo vento, e il fulmine, che incenerì tutti gli autori di quel delitto. (30). Tra’Cercopi sono famosi anch
si anche i due fratelli, Achemone o Acmone, e Passalo. La loro madre, di nome Sennone, donna fatidica, li avea avvertiti d
lo. La loro madre, di nome Sennone, donna fatidica, li avea avvertiti di schivare dall’incontrarsi in Melampigo, ossia in
titi di schivare dall’incontrarsi in Melampigo, ossia in colui che al di dietro era nero. Eglino, viaggiando, si abbattero
o, si abbatterono in Ercole, che dormiva sotto un albero, e tentarono di assalirlo colle stesse di lui armi. L’Eroe, essen
e, che dormiva sotto un albero, e tentarono di assalirlo colle stesse di lui armi. L’Eroe, essendosi in quello stesse mome
l qual nome gli Antichi riconoscevano la natura, come madre e nutrice di tutte le cose (c). (a). Nat. Com. Mythol. l. 2.
ette Lampadeforie, nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di loro. Il primo di questi, estratto a sorte, dall’
nel tempo delle quali tre giovani gareggiavano tra di loro. Il primo di questi, estratto a sorte, dall’anzidetta Ara sino
ragione al teizo. Quegli, che giungeva al termine del corso, senzachè di si fosse mai smorzata la fiaccola, riportava il p
correvano una volta ogni tre anni. La prima si chiamava Atenea, ossia di Minerva ; la seconda Efestiea o Vulcania, ossia d
mava Atenea, ossia di Minerva ; la seconda Efestiea o Vulcania, ossia di Vulcano ; la terza Prometia, ossia di Prometeo (b
onda Efestiea o Vulcania, ossia di Vulcano ; la terza Prometia, ossia di Prometeo (b). Le predette Feste furono consecrate
n. Lex. Univ. (b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (32). Giove s’invaghì di Proserpina. Cerere, di lei madre, per allontanarl
at. Com. Mythol. l. 2. (32). Giove s’invaghì di Proserpina. Cerere, di lei madre, per allontanarla da quel Nume, la nasc
una grotta della Sicilia. Giove vi penetrò anche colà sotto la figura di serpente, e la rendette madre di Zagreo (e). Nonn
i penetrò anche colà sotto la figura di serpente, e la rendette madre di Zagreo (e). Nonno Dionisio dice che Giove traspor
portò il predetto bambino nell’Olimpo, e che i Titani per eccitamento di Giunone lo fecero in pezzi (f). (33). La madre d
delle frecce, e superava in vivacità e leggiadria ogni altra seguace di Diana (g). Ma poichè Giove sotto le sembianze del
volle più averla tralle sue Ninfe, e Giunone la trasformò in orsa. Il di lei figliuolo, andato anch’egli alla caccia, la i
a Callisto il nome d’Elice, ossia d’Orsa maggiore, e ad Arcade quello di Artofrlace, ossia di Custode della medesima. La C
Elice, ossia d’Orsa maggiore, e ad Arcade quello di Artofrlace, ossia di Custode della medesima. La Costellazione, in cui
bia riconosciuto che due, le quali denominò Tallote e Carpo. La prima di esse presiedeva a’fiori, e l’altra alle frutta (c
prima di esse presiedeva a’fiori, e l’altra alle frutta (c). Col nome di Ore appresso gli antichi Greci s’indicavano le St
bellezza (i). Sotto tal nome si riconosceva da’Romani Ersilia, moglie di Romolo, la quale dopo la morte di suo marito era
conosceva da’Romani Ersilia, moglie di Romolo, la quale dopo la morte di suo marito era stata da Giunone trasferita in Cie
ivini, che si rendevano a Romolo in un tempio erettogli sotto il nome di Quirino Questo tempio, in quanto era sacro ad Ort
amavano Ate e Cario, narrasi, che la loro madre, Talia, o Etna, prima di partorirli, appresso il fiume Simeto pregò la Ter
fiume Simeto pregò la Terra, che la ingojasse per celarla a Giunone, di cui ne temeva il furore. Ne fu esaudita ; ma venu
del giorno, la terra nuovamente si aprì, e queglino comparvero sopra di essa (d). Alcuni pretendono, che nel luogo, donde
, donde i due fratelli sortirono, si sieno subito aperte due voragini di fuoco : altri dicono due fontane o laghi, chiamat
ivano fiamme, e acqua bollente e fetida (e). Gli Antichi si servivano di tali acque per riconoscere la verità de’giurament
quello, che giurava, scriveva il suo giuramento sopra certe tavolette di legno, e gettavale in quelle acque : se era verac
te tavolette di legno, e gettavale in quelle acque : se era verace la di lui asserzione, le tavole galleggiavano sulle acq
ommerso nelle stesse acque (b). V’è chi dice, che l’anzidetta maniera di comprovare la verità di ciò che si affermava, si
ue (b). V’è chi dice, che l’anzidetta maniera di comprovare la verità di ciò che si affermava, si faceva nella fontana, de
ghi (c). I Palici si venerarono come Dei della Sicilia. Narra Diodoro di Sicilia, che il tempio di queste Divinità era ten
arono come Dei della Sicilia. Narra Diodoro di Sicilia, che il tempio di queste Divinità era tenuto in grandissima veneraz
asilo agli schiavi, oppressi da’loro padroni, i quali non osavano mai di violare il giuramento, fatto nello stesso tempio,
non osavano mai di violare il giuramento, fatto nello stesso tempio, di trattarli per l’avvenire più dolcemente (e). Nel
iando egli lungo le rive del fiume Torrebia, udì il canto delle Ninfe di quello, e ne apprese la Musica, la quale egli poi
i Divini, e gli eressero un tempio sopra una montagna, detta dal nome di lui Cario (a). (36). I tre Cabiri, che si denomi
er padre Vulcano, perchè si credeva ch’eglino avessero trovata l’arte di fabbricare gli stromenti di ferro (e). Mnasea tra
credeva ch’eglino avessero trovata l’arte di fabbricare gli stromenti di ferro (e). Mnasea tra gli Dei Cabiri nomina Asier
Cerere, Proserpina, e Plutone. Dionisiodoro ve ne aggiunse un quarto, di nome Casmilo, ossia Mercurio. Finalmente Atenione
e Dardano, i quali furono chiamati Cabiti (f). Erá celebre il tempio di questi Numi in Egitto, nel quale non era permesso
a’loro Sacerdoti. Un altro era stato eretto a’medesimi nel Territorio di Tebe (g). Queste Divinità ebbero eziandio delle F
Feste, dette Cabirie, e le quali vennero prima celebrate nelle Isole di Samotracia e d’Imbro, poi in Tebe, e in Lenno. I
niziare alcuno ne’predetti Misterj, egli si coronava d’ulivo, e cinto di una fascia di porpora, si faceva sedere sopra un
ne’predetti Misterj, egli si coronava d’ulivo, e cinto di una fascia di porpora, si faceva sedere sopra un trono, intorno
ossia intronizzazione (b). Tale iniziazione portava seco la credenza di essere dagli Dei disesi in mare e in guerra, e di
va seco la credenza di essere dagli Dei disesi in mare e in guerra, e di poter conseguire ciò, che onestamente si desidera
non fossero Dei, ma ministri degli Dei (d). Strabone li la Sacerdoti di Cibele, e secondo lui erano gli stessi che i Cori
Omero dice che Ganimede fu rapito dagli Dei per costituirlo coppiere di Giove (e). Altri lo vogliono rapito da un’Aquila,
io ci descrive la Fama con tanti occhi e tante bocche, quante sono le di lei piume. Egli v’aggiunge, che non minore n’è il
sempre attente ad ascoltare. Dice finalmente, che la Fama vola sempre di notte, e che digiorno siede sulle più alte torri,
spaventando le grandi città con triste novelle, e facendosi appresso di esse annunziatrice sà de’veri che de’falsi avveni
, per essere sacra a Giove, conseguì dallo stesso Nume la prerogativa di non restare mai colpita dal fulmine ; di poter fi
o stesso Nume la prerogativa di non restare mai colpita dal fulmine ; di poter fissare sempre gli occhi ne’raggi del Sole,
empre gli occhi ne’raggi del Sole, senza rimanerne abbagliata (f) ; e di essere la regina di tutti gli altri volatili (g).
aggi del Sole, senza rimanerne abbagliata (f) ; e di essere la regina di tutti gli altri volatili (g). (c). Nat. Com. My
(d). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (40). I Romani ad imitazione di Giove adottarono la figura dell’Aquila per loro I
lmine tragli artigli. Sotto la medesima si appendevano varj ornamenti di metallo, i doni militari, i busti degl’Imperatori
sso i Romani ebbe altresì parte negli augurj. Se volava a destra, era di buon presagio. Si prediceva il futuro anche dal m
ro anche dal modo, con cui lo stesso predava. Se i Principi sognavano di esserne rapiti, ciò aveasi per tristo augurio. Fi
Finalmente le Aquile ricevettero in Roma libazioni, e vennero onorate di aromi, e coronate di fiori (a). (e). Anton. Lib
ricevettero in Roma libazioni, e vennero onorate di aromi, e coronate di fiori (a). (e). Anton. Liberal. Metam. c. 6.
e di fiori (a). (e). Anton. Liberal. Metam. c. 6. (41). La moglie di Perifa, non potendo sopravvivere pel dolore al ma
di Perifa, non potendo sopravvivere pel dolore al marito, pregò Giove di cangiare lei pure in uccello, e lo ottenne (b).
alita a tale onore, e benchè Orfeo la chiami Pambasilea, ossia regina di tutto il monde (c) ; tuttavia non si sa, che le s
mente ricorda una statua, che le venne innalzata da’Tebani nel tempio di Cerere Tesmofora(d). (b). Ovid. Metam. l. 3. (
una delle Ninfe del fiume Acheloo, quella, che trasse Bacco dal seno di Semele per ordine di Giove, il quale poi se lo ri
fiume Acheloo, quella, che trasse Bacco dal seno di Semele per ordine di Giove, il quale poi se lo ripose in una coscia(e)
dine di Giove, il quale poi se lo ripose in una coscia(e). Appollonio di Rodi vuole, che Merourio abbia raccolto Bacco dal
lodoro dice, che Giova, volendo Semele occultare a Giunone li nascita di Bacco, cangiò il bambino in capretto, e lo conseg
o da un cinghiale o da una leonessa, fu da loro pianto sino a morire di dolore(e). Altri dicono, che fu loro dato il pred
, producono la pioggia(f). Altri soggiungono, che le Jadi erano Ninfe di Dodona, città dell’ Epiro, le quali perciò si den
onidi, e vennero da Giove trasportate in Cielo, per sottrarle all’ira di Giunone, e alla crudeltà di Licurgo, re della Tra
asportate in Cielo, per sottrarle all’ira di Giunone, e alla crudeltà di Licurgo, re della Tracia(g). Finalmente v’è chi l
ettri, Merope, Maja, Taigete, Celeno, e Sterope(c). Omero fa menzione di un’altra figlia di Atlante, chiamata Calipso(d) ;
, Taigete, Celeno, e Sterope(c). Omero fa menzione di un’altra figlia di Atlante, chiamata Calipso(d) ; e Pausania di un’a
zione di un’altra figlia di Atlante, chiamata Calipso(d) ; e Pausania di un’altra ancora, chiamata Mera, sposata a Tegeata
a di un’altra ancora, chiamata Mera, sposata a Tegeata, uno de’ figli di Licaone, re di Arcadia(e). Le figlie di Atlante f
ncora, chiamata Mera, sposata a Tegeata, uno de’ figli di Licaone, re di Arcadia(e). Le figlie di Atlante furono soprannom
sata a Tegeata, uno de’ figli di Licaone, re di Arcadia(e). Le figlie di Atlante furono soprannominate Atlantidi dal nome
rono soprannominate Atlantidi dal nome del loro padre(f). Il nome poi di Plejadi deriva dal verbo Greco, plin, navigare, p
no Vergilie dal nome Latino, ver, primavera, perchè circa l’Equinozio di questa stagione appariscono(g). Tralle Plejadi Me
quale al dire de’Poeti si lascia vedere meno delle altre per rossore di essersi unita in matrimonio con un mortale, che f
Hofman. Lex. Univ. (5). Alcuni pretendono, che Jacco fosse il nome di un figlio di Cerere ; ch’egli accompagnasse la De
Univ. (5). Alcuni pretendono, che Jacco fosse il nome di un figlio di Cerere ; ch’egli accompagnasse la Dea ne’ suoi vi
i(i) ; e che le facesse obbliare il dolore, che le apportava il ratto di Proserpina, dandole a bere il Ciceone(l), ch’era
to di Proserpina, dandole a bere il Ciceone(l), ch’era una mescolanza di molti liquori(m). (c). Declaustre Diction. Myth
Diod. Sicul. l. 4. (6). Diodoro Siculo riferisce, che sotto il nome di Sabazio si riconosceva un figlio di Giove e di Pr
culo riferisce, che sotto il nome di Sabazio si riconosceva un figlio di Giove e di Proserpina, assai più antico, che il B
sce, che sotto il nome di Sabazio si riconosceva un figlio di Giove e di Proserpina, assai più antico, che il Bacco, nato
, che il Bacco, per cui s’instituirono le Feste Sabazie, fosse figlio di Caprio, e avesse regnato in Asia(c). Clemente poi
appellavano Satiri(h). Questi nella parte superiore aveano la figura di uomini colle corna di capra in cesta, e nell’infe
. Questi nella parte superiore aveano la figura di uomini colle corna di capra in cesta, e nell’inferiore quella dello ste
iedi, e tutta la mezza vita i capra(l). I Fauni si coronavano altresì di rami i pino, albero loro assai caro(m). Abitavano
albero loro assai caro(m). Abitavano i sonti e le spelonche, cosicche di rado comparivano fra gli uomini(a). Pomponio Mela
vano fra gli uomini(a). Pomponio Mela lasciò scritto esservi state al di là del monte Atlante certe Isole, nelle quali di
tto esservi state al di là del monte Atlante certe Isole, nelle quali di notte si vedeano lumi, e si udiva lo strepito di
e Isole, nelle quali di notte si vedeano lumi, e si udiva lo strepito di varj stromenti, mentre poi di giorno non vi si ve
si vedeano lumi, e si udiva lo strepito di varj stromenti, mentre poi di giorno non vi si vedeva alcuno. Si credette, sogg
crittore, che tali Isole fossero abitate da’ Satiri(b). Sotto il nome di Satiri si riconoscevano anche certi Spiriti, i qu
i Spiriti, i quali prendevano la figura umana, ed erano pure compagni di Bacco(c). Questi da’ Greci si chiamavano Cobali(d
omi e delle uve(e). I Fauni poi furono così detti da Fauno, figliuolo di Pico, re de’ Latini in Italia. Egli viveva al tem
e ne’prati le Feste Faunali, nelle quali lo onoravano col sacrifizio di un capro, o con libazioni di vino. Si cessava all
nelle quali lo onoravano col sacrifizio di un capro, o con libazioni di vino. Si cessava allora da ogni lavoro, si viveva
e, ne distendeva le pelli delle vittime sulla terra, e sdrajato sopra di quelle, vi si addormentava. Credeva egli di veder
a terra, e sdrajato sopra di quelle, vi si addormentava. Credeva egli di vedere allora mille fantasmi, di udire diverse vo
le, vi si addormentava. Credeva egli di vedere allora mille fantasmi, di udire diverse voci, e di conversare cogli Dei. Al
redeva egli di vedere allora mille fantasmi, di udire diverse voci, e di conversare cogli Dei. Al rievegliarsi andava spac
opoli d’Italia, e particolarmente que’ d’Enotria. Fino da’primi tempi di Roma Fauno ebbe anche sul monte Celio un tempio r
ondato da colonne(a). La Ninfa Semetide gli avea partorito un figlio, di nome Acide. Questi divenne pastore di Sicilia, e
e gli avea partorito un figlio, di nome Acide. Questi divenne pastore di Sicilia, e fu assai amato dalla Ninfa Galatea, fi
enne pastore di Sicilia, e fu assai amato dalla Ninfa Galatea, figlia di Nereo e di Doride. Ebbe per rivale il Ciclope Pol
e di Sicilia, e fu assai amato dalla Ninfa Galatea, figlia di Nereo e di Doride. Ebbe per rivale il Ciclope Polifemo, cui
l Ciclope per vendetta e gelosia inseguì Acide, e svelta una porzione di monte, la scagliò contro di lui, e lo fece perire
osia inseguì Acide, e svelta una porzione di monte, la scagliò contro di lui, e lo fece perire. Gli Dei cangiarono il Past
perire. Gli Dei cangiarono il Pastore stesso in fiume, che ritenne il di lui nome(b). Ritornando a Fauno, notiamo, che Ser
e a’limiti delle campagne(d). Eliano(e), le Probo(f) lo fanno figlio di Cratide, pastore d’Italia, e di una capra : ed è
liano(e), le Probo(f) lo fanno figlio di Cratide, pastore d’Italia, e di una capra : ed è per questo, dicono essi, che Sil
rco lo fa nascere da Valeria Tusculanaria(a). Virgilio lo dice figlio di Pico(b). Fu soprannominato Littorale, perchè i Ro
pio lungo le rive del mare ; e si denominò anche Dendroforo, perchè i di lui altari si ornavano di rami di pino o di cipre
 ; e si denominò anche Dendroforo, perchè i di lui altari si ornavano di rami di pino o di cipresso(c). Gli Antichi parime
denominò anche Dendroforo, perchè i di lui altari si ornavano di rami di pino o di cipresso(c). Gli Antichi parimenti sott
nche Dendroforo, perchè i di lui altari si ornavano di rami di pino o di cipresso(c). Gli Antichi parimenti sotto il nome
di rami di pino o di cipresso(c). Gli Antichi parimenti sotto il nome di Silvani riconoscevano certi altri Spiriti, detti
ano certi altri Spiriti, detti anche Incubi, i quali solevano entrare di notte nelle case, si posavan sul corpo di quelli
i, i quali solevano entrare di notte nelle case, si posavan sul corpo di quelli che dormivano, e col loro peso fortemente
inchè Silvano, veggendo questi segni, non vi si avvicinasse(e). E quì di passaggio possiamo ricordare, che ogni parte dell
a della selva Elerna no’dintorni del Tevese, conosciuta sotto il nome di Grane, e la quale era molto amata da Giano(b). Gi
erano i Satiri stessi, i quali, divenuti vecchi, acquistavano il nome di Sileni(e). Tra questi va ne fu uno molto celebre,
iglio della Terra. Dicesi, che sia nato in Malsa, Capitale dell’Isola di Lesbo(g). A lui fu affidata l’educazione di Bacco
alsa, Capitale dell’Isola di Lesbo(g). A lui fu affidata l’educazione di Bacco. Egli altresì gli fu sempre compagno nelle
data l’educazione di Bacco. Egli altresì gli fu sempre compagno nelle di lui conquiste(h). Sul qual proposito Ovidio ci la
Non vi si trovò allora Sileno, perchè alcuni Frigj lo aveano avvinto di corone, e condotto al loro Re, Mida. Questi al ve
lla Lidia, e lo rendette a Bacco, che in ricompensa permise a quel re di chiedergli ciò, che più gli fosse piaciuto. Mida
10). Le Ceste mistiche erano certi ripostigli, ordinariamente formati di vimini o di scorze d’alberi, pieghevoli, e simili
e mistiche erano certi ripostigli, ordinariamente formati di vimini o di scorze d’alberi, pieghevoli, e simili a quelle, c
sime poi si dissero mistiche, perchè contenevano certi arcani per uso di varie iniziazioni e di altre sacre ceremonie. Que
tiche, perchè contenevano certi arcani per uso di varie iniziazioni e di altre sacre ceremonie. Queste Ceste si portavano
ano. Chi rivelava a’non iniziati i misterj ivi nascosti, diveniva reo di profanazione. Solamente nelle Orgie comparivano c
serpente ; o perchè Bacco stesso talvolta si venerò sotto l’immagine di serpente, essendo stato cinto di serpi, quando er
talvolta si venerò sotto l’immagine di serpente, essendo stato cinto di serpi, quando era bambino, o perchè le Baccanti,
erpi, quando era bambino, o perchè le Baccanti, mentre celebravano le di lui Feste, solevano inghirlandarsi il capo di que
, mentre celebravano le di lui Feste, solevano inghirlandarsi il capo di quegli animali, o cingersene il seno, o stringerl
tili. Donato ci lasciò scritto, che tali Ceste erano talvolta coperte di pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione di una
e erano talvolta coperte di pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione di una Cesta, adorna di corone. Alcune finalmente er
rte di pelle. Oppiano nel Cinegetico fa menzione di una Cesta, adorna di corone. Alcune finalmente erano dorate al di fuor
one di una Cesta, adorna di corone. Alcune finalmente erano dorate al di fuori. Coloro, che le portavano, si chiamavano Li
sacro, non fosse riputato molto decoroso, giacchè Demostene si studia di mettere in ridicolo il suo avversario Eschine, ri
he le mistiche Ceste erano sacre anche a Proserpina perchè era figlia di Cerere, o perchè Bacco era figlio di lei(b). (a)
e a Proserpina perchè era figlia di Cerere, o perchè Bacco era figlio di lei(b). (a). Potter. Archarol. Graec. l. 2. (
. Elleno nel trasferirsi da uno all’altro paese ebbero sempre la cura di seco portare le statue de’loro Numi. A tele ogget
’loro Numi. A tele oggetto usavano certi sacri carri, formati a guisa di tempietti, coperti di panni preziosi, adorni alle
etto usavano certi sacri carri, formati a guisa di tempietti, coperti di panni preziosi, adorni alle volte d’oro, d’argent
li, sacri alle Deità, che si onoravano. A questi carri davasi il nome di Tense, o Carpenti. Gli Antiquarj nelle monete deg
e spezialmente delle Imperatrici divinizzate vi rilevano varie figure di queste Tense, le quali si sa, ch’erano molto usat
ion. Octoling. (12). Le Feste Vinali si celebravano in Roma sulfine di Aprile, e alla metà d’Agosto(b). Le prime erano s
ulane vietavano il condurre il vino in città prima della celebrazione di tali Feste(f). Finalmente in questo tempo si offr
guerreggiando contro Mezenzio, fecero allo stesso Nume una libazione di tutto il loro vino (a). (a). Job. Jacob. Hofman
Septerio e Carile. Queste seconde erano consecrate ad una fanciulla, di nome Carila, che si appiccò per aver ricevuto un
a, di nome Carila, che si appiccò per aver ricevuto un insulto dal re di Delfo. Nell’ occasione di queste Feste le Tiadi s
appiccò per aver ricevuto un insulto dal re di Delfo. Nell’ occasione di queste Feste le Tiadi sotterravano la statua di C
elfo. Nell’ occasione di queste Feste le Tiadi sotterravano la statua di Carila nello stesso luogo, ov’erasi sepolta. Il r
serpenti. Il medesimo, come sacro stromento, compariva altresì adorno di vitte e nastrì (c). I Poeti finalmente attribuisc
, dicono essi, battere con esso la terra, e ne scaturivano tosto rivi di vino, latte, e altri soavi liquori (d). (m). Jo
te d’ Icario, le loro figliuole avessero ad incontrare lo stesso fine di lei. L’ ottenne, poichè molte giovani d’ Atene si
E ora, ossia sospensione, peschè gli Ateniesi per espiare il suicidio di Erigone, si libravano in aria sopra corde appicca
de appiccate agli alberi (a). Il Bocaccio crede, che l’ Icario, padre di Erigone, fosse diverso dall’altro, ch’era figlio
l’ Icario, padre di Erigone, fosse diverso dall’altro, ch’era figlio di Ebalo, e padre di Penelope (b). Altri pretendono,
di Erigone, fosse diverso dall’altro, ch’era figlio di Ebalo, e padre di Penelope (b). Altri pretendono, che l’anzidetta F
anzidetta Festa, Eora, si fosse instituita in onore del re Temaleo, o di Egisto e di Clitennestra (c). (a). Hyg. fab. 13
sta, Eora, si fosse instituita in onore del re Temaleo, o di Egisto e di Clitennestra (c). (a). Hyg. fab. 130. (b). J
che la inseguiva, si trovò trasformata in quella pianta, che dal nome di lei si disse Loto (d). Narrasi che la medesima ri
g. 8. (17). Orfe, Caria, e Lico aveano conseguito da Apollo il dono di predire il futuro, perchè quel Nume, viaggiando p
su cui Penteo ascese per osservare le ceremonie delle Baccanti, que’ di Corinto per ordine dell’ Oracolo ne formarono due
nti, que’ di Corinto per ordine dell’ Oracolo ne formarono due statue di Bacco, e le collocarono nella piazza della loro c
(19). In Babilonia viveano Piramo e Tisbe, eguali ambedue d’età, e di chiarezza di sangue. Era Piramo il più bello e ge
abilonia viveano Piramo e Tisbe, eguali ambedue d’età, e di chiarezza di sangue. Era Piramo il più bello e gentile fra tut
llo e gentile fra tutti i giovani, e Tisbe la più leggiadra e amabile di quante fanciulle mai vantasse l’ Oriente. L’esser
l’ Oriente. L’essere vicini d’abitazione fece sì, che si accendessero di reciproco amore. Le brame di tutti due tendevano
’abitazione fece sì, che si accendessero di reciproco amore. Le brame di tutti due tendevano ad un onesto imeneo ; ma un f
perabili le loro nozze, macchinarono una notturna fuga, e stabilirono di trovarsi in campagna alle radici dì un bianco Gel
alle radici dì un bianco Gelso, presso una fonte, vicina al sepolcro di Nino. Circa l’ora appuntata Tisbe impaziente uscì
epolcro di Nino. Circa l’ora appuntata Tisbe impaziente uscì la prima di casa poco prima della mezza notte, e s’incamminò
oco prima della mezza notte, e s’incamminò al luogo divisato, coperta di bianco velo. Al chiarore della Luna vide usciro d
Al chiarore della Luna vide usciro dalla foresta una leonessa, lorda di sangue, che a quella volta s’avviava o per lavars
ta s’avviava o per lavarsi, o per bere alla fonte. Cercò la fanciulla di salvarsi in qualche grotta, nè badò a raccorne il
da casa, all’appressarsi colà, s’abbattè nel velo, sbranato e intriso di sangue. Lo riconobbe, e credette divorata dalla f
assò l’umor sanguigno per le fibre del Gelso, e tinse le bianche more di color nero, mischiato col porporino. Sopraggiunse
re di color nero, mischiato col porporino. Sopraggiunse Tisbe ansiosa di raccontare a Piramo lo schivato pericolo Gelò d’o
, e un’altra alla spada, argomentò il mistero dell’avvenuto. Risoluta di morire coll’amante, impugnò anch’ella il ferro, s
iera bianchezza (a). (a). Ovid. Metam. l. 4. (20). Ovidio in vece di Leuconoe dice Climene (a). (b). l. 9. (21). S
l. 9. (21). Stafilo secondo Apollodoro (b), e Tzetze (c) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio di Sile
). Stafilo secondo Apollodoro (b), e Tzetze (c) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio di Sileno o di Sil
e Tzetze (c) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio di Sileno o di Sileto. Fu il primo, che insegnò a me
) era figlio di Bacco e di Arianna. Altri lo fanno figlio di Sileno o di Sileto. Fu il primo, che insegnò a mescolare l’àc
a col vino (d). (22). Narce nacque da una giovine della Bassa Elidé, di nome Fiscoa. Fece guerra a’ suoi vicini, si rende
i, si rendette molto potente, e alzò un tempio in Elide sotto il nome di Minerva Narcea. Egli il primo instituì in questa
in questa contrada della Grecia sacrifizj a Bacco, e compose in onore di sua madre un Coro di Musici, che fu per lungo tem
lla Grecia sacrifizj a Bacco, e compose in onore di sua madre un Coro di Musici, che fu per lungo tempo denominato il Coro
ua madre un Coro di Musici, che fu per lungo tempo denominato il Coro di Fiscoa (e). (c). Pitisc. (a). Pitisc. (b).
ropos. 4. (23). Pausania scrive d’aver veduto in Arcadia una statua di Bacco, sul di cui tirso eravi un’aquila (f). Il M
3). Pausania scrive d’aver veduto in Arcadia una statua di Bacco, sul di cui tirso eravi un’aquila (f). Il Meursio osserva
uale da prima erasi considerato Bacco, forse perchè il volo altissimo di quello esprimeva la loro sublime natura (g). (f)
m. Iliad. l. 1. (1). L’Esperidi, così denominate da Espero, fratello di Atlante, e loro padre, erano tre, Egle, Aretusa,
iodo le vuol nate dalla Notte (c). Elleno possedevano numeroso gregge di pecore, dette auree per la loro somma bellezza (d
te auree per la loro somma bellezza (d) ; ovvero perchè erano coperte di purpurea lana (e). Comunemente però dicesi, che l
nio lo fa nascere da Tifone e da Echidna (i) ; Esiodo lo vuole figlio di Ceto e di Forci (l) ; e Pisandro, citato dallo Sc
nascere da Tifone e da Echidna (i) ; Esiodo lo vuole figlio di Ceto e di Forci (l) ; e Pisandro, citato dallo Scoliaste d’
l. Gyrald. Syntagm. 15. (3). Inaco spedì Lirco, suo nipote e figlio di Fo’ roneo, affinchè cercasse d’ Io. Il giovane, n
inchè cercasse d’ Io. Il giovane, non avendo potuto trovarla, non osò di ritornarsene al suo paese, e si ritirò appresso i
sposò Menfi, figlia del Nilo, e fabbricò una città, cui diede il nome di sua moglie. Ebbe una figlia, detta Libia, che Net
. Ebbe una figlia, detta Libia, che Nettuno rendette madre d’Egitto e di Danao (d). (d). Calep. Sept. Ling. (7). Servi
). (d). Calep. Sept. Ling. (7). Servio chiama le Pretidi col nome di Lisippe, Ipponoe, e Cirianassa (e). Altri ne nomi
ro si chiamava Anzia (g), e secondo altri Stenobea (h). (9). Il nome di Melampode significa dal piede nero ; e fu così ap
di Melampode significa dal piede nero ; e fu così appellato il figlio di Amitaone, perchè avendolo la di lui ma re esposto
nero ; e fu così appellato il figlio di Amitaone, perchè avendolo la di lui ma re esposto col corpo tutto coperto fuorchè
tta malattia tutte le donne d’Argo, le quali erano divenute per causa di quella sì furibonde, che non potendo starsene nel
ne nelle loro case, correvano quà e là per le campagne. Anasagora, re di quella città, per ricompensare Melampode di sì ri
e campagne. Anasagora, re di quella città, per ricompensare Melampode di sì rilevante scivigio, divise seco lui il regno (
tra’ Semidei, ed ebbe tempj, Feste, e sacrifizj (f). Lasciò un figlio di nome Teodamante o Teodamante, il quale riuscì vat
a Biante dicesi, ch’egli divenne amante della bellissima Pero, figlia di Cloride e di Neleo, re di Pilo. Ma il di lei padr
si, ch’egli divenne amante della bellissima Pero, figlia di Cloride e di Neleo, re di Pilo. Ma il di lei padre non voleva
ivenne amante della bellissima Pero, figlia di Cloride e di Neleo, re di Pilo. Ma il di lei padre non voleva darla in ispo
ella bellissima Pero, figlia di Cloride e di Neleo, re di Pilo. Ma il di lei padre non voleva darla in isposa, se non a co
darla in isposa, se non a colui, che gli avesse condotto dalla città di Filaca i buoi d’Ercole, contro di cui egli nuttiv
che gli avesse condotto dalla città di Filaca i buoi d’Ercole, contro di cui egli nuttiva irreconciliabile odio. Biante co
ntro di cui egli nuttiva irreconciliabile odio. Biante coll’ajuto del di lui fratello, Melampode, vi riuscì nell’impresa,
(12). La favola d’Iti non è dissimile dalla seguente. Tereo, figlio di Marte, e re de’ Traci, ebbe in moglie Progne, per
re de’ Traci, ebbe in moglie Progne, perchè avea prestato soccorso al di lei padre, Pandione II, re d’Atene, e aveagli fat
ani. Progne, essendone stata trasferita nella Tracia, pregò il marito di lasciarla andare a rivedere Filomela, sua cara so
ito di lasciarla andare a rivedere Filomela, sua cara sorella, oppure di recarvisi egli medesimo per condurla appresso di
cara sorella, oppure di recarvisi egli medesimo per condurla appresso di lei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gl
gli medesimo per condurla appresso di lei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gli espose il motivo di sua venuta. I
i lei. Andò il marito alla Reggia di Pandione, e gli espose il motivo di sua venuta. Il re non v’aderì che con somma ripug
per accadere alla sua figliuola. Nè s’ingannò : il perfido Tereo, che di Filomela erasi oltremodo invaghito, giunto alle s
sguainò la spada, e le recise la lingua, ond’ella non manifestasse il di lui iniquo attentato. Lasciò poi la misera in que
uno, a cui potesse manifestare i casi suoi. Formò finalmente una tela di bianco velo, ed intersecatevi altre fila di color
Formò finalmente una tela di bianco velo, ed intersecatevi altre fila di color porporino, con queste descrisse l’atrocità
il lavoro, lo consegnò ad una delle custodi della prigione, e per via di moti la pregò di recarlo secretamente alla Sovran
segnò ad una delle custodi della prigione, e per via di moti la pregò di recarlo secretamente alla Sovrana. Progne, veduta
na. Progne, veduta la tela, vi rilevò la serie dolente delle sciagure di Filomela ; e altamente sdegnatasi, non pensò tost
nsò tosto che alla vendetta. Correvano i giorni, ne’ quali le Matrone di quella città celebravano le Orgie di Bacco. Uscit
o i giorni, ne’ quali le Matrone di quella città celebravano le Orgie di Bacco. Uscita allora di casa la Regina, corse fur
Matrone di quella città celebravano le Orgie di Bacco. Uscita allora di casa la Regina, corse furiosa con varie Sacerdote
Uscita allora di casa la Regina, corse furiosa con varie Sacerdotesse di quel Nume ; e arrivata al luogo, ove Filomela lan
su’ carboni. Progne chiamò poscia a mensa privata il marito, fingendo di voler celebrare un sacrifizio, com’era l’uso d’At
l’uso d’Atene nel tempo delle anzidette Feste. Mangiò Tereo, nè seppe di mangiare le sue carni in quelle del figlio. Non a
mangiare le sue carni in quelle del figlio. Non avea per anco finito di cibarsene, che ricercò del suo Iti per divertirsi
spada inseguì le barbare infanticide. Vano però gli riusci il disegno di trucidarle, poichè amendue coperte di penne, e tr
Vano però gli riusci il disegno di trucidarle, poichè amendue coperte di penne, e tramutate Filomela in Usignuolo, e Progn
tate Filomela in Usignuolo, e Progne in Rondine, sparvero dagli occhi di lui. Tereo anch’egli, perdute le umane sembianze,
chi di lui. Tereo anch’egli, perdute le umane sembianze, vestì quelle di Upupa, uccello di tristo augurio, e persecutore d
anch’egli, perdute le umane sembianze, vestì quelle di Upupa, uccello di tristo augurio, e persecutore degli Usignuoli e d
ecutore degli Usignuoli e delle Rondini. Giunto a Pandione l’annunzio di sì dolorose tragedie, se ne morì di dolore (a).
ini. Giunto a Pandione l’annunzio di sì dolorose tragedie, se ne morì di dolore (a). (b). l. 1. (c). Virg. Aeneid. l. 
tutte le azioni della vita campestre (b). Variano gli Scrittori sulla di lui nascita. Erodoto lo fa nascere in Arcadia all
che molte Ninfe : d’Arcadia, e spezialmente Sinoe, presero cura della di lui infanzia : lo che gli acquistò il nome di Sin
noe, presero cura della di lui infanzia : lo che gli acquistò il nome di Sinoide. Sotto questo titolo egli ebbe una statua
itolo egli ebbe una statua in Megalopoli, città d’Arcadia, nel tempio di Giove Liceo (m). Omero soggiunge, che la di lui n
ttà d’Arcadia, nel tempio di Giove Liceo (m). Omero soggiunge, che la di lui nutrice, al vederlo, rimase talmente spaventa
l naso (a), colla barba, con due corna d’irco alla testa, e co’ piedi di capra (b), pe’ quali fu soprannominato Egipane (c
’ quali fu soprannominato Egipane (c). Luciano gli dà inoltre la coda di capra (d). Spesso egli teneva il bastone pastoral
pastorale e la sampogna (e). Questo stromento musicale prese il nome di Siringa da una Ninfa d’Arcadia, figlia del fiume
di Siringa da una Ninfa d’Arcadia, figlia del fiume Ladone. Era colei di avvenenza e leggiadria singolare. Ella non amava
nza e leggiadria singolare. Ella non amava che gl’innocenti trastulli di Diana, e imitavala nell’avversione agli amori, e
ala nell’avversione agli amori, e nell’esercizio della caccia. Accesi di lei erano i Fauni, e i Satiri, ma più d’ogni altr
deluso, ruppe con dispetto la canna, e legate insieme varie porzioni di quella, ineguali fra di esse, ne formò l’anzidett
tto la canna, e legate insieme varie porzioni di quella, ineguali fra di esse, ne formò l’anzidetto stromento, e lo appell
tto stromento, e lo appellò Siringa (f). A Pane si dà pure una corona di pino (g) in memoria della Ninfa Piti ; da lui par
da lui parimenti amata, e poi cangiata in quell’albero, quando Borea, di lui rivale, fu trasportato da sì grande gelosia,
, fu trasportato da sì grande gelosia, che la precipitò dalla sommità di una rupe. Quindi si credette, che il liquore, il
perdita dell’accennata Ninfa (a). Pane soleva empiere gli agricoltori di sì grande spavento, che molti di quelli morivano.
Pane soleva empiere gli agricoltori di sì grande spavento, che molti di quelli morivano. Per tal motivo tutto ciò, che ad
ialmente in Tegea, città dell’Arcadia, donde gli derivò il soprannome di Tegeeo (c). A lui parimenti erano sacri i monti,
e da Remo, per aver essi ottenuto dal loro Avo, Numitore, la facoltà di fabbricare la città di Roma sul monte Palatino V’
si ottenuto dal loro Avo, Numitore, la facoltà di fabbricare la città di Roma sul monte Palatino V’è finalmente chi asseri
scherzando gli uni cogli altri (b). S’introdusse poi anche il costume di spogliarsi delle vesti per ricordare, che Remo e
icuperarono il loro gregge (c). Vuolsi, che Romolo offerisse al tempo di tali Solennità anche un sacrifizio di cani, come
, che Romolo offerisse al tempo di tali Solennità anche un sacrifizio di cani, come animali grati al Dio Pane, perchè sogl
, detti i Quintiliani e i Fabiani, in memoria d’un certo Quintilio, e di un cetto Fabio, che n’erano stati i capi (e) ; e
n cetto Fabio, che n’erano stati i capi (e) ; e che Giulio Cesare, al di cui tempo le anzidette Feste non erano più in uso
dole rinovate, v’abbia anche aggiunto un terzo Collegio, che dal nome di lui fu appellato Giuliano (a). (h). Tit. Liv. l
u appellato Giuliano (a). (h). Tit. Liv. l. 1. (17). Sotto il nome di Lucina alcuni riconoscono Diana (b). I Greci poi
i le donne vicine a partorire consecravano delle aste, e promettevano di sacrificare delle giovenche, qualora avessero pot
Giunone medesima (f). Ilitia avea in Roma un tempio, dove per comando di Servio Tullio, sesto de’ re Romani, portavasi una
Servio Tullio, sesto de’ re Romani, portavasi una moneta alla nascita di ciascuno. Erasi stabilito questo uso per avere il
h), o come segno del loro scambievole amore, ovvero affinchè in forza di tal pegno vieppiù i loro cuori si unissero insiem
i unissero insieme (i). Plinio dice, che al suo tempo tale anello era di ferro, e senza gemma (l). Le nozze si celebravano
giorni, nel primo de’ quali lo sposo andava a trovare la sposa nella di lei casa paterna ; ivi nel dì seguente pernottava
eva la sposa dalla casa del padre alla sua. La sposa allora vestivasi di lunga e nuova tonaca, e ornavasi il capo di fiori
La sposa allora vestivasi di lunga e nuova tonaca, e ornavasi il capo di fiori, o d’erbe odorifere, ch’ella stessa doveva
parenti, chiamati da’ Greci Paraninfi, e Pronubi da’ Romani (c). Due di tali giovani in Roma conducevano per mano la spos
dopo d’averla estinta, non la nascondesse, o il marito non terminasse di abbruciarla in qualche sepolcro : lo che si risgu
tra (d). Giunti alla porta della casa del marito, la quale era ornata di rose, mirti, e allori, l’uno e l’altro degli spos
con quell’acqua soleano anche lavarsi i piedi. Finalmente certe donne di sperimentata pudicizia chiudevano la stanza degli
hiudevano la stanza degli Sposi, ed altre vergini amiche, standone al di fuori, cantavano un tessuto di certi versi, chiam
, ed altre vergini amiche, standone al di fuori, cantavano un tessuto di certi versi, chiamato Epitalamio, coa cui desider
thol. (19). L’Ecatombe, quantunque propriamente fosse un sacrifizio di cento buoi, tuttavia prendesi anche pel sacrifizi
e un sacrifizio di cento buoi, tuttavia prendesi anche pel sacrifizio di molti animali di qualsisia genere. Quindi altri d
i cento buoi, tuttavia prendesi anche pel sacrifizio di molti animali di qualsisia genere. Quindi altri derivarono il nome
di molti animali di qualsisia genere. Quindi altri derivarono il nome di Ecatombe da’ cento piedi di venticinque animali,
a genere. Quindi altri derivarono il nome di Ecatombe da’ cento piedi di venticinque animali, i quali solamente si sacrifi
imali, i quali solamente si sacrificavano. Altri vollero, che il nome di Ecatombe abbia tratta la sua origine dal numero s
Ecatombe abbia tratta la sua origine dal numero sì delle vittime, che di quelli, i quali intervenivano al sacrifizio (a).
ntro in cima del monte Citerone, è fama, che ispirassero gli abitanti di que’ dintorni (b), i quali però furono chiamati N
nnero appellate Sfragididi (d). Gli Ateniesi per comando dell’Oracolo di Delfo offerivano loro ogni anno un sacrifizio, pe
n sacrifizio, perchè eglino aveano perduta poca gente nella battaglia di Platea (e). (e). Nat. Com. Mythol. l. 7. (f).
h. l. 15. (b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (22). Sotto il nome di Feronia alcuni riconoscono una Dea de’ boschi (g)
li, ch’erano per accadere (g). Le Dee Carmenti predicevano il destino di ognuno che nasceva (h). Vagitano, o Vaticano pres
crificava un cane (p). Pavenzia allontanava da’ fanciulli gli oggetti di timore e di spavento (q). Gli Dei Epidoti presied
cane (p). Pavenzia allontanava da’ fanciulli gli oggetti di timore e di spavento (q). Gli Dei Epidoti presiedevano al lor
a il bambino intorno il fuoco dell’altare, e gettavasi dell’acqua sul di lui corpo (a). Educa, o Edulica (b), o Edusa atte
, verso Cidippe, loro madre. Costei dovea recarsi al predetto tempio, di cui n’era la sacerdotessa. Non avendo essa buoi,
ere. Que’ d’Argo alzarono delle statue a Bitone e a Cleobi nel tempio di Delfo (f). (25). Criseide, sacerdotessa di Giuno
one e a Cleobi nel tempio di Delfo (f). (25). Criseide, sacerdotessa di Giunone, per negligenza lasciò ardere il tempio d
stessa poscia si rifugiò in Tegea, città d’Arcadia, appresso l’altare di Minerva Alea. Gli Argivi, rifabbricato quel tempi
’Iride il preparare il letto a Giunone (a) ; il purificarla con acque di celeste rugiada, quando ritornava dall’Inferno (b
crine, detto fatale, perchè, tagliato quello, elleno tosto cessavano di esistere (c) Valerio Flacco poi fa, che Itide fos
istere (c) Valerio Flacco poi fa, che Itide fosse ambasciatrice anche di Giove (d). (c). Aeneid. l. 1. (d). Hom. Ilia
55. (1). L’Inferno secondo i Poeti è il luogo destinato al soggiorno di tutte le anime. Dal che s’inferisce, che l’uomo a
ia immortalità, e fu persuaso ; che la sua anima neppure allora cessa di esistere ; quando si separa dal corpo(a). (b).
pure gli vengono date(f). La coda del medesimo terminava colla testa di serpente. Egli stava legato con catena parimenti
inava colla testa di serpente. Egli stava legato con catena parimenti di serpenti in una spelonca dinanzi all’ Inferno, e
n altissimi e molto orrendi latrati spaventasse qualli, che cantavano di uscirne(g) : Esiodo anzi dioe, che li divorava(h)
ed educata dalla Notte(a). E perchè essa è veramente il sonno eterno, di cui quello de’viventi n’ è l’immagine ; però sogg
Questa Dea rappresentasi con due faccie, con bianca barba, e in atto di dormire. Vicina ad essa v’ è una falce, un ragno,
atto di dormire. Vicina ad essa v’ è una falce, un ragno, e quantità di ricchezze. Le due faccie significano, che la Mort
o assai più sopra i vecchi, che sopra i giovani. Sca sdrajata in atto di dormire, per indicare ch’ ella ci reca eterno dop
onno è il figliuolo dell’ Erebo e della Notte(a). Gli danno la figura di fanciullo, che coricato sea dormendo in profonda
’Italici Cimmerj(b). Omero colloca il soggiorno del Sonno nell’ Isola di Lenno ; e soggiunge, che il Sonno si trasformò ne
Cimindide dagli uomini, e Calcide dagli Dei, allorchè alle preghiere di Giunone egli addormentò sul monte Ida Giove, che
I primi, dice Omero, escono dalla mentovata porta dell’ Inferno, ch’è di corno, e i secondi da quella d’avorio(f). Sì gli
io(f). Sì gli uni, che gli altri, soggiunge Ovidio, sogliono vestirsi di tante varie forme, quante spighe ha una messe, fr
lto giudice tra Minerva, Nettuno, e Vulcano, i quali contendevano chi di loro avesse prodotto il miglior lavoro, trovò mot
tendevano chi di loro avesse prodotto il miglior lavoro, trovò motivo di motteggiare ciascuno di quelli(h). Minerva avea f
esse prodotto il miglior lavoro, trovò motivo di motteggiare ciascuno di quelli(h). Minerva avea formata una bellissima ca
i si fosse trovato appresso della stessa un cattivo vicino(a). Tacciò di difetto l’eccellente toro, fatto da Nettuno, perc
le spalle per vibrare dei colpi più forti(c). Rìputò finalmente degno di riprensione Vulcano, perchè questi al cuore dell’
ente degno di riprensione Vulcano, perchè questi al cuore dell’ uomo, di cui n’era stato l’artefice, non avea aperto un pi
otuto scorgere i più segreti pensìcri(d). Morfeo poi possedeva l’arte di contraffare l’andatura, il volto, l’atteggiamento
ngiavasi in fiume, in bosco, in rupe, e in altre infinite cose, prive di senso(g). Fobecore fu così denominato dal terrore
vaso nell’ altra(l). I Sogni ebbero una Statua in Sicione nel tempio di Ercole, a lato di quella del Sonno(a). Nè quì è f
l). I Sogni ebbero una Statua in Sicione nel tempio di Ercole, a lato di quella del Sonno(a). Nè quì è fuor di proposito i
ne nel tempio di Ercole, a lato di quella del Sonno(a). Nè quì è fuor di proposito il notare altresì, che gli abitanti di
no(a). Nè quì è fuor di proposito il notare altresì, che gli abitanti di Delo, e altri popoli della Grecia veneravano Briz
e la Dea de’ sogni, per mezzo de’ quali dava i suoi oracoli. Le donne di quella città offerivano a questa Deità delle picc
tà offerivano a questa Deità delle piccole barche, piene d’ogni sorta di ottime cose, fuorchè di pesci, per ottenere quals
eità delle piccole barche, piene d’ogni sorta di ottime cose, fuorchè di pesci, per ottenere qualsivoglia felicità, e spez
della Notte(d) ; Licofrone dice della sola Notte(e) ; Orfeo pretende di Plutone e di Proserpina(f). Esiodo poi le fa nasc
d) ; Licofrone dice della sola Notte(e) ; Orfeo pretende di Plutone e di Proserpina(f). Esiodo poi le fa nascere dalla Ter
di Proserpina(f). Esiodo poi le fa nascere dalla Terra, e dal sangue di Saturno(g) ; Sofocle dalla Terra e dalle Tenebre(
erano Tisifone, Megera, e Aletto(l). Sofocle ne introduce una quarta, di nome Lissa, ossia rabbia (m). Le Furie furono sem
chi scintillanti, con vesti nere e insanguinate, con capelli annodati di vipere, con fiaccole accese in una mano, e con un
vipere, con fiaccole accese in una mano, e con una ferza, sparsa pure di serpenti, nell’ altra(b). Quantunque fossero ines
nell’ altra(b). Quantunque fossero inesorabili, tuttavia si procurava di placarle con sacrifizj e preghiere. Quindi dopoch
acarle con sacrifizj e preghiere. Quindi dopochè Oreste per consiglio di Minerva lo fece, come più diffusamente vedremo, f
Minerva lo fece, come più diffusamente vedremo, fu loro dato il nome di Eumenidi, ossia benefiche (c), e venne ad esse da
e venne ad esse dallo stesso Oreste eretto un tempio sotto il titolo di Dee Candide, perchè gli comparvero coperte di bia
tempio sotto il titolo di Dee Candide, perchè gli comparvero coperte di bianche vesti(d). Alcuni però vogliono, che sieno
l’ Epiro(a) ; Aristofane le appella Cani del Cocito, e Apollonio Cani di Giove. Elleno finalmente si chiamarono le Dee ris
rispetto, che si aveva per loro, era sì grande, che quasi non osavasi di proferirne neppure il nome. Era un’ empietà l’ent
nel Peloponneso, avevano un tempio sì fatale a chiunque trovavasi reo di qualche delitto, ch’egli, tostochè v’ entrava, ve
). I Sicionj sacrificavano ad esse pecore pregne, e offerivano corone di Narcisso(e). Era pur celebre il culto, che loro r
Era pur celebre il culto, che loro rendevasi nell’ Arcadia. In tempo di notte, e in luogo sotterraneo vi s’ immolavano ne
mmolavano nere pecore, e osservavasi un tispettoso silenzio nel tempo di que’ sacrifizj, a quali non potevano assistere ch
acerdoti. Il fuoco, che vi s’impiegava, doveva essere fatto con legne di cedro. Non era permesso che il canto melanconico,
delle Furie, nè si usavano stromenti. Si facevano solamente libazioni di mele, latte, e acqua. Nella Grecia altresì ebbero
pj, i quali erano altrettanti asili Gli Areopagiti tenevano le Statue di queste Dee presso il loro tribunale, e ; Sacerdot
unale, doveva prima sacrificare alle Furie, e giurare sul loro altare di dire la verità(f). In Atene si celebravano certe
si celebravano certe Feste, dette dal nome loro Eumenidee. Nel tempo di quelle si sacrificavano parimenti pecore pregne,
rificavano parimenti pecore pregne, e si offerivano focecce, composte di mele e vino. I soli cittadini di somma integrità
e, e si offerivano focecce, composte di mele e vino. I soli cittadini di somma integrità potevano assistervi(a). Le Furie
tervi(a). Le Furie ebbero un tempio anche nella decima quarta Regione di Roma al di là del Tevere. (6). Le Arpie erano uc
e Furie ebbero un tempio anche nella decima quarta Regione di Roma al di là del Tevere. (6). Le Arpie erano uccelli rapac
 ; Asclepiade Ocitoe ; ed Acheo Ocipode(c). Omero dà a Celeno il nome di Podarge(d). Esiodo non fa menzione, che delle due
e da Elettra, figlia d’Oceano(e). Altri asserirono, ch’ erano figlie di Nettuno e della Terra(f). Avevano il volto di gio
irono, ch’ erano figlie di Nettuno e della Terra(f). Avevano il volto di giovine pallida per la fame(g), le orecchie simil
omigliante a quello degli avotoi, le ali a’ fianchi, e le mani armate di artigli(h). Divoravano tutte le vivande, e infett
. Altri dicono da Tifone e da Chedria(m). Essa era un mostro composto di una strana mescolanza di tre sorta d’ animali, pe
e da Chedria(m). Essa era un mostro composto di una strana mescolanza di tre sorta d’ animali, per cui fu soprannominata T
cui fu soprannominata Trisomato(n), ossia Triforme (o). Avea la testa di leone, il corpo di capra, e la coda di dragone. M
ta Trisomato(n), ossia Triforme (o). Avea la testa di leone, il corpo di capra, e la coda di dragone. Mandava dalla bocca
ia Triforme (o). Avea la testa di leone, il corpo di capra, e la coda di dragone. Mandava dalla bocca e dalle narici torre
ra, e la coda di dragone. Mandava dalla bocca e dalle narici torrenti di fuoco(a). Ipponomo, figlio di Glauco, re di Corin
ava dalla bocca e dalle narici torrenti di fuoco(a). Ipponomo, figlio di Glauco, re di Corinto nell’ Acaja, accidentalment
a e dalle narici torrenti di fuoco(a). Ipponomo, figlio di Glauco, re di Corinto nell’ Acaja, accidentalmente uccise il su
mato da altri Alcimeno, o Deliade, o Pirene, o Alcimene(b). Per causa di tale uccisione quegli fu soprannominato Bellerofo
le uccisione quegli fu soprannominato Bellerofonte(c), ossia uccisore di Bellero ; e fu costretto a ritirarsi appresso Pre
i appresso Preto, figlio d’Abante, re degli Argivi. Quivi fu accusato di falso delitto appresso lo stesso Preto da Stenobe
o di falso delitto appresso lo stesso Preto da Stenobea, o Antea,(d), di lui moglie. Preto, che non voleva imbrattarsi le
va imbrattarsi le mani nel sangue dell’ ospite, lo spedì a Jobate, re di Licia, onde lo facesse perire. Neppur quegli voll
te, re di Licia, onde lo facesse perire. Neppur quegli volle privarlo di vita, ma lo mandò invece a combattere la Chimera.
ostro, e dopo lungo contrasto lo uccise(e). Jobate allora gli commise di guerreggiare contro i Solimi con poco presidio, s
altri pericolosi cimenti sempre vi riuscì vincitore. Ammirò il re il di lui valore, gli diede la sua figliuola, Filonoe(f
rimonio, e una parte del suo regno(g). Dicesi, che l’anzidetta moglie di Preto, udite tutte queste cose, siasi data la mor
i data la morte(h). Bellerofonte poi voleva anche ascendere col mezzo di Pegaso perfino in Cielo ; ma Giove, per reprimere
. Ippoloco salì al paterno soglio. Laodamia fu da Giove renduta madre di Sarpedone, re di Licia(b). Essa amava la caccia,
l paterno soglio. Laodamia fu da Giove renduta madre di Sarpedone, re di Licia(b). Essa amava la caccia, e ne divenne sì o
Essa amava la caccia, e ne divenne sì orgogliosa, che Diana la privò di vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude di Lerna
liosa, che Diana la privò di vita(c). (8). Ne’ dintorni della palude di Lerna, la quale trovavasi nel Territorio d’Argo,
impossible il troncarle tutte in un solo colpo. Il veleno finalmente di quest’ Idra era sì fatale, che una freccia, tinta
Steno, Euriale, e Medusa. Quest’ultima era mortale(h). Aveano le mani di bronzo, il capo pieno di serpenti, le ali di colo
Quest’ultima era mortale(h). Aveano le mani di bronzo, il capo pieno di serpenti, le ali di color d’oro all spalle, i den
rtale(h). Aveano le mani di bronzo, il capo pieno di serpenti, le ali di color d’oro all spalle, i denti lunghissimi, e il
li di color d’oro all spalle, i denti lunghissimi, e il corpo coperto di squame (a). Con una sola orchiata davano li morte
oprannominarono anche Gree, ossia canute, perchè nacquero co’ capelli di tal fatta. In tutte due non aveano che un occhio
la loro genealogia. Esiodo ora le nomina figlie della Notte(h), e ora di Giove e di Temi(i). Igino soggiunse che trassero
ealogia. Esiodo ora le nomina figlie della Notte(h), e ora di Giove e di Temi(i). Igino soggiunse che trassero origine dal
reci. Anche Sparta ne avea loro eretto uno. Non altrimenti fecero que di Sicione in un bosco sacro(c). (11). Gli Dei Mani
alla custodia de’ cadaveri, ch’eranvi rinchiusi(d). Sotto il nome poi di Mani si riconoscevano anche le ombre de’ morti(e)
rito ; 3. l’anima corporea e sensibile, vale a dire un corpo sottile, di cui n’era rivestito lo spirito, e che avea la fig
si dicevano Larve, Lemuri, Empuse, e Spettri(f). Nell’ incertezza poi di sapere quali anime appartenessero alla prima spez
spezie, e quali all’ altra, esse si denominavano colla voce generale di Mani(g). A proposito degli Spettri narrasi, chè c
oce generale di Mani(g). A proposito degli Spettri narrasi, chè certi di questi comparvero nell’aria a difendere Roma, qua
tornarsene indietro(a). I Mani si venerarono talvolta sotto la figura di serpenti. Silio Italico racconta, che essendo usc
. Silio Italico racconta, che essendo uscito un serpente dal sepolcro di Murro, e andato al mare, i Saguntini credettero,
ali per timore che rinscissero sciagurati, nè si aprivano che i tempj di Plutone e degli altri Numi Infernali(d). In quell
amavano Remurie, perchè le avea introdotte Romolo per placare l’ombra di suo fratello, Remo. In tali Feste si occupavano a
edire, che v’entrassero. Eccone le ceremonie : per tre notti il padre di famiglia si alzava dal letto, e recavasi ad una f
asi ad una fontana a piedi ignudi e in silenzio, facendo solo un poco di urepito colle dita. Dopochè si era lavato in quel
pochè si era lavato in quelle acque, ritornava in dietro, gettando al di sopra della sua testa delle fave nere, delle qual
e fave senza essere veduta. Prendeva poi dell’ acqua, batteva un vaso di bronzo, e nove volte pregava l’ombra ad uscire da
. (12). L’Acheronte, dicono alcuni, nacque da Cerere senza padre. La di lui madre, temendo i Titani, i quali tentavano di
ere senza padre. La di lui madre, temendo i Titani, i quali tentavano di sterminare i di lei figliuogli, lo partorì in un’
La di lui madre, temendo i Titani, i quali tentavano di sterminare i di lei figliuogli, lo partorì in un’oscura spelonca
o di sterminare i di lei figliuogli, lo partorì in un’oscura spelonca di Creta, e poi lo trasportò nell’ Inferno, dov’ egl
fiume amarissimo(b). Altri pretendono, che il medesimo sia figliuolo di Titano e della Terra, e che da Giove, perchè diss
al Cielo, sia stato assogettato al predetto cangiamento(c). Le acque di questo fiume entrano nella palude Acherusia(d). A
cento anni lungo quelle sponde, agitati sempre da violento desiderio di aver riposo negli Elisj. Quindi i Gentili fra i d
o desiderio di aver riposo negli Elisj. Quindi i Gentili fra i doveri di Religione osservavano rigorosamente quello di sep
i Gentili fra i doveri di Religione osservavano rigorosamente quello di seppellire i morti. A quelli poi, de’ quali non s
Erebo e della Notte, il quale sopra una leggierissima barca, formata di scorza d’olmo, trasferiva per l’anzidetto fiume l
ette anime nell’ Inferno(c). Colui non accoglieva mai alçuno appresso di se gratuitamente : quindi a chi moriva, si poneva
o, collocato nel mezzo d’una foresta vicina all’antro, ove la Sibilla di Cuma dava i suoi Oracoli. Appenachè veniva stacca
a rapire l’anima d’Alceste(a). Caronte finalmente comparisce vecchio, di terribile aspetto, con barba bianca, lunga, e rab
o, con barba bianca, lunga, e rabbuffata, con occhi incavati, coperto di lacera veste, e aggruppata sopra una spalla(b).
Stige trasse il suo nome dalla Ninfa Stige, figlia d’Oceano, e moglie di Pallante o Pirante(c). Pausania lo fa nascere da
fa al tempo della guerra de’ Giganti contro gli Dei spedì in soccorso di questi le sue figliuole, Vittoria, Fortezza, e Va
amente specchiandosi il giovine Narcisso, figlio del fiume Cefisso, e di Liriope, bella Ninfa della Beozia. Era stato pred
mavano. Egli però mostravasi insensibile, e nessun oggetto era capace di piacergli. Lo vide tendere a’cervi le reti anche
er l’affizione si consunse, che rimase convertita in sasso, nè lasciò di se che la voce, di cui pure non potè mai usarne p
onsunse, che rimase convertita in sasso, nè lasciò di se che la voce, di cui pure non potè mai usarne per parlare ella la
rui. Narcisso poi fu da Venere punito. Eravi in que’ luoghi una fonte di limpida acqua. Quì si fermò il giovine stanco dal
ch’egli era, vi si accostò per dissetarsi. Vide, bevendo, l’immagine di se stesso, che lo innamorò ; e figurandosela un c
s’accorse, che vaneggiava in un’ombra. A tal segno crebbe il delirio di lui, che finalmente sul fiore più fresco degli an
ato all’ Eumenidi(c). Plutarco dice, che un’avventura simile a quella di Narcisso accadde anche ad un certo Eutelida. Ques
la prima volta, che si mirò in una fontana, talmente restò invaghito di se medesimo, che morì di dolore(d). Finalmente co
irò in una fontana, talmente restò invaghito di se medesimo, che morì di dolore(d). Finalmente colle due anzidette Favole
. Finalmente colle due anzidette Favole ha qualche somiglianza quella di Acco. Costei, Greca di nazione, parlava e trattav
anzidette Favole ha qualche somiglianza quella di Acco. Costei, Greca di nazione, parlava e trattava colla sua immagine ne
onna. A tale pazzia poi ella ve ne aggiungeva varie altre. Pretendeva di conficcare chiodi con una spugna, e soleva ricusa
re ciò, che grandemente bramava(a). (14). Il Cocito era un fiume, le di cui acque si scaricavano nell’ Acheronte(b). Ques
fiume, le di cui acque si scaricavano nell’ Acheronte(b). Questo nome di Cocito significa gemito, pianto ; e però fu immag
e trassero il loro nome le Feste Cocizie, che si celebravano in onore di Proserpina(d). (15). Lete è voce greca, e vuol d
Inferno, perchè si fiuse, che le acque dello stesso avessero la virtù di togliere a chi le bevea, la ricordanza del passat
rdanza del passato(e). Tale immaginazione derivò dal favoloso sistema di alcuni Filosofi, detto la Metempsicosi, secondo i
delle anime da uno in un altro corpo succeda dopo un determinato giro di anni ; laddove la seconda non vi frammette interv
alcuno(a). Il fiume Lete bagna il prato, detto Asfodelo(b) dall’ erba di questo nome, ch’esso produce. Dicono i Poeti, che
oduce. Dicono i Poeti, che il medesimo trovasi ne’ campi Elisj, e che di quell’ erba sogliono ciharsene i Mani(c). (16).
d). (17). L’Averno era un lago vicino all’ ingresso dell’ Inferno, e di cui le acque erano nere e puzzolentissime. Fu det
Caligine, e padre della Notte(h). Cicerone però dice, che questa era di lui moglie(a). Virgilio parla dell’ Erebo, descri
Tartaro, i più famosi sono Sisifo, figlio d’Eolo ; Salmoneo, principe di Elide, e fratello di Sisifo ; Flegia, figlio di M
sono Sisifo, figlio d’Eolo ; Salmoneo, principe di Elide, e fratello di Sisifo ; Flegia, figlio di Marte, e re de’ Lapiti
 ; Salmoneo, principe di Elide, e fratello di Sisifo ; Flegia, figlio di Marte, e re de’ Lapiti nella Tessaglia ; Tantalo,
da Giove, e dalla Ninfa Plota, e re della Lidia(e) ; Issione, figlio di Flegia(f) ; e le Danaidi, figlie di Danao, re d’A
della Lidia(e) ; Issione, figlio di Flegia(f) ; e le Danaidi, figlie di Danao, re d’Argo. Non convengono i Mitologi nel r
ito a cruciare con varj tormenti gli ospiti, che si recavano appresso di lui(g). Ferecide vuole, che abbia ritenuto incate
ata nel suo palagio sì lungo tempo la Morte, che Marte alle preghiere di Plutone fu obbligato a liberarnela, perchè niuno
pimento d’ Egina, sua figlia, fattosi da Giove, trasformato in fiamma di fuoco(h). Altri riferiscono, che Sisifo, essendo
tri riferiscono, che Sisifo, essendo per motire, comandò a sua moglie di lasciara insepolto il suo corpo ; ch’egli poi chi
lie di lasciara insepolto il suo corpo ; ch’egli poi chiese a Plutone di ritornarsene sulla terra per punire la moglie, la
la quale avea eseguito il comando datole solamente per far prova del di lei amore ; che avendo ottenuto il permesso di ve
ente per far prova del di lei amore ; che avendo ottenuto il permesso di venire per pochi giorni in questo mondo, non vole
o castigo(a). Questo consistetto nel volgere continuamente un macigno di enorma grandezza sino alla sommità di un alto mon
olgere continuamente un macigno di enorma grandezza sino alla sommità di un alto monte, donde ricadendo quello pel suo pes
immensa fatica senza potersi mai riposare(b). Salmoneo ebbe l’audacia di farsi credere un Nume. A tale oggetto formò un po
bbe l’audacia di farsi credere un Nume. A tale oggetto formò un ponte di bronzo, che attraversava gran parte della sua cit
un carro, che produceva uno strepito simile a quello del tuono ; e da di là lanciava fiaccole accese a guisa di fulmine. G
mile a quello del tuono ; e da di là lanciava fiaccole accese a guisa di fulmine. Giove lo colpì col vero fulmine, e lo pr
non fu Salmoneo solo quegli, che cadde in sì folle orgoglio. Leggesi di un certo Annon Cartaginese, che coltivando anch’e
o finalmente, re della Tracia, e figlio del fiume Strimone, e Rodope, di lui moglie, vollero l’uno essere riconosciuto sot
odope, di lui moglie, vollero l’uno essere riconosciuto sotto il nome di Giove, e l’altra setto quello di Giunone. Il Padr
no essere riconosciuto sotto il nome di Giove, e l’altra setto quello di Giunone. Il Padre poi de’ Numi li cangiò in due m
scuna delle quali conservò il loro nome(b). Flegia incendiò il tempio di Apollo, perchè questo Nume rendette la di lui fig
. Flegia incendiò il tempio di Apollo, perchè questo Nume rendette la di lui figliuola, Coconide, madre d’Esculapio. Il Nu
rtaro ad essere continuamente agitato dal timore, che precipiti sopra di se un gran sasso, il quale sovrasta al suo capo(c
). I Mitografi neppure vanno d’accordo nell’ esporre le scelleraggini di Tantalo. Alcuni narrano, ch’egli, e non Sisifo, f
priato un cane, affidatogli da Giove, affinchè con esso custodisse il di lui tempio nell’ Isola di Creta(g). La maggior pa
i da Giove, affinchè con esso custodisse il di lui tempio nell’ Isola di Creta(g). La maggior parte poi dice, che Tantalo,
ngiarne la spalla destra ; e che gli altri Numi, conosciuta l’empietà di Tantalo, lo condannarono nell’ Inferno a provare
ondannarono nell’ Inferno a provare fame e sete rabbiosissima a vista di un albero pieno di frutta, che gli pendeva sul ca
nferno a provare fame e sete rabbiosissima a vista di un albero pieno di frutta, che gli pendeva sul capo, e di una sorgen
ima a vista di un albero pieno di frutta, che gli pendeva sul capo, e di una sorgente d’acqua, che gli toccava le labbra(a
cava le labbra(a). Cicerone vuole, che sovrastasse una gran pietra al di lui capo, e che questo ne venisse percosso, ogni
o, e che questo ne venisse percosso, ogni qual volta che egli tentava di assaggiare quelle acque(b). Riguardo poi a Pelope
luogo della spalla, mangiata da Cerere, gliene sostituirono un’altra di candidissimo avorio(c). Pindaro però non vuole, c
nej dì del predetto convito Nettuno lo abbia rapito onde gli servisse di coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pandareo, abitan
e gli servisse di coppiere(d). E perchè Pandaro o’ Pandareo, abitante di Mileto, era stato complice del mentovato delitto
andareo, abitante di Mileto, era stato complice del mentovato delitto di Tantalo, perciò Giove volle pure vendicarsene nel
tovato delitto di Tantalo, perciò Giove volle pure vendicarsene nelle di lui figliuole, Camiro e Clizia. Elleno erano stat
, Camiro e Clizia. Elleno erano state allevate da Venere, e ficolmate di favori dalle altre Dee. Cresciute nell’ età, Vene
te di favori dalle altre Dee. Cresciute nell’ età, Venere pregò Giove di loro accordare un felice maritaggio ; e in vece l
e). Strabone lasciò scritto ; che Issione era non figlio, ma fratello di Flegia(a) ; Eschilo soggiunge, che quegli ebbe pe
eso in moglie Dia, a patto, ch’egli dovesse fare, coni era il costume di quegli antichi tempi, molti doni al di lei padre,
esse fare, coni era il costume di quegli antichi tempi, molti doni al di lei padre, Dejoneo. Questi lo sollecitò più volte
, non attese, che a prenderne vendetta. Scavò una fossa, ed empiutala di fuoco, v’imbandì di sopra lauta mensa. V’invitò D
prenderne vendetta. Scavò una fossa, ed empiutala di fuoco, v’imbandì di sopra lauta mensa. V’invitò Dejoneo, ed essendovi
dovi questo intervenuto, ve lo fece miseramente perire. Tutti a vista di sì atroce delitto inorridirono, nè più v’era chi
ra chi volesse accogliere quel crudele Monarca. Giove però ebbe pietà di lui, e dopo averlo purificato, e ricevuto in Ciel
, fulmine, e ordinò a Mercurio d’incatenarlo nel Tartaro ad una ruota di serpenti, la quale andava sempre girando, nè lasc
i serpenti, la quale andava sempre girando, nè lasciavagli un momento di riposo(b). Le Danaidi, dette anche Belidi dal lor
anta. Danao, loro padre, le uni in matrimonio con cinquanta figliuoli di suo fratello, Egitto. Come poi Danao intese dall’
no e vita, foce giurare alle sue figliuole, che la prima notte ognuna di esse avrebbe ucciso il suo marito. Tutte eseguiro
na ad Argo. Dicesi, che mentre Linceo fuggì nella predetta città, la di lui moglie si ritirò in Larissa, dove sì l’uno ch
cole (a). Linceo poi mosse guerra a Danao, e fatrolo morire, salì sul di lui trono (b). Iperinnestra in memoria del predet
ea della Pessuasione, che i Greci denominano Pito (c). Tutte le altre di lei sorelle vennero condannate ad attingere conti
tte abbiano incontrato tale pena subito dopo il loro delitto, giaechè di Amimone, ch’era una di quelle, sposata ad Encelad
tale pena subito dopo il loro delitto, giaechè di Amimone, ch’era una di quelle, sposata ad Encelado, si sa, ch’essa, torm
fontana (e). (20). Minos, Eaco, e Radamanto conseguirono nel regno di Plutone l’onore di giudicare le anime de’trapassa
). Minos, Eaco, e Radamanto conseguirono nel regno di Plutone l’onore di giudicare le anime de’trapassati, perchè sulla te
gli attese a dirozzare i suoi sudditi con leggi, che poscia servirono di nonna a tutti i Legislatori della Grecia. Per con
lla Grecia. Per conciliare alle modesime maggior autorità, ritiravasi di quando in quando in un antro della sua Isola, e f
ioni. Gli sta dinanzi un’urna, detta fatale, perchè contiene la sorte di tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza
, detta fatale, perchè contiene la sorte di tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza figuardo nè ad età nè a cond
etta fatale, perchè contiene la sorte di tutti i mortali ; ed egli di di là n’estrae senza figuardo nè ad età nè a condizi
gli di di là n’estrae senza figuardo nè ad età nè a condizione i nomi di coloro, che il Destino ordina, che muojano (c). R
om. Mythol. l. 3. (b). Ovid. Metam. l. 5. (21). Una delle compagne di Proserpina fu Ercina, figlia di Trofonio. Costei,
etam. l. 5. (21). Una delle compagne di Proserpina fu Ercina, figlia di Trofonio. Costei, mentre scherzava colla figlia d
fu Ercina, figlia di Trofonio. Costei, mentre scherzava colla figlia di Cerere nel bosco sacro a Trofonio, si lasciò scap
sotto a quella pietra una sorgente d’acqua copiosa, la quale a motivo di ciò ebbe poi il nome d’Ercina. Sulle rive della m
altri dei narcisi. Panfo, poeta anteriore ad Omero, è del sentimento di questi ultimi (c). In Sicilia quindi s’instituiro
mento di questi ultimi (c). In Sicilia quindi s’instituirono in onore di Proserpina le Antesforie, feste così dette da’fio
a lei raccolti nel predetto tempo (d). In que’giorni eravi il costume di portarne al tempio di quella Dea (e). (a). Clau
detto tempo (d). In que’giorni eravi il costume di portarne al tempio di quella Dea (e). (a). Claud. l. 2. de Rapt. Pros
a). Claud. l. 2. de Rapt. Proserp. (23). In memoria del matrimonio di Plutone con Proserpina si celebrarono nella Sicil
le Feste Teoganrie, il qual nome propriamente significa celebrazione di nozze Divine (f). Proserpina, divenuta moglie di
gnifica celebrazione di nozze Divine (f). Proserpina, divenuta moglie di Plutone, fu riconosciuta Regina dell’Inferno. Niu
iuta Regina dell’Inferno. Niuno poteva entrare in quel Regno senza la di lei permissione. La morte stessa non sorprendeva
Calep. Sept. Ling. (25). Dite da’Greci si riconosce sotto il nome di Pluto (c) ; e vuolsi da Esiodo (d), da Aristofaue
Aristofaue (e), e da Igino (f), ch’egli non-sia Plutone, ma ministro di lui, nato nell’Isola di Creta da Cerere e da Iasi
ino (f), ch’egli non-sia Plutone, ma ministro di lui, nato nell’Isola di Creta da Cerere e da Iasione. Pluto al dire de’Po
rtù ; è zoppo, quando recasi ad arrichire ; laddove allorchè trattasi di abbandonarli, spiega le ali, e rapidamente fugge
n era cieco, ma aveva anzi una vista acutissima (h). Ebbe una figlia, di nome Euribea (i). Nè solamente Pluto era creduto
e all’ultima per ottenerne l’argento. Argentino era creduto figliuolo di Esculano, perchè da principio le monete erano di
ra creduto figliuolo di Esculano, perchè da principio le monete erano di rame (b). In Roma finalmente come preside agli sc
gravissima malattia. Il loro padre pregò gli Dei, che traessero sopra di lui la morte minaccinta a que’fanciulli. Venne in
ndotti sino a Terento. Valesio prese un bicchiere, attinse dell’acqua di quel fiume, e la portò, ove vide del fumo ; ma no
el fiume, e la portò, ove vide del fumo ; ma non trovandovi scintilla di fuoco, ne lo accese, riscaldò la raccolta acqua,
dovi scintilla di fuoco, ne lo accese, riscaldò la raccolta acqua, la di ede a bere a’suoi figliuoli, e con essa li guarì.
e a bere a’suoi figliuoli, e con essa li guarì. Coloro dissero allora di aver veduto in sogno un Nume, che aveva loro ordi
ssero allora di aver veduto in sogno un Nume, che aveva loro ordinato di celebrare de’Giuochi notturni in onore di Plutone
me, che aveva loro ordinato di celebrare de’Giuochi notturni in onore di Plutone e di Proserpina, e di sacrificare ad essi
loro ordinato di celebrare de’Giuochi notturni in onore di Plutone e di Proserpina, e di sacrificare ad essi delle vittim
celebrare de’Giuochi notturni in onore di Plutone e di Proserpina, e di sacrificare ad essi delle vittime rosse. Valesio
i delle Feste per tre continui giorni, perchè gli Dei entro lo spazio di quel tempo aveano accordato la guarigione a di lu
li Dei entro lo spazio di quel tempo aveano accordato la guarigione a di lui figliuoli. (h). Fest. (i). Cant. de Rom.
(c). Hymn. in Apoll. (d). l. I. (1). Pitone fu uno de’ serpenti di sorprendente grandezza, prodotti dal fango, rimas
otti dal fango, rimasto sulla terra dopo il Diluvio, avvenuto a’tempi di Deucalione(a). (2). L’Isola di Delo, per esservi
rra dopo il Diluvio, avvenuto a’tempi di Deucalione(a). (2). L’Isola di Delo, per esservi nato Apollo, divenne sì rispett
le Isole della Grecia, giunti con mille vascelli a Delo, non oserono di recarvi alcun danno(c). (e). Nat. Com. Mythol.
). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Latona era balia, e non madre di Apollo e di Diana(d). Comunque ciò sia, Latona do
lcuni, i quali dissero, che Latona era balia, e non madre di Apollo e di Diana(d). Comunque ciò sia, Latona dopo aver part
ò sia, Latona dopo aver partorito i due predetti figliuoli nell’Isola di Delo, non sicredette sicura in quel soggiorno. Se
viddero tosto trasformati in rane brutte e schifose. Malgrado l’odio di Giunone, Latona fu venerata come Dea. Ebbe un tem
a pure in Bute, e un Oracolo antichissimo. Finalmente in Festo, città di Creta, si celebrarono a Latona le Feste, dette Ec
Feste, dette Ecdisie, perchè ella cangiò in maschio Leucippe, figlia di Galatea, affinchè potesse unirsi in matrimonio co
di Galatea, affinchè potesse unirsi in matrimonio con Lampro, figlio di Pandione, a cui il di lei padre aveala promessa,
potesse unirsi in matrimonio con Lampro, figlio di Pandione, a cui il di lei padre aveala promessa, non avendo mai saputo,
f). Pind. In Pyth. (g). Dionys. lib. de sit. orb. (4). La valle di Tempe era bagnata dal fiume Penao, ed era sempre
urrasca appresso i Trezenj, dedicò un tempio ad Apollo, e instituì in di lui onore i Giuochi Pitici(d). (b). Dionys. lib
lia, perchè molti gli ricercavano Alceste in matrimonio, avea giurato di darla a colui, che avesse condotto in giro la sua
appresso il quale si erano ritirate, e lo fece prigioniero. Alceste, di venuta moglie dello stesso Admeto, vedendolo mina
nacciato della morte dal suo nemico, si offerì ad incontrarla in vece di lui. Acasto v’acconsentì, e sacrificò la sorella
in vece di lui. Acasto v’acconsentì, e sacrificò la sorella all’ombra di suo padre(a). (g). Apollod. l. 3. (h). Joh. J
a consorte(b). Altri dicono, ch’Ercole, sorpreso da quel raro esempio di amore conjugale, discese nell’Inferno, e ne ricon
di amore conjugale, discese nell’Inferno, e ne ricondusse Alceste al di lei marito(c). (a). Ovid. l. 10. (b). Nat. Co
celse i due predetti fratelli a fabbricare una torre per custodirvi i di lui tesori. Queglino la formarono in guisa, che p
che volevano. Il Principe finalmente osservando, che le sue ricchezze di giorno in giorno grandemente si scemavano, nè pot
po, affinchè nè il fratello fosse riconosciuto, nè egli come complice di lui fosse scoperto. Altri finalmente riguardo ad
almente riguardo ad Agamede soggiungono, che la terra si aprì sotto i di lui piedì, ed egli vi restò sepolto in una fossa,
vi restò sepolto in una fossa, detta poscia la Fossa d’Agamede, sopra di cui vi si eresse una colonna(a). Di Trofonio poi
tà della Beozia, un tempio sotterraneo, il quale fu poi detto l’autro di Trofonio. Ivi morì di fame, dando oracoli. Si con
mpio sotterraneo, il quale fu poi detto l’autro di Trofonio. Ivi morì di fame, dando oracoli. Si continuò a consultarlo an
stesso luogo. Chi ciò faceva, era solito a sedere nudo sull’ingresso di quell’antro, e a portare seco delle focacce per g
. 2. (9). Lampusia, istruita dal padre, e poi consecrata al servigio di Apollo, si perfezionò intieramente nella scienza
crata al servigio di Apollo, si perfezionò intieramente nella scienza di presagire il futuro. Dalla Grecìa trasferitasi in
a attonita ripeteva gli applausi alla decantata celebrità de’vaticinj di questa donna(e). (10). Nicostrata si trasferì in
a parte del Campidoglio, quando fu loro restituito l’uso del cocchio, di cui erano state private per decreto del Senato. I
l cocchio, di cui erano state private per decreto del Senato. Il nome di questa Dea fu dato da’ Romani anche ad una porta
della loro città, e a certe Feste, dette perciò Carmentali. Al tempo di queste queglino sacrificavano prima del mezzodì a
erazione alle leggi, che stava formando, pubblicò che la Ninfa Egeria di notte gliele dettava nel bosco d’Aricia. Dopo la
e la Ninfa Egeria di notte gliele dettava nel bosco d’Aricia. Dopo la di lui morte i Romani andarono a cercare quella Ninf
Giunone Lucina(d). (c). Id. Ibid. (12). Dicesi, che Gige, gonfio di se stesso, perthè era potentissimo in armi e in r
o, perthè era potentissimo in armi e in ricchezze, consultò l’Oracolo di Delfo per sapere, se v’era alcuno più felice di l
e, consultò l’Oracolo di Delfo per sapere, se v’era alcuno più felice di lui. Udì, che Aglao di Psofide, città d’Arcadia,
i Delfo per sapere, se v’era alcuno più felice di lui. Udì, che Aglao di Psofide, città d’Arcadia, lo superava. Costui non
superava. Costui non possedeva che poche campagne ; ma si contentava di ciò, che colla propria industria ne ritraeva(e).
, che colla propria industria ne ritraeva(e). (13). Tra’varj tripodi di quel tempio è rinomato quello, d’oro, di rui parl
(e). (13). Tra’varj tripodi di quel tempio è rinomato quello, d’oro, di rui parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pes
di di quel tempio è rinomato quello, d’oro, di rui parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pescatori di Mileto prima di
lo, d’oro, di rui parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pescatori di Mileto prima di gettare le reti in mare, vendette
i parla lo Scoliaste di Aristofane(a) Certi pescatori di Mileto prima di gettare le reti in mare, vendettero ad alcuni ast
che il tripode mentovato si desse al più sapiente. Fu offerto ad uno di que’sette Sapienti, i quali fiorivano nella Greci
da Lisandro, Generale degli Spartani, al famoso Indovino Abas, figlio di Cimeo e di Clitennestra(c). (a). Strab. l. 10.,
, Generale degli Spartani, al famoso Indovino Abas, figlio di Cimeo e di Clitennestra(c). (a). Strab. l. 10., Pomp. Mol.
llo ne trasse fuori il bambino, e lo trasferì in Delfo alla porta del di lui tempio. Il Nume inspirò alla sua sacerdotessa
rdotessa tanta pietà verso il fanciullo, ch’ella n’ebbe tutta la cura di allevarlo. Crebbe Jone all’ombra degli altari, se
istò tale stima, che finalmente divenne il depositario delle richezze di quel tempio. Apollo poi bramava, che Jone fosse c
zze di quel tempio. Apollo poi bramava, che Jone fosse creduto figlio di Zuto, re d’Atene, il quale erasi unito in matrimo
sa altro non fosse che un artifizio per collocare sul trono il figlio di qualche schiava da lui amata ; e però ella si det
il figlio di qualche schiava da lui amata ; e però ella si determinò di far perire Jone. Trovavasi egli allora occupato a
cita. In vece d’assaggiare la tazza, ch’eragli stata presentata piena di vele, no, ne fece una libazione agli Dei. Una col
fece una libazione agli Dei. Una colomba, a caso ivi volata, bevette di quel vino, sparso in terra, e cadde morta. Si scu
asilo, corse ad abbracciare Jone, e gli manifestò, che Apollo era il di lui genitore. Vi sopraggiunse Minerva, e comandò
erva, e comandò a Creusa, che non palesasse a Zuto, ch’ella era madre di Jone. Quindi il re rimase nel suo inganno, e Jone
re di Jone. Quindi il re rimase nel suo inganno, e Jone dopo la morte di lui salì sul trono d’Atene(a). (16). Gli Anfizio
delle Greche città, che rappresentavano la nazione con piena facoltà di provedere al pùbblico bene(a). Eglino presero il
dere al pùbblico bene(a). Eglino presero il nome da Anfizione, figlio di Deucalione, terzo re d’ Atene, che al dire di Pau
me da Anfizione, figlio di Deucalione, terzo re d’ Atene, che al dire di Pausania li instituì(b). Strabone però volle, che
Molte altre Deità si venerarono da’ Pastori. Le principali sono Pane, di cui abbiamo già parlato, e Pale(f). In onore di q
principali sono Pane, di cui abbiamo già parlato, e Pale(f). In onore di questa i Pastori celebravano nel principio del me
ltiplicasse. Le Feste anzidette consistevano nel fare delle libazioni di fresco latte, e nell’offerire vino e focacce di m
fare delle libazioni di fresco latte, e nell’offerire vino e focacce di miglio. Dopo di che si ascendevano certi mucchi d
zioni di fresco latte, e nell’offerire vino e focacce di miglio. Dopo di che si ascendevano certi mucchi di paglia, sopra
ire vino e focacce di miglio. Dopo di che si ascendevano certi mucchi di paglia, sopra i quali i pastori al suono di varj
ascendevano certi mucchi di paglia, sopra i quali i pastori al suono di varj stromenti saltavano per far mostra della lor
trezza e agilità. In quel dì si purificavano anche le greggi col fumo di solfo, d’alloro, e d’ulivo(a). Queste Feste al di
reggi col fumo di solfo, d’alloro, e d’ulivo(a). Queste Feste al dire di Suetonio si facevano anche per ricordare, che in
ni Romolo aveva gettato le prime fondamenta della sua città(b). E quì di passaggio notiamo, che siccome le pecore erano so
. Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (e). l. 10. (19). Sotto il nome di Peone i Poeti ricono scevano un celebre Medico de
Hofman. Lex. Univ. (20). Sulla sommità del Promontorio dell’ Isola di Leucade v’avea un tempio fabbricato ad Apollo, de
che per guarire dalla loro passione era necessario balzare dall’alto di quella rupe nel mare. (g). Nat. Com. Mythol. l.
b). Potter. Archacol. Graec. l. 2. (c). Id. Ibid. (22). La madre di Branco, vicina a partorirlo, sognò, che il Sole e
ca, e usciva per le sue viscere. Gl’ Indovini asserirono, che ciò era di buon augurio. Di fatti colei diede alla luce l’an
trovandosi in una selva, baciò Apollo, da cui venne preso e regalato di una corona e di una verga, per cui divenne giovin
na selva, baciò Apollo, da cui venne preso e regalato di una corona e di una verga, per cui divenne giovine fatidico. Per
. Diede anch’egli degli Oracoli, che furono i più celebri dopo quelli di Delfo. A nobilitarne vieppiù la memoria, Branchid
(e). Paus. l. 2. (a). Calep. Sept. Ling. (23). Manto nella presa di Tebe fu fatta prigioniera, e fu condotta a Claro,
ta a Claro, dove stabilì l’Oracolo d’Apollo. Ivi sposò Racio, Sovrano di quel paese, da cui ebbe il figlio Mopso(g). Trasf
sferitasi in Italia, si unì in matrimonio col Tevere, e divenne madre di Bianore, soprannominato Ocno. Questi fabbricò nel
Questi fabbricò nell’ Etrurià una città, che chiamò Mantova dal nome di sua madre(a). (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Uni
b. Hofman. Lex. Univ. (24). Sul monte Soratte eravi una fontana, la di cui acqua bolliva al levar del Sole, e faceva mor
o nacque Rodia, abbia fatto discendere dal Cielo oro, e gran quantità di fiori. Fu così detta dall’ Isola di Rodi, in cui
re dal Cielo oro, e gran quantità di fiori. Fu così detta dall’ Isola di Rodi, in cui comparve alla luce(d). (27). L’ Aur
cui comparve alla luce(d). (27). L’ Aurora era figlia d’ Iperione e di Tia(e). Alcuni la dicono nata da Titano e dalla T
la dicono nata da Titano e dalla Terra(f) ; altri da Pallante, figlio di Crio(g). Ella precede il Sole(h), coperta di gran
ltri da Pallante, figlio di Crio(g). Ella precede il Sole(h), coperta di gran velo, con una stella in capo, e assisa sopra
capo, e assisa sopra un carro, tirato da quattro(i), o da due cavalli di color bianco o rosso(l). Licofrone poi lasciò scr
ta dal cavallo Pegaso(m). Ella amò molto il bellissimo Titono, figlio di Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e nel suo carro
aso(m). Ella amò molto il bellissimo Titono, figlio di Laomedonte, re di Troja, lo rapì, e nel suo carro lo trasportò nell
e nel suo carro lo trasportò nell’ Etiopia, dove gli partorì Mennone, di cuì parleremo altrove (a). Nacque pure da loro il
o Fosforo, ossia Lucifero, che parimenti annunzia alla terra l’arrivo di sua madre. A Titono poi l’ Aurora ottenne dalle P
Aurora ottenne dalle Parche l’immortalità ; ma essendosi dimenticata di chiedero nello stesso tempo anche il privilegio,
(c). Ella era famosa Maga, e applicavasi allo studio della bottanica, di cui se ne serviva per avvelenare o per convertire
tirò in Italia sopra un Promontorio de’ Latini, detto poscia dal nome di lei Circeo(d). Erodiano scrisse, che fu dal Sole
gli effetti del suo sdegno anche a Pico, antico re del Lazio, figlio di Saturno, e Augure famoso. Quegli, perchè non corr
figlio di Saturno, e Augure famoso. Quegli, perchè non corrispose al di lei affetto, ma volle serbarsi fedele alla Ninfa
arimenti Bico. Canente così allora se ne afflisse, che anch’ella morì di dolore(a). Circe poi non ostante la sua malvagità
poi non ostante la sua malvagità ricevette gli onori divini. Al tempo di Cicerone era adorata nell’ Isola di Eca(b). Dices
evette gli onori divini. Al tempo di Cicerone era adorata nell’ Isola di Eca(b). Dicesi ch’ella sia stata anche detta Mari
anche detta Marica, e che sotto tal nome la venerassero gli abitanti di Minturno(c). Altri soggiungono, che così denomina
asi sempre della sua nasoita, originata da un Nunre. Epafo, figliuolo di Giove e della Ninfa Io, negò, che colui fosse fig
querelò appresso Climene, sua madre. Ella lo accertò, che Febo era il di lui padre, ed esortollo a récarsi alla Reggia di
rtò, che Febo era il di lui padre, ed esortollo a récarsi alla Reggia di lui per esserne viemaggiormente certificato. Così
certificato. Così fece il giovine ; e il Sole, udito il motivo della di lui comparsa, protestò d’essergli padre : e affin
ebbe per accordargli quanto mai gli avesse ricercato. Faetonte chiese di guidare almeno per un giorno il di lui carro, ins
avesse ricercato. Faetonte chiese di guidare almeno per un giorno il di lui carro, insigne lavoro di Vulcano, da cui diff
hiese di guidare almeno per un giorno il di lui carro, insigne lavoro di Vulcano, da cui diffondevasi la luce sulla terra.
trada che dovea tenere, nè ebbe forza sufficiente a reggere i cavalli di suo padre. Ne avvenne, che quelli ben presto trav
aviarono dal consueto cammino : ed ora troppo alzandosi, minacciavano di abbruciare il Cielo ; ed ora troppo abbassandosi,
il quale cadde morto nell’ Eridano. Le Ninfe dell’ Esperia resero al di lui corpo gli ultimi onori. Vennero pure sulle sp
ia resero al di lui corpo gli ultimi onori. Vennero pure sulle sponde di quel fiume le di lui sorelle, Faetusa e Lampezia,
ui corpo gli ultimi onori. Vennero pure sulle sponde di quel fiume le di lui sorelle, Faetusa e Lampezia, per piangerne co
avvenimenti sì strani erasi trovato presente il giovane Cicno, figlio di Stenelo, re della Liguria, e zio di Faetonte. Anc
presente il giovane Cicno, figlio di Stenelo, re della Liguria, e zio di Faetonte. Anch’egli n’ebbe tal’eccessivo dolore p
Apollodoro(a) da Titone e da Aurora. Finalmente riguardo alle sorelle di Faetonte notiamo, che Igino(b) ne riconobbe sette
. Climene, dopo aver partorito Faetonte, sposò Merope, re dell’ Isola di Cos, il quale si pretende, che poscia sia stato c
(32). Mimnermo riconobbe le Muse come figlie del Cielo, e più antiche di Giove. Altri le dissero figlie di Memnone e di Te
ome figlie del Cielo, e più antiche di Giove. Altri le dissero figlie di Memnone e di Tespia ; altri di Antiopa e di Giove
l Cielo, e più antiche di Giove. Altri le dissero figlie di Memnone e di Tespia ; altri di Antiopa e di Giove(g). La loro
iche di Giove. Altri le dissero figlie di Memnone e di Tespia ; altri di Antiopa e di Giove(g). La loro nutrice fu la Ninf
. Altri le dissero figlie di Memnone e di Tespia ; altri di Antiopa e di Giove(g). La loro nutrice fu la Ninfa Eufeme, il
ltri di Antiopa e di Giove(g). La loro nutrice fu la Ninfa Eufeme, il di cui figliuolo, Croco, dopo morte per le preghiere
ominate Melete, Mneme, e Aede(i). Cicerone ve ne aggiunge una quarta, di nome Telsiope(a). Divennero poi nove. Varrone app
tal numero, e Diodoro ce ne dà un’altra. Il primo dice, che la città di Sicione commise a tre celebri Scultori, che ciasc
che la città di Sicione commise a tre celebri Scultori, che ciascuno di loro formasse tre statue, le quali rappresentasse
viglia eseguirono il loro lavoro, che la medesuna città fece acquisto di tutte le nove Statue ; e che fin d’allora le Muse
tarono nove. Diodoro poi pretende, che Osiride avesse sempre appresso di se nove fanciulle, istruite in tutte le Arti rela
n un libro d’ Istoria nell’altra(d). La seconda inventò gli strumenti di fiato. E’ coronara di fiore e con due flauti nell
nell’altra(d). La seconda inventò gli strumenti di fiato. E’ coronara di fiore e con due flauti nelle mani. Le’ sta d’appr
elle mani. Le’ sta d’appresso Cupido, ossia Amore, sotto le sembianze di fanciullo, perchè per lo più è privo di ragione e
sia Amore, sotto le sembianze di fanciullo, perchè per lo più è privo di ragione e di raziocinio. Ha il medesimo gli occhi
tto le sembianze di fanciullo, perchè per lo più è privo di ragione e di raziocinio. Ha il medesimo gli occhi velati, perc
velati, perchè non osserva mai i difetti dell’oggetto amato. Le ali, di cui è fornito, dimostrano la sua leggierezza e in
incostanza. Finalmente stringe anch’egli un flauto, e lascia a’piedi di Euterpe l’arco e il turcasso, di cui egli si serv
nch’egli un flauto, e lascia a’piedi di Euterpe l’arco e il turcasso, di cui egli si serve per ferire i cuori (a). La terz
apo una corona, e ha in mano un flauto, o un’arpa, o una chitarra(d), di cui alcuni la fanno inventrice(e). Erato presiede
rato presiede alle Poesie amorose. Questa inventò la lira. Una corona di mirto e di rose le circonda la fronte, stringe un
de alle Poesie amorose. Questa inventò la lira. Una corona di mirto e di rose le circonda la fronte, stringe una lira nell
ira nella destra, e tratta colla sinistra un archetto. Anche appresso di lei vedesi Amore con una fiaccola accesa in mano(
l’eloquenza. Urania inventò l’ Astronomia, e però comparisce coronata di stelle, con veste azzurra, e con gran globo trali
ede alla Rettorica, e al verso Eroico. Dipingesi giovinetta, coronata di flori, con moltissime ghirlande d’alloro nella si
i poi pretendono che sieno state denominate Pieridi dalle nove figlie di Piero, ricchissimo Macedone(b). Quelle giovani ar
ove figlie di Piero, ricchissimo Macedone(b). Quelle giovani ardirono di assorire, che avrebbono superato nel canto le Mus
ono superato nel canto le Muse. Queste accettarono l’invito. Le Ninfe di que’dintorni furono stabilite arbitre della gara.
ta la condizione, che le Muse, perdendo, dovessero cedere alle figlie di Piero i due fiumi, Ippocrene, e Castalio ; e rima
dolcezza del loro canto(h). Varrone pretende che anticamente in vece di Camene si dicessero Carmene, e Casmene(a). Le ste
’quali si onoravano, erano denominati Aonii(d) ; Tespiadi dalla città di Tespia, dove parimeuti rendevasi loro particolare
era ad esse sacro(f) ; Ardalidi, o Ardaliotidi, perchè Ardalo, figlio di Vulcano, molto le onorava(g) ; Pegasidi dal caval
que colle ali ; e vuolsi da alcuni, che sia stato prodotto dal sangue di Medusa, sgorgato sul terreno, quando Perseo le re
che Nettuno, invaghitosi dell’anzidetta Medusa, e spezialmente delle di lei trocce, bionde al pari dell’oro, la trasse un
le di lei trocce, bionde al pari dell’oro, la trasse un dì nel tempio di Minerva, e la rendette madre del medesimo cavallo
ata, che avea il sapore del vino(c). (34). Il Parnasso è il più alto di tutti i montì della Focide(d). Da prima chiamavas
lla Focide(d). Da prima chiamavasi Larnasso da Larnace, che fu l’arca di Deucalione, la quale era stata ivi trasferita dal
uistò poi il predetto nome da Parnasso, figlio della Ninfa Cleodora e di Cleopompo, o, come altri dicono, di Nettuno(f). E
so, figlio della Ninfa Cleodora e di Cleopompo, o, come altri dicono, di Nettuno(f). Egli trovò l’arto di predire il futur
di Cleopompo, o, come altri dicono, di Nettuno(f). Egli trovò l’arto di predire il futuro per mezzo del volo degli uccell
del volo degli uccelli, e inoltre fabbricò una città ch’ebbe pure il di lui nome, e che poi rimase sommersa nel tempo del
a porta, perchè quel Sovrano voleva con violenza trattenerle appresso di se. Elleno allora spiegarono il volo, e uscirono
er le finestre. Deluso colui nel suo desiderio, si lusingò pazzamente di poter raggiungerle col librarsi anch’egli in aria
la cima d’un’ alta torre, così precipitò al basso, che finì ben tosto di vivere(b). Il Parnasso divenne famoso anche perch
to Coricio dalla Ninfa Coricia, la quale partorì ad Apollo un figlio, di nome Licoreo(d). Dal predetto luogo si denominaro
one(g). Sopra il medesimo monte trovavasi la tomba del celebre Orfeo, di cui parleremo(h). (36). Il Pierio era monte dell
ese appresso i Greci il nome d’ Ippocrene, e appresso i Latini quello di Caballino, ossia fonte del Cavallo (g). Secondo i
nti versi(h). (41). Non vanno d’accordo i Mitologi riguardo il padre di Marsia. Igino dice che fu Eagro(a) ; Plutarco Jag
presenza degli Dei, fu da Giunone e da Venere avvertita, che il suono di quello strumento gonfiava in modo assai sconcio l
a, che il suono di quello strumento gonfiava in modo assai sconcio le di lei guancie. Minerva per accertarsene si recò ad
e fu pianto dalle Ninfe, da’ Satiri, suoi fratelli, e da ogni pastore di que’ dintorni. Da tali lagrime si formò un fiume
s. in Attic. (b). l. 3. (44). Omero dice, che niuno de’ figliuoli di Niobe potè sottrarsi alla vendetta, che presero d
iuno de’ figliuoli di Niobe potè sottrarsi alla vendetta, che presero di lore Apollo e Diana(a). Niobe poi tal dolore conc
lo in sasso, il quale versava continuo pianto. Narrasi inoltre, che i di lei figliuoli rimaseto insepolti per nove giotni,
aver perduto sì miseramente tutta la sua famiglia, anch’egli si privò di vita(c). (c). Ovid. l. 1. de Pont. (d). Nat.
Nat. Com. Mythol. l. 6. (45). Apollo conferì a Tenero il privilegio di predire il futuro ; e volle, che il fiume Ladone
nome d’Ismenio, o Ismeno(d). (b). Paus. l. 9. (46). Gordio, padre di Mida, stupì al vedere, che un’ Aquila se ne stett
di Mida, stupì al vedere, che un’ Aquila se ne stette sul giogo della di lui carretta sino alla sera. Recavasi a consultar
, dotti nell’ arte d’ indovinare, quando si abbattè in una giovinetta di quella stirpe, a cui manifestò la causa dell’ int
redisse loro, che le medesime non avrebbono cessato, se non per mezzo di colui, che avessero veduto andarsene sopra un car
ezzo di colui, che avessero veduto andarsene sopra un carro al tempio di Giove. Non molto dopo vi giunse Mida, il quale po
e pose fine a tutte le loro questioni. Ciò erasi presagito fino dalla di lui fanciullezza, quando molte formiche empirono
sagito fino dalla di lui fanciullezza, quando molte formiche empirono di grano la bocca a lui, che dormiva(a). Mida dedicò
di grano la bocca a lui, che dormiva(a). Mida dedicò a Giove il carro di suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortez
arro di suo padre, e lo sospese nel più alto della Fortezza. Il giogo di quello era attaccato al timone con un nodo d’ammi
sandro fece ogni tentativo per isciorlo, perchè un’ antica tradizione di quel paese avea indicato, che chi avesse potuto c
l. 9. (b). Paus. l. 1., Stat. Theh. l. 1. (47). Macareo era figlio di Eolo, re di Friotide nella Tessaglia. Egli rendet
Paus. l. 1., Stat. Theh. l. 1. (47). Macareo era figlio di Eolo, re di Friotide nella Tessaglia. Egli rendette la sua so
sua sorella, Canace, madre d’un figlio. Voleva la giovine celarlo al di lei padre, e con sacre frondi avealo coperto per
’ cani. Spedì egli nello stesso tempo una spada alla figlia, affinchè di sua mano si uccidesse. Macareo, informato dello s
Igino dice, ch’ egli si diede la morte(d). D’un amore simile a quello di Canace arse pur anche Bibli, figlia di Mileto e d
d). D’un amore simile a quello di Canace arse pur anche Bibli, figlia di Mileto e della Ninfa Gianea, per Cauno, suo frate
redetto strumento(c). Fuvi un altro Lino, figlio parimenti d’Apollo e di Psamate, figlia di Crotopo,-re d’Argo. Colei non
). Fuvi un altro Lino, figlio parimenti d’Apollo e di Psamate, figlia di Crotopo,-re d’Argo. Colei non appena lo partorì,
rania e da Anfiarao. Anch’ egli fu eccellente musico, ma avendo osato di paragonarsi ad Apollo, venne da questo Nume uccis
o di paragonarsi ad Apollo, venne da questo Nume ucciso. Gli abitanti di Elicona ogni anno ne celebravano l’anniversario p
Gli abitanti di Elicona ogni anno ne celebravano l’anniversario prima di sacrificare alle Muse. Egli fu compianto perfino
nti v’ avea espresso un giovine, il quale sulla lira cantava la morte di Lino(e). (49). Filamone riuscì anch’egli eccelle
i Lino(e). (49). Filamone riuscì anch’egli eccellentemente nell’arte di suo padre, e la comunicò anche al figlio, Tamirid
lla medesima fu dagli Sciti creato loro re. Egli poi ebbe la temerità di far prova del suo canto colle Muse ; ed essendone
rivarono della vista, della voce, dello spirito poetico, o dell’ arte di suonare la lira. Filamone disperato pel doloré si
disperato pel doloré si gettò in un fiume. Platone finse, che l’anima di Tamiride fosse passata nel corpo di un Rosignuolo
fiume. Platone finse, che l’anima di Tamiride fosse passata nel corpo di un Rosignuolo(a). (50). Anfione nacque sul monte
nuolo(a). (50). Anfione nacque sul monte Citerone da Antiope, figlia di Nitteo. Era peritissimo nella Musica. Ricevette d
giunse tre coide, e con essa operò grandi maraviglie. Volendo cingere di mura la città di Tebe, si valse della medesima, a
e con essa operò grandi maraviglie. Volendo cingere di mura la città di Tebe, si valse della medesima, al di cui suono le
Volendo cingere di mura la città di Tebe, si valse della medesima, al di cui suono le pietre, divenute sensibili, da se so
pretendono che ne sia stato regalato da Apollo(c). Ebbe un fratello, di nome Zeto. Eglino, per vendicare i barbari tratta
Zeto. Eglino, per vendicare i barbari trattamenti, che Dirce, moglie di Lico, re di Tebe, avea usato alla loro madre, s’i
o, per vendicare i barbari trattamenti, che Dirce, moglie di Lico, re di Tebe, avea usato alla loro madre, s’impossessaron
lie di Lico, re di Tebe, avea usato alla loro madre, s’impossessarono di quella città, uccisero Lico, attaccarono Dirce al
un toro indomito, il quale colla varietà del suo corso la fece morire di mille morti, e vi regnarono essi. Come Dirce avea
andava errando per la Grecia, quando Foco, figlio d’Ornizione per la di lei singolare bellezza la guarì e sposò(b). Apoll
Antiope siasi trasformato in satiro(e). (51). Arione era della città di Metinna nell’ Isola di Lesbo, e riputavasi il più
to in satiro(e). (51). Arione era della città di Metinna nell’ Isola di Lesbo, e riputavasi il più eccellente suonatore d
etinna nell’ Isola di Lesbo, e riputavasi il più eccellente suonatore di cetra a’ suoi tempi. Dopo essersi trattenuto lung
uoi tempi. Dopo essersi trattenuto lungo tempo appresso Periandro, re di Corinto, si trasferì in Italia e nella Sicilia ;
ia e nella Sicilia ; ed avendoviraccolto coll’ arte sua gran quantità di ricchezze, volle ritornarsene donde era partito.
era partito. I marinai del naviglio, su cui era salito, determinarono di privarlo di vita per impadronirsi delle di lui do
I marinai del naviglio, su cui era salito, determinarono di privarlo di vita per impadronirsi delle di lui dovizie. Egli
era salito, determinarono di privarlo di vita per impadronirsi delle di lui dovizie. Egli se ne accorse, e propose di ced
per impadronirsi delle di lui dovizie. Egli se ne accorse, e propose di cederle spontaneamente ad essi, purchè nol avesse
rivato a Corinto, li accusasse. Il suonatore chiese allora, che prima di morite almano gli fosse permesso di toccare ancor
uonatore chiese allora, che prima di morite almano gli fosse permesso di toccare ancora una sola volta la sua cetra, e ciò
de si rimise a Corinto. Periandro, udito da lui il perverso attentato di que’ marinai, volle, ch’ eglino colla morte ne pa
Delfino(b). (52). Orfeo era veramente figlio della Ninfa Calliope e di Eagro, re di Tracia(c) ; ma per aggiungere maggio
(52). Orfeo era veramente figlio della Ninfa Calliope e di Eagro, re di Tracia(c) ; ma per aggiungere maggior splendore a
ia(c) ; ma per aggiungere maggior splendore alla nascita e al talento di lui, si pubblicò, ch’ era figlio di Apollo(d). Eg
lendore alla nascita e al talento di lui, si pubblicò, ch’ era figlio di Apollo(d). Egli accoppiava con tanta dolcezza la
lve, e i monti. Fu il primo, che introdusse nella Grecia le solennità di Bacco(e). Trovò altresì molte cose utili nella ci
o da per tutto, e lo desideravano in isposo. La sola Euridice, figlia di Nereo o di Dori, egualmente saggia, che bella, po
tto, e lo desideravano in isposo. La sola Euridice, figlia di Nereo o di Dori, egualmente saggia, che bella, potè averlo i
he le Ninfe, per vendicare la morte d’Euridice, uccisero tutte le Api di Aristeo, e che questi assai più ne ottenne, dopoc
di Aristeo, e che questi assai più ne ottenne, dopochè per consiglio di Proteo sàcrificò quattro tori e altrettante giove
o la sua doglia ne’ campi del monte Rodope, nella Tracia, ma risoluto di discendere nel Regno di Plutone, se ne aprì il va
i del monte Rodope, nella Tracia, ma risoluto di discendere nel Regno di Plutone, se ne aprì il varco per l’ampia caverna
o di Plutone, se ne aprì il varco per l’ampia caverna del Promontorio di Tenaro. Giuntovi appena, v’ addormentò col tocco
enti, che intenerite le ombre de’ trapassati non poterono negare alla di lui disavventura le lagrime. Perfino Plutone e Pr
one e Proserpina, inesorabili per natura, si piegarono alle preghiere di lui, e gli permisero di seco condursi sulla terta
abili per natura, si piegarono alle preghiere di lui, e gli permisero di seco condursi sulla terta Euridice, a patto però,
la moglie nol seguisse, per accertarsene voltò indietro lo sguardo, e di nuovo la perdette. E perchè egli, trovandosi nell
rdette. E perchè egli, trovandosi nell’ Inferno, avea cantato le lodi di tutti gli Dei fuorchè di Bacco, perciò questo Num
ovandosi nell’ Inferno, avea cantato le lodi di tutti gli Dei fuorchè di Bacco, perciò questo Nume destò nelle sue Baccant
profana i più secreti Misterj. Dicesi eziandio, che il capo e la lira di lui, gettati nell’ Ebro, furono dalla forza del f
poi la stessa lira venne collocata tra gli Astri, e ornata dalle Muse di nove insigni stelle(a). V’ è altresì chi narra, c
ve insigni stelle(a). V’ è altresì chi narra, che Orfeo dopo la morte di Euridice non siasi più unito in matrimonio con al
e non siasi più unito in matrimonio con altre donne, e che da’ alcune di queste al tempo delle Orgie sia stato lacerato(a)
lmente si diede la morte da se medesimo(b). Le Muse piansero assai la di lui perdita, e sopra tutte Mnemosine e Calliope(c
che le Famiglie Irpie camminavano sul fuoco non in onore d’Apollo, ma di Feronia(d). (b). Id. Ibid. (54). Clatra era D
e Dea de’ cancelli. Il Muratori pubblicò un’ Iscrizione da una tavola di bronzo con due figure. L’ una rappresenta Apollo,
ente, con un canestro, con una misura nella sinistra, e con un rostro di nave a’ piedi(e). Tutto è oscurissimo malgrado la
dell’ Olivieri sull’ indicato Monumento nel. Tomo III dell’ Accademia di Cortona. Altri vogliono, che Clatra sia Iside, al
ol. l. 4. (55). Dafne era pur amata da Leucippo, figlio d’Enomao, re di Pisa. Questi, conoscendo l’avversione, che quella
delle sue compagne, ed egli niente omise per piacerle. Apollo, geloso di vedere Leucippo corrisposto da Dafne, inspirò sì
re Leucippo corrisposto da Dafne, inspirò sì a lei, che alle compagne di essa il desiderio di bagnarsi nel fiume Ladone. L
to da Dafne, inspirò sì a lei, che alle compagne di essa il desiderio di bagnarsi nel fiume Ladone. Leucippo fu allora ric
po fu allora riconosciuto per quello ch’ era, e rimase ucciso a colpi di frecce(a). (d). Fast. l. 1. (a). Ovid. Metam.
. Archacol. Graec. l. 4. (b). Theog. v. 371. (1). Tralle seguaci di Diana fuvi anche Polime figlia di Filante. Mercur
heog. v. 371. (1). Tralle seguaci di Diana fuvi anche Polime figlia di Filante. Mercurio la vide a danzare colle altre N
e a danzare colle altre Ninfe, ne divenne amante, e la rendette madre di Eudoro, il quale molto si distinse all’assedio di
e la rendette madre di Eudoro, il quale molto si distinse all’assedio di Troja. Polimela sposò poi Echecleo, figlio di Att
si distinse all’assedio di Troja. Polimela sposò poi Echecleo, figlio di Attore, che per averla in moglie dovette offerire
ecleo, figlio di Attore, che per averla in moglie dovette offerire al di lei padre varj doni (a). Quì si ricorda pure Poli
Quì si ricorda pure Polifonte, la quale ebbe per padre Ippono, figlio di Triballo ; e per madre Trassa o Traossa, figlia d
dre Ippono, figlio di Triballo ; e per madre Trassa o Traossa, figlia di Marte e di Terena. Ella abborriva gli uomini. Qui
figlio di Triballo ; e per madre Trassa o Traossa, figlia di Marte e di Terena. Ella abborriva gli uomini. Quindi di si a
aossa, figlia di Marte e di Terena. Ella abborriva gli uomini. Quindi di si allontanò dalla società, e andò a vivere ne bo
elle sue compagne. Venere, offesa dee disprezzo, che Polifonte faceva di lei, volle vendi. l carsene, e le inspirò dell’am
nspirò dell’amore per un orso. Come Diana lo seppe, eccitò ogni sorta di fiere a divorare la misera giovine. Costei però f
sorta di fiere a divorare la misera giovine. Costei però fu sì agile di piedi, che si salvò colla fuga, e ritornò alla pa
i, che divoravano tutti quelli, che incontravano. Mercurio per ordine di Giove era per farli in brani, quando Marte, perch
che canta solamente la notte, che non può nè bere, nè maugiare, e la di cui apparizione è un segno certo di sciagure, e d
on può nè bere, nè maugiare, e la di cui apparizione è un segno certo di sciagure, e di guerre. Oreio ricevette la forma d
nè maugiare, e la di cui apparizione è un segno certo di sciagure, e di guerre. Oreio ricevette la forma di corvo, e Agri
e è un segno certo di sciagure, e di guerre. Oreio ricevette la forma di corvo, e Agrio quella d’avoltojo, uccelli parimen
vette la forma di corvo, e Agrio quella d’avoltojo, uccelli parimenti di cattivo augurio (a). (c). Job. Jacob. Hofman. L
magnifici monumenti (b). (3). Orione non fu creduto da tutti figlio di Nettuno e di Brille, ma la di lui nascita venne d
numenti (b). (3). Orione non fu creduto da tutti figlio di Nettuno e di Brille, ma la di lui nascita venne da alcuni dive
. Orione non fu creduto da tutti figlio di Nettuno e di Brille, ma la di lui nascita venne da alcuni diversamente racconta
gli accordarono, che chiedesse tutto quel, che voleva. Colui ricercò di avere un figliuolo senza maritarsi. Così avvenne,
i avea loro sacrificato (f). Ferecide poi dice, che Orione era figlio di Nettuno e di Euriale, e che il padre suo gli avea
acrificato (f). Ferecide poi dice, che Orione era figlio di Nettuno e di Euriale, e che il padre suo gli avea conferito il
uno e di Euriale, e che il padre suo gli avea conferito il privilegio di camminare a piedi asciutti nel mare (g). Altri po
o di camminare a piedi asciutti nel mare (g). Altri poi dicono ch’era di sì eccedente grandezza, che non eravi mare sì pro
a di sì eccedente grandezza, che non eravi mare sì profondo, sopra la di cui superfizie i di lui omeri non si alzassero (a
andezza, che non eravi mare sì profondo, sopra la di cui superfizie i di lui omeri non si alzassero (a). Apollodoro finalm
me abbiamo riferito, fu fatta morire da Giunone, perchè erasì vantata di essere più bella di Ici (b). Orione ; cresciuto i
fu fatta morire da Giunone, perchè erasì vantata di essere più bella di Ici (b). Orione ; cresciuto in età, si recò nell’
più bella di Ici (b). Orione ; cresciuto in età, si recò nell’ Isola di Chio appresso Enopione, ove tentò d’insultare la
recò nell’ Isola di Chio appresso Enopione, ove tentò d’insultare la di lui moglie, Erope. Enopione per vendicarseno gli
e. Passò Orione in Lenno, e da Vulcano vi ricevette per guida uno de’ di lui ministri, chiamato Cedalione. Da di là si tra
i ricevette per guida uno de’ di lui ministri, chiamato Cedalione. Da di là si trasferì in Orieute appresso il Sole, da cu
Dea lo uccise co’ dardi, perchè volle fat violenza ad Opi, una delle di lei seguaci (e), ovvero a lei stessa, come dice N
dice Nicandro (f). (5). Ovidio racconta, che Orione perì d’un morso di scorpione, che la Terra produsse per punirlo d’es
lo d’essersi vantato, che non eravi bestia, cui egli non fosse capace di fare resistenza (g). Lucano vuole, che il predett
ntendere a’ Tebani, che non se ne libererebbono se non col sacrifizio di due Principesse, le quali avessero tratta la loro
ipesse, le quali avessero tratta la loro origine dagli Dei. Le figlie di Orione, per salvate la loro patria, si trapassaro
Dalla terra, bagnata da quel sangue, sorsero due stelle, che in forma di corona s’innalzarono al Cielo (b). Ovidio pretend
mava sulla terra (d). (b). Ovid. Metam. l. 11. (7). Chione in età di quindici anni fu incontrata nella Bassa Tessaglia
a Tessaglia, sua patria, da Apollo e da Mercurio, l’uno de’ quali era di ritorno da Delfo, e l’altro dal monte Cilleno. I
al monte Cilleno. I due Numi se ne invaghirono, e la rendettero madre di Autolico e di Filammone, de’ quali parleremo. La
no. I due Numi se ne invaghirono, e la rendettero madre di Autolico e di Filammone, de’ quali parleremo. La morte poi di C
o madre di Autolico e di Filammone, de’ quali parleremo. La morte poi di Chione destò in Dedalione, suo padre, tale affliz
molto si rassomigliò Epimenide, Poeta Epico, nato in Creta, e figlio di Agiasarcò. Costui, entrato in un antro per riposa
orito dagli Dei. Gli Ateniesi lo chiamarono nella loro città al tempo di Solone, ed egli molto giovò ad essi co’consigli e
ad essi co’consigli e colle predizioni. Dicesi, che sia morto in età di dugento ottanta nove anni, e che dopo morte sia s
abbia partorito i tre figliuoli, Peone, Epeo, ed Etolo, e una figlia, di nome Euridice(d). Endimione propose la succession
scia venne chiamata Peonia. Notisi per ultimo, che secondo l’opinione di alcuni vi furono due Endimioni, quello cioè, di c
he secondo l’opinione di alcuni vi furono due Endimioni, quello cioè, di cui abbiamo parlato, e l’altro, Pastore delle mon
(f). Declaustre Diction. Mythol. (10). Altri dicono, che il nome di Dittinna fu dato alla stessa Britomarti, perchè e
dato alla stessa Britomarti, perchè essa fu l’inventrice delle reti, di cui si servono i cacciatori ; o perchè ella fu ra
atori, allorchè si precipitò nel mare per sottrarsi alle persecuzioni di Minos(a). (a). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
. Rhod. l. 13. (f). Declaustre Diction. Mythol. (12). E’opinione di Plutarco, che sotto il nome di Libitina si ricono
re Diction. Mythol. (12). E’opinione di Plutarco, che sotto il nome di Libitina si riconoscesse Venere Epitimbia, così d
cuno cadeva in gravissima malattia. Subito sì poneva alla porta della di lui casa un ramo di ranno, e uno d’alloro(d). Il
ssima malattia. Subito sì poneva alla porta della di lui casa un ramo di ranno, e uno d’alloro(d). Il primo per allontanar
per allontanare i cattivi Spiriti, affinchè essi non s’impadronissero di quell’anima. Spirato l’infermo, uno de’propinqui
il volto, e se ne lavava e ungeva il corpo. Questo dipoi si cuopriva di preziosa e splendida veste, e sì ornava di fiorit
. Questo dipoi si cuopriva di preziosa e splendida veste, e sì ornava di fiorite corone e di verdi tami : Io che si faceva
opriva di preziosa e splendida veste, e sì ornava di fiorite corone e di verdi tami : Io che si faceva da certi Ministri,
a verso la porta. Oltre le amare lagrime e i singulti si si aspergeva di cenere il capo(b). In Grecia i maschi al tempo di
lti si si aspergeva di cenere il capo(b). In Grecia i maschi al tempo di lutto nutrivano la chioma, e le femmine la recide
ti sul petto del morto, come ultimo dono. Molti altri esterni eccessi di dolore si manifestavano allora, strappatura cioè
i esterni eccessi di dolore si manifestavano allora, strappatura cioè di capelli, lacerazione del petto e de’fianchi sino
si contro i tempj, e se ne rovesciavano gli altari. I Ministri poscia di Libitina, detti Libitinarj, somministravano tutto
ch’era necessario pel funerale. Davasi in mano al morto una focaccia di miele e di papavero, onde Cerbero al vederla non
essario pel funerale. Davasi in mano al morto una focaccia di miele e di papavero, onde Cerbero al vederla non abbajasse c
di miele e di papavero, onde Cerbero al vederla non abbajasse contro di lui, mentre entrava nell’Inferno, e in bocca gli
trava nell’Inferno, e in bocca gli si riponeva per Caronte la moneta, di cui abbiamo parlato. I Greci ponevano anche alla
apelli tagliati del morto(a). La pompa funebre in Roma sempre seguiva di notte, e nella Grecia prima del nascere del Sole.
tti parenti, e anche da’personaggi i più illustri della città, se era di grado distinto. Precedevano i littori co’fasci, c
asci, ch’erano scuri, attaccate ad un manico, attorniato da un fascio di verghe. Oltre i fasci vi si portavano anche le In
rne più splendida la pompa, eranvi fiaccole e trombe, se il morto era di nobile condizione, oppure tibie, se volgare e pov
di nobile condizione, oppure tibie, se volgare e povero(d). Al suono di tali strumenti certe prezzolate donne, dette Pref
nne, dette Prefiche, intuonavano le Nenie, ch’erano lamentevoli versi di lode al defonto(a). Dicono che alla ceremonia di
no lamentevoli versi di lode al defonto(a). Dicono che alla ceremonia di queste donne presiedesse la Dea Nenia, a cui i Ro
ici e i parenti. Presso i Romani i figli comparivano col capo coperto di velo nero, e le figlie scoperte, e co’capegli sca
si abbruciare o soppellire. Se si abbruciava, ciò si faceva nel campo di Marte, che trovavasi fuori della città. Le ceremo
e, furono già da noi altrove esposte. Quì notiamo, che non si usò mai di abbruciare i fanciulli, i quali non ancor aveano
singolarmente d’appio. I Romani vlaggiungevano cette berette, o mitre di lana, dette tenie. Il funerale terminava coll’Epu
he Silicernj. Questi erano banchetti, i quali consistevano in offerte di fave, lattuca, pane, ova, lenticchia, sale, focac
ossero immuni dalle pene, e che potessero venire sulla terra a godere di que’cibi. Era grave delitto il toccare alcuna di
sulla terra a godere di que’cibi. Era grave delitto il toccare alcuna di quelle offerte(c). Nelle cene de’morti si parlava
o de’funerali si deponevano i predetti abiti, e si facevano libazioni di vino, latte, e sangue. Prima si usava un liquore,
i Ourificava dall’infezione contratta in quella circostanza. I giorni di tale ceremonia si dicevano Denicali(a). Notiamo p
ol. (14). Altri dicono che Diana fu detta Lafria, da Lafrio, figlio di Delfo, che le eresse il predetto tempio(c). (b).
. 3. (15). V’è chi pretende, che le Caneforie si facessero in onore di Minerva o di Bacco dalle giovani Ateniesi, onde r
V’è chi pretende, che le Caneforie si facessero in onore di Minerva o di Bacco dalle giovani Ateniesi, onde riuscisse feli
). Antonino Liberale vuole che Toante, re della Tauride, fosse figlio di Boristene(e). Gli altri Antichi nionte parlano de
fosse figlio di Boristene(e). Gli altri Antichi nionte parlano della di lui origine. (e). Declaustre Diction. Mythol.
). Apollodoro dice, che Cinira nacque da Tanace, e da Sandoco, figlio di Faetonte, e nipote di Titone e d’Aurora (b). (e)
e Cinira nacque da Tanace, e da Sandoco, figlio di Faetonte, e nipote di Titone e d’Aurora (b). (e). Erasm. Adag. tit. D
ulle rive dell’Ellesponto, soggiornava Erone, bellissima sacerdotessa di Venere. Sull’opposta riva del predetto mare trova
mamente amata. Egli non poteva trattenerri cella stessa, che passando di notte lo Stretto a nuoto. Erone teneva una face a
nè avendo forze bastanti a superarlo, si annegò. Le onde spinsero il di lui corpo sulle rive di Sesto, dove Erone la matt
i a superarlo, si annegò. Le onde spinsero il di lui corpo sulle rive di Sesto, dove Erone la mattina seguente lo riconobb
inquietudine ; e che la giovine gli significò la sua impaziente brama di rivederlo (a). (b). Catull. Epigr. 51. & 61
. Riguardo alle Genetillidi, Suida le considera come Genj del seguito di Venere. (a). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (
a, la quale rendeva attivi i pigri (c). A questa davasi anche il nome di Agenoria o Agenora dal verbo latino agere, operar
Buon-Senso ebbe un altro tempio, eretto da M. Marcello dopo la presa di Siracusa (e). (c). Declaustre Diction. Mythol.
e fruttiferi. Priapo rappresentasi colle corna d’irco, colle orecchie di capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’a
sentasi colle corna d’irco, colle orecchie di capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’alloro. Le di lui statue qua
lle corna d’irco, colle orecchie di capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’alloro. Le di lui statue qualche volta
recchie di capra, e con una corona di foglie di vigna, o d’alloro. Le di lui statue qualche volta sono acompagnate da stro
paurice gli uccelli (a). Que’di Lampoaco erano i più dedicatial culto di questo Dio. Le teste, ch’eglino celebravano a di
più dedicatial culto di questo Dio. Le teste, ch’eglino celebravano a di lui onore, erano dette Fallalogie. Le altre cerem
, colle quali Atene venerava il sozzo Dio, Conisalo : anzi è opinione di molti, che l’uno e l’altro fossero la stessa Deit
lla Grocia, vicini a Corinto, da’quali egli preso anche il soprannome di Orneate (b). Anche le giovani di Colofone, città
quali egli preso anche il soprannome di Orneate (b). Anche le giovani di Colofone, città della Jonia, celebravano le Feste
, città della Jonia, celebravano le Feste, denominate Ornee, in onore di Priapo (c). Notisi per ultimo, che quale era Pria
na certa questione, lo uccise (d). (8). Imene, o Imeneo era fornito di ranissima bellezza, ma povero, e di abbietti nata
(8). Imene, o Imeneo era fornito di ranissima bellezza, ma povero, e di abbietti natali. Egli s’invaghì d’una giovine del
ti natali. Egli s’invaghì d’una giovine della sua città, ma non oszva di manifestarle il suo amore, perchè ella era di nob
sua città, ma non oszva di manifestarle il suo amore, perchè ella era di nobile prosapia ; e contentavasi di seguirla, ovu
rle il suo amore, perchè ella era di nobile prosapia ; e contentavasi di seguirla, ovunque se ne andava. Sotto mentite spo
donne Ateniesi, allorchè lungo le rive del mare celebravano i Misterj di Cerere, a’quali anche l’oggetto da lui amato dove
i amato doveva intervenire. Avvenne, che certi Pelasgi rapirono parte di quelle femmine, e le trasportarono ad altra remot
mise tutti a morte, ritornò ad Atene, raccontò l’avvenuto, e promise di ricondurvi tutte le rapite donne, qualora gli si
e, e gli tessero un’illustre genealogia. Gli uni lo dissero figliuolo di Bacco e di Venere, come abbiarno detto ; altri vo
ssero un’illustre genealogia. Gli uni lo dissero figliuolo di Bacco e di Venere, come abbiarno detto ; altri vollero, che
nalmente lo fecero discendere da Bacco e da Urania. Egli ha la figura di giovine biondo, coronato di fiori, con face nella
e da Bacco e da Urania. Egli ha la figura di giovine biondo, coronato di fiori, con face nella destra, e con velo di color
giovine biondo, coronato di fiori, con face nella destra, e con velo di color giallo nella sinistra, perchè con quello, c
empo delle loro nozze (a). Quando i Romani rapirono le Sabine, alcuni di loro destinarono in moglie la più bella di quelle
rapirono le Sabine, alcuni di loro destinarono in moglie la più bella di quelle a Talassio, giovine adorno non meno di val
in moglie la più bella di quelle a Talassio, giovine adorno non meno di valore, che di altre virtù. Anche quel matrimonio
iù bella di quelle a Talassio, giovine adorno non meno di valore, che di altre virtù. Anche quel matrimonio riuscì felicis
da’Beozj e da’Locresi era onorata come Dea delle nozze Euclia, sulla di cui ara se gli sposi non facevano libazione, non
erano anch’esse Divinità, oltre le quali i Poeti niente immaginarono di più leggiadro e bello. Gli Spartani ne riconobber
frosine, ed Egiale (e). I moderni Scrittori però diedero loro il nome di Talia, Eufrosine, e Aglaia (f). In un antico Monu
i per la vivacità del loro spirito, e per la loro bellezza moritarono di essere denominate le Grazie (g). Anche Suadela fu
i) ; e Lattanzio da Giove e da Armonia (l). Questi dà a Talia il nome di Pasitea, come no le dà quello di Pitone(a). Orfeo
monia (l). Questi dà a Talia il nome di Pasitea, come no le dà quello di Pitone(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di G
e di Pasitea, come no le dà quello di Pitone(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Auton
come no le dà quello di Pitone(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Autonoe(c) ; ed al
o di Pitone(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Autonoe(c) ; ed altri di Egle e del So
(a). Orfeo le dice figlie di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Autonoe(c) ; ed altri di Egle e del Sole(d). Esio
di Eunomia e di Giove(b) ; altri di Giove e di Autonoe(c) ; ed altri di Egle e del Sole(d). Esiodo finalmente dice, ch’el
Carisie, perchè elleno da’Greci venivano denominate Cariti. Al tempo di quelle Feste si danzava tutta la notte, e chi più
iù resisteva alla fatica e al sonno, riportava in premio una focaccia di miele, e delle confetture(g). Le Grazie erano ris
me le Dee della riconoscenza. Ciò veniva espresso anche dalla maniera di rappresentarle. Comparivano giovani, perchè la me
ecchiare ; vivaci, perchè è d’uopo beneficare con prontezza ; in atto di stringerci vicendevolmente le mani, perchè l’un l
e a regolarne il culto(a). (10). Variano i Mitologi sulla genealogia di Cupido. Simonide lo vuole nato da Venere e da Mar
). Finalmente Platone racconta, che, solennizzando gli Dei la nascita di Venere, Poro, Dio dell’abbondanza, si ubbriacò, e
’abbondanza, si ubbriacò, e rendette Penia, Dea della pover tà, madre di Cupido, il quale poscia fu stabilito al servigio
a pover tà, madre di Cupido, il quale poscia fu stabilito al servigio di Venere(e). Questa Dea, osservando, che Cupido non
iede alla luce Antero, ossia Contra-Amore. Tuttavia ambedue restatono di piccola statura(f). E’famosa l’Istoria del matrim
ue restatono di piccola statura(f). E’famosa l’Istoria del matrimonio di Cupido con Psiche. I genitori di questa consultar
). E’famosa l’Istoria del matrimonio di Cupido con Psiche. I genitori di questa consultarono Apollo intorno i di lei spons
Cupido con Psiche. I genitori di questa consultarono Apollo intorno i di lei sponsali, e n’ebbero in risposta, che dovesse
gni altro Nume. La giovine fu situata, ove Apollo avea indicato, e da di là il vento Zefiro la trasferì in un luogo delizi
ento Zefiro la trasferì in un luogo delizioso, e risplendente d’oro e di gemme preziose. Essa non vi trovò alcuno, ma solo
itarono a trattenervisi, ed era servita da invisibili Ninfe. In tempo di notte lo sposo recavasi a visitarla ; e come nasc
ra Cupido. Una goccia d’oglio cadde per accidente dalla lampada sopra di lui, e lo svegliò. Diede egli contrassegni di rin
nte dalla lampada sopra di lui, e lo svegliò. Diede egli contrassegni di rincrescimento, perchè Psiche erasi dimostrata co
ne la trattenne. Ella andò a cercarlo da per tutto, nè ebbe riguardo di ricorrere per fino a Venere, benchè sapesse, quan
per fino a Venere, benchè sapesse, quanto era quella irritata contro di lei. La Dea la diede in balia di due serve, chiam
e, quanto era quella irritata contro di lei. La Dea la diede in balia di due serve, chiamate la Tristezza e la Solitudine,
a e l’altra avessero a sempre più cruciarla. Venere poscia le commise di sottop orsi a varj travagli, i quali sembravano s
ise di sottop orsi a varj travagli, i quali sembravano superiori alle di lei forze. Un invisibile soccorso rese Psiche cap
uperiori alle di lei forze. Un invisibile soccorso rese Psiche capace di eseguire tutte quelle ardue imprese ; ma avendo d
scendere nell’Inferno per raccorre in un vaso porzione della bellezza di Proserpina, nel ritornarsene da di là, aprì per c
in un vaso porzione della bellezza di Proserpina, nel ritornarsene da di là, aprì per curiosità il vaso, che dovea tenere
o dopo al Cielo, e ottenne da Giove, che Venere non si opponesse alle di lui nozze con Psiche. Costei finalmente fu da Mer
l 8. (b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (1). Il vero nome della nutrice di Nettuno era, Sinousa, ma poi fu detta Arno, perch
rino fosse una balena. La misera Esione (tal’era il nome della figlia di Laomedonte) legata ad un sasso sull’orlo del mare
allorchè il mostro era per divorarla, Ercole ne la liberò, perchè il di lei padre aveagli promesso in premio certi cavall
li d’origine divina. Restituita la figlia a Laomedonte, questi ricusò di dare la pattuita ricompensa. Ercole, assistito da
di dare la pattuita ricompensa. Ercole, assistito da Euripilo, figlio di Desameno, re d’Olene, e da Oicleo, figlio d’Anrif
o di Desameno, re d’Olene, e da Oicleo, figlio d’Anrifato o Tifato, e di Zeusippa, figlia d’Ippocoone, mise a sacco Troja,
e la morte a colui, prese Esione, la stabilì in moglie a Telamone, re di Salamina, il più caro de’suoi seguaci, e fece pri
il più caro de’suoi seguaci, e fece prigioniero anche Podarce, figlio di Laomedonte. Esione ricercò di poter condurre seco
fece prigioniero anche Podarce, figlio di Laomedonte. Esione ricercò di poter condurre secolei in Salamina il fratello, P
a, se non a patto, che Podarce avesse continuato a servire in qualità di schiavo, ovvero che Esione lo avesse riscattato c
olei offerì un pennacchio libero, e ricevette da quel momento il nome di Priamo, che conservò poi per tutto il tempo della
amo, che conservò poi per tutto il tempo della sua vita(b). Nè è fuor di proposito il riferire altresì a questo luogo il f
ove il fiume Criniso, convertitosi in orso o cane, la rendette madre di Aceste. Questi fabbricò una città, e la chiamò Se
Capricorno(d). (5). Leche e Cencreo diedero i loro nomi a due porti di Corinto. Cencreo rimase ucciso da Diana. Pirene p
vallo Pegaso bevette alla medesima, primachè Bellerofonte si servisse di lui per combattere la Chimera(e). (6). Nereo pos
di lui per combattere la Chimera(e). (6). Nereo possedeva la scienza di presagire le cose futute. Orazio disse ch’egli an
e cose futute. Orazio disse ch’egli annunziò a Paride tutto quel, che di tristo era per accadere alla sua patria a motivo
el, che di tristo era per accadere alla sua patria a motivo del ratto di Elena, di cui parleremo(f). Pretendesi, ch’egli s
tristo era per accadere alla sua patria a motivo del ratto di Elena, di cui parleremo(f). Pretendesi, ch’egli sia stato p
e, dov’erano i pomi d’oro, de’quali pur ragioneremo(b). Questo figlio di Nettuno per lo più soggiornava nel mare Egeo, cir
Poeti era un Nume del mare antichissimo, e creduto figlio d’Oceano e di Teti (d). (7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Ocea
o d’Oceano e di Teti (d). (7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Oceano e di Teti, e non di Nettuno e di Fenice (e). Torone gl
Teti (d). (7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Oceano e di Teti, e non di Nettuno e di Fenice (e). Torone gli partorì due s
7). Alcuni fanno Proteo figlio d’Oceano e di Teti, e non di Nettuno e di Fenice (e). Torone gli partorì due scellerati fig
, egli alfine ripigliava il suo primiero aspetto, e rispondeva a ciò, di che veniva interrogato, come vedremo altrove. Dic
ltimo che Proteo pascesse sott’acqua le Foche, ossia i Vitelli marini di Nettuno (a). V’è chi lo confonde cori Vertunno, D
i, perchè anche questi prese diverse figure per conciliarsi l’affetto di Pomona, Dea degli orti (b). Vertunno, non avendo
amorosi eccitamenti, si trasformò anche in vecchia, entrò negli orti di lei, fece mostra di ammirarne la coltura, e si st
, si trasformò anche in vecchia, entrò negli orti di lei, fece mostra di ammirarne la coltura, e si studiò di persuadere q
ò negli orti di lei, fece mostra di ammirarne la coltura, e si studiò di persuadere quella Dea ad unirsi con Vertunno in m
ciò che bramava ; ma finalmente l’ottenne, quando prese le sembianze di vago giovine (c). Vertunno aveva in Roma un tempi
n sapeva decidere, se cosa sì nuova si fosse prodotta o dalla potenza di qualche Deità, o dalla efficacia di quel terreno.
si fosse prodotta o dalla potenza di qualche Deità, o dalla efficacia di quel terreno. Credette alfine, che nell’erbe del
e virtù ; ne gustò alcune, e tosto si sentì trasportare dal desiderio di cangiare natura. Non potendo più starsene fermo i
olsero gli Dei marini, e pregarono Oceano e Teti, che lo spogliassero di tutto ciò, ch’era mortale. Il di lui corpo fu ass
o Oceano e Teti, che lo spogliassero di tutto ciò, ch’era mortale. Il di lui corpo fu assoggettato alla lavanda di cento f
tto ciò, ch’era mortale. Il di lui corpo fu assoggettato alla lavanda di cento fiumi, ed esso divenne diverso da quel di p
ggettato alla lavanda di cento fiumi, ed esso divenne diverso da quel di prima (a). A Glauco si attribuiva la cognizione d
uco si attribuiva la cognizione dell’avvenire ; e dicevasi che Nereo, di cui abbiamo favellato, lo avesse costituito suo i
è tutto questo avvenisse, Glauco s’invaghì della bella Scilla, figlia di Tifone (c), o di Forco ; e vedendosene disprezzat
venisse, Glauco s’invaghì della bella Scilla, figlia di Tifone (c), o di Forco ; e vedendosene disprezzato, ricorse a Circ
ea e figlia del Sole, più meritamente poteva divenire l’oggetto della di lui tenerezza. Non ascoltò Glauco siffatte insinu
e vissuta. Circe, estremamente sensibile a questa ripulsa, si propose di sfogare il suo sdegno colla misera Scilla, e co’v
i teste e dodici piedi. Altri dissero, ch’ella comparve con sei reste di cane, e col rimanente del corpo, simile a quello
diede dodici piedi e sei teste, ciascuna delle quali aveva tre ordini di denti spaventevoli (a). Si aggiunse, ch’ella aves
e ordini di denti spaventevoli (a). Si aggiunse, ch’ella avesse occhi di fuoco, e ogni collo di talelunghezza, che poteva
ntevoli (a). Si aggiunse, ch’ella avesse occhi di fuoco, e ogni collo di talelunghezza, che poteva trarre a se perfino le
trate la fallacia della predizione, si appressò alle libbra una tazza di vino, raccolto da quella vigna. Nel momento stess
un certo a riferirgl, che un grandissimo cinghiale guastava tutta la di lui vigna. Anceo tosto gettò via il ticchiere, co
vicina a quella d’Egina. Cencreo ne divenne il re, e le diede il nome di sua madre (a). (11). Tafio ebbe per madre Ippoto
Tafio ebbe per madre Ippotoe, nata da Nestore, e da Lisidice, figlia di Pelope. Egli divenne re delle Isole Teleboidi, le
Pelope. Egli divenne re delle Isole Teleboidi, le quali poi dal nome di lui furono delle Tafie. Sposò una Ninfa, e la ren
nome di lui furono delle Tafie. Sposò una Ninfa, e la rendette madre di Pterelao (b). (12). Beto o Boeto, ed Eolo ebbero
ppa. Eglino erano stati esposti alle bestie feroci. Metaponte, figlio di Sisifo, era allora per ripudiare Teano, sua mogli
arito d’averli essa partoriti. Qualche tempo dopo colei divenne madre di due figli, e osservando che Metaponte amava con d
ando che Metaponte amava con della preferenza i due primi, si propose di farli perire. Crebbero i di lei figli naturali, e
della preferenza i due primi, si propose di farli perire. Crebbero i di lei figli naturali, ed ella li eccitò ad effettua
suo progetto. Trovatisi tutti quattro in un luogo solitario, i figli di Teano si avventarono contro gli altri due per ucc
i suoi figliuoli, li istruì della loro nascita, e della trista sorte di Melanippa, la quale dal giorno, in cui eglino nac
Eolo si affrettarono a liberarnela. Metaponte, conosciuta la perfidia di Teano, la rigettò, e prese in moglie Melanippa (c
teo ebbe per madre Celene, figlia d’Atlante(a). Secondo Ovidio era re di Lesbo(b) ; secondo Pausania poi era re di Tebe ne
e(a). Secondo Ovidio era re di Lesbo(b) ; secondo Pausania poi era re di Tebe nella Beozia(c). Sposò Amaltea Cretese, da c
asa, la abbandonò, come abbiamo altrove raccontato, a’ maltrattamenti di Dirce, sua moglie(e). (14). La madre di Tritone
accontato, a’ maltrattamenti di Dirce, sua moglie(e). (14). La madre di Tritone secondo Esiodo(f), Apollodoro(g), e quasi
Tritone, come un Dio possente, che regna negli abissi del mare, e il di cui uffizio principale è quello di far cessare le
regna negli abissi del mare, e il di cui uffizio principale è quello di far cessare le procelle. Gli Antichi lo rappresen
’ furori del padre, si precipitò nel mare, e venne portato sull’Istmo di Corinto. Sisifo, re di quel luogo, gli diede sepo
precipitò nel mare, e venne portato sull’Istmo di Corinto. Sisifo, re di quel luogo, gli diede sepoltura, instituì i prede
iede sepoltura, instituì i predetti Giuochi Istmici, e cangio il nome di lui in Palemone, e quello d’Ino in Leucotea. V’è
Palemone, e quello d’Ino in Leucotea. V’è chi soggiunge, che il corpo di Melicerta, essendo rimasto insepolto sul predetto
mare, se prima non si fossero celebrati de’ giuochi funebri in onore di Melicerta. Ciò si fece solamente per qualche temp
inuò. Allora fu, che nuovamente per consiglio dell’Oracolo si stabilì di ripigliare per sempre gli anzidetti Giuochi. Altr
i. Altri pretendono, che questi sieno stati instituiti in onore prima di Nettuno, e poi di Melicerta(a). Plutarco poi tutt
o, che questi sieno stati instituiti in onore prima di Nettuno, e poi di Melicerta(a). Plutarco poi tutto all’opposto la d
Finalmente Museo riferisce, che su quell’Istmo si facevano due sorta di Giuochi, l’uno per onorare Nettuno, e l’altro Mel
tennero come Divinità marine ; che a Melicerta si diede anche il nome di Portuno ; e ch’egli si dipinse con una chiave in
gli si offerirono in sacrifizio perfino de’ fanciulli(e). Nel tempio di Nettuno in Corinto Portuno aveva un altare, e una
quale pure gli si sacrificava. Qualunque spergiuro, che avesse osato di mettervi piede, ne restava tosto dal Nume severam
e in Roma aveva un tempio vicino al ponte Emilio, in un bosco ripieno di pini. Portuno ebbe altresì delle Feste, dette Por
ultima denominazione dal re de’Venti, ch’era Eolo, figlio d’Ippoto, o di Giove(h). Eutidemo Ateniese gli dà per madre Mene
(a). E quì parlando d’Eolo, notiamo altresì, ch’egli ebbe una figlia, di nome Alcione. Costei amò grandemente Ceice, il qu
sse indarno voti ed offerte, ordinò ad Iride che commettesse al Sonno di far sapere ad Alcione per sogno l’infortunio del
mettesse al Sonno di far sapere ad Alcione per sogno l’infortunio del di lei marito, Ceice. Così si fece ; Morfeo, spedito
, Ceice. Così si fece ; Morfeo, spedito dal Sonno, prese il sembiante di Ceice, squallido e grondante d’acqua ; e presenta
del fiume Eveno, moglie d’Ideo, e primieramente chiamata Marpesia. Il di lei marito usò dell’arco e delle saette per riave
ebbe un’altra figlia, detta Tanagre, la quale sposò Pemandro, figlio di Cheresilao, e visse sì lungo tempo, che acquistò
lio di Cheresilao, e visse sì lungo tempo, che acquistò il soprannome di Grea, ossia Vecchia (a). Notiamo per ultimo ; che
nere, affinchè non nuocesse. Ella aveva un tempio nella prima Regione di Roma(c). Anche Panda o Pantica fu da’ Romani tenu
inarono tale dall’aprire ch’ella faceva le porte delle città in tempo di pace(e). Elio, citato da Varrone(f), crede, ch’el
eor. (d). Nat. Com. Mythol. l. 4. (e). Suid. (1). Gli abitanti di Aliarte, città della Beozia, alzarono un tempio a
ia e Aulide, figlie d’Ogige(a). (a). Paus. l. 8. (2). Eneo, figlio di Partaone, e re d’Etolia, celebrò una festa in ono
. Eneo, figlio di Partaone, e re d’Etolia, celebrò una festa in onore di tutti gli Dei per ringraziarli dell’abbondante ra
o degli altri Numi ne fu onorato con vittime e incensi. I soli altasi di Diana erano restati negletti. La Dea, spinta dall
stare i Territorj d’Etolia. Meleagro, figliuolo dell’anzidetto Eneo e di Altea, colla più scelta gioventù si accinse a far
far argine a tanta rovina. Comparve tra quelli anche Atalanta, figlia di Jasio, o Scheneo, re degli Argivi. Era questa mol
o. Un’orsa la aveva allattata, ed ella erasi consecrata agli esercizj di Diana. Nella selva Calidonia si raccolsero i pred
te colpì con una saetta la fiera sotto un orecchio, e ne vide asperso di sangue l’ispido corpo. Se fastosa ne andava la gi
scambievolmente, scagliarono le loro frecce con disordine e pericolo di nuocere l’uno all’altro. A Meleagro finalmente ri
e e pericolo di nuocere l’uno all’altro. A Meleagro finalmente riuscì di uccidere l’orrendo Cinghiale con uno spiedo, stro
e l’orrendo Cinghiale con uno spiedo, stromento, usato da’ cacciatori di fiere. Ei chiamò a parte della sua gloria Atalant
vennero per invidia tolte alla giovine da Plesippo e Tosseo, fratelli di Altea, madre di Meleagro. Meleagro non potè compo
dia tolte alla giovine da Plesippo e Tosseo, fratelli di Altea, madre di Meleagro. Meleagro non potè comportare l’affronto
i Meleagro. Meleagro non potè comportare l’affronto, e privò Plesippo di vita. Uccise pure Tosseo, accorso a prestare socc
o a prestare soccorso al fratello. La fama divulgatasi della vittoria di Meleagro avea mosso Altea a rere ne’ tempj prezio
eleagro avea mosso Altea a rere ne’ tempj preziosi doni in rendimento di grazie a’ Numi. Ad amareggiare il di lei contento
empj preziosi doni in rendimento di grazie a’ Numi. Ad amareggiare il di lei contento si presentarono agli occhi suoi i ca
eggiare il di lei contento si presentarono agli occhi suoi i cadaveri di Plesippo e di Tosseo, che si portavano a seppelli
lei contento si presentarono agli occhi suoi i cadaveri di Plesippo e di Tosseo, che si portavano a seppellire in città. C
ell’autore dello scempio, che al cordoglio sottentrò un genio barbaro di vendetta. Ella si ricordò, che nell’istante di pa
entrò un genio barbaro di vendetta. Ella si ricordò, che nell’istante di partorire Meleagro, le Parche le aveano manifesta
nte di partorire Meleagro, le Parche le aveano manifestato il destino di quel fanciullo. Cloto le disse, ch’egli sarebbesi
n nome col suo coraggio ; Lachesi soggiunse, che sarebbe stato dotato di straordinaria fortezza ; e Atropo, gettato ad ard
ad ardere un tronco nel fuoco, dichiarò che Meleagro avrebbe cessato di vivere, qualora quel tronco si fosse ridotto in c
qualora quel tronco si fosse ridotto in cenere. Si ricordò altresì la di lui madre, ch’ella, balzata tosto di letto, avea
in cenere. Si ricordò altresì la di lui madre, ch’ella, balzata tosto di letto, avea sottratto il tizzone alle fiamme, e i
, e il teneva custodito con tutta gelosia in un luogo secreto. Memore di tutto ciò, e trasportata dal furore, gettò nel fo
bbruciarlo. Lontano si trovava allora il figlio, e niente consapevole di sua sciagura, quando all’improvviso si sentì arde
erna violentissima fiamma. Non ne comprendeva la causa, e si studiava di superare col coraggio lo spasimo. Finalmente al l
’orrore e dal rimorso della sua colpa trafittasi il petto, mancò pure di vita. Furono indicibili i lamenti e la smanie del
ò pure di vita. Furono indicibili i lamenti e la smanie delle sorelle di Meleagro, dette Meleagridi. Fu altresì estrema la
Meleagridi. Fu altresì estrema la desolazione della bella Cleopatra, di lui moglie, e figlia d’Ida e di Marpesa. Ella fu
la desolazione della bella Cleopatra, di lui moglie, e figlia d’Ida e di Marpesa. Ella fu soprannominata Alcione, perchè,
ne, avea pianto la morte del suo marito. Diana alla fine, soddisfatta di tali e tante vendette, convertì le Meleagridi in
ea, Eneo prese in moglie Peribea, figlia d’Ipponoo, che divenne madre di Tideo, padre di Diomede. Eneo poi dopo la morte d
n moglie Peribea, figlia d’Ipponoo, che divenne madre di Tideo, padre di Diomede. Eneo poi dopo la morte di Meleagro fu de
che divenne madre di Tideo, padre di Diomede. Eneo poi dopo la morte di Meleagro fu detronizzato, e scacciato dal regno p
la morte di Meleagro fu detronizzato, e scacciato dal regno per opera di Agrio, suo cugino. Fu in seguito ristabilito sul
nuove sciagure, lasciò il governo ad Andremone, suo genero, e stabilì di ritirarsi nell’Argolide. Morì per viaggio, e il s
te in una città del Territorio d’ Argo, la quale portò poscia il nome di Enea (a). (b). Rhod. 14. (3). Non si sa, se qu
me di Enea (a). (b). Rhod. 14. (3). Non si sa, se quel Callicrate, di cui si parlò, fosse quel medesimo, il quale fece
e sotto l’ala d’una mosca ; scrisse dei versi d’ Omero sopra un grano di miglio ; e fermò delle formiche, di cui non era p
dei versi d’ Omero sopra un grano di miglio ; e fermò delle formiche, di cui non era possibile distinguerne le membra (b).
 2. (a). Ovid. Met. l. 6. (4). Era cattivo augurio, quando le tele di ragno si attaccavano alle Insegne militari (c).
chaeol. Graec. l. 2. (7). Gli Ateniesi solevano descrivere nel Peplo di Minerva anche i nomi de’ benemeriti della Repubbl
oeti aggiungono che Erittonio, avendo osservato ch’egli aveva i piedi di dragone, percelare la sua deformità, inventò, l’u
. Ovid. Met. 2. (10). Altri ad altra cagione attribuiscono la morte di Aglauro o Agraulo. Pretendesi, che sotto il regno
uiscono la morte di Aglauro o Agraulo. Pretendesi, che sotto il regno di Cecrope una crudele malattia desolasse Atene. L’O
molarsi pel pubblico bene. Aglauro lo fece col precipitarsi dall’alto di una torre. Gli Ateniesi per riconoscenza le innal
un tempiob. Ella ebbe pure onori divini e vittime umane in Ciproc. A di lei onore si celebrarono altresì le Feste Plinter
altresì le Feste Plinterie, al tempo delle quali, si lavava la statua di Minerva, e il tempio di questa Dea stava chiuso i
ie, al tempo delle quali, si lavava la statua di Minerva, e il tempio di questa Dea stava chiuso in Atene. I giorni di que
di Minerva, e il tempio di questa Dea stava chiuso in Atene. I giorni di quelle Feste erano riputati funesti. Parimenti si
quelle Feste erano riputati funesti. Parimenti si celebrava in onore di Erse la Festa Arreforia, di cui abbiamo parlato,
funesti. Parimenti si celebrava in onore di Erse la Festa Arreforia, di cui abbiamo parlato, e la quale perciò diceasi an
ia, e Procride. Elleno sì strettamente si amavano, che aveano giurato di non sopravvivere le une alle altre. Il padre sacr
i stessi popoli ogni anno gli sacrificavano tori e agnelli nel tempio di Minerva (b). Egli, come riferisce lo Scoliaste di
agnelli nel tempio di Minerva (b). Egli, come riferisce lo Scoliaste di Apollonio, ebbe anche un figlio, di nome Falero,
Egli, come riferisce lo Scoliaste di Apollonio, ebbe anche un figlio, di nome Falero, che fu uno degli Argonauti. Questi,
n figlio, di nome Falero, che fu uno degli Argonauti. Questi, al dire di Pausania, fu autore di quel porto in Atene, che f
o, che fu uno degli Argonauti. Questi, al dire di Pausania, fu autore di quel porto in Atene, che fu poi detto Falereo (c)
loro Deità acquistassero forma umana, adoravano Marte sotto la figura di un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella di
rte sotto la figura di un’ asta, come facevano gli Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribuito
a, come facevano gli Sciti sotto quella di una spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribuito a Marte, anche Romolo, di lui
spada(a). Dal nome poi di Quirite, attribuito a Marte, anche Romolo, di lui figliuolo, si chiamò Quirino. Altri soggiungo
chiamò Quirino. Altri soggiungono, che un certo Giulio Proculo, uomo di singolare probità, testificò dopo la morte di Rom
to Giulio Proculo, uomo di singolare probità, testificò dopo la morte di Romolo al Senato, ch’egli lo avea veduto rivestit
e d’ esserne il protettore ; conchiuse, che Romolo medesimo ricercava di venire adorato da’ suoi sotto il nome di Quirino.
he Romolo medesimo ricercava di venire adorato da’ suoi sotto il nome di Quirino. Così fu : i Romani gl’ inalzarono un tem
r anche le Feste e i sacrifizj, che ogni anno si celebravano in onore di Romolo (b). Al tempo di quelle Feste supplivano a
rifizj, che ogni anno si celebravano in onore di Romolo (b). Al tempo di quelle Feste supplivano alla loro mancanza quegli
. (2). L’espiazione, o lustrazione, generalmente presa, era un atto di Religione, stabilito per purificare i rei e tutto
ndo. Essa poi venne usata anche in molte altre circostanze. Il timore di qualche pubblica calamità, e la speranza di placa
re circostanze. Il timore di qualche pubblica calamità, e la speranza di placare gli Dei irati introdussero varie sorti di
mità, e la speranza di placare gli Dei irati introdussero varie sorti di tali ceremonie. Il Senato in Roma all’ apparire d
ussero varie sorti di tali ceremonie. Il Senato in Roma all’ apparire di qualche terribile prodigio consultava i Libri Sib
rdinava digiuni, giuochi, pubbliche preci, sacrifizj, ed altri indizj di universale dolore e costernazione. Non altrimenti
All’ espiazioni dovea parimenti sottoporsi chi s’iniziava ne’ Misterj di Religione, o celebrava le nozze, o intraprendeva
o intraprendeva qualche viaggio. Non avveniva per ultimo cosa alcuna di cattivo augurio, per cui non si ricorresse all’ e
fitta, data a’ Volsci, per comando del Console consacrò a Lua le armi di coloro, ch’ erano rimasti morti sul campo, onde c
. Anche Bellona aveva i suoi Sacerdoti. Questi si chiamavano dal nome di lei Bellonarj, e assumevano il loro ministero con
e tutti i partiti, ed erano adorati da tutte le Nazioni (c). Il culto di Bellona, se era celebre in Roma, molto più lo fu
ia, ove questa Dea era tenuta come una delle principali Divinità, e i di lei Sacerdoti erano i più considerati dopo i Re (
va sulla condotta de’ cittadini(h). Il medesimo si raccoglieva sempre di notte, onde nè l’accusatore, nè l’accusato colla
ero produrre alcuna alterazione sull’ animo de’ giudici(i). In faccia di questi v’erano due sedie d’argento, sopra le qual
è si leggevano le leggi, citate dagli Oratori, si sospendeva il corso di quella (b). A lato del medesimo Tribunale v’ eran
tenze. Gli Areopagiti da prima si radunavano solo i tre ultimi giorni di ciascun mose. Chiunque compariva dinanzi ad essi,
l’una chiamata della morte, e l’altra della misericordia (d). In caso di dissensione vi si aggiungeva in favore dell’ accu
caso di dissensione vi si aggiungeva in favore dell’ accusato il voto di Minerva, così denominato, perchè secondo un’ anti
one quella Dea avea dato il suo voto favorevole per decidere la causa di Oreste, di cui parleremo, e ch’ era rimasta indec
Dea avea dato il suo voto favorevole per decidere la causa di Oreste, di cui parleremo, e ch’ era rimasta indecisa dall’ u
gli Areopagiti (e). (c). Paus. l. 1., Apollod. l. 3. (7). La morte di Allirrozio si racconta anche in altro modo. Dices
rozio si racconta anche in altro modo. Dicesi ch’ egli erasi proposto di vendicare il padre suo, vinto da Minerva, allorch
gli ulivi, giacchè questi erano sacri a quella Dea. Ma la scure cadde di mano ad Allirrozio, e sì lo ferì, che perdette la
picchio era singolarmente venerato da’ Romani anche perchè un uccello di questa spezie portò un giorno nel suo becco di ch
nche perchè un uccello di questa spezie portò un giorno nel suo becco di che mangiare a Remo e a Romolo (b) (e). Declau
nace. L’uno presiedeva a’ focolari, i quali anticamente erano formati di mattoni, detti da’ Latini lateres (a) ; l’altra a
atini lateres (a) ; l’altra a’ forni. Numa Pompilio instituì in onore di Fornace le Feste Fornacali, al tempo delle quali
crificavano un cane e una pecora. Fu ad esse eretto fuori della città di Roma un tempio per voto, fatto da T. Ostilio, qua
o per la deformità della sua bocca(e). (4). Ceculo fu creduto figlio di Vulcano, perchè fu concepito in forza d’una favil
ulcano, perchè fu concepito in forza d’una favilla, che volò nel seno di sua madre, mentre questa stava appresso il fuoco.
10 (1806) Corso di mitologia, utilissimo agli amatori della poesia, pittura, scultura, etc. Tomo II pp. 3-387
zioni preliminari. G li Eroi, chiamati anche Semidei o Semoni, si di evano quegli uomini, de’ quali era stata illustre
ili le azioni. L’essere disceso da qualche Divinità, l’essere fornito di straordinario valore, l’aver fondato qualche citt
determinati tempi delle libazioni, e ad offerire dei doni (b). Ognuno di que’ sepolcri si appellava Monumento eroice, ed e
fassa(a) (1), e da Aganore, ro de’ Fenicj. Altri dicono, che la madre di Cadmo fu la Ninfa Melia(b) ; ed altri soggiungono
dopo si abbattè appresso la fonte Turia in una giovenca dell’armento di Pelagonte, la seguì sino nella Focide, ov’essa si
elagonte, la seguì sino nella Focide, ov’essa si fermò. La prima cura di lui fu quella di sacrificare quella giovenca agli
ì sino nella Focide, ov’essa si fermò. La prima cura di lui fu quella di sacrificare quella giovenca agli Dei patrj di que
a cura di lui fu quella di sacrificare quella giovenca agli Dei patrj di quel luogo. Commise pertanto a’suoi seguaci di ce
iovenca agli Dei patrj di quel luogo. Commise pertanto a’suoi seguaci di cercare acqua da qualche sorgente vicina. Non mol
n molto lungi eravi un’antica boscaglia. In un antro, posto nel mezzo di quella, v’avea purè una fontana. Là si avviarono
à si avviarono i Fenicj ; e al loro rumore ne uscì un Dragone, figlio di Marte e di Venere, il quale stava ivi appiattato,
ono i Fenicj ; e al loro rumore ne uscì un Dragone, figlio di Marte e di Venere, il quale stava ivi appiattato, e li uccis
rpreso Cadmo, perchè i compagni non mai ritornavano a lui, risolvette di rintracciare di loro. Entro nel bosco, li trovò t
rchè i compagni non mai ritornavano a lui, risolvette di rintracciare di loro. Entro nel bosco, li trovò tutti distesi sul
e vide il mostro, che ne lambiva le fresche ferite. S’accese l’ Eroe di furore, vibrò un dardo contro il Dragone, lo ucci
di furore, vibrò un dardo contro il Dragone, lo uccise, e per comando di Pallade ne seminò i denti(a). Ne nacquero molti u
a avvertì allora Cadmo, che con una pietra nascostamente colpisse uno di coloro. Quegli, cui essa arrivò, credendo che fos
o. Quegli, cui essa arrivò, credendo che fosse stata scagliata contro di lui da uno de’suoi fratelli, si avventò contro lo
lui da uno de’suoi fratelli, si avventò contro lo stesso, e lo privò di vita. A tale vista insorsero tutti gli altri ; e
nel fango ; ed estraendolo, ne sortì un fiume, che fu chiamato Piede di Cadmo (a). Cadmo prese in moglié Ermione, detta a
quelle nozze scesero dal Cielo tutti gli Dei, e ricolmarono la sposa di doni. Da quel matrimonio nacquero un maschio, di
ricolmarono la sposa di doni. Da quel matrimonio nacquero un maschio, di nome Polidoro, e quattro femmine, che si denomina
, poteva chiamarsi felice. La gloria d’aver ucciso l’orribile bestia, di aver fondato una cospicua città, e d’aver consegu
ttà, e d’aver conseguito sì illustre sposa, dovea riuscir gli oggetti di somma compiacenza. Ma n’uno può dirsi beato, prim
li occhi alla luce del giorno. Ad amareggiare la tranquillità e gioja di lui questo Eroe tali e tanti disastri sorpresero
illità e gioja di lui questo Eroe tali e tanti disastri sorpresero la di lui famiglia, ch’egli non potè più reggere all’ e
iglia, ch’egli non potè più reggere all’ eccedente dolore(6). Autrice di que’mali fu Giunone, la quale non poteva mirare d
dolore(6). Autrice di que’mali fu Giunone, la quale non poteva mirare di buon occhio la felicità di Cadmo, perchè era frat
ali fu Giunone, la quale non poteva mirare di buon occhio la felicità di Cadmo, perchè era fratello di Europa. Cadmo però
oteva mirare di buon occhio la felicità di Cadmo, perchè era fratello di Europa. Cadmo però attribuì tutte le sue seiagure
ensiero, che il Dragone, da lui ucciso, fosse vissuto sotto la tutela di qualche Deità, e che per tale motivo gli forsero
stacciato da Ansene e da Zete(b). Perseo. PErseo fu figliuolo di Giove e di Danae, nata da Euridice e da Acrisiore
da Ansene e da Zete(b). Perseo. PErseo fu figliuolo di Giove e di Danae, nata da Euridice e da Acrisiore d’Argo. Qu
alcun figliuolo, intese, che non ne avrebbe alcuno, e che in vece un di lui nipote lo ucciderebbe. Per impedire la verioc
to vaticinio. Acrisio rinchiuse la sua figliuola, Danao, in una torre di bronzo(1). Giove però, invaghitosi della di lei b
uola, Danao, in una torre di bronzo(1). Giove però, invaghitosi della di lei bellezza, si cangiò in pioggia d’oro ; penetr
penetrò, ove la giovine si custodiva ; e fece sì, che divenisse madre di Perseo(2). Acrisio, come ne venne in cognizione,
e il bambino, da lei partorito. Eglino vennero portati sulle spiaggie di Serifo, una delle Isole Cicladi(3). Un pescatore,
olse, e li presentò a Polidette, che ivi regnava(4). Questi s’invaghì di Danae, e avendo timore di Perseo, volle allontana
dette, che ivi regnava(4). Questi s’invaghì di Danae, e avendo timore di Perseo, volle allontanarlo da se. Sotto pretesto
nto alle spiaggie della Libia, quella deforme testa versò delle gocce di sangue su quelle arene, che fecondate produssero
gocce di sangue su quelle arene, che fecondate produssero gran copia di serpenti, i quali da di là si propagarono anche n
le arene, che fecondate produssero gran copia di serpenti, i quali da di là si propagarono anche nelle altre parti del Men
la Mauritania, dominata da Atlante. Questi oltre a parecchie migliaja di greggi e armenti possedeva degli orti, preziosi p
lberi, le foglie e frutta de’ quali erano d’oro. Perseo pregò quel re di accoglierlo appresso di se fino alla nuova aurora
a de’ quali erano d’oro. Perseo pregò quel re di accoglierlo appresso di se fino alla nuova aurora, manifestandogli, ch’eg
di se fino alla nuova aurora, manifestandogli, ch’egli era figliuolo di Giove. Memore Atlante d’aver inteso da un antico
figliuolo di Giove. Memore Atlante d’aver inteso da un antico Oracolo di Temi, che un figlio di Giove gli avrebbe tolti i
ore Atlante d’aver inteso da un antico Oracolo di Temi, che un figlio di Giove gli avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardin
Giove gli avrebbe tolti i tesori de’ suoi giardini, M avea ben chiusi di mura, e affidati alla guardia d’un Dragone, tenen
ce per discacciare Perseo dal suo Regno. Questi gli presentò la testa di Medusa, la quale, come abbiamo detto, avea la vir
sentò la testa di Medusa, la quale, come abbiamo detto, avea la virtù di cangiare in pietra chiunque la rimirava. La vide
tiopi, popoli barbari, governati da Cefeo. Era allora, quando superba di se stessa Cassiope, moglie di quel re, avea osato
ti da Cefeo. Era allora, quando superba di se stessa Cassiope, moglie di quel re, avea osato di deridere le Nereidi. Quest
, quando superba di se stessa Cassiope, moglie di quel re, avea osato di deridere le Nereidi. Queste Ninfe se ne dolsero c
re le Nereidi. Queste Ninfe se ne dolsero con Nettuno, e lo pregarono di vendicarle. Il Dio del mare mandò un mostro a dev
Passò per colà Perseo, mentre andava sollevandosi sulle acque contro di lei l’anzidetta bestia. Ei piombò su quel mostro,
sse coll’asta, che gli tolse intieramente la vita. Risuonarono allora di liete acclamazioni quelle rive ; Cefeo e Cassiope
quelle rive ; Cefeo e Cassiope corsero ad abbracciare il prode figlio di Danae, e gli offerirono Andromeda in moglie. Pers
fferirono Andromeda in moglie. Perseo, volendo lavarsi le mani, tinte di sangue, depose la testa della Gorgone sopra certi
i, divennero duri e inflessibili. Stupefatte le Ninfe marine, e vaghe di rinovarne l’esperimento con altre verghe, egualme
fresche, osservarono lo stesso fenomeno, talchè si fecero un piacere di formarne una sementa nel fondo del mare(7). Perse
poscia in matrimonio con Andromeda : e fu allora, che Fineo, fratello di Cefeo, intollerante di vedere divenuta sposa di u
n Andromeda : e fu allora, che Fineo, fratello di Cefeo, intollerante di vedere divenuta sposa di uno straniero quella gio
, che Fineo, fratello di Cefeo, intollerante di vedere divenuta sposa di uno straniero quella giovine, di cui egli ne ambi
ntollerante di vedere divenuta sposa di uno straniero quella giovine, di cui egli ne ambiva il possesso, assistito da varj
i cui egli ne ambiva il possesso, assistito da varj partigiani, tentò di rapirla dalle mani di Perseo ; ma l’Eroe parte di
l possesso, assistito da varj partigiani, tentò di rapirla dalle mani di Perseo ; ma l’Eroe parte di coloro ne uccise, par
j partigiani, tentò di rapirla dalle mani di Perseo ; ma l’Eroe parte di coloro ne uccise, parte ne cangiò in sassi(a). Ov
avea scacciato Acrisio dal regno d’Argo(c). Ricornò poscia nell’isola di Serifo, e ne convertì pure in sassi tutti gli abi
tti gli abitanti(d), e Poliderte stesso, il quale per invidia tentava di nuocere alla di lui gloriosa riputazione(e). Altr
(d), e Poliderte stesso, il quale per invidia tentava di nuocere alla di lui gloriosa riputazione(e). Altri dicono, che Po
rissa, città de’ Pelasgi, si celebravano dei giuochi funebri in onore di Polidette, anch’ egli vi concorse, e molto vi si
chi v’assisteva pure Acrisio, il quale alla prima notizia dell’arrivo di Perseo nel Peloponneso avea abbandonata la città
e ciò, che l’Oracolo aveagli predetto. Avvenne, che il Disco, gettato di tutta forza da Perseo, lo colpì nel capo, e lo uc
tal’estremo dolore, che rinunziò il trono d’Argo a Megapente, figlio di Preto, e si portò a fabbricare la città di Micene
d’Argo a Megapente, figlio di Preto, e si portò a fabbricare la città di Micene(g). Dal matrimonio di Perseo con Andromeda
Preto, e si portò a fabbricare la città di Micene(g). Dal matrimonio di Perseo con Andromeda nacequaro Perse(8), Stenelo(
, e molti altri figliuoli, e una figlia, detta Gorgofone(13). Il fine di Perseo fu, che Megapente, figlio di Preto, per ve
lia, detta Gorgofone(13). Il fine di Perseo fu, che Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io pr
di Perseo fu, che Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Ar
pente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Argo, e di Serifo gli alz
di Preto, per vendicare la morte di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Argo, e di Serifo gli alzarone degli cr
re la morte di suo padre, Io privò di vita. Que’ di Micene, d’Argo, e di Serifo gli alzarone degli croici monumenti. Atene
bbricò un tempio(a). Uno pure gli venne eretto in Egitto, nella città di Chemmis, vicino a quella di Tebe(b), Dicesi per u
e gli venne eretto in Egitto, nella città di Chemmis, vicino a quella di Tebe(b), Dicesi per ultimo, che Perseo, Andromeda
ve formano altrettante Costellazioni(c). Giasone. TIro, figlia di Salmoneo, re d’Elide, si rendette da Nettuno, tra
dette da Nettuno, trasformato nel fiume Enipeo, cui ella amava, madre di due figli, Pelia e Neleo. Ella poco tempo dopo sp
Pelia e Neleo. Ella poco tempo dopo sposò Creteo, figlio d’Eolo, e re di Iolco. Nacque da quel matrimonio Esone (a). Pelia
rimonio Esone (a). Pelia, divenuto grande, s’impadronì, dopo la morte di Creteo, del regno di Iolco, che apparteneva ad Es
lia, divenuto grande, s’impadronì, dopo la morte di Creteo, del regno di Iolco, che apparteneva ad Esone. Temendo, che la
gnudo (b). Fu per questo, che Esone, avendo avuto da Alcimede, figlia di Filaco(1), un figlio, sparse voce, che quello app
sul monte Pelio appresso il Centauro Chirone. Questi prese cura della di lui educazione, gl’insegnò molte scienze, e spezi
lte scienze, e spezialmente la medicina : lo che gli acquistò il nome di Giasone(c). Alcuni la discorrono diversamente : E
amente : Esone, dicono, trovandosi vicino a morte, affidò la custodia di Giasone al fratello Pelia, e a questo pure rinunz
ualora questi fosse divenuto idoneo a governare. Alcimede non si fidò di Pelia, e fece passare il figlio appresso Chirone.
e fece passare il figlio appresso Chirone. Il giovine, giunto all’età di vent’ anni, lasciò l’antro del Centauro, e si por
Giunone, da lui non conosciuta, perchè ella aveva preso le sembianze di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue
iuta, perchè ella aveva preso le sembianze di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue spalle al di là di quelle a
mbianze di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue spalle al di là di quelle acque ; e allora vi perdette un calz
e di vecchia. Egli si offerì di trasferirla sulle sue spalle al di là di quelle acque ; e allora vi perdette un calzare. A
in Iolco ; e Pelia, al vederlo con un piede ignudo, si rammentò tosto di ciò, di cui l’Oracolo avealo minacciato(a). Tentò
 ; e Pelia, al vederlo con un piede ignudo, si rammentò tosto di ciò, di cui l’Oracolo avealo minacciato(a). Tentò quindi
Tentò quindi ogni mezzo onde farlo perire. A tale oggetto gli propose di segnalarsi in un’impresa quanto gloriosa, altrett
mpresa consisteva nel trasferirsi in Coleo a vendicare Frisso, figlio di Atamante, e nipote d’Eolo, che ivi era stato mass
e il Tosone, o Vello d’oro(4), che Frisso stesso avea colà portato, e di cui Eeta, figlio del Sole, e della Ninfa Perseide
tato, e di cui Eeta, figlio del Sole, e della Ninfa Perseide(5), e re di quel paese, erasi impadronito(c). Varie strane co
o primieramente rendere mansueti due feroci toti, che avevano i piedi di bronzo ; e mandavano fuoco dalla bocca e dalle na
ini armati, che da quel seme etano per mascere (d) (7). Giasone avido di gloria, si acciuse al proposto cimento. Prima di
) (7). Giasone avido di gloria, si acciuse al proposto cimento. Prima di spiegare le vele a’ venti, fece ergere sulle spia
ti, fece ergere sulle spiaggie un’ara, sopra la quale vi sparse fiore di farina, mescolato con olio e mele, e poscia immol
olò due tori a Nettuno e alle altre Deità, che potevano favorire alla di lui navigazione(a). Non intraprese poi solo l’ero
recia si unirono seco lui, per cogliere anch’ eglino quell’ occasione di segnalare il loro valore (b). Essi furono detti A
no detti Argonauti, perchè montarono una nave, detta Argo(8) dal nome di quello, che avoala fabbricata(c) (9). I più famos
store e Polluce, de’ quali parleremo altrove : inoltre si fa menzione di Tifi(10), di Linceo, figlio d’Afareo(11), d’Orfeo
ce, de’ quali parleremo altrove : inoltre si fa menzione di Tifi(10), di Linceo, figlio d’Afareo(11), d’Orfeo(12), di Mops
fa menzione di Tifi(10), di Linceo, figlio d’Afareo(11), d’Orfeo(12), di Mopso(13), d’Idmone(14), d’Ercole(15), di Echione
d’Afareo(11), d’Orfeo(12), di Mopso(13), d’Idmone(14), d’Ercole(15), di Echione(16), di Testore(17), e d’Ificlo(18). Il v
’Orfeo(12), di Mopso(13), d’Idmone(14), d’Ercole(15), di Echione(16), di Testore(17), e d’Ificlo(18). Il viaggio non sempr
aggio non sempre riuscì loro folice. Una procella li portò all’ Isola di Lenno. Là Giasone si affezionò ad Ipsipile, figli
ortò all’ Isola di Lenno. Là Giasone si affezionò ad Ipsipile, figlia di Toante, la quale ivi regnava, e la rendette madre
Ipsipile, figlia di Toante, la quale ivi regnava, e la rendette madre di due figliuoli. Egli le avea giurato, che dopo la
, che dopo la conquista del Vello d’oro sarebbesi restituito appresso di lei ; ma l’essersi poscia invaghito di Medea come
sarebbesi restituito appresso di lei ; ma l’essersi poscia invaghito di Medea come testè diremo, fece sì, che obbliò il d
no si trasferì a Cizico, città situata a’ piedi del monte Dindimo, il di cui re era Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (
à situata a’ piedi del monte Dindimo, il di cui re era Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (19). Quel Principe accolse gl
a’ piedi del monte Dindimo, il di cui re era Cizico, figlio di Eneo e di Eneta(e) (19). Quel Principe accolse gli Argonaut
) (19). Quel Principe accolse gli Argonauti gentilmente, e li ricolmò di doni Nella notte, che seguì il giorno della lofo
re nel medesimo porto. Cizico, credendo, ch’eglino fossero i Pelasgi, di lui nemici, dichiarò loro la guerra, nella quale
lzò un tempio sul monte Dindimo, donde derivò alla stessa Dea il nome di Dindimena(a).Un contrario vento spinse pure la na
tonide. Un Tritone comparve allura a que’ viaggiatori sotto la figura di un giovine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di
tori sotto la figura di un giovine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di aver donato loro una gleba di terra, ad essi pure
vine, chiamato Euripilo ; ed esso, dopo di aver donato loro una gleba di terra, ad essi pure additò la via di uscire senza
po di aver donato loro una gleba di terra, ad essi pure additò la via di uscire senza pericolo dal luogo, ove si trovavano
trovavano. Giasone lo ricompensò, regalandogli un bellissimo tripode di rame. Il Tritone lo ripose in un tempio, a lui co
tempio, a lui consecrato, e predisse a Giasone, che quando alcuno de’ di lui discendenti lo avrebbe tolto, si sarebbono fa
e il loro cammino, lo stesso Tritone staccè uno de’ cavalli dal carro di Nettuno, e lo mandò innanzi ad essi, affinchè fos
dal carro di Nettuno, e lo mandò innanzi ad essi, affinchè fosse loro di sicura guida (b). Giunse finalmente Giasone in Co
nte Giasone in Colco, ove si abbattè nella famosa Maga, Medea, figlia di Eeta(20), mentre colei avviavasi verso un antico
avasi verso un antico altare, cretto ad Ecate nella parte più occulta di un bosco. L’età, la condizione, e sopra tutto l’a
opra tutto l’avvenente aspetto del Tessalo Eroe destarono nell’ animo di quella giovine ardente fiamma d’amore. Ella promi
no nell’ animo di quella giovine ardente fiamma d’amore. Ella promise di assisterlo nell’arduo cimento, purchè avesse volu
l’arduo cimento, purchè avesse voluto sposarla. Giasone alle promesse di nozze v’aggiunse i più solenni giuramenti. Medea
coll’uso delle quali ei potesse riuscire nella propostasi impresa. Il di seguente all’apparite dell’aurora si adunò immens
i seguente all’apparite dell’aurora si adunò immenso popolo nel campo di Marte, e al cenno del re comparvero i tori co’ pi
olo nel campo di Marte, e al cenno del re comparvero i tori co’ piedi di bronzo. A vista di quelli ognuno tremò di spavent
rte, e al cenno del re comparvero i tori co’ piedi di bronzo. A vista di quelli ognuno tremò di spavento : il solo Giasone
comparvero i tori co’ piedi di bronzo. A vista di quelli ognuno tremò di spavento : il solo Giasone videsi imperturbabile 
tro Giasone. L’Eroe scagliò nel mezzo loro una grossa pietra, per cui di tale furore si accesero, che, abbandonato l’assak
per cui di tale furore si accesero, che, abbandonato l’assako contro di lui, si azzuffarono fra loro medesimi, e in breve
breve tempo l’un dopo l’altro caddero sul terreno estinti. Apollonio di Rodi, per sempre più rendere glorioso il nome di
o estinti. Apollonio di Rodi, per sempre più rendere glorioso il nome di Giasone, dice, ch’eglipure, da che cominiciarono
a vicendevolmente battersi, si mescolò tra coloro, e molti ne uccise di propria mano. Impadronitosi del Vello d’oro, in c
e uccise di propria mano. Impadronitosi del Vello d’oro, in compagnia di Medea, la quale aveva seco portato via una parte
co portato via una parte de’ paterni tesori, sciolse le vele dal lido di Colco (a) (21). Eeta lo inseguì, nè Giasone avreb
ccolo suo fratello, Absirto, chiamato anche Egialeo (a), nato al dire di Apollonio da Asteroclea(b), o da Eurilite, come r
a quà e là per la via, per cui Eeta era per passare, affinchè la cura di raccogliere quelle, e ’l dolore, che a vista del
unesto spettacolo lo avrebbono sorpreso, ritardassero la rapidità del di lui corso(c) (22). Gli Argonauti, pervenuti nell’
pidità del di lui corso(c) (22). Gli Argonauti, pervenuti nell’ Isola di Eea appresso di Circe, sorella di Eeta, vi si fec
i corso(c) (22). Gli Argonauti, pervenuti nell’ Isola di Eea appresso di Circe, sorella di Eeta, vi si feceto espiare dell
li Argonauti, pervenuti nell’ Isola di Eea appresso di Circe, sorella di Eeta, vi si feceto espiare dell’ uccisione di Abs
resso di Circe, sorella di Eeta, vi si feceto espiare dell’ uccisione di Absirto senza darsi a conoscere. Circe medesima p
. Circe medesima presiedette a’ sacrifizj, fece le libazioni in onore di Giove Espiatore, e placò con preghiere le Furie v
lco. Accorsero in folla i popoli al loro sbarco, e risuonarono i lidi di liete acclamazioni. Esone solo, padre di Giasone,
sbarco, e risuonarono i lidi di liete acclamazioni. Esone solo, padre di Giasone, non potè gustare la gioja di quelle fest
acclamazioni. Esone solo, padre di Giasone, non potè gustare la gioja di quelle feste, attesa la sua decrepita età. Il pie
messa, e continuava a ritenersi l’usurpata corona. Giasone col favore di Medea volle prenderne vendetta. Finse la Maga di
. Giasone col favore di Medea volle prenderne vendetta. Finse la Maga di essere in discordia col marito suo, e ricorse sup
e in discordia col marito suo, e ricorse supplichevole alle figliuole di Pelia. Elleno la accolsero cortesamente, e Medea
agerò l’ingratitudine. Esaltò come il maggiore de’ suoi meriti quello di aver ringiovinito Esone. Quelle la supplicarono d
suoi meriti quello di aver ringiovinito Esone. Quelle la supplicarono di procurare lo stesso bene anche al loro vecchio pa
i procurare lo stesso bene anche al loro vecchio padre. Medea promise di compiacerle, e per meglio accertarnele, fece che
rbe. Ne uscì un agnelletto senza corna. Stupide ne rimasero le figlie di Pelia, e vieppiù insistettero nella ricerca. Pass
ca. Passati tre giorni, Medea conciliò a Pelia un sonno poco meno che di morte. Appressatesi le giovani, che la Maga volev
mpirne con altro nuovo le vuote arterie. Così fecero : Pelia grondava di sangue, quando Medea gli recise inoltre la gola,
inchè venne dal fuoco intieramente consumato (a) (24). Timorosa colei di pagare la giusta pena dell’ esecrando delitto, sa
sessò del trono, e costrinse Giasone a ritirarsi appresso Creonte, re di Corinto. Quì Medea e Giasone per diesi anni tranq
e (a), o Creusa, figlia a dell’ anzidetto re(b). Medea non poteva che di mal animo sofferire il nuovo imeneo ; pure nascos
indosso l’una, e cinse dell’ altra la fronte, videsi tutta circondata di fuoco, che la incenerì(25). V’ accorse Creonte, e
eonte, ed egli pure rimase preda delle fiamme(c). Nè contenta la Maga di tutto ciò, prese i due figliuoli, Mermero e Fere,
iuoli, Mermero e Fere, avuti da Giasone (d), e li trucidò sugli occhi di lui medesimo (e). Indi fuggì da Corinto (f), e si
rinto (f), e si recò in Tebe appresso Ercole, il quale aveva promerso di vendicarla, qualora Giasone le fosse stato infede
ave stessa, con cui avea fatto il famoso viaggio, spirò sotto il peso di quella, che avea precipitato sopra di lui, come /
so viaggio, spirò sotto il peso di quella, che avea precipitato sopra di lui, come / Medea aveagli predetto (g). Altri pre
possibile avec potuto un uomo solo esaguirle tutte, è quindi opinione di tutti gli Scrittori, che parecchi siena stati gli
di opinione di tutti gli Scrittori, che parecchi siena stati gli Eroi di questo nome. Eglino secondo Erodoto furono due (a
. L’istoria poi della vita dì lui venne ornata co’ maravigliosi fatti di tutti gli altri(d). Il Sole per un giorno non ill
notte persette giomi continui (e). V’ è poi chi pretende, che il nome di Trivespero siasi attribuito ad Ercole, perchè ste
li doveano nascere, l’uno cioè da Alcmenà, l’altrò da Nicippe, figlia di Pelope, e moglie di Stenelo, re di Micene ; quegl
l’uno cioè da Alcmenà, l’altrò da Nicippe, figlia di Pelope, e moglie di Stenelo, re di Micene ; quegli, che fosse compars
lcmenà, l’altrò da Nicippe, figlia di Pelope, e moglie di Stenelo, re di Micene ; quegli, che fosse comparso il primo alla
tare sull’ altro assoluto dominio (a). Giunone fece sì, che la moglie di Stenelo innanzi tempo partorisse Euristeo ; e pon
nel seno : Galantide finalmente, una delle serve d’ Alcmena, s’avvide di ciò, che la Dea andava operando ; e per farnela d
ta la afferrò pe’ capelli, la gettò a terra, e dopo d’averla caricata di percosse, la cangiò in Donnola, animale ; che per
iunone poi insistette nell’ infierire contro il nato bambino, e cercò di metterlo a morte mediante il morso di due serpi,
contro il nato bambino, e cercò di metterlo a morte mediante il morso di due serpi, che introdusse nella di lui culla ; ma
metterlo a morte mediante il morso di due serpi, che introdusse nella di lui culla ; ma Ercole con intrepide mani talmente
li, Ercole cioè, ed Ificlo, così Anfitrione, volendo conoscere, quale di que’ due fosse stato conceputo per opera di Giove
volendo conoscere, quale di que’ due fosse stato conceputo per opera di Giove, gettò le due predette serpi nel mezzo loro
ra di Giove, gettò le due predette serpi nel mezzo loro ; che a vista di quelle Ificlo, preso dallo spavento, si diede all
abbiamo detto, a morte (b).Alcuni pretendono ; che Giunone ad istanza di Minerva abbia alquanto cessato dalle sue persecuz
ioni, ed abbia ella stessa somministrato ad Ercole del proprio latte, di cuì il bambino avendone lasciato cadere alcune go
re alcune gocce, avvenne, che le medesime si cangiarono in un ammasso di stelle, le quali formano nel Cielo una zona, chia
a zona, chiamata Via lattea (c) (4). Altri soggiungono, che l’affetto di Giunone verso d’Ercole non fu che momentaneo ; e
me quegli giunse all’adolescenza, ella risvegliò il suo sdegno contro di lui, e con maggiore ardore tentò di farlo perire.
la risvegliò il suo sdegno contro di lui, e con maggiore ardore tentò di farlo perire. La Dea quindi destò nell’animo d’Eu
di farlo perire. La Dea quindi destò nell’animo d’Euristeo sentimenti di gelosia riguardo a lui, e lo mise nel timore d’es
prese furono denominate le Fatiche d’Ercole (d). Tralle molte Fatiche di questo Eroe, le quali sieno degne di memoria, dod
Ercole (d). Tralle molte Fatiche di questo Eroe, le quali sieno degne di memoria, dodici principalmente se ne contano. La
isione d’un leone, nato dalla Chimera, e dal Cane, Orto, il quale era di prodigiosa grandezza, e da lungo tempo faceva orr
, la sbranò, e portolla sulle spalle a Micene. Euristeo, sorpreso del di lui valore, e preso nello stesso tempo dallo spav
per ritirarvisi, ogni qualvolta Ercole era per avvicinarsi alla volta di Micene. Euristeo inoltre mandava dal predetto luo
iamato Copreo. Dicesi, ch’ Ercole siasi formata una veste della pelle di quel leone, la quale a guisa di glorioso trionfo
e siasi formata una veste della pelle di quel leone, la quale a guisa di glorioso trionfo portò indosso tutto il tempo del
predetta fiera, si trattenne anche appresso Molorco, vecchio pastore di Cleone, città d’Argolide, dalla quale il predetto
il suo rispetto vero sì celebre ospite, voleva immolare una vittima a di lui onore. Ercole lo persuase di differirne il sa
spite, voleva immolare una vittima a di lui onore. Ercole lo persuase di differirne il sacrifizio al suo ritorno, e gli pr
isteo ad Ercole, consistette nel dover combattere l’Idra della palude di Lerna.L’Eroe sopra un carro, guidato da Iolao, fi
tosto lo schiacciò, e uccise l’Idra. Egli poscia avvelenò nel sangue di quella le sue frecce : dal che ne avveniva, che l
e foreste del monte Menalo nell’ Arcadia. Essa, benchè avesse i piedi di rame e le corna d’oro, tuttavia era sì veloce al
orna d’oro, tuttavia era sì veloce al corso, che niuno mai era capace di raggiungerla. Ercole bramava di prenderla senza u
ce al corso, che niuno mai era capace di raggiungerla. Ercole bramava di prenderla senza ucciderla, perchè era sacra a Dia
dintorni. L’Eroe lo inseguì, e sì stancò anche quello, che gli riuscì di legarlo, e di portarlo vivo in Micene(a). E’ quì
oe lo inseguì, e sì stancò anche quello, che gli riuscì di legarlo, e di portarlo vivo in Micene(a). E’ quì da notare, ch’
in Micene(a). E’ quì da notare, ch’ Ercole, mentre andava in traccia di quel Cinghiale, alloggiò appresso il Centauro Fol
traccia di quel Cinghiale, alloggiò appresso il Centauro Folo, figlio di Sileno e della Ninfa Melia, il quale gli diede a
va a tutti i Centauri. Se ne sdegnarono queglino fortemente, e armati di grossi alberi e di non dissimili pietre, tutti si
ri. Se ne sdegnarono queglino fortemente, e armati di grossi alberi e di non dissimili pietre, tutti si tecarono alla casa
grossi alberi e di non dissimili pietre, tutti si tecarono alla casa di Folo. Ercole stette ad attenderli, e parte ne tru
tenderli, e parte ne trucidò, parte ne mise in fuga. Folo stesso morì di una ferita, che gli aprì in una mano una freccia,
b). Era parimenti dovere d’Ercole l’uccidere gli uccelli della palude di Stinfalo, città dell’ Arcadia. Quelli erano molto
lli erano molto mostruosi, perchè aveano ali, testa, becco, ed unghie di ferro. Addestrati da Marte a combattere, vibravan
ravano dardi contro chi li assaliva. Erano poi in sì grande numero, e di tale grandezza, che quando volavano, impedivano c
on uccelli, ma certe donne Stinfalidi, perchè erano figlie d’un eroe, di nome Stinfalo ; e ch’ Ercole ciò fece, perchè éll
o l’ospizio a lui, mentre lo avevano accordato ad altri(b). Minos, re di Creta, avea stabilito di sacrificare a Nettuno un
lo avevano accordato ad altri(b). Minos, re di Creta, avea stabilito di sacrificare a Nettuno un giovane toro. Pasifae, m
ovane toro. Pasifae, moglie dello stesso re, invaghita della bellezza di quell’animale, ne impedì il sacrifizio, e persuas
lezza di quell’animale, ne impedì il sacrifizio, e persuase al marito di sostituirne un altro in luogo di quello. Nettuno,
il sacrifizio, e persuase al marito di sostituirne un altro in luogo di quello. Nettuno, irritato contro Minos, fece sort
ioso toro, il quale mandava fuoco dalle narici, e desolava i dintorni di Maratona. Euristeo intimò ad Ercole, che lo uccid
to a’ Numi, e in vece lo portò vivo in Micene(c) (7). Diomede, figlio di Marte e di Cirene, e re di Tracia, aveva dei fero
e in vece lo portò vivo in Micene(c) (7). Diomede, figlio di Marte e di Cirene, e re di Tracia, aveva dei ferocissimi cav
rtò vivo in Micene(c) (7). Diomede, figlio di Marte e di Cirene, e re di Tracia, aveva dei ferocissimi cavalli, e li pasce
i Cirene, e re di Tracia, aveva dei ferocissimi cavalli, e li pasceva di carne umana. Ercole fece divorare lui stesso da q
lui stesso da quegli animali, e seco li portò via. I Bistoni, sudditi di Diomede, presero le armi per vendicare la morte d
todia del giovanetto Abdero, suo favorito, e disfece la maggier parte di coloro. Al suo ritorno trovò, che i cavalli avean
o giovine, e appresso della medesima fabbricò una città, che dal nome di lui appellò Abdera(a) (8). V’è chi pretende, che
vaggie li divorarono(b). Ercole aveva ricevuto da Euristeo il comando di portargli la zona, ossia la cintura della Regina
ntiope. L’ Eroe insieme con Stenelo, figlio d’ Attore, e co’due figli di Deimaco, Flogio e Deilone(c), andò in cerca delle
u uccisa da Ercole(e). Augia, re d’ Elide, il quale, mentr’era figlio di Forbante(f), fu creduto figliuolo del Sole(g), po
campagne, le quali perciò divennero infruttuose. Ercole fu incaricato di ripurgarle, e quel re gli promise in ricompensa l
to di ripurgarle, e quel re gli promise in ricompensa la decima parte di tutti i suoi animali. Entro lo spazio d’un gior n
e alla sua promessa. Lo stesso re inoltre, unitosi con Leprea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Net
romessa. Lo stesso re inoltre, unitosi con Leprea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e di Ti
tosi con Leprea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e di Tiro, e re di Pilo, scacciò Ercole d
ea, figlio di Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e di Tiro, e re di Pilo, scacciò Ercole da’suoi Stati 
Glauco e di Astidamia, e con Neleo, figlio di Nettuno e di Tiro, e re di Pilo, scacciò Ercole da’suoi Stati ; e come seppe
alò. Volea egli fare la pace co’Molioni, ma queglino, informati della di lui malattia, si prevalsèro dell’occasione, e ucc
casione, e uccisero molti de’di lui compagni, e tra gli altri Ificlo, di lui fratello uterino(b) (11). Ercole finalmente l
i Ificlo, di lui fratello uterino(b) (11). Ercole finalmente li privò di vita presso Cleona, mentre erano per trasferisi i
Giuochi Istmici(c). Fece pur morire Augia, e vi sostituì nel trono il di lui figlio, Pileo, il quale era stato costretto a
tto a ritirarsi in Dulichio, perchè avea condannato l’ingiustizia del di lui padre nel non mantenere la parola data ad Erc
ato onorevolmente sepolto(e) (12). Ercole cercava alttesì l’occasione di vendicarsi di Leprea e di Neleo. Nol fece però co
nte sepolto(e) (12). Ercole cercava alttesì l’occasione di vendicarsi di Leprea e di Neleo. Nol fece però col primo per op
e) (12). Ercole cercava alttesì l’occasione di vendicarsi di Leprea e di Neleo. Nol fece però col primo per opera di Astid
di vendicarsi di Leprea e di Neleo. Nol fece però col primo per opera di Astidamia : bensì gli propose di far prova chi di
o. Nol fece però col primo per opera di Astidamia : bensì gli propose di far prova chi di essi due giuocasse meglio al Dis
col primo per opera di Astidamia : bensì gli propose di far prova chi di essi due giuocasse meglio al Disco ; chi fosse ca
tutti questi esercizj vi, riuscì superiore. Leprea finalmente, pieno di vino, sfidò di nuovo Ercole, e ne rimase ucciso n
sercizj vi, riuscì superiore. Leprea finalmente, pieno di vino, sfidò di nuovo Ercole, e ne rimase ucciso nel combattiment
li(13), che avea avuto da Clori, figlia d’ Anfione, eccettuatone uno, di no ne Nestore, perchè questi, essendo ancor fanci
Calliroe, era tricorporeo. Per custodi de’suoi armenti, i quali erano di rara bellezza, avea un Dragone di sette teste, na
todi de’suoi armenti, i quali erano di rara bellezza, avea un Dragone di sette teste, nato da Tifone e da Echidna, e un Ca
ea un Dragone di sette teste, nato da Tifone e da Echidna, e un Cane, di nome Ortro, il quale pure avea due teste. Ministr
di nome Ortro, il quale pure avea due teste. Ministro della crudeltà di Gerione era un certo Eurizione. Ercole lo privò d
tro della crudeltà di Gerione era un certo Eurizione. Ercole lo privò di vita, ne uccise il Dragone, e il Cane, e ne portò
passava con quegli animali perla Libia, Dercilo e Albione, figliuoli di Nettuno, glieli tolsero, e li portarono nella Tos
visata impresa. Altri dicono, che Ercole spedì Atlante alla conquista di quelle frutta, e ch’egli intanto sostenne in vece
e alla conquista di quelle frutta, e ch’egli intanto sostenne in vece di lui il Cielo(a). L’ultima impresa, commessa ad Er
in vece di lui il Cielo(a). L’ultima impresa, commessa ad Ercole, fu di condurre dall’ Inferno ad Euristeo il Cane Cerber
acevano crudelmente morire(d). Calai e Zete, figli del vento Borea, e di Oritia, nata da Eretteo, re d’ Atene(17), vennero
ata da Eretteo, re d’ Atene(17), vennero uccisi da Ercole nell’ Isola di Tenedo(18), perchè si erano adoperati, onde gli A
essero più nella loro nave lui, ch’era andato in cerra d’ Ila, figlio di Teodamante, re di Misia, il quale, come abbiamo d
oro nave lui, ch’era andato in cerra d’ Ila, figlio di Teodamante, re di Misia, il quale, come abbiamo detto, erasi annega
alche cibo a Teodamente per Illo, suo figlio, avendo quel re ricusato di soddisfarnelo, Ercole gli eolse uno de’di lui buo
contro l’ Eroe ; ma questi lo uccise, e seco condusse via il predetto di lui figliuolo, Ila(a) (19). Anteo, figlio di Nett
condusse via il predetto di lui figliuolo, Ila(a) (19). Anteo, figlio di Nettuno e della Terra, ere della Libia, era un fo
pre gli somministrava forze maggiori, per cui compariva più furibondo di prima. L’ Eroe se n’accorse, di nuovo lo afferrò,
iori, per cui compariva più furibondo di prima. L’ Eroe se n’accorse, di nuovo lo afferrò, lo strinse fortemente per aria,
he Ercole sposò poscia Tinga, moglie d’ Anteo ; che n’ebbe un figlio, di nome Siface, il quale divenne re della Mauritania
ella Mauritania ; e che fabbricò una città, che chiamò Tingi dal nome di sua moglie(c). Stanco poi Ercole de suoi travagli
e sulle arene della Libia. Quivi venne assalito da un infinito numero di Pigmei, sudditi di Anteo, i quali avevano due sol
Libia. Quivi venne assalito da un infinito numero di Pigmei, sudditi di Anteo, i quali avevano due soli piedi di altezza,
to numero di Pigmei, sudditi di Anteo, i quali avevano due soli piedi di altezza, ed erano sempre in guerra colle gru, le
e Nemeo, e li portò ad Euristeo(g). Dusiride, re d’ Egitto, e figlio di Nettuno, e di Libia o Lisianassa, si dimostrò il
portò ad Euristeo(g). Dusiride, re d’ Egitto, e figlio di Nettuno, e di Libia o Lisianassa, si dimostrò il più crudele di
iglio di Nettuno, e di Libia o Lisianassa, si dimostrò il più crudele di tutti i Principi Egiziani(a). Costui aveva fatto
tutti i Principi Egiziani(a). Costui aveva fatto rapire le figliuole di Atlante, perchè ne avea udito decantare la straor
l’ Indovino Trasea, o Trasio, e questi accertò Busiride che per avere di nuovo la fertilità nelle di lui campagne conveniv
, e questi accertò Busiride che per avere di nuovo la fertilità nelle di lui campagne conveniva sacrificare ogni anno uno
li, come videsi legato, infranse i ceppi, e vi sacrificò Busiride, il di lui figliuolo, Anfidamante, Calbe, suo araldo d’a
fidamante, Calbe, suo araldo d’armi, e tutti gli altri ministri della di lui crudeltà(d). Termero, famoso assassino del Pe
iacciando la loro testa colla sua. Ercole nella stessa guisa lo privò di vita(e). Eono, figlio di Licinnio, fratello d’ Al
olla sua. Ercole nella stessa guisa lo privò di vita(e). Eono, figlio di Licinnio, fratello d’ Alcmena, erasi rècato nella
ioventù. Mentre egli passava dinanzi alla porta d’ Ippocoonte, figlio di Ebalo e della Najade Batea, avvenne che un cane,
e, figlio di Ebalo e della Najade Batea, avvenne che un cane, custode di quella casa, gli si avvento contro. Eono scagliò
e, custode di quella casa, gli si avvento contro. Eono scagliò contro di quello una pietra, e i figliuoli d’ Ippocoonte lo
ontro di quello una pietra, e i figliuoli d’ Ippocoonte lo caricarono di percosse. Ercole prese a difenderlo, ma, essendo
consecrò un tempio ad Ercole(b). L’Eroe mise a morte Filolao, figlio di Minos, re di Creta, e della Ninfa Paria, perchè e
tempio ad Ercole(b). L’Eroe mise a morte Filolao, figlio di Minos, re di Creta, e della Ninfa Paria, perchè egli aveva ucc
s, re di Creta, e della Ninfa Paria, perchè egli aveva ucciso due de’ di lui compagni(c). Albione e Borgione erano due gig
o andare a’monti Atlantici. L’ Eroe avea inutilmente scaricato contro di essi tutte le sue saette, e già trovavasi in gran
grande pericolo, quando Giove fece cadere dal Cielo immensa quantità di pietre, che li oppresse : e però quel luogo si de
a, venne rapita da’corsari, e venduta a Litierse o Litierside, figlio di Mida, e suo successore al trono di Colene. Dafnid
ta a Litierse o Litierside, figlio di Mida, e suo successore al trono di Colene. Dafnide, inconsolabile per la perdita di
successore al trono di Colene. Dafnide, inconsolabile per la perdita di Piplea, intraprese di cercarla da per tutto, nè d
i Colene. Dafnide, inconsolabile per la perdita di Piplea, intraprese di cercarla da per tutto, nè di mai riposare, finchè
ile per la perdita di Piplea, intraprese di cercarla da per tutto, nè di mai riposare, finchè la avesse trovata. Dopo d’av
incipe barbaro, che obbligava i passeggieri a mietere o a misurare le di lui biade ; e dopochè lo aveano fatto, eddeva lor
. Gli fu condotto Dafnide, il quale sarebbe pure caduto vittima della di lui crudetà, se non fosse giumo opportunamente Er
ide. S’aggiunge, ch’egli li unì in matrimonio, e loro donò il palagio di Litierse(a). Erice, figlio di Bute e di Venere, e
ì in matrimonio, e loro donò il palagio di Litierse(a). Erice, figlio di Bute e di Venere, e re d’un Cantone della Sicilia
monio, e loro donò il palagio di Litierse(a). Erice, figlio di Bute e di Venere, e re d’un Cantone della Sicilia, detta po
ella Lotta. Provocava tutti a quel giuoco, e ne uccideva i vinti. Osò di cimentarsi anche con Ercole, ch’era giunto ne’di
i cimentarsi anche con Ercole, ch’era giunto ne’di lui Stati co’ buoi di Gerione. Le condizioni della gara furono, che se
e conosceva lo straordinario valore, ma anche perchè avea bisogno del di lui ajuto. Quel Principe aveva una figlia, detta
ire(c). Ercole, andando a combattere le Amazoni, si fermò nell’ Isola di Paro. Gli abitanti, avendo ucciso due de’di lui c
quanti de’ loro concittadini avrebbe mai ricercato. Egli si contentò di due soli, di Alceo e di Stenelo, figli d’ Androge
oro concittadini avrebbe mai ricercato. Egli si contentò di due soli, di Alceo e di Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da M
adini avrebbe mai ricercato. Egli si contentò di due soli, di Alceo e di Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da Minos, re di
ue soli, di Alceo e di Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da Minos, re di Creta. Da di là continuando il suo viaggio, arriv
lceo e di Stenelo, figli d’ Androgeo, na to da Minos, re di Creta. Da di là continuando il suo viaggio, arrivò in Misia, d
tinuando il suo viaggio, arrivò in Misia, dove combattè con Amico, re di Brebicia, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in
ttè con Amico, re di Brebicia, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in di lui luogo Lico, figliuolo di Dascilo(a). Caco, fi
, lo scacciò dal trono, e vi sostituì in di lui luogo Lico, figliuolo di Dascilo(a). Caco, figliuolo di Vulcano, era un mo
stituì in di lui luogo Lico, figliuolo di Dascilo(a). Caco, figliuolo di Vulcano, era un mostro di smisurata grandezza, e
o, figliuolo di Dascilo(a). Caco, figliuolo di Vulcano, era un mostro di smisurata grandezza, e avea tre bocche, dalle qua
latrocinj e cogl’incendj tutto il Lazio. Ercole aveva condotto i buoi di Gerione lungo le rive del Tebro, ed erasi colà ad
di Gerione lungo le rive del Tebro, ed erasi colà addormentato. Caco di notte gliene rubò quattro paja, e per la coda le
l rimanente della sua mandra vicino alla caverna, e dal muggito d’uno di quegli animali rubati venne in cognizione del luo
per soccorrere Egimio, re de’Dorj ; li abbattè, uccise Corono, figlio di Foroneo e loro re, e li obbligò a ritasciare a’Do
esso (c). Ritornando sene da Trachina, vinse, ed uccise Cigno, figlio di Marte, il quale disputò secolui il premio della C
o. Marte, per vendicare la morte del figlio, s’accinse a battersi col di lui uccisore ; mal Giove li separò, scagliando il
io, formidabile malandrino, che soggiornava in Crotone : e in memoria di tal fatto l’Eroe fabbricò ivi un tempio a Giunone
lmente s’azzuffò perfino cogli Dei. Per vendicarsi delle persecuzioni di Giunone, vibrò contro di lei una freccia, e la la
cogli Dei. Per vendicarsi delle persecuzioni di Giunone, vibrò contro di lei una freccia, e la lasciò ferita nel seno. Mol
ò ferita nel seno. Molestato dagli ardori del Sole, tese pure contro, di lui il suo arco. Il Sole ammirò tanto coraggio, e
e ; finalmente il Dio, datosi a conoscere, si rallegiô col figlio pel di lui valore. Ercole per ultimo con una freccia off
e. Ercole per ultimo con una freccia offese Plutone, che fu costretto di salire al Cielo, per farsi guarire da Peone, medi
ole nelle anzidette circostanze ebbe per compagno anche Argeo, figlio di Licinnio. L’Eroe aveva giurato al di lui padre di
per compagno anche Argeo, figlio di Licinnio. L’Eroe aveva giurato al di lui padre di ricondurglielo, ma il giovinetto mor
anche Argeo, figlio di Licinnio. L’Eroe aveva giurato al di lui padre di ricondurglielo, ma il giovinetto morì per viaggio
del Peloponneso, vicina a quella d’Argo (c). Cicerone gli dà il nome di Prodicio, perchè Prodico, nativo dell’ Isola di C
cerone gli dà il nome di Prodicio, perchè Prodico, nativo dell’ Isola di Cea, e famoso Sofista, pubblicò un libro, in cui
acere, e che mentre l’una e l’altro volevano trarlo a se, egli scelse di seguire piuttosto la Virtù, che il Piacere (d). E
con Apollo ed Esculapio. Conobbe la botanica, e arricchì il suo paese di molte piante, delle quali esso mancava. Fu idraul
cio Filippo. Plinio ne fa la descrizione (c). Ercole acquistò il nome di Buraico da Bura, città dell’ Acaja. Ivi era celeb
nome di Buraico da Bura, città dell’ Acaja. Ivi era celebre l’Oracolo di questo Eroe divinizzato. Esso si consultava in un
consultava in un antro, gettando quattro dadi, scolpiti nelle faccie di figure, dalle quali si rilevavano le risposte del
hi n’era stato il ladro. Sofocle non ne fece parola con alcuno. Sognò di nuovo lo stesso, e neppure allora parlò. Per la t
i intieri, per cui venne sopranom’nato anche Bufago, ossia mangiatore di buoi (c). Era nominato Eritreo, perchè aveva un t
itreo, perchè aveva un tempio in Eritrea, citta dell’ Arcadia. Ivi la di lui statua era posta sopra una zattera, perchè gl
Eritrei pretendevano, che quella fosse così arrivata da Tiro appresso di loro. Dicesi, che la stezze zattera, entrata nel
i fermata tra Eritrea e Chio, e che amendue que’ popoli abbiano usato di tutte le loro forze per trarla a se, senzachè abb
a statua d’Ercole, nè permisero, che alle donne Tracie l’ingresso del di lui tempio (d). Qualsivoglia Deità, la quale col
nniale. Questo nome pertanto divenne proprio anche d’Ercole, perchè i di lui Oracoli alle volte si davano in quella manier
n quella maniera. Bene spesso si mandavano gli ammalati a dormire nel di lui tempio, affinchè sapessero in sogno, quando e
ò Ercole, corse dietro al cane, e ricuperò la preda. Diomo in memoria di tal fatto eresse un altare ad Ercole nello stesso
stesso luogo, ove il cane erasi fermato, e denominò Ercole col titolo di Cinosarge, ossia Cane bianco (b). Il nome Eracle
titolo di Cinosarge, ossia Cane bianco (b). Il nome Eracle è composto di due voci Greche, che significano Giunone e gloria
appellato, per indicare, che i travagli, da lui intrapresi per causa di Giunone, lo rendettero glorioso (c). Ercole ebbe
te le cinquanta giovani, chiamate Tespiadi dal loro padre, Tespio, re di Feozia ; Megara, figlia di Creonte, re di Tebe ;
iamate Tespiadi dal loro padre, Tespio, re di Feozia ; Megara, figlia di Creonte, re di Tebe ; e Dejanira, figlia d’Eneo,
dal loro padre, Tespio, re di Feozia ; Megara, figlia di Creonte, re di Tebe ; e Dejanira, figlia d’Eneo, ne di Calidone,
Megara, figlia di Creonte, re di Tebe ; e Dejanira, figlia d’Eneo, ne di Calidone, nell’ Etolia. Tespio fece sposare tutte
n una sola notte rendette ciascuna madre d’un figlio, ed alcune anche di più. Una sola di quelle ricusò d’unirsi ad Ercole
rendette ciascuna madre d’un figlio, ed alcune anche di più. Una sola di quelle ricusò d’unirsi ad Ercole, perchè voleva s
io (a). Tebe doveva pagare ad Ergino, re d’Orcomene, un annuo tributo di cento buoi, ed egli esigeva questo omaggio per ve
di cento buoi, ed egli esigeva questo omaggio per vendicare la morte di Climeno, suo padre, ucciso da un Tebano. Quel re
ò loro il naso, le orecchie, e le mani, le quali poi sospose al collo di ciascuno. Quindi egli prese il nome di Rinocolust
le quali poi sospose al collo di ciascuno. Quindi egli prese il nome di Rinocoluste. Ergino marciò allora contro i Tebani
zzi, ne uccise il re, e ne saccheggiò la città. Creonte in ricompensa di sì segnalato servigio diede in moglio all’ Eroe l
; e però insorse una sollevazione in Tebe. Viveva allora Lico, figlio di Nettuno e di Celeno, il quale aveva ajutato Ercol
rse una sollevazione in Tebe. Viveva allora Lico, figlio di Nettuno e di Celeno, il quale aveva ajutato Ercole a vincere l
er onorare il suo benefattone. Colui, fattosi capo de’ ribelli, privò di vita Creonte, s’impossessò del trono, e voleva an
anche distruggere tutta la famiglia d’Ercole, ma l’improvviso ritorno di lui dall’ Inferno cangiò tutta la scena. Megara c
tutta la scena. Megara co’ suoi figliuoli vennero liberati dalle mani di Lico, e costni per mano d’Ercole rimase ucciso (c
ndo. Partì dall’ altare, si trasferì el suo palagio, e quivi credendo di trovarsi ora in Corinto, ed ora in Micene, combat
ittorie. Giove se gli presentò per richiamarlo alla primiera serenità di mente ; ma Ercole, pensando, che quegli fosse Eur
uso in una stanza, ed ei ne spezzò le porte, che diceva essere quelle di Micene. Uccise i figli, che aveva avuto da Megara
to da Megara, credendoli figli del predetto Euristeo. Avrebbe privato di vita anche Anfitrione, creduto suo padre, se il d
o. Avrebbe privato di vita anche Anfitrione, creduto suo padre, se il di lui figliuolo. Pallante, non ne Io avesse impedit
te caduto in profondo sonno, fu legato, ad una colonna. Dopo alquanto di tempo si destò, guarito della sua frenesia. Conob
o tempo nascosto, fuggendo la società degli uomini (a). Ercole, prima di poter conseguire in moglie Dejanira dovette comba
moglie Dejanira dovette combattere con Acheloo, figlio dell’ Oceano e di Teti, o, come altri vogliono, del Sole della Terr
gliono, del Sole della Terra, perchè anche quegli aspirava alle nozze di colei(24). Acheloo alla fine, conoscendosi inferi
va alle nozze di colei(24). Acheloo alla fine, conoscendosi inferiore di forze ad Ercole, ricorse all’ artifizio di tramut
ne, conoscendosi inferiore di forze ad Ercole, ricorse all’ artifizio di tramutarsi in serpente. L’Eroe lo afferrò pel col
nse, che gia era per soffocarlo. Acheloo, vestite allora le sembianze di toro, rinoò l’attacco ; ed Ercole gli abbrancò un
figlie dello stesso Ar heloo, raccolsero quel corno, e lo riempirono di frutta e fiori odorosi (a). Dejanira poi aivenne
aivenne il premio del vincitore, e questi seco lei s’avviò alla volta di Tebe, sua patria. Giunto alle rive dell’ Eveno, f
ravasi affannoso per la sposa, nè azzardava d’esporla al rapido corso di quelle acque. In tale circostanza il Centauro Nes
asse nuotando all’ altra riva, e gli promise d’assicurarne anche alla di lui sposa il passaggio sulle sue spalle. Ercole a
to il piede sull’ opposta spiaggia, udì e conobbe la voce lamentevole di Dejanira, che dimandava soccorso contro di Nesso,
onobbe la voce lamentevole di Dejanira, che dimandava soccorso contro di Nesso, che tentava di rapirla. L’Eroe tese tosto
vole di Dejanira, che dimandava soccorso contro di Nesso, che tentava di rapirla. L’Eroe tese tosto l’arco, scaricò contro
, scaricò contro il Centauro una freccia, tinta del veleno dell’ Idra di Lerna, e gli trafisse il petto. Nesso vicino a mo
ra di Lerna, e gli trafisse il petto. Nesso vicino a morire, macchinò di vendicarsene. Toltasi di dosso la veste, intrisa
se il petto. Nesso vicino a morire, macchinò di vendicarsene. Toltasi di dosso la veste, intrisa del proprio sangue, ne fe
sangue, ne fece dono a Dejanira, dicendole, che quella avea la virtù di ravvivare le fiamme d’amor conjugale, qualora ess
ale, qualora esse languivano(26). Trascorsi parecchi anni dalla morte di Nesso, Ercole passò per. l’isola d’Eubea, ove s’i
alla morte di Nesso, Ercole passò per. l’isola d’Eubea, ove s’invaghi di lole, figlia d’Eurito, re d’Ecalia. Questi sfidav
to, re d’Ecalia. Questi sfidava tutti nel tirare d’arco, e prometteva di dare in moglie la predetta sua figlia chi lo aves
rapì la giovine, e nel suo furore precipitò dall’ alto delle mura il di lei fratello, Ifito, spedito dal padre a trovare
rubati da Autolico. Ercole dopo d’aver pregato inutilmente Neleo, re di Pilo, di purificarlo del commesso omicidio, si re
a Autolico. Ercole dopo d’aver pregato inutilmente Neleo, re di Pilo, di purificarlo del commesso omicidio, si rerò appres
tia, per liberarsi dalla quale l’Eroe si portò a consultare l’Oracolo di Delfo. Senoclea, sacerdotessa di quel tempio, non
Eroe si portò a consultare l’Oracolo di Delfo. Senoclea, sacerdotessa di quel tempio, non volle dargli alcuna risposta. Er
ale, qualora non fosse stato venduto, e non avesse servito in qualità di schiavo. Per eseguire la predizione dell’ Oracolo
chiavo. Per eseguire la predizione dell’ Oracolo, Mercurio per ordine di Giove lo condusse nella Lidia, e lo vendette ad O
ine di Giove lo condusse nella Lidia, e lo vendette ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie di Tmolo, re di Lidia(27), il
se nella Lidia, e lo vendette ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie di Tmolo, re di Lidia(27), il quale, essendo morto s
a, e lo vendette ad Onfale, figlia di Giardano, e moglie di Tmolo, re di Lidia(27), il quale, essendo morto senza figli, l
ella corona. Colei si valse superbanente del potere, acquistato sopia di Ercole, gli tolse la clava e la pelle di leone, l
del potere, acquistato sopia di Ercole, gli tolse la clava e la pelle di leone, lo vestì in abito donnesco ; e postagli in
là coperto l’Eroe de suoi vestiti, ed ella aveasi indossata la pelle di leone, ed erasi armata della di lui clava. Oppres
ti, ed ella aveasi indossata la pelle di leone, ed erasi armata della di lui clava. Oppressi amendue dal sonno, si coricar
i entrare nella grotta, preso dalla bellezza d’Onfale, erasi proposto di sorprenderla, mentr’ella dormiva. Verso la mezza
iva, divenne soggetto delle comuni risa (b). Onfale poi regalò Ercole di molti doni, perchè egli uccise un serpente, che f
o dicesi Agelao, (e), e da Palefato si chiama Laomede (f). Durante la di lui schiavitù appresso Onfale Ercole aveva distru
i quali costringevano gli ospiti a lavorare le loro vigne in qualità di servi (a). Ercole finalmente donò ad Onfale l’asc
ne in qualità di servi (a). Ercole finalmente donò ad Onfale l’ascia, di cui ne andava armata l’Amazone Ippolita(29). Rito
ei, come seppe, ch’Ercole avea preso ad amare l’anzidetta Jole, piena di gelosia e timori, spedì al marito per mano di Lic
l’anzidetta Jole, piena di gelosia e timori, spedì al marito per mano di Lica, suo servo, la veste di Nesso. L’Eroe Tebano
losia e timori, spedì al marito per mano di Lica, suo servo, la veste di Nesso. L’Eroe Tebano stava allora per offerire vi
nte veniva cruciato, ma il dolore e lo spasimo superando alla fine la di lui tolleranza, abbandonò egli il sacrifizio e l’
leranza, abbandonò egli il sacrifizio e l’altare, cominciò ad empiere di strida l’Oeta, monte della Tessaglia, e tentò di
cominciò ad empiere di strida l’Oeta, monte della Tessaglia, e tentò di spogliarsi della mortifera veste. Ovunque però la
formò un rogo. Indi chiamato a se Filottete figliodi Peane, gl’impose di ritenersi in retaggio il suo arro e le sue frecce
stesso si fece promettere con giuramento, ch’egli avrebbe raccolto le di lui ceneri, nè avrebbe mai scoperto il luogo, ove
mma, dilatatasi per ogni parte ridusse, in cenere le membra e le ossa di lui, che intrepido già la disprezzava (b) (31). D
che la famosa Colomba d’oro, la quale conferiva agli alberi la virtù di profetizzare, aveva presagito ad Ercole il tristo
esporre Fillo ed Ecmagora sul monte Ostracino, dov’erave moltitudine di belve. Una gaza dall’ udire continuamente i gemit
o, in cui si trovavano (d). L’Eroe aveva amato altresì Pirene, figlia di Bebrice, che regnava ne’ monti Pirenei. Ercole, p
Gerione, lasciò la giovine incinta. Pirene mise al mondo un serpente, di cui ne concepì sounno orrore ; e temendo l’ira de
e pure nella stessa città un’ Ara, detta Massima, perchè era maggiore di tutte le altre. Ad essa si portava la decima de’
iare cosa alcuna ivi posta : e ciò in pena d’avere una donna ricusato di somministrare dell’ acqua ad Ercole sitibondo, pe
e i capelli. Queglino portavano allora al tempio d’Ercole una misura di vino, ne facevano delle libazioni, e ne davano a
e d’Ercole certe Feste, dette Ergazie, perchè avevano relazione colle di lui azioni, dette in greco erga (d). Gli s’instit
este, chiamate Iolee, perchè conesse si onorava anche Iolao, compagno di lui nel domare l’Idra di Lerna. Allora dopo il sa
chè conesse si onorava anche Iolao, compagno di lui nel domare l’Idra di Lerna. Allora dopo il sacrifizio eravi un doppio
l’Idra di Lerna. Allora dopo il sacrifizio eravi un doppio spettacolo di giuochi. A’ vincitori si dava una corona di mirto
ravi un doppio spettacolo di giuochi. A’ vincitori si dava una corona di mirto, e un trepiede di bronzo (e). Il culto d’Er
o di giuochi. A’ vincitori si dava una corona di mirto, e un trepiede di bronzo (e). Il culto d’Ercole si estese nelle Gal
imo tempio, consecrato a questo Eroe, e dove v’avea un pilastro tutto di smeraldo, e una sedia di pietra preziosa (f). Il
questo Eroe, e dove v’avea un pilastro tutto di smeraldo, e una sedia di pietra preziosa (f). Il Fabretti rapporta due Isc
me il Nume, preside a’ pesi e alle misure. Varj popoli imploravano la di lui protezione in tempo di malattie, per cui egli
e alle misure. Varj popoli imploravano la di lui protezione in tempo di malattie, per cui egli acquistò il nome di Alessi
di lui protezione in tempo di malattie, per cui egli acquistò il nome di Alessicaco(a). Finalmente Ercole conseguì un temp
sicaco(a). Finalmente Ercole conseguì un tempio appresso gli abitanti di Cadice nella Spagna. Là non veniva rappresentato
tto alcuna figura, nè era permesso alle donne l’entrarvi. I Sacerdoti di quel tempio doveano serbarsi sempre casti, ed era
ardeva un fuoco perpetuo. Finalmente eranvi colà due colonne d’oro e di bronzo, sulle quali si vedevano espresse le mento
Gadaritane (c). Ercole apparve in sogno al leggiadro Miscelo, figlio di Alemone, cittadino d’Ar go ; e in tuono minaccevo
o ; e in tuono minaccevole gli comandò d’abbandonare la sua patria, e di trasferirsi sulle rive dell’ Esaro, fiume de’ Bru
cui doveva appigliarsi. Ercole lo voleva fuggiasco, e le leggi dalla di lui patria glielo vietavano sotto pena di morte.
fuggiasco, e le leggi dalla di lui patria glielo vietavano sotto pena di morte. In tale agitazione di spirito passo il gio
i lui patria glielo vietavano sotto pena di morte. In tale agitazione di spirito passo il giovane l’intera giornata. Sopra
te a dormire, ebbe la stessa visione, calchè risolvette d’ubbidire, e di portarsi in paese straniero. Trapelatasi in città
d’ubbidire, e di portarsi in paese straniero. Trapelatasi in città la di lui determinazione, venne accusato, e convinto pe
propizio vento per la Ionia, e giunse a’ lidi dell’ Esaro. Non lungi di là trovo la tomba, che racchiadeva le ceneri di u
ell’ Esaro. Non lungi di là trovo la tomba, che racchiadeva le ceneri di un certo Crotone, uomo saggio, moderato, e ospita
mi Sacerdoti d’Ercole sono famosi Pinazio e Potizio, due vecchi servi di Evandro, re del Lazio. Allorchè questo Principe r
Potizio solo, perchè Pinario non v’arrivò che tardi. Ercole, irritato di tale negligenza, comandò che Potizio e i di lui d
e tardi. Ercole, irritato di tale negligenza, comandò che Potizio e i di lui discendenti presiedessero a’ sacrifizj, che a
i si facevano in Italia sul monte Aventino, e che Pinario e la stirpe di lui non v’assistessero, che per servire in essi a
, giovine della Beozia. Iria, donna pure della Beozia, avea un figlio di rara bellezza, nominato Cigno. Fillio prese ad am
di rara bellezza, nominato Cigno. Fillio prese ad amarlo, e si studiò di piacergli. Cigno, che cercava di liberarsene, dop
Fillio prese ad amarlo, e si studiò di piacergli. Cigno, che cercava di liberarsene, dopo d’ averlo impegnato in altre du
verlo impegnato in altre due malagevolissime imprese(38), gli propose di prendere vivo, e di condurre all’ altare di Giove
ltre due malagevolissime imprese(38), gli propose di prendere vivo, e di condurre all’ altare di Giove un toro indomito, c
imprese(38), gli propose di prendere vivo, e di condurre all’ altare di Giove un toro indomito, che faceva un orribile gu
o, che faceva un orribile guasto in una vicina foresta. Fillio, prima di tentare l’arduo cimento, implorò il soccorso di E
oresta. Fillio, prima di tentare l’arduo cimento, implorò il soccorso di Ercole, e a tale oggetto gli offerì un sacrifizio
mediante la protezione d’Ercole restò liberato dalla fiamma d’amore, di cui ardeva per Cigno : lo che talmente avvilì l’o
lmente avvilì l’oggetto da prima cotanto amato, che si gettò nel lagò di Canopo, e venne convertito in Cigno (a) (39). L’E
ttò nel lagò di Canopo, e venne convertito in Cigno (a) (39). L’Eroe, di cui finora abbiamo parlato, rappresentasi di figu
Cigno (a) (39). L’Eroe, di cui finora abbiamo parlato, rappresentasi di figura gigantesca, vestito con pelle di leone, e
bbiamo parlato, rappresentasi di figura gigantesca, vestito con pelle di leone, e coronato di pioppo. Stringe in mano la c
esentasi di figura gigantesca, vestito con pelle di leone, e coronato di pioppo. Stringe in mano la clava, ed ha il turcas
coronato di pioppo. Stringe in mano la clava, ed ha il turcasso pieno di frecce. Talvolta comparisce col cornucopio sotto
olta comparisce col cornucopio sotto il braccio (b). Cinge una corona di pioppo, perchè viaggiando pel regno di Plutone, a
braccio (b). Cinge una corona di pioppo, perchè viaggiando pel regno di Plutone, avea trovato sulle rive del frume Achero
icesi inoltre, che quando questo Eroe discese nell’ Inferno, la parte di quelle foglie, che toccava la di lui testa, si co
Eroe discese nell’ Inferno, la parte di quelle foglie, che toccava la di lui testa, si conservò candida, laddove l’altra,
di lui testa, si conservò candida, laddove l’altra, ch’era esposta al di fuori, s’annerì pel denso fumo di quel tetro sogg
laddove l’altra, ch’era esposta al di fuori, s’annerì pel denso fumo di quel tetro soggiorno (c) Teseo. Egeo, re
(c) Teseo. Egeo, re d’Atene, trasferitosi appresso Pitteo, re di Trezene, ne ricevette in moglie la di lui figliuo
rasferitosi appresso Pitteo, re di Trezene, ne ricevette in moglie la di lui figliuola, Etra, la quale gli partorì Teseo.
suoi calzari e la sua spada sotto un grosso sasso, e commise ad Etra di spedirgli Teseo, allorchè fosse divenuto capace d
e commise ad Etra di spedirgli Teseo, allorchè fosse divenuto capace di smuovete quel sasso. Converiva, che Egeo tenesse
geo tenesse secreto il suo matrimonio a motivo de’cinquanta figliuoli di Pallante, suo fratello, detti però Pallantidi, i
aspiravano alla corona d’ Ateno. Pitteo quindi pubblicò, che il padre di Teseo era Nettuno(a). Crebbe il fanciullo in quel
a Nettuno(a). Crebbe il fanciullo in quella Reggia sotto l’educazione di un certo Connida(1), e fino dalla più tenera età
certo Connida(1), e fino dalla più tenera età diede non dubbie prove di sommo coraggio, e d’invitta fortezza. Ercole, tra
a fortezza. Ercole, trasferitosi appresso Pitteo, depose la sua pelle di leone per assidersi a mensa. Molti fanciulli, e t
sa. Molti fanciulli, e tra quelli anche Teseo, tratti dalla curiosità di vedere Ercole, erano accorsi al palagio reale ; m
uella pelle si spaventarono, eccettuato Teseo, che strappò dalle mani di uno schiavo un’ascia, e credendo di vedere un ver
ato Teseo, che strappò dalle mani di uno schiavo un’ascia, e credendo di vedere un vero leone, corse intrepido ad attaccar
ro leone, corse intrepido ad attaccarlo(b). Era giunto Teseo all’età di sedici anni, quando Etra gli manifestò il secreto
eo all’età di sedici anni, quando Etra gli manifestò il secreto della di lui nascita. Il giovane rovesciò l’anzidetto sass
accolse ciò, ch’eravi sottoposto. Fu allora, che la virtù e la gloria di Ercole lo animarono piucchè mai ad illustri azion
ai ad illustri azioni, e l’ammirazione, ch’eccitavano in lui le gesta di quell’ Eroe, produceva che le imprese dello stess
quell’ Eroe, produceva che le imprese dello stesso gli si offerissero di notte in sogno, e gli destassero ardente desideri
si offerissero di notte in sogno, e gli destassero ardente desiderio di emularle. Ad accrescere siffatta emulazione conco
concorreva la parentela, ch’eravi traloro, perchè Pitteo era fratello di Lisidice, madre di Alcmena, da cui, come vedemmo,
tela, ch’eravi traloro, perchè Pitteo era fratello di Lisidice, madre di Alcmena, da cui, come vedemmo, era n ato Ercole(a
eo se ne andò alla volta d’Atene, nè stette molto a trovare occasioni di far prova del suo valore. Sulle vie d’Epidauro s’
uo valore. Sulle vie d’Epidauro s’abbattè in Perifete, creduto figlio di Vulcano(2), e soprannominato Corinete, perchè por
, come il primo trionfo della sua virtù(c)Incontrò poscia nell’ Istmo di Corinto un altro gigante, assai più forte e formi
asseggieri a due pini, a gran forza curvati, affinchè al raddcizzarsi di essi, traessero seco una parte del corpo, squarci
esso gli altti(a). Perigona, figlia del predetto Scini, dopo la morte di suo padre ando a nascondersi tra morte di suo pad
edetto Scini, dopo la morte di suo padre ando a nascondersi tra morte di suo padre ando a nascondersi tra molte canne e al
e e altre piante selvaggie, perchè temeva d’incontrare lo stesso fine di lui. Teseo, il quale già sospettava ch’ella si fo
ndo, che non le avrebbe recato alcun male. La giovine si rimise nelle di lui mani, gli partorì Menalippo, e fu poi da Tese
esto era stato mandato, come abbiamo esposto, a devastare le campagna di Maratona. L’Etoe proseguì il suo viaggio, passò p
icino a Corinto, e v’uccise un cinghiale, ch’era divenuto lo spavento di quel Territorio(c). Assicurò il cammino a Megara,
(7), faceva coricare i viandanti sopra un letto : se erano più lunghi di quello, ne tagliava la parte che sopravanzava ; s
orire del medesimo supplizio(a). Egli poi ando appresso i discendenti di Fitalo, si fece purificare all’altare di Giove Me
ando appresso i discendenti di Fitalo, si fece purificare all’altare di Giove Melichio, perchè aveasi imbrattate le mani
altare di Giove Melichio, perchè aveasi imbrattate le mani nel sangue di tanta gente(b). Giunse finalmente in Atene, e vi
tanta gente(b). Giunse finalmente in Atene, e vi trovò Medea, figlia di Ecta, re di Colco, la quale, fuggita da Corinto,
(b). Giunse finalmente in Atene, e vi trovò Medea, figlia di Ecta, re di Colco, la quale, fuggita da Corinto, erasi ritira
le, fuggita da Corinto, erasi ritirata appresso Egeo, ed era divenuta di lui moglie. Colei, che aveva avuto qualche notizi
ed era divenuta di lui moglie. Colei, che aveva avuto qualche notizia di Teseo, tentò di farlo perire, onde assicurare il
di lui moglie. Colei, che aveva avuto qualche notizia di Teseo, tentò di farlo perire, onde assicurare il trono al figliuo
nemico. Mentre Teseo appressava le labbra alla tazza fatale, il padre di lui lo riconobbe, e strappatogli il bicchiere di
zza fatale, il padre di lui lo riconobbe, e strappatogli il bicchiere di mano, imbrandì la spada per uccidere l’ingannatri
mbrandì la spada per uccidere l’ingannatrice. La Maga si sottrasse al di lui furore, fuggì precipitosamente da Atene, e ti
, e tirata da Dragoni, si occultò fra le nuvole(c) (8). Pallante, e i di lui figliuoli come riconobbero Teseo, suscitarono
erta, e tosto dissipata colla morte dello stesso Pallante, e de’figli di lui, i quali caddero tutti sotto i colpi di Teseo
esso Pallante, e de’figli di lui, i quali caddero tutti sotto i colpi di Teseo. La uccisione di costoro obbligò questo Ero
li di lui, i quali caddero tutti sotto i colpi di Teseo. La uccisione di costoro obbligò questo Eroe ad allontanarsi per u
oso tributo, cui essa per la terza volta doveva pagare a Minos II, re di Creta. Androgeo, figlio di questo Monarca, per av
a terza volta doveva pagare a Minos II, re di Creta. Androgeo, figlio di questo Monarca, per aver riportato il premio ne’
teniesi e de’ Megaresi, che coloro gli tesero insidie, e lo privarono di vita (9)(9). Minos stava sacrificando nel tempio
numerose forze terrestri e marittime, mosse guerra ad Egeo, e a Niso, di lui fratello, che regnava in Megara (10)(10). Gli
li Ateniesi, oppressi dalle armi nemiche, furono nella dura necessità di segnare col re Megarese un trattato, per cui si o
essità di segnare col re Megarese un trattato, per cui si obbligarono di mandargli ogni nove anni(c), ovvero ogni anno set
irinto, fabbricato da Dedalo (11) S’accorse appena l’ afflitto Dedalo di tale caduta, che, calato dall’ alto, cercò incons
ene. Riprese poscia il volo verso l’ Italia, e discese sulle montagne di Cuma. Là v’ eresse un tempio ad Apollo in riagraz
a sua felice fuga, consecrò a quel Nume le sue ali, e sulla porta del di lui tempio vi scolpì la descrizione di tutto ciò,
le sue ali, e sulla porta del di lui tempio vi scolpì la descrizione di tutto ciò, ch’ eragli accaduto. Cocalo poi, re di
olpì la descrizione di tutto ciò, ch’ eragli accaduto. Cocalo poi, re di Sicilia, accolse appresso di se l’ industre artef
ciò, ch’ eragli accaduto. Cocalo poi, re di Sicilia, accolse appresso di se l’ industre artefice, ma poi, temendo il furor
ccolse appresso di se l’ industre artefice, ma poi, temendo il furore di Minos, che glielo aveva ricercato, lo soffocò in
elo aveva ricercato, lo soffocò in un bagno(b). Dicono, che le figlie di Cocalo diedero la stessa morte a Minos (c). e ave
tesso Minos, e figlia del Sole e della Ninfa Perseide. Aveva la testa di toro, e nel cimanente del corpo rassomigliava all
ente del corpo rassomigliava alla figura d’uomo(13), nè si cibava che di carne umana(d). All’avvicinarsi il tempo del terz
gli tra coloro, che la sorte destinava alla funesta spedizione. Prima di partire consultò l’Oracolo di Delfo, che gli comm
estinava alla funesta spedizione. Prima di partire consultò l’Oracolo di Delfo, che gli commise di prendersi Venere per gu
izione. Prima di partire consultò l’Oracolo di Delfo, che gli commise di prendersi Venere per guida, e di sacrificarle una
l’Oracolo di Delfo, che gli commise di prendersi Venere per guida, e di sacrificarle una capra in riva al mare. Così egli
al mare. Così egli fece, e la Dea tosto gli comparve sotto la figura di capra, per cui acquistò il nome di Epitragia(a).
tosto gli comparve sotto la figura di capra, per cui acquistò il nome di Epitragia(a). Non appena Teseo giunse in Creta, c
. Non appena Teseo giunse in Creta, che se ne invaghì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu
ì Arianna, figlia di quel re. Ella gli diede un filo, il quale gli fu di guida per uscire dal Labirinto, dopochè uccise il
ncontrare lo stesso funesto fine(14). Egli rapì inoltre le due figlie di Minos ; e sciolte le vele da Creta, sbarcò verso
i Minos ; e sciolte le vele da Creta, sbarcò verso sera alle spiaggie di Nasso. Al nuovo dì abbandonò ivi Arianna, mentre
coforie(16). Teseo, ritornando da Creta, fece un sacrifizio ad Apollo di tutte le vettovaglie, ch’erano sopravanzate nel s
Pianepsia. Allora si portava anche d’intorno un ramo d’ulivo, coperto di lana, che si attaccava poi da un fanciullo sulle
poi da un fanciullo sulle porte per allontanare la carestia in onore di Minerva. Se era per Apollo, il ramo era d’alloro(
irono le Feste Delie, nelle quali ogni cinque anni recavasi un numero di Ateniesi, coronati d’alloro, ad Apollo in Delo. Q
de(17), ed era quello stesso, che avea trasportato in Creta Teseo e i di lui compagni(b). Un Sacerdote d’Apollo ne coronav
nte deponevano la loro corona, e la consecravano ad Apollo. Nel tempo di tali Feste non era permesso il punire reo alcuno
ccennato(c). Le Cibernesie furono Feste, instituite da Teseo in onore di Nausiteo e Feacide, che eransi seco lui uniti in
in onore di Nausiteo e Feacide, che eransi seco lui uniti in qualità di piloti nella sua famosa spedizione in Creta (d).
e Oscoforie vennero così denominate dalle due voci Greche oscos, ramo di vite, e fero, portare, attesochè certi nobili gio
attesochè certi nobili giovanetti, vestiti da donzelle(e), e con rami di vite, carichi d’uva, correvano dal tempio di Bacc
donzelle(e), e con rami di vite, carichi d’uva, correvano dal tempio di Bacco a quello di Minerva Scirade nel Porto Faler
n rami di vite, carichi d’uva, correvano dal tempio di Bacco a quello di Minerva Scirade nel Porto Falero(f). Chi prima v’
rifizio(g). Plutarco vuole, che queste Feste si celebressero in onore di Bacco e di Arianna(h). Secondo altri esse erano s
Plutarco vuole, che queste Feste si celebressero in onore di Bacco e di Arianna(h). Secondo altri esse erano state instit
o e di Arianna(h). Secondo altri esse erano state instituite in onore di Bacco e di Minerva(i) (18). Teseo, primachè parti
nna(h). Secondo altri esse erano state instituite in onore di Bacco e di Minerva(i) (18). Teseo, primachè partisse da Aten
a Atene per trasferirsi in Creta, aveva ricevuto ordine dal padre suo di spiegare al suo ritorno, se mai poteva riuscirvi,
del naviglio, su cui si spedivano in tribato i fanciulli, erano tutre di color nero, indizio di tristezza e di lutto. Egeo
spedivano in tribato i fanciulli, erano tutre di color nero, indizio di tristezza e di lutto. Egeo dall’alto d’Atene, det
ribato i fanciulli, erano tutre di color nero, indizio di tristezza e di lutto. Egeo dall’alto d’Atene, detta Acropoli, do
suo amore pel figlio lo aveva condotto, stava osservando, se la nave di Teseo ritornava fornita del concertato contrasseg
seo ritornava fornita del concertato contrassegno. Vide la nave senza di quello ; nè più dubitando, che il figlio fosse gi
to la cagione. Gli Ateniesi per consolarnelo esaltarono Egeo al grado di Nume marino, lo dichiararono figlio di Nettuno, e
rnelo esaltarono Egeo al grado di Nume marino, lo dichiararono figlio di Nettuno, e diedero il nome di lui a tutto il mare
di Nume marino, lo dichiararono figlio di Nettuno, e diedero il nome di lui a tutto il mare circonvicino(a), il quale poi
ifico possessore, attese a riformare le antiche leggi, e a stabilirne di nuove. Radunò in città tutti gli abitanti de’Borg
lò altresì îl culto de’ Numi, instituì varie Feste, e rinovò in onore di Nettuno i Giuochi Istmici, come Ercole avea rinov
do delle armi. Per tutte queste diverse instituzioni meritò il titolo di secondo fondatore d’Atene(a). Egli inoltre second
o da Ercole a combattere seco lui le Amazoni, e che dopo la sconfitta di quelle abbia introdotte le Feste, chiamate Boedro
i Boedromione (c) (20). Egli concorse anche alla caccia del Cinghiale di Calidone(d). La fama delle di lui imprese fece sì
oncorse anche alla caccia del Cinghiale di Calidone(d). La fama delle di lui imprese fece sì, che egli venisse provocato a
nisse provocato a singolare tenzone da Piritoo, figliuolo d’Issione e di Dia, e re de’ Lapiti (21). Ma quando i due Eroi f
abbracciarono, strinsero fra loro la più tenera amicizia, e giurarono di porgersi scambievole ajuto(e). Ciò ebbe a verific
ando discese nell’Inferno. Questo Eroe avea sposato Ippodamia, figlia di Atrace(f), che Omero chiama Laodamia(g), e Plutar
o Deidamia(h). Al convito nuziale, apparecchiato in una grotta, cinta di piante, furono invitati i Centauri, moltissimi Er
itò orribile contrasto tra’Lapiti e i Centauri. Eurito, il più feroce di tutti i Centauri, riscaldato soverchiamente dal v
aldato soverchiamente dal vino, mise sossopra tutta la mensa, e tentò di rapire la sposa. Sull’ esempio di lui fecero anch
se sossopra tutta la mensa, e tentò di rapire la sposa. Sull’ esempio di lui fecero anche gli altri Centauri la stessa vio
o. Vi rimasero morti molti Lapiti, che si erano opposti all’attentato di coloro. Tra quelli perì anche Censo, figlio di El
opposti all’attentato di coloro. Tra quelli perì anche Censo, figlio di Elato(22). Teseo, per vendicare l’ ingiuria, fatt
). Teseo, per vendicare l’ ingiuria, fatta all’ amico, e la morte de’ di lui sudditi, si scagliò, ov’ era più folta la tur
ta la forza, squarciò la fronte a colui, il quale cadde tutto asperso di sangue, ed esalò lo spirito(23). Alcuni dicono, c
rlo si fece innanzi Farco, che, scavato da una rupe un macigno, tentò di scaricarlo sopra Teseo ; ma questi, lanciando con
acigno, tentò di scaricarlo sopra Teseo ; ma questi, lanciando contro di lui un grosso tronco di quercia, lo lasciò semivi
rlo sopra Teseo ; ma questi, lanciando contro di lui un grosso tronco di quercia, lo lasciò semivivo. Lo stesso Eroe assal
sa fece a Nedimno, a Liceto, esperto nel trattare l’ arco, ad Ippaso, di lunga barba, a Rifeo, che oltrepassava i più alti
e dalle radici un annoso pino ; ma non potendo sveller. Io, lo scosse di tal fatta ; che cadde alla fine, dove il Centauro
rta Fedra, sua moglie, e sorella della mentovata Arianna, stabilirono di procurarsene ciascuno un’ altra, la quale fosse n
uno un’ altra, la quale fosse nata da Giove. Teseo rapì Elena, figlia di quel Nume, e di Leda(25), mentr’ella in età di di
a quale fosse nata da Giove. Teseo rapì Elena, figlia di quel Nume, e di Leda(25), mentr’ella in età di dieci anni assiste
seo rapì Elena, figlia di quel Nume, e di Leda(25), mentr’ella in età di dieci anni assisteva ad una festa nel tempio di D
5), mentr’ella in età di dieci anni assisteva ad una festa nel tempio di Diana Orzia(b). Fu allora, che l’ Eroe presso Erm
l’ Istmo del Peloponneso, alzò anche un tempio a Venere sotto il nome di Ninfa, ossia novella sposa (c). Non potè però sem
infa, ossia novella sposa (c). Non potè però sempre ritenere appresso di se l’ anzidetta giovine, perchè Etra, a cui egli
cui egli aveala affidata, dovette restituirla a Castore e a Polluce, di lei fratelli (d) (26). Piritoo, ch’ erasi propost
re e a Polluce, di lei fratelli (d) (26). Piritoo, ch’ erasi proposto di sposare Proserpina, moglie di Plutone, eccitò Tes
i (d) (26). Piritoo, ch’ erasi proposto di sposare Proserpina, moglie di Plutone, eccitò Teseo ad unirsi seco lui in quell
do calò laggiù per trarne il Cane Cerbero, ottenne mediante il favore di Proserpina di ricondurlo sulla terra(f). Teseo eb
per trarne il Cane Cerbero, ottenne mediante il favore di Proserpina di ricondurlo sulla terra(f). Teseo ebbe da Fedra du
ce passare la sua famiglia nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio di Apollo e di Partenope,
nell’ Eubea, ed egli si ritirò nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio di Apollo e di Partenope, e re di quell’ Isola, pres
ed egli si ritirò nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio di Apollo e di Partenope, e re di quell’ Isola, preso da invilia
nell’ Isola di Sciro. Licomede, figlio di Apollo e di Partenope, e re di quell’ Isola, preso da invilia di sì grande perso
glio di Apollo e di Partenope, e re di quell’ Isola, preso da invilia di sì grande personaggio, lo precipitò dall’ alto d’
lto d’una rupe(a). Gli Ateniesi dopo molti secoli onorarono le ceneri di Teseo(b). Conone nel mezzo della città gli alzò u
stato da Teseo agl’ infelici (c). Nello stesso tempio l’ottavo giorno di ciascun mese si colebravano delle Feste a Teseo,
e mangiare alle pubbliche mense(d). Priamo Priamo fu figliuolo di Laomedonte, re di Troja (a) (1). Era pieno di cor
bbliche mense(d). Priamo Priamo fu figliuolo di Laomedonte, re di Troja (a) (1). Era pieno di coraggio, e fornito d
Priamo fu figliuolo di Laomedonte, re di Troja (a) (1). Era pieno di coraggio, e fornito di marziale valore. Posto da
di Laomedonte, re di Troja (a) (1). Era pieno di coraggio, e fornito di marziale valore. Posto da Ercole sul trono del pr
rono del predetto Laomedonte, suo padre, ne ampliò lo Stato per mezzo di varie conquiste, e ne accrebbe la gloria e lo spl
e una statua a Giove, soprannominato Erceo. Tutto era grandezza nella di lui Corte, e per molti anni visse nella prosperit
lui Corte, e per molti anni visse nella prosperità(b). Arisba, figlia di Merope, fu la prima moglie di Priamo, dalla quale
sse nella prosperità(b). Arisba, figlia di Merope, fu la prima moglie di Priamo, dalla quale nacque Esaco(c) (2). Lo stess
dalla quale nacque Esaco(c) (2). Lo stesso re poi sposò Ecuba, figlia di Dimante, che regnava in un cantone della Frigia(d
cuba, figlia di Dimante, che regnava in un cantone della Frigia(d), o di Cisseo, re de’ Trasi(e). Colei gli partorì diecis
onio anche Merope, figlia del fiume Sangario (a). L’anzidetto Paride, di cui diffusamente ne parleremo anche quanto prima,
cui diffusamente ne parleremo anche quanto prima, allestì una flotta di venti vascelli(13) per andarsene in Grecia a rido
ti vascelli(13) per andarsene in Grecia a ridomandare Esione, sorella di suo padre, ch’ Ercole avea rapito, e dato in ispo
Ercole avea rapito, e dato in isposa a Telamone, figlio d’Eaco, e re di Salamina. Arrivato prima il giovane Trojano a Spa
jano a Sparta, Menelao, che ivi regnava, lo accolse con dimostrazioni di singolare benevolenza. Ma paride, invaghitosi del
dimostrazioni di singolare benevolenza. Ma paride, invaghitosi della di lui moglie, Elena, figlia di Tindaro, approfittò
enevolenza. Ma paride, invaghitosi della di lui moglie, Elena, figlia di Tindaro, approfittò del momento, in cui Menelao e
rito suo, fuggì seco lui nella Troade(14). Priamo la accolse appresso di se, poichè da lungo tempo eravi tra’ Greci e i Tr
ptoci oltraggi(b). L’anzidetto abbominevole ratto assoggettò la città di Troja all’ira di tutta la Grecia(15), e a’ disast
. L’anzidetto abbominevole ratto assoggettò la città di Troja all’ira di tutta la Grecia(15), e a’ disastri di lunghissima
gettò la città di Troja all’ira di tutta la Grecia(15), e a’ disastri di lunghissima guerra(16), come nel decorso dell’ Op
quelli, che accorsero ad ajutarlo, i più famosi sono Mennone, figlio di Titane, e dell’ Aurora, e re d’ Etiopia(17) ; Pro
fratello d’ Arcesilao, e principe della Beozia(18) ; Ippotoo, figlio di Lito(19) ; Protoo, figlio di Tentredone(20) ; Api
ncipe della Beozia(18) ; Ippotoo, figlio di Lito(19) ; Protoo, figlio di Tentredone(20) ; Apisaone, figlio d’Ippaso(21) ;
Peoni, e figlio d’Aso secondo Ditti Cretese (a) (25) ; Rigmo, figlio di Pireo, e principe della Tracia(26) ; Satnio, figl
à in mano de’ Greci, voleva darsi la morte, ma Écuba(31) lo consigliò di rititarsi piuttosto all’altare di Giove Erceo, ov
la morte, ma Écuba(31) lo consigliò di rititarsi piuttosto all’altare di Giove Erceo, ove anch’ella colle sue figliuole er
, figlio d’Achille, uccise appresso il predetto altare Polite, figlio di Priamo. Il re Trojano a tale vista non potè frena
contro Pirro un dardo, il quale però appena giunse a toccare lo scudo di lui. Il Greco allora si scagliò sopra l’infelice
una mano lo prese pe’ canuti capelli, coll’altra immerse la spada nel di lui seno, e lo fece cadere appiè di quell’ara. Ac
, coll’altra immerse la spada nel di lui seno, e lo fece cadere appiè di quell’ara. Aceorsero i Greci a recidergli il capo
o una Tradizione, riferita da Servio, Pirro trasse Priamo fuori della di lui Reggia, gli recise la testa, la ripose sulla
are in giro per tutta la città(a). Ettore. Ettore fu figliuolo di Ecuba e di Priamo. Era risguardato come il sosteg
per tutta la città(a). Ettore. Ettore fu figliuolo di Ecuba e di Priamo. Era risguardato come il sostegno de’ Troj
tegno de’ Trojani ; e gli Oracoli aveano predetto, che l’ Imperio del di lui padre non si sarebbe potuto distruggere, finc
Egli divenne il terrore de’ Greci, e comparve il più forte e valoroso di tutti i suoi concittadini (b) (1). Questo Eroe tr
ori(d). Lo stesso portò il fuoco perfino ne’ vascelli nemici, e privò di vita Patroclo, il quale gli fàceva resistenza. Il
stenza. Il medesimo uccise Meneste, Anchialo (f), e Cerano, cocchiere di Merione (g). Fece pur cadere sotto il suo braccio
e di Merione (g). Fece pur cadere sotto il suo braccio Epigeo, figlio di Agacleo, e re di Budia(h). Vinse e disarmò Leito,
Fece pur cadere sotto il suo braccio Epigeo, figlio di Agacleo, e re di Budia(h). Vinse e disarmò Leito, figlio d’ Alettr
io d’ Alettrione ; e lo avrebbe inche ucciso, se non fosse accorso in di lui Idomeneo(i). Trionfò altresì di Protesilao, f
e ucciso, se non fosse accorso in di lui Idomeneo(i). Trionfò altresì di Protesilao, figlio d’ Ificlo, e re d’un Cantone d
tone della Tessaglia(a) (2). Finalmente nise a morte Anfimaco, figlio di Teato Attorione(b) ; Stichio, duce de’ Beozj ; Ar
ato Attorione(b) ; Stichio, duce de’ Beozj ; Arcesilao, fido compagno di Menesteo ; i due duci de’ Focesi, Schedio, figlio
o, fido compagno di Menesteo ; i due duci de’ Focesi, Schedio, figlio di Perimede(c), e Schedio, figlio d’ Ifito(d) ; Lico
lio di Perimede(c), e Schedio, figlio d’ Ifito(d) ; Licofrone, figlio di Mastore, e cocchiere d’ Ajace, Perifete, figlio d
Licofrone, figlio di Mastore, e cocchiere d’ Ajace, Perifete, figlio di Copreo(e). Il cocchiere d’ Ettore fu Cebrione, fi
fete, figlio di Copreo(e). Il cocchiere d’ Ettore fu Cebrione, figlio di Priamo(3), ed Eniopeo(4). Il di lui trombetta poi
cchiere d’ Ettore fu Cebrione, figlio di Priamo(3), ed Eniopeo(4). Il di lui trombetta poi fu Miseno, figlio d’ Eolo(f) (5
figlio d’ Eolo(f) (5). Ettore sposò Andromaca, figlia d’ Eozione, re di Tebe nella Cilicia, la quale era bella, coraggios
dinanzi alla Porta Scea, attendendo Achille, e mostravasi impaziente di venire alle mani con lui. Priamo ed Ecuba, treman
iamo ed Ecuba, tremanti per la vita del loro figlio, lo scongiuravano di rientrare in città ; ma nè le preghiere, nè le la
città ; ma nè le preghiere, nè le lagrime loro poterono smuoverlo da di là. Venne finalmente Achille colla picca alla man
ell’altro. Piombò quello del Trojano, e da quel momento tutti i colpi di lui riuscirono inutili Achille all’opposto vibrò
ti i colpi di lui riuscirono inutili Achille all’opposto vibrò contro di Ettore la picca, e lo stese a terra morto. Disono
e lo stese a terra morto. Disonorò poi la sua vittoria con un tratto di turpe crudeltà. Non contento d’aver insultato agl
di turpe crudeltà. Non contento d’aver insultato agli ultimi respiri di lui, lo attaccò al suo carro, per tre volte lo st
o, per tre volte lo strascinò col volto nella polvere intorno le mura di Troja, e comandò che fosse esposto ad essere cibo
e cibo de’cani e degli avoltoi (b). Priamo allora, gettatosi a’ piedi di lui, lo supplicò che volesse rendergli il morto f
 ; e Achille, tocco dale lagrime del dolente vecchio, ed eccitàto da’ di lui generosi doni, v’acconsentì(c). In quella cir
tì(c). In quella circostanza Achille accordò pure a Priamo una tregua di dodici giorni, onde potesse rendere al figlio gli
ò un rogo su eui lo ripose il settimo giorno. I fratelli, e gli amici di Ettore ne raccolsero le ceneri, e le rinchiusero
na magnifica tomba in Epiro, dove la avea condotta Neottolemo, figlio di Achille (e) (8) Pausania dice, che i Tebani di Be
tta Neottolemo, figlio di Achille (e) (8) Pausania dice, che i Tebani di Beozia si vantavano d’aver trasportato appresso d
dice, che i Tebani di Beozia si vantavano d’aver trasportato appresso di loro le ceneri di Ettore, perchè così avea prescr
di Beozia si vantavano d’aver trasportato appresso di loro le ceneri di Ettore, perchè così avea prescritto ad essi un Or
e fosse felice il loro Imperio(a). Paride. Paride fu figliuolo di Priamo e di Ecuba. Questi anche prima di nascere
ce il loro Imperio(a). Paride. Paride fu figliuolo di Priamo e di Ecuba. Questi anche prima di nascere fu conosciut
ide. Paride fu figliuolo di Priamo e di Ecuba. Questi anche prima di nascere fu conosciuto come quello, che doveva ess
quello, che doveva essere la rovina della sua pattia. Ecuba, rimasta di lui incinta, sognò che aveva partorito una faccol
o dell’infausto vaticinio, e commise ad Archelao, uno de’ suoi servi, di esporre il fanciullo, subitochè fosse nato, ne’ b
vano sul monte Ida(b) (1). Paride, cresciuto in età, ebbe ivi la cura di numeroso gregge ; il suo coraggio nel difenderlo
ra di numeroso gregge ; il suo coraggio nel difenderlo da chi cercava di rubarglielo, gli acquistò il nome di Alessandro(c
io nel difenderlo da chi cercava di rubarglielo, gli acquistò il nome di Alessandro(c). In differenti occasioni diede prov
cquistò il nome di Alessandro(c). In differenti occasioni diede prove di giustizia ed equità sì grande, che i vicini Pasto
e(a), o della Ninfa Egina(b) (2), essendo per isposare Tetide, figlia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei alle s
la Ninfa Egina(b) (2), essendo per isposare Tetide, figlia di Nereo e di Doride(3), invitô tutti gli Dei alle sue nozze, l
timore che’ vi cagionasse qualche disordine. Ella cercò tutti i mezzi di vendicarsene ; ed uno ne trovò, con cui fece molt
e tralle sole anzidette tre Divinità. Era difficile il decidere quale di loro fosse la più avvenente. Paride fu eletto giu
la più avvenente. Paride fu eletto giudice della questione. Ciascuna di esse fecegli generose offerte, onde giudicasse a
mperj ; Minerva gli promise la gloria delle armi ; e Venere s’impegnò di renderlo possessore della più bella donna, che vi
o a Venere. Giunone e Minerva fino da quel momento concepirono contro di lui implacabile odio, e stabilirono di prenderne
uel momento concepirono contro di lui implacabile odio, e stabilirono di prenderne vendetta sopra tutta la di lui famiglia
implacabile odio, e stabilirono di prenderne vendetta sopra tutta la di lui famiglia(c). Priamo volle celebrate certi Glu
Paride, e vi rimase vincitore. Deifobo (o Ettore(d)), mal comportando di essere rimasto superato in quelli da lui, che non
ora per quello ch’era, cangiò la gelosia in tenerezza, e fu da Priamo di nuovo accolto nella sua Reggia(a). Paride, mentre
nte Ida, prese ad amare Enone, figlia del fiume Cebreno, e pastorella di straordinaria bellezza, che per dono di Apollo pr
l fiume Cebreno, e pastorella di straordinaria bellezza, che per dono di Apollo prediceva l’avvenire, e conosceva la virtù
rnato a lei per esserne risanato, ma che sarebbe già riuscito vano il di lui ricorso(b). Paride volle cimentarsi co’ suoi
spavento, che ben tosto si ritirò tra’ suoi. Rianimato da’ rimproveri di Ettore, suo fratello, si presen ò di nuovo a comb
’ suoi. Rianimato da’ rimproveri di Ettore, suo fratello, si presen ò di nuovo a combattere contro Menelao. Era già per ca
i nuovo a combattere contro Menelao. Era già per cadere sotto i colpi di , quello, quando Venere lo trasportò in Troja(c).
campo, ferì Macaone, Euripilo, e Diomede(d). Uccise Euchenore, figlio di Poliido ; Deioco, uno de’ Capitani Greci(e) ; e M
o di Poliido ; Deioco, uno de’ Capitani Greci(e) ; e Menestio, figlio di Areitoo e di Filomedusa(f). Dicest pure, che abbi
; Deioco, uno de’ Capitani Greci(e) ; e Menestio, figlio di Areitoo e di Filomedusa(f). Dicest pure, che abbia dato la mor
i però si fece trasferire appresso Enone, cui erano noti varj secreti di medicina. La Pastorella impiegò tutto lo studio p
ma ogni rimedio fu inutile, perchè la freccia, che lò colpì, era una di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole nel sa
na di quelle ch’erano state avvelenate da Ercole nel sangue dell’Idra di Lerna. Paride spirò tralle braccia di Enone ; e q
da Ercole nel sangue dell’Idra di Lerna. Paride spirò tralle braccia di Enone ; e questa pure morì allora di dolore(e) (5
rna. Paride spirò tralle braccia di Enone ; e questa pure morì allora di dolore(e) (5). Enea. Enea, Principe Trojan
ittà, dove fu sepolta(b) (2). Qesto Eroe combattè con Diomede, figlio di Tideo e di Deifile, e ne rimase colpito con un sa
fu sepolta(b) (2). Qesto Eroe combattè con Diomede, figlio di Tideo e di Deifile, e ne rimase colpito con un sasso. Apollo
deo e di Deifile, e ne rimase colpito con un sasso. Apollo prese cura di lui ; e dopo averlo fornito di straordinario valo
olpito con un sasso. Apollo prese cura di lui ; e dopo averlo fornito di straordinario valore, lo fece comparire un’altra
Il Trojano finalmente stava per soccombere, quando Nettuno ad istanza di Venere lo tolse dal pericolo(d). Enea uccise Afar
dal pericolo(d). Enea uccise Afareo, uno de’ Greci Capitani, e figlio di Caletore(e). Privò pure di vita Cretone e Orsiloc
e Afareo, uno de’ Greci Capitani, e figlio di Caletore(e). Privò pure di vita Cretone e Orsiloco, figliuoli di Diocleo(f).
glio di Caletore(e). Privò pure di vita Cretone e Orsiloco, figliuoli di Diocleo(f). Sotto le mura di Troja si azzuffò con
re di vita Cretone e Orsiloco, figliuoli di Diocleo(f). Sotto le mura di Troja si azzuffò con Demoleo, Greco Capitano, lo
nesteo per ricompensarne il singolare valore(g). Vinse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era d
nse Abante, figlio di Eurimadante, e ne appese lo scudo, il quale era di bronzo, nel tempio d’Apollo(h). Dopo tali ed altr
cui Troja fu presa da’ Greci, entrò nella Cittadella d’Ilio, e cercò di difenderla a tutto potere. Non vi ruscì : quindi,
padre, con lui sulle spalle, e col figlinolo, Ascanio(4), a mano uscì di città(5). Le fiamme lo rispettarono, e per non nu
oco distante dalla città(7), formò ivi co’ suoi seguaci(8) una flotta di venti navi per fuggire(a) (9). Si trasferì nella
ferì nella Tracia appresso Polinnestore, e v’intraprese la fondazione di una citta. Volendo prima offerire sulla spiaggia
elli, i quali andava svellendo per ornarne l’altare, stillavano gocce di sangue. Udì inoltre un grido lamentevole di Polid
’altare, stillavano gocce di sangue. Udì inoltre un grido lamentevole di Polidoro, figlio di Priamo, che lo dissuadeva di
gocce di sangue. Udì inoltre un grido lamentevole di Polidoro, figlio di Priamo, che lo dissuadeva di trattenersi in quell
un grido lamentevole di Polidoro, figlio di Priamo, che lo dissuadeva di trattenersi in quelle terre. Polidoro stesso gli
nea ne celebrò i funerali, gli eresse un sepolcro, e passò nell’Isola di Delo. Quì cartesemente Io accolse Anio, re di que
cro, e passò nell’Isola di Delo. Quì cartesemente Io accolse Anio, re di quelle genti, e sacerdote d’Apollo. Da questo Num
popolate un tempo da’ suoi antenati. Spiegò quindi le vele alla volta di Creta, poichè Anchise allora ricordò, che Teucro,
a dato l’origine a’ Trojani. Là fabbricò una città, cui diede il nome di Pergamo. Poco dopo sopraggiunse la peste, e gli D
mi per allontanare que’ rapaci uccelli ; e allora Celeno, la maggiore di quelli, chiaramente predisse loro, che non avrebb
e, e si trasferirono in Epiro. Vi regnava in quel tempo Eleno, figlio di Priamo. Questi dichiarò ad Enea, che sarebbe arri
e a consultae porto della Sicilia, ed ivi ebbe a sofferire il dolore di veder a morire il padre suo, Anchise(a) (10). Giu
irvi chiese ad Eolo, che suscitasse una tempesta. Così fu ; e le navi di Enea vennero spinte verso Cartagine, dov’egli fu
ennero spinte verso Cartagine, dov’egli fu motivo, che Didone, regina di quella città(11) si desse la morte. Colei, all’ud
le sue disavventure, si senti ardere d’amore per lui(12), lo ristorò di tutte le perdite fatte nella procella, lo trattò
to, e con generose offerte, e perfino colle più dolenti lagrime tentò di trattenerlo appresso di se. Il Trojano però si ma
te, e perfino colle più dolenti lagrime tentò di trattenerlo appresso di se. Il Trojano però si mantenne sempre costante n
che Cartagine vendicasse un giorno siffatto oltraggio sopra i posteri di Finea ; e risolta di morire, finse di voler fare
sse un giorno siffatto oltraggio sopra i posteri di Finea ; e risolta di morire, finse di voler fare un sacrifizio al mort
fatto oltraggio sopra i posteri di Finea ; e risolta di morire, finse di voler fare un sacrifizio al morto marito, ascese
) (13). Partito Enea da que’ lidi, i contratj venti ad istanza sempre di Giunoue lo trasferirono un’altra volta in Drepani
di Giunoue lo trasferirono un’altra volta in Drepani(14). Acesse, re di quel paese, e figlio del fiume Criniso, e di Eges
Drepani(14). Acesse, re di quel paese, e figlio del fiume Criniso, e di Egesta, donna Trojana, con tutta la benevolenza l
utta la benevolenza lo accolse. Enea vi celebrò allora l’anniversario di suo padre(15). In quel momento uscì dal sepolcuo
lcuo d’Anchise un serpente, che girò interno alla stessa tomba, gustò di tutte le vivande soprappostevi e, poi senza nuoce
di era partito. Stupì Enea, e venne in dubbio, ch’esso fosse il Genio di quella situazione(16). Egli si propose poscia di
’esso fosse il Genio di quella situazione(16). Egli si propose poscia di dissendere nell’Inferno par rivedere l’ombra d’An
ima a consultare la Sibilla Cumana. Ella, additandogli il ramo d’oro, di cui altrove abbiamo parlato, gli comandò, che lo
avrebbe dovuto per tale motivo sostenere(a). Dopo l’uscita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gaeta. Da di
nere(a). Dopo l’uscita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gaeta. Da di là con propizio vento, passati i per
l’uscita dal Regno di Plutone s’avviò verso le spiaggie di Gaeta. Da di là con propizio vento, passati i perigliosi lidi
e finalmente si trasferì in Laurento, paese del Lazio. Latino, figlio di Fauno, e della Ninfa Marica, n’era il re, ed avev
auno, e della Ninfa Marica, n’era il re, ed aveva un’unica figliuola, di nome Lavinia. Alle di lei nozze aspirava Turno, f
rica, n’era il re, ed aveva un’unica figliuola, di nome Lavinia. Alle di lei nozze aspirava Turno, figlio di Dauno e di Ve
figliuola, di nome Lavinia. Alle di lei nozze aspirava Turno, figlio di Dauno e di Venilia, e re de’ Rutuli. Ciò bramava
di nome Lavinia. Alle di lei nozze aspirava Turno, figlio di Dauno e di Venilia, e re de’ Rutuli. Ciò bramava anche Amata
osarsi sopra un antico alloro, posto in mezzo al cortile della Reggia di Latino, diede occasione di presagire, che in quel
ro, posto in mezzo al cortile della Reggia di Latino, diede occasione di presagire, che in quella Reggià era per giungervi
ione di presagire, che in quella Reggià era per giungervi moltitudine di forestieri. Da un altare uscì pure una fiamma, ch
e di forestieri. Da un altare uscì pure una fiamma, che cinse il capo di Lavinia, e poi si sparse per tutto il di lei pala
na fiamma, che cinse il capo di Lavinia, e poi si sparse per tutto il di lei palagio : dal che si congetturò, che somma gl
r derivare a quella giovine. Latino allora volle consultare l’Oracolo di Fauno, suo padre. La notte, mentre stava coricato
n sogno una voce, la quale lo avveriva, che sarebbe arrivato appresso di lui uno straniero, il di cui nome era per divenir
e lo avveriva, che sarebbe arrivato appresso di lui uno straniero, il di cui nome era per divenire famoso in tutto il mond
Enea non molto dopo spedì a quel re ambasciatori, che ne ottenessero di essere accolti nelle di lui terre. Latino v’accon
dì a quel re ambasciatori, che ne ottenessero di essere accolti nelle di lui terre. Latino v’acconsentì ; e diede anzi a c
Furia Aletto, affinchè questa destasse in Amata e in Turno sentimenti di furore contro que’ forestieri. Turno difatti pres
ti di furore contro que’ forestieri. Turno difatti prese costo contro di loro le armi ; e l’anzidetta Dea, discesa dal Cie
rì ella stessa il tempio, in cui non soleasi entrare, se non in tempo di guerra(a). Il Genio del Tevere non ostante compar
ifizio a Giunone. Strinse poi amicizia con Evandro, creduto figliuolo di Mercurio(18). Questi gli regalò quattrocento cava
. Poco dopo si collegarono con Enea anche i Tirreni sotto la condotta di Tarconte, i quali si erano ribellati contre Mezen
, i quali si erano ribellati contre Mezenzio, loro re, a motivo delle di lui crudeltà(19). Enea con tali soccorsi e con ar
elle navi vennero subito da Giove cangiate in Ninfe marine ad istanza di Cibele, che ne avea la cura, perchè erano state f
nte. Egli poi vendicò la lero morte privandosdi vita Mezenzio, Lauso, di lui figliuolo(a) (22), e Camilla, regina de’ Vols
Enea. Quegli vi restò morto(c), a questi sposò Lavinia, dopo la morte di Latino salì sul di lui trono, e fabbricò una citt
tò morto(c), a questi sposò Lavinia, dopo la morte di Latino salì sul di lui trono, e fabbricò una città, a cui diede il n
tino salì sul di lui trono, e fabbricò una città, a cui diede il nome di sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di D
, a cui diede il nome di sua moglie. Quivi egli accolse Anna, sorella di Didone, la quale eravi stata portata da una burra
ravi stata portata da una burrasca, mentre fuggiva dalle persecuzioni di Pigmalione(d) (24). Il più fedele compagno, ch’eb
la vita(25). Altri dicono, che, essendo caduto nel fiume Numicio, il di lui corpo non fu trovato ; e però si credette, ch
erò si credette, che Venere lo avesse trasferito in Cielo. Sulla riva di quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nom
elo. Sulla riva di quel fiume gli s’inalzò una tomba, e sotto il nome di Giove Indigete gli si rendettero gli onori divini
he divennero una fontana(g). Agamenonne. Agamenonne, figliuolo di Atreo secondo Omero (a), e di Plistelle secondo A
Agamenonne. Agamenonne, figliuolo di Atreo secondo Omero (a), e di Plistelle secondo Apollodoro (b), era destinato a
era destinato al trono d’Argo. Tieste, fratello d’Atreo, s’impadroni di quel regno, e Agamenonne dovette fitirarsi appres
i di quel regno, e Agamenonne dovette fitirarsi appresso Polifide, re di Sicione, il quale per timore di dispiacere a Ties
vette fitirarsi appresso Polifide, re di Sicione, il quale per timore di dispiacere a Tieste non volle accoglierlo, e lo s
Eneo, re d’Etolia. Questi amichevolmente lo ricevette, e si dichiarò di lui protettore. Poco tempo dopo Tindaro, re di Sp
cevette, e si dichiarò di lui protettore. Poco tempo dopo Tindaro, re di Sparta, diede la sua figliuola, Cliteanestra, in
e sì fortemente, che colui fu costretto a ritirarsi appresso l’altare di Giunone. Il vincitore non inferocì di più contro
o a ritirarsi appresso l’altare di Giunone. Il vincitore non inferocì di più contro il vinto, e solo si contentò di esilia
Il vincitore non inferocì di più contro il vinto, e solo si contentò di esiliarlo nell’Isola di Citera. Questa vittoria r
cì di più contro il vinto, e solo si contentò di esiliarlo nell’Isola di Citera. Questa vittoria rendette Agamenonne padro
enonne, divenuto il più possente tra’Greci Principi, stabilì la città di Micene per Capitale del suo Impero. Egli fu altre
(14), e le figliuole d’Anio, gran Sacerdote d’Apollo, e re dell’Isola di Delo(15). Fornito di queste e di altre forze anco
d’Anio, gran Sacerdote d’Apollo, e re dell’Isola di Delo(15). Fornito di queste e di altre forze ancora, voleva subito Aga
Sacerdote d’Apollo, e re dell’Isola di Delo(15). Fornito di queste e di altre forze ancora, voleva subito Agamenonne spie
o invece sulle ancore nel porto d’Aulide. Finalmente Calcante, figlio di Testore, e però soprannominato Testoride(16), dic
e con Clitennestra, sua madre. Il pubblico bene fece tacere nel cuore di Agamenonne i sentimenti delle paterne tenerezze t
Ministro per fevirla col fesso micidiale, quando Diana, mossa a pietà di quell’innocente vittima, ravvolta in densissima n
volta in densissima nobe, la trasportò nella Taurica Chersoneso, e in di lei mogo sostituì una cerva (b) (17). Cessò allor
ttori della navigazione(18), con propizio vento approdò alle spiaggie di Troja. Uccise Bienore (a) (19) ; Deicoonte, figli
ò alle spiaggie di Troja. Uccise Bienore (a) (19) ; Deicoonte, figlio di Pergaso (b) (20) ; Ifidamante e Coone, figli d’An
Pisandro e Ippoloco, nati da Antimaco. Dicesi, che questi due a vista di Agamenonne tremarono di spavento, e che colle pre
i da Antimaco. Dicesi, che questi due a vista di Agamenonne tremarono di spavento, e che colle preghiere, colle lagrime, e
ento, e che colle preghiere, colle lagrime, e colle offerte tentarono di salvare la propria vita ; ma il Greco Eroe non os
no di salvare la propria vita ; ma il Greco Eroe non ostante li privò di vita per vendicarsi di Antimaca, loro padre, ch’e
a vita ; ma il Greco Eroe non ostante li privò di vita per vendicarsi di Antimaca, loro padre, ch’erasi opposto, ond’Elena
tituita a Menelao (g). Nove anni impiegò Agamenonne nell’impadronirsi di molte città, tributarie a Priamo, e nell’espugnar
nell’espugnarne varie altre, le quali aveano preso le armi in difesa di lui. Finalmente nel decimo anno rimase vittorioso
he si fece tra’Greci Capitani, delle Donne Trojane, Cassandra, figlia di Priamo, e sposa di Corebo(22), toccò ad Agamenonn
i Capitani, delle Donne Trojane, Cassandra, figlia di Priamo, e sposa di Corebo(22), toccò ad Agamenonne. Costei gli aveva
ederlo ; e così poi avvenne. Clitennestra, mentr’egli era all’assedio di Troja, avea preso ad amare Egisto, figlio di Ties
ntr’egli era all’assedio di Troja, avea preso ad amare Egisto, figlio di Tieste, cui Agamenonne avea affidaso durante il t
rito, gli presentò una veste nel momento, in cui usciva del bagno. Le di lui braccia si trovarono intricate nelle maniche,
bagno. Le di lui braccia si trovarono intricate nelle maniche, perchè di queste n’erano chiuse le aperture. La moglie allo
ie allora lo assalì ; e assistita dall’anzidetto Egisto, con un colpo di accetta lo uccise. Altri dicono, ch’ella lo fece
e gl’imbandì, tostochè egli si rimise in patria (a). Era pur riuscita di grave danno ad Agamenonne anche Astinome, soprann
Agamenonne anche Astinome, soprannominata Criseide, perchè era figlia di Crise, gran sacerdote di Apollo, della città di L
, soprannominata Criseide, perchè era figlia di Crise, gran sacerdote di Apollo, della città di Limessa, e alleato de’Troj
de, perchè era figlia di Crise, gran sacerdote di Apollo, della città di Limessa, e alleato de’Trojani. Questi addolorato,
ojani. Questi addolorato, perchè Agamenonne avea fatta sua schiava la di lui figliuola, erasi recato al campo de’Greci per
per ridomandarla, e per offerire un ricco riscatto. Agamenonne ricusò di compiacernelo : anzi al rifiuto v’aggiunse anche
fece allontanare dalla sua presenza. Crise chiese ad Apollo vendetta di un affronto, che in lui ricadeva. L’armata de’Gre
e ne interrogò Calcante ; e questi rispose, che quello era un castigo di Apollo, e che il Nume nol avrebbe sospeso, qualor
gli da prima si mostrò alquanto restio, ma finalmente incaricò Ulisse di ri condurre la giovine a Crise. Apollo subito si
nda Laodice (a). Secondo alcuni Agamenonne ebbe pure un altro figlio, di nome Aleso(26). Agamenonne, e il di lui fratello,
enonne ebbe pure un altro figlio, di nome Aleso(26). Agamenonne, e il di lui fratello, Menelao, furono anche detti Attidi,
furono anche detti Attidi, perchè comunemente erano creduti figlinoli di Atreo. Per accordare poi questa opinione coll’alt
e coll’altra, secondo la quale si asseriva, ch’eglino erano figliuoli di Plistene, lo Scoliaste d’Omero (b) e lo Scoliaste
do quegli morto giovine, furono allevati da Atreo, e però considerati di lui figliuoli. Lo scettro di Agamenonne fu tenuto
no allevati da Atreo, e però considerati di lui figliuoli. Lo scettro di Agamenonne fu tenuto in grande estimazione appres
re lo avea nascosto sotterra con molto oro nella Focide. Gli abitanti di quel luogo lo trovarono, e avendo raccolto per se
o (d). Omero poi soggiunge, che il mentovato scettro era stato lavoro di Vulcano ; che questo Nume lo avea regalato a Giov
che Giove ne fece un dono a Mercurio ; da cui passò a Pelope, figlio di Tantalo, indi ad Atreo, poscia a Tieste, e finalm
e, e finalmente ad Agamenonne (a). Oreste. Oreste fu figliuolo di Agamennone e di Clitennestra. Fu allevato nella C
ad Agamenonne (a). Oreste. Oreste fu figliuolo di Agamennone e di Clitennestra. Fu allevato nella Corre di Strofio,
fu figliuolo di Agamennone e di Clitennestra. Fu allevato nella Corre di Strofio, figlio di Criso, e re della Focide, il q
mennone e di Clitennestra. Fu allevato nella Corre di Strofio, figlio di Criso, e re della Focide, il quale aveva sposato
iglio di Criso, e re della Focide, il quale aveva sposato una sorella di Agamennone, chiamata Anasibia (a). Appresso di qu
va sposato una sorella di Agamennone, chiamata Anasibia (a). Appresso di quello Elettra, sua sorella, lo fece secretamente
sua sorella, lo fece secretamente trasferire per sottratlo al furore di sua madre, che altrimenti lo avrebbe ucciso, come
ea fatto morire il padre(1). Oreste, cresciuto negli anni, e risoluto di vendicare la morte del genitore, si trasferì in A
tto strettissima amicizia. Ivi si dichiatò come incaricato da Strofio di portarvi la notizia della morte d’Oreste(2) ; e i
a uccise con Egisto (b). Euripide poi vuole, che Oreste abbra privato di vita Egisto nel tempio d’ Apollo, mentr’egli stav
ificato. Lo stesso Poeta soggiunge, che Oreste andò poscia in traccia di Clitennestra, e a lei pure immerse un pugnale nel
i, per evitare l’infamia del supplizio, a grande stento avea ottenuto di poter togliersi da se la vita ; ma Apollo, che gl
da se la vita ; ma Apollo, che gli aveva comandata l’uccisione della di lui madre, fece sì, che i di lui, concittadini si
he gli aveva comandata l’uccisione della di lui madre, fece sì, che i di lui, concittadini si contentassero solamente di e
madre, fece sì, che i di lui, concittadini si contentassero solamente di esiliarlo per un anno. Oreste intanto per eccitam
me passò in Atene, e si assoggettò al giudizio dell’ Areopago. I voti di quello erano divis. Minerva, che aveva pure il di
ago. I voti di quello erano divis. Minerva, che aveva pure il diritto di darvi il suo, si dichiarò a favore di Oreste, e q
erva, che aveva pure il diritto di darvi il suo, si dichiarò a favore di Oreste, e questi quindi ne rimase assolto (a). Or
o (a). Oreste allora onorò Minerva Area coll’innalzarle sulla collina di Marte il tempio, che abbiamo indicato(3). Nè cont
ulla collina di Marte il tempio, che abbiamo indicato(3). Nè contento di essere stato assolto, passò eziandio appresso i T
ette abitare in luogo solitario, perchè niun volle riceverlo appresso di se. Egli tutti i giorni veniva purificato, e poi
veniva purificato, e poi si sotterrava tutto quel, che avea servito a di lui uso. Altri Scrittori pei vogliono, che non os
Areopago le Furie continuassero a tormentarlo (b) (4). Oreste ricorse di nuovo all’ Oracolo di Delfo ; e il Nume gli promi
inuassero a tormentarlo (b) (4). Oreste ricorse di nuovo all’ Oracolo di Delfo ; e il Nume gli promise, che ne rimarrebbe
a avesse trasportato dalla. Taurica Chersoneso nella Gsecia la statua di Diana. Egli con Pilade si accinse all’impresa. Qu
e vennero tosto arrestati, e condotti a Toante, sommo secerdote, e re di qual paese. Quegli gli fece consegnare ad Ifigeni
essendo venuta in cognizione ch’egli era Greco, le venne in pensiero di far nota col di lui mezzo a’suoi congiunti la sua
in cognizione ch’egli era Greco, le venne in pensiero di far nota col di lui mezzo a’suoi congiunti la sua situazione. Pro
a col di lui mezzo a’suoi congiunti la sua situazione. Propose quindi di salvare uno di loro a patto, che promettesse con
zzo a’suoi congiunti la sua situazione. Propose quindi di salvare uno di loro a patto, che promettesse con giuramento di r
quindi di salvare uno di loro a patto, che promettesse con giuramento di recare una lettera in Argo. Allora fu, che nacque
Allora fu, che nacque generosa gara tra gli amici per determinare chi di loro dovea restare pel sacrifizio, e chi partire.
on vi volle, onde avessero a riconoscersi. e subito pensarono al modo di rapire il simulacro della Dea, e di fuggirsene. I
cersi. e subito pensarono al modo di rapire il simulacro della Dea, e di fuggirsene. Ifigenia finse, che i due stranieri,
la Dea, e di fuggirsene. Ifigenia finse, che i due stranieri, carichi di delitti, avessero colla loro presenza contaminato
nza contaminato il tempio e il simulacro della Dea ; disse, che prima di sacrificarli conveniva purificare sì quelli, che
a statua(5), e condusse seco anche Oreste e Pilade. Toante, avvertito di ciò, voleva inseguirli ; ma lo trattenne Minerva,
indicò essere il tutto avvenuto per volere degli Dei (a). Oreste dopo di ciò non si sentì più cruciato dalle Furie ; ritor
ruciato dalle Furie ; ritornò nella Grecia ; sposò Ermione, figliuola di Menelao, suo zio ; salì senza contrasto sul pater
, suo zio ; salì senza contrasto sul paterno soglio ; e dopo la morte di Menelao unì il regno di Spasta a quello d’Argo e
ontrasto sul paterno soglio ; e dopo la morte di Menelao unì il regno di Spasta a quello d’Argo e di Micene. Dicesi, che s
; e dopo la morte di Menelao unì il regno di Spasta a quello d’Argo e di Micene. Dicesi, che sia morto d’una puntura di se
asta a quello d’Argo e di Micene. Dicesi, che sia morto d’una puntura di serpente, mentre viaggiava per l’ Arcadia. Lasciò
nia soggiunge, che gli Spartani, avendo ricevuto ordine dall’ Oracolo di trasportare le ossa di Oreste nella loro città, u
Spartani, avendo ricevuto ordine dall’ Oracolo di trasportare le ossa di Oreste nella loro città, un certo Lica, loro conc
te con quelle d’ Agamennone (b). Menelao. MEnelao fu figliuolo di Plistene, ma creduto, come abbiamo detto, figliuo
o fu figliuolo di Plistene, ma creduto, come abbiamo detto, figliuolo di Atreo. Egli, mentre era re di Atene, salì al tron
creduto, come abbiamo detto, figliuolo di Atreo. Egli, mentre era re di Atene, salì al trono di Sparta, perchè sposò Elen
etto, figliuolo di Atreo. Egli, mentre era re di Atene, salì al trono di Sparta, perchè sposò Elena, figliuola di Tindaro,
a re di Atene, salì al trono di Sparta, perchè sposò Elena, figliuola di Tindaro, re di Sparta. Paride, come si è racconta
salì al trono di Sparta, perchè sposò Elena, figliuola di Tindaro, re di Sparta. Paride, come si è raccontato, gliela rapì
a, che per tale ragione si suscitò tra’Greci e i Trojani, diede saggi di gran, valore. Le due armate erano per azzuffarsi.
ngolare tenzone. Erasi proposto da Antenoré, che Elena e le ricchezze di lei fossero del vincitore. Paride da prima ri cus
le ricchezze di lei fossero del vincitore. Paride da prima ri cusava di stare a siffatto progetto, ma poi v’acconsentì. E
e nuovamente lo tolse dal combattimento(a). Allora Minerva per ordine di Giove prese le sembianze di Laodoco, figliuolo di
mbattimento(a). Allora Minerva per ordine di Giove prese le sembianze di Laodoco, figliuolo di Antenore, ed eccitò i Troja
Minerva per ordine di Giove prese le sembianze di Laodoco, figliuolo di Antenore, ed eccitò i Trojani a violare le stabil
Trojani a violare le stabilite convenzioni. Quindi Pandaro, figliuolo di Licaone, indotto dallo stesso Laodoco, scoccò un
ntro Menelao, e leggiermente lo ferì. Tanta perfidia divenne sorgente di nuove ostilità (a). Menelao fece prigione Adresto
Menelao fece prigione Adresto(b) ; uccise Toante(c), Euforbo, figlio di Panto, Pode, figlio d’Eczione (d), e Scamandrio,
bo, figlio di Panto, Pode, figlio d’Eczione (d), e Scamandrio, figlio di Strofio(e). Elena, conquistata Troja da’Greci, fu
a Menelao. Questi voleva immolarla al suo risentimento, e alle ombre di coloro, che per causa di quella guerra erano peri
immolarla al suo risentimento, e alle ombre di coloro, che per causa di quella guerra erano periti ; ma colei seppe così
lao che dopo otto anni, attesochè, partendo da Troja, avea trascurato di sacrificare a Giove e alle Divinità del mare per
te lo spinsero in Egitto, ove regnava allora Polibo. Questi lo regalò di due conche d’argento, di due tripodi, e di dieci
ove regnava allora Polibo. Questi lo regalò di due conche d’argento, di due tripodi, e di dieci talenti d’oro. La di lui
a Polibo. Questi lo regalò di due conche d’argento, di due tripodi, e di dieci talenti d’oro. La di lui moglie, Alcandra,
di due conche d’argento, di due tripodi, e di dieci talenti d’oro. La di lui moglie, Alcandra, ricolmò pure di doni Elena.
i, e di dieci talenti d’oro. La di lui moglie, Alcandra, ricolmò pure di doni Elena. Dopo tali cose la Ninfa Idotea, figli
a, ricolmò pure di doni Elena. Dopo tali cose la Ninfa Idotea, figlia di Proteo, apparve a Menelao, e gl’insegnò, come dov
apparve a Menelao, e gl’insegnò, come dovea regolarsi per sapere dal di lei padre la maniera di restituirsi alla sua patr
’insegnò, come dovea regolarsi per sapere dal di lei padre la maniera di restituirsi alla sua patria. Ella lo avvertì, che
e fuggire. Menelao prese seco tre de’più robusti suoi compagni, entrò di buon mattino nella grotta di Proteo, lo strinse f
tre de’più robusti suoi compagni, entrò di buon mattino nella grotta di Proteo, lo strinse fortemente, e più ancora, quan
rotta di Proteo, lo strinse fortemente, e più ancora, quando cangiava di figura ; cossicchè colui, veggendo vana ogni sua
, ed essendone sempre contrastato da’venti, fece uccidere due bambini di quel passe, e li aprì per conoscere nell’osservaz
o luogo venerata anche Elena(c). Achille. Achille fu figliuolo di Peleo, re della Tessaglia, e di Tetide, figlia di
Achille. Achille fu figliuolo di Peleo, re della Tessaglia, e di Tetide, figlia di Nereo e di Doride, e nipote d’O
chille fu figliuolo di Peleo, re della Tessaglia, e di Tetide, figlia di Nereo e di Doride, e nipote d’Oceano e di Teti, D
igliuolo di Peleo, re della Tessaglia, e di Tetide, figlia di Nereo e di Doride, e nipote d’Oceano e di Teti, Dea delle ac
saglia, e di Tetide, figlia di Nereo e di Doride, e nipote d’Oceano e di Teti, Dea delle acque. Questo Eroa ebbe anche il
e d’Oceano e di Teti, Dea delle acque. Questo Eroa ebbe anche il nome di Pitisoo, ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo
o, ossia salvato dal fuoco, perchè Peleo lo avea strappato dalle mani di sua moglie, quando colei stava per porlo sulle fi
stava per porlo sulle fiamme, onde consumare tutto quel ch’era in lui di mortale(a) (1). Tetide poco tempo dopo lo tuffò n
gia, affinchè egli divenisse invulnerabile. Tutte quindi le parti del di lui corpo furono tali, trattone il calcagno, per
lo tenne, mentre lo’immerse nelle predette acque(b). L’educazione poi di Achille fu affidata al Centauro Chirone. Questi i
azione poi di Achille fu affidata al Centauro Chirone. Questi in vece di latte lo fece nutrire di midolle dì leoni, e di a
affidata al Centauro Chirone. Questi in vece di latte lo fece nutrire di midolle dì leoni, e di altre bestie selvaggie. Le
irone. Questi in vece di latte lo fece nutrire di midolle dì leoni, e di altre bestie selvaggie. Le Najadi secondo Apollon
le dì leoni, e di altre bestie selvaggie. Le Najadi secondo Apollonio di Rodi solevano apprestargli tale nutrimento(c) ; e
esso Apollonio furono Cariclo e Filira, madre questa, e quella moglie di Chirone. Cresciuto il giovane nell’età, Chirone l
nella medicina e nella musica(d). Allora quando i Greci deliberarono di muovere guerra a’Trojani, Tetide, la quale avea i
e in abito femminile appresso Licomede, suo fratello, e re dell’Isola di Sciro. Il naturale aspetto e la bellezza del giov
on potè sempre starsene ivi celato agli occhi altrui. Tralle Fatalità di Troja, ossia tralle cose che doveano succedere, p
loro non si fosse trovato anche Achille(b). Subito pertanto si cercò di lui, nè fu possibile il trovarlo, finchè un certo
si cercò di lui, nè fu possibile il trovarlo, finchè un certo spione, di nome Asio, non indicò il luogo, ov’egli stava nas
rirlo sotto quelle mentite vesti. Il sagace Ulisse recossi alla Corte di Licomede, seco portando varj ornamenti donneschi,
ortando varj ornamenti donneschi, e frammischiate a questi delle armi di ogni sorta. Tutte le giovani si scelsero le galan
nti merci, che più loro piacevano. Il solo Achille, sdegnando perfino di mirarle, come ad uomo generoso disconvenevoli, st
mi. Ulisse non cercò altra prova per riconoscere, in lui il figliuolo di Tetide ; e informatolo del motivo, per cui erasi
acrifizio la loro prima capigliatura a qualche fiume. Peleo fece voto di consecrare quella di Achille allo Sperchio, fiume
ma capigliatura a qualche fiume. Peleo fece voto di consecrare quella di Achille allo Sperchio, fiume della Tessaglia, se
uerra si fosse felicemente restituito alla sua patria(c) (3). L’Eroe, di cui parliamo, marciò contro Troja, seguito in cin
imidoni(d) (4), e da Menescio, suo parente(5), a cui diede il comando di una parte de’Tessali. Affidò pure il comando di a
cui diede il comando di una parte de’Tessali. Affidò pure il comando di altri suoi soldati al prode Eudoro, nato da Polim
mando di altri suoi soldati al prode Eudoro, nato da Polimela, figlia di Filante, e da Mercurio (e). Egli poi nell’avviars
lia di Filante, e da Mercurio (e). Egli poi nell’avviarsi all’assedio di Troja ferì Telefo, figlio di Ercole, e d’Auge, e
(e). Egli poi nell’avviarsi all’assedio di Troja ferì Telefo, figlio di Ercole, e d’Auge, e re de’Misj ; perchè egli tent
lo avea colpito. Il re pertanto si riconciliò con Achille, ne ottenne di essere guàrito nel modo indicato dall’Oracolo(f),
Claudiano dice, che Achille lo guari con un’erba, detta poi dal nome di lui Achillea. Molte altre gloriose imprese si ope
jani, Demoleonte, figlio d’Antenore, e Troe, figlio d’Alastore. Privò di vita Demuco, figlio di Filetore(b) ; Ennomo, cele
o d’Antenore, e Troe, figlio d’Alastore. Privò di vita Demuco, figlio di Filetore(b) ; Ennomo, celebre augure, che comanda
elebre augure, che comandava i Misj(c) ; Laogono e Dardano, figliuoli di Biante(d). L’Eroe sostenne altresì un lungo comba
ungo combattimento con Pentesilea, regina delle Amazoni, la quale era di valore sì grande, che uguagliava i più celebri co
ì grande, che uguagliava i più celebri combattenti ; e che alla testa di numerosa gente erasi portata in soccorso di Troja
ttenti ; e che alla testa di numerosa gente erasi portata in soccorso di Troja(7). Alfine la mise a morte(8), e nello spog
riferita da Servio(f). Achille avea amato questa Amazone anche prima di azzuffarsi secolei, e ne avea avuto un figlio, di
Amazone anche prima di azzuffarsi secolei, e ne avea avuto un figlio, di nome Caistro. Tersite, veggendo che Achille spand
ome Caistro. Tersite, veggendo che Achille spandeva lagrime sol corpo di quell’Eroina, sgridò la di lui debolezza sì aspra
ndo che Achille spandeva lagrime sol corpo di quell’Eroina, sgridò la di lui debolezza sì aspramente, che Achille con un p
Fece perire altresì Demolione ; figlio d’Antenore ; Polidoro, figlio di Priamo, ed Ifizione, figlio d’Otrinteo(a). Si azz
ed Ifizione, figlio d’Otrinteo(a). Si azzuffò anche con Cicno, figlio di Nettuno. Il corpo di colui era invulnerabile ; pe
’Otrinteo(a). Si azzuffò anche con Cicno, figlio di Nettuno. Il corpo di colui era invulnerabile ; però Achille, osservand
e ; però Achille, osservando, che ogni suo colpo riusciva vano contro di quello, scese dal carro, e colla spada investì il
nte gli stava dinanzi. Il ferro d’Achille traforava l’elmo e lo scudo di Cicno, ma nol offendeva. Intollerante il Greco Er
lmo e lo scudo di Cicno, ma nol offendeva. Intollerante il Greco Eroe di vedere vani tutti gli sforzi suoi, si levò alla f
ancor quel misero, Achille si fece a serrargli co’lacci della stessa di lui armatura la gola, ed a torgli in sì barbaro m
battere, perchè Agamennone, costretto da lui a restituire Criseide al di lei padre, avea spedito i due araldi, Euribate e
ia(c), giovine bellissima, soprannominata Briseide, perchè era figlia di Brise, sacerdote di Giove. Colei era stata sposat
ssima, soprannominata Briseide, perchè era figlia di Brise, sacerdote di Giove. Colei era stata sposata a Minete, re di Li
ia di Brise, sacerdote di Giove. Colei era stata sposata a Minete, re di Lirnesso, e poi era passata in potere di Achille,
a stata sposata a Minete, re di Lirnesso, e poi era passata in potere di Achille, quando egli prese quella città, e ne ucc
hille a guerreggiare tra’suoi faceva sì, che gli affari loro andavano di male in peggio, talmentechè Agamennone era d’opin
io d’Amintore, re de’Dolopi, nell’Epiro, e che dopo Chirone era stato di lui precettore(10). Queglino usarono di tutta la
e che dopo Chirone era stato di lui precettore(10). Queglino usarono di tutta la loro eloquenza appresso di lui, proposer
precettore(10). Queglino usarono di tutta la loro eloquenza appresso di lui, proposero di restituirgli, la rapita giovine
ueglino usarono di tutta la loro eloquenza appresso di lui, proposero di restituirgli, la rapita giovine, di colmarlo di d
quenza appresso di lui, proposero di restituirgli, la rapita giovine, di colmarlo di doni, e di dargli anche in isposa la
sso di lui, proposero di restituirgli, la rapita giovine, di colmarlo di doni, e di dargli anche in isposa la più bella de
proposero di restituirgli, la rapita giovine, di colmarlo di doni, e di dargli anche in isposa la più bella delle figliuo
ne. Achille non ostante si mantenne inalterabile nella determinazione di non più trattare le armi a favore della sua nazio
attimenti, e quasi sempre ne riusciva vittorioso. La morte finalmente di Patroclo soffocò in Achille lo sdegno, che nutriv
nnone ; si riconciliò con lui ; ricevette nuovamente Briseide, carica di ricchi doni ; e ritornato al campo, ristabilì la
con quelle fece orribile strage de’ Trojani(a). Uccise Asteropeo, re di Peonia, e figlio di Pelegone(b). Disfece Strambel
ibile strage de’ Trojani(a). Uccise Asteropeo, re di Peonia, e figlio di Pelegone(b). Disfece Strambelo figlio di Telamone
opeo, re di Peonia, e figlio di Pelegone(b). Disfece Strambelo figlio di Telamone. Dopo tale fatto l’Eroe si lavò in una f
to, e fu poi chiamata Achillea.(c). Andò anche a saccheggiare l’isola di Tenedo. Emitea, figlia di Cigno, erasi colà porta
llea.(c). Andò anche a saccheggiare l’isola di Tenedo. Emitea, figlia di Cigno, erasi colà portata per seguire il suo frat
ata per seguire il suo fratello, Tene(11). Achille, invaghitosi della di lei bellezza, voleva per forza farsela sua. Ne ve
a Tene, ed egli lo uccise. Insisteva il Greco nel voler impossessarsi di quella giovine ; ma gli Dei fecero, che la terra
terra si aprisse, e la ingojasse(d). Achille sorprese Licaone, figlio di Priamo, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un fi
Achille sorprese Licaone, figlio di Priamo, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un figlio di Giesone pel prezzo di cento
aone, figlio di Priamo, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un figlio di Giesone pel prezzo di cento buoi. Eezione, amico
, e lo vendette nell’Isola di Lenno a un figlio di Giesone pel prezzo di cento buoi. Eezione, amico di Priamo, lo riscattò
Lenno a un figlio di Giesone pel prezzo di cento buoi. Eezione, amico di Priamo, lo riscattò, e lo spedì in Arisba. Da di
buoi. Eezione, amico di Priamo, lo riscattò, e lo spedì in Arisba. Da di là Licaone fuggì, e ritornò alla paterna casa. Ca
aone fuggì, e ritornò alla paterna casa. Caduto nuovamente nelle mani di Achille, sirgettò a’piedi di lui, ptomettendogli
terna casa. Caduto nuovamente nelle mani di Achille, sirgettò a’piedi di lui, ptomettendogli trecento buoi, se lo avesse l
ttendogli trecento buoi, se lo avesse lasciato in vita ; ma il figlio di Peleo nol ascoltò, e gl’immerse la spada nel seno
scoltò, e gl’immerse la spada nel seno(e). Achille moltre s’impadronì di dodici città nemiche, tralle quali si conta, Monc
prenderla ; e già era per desistere dall’impresa, quando una giovine di quella città, la quale avea preso ad amarlo, gett
tà, la quale avea preso ad amarlo, gettò dall’alto delle muraglie nel di lu campo un pomo. Eranvi scritti due versi, co’qu
i ella lo avvertiva, che ancor per poco avesse sofferenza, giacchè Ia di lei città era per arrendersi per mancanza d’acqua
cqua. L’Eroe approfittò dell’avviso ; e quegli abitanti, che morivano di sete, non molto dopo gli aprirono lo porte della
cosa quasi del pari gli avvenne, mentre assediava Metimne nell’Isola di Lesbo. Anche quella città gli fece sì forte resis
gli fece sì forte resistenza, ch’egli oramai avea perduto la speranza di superarla. La figlia di quel re, la quale chiamav
enza, ch’egli oramai avea perduto la speranza di superarla. La figlia di quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì
rarla. La figlia di quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere di lui la sua città, se prometteva
i quel re, la quale chiamavasi Pisidice, gli offerì di dare in potere di lui la sua città, se prometteva di sposarla. Achi
dice, gli offerì di dare in potere di lui la sua città, se prometteva di sposarla. Achille ne fece la promessa ; ma poi lu
omessa ; ma poi lungi dal mantenerla, ebbe tale orrore del tradimento di lei, che dopo d’aver conquistato Metimne, comandò
(b) (12). Ad Achille, per essere nato da Peleo, diedesi il soprannome di Pelide(c), e quello di Eacide, perchè il di lui p
er essere nato da Peleo, diedesi il soprannome di Pelide(c), e quello di Eacide, perchè il di lui padre era nato da Eaco(d
eo, diedesi il soprannome di Pelide(c), e quello di Eacide, perchè il di lui padre era nato da Eaco(d). Variano gli Scritt
o(d). Variano gli Scrittori sul fine d’Achille. La maggior parte però di loro asserisce, che Paride lo privò di vita. Allo
Achille. La maggior parte però di loro asserisce, che Paride lo privò di vita. Allorchè Priamo andò a ricercare ad Achille
le erasi nascosto dietro la statua del Nume, scoccò uno strale contro di Achille, e mortalmente lo ferì in quella parte de
ro il Greco Eroe. Così fece il Trojano, e, scoccato uno strale, privò di vita Achille(b) (13). Tetide uscì dalle acque ; e
figlio. Le Muse pure fecero sentire a vicenda i loro gemiti pel corso di dieci sette giorni. I Greci nel dì seguente ne ce
i sette giorni. I Greci nel dì seguente ne celebrarono i funerali. Il di lui corpo, riposto sul rogo, andò consumandosi, e
si, e se ne rinchiusero le ceneri in un’urna d’oro insieme con quelle di Patroclo, e di Antiloco, il quale pure era stato
chiusero le ceneri in un’urna d’oro insieme con quelle di Patroclo, e di Antiloco, il quale pure era stato uno de’di lui p
ed ebbe tempio anche nella Penisola del Ponto Eusino, detta dal nome di lui Achillea (c), mentre prima si chiamava Lence(
e alcun uccello(b). Essa finalmente ci vien descritta come una spezie di Campi Elisj, ove soggiornavano molti Eroi(c) (15)
iglia del Greco Ope, comperata da Laerte per venti buoi(2), e fornita di bellissime prerogative(c). Ricercò in isposa Pene
Ricercò in isposa Penelope, figlia d’Icario(3). Questi aveva proposto di darla a chi fosse rimasto vincitore in certi Giuo
vine accordata(d). Altri dicono, che la conseguì mediante il maneggio di Tindaro(4), il quale volle così ricompensare Ulis
icompensare Ulisse d’averlo consigliato ad impegnare tutti gli amanti di Elena al gia mentovato giuramento(e). Allorchè tu
a preso a lavorare l’arena del mare con aratro, tirato da due animali di diversa spezie, e che in vece di grano sia andato
re con aratro, tirato da due animali di diversa spezie, e che in vece di grano sia andato seminandovi del sale. Palamede p
vece di grano sia andato seminandovi del sale. Palamede però, figlio di Nauplio, re dell’Isola d’Eubea(5) sospettando che
i Nauplio, re dell’Isola d’Eubea(5) sospettando che non fosse vera la di lui pazzia, tolse dalle mani di Penelope Telemaco
(5) sospettando che non fosse vera la di lui pazzia, tolse dalle mani di Penelope Telemaco, e là adagiollo, ove il vomere
unirsi cogli altri Greci contro i Trojani(a). Ulisse, irritato contro di colui, concepì fin da quel momento il pensiero di
se, irritato contro di colui, concepì fin da quel momento il pensiero di farlo perire. Avvenne, che Ulisse fu inviato da’
i, ma se ne ritornò senza nulla averne recato. Palamede, spedito dopo di lui, portò al Greco campo moltissimo grano. Uliss
l Greco campo moltissimo grano. Ulisse allora contraffece una lettera di Priamo, in cui quel re ringraziava Palamede de’se
de de’segreti avvisi, che aveagli dati, e gl’indicava la grossa somma di danaro, di cui per tale motivo lo regalava. Nello
ti avvisi, che aveagli dati, e gl’indicava la grossa somma di danaro, di cui per tale motivo lo regalava. Nello stesso tem
va. Nello stesso tempo fece nascondere il predetto danaro nella tenda di Palamede. Ciò servì di prova manifesta del tradim
fece nascondere il predetto danaro nella tenda di Palamede. Ciò servì di prova manifesta del tradimento ; e Palamede per s
Ciò servì di prova manifesta del tradimento ; e Palamede per sentenza di tutto il Greco esereito venne lapidato(b) (6). Pa
è accennato anche altrove, il Palladio, perchè Troja senza la perdita di quel Simulacro non poteva cadere. Uccise Democoon
di quel Simulacro non poteva cadere. Uccise Democoonte, uno de’figli di Priamo ; il quale erasi recato da Abido a difende
vincere la città nemica, quando non si avesse impedito, che Reso, re di Tracia, si fosse unito a’ Trojani, e che i di lui
impedito, che Reso, re di Tracia, si fosse unito a’ Trojani, e che i di lui cavalli, di valore inestimabile, avessero pas
eso, re di Tracia, si fosse unito a’ Trojani, e che i di lui cavalli, di valore inestimabile, avessero pascolato ne’ prati
di lui cavalli, di valore inestimabile, avessero pascolato ne’ prati di Troja, e avessero bevuto fiume Santo. Verso il fi
lato ne’ prati di Troja, e avessero bevuto fiume Santo. Verso il fine di quella guerra le truppe di quel re etano per entr
avessero bevuto fiume Santo. Verso il fine di quella guerra le truppe di quel re etano per entrare di notte in Troja, quan
Verso il fine di quella guerra le truppe di quel re etano per entrare di notte in Troja, quando Ulisse e Diomede, avvertit
ccampati, parte ne massacrarono, e parte ne misero in fuga. Privarono di vita lo stesso Reso, che dormiva, e ne condussero
cosio(b), Ippodamo, Ipiroco, e Molione, Principe Trojano, e cocchiero di Timbreo, altro Trojano, che perì sotto Diomede, f
e cocchiero di Timbreo, altro Trojano, che perì sotto Diomede, figlio di Tideo(c). Privò pure di vita Toone(d), Alcandro,
altro Trojano, che perì sotto Diomede, figlio di Tideo(c). Privò pure di vita Toone(d), Alcandro, Cerano, Alastore, Cromio
iomede, come pretende Igino(g), sciolse le vele alla volta dell’Isola di Lenno, e da di là ricondusse al Greco campo Filot
etende Igino(g), sciolse le vele alla volta dell’Isola di Lenno, e da di là ricondusse al Greco campo Filottete(8), che ad
eano abbandonaro, non voleva più far ritorno a loro(h) (9). Ulisse fu di tutti i Greci il più perseguitato dall’avverso De
atria. Ei corse molti rischi, ne’ quali diede sempre memorabili saggi di sommo coraggio e d’invitta costanza. Fu primieram
i ritornarono poscia con forze maggiori, e uccisero gran quantità de’ di lui compagni(a). Ulisse poco tempo dopo sofferì u
osta d’Africa, che abitavano i Lotofagi, così detti dal frutto, Loto, di cui abbiamo parlato. Fu accolto da quelle genti m
arlato. Fu accolto da quelle genti molto cortesemente ; ma i compagni di lui, da che si cibarono dell’anzidetto frutto, pe
si cibarono dell’anzidetto frutto, perdettero del tutto il desiderio di rivedere la loro citta ; e però fu d’uopo che Uli
sti buoi. Il Ciclope allo splendore del fuoco, che v’accese, s’avvide di que’forestieri, e due subito ne divorò. All’appar
on pari cibo. Chiese poi ad Ulisse, com’egli si chiamasse, e protestò di voler fargli un dono da Ciclope. L’Eroe rispose,
ultimo che mangierò. Il sagace Ulisse allora gli porse un otre, pieno di squisitissimo vino, donatogli da Marone, figlio d
sse in quell’antro una mazza d’ulivo, lunga, e grossa, come un albero di nave. Egli ne avea tagliato un pezzo ; e appuntit
Greco Eroe piantò l’anzidetta stanga, che avea nascosto sotterra, nel di lui occhio. Polifemo, destatosi dal dolore acerbi
bissimo, gettò urli spaventevoli, e chiamò in ajuto gli altri Ciclopi di que’dintorni. Queglino accorsero alla di lui cave
ò in ajuto gli altri Ciclopi di que’dintorni. Queglino accorsero alla di lui caverna, ansiosi di sapere, perchè così si do
lopi di que’dintorni. Queglino accorsero alla di lui caverna, ansiosi di sapere, perchè così si dolesse. Colui rispose, ch
ui rispose, che Niuno era la cagione de’ suoi mali. A tale risposta i di lui compagni lo eccitarono a pregare Nettuno, suo
allora all’udire Ulisse, che da lungi lo beffeggiava, svelse una cima di monte ; e rabbiosamente scagliatala contro il Gre
i monte ; e rabbiosamente scagliatala contro il Greco naviglio, tentò di sommergerlo, ma non potè recarvi danno alcuno(a)
all’isola d’Eolo, ne ottenne rinchiusi in un otre, ossia in una pelle di capro, i venti Boreali, acciocchè essi non gl’imp
a(11). Per nove giorni la nave avea tenuto il corso felice alla volta di quelle terre, quando Ulisse, sorpreso dal sonno,
un’altra volta all’Isola, dond’erano partiti. Invano Ulisse si studiò di destare nell’animo di Eolo sentimenti di compassi
la, dond’erano partiti. Invano Ulisse si studiò di destare nell’animo di Eolo sentimenti di compassione, poichè quegli non
iti. Invano Ulisse si studiò di destare nell’animo di Eolo sentimenti di compassione, poichè quegli non diede ascolto alle
Eolo sentimenti di compassione, poichè quegli non diede ascolto alle di lui preghiere, e gli commise di quanto prima part
poichè quegli non diede ascolto alle di lui preghiere, e gli commise di quanto prima partire. Passò il Greco Eroe dopo se
è mangiatori d’uomini, poichè tal’era il loro cibo. Vicino alla città di coloro si abbatterono i compagni d’Ulisse in una
liava ad alta montagna. Colei chiamò il marito, che divorò subito uno di que’ Greci. I sudditi d’Antifate, eccitati dalla
divorò subito uno di que’ Greci. I sudditi d’Antifate, eccitati dalla di lui spaventevole voce, tumultuosamente accorsero
cui regnava Circe. Alquanti de’di lui compagni si recarono al palagio di quella Maga, e nell’ingresso della Reggia vennero
lla Maga, e nell’ingresso della Reggia vennero accolti da gran numero di lupi, frammischiati con lionesse ed orse. Queste
mente li eccitarono ad avanzarsi nel cammino. Così fecero, e quantità di serve bellissime li introdusse nelle stanze di Ci
osì fecero, e quantità di serve bellissime li introdusse nelle stanze di Circe. Costei sedeva in alto trono, coperta di ve
ntrodusse nelle stanze di Circe. Costei sedeva in alto trono, coperta di veste magnifica, e tutta d’oro risplendente. Ella
stesso tempo porse loro una bevanda, che li cangiò in porci. Uno solo di loro, chiamato Euriloco, ch’era rimasto fuori di
ò in porci. Uno solo di loro, chiamato Euriloco, ch’era rimasto fuori di quel palagio, non incontrò la trista sciagura, e
ne de’suoi compagni. Recavasi l’Eroe alla Reggia della Maga con animo di prenderne vendetta, quando gli apparve Mercurio s
mo di prenderne vendetta, quando gli apparve Mercurio sotto l’aspetto di vago giovine, gli dimostrò il pericolo, a cui si
ericolo, a cui si esponeva, e gli diede un antidoto contro gl’incanti di Circe. Esso fu una pianta, che aveva nera la radi
er toccarlo colla sua verga ; ma egli, imbrandita la spada, la riempì di spavento, e minacciò d’ucciderla, se non avesse r
rinse innoltre seco lui amicizia, e per un anno lo trattenne appresso di se. Ulisse durante questo tempo visse tra l’abbon
ò che partisse, Circe, come abbiamo detto anche altrove, lo consigliò di discendere nell’Inferno a consultare l’ombra di T
altrove, lo consigliò di discendere nell’Inferno a consultare l’ombra di Tiresia, il quale per singolare favore di Proserp
nferno a consultare l’ombra di Tiresia, il quale per singolare favore di Proserpina conservava anche colaggiù lo spirito p
, preparate da’di lui compagni, Euriloco e Perimede, si recò al Regno di Plutone. Ivi scavò una fossa, vi fece delle libaz
anto dovea temere per causa dell’odio implacabile, che Nettuno contro di lui nutriva a motivo del male, che avea fatto a P
ell’ Isola, si abbattè tosto nelle Siene(13). Usò egli la precauzione di far turare a tutti i suoi compagni con cera le or
suoi compagni con cera le orecchie, onde non udissero il canto fatale di quelle. Egli stesso si fece legare all’albero del
ni d’Ulisse, cruciati dalla fame, mentr’egli dormiva, rapirono alcuni di quegli animali. Lampezia vo ò ad avvertirne il pa
ò ad avvertirne il padre. Questi se ne querelò con Giove, e minacciò di non più apparire sulla terra, qualora fosse rimas
o impunito l’insulto, sofferto da coloro. Giove non tardò a dar segni di sua collera : le pelli di quegli animali si miser
erto da coloro. Giove non tardò a dar segni di sua collera : le pelli di quegli animali si misero a camminare ; le carni,
d’Ogigia nel mare Mediterraneo(a). Ivi regnava la Dea Calipso, figlia di Teti e d’Oceano(b), ovvero di Atlante, come vuole
(a). Ivi regnava la Dea Calipso, figlia di Teti e d’Oceano(b), ovvero di Atlante, come vuole Omero(c). Ulisse al dire di q
e d’Oceano(b), ovvero di Atlante, come vuole Omero(c). Ulisse al dire di questo Poeta(d) per sette anni, o per sei, se att
er tutto quel tempo andò persuadendolo, onde volesse fissare appresso di lei la sua dimora, ma egli non mai v’acconsentì.
uire al Greco Eroe il suo viaggio. Così avvenne ; e Ulisse, proveduto di ben corredata nave, nuovamente si mise in mare(15
giò dieci sette giorni felicemente, quando Nettuno suscitò poi contro di lui spaventosa burrasca. Si rovesciò la nave, i v
costanza, e una presenza d’animo molto soprendente. Leucotea, figlia di Cadmo, e ch’era divenuta Dea del mare, non potè,
opizio, che lo trasportò al paese de’Feaci, i quali abitavano l’Isola di Corcira(a). Quì signoreggiava Alcinoo, che soleva
’Isola di Corcira(a). Quì signoreggiava Alcinoo, che soleva ricolmare di favori qualsivoglia straniero. Appenachè Ulisse v
ddormentò sulla riva d’un fiume. La mattina seguente Nausicaa, figlia di Alcinoo, si portò ivi a lavare alcuni panni. Il G
L’ Eroe verso sera giunse al reale palagio, e si gettò alle ginocchia di Arete, figlia di Ressenore, e moglie dello stesso
a giunse al reale palagio, e si gettò alle ginocchia di Arete, figlia di Ressenore, e moglie dello stesso re, chiedendole
er mano, lo fece sorgere, e sedere. Ordinò al suo coppiere, Pontonoo, di mescere olce vino ; bevuto il quale, Arete ricerc
e uno vi fu, che lo riconoscesse, poichè Minerva, i aveva cangiato il di lui aspetto in quello di povero e smunto vecchio.
oscesse, poichè Minerva, i aveva cangiato il di lui aspetto in quello di povero e smunto vecchio. Egli sotto tali sembianz
otto tali sembianze andò ad albergare appresso Eumeo, guardiano delle di lui greggi(18), e ne fu amorevolmente accolto(d).
eggi(18), e ne fu amorevolmente accolto(d). Giunse frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il quale e
accolto(d). Giunse frattanto appresso di loro anche Telemaco, figlio di Ulisse, il quale era ritornato dall’avere peolung
ra figura. Il figlio, sorpreso dall’improvviso cangiamento, non osava di mirarlo in volto, perchè credeva che fosse un Num
iglio, che solo ritornasse alla Reggia, e che a niuno manifestasse il di lui arrivo(19). Egli pure non molto dopo riprese
e il di lui arrivo(19). Egli pure non molto dopo riprese le sembianze di vecchio e mendico uomo, passò con Eumeo alla citt
io, venne tosto riconosciuto da uno de’suoi cani, che portava il nome di Argo. Là i Nobili erano allora assisi a mensa. Ul
Nobili erano allora assisi a mensa. Ulisse prese a mendicare appresso di loro. Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con
mensa. Ulisse prese a mendicare appresso di loro. Antinoo, ch’era uno di quelli, s’adirò con lui, e lo percosse con una pa
elò Ulisse appresso gli altri convitati, i quali biasimarono l’azione di Antimoo(b). Frattanto sopraggiunse un altro mendi
rchè sempre mangiava, e non ostante era sempre affamato. Il vero nome di colui era Arneo, ma si chiamava Iro, perchè era e
nero alle mani. Ulisse al primo colpo lo stese a terra, tutto coperto di sangue(c). Penelope poscia parlò a lungo con Ulis
ia d’un cinghiale sul Parnasso co’figli d’Autolico. L’Eroe le commise di non palesarlo(d). Penelope intanto per sottrarsi
ise, che chi vi sarebbe rimasto vincitore, avrebbe avuto in premio la di lei mano. Il giuoco consisteva nel dover tendere
se, e passare con esso dodici anella. Tutti que’ Nobili si studiarono di riuscirvi, ma sempre in vano. Ulisse prese allora
spogliò l’ Eroe de’cenci, che lo cuoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e contro gli amanti di sua moglie tali s
o cuoprivano, armò la destra d’arco e di faretra, e contro gli amanti di sua moglie tali scoccò e tante frecce, che li fec
e il cantore Femio, e Medone. Neppure la risparmiò a Melantio, figlio di Dolio, ed altro suo guardiano di capre. Costui av
pure la risparmiò a Melantio, figlio di Dolio, ed altro suo guardiano di capre. Costui avea insultato ad Ulisse, ed avea s
vea insultato ad Ulisse, ed avea somministrato delle armi agli amanti di Penelope, affinchè si difendessero. Anche in quel
Ulisse fu assistito da Minerva, la quale gli apparve sotto la figura di Mentore, l’amico fedele, a cui l’Eroe prima di pa
pparve sotto la figura di Mentore, l’amico fedele, a cui l’Eroe prima di partire, per Troja avea affidata la sua famiglia(
dopo il ritorno ne’suoi Stati. Egli avea avuto da Circe un figliuolo, di nome Telegano(d) (22). Questi era stato lasciato
arsi riconoscere da Ulisse. Venne gettato da una burrasca sulle coste di quell’Isola, di cui ne ignorava anche il nome. Ma
da Ulisse. Venne gettato da una burrasca sulle coste di quell’Isola, di cui ne ignorava anche il nome. Mancante di viveri
ulle coste di quell’Isola, di cui ne ignorava anche il nome. Mancante di viveri, fu costretto a saccheggiarne le campagne.
ti Cretese disse, che ciò avvenne alla porta del palagio d’Ulisse, le di cui guardie aveano negato l’ingresso a Telegono(a
rdie aveano negato l’ingresso a Telegono(a). Ulisse si ricordò allora di un Oracolo, che lo aveva avvertito di guardarsi d
no(a). Ulisse si ricordò allora di un Oracolo, che lo aveva avvertito di guardarsi da un suo figliuolo. Ei tuttavia volle
tavia volle sapere chi era quello, che lo aveva ferito, e morì tralle di lui braccia. Telegono allora per ordine di Minerv
veva ferito, e morì tralle di lui braccia. Telegono allora per ordine di Minerva sposò Penelope, e la rendette madre d’ It
Ajace oileo e Telamonio. AJace Oileo, così detto dal nome del di lui padre, era re di Locri. Egli alla testa di va
amonio. AJace Oileo, così detto dal nome del di lui padre, era re di Locri. Egli alla testa di varj popoli, raccolti a
osì detto dal nome del di lui padre, era re di Locri. Egli alla testa di varj popoli, raccolti anche dalle regioni vicine
e regioni vicine all’ Eubea, andò sopra quaranta vascelli all’assedio di Troja. Tra tutti i Greci non trovavasi alcuno, il
. Tra tutti i Greci non trovavasi alcuno, il quale maneggiasse meglio di lui l’asta(a) ; e con tanta destrezza muoveva le
imo alla corsa(c). Fece cadere sotto i suoi colpi Pulidamante, figlio di Pantoo(d) (1), e Cleobulo(e). La notte, in cui Tr
e, in cui Troja fu presa dalle armi Greche, insiurò Cassandra, figlia di Priamo, nel tempio di Minerva, dov’erasi ritirata
sa dalle armi Greche, insiurò Cassandra, figlia di Priamo, nel tempio di Minerva, dov’erasi ritirata per sottrarsi agli os
itirata per sottrarsi agli ostili insulti. Un tale fatto destò contro di lui lo sdegno degli uomini, e perfino degli Dei.
erto soggiaciuto a quella pena, se non avesse promesso con giuramento di purgarsi del commesso delitto. Minerva tuttavia n
icata la profanazione del suo tempio, e sì colpì con fulmine tutta la di lui flotta, ch’essa naufragò(f). Ajace però mercè
tta la di lui flotta, ch’essa naufragò(f). Ajace però mercè il favore di Nettuno si salvò sopra certi scogli, ma avendo po
allora col tridente lo scoglio, su cui Ajace erasi rifugiato ; e metà di quello cadendo in mare, seco vi trasse anche lui,
pire da un turbine in aria, lo attaccò ad uno scoglio(b). Nè contenta di tale vendetta, fece altre sì, che poco tempo dopo
le vendetta, fece altre sì, che poco tempo dopo la peste desolasse il di lui regno. Non cessò quel castigo, finchè per con
cessò quel castigo, finchè per consiglio dell’ Oracolo non si promise di spedire ogni anno due giovanette di Locri, estrat
glio dell’ Oracolo non si promise di spedire ogni anno due giovanette di Locri, estratte a sorte, onde servissere a Minerv
e, onde servissere a Minerva nel suo tempio, eretto in Troja(c). Que’ di Locri ebbero sì alta stima del valore d’ Ajace Oi
valore d’ Ajace Oileo, che nel combattimento, il quale ebbero dopo la di lui morte contro i Crotoniati, vi lasciarono un l
upato da Ajace. Fu là, dove, Autoleone, Generale de’Crotoniati, tentè di attaccare l’armata de’ Locresi, ma rimase feriro
L’altro Ajace fu denominato Telamonio, perchè nacque da Telamone, re di Salamina e di Megara(3). Ercole, veggendo afflitt
fu denominato Telamonio, perchè nacque da Telamone, re di Salamina e di Megara(3). Ercole, veggendo afflitto Telamone, pe
me nacque il bumbino, Ercole lo fasciò eolla pelle dell’ucciso I eone di Nemea lo che rendette il fanciullo invulnerabile
vea ferita la belva(a). Ajace portossi con dodici vascelli alla volta di Troja, e si qualificò per uno de’più valorosi gue
si guerri ri, che vi fossero nella Greca armata. Uccise Anfio, figlio di Selago ; Acamante, figlio d’ Eussoro, e il più pr
e, figlio d’ Eussoro, e il più prode de’ Traci(b) ; Epicleo, compagno di Sarpedone(c) ;Archeloco, figlio di Antenore ; Irz
e de’ Traci(b) ; Epicleo, compagno di Sarpedone(c) ;Archeloco, figlio di Antenore ; Irzio, nenuolo di Girzio(d) ; Caletore
pagno di Sarpedone(c) ;Archeloco, figlio di Antenore ; Irzio, nenuolo di Girzio(d) ; Caletore, figlio di Clizio(e) ; Ippot
, figlio di Antenore ; Irzio, nenuolo di Girzio(d) ; Caletore, figlio di Clizio(e) ; Ippotoo Pelasgo ; Forcine, figlio di
) ; Caletore, figlio di Clizio(e) ; Ippotoo Pelasgo ; Forcine, figlio di Fenope(f). Ebbe pure la gloria di battersi con Et
; Ippotoo Pelasgo ; Forcine, figlio di Fenope(f). Ebbe pure la gloria di battersi con Ettore ma il conflitto restò interro
ette in dono una spada, ed Ettore un pendaglio(g). L’Eroe finalmente, di cui parliamo, esperimento gli effetti fatali dell
zione. Gli Dei lo punnodo colla pazzia, e dopo d’averlo fatto servire di trastullo a’suoi nemici, lo fecero anche cadere v
roprie mani. Egli, morto Achille, pretendeva, che sue fossero le armi di lui. Ulisse gliele contrastò in giudizio, e le ot
di lui. Ulisse gliele contrastò in giudizio, e le ottenne a confronto di lui. Ajace si accese di tanta collera, che divenn
ntrastò in giudizio, e le ottenne a confronto di lui. Ajace si accese di tanta collera, che divenne furioso. Si avventò co
di tanta collera, che divenne furioso. Si avventò contro una greggia di pecore, credendo ch’essa fosse coloro, ch’erano s
riportò una ferita, per cui poco dopo morì(c). La terra, imbevuta del di lui sangue, produsse un fiore simile a quello, ch
al sangue del giovine Giacinto, e marcato delle due prime lettere del di lui nome A I(d). I Greci alzarono ad Ajace una ma
ca tomba sul monte Reteo(e) (5). Questo Eroe ebbe inoltre nell’ isola di Salamina un tempio, una statua d’ebano, e certe F
d’ebano, e certe Feste, dette Ajanzie, nelle quali, per ricordare il di lui invitto valore, ornavasi un feretro d’un’ int
un’ intera armatura. Gli Ateniesi poi si dimostrarono tanto solleciti di tramandare a posteri la memoria d’Ajace, che ad u
teri la memoria d’Ajace, che ad una delle loro Tribù imposero il nome di Ajantide(a). Castore e Polluce. GIove s’in
ero il nome di Ajantide(a). Castore e Polluce. GIove s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglie di Tenda o, re d
jantide(a). Castore e Polluce. GIove s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglie di Tenda o, re di Sparta(1). Que
re e Polluce. GIove s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglie di Tenda o, re di Sparta(1). Quel Nume, come abbiamo
GIove s’invaghì di Leda, figlia di Testio, e moglie di Tenda o, re di Sparta(1). Quel Nume, come abbiamo desto altrove,
stra. Altri finalmente pretendono, che Leda abbia concepito per opera di Giove un solo uovo, da cui trassero origine Pollu
Polluce ed Elena ; e che Tindaro poi abbia fitto divenire Leda madre di Castore e di Clitennestra. Castore e Polluce, app
lena ; e che Tindaro poi abbia fitto divenire Leda madre di Castore e di Clitennestra. Castore e Polluce, appena nati, ven
mpagni alle spiagge de’ Brebici, dovette azzuffarsi con Amico, figlio di Nertuno, e re di que’ popoli. Colui obbligava gli
ge de’ Brebici, dovette azzuffarsi con Amico, figlio di Nertuno, e re di que’ popoli. Colui obbligava gli stranieri a sost
quella città, riacquistarono la sorella, e condussero via in qualità di schiava Etra, madre di Teseo(a). Come Polluce riu
tarono la sorella, e condussero via in qualità di schiava Etra, madre di Teseo(a). Come Polluce riuscì ecoellente Atleta,
uscì ecoellente Atleta, così Castore moltissimo si distinse nell’arte di domare i cavalli(b) : anzi vuolsi, ch’egli sia st
egli sia stato il primo ad introdurre l’uso della cavalleria in tempo di guerra(c). Febe, e Talaira, detta anche Laira(d),
. Febe, e Talaira, detta anche Laira(d), Ilaira, ed Elaira, figliuole di Arsinoe, e di Leucippo, fratello di Tindaro(e), c
ira, detta anche Laira(d), Ilaira, ed Elaira, figliuole di Arsinoe, e di Leucippo, fratello di Tindaro(e), chiamate perciò
(d), Ilaira, ed Elaira, figliuole di Arsinoe, e di Leucippo, fratello di Tindaro(e), chiamate perciò Leucippidi(3), erano
erciò Leucippidi(3), erano per isposarsi con Linceo ed Ida, figliuoli di Afareo o Afarete, fondatore della città di Arene
n Linceo ed Ida, figliuoli di Afareo o Afarete, fondatore della città di Arene nella Messenia, la quale città egli così de
tori. Castore uccise Linceo, Ida fece morire Castore, e Polluce privò di vita Ida(a). Apollodoro dice, che Castore e Pollu
o per rubare certi greggi ; che questi, eseguito il furto, ricusarono di farne parue con quelli ; e che perciò nacque l’an
comunemente si riferisce, che Polluce, il quale per essere figliuolo di Giove era immortale, chiese al padre di poter com
il quale per essere figliuolo di Giove era immortale, chiese al padre di poter communicare tale privilegio anche all’estin
stinto fratello ; ch’egli ottenne ciò, che ricercò ; e che quando uno di loro moriva, l’altro rinasceva(c). Castore e Poll
ce furono anche denominati Tindaridi, perchè la loro madre era moglie di Tindaro(d). Si appellarono Afeterj, o Afesj, perc
ro singolari azioni, vennero soprannominati Dioscori, ossia figliuoli di Giove (g). I due mentovati fratelli si annoveraro
diaco, ove formano la Costellazione, detta i Gemelli(a). Gli abitanti di Talama, città situata ne’ dintorni di Pefno, altr
etta i Gemelli(a). Gli abitanti di Talama, città situata ne’ dintorni di Pefno, altra città marittima della Laconia, rappr
marittima della Laconia, rappresentarono questi Gemelli in due statue di bronzo, le quali, benchè fossero piccole, e sempr
consecrato a questi due fratelli, esso tuttavia chiamavasi il tempio di Castore. Aulo Postumo Dittatore fece voto, che se
tore e a Polluce. L’esito fu favorevole ; e il Senato, inteso il voto di Aulo, ne decretò l’adempimento. Que’ Giuochi si d
ulo, ne decretò l’adempimento. Que’ Giuochi si denominarono i Giuochi di Castore e di Polluce. Erano essi preceduti dallo
tò l’adempimento. Que’ Giuochi si denominarono i Giuochi di Castore e di Polluce. Erano essi preceduti dallo spettacolo de
a pubertà, e seguili da numerosa cavalleria, si recavano colle statue di Castore e Polluce dal Campidoglio alla piazza del
astore e Polluce dal Campidoglio alla piazza del gran Circo. La pompa di tori Giuochi durava otto giorni. Essa è descritta
lluce poi ebbe anche un tempio, dedicato a lui a lo appresso la città di Terapne nella Laconia. A lui era pur consecrata u
lui era pur consecrata una fontana, detta Polideuces ossia la fontana di Polluce, chiamato da’ Greci Polideuce(b). Castore
starmo a cavallo, con berretta in testa, e con una stella sulla punta di quella(c) (7). Panormo e Gonippo, giovani d’ Anda
tani si accostassero ad essi, e ne uccisero un gran numero. Per causa di sì reo tradimento ne avvenne, che Castore e Pollu
eziandio castigato un certo Scopa. Costui avea parlato con disprezzo di loro, e in pena di tale delitto rimase sepolto so
un certo Scopa. Costui avea parlato con disprezzo di loro, e in pena di tale delitto rimase sepolto sotte le rovine della
da due non conosciute persone(a). Pelope. PElope era figliuolo di Tantalo, re della Lidia Come gli Antichi vanno d’
Tantalo, re della Lidia Come gli Antichi vanno d’accordo sul nome del di lui padre, così variano tra loro sopra quello del
o sul nome del di lui padre, così variano tra loro sopra quello della di lui madre. Lo Scoliaste d’Euripide la chiama Euri
la di lui madre. Lo Scoliaste d’Euripide la chiama Eurianasse, figlia di Pattolo(a) ; Ferecide l’appella Euristemiste, fig
nasse, figlia di Pattolo(a) ; Ferecide l’appella Euristemiste, figlia di Santo(b) : e Igino la denomina Dione, figlia di A
Euristemiste, figlia di Santo(b) : e Igino la denomina Dione, figlia di Atlante(c). L’impresa più gloriosa per Pelope fu
uella d’aversi guadagnato in isposa Ippodamia, nata da Enomao, figlio di Marte(1), e re d’ Elide e di Pisa. L’anzidetta gi
isposa Ippodamia, nata da Enomao, figlio di Marte(1), e re d’ Elide e di Pisa. L’anzidetta giovine era l’oggetto dell’amor
ra l’oggetto dell’amore e delle premure de’ Principi circonvicini. Il di lei padre poi non voleva maritarla, perchè un Ora
chè un Oracolo gli avea predetto, ch’ei sarebbe perito per le insidie di un suo genero. A fine dunque di liberarsi da tutt
, ch’ei sarebbe perito per le insidie di un suo genero. A fine dunque di liberarsi da tutti quelli, che gliela ricercavano
liberarsi da tutti quelli, che gliela ricercavano in moglie, propose di darla a chi lo avesse oltrepassato, mentre egli c
to(2). Lo spazio da corrersi cominciava dal fume Clade sino all’Istmo di Corinto. Chi aspirava al possesso d’Ippodamia, do
o. Concorsero ad ajutarlo l’anzidetta Dea, Nettuno, e Mirtilo, figlio di Mercurio, e di Cleobula(4), e cocchiero di Enomno
d ajutarlo l’anzidetta Dea, Nettuno, e Mirtilo, figlio di Mercurio, e di Cleobula(4), e cocchiero di Enomno. Nettuno sommi
Nettuno, e Mirtilo, figlio di Mercurio, e di Cleobula(4), e cocchiero di Enomno. Nettuno somministrò a Pelope un carro e d
rro e due cavalli alati(b). Mirtilo, corrotto dalle generose promesse di Pelope, fece sì, che Enomao precipitò dal carro,
tale guisa Pelope conseguì Ippodamia in moglie, e salì sul trono del di lei padre. Enomao prima di morire espresse varie
Ippodamia in moglie, e salì sul trono del di lei padre. Enomao prima di morire espresse varie imprecazioni contro Mirtilo
o il Promontorio Geresto nel mare(5), il quale mare prese pol il nome di Mirtoo(d) (6). Istro lasciò scritto, che Mirtilo
elope così ampliò il suo dominio, che tutto il paese, il quale era al di là dell’Istmo, e formava una parte considerabile
dell’Istmo, e formava una parte considerabile della Grecia, dal nome di lui, e dalla Greca voce nitos, isola, fa denomina
dalla Greca voce nitos, isola, fa denominato Peloponneso, ossia isola di Pelope (a). Nacquero a Pelope varj figliuoli, tra
a’quali si nominano Atreo, Tieste(7), Alcatoo(8), e Crisippo. Il fine di Pelope fu, che il padae suo, come già abbiamo det
Giove relativamente agli altri Dei(b). Ercole gli consecrò uno spazio di terreno vicino al tempio di Giove in Olimpia. Si
ri Dei(b). Ercole gli consecrò uno spazio di terreno vicino al tempio di Giove in Olimpia. Si aggiunge, che quell’ Eroe gl
i della vittima, immolata a Pelope, non poteva più entrare nel tempio di Giove(d). Finalmente nel Peloponneso si celebrava
pio di Giove(d). Finalmente nel Peloponneso si celebravano alla tomba di Pelope certe Feste, dette Emacurie, nelle quali i
o quel sepolcro del loro sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola di Cre
cro del loro sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola di Creonte, la qua
o sangue(e). Edipo. Edipo era figliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola di Creonte, la quale fu da Om
Edipo era figliuolo di Lajo, re di Tebe, e di Giocasta, figliuola di Creonte, la quale fu da Omero(a)nominata Epicastà
i. Ma colai, divenuto pietoso dell’infelice fanciulletto, si contentò di sospenderlo in vece ad un albero sul monte Citero
vece ad un albero sul monte Citeroné. Sorte volle, che aliro pastore, di nome Forba, per là passando, odisse le grida del
ccasse dall’albero, e veggendolo bello assai, lo portasse alla moglie di Polibo, re di Corinto, detta da Apollodoro(b) e d
bero, e veggendolo bello assai, lo portasse alla moglie di Polibo, re di Corinto, detta da Apollodoro(b) e da Igino(c) Per
non altrimenti che se fosse stato suo figliuolo, e gl’impose il nome di Edipo, dalle due voci Greche idima, tumore, epus,
ndicello, venne in cognizione, ch’ egli non era, come credeva, figlio di Polibo. Consultò l’Oracolo per sapere, qual’era i
avrebbe trovato nella Focide. Intraprese quindi il viaggio alla volta di quel paese ; e giumtovi nel momento, in cui era i
sorta tra quegli abitanti forte sedizione, uccise Lajo, che procurava di sedarne il tumulto(a) (1). Creonte, padre di Gioc
cise Lajo, che procurava di sedarne il tumulto(a) (1). Creonte, padre di Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo era sali
il tumulto(a) (1). Creonte, padre di Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo era salito sul trono di Tebe, pubblicò per t
adre di Giocasta, il quale dopo la morte di Lajo era salito sul trono di Tebe, pubblicò per tutta la Grecia, ch’egli ceder
darebbe eziandio in moglie Giocasta a quello, che avesse liberato la di lui città dalla Sange. Questo mostro, come abbiam
mostro, come abbiamo esposto anche altrove, se ne stava ne’ dintorni di Tebe, e proponeva a quelle genti certi enimmi, co
e genti certi enimmi, costrigendole a darne la spiegezione sotto pena di restare da esso altrimenti divorate. Tra i varj e
restare da esso altrimenti divorate. Tra i varj enimmi si fa menzione di questo : qual’ è quell’animale, che la mattina ha
a quattro piedi, due sul mezzodì, e tre la sera. Invano erasi tentato di spiegarlo, e già molti infelici erano rimasti vit
a si fosse spiegato il suo enimma(b) (2). Edipo quindi oltre il trono di Tebe conseguì anche Giocasta in isposa. Da tale m
due figliuole, Antigona ed Ismene(a). Fencide, citato dallo Scoliaste di Euripide(b), dà a Edipo una terza figlia, di nome
, citato dallo Scoliaste di Euripide(b), dà a Edipo una terza figlia, di nome Giocasta(3). Edipo non godatte sempre felice
flagello non sarebbe cessato ; finchè non si fosse punito l’uccisore di Lajo. Edipo ne fece subito le più diligenti perqu
sso, che lo avea salvato sul monte Citerone, seppe ch’egli era figlio di Lajo, e ch’egli stesso, n’era stato l’uccisore. I
sperazione ; e guidato da Antigona, sua figliuola, fuggì il consorzio di tutti gli altri uomini(d) (5). Sofocle gli dà per
presso Colono, borgo dell’Attica, in un bosco sacro all’Eumenidi, il di cui ingresso era vietato a tutti i profani, e più
uenti, perseguitati dalla celeste vendetta. Alcuni Ateniesi, sorpresi di vedervelo, vollero a forza discacciarnelo, e lo a
dove Teseo cortesemente lo accolse. Là Edipo si posè sopra una sedia di pietra, si spogliò delle sue vesti, si purificò,
a) (6). Eteocle e Polinice. ETeocle e Polinice erano figliuoli di Edipo e di Giocasta. Eglino, tostochè Edipo rinun
Eteocle e Polinice. ETeocle e Polinice erano figliuoli di Edipo e di Giocasta. Eglino, tostochè Edipo rinunziò al Regn
ocasta. Eglino, tostochè Edipo rinunziò al Regno, convennero fra loro di signoreggiare d’anno in anno alternativamente l’u
come maggiore d’età, salì il primo al paterno soglio ; ma poi ricusò di cederlo nel susseguente anno a Polinice. Questi,
rendo la violazione del patto, ricorse al suo genero, Adrasto, figlio di Talaone, e re d’Argo(1), il quale, collegato con
rrogante, che si credeva piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliaron
va piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliarono contro tanti sasti,
la città gli scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolto sottò di quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli ave
quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli avesse avuto l’audàcia di voler prenderè l’anzidetta città, quand’anche Gio
che Giove, e qualsisia altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’
iderato anche dagli uomini come un empio, che avesse provocato contro di se lo sdegno del Cielo ; e fu abbruciato sopra un
o, separatò da quello, degli altri Eroi, i quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statu
Colei fece conoscere l’eccessivo amore, che nutriva per lui, e diede di se medesima un grande spettacolo. Ella si trasfer
i ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei padre, e degli alt
rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra
 ; e a vista del di lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra di quello(e). , Anfiarao Anfiatao fu figliuolo d’E
nfiatao fu figliuolo d’Ecleo e d’Ipermnestra(f). Altri dicono, che il di lui padre fosse l’eccellente Indovino. Melampo, e
si nascose in un luogo, ove niuno l’avrebbe mai trovato, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto,
vette recarsi al campo ; ma prima commise al suo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostochè avesse udito la di lui
uo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostochè avesse udito la di lui morte. Dicesi, che il primo giorno, in cui An
icesi, che il primo giorno, in cui Anfiarao erasi portato all’assedio di Tebe, un’aquila abbrancò la di lui lancia, la sol
cui Anfiarao erasi portato all’assedio di Tebe, un’aquila abbrancò la di lui lancia, la sollevò in alto, e poi lasciolla c
gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu i
). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spazio di ventiquatro ore, astenersi dal vino per tre giorn
rao, e da cui, credevasi, che fosse asceso al Cielo. Si riputava, reo di delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ;
vasi in essa de chi neoveniva risanato(b). Alcmeone dopo la morta del di lui padre, Anfiarao, uccise la madre. Indi, agita
olo si trasferì appresso l’altro fiume, Acheloo, e prese in moglie la di lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la co
rifile ; ed egli, ritornato a Fegeo per riavernela, rimase ucciso da’ di lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe de
ciso da’ di lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe desiderava di vedere vendicata la morte del suo marito ; e otte
vedere vendicata la morte del suo marito ; e ottenne da Giove, che i di lei piccoli figliuoli, avuti da Alcmeone, divenis
va. Queglino partirono per eseguire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche
guire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui moglie(a).
arono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui moglie(a). , Ippomedonte(5), e Partenopeo(6)
e(a). , Ippomedonte(5), e Partenopeo(6), prese a difendere i diritti di Polinice. Tutti questi guerrieri furono chiamati
nice. Tutti questi guerrieri furono chiamati i sette Capi, e ciascuno di loro ebbe Ceparatamente il comando d’un corpo d’e
, mentre marciava contro Tebe, passò co’ suoi compagni per la foresta di Nemea nell’Acaja. Tutti erano molestati estremame
tremamente dal caldo e dalla sete. Si abbatterono in Ipsipile, regina di Lenno(7), la quale stava allattando Ofelte, detto
e stava allattando Ofelte, detto anche Archemoro, nato da Licurgo, re di Nemea. Le ricercarono, ove avrebbono potuto trova
le disavventura, uccisero il serpente, salvarono, Ipsipile dalle mani di Licurgo che voleva farla morire, abbruciarono il
dalle mani di Licurgo che voleva farla morire, abbruciarono il cospo di quel bambino(a), e in di lui onore instituirono,
e voleva farla morire, abbruciarono il cospo di quel bambino(a), e in di lui onore instituirono, i Giuochi Nemei(b),(8). T
n di lui onore instituirono, i Giuochi Nemei(b),(8). Tideo per ordine di Adrasto si portò ad Eteocle, e ne esigette, che c
uegli dovea ritornarsene in Argo, cinquanta armati, che lo privassero di vita. Capi di coloro furono Meone, figlio di Emon
tornarsene in Argo, cinquanta armati, che lo privassero di vita. Capi di coloro furono Meone, figlio di Emone, e Licofonte
rmati, che lo privassero di vita. Capi di coloro furono Meone, figlio di Emone, e Licofonte, figlio di Autofono. Tideo, as
ta. Capi di coloro furono Meone, figlio di Emone, e Licofonte, figlio di Autofono. Tideo, assistito da Pallade, se ne dife
istito da Pallade, se ne difese con tanto valore, che non lasciò vivi di coloro, se non Meone, affinchè recasse ad Eteocle
iascuno, de’ predetti sette Capi dinanzi a ciascuna delle sette porte di Tebe. Eccocle del pari distribuì i suoi più valor
erciti nemici perdettero molta gente, Eteocle e Polinice stabilirono, di battersi essi soli. Eteocle simase il primo ferit
per questo ebbe fine la mentovata guerra. Dieci anni dopo i figliuoli di quegli Eroi, che in quella erano periti, presero
uovamente Ie armi per vendicare Ie ombre loro padri, e sotto la guida di Alcmeone, figlio d’Anfiarao, cinsero Tebe d’assed
significa nati dopo (e). Tra loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenel
loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenelo, figlio di Capaneo(a). I Te
figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenelo, figlio di Capaneo(a). I Tebani finalmente restarono vittori
te restarono vittoriosi mercè il sacrifizio, che fece Meneceo, figlio di Creonte. Era stato predetto a quelle genti, che f
te avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe di Cadmo, ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamen
se la immerse nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la s
iva alla stessa sua vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figl
oica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole di Antipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole,
la vittoria sarebbe stata pe’ Tebani, se il cittadino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ su
rificato pèrida salute de’ suoi. E poichè al predetto Antipeno, nelle di cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piaciqu
eno, nelle di cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anz
o sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzar
gliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento nel tempio di Diana Euclia(c). . Creonte, salito dopo la morte
mento nel tempio di Diana Euclia(c). . Creonte, salito dopo la morte di Eteocle sul di lui trono, proibì sotto pena di mo
o di Diana Euclia(c). . Creonte, salito dopo la morte di Eteocle sul di lui trono, proibì sotto pena di morte, che fosser
, salito dopo la morte di Eteocle sul di lui trono, proibì sotto pena di morte, che fossero sepolti gli Argivi, rimasti mo
Polinice, come quello che n’era stato il promotote(10). Argia, vedova di Polinice, spinta dalla brama di rendere al marito
stato il promotote(10). Argia, vedova di Polinice, spinta dalla brama di rendere al marito gli estremi doveri, andò la not
ne’ campi, acciocchè divenisse esca degli animali(b). Anche Antigona, di lui sorella, era uscita di Tebe per lo stesso fin
sse esca degli animali(b). Anche Antigona, di lui sorella, era uscita di Tebe per lo stesso fine. Tutte due vennero sorpre
orella, corse ad incontrare lo stesso supplizio, accusandosi complice di quel supposto misfatto. Ella però non soggiacque
anzidetto barbaro comando ; e strangolandosi colle proprie mani, finì di vivere nella sua più brillante gioventù(c) (11).
sizione, per cui si opera il bene. I Greci diedero alla Virtù il nome di Arete. I Poeti finsero, che fosse figliuola di Pr
ero alla Virtù il nome di Arete. I Poeti finsero, che fosse figliuola di Prassidice, altra Dea, che mostrava agli uomini i
loro. La Virtù ebbe in Roma tempj e altari. Scipione, il distruttore di Numanzia, fu il primo ad ergerle un tempio. M. Ma
appresso Clastidio, fece voto d’inalzarne un altro, il quale poi dal di lui figliuolo dieci sette anni dopo fu dedicato a
sava per quello : con che voleasi esprimere, che la vera ed unica via di procacciarsi onore è la virtù. Vicino alla Porta
; Dea del piacere, La medesima veniva figurata in quello qual regina, di pallido aspetto, che teneva le virtù sotto i suoi
tto i suoi piedi(a). La Virtù rappresentasi giovine, bella, ed ilare di volto, perchè essa non invecchia mai, ma anzi cre
risce, e diviene il migliore ornamento dell’uomo. La lancia è simbolo di maggioranza, ed è in mano della Virtù per indicar
questa Dea anche due faccie, colle quali dimostravasi, che le azioni di lei sono dirette dalla considerazione del passato
, che qualsivoglia altra età, quali azioni si deono operare. La veste di lui è lunga, per alludere alla Toga, di cui i Con
ni si deono operare. La veste di lui è lunga, per alludere alla Toga, di cui i Consiglieri si servivano per sostenere magg
allo studio ; e però si diede in mano a tale Divinità un libro. Sopra di questo sta riposandosi una, Civetta, animale, il
Si potrebbe anche dire, che siccome questo uccello, girando quà e là di notte, meglio discerne gli oggetti ; così chi vuo
di notte, meglio discerne gli oggetti ; così chi vuole riuscire uomo di sani consigli, conviene ch’egli mediti di notte c
osì chi vuole riuscire uomo di sani consigli, conviene ch’egli mediti di notte ciò, che dee risolvere il giorno, giacchè n
più perspicace e vigoroso. Il Consiglio finalmente dipingesi in atto di calcare col destro piede la testa di un Orso, e q
lio finalmente dipingesi in atto di calcare col destro piede la testa di un Orso, e quella d’un Delfino. L’Orso è iracondo
ato per lo più è dannoso. Accortezza. L’ Accortezza è prontezza di mente, con cui non solo si prevede ; si discerne,
a qualche lodevole intento. Questa Virtù comparisce in abito, sparso di varj occhi e orecchie, de’quali bene spesso se ne
è. Ha ella in mano una Pernice, perchè anche questo animale è fornito di sommo avvedimento, e con maravigliosa destrezza s
trezza si sottrae ad ogni pericolo. Le giace a’piedi un leone. Questo di sua natura dorme pochissimo, ed è di sorprendente
e giace a’piedi un leone. Questo di sua natura dorme pochissimo, ed è di sorprendente ingegno : qualità, che si devono tro
a virtù in età avanzata ; col comperso in mano, e col timone appresso di se. La cura de’beni proprj o degli altrui non s’i
gia direzione, che deo coltivare l’Economo per promuovere la felicità di chi egli ha cura. Diligenza. La Diligenza è
, ed assidua applicazione nell’operare. Questa virtù stringe un ramo di timo, su cui vola un’Ape. Benchè il timo sia erba
aspare, finchè tra gl’inutili grani ha scelto quelli, che gli servono di cibo. Il Diligente del pari va esaminando le cose
, grandi, ed oneste imprese. Questa virtù viene rappresentata coperta di pelle di leone, perchè questo animale ama le gran
ed oneste imprese. Questa virtù viene rappresentata coperta di pelle di leone, perchè questo animale ama le grandi, e sde
si appoggia sull’estremità d’una colonna, e coll’altra tiene un ramo di rovere, perchè questo resist al soffio de’più imp
e più grandi moli. Questa Dea impugna nel sinistro braccio uno scudo, di cui essendo proprio il rintuzzare l’arma nemica,
, che respinge i danni, i quali potrebbono essergli recati. Nel mezzo di quello scudo v’è un leone, che si azzuffa con un
quali cose tutte sono indizio della velocità, con cui l’ Emulo cerca di pareggiare e oltrepassare coloro, che operano il
ravvisa : del che n’è viva espressione sì lo sprone, che il fascetto di spine, di cui n’è ella adorna. Merito. Il M
del che n’è viva espressione sì lo sprone, che il fascetto di spine, di cui n’è ella adorna. Merito. Il Merito è il
i spine, di cui n’è ella adorna. Merito. Il Merito è il diritto di lode o d’altra ricompresa, il quale nasce dall’av
on cui si giunge a meritare. Ha egli la fronte cinta d’alloro, perchè di questo anticamente si ornavano quelli, che pe tor
questo anticamente si ornavano quelli, che pe toro meriti erano degni di gloria e onore. Questo Nume ha il braccio armato,
i, e dalla coltura delle scienze. Speranza. La Speranza è brama di qualche bene, unita alla cognizione della capacit
minazione d’ottenerlo. I Greci riconoscevano questa Dea sotto il nome di Elpide. I Romani le fabbricarono tre tempj, uno n
ella guerra Punica restò abbruciato da un fulmine, sotto il Consolato di Q. Fabio, e di Q. Sempronio Gracco. I Triumviri l
ica restò abbruciato da un fulmine, sotto il Consolato di Q. Fabio, e di Q. Sempronio Gracco. I Triumviri lorifabbticarono
. Fabio, e di Q. Sempronio Gracco. I Triumviri lorifabbticarono. Arse di nuovo ; e Attilio fece voto di ristabilirlo, e Ge
co. I Triumviri lorifabbticarono. Arse di nuovo ; e Attilio fece voto di ristabilirlo, e Germanico lo consacrò(a). La Sper
o consacrò(a). La Speranza comparisce in veste verde, e inghirlandata di fiori, perchè il verdeggiare e il fiorire delle p
fiori, perchè il verdeggiare e il fiorire delle piante danno speranza di vicina raccolta. Ha la Speranza appresso di se un
lle piante danno speranza di vicina raccolta. Ha la Speranza appresso di se un’ancora. Vedesi anche appoggiata ad una colo
traprende altre ardue e straordinarie virtù. Questa Virtù ha appresso di se un elefante e un leone. Siccome il primo di ta
esta Virtù ha appresso di se un elefante e un leone. Siccome il primo di tali animali non si duole delle saette, che contr
iccome il primo di tali animali non si duole delle saette, che contro di lui si avventano ; così il Magnanimo non cura i d
agnanimo non cura i disagi che gli sovrastano, nè si turba al momento di dover sostenerli. Il Leone poi non teme di ciment
no, nè si turba al momento di dover sostenerli. Il Leone poi non teme di cimentarsi a qualsivoglia malagevole impresa ; e
olari combattimenti. Questa Dea da’ Greci chiamavasi Nice. Era figlia di Stige e di Pallante. Aveva per sorella la Forza,
ttimenti. Questa Dea da’ Greci chiamavasi Nice. Era figlia di Stige e di Pallante. Aveva per sorella la Forza, per fratell
tempio, e la denominarono Aptera, ossia senza ali, perchè tal’era la di lei statua, affinchè non potesse in alcun tempo a
tempo allontanarsi da loro : come gli Spartani incatenarono la statua di Marte, onde questo Nume non avesse mai ad abbando
n tempio durante la guerra, che avevano co’Sanniti sotto il Consolato di L. Postumio e di M. Attilio Regolo. La stessa naz
la guerra, che avevano co’Sanniti sotto il Consolato di L. Postumio e di M. Attilio Regolo. La stessa nazione dopo la scon
Postumio e di M. Attilio Regolo. La stessa nazione dopo la sconfitta di Canne dedicò a questa Dea un altro tempio(c). L.
edicò a questa Dea un altro tempio(c). L. Silla, divenuto trionfatore di tutti i suoi nemici, le instituì anche dei pubbli
re ch’ella domina sulla terra(e). Le si danno le ali per esprimere la di lei in-[numerisation pages] [page 302 et 303 manq
hè durò l’Età d’oro, e insegnò a tutti le sue leggi. Venuta poi l’Età di ferro, in cui crebbero fuor di misura sulla terra
a tutti le sue leggi. Venuta poi l’Età di ferro, in cui crebbero fuor di misura sulla terra l’esecrabili scelleratezze, el
fusa con Tenti e con Dice. Temi veramente regnò nella Tessaglia, e fu di tanta saviezza ed equità, che si disse essare nat
, che si disse essare nata dal Cielo e dalla Terra(c). Pausania parla di un tempio e di un oracolo, ch’ella aveva sui mont
essare nata dal Cielo e dalla Terra(c). Pausania parla di un tempio e di un oracolo, ch’ella aveva sui monte Parnasso insi
llo. Temi aveva altresì un altro tempio nella cittadella d’Atene, nel di cui ingresso si vedeva la tomba d’Ippolito(d). Es
Dea e preside de’giudizj. Suo uffizio era accusare i rei al tribunale di Giove(f). Le di lei Ministri si appellavano Dicas
’giudizj. Suo uffizio era accusare i rei al tribunale di Giove(f). Le di lei Ministri si appellavano Dicasti, ossia giudic
ti, ossia giudici. Dicevasi, ch’era vergineper alludere all’integrità di tutte le sue operazioni(a). La Giustizia secondo
condo Igino ebbe una figliuola, vindice acertima delle scelleraggini, di nome Nemesi, la quale altri fanno figlia di Giove
tima delle scelleraggini, di nome Nemesi, la quale altri fanno figlia di Giove e della Necessità, ovvero dell’Oceano e del
ella se ne stava sopra la Luna per osservare più facilmente le azioni di quaggiù(b). A Nemesi altresì furono date le ali,
izio a questa Dea nel Campidoglio, e dare in suo onore uno spettacolo di gladiatori(d). A Nemesi si celebrarono pure le Ne
quale, essendo perfettamente eguale da ogni lato, indica il carattere di questa virtù, ch’è quello di mostrarsi eguale con
eguale da ogni lato, indica il carattere di questa virtù, ch’è quello di mostrarsi eguale con tutti. Ella si dipinge altre
ù, ch’è quello di mostrarsi eguale con tutti. Ella si dipinge altresì di terribile guardatura, colla bilancia nella destra
cbessia. Per questa medesima ragione gli Egiziani formavano le statue di questa Dea senza testa, volendo in tal modo signi
Pietà. La Pietà è ardente zelo della Religione, e vivò sentimento di compassione verso i miseri, e di tenerezza verso
o della Religione, e vivò sentimento di compassione verso i miseri, e di tenerezza verso la patria, i genitori, e i figli.
enitori, e i figli. Questa Dea si riconosceva da’ Greci sotto il nome di Eusebia. In Roma le fu eretto un tempio sotto il
il nome di Eusebia. In Roma le fu eretto un tempio sotto il Consolato di Quinzio e di Attilio dal Decemviro M. Attilio Gla
sebia. In Roma le fu eretto un tempio sotto il Consolato di Quinzio e di Attilio dal Decemviro M. Attilio Glabrione. Là pe
lio Glabrione. Là per mezzo d’una tavola si ricordava la bella azione di pietà che operò una figlia verso sua madre. Valer
sua madre. Valerio Massimo(a) la racconta così : una donna, convinta di capitale delitto, era stata condannata dal Pretor
. Il Triumviro che doveva eseguirne la sentenza, preso da compassione di quella rea, non volle imbrattarsi le mani nel di
preso da compassione di quella rea, non volle imbrattarsi le mani nel di lei sangue, è stabilì di lasciarla piuttosto mori
uella rea, non volle imbrattarsi le mani nel di lei sangue, è stabilì di lasciarla piuttosto morire di fame. Egli permise
si le mani nel di lei sangue, è stabilì di lasciarla piuttosto morire di fame. Egli permise altresì ad una figliuola di co
iarla piuttosto morire di fame. Egli permise altresì ad una figliuola di colei l’ingresso nella prigione ; ma prima la fac
e venissero alimentate dal pubblico erario. Notisi, che Fesso in vece di una madre nomina un padre(a). Tale Tradizione fu
oltanto dalle sue esimie azioni, nè coltiva ostentazione, o desiderio di vanagloria. Versa coll’altra mano un Cornucopio,
agloria. Versa coll’altra mano un Cornucopio, perchè, quando trattasi di mostrarsi qual’è, ella niente cura le dovizie di
chè, quando trattasi di mostrarsi qual’è, ella niente cura le dovizie di questa terra. Sta finalmente appresso questa Dea
empj in Roma. Il primo, ch’era antichissimo, e alzato appresso quello di Ercole, era sacro alla Pudicizia Patrizia, ossia
trizia, ossia delle Dame ; l’altro, che fu eretto da Virginia, figlia di Aulo, era dedicato alla Pudicizia Plebea, ossia d
udicizia Plebea, ossia del Popolo. Diede occasione a tale distinzione di nomi una contesa, ch’ebbe la predetta Virginia co
io, uomo della plebe ; e per tale matrimonio le altre Dame sdegnarono di mescolarsi seco lei nel tempio della Pudicizia, e
egnarono di mescolarsi seco lei nel tempio della Pudicizia, e usarono di tutti i mezzi per farnela uscire. Virginia poi gi
indi fabbricò un altro tempio alla stessa Dea Pudicizia sotto il nome di Plebea ; eccitò le donne più considerabili del po
si distinguessero colle virtù dalle Dame, quanto quoste pretendevano di essere distinte da esse per causa della loro nobi
le donne, le quali aveano avuto più d’un marito, il toccare la Statua di quella Dea(b). Ciò s’accorda con Valerio Massimo,
un’impudicizia, tollerata dalle leggi(c). La Pudicizia avea la figura di donna velata, e modestissima nel portamento. O
Ciò dimostra, che non è diverso l’animo dell’uomo obbediente a’ cenni di chi legittimamente gli comanda. Sta a canto di le
mo obbediente a’ cenni di chi legittimamente gli comanda. Sta a canto di lei un cane, perchè questo è animale sì ubbidient
La Beneficenza è virtù, che promuove il bene altrui senza oggetto di ricompensa. Ha la Beneficenza un aspetto di singo
bene altrui senza oggetto di ricompensa. Ha la Beneficenza un aspetto di singolare bellezza, perchè il benefizio più d’ogn
olla destra le tre Grazie, le quali hanno le mani intrecciate a guisa di chi danza. Esse esprimono le tre sorta di benefat
le mani intrecciate a guisa di chi danza. Esse esprimono le tre sorta di benefattori : quelli che beneficano, quelli che c
enefizj sogliono passare dall’uno nell’altro, finchè tornano ad utile di chi primo li fece. La Beneficenza comparisce anch
vuole esercitare questa virtù, dee farlo con prontezza, onde l’azione di lui riesca più gradita a quello, a di cui favore
lo con prontezza, onde l’azione di lui riesca più gradita a quello, a di cui favore viene fatta. Questa Divinità stringe i
d’amore, con cui si unisce il beneficato al benefattore. V’è appresso di lei un’aquila, la quale, avendo fatto preda d’una
ine sotto gli artigli, e lascia, che se ne pascano verj altri uccelli di rapina. Liberalità La Liberalità è virtù, p
cui a proporzione delle proprie forze si somministra agli altri ciò, di che abbisognano. La veste di questa Dea è bianco,
rie forze si somministra agli altri ciò, di che abbisognano. La veste di questa Dea è bianco, perchè tal colore, essendo c
arsi liberale. Concordia. La Concordia è l’unione della volontà di molti, che vivono insieme. I Greci la denominano
onia, ovvero Omusia. Ella ebbe un tempio in Olimpia. Roma celebrava a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo d
a di lei onore certe feste, dette Caristie, lo scopo delle quali era di ristabilire l’unione tralle famiglie. Al pranzo,
ra di ristabilire l’unione tralle famiglie. Al pranzo, che al momento di quelle si faceva, non ammettevasi alcun straniero
a del Campidoglio. Lo fabbricò Furio Camillo Dittatore nell’anno 397. di Roma, dopo d’aver sedato la ribellione popolare c
popolare contro i patrizj. Avendolo un incendio rovinato, Liviamoglie di Augusto, lo ristabilì, e Tiberio lo consacrò. Man
dedicazione. Finalmente un terzo tempio le fu fabbricato nella Piazza di Vulcano, e fu consecrato da Cn. Flavio(a). Due sp
nella Piazza di Vulcano, e fu consecrato da Cn. Flavio(a). Due spighe di grano adornano la mano di questa Dea, per indicar
fu consecrato da Cn. Flavio(a). Due spighe di grano adornano la mano di questa Dea, per indicare l’abbondanza, che dalla
danza, che dalla Concordia suole derivare. Talora stringe un fascetto di verghe, perciocchè come quelle, unite insieme, di
pure il caduceo. Questa Dea finalmente rappresentasi anche per mezzo di due mani, congiunte insieme. E quì si noti, che o
pezialmeme furono dagli Antichi venerate o come Deità, o come simboli di quelle. Ce lo testificano anche moltissimi antich
no altrettanti voti, appesi talvolta ne tempj degli Dei in ricompensa di qualche grazia ricevuta, unite insieme, erano anc
bolo il più ordinario della Concordia. Pace. La Pace è lo stato di tranquillità e di buona armonia tra’ popoli. I Gr
rio della Concordia. Pace. La Pace è lo stato di tranquillità e di buona armonia tra’ popoli. I Greci Le davano il n
I Greci Le davano il nome d’Irene, e la risguardavano come figliuola di Giove e di Temi. Atene le eresse delle statue, e
davano il nome d’Irene, e la risguardavano come figliuola di Giove e di Temi. Atene le eresse delle statue, e fu la prima
ottata col mezzo del loro Generale, Timoteo ; ovvero dopo la vittoria di Cimone sopra i Persiani, come vuole Plutarco. I R
vi trasportò i più preziosi vasi, e i più belli ornamenti del tempio di Gerusalemme(a). Questo era pure il tempio, in cui
glievano coloro, che professavano le Belle Arti, affinchè la presenza di questa Dea allontanasse ogni disapore dalle loro
perchè i loro tempj erano presso le acque d’Appio, non lungi dal Foro di Cesare. Le altre quattro Divinità erano Pallade,
à erano Pallade, Vesta, Venere, e la Concordia(d). La Pace è coronata di spighe, simbolo dell’abondanza, che si produce e
pighe, simbolo dell’abondanza, che si produce e si mantiene per mezzo di essa. I Greci e i Romani nelle pubbliche Feste so
la destra tiene un ramo d’ulivo, o un caduceo. La dolcezza del frutto di quell’albero caratterizza la dolcezza, che nasce
tiene lègati insieme un leone e una pecora. Questi sono due animali, di natura affatto tra loro contrarj. Quindi uniti in
ffatto tra loro contrarj. Quindi uniti insieme simboleggiano la Pace, di cui è proprio il cangiare lo sdegno in placidezza
lo sdegno in placidezza. Gli Ateniesi poi la rappresentavano in atto di tenere tralle braccia Pluto bambino, per indicare
a il falso. Ella dicevasi da’ Greci Aletia, ed era considerata figlia di Saturno, e madre della Virtù(b). Pindaro le dà Gi
o grazioso un cuore. La candidezza del predetto augello indica quella di tale virtù, e il porgere graziosamente un cuore d
mprovero de’ vizj onde vederne l’emendazione. Comparisce questa virtù di età matura, perchè taletà, essendo di maggior ven
azione. Comparisce questa virtù di età matura, perchè taletà, essendo di maggior venerazione, ne trae d’ordinario più giov
d’assenzio sulla fronte. L’assenzio è pianta amarissima al gusto, ma di molta utilità allo stomaco. Non altrimenti la Rip
iova, qualora è attesa. La Riprensione ha in mano una lingua, nella ; di oui cima v’ è un occhio. Quella e questo avverton
vicino, perchè l’amicizia è sempre fedele, ossiachè si trovi appresso di chi ella ama, ossiachè ne sia lontana. Nell’ estr
i ella ama, ossiachè ne sia lontana. Nell’ estremità finalmente nella di lei veste leggonsi queste parole : la morte e la
j, che doveano essere fatti a spese del pubblico, e senza spargimento di sangue. I Sacerdoti, destinati al di lei culto, e
el pubblico, e senza spargimento di sangue. I Sacerdoti, destinati al di lei culto, erano vestiti di lino bianchissimo, pe
ento di sangue. I Sacerdoti, destinati al di lei culto, erano vestiti di lino bianchissimo, per dinotare la sincerità di q
culto, erano vestiti di lino bianchissimo, per dinotare la sincerità di questa virtù(a). La Fede tiene colla destra una c
sservare da questa virtù. Qualche volta viene rappresentata per mezzo di due figurine, che si danno la mano l’una coll’ al
ura ch’ essa da se si abbassa. La medesima Virtù vedesi anche in atto di conculcare una corona d’oro, per far conoscere, c
e più sacre, quali sono la religione, la patria, i parenti. L’aspetto di questo vizio ò truce. Nella sinistra ba Egli l’Ip
he le azioni dell’ empio tendono sempre alla distruzione della pietà, di cui il predetto animale n’è il simbolo. Superb
e n’è il simbolo. Superbia. La Superbia è disordinato desiderio di millantare la propria eccellenza, e di sovrastare
perbia è disordinato desiderio di millantare la propria eccellenza, e di sovrastare agli altri. Ella colla destra mostra u
i sovrastare agli altri. Ella colla destra mostra un pavone, il quale di natura sua si compiace di se medesimo, e disprezz
lla colla destra mostra un pavone, il quale di natura sua si compiace di se medesimo, e disprezza ogni altro animale. Ques
usso è un raffinamento in tutto quel, che concerne i comodi e piaceri di questa vita. Esso comparisce cinto la fronte di r
ne i comodi e piaceri di questa vita. Esso comparisce cinto la fronte di reale corona, e con ali alle tempia. Versa colla
no della gente plebea, la quale, invencando nuove mode, dagli amatori di queste ne ritraggono poi doviziose ricompense : l
naturale, per cercare in un’aria, presa ad imprestito, il sicuro modo di rendersi ridicolo. La stessa cosa viene dimostrat
piedi dell’ Affettazione. Vendetta. La Vendetta è offesa fatta di privata autorità, è con odio di chi primo offese.
ndetta. La Vendetta è offesa fatta di privata autorità, è con odio di chi primo offese. E’vestita di colore rosso, ed h
fatta di privata autorità, è con odio di chi primo offese. E’vestita di colore rosso, ed ha un pugnale nella destra, perc
le essere il segno, che danno coloro, i quali prendono la risoluzione di vendicarsi. A canto della Vendetta evvi un leone,
ndetta evvi un leone, perchè questo, qualora, viene offeso, s’accende di furore, e tenta ogni mezzo di prendere vendetta d
uesto, qualora, viene offeso, s’accende di furore, e tenta ogni mezzo di prendere vendetta del suo offensore. Gelosia.
re. Gelosia. La Gelosia è interna inquietudine, nata dal timore di perdere qualche bene, o dal sospetto, che altri n
e partecipino. Riguardo a questo Vizio è famosa la favola dì Cefalo e di Procride. Cefalo, come dicemmo, sposò Procride. U
la gelosia intorbidò la dolcezza della loro vita. L’Aurora s’invaghì di Cefalo, mentre questi sul primo albore del giorno
va Procride sulla boccà e nel cuore, non corrispose mai alle ricerche di colei. La Dea, sopraffatta dell’ ira, lo rimprove
rgli un tardo e inutile pentimento. Questa minaccia destò nell’ animo di Cefalo forte turbamento. Ei temette, che la di lu
ccia destò nell’ animo di Cefalo forte turbamento. Ei temette, che la di lui lontananza avesse prodotto qualche cangiament
la di lui lontananza avesse prodotto qualche cangiamento nell’ animo di Procride, e volle egli stesso esperimentarne la f
da alcuno, nella sua casa, trovò la consorte, che piangeva, e doleasi di vedersi da lui divisa. A tale vista talmente egli
serbava il suo affetto. Ciò doveva bastare ad assicurare Cefalo della di lei fede. Egli contuttociò non desistette dal ric
spondenza d’amore, usando ora preghiere lusinghevoli, ed ora promesse di larga mercede, alle quali la giovane finalmente c
ovane finalmente cedette. Cefalo allora si diede a conoscere, e pieno di furore la rimproverò d’infedele. Nulla rispose co
rore la rimproverò d’infedele. Nulla rispose colei, ma tinto il volto di vergognoso rossore, fuggì ne’ boschi, e si propos
o rossore, fuggì ne’ boschi, e si propose la caccia per unico oggetto di sue delizie. La privazione di sì amabile compagni
si propose la caccia per unico oggetto di sue delizie. La privazione di sì amabile compagnia destò ben presto nell’ animo
e. La privazione di sì amabile compagnia destò ben presto nell’ animo di Cefalo desiderio e smania di riacquistarla. S’acc
e compagnia destò ben presto nell’ animo di Cefalo desiderio e smania di riacquistarla. S’accinse a cercarla per foreste e
alze, e dopo lungo travaglio e fatica al fine la rinvenne. Si gettò a di lei piedi, la pregò di perdono, detestò il suo fa
aglio e fatica al fine la rinvenne. Si gettò a di lei piedi, la pregò di perdono, detestò il suo fallo, e prese a giustifi
la pregò di perdono, detestò il suo fallo, e prese a giustificare la di lei debolezza coll’ accertarla, ch’ egli medesimo
le offerte e de’ vezzi. Procride, o che la appagasse la sincerità de’ di lui sentimenti, o che la scuotesse il rammarico d
e la sincerità de’ di lui sentimenti, o che la scuotesse il rammarico di vederlo in angustie, o che finalmente la confessi
mmarico di vederlo in angustie, o che finalmente la confessione della di lui debolezza raddoleisse il rincreseimento, che
he altrove, avea regalato a Cefalo il cane Lela po, e inoltre un’asta di mirabile virtù, giacchè essa e colpiva con sicure
ava colpo con essa, che andasse a vuoto : cosicchè sazio della strage di molte fiere, e stanco per la fatica, prendeva rip
e talora quella non si faceva sentire, ei la chiamava con espressioni di tenerezza, e la invitava a recargli refrigerio e
nvitava a recargli refrigerio e piacere. Intese questo replicato nome di aura un non so chi sfaccendato e maligno ; e imma
ente accorgendosi, che da lungi lo seguiva la sposa. Grondante alfine di sudore si sdrajò all’ ombra e invitò come lo scor
lo. Al proferire il nome d’aura udì, o parvegli d’udire una voce come di persona, che piangeva ; ma non ne fece caso, e co
che bersaglio del colpo era stata la sua Procride Precipitoso, e fuor di se medesimo colà s’ affrettò, seguendo la flebile
trovò la sposa semiviva fragli spasimi della ferita ; e tutta intrisa di sangue. La alzò di terra, la abbracciò, ne impedì
viva fragli spasimi della ferita ; e tutta intrisa di sangue. La alzò di terra, la abbracciò, ne impedì alla meglio lo sgo
ra, ch’ eragli tanto cara. Cefalo allora comprese l’arcano, e procurò di toglierla dàl suo errore, ma senza frutto. S’ abb
glierla dàl suo errore, ma senza frutto. S’ abbandonò la misera nelle di lui braccia, e non molto dopo esalò lo spirito(a)
erchè Cefalo la avea sorpresa, mentr’ella trattenevasi conun giovine, di nome Pteleone, il quale le avea regalata una coro
nza(b). Un altro fatto narrasi intorno alla Gelosia. Cianippo, figlio di Fatace Tessalo, sposò Leucona. Eglidopo tale matr
icava a etto, e subito si addormentava. La moglie cominiò a diffidare di lui, e per accertarsi, se egli veramente consumav
lla caccia, entrò li nascosio anch’ ella nella foresta, mentre i cani di Cìanippo inseguivano un cervo. Quelli, che avevan
per disperaziose si trafisse il petto, e cadde anch’egli morto sopra di lei(a). La Gelosia è in veste di colore turchino,
petto, e cadde anch’egli morto sopra di lei(a). La Gelosia è in veste di colore turchino, e tutta aspersa d’occhi e d’orec
hi e d’orecchie. Ha un Gallo nella sinistra, e nella destra un fascio di spine. Il predetto colore della veste rassomiglia
fferente, della persona, cui egli ama. V’ è il Gallo, perchè questo è di sua natura gelosissimo. Le spine finalmente manif
sissimo. Le spine finalmente manifestano i fastidj e le angustie, che di continuo pungono in certa guisa l’animo geloso.
sa l’animo geloso. Ambizione. L’Ambizione è eccessivo desiderio di costituirsi grande, e di salire a’sublimi onori.
izione. L’Ambizione è eccessivo desiderio di costituirsi grande, e di salire a’sublimi onori. Questa Dea ’ebbe in Roma
lire a’sublimi onori. Questa Dea ’ebbe in Roma un tempio, in a molto di frequente le si sacrificava(a). Ella comparisce i
o di frequente le si sacrificava(a). Ella comparisce in veste, sparsa di varj fregi edera. Questa pianta va sempre ascende
icino a se il Leone, perchè essa non va mai disgiunta dalla superbia, di cui quell’ animale n’è il simbolo. Vanagloria.
ello ne’prati quasi baldanzosamentè verdeggia, ma poi in breve spazio di tempo s’innaridisce ; così l’alterigia del Vanagl
colla destra una tromba, perchè chi è dominato da siffatta passione, di propria bocca e con magnificenza di parole decant
è dominato da siffatta passione, di propria bocca e con magnificenza di parole decanta se stesso. Questo Vizio finalmente
ili favi. Esso quindi qualifica il Vanaglorioso, che colle sue parole di vanto fa molto strepito, ma del resto è affatto i
ole di vanto fa molto strepito, ma del resto è affatto inutile, vuoto di senno, e privo d’ogni sapore. Disobbedienza.
te imposti. Questo Vizio si mostra con un freno sotto i piedi in atto di conculcarlo. In capo ha varie penne di Pavone. Qu
un freno sotto i piedi in atto di conculcarlo. In capo ha varie penne di Pavone. Queste alludono alla superbia, da cui la
rsi, che fa l’animale in tale guisa le orecchie per non udire la voce di chi a se lo chiama, mette in vista la proprietà d
L’Arroganza è vizio, per cui l’uomo dí poca abilità, per far pompa di se, si assume degl’ incarichi difficili e di grav
a abilità, per far pompa di se, si assume degl’ incarichi difficili e di grave importanza. Ella nasce dall’ ignoranza e da
L’Indocilità è resistenza nel fare quel che si dovrebbe. Sta sul di lei capo un velo nero, perchè ques colore, come n
uscettibile d’alcun altro, dimostra, che l’Indocile pure non è capace di sottome tersi a veruna disciplina. L’Indocilità s
Prodigalità è scialacquo delle proprie facoltì senza ragione. Ella è di volto ridente, e coa ambe le mani versa in gran c
lto ridente, e coa ambe le mani versa in gran copia oro ed altre cose di sommo pregio. Avarizia. L’Avarizia è deside
ose di sommo pregio. Avarizia. L’Avarizia è desiderio eccessivo di possedere. Viene dimostrata vecchia, smunta, e pa
de il continuo affanno d’accumulare ; pallida, perchè quando trattasi di fare nuovi acquisti, non si sottrae a disagi e in
Avarizia cresce in chi la coltiva, a misura che si moltiplica in mano di lui le ricchezze. Questo vizio tiene stretta una
canto un Lupo magrissimo. Questo è animale voracissimo, nè cessa mai di rapire i greggi. L’Avaro del pari è facile ad app
mai la sua ingorda passione. Furto. Il Furto è l’appropriazione di ciò, ch’è d’altrui contro la volontà di chi n’era
Il Furto è l’appropriazione di ciò, ch’è d’altrui contro la volontà di chi n’era il legittimo possessore. Vedesi di aspa
altrui contro la volontà di chi n’era il legittimo possessore. Vedesi di aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie
chi n’era il legittimo possessore. Vedesi di aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste di pell
ssessore. Vedesi di aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste di pella di Lupo, colle braccia
aspatto giovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste di pella di Lupo, colle braccia è co piedi ignudi. S
iovanile, tinto di pallore, con drecchie di lepre, con veste di pella di Lupo, colle braccia è co piedi ignudi. Sta in mez
veste di pella di Lupo, colle braccia è co piedi ignudi. Sta in mezzo di densa notte, ed ha nella destra un’arma. E’giovin
tinuo timore d’essere scoperto : lo che esprimesi anche dalle orechie di Lepre ; animale timidissimo. Il Lupo vive solo di
anche dalle orechie di Lepre ; animale timidissimo. Il Lupo vive solo di furti, come fanno i ladri. Le braccia e i piedi i
ri d’ordinario sono armati per usare anche violenza, quando si tratta di rubare. Malignità La Malignità è perversa v
si tratta di rubare. Malignità La Malignità è perversa volontà di procurare il male altrui. L’abito di questo Vizio
La Malignità è perversa volontà di procurare il male altrui. L’abito di questo Vizio è di colore simile a quello della ru
rversa volontà di procurare il male altrui. L’abito di questo Vizio è di colore simile a quello della ruggine, perchè come
erchè come questa consuma ogni metallo, così il maligno non cessa mai di nuocere ad altrui. La Malignità tiene una Coturni
ad altrui. La Malignità tiene una Coturnice in mano. Quell’animale è di sì pessima natura, che dopo aver esso bevuto, int
gno. Crudeltà La Crudeltà è insaziabile desiderio e compiacenza di vedere e anche di effettuare, qualota se ne apra
La Crudeltà è insaziabile desiderio e compiacenza di vedere e anche di effettuare, qualota se ne apra l’occasione, il ma
effettuare, qualota se ne apra l’occasione, il male altrui. E’vestita di color rosso, per significate, ch’essa si pasce di
e altrui. E’vestita di color rosso, per significate, ch’essa si pasce di sangue e di strage. Le sta sopta il capo un Ussig
vestita di color rosso, per significate, ch’essa si pasce di sangue e di strage. Le sta sopta il capo un Ussignuolo, per a
strage. Le sta sopta il capo un Ussignuolo, per alludere alla favola di Progne e di Filomela. E’in atto d’affogane un bam
sta sopta il capo un Ussignuolo, per alludere alla favola di Progne e di Filomela. E’in atto d’affogane un bambino, o di g
la favola di Progne e di Filomela. E’in atto d’affogane un bambino, o di guardare a ciglio asciutto un incendio, perchè le
è le uccisioni e gl’ incendj ne’ tempi antichi eranoi maggiori tratti di crudeltà. Il volto di questo Vizio è ilare, perch
ncendj ne’ tempi antichi eranoi maggiori tratti di crudeltà. Il volto di questo Vizio è ilare, perchè è proprio del medesi
eltà. Il volto di questo Vizio è ilare, perchè è proprio del medesimo di tripudiare a vista de’ danni altrui. Parzialit
a è asserire il falso, o negare il vero. Ama il vestito artifizioso e di color cangiante. Ha sopra di esso varie maschere
re il vero. Ama il vestito artifizioso e di color cangiante. Ha sopra di esso varie maschere e lingue. Va zopicando, e tie
ra di esso varie maschere e lingue. Va zopicando, e tienè un fascetto di paglia accèsa. L’essere artifiziosamente vestita
artifiziosamente vestita dimostra, ch’Ella colla sua arte s’industria di persuadere ciò, che non è, o di dissuadere ciò, c
a, ch’Ella colla sua arte s’industria di persuadere ciò, che non è, o di dissuadere ciò, ch’è. Il colore cangiante, le mas
e a dire che in breve viene riconosciuta per quella ch’è. Il fascetto di paglia accesa significa, che come quel fuoco pres
e presto altresì svanisce. Gola. La Gola è smoderato desiderio di ciò, che spetta al gusto. Si figura col collo lun
o di ciò, che spetta al gusto. Si figura col collo lungo, e con veste di colore simile alla ruggine. La lunghezza del coll
ene Ercinio. Costui era tanto goloso, che desiderava d’avere il collo di gru, per godere più a lungo del cibo, mentre ques
ungo del cibo, mentre questo gli discendeva nel ventre. Il colore poi di ruggine indica, che coloro, i quali si lasciano d
nze. Viltà. La Viltà è vizio, per cui l’ uomo, riputandosí meno di quello ch’è, non intraprende ciò, che potrebbe o
E’ malamente vestita, perchè nel Vile non risvegliasi mai il pensiero di migliorare la sua condizione. Giace in luogo sozz
, per non sofferico la difficeltà, che incontterebbe nel procurarsene di migliori. Le sta a lato il Coniglio, ch’è pure di
be nel procurarsene di migliori. Le sta a lato il Coniglio, ch’è pure di sua natura vilissimo. Adulazione. L’Adulazi
arie maniere. Altri la dipingono in abito vago e artifizioso, in atto di suonare il flauto, e con un Cervo a’ di lei piedi
o vago e artifizioso, in atto di suonare il flauto, e con un Cervo a’ di lei piedi. V’è chi la dimostra coperta con veste
e con un Cervo a’ di lei piedi. V’è chi la dimostra coperta con veste di colore cangiante, con un mantice nella destra per
il fuoco, con una corda nella sinistra, e con un Camaleorite appresso di se. Altri ce la danno a divedere con due faccie,
te appresso di se. Altri ce la danno a divedere con due faccie, l’una di bella giovine, e l’altra di macilente vecchia. Se
la danno a divedere con due faccie, l’una di bella giovine, e l’altra di macilente vecchia. Secondo questi ultimi escono d
ra di macilente vecchia. Secondo questi ultimi escono delle Api dalle di lei mani, e le sta a canto un Cané. E’ vestita ne
uto, facilmente si lascia prendere dal cacciatore. E’ questa l’indole di chi ama d’essere adulato, di lasciarsi cioè trasp
ndere dal cacciatore. E’ questa l’indole di chi ama d’essere adulato, di lasciarsi cioè trasportare ove meglio piace all’
asciarsi cioè trasportare ove meglio piace all’ Adulatore. La veste è di color cangiante, perchè è proprio di chi coltiva
piace all’ Adulatore. La veste è di color cangiante, perchè è proprio di chi coltiva questo vizio, il cangiare volto parol
io, il cangiare volto parole e azioni, secondochè lo ricerca il genlo di coloro, co’ quali conversa. Il mantice è stroment
simulati. Il Cane accarezza chi lo cioa, nè ha riguardo a distinzione di meriti : anzi talvolta morde chi nol merita, e qu
merita, e quello stesso che lo cibava, se avviene, ch’egli tralascii di farlo Anche gli Adulatori si mostrano geniali, e
parlare. Sta questa colla bocca aperta, perchè ella sempre parla. La di lei veste è dipinta di Cicale, e di varie lingue.
lla bocca aperta, perchè ella sempre parla. La di lei veste è dipinta di Cicale, e di varie lingue. Le Cicale, quando comi
rta, perchè ella sempre parla. La di lei veste è dipinta di Cicale, e di varie lingue. Le Cicale, quando cominciano a fars
n cima del capo ha una Rondine, la quale, come la Cicala, sta in atto di cantare. Finalmente tiene in mano una Cornacchia.
mente tiene in mano una Cornacchia. Questo uccello perdette la grazia di Pallade, perchè egli le eta riuscito troppo impor
ll’avere ricevuto qualche ingluria, e accompagnata da forte desiderio di vendicarsi. Ella è giovine, perchè questa è l’età
n questo si fa strada alla vendetta. La face accesa mostra il favore, di cui arde continuamente chi si abbandona in preda
mostra il favore, di cui arde continuamente chi si abbandona in preda di questo Vizio. Invidia. L’Invidia è interna
e dì cui ne godono invece gli altri. Questo Vizio si dipinge pallido di volto, macilente di corpo, bieco negli occhi, con
invece gli altri. Questo Vizio si dipinge pallido di volto, macilente di corpo, bieco negli occhi, con denti lividi e rugg
bieco negli occhi, con denti lividi e rugginosi, e con lingua infetta di veleno e dì schiuma. Esso non mai ride se non del
mai ride se non del male, nè piange che del bene altrui. L’Invidia è di faccia pallida, perchè Ella, ossservando il bene,
rcia il petto : lo che esprime il sommo dolore, indivisibile compagno di questo Vizio. Ha ad un lato un legno e una veste.
altrui. Essa sta sedendo, perchè l’ozio è la cagione principalissima di questo Vizio. Tiene la bocca aperta, per signific
cca aperta, per significare la prontezza del Detrattore nel dire male di tutti. Ha sul capo un velo nero, perchè è proprio
oni. La sua veste è logora, tinta del colore della ruggine, e aspersa di lingue simili a quelle del serpente. Quella veste
tendere, che questo Vizio suole trovarsi principalmente nelle persone di bassa condizione, e ch’ esso logora, come la rugg
opo, perchè come questo rode il cibo altrui, così il Detrattore cerca di togliere quel che di buono v’è negli altri. Ac
to rode il cibo altrui, così il Detrattore cerca di togliere quel che di buono v’è negli altri. Accidia. L’Accidia è
ono v’è negli altri. Accidia. L’Accidia è il tedio e dispiacere di dover operare il bene. Vedesi mal vestita, posta
essa a sedere, colla guancia appoggiata sulla sinistra, e col gomito di questa sul ginocchio. Tiene il capo chino, e cint
tra il pesce, detto Torpedine. E’ malamente vestita, perchè è cagione di povertà. Lo starsene sedendo dimostra la vita ozi
a tale torpore, che lo rende insensato. Il pesce poi testè nominato è di natura tale, che toccato diviene stupido ; e tal’
intendere che l’Ozioso conduce vita abbietta. E’ vestito d’una pelle di Porco, ch’ è animale di somma viltà e dappocaggin
conduce vita abbietta. E’ vestito d’una pelle di Porco, ch’ è animale di somma viltà e dappocaggine. Ha appresso di se un
le di Porco, ch’ è animale di somma viltà e dappocaggine. Ha appresso di se un vomere irrugginito ; perchè se il vomere no
de e dorme, perchè essa cagiona stupidezza in chi la ama. Ha appresso di se gran quantità di spine, per esprimere, che al
ssa cagiona stupidezza in chi la ama. Ha appresso di se gran quantità di spine, per esprimere, che al Pigro ogni cosa ries
vori fattigli sieno a lui dovuti. Ha in mano l’edera, ed è circondata di nube. Quella innaridisce l’albero stesso, che le
d è circondata di nube. Quella innaridisce l’albero stesso, che le fu di sostegno per innalzarsi ; questa, che viene prodo
diffidenza. La diffidenza è perturbazione d’animo, per cui fuori di misura si teme d’altrui. Sta colla faccia rivolta
Sta colla faccia rivolta verso la terra, e colle mani sospese in àtto di temere. Ciò indica il profondo pensiero, in cui s
s’immergono coloro, che sono sopraffatti da questo Vizio. Ha appresso di se una Volpe, animale, che qualorà gira per qualc
che qualorà gira per qualche paludoso luogo, in tempo principalmente di gelo, non si fida mai, che il terreno sia sodo e
innanzi, ed ora indietro. La veste, con cui cuopresi l’ Incostanza, è di colore turchino, che rassomiglia alle onde del ma
ella perdita e del guadagno tra due o più persone. Si figura coronato di foglie di zucca, e vestito di colore verde, per s
ta e del guadagno tra due o più persone. Si figura coronato di foglie di zucca, e vestito di colore verde, per simboleggia
a due o più persone. Si figura coronato di foglie di zucca, e vestito di colore verde, per simboleggiare le speranze, cont
tito di colore verde, per simboleggiare le speranze, continuo pascolo di chi giuoca. In capo ha una mezza luna e un oriuol
o indica il mal uso, che si fa da’ Giuocatori, del tempo. Il Giuoco è di faccia torbida e agitata, perchè tali appariscono
co è di faccia torbida e agitata, perchè tali appariscono gli amatori di questo Vizio. Porta con se varie reti, le quali i
ulla sorte. Viene finalmente da quella agirato sopra una ruota, sotto di cui v’è un precipizio. Questo esprime il grave pe
ziosamente coltiva il giuoco. Felicità. La Felicità è godimento di que’ beni, che onestamente allettano lo spirito.
dinanzi la Curia Ostilia ; ma la morte ne lo impedì. Il disegno però di lui fu verificato da Lepido il Triumviro. Raccont
o da Lepido il Triumviro. Raccontasi finalmente, che sotto l’ Imperio di Claudio vi fu un tempio della Felicità, che rimas
oppuré due Cornucopj, che s’incrociano, e una spiga dritta nel mezzo di quelli. Il cornucopio e la spiga sono indizj dell
chezza è ampia possessione de’ beni, appartenenti all’uso e al comodo di questa vita. Rappresentasi di consolante aspetto,
beni, appartenenti all’uso e al comodo di questa vita. Rappresentasi di consolante aspetto, e in abito magnifico. Le sta
ò, abbondante d’oro e d’argento, sopra cui evvi una Nottola. Appresso di se ha una colonna. Il comico Aristofane vorrebbe,
ezza fosse dipinta cogli occhi chiusi. Dà piacere l’essere possessore di molti beni, e si ama di farli conossere anche agl
occhi chiusi. Dà piacere l’essere possessore di molti beni, e si ama di farli conossere anche agli altri : quindi il cons
no essere custoditi con attenzione in ogni tempo. La colonna, indizio di forza e di grandezza, fa conoscere, che il ricco
ustoditi con attenzione in ogni tempo. La colonna, indizio di forza e di grandezza, fa conoscere, che il ricco può essere
, fa conoscere, che il ricco può essere potente, e acquistarsi gloria di grande. Vorrebbe poi l’ accennato Poeta, che la R
i meritevoli. Abbondanza. Abbondanza è l’affluenza d’ogni sorta di beti. Questa Dea chiamavasi da’ Greci Eutenia. Un
sorta di beti. Questa Dea chiamavasi da’ Greci Eutenia. Una ghirlanda di varj fiori le cinge la fronte. I fiori sono segno
te. I fiori sono segno d’allegrezza, conseguenza dell’ abbondanza. La di lei veste è di colore verde, e ricamata d’oro. La
o segno d’allegrezza, conseguenza dell’ abbondanza. La di lei veste è di colore verde, e ricamata d’oro. La veste verde al
ro. La veste verde allude al verdeggiare delle campagne, ch’è indizio di fertile raccolta ; e il ricamo ad oro simboleggia
dell’ Abbondanza. Colla destra volge verso terra il Cornucopio, pieno di frutta e fiori ; e colla sinistra stringe un fasc
copio, pieno di frutta e fiori ; e colla sinistra stringe un fascetto di spighe di più sorta di grani, la maggior parte de
no di frutta e fiori ; e colla sinistra stringe un fascetto di spighe di più sorta di grani, la maggior parte de’ quali ca
e fiori ; e colla sinistra stringe un fascetto di spighe di più sorta di grani, la maggior parte de’ quali cadono sulla te
e’ quali cadono sulla terra. Nobiltà. La Nobiltà è l’eccellenza di virtù, o di nascità, o d’altra pregevole qualità.
ono sulla terra. Nobiltà. La Nobiltà è l’eccellenza di virtù, o di nascità, o d’altra pregevole qualità. Essa appres
e nel Nobile si ricercano. Tiene un’asta nella destra, e un simulacro di Minerva nella sinistra. Quella e questo fanno int
ampagna. I Romani parimenti le eressero molti tempj, e un gran numero di statue. Le consecrarono altresì molte piazze, cin
ro di statue. Le consecrarono altresì molte piazze, cinte all’incorno di portici. Tiberio Gracco alzò a questa Dea sul mon
Gracco alzò a questa Dea sul monte Aventino un bellissimo tempio, le di cui colonne erano di bronzo, e in cui v’aveano va
Dea sul monte Aventino un bellissimo tempio, le di cui colonne erano di bronzo, e in cui v’aveano varie bellissime statue
fosse inalzato a questa Divinità nel luogo, ove fu atterrata la casa di Cicerone. Morto Nerone, il quale avea tenuto il P
tò in monete e con statue la Libertà, che credetto rinascere appresso di se. Questa Deità tiene in una mano un pileo, perc
L’Allgrezza è contentezza d’animo, nata dalla vista, o dal possesso di qualche bene. Si dimostra d’aspetto grazioso e be
Si dimostra d’aspetto grazioso e bello. Ha il capo e la veste, sparsi di fiori, perchè di questi solevano gli Antichi coro
etto grazioso e bello. Ha il capo e la veste, sparsi di fiori, perchè di questi solevano gli Antichi coronare se stessi, g
nel tempo delle loro pubbliche Feste. Stringe colla destra una tazza di vino, perchè questo ha la virtù di rallegrare il
te. Stringe colla destra una tazza di vino, perchè questo ha la virtù di rallegrare il cuore. Alcuni le pongono in mano al
uore. Alcuni le pongono in mano alquante saette, parte d’oro, e parte di piombo. L’oro è simbolo d’allegrèzza, e il piombo
e d’oro, e parte di piombo. L’oro è simbolo d’allegrèzza, e il piombo di tristezza : sicchè quelle saette di diversa mater
simbolo d’allegrèzza, e il piombo di tristezza : sicchè quelle saette di diversa materia significano, che le allegrezze di
icchè quelle saette di diversa materia significano, che le allegrezze di quaggiù non sono mai sì compite, che non vengano
e non vengano turbate da qualche amarezza. Altri la dipingono in atto di porgere un ramo di mirto. Anche questo era segno
te da qualche amarezza. Altri la dipingono in atto di porgere un ramo di mirto. Anche questo era segno d’allegrezza ; e qu
nviti degli Antichi ciascuno faceva girare intorno alla mensa un ramo di quella pianta, e così invitava il suo vicino a ca
itava il suo vicino a cantare. Fortuna. La Fortuna è un’ unione di circostanze e avvenimenti prosperi o infausti, pe
e vere cagioni. Questa Divinità riconoscevasi da’ Greci sotto il nome di Tiche. Timoleonte, Generale de’ Corintj, alzò un
te, Generale de’ Corintj, alzò un tempio alla Fortuna sotto il titolo di Automatia, ossia Dea della sorte, perchè credette
sotto il titolo di Automatia, ossia Dea della sorte, perchè credette di dover a lei granpartè della sua gloria(a). Servio
Fortuna per onorare Veturia, la quale colle sue lagrime fece, che il di lei figlio, Coriolano, desistesse dall’assedio de
o alle Fortune Gemelle, cioè alla buona e alla cattiva. Ivi le statue di queste Divinità al dire di Macrobio si muovevano
è alla buona e alla cattiva. Ivi le statue di queste Divinità al dire di Macrobio si muovevano da se sole, e i loro divers
na, cui Servio Tullo fabbricò un tempio sulla sponda del Tevere fuori di Roma. Que’ Romani, che non esercitavano alcuna pr
un doppio Cornucopio, che la qualifica come la sovrana dispensatrice di tutti i beni. Nella destra ha un timone, il quale
ile globo. Pausania finalmente dice, ch’ella mostravasi anche in atto di portare Pluto fanciullo, per far intendere, che d
na face. E’ giovanetto, perchè in questa età spezialmente per difetto di cognizione e di esperienza si dubita d’ogni cosa.
anetto, perchè in questa età spezialmente per difetto di cognizione e di esperienza si dubita d’ogni cosa. Il trovarsi tra
incorrere in qualche male, unita alla del pari conosciuta probabilità di non poterlo fuggire. I Poeti ci descrivono questo
i non poterlo fuggire. I Poeti ci descrivono questo Nume, come figliò di Marte e di Venere. Altri dissero, ch’ egli nacque
lo fuggire. I Poeti ci descrivono questo Nume, come figliò di Marte e di Venere. Altri dissero, ch’ egli nacque dalla Mort
sso il tribunale degli Efori, perchè giudicavano, che niente vi fosse di più necessario in un Governo, quanto lo inspirare
ono al partito de’ nemici. Il timore ben tosto s’impadronì dell’animo di un soldato, e tutto si ridusse in disordine. Tull
. Tullo stesso trionfò de’ suoi nemici, e introdusse in Roma il culto di questa Divinità. Il Timore si rappresenta pallido
e si rappresenta pallido e co’ piedi alati. La pallidezza è l’offetto di questo male ; i piedi colle ali significano la fu
ui bene spesso si danno i timidi. Gli sta appresso una Lepre, animale di suà natura timidissimo. Indice I Numeri Ro
II. 34. 52. 81. Antipeno II. 292. Anto II. 82. Antro Delfico I. 250. di Trofouio I. 280. Antrone Coracio I. 323. Antropof
. Caneforie I. 321. 336. Canente I. 288. Cani del Cocito I. 223. Cani di Giove I. 223. Canifore I. 169. Canobo II. 207. Ca
I. 430. Cereali I. 66. Cerere I. 58. Cerice I. 68. Cero I. 22. Cerva di Menalo II. 49. Ceste mistiche I. 168. Cesto I. 76
no II. 125. Chelidonte I. 180. Chelone I. 176. Chimera I. 224. Chioma di Berenice II. 221. Chione I. 311. 328. 436. II. 83
I. 219. Cimone II. 307. Cindiade I. 315. Cinerario I. 127. Cinghiale di Calidone I. 400. Cinghiale di Cremonia II. 93. Ci
ade I. 315. Cinerario I. 127. Cinghiale di Calidone I. 400. Cinghiale di Cremonia II. 93. Cinghiale d’Erimanto II. 50. Cin
I. 207. Consiglio II. 296. Conso I. 121. Contra-Amore I. 360. Convito di Giove I. 129. Coone II. 176. Copreo II. 48. Coral
. Coritallia I. 319. Corito II. 114. 148. 152. Cornucopio I. 69. Coro di Fiscoa I. 174. Corona d’Arianna II. 110. Corone I
II. 229. 285. Domiduca I. 181. Domiduco I. 200. Domizio I. 200. Donne di Lenno I. 351. 363. Dorila II. 115. Draconigeni II
tiei I. 26. Estipici I. 39. Estipicio I. 39. Età d’argento I. 83. Età di bronzo I. 83. Età di ferro I. 83. Età d’oro I. 18
I. 39. Estipicio I. 39. Età d’argento I. 83. Età di bronzo I. 83. Età di ferro I. 83. Età d’oro I. 18. Età di rame I. 83.
I. 83. Età di bronzo I. 83. Età di ferro I. 83. Età d’oro I. 18. Età di rame I. 83. Etalide I. 436. Eteobutadi I. 390. Et
I. 219. 220. Fareo II. 101. Fascelide II. 202. Fasci I. 332. Fatalità di Troja II. 210. Fatiche d’ Ercole II. 47. Fato I.
i II. 339. Fulguratori I. 39. Fulmine I. 125. Fune ali I. 330. Fuochi di Castore e Polluce II. 265. Fuoco sacro I. 31. Fur
I. 122. Giuochi Consuali I. 121. 367. Giuochi Demetrj I. 65. Giuochi di Castoré e Polluce II. 261. Giuochi Florali I. 42.
I. 24. Idomeneo II. 134. 139. 175. 183. Idotea I. 376. II. 205. Idra di Lerna I. 226. II. 45. Idriafote I. 396. Idrofori
omee I. 96. Itometo I. 95. Itonia I. 393. Itonio I. 393. L LAbirinto di Creta II. 95. 108. Labradeo Il. 87. Lachesi I. 22
. 268. Lampro I. 45. 278. Lampterie I. 148. Lamptero I. 149. Lampusia di Colofone I. 252. 280. Lanuvia I. 191. Laocoonte I
. 27. Opigena I. 183. Oppia I. 48. Ora I. 133. Oracolo I. 35. Oracolo di Delfo I. 250. Oracolo di Dodona I. 92. 119. Orcam
ia I. 48. Ora I. 133. Oracolo I. 35. Oracolo di Delfo I. 250. Oracolo di Dodona I. 92. 119. Orcamo I. 266. 267. Orcio I. 9
Petreo II. 115. Pianepsia II. 96. Pico I. 288. Pidite II. 229. Piede di Cadmo II. 7. Pielo II. 144. Pieridi I. 294. Pieri
olo I. 229. Reggia I. 412. Regifugio II. 339. Regina I. 184. Registro di Libitina I. 320. Remutie I. 229. Resibio I. 118.
mo II. 188. Spettri I. 228. Spiniese I. 90. Spinojo II. 34. Spiraglio di Tifone I. 114. Spodio I. 262. Spoglie opime I. 12
I. 386. Tempio I. 39. Tempio della Chersoneso Taurica I. 324. Tempio di Delfo I. 249. Tempio d’Efeso I. 323. Tempio del m
ee I. 188. Toone I. 111. 113. II. 229. Toosa I. 17. Toro II. 10. Toro di Maratona II. 51. 81. 93. Torone I. 376. Tosone d’
I. 71. Troe II. 212. Trofonio I. 250. 279. Troilo II. 120. 127. Trono di Giove I. 90. Tronosi I. 137. Tropea I. 191. Tubi
tuno I. 356. Tuzia I. 49. U UCalegonte II. 164. Uccelli della palude di Stinfalo II. 50. Udeo II. 6. Ufente II. 171. Ulci
uoli per cercare Europa ; ed essendosi fermata nella Tracia, îvi finì di vivere(a). (b). Nat. Com. Mythol. l. 2. (c).
(2). Insleme con Cadmo v’andò pure in corosi d’ Europa Taso, figlio di Nettuno, il quale poi si fermò a fabbricare una c
quale poi si fermò a fabbricare una città nell’ Isola, detta dal’nome di lui Taso, sulla costa della Tracia(b). Conone per
un toro bellissimo, che là pascolava. Giove aveva preso le sembianze di quell’animale. Ella salì sopra d’esso ; e il toro
osto al mare(e), la trasportò in quella porte del mondo, che dal nome di loi fu chiamata Europa(f), e quì la rendette madr
o, che dal nome di loi fu chiamata Europa(f), e quì la rendette madre di Minos, e di Radamanto(g). Altri pretendono, che l
ome di loi fu chiamata Europa(f), e quì la rendette madre di Minos, e di Radamanto(g). Altri pretendono, che l’anzidetta p
l’anzidetta parte del mondo siasi così denominata da Europa ; figlio di Egialo, secondo re di Sicione(h). Alcuni aggiungo
mondo siasi così denominata da Europa ; figlio di Egialo, secondo re di Sicione(h). Alcuni aggiungono, che Giove nascose
tesso nome(a). Euripide dice, che quel Nome, spogliatosi della figura di Toro, realizzo la stessa immagine, e ne fece ua A
ro, il quale forma uno de’dodici Segni del Zodiaco(b). L’opinione poi di altri è, che tale Costellazione sia la giovenca,
). L’opinione poi di altri è, che tale Costellazione sia la giovenca, di cui lo ne prese le sembianze, quando Giove volle
cui lo ne prese le sembianze, quando Giove volle celasla alla gelosia di sua moglie, Giunone(c). Si credette, che Europa f
che Europa fosse stata trasferira tragli Dei ; i Fenicj la onorarono di tempj, altari, e sacerdoti(d). Ella inoltre ebbe
ia. Si portavano allora solennemente le sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la di cui circonferenza era di dieci cubit
ano allora solennemente le sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la di cui circonferenza era di dieci cubiti. Il nome di
e sossa d’Europa, ei una corona di mirto, la di cui circonferenza era di dieci cubiti. Il nome di quelle Festa derivò dal
corona di mirto, la di cui circonferenza era di dieci cubiti. Il nome di quelle Festa derivò dal verbo greco eleste, esser
due sacre ; ma Tiresia nul sapenca. Per disunirle diede loro un colpo di basione, o in pena di tale delitto venne cangiato
nul sapenca. Per disunirle diede loro un colpo di basione, o in pena di tale delitto venne cangiato in donna. Dopo sette
o in donna. Dopo sette anni trovò nello stesso modo que’due Serpeati, di nuovo li percosse, e ripigliò la figura virile Av
o e dell’ altro sesso, fu ricercato per giudice. Egli decise a favore di Giove. Giunone in quello stesso istante lo privò
della Iuce degli occhic per quesso egli si vede appoggiato agli omeri di un giovine, che gli serve di guida. Non potè Ciov
uesso egli si vede appoggiato agli omeri di un giovine, che gli serve di guida. Non potè Ciove per legge di Fato restituir
omeri di un giovine, che gli serve di guida. Non potè Ciove per legge di Fato restituirgli la vista, ma in compenso gli co
Fato restituirgli la vista, ma in compenso gli conferì la prerogativa di presagire il futuro, e gli concesse una vita sett
re ella stava bagnandosi nella fonte d’Ippocrene insieme con Cariclo, di lui madre. Cariclo, continua lo stesso Scrittore,
ttore, desolata per l’anzidetto castigo, dato al figlio, pregò la Dea di restituirgli la vista. Minerva, non potendo in ci
occhi, e lo rendette peritissimo nell’ Ornitomanzia, ossia nell’arte di trarre augurj dal canto e dal volo degli uccelli(
dal canto e dal volo degli uccelli(b). Questa supposta cognizione fu di pochi prima di lui, e poi di moltissimi : anzi co
l volo degli uccelli(b). Questa supposta cognizione fu di pochi prima di lui, e poi di moltissimi : anzi corre fama, che u
ccelli(b). Questa supposta cognizione fu di pochi prima di lui, e poi di moltissimi : anzi corre fama, che un certo Democr
anzi corre fama, che un certo Democrito avesse notato perfino il nome di alcuni volatili, il sangue de’ quali, mescolato i
, che vi fosse in Arcadia una fontana, detta Telfussa, o Tilfossa, la di cui acqua era sì fredda, che Tiresia per averne b
to mori(b). Egli anche dopo morte ottenne da Proserpina il privilegio di conoscere il più rimoto avvenire. Quindi Circe ap
l più rimoto avvenire. Quindi Circe appresso Omero commette ad Ulisse di discendere nell’Inferno per consultare questo Inc
ncovino(c). Tiresia ebbe per più secoll un famoso Oracolo nella città di Orcomena, e vi fu tenuto come un Nume. La peste d
fine quella città, e l’Oracolo tosto ammutolì(d). Finalmente in onore di Tiresia si celebrarono in Tebe, nella Brozia, cer
nella Brozia, certe Feste, dette Efestrie, nelle quali si cuoptiva la di lui statua con veste muliebre ; e dopo essere sta
si vestiva con abito virile. Si voleva con ciò indicare il cangiamemo di sesso, che la favola attribuiva a quell’Indovino(
Dan. Crisp. Helves. Nos. ad. Ouid. Metam. l. 3. (5). Le figlivole di Cadmo furono chiamate Dee Madri. Altri sotto ques
nome riconoscono certe Divinitù, presidi alla campagna e alle frutta di essa, poichè si veggono con fiori e frutta in man
no, e calvolta col cornucopio. V’è chi per Dee Madri intende le balie di Giove, le quali presero cura di lui, senzachè Sat
’è chi per Dee Madri intende le balie di Giove, le quali presero cura di lui, senzachè Saturno se ne accorgesse. Il loro c
racciò, come abbiamo riferito, il suo figliuolo, Penteo. Autonoe morì di dolore al vedere Atteone, suo figlio, cangiato in
eguì onori divini. Ella ebbe feste in Creta, dette Inachie, forse dal di lei nome, e da achos, dolore, perchè venivano cel
tagno, sacro ad Ino. In esso durante i sacrifizj si gettavano focacce di fior di farina. Se quelle si sommergevano, ciò er
acro ad Ino. In esso durante i sacrifizj si gettavano focacce di fior di farina. Se quelle si sommergevano, ciò era di buo
ttavano focacce di fior di farina. Se quelle si sommergevano, ciò era di buon augurio ; se galeggiavano, di cattivo(d). In
Se quelle si sommergevano, ciò era di buon augurio ; se galeggiavano, di cattivo(d). Ino fu poi in Roma onorata sotto il n
galeggiavano, di cattivo(d). Ino fu poi in Roma onorata sotto il nome di Matuta. Servio Tullo fu il primo ad ergerle un te
pio, che Camillo rifabbricò dopo d’avervinti i Vejenti(e). L’ingresso di quello era interdetto alle schiave ; e se alcuna
isio, fu quegli, che s’introdusse nella torre, e rendette Danae madre di Perseo. Da ciò ebbe origine, dice il sopraccitato
(3). V’è chi dice, che le onde portarono da prima Danae e il figlio di lei al lido di Daunia ; che ivi furono raccolti d
dice, che le onde portarono da prima Danae e il figlio di lei al lido di Daunia ; che ivi furono raccolti da un pescatore,
bbia ricevuto la mentovata arma da Vulcano, e ch’essa avesse la forma di falee. (a). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (a
Jacob. Hofman. Lex. Univ. (a). Ovid. Met. l. 4. (6). Dal sangue di Medusa oltre il cavallo Pegaso nacque anche Crisa
da Medusa e da Nettuno ; e soggiunge, ch’egli sposò Calliroe, figlia di Oceano e di Teti (d). (b). Id. Ibid. (7). Da
da Nettuno ; e soggiunge, ch’egli sposò Calliroe, figlia di Oceano e di Teti (d). (b). Id. Ibid. (7). Da di là trasse
Calliroe, figlia di Oceano e di Teti (d). (b). Id. Ibid. (7). Da di là trassero origine al dire de’ Poeti i Coralli.
de’ Poeti i Coralli. Essi sott’acqua sono molli e flessibili, e fuori di essa acquistano la qualità di dure pietre(e). (a
’acqua sono molli e flessibili, e fuori di essa acquistano la qualità di dure pietre(e). (a). Ovid. Metam. l. 4. & 5
d’ Ercole, come vedremo (i). (10). Mestore ebbe in moglie una figlia di Pelope, detta Lisidice, che partorì Ippotoe, la q
le Eschinadi, partorì Tafio(l). (11). Alceo fu padre d’ Anfitrione e di Anasso, e avo d’Ercole, il quale da lui venne sop
rione regnò in Micene, sposò Anasso, sua nipote, e n’ebbe una figlia, di nome Alcmena. Costretto a guerreggiare contro i T
o nipote. Ritornossene vittorioso alla patria, e vi condusse quantità di mandre, tolte a’ nemici. Anfitrione gli andò inco
, e lo distese a terra morto (b). (13). Gorgofone fu la prima moglie di Periere, ela prima di tutte le donne, che sia pas
morto (b). (13). Gorgofone fu la prima moglie di Periere, ela prima di tutte le donne, che sia passata alle seconde nozz
. Odyss. l. II. (b). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (1). La madre di Giasone secondo Apollodoro fu una figlia di Autol
ex. Univ. (1). La madre di Giasone secondo Apollodoro fu una figlia di Autolico, chianata Polimede(a), o Polifema, come
ico, chianata Polimede(a), o Polifema, come vuole Erodoto(b). Diodoro di Sicilia la chiama Anfinome(c). Androne la dice Te
Declaustre Diction. Mythol. (4). Atamante era figlio d’Eolo, e re di Tebe, nella Beozia. Egli si unì in matrimonio con
Beozia. Egli si unì in matrimonio con Nefele, da cui ebbe un maschio, di nome Frisso, e una femmina, detta Elle(h). Questi
Atamantidi(i). Non molto dopo Atamante ripudiò Nefele, perchè questa di quando in quando davasegni dì pazzia ; e prese in
quando in quando davasegni dì pazzia ; e prese in moglie Ino, figlia di Cadmo, che gli partorì Melicerta e Learco. Questi
sendo rimasto invasato dalle Furie, lo credette un leone(l). A’ figli di Nefale spettavano la corona e le ricchezze d’ Ata
llo Delfico per averne un oracolo favorevole a suoi disegni. La città di Tebe venne non molto dope afflitta dalla fame ; e
pose, che per far cessare quel male conveniva sacrificare i figliuoli di Nefele. Nel momento, in cui erasi per eseguire il
cangitasi in nube, ne li avvertì. Eglino fuggirono, ascesi sul dorso di un montone, ricevuto in dono da Minerva, e nato d
di un montone, ricevuto in dono da Minerva, e nato da Teofane, figlia di Bisalto, per avvicinarsi alla quale Nettuno aveal
sformato in ariete(a). Quel montone avea la pelle d’oro, e la facoltà di parlare, e di alzarsi a volo. Che tale però fosse
iete(a). Quel montone avea la pelle d’oro, e la facoltà di parlare, e di alzarsi a volo. Che tale però fosse la pelle di q
facoltà di parlare, e di alzarsi a volo. Che tale però fosse la pelle di quell’ animale, non outti fragli Antichi lo accor
porporina. Medesimamente sulla facoltà, che avesse il detto montone, di parlate, non tutti lo dicono i Mitologi : anzi es
rente, che regnava in Colco(b). Altri dicono, che mentre Ino meditava di dare la morte a que’ doe giovinetti, si mandò il
a perfida trama d’Ino, lo consigliò a fuggirsene con Elle, e si esibì di trasportarli altrove sul proprio dorso. Cosi si f
si fece ; ma Elle, quando si vide andar volando opra il vasto tratio di mare, che divide l’Europa dall’ Asia, presa dallo
ia, presa dallo spavento, cadde nelle onde per cui quel mare dal nome di lei poscia fu detto Ellesponto(a), Frisso giunse
tto Ellesponto(a), Frisso giunse felicemente in Colco ; in rendimento di grazie vi sacrificò il montone a Marte(b), o come
di grazie vi sacrificò il montone a Marte(b), o come vuole Apollonio di Rodi, a Giove Fixio, ossia che favorisce a chi fu
altri, e da Igino in più luoghi Cilindro. Epimenide a’ predetti figli di Frisso ve ne aggiunse un quinto, chiamato Presbon
ati, Fronti, Soro, ed Elle(f). Gli Orcomenj poi in memoria della fuga di Frisso diedero a Giove il soprannome di Lafistio
enj poi in memoria della fuga di Frisso diedero a Giove il soprannome di Lafistio da lafistin, fuggire ; e da quel tempo l
dato come il Dio tutelare de’ fuggitivi(g). Alcuni però sotto il nome di Lafistio riconoscono Bacco, perchè questi aveva u
h). Ritornando al montone, sacrificato da Frisso, dicesi che la pelle di quello si chiamò Tosone, o Vello d’oro, e che ven
erminò i suoi giorni, perchè Eeta lo fece morire per impadronirsi de’ di lui tesori(b). Erafostene soggiunge, che gli Dei
lo collocarono tragli Astri(c). Notisi per ultimo, che il sacrifizie di Frisso e di Elle secondo altri Scrittori doveasi
ono tragli Astri(c). Notisi per ultimo, che il sacrifizie di Frisso e di Elle secondo altri Scrittori doveasi eseguire per
Costei aveva partorito Spinojo e Orcomene, e andava cercando il mezzo di togliere la vita a Learco e a Melicerta, nati da
manifestò il reo disegno alla stessa Ino, la quale sotto le sembianze di schia va aveasi conciliata la di lei confidenza.
ssa Ino, la quale sotto le sembianze di schia va aveasi conciliata la di lei confidenza. Temisto medesima avea stabilito d
easi conciliata la di lei confidenza. Temisto medesima avea stabilito di troncare i giorni nella vegnente notte a’ predett
o, ed aveva commesso alla loro non conosciuta madre, che licuopris se di nere vesti per distinguerli da’ proprj. La suppos
sti per distinguerli da’ proprj. La suppost schiava fece all’ opposto di quel ch’ erale stato ordinato. Se ne avvide Temis
istante morì(e) (5). I Mitologi non convengono sul rome della madre di Eeta. Epimenide, citato dallo Scoliaste d’ Apollo
e il Dragone, custòde del Vello d’oro, era stato generato dalle gocce di sangue, cadute dalla testa dì Tifone, quando Giov
ffinchè si seminassero da Giasone, mentre Cadnio avea fattò lo stesso di alcuni altri degli stessi(d). (a). Declaustre D
a(a). Lo Scoliaste d’ Apollonie dice, che Pelia avea ordinato ad Argo di adoperare nella costruzione di quella chiodi debo
dice, che Pelia avea ordinato ad Argo di adoperare nella costruzione di quella chiodi deboli, affinchè si perdessero tutt
dessero tutti insiene gli Argonauti. Cotal nave fu la prima a vedersi di figura lunga, mentre i Greci per lo innanzi avean
fu considerata sacra e fatidica perchè la sua prora era stata formata di una quercia presa dal sacro bosco di Dodona(c), o
è la sua prora era stata formata di una quercia presa dal sacro bosco di Dodona(c), o dal monte Tomare(d), nell’ Epiro, ap
o dal monte Tomare(d), nell’ Epiro, appresso il quale eravi il tempio di Giove Dodoneo(e). La detta prora dirigeva il viag
nte Pelio(g). Vuolsi da Eratostene(h) e da Igino(i), che il naviglio, di cui parliamo, sia stato il primo, che solcasse il
cendola prima riguardo all’ essere stata lunga, ossià la più grande e di apparecchio e di mole di quante eransi fino allor
uardo all’ essere stata lunga, ossià la più grande e di apparecchio e di mole di quante eransi fino allora vedute(a).Difat
l’ essere stata lunga, ossià la più grande e di apparecchio e di mole di quante eransi fino allora vedute(a).Difatti che l
e, che, essendo vietato in quel tempo che nessuna nate contenesse più di cinque uominì(b), fu al solo Giasone permesso di
nate contenesse più di cinque uominì(b), fu al solo Giasone permesso di navigare con una, che ne conteneva cinquanta, det
detta perciò anche Pentecontoro, e qualificata da Teocrito per capace di trenta banchi. Nè è quì da tacersi, che la stessa
e da Imane(e). Egli concorse all’ impresa degli Argonauti in qualità di nocchiere. Morì prima d’ arrivare in Colco. Alcun
ndono, ch’ egli, essendosi fermati gli Argonati appresso Lico, figlio di Dascilo, e re de’ Mariandinj nella Propontide, iv
iglio di Dascilo, e re de’ Mariandinj nella Propontide, ivi sia morto di malattia(f). Si dice, che in mogo di lui siasi so
nella Propontide, ivi sia morto di malattia(f). Si dice, che in mogo di lui siasi sostituito Ergino(g). Altri soggiungono
stituito Ergino(g). Altri soggiungono, che vi sottentrò Anceo, figlio di Nettuno, il quale, ritornato da Colco, regnò nell
rfino nell’ Inferno. Era assai utile, perchè faceva schivare i banchi di sabbia, o gli scogli, i quali si trovavano sott’
uali si trovavano sott’ acqua. Irs quella spedizione lo seguì pure il di lui fratello, Ida(a). (12). Lo Scoliaste d’Apoll
fratello, Ida(a). (12). Lo Scoliaste d’Apollonio dice sull’ autorità di Eroloro, che Chirone, indovino com’era, consigliò
sigliò, agli Argonauti, che ammettessero tra loro Orfeo, perchè sonza di lui non avrebbono poluto oltrepassare le Sirene,
esso che l’Autore del Poema sull’ Argonautica, che corresotto il nome di Orfeo, perchè infatti quello Scrittore per tale r
può vedessi dal Fabricio(b), e dal Gesnero(c). (13). Mopso, Tessalo di patria, celebre indovino, nacque dalla Ninfa Clor
cui fu anche detto Ampicide(d).Ritornando da Colco, mori per un morso di serpe. Giasone gli alzò una tomba sulle rive del
li dedicarono un tempio, donde dava Oracoli(e). (14). Idmone al dire di Ferecide, seguito da Apollonio Rodio, era figlio
era figlio d’ Apollo e della Ninfa Cirene. Orfeo poi lo vuole figlio di Abante, e quindi discendente da Eolo(f). Possedev
onquista del Vello d’oro. Essendosi gli Argonauti fermati nella corte di Lico, re di Bitinia, nell’ Asia Minore, Idmone pe
Vello d’oro. Essendosi gli Argonauti fermati nella corte di Lico, re di Bitinia, nell’ Asia Minore, Idmone perì pel morso
a Minore, Idmone perì pel morso d’un cinghiale. Flacco dice, che morì di semplice malattia. Giasone per molti giorni ne ce
per molti giorni ne celebrò con gran pompa i funerali, e diede segni di somma tristezza(a). I Beozj e i Nisei per comando
o Idmone per protettore della loro città, e l’onorarono sotto il nome di Agamestore, per alludere alla sua arte di vaticin
e l’onorarono sotto il nome di Agamestore, per alludere alla sua arte di vaticinare, e alla sua provenienza da Apollo(b).
unì agli Argonauti(c), Essendoglisi rotto il remo, sbarcò sulla costa di Misia per cercarvene un altro, e seco condusse il
Misia per cercarvene un altro, e seco condusse il giovane Ila, figlio di Teodamante, re di quel paese. Ercole, oppresso da
ne un altro, e seco condusse il giovane Ila, figlio di Teodamante, re di quel paese. Ercole, oppresso dal caldo e dalla fa
Erano molto erte quelle ripe, e nel chinarsi cadde al giovane l’urna di mano. Si avanzò per ripigliarla, e il peso del co
me, dove si annegò. Fingono i Poeti, che sia stato rapito dalle Ninfe di quel fiume. Ercole inconsolabile per la perdita d
econdo Orfeo dalla Ninfa Lootoa, perchè era astuto, ebbe l’incombinza di essere la spia della truppa. Aveva un fratello, d
ebbe l’incombinza di essere la spia della truppa. Aveva un fratello, di nome Erito(a). (17). Testore fu figlio d’Idmone
va un fratello, di nome Erito(a). (17). Testore fu figlio d’Idmone e di Laotoe(b). Ebbe un figlio, chiamato Calcante, che
b). Ebbe un figlio, chiamato Calcante, che divenne famoso indovino, e di cui ne parleremo altrove. Gli nacquero inoltre du
uni pirati, e venduta ad Icaro, re della Caria, nell’ Asia Minore. Il di lei padre, che teneramente la amava, ne inseguì t
asciata nel suo paese l’altra figliuola, Leucippe Ansiosa la medesima di avere qualche notizia del padre e della sorella,
ento, e gli manifestò ch’ella era sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, risoluta di privarla di vita, e vi chiamò
ò ch’ella era sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, risoluta di privarla di vita, e vi chiamò anche Testore in su
a sua figlia.Corse poscia alla stanza di Teonoe, risoluta di privarla di vita, e vi chiamò anche Testore in suo ajuto. A t
iconobbero ; ed Icaro, informato dello strano avvenimento, li ricolmò di doni, e li rimandò al loro paese (a). (18). Ific
rentela con Giasone. Tale parentela venne dall’essere Alcimede, madre di Giasone, sorella d’Ificlo, perchè nati amendue da
vi sia intervenuto solo per dare consigli (b).Ificlo ebbe un figlio, di nome Podarce, che da Omero dicesi essere stato un
Podarce, che da Omero dicesi essere stato uno degli Eroi alla guerra di Troja (c). (d). Ovid. Epist. 6. (e). Apollon.
Ovid. Epist. 6. (e). Apollon. l. I. (19). Cizico sposò una figlia di Merope, nativo di Percote, per nome Clite(d). Que
(e). Apollon. l. I. (19). Cizico sposò una figlia di Merope, nativo di Percote, per nome Clite(d). Questo Merope da Omer
d). Questo Merope da Omero viene nominato come re della Pineta, ossia di Lampsaco : e dallo stesso Omero si ha, ch’era pad
o, Eroi della guerra Trojana (e). Clite poi, morto Cizico, cessò pure di vivere. Apollonio dice che s’impiccò (f).Deiloco,
co, citato dallo Scoliaste d’ Apollonio, fa Clite semplicemente morta di dolore. Euforione, citato pure dal predetto Scoli
to Scoliaste, oltre il variare da Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio, e Traci
Apollonio nella patria, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio, e Tracia di patria, varia anche da esso n
ia, e nel padre di Clite, la quale egli fa figlia di Piasio, e Tracia di patria, varia anche da esso nel dire, che nulla s
ip. in Med., Paus. l. 2. (21). Fuvi chi disse, che Eeta, comportando di mal’ animo la gloriosa impresa di Giasone, erasi
vi chi disse, che Eeta, comportando di mal’ animo la gloriosa impresa di Giasone, erasi proposto di trucidarlo in tempo di
portando di mal’ animo la gloriosa impresa di Giasone, erasi proposto di trucidarlo in tempo di notte insieme cogli altri
la gloriosa impresa di Giasone, erasi proposto di trucidarlo in tempo di notte insieme cogli altri di lui compagni, e di a
e, erasi proposto di trucidarlo in tempo di notte insieme cogli altri di lui compagni, e di abbruciarne la loronave ; ma c
i trucidarlo in tempo di notte insieme cogli altri di lui compagni, e di abbruciarne la loronave ; ma che queglino, essend
Vello d’oro, vennero invitati da Eeta a lautissimo convito, coll’idea di farli tutti perire, allorchè si fossero trovati a
 2. Argon. (c). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (22). L’uccisione di Absirto è forse uno de’ punti più controversi nel
’ ha chi affatto la nega ; e a tale opinione può favorire il silenzio di Diodoro Siculo, il quale, mentre minutamente rife
gonautica, niente poi nomina Absirto : silenzio, cui dà forza l’altro di Erodoto, il quale, parlando degli ambasciatori, s
ele, che avrebbono anche dovuto fare, se fosse stata vera l’uccisione di Absirto. Di quelli poi, che tengono per vera l’uc
iso in nave (a). Ovidio pure lo fa ucciso in nave per la mano istessa di Medea ; e lo stesso Poeta soggiunge, che ne furon
Torno da temno, fare in pezzi, per ricordare il predetto sbranamento di membra (b).Etimologia però negata dagli stessi To
to ucciso da Giasone.Finalmente fuvi chi ebbe a dire, che Medea privò di vita il fratello, perchè questi aveva preso ad in
. Bacco, avendo osservato il prodigio, operato da Medea nella persona di Esone, chese a quella Maga il soccorso della sua
però, Diodoro Siculo (i), e Apollodoro (l) dicono, che Esone si privò di vita col bere il sangue di un toto per liberarsi
Apollodoro (l) dicono, che Esone si privò di vita col bere il sangue di un toto per liberarsi dalle persecuzioni di Pella
i vita col bere il sangue di un toto per liberarsi dalle persecuzioni di Pella. (a). Ovid. Metam. l. 7., Paus. l. 2., Hy
tam. l. 7., Paus. l. 2., Hyg. c. 24., Apollod. l. I. (24). Le figlie di Pelia, come si viddero ingannate da quella Maga ;
alcuni, che Medea abbia spedito a Creusa solamente una corona, piena di veleni, di cui essendosene Creusa cinta la fronte
e Medea abbia spedito a Creusa solamente una corona, piena di veleni, di cui essendosene Creusa cinta la fronte, ne seguì
affinchè egli li presentasse a Creusa ; e che per questa ragione que’ di Corinto lo lapidarono (c). (c). Euripid. in Med
. 3. (1). Dicesi che Alcmena sia stata sposata ad Anfitrione, figlio di Alceo, e che Giove per renderla madre d’Ercole le
forse in memoria delle tre notti, le quali senza alcuna interruzione di giorno avvennero, quando ella partorì Ercole (b).
ella partorì Ercole (b). Alcmena dopo morte fu da Mercurio per ordine di Giove sposata con Radamanto (c). (e). Declaustr
a). Ovid. in Dejan. (3). Apollodoro vuole, ch’ Ercole allora fosse di otto mesi (d), e Teocrito di dieci (e). (b). Na
pollodoro vuole, ch’ Ercole allora fosse di otto mesi (d), e Teocrito di dieci (e). (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (c).
thol. l. 7. (c). Id. Ibid. (4). Igino dice, ch’ essendosi tentato di far allattare Ercole da Giunone, senzachè ella se
rata nell’ uccidere il Leone Nemeo, fu imitata da Polidamante, figlio di Nicia, e famoso Atleta della Tessaglia. Avea colu
, situata a’ piedi del monte Olimpo. Là Polidamante inerme uccise uno di que’ più grandi e furiosi animali. Egli un’ altra
. Egli un’ altra volta prese un fortissimo Toro per uno dei due piedi di cietro ; e non ostante gli sforzi, che quello fac
cietro ; e non ostante gli sforzi, che quello faceva per iscappargli di mano, lo tenne sempre fermo con sorprendente robu
sorprendente robustezza, finchè la bestia gli lasciò quella porzione di piede, per cui lo aveva afferrato. Dicesi anche,
a robustissimi cavalli, rapidamente correva. Dario finalmente, figlio di Artaserse, re di Persia, volendo esperimentare la
valli, rapidamente correva. Dario finalmente, figlio di Artaserse, re di Persia, volendo esperimentare la di lui forza, po
nalmente, figlio di Artaserse, re di Persia, volendo esperimentare la di lui forza, pose sopra il di lui capo tre de’ più
e, re di Persia, volendo esperimentare la di lui forza, pose sopra il di lui capo tre de’ più forti della sua Guardia, e P
to in una grotta con alquanti amici per salvarsi dalla tempesta, ardì di sostenerla a forza di braccia da quella parte, ov
lquanti amici per salvarsi dalla tempesta, ardì di sostenerla a forza di braccia da quella parte, ov’ essa precipitava, e
della stessa. Dopo tal fatto gli s’inalzò una statua nel bosco sacro di Giove Olimpico (a). (a). Ovid. Metam. l. 6., Si
. Ser. l. 3. Georg. (b). Apollod. l. 2., Paus. l. 2. (6). Diodoro di Sicilia dice, che Ercole, facendo il giro della S
endo il giro della Sicilia, dedicò un bosco a Iolao, e che ivi pure a di lui onore instituì feste e sacrifizj. Lo stesso S
obbligavano gli amanti a giurarsi scambievolmente fedeltà sulla tomba di Iolao, come sopra un altare, consecrato alla pi³
. Mythol. l. 7. (c). Apollod. l. 2., Diod. Sir. l. 4. (7). Il toro di Maratona fu da Tesco combattuto, trasferito in At
. ; Philostr. l. 2., Ovid. in Ibio. (8). Altri dicono, che la città di Abdera fu fabbricata da una sorella di Diomede, c
8). Altri dicono, che la città di Abdera fu fabbricata da una sorella di Diomede, che le impose il proprio nome(d). (b).
fu sepolto nell’ Elide appresso i Feneati, i quali onorarono pure il di lui sepolcro, come quello di un Eroe(g). (c). P
sso i Feneati, i quali onorarono pure il di lui sepolcro, come quello di un Eroe(g). (c). Paus. l. 2. 5. & 6., Apoll
città d’Atene(h). Non si sa, se egli parli del predetto Cal odone, o di quello, che fu padre di Elefenore, e restò ucciso
i sa, se egli parli del predetto Cal odone, o di quello, che fu padre di Elefenore, e restò ucciso da Anfitrione in una gu
l comandante(i). (a). Declaustre Diction. Mythol. (13). Tra’figli di Neleo si nomina Peticlimeno, il quale aveva conse
climeno, il quale aveva conseguito da Nettuno, suo Avo, il privilegio di trasformarsi a piacere in qualunque figura : ciò
in mosca(a). (b). Catep. Sept. Ling. (14). Nestore, rimasto solo di sua famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno,
(14). Nestore, rimasto solo di sua famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno, e n’ebbe una figlia, di nome Policaste,
sua famiglia, sposo Euridice, figlia di Climeno, e n’ebbe una figlia, di nome Policaste, e sette figliuoli, chiamati Antil
ia sposato Anasibia, figlia d’ Atreo. Gli Antichi niente dicono della di lui morte, e solo si accordano nel riferirci, ch’
utate tre secoli : sicchè i Greci, quando vol vano augurare lunghezza di vita, solevano desiderare gli anni di Nestore(g).
ndo vol vano augurare lunghezza di vita, solevano desiderare gli anni di Nestore(g). (c). Nat. Com. Mythol. l : 7. (d).
(15). Il giovane Zacinto, nato nella Beozia, ajutò Ercole a trionfare di Gerione. Egli mentre conduceva i buoi di quello a
ia, ajutò Ercole a trionfare di Gerione. Egli mentre conduceva i buoi di quello a Tebe, restò morsicato da una serpe, e mo
ceva i buoi di quello a Tebe, restò morsicato da una serpe, e morì. I di lui compagni lo trasportarono in un’Isola del mar
 7. (16). Il Cane Cerbero, tostochè si trovò sulla terra, la asperse di marciosa schiuma, da cui nacquero certe erbe noci
d. (c). Paus. l. 6. (d). Apollod. l. 2. (17). Oritia, figliuola di Eretteo, re di Atene, fu negata in isposa a Borea
. l. 6. (d). Apollod. l. 2. (17). Oritia, figliuola di Eretteo, re di Atene, fu negata in isposa a Borea, re Trace, a m
gata in isposa a Borea, re Trace, a motivo dell’odio, che la famiglia di Pandione aveva contro di Tereo, e de’ Traci. Bore
e Trace, a motivo dell’odio, che la famiglia di Pandione aveva contro di Tereo, e de’ Traci. Borea usò la più convenevole
eo, e de’ Traci. Borea usò la più convenevole urbanità verso il padre di colei, acciocchè gliela accordasse per moglie ; m
ntr’ella stava sollazzandosi alle rive del fiume Ilisso ; e copertala di nube, la sollevò con una spezie di turbine oltre
ive del fiume Ilisso ; e copertala di nube, la sollevò con una spezie di turbine oltre le cime de’monti, e finalmente la t
due figlie, cioè Cleopatra, detta anche Stenobea, che sposò Fineo, re di Bitinia ; e Chione, che Nettuno rendette madre di
che sposò Fineo, re di Bitinia ; e Chione, che Nettuno rendette madre di Eumolpo. Da quel matrimonio nacquero eziandio i d
ue gemelli, Zete e Calai(b). Nè fu Oriti a sola l’oggetto degli amori di Borea. Il Poeta Cleante narra, che questo Vento a
Poeta Cleante narra, che questo Vento amò anche una figlia d’Arcturo, di nome Clori, e la trasportò sul monte Nifato, il q
me Clori, e la trasportò sul monte Nifato, il quale fu detto il monte di Borea, primachè prendesse il nome di monte Caucas
fato, il quale fu detto il monte di Borea, primachè prendesse il nome di monte Caucaso(c). (18). Calai e Zete liberarono
dalle Arpie, le quali ora infettavano, ora rapivano le vivande della di lui mensa. Eglino, armati di frecce, e coll’ajuto
fettavano, ora rapivano le vivande della di lui mensa. Eglino, armati di frecce, e coll’ajuto delle ali, colle quali erano
Isole Plote, dette poi Strofadi, nel mare Ionio. Là Iride per comando di Giove vietò loro d’inseguirle più oltre. I due pr
gli morta la prima moglie, erasi unito in matrimonio con Idea, figlia di Dardano, la quale lo persuase d’arcecare i figli,
persuase d’arcecare i figli, avuti da Cleopatra. Gli Dei, per ponirlo di sì ingiusta barbarie, non solamente fecero che le
indovinare(c). Altri soggiungono, che gli Argonauti trovarono il modo di restituirgli la vista, perchè egli additò loro la
la, si unì anche Polifemo Tessalo, figlio d’Elato e d’Ippea, e marito di Laonome, sorella uterina d’Ercole, e celebre per
). Anteo fu sotterrato in Tingi, città da lui fabbricata allo Stretto di Gibilterrà. Sertoric fece aprire la di lui temba,
da lui fabbricata allo Stretto di Gibilterrà. Sertoric fece aprire la di lui temba, e vi trovò ossa di smisurata grandezza
di Gibilterrà. Sertoric fece aprire la di lui temba, e vi trovò ossa di smisurata grandezza(a). (c). Morery Diction. Hi
g. 8. (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (21). Secondo Servio l’uccisore di Erice non fu Ercole, figlio di Alcmena, ma un alt
l. 7. (21). Secondo Servio l’uccisore di Erice non fu Ercole, figlio di Alcmena, ma un altro straniero, soprannominàto Er
egio, giacchè ne formarono una Divinità, cui veneravano sotto il nome di Adefagia. I Siciliani le eressero un tempio, e ne
iciliani le eressero un tempio, e ne posero la statua appresso quella di Cerere(c). (c). Job. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
. 7. (23). Alcuni dicono, che anche Megara cadde vittima del furore di Ercole(d). Apollodoro però soggiunge ch’ella sopr
furore di Ercole(d). Apollodoro però soggiunge ch’ella sopravvisse al di lui delirio ; ch’ Ercole la ripudiò, credendo di
’ella sopravvisse al di lui delirio ; ch’ Ercole la ripudiò, credendo di averla sposata sotto cattivi auspizj ; e che la c
hè colei avea corrisposto all’amore d’Acheloo, la precipitò dall’alto di una rupe. Ella era per partorire. Il suo amante,
accolse tralle braccia, e impedì che perisse. Nettuno alle preghiere di Acheloo, la cangiò in un’ Isola, conosciuta poi s
preghiere di Acheloo, la cangiò in un’ Isola, conosciuta poi sotto il di lei nom : (f). (a). Declaustre Diction Mythol.
(a). Declaustre Diction Mythol. (25). Eveno, re d’Etolia, figlio di Marte, fu padre di Marpesa. Ida la rapì, e la fec
Diction Mythol. (25). Eveno, re d’Etolia, figlio di Marte, fu padre di Marpesa. Ida la rapì, e la fece madre, come abbia
mo, detto anche altrove, della bella Cleopatra, che poi divenne sposa di Meleagro. Eveno inseguì Ida per riaverla, nè aven
gere, si precipitò nel fiume Licorma, che poi acquistò da lui il nome di Eveno(a). Dicesi, che Apollo avesse rapita ad Ila
Dicesi, che Apollo avesse rapita ad Ila l’anzidetta giovine nel tempo di una festa ; che Ida, armato d’arco, avesse insegu
icevuto ; e che Giove avesse allora deciso, che Marpesa sarebbe stata di quello, ch’ella si sarebbe scelto. La giovine, te
rebbe stata di quello, ch’ella si sarebbe scelto. La giovine, temendo di essere abbandonata da Apollo, quando fosse divenu
o marito(b). Notiamo per ultimo, che Plutarco chiama Sterope la madre di Eveno, Ulcippe la di lui moglie, Marpissa la figl
per ultimo, che Plutarco chiama Sterope la madre di Eveno, Ulcippe la di lui moglie, Marpissa la figlia, e Afarclo il rapi
, Ulcippe la di lui moglie, Marpissa la figlia, e Afarclo il rapitore di questa(c). (26). Nesso, ferito da Ercole, si rid
e, se ne invaghì, nè si ristette dall’insultarla perfino in un tempio di Diana, ov’erasi rifugiata. In pena dell’enorme de
norme delitto il perfido venne gettato da un toro sopra certi paletti di legno, appuntitì, ove spirò in mezzo a’più acerbi
n. Lex. Univ. (d). l. 4. (28). Lamo o Lamone succedette al trono di sua madre, ma poco dopo ne fu scacciato, e si rit
irò in Caria, dove uno de’suoi figli, detto Cuardo, fabbricò la città di Cuarda(a). (e). l. 2. (f). De Incredul. c. 4
, popoli dell’Asia Minore. Questi fecero scolpire un Giove, e in vece di scettro o di fulmine posero tralle di lui mani qu
’Asia Minore. Questi fecero scolpire un Giove, e in vece di scettro o di fulmine posero tralle di lui mani quell’ascia : d
ro scolpire un Giove, e in vece di scettro o di fulmine posero tralle di lui mani quell’ascia : dal che il Nume fu detto L
quegli, ch appiccò il fuoco al rogo, destinato ad abbruciare il corpo di Ercole, e che l’Eroe perciò lo regalò del suo arc
frecce(d) (b). Nat. Com. Mythol. l. 7. (31). Iole dopo la morte di Ercole passò al talamo d’ Illo, figlio dello stes
Sil. Hal. l. 3., Farnab. ad Senec. in Hyppolit. (32). Euristeo, re di Micene, perseguitava i discendenti di Ercole, sop
Hyppolit. (32). Euristeo, re di Micene, perseguitava i discendenti di Ercole, soprannominsti Eraclidi, e aveali costret
morte. Macaria spontaneamente esibì se stessa al sacrifizio(b). Illo, di lei fratello, e duce delle truppe Ateniesi, vinse
i fratello, e duce delle truppe Ateniesi, vinse ben tosto Euristeo, e di propria mano gli recise la testa, e la mandò ad A
opria mano gli recise la testa, e la mandò ad Alcmena, la quale, dopo di averla insultata, ne strappò anche gli occhi(c).
he gli occhi(c). Altri dicono, che Euristeo fu ucciso da Iolao, amico di Ercole(d). Que’ di Atene, per eternare la memoria
tri dicono, che Euristeo fu ucciso da Iolao, amico di Ercole(d). Que’ di Atene, per eternare la memoria della generosa azi
cole(d). Que’ di Atene, per eternare la memoria della generosa azione di Macaria diedero il nome di lei alla fontana di Ma
eternare la memoria della generosa azione di Macaria diedero il nome di lei alla fontana di Maratona(e), e alla stessa gi
della generosa azione di Macaria diedero il nome di lei alla fontana di Maratona(e), e alla stessa giovine consecrarono u
Messenia(g). (34). Illo ebbe per madre Dejanira. Egli dopo la morte di suo padre fu quasi sempre infelice. Euristeo lo p
ente, protetto dagli Ateniesi, come abbiamo raccontato, vinse e privò di vita il suo nemico. Dopo il corso di alcuni anni
bbiamo raccontato, vinse e privò di vita il suo nemico. Dopo il corso di alcuni anni voleva rientrare nel Feloponneso, sua
lidi, ma ne, fu impedito da Echemo, re d’Arcadia, il quale alla testa di alquante truppe marciò contro di lui, e lo uccise
o, re d’Arcadia, il quale alla testa di alquante truppe marciò contro di lui, e lo uccise(a). (35). Licinnio, figlio d’El
ffizio, gli gettò un bastone, che colpì ed uccise Licinnio. Per causa di questo omicidio, benchè involontario, Tlepolemo f
causa di questo omicidio, benchè involontario, Tlepolemo fu costretto di abbandonare la sua patria, e ritirarsi nell’Isola
emo fu costretto di abbandonare la sua patria, e ritirarsi nell’Isola di Rodi. Quì a di lui onore si fecero dei Giuochi, d
o di abbandonare la sua patria, e ritirarsi nell’Isola di Rodi. Quì a di lui onore si fecero dei Giuochi, detti Tlepolemj.
ini e donne vi concorrevano, e il premio del vincitore era una corona di pioppo(b). (a). Potter. Archacol. Graec. l. 2.
Strabone leggesi, che gli Achei, avendo ricevuto ordine dall’Oracolo di andare a stabilire una colonia, spedirono allo st
, credendo d’aver trovato la spiegazione dell’Oracolo, fondò la città di Crotone(d). (a). Tis. Liu. l. 1. (38). Cigno
iu. l. 1. (38). Cigno impegnò Fillio a combattere senza il soccorso di alcun’arma un leone, che devastava le vicine comp
ne. Il giovine, che conosceva il pericolo della proposta impresa, usò di un astuto ritrovato. Empì il suo ventre di carne
ella proposta impresa, usò di un astuto ritrovato. Empì il suo ventre di carne e di vino, e quando fu vicino al famelico a
ta impresa, usò di un astuto ritrovato. Empì il suo ventre di carne e di vino, e quando fu vicino al famelico animale, vom
. Se ne caricò poscia le spalle, e portollo a Cigno. Questi, sorpreso di tanto coraggio, ma poco disposto a ricompensarnel
masugli d’una lepre, che poco tempo innanzi era stata divorata da uno di quegli avoltoi, se ne cuoprì il corpo, e si coric
icò sul terreno. Gli avoltoi, che lo credettero morto, calarono sopra di lui ; ed egli, avendone presi due pe’piedi, li le
lle lagrime, ch’ella avea versato, si formò un fiume, che acquistò il di lei nome(b). (b). Declanstre Diction. Mythol.
. Gli sacrificavano ogni anno un capro nel dì, che precedeva la Festa di Teseo. Quel giorno riputavasi sacro, e quella cer
o è il solo, che dia a Perifete per padre Nettuno (b). (3). La clava di Perifete secondo Pausania (c) ed Omero era di fer
uno (b). (3). La clava di Perifete secondo Pausania (c) ed Omero era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di legno
Pausania (c) ed Omero era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di legno, ed armata di ferro nell’ estremità (e). (
o era di ferro (d). Eustazio poi vuole, che fosse di legno, ed armata di ferro nell’ estremità (e). (b). Joh. Jacob. Hof
ythol. (f). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (5). Cercione al dire di Diodoro di Sicilia costringeva solamente i passeg
). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (5). Cercione al dire di Diodoro di Sicilia costringeva solamente i passeggieti a lot
, e uccideva i vinti (g). (6). Ippotoonte ebbe per padre Nettuno. La di lui madre, per occultare la nascita, lo espose, t
battè nel fanciullo, e lo portò a Cercione. Questi riconobbe l’ abito di Alope, e ordinò, che a colei fosse tolta la vita,
’ abito di Alope, e ordinò, che a colei fosse tolta la vita, e che il di lei figlio fosse di nuovo esposto. Nettuno cangiò
ordinò, che a colei fosse tolta la vita, e che il di lei figlio fosse di nuovo esposto. Nettuno cangiò quella misera madre
(g). Declaustre Diction. Mythol. (7). Apollodoro dice, che Scini, di cui abbiamo parlato, era figlio del mentovato Pol
Scini, di cui abbiamo parlato, era figlio del mentovato Polipemone, e di Silea, figlia di Corinteo (b). (a). Declaustre
iamo parlato, era figlio del mentovato Polipemone, e di Silea, figlia di Corinteo (b). (a). Declaustre Diction. Mythol.
trasferì nell’ Asia superiore, dove si maritò ad uno de’ maggiori re di quel paese, e n’ ebbe un figlio, detto Medo, il q
i quel paese, e n’ ebbe un figlio, detto Medo, il quale dopo la morte di suo padre salì sul trono, e diede a’ suoi sudditi
la morte di suo padre salì sul trono, e diede a’ suoi sudditi il nome di Medi (c). Altri dicono, che Medea ebbe il predett
(e) ; altri poi sotto questo nome riconoscono non Medea, ma un’ altra di lei sorella ; e soggiungono, (a). Declaustre Di
nnato dall’ Areopago, si ritirò col suo discepolo, Endeo, nell’ Isola di Creta (b). Minos con piacero accolse un uomo assa
ato tale, perchè era l’artefice il più eccellente della Grecia. Prima di lui le statue erano cogli occhi socchiusi, e coll
, e a distaccarne le mani dal corpò : lo che fece dire, che le statue di lui erato animate(c). Lo stesso artefice, trovand
rovandosi appresso Minos, formò un serraglio, che fu detto Labirinto, di cui per le molte replicate tortuosità di muraglie
lio, che fu detto Labirinto, di cui per le molte replicate tortuosità di muraglie, e per la copia e uniformità de’ giri e
Ivi Dedalo stesso col suo figliuolo, Icaro, per ordine del re in pena di un certo delitto venne rinchiuso. Egli per sortir
e alle più grandi e più lunghe succedevano. Indi legò con filo quelle di mezzo, e con cera strinse insieme le ultime, dand
ne. Altrettanto fece al figliuolo, e lo instruì d’ attenersi alla via di mezzo, affinchè col volare troppo basso, l’ umido
e sollevossi arditamente più in alto. Si avvicinò al Sole, e i raggi di quello tosto liquefecero la cera, che univa le di
al Sole, e i raggi di quello tosto liquefecero la cera, che univa le di lui penne, cosicchè Icaro, sfornito delle ali, ca
cosicchè Icaro, sfornito delle ali, cadde precipitoso in quel tratto di mare, ch’ è tra Micone e Giaro, e che da lui pres
eta, veniva da Minos non data al Minotauro, ma distribuita in qualità di schiavi a quelli, che più si erano distinti ne’ G
rano distinti ne’ Giuochi funebri, ch’ egli aveva instituito in onore di Androgeo. (13). Il Minotauro nelle Medaglie dell
i Androgeo. (13). Il Minotauro nelle Medaglie della Grecia Italica e di Sicilia viene rappresentato col capo d’uomo, e co
Italica e di Sicilia viene rappresentato col capo d’uomo, e col corpo di bue (a). (d). Apollod. l. 3. (a). Plut. in Vi
l Sole Arianna si destò, nè vide più Teseo. Corse quà e là in traccia di lui nè v’ incontrò che orride solitudini. Giunse
ntrò che orride solitudini. Giunse finalmente a scoprire dal più alto di uno scoglio il fuggitivo naviglio. Voleva dispera
ortunamente Bacco in quell’ Isola. Egli la sposò, e le impose il nome di Libera(b). La regalò inoltre di una corona d’ oro
a. Egli la sposò, e le impose il nome di Libera(b). La regalò inoltre di una corona d’ oro, adorna di sette stelle(c), e c
il nome di Libera(b). La regalò inoltre di una corona d’ oro, adorna di sette stelle(c), e che dopo la morte di lei fu co
di una corona d’ oro, adorna di sette stelle(c), e che dopo la morte di lei fu collocata in cielo(d). Altri poisono di pa
), e che dopo la morte di lei fu collocata in cielo(d). Altri poisono di parere, che Bacco abbia ricevuto quella corona da
i parere, che Bacco abbia ricevuto quella corona da Psalacanta, Ninfa di quell’ Isola ; la quale mentre lo amava, non n’ e
mentre lo amava, non n’ era corrisposta, e la quale, per aver tentato di vendicarsi con Arianna, sua rivale, fu dal predet
sua rivale, fu dal predetto Nume cangiata in pianta, che acquistò il di lei nome, e fu da lui stesso riposta sulla mentov
che con Teseo si erano trasferite in Creta, ve n’ era una bellissima di nome Peribea. Minos tostochè la vide, ne divenne
nte, e usò ogni sforzo per aver corrispondenza da colei, che ricusava di farlo. Teseo vi si oppose anch’egli, e per farsi
i farlo. Teseo vi si oppose anch’egli, e per farsi riconoscere capace di prendere le difese della giovine, dichiarò ch’ er
e capace di prendere le difese della giovine, dichiarò ch’ era figlio di Nettuno. Minos, per farsi beffe di lui, trasse da
a giovine, dichiarò ch’ era figlio di Nettuno. Minos, per farsi beffe di lui, trasse dal dito un anello d’oro, lo gettò ne
unse all’ Eroe, che se voleva essere creduto tale, quale si asseriva, di nuovo a lui recasse il medesimo anello. Ambizioso
a lui recasse il medesimo anello. Ambizioso nel tempo stesso quel re di farsi conoscere per figlio di Giove, pregò il pad
llo. Ambizioso nel tempo stesso quel re di farsi conoscere per figlio di Giove, pregò il padre suo di darne una prova. Un
so quel re di farsi conoscere per figlio di Giove, pregò il padre suo di darne una prova. Un improvviso lampo, ed en tuono
corona ad Arianna. Notisi per ultimo, che Arianna secondo l’ opinione di Plutarco non fu abbandonata da Teseo, ma gli fu r
bbandonata da Teseo, ma gli fu rapita in quell’ Isola da un Sacerdote di Bacco (d). In Nasso si celebrò una Festa, detta A
, perchè il mentovato Nausiteo, che ne fu il primo piloto, era nativo di Salamina(c). (b). Id. Ibid. (c). Plat. in Ph
a Festa si celebrasse dagli Ateniesi per espiare la morte d’ Icario e di Erigone, de’ quali abbiamo gia parlato(d). (a).
l’ Asia, allorchè seguita da una potente armata, disfece gli eserciti di Laomedonte, re di Troja (e). (a). Plut. in Vit.
seguita da una potente armata, disfece gli eserciti di Laomedonte, re di Troja (e). (a). Plut. in Vit. Thes. (b). Sta
agli Ateniesi per ricordare il soccorso, che loro prestò Ione, figlio di Suto, allorchè Eumolpo, figlio di Nettuno, mosse
corso, che loro prestò Ione, figlio di Suto, allorchè Eumolpo, figlio di Nettuno, mosse loro guerra al tempo del re Erette
en. (g). Odyss. l. 21. (h). In. Vit. Thes. (22). Ceneo, figlio di Elato, era nato femmina, e prima si chiamava Ceni
ò ritirossi ne’ più remoti lidi della Tessaglia. Là incontrò il genio di Nettuno, e ne ottenne d’essere trasformata in uom
enne d’essere trasformata in uomo invulnerabile. Al tempo delle nozze di Piritoo i Centauri lo affogarono vivo sotto il pe
affogarono vivo sotto il peso de’ grandi alberi, che gettarono sopra di lui. Nettuno si ricordò d’ averlo amato, e lo tra
llo. Così Ovidio(b) ; Virgilio poi soggiunge, che non in votatile, ma di nuovo in donna venne convertito(c). Ceneo ebbe un
atile, ma di nuovo in donna venne convertito(c). Ceneo ebbe un figlio di nome Corone, che da Apollonio viene ascritto tra
itto tra gli Argonauti(d). (a). Propert. l. 21 (23). Dopo la morte di Eurito nacque tra’ Lapiti e i Centauri orribile z
de, e morì sì deformato e malconcio, che più non si riconobbe. Belate di Pella, rotto un piede di tavola, lo scaricò sulla
malconcio, che più non si riconobbe. Belate di Pella, rotto un piede di tavola, lo scaricò sulla testa dell’ uccisore, ch
scagliatala tralla folla de’ Lapiti, schiacciò Brotea e Orione, figli di Miçala, di cui abbiamo parlato. Non seppe Esadio
tralla folla de’ Lapiti, schiacciò Brotea e Orione, figli di Miçala, di cui abbiamo parlato. Non seppe Esadio sofferire,
o sofferire, che colui restasse impunito ; e quindi pigliate le corna di un cervo, le quali erano state appese ad un pino
rvo, le quali erano state appese ad un pino da un Cacciatore in onore di Venere, con esse gli cavò gli occhi. Frattanto Re
ito ardeva sull’ ara, lo tirò nelle tempia a Caraso. S’incenerirono i di lui capelli, e bollente sgorgava il sangue dalla
pelli, e bollente sgorgava il sangue dalla ferita. Caraso si studiava di smorzare la fiamma ; e scavata una pesante soglia
raso si studiava di smorzare la fiamma ; e scavata una pesante soglia di porta, si provò di scagliarla addosso al nemico.
smorzare la fiamma ; e scavata una pesante soglia di porta, si provò di scagliarla addosso al nemico. Il peso non glielo
o al nemico. Il peso non glielo permise, e in vece del Centauro privò di vita con essa Conete, suo collegato, ch’era poco
ranio. Continuò l’ audace Reto a ruotare in aria il tizzone ; e presi di mira Corito, e Driante, stese Corito al suolo, co
stese Corito al suolo, come quello, ch’ era tra coloro il più tenero di complessione e di età. Afflitto Evagro di vedere
uolo, come quello, ch’ era tra coloro il più tenero di complessione e di età. Afflitto Evagro di vedere morto il compagno,
ra tra coloro il più tenero di complessione e di età. Afflitto Evagro di vedere morto il compagno, aveva aperto la bocca p
Driante ; ma colpito nel collo da una pertica abbrustolita, grondante di sangue si pose a fuggire. Secolui fuggirono anche
utilmente aveva esortato i compagni a non intraprendere quella spezie di combattimento. Colpiti però costoro alle spalle d
riante, molti, tra’ quali Areo, Imbreo, Eurinomo ; e Licida, finirono di vivere. Era in fuga anche Greneo, il quale, volta
oso sconquasso e ne dormiva profondamente Afida, sdrajato sulle pelli di un’ Orsa, predata nelle boscaglie dell’ Ossa, e t
, predata nelle boscaglie dell’ Ossa, e teneva egli in mano una tazza di vino. Lo vide appena Forbante, che, vibratogli un
va con ambe le braccia ogni sforzo per ischian are una quercia, piena di ghiande. Vi sopraggiunse il valoroso Piritoo, e c
ar cadere sopra Teseo, precipitò in vece addosso a Crantore, sculiere di Pelso, che lo aveva ricevuto in ostaggio dal debe
ostaggio dal debellato Amintore, re de’ Dolopi. Peleo, veluto appena di lontano l’ amato Crantore, sepolto sotto quel tro
legronte, Ilene, Clari, Ifinoo, e Dorila, che avea le tempia fesciate di pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava co
Ilene, Clari, Ifinoo, e Dorila, che avea le tempia fesciate di pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava corna di bu
e Dorila, che avea le tempia fesciate di pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava corna di bue, lorde di sangue. Uno
mpia fesciate di pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava corna di bue, lorde di sangue. Uno strale, scoccato da non
di pelle di lupo, e che in vece di armi adoperava corna di bue, lorde di sangue. Uno strale, scoccato da non so chie, priv
, lorde di sangue. Uno strale, scoccato da non so chie, privò, allora di vita anche il bellissimo Centauro Cillaro, che av
degli urli ; e gettatasi sulla punta dello strale, confitto nel cuore di Cillaro, spirò seco lui strettamente abbracciata.
seco lui strettamente abbracciata. In tale circostanza Feocomete, le di cui membra erano copette da più pelli di Leoni, c
le circostanza Feocomete, le di cui membra erano copette da più pelli di Leoni, con un tronco sterminato alla mano vecise
quel Fonolenide sì nerboruto, che appena lo avrebbono mosso due paja di buoi. Volèva Feocomete anche spogliarlo del tutto
he spogliarlo del tutto, ma raggiunto da Nestore, sotto i colpi della di lui spada vi lasciò la vica. Appresso lo stesso N
Ctonio, e Teleboante, quello armato d’un tronco a due punte, e questo di strale. Perifante riuscì vincirore del Centauro P
o. Fu pure uno spettacolo il vadere steso a terra Erigdupo da Macateo di Peletronia con un colpo di stanga, datogli nel pe
l vadere steso a terra Erigdupo da Macateo di Peletronia con un colpo di stanga, datogli nel petto. Cimelo poi restò ferit
melo poi restò ferito da una freccia nell’inguinaglia. Sotto il ferro di Mopso, insigne indovino, e prode guerriero, nato
di Mopso, insigne indovino, e prode guerriero, nato da Ampiciue, finì di vivere Odite. I Centauri, Stifelo, Bromo, Antimac
e vennero trucidati da Ceneo. A vendicare i compagni s’avventò contro di Ceneo il formidabile Latreo, che faceva pomposa m
con cui avea tolto la vita e le spoglie al Tessalo Aleso. Ma il ferro di Latreo, benchè spinto con impeto, non mai offende
erro di Latreo, benchè spinto con impeto, non mai offendeva le membra di Ceneo, quando l’arma di questo uccise bensì colui
pinto con impeto, non mai offendeva le membra di Ceneo, quando l’arma di questo uccise bensì colui. Nella morte del compag
pagno accorsero a truppa i rabbiosi Centauri, che, con orribile tuono di voce empiendo l’aria di grida, scagliarono a un t
i rabbiosi Centauri, che, con orribile tuono di voce empiendo l’aria di grida, scagliarono a un tempo medesimo sopra di C
voce empiendo l’aria di grida, scagliarono a un tempo medesimo sopra di Ceneo quantità di strali ; ma essi, spuntati e ro
ria di grida, scagliarono a un tempo medesimo sopra di Ceneo quantità di strali ; ma essi, spuntati e rotti, caddero a ter
ccitò i compagni a scaricare travi, sassi, e monti interi sul giovane di Pilo. Ciò detto, Monico immantinente scagliò sopr
. Ciò detto, Monico immantinente scagliò sopra Ceneo un grosso tronco di pianta, schiantata da gagliardissimo vento. L’ese
so tronco di pianta, schiantata da gagliardissimo vento. L’esempio fu di stimolo agli altri, perchè eglino pure facessero
igliuoli, e tra gli altri Polipete, che molto si distinse all’assedio di Troja(b). (25). Alcuni popoli della Grecia al ri
ll’assedio di Troja(b). (25). Alcuni popoli della Grecia al riferire di Eratostene e di Pausania erano persuasi, ch’ Elen
oja(b). (25). Alcuni popoli della Grecia al riferire di Eratostene e di Pausania erano persuasi, ch’ Elena fosse figlia d
re di Eratostene e di Pausania erano persuasi, ch’ Elena fosse figlia di Nemesi, e che Leda fosse la di lei balia(c). Sono
erano persuasi, ch’ Elena fosse figlia di Nemesi, e che Leda fosse la di lei balia(c). Sonovi quindi degli Autori, che per
g). Eur. p. in Heraclit. (27). Demofoonte, ritornando dalla guerra di Troja, si trattenne appresso Fillide, figlia di C
tornando dalla guerra di Troja, si trattenne appresso Fillide, figlia di Crustumena e di Licurgo, re di Tracia. Colei, che
uerra di Troja, si trattenne appresso Fillide, figlia di Crustumena e di Licurgo, re di Tracia. Colei, che aveva ereditato
si trattenne appresso Fillide, figlia di Crustumena e di Licurgo, re di Tracia. Colei, che aveva ereditato dal padre il r
a, Demofoonte, obbligato a ritornarsene in Atene per affari del Regno di suo padre, promise a Fillide di ritornate a lei d
narsene in Atene per affari del Regno di suo padre, promise a Fillide di ritornate a lei dopo poco tempo. Moltro però di q
re, promise a Fillide di ritornate a lei dopo poco tempo. Moltro però di questo ne trascorse, senzachè la giovine nè lo av
senzachè la giovine nè lo avesse a rivedere, nè avesse alcuna notizia di lui. Ovidio fa, che colei gli scriva una lettera,
a una lettera, in cui lo rimprovera della sua indifferenza, e procura di riaccenderne l’affettó, dipingendogli al vivo il
tene, da cui il padre suo n’era stato escluso per opera de’partigiani di Mnesteo, non più si ricordava di lei. Fillide alf
tato escluso per opera de’partigiani di Mnesteo, non più si ricordava di lei. Fillide alfine disperata s’impiceò(a). I di
non più si ricordava di lei. Fillide alfine disperata s’impiceò(a). I di lei parenti le alzarono una tomba, su cui nacquer
orni dopo tale metamorfosi, corse ad abbraccare quell’albero, spoglio di frondi, e il qua le ne mise fuori in quell’istant
le, che il fatto testè descritto sia avvenuto non a Demofoonte, ma al di lui fratello, Arramanto(d). (h). Joh. Jacob. Ho
 5., Pomp. Mel. l. 2., Tit. Liv. l. 1., Tacit. l. 16. (1). Figliuolo di Laomedonte fu pure Antenore, il quale, trasferito
te fu pure Antenore, il quale, trasferitosi in Italia, fondò la città di Padova ((a)). Vuolsi da alcuni, che egli pure sia
città di Padova ((a)). Vuolsi da alcuni, che egli pure sia stato uno di quelli, i quali tradirono la loro patria ((b)). A
due figliuoli, Elicaone cioè, e Polidamante, nati da Teano, figliuola di Cisseo, e sacerdotessa di Minerva(e). L’ultimo di
oè, e Polidamante, nati da Teano, figliuola di Cisseo, e sacerdotessa di Minerva(e). L’ultimo di questi sposò Licaste, fig
da Teano, figliuola di Cisseo, e sacerdotessa di Minerva(e). L’ultimo di questi sposò Licaste, figlia di Priamo(f). (b).
sacerdotessa di Minerva(e). L’ultimo di questi sposò Licaste, figlia di Priamo(f). (b). Dict. Cret. l. 1., Herod. l. 2.
della sua città uccise Ipsenore, figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio di Marte e di Astioche; il quale era stato uno degli
città uccise Ipsenore, figlio d’Ippaso, e Ascalafo, figlio di Marte e di Astioche; il quale era stato uno degli Argonauti,
, e con lalmeno, suo fratello, avea condotto gli Orcomenj all’assedio di Troja. Due volte rimase ferito da Merione(c). Dop
ssedio di Troja. Due volte rimase ferito da Merione(c). Dopo la morte di Paride prese egli in moglie Elena ; ma questa int
dusse Menelao ed Ulisse, ove Deisobo dormiva, e queglino lo privarono di vita(d). (4). Antifo uccise Leuco ; uno degli am
rpo del Trojano Simoisio, figlio d’Antemione, ucciso da Ajace, figlio di Telamone. Achille sorprese e condusse schiavi al
Telamone. Achille sorprese e condusse schiavi al suo campo Antifo, il di lui fratello, Iso, i quali custodivano le greggi
rimasero uccisi da Agamennone(e). (5). Eleno fu il solo de’figliuoli di Priamo, che sopravvisse alla, rovina della sua pa
egli linguaggio degli uccelli, e del loro volo(a). Predisse l’eccidio di Troja per mezzo della Litomanzia, ossia coll’ajut
a per mezzo della Litomanzia, ossia coll’ajuto d’una certa gemma, che di notte si lavava alla luce d’una candela in acqua
o da’Greci, indicò loro i luoghi più opportuni per impadronirsi della di lui città. Divenuto schiavo di Pirro, figliuolo d
i più opportuni per impadronirsi della di lui città. Divenuto schiavo di Pirro, figliuolo d’Achille, lo consigliò a non ri
gliò a non ritornarsene per mare alla patria, e predisse il naufragio di tutti quegli altri Greci, che avrebbono voluto in
ccia, senza avvedersene lo uccise. Eleno ebbe da Andromaca un figlio, di nome Cestrino(d). (6). Priamo, per sottrarre Pol
ella sue figliuòle, chiamata Ilione. Polinnestore, come udì l’eccidio di Troja, violò i più sacri diritti dell’ospitalità,
esori(a). Igino racconta diversamente l’ Istoria del mentovato figlio di Priamo. Spedito Polidoro, dic’egli, dal padre nel
nella Tracia a sua sorella, Ilione, costei, che temeva della crudeltà di Polinnestore, suo marito, sostituì il fratello a
passare Deifilo per suo fratello. I Greci, dopo d’averpreso la città di Troja, volendo sterminare tutta la discendenza di
’averpreso la città di Troja, volendo sterminare tutta la discendenza di Priamo, inviarono ambasciatori a Polinnestore per
a accettò le offerte, e uccise Deifilo, credendo d’uccidere il figlio di Priamo. Qualche tempo dopo Polidoro intese dall’O
era stata incendiata la sua città. Ritornato nella Tracia, e sorpreso di avervi trovato vivo ancora quello, ch’egli credev
Virgilio dice, che Troilo, trasportato dalla giovanile audacïa, ardi di azzuffarsi con Achille, da cui senza fatica alcun
orrispondere ad Achille, il quale teneramente lo amava, ne fu privato di vita nel tempio d’Apollo (b). Tzetze finalmente c
redetto Greco sentimenti d’amore(c). (8). Polite, com’era agilissimo di piedi, stava fuori della sua città per ispiare, q
la medesima(d). (9). Polissena fu immolata da Pirro sul sepolcro del di lui padre, Achille, perchè l’ombra di questo Eroe
olata da Pirro sul sepolcro del di lui padre, Achille, perchè l’ombra di questo Eroe era apparsa a’Greci, e avea loro rice
Greci, dove onorevolmente venne accolta da Agamennone ; e ch’ella poi di notte sia andata sulla tomba del suo sposo, ed iv
nea, tostochè se ne accorse, ritornò in Troja a cercarla ; ma l’ombra di colei gli apparve, e gli disse, che Cibele la ave
atteggiato co’Greci, affinchè non sopravvivesse alcuno della famiglia di Priamo. Altri finalmente narrano, ch’ella dal mar
ano, ch’ella dal marito non fu uccisa, ma abbandonata, onde non fosse di ostacolo a lui, che andava cercando nuove sedi o
ove sedi o alleanze in lontani paesi(b). (11). Laodice dopo la morte di Acamante fu maritata con Elicaone, figlio d’Anten
Traci, che morì poco dopo d’averla sposata. Finalmente divenne moglie di Telefo, re di Misia, dal quale poi abbandonata, s
ì poco dopo d’averla sposata. Finalmente divenne moglie di Telefo, re di Misia, dal quale poi abbandonata, se ne ritornò a
o la sua famiglia(c). Alcuni pretendono, ch’ella al tempo della presa di Troja, per non cadere in ischiavitù, siasi precip
a di Troja, per non cadere in ischiavitù, siasi precipitata dall’alto di una rupe(d). (12). Cassandra era la più avvenent
o di una rupe(d). (12). Cassandra era la più avvenente tralle figlie di Priamo ; ed è fama, che fosse di singolare costum
a era la più avvenente tralle figlie di Priamo ; ed è fama, che fosse di singolare costumatezza. Sì belle doti le ottenner
singolare costumatezza. Sì belle doti le ottennero da Apollo il dono di conoscore i più secreti arcani dell’avvenire. Cas
spogliarla del dono concessole, fece sì che niuno prestasse fede alle di lei predizioni, e ch’ella perfino si rendesse odi
e venerazione(a). Altri ad altra cagione attribuiscono la prerogativa di Cassandra di profetizzare. Dicono, ch’ella ed Ele
(a). Altri ad altra cagione attribuiscono la prerogativa di Cassandra di profetizzare. Dicono, ch’ella ed Eleno, i quali e
mpio d’Apollo ; che ivi furono lasciati per un’interanotte ; e che il di seguente si trovarono attortigliati a’loro corpi
, che’loro lambivano le orecchie : lo che conferi a tutti due il dono di presagire il futuro(b). Cassandra vaticinò a Pari
mai prestarvi orecchio(c). Ella finalmente divenne schiava prediletta di Agamennone, e fu privata di vita dalla di lui mog
lla finalmente divenne schiava prediletta di Agamennone, e fu privata di vita dalla di lui moglie, Clitennestra. Fu sepolt
divenne schiava prediletta di Agamennone, e fu privata di vita dalla di lui moglie, Clitennestra. Fu sepolta in Amichea,
a a tutti i suoi oracoli(e) (a). L. 3. (13). I vascelli mentovati di Paride furono costruiti da Fereclo, figlio d’Arme
oi, combattendo per la sua patria, rimase ferito da Merione, I figlio di Molo, Principe Cretese, e cessò di vivere (f) (
rimase ferito da Merione, I figlio di Molo, Principe Cretese, e cessò di vivere (f) (14). Erodoto dioe, che Paride venne
lla Grecia, essendone Menelao lontano ; e che il Trojano, invaghitosi di Elena, espugnò Sparta, e rapì la giovine e tutti
Egitto, all’imboccatura del Nilo, detta Canopo ; e che il Governatore di quel luogo, avendo inteso ciò che le era avvenuto
ortemente a Paride L’enorme perfidia, dimostrata nel rapire la moglie di chi lo avea enorato della sua ospitalità. Soggium
o dall’imbrattarsi le mani nel sangue degli stranieri ; e si contentò di scacciallo da’suoi Stati, ritenendo appresso di s
nieri ; e si contentò di scacciallo da’suoi Stati, ritenendo appresso di se Elena per restituirla al marito. Appena giunse
. Omero(a) finalmente dice, ch’Elena fu regalata da Polidampa, moglie di Tone Egiziano, d’un erba, detta nepenthes, che, m
o, d’un erba, detta nepenthes, che, mescolata nel vino, avea la virtù di far dimenticore tutti gli affanni, e di raddolcir
olata nel vino, avea la virtù di far dimenticore tutti gli affanni, e di raddolcire qualsivoglia dolore. (b). Dict. Cret
o, suo padre, per consiglio d’Ulisse avea fatto, che tutti gli amanti di sua figlia giurassero d’approvare e proteggere la
tutti gli amanti di sua figlia giurassero d’approvare e proteggere la di lei sœlta : e tale giuramento erasi eseguito sopr
sepolto nel luogo della ceremonia(a). La giovine preferì Menelao, re di Sparta, a tutti i di lui competitori. Quegli pert
lla ceremonia(a). La giovine preferì Menelao, re di Sparta, a tutti i di lui competitori. Quegli pertanto, come se la vide
a tutti i mentovati Principi. Il giuramento prestato obbligo ciascuno di quelli a prendere le armi contro i Trojani (b).
quelli a prendere le armi contro i Trojani (b). (16). I Greci, prima di muovere guerra a’Trojani, spedirono loro alcuni a
donna. Antimaco, Capitano Trojano, corrotto dall’oro e da altri doni di Paride, non volle che colei fosse restituita ; e
i quegli ambasciatori. Tra i medesimi si trovò anche Acamante, figlio di Teseo e di Fedra. Questi in quel tempo ebbe da La
basciatori. Tra i medesimi si trovò anche Acamante, figlio di Teseo e di Fedra. Questi in quel tempo ebbe da Laodice ; nat
figlio, nominato Munito. Questo fanciullo fu allevato da Etra, madre di Teseo, che Paride avea condotto da Sparta con Ele
da Sparta con Elena. Come fu presa Troja, Etra mostrò ad Acamante il di lui figlio, ed egli salvò la vita a quello ed a l
Notisi per ultimo, che tra gli ambasciatori anzidetti alcuni in vece di Acamante nominano Ulisse (d). (17). Mennone alla
ni in vece di Acamante nominano Ulisse (d). (17). Mennone alla testa di dieci mila Persia ni, e di altrettanti Etiopi del
nano Ulisse (d). (17). Mennone alla testa di dieci mila Persia ni, e di altrettanti Etiopi dell’Asia operò a difesa di Tr
ieci mila Persia ni, e di altrettanti Etiopi dell’Asia operò a difesa di Troja varie gloriose imprese. Privò di vita anche
tiopi dell’Asia operò a difesa di Troja varie gloriose imprese. Privò di vita anche Antiloco, figlio di Nestore e di Eurid
di Troja varie gloriose imprese. Privò di vita anche Antiloco, figlio di Nestore e di Euridice(a). Ovidio però vuole, che
e gloriose imprese. Privò di vita anche Antiloco, figlio di Nestore e di Euridice(a). Ovidio però vuole, che quegli sia st
esti uscì tosto in campo, e coll’asta trafisse Mennone(c). Alla morte di costui il Cielo si cuoprì di nubi, e la di lui ma
oll’asta trafisse Mennone(c). Alla morte di costui il Cielo si cuoprì di nubi, e la di lui madre presse a piangere il perd
sse Mennone(c). Alla morte di costui il Cielo si cuoprì di nubi, e la di lui madre presse a piangere il perduto figluiolo,
l Cielo. Aggiungesi, che l’Aurora, non potendo sofferire che il corpo di Mennone si consumasse dalle fiamme sul rogo, preg
il corpo di Mennone si consumasse dalle fiamme sul rogo, pregò Giove di concedere al figlio qualche singolare quore. Cond
hiesta, e al cadere della pira, che consumava il cadavere, neri globi di fumo oscurarono il chiarore della luce. Videsi po
a volare in aria una fosca favilla, che si unì e si addensò con altre di somigliante natura, e prese non solo forina e col
nsò con altre di somigliante natura, e prese non solo forina e colore di corpo, ma spirito ancora, ed ali le somministrava
ol dibattimento delle ali, finchè caddero estinti sulle fredde ceneri di Mennone, e servirono di sacrifizio all’ombra di l
i, finchè caddero estinti sulle fredde ceneri di Mennone, e servirono di sacrifizio all’ombra di lui, e da lui pure ne pre
i sulle fredde ceneri di Mennone, e servirono di sacrifizio all’ombra di lui, e da lui pure ne presero il nome. A rendere
o morte. A Mennone altresì fu inalzata una grandissima Statua in Tebe di Egitto nel tempio di Serapide. Dicono, che quando
tresì fu inalzata una grandissima Statua in Tebe di Egitto nel tempio di Serapide. Dicono, che quando il Sole nascente la
sera ne rendeva un altro lugubre, quasi rattristandosi della partenza di sua madre, e rallegrandosi del suo ritorno(a). Ca
allegrandosi del suo ritorno(a). Cambise, sospettando che fosse opera di magia, fece rompere quella Statua dalla testa sin
un Oracolo ogni sette anni(b). (18). Protenore concorse alla difesa di Troja con otto vascelli (c). (19). Appotoo con P
difendere la predetta città (d). (20). Protoo armò quaranta vascelli di gente, che abitava sulle rive del Peneo, e sul mo
rive del Peneo, e sul monte Pelio(e). (21). Apisaone era alla testa di una truppa di Peoni. Egli molto si segnalò in que
o, e sul monte Pelio(e). (21). Apisaone era alla testa di una truppa di Peoni. Egli molto si segnalò in quella guerra, e
de’ Capi dell’armata nemica(a). (22). Asio avea condotto in soccorso di Priamo molte truppe, raccolte nella città d’Abido
tto in soccorso di Priamo molte truppe, raccolte nella città d’Abido, di Sesto, e di Arisbe(b). Egli perì sotto i colpi d’
rso di Priamo molte truppe, raccolte nella città d’Abido, di Sesto, e di Arisbe(b). Egli perì sotto i colpi d’ Idomeneo, r
do, di Sesto, e di Arisbe(b). Egli perì sotto i colpi d’ Idomeneo, re di Creta(c). (23). Pilemene mancò sotto i colpi di
olpi d’ Idomeneo, re di Creta(c). (23). Pilemene mancò sotto i colpi di Menelao. Il di lui cocchiere chiamavasi Midone, i
o, re di Creta(c). (23). Pilemene mancò sotto i colpi di Menelao. Il di lui cocchiere chiamavasi Midone, il quale venne r
venne rovesciato e ucciso da Antiloco(d). Pilemene lasciò un figlio, di nome Arpalione, ch’egli avea seco condotto a Troj
minavano Mestle e Antifo. Questi condussero seco un numeroso esercito di Meoni, nati appiè del monte Tmolo(f). (24). Asti
appiè del monte Tmolo(f). (24). Astinoo fu ucciso da Diomede, figlio di Tideo (g). (a). L. 2. & 3. (25). (25) Pire
(l). (27). Satnio, dopo aver combattuno con molto valore, fu privato di vita da Ajace, figlio d’ Oileo(a). (28). Mori, v
le sulle rive del fiume Xanto(c). (30). Adrasto ed Anfio erano figli di Merope, indovino della città di Percote nella Tro
. (30). Adrasto ed Anfio erano figli di Merope, indovino della città di Percote nella Troade. Il loro padre tentò di diss
pe, indovino della città di Percote nella Troade. Il loro padre tentò di dissuaderli che si portassero a quella guerra ; m
o a quella guerra ; ma eglino nol ascoltarono, e vi perirono per mano di Diomede, figlio di Tideo (d). (31). Niuno de’ Gr
ma eglino nol ascoltarono, e vi perirono per mano di Diomede, figlio di Tideo (d). (31). Niuno de’ Greci Principi nel ri
la confuse tralle sue schiave, e la condusse nella Tracia. Una delle di lei seguaci trovò sulle rive del mare il corpo di
a Tracia. Una delle di lei seguaci trovò sulle rive del mare il corpo di Polidoro, pochi giorni prima messo a morte da Pol
rpo di Polidoro, pochi giorni prima messo a morte da Polianestore, re di quel paese. Colei corse a recarne la trista nuova
nestore ne fosse stato il barbaro uccisore. La madre dolente, e prima di sdegno, ne macchinò ben tosto la vendetta. Il suo
oraggio agginase nuove forze alla sua vecchiezza. Si recò alla Reggia di Polinnestore, finse di essere affatto ignata dell
forze alla sua vecchiezza. Si recò alla Reggia di Polinnestore, finse di essere affatto ignata della morte del figlio, inv
lesargli l’arcano, giurando che tutto l’oro e l’argento sarebbe stato di Polidoro, com’era stato il trasmessogli ne’ tempi
in ajuto, do acciuffò, lo strinse, e colle dita gli svelse gli occhi di fronte, e uccine i di lui figli. I Traci, veggend
, lo strinse, e colle dita gli svelse gli occhi di fronte, e uccine i di lui figli. I Traci, veggendo sì maltrattato il lo
to il loro re, inseguirono Ecuba, che fuggiva, e con immensa quantita di sassi la fecero perire(a). Altri dicono, che Ulis
omunemente però si crede, che Ulisse stesso sia stasto l’autore della di lei morte ; e vuolsi, che lo stesso Eroe, arrivat
liberarsene abbia inalzato un piccolo tempio ad Ecuba appresso quello di Ecate(c). Il luogo poi, ove la Trojana Regina fu
e, e poi sepolta(a). Notisi ultimamente, che Agamennone ale preghière di Ecuba, è in riflesso di Cassandra relegò Polinnes
isi ultimamente, che Agamennone ale preghière di Ecuba, è in riflesso di Cassandra relegò Polinnestore in un’isola deserta
ofman. Lex. Univ. (b). Declaustre Diction. Mytbol. (1). Lo scudo di Ettore era stato formato da Tichio, celebre Artis
o d’Ile, città della Beozia. Omero dice, che quello scudo era copetto di sette pelli di tori(a). (c). Hom. Iliad. l. 13.
della Beozia. Omero dice, che quello scudo era copetto di sette pelli di tori(a). (c). Hom. Iliad. l. 13. (d). In Hero
tam. l. 12. (2). Protesilao venne al mondo in modo straordinario. Il di lui padre era vissuto lungo tempo con Astioche, s
a. Quegli lo consigliò d’introdurre un coltello in una certa quercia, di lasciarvelo arrugginire, di mescolare quella rugg
rodurre un coltello in una certa quercia, di lasciarvelo arrugginire, di mescolare quella ruggine col vino, e di berne per
, di lasciarvelo arrugginire, di mescolare quella ruggine col vino, e di berne per dieci giorni. Se ne ottenne il bramato
dieci giorni. Se ne ottenne il bramato effetto. Ificlo divenne padre di Filottete, di Podarce, e di Protesilao(b). Questo
Se ne ottenne il bramato effetto. Ificlo divenne padre di Filottete, di Podarce, e di Protesilao(b). Questo ultimo poco p
il bramato effetto. Ificlo divenne padre di Filottete, di Podarce, e di Protesilao(b). Questo ultimo poco prima, che comi
di Protesilao(b). Questo ultimo poco prima, che cominciasse la guerra di Troja, avea sposato Laodamia, figlia d’ Acasto. E
to. Ella dimostrò grande dolore, quando lo vide partire per l’assedio di Troja, perche dal di lei padre avea udito, che Pr
nde dolore, quando lo vide partire per l’assedio di Troja, perche dal di lei padre avea udito, che Protesilao sarebbe peri
le fosse disceso il primo sulle Trojane rive. Protesilao, sprezzatore di tale predizione, oso il primo di mettervi piode,
rojane rive. Protesilao, sprezzatore di tale predizione, oso il primo di mettervi piode, e tosto cadde sotto l’asta di Ett
redizione, oso il primo di mettervi piode, e tosto cadde sotto l’asta di Ettore(c). I Greci gli tendettero gli onori Eroic
perfino un tempio in Abido(d). I Chersonesj e i Tessali celebrarono a di lui onore una festa, detta Protesilaia(a). Laodam
onore una festa, detta Protesilaia(a). Laodamia poi, intesa la morte di Protesilao, fece fare una statua, che lo rassomig
ece fare una statua, che lo rassomigliava, e sempre la tenne appresso di so. Uno sohiavo, avendola veduta sul di loi letto
a, e sempre la tenne appresso di so. Uno sohiavo, avendola veduta sul di loi letto, andò a riferire ad Acasto, che la di l
, avendola veduta sul di loi letto, andò a riferire ad Acasto, che la di lui figliuola conversava con un uemo. Corse il ro
sto, che la di lui figliuola conversava con un uemo. Corse il ro alla di lei stanza, nè avendovi trovato che la mentovasa
che la mentovasa statua ; la fece abbruciare per togliere agli ecchi di bua figlia un oggetto, che altro non faceva se no
cchi di bua figlia un oggetto, che altro non faceva se non pastere la di loi affizione. Laodamia, amaroggiata per quella n
iata per quella nuova perdita, chiese agli Dei, cae le fosse permesso di vedere e ragionare per tre ore sole col suo marit
rescritto, solei non potè divideroi dal marito, e lo segial nel Regno di Plutone(b). Altri soggiungono, che Laodamia, ment
). Altri soggiungono, che Laodamia, mentre stava abbracciando l’ombra di Protesilao, spirò di dolore(c). Notisi per ultimo
che Laodamia, mentre stava abbracciando l’ombra di Protesilao, spirò di dolore(c). Notisi per ultimo, che a Protesilao si
Notisi per ultimo, che a Protesilao si dà soventi volte il soprannome di Filacide, peschè nacque in Filace, città della Te
. Iliad. l. 15. (3). Cebrione rimase ucciso da Patroclo con un colpo di pieltra, che gli spaccò la testa(e). (4). Eniope
spaccò la testa(e). (4). Eniopeo fu messo a morte da Diomede, figlio di Tideo(f). (f). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ.
ovò il corpo, e lo sappellì in un monte dell’ Italia, che acquistò il di lui nome(a). (g). Declaustre Diction. Mytbol.
Greci lo cercavano a morte, affinchè non avesse a vendicare la morte di suo padre, e a rifabbricare le mura della sua cit
fabbricare le mura della sua città. Andromaca lo nascose nel sepolcro di Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo, e lo preci
o di Ettore ; ma Ulisse seppe ritrovarvelo, e lo precipitò dall’ alto di una torre Trojana(b). Euripide nella Tragedia del
a Pirro(c). Dionisio poi narra, che Astimatte, e gli altri figliuoli di Ettore furono condotti schiavi da Pirro nella Gre
. 24. (d). Id. Ibid. (7). Ne’ Giuochi funebri, celebrati in onore di Ettore, Darete, Capitano Trojano, nato nella Frig
, Capitano Trojano, nato nella Frigia, urcise l’Ateniese Bute, figlio di Teleonte e di Zeusippe, e discendente dall’ altro
jano, nato nella Frigia, urcise l’Ateniese Bute, figlio di Teleonte e di Zeusippe, e discendente dall’ altro Bute, figlio
di Zeusippe, e discendente dall’ altro Bute, figlio d’Amico, e padre di quell’Erice, di cui abbiamo favellato(e). (e).
discendente dall’ altro Bute, figlio d’Amico, e padre di quell’Erice, di cui abbiamo favellato(e). (e). Declaustre Dicti
(e). Declaustre Diction. Mytbol. (8). Andromaca, divenuta schiava di Pirto, fu da lui sommamente amata. Ella gli parto
vicina alla Troade, dove regnava Ario, uccise quel Sovrano, salì sul di lui trono, diede il suo nome ad una città, situat
o, da cui ne venne espiato. Concorso poscin alla caccia del Cinghiale di Calidone, vibrò inavvertentemente un dardo contro
brò inavvertentemente un dardo contro il predetto. Eurito, e lo privò di vita. Per tale motivo fu costretto ad allontanars
costretto ad allontanarsi anche da Ftia, ed a ricorrere ad Acasto, re di lolco, il quale parimenti ne lo purificò. Fu allo
, il quale parimenti ne lo purificò. Fu allora, che Astidamia, moglie di quel Sovrano, detta anche Astiadamia(b), Creteide
Sovrano, detta anche Astiadamia(b), Creteide, ed Ippolita, s’invaghì di Peleo ; e non veggendosene corrisposta, sdegnata
e non veggendosene corrisposta, sdegnata lo accusò appresso il marito di falso delitto. Acasto sotto pretesto di voler sec
lo accusò appresso il marito di falso delitto. Acasto sotto pretesto di voler seco lui esercitarsi alla caccia lo trasse
monte, affinchè fosse divorato dalle fiere ; e che gli Dei per in zzo di Mercurio gli abbiano spedito una spada, lavorata
e da altri suoi amici(a), rientrò in lolco, e vi uccise Acasto, e la di lui moglie(b). Sopravvisse molti anni dopo l’ecci
Acasto, e la di lui moglie(b). Sopravvisse molti anni dopo l’eccidio di Troja, e molto si addolorò, allorchè intese, che
orò, allorchè intese, che in quella guerra era perito Pirro, nato dal di lui figliuolo. Achille. Teti si fece a consolarlo
lle. Teti si fece a consolarlo, gli promise la Divinità, e gli ordinò di ritirarsi in una delle Isole fortunate, ove avreb
Achille deificato, e donde ella poi lo avrebbe trasferito nel palagio di Nereo per esservi onorato come uno de’ Semidei. N
rvi onorato come uno de’ Semidei. Notisi per ultimo, che gli abitanti di Pella nella Macedonia offerivano dei sacrifizj a
le proprie sembianze sotto quelle ora d’uccello, ora d’albero, ed ora di tigre. Peleo, non sapendo più come guadagnarsela,
Dei per esserne assistito. Gli apparve Proteo, e gli manifestò che i di lui voti sarebbono soddisfatti, qualora avesse po
ere la Ninfa, mentr’ella dormiva. Difatti in tal maniera egli ottenne di sposarla(a). (c). Declaustre Diction. Mythol.
iv. (a). Declaustre Diction. Mythol. (4). Enone, divenuta gelosa di Paride pel ratto di Elena, fattosi da lui, spedì
re Diction. Mythol. (4). Enone, divenuta gelosa di Paride pel ratto di Elena, fattosi da lui, spedì il suo figliuolo, Co
iero, il quale riferì ad Enone, che Paride si faceva portare appresso di lei, affinchè ne lo guarisse della ricevuta ferit
ndato indietro col commettergli, che suggerisse da parte sua a Paride di farsi piuttosto risanare da Elena. Un sentimento
sua a Paride di farsi piuttosto risanare da Elena. Un sentimento poi di tenerezza fece ben presto, che Enone si pentisse
Un sentimento poi di tenerezza fece ben presto, che Enone si pentisse di quanto aveva proferito ; ed ella risolvette di an
che Enone si pentisse di quanto aveva proferito ; ed ella risolvette di andare incontro a Paride co’necessarj rimedj ; ma
, che in quello stesso instante egli spirò. Enone allora con un colpo di pietra uccise il messaggiero, perchè quegli aveva
, perchè quegli aveva detto, ch’ella era stata la cagione della morte di Paride. Poscia la pastorella bagnò di lagrime il
ra stata la cagione della morte di Paride. Poscia la pastorella bagnò di lagrime il corpo di Paride, si attaccò la cintura
della morte di Paride. Poscia la pastorella bagnò di lagrime il corpo di Paride, si attaccò la cintura al collo, e si stra
li narrano diversamente il fatto ; come Paride, dicono essi, morì, il di lui corpo fu trasportato ad Enone, ond’ella avess
orì, il di lui corpo fu trasportato ad Enone, ond’ella avesse la cura di seppellirlo. Colei al vederlo ne restò talmente s
tato Paride con eccesso d’inumanità d’inumanità, allorchè prosteso a’ di lei piedi, e già vicino a spirare, le chiedeva pe
no a spirare, le chiedeva perdono della sua infedeltà, e implorava la di lei assistenza. Aggiungesi che colei n’ebbe posci
rincrescimento, che da se si gettò sul rogo, e si abbruciò col corpo di Paride(a). (a). Hom. Iliad. l. 2. (1). Secondo
di Paride(a). (a). Hom. Iliad. l. 2. (1). Secondo alcuni la madre di Enea fu una donna Trojana, che portava il nome di
ndo alcuni la madre di Enea fu una donna Trojana, che portava il nome di Venere(a). (b). Virg. Aneid. l. 7. (2). Macare
Là egli s’incontrò con Enea, cui descrisse le sue avventure, e quelle di Ulisse(b). (c). Hom. Iliad. l. 5. (d). Id. Il
estici(c). Sembra, che il loro culto sia derivato dall’antico costume di seppellire nelle case i trapassati. E perchè essi
che vie ; però i Penati furono anche chiamati Viali(d). Sotto il nome di Penati si venerarono poi indistintamente anche gl
ocavano anche in una Cappelletta, denominata Penetrale(g), e Larario, di cui appresso i Grandi un servo, e un Liberto appr
Imperatori ne avea la cura(h). Venivano rappresentati sotto la figura di piccole Statue, coperte di una pelle di cane, ovv
h). Venivano rappresentati sotto la figura di piccole Statue, coperte di una pelle di cane, ovvero sotto quello di questo
rappresentati sotto la figura di piccole Statue, coperte di una pelle di cane, ovvero sotto quello di questo stesso animal
di piccole Statue, coperte di una pelle di cane, ovvero sotto quello di questo stesso animale(a), il quale simboleggiava
d ornare l’anzidetta Cappella, e ad inghirlandarne le statue predette di fiori, e spezialmente di viole, di mirto, e di ro
ella, e ad inghirlandarne le statue predette di fiori, e spezialmente di viole, di mirto, e di rosmarino. Dinanzi ad esse
inghirlandarne le statue predette di fiori, e spezialmente di viole, di mirto, e di rosmarino. Dinanzi ad esse ardevano s
rne le statue predette di fiori, e spezialmente di viole, di mirto, e di rosmarino. Dinanzi ad esse ardevano sempre le lam
e di rosmarino. Dinanzi ad esse ardevano sempre le lampade, fumavano di frequente gl’incensi, sacrificavasi in certi gior
ensi, sacrificavasi in certi giorni un porco, e si facevano libazioni di vino(c) in un vaso, detto da’ Latini Patella, dal
rò fu causà, che le medesime venissero in seguito proihite per timore di qualche cospirazione (a). Augusto le ristabilì, e
i per ultimo, che gli Dei Penati, i quali Enea sottrasse all’incendio di Trojà, erano due immagini di giovanetti, assisi,
ati, i quali Enea sottrasse all’incendio di Trojà, erano due immagini di giovanetti, assisi, e armati di lancia (c). (4).
incendio di Trojà, erano due immagini di giovanetti, assisi, e armati di lancia (c). (4). Tito Livio dubita, se Ascanio s
dubita, se Ascanio sia nato da Creusa, o da Lavinia. Questo figliuolo di Priamo da orima fu detto Ascanio da un fiume dell
prima lanugine della barba. Distrutta Troja, mentre l’avo e il padre di lui contrastavano tra loro intomo alla fuga, appa
adre di lui contrastavano tra loro intomo alla fuga, apparve sul capo di Ascanio una piccola fiamma, la quale nè gli recò
ò alcun danno, nè si potè estinguere colle mani : donde si presagì il di lui futuro Imperio. Difatti dopo la morte di Enea
ni : donde si presagì il di lui futuro Imperio. Difatti dopo la morte di Enea egli regnò trent’anni appresso Lavinio, e vi
ppresso Lavinio, e vi fondò Alba Longa (d). (5). Anche Panto, figlio di Otreo Focese, nella notte dell’eccidio di Troja,
. (5). Anche Panto, figlio di Otreo Focese, nella notte dell’eccidio di Troja, si salvò a traverso de’nemici, tenendo per
ndo coll’altra i suoi Dei Penati, e i vasi sacri del tempio d’Apollo, di cui egli n’era il sacerdote (a). (6). Un simile
o d’Apollo, di cui egli n’era il sacerdote (a). (6). Un simile fatto di filiale pietà dimostrarono i due fratelli Sicihan
ulle spalle i loro genitori, e per sottrarli alla morte non temettero di passare tralle fiamme, che li ambe le parti consu
e fiamme, che li ambe le parti consumavano ogni cosa. Gli Dei a vista di sì straordinaria pietà fecero, che il fuoco li ri
ase prigioniero de’Greci, e che fu dato con Andromaca a Pirro, figlio di Achille (c). Altri soggiungono, che i Greci lo la
d). Tra coloro, che in quella circostanza tradirono la patria, Darete di Frigia annovera anche Ucalegonte (a). Omero poi (
ta d’Africa (f) ; Ladone, che fu ucciso da Aleso (g) ; Eumede, figlio di Dolone ; Clizio, figlio d’Eolo, nato in Lirnessa,
Mnesteo, Principe Trojano, discendente d’Assaraco (i), e Naute, nelle di cui mani fu da Diomede rimesso il Pallade, rapito
da Troja. Daquel tempo Naute, e i suoi discendente ebbero la custodia di quel sacro simulacro (l). (a). Virg. Acneid. l.
cro simulacro (l). (a). Virg. Acneid. l. 2. (9). Piloto delle navi di Enea fu Palinuro. Questi, aggravato dal sonno, ca
ni fu giuoco de’venti e delle onde. Il quarto dì arrivò alle spiaggie di Velia, città della Lucania, i di cui abitanti, do
e. Il quarto dì arrivò alle spiaggie di Velia, città della Lucania, i di cui abitanti, dopo di averlo spogliato e ucciso,
alle spiaggie di Velia, città della Lucania, i di cui abitanti, dopo di averlo spogliato e ucciso, di nuovo lo gettarono
della Lucania, i di cui abitanti, dopo di averlo spogliato e ucciso, di nuovo lo gettarono in mare. Gli Dei, per punire t
o, di nuovo lo gettarono in mare. Gli Dei, per punire tanta inumanità di coloro, li àfflissero con fiera pestilenza. I Vel
acolo, che quella non sarebbe cossata, se non avessero placato i Mani di Palindro, gli consecrarono un bosco, e gli eresse
ero un cenotafio in un promontorio, il quale fu poi detto Prementorio di Palinuro (a). (a). Virg. Acneid. l. 3. (10). D
a). (a). Virg. Acneid. l. 3. (10). Dicono alcuni, che Anchise finì di vivere sul monte Ida (b). Pausania pretende che s
onte, che poscia si denominò Anchiso (c). Eustato soggiunge, che morì di ottant’anni (d). Igino (e) e Virgilio narrano, ch
è si vantò d’aver conversato con Venere (f). (11). Didone era figlia di Belo, re di Tiro, e sorella di Pigmalione. Fu dat
’aver conversato con Venere (f). (11). Didone era figlia di Belo, re di Tiro, e sorella di Pigmalione. Fu data in matrimo
n Venere (f). (11). Didone era figlia di Belo, re di Tiro, e sorella di Pigmalione. Fu data in matrimonio a Sicheo, chiam
matrimonio a Sicheo, chiamato anche Acerba (g), e Sicarba (h), figlio di Flistene, e il più picco sacerdote di Ercole, chè
erba (g), e Sicarba (h), figlio di Flistene, e il più picco sacerdote di Ercole, chè si trovasse tra tutti i Fenici. Pigma
di Ercole, chè si trovasse tra tutti i Fenici. Pigmalione sorprese il di lei marito, mentre questi sacrificava, e lo uccis
arito, mentre questi sacrificava, e lo uccise per impossessarsi delle di lui ricchezze. Il truce fatto per qualche tempo s
to per qualche tempo stette nascosto a Didone ; ma finalmente l’ombra di Sicheo, che fino allora era rimasto privo degli o
idone così fece, e si trasferì nell’Africa, ove regnava larba, figlio di Giove e della Ninfa Garamantide. Ella gli offerì
rì porzione de’suoi tesori, a patto, che volesse cederle tanto spazio di terreno, quanto ella ne avesse potuto misurare co
pazio di terreno, quanto ella ne avesse potuto misurare con una pelle di bue. L’ottenne : quindi, tagliata la pelle in ist
essa vi formò una Cittadella, a cui dalla pelle del bue diede il nome di Birsa, voce Greca, che significa pelle (a). (12)
a). (12). Varrone, citato da Servio (b), dice, che non Didone, ma la di lei sorella, Anna, concepì in quella circostanza
a). Id. Acneid. l. 4. (13). Altri raccontano in altro modo la morte di Didone. Dicono, che quando colei stabilì in Afric
volle acconsentirvi. E perchè temeva d’esservi costretta dalla forza di quel re, ricercò alquanto di tempo sotto pretesto
è temeva d’esservi costretta dalla forza di quel re, ricercò alquanto di tempo sotto pretesto di voler prima placare l’omb
etta dalla forza di quel re, ricercò alquanto di tempo sotto pretesto di voler prima placare l’ombra di Sicheo. Compito qu
cercò alquanto di tempo sotto pretesto di voler prima placare l’ombra di Sicheo. Compito quello, alzò un rogo, e sopra di
rima placare l’ombra di Sicheo. Compito quello, alzò un rogo, e sopra di quello finì i suoi giorni (c). Quesra sì intrepid
inì i suoi giorni (c). Quesra sì intrepida azione le acquistò il nome di Elisa parola Fenicia, la quale dicono significare
ferì in matrimonio ad Eolo la più bella tralle sue quattordici Ninfe, di nome Dejopeia, per eccitarlo a suscitare quella n
(15). Appresso gli Antichi, per celebrare l’Anniversario della morte di alcuno, si adunavano i parenti e gli amici al sep
alcuno, si adunavano i parenti e gli amici al sepolcro, lo cuoprivano di flori, frutta, e vivande, e si dedicavano a feste
a feste e a giuochi. Mentre Enea celebrava in Sicilia d’anniversario di suo padre, Entello, famoso Atleta, disputò il pre
nol avesse assistito (b). I Giuochi poi, instituiti da Enea in onore di Anchise, vennero chiamati i Giuochi Trojani. In e
i Trojani. In essi gli esercizj erano tutti militari. Ascanio, figlio di Enea, li insegnò agli Albani, e questi a’Romani.
ione degli uomini, o perchè si genera insieme con loro (d). Due sorta di Genj furono da altri riconosciuti : gli uni, che
inati Telchini, ed Alastori, ossia malefici, tra’quali si fa menzione di un certo Atteo. Credevasi, che i medesimi sparges
i, e quasi tutte le altre cose aveano il loro Genio (c). Demogorgone, di cui abbiamo parlato anche altrove, si tenne parim
un Genio, che presiedeva alla terra. Si rappresentava sotto l’aspetto di pallido e smunto vecchio, che soggiornava nelle v
rnità e il Caos. Paussania scrive, che vicino al confine delle stadio di Olimpia eravi un altare di figura rotonda, dedica
scrive, che vicino al confine delle stadio di Olimpia eravi un altare di figura rotonda, dedicato ad un Genio, denominato
esi dallo spavento, che più non ubbidivano nè alla voce, nè alla mano di chi li reggeva, e rovesciavano soventi volte il c
(a). Queste Deità comunemente si rappresentavano sotto la figura ora di vecchi, ed ora di giovanetti, qualche volta alati
comunemente si rappresentavano sotto la figura ora di vecchi, ed ora di giovanetti, qualche volta alati (b). Si coronavan
ora di giovanetti, qualche volta alati (b). Si coronavano con foglie di platano (c). Talora comparivano anche sotto le se
on foglie di platano (c). Talora comparivano anche sotto le sembianze di serpente (d). (b). Virg. Acneid. l. 5. (17). V
ver ucciso accidemalmente il padre, lasciò l’Artadia, e per consiglio di sua madre si trasferì in Italia. Quivi, ocacciati
nò a que’popoli l’agricoltura e l’uso delle lettere. Accolse appresso di se Ercole ; e corse seppe, ch’era figliuolo di Gi
tere. Accolse appresso di se Ercole ; e corse seppe, ch’era figliuolo di Giove, e che le di lui grandi azioni corrispondev
sso di se Ercole ; e corse seppe, ch’era figliuolo di Giove, e che le di lui grandi azioni corrispondevano all’alto sua na
(l). Virgilio poi narra, che Evandro ebbe a combattere con Erilo, re di Preneste, in Italia ; e che tre volte dovette dar
ni altra peste degli uni sopra quella degli altri, faceva morire così di orribile infezione tanti viventi (c). (b). Id.
ezione tanti viventi (c). (b). Id. Acneid. l. 8. (20). Nell’armata di Turno conoro Bnea molto si distinse Messapo, figl
). Nell’armata di Turno conoro Bnea molto si distinse Messapo, figlio di Nettuno, ed eccellente nell’arte di maneggiare i
molto si distinse Messapo, figlio di Nettuno, ed eccellente nell’arte di maneggiare i cavalli (d) ; Mago, che restò ucciso
ole dalla Sacerdotessa Rea, e che portava scoloita sullo scudo l’Idra di Lerna, per indicare la sua illustre origine (h).
). Virg. Aneid. l. 10. (22). Lauso riuscì eccellentemente nell’arte di maneggiare i cavalli, e nell’esercizio della cacc
eid. l. 11. (23). Camilla fu allevata ne’boschi, e nutrita col latte di un giumento. Venne consecrata a Diana da Metabo,
agile alla corsa, che avrebbe potuto correre sopra un campo, coperto di spighe, senza farle piegare sotto i suoi piedi, o
le onde del mare, senza restarne bagnata. La sua veste era una pelle di tigre. Quando marciò contro Enea, fece cadere sot
Quando marciò contro Enea, fece cadere sotto i suoi colpi un’infinità di Frigj. Rimase uccisa da Arunte, soldato Trojano,
in cui ella stava per ispogliare delle armi Cloreo, antico Sacerdote di Cibele. Arunte poi fu messo a morte da Diana (c).
l. 12. (d). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (24). Lavinia, moglie di Enea, concepì gelosia di Anna, e ordì contro di l
. Hofman. Lex. Univ. (24). Lavinia, moglie di Enea, concepì gelosia di Anna, e ordì contro di lei varie insidie. Anna, a
(24). Lavinia, moglie di Enea, concepì gelosia di Anna, e ordì contro di lei varie insidie. Anna, avvertita in sogno da Di
ipitarsi nel fiume Numicio, dove divenne una Ninfa, e assunse il nome di Anna Perenna. Altri poi sotto tal nome riconobber
Anna Perenna. Altri poi sotto tal nome riconobbero una certa vecchia di campagna, che somministrò viveri al Popolo Romano
che la Luna, o Temi, o Io, o una delle Atlantidi, la quale fu nutrice di Giove. Comunque ciò sia, notiamo per ultimo, che
otiamo per ultimo, che Anna Perenna fu venerata come una Dea, e che a di lei onore si celebrava lungo le rive del Tevere u
i partorì un figlio. cui dal luogo, ove nacque, venne imposto il nome di Silvio (c). E siccome il medesimo comparve alla l
di Silvio (c). E siccome il medesimo comparve alla luce dopo la morte di suo padre, così egli fu anche socrannominato Post
. L. 3. (b). Joh. Jacob. Hofman. Lex. Univ. (1). Il primo marito di Clitennestra fu Tantalo, figlio di Tieste, e ulti
Lex. Univ. (1). Il primo marito di Clitennestra fu Tantalo, figlio di Tieste, e ultimo nipote di Tantalo, re di Frigia
marito di Clitennestra fu Tantalo, figlio di Tieste, e ultimo nipote di Tantalo, re di Frigia (a). (c). Hyg. fab. 88.,
ennestra fu Tantalo, figlio di Tieste, e ultimo nipote di Tantalo, re di Frigia (a). (c). Hyg. fab. 88., Tzeizcs Chil. 1
iad. l. 2. (2). I Greci, come si divisero tra loro le ricche spoglie di Troja, furono tosto impazienti di ritornarsene al
divisero tra loro le ricche spoglie di Troja, furono tosto impazienti di ritornarsene alle loro città, malgrado la minacci
ne alle loro città, malgrado la minacciosa apparenza del Cielo. Molti di essi periròno per nautragio, e gli altri vennero
i altri vennero per lungo tempo portati quà e là per ignoti mari. Uno di questi ultimi fu anche Agapenore. Egli da una pro
ltimi fu anche Agapenore. Egli da una procella fu gettato sulle coste di Cipro ; e costretto dalla necessita, si stabilì i
in Pafo, ove fabbricò un tempio a Venere (b). (3). Teucro era figlio di Telamone, re di Salamina, e di Esione, figlia di
bricò un tempio a Venere (b). (3). Teucro era figlio di Telamone, re di Salamina, e di Esione, figlia di Laromedonte, e s
a Venere (b). (3). Teucro era figlio di Telamone, re di Salamina, e di Esione, figlia di Laromedonte, e sorella di Priam
). Teucro era figlio di Telamone, re di Salamina, e di Esione, figlia di Laromedonte, e sorella di Priamo. Omero ne parla,
lamone, re di Salamina, e di Esione, figlia di Laromedonte, e sorella di Priamo. Omero ne parla, come del miglior tiratore
nella Greca armata (c). Teucro uccise Clito, Principe Trojano, figlio di Pisenore, e cocchiera di Polidamante (d), Privò d
eucro uccise Clito, Principe Trojano, figlio di Pisenore, e cocchiera di Polidamante (d), Privò di vita un Imbrio guerrier
pe Trojano, figlio di Pisenore, e cocchiera di Polidamante (d), Privò di vita un Imbrio guerriero, figlio del ricco Mentor
Privò di vita un Imbrio guerriero, figlio del ricco Mentore, e marito di Medesicasta, figlia di Priamo (e). Fece spirare s
guerriero, figlio del ricco Mentore, e marito di Medesicasta, figlia di Priamo (e). Fece spirare sotto i suoi colpi Proto
irare sotto i suoi colpi Protoone (f). Essendo ritornato dall’assedio di Troja, senzachè avesse vendicata la morte di Ajac
o ritornato dall’assedio di Troja, senzachè avesse vendicata la morte di Ajace, suo fratello, non fu accolto dal padre. Si
Cipro, ove fondò una città, che denominò pure Salamina. Dopo la morte di Telamone voleva rimettersi in patria ; ma Eurisac
a morte di Telamone voleva rimettersi in patria ; ma Eurisace, figlio di Ajace, gli si oppose. Prese allora la strada dell
e s’impadronì de’luoghi, ne’quali poscia si fabbricò Cartagigine. Da di là passò in Gallecia, ed ivi finalmente si stabil
cro ritornò alla sua nuova Salamina. Allora fu, che vi eresse al dire di Lattanzio un tempio a Giove, in eui per comando d
vi eresse al dire di Lattanzio un tempio a Giove, in eui per comando di lui si sacrificava al Nume un uomo (c). (4). Eur
Euripilo nacque dal Tessalo Evemone (d). Egli uccise Apisaone, figlio di Fausio (e), ed Ipsenore, figlio di Dolopione (f).
(d). Egli uccise Apisaone, figlio di Fausio (e), ed Ipsenore, figlio di Dolopione (f). Nella divisione delle Trojane spog
lle Trojane spoglie gli toccò una cassa, che racchiudedeva una statua di Bacce, formata da Vulcano, e poi regalata da Giov
ia gli continuò per lungo tempo, nè gli lasciava, che brevi intervali di retto sentimento. Euripilo colse uno di quelli pe
lasciava, che brevi intervali di retto sentimento. Euripilo colse uno di quelli per andarsene a consultare l’Oracolo di Ap
to. Euripilo colse uno di quelli per andarsene a consultare l’Oracolo di Apollo Delfico. N’ebbe in risposta, che dovesse p
fece Euripilo ; e lasciatosi in balia de’venti, fu portato alla costa di Patrasso. V’osservò, che allora si stava sacrific
laria. Quivi si fermò, e trovossi libero dalla sua follia. In memoria di tale avvenimento que’di Patrasso dopo le Feste di
follia. In memoria di tale avvenimento que’di Patrasso dopo le Feste di Bacco celebravano ogni anno i funerali di Euripil
e’di Patrasso dopo le Feste di Bacco celebravano ogni anno i funerali di Euripilo, e rendevano grande onore al Nume, rinch
ortava l’anzidetta cassa in grande pompa (a). (5). Antifo, figliuolo di Tessalo, e nipote di Ercole, col fratello Fidippo
ssa in grande pompa (a). (5). Antifo, figliuolo di Tessalo, e nipote di Ercole, col fratello Fidippo, condusse trenta nav
Fidippo, condusse trenta navi contro Troja (b). (6). Nestore, figlio di Neleo e di Clori, in età di novant’anni intervenn
ndusse trenta navi contro Troja (b). (6). Nestore, figlio di Neleo e di Clori, in età di novant’anni intervenne all’assed
i contro Troja (b). (6). Nestore, figlio di Neleo e di Clori, in età di novant’anni intervenne all’assedio di Troja ; e c
lio di Neleo e di Clori, in età di novant’anni intervenne all’assedio di Troja ; e colla prudenza e sagacità de’consigli r
sue singolari prerogative gli si diede Ecamede, figlia d’Arsinoo, re di Tenedo, la quale era stata fatta schiava da’Greci
impiegò al servigio della sua mensa (d). (7). Idomeneo fu figliuolo di Deucalione, re di Creta. Egli condusse contro Tro
io della sua mensa (d). (7). Idomeneo fu figliuolo di Deucalione, re di Creta. Egli condusse contro Troja ottanta vascell
Priamo avea promesso in moglie la sua figliuola, Cassandra(b). Privò di vita Festo, figlio di Boro, della Meonia(c). Mise
in moglie la sua figliuola, Cassandra(b). Privò di vita Festo, figlio di Boro, della Meonia(c). Mise a morte Erimante(d),
della Meonia(c). Mise a morte Erimante(d), Enomao, e Alcatoo, figlio di Esieta, e genero d’Anchise(e). Ritornando dall’as
too, figlio di Esieta, e genero d’Anchise(e). Ritornando dall’assedio di Troja fu colto da sì fiera burrasca, che stette p
sacrificato chiunque gli si fosse presentato il primo sulle spiaggie di Creta. Non molto dopo vi giunse. Il di lui figliu
entato il primo sulle spiaggie di Creta. Non molto dopo vi giunse. Il di lui figliuolo corse il primo ad abbracciarlo. Ido
re alla promessa, già fatta al Dio delmare, immerse il ferro nel seno di quello. Altri asseriscono, che nol fece, perchè i
ce, perchè il popolo ne lo impedì. Comunque sia, certo è, che tutti i di lui sudditi gli si sollevarono, lo scacciarono da
’Esperia, ove fondò Salento(f). Eragli stato compagno Merione, figlio di Molo, Principe Cretese. Anebe questi diede saggi
o Merione, figlio di Molo, Principe Cretese. Anebe questi diede saggi di grande valore nel tempo della guerra Trojana. Ucc
mo narrato, Fereclo, figlio d’Armonide, Adamante, e Arpalione, figlio di Pilemene, re de’Paflagonj(a). (8). Patroclo nacq
perchè avendo ucciso Cleonimo, o, come altri vogliono, Eante, figlio di Anfidamante, mentre giuocava seco lui, fu costret
eco lui, fu costretto a trasferirsi appresso Peleo, suo parente, e re di Ftia. Quegli lo fece allevare da Chirone insieme
memorabile, ch’egli allora operò, è questa : Achille, per vendicarsi di Agamennone, il quale, come piu diffusamente espor
aveagli tolto Briseide, non voleva più combattere. Prese Patroclo le di lui armi, eccettuatane l’asta, la quale per l’imm
me, come gia abbiamo detto, Pronoo, e Areilico caddero sotto si colpi di lui. Lo stesso fine incontrò Sarpedone, valoroso
o si colpi di lui. Lo stesso fine incontrò Sarpedone, valoroso figlio di Giove. L’indovino Adrasto, Autonoo, Echelo, Perim
Epistorre, Melanippo, Elaso, Molio, e Pharte spirarono pure sotto le di lui mani. Animato da sì feliciosuccessi, nè ancor
l combattimento. Apollo allora, che proteggeva i Trojani, gli comandò di non inferocire pìù oltre. Patroclo, pieno di spav
a i Trojani, gli comandò di non inferocire pìù oltre. Patroclo, pieno di spavento, balzò dal darro, e lanciò una grossa pi
nte la vittoria si dichiarò in favore de’Greci, che trassero il corpo di Cebrione alle loro rive. Patroclo tuttavia son de
gli mancarono, gli caddero le armi, e nestò immobile. Euforbo, figlio di Panto, veggendolo in quello stato, tentò di abbat
immobile. Euforbo, figlio di Panto, veggendolo in quello stato, tentò di abbatterlo, ma non vi riuscì. Iusque Ettore, e co
o, ma non vi riuscì. Iusque Ettore, e coll’asta lo uccise(a). Dopo la di lui morte nacque contesa pel di lui corpo. Ettone
re, e coll’asta lo uccise(a). Dopo la di lui morte nacque contesa pel di lui corpo. Ettone, non contento d’essersi impadro
sa pel di lui corpo. Ettone, non contento d’essersi impadronito delle di lui spoglie, voleva anche recider gli il capo ; m
e di lui spoglie, voleva anche recider gli il capo ; ma Ajace, figlio di Telamone, lo mise in fuga, e trasportò il corpo d
rasportò il corpo dell’estinto ne’suoi navigli. Dicesi, che i cavalli di Achille abbiano pianto la morte di Patioclo, che
uoi navigli. Dicesi, che i cavalli di Achille abbiano pianto la morte di Patioclo, che sieno rimasti immobili colla testa
rso terra, e che non abbiano voluto più marciare ad onta degli sforzi di Automedonte, che li guidava(b). Achille, intesa l
, che li guidava(b). Achille, intesa la morte dell’amito, diede segni di eccessivo dolore, e protestò, che non ne avrebbe
on ne fosse caduto in suo potere l’uccisore, e non avesse sacrificato di sua mano sul rogo di Patroclo dodici de’più illus
suo potere l’uccisore, e non avesse sacrificato di sua mano sul rogo di Patroclo dodici de’più illustri giovani Trojani(a
ustri giovani Trojani(a). Ma Patroclo comparve ad Achille, e lo pregò di sollecitare i suoi funerali, onde potesse aver in
Elisj. Achille prontamente lo fece : scannò molte vittime intorno al di lui rogo ; vi gottò nel mezzo di quello quattro d
ce : scannò molte vittime intorno al di lui rogo ; vi gottò nel mezzo di quello quattro de’suoi più belli cavalli, e due d
esto quanto sul rogo ardeva ; tre volte straseinò intorno il sepoloro di Patroclo e le triora del Troja il corpo di Ettore
aseinò intorno il sepoloro di Patroclo e le triora del Troja il corpo di Ettore, legato a’suoi cavalli ; e terminè que’ fu
lli molto si distinse, e ripottò il premio della corsa Eumela, figlio di Alceste, e di Admero, te di Pere(c). Egli erasi r
istinse, e ripottò il premio della corsa Eumela, figlio di Alceste, e di Admero, te di Pere(c). Egli erasi recato all’asse
ottò il premio della corsa Eumela, figlio di Alceste, e di Admero, te di Pere(c). Egli erasi recato all’assedio di Troja c
di Alceste, e di Admero, te di Pere(c). Egli erasi recato all’assedio di Troja con due cavalle di Fersziade, le quali Apol
te di Pere(c). Egli erasi recato all’assedio di Troja con due cavalle di Fersziade, le quali Apollo aveva allevato sul mon
l pati degli uccelli, portavano da per tutto il terrore e lo spavento di Marte(d). Nel giuoco del disco allora moltiscimo
giuoco del disco allora moltiscimo si segnalò anche Polipete, figlio di Piritoo e d’Ippodamia(a). Più Trojani caddero sot
lipete, figlio di Piritoo e d’Ippodamia(a). Più Trojani caddero sotto di lui, e tra gli altri Astialo(b), Damaso, Pilone,
altri Astialo(b), Damaso, Pilone, e Ormeno(c). (9). Anfimaco, figlio di Nomione, si recò all’asseuio di Troja tutto brill
, e Ormeno(c). (9). Anfimaco, figlio di Nomione, si recò all’asseuio di Troja tutto brillante d’oro, ein lusso femminile(
ja tutto brillante d’oro, ein lusso femminile(d). (10). Mege, figlio di Fileo, si portò contro i Trojani con quaranta vas
ccise Cresmo(e), e Pedeo, figlio d’Antenore(f). (11). Talpio, figlio di Eurito, armò contro Troja quaranta vascelli, de’q
sopra quaranta secondo Omero(i). Piro, capo de’Traci, spirò per mano di lui(l). Toante era sì stimato, che Nettuno prese
spirò per mano di lui(l). Toante era sì stimato, che Nettuno prese le di lui sembianze per animare i Greci al combattiment
Agamennone, volle ritornarsene nell’Arcadia. Minerva, presa la figura di Mela, figlio di Opi, procurò di dissuadere Teuti
e ritornarsene nell’Arcadia. Minerva, presa la figura di Mela, figlio di Opi, procurò di dissuadere Teuti dalla sua risolu
ell’Arcadia. Minerva, presa la figura di Mela, figlio di Opi, procurò di dissuadere Teuti dalla sua risoluzione. Questi, t
coscia, ed eseguì ciò, che avea stabilito. Arrivato a casa, gli parve di vedere Minerva, che gli mostrava la sua ferita. D
li mostrava la sua ferita. Dopo questa visione cadde ammalato, e morì di languidezza. La terra, in cui avea dimorato, non
più alcun frutto. Gli abitanti della medesima consultarono l’Oracolo di Dodona, che li consigliò di placare la predetta D
nti della medesima consultarono l’Oracolo di Dodona, che li consigliò di placare la predetta Divinità. Eglino le eressero
ennone ammesso tralla sua armata, affinchè facesse ridere, e servisse di divertimento. Colui sempre ciarlava, e diceva tut
che gli si rovesciavano sul petto. Era appuntito nel capo, e coperto di pochissimi capelli. Egli fece i più mordaci rimbr
più mordaci rimbrotti ad Agamenone intorno al buon esito dell’assedio di Troja, ed Ulisse perciò fortemente lo percosse(b)
chille, come più diffusamente vedremo, e quegli con un pugno lo privò di vita(c). (15). Le figliuole di Anio ebbero per m
dremo, e quegli con un pugno lo privò di vita(c). (15). Le figliuole di Anio ebbero per madre Dorippe, e si chiamavano En
chiamavano Eno, Spermo, ed Elaide. Aveano ottenuto da Bacco la virtù di cangiare in vino, grano, ed olio tutro quel, che
alcante era e sacerdote e indovino. Niuno de’mortali intendeva meglio di lui il volo o il linguaggio degli uccelli. Agamen
l Monarca s’accinse all’impresa e l’avvenimento comprovò il vaticinio di Mopso. Ciò talmente avvilì il di lui rivale, che
l’avvenimento comprovò il vaticinio di Mopso. Ciò talmente avvilì il di lui rivale, che questi morì di dolore(a). Altri p
cinio di Mopso. Ciò talmente avvilì il di lui rivale, che questi morì di dolore(a). Altri poi dicono, che, essendosi ricer
non proferi parola ; laddove Mopso soggiunse, che quella era gravida di sei figli, tra’quali ve ne sarebbe stato un solo
o ciò esattamente viddesi verificato ; e fu allora, che Calcante morì di tristezza(b). Questi dopo motte ebbe un tempietto
mpietto in Daunia sopra una collina appresso all’altro piccolo tempio di Podalirio, figlio di Esculapio(c). Mopso poi fu a
ra una collina appresso all’altro piccolo tempio di Podalirio, figlio di Esculapio(c). Mopso poi fu annoverato tra’Semidei
igenia, trasportata nella Taurica Chersoneso, divenne la Sacerdotessa di Diana, cosicchè toccava ad essa l’iniziare i fore
cchia donna(f). Virgilio ci fa credere, che realmente siasi sparso il di lei sangue sull’ara(a). Stesicore finalmente, che
crificata in quell’occasione, era una figlia, la quale Elena, sorella di Clitennestra, avea avuto da Tesseo, e che da lei
era stata mai dichiarata per sua figliuola, attesochè ella non osava di manifestare a Menelao il suo secreto matrimonio c
Nella sorpresa universale Calcante predisse allora, che la conquista di Troja avrebbe costato a’Greci tanti anni di stent
allora, che la conquista di Troja avrebbe costato a’Greci tanti anni di stenti e sudori, quanti erano stati gli uccelli d
l. 11. (19). Oileo, padre d’Ajace, avendo voluto vendicare la morte di Bienore, di cui n’era il cocchiere, rimase parime
). Oileo, padre d’Ajace, avendo voluto vendicare la morte di Bienore, di cui n’era il cocchiere, rimase parimenti ucciso d
Agamennone(c). (b). Id. Iliad. l. 5. (20). Deicoonte era compagno di Enea. I Trojani lo onoravano quanto i figliuoli d
oonte era compagno di Enea. I Trojani lo onoravano quanto i figliuoli di Priamo, poichè dava saggi di grande coraggio(d).
Trojani lo onoravano quanto i figliuoli di Priamo, poichè dava saggi di grande coraggio(d). (c). Id. Iliad. l. 11. (d)
trionfanti de’Greci si dovette spezialmente all’ingegnosa accortezza di Ulisse. Questi suggerì a’suoi, che fingessero di
ingegnosa accortezza di Ulisse. Questi suggerì a’suoi, che fingessero di ritirarsi dall’assedio, e di far ritorno alle lor
e. Questi suggerì a’suoi, che fingessero di ritirarsi dall’assedio, e di far ritorno alle loro città, ma che prima lascias
città, ma che prima lasciassero costruito dinanzi a Troja un cavallo di legno, capace di contenere quantità d’armati. Com
ima lasciassero costruito dinanzi a Troja un cavallo di legno, capace di contenere quantità d’armati. Com’egli consigliò,
citornavano alle loro città ; e intanto si occultarono dietro l’Isola di Tenedo, posta dirimpetto a Troja. Uscirono allora
loro nemici, e presero ad ammirare il gran Cavallo(b). Timete, figlio di Laomedonte secondo Ditti Cretese(c), comechè cono
e ciò abbia fatto per vendicarsi con Priamo, che avea fatto morire il di lui figliuolo(d). Capi all’opposto, ed altri migl
rovavano in due partiti divisi, disceso dalla rocca Laocoonte, figlio di Priamo e di Ecuba, e sacerdote di Nettuno. Quegli
due partiti divisi, disceso dalla rocca Laocoonte, figlio di Priamo e di Ecuba, e sacerdote di Nettuno. Quegli, seguito da
sceso dalla rocca Laocoonte, figlio di Priamo e di Ecuba, e sacerdote di Nettuno. Quegli, seguito da moltitudine di popolo
mo e di Ecuba, e sacerdote di Nettuno. Quegli, seguito da moltitudine di popolo, e pieno d’estro fatidico, si fece a dire,
urto si scosse, e risuonò d’un cupo rimbombo il cavo ventre. L’azione di Laocoonte si risguardò come un’empietà. Troja ne
tava sacrificando sulla spiaggia a Nettuno, si staccarono dall’ Isola di Tenedo due serpenti, che, strisciando prima con f
, si lanciarono poscia sulla riva, e assalirono due piccoli figliuoli di lui, e ne fecero orrendo scempio. In vano usò il
loro difesa : che anzi gli stessi serpenti si avventarono pure contro di lui, e lo tormentarono in guisa di fargli mettere
erpenti si avventarono pure contro di lui, e lo tormentarono in guisa di fargli mettere disperate grida. Tanto più dunque
re al sacro cavallo, a Ballade offerto. Quindi non attendendo a’detti di lui, lo trasferirono nella loro città. A ciò fare
ella loro città. A ciò fare aveali indotti anche prima Sinone, figlio di Sisifo, nipote d’Autolico, e soldato d’Achille. C
te prendere da’ Trojani, e diede loro a credere, che i Greci, stanchi di sì lungo assedio, e risoluti di abbandonarlo, ave
loro a credere, che i Greci, stanchi di sì lungo assedio, e risoluti di abbandonarlo, aveano ricevuto ordine dall’ Oracol
dio, e risoluti di abbandonarlo, aveano ricevuto ordine dall’ Oracolo di Febo, che prima sacrificassero uno di loro, affin
o ricevuto ordine dall’ Oracolo di Febo, che prima sacrificassero uno di loro, affinchè potessero rimettersi di nuovo con
, che prima sacrificassero uno di loro, affinchè potessero rimettersi di nuovo con favorevo le vento alle patrie terre. So
ricercarono con oual disegno i Greci avessero formata l’immensa mole di quel Cavallo. Rispose, che i suoi, dopochè rapiro
godettero più favorevole sorte nelle loro imprese ; che per consiglio di Calcante conobbero, ch’era necessario ritornarsen
are i sacri auspizj, placare l’offesa Dea, e poi ripigliare l’assedio di Troja. Conchiuse col dire, che intanto per espiar
annati da questi detti insidiosi, si affrettarono a ritirare appresso di loro il predetto Cavallo. Pet riuscirvi ruppero l
i abitanti (a). (22). Corebo, chiamato da Omero Ortrione, era figlio di Migdone. Egli, veggendo che i Greci conducevano v
veggendo che i Greci conducevano via, come schiava, Cassandra, tentò di far loro resistenza, e rimase ucciso da Peneleo (
sua figlia, madre d’un bambino. Per celare poi l’obbrobriosa nascita di quello, comandò, che lo stesso fosse esposto nell
male chiamasi da’ Greci ega, così a quel fanciullo fu imposto il nome di Egisto (b). (a). Hyg. fab. 116. 117. 240. (b).
Elettra a sposare un nobile, ma povero uomo. Questi la tenne appresso di se, finchè Oreste ascese nuovamente al trono. Ell
emide, come una giovine prudente, la quale seppe occultare agli occhi di sua madre il dolore, che sentiva per la morte di
occultare agli occhi di sua madre il dolore, che sentiva per la morte di suo padre. N’ era quindi ben veduta ; laddove Ele
er la morte di suo padre. N’ era quindi ben veduta ; laddove Elettra, di lei sorella, non potendo trattenere il pianto e i
esa (d). (a). Iliad. l. 9. (26). Aleso, spaventato del tristo fine di suo padre, e temendo d’incontrare anch’egli la st
ia salvato il giovine Oreste, facendolo passare appresso Idomeneo, re di Creta, il quale lo prese sotto la sua protezione
a, il quale lo prese sotto la sua protezione (d). (2). Nell’ Elettra di Sofocle Oreste e Pilade si fanno credere Focesi,
Pilade si fanno credere Focesi, i quali non solo annunziano la morte di Oreste, ma fingono anche di portarne per ordine d
esi, i quali non solo annunziano la morte di Oreste, ma fingono anche di portarne per ordine di Strofio le ceneri raccolte
nnunziano la morte di Oreste, ma fingono anche di portarne per ordine di Strofio le ceneri raccolte in un’urna. (b). Joh
risce, che Oreste fu accusato dinanzi all’ Areopago da Tindaro, padre di Clitennestra (e). V’è chi soggiunge, che lo abbia
(e). V’è chi soggiunge, che lo abbia fatto Erigona, figlia d’Egisto e di Clitennestra ; e che colei talmente si rattristò
continua a dire, che volendo Oreste ucciderla, Diana la sottrasse al di lui furore, e la stabilì sua sacerdotessa nell’ A
madre, perdette la mente. Vicino allo stesso tempio eravi una spezie di tomba, detta la sepoltura del dito, perchè sopra
eravi una spezie di tomba, detta la sepoltura del dito, perchè sopra di essa stava scolpita la figura d’un dito ; e si di
avesse troncato colà un dito della mano co’denti (a). (5). La statua di Diana fu collocata nel bosco d’Aricia, e venne so
tini Fascelide, perchè quando fu rapita, venne nascosta tra un fascio di legna (c). Pausania dice, che in Brauron, Borgo d
ania dice, che in Brauron, Borgo dell’ Attica, eravi un’antica statua di Diana, la quale credevasi essere quella, che fu r
oltre un’ignuda spada sulla testa d’una vittima umana, e alcune gocce di sangue, che da quella si facevano uscire, erano i
une gocce di sangue, che da quella si facevano uscire, erano in luogo di sacrifizio. Ifigenia fu la sacerdotessa di quel t
ano uscire, erano in luogo di sacrifizio. Ifigenia fu la sacerdotessa di quel tempio, e dopo morte viricevette onori divin
vini. (d). Lo stesso Storico soggiunge, che gli Spartani pretendevano di possedere essi la predetta Statua (e). Strabone f
bone finalmente (f), Dione (g), e Tzetze (h) dicono, che gli abitanti di Comana, città della Cappadocia, e que’di Castabal
, e que’di Castabalo, altra città della stessa Contrada, si vantavano di tenere il medesimo simulacro. Strabone aggiunge,
tenere il medesimo simulacro. Strabone aggiunge, che le Sacerdotesse di Diana, onorata in Castabalo sotto il nome di Pera
nge, che le Sacerdotesse di Diana, onorata in Castabalo sotto il nome di Perasia, camminavano a piedi ignudi sopra carboni
eclaustre Diction. Mythol. (1). Il piloto, che condusse il vascello di Menelao dall’assedio di Troja, chiamavasi Canobo.
l. (1). Il piloto, che condusse il vascello di Menelao dall’assedio di Troja, chiamavasi Canobo. Questi rimase punto da
un serpente, mentre Menelao era da’venti trattenuto in Egitto, e morì di quella puntura. Il re di Sparta, per onorarne la
ao era da’venti trattenuto in Egitto, e morì di quella puntura. Il re di Sparta, per onorarne la memoria, fabbricò ivi una
asciò tutti gl’inutili alla navigazione(a). (2). Elena dopo la morte di Menelao fu scacciata da Sparta, e dovette andarse
o fu scacciata da Sparta, e dovette andarsene appresso Poliso, moglie di Tlepolemo, re di Rodi. Poliso ; per vendicarsi di
Sparta, e dovette andarsene appresso Poliso, moglie di Tlepolemo, re di Rodi. Poliso ; per vendicarsi di Elena, cagione d
esso Poliso, moglie di Tlepolemo, re di Rodi. Poliso ; per vendicarsi di Elena, cagione della guerra, in cui era morto il
e’di Rodi fabbricarono ad Elena un tempio, che denominarono il tempio di Elena Dendrite, ossia attaccata all’albero (c). G
ali si celebravano dalle vergini, sedenti sopra mule, o cocchi, fatti di vinchi(e). Elena secondo Erodoto era invocata, on
vocata, onde rendesse belle le giovani deformi. Una ricchissima donna di Sparta partorì una bruttissima bambina, la mandò
partorì una bruttissima bambina, la mandò spesso nel predetto tempio di Elena ; e la bambina divenne sì avvenente, che Ar
tempio di Elena ; e la bambina divenne sì avvenente, che Aristone, re di Sparta, la sposò(a). Dicesi finalmente, che il Li
stato privato degli occhi da Castore e da Polluce, perchè avea osato di dir male di Elena in uno de’suoi Carmi, riacquist
to degli occhi da Castore e da Polluce, perchè avea osato di dir male di Elena in uno de’suoi Carmi, riacquistò poi la vis
tide d’aver tentato d’uccidere Achille, appena nato, come aveva fatto di altri sette prima di lui, indispettita di aver do
’uccidere Achille, appena nato, come aveva fatto di altri sette prima di lui, indispettita di aver dovuto sposare un morta
pena nato, come aveva fatto di altri sette prima di lui, indispettita di aver dovuto sposare un mortale. Furonvi alcuni, i
Univ. (2). Neottolemo fece perire sotto la sua mano un gran numero di prodi Trojani. Spezialmente poi si distinse in va
pezialmente poi si distinse in valore, quando uccise Euripilo, figlio di Telefo(c), il quale erasi portato in soccorso di
ise Euripilo, figlio di Telefo(c), il quale erasi portato in soccorso di Priamo, perchè erasi invaghito della di lui figli
ale erasi portato in soccorso di Priamo, perchè erasi invaghito della di lui figliuola, Cassandra, e il quale aveva ucciso
iso molti Capitani Greci, e tra gli altri il bellissimo Nireo, figlio di Caropo, e della Ninfa, Aglaja, e il celebre Macao
figlio di Caropo, e della Ninfa, Aglaja, e il celebre Macaone, figlio di Esculapio(d) ; benchè Orfeo fa sopravvivere. Maca
(d) ; benchè Orfeo fa sopravvivere. Macaone ad Euripilo(e). I sudditi di questo, come lo viddero morto, rimasero presi da
sì veemente dolore, che tutti si lasciarono uccidere intorno al corpo di lui(f). Neottolemo, ritornando dall’assedio di Tr
idere intorno al corpo di lui(f). Neottolemo, ritornando dall’assedio di Troja, attaccò e ferì Arpalico, re d’un popolo de
popolo della Tracia. Questo re ne sarebbe anche rimasto ucciso, se la di lui figliuola, Arpalice, eccellente nel maneggio
n fuga il nemico. Questa sì valorosa giovine, afflitta per la perdita di suo padre, che qualche tempo dopo era perito in u
empo dopo era perito in una sedizione, si ritirò ne’boschi, ove visse di rapine. Ella correva con somma rapidità, nè fu pr
data in moglie a Neottolemo. Non avendo Ennione prole, divenne gelosa di Andromaca, la quale, come abbiamo esposto, era to
ta a Neottolemo nel riparto delle donne Trojane ; e formò il progetto di farla perire, mentre Neottolemo era andato in Del
arta, e uccise Neottolemo(b). Altri raccontano in altro modo la morte di Neottolemo. Questi, dicono essi, giudicò Apollo a
di Neottolemo. Questi, dicono essi, giudicò Apollo autore della morte di suo padre. Si portò quindi in Delfo per saccheggi
rte di suo padre. Si portò quindi in Delfo per saccheggiare il tempio di quel Nume, ma in vece restò egli ivi ucciso(c). C
. Id. Iliad. l. 23. (3). Un simile voto fece anche Berenice, figlia di Tolommeo Filadelfo e di Arsinoe. Colei sposò Tolo
). Un simile voto fece anche Berenice, figlia di Tolommeo Filadelfo e di Arsinoe. Colei sposò Tolommeo Evergere, re d’Egit
dolo marciare alla testa de’ suoi eserciti contro gli Assirj, promise di consecrare la sua bella chioma a Venere, se egli
tempio dell’anzidetta Dea, eretto in Arsinoe, città del suo regno. Il di seguente non si trovò più quella chioma. Conone,
di seguente non si trovò più quella chioma. Conone, celebre Astronomo di Samo, fece credere, ch’essa fosse stata caugiata
h’essa fosse stata caugiata in una Costellazione, detta poi la Chioma di Berenice (a). (d). Id. Iliad. l. 2. (4). I Mir
ella Ftiotide, i quali avevano avuno origine nell’Isola Egina. L’odio di Giunone contro di Egina, madre di Eaco, ne di que
uali avevano avuno origine nell’Isola Egina. L’odio di Giunone contro di Egina, madre di Eaco, ne di quell’Iscea, avea fat
no origine nell’Isola Egina. L’odio di Giunone contro di Egina, madre di Eaco, ne di quell’Iscea, avea fatto perire di pos
ell’Isola Egina. L’odio di Giunone contro di Egina, madre di Eaco, ne di quell’Iscea, avea fatto perire di postilenza quas
contro di Egina, madre di Eaco, ne di quell’Iscea, avea fatto perire di postilenza quasi tutti quegli abitatori. Eaco si
tti quegli abitatori. Eaco si rivolse a Giove ; suo padre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di accomunarlo con loro
rivolse a Giove ; suo padre, e lo pregò di restituirgli i sudditi, o di accomunarlo con loro nel generale esterminio. Ter
nel generale esterminio. Terminata la preghiera, un lampo e un ruono di prospero augurio lo empirono di coraggio, e accre
ata la preghiera, un lampo e un ruono di prospero augurio lo empirono di coraggio, e accrebbero fiducia a’suoi desiderj. P
pplicava il predetto Nume, eravi un’annosa quercia, prodotta dal seme di quelle di Dodona, sacra allo stesso Dio. Intorno
l predetto Nume, eravi un’annosa quercia, prodotta dal seme di quelle di Dodona, sacra allo stesso Dio. Intorno alla medes
oltissime formiche, clascuna delle quali portava in bocca un granello di frumento. Nell’osservare il re quel gruppo immens
cca un granello di frumento. Nell’osservare il re quel gruppo immenso di sì minuti animali, rinovò a Giove l’istanza, acci
sì minuti animali, rinovò a Giove l’istanza, acciocchè ripopolasse la di lui deserta città con una copia di abitatori, cot
’istanza, acciocchè ripopolasse la di lui deserta città con una copia di abitatori, cotrispondente a quella delle predette
e un Nume, ed ebbe un tempio, in cui i vincitori deponevano le corone di fiori, che aveano riportaro ne’Giuochi, celebrati
ano le corone di fiori, che aveano riportaro ne’Giuochi, celebrati in di lui onore, e però detti Eaci(b). (5). Menestio d
doveva i suoi natali al fiume Sperchio, e alla bella Polidora, figlia di Peleo, ma Boro, figlio di Periereo, passava per d
ume Sperchio, e alla bella Polidora, figlia di Peleo, ma Boro, figlio di Periereo, passava per di lui padre, perchè egli l
a Polidora, figlia di Peleo, ma Boro, figlio di Periereo, passava per di lui padre, perchè egli la aveva sposata, primachè
abriocchè la facesse morire. Quegli non volle imbrattarsi le mani nel di lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re di
rattarsi le mani nel di lei sangue, e invece la spedì a Teutrante, re di Misia in Asia, il quale la adotto per sua figliuo
e, ch’ella da se medesima si ritirò nella Misia par sottrarsi all’ira di suo padre(a). Telefo rimasto in Arcadia, e divenu
ia, e divenuto grande, consultò l’Oracolo per sapere, quali fossero i di lui genitori. L’Oracolo gli comandò, che passasse
spaventata implorò il soccorso d’Ercole, e ne intese, che Telefo era di lei figliuolo. Telefo allora prese in moglie Laod
o era di lei figliuolo. Telefo allora prese in moglie Laodice, figlia di Priamo. In forza di queste nozze avvenne, che Tel
lo. Telefo allora prese in moglie Laodice, figlia di Priamo. In forza di queste nozze avvenne, che Telefo si attaccò al pa
ando Bacco, che proteggeva i Greci, fece sortire dalla terra un ceppo di vigna ; ne’ di cui rami Telefo inciampò e cadde a
proteggeva i Greci, fece sortire dalla terra un ceppo di vigna ; ne’ di cui rami Telefo inciampò e cadde a terra. Achille
ami Telefo inciampò e cadde a terra. Achille subito si avventò contro di lui, e sì lo ferì colla lan cia, che lo obbligò a
l. 20. (7). Pentesilea, come dicono Igino(c) e Servio(d), era figlia di Marte e di Ottera. (8). Darete di Frigia vuole,
. Pentesilea, come dicono Igino(c) e Servio(d), era figlia di Marte e di Ottera. (8). Darete di Frigia vuole, che Pentesi
o Igino(c) e Servio(d), era figlia di Marte e di Ottera. (8). Darete di Frigia vuole, che Pentesilea sia stata uccisa da
a donna vinse ed uccise Achille ; ma che questo Eroe per le preghiere di Tetide, sua madre, cisuscitò un momento per tronc
. l. 1. & 11. (9). Licofrone pretende, che Achille abbia privato di vita Tersite, perchè costui avea strappato gli oc
Hofman. Lex. Univ. (a). Hom. Iliad. l. 19. (10). Amintore, padre di Eenice, amava una certa Clizia, mentr’egli aveva
iamata dallo Scoliaste d’Omero Ippodamia(f). Questa persuase a Fenice di conciliarsi anch’egli l’affetto di colei. Il figl
damia(f). Questa persuase a Fenice di conciliarsi anch’egli l’affetto di colei. Il figlio non durò fatica nel riuscirvi. S
io non durò fatica nel riuscirvi. Se ne accorse il padre, e lo caricò di maledizioni. Fenice si ritirò nella Ftiotide appr
ioni. Fenice si ritirò nella Ftiotide appresso Peleo, che lo ricolraò di ricchezze, gli affidò l’educazione d’Achille, suo
o popolo, e spezialmente a’ Dolopi nella Tessaglia. Fenice alla testa di queste genti si portò all’assedio di Troja(g). Ap
lla Tessaglia. Fenice alla testa di queste genti si portò all’assedio di Troja(g). Apollodoro poi(h) e Licofrone(i) dicono
). Tene fu gettato dal padre in mare. I flutti lo portarono all’Isola di Leucofri. Gli abitanti di quella lo raccolsero, l
re in mare. I flutti lo portarono all’Isola di Leucofri. Gli abitanti di quella lo raccolsero, lo crearono loro re, e dopo
dopo morte lo venerarono come un Nume. L’anzidetta Isola poi dal nome di lui si chiamò Tenedo(a). (d). Heraclid. de Poli
Parthen. Erot. c. 21. (12). Un simile fatto avvenne a Cometo, figlia di Pterelao, re di Tafo, città dell’Argolide. Pterel
. 21. (12). Un simile fatto avvenne a Cometo, figlia di Pterelao, re di Tafo, città dell’Argolide. Pterelao avea ricevuto
o cogli altri della sua testa, e al quale era annessa la durata della di lui vita. Cometo s’invaghì d’Anfitrione, mentre q
. Cometo s’invaghì d’Anfitrione, mentre questi guerreggiava contro il di lei padre ; e lusingandosi di conseguirlo in ispo
e, mentre questi guerreggiava contro il di lei padre ; e lusingandosi di conseguirlo in isposo, tradì il genitore, reciden
cidio dallo stesso Anfitrione, poichè questi, com’ebbe in sua mano la di lei città, ordinò che colei fosse fatta morire(b)
ibuito per riavere il corpo d’Ettore(c). (14). Antiloco fu figliuolo di Nestore e di Euridice(d). Igino racconta, ch’egli
avere il corpo d’Ettore(c). (14). Antiloco fu figliuolo di Nestore e di Euridice(d). Igino racconta, ch’egli appena nato
imo molto si segnalò, combattendo contro i Trojani. Spirarono sotto i di lui colpi Echepolo, figlio di Talisio(f). Ablero(
ndo contro i Trojani. Spirarono sotto i di lui colpi Echepolo, figlio di Talisio(f). Ablero(g), Falce, Mermero(h), e Atimn
detto, lo uccise. Il solo Ovidio tragli Antichi lo fa cadere per mano di Ettore, figlio di Priamo(b). Senofonte dice, che
Il solo Ovidio tragli Antichi lo fa cadere per mano di Ettore, figlio di Priamo(b). Senofonte dice, che Antiloco fu sopran
ofonte dice, che Antiloco fu soprannominato Filopatore, ossia amatore di suo padre, perchè egli sacrificò la propria vita
(b). L. 10. (c). Declaustre Diction. Mythol. (15). I cocchieri di Achille furono Alcimedonte, e Automedonte, figlio
15). I cocchieri di Achille furono Alcimedonte, e Automedonte, figlio di Diore. Questo ultimo uccise Areto, Capitano Troja
. Poct. (1). Furonvi alcuni, i quali dissero, che Sisifo, figliuolo di Eolo, pochi giorni prima che Anticlea si maritass
giorni prima che Anticlea si maritasse con Laerte, la lasciò incinta di Ulisse(a). (2). A’tempi d’Ulisse non si conoscev
monetato. Il commercio c’ordinario consisteva in un cambio reciproco di cose necessarie alla vita, e ciò che si comprava,
evata da certi uccelli, detti Penelopi, ella abbia acquistato il nome di Penelope, mentre per lo innanzi aveva quello di A
ia acquistato il nome di Penelope, mentre per lo innanzi aveva quello di Arne(b). (d). Declaustre Diction. Mythol. (4)
ioso. (e). Hyg. fab. 78. (5). Virgilio dà a Palamede il soprannome di Belide, perchè confonde Nauplio, di lui padre, co
gilio dà a Palamede il soprannome di Belide, perchè confonde Nauplio, di lui padre, con quello, che nacque da Aminome, una
che nacque da Aminome, una delle Danaidi, le quali, per essere nipoti di Belo, furono dette anche Belidi(d). (a). Nat. C
. Univ. (6). Filostrato riferisce, che Ajace ed Achille ebbero cura di seppellire Palamede appresso il mare, e che qualc
e che qualche tempo dopo gli alzarono una Capella ; dove gli abitanti di que’dintorni si recavano tutti gli anni a fare sa
per aver lapidato Palamede, n’ebbero a sofferire gran danno. Nauplio, di lui padre, prese a scorrere tutta la Grecia, e ad
rere tutta la Grecia, e ad attrarre nella dissolutezza un gran numero di giovani colle mogli de’principali Capi dell’armat
o, cosicchè vicendevolmente uccidendosi, avessero ad espiare la morte di Palamede. Dopo poi la presa di Troja venendo la f
idendosi, avessero ad espiare la morte di Palamede. Dopo poi la presa di Troja venendo la flotta de’ Greci spinta da furio
morte(c). Omero per altro dice solamente, che l’anzidetta donna morì di dolore per la lunga assenza di suo figlio(d). (c
solamente, che l’anzidetta donna morì di dolore per la lunga assenza di suo figlio(d). (c). Declaustre Diction. Mythol.
endo passato per que’dintorni, e avendo udito a decantare la bellezza di colei, cercò tutti i mezzi per farsi amare dalla
per farsi amare dalla medesima. Per meglio riuscirvi finse anch’égli di abborrire la società, e di amare soltanto la cacc
sima. Per meglio riuscirvi finse anch’égli di abborrire la società, e di amare soltanto la caccia. In tala modo si unì all
rojani, fece tutti gli sforzi per dissuadernelo. Quando poi intese la di lui morte, morì anch’ella di dolore(a). (b). Id
per dissuadernelo. Quando poi intese la di lui morte, morì anch’ella di dolore(a). (b). Id. Iliad. l. 6. (c). Id. Ili
li, memore del giuramento, dato all’amico, e desioso nel tempo stesso di soddisfare alle ricerche de’suoi, percosse col pi
evano le ceneri d’ Ercole. Non molto dopo una delle frecce avvelenate di quell’Eroe cadde accidentalmente a Filottete sul
sì puzzolente, che i Greci lo abbandonarono, come dicemmo, nell’Isola di Lenno(b). Altri dicono, che la predetta piaga fu
Lenno(b). Altri dicono, che la predetta piaga fu un effetto del morso di un serpente, mandato da Giunone, la quale, odiand
re Filottete, perchè egli aveva preso cura degli ultimi momenti della di lui vita(c). Teocrito soggiunge, che Filottete ri
imase in quel modo danneggiato da un serpente, mentre egli nel tempio di Apollo Timbreo stava contemplando il sepolcro di
ntre egli nel tempio di Apollo Timbreo stava contemplando il sepolcro di Troilo, ucciso da Achille(d). Macaone, figlio di
emplando il sepolcro di Troilo, ucciso da Achille(d). Macaone, figlio di Esculspio, finalmente lo guarì(a). Filottate subi
almente lo guarì(a). Filottate subito dopo si segnalò con varj tratti di valore, e fece orribile strage de’Trojani. Dopo l
rj tratti di valore, e fece orribile strage de’Trojani. Dopo la presa di Troja avendo udito, che i suoi gli si erano ribel
ali, e nella Calabria fondò, ovvero, come altri pretendono, fortificò di mura la città di Petilia(b). (h). Declaustre Di
bria fondò, ovvero, come altri pretendono, fortificò di mura la città di Petilia(b). (h). Declaustre Diction. Mythol.
Mythol. (9). Pausania vuole, che Diomede solo sia stato incaricato di andarsene a richiamare Filottete(c). (a). Hard.
. Hard. Stor. Poet. (a). Hom. Odyss. l. 9. (10). Uno de’compagni di Ulisse, che si chiamava Achemonide, figlio di Ada
(10). Uno de’compagni di Ulisse, che si chiamava Achemonide, figlio di Adamasto d’Itaca, rimase nelle terre de’ Ciclopi.
ì sensibile alla partenza del suo amante, che non cessava dal bagnare di calde lagrime i doni, che ne avea ricevuto. Eolo
l bagnare di calde lagrime i doni, che ne avea ricevuto. Eolo a vista di quelli riconobbe la causa del di lei dolore, e ta
, che ne avea ricevuto. Eolo a vista di quelli riconobbe la causa del di lei dolore, e talmente se ne sdegnò, che la avreb
nò, che la avrebbe uccisi, se non ne fosse stato trattenuto da Diore, di lei fratello. (12). Tra’ Greci, che da Circe fur
illo, il quale volle rimanersene sempre porco(f). Si fa pute menzione di un altro Greco, chiamato Elpenore, il quale riacq
a avendo poi eccessivamente bevuto, cadde giù dalle scale del palagio di Circe, si ruppe la testa, e morì(a). (a). Hom.
 11. (13). Le Sirene erano Ninfe marine, figlie del fiume Acheloo, e di una Musa, che alcuni dicono essere stata Melpomen
Pattenope(e). Abitavano, dice Servio(f), in un’Isola, vicina al Capo di Sicilia, e detta Peloro, cinta da scoscesi scogli
cina al Capo di Sicilia, e detta Peloro, cinta da scoscesi scogli. Da di là traevano a se colla soavità del loro canto i p
o i passeggieri, i quali poi vi naufragavano(g). Secondo Tzetze l’una di esse cantava, l’altra suonava la lira, e la terza
che ciò sia avvenuto, perchè essendosi trovate presenti al rapimento di Proserpina, di cui erano compagne, chiesero agli
venuto, perchè essendosi trovate presenti al rapimento di Proserpina, di cui erano compagne, chiesero agli Dei di poter vo
al rapimento di Proserpina, di cui erano compagne, chiesero agli Dei di poter volare, finchè avessero potuto trovarla(i).
racconta, che Cerere le cangiò in que’mostri, perchè non difesero la di lei figlia, quando fu sorpresa da Plutone(a). (1
loro naviglio in iscoglio, mentre quello si trovava vicino all’ Isola di Corcira. L Oracolo avea predetto ad Alcinoo, che
re poi, per placare Nettuno, gi immolò dodici scelti tori, e promise di non più prestare soccorso ad alcun straniero(f).
reggi(a). Oltre Eumeo eravi anche Filezio, altro custode delle pecore di Ulisse. Quegli pure sospirava il ritorno del suo
i pure sospirava il ritorno del suo padrone. Ulisse, assicurato della di lui fedeltà, gli si manifestò(b) ; e il Pastore c
anifestò(b) ; e il Pastore concorse anch’egli a far perire gli amanti di Penelope. Tra gli altri colpì nel perto Ctesippo,
li amanti di Penelope. Tra gli altri colpì nel perto Ctesippo, figlio di Politerso, e uccise Pisandro, figlio di Polittore
pì nel perto Ctesippo, figlio di Politerso, e uccise Pisandro, figlio di Polittore(c). (d). Id. Odyss. l. 14. (19). App
nò alla Reggia del padre, gli amanti diPenelope cospirarono contro la di lui vita. Capo della congiura fu Antinoo, figlio
). Id. Odyss. l. 18. (20). Penelope, benchè sia stata per lo spazio di venti anni divisa da Ulisse, tuttavia corrispose
anni divisa da Ulisse, tuttavia corrispose con invitta costanza alla di lui fedeltà. Ella sperava sempre di rivederlo, e
rispose con invitta costanza alla di lui fedeltà. Ella sperava sempre di rivederlo, e quindi artifiziosamente deludeva le
e quindi artifiziosamente deludeva le forti e continue sollecitazioni di tutti coloro, che aspiravano alle di lei nozze. P
forti e continue sollecitazioni di tutti coloro, che aspiravano alle di lei nozze. Prese ella a tessere una tela, e promi
di lei nozze. Prese ella a tessere una tela, e promise a’suoi amanti di manifestare la sua risoluzione, quando avesse com
do avesse compito quel lavoro, che destivana per ravvolgervi il corpo di Laerte, suo suocero, allorchè fosse morto. In cot
chè la predetta tela vertisse mai ridotta al suo termine, perchè ella di notte disfaceva quel ch’era andata facendo il gio
hè Giove mandò due Aquile, le quali, volando con gran romore sul capo di coloro, presero a stracciare agli stessi le guanc
guance cogli artigli(a). Lo stesso aveva presagito Teoclimeno, figlio di Polifide, e discendente dall’altro famoso Indovin
glio di Polifide, e discendente dall’altro famoso Indovino, Melampode di Pilo. Colui, obbligato a lasciare Argo per un omi
si rifugiò in Pilo nel momento, in cui Telemaco stava per partire da di là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo p
r partire da di là, e per ritornarsene alla sua patria. Egli lo pregò di riceverlo nel suo naviglio ; e il giovine Princip
o soddisfece. Arrivati in Itaca, l’ Indovino vide volare alla diritta di Telemaco uno sparviero, che teneva tragli artigli
d’ Ulisse, e del trionfo, ch’egli avrebbe riportato sopra gli amanti di Penelope(b). Così pure replicò, quando vide color
addero morti, si nominano Antinoo, figlio d’Eupiteo, Eurimaco, figlio di Polibo, Anfinomo, e Anfimedonte, figlio di Melanz
’Eupiteo, Eurimaco, figlio di Polibo, Anfinomo, e Anfimedonte, figlio di Melanzio. Questi due ultimi rimasero uccisi da Te
da Telemaco(d). Eupiteo, padre d’Antinoo, volendo vendicare la morte di suo figlio, si fece alla testa d’alcuni d’Itaca,
restò ucciso da Laerte, padre dello stesso Ulisse(a). Tra gli amanti di Penelope si fa pure menzione di Leode, figlio di
ello stesso Ulisse(a). Tra gli amanti di Penelope si fa pure menzione di Leode, figlio di Enope. Costui vantavasi di conos
e(a). Tra gli amanti di Penelope si fa pure menzione di Leode, figlio di Enope. Costui vantavasi di conoscere il futuro, m
elope si fa pure menzione di Leode, figlio di Enope. Costui vantavasi di conoscere il futuro, ma nè seppe prevedere la ven
tui vantavasi di conoscere il futuro, ma nè seppe prevedere la venuta di Ulisse, nè il colpo di quell’arma, che gli recise
ere il futuro, ma nè seppe prevedere la venuta di Ulisse, nè il colpo di quell’arma, che gli recise la testa(b). (b). Id
nacque la stessa notte, in cui venne al mondo anche Ettore, e fu dopo di lui il più valoroso difensore della sua patria(a)
l più saggio ed eloquente tra’ Trojani(b). Molti Greci perirono sotto di lui, e tragli altri Protoenore, figlio d’Areilico
d’Areilico(c). Egli spogliò altresì delle anni Oto Cillenio, compagno di Filide, e comandante degli Epei(d). (e). Id. Il
oh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ. (2). Pausania dà ad Autoleone il nome di Leonimo(e). (3). Telamone ebbe per madre Endeide
re per giustificarsi del commesso omicidio. Eaco nuovamente gl’intimò di non più comparirgli dinanzi ; e gli soggiunse, ch
amone si recò la notte seguente nel porto, e là, alzato un monticello di terra, trattò la sua causa. La perdette, e quindi
a, trattò la sua causa. La perdette, e quindi fece vela verso l’isola di Salamina(f). Quivi si conciliò il favore del re C
ola di Salamina(f). Quivi si conciliò il favore del re Cicreo, figlio di Nettuno e della Ninfa Salamide, che gli diede in
ssendo morto senza figli, lo lasciò erede del trono, perchè col mezzo di lui eransi liberate quelle terre da un serpente,
facendone orribile guasto(a). Telamone intervenne altresì alla presa di Troja, fattasi da Ercole sotto il regno di Laomed
ervenne altresì alla presa di Troja, fattasi da Ercole sotto il regno di Laomedonte. Egli allora ebbe la gloria di penetra
si da Ercole sotto il regno di Laomedonte. Egli allora ebbe la gloria di penetrare il primo in quella città. Ercole, non p
rcole, non potendo sofferire, che un altro fosse stimato più valoroso di lui, voleva sacrificarlo alla propria gelosia. Te
propria gelosia. Telamone, che se ne avvide, prese a formare un monte di pietre, protestando, che voleva alzare un altare
ciecato da tale adulazione, lo ricolmò d’elogi, e per ricompensare il di lui valore gli diede Esione, figlia di Laomedonte
d’elogi, e per ricompensare il di lui valore gli diede Esione, figlia di Laomedonte, che divenne la di lui seconda moglie(
di lui valore gli diede Esione, figlia di Laomedonte, che divenne la di lui seconda moglie(b). Telamone n’ebbe anche una
’accordano a dire, ch’ella era figlia d’Alcatoo, nato da Pelope, e re di Megara. E’ questa quella, che diede alla luce il
a sua tenda, soggiungono, che Ulisse, essendo stato preso in sospetto di tale omicidio, dovette fuggirsene, e lasciare il
i tale omicidio, dovette fuggirsene, e lasciare il Palladio in potere di Diomede. (c). Dares Phryg. de bello Troj, Sopho
se, avendo naufragato sull e coste della Sicilia, vi perdette le armi di Achille. Questé da una burrasca vennero portate s
e onde non ne portarono colà se non lò scudo. La tomba d’Ajace fu una di quelle, che Alessandro il Grande volle vedere e o
(1). Da Tindaró e da Leda nacque anche Filònoe, la quale per favore di Diana divenne immortale, e fu una delle di lei co
lònoe, la quale per favore di Diana divenne immortale, e fu una delle di lei compagne(a). (a). Nat. Com. Mythol. l. 8.
tudj, fecero sì, che nel medesimo Inogo si riducesse gran moltitudine di quelli, che si applicavano alla Filosofia, e che
itudine di quelli, che si applicavano alla Filosofia, e che bramavano di udire Platone : lo che a’ di lui discepoli acquis
licavano alla Filosofia, e che bramavano di udire Platone : lo che a’ di lui discepoli acquistò il nome di Academici(b).
mavano di udire Platone : lo che a’ di lui discepoli acquistò il nome di Academici(b). (a). Nat. Com. Mythol. l. 8. (b)
Nat. Com. Mythol. l. 8. (3). Igino dice, che Febe era sacerdotessa di Minerva, e Ilaira dì Diana(c). Pausania soggiuage
(4). Anasi e Mnesinoo ebbero in Argo una statua equestre nel tempio di Castore e di Polluce(e). (a). Nat. Com. Mythol.
e Mnesinoo ebbero in Argo una statua equestre nel tempio di Castore e di Polluce(e). (a). Nat. Com. Mythol. l. 8. (b).
d. (e). Paus. in Lacon. (f). Plutarch. in. Thes. (5). Il nome di Anaci, primachè si conferisse a Castore e a Pollu
l. 3. (b). Paus. l. 3. (c). Hom. Hymn. in Diosc. (6). In tempo di burrasca compariscono alle volte certe meteore, o
rrasca compariscono alle volte certe meteore, ossia certi fuochi. Due di questi intorno alla testa di Castore e di Polluce
e certe meteore, ossia certi fuochi. Due di questi intorno alla testa di Castore e di Polluce furono veduti dagli Argonaut
re, ossia certi fuochi. Due di questi intorno alla testa di Castore e di Polluce furono veduti dagli Argonauti, mentre era
viaggio, che facevano per la Colchide. La burrasca però all’apparire di que’ fuochi cessò ; e di essi pertanto furono app
r la Colchide. La burrasca però all’apparire di que’ fuochi cessò ; e di essi pertanto furono appellati i Fuochi di Castor
e di que’ fuochi cessò ; e di essi pertanto furono appellati i Fuochi di Castore e di Polluce. Allorchè i medesimi compari
chi cessò ; e di essi pertanto furono appellati i Fuochi di Castore e di Polluce. Allorchè i medesimi comparivano tutti du
medesimi comparivano tutti due insieme, si risguardavano come indizio di buon tempo ; laddove quando se ne vedeva uno solo
so era segno d’imminente procella : e allora s’invocava la protezione di Castore e di Polluce(b). (d). Joh. Jacoh. Hofma
d’imminente procella : e allora s’invocava la protezione di Castore e di Polluce(b). (d). Joh. Jacoh. Hofman. Lex. Univ.
l. (c). Id. Ibid. (7). Anfistrato e Reca erano stati i cocchieri di Castore e di Polluce(c). Strabone poi li chiama A
. Ibid. (7). Anfistrato e Reca erano stati i cocchieri di Castore e di Polluce(c). Strabone poi li chiama Anfito e Telch
cit. (c). Fab. 9. 82. 83. (1). Pausania crede, che il vero padre di Enomao fosse Alsione(a). (2). Un quasi simile fa
padre di Enomao fosse Alsione(a). (2). Un quasi simile fatto narrasi di Pallene, figlia di Sitone, re della Tracia. Era c
se Alsione(a). (2). Un quasi simile fatto narrasi di Pallene, figlia di Sitone, re della Tracia. Era colei sì bella, che
sse rimasto vinto. Tutti coloro accettarono la proposizione, ma niuno di essi sopravvisse al combattimento. Driante e Clit
riante e Clito si presentarono anch’eglino al cimento. Sitone, poichè di giorno in giorno andava scemando di forze, ricusò
eglino al cimento. Sitone, poichè di giorno in giorno andava scemando di forze, ricusò di porsi in corso con loro ; e perm
. Sitone, poichè di giorno in giorno andava scemando di forze, ricusò di porsi in corso con loro ; e permise ad essi di co
mando di forze, ricusò di porsi in corso con loro ; e permise ad essi di combattere l’uno contro l’altro, promettendo la f
ndo la figlia e la corona al vincitore. Pallene aveva avuto occasione di vedere Clito, e se n’era già estremamente invaghi
amente invaghita. Ella temeva della vita del suo amante, ma non osava di manifestare l’interna agitazione. Frattanto avend
tamente superato il suo rivale. Il balio mediante considerabile somma di danaro corruppe il cocchiere di Driante per modo,
Il balio mediante considerabile somma di danaro corruppe il cocchiere di Driante per modo, che questi adattò le ruote del
la circostanza, uccise il suo rivale, e conseguì la figlia e il trono di Sitone(b). (d). Nat. Com. Myth. l. 7. (3). Epi
Com. Myth. l. 7. (3). Epimenide numera tredici Principi del vicinato di Pisa, che, superati da Enomao, ne rimasero anche
e uccisi. Cadde morto in quella circostanza anche un certo Cranone, a di cui onore i Tessali de nominarono Cranone la citt
prima si appellava Efira. Quì pure notiamo, che Enomao avea stabilito di alzare al Dio Marte un tempio, formato de cranj d
mao avea stabilito di alzare al Dio Marte un tempio, formato de cranj di coloro, i quali per aspirare alle nozze di sua fi
n tempio, formato de cranj di coloro, i quali per aspirare alle nozze di sua figlia, aveano per mano di lui perduto la vit
oloro, i quali per aspirare alle nozze di sua figlia, aveano per mano di lui perduto la vita(a). (a). Declaustre Diction
Id. Ibid. (c). Nat. Com. Mythol. l. 7. (5). Leggesi che il corpo di Mirtilo fu spinto da’flutti sulle rive de’ Feneat
oggiungono, che Mirtillo fu collocato tra gli Astri in considerazione di Mercurio, suo padre. (d). Eurip. in Orest. (6
figlia dell’anzidetto Euristeo, e moglie d’Atreo, e la rendette madre di due figliuoli. Atreo lo allontanò dal Regno, ma d
allontanò dal Regno, ma dopo qualche tempo lo richiamò a se, fingendo di voler riconciliarsi con lui, ed ammetterlo a part
fine del pranzo gli, presentò le teste de’ medesimi, ond’egli sapesse di quali cibi erasi sino allora pasciuto(d). Dicono
luminare sì barbara azione(e). Nè altrimenti per certo conveniva dire di Arpalice, bella giovine d’Argo, nata da Climeno e
he colei si lasciò trasportare a somigliante eccesso, e ad imitazione di Atreo uccise il proprio fratello, e lo diede a ma
rle accordato Alastore in isposo, se n’era pentito, e lo avea privato di vita(f). Non è da confondersi la predetta Arpalic
zata da Ifielo, uno degli Argonauti, cui ella grandemente amava, morì di dolore. In quella circostanza s’instituirono dei
giovanette centavano una canzone, detta Arpalice, allusiva alla morte di quella giovine(a). (8). Alcatoo fu preso in sosp
). Alcatoo fu preso in sospetto, che avesse avato parte nell’omicidio di suo fratello, Crisippo ; e però dovette ritirarsi
uo fratello, Crisippo ; e però dovette ritirarsi appresso Megareo, re di Megara. Un leone allora devastava gli Stati di qu
i appresso Megareo, re di Megara. Un leone allora devastava gli Stati di quel Principe, e avea anche ucciso il di lui figl
e allora devastava gli Stati di quel Principe, e avea anche ucciso il di lui figliuolo, Eurippo. Megareo promise il regno
a suo onore delle annue feste, dette Alcatoe(c). (9). Dopo la morte di Pelope gl’ Indovini dichiararono, che Troja non s
poteva prendere da’ Greci, qualora eglino non avessero avuto uno de’ di lui ossi. Ne fu incaricato Filottete, il quale lo
rmeno, lo raccolse nella rete. Sorpreso dalla straordinaria grandezza di quello, lo nascose sotto la sabbia, ne segnò la s
ne segnò la situazione, e se ne andò a Delfo per sapere dall’ Oracolo di chi fosse quell’osso, e qual’uso doveva farne. S’
, i quali si erano colà recati per ricercare allo stesso Nume il modo di far cessare la pestilenza, che desolava il loro p
che desolava il loro paese. L’Oracolo rispose loro, che procurasse ro di ricuperare l’osso di Pelope, che Filottete avea p
paese. L’Oracolo rispose loro, che procurasse ro di ricuperare l’osso di Pelope, che Filottete avea perduto ; e a Demarmen
e in ricompensa, che egli e i suoi discendenti avessero il privilegio di conservare quell’osso, il quale fu poi dedicato a
venne ad Edipo, successe anche a Crateo, nato da Minos, re dell’Isola di Creta, e ad Altemene, suo figliuolo. Quell’infeli
gli sarebbe stato ucciso da uno de’ suoi figliuoli. Altemene in forza di tale predizione si ritirò in Rodi. Creteo, crucia
rza di tale predizione si ritirò in Rodi. Creteo, cruciato dal dolore di vedersi diviso dal figlio, volle andare in tracci
dal figlio, volle andare in traccia del medesimo, e si recò all’isola di Rodi. Quegli abitanti lo giudicarono un nemico, c
mostro. Poichè vano riusciva ogni artifizio e studio, Cefalo, figlio di Dejone o Dejoneo, re di una parte della Focide, o
sciva ogni artifizio e studio, Cefalo, figlio di Dejone o Dejoneo, re di una parte della Focide, o, come altri vogliono, f
Dejoneo, re di una parte della Focide, o, come altri vogliono, figlio di Mercurio e di Erse, ne andò anch’egli alla caccia
una parte della Focide, o, come altri vogliono, figlio di Mercurio e di Erse, ne andò anch’egli alla caccia col cane Lela
ia col cane Lelapo, detto da Apollo loro(a) Fae, che Procride, figlia di Eretteo, o d’Ificlo, re d’Atene, e di lui moglie,
ro(a) Fae, che Procride, figlia di Eretteo, o d’Ificlo, re d’Atene, e di lui moglie, avea ricevute da Minos, re di Creta(b
, o d’Ificlo, re d’Atene, e di lui moglie, avea ricevute da Minos, re di Creta(b). Quel cane, tostochè si trovò in libertà
la fiera ; ma Cefalo, temendo la peggio dello stesso cane, risolvette di prevalersi dell’asta. Nel momento, in cui si prep
, vide la Volpe e Lelapo convertiti in marmo, quella in atteggiamento di fuggire, e questo d’inseguirla(c). (a). Joh. Ja
oggiunge, che i pred tti figli nacquero ad Edipo da Euriganea, figlia di Perifa, sposata da lui dopo la morte di Giocasta 
ad Edipo da Euriganea, figlia di Perifa, sposata da lui dopo la morte di Giocasta ; che Edipo regnò secolei in Tebe ; e ch
rafisse il petto colla spada stessa, la quale stava immersa nel corpo di Eteocle, e cadde morta in mezzo di quelli(f). (d
, la quale stava immersa nel corpo di Eteocle, e cadde morta in mezzo di quelli(f). (d). Hyg. fah. 66. 67 (5). Apollodo
(d). Hyg. fah. 66. 67 (5). Apollodoro dice, che Edipo fu scacciato di Tebe dagli stessi suoi figliuoli, Eteocle e Polin
uali si chiamavano Argia e Deifile. Ne ricevette in risposta, chè una di esse si sposerebbe con un cinghiale, e l’altra co
hiale, e l’altra con un leone. Altri dicono, che parve a lui in sogno di averle maritate cogli anzidetti animali. Dopo qua
ali. Dopo qualche tempo Polinice si recò in Argo, coperto d’una pelle di leone, perchè gloriavasi d’aver indosso una veste
r indosso una veste simile a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, vestito di una pelle di cinghiale, con cui voleva ricordare,
veste simile a quella d’Ercole. Lo seguì Tideo, vestito di una pelle di cinghiale, con cui voleva ricordare, che Meleagro
icordare, che Meleagro, suo fratello, avea ucciso il famoso Cinghiale di Calidone. Adrasto non dubitò allora, che Polinice
imonio a Tideo, e Argia a Polinice(a). (2). Tideo nacque da Eneo, re di Calidone, e da Peribea, detta da altri Altea(b).
ta da altri Altea(b). Egli commise un omicidio, e fu quindi costretto di ritirarsi in Argo appresso Adrasto. Gli Antichi n
to. Gli Antichi non vanno d’accordo riguardo a colui, che Tideo privò di vita. Gli uni, dice Apollodoro(c), pretendono, ch
Tideo finalmente restò ferito a morte da una freccia, vibrata contro di lui dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pr
a una freccia, vibrata contro di lui dal Tebano Menalippo. Egli prima di morite pregò alcuni de’ suoi, che gli recassero l
uisa della già presa vendetta, esalò lo spirito(a). Lasciò un figlio, di nome Diomede. Anche questi al tempo della guerra
guerriero dopo Achille e Ajace Telamonio. Egli uccise Assilo, figlio di Teutrane, e al fianco di lui fece cadere morto an
Ajace Telamonio. Egli uccise Assilo, figlio di Teutrane, e al fianco di lui fece cadere morto anche il di lui cocchiere,
lo, figlio di Teutrane, e al fianco di lui fece cadere morto anche il di lui cocchiere, Caleno, ricco abitante d’Arisba(b)
’ interpretare i sogni. Pandaro, uno de’ Capitani Trojani, originario di Licìa, e figlio di’ Elcaone, vibiò un dardo contr
, vibiò un dardo contro Diomede, che lo ferì iu una spalla. Il figlìo di Tideo, furibondo per tale ferita ; e ajutato da M
ardore, e ne fece orribile carnificina. Pandaro allora salì sul carro di Enea, suo amico, e volò contro Diomede. Scoccò un
ine, se Venere nol cuopriva d’una nube, sarebbe stato simile a quello di Pandaro. In quella circostanza Diomede ferì la De
la Dea in una mano(c). Diomede uccise altresì Dolone, ch’erasi recato di notte al campo de’ Greci per ispiarne la situazio
più rapidi del vento. Il terzo ; quantunque fosse mortale, era degno di marciare cogli altri due(e). Dolone, per riuscire
per riuscire nel tentativo, erasi coperto tutto il corpo d’una pelle di lupo. Quando fu vicino a’ Greci imitò la maniera
lle di lupo. Quando fu vicino a’ Greci imitò la maniera del camminare di quell’animale per non essère scoperto da alcuno.
a Ulisse, manifestò loro tutti i progetti de’ Trojani, perchè sperava di salvare così la propria vita, ma tuttavia fu fatt
o morire(a). Ritornando a Diomede, dicesi ch’egli dopo la distruzione di Troja fece fabbricare in Trezene un tempio, ad Ap
Troja fece fabbricare in Trezene un tempio, ad Apollo sotto il titolo di Epibaterio, ossia del buon ritoruo, perchò questo
nto, o Sipo, città marittima, appiè delemonte Gargano, per non unirsi di nuovo a sua moglie, Egiale, figlia di Adrasto, re
lemonte Gargano, per non unirsi di nuovo a sua moglie, Egiale, figlia di Adrasto, re d’Argo, o di Egialeo, come altri vogl
unirsi di nuovo a sua moglie, Egiale, figlia di Adrasto, re d’Argo, o di Egialeo, come altri vogliono, perchè colei nel te
Argo, o di Egialeo, come altri vogliono, perchè colei nel tempo della di lui assenza erasi abbandonata a dissoluta vita co
lui assenza erasi abbandonata a dissoluta vita con Cillabaro, figlio di Stenelo, ovvero, come altri dicono, con qualsisia
il suo figliuolo, Enea(c). Durante la navigazione molti de’ compagni di Diomede parlavano con disprezzo dell’anzidetta De
rrogante, che si credeva piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliaron
va piucchè uomo(a). Egli voleva scalare le mura di Tebe. Gli abitanti di quella città gli scagliarono contro tanti sasti,
la città gli scagliarono contro tanti sasti, che rimase sepolto sottò di quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli ave
quelli. Immaginarono quindi i Poeti, ch’ egli avesse avuto l’audàcia di voler prenderè l’anzidetta città, quand’anche Gio
che Giove, e qualsisia altro Nume gli si fosse opposto, e che in pena di tanto ardire Giove lo avesse colpito con unò de’
iderato anche dagli uomini come un empio, che avesse provocato contro di se lo sdegno del Cielo ; e fu abbruciato sopra un
o, separatò da quello, degli altri Eroi, i quali morirono all’assedio di Tebè(c). Secondo Pausania poi egli ebbe una statu
Colei fece conoscere l’eccessivo amore, che nutriva per lui, e diede di se medesima un grande spettacolo. Ella si trasfer
i ornamenti ; ascese sulla rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei padre, e degli alt
rupe, a’ piedi della quale ardeva il corpo di Capaneo ; e a vista del di lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra
 ; e a vista del di lei padre, e degli altri Greci si precipitò sopra di quello(e). (4). Anfiatao fu figliuolo d’Ecleo
nfiatao fu figliuolo d’Ecleo e d’Ipermnestra(f). Altri dicono, che il di lui padre fosse l’eccellente Indovino. Melampo, e
si nascose in un luogo, ove niuno l’avrebbe mai trovato, se Erifile, di lui moglie, guadagnata da suo fratello, Adrasto,
vette recarsi al campo ; ma prima commise al suo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostochè avesse udito la di lui
uo figliuolo, Alcmeone, di uccidere Deifile, tostochè avesse udito la di lui morte. Dicesi, che il primo giorno, in cui An
icesi, che il primo giorno, in cui Anfiarao erasi portato all’assedio di Tebe, un’aquila abbrancò la di lui lancia, la sol
cui Anfiarao erasi portato all’assedio di Tebe, un’aquila abbrancò la di lui lancia, la sollevò in alto, e poi lasciolla c
gli Oropj nell’ Attica gli eressero un magnifico tempio e una statua di marmo.(f). Ebbe altresì un Oracolo, il quale fu i
). Coloro, che lo consultavano, doveano prima digiunare per lo spazio di ventiquatro ore, astenersi dal vino per tre giorn
rao, e da cui, credevasi, che fosse asceso al Cielo. Si riputava, reo di delitto capitale chiunque ne faceva profano uso ;
vasi in essa de chi neoveniva risanato(b). Alcmeone dopo la morta del di lui padre, Anfiarao, uccise la madre. Indi, agita
olo si trasferì appresso l’altro fiume, Acheloo, e prese in moglie la di lui figliuola, Calliroo. Costei gli ricercò la co
rifile ; ed egli, ritornato a Fegeo per riavernela, rimase ucciso da’ di lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe de
ciso da’ di lui figliuoli(c). Temone e Azione(d). Calliroe desiderava di vedere vendicata la morte del suo marito ; e otte
vedere vendicata la morte del suo marito ; e ottenne da Giove, che i di lei piccoli figliuoli, avuti da Alcmeone, divenis
va. Queglino partirono per eseguire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche
guire il materno desiderio, e privarono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui moglie(a).
arono di vita non solo gli uccisori di Alcmeone, ma anche Fegeo, e la di lui moglie(a). (5). Ippomedonte nacque da Nisim
i moglie(a). (5). Ippomedonte nacque da Nisimaco e Mitidice, figlia di Talao, e sorella d’Adrasto(b), o da Nisimaco e Na
, ed a servire uolmente alla patria(d). (6). Partenopeo fu figliuolo di Meleagro e di Atalanta. Altri lo fanno nascere da
uolmente alla patria(d). (6). Partenopeo fu figliuolo di Meleagro e di Atalanta. Altri lo fanno nascere da Marte e da Me
alippe ; ed altri gli danno per padre Milanione, re d’Arcadia(e). Era di bell’aspetto, nè tanto colle sue grazione maniere
e maniere, quanto colla sua saggia condotta sapeva cattivarsi l’animo di tutti. Era fiero e intrepido in faccia al nemico,
alla loro isola. Ella andò a nascondersi lungo le rive del mare, e da di là fù presa da certi pirati, e venduta a Licurgo(
V’è chi pretende, che i Giuochi Nemei sieno stati introdotti in onore di Ercole per la vittoria, da lui ripottata sopra il
ore di Ercole per la vittoria, da lui ripottata sopra il Leone Nemeo, di cui abbiamo parlato altrove(b). Que’ Giuochi si c
’ Giuochi si celebravano ogni tre anni. I Greci v’assistevano vestiti di nero, per ricordare la morte d’Ofelte. Non vi si
per questo ebbe fine la mentovata guerra. Dieci anni dopo i figliuoli di quegli Eroi, che in quella erano periti, presero
uovamente Ie armi per vendicare Ie ombre loro padri, e sotto la guida di Alcmeone, figlio d’Anfiarao, cinsero Tebe d’assed
significa nati dopo (e). Tra loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenel
loro molto si distinse Euripilo, figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenelo, figlio di Capaneo(a). I Te
figlio di Mecisteo, Promaco, figlio di Partenopeo, e Stenelo, figlio di Capaneo(a). I Tebani finalmente restarono vittori
te restarono vittoriosi mercè il sacrifizio, che fece Meneceo, figlio di Creonte. Era stato predetto a quelle genti, che f
te avrebbono trionfato de’ loro nemici, qualora l’ultimo della stirpe di Cadmo, ch’era Meneceo, avesse voluto spontaneamen
se la immerse nel seno a vistandi tutti, che ammirarono la generosità di lui, il quale preseriva alla stessa sua vita la s
iva alla stessa sua vita la salvezza della patria(b). L’eroica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figl
oica azione di Meneceo fu imitata da Androclea, ed Eraclea, figlinole di Antipeno Tebano loro cittadini, uniti ad Ercole,
la vittoria sarebbe stata pe’ Tebani, se il cittadino il più distinto di nascita si fosse sacrificato pèrida salute de’ su
rificato pèrida salute de’ suoi. E poichè al predetto Antipeno, nelle di cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piaciqu
eno, nelle di cui vene scorreva nobilissimo sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anz
o sangue, non piacique fare di se l’indicato sacrifizio, lo fecero le di lui anzidette figliuole. I Tebahi quindi innalzar
gliuole. I Tebahi quindi innalzaronno ad esse un monumento nel tempio di Diana Euclia(c). (10). Adrasto implorò il socco
to nel tempio di Diana Euclia(c). (10). Adrasto implorò il soccorso di Teseo, re d'Atene, il quale obbligò i Techani, ch
morte, già comandata da Creonte(a). Dicesi inoltre, che Emone, figlio di Creonte, il quale aspirava alle nozze di colei, n
i inoltre, che Emone, figlio di Creonte, il quale aspirava alle nozze di colei, non avendo potuto salvarla dall’ira patern
go del supplizio, e disperato si trafisse il petto, ed egli pure finì di vivere. L’inumanità poi di Creonte non rimase lun
to si trafisse il petto, ed egli pure finì di vivere. L’inumanità poi di Creonte non rimase lungo tempo impunita. Teseo gl
11 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Della mitologia in generale. » pp. 17-359
lle grandi catastrofi della Terra, cioè diluvj, inondazioni, eruzioni di vulcani, sprofondamenti di paesi, apparizioni d’i
Terra, cioè diluvj, inondazioni, eruzioni di vulcani, sprofondamenti di paesi, apparizioni d’isole, pestilenze e carestie
oro rozzezza attribuire questi sconvolgimenti, se non che allo sdegno di altrettante potenze oceulte o Dei che presiedesse
e ; un Eolo dei venti ; un Plutone in sotterraneo regno con la reggia di fuoco e eon fiumi che menavano fiamme. 3. Le favo
mento delle favole ad essi relative sia storico. 4. I diluvj d’Ogige, di Deucalione, di Prometeo, di Proteo, d’Achelao, se
ole ad essi relative sia storico. 4. I diluvj d’Ogige, di Deucalione, di Prometeo, di Proteo, d’Achelao, se ne togliamo le
elative sia storico. 4. I diluvj d’Ogige, di Deucalione, di Prometeo, di Proteo, d’Achelao, se ne togliamo le strane parti
teo, d’Achelao, se ne togliamo le strane particolarità, sono immagini di quello di Noè ; e la favola dei Giganti ehe assal
elao, se ne togliamo le strane particolarità, sono immagini di quello di Noè ; e la favola dei Giganti ehe assalgono il ci
dei Giganti ehe assalgono il cielo rammenta la presunzione orgogliosa di coloro ehe fondarono la torre di Babele, o le gra
o rammenta la presunzione orgogliosa di coloro ehe fondarono la torre di Babele, o le grandi eruzioni vulcaniche anticamen
nte più frequenti, e per le quali preso aspetto diverso la superficie di vaste regioni. 5. Le favole filosofiche son creaz
a superficie di vaste regioni. 5. Le favole filosofiche son creazioni di poetiche fantasie, e. « sotto il velame delli ver
rani » ascondono antica sapienza e utili verità. Sicehè questa specie di favole è per lo più un modo di parlar figurato, c
a e utili verità. Sicehè questa specie di favole è per lo più un modo di parlar figurato, che poi negl’idioti divenne reli
figurato, che poi negl’idioti divenne religiosa credenza c fondamento di culti. 6. La favola, per esempio, dicc chc l’Ocea
re dei Fiumi ; ehe la Luna sposò l’Aere e generò la Rugiada ; c piena di sapienza è l’invenzion delle Furie, ministre ines
a è l’invenzion delle Furie, ministre inesorabili degli aeuti rimorsi di una eoscienza colpevole, nate dal sangue umano sc
e umano scelleratamente versato. 7. Le favole allegoriche sono specie di parabole o paragoni o similitudini, che descriven
e anima come in loro. 9. Le favole morali inchiudono precetti e norme di saviezza e lezioni di civil convivenza ; e va d’
9. Le favole morali inchiudono precetti e norme di saviezza e lezioni di civil convivenza ; e va d’ accordo con la morale
Furie scatenate contro Oreste, o l’ Avvoltojo che divorava le viscere di Prometeo, son quadri significanti il rimorso : e
manità, e la riconoscenza rese divini i guerrieri famosi, gli artisti di grande ingegno ed i legislatori dei popoli. Cosic
lioso e l’ immaginazione dei Greci fecero il resto. 14. Ad ogni corpo di questo universo fu assegnata la propria divinità 
a propria divinità ; nè vi fu luogo che non fosse sotto la protezione di uno Dio. Sicchè gli uomini vollero, per così dire
 : Tutto era deità, fuorchè Dio stesso. Gli antichi Dei Titani, figli di Celo e della Terra, forse non erano altro che le
o aver combattuto e vinto le prime, ossia i Titani, per dividersi tra di esse il regno del cielo e della terra. E così le
dersi tra di esse il regno del cielo e della terra. E così le origini di queste favole, che forse furon le prime ad essere
itologia e questa favola nell’ Oriente, nell’ Egitto, nella Fenicia ; di dove recata nell’ Occidente, fu accolta dai Greci
endere a trentamila il numero degli Dei. Gli antichi annoveravano più di trecento Giovi, ed almeno quaranta Ercoli ; perlo
nta Ercoli ; perlochè Giovenale, poeta satirico latino nato l’anno 42 di G. C., compiange Atlante quasi schiacciato dal pe
tlante quasi schiacciato dal peso del cielo, a motivo del gran numero di Dei che vi erano stati collocati. 17. Gli Dei era
eva gli Dei supremi o i grandi Numi (Dii majores), ed erano in numero di venti. 18. La seconda era quella degli Dei subalt
terza eran collocati i Semidei, cioè tutte le divinità supposte prole di un Nume o di una Dea, come Ercole, Esculapio, Cas
llocati i Semidei, cioè tutte le divinità supposte prole di un Nume o di una Dea, come Ercole, Esculapio, Castore, Polluce
Olimpo, o presiedevano alla terra, al mare o all’ inferno ; e dodici di essi componevano il consiglio celeste, cioè : Gio
, poeta greco e contemporaneo d’Omero e che fiorì 9 o 10 secoli prima di G. C., nacque dal Caos e dalla Notte (238), ed er
e (238), ed era cieco.7 22. I pagani chiamarono Caos quella congerie di cose casuale ed informe, nella quale immaginarono
osi lib. I.) Uno Dio, pensarono i pagani, cambiò l’aspetto e lo stato di questa materia inerte ; ne trasse l’etere che for
la terra nè gli stessi Dei ! 24. Il Destino era seduto sopra un trono di ferro, con gli occhi bendati e un piede sul nostr
scettro simbolo del supremo potere, nell’ altra un’ urna od un libro di bronzo contenente le umane sorti. Dietro a lui è
sorabile Necessità, figlia dell’ Intemperanza, recando nella sua mano di ferro e chiodi e cunei e graffi e liquido piombo,
stretta relazione delle cose terrene colle celesti. 26. Dall’ unione di Celo colla Terra nacquero Saturno (27), Cibele (4
’ impero del mondo apparteneva a Titano, perchè era fratello maggiore di Saturno ; ma ad istanza di Cibele, Titano lo cedè
eva a Titano, perchè era fratello maggiore di Saturno ; ma ad istanza di Cibele, Titano lo cedè al minore, a condizione ch
incaute, consigliate da sfrenata e crudele ambizione, tornino a danno di chi le fa. Intanto Cibele (40), sorella e moglie
, tornino a danno di chi le fa. Intanto Cibele (40), sorella e moglie di Saturno, avuti due figliuoli ad un parto, Giove (
13). 29. Giove fu dato a educare alle Ninfe del monte Ida nell’ Isola di Creta ed ai sacerdoti di Cibele, chiamati Cureti,
educare alle Ninfe del monte Ida nell’ Isola di Creta ed ai sacerdoti di Cibele, chiamati Cureti, Galli, Coribanti o Datti
ce. Narrasi che le Ninfe e i Coribanti, che furon poi anche sacerdoti di Giove, per celar meglio a Saturno i vagiti del Nu
onessero a ballare suonando i cembali e battendo fra loro molti scudi di bronzo. 30. Finalmente questa cautela non valse,
bele in angusto carcere ; ma poi Giove da buon figliuolo venne a capo di liberarli ambedue. Il più celebre tra i Titani fu
del genere umano ; od almeno non riconoscevano altro uomo più antico di lui ; sicchè nè le loro istorie nè le loro tradiz
re l’ Europa, nel tempo che Sem restò nell’ Asia e Cam passò l’ istmo di Suez per istabilirsi nell’ Affrica. 31. Poichè Sa
in quella parte d’ Italia ove poi fu eretta Roma, e che ebbe il nome di Lazio dal latino vocabolo Latere,8 forse perchè S
tere. 33. Saturno, per gratitudine dell’ ospitalità generosa, lo dotò di così raro intelletto e di tanta prudenza, che non
titudine dell’ ospitalità generosa, lo dotò di così raro intelletto e di tanta prudenza, che non dimenticava mai il passat
per conoscere tanto l’ uno che l’altro, ed ebbe perciò il soprannome di bifronte. 34. Il regno di Saturno e di Giano in
che l’altro, ed ebbe perciò il soprannome di bifronte. 34. Il regno di Saturno e di Giano in Italia fu chiamato Età dell
ed ebbe perciò il soprannome di bifronte. 34. Il regno di Saturno e di Giano in Italia fu chiamato Età dell’ oro, ossia
o, Recava al mondo eterna primavera. Zefiro i fior d’ aprile e i fior di maggio Nutria con aura tepida e leggera. Stillava
nto amor diè lor ricetto. S’accendon l’aspre ed orride giornate Piene di sanguinosi alti perigli, Che spingono a morir le
verno e senza padre. Astrea11 che con la libra e con la spada Conosce di ciascun l’ errore e il merto, Poi che s’ avvide c
selvaggia, senza religione e senza leggi. Ed esso migliorò i costumi di quei popoli, li radunò a vivere insieme nelle cit
ette loro l’ idea del giusto e dell’ onesto. Numa Pompilio secondo re di Roma (714 anni avanti Gesù Cristo) gli edificò un
uno per ciascun mese dell’anno ; il qual tempio stava aperto in tempo di guerra, e chiuso in tempo di pace. Gli fu consacr
o ; il qual tempio stava aperto in tempo di guerra, e chiuso in tempo di pace. Gli fu consacrato il monte Gianicolo che è
pace. Gli fu consacrato il monte Gianicolo che è uno dei sette colli di Roma ; e le porte delle case, dette in latino Jan
25). Secondo altri questo tempio era stato eretto da Romolo fondatore di Roma e da Tazio re dei Sabini, in memoria del tra
o fondatore di Roma e da Tazio re dei Sabini, in memoria del trattato di pace tra essi conchiuso. 36. È rappresentato in s
trattato di pace tra essi conchiuso. 36. È rappresentato in sembianze di giovine con una bacchetta in mano, quale Dio tute
per significare la misura dell’ anno. Da lui ha preso il nome il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con
il mese di gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri, di fichi e di miele. Facevano ancora giu
gennaio, nel quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri, di fichi e di miele. Facevano ancora giuochi e danze
l quale era celebrata la sua festa con offerte di datteri, di fichi e di miele. Facevano ancora giuochi e danze, e si abba
e. Facevano ancora giuochi e danze, e si abbandonavano ad ogni specie di pubblica gioja. Nel primo giorno di questo mese i
e si abbandonavano ad ogni specie di pubblica gioja. Nel primo giorno di questo mese i Consoli designati entravano in cari
nverso me queste cotali Parole usò, e mai non furo strenne Che fosser di piacere a queste iguali. Dante, Purg., c. XXVII.
i e statuito le cerimonie del culto, quanto per esser tenuto in conto di valido intercessore ai supplichevoli mortali appo
hevoli mortali appo gli Dei. 38. Le feste istituite nel Lazio in onor di Saturno e in memoria della dimora da esso fattavi
n dette Saturnali, e celebrate ogni anno il dicembre. Cominciavano il di 16, e duravano tre giorni, e tutto allora spirava
o con due leste, ossia il ritratto del re Giano. Si crede che fossero di bronzo ; e i Latini solevano offrirle in dono per
nemente rappresentato qual vecchio curvo dal peso degli anni e armato di falce, per indicare ch’ei presiede al tempo che t
gio a polvere, e talora un serpente che si morde la coda od è in atto di divorare un fanciullo. L’ orologio a polvere è la
. Chè più d’un giorno è la vita mortale, Nubilo, breve, freddo e pien di noja, Che può bella parer, ma nulla vale ? Qui l’
sa quanto si viva o moja. Veggio la fuga del mio viver presta ; Anzi di tutti ; e nel fuggir del sole, La ruina del mondo
Francesco prosegue : Vidi una gente andarsen queta queta Senza temer di tempo, o di sua rabbia : Chè gli avea in guardia
osegue : Vidi una gente andarsen queta queta Senza temer di tempo, o di sua rabbia : Chè gli avea in guardia istorico o p
…. Cibele. Vesta. Vestali. 40. Cibele, qual sorella e moglie di Saturno (27), era tenuta per genitrice della magg
ciò fu detta gran madre, e poi Berecinzia, Dindimena e Idea, dai nomi di tre montagne di Frigia (Asia minore) dove con spe
n madre, e poi Berecinzia, Dindimena e Idea, dai nomi di tre montagne di Frigia (Asia minore) dove con special culto era o
o, ricchezza, perchè stimavano che procacciasse ai mortali ogni sorta di beni. 42. Ebbe il nome di Rea, dal greco rhéin ch
vano che procacciasse ai mortali ogni sorta di beni. 42. Ebbe il nome di Rea, dal greco rhéin che vuol dire, scorrere, ess
sognevole al vivere umano ; e infine fu talor conosciuta sotto quello di Vesta. 43. Gli eruditi distinguono tre divinità
i Vesta. 43. Gli eruditi distinguono tre divinità con lo stesso nome di Vesta : una, detta anche Terra e moglie di Celo (
ivinità con lo stesso nome di Vesta : una, detta anche Terra e moglie di Celo (25), è la madre di Saturno (27) ; l’ altra,
e di Vesta : una, detta anche Terra e moglie di Celo (25), è la madre di Saturno (27) ; l’ altra, ossia Cibele gli è mogli
erza è sua figliuola. 44. A ragione immaginarono Cibele con sembianze di donna veneranda e forte, e le posero in capo una
mbianze di donna veneranda e forte, e le posero in capo una ghirlanda di quercia, perchè un tempo gli uomini semplici e ro
di quercia, perchè un tempo gli uomini semplici e robusti si nutriron di ghiande ; e le torri e le merlate mura, che le ri
lema della terra equilibrata nell’ aere pel proprio peso ; e le vesti di color verde alludono alla vegetazione che ne abbe
e procelle…. Terribile invero, e fantastica maestà d’ una Dea feconda di tanti beni e di tanti mali ! 45. Vesta, soprannom
ribile invero, e fantastica maestà d’ una Dea feconda di tanti beni e di tanti mali ! 45. Vesta, soprannominata la giovane
e di tanti mali ! 45. Vesta, soprannominata la giovane Vesta, figlia di Saturno e di Cibele e moglie d’ Urano (25), presi
ali ! 45. Vesta, soprannominata la giovane Vesta, figlia di Saturno e di Cibele e moglie d’ Urano (25), presiedeva al fuoc
lore feconda la terra ; od era lo stesso fuoco secondo il significato di quel nome. L’ onoravano in Frigia, di dove Enea (
so fuoco secondo il significato di quel nome. L’ onoravano in Frigia, di dove Enea (608) figliuol d’Anchise ne recò in Ita
) figliuol d’Anchise ne recò in Italia la statua ed il culto. Numa re di Roma le consacrò un tempio12 dov’ era custodito i
di Roma le consacrò un tempio12 dov’ era custodito il Palladio (570) di Troja, e dove sorgeva un altare con perpetua fiam
oncetti, stupendi i versi coi quali Ugo Foscolo parla del fuoco sacro di Vesta nel suo carme le Grazie :13 Solinga nell’
na fiamma Per proprio fato eterna ; e n’ è custode La veneranda Deità di Vesta. Vi s’ appressa e deriva indi una pura Luc
na pura Luce che, mista allo splendor del Sole, Tinge gli aerei campi di zaffiro, E i mari allor che ondeggiano al tranqui
he ondeggiano al tranquillo Spirto del vento, facili a’ nocchieri ; E di chiaror dolcissimo consola Con quel lume le notti
iseri col pianto. 46. Sei vergini donzelle furon create sacerdotesse di Vesta col nome di Vestali, destinate in Roma alla
46. Sei vergini donzelle furon create sacerdotesse di Vesta col nome di Vestali, destinate in Roma alla custodia del suo
re, e, abolita la monarchia, i pontefici ; e dovevano avere non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie
la monarchia, i pontefici ; e dovevano avere non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie romane e di lib
i ; e dovevano avere non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie romane e di libera condizione. Se per lo
non meno di sei, nè più di dieci anni, ed essere di famiglie romane e di libera condizione. Se per loro negligenza il fuoc
i venivano punite severamente, poichè la superstizione allo spegnersi di quel fuoco attribuiva terribili conseguenze. I sa
r riaccenderlo adoperavano i raggi del sole o il fulmine, od un pezzo di legno secco incendiato col farvi girar dentro vel
lo. Le Vestali eran soggette a rigoroso celibato, e volevansi modello di castità e d’innocenza, sotto pena di essere sepol
so celibato, e volevansi modello di castità e d’innocenza, sotto pena di essere sepolte vive. Andavan poi onorevolmente di
uale ; e nei più serj negozj la loro semplice affermativa aveva forza di giuramento. Nelle loro mani erano depositati i te
Nelle loro mani erano depositati i testamenti e quanto poteva esservi di segreto e di sacro. Al circo ed a tutti gli spett
ni erano depositati i testamenti e quanto poteva esservi di segreto e di sacro. Al circo ed a tutti gli spettacoli avevano
o. Il pubblico erario le manteneva con splendidezza. Dopo trent’ anni di sacerdozio eran libere di abbandonare la custodia
anteneva con splendidezza. Dopo trent’ anni di sacerdozio eran libere di abbandonare la custodia del fuoco di Vesta per ac
’ anni di sacerdozio eran libere di abbandonare la custodia del fuoco di Vesta per accendere la face dell’ Imeneo ; ma per
Vesta per accendere la face dell’ Imeneo ; ma per lo più preferivano di rimanere nel tempio ed esser guida ed esemplare a
in Roma fino ai tempi dell’ Imperatore Teodosio. 47. Le feste in onor di Cibele furono dette Megalesiache, o giuochi megal
a nascondiglio, perchè agli schiavi era vietato l’entrarvi sotto pena di morte. I magistrati vi assistevano con abiti di p
l’entrarvi sotto pena di morte. I magistrati vi assistevano con abiti di porpora. 48. I sacerdoti di Cibele avevano il nom
te. I magistrati vi assistevano con abiti di porpora. 48. I sacerdoti di Cibele avevano il nome di Galli in latino, da Gal
evano con abiti di porpora. 48. I sacerdoti di Cibele avevano il nome di Galli in latino, da Gallus, fiume di Frigia, beve
erdoti di Cibele avevano il nome di Galli in latino, da Gallus, fiume di Frigia, bevendo l’ acqua del quale si fingevano f
di Frigia, bevendo l’ acqua del quale si fingevano furibondi a segno di lacerarsi il corpo con staffilate e coltelli, ind
falsa religione. Uscivano costoro dalla feccia del popolo, ed a guisa di ciarlatani andavano di città in città recando la
no costoro dalla feccia del popolo, ed a guisa di ciarlatani andavano di città in città recando la statua di Cibele, canta
ed a guisa di ciarlatani andavano di città in città recando la statua di Cibele, cantando inni in sua lode e mendicando. T
o seco alcune vecchie che facevano professione d’ impostura con versi di magia, con incantesimi e sortilegi, e turbavano s
iposo delle famiglie, appunto come fanno ancora le zingane a vergogna di un secolo incivilito. Furono detti anche Coribant
o. Furono detti anche Coribanti o Dattili (29),14 , servendo al culto di Giove ; e celebravano le feste di Cibele con imme
Dattili (29),14 , servendo al culto di Giove ; e celebravano le feste di Cibele con immenso tumulto, mischiando a’ loro ur
rcotendo gli scudi con le lance, ballando e movendo la testa con atti di frenesia. In prima abitarono il monte Ida nella F
a con atti di frenesia. In prima abitarono il monte Ida nella Frigia, di dove si trasferirono in Creta, e aiutarono i Cure
e a proteggere e creò suo sacerdote questo Ati, bellissimo pastorello di Frigia ; ma egli trascurò il suo ministero per is
nfa, e abbandonò lui in preda a tanta disperazione, che era sul punto di uccidersi ; quand’ella impietosita, lo trasformò
lo sciagurato spinto da soverchio affanno a levarsi la vita è oggetto di massimo terrore. Cerere. Proserpina. 51.
Proserpina. 51. Fu invero benefica divinità questa Cerere, figlia di Saturno (27) e di Cibele (40), se istruì gli uomi
. Fu invero benefica divinità questa Cerere, figlia di Saturno (27) e di Cibele (40), se istruì gli uomini nell’arte di co
glia di Saturno (27) e di Cibele (40), se istruì gli uomini nell’arte di coltivar la terra e di seminare il grano ; sicchè
di Cibele (40), se istruì gli uomini nell’arte di coltivar la terra e di seminare il grano ; sicchè gli antichi l’ adoraro
lo Giove (63) una figlia chiamata Proserpina (53) ; e Giasone, figlio di Giove e d’ Elettra, la fece madre di Pluto (254),
serpina (53) ; e Giasone, figlio di Giove e d’ Elettra, la fece madre di Pluto (254), Dio delle ricchezze. 53. Plutone (31
enfiate labbia, e lo chiama maledetto lupo, qual si conviene al nume di coloro in cui usa avarizia il suo soperchio) ; ed
in cui usa avarizia il suo soperchio) ; ed il suo regno, benchè pieno di dovizie, incuteva tale spavento, che nessuna Dea
erche al lume delle faci. Intanto per mostrarsi grata all’ ospitalità di Celeo, re d’Eleusi nell’ Attica, insegnò a Tritto
brate. 55. Nell’attraversare la Licia (Asia-minore) le intravvenne di voler estinguere la sete ad una fonte ov’ erano c
intorbidarono ; ed essa, quanto era stata generosa verso la cortesia di Celeo, altrettanto fu severa con essi trasformand
sia riprovevole la sgarbatezza. 56. Giove (63) commosso dall’ affanno di Cerere, promise di farle ricuperare la figlia, se
sgarbatezza. 56. Giove (63) commosso dall’ affanno di Cerere, promise di farle ricuperare la figlia, se questa nell’Infern
cibo ; ma per sua sventura Proserpina aveva assaggiato alcuni chicchi di melagrana, ed Ascalafo figliuolo dell’Acheronte (
e. Anguillara. Ascalafo poi sotto questa forma diventò il favorito di Minerva, indicando che quanto la coperta delazion
anca un giorno de’suoi viaggi, e tormentata dalla sete, entrò in casa di una vecchiarella per nome Bècubo, che amorevolmen
orevolmente le offerse da bevere, e le dette da mangiare una scodella di pappa. E Cerere a dir vero ne faceva onore alla v
andola sì ingordamente che il fanciullo Stelle o Stellio, all’aspetto di tanta avidità non potè fare a meno di riderne e d
o Stelle o Stellio, all’aspetto di tanta avidità non potè fare a meno di riderne e di beffarla. Di che offesa la Dea gli s
ellio, all’aspetto di tanta avidità non potè fare a meno di riderne e di beffarla. Di che offesa la Dea gli scaraventò in
ero non istà bene ai fanciulli pigliarsi beffe d’alcuno, e in ispecie di coloro che essendo per miseria o per altre necess
a ninfa Aretusa (323) le fece sapere come Proserpina fosse già moglie di Plutone (213) e regina dell’inferno. Laonde, acce
fiaccola al fuoco del monte Etna, entrò nelle viscere della terra ; e di lì nell’inferno per richiedere a Plutone la sua f
inione che Giove, impietosito da Cerere, concedesse a Proserpina (53) di passare sei mesi dell’anno colla madre e gli altr
, membra robuste, leggerissime vesti ; è incoronata con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le sue mammelle piene di
uste, leggerissime vesti ; è incoronata con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le sue mammelle piene di latte l’add
a con una ghirlanda di spighe o di papaveri ; e le sue mammelle piene di latte l’additano nutrice del genere umano. Talora
l’additano nutrice del genere umano. Talora ha nella destra un covone di spighe od una falcetta, e nella sinistra una fiac
. Al suo carro vanno attaccati due leoni o due serpenti. 60. Le feste di Cerere furon chiamate Eleusine, o Eleusinie, perc
po Celeo re d’Eleusi.17 Oltre alle Eleusinie furono istituite in onor di Cerere parimente nell’Attica le Tesmoforie (thesm
ssistervi ; e nei cinque giorni della loro durata le donzelle vestite di bianco andavano da Atene ad Eleusi recando in cap
ro, un vaglio, alcune focacce ed altri simboli. In Sicilia, nel tempo di questa processione, le donne correvano qua e là c
2. Eresittone o Erisittone, tessalo, figlio della ninfa Driope nipote di Nettuno (185) e avo materno d’Ulisse (568), oltra
crifizj. Indi, forse per rapacità, o in onta a Cerere, ebbe l’audacia di tagliare parecchi alberi in un bosco a lei consac
era ridotto in estrema povertà. Allora la sua figliuola Metra, degna di miglior padre, studiando ogni via di liberarlo da
ra la sua figliuola Metra, degna di miglior padre, studiando ogni via di liberarlo da tanta miseria, ottenne da Nettuno di
studiando ogni via di liberarlo da tanta miseria, ottenne da Nettuno di potersi, come il marino Proteo (195), trasformare
itto sia l’empietà contro i Numi, e come il filiale affetto s’ingegni di mitigare il destino di un padre colpevole sì, ma
ro i Numi, e come il filiale affetto s’ingegni di mitigare il destino di un padre colpevole sì, ma troppo crudelmente puni
d’un colpo d’asce datosi da sè stesso mentre abbatteva il bosco sacro di Cerere. Giove. 63. Giove, figlio di Satur
abbatteva il bosco sacro di Cerere. Giove. 63. Giove, figlio di Saturno (27) e di Cibele (40), bandito il padre d
o sacro di Cerere. Giove. 63. Giove, figlio di Saturno (27) e di Cibele (40), bandito il padre dal cielo, s’imposs
85), e quello dell’inferno a Plutone (213). Disse ; e il gran figlio di Saturno i neri Sopraccigli inchinò : su l’immorta
ngiunto a Vesta (43). 65. Ma il suo regno, che gli costava un delitto di violenza incontro al padre, non fu mai lieto ; po
nza incontro al padre, non fu mai lieto ; poichè la Terra (25) moglie di Celo (25) per vendicare i Titani suoi nipoti prec
(69) figliuoli degli stessi Titani. Questi enti favolosi erano uomini di statura e di forza tanto straordinaria, che osaro
i degli stessi Titani. Questi enti favolosi erano uomini di statura e di forza tanto straordinaria, che osarono d’assalire
e osarono d’assalire il re del cielo. 66. Deliberati dunque i Giganti di combattere contro Giove, presero ad assalirlo sul
ponendo Ossa a Pelio, ed Olimpo ad Ossa, tutte montagne della Grecia, di sulle quali s’argomentarono dar la scalata al cie
agli Dei massi enormi ed interi monti. Non sai qual contro a Dio Fé di sue forze abuso, Con temeraria fronte, Chi monte
so, Con temeraria fronte, Chi monte impose a monte ? Parini. Alcuni di quei monti ricadendo nel mare diventarono isole,
aron nuove montagne. Ecco un’altra immagine delle eruzioni vulcaniche di quei tempi, ingrandita dal terrore dei popoli che
saperne spiegare le cause. 67. Lo stesso Giove, sgomentato alla vista di sì tremendi nemici, chiamò in soccorso gli altri
mendi nemici, chiamò in soccorso gli altri Dei, ma tutti temevano più di lui, e si rifugiarono nell’Egitto ove stettero ce
no nell’Egitto ove stettero celati sotto varie forme d’animali. Forse di qui, secondo alcuni, ebbero origine gli onori div
ne, combattè per qualche tempo con intrepidezza, animato da Giove che di continuo gli gridava : Coraggio, figlio mio, cora
ittorioso. I più terribili tra’suoi nemici in questa così detta pugna di Flegra (valle della Tessaglia) furono Encelado, c
morando esala, E tutte intorno le campagne e’l cielo Di tuoni empie e di pomici e di fumo. Virgilio, Eneide, trad. del C
a, E tutte intorno le campagne e’l cielo Di tuoni empie e di pomici e di fumo. Virgilio, Eneide, trad. del Caro.19 70.
da temere, s’occupò della formazione dell’uomo. Indi Prometeo, figlio di Giapelo (30) e nipote d’Urano (promethéomai, io p
acro rapito al carro del Sole.20 71. Ma Giove, sdegnato dell’audacia di Prometeo, ordinò a Vulcano d’incatenarlo ad uno s
mente divorare le viscere, le quali, rinascendo sempre, erano cagione di continuo martirio allo sventurato. Con tal favola
oeti volessero indicare la prepotenza dispotica, la quale si studiava di tenere oppressi coloro che, illuminando le menti
o talora i despoti per aver parte nell’ambizioso potere, così la pena di Prometeo appariva ordinata da Giove. Ma lo stesso
veva presagito che alfine la forza della giustizia avrebbe trionfato di quella della tirannide ; e infatti Ercole, (364)
Silvestro Centofanti. 72. Addolorati gli altri Dei per la severità di Giove, e ingelositi nel vedere che egli solo si a
i Giove, e ingelositi nel vedere che egli solo si arrogava il diritto di creare gli uomini, si concertarono fra di loro, e
solo si arrogava il diritto di creare gli uomini, si concertarono fra di loro, e formarono una donna facendole ciascuno di
si concertarono fra di loro, e formarono una donna facendole ciascuno di essi un dono particolare. Pallade (263) le donò l
) l’eloquenza ; e la chiamarono Pandora, vale a dire formata coi doni di tutti gli Dei (pan tutto, dôron dono, gr.). « E i
o, il trovar le quali è effetto della fortuna. Sicchè sotto la favola di Pandora è compreso il regno della Fortuna (332),
età del mondo. » (Mario Pagano, Saggi politici.) 73. Simulando Giove di voler ricolmare anch’egli dei suoi doni Pandora,
ch’egli dei suoi doni Pandora, le regalò un vaso chiuso, con l’ordine di recarlo a Prometeo ; il quale, prevedendo qualche
respinse Pandora ed il vaso ; ma Epimeteo suo fratello, meno accorto di lui, l’accolse e la sposò. Allora fu aperto il va
e, la quale partorì Minosse (228) e Radamanto (230) ; prese la figura di un cigno per trasportare in cielo Leda figlia di
0) ; prese la figura di un cigno per trasportare in cielo Leda figlia di Testio re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di S
er trasportare in cielo Leda figlia di Testio re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di Sparta, la quale fu madre di Castor
in cielo Leda figlia di Testio re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di Sparta, la quale fu madre di Castore e Clitennest
io re dell’Etolia e moglie di Tindaro re di Sparta, la quale fu madre di Castore e Clitennestra (441), di Polluce e d’Elen
daro re di Sparta, la quale fu madre di Castore e Clitennestra (441), di Polluce e d’Elena (601) ;22 poi comparve da satir
) ;22 poi comparve da satiro ad Antiope regina delle Amazzoni e madre di Zeto e d’Anfione (481) ; e sotto le sembianze d’A
to le sembianze d’Anfitrione (amphi, intorno tryo, io fatieo, gr.) re di Micene nell’Argolide, ebbe favori dalla di lui mo
o tryo, io fatieo, gr.) re di Micene nell’Argolide, ebbe favori dalla di lui moglie Alcmena, che fu madre d’Ercole (364).
rcole (364). 75. Si cangiò in pioggia d’oro per penetrare nella torre di metallo dov’era ehiusa Danae figlia d’Acrisio e p
la torre di metallo dov’era ehiusa Danae figlia d’Acrisio e poi madre di Perseo (353) ; sotto la figura di un giovine appa
Danae figlia d’Acrisio e poi madre di Perseo (353) ; sotto la figura di un giovine apparve a Semele figlia di Cadmo (485)
Perseo (353) ; sotto la figura di un giovine apparve a Semele figlia di Cadmo (485) e madre di Bacco (146) ; e fintosi Di
a figura di un giovine apparve a Semele figlia di Cadmo (485) e madre di Bacco (146) ; e fintosi Diana (137), dette a Cali
tte a Calisto (140) il figliuolo Arcade ; e finalmente in rozza veste di pastore si palesò alla madre delle nove Muse (274
da perì e phaino, io splendo intorno), che era uno dei Lapiti, popoli di Tessaglia famosi per le loro guerre contro i Cent
per le loro guerre contro i Centauri (430), e che fu re d’Atene prima di Cecrope, per le sue belle azioni aveva meritato a
erendo che un mortale acconsentisse d’essere adorato in terra al pari di uno Dio, voleva fulminarlo. Apollo intereedette p
tte per lui, e Perifa, cangiato in aquila, diventò l’uccello favorito di Giove e il eustode delle sue folgori. 77. La capr
in dono un corno della stessa capra. Quel corno aveva la prerogativa di produrre tutto ciò ch’elleno a vesser bramato ; e
. Licaone, principe dell’Arcadia, fu il primo ad immaginare sacrifizj di animali agli Dei, e per questa assuefazione alle
sapendo che gli Dei solevan talora scendere sulla terra, s’argomentò di scoprire se per avventura il nuovo ospite fosse u
a, s’argomentò di scoprire se per avventura il nuovo ospite fosse uno di loro, e scelleratamente gl’imbandì carne umana. A
andì carne umana. Allora una fiamma vendicatrice distrusse per ordine di Giove il palazzo di Licaone, e l’empio fu convert
lora una fiamma vendicatrice distrusse per ordine di Giove il palazzo di Licaone, e l’empio fu convertito in lupo. Questa
gura la crudeltà e la rapacità dei despoti, e nasce dallo stesso nome di Licaone che in greco significa lupo. 79. Giove h
perchè, mentre Ercole sacrificava agli Dei, fu assalito da uno sciame di mosche trattovi dall’odore della vittima ; ma and
dall’odore della vittima ; ma andando poi a sacrificare al simulacro di Giove, gl’importuni insetti si dileguarono. In Ro
tto anche Giove Statore, stator dalla parola stare, perchè alle preci di Romolo aveva rattenuto i Romani fuggenti innanzi
o stesso che Pistius, altra sua denominazione. Lo invocavano col nome di Terminale quando ponevano sotto la sua protezione
la sua protezione i termini o limiti dei campi. Quando si figuravano di costringerlo a mostrarsi ai mortali, invocando il
ar fuori, ec. 80. Egli era poi onorato anche in Affrica sotto il nome di Giove Ammone, ed ecco perchè : Bacco (146) essend
ome di Giove Ammone, ed ecco perchè : Bacco (146) essendo in pericolo di morir di sete nei vasti deserti della Libia, impl
ove Ammone, ed ecco perchè : Bacco (146) essendo in pericolo di morir di sete nei vasti deserti della Libia, implorò il so
o di morir di sete nei vasti deserti della Libia, implorò il soccorso di Giore ; ed il padre degli Dei, apparsogli in form
. Allora Bacco, per gratitudine, gli consacrò un tempio sotto il nome di Giore Ammone (Ammone in greco significa rena o sa
appresentato sotto le forme d’ariete, le corna del quale sono simbolo di forza e di coraggio. Ma i più sono di sentimento
o sotto le forme d’ariete, le corna del quale sono simbolo di forza e di coraggio. Ma i più sono di sentimento che questo
le corna del quale sono simbolo di forza e di coraggio. Ma i più sono di sentimento che questo Giove Ammone altro non sia
l suo tempio più celebre fu in Olimpia, ed ivi era la mirabile statua di Giove Olimpico, scolpita da Fidia, e annoverata t
nnoverata tra le sette maraviglie del mondo (135, 143). Sotto il nome di Giove Statore (79) n’ebbe uno in Roma erettogli d
imi altri per tutto. I suoi tre Oracoli (667) principali erano quelli di Dodona nell’Epiro, di Libia, e di Trofonio 24 in
suoi tre Oracoli (667) principali erano quelli di Dodona nell’Epiro, di Libia, e di Trofonio 24 in Beozia. Comunemente gl
acoli (667) principali erano quelli di Dodona nell’Epiro, di Libia, e di Trofonio 24 in Beozia. Comunemente gli immolavano
Gli antichi consacrarono a Giove la quercia, perch’egli a somiglianza di Saturno aveva insegnato agli uomini a cibarsi di
h’egli a somiglianza di Saturno aveva insegnato agli uomini a cibarsi di ghiande. Credevano poi che le querci della forest
ghiande. Credevano poi che le querci della foresta vicina alla città di Dodona nell’Epiro rendessero gli oracoli, e vi er
ssero gli oracoli, e vi eressero un tempio per adorarlo sotto il nome di Giove Dodoneo ; e quindi eragli specialmente sacr
neo ; e quindi eragli specialmente sacra la quercia. Anche le colombe di quella foresta pronunziavano oracoli, e in essa f
raggioso tra i volatili ; talvolta l’aquila è ad ali spiegate in atto di rapir Ganimede (87). 84. Gli autori sono discordi
ono discordi sul numero degli enti mitologici che hanno avuto il nome di Giove ; e Varrone ed Eusebio li fanno ascendere s
o, lo che viene spiegato dall’uso che la maggior parte dei re avevano di prendere questo nome. Perciò tanti popoli diversi
ersi vantavano Giove esser nato fra loro, e additavano sì gran numero di monumenti per attestarlo. Giunone. 85. Giu
mero di monumenti per attestarlo. Giunone. 85. Giunone, figlia di Saturno (27) e di Rea, (42) sposò Giove (63) suo
per attestarlo. Giunone. 85. Giunone, figlia di Saturno (27) e di Rea, (42) sposò Giove (63) suo fratello, e divenn
 ; e presiedeva anche ai parti pigliando allora da lux (luce) il nome di Lucina. Fu anche detla Moneta da moneo, per cagio
unci o con Pirro. 86. Ebbe tre figli : Marte (255) generato per virtù di un fiore, o secondo altri comparso già cresciuto
virtù di un fiore, o secondo altri comparso già cresciuto ed in armi di sotto tcrra allorchè Giunone, rampognando Giove,
ta a mescere il néttare agli Dei ; ma poichè un giorno le intravvenne di cadere nel bel mezzo della celeste assemblea, ell
na che non s’arrischiò più a comparirvi. Allora Giove dette l’ufficio di coppiere al bellissimo Ganimede (ganos, gioia, me
l bellissimo Ganimede (ganos, gioia, medos, consiglio, gr.) figliuolo di Tros re di Troja, facendolo rapire da un’aquila n
o Ganimede (ganos, gioia, medos, consiglio, gr.) figliuolo di Tros re di Troja, facendolo rapire da un’aquila nel tempo ch
on essendo stata efficace questa lezione a correggerla, Giove risolse di prendere un’altra moglie, e di sceglierla tra le
a lezione a correggerla, Giove risolse di prendere un’altra moglie, e di sceglierla tra le semplici mortali ; sicchè pose
netta Io figlia d’Inaco re d’Argo ; e per salvarla dalla persccuzione di Giunone la celò in una nube, e la trasformò in va
e la trasformò in vacca. Giunone insospettita, come colei che sapeva di meritare ogni gastigo, finse miglior contegno, e
, finse miglior contegno, e poi si mostrò meravigliata della bellezza di quell’animale, e chieselo in dono al marito con t
tenne il suo intento, perchè Giove ordinò a Mercurio suo araldo (160) di fare addormentare il maraviglioso vigilatore, con
il maraviglioso vigilatore, con la voluttà della musica e con l’ajuto di Morfeo Dio del sonno (241) che a tale effetto gli
del pavone, o sivvero trasmutò Argo in quest’uccello dotato solamente di esterna bellezza, e lo prese a proteggere qual si
la consegnò alle Furie (232), e la fece tormentare da un assillo che di continuo la pungeva ; sicchè la sventurata princi
ide, sorella e moglie d’Osiride (696). 91. Quindi la repudiata moglie di Giove non ebbe più ritegno alle vendette, alla ge
Cadmo (482), poichè Melicerta (449), Atteone (138) e Penteo (155) re di Tebe perirono miseramente ; la figliuola Semele (
a che fece perire tutti gli abitanti, per vendicarsi della protezione di Giove verso la figlia d’Asopo regina di quell’iso
r vendicarsi della protezione di Giove verso la figlia d’Asopo regina di quell’isola. Eaco, (229) figliuolo di questa regi
verso la figlia d’Asopo regina di quell’isola. Eaco, (229) figliuolo di questa regina e di Giove, pregò il padre perchè r
Asopo regina di quell’isola. Eaco, (229) figliuolo di questa regina e di Giove, pregò il padre perchè ripopolasse il suo r
i da una vecchia querce della dodonea foresta una quantità prodigiosa di formiche, le quali presero tosto figura umana. Da
ai primi tempi fosse opinione che la fatica e l’industria valgano più di tutto a ripopolare i paesi devastati. I nuovi abi
in greco significa formiche, accompagnarono Achille (536) all’assedio di Troia. — E guai a chi avesse offeso la vanità di
le (536) all’assedio di Troia. — E guai a chi avesse offeso la vanità di Giunone ! Piga, piccola regina dei Pigmei che ard
e ardì paragonarsele nella bellezza, fu cangiata in gru ; e le figlie di Preto rè d’Argo (462), Lisippa, Ifinoe ed Ifianas
essersi vantate belle quanto Giunone, furono assalite da tale impeto di frenesia, che andavano errando furiose in mezzo a
ituì loro la ragione con un’acqua mescolata d’elleboro ; ed in premio di questa cura mirabile ebbe la mano d’Ifianasse, co
sta cura mirabile ebbe la mano d’Ifianasse, con una parte degli stati di Preto. 93. Iride figlia di Taumante, che di là ca
ano d’Ifianasse, con una parte degli stati di Preto. 93. Iride figlia di Taumante, che di là cangia sovente contrade, dice
con una parte degli stati di Preto. 93. Iride figlia di Taumante, che di là cangia sovente contrade, dice Dante nel Purg.
rcobaleno si mostra ora in un luogo ora in un altro, fu la messaggera di Giunone ; l’ambiziosa regina degli Dei non volle
sempre buone nuove, che per ricompensa le regalò una splendida veste di tre colori, e la pose in cielo ; e noi la vediamo
se in cielo ; e noi la vediamo bellissima nell’arcobaleno apportatore di gioja sopra la terra. Così spiegarono gli antichi
effetto dei raggi del sole refratli a traverso le nubi ancora pregne di pioggia dopo il temporale. Ora un prisma di crist
rso le nubi ancora pregne di pioggia dopo il temporale. Ora un prisma di cristallo nelle mani di una fanciulla, o pochi so
e di pioggia dopo il temporale. Ora un prisma di cristallo nelle mani di una fanciulla, o pochi sorsi d’acqua spruzzati in
l sole, possono farci apparire a nostro talento la vezzosa messaggera di Giunone. 94. Giunone più spesso è rappresenta
ro tirato da due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata di gigli e di rose. I pittori le pongon sempre a’pie
a due pavoni, con lo scettro in mano, e la fronte coronata di gigli e di rose. I pittori le pongon sempre a’piedi un pavon
la cingon talora dell’arcobaleno, emblema d’Iride. 95. In ogni parte di Grecia e d’Italia erano templi a questa Dea consa
maggior culto l’onoravano ad Argo, a Samo ed a Cartagine. Nella prima di queste città si celebravano le sue feste col sacr
ella prima di queste città si celebravano le sue feste col sacrifizio di un’ecatombe, vale a dire di cento bovi ; e presso
i celebravano le sue feste col sacrifizio di un’ecatombe, vale a dire di cento bovi ; e presso al suo tempio scorreva un f
i ; e presso al suo tempio scorreva un fonte dotato della prerogativa di far tornare la giovinezza. Credevano che la Dea u
dei parti) si celebravano a Roma, eran dette Lupercali, a somiglianza di quelle del dio Pane (294). Lucina è la figura di
rcali, a somiglianza di quelle del dio Pane (294). Lucina è la figura di una matrona che ha nella destra una tazza e una l
no fasciato ed un giglio. Qualche volta aveva sulla fronte una corona di dittamo, perchè la superstizione credeva che ques
più comunemente un’agnella. Fu adorata anche in Egitto sotto la forma di una vacca o di una donna con le corna in capo ; m
un’agnella. Fu adorata anche in Egitto sotto la forma di una vacca o di una donna con le corna in capo ; ma cosi gli Egiz
iana (137). 97. Prima che Apollo e Diana nascessero, la gelosa moglie di Giove mosse contro la loro madre il serpente Pito
guitata senza riposo ; e la terra aveva promesso alla regina dei Numi di non dare asilo alla sua rivale. Infatti Latona er
185) impietosito dal tristo caso, fece apparire nel mare Egeo l’isola di Delo,27 e Latona trasformata in quaglia da Giove,
, e vi partorì Apollo (96) e Diana (137). Il primo ebbe il soprannome di Delio dal luogo della sua nascita. Certo non si
. Dante, Purg., c. XX. 98. Un dì Latona nel fuggire la persecuzione di Giunone attraversava la Licia, e certi contadini,
e attraversava la Licia, e certi contadini, non istruiti dall’esempio di quelli che offeser Cerere (55), ebbero la crudelt
ti dall’esempio di quelli che offeser Cerere (55), ebbero la crudeltà di negarle un po’d’acqua ; ed essa li puni col solit
rudeltà di negarle un po’d’acqua ; ed essa li puni col solito gastigo di convertirli in rane. 99. Appena che Apollo fu in
Apollo fu in età da far uso delle sue forze, consacrò la prima prova di valore alla madre per vendicarla del serpente Pit
furono istituiti da Teseo i giuochi Pitii per rammentare questa prova di filiale affetto (672). 100. Ma la vittoria gli fu
to quale Dio. Infatti aveva fin reso la vita ad Ippolito (432) figlio di Teseo (402) che era morto per cagione dei mostri
che troppo si vantava delle sue prodigiose guarigioni. 101. Il dolore di Apollo divenne cieca disperazione, e non potendo
, e non potendo pigliarne vendetta sullo stesso Giove, uccise a colpi di strali i Ciclopi (272) che avevano fabbricato la
i (272) che avevano fabbricato la folgore ; laonde Giove, per punirlo di tanto ardire, lo scacciò dal cielo, e lo privò de
2. Allora Apollo, per procacciarsi la sussistenza, si pose ai servigj di Admeto re di Tessaglia, pasturando gli armenti, e
llo, per procacciarsi la sussistenza, si pose ai servigj di Admeto re di Tessaglia, pasturando gli armenti, e fin d’allora
ampagne inventò la lira ; e per essere utile agli abitanti, si studiò di farne più miti i costumi con le dolcezze della mu
ella persuasione operata dall’eloquenza. 103. La ninfa Dafne, seguace di Diana e figliuola del fiume Peneo, fu incontrata
(che Dante chiama la fronda Peneia), e volle che il lauro in memoria di un amor puro ed ardente gli fosse sacro e divenis
un amor puro ed ardente gli fosse sacro e divenisse nobile ricompensa di poeti, d’artisti e di guerrieri. Il significato d
e gli fosse sacro e divenisse nobile ricompensa di poeti, d’artisti e di guerrieri. Il significato del vocabolo è il fonda
d’artisti e di guerrieri. Il significato del vocabolo è il fondamento di questa favola, poichè Dafne in greco vuol dir lau
o. I poeti attribuivano due particolari virtù a questa pianta : l’una di preservare dalla folgore ; l’altra di far vedere
i virtù a questa pianta : l’una di preservare dalla folgore ; l’altra di far vedere la verità in sogno a coloro che ne met
he ne mettevano alcune foglie sotto le orecchie. 104. Fu grande amico di Apollo il giovine Giacinto, figlio di Amicla e di
orecchie. 104. Fu grande amico di Apollo il giovine Giacinto, figlio di Amicla e di Diomede ; e mentre un giorno giocavan
04. Fu grande amico di Apollo il giovine Giacinto, figlio di Amicla e di Diomede ; e mentre un giorno giocavano insieme al
a mestizia la tomba delle tenere vittime della morte. 105. I genitori di Giacinto si posero ad inseguire Apollo per vendic
Allora ambedue chiesero asilo a Laomedonte, figliuolo d’Ilio e padre di Priamo, quando appunto faceva costruire la città
lo d’Ilio e padre di Priamo, quando appunto faceva costruire la città di Troia ; e venuti a patti con lui, s’allogarono pe
medonte negò loro la pattuita mercede, ed essi crucciatine, fermarono di vendicarsi. Nettuno inondò la nuova città, e Apol
nte cercò rimedio a tanti mali, e consultò l’oracolo, che gli rispose di dover placare Apollo e Nettuno, esponendo ogni an
la vittoria negò ad Ercole il meritato premio : laonde l’eroe, pieno di giusto sdegno, assaltò la città, uccise il re tan
87), che poi fu riscattato dai Troiani, e maritò Esione a Telamone re di Salamina, uno degli Argonauti. 110. Finalmente i
urora, Fetonte, le Eliadi e Lino. 112. L’Aurora sposò Titone, figlio di Laomedonte re di Troia, e gli ottenne da Giove l’
e Eliadi e Lino. 112. L’Aurora sposò Titone, figlio di Laomedonte re di Troia, e gli ottenne da Giove l’immortalità, ma n
ad essere oppresso da interminabile decrepitezza, desiderò ed ottenne di trasformarsi in cicala. 113. Dal matrimonio dell
si, gr.), re d’Etiopia, il quale militò con Priamo (587) nella guerra di Troia, e vi rimase ucciso da Achille (536). Quest
secondo la favola, che producono la rugiada mattutina. 114. Dal rogo di Memnone volaron fuori gli uccelli memnonidi, i qu
n tanto furore ed ostinazione, da cader morti accanto al rogo a guisa di vittime immolate alle ceneri dell’estinto. 115. G
’estinto. 115. Gli Egiziani alzarono a Memnone una statua nella città di Tebe ; e credesi che quando questa statua era inv
edesi che quando questa statua era investita dai primi raggi del sole di levante, ossia quando l’Aurora s’imbiancava al ba
alla sua partenza. 116. Il secondo marito dell’Aurora fu Cefalo re di Tessaglia che prima era stato sposo di Procri fig
arito dell’Aurora fu Cefalo re di Tessaglia che prima era stato sposo di Procri figlia d’Eretteo re d’Atene. Questo Cefalo
ato sposo di Procri figlia d’Eretteo re d’Atene. Questo Cefalo andava di continuo a caccia ; e Procri, presa da gelosia, v
r volersi maggiormente accostare smosse il cespuglio. Cefalo si credè di essere insidiato da una belva nascosta in quelle
ede l’Aurora. 117. Gli antichi rappresentavano l’Aurora con la veste di color rancio, con una face in mano, in sull’uscir
, in sull’uscire da un palazzo vermiglio, assisa sopra un carro color di fuoco. Omero la descrive con un gran velo dato al
gnificare che l’oscurità si dissipa innanzi a lei, mentre con le mani di rose apre le porte del giorno. Talvolta è rappres
ose apre le porte del giorno. Talvolta è rappresentata sotto le forme di giovinetta ninfa, incoronata di fiori e sopra un
lvolta è rappresentata sotto le forme di giovinetta ninfa, incoronata di fiori e sopra un carro tratto dal Pegaseo (124),
’ella è amica dei poeti. E quale, annunziatrice degli albori, L’aura di maggio muovesi, ed olezza, Tutta impregnata dall’
o Zuccheri le invenzioni per dipingere una camera nel celebre palazzo di Caprarola appartenente alla famiglia Farnese di R
a nel celebre palazzo di Caprarola appartenente alla famiglia Farnese di Roma, descrive così con molta leggiadria l’Aurora
e così con molta leggiadria l’Aurora. « Facciasi dunque una fanciulla di quella bellezza che i poeti s’ingegnano di esprim
ciasi dunque una fanciulla di quella bellezza che i poeti s’ingegnano di esprimer con parole, componendola di rose, d’oro,
bellezza che i poeti s’ingegnano di esprimer con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora, di rugiada, di simili va
oeti s’ingegnano di esprimer con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora, di rugiada, di simili vaghezze, e questo
nano di esprimer con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora, di rugiada, di simili vaghezze, e questo quanto ai c
imer con parole, componendola di rose, d’oro, di porpora, di rugiada, di simili vaghezze, e questo quanto ai colori e alla
uanto ai colori e alla carnagione. Quanto all’abito, componendone pur di molti uno che paia più appropriato, s’ha da consi
come trasparente. Dalla cintura fino alle ginocchia, una sopravvesta di scarlatto con certi trinci e groppi che imitasser
lle nugole, quando è vermiglia. Dalle ginocchia in giù fino ai piedi, di color d’oro, per rappresentarla quando è rancia.
e e svolazzi. Le braccia vogliono essere ignude, e d’incarnagione pur di rose. Negli omeri le si facciano l’ali di vari co
gnude, e d’incarnagione pur di rose. Negli omeri le si facciano l’ali di vari colori ; in testa una corona di rose ; nelle
Negli omeri le si facciano l’ali di vari colori ; in testa una corona di rose ; nelle mani le si ponga una lampada o una f
splendente in rosso, per denotarli secondo il nome che Omero dà loro di Lampo e di Fetonte. Facciasi sorgere da una marin
in rosso, per denotarli secondo il nome che Omero dà loro di Lampo e di Fetonte. Facciasi sorgere da una marina tranquill
lla, che mostri d’esser crespa, luminosa e brillante. » (Vasari, vita di Taddeo Zucchero.) 118. Fetonte (phaétho, io brill
limene figlia dell’Oceano e creduta madre d’Omero, soleva per effetto di stolto orgoglio vantarsi con tutti e continuament
re Apollo per padre e Giove per avo fosse merito suo, e tenesse luogo di virtù e di sapienza. Un giorno venne a contesa di
er padre e Giove per avo fosse merito suo, e tenesse luogo di virtù e di sapienza. Un giorno venne a contesa di natali con
uo, e tenesse luogo di virtù e di sapienza. Un giorno venne a contesa di natali con Epafo (90), figliuol di Giove, e con a
apienza. Un giorno venne a contesa di natali con Epafo (90), figliuol di Giove, e con altri suoi folli compagni ; e vantan
ta da tutti. Di che andato a lagnarsi col padre, gli chiese in grazia di condurre un giorno il carro del Sole per attestar
se, fu poi tanto debole da acconsentirvi. Allora i cavalli, accortisi di esser guidati da mano inesperta, deviano il corso
ire l’ultima ruina dell’universo, scagliò la folgore contro il figlio di Apollo, e lo precipitò nell’Eridano, fiume d’Ital
barbari e memori forse della catastrofe atlantica (69), avuta notizia di consimile incendio nel littorale d’Italia, immagi
il quale ad essi pareya che tramontasse in Italia posta all’occidente di Grecia. Crederono forse che l’astro del giorno pr
all’occidente di Grecia. Crederono forse che l’astro del giorno prima di giungere al prefisso termine del suo corso fosse
o termine del suo corso fosse caduto in quel suolo che era ingombrato di fiamme. Ma comecchè materiali e grossolani, non p
ndo la grandezza degli avi senza saperne imitare le gesta, si empiono di vano orgoglio, e periscono miseramente. 120. Le E
di vano orgoglio, e periscono miseramente. 120. Le Eliadi, figliuole di Apollo e di Climene e sorelle di Fetonte, si affl
oglio, e periscono miseramente. 120. Le Eliadi, figliuole di Apollo e di Climene e sorelle di Fetonte, si afflissero tanto
seramente. 120. Le Eliadi, figliuole di Apollo e di Climene e sorelle di Fetonte, si afflissero tanto della sua morte, che
n pioppi, e le loro lacrime in gocce d’ambra. Cigno poi …. dell’amor di Fetonte acceso, Come si dice, mentre che piangend
n canto melanconico e pieno d’armoniosa dolcezza. L’affettuoso tratto di amicizia ch’ei ricorda, questa credenza del suo d
Grazie dedica a questo simbolo della beltà, che veleggia con pure ali di neve, i seguenti bei versi : A quanti alati28 G
a Sovra le piume sue nitido il sole. 121. Lino, figliuolo d’Apollo e di Tersicore, (275) ha fama di avere inventato i ver
il sole. 121. Lino, figliuolo d’Apollo e di Tersicore, (275) ha fama di avere inventato i versi lirici, e fu quegli che i
dotessa chiamata Pitia o Pitonessa (V. Sibille, § 665) che incoronata di lauro riferiva i responsi della delfica Deità, st
e, coperto con la pelle del serpente Pitone (97), e indicato col nome di Tripode o Cortina. Nel tempio di Delfo i giovinet
nte Pitone (97), e indicato col nome di Tripode o Cortina. Nel tempio di Delfo i giovinetti dedicavano ad Apollo la loro c
acolo, il quale ordinò loro d’offrire il treppiede all’uomo più savio di tutta la Grecia. Allora lo recarono al filosofo T
so. Ma Talete mandò il treppiede a Biante ch’ei teneva per più saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca di sc
teneva per più saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca di scienze e di virtù. Nel tempo che i nemici piglia
iù saggio di lui ; ed infatti Biante era proprio un’arca di scienze e di virtù. Nel tempo che i nemici pigliavano d’assalt
orto con me ogni cosa 31. Forse questa risposta poteva esser tacciata di presunzione ; ma vero è che Biante ebbe la modest
arnaso, l’Elicona in Beozia, ed il Pindo. Il Parnaso ha anche il nome di monte sacro, e sacra è pur detta la valle sottopo
469). 124. Pegaso o Pegaseo era un cavallo alato, e nacque dal sangue di Medusa (357), allorchè Perseo (353) recise il cap
ti menare a’lor servigi il Pegaseo, simbolo del genio. 125. Un satiro di Frigia chiamato Marsia, che reputasi inventore de
chiamato Marsia, che reputasi inventore del flauto, ebbe la temerità di sfidare Apollo nella eccellenza della musica, a p
dell’armonia. Venuti infine a cimento, volle esserne giudice Mida re di Frigia, nel quale non si sapeva se fosse maggiore
a decretar la vittoria a Pane suo favorito ; ma Apollo volle punirlo di tale parzialità facendogli spuntare le orecchie d
che presumono poter giudicare delle cose che non conoscono, ragionare di affetti che non sentono. 127. Mida si studiava di
onoscono, ragionare di affetti che non sentono. 127. Mida si studiava di nascondere la propria deformità celando le orecch
que esser possa accompagnata dal potere e nascosta sotto lo splendore di ricchi arredi. 128. Quando Bacco (146) andò in Fr
compagnava si fermò a una fonte ove Mida aveva fatto porre uno spillo di buon vino per adescarlo. Infatti alcuni contadini
a che lo accolse con magnificenza regale. Bacco volendo ricompensarlo di sì bella ospitalità largita al suo balio, promise
gli d’esaudire il primo desiderio ch’ei gli avesse manifestato. Il re di Frigia quasi che volesse far conoscere come bene
addicevano le note orecchie asinine, chiese ed ottenne il privilegio di convertire in oro tutto ciò ch’ei toccava ; ma pr
essi alimenti gli si mutavano in quel metallo, e ne fu presso a morir di fame. Ecco l’immagine dei sordidí avari che si la
rir di fame. Ecco l’immagine dei sordidí avari che si lasciano mancar di tutto per accumular ricchezze. 129. Ma Bacco, mos
di tutto per accumular ricchezze. 129. Ma Bacco, mosso a compassione di tanta miseria, E la miseria dell’avaro Mida, Che
lle acque, nell’irrigare i campi, nel muovere macchine, sono sorgente di prosperità vera e durevole, mentrechè rinchiuse n
tribuisce ad Apollo. 130. Clizia, ninfa dell’Oceano, fu sacerdotessa di Apollo ; ma vedendosi preferita Leucotoe (la stes
a stessa che Ino) (449), ne concepì tanta gelosia da lasciarsi morire di fame. Il Nume la cangiò allora in girasole od eli
ate quando il sole è nel Tropico del Cancro. 131. Leucotoe era figlia di Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apollo invaghi
l Tropico del Cancro. 131. Leucotoe era figlia di Orcano od Orcamo re di Persia ; ed Apollo invaghitosi della sua bellezza
co la vita. Apollo, afflittone grandemente, volle eternare la memoria di quell’amico trasformandolo in cipresso, come suon
ria di quell’amico trasformandolo in cipresso, come suona il vocabolo di greca origine. 133. Coronide figlia di Flegias e
presso, come suona il vocabolo di greca origine. 133. Coronide figlia di Flegias e madre d’Esculapio (289) fu anch’essa am
sa amata da Apollo ; ma poichè un corvo gli ebbe svelato ch’ella poco di lui si curava, tratto dal primo impeto dello sdeg
altari d’Apollo un toro bianco e un agnello, e far libazioni d’olio e di latte, queste in memoria del tempo nel quale fece
aean per rammentare la sua vittoria sul mostro Pitone. Gli spettatori di quella tremenda lotta gli gridavano continuamente
dare del tempo, dopo ogni vittoria, questa esclamazione diventò grido di gioia. Il Corvo ed il Cigno (120) furon sacri ad
asi che questo volatile cantasse la vicina sua morte, quasi principio di felicità. Fu poi attribuito al corvo il naturale
principio di felicità. Fu poi attribuito al corvo il naturale istinto di predire il futuro, ed il suo crocidare serviva sp
rale istinto di predire il futuro, ed il suo crocidare serviva spesso di prognostico. L’aquila che fissa nel sole l’audace
faticabilmente i bei giorni del suo impero, avevano anch’essi l’onore di essergli consacrati. 135. Gli emblemi di questo D
o, avevano anch’essi l’onore di essergli consacrati. 135. Gli emblemi di questo Dio diversificano secondo i personaggi ch’
aggi ch’ei rappresenta. In Lesbo la sua statua teneva in mano un ramo di mirto. Ha talora un pomo come premio dei giuochi
re il suo oracolo, recando magnifici donativi. I Rodiani che ambivano di esser chiamati figli del Sole, gli aveano consacr
le contavasi tra le sette meraviglie del mondo. Era questa una statua di bronzo alta settanta braccia, che posando i piedi
enticinque braccia l’una dall’altra, sovrastava all’entrata del porto di Rodi. Rappresentava il dio Apollo con una radiant
ntava il dio Apollo con una radiante corona in testa, armato d’arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino,
arco e di freccia, ed alzando con la destra mano un bacino, nel quale di notte tenevasi accesa la fiamma che serviva di fa
o un bacino, nel quale di notte tenevasi accesa la fiamma che serviva di fanale ai marinari. L’interno del colosso era vuo
spiegate. Le altre così dette maraviglie del mondo furono : Il tempio di Diana in Efeso (143) ; la statua di Giove-Olimpic
glie del mondo furono : Il tempio di Diana in Efeso (143) ; la statua di Giove-Olimpico (81) scolpita da Fidia ; i giardin
tatua di Giove-Olimpico (81) scolpita da Fidia ; i giardini e le mura di Babilonia costruiti da Semiramide ; il palazzo di
giardini e le mura di Babilonia costruiti da Semiramide ; il palazzo di Ciro che dicono avesse le pietre cementate con l’
che dicono avesse le pietre cementate con l’oro ; le famose Piramidi di Egitto, che si crederono destinate per tomba ai R
famose Piramidi di Egitto, che si crederono destinate per tomba ai Re di quel fertile paese ; e finalmente la tomba che Ar
sepolcrali monumenti. Era circondato da 36 colonne, aveva 200 braccia di circuito, 70 di altezza, e sorgeva sulla sua cima
enti. Era circondato da 36 colonne, aveva 200 braccia di circuito, 70 di altezza, e sorgeva sulla sua cima un bel carro ti
a un bel carro tirato da quattro cavalli. Le statue e i bassi rilievi di questo monumento erano capi-lavori dei celebri sc
lebri scultori Scopa, Timoteo e Leucarete. Alcuni, invece del palazzo di Ciro, pongono tra le meraviglie il Faro d’Alessan
lie il Faro d’Alessandria in Egitto, costruito da Sostrate architetto di Gnido sotto il regno di Tolomeo Filadelfo. 136. I
a in Egitto, costruito da Sostrate architetto di Gnido sotto il regno di Tolomeo Filadelfo. 136. In generale poi i monumen
In generale poi i monumenti antichi rappresentano Apollo in sembianza di un bel giovine imberbe, con lunga e bionda chioma
d ha nella destra l’arco e i dardi, e nella sinistra quell’aurea lira di sette corde, emblema dei sette pianeti allor noti
av[ILLISIBLE] a un elmo, come protettore degli uomini, ed era in atto di far donativi alle Grazie (175) che animano il gen
animano il genio e le belle arti. Roma possiede la più celebre statua di questo Dio, chiamata l’Apollo di Belvedere, ed è
Roma possiede la più celebre statua di questo Dio, chiamata l’Apollo di Belvedere, ed è una meraviglia dell’arte.
d è una meraviglia dell’arte. Diana. 137. Diana era figlia di Giove (63) e di Latona (97), e sorella d’Apollo (
ia dell’arte. Diana. 137. Diana era figlia di Giove (63) e di Latona (97), e sorella d’Apollo (96). Forse quest
avano triforme Dea e triplice Ecate. Il nome più comune poi fu quello di casta Diana, perchè aveva in gran pregio la verec
cciatore Atteone (aktè, sponda, gr.), che ebbe la temeraria curiosità di guardarla mentr’ella si bagnava con le sue ninfe.
ue fanciulle, ed agli infanti, Foscolo. Le Grazie. Ebbe soprannome di Delia dall’isola di Delo ove nacque ; quello di L
i infanti, Foscolo. Le Grazie. Ebbe soprannome di Delia dall’isola di Delo ove nacque ; quello di Lucina perchè invocat
zie. Ebbe soprannome di Delia dall’isola di Delo ove nacque ; quello di Lucina perchè invocata anch’ella nei parti, e per
; ma dicono altrimenti che Giove, trovato questo pastore nelle stanze di Giunone, l’aveva condannato a dormire eternamente
spesso illuminata dalla Luna, ed ecco l’origine de favola delle nozze di Diana e d’Endimione. Sarebbe fac spiegar tutto ci
à che Diana usava con le sue seguaci. Calisto era la ninfa prediletta di questa Dea, e le aveva promesso di vivere continu
i. Calisto era la ninfa prediletta di questa Dea, e le aveva promesso di vivere continuamente nubile con lei ; ma ad insin
promesso di vivere continuamente nubile con lei ; ma ad insinuazione di Giove, che le apparve sotto le effigie della stes
parve sotto le effigie della stessa Diana, si maritò, e divenne madre di Arcade (75). Allora Diana, conosciuta la poca fed
e divenne madre di Arcade (75). Allora Diana, conosciuta la poca fede di Calisto, la cacciò dal suo cospetto, e la mutò in
dei cacciatori ; e andava scorrendo i boschi e le selve, in compagnia di sessanta ninfe oceanine, armate come lei d’arco e
ve, in compagnia di sessanta ninfe oceanine, armate come lei d’arco e di frecce. 143. In Efeso, città dell’Jonia nell’Asia
l’Asia minore, ebbe un celebre tempio annoverato, al pari del colosso di Rodi (135), fra le sette maraviglie del mondo. Qu
sette colonne alte 30 braccia, erette da altrettanti re, nello spazio di duecento venti anni, e arricchito dei tesori di t
anti re, nello spazio di duecento venti anni, e arricchito dei tesori di tutta l’Asia, con pitture, statue e bassorilievi
vi che erano capolavori dei più celebri maestri. Le porte furon fatte di cipresso, tutto il resto di legno di cedro, e la
più celebri maestri. Le porte furon fatte di cipresso, tutto il resto di legno di cedro, e la statua di Diana fu gettata i
ri maestri. Le porte furon fatte di cipresso, tutto il resto di legno di cedro, e la statua di Diana fu gettata in oro. Er
uron fatte di cipresso, tutto il resto di legno di cedro, e la statua di Diana fu gettata in oro. Erostrato diede fuoco a
nde, e mentre Diana, come credevano, assisteva in parto Olimpia madre di quel principe. Pare che Erostrato commettesse que
l’infamia il suo nome. Gli Efesj decretarono, ma invano, che il nome di questo folle non fosse mai pronunziato. Quindi ri
a invocandola, qual Dea della notte e degl’incantesimi, sotto il nome di Ecate infernale (234, 2°), i viaggiatori le sacri
lle tenebre. In più solenni occasioni le facevano anche un sacrifizio di cento bovi, chiamato Ecatombe, parola greca compo
parola greca composta, che significa appunto cento buoi. Con l’aiuto di Ifigenia (527) sacerdotessa di questa Dea, Oreste
nifica appunto cento buoi. Con l’aiuto di Ifigenia (527) sacerdotessa di questa Dea, Oreste (527) e Pilade (534) ne recaro
’amorini l’accompagna verso Endimione (139). Ed allora il suo carro è di madreperla : Il lume Che Cinzia versa placido da
e ad Apollo, con le chiome lunghe, folte e crespe alquanto, o con uno di quei cappelli in capo, che si dicono acidari, lar
nto, o con uno di quei cappelli in capo, che si dicono acidari, largo di sotto, ed acuto e torto in cima, come il corno de
ndo Apuleio, con un tondo schiacciato, liscio, e risplendente a guisa di specchio in mezzo la fronte, che di qua e di là a
o, liscio, e risplendente a guisa di specchio in mezzo la fronte, che di qua e di là abbia alcuni serpenti, e sopra certe
, e risplendente a guisa di specchio in mezzo la fronte, che di qua e di là abbia alcuni serpenti, e sopra certe poche spi
alcuni serpenti, e sopra certe poche spighe, con una corona in capo o di dittamo, secondo i Greci, o di diversi fiori seco
poche spighe, con una corona in capo o di dittamo, secondo i Greci, o di diversi fiori secondo Marziano, o di elicrisio se
o di dittamo, secondo i Greci, o di diversi fiori secondo Marziano, o di elicrisio secondo alcuni altri. La veste chi vuol
vagamente lavorati. Pausania alludendo. credo, a Diana, la fa vestita di pelle di cervo. Apuleio (pigliandola forse per Is
lavorati. Pausania alludendo. credo, a Diana, la fa vestita di pelle di cervo. Apuleio (pigliandola forse per Iside) le d
pelle di cervo. Apuleio (pigliandola forse per Iside) le dà un abito di velo sottilissimo di varj colori, bianco, giallo
eio (pigliandola forse per Iside) le dà un abito di velo sottilissimo di varj colori, bianco, giallo e rosso, ed un’altra
llo e rosso, ed un’altra veste tutta nera, ma chiara e lucida, sparsa di molte stelle, con una luna in mezzo, e con un lem
e stelle, con una luna in mezzo, e con un lembo intorno con ornamento di fiori e di frutti pendenti a guisa di fiocchi. Pi
on una luna in mezzo, e con un lembo intorno con ornamento di fiori e di frutti pendenti a guisa di fiocchi. Pigliate un d
un lembo intorno con ornamento di fiori e di frutti pendenti a guisa di fiocchi. Pigliate un di questi abiti qual meglio
namento di fiori e di frutti pendenti a guisa di fiocchi. Pigliate un di questi abiti qual meglio vi torna. Le braccia fat
te, con la sinistra un arco allentato, il quale, secondo Claudiano, è di corno, e secondo Ovidio, d’oro. Fatelo come vi pa
serpenti nella sinistra, ed in Apuleio con un vaso dorato col manico di serpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col
leio con un vaso dorato col manico di serpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col piede ornato di foglie di palma. Ma
nico di serpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col piede ornato di foglie di palma. Ma con questo credo che voglia s
rpe, il qual pare come gonfio di veleno, e col piede ornato di foglie di palma. Ma con questo credo che voglia significare
a significare pur Iside ; però mi risolvo che le facciate l’arco come di sopra. Cavalchi un carro tirato da cavalli, un ne
carro tirato da cavalli, un nero, l’ altro bianco, o (se vi piacesse di variare) da un mulo, secondo Festo Pompeio, oda g
lto piccole, ed una macchia bianca sul destro fianco. » (Vasari. Vita di Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco era fi
Vasari. Vita di Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco era figlio di Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo (482) fon
Taddeo Zucchero). Bacco. 146. Bacco era figlio di Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo (482) fondatore e re di T
Bacco. 146. Bacco era figlio di Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo (482) fondatore e re di Tebe. 147. Giunone
iglio di Giove (63) e di Semele, figlia di Cadmo (482) fondatore e re di Tebe. 147. Giunone (85) fu presa da fiera gelosia
Tebe. 147. Giunone (85) fu presa da fiera gelosia della predilezione di Giove per Semele, causa di tanti guai a’ Tebar N
presa da fiera gelosia della predilezione di Giove per Semele, causa di tanti guai a’ Tebar Nel tempo che Giunone era cr
e, Inf., c. XXIX. La sdegnata Dea apparve a Semele sotto le sembianze di Berœ sua nutrice, ed accendendo tutta la sua vani
tasse in tutta la maestà della celeste gloria. Giove negò lungo tempo di compiacerla ; ma cedendo infine alle voglie impor
le voglie importune della femmina vanagloriosa, le apparve circondato di folgori e di lampi. 148. Allora andò in fiamme il
ortune della femmina vanagloriosa, le apparve circondato di folgori e di lampi. 148. Allora andò in fiamme il palazzo, e S
àccade che il fasto e la splendida protezione dei grandi sieno causa di rovina a chi stoltamente agogna e vagheg gia quel
elo facendola immortalmente beata : Colta dall’ igneo telo La chioma di Semèle alto cadea, Ma lieta or vive in cielo Al f
ghi. 149. Dicono i più che Bacco fu allevato in vicinanza della città di Nisa (altri danno questo nome alla nutrice di Bac
n vicinanza della città di Nisa (altri danno questo nome alla nutrice di Bacco) dove Mercurio lo recò in fasce alle figliu
veltissimo danzatore. 150. Sileno, chiamato più comunemente il balio di Bacco, apparisce sempre immerso nell’ubriachezza,
collon barcolloni con l’ aiuto d’ un tirso, che è un bastone coronalo di pampani o d’ellera. 151. Bacco nella sua prima gi
girò tutta la terra e conquistò le Indie con un esercito d’ uomini e di donne che per armi avevano tirsi e tamburi ; indi
à il suo valore nella guerra dei Giganti (68). Questi viaggi favolosi di Bacco si rassomigliano a quelli del dio Visnù e V
l’universo. 152. Dopo il ritorno delle Indie sposò Arianna, figliuola di Minosse (228) re di Creta, che era stata abbandon
o il ritorno delle Indie sposò Arianna, figliuola di Minosse (228) re di Creta, che era stata abbandonata da Teseo (402),
da Teseo (402), c le regalò una corona d’ oro ingemmata, capo d’opera di Vulcano (270). Morta questa principessa, la sua c
, la sua corona fu posta fra le costellazioni. 153. Le feste in onore di Bacco erano celebrate con grande strepito nelle c
trepito nelle città e nelle campagne dai Satiri (304) primi sacerdoti di Bacco, indi dalle Naiadi (317), dai Baccanti, dal
i (317), dai Baccanti, dalle Tiadi e dalle Menadi, ed avevano il nome di Baccanali od Orgie. Prima furono istituite in Egi
vano il nome di Baccanali od Orgie. Prima furono istituite in Egitto, di dove quest’uso passò in Grecia ; e poi in Italia 
llora furono ripristinate e celebrate anzi ogni mese con ogni eccesso di sregolatezze. 154. Le Baccanti o Menadi erano ve
o di sregolatezze. 154. Le Baccanti o Menadi erano vestite con pelli di tigri o di pantere, e andavano correndo e urlando
atezze. 154. Le Baccanti o Menadi erano vestite con pelli di tigri o di pantere, e andavano correndo e urlando scarmiglia
te sulle colline con faci o tirsi (150) nel pugno, dietro alla statua di Bacco recata dai sacerdoti ; e di quando in quand
(150) nel pugno, dietro alla statua di Bacco recata dai sacerdoti ; e di quando in quando la collocavano sotto l’ombra di
ta dai sacerdoti ; e di quando in quando la collocavano sotto l’ombra di una quercia o d’un fico, ed ivi le facevano i sol
rde Di mosto il viso balzan per li colli. G.Parini. 155. Penteo, re di Tebe, volle abolire le feste di Bacco ; ma il cul
li colli. G.Parini. 155. Penteo, re di Tebe, volle abolire le feste di Bacco ; ma il culto per questo nume era così radi
edirono il principe e lo sbranarono. 156. Le Mineidi, ossia le figlie di Mineo re di Tebe, non fecero senno per tale esemp
rincipe e lo sbranarono. 156. Le Mineidi, ossia le figlie di Mineo re di Tebe, non fecero senno per tale esempio ; chè anz
o senno per tale esempio ; chè anzi ricusarono d’assistere alle feste di Bacco, e nel tempo che erano celebrate vollero pe
zzo continuare i loro lavori ; quand’ecco la casa empirsi a un tratto di coruscanti fuochi ed echeggiare d’ urla tremende,
vano a Bacco panieri pieni delle primizie della stagione ; e le feste di Bacco andavano sempre, come tante altre, a finire
in banchetti. Ma dopo i banchetti, i sacerdoti avvinazzati, al suono di piferi e di cembali, ballavano sopra otri e vessi
i. Ma dopo i banchetti, i sacerdoti avvinazzati, al suono di piferi e di cembali, ballavano sopra otri e vessiche pieni d’
eri e di cembali, ballavano sopra otri e vessiche pieni d’aria e unti di lardo o d’olio. Figuriamoci se potevano andare a
ar ritti ! Ogni sdrucciolone, ogni cascata erano accolti dagli scoppi di risa, dal suon di mano e dalle fischiate degli sp
rucciolone, ogni cascata erano accolti dagli scoppi di risa, dal suon di mano e dalle fischiate degli spettatori ; ma era
risevoli giuochi passarono d’ Atene a Roma, dove le principali feste di Bacco furono anzi tratto celebrate tre volte l’an
o, ed appendevano allora sugli alberi vicini alle viti tante figurine di Bacco per custodire le uve ; la seconda nel mese
ti tante figurine di Bacco per custodire le uve ; la seconda nel mese di gennaio, quando erano recati a Roma i vini più sq
uisiti d’ ogni parte d’ Italia ; e la terza, la più solenne, nel mese di febbraio ; dei quali Baccanali conserviamo anche
he noi la memoria nelle stravaganze del Carnevale. Spesso la divinità di Bacco ha inspirato i Poeti. È a tutti noto il bel
pe piacevolmente scherzare intorno a Bacco. Ecco una canzonetta piena di festività baccanale : — Quando Bacco mi corre le
e — alle cure do bando ; Di dovizie allor mi pare Agguagliare — il re di Lidia, E men vo lietamente cantando. Ghirlandetta
en vo lietamente cantando. Ghirlandetta al crin mi faccio Intrecciata di fresch’ edere, E riposatamente indi mi giaccio ;
E riposatamente indi mi giaccio ; E coll’ animo scarco e giocondo Vo di sopra alle cose del mondo. Altri adopri aste e co
guerreggio colle tazze. O fanciul, dammi il bicchiere ; Mesci, mesci di quel nèttare : Io voglio, anzichè morto, ebro gia
bro giacere. 157. Bacco è figurato comunemente con le corna, simbolo di forza e di potenza, e per rammentare ch’egli fu i
. 157. Bacco è figurato comunemente con le corna, simbolo di forza e di potenza, e per rammentare ch’egli fu il primo ad
’egli fu il primo ad aggiogare i bovi all’aratro. Ha sempre la corona di pampani o d’ellera, con la faccia di giovine ride
all’aratro. Ha sempre la corona di pampani o d’ellera, con la faccia di giovine ridente ed imberbe, essendochè l’uso mode
a Fenice, e tra le piante l’ellera, cui s’ attribuisce la prerogativa di dissipare i vapori del vino mediante la sua natur
vapori del vino mediante la sua naturale freschezza. Lungo due fiumi di Beozia, l’Ismeno e l’Asopo, andavano di notte cor
e freschezza. Lungo due fiumi di Beozia, l’Ismeno e l’Asopo, andavano di notte correndo in folla e furia i Tebani, e invoc
o Bacco nei loro bisogni : E quale Ismeno già vide ed Asopo Lungo di sè di notte furia e calca Pur che i Teban di Bacc
o nei loro bisogni : E quale Ismeno già vide ed Asopo Lungo di sè di notte furia e calca Pur che i Teban di Bacco aves
già vide ed Asopo Lungo di sè di notte furia e calca Pur che i Teban di Bacco avesser uopo…. Dante, Purg., c. XVIII. 1
favola attribuisce a Bacco altro non sia che imitazione della storia di Mosè : Bacco e Mosè furono allevati nell’ Arabia 
è rappresentato con due corna, Mose con due raggi sul capo. Il tirso di Bacco fece scorrere fonti di vino, e la verga di
a, Mose con due raggi sul capo. Il tirso di Bacco fece scorrere fonti di vino, e la verga di Mosè fece scaturire una sorge
i sul capo. Il tirso di Bacco fece scorrere fonti di vino, e la verga di Mosè fece scaturire una sorgente d’acqua. Infine
iverenza alle sacre carte, indichiamo questo parallelo a solo oggetto di ricordare una ipotesi degli eruditi. Anche Bacco
Anche Bacco ebbe più nomi ed in Grecia ed in Roma, tra i quali quelli di Libero, Dionisio, Leneo, Bromio, Iacco. Tioneo, E
Tioneo, Evio, Bassareo, ec. Mercurio. 160. Mercurio, figliuol di Giove e della ninfa Maja figlia d’Atlante, alla q
e della ninfa Maja figlia d’Atlante, alla quale fu consacrato il mese di maggio, nacque in Arcadia sul monte Cillene ; fu
nacque in Arcadia sul monte Cillene ; fu il messaggero e l’interprete di Giove e degli altri Dei tanto in cielo che in ter
ll’inferno ; dirigeva egli stesso le loro imprese, ed entrava a parte di tutte le loro brighe e degli affari relativi alla
aduceo fu simbolo della concordia e dell’astuzia, od anche della pace di cui molto si giova il commercio. 162. I poeti att
nabi. (Luogo citato.) Nel tempo stesso il caduceo aveva la proprietà di ricongiungere tutto ciò che la collera aveva sepa
a credenza in cui erano gli antichi che Mercurio dopo un certo numero di secoli riconducesse sulla terra le anime e le col
anime, dopo aver lasciata la morta spoglia, trasmigrassero nel corpo di quegli esseri, che per le loro inclinazioni s’acc
i Orientali hanno ammessa la metempsicosi senza limiti, acconsentendo di credere che la loro anima passi dal corpo di un u
za limiti, acconsentendo di credere che la loro anima passi dal corpo di un uomo in quello d’un animale, e da questo in un
in Italia ; ed era convinto d’aver già vissuto a tempo dell’ assedio di Troja nel corpo del guerriero Euforbo. In alcuni
urio sonava perfettamente il flauto, era logico esimio, ed aveva fama di padre dell’ eloquenza ; ed allora lo rappresentav
simbolo della pace tanto opportuna al commercio ; la seconda, emblema di vigore e di virtù necessarj al buon esito della m
a pace tanto opportuna al commercio ; la seconda, emblema di vigore e di virtù necessarj al buon esito della mercatura. Fe
alla società, e tra le altre, quella della palestra, incominciamento di ginnastica, la quale è utilissima a incivilire gl
ustrioso, commerciante, educatore, segna, quale uomo, una bella epoca di perfezionamento sociale, e quale Dio era il più a
epoca di perfezionamento sociale, e quale Dio era il più affaccendato di tutti, poichè aveva inoltre l’incarico di condurr
Dio era il più affaccendato di tutti, poichè aveva inoltre l’incarico di condurre all’inferno le anime degli estinti. 165.
za con la quale Mercurio seppe anche da giovinetto cattivarsi l’animo di tutti, e divenire rispettabile ed assennato quant
mpre in fasce quando portò via i bovi ad Apollo, ed ebbe l’accortezza di farli camminare all’ indietro perchè le orme non
re. Questa lira fu formata col guscio d’una testuggine e con le corde di lino. 167. Un altro giorno Mercurio involò allo s
ei pasturava pel re Admeto (102). Batto pastore fu il solo testimone di questo audace furto, e Mercurio col regalo della
curio col regalo della vacca più bella lo indusse a tacere. Poi finse di ritirarsi, e tornando poco dopo sotto le sembianz
cere. Poi finse di ritirarsi, e tornando poco dopo sotto le sembianze di contadino gli offerse un bove e una vacca per far
to via ; e Batto palesò subito il segreto, laonde Mercurio sdegnatosi di tanta venalità prima per nascondere il furto indi
er nascondere il furto indi per tradire il segreto, lo mutò in pietra di paragone, la qual pietra è adoperata a fare esper
’oro corrompe la fede e l’onestà dei mortali, così può essere termine di paragone per metterli a prova. Un’altra metamorfo
va. Un’altra metamorfosi operata da Mercurio, ma non più in occasione di furti, vien rammentata da Dante nel c. XIV del Pu
, perchè tutelava le vie o le strade, ove sorgeva per lo più in forma di pietra quadrata, ed aveva il soprannome di Quadra
orgeva per lo più in forma di pietra quadrata, ed aveva il soprannome di Quadratus ; finalmente lo dissero Triceps (tripli
queste diverse qualità sieno state tutte attribuite al solo figliuol di Giove e di Maja. Venere. 170. Venere, Dea
erse qualità sieno state tutte attribuite al solo figliuol di Giove e di Maja. Venere. 170. Venere, Dea della bell
o giorno della prima primavera del mondo ; e secondo altri era figlia di Giove (63) e di Diana ninfa dell’ Oceano (192). A
rima primavera del mondo ; e secondo altri era figlia di Giove (63) e di Diana ninfa dell’ Oceano (192). Abitava i contorn
di Giove (63) e di Diana ninfa dell’ Oceano (192). Abitava i contorni di Citera ; ma Zeffiro ne la tolse, e la trasportò n
ntorni di Citera ; ma Zeffiro ne la tolse, e la trasportò nell’ isola di Cipro. In più alto concetto fu tenuta dagli antic
isola di Cipro. In più alto concetto fu tenuta dagli antichi la deità di Venere, allorchè diedero alla Natura stessa il su
bellissimi versi : Una diva scorrea lungo il creato A fecoudarlo, e di Natura avea L’ austero nome : fra’ Celesti or god
di suoi fior l’industre terra, T’arridon le marine, e serenato Brilla di luce interminata il cielo. Poiché non prima al di
, e serenato Brilla di luce interminata il cielo. Poiché non prima al di mostra il vivace Suo viso primavera, e il genïale
n prima al di mostra il vivace Suo viso primavera, e il genïale Alito di Faonio era diffuso, L’aerio volator che in cor ti
ti (65) ; e così la bellissima delle Dee ebbe a marito il più deforme di tutti i Numi. 172. I poeti la fanno madre di molt
a marito il più deforme di tutti i Numi. 172. I poeti la fanno madre di molti figli, e i più celebri sono Cupido o l’Amor
ore, che’l ciel governa (Dante, Parad. c. I) detto dai poeti figliuol di Venere e di Marté (255) è un fanciullo alato, con
iel governa (Dante, Parad. c. I) detto dai poeti figliuol di Venere e di Marté (255) è un fanciullo alato, con l’arco, sim
di Venere e di Marté (255) è un fanciullo alato, con l’arco, simbolo di potenza, ed il turcasso pieno di frecce ; talvolt
fanciullo alato, con l’arco, simbolo di potenza, ed il turcasso pieno di frecce ; talvolta è cieco o con una benda sugli o
ta è cieco o con una benda sugli occhi ; ha in mano una face, simbolo di attività, e conserva sempre la statura, la fresch
d’un fanciullo. Lo dipingono ancora con un dito alla bocca ; indizio di quella discretezza che è tanto necessaria per ben
etrarca nel Trionfo d’Amore ne fa una descrizione più ampia e feconda di nuove idee : Quattro destrier via più che neve b
ve idee : Quattro destrier via più che neve bianchi : Sopr’ un carro di fuoco un garzon crudo Con arco in mano, e con sae
abili mortali, Parte presi in battaglia, e parte uccisi, Parte feriti di pungenti strali…. Questi è colui che il mondo chi
èros, il primo figlio dell’onestà, amico della pace, della concordia, di tutte le virtù, e sprone a magnanime imprese, il
irtù, e sprone a magnanime imprese, il secondo padre della vergogna e di tutti i vizj, Nume crudele e causa di mille mali 
secondo padre della vergogna e di tutti i vizj, Nume crudele e causa di mille mali ; così venne rappresentato nell’atto d
me crudele e causa di mille mali ; così venne rappresentato nell’atto di tormentare e di straziare una farfalla afferrata
sa di mille mali ; così venne rappresentato nell’atto di tormentare e di straziare una farfalla afferrata per le ali ; e i
di straziare una farfalla afferrata per le ali ; e il Petrarca parla di quest’ultimo in aspro modo : Ei nacque d’ozio e
il Petrarca parla di quest’ultimo in aspro modo : Ei nacque d’ozio e di lascivia umana, Nutrito di pensier dolci e soavi,
ultimo in aspro modo : Ei nacque d’ozio e di lascivia umana, Nutrito di pensier dolci e soavi, Fatto signore e Dio da gen
e la Follia. Nè tutti gli autori antichi sono d’accordo sulla nascita di Cupido. Platone, intento sempre a far bella la ve
tà, che nello stesso giorno nel quale celebravano in cielo la nascita di Venere, era accorsa al banchetto degli Dei per ra
ogno dell’oggetto in cui si pone ; e se questo gli manca, riman privo di tutto, e tapino e mendico diventa ; o piuttosto p
teriali desiderj sarebbero inetti e turpi ; Simonide lo salutò figlio di Marte e di Venere, ovvero della Forza e della Bel
iderj sarebbero inetti e turpi ; Simonide lo salutò figlio di Marte e di Venere, ovvero della Forza e della Bellezza ; Alc
, volendo significare che senza pace si risolve in nulla ; e Alemeone di Zeffiro e di Flora, perchè nulla è che sia più ge
nificare che senza pace si risolve in nulla ; e Alemeone di Zeffiro e di Flora, perchè nulla è che sia più gentile e innoc
perchè nulla è che sia più gentile e innocente dei fiori e dell’aura di primavera che gli accarezza. Il nostro altissimo
icono che Imene, o Imeneo, che presiedeva agli sponsali, fosse figlio di Venere e di Bacco (146). È un giovinetto incorona
ene, o Imeneo, che presiedeva agli sponsali, fosse figlio di Venere e di Bacco (146). È un giovinetto incoronato di fiori,
, fosse figlio di Venere e di Bacco (146). È un giovinetto incoronato di fiori, con la face nella destra e un velo nuziale
ecessarie perchè riescano avventurate le nozze. Tra l’infinito numero di poesie per nozze, adorne dei fiori ormai appassit
ce e modesto : Fingi un’ ara, o pittor : viva e festosa Fiamma sopra di lei s’inalzi e strida ; E l’un dell’ altro degni
E i bei nomi col dardo all’ ara incida. Due belle madri alfin, colme di pura Gioja, stringansi a gara il petto anelo, Ben
nche le tre Grazie, Aglaia (aglaos, bello, gr.) Talia (thalia, giorno di festa, gr.) ed Eufrosine (euphrosyne, gioia, gr.)
leggiadria e tutti i divini pregi che la fanno meravigliosa. Nate il di che a’ mortali Beltà, ingegno, virtù concesse Gio
studiati adornamenti dell’arte. Ma talora appariscono anche ricoperte di leggero velo, forse per la sentenza d’ alcuni che
alcuni che dicono non esservi grazia senza decenza, nè decenza priva di velo. Sacra tutela son le Grazie al core — Delle
meglio conoscere le immagini della Mitologia, e vederle sempre adorne di quella stessa immortale bellezza che spira dalle
Talia ec…. (Traduz. del Borghi.) 176. Enea (608) fu detto figliuolo di Venere e d’Anchise (608) principe troiano, che la
(608) principe troiano, che la Dea della bellezza protesse e ricolmò di favori. Dicono che questo principe, osando una vo
olmò di favori. Dicono che questo principe, osando una volta vantarsi di tanta predilezione, fu punito di questa sua indis
principe, osando una volta vantarsi di tanta predilezione, fu punito di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un col
one, fu punito di questa sua indiscretezza da Giove (63) con un colpo di fulmine che gli sfiorò la pelle. 177. Adone, figl
) con un colpo di fulmine che gli sfiorò la pelle. 177. Adone, figlio di Mirra (Adò, io piaccio, gr.) nato in Arabia, era
e, figlio di Mirra (Adò, io piaccio, gr.) nato in Arabia, era giovine di straordinaria bellezza, ed appassionatissimo per
Venere fosse in tempo a soccorrerlo ; talchè non potè che ricoprirlo di néttare e di lacrime, e cangiarlo in anemone. La
in tempo a soccorrerlo ; talchè non potè che ricoprirlo di néttare e di lacrime, e cangiarlo in anemone. La sola bellezza
mo dai pericoli, e ne fa una debole femminuccia. Venere afflittissima di questa morte, richiese a Giove 35 il suo diletto
al lutto, gli altri alla gioja per indicare l’apoteosi del prediletto di Venere. 178. Psiche (psyche, spirito, anima, soff
Psiche (psyche, spirito, anima, soffio, gr.), fu giovane principessa di molta bellezza ; ma, secondo alcuni, d’indole tan
’idea della leggerezza del suo animo. Infatti è rappresentata con ali di farfalla, o con uno di questi animaletti che le s
del suo animo. Infatti è rappresentata con ali di farfalla, o con uno di questi animaletti che le svolazza intorno. Un Num
to lungo tempo la sua indole si accorse che la passione più dominante di Psiche era la curiosità, e fin da quel punto ravv
imo palazzo in mezzo a boschetti e giardini, ornandolo dentro e fuori di tutto ciò che può far deliziosa la vita ; e quind
di tutto ciò che può far deliziosa la vita ; e quindi la tenera voce di un ente invisibile disse a Psiche : « Voi siete p
enera voce di un ente invisibile disse a Psiche : « Voi siete padrona di questo palazzo, o potete comandarvi da principess
gni suo cenno compariscono vesti sontuose, dolcissime sinfonie, mense di squisiti cibi imbandite ; e un gran numero di ser
cissime sinfonie, mense di squisiti cibi imbandite ; e un gran numero di servi e d’ancelle sempre solleciti ad obbedirla.
vita ; ma per far piena la sua felicità bisognava conoscere l’autore di tanti doni e di tanti prodigj. Interrogava le sor
ar piena la sua felicità bisognava conoscere l’autore di tanti doni e di tanti prodigj. Interrogava le sorelle, le amiche
suno sapeva darlene contezza. L’ente misterioso si ostinava a celarsi di giorno, e solamente nelle tenebre della notte, di
ostinava a celarsi di giorno, e solamente nelle tenebre della notte, di mezzo ai cespugli dei giardini la chiamava, le pa
ni la chiamava, le parlava affettuosamente, e le chiedeva la promessa di non iscegliere altro sposo che lui. Prima del far
non sodisfatta. « Chi sei tu dunque, esclamava : chi sei tu che dici di amarmi e di vivere per me ? Tu vuoi ch’ io ti ami
tta. « Chi sei tu dunque, esclamava : chi sei tu che dici di amarmi e di vivere per me ? Tu vuoi ch’ io ti ami, e fuggi i
me ? Tu vuoi ch’ io ti ami, e fuggi i miei sguardi ! Temeresti forse di dispiacermi ? Ah ! tu non sarai forse il più bell
a il Nume s’ostinava a rimanere invisibile. Dal canto loro le sorelle di Psiche aumentavano la sua impazienza, e la eccita
diffidenza contro il donatore meraviglioso. « Bada, le dicevano, bada di non esser vittima della tua fiducia. Chi sa che q
nisci l’indegno. » Psiche, credula e insospettita, diventò impaziente di chiarire i suoi dubbi ; e il giovine incognito, s
e incognito, saputi i consigli imprudenti delle sorelle, si argomentò di porgere a Psiche l’occasion di vederlo, ma senza
imprudenti delle sorelle, si argomentò di porgere a Psiche l’occasion di vederlo, ma senza conoscerlo. Sceglie una bella n
la notte d’estate ; piglia le ali e le freccie ; va nel più bel punto di quell’ amena dimora, si stende sopra un tappeto s
ù bel punto di quell’ amena dimora, si stende sopra un tappeto sparso di rose, finge di addormentarsi, e aspetta che il ca
quell’ amena dimora, si stende sopra un tappeto sparso di rose, finge di addormentarsi, e aspetta che il caso guidi a lui
to tempo. « Oh ! egli dorme, » esclamò sotto voce ; « approfittiamoci di questo momento ; ora non potrà fuggire ai miei av
vidi sguardi ; ed io saprò se debbo amarlo o vendicarmi. » Si accosta di più ; e, « Dei immortali ! come ! lo stesso Amore
il dio Amore, egli stesso nel più bel fior dell’età ! Chi più felice di me ? Amore mi sceglie per sua sposa !…. » E si ch
lamando : Ah ! Psiche, Psiche ! cos’ hai tu fatto ? Invano ella tenta di rattenerlo, e lo scongiura ; ma una voce debole e
odiosa la luce del giorno, e insopportabile la vita. Alfine deliberò di consultare l’oracolo di Venere, e la Dea la conda
no, e insopportabile la vita. Alfine deliberò di consultare l’oracolo di Venere, e la Dea la condannò a sopportare gravi f
è arrampicarsi fin sulla cima d’un’alta montagna, e tagliare un vello di lana dorata di sui montoni che vi pascolavano. Pe
fin sulla cima d’un’alta montagna, e tagliare un vello di lana dorata di sui montoni che vi pascolavano. Per ultima prova
r ultima prova Venere le disse : « Va a Proserpina, e chiedile per me di porre in questa scatola una porzione della sua be
porre in questa scatola una porzione della sua bellezza ; ma bada poi di non aprirla : tu non hai bisogno d’esser più bell
vita. Le vengono prodigati soccorsi, ed è condotta a piè degli altari di Venere, dove ritorna in sè, ed invoca la Dea. In
gli, vistala pentita, la rassicura, e le porge la mano. La commozione di Psiche è tanto grande che non ha forza di parlare
orge la mano. La commozione di Psiche è tanto grande che non ha forza di parlare ; si prostra a’ piedi del generoso vincit
ore, ed implora con umiltà il suo perdono. Lo sposo celeste, contento di questa umile sottomissione, le fa sparire di sopr
sposo celeste, contento di questa umile sottomissione, le fa sparire di sopra il volto la maschera nera, e ambedue passar
re di sopra il volto la maschera nera, e ambedue passarono dal tempio di Ciprigna (180) in quello d’Imeneo (174). La gioia
nia del matrimonio, e non vi fu mai più perfetta nè più felice unione di quella. Facile è discoprire gl’insegnamenti moral
, tenui le fila ; E per te in mezzo il sacro vel s’adorni Della imago di Psiche, or che perfetta Ha la sua tela, e ti sorr
; E si gli additi in aurea nube il sogno Roseo, che sulla fresca alba di maggio Sovra dormente giovinetta aleggia, E le ri
bbe maggior culto in Idalia, in Amatunta ed in Pafo, città dell’isola di Cipro, e nell’isoletta di Citera nel Mediterraneo
a, in Amatunta ed in Pafo, città dell’isola di Cipro, e nell’isoletta di Citera nel Mediterraneo a mezzodì del Peloponneso
a lei fu sacra, Che ’l ver nascoso e sconosciuto giacque…. Ed anco è di valor si nuda e macra, Tanto ritien del suo primo
de, Cipria e Ciprigna dall’ essere adorata particolarmente nell’isola di Cipro, ove la città e la montagna Idalia eranle s
e la città e la montagna Idalia eranle sacre ; ed aveva anche il nome di Citerea, perchè, appena formata dalla schiuma del
, perchè, appena formata dalla schiuma del mare, fu tratta nell’isola di Citera sopra una conca marina, accompagnandola le
ssava l’usbergo come Minerva ; e ad Olimpia era stata dipinta in atto di uscir dalle onde, incoronata di rose da Pito o Su
ad Olimpia era stata dipinta in atto di uscir dalle onde, incoronata di rose da Pito o Suada, Dea, della persuasione e su
pagna. Ma per lo più la rappresentarono assisa con Cupido in un carro di madreperla, ossia sopra una conchiglia marina, tr
le. Fu anche figurata col pomo della bellezza in una mano ed un mazzo di papaveri nell’altra, perchè talora il solo culto
e addormenta e snerva lo spirito. Ma quando apparisce sotto la figura di vergine ad occhi bassi e coi piedi sopra un gusci
sotto la figura di vergine ad occhi bassi e coi piedi sopra un guscio di testuggine, indica che la gioventù virtuosa deve
a’ piedi, con gli occhi bendati, ad ali aperte, con la faretra piena di fiammeggianti dardi ; e Venere sotto questi attri
i, era l’immagine della donna virtuosa, della eletta fra le creature, di quell’essere che, quando si mostra nella sua poss
Medici, ed è ora uno dei più belli ornamenti della galleria pubblica di Firenze. Ognun sa che uno dei capi d’opera della
182. Omero ha fatto una vaghissima descrizione del cinto misterioso di Venere, che è l’emblema della modestia, della gra
colomba, il mirto e la rosa erano sacri a Venere ; la prima a motivo di questo fatto : Un giorno Cupido passeggiava con s
tto : Un giorno Cupido passeggiava con sua madre in un prato smaltato di fiori, dove volendo far prova dell’ agilità delle
à delle sue ali, si vantò che in pochi minuti avrebbe colto più fiori di sua madre. Venuti infatti alla prova, Amore era p
ncere, quando la Ninfa Peristeria (Péristéria, colomba, gr.), seguace di Venere, le empì in un momento il paniere ; e Cupi
endo bianca, aveva cangiato colore dopo essere stata tinta del sangue di Venere rimasta ferita dalle sue spine nell’ accor
done (177) moribondo per la lotta col cinghiale. 184. Le sacerdotesse di Venere, con la fronte incoronata di mirto, recava
l cinghiale. 184. Le sacerdotesse di Venere, con la fronte incoronata di mirto, recavanle in offerta il latte ed il miele.
atte ed il miele. La gran sacerdotessa si prostrava la prima ai piedi di Venere Celeste, e le offriva due colombe. Indi fa
di Venere Celeste, e le offriva due colombe. Indi facevano libazioni di vino in onore di Venere popolare, e le sacrificav
e, e le offriva due colombe. Indi facevano libazioni di vino in onore di Venere popolare, e le sacrificavano una capra bia
acanto. Intanto altre vergini ed altre donne si appressavano all’ ara di Venere nuziale che teneva nell’una mano il globo
, e presso alle mammelle la face dell’ Imeneo (174). Erano incoronate di rose, l’incarnato e il candore delle quali indica
rifizio, grato a Venere, durò quanto il suo culto ; e Berenice, sposa di Tolomeo Evergete re d’ Egitto, le offerse in voto
cielo e cangiata in stella ; quindi la costellazione detta la chioma di Berenice. Quel Conon vide fra’ celesti raggi Me
Beato più, partia, gli assirj campi Devastando…. Foscolo, la Chioma di Berenice, pœma di Callimaco, volgarizzato dalla v
, gli assirj campi Devastando…. Foscolo, la Chioma di Berenice, pœma di Callimaco, volgarizzato dalla versione latina di
ma di Berenice, pœma di Callimaco, volgarizzato dalla versione latina di Catullo.36 Nettuno. 185. Nettuno era fig
rsione latina di Catullo.36 Nettuno. 185. Nettuno era figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratello di Giove
atullo.36 Nettuno. 185. Nettuno era figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratello di Giove (63) e di Plutone
185. Nettuno era figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratello di Giove (63) e di Plutone (213). Appena nato, la ma
ra figlio di Saturno (27) e di Cibele (40) e fratello di Giove (63) e di Plutone (213). Appena nato, la madre, per liberar
13). Appena nato, la madre, per liberarlo dalla voracità (allegorica) di Saturno (28), lo celò tra i pastori d’Arcadia, e
Apollo (96) ; e per vivere, si trovò come lui ridotto nella necessità di lavorare alle mura di Troja. È stata già narrata
vere, si trovò come lui ridotto nella necessità di lavorare alle mura di Troja. È stata già narrata la mala fede di Laomed
sità di lavorare alle mura di Troja. È stata già narrata la mala fede di Laomedonte re di Troja (106), che negò a Nettuno
alle mura di Troja. È stata già narrata la mala fede di Laomedonte re di Troja (106), che negò a Nettuno la pattuita merce
. Anfitrite (Amphì, intorno, trizo, io strido o mormoro, gr.), figlia di Nereo e di Doride (193), fu moglie di Nettuno. In
(Amphì, intorno, trizo, io strido o mormoro, gr.), figlia di Nereo e di Doride (193), fu moglie di Nettuno. In sulle prim
strido o mormoro, gr.), figlia di Nereo e di Doride (193), fu moglie di Nettuno. In sulle prime ella s’era celata per isf
tri (478). Percorrendo il suo impero, Anfitrite saliva una conchiglia di splendida candidezza con una gran vela ondeggiant
onchiglia di splendida candidezza con una gran vela ondeggiante color di porpora ; cavalli più bianchi della neve tiravano
arri tratti da cavalli azzurri. I pœti hanno attribuita loro la virtù di spianare le onde e di sedar le procelle. ……….. E
azzurri. I pœti hanno attribuita loro la virtù di spianare le onde e di sedar le procelle. ……….. E, grave D’immane peso
ocelle. ……….. E, grave D’immane peso assai, rosa dall’onde, La rauca di Triton buccina tace.37 Mascheroni, Invito a Le
mammelle cascanti ed irsute, orecchi d’orso, corpo d’ avvoltojo, ali di pipistrello, crini di cavallo e artigli ai piedi
irsute, orecchi d’orso, corpo d’ avvoltojo, ali di pipistrello, crini di cavallo e artigli ai piedi ed alle mani. Quale or
mbolo dei vizj, infettavano ogni cosa che toccavano, ed erano cagione di carestia e d’infiniti guai. Abitavano le isole St
nidi fanno, Che cacciâr delle Strofade i Trojani Con tristo annunzio di futuro danno.38 Ali hanno late, e colli e visi
i strani. (Dante, Inf. c. XIII.) Virgilio ci fa nota anche la patria di questi mostri : Strofadi grecamente nominate Son
ne Arpie Fin d’allora abitate, che per tema Lasciàr le prime mense, e di Finéo (362) Fu lor chiuso l’albergo ; altro di qu
ciàr le prime mense, e di Finéo (362) Fu lor chiuso l’albergo ; altro di queste Più sozzo mostro, altra più dira peste Dal
ne. Sembran vergini a’volti, uccelli e cagne All’altre membra : hanno di ventre un fedo Profluvio, ond’è la piuma intrisa
lcuni dicono che la favola delle Arpie fu originata da un gran nuvolo di enormi cavallette che, dopo aver devastato parte
nte altri dicono che fossero Corsari frequentemente scesi negli stati di Fineo, ed usi a predare e a ridurre gli abitanti
estremi. 192. Tra gli altri Dei marini si distingue l’Oceano, figlio di Celo e della Terra, il quale sposò Teti o Tetide,
ola, ogni sera il sole andava a riposarsi, e per carro una conchiglia di straordinaria bellezza e più candida dell’avorio 
Oceano e Teti generarono Nereo e Dori o Doride, i quali sposatisi fra di loro ebbero per figliuoli quell’infinito numero d
uali sposatisi fra di loro ebbero per figliuoli quell’infinito numero di divinità secondarie chiamate Ninfe (313) e rappre
ciullette. 194. Anche i Fiumi eran tenuti per figliuoli dell’Oceano e di Teli. Ed in ciò pure la Mitologia perfettamente s
da con la Fisica. I pittori e i pœti li rappresentano sotto l’effigie di vecchi con folta barba, chioma lunga e ondeggiant
chi con folta barba, chioma lunga e ondeggiante, e in capo una corona di giunchi. Si appoggiano sopra un’ urna di dove sca
giante, e in capo una corona di giunchi. Si appoggiano sopra un’ urna di dove scaturisce l’acqua che è la sorgente del fiu
95. Proteo nacque dall’Oceano e da Teti ; ed era guardiano dei greggi di Nettuno composti di foche e di vitelli marini. Il
ll’Oceano e da Teti ; ed era guardiano dei greggi di Nettuno composti di foche e di vitelli marini. Il Dio del mare gli av
da Teti ; ed era guardiano dei greggi di Nettuno composti di foche e di vitelli marini. Il Dio del mare gli aveva accorda
del futuro ; ma allorchè andavano a consultarlo, pigliava ogni specie di forme per atterrire chiunque gli s’accostasse ; e
in fuoco ; dimodochè, per astringerlo a rispondere, bisognava armarsi di coraggio, assalirlo, e legarlo in modo da non las
studiando il vero, non debbono rimanere atterriti nè dalle difficoltà di ritrovarlo nè dai pericoli di manifestarlo. Secon
rimanere atterriti nè dalle difficoltà di ritrovarlo nè dai pericoli di manifestarlo. Secondo alcuni Proteo fu un abile o
abile pantomima, che seppe imitare con la voce e co’gesti ogni specie di persone ; e v’è chi lo paragona agl’incantatori e
pe (274), abitavano per entro gli scoscesi massi che sono tra l’isola di Capri e le coste d’Italia, od in un’isola del Cap
Neopoli, ossia città nuova. Queste Sirene avevano la testa e il corpo di donna fino alla cintura, e nel rimanente erano uc
e celando negli scogli la mostruosità del loro corpo, erano immagine di quelle seducenti delizie terrene che rapiscono l’
za del buon esempio. Laonde quelle perfide incantatrici si studiavano di adescare e di far perire chiunque fosse capitato
empio. Laonde quelle perfide incantatrici si studiavano di adescare e di far perire chiunque fosse capitato tra loro ; e l
fosse capitato tra loro ; e la vicina terra biancheggiava delle ossa di infinite vittime.Tentarono di adescare gli Argona
a vicina terra biancheggiava delle ossa di infinite vittime.Tentarono di adescare gli Argonauti ; ma Orfeo prese la lira,
opo, Ulisse (568), ammonito da Circe (575), turò con cera le orecchie di tutti i suoi compagni, e fece legare sè medesimo
restò così preso dalle lusinghe delle Sirene, che fe’cenno a’compagni di voler essere sciolto ; ma essi non infransero il
e sciolto ; ma essi non infransero il severo ordine che avevano avuto di non obbedire a quel cenno ; e le Sirene indispett
marini non è da passare sotto silenzio Eolo, il quale aveva il potere di sollevar le onde e d’eccitar le tempeste. Era fig
eva il potere di sollevar le onde e d’eccitar le tempeste. Era figlio di Giove (63), e regnava sulle isole Eolidi, chiamat
Era figlio di Giove (63), e regnava sulle isole Eolidi, chiamate ora di Lipari. 200. Così Eolo stava a custodia dei vent
ti, allorchè separarono la Sicilia dall’Italia ed apersero lo stretto di Gibilterra :39 ……..Ivi in un antro immenso Le s
ra, e n’urla il monte ; Ed ei lor sopra, realmente adorno Di corona e di scettro, in alto assiso, L’ira e gl’impeti lor mi
in alto assiso, L’ira e gl’impeti lor mitiga e molce. (Caro, Eneide di Virg., lib. I.) 201. Glauco, figlio di Nettuno (1
mitiga e molce. (Caro, Eneide di Virg., lib. I.) 201. Glauco, figlio di Nettuno (185) e della ninfa Naiade, fu celebre pe
ano in mare. Volle farne anch’esso esperienza, ed appena si fu cibato di quell’ erba, corse a precipitarsi nelle onde. All
si nelle onde. Allora l’ Oceano e Teti (192) gli tolsero quanto aveva di mortale, e lo fecero « consorte in mar degli altr
ri Dei » (Dante, Parad. c. I.) 202. Scilla era una bella ninfa figlia di Forco ed’Ecale, amata da Glauco (201), ma che non
giata in un mostro con dodici branche e sei teste ; e una moltitudine di cani le uscivan dal corpo, i quali col continuo a
. Qual più viva immagine dei pericolosi scogli ? 203. Cariddi, figlia di Nettuno e della Terra, involò alcuni bovi ad Erco
nel Mediterraneo, e diventò pericolosa voragine appunto nello stretto di Sicilia rincontro a Scilla (202) : Come fa l’ond
agge e trangugia. Dal mezzo in su, la faccia, il collo, e ’l petto Ha di donna e di vergine : il restante D’una pistrice i
gugia. Dal mezzo in su, la faccia, il collo, e ’l petto Ha di donna e di vergine : il restante D’una pistrice immane, che
Caro, lib. III.) 204. Forco (phórkyn, mostro marino, gr.), figliuolo di Nettuno (185) e della Terra (25), era anch’esso p
rigine poi degli Alcioni è spiegata così : Alcione, affettuosa moglie di Ceice re di Trachinia, sognò che il marito naufra
egli Alcioni è spiegata così : Alcione, affettuosa moglie di Ceice re di Trachinia, sognò che il marito naufragava ritorna
207. Nettuno ha folta barba, in capo il regio diadema, ed è coronato di piante marine ; comparisce per lo più col trident
oda dei pesci, ed i piedi palmati per nuotar meglio. 208. Il carro di Nettuno aveva la forma d’una larga conchiglia ; l
o scettro a tre punte, indica il triplice potere attribuito a Nettuno di conservare, di agitare e di rendere la calma alle
punte, indica il triplice potere attribuito a Nettuno di conservare, di agitare e di rendere la calma alle onde ; oppure
a il triplice potere attribuito a Nettuno di conservare, di agitare e di rendere la calma alle onde ; oppure il dominio ch
acque del mare, dei fiumi e dei fonti ; ed aveva inoltre la proprietà di spalancare la terra a piacere del Nume. 210. I Li
mo a Corinto (674), dove Nettuno aveva un tempio celebre e una statua di rame alta sette cubiti. Gli abitanti di Trezene a
n tempio celebre e una statua di rame alta sette cubiti. Gli abitanti di Trezene avevan coniato sulle loro monete il tride
Gli abitanti di Trezene avevan coniato sulle loro monete il tridente di Nettuno da un lato e la testa di Minerva dall’alt
oniato sulle loro monete il tridente di Nettuno da un lato e la testa di Minerva dall’altro, per indicare il commercio gov
vernato dalla saviezza. I Romani destinarono il primo giorno del mese di luglio per celebrare la sua festa, e gli consacra
Il cavallo segnatamente è sacro a Nettuno, perch’ei lo fece apparire di sotto terra percotendola col tridente. Quindi era
o, ossia scotitor della terra. Plutone. 213. Plutone, fratello di Giove (63) e di Nettuno (185), fu il terzo figlio
r della terra. Plutone. 213. Plutone, fratello di Giove (63) e di Nettuno (185), fu il terzo figlio di Saturno (27)
lutone, fratello di Giove (63) e di Nettuno (185), fu il terzo figlio di Saturno (27) e di Cibele (40). Assistè il fratell
i Giove (63) e di Nettuno (185), fu il terzo figlio di Saturno (27) e di Cibele (40). Assistè il fratello Giove nella guer
dopo la vittoria ottenne il regno infernale. 214. Proserpina, figlia di Giove (63) e di Cerere (51), fu moglie di Plutone
a ottenne il regno infernale. 214. Proserpina, figlia di Giove (63) e di Cerere (51), fu moglie di Plutone, ed egli dovè r
le. 214. Proserpina, figlia di Giove (63) e di Cerere (51), fu moglie di Plutone, ed egli dovè rapirla (53), giacchè nessu
er paura della sua deformità e del tenebroso suo regno. 215. L’impero di Plutone, ossia l’Inferno della favola, era un luo
atra spelonca la cui bocca Fin nel baratro aperta, ampia vorago Facea di rozza e di scheggiosa roccia : Da negro lago era
ca la cui bocca Fin nel baratro aperta, ampia vorago Facea di rozza e di scheggiosa roccia : Da negro lago era difesa into
Escia della sua bocca all’aura un fiato, Anzi una peste, a cui volar di sopra Con la vita agli uccelli era interdetto ; O
delle Furie I ferrati covili ; il Furor folle, L’empia Discordia, ché di serpi ha ’l crine, E di sangue mai sempre il volt
vili ; il Furor folle, L’empia Discordia, ché di serpi ha ’l crine, E di sangue mai sempre il volto intriso. Nel mezzo erg
a V’ha la sua vana immago e ’l suo fantasma. Molte oltre a ciò vi son di varie fere Mostruose apparenze. In su le porte I
In su le porte I biformi Centauri, e le biformi Due Scille ; Briareo di cento doppj ; La Chimera di tre, che con tre bocc
ntauri, e le biformi Due Scille ; Briareo di cento doppj ; La Chimera di tre, che con tre bocche Il fuoco avventa ; il gra
a Chimera di tre, che con tre bocche Il fuoco avventa ; il gran serpe di Lerna Con sette teste ; con tre corpi umani Erilo
e limacciosa ; e dalla morta gora esalavano micidiali vapori ; torri di ferro e di bronzo, « vermiglie come se di fuoco u
sa ; e dalla morta gora esalavano micidiali vapori ; torri di ferro e di bronzo, « vermiglie come se di fuoco uscite » s’a
no micidiali vapori ; torri di ferro e di bronzo, « vermiglie come se di fuoco uscite » s’alzavano su quella terra sconsol
s’alzavano su quella terra sconsolata, fra ardenti fornaci, popolate di orribili mostri che rabbiosamente tormentavano le
avan per l’ær senza stelle…. Diverse lingue, orribili favelle, Parole di dolore, accenti d’ira, Voci alte e fioche, e suon
favelle, Parole di dolore, accenti d’ira, Voci alte e fioche, e suon di man con elle, Facevan un tumulto, il qual s’aggir
o, a schiera larga e piena : Cosi quel fiato gli spiriti mali Di qua, di là, di giù, di su li mena : Nulla speranza li con
hiera larga e piena : Cosi quel fiato gli spiriti mali Di qua, di là, di giù, di su li mena : Nulla speranza li conforta m
rga e piena : Cosi quel fiato gli spiriti mali Di qua, di là, di giù, di su li mena : Nulla speranza li conforta mai, Non
i là, di giù, di su li mena : Nulla speranza li conforta mai, Non che di posa, ma di minor pena. L’altra regione, cui dav
, di su li mena : Nulla speranza li conforta mai, Non che di posa, ma di minor pena. L’altra regione, cui davano il nome
n che di posa, ma di minor pena. L’altra regione, cui davano il nome di Campi Elisi, era tutta ridente e pacifica, abbell
abbellita d’ eterna primavera : Non avea pur natura ivi dipinto, Ma di soavità di mille odori Vi facea un incognito indi
d’ eterna primavera : Non avea pur natura ivi dipinto, Ma di soavità di mille odori Vi facea un incognito indistinto…. E
: ….. È questa una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che di un lume di porpora é vestita, Ed ha ’l suo sole,
esta una campagna Con un ær più largo, e con la terra Che di un lume di porpora é vestita, Ed ha ’l suo sole, e le sue st
o umani accenti…. ………………… E questi eran color che combattendo Non fur di sangue alla lor patria avari ; E quei che sacerdo
erano in vita Castamente vissuti ; e quei veraci, E quei più ch’ han di qua parlato o scritto Cose degne di Febo ; e gl’i
e quei veraci, E quei più ch’ han di qua parlato o scritto Cose degne di Febo ; e gl’inventori Dell’Arti, ond’è gentile il
tile il mondo e bello ; E quei, che ben oprando han tra’mortali Fatto di fama e di memoria acquisto. Cui tutti, in segno d
ndo e bello ; E quei, che ben oprando han tra’mortali Fatto di fama e di memoria acquisto. Cui tutti, in segno di celeste
tra’mortali Fatto di fama e di memoria acquisto. Cui tutti, in segno di celeste onore, Candida benda il froute orna e col
nfernali mediante un ritrovato pieno d’altissima sapienza. Nell’isola di Creta, ove cominciò con Saturno la prima età, s’i
la prima età, s’innalza la statua del Tempo, composta da capo a piedi di varie materie gradatamente inferiori, come quella
terie stesse componenti la detta statua, che è quanto a dire dai vizj di tutti i tempi, derivano gli orrendi fiumi d’Abiss
u già ’l mondo casto.46 Una montagna v’è, che già fu lieta D’acque e di fronde, che si chiamò Ida : Ora è diserta come co
inver Damiata,49 E Roma guarda sì, come suo speglio. La sua testa è di fin’oro formata, E puro argento son le braccia e
è di fin’oro formata, E puro argento son le braccia e il petto, Poi è di rame infino alla forcata ; Da indi in giuso è tut
ò qui non si conta. Ma la mitologia degli antichi assegna a ciascuno di questi fiumi una più distinta origine, feconda an
io riposantesi sopra un’ urna nera ; dicono le sue acque esser capaci di consumare i più duri metalli, talchè niun vaso pu
e onorevole sepoltura alle spoglie mortali. Sulle sue sponde coronate di tassi che mandavano ombra mesta e tenebrosa, era
he mandavano ombra mesta e tenebrosa, era una porta eretta su cardini di bronzo, e che dava accesso al Tartaro (216). 220.
. Il Flegetonte (phlegétho, io brucio, gr.) menava torrenti e vortici di fiamme, e circondava da ogni lato il Tartaro. Nel
erno. I poeti ne hanno formata una ninfa, figlia dell’ Oceano (192) e di Teti (192), e le danno per figliuole la Forza (34
ue due figlie, onde il padre dei Numi, grato a tanto zelo, la ricolmò di doni. Volle che lo Stige diventasse il vincolo sa
l’ una mano, e la tazza dell’oblio nell’altra. Era imposto alle ombre di bevere le sue acque, le quali avevano la propriet
osto alle ombre di bevere le sue acque, le quali avevano la proprietà di far loro dimenticare il passalo e di prepararle a
e, le quali avevano la proprietà di far loro dimenticare il passalo e di prepararle a patire di nuovo le miserie della vit
proprietà di far loro dimenticare il passalo e di prepararle a patire di nuovo le miserie della vita. 225. Caronte, figlio
mento, incolta ed irta Pende canuta barba ; ha gli occhi accesi Come di bragia ; ha con un groppo al collo Appeso un lord
ll’ altra riva ognor la gente morta. Vecchio è d’aspetto e d’anni, ma di forze, Come Dio, vigoroso e verde è sempre. A que
nella bocca dei morti ; e ne sono stati trovati anche sotto la lingua di parecchie mummie. Quindi alle anime degl’ insepol
cit.) 226. Cerbero, cane con tre teste ed il collo orridamente cinto di serpenti, custodiva la porta dell’inferno : Cerb
nacciava abbaiando con le sue tre bramose gole quelle che accennavano di volerne uscire. Raccontano che Ercole (364) lo in
idice ; e che la Sibilla che condusse Enea (608) all’inferno, Tratta di mêle e d’incantate biade Una tal soporifera mistu
Radamanto erano i tre giudici dell’ Inferno, ed esaminavano le anime di mano in mano che Mercurio (160) le conduceva al l
vocato, nè potere di’ re, nè donativi, nè scuse. 228. Minosse, figlio di Giove (63) e d’Europa (91), fu re di Creta,53 iso
, nè scuse. 228. Minosse, figlio di Giove (63) e d’Europa (91), fu re di Creta,53 isola del Mediterraneo al sud dell’Arcip
una mano lo scettro e nell’altra l’urna fatale contenente il destino di tutti i mortali : Stavvi Minos orribilmente, e r
l giudizio ; Dicono ed odono, e poi son giù volte. 229. Eaco, figlio di Giove (63) e d’Egina, fu re dell’isola d’Egina da
che le formiche diventassero uomini, e dette ai suoi sudditi il nome di Mirmidoni (92). Vi governò poi con tanta sapienza
(92). Vi governò poi con tanta sapienza e giustizia che ebbe l’onore di tener nell’Inferno la bilancia con la quale etern
lo minore nel fare il chiasso, si rifugiò a Salamina, dove Cencreo re di quell’ isola gli dette in moglie Glauca sua figli
tinò a suo successore. Morta Glauca sposò Peribea figlia d’Alcitoo re di Megara, e ne ebbe Aiace Telamonio (561). Telamone
a, e ne ebbe Aiace Telamonio (561). Telamone si trovò alla spedizione di Colchide ed alla presa di Troja fatta da Ercole s
io (561). Telamone si trovò alla spedizione di Colchide ed alla presa di Troja fatta da Ercole sotto il regno di Laomedont
one di Colchide ed alla presa di Troja fatta da Ercole sotto il regno di Laomedonte, ed ebbe la gloria di far la prima bre
Troja fatta da Ercole sotto il regno di Laomedonte, ed ebbe la gloria di far la prima breccia nelle mura di quella città e
o di Laomedonte, ed ebbe la gloria di far la prima breccia nelle mura di quella città e d’ entrarvi il primo. Ercole in pr
rimo. Ercole in premio del suo coraggio gli fece sposare la figliuola di Laomedonte, Esione, che fu la sua terza moglie e
a figliuola di Laomedonte, Esione, che fu la sua terza moglie e madre di Teucro. — Peleo sposò Teti (320) e fu padre d’Ach
a Discordia turbò col pomo fatale, furono la prima causa della rovina di Troja (344). 230. Radamanto, figlio di Giove (63)
no la prima causa della rovina di Troja (344). 230. Radamanto, figlio di Giove (63) e d’Europa (91), e fratello di Minosse
44). 230. Radamanto, figlio di Giove (63) e d’Europa (91), e fratello di Minosse, recò nella Licia le leggi di Creta, e re
63) e d’Europa (91), e fratello di Minosse, recò nella Licia le leggi di Creta, e regnò in Oecalia, città della Beozia, do
ale opinione della sua equità, che se volevano attestare la giustizia di una sentenza, benchè severa, la chiamavano una s
giustizia di una sentenza, benchè severa, la chiamavano una sentenza di Radamanto. Anch’ egli ……..ode, esamina, condanna
nto. Anch’ egli ……..ode, esamina, condanna, E discopre i peccati che di sopra Son dalle genti o vanamente ascosi In vita,
i o vanamente ascosi In vita, o non purgati anzi alla morte : Nè pria di Radamanto esce il precetto Che Tesifone (232) è p
de’ tormenti invita. (Loc. cit.) 231. Così la saviezza del governo di Minosse, d’Eaco e di Radamanto, e soprattutto la
(Loc. cit.) 231. Così la saviezza del governo di Minosse, d’Eaco e di Radamanto, e soprattutto la fama di giustizia, ha
del governo di Minosse, d’Eaco e di Radamanto, e soprattutto la fama di giustizia, hanno mosso i poeti ad attribuir loro
fama di giustizia, hanno mosso i poeti ad attribuir loro la funzione di giudici supremi dell’Inferno (215). E non a caso,
inappellabile giudizio dei mortali, era contemplata la doppia qualità di legislatore e di giudice non comportabili in un s
dizio dei mortali, era contemplata la doppia qualità di legislatore e di giudice non comportabili in un solo uomo, a meno
ori dei portamenti degli uomini. I Greci potrebbero aver preso l’idea di questi giudici dell’ inferno dal costume che avev
di questi giudici dell’ inferno dal costume che avevano gli Egiziani di giudicare pubblicamente la memoria di ciascun uom
ostume che avevano gli Egiziani di giudicare pubblicamente la memoria di ciascun uomo, e specialmente dei re, appena morti
te Eumenidi (benefiche). Ma furono quasi sempre rappresentate con ali di pipistrello, con serpenti attorcigliati sul capo,
può sottrarsi : …. in un punto vidi dritte ratto Tre furie infernal di sangue tinte, Che membra femminili avean ed atto 
o. ……..A voi diletta Di chi delira il canto, E su pallide labbra inno di pianto : Raccor [ILLISIBLE]e in atri vasi il san
 ; Per voi, turba feroce, Spesso a color, che morte Sull’ orlo spinge di nascoso abisso (Crude primizie del tormento etern
oia il palesar l’inferno. Non del cimier l’orgoglio, Nè il piè veloce di corsier superbo Il guerrier dalle vostre ire dife
ta con tutti i flagelli della celeste collera. Così le Furie empivano di spavento i colpevoli, turbavano i loro sonni, li
imorso facesse ivi patir loro la meritata pena con supplizio maggiore di quello al quale si volevan sottrarre. Infatti pre
iore di quello al quale si volevan sottrarre. Infatti presso la città di Cerina in Acaia, appena il colpevole aveva posto
uomo può sottrarsi agli spasimi del rimorso. Oreste (533), per tentar di placarle, alzò in fondo dell’Arcadia un tempio al
fondo dell’Arcadia un tempio alle Furie nere. Incoronò le loro statue di zafferano e di narcisi ; coperse gli altari con f
dia un tempio alle Furie nere. Incoronò le loro statue di zafferano e di narcisi ; coperse gli altari con frutta e miele ;
mmolò una pecora nera, e consumò il corpo della vittima sopra un rogo di cipresso, di biancospino e di ginepro. Le Dee com
ora nera, e consumò il corpo della vittima sopra un rogo di cipresso, di biancospino e di ginepro. Le Dee commosse alfine
mò il corpo della vittima sopra un rogo di cipresso, di biancospino e di ginepro. Le Dee commosse alfine dal suo pentiment
pro. Le Dee commosse alfine dal suo pentimento gli comparvero vestite di bianco, ed egli eresse allora un secondo tempio i
oronò d’olivo, sacrificò due tortorelle, e fece una libazione d’acqua di fonte con vasi che avevano i manichi fasciati di
na libazione d’acqua di fonte con vasi che avevano i manichi fasciati di lana d’agnello. I ministri del loro tempio in Ate
lecito comparire se non dopo aver giurato sull’altare delle Eumenidi di dire la verità. 234. 2°. Ecate è la più formidabi
embra immani sta sulla soglia del Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro
sta sulla soglia del Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro. Una corona
glia del Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro. Una corona di querce è
Tartaro, ed ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro. Una corona di querce è intreccia
ha tre teste, o d’uomo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro. Una corona di querce è intrecciata al viper
omo, di cavallo e di cane ; o di cane. di leone e di toro. Una corona di querce è intrecciata al vipereo suo crine ; a’ pi
ata al vipereo suo crine ; a’ piedi le stanno cani furiosi, con occhi di fuoco e fauci aperte a lamentevoli latrati. Nella
ù spesso errando sulle pendici o nelle valli moltiplicava i greggi, o di sterilità li colpiva. Perciò gli Ateniesi le offe
poveri in onor suo. Talvolta le era fatta un’ Ecatombe, o sacrifizio di cento bovi. A Roma le venivan sacrificati di nott
’ Ecatombe, o sacrifizio di cento bovi. A Roma le venivan sacrificati di notte i cani, dei quali credevano che i lamentevo
e i lamentevoli latrati allontanassero gli spiriti maligni. 235. Dopo di queste gli antichi avevano immaginato altre tre d
nali che presiedevano alla vita e alla morte, ossia le Parche, figlie di Giove e di Temi od anche della Notte, e secondo a
esiedevano alla vita e alla morte, ossia le Parche, figlie di Giove e di Temi od anche della Notte, e secondo altri della
in fondo a squallida caverna al fioco barlume d’una lampada, vestile di ampia e candida cappa filavano quello stame che è
sventurata, il bianco un’esistenza più lunga. Di rado nel pennecchio di Cloto si vedeva apparire qualche filo di seta o d
unga. Di rado nel pennecchio di Cloto si vedeva apparire qualche filo di seta o d’oro, simbolo della felicità che pochi mo
236. Cloto teneva in mano la conocchia, Lachesi « che il crin si vela di dorata benda » filava, e Atropo impaziente taglia
ile immaginazione dei poeti ha popolato il Tartaro d’ infinito numero di divinità allegoriche, tra le quali tengono il pri
i monumenti, ora con intorno alla testa una zona svolazzante smaltata di stelle, ora con un manto azzurro ed una teda rove
un carro d’ebano, dopo il tramonto del sole, seguita da un corteggio di Costellazioni (686). Talora ha in braccio due bam
della sera) e creato Dio della sera, e Dio del mattino sotto il nome di Lucifero, ha cura del suo carro, e glielo mette i
ella luce ; e come madre delle Furie le immolavano pècore nere. Anche di questa divinità immagina più compiuta pittura l’A
om’ ella ne mostra la fronte, questa ne volga le spalle ; quella esca di un mar tranquillo e nitido, questa s’immerga in u
e nitido, questa s’immerga in uno che sia nubiloso e fosco. I cavalli di quella vengano col petto innanzi ; di questa most
sia nubiloso e fosco. I cavalli di quella vengano col petto innanzi ; di questa mostrino le groppe. E così la persona iste
nifichi la morte, perchè d’ambedue questi si dica esser madre. Mostri di cader col capo innanzi fitto in un’ ombra più fol
bra più folta, e ’l ciel d’intorno sia d’azzurro più carico, e sparso di molle stelle. Il suo carro sia di bronzo, con le
sia d’azzurro più carico, e sparso di molle stelle. Il suo carro sia di bronzo, con le ruote distinte in quattro spazii,
nendogli dietro fra le gambe una grande stella, la quale fosse quella di Venere, per chè Venere e Fosforo, ed Espero e Cre
e Crepuscolo, par che si tenga per una cosà medesima. » (Vasari, vita di Taddeo Zucchero.) 240. Il Sonno, figlio dell’Ere
dove passi un’ acqua come morta, per mostrare che non mormori, e sia di color fosco, perciocchè la fanno un ramo della Le
ta concavità sia un letto, il quale, fingendosi d’esser d’ebano, sarà di color nero, e di neri panni si cuopra, in questo
un letto, il quale, fingendosi d’esser d’ebano, sarà di color nero, e di neri panni si cuopra, in questo sia coricato il s
di neri panni si cuopra, in questo sia coricato il sonno, un giovine di tutta bellezza, perchè bellissimo e placidissimo
ssimo lo fanno, ignudo secondo alcuni, e secondo alcuni altri vestito di due vesti ; una bianca di sopra, l’altra nera di
ondo alcuni, e secondo alcuni altri vestito di due vesti ; una bianca di sopra, l’altra nera di sotto. Tenga sotto il brac
alcuni altri vestito di due vesti ; una bianca di sopra, l’altra nera di sotto. Tenga sotto il braccio un corno che mostri
r liquido, per denotare l’oblivione, ancorchè altri lo facciano pieno di frutti. In una mano abbia la verga, nell’altra tr
pieno di frutti. In una mano abbia la verga, nell’altra tre vessiche di papavero. Dorma come infermo, col capo e con tutt
ntorno al suo letto si vegga Morfeo, Icelo e Fantaso, e gran quantità di sogni, che tutti questi sono suoi figliuoli. I so
utti questi sono suoi figliuoli. I sogni siano certe figurette, altre di bello aspetto, altre di brutto, come quelli che p
gliuoli. I sogni siano certe figurette, altre di bello aspetto, altre di brutto, come quelli che parte dilettano e parte s
ed in impossibili. Morfeo è chiamato da Ovidio, artefice e fingitore di figure ; e però lo farei in atto di figurare masc
o da Ovidio, artefice e fingitore di figure ; e però lo farei in atto di figurare maschere di variati mostacci, ponendone
e fingitore di figure ; e però lo farei in atto di figurare maschere di variati mostacci, ponendone alcune di esse ai pie
ei in atto di figurare maschere di variati mostacci, ponendone alcune di esse ai piedi. Icelo dicono che si trasforma esso
uesto figurerei per modo, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera, di uccello, di serpente, come Ovidio medes
rerei per modo, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera, di uccello, di serpente, come Ovidio medesimo lo des
do, che nel tutto paresse uomo, ed avesse parte di fiera, di uccello, di serpente, come Ovidio medesimo lo descrive. Fanta
se cose insensate ; e questo si può rappresentare anche con le parole di Ovidio, parte di sasso, parte d’acqua, parte di l
 ; e questo si può rappresentare anche con le parole di Ovidio, parte di sasso, parte d’acqua, parte di legno. Fingasi che
e anche con le parole di Ovidio, parte di sasso, parte d’acqua, parte di legno. Fingasi che in questo luogo siano due port
go siano due porte ; una d’avorio, donde escono i sogni falsi, ed una di corno, donde escono i veri. E i veri, siano color
ntasia, immaginazione gr.) conosciuto anche sotto il nome d’ incubo o di fantasima, d’orrido aspetto, per lo più in sembia
e d’ incubo o di fantasima, d’orrido aspetto, per lo più in sembianza di scimmia accovacciata ; e questo non visitava mai
ccovacciata ; e questo non visitava mai gli uomini sobri o tranquilli di coscienza ; ma andava sempre a turbare i sonni de
di coscienza ; ma andava sempre a turbare i sonni degl’intemperanti o di coloro che avevano da rimproverarsi qualche malva
mente i palazzi, laddove gli altri sotto forme quasi sempre gradevoli di alati puttini stavano con la moltitudine ; ma rar
o suo padre, e talora veniva confuso con lui. È rappresentato con ali di farfalla per esprimerne la leggerezza. 242. La Mo
Notte (238), e sorella del Sonno (240), è la divinità più inesorabile di tutte, sorda ai voti ed alle suppliche dei mortal
a Morte) Colei che così ragiona si vede sulle sculture antiche armata di falce, con pallido e scarno volto, e incavernati
olta ha in mano un corno, forse per indicare che nemmeno l’abbondanza di tutte le cose ci salva da lei, e le svolazza into
lerati, i quali, essendo condannati ad errar sulla terra, appariscono di notte con spaventosi aspetti (e gli spiriti, nell
l’ esistenza dei quali crede ancora il volgo ignorante, sono un resto di questa antica superstizione) ; finalmente gli Dei
emulazione virtuosa, e non da bassa gelosia. 246. Salmoneo, fratello di Sisifo (245), per aver conquistato l’Elide s’empì
lmoneo, fratello di Sisifo (245), per aver conquistato l’Elide s’empì di tanto orgoglio, Che temerario veramente ed empio
’Elide s’empì di tanto orgoglio, Che temerario veramente ed empio Fu di voler, quale il Tonante in cielo, Tonar quaggiuso
e folgorare a prova. Questi su quattro suoi giunti destrieri, La man di face armato, alteramente Per la Grecia scorrendo,
o, alteramente Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo D’Elide, ov’è di Giove il maggior tempio, Di Giove stesso il nome
per man del padre eterno D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo Che di tede e di fumo ; e degno ancora Che nel baratro a
l padre eterno D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo Che di tede e di fumo ; e degno ancora Che nel baratro andasse. (
ndasse. (Virgilio, Eneide, traduzione del Caro.) 247. Flegia, figlio di Marte (255) e di Crisa, ebbe una figlia chiamata
o, Eneide, traduzione del Caro.) 247. Flegia, figlio di Marte (255) e di Crisa, ebbe una figlia chiamata Coronide (133) ch
Ma Flegia, per odio e disprezzo contro Apollo, dette fuoco al tempio di Delfo. laonde, per punirlo, gli Dei lo condannaro
rlo, gli Dei lo condannarono nel Tartaro a vivere nel perpetuo timore di restare schiacciato sotto uno scoglio che gli pen
da così cocenti rimorsi, che non solo quella degli altri ma la vista di sè medesimo gli era tormento atrocissimo. Ma dopo
questi lo fulminò nel Tartaro (216), dove Mercurio (160) ebbe ordine di legarlo a una ruota fasciata di velenose serpi, e
216), dove Mercurio (160) ebbe ordine di legarlo a una ruota fasciata di velenose serpi, e che girando continuamente Io to
a. 249. Tizio, Quel della terra smisurato alunno, Che tien, disteso, di campagna quanto Un giogo in nove giorni ara di bu
no, Che tien, disteso, di campagna quanto Un giogo in nove giorni ara di buoi. (Virgilio, Eneide, traduzione del Caro.) E
Loc. cit.) 250. Tantalo, (tantalizo, io accumulo tesori, gr.) figlio di Giove (63) e re di Lidia, era sordidamente avaro,
ntalo, (tantalizo, io accumulo tesori, gr.) figlio di Giove (63) e re di Lidia, era sordidamente avaro, nè riconosceva alt
i Numi andarono ad alloggiare in casa sua ; ed egli ebbe tanto a male di dover fare le spese a quegli ospiti, che dando lo
i ospiti, che dando lor da mangiare se ne doleva come se si trattasse di sacrificare le proprie viscere. Quindi gli Dei no
e al banchetto, non accettarono un dono fatto per forza, ad eccezione di Cerere (51) che era fuor di sè pel dolore della r
ono un dono fatto per forza, ad eccezione di Cerere (51) che era fuor di sè pel dolore della rapita figliuola. Giove poi v
rapita figliuola. Giove poi volle punire nel Tartaro (216) l’avarizia di Tantalo ; e Nettuno, preso da compassione pel suo
nimede. 251. Omero nell’Odissea (lib. XI) descrive così il supplizio di Tantalo visto da Ulisse (576) : Stava là presso
nio avverso inaridita terra. Piante superbe, il melagrano, il pero, E di lucide poma il melo adorno, E il dolce fico, e la
ro l’uomo in mezzo alle sue ricchezze ? 252 Danao, re d’Argo e figlio di Belo, ebbe cinquanta figlie chiamate dal nome pat
he uno dei suoi generi Io avrebbe detronizzato, ordinò alle figliuole di uccidere i mariti nella prima notte delle loro no
lla prima notte delle loro nozze. L’empio ordine fu eseguito : ma una di esse, Ipermestra, salvò lo sposo Linceo. Giove (6
che frode Hanno ordito ai clienti ; i ricchi avari, E scarsi a’ suoi, di cui la turba è grande…. Tutti, che brutte ed empi
Hanno osato o commesso ; e cento lingue, E cento bocche, e voci anco di ferro Non basterian per divisare i nomi, E le for
ad. del Caro.) 253. Il supremo Dio dell’inferno, Plutone, il fratello di Giove e di Nettuno, era rappresentato con differe
o.) 253. Il supremo Dio dell’inferno, Plutone, il fratello di Giove e di Nettuno, era rappresentato con differenti attribu
condo il genio dei popoli che l’adoravano. Spesso è dipinto nell’atto di rapire Proserpina (53), recandola svenuta nel suo
l suo carro tirato da cavalli neri. Nell’Inferno siede sopra un trono di bronzo, sui gradini del quale stanno tutti i flag
i i flagelli che affliggono l’umanità. Ha in capo una corona d’ebano, di narcisi e di cipresso. La destra è armata di lung
che affliggono l’umanità. Ha in capo una corona d’ebano, di narcisi e di cipresso. La destra è armata di lunga forca, e l’
capo una corona d’ebano, di narcisi e di cipresso. La destra è armata di lunga forca, e l’altra ha la chiave che tien chiu
, l’Ipocrisia, la Vendetta e il Tradimento, vera immagine della corte di un tiranno ; e in mezzo a tutti sorge la Morte ag
erano celebrate nel secondo mese dell’anno, che serba sempre il nome di Febbraio, e lo chiamarono anche Summanus, o sovra
Summanus, o sovrano dei Mani (243). A meglio dipingere la immagine di questo re infernale ricordiamo anche la bellissim
o Terrore accresce, e più superbo il rende : Rosseggian gli occhi, e di veneno infetto, Come infausta cometa, il guardo s
e sull’irsuto petto Ispida e folta la grau barba scende : E in guisa di voragine profonda S’apre la bocca d’atro sangue i
immonda. Pluto. 254. Pluto, Dio delle ricchezze, era figlio di Cerere (51) e di Giasone celebre agricoltore. Fu
uto. 254. Pluto, Dio delle ricchezze, era figlio di Cerere (51) e di Giasone celebre agricoltore. Fu annoverato tra le
e ricchezze consistano solamente nel denaro simboleggiato dalla borsa di Pluto : chè anzi hanno esse la minima parte nel c
sapere. Quanti ricchi non vediamo sguazzare nell’oro, ed esser privi di quelle cose che fanno piacevole, desiderata, util
re dei lor tesori : Ché tutto l’oro ch’é sotto la luna O che già fu, di quest’anime stanche, Non poterebbe farne posar un
Inf. c. VII.) Marte. 255. Marte, Dio della guerra, era figlio di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma taluni scrisser
Marte. 255. Marte, Dio della guerra, era figlio di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma taluni scrissero che Giunone lo
a sè sola battendo con un piede la terra (86), o mediante il contatto di un fiore dei campi Olenii. Siccome Giove aveva fa
o cervello, così la moglie del Tonante non aveva voluto esser da meno di lui. 256. Marte ebbe da Venere (170) una figlia c
enere (170) una figlia chiamata Ermione, e da Rea-Silvia sacerdotessa di Vesta, Romolo e Remo. Un altro suo figlio chiamat
mo. Un altro suo figlio chiamato Ascalafo rimase estinto nell’assedio di Troia. 257. Si narra che Marte avendo preso a com
Troiani nella guerra mossa loro da’ Greci, restò ferito dalla lancia di Diomede (377) invisibilmente guidata da Minerva (
arsela dalla piaga …… mugolò il ferito Nume, e ruppe in un tuon pari di nove O dieci mila combattenti al grido Quando app
a zuffa. I Troi l’udiro, L’udir gli Achivi, e ne tremâr : si forte Fu di Marte il muggito. (Omero, Iliade.) 258. Marte è
e.) 258. Marte è dunque un nume e un guerriero coperto d’armi « Cinto di ferro i piè, le braccia e ’I collo » (Petrarca),
er delle armi. 259. Debole fu il culto dei Greci per Marte a paragone di quello dei Romani, i quali, come ognun sa, lo ten
ome ognun sa, lo tenevano per protettore del loro impero, e per padre di Romolo. Gli Etruschi poi lo adoravano sotto forma
ero, e per padre di Romolo. Gli Etruschi poi lo adoravano sotto forma di una lancia confitta in terra.56 260. I suoi dodi
ielo ; e la superstizione romana faceva dipendere dalla conservazione di quello, come dal Palladio i Troiani, la salvezza
Troiani, la salvezza della patria. 261. È cosa probabile che il nome di Marte sia stato dato alla maggior parte dei princ
de’Greci, al quale sono state attribuite le alle gesta e le avventure di molti eroi.57 Minerva o Pallade. 262. Mi
ure di molti eroi.57 Minerva o Pallade. 262. Minerva, figlia di Giove (63), era la Dea della Sapienza, e presiede
alle arti.58 La favola narra che Giove, tormentato da un gran dolore di testa, chiese aiuto a Vulcano (270) ; e il medico
adre contro i Tilani (30). Invero quelli Dei avevano un singolar modo di guarire le malattie e di generare i figliuoli ! M
. Invero quelli Dei avevano un singolar modo di guarire le malattie e di generare i figliuoli ! Ma nelle fantastiche tradi
Minerva solamente quale Dea della guerra, ella prende allora il nome di Pallade, sotto il quale era principalmente adorat
ome di Pallade, sotto il quale era principalmente adorata nella città di Troia ; ma il primo nome le è più comune per tutt
ollo, » dice Dante ; nondimeno ambedue questi nomi, come anche quello di Atenea in Atene, le venivano dati indifferentemen
e del ricamo, nel quale riuscì abilissima. 264. Notabile nella storia di Minerva è la sua disputa con Nettuno (185) per da
della sapienza, e la città fondata da Cecrope fu detta Atene in onor di Minerva, che un tempo i Greci chiamavano Atena o
iene offerta da Aracne abile tessitrice e ricamatrice, che si vantava di superar Minerva in quest’arte. La Dea andò a farl
uperar Minerva in quest’arte. La Dea andò a farle visita in sembianza di vecchia, ed Aracne ebbe la temerità di sfidarla ;
dò a farle visita in sembianza di vecchia, ed Aracne ebbe la temerità di sfidarla ; ma tanto la punse vergogna di restar v
, ed Aracne ebbe la temerità di sfidarla ; ma tanto la punse vergogna di restar vinta, che, per disperazione, stracciato i
gezza non si sarebbe governata saviamente. 266. Minerva appare dotata di beltà semplice e mo desta, di contegno grave e sp
saviamente. 266. Minerva appare dotata di beltà semplice e mo desta, di contegno grave e spirante mæstà e fortezza qualit
le stanno accanto i simboli delle scienze e delle arti. 267. L’egida di Minerva era una corazza coperta con la pelle di u
le arti. 267. L’egida di Minerva era una corazza coperta con la pelle di un mostro chiamato Egide, il quale vomitava fuoco
i ucciso. Su questa divina armatura campeggiava la testa anguicrinita di Medusa principale tra le Gorgoni (357) ; ed Omero
i (357) ; ed Omero dice : ….. Intorno agli omeri divini Pon la ricca di fiocchi Egida orrenda, Che il terror d’ ogn’intor
lla prudenza e della saggezza, eran sacri a Minerva. Ma l’apparizione di quest’uccello era di tristo presagio quand’ei can
saggezza, eran sacri a Minerva. Ma l’apparizione di quest’uccello era di tristo presagio quand’ei cantava, e di buon augur
parizione di quest’uccello era di tristo presagio quand’ei cantava, e di buon augurio se stava zitto, perchè la prudenza n
della sinistra influenza degli uccelli notturni, pregiudizio al pari di tanti altri non ancora del tutto sradicato per l’
Quinqualia e Minervalia. Vulcano. 270. Vulcano era figliuolo di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma nacque così def
ervalia. Vulcano. 270. Vulcano era figliuolo di Giove (63) e di Giunone (85) ; ma nacque così deforme, che il pad
urata caduta non riportò alla fine che una gamba rotta ! Gli abitanti di Lenno59 lo raccolsero e n’ebber cura ; ma e’n’and
ebber cura ; ma e’n’andò poi sempre zoppo (69). 271. Ad intercessione di Bacco (146) tornò in cielo, e Giove cominciò a vo
i gli parve che fosse proprio arrivato in buon punto per farlo marito di Venere (170). Così al Nume più deforme toccò la p
a favola lo dichiara Dio del fuoco, e lo celebra abilissimo nell’arte di fondere e di lavorare i metalli ; sicchè questo c
ichiara Dio del fuoco, e lo celebra abilissimo nell’arte di fondere e di lavorare i metalli ; sicchè questo celeste fabbro
metalli ; sicchè questo celeste fabbro aveva le sue fucine nell’isola di Lenno, a Lipari e nelle caverne del monte Etna, e
’isola di Lenno, a Lipari e nelle caverne del monte Etna, e i vortici di fuoco e di fumo eruttanti dai vulcani parevano us
enno, a Lipari e nelle caverne del monte Etna, e i vortici di fuoco e di fumo eruttanti dai vulcani parevano uscire dalle
i garzoni i Ciclopi (Kyklos, circolo, ops, occhio, gr.) creduti figli di Nettuno, mostruosi giganti che avevano un solo oc
la Sicilia, e dall’usar che facevano in guerra, per difesa del volto, di un piccolo scudo con un buco nel mezzo, la favola
iù celebre tra’Ciclopi. Enea lo vide (come finge Virgilio) nell’isola di Sicilia, e così lo descrive a Didone : Sembrato
li prese ad amare la bella, e più che giglio nivea Galatea, figliuola di Nereo e di Doride (193) ; ma la ninfa era già ama
amare la bella, e più che giglio nivea Galatea, figliuola di Nereo e di Doride (193) ; ma la ninfa era già amante del pas
fitta da immenso dolore, cangiò il sangue del suo diletto in un fiume di Sicilia, che porta quel nome, e rese così eterna
store, amò Mnemosine, Dea della memoria, (mneme, memoria, gr.) figlia di Celo (25) e della Terra (25) ; e dal suo matrimon
re, e nutrirono sentimenti così magnanimi, da meritare la venerazione di tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi no
la venerazione di tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi nomi di dotte fate, di sorelle d’Apollo e di Dee della sa
di tutti gli uomini. Da ciò venner loro i diversi nomi di dotte fate, di sorelle d’Apollo e di Dee della sacra valle ; e s
a ciò venner loro i diversi nomi di dotte fate, di sorelle d’Apollo e di Dee della sacra valle ; e son chiamate anche le n
igine, poichè ebbero per padre un pastore, ed alla belta e verecondia di cui furono dotate, sarà manifesto come la verità
 ; l’ingegno vuol esser puro come l’innocenza ; e siccome gli oggetti di dove il bello ed il vero emergono sono molti, e l
e differenti loro bellezze son quelle che costituiscono la perfezione di ciascuna arte, così ogni Musa ha un ministero par
lpoméne, colei che canta, gr.) alla tragedia ; Talia (thalia, giorno di festa, gr.) alla commedia ; Tersicore (da terpo,
, gr.) alla commedia ; Tersicore (da terpo, e choros, che si diletta di danze, gr.) al ballo ; Euterpe (che vale « molto
la musica ed agli istrumenti musicali ; Polinnia (da polys, e ymnos, di molto canto, gr.) all’ode e alla rettorica, ovver
ymnos, di molto canto, gr.) all’ode e alla rettorica, ovvero all’arte di scrivere con eleganza ; Urania (ouranós, cielo,
si celebra le grandi gesta degli eroi e dei numi ; e Melpomene armata di pugnale empie di terrore la scena con lo spettaco
ndi gesta degli eroi e dei numi ; e Melpomene armata di pugnale empie di terrore la scena con lo spettacolo dei delitti de
sentare purissimi affetti, belle e nobili passioni, e gl’interni moti di un’anima elevata e gentile. Euterpe, vaga d’aggir
elevata e gentile. Euterpe, vaga d’aggirarsi tra i semplici pastori, di commovere e di educare le loro anime pure, tragge
ile. Euterpe, vaga d’aggirarsi tra i semplici pastori, di commovere e di educare le loro anime pure, tragge soavi concenti
dell’altre Muse possiede orti celesti…. come dice il Foscolo, adorna di beltà maschia e severa e piena di sublime eloquen
sti…. come dice il Foscolo, adorna di beltà maschia e severa e piena di sublime eloquenza, inspira l’oratore e il poeta,
Mascheroniana : Colei che gl’intelletti apre e sublima, E col valor di finte cifre il vero Valor de’ corpi immaginati es
immaginati estima ; Colei che li misura, e del primiero Compasso armò di Dio la destra, quando Il grand’arco curvò dell’em
ò dell’emispero ; E spinse in giro i soli, incoronando L’ampio creato di fiammanti mura, Contro cui del caosse il mar mugg
regno dubitar Natura. 277. Le Muse sono rappresentate con sembianze di vergini modestamente belle, con semplici vesti, e
lo (96) sta in mezzo all’eletto coro, temprando la lira, e incoronata di lauro l’augusta sua fronte. Siccome poi ogni Musa
così tutte hanno simboli e attributi particolari. Il Parini proponeva di dipinger così le quattro Muse del Teatro : « Mel
proponeva di dipinger così le quattro Muse del Teatro : « Melpomene, di sembiante, di forme, d’atteggiamento serio ed aug
ipinger così le quattro Muse del Teatro : « Melpomene, di sembiante, di forme, d’atteggiamento serio ed augusto, con abit
sentazioni liriche, avrà sembiante grazioso, occhi teneri, abito vago di colori e di forme, corona di mirti e rose in capo
iriche, avrà sembiante grazioso, occhi teneri, abito vago di colori e di forme, corona di mirti e rose in capo, lira in ma
iante grazioso, occhi teneri, abito vago di colori e di forme, corona di mirti e rose in capo, lira in mano o vicina, Amor
sonomia gentile, corpo ed atteggiamento svelto in atto grazioso quasi di ballare, abito leggero, ghirlanda di varie plume
to svelto in atto grazioso quasi di ballare, abito leggero, ghirlanda di varie plume in capo, e massime bianche e nere. Av
era dignità, ingentiliscono e onorano il popolo ; ma talora i cultori di esse traviano dal retto sentiero, si fanno minist
lora i cultori di esse traviano dal retto sentiero, si fanno ministri di malcostume, e cagionano gravi danni alla società
icenza e la Scurrilità. « Il Cattivo Gusto sarà un giovinetto nudo, di fisonomia stupida e di fattezze grossolane, con d
« Il Cattivo Gusto sarà un giovinetto nudo, di fisonomia stupida e di fattezze grossolane, con due grandi orecchie d’as
con due grandi orecchie d’asino e una zampogna in mano. Sarà in atto di fuggire dal cospetto d’Apollo, saltando giù da un
sso rozzamente scolpito e rappresentante una figura con testa e crine di cavallo, viso e collo di donna, corpo e piedi d’u
rappresentante una figura con testa e crine di cavallo, viso e collo di donna, corpo e piedi d’uccello, coda di pesce. » 
rine di cavallo, viso e collo di donna, corpo e piedi d’uccello, coda di pesce. » La Licenza poi è una baccante scapigliat
La Licenza poi è una baccante scapigliata, mezzo nuda, col viso tinto di mosto, corona di viti in capo, tirso in mano. Anc
una baccante scapigliata, mezzo nuda, col viso tinto di mosto, corona di viti in capo, tirso in mano. Anch’ella sarà in at
mosto, corona di viti in capo, tirso in mano. Anch’ella sarà in atto di fuggire schermendosi con una mano dai raggi d’Apo
ridicola. » 278. Le Muse presero le ali per sottrarsi agli oltraggi di Pireneo re della Focide, presso il quale avevano
oltraggi di Pireneo re della Focide, presso il quale avevano sperato di trovar ricovero da un improvviso temporale. Il pr
ro villania, e quando le vide involarsi con le ali dei genii, pretese di inseguirle, immaginandosi di poter volare com’ess
involarsi con le ali dei genii, pretese di inseguirle, immaginandosi di poter volare com’esse ; ma appena spiccatosi dall
le biblioteche, e chiuse le pubbliche scuole. — Anche le nove figlie di Pierio, dette le Pieridi, pagarono il fio d’una s
la decenza pericolante tra la gioia dei biechieri. Ma coloro che più di tutti le venerarono furono i poeti, i quali usava
istianità hanno adoperate le finzioni, mitologiche non per vano lusso di fantasia, ma per dedurne nobilissimi sentimenti,
te delle più dette fra le greche immagini. 280. Il fonte d’Ippocrene, di Castalia e il fiume Permesso (123), insieme con l
po. Immenso fu il loro numero, poichè vi era compresa una moltitudine di divinità allegoriche, le quali, come la Verità, l
tichi mossi da rispetto o da paura, solevano personificare ed onorare di special culto. Siccome troppo lungo sarebbe il pa
e ed onorare di special culto. Siccome troppo lungo sarebbe il parlar di tutte, accenneremo soltanto quelle che paiono più
; non soleva risparmiare nemmeno gli stessi Dei ; e non fu mai capace di far nulla di suo, come suole chi pretende troppo
risparmiare nemmeno gli stessi Dei ; e non fu mai capace di far nulla di suo, come suole chi pretende troppo dagli altri.
one del cuore per poterne scrutare i più segreti pensieri ; e la casa di Minerva gli parve architettata senza criterio, e
tore incappasse in un cattivo vicino. Pareva che la perfetta bellezza di Venere non potesse cadere sotto la sferza dei suo
tesse cadere sotto la sferza dei suoi motteggi, ma egli trovò materia di biasimo nei coturni. Alla fine le sue continue ed
al cielo. 284. È rappresentato col capo coperto da un berretto ornato di sonagli con una maschera in una mano ed una mario
tra, indizio della follia, arredi che furono poi assegnati ai buffoni di corte. Non sia discaro il leggere intorno a quest
posto da uno dei più colti ed arguti ingegni del nostro tempo. Momo, di cui la nominanza dura, E durerà nelle lontane gen
di negli scherni sui Vizii e virtù ; poi dileggiò (fatt’empio) L’opre di Palla, e fu solenne altrui Nome d’infamia e d’abo
hetti, presiedeva alle feste, alle danze notturne ed alle nuove fogge di vestire e di adornar la persona. Non aveva nè tem
deva alle feste, alle danze notturne ed alle nuove fogge di vestire e di adornar la persona. Non aveva nè tempio, nè sacer
i adornar la persona. Non aveva nè tempio, nè sacerdoti, nè sacrifizj di vittime. I suoi adoratori lo invocavano e prima e
ima e dopo il pasto, e andavano in volta la notte mascherati, al lume di fiaccole, cinta di fiori la testa, e accompagnati
, e andavano in volta la notte mascherati, al lume di fiaccole, cinta di fiori la testa, e accompagnati da fanciulli e don
compagnati da fanciulli e donzelle che cantavano e ballavano al suono di varii istrumenti. 286. I poeti lo dipingono giovi
, rubicondo, con breve panneggiamento, e spesso nudo, e inghirlandato di rose appassite. E’ s’appoggia languidamente col b
uo contegno ; e dà bene a conoscere quanto sia misera e breve la vita di coloro che si abbandonano soverchiamente ai piace
piaceri. Bellona. 287. Bellona, Dea della guerra, fu sorella di Marte (255). Ella attaccava i cavalli al suo carr
e stragi ; ha i capelli sciolti e scarmigliati, l’occhio scintillante di fuoco, ed è in atto di sferzare con sanguinoso st
sciolti e scarmigliati, l’occhio scintillante di fuoco, ed è in atto di sferzare con sanguinoso staffile. 288. I suoi sac
erdoti, chiamati Bellonarj, ne celebravano le feste con tanta ebrezza di furore, che si facevano da sè stessi tali ferite
nide (133). Istruito da Chirone (430), diventò presto abile nell’arte di guarire le malattie, e passò per inventore e Dio
lla medicina. Accompagnò Ercole (364) e Giasone (448) alla spedizione di Colco ; e rese grandi servigi agli Argonauti (452
; e rese grandi servigi agli Argonauti (452). 290. Ma non si contentò di saper guarire i malati ; volle anche tentare di r
0. Ma non si contentò di saper guarire i malati ; volle anche tentare di render la vita agli estinti, e ne venne a capo co
di render la vita agli estinti, e ne venne a capo con Ippolito figlio di Teseo. Allora Giove, temendo le conseguenze di ta
po con Ippolito figlio di Teseo. Allora Giove, temendo le conseguenze di tale scoperta, fulminò l’audace mortale. Apollo n
al raggio, E osò ritorre all’Erebo Uom già concesso a morte ; Sicchè di Giove il fulmine Tolse ad ambo il respir, E vides
utta la Grecia, e l’onoravano principalmente in Epidauro nella figura di un serpente, perchè stimavano che si manifestasse
pende forse dalle virtù mediche attribuite in antico ad alcune specie di rettili, o dalla lunga vitalità di questi animali
ribuite in antico ad alcune specie di rettili, o dalla lunga vitalità di questi animali, per lo che i ciarlatani hanno usa
sti animali, per lo che i ciarlatani hanno usato fino ai nostri tempi di comparire in faccia alla gente semplice recando a
dei simboli dell’immortalità. Esculapio ebbe tempio anche nell’isola di Coo (una delle isole dell’Arcipelago), ed i malat
la di Coo (una delle isole dell’Arcipelago), ed i malati erano soliti di andare a scrivere sulle mura di quel tempio i rim
Arcipelago), ed i malati erano soliti di andare a scrivere sulle mura di quel tempio i rimedi che gli avevano liberati dal
figli, Macaone e Podaliro, i quali accompagnarono i Greci all’assedio di Troja, e vi si resero utilissimi col medicare i f
i feriti. Poi i discendenti d’Esculapio furono chiamati Asclepiadi, e di padre in figlio per diciassette generazioni eserc
iglio per diciassette generazioni esercitarono la medecina nell’isola di Coo, e ne diressero la scuola. In questa famiglia
nacque il celebre Ippocrate. È attribuito agli Asclepiadi un opuscolo di ventun versi contenenti precetti intorno alla san
tti intorno alla sanità, tra’quali si leggono i seguenti : Contentati di un pasto per giorno. — Fa’che il tuo pasto sia se
anza ti libererà dalla sete e dalle cattive digestioni, che son causa di quasi tulle le malattie ec. Pane 294. Alc
le malattie ec. Pane 294. Alcuni dissero che Pane fu figliuol di Giove (63) e della Ninfa Calisto (140), altri gli
, e la barba incolta. Gli spuntano in fronte le corna, ed ha il corpo di caprone dalla cintura all’estremità inferiore, me
e. 296. Pane era più che altro onorato in Arcadia. I Romani ogni anno di Febbraio gli celebravano le feste chiamate Luperc
anno di Febbraio gli celebravano le feste chiamate Lupercali dal nome di una grotta presso alla quale era stato costruito
tessa grotta ove Romolo e Remo furono allattati dalla lupa. Nel tempo di quelle feste i sacerdoti di Pane, chiamati Luperc
mo furono allattati dalla lupa. Nel tempo di quelle feste i sacerdoti di Pane, chiamati Luperci, andavan correndo nudi per
alli invasero la Grecia sotto Brenno, volevano saccheggiare il tempio di Delfo ; ma Pane li colpì di così improvviso terro
o Brenno, volevano saccheggiare il tempio di Delfo ; ma Pane li colpì di così improvviso terrore, che si volsero tosto all
sto alla fuga benchè inseguiti non fossero ; quindi nacque il dettato di timor panico. 299. Questo Dio s’innamorò di Siri
quindi nacque il dettato di timor panico. 299. Questo Dio s’innamorò di Siringa (syrinx, canna, gr.), ninfa d’Arcadia ; m
alcuni cannelli, formò quell’istrumento a sette voci, chiamato flauto di Pane o zampogna. Fauno 300. Fauno, figli
chiamato flauto di Pane o zampogna. Fauno 300. Fauno, figlio di Pico re dei Latini e nipote di Saturno (23), ebbe
gna. Fauno 300. Fauno, figlio di Pico re dei Latini e nipote di Saturno (23), ebbe per madre Canente figlia di Gi
re dei Latini e nipote di Saturno (23), ebbe per madre Canente figlia di Giano, la quale fu cangiata in voce, per esser tr
o Sterculio stercus, concio, ingrasso, lat.), il quale inventò l’arte di concimare la terra. Fauna dopo la morte del marit
quale distribuivano al popolo erbe o semplici per curare ogni specie di malattie. Fu chiamata anche Fatua o Fatuella quan
Fate. 301. I Fauni eran genj campestri dei Romani, e discendenti di Fauno ; abitavano le campagne e le foreste. La lo
ta ai Fauni una capra, ed era lor consacrato il pino. Avevano i piedi di cavallo e di bove, e raramente di capra ; la barb
na capra, ed era lor consacrato il pino. Avevano i piedi di cavallo e di bove, e raramente di capra ; la barba, le corna e
consacrato il pino. Avevano i piedi di cavallo e di bove, e raramente di capra ; la barba, le corna e le orecchie di capro
lo e di bove, e raramente di capra ; la barba, le corna e le orecchie di caprone ; eran cinti da una corona d’abeto, e ne
nità campestre dei Romani, e protettori dei boschi, fu creduto figlio di Fauno, e taluni lo confusero con Pane. I poeti e
zzo in giù gli fanno le membra caprine, e gli pongono in mano un ramo di pino. Le feste Lupercali (296) erano celebrate an
feste Lupercali (296) erano celebrate anche in onor suo. 303. Il nome di Silvani, appartenente ai figliuoli di Silvano, è
anche in onor suo. 303. Il nome di Silvani, appartenente ai figliuoli di Silvano, è attribuito comunemente a tutti gli Dei
abolo generale per indicare i Fauni, i Satiri, i Sileni, ec. Il culto di tutte queste divinità dei campie dei boschi mostr
ivinità pastorali, boschereccie, son care ad Apollo ed alle Muse : E di Driadi col nome e di Silvani Fur compagni di Febo
schereccie, son care ad Apollo ed alle Muse : E di Driadi col nome e di Silvani Fur compagni di Febo. Infra le Muse Scher
Apollo ed alle Muse : E di Driadi col nome e di Silvani Fur compagni di Febo. Infra le Muse Scherzar ne’fonti suoi vedeal
gura d’omiciatti pelosi con le corna, le orecchie, la coda e le gambe di capra ; ed è loro attribuito il mal vezzo di far
chie, la coda e le gambe di capra ; ed è loro attribuito il mal vezzo di far paura ai pastori e d’inseguire le pastorelle.
i greggi. Intanto gli agricoltori e i pastori, credendo all’esistenza di tanti invisibili testimoni delle loro azioni, era
fare. Ma convien che sia molto rozzo quel popolo il quale ha bisogno di tanti vigilatori. Siccome la coscienza delle prop
uoni. 306. I Satiri più vecchi eran chiamati Sileni ; e l’anziano tra di essi è il balio di Bacco, del quale abbiamo parla
più vecchi eran chiamati Sileni ; e l’anziano tra di essi è il balio di Bacco, del quale abbiamo parlato ragionando di qu
tra di essi è il balio di Bacco, del quale abbiamo parlato ragionando di questo Dio (146). Nelle pitture e nelle sculture
pagne. Priapo 307. Priapo, caporione dei Satiri (305), figlio di Bacco (146) e di Venere (170), era il Dio tutelar
307. Priapo, caporione dei Satiri (305), figlio di Bacco (146) e di Venere (170), era il Dio tutelare dei giardini e
la sua statua ne’giardini. ……. E tu, Priapo, S’unqua gli altari tuoi di fiori ornai, Con la gran falce e con l’altre arme
Per lo più è rappresentato a modo del dio Termine (308), con le corna di becco, le orecchie di capra, e una corona di pamp
tato a modo del dio Termine (308), con le corna di becco, le orecchie di capra, e una corona di pampani o d’alloro : e tal
mine (308), con le corna di becco, le orecchie di capra, e una corona di pampani o d’alloro : e talvolta la sua statua com
alloro : e talvolta la sua statua comparisce nel mezzo agl’istrumenti di giardinaggio e d’orticoltura. Gli veniva sacrific
ura. Gli veniva sacrificato un asino in memoria d’una singolare sfida di canto seguita tra lui e un somaro, nella quale il
ser rimasto perdente ; s’era avventato contro il vincitore, e a forza di calci l’aveva lasciato moribondo all’ombra de’suo
l’aveva lasciato moribondo all’ombra de’suoi allori. Il maggior culto di Priapo fu a Lampsaco donde era stato scacciato pe
rsi, dove a ballare senza riposo, a ridere sgangheratamente, a urlare di continuo, e la città di Lampsaco pareva uno speda
a riposo, a ridere sgangheratamente, a urlare di continuo, e la città di Lampsaco pareva uno spedale di matti. I vecchi, i
ente, a urlare di continuo, e la città di Lampsaco pareva uno spedale di matti. I vecchi, i quali avevano conservato un ba
uno spedale di matti. I vecchi, i quali avevano conservato un barlume di ragione, decretarono il ritorno del Nume esiliato
nfini dei campi, e credesi ne fosse istituito il culto da Numa a fine di porre un freno, che fosse anche più efficace dell
e del Campidoglio, i Romani scavando i fondamenti trovarono la statua di questo Dio. Consultati gli auguri intorno a ciò c
ato. 309. Il dio Termine era onorato non solamente nei templi, ma più di tutto sui confini dei campi, ove il suo simulacro
tto sui confini dei campi, ove il suo simulacro veniva sempre coperto di fiori. Il temerario che con mano sacrilega gli av
ste a Roma erano celebrate l’ultimo giorno dell’anno. Lo incoronavano di spighe nel tempo della mèsse, e di fiori all’arri
giorno dell’anno. Lo incoronavano di spighe nel tempo della mèsse, e di fiori all’arrivo della primavera. Per lungo tempo
a. Per lungo tempo i sacrificj a lui fatti consistettero in libazioni di latte e vino con offerte di frutta e di focacce.
cj a lui fatti consistettero in libazioni di latte e vino con offerte di frutta e di focacce. Poi cominciarono ad immolarg
ti consistettero in libazioni di latte e vino con offerte di frutta e di focacce. Poi cominciarono ad immolargli agnelli e
iarono ad immolargli agnelli e majali, consumando finalmente le carni di queste vittime in lieti banchetti attorno al simu
anno derivare il nome dal vocabolo palea, paglia. Vero è che nel mese di maggio, o, secondo altri, d’aprile celebravano in
va nell’offrir latte e miele, e poi nel dar fuoco a tre grandi barche di paglia ; ed i pastori un dopo l’altro saltavano l
te feste furono istituite da Romolo il giorno stesso della fondazione di Roma, ed i pastori vi accorrevano da ogni parte i
Roma, ed i pastori vi accorrevano da ogni parte incoronati d’olivo e di ramerino, il cui odore disinfetta le stalle. Vi p
no, il cui odore disinfetta le stalle. Vi portavano anche gran numero di fragorosi istrumenti, come tamburi e cembali. La
La Dea copriva con un velo la sua ingenua bellezza. Un po’d’alloro o di ramerino le incoronavan la chioma ; ed aveva in m
o o di ramerino le incoronavan la chioma ; ed aveva in mano un covone di paglia, per significare che di essa deve esser fo
la chioma ; ed aveva in mano un covone di paglia, per significare che di essa deve esser formato il letto al bestiame.
letto al bestiame. Pomona e Vertunno 311. Pomona, tutta piena di freschezza e di leggiadria, presiedeva con Priapo
e. Pomona e Vertunno 311. Pomona, tutta piena di freschezza e di leggiadria, presiedeva con Priapo (307) ai giardi
annaffiarli ; e tutta dedita a queste faccende rifiutava ogni offerta di matrimonio che le venisse fatta dai Numi campestr
ore per parlarle ; ma invano. Alla fine le apparve sotto le sembianze di vecchia ; e tanta eloquenza usò nel colloquio, ch
ele poi a conoscere, Pomona acconsentì alle sue nozze. Le metamorfosi di Vertunno son forse una lezione agli agricoltori,
e una lezione agli agricoltori, poichè non potrebbe meritare il favor di Pomona chi non si studiasse per opera di moltipli
n potrebbe meritare il favor di Pomona chi non si studiasse per opera di moltiplici esperimenti di perfezionare la cultura
or di Pomona chi non si studiasse per opera di moltiplici esperimenti di perfezionare la cultura dei giardini e degli orti
ltura dei giardini e degli orti. I poeti descrivono Pomona incoronata di pampani e di grappoli d’uva, con in mano il corno
rdini e degli orti. I poeti descrivono Pomona incoronata di pampani e di grappoli d’uva, con in mano il corno dell’abbonda
n in mano il corno dell’abbondanza, od assisa sopra una paniera colma di fiori e di frutta. In Roma ebbe tempio ed are. E
l corno dell’abbondanza, od assisa sopra una paniera colma di fiori e di frutta. In Roma ebbe tempio ed are. Ed a voi mi
empio ed are. Ed a voi mi rivolgo, o Dei, ch’avete Degli orti cura e di chi agli orti attende. Fa dunque, Clori (553), tu
dunque, Clori (553), tu, che mai non manchi Al mio verde terren copia di fiori : Tu fa, Pomona, che de’frutti loro Non sia
Flora, questa vezzosissima Dea dei fiori e della Primavera, fu sposa di Zeffiro (104) che n’ebbe in dote l’impero sulla v
Tazio pel primo le alzò un tempio a Roma. Le feste istituite in onor di lei verso l’anno 172 av. l’èra crist. in occasion
ndo al suon delle trombe. La più snella otteneva in premio una corona di fiori. Nei monumenti antichi vediamo Flora in sem
una corona di fiori. Nei monumenti antichi vediamo Flora in sembianze di bella e semplice donzelletta, adorna di ghirlande
hi vediamo Flora in sembianze di bella e semplice donzelletta, adorna di ghirlande e di mazzi, e recando in capo una panie
a in sembianze di bella e semplice donzelletta, adorna di ghirlande e di mazzi, e recando in capo una paniera di fiori :
lletta, adorna di ghirlande e di mazzi, e recando in capo una paniera di fiori : Salve, o sorriso degli Dei, gioconda Ess
egli Dei, gioconda Essenza della gioja, alma famiglia, Per cui natura di bellezza abbonda. Per te Religïon, del Cielo figl
do.63 (Angelo Maria Ricci.) Flora, Pomona e Vertunno sono divinità di origine etrusca, adottate poi dai Romani, i quali
ona (311) non vien da sè a regnare nel suo impero : Era diletto suo, di peregrine Piante, e di fiori in suolo estraneo na
è a regnare nel suo impero : Era diletto suo, di peregrine Piante, e di fiori in suolo estraneo nati L’odorosa educar dol
elli ed auro amiche…. (V. Monti.) Ninfe 313. Fu dato il nome di Ninfe ad un gran numero di divinità subalterne or
Monti.) Ninfe 313. Fu dato il nome di Ninfe ad un gran numero di divinità subalterne originate da Nereo e Doride (
ginate da Nereo e Doride (193), e rappresentate sotto belle sembianze di giovanette ; ma gli antichi non le onoraron di te
sotto belle sembianze di giovanette ; ma gli antichi non le onoraron di templi, nè vollero accordar loro la immortalità,
tenevano un posto nell’Olimpo. 314. V’è chi le fa ascendere al numero di tremila ; ed erano ripartite in Ninfe delle acque
Nereidi od Oceanidi e le Najadi. 316. Le Nereidi od Oceanidi, figlie di Nereo e di Doride, eran le ninfe del mare. La mit
Oceanidi e le Najadi. 316. Le Nereidi od Oceanidi, figlie di Nereo e di Doride, eran le ninfe del mare. La mitologia ne c
itologia ne conta cinquanta, e le più distinte sono Teti (192) moglie di Peleo e madre d’Achille, Galatea (273) amante d’A
ce e Climene. Ora abitavano in fondo alle acque, ora in grotte ornate di conchiglie e di pampani. Venivano invocate dai na
a abitavano in fondo alle acque, ora in grotte ornate di conchiglie e di pampani. Venivano invocate dai naviganti sulla ri
pani. Venivano invocate dai naviganti sulla riva del mare con offerte di latte, d’olio e di miele, per ottenerle propizie
cate dai naviganti sulla riva del mare con offerte di latte, d’olio e di miele, per ottenerle propizie alla navigazione. I
va a finire in pesce. Formavano il corteggio d’Anfitrite (188) moglie di Nettuno, e scorrevano sulla superficie delle acqu
cie delle acque, sull’argenteo dorso dei delfini, con la testa ornata di perle e di coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era
cque, sull’argenteo dorso dei delfini, con la testa ornata di perle e di coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era dentro al
i perle e di coralli. La Grotta delle Ninfe. « Era dentro al pascolo di Driante una grotta consacrata alle ninfe, cavata
o di Driante una grotta consacrata alle ninfe, cavata d’un gran masso di pietra viva, che di fuora era tonda, e dentro con
tta consacrata alle ninfe, cavata d’un gran masso di pietra viva, che di fuora era tonda, e dentro concava. Stavano intorn
il collo, le vesti succinte nei fianchi, tutti i lor gesti atteggiati di grazia, e gli occhi d’allegria, e tutte insieme f
grazia, e gli occhi d’allegria, e tutte insieme facevano componimento di una danza. Il giro dentro della grotta veniva app
uono, al cui numero sembrava che battendo si accomodasse l’attitudine di ciascuna ninfa ; e giunta a terra si riducea in u
ta a terra si riducea in un corrente ruscello, che passando per mezzo di un pratello amenissimo, posto innanzi alla bocca
co de’cavalli Di Nettuno custode, e Toe vermiglia Di zoofiti amante e di coralli ; Galatea che nel sen della conchiglia L
l sen della conchiglia La prima perla invenne, e Doto e Proto E tutta di Nereo l’ampia famiglia ; Tra cui confuse de’Trito
caturisce l’acqua ; hanno in mano conchiglie o perle, e una ghirlanda di canne incorona la sciolta chioma. Il popolo crede
nivano sacrificate a queste ninfe capre ed agnelli, e fatte libazioni di vino, d’olio e di miele. Spesso si contentavano d
a queste ninfe capre ed agnelli, e fatte libazioni di vino, d’olio e di miele. Spesso si contentavano delle offerte di la
ioni di vino, d’olio e di miele. Spesso si contentavano delle offerte di latte, di frutta e di fiori. 318. Le Ninfe terres
no, d’olio e di miele. Spesso si contentavano delle offerte di latte, di frutta e di fiori. 318. Le Ninfe terrestri erano
di miele. Spesso si contentavano delle offerte di latte, di frutta e di fiori. 318. Le Ninfe terrestri erano divise in pi
rys, quercia, gr.) ; e furono forse immaginate per impedire ai popoli di distruggere troppo facilmente le foreste, poichè
i e nelle sue cacce. Queste ninfe insieme con le Napee furono nutrici di Cerere e di Bacco, perchè le mèssi crescono nelle
e cacce. Queste ninfe insieme con le Napee furono nutrici di Cerere e di Bacco, perchè le mèssi crescono nelle campagne, e
preferiscono le pendici. Alle Oreadi andiamo debitori del miele. Una di esse, chiamata Melissa, trovato nella cavità di u
bitori del miele. Una di esse, chiamata Melissa, trovato nella cavità di un albero un favo, lo fece assaggiare alle compag
un albero un favo, lo fece assaggiare alle compagne, che tutte liete di questa scoperta, dettero alle api il nome di Meli
ompagne, che tutte liete di questa scoperta, dettero alle api il nome di Melisse, ed al loro nèttare quello di mèli, onde
perta, dettero alle api il nome di Melisse, ed al loro nèttare quello di mèli, onde abbiam fatto miele. Tacea splendi
a Diva, le Grazie : e a sommo il flutto, Quante alla prima prima aura di Zeffiro Le frotte delle vaghe api prorompono, E
e api prorompono, E più e più succedenti invide ronzano A far lunghi di sé aerei grappoli ; Vanno alïando su’nettarei cal
che morivano e nascevano con le querci ; quindi ebbero anche il nome di Querculane. 320. La più celebre fra le Nereidi f
pollo (96) se ne disputaron le nozze ; ma saputo da un antico oracolo di Temi (337) come il primogenito di questa ninfa fo
ze ; ma saputo da un antico oracolo di Temi (337) come il primogenito di questa ninfa fosse destinato a divenire più famos
nubio nacque il divino e prode Achille (536). 321. Nè minor celebrità di Teti ebbe la ninfa Eco, figlia dell’Aria e della
figlia dell’Aria e della Terra ; essendochè meritato avendo lo sdegno di Giunone (85), fu da lei condannata a ripeter semp
time sillabe dei discorsi che udiva. Le intravvenne poi d’innamorarsi di Narciso che « Biondo era e bello e di gentile asp
e intravvenne poi d’innamorarsi di Narciso che « Biondo era e bello e di gentile aspetto, » figliuolo della ninfa Liriope
struggersi d’affanno per entro le più riposte parti dei boschi. Così di « quella vaga, Che amor consunse, come sol vapore
ine d’una fonte, e lasciatolo ivi a specchiarsi nelle onde, lo accese di sì folle amore di sè medesimo, che diventò passio
lasciatolo ivi a specchiarsi nelle onde, lo accese di sì folle amore di sè medesimo, che diventò passione sfrenata, e gli
n quello stesso luogo. Ecco la sorte dei giovani stoltamente invaniti di sè medesimi, o dei freddi egoisti ; ma gli Dei eb
vaniti di sè medesimi, o dei freddi egoisti ; ma gli Dei ebbero pietà di Narciso, e lo cangiarono in quel fiore che porta
no in quel fiore che porta il suo nome. 323. Aretusa, ninfa e seguace di Diana (137), preferiva com’essa le innocenti ricr
andavano sempre limpide e pure ad unirsi a quelle d’Aretusa, …. Che di Grecia volve Per occulto cammin l’onda d’argento,
mpilio de’suoi consigli, poichè quel saggio legislatore, col pretesto di andare a consultarla, si appartava in un bosco vi
ione. La favola aggiunge che Egeria rimase tanto afflitta della morte di Numa, che andò a rifugiarsi ed a piangere continu
chiamati Lari e Penati. 64 I Lari erano propriamente i genii tutelari di ciascheduna casa, come a dire i custodi delle fam
icevevano pubblico culto. 327. Le statuette dei Lari, spesso in forma di cane, per allusione alla fedeltà di questo animal
atuette dei Lari, spesso in forma di cane, per allusione alla fedeltà di questo animale, e quelle dei Penati per lo più ef
à avevano tabernacoli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso, di vino e talora di vittime. Ad essi erano consacrat
coli ed are con lampade accese ed offerte d’incenso, di vino e talora di vittime. Ad essi erano consacrati i cani perchè a
stici e fedeli ; e i medesimi Lari avevano spesso per manto una pelle di cane. Ciascuna famiglia romana aveva i suoi propr
a romana aveva i suoi propri Penati, e li portava seco ad ogni variar di casa ; ma i Lari non abbandonavano mai l’abitazio
ove erano stati collocati una volta. 328. Le feste celebrate in onore di questi idoli erano dette compitali dal latino com
rocicchio o trivio. I divoti appendevano pubblicamente certi fantocci di lana a guisa di vittime espiatorie, e scongiurava
io. I divoti appendevano pubblicamente certi fantocci di lana a guisa di vittime espiatorie, e scongiuravano gli dei Lari
catene. Quanta carità civile in queste idee ! E come la moltiplicità di siffatti idoli rappresentava bene l’importanza de
Ettore (591) apparso ad Enea (608) nella tremenda notte dell’ eccidio di Troia, … Oh fuggi, Enea, fuggi,… disse : Togliti
ergi altre mura ; Chè dopo lungo e travaglioso esiglio Le ergerai più di Troja altere e grandi. Detto ciò, dalle chiuse ar
use arche reposte, Trasse, e gli consegnò le sacre bende, E l’effigie di Vesta, e ’l fuoco eterno. Ed Anchise (176), cono
176), conosciuta anche per celesti annunzi ormai inevitabile la ruina di Troia, esclama : …….O della patria Sacri numi Pe
uesto nipote65 Mi conservate : questo augurio è vostro ; E nel poter di voi Troja rimansi. (Eneide, lib. II. Trad. del C
ncarco de’santi arredi e de’patrii Penati, perchè al guerriero, lordo di sangue e uscito allora da tanta uccisione, non er
e, non era permesso toccarli prima che si fosse lavato alla pura onda di un fiume. Genio 329. Il Genio,66 figlio d
avesse il suo Genio, la ispirazione generatrice delle sue azioni ; e di più riconoscevano tutti un genio buono che gl’ in
offerendogli vino, fiori ed incenso, ma senza mai spargere una goccia di sangue. 331. Il genio buono aveva sembianze di gi
ai spargere una goccia di sangue. 331. Il genio buono aveva sembianze di giovine con volto bello ed onesto riso, poichè la
iante suol essere testimone della bontà del cuore ; era inghirlandato di papaveri, quasi farmaco ad assopire le passioni s
a cornucopia, perchè la vita innocente e le buone azioni sono feconde di molti beni. Anche le foglie del platano gli servi
i, rabbuffato il crine e lunga la barba, con in mano un gufo, uccello di cattivo augurio. Guai a chi non sentiva raccapric
e un serpente. La fortuna 332. La Fortuna, onnipotente figlia di Giove e sorella del Fato, arbitra universale degl
ne, distribuendo a capriccio i beni ed i mali. Essa è origine e madre di tutte le invenzioni umane, dice Mario Pagano. Al
i ritrovamenti più utili alla vita. L’uomo vede ed osserva l’incontro di certi naturali effetti, gli imita, e nascono indi
hè gl’inventori delle cose altro non sono che i fortunati osservatori di alcuni fenomeni della natura e gli abili imitator
ati osservatori di alcuni fenomeni della natura e gli abili imitatori di essi. Quindi la Fortuna venne sulla terra dopo l’
la terra dopo l’età dell’ oro, vale a dire quando nacque la necessità di lavorare ; ed è la stessa cosa che Pandora (72),
la Natura medesima, vale a dire il concorso fortuito ed il conflitto di vari naturali effetti. I poeti la descrivono calv
, ritta con ali a’piedi, e l’un d’essi già staccato dal suolo in atto di volare, mentre l’altro appena tocca la superficie
al suolo in atto di volare, mentre l’altro appena tocca la superficie di una sfera, od il cerchio d’una ruota che gira, ed
Talora è ritta sopra un carro tirato da quattro cavalli ciechi al par di lei, e schiaccia i suoi adoratori, e ogni dì muta
nella destra un timone, o il corno dell’ abbondanza, perchè donatrice di tutti i beni e protettrice del commercio e delle
nduce per mano l’ Occasione, che ha la testa calva e un sottil ciuffo di capelli sulla fronte ; posa un piede sulla ruota,
a collocata nel quartiere accanto al letto dell’ Imperatore regnante, di dove, appena morto, la trasferivano in quello del
rivano in quello del suo successore. L’adoravano anche sotto i titoli di Conservatrice, Nutrice (mammosa), Cieca, Favorevo
ra (Fors Fortuna). La Fortuna Virile aveva il tempio accanto a quello di Venere. Roma, sottratta alla vendetta di Coriolan
a il tempio accanto a quello di Venere. Roma, sottratta alla vendetta di Coriolano dalle lacrime della sposa e della madre
ltare alla Fortuna reduce ; indi le furon coniate medaglie col titolo di Fortuna stabile o costante (Fortuna stata) ; ma d
se ogni giorno i lacrimevoli esempj ; ma la buona Fortuna sta in mano di chi la vuole, se per essa intendiamo un vivere ag
inaspettate ricchezze, lo dicano quei tanti ai quali sono state causa di rovina, o che per ottenerle hanno perduto la tran
rduto la tranquillità della coscienza, l’amore del prossimo, la stima di sè medesimi, ed altri beni veri e senza paragone
ima di sè medesimi, ed altri beni veri e senza paragone più pregevoli di quelli che sogliono essere chiesti alla cieca Dea
i :70 Perchè una gente impera e l’altra langue, Seguendo lo giudicio di costei, Che è occulto come in erba l’angue. Vostr
del paese dei Volsci, ed a Preneste. Il tempio d’Anzio era arricchito di offerte e di doni magnifici ; la statua della Dea
Volsci, ed a Preneste. Il tempio d’Anzio era arricchito di offerte e di doni magnifici ; la statua della Dea vi proferiva
one dei divoti, rispondeva alle dimande dei supplicanti con un muover di testa o d’occhi e con alcuni altri gesti. La
indivisibile compagna del Destino oltre quelli già indicati parlando di esso (24) e della Fortuna (332). Nelle mani di br
già indicati parlando di esso (24) e della Fortuna (332). Nelle mani di bronzo aveva lunghe ritorte e piombo strutto che
e legano indissolubilmente tutti gli oggetti ; e portava lunghi cunei di ferro atti a dividere i legami più forti e più in
sso Ramnunte borgo dell’Attica, era figlia della Necessità (332 2°) e di Giove, o secondo altri, della Notte (238) e dell’
e gli stessi re non se ne potevan sottrarre. Aveva inoltre l’ufficio di mischiare le sciagure alle umane felicità, affinc
ssero lontani dall’ insolenza e dall’orgoglio ; quindi era il terrore di tutti coloro che abusavano dei favori della fortu
piti nel volto anche i terrori della minaccia inesorabile. Una corona di narcisi le inghirlanda la nera chioma, un leggeri
essore. Talora ha una lancia per colpire il vizio, ed una tazza piena di liquore celeste per fortificare la virtù contro l
la sventura. Altri poi l’hanno descritta con le ali al tergo, armata di serpi e di faci ardenti, e la testa regalmente co
a. Altri poi l’hanno descritta con le ali al tergo, armata di serpi e di faci ardenti, e la testa regalmente coronata, a s
zarono un’ara nel Campidoglio, sulla quale deponevano una spada prima di partir per la guerra, scongiurando la Dea imparzi
le loro armi. Atéa. 335. Atéa (ate, ingiustizia, gr.), figlia di Giove (63), era una Dea malefica, di null’altro s
(ate, ingiustizia, gr.), figlia di Giove (63), era una Dea malefica, di null’altro sollecita che di far del male agli uom
glia di Giove (63), era una Dea malefica, di null’altro sollecita che di far del male agli uomini. Giunone per consiglio d
ltro sollecita che di far del male agli uomini. Giunone per consiglio di questa Dea aveva ingannato Giove facendo nascere
mero, Trad. del Monti.) Le Preghiere sue sorelle, e, come lei, figlie di Giove, la seguono sempre, ma zoppicando, e s’inge
lei, figlie di Giove, la seguono sempre, ma zoppicando, e s’ingegnano di rimediare ai mali da essa prodotti. Arpocrate
numerose. Gli era consacrato segnatamente il pesco, perchè le foglie di quest’ albero hanno la forma della lingua che dev
degli uomini onesti e dei giovani virtuosi. Il suo altare era coperto di legumi, dei quali gli abitanti delle sponde del N
ce, simbolo dell’equità, e nell’altra una spada, non quale istrumento di vendetta o di violenza, ma per indizio di ben usa
ll’equità, e nell’altra una spada, non quale istrumento di vendetta o di violenza, ma per indizio di ben usato potere. Tal
spada, non quale istrumento di vendetta o di violenza, ma per indizio di ben usato potere. Talvolta ha gli occhi bendati e
o rigorosa, parziale o corruttibile ; ed in alcuni monumenti è priva di mani, volendo forse far riflettere quanto sia meg
sia meglio che la saviezza delle leggi prevenga le liti o i delitti, di quello che ridurre la Giustizia a dover porre in
lla forza che deve sostenere i suoi giusti decreti. Prima del diluvio di Deucalione aveva già un tempio e un oracolo molto
acolo molto celebri alle falde del monte Parnaso. 339. Astrea, figlia di Giove (63) e di Temi (337), presiedeva come sua m
bri alle falde del monte Parnaso. 339. Astrea, figlia di Giove (63) e di Temi (337), presiedeva come sua madre alla giusti
o della violenza esercitata dai pochi sui molti, non le bastò l’animo di rimanersi nelle città, e andò a ricovrarsi nelle
dole per genitori Titano (30) e la Terra (25), e facendola messaggéra di Giove (63). Degnamente celebra il Petrarca nel su
nzi al sole, Che s’accompagna volentier con ella, Cotal venia ; ed or di quali scole Verrà il maestro, che descriva appien
……. E qui si fa a nominare una lunga lista d’uomini e donne illustri di tutti i tempi e di tutte le nazioni. 341. Ma Virg
nominare una lunga lista d’uomini e donne illustri di tutti i tempi e di tutte le nazioni. 341. Ma Virgilio si tiene al pe
azioni, e quando mescolano il falso col vero : È questa Fama un mal, di cui null’ altro È più veloce, e com’ più va più c
principio Piccola e debil cosa, e non s’arrischia Di palesarsi ; poi di mano in mano Si discopre e s’avanza ; e sopra ter
’ Giganti irata, Contra i Celesti al mondo la produsse, D’Encelado e di Ceo minor sorella ; Mostro orribile e grande, e d
idirlo !) ha lingue e bocche Per favellare, e per udire orecchi. Vola di notte per l’oscure tenebre Della terra e del ciel
o Non men che ’l bene e ’l vero, il male e ’l falso, Di rumor empie e di spavento i popoli. Spesso è rappresentata con al
ibertà, che si vede rappresentata ne’quadri e sulle pareti, è vestita di bianco a guisa di matrona romana, ed ha in capo u
e rappresentata ne’quadri e sulle pareti, è vestita di bianco a guisa di matrona romana, ed ha in capo un berretto frigio,
ei versi del Monti nella Mascheroniana, coi quali allude alle vicende di Francia nel cadere del secolo passato. Son parole
o : Libertà che alle belle alme s’apprende, Le spedisti dal ciel, di tua divina Luce adornata e di virginee bende ; Va
alme s’apprende, Le spedisti dal ciel, di tua divina Luce adornata e di virginee bende ; Vaga si che nè greca nè latina R
l’avea giammai Di più cara sembianza e pellegrina. Commossa al lampo di quei dolci rai Ridea la terra intorno, ed io t’ad
le menti Ottenebrate. L’invidia. 342. Tanta è la prepotenza di questa funesta passione che gli antichi la immagi
prepotenza di questa funesta passione che gli antichi la immaginarono di origine sovrumana, facendola nascere peraltro dal
scere peraltro dalle tenebre della Notte (238) ; e le diedero effigie di vecchia orribilmente livida e scarna, con la test
effigie di vecchia orribilmente livida e scarna, con la testa coperta di colubri invece di capelli ; guardatura losca e af
orribilmente livida e scarna, con la testa coperta di colubri invece di capelli ; guardatura losca e affossate pupille ;
elli ; guardatura losca e affossate pupille ; i denti neri, e coperta di micidial veleno la lingua ; in una mano ha tre se
ni ; destinata a patire ed a far patire, ella è il continuo carnefice di sè stessa. La discordia. 343. La Discordi
ea autrice d’immensi guai, ed alla quale venivano attribuite le cause di guerra e le irate fazioni che dividono le famigli
a i Numi. 344. Indispettita per non essere stata convitata alle nozze di Teti e di Peleo, gettò nel mezzo alle Dee un pomo
344. Indispettita per non essere stata convitata alle nozze di Teti e di Peleo, gettò nel mezzo alle Dee un pomo fatale, p
i infinite sventure ai Troiani. 345. Anch’ella è anguicrinita e cinta di sanguinose bende ; ha livido colorito, torvo cipi
uinose bende ; ha livido colorito, torvo cipiglio, e bocca schiumante di rabbiosa tabe ; E scomposte le chiome in sulla t
di rabbiosa tabe ; E scomposte le chiome in sulla testa, Come campo di biada già matura, Nel cui mezzo passata è la temp
Nel cui mezzo passata è la tempesta. (Monti, Basvilliana.) È coperta di veste stracciata e color di fuoco ; agita nelle s
empesta. (Monti, Basvilliana.) È coperta di veste stracciata e color di fuoco ; agita nelle scarne mani e faci accese e v
a nelle scarne mani e faci accese e vipere e pugnali, e sparge rotoli di pergamena dove sta scritto : guerre, tirannidi, c
tirannidi, confusione, fazioni, odii, vendette ec. Ella in compagnia di Bellona, si caccia innanzi la Paura per la quale
ura per la quale i sette Capitani (Eschilo) giurarono a Tebe la ruina di quella città sventurata ; quella stessa Paura a c
stei la testa leonina che al minimo strepito si rizza ; la sua veste, di color cangiante come il suo cuore, ondula sul pet
che viene con passi obliqui, ed alza la femminea testa sopra un corpo di serpente armato della coda di uno scorpione (Esio
d alza la femminea testa sopra un corpo di serpente armato della coda di uno scorpione (Esiodo). La calunnia. 345,
. Carlo Dati nella vita d’Apelle ci somministra una bella descrizione di questa maligna divinità. « Dipinse egli nella des
adro) a sedere un uomo con orecchie lunghissime, simiglianti a quelle di Mida, in atto di porgere la mano alla Calunnia ch
uomo con orecchie lunghissime, simiglianti a quelle di Mida, in atto di porgere la mano alla Calunnia che di lontano s’in
lianti a quelle di Mida, in atto di porgere la mano alla Calunnia che di lontano s’inviava verso di lui. Stavangli attorno
atto di porgere la mano alla Calunnia che di lontano s’inviava verso di lui. Stavangli attorno due donnicciuole, ed erano
ero la Doppiezza e le Insidie. Dopo a tutti venia il Pentimento colmo di dolore, rinvolto in lacero bruno, il quale, addie
olore, compagno del Pentimento, è un giovine pallido e magro, coperto di lungo velo, e che sta mestamente appoggiato ad un
al Dolore procede con lento passo una giovinetta sua sorella coperta di velo più sottile. Ella ha per compagna indivisibi
io cuore soltanto le sue consolazioni, e che deliziosamente s’inebrii di tacita e soave mestizia pari al sole cadente inve
rza. 346. Gli antichi onoravano la Forza facendone una Dea figlia di Temi (337) e sorella della Temperanza, senza la c
ia della quale non può sussistere. La rappresentavano sotto l’emblema di una donna armata all’amazzone, che abbraccia con
bbraccia con la destra una colonna, e impugna con la sinistra un ramo di quercia. Il leone è il suo più comune attributo.
candida, e con celeste riso sul volto bello, compariva questa figlia di Giove (63) e di Temi (337), ed era la Dea tutelar
celeste riso sul volto bello, compariva questa figlia di Giove (63) e di Temi (337), ed era la Dea tutelare del secol d’ o
are del secol d’ oro, e l’ origine della felicità che in esso fu dato di godere ai mortali. La Pace ebbe are, culto e stat
spoglie che questo imperatore ed il suo figliuolo recarono dal tempio di Gerusalemme. La Pace teneva nella destra il corno
come favorevole al commercio, una face arrovesciata ed alcune spighe di grano. Il lavoro. 347, 2°. È rappresentat
he di grano. Il lavoro. 347, 2°. È rappresentato nella figura di un uomo nerboruto, pieno di forza, di statura alt
347, 2°. È rappresentato nella figura di un uomo nerboruto, pieno di forza, di statura alta e di buon colorito. Ila in
°. È rappresentato nella figura di un uomo nerboruto, pieno di forza, di statura alta e di buon colorito. Ila in mano ed a
nella figura di un uomo nerboruto, pieno di forza, di statura alta e di buon colorito. Ila in mano ed accanto a sè gli st
ti. Talvolta egli ha per emblema un giovine assiso che scrive al lume di una lucerna con un gallo accanto. — « Occuparsi,
entro nella camera per lo finestrone che si è detto. La sua forma sia di una donna alta, spedita, valorosa, con gli occhi
lorosa, con gli occhi ben aperti, con le ciglia ben inarcate, vestita di velo trasparente fino ai piedi, succinta nel mezz
con una mano si appoggi ad un’ asta, e con l’altra raccolga una falda di gonna ; stia fermata sul piè destro, e tenendo il
iè destro, e tenendo il sinistro indietro sospeso, mostri da un canto di posar saldamente, e dall’ altro di aver pronti i
dietro sospeso, mostri da un canto di posar saldamente, e dall’ altro di aver pronti i passi. Alzi il capo a mirare l’Auro
l capo a mirare l’Aurora, e paia sdegnata ch’ella si sia levata prima di lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi
lei. Porti in testa una celata con un gallo suvvi, il quale dimostri di batter l’ali e di cantare. E tutto questo dietro
ta una celata con un gallo suvvi, il quale dimostri di batter l’ali e di cantare. E tutto questo dietro l’Aurora. Ma davan
ora. Ma davanti a lei nel cielo dello sfondato farei alcune figurette di fanciulle l’una dietro all’altra, quali più chiar
ù chiare e quali meno, secondochè meno o più fossero appresso al lume di essa Aurora, per significare l’ore che vengono in
gnificare l’ore che vengono innanti al Sole ed a lei. » (Vasari, Vita di Taddeo Zucchero.) La quiete. 347, 4°. « Q
il braccio destro spenzolone, e vi tenga una gamba cavalcioni in atto di posare per ristoro e non per infingardia. Tenga u
in atto di posare per ristoro e non per infingardia. Tenga una corona di papaveri ed uno scettro appartato da un canto, ma
a.) La vittoria. 348. La Vittoria, figlia dello Stige (221) e di Pallante, e secondo altri, dell’Acheronte, ebbe m
con l’una mano la corona d’alloro, e recando nell’ altra con aspetto di trionfale maestà una palma intrecciata all’ ulivo
un globo perchè la Vittoria domina su tutta la terra ; ed era in atto di volare verso il tempio dell’Immortalità e della M
i l’ebbero in molta venerazione ; e le alzarono templi. Ila l’aspetto di giovane ninfa, inghirlandata di fiori nascenti ch
; e le alzarono templi. Ila l’aspetto di giovane ninfa, inghirlandata di fiori nascenti che promettono il frutto : ella pr
a e fugace. La verità. 350. La Verità è figliuola del Tempo o di Saturno (27) e madre della Virtù ; ed appare nuda
empo o di Saturno (27) e madre della Virtù ; ed appare nuda o coperta di semplici vesti, ma dignitosa nell’aspetto e nel c
l martirio ; ed ha nella destra un lucido specchio, talvolta adornato di fiori e di gemme, poichè non è vietato abbellirla
; ed ha nella destra un lucido specchio, talvolta adornato di fiori e di gemme, poichè non è vietato abbellirla, purchè qu
no finti e quelle gemme non sieno false. Democrito filosofo greco era di sentimento ch’ella preferisse di starsene celata
false. Democrito filosofo greco era di sentimento ch’ella preferisse di starsene celata in fondo a un pozzo. Con bel modo
ignoni nelle sue sestine sull’origine della favola. Ecco il principio di quel componimento : « Una donna più bella assai
omponimento : « Una donna più bella assai del Sole, E più lucente, e di maggior etade, » Mandata fu sulla terrestre mole
l volger d’occhi, o l’andar grave ; » Ma cade il manto, e appar sotto di quello La man che stringe e cela il reo coltello.
l reo coltello. La virtù. 351. Chi non avrebbe fatto una Dea di questa augusta figliuola della Verità (350) ? Ell
e e rispetto. Le sue grandi ali sono spiegate a significare che sotto di esse possono ricovrarsi gli uomini ; e candidissi
ono ricovrarsi gli uomini ; e candidissimo è il suo manto per simbolo di purità. Impugna l’asta, il bastone del comando, e
vittoria, e della ricompènsa che le è dovuta. Il suo trono è un cubo di marmo per denotare la perseveranza, la imperturba
ono alla severa e modesta Dea le note parole che Dante mette in bocca di Virgilio : Vien dietro a me, e lascia dir le gen
e scolpite nel cuore ! L’amicizia. 351, 2°. I Greci onoravano di culto divino anche l’Amicizia, che davvero lo mer
à delle grandi anime. I Romani poi la rappresentarono sotto la figura di una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’
ani poi la rappresentarono sotto la figura di una giovinetta, vestita di semplice tunica, sull’orlo della quale era scritt
unisce l’affetto alla fedeltà. I sacerdoti della Fedeltà erano al par di lei coperti da lungo e candido manto che ravvolge
vittime. Sul rontespizio del tempio erano scolpite due destre in atto di stringersi. I Romani ci hanno lasciato un altro g
ra, e son dette anche Semidei. Perseo. 353. Perseo era figlio di Giove (63) e di Danae. Acrisio re d’Argo rinchius
anche Semidei. Perseo. 353. Perseo era figlio di Giove (63) e di Danae. Acrisio re d’Argo rinchiuse la figlia in u
e (63) e di Danae. Acrisio re d’Argo rinchiuse la figlia in una torre di metallo, perchè l’oracolo aveva predetto che un d
navicella. La sventurata coppia fu spinta sulle coste della isoletta di Serifa tra le Cicladi, ove Ditti pescatore la rac
icladi, ove Ditti pescatore la raccolse, e la condusse a Polidetto re di essa isola. Questi ricevè umanamente la madre ed
te la madre ed il figlio, e dettelo a educare ai sacerdoti del tempio di Minerva. 355. Perseo nel crescere dell’età mostrò
prese ad amarlo singolarmente ; ma Polidetto, ingelositone, si studiò di allontanarlo dalla corte. A tale effetto cominciò
gloria, e gli propose una spedizione lontana e difficile. Si trattava di andare a combattere le Gorgoni (357), mostri che
o alla tremenda Medusa. Il re sperava ch’ei sarebbe perito in impresa di tanto rischio. 356. Il giovinetto eroe accettò im
sulle isole Gorgadi, e avevan nome : Medusa, Euriale e Steno, figlie di Forco Dio marino e di Celo. Medusa, la maggiore,
e avevan nome : Medusa, Euriale e Steno, figlie di Forco Dio marino e di Celo. Medusa, la maggiore, era nata oltremodo avv
o. Medusa, la maggiore, era nata oltremodo avvenente e con una chioma di maravigliosa bellezza ; ma ne andava tanto orgogl
ssi, Nulla sarebbe del tornar mai suso » ossia, non si parlerebbe più di tornare nel mondo. E il Petrarca dice : « il volt
parlerebbe più di tornare nel mondo. E il Petrarca dice : « il volto di Medusa, Che facea marmo diventar la gente. » Le m
 il volto di Medusa, Che facea marmo diventar la gente. » Le mani poi di questi mostri erano di metallo, e tutte tre le so
e facea marmo diventar la gente. » Le mani poi di questi mostri erano di metallo, e tutte tre le sorelle avevano orrenda c
ostri erano di metallo, e tutte tre le sorelle avevano orrenda chioma di serpi. E opinione che questi mostri nefandi signi
ura morte od all’infamia. Perseo, che ebbe vanto d’amoroso figliuolo, di giovine di costumi illibati, e che fu prediletto
d all’infamia. Perseo, che ebbe vanto d’amoroso figliuolo, di giovine di costumi illibati, e che fu prediletto ai Numi per
antunque il mostro possa tuttavia celarsi ogni dove a spiare il tempo di nuocere. Perciò conviene che la virtù non si ripo
ensi spazi dell’aria, e giunse nella Mauritania, dove regnava Atlante di gigantesca statura. Costui possedeva il giardino
so. Un oracolo lo aveva ammonito a star guardingo contro un figliuolo di Giove (63) ; ed egli udendo come Perseo fosse tal
à. Ma il giovine eroe punì subito tanta scortesia facendolo diventare di pietra col mostrargli la testa di Medusa. Così il
tanta scortesia facendolo diventare di pietra col mostrargli la testa di Medusa. Così il gigante fu trasformato nella mont
cielo sulle spalle, forse perchè questo monte è quasi sempre coperto di nubi, o perchè un celebre astronomo chiamato Atla
re da cruda morte l’infelice Andromeda. Questa principessa, figliuola di Cefeo re d’Etiopia e di Cassiopea, era stata espo
lice Andromeda. Questa principessa, figliuola di Cefeo re d’Etiopia e di Cassiopea, era stata esposta sulla riva del mare
re per esservi divorata da un drago marino, in pena d’aver gareggiato di bellezza con Giunone e con le Nereidi (316). Pers
iderlo fu un punto solo ; i pianti si mutarono in giubbilo, e le voci di maraviglia e gli applausi del popolo echeggiarono
atore, ed ei l’accettò ; ma gli convenne conquistarla con altre prove di valore, e combattere contro Fineo suo pretendente
di valore, e combattere contro Fineo suo pretendente, che alla testa di molti armati accorse a rapirgliela. Perseo era pe
il rapitore e i suoi compagni diventarono pietre. L’eroe, vittorioso di tutti i nemici, consacrò a Minerva (262) la testa
eroe, vittorioso di tutti i nemici, consacrò a Minerva (262) la testa di Medusa che indi fu scolpita sulla formidabile egi
la formidabile egida della Dea. 363. Quantunque Perseo avesse ragione di lagnarsi dell’avo Acrisio, tuttavia s’adoperò per
uccise l’usurpatore. Ma poco dopo gli accadde che volendo far mostra di destrezza nel giuoco del disco, colpì Acrisio, e
andonò il soggiorno d’Argo, e andò a fondare una nuova città col nome di Micene, ove poi fu ucciso con frode da Megapento
ol nome di Micene, ove poi fu ucciso con frode da Megapento figliuolo di Preto (462), che volle vendicare la morte del pad
uolo di Preto (462), che volle vendicare la morte del padre. I popoli di Micene e d’Argo alzarono gloriosi monumenti alla
364. Ercole ed Euristeo nacquero da Alcmena moglie d’Anfitrione re di Tebe, e vennero al mondo gemelli mentre questo pr
d’Ercole, e lo adottò per figliuolo. 365. Giunone (85), sempre gelosa di tutto, si apparecchiò a perseguitare Ercole, forz
arte perchè Euristeo venisse al mondo prima d’Ercole, ed il protetto di Giove fosse sottoposto al fratello per decreto de
iorni della sua vita ch’ei poteva meritamente esser chiamato figliuol di Giove. Noto a Giuno superba, il divin germe God
li divelle in brani. (Pindaro. Trad. del Borghi.) Il Dati nella vita di Zeusi, illustrandone un quadro fa una bella descr
nella vita di Zeusi, illustrandone un quadro fa una bella descrizione di questo fatto : « Tra le opere di Zeusi, bellissim
e un quadro fa una bella descrizione di questo fatto : « Tra le opere di Zeusi, bellissimo fu tenuto Ercole in culla, stra
si alterava punto nè poco in veder quivi la madre spaventata e fuori di sè. Già le serpi erano distese in terra, non più
i fidasse ancora degli occhi proprj. Imperciocchè non avendo riguardo di esser partoriente, appariva che per la paura, get
riva che per la paura, gettatasi attraverso una veste, si fosse tolta di letto scapigliata, gridando a mani alzate. Le cam
e l’una all’altra. I Tebani con armi alla mano erano accorsi in aiuto di Anfitrione, il quale al primo romore, col pugnale
Avea egli pronta alla vendetta la mano ; raffrenavalo il non vedere di chi vendicarsi, e che nello stato presente piutto
e di chi vendicarsi, e che nello stato presente piuttosto abbisognava di chi spiegasse l’oracolo. Scorgevasi appunto Tires
l grau fanciullo il quale giacea nella culla. Era egli figurato pieno di spirito divino e agitato dal furor profetico. Tut
rito divino e agitato dal furor profetico. Tutto ciò si rappresentava di notte, illuminando la stanza una torcia, perchè n
la stanza una torcia, perchè non mancassero testimoni alla battaglia di quel bambino. » 366. Si trova scritto che ad int
taglia di quel bambino. » 366. Si trova scritto che ad intercessione di Pallade (263), Giunone si placò a segno d’allatta
o (121) gli fu insegnato suonar la lira. 368. Ercole ebbe gran numero di discendenti chiamati Eraclidi ; e dicesi che coll
osseduto dalla famiglia dei Pelopidi. ossia dai discendenti d’Atreo e di Tieste nipoti di Pelope (514 369. Vero è che Euri
miglia dei Pelopidi. ossia dai discendenti d’Atreo e di Tieste nipoti di Pelope (514 369. Vero è che Euristeo, per suggeri
este nipoti di Pelope (514 369. Vero è che Euristeo, per suggerimento di Giunone (85), aveva ordinato ad Ercole di affront
Euristeo, per suggerimento di Giunone (85), aveva ordinato ad Ercole di affrontare i pericoli più imminenti, confidandosi
uo accingersi a tali imprese, abbia somministrato a’poeti il concetto di simboleggiare in lui l’età più pericolosa della n
ericolosa della nostra vita ; quella cioè nella quale, essendo liberi di noi ed in tutto il vigore della gioventù, dobbiam
ella ripida ed aspra che par faticosa a salire, ma ehe infine a forza di superare ostacoli ci diventa agevole, e conduce a
dei veri beni : ……. Questa montagna è tale, Che sempre al cominciar di sotto è grave, E quanto uom più va su, e men fa m
in giuso andar per nave ; Allor sarai al fin d’esto sentiero : Quivi di riposar l’affanno aspetta… (Dante, Purg. c. IV.)
seguitando Minerva, meritò (d’esser fatto immortale. Alcuni poi sono di sentimento che le fatiche d’Ercole sieno un’alleg
uni poi sono di sentimento che le fatiche d’Ercole sieno un’allegoria di quelle che l’agricoltore deve sopportare nei dodi
egnamento nella sua Ode bellissima sulla Educazione : Gran prole era di Giovo Il magnanimo Alcide ; Ma quante egli fa pro
superbe fortune Del vile anco son fregi. Chi della gloria è vago, Sol di virtù sia pago. 370. Un leone di smisurata gran
regi. Chi della gloria è vago, Sol di virtù sia pago. 370. Un leone di smisurata grandezza erasi rifugiato nella foresta
rlo, lo soffocò stringendolo nelle nerborute sue braccia, e gli tolse di dosso la pelle, che fu quindi la sua corazza e la
pelle, che fu quindi la sua corazza e la sua veste. 371. Nelle paludi di Lerna vicino ad Argo città del Peloponneso era un
Lerna vicino ad Argo città del Peloponneso era un’Idra più terribile di quel leone. Questo nuovo mostro avea sette teste,
he non si mettesse il fuoco sulla piaga ; ma Ercole con un solo colpo di clava le schiacciò tutte, e intrise la punta dell
orse gli antichi vollero celebrare in questa fatica il prosciugamento di qualche pestifera palude. Oppure è da credere con
è da credere con alcuni che questa Idra significasse una moltitudine di serpenti velenosi che desolavano quei luoghi, e p
e desolavano quei luoghi, e parevano indestruttibili. Ercole immaginò di dar fuoco alle macchie dove s’annidavano ; l’espe
paura. 373. Nel monte Menalo s’annidava una cerva smisurata, co’piedi di metallo e con le corna d’oro, e tanto agile al co
al corso, che niuno aveva mai potuto raggiungerla. Ercole, scansando di ferirla con le sue frecce perchè era consacrata a
onsacrata a Diana (137), non la potè prendere che dopo un intero anno di caccia, e l’ebbe in suo potere al varco del fiume
ino a Micene, e l’offerse ad Euristeo. 374. Certi mostruosi uccelli di rapina frequentavano in gran numero il lago Stinf
dicono ch’esso li pose in fuga battendo grandi colpi sopra un tamburo di rame da lui stesso inventato. 375. Le Amazzoni (a
on facevano conto alcuno dei figli maschi. Euristeo comandò ad Ercole di soggiogarle e di recargli la cintura d’Ippolita (
alcuno dei figli maschi. Euristeo comandò ad Ercole di soggiogarle e di recargli la cintura d’Ippolita (432), regina dell
ura d’Ippolita (432), regina delle Amazzoni. L’eroe penetrò nel paese di quelle intrepide guerriere, le combattè, le vinse
le vinse e ne fece prigioniera la regina. Si legge ancora che vedendo di non poter bastare egli solo a tanta impresa, si u
ati tiranni, Diomede e Busiride, s’erano dati a commettere ogni sorta di scelleraggini ; ed Ercole purgò la terra da quei
eraggini ; ed Ercole purgò la terra da quei nefandi. 377. Diomede, re di Tracia, figlio di Marte (255) e della ninfa Ciren
le purgò la terra da quei nefandi. 377. Diomede, re di Tracia, figlio di Marte (255) e della ninfa Cirene (474), aveva cer
i che vomitavano fuoco dalla bocca ; e correva voce ch’ei li nutrisse di carne umana. Ercole corse ad assalir Diomede, lo
alli. Poi condusse quei feroci animali ad Euristeo. 378. Busiride re di Spagna, famigerato per crudelissime azioni, udito
uccise, e andò in Spagna a trucidare Busiride. 379. Gerione, figlio di Crisaorso e di Calliroe, regnava nell’isola di Ga
in Spagna a trucidare Busiride. 379. Gerione, figlio di Crisaorso e di Calliroe, regnava nell’isola di Gades in Spagna.
379. Gerione, figlio di Crisaorso e di Calliroe, regnava nell’isola di Gades in Spagna. I poeti l’hanno descritto gigant
reggi da un cane con due teste, e da un drago con sette. Dicono anche di lui che facesse nutrire i suoi bovi con la carne
che facesse nutrire i suoi bovi con la carne umana ; e sotto le forme di quest’orribile mostro per lo più vogliono denotar
a,76 Vicino al fin de’passeggiati marmi :77 E quella sozza immagine di froda Sen venne, ed arrivò la testa e ’l busto :7
se la coda. La faccia sua era faccia d’uom giusto, Tanto benigna avea di fuor la pelle, E d’un serpente tutto l’altro fust
n l’ascelle :79 Lo dosso e ’l petto ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e di rotelle.80 Con più color sommesse e so
e :79 Lo dosso e ’l petto ed ambedue le coste Dipinte avea di nodi e di rotelle.80 Con più color sommesse e soprapposte8
a far sua guerra ;83 Cosi la fiera pessima si stava Sull’orlo, che, di pietra, il sabbion serra. Nel vano tutta sua cod
tutta sua coda guizzava, Torcendo in su la venenosa forca Che a guisa di scorpion la punta armava. Ercole uccise Gerione
principe sconoscente. 381. Nettuno (185), propostosi in una sfuriata di collera di distruggere tutta la Grecia, aveva man
conoscente. 381. Nettuno (185), propostosi in una sfuriata di collera di distruggere tutta la Grecia, aveva mandato negli
di collera di distruggere tutta la Grecia, aveva mandato negli stati di Minosse (228) un furiosissimo toro che gettava fi
gettava fiamme dalle narici ; ma Ercole fece una delle maggiori prove di valore domandolo e liberando la Grecia dall’ester
e liberando la Grecia dall’esterminio. 382. Euristeo impose ad Ercole di andare a prendere i pomi d’oro del giardino di tr
isteo impose ad Ercole di andare a prendere i pomi d’oro del giardino di tre sorelle chiamate Esperidi figliuole di Atlant
i pomi d’oro del giardino di tre sorelle chiamate Esperidi figliuole di Atlante (30) re in Affrica. Gli alberi che portav
o, e recò ad Euristeo l’ambito tesoro. 383. Teseo (482) ebbe l’ardire di scendere nell’inferno con l’amico Piritoo per inv
cquistata gloria, Ercole si pose a percorrere la terra con intenzione di liberarla dai mostri e dai tiranni, e di mitigare
rere la terra con intenzione di liberarla dai mostri e dai tiranni, e di mitigare le miserie dell’umana famiglia. Troppo c
aver vista qualche maravigliosa prova del suo valore. Ci contenteremo di citare le più note. 385. Caco, figliuolo di Vulca
o valore. Ci contenteremo di citare le più note. 385. Caco, figliuolo di Vulcano (270), era uno sfrontato masnadiero che s
condotti in Italia a pascere sulle sponde del Tevere ; e s’argomentò di nascondere le tracce del furto facendoli camminar
ll’indietro nel tradurli alla sua caverna, Ercole, ignorando l’autore di questa perfidia, si apparecchiava ad abbandonare
in altro modo il suo gastigo : …………Questi è Caco, Che sotto ’l sasso di monte Aventino Di sangue fece spesse volte laco.
liene diè cento, e non senti le diece. 386. Il gigante Anteo, figlio di Nettuno (185) e della Terra (25), molestava tutti
ccava gli rendeva nuove forze ; sicchè, per finirla, il prode lo alzò di peso, e lo soffocò tra le sue braccia. 387. 1 Pim
Pimmei erano uomiciatti alti poco più d’una spanna, ma pieni appunto di sfacciatissima presunzione, ed abitavano, chi vol
avola, nell’Etiopia o nella Tracia. Fabbricavano le loro case a forza di gusci d’uovo, viaggiavano su carretti tirati dall
grù od altri uccelli movevano guerra a questi nani, essi si armavano di tutto punto, salivano sui caprioli, ed in questo
frecce contro il gran petto. Il fortissimo eroe, svegliato dal ronzio di quel nuvolo di nemici, ebbe a scoppiar dalle risa
l gran petto. Il fortissimo eroe, svegliato dal ronzio di quel nuvolo di nemici, ebbe a scoppiar dalle risa in vederli ; e
piar dalle risa in vederli ; e raccattandone parecchi nella sua pelle di leone, li recò in dono ad Euristeo. 388. La mano
di leone, li recò in dono ad Euristeo. 388. La mano d’Alceste figlia di Pelia fu ambita da molti principi ; e suo padre,
mbita da molti principi ; e suo padre, per liberarsi dall’importunità di tante dimande, giurò che l’avrebbe concessa solam
a solamente a colui che avesse saputo aggiogare ad un carro due fiere di diversa specie. Admeto re di Tessaglia si raccoma
e saputo aggiogare ad un carro due fiere di diversa specie. Admeto re di Tessaglia si raccomandò ad Apollo che era suo Dio
ottenne la mano. Poco tempo dope Admeto si ammalò, ed era in pericolo di morire, se non che un oracolo annunziò ch’ei ne s
e riveriti andranno. Ercole giunse in Tessaglia nello stesso giorno di questo pietoso avvenimento, e Admeto, quantunque
to, scese tosto all’inferno a combattere contro la morte ; gli riesci di vincerla, di legarla con catene di diamante, e ri
to all’inferno a combattere contro la morte ; gli riesci di vincerla, di legarla con catene di diamante, e ritoltale la su
ttere contro la morte ; gli riesci di vincerla, di legarla con catene di diamante, e ritoltale la sua preda, rese la dilet
mi han tratto : il vuole Invincibil ragione. Odimi : Il sangue Tutto di Admeto, a me non men che caro, Sacro è pur anco :
tor, la madre, E i figli suoi, questo è d’Admeto il sangue : Or, qual di questi in vece sua disfatto Esser potea da morte 
ancor che in esso L’ardir non manchi, l’eta sua capace Non è per anco di spontaneo, vero Voler di morte : e se il pur foss
non manchi, l’eta sua capace Non è per anco di spontaneo, vero Voler di morte : e se il pur fosse, io madre D’unico figli
se primo eri ad udir del Nume La terribil risposta. Onde mia cura Fu di carpirla io prima ; io che straniera In questa re
a Abila in Affrica. Così, la favola immagina, restò aperto lo stretto di Gibilterra. Quelle montagne furono dette le Colon
. 392. Giunone (85) sempre più indispettita in veder Ercole trionfare di tutti i nemici, ed uscir vittorioso dai rischi ma
svegliò allora in Ercole una passione così sfrenata per Onfale regina di Lidia, che il vincitore di tanti mostri non arros
a passione così sfrenata per Onfale regina di Lidia, che il vincitore di tanti mostri non arrossì di vestir gonna femminil
Onfale regina di Lidia, che il vincitore di tanti mostri non arrossì di vestir gonna femminile e di farsi veder filare st
il vincitore di tanti mostri non arrossì di vestir gonna femminile e di farsi veder filare steso a’piedi d’Onfale. Mirabi
asformato ora in serpente, ora in toro, ora in uomo con testa e corna di bove. Ercole gli staccò uno di questi corni che f
in toro, ora in uomo con testa e corna di bove. Ercole gli staccò uno di questi corni che fu raccolto dalle ninfe, empito
le gli staccò uno di questi corni che fu raccolto dalle ninfe, empito di fiori e di frutti, e divenne anch’esso il Corno d
cò uno di questi corni che fu raccolto dalle ninfe, empito di fiori e di frutti, e divenne anch’esso il Corno dell’abbonda
onfie le acque. 394. Allora comparve il Centauro Nesso, e gli propose di tragittar Dejanira sopra il suo dorso. Ercole acc
’ altra sponda s’ accorse che il Centauro aveva la cattiva intenzione di rapirgli Dejanira. Lo prevenne, e lo piagò con le
Lo prevenne, e lo piagò con le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 395. Nesso, prima di morire, volle v
frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 395. Nesso, prima di morire, volle vendicarsi ; e donò a Dejanira una
. 396. La donna troppo credula accettò il dono, e aspettò l’ occasion di valersene. Infatti, venuta un tempo in sospetto c
eferisse Jole, figlia d’ Euriteo re dell’ Ecalia, gl’ inviò la tonaca di Nesso per un giovane schiavo chiamato Lica. 397.
ora, donò a Filottete (546) le sue frecce tinte nel sangue dell’ Idra di Lerna (372), senza le quali, per voler del Fato,
n rogo sul quale finì la faticosa vita. Ma ingiunse prima a Filottete di non palesare ad alcuno il luogo dove era morto e
lesare ad alcuno il luogo dove era morto e sepolto, affinchè la paura di vederlo tornare sulla terra tenesse in soggezione
accolto in cielo, dove sposò Ebe (87) Dea della giovinezza. Le genti di Grecia e d’ Italia, memori delle sue gesta, gli e
erivante da due vocaboli greci, hèra e cléos, suona appunto la gloria di Giunone, perchè le persecuzioni della Dea non fec
persecuzioni della Dea non fecero che illustrare maggiormente il nome di questo fanciullo. 401. Rappresentano Ercole qu
rilevata muscolatura e faccia severa, coperto con la pelle del leone di Nemea (370), ed appoggiato con dignitosa calma su
ppoggiato con dignitosa calma sulla sua clava. Talvolta ha una corona di pioppo bianco, che era l’ albero a lui sacro per
(676, 677) rende facile l’ interpretazione dei principali avvenimenti di questi due personaggi mitologici. Teseo. 4
402. Teseo ebbe per padre Egeo re d’ Atene, e per madre Etra, figlia di Pitteo re del Peloponneso, che lo educò nel borgo
dre Etra, figlia di Pitteo re del Peloponneso, che lo educò nel borgo di Trezene nell’ Argolide. Fu parente e contemporane
osi sulla favola seguente : Teseo volendo mostrare a Minosse (228) re di Creta, com’ egli fosse discendente di Nettuno, ge
ndo mostrare a Minosse (228) re di Creta, com’ egli fosse discendente di Nettuno, gettò in mare il suo anello, poi si tuff
opinione merita poca fede, essendo smentita dal seguito della storia di Teseo. 404. Egeo, partendo dal Peloponneso per t
do dal Peloponneso per tornare ad Atene, laseiò la moglie negli stati di suo padre ; ed Etra era incinta ; sicehè Egeo cel
o una enorme pietra ; e le raccomandò, qualora partorisse un maschio, di non lo inviare a lui se non quando fosse tanto ro
dre, e saputa la propria origine, andò a rintracciarlo. 405. Ma prima di darsi a conoscere quale erede del trono d’ Atene,
Ma prima di darsi a conoscere quale erede del trono d’ Atene, risolse di mostrarsene degno ; e poichè la gloria e le virtù
preso da folle passione per la rea maga. Ella temendo che la presenza di uno straniero, celebre per le sue gesta, le avess
esse a sventare il progetto d’ usurparsi il trono d’ Atene, si studiò di farlo cadere in sospetto al re, e n’ ottenne lice
ne, si studiò di farlo cadere in sospetto al re, e n’ ottenne licenza di farlo avvelenare in mezzo a un banchetto ; ma qua
nobbe alla spada che cingeva al fianco ; e scoperti i perfidi disegni di Medea, la scacciò dai suoi stati. 407. Poichè Tes
ono, dette maggiori prove del suo coraggio, trucidando un gran numero di scellerati che pei loro delitti meritavano solenn
ec. 408. Falaride, tiranno d’ Agrigento, aveva fatto gettare un toro di bronzo per ardervi a fuoco lento i condannati all
desse dei lamenti delle sue vittime, che si assomigliavano ai muggiti di un bove. 409. Si narra che Perillo, inventore del
nide : e fu il secondo a morire arso nell’ orrendo supplizio del toro di bronzo. Severa lezione ai malvagi, che con le lor
il quale commetteva crudeltà orrende nell’ Attica, soggiacque per man di Teseo allo stesso gastigo di Falaride (408) e di
orrende nell’ Attica, soggiacque per man di Teseo allo stesso gastigo di Falaride (408) e di Sciro (410). 412. Perifeto, f
, soggiacque per man di Teseo allo stesso gastigo di Falaride (408) e di Sciro (410). 412. Perifeto, figlio di Vulcano (27
sso gastigo di Falaride (408) e di Sciro (410). 412. Perifeto, figlio di Vulcano (270), abitava nei contorni d’ Epidauro,
o. 413. Cercione o Sinnide era un altro flagello dell’ Attica. Dotato di grandissima forza, sfidava tutti alla lotta, anco
tiranni, volse il suo valore contro i mostri, ed ebbe tosto la gloria di liberar la terra da un toro di smisurata grandezz
ntro i mostri, ed ebbe tosto la gloria di liberar la terra da un toro di smisurata grandezza che devastava le campagne di
la terra da un toro di smisurata grandezza che devastava le campagne di Maratona. Raggiunse ed uccise il cignale di Calid
che devastava le campagne di Maratona. Raggiunse ed uccise il cignale di Calidone spintoda Diana (137) contro gli Etolj pe
Finalmente fece perire il Minotauro, mostro con effigie umana e corpo di toro. 415. Pasifae, figlia del Sole (110) e mogli
e umana e corpo di toro. 415. Pasifae, figlia del Sole (110) e moglie di Minosse II re di Creta aveva messo al mondo quest
i toro. 415. Pasifae, figlia del Sole (110) e moglie di Minosse II re di Creta aveva messo al mondo questo mostro, e il re
ndo questo mostro, e il re lo teneva chiuso nel laberinto dell’ isola di Creta. L’ orrenda belva si nutriva di carne umana
hiuso nel laberinto dell’ isola di Creta. L’ orrenda belva si nutriva di carne umana, e gli Ateniesi, vinti da Minosse, er
ser pasto del Minotauro. 416. Forse questo tributo non era altro che di denaro ; ma gli Ateniesi, per far comparire più o
quale dovevano pagarlo, se ne saranno lagnati, quasichè si trattasse di mandargli la loro prole. Indi la storia narra che
orte del suo figlio Androgeo ucciso da alcuni giovani ateniesi gelosi di lui perchè era sempre vincitore nei pubblici giuo
arriso fortuna nella sua impresa senza l’ ajuto d’ Arianna, figliuola di Minosse, che s’ era impietosita all’ aspetto di q
d’ Arianna, figliuola di Minosse, che s’ era impietosita all’ aspetto di quelle vittime, e che dette all’ eroe un gomitolo
ita all’ aspetto di quelle vittime, e che dette all’ eroe un gomitolo di filo, mercè del quale potè ritrovare la via, ed u
gendo da Creta, l’ abbandonò poi con atroce ingratitudine nell’ isola di Nasso ; ma Bacco (146), venuto poco dopo in quell
6), venuto poco dopo in quell’ isola, volle consolarla della perfidia di Teseo, e sposandola, le donò una bella corona d’
i Teseo, e sposandola, le donò una bella corona d’ oro, capo d’ opera di Vulcano (270), e che fu poi collocata fra gli ast
ollocata fra gli astri. 419. Il Laberinto era un vasto recinto, pieno di stanze e di corridori méssi in comunicazione fra
gli astri. 419. Il Laberinto era un vasto recinto, pieno di stanze e di corridori méssi in comunicazione fra loro per mez
he i sotterranei che li ponevano in comunicazione tra loro servissero di sepoltura ai re dell’ Egitto e di tempio ai cocco
n comunicazione tra loro servissero di sepoltura ai re dell’ Egitto e di tempio ai coccodrilli sacri. Ancora rimangono alc
to e di tempio ai coccodrilli sacri. Ancora rimangono alcune vestigia di quest’ immenso edifizio. L’ altro laberinto è que
est’ immenso edifizio. L’ altro laberinto è quel medesimo dell’ isola di Creta vicino alla città di Gnosso, fatto sul mode
ltro laberinto è quel medesimo dell’ isola di Creta vicino alla città di Gnosso, fatto sul modello dell’ egiziano, e desti
a eroica, fu quello che immaginò e costrusse il laberinto dell’ isola di Creta ; ed egli stesso ebbe poi ad esser la prima
sser la prima vittima della sua invenzione, poichè caduto in sospetto di infedeltà, Minosse ve lo fece rinchiudere col fig
io Icaro e col Minotauro. 422. Tuttavia l’ industre Dedalo, risoluto di uscire dalla prigione, congegnò due paja d’ ali p
lla prigione, congegnò due paja d’ ali posticce, e le attaccò a forza di cera alle sue spalle ed a quelle d’ Icaro. In que
si nell’ aria e recuperare la libertà ; ma il figliuolo, imbaldanzito di così bella invenzione, e non obbedendo alle savie
re Cocalo che sulle prime gli dette asilo, indotto poi dalle minacce di Minosse, lo fece perire soffocato in una stufa. 4
e, lo fece perire soffocato in una stufa. 424. Dedalo ebbe anche fama di esimio scultore ; ed a lui stesso furono attribui
Credesi anzi che le sue ali sieno un’ allegoria per indicare le vele di una nave, quantunque non manchi fondamento a supp
, delle quali solamente oggi si onora. Non è raro incontrar le tracce di una civiltà molto inoltrata negli antichissimi te
o zio, divenutone geloso, lo precipitò dalla sommità della cittadella di Minerva ; ma questa Dea protettrice delle arti lo
er aria, e lo trasformò in pernice. Per togliere a Dedalo l’ odiosità di quest’ azione indegnissima, possiamo supporre che
e ardito sperimento meccanico, ne rimanesse vittima, siccome tanti a’ di nostri sono periti per l’ aereonautica. 425. Quan
e vittime chieste in espiazione da Minosse ; e quella nave era armata di nere vele ad esprimere il lutto degli Ateniesi. E
. Egeo aveva raccomandato al figliuolo, se mai ritornasse vittorioso, di metterle bianche ; ma questi invaso dalla gioia d
gi è detto Arcipelago. 427. Teseo compì il voto fatto ad Apollo (96) di mandare ogni anno a Delo ad offrir sacrifizj in r
tà al popolo, e riprese la primiera sua vita cercando nuove occasioni di render utile il suo valore. 429. Piritoo, figlio
. Perciò i poeti li finsero mostri con volto e torace d’ uomo e corpo di cavallo. Il più celebre di tutti è Chirone, dotto
mostri con volto e torace d’ uomo e corpo di cavallo. Il più celebre di tutti è Chirone, dotto non meno in medicina che i
uni altri fra i principali eroi della favola. Il tessalo maestro Che di Tetide il figlio Guidò sul commin destro…. Già co
ere essere egli il simbolo della destrezza in tutte le cose ; la mano di Chirone è la mano per eccellenza. La destrezza ne
e degli eroi. 431. Piritoo, infiammato al racconto delle grandi gesta di Teseo, ardeva di misurarsi con lui, e lo sfidò al
. Piritoo, infiammato al racconto delle grandi gesta di Teseo, ardeva di misurarsi con lui, e lo sfidò al paragone. Teseo
ne. Teseo accettò l’ invito ; ma quando i due eroi furono in procinto di venire alle mani, vinti da segreta scambievole am
modonte incontro alle Amazzoili (373), per aver come Ercole la gloria di vincerle. Infatti la difficile impresa gli riuscì
te le Amazzoni, si accinsero ad involare la bella Elena, sacerdotessa di Diana (137), la cui bellezza fu poi causa di rovi
ella Elena, sacerdotessa di Diana (137), la cui bellezza fu poi causa di rovina alla città di Troja. Dopo che ebbero compi
ssa di Diana (137), la cui bellezza fu poi causa di rovina alla città di Troja. Dopo che ebbero compito questo ratto, patt
n’ altra moglie al compagno. Elena toccò a Teseo, il quale si propose di scendere con Piritoo all’ inferno per involar Pro
se di scendere con Piritoo all’ inferno per involar Proserpina moglie di Plutone. Peccato che questi eroi, dopo esser giun
avventò a Piritoo e l’ uccise, mentre l’ amico, avuto appena il tempo di difender sè stesso, restò prigione e fu tenuto in
enuto in catene, finchè non scese Ercole (383) a liberarlo. Nel tempo di questa prigionia Elena fu rimessa in libertà dai
rtà dai fratelli, e ricondotta a Sparta sua patria, ove diventò sposa di Menelao (528). 435. Teseo scampato dall’ inferno,
elao (528). 435. Teseo scampato dall’ inferno, sposò Fedra, figliuola di Pasifae (415) e di Minosse (228) e sorella d’ Ari
seo scampato dall’ inferno, sposò Fedra, figliuola di Pasifae (415) e di Minosse (228) e sorella d’ Arianna (417), intanto
o rammarico per non aver dato ella stessa a Teseo un figliuolo ornato di tanti pregi. 436. Ippolito, di null’ altro premur
lla stessa a Teseo un figliuolo ornato di tanti pregi. 436. Ippolito, di null’ altro premuroso che dello studio della sapi
za e delle ingenue ricreazioni della caccia, era incorso nello sdegno di Venere per averne spregiato il culto. La Dea giur
so nello sdegno di Venere per averne spregiato il culto. La Dea giurò di punirlo, e si valse dell’ invidia di Fedra, istig
spregiato il culto. La Dea giurò di punirlo, e si valse dell’ invidia di Fedra, istigandola ad accusarlo di tradimento a T
punirlo, e si valse dell’ invidia di Fedra, istigandola ad accusarlo di tradimento a Teseo. 437. Il padre, ingannato dall
alla malvagia donna, bandì il figliuolo, e lo abbandonò alla vendetta di Nettuno (185) che gli aveva promesso d’ esaudire
elle iniquità della sua corte, gli si ribellarono ; ed egli, sdegnato di tale ingratitudine eccitata per altro dalle sue i
imprudenze, scagliò maledizioni contro Atene, e si ritirò nell’ isola di Sciro, proponendosi di finirvi in pace i suoi gio
edizioni contro Atene, e si ritirò nell’ isola di Sciro, proponendosi di finirvi in pace i suoi giorni nelle dolcezze dell
pace i suoi giorni nelle dolcezze della vita privata. Ma Licomede, re di quell’ isola, mosso da gelosia per la fama dell’
440. Gli Ateniesi, molti secoli dopo, resero grandi onori alle ceneri di Teseo. È fama che questo eroe apparisse in armi a
eri di Teseo. È fama che questo eroe apparisse in armi alla battaglia di Maratona. Allora ne cercarono con gran premura le
tene, ove furono ricevute con solenne festa ; e un bellissimo tempio, di cui tuttora vedonsi le vestigia, ne consacra la m
ia, chiamata Leda (74), la quale ebbe due mariti : Giove che fu padre di Polluce e d’ Elena (433), e Tindaro re di Sparta
mariti : Giove che fu padre di Polluce e d’ Elena (433), e Tindaro re di Sparta dal quale ebbe Castore e Clitennestra (532
re di Sparta dal quale ebbe Castore e Clitennestra (532). I figliuoli di Tindaro erano mortali, e quelli di Giove partecip
e Clitennestra (532). I figliuoli di Tindaro erano mortali, e quelli di Giove parteciparono dell’ immortalità del padre.
ti sogliono chiamare Tindaridi ambedue i maschi. Ebbero anche il nome di Dioscuri, da diòs, di Giove, e kouros, giovine, p
indaridi ambedue i maschi. Ebbero anche il nome di Dioscuri, da diòs, di Giove, e kouros, giovine, parole greche. 442. Pol
ma combattendo col cesto, nella qual lotta vinse il vigoroso Amico re di Bebricia o della Bitinia ; Castore addivenne cele
o re di Bebricia o della Bitinia ; Castore addivenne celebre domatore di cavalli ; laonde ambedue passarono per protettori
vocati nei giuochi olimpici (671). 443. Ebbero poi a comune la gloria di liberar l’ Arcipelago dai pirati che lo infestava
arono d’ essere annoverati fra gli Dei marini. Così avevano sacrifizj di candidi agnelli, mentre le pecore nere erano immo
ebbero molta parte nella conquista del Vello d’ oro (449). Nel tempo di una furiosa procella gli Argonauti videro compari
rischiarò e l’ uragano fu dissipato. D’ allora in poi fu dato il nome di Castore e Polluce a quelle fiammelle che apparisc
che era stata rapita da Teseo (405), e condussero schiava Etra madre di quell’ eroe. 445. Castore e Polluce volevano spos
e di quell’ eroe. 445. Castore e Polluce volevano sposare due sorelle di rara bellezza già fidanzate a Linceo e Ida. Soste
nel quale Castore restò ucciso da Linceo che pur cadde sotto i colpi di Polluce, nel tempo che Ida restò fulminato da Gio
n poteva essere pienamente esaudito ; laonde Polluce ottenne soltanto di poter metter Castore a parte della propria immort
iccome crederono gli antichi, ma falsamente, che una delle due stelle di questa costellazione tramonti quando l’ altra si
avola era un’ allegoria della legge che secondo essi governava i moti di quei corpi celesti. Per lo più i Dioscuri sono ra
orpi celesti. Per lo più i Dioscuri sono rappresentati in due giovani di rara bellezza, coperti d’ armi da capo a piedi e
da capo a piedi e con due cavalli bianchi ; il loro elmo ha la forma di un mezzo guscio d’ uovo, e brandiscon la lancia.
e ebbe vent’ anni, chiese il retaggio paterno. Pelia che non deponeva di buon grado il potere, gli propose d’ intraprender
prendere la conquista del Vello d’ oro, gloriosissima impresa e piena di rischi, promettendo di rendergli i suoi stati qua
el Vello d’ oro, gloriosissima impresa e piena di rischi, promettendo di rendergli i suoi stati qualora tornasse vittorios
al Mar Nero) dov’ era questo tesoro. 449. Il Vello d’ oro fu la pelle di un ariete regalato dagli Dei ad Atamante re di Te
llo d’ oro fu la pelle di un ariete regalato dagli Dei ad Atamante re di Tebe. Frisso, figliuolo di questo principe, per f
n ariete regalato dagli Dei ad Atamante re di Tebe. Frisso, figliuolo di questo principe, per fuggire con Elle sua sorella
a sorella i mali trattamenti della matrigna Ino, si valse dell’ aiuto di questo maraviglioso ariete, e potè con esso attra
ro i figliastri ; poichè Atamante, reso furioso da Tisifone per opera di Giunone, incontrando la moglie con due figliuolet
edè una leonessa con due leoncini. Allora si spinse forsennato contro di lei, le svelse dalle braccia il fanciullo Learco,
ro. 88 451. Giasone, essendo nell’ età nella quale più ferve l’ amor di gloria, colse avidamente l’ occasione d’ acquista
seguaci i più scelti guerrieri che ambivano divider con lui l’ onore di tanta impresa. 452. Tutti questi prodi salirono s
l quale fu costruito, era stato preso sul monte Pelio e nella foresta di Dodona (82), e perciò fu detto che quella nave da
tra questi prodi aveva il suo ufficio. Tifi stava al timone ; Linceo, di vista acuta scopriva gli scogli, ed Orfeo allegge
sone, dopo l’ impresa della Colchide, lo consacrò a Nettuno nel golfo di Corinto. Tutti questi avventurieri s’ imbarcarono
el golfo di Corinto. Tutti questi avventurieri s’ imbarcarono al capo di Magnesia in Macedonia, entrarono nel Ponto Eussin
iù dicono che questa spedizione ebbe luogo 60 anni prima della guerra di Troja. 453. I pericoli poi dell’ impresa del Vell
erano molti e gravi : Giasone doveva anzi tratto domar due tori, dono di Vulcano (270), i quali avevano piedi e corna di b
domar due tori, dono di Vulcano (270), i quali avevano piedi e corna di bronzo, e vomitavano fiamme ; indi gli conveniva
nzo, e vomitavano fiamme ; indi gli conveniva aggiogarli ad un aratro di diamante, e guidarli ad arare quattro jugeri di t
giogarli ad un aratro di diamante, e guidarli ad arare quattro jugeri di terreno, per seminarvi i denti del drago già ucci
à ucciso da Cadmo. Da quei denti sarebber nati tanti guerrieri armati di tutto punto, che bisognava esterminare fino all’
va esser compito in un giorno. 454. Giasone venne felicemente a capo di tutto, ma con l’ ajuto di Medea, figliuola del re
rno. 454. Giasone venne felicemente a capo di tutto, ma con l’ ajuto di Medea, figliuola del re Aeta (450), la quale per
on l’ ajuto di Medea, figliuola del re Aeta (450), la quale per voler di Giunone e di Minerva protettrici dell’ eroe, al p
i Medea, figliuola del re Aeta (450), la quale per voler di Giunone e di Minerva protettrici dell’ eroe, al primo vederlo
rimo vederlo si sentì tratta ad amarlo. Ei le corrispose, e promisele di sposarla. Medea, che era esperta nella magia, add
i ad Iolco. 89 456. Ma Pelia, (448) ad onta della sua promessa, negò di rendere a Giasone (448) il trono paterno, e Medea
48) il trono paterno, e Medea già usa alle colpe si prese l’ incarico di punirlo. Costei, che si vantava d’ aver trovato c
lo. Costei, che si vantava d’ aver trovato con le sue arti il segreto di rendere la gioventù al padre di Giasone, ingannò
er trovato con le sue arti il segreto di rendere la gioventù al padre di Giasone, ingannò le figlie di Pelia con la fama d
segreto di rendere la gioventù al padre di Giasone, ingannò le figlie di Pelia con la fama di tanto prodigio, e le indusse
gioventù al padre di Giasone, ingannò le figlie di Pelia con la fama di tanto prodigio, e le indusse a farne esperimento
non ebbero alcun effetto. E in sostanza nè gli artifizj nè l’ audacia di quella colpevole avventuriera bastarono per riven
bastarono per rivendicare a Giasone i suoi stati, perchè i figliuoli di Pelia li ritennero con la forza. 457. Dopo aver v
a aveva fatto per lui, e la ripudiò per isposare Glauca figlia del re di Corinto. La lega tra i malvagi non produce mai bu
orse inventate dai Corintii per denigrarne la fama. 460. Dopo la fuga di Medea, Giasone visse miseramente ramingo e turbat
racassata la testa. Bellerofonte. 461. Bellerofonte era figlio di Glauco re di Corinto, e d’ Epimede, figlia di Sis
testa. Bellerofonte. 461. Bellerofonte era figlio di Glauco re di Corinto, e d’ Epimede, figlia di Sisifo. Quest’ e
Bellerofonte era figlio di Glauco re di Corinto, e d’ Epimede, figlia di Sisifo. Quest’ eroe ebbe anche il soprannome d’ I
indicare ch’ egli era stato il primo ad insegnare agli uomini l’ arte di guidar con la briglia un cavallo ; ma poi accadut
i guidar con la briglia un cavallo ; ma poi accadutogli per disgrazia di uccidere, cacciando, il fratello Bellero, fu chia
. Per quel delitto, benchè involontario, dovè rifugiarsi nella reggia di Preto (363) re d’ Argo ; ma Stenobea, moglie di q
fugiarsi nella reggia di Preto (363) re d’ Argo ; ma Stenobea, moglie di questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo acc
to (363) re d’ Argo ; ma Stenobea, moglie di questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo accusò al marito di una pretesa
lie di questo principe, lo vide di mal’ occhio, e lo accusò al marito di una pretesa cospirazione ordita contro di lui. 46
chio, e lo accusò al marito di una pretesa cospirazione ordita contro di lui. 463. Preto, non volendo violare i diritti de
diritti dell’ ospitalità, lo mandò in Licia con lettere per Jobate re di quel paese e padre di Stenobea, facendogli nota l
tà, lo mandò in Licia con lettere per Jobate re di quel paese e padre di Stenobea, facendogli nota la supposta colpa, e is
a pigliarne vendetta. Bellerofonte, ingannato da Preto, s’ immaginava di recar lettere di cortese raccomandazione. 464. Jo
tta. Bellerofonte, ingannato da Preto, s’ immaginava di recar lettere di cortese raccomandazione. 464. Jobate, com’ era us
leggi dell’ ospitalità col punire Bellerofonte nella sua corte, pensò di esporlo a qualche gran rischio. 465. Allora Jobat
citò il giovine valoroso alle più difficili imprese ; ma egli trionfò di tutti i pericoli, e con un pugno di soldati debel
fficili imprese ; ma egli trionfò di tutti i pericoli, e con un pugno di soldati debellò i Solimi, le Amazzoni ed i Licii.
Solimi, le Amazzoni ed i Licii. Alla fine il re lo mise all’ impegno di combattere la Chimera, sperando che in tale impre
bbe certamente perito. 466. Questo mostro nato in Licia avea la testa di leone, la coda di drago e il corpo di capra, e da
ito. 466. Questo mostro nato in Licia avea la testa di leone, la coda di drago e il corpo di capra, e dall’ enorme gola ma
tro nato in Licia avea la testa di leone, la coda di drago e il corpo di capra, e dall’ enorme gola mandava fuoco e fiamme
il Pegaseo, salì sull’ invitto destriero, e spense la Chimera a colpi di frecce. Allora Jobate, conosciuta l’ innocenza d
astri. 468. Quest’ avventura ha fatto passare in proverbio le Lettere di Bellerofonte, che sono quelle contenenti sensi co
llerofonte, che sono quelle contenenti sensi contrarj all’espettativa di chi le porta. Omero fa narrare queste avventure c
lo il sire, e a lui la lettra Del genero chiedea. Viste le crude Note di Preto, comandògli in prima Di dar morte all’indom
il petto capra e drago La coda, e dalla bocca orrende vampe Vomitava di fuoco. E nondimeno Col favor degli Dei l’eroe la
il corso, e gli alberi e i massi si movevano quasi che avessero sensi di vita. Solita allegoria per indicare i popoli dall
ll’eloquenza. 470. Orfeo sposò la ninfa Euridice, ma ebbe la sventura di vederla morire (474) il giorno stesso delle sue n
e (474) il giorno stesso delle sue nozze, sicchè mortalmente afflitto di questa perdita scese all’inferno (215), e la rich
vide ormai presso all’aperta luce, non potè più resistere alla brama di rivedere la diletta Euridice ; si volse un poco,
ascondere il suo dolore sul monte Rodope. Le Baccanti (153) tentarono di richiamarlo alle dolcezze della vita ; ma egli, s
, ne eccitò lo sdegno ; sicchè, mentre un giorno celebravano le feste di Bacco (153), divenute furibonde, assalirono lo sv
gno ; e la celebre sua lira fu collocata fra gli astri con una corona di nove bellissime stelle somministrate dalle nove M
heroniana.) 473. Gli antichi monumenti rappresentano Orfeo incoronato di lauro, con la lira o il liuto in mano, e varj ani
. Riporterò qui il gentile sonetto del Parini, intitolato Il Lamento di Orfeo. Qual fra quest’erme, inculte, orride rupi
Lamento di Orfeo. Qual fra quest’erme, inculte, orride rupi, Che han di nevi e di ghiaccio eterno manto, Echeggiando per
Orfeo. Qual fra quest’erme, inculte, orride rupi, Che han di nevi e di ghiaccio eterno manto, Echeggiando per entro agli
dioso pianto ? Ah ! ti conosco al volto, al plettro, al canto, Giovin di Tracia, che il bel core occupi Sol di tua doglia,
o, al plettro, al canto, Giovin di Tracia, che il bel core occupi Sol di tua doglia, e d’ammansare hai vanto Gli uomini at
il caro oggetto Come perdesti e gl’infortunii tui Canta, e ne inonda di pietade il petto. Qui Baccanti non son, ma ninfe
ato dalle Ninfe che gl’insegnarono la coltivazion dell’ulivo e l’arte di fare il cacio ed il miele. Questo pastore industr
a. Allora Proteo gli svelò la causa della sua disgrazia, e gli ordinò di far sacrifizj espiatorj ai Mani (243) d’Euridice.
e uscir fuori da quelle vittime una moltitudine d’api, anche maggiore di quelle che aveva perdute. Quindi sposò Autonoe fi
che maggiore di quelle che aveva perdute. Quindi sposò Autonoe figlia di Cadmo, dalla quale ebbe Atteone (138). Dopo la sv
ia di Cadmo, dalla quale ebbe Atteone (138). Dopo la sventurata morte di questo figlio si ricovrò nell’isola di Coo, quind
138). Dopo la sventurata morte di questo figlio si ricovrò nell’isola di Coo, quindi in Sardegna e poi in Sicilia ; dove p
ardegna e poi in Sicilia ; dove propagò le sue cognizioni d’agraria e di pastorizia. Alla fine si stabilì nella Tracia, ov
elle Orgie. Dopo la sua morte parecchie città della Grecia l’onoraron di culto e di tempio ; e soprattutto i pastori sicil
Dopo la sua morte parecchie città della Grecia l’onoraron di culto e di tempio ; e soprattutto i pastori siciliani lo ten
bla. Arione. 478. Arione, poeta e cantore, nacque nell’isola di Lesbo91 nel mare Egeo al sud della Troade. Fu emu
della Troade. Fu emulo d’Orfeo (469), e visse lungo tempo alla corte di Periandro, re di Corinto, ove il suo ingegno era
emulo d’Orfeo (469), e visse lungo tempo alla corte di Periandro, re di Corinto, ove il suo ingegno era largamente ricomp
, mentr’ei ritornava da Taranto a Corinto, i marinari s’argomentarono di ucciderlo per carpire le sue ricchezze. 479. Ario
rlo per carpire le sue ricchezze. 479. Arione chiese almeno la grazia di poter suonare un’altra volta la lira, ed empì 1’a
empì 1’aere della più commovente armonia ; ma veggendo con tutto ciò di non intenerire quei barbari, si lanciò in mare co
a a raccorlo sul suo dosso, e lo reca fino al capo Tenaro in Laconia, di dove Arione passò a Corinto anche prima che vi gi
atti che recarono sulla spiaggia il corpo d’ Esiodo ucciso nel tempio di Nettuno, e gettato in mare ; salvarono dal naufra
81. Anfione discendeva da Giove (63), ed era figlio d’Antiope, moglie di Lico re di Tebe, e sposò Niobe (629). Egli fu tan
discendeva da Giove (63), ed era figlio d’Antiope, moglie di Lico re di Tebe, e sposò Niobe (629). Egli fu tanto abile ne
). Egli fu tanto abile nella musica, da far dire ai poeti che le mura di Tebe furono alzate mediante i suoni della sua lir
ante i suoni della sua lira, poichè le pietre sensibili alla dolcezza di quell’ armonia andavano da sè stesse a collocarsi
a quelli uomini rozzi, i quali dall’abitare sparsi pei boschi a guisa di belve, furono indotti a riunirsi in società ed a
bbricarsi le case. Cadmo. 482. Cadmo era figlio d’ Agenore re di Fenicia e della ninfa Melia, ed ebbe per sorella
di Fenicia e della ninfa Melia, ed ebbe per sorella Europa, fanciulla di così rara bellezza che fu protetta singolarmente
sua forma. 484. Agenore, disperato per questa perdita, ordinò a Cadmo di andare a cercare la sorella per tutto il mondo, e
, ordinò a Cadmo di andare a cercare la sorella per tutto il mondo, e di non ritornare senz’essa. 485. Cadmo la cercò inut
e ; e non potendo ritornare negli stati del padre, consultò l’oracolo di Delfo per sapere in qual luogo dovea stabilirsi.
sapere in qual luogo dovea stabilirsi. Apollo (96) gli ordinò allora di fondare una città nel punto dove sarebbe stato co
Beozia sul modello della Tebe d’Egitto. Anfione (481) costruì le mura di questa città col suono della sua lira. 486. La fa
unge che i suoi compagni nell’andare a prendere l’acqua dalla fontana di Diria furono divorati da un drago, e Cadmo andato
rago, e Cadmo andato per vendicarli uccise il mostro, e per consiglio di Minerva (262) ne seminò i denti in un campo vicin
nerva (262) ne seminò i denti in un campo vicino. 487. Quella sementa di nuovo genere fruttò subito tanti uomini armati, c
icie, e che insegnò ai Greci l’uso dei caratteri alfabetici, e l’arte di scrivere. 489. Cadmo sposò Armonia figlia di Vene
eri alfabetici, e l’arte di scrivere. 489. Cadmo sposò Armonia figlia di Venere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva d
l’arte di scrivere. 489. Cadmo sposò Armonia figlia di Venere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva dal nome di questa
ia figlia di Venere (170) e di Marte (255) ; e ben si rileva dal nome di questa donna quale arte ella debba avere insegnat
me con la moglie fu cangiato in serpente. Edipo. 491. Laio re di Tebe, dando ascolto a un oracolo che gli predicev
e, dando ascolto a un oracolo che gli prediceva dover esser colpevole di un gran delitto il figliuolo di cui era incinta G
e gli prediceva dover esser colpevole di un gran delitto il figliuolo di cui era incinta Giocasta sua moglie, ordinò che i
to in un bosco, ed ivi esposto alle fiere. 492. Forba, pastore del re di Corinto, ritrovò a caso questo bambino sul monte
o sul monte Citerone, e lo ricoverò nella sua capanna. 493. La regina di Corinto, avuta questa notizia, volle vederlo ; e
ta ch’egli era nato per commettere delitti orrendi, e per esser padre di una detestabile prole. Allora, atterrito dalla fu
rinto, e s’incamminò verso la Focide. 495. Appunto questa sua premura di fuggire i decreti del Fato lo trasse ad offendere
iberato dal mostro il paese. 497. La Sfinge, figlia d’Echidna (466) e di Tifone (69), aveva la testa di donna, il corpo ca
7. La Sfinge, figlia d’Echidna (466) e di Tifone (69), aveva la testa di donna, il corpo canino, le ali d’uccello, la coda
, aveva la testa di donna, il corpo canino, le ali d’uccello, la coda di drago, i piedi e le unghie di leone : si rintanav
corpo canino, le ali d’uccello, la coda di drago, i piedi e le unghie di leone : si rintanava sulla montagna di Ficea, dov
di drago, i piedi e le unghie di leone : si rintanava sulla montagna di Ficea, dove arrestava i passeggieri proponendo lo
a supponendo che la Sfinge fosse una fanciulla presuntuosa, figliuola di Laio, la quale sdegnata per non aver parte alcuna
alcuna negli affari dello stato, s’era messa alla testa d’una masnada di malviventi, e devastava le campagne vicine a Tebe
ore del suo enimma. 499. Edipo, mosso dalla ricompensa e dall’avidità di regno, andò al cospetto della Sfinge, e seppe pen
dopo aver liberato i Tebani dalle stragi del mostro, fu proclamato re di Tebe, ed ebbe due figli, Eteocle e Polinice (505)
), e due figlie Antigone ed Ismene. 501. Qualche anno dopo, il regno di Tebe fu desolato da crudelissima peste. Consultar
che le sventure dei Tebani non sarebbero finite se non dopo l’esilio di chi aveva cagionato la ruina della famiglia di La
e se non dopo l’esilio di chi aveva cagionato la ruina della famiglia di Laio. 502. Dopo molte ricerche, edipo stesso c
dipo stesso conobbe l’esser suo da chi l’aveva condotto bambino fuor di Tebe, e scoperse di quanti guai era stato cagione
l’esser suo da chi l’aveva condotto bambino fuor di Tebe, e scoperse di quanti guai era stato cagione, senza saperlo, ai
gione, senza saperlo, ai genitori ed al paese. 503. Allora inorridito di sè medesimo, non potè più sostenere la vista del
persona, e si accecò con le proprie mani. I figliuoli, più scellerati di lui, lo scacciarono da Tebe ; ed egli povero, sfu
altra guida che la giovinetta Antigone sua figliuola. Con la memoria di lei gli antichi ci tramandarono il più commovente
Eumenidi, sotto il qual nome venivano onorate le Furie, degne ospiti di un uomo che era crudelmente perseguita to dal des
uomo che era crudelmente perseguita to dal destino. Qui pone la scena di una sua bella tragedia il celebre Niccolini, e cr
e la scena di una sua bella tragedia il celebre Niccolini, e crediamo di far cosa grata a’giovinetti riportandone quei ver
tigone per suo padre. Creonte, uomo pessimo, insultando alle sventure di edipo , gli rimprovera la vita raminga ch’ei fac
de il gelo, O l’ardor del meriggio, e il piè si stanca Sull’aspra via di faticose rupi ? — Qual core è il tuo quando di p
stanca Sull’aspra via di faticose rupi ? — Qual core è il tuo quando di porta in porta Mendicando la vita, affronti (ahi
sventurato, e cieco Io possa, ahi crudo ! abbandonar ? chè parli A me di nozze e di regai fortuna ? È pei Creonti il trono
e cieco Io possa, ahi crudo ! abbandonar ? chè parli A me di nozze e di regai fortuna ? È pei Creonti il trono ; ebbi del
tene, ove Teseo (409) lo ricevè umanamente. Poco tempo dopo, il tuono di Giove gli annunziò la sua prossima fine, e la ter
eno la vittima d’una tremenda persecuzione celeste. Antigone, modello di amor filiale, rimase in vita per dar nuovo esempi
erno (510). Eteocle e Polinice. 505. Eteocle, figlio maggiore di edipo (491), dopo la partenza del padre, divise
1), dopo la partenza del padre, divise col fratello Polinice il trono di Tebe, pattuendo di regnare alternativamente un an
a del padre, divise col fratello Polinice il trono di Tebe, pattuendo di regnare alternativamente un anno per uno. Eteocle
teocle fu il primo a prenderne il possesso ; ma compito l’anno ricusò di cedere il trono al fratello. Questa perfidia orig
cedere il trono al fratello. Questa perfidia originò la famosa guerra di Tebe tanto celebrata dai poeti ; e le stragi e i
erni mostrarono a’popoli quanto nefanda e micidiale fosse 1’ambizione di regno. Laonde le città greche, testimoni dei deli
ubblica. 506. Polinice, per far valere i suoi diritti, eccitò le armi di tutta Grecia contro il fratello ; e i principali
o ; e i principali eroi degli Argivi s’unirono a questa guerra iniqua di fratelli contro fratelli, e fatta per avidità di
questa guerra iniqua di fratelli contro fratelli, e fatta per avidità di regnare. I capitani furono Adrasto, Polinice e Ti
nte, perchè mentre insultava Giove fu percosso dal fulmine sulle mura di Tebe,92 Ippomedonte, l’indovino Anfiarao (662) ch
(660) presagì la salvezza ai Tebani, ma a patto che Meneceo figliuolo di Creonte, ultimo rampollo della famiglia di Cadmo
atto che Meneceo figliuolo di Creonte, ultimo rampollo della famiglia di Cadmo (482), fosse stato sacrificato alla patria.
a per udire se l’oracolo concedesse questo cambio. Ma in quei momenti di ansietà e di dubbiezza, Meneceo esclamando : Se a
e l’oracolo concedesse questo cambio. Ma in quei momenti di ansietà e di dubbiezza, Meneceo esclamando : Se altro non manc
trafiggesse con la propria spada. 508. Infatti a così bella prova di patriottismo tenne dietro una completa vittoria ;
ro una completa vittoria ; gli Argivi furon respinti, e, ad eccezione di Adrasto, tutti gli altri capitani, insieme coi du
e luttuose conseguenze dell’ambizione e del dispotismo. Emone, figlio di quello scellerato di Creonte, non partecipava del
e dell’ambizione e del dispotismo. Emone, figlio di quello scellerato di Creonte, non partecipava della sua barbarie, ed e
pravvivere.94 Pelope e la sua posterità. 511. Pelope, figlio di Tantalo (250) re di Lidia, costretto ad abbandona
elope e la sua posterità. 511. Pelope, figlio di Tantalo (250) re di Lidia, costretto ad abbandonare i suoi stati a mo
alo (250) re di Lidia, costretto ad abbandonare i suoi stati a motivo di un terremoto, si rifugiò in Grecia nélla reggia d
motivo di un terremoto, si rifugiò in Grecia nélla reggia d’Enomao re di Pisa in Elide, ove amò Ippodamia figlia di quel r
a nélla reggia d’Enomao re di Pisa in Elide, ove amò Ippodamia figlia di quel re. 512. Ma siccome un oracolo aveva predett
chi lo avesse vinto nella corsa dei carri. I perdenti dovevano perire di sua mano. L’amante poteva correre il primo, ma il
sta gara ineguale, finchè gli Dei mossi a sdegno fecero dono a Pelope di due cavalli alati. Quantunque cosi potesse essere
ch’ei la macchiasse col tradimento ; e subornato Mirtillo, figliuolo di Mercurio (160) e cocchiere d’Enomao, fece sì che
e Tieste, nomi che rammentano atroci fatti, e discendenza che al pari di quella di edipo sembrò destinata a far inorridi
nomi che rammentano atroci fatti, e discendenza che al pari di quella di edipo sembrò destinata a far inorridire delle s
ati soltanto perchè hanno qualche attinenza con la favola. Guerra di troja. 517. La città di Troja, capitale della
alche attinenza con la favola. Guerra di troja. 517. La città di Troja, capitale della Troade nella piccola Frigia
mento era già la più celebre città dell’universo.95 Ma sotto il regno di Priamo restò distrutta da capo a fondo dall’armat
egati a vendicare l’ingiuria fatta da Paride (601) a Menelao (528) re di Sparta. 518. Dopochè Ercole (364) ebbe saccheggia
8) re di Sparta. 518. Dopochè Ercole (364) ebbe saccheggiato la città di Troja per punire Laomedonte d’avergli mancato di
accheggiato la città di Troja per punire Laomedonte d’avergli mancato di parola (106), promise a Telamone re di Salamina l
e Laomedonte d’avergli mancato di parola (106), promise a Telamone re di Salamina la mano di Esione figliuola di Laomedont
li mancato di parola (106), promise a Telamone re di Salamina la mano di Esione figliuola di Laomedonte ; ma Priamo, il su
(106), promise a Telamone re di Salamina la mano di Esione figliuola di Laomedonte ; ma Priamo, il successor di questo re
a la mano di Esione figliuola di Laomedonte ; ma Priamo, il successor di questo re, spedì Paride suo figlio a riprendere E
chiamato anche Alessandro, nell’andare a Salamina si fermò alla corte di Menelao, e gli rapì la moglie giurando di non la
alamina si fermò alla corte di Menelao, e gli rapì la moglie giurando di non la rendere, se prima non gli fosse stata rest
non gli fosse stata restituita Esione sua zia. I principi ricusarono di rendere Esione, presero le armi, ed alla testa di
principi ricusarono di rendere Esione, presero le armi, ed alla testa di formidabili schiere accorsero a richiedere Elena
sta di formidabili schiere accorsero a richiedere Elena sotto le mura di Troja. 519. Questa guerra divise in due parti anc
seguaci nell’odio Giunone (85) e Minerva (262), deliberate anch’esse di pigliar vendetta del preteso affronto ricevuto da
asse anche Giove nel suo partito. Gli stessi due fiumi della campagna di Troja, il Xanto e il Simoenta, unirono le loro ac
unone (85) non avesse mandato a soccorrerlo Vulcano (270), che armato di fiamme arse i due fiumi, e prosciugò il loro lett
fiumi, e prosciugò il loro letto. 521. Vogliono i poeti che la presa di Troja non potesse aver luogo senza certi avvenime
recce d’ Ercole (364) ; 3° Che rapissero da Troja il Palladio, statua di Minerva collocata nel tempio di quella Dea ; 4° C
apissero da Troja il Palladio, statua di Minerva collocata nel tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cavalli di Res
va collocata nel tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cavalli di Reso (570) di bever le acque del Xanto (520) ; 5°
el tempio di quella Dea ; 4° Che impedissero ai cavalli di Reso (570) di bever le acque del Xanto (520) ; 5° Che Troilo fi
i Reso (570) di bever le acque del Xanto (520) ; 5° Che Troilo figlio di Priamo (587) morisse, e che la tomba di Laomedonl
(520) ; 5° Che Troilo figlio di Priamo (587) morisse, e che la tomba di Laomedonle rimanesse distrutta ; 6° Finalmente bi
a che i Greci avessero nella loro armata Telefo figlio d’ Ercole e re di Misia. 522. Già da dieci anni durava l’assedio de
Greci, tante volte respinti, ordirono uno strattagemma. Per consiglio di Pallade (263) costruirono un cavallo di legno alt
o strattagemma. Per consiglio di Pallade (263) costruirono un cavallo di legno alto quanto una montagna, e pieno i fianchi
irono un cavallo di legno alto quanto una montagna, e pieno i fianchi di risoluti guerrieri. Indi spacciarono esser quella
rono esser quella un’offerta consacrata a Minerva (262) ; e, fingendo di partire, si ritirarono in agguato dietro l’isola
62) ; e, fingendo di partire, si ritirarono in agguato dietro l’isola di Tenedo che sorge rimpetto a Troja. 523. I Trojani
delle mura perch’ei passasse, e lo collocarono alla porta del tempio di Minerva (262). Ma la notte seguente, mentre che t
a nella città, e questa in breve fu ridotta in cenere dopo un assedio di dieci anni, nel qual tempo eran periti ottocentom
eci furono Agamennone (527), re d’ Argo, che aveva il supremo comando di tutte le milizie greche ; Menelao (528), suo frat
de (583), Ulisse (568) ec. 525. Fra i Trojani furono Priamo (587), re di Troja, e capo dell’esercito trojano, Ettore (591)
re (591) e Paride (597), suoi figli : Laocoonte (605) ; Reso (570) re di Tracia ; Memnone (113), Enea (608), ec. Perso
ea (608), ec. Personaggi celebri Dell’esercito greco, alla guerra di troja Agamennone, Menelao. 526. Questi
Agamennone, Menelao. 526. Questi due principi erano figli di Plisteno, re d’Argo e fratello d’ Atreo (514), la
liato del trono d’Argo da Tiesle (514) suo zio, si rifugiò alla corte di Tindaro (441) re di Sparta ; con 1’aiuto del qual
go da Tiesle (514) suo zio, si rifugiò alla corte di Tindaro (441) re di Sparta ; con 1’aiuto del qual principe cacciò da
ccise Tantalo figliuolo dell’usurpatore, e sposò Clitennestra, moglie di Tantalo e figlia di Tindaro, dalla quale ebbe due
olo dell’usurpatore, e sposò Clitennestra, moglie di Tantalo e figlia di Tindaro, dalla quale ebbe due femmine, Ifigenia e
n figliuolo chiamato Oreste. 528. Menelao sposò Elena (601), sorella di Clilennestra (527), e successe a Tindaro sul tron
(601), sorella di Clilennestra (527), e successe a Tindaro sul trono di Sparta ; ma Elena bella « per cui tanto reo tempo
La flotta, che doveva portare sì numeroso esercito per la spedizione di Troja, era composta di circa 1200 navigli piccoli
portare sì numeroso esercito per la spedizione di Troja, era composta di circa 1200 navigli piccoli di quel tempo, e si ra
er la spedizione di Troja, era composta di circa 1200 navigli piccoli di quel tempo, e si radunò in Aulide, città marittim
l’obbedienza, fece comparire invece d’Ifigenia una cerva ; e contenta di questa vittima, trasportò la vergine in Tauride p
Tauride per farla sua sacerdotessa (535). 530. Agamennone fece mostra di molto orgoglio e di poco senno nel campo dei Grec
a sacerdotessa (535). 530. Agamennone fece mostra di molto orgoglio e di poco senno nel campo dei Greci, mentre Menelao vi
reci, mentre Menelao vi spiegò molto valore, e propose a Paride (597) di terminare la contesa fra di loro con un duello, a
gò molto valore, e propose a Paride (597) di terminare la contesa fra di loro con un duello, a condizione che Elena restas
ena restasse in premio al vincitore. Il duello fu fatto sotto le mura di Troja al cospetto dei Greci e dei Trojani. Paride
. Paride ebbe la peggio, e fu debitore della salvezza alla protezione di Venere (170) che, per sottrarlo ai colpi del vinc
, e questa perfidia riaccese gli sdegni dei Greci. 531. Dopo la presa di Troja, i Greci restituirono Elena a Menelao ; ed
stituirono Elena a Menelao ; ed egli aveva deciso d’immolarla ai mani di tanti eroi periti nella lunga guerra : ma lasciat
perando le arti della perfida ipocrisia, dispose in favor suo l’animo di Clitennestra, si fece partigiani in Argo, e tese
ma la sorella Elettra (527), che vegliava sul fanciullino, trovò modo di salvarlo dalle insidie, e di mandarlo segretament
che vegliava sul fanciullino, trovò modo di salvarlo dalle insidie, e di mandarlo segretamente a Strofio re della Focide e
ire il tiranno ; e, non senza grave pericolo, con l’aiuto d’Elettra e di Pilade suo amico, potè finalmente assalire Egisto
vedendo Clitennestra accorsa in difesa del tiranno, ebbe la sventura di ferire a morte anche lei. 534. Fino dal momento c
enimento alla sua disperazione, andando in Tauride a rapire la statua di Diana ; ed egli vi si recò in compagnia di Pilade
Tauride a rapire la statua di Diana ; ed egli vi si recò in compagnia di Pilade suo costante amico nella sventura. Ma Ores
stato prima che potesse compire il ratto del simulacro ; e il costume di quel paese voleva che fossero immolati alla Dea t
fizio, Ifigenia sacerdotessa e sua sorella lo riconobbe, e trovò modo di sottrarlo alla morte. Allora tutti e tre fuggiron
trarlo alla morte. Allora tutti e tre fuggirono trafugando la statua. di Diana, e la disperazione d’ Oreste ebbe alcuna ca
morsi continuassero a tormentarlo in segreto. Sposò Ermione figliuola di Menelao (528), dette Elettra in moglie a Pilade,
lie a Pilade, e dopo aver sempre vissuto in preda alla mestizia, morì di novant’anni pel morso di un serpente. Achille
sempre vissuto in preda alla mestizia, morì di novant’anni pel morso di un serpente. Achille. 536. Achille, figli
’anni pel morso di un serpente. Achille. 536. Achille, figlio di Teti e di Peleo (320), nacque a Flia in Tessaglia
morso di un serpente. Achille. 536. Achille, figlio di Teti e di Peleo (320), nacque a Flia in Tessaglia, e fu dis
hirone (430), il quale, al dir della favola, lo alimentò con cervello di leone e di tigre, dal che provennero in lui quell
), il quale, al dir della favola, lo alimentò con cervello di leone e di tigre, dal che provennero in lui quell’ardito cor
he mostrò nelle pugne. 537. L’oracolo aveva predetto che per la presa di Troja era necessario Achille, ma ch’ei sarebbe pe
da donna, e mentre dormiva lo tolse a Chirone, e lo mandò alla corte di Licomede re di Sciro, dove poi sposò segretamente
ntre dormiva lo tolse a Chirone, e lo mandò alla corte di Licomede re di Sciro, dove poi sposò segretamente Deidamia figli
ogni artifizio per trarnelo. Travestitosi da mercante andò alla corte di Licomede, e offerse alle donzelle varie gioie ed
l mar giura il nocchiero Di mai più non partir ; sente che l’onde Già di nuovo son chiare, Abbandona le piume, e torna al
(Metastasio, Achille in Sciro.) Allora seguì Ulisse all’assedio di Troja, ed ebbe dalla madre un’armatura impenetrab
suo valore. 539. Agamennone aveva fatto prigioniera Criseide, fìglia di Criseo, sacerdote d’Apollo (96), ed il Nume per v
er vendicarlo desolò con la peste il campo dei Greci. Achille propose di placar l’ira d’Apollo rendendo Criseide a suo pad
fece sì che anch’ egli dovè liberare la giovine Briseide, prigioniera di guerra nella tenda del Pelide. Egli allora sdegna
one all’ estremo si ritrasse ne’ suoi alloggiamenti deliberato avendo di non voler più combattere. Questa sua ostinazione
in quel tempo riportarono molte vittorie ; ed Ettore (591), figliuolo di Priamo (587) re di Troja, uccise Patroclo (592) s
tarono molte vittorie ; ed Ettore (591), figliuolo di Priamo (587) re di Troja, uccise Patroclo (592) sviscerato amico d’A
2) sviscerato amico d’Achille. 540. Non ci voleva altro che la morte di Patroclo per far ripigliare le armi ad Achille, d
atroclo per far ripigliare le armi ad Achille, dopo che era stato più di un anno senza combattere. Spinto allora da brutal
di un anno senza combattere. Spinto allora da brutale vendetta privò di vita Ettore combattendo con lui corpo a corpo ; e
ivò di vita Ettore combattendo con lui corpo a corpo ; e non contento di questo, inferocì nello stesso cadavere trascinand
ere trascinandolo dietro il suo carro per tre volte intorno alle mura di Troja e alla tomba di Patroclo (593), finchè lo r
ro il suo carro per tre volte intorno alle mura di Troja e alla tomba di Patroclo (593), finchè lo rese alle lacrime dello
a della morte d’Achille. Così volevano i fati ; nè valsero i consigli di Chirone che lo aveva ammonito di non lasciarsi vi
evano i fati ; nè valsero i consigli di Chirone che lo aveva ammonito di non lasciarsi vincere da molle affetto, finchè la
sse avuto bisogno del suo valore. Ma egli, avendo conosciuto in tempo di tregua la giovane Polissena figlia di Priamo, ed
gli, avendo conosciuto in tempo di tregua la giovane Polissena figlia di Priamo, ed ammiratane la rara bellezza, fece di t
vane Polissena figlia di Priamo, ed ammiratane la rara bellezza, fece di tutto per averla in isposa, e gli fu concessa ; m
. I Greci lo tumularono sul promontorio dj Sigeo, vicino alle pianure di Troja ; gli fabbricarono un tempio, e gli resero
o un tempio, e gli resero onori divini. Polissena divenne poi schiava di Pirro (543) che la menò sopra la sua flotta, e la
gliuolo, uscì dal seno delle acque, accompagnata da una lunga schiera di ninfe per andare a piangere sulla sua spoglia. An
spoglia. Anche le nove Muse (274) amaramente lo piansero, e l’oracolo di Dodona (82) gli decretò onori divini. Alessandro
sospirando disse : Oh fortunato, che si chiara tromba Trovasti, e chi di te si alto scrisse ! Petrarca. Parte I. Son. CX
I. Son. CXXXV. Pirro. 543. Pirro, figliuolo d’Achille (536) e di Deidamia (537), fu educato alla corte del re Lico
Sciro a pigliar Pirro che aveva allora diciotto anni. 544. La smania di vendicare la morte del padre lo rese uno dei più
e il giovine Astianatte figliuolo d’ Ettore (591), e chiese il sangue di Polissena (541) per immolarlo alla memoria d’Achi
ria d’Achille. 545. Quando furono divisi gli schiavi tra i vincitori di Troja, gli toccò Andromaca vedova d’Ettore, e l’a
ssendo volere del fato (521) che Troja non potesse cadere senza l’uso di queste frecce, i Greci spedirono ambasciatori a F
cato alla promessa, e ne pagò il fio ; perchè nell’andare a Troja una di quelle frecce gli cadde appunto sul piede col qua
le, che gli ambasciatori furono costretti a lasciarlo solo nell’isola di Lenno, dove per dieci anni patì atrocissimi dolor
la fine il bisogno d’aver quelle frecce costrinse i Greci a ricorrere di nuovo a Filottete, e lo condussero all’assedio di
i Greci a ricorrere di nuovo a Filottete, e lo condussero all’assedio di Troja. 548. Appena giunto Filottete nel campo gre
Appena giunto Filottete nel campo greco, Paride (597) ebbe l’ audacia di sfidarlo a singolare battaglia, e restò ucciso co
ano sempre mortalmente per essere state intrise nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 549. Dopo la presa di Troja la piaga
tate intrise nel sangue dell’ Idra di Lerna (371). 549. Dopo la presa di Troja la piaga di Filottete fu curata da Macaone
angue dell’ Idra di Lerna (371). 549. Dopo la presa di Troja la piaga di Filottete fu curata da Macaone figlio d’ Esculapi
vedere i luoghi dov’era morto il suo amico ; e unitosi ad una schiera di Tessali andò a stabilirsi nella Calabria, dove fo
iera di Tessali andò a stabilirsi nella Calabria, dove fondò la città di Petilia. Diomede. 550. Diomede, figlio di
dove fondò la città di Petilia. Diomede. 550. Diomede, figlio di Tideo uno dei capi della spedizione contro Tebe (
Chirone (530), insieme con gli altri eroi della Grecia. All’ assedio di Troja si segnalò per tante prodezze, che passò pe
più valoroso dell’ esercito dopo Achille (536) ed Ajace (561) figlio di Telamone (518). 551. Omero fa di quest’eroe il pr
Achille (536) ed Ajace (561) figlio di Telamone (518). 551. Omero fa di quest’eroe il prediletto di Pallade (263), e narr
) figlio di Telamone (518). 551. Omero fa di quest’eroe il prediletto di Pallade (263), e narra che con l’ aiuto di questa
i quest’eroe il prediletto di Pallade (263), e narra che con l’ aiuto di questa Dea potè ghermire i cavalli di Reso (570) 
(263), e narra che con l’ aiuto di questa Dea potè ghermire i cavalli di Reso (570) ; involare il Palladio (570) a’ Troian
quale scendeva in soccorso d’ Enea, e non potè salvarlo dall’ impeto di Diomede se non col celarlo in una nube. 552. Ques
Diomede se non col celarlo in una nube. 552. Questa Dea, per punirlo di tanta audacia, mise tale scompiglio nella casa di
ta Dea, per punirlo di tanta audacia, mise tale scompiglio nella casa di Diomede, che al suo ritorno non potendo più viver
che questa finzione sia immaginata per esprimere la valorosa audacia di Diomede, essendochè quegli uccelli non temono le
ibrano sulle onde agitate dai venti. Nestore. 553. Nestore re di Pilo era uno dei dodici figli di Nereo e di Clori
ti. Nestore. 553. Nestore re di Pilo era uno dei dodici figli di Nereo e di Cloride, il solo che sfuggisse ai colp
tore. 553. Nestore re di Pilo era uno dei dodici figli di Nereo e di Cloride, il solo che sfuggisse ai colpi d’Ercole
iò contro la Colchide con gli Argonauti (452) ; si ritrovò alle nozze di Piritoo (429), e combattè i Centauri (430). Sicch
auri (430). Sicchè era già molto vecchio quando concorse all’ assedio di Troja ; …..ei già trascorse avea Due vite, e nel
. Era ancora molto eloquente, sicchè Omero lo dice : Facondo si, che di sua bocca usciéno Più che miel dolci d’eloquenza
ia tre età d’ uomo, come dicevano i poeti. La saviezza e la longevità di Nestore son passate in proverbio. Nè è qui da tac
bio. Nè è qui da tacere ciò che narrano Omero e Pindaro del figliuolo di Nestore, chiamato Archiloco, il quale sotto le mu
del figliuolo di Nestore, chiamato Archiloco, il quale sotto le mura di Troja sacrificò la sua per salvare la vita del ge
venturata sposa e vedova ad un tempo chiese almeno agli Dei la grazia di riveder l’ombra del marito, ed essendole apparsa,
i la grazia di riveder l’ombra del marito, ed essendole apparsa, morì di dolore mentre sforzavasi d’abbracciarla.98 I
sforzavasi d’abbracciarla.98 Idomeneo. 558. Idomeneo, figlio di Deucalione (647) e nipote di Minosse (228), regna
Idomeneo. 558. Idomeneo, figlio di Deucalione (647) e nipote di Minosse (228), regnava in Creta, e si fe’chiaro p
), regnava in Creta, e si fe’chiaro per luminose prodezze all’assedio di Troja. 559. Dopo la caduta della città questo pri
mmolato il primo vivente che gli fosse venuto incontro sulla spiaggia di Creta. Cessò la tempesta, e il re approdò felicem
a dove fondò Salento. Pose in vigore nella nuova città le savie leggi di Minosse, e perciò i suoi sudditi molto l’onoraron
ti molto l’onorarono dopo morte. Ajace. 561. Ajace, figliuolo di Telamone (229), fu, dopo Achille (536), il più va
lona entro le navi Addensava gli Achei, vide sul vallo Fra un turbine di dardi Ajace solo Fumar di sangue ; e ove diruto i
va gli Achei, vide sul vallo Fra un turbine di dardi Ajace solo Fumar di sangue ; e ove diruto il muro Dava più varco a’ T
. Ercole (364). essendo andato a far visita a Telamone che si lagnava di non aver prole, supplicò Giove (63) affinchè conc
amico un figliuolo con la pelle impenetrabile quanto quella del leone di Nemea (374) ch’ ei soleva portare per sua difesa.
va ucciso la belva. 563. Ajace mostrò dunque molto valore all’assedio di Troja ; e pugnò per un giorno intero con Ettore (
ore al carro d’Achille, allorchè questi lo trascinò intorno alle mura di Troja (540). 564. Dopo la morte d’Achille, Ajace
jace ed Ulisse (563) vennero a contesa fra loro per ereditare le armi di quell’eroe. I capitani dell’esercito greco ne fur
gno che proferiron sentenza a favor suo. 565. Ajace fu tanto sdegnato di questa parzialità che perdette l’uso della ragion
divenne così mattamente furioso, da scagliarsi nel mezzo ad un branco di maiali, e massacrarli, figurandosi di sfogare la
agliarsi nel mezzo ad un branco di maiali, e massacrarli, figurandosi di sfogare la sua ira contro Agamennone (527) e Mene
 ; ma tornando in sè stesso, e vedendosi ormai meritevole delle beffe di tutto l’esercito che era stato testimone di quell
ai meritevole delle beffe di tutto l’esercito che era stato testimone di quella pugna bestiale, non resse alla vergogna, e
o il seno aprendosi Col vindice pugnai. E là sul Xanto i Danai Copria di vitupero : Ma sua virtù fe’stabile, Ma chiaro il
567. Insieme col Telamonio vi fu un altro Ajace figliuolo d’Oileo re di Locri, celebre anch’esso tra gli eroi della spedi
tti. Ulisse. 568. Ulisse, altrimenti detto Odisseo, figliuolo di Laerte e d’ Anticlea, era re della piccola isola
era re della piccola isola d’Itaca nel mare Ionio. Ulisse, il figlio di Laerte, io sono, Per tutti accorgimenti al mondo
cion, molto Non lontane tra loro, isole intorno, Dulichio, Samo, e la di selve bruna Zacinto. All’ orto e a mezzogiorno qu
queste, Itaca al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma di gagliarda gioventù nutrice. Deh qua
al polo si rivolge, e meno Dal continente fugge : aspra di scogli, Ma di gagliarda gioventù nutrice. Deh qual giammai l’ u
uò della natia Sua contrada veder cosa più dolce ?…. (Omero, Traduz. di Pindemonte.) 569. La sua moglie Penelope fu chiar
d arare la sabbia sulla spiaggia del mare, ed a seminarvi sale invece di grano. Ma Palamede (583), che già sospettava dell
oquenza, con le frodi e con la scaltrezza contribuì molto alla rovina di Troja, mentre gli altri Greci la distrussero col
reci : 1° Achille (536), il discendente d’Eaco, necessario alla presa di Troja, stava celato sotto spoglie femminili nell’
alla presa di Troja, stava celato sotto spoglie femminili nell’isola di Sciro, ed Ulisse ne scoperse l’asilo (538), e lo
ciro, ed Ulisse ne scoperse l’asilo (538), e lo condusse all’ assedio di Troja. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Pa
se l’asilo (538), e lo condusse all’ assedio di Troja. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Palladio, che era la statua
. 2° Con l’aiuto di Diomede (550) rapì il Palladio, che era la statua di Pallade, ossia di Minerva (263), religiosamente c
i Diomede (550) rapì il Palladio, che era la statua di Pallade, ossia di Minerva (263), religiosamente custodita dai Troja
sia di Minerva (263), religiosamente custodita dai Trojani nel tempio di questa Dea, e che vantavano scesa dal cielo, e co
cielo, e collocatasi da sè stessa sopra l’ altare.100 3° Reso, re di Tracia, era venuto a soccorrere i Trojani ; ed-es
re di Tracia, era venuto a soccorrere i Trojani ; ed-essendo arrivato di notte, pose gli alloggiamenti vicino a Troja per
o d’ Ercole, a trasferirsi nel campo dei Greci ; la quale impresa era di difficile riuscita, essendochè a questo principe,
e impresa era di difficile riuscita, essendochè a questo principe, re di Misia, erano state devastate le campagne dai Grec
uarire quella ferita se non dal ferro che l’aveva fatta, prese un po’ di ruggine della lancia d’Achille, ne compose un med
ilottete (546) gli fosse nemico, seppe indurlo a seguirlo all’assedio di Troja con le frecce d’Ercole (364). 571. Dopo che
sse ebbe sostenuto le fatiche d’un assedio che durò dieci anni, prima di poter ritornare nei suoi stati dovè ancora lottar
on finì mai d’essergli avversa. Quindi le sue avventure, dalla caduta di Troja fino al ritorno in Itaca, sono argomento di
nture, dalla caduta di Troja fino al ritorno in Itaca, sono argomento di un altro poema d’Omero, intitolato l’ Odissea. 5
ne sulla terra dei Ciclopi (272) in Sicilia, dove Polifemo, figliuolo di Nettuno (185), e il più possente fra loro, lo rin
to. 573. Ulisse per sottrarsi a tanto pericolo immaginò l’ espediente di far ubriacare Polifemo, e poi con un palo gli acc
di comandò ai suoi compagni d’aggrapparsi sotto il ventre dei caproni di Polifemo, e fatto anch’ esso altrettanto, sbucaro
stati d’ Eolo re dei venti, n’ebbe amichevole accoglienza, e il dono di certi otri ove stavano rinchiusi i venti contrarj
mbianze ai suoi compagni, indi si riconciliò con lei, e trovò il modo di partire dalla sua isola.102 576. Dipoi scese all
sua isola.102 576. Dipoi scese all’ inferno, trattovi dal desiderio di conoscere lo stato dell’anima dopo la morte del c
lo minacciavano, seppe ancora il miserando fine che avrebbe fatto. E di nuovo si pose in viaggio per la sospirata isola d
ne (196). 577. Liberatosi ancora, non senza molta fatica, dai rischi di Scilla e Cariddi, ebbe a patire un’ altra tempest
o trovò salvezza nell’ isola d’Ogigia (secondo alcuni vicina a quella di Malta) soggetta all’ impero della Ninfa Calisso.
nni nella sua isola, e gli promise l’immortalità se avesse consentito di sposarla : ma egli volle serbar fede a Penelope,
i volle serbar fede a Penelope, sicchè Giove (63) ordinando a Calisso di non più opporsi alla sua partenza, ella lo lasciò
Scheria o Corcira, la moderna Corfù, dove regnava Alcinoo. Il palazzo di questo re era sontuoso, ed in mezzo ad ameni giar
i e bei frutti. La sua famiglia manteneva l’innocenza e l’illibatezza di costumi dei tempi antichi ; i figliuoli erano umi
eva la buona condotta. Quando Ulisse potè metter piede sulla spiaggia di Corcira a lui ignota, era quasi moribondo per ave
o dalla stanchezza, dal sonno, dall’angoscia, appena gli era riescito di trascinarsi in un bosco poco lontano dalla costa.
costa. Lì presso scorreva il limpido ruscello dove Nausica era solita di recarsi a fare il bucato ; e quel giorno v’andò c
reddo. Si alza, e il primo sentimento è quello della paura, dubitando di essere in un altro paese di barbara gente. Ma all
entimento è quello della paura, dubitando di essere in un altro paese di barbara gente. Ma all’udir liete voci si riconfor
e si pone a spiare attraverso i rami e le foglie. Or come ardirà egli di comparire così malconcio alla presenza delle donz
nza, e lo fa sedere ; i servi apparecchiano una tavola e la ricoprono di squisite vivande ; la serata passa in divertiment
i quelli che lo ascoltarono. La nave era pronta, ed ei v’ascese lieto di grati e doviziosi regali. Nausica lo accomiatò co
go tempo la nave. L’ eroe arrivò finalmente ad Itaca dopo un’ assenza di venti anni. 579. Siccome parecchi principi suoi v
Penelope a scegliersi tra loro un nuovo marito, così Ulisse immaginò di travestirsi per sorprenderli. 580. Penelope stess
ssea la tela Superba, e poi la distessea la notte Al complice chiaror di muto faci. Cosi un triennio la sua frode ascose,
che non potendo ormai opporsi più alla loro insistenza, per consiglio di Minerva (262) aveva promesso di sposare colui che
ù alla loro insistenza, per consiglio di Minerva (262) aveva promesso di sposare colui che fosse stato capace di tendere l
Minerva (262) aveva promesso di sposare colui che fosse stato capace di tendere l’arco d’Ulisse, e di far passare una fre
di sposare colui che fosse stato capace di tendere l’arco d’Ulisse, e di far passare una freccia a traverso molti anelli m
invano a tender l’ arco. Allora, senza farsi mai riconoscere, chiese di poterne fare anch’ egli l’ esperimento, e teso in
esperimento, e teso in un subito l’ arco, lo volse contro gli amanti di Penelope, e ad uno ad uno gli uccise. 582. Ristab
tabilito così nel suo regno, sarebbe stato felice senza la predizione di Tiresia ; e volendo sottrarsi alla minacciata sve
o là presso a Gaeta, Prima che si Enea la nominasse ;104 Nè dolcezza di figlio, nè la pieta Del vecchio padre, né il debi
del marin suolo. Cinque volte racceso, e tante casso112 Lo lume era di sotto dalla luna, Poich’entrati eravam nell’alto
ar fu sopra noi richiuso. Palamede. 583. Palamede era figlio di Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capitanava gli
di Nauplio, re dell’isola d’Eubea, e capitanava gli Eubei all’assedio di Troja, ove acquistò fama di prudente, di coraggio
Eubea, e capitanava gli Eubei all’assedio di Troja, ove acquistò fama di prudente, di coraggioso e abile nell’arte della g
tanava gli Eubei all’assedio di Troja, ove acquistò fama di prudente, di coraggioso e abile nell’arte della guerra. 584. E
guerra. 584. Egli dovè perire sventuratamente per effetto delle frodi di Ulisse (568), il quale, per vendicarsi d’esserne
Furono immaginate lettere finte, e fu posta nella sua tenda una somma di denaro per far credere che gli fosse stata data d
i stessi soldati gli si levarono contro e lo lapidarono. 585. Il caso di Palamede accese gran desio di vendetta nel cuor d
no contro e lo lapidarono. 585. Il caso di Palamede accese gran desio di vendetta nel cuor di Nauplio ; e allorchè la flot
rono. 585. Il caso di Palamede accese gran desio di vendetta nel cuor di Nauplio ; e allorchè la flotta dei Greci, tornand
uor di Nauplio ; e allorchè la flotta dei Greci, tornando dalla presa di Troja, fu assalita di notte da una furiosa tempes
orchè la flotta dei Greci, tornando dalla presa di Troja, fu assalita di notte da una furiosa tempesta, egli fece subito a
molti fuochi tra gli scogli che circondavano l’isola, argomentandosi di tirarvi in inganno le navi greche, e vedervele ur
e urtare e sfasciarsi. I fati avversi a’Greci secondarono la perfidia di Nauplio ; i piloti, credendosi alla riva, s’accos
nelle onde, meno che pochi, tra i quali era Ulisse, causa principale di tanto danno. 586. La tradizione rammenta che Pala
schierare i battaglioni, e gli attribuisce l’invenzione della parola di ricognizione per le sentinelle ; non meno che que
della parola di ricognizione per le sentinelle ; non meno che quella di varj giuochi, come i dadi e gli scacchi, per dare
naggi primarj Dell’armata trojana. Priamo. 587. Priamo re di Troja successe a suo padre Laomedonte (106) ; rif
irro (543), in mezzo a’suoi Dei, e quando appunto abbracciava l’altar di Giove. Un bel quadro di Pietro Benvenuti, e l’inc
uoi Dei, e quando appunto abbracciava l’altar di Giove. Un bel quadro di Pietro Benvenuti, e l’incisione che ne fece Morgh
incisione che ne fece Morghen rappresentano questo fatto assai meglio di qualunque descrizione. 589. Ecuba, infelice mogli
to assai meglio di qualunque descrizione. 589. Ecuba, infelice moglie di Priamo, scampò da morte per cadere in misera schi
oli periti tutti sotto i suoi occhi. Presala seco, la menò alla corte di Polinestore re di Tracia, al quale Priamo aveva d
otto i suoi occhi. Presala seco, la menò alla corte di Polinestore re di Tracia, al quale Priamo aveva dato in custodia Po
sui Greci. Toglie l’inverosimile, ed aumenta col sublime il patetico di tante sciagure quel signor dell’altissimo canto n
r le fe’ la mente torta. 117 Ettore. 591. Ettore, figliuolo di Priamo (587) e d’Ecuba (589), era fra’Trojani il
otta, e gli riuscì d’appiccarvi il fuoco. 592. Patroclo (539), figlio di Menezio, volendo rattenere i progressi del vincit
r battaglia, ma cadde sotto la possa del Priamide. 593. Il desiderio di vendicare la morte dell’amico fece tornare Achill
ra scotea la paventosa Peliaca trave ; come viva fiamma, O come disco di nascente sole, Balenava il suo scudo. Il riconobb
i, fidi custodi De’giuramenti, testimon ne sieno, Che se Giove l’onor di tua caduta Mi concede, non io sarò spietato Col c
stesso. Achille non vuol parlare d’accordi, perchè a placare l’ombra di Patroclo è poca la morte del suo uccisore. Gli er
rridori che volàr bramosi. Lo strascinato cadavere un nembo Sollevava di polve, onde la sparta Negra chioma agitata e il v
cime arsa cadesse. Rattenevano a stento i cittadini Il re canuto, che di duol scoppiando Dalle dardanie porte a tutto cost
vada tutto solo Alle navi nemiche. Io vo’cadere Supplichevole ai piè di quell’iniquo Violento uccisor. Chi sa che il crud
r. Chi sa che il crudo Il mio crin bianco non rispetti, e senta Pietà di mia vecchiezza ? Ei pure ha un padre D’anni carco
utto alla mia, tanti uccidendo Giovinetti miei figli : nè mi dolgo Si di lor tutti, oimèl quanto d’un solo, Quanto d’Ettor
nè mi dolgo Si di lor tutti, oimèl quanto d’un solo, Quanto d’Ettor, di cui trarrammi in breve L’empia doglia alla tomba.
! Cosi la madre, Che sventurata partorillo, e io stesso Sfogo avremmo di pianti e di sospiri. E Andromaca, la sventurata
dre, Che sventurata partorillo, e io stesso Sfogo avremmo di pianti e di sospiri. E Andromaca, la sventurata moglie d’Ett
il nappo, e il labbro bagna, Non il palato. Ed altro tal che lieto Va di padre e di madre, alteramente Dalla mensa il ribu
il labbro bagna, Non il palato. Ed altro tal che lieto Va di padre e di madre, alteramente Dalla mensa il ributta, e lo p
si nutria, scherzando Sul paterno ginocchio……. 594. Così il palazzo di Priamo era divenuto la magione del duolo. E il ve
e dovesse rimanere insepolto e nelle mani dell’acerbo nemico, risolse di andare inerme, di notte, con doni e supplichevoli
insepolto e nelle mani dell’acerbo nemico, risolse di andare inerme, di notte, con doni e supplichevoli preci a’piedi del
cchia d’Achille, e singhiozzando La tremenda baciò destra omicida Che di tanti suoi figli orbo lo fece… Achille stupì a
e a tanti e valorosi Figli fui padre, ahi ! più nol sono, e parmi Già di tutti esser privo… …………Mi restava Ettorre, L’unic
rivo… …………Mi restava Ettorre, L’unico Ettorre, che de’suoi fratelli E di Troja e di tutti era il sostegno : E questo pure
i restava Ettorre, L’unico Ettorre, che de’suoi fratelli E di Troja e di tutti era il sostegno : E questo pure per le patr
o, Versione del Monti.) Indi si diè a confortarlo, e volle ristorarlo di cibo e di riposo, mentre le ancelle, per ordine s
e del Monti.) Indi si diè a confortarlo, e volle ristorarlo di cibo e di riposo, mentre le ancelle, per ordine suo lavavan
è medesimo Achille collocò poi la salma dell’eroe trojano sul cocchio di Priamo ; gli accordò undici giorni di tregua, per
a dell’eroe trojano sul cocchio di Priamo ; gli accordò undici giorni di tregua, perchè i Trojani potessero col decoro con
e, ed allora il misero fanciullo fu precipitato dalla cima delle mura di Troja. 596. Andromaca, moglie d’Ettore, si ritrov
la caduta della patria, ad essere schiava del figliuolo dell’uccisore di suo marito (545), che la condusse in Epiro, e l’o
perchè non potè mai consolarsi della perdita del suo caro Ettore, nè di quella dell’innocente Astianatte. Paride.
dell’innocente Astianatte. Paride. 597. Paride era figliuolo di Priamo e d’Ecuba (589), la quale essendo incinta
ide era figliuolo di Priamo e d’Ecuba (589), la quale essendo incinta di lui sognò d’aver nel seno una face che un giorno
nterrogati, risposero dover la regina partorire il futuro distruttore di Troja ; e Priamo, perchè la funesta predizione no
no e per destrezza nei giuochi pastorali. 598. Accadde poi alle nozze di Teti (304) che la Discordia, volendosi vendicare
de poi alle nozze di Teti (304) che la Discordia, volendosi vendicare di non esservi stata invitata, comparve in mezzo a u
. 600. Paride, che tanto era bello quanto vano, sedotto dalle carezze di Venere e più che altro dalla promessa, giudicò do
l momento Giunone e Minerva, punte da gelosia, macchinarono la rovina di Troja ; nè tardò l’occasione. 601. Paride, fattos
a ; nè tardò l’occasione. 601. Paride, fattosi riconoscere per figlio di Priamo, ebbe commissione dal padre di andare a Sa
fattosi riconoscere per figlio di Priamo, ebbe commissione dal padre di andare a Salamina a richiedere Esione (518) sorel
ione dal padre di andare a Salamina a richiedere Esione (518) sorella di lui stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion
one (518) sorella di lui stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion di Minerva, di Giunone e di Venere, mosse da fini di
rella di lui stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion di Minerva, di Giunone e di Venere, mosse da fini diversi, si fe
stata rapita da Ercole. Allora, a istigazion di Minerva, di Giunone e di Venere, mosse da fini diversi, si fermò per viagg
e di Venere, mosse da fini diversi, si fermò per viaggio negli stati di Menelao (528) sotto pretesto di sacrificare ad Ap
rsi, si fermò per viaggio negli stati di Menelao (528) sotto pretesto di sacrificare ad Apollo (96). Quel principe aveva s
sacrificare ad Apollo (96). Quel principe aveva sposato Elena figlia di Giove e di Leda (441) e celebratissima per la bel
e ad Apollo (96). Quel principe aveva sposato Elena figlia di Giove e di Leda (441) e celebratissima per la bellezza ; lao
dimento fece scoppiare la guerra, e cagionò la vaticinata distruzione di Troja. 602. Nel tempo dell’assedio, Paride combat
ride combattè con Menelao, nè sarebbe stato salvo senza la protezione di Venere. Ferì Diomede (550), Macaone (530), Palame
hille (541), operando sempre da vile qual si conveniva ad un rapitore di donne. 603. Ferito a morte da Filotlete (546) con
cognizion delle piante medicinali. Quantunque Enone avesse a dolersi di lui, nonostante adoperò tutto il suo sapere a gua
era avvelenata ; e Paride spirò nelle braccia della ninfa che ne morì di dolore. 604. Cassandra, sorella di Paride e d’Ett
le braccia della ninfa che ne morì di dolore. 604. Cassandra, sorella di Paride e d’Ettore, aveva ottenuto da Apollo il do
andra, sorella di Paride e d’Ettore, aveva ottenuto da Apollo il dono di conoscere il futuro ; ma questo Dio vistosi negar
o desse fede alle sue predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la ruina di Priamo suo padre, di Paride e della città, la rin
predizioni. Dacchè ella ebbe presagito la ruina di Priamo suo padre, di Paride e della città, la rinchiusero in una torre
la sua patria. Agamennone (527), che la possedè schiava dopo la presa di Troja, conosciutone il merito e la bellezza, la c
u creduto, ed Agamennone restò vittima della scelleraggine d’Egisto e di Clitennestra (537). Laocoonte. 605. Laoco
e di Clitennestra (537). Laocoonte. 605. Laocoonte, figliuolo di Priamo (587) e d’Ecuba. (589), era sacerdote d’Ap
iuolo di Priamo (587) e d’Ecuba. (589), era sacerdote d’Apollo (96) e di Nettuno (185) ; e s’adoperò ardentemente a dissua
ntemente a dissuadere i Trojani dall’introdurre nelle mura il cavallo di legno che i Greci avevano finto d’abbandonare sul
llo di legno che i Greci avevano finto d’abbandonare sul lido a guisa di voto offerto a Minerva (522). Laocoonte asseriva
avallo fosse dedicato a Minerva (262), tennero per sacrilega l’azione di Laocoonte ; e ne furono più che mai persuasi, all
fendean coi petti il mare, E s’ergean con le teste orribilmente Cinte di creste sanguinose ed irte. Il resto con gran giri
rribili. ……….. E gli angui S’affilàr drittamente a Laocoonte ; E pria di due suoi pargoletti figli Le tenerelle membra amb
te infisse, Gli addentarono il teschio. Egli, com’era D’atro sangue e di bava e di veleno Le bende, ’l volto asperso, i tr
, Gli addentarono il teschio. Egli, com’era D’atro sangue e di bava e di veleno Le bende, ’l volto asperso, i tristi nodi
rocca insieme Strisciando e zufolando al sommo ascesero, E nel tempio di Palla entro al suo scudo Rinvolti, a’piè di lei s
mo ascesero, E nel tempio di Palla entro al suo scudo Rinvolti, a’piè di lei si raggrupparo. (Virgilio, Eneide. Lib. II.
upplichevoli grida de’figliuoletti, e il tentar brancolando ma invano di recarsi loro in ajuto, ne faceva spettacolo sì do
etaggio. Questo capo lavoro del Laocoonte è attribuito allo scalpello di Polidoro, d’Atenodoro e d’Agesandro, celebri arte
lo scalpello di Polidoro, d’Atenodoro e d’Agesandro, celebri artefici di Rodi che lo scolpirono tutto d’un pezzo.118 Nella
rtefici di Rodi che lo scolpirono tutto d’un pezzo.118 Nella galleria di Firenze se ne vede la copia in marmo per mano di
o.118 Nella galleria di Firenze se ne vede la copia in marmo per mano di Baccio Bandinelli. Enea. 608. Enea, figli
ano di Baccio Bandinelli. Enea. 608. Enea, figlio d’Anchise e di Venere (170), aveva sposato Creusa, figlia di Pri
nea, figlio d’Anchise e di Venere (170), aveva sposato Creusa, figlia di Priamo (587). Quando Paride ebbe rapito Elena, pr
ando Paride ebbe rapito Elena, prevedendo Enea le funeste conseguenze di quest’iniqua azione, consigliò che fosse resa col
(591) solo fra’ Trojani lo superava. 609. Nella notte dell’eccidio di Troja dette le più alte prove del suo valore ; ma
nte Ida con quanti potè raccogliere dei Trojani. In questa fuga piena di rischi e d’affanno perdè la diletta moglie Creusa
ita per consacrarla al suo culto. 610. Enea potè costruire una flotta di venti vascelli, e co’ Trojani sopravvissuti all’u
steggiò la Tracia, la Grecia e l’Epiro ; ma sempre inseguito dall’ira di Giunone (85), incorse, per causa sua, in una furi
n Cartagine da Didone, resagli favorevole da Venere. Così un compagno di Enea, Ilioneo, narra a Didone lo scopo e il trava
(Virgilio, Eneide. Lib. I. Traduz. del Caro.) 611. Didone era figlia di Belo re di Tiro, e fuggì dalla patria per involar
Eneide. Lib. I. Traduz. del Caro.) 611. Didone era figlia di Belo re di Tiro, e fuggì dalla patria per involarsi alle cru
ese vicino, tanto terreno quanto potesse contenerne in giro una pelle di bove tagliata a strisce ; e su questo spazio fond
pelle di bove tagliata a strisce ; e su questo spazio fondò la città di Cartagine, che per tal cagione fu chiamata anche
gine, che per tal cagione fu chiamata anche Birsa, cioè a dire, pelle di bove. 612. Le sventure ed i meriti dell’eroe troj
pietà la bella Didone, ed egli cedè per qualche tempo alle seduzioni di molli affetti ; ma il nunzio di Giove (160) scese
cedè per qualche tempo alle seduzioni di molli affetti ; ma il nunzio di Giove (160) scese a ritrarlo dalle insidie che l’
ma il nunzio di Giove (160) scese a ritrarlo dalle insidie che l’odio di Giunone tendeva sempre alla sua gloria, e gli ord
la l’anno innanzi ; e quindi passò in Italia, ove consultò la Sibilla di Cuma (668), per sapere in qual modo avrebbe potut
qual modo avrebbe potuto scendere nell’inferno. La Sibilla gli ordinò di cogliere un ramo d’oro per farne dono a Proserpin
o d’Anchise, nel quale Turno perdette la vita. 615. Dopo quattro anni di pace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea s
i pace i Rutuli ricominciarono la guerra, ed Enea scomparve nel tempo di una battaglia, essendo stato rapito in cielo da V
he fabbricò la città d’Alba-lunga ; e quindi i posteri suoi in numero di quattordici regnarono sul paese latino, fino a Nu
numero di quattordici regnarono sul paese latino, fino a Numitore zio di quel Romolo che fondò Roma. 617. Virgilio Marone,
Marone, poeta latino che fioriva sotto Augusto un mezzo secolo prima di G. C., cantò le sventure d’Enea in un poema chiam
ero quel gran poeta commise un anacronismo facendo Enea contemporaneo di Didone, quantunque l’eroe trojano vissuto avesse
uantunque l’eroe trojano vissuto avesse tre secoli prima della regina di Cartagine ; ma volle immaginare la passione di Di
oli prima della regina di Cartagine ; ma volle immaginare la passione di Didone per Enea, a fine di toccare dei grandi fat
artagine ; ma volle immaginare la passione di Didone per Enea, a fine di toccare dei grandi fatti che avvennero tra Roma e
Nettuno (185) e Mercurio (262) andarono una volta ad alloggio in casa di un contadino della Beozia, il quale, benchè pover
il solo bove che possedeva. Giove, desiderando ricompensarlo, promise di accordargli ogni sua richiesta ; e il buon uomo s
 ; e il buon uomo si contentò d’impetrare un figliuolo, senza bisogno di pigliar moglie. Furono esauditi i suoi voti ; e d
veva la statura sì appariscente, che ne hanno fatto un gigante capace di uscir fuori dell’acqua con la testa camminando ne
go, Diana (137) vedendo quella testa senza saperne altro, ebbe voglia di far conoscere ad Apollo (96) che ne la istigava,
Ecco come sovente i capricci e le folli gare dei grandi sono cagione di danno e di ruina ai soggetti ! 620. Ma altri mito
sovente i capricci e le folli gare dei grandi sono cagione di danno e di ruina ai soggetti ! 620. Ma altri mitologi suppon
e di danno e di ruina ai soggetti ! 620. Ma altri mitologi suppongono di Orione un fine diverso da questo, poichè dicono c
te colla sua puntura. Fatto sta che Diana si pentì molto d’aver tolto di vita quel bell’uomo d’Orione ; ma che valeva il p
va il pentimento ? il male era fatto, e senza rimedio. Tuttavia credè di poterlo diminuire facendogli gli onori del funera
e che fosse posto nel cielo, ove forma la costellazione più rilucente di tutte le altre (676). Quando Orïon dal celo Decl
lemone, povero vecchiarello, aveva per moglie Bauci anche più vecchia di lui. Giove (63) e Mercurio (160) viaggiando per l
i. Giove (63) e Mercurio (160) viaggiando per la Frigia sotto spoglie di semplici mortali si trovarono villanamente negato
oglie di semplici mortali si trovarono villanamente negato l’alloggio di tutti i più ricchi possidenti d’un villaggio, e s
iù ricchi possidenti d’un villaggio, e solamente questa misera coppia di vecchiarelli con tutto amore gli accolse. 622. Si
accolse. 622. Sicché Giove, che ne li volle ricompensare, ordinò loro di seguirlo sulla cima del monte, dove rivoltisi a g
loro capanna che era trasformata in un tempio. 623. Indi promise loro di non negar nulla di quanto gli avrebbero chiesto ;
a trasformata in un tempio. 623. Indi promise loro di non negar nulla di quanto gli avrebbero chiesto ; ed i pietosi vecch
d i pietosi vecchi implorarono la salvezza dei borghigiani, l’ufficio di sacerdoti in quel tempio, e la grazia di morire i
a dei borghigiani, l’ufficio di sacerdoti in quel tempio, e la grazia di morire insieme nel medesimo giorno. I loro voti f
commovente pietà filiale verso la madre Cidippe che era sacerdotessa di Giunone (85), 625. Questa sacerdotessa doveva ess
carro sè stessi, e la condussero fino al tempio, facendo un tragitto di circa sei miglia. Intenerita da quest’azione, la
ie della vita. Gli abitanti d’Argo alzarono loro le statue nel tempio di Delfo. Oh generosi ! i vostri nomi saranno eterna
pietosi. Singolare poi è la differenza che passa tra le buone azioni di questi personaggi d’infima classe e le gesta vana
a greca mitologia. Meleagro. 626. Meleagro, figlio d’Oeneo re di Calidonia, e d’Altea, era destinato a vivere tant
e lo tenne custodito con grandissima cura ; ma ad ogni modo lo sdegno di Diana (137) cagionò la morte di Meleagro. 627. Q
sima cura ; ma ad ogni modo lo sdegno di Diana (137) cagionò la morte di Meleagro. 627. Questa Dea, incollerita contro Oe
eagro. 627. Questa Dea, incollerita contro Oeneo, che s’era scordato di lei nel sacrificare a’Numi per ringraziarli della
eca s’unirono a dar la caccia a quella belva tremenda. Meleagro, duce di tutti, ebbe la gloria d’uccidere il mostro ; e si
vivamente amata da lui, era stata la prima a ferirlo, credè ben fatto di regalare la testa a lei stessa. Ma i due fratelli
alare la testa a lei stessa. Ma i due fratelli d’Altea s’ingelosirono di quella preferenza, e tentarono di rapirla per lor
due fratelli d’Altea s’ingelosirono di quella preferenza, e tentarono di rapirla per loro ; laonde nacque una zuffa, nella
rimorsi, non gli potè sopravvivere. Niobe. 629. Niobe, figlia di Tantalo (250) e sorella di Pelope (511), sposò An
vvivere. Niobe. 629. Niobe, figlia di Tantalo (250) e sorella di Pelope (511), sposò Anfione (481) re di Tebe, dal
ia di Tantalo (250) e sorella di Pelope (511), sposò Anfione (481) re di Tebe, dal quale ebbe quattordici figli, sette mas
37) ; ed osò anche impedire il culto che le rendevano, argomentandosi di meritar tempio ed altari più giustamente di lei.
rendevano, argomentandosi di meritar tempio ed altari più giustamente di lei. 631. Latona commise ai suoi figliuoli la ven
giustamente di lei. 631. Latona commise ai suoi figliuoli la vendetta di tanta offesa ; laonde Apollo e Diana uccisero a c
la vendetta di tanta offesa ; laonde Apollo e Diana uccisero a colpi di frecce tutta la prole di Niobe. Scellerate divini
esa ; laonde Apollo e Diana uccisero a colpi di frecce tutta la prole di Niobe. Scellerate divinità, che punivano nei figl
632. La sventurata madre, vista cotanta strage, piena d’affanno e di disperazione non potè fare altro che sciogliersi
liuoli ; e tanta era la sua immobilità che pareva non desse più segno di vita ; infatti era cangiata in scoglio : O Niobe
si vedevano sgorgare da una rupe marmorea. — Nella galleria pubblica di Firenze vedonsi le statue che rappresentano la Ni
lli greci ; ma nella sola figura della madre si scorge la divina arte di Fidia ; ed è monumento d’inestimabile pregio.119
mabile pregio.119 Filomela e Progne. 634. Filomela, figliuola di Pandione re d’Atene, e sorella di Progne, seguì T
Progne. 634. Filomela, figliuola di Pandione re d’Atene, e sorella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di sua s
figliuola di Pandione re d’Atene, e sorella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di sua sorella, la quale non potev
one re d’Atene, e sorella di Progne, seguì Tereo re di Tracia, marito di sua sorella, la quale non poteva vivere separata
6. La misera Filomela visse un anno intero in mezzo ai tormenti prima di poter far sapere alla sorella, che la credeva già
637. Progne, non pensando che alla vendetta, in occasione delle feste di Bacco, potè liberare di carcere la sorella, e imb
o che alla vendetta, in occasione delle feste di Bacco, potè liberare di carcere la sorella, e imbandito con le membra del
re la sorella, e imbandito con le membra del fanciullo Iti, figliuolo di Tereo, un atroce banchetto, ve la fece comparire
fine a far sapere al marito fino a qual punto era arrivata la ferocia di Progne per vendicar la sorella ; laonde Tereo inf
innocente degli altrui delitti, in cardellino. Pandione alla notizia di tanti orrori morì di dolore. Pigmalione. 63
ui delitti, in cardellino. Pandione alla notizia di tanti orrori morì di dolore. Pigmalione. 639. Pigmalione, celebr
olore. Pigmalione. 639. Pigmalione, celebre scultore dell’isola di Cipro, fece una statua tanto bella che ne divenne
e una figura adorabile come questa diventi mia sposa. » In sul finire di tali parole s’accostò alla statua, e gli parve di
sa. » In sul finire di tali parole s’accostò alla statua, e gli parve di vederla muoversi ; la toccò, ed il marmo era cede
non osava ancora abbandonarsi ai trasporti della sua gioia ; la toccò di nuovo, e già le belle membra avevano il calor del
può vederlo, può udirlo, scende dal piedistallo, e s’incammina verso di lui. Ah ! la felicità di Pigmalione non è un sogn
scende dal piedistallo, e s’incammina verso di lui. Ah ! la felicità di Pigmalione non è un sogno ; ed egli andò debitore
re dei miracoli dell’arte ? Atalanta. 640. Atalanta, figliuola di Scheneo re di Sciro, fu dotata di straordinaria b
i dell’arte ? Atalanta. 640. Atalanta, figliuola di Scheneo re di Sciro, fu dotata di straordinaria bellezza ; ma n
alanta. 640. Atalanta, figliuola di Scheneo re di Sciro, fu dotata di straordinaria bellezza ; ma non è da confondersi
rdinaria bellezza ; ma non è da confondersi con l’ altra che fu sposa di Meleagro (627). Siccome l’oracolo le aveva predet
e dopo aver preso marito avrebbe perduto la forma umana, così risolse di rimaner sempre nubile ; ed essendo tanto agile al
gli uomini più veloci, dichiarò, per liberarsi da una folla importuna di pretendenti, che non voleva dar la sua mano se no
la sua mano se non a chi l’avesse vinta nel corso ; quindi minacciava di far perire tutti coloro che fossero rimasti vinti
elebre pel suo amore per Tisbe che era la più bella tra le giovanette di Babilonia. Dovevano già sposarsi ; ma i lor genit
, venuti a contesa, sciolsero queste nozze, e impedirono ai figliuoli di più vedersi. Gli amanti non poterono obbedire a q
ritrovato fuori della città sotto un gelso bianco, presso alla tomba di Nino. 645. Tisbe arrivò la prima sotto quel g
o quel gelso, ma fu sorpresa da una leonessa che aveva le fauci lorde di sangue ; e spinta da terrore si dette a fuga tant
a tanto precipitosa, che perdette il suo velo. La belva si scagliò su di esso, lo sbranò, e lo intrise di sangue. Giuntovi
il suo velo. La belva si scagliò su di esso, lo sbranò, e lo intrise di sangue. Giuntovi poco dopo Piramo, che aveva già
i, e che i suoi frutti cominciassero allora a nascere vermigli invece di bianchi com’ eran prima. Ero e Leandro. 64
o, città dell’Asia, era fidanzato alla bella Ero giovane sacerdotessa di Venere che abitava a Sesto sulla opposta spiaggia
he le onde si calmassero, ma l’ottavo non potè resistere al desiderio di rivedere la fidanzata. Partì, che il vento imperv
rni dopo le onde trassero il suo cadavere sotto quella medesima torre di dove Ero, già turbata da tristo presentimento, sp
ora sulla superficie delle acque, ora sopra la spiaggia. All’aspetto di Leandro estinto, non potè moderare l’eccesso dell
azione, e si uccise. Anche questo lacrimevole fatto è stato argomento di bei quadri e di poemi. Deucalione e Pirra.
ise. Anche questo lacrimevole fatto è stato argomento di bei quadri e di poemi. Deucalione e Pirra. 647. Deucalione
quadri e di poemi. Deucalione e Pirra. 647. Deucalione figlio di Prometeo (70) e di Pandora (73) aveva sposato Pir
Deucalione e Pirra. 647. Deucalione figlio di Prometeo (70) e di Pandora (73) aveva sposato Pirra figliuola d’Epim
8. Giove (63), sdegnato della perversità degli uomini, aveva statuito di sommergere il genere umano, ed ecco inondarsi tut
36) che pronunziava oracoli alle falde del Parnaso, e che ordinò loro di velarsi il capo e di andar gettando dietro le spa
racoli alle falde del Parnaso, e che ordinò loro di velarsi il capo e di andar gettando dietro le spalle le ossa della lor
loro madre. Deucalione dopo aver lungamente pensato all’ arcano senso di quest’ oracolo, capì che la loro madre comune era
pietre, e gettandole dietro le spalle ; ed allora accadde che quelle di Deucalione si cangiavano in uomini e quelle di Pi
ora accadde che quelle di Deucalione si cangiavano in uomini e quelle di Pirra in donne. Chi non riscontra nella durezza d
non riscontra nella durezza delle pietre divenute uomini la rozzezza di quei nuovi popoli incolti, la vita laboriosa che
, la vita laboriosa che doveron condurre per sussistere, e quella età di ferro tanto diversa dalla vantata beatitudine dei
Un diluvio poi accadde effettivamente nella Tessaglia sotto il regno di Deucalione verso l’anno 1532 ; e fu cagionato da
cciosa e sdegnata, perch’ egli solleva le tempeste e ricopre la terra di geli e di brine ; dicevan poi che volando pel cie
degnata, perch’ egli solleva le tempeste e ricopre la terra di geli e di brine ; dicevan poi che volando pel cielo era tut
i e di brine ; dicevan poi che volando pel cielo era tutto circondato di fitte nebbie ; e che stava in mezzo a’turbini pol
rra, quando, cioè, i venti ………. avvolgon tutta Di turbini la terra e di tumulto. (Eneide, Versione dell’ Arici.) 654. Bo
d’acqua dolce per la nave. 655. Euro suol essere dipinto in sembianze di giovine alato che va spargendo fiori con ambo le
657. Zeffiro, figlio d’Eolo (199) e dell’Aurora (143), gentil marito di Flora (312), spira tutta serenità e dolcezza, ed
marito di Flora (312), spira tutta serenità e dolcezza, ed ha le ale di farfalla ; è un giovinetto vermiglio e fresco sic
e i fiori ch’egli accarezza ; il suo colorito è rosso virgineo al par di quello della rosa nascente ; e negli sguardi ha l
rimavera. Tutto sollecito dei fragili tesori che abbelliscono il seno di Cibele (la Terra), col suo soffio e con le sue al
ia dei fiori, dei frutti e delle mèssi ; è inghirlandato d’ogni sorta di fiori, perchè giova tanto alla fecondità della te
658. In molti paesi eressero templi ai Venti, e ad Atene ve n’era uno di forma ottagona, avendo ad ogni angolo la figura d
pira. Epimenide. 658, 2° Epimenide era un filosofo dell’ isola di Creta, contemporaneo di Solone. La storia della s
658, 2° Epimenide era un filosofo dell’ isola di Creta, contemporaneo di Solone. La storia della sua vita è tessuta di pro
di Creta, contemporaneo di Solone. La storia della sua vita è tessuta di prodigj. Ancor giovinetto si smarrì col gregge lu
gj. Ancor giovinetto si smarrì col gregge lungi da una casa campestre di suo padre ; e venuta la notte si ricoverò in una
a notte si ricoverò in una caverna, ove dormì per cinquantasette anni di seguito. Alla fine svegliatosi, cercò del gregge,
e era già vecchio, ed al quale narrò i casi suoi. Divulgatasi la fama di questo miracolo in tutta la Grecia, Epimenide pas
età si nutrì solamente d’Ambrosia (222) somministratagli dalle ninfe di Creta. Così con bella immagine è simboleggiata la
iresia, Anfiarao e Calcante. 660. Tiresia vantava l’esser suo da uno di quei guerrieri nati dai denti del serpente, che C
i del serpente, che Cadmo seminò nella terra a tempo della fondazione di Tebe. Un giorno incontrò sul monte Cillene due se
sette anni, ritrovati i due serpenti nel medesimo posto, e colpitili di nuovo con la medesima verga, riebbe subito la pri
ma convien prima avvertire che a coloro i quali ebbero la presunzione di vaticinare il futuro, che è quanto dire, furono s
arda, e fa ritroso calle.123 Vedi Tiresia, che mutò sembiante Quando di maschio femmina divenne, Cangiandosi le membra tu
nne.124 Aronta è quei ch’al ventre gli s’atterga,125 Che nei monti di Luni, dove ronca Lo Carrarese che di sotto alberg
gli s’atterga,125 Che nei monti di Luni, dove ronca Lo Carrarese che di sotto alberga, Ebbe tra bianchi marmi la spelonca
ricopre le mammelle,126 Che tu non vedi, con le trecce sciolte, E ha di là ogni pilosa pelle, Manto127 fu, che cercò per
o ;128 Onde un poco mi piace che mi ascolte. Poscia che ’l padre suo di vita uscio. E venne serva la città di Baco,129 Q
scolte. Poscia che ’l padre suo di vita uscio. E venne serva la città di Baco,129 Questa gran tempo per lo mondo gio. Sus
ago stagna. Luogo é nel mezzo là dove ’l Trentino132 Pastore, e quel di Brescia, e ’l Veronese Segnar poria, se fesse que
rso, che trova una lama Nella qual si distende, e la ’mpaluda, E suol di state talora esser grama. Quindi passando la verg
lâr senz’ altra sorte.137 661. Poichè Tiresia aveva avuto occasione di conoscere i vantaggi e gl’inconvenienti d’ambedue
e (85) su chi sia più felice, o l’uomo o la donna. Vedi senno da Numi di prima classe ! Tiresia giudicò a favore delle don
a classe ! Tiresia giudicò a favore delle donne ; ma Giunone, che era di contrario parere, se l’ebbe a male, e lo acciecò.
: Innamorato, nel pïerio fonte Mirò Tiresia giovinetto i fulvi Capei di Palla, liberi dall’elmo, Coprir le rosee disarma
i, Che non più il dardo suo dritto fischiava ; Però che la divina ira di Palla Al cacciator col cenno onnipossente Avvinse
ivina ira di Palla Al cacciator col cenno onnipossente Avvinse i lumi di perpetua notte. Tal destino è ne’fati. Ah ! senza
96) e d’Ipermestra (252), e fu celebre indovino al tempo della guerra di Tebe. Sapendo per sua propria scienza che in quel
alzarono un tempio, l’oracolo del quale diventò famoso quanto quello di Delfo. Per consultarlo bisognava purificarsi, ast
rcito greco nella guerra trojana. I capitani non facevano alcuna cosa di rilievo senza prima udire il suo parere ; e con A
va il fato ch’egli perisse dopo aver incontrato un indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore nel bosco di Claro co
risse dopo aver incontrato un indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore nel bosco di Claro con sacrato ad Apollo,
ntrato un indovino più abile di lui. Infatti morì di dolore nel bosco di Claro con sacrato ad Apollo, per non aver potuto
erte donne alle quali attribuivano la cognizione del futuro e il dono di predirlo. Questa parola che significa inspirato f
ta parola che significa inspirato fu prima attribuita alla profetessa di Delfo, e poi diventò comune a tutte le donne che
hi dieci Sibille, e le più famose furono quella d’Eritrea nell’Ionia, di Sardi, di Delfo, figliuola dell’indovino Tiresia
ibille, e le più famose furono quella d’Eritrea nell’Ionia, di Sardi, di Delfo, figliuola dell’indovino Tiresia (660), la
elfo, figliuola dell’indovino Tiresia (660), la Sibilla Libica figlia di Giove (63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe,
dell’indovino Tiresia (660), la Sibilla Libica figlia di Giove (63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe, che risiedeva i
ia (660), la Sibilla Libica figlia di Giove (63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe, che risiedeva in una città di quel
63) e di Lamia, e quella di Cuma, Deifobe, che risiedeva in una città di quel nome in Italia, e fu la stessa che andò a pr
Altri attribuirono questo fatto alla Sibilla Demofila o Demo. Coperta di lungo velo si avanzò Demofila gravemente e con si
o velo si avanzò Demofila gravemente e con sicurezza verso il palazzo di Tarquinio, e chiese di parlargli. Giunta al suo c
la gravemente e con sicurezza verso il palazzo di Tarquinio, e chiese di parlargli. Giunta al suo cospetto, gli mostrò nov
glio 300 monete d’oro per questi manoscritti che contengono i destini di Roma. » Tarquinio sorridendo non si degnò di risp
che contengono i destini di Roma. » Tarquinio sorridendo non si degnò di rispondere ; ma Demofila, senza sconcertarsi, ne
e ripetè la stessa dimanda per i sei rimastile. Tarquinio trattandola di stravagante era per farla cacciare dalla sua pres
da quindici sacerdoti chiamati quindecemviri, col divielo, sotto pena di morte, di lasciarli vedere a chicchessia. Questa
i sacerdoti chiamati quindecemviri, col divielo, sotto pena di morte, di lasciarli vedere a chicchessia. Questa raccolta d
li restò incenerita nell’ incendio del Campidoglio sotto la dittatura di Silla, e vi furono sostituiti altri libri compost
Cumana che dicevano inspirata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo di una caverna nel tempio di questo Dio. La caverna
rata da Apollo (96), e rispondeva dal fondo di una caverna nel tempio di questo Dio. La caverna aveva cento sbocchi di dov
una caverna nel tempio di questo Dio. La caverna aveva cento sbocchi di dove uscivano altrettante voci tremende contenent
chè i suoi oracoli ottenevano venerazione presso i Romani come quelli di Delfo presso i Greci. Eleno dice ad Enea : Giunt
leno dice ad Enea : Giunto in Italia, allor che nella spiaggia Sarai di Cuma, il sacro Averno lago Visita, e quelle selve
a il vento le disturba, E van per l’antro a volo, ella non prende Più di ricorle e d’accozzarle affanno : Onde molti delus
arle affanno : Onde molti delusi e sconsigliati Tornan sovente, e mal di lei s’appagano.138 (Eneide, lib. III, Trad. del
Sibilla, nata a Cuma, aveva nome Deifobe o Erofila, ed era figliuola di Glauco (201) e sacerdotessa d’ Apollo. Si narra c
bellezza, le offerisse d’accordarle ogni sua dimanda ; ed ella chiese di vivere tanti anni quanti chicchi di sabbia erano
ogni sua dimanda ; ed ella chiese di vivere tanti anni quanti chicchi di sabbia erano nella sua mano. Apollo vi acconsentì
bbia erano nella sua mano. Apollo vi acconsentì, e le concesse ancora di serbare per tutta la vita la freschezza della gio
serbare per tutta la vita la freschezza della gioventù ; ma la figlia di Glauco ricusò questo dono, sicchè una malinconica
languida vecchiaja tenne dietro alla serenità dei primi anni. A tempo di Virgilio ne aveva già vissuti settecento, e per c
ne aveva già vissuti settecento, e per compiere il numero dei chicchi di sabbia le restava da vivere altri tre secoli. Dop
o corpo consumato dalla vecchiezza doveva struggersi a poco a poco, e di lei non restar che la voce, alla quale il destino
quale il destino aveva attribuito durata eterna. Quando Creso, prima di combattere Ciro, consultò la Sacerdotessa, n’ ebb
passando l’ Alcice, rovescerà un grande impero. Infatti, se questo re di Lidia avesse trionfato di Ciro, sarebbe stato dis
erà un grande impero. Infatti, se questo re di Lidia avesse trionfato di Ciro, sarebbe stato distrutto l’impero dei Persia
do la Pitia disse a Nerone : diffida dei settantatrè anni, egli credè di dover morire in quell’età avanzata ; ma non pensò
iati senza offrire sacrificj. 670. Quelli della Grecia, i più celebri di tutti, erano di quattro specie : Olimpici, sacri
re sacrificj. 670. Quelli della Grecia, i più celebri di tutti, erano di quattro specie : Olimpici, sacri a Giove ; Pitii,
Panatenei, Eleusinii, Erculei e Panellenii, oltre ai giuochi Olimpici di ordine inferiore a que’ d’ Elide. In Argo eranvi
nferiore a que’ d’ Elide. In Argo eranvi i giuochi Ecatombei in onore di Giunone. e il vincitore aveva uno scudo di bronzo
giuochi Ecatombei in onore di Giunone. e il vincitore aveva uno scudo di bronzo ; in Arcadia si celebravano i Licei ; in T
o adottati dai Romani che ne istituirono parecchi altri, cioè, quelli di Cerere, i Floreali, i Megalesj. i Troiani e i Sec
ente nei greci petti l’amore della libertà e della gloria, e facevano di questi giuochi uno spettacolo veramente sublime ;
lime ; al quale s’univa poi l’agilità della corsa a piedi, i pericoli di quella col celete o cavallo da sella e coi carri,
vincitore diventavano celebri in tutta la Grecia ; ed egli, fregiato di una nobiltà meno vana di quella che vien dai nata
lebri in tutta la Grecia ; ed egli, fregiato di una nobiltà meno vana di quella che vien dai natali, aveva monumenti ed im
ali, aveva monumenti ed immagini ; e se morte o sventura gl’ impediva di farsi sostegno ai vecchi genitori, la nazione tut
la futura lor sorte. Indi era bello per le greche città l’esser liete di viventi cittadini, i quali e gloria e vite ed ono
ocavano interamente nella patria, tutti a quella devoti e tutti pieni di quella ; e gli atleti, fintantochè l’esercizio gi
ne dei primitivi giuochi dei Greci, celebrati da Achille alla memoria di Patroclo ; e Virgilio, nel libro V dell’ Eneide c
E convien prima avvertire che sul principio fu rigorosamente vietato di pigliar parte in questi giuochi alle donne ; ma c
on l’andar del tempo alcune vi si recarono in abiti maschili, osarono di entrare in lizza e meritarono il premio. Allora a
viamo che nella 25ª Olimpiade, Licisia figlia d’Archidamante principe di Macedonia trionfò nella corsa dei carri o delle b
olte altre donne macedoni la imitarono, e furono anch’esse incoronate di mirto, di quercia o d’olivo. — Trasibulo, figlio
donne macedoni la imitarono, e furono anch’esse incoronate di mirto, di quercia o d’olivo. — Trasibulo, figlio di Senocra
h’esse incoronate di mirto, di quercia o d’olivo. — Trasibulo, figlio di Senocrate d’Agrigento, avendo riportato il pitio
celebra con una bella ode139 questo tratto d’ amor filiale. — Diagora di Rodi che si era fatto illustre con una vittoria r
avano fiori a piene mani su quel padre avventurato. — Dionigi tiranno di Siracusa voleva con l’oro indurre il padre di un
rato. — Dionigi tiranno di Siracusa voleva con l’oro indurre il padre di un vincitore olimpico a dichiararsi cittadino di
oro indurre il padre di un vincitore olimpico a dichiararsi cittadino di Siracusa, perchè anche quella città partecipasse
iararsi cittadino di Siracusa, perchè anche quella città partecipasse di tanta gloria ; ma il figlio, in cui l’ amor di pa
lla città partecipasse di tanta gloria ; ma il figlio, in cui l’ amor di patria era sprone al valore, spregiando i doni de
a sprone al valore, spregiando i doni del tiranno, gridò che egli era di Mileto, e fece scolpire sotto la sua statua : Ant
di Mileto, e fece scolpire sotto la sua statua : Antipatro figliuolo di Clinopatro, Milesio, il primo fra gl’ Ionj ottenn
esio, il primo fra gl’ Ionj ottenne la vittoria d’ Olimpia. — Teagene di Taso, piccola città presso Lacedemone, trionfò du
a gli cadde addosso e lo schiacciò. Ben 23 corone adornavano il crine di Alcimide di Egina, giovine lottatore. — Gli Atlet
addosso e lo schiacciò. Ben 23 corone adornavano il crine di Alcimide di Egina, giovine lottatore. — Gli Atleti dotati di
il crine di Alcimide di Egina, giovine lottatore. — Gli Atleti dotati di forza prodigiosa furono talora sedotti dalla pres
furono talora sedotti dalla presunzione, e ne pagarono il fio. Milone di Crotone nel Brutium (Abruzzi) superò tutti quelli
i quelli del suo tempo. Era stato visto mettersi sulle spalle un toro di quattro anni, correr con esso lo stadio senza rip
spaccato dal vento. Rammentatosi dell’antica sua forza, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo braccio non era più quel
, volle finire di scoscenderlo ; ma il suo braccio non era più quello di prima. L’albero apertosi alla prima scossa, tosto
un leoue mostruoso sul monte Olimpo, ed era capace in età più adulta di fermare con una mano un carro tirato da sci caval
ed i convitati scapparono ; ma egli, fidando nella sua forza, pretese di sostencre l’enorme peso, e dovè soccombere sotto
ente fatto, che può dare un cenno dei costumi e dell’indole dei Greci di quel tempo. « Un vecchio avvolontato di vedere i
stumi e dell’indole dei Greci di quel tempo. « Un vecchio avvolontato di vedere i giuochi che si celebravano in Olimpia, n
i fatti gli cedeano il luogo. Tutta l’assemblea con lieto scoppiettar di mano lodò questa buona speranza, ed il vecchio cr
zandosi in piè gli offeriscono luogo fraessi. Il popolo si compiacque di questo fatto, e lietamente romoreggiò con gran di
piacque di questo fatto, e lietamente romoreggiò con gran dimostranza di averlo approvato. Disse allora uno Spartano : Cer
scono gli Ateniesi il bene, ma nol fanno. » (Adriani. Volgarizzamento di Plutarco.) Pindaro, maraviglioso poeta, celebrava
i crediamo opportuno riportare alcune delle sentenze sparse nelle Odi di Pindaro, e scelte nella traduzione del Borghi, le
cun trapassa i gelid’anni, e giace In tenebrosa pace, Né bella gloria di bell’opre ottiene ? Ma ugual se il giorno ride, U
ottiene ? Ma ugual se il giorno ride, Ugual se mancar suole Ai figli di virtù risplende il Sole. Degli amici all’udir l’
all’udir l’inclite imprese Meglio allegrar si suole Qual alma eccelsa di virtù s’accese. D’empia menzogna profanar non gio
D’empia menzogna profanar non giova Le generose lodi : Nella stagion di faticosa prova Lice gl’imbelli ravvisar dai prodi
fatica e chiesto argento ; Ma nella patria terra, Se alcun s’allegra di beato evento, Lui tien, lui saggio chiama Fra i m
se non oro, non vigor ti manca, Non lodati costumi, Fuggi, o mortal, di pareggiarti ai Numi. Nell’ Ocean, nel suolo, Frut
nel suolo, Frutto d’onor non coglie Virtù che rischio teme. Ah ! che di folle errore Anche il saggio talor giuoco divenne
do l’avel ne prema, Sol quella mostra chi quassu fu degno Di storia o di poema. Sé stesso il saggio moderar procuri, Nemic
e del tiranno e della sua città ad aprire questo pubblico esperimento di coraggio e di forza, secondo alcuni l’anno 884 av
e della sua città ad aprire questo pubblico esperimento di coraggio e di forza, secondo alcuni l’anno 884 av. G. C. Vi è a
e indica il loro numero e la loro riunione ; ovvero da Pelope figlio di Tantalo ; e v’è memoria che anche Atreo gli istit
atini per andar d’accordo con loro. Ogni Olimpiade formava un periodo di quattro anni e due mesi. Giusta i migliori critic
i av. G. C. quando Corebo vinse nella corsa, e continuarono in numero di 294 fino al principio del quinto secolo dell’èra
. 672. I Giuochi Pitii che celebravansi ogni quattro anni nella città di Pitona appiè del monte Parnaso, o dalla città med
Greci tenuti in massimo pregio. Si dettero ai vincitori corone, prima di quercia, poi d’alloro o di palma ; nè vi mancaron
gio. Si dettero ai vincitori corone, prima di quercia, poi d’alloro o di palma ; nè vi mancarono premj di musica, di danza
ne, prima di quercia, poi d’alloro o di palma ; nè vi mancarono premj di musica, di danza e di poesia. I Romani adottarono
i quercia, poi d’alloro o di palma ; nè vi mancarono premj di musica, di danza e di poesia. I Romani adottarono questi giu
poi d’alloro o di palma ; nè vi mancarono premj di musica, di danza e di poesia. I Romani adottarono questi giuochi verso
iamarono Apollinari. 673. I Giuochi Nemei, già istituiti nella selva di Neme dai sette capitani a Tebe in memoria dell’uc
i ; e vi era usato ogni genere d’atletico esperimento, almeno all’età di Pindaro. Li celebravano ogni tre anni, e gli atle
mpre vestiti a lutto. 674. I Giuochi Ismici presero il nome dall’ismo di Corinto, ove con gran pompa erano solennizzati og
no solennizzati ogni cinque anni. Furono istituiti da Sisifo in onore di Melicerta, e poscia verso l’anno 1260 av. l’èra v
ripristinati da Teseo (482) e consacrati a Nettuno (185). Ogni genere di atletico esercizio vi si tentava, come la corsa,
tituzione una corona d’apio cingeva le tempie dei vincitori. In tempo di questi giuochi il console Flaminio fece proclamar
il Macedone, due secoli circa avanti G. C. 675. I principali giuochi di Roma erano di tre specie : La corsa fatta nel cir
due secoli circa avanti G. C. 675. I principali giuochi di Roma erano di tre specie : La corsa fatta nel circo dedicato a
ci, consistenti nel rappresentare tragedie, commedie e satire in onor di Bacco, di Venere e d’ Apollo. 140 Descrizione
tenti nel rappresentare tragedie, commedie e satire in onor di Bacco, di Venere e d’ Apollo. 140 Descrizione dei giuoch
La corsa a piedi. 675, 2°. Fu primieramente proposta la corsa di mille passi, dal tempio di Minerva al Foro : alla
75, 2°. Fu primieramente proposta la corsa di mille passi, dal tempio di Minerva al Foro : alla quale distanza non poteva
già alquanto trascorsi in retta schiera, l’uno non superando l’altro di minimo spazio, quando quegli ch’era di mezzo creb
a, l’uno non superando l’altro di minimo spazio, quando quegli ch’era di mezzo crebbe il suo corso, ed avanzò alquanto. Gl
crebbe il suo corso, ed avanzò alquanto. Gli altri, che erano a lato di lui, sforzaronsi parimenti di raggiungerlo, per m
ò alquanto. Gli altri, che erano a lato di lui, sforzaronsi parimenti di raggiungerlo, per modo che formossi la loro schie
pazio in quella disposizione, quando colui che correva al destro lato di quello che tutti superava nel mezzo, fatto repent
he tutti superava nel mezzo, fatto repentino impeto, trascorse avanti di lui. Risonò l’aria di lietissimi applausi ; dai q
mezzo, fatto repentino impeto, trascorse avanti di lui. Risonò l’aria di lietissimi applausi ; dai quali punto, non meno c
non che a corsa, a salti maravigliosi, e riapparve ben presto innanzi di tutti, siccome da prima, a sè di nuovo rivolgendo
iosi, e riapparve ben presto innanzi di tutti, siccome da prima, a sè di nuovo rivolgendo lo stridore degli applausi. Ma p
degli applausi. Ma pure il vicino cursore, non deponendo la speranza di trascorrere di nuovo innanzi di quello, si slanci
. Ma pure il vicino cursore, non deponendo la speranza di trascorrere di nuovo innanzi di quello, si slanciava anelando vi
no cursore, non deponendo la speranza di trascorrere di nuovo innanzi di quello, si slanciava anelando vicino in modo, che
si slanciava anelando vicino in modo, che l’altro sentiva l’affannoso di lui respiro, onde, per tôrsi da tale molestia, tr
trattenendosi all’improvviso, con mirabile arte stese il piede verso di lui ; il quale non potè evitare l’inciampo, e per
i a nuovo spettacolo, sei carri ; ciascuno dei quali aveva al timone, di fronte, quattro corsieri, che, anelando dalle all
con le redini nella manca, e nella dritta sospeso il flagello in atto di percuotere, col viso rivolto al trombettiere, sta
ia più grata la corsa e più festiva ; ma pure hanno il capo ricoperto di un elmo leggiero, a difesa delle tempie in una fo
lentano la briglia, animandoli colla voce e colla sferza, chini verso di loro alquanto, o per essere più facilmente intese
ci, insieme al calpestio delle ferrate ugne. Ma ben presto, al volger di tante rote e al battere di tante orme, la in prim
lle ferrate ugne. Ma ben presto, al volger di tante rote e al battere di tante orme, la in prima serena aria offuscò tal n
e al battere di tante orme, la in prima serena aria offuscò tal nembo di arida polve, che, come la luna, tra le nubi, ora
cuno ingombro i sei carri ; e quegli astanti si compiacevano non solo di rimirarne a cielo sereno la corsa, ma deridevano
lvere, sollevando dalla molestia i derisi, e rendendo loro spettacolo di beffe gli stessi derisori. Ma già un carro, i cui
, i cui destrieri erano biondi con nere chiome, trascorreva gli altri di non breve spazio, ed il condottiere dimostrava la
i appressa un altro cocchio, i cui destrieri erano foschi come quelli di Pluto rapitore di Proserpina. A somiglianza di qu
o cocchio, i cui destrieri erano foschi come quelli di Pluto rapitore di Proserpina. A somiglianza di quelli, sembrava che
ano foschi come quelli di Pluto rapitore di Proserpina. A somiglianza di quelli, sembrava che loro uscissero le faville in
tuosi quanto il mare. Già la testa loro pareggia il centro delle rote di quel carro che precede ; il condottiero del quale
intervallo trascorrendo come flutto spinto dal vento, giunsero a lato di quelli. Per qualche tratto di stadio corsero così
lutto spinto dal vento, giunsero a lato di quelli. Per qualche tratto di stadio corsero così, che le otto teste delle due
dell’asse. Al quale oggetto spaventati i biondi destrieri, cadde uno di loro ; e gli altri tutti, da lui repentinamente t
cocchio pendeva da una parte, trascinando nella polvère l’asse privo di rota, mentre che il giovane giaceva supino, rimas
giovane giaceva supino, rimasto indietro nello stadio senza speranza di premio, benchè il vòto carro giugnesse alla meta.
altri quattro, che ad eguali distanze seguivansi, deviando l’inciampo di quello ch’era rimasto per via, incominciarono a g
mpo di quello ch’era rimasto per via, incominciarono a gareggiare fra di loro, rianimando le speranze, e finalmente giunse
eranze, e finalmente giunse prima alla meta la quadriga bianca sparsa di nere macchie, onde presentandosi il condottiero a
atore de’ premj, ebbe in dono un elmo ed un usbergo d’acciajo, ornato di argento, sul petto di cui si vedeva scolpita una
in dono un elmo ed un usbergo d’acciajo, ornato di argento, sul petto di cui si vedeva scolpita una quadriga in oro, col m
sonare giulivi istrumenti, e richiamare la moltitudine a nuovo genere di spettacolo. Al qual segno trascorse l’avida turba
ginnastici nella palestra, in cui molti pugillatori apparvero, armati di cesti ; e molti vennero lieti e baldanzosi, che p
e partirono sostenuti dalle braccia dei pietosi amici, col viso tinto di sangue. Non ancora appariva Faone,141 benchè in q
nchè in questi giochi celebrato, forse per eccitare maggior desiderio di sè : come infatti prorompeva la impazienza della
chè alquanto ristette, contemplando intorno la folla, in aspettazione di un competitore, ben presto apparve un atleta cret
aspettazione di un competitore, ben presto apparve un atleta cretese, di smisurata grandezza ; il quale, a lui presentando
o, con una fascia ai lombi, secondo è costume. Erano fosche le membra di lui, come arse al raggio estivo in questi cimenti
delicata dalle guance, fresche come i fiori mattutini ; ed il colore di tutta la persona non potrebbe in altro modo espri
o cimento. Ed invero, considerando la mostruosa forza del competitore di lui a fronte di quelle membra così delicate, dove
vero, considerando la mostruosa forza del competitore di lui a fronte di quelle membra così delicate, dovevano essere gli
eciprocamente. Veniva il Cretese colle braccia aperte in atto non che di stringere ma d’ingojare il garzone ; il quale, de
deviando l’incontro, destramente inchinandosi, passò sotto il braccio di lui, e quindi, rivolgendosi rapidamente, lo prese
sotto il braccio di lui, e quindi, rivolgendosi rapidamente, lo prese di dietro ai fianchi. Quegli però, scotendosi con im
recciando le dita, per afferrarlo sicuramente. Stettero così alquanto di nuovo discosti, ed il Cretese fremeva nel vedersi
retese fremeva nel vedersi, al principio del cimento, quasi sul punto di essere superato, parendogli piuttosto audacia che
ssere superato, parendogli piuttosto audacia che valore la competenza di così delicato garzone. Che se la vergogna del van
vano colpo non l’avesse animato a sdegno, forse avrebbe sentito pietà di lui. Ma reso crudele dall’ira, abbassato il capo,
lui. Ma reso crudele dall’ira, abbassato il capo, si abbandonò contro di quello, siccome un toro che assalta il bifolco. F
e un toro che assalta il bifolco. Fu veramente maravigliosa l’agilità di Faone ; perchè, giunta la testa dell’avversario c
ambe le mani, ed allargando le gambe spiccò un salto, per cui rimase di nuovo a tergo del suo deluso competitore. Questi,
al nave spinta nell’acque, poichè andò vano il violento impeto, privo di resistenza, cadde boccone, ed impresse nell’arena
ente caduto il prepotente atleta, e rialzarsi poi col viso imbrattato di polvere. Ma quegli, oramai cieco, e per la rena e
egli, oramai cieco, e per la rena entrata negli occhi, e per la brama di vendetta, mordendo le labbra, e con pupille arden
lle sorprese, tornò alla tenzone, ed accostandosi entrambi, alla fine di slancio strettamente si abbracciarono. Stettero d
bracciarono. Stettero da prima alquanto immobili, aspettando ciascuno di loro qualche atto dell’avversario, da cui ritrarr
se l’opportunità d’introdurre la destra gamba, e con essa il sinistro di lui piede a sè traendo, e nel tempo istesso sping
e egli rimase in piedi : perchè il cadente avversario, colla speranza di sostenersi, lo abbandonò. Tutti acclamarono Faone
citore, accompagnato dagli applausi delle fanciulle, che versavano su di lui copiosamente i fiori estivi, tra i balli e gl
mente i fiori estivi, tra i balli e gl’inni, animati dal suono estivo di cetere o di sistri, s’inoltrò a traverso dell’are
i estivi, tra i balli e gl’inni, animati dal suono estivo di cetere o di sistri, s’inoltrò a traverso dell’arena ; passegg
all’alto seggio del giudice atletico, che pose la corona su le tempie di lui, ed aggiunse in premio un lucido elmo, da cui
giunse in premio un lucido elmo, da cui pendevano bianchissime chiome di destriero, e un ampio scudo, nel cui centro era i
a del pedestre corso, Entrò splendido in lizza e maestoso, Maraviglia di tutti ; e dell’arringo Tosto adeguando alla sembi
i quante giostre in quel primiero giorno Fur bandite e commesse, egli di tutte Portò la palma, e proclamato sempre Fu vinc
se un Dio ne persegue, invan sottrarsi Tenta l’uom, benchè forte. Il di seguente, Che al surgere del sole era il certame
e quadrighe, in campo anch’egli venne Fra molti aunghi. Achivo l’un ; di Sparta L’altro ; due Libj, ed ei venía per quinto
niano, Bianco il destrier, l’ottavo ; e della sacra Atene il nono ; e di Beozia l’altro Che li diece compiea. Gli arbitri
he li diece compiea. Gli arbitri eletti Trasser le sorti, e in ordine di quelle Postati i cocchi, a uno squillar di tromba
sser le sorti, e in ordine di quelle Postati i cocchi, a uno squillar di tromba Sbucaron tutti, ai cavalli gridando, E sq
alli gridando, E squassando le briglie. Empiè l’arena Tosto un fragor di rumorose rote ; Iva in alto la polve ; l’un con l
to, Quando i destrier dell’ Eniano indocili Rivoltansi repente, e dan di fronte Entro i cocchi barcei. L’un contro l’altro
tti, ond’egli Abbia almen tomba nella patria terra. Sofocle, Trad. di F. Bellotti. Segni dello zodiaco. 676. L
llotti. Segni dello zodiaco. 676. Lo Zodiaco è quello spazio di cielo apparentemente percorso dal sole in un anno
o dall’altra dell’eclittica,142 per quanto si stende la circonferenza di questa, ne nasce una zona o cintura o fascia, la
zona è divisa in dodici parti, ossia in dodici costellazioni o gruppi di stelle chiamati segni dello Zodiaco. L’origine di
tellazioni o gruppi di stelle chiamati segni dello Zodiaco. L’origine di queste costellazioni è sepolta nelle tenebre del
Si leggono nella Bibbia i nomi d’ Orione, delle Jadi, delle Plejadi, di Arturo ed altri ; ma pende questione tra’ dotti s
ni dello Zodiaco non resta veramente tutta intera dentro la larghezza di esso, ma questa fu limitata a 18 gradi con l’unic
rghezza di esso, ma questa fu limitata a 18 gradi con l’unico oggetto di circoscriver la zona celeste, dentro la quale s’a
cangiata in giovenca (89). 679. I Gemelli, che ebbero un tempo figura di capretti, rappresentano la fecondità dei bestiami
o mandato da Giunone (85) contro Ercole, mentr’egli combatteva l’idra di Lerna (371). L’animale lo morse in un piede, ma E
invita gli uomini all’occupazione della caccia, ed è sotto la figura di Centauro (430) in atto di scagliare una freccia ;
upazione della caccia, ed è sotto la figura di Centauro (430) in atto di scagliare una freccia ; lo che potrebbe anche den
Greci e dai Romani. La Primavera ha per emblema un fanciullo coronato di fiori ed appoggiato ad un arboscello con le fogli
are. Ha seco un agnello od accarezza una pecora. L’ Estate è coronata di spighe e quasi nuda ; ha in una mano una falcetta
ghe e quasi nuda ; ha in una mano una falcetta, e nell’altra un mazzo di spighe già legate. L’ Autunno ha in capo un panie
altra un mazzo di spighe già legate. L’ Autunno ha in capo un paniere di frutti e nelle mani un grappolo d’uva matura. L’
rutti e nelle mani un grappolo d’uva matura. L’ Inverno tutto coperto di vesti, in mezzo a desolata campagna, raccoglie in
ocolare pochi stecchi, e vi si scalda le mani ; ha accanto un paniere di frutta appassite. Cerimonie funebri. 6
de’ nembi e dal profano Piede del vulgo, e serbi un sasso il nome, E di fiori odorata arbore amica Le ceneri di molli omb
, e serbi un sasso il nome, E di fiori odorata arbore amica Le ceneri di molli ombre consoli. ……………….. Dal di che nozze e
i odorata arbore amica Le ceneri di molli ombre consoli. ……………….. Dal di che nozze e tribunali ed are Diero all’umane belv
bbe inutile compendiarlo ; quindi ci limiteremo a indicare quei passi di Omero e di Virgilio che più d’ogni altra descrizi
compendiarlo ; quindi ci limiteremo a indicare quei passi di Omero e di Virgilio che più d’ogni altra descrizione son per
in un duello anche i più acerbi nemici ponevano per prima condizione di rendere ai parenti il corpo del vinto perchè aves
Così esclama Ettore in mezzo ai due eserciti combattenti nella guerra di Troja, e nell’invitare a singolar battaglia i nem
alle navi Vi sarà rimandato, onde d’esequie L’orni l’achea pietade e di sepolcro Su l’Ellesponto. (Iliade, lib. VII, Tra
si, collocàr l’estinto ; Poi davanti alla pira una gran torma Scuoiàr di pingui agnelle e di giovenchi, E traendone l’adip
to ; Poi davanti alla pira una gran torma Scuoiàr di pingui agnelle e di giovenchi, E traendone l’adipe il Pelide Copriane
umulò. D’accanto indi gli pose Colle bocche sul feretro inchinate Due di miele e d’unguento urne ricolme. Precipitoso ei p
mò con dolorosi Gridi l’amico : Addio, Patroclo, addio Ne’regni anche di Pluto : Ecco adempite Le mie promesse. ………………… Ma
sè le nubi. Si sfrenâr soffiando Sulla marina, sollevaro i flutti, E di Troja arrivati alla pianura, Ruinâr su la pira ;
ocava dell’estinto amico. Come un padre talor piange bruciando L’ossa di un figlio che morì già sposo, E morendo lasciò gl
lio che morì già sposo, E morendo lasciò gli sventurati Suoi genitori di cordoglio oppressi ; Così dando alle fiamme il su
purpureo vino Di tutto il rogo in pria le bragie, e poscia Raccogliam di Patroclo attentamente Le sacrate ossa ; e scerner
avvolte, in urna d’oro Le riporremo, finchè venga il giorno Ch’io pur di Pluto alla magion discenda. Non vo’gli s’erga una
te a questa riva. Del Pelide al comando obbedïente Con larghi sprazzi di vermiglio bacco Di tutto il rogo ei spensero alla
onumento, Ne gittaro d’intorno all’arsa pira I fondamenti, v’ammassàr di sopra Lo scavato terreno, e a fin condotta La tom
r ; tripodi e vasi E destrieri e giumenti e generosi Tauri e captive di gentil cintiglio, E forbite armature. (Op. cit.,
Enea istituì per Anchise : Generosi e magnanimi Trojani, Degna prole di Dardano e del Cielo, Questa è l’amica terra, ov’o
l’arene, e ne le secche De la Getulia ; spingami a gli scogli Del mar di Grecia ; ne la Grecia stessa Mi chiugga, e dentro
l mar di Grecia ; ne la Grecia stessa Mi chiugga, e dentro al cerchio di Micene ; Ch’io l’arò sempre per solenne ; e voti
un nostro legno Vi profferisce il buon troiano Aceste. Voi d’Aceste e di Troja i patrj Numi Ne convitate ; ed io quando l’
queto il nono giorno adduca, A solenni spettacoli v’invito, Di navi, di pedoni e di cavalli, Al corso, alla palestra, al
no giorno adduca, A solenni spettacoli v’invito, Di navi, di pedoni e di cavalli, Al corso, alla palestra, al cesto, a l’a
o mirto materno il crin si cinse. Elimo lo segui, seguillo Alete ; Un di verd’anni, e l’altro di maturi ; Poscia il fanciu
si cinse. Elimo lo segui, seguillo Alete ; Un di verd’anni, e l’altro di maturi ; Poscia il fanciullo Julo ; e dietro a lo
. Enea disceso Dal parlamento, in mezzo a quante intorno Avea schiere di genti, umile e mesto Al sepolcro d’Anchise appres
ise appresentossi ; E con rito solenne in terra sparte Due gran coppe di vino e due di latte E due di sangue, di purpurei
ssi ; E con rito solenne in terra sparte Due gran coppe di vino e due di latte E due di sangue, di purpurei fiori Vi nevig
o solenne in terra sparte Due gran coppe di vino e due di latte E due di sangue, di purpurei fiori Vi nevigò di sopra un n
n terra sparte Due gran coppe di vino e due di latte E due di sangue, di purpurei fiori Vi nevigò di sopra un nembo, e dis
e di vino e due di latte E due di sangue, di purpurei fiori Vi nevigò di sopra un nembo, e disse : A voi sant’ossa, a voi
i ceneri amate E famose e felici, anima ed ombra Del padre mio, torno di nuovo indarno Per onorarvi ; poichè Italia e ’l T
devoto affetto V’adoro e ’nchino come cosa santa. Mentre cosi dicea, di sotto al cavo De l’alto avello, un gran lubrico s
do, e quasi un Iri A sole avverso scintillò dintorno Mille varj color di luce e d’oro. Stupissi Enea di cotal vista ; e l’
so scintillò dintorno Mille varj color di luce e d’oro. Stupissi Enea di cotal vista ; e l’angue Di lungo tratto in fra le
e com’era uso antico, Cinque pecore elette e cinque porci, Con cinque di morello il tergo aspersi Grassi giovenchi anzi a
e versando, e novamente Fin d’Acheronte richiamando il nome E l’anima di Anchise. Indi i compagni, Ciascun, secondo la su
di i compagni, Ciascun, secondo la sua possa, offrendo, Lieti colmàr di doni i santi altari. Altri di lor le vittime immo
do la sua possa, offrendo, Lieti colmàr di doni i santi altari. Altri di lor le vittime immolaro, Altri cibo ne fero ; e t
del Caro.) 694. Lo stesso Enea con non minor pompa compie i funerali di Miseno, araldo dell’esercito, e già compagno d’ E
no, araldo dell’esercito, e già compagno d’ Ettore : Non s’intermise di Miseno intanto Condur l’esequie al suo cenere est
cenere estremo ; E primamente la gran pira estrutta Di pingui tede e di squarciati roveri V’alzâr cataste ; di funeste fr
pira estrutta Di pingui tede e di squarciati roveri V’alzâr cataste ; di funeste frondi D’atri cipressi ornâr la fronte e
i ornâr la fronte e i lati, E piantâr ne la cima armi e trofei. Parte di loro al fuoco, e parte a l’acque, E parte intorno
lavò, chi l’unse. Poichè fu pianto, in una ricca bara Lo collocaro, e di purpuree vesti, De’suoi più noti e più graditi ar
etro Tenner le faci, e dier foco alla pira ; E gran copia d’incenso e di liquori E di cibi e di vasi ancor con essi, Sicco
e faci, e dier foco alla pira ; E gran copia d’incenso e di liquori E di cibi e di vasi ancor con essi, Siccome è l’uso an
dier foco alla pira ; E gran copia d’incenso e di liquori E di cibi e di vasi ancor con essi, Siccome è l’uso antico, entr
eliquie e l’ossa Furon da Corineo tra le faville Ricerche e scelte, e di viu puro asperse ; Poi di sua mano acconciamente
Corineo tra le faville Ricerche e scelte, e di viu puro asperse ; Poi di sua mano acconciamente in una Di dorato metallo u
llo urna riposte. Lo stesso Corinéo tre volte intorno Con un rampollo di felice oliva Spruzzando di chiar’onda i suoi comp
Corinéo tre volte intorno Con un rampollo di felice oliva Spruzzando di chiar’onda i suoi compagni, Li purgò tutti, e ’l
di volle intraprendere la conquista dell’universo, e parti alla testa di un grand’esercito, lasciando Iside a governare i
i poi gli occhi d’Argo. In poco tempo Osiride soggiogò un gran numero di nazioni, ma piuttosto con la dolcezza e con la pe
numero di nazioni, ma piuttosto con la dolcezza e con la persuasione, di quello che con le armi. 698. Nella sua assenza Ti
s’adoperò invano a frenarne l’ambizione, e dovè perire vittima della di lui perfidia. 699. Tifone trovò tra gli stessi co
ifone trovò tra gli stessi cortigiani beneficati da Osiride un numero di malcontenti indiscreti e desiderosi di mutar padr
eneficati da Osiride un numero di malcontenti indiscreti e desiderosi di mutar padrone, coi quali ordì una congiura, e, in
o nel Nilo. 700. Iside, saputo il fine lacrimevole del fratello, fece di tutto per rintracciarne le spoglie, e potè trovar
ichiamò in vita, lo fece immortale, e gl’insegnò la medicina e l’arte di predire il futuro. V’è ragione di credere che l’
, e gl’insegnò la medicina e l’arte di predire il futuro. V’è ragione di credere che l’ Oro degli Egiziani e l’Apollo (96)
ro mezzo avevano imparato l’agricoltura, così stabilirono per simboli di queste divinità il bue e la vacca. Quindi fu divu
ta in quell’animale (Metempsicosi 162 2°), era chiamato Api, e scelto di color nero, con in fronte una macchia bianca di f
hiamato Api, e scelto di color nero, con in fronte una macchia bianca di forma quadra, una figura d’aquila sul dorso, e a
a figura d’aquila sul dorso, e a destra un altro segno bianco a guisa di mezza-luna. Il volgo credeva che questi segni fos
rni a Nilopoli, e lo custodivano le donne che sole avevano il diritto di vederlo ; indi era condotto pel Nilo in una belli
a Memfi, ed allo sbarco era accolto dai sacerdoti e da immensa folla di popolo. Condottolo nel santuario d’ Osiride, lo c
una o nell’altra era buono o cattivo augurio per l’Egitto. Non usciva di lì che per pigliare aria sopra un prato, o per gi
evano sulle sponde del Nilo, e con solennissima cerimonia e coi segni di profondo rispetto vel sommergevano Indi ne imbals
to Osiride ; e il lutto durava finchè non fosse piaciuto ai sacerdoti di dargli un successore. Allora tornavano in tutti l
ano a crescere ; e gli Egiziani dicevano per figura che l’inondazione di quel fiume fosse cagionata dalle lagrime d’Iside,
dalle lunghe piogge dell’Etiopia. 705. Osiride ha in capo una specie di mitra, dalla quale spuntano due corna ; nella sin
a, dalla quale spuntano due corna ; nella sinistra un bastone a guisa di pastorale, e nella destra uno staffile a tre cord
taccati al suo carro. Talora comparisce in figura d’uomo con la testa di sparviero, perchè quest’uccello, emblema del sole
 ; ma la sua origine è incerta come quella degli altri Dei principali di quel popolo. Questo Anubi è rappresentato in un u
di quel popolo. Questo Anubi è rappresentato in un uomo con la testa di cane, vestito di corazza, col caduceo in una mano
Questo Anubi è rappresentato in un uomo con la testa di cane, vestito di corazza, col caduceo in una mano ed il sistro nel
ome al bue Api. L’imperatore Antonino Pio introdusse in Roma il culto di Serapide l’anno 146 dell’èra cristiana ; ma il Se
per la troppa licenza delle sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre di lutte le cose e di Dea universale, spess
roppa licenza delle sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre di lutte le cose e di Dea universale, spesso è rappr
sue feste. 706. Iside, distinta col nome di Madre di lutte le cose e di Dea universale, spesso è rappresentata in sembian
utte le cose e di Dea universale, spesso è rappresentata in sembianza di donna con le corna di vacca, simbolo delle fasi l
universale, spesso è rappresentata in sembianza di donna con le corna di vacca, simbolo delle fasi lunari, ed un sistro ne
svolazzante ; il globo della terra sotto i piedi, e la testa coronata di torri come quella di Cibele. In alcuni monumenti
o della terra sotto i piedi, e la testa coronata di torri come quella di Cibele. In alcuni monumenti la si vede ancora con
rretto e lo scettro d’ Osiride ; anch’essa ha i leoni a’piedi. Alcuni di questi attributi fanno supporte infatti che gli a
, viveano celibi e poveri ; si radevano il capo, non mangiavano carne di maiale nè carne salata, si coprivano con lunghe v
iavano carne di maiale nè carne salata, si coprivano con lunghe vesti di lino, camminavano a piedi nudi o con sandali di s
vano con lunghe vesti di lino, camminavano a piedi nudi o con sandali di scorza d’albero ; recavano una bisaccia sulle spa
a sulle spalle ed un campanello in mano. Ogni mattina cantavano prima di tutto le lodi d’Iside, e poi andavano attorno a c
costumi. Alcuni dotti credono che da Iside venisse il nome alla città di Parigi (Parisiis) che supponesi fabbricata vicino
idos. Vero è poi che questa divinità era considerata qual protettrice di Parigi. Quei popoli credevano ch’ella fosse giunt
idere, benchè involontariamente, un animale sacro, era delitto punito di morte. 709. Ma in questo culto degli animali non
o la capra. Quindi nascevano odii e dispute religiose. 710. L’origine di questo culto, secondo la favola, nasce dai tempi
Titani, si rifugiarono nell’Egitto, e vi si nascosero sotto le forme di varii animali (67). Così gli Egiziani credevano d
ero sotto le forme di varii animali (67). Così gli Egiziani credevano di onorare le divinità che s’erano celate sotto quel
a vinceva ogni magnificenza. Taluni credono che fosse la famosa torre di Babele. 712. I Caldei erano i sacerdoti dei Babil
gine dell’astrologia giudiciaria. 713. I Persiani conoscevano l’unità di Dio. Il Sole che veniva da loro adorato sotto il
vano l’unità di Dio. Il Sole che veniva da loro adorato sotto il nome di Mitra, e il fuoco sacro del quale tenevano religi
i bene ; ed il cattivo principio, detto Arimane, passava per l’autore di tutto il male. Il primo era rappresentato dalla l
La riunione dei tre poteri, ossia la trinità degl’Indiani, è composta di Brama, di Siva e di Visnù. Il primo è il potere c
e dei tre poteri, ossia la trinità degl’Indiani, è composta di Brama, di Siva e di Visnù. Il primo è il potere creatore, i
poteri, ossia la trinità degl’Indiani, è composta di Brama, di Siva e di Visnù. Il primo è il potere creatore, il secondo
il potere conservatore. Queste divinità sono adorate in figure umane di tre teste, chiamate Trimurti. Brama. 717.
uovo d’oro, splendido quanto mille soli, nel quale nacque Brama padre di tutti gli esseri. 718. Questo Dio dopo aver soggi
r un gran numero d’anni, scompartì la sua stanza in due parti eguali, di cui formò il cielo e la terra. Brama governò l’In
molta sapienza, e vi dettò leggi che sono sempre in vigore. 719. Una di queste leggi ordina agl’Indiani di nutrirsi di so
e sono sempre in vigore. 719. Una di queste leggi ordina agl’Indiani di nutrirsi di sole frutta, e d’astenersi dall’uccid
e in vigore. 719. Una di queste leggi ordina agl’Indiani di nutrirsi di sole frutta, e d’astenersi dall’uccidere enti ani
ano un circolo, emblema dell’immortalità, in un’altra il fuoco, segno di forza ; e con le due rimanenti scrive sopra certe
le sue nove metamorfosi, la storia delle quali è piena d’assurdità e di stravaganze. Gl’Indiani sostengono che sotto il v
assurdità e di stravaganze. Gl’Indiani sostengono che sotto il velame di questi racconti stieno riposti profondi misteri c
i profondi misteri che essi non vogliono svelare ai profani. Ecco due di tali metamorfosi. 723. La terra, spossata dal pes
La terra, spossata dal peso della montagna Merupatu, era in pericolo di sprofondarsi nell’abisso, quando Visnù, trasforma
suo grifo, e la collocò nel primiero suo posto. Le altre metamorfosi di questo Dio son dello stesso tenore. 725. Gl’India
orfosi di questo Dio son dello stesso tenore. 725. Gl’Indiani credono di più che Visnù debba subire una decima trasformazi
debba subire una decima trasformazione, nella quale piglierà la forma di un cavallo bianco alato. Questo Pegaseo indiano s
fondare nell’abisso, ed il mondo verrà distrutto. Aspettando il tempo di quest’ultima metamorfosi, Visnù dorme intanto tra
st’ultima metamorfosi, Visnù dorme intanto tranquillamente in un mare di latte, e sta sdraiato sopra un serpe con cinque t
. Divinità galliche. 726. Tra gli Dei, che i Galli onoravano di parzial culto, i più celebri erano Teutatète, Eso
ttivo, l’anima del mondo ; e le sue cerimonie erano celebrate al lume di luna od alla luce di grandi fiaccole in luoghi el
ndo ; e le sue cerimonie erano celebrate al lume di luna od alla luce di grandi fiaccole in luoghi elevati od in folti bos
comunicare la sua sapienza alle assemblee del popolo ; e sotto quella di un giavellotto se imploravano le vittorie. 729. I
valli, ed in tempi calamitosi anche vittime umane. 730. Eso, divinità di gran conto pei Galli, presiedeva alla guerra, ed
Galli, presiedeva alla guerra, ed era rappresentato semi-nudo, armato di scure, in atto di vibrar colpi. 731. I Galli nell
alla guerra, ed era rappresentato semi-nudo, armato di scure, in atto di vibrar colpi. 731. I Galli nella loro barbara fer
bara ferocia credevano rendersi favorevole questo Nume con ogni sorta di vittime, ed il suo culto fu il più scellerato e i
gualmente che agli altri. 733. I Galli adoravano anche un gran numero di Dei tolti dai Greci, vale a dire Mercurio (160),
onoscere in Tanarete ed in Eso gli Dei adorati dai Greci sotto i nomi di Giove e di Marte. 734. I Galli si vantavano disc
Tanarete ed in Eso gli Dei adorati dai Greci sotto i nomi di Giove e di Marte. 734. I Galli si vantavano discendenti di
to i nomi di Giove e di Marte. 734. I Galli si vantavano discendenti di Plutone (213), e per questa credenza misuravano i
l loro tempio, ed anche lo stesso Nume, poichè, come dicemmo parlando di Teutatète, la statua del loro supremo Dio era un’
capo d’anno era distribuito al popolo qual cosa santa e quale indizio di buon augurio. 736. I Druidi non erano solamente m
e indizio di buon augurio. 736. I Druidi non erano solamente ministri di religione, ma tenevano anche le redini del govern
i sacrificii e delle altre cerimonie della religione, ed avevano fama di predire il futuro. Quindi i divoti le consultavan
tani quei campi servissero a qualche uso profano, solevano ricoprirli di pietre enormi. Tale dicono esser l’origine dei mo
no ricoprirli di pietre enormi. Tale dicono esser l’origine dei monti di pietre che ancora sussistono in certi luoghi dell
del Nord, fu il primo ed il più antico Nume della Scandinavia, ossia di quella porzione d’Europa che comprende la Danimar
li Dei e degli uomini al pari del Giove dei Greci. Ebbe anche il nome di Padre delle battaglie, perchè adottava per suoi f
e spalle d’Odino per dirgli all’orecchio quanto avevano udito o visto di nuovo nel mondo. Odino li mandava ogni giorno a r
ndava ogni giorno a raccoglier notizie, e ritornavano la sera all’ora di cena dopo aver girato tutta la terra. Ecco perchè
tutta la terra. Ecco perchè quel potentissimo Dio sapeva un visibilio di cose, ed era chiamato per antonomasia il Dio dei
er antonomasia il Dio dei Corvi ! 743. Genii. Fra questi, tutti quasi di sesso femminile, prima è Gna messaggera di Freya,
i. Fra questi, tutti quasi di sesso femminile, prima è Gna messaggera di Freya, figlia di Odino o la Terra, che la spedisc
tti quasi di sesso femminile, prima è Gna messaggera di Freya, figlia di Odino o la Terra, che la spedisce nei mondi per e
mi mangiati dagli Dei a preservativo dalla vecchiezza. Fra i men noti di sesso maschile si notano Balder potente figlio di
zza. Fra i men noti di sesso maschile si notano Balder potente figlio di Odino, Niord, equivalente all’Eolo de’Greci, e il
Odino, Niord, equivalente all’Eolo de’Greci, e il lupo Fenris, figlio di Loke genio del male, e fratello di Hela, la morte
de’Greci, e il lupo Fenris, figlio di Loke genio del male, e fratello di Hela, la morte. Divinità americane. 744.
n creati i primi abitanti, che qual Dio lo adorarono fino alla venuta di Pasciacamac che più potente mutò in belve gli uom
che più potente mutò in belve gli uomini da Scioun creati, e ne creò di nuovi. Adoravano il Sole quale rappresentante di
un creati, e ne creò di nuovi. Adoravano il Sole quale rappresentante di Dio, e gli davano per moglie e sorella la Luna, d
o, le stelle, il tuono ed i lampi. Offrivano al Sole piccole immagini di uomini, d’uccelli e di quadrupedi in oro, argento
ed i lampi. Offrivano al Sole piccole immagini di uomini, d’uccelli e di quadrupedi in oro, argento e legno ; inoltre gran
Messicane. — I Messicani veneravano Vitzliputzli come sovrano signore di tutte le cose, e dopo lui riguardavano il Sole co
imo degli Dei. Adoravano pure un Dio delle ricchezze sotto l’immagine di uomo colla testa di uccello, con in capo una mitr
vano pure un Dio delle ricchezze sotto l’immagine di uomo colla testa di uccello, con in capo una mitra di carta dipinta.
otto l’immagine di uomo colla testa di uccello, con in capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei loro idoli era compos
capo una mitra di carta dipinta. Un altro dei loro idoli era composto di tutti i semi della terra impastati col sangue di
o idoli era composto di tutti i semi della terra impastati col sangue di molti fanciulli ai quali si era strappato il cuor
angue di molti fanciulli ai quali si era strappato il cuore. Il culto di queste divinità consisteva principalmente nel sac
e a piè dell’altare aspettando il momento fatale, rimiravano i teschi di chi le avea precedute, ed un sacerdote, tenendo i
o è del male. Creato l’universo, il Grande Spirito prese certo numero di frecce e piantatele in terra, trasse da questo ge
ifizio consiste nell’offrire agli Dei, per bruciarle poscia, le merci di cui trafficano cogli Europei, ed il sacrifizio gi
e accompagnata da danze. 7. Avvertiremo ora per sempre che i nemi di parentela fra gli enti mitologici non sono altro
non abbiamo esitato a notare le opinioni, o piuttesto lo capressieni di vari autori, ancorchè possan parere contraditteri
tterie, stimando utile offerire il maggior numero possibile d’ idee e di relazioni, dedetto dalle opero degli antichi e da
, e del suo successivo corrompimento. 10. Saturno cacciato dal regno di Giove. 11. La Dea della giustizia 12. Questo te
di Giove. 11. La Dea della giustizia 12. Questo tempio fu costruito di figura rotonda, perchè Numa, al dire di Newlon, c
2. Questo tempio fu costruito di figura rotonda, perchè Numa, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta nel c
a rotonda, perchè Numa, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta nel centro di un tempio rotondo, volle simb
ma, al dire di Newlon, col riporre il fuoco sacro di Vesta nel centro di un tempio rotondo, volle simboleggiare il sistema
an ventura delle Lettere Italiane riordinalo sugli autografi per cura di F. S Orlandini, e pubblicato coi Tipi di F. Le Mo
alo sugli autografi per cura di F. S Orlandini, e pubblicato coi Tipi di F. Le Monnier nel 1848. Firenze. 14. I Dattili i
si stabilissero). Incivilirono la Frigia, e v’ introdussero il culto di Rea o Cibele. I Dattili in prima esercitarono la
e nelle foreste dell’ Ida pose questi montanari industriosi sulla via di scoprire i metalli nascosti nel seno della terra,
prire i metalli nascosti nel seno della terra, e d’ inventare il modo di fonderli e di lavorarli. Quindi con prestigi e in
i nascosti nel seno della terra, e d’ inventare il modo di fonderli e di lavorarli. Quindi con prestigi e incantesimi aume
talora confusi coi Coribanti, coi Galli e coi Cureti addetti al culto di Cibele. 15. Talnni mitologi unendo inaieme Pros
ed egiziane, ma poco note. Gli Egiziani onoravano in essi i figliuoli di Vulcano (272) ; ed il loro tempio fu tenuto in ta
ri passò dall’Egillo in Grecia fn principalmente celebrato nell’isola di Lenno, in quella di Samolracia, nella Frigia e ne
in Grecia fn principalmente celebrato nell’isola di Lenno, in quella di Samolracia, nella Frigia e nella Macedonia. 16.
uanlo ad Eumolpo la Mitologia narra ch’ei nacque in Tracia e macchinò di levare il trono a Tegirio re di quel paese per re
rra ch’ei nacque in Tracia e macchinò di levare il trono a Tegirio re di quel paese per regnare in sua vece ; ma sventata
convenne fuggire e ricovrarsi io Elensi dove fu iniziato nei misteri di Cerere, e divenne lerofante o aommo-sacerdote. Qn
ante o aommo-sacerdote. Qnest’Eumolpo era poeta, e diventò uomo piene di senun. Fu capo di un’illustre famiglia detta degl
dote. Qnest’Eumolpo era poeta, e diventò uomo piene di senun. Fu capo di un’illustre famiglia detta degli Eumolpidi che eb
capo di un’illustre famiglia detta degli Eumolpidi che ebbe la gloria di tenere il sommo-sacerdozio d’Eleosi finchè sussis
oria di tenere il sommo-sacerdozio d’Eleosi finchè sussistè il tempio di Cerere, vale a dire per 1200 anui. — In sul finir
riceociliò con Tegirio che, non avendo prole, lo fece crede del regno di Tracia verse l’anno 1 100 avanti l’Era Cristiana.
ello della perfezione. La cerimonia d’ammissione aveva Inogo in tempo di nette. Gl’iniziati si raccoglievano in un vasto r
i raccoglievano in un vasto recinto vicino al tempio ; s’inceronavano di mirte, si lavavano le mani, udivano la lettura de
onavano di mirte, si lavavano le mani, udivano la lettura delle leggi di Cerere, pigliavane poco cibe, ed entravane nel sa
A un tratto, cessate le tenebre, vivissima luce illuminava la statua di Cerere doviziosamente arredata ; ma nel tempo che
eva lo spavento nell’animo dell’iniziato. Infine, dopo alcuni istanti di prefondo silenzio, si spalancavano certe perte el
ni istanti di prefondo silenzio, si spalancavano certe perte elevate, di dove allo splendore di mille faci la vista spazia
silenzio, si spalancavano certe perte elevate, di dove allo splendore di mille faci la vista spaziava per vasti ed ameni g
ileozio imposto agl’iniziati ci toglie la cogniziene del vero oggetto di quelle cerimonie ; ma tutti gli autori cengettura
i addolora il pensare che per giungere a queste fine avessere bisogno di tanto artifizioso apparato, e che la sapienza dov
to artifizioso apparato, e che la sapienza dovesse rimaner privilegio di pochi. La verità non cenosce misteri, ed esser de
la fisica sperimentale. 18. Per la smisurata sua mole presa dal gelo di morte. 19. Coloro cho ammetlono l’esistenza del
dato origine non solo a questa favola, ma anche a quella della caduta di Vulcano supra la terra (270) e della folle presun
ella caduta di Vulcano supra la terra (270) e della folle presunzione di Fetonte (119). Ma come mai favolo diverse possono
ui parve campo della guerra celesle, per altri fu la tomba del Sole o di Vulcano. La guerra poi dei Giganti, suscitata da
investigazione cbbe per campo l’Italia, adombra forse una calsstrofo di fuoco particolaro a questo pseso, e nella quale l
pseso, e nella quale l’isola d’Ischia o le altre vicina si formarono di parti di terra divelte dalla Campania in quello s
nella quale l’isola d’Ischia o le altre vicina si formarono di parti di terra divelte dalla Campania in quello sconvolgim
eva la fiamma. E indica il rnmoro che faceva paragonandolo al mnggito di un toro, all’urlo d’uu Jeone o all’abbaiar dei ca
muggiva come talora udiamo fsro il Vesuvio ? La rimanente descrizione di quosta guarra chiaramente indica lo scendere dell
oi medesimi nomi. Por combinare poi colla fisica la spiegazion morale di questa favola, immaginano alcuni autori che i Gig
immaginano alcuni autori che i Giganti fossero robusti e feroci capi di famiglio selvaggie vennti ad assalire i popoli gi
vaggie vennti ad assalire i popoli già rinniti in sociotà con vineoli di religione e di leggi. A questi parve cha la viole
d assalire i popoli già rinniti in sociotà con vineoli di religione e di leggi. A questi parve cha la violenza dai sopravv
olgimento dell’umano ingegno e nei primordj delle arti e delle usanze di un vivere più indipcudeute e più colto. 21. « Da
lle usanze di un vivere più indipcudeute e più colto. 21. « Dal vaso di Pandora scaturirono il travaglio, le cure, la fat
tica, poichè erravano ignndi, vivendo aenza tetto, cibandosi d’erbe e di aalvatiche frutta. Ma co’bisogni della vita nate
natnra lenti e infingardi. Avvegnachè aveansi per nulla dagli autori di tal racconto i giovamenti derivati dalle arti a p
petto delle fatiche che ai devono per necessità dnrare nell’esercizio di esse. Finalmente sì fatti mali furono il gastigo
conteae. » (Mario Pagano. Saggio I.) 22. Nè Omero nè Esiodo parlano di questa metamorfosi di Giove in cigno, nè dell’uov
ano. Saggio I.) 22. Nè Omero nè Esiodo parlano di questa metamorfosi di Giove in cigno, nè dell’uovo maraviglioso onde na
acquero i Dioscuri (Castore e Polluce) e le loro sorelle. La bellezza di Leda e il candido e ben tornito suo collo la fece
uo collo la fecero paragonare ad un cigno, e la poesia creò la favola di Giove e di Leda. 23. Quaranlasetle città del La
fecero paragonare ad un cigno, e la poesia creò la favola di Giove e di Leda. 23. Quaranlasetle città del Lazio rappres
del Lazio rappresenlale dai loro deputati assisterono, sotto il regno di Tarquinio Il, alla fesla con la quale fu istituit
durava un giorno ; poi ne furono destinati due, poi quattro col nome di ferie latine. Prima di separarsi, i Depulali dell
ne furono destinati due, poi quattro col nome di ferie latine. Prima di separarsi, i Depulali delle città immolavano a Gi
a Beozia fn desolata da tanta siccità che il popolo implorò l’oracolo di Delfo (122). Apollo per esser grato al servigio r
ove pronunziava oracoli in una caverna. Obbedirono, trovaron l’antro di . Trofonio, e ottennero in rispoata i modi di far
dirono, trovaron l’antro di. Trofonio, e ottennero in rispoata i modi di far cessare la careslia. D’allora in poi Trofonio
endevano per angusta gola, iulerrogavano tenendo io mano una focaceia di miele, e ai senlivano trascinali con velocilà e c
vesse passato lo strelto che unisce il mar Nero alla Propontide o mar di Marmara, e che perciò quello stretto fosso chiama
nze putride o dal faogo. 27. Delo, raccoutano i poeti, essere stata di continuo fluttuante null’acqua, prima che Latona
l Sole, e l’altra la Luna. Vi furono ist tuite celebri feste in onore di questi Dci. L’altare d’Apollo a Delo pasaava per
igno, dice Buffon, regna sulle acque con tutti i titoli che sono base di pacifico impero, la grandezza, la maestà, la dolc
dei naturalisti moderni, particolarmente in Francia, dietro la scorla di Buffon, è stata di contrario avviso : ma il profe
erni, particolarmente in Francia, dietro la scorla di Buffon, è stata di contrario avviso : ma il professor Titius, raggua
i contrario avviso : ma il professor Titius, ragguardevole scienziato di Germania, confermô la sentenza degli antichi coll
no 1775, tomo VIII, pag. 514. 30. Città della Focide. Ecco l’origine di quest’oracolo : Alcune capre che pascolavano sul
senza misura, cosi la Pilonessa, per non perdere il credito, deliberò di parlare in prosa. 31. Omnia bona mea mecum port
. 31. Omnia bona mea mecum porto. 32. Orfeo chiamo Bacco col nome di Moses ; e gli dà due lavole di leggi. 33. Alcuni
rto. 32. Orfeo chiamo Bacco col nome di Moses ; e gli dà due lavole di leggi. 33. Alcuni fanno derivare il suo nome dal
rivare il suo nome dalla parola merces, mercium. 34. Di qui il nome di erotiche alle poesie amorose, e di Erato (274) al
ces, mercium. 34. Di qui il nome di erotiche alle poesie amorose, e di Erato (274) alla Musa che cauta d’ Amore. 35. Al
una via a mederare il suo dolore ; e queste Dio le conaigliò il salto di Leucade. Leucade è un’ isola del mare lonio vicio
re lonio vicioa a Corfù, ed ha on promonterio divenuto celebre perchè di li ai precipitavano nel mare gli amanti sventorat
perchè di li ai precipitavano nel mare gli amanti sventorati, a fine di perdere la remioiscenza dei traditi affetti. Veoe
ni il coosiglio d’ Apollo, e nell’uscir dalle onde resté maravigliata di trovarsi tranqoilla. Questo rimedio cra tenuto pe
preparavano alla prova del salto cen aacrifizj ed offerte ; credevano di peter sopravvivere alla caduta con l’aiute d’Apol
; credevano di peter sopravvivere alla caduta con l’aiute d’Apollo, e di ricuperare la calma e la felicite. Si dice che De
ata da Faone, si gettò dalla cima del fatale scoglio, ed ebbe il modo di dimenticar devvero l’ingrato, percho peri nelle o
nticar devvero l’ingrato, percho peri nelle onde. Artemisia I. regins di Caria, incontrò la medesiora sorte ; nè altre den
dir vero troppo efficace, veoiva ad essere abbandonato, si studiarono di fare in modo che il salto fosse meno pericoloso,
ltatori ed a soccorrerli. Con l’ander del tempo avani anche la voglia di fare il salto boncho meno pericoloso ; e coloro c
o boncho meno pericoloso ; e coloro che senza acomodarsi desideravano di mettere a prova la protezione del Nume, gettavano
el Nume, gettavano in msre della cima dello scoglio un bauletto pieno di denare ; gli scaltri secerdoti sapevano come ripe
una sola moneta, e lacerimonia andava così. a fiuire con sodisfazione di tutti. 36. L’argomento del pœma trovasi cosi esp
contra la Siria, lasciò Berenice, sua sposa recente, tanto sollecita di lui, che ella votò la sus chioma, se il marito to
tornasse vittorioso. Dopo la vittoria, la chioma fu appesa al tempio di Venere Zefiritide, e la nolte seguenle involala.
i sacerdoti, o per divozione alla regina, o più veramente per ragione di stato, asserì di averla veduta fra le costellazio
r divozione alla regina, o più veramente per ragione di stato, asserì di averla veduta fra le costellazioni ; e Callimaco,
sserì di averla veduta fra le costellazioni ; e Callimaco, famigliare di Conoue e di Tolomeo, accreditò l’adulazione con q
rla veduta fra le costellazioni ; e Callimaco, famigliare di Conoue e di Tolomeo, accreditò l’adulazione con questo pœmett
re di Conoue e di Tolomeo, accreditò l’adulazione con questo pœmetto, di cui reslando rari vestigj in greco, non sarebbe n
ndo rari vestigj in greco, non sarebbe noto a noi acnza la traduzione di Catullo, reputata mirabile dal l’oliziano. » 37.
moderni fisici suppongono, e ne traggono anche conferma dalle parole di Plinio, che gli avvallamenti o i sollevamenti di
onferma dalle parole di Plinio, che gli avvallamenti o i sollevamenti di suolo pei quali la Sicilia si staccò dal conlinen
città della Calabria, in riva al mare, all’imboccalura dello stretto di Messina. Gli enormi scogli, che sporgono aulle ac
, quando il vento è contrario o il tempo è burrascoso. Ora il vortice di Cariddi posto in quella medesima foce, dalla part
Ora il vortice di Cariddi posto in quella medesima foce, dalla parte di Sicilia in faccia agli scogli, non è più temibile
mento dell’acqua ; cosicché a dì nostri i nocchieri varcan lo stretto di Messina senza pericolo ; oppure vi son pratici pi
piloti per accompagnare le navi dei forestieri attraverso gli scogli di Scilla, indicando la linea da percorrere con sicu
gli anlichi che da quesla solterranea volla si giungesse alla dimora di Platone. Di qui Orfeo, Teseo e Piritoo scesero ne
ora di Platone. Di qui Orfeo, Teseo e Piritoo scesero nell’ Inferno ; di qui Ercole trasse il Cerbero per condurlo ad Euri
e il Cerbero per condurlo ad Euristeo. 43. È probabile che l’origine di questa favola dei Campi Elisi sia egiziana ; poic
avola dei Campi Elisi sia egiziana ; poichè il più celebre sepolcreto di quel popolo era collocato oltre le rive di un lag
il più celebre sepolcreto di quel popolo era collocato oltre le rive di un lago detto Acherusia. Porlavano sulle sponde d
cato oltre le rive di un lago detto Acherusia. Porlavano sulle sponde di questo lago i defunti, ed ivi erano giudicati sec
un nocchiero lo trasferiva oltre il lago in uu prato ameno, abbellito di fiori, di ruscelli e di boschetti, ove gli davano
ro lo trasferiva oltre il lago in uu prato ameno, abbellito di fiori, di ruscelli e di boschetti, ove gli davano sepoltura
va oltre il lago in uu prato ameno, abbellito di fiori, di ruscelli e di boschetti, ove gli davano sepoltura ; e questo lu
Così è spiegata la favola del Tartaro, quella dei giudici infernoli, di Caronte e della sua barca. 44. Rovinato. 45. Vi
Caronte e della sua barca. 44. Rovinato. 45. Virgilio. 46. Inlendi di Saturno, e del così detto secol d’oro. 47. Antic
così detto secol d’oro. 47. Antica. 48. Vedi al § 29, il nascimento di Giove. Rea è il soprannome di Cibele. 49. Che il
ntica. 48. Vedi al § 29, il nascimento di Giove. Rea è il soprannome di Cibele. 49. Che il tempo volga le spalle all’ori
l viso all’occidente, è immagine facile ad essere intesa. 50. Scende di roccia in roccia. 51. Fino al fondo dell’abisso
ro il carro della Morte. 56. I Romani lo chiamarono Gradivo in tempo di guerra, o Quirino in tempo di pace. Avevano dato
I Romani lo chiamarono Gradivo in tempo di guerra, o Quirino in tempo di pace. Avevano dato il nomo di Campo di Marte ad u
in tempo di guerra, o Quirino in tempo di pace. Avevano dato il nomo di Campo di Marte ad una gran pianura consacrata o q
di guerra, o Quirino in tempo di pace. Avevano dato il nomo di Campo di Marte ad una gran pianura consacrata o questo Dio
ad una gran pianura consacrata o questo Dio e posta fuori delle mura di Roma sullo sponde del Tevere. Ivi i giovani roman
ti e vi ardova i cadavori dei morti illustri. Questo luego era ornato di statue, di colonno, di portici e d’archi trionfal
ova i cadavori dei morti illustri. Questo luego era ornato di statue, di colonno, di portici e d’archi trionfali. 57. Si
ri dei morti illustri. Questo luego era ornato di statue, di colonno, di portici e d’archi trionfali. 57. Si vuole cho da
nno, di portici e d’archi trionfali. 57. Si vuole cho dal greco nomo di Marte (Ares) sia provenuto quello dell’Areopago,
operto per non respirare la stessa aria dei malfattori, e s’adunavano di notte per non caser commossi a scapito della gius
oquenza per toccaro il cuoro doi giudici. Per lungo tempo le sontenze di questo augusto tribunale furono dettate dall’impa
usto tribunale furono dettate dall’imparzialità, e tenute per oracoli di giustizia. Forse l’accusa contro Marto altro non
a nordica 62. Narrasi che Cleopatra ai facesse recare in un canestro di fiori quell’aspide, con cui ai diè morte per non
con cui ai diè morte per non cader nelle mani d’Augusto. 63. Dicesi di Cristoforo Colombo, che nella sua maraviglioss na
agione. 65. Julo 66. Forse dal verbo geno, usato anticamente invece di gigno o genero. 67. La infinita sapienza di Dio
sato anticamente invece di gigno o genero. 67. La infinita sapienza di Dio. 68. Chi li conduce. Una intelligenza molric
o gli Angeli. 72. Però havvi sì spesso al mondo chi soffre mulamento di slalo. 73. Il fuoco di Vesla. 74. I Romani avev
havvi sì spesso al mondo chi soffre mulamento di slalo. 73. Il fuoco di Vesla. 74. I Romani avevano Io Dio della buona f
oco di Vesla. 74. I Romani avevano Io Dio della buona fede, col nome di Fidius (Dius). Il suo nome serviva di giuramento,
Dio della buona fede, col nome di Fidius (Dius). Il suo nome serviva di giuramento, e dicevano : Me Dius Fidius sottinten
soprapposte, le parti poste sopra, o rilevanti dal fondo. 82. Specie di navigli. 83. Il Castoro si prepara a dar la cacc
ll’abbondanza, perchè il corso regolare dell’Acheloo diventò sorgente di ricchezza pei paesi da esso irrigati. 86. Storic
rico greco vissuto 484 anni av. G. C. 87. Questa favola, come quella di Fetonte, rimane a lezion di coloro che spregiano
av. G. C. 87. Questa favola, come quella di Fetonte, rimane a lezion di coloro che spregiano i consigli paterni, o che in
e a lezion di coloro che spregiano i consigli paterni, o che invaniti di sè agognano sollevarsi tropp’ alto, a piangono po
sole abbia maggior forza che verso terra. Forse il congegno delle ali di Dedalo non era collegato dalla cera ; forse non f
he un primo tentativo d’ acreonantica. Abbiamo già detto che le gesta di questi croi, per quanto inverosimili, adombrano n
Teseo, Dedalo ec., doverono essere benemeriti del primo incivilimento di quei popoli, sì nella politica che nell’ industri
questa spedizione che ono dei primi viaggi mercantili per l’ acquisto di ricche pelli di lane sopraffioi. Indi viene attri
e che ono dei primi viaggi mercantili per l’ acquisto di ricche pelli di lane sopraffioi. Indi viene attribuita agli Argon
ll’ uccello fagiano ; c pare che lo trovassero sulle sponde del Faso, di dove, dopo aver risalito questo fiume della Colch
recaroco nella lor patria. 90. Potrebbe esser verosimile l’ opinione di coloro che credono la Chimera essere stata una mo
una montagna vulcanica della Licia, abitala da leoni in cima, coperta di pasture e di greggi di capre a mezzo, e con palud
vulcanica della Licia, abitala da leoni in cima, coperta di pasture e di greggi di capre a mezzo, e con paludi piene di se
della Licia, abitala da leoni in cima, coperta di pasture e di greggi di capre a mezzo, e con paludi piene di serpi alla b
, coperta di pasture e di greggi di capre a mezzo, e con paludi piene di serpi alla base, e che Bellerofonte fosse il prim
oni troppo ingegnoso meritano fede. 91. Quest’isola, oggidì chiamala di Metelina, ò celebre per la fertilità del suo terr
alla lira, e co’suoi melodiosi inni seppe sedare le discordie civili di Lacedemone. Fu patria anche del poeta Alceo e del
. 92. Era d’Argo, e fidava tanto nella sua forza che andava dicendo di voler prendere Tebe anche a dispetto di Giove e d
sua forza che andava dicendo di voler prendere Tebe anche a dispetto di Giove e di tutti gli altri Dei. Aveva per stemms
che andava dicendo di voler prendere Tebe anche a dispetto di Giove e di tutti gli altri Dei. Aveva per stemms nello scudo
i fu un giovine prode, amabile e bello, che seppe cattivarsi il cuore di tutti per la sua savia condotta e per la onoralez
patria. 94. I figli maggiori dei selle capitani periti nella guerra di Tebe furono delti Epigoni, e volendo vendicare la
i, coi Megaresi e coi Corintj, e mossero contro Tebe sotto il comando di Tersandro figlio di Polinice, o secondo altri d’A
i Corintj, e mossero contro Tebe sotto il comando di Tersandro figlio di Polinice, o secondo altri d’Alcmeone figlio d’ An
5. Sono tra i dotti molte controversie intorno alla precisa posizione di quesla città. Basti ricordare cho Troja stava pre
udo d’ Achille nel e. XVIII dell’ Iliade è uno dei più notabili paasi di quel poema, e vorrebbe essere slodiato dai giovin
i quel poema, e vorrebbe essere slodiato dai giovinetti quale modello di poetiche descrizioni ; ma è troppo lungo per pote
po lungo per poterlo citare intero in queste pagine ; ci coutenteremo di darue un saggio : Ivi ei fece ia terra, il mare,
e quei tornaado Ristorali al lavor, l’ almo lerreau Fendean, bramosi di finirlo tutto. Dietro aereggia la scouvolta gleba
emmia, un armento assalito da due leoni, e un’amena paatura con danze di pastori e greggi e capanne ; e per tulto l’ oro,
gran fiume Oceàn l’orlo chiudea Dell’ammirando scudo. » 97. L’ asta di Memnone. 98. Altri narrano diversamente la morte
 » 97. L’ asta di Memnone. 98. Altri narrano diversamente la morte di questa sposa affettuosa ; e dicono cho per alimen
nte la morte di questa sposa affettuosa ; e dicono cho per alimentare di più il sno dolore fece faro un busto d’ avorio o
ho per alimentare di più il sno dolore fece faro un busto d’ avorio o di cera cho somigliava porfettamente il marilo, ed e
o di cera cho somigliava porfettamente il marilo, ed ella il guardava di continuo con gli occhi umidi di pianto. Acasto su
amente il marilo, ed ella il guardava di continuo con gli occhi umidi di pianto. Acasto suo suocero prese questo ritratto
di pianto. Acasto suo suocero prese questo ritratto che era la caosa di tanla afflizione, e lo feco ardere tra lo fiamme
che era la caosa di tanla afflizione, e lo feco ardere tra lo fiamme di un rogo ; ma Laodamia, fuori di sè dal dolore, si
zione, e lo feco ardere tra lo fiamme di un rogo ; ma Laodamia, fuori di sè dal dolore, si lanciò sullo stesso rogo, e vi
te dell’isola d’Itaca. 100. Questa statuetta era formata con le ossa di l’elope re del Peloponneso, ed aveva una certa mo
spirava molta venerazione nelle pinzochere trojane. 101. Alcuni sono di sentimento che questi antropofagi abitassero la C
sero popoli rozzi dell’uno o dell’altro paese, e non selvaggi a segno di cibarsi di carne umana. Il loro re è chiamato Ant
rozzi dell’uno o dell’altro paese, e non selvaggi a segno di cibarsi di carne umana. Il loro re è chiamato Antifate. 10
vivono dimentichi dell’essere proprio, come si rileva da uno squarcio di Dante che riporteremo nel seguito degli avvenimen
nte (che vi rimane) negar l’ esperienza del mondo senza gente (negare di conoscere l’emisferio terrestre che è privo d’abi
era. 117. Le travolse la mente. 118. Prima fu collocalo nel Palazzo di Tilo. Sul principiare del secolo XVI un certo de
119. Questa favols è fondata sopra uno dei più calamitosi avvenimenti di Tebe. Regnando Anfionc, questa città fu in preda
glia reale ne fu assalita come il resto degli abitanti. I sette figli di Niobe crano lungo le mura ad esercitarsi nella gi
visti giacere l’un sull’ altro, e spirare nel tempo che si studiavano di soccorrarsi scambievolmenta. Intanto le figlie di
o che si studiavano di soccorrarsi scambievolmenta. Intanto le figlie di Niobe, assalite in casa dallo stesso male, e quas
dalla furia dei venti. Vestita a lutto, pallida, abbattuta ella usci di Tebe, e ritornò nella Lidia suo paese natio per a
sua vecchia nutrice e delle compagne dei suoi verdi anni, le lacrime di tenerezza le inondarono le gote, i singhiozzi e i
riva al mare a l’una rimpatto all’ altra, aono aeparate da un tratto di più d’un miglio. 122. Queslo rallo, al dire di P
aeparate da un tratto di più d’un miglio. 122. Queslo rallo, al dire di Platone, è un’allegoria della svenlurala fine d’O
mare per cagione d’ un lurbine. 123. Retrogrado cammino. 124. Prima di tornare ad esser maschio. 125. Che accosta il te
ima di tornare ad esser maschio. 125. Che accosta il tergo al ventre di lui, atteso il narrato travolgimento delle person
e persone. Aronta fu celebre indovino della Toscana, e abitò ne’monti di Luni sopra Carrara. 126. Perciocchè viene col te
ra. 126. Perciocchè viene col tergo innanzi. 127. Profetessa figlia di Tiresia (mantis, indovino, gr.). 128. Come ognun
e parla a Dante, e gli dimostra gli spiriti infernali. 129. La città di Tebe sacra a Bacco. 130. Tiralli, Tirolo. — Ben
co. 130. Tiralli, Tirolo. — Benaco, antico nome del lago detto oggi di Garda. 131. Le Alpi pennine, Alpes poenœ. 132
are, cioé benedire, e però dov’ hauno giurisdizione tre vescovi, quel di Trento, quel di Brescia e quel di Verona. 133. B
re, e però dov’ hauno giurisdizione tre vescovi, quel di Trento, quel di Brescia e quel di Verona. 133. Bella a forte roc
uno giurisdizione tre vescovi, quel di Trento, quel di Brescia e quel di Verona. 133. Bella a forte rocca da far fronte a
detto ora Governolo. 136. Manlo, chiamata cruda perchè imbraltavasi di sangue, e inquietava isepolti. 137. Senz’ altro
ndi imprese, e nei più piccoli affari domestici, aia che si trattasse di dichiarar guerra, concluder pace, liberarai da un
la sacerdotessa Pitia (la Pitonessa, 122) era inspirata dai trasporti di furore divino ; a Dodona parlavano le donne, le c
er infallibili ; ma sempre fondate sul doppio senso o sull’ ambiguità di sentenze che potevano essere interpretate in più
altre imposture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro, di rame o di sasso, e vinceva colui che st
sture. 139. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro, di rame o di sasso, e vinceva colui che stando ritto
9. VI delle Pilie. 140. Il Disco era una piastra di ferro, di rame o di sasso, e vinceva colui che stando ritto in equili
vinceva colui che stando ritto in equilibrio con un piede aulla punta di un cono, sapeva lanciar la sua più lontano di tut
on un piede aulla punta di un cono, sapeva lanciar la sua più lontano di tutte, oltre il termine statuito. I Pugillatori s
tevano co’ pugni talvolta armati del cesto, conaistente in una apecie di acudo di cuoio ripieno di sassi, o in un braccial
’ pugni talvolta armati del cesto, conaistente in una apecie di acudo di cuoio ripieno di sassi, o in un bracciale parimen
armati del cesto, conaistente in una apecie di acudo di cuoio ripieno di sassi, o in un bracciale parimente di cuoio a più
pecie di acudo di cuoio ripieno di sassi, o in un bracciale parimente di cuoio a più doppi ec. 141. Faone (177 nola), ama
amato da Saffo, famosa poetessa, era assai valente in questa maniera di giuochi. 142. Circolo immaginato a contrassegnar
no al sole nel periodo d’un anno. 143. Per lo più sotto le sembianze di Vacca.
12 (1855) Della interpretazione de’ miti e simboli eterodossi per lo intendimento della mitologia pp. 3-62
stuzie e con il terrore inspirava il sentimento religioso negli animi di coloro che può dirsi perdusi al bene dell’ intell
lligibile, l’Ente per lo esistente. I Miti degl’ Iddii, immaginazione di un mondo ancor bambino e fantastico, precedendo d
dii, immaginazione di un mondo ancor bambino e fantastico, precedendo di non poco i secoli della istoria, non presentano c
di non poco i secoli della istoria, non presentano che un tipo misto di vero e di falso — di vero, alludendo tante volte
co i secoli della istoria, non presentano che un tipo misto di vero e di falso — di vero, alludendo tante volte al mondo f
della istoria, non presentano che un tipo misto di vero e di falso —  di vero, alludendo tante volte al mondo fisico o mor
di falso — di vero, alludendo tante volte al mondo fisico o morale —  di falso, portando in mezzo narrazioni tutte fittizi
olo allusivo ognuno può trarre dettati non poco utili alla istruzione di un mondo civile e morale. Il falso poi traendo or
sandro il genio eroico de’ Greci Elleni ; come del pari una biografia di Numa o di Pitagora, che molto hanno di favoloso,
genio eroico de’ Greci Elleni ; come del pari una biografia di Numa o di Pitagora, che molto hanno di favoloso, ci dipinge
 ; come del pari una biografia di Numa o di Pitagora, che molto hanno di favoloso, ci dipinge il genio pelasgico degli ant
enio pelasgico degli antichi Italiani, operosi e temperati a un tempo di un mistico contemplativo, più eloquentemente che
diati interpetrare non poca parte della Mitologia, e quanto in essa è di più interessante, non essendo il rimanente, che o
promettiamo che a ciascuna parola, che ci ha porto la interpetrazione di un mito, abbiamo aggiunto la sua etimologia, e pe
a interpetrazione del mito istesso, e per nulla tralasciare intentato di ciò che possa promettere la utilità di queste pag
er nulla tralasciare intentato di ciò che possa promettere la utilità di queste pagine. Abbiamo non meno tolto alcuni conc
e latini, spigolati con lungo studio nel campo dovizioso delle opere di loro, e per impromettere a questo dettato più lun
produzione con le altre nostre opere finora pubblicate, la troveranno di molto inferiore a’ quelle, e pregna di non pochi
nora pubblicate, la troveranno di molto inferiore a’ quelle, e pregna di non pochi difetti, di aridezza di dettato, di pov
overanno di molto inferiore a’ quelle, e pregna di non pochi difetti, di aridezza di dettato, di povertà di concetti e d’i
molto inferiore a’ quelle, e pregna di non pochi difetti, di aridezza di dettato, di povertà di concetti e d’immagina, e d
ore a’ quelle, e pregna di non pochi difetti, di aridezza di dettato, di povertà di concetti e d’immagina, e di altre cose
le, e pregna di non pochi difetti, di aridezza di dettato, di povertà di concetti e d’immagina, e di altre cose non dissim
fetti, di aridezza di dettato, di povertà di concetti e d’immagina, e di altre cose non dissimili. A costoro noi rispondia
, e di altre cose non dissimili. A costoro noi rispondiamo, che oltre di esserei fatti, per quanto ci sappiamo, per un sen
; ed aggiungiamo, per toglierci da tali censure : che le umane, virtù di rado sorgono senza innestarsi con qualche vizio.
ncorsero a propagarla. 2. Come l’uomo passò dalla vera ad uno spettro di religione, la scienza della quale fu detta mitogr
o il primo bibblico, Dio crea il cielo e la terra, e come dall’obblio di questo concetto la filosofia tenne dietro a diver
acque nè parvolo nè selvaggio, ma invece adulto, educato nella scuola di Dio, onde potè aver lo intuito della Idea, da cui
dell’ atto creativo, e si disperse la intuitiva dell’ Ente e l’ unità di religione, e furono immaginati gl’ Iddii — 4. Olt
nte e l’ unità di religione, e furono immaginati gl’ Iddii — 4. Oltre di queste altre cagioni — 5. Si numerano gl’ Iddii p
no gl’ Iddii presidi a ciaseuna cosa, secondo S. Agostino nella Città di Dio — 6. Etimologia e significato della parola mi
uomini essere tutto per miti, se ne trae un esempio dalla Repubblica di Platone, ragioni ed altri esempii, interpetrazion
ubblica di Platone, ragioni ed altri esempii, interpetrazione de miti di Pane, di Issione, e di Pasife — 7. Poi col tempo
i Platone, ragioni ed altri esempii, interpetrazione de miti di Pane, di Issione, e di Pasife — 7. Poi col tempo cangiossi
ioni ed altri esempii, interpetrazione de miti di Pane, di Issione, e di Pasife — 7. Poi col tempo cangiossi il significat
nello smodare de’costumi, ragioni ed esempii — 8. Delle varie specie di mito. 9. Di alcune induzioni, che hanno attenenza
mini la nozione del vero Dio, si vide sorgere su la terra uno spettro di religione, ed all’ Ente sostituendosi l’ esistent
cti, i voti del cuore umano furono quasi tutti rivolti al temuto nume di loro ; e propagandosi questo culto nel tempo e ne
uasi tutta la terra addivenne idolatra. E raccontandosi innumeri miti di quest’Iddii, rannodossene in fine un’estesa e sci
ioni valsero ad aprir gli occhi e presentar loro lo insano spettacolo di tante fole e smentirle e rigettarle come cose da
le e smentirle e rigettarle come cose da trivio e viete. Solo la voce di alcuni filosofi, e di tutto il popolo eletto anco
tarle come cose da trivio e viete. Solo la voce di alcuni filosofi, e di tutto il popolo eletto ancora, che in mezzo a tan
insanie che coprivano la terra, conservavano non oscurato quel raggio di sapienza che irradiò fin dall’ Eden beato nella m
nnipotenza degl’imperi, che facevano fermo piedestallo a questa larva di religione, onde non cadere essi medesimi con il c
uesta larva di religione, onde non cadere essi medesimi con il crollo di quella, ancora tai filosofi si tacquero, ribadend
el moltiplice, interpetrare la parola Mito nel vero suo significato e di quali vesti fu poscia ricoperta quando erano in o
, che hanno attenenza con queste ricerche filologiche. 2. Vno spettro di religione non poteva essere la religione dei nost
padri. La religione figlia ingegnosa del cielo dipartendosi dal trono di Dio, ed appresa dall’uomo dal solo intuito, o, pe
tutto ontologico — l’Ente crea l’esistente — e questa fu la filosofia di tutti i tempi fino a quando non andò per le cagio
tempo alterata : alterossi non meno nell’uomo il primitivo sentimento di religione, e di tempo in tempo andò prendendo var
alterossi non meno nell’uomo il primitivo sentimento di religione, e di tempo in tempo andò prendendo varii e diversi asp
che la nozione dell’esistente, ora come fantasma che procede per via di emanazione, e non potevasi avere per religione ch
che un teocosmo, un panteismo, cui togliendosi via ogni concepimento di creazione, ciascuna creatura può chiamarsi un Dio
con gli occhi nella vasta estensione de’paesi e dei secoli. La prima di queste strade, che può paragonarsi ad una linea r
ciando che dopo la caduta, è tracciata dalla ragione umana, che manca di autorità tradizionale, e che non ha che alcuni av
ensiero eterodosso, che ignora e nega la creazione, e per la mancanza di questa idea intermedia divinizza la natura ed uma
istorica alla intellettiva, è d’uopo far meglio vedere lo sdrucciolo di non poca parte dell’umana famiglia dalla vera rel
lo stato selvaggio e barbaro ; perciocchè lo incivilimento ha bisogno di alcuni elementi che lo producono. E dall’altra pa
tra parte quando l’uomo fosse venuto selvaggio o parvolo, sprovveduto di siffatti elementi, non potendo da sè stesso porge
ebbe sempre vivuto vita selvaggia, o vi sarebbe peruto nell’abbandono di sè stesso e nella debolezza di sua vita. L’uomo n
ia, o vi sarebbe peruto nell’abbandono di sè stesso e nella debolezza di sua vita. L’uomo nato adulto e manodotto da Dio,
o, la Idea presentoglisi spontaneamente allo intuito, la riconoscenza di sua creazione, il cum ulo interminato delle doti
, dovè nascere tutta compiuta e perfetta, o, per adottare il concetto di un mito eterodosso, come Minerva usciva tutta com
odosso, come Minerva usciva tutta compiutamente plasmata dal cervello di Giove. L’uomo non serbò per sempre la forza primi
dal cervello di Giove. L’uomo non serbò per sempre la forza primitiva di sua mente, non manteune il culto civile, cui chia
partirsi per diverse regioni della terra degli orgogliosi della torre di Babele, i sovvertimenti a quando a quando iterati
iosi della torre di Babele, i sovvertimenti a quando a quando iterati di natura, un’aerimoto, un diluvio di acque, uno sbo
rtimenti a quando a quando iterati di natura, un’aerimoto, un diluvio di acque, uno sbocco di fuoco, un tremito di terra r
uando iterati di natura, un’aerimoto, un diluvio di acque, uno sbocco di fuoco, un tremito di terra ruinoso, uno sboccar f
ra, un’aerimoto, un diluvio di acque, uno sbocco di fuoco, un tremito di terra ruinoso, uno sboccar fuori da’loro limiti d
fuoco, un tremito di terra ruinoso, uno sboccar fuori da’loro limiti di oceani, ed altri sconvolgimenti, onde fu preda la
imento. Così caduto l’uomo dal natio splendore, e severchiando in lui di molto il senso e la immaginativa alla ragione, re
il sensibile all’intelligibité, l’Ente all’esistente. E trascorrendo di tempo in tempo di errore in errore, e cogliendo i
intelligibité, l’Ente all’esistente. E trascorrendo di tempo in tempo di errore in errore, e cogliendo in fine gli estremi
do il concetto rivelato e tradizionale serbarono non meno il concetto di Dio, fu instituita una Mitografia, ed alla casta
tografia, ed alla casta feratica fu affidata la tutela del patrimonio di cotanta insania. 4. Inoltre molte altre cagioni.
onio di cotanta insania. 4. Inoltre molte altre cagioni. Ora la pietà di un figlio deifica un padre rapito al suo amore ;
i un figlio deifica un padre rapito al suo amore ; ora la desolazione di una madro fa un Dio del figlio, a cui la natura h
la credulità de’ popoli ; infine lo stesso linguaggio mitico perdendo di tempo in tempo il’ suo significato primitivo, pon
tempo il’ suo significato primitivo, pone divinità enimmatiche invese di simboli e di emblemi. Ancorpa e la pittura, e la
significato primitivo, pone divinità enimmatiche invese di simboli e di emblemi. Ancorpa e la pittura, e la scultura e la
. Ancorpa e la pittura, e la scultura e la poesia sono fonte ubertosa di idolatria. I poeti, che adornavano la natura con
ombra del bosco Ti vien si dolce nella notte al core, Era il lamento di real donzella, Da re tiranno indegnamente offesa.
di real donzella, Da re tiranno indegnamente offesa. Fanciul superbo di sè stesso amante Era quel fior ; quell’altro al s
ischia e quella scorza, Che ne’boschi Sabei lagrime suda, Nella sacra di Pindo alta favella. Ebbero un giorno e sentimento
fidavano, onde promettersi eterna felicità del loro impero, la tutela di ogni cosa, non credendo uno esser bastante per tu
nella nostra lingua, quale tra la innumera turba degl’ Iddii credono di aver serbato e disteso quello impero. Perciocchè
isteso quello impero. Perciocchè nè in un’opera così preclara e piena di tanta dignità ardiscono sotto il nome degl’ Iddii
resiede a’vagiti degl’infanti ; o alla dea Cunina, che tutela le cune di loro…… Nè stimarono commettere ad un solo nume la
llina ; le valli a Vallonia. Nè fu loro dato ritrovare una Segezia(3) di tanto potere, a cui una volta affidassero le biad
prato con le nuove spighe la dea Ostilina(6) ; a’ frumenti nel tempo di fiorire la dea Flora(1) ; quando vanno in latte i
a ebbero sotto tali enigmi colato verità importanti — Questo concetto di Pausania è quale lo richiede la esposizione di qu
anti — Questo concetto di Pausania è quale lo richiede la esposizione di questo argomento. Invero la voce mito tutta greca
θος altro non importa che un parlar vero, ma fatto per via d’immagini di esseri animati creduti in miglior parte divini. C
agini di esseri animati creduti in miglior parte divini. Così eo’miti di Giove, di Cibele e di Nettuno, che furono poscia
sseri animati creduti in miglior parte divini. Così eo’miti di Giove, di Cibele e di Nettuno, che furono poscia creduti co
i creduti in miglior parte divini. Così eo’miti di Giove, di Cibele e di Nettuno, che furono poscia creduti come tre divin
escrive un’antro, ove va rinchiusa fin dalla infanzia una moltitudine di uomini gravati di catene, a non potere nè alzare,
ove va rinchiusa fin dalla infanzia una moltitudine di uomini gravati di catene, a non potere nè alzare, nè muovere il cap
la mente, ed altre cose non dissimili, li presentano sotto il tipo or di uomo, or di donna. Ne’ primi tempi tutto era simb
altre cose non dissimili, li presentano sotto il tipo or di uomo, or di donna. Ne’ primi tempi tutto era simbolico e conc
6), i primi uomini come fanciulli del genere umano non essendo capaci di formare i generi intelligibili delle cose, ebbero
capaci di formare i generi intelligibili delle cose, ebbero naturale di fingersi i caratteri poetici, che sono generi od
trovati utili necessari al genere umano, che sono particolari effetti di sapienza civile, riducevano al genere del sapient
io Trimegistro ; perchè non sapevano astrarre il genere intelligibile di sapiente civile, e molto meno la forma di civile
rre il genere intelligibile di sapiente civile, e molto meno la forma di civile sapienza ». Invero tutto era rappresentato
a prima infanzia del mondo. Quando volevasi dare un tipo del mondo, o di potenza, o di eternità rappresenta vasi sotto il
ia del mondo. Quando volevasi dare un tipo del mondo, o di potenza, o di eternità rappresenta vasi sotto il simbolo di un
mondo, o di potenza, o di eternità rappresenta vasi sotto il simbolo di un globo. E col globo istesso porto o da Dio ad u
lobo istesso porto o da Dio ad un principe, o da un principe a’popoli di lui, indicavasi e un potere supremo e un largitor
incipe a’popoli di lui, indicavasi e un potere supremo e un largitore di grazio. E quando si voleva additare la sovranità
tavasi un globo una ad un timone ; e quando piaceva darsi un’immagine di sacra inaugurazione di un principe, si presentava
un timone ; e quando piaceva darsi un’immagine di sacra inaugurazione di un principe, si presentava sormontato da un’aquil
o abbracciar Siringa, si trova fra le baccia le canne — Issione preso di amore per Giunone, dea de’matrimonii solenni, str
si alla donna, come le belve alle belve. E i Proci invadono la reggia di Vlisse, ne divorano le sostanze, contendono di ve
oci invadono la reggia di Vlisse, ne divorano le sostanze, contendono di venire a connubio con Penelope : non era questo c
ce col toro, e ne viene il minotauro, ossia un mostro dalle sembianze di uomo e di toro : mito difficile a spiegarsi, se p
o, e ne viene il minotauro, ossia un mostro dalle sembianze di uomo e di toro : mito difficile a spiegarsi, se pure non in
uomo e di toro : mito difficile a spiegarsi, se pure non intendevasi di aver gli eroi Cretesi lasciati liberi i connubii
altri miti, che potremmo portare in mezzo, non v’ha chi non comprende di leggieri, essere i miti un parlar vero espresso p
comprende di leggieri, essere i miti un parlar vero espresso per via di allegorie, e tutti gl’intraprendimenti umani esse
dello intelletto, come fanciulli della umana famiglia, davano il nome di Dio a tutto quello, che rifuggiva alla loro intel
lla istoria degli Americani, infra i quali non pochi in istato ancora di selvaggi tengono come Iddii tutti gli obbietti, c
o, diceva credersi da costoro, come altra volta abbiamo favellato(2), di sentirsi ivi il suono del muoversi del sole dall’
i sentirsi ivi il suono del muoversi del sole dall’orto all’occaso, e di vedersi le immagini degli Dei. E per tal ragione
o essere il cielo come un’immenso corpo animato, cui donarono il nome di Giove, che con lo vibrar de’fulmini, e con il tuo
, e con il tuono volesse dir loro qualche cosa ; un Giove corpulento, di grandi e lunghissime braccia l’immense forze, un
e forze, un essere gigantesco, che per tale possanza dissero Messimo, di cui credevano riempiute tutte le cose, Iovis omni
, con cui ora va contaminandosi la vera filosofia in non pochi luoghi di Europa : un Giove che dicevano essere più alto de
atone disse esser l’etere, che si diffonde dappertutto. E questo modo di concepirsi gli Dei non più porgeva miti di narraz
dappertutto. E questo modo di concepirsi gli Dei non più porgeva miti di narrazioni vere, ma fittizie, immaginarie, fantas
quali nascevano dalla ignoranza. Lo smodare de’costumi oscurò ancora di tempo in tempo le vere narrazioni de’miti. Volend
Iddii, che si creavano nella loro mente, trascorrere, senza rimorso, di errore in errore, di divieto in divieto, ingiunse
no nella loro mente, trascorrere, senza rimorso, di errore in errore, di divieto in divieto, ingiunsero, come di Eusehio,
rimorso, di errore in errore, di divieto in divieto, ingiunsero, come di Eusehio, ai miti, interpolandoli, significati mis
o avvenne anche prima del cantore dell’ Iliade, chè a’Greci importava di non andare gli Dei avversi a’loro voti, come cred
ificati, e soprattutto coloro, cui la utilità pubblica andò debitrice di singolari servigii, di ritrovati necessarii alla
coloro, cui la utilità pubblica andò debitrice di singolari servigii, di ritrovati necessarii alla vita, di conquiste, di
ò debitrice di singolari servigii, di ritrovati necessarii alla vita, di conquiste, di vittorie, di trionfi, a cui tengono
singolari servigii, di ritrovati necessarii alla vita, di conquiste, di vittorie, di trionfi, a cui tengono dietro la glo
rvigii, di ritrovati necessarii alla vita, di conquiste, di vittorie, di trionfi, a cui tengono dietro la gloria e lo sple
i trionfi, a cui tengono dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di conduzioni di colonie, on
ui tengono dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di conduzioni di colonie, onde nascono le
dietro la gloria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di conduzioni di colonie, onde nascono le aggregazio
ria e lo splendore delle genti, di fondazioni di città, di conduzioni di colonie, onde nascono le aggregazioni degli uomin
el commercio, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scoperte di terre e di oceani remoti e sconosciuti, chiamando
o, lo splendore delle scienze e delle lettere, le scoperte di terre e di oceani remoti e sconosciuti, chiamandovi il traff
chiamandovi il traffico, quando l’ebbero disgombrati dalla orridezza di natura, che li circondava, e tutelati da mostri,
r loro e la culla, e la morte e loro tomba. 8. Ora delle varie specie di mito, onde gli antichi eterodossi veneravano molt
a, come dice S. Agostino(1), tenendo parola al popolo romano, favellò di tre generi d’Iddii, uno come un comento de’poeti,
ofi, e che poco fassi incontro a gl’interessi sociali, che anzi torna di nocumento a’ popoli ; l’altro da’principi e da sa
a’ popoli ; l’altro da’principi e da sacerdoti. Da questa esposizione di Scevola lo immenso Varrone, come abbiamo dallo st
one, come abbiamo dallo stesso Agostino(2), portò in mezzo tre specie di mitografia, mistica, fisica e civile. Mitografia
se contra la natura e il decoro degl’immortali, una diva dal cervello di Giove, Minerva ; un dio dalla coscia dello istess
ciole del sangue, Pegaso cavallo alato, che si voleva nato dal sangue di Medusa ; e volando poscia nel cielo fosse colloca
e degli Iddii e degli uomini, e tutto e quanto v’ha nel mondo costar di numeri, e tutto nascere dalla armonia e concento
nel mondo costar di numeri, e tutto nascere dalla armonia e concento di loro(3) ; o dagli atomi, come opinava Epicuro, il
3) ; o dagli atomi, come opinava Epicuro, il quale emulando la scuola di Democrito, voleva tutto andar composto di minutis
il quale emulando la scuola di Democrito, voleva tutto andar composto di minutissimi corpicciuoli indivisibili. Mitografia
con inganno autorevole, ora con silenzio misterioso, ora con vaghezza di pompa, ora con indulgenza di senso, le menti più
on silenzio misterioso, ora con vaghezza di pompa, ora con indulgenza di senso, le menti più deboli, rimanevano ad oppugna
o, le menti più deboli, rimanevano ad oppugnare ancora le sorti, cioè di coloro che dati alla contemplazione del vero, pot
Tullio appresso i romani, e Socrate nella Grecia, ridersi apertamente di queste umane invenzioni ». « Occuparono perciò q
alla maestà delle parti, dall’ordine, dall’avvenenza invitati, invece di riconoscere e di adorare l’autore, tentarono di c
parti, dall’ordine, dall’avvenenza invitati, invece di riconoscere e di adorare l’autore, tentarono di cacciarlo per cede
enza invitati, invece di riconoscere e di adorare l’autore, tentarono di cacciarlo per cedere il luogo ad un popolo di chi
are l’autore, tentarono di cacciarlo per cedere il luogo ad un popolo di chimere o di numi, che situarono quale nel Sole o
tentarono di cacciarlo per cedere il luogo ad un popolo di chimere o di numi, che situarono quale nel Sole o negli astri,
scarabei, ritrovando in ogni creatura, benchè minuta, nicchio capace di una intera e propria deità ». « La novità dello
icarono all’antichità dell’errore introdotto, esponendo quasi misteri di teologia quelli ch’erano avvenimenti d’istoria, e
d’istoria, e fantasie d’ignoranti spacciando per dogmi e per massime di filosofi. L’ambizione del parto ingegnoso portava
mi, quanto l’ammirazione sopra il rimunente del volgo. La morale, che di qui trassero accomodata alle passioni de’letterat
a naturale o fisica da Varrone. Finalmente si ritrovò un terzo genere di nomini, chiamato civile che si prevalse degli err
elle passioni sì del volgo, come de’ letterati, e ne compose un misto di teologia nominata civile. Questa a tutti compiace
civile. Questa a tutti compiacendo lasciava i filosofi nell’ambizione di conversare con gli. Dei mondani, ed il volgo nell
bizione di conversare con gli. Dei mondani, ed il volgo nella libertà di trattenersi con essi, e con gli antenati, nel man
i con essi, e con gli antenati, nel mantenere il senso in possessione di ogni diletto, placando con giuochi, danze e convi
he ereditavano le loro inclinazioni e le colpe ». 9. Da questo variar di significate della parola Mito or ci sorge vaghezz
a questo variar di significate della parola Mito or ci sorge vaghezza di venire ad alcune induzioni, che hanno molta atten
l mito conceputa solo con immagini o simboli sottendrando il concetto di cose finte ed immaginate a talento, ognuno ha cre
tiva della storia antica de’ popoli ; il fisico vi discopre i misteri di natura ; il politico il raffinamento di un saggio
fisico vi discopre i misteri di natura ; il politico il raffinamento di un saggio governo ; il filosofo la parte più bell
tà dei più saggi sacerdoti Egizii, vuole che la religione e le favole di loro si raggirassero sopra il levarsi de’pianeti,
er questo taluni delle dodici divinità maggiori fecero dodici periodi di tempi corrispondenti a ciascuno mese dell’anno. A
mese dell’anno. Altri non meno spiegando i miti e le favole per mezzo di caratteri astronomici, e supponendo a un tempo al
tismo volevano uscita dal seno della istessa divinità, anima variante di forme allo infinito, secondo i diversi effetti di
ità, anima variante di forme allo infinito, secondo i diversi effetti di che volevano esser ella produttrice, e secondo gl
sere e Dio, e la mente da lui nata, e l’anima del mondo, vuole che su di quest’anima, sorgente di tutte le altre anime, e
lui nata, e l’anima del mondo, vuole che su di quest’anima, sorgente di tutte le altre anime, e su l’eterne potenze vanno
ondo visibile e le forze motrici, che lo governano. Da queste nozioni di Macrobio può dirsi dunque altro non essere i miti
ole, che un velo ingegnoso gettato da prudente mano su tutte le opere di natura, e secondo questi principii noi ci studier
cipii noi ci studieremo interpetrare i miti eterodossi nel breve giro di queste nostre escogitazioni, dando a un tempo ad
nduto a quest’anima dell’universo una al culto del Sole, della Luna e di altri corpi celesti, fu l’obbietto delle favole d
Sole, della Luna e di altri corpi celesti, fu l’obbietto delle favole di tutti i popoli eterodossi. 10. La favola è un int
nificare e darne fuori una iconologia, ce la presentano sotto il tipo di una divinità allegorica, figlia del Sonno e della
co — Miste, cioè allegoriche e morali, e così può chiamarsi la favola di Leucotoe cangiata in albero, da cui tragge fuori
eucotoe cangiata in albero, da cui tragge fuori lo incenso ; o quella di Clizia mutata in elitropio. Mista del pari è la f
la di Clizia mutata in elitropio. Mista del pari è la favola del pomo di oro, che la Discordia fece cadere in mezzo al con
enere, che gli prometteva la più bella donna del mondo : favola mista di allegoria, perchè con il convito qui s’intende la
a celeste facoltà, cioè lo spirito e la mente degli Dei — con il pomo di oro il mondo, il quale come che è un’aggregato di
i Dei — con il pomo di oro il mondo, il quale come che è un’aggregato di contrarii concorrenti in uno, con ragione viene g
rii concorrenti in uno, con ragione viene gettato dalla Discordia — e di morale, chè per Paride qui s’intende l’animo dell
elle immaginate solo per divertimento, così potrebbesi dire la favola di Psiche. Capitolo II. Sommario — 11. Interp
nella mente de’Greci, e donde può trarsene la etimologia — Iconologia di Giove e come da questa si trae la interpetrazione
li l’etere o l’aere sparso dappertutto, e da ciò si dà la vera spiega di alcuni concetti de’classici latini — si rafforza
a di alcuni concetti de’classici latini — si rafforza la esplicazione di questo mito da un simulacro di Giove, ricordato d
i latini — si rafforza la esplicazione di questo mito da un simulacro di Giove, ricordato da Pausania, a tre occhi, e che
preso per l’anima del Mondo, nozioni tolte da S. Agostino nella Città di Dio. 15. Esposizione del mito di Giove da Plutarc
oni tolte da S. Agostino nella Città di Dio. 15. Esposizione del mito di Giove da Plutarco. 16. Bacco, figlio di Giove, in
Dio. 15. Esposizione del mito di Giove da Plutarco. 16. Bacco, figlio di Giove, interpetrazione di questo mito. 17. A Giov
ito di Giove da Plutarco. 16. Bacco, figlio di Giove, interpetrazione di questo mito. 17. A Giove si dava per padre Saturn
padre Saturno — Etimologia della parola Saturno — varie attribuzioni di lui tratte da un inno che si vuole di Orfeo — Int
la Saturno — varie attribuzioni di lui tratte da un inno che si vuole di Orfeo — Interpetrazione di alcuni miti di Saturno
ioni di lui tratte da un inno che si vuole di Orfeo — Interpetrazione di alcuni miti di Saturno, esposti e spiegati da Tul
tte da un inno che si vuole di Orfeo — Interpetrazione di alcuni miti di Saturno, esposti e spiegati da Tullio nel lib. 11
a Tullio nel lib. 11 della Natura degli Dei. 18. Nettuno — etimologia di questa parola tolta da Tullio e da Varrone — vari
etimologia di questa parola tolta da Tullio e da Varrone — varii nomi di Nettuno, e loro significato. 19. Plutone — duplic
o, e loro significato. 19. Plutone — duplice interpetrazione del mito di questo Dio, onde si trova non essere che o le ric
parola Apollo da Platone e da altri classici greci — interpetrazione di tutti i modi onde veniva rappresentato. 21. Varie
one di tutti i modi onde veniva rappresentato. 21. Varie attribuzioni di Apollo e loro significato. 22. Apollo uccide il s
o e loro significato. 22. Apollo uccide il serpente Pitone, allegoria di questo mito, tolta da Macrobio. 23. Apollo caccia
o, tolta da Macrobio. 23. Apollo cacciato dal cielo pastura le greggi di Admeto, interpetrazione di questo mito. 24. Conce
pollo cacciato dal cielo pastura le greggi di Admeto, interpetrazione di questo mito. 24. Concetti tolti dalla Scienza Nuo
o a questo nume, come ne interpetra i miti. 25. Mercurio — etimologia di questa parola — dall’allegoria de’suoi miti si sc
, pruove. 26. S. Agostino v’intende non altro che la parola. 27. Nomi di Mercurio tutti allusivi alla parola. 28. Diversa
con Vulcano può intendersi l’anima del mondo. 31. I Ciclopi compagni di Vulcano, allegoria del loro mito, cui intendonsi
lla interpetrazione del miti degl’ Iddii in particolare, nulla diremo di ciò ch’è favola, supponendo il leggitore esserne
ia per la istruzione de’giovanetti, debbonsi far precedere le lezioni di questa alla interpetrazione di quelli, onde inten
tti, debbonsi far precedere le lezioni di questa alla interpetrazione di quelli, onde intender le favole nel vero loro sig
favole nel vero loro significato. 12. Adorni gli antichi nostri padri di non volgare sapienza, volendo esprimere la natura
olendo esprimere la natura, le forze ed i suoi fenomeni, si giovarono di miti e di simboli. Per questo numerando dodici Di
rimere la natura, le forze ed i suoi fenomeni, si giovarono di miti e di simboli. Per questo numerando dodici Dii maggiori
ci Dii maggiori, li dividevano in triplice ordine, celesti, mondani e di coloro, che procreano la mente e gli animi — Cele
le sostanze de’ Numi — Mondani quegl’ Iddii, onde il mondo esiste, e di questi altri creano il mondo, come Giove, cioè l’
no il mare, le acque ; Vulcano il fuoco, esprimendosi i tre elementi, di cui si credeva esser composte le sostanze delle c
ttutto i selvaggi campavano in miglior parte la vita ; altri plasmato di varii e diversi obbietti, vi portano misura, ordi
o, come Marte, Pallade, Vesta, che si rappresentano armati, simbolica di fortezza e di tutela. 13. Giove — Ei nacque nella
Pallade, Vesta, che si rappresentano armati, simbolica di fortezza e di tutela. 13. Giove — Ei nacque nella mente de’grec
no per lo universo, veniva rappresentato da tutta l’antichità in atto di fulminare, e credevasi a un tempo che lo slancio
, ed il fragore de’tuoni non fossero che i cenni e lo stesso favellar di Giove. In questo noi troviamo un mito, che non ha
all’alto e che tutti chiamano Giove ». Ed Euripide dallo stesse luogo di Tullio(3) « vedi, diceva, ciò che su in alto si e
itenete per sommo tra gl’Iddii, questo ritenete per Giove » Il seggio di Giove, così Virgilio(4), è posto dov’è aere, dov’
aere uno degli immensi ricettacoli dell’elettricismo, che lanciandosi di regione in regione per le vie dell’alto ingenera
cora per ogni recondito recesso della terra, è principio e generatore di tutte le cose, onde Giove fu detto padre degli De
ve fu detto padre degli Dei e degli uomini ; e del pari portò il nome di Ottimo-massimo, e mille altri grandiosi titoli de
oltre la idea dello scultore, da cui fu fatto, per indicare lo impero di Dio sul triplice regno della creazione, l’aere mo
corporeo, che riempie e muove tutta questa mole, che voglion composta di quattro, o di quanti elementi a loro piace ; or n
riempie e muove tutta questa mole, che voglion composta di quattro, o di quanti elementi a loro piace ; or ne cede parte a
sser l’etere, oude dall’atto abbracciasse Giunone, ch’è l’aere sparso di sotto ; or ana all’aere è creduto essere il cielo
o nel tempo ; Marte e Bellona nelle guerre ; Bacco ne’luoghi piantati di viti ; Cerere nei frumenti ; Diana nelle selve ;
i in tutta quella innumera turba degli Iddii plebei. Egli con il nome di Libero presiede seminibus hominum ; col nome di L
bei. Egli con il nome di Libero presiede seminibus hominum ; col nome di Libera seminibus mulierum (2). A lui si dava il n
um ; col nome di Libera seminibus mulierum (2). A lui si dava il nome di padre del giorno, portando i parti alla luce ; di
lui si dava il nome di padre del giorno, portando i parti alla luce ; di Dea Mena, presedendo a’mestrui delle donne ; di L
o i parti alla luce ; di Dea Mena, presedendo a’mestrui delle donne ; di Lucina, invocandosi dalle parturienti ; di Opi, p
do a’mestrui delle donne ; di Lucina, invocandosi dalle parturienti ; di Opi, porgendo aiuto a’nascenti, e accogliendoli n
pi, porgendo aiuto a’nascenti, e accogliendoli nel seno della terra ; di Vaticano ne’vagiti degl’infanti ; di Dea Levana,
gliendoli nel seno della terra ; di Vaticano ne’vagiti degl’infanti ; di Dea Levana, levandoli dalla terra ; di Dea Cunina
icano ne’vagiti degl’infanti ; di Dea Levana, levandoli dalla terra ; di Dea Cunina tutelando le cune. Non è altro egli st
o in quelle Dive, che predicono i destini a’nascenti, o porta il nome di Carmente(3) ; presiede a gli avvenimenti fortuiti
re i numeri ; e dall’insegnare il canto, Camena. A lui davasi il nome di Dio Conso porgendo consigli ; a lui il nome di De
. A lui davasi il nome di Dio Conso porgendo consigli ; a lui il nome di Dea Sensia(1), inspirando sentimenti ; a lui il n
a lui il nome di Dea Sensia(1), inspirando sentimenti ; a lui il nome di Dea della gioventù, porgendo ai giovanetti gli es
porgendo ai giovanetti gli esordii dell’età giovanile ; a lui il nome di Fortuna Barbata, vestendo a gli adulti la barba d
le ; a lui il nome di Fortuna Barbata, vestendo a gli adulti la barba di peli ; a lui il nome di Dio Giogatino, congiungen
rtuna Barbata, vestendo a gli adulti la barba di peli ; a lui il nome di Dio Giogatino, congiungendo i coniugi ; a lui, in
i Dio Giogatino, congiungendo i coniugi ; a lui, invocandosi, il nome di Diva Virginiese, sciogliendo la cintura alle verg
oluzioni i mesi. Nè, soggiunge, creder si deve esser il Sole immagine di Giove, e la Luna immagine di Giunone, ma lo stess
e, creder si deve esser il Sole immagine di Giove, e la Luna immagine di Giunone, ma lo stesso Sole nella sua materia esse
che Giove lo rinchiudesse in una delle sue cosce, traendolo dal seno di sua madre Semele, che restò morta in veder Giove
ua madre Semele, che restò morta in veder Giove in tutto lo splendore di sua grandezza, quando non ancora era compiuto il
a grandezza, quando non ancora era compiuto il tempo della gravidanza di lui, traendonelo poi fuori a suo tempo. A questo
reca μηρος, coscia, onde si disse essere stato rinchiuso nella coscia di Giove ; e per questo ancora portava il nome di Di
rinchiuso nella coscia di Giove ; e per questo ancora portava il nome di Ditirambo, ossia due volte nato ; sebbene altri a
sia due volte nato ; sebbene altri a questa voce danno il significato di aprire ; poichè il vino, di cui egli fu l’invento
altri a questa voce danno il significato di aprire ; poichè il vino, di cui egli fu l’inventore, bevuto oltre misura, apr
menti. Altri non pertanto dicono, che Bacco fu rinchiuso nella coscia di Giove, onde parto immaturo e imperfetto venisse a
n luogo più salubre detto femur, coscia, e così immaginossi la favola di lui. Creduto inventore del vino, tutto e quanto p
ola di lui. Creduto inventore del vino, tutto e quanto può spigolarsi di lui ne’classici greci e latini, tutto si allude a
el vino. Gli si metteva in mano un tirso, ossia un’asta attorcigliata di pampani, o di frondi di ellera : con questa asta
i metteva in mano un tirso, ossia un’asta attorcigliata di pampani, o di frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbl
in mano un tirso, ossia un’asta attorcigliata di pampani, o di frondi di ellera : con questa asta nodosa ed obbliqua indic
imi degli ebrii andar del tutto aperti ed in nulla simulati. Le orgie di lui celebravansi al suono strepitoso di cembali e
d in nulla simulati. Le orgie di lui celebravansi al suono strepitoso di cembali e di tamburi, per indirare il tumulto deg
mulati. Le orgie di lui celebravansi al suono strepitoso di cembali e di tamburi, per indirare il tumulto degl’ubbriachi.
boscarsi la gran selva della terra, ciò che volevano avvenuto a tempi di Saturno, onde pe’latini questa età risponde a que
quando si disse che a lui fu presentata una zolla, una pietra in vece di Giove, si volle significare, che con le mani degl
he con le mani degli uomini furono ricoperte le biade seminate, prima di essersi ritrovato a svolgere la terra con l’aratr
il cielo, è un seme divino. Queste e molte altre cose, che si dicono di Saturno, tutte si rifescono ai semi — Ei non era
tempo, che tutto genera, strugge e riproduce. In un’inno che si vuole di Orfeo, tra le attribuzioni gli si dà il nome di p
un’inno che si vuole di Orfeo, tra le attribuzioni gli si dà il nome di padre degli Dei beati e degli uomini, di vario ne
tribuzioni gli si dà il nome di padre degli Dei beati e degli uomini, di vario ne’suoi consigli, di distruttore e che inge
e di padre degli Dei beati e degli uomini, di vario ne’suoi consigli, di distruttore e che ingenera tutte le cose, di raff
vario ne’suoi consigli, di distruttore e che ingenera tutte le cose, di raffrenatore con vincoli ineffabili dell’intero m
te le cose, di raffrenatore con vincoli ineffabili dell’intero mondo, di germe della terra e del cielo stellato. Ancor di
i dell’intero mondo, di germe della terra e del cielo stellato. Ancor di lui si raccontarono alcuni miti, che furono espos
si raccontarono alcuni miti, che furono esposti da Tullio, i concetti di cui noi qui voltiamo nella nostra favella, soprat
ttutto perchè da questi vengono ad interpetrarsi i concetti dell’inno di Orfeo « Tutta la Grecia, ei dice(1), portava un’a
ivorare, che fa degli anni, quod saturatur annis. Si è finto non meno di mangiarsi i proprii figli ; poichè il tempo insaz
o non meno di mangiarsi i proprii figli ; poichè il tempo insaziabile di anni consuma tutti quei che corrono. Si dice esse
ole così detto a nando, dal nuotare ; ma ei va tanto poco soddisfatto di questa etimologia, che egli stesso poscia la rige
ciocchè il mare circondando tutta la terra, per un traslato può dirsi di maritarsi con la terra istessa. Da greci Nettuno
a. Da greci Nettuno ποσειδων, che esprime quel potere, che ha l’amore di generare le cose su la terra e nel seno della ter
de’mari — e per questo ancora i fiumi si dipingono solto le sembianze di toro, e con sguardi torvi da toro, quasi il corso
lto le sembianze di toro, e con sguardi torvi da toro, quasi il corso di loro esprimesse un non so che di violento, e dess
guardi torvi da toro, quasi il corso di loro esprimesse un non so che di violento, e desse fuori un muggito. A Nettuno si
te, simbolo del suo impero su i mari, o perchè i pescatori si giovano di questo istrumento quando tendono insidie a’pesci,
i non pochi nocchieri, e furono creduti come Iddii anche in tempi non di molto remoti ; sì perchè dalla istoria è dato pri
dalla istoria è dato principio al secolo degli eroi con le piraterie di Minosse, e con la spedizione navale, che fece Gia
dizione navale, che fece Giasone nel Ponto per la conquista del vello di oro ; sì ancora, mancando a gl’antichi fiore d’in
igolando nel gran campo delle opinioni degli scrittori, che parlarono di questa divinità, può darsi una duplice interpetra
preside della terra ; poichè la parola Plutone importa il significato di ricchezze, che solo a noi vengono dalla terra, e.
imperio dello inferno, perchè solo la terra è una materia più oscura di tutti gli altri elementi(1). Perciò i greci lo ch
oconda e soave. Ed è chiamato Plutone, che oltre il significato detto di sopra, tutte le cose, quando son vicine alla diss
mblema del Sole d’inverno, o del giro del Sole per tutto quel periodo di tempo, in cui questo pianeta percorre la parte in
la parte inferiore dello Zodiaco. Ciò non va discorde dal sentimento di Porfirio in un frammento riportato da Eusebio(3),
assa sotto la terra, e percorre le sconosciuto e nascoto emisfero ; e di Macrobio che vuole essere Iao, cioè lo spirito de
lo spirito delle sfere, il più antico tra gli Dei, che porta il nome di Plutone nello inverno, e di Giove in primavera(4)
più antico tra gli Dei, che porta il nome di Plutone nello inverno, e di Giove in primavera(4). 20. Apollo —  Dio della po
a, della luce, della medicina e dell’armonia. Quando si disse ne’miti di questo nume non è, che un traslato allegorico, cu
uo apparente corso, e nel suo occaso mostra in molti modi gli effetti di sua dimostrazione. Perciò da’ Greci fu detto Ecat
ciò da’ Greci fu detto Ecateo, che può derivarsi dall’avverbio εκαθεν di lontano, cioè dal mandar di lontano sino a noi la
o, che può derivarsi dall’avverbio εκαθεν di lontano, cioè dal mandar di lontano sino a noi la luce del sole. Gli Egizii l
la luce del sole. Gli Egizii lo rappresentavano ora sotto il simbolo di un’occhio radiante ; ora sotto quello di uno scet
ntavano ora sotto il simbolo di un’occhio radiante ; ora sotto quello di uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto qu
sotto quello di uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto quello di un serpente di oro alato, simbolica propria della
uno scettro con in su un’occhio ; ed ora sotto quello di un serpente di oro alato, simbolica propria della luce solare. Q
i, non essere Apollo che il pianeta del Sole. Si credeva esser figlio di Giove e di Latona — di Giove, ossia, come ogni al
re Apollo che il pianeta del Sole. Si credeva esser figlio di Giove e di Latona — di Giove, ossia, come ogni altra creatur
e il pianeta del Sole. Si credeva esser figlio di Giove e di Latona —  di Giove, ossia, come ogni altra creatura, figlio de
, ossia, come ogni altra creatura, figlio dell’autore dell’universo —  di Latona, e con questo traendo la etimologia di que
’autore dell’universo — di Latona, e con questo traendo la etimologia di questa parola del verbo latere nascondere, si vol
a parola del verbo latere nascondere, si volle significare, che prima di uscire lo imperio divino creatore della luce, le
avallantisi su la faccia degli abissi. Si diceva essernato nell’isola di Delo, parola che importa manifestare ; perciochè,
nza del Sole è tutta ignita ; o come stima Cleante, perchè il sole va di stagione in stagione variamente declinando nella
erchè il Sole tante volte toglie la vita ai viventi con un intemperie di calore, onde può derivarsi ancora dal greco απολλ
dere o distruggere degli italiani. È rappresentato sotto le sembianze di un giovane imberbe, chè il Sole non va soggetto a
morbi. Poichè, dice Macrobio(2), dal Sole nasce continua salubrità, e di rado ne derivano alcune fiate ancora le pestilenz
e di rado ne derivano alcune fiate ancora le pestilenze. I simulacri di Apollo vengono rappresentati con le tre Grazie ne
mortali col temperato suo calore, e cacciando al contrario nelle vene di loro umori pestilenziali con la oltre misura dell
lla vita. E non meno, attenendoci alla etimologia de’varii suoi nomi, di leggieri scorgerassi, come questo nume in nulla s
απλος, da a privativa, e πολυς molto, ossia non molto, unico o quasi di semplice natura, quale caratteristica ben si addi
erci tratto dalle pestilenze, onde fu detto ancora Peon, cioè fornito di facoltà medica. Chiamavasi Delio da δηλος illustr
e vitale del Sole. Si diceva Pizio da πυθιος serpente, che si credeva di avere strozzato, onde, come dice Ovidio(2), furon
giuochi Pizii. Poichè Apollo va idenficato con il Sole, gli abitatori di Ieropoli quando volevanlo rappresentare sotto le
’raggi del Sole in verso la terra — gli ponevano sul capo un canestro di oro, per significare la luce eterea — gli facevan
si consacrava il cigno, chè non v’ha uccello più vocale e più candido di questo. 22. Tutta la Grecia celebrava in onor di
vocale e più candido di questo. 22. Tutta la Grecia celebrava in onor di Apollo alcuni giuochi detti Pizii, onde perpetuar
ni, e poscia quivi riscaldate cadendo giù ravvolgentisi a simiglianza di un serpente mortifero nelle ime sedi della terra
della terra portavano il guasto, e contaminando tutte le cose per via di una putredine, la quale originata dal calore oper
a putredine, la quale originata dal calore operante su lo umore mercè di una effervescenza, che ricoprendo il sole istesso
a effervescenza, che ricoprendo il sole istesso con un folto addensar di caligine, sembra di ottenebrare in parte lo stess
ricoprendo il sole istesso con un folto addensar di caligine, sembra di ottenebrare in parte lo stesso suo splendore ; ma
a poscia estenuate col salubre fervore de’raggi cadenti a simiglianza di saette, prosciugate e svanite, i poeti ne immagin
arono la favola del dragone ucciso da Apollo. 23. Raccontasi del pari di Apollo un’altra favola — che scacciato da Giove d
pasturare. Macrobio istesso interpetra questo mito. Non dall’ufficio di pasturare le greggi, ei dice(2), Apollo fu detto
ore, fingendosene la favola, ma perchè il sole pascola tutte le cose, di cui è produttrice la terra, onde non di un solo,
l sole pascola tutte le cose, di cui è produttrice la terra, onde non di un solo, ma di ogni gregge può chiamarsi pastore.
tutte le cose, di cui è produttrice la terra, onde non di un solo, ma di ogni gregge può chiamarsi pastore. Altri intendon
gregge può chiamarsi pastore. Altri intendono con questo un’Apollo re di Arcadia, che imperando con rigore fu gettato dal
endore d’armi…… Ed è detto Apollo Dio fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella di cavalcare ;
fondatore della umanità e delle di lei arti, una delle quali è quella di cavalcare ; onde il Pegaso vola sopra il monte Pa
lcare ; onde il Pegaso vola sopra il monte Parnaso, il quale è armato di ali, perchè è in ragione de’nobili… Finalmente Ap
agione de’nobili… Finalmente Apollo è sempre giovane, siccome la vita di Dafne sempre vardeggia cangiata in lauro, perchè
eterna gli uomini nelle loro famiglie : egli porta la chioma in segno di nobiltà, e restò costume a moltissime nazioni di
a la chioma in segno di nobiltà, e restò costume a moltissime nazioni di portar chioma i nobili ; e si legge tra le pene d
li ; e si legge tra le pene de’nobili appo i Persiani e gli Americani di spiccare uno o più capelli dalla loro chioma : e
sempre in aria tra il cielo, la terra e lo inferno, carattere proprio di un messaggiero dal cielo alla terra e dalla terra
ggiero dal cielo alla terra e dalla terra al cielo. I miti raccontati di questo nume non sono che una perfetta allegoria,
i andavano attorti due colubri, e fu creduto essere questo un simbolo di pace ; posciachè, incontrandosi ei con due colubr
iachè, incontrandosi ei con due colubri altercantisi, ne avesse tolto di mezzo la rissa, rappacificandoli col tocco della
nissero scacciate le tenebre e le larve, figlie della notte. Narrossi di lui di aver morto Argo da cento occhi, posto a cu
scacciate le tenebre e le larve, figlie della notte. Narrossi di lui di aver morto Argo da cento occhi, posto a custodia
la giovanetta Io, trasmutata da Giove in vacca, onde trarla al furore di Giunone : è questo un mito, con cui si voleva dar
concetti, quasi medius currens, perchè la parola o il discorso corre di mezzo fra gli uomini ; e si disse ερμης da’greci,
e alle merci ; perciocchè tra i compratori, e coloro che vendono v’ha di mezzo il discorso. Gli posero le ali a’piedi e al
a’piedi e al capo, chè il parlare va rapido per l’aria. Portò il nome di nunzio, giacchè con il favellare si danno fuori t
i, ossia monchi tutti quei che mancano delle mani. 27. Co’miti dunque di Mercurio gli antichi non intendevano che il mirab
le —  Εριουνιος, utile, e ciò dalla utilità della parola. A simulacri di lui si metteva in mano una verga di oro, e se ne
utilità della parola. A simulacri di lui si metteva in mano una verga di oro, e se ne faceva gran conto, credendosi d’ines
e. Si fingeva senza mani e senza piedi, per indicare non aver bisogno di questi per eseguire le cose a lui commesse, basta
sti per eseguire le cose a lui commesse, bastandogli solo la parola —  di forma quadrata onde esprimere la sua stabilità e
drata onde esprimere la sua stabilità e fermezza. Intorno alle statue di lui si accumulavano molte pietre ; perciocchè ogn
utti che altri tolga le strade dagl’ingombri, ed affinchè i simulacri di lui con l’addizione delle pietre addivenissero pi
rittore della Scienza Nuova porge una diversa interpetrazione de’miti di Mercurio, e noi per adornare queste povere pagine
descritta con uno o due serpi avvoltivi, che dovettero essere spoglie di serpi, significanti il dominio bonitario, che si
alla verga, per significare, il dominio eminente degli ordini… Oltre di ciò con ali a talloni per significare, che il dom
dominio dei fondi era de’senati regnanti... Sicchè questa verga alata di Mercurio de’Greci, toltane la serpe… portò la leg
serpe… portò la legge agraria ai famoli degli eroi... Portò l’agraria di Servio Tullio con la quale ordinò il censo…. Da M
e eroico, per indicare coloro, che con le armi avevano fatto prodigii di valore. Per questo meglio può dirsi esser Marte u
una divinità il pianeta che chiamasi Marte, trassero dalle proprietà di questo pianeta, che va sempre torbido e rossastro
li a stormi sogliono volitare per quei campi, ove la guerra fa strage di uomini, e sogliono presagirla col canto di loro.
i, ove la guerra fa strage di uomini, e sogliono presagirla col canto di loro. 30. Vvlcano — Dio del fuoco e delle arti, c
lcano per metafora, e che deve adorarsi come un gran Nume, perciocchè di molto contribuisce alla produzione ed incremento
Nume, perciocchè di molto contribuisce alla produzione ed incremento di ogni cosa. Col nome dunque di Vulcano non s’inten
tribuisce alla produzione ed incremento di ogni cosa. Col nome dunque di Vulcano non s’intende altro che il fuoco elementa
chè il fuoco e le fiamme si alimentano con Paria. Si vuole inventore di molte arti, perciocchè queste in miglior parte si
Gli Stoici ammettendo un’aria diffusa per tutto lo universo, dicevano di esser ella un fuoco sottile ed etereo al di sopra
tto lo universo, dicevano di esser ella un fuoco sottile ed etereo al di sopra dei pianeti e delle stelle. Tenendo dietro
stare un culto a questa loro anima del mondo. Il mito, che raccontasi di Vulcano, di essere stato precipitato dal cielo, e
to a questa loro anima del mondo. Il mito, che raccontasi di Vulcano, di essere stato precipitato dal cielo, e caduto su l
lto dal fulmine e portato su la terra non mai retto porta le fattezze di uno zoppo nel moto del suo vampo. A Vulcano si da
per consorte Venere, la più bella infra le Dive ; perciocchè le arti, di cui egli credevasi inventore acquistano grazia e
nere, li abbia entrambi stretto nei vincoli, ed esposto a gli sguardi di tutti — con questo mito, poicchè come i contrasti
ura queste cose avverse si contemperano fra loro, sorge un non so che di nobile e di bello, a cagione di un mutuo fervoros
ose avverse si contemperano fra loro, sorge un non so che di nobile e di bello, a cagione di un mutuo fervorosissimo accor
mperano fra loro, sorge un non so che di nobile e di bello, a cagione di un mutuo fervorosissimo accordo ed armonia. — Par
etrazione può avere l’altro mito — aver fenduto con una scure il capo di Giove, e che ne sia uscita fuori Minerva, Dea del
i Minerva, Dea della sapienza e delle belle arti — cioè che il fuoco, di cui si servono le arti, sia stato un mezzo a dar
le arti istesse, pria occulte ed ignote. 32. Si volevano per compagni di Vulcano i Ciclopi di alta corporatura, con un sol
occulte ed ignote. 32. Si volevano per compagni di Vulcano i Ciclopi di alta corporatura, con un solo occhio nella fronte
con un solo occhio nella fronte, tutti intenti a fabbricare i fulmini di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lip
la fronte, tutti intenti a fabbricare i fulmini di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si
tutti intenti a fabbricare i fulmini di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si disse dal
a fabbricare i fulmini di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si disse dal poeta dell’Il
lmini di Giove nelle fucine di Lenno, di Sicilia, e di Lipari. Quanto di loro si disse dal poeta dell’Iliade e della Vliss
zza e le profonde radici de’monti vulcanici ; altri, stimandoli figli di Nettuno e di Anfitrite, non altro indicavano, che
onde radici de’monti vulcanici ; altri, stimandoli figli di Nettuno e di Anfitrite, non altro indicavano, che tai monti sb
indicavano, che tai monti sbuffanti fuoco dalle loro cime sorgono non di rado presso i mari, personificando il mare per Ne
ificando il mare per Nettuno ed Anfitrite. Si dipingevano qua’giganti di robusta e di alta corporatura, per darci un tipo
are per Nettuno ed Anfitrite. Si dipingevano qua’giganti di robusta e di alta corporatura, per darci un tipo dell’enorme m
dei Vulcani. I fulmini da loro fabbricati si volevano essere composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tr
I fulmini da loro fabbricati si volevano essere composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi di fu
da loro fabbricati si volevano essere composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi di fuoco : è qu
icati si volevano essere composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi di fuoco : è questa un’alleg
levano essere composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi di fuoco : è questa un’allegoria de’fen
composti di tre raggi di acqua, di tre raggi di nebbia, di tre raggi di fuoco : è questa un’allegoria de’fenomeni prodott
nante Giove. Capitolo III. Sommario — 33. Giunone attribuzioni di questa Diva tratte da un’inno di Orfeo —  da’conc
Sommario — 33. Giunone attribuzioni di questa Diva tratte da un’inno di Orfeo —  da’concetti di Orfeo traluce un’allegori
attribuzioni di questa Diva tratte da un’inno di Orfeo —  da’concetti di Orfeo traluce un’allegoria, onde si scopre essere
logia della parola Giunone tolta da Tullio —  interpetrazione de’miti di Giunone dell’autore della Scienza Nuova. 33. Cere
i di Giunone dell’autore della Scienza Nuova. 33. Cerere — Etimologia di questa parola —  il modo di rappresentarsi è una
la Scienza Nuova. 33. Cerere — Etimologia di questa parola —  il modo di rappresentarsi è una simbolica dell’agricoltura 3
rappresentarsi è una simbolica dell’agricoltura 36. Altri particolari di Cerere. 37. Proserpina figlia di Cerere — Etimolo
ll’agricoltura 36. Altri particolari di Cerere. 37. Proserpina figlia di Cerere — Etimologia di questa parola — Plutone ra
i particolari di Cerere. 37. Proserpina figlia di Cerere — Etimologia di questa parola — Plutone rapisce Proserpina, e la
ll’Erebo, cercandola la madre per tutta la terra, traslato allegorico di questo mito. 38. Diverse interpetrazioni del mito
slato allegorico di questo mito. 38. Diverse interpetrazioni del mito di Proserpina stratte da Eusebio, e da Bacone. 39. C
o di Proserpina stratte da Eusebio, e da Bacone. 39. Cibele — Maniera di rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione di
ratte da Eusebio, e da Bacone. 39. Cibele — Maniera di rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione di sua simbolica — V
9. Cibele — Maniera di rappresentarsi di questa Diva, interpetrazione di sua simbolica — Vn’altra interpetrazione dello sc
razione dello scrittore della Scienza Nuova. 40. Minerva — Etimologia di questa parola — 41. Interpetrazione del suo mito
del suo mito dello scrittore della Scienza Nuova. Nomi e attribuzioni di Minerva e loro significato. 42. — Venere — etimol
buzioni, che si davano a questa Dea — si rappresentava sotto le forme di una donna a tre teste, interpetrazione di questa
appresentava sotto le forme di una donna a tre teste, interpetrazione di questa forma — Altra interpetrazione tolta dallo
allo scrittore della Scienza Nuova. 47. Vesta. 48. Altre attribuzioni di Diana. 49. Le Muse — Etimologia di questa parola,
47. Vesta. 48. Altre attribuzioni di Diana. 49. Le Muse — Etimologia di questa parola, e vario suo significato. 50. Donde
suo significato. 50. Donde da tre si immaginarono nove Muse, opinioni di Varrone e Diodoro Sicolo. 51. Nome delle Muse e l
he, cui intendevasi la poesia, la musica, la danza ec. Individuazione di questo personificamento. 53. Le Grazie — Simbolic
mento. 53. Le Grazie — Simbolica ed allegorie delle Grazie — Sviluppo di questa simbolica e allegorie. givnone, gerere, p
na, vesta, le mvse, le grazie. 33. Givnone — A questa Diva in un inno di Orfeo è dato il nome di regina degli Dei e degli
razie. 33. Givnone — A questa Diva in un inno di Orfeo è dato il nome di regina degli Dei e degli uomini, di consorte di G
n un inno di Orfeo è dato il nome di regina degli Dei e degli uomini, di consorte di Giove, ed è lodata dalle qualità, che
Orfeo è dato il nome di regina degli Dei e degli uomini, di consorte di Giove, ed è lodata dalle qualità, che porta non d
ia, dal generare e nudrire i venti e le pioggie, dal potere che ha su di entrambi, dal somministrare di lievi e gradevoli
nti e le pioggie, dal potere che ha su di entrambi, dal somministrare di lievi e gradevoli aure alimentatrici della vita d
strare di lievi e gradevoli aure alimentatrici della vita de’mortali, di generatrice di tutte le cose, e che senza di lei
e gradevoli aure alimentatrici della vita de’mortali, di generatrice di tutte le cose, e che senza di lei nulla avrebbe v
i della vita de’mortali, di generatrice di tutte le cose, e che senza di lei nulla avrebbe vita, ed in fine dallo impero,
, senza sfuggirne veruno, io vi trovo un’allegoria, cui sotto il nome di Giunone si intese dagli antichi l’aria portando s
. L’aria, dice Tullio(1), posta tra il cielo ed il mare porta il nome di Giunone, consorte e sorella di Giove, il quale de
tra il cielo ed il mare porta il nome di Giunone, consorte e sorella di Giove, il quale del pari ha con l’etere molta sim
ra Giove l’etere, e Giunone l’aria. Platone poi, come dicemmo de’miti di Giove, la vuole detta Giunone a invenescendo, dal
ito, a ragione i Greci la chiamarono Ηρα, a cagione della simiglianza di questo nome con quello di Αηρ, aria Fu detta anco
chiamarono Ηρα, a cagione della simiglianza di questo nome con quello di Αηρ, aria Fu detta ancora sorella e consorte di G
uesto nome con quello di Αηρ, aria Fu detta ancora sorella e consorte di Giove, per la prossimità dell’aria con l’etere, c
erea. E per questo ancora vedesi in alcune antiche medaglie assisa su di un carro trasportata da pavoni per le vie dell’ar
inspirava, il signor Albano, a rappresentar l’aria sotto le sembianze di una Diva, portata su di un carro da pavoni. 34. T
ano, a rappresentar l’aria sotto le sembianze di una Diva, portata su di un carro da pavoni. 34. Tullio traendo la etimolo
rata come l’aria dà vita e moto a’viventi, o dal credersi esser larga di soccorso alle donne ne’dolori del parto. Ma di qu
l credersi esser larga di soccorso alle donne ne’dolori del parto. Ma di questi e di altri titoli, cui questa Diva era ono
sser larga di soccorso alle donne ne’dolori del parto. Ma di questi e di altri titoli, cui questa Diva era onorata dai gre
ere le parole dell’autore della Scienza Nuova, lasciando al leggitore di appigliarsi a quelle interpetrazioni, che gli sem
ero dei matrimonii solenni il secondo de’divini caratteri dopo quello di Giove, Giunone seconda divinità delle genti, dett
ve, Giunone seconda divinità delle genti, dette maggiori : la quale è di Giove sorella e moglie, perchè i primi matrimonii
matrimonii giusli, ovvero solenni, che dalla solennità degli auspicii di Giove furono detti giusti, da fratelli, e da sore
arti schiavi, ma civile, onde i nobili sono detti illustri : è gelosa di una gelosia politica, con la quale i romani fino
: è gelosa di una gelosia politica, con la quale i romani fino al 309 di Roma tennero i connubii esclusi alla plebe. Ma da
fu lo stesso che Imeneo : e gli eroi si dovettero dire in sentimento di signori delle famiglie a differenza de’famoli, i
e’famoli, i quali vi erano come schiavi…. E quel geroglifico o favola di Giunone appiccata in aria con una fune al collo,
e il matrimonio solenne : essendo poi stato preso per crudele castigo di Giove adultero, con si fatti sensi indegni, che l
ii ad una Diva, ch’era dipinta con una falce in mano, con un manipolo di spighe in un altra, adornandosele le tempia di un
mano, con un manipolo di spighe in un altra, adornandosele le tempia di una corona ancor di spighe. Ella era Cerere, e fu
lo di spighe in un altra, adornandosele le tempia di una corona ancor di spighe. Ella era Cerere, e fu cosi denominata, co
gresti, ch’erano il cibo dell’uomo selvaggio. Ella rappresentavasi su di un carro guidato da Trittolemo, o trascinato da d
cereo, che significa creare, per dinotare essere la terra generatrice di ogni cosa. Questa Diva non poteva essere immagina
τηρ, madre, madre alimentatrice degli uomini. Da ciò fu creduta madre di Giove ; perciocchè tutto quello che porge la terr
l papavero, ed era questo una simbolica, indicandosi con la rotondità di tal flore la forma quasi sferica della terra, per
o da’Greci, che Plutone come Dio dello inferno rigettato dal connubio di ogni altra Dea, uscendo fuori dall’Erebo, rapisse
i altra Dea, uscendo fuori dall’Erebo, rapisse Proserpina nella valle di Enna in Sicilia, seco trasportandola a consorte n
incendii dell’Etna, e la cerca per tutta la terra. Sapendo finalmente di trovarsi nello inferno, ottiene da Giove di ripor
terra. Sapendo finalmente di trovarsi nello inferno, ottiene da Giove di riportarla con seco per sei mesi su la terra, las
riportarla con seco per sei mesi su la terra, lasciandola a gli amori di Plutone per altrettanto tempo alternativamente — 
on significava che il seme delle biade(2). Proserpina si volle figlia di Giove e di Cerere, cioè del cielo e dell’agricolt
ava che il seme delle biade(2). Proserpina si volle figlia di Giove e di Cerere, cioè del cielo e dell’agricoltura, come p
cielo e dell’agricoltura, come può scorgersi da ciò che abbiamo detto di Giove e di Cerere istessa. È rapita da Plutone — 
l’agricoltura, come può scorgersi da ciò che abbiamo detto di Giove e di Cerere istessa. È rapita da Plutone — con questo
ia il frumento, cui ella si confonde. Proserpina fu tenuta per impero di Giove a rimanersi per sei mesi con Plutone nell’i
lche tempo, e non si vede useir fuori e pullulare, che nella stagione di primavera. E perciò celebravansi per questa figli
nella stagione di primavera. E perciò celebravansi per questa figlia di Cerere due feste, lieta l’una in primavera, lugub
era, lugubre l’altra in autunno. L’Agostino poi esponendo la dottrina di Varrone, prende Proserpina per la stessa fecondit
sta fecondità, andando la terra infruttuosa, fu immaginato, la figlia di Cerere, ossia l’istessa fecondità essere rapita d
tempo d’inverno percorre le parti più remote del mondo, onde vogliono di venire da lui rapita Proserpina «  E diversamente
isgiunto dalla parte superiore del globo... e questo spirito si finse di essere stato rapito dalla terra, perchè vi viene
ele — Questa Diva nacque in mente de’Greci per rappresentarsi un tipo di coloro, che radunando gli uomini in uno, prima di
prima non’era che fierezza ed un vivere da selvaggio. Quanto si disse di lei tutto era una simbolica. Ella rappresentavasi
e stabilità della terra. Le si circondavano le tempia con una corona di quercia, per rammentare di essersi una volta gli
e si circondavano le tempia con una corona di quercia, per rammentare di essersi una volta gli uomini nudriti del frutto d
ia, per rammentare di essersi una volta gli uomini nudriti del frutto di questo albero. Le si mettevano sul capo alcune to
ude nel suo seno nello inverno e fuori tragge nella estate. Assisa su di un carro sostenuto da ruote trascinate da leoni,
on venga ammansita dalla tenerezza materna, oppure non esservi angolo di terra sì remoto e sì infruttuoso, che non possa m
detta ancora de’giganti, che propriamente così furono detti nel senso di figliuoli della terra : talchè è madre degli Dei,
ioè de’giganti, che nel tempo delle prime città si arrogarono il neme di Dei : e le è consacrato il pino, segno della stab
Minerva — Nacque questa Diva nella mente de’poeti, per crear un tipo di sapienza, e onde personificare il genio inventore
re delle belle arti e delle armi guerriere. La vogliono nata dal capo di Giove, fendendonelo Vulcano : intendevasi con que
ra disciplina non essere un ritrovato dell’uomo, ma nate dal cervello di Giove, ossia dal fonte inesausto della sapienza d
co-letterarie della Magna Grecia (2), chiamarono Minerva il triangolo di tre lati eguali, supponendo essere nata dal suo v
iangolo di tre lati eguali, supponendo essere nata dal suo vertice, e di Tritogonia, perciocchè questo triangolo si divide
erbo moneo, cioè ammonire (4), ossia da’saggi consigli, che credevasi di porgere a gli uomini. Portava ancora il nome di P
nsigli, che credevasi di porgere a gli uomini. Portava ancora il nome di Pallade, parola tutta greca, che deriva dal radic
ιν vibrare, saettare, onde si rappresenta con in mano un’asta in atto di vibrarla. I greci, dice lo scrittore della Scienz
fiera egualmente e goffa, che Vulcano con una scure fendette il capo di Giove, onde nacque Minerva, volendo essi dire, ch
, che esercitavano arti servili, che venivano sotto il genere poetico di Vulcano : Plebeo, essi ruppero il sentimento d’in
: Plebeo, essi ruppero il sentimento d’infievolire o scemare il regno di Giove, come resto ai latini minuere caput, per fi
rodotte da Dio. Ma i poeti teologi contemplarono Minerva come la idea di ordine civile come restò per eccellenza a’latini
lenza a’latini ordo per senato ; lo che forse diede motivo a’filosofi di crederla idea eterna di Dio, che altro non è che
senato ; lo che forse diede motivo a’filosofi di crederla idea eterna di Dio, che altro non è che ordine eterno ». 42. Ma
derla idea eterna di Dio, che altro non è che ordine eterno ». 42. Ma di questa Diva non poche altre cose, poichè ne’suoi
pigolati con lungo studio ne’classici greci, troviamo non poche virtù di molto utili all’uomo. Nata Minerva dal cervello d
mo non poche virtù di molto utili all’uomo. Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo di sapienza e di valore, era conc
di molto utili all’uomo. Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo di sapienza e di valore, era conceputa senza madre ;
all’uomo. Nata Minerva dal cervello di Giove qual tipo di sapienza e di valore, era conceputa senza madre ; perciocchè la
o con il sangue per lungo ordine, come dice ironicamente il Panni(1), di magnanimi lombi, quanto si acquistano con lunghi
o raccoglie in uno per saper contemperare la vita. Le si dava il nome di Pallade παλλας che oltre altri significati, come
so i lessiografi greci, può interpetrarsi giovanetta, e ciò a cagione di sua fresca giovanezza, effetto di sua verginità s
etrarsi giovanetta, e ciò a cagione di sua fresca giovanezza, effetto di sua verginità sempre incontaminata, sempre pura.
e, rimanendo sempre nella sua purezza, vera simbolica della verginità di questa Diva. Credendosi essere uscita armata dal
erginità di questa Diva. Credendosi essere uscita armata dal cervello di Giove, i Greci le davano il nome di Αρεια marzial
essere uscita armata dal cervello di Giove, i Greci le davano il nome di Αρεια marziale, duce e governatrice della guerra,
a, quali caratteristiche trasparivano da gli occhi suoi, dipingendoli di color glauco, come si scorge nelle fiere robustis
ustissime, quali sono il pardo ed il leone, gli occhi dei quali tinti di color glauco sono si vivamente lucenti, che altri
lor glauco sono si vivamente lucenti, che altri non può guardarli che di trasverso. 43. Venere — Fu immaginata questa Diva
immaginata questa Diva dagli antichi greci onde personificare i sensi di piacere, di voluttà, che sopraggiungono a ciascun
uesta Diva dagli antichi greci onde personificare i sensi di piacere, di voluttà, che sopraggiungono a ciascun vivente qua
re, di voluttà, che sopraggiungono a ciascun vivente quando le membra di loro vanno ad un compiuto sviluppamento. E Tullio
iluppamento. E Tullio(2) ne tragge la etimologia dal venire spontaneo di lei a tutto i viventi. Si volle nata dalle onde d
viventi. Si volle nata dalle onde del mare, posciachè la generazione di cui ella era tipo, per aver luogo ha bisogno di u
ciachè la generazione di cui ella era tipo, per aver luogo ha bisogno di umore e di movimento, ciò che trovasi appieno nel
enerazione di cui ella era tipo, per aver luogo ha bisogno di umore e di movimento, ciò che trovasi appieno nelle onde del
perchè molto amabile, ed è simbolo del vero amore, secondo la maniera di baciare tutta propria di essa — il mirto, poichè
è simbolo del vero amore, secondo la maniera di baciare tutta propria di essa — il mirto, poichè gli antichi si servivano
are tutta propria di essa — il mirto, poichè gli antichi si servivano di questa pianta per conciliare gli amori. 44. A Ven
ato. Chi sia questo nume ben si scorge da un frammento delle Commedie di Alesside, e noi qui lo riproduciamo secondo la no
i sieno tali cose…… » Cupido si finge fanciullo ; poichè vanno privi di sana mente coloro che son preda di insani amori.
nge fanciullo ; poichè vanno privi di sana mente coloro che son preda di insani amori. Si crede alato, chè amore spesso ir
vano desiderabile ; poichè l’amore ha sempre trasporto alla fruizione di quelle cose, che sono di forma avvenente e grazio
è l’amore ha sempre trasporto alla fruizione di quelle cose, che sono di forma avvenente e graziosa ; o per una certa foll
erduti amanti può dirsi andar privi del bene dell’intelletto. Rabaud di Saint-Etienne porge al mito di Venere una diversa
rivi del bene dell’intelletto. Rabaud di Saint-Etienne porge al mito di Venere una diversa interpetrazione « I pianeti, c
rge dell’ombra ; erale attribuito un moderato calore, e il privilegio di umettare l’atmosfera : da ciò vennero gl’influssi
l’inni religiosi, che vennero a lei rivolti. Sposa del Dio del fuoco, di quel Vulcano, i cui antichi altari ivano del pari
uoco, di quel Vulcano, i cui antichi altari ivano del pari con quelli di Prometeo, fu essa di mano in mano amante di Adone
, i cui antichi altari ivano del pari con quelli di Prometeo, fu essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di
ivano del pari con quelli di Prometeo, fu essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di Marte, col quale entra
i Prometeo, fu essa di mano in mano amante di Adone, cioè del Sole, e di Marte, col quale entrava essa in congiunzione, se
a, e chiamavasi Diana ; come una divinità infernale e portava il nome di Ecate e Proserpina, o per altra cagione che poco
ovasi in continuo movimento, per alludere al trasporto, che credevasi di avere per la caccia, se pur non si voglia derivar
nte, ond’è detta Lucifer apportatrice del giorno. Portava poi il nome di Ecate da εκατον cento, o perchè ella veniva placa
ella veniva placata con cento vittime, o perchè desse in una erranza di cento anni coloro che dopo morte andavano insepol
ne’boschi, alimentava molti cani, e nulla si dava cura dei suoi beni di fortuna, fino a mancargli del tutto, onde si diss
ueste varie attribuzioni le vedove, e qui riportiamo le stesse parole di un’altra nostra operetta(1), sedute su la tomba d
ute su la tomba degli estinti loro parvoli offrivano alla Luna corone di papavei, e lagrime, placandola, così Virgilio(2),
corone di papavei, e lagrime, placandola, così Virgilio(2), col nome di Ecate. Le incantatrici, come dice Orazio(3), chia
andola Trivia, a lei ululavano nelle loro evocazioni. Dandole il nome di Latmia, a lei, così appo Ateneo(4), le preghiere
i astri. Emergendo col suo raggio dalle nuvole, a lei fu dato il nome di Artemide. Col nome, di Diana, diva de’porti, e co
suo raggio dalle nuvole, a lei fu dato il nome di Artemide. Col nome, di Diana, diva de’porti, e col nome di Delia, così C
to il nome di Artemide. Col nome, di Diana, diva de’porti, e col nome di Delia, così Callimaco(5), guidatrice delle vergin
quando venivano scampati dalla tempesta. A lei i cacciatori su l’ara di Dittinna, come in un inno voluto di Omero(6), por
esta. A lei i cacciatori su l’ara di Dittinna, come in un inno voluto di Omero(6), porgevasi in voto l’arco, la preda e la
luto di Omero(6), porgevasi in voto l’arco, la preda e la esultazione di una danza. Pindaro in un inno salutolla fluviale(
nvocava Gamelia, Ilizia dalle madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera, di Diana quale madre e natura —
Gamelia, Ilizia dalle madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera, di Diana quale madre e natura — Rappres
ia dalle madri. E finalmente s’invocava col nome di Opi, di Lucifera, di Diana quale madre e natura — Rappresentavasi sott
quale madre e natura — Rappresentavasi sotto le sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo, di cane e di c
presentavasi sotto le sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo, di cane e di cignale, o come vuole Pausa
sotto le sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo, di cane e di cignale, o come vuole Pausania(10), sot
sembianze allegoriche di una donna a tre taste, di cavallo, di cane e di cignale, o come vuole Pausania(10), sotto lo aspe
lo, di cane e di cignale, o come vuole Pausania(10), sotto lo aspetto di tre corpi congiunti in un solo a tre facce. Non t
giunti in un solo a tre facce. Non torna difficile la interpetrazione di questo mito — considerata come la Luna, con i tre
a Luna istessa, che presenta nelle sue fasi nell’alto de’cieli, prima di mezza Luna, poscia di un mezzo globo, infine di u
esenta nelle sue fasi nell’alto de’cieli, prima di mezza Luna, poscia di un mezzo globo, infine di un globo intero. 48. Ve
’alto de’cieli, prima di mezza Luna, poscia di un mezzo globo, infine di un globo intero. 48. Vesta — Figlia di Saturno e
scia di un mezzo globo, infine di un globo intero. 48. Vesta — Figlia di Saturno e di Rea veniva riconosciuta come la Dea
zzo globo, infine di un globo intero. 48. Vesta — Figlia di Saturno e di Rea veniva riconosciuta come la Dea del fuoco. Da
. Da’greci fu immeginata questa divinità, onde personificare il fuoco di tanto utile all’uomo, e può trarsene argomento da
o dal tempio a lei fabbricato in Roma da Numa Pompilio quasi in forma di un globo, per dimostrare tutto l’universo, nel me
ella ne fosse la cagione, e che quasi sia nato per suo potere. E non di rado fu presa per la terra. Invero Aristarco di S
per suo potere. E non di rado fu presa per la terra. Invero Aristarco di Samo fu accusato da Cleonte, uditore di Zenone, d
er la terra. Invero Aristarco di Samo fu accusato da Cleonte, uditore di Zenone, di non aver tributato a Vesta gli onori d
. Invero Aristarco di Samo fu accusato da Cleonte, uditore di Zenone, di non aver tributato a Vesta gli onori dovuti, e di
uditore di Zenone, di non aver tributato a Vesta gli onori dovuti, e di averne turbato il riposo : non è questa, dice Plu
e Plutarco, che un’accusa tutta allegorica, con cui voleva intendersi di aver egli spostata la terra dal centro dell’unive
terra sempre immobile e fissa nel suo centro, a Vesta fu dato il nome di εστια da εστενια, stare, per indicare che quasi s
fu dato il nome di εστια da εστενια, stare, per indicare che quasi su di un fondamento si poggia e sta l’univermondo. Vest
utte le cose fatte dalla terra si risolvono in essa, e poscia da essa di nuovo risorgono. Per questo i greci da Vesta pren
no spiegare i misteri, o da απο της μωσεως, ricerca, perchè si voleva di aver ricercato e insegnato a gli uomini cose subl
insegnato a gli uomini cose sublimi, e che non sono alla intelligenza di tutti ; e con altro nome Camene, che può interpet
poesia, come Alighieri per Musa intese Virgilio(2), « Sì pia l’ombra di Anchise si porse, Se fede merta la nostra maggior
cose Fatto nell’armi e nelle sacre Muse » 51. Le Muse credute figlie di Giove e di Mnemosine cantavano su l’Olimpo le mar
nell’armi e nelle sacre Muse » 51. Le Muse credute figlie di Giove e di Mnemosine cantavano su l’Olimpo le maraviglie deg
Monti nel suo eruditissimo canto, la Musogonia. Furono credute figlie di Giove, e di Mnemosine, ossia della memoria, per i
o eruditissimo canto, la Musogonia. Furono credute figlie di Giove, e di Mnemosine, ossia della memoria, per indicare che
la andava ignoto, nè il presente nè il passato, e che nulla allegrava di tanto lo augusto congresso degli Dei, quanto il m
di tanto lo augusto congresso degli Dei, quanto il melodioso concento di loro voce. Sempre unite si componevano a coro, sc
meditazione e canto, che altro non sono che una vera personificazione di tre obbietti, che servono a dar principio, svilup
Beozia fè credere esser nove il numero delle Muse, dando loro il nome di altrettante graziose donzelle sue figlie — Varron
fragge la loro origine da diverso avvenimente — Volendo gli abitatori di Sicione elevare un monumento di gloria alle tre M
o avvenimente — Volendo gli abitatori di Sicione elevare un monumento di gloria alle tre Muse, scelsero tre scultori a ril
r ciascuno dal marmo tre simulacri per collocarne solo tre nel tempio di Apollo, che per superiore bellezza meritassero l’
mpio di Apollo, che per superiore bellezza meritassero l’approvazione di tutti. Operando gli scultori tutti e tre col port
re col portento dell’arte, trassero da’loro scarpelli nove maraviglie di bellezza, onde piacque collocarle tutte nel tempi
nove maraviglie di bellezza, onde piacque collocarle tutte nel tempio di Apollo, e furono come le tre prime tutte credute
nel tempio di Apollo, e furono come le tre prime tutte credute figlie di Giove. E arrogi la opinione di Diodoro Sicolo — O
come le tre prime tutte credute figlie di Giove. E arrogi la opinione di Diodoro Sicolo — Osiride, così voltiamo in italia
zelle molto intente al canto e alle danze, ed a queste davasi il nome di Muse. 52. Niuno ignora il nome delle Muse, Clio,
, Vramia, Calliope. Noi, senza dire a quale delle belle arti ciascuna di esse voleva farsi presedere, chè non faremmo che
to e della lira ; Tersicore che salta, e Clio che scrive ; Erato, che di amor dolce sospira ; Ed Vrania, che gode le carol
ppresentavasi quella soave, quell’arcana voluttà che sentesi in cuore di coloro, che odono la melode de’versi. Per Talia d
tà e verdezza, esprimevasi la floridezza della poesia eterna duratura di età in età, di secolo in secolo. Per Melpomene με
esprimevasi la floridezza della poesia eterna duratura di età in età, di secolo in secolo. Per Melpomene μελπη canto, indi
ista a’saggi cultori delle belle arti. Per Polinnia πολυμνος celebre, di molta fama, il piceol numero de’vati, che mandaro
o, la contemplazione de’cieli, l’astronomia. Per Calliope comparativo di καλος bello, che può interpetrarsi dolcezza, di v
Calliope comparativo di καλος bello, che può interpetrarsi dolcezza, di voce, il diletto della eloquenza, e lo ammaliar q
traendo dietro a sè gli affetti del cuore umano. 54. Le Grazie — Tre di numero, Aglaia, Talia, ed Eufrosine, sebbene in n
ro, e solo due presso gli Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o di Giove e di Giunone, o d
due presso gli Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o di Giove e di Giunone, o di Bacco e V
Spartani, Cleta e Fenna, si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o di Giove e di Giunone, o di Bacco e Venere, o in fin
leta e Fenna, si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o di Giove e di Giunone, o di Bacco e Venere, o in fine del Sole
si volevano figlie di Giove e di Eurinome, o di Giove e di Giunone, o di Bacco e Venere, o in fine del Sole e di Egle. La
e, o di Giove e di Giunone, o di Bacco e Venere, o in fine del Sole e di Egle. La freschezza di gioventù, cui dipingevansi
one, o di Bacco e Venere, o in fine del Sole e di Egle. La freschezza di gioventù, cui dipingevansi, la verginità, le semb
cenza della vita, il candore de’costumi, e tutto ciò che a noi sparge di dolcezza la vita, non meno che la sennatezza, la
orose, ed ogni legame, che rannoda l’uomo all’uomo e ne rende un tipo di grandezza sociale. E veramente elleno erano dette
hanno provato la munificenza. Si rappresentavano nella età più fresca di giovinezza, per indicarsi, che la ricordanza di u
nella età più fresca di giovinezza, per indicarsi, che la ricordanza di un beneficio deve sempre star vivo nella mente, e
a, od ancora, che l’uomo deve stringersi all’uomo con alterno scambio di beneficii. Si dipingevano nude e tante volte move
ntasticamente considerato. si espongono e si interpetrano alcuni miti di lui una a’miti di Bellorofonte e di Cadmo. 57. Er
iderato. si espongono e si interpetrano alcuni miti di lui una a’miti di Bellorofonte e di Cadmo. 57. Ercole uccide Gerion
ono e si interpetrano alcuni miti di lui una a’miti di Bellorofonte e di Cadmo. 57. Ercole uccide Gerione, a cui la favola
Ercole uccide Gerione, a cui la favola da’tre corpi, interpetrazione di questo mito e secondo i principii della istoria,
razione di questo mito e secondo i principii della istoria, e per via di allegorie. 58. Ercole uccide Anteo figlio della t
figlio della terra, strozzandolo tra le sue braccia, interpetrazione di questo mito dallo scrittore della Scienza Nuova.
: è questo un fatto istorico personificato con un’allegoria. sviluppo di questa allegoria. 60. Ercole personaggio allegori
ppo di questa allegoria. 60. Ercole personaggio allegorico — Concetti di un inno di Orfeo, cui scorgesi essere Ercole non
ta allegoria. 60. Ercole personaggio allegorico — Concetti di un inno di Orfeo, cui scorgesi essere Ercole non altro che i
Sole. 61. Pruove tratte dalla istoria, onde dimostrare sotto il nome di Ercole intendersi il sole. 62. Altre pruove tratt
di Ercole intendersi il sole. 62. Altre pruove tratte dalle opinioni di Porfirio e di Macrobio. 63. Esposizione delle dod
endersi il sole. 62. Altre pruove tratte dalle opinioni di Porfirio e di Macrobio. 63. Esposizione delle dodici fatiche di
nioni di Porfirio e di Macrobio. 63. Esposizione delle dodici fatiche di Ercole, e comparazione di esse a ciascun passaggi
robio. 63. Esposizione delle dodici fatiche di Ercole, e comparazione di esse a ciascun passaggio del Sole ne’dodici segni
o mito. 66. Giano — Perchè andava rappresentato a due facce, opinione di Plutarco. 67. La favola di Giano è tutta allegori
andava rappresentato a due facce, opinione di Plutarco. 67. La favola di Giano è tutta allegorica, e va strettamente unita
d’egli deve considerarsi come un segno celeste. 68. Vn brano de’Fasti di Ovidio, onde dimostrare essere Giano un segno cel
o — tempii ed altari simbolici innalzati a Giano. 70. Pane, simbolica di questa divinità boschereccia, e sua interpetrazio
si innalza dalla terra come l’aere su tutte le altre cose. Parleremo di lui come di un personaggio fantastico, e come di
dalla terra come l’aere su tutte le altre cose. Parleremo di lui come di un personaggio fantastico, e come di un personagg
ltre cose. Parleremo di lui come di un personaggio fantastico, e come di un personaggio allegorico. Sotto il primo aspetto
re forte, stabile, invitta, sempre generante, anzi la potenza istessa di natura, che porge a tutti virtù e robustezza ; e
, cui furono altribuite innumere e strepitose fatiche, che nè la vita di un uomo sarebbe bastata a farle, nè forza umana a
mo sarebbe bastata a farle, nè forza umana a compierle, onde si disse di esservene stato più di uno ; se pur con più ragio
rle, nè forza umana a compierle, onde si disse di esservene stato più di uno ; se pur con più ragione non si voglia dire,
immaginazione si attribuirono tutte le più grandiose azioni eseguite di tempo in tempo da tanti illustri, onde la gran se
omini. Sotto l’altro aspetto poi non sfugge a colui che vi pone mente di confonderlo col sole, rispondendo per un traslato
iore in ciascun segno dello Zodiaco, ossia costellazioni. 56. E prima di Ercole come personaggio fantastico. Così consider
rima di Ercole come personaggio fantastico. Così considerato si disse di lui di aver morto un terribile Leone, che shuffan
Ercole come personaggio fantastico. Così considerato si disse di lui di aver morto un terribile Leone, che shuffando fiam
ricoperta, vi portasse in mezzo la coltura. E con altro mito si disse di Ercole di aver ucciso col ferro e col fuoco un’id
vi portasse in mezzo la coltura. E con altro mito si disse di Ercole di aver ucciso col ferro e col fuoco un’idra, che se
e troncasse, non vi era chi potesse del tutto morirla : idra variante di tre colori, di nero per esprimere la gran selva d
n vi era chi potesse del tutto morirla : idra variante di tre colori, di nero per esprimere la gran selva della terra, cui
a della terra, cui fu appiccato lo incendio, per mettersi a coltura —  di verde per indicare la terra in erba — di oro per
io, per mettersi a coltura — di verde per indicare la terra in erba —  di oro per significare le biade mature dal color del
re una nozione del tempo dell’eroismo bambino. Come del pari si disse di Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda
el tempo dell’eroismo bambino. Come del pari si disse di Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda di serpe, dal pe
del pari si disse di Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda di serpe, dal petto di capra, indice della terra sel
Bellorofonte di aver morta la chimera dalla coda di serpe, dal petto di capra, indice della terra selvosa, e dal capo di
di serpe, dal petto di capra, indice della terra selvosa, e dal capo di leone sbuffante fiamme. E come in fine narrossi d
elvosa, e dal capo di leone sbuffante fiamme. E come in fine narrossi di Cadmo, che, spenta la gran serpe, ne mandasse all
traslato si volevano indicare i legni ricurvi e duri, co’quali prima di trovarsi l’uso del ferro fu svolta la terra, onde
erro fu svolta la terra, onde chiamarla a coltura. Raccontossi ancora di Ercole, che uccidesse un dragone ricoperto di squ
ura. Raccontossi ancora di Ercole, che uccidesse un dragone ricoperto di squame e spine, sempre vegghiante alla custodia d
ricoperto di squame e spine, sempre vegghiante alla custodia de’pomi di oro negli orti Esperidi. Non è questo che un grup
stodia de’pomi di oro negli orti Esperidi. Non è questo che un gruppo di metafore, additandosi con le squame e le spine i
pine i dumeti ed i bronchi della selva della terra sempre folta prima di andar coltivata ; e co’pomi di oro le spighe del
a selva della terra sempre folta prima di andar coltivata ; e co’pomi di oro le spighe del frumento, che furono considerat
de utilità che portarono alle umane aggregazioni. Oro le prime spighe di frumento, e tutto fu detto oro ciò che seco porta
e per alcuni periodi della istoria antica si rinviene portare il nome di oro le belle lane, onde presso il poeta della Ili
i oro le belle lane, onde presso il poeta della Iliade Atreo si duole di essergli da Tieste immolate le pecore di oro. Deg
della Iliade Atreo si duole di essergli da Tieste immolate le pecore di oro. Degli Argonauti fu narrato di percorrere i m
ergli da Tieste immolate le pecore di oro. Degli Argonauti fu narrato di percorrere i mari con ardito tentativo, onde anda
percorrere i mari con ardito tentativo, onde andare a rapire il vello di oro, mentre a tutto altro intendevano. Ed il Gang
Ed il Gange, ed il Pattalo, e lo Idaspe, ed il Tago portavano il nome di fiumi di oro, poichè irrigando con le loro acque
ge, ed il Pattalo, e lo Idaspe, ed il Tago portavano il nome di fiumi di oro, poichè irrigando con le loro acque i campi,
mi di oro, poichè irrigando con le loro acque i campi, li fecondavano di doviziose biade. E il sommo cantor dell’Eneide(1)
mo cantor dell’Eneide(1) portando innanzi il traslato, da questi pomi di oro fece quel memorabile ramo di oro, di che Enea
innanzi il traslato, da questi pomi di oro fece quel memorabile ramo di oro, di che Enea scendendo nello inferno per rive
il traslato, da questi pomi di oro fece quel memorabile ramo di oro, di che Enea scendendo nello inferno per riveder l’om
ramo di oro, di che Enea scendendo nello inferno per riveder l’ombra di suo padre Anchise, fè dono a Proserpina. 57. Vna
padre Anchise, fè dono a Proserpina. 57. Vna delle grandiose fatiche di Ercole è ancora la vittoria riportata su di Gerio
a delle grandiose fatiche di Ercole è ancora la vittoria riportata su di Gerione, a cui la favola attribuisce tre corpi, q
essendogli mancate le frecce, invocando Giove, gli mandò una pioggia di ciottoli, e con questi lo uccise, menando seco i
una pioggia di ciottoli, e con questi lo uccise, menando seco i bovi di lui per farne dono ad Euristeo. In questo mito si
I tre corpi dati dalla favola a Gerione forse non erano che tre corpi di armati, che per tutelare il suo territorio oppose
oppure, che egli avesse tre fratelli, cui vivesse in tanta strettezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro di esse
cui vivesse in tanta strettezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro di essere informati di un’anima sola in tre
esse in tanta strettezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro di essere informati di un’anima sola in tre corpi. E
ezza di amor fraterno, che potevasi dire, di loro di essere informati di un’anima sola in tre corpi. E quando a questo mit
ra, con sollevarlo in atto strozzandolo fra le sue braccia, scorgendo di non poterlo uccidere altrimenti, venendogli sempr
stabilito nella Libia tanto dovizioso, che a nessuno veniva il destro di indebolirlo, onde la favola gli attribuiva 60 cub
iva il destro di indebolirlo, onde la favola gli attribuiva 60 cubiti di altezza ; ma Ercole menandolo in mare, togliendog
uiva 60 cubiti di altezza ; ma Ercole menandolo in mare, togliendogli di recarsi più a terra, ove poteva rinfrancarsi con
ammutinati, ed innalzandolo in cielo.… il vince e lo annoda a terra ; di che restò un giuoco ai greci detto del nodo : ch’
zioni eroiche, e per lo quale da’plebei si pagava agli eroi la decima di Ercole, che dovette essere il censo, pianta delle
a delle repubbliche aristocratiche, onde i plebei romani per lo censo di Servio Tullio furono nexi dei nobili ; e per lo g
ie spese nelle guerre. 59. La favola racconta ancora un combattimento di Ercole contro Acheloo. Qnesti che si credeva figl
di Ercole contro Acheloo. Qnesti che si credeva figlio dell’Oceano e di Teti, combatte con Ercole, onde impalmare Deianir
onde impalmare Deianira promessagli in isposa, e vedendosi inferiore di forze contra il suo rivale, trasformossi in su le
che terribilmente sibilando si sforzava cacciare il terrore nel cuor di Ercole e prostrarlo. Ercole lo strinse di tanto c
acciare il terrore nel cuor di Ercole e prostrarlo. Ercole lo strinse di tanto che stava per soffocarlo, quando cangiossi
rovesciollo. Le Naiadi raccolsero questo corno, e riempiutolo da loro di fiori e frutti, fu detto il corno dell’abbondanza
bondanza — non è questo che un fatto istorico personificato per mezzo di un’allegoria. Acheloo era un fi ume di Grecia, ch
torico personificato per mezzo di un’allegoria. Acheloo era un fi ume di Grecia, che scorrendo tra la Etolia ed Acarnania
uesto fiume, regolonne il corso, cessarono le inondazioni, si tolsero di mezzo le discordanze di guerra. Appiccando poi a
l corso, cessarono le inondazioni, si tolsero di mezzo le discordanze di guerra. Appiccando poi a questo mito un’allegoria
questo mito un’allegoria, potrebbe interpetrarsi — con la metamorfosi di Acheloo in serpe voleva intendersi il corso tortu
o in serpe voleva intendersi il corso tortuoso del fiume — con quella di toro le sue inondazioni ne’campi — con venirgli s
a fertilità, che poscia nacque ne’campi dalle irrigazioni delle acque di questo fiume. 60. Ora di Ercole come personaggio
acque ne’campi dalle irrigazioni delle acque di questo fiume. 60. Ora di Ercole come personaggio allegorico. E prima di og
questo fiume. 60. Ora di Ercole come personaggio allegorico. E prima di ogni altro qui ci sforziamo di voltare nella nost
e come personaggio allegorico. E prima di ogni altro qui ci sforziamo di voltare nella nostra lingua alcuni concetti di un
altro qui ci sforziamo di voltare nella nostra lingua alcuni concetti di un’inno, che si vuole di Orfeo, da’quali dimostre
voltare nella nostra lingua alcuni concetti di un’inno, che si vuole di Orfeo, da’quali dimostreremo che Ercole in nulla
treremo che Ercole in nulla va distinto dal Sole — Ercole, così egli, di animo grandioso, robusto, forte Titano, possente
rcole, così egli, di animo grandioso, robusto, forte Titano, possente di mano, indomito, illustre ne’combattimenti, padre
, eterno, ineffabile, potente in far tutto e tutto superare, creatore di ogni cosa, prestantissimo ausiliatore di tutti, c
o e tutto superare, creatore di ogni cosa, prestantissimo ausiliatore di tutti, cultore delle inculte genti, apportatore d
issimo ausiliatore di tutti, cultore delle inculte genti, apportatore di pace a’morfali, generante, indefesso, ottimo germ
genite squame, apportatore dell’aurora e dell’oscura notte, esecutore di dodici fatiche per ogni parte della terra dall’or
 A chi non sfugge una profonda intellettiva non può sfuggire del pari di scoprire in questi concetti del poeta non poche e
mmortale moderatore degli astri e delle stagioni, della forza e virtù di tutti gl’Iddii, del distruttore de’mostri della t
i tutti gl’Iddii, del distruttore de’mostri della terra, e finalmente di quel nume sempre giovane, che assiso nel Sole, co
finalmente di quel nume sempre giovane, che assiso nel Sole, come su di una irradiante quadriga, trascorrendo dall’orient
adriga, trascorrendo dall’oriente al tramonto va diffondendo torrenti di luce, e distribuisce le ore passando di tempo in
monto va diffondendo torrenti di luce, e distribuisce le ore passando di tempo in tempo pe’dodici segni dello Zodiaco. 61.
dello Zodiaco. 61. E veramente scorgevasi in Megalopoli un simulacro di Ercole presso quello del sole ; ed Alessandro il
doti Romani porgevano sacrificii ad Ercole, si circondavano le tempia di alloro, dando termine al sacro rito col sorgere e
e feste una a quelle delle Muse. 62. A questo aggiungiamo la opinione di non volgari scrittori. Porfirio vuole, che al Sol
di non volgari scrittori. Porfirio vuole, che al Sole fu dato il nome di Ercole, descrivendosi il cammino di quello a trav
uole, che al Sole fu dato il nome di Ercole, descrivendosi il cammino di quello a traverso de’dodici segni dello Zodiaco p
cammino di quello a traverso de’dodici segni dello Zodiaco per mezzo di altrettante fatiche che la favole vuole eseguite
ossente, la clava, e del pari si immaginava andar vestito della pelle di Leone, che tante volte si dipingeva tempestata di
vestito della pelle di Leone, che tante volte si dipingeva tempestata di stelle, onde Ercole fu detto ancora Astrochitone,
e, onde Ercole fu detto ancora Astrochitone, che porta il significato di adorno di stelle, cui altro non intendevasi, che
cole fu detto ancora Astrochitone, che porta il significato di adorno di stelle, cui altro non intendevasi, che il tempo,
bbiamo detto, qui esporremo in iscorcio ad una ad una le XII. fatiche di Ercole, per compararle con il cammino, che il Sol
XII. fatiche di Ercole, per compararle con il cammino, che il Sole fa di mese fu mese pe’dodici segni dello Zodiaco. I. Er
llo Zodiaco il Leone. II. Ercole uccide la Idra Lernea, che si voleva di sette teste, sempre ripullulanti quando venivano
ità dal Centauro Chirone uccide i centauri altercantisi per una botte di vino — uccide un feroce cignale, che infestava le
na botte di vino — uccide un feroce cignale, che infestava le foreste di Erimanto — Risponde al passar del Sole nel segno
l passar del Sole nel segno della Bilancia, che avviene sul principio di Autunno, fissato dal levar del Centauro, ch’è rap
tunno, fissato dal levar del Centauro, ch’è rappresentato con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani e di grappo
entauro, ch’è rappresentato con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani e di grappoli di uva. Levata dell’ Orsa d
rappresentato con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani e di grappoli di uva. Levata dell’ Orsa detta ancora i
to con un’otre di vino e con un tirso adorno di pampani e di grappoli di uva. Levata dell’ Orsa detta ancora il Parco, o l
rappoli di uva. Levata dell’ Orsa detta ancora il Parco, o lo animale di Erimante. IIII. Ercole raggiunge nel corso e pren
ante. IIII. Ercole raggiunge nel corso e prende una cerva dalle corna di oro, dai piedi di bronzo, sacra a Diana, detta la
raggiunge nel corso e prende una cerva dalle corna di oro, dai piedi di bronzo, sacra a Diana, detta la cerva del Menalo
io, il Cigno, e l’ Aquila, che si dissero esser trafitti dalle frecce di Ercole. VI. Ercole montando sul cavallo Arione gi
allo Arione giunge su le sponde del fiume Alfeo, e seco porta il toro di Creta, amato da Pasife, che devastava le pianure
eco porta il toro di Creta, amato da Pasife, che devastava le pianure di Maratona. Combatte inoltre contro questo toro, ed
e detta Prometeo, nel tempo stesso che il toro celeste, nominato toro di Pasife e di Maratona culminava al meridiano, e al
eteo, nel tempo stesso che il toro celeste, nominato toro di Pasife e di Maratona culminava al meridiano, e al tramonto de
Maratona culminava al meridiano, e al tramonto del cavallo Orione, o di Pegaso. VII. Punisce Busiride e Diomede delle lor
iungevano nei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui, che alimen
ei suoi stati, e lasciando divorar l’altro, che era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui, che alimentava di car
ndo divorar l’altro, che era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui, che alimentava di carne umana — r sponde al
e era figlio di Marte e di Cirene, dai cavalli di lui, che alimentava di carne umana — r sponde al passar del sole nel seg
a del Pegiso, che avanza il capo su l’Aquario, ovvero Euristeo figlio di Cirene. VIII. Ercole scendendo su la nave Argo pe
ne. VIII. Ercole scendendo su la nave Argo per la conquista del vello di oro, combatte con alcune donne guerriere, figlie
nquista del vello di oro, combatte con alcune donne guerriere, figlie di Marte, rapisce loro un bel cinto, e tragge una do
arte, rapisce loro un bel cinto, e tragge una donzella dagli oltraggi di un mostro marino — risponde al passar del sole ne
ar del sole nel segno dell’Ariete, sacro a Marte, detto ancora Ariete di Frisso, o dal vello di oro, ed è indicato dal lev
ell’Ariete, sacro a Marte, detto ancora Ariete di Frisso, o dal vello di oro, ed è indicato dal levarsi della nave Argo, d
vello di oro, ed è indicato dal levarsi della nave Argo, dal tramonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e d
amonto di Antromeda, e dalla sua cintura, dalla Balena, e dal levarsi di Medusa, e dal tramontare della regina Cassiopea.
dal tramontare della regina Cassiopea. XIIII. Ercole monda le stalle di Augia, figlio del Sole, o come altri vogliono, di
ole monda le stalle di Augia, figlio del Sole, o come altri vogliono, di Nettuno, con farvi scorrere le acque del fiume Pe
i vogliono, di Nettuno, con farvi scorrere le acque del fiume Peneo o di Alfeo, e lo uccide negandogli la promessa ricompe
ale scorre nella stazione del Capricorno, e la sorgente è tra le mani di Aristeo, figlio del fiume Peneo. X. Ercole vince
isponde al passar del sole sotto il Toro, che va segnato dal tramonto di Orione, che andò amante delle Atlantidi, ossia de
tidi, ossia delle Pleiadi, e da quello del Boaro, conduttore dei buoi di Icaro. XI. Ercole trionfa di un cane spaventoso d
da quello del Boaro, conduttore dei buoi di Icaro. XI. Ercole trionfa di un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal
ei buoi di Icaro. XI. Ercole trionfa di un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal capo di ceraste — risponde al pas
cole trionfa di un cane spaventoso dalla coda di serpente, e dal capo di ceraste — risponde al passar del sole nei Gemini,
speria toglie i pomi del giardino delle Esperidi, posti alla custodia di un Dragone. Veste inoltre, per fare un sacrificio
un Dragone. Veste inoltre, per fare un sacrificio, una tonica sparsa di sangue di un Cintauro, che fu morto da lui stesso
e. Veste inoltre, per fare un sacrificio, una tonica sparsa di sangue di un Cintauro, che fu morto da lui stesso al guado
sparsa di sangue di un Cintauro, che fu morto da lui stesso al guado di un fiume, e questa tonica, lo brucia e lo consuma
iume, e questa tonica, lo brucia e lo consuma, e così compie il corso di sua vita — risponde al passar del sole nella cost
mese al tramonto del fiume Aquario, e del Cintauro, che sacrifica su di un’altare al levarsi del Pastore e della sua greg
eridi. 64. Cadmo — Narra la favola, che Cadmo nel fabbricare la città di Tebe, mandando i suoi compagni alla fonte di Dirc
nel fabbricare la città di Tebe, mandando i suoi compagni alla fonte di Dirce, per cavarne acqna, li vide divorati da un
ebbero parte a fabbricar la città. Non difficile è la interpetrazione di questo mito ; posciachè Cadmo uccise un principe
a interpetrazione di questo mito ; posciachè Cadmo uccise un principe di nome Draco, che si voleva figlio di Marte, intend
osciachè Cadmo uccise un principe di nome Draco, che si voleva figlio di Marte, intendendosi dall’altra parte co’denti i s
’denti i sudditi del principe, i quali sollevandosi dopo la sconfitta di lui, Cadmo li fece, tranne alcuni pochi, tutti mo
emina i denti, con la bella metafora con curvi legni duri che innanzi di trovarsi l’uso del ferro dovettero servire per de
ondi, e si uniscono armati contro le plebi : e combottono non già tra di loro, ma co’clienti ammutinati contro esso loro,
tutta l’antichità a due facce, ond’è detto Bifronte. La favola vuole di portar tale denominazione, perciocchè accogliendo
, suo regno, Saturno scacciato dal cielo, avesse avuto da lui il dono di conoscere l’avvenire, e non mai obbliare il passa
tra questi Plutarco(2), vogliono essere così chiamato, o perchè greco di origine venendo in Italia cangiasse e favella e m
rchè greco di origine venendo in Italia cangiasse e favella e maniera di vivere, o perchè desse a gli antichi abitatori de
iato il loro incivilimento. Ma noi che in queste pagine abbiamo preso di mira la favola nel senso tutto allegorico, dobbia
utto allegorico, dobbiamo da altri principii interpetrare questo mito di Giano. 66. La favola di Giano è tutta allegorica,
o da altri principii interpetrare questo mito di Giano. 66. La favola di Giano è tutta allegorica, e va strettamente ranno
e portare al vero questo nostro dettato qui riproduciamo poche parole di Ovidio, voltandole, come meglio ci è dato, in ita
tenerti, se la Grecia non ha a le pari veruno Nume ? — E chiedendogli di additargli la cagione, perchè egli solo tra celes
targli la cagione, perchè egli solo tra celesti sia un Nume, che vede di avanti e di dietro ; e fingendo di comparirgli Gi
gione, perchè egli solo tra celesti sia un Nume, che vede di avanti e di dietro ; e fingendo di comparirgli Giano innanzi
tra celesti sia un Nume, che vede di avanti e di dietro ; e fingendo di comparirgli Giano innanzi tra un torrente di luce
e di dietro ; e fingendo di comparirgli Giano innanzi tra un torrente di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di t
nanzi tra un torrente di luce, che irradiò tutta la casa, e lo riempì di terrore, così gli fa raccontare la sua istoria — 
nza degli elementi, che lo componevano, ebbe fine, disciolte le parti di questo ammonticchiamento, andarono ad occupare nu
e era stato un globo, ed un’informe mole, presi aspetto e forme degne di un Dio. Ora parimenti, poichè non è sì grande la
confusa figura, in me sembra lo stesso ciò che è d’avanti e ciò ch’è di dietro. Ecco la cagione della mia forma, che tu d
e, le nubi, la terra, tutto è chiuso ed aperto della mia mano. Presso di me solo è la custodia del mondo per quanto è gran
stodia del mondo per quanto è grande, ed a me si appartiene solamente di ravvolgere i cardini. Quando mi è a talento di fa
i appartiene solamente di ravvolgere i cardini. Quando mi è a talento di far risorgere la pace tra le rappacificate abitaz
Cielo, e l’aere va e viene per mio comando. Per questo porto il nome di Giano, e quando il sacerdote impone la focaccia,
rro misto al sole, allora ricambierai il mio nome : poichè sul labbro di colui, che sacrifica ora per me risuona il nome d
poichè sul labbro di colui, che sacrifica ora per me risuona il nome di Petulcio, ora di Clusio(1). Vale a dire quella ru
o di colui, che sacrifica ora per me risuona il nome di Petulcio, ora di Clusio(1). Vale a dire quella rude antichità voll
Già tu pure in qualche parte conosci ancora questa : ciascuna parte e di quà e di là ha due facciate, tra le quali l’una h
re in qualche parte conosci ancora questa : ciascuna parte e di quà e di là ha due facciate, tra le quali l’una ha le mire
ore de’Fasti romani chi è colui, che sì perduto d’intelletto non vede di esser tutta un’allegoria la favola di Giano ? chi
ì perduto d’intelletto non vede di esser tutta un’allegoria la favola di Giano ? chi non vede essere egli non un principe
Zodiaco ? 68. Ma per venir meglio a’particolari su la interpetrazione di questo milo, aggiungiamo, voltandole nella nostra
questo milo, aggiungiamo, voltandole nella nostra favella, le parole di Macrobio — Sonovi, ei dice(1), taluni, che voglio
o col sorgere, e col suo tramonto dandogli termine ; e solevasi prima di ogni altro invocare quando si celebravano sacri r
porte a gli Dei le preci dei supplicanti. Perciò sovente i simulacri di lui si rappresentavano tenendo con la destra il n
Altri vogliono essere Giano non altro che il mondo, ossia il Cielo, e di essere così denominato ab eundo ; poichè il mondo
ominato. E per questo i Fenici, volendo porgere un immagine sensibile di Giano, lo rappresentavano sotto le fattezze di un
un immagine sensibile di Giano, lo rappresentavano sotto le fattezze di un dragone, che spiegandosi in cerchio morde la s
mpii inaugurati a lui dagli antichi romani ora erano un rappresentato di Giano Bifronte, ed ora di Giano Quadrifronte, oss
i antichi romani ora erano un rappresentato di Giano Bifronte, ed ora di Giano Quadrifronte, ossia di quattro facce. I tem
rappresentato di Giano Bifronte, ed ora di Giano Quadrifronte, ossia di quattro facce. I tempii di Giano Quadrifronte por
ronte, ed ora di Giano Quadrifronte, ossia di quattro facce. I tempii di Giano Quadrifronte portavano quattro lati eguali
olevano indicare le quattro stagioni dell’anno, e con le tre finestre di ciascun lato i re mesi di ogni stagione. E Varron
o stagioni dell’anno, e con le tre finestre di ciascun lato i re mesi di ogni stagione. E Varrone come rapporta Macrobio(3
le intorno alla Sfinge Cadmea, che fu dipinta da’poeti avere il corpo di cane, il capo ed il volto di donzella, le ali di
, che fu dipinta da’poeti avere il corpo di cane, il capo ed il volto di donzella, le ali di uccello e voce umana. Questo
poeti avere il corpo di cane, il capo ed il volto di donzella, le ali di uccello e voce umana. Questo mostro, così nato ne
e, fino a quando indovinata da Edipo, gittossi giù da un monte e finì di vivere. La interpetrazione di questa favola è tut
Edipo, gittossi giù da un monte e finì di vivere. La interpetrazione di questa favola è tutta istorica. — Cadmo impatroni
ne di questa favola è tutta istorica. — Cadmo impatronitosi del regno di Dracone, si impatronì ancora della sorella di lui
impatronitosi del regno di Dracone, si impatronì ancora della sorella di lui chiamata Armonia, e menolla a seconda consort
menolla a seconda consorte, Sfinge una delle Amazoni, prima consorte di Cadmo, dolente di queste nozze, sottratti dall’os
consorte, Sfinge una delle Amazoni, prima consorte di Cadmo, dolente di queste nozze, sottratti dall’ossequio di lui non
a consorte di Cadmo, dolente di queste nozze, sottratti dall’ossequio di lui non pochi cittadini, ricoverossi nel monte de
i nel monte delle Sfingi, sfidando a guerra il suo consorte, tendendo di giorno in giorno molte insidie, che con altro nom
ra una divinità boschereccia, e rappresentavasi nella parte superiore di uomo, e nella inferiore irio e sotto le sembianze
parte superiore di uomo, e nella inferiore irio e sotto le sembianze di caprone. Era questa una simbolica escogitata da g
e. Fu creduto abitar le selve e luoghi deserti, per esprimere l’unità di natura ; perciocchè la natura, l’universo è uno,
a natura, l’universo è uno, ed unigenito. Si diceva vestire una veste di pardo bella e screziata di varii colori, per sign
ed unigenito. Si diceva vestire una veste di pardo bella e screziata di varii colori, per significare la moltiplice la va
e delle viti gli si poneva in mano una falce, gli si cingeva il seno di ogni specie di frutti, indicandosi con la falce e
li si poneva in mano una falce, gli si cingeva il seno di ogni specie di frutti, indicandosi con la falce esser della natu
la varietà de’frutti istessi, che nascondonsi nel seno della terra, e di tempo in tempo vengon prodotti. Si finse esser la
terra, e di tempo in tempo vengon prodotti. Si finse esser lascivo, e di inseguire le minfe de’boschi, vera simbolica per
eguire le minfe de’boschi, vera simbolica per indicare la commistione di tanti semi, onde sorge il regno vegetabile ed ani
o dalla terra e dalle acque per ravvivare la natura istessa. Si disse di produrre terrori panici, ossia terrori che sembra
stessa. Si disse di produrre terrori panici, ossia terrori che sembra di nascere senza cagione, che vengono o dallo stormi
li armenti e le greggi, per indicare non pochi commovimenti e fremiti di natura, che sembrano inaspettati ed improvvisi, p
me un demone, come l’anima del mondo, per indicare il mirabile potere di natura, che subordinata alla Causa Prima, al Somm
logico intentato, per quanto io mi sappia, e vergine ancora, sperando di sorgere queste mie brevi parole ad altri di più a
vergine ancora, sperando di sorgere queste mie brevi parole ad altri di più alta intellettiva e di miglior fortuna di inc
i sorgere queste mie brevi parole ad altri di più alta intellettiva e di miglior fortuna di incitamento, onde far tutto qu
e brevi parole ad altri di più alta intellettiva e di miglior fortuna di incitamento, onde far tutto quello che i miei stu
r tutto quello che i miei studii e la mia fortuna non mi han permesso di fare. (1). Gioberti, lettera su le dottrine
n mi han permesso di fare. (1). Gioberti, lettera su le dottrine di de Lamennais. (1). Gioberti introduzione allo s
loacina — Tito Tazio, che regnò una a Romolo, ritrovando un simulacro di una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando d
vando un simulacro di una dea in una gran cloaca romana, ed ignorando di chi fosse le diede il nome dal luogo ove fu trova
alzarono un simulacro ove fu fatta la pace tra i romani e Sabiri dopo di aver pugnato per le donne rapite. Così Phirio lib
dhostire, e hostimentum. Da ciò si possono interpetrare queste parole di Plauto —  Quin promitto, inquam, hostire contra u
ro pecunia. (1). Flora — Alcuni eredono che sia Acca Larenzia donna di partito, la quale avendo mutato colore nel tempio
a Larenzia donna di partito, la quale avendo mutato colore nel tempio di Apollo e Diana, fu detta Elori. (2). Matvta — T
rsale, Deca II, cap. XVIIII. pag. 297. (1). Depvis, nell’astronomia di Lalande Vol. III. pag. 422. (2). Esiodo, Teogon
IIII. cap. XI. (2). Libero e Libera — Taluni traggono la etimologia di questi due nomi a libramento, chè il maschio in u
a libramento, chè il maschio in unirsi alla donna mercè il beneficio di Libero, emissis seminibus, vien liberato. Lo stes
Libero, emissis seminibus, vien liberato. Lo stesso della donna mercè di Libera. (3). Carmente —  si vuole da’Ionii di
so della donna mercè di Libera. (3). Carmente —  si vuole da’Ionii di portar prima il nome di Nicostrata, e si credeva
Libera. (3). Carmente —  si vuole da’Ionii di portar prima il nome di Nicostrata, e si credeva figlia del re degli Arca
Nicostrata, e si credeva figlia del re degli Arcadi, la quale gravida di Mercurio desse alla luce Evandro, e poscia presa
se i destini a’mortali, onde il cantore de’Fasti Romani lib. I. disse di lei, Quae simul aethereos animos conceperat igne
l’aprirsi le porte del suo tempio in guerra, e dal chiudersi in tempo di pace. (1). Macrobii, Saturnalium IX. (2). Cor
13 (1841) Mitologia iconologica pp. -243
. A nibili giovanetti studenti delle belle lettere nel seminario di cava L’autore F in da quel momento, in c
erie, intesi tratto tratto decadermi dalla mente il concepito disegno di menar a fine quel compendio di Mitologia iconolog
dermi dalla mente il concepito disegno di menar a fine quel compendio di Mitologia iconologica, che un dì nel vostro seno
asi esclusivo nel cuore, cambiando in meglio i consigli fermo risolsi di sostituire a tal non molto interessante trattato
iù provetta. Assordato però dale vostre reiterate premure, nè sapendo di buona voglia, e col dovuto decoro ulteriormente p
l piegar curiosi lo sguardo a percorrerlo possiate a ragion gloriarvi di vedere al fin secondate appuntino le mire, e sodd
nte descritto. Voleste in fine un trattato più pratico, che teoretico di poesia toscana, che vi servisse di manuale a si b
rattato più pratico, che teoretico di poesia toscana, che vi servisse di manuale a si bella facoltà senza tralasciare di t
cana, che vi servisse di manuale a si bella facoltà senza tralasciare di toccare almen superficialmente la latina ? Il tut
etta in tutta la estenzione corrisponde appuntino alle mire, protesto di non aver più che bramare, perche soddisfatto appi
ro amore un segno. Il perdon vostro non farammi altero, Anzi sarà sol di bontade un pegno, E priachè io compia il vital co
ia S e al sentimento dell’immortal’Oratore Romano ogni avviamento di discorso, che sù di qualche materia s’imprende, C
ento dell’immortal’Oratore Romano ogni avviamento di discorso, che sù di qualche materia s’imprende, Cic. de Of. Lib. 1. s
o in prosieguo è da dirsi chiaramente s’intenda ; non sarà certo fuor di ragione se volendo io (benchè colla possibile bre
incipali, e più interessanti punti della Mitologia, dalla definizione di essa pria d’ogni altra cosa per una ben chiesta r
definizione di essa pria d’ogni altra cosa per una ben chiesta ragion di chiarezza incomincia. La Mitologia dunque compost
voci Mythos fabula, e logos discorso altro non è, che la esposizione di quelle favolose idee, delle quali imbevuti i Gent
si esalta(1). Or quantunque a prima fronte rassembri, che la scienza di quanto può mai presentar la Mitologia sia di ness
assembri, che la scienza di quanto può mai presentar la Mitologia sia di nessun vantaggio, anzi non esente ancor da perico
anzi che studiata ; pur tutta volta una tal dispregevole conclusione di leggieri non si efformerà da colui, che di questa
l dispregevole conclusione di leggieri non si efformerà da colui, che di questa scienza esaminerà più posatamente i vantag
ggi. Ed in vero da qual’altro fonte attinsero i più rinomati artefici di ogni tempo le idee più belle, onde effigiare le p
odo quelle de’Poeti tragici, e lirici, se privi sono della cognizione di quelle favole, alle quali tali scrittori fanno be
che cognizioni. E son questi forse per un’amator delle scienze frutti di poco conto ? Acquisti da disprezzarsi ?(1) Le fa
o, ed a rivolgere a questi le loro adorazioni ; onde videsi con orror di natura darsi al Sole, alla Luna, alle Stelle, ed
, ed ogni vinolento il suo Bacco. Un tal detestabile sistema pertanto di qualificar Dei a capriccio seguito dalla oscurata
Egitto, e nella Fenicia(3) e che propriamente sia nato nella famiglia di Rel. Cham, da cui partendo, quasi da suo fonte, s
fonte, si pernicioso errore, culto si strano si diramò a tardi nipoti di Sem nell’Oriente, ed a quelli di Jafet nell’Occid
o si strano si diramò a tardi nipoti di Sem nell’Oriente, ed a quelli di Jafet nell’Occidente. Toccata la Grecia anch’essa
ero tutte le deità ricevute ; anzi sorpassando gli altri in tal sorte di follia, mille altri più stolti, ed insensati Dei
o venne a contaminare ogni terra, ogni lido. Una moltitudine pertanto di tanti Dei, acciò recato non avesse confusione, e
si conviene. La II classe racchiudeva tutti que’ Dei, che splendevano di minor gloria, e venivano considerati come Dei cam
nivano considerati come Dei campestri, e riconosciuti sotto il titolo di Dei volgari detti Cic. Lib. 2. de Nat. Deor. Dii
nito a qualche Dea, detti Dei Ascrittizii. Varr. apud Aug. Nel numero di questi erano ancora annoverati quegli Eroi, che a
i Eroi, che a riguardo de’ loro meriti erano stati innalzati al grado di Dei indigeti, come di Enea divinizzato da sua mad
de’ loro meriti erano stati innalzati al grado di Dei indigeti, come di Enea divinizzato da sua madre parla Ovidio. Metam
a prefazione sta espresso, altro non è, che parlar soltanto degli Dei di I classe degni più degli altri inferiori di maggi
parlar soltanto degli Dei di I classe degni più degli altri inferiori di maggior considerazione, non che delle astratte di
uoi german cresciuto in Creta, Toccò nascente de’desir la meta, E diè di suo poter tremende prove. Il regno al Padre tolse
suo piacer lo. muove. Regge il folgor funesto apportatore Di perigli, di affanni, e tristo fio, Egli è Duce, egli è Nume,
Dichirazione, e sviluppo Moltissimi Dei invero, anzi fin al numero di trecento, al testificar di Varrone, riconosciuti
Moltissimi Dei invero, anzi fin al numero di trecento, al testificar di Varrone, riconosciuti vennero dagli antichi sotto
o questo speciosissimo nome ; Chi fù Giove poichè però al solo figlio di Saturno, ed Opi, ossia Rea, fù attribuito quanto
uppo ancora sarà unicamente l’obbietto. Nacque egli in Creta grazioso di volto, e maestoso d’aspetto. Quivi, e propriament
. Quivi, e propriamente nell’ antro del Monte Argeo procurò sua madre di farlo allevare dalle Ninfe, e da Cureti sacerdoti
rocurò sua madre di farlo allevare dalle Ninfe, e da Cureti sacerdoti di Cibele mercè il latte della capra Amaltea, ed il
iò con tal ritrovato âvesse potuto sfuggire il nato infante il furore di Saturno suo padre, il quale memore delle promesse
no suo padre, il quale memore delle promesse fatte al fratello Titano di non allevar mai maschi, e molto più ricordevole d
itano di non allevar mai maschi, e molto più ricordevole delle parole di suo padre, dover cioè venire un giorno, in cui da
Giove. Quivi egli cresciuto, e consapevole de’passati crudeli tratti di Saturno suo padre, nonche della congiura, che con
rudeli tratti di Saturno suo padre, nonche della congiura, che contro di se novellamente machinava, con arte affatto nuova
priamente il terribile Giove si fosse. Sue battaglie La prima dunque di queste battaglie fù al riferir di Esiodo quella,
sse. Sue battaglie La prima dunque di queste battaglie fù al riferir di Esiodo quella, che ei sostenne contro i Titani, i
licenzioso coraggio si diedero a combatterlo per vendicar quei dritti di preferenza, e di dominio, che ad essi erano stati
io si diedero a combatterlo per vendicar quei dritti di preferenza, e di dominio, che ad essi erano stati usurpati (stante
, e di dominio, che ad essi erano stati usurpati (stante che il regno di Titano ceduto a Saturno à figli di costui trasmet
tati usurpati (stante che il regno di Titano ceduto a Saturno à figli di costui trasmetter non si dovea) ma Giove con invi
tui trasmetter non si dovea) ma Giove con invitto potere, e col favor di altri Dei combattendo li vinse, li conquise, e ne
i, al sol mirare il sulfureo suo fuoco impauriti gli Dei sotto figura di diversi animali fuggirono in Egitto per fissar qu
e monti a monti con forza stupenda, vide con suo piacere tra un nembo di fulmini cadere il’ forte Briareo, il vigoroso Enc
cenza sfacciatamente si diede. Imperochè quantunque egli assicuratosi di già del sortito suo regno impalmato avesse per mo
ina dea della Memoria, e Latona, e qualche altra Dea ; pur nientemeno di esse non contento in diversì modi cambiandosi, e
contento in diversì modi cambiandosi, e diverse forme prendendo, come di Cuculo per ingannare la sua stessa sorella Giunon
rendendo, come di Cuculo per ingannare la sua stessa sorella Giunone, di Cigno per violar Leda meglie di Tintaro, di Satir
annare la sua stessa sorella Giunone, di Cigno per violar Leda meglie di Tintaro, di Satiro per abusar di Antiope figlia d
a stessa sorella Giunone, di Cigno per violar Leda meglie di Tintaro, di Satiro per abusar di Antiope figlia di Nitteo ec.
one, di Cigno per violar Leda meglie di Tintaro, di Satiro per abusar di Antiope figlia di Nitteo ec. cereò con diversi me
violar Leda meglie di Tintaro, di Satiro per abusar di Antiope figlia di Nitteo ec. cereò con diversi mezzi soddisfare le
Dagli Assirii, e da Babilonosi chiamato venne Belo, col nome appunto di quel Belo, che, come dissimo, il primo fù ad intr
onato un sontuoso tempio in suo onore, da Tarquinio Priseo molto pria di già designato. Venne altresi detto Feretrius da f
i Poeti, e negli Storici(1). Suo ritratto. Effigiavasi Giove in aria di terribile Maestà tutt’accigliato, con fronte cove
ator d’ Atene detto Perifa in alato messaggier celeste detto l’aquila di Giove. Suo culto. Molte erano le feste, co’quali
ispetto per questi, che si giunse pure a credere aver essi la facoltà di rendere oracoli, perche amati focosamente da Giov
li unicamente rapito. Circa le morali significazioni poi della favola di Giove, come delle favole degli altri Dei stimo te
tre avendo molti immaginati più cose, sempre però dubbiose per ragion di folte tenebre attraversanti, è buon partito senza
lte tenebre attraversanti, è buon partito senza fissar cosa alcuna sù di ciò lasciar unicamente al lettore la libertà di s
fissar cosa alcuna sù di ciò lasciar unicamente al lettore la libertà di seguire quelle opinioni, che maggiormente gli agg
iconosciuto il Ponto prodigioso germoglio della terra ; ed almo padre di Nereo, da cui, come pretendesi, venne il famoso s
da più recenti poeti venne egli riconosciuto pel mare, e non pel Dio di esso ; percio con questi riconosco anch’io Chi fù
o ; percio con questi riconosco anch’io Chi fù Nettuno Nettuno figlio di Saturno, e di Rea pel vero, ed assoluto Dio del m
questi riconosco anch’io Chi fù Nettuno Nettuno figlio di Saturno, e di Rea pel vero, ed assoluto Dio del mare, regno a l
nè valendo colla sua virtù a rintuzzarne gl’assalti, pensò ben presto di sbrigarsene col menar moglie. A tal’ effetto rivo
enar moglie. A tal’ effetto rivolse egli lo sguardo sulla vaga figlia di Doride chiamata Anfitride, e per ottenerla non la
ran Dio Nettuno(1) Non fù egli però contento degli innocenti piaceri di questo matrimonio, come neppure di due altre mogl
ò contento degli innocenti piaceri di questo matrimonio, come neppure di due altre mogli, che successivamente si prese det
dosi a sfogar si diede i suoi affetti. Rapì quindi ed Ifimedia figlia di Triope, e la Ninfa Bisalti, e la moglie di Creteo
quindi ed Ifimedia figlia di Triope, e la Ninfa Bisalti, e la moglie di Creteo detta Tiro, e Teosa figlia di Forco, e Ber
e la Ninfa Bisalti, e la moglie di Creteo detta Tiro, e Teosa figlia di Forco, e Beribea figlia di Eurimedonte, ed altre
oglie di Creteo detta Tiro, e Teosa figlia di Forco, e Beribea figlia di Eurimedonte, ed altre ancora non curandosi di avv
Forco, e Beribea figlia di Eurimedonte, ed altre ancora non curandosi di avvilir la sua maestà si con tante indegne azioni
iversi animali per giungervi. Queste strane metamorfisi però meritano di essere sotto silenzio trascorse. Sua contesa cou
ella Sapienza Minerva per ragion del nome da darsi alla novella Cittä di Cecopre, pretendendo ognuna delle due parti esser
vella Cittä di Cecopre, pretendendo ognuna delle due parti essere ciò di suo dritto esclusivo. Gli Dei chiamati a dirimere
le parti tal sovrana decisione Nettuno il primo si diede a far pruova di suo potere. Percosse egli col suo divino tridente
egiadretto ben effformato cavallo2. Per tal produzione non perd utasi di coraggio Minerva alzò l’ammirabil suà asta, e for
uno ceder dovea in tal causa a Minerva, qual madre feconda d’un parto di maggior rilievo, e vantaggio ; onde questa fatta
nte in mano assiso dentro maestoso cocchio creduto d’avorio con ruote di oro tirato da due, o quattro CavaHi alati, nella
ricorrere dovea ogni pilota semprechè nel funesto pericolo scorgevasi di divenire degli incalzanti venti, e delle agitate
e sacrate al Dio Conso da farsi in luoghi privati, ed oscuri nel mese di Agosto, come si pretende, ed altre quelle, che fa
e di Agosto, come si pretende, ed altre quelle, che facevansi in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti
nde, ed altre quelle, che facevansi in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essend
in onor di Nettuno con sacrificii di tori, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essendo in quel giorno in onor di Nettuno
, verri, ed arieti nel mese di Luglio, essendo in quel giorno in onor di Nettuno liberi ancora i cavalli dal faticare, anz
di Nettuno liberi ancora i cavalli dal faticare, anzi perche il mese di Febraio era addetto alle purificazioni da farsi m
alle marine spiagge venne Nettuno riguardato per una gran Deità, cui di tratto in tratto innalzarono famosi tempii, istit
n Nume abborrito, Che ebbe nel cor troppo impudenti voglie, E ad onta di ciascun si fe’ marito. Venere lo tradi nelle sue
Dichirazione, e sviluppo Mirabili veramente furono le avventure di questo Dio, mentre pare, che le stesse disgrazie,
i fù soggetto fin dai primi albori dell’ esser suo, gli siano servito di appoggio, e sgabello alle sue fortune. Chi fù Vul
ve, e da Giunone, o da questa sola, come pur pretende la favola, pria di giungere l’ordinario prescritto della natura, ed
o alla vita. Quindi avvenne, che tanta bruttezza tollerar non potendo di buon genio gli stessi suoi genitori, e soprattutt
tutto Giove geloso mai sempre del suo decoro proveniente dal contegno di sua maestà, subentrar facendo agl’ effetti patern
i giunto l’ultimo suo affannoso respiro ; ma al ravvïsar gli abitanti di Lenno l’infausto fato, cui cadendo andava egli so
trarlo dalla barbara morte, non poterono però camparlo dalla sventura di una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pe
ntura di una mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli di questa, e di altre molte buone accoglienze succes
mal concia sua gamba. Suo impiego. Memore pertanto egli di questa, e di altre molte buone accoglienze successivamente pre
ategli da que’isolani durante la puerile sua età, volle egli a motivo di grata riconoscenza presso di essi fissare il sogg
la puerile sua età, volle egli a motivo di grata riconoscenza presso di essi fissare il soggiorno, e sollecito insegnarli
il mostruoso stuolo dei Ciclopi(1) uscir fece dalla sua Caverna pezzi di opera si ragguardevoli, che riscossero del pari l
delle sue mani al certo dicesi essere il palazzo del Sole, la corona di Arianna, la collana di Ermione, lo scettro di Aga
o dicesi essere il palazzo del Sole, la corona di Arianna, la collana di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di
zzo del Sole, la corona di Arianna, la collana di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo di Et
Arianna, la collana di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo di Ettore, le armi di Enea, e m
di Ermione, lo scettro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo di Ettore, le armi di Enea, e mille altri capi d’ope
tro di Agamennone, l’armadura di Achille, lo scudo di Ettore, le armi di Enea, e mille altri capi d’opera, che per soddisf
e benchè distratto da mille occupazioni nel favorire e Dei, ed uomini di buon genio ; pronto sempre però si tenne nell’ es
fulmini tremendi, de’ quali armato il gran Giove rendevasi il terror di chiunque osava far resistenza a suoi cenni. E chi
felloniti ? Che meraviglia fia dunque, che tanta grazia perciò presso di quello acquistossi, che niente sgomentato di sua
nta grazia perciò presso di quello acquistossi, che niente sgomentato di sua natìa bruttezza ardi domandargli la saggia Mi
e vane riuscirono le sue pretenzioni ; non però ciò avvenne per parte di Giove renitente, ma per cagion della pretesa Dea,
mare Venere fra le Dee la più bella, la quale per altro niente rapita di suo marito, non senza suo disonore, e discredito
o consorte, dove ella con Marte improvisamente fû colta per oscitanza di Elettrione posto per guardia, fece delle reità su
guardati per suoi figli tutti coloro, che celebri si resero nell’artc di lavorare ferri, rame, oro, argento, e tutte in so
avorare ferri, rame, oro, argento, e tutte in somma le materie capaci di fondersi, e lalorarsi a fuoco(1). Sua qualità. A
del suo ministerio la grazia del suo padre Giove, non isdegnò questi di ammetterlo al cielo in qualità di coppiere degli
suo padre Giove, non isdegnò questi di ammetterlo al cielo in qualità di coppiere degli Dei ; le sue maniere però poco avv
oco avvenenti disgustando gli Dei nella circostanza appunto più bella di pascersi dell’immortale lor Nettare, la cagione f
Nettare, la cagione furono, per cui la bella Ebe il piacere incontrò di subentrare al suo invidiabile impiego. Suoi nomi
oltre il suo nome, che abbastanza il distingueva, stant ecchè al dir di Varrone : Vulcanus est quasi volitans, quod ignis
corti termini accennerò i principali. Detto venne Lennins dall’Isola di Lenno, Mulciber dall’ ammollire i ferri, Tardipes
la di Lenno, Mulciber dall’ ammollire i ferri, Tardipes, perchè zoppo di piedi, Hephaestos dal bruciare, , , Chrysor ec.
e, , , Chrysor ec. Suo ritratto. Gl’ antichi scultori dell’effigie di questo Nume sebbene abbiano espressi in un modo p
rale ne ha espressato il ritratto. Mirasi perciò dipinto in sembianza di fabro vecchio, ed annerito, benchè in alcune meda
ali ogni momento, Che tien seguaci suoi ira, e spavento, Che si pasce di sangue, e di querele. Che attosca l’alma con cont
nto, Che tien seguaci suoi ira, e spavento, Che si pasce di sangue, e di querele. Che attosca l’alma con continuo fiele, A
angue, e di querele. Che attosca l’alma con continuo fiele, Avido sol di risse, e di cimento, Infausto a’ Regi, a’regni og
querele. Che attosca l’alma con continuo fiele, Avido sol di risse, e di cimento, Infausto a’ Regi, a’regni ognor tormento
i cimento, Infausto a’ Regi, a’regni ognor tormento, Che corre il mar di sangue a piene vele. Fonte, e cagion di stragge,
or tormento, Che corre il mar di sangue a piene vele. Fonte, e cagion di stragge, e di ruina, Autor di pianto per qualunqu
he corre il mar di sangue a piene vele. Fonte, e cagion di stragge, e di ruina, Autor di pianto per qualunque stato, Che l
di sangue a piene vele. Fonte, e cagion di stragge, e di ruina, Autor di pianto per qualunque stato, Che l’uom più fiero a
fù il ben scacciato, E mentre a danni crudelmente inclina Il flagello di Dio Marte è chiamato. Dichirazione, e svilupp
ppo Chi fù Marte. Avvegnachè figlio del troppo augusto matrimonio di Giove, e di Giunone quasi da Greci tutti questo D
fù Marte. Avvegnachè figlio del troppo augusto matrimonio di Giove, e di Giunone quasi da Greci tutti questo Dio si dica ;
data alla luce Minerva qual dimostranza del suo invitto potere, pensò di operare anche essa un consimile sovraumano porten
Dio producendo senz’alcun’opra del suo rivale marito. Anziosa quindi di veder paghe le sue brame partissi per consultar l
dire il disegno del suo cammino con dolce sorriso un fiore additolle, di cui il solo tocco, ed odore valevole era all’impr
pur tanto terribile, e fiero addivenne, che il solo suo nome riempiva di spavento ogni cuore, e perciò pel Dio delle guerr
o Nettuno. Egli per vindicare la violenza usata da Allirozio figliuol di Nettuno alla cara sua figlia Alcippe, avuto quell
gli diè fieramente la morte. Commosso per tal barbaro fatto il padre di quello Nettuno citò l’uccisore al gran consiglio
sull’ Areopago, domandando a gran clamore giustizia, e pena ; presso di quelli però cosi bene espose Marte le sue ragioni
amente giustificò la sua causa, che per giudizio della più sana parte di quei giudici ne venne onorevolmente assoluto. Da
uccesso ne venne, che quel luogo d’indi in poi fù chiamato la collina di Marte, dove trattar si solevano le cause purament
, dove trattar si solevano le cause puramente criminali alla presenza di tanti giudici, quanti appunto furono nella causa
ali alla presenza di tanti giudici, quanti appunto furono nella causa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè d
furono nella causa di Marte gli Dei(1). Sue nozze. Questo Dio perchè di sua fierezza era costantemente rapito, perder non
ro Quirites dal lor fondatore Romolo creduto, come si è detto, figlio di Marte. Suo ritratte. In atteggiamento assai terr
enio fù effigiato questo Nume. Pingevasi egli da capo a piè ricoverto di armi sedente su d’un carro d’acciaio guidato da B
ie svolazzanti intorno al suo elmo per orrore, con gallo qual simbolo di vigilanza al suo fianco, preceduto dalla fama, ch
uerre fù da popoli anche barbari in somma stima tenuto, sicche presso di essi invalse il costume di non rivolger mai l’ani
rbari in somma stima tenuto, sicche presso di essi invalse il costume di non rivolger mai l’animo alle battaglie, se pria
i a questo gran Nume. La Tracia però, o perchè gloriosa della fortuna di riconoscere il suo nome da Trace figliuol di Mart
è gloriosa della fortuna di riconoscere il suo nome da Trace figliuol di Marte, o perchè nazione fiera, e naturalmente por
costruiti due tempii, uno dentro le mura acciò degnato egli si fosse di conservar sempre florida fra cittadini la pace, l
cittadini la pace, l’altro fuori, acciò disdegnato non avesse d’esser di quella Città il difensore contro gl’insulti d’ogn
e istituite da Romolo dette Esquirie da celebrarsi pria delle calende di Marzo colla corsa de’ cavalli nel Campo Marzio, e
quelle fissate da Numa(1) chiamate Saliari da celebrarsi alle calende di Marzo da Sacerdoti Salii, e quelle finalmente chi
Nume, non altra vittima svenar si dovea in suo onore, che sol quella, di cui prendevasi piacere ; quindi il toro, il verre
deputavasi una congrua vittima : quindi questi animali quali simboli di ferocia, e velocità ben s’acconvenivano ad un Dio
li quali simboli di ferocia, e velocità ben s’acconvenivano ad un Dio di terrore, e destrezza, qual Marte appunto si era,
Dichirazione, e sviluppo Curiose pur troppo sono le storiette di questo Dio per qua lunque verso considerarlo ci a
iderarlo ci aggrada. Chi fù Mercurio. Nato appena da Maia primogenita di Atlante consociata con Giove, si grazioso comparv
gnitosa rapita dalla sua rara beltà corse ad abbracciarlo, e si degnò di somministrargli il suo latte(1) dal che forse ne
e avvenne, che egli intempestivamente acquistò tal’ ammirabil vigorìa di spirito, e di corpo, che di poche ore appena nato
egli intempestivamente acquistò tal’ ammirabil vigorìa di spirito, e di corpo, che di poche ore appena nato d’una morta t
tivamente acquistò tal’ ammirabil vigorìa di spirito, e di corpo, che di poche ore appena nato d’una morta testuggine trov
duta, detta perciò da latini Testudo, ed un giorno ancor non compiuto di sua vita mortale giunse a rubare lo scettro a Gio
i dardi ad Apollo, ed a Venere il cinto. Fatto poi più grande invece di abborrire le sue infantili leggierezze vieppiù si
frigio gli armenti del re Admeto da lui teneramente amato, questo Dio di soppiatto a quella greggia appressandosi seco si
fronzure d’un bosco cautamente appiattolli. Non ebbe però la fortuna di sottrarsi del tutto all’ altrui vigilanza, mentre
lui innanzi gli esibì la più bella vacca per ottenerne il secreto, nè di ciò contento per isperimentar col fatto la fedelt
con virtù a se tutta propria lo trasformò in pietra (detta poi pietra di paragone) acciò cosi egli restasse al coverto del
stasse al coverto del furto, e quegli nel tempo stesso il fio pagasse di sua infedeltà, rampognandolo cosi secondo Òvid.
m silicem, qui nunc quoque dicitur index : Suo ritratto. La efficie di questo Dio è tutta adattata a simboleggiare, ed e
alla testa, ed a’piedi, mentre essendo suo ufficio portare i comandi di Giove, servire agli Dei nelle loro ordinanze, ed
adunanze, alle pubbliche arringhe, come possibil era potersi spedire di tante faccende, se il vantaggio non avea de suoi
ato da due attorcigliati serpenti, per dinotare, che siccome al tocco di sua verga i due colubri duellanti deposero ad un
i due colubri duellanti deposero ad un tratto lo sdegno, ed in segno di pace amorosamente si strinsero, cosi, e molto più
liare con quel suo caduceo nel cuor de’ mortali gl’ abbandonati sensi di fraterno amore, e conchiudere quindi fra essi i p
aterno amore, e conchiudere quindi fra essi i più ammirabili trattati di amorevolezza, di concordia, e di pace. Si veggono
onchiudere quindi fra essi i più ammirabili trattati di amorevolezza, di concordia, e di pace. Si veggono pendere da suoi
i fra essi i più ammirabili trattati di amorevolezza, di concordia, e di pace. Si veggono pendere da suoi labbri alcune be
di pace. Si veggono pendere da suoi labbri alcune ben formate catene di oro per significarci la sua aurea eloquenza, e l’
almente in molti suoi ritratti una verga, onde divisar il suo impiego di sciogliere da ligami degl’egri corpi le anime, gu
iogliere da ligami degl’egri corpi le anime, guidarle all’ inferno, e di riporre in nuovi corpi, giusta la dottrina della
a è rilevare la diversità de’ suoi nomi. Egli per cagion dell’uffizio di servire agli Dei vien detto messaggiero degli Dei
è abile a conciliare si gli Dei, che gl’ uomini fra loro, ambasciator di pace s’appella : come padre delle lettere, e del
tore delle strade, nelle quali collocavansi le sue statue, prive però di mani, e di piedi fù detto da latini Vialis, e da
strade, nelle quali collocavansi le sue statue, prive però di mani, e di piedi fù detto da latini Vialis, e da Greci Cylle
piedi fù detto da latini Vialis, e da Greci Cyllenius : il titolo poi di Argicida, con cui sovente vien salutato dagli scr
ucciso per espresso volere del padre degli Dei il pastore Argo dotato di cento occhi, alla cui vigilanza per cagion di gel
il pastore Argo dotato di cento occhi, alla cui vigilanza per cagion di gelosia era stata affidata da Giunone la Principe
Io cambiata in vacca da Giove Suoi figli. Quali siano stati i figli di questo Dio, con parsimonia par che ne scrisse la
bbe da Venere, come dimostrano le stesse parole Hermes, ed Aphrodite, di cui costa tal nome, e tolto ancora, secondo alcun
queste cose i suoi pensieri, oppur sia, che come invaghito de’ furti di robe, brigato non siasi de’ furti di onore, io no
ia, che come invaghito de’ furti di robe, brigato non siasi de’ furti di onore, io non oso, ne posso di esso affirmare que
i di robe, brigato non siasi de’ furti di onore, io non oso, ne posso di esso affirmare quello, che la favola istessa di l
io non oso, ne posso di esso affirmare quello, che la favola istessa di lui non disse. Suo culto. Riceveva questo Dio al
ette perciò le loro statue Hermathenae, sacrificar si doveva in segno di culto una vitella, e con gran cerimonia ancora br
cerimonia ancora bruciar si dovevano le lingue delle vittime in onor di sua eloquenza, giusta l’antico costume de’ Megare
vatamente ancor non l’onorasse, mentre avendo quella gente il costume di pingerlo alle porte di loro case, acciò quindi re
norasse, mentre avendo quella gente il costume di pingerlo alle porte di loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri,
ngerlo alle porte di loro case, acciò quindi respinto avesse i ladri, di cui egli era Dio, quantunque volte avveniva passa
tunque volte avveniva passar per quelle, non potevano essi far ammeno di prestargli qualche ossequio in suo omaggio. C
rno il globo ognor s’aggira, E toglie ogni vivente alle ruine. Cantor di versi, e curator d’affanni, Splendono a lui tesor
celsi intorno, Chè la terra salvar Ei sa da danni. Fulge il suo carro di saffiri adorno, Nè invecchia mai per lungo volger
guire i più rinomati Eroi, e miriam sovente, che chi per qualche dono di natura infra gli altri singolarmente rifulge, egl
il bersaglio della cieca imprudente fortuna. Tale appunto fù il caso di questo gran Nume. Egli sebbene fra il sodalizio d
vasto singolare sapere ; pur tutta volta a dure vicende fin dal seno di sua madre miseramente soggiacque. Chi fù Apollo.
ito particolare affetto nudrisse per Latona già per lui feconda madre di questo Dio, un giorno dal cielo villanamente cacc
on solenne giuramento a negarle asilo nel vasto suo seno. Nè contenta di questo da sozzo fango fè sorgere un’orribil serpe
e il suo tridente, e forte battendo le salse onde fè salire dal fondo di esse grande scoglio (detto isola di Delo) ove ric
le salse onde fè salire dal fondo di esse grande scoglio (detto isola di Delo) ove ricoveratasi Latona sotto una pianta di
coglio (detto isola di Delo) ove ricoveratasi Latona sotto una pianta di verdeggiante palma sgravossi della doppia sua pro
errante com’era, ma restò ferma del tutto, ed immota, per essere cosi di memoria a posteri, e tardi nipoti. Sue vendette.
per cagion del detto mostro insecutore pria d’ogni altra cosa contro di esso rivolse tutte intento le mire. Diveuuto arci
contro di esso rivolse tutte intento le mire. Diveuuto arciero contro di quello drizzò le sue frecce, e con violenta morte
un tal fatto tutto sdegno similmente si rivolse contro Niobe, regina di Tebe, moglie di Anfione, che superba per la numer
tto sdegno similmente si rivolse contro Niobe, regina di Tebe, moglie di Anfione, che superba per la numerosa sua prole sp
lie di Anfione, che superba per la numerosa sua prole sprezzato aveva di lui la madre Latona fino a frastornare le feste,
rastornare le feste, che facevansi in suo onore, ammazzandole a colpi di frecce i sette suoi figli maschi, come pur colle
la sorella Diana, restandola cosi senza figli, e perciò senza motivo di gloriarsi in appresso. Sue nozze Commesse queste
onta del Lemeo fosse stata un giorno raggiunta, si contentò più tosto di perdere l’antica sua essenza coll’essere trasform
onarsi nel seno del mare, che nelle braccia lasciarsi dell a passione di lui, che in sembianza di tenero amante l’era appa
che nelle braccia lasciarsi dell a passione di lui, che in sembianza di tenero amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuo
e in sembianza di tenero amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuola di Orcamo prodica fù di sua persona per contentar qu
ero amante l’era apparso. Leucotoe sol figliuola di Orcamo prodica fù di sua persona per contentar questo Dio, ma ella a c
gò il fio della sua men cauta condiscendenza mentre fatto consapevole di ciò il suo padre Orcamo da Clizia tradita ne’ suo
. Perduta intanto questa sposa trasse al suo fianco sì Climene figlia di Teti, che Coronide figlia di Flegia, da cui ebbe
a trasse al suo fianco sì Climene figlia di Teti, che Coronide figlia di Flegia, da cui ebbe in figlio quell’ Esculapio, c
n quella addivenne, che valse a richiamar alla vita Ippolito figliuol di Teseo alle reiterate premure della gran dea Diana
d’Ippolito redivivo sdegnato altamente Giove con fulmine fatale tolse di vita il valente Esculapio, benchè come Dio della
nere il suo sdegno pel crudele fato d’un tanto figlio ; ma disperando di attaccare il potente uccisore, le sue furie conve
erando di attaccare il potente uccisore, le sue furie convertì contro di chi n’ era stato il ministro, ammazzando perciò i
stro, ammazzando perciò i Ciclopi fabri de’ fulmini con furioso nembo di frecce ; tale ingiuria però riputando Giove come
! La dura necessità da Dio glorioso lo rese vil pastore degli armenti di Admete, e questi poscia lasciando pei furti dell’
o locò la sua opera (non altrimenti che fece Nettuno) a Laomedonte Re di Troja per la gran fabbrica delle sue mura ; bench
inondazioni fè similmente il gran Dio del mare. Sue contese. Contro di questo Dio valentissimo nella lira insorse il sup
n imprudente disfida, ma perditor partendo dalla contesa per giudizio di Tmolo Re di Lidia, pagò colle umiliazioni il fiò
disfida, ma perditor partendo dalla contesa per giudizio di Tmolo Re di Lidia, pagò colle umiliazioni il fiò del suo pres
fiò del suo presuntuoso attentato, e Mida suo fautore con due orecchi di asino tirategli dal vincitore Apollo alle chiome
e la pena del suo mal giudicato. Mosso dopo un tal fatto o da spirito di vendetta, oppur meglio dal fasto di orgoglio il f
so dopo un tal fatto o da spirito di vendetta, oppur meglio dal fasto di orgoglio il famoso satiro Marsia ardì parimente d
r meglio dal fasto di orgoglio il famoso satiro Marsia ardì parimente di venire con questo Nume alle pruove ; ma anche ess
ide fù in terra la innocente cagione delle sue sventure, così Fetonte di Climene fù in cielo l’impertinente motivo delle n
grazie. Per vendicarsi costui dell’ ingiuria ricevuta da Epafo figlio di Giove, che detto gli aveva di non esser egli figl
dell’ ingiuria ricevuta da Epafo figlio di Giove, che detto gli aveva di non esser egli figlio di Apollo come si vantava,
a Epafo figlio di Giove, che detto gli aveva di non esser egli figlio di Apollo come si vantava, chiese in grazia al padre
io di Apollo come si vantava, chiese in grazia al padre per consiglio di sua madre di condurre per un giorno il luminoso s
come si vantava, chiese in grazia al padre per consiglio di sua madre di condurre per un giorno il luminoso suo carro. Tre
corso, e minacciarono al mondo le sue estreme ruine. Il grido intanto di tutti gl’ enti atterriti ferì l’orccchio di Giove
e ruine. Il grido intanto di tutti gl’ enti atterriti ferì l’orccchio di Giove, e crucciato questi ben presto con fulmine
Fetonte, che morendo lasciò al padre in sua vece una novella eredità di tristi affanni, e dolori. Suoi nomi. Varii, e mo
. Suoi nomi. Varii, e molti sono i nomi, onde distinguevasi tal Nume di triplicato potere ; questi però sono i principali
i. Vien chiamato Delio a cagion del luogo, dove nacque, detto l’isola di Delo : Febo per cagion della luce, e calore del s
dato, o perche egli stesso fù creduto per sole : Delfico per la città di Delfo nella Beozia, ove rendeva i famosi suoi ora
e, e Palatino per ragion del promontorio Atio celebre per la vittoria di Augusto, e pel monte Palatino ragguardevole pel f
divina, con pace inalterabile spiegata sulla fronte, con occhio ebbro di dolcezza, con eterna primavera simile a quella de
lle Muse, il Maestro della Musica, della eloquenza, della Medicina, e di tutte quelle nobili arti, per cui si ingentilisco
fetti adunque, che la gentilità delirante credeva ricevere dalle mani di questo Dio, non fia maraviglia se molto esteso si
ente Pitone rendevansi gli oracoli i più famosi. In Roma poi nel mese di Luglio celebravansi in suo onore i giuochi detti
he pur regna in Cielo, Che per l’ aria talor da noi si piglia Arbitra di procelle, e calma, e gelo. Pronuba delle nozze in
Alcmene un giorno Destaron nel suo sen la voglia rea Di punir l’opre di fatal rio scorno. Essa è madre, essa è Diva, ed e
vero bramar più poteva per esser felice ? Chi fù Giunone. Figlia essa di Saturno, e di Opi, e Sorella per conseguenza dell
ù poteva per esser felice ? Chi fù Giunone. Figlia essa di Saturno, e di Opi, e Sorella per conseguenza dello stesso Giove
seguenza dello stesso Giove, anzi con esso più avvinta mercè i ligami di nozze, divenuta perciò regina dell’Olimpo, come p
i ligami di nozze, divenuta perciò regina dell’Olimpo, come per bocca di Virgilio I. Æn. sen pregia. Ast ego, quae Divum
a maestà del suo grado ; ma prostergando ogni decoro non s’ arrossiva di commettere atti di umiliazione i più denigranti.
ado ; ma prostergando ogni decoro non s’ arrossiva di commettere atti di umiliazione i più denigranti. E che in vero non f
traggi, che ella credeva d’ aver ricevuti da Trojani si per la scelta di Ganimede per coppier degli Dei invece di Ebe sua
da Trojani si per la scelta di Ganimede per coppier degli Dei invece di Ebe sua figlia, come nell’ esser posposta a Vener
figlia, come nell’ esser posposta a Venere nella beltà, per giudizio di Paride divenuto arbitro nella gran contesa sorta
sorta per cagione del pomo d’oro gittato dalla Discordia nelle nozze di Teti, e di Peleo ? Non s’ arrossi allora essa di
cagione del pomo d’oro gittato dalla Discordia nelle nozze di Teti, e di Peleo ? Non s’ arrossi allora essa di prostrarsi
iscordia nelle nozze di Teti, e di Peleo ? Non s’ arrossi allora essa di prostrarsi in umile atteggiamento avanti ad Eolo,
ossi allora essa di prostrarsi in umile atteggiamento avanti ad Eolo, di promettergli in sposa Deiopea fra le quattordici
lle onde la nazione odiata, che nell’ Italia portavasi con intenzione di fissar quivi il soggiorno.(1) Non contenta questa
e di fissar quivi il soggiorno.(1) Non contenta questa orgogliosa Dea di Ebe, e Vulcano suoi figli concepiti per opera del
ncora un altro concepirne pel tocco d’un fiore, come appunto parlando di Marte si disse, per far conoscere agli Dei, ed ag
’uomini quanto efficace il suo potere si fosse, che dubitata non avea di gareggiar collo stesso suo marito Giove ; mentre
Giove ; mentre se questi per sua virtù tratto aveva dal fecondo seno di sua mente un vivo portento di sapienza, anche ess
sua virtù tratto aveva dal fecondo seno di sua mente un vivo portento di sapienza, anche essa la gloria volle d’ aver cava
avato sol da se dagl’occulti recinti del suo seno un’animato prodigio di fortezza. Suo castigo. Fù però oscurata la sua g
senza motivo il suo glorioso marito pensò vendicarsi, e pel ministro di sua vendetta elesse il deforme suo figlio Vulcano
rme suo figlio Vulcano. Pronto questi a voleri del padre, non si curò di stendere le mani contro la stessa sua madre. Con
la stessa sua madre. Con due calamite la sospese in aria, con catene di oro le avvinse dietro le spalle le mani, ed un’ a
n isposa. Suo ritratto. Pingevasi ordinariamente questa Dea con aria di maestà assisa sopra d’un carro tirato da Pavoni,
’ alta sua autorità uno scettro, con un pavone al suo fianco, in alto di ricordare le sue bravure d’aver cangiato in quest
icordare le sue bravure d’aver cangiato in quest’ uccello quell’ Argo di cento occhi suo esploratore da Mercurio per ordin
llo quell’ Argo di cento occhi suo esploratore da Mercurio per ordine di Giove crudelmente ammazzato : benchè in alcune su
 ; e quindi essendo all’ Etra sottoposta l’ aria, essa qual inferiore di Giove per l’ aria stessa comunemente fù presa. S
’ ogni mese furono sempre in suo onore, non altrimenti che fù il mese di giugno, che dal suo nome credevasi così chiamato,
giugno, che dal suo nome credevasi così chiamato, come ancora quello di febbrajo, in cui in suo culto celebravansi i giuo
ravansi i giuochi Lupercali in una maniera poco decente, degna perciò di non essere espressa. Gl’animali inoltre da sacrif
ue se credi Non verserai il tuo sudor con scorno. Anima della terra e di mortali, Tutto mostra il poter della natura, E sa
la società degl’uomini per beneficii ricevuti fù certamente la figlia di Saturno, e Cibile Cerere. Chi fù Cerere. Per essa
hè questi rapiti dalla novità del portento, e da essa, e dal figliuol di Celio Trittolemo divenuto suo caro ministro ben a
’arte della coltura de’ campi, passarono con piacere dal vile pascolo di ghiande, e selvagge radici ad un altro tutto conv
ugum creatrix sit, et altrix. Sue disgrazie. Fù questa Dea fregiata di tanta beltà, che gli Dei stessi restarono sorpres
che dicesi presente a tal fatto, diè motivo alla sventurata genitrice di vivere sollecita della infelice sua sorte. Consci
ia quindi la Dea della per dita, ma ignorante del fatto, dando presto di piglio a fiaccole accese mosse veloce i suoi pass
a. Raggirossi affannosa per questa, e quella parte della terra, sichè di essa a ragione scrisse Ovidio : Quaerenti defuit
ione scrisse Ovidio : Quaerenti defuit orbis , e la fortuna incontro di ritrovar sul lago di Siracusa il velo, che negl’a
Quaerenti defuit orbis , e la fortuna incontro di ritrovar sul lago di Siracusa il velo, che negl’amari contrasti scappa
in cui gustato non avesse alcun frutto, perciò essendosi essa cibata di alcuni granelli di melo granato, giusta l’accusa
avesse alcun frutto, perciò essendosi essa cibata di alcuni granelli di melo granato, giusta l’accusa di Ascalafo, cangia
ndosi essa cibata di alcuni granelli di melo granato, giusta l’accusa di Ascalafo, cangiato perciò in civetta, non poteva
rebbe avvenuto, se il sovrano consiglio degli Dei mosso più da motivi di affetto per la madre, che di giustizia per la fig
consiglio degli Dei mosso più da motivi di affetto per la madre, che di giustizia per la figlia non avesse deciso, che se
nne invero il fanciullo Stellio, che per essersi scioccamente burlato di essa, che stanca dal cammino, ed oppressa dalla s
l cammino, ed oppressa dalla sete con avidità tracannava il gran vaso di acqua ad essa offerto dalla impietosita vecchia B
acqua ad essa offerto dalla impietosita vecchia Becubo, fù col resto di quell’acqua con sdegno buttatagli in faccia dalla
rdire recise alcune piante in un bosco a lei sacro fù punito con fame di sì strana natura, che ad onta di qualunque quanti
bosco a lei sacro fù punito con fame di sì strana natura, che ad onta di qualunque quantità di cibi non poteva mai saziars
unito con fame di sì strana natura, che ad onta di qualunque quantità di cibi non poteva mai saziarsi, e non ostante che M
la vita a saziarlo, mai non però potè ottenerne l’intento ; onde egli di sua voracità non potendo più tollerar la molestia
n bocca ebbe a lasciar miseramente la vita. Suo ritratto. Espressivo di molto è il tipo di Cerere, benche presso diverse
iar miseramente la vita. Suo ritratto. Espressivo di molto è il tipo di Cerere, benche presso diverse nazioni non fù cost
fù costantemente lo stesso. Comparisce ella sù d’un altare in foggia di bara recata da verginee mani (benche altri la vog
oni) in atteggiamento festoso con aurea capellatura, con biondo serto di spiche, e papaveri sul capo, e con altro a piedi,
altro a piedi, stringendo con una mano piccola falce, ed un fascetto di recise spiche additando nell’altra, cinta finalme
nte da lungo ammanto variopinto, tutti simboli de’ rari suoi pregi, e di sua diffusiva bontà, corteggiata da uno stuolo di
rari suoi pregi, e di sua diffusiva bontà, corteggiata da uno stuolo di contadini, che festosi per le abbondanti messe a
gl’antichi, come ci assicura Cicerone, veniva salutata co’ dolci nomi di Mammosa, di Alma, e di Nutrice. E chi in vero in
come ci assicura Cicerone, veniva salutata co’ dolci nomi di Mammosa, di Alma, e di Nutrice. E chi in vero in veder le sue
icura Cicerone, veniva salutata co’ dolci nomi di Mammosa, di Alma, e di Nutrice. E chi in vero in veder le sue poppe solt
a, e di Nutrice. E chi in vero in veder le sue poppe soltanto gravose di latte in simbolo della cura, che essa ha de’ mort
ersi sacrificii, secondo la diversità de’luoghi, celebravansi in onor di questa Dea in titolo di riconoscenza dovuta a suo
la diversità de’luoghi, celebravansi in onor di questa Dea in titolo di riconoscenza dovuta a suoi larghi favori ; due pe
zioni doveansi tenere, finchè scorsi cinque anni passassero nel grado di Efori, cioè contemplatori ; soggetti però a si sa
ra quercu Det motus incompositos, et carmina dicat. Che l’Ostia poi, di cui qui parla il poeta sia stata una troja chiaro
qui parla il poeta sia stata una troja chiaro si rileva da quel verso di Ovidio : Prima Ceres avidae gavisa est sanguine
ime tronche. C on fiamma viva, che le splende al piè, Col volte pien di rigida virtù, Divinità spreg evole non è ; Anzi c
cordarsi omai non può, E a chi lo conservò con fedeltà Eccelsi premii di sua man donò. Questa moetra prudenza, e rarità, Q
alta riputazione poi convien credere, che tenuta fosse la Dea stessa di quella ? Descrivasene perciò con tutto piacere la
n tutto piacere la vita. Chi fù Vesta, Fù questa Dea gentil germogtio di Saturno, e di Opi, e ben retta ne’ suoi giudizii
e la vita. Chi fù Vesta, Fù questa Dea gentil germogtio di Saturno, e di Opi, e ben retta ne’ suoi giudizii mostrò fin da’
rapito indi a poco dal suo grazioso sembiante con tenere espressioni di padre la facoltà le concesse di chiedergli con li
ioso sembiante con tenere espressioni di padre la facoltà le concesse di chiedergli con libertà quanto le fosse più in gra
no fastosamente sprezzando, con tutto calore sol in grazia gli chiese di potersi eternamente mantenere illibata Vergine in
ternamente mantenere illibata Vergine in tutto il suo tenore, ad onta di qualunque motivo opposto si fosse alle innocenti
ga de’ suoi voti, da tal entusiasmo fù presa, che dagl’ esterni segni di sua allegrezza facil era il giudicare gl’interni
zato essa in tal forma il candido vessillo della verginità in esempio di chiunque avesse voluto profittarne, così diffuse
tendone questi le dolci, ma possenti spinte, non poterono fare ammeno di enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore,
le dolci, ma possenti spinte, non poterono fare ammeno di enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore, di venerazione
, non poterono fare ammeno di enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore, di venerazione, e di culto, che per empio,
rono fare ammeno di enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore, di venerazione, e di culto, che per empio, e sceller
i enutrir ver di essa nel cuore tai sensi di amore, di venerazione, e di culto, che per empio, e scellerato era tenuto chi
cellerato era tenuto chiunque ricusava prestargli sacrificii in segno di omaggio ben dovuto all’impareggiabile suo merito 
che il fabro avventuroso delle sue novelle fortune. A fronte intanto di questa gran cura, che per tal Deità nudrivano rel
e anzicche essere animati sembravano insensibili statue alla presenza di Essa ? Qual prodigio se quelli rimossi per man di
tatue alla presenza di Essa ? Qual prodigio se quelli rimossi per man di rispetto dalle vicinanze dei suoi altari, ben lun
ltari, ben lungi da quei Sacri recinti con immota pupilla pregiavansi di vagheggiar la fiamma, che bruciava in suo onore ?
nto in sentirla invocata non con altri titoli, che con venerandi nomi di santa, di casta, e d’illibata matrona ? Crebbe pe
tirla invocata non con altri titoli, che con venerandi nomi di santa, di casta, e d’illibata matrona ? Crebbe però oltre o
acceso il fuoco, e generoso privandosi dell’antica reggia, volle, che di essa un atrio si formasse da servire di soggiorno
ell’antica reggia, volle, che di essa un atrio si formasse da servire di soggiorno a quelle vergini, alle quali con specia
iorno a quelle vergini, alle quali con special modo premeva il dovere di onorare questa Dea(1). Di tanto ci assicura Ovidi
ssa formava il suo tipo ; mentre le statue tutte, che dicevansi esser di Vesta non rappresentavano la nostra Dea del fuoco
ro queste due Dee, o perchè credettero indispensabil dovere i Gentili di onorar la nuova Vesta, non altrimenti che onorava
in quest’atteggiamento il ritratto. La rappresentarono essi in abito di venusta matrona di ricca stola vagamente adornata
ento il ritratto. La rappresentarono essi in abito di venusta matrona di ricca stola vagamente adornata, mostrando nella d
asi ancora tenere nelle mani con gentil aspetto un palladio(1). Modo di eleggersi le Vestali Con somma diligenza invalse
do di eleggersi le Vestali Con somma diligenza invalse poi il costume di eleggersi le Vestali. Al solo Pontefice Massimo d
entavansi al suo cospetto venti verginelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non pr
cospetto venti verginelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però di padr
inelle delle principal i famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però di padre, o di madre, secon
famiglie di Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però di padre, o di madre, secondo la legge Papia, nè mos
Roma nonimen di sei anni, nè più di dieci, non prive però di padre, o di madre, secondo la legge Papia, nè mostruose per q
la eletta, ed al tempio immediatamente la menava, ove collacerimonia di sospendersi ad un sacro albero le recise chiome v
istero, e trascorsi dieci anni per apprenderne le funzioni, pel corso di altrettanti anni si dovea occupare nell’esercizio
acro fuoco, da riaccendersi quindi o con raggi solari, o coll’attrito di due legni ben secchi, e dopo aver compiti dieci a
le le sacre cerimonie, era in loro libertà o quivi terminare il resto di loro vita, o ritirarsi nelle loro antiche famigli
poche ciò si fece, e con esito assai infelice. Durante però il tempo di trenta anni era ad esse vietato uscire dall’atrio
i era ad esse vietato uscire dall’atrio ; eccettuato soltanto il caso di grave infermità, in cui partendosi in compagnia d
endosi in compagnia del gran pontefice, erano posto sotto la custodia di qualche dama Romana di sperimentata probità. Cas
gran pontefice, erano posto sotto la custodia di qualche dama Romana di sperimentata probità. Castighi, e privilegii del
ssimo de’ delitti, e punivasi colla morte la più spietata, ed a tempi di Tarquinio Prisco erano vive rinserrate in una fos
Tarquinio Prisco erano vive rinserrate in una fossa colla provisione di poco oglio, pane, latte, ed acqua, e quivi lascia
tto F orte, casta, possente, e gloriosa Fù Minerva all’Olimpo un di mostrata, Dalla mente di Giove appena nata Fù sap
ossente, e gloriosa Fù Minerva all’Olimpo un di mostrata, Dalla mente di Giove appena nata Fù sapiente, e guerriera al par
me d’onor nell’alma desta, Ella rende gentil qualunque sorte : Figlia di Dio la gran Sapienza è questa. Dichiarazione
fanciullo, cui dal fato si riserbava l’impero del mondo, una bambina di tanta ; e tale sapienza, che avanti a se comparir
stessa sua moglie ; onde così insieme con la madre distruggere quanto di prodigioso portava ella nel seno. Deluso però res
ando crescere sempre più con suo maggior dolore il gran peso, per man di Vulcano si fè in due parti aprire il capo, per os
i ammirandi(1). Sue vendette. Gonfia impertanto questa Dea dell’amor di se stessa, e molto più superba per la vittoria ot
r la vittoria ottenuta contro il competitore Nettuno, come nella vita di costui sta scritto, fù del suo onore si fortement
o grado. Provò primieramente gl’effetti del suo sdegno la vana figlia di Idimone Aracne. Questa perchè superba un di vanto
suo sdegno la vana figlia di Idimone Aracne. Questa perchè superba un di vantossi di esser simile a questa Dea, e forse su
a vana figlia di Idimone Aracne. Questa perchè superba un di vantossi di esser simile a questa Dea, e forse suporiore anco
il troppo sensibile dolore della sua fronte percossa da iterati colpi di navicella per man della Dea accigliata ; sichè no
ndo perpetuamente la più spregievole tela incessantemente il fio paga di sua temeraria iattanza. Antiquas exercet arania t
fù inoltre soggetta la infelice Babilonese Dirce. Questa per aver un di mossa non sò da qual furia di passione eruttate a
ce Babilonese Dirce. Questa per aver un di mossa non sò da qual furia di passione eruttate alcune parole contumeliose, e d
di passione eruttate alcune parole contumeliose, e degradanti l’onor di questa Dea, fù dalla stessa con sommo suo scorno
nfelice Tiresia, se non perchè un curioso sguardo lanciato avea verso di essa nell’atto di tuffarsi nelle fresche acque di
e non perchè un curioso sguardo lanciato avea verso di essa nell’atto di tuffarsi nelle fresche acque di Elicona ? E che a
lanciato avea verso di essa nell’atto di tuffarsi nelle fresche acque di Elicona ? E che altro significar volle quel cangi
scoglio acuto nel più bel de’ suoi marittimi viaggi l’infelice Aiace di Oileo, se non perchè ebbe questi il temerario ard
nfelice Aiace di Oileo, se non perchè ebbe questi il temerario ardire di violar l’onesta verginella, e profetessa figlia d
l temerario ardire di violar l’onesta verginella, e profetessa figlia di Priamo Cassandra rifuggiatasi nel suo tempio per
i nomi. Fra gl’altri nomi con cui veniva riverita Minerva evvi quello di Pallade dal nome di un gigante da essa ucciso, op
nomi con cui veniva riverita Minerva evvi quello di Pallade dal nome di un gigante da essa ucciso, oppure come più plausi
l’Eroi. Venne ancor chiamata Partenia titolo designante la verginità, di cui era amante. Fu detta Tritonia dal lago Triton
icar il ceruleo de’ graziosi suoi occhi. Finalmente perchè inventrice di molte arti, e specialmente de’ rigami, salutata v
specialmente de’ rigami, salutata venne col rozzo, ma pur nobile nome di Operaria. Suo ritratto. L’atteggiamento, in cui
attaglie, che la piacevolezza delle muse. Mirasi al fianco d’un olivo di statura ben alta, e tutta piena di gravità, e con
muse. Mirasi al fianco d’un olivo di statura ben alta, e tutta piena di gravità, e contegno, di fisonomia molto bella, ma
d’un olivo di statura ben alta, e tutta piena di gravità, e contegno, di fisonomia molto bella, ma nel tempo stesso assai
to bella, ma nel tempo stesso assai fiera, con elmo sul capo adornato di civetta(1) con una lancia ad una mano, con uno sc
ivale il petto, qual forte corazza, ove dipinta era la terribil testa di Medusa coverta di serpenti per capelli, giusta la
al forte corazza, ove dipinta era la terribil testa di Medusa coverta di serpenti per capelli, giusta la descrizione, che
esecto vertentem lumina collo. Suo culto Roma per onorar questa Dea di Sapienza, non men che di castità volle, che ne ci
ollo. Suo culto Roma per onorar questa Dea di Sapienza, non men che di castità volle, che ne ciuque giorni ad essa sacri
e provar fatal quadrella Sol per costei, che dominò ogni core, Nemica di modestia, e di pudore, Alla sana ragion sempre ru
quadrella Sol per costei, che dominò ogni core, Nemica di modestia, e di pudore, Alla sana ragion sempre rubella. Ogni ben
ubella. Ogni bene, ogni mal da questa nasce Cagion d’aspri perigli, e di dolcezza, Che di tosco, e di mel gl’uomini pasce.
, ogni mal da questa nasce Cagion d’aspri perigli, e di dolcezza, Che di tosco, e di mel gl’uomini pasce. Cade per lei l’i
a questa nasce Cagion d’aspri perigli, e di dolcezza, Che di tosco, e di mel gl’uomini pasce. Cade per lei l’ingegno, e la
zza. Dichirazione, e sviluppo Non fia maraviglia se nel parlar di questa Dea regina delle grazie, e madre degl’amor
castigate parole esporre il più essenziale. Dappoichè se per essa un di rompendo i bei legami della modestia si diadero g
el seno dell’obblio merita essere ragionevolmente sepolto. I racconti di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Par
merita essere ragionevolmente sepolto. I racconti di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Paride, ed Elena, e di
nte sepolto. I racconti di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Paride, ed Elena, e di mille altri viziati strana
di Piramo, e Tisbe, di Atalanta, ed Ippomene, di Paride, ed Elena, e di mille altri viziati stranamente ne’ loro affetti
lena, e di mille altri viziati stranamente ne’ loro affetti dal poter di questa Dea sono argomenti parlanti come della sfr
l poter di questa Dea sono argomenti parlanti come della sfrontatezza di essa nell’agire, cosi di mia riserbatezza nel fav
o argomenti parlanti come della sfrontatezza di essa nell’agire, cosi di mia riserbatezza nel favellarne. Chi fù Venere.
Venere. Nacque Venere dalla spuma formatasi intorno alle recile parti di Urano cadute nel mare ; non altrimenti che dal sa
a terra nacquero, come altronde si disse, i giganti ; eppure ad onta di nascita si mostruosa, e si vile, di tanta beltà c
disse, i giganti ; eppure ad onta di nascita si mostruosa, e si vile, di tanta beltà comparve fregiata, che qual perla in
cielo ad esser vezzeggiata dagli Dei, i quali rapiti da tal prodigio di beltà concordamente la giudicarono fra le Dee tut
a bellezza la prima. Non potè però la sventurata tant’oltre gloriarsi di tal naturale suo pregio ; mentre per volontà di G
tant’oltre gloriarsi di tal naturale suo pregio ; mentre per volontà di Giunone, non altro nume fù astretta ad impalmar p
almar per marito, che il deforme storpiato Vulcano, pel quale sebbene di più figli fù madre ; pure perchè mal contenta del
Dea. Questo però è il più ordinario suo tipo. Pingesi ella con manto di porpora di diamanti trapunto, ed affibiato da uu
o però è il più ordinario suo tipo. Pingesi ella con manto di porpora di diamanti trapunto, ed affibiato da uu cinto, che
icata spuma riconobbe i natali, e per la stessa ragione ancora al dir di Ausonio fù nominata Marina. Fù detta Idalia, perc
e ella il giovanetto Ascanio, nell’atto che Cupido sotto le sembianze di quello ingegnavasi infiammare il freddo seno dell
ella infelice Didone a favor del ramingo Troiano giusta l’anacronismo di Virgilio. Fù chiamata Cipria, e Citerea dalle iso
erea dalle isole, ove recata venne, educata, e distinta. Ebbe il nome di Apaturia, ossia ingannatrice, e qual cosa invero
r troppo il detto, amat tenebras. Sue culto. Questa Dea perchè amica di sensibili, e sensuali diletti era da tutti genera
gio furono Gnido, Cipro, Amatunta, Idalio, Citera, e finalmente Pafo, di cui fa menzione Virgilio : Ipsa Paphum sublimis
e calent arœ, sertisque recentibus halant. In Roma poi nelle Calende di Aprile celebravansi in suo o nore i Sacrifici det
fici detti Verticordia, acciò degnata si fosse, se pur era possibile, di allontanare le impure fiamme da cuori ; però altr
osse altrimenti praticato, che cangiò una volta in tori alcuni popoli di Cipro, che ardirono sacrificare umane vittime in
le Lidie onorar questa Dea. A spese del suo culto, o ad edificazione di sue statue convertivano quell’argento, che colla
che vendetta Soltanto agogua Enea deposta l’asta Il ramo a lei sacrò di forma schietta. Cinzia vien detta ancor, come Feb
ebbria, e bea. Fascele, e Delia perchè drizza l’orme Dell’uom col Dio di Delo, e lo ricrea : Questo è il poter della gran
gliosi viaggi, da quel carcere finalmente si dischiuse là sulla isola di Delo, e fin d’allora quasi di maturo senno dotata
finalmente si dischiuse là sulla isola di Delo, e fin d’allora quasi di maturo senno dotata tutta sollecita si esibì per
madre nello sgravarsi del suo secondo portato distinto sotto il nome di Apollo, e penetrata quindi da dolori, da quali tr
ali travagliata mirava sua madre nelle laboriose ore del parto, giurò di serbar perpetua la sua Verginità. Laonde grandett
diede all’allettante, ma faticoso esercizio della caccia col seguito di ben sessanta Ninfe figliuole dello Oceano, non ch
cia col seguito di ben sessanta Ninfe figliuole dello Oceano, non che di venti altre verginelle, che la cura avevano del s
inchè ne’discorsi, e ne’tratti non le avesser recato nel tempo almeno di ristoro qualche occasione, o periglio pel suo can
ligò alla più stretta, e perfetta Verginità in modo, che accortasi un di della debolezza di Calisto figlia di Licaone infe
ta, e perfetta Verginità in modo, che accortasi un di della debolezza di Calisto figlia di Licaone infelicemente sedotta d
ginità in modo, che accortasi un di della debolezza di Calisto figlia di Licaone infelicemente sedotta da Giove, senza rig
ta dalla sua seguela perpetuamente bandilla, Essendo dunque si amante di sua onestà questa Dea non fia maraviglia se non s
Sperimentò in vero i colpi del suo sdegno l’incauto Atteone figliuol di Aristeo. Egli per aver un di mentre divertivasi a
el suo sdegno l’incauto Atteone figliuol di Aristeo. Egli per aver un di mentre divertivasi alla caccia data libertà a suo
r aver un di mentre divertivasi alla caccia data libertà a suoi occhi di mirare questa Dea, che insieme colle sue Ninfe si
un pugno delle acque istesse buttategli sul viso da quella con scorno di sua natura cangiato in cervo, e quindi inseguilo,
cora chi osava insidiare qualche seguace sua Ninfa. La infelice sorte di Orione da suoi dardi ucciso per aver tentato di f
fa. La infelice sorte di Orione da suoi dardi ucciso per aver tentato di far violenza ad Opi sua Ninfa ne è un luminoso at
sua Ninfa ne è un luminoso attestato. Non men però del suo onore, che di sua purezza fù molto gelosa Diana. E che altro in
olle quando spedi un cignale terribile a desertare le Campagne del re di Calidone Eneo ? Il poco rispetto che ebbe questi
rchè inoltre traforò con un suo dardo la lingua della infelice figlia di Dedalione Chione senza farle più articolar parola
alione Chione senza farle più articolar parola ? La temerità che ebbe di attaccar con disprezzo la sua beltà fù la cagione
emerità che ebbe di attaccar con disprezzo la sua beltà fù la cagione di tanta sventura. Lo dimostra con chiarezza nelle s
tam tra fixit arundine linguam. Sebbeno la occupazione più ordinaria di questa Dea fosse stata la caccia, come sopra si è
cipal divinità de’cacciatori era comunemente riguardata sotto il nome di Diana ; in questo sol ristretto però non era il s
tichi Mitologi la distinsero, e forse per non attribuire a questa Dea di castità le leggierezze della Luna col Pastore End
Endimione. Inoltre qual divinità infernale riconosciuta sotto il nome di Proserpina godeva ampio impero sopra le anime qui
ure cercò rendersela propizia col donativo del cotanto celebrato ramo di oro, giusta i consigli a lui prescritti dalla Sib
eras sceptro, fulgore sagittas. Gl’altri suoi nomi poi men bisognosi di spiegazioni trovansi di già compendiati nel suo s
gittas. Gl’altri suoi nomi poi men bisognosi di spiegazioni trovansi di già compendiati nel suo soprapposto ritratto. Su
à compendiati nel suo soprapposto ritratto. Suo ritratto. La effigie di questa Dea ha più del boschereccio, che del Divin
suo petto con pelle cervina, con un arco in mano, con turcasso armato di frecce sospeso alle spalle, circondata dalle sue
mato di frecce sospeso alle spalle, circondata dalle sue Ninfe al par di essa similmente agguernite, di statura però men m
lle, circondata dalle sue Ninfe al par di essa similmente agguernite, di statura però men maestosa della loro Dea, come ch
(1). Suoi tempii. Varii, e molti furono i tempii edificati in onor di questa Dea, non sol nella Grecia, ed in tutte le
umenti degl’antichi scrittori. In questi fù costume immolarsi per man di Sacerdoti per legge Eunuchi umane vittime, almeno
negati nel mare ; dippiù scelti bovi, e secondo Euripide, le primizie di tutti i frutti della terra. Il costume però più p
fabbricato da popoli tutti dell’Asia in 270 anni sotto l’architettura di Ctesifonte, annoverato fra le sette maraviglie de
incendiato da Erostrato anche esso Efesino preso dallo stolto disegno di rendere immortale il suo nome ; e benchè più volt
e fosse stato quindi rialzato, come testifica Plinio ; pur al riferir di Capitolino ebbe a sperimentare le sue finali ruin
n con mano ardita, In cui scritto a carattere Divino Sta quel che fia di qualsivoglia vita. Alcun non giunge al fatal tron
e quoque fata regunt. Da ciò intanto si fù, che disperando i. gentili di commuovere la inflessibile sua volontà non pensar
ssibile sua volontà non pensarono ad istituire sacrificii, ed offerte di qualunque sorta si fossero ; ma nel seno della st
plicità delle opinioni. A mio credere più plausibile sembra il parere di chi afferma, che la prosperità dell’empio, e la i
Iovem. qual nodo più inestrigabile riuscir non dovea per gl’uomini di que’ secoli di tenebre, e di follie ? Essi non po
nodo più inestrigabile riuscir non dovea per gl’uomini di que’ secoli di tenebre, e di follie ? Essi non potendo conciliar
rigabile riuscir non dovea per gl’uomini di que’ secoli di tenebre, e di follie ? Essi non potendo conciliare colla veggen
tendo conciliare colla veggenza de’lori Numi si incompatibili eventi, di leggieri s’indussero a credere tal’inevitabile fa
E che altro dargli nelle mani quel libro, ove scritte erano le sorti di ognuno, se non che ad onta di qualunque circostan
quel libro, ove scritte erano le sorti di ognuno, se non che ad onta di qualunque circostanza il tutto avvenir dovea, com
e appunto stava quivi descritto ? Vero è che i Dei avevano la facoltà di leggere in quel libro gl’eventi ; ma qual prò per
apice potevano togliere da quegli indelebili caratteri ? La doglianza di Giove presso Omero di non poter evitare il destin
e da quegli indelebili caratteri ? La doglianza di Giove presso Omero di non poter evitare il destino, e campar da morte i
pel fato detto il destino, ma per la forza, che in se serba la natura di produrre questo, e quell’altro evento di tale, e
a, che in se serba la natura di produrre questo, e quell’altro evento di tale, e tanta durata. In tal senso infatti è da i
to di tale, e tanta durata. In tal senso infatti è da intendersi quel di Virg. Æneid. 4. Nam quia nec fato, merita nec mor
. Æneid. 4. Nam quia nec fato, merita nec morte peribat, non che quel di Cicerone in 1. Phil. Multa autem impendere vident
vina stanza Quando formò de’ Dei la vasta schiera. Questo è quel Dio, di cui i rei consigli Fer la moglie tremar, ma i suo
però nol fé riguardar per tale, nè mai ottener gli fece il bel titolo di padre degli Dei a lui per natural dritto dovuto.
dritto dovuto. Campato questi dallo sdegno d’Urano suo padre per cura di Titea, si indocile si dimostrò nei consigli, sì f
ti, che non sol si fè usurpatore del Regno dovuto a Titano per dritto di primogenitura ; ma con mano audace ancora di unci
vuto a Titano per dritto di primogenitura ; ma con mano audace ancora di uncinato ferro armata sorprese lo stesso suo padr
uo padre fatto gli venne da uno de’ suoi figli, nè i barbari consigli di divorare ogni maschile sua prole, si per mantener
tello la fede, come per perpetuarsi nel suo regno la sede, gli furono di alcun giovamento, e vantaggio. Imperocchè il torb
ono di alcun giovamento, e vantaggio. Imperocchè il torbido suo umore di giorno in giorno sempre più ingelosendo il suo fi
o, ma consigliere altresì lo volle, e compagno sul trono. Pago allora di tali accoglienze Saturno si diede ben presto a mo
la terra, che fra quelli ammirossi una inalterabile pace, e nel seno di questa ogni frutto bramato senza stento biondeggi
) Suo ritratto. La sua immagine però ha più dell’orribile, che del di lettevole. Rappresentasi egli qual grinzo vecchio
e, che del di lettevole. Rappresentasi egli qual grinzo vecchio curvo di spalle con lunga barba, e con calva testa, mostra
uniforme, e costante. Singolari furono si nelle offerte, che nel modo di ofrire i sacrificii istituiti in onor di questo D
nelle offerte, che nel modo di ofrire i sacrificii istituiti in onor di questo Dio. Egli perchè si deliziava non poco del
tima che umana gli si doveva sacrificare sugli altari, ove in memoria di aver un dì guidati gl’uomini dalle tenebre della
Livio da’ Consoli Sempronio, e Minucio. Queste sebbene nel principio di loro istituzione occupavano un giorno solo, cioè
di loro istituzione occupavano un giorno solo, cioè il decimo settimo di Decembre giusta il Calendario Romano, furono però
fino a tre, e quattro, e secondo alcuni, crebbero fino a sette giorni di loro durata. Nel decorso di queste era vietato te
ondo alcuni, crebbero fino a sette giorni di loro durata. Nel decorso di queste era vietato tenersi senato, insegnarsi nel
padroni, e sovente ancor serviti dagli stessi prendevansi la libertà di commettere alla loro presenza mille piacevoli buf
, E quando il sacro olivo innalza, e afferra. Ê cagion, che il mortal di più non gema. Accoppia in lui due ben contrarii a
, ed or la doglia amara, Ma grande è più fra due contrarii oggetti, E di pace il piacer da lui s’impara. Dichiarazione
luppo Chi fù Giano. Se è vero, come pur troppo lo è, che le opere di beneficenza, e di pietà assomigliano le creature
iano. Se è vero, come pur troppo lo è, che le opere di beneficenza, e di pietà assomigliano le creature al loro stesso Cre
loro stesso Creatore, non fia maraviglia se il Tessalo Giano fatto un di adottivo figlio di Sifeo sterile germoglio di pro
e, non fia maraviglia se il Tessalo Giano fatto un di adottivo figlio di Sifeo sterile germoglio di prole, e divenuto quin
Tessalo Giano fatto un di adottivo figlio di Sifeo sterile germoglio di prole, e divenuto quindi re del Gianicolo nell’It
anicolo nell’Italia meritato avesse in virtù delle sue ottime qualità di veder lieto all’albo degli Dei ascritto il suo No
stabilirlo seco stesso nel trono renderonsi tributaria la benevolenza di quel Nume a tal segno, che in grazia di costui no
nsi tributaria la benevolenza di quel Nume a tal segno, che in grazia di costui non sol vide egli nel suo regno civilizzat
a caparra sicura d’essere un giorno annoverato fra Dei col bel titolo di Dio della Pace(1). Sue imprese. Stabilita così l
ure a costruire tempii, ed altari in onor dei suoi Dri, e soprattutto di Giove Re, e Padre degl’altri, di evi con special
in onor dei suoi Dri, e soprattutto di Giove Re, e Padre degl’altri, di evi con special impegno ne propagò il culto, e ne
ciò simboleggiar non voglia la conoscenza del passato, e del futuro, di cui in grazia del detto Nume andava egli fregiato
bacchetta nella mano qual presidente alle pubbliche strade, ed invece di essa alle volte in molti ritratti una chiave, det
sacrificii le prime preci erano dirette a questo Dio col proprio nome di Padre comunemente invocato. Quod fuerit omnium pr
pio. Celebre fù il tempio a due porte inalzato a questo Dio da Romolo di comun consenso con Tazio, quale per prescritto de
r prescritto del successore Numa sempre dovea tenersi chiuso in tempo di pace, ed aperto soltanto nelle circostanze di gue
tenersi chiuso in tempo di pace, ed aperto soltanto nelle circostanze di guerre ; onde avvenne, che in lode di qualche vin
erto soltanto nelle circostanze di guerre ; onde avvenne, che in lode di qualche vincitore Romano soleasi dire : Per lui s
i qualche vincitore Romano soleasi dire : Per lui son chiuse le porte di Giano. Delle porte di questo tempio appunto inten
mano soleasi dire : Per lui son chiuse le porte di Giano. Delle porte di questo tempio appunto intende parlar Virg. Nel I.
ar Virg. Nel I. Delle sue Eneide v. 297. riferendo il fausto presagio di Giove a Venere addolorata pel suo figlio. … dira
ignor dell’alme, e guidator del core, Fabbricator d’affanni, e insiem di speme. Per esso l’uomo or s’ingoraggia, or teme,
d or dolore, Ora gioisce, ed or paventa, e geme. Tutti i seguaci suoi di pianti ei pasce, Gl’uomini, e i Numi a rea battag
uid enim non vinceret ille ? Prevalse al fin contro l’Idra la chiave di Ercole, contro il Cerbero la Sibbilla, contro il
or pace. Chi fù Genio. In terra poi disceso questo velenoso germoglio di Venere radice assai più micidiale, ed infetta chi
cit amor E nel secondo de Art : volendo annoverare le triste macchie di tal crudelissima tigre dice : Quot lepores in At
to spicula felle madent (1). Da si barbari intanto, e tristi effetti di questo Dio Genio può oguuno legittimamente conchi
a sodezza, e maturo consiglio un dì parlava Giove, quando sul nascere di esso prevedendo le future disgrazie obbligar vole
do le future disgrazie obbligar voleva Venere sua madre a disbrigarsi di un tal figlio appena nato. A questa quindi attrib
amato suo parto, con gelosa cura lo nascose nei boschi, ove col latte di bestie feroci procurò allevarlo finchè giunto non
e di bestie feroci procurò allevarlo finchè giunto non fosse alla età di poter produrre i suoi effetti ; benchè per altro
a Psiche, la prima poi fù per voler del cielo a tracannare l’amarezza di frutto si infetto. Suo ritratto. Molto grazioso,
i infetto. Suo ritratto. Molto grazioso, all’aspetto però, è il tipo di questo tirannico Nume. È egli figurato qual tener
ual tenero fanciullino con cascante benda sugl’occhi, lutto infiorato di grazie, ed avvenenze sul viso, con bell’arco simb
sso sugl’omeri, cou porporine, e dorate ali a suoi fianchi, qual’idea di instabilità, e leggerezza(1). Misero pero chi si
si lascia adescare da tal lusinghiera apparenza. Lo mirera fanciullo di senno, ma lo provera padre di vizii. Lo guardera
inghiera apparenza. Lo mirera fanciullo di senno, ma lo provera padre di vizii. Lo guardera cieco, ma lo sperimentera tutt
io a suoi danni. Lo vedrà ignudo, ma ben ricco lo scorgera a vestirlo di ben mille perversi suoi abiti. I suoi baci gli ap
do assorda. In svelar il suo duol non è mai muto, Apre la bocca ognor di sangue lorda Per bestemiare il ciel, eccovi Pluto
Pluto. Dichirazione, e sviluppo Mio pensier non è nel favellar di questo infernale Nume con profusa penna esporre q
esto infernale Nume con profusa penna esporre quanto dietro le tracce di Omero, e di Esiodo con bizzarre invenzioni fantas
le Nume con profusa penna esporre quanto dietro le tracce di Omero, e di Esiodo con bizzarre invenzioni fantasticarono di
e tracce di Omero, e di Esiodo con bizzarre invenzioni fantasticarono di tratto in tratto i gentili sul Tartaro, e gli Eli
e a quel tenebroso regno attenenti. Dal trattar tali materie il tenor di questo istituito mi respinge, e mi obbliga perciò
rie quivi galleggianti erano i giusti motivi dei villani rifiuti, che di tratto in tratto dalle pretese Dee riceveva, e se
fra il tartaro, e gl’Elisii alzando inesorabil tribunale senza sensi di pietà decidevano delle mortali sorte in nome, e v
s. Orrore facevano le tre parche Cloto, Lachesi, ed Atropo, che tutto di aggirandosi intorno al ministero del tremendo lor
l tartareo ingresso, che impugnando le tre terribili sue teste armate di acri, e penetrantissimi denti con furor divorava
è per altro dicesi essere stato incatenato da Ercole disceso in aiuto di Alceste, addormentato da Orfeo venuto in soccorso
disceso in aiuto di Alceste, addormentato da Orfeo venuto in soccorso di Euridice ; ammanzito finalmente dalla Sibilla res
di Euridice ; ammanzito finalmente dalla Sibilla resasi sicura guida di Enea nello andare a rivedere il suo amato Padre A
are a rivedere il suo amato Padre Anchise. Suo ritratto. Il ritratto di questo Dio ben corrisponde alla idea della sua in
nfernale maestà. Mirasi in severo atteggiamento assiso sopra un carro di ferro non senza gran forza tirato da neri, e smag
l viso, con folta, e nera barba fino al suo petto, mostrando in segno di terrore un ruido scettro alla mano, e stringendo
uesto Dio de’morti. Comunque pero ciò sia egli sotto i fastosi titoli di Giove infernale, Giove stigio, e terzo Giove veni
veniva comunemente riguardato ; ed a lui insiem colla moglie in segno di onore sacrificavansi nere vacche, sempre però par
netto F iglio a due genitrici almo, e possente, Col tirso in man di foglie coronato Senza provar dolor scherza sovent
istoro della vita è nominato Con mille varii altari in orïente. Amico di piaceri, ed allegrezza, Or timido, or ardito, or
, ed allegrezza, Or timido, or ardito, or forte, or fiacco Sprezzator di tesoro, e di ricchezza. In danzc, e in feste non
za, Or timido, or ardito, or forte, or fiacco Sprezzator di tesoro, e di ricchezza. In danzc, e in feste non divien mai st
chiaro può scorgersi da quel, che avvenne a Semele disgraziata madre di questo Dio. Mal soffrendo l’iraconda Giunone, che
venzione pensò disbrigarsi della sua rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice di quella, e nel petto la voglia le
sbrigarsi della sua rivale. Prese un dì le apparcnze di Beroc nudrice di quella, e nel petto la voglia le destò di vedere
apparcnze di Beroc nudrice di quella, e nel petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta l’aria di sua maestà. Da ta
uella, e nel petto la voglia le destò di vedere Giove in tutta l’aria di sua maestà. Da tal pensiere presa la Dea nel veni
attore Mercurio, il quale seco recandolo da alcune Ninfe figlie forse di Atlante presso la Città di Nisa lo fè da quelle c
eco recandolo da alcune Ninfe figlie forse di Atlante presso la Città di Nisa lo fè da quelle con sollecito impogno alleva
1) Sue prodezze. Fattosi grande questo Nume diè troppo chiari segni di sua arditezza si in cielo, che in terra ; ivi nel
qui nel rendersi padrone dell’ Arcadia, e della Siria con poche forze di uomini, e donne radunate da lui stesso in soccors
portossi co’vinti, che sembrò averli conquistati con animo più tosto di giovarli, che di recarli alcun male. Sue vendett
i, che sembrò averli conquistati con animo più tosto di giovarli, che di recarli alcun male. Sue vendette. Tali viscere d
o di giovarli, che di recarli alcun male. Sue vendette. Tali viscere di Padre però non serbò egli per chiunque ardiva vil
ma geloso de’suoi dritti ne prendeva la più cruda vendetta. I frutti di sua collera sperimentò e un Penteo Re di Tebe, ch
più cruda vendetta. I frutti di sua collera sperimentò e un Penteo Re di Tebe, che per aver impedito le sue feste fù dalla
dito le sue feste fù dalla Madre istessa oltre il consueto per cagion di questo Dio infuriata miseramente trafitto ; e le
l’antica lor forma col divenir pipistrelli ; e finalmente un Licurgo di Tracia, che per aver voluto distruggere le viti s
suo ferro. Suo ritratto. Ben convenevole inoltre all’indole graziosa di questo Dio è il suo ritratto. Pingesi egli qual f
ato perciò da Ovidio puer aeternus con bionda capellatura, con corona di Edera sulle chiome(1) con pelle di Pantera cascan
con bionda capellatura, con corona di Edera sulle chiome(1) con pelle di Pantera cascante dagl’omeri, assiso sopra un cocc
pelle di Pantera cascante dagl’omeri, assiso sopra un cocchio a guisa di botta tirato da Tigri, o da Pantere, mostrando in
ato da Tigri, o da Pantere, mostrando in una mano una bacchetta cinta di pampini di vite, detta volgarmente il tirso, e gr
i, o da Pantere, mostrando in una mano una bacchetta cinta di pampini di vite, detta volgarmente il tirso, e grappoli di m
etta cinta di pampini di vite, detta volgarmente il tirso, e grappoli di matura uva additando nell’altra. Da ciò ne avvenn
ennizzar le sue feste al par del lor Dio si adornavano si della pelle di tigre, che del fresco tirso ; onde dalle esterne
egne, e dal furor da cui erano rapite dar chiaro ad intendere in onor di qual nume esse celebravano tal festa. Cap. XI
e forte Si mostra nel poter la Dea Tellura, Che tutti unisce i pregi di natura, E per essa il mortal teme la morte. Ella
sa il mortal teme la morte. Ella forma dell’uom spesso la sorte, Essa di dargli ogni contento hà cura ; Se manca il suo fa
li, ben scorge ognuno non essere io questa volta nella dura necessità di raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta di
ella dura necessità di raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta di questa gran figlia di Urano, e di Gea, detta comu
raggirarmi a lungo pel vasto campo delle gesta di questa gran figlia di Urano, e di Gea, detta comunemente Magna Dea, per
a lungo pel vasto campo delle gesta di questa gran figlia di Urano, e di Gea, detta comunemente Magna Dea, per esporre con
detta comunemente Magna Dea, per esporre con ben purgata penna quanto di più magnifico, e singolare in più libri in suo on
ritratto. Molto misterioso impertanto, ma assai espressivo è il tipo di questa gran Dea. Rappresentasi ella sotto le semb
o è il tipo di questa gran Dea. Rappresentasi ella sotto le sembianze di augusta matrona seduta su d’un carro tirato da le
augusta matrona seduta su d’un carro tirato da leoni, tutta coronata di torri, con una chiave alla mano, ammantata d’una
i, con una chiave alla mano, ammantata d’una veste vagamente adornata di fiori, con un timpano al suo fianco, tutti simbol
in vero se madre degli Dei ella è, come non cometerle l’atteggiamento di augusta matrona ? Se la terra è equilibrata nel s
r ornamento, e difesa torri, e castella, come non apporre alle chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? S
come non apporre alle chiome di questa Dea Tellure il glorioso serto di torri ? Se serra nel suo seno la terra nel pigro
la cotanto prodigiosissima chiave ? Se la terra variamente tra punge di vaghi obietti il suo seno, come non tempestar di
variamente tra punge di vaghi obietti il suo seno, come non tempestar di fiori di questa Dea l’ammanto ? Se finalmente qua
e tra punge di vaghi obietti il suo seno, come non tempestar di fiori di questa Dea l’ammanto ? Se finalmente quasi rotond
rotonda si divisa nel suo globo la terra, come non collocar al fianco di tal Dea un tamburo ?(1). Suoi sacrificii. Poco c
mburo ?(1). Suoi sacrificii. Poco convenevoli però erano alla maestà di questa Dea le cerimonie, che precedevano, e segui
tti comunemente Galli, e Coribanti in festevole gara, e mentre alcuni di essi colla statua sulle spalle correvano quasi fr
sulle spalle correvano quasi frenetici per le strade fra il trambusto di più suoni, altri quai buffoni con salti, e strani
ìn memoria del giorno, in cui dalla Frigia ad essi pervenne il culto di tal Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagna
la Frigia ad essi pervenne il culto di tal Dea ; quale festa dall’uso di portare a bagnare nel fiume Almone la sua statua
profanazione ripetevansi da que’sciagurati innanzi al trionfal carro di tal Dea, come ragiona Agost. lib. 2. de civ. Dei
de gloriarsi d’un più nobil trionfo. Questo appunto accadde alla Dea, di cui in quest’ultimo capitolo si parla. Chi fù Pro
ltro affetto parve, che non nutrisse nel seno, che il solo deliziarsi di fiori, e perciò ben sovente distaccavasi del fian
olo deliziarsi di fiori, e perciò ben sovente distaccavasi del fianco di sua madre per andar ne’campi, e quivi divertirsi
madre per andar ne’campi, e quivi divertirsi insiem con qualche ninfa di suo genio in raccogliere gli amati suoi oggetti,
ie. Suo rapimento Crucciato Plutone pe’moltiplici successivi rifiuti di tante Dee pretese in sue spose, e tormentato dal
di tante Dee pretese in sue spose, e tormentato dal continuo pensiere di restar solo sul trono abborrito, e negletto, per
a nera dimora portossi in Lenno nella Sicilia, onde godersi dell’aria di quelle amenissime spiagge. Vide quivi con suo pia
di quelle amenissime spiagge. Vide quivi con suo piacere un drappello di vaghe donzelle, che deliziavansi in raccogliere d
seco la menò nel tartareo suo regno per farla seco sedere in qualità di sposa sul trono(1). Scorgendo impertanto l’addolo
peranza, e cedendo al sovrano volere rivolse il suo affetto per legge di sola necessità all’una volta odiato suo sposo : m
i sola necessità all’una volta odiato suo sposo : ma poi succrescendo di tratto in tratto l’a more divenne al fine di esso
so : ma poi succrescendo di tratto in tratto l’a more divenne al fine di esso sì gelosa, che ravvisandolo con soverchia pa
elosa, che ravvisandolo con soverchia parzialità trattar colla figlia di Cocito per nome Menta ingelosita cangiò questa in
vendo il marito con chi dividere gli affetti fosse ella sola del cuor di quello unicamente l’obbietto. Suo ritratto. In
figiata questa Dea. La rappresentarono alcuni in triste atteggiamento di far resistenza alle furie del rattore Plutone, e
alla pietà delle accompagnatrici sue ninfe. Altri la pinsero in aria di maestà seduta al fianco di suo marito su d’uu car
atrici sue ninfe. Altri la pinsero in aria di maestà seduta al fianco di suo marito su d’uu carro tirato da neri cavalli m
ito su d’uu carro tirato da neri cavalli mostrando un gentil fardello di narcisi, onde rammentar sempre la causa, e la cir
cisi, onde rammentar sempre la causa, e la circostanza, per cui sposa di quel Nume addivenne. Per quest’ultimo segnale de’
ch’ella presenta con accigliata pupilla presero occasione i Mitologi di dichiararla spogliata degli antichi sensi di piac
ero occasione i Mitologi di dichiararla spogliata degli antichi sensi di piacevolezza, ed urbanità, e tutta penetrata da s
i sensi di piacevolezza, ed urbanità, e tutta penetrata da sentimenti di orgoglio, e di fierezza a tale segno, che nell’es
evolezza, ed urbanità, e tutta penetrata da sentimenti di orgoglio, e di fierezza a tale segno, che nell’essere agitata da
sue furie aggiungeva stranamente tristezza a tristezza in quel regno di lutto, e sepelliva quei miseri condannati in un a
quel regno di lutto, e sepelliva quei miseri condannati in un abisso di raddoppiate sciagure : Imperitat furiis, et dict
Megera. Prud. Aur. Suo culto. In più nazioni diffuso era il culto di questa Dea. Il più speciale è da dirsi quello, ch
speciale è da dirsi quello, che ottenne nella Sicilia sotto il titolo di fecondatrice della terra, e tanto era il rispetto
ere ogni ligame, poteva esimere delle obbligazioni contratte in forza di atto si sacro. Parte seconda Delle divinit
nte non potendo iu astratto, ingegnossi delinear sotto concrete forme di tal’avventurata madre le gentilissime figlie, ond
ore più senibilmente le loro imagini vistose risvegliasse negli animi di tutti i più affettuosi sensi per esse, acciò rapi
urre da guide si belle potessero ad onta dell’umana fralezza ascender di leggieri all’alto monte della immortalità, e dell
e della immortalità, e della gloria. Ma che il vizio poi degno sempre di vitupero, e d’infamia si per sua natura, che per
ue forme, io al certo non l’intenderei se non pensassi, che non forza di amore, ma il timore forse di essere da tali mostr
ntenderei se non pensassi, che non forza di amore, ma il timore forse di essere da tali mostri infelicemente assaliti dovè
odiata Se stessa a palesar giammai non resta, Costante più, quanto è di più sprezzata. Che del par lieta in calma, ed in
ata oggi in proverbio : Veritas nunquam latet. Siamo pertanto amanti di si bella virtù giacchè la sua nudità non deprava,
udo mostro pensa, E neppur vede il suo terribil stato. Mortal se vuoi di lui la conoscenza, Guardalo, e digli in cor addol
nello adombrar il bel pregio della innocenza sotto le rappresentanze di un tenero fanciullo. E da chi altro mai, eceettua
Che poi il detto fanciullo si pinge presso orrido Drago, che con mano di amore del proprio pane alimenta, questo troppo ch
n sa temere perigli ad onta d’ogni sinistro accidente, giacchè al dir di Curzio lib. 6. Securitatem adfert innocentia. Seb
i ordinariamente ne vada la bella innocenza, bisogna pur non perderci di animo nelle comuni sventure, ma far, che siccome
citurna, e cheta Con grave sguardo, e con sereno aspetto Senza sentir di tema il vil difetto Siede maestosa, e non è trist
nor si nudre in petto, Che alcun si accosti proibisce, e vieta Nemica di tesori, e di ricchezza Solo il giusto con essa al
in petto, Che alcun si accosti proibisce, e vieta Nemica di tesori, e di ricchezza Solo il giusto con essa al mondo giova 
rova. Annotazioni. Quella gran dote, per le quale sola, al dir di Cic. lib. 1. de off. vengono i mortali decorati c
dir di Cic. lib. 1. de off. vengono i mortali decorati col bel titolo di uomini dabbene è appunto la giustizia, mentre per
stizia, mentre per essa non uscendo l’uomo dalla sua sfera sarà amico di ogni altra virtù. Vien essa dipinta in atteggiame
ra sarà amico di ogni altra virtù. Vien essa dipinta in atteggiamento di Vergine maestosa er simboleggiare la sua incorruz
vvinta. Vien fiangheggiata da due fanciulle per indicare il suo scopo di mantenere intatta nei popoli le due amate sorelle
lmente un sembiante non tristo, nè lieto per significar esser proprio di chi l’amministre accoppiar mirabilmente la severi
mente la severità alla clemenza. Essendo intanto la giustizia la base di ogni virtù sia ognuno amante di essa, ed operi se
Essendo intanto la giustizia la base di ogni virtù sia ognuno amante di essa, ed operi sempre a tenore de’suoi dettati se
. Capitolo IV. Pace Sonetto D onna, che vince i pregi di Natura, Che porta al crin serto di verde alloro,
tto D onna, che vince i pregi di Natura, Che porta al crin serto di verde alloro, Versa a una man ricchezze a dismisu
d’ogni piacer la face, E quanto più si asconde è più bramata. Di ben, di guadio fonte almo, e verace, D’arti, e di scienze
onde è più bramata. Di ben, di guadio fonte almo, e verace, D’arti, e di scienze sede appien bëata Vera figlia di Dio ques
te almo, e verace, D’arti, e di scienze sede appien bëata Vera figlia di Dio quest’è la Pace. Annotazioni La pace s
ioni La pace serenità della mente, tranquillità del euore, vincolo di carità, gioia in somma della terra vien dipinta i
o di carità, gioia in somma della terra vien dipinta in atteggiamento di Vergine coronata d’alloro, perchè siccomo questa
con una mano, e l’olivo, che porge graziosa coll’altra sono i simboli di quei veraci, e permanenti beni, che la stessa nel
lmente produrre. Da tal riflesso almeno impari ognuno ad esser figlio di pace se brama essere figlio di Dio, giacchè sta s
o almeno impari ognuno ad esser figlio di pace se brama essere figlio di Dio, giacchè sta scritto Matt. 5. Beati pacifici
chiaro le pruove del naturale gentil suo genio nel carattere appunto di questo uccello, che sempre più sollecito vive nel
to vive nell’allevare i suoi figli. Or se è vero, che la pietà al dir di Cicerone 2. de orat. Offre segni di gran lode :
Or se è vero, che la pietà al dir di Cicerone 2. de orat. Offre segni di gran lode : Pietati summa tribuenda est laus. co
ran lode : Pietati summa tribuenda est laus. come non sarà poi degno di somma lode, e compenso al cospetto di Dio, e degl
t laus. come non sarà poi degno di somma lode, e compenso al cospetto di Dio, e degli uomini chi nel petto gelosamente la
e. Capitolo VI. Fedeltà Sonetto Con biondo crin cinto di verde ulivo, Con bianco ammanto una gentil donzel
in quel favella Nella semplicità par cosi bella, Che ti versa nel sen di gioia un rivo. D’essa l’imperio passa oltre la mo
d’oggi è rara. Annotazioni. Molto espressivi sono i caratteri di questa bella virtù detta dal divin Metastasio l’a
ù detta dal divin Metastasio l’arabe Fenice. Essa si dipinge coronata di ulivo perchè la sola fedeltà vince ogni ostacolo.
ascesti, ed ultima morrai. Annotazioni. La speranza vera fonte di vita, primo, ed ultimo conforto degli uomini ping
Carità Sonetto F emina vaga con piangenti lumi Vittima geme di fatal dolore Presso una rea prigion sembra, che m
lla La carità, che sol si trova in Cielo. Annotazioni. Le doti di si bella virtù effigiata setto le sembianze di co
nnotazioni. Le doti di si bella virtù effigiata setto le sembianze di contristata donzella piangente alle carceri del d
ienza poi, che molto chiaro si scuopre qual poco conto oggi si faccia di tal principale virtù è stata la ragione, per cui
’ingannano i mortali sù tal fatto abbastanza rilevasi dalla necessità di tal virtù per ben oprare, essendo essa al dir di
vasi dalla necessità di tal virtù per ben oprare, essendo essa al dir di G. Cristo in S. Matt. 22. il cardine, ove poggia
Nudra dunque ognun nel cuore si necessaria virtù, ricordandosi sempre di quel, che scrisse agli Ebrei al 13. l’Apost. S. P
robis. Capitolo IX. Providenza Sonetto V aga matrona di gentil sembianza Versa da un urna un sempre egual
a dissetar nelle sue voglie ognuno il più espressivo, e sublime tipo di sua beneficenza, e liberalità ? E quella verga, c
seppero ideare i Gentili, che poi, dobbiamo noi dire della providenza di quel Dio, nel quale vivimus, movemur et sumus. Ae
lpestato, Che per giovare altrui scorda il suo stato, Fonte inesausta di divin ristoro. Nemica d’interessi ognor sincera,
ce, o altera. Questa sol può sprezzar sorte proterva ; Ecco l’emblema di amicizia vera, Che ognun la vanta, e che nessun l
er scovrire la stabilità de’suoi precetti. Ma chi oggi è fedele amico di si bella virtù ? Ahi ! Di quanti potrebbe dirsi q
fedele amico di si bella virtù ? Ahi ! Di quanti potrebbe dirsi quel di Salomone Prov. 20. Virum fidelem quis inveniet ?
o però, che Dio non teme chi il prossimo con sincerità non ama al dir di Giobbe al 6. Qui tollit ab amico misericordiam ti
i tollit ab amico misericordiam timorem Domini relinquit, siamo amici di si bella virtù tanto da Dio inculcata per essere
amici di si bella virtù tanto da Dio inculcata per essere così amici di colui, che disse Ioan. 15 Vos amici mei estis si
tuo fio Dell’alta sua pietà sol ti ricorda, Misericordia è lei figlia di Dio. Annotazioni. La misericordia virtù ve
otazioni. La misericordia virtù veramente divina pingesi in figura di donna, che preme la destra sua mammella in bene d
ra sua mammella in bene degli altri, perchè con questa più abbondante di latte sogliono le madri allevare i più cari figli
azioni. L’allegrezza dolce moto del cuore pinta venne sotto l’aria di giovane donna, perchè il sesso feminile nell’età
rchè il sesso feminile nell’età verde è sempre lieto. Pingesi in atto di dare real serto, e di formare d’un pastore un Re,
nell’età verde è sempre lieto. Pingesi in atto di dare real serto, e di formare d’un pastore un Re, perchè un cuore alleg
ta finalmente l’ancora per denotar la gioia de’ naviganti sulle mosse di giungere al desiato lor lido. La migliore, ed uni
o serto il caduceo sostiene, E dalla faccia amabile, e divina Spirano di contento aure serene. All’altra man, che verso te
è felice ? Mille, mille cese diconsi da Scrittori sulla felicità ; ma di tutte una sola mi appaga, quello cioè esser felic
i tutte una sola mi appaga, quello cioè esser felice, che a Dio fonte di felicità sol vive, ed in lui centro d’ogni bene s
sol vive, ed in lui centro d’ogni bene soltanto confida, giusta quel di Davidde Psal. 143. Beatum dixerunt populum, cui h
ioni curiosa s’informa, e loquace favella essa fù creduta messaggiera di Giove, e sempre riconosciuta per annunziatrice in
e trombe, che le adattarono alle mani. Essendo dunque così procuriamo di essere amici della fama non già coll’ergerle temp
rice, e renda nel mondo glorioso, ed immortale il nostro nome, memori di quel che scrisse l’Eccl. al 41 15. Curam habe de
voti suoi tien più speranza. Annotazioni Secondo la iconologia di Cesare Ripa, ed al parer di varii Scrittori l’occ
Annotazioni Secondo la iconologia di Cesare Ripa, ed al parer di varii Scrittori l’occasione è dipinta con una cri
va da dietro, onde ognuno avvertisse, che se ella fugge vano è tentar di afferrarla. Porta il rasoio, perchè con quello re
fferrarla. Porta il rasoio, perchè con quello recide ella la speranza di colui, che incauto la lasciò scappare. Assai dì p
za la perde. Essendo dunque così impari ognuno a non lasciarsi fuggir di mano le occasioni, che presentansi atte a promuov
ù quelli dello spirito, che unicamente importano, ricordandosi sempre di quel, che scrisse Isaia al Cap. 55. 6. Quaerite D
sudor contenti. Rapido a questo, e a quel par che s’appiglia, Par che di tutto prende ei sol governo Ratto così che fa ina
vaglio, pur chi seriamente riflette essere il giusto travaglio al dir di Tullio lib. 1. de Orat. condecorato da mille prem
Tullio lib. 1. de Orat. condecorato da mille premii, ed onori, invece di fuggirlo atterrito, intrepido, e con piacere ne s
presso Con una man si stringe un serpe in seno, Tien l’altra un nappo di letal veleno, Col qual cerca di dar morte a se st
serpe in seno, Tien l’altra un nappo di letal veleno, Col qual cerca di dar morte a se stesso. Col guardo a terra timido,
proprio eccesso. Freme, lagrima, spia, fugge, e s’arresta. Fà la tema di lui fatal governo, Calma non prova mai tutto è te
governo, Calma non prova mai tutto è tempesta. Se stesso abborre e fa di se reo scherno, Straccia il crin, morde il labro,
ice più crudo, che dilacera l’uomo veramente è il rimorso. La imagine di questo sventurato uomo, che stringesi un serpe al
, che stringesi un serpe al seno, e per disperazione vuol abbeverarsi di quel mortale veleno, che serba appunto in un vaso
essere liberi da effetto si triste ; altrimenti all’invano spereremo di tenerci spediti da tormentatore si fiero, e prove
era Sonetto C on mezza veste orribile, e feroce Alata donna di colore ardente, Con sguardo acceso, e suffocata v
ecipizio suo corre repente. Anela, geme, suda, e in modo strano Cerca di tutti far crudo macello, E morde per furor la pro
modello, Se vuoi saper che asconde un tale arcano : Collera è questa di ciascun flagello. Annotazioni E chi non di
cienti ad indicare il gran malo della collera i surriferiti caratteri di vesta lacera, di colore ardente, di crine disciol
e il gran malo della collera i surriferiti caratteri di vesta lacera, di colore ardente, di crine disciolto, e di altre st
a collera i surriferiti caratteri di vesta lacera, di colore ardente, di crine disciolto, e di altre strane sue attitudini
i caratteri di vesta lacera, di colore ardente, di crine disciolto, e di altre strane sue attitudini ? Eppure i Gentili pe
cere il danno la fecero precedere da un Leone, onde ognuno ravvisasse di quale eccesso è capace questa belva quando è stiz
Se dunque tanti danni cagiona impari ognuno a non essere il flagello di se stesso rammentandosi in qualunque dura circost
il flagello di se stesso rammentandosi in qualunque dura circostanza di quel, che scrisse Giobbe al 5. Virum stultum inte
icit iracundia. Capitolo XIX. Vendetta Sonetto D onna di truce volto, e guardo fiero, Che viperco flagello
ntre che incende il suo furor conforta : Volubil ruota è a passi suoi di scorta, Ed un timon, che scorre il salso impero.
o versa, Opre orrende eseguir vola, e s’affretta Di sangue intrisa, e di veleno aspersa Miser colui, che nel suo sen ricet
di veleno aspersa Miser colui, che nel suo sen ricetta Questa ad opre di sdegno ognor conversa In odio al mondo, e al Ciel
o al mondo, e al Ciel crudel vendetta. Annotazioni Il flagello di vipere, e la face accesa, che nelle sue mani stri
he nelle sue mani stringe la vendetta ben dimostra il crudo suo genio di distruggere quanto mai le si para d’avanti. La ru
a evitarsi basta il solo esempio dell’ Imperatore Augusto, che al dir di Svetonio : Nihil obliviscebatur praeter iniurias
m tuorum. Capitolo XX. Crudeltà Sonetto D onna tinta di sangue il volto, e il manto Succinta veste lacera
il manto Succinta veste lacerata, e breve Irata in dossa, lago al piè di pianto Scorrer si mira, come oggetto lieve. Spada
di pianto Scorrer si mira, come oggetto lieve. Spada infiammata alza di tanto in tanto, Dagli urli, e dal clamor gioia ri
on poco la umana natura per la vivacità de’suoi colori bisogno non ha di spiegazione. Sol dunque aggiungo, che quella succ
piegazione. Sol dunque aggiungo, che quella succinta, e lacera veste, di cui ella si ammanta simbolo è del bestial suo nat
ù, quant’è più bella. Da essa un Uomo ignuto è trascinato. Alza cinta di serpi empia facella, Entra per tutto, e cauta ogn
gendo accusa. Annatazione. Pingesi la calunnia sotto l’aspetto di bella donna, perchè bellamente s’induce nell’anim
sotto l’aspetto di bella donna, perchè bellamente s’induce nell’animo di chi l’ascolta, e per tal cagione poi un serpe si
nimo di chi l’ascolta, e per tal cagione poi un serpe si mira escirle di bocca. L’uomo ignudo che seco trascina è l’emblem
che seco trascina è l’emblema dell’infelice calunniato. La face cinta di serpi descrive il guasto, che nelle famiglie essa
tore, il quale perciò sovente muore nella sua iniquità, giusta quello di Gech 18 Quia calunniatus est, et vim fecit fratri
tate sua, impari ognuno ad abbominar tal mostro, se vuol essere amico di quel Dio, che per Geremia al 7. così si protesta 
e ricompensa brama, Il labro scioglie, e pronta ognor favella Il mal di tutti, e’l proprio ben sol’ama. Sembra al primo a
amo sempre Dio a tenerci lontani da si abominevole vizio colle parole di Salomone : Vanitatem, et verbum mendacii longe fa
ne d’un drago, che nascosto l’orribil sembiante sotto le dolci divise di avvenente donzella gl’incauti, e mal accorti barb
gl’incauti, e mal accorti barbaramente seduce. E qual figura in vera di questa più espressiva per indicar la rea qualità
disegni ? Se è vero però, che le labbra ingannatrici son l’abbominio di Dio Prov. 12 22 impari ognuno a tenersi lontano d
ov. 12 22 impari ognuno a tenersi lontano da eccesso si grave, memore di quel precetto registrato nel Levitico al 19. 11.
uum. Capitolo XXIV. Discordia. Sonetto Tremenda donna di fatal colore Con chioma agguernita di più serpent
Sonetto Tremenda donna di fatal colore Con chioma agguernita di più serpenti, Colla bocca spumante, e guai ardent
n man, che desta ardore, Ed un flagel per fulminar le genti, Vaga sol di querele, e di lamenti. Nè l’averno contien furia
ta ardore, Ed un flagel per fulminar le genti, Vaga sol di querele, e di lamenti. Nè l’averno contien furia peggiore. Corr
ed infiammar procura Popoli all’armi, che crudel li desta, Vaga solo di pianti, e di sventura. Da troni alle capanne acco
procura Popoli all’armi, che crudel li desta, Vaga solo di pianti, e di sventura. Da troni alle capanne accorre presta, T
discordia è questa. Annotazioni. Chi non orridisce al ritratto di questa furia d’Averno ? Il viperino della sua chi
o l’altro uomo ; vera madre d’iniquità ! Noi adunque, che figli siamo di quel Dio, che al dir dell’ Apost. 1. Cor. 14. Non
is Deus, sed pacis spingiam sempre lungi dal cuore tal mostro, memori di quella triste conseguenza descritta dal mentovato
Capitolo XXV. Povertà Sonetto G rama, dolente, e priva di conforto Vecchia donna su sterpi urlando siede, L
n abisso hà il proprio albergo. Annotazioni Sotto le sembianze di questa afflittissima donna rappresentasi la pover
gual qualunque porta, Corre velocemente, e non s’affretta, Della mano di Dio spesso è vendetta, E i miseri talor strugge,
a. Annotazioni La descritta imagine della morte bisogno non hà di spiègazione. L’universale suo impero su tutti gli
gnuno a ben vivere, acciochè ben muoia, mentre la morte allora invece di togliergli la vita gliela fa cambiare in migliore
gno. Capitolo XXVIII. Esta’. Sonetto M atrona eccelsa di sembiante acceso Di più spighe diverse coronata,
ien sempre inteso, Fà crescere il calor dovunque guata, Da gran stuol di formiche accompagnata, Porta la falce in man col
tade è questa. Capitolo XXIX. Autunno. Sonetto U omo di età viril di mosto tinto Coronato di foglie, e va
. Capitolo XXIX. Autunno. Sonetto U omo di età viril di mosto tinto Coronato di foglie, e varii frutti, M
Autunno. Sonetto U omo di età viril di mosto tinto Coronato di foglie, e varii frutti, Mille augelli al suo piè
ii frutti, Mille augelli al suo piè si tien ridutti, Coll’ uve in man di mille tralci cinto. Alla gioia, e al piacer sembr
man sembran distrutti, Crescon per esso i fiumicelli asciutti In atto di danzar col crin discinto Mille turbe diverse a lu
lor non puote aver contento, Avido un pan divora in un momento, E par di minacciar sempre rüine. Corrono gonfii fiumi a lu
rche irraggia il cielo Senzacche nube è allo splendor frapposta. Cosi di Religione il sacro ammanto Come uno specchio i fa
chi, Gli eserciti cader lei fece oppressi, La gloria, ed il terror fù di Monarchi Fra suoi trïonfi generosi, e spessi. Del
il Sole, Tal’ essa apparve fra tempesta, e guerra, E col vasto poter di sue parole Spesso fece cangiar volto alla terra.
poter di sue parole Spesso fece cangiar volto alla terra. Non paventò di mille mostri a fronte, Tra fiamme non mancò la su
mostri a fronte, Tra fiamme non mancò la sua costanza, Aperto sempre di sue grazie il fonte De’miseri innalzò fede, e spe
de suoi tesori il regno, Ivi la verità ciascun comprese, Ivi fù l’uom di maggior gloria degno. Ivi l’alme si fer più ardit
rre in oblio, E allor vacillerà la sua speranza Quando Dio può cessar di essere Dio. Parte terza Delle istituzioni
o cantor della notte, insiem col mondo vanta a sua gloria l’antichità di sua cuna. Quel comune progenitore invero, che all
ntichità di sua cuna. Quel comune progenitore invero, che all’ opinar di più scrittori compose ben sei cantici per pianger
lo, ed ottenerne dall’offeso suo Dio indulgenza, e perdono può essere di tal verità il più luminoso attestato. E da chi al
ro poi, se non dal lor padre l’esempio appresero tanti ben nati figli di magnificar colla poesia le lodi dell’ eterno Fatt
par che altro mezzo non riconobbero, onde svegliare sempre più sensi di tenerezza, ed affetto nel cuore del gran Dio d’Is
o onore. Qual meraviglia fia poi se rapiti oltre modo dalla celebrità di quest’arte i popoli orientali a tal segno n’esalt
’esaltarono i pregi, che non dubitarono concederle finanche il potere di animare i sassi, commuovere le selve, ammanzire l
nfernali ? Svolgansi pure le istoriche tradizioni, e quivi con occhio di stupore si ammireranno le bravure dell’ammirabil
con occhio di stupore si ammireranno le bravure dell’ammirabil possa di quest’arte. Per essa più popoli spogliati gli ant
ntichi loro selvaggi costumi furono felicemente tradotti ad un tenore di vita più civilizzata, e più culta. Per essa asseg
ù alte magnificenze o chi forse all’esistenza mai non comparve, o chi di tante doti, quante essa l’accorda non mai fù freg
, quante essa l’accorda non mai fù fregiato. Aveva dunque ben ragione di piangere alla tomba di Achille Alessandro il Mace
non mai fù fregiato. Aveva dunque ben ragione di piangere alla tomba di Achille Alessandro il Macedone, perchè la fortuna
ed ardisce penetrar nel santuario della dottrina, che senza la scorta di arte si nobile, che per lui è il filo di Arianna
ottrina, che senza la scorta di arte si nobile, che per lui è il filo di Arianna nel laberinto dì Creta, egli non vi si in
o a’ Cretini delle Alpi, che non senza ragione si ammira il bel genio di que’popoli di contentarsi essere ignoranti in ogn
elle Alpi, che non senza ragione si ammira il bel genio di que’popoli di contentarsi essere ignoranti in ogni altro genere
io di que’popoli di contentarsi essere ignoranti in ogni altro genere di scienze, o di arti fuorchè in quello della poesia
li di contentarsi essere ignoranti in ogni altro genere di scienze, o di arti fuorchè in quello della poesia. La sola diss
enze, o di arti fuorchè in quello della poesia. La sola dissertazione di Ugo-Blair ne carmi di Ossian farà convinto ognuno
è in quello della poesia. La sola dissertazione di Ugo-Blair ne carmi di Ossian farà convinto ognuno dì tal verità. Essend
di Ossian farà convinto ognuno dì tal verità. Essendo dunque non solo di diletto, ma sibbene di grande utile, e necessità
ognuno dì tal verità. Essendo dunque non solo di diletto, ma sibbene di grande utile, e necessità alla gioventù studiosa
rla, esponendone però non solo teoricamente i precetti (lo che meglio di me da molti maestri in quest’arte si è fatto) ma
eglio di me da molti maestri in quest’arte si è fatto) ma sforzandomi di ridurre quelli alla pratica con molti diversi, ma
la guida, e la guida del pari con essi a comune esultanza. Pria però di venire all’ esame degli obbietti proposti ogni ra
lmen generalmente qualche cosa. Cap. I. Della materia, e del modo di disporsi. La poesia al par della elequenza, ce
ndi come questa assoggetta al suo impero ogni cosa, così quella sopra di tutto estende ampiamente i suoi vanni. Est finiti
ia un poeta cantando ragionare, il suo poema o lungo, o breve che sia di queste tre parti Esordio cioè, Narrazione, e Conc
ragionato discorso unquemai non si efforma. Ed ecco perciò il bisogno di conoscere con distinzione queste tre parti, per p
a industria, ed arte, onde conciliarsi l’attenzione, e la benevolenza di chi ascolta ; ma sibbene una ben adatta maniera d
, e la benevolenza di chi ascolta ; ma sibbene una ben adatta maniera di proporre l’argomento del poema ; onde è che da pi
a proposizione invocarsi da poeti qualche Nume in soccorso ad esempio di Virgilio, che nel 1 delle Georg. Si rivolse ad al
uel S. in particolare, cui il poema è sagrato. Nè s’ induca ad imitar di leggieri il degnissimo per altro Iacopo Sannazzar
diamo omai un’ occhiata alla narrazione. 2. Il più sollecito impegno di chi s’accinge a comporre un canto, un poema, in q
iva, in essa campeggiar deve tutto il bello dell’ arte. Quindi quanto di nobiltà vantar possono i sentimenti, quanto di vi
l’ arte. Quindi quanto di nobiltà vantar possono i sentimenti, quanto di vivacità le descrizioni, quanto di arditezza le e
antar possono i sentimenti, quanto di vivacità le descrizioni, quanto di arditezza le espressioni, quanto di energia le ri
i vivacità le descrizioni, quanto di arditezza le espressioni, quanto di energia le ripetizioni, quanto di grazia gli epit
di arditezza le espressioni, quanto di energia le ripetizioni, quanto di grazia gli epiteti, quanto in somma contribuisce
pingere al naturale le immagini delle cose, tutto nella narrazione fà di mestieri, che si rifonda. Allora, allora sì offre
erato per pregio affettato, e perciò improprio, calzando ben qui quel di Orazio : Sed nunc non erat his locus. Detti epis
arte assai fina, acciò mentre dilettano colla loro varietà, in grazia di cui sono stati introdotti, non ristucchino colla
alunque siasi episodio aver mai non deve più luogo. 3. L’ultima parte di un poema è finalmente la conchiusione. Questa non
è finalmente la conchiusione. Questa non è, come si lusingano alcuni, di poca, e di facil riuscita, come quella, che altro
e la conchiusione. Questa non è, come si lusingano alcuni, di poca, e di facil riuscita, come quella, che altro scopo non
poetica arte, l’unico mezzo, dietro la natural disposizione, al parer di tutt’ i maestri di quest’ arte é la lettura delle
co mezzo, dietro la natural disposizione, al parer di tutt’ i maestri di quest’ arte é la lettura delle opere dei più cele
gii. Diasi ognuno dunque alla lettura, che incomparabilmente vale più di quanti precetti potrebbonsi mai dare, ad esempio
llezze, e le grazie, tutto é derivato dall’ avvedutezza, ch’egli ebbe di specchiarsi negli esemplari del cieco pur troppo
ari del cieco pur troppo veggente celebratissimo Greco. Qui però pria di conchiudere un tal capitolo un ben ragionato moti
ertir più cose. 1. Abbiano sempre in mira i dilettanti in quest’ arte di adattare il metro al soggetto, e non mai questo t
in somma che la tessitura del verso sia sempre analoga all’ obbietto, di cui si parla in tutt’ i suoi rapporti ; in modo p
icercatezza, ne per la soverchia semplicità triviale. 2. Si ricordino di tenere per una sillaba sola, fuorchè nella fine d
rei, che non aderissero in modo, sicchè per essere esatti osservatori di essa abbiano a fare i sordi al suono del verso ;
hè si dicano alcuni preoccupati verseggianti, scorgiamo nella lettura di primi autori assai sovente preferito. 3. Non facc
uomini, e da altri ancora gran maestri nell’arte siansi usate, benchè di rado, tali licenze, esse però ne lunghi, e vistos
licenze, esse però ne lunghi, e vistosi poemi son come nei in faccia di bella donna, ma nei piccoli componimenti sanno de
ap. II Del verso Chiunque percorre lo studio della vita ; ed ama di godere un dominio sul cuore altrui mercé la forza
al parlare perchè spiritoso, e vivo suggerendo all’ immaginazione più di quel, che esprime fà dolce violenza allo spirito,
l segno odiarono il lungo, ed esoso ragionare degli Asiatici, che uno di essi con prontezza preferir volle la morte alla l
i, che uno di essi con prontezza preferir volle la morte alla lettnra di un libro diffuso non senza stupore del Re di Pers
le la morte alla lettnra di un libro diffuso non senza stupore del Re di Persia, che ad una di queste due pene l’aveva con
ra di un libro diffuso non senza stupore del Re di Persia, che ad una di queste due pene l’aveva condannato. E non fu fors
ueste due pene l’aveva condannato. E non fu forse risposta del senato di Sparta, che del lungo ragionare dei Persiani amba
a del verso unquemai non s’apprende. Dal verso sì provengono le forme di bendire, che allettano, le prette espressioni, ch
il Sol del melico emisfero Pietro Metastasio ? Egli con copia non più di seimila voci ha espresso tanto, ed ha toccato in
e ammireranno il portento. E chi in vero non ravvisa quale abbondanza di rettorica, quale aggiustatezza di logica si racch
n vero non ravvisa quale abbondanza di rettorica, quale aggiustatezza di logica si racchiude in questi due versi di Temist
orica, quale aggiustatezza di logica si racchiude in questi due versi di Temistocle avanti a Serse. E la colpa, e non la
della colpa, non già della pena, che non meritò ? Qual più nobil modo di lodare senza adulazione, e di destar la vanità se
a, che non meritò ? Qual più nobil modo di lodare senza adulazione, e di destar la vanità senza avvilirsi ci esibisce ques
sdegnato, E pur la speme D’averti difensor a te lo guida Tanto Signor di tua virtù si fida. Venga inoltre il più eloquent
io del Tebro ha conciso in pochi versi o nel delineare nella clemenza di Tito At. 1. Sc. 2. La deformità dell’adulazione d
a deformità dell’adulazione dicendo. Romani unico oggetto È dei voti di Tito il vostro amore ; Ma il vostro amor non pass
cendo nello stesso luogo citato. Più tenero, più caro Nome, che quel di padre Per me non v’è, Ma meritarlo io voglio, Ott
i a fare un parelio in faccia a tal sole. Gli stessi luminosi esempii di gran dicitura in pochi versi ci presenta in mille
asso. Bastami fra i tanti riferirne sol due. Nel canto 18 nella morte di Argante può forse meglio descriversi il carattere
o 18 nella morte di Argante può forse meglio descriversi il carattere di chi fiero visse, e disperato morì ? Moriva Argan
Antigona giunse inoltre a tal estrema perfezione, che in un sol verso di 11. sillabe restrinse un quinario dialogo, di cui
ne, che in un sol verso di 11. sillabe restrinse un quinario dialogo, di cui al parere di tutt’ i conoscitori dell’arte no
verso di 11. sillabe restrinse un quinario dialogo, di cui al parere di tutt’ i conoscitori dell’arte non può mai darsi e
quel sentenzioso, e mellifluo parlare, che padroni ci rende del cuor di chi ci ascolta. Il verso però in altro modo rigua
oti, i Visigoti, i Longobardi, e tanti altri non ebbero giammai canto di ritmo regolato, ma allungavano, ed accorciavano l
el figlio d’ Isai fan conoscere l’imperfetto ritmo degli Ebrei amanti di far pompa più d’immagini, e di figure, che di mis
l’imperfetto ritmo degli Ebrei amanti di far pompa più d’immagini, e di figure, che di misure, e cadenze. Le raccolte di
itmo degli Ebrei amanti di far pompa più d’immagini, e di figure, che di misure, e cadenze. Le raccolte di Celtici carmi d
pa più d’immagini, e di figure, che di misure, e cadenze. Le raccolte di Celtici carmi dell’inglese Macpherson tradotti da
Celtici carmi dell’inglese Macpherson tradotti dal celebre professor di elequenza in Padova Melchiorre Cesarotti in più a
rii, Decasillabii, e finalmente Endecasillabi. Il vario intreccio poi di essi ha prodotto le moltiplice diversità de’metri
do esporrò i diversi intrecci, e ritmi compresi sotto l’ ampio genere di poesia si Lirica, che Epica ; restando per altro
ser comprese nel presente trattato, che facoltà giammai non può avere di fissare il Proteo, e forzare l’Arbitrio. Cap. 
are l’Arbitrio. Cap. III. Del disillabo e trisillabo Il verso di due sillabe per la sua brevità, e ristrettezza è
ltà può abbracciare un periodo, che perciò si guardino i principianti di si grand’ arte di urtare in simile scoglio, ma si
e un periodo, che perciò si guardino i principianti di si grand’ arte di urtare in simile scoglio, ma si contentino di con
ianti di si grand’ arte di urtare in simile scoglio, ma si contentino di conoscerlo soltanto per sapere di ciò, che la nos
in simile scoglio, ma si contentino di conoscerlo soltanto per sapere di ciò, che la nostra poesia è capace. Eccone l’ ese
ostra poesia è capace. Eccone l’ esempio : Il peccatore al sepolcro di G. Cristo. Tormento Pensando Spietato L’offe
or L’orror. Cap. IV. Del quadrisillabo e quinario Il verso di quattro sillabe vuol la cesura sulla terza. Può f
e. Egeo, che si congeda dal figlio Teseo, che si porta al laberinto di Creta per combattere il Minotauro. Se cadrai M
r altro non è indispensabile, come chiaro può scorgersi dalla lettura di poetici libri. Ecco intanto l’esempio in questo m
senario semplice, e doppio Per senario semplice intendesi il metro di quattro versi ; re di sei sillabe, ed il quarto d
ppio Per senario semplice intendesi il metro di quattro versi ; re di sei sillabe, ed il quarto di cinque perchè tronco
intendesi il metro di quattro versi ; re di sei sillabe, ed il quarto di cinque perchè tronco da rimare nella stessa guisa
inoltre dicesi doppio qualora ogni strofa abbraccia sei versi, cinque di sei sillabe d’accentarsi sulla quinta, come nel s
uol dirsi il più facile, ed il più praticabile come quello, che costa di versi, che si contentano di avere anche alla sola
il più praticabile come quello, che costa di versi, che si contentano di avere anche alla sola sesta, ossia penultima sill
E chi odiò nemico Muove dolente il piè. Innalza amico allor Erra di lido in lido Contro l’istessa Atene Sotto altro
o L’estrema sua ruina Senza trovar mercè. Temistocle provò. Alfin di Persia il regge Si vede in un momento In corte
perciò mirasi il più usitato. Dicesi Ottonario perche abbraccia versi di otto sillabe, che richieggono alle settima il lor
sua merce più gradita Senza porto, e senza sponda Quanto può desio di vita ! Come mai si può salvar. Nell’uom questo
r altro adattabile assai più al boscareccio, che al serio. Esso costa di otto sillabe, delle quali la sesta richiede l’acc
costa di otto sillabe, delle quali la sesta richiede l’accento. Otto di questi versi, non soggetti però sempre a tal nume
tti però sempre a tal numero, costituiscono una strofa nel lor metro, di cui eccone l’esempio. Sileno alla tomba di Uran
na strofa nel lor metro, di cui eccone l’esempio. Sileno alla tomba di Uranio. Mesto, tremante, e pallido La bigia pi
esanime Alfin ritrova, e lagrima Piangendo il passo tremolo Presso di quella assidesi, Fra stipe secche, ed aride, E
metro, che dal greco Anacreonte il carattere serba, ed il nome, è uno di quelli, che al dir del Crescimbeni, sono i più sp
iritosi, e leggiadri in Toscano. Esso è adattissimo alle composizioni di qualunque natura, sebbene il suo genio facile, e
ni di qualunque natura, sebbene il suo genio facile, e piano non così di leggieri sa soffrire la gravità, e l’altezza. Ver
piano non così di leggieri sa soffrire la gravità, e l’altezza. Versi di diversa specie in varie forme intrecciate soglion
nella divisata maniera. Leonida alla Termopile. Quando il sovran di Persia Si ferma alle termopile Volea la Grecia
di Verso quel suol s’appressa. Non son più che trecento. Minaccia di distruggere, In quel sentier strettissimo E spa
ssimo E sparger sangue a fiumi Il fier nemico aspetta Colla città di Grecia Sicuro della gloria Gli altari, i tempii
à di Grecia Sicuro della gloria Gli altari, i tempii, i Numi. Certo di sna vendetta. Ma tosto che avvicinasi Dice a co
ieri. Con braccio alto, e possente Tosto che l’ombre scendono Cerca di notte struggere Cheti al nemico vanno, Le squad
emico vanno, Le squadre d’Oriente. E appena ch’essi arrivano In mar di sangue corrono A macellar si danno. Fra l’ombre
lupi fieri, ed avidi, Pe’ molti colpi rendono Che in mandra entran di notte I proprii brandi ottusi. Da lor le greggi
in sorte O qual lëon numidico Con tutt’i suoi Leonida In greggia di vitelli Cadde pugnando a morte Cap. VIII.
Manzoni scrisse il quinto Maggio in tal ritmo esso lo scopo si è reso di tutta la gioventù studiosa. Ma poichè suol succed
menticarsi unicamente dal verso. È vero altresì, che non è men degno di lode quel poeta, che su di una bagatella forma un
verso. È vero altresì, che non è men degno di lode quel poeta, che su di una bagatella forma un vasto canto, e che dal nul
, che su di una bagatella forma un vasto canto, e che dal nulla cerca di ritrarre corpi meravigliosi, e grandi per solo ef
erbati ai maestri dell’arte. Or tornando all’assunto ecco l’intreccio di un tal metro. Questa ode è formata di sei versi p
do all’assunto ecco l’intreccio di un tal metro. Questa ode è formata di sei versi per ogni strofa, il primo sdrucciolo, i
ar pietà. Parla a’ Spartan così : Sparta, che tenne in Grecia Figli di Lacedemone Sempre l’onor primiero Venite a ques
rmando gli uomini Allor lo stuol femineo Tutte le donne armò. Fassi di se maggior, Dicendo : giacchè l’animo Stanno i
uò. Il proprio dissonor. Dicon : se andremo a batterci Meglio sarà di togliere Chi batterem ? le donne A lor cotal ra
ella sestina lirica. Non vorrei, che alcuno in vedermi sulle mosse di parlar della Sestina pensi esser mia intenzione d
edermi sulle mosse di parlar della Sestina pensi esser mia intenzione di richiamar dalle sue ceneri l’antica sestina. Di q
i, della quale si parlerà a suo luogo. Qui adunque il mio scopo sol è di parlare della sestina lirica fioreggiante tutt’or
egevole però nelle cose campestri, e pastorali. Costa una tal sestina di sei ottonarii, de’ quali il primo rima col terzo,
la sua mandra tradotta via da una furiosa tempesta. Torvo il ciel di nubi carco Ma il flagel comun vedea Strepitava
Egli esclama : Eterno Nume Tronchi, zolle, e quanto appare Che sarà di ma infelice ! Si strascina irato al mare. Tutto
e maestrevolmente trattato dalla celebre poetessa Marianna Bandettini di Perugia. Rapisce in vero la sua armonia, ma a tro
mento espone chi il tratta. Quindi è, che appena qualche estemporaneo di gran polzo si prova a trattarlo, mentre le sue di
ficoltà anche al tavolino rendonsi laboriose. Un tal metro è composto di sei versi ; due senarii, che rimane insieme, un q
in tal metro. Qui la mente vien sottoposta ad una interminabile legge di rime, che si succedono rapidamente le une alle al
tre se esso lasciasi servire ad ogni argomento, non soffre però esser di leggieri maneggiato da ognuno. Eccone impertanto
ognuno. Eccone impertanto l’esempio. Artemisia, che beve le ceneri di Mausolo. Vittima del dolor La fiamma del suo s
escea Spesso i marmi abbracciar Si che lo posso ancor Procura, e di sfogar Mi consiglia l’amor L’interna doglia, L’
bella, e degna dei comuni suffragii ; che dovrà dirsi della chiusura di questo metro soggetta a ben due tronchi ? Ciò non
esto metro soggetta a ben due tronchi ? Ciò non pertanto non perdansi di coraggio gl’iniziati a quest’arte. Eluderanno ogn
luderanno ogni difficoltà se una saggia cautela useranno nella scelta di tronchi ben adattati, e proprii a spiegare il for
uol essere il massimo degli errori. L’ottonario coronato dunque costa di cinque versi per ogni strofa, il primo è un otton
o il mio decreto Chi obliare lo potrà Traditor dimmi perche ? Reo di morte allor sarà E potrai sperar mercè ? Vuol,
chi ardisse al paragone Grida il padre chi si abusa Contro il cenno di veuir Della legge a suo favor, Vinca, o perda d
favor, Vinca, o perda dee morir. È un ribelle, è un traditor. Ma di Manlio il figlio ardito, Quindi in gabbata sedend
ndi in gabbata sedendo Che il decreto in se ignorava Sprezza appien di lui la sorte Perchè un gallo il provocava Lo co
r l’offesa potestà, E fè noto il genitor E bandisce ogni pietà Qual di legge è il gran valor Cap. XII. Del verso
i palato assaggiar ne volle avidamente il sapore. Quindi dalla natura di esso tradotti un Chiari, un Goldoni, un Cerlone,
otti un Chiari, un Goldoni, un Cerlone, e mille altri, e pria, e dopo di questi, in tal metro si dilettarono scrivere dell
oichè non essendo presso i francesi si familiare la rima, come presso di noi lo è, quel ritmo, che in due versi di quattor
iliare la rima, come presso di noi lo è, quel ritmo, che in due versi di quattordici sillabe rimate solea conchiudersi in
to a morte. La vecchia età fu sempre. Veste con mille modi Ligia di gelosia, La troppo infame accusa. E spesso per
amentevoli obietti. La coutinuata sua armonìa mentre mostra quanto ha di più grande, e più bello la poesia, manifesta del
grande, e più bello la poesia, manifesta del pari quanto ha la stessa di più labborioso, e difficile. Il solo udire il ter
essa di più labborioso, e difficile. Il solo udire il terribile ritmo di ogni strofa basta a sgomentare ognimente. Eccolo
trofa basta a sgomentare ognimente. Eccolo intanto. Costa ogni strofa di quest’Ode di dodici versi di questa natura, ed in
sgomentare ognimente. Eccolo intanto. Costa ogni strofa di quest’Ode di dodici versi di questa natura, ed in tal modo rim
mente. Eccolo intanto. Costa ogni strofa di quest’Ode di dodici versi di questa natura, ed in tal modo rimati. Il primo è
accoppia in rima. Questo metro, che senza dubbio, sembra il laberinto di Creto hà bisogno d’un saldo filo per scorta, ma s
nna si avrà dall’esempio seguente, nel quale per maggior intelligenza di coloro, che vorranno, e si fideranno praticarlo v
v’apponga un’intercalare obbligato. Andromaca, che piange sul corpo di Astianatte. In cenere combusta Senza fallir da
non son Lo guarda, e non fa moto Perchè figlio diletto Chè il cor di forza è vuoto Cosi morir dovesti ? Sol replica
hè figlio, perchè E madre più non son. Io non morii per te ? Ecco di già perduta Povero sangue mio L’ultima mia sper
i più m’aiuta In sorte sì dogliosa Che va la mia costanza ? Nulla è di Giove il tuon Che ne sarà di me ! Lassa non son
osa Che va la mia costanza ? Nulla è di Giove il tuon Che ne sarà di me ! Lassa non son più sposa, Il figlio mio dov
ed astruso inflettente per altro anch’esso sulla fine non è da veruno di buon senno per avventura maneggiato. Ne metto per
ir la mia sventura, Soddisfare a un comando cosi ? E alla legge poi di natura Per me sia questo l’ultimo di Umil la fr
omando cosi ? E alla legge poi di natura Per me sia questo l’ultimo di Umil la fronte piegherò Devoto al cenno ubbidir
egherò Devoto al cenno ubbidirò. Il decasillabo poi, che è il Sole di questa oscura notte del Novenario, la vera delizi
dell’armonia poetica, ed il mezzo più facile, onde esprimere concetti di qualunque natura si siano nella più bella, e gran
esempio a contemplarsi comprendo. Polissena sacrificata alla tomba di Achille. Di già spento il terribile Achille, Già
rancesco Berni le sue scherzevoli poesie, da cui poi è venuto il nome di stile bernesco ; in questo hanno scritto il Crass
che ; in questo sono state tradotte da più autori le epistole eroiche di Ovidio, e in questo hà scritte le sue satire Vitt
ma della poesia italiana sono stati scritti in tal metro. Ogni stanza di questo metro costa di tre versi endecasillabi acc
na sono stati scritti in tal metro. Ogni stanza di questo metro costa di tre versi endecasillabi accentati sull’ottava,(1)
lui, che regna, Che forma il ben d’altrui col suo dolore Che il camin di giustizia un re disegna, E chi è chiamato a domin
fia punita, La mia severità porti la pena, Ed entrambi perdiam parte di vita. Ambi perdiamo un occhio, e in ciò la piena
ssersi chiamato Saffico questo metro, ohe or ora spiegheremo dal nome di Saffo Lesbia poetessa. Questa nella effervescenza
tabile a’ soli obietti teneri, compassionevoli, e funebri. Esso costa di quatro versi, tre endecasillabi, ed un quinario,
zo, ed il secondo col quarto. La legge poi, cui soggiace un tal metro di chiudere con sentenzioso quinario il pensiere svi
vorrei però, che da ciò sgomentati i giovani disperassero la fortuna di giungere a comporre un ode saffica senza difetti.
nza difetti. Se essi nel maneggiar questo metro avranno l’accuratezza di disporre nel secondo verso la sentenza del quarto
lle spoglie del Curiazio ucciso dal fratello. In mezzo a lieto stuol di più guerrieri Ritorna Orazio di tutt’armi cinto,
dal fratello. In mezzo a lieto stuol di più guerrieri Ritorna Orazio di tutt’armi cinto, E cantano il drappel tra’ carmi
tu spietato Mirar potesti gli ultimi momenti Di chi tanto amò : ed or di orgoglio armato I fasti ostendi ? Mirar potesti i
fier turbo schianta E perde nel cader beltà, colore, Così colei, che di pallor s’ammanta Allor sen muore. E in mezzo al s
ina croica La sestina croica, come la voce istessa l’addita, costa di sei versi eroici, de’ quali i primi quattro riman
due immediatamente fra loro. Un tal metro è trattabile in ogni sorte di argomento, ed in tutti conserva egualmente le sue
in queslo metro, specialmente nel comporre elogii a grandi Eroi prima di provarsi all’Ottava, ed al Sonetto. Eccone intant
ode, e palesar procura A consoli il vicino aspro cordoglio, Bruto più di ciascun geme in perigli Perchè son congiurati i d
gli fece tradur tutti in Senato ; Quindi feroce manifesta a quelli Il di già conosciuto empio attentato Tremon color con a
error trovar la scusa. Bruto esclama : Romani or che faremo Qual sarà di costor la giusta sorte ? Roma per essi fù al peri
ione io li condanno a morte, E perchè non si dolga alcun de’ rei Pria di tutti condanno i figli miei. Cada tanta empietà d
ffre cogli due ultimi reciprocamente obbligati la occasione più bella di poter con forte sentenza, quasi con colpo impreve
de’ provetti nell’arte. E qual giovanetto in vero può aver la fortuna di sollevar tant’alto il suo volo sichè possi non di
lo sichè possi non dico raggiungere, ma tenersi poco dietro alle orme di alcnne aquile generose, e specialmente de due tos
tendino pria a consumarsi nella lettura de’classici, e nell’esercizio di altri più facili metri, e poi con avvedutezza a d
a Cartagine.. Vista il saldo roman la patria afflitta Cerca destarle di virtù l’ardore Acciocchè ognun la sua costanza in
do il proprio scempio Nè giovarvi potrò se in Roma io resto Già carco di anni, onde al dovere adempio : Se in verde età vi
astruso pe’poveri compositori ! Questo terri bil metro è per consenso di tutt’i conoscitori dell’arte pressochè impraticab
ciola, ma bensì dell’ottava nel comporre quel bellissimo lavoro degno di tutti gli elogii, il lamento cioè di Maria a piè
rre quel bellissimo lavoro degno di tutti gli elogii, il lamento cioè di Maria a piè della Croce. Esesndo dunque si diffic
ste erbe tenere, Mentre il mio gregge Alcon conduce a pascere. Lascia di borbottar, saluta Venere, Che in si bella stagion
o, Che fremi ancor per la rubata pecora. Tit. Uranio mio possa morir di subito Quel Melibeo mascalzon ladrissimo, Che per
cchere Tanto gli fece, che sel seppe togliere, E sel condusse al suon di pive, e nacchere. Uran. Titiro mio non ci potrem
nzi a tutti con prestezza estranea Tolse una secchia, e un banghettin di sovero. Tit. Ma priache tutti noi mangia, e dìla
o i Greci poeti fù un giorno in gran pompa, e ben sappiamo nella gara di Omero, ed Esiodo ne’giuochi Olimpici sotto il reg
amo nella gara di Omero, ed Esiodo ne’giuochi Olimpici sotto il regno di Agide Spartano, che Omero quantunque il cantor di
pici sotto il regno di Agide Spartano, che Omero quantunque il cantor di Achille, il panegerista di Ulisse, e l’apologista
e Spartano, che Omero quantunque il cantor di Achille, il panegerista di Ulisse, e l’apologista della Grecia fù vinto da E
tro, se non perchè quegli a suo solito cantó gesta guerriere, e furor di battaglia, e questi cantò i piaceri della vita ca
or delle memorie antiche, volendo per vendetta satirizzare i Greci un di tanto esaltati scrisse Batriochomachia, ossia la
, delle rane, e dei gambari. Fin d’allora l’ode pastorale avvanzò più di credito, e Teocrito trasse per essa non pochi ono
chezze in Sicilia. Mancò l’Italia per più secoli della vera pastorale di Esiodo, e sebbene in tempi non tanto remoti sia s
pegno poscia si fù del celebre, ma immorale Cav. Gioambattista Marino di far ritornare la pastorale nelle antiche braccia
ambattista Marino di far ritornare la pastorale nelle antiche braccia di Esiodo. Due componimenti di tal natura a bella po
ornare la pastorale nelle antiche braccia di Esiodo. Due componimenti di tal natura a bella posta ei fece, uno per Lilla,
è le lavoravono a capriccio, non diedero perciò mai il perfetto ritmo di essa. Se però ben si rifletta questa è da dirsi l
da dirsi la vera tessitura dell’Esiodica pastorale. Costa ogni stanza di otto versi, de quali i primi quattro sono eroici
dolce l’aria rende, E si comincia a scior nevoso calle, Dolce il rio di andar si sforza Crepa il ramo la sua scorza, È me
hiarissimo Senatore Vincenzio da Filicaia. Tal componimento per legge di sua lunghezza deve contenere non meno di cinque,
. Tal componimento per legge di sua lunghezza deve contenere non meno di cinque, nè più di venti strofe composte di sette,
per legge di sua lunghezza deve contenere non meno di cinque, nè più di venti strofe composte di sette, otto, e più versi
za deve contenere non meno di cinque, nè più di venti strofe composte di sette, otto, e più versi Endecasillabi, e Settena
tte, otto, e più versi Endecasillabi, e Settenarii da rimarsi a genio di chi compone, meno che nella chiusura, dove la rim
e non prefiggere una norma invariabile della Canzone. Per la morte di Pio VII. Chi al pianto porgerà cotanta vena Onde
rà forza cotanta Perchè il pastore egregioChe volò dalla terra in sen di Dio, E come rammentare ogni suo pregio. Egli, che
tanto sudore, e tanta cura L’umil nave guidò nel salso impero ? Oh ! di quanti tormenti, e quante cure Si caricò pietoso
o Per trar la greggia dal fatal periglio, E senza aver riposo Pretese di far suoi l’altrui tormenti, E oppresso, e desolat
non piegò la fronte ; Pari al signor, che per l’altrui delitti Sparse di sangue un fonte ; Tal’egli offre per tutti la sua
l’alta sua sorte ? Egli del tanto zelo Già trova il suo riposo in sen di Dio, E il premio al suo sudor si gode in Cielo.
a a nascosti scogli che temere ; tal mi son io, che giunto al termine di questo poetico trattato incontro pur di che ancor
son io, che giunto al termine di questo poetico trattato incontro pur di che ancor prudentemente temere, dovendo in quest’
insiem più difficoltosa dell’arte poetica, tradotta da Provenzali un di nel culto seno della bella Italia, del Sonetto io
schietta la sorte istessa della nobile medicina. Questa dopo aver un di meritato tempii ad Esculapio, monumenti ad Ippocr
vi è per limitata che sia, che non ardisce calzare lo stretto ceturno di Melpomene, ed adagiarsi sull’ invariabile letto d
letto del famoso Procuste, quasi che se non si avesse qualche sonetto di questi tali ne andrebbe, al dir del Menzini, il P
de’ diversi ritmi dell’ arte, e poi inoltrarsi pian piano al cimento di si ardua impresa. La celebre raccolta del carmeli
dissertazione dello stesso mentre fan chiaro conoscere la difficoltà di un tal componimento, confermano del pari, e non c
a primi conoscitori dell’ arte su tal punto, alle quali, perchè degne di esser lette, meditate, e ridotte all’ uso i miei
unicamente rimetto. La sola distribuzione della materia però (previa di già la unità del pensiere, la nobiltà dell’ argom
i già la unità del pensiere, la nobiltà dell’ argomento) degna sempre di riflessione in tutte le composizioni, e molto più
e di riflessione in tutte le composizioni, e molto più in questa, che di tutte è la più nobile mi spinge per un momento al
trattarla. Ci si sia adunque un’ occhiata. Sull’ ordinaria estensione di quattordici versi eroici divisi in due quartine,
bisogna, che ogni parte del Sonetto contenghi una proporzionata dose di materia. Ragion dunque vuole, che la prima quarti
lo risulti il Sonetto, essa in particolar modo occupar deve l’ingegno di chi compona ; mentre il Sonetto, al pari d’un tor
etto, al pari d’un torrente, che vicino alla foce porta maggior copia di acque, nell’ avvicinarsi al suo termine deve fini
mato il principale loro scopo. Può darsi in vero chiusura più bella o di questa del Petrarca. « Poco manco che io non rest
questa del Petrarca. « Poco manco che io non restassi in Cielo » « o di questa del Frugoni : Ecco in un pugno il vincitor
 o di questa del Frugoni : Ecco in un pugno il vincitor del Mondo » o di questa del Zappi : « Qualche nuovo sospirio impar
ondo » o di questa del Zappi : « Qualche nuovo sospirio imparerai » o di questa del Tasso : « Ch’io son dagli anni, e da f
questa del Tasso : « Ch’io son dagli anni, e da fortuna oppresso » o di questa del Bentivoglio : « Del gran Titiro mio so
di questa del Bentivoglio : « Del gran Titiro mio sol mi contento » o di questa del Maggi : « Passò l’onda villana, e non
o » o di questa del Maggi : « Passò l’onda villana, e non rispose » o di mille altri sonetti, e mille altri autori, che pe
ecchiar si deve chiunque ama comparir nel Sonetto. Inoltre tre specie di Sonetti la poetica arte ravvisa, l’ Eroico cioè,
il secondo verso porge la rima all’ altro ternario. Questa legge però di rimare in tal guisa non è stata sempre la stessa 
piar le altrui fatiche, così mi conviene fare ancora in questa specie di componimento, tutto che sappia, che i miei Sonett
ura Superbamente al mesto auriga impone, Che dia feroce ai suoi caval di sprone, E il corpo al genitor schiacciar procura
’uomo, che mascherando ognor si và Mostra, che ragionevole non è, Chi di farsi temer timor non hà Sotto maschera mai non s
’ascondè. Ma chi la conoscenza altrui non dà Perchè forse talor mancò di fè Le sembianze d’altrui le sue ne fà Col soccors
ta asprezza Tutta schiusa era più bella Oltre le tre divisate specie di Sonetti, molti altri di diverse foggia ancor vi s
a era più bella Oltre le tre divisate specie di Sonetti, molti altri di diverse foggia ancor vi sarebbero, come gli acros
li, i Bisticciati ec. ma lasciando da parte queste stentate freddure, di due soltanto più necessarii a sapersi farò brevem
fine aggiungerò una norma del Sonetto a rime obbligate. I. Il Sonetto di risposta altro non è che il riscontro dato a qual
l’aspetto. Sul limitar tengo un erboso letto Che ameno l’ombra il fa di qualche canna, Vieni, che il fido amice non t’ing
pomi, castagne hò ancor nel tetto. Colà la tua zampogna suonerai, Al di cui suono unendo il canto mio Godrò dolce piacere
etta, e se verrai Per gioia un’ agnellin svenar vogl’ io. Risposta di Melibeo. Caro Titiro mio la greggia aspetto, E d
mio ovil solo l’aspetto. Dopo gli affar mi pince andarne al letto, Nè di zampogna più toccar la canna ; Che lo stravizzo n
spettivi Quartetti, e Ter zine si ripete il verso usato nel principio di quelli, e di queste ; sichè in vece di quattordic
tetti, e Ter zine si ripete il verso usato nel principio di quelli, e di queste ; sichè in vece di quattordici versi ne av
e il verso usato nel principio di quelli, e di queste ; sichè in vece di quattordici versi ne avrà un tal Sonetto quattro
e ; sichè in vece di quattordici versi ne avrà un tal Sonetto quattro di più, non però sgarbatamente aggiunti, ma convenev
amente aggiunti, ma convenevolmente tradotti dal corpo istesso, affin di aggiungergli maggior robustezza, ed energia. Tal
senza corte ; Hai vinto hai vinto mia perversa sorte ; Ma colui, che di me volle lo scherno Vedrà che puote il mio crudel
rudel furore, Avrà il mio spirto per compagno eterno Quel crudel, che di me volle lo scherno. Fin che compagno del mio lun
, o per facilitarne vieppiù l’impresa ; mentre il poeta allora invece di dividere il pensiero all’ obietto insieme, ed all
destin tiranno, Tiranno Vado a perir nella deserta arena, Arena Veggo di sorte lo spietato inganno ; Inganno Chè il Ciel c
Arena Veggo di sorte lo spietato inganno ; Inganno Chè il Ciel contro di me tuona, e balena. Balena Come per me il favor c
tura de’ componenti suoi membri ; chiaro ognuno scorge come avendo io di essa, e d’ogni sua parte sufficientemente ragiona
precedente trattato della poesia toscana, nella circostanza non sono di formar di quest’ ultima parte sacra alle muse lat
e trattato della poesia toscana, nella circostanza non sono di formar di quest’ ultima parte sacra alle muse latine un dis
a ben considerare, come fin dal principio dell’ operetta esposi, come di appendice, e soggiunta della precedente. Ragionat
uisa il mio giudizio efformato sù tal proposito, non sarà a chi siasi di maraviglia se con affrettato passo percorrer mi v
rio componimento si efforma, esempliflcando la speculativa conoscenza di ciascuna di esse con una strofa pratica da me ste
ento si efforma, esempliflcando la speculativa conoscenza di ciascuna di esse con una strofa pratica da me stesso bassamen
rofa pratica da me stesso bassamente lavorata a tenore della capacità di qualunque siasi ingegno. Cap. I. De’ piedi, l
I. De’ piedi, lor nome, e valore. Siccome il verso toscano costa di sillabe, cosí di piedi è composto il latino ; e c
or nome, e valore. Siccome il verso toscano costa di sillabe, cosí di piedi è composto il latino ; e come per la dispos
e, cosí di piedi è composto il latino ; e come per la disposta unione di quelle camina il primo con allettante armonia, co
lle camina il primo con allettante armonia, così per l’ordinato misto di questi sonoro si rende il secondo. Dalla varietà
e il secondo. Dalla varietà però della nomenclatura de’ piedi parlano di essi alcuni Grammatici in modo di annoiare la noi
ella nomenclatura de’ piedi parlano di essi alcuni Grammatici in modo di annoiare la noia istessa, colla mira soltanto, a
modo di annoiare la noia istessa, colla mira soltanto, a mio credere, di caricar la memoria senza frutto. Sembrandomi quin
emoria senza frutto. Sembrandomi quindi necessaria la sola cognizione di quelli, che entrono nella costruzione de’versi pi
li, che entrono nella costruzione de’versi più comunemente praticati, di essi soli perciò passo a far brevemente parola. Q
essi soli perciò passo a far brevemente parola. Questi sono sei, tre di due sillabe, cioè lo Spondeo, il Trocheo, ed il G
due sillabe, cioè lo Spondeo, il Trocheo, ed il Giambo, tre altri poi di tre, cioè il Tribraco, il Dattilo, e l’Anapesto.
oi di tre, cioè il Tribraco, il Dattilo, e l’Anapesto. I. Lo spondeo, di cui un di per la sua gravità facevasi grand’uso n
cioè il Tribraco, il Dattilo, e l’Anapesto. I. Lo spondeo, di cui un di per la sua gravità facevasi grand’uso ne’ sacrifi
uso ne’ sacrificii, come la etimologia istessa l’ adombra, è composte di due sillabe amendue lunghe, come Fortes, Terrent,
or da Cic. Corco adoperato dagli antichi nelle cantate a danze, costa di due sillabe differenti nella lor quantità, d’una
e scorgesi dagli stessi componenti, onde risulta tal voce, è composto di tre sillabe brevi nella lor quantità, come Domine
oico, perchè atto a descrivere le grandiose imprese degli Eroi, costa di tre sillabe, delle quali la sola prima è lunga, c
brevi, ed una lunga, come Trepidant, Populi, Timidi ec. Qui però pria di passar oltre fa di mestieri avvertire, che una si
, come Trepidant, Populi, Timidi ec. Qui però pria di passar oltre fa di mestieri avvertire, che una sillaba benchè sia br
mandus. Cap. II. Del verso e delle differenti Quell’aggregato di più piedi, che costituisce quell’armoniaca tessit
in rapporto al numero, ed al valore de’ suoi componenti cangia sempre di aspetto, così apre il campo a mille versi distint
ll’ Esametro.ABC. L’esametro, come la voce istessa disegna, costa di sei piedi in parte Dattili, ed in parte Spondei.
i, ed in parte Spondei. Esso ne’ primi quattro piedi offre l’arbitrio di usare questi, o quelli secondo il genio dell’auto
onninamente il Dattilo, come nel sesto piede lo Spondeo, nè l’esempio di qualche Spondiaco, o Dattilico Esametro, che raro
la) o dopo il secondo piede, o dopo il primo, ed il terzo in mancanza di quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con p
po il primo, ed il terzo in mancanza di quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con parole di tre, o di due sillabe, m
in mancanza di quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con parole di tre, o di due sillabe, mai però col monosillabo,
a di quella. Abbiasi ancor la cura di terminarlo con parole di tre, o di due sillabe, mai però col monosillabo, eccetto so
tanto qualora sia incorporato colla parola precedente, come in questo di Virg. Ec. 2. 70. Semiputata tibi frondosa vitis i
Esametro si riducono altri versi differenti, e questi sino al numero di sette, cioè il Pentametro, l’ Archilochio, il Fer
ri innominati. I. Il Pentametro costa, secondo indica la stessa voce, di cinque piedi, cioè d’un Dattilo libero, d’uno Spo
ilo libero, d’uno Spondeo similmente libero, d’uno Spondeo forzoso, e di due Anapesti anch’essi forzosi, benchè per altro
1. Eleg. 1. II. L’ Archilochio detto da Archiloco suo inventore costa di due Dattili, ed una cesura, come : Flumina praetc
re carinae. Or. lib. 1. Od. 14. IV. L’ Adonio così nominato da Adone, di cui in onor si cantava, ha un dattilo, ed uno Spo
come : Nomen imago. Or. lib. 1. Od. 12. V. L’ Innominato primo costa di tre dattili, ed una cesura, come : Munera, laetit
de’ piedi prende diverso il suo nome, sicchè dicesi Dimetro se costa di quattro piedi, come : Nivesque dedducunt Iovem. O
regno fidit, et magna potens. Sen. in Troad. Tetametro se si compone di otto : Pecuniam in loco negligere maxumum interdu
I Dimetri soli perche più brevi hanno conservata per metà l’antichià di lor composizione, mentre il solo Spondee con ben
me Ignotus moritur sibi. Sèn in Thyest. II. L’ Asclepiadeo è composto di uno spondeo, d’un dattilo seguito da cesura, e du
osta d’uno Spondeo, d’un Dattilo, d’un altro Spondeo d’un Anapesto, e di due dattili, come : Seu plures hiemes, seu tribui
delle composizioni lavorate ad un sol torno, cioé con una sola specie di versi dette Carmen Monocolon, prendo unicamente d
on una sola specie di versi dette Carmen Monocolon, prendo unicamente di veduta le diverse maniere di comporre risultanti
ette Carmen Monocolon, prendo unicamente di veduta le diverse maniere di comporre risultanti dalla diversità della Versifi
della Versificazione riconosciute egualmente da Greci sotto le divise di Carmen Policolon. Qualunque intanto esse siano ne
maniere si possono ordinariamente ridurre. La 1. abbraccia le strofe di due versi di duplice specie, chiamate Dicolon Dis
ossono ordinariamente ridurre. La 1. abbraccia le strofe di due versi di duplice specie, chiamate Dicolon Distrophon. La 2
uplice specie, chiamate Dicolon Distrophon. La 2. Comprende le strofe di quattro versi di sole due specie, nominate Dicolo
iamate Dicolon Distrophon. La 2. Comprende le strofe di quattro versi di sole due specie, nominate Dicolon Tetrastrophon.
due specie, nominate Dicolon Tetrastrophon. La 3. riguarda le strofe di tre versi di triplice differente natura, detta Tr
nominate Dicolon Tetrastrophon. La 3. riguarda le strofe di tre versi di triplice differente natura, detta Tricolon Tristr
a, detta Tricolon Tristrophon. L’ultima finalmente contiene le strofe di quattro versi di tre specie chiamate Tricolon Tet
Tristrophon. L’ultima finalmente contiene le strofe di quattro versi di tre specie chiamate Tricolon Tetrastrophon, voci,
ci, che ho dovuto apporre per non imbrogliare i giovani nella lettura di questo, e di altri libri, ove generalmente si tro
vuto apporre per non imbrogliare i giovani nella lettura di questo, e di altri libri, ove generalmente si trovavano. Facci
libri, ove generalmente si trovavano. Facciamoci impertanto all’esame di tutte queste cose Articolo I. Delle strofe d
pertanto all’esame di tutte queste cose Articolo I. Delle strofe di due versi di doppia specie. Le strofe, che co
esame di tutte queste cose Articolo I. Delle strofe di due versi di doppia specie. Le strofe, che comprendono due
due versi di doppia specie. Le strofe, che comprendono due versi di differente natura sono d’una moltiplice varietà ;
mprende un’ Esametro, ed un verso composto degli ultimi quattro piedi di esso, come. Ut colubrum vitare decet scelus omne
triumphat hostibus. VII. La settimana accoppia un Dimetro manchevole di una sillaba in principio con un Trimetro manchevo
vole di una sillaba in principio con un Trimetro manchevole anch’esso di una, ma nella fine, come. Unicus Dei timo Potest
aegre Musas amabit gratiam petentes. Articolo II. Delle strofe di quattro versi di doppia specie. Di una doppia
t gratiam petentes. Articolo II. Delle strofe di quattro versi di doppia specie. Di una doppia varietà sono le
totum voluit subesse Ductus amore. Articolo III. Delle strofe di tre nersi di triplice specie. Un sol componim
subesse Ductus amore. Articolo III. Delle strofe di tre nersi di triplice specie. Un sol componimento trovasi
et auvilium Dum vivit exul patriae. Articolo IV. Delle strofe di quattro versi di tre sorti. Tutti i componime
vivit exul patriae. Articolo IV. Delle strofe di quattro versi di tre sorti. Tutti i componimenti appartenenti
ro versi di tre sorti. Tutti i componimenti appartenenti a poesie di tal natura dividonsi in due specie. I. La prima c
tal natura dividonsi in due specie. I. La prima consiste nell’ unione di due Asclepiadei, d’un Ferecrazio, e d’un Gligonio
nda, che vedesi più campeggiare in Orazio, perche la più bella, costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più
rche la più bella, costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più in fine, e di un Alcaico minore, come Divina
costa di due Alcaici, d’un dimetro con una sillaba di più in fine, e di un Alcaico minore, come Divina virtus candida pu
critti tutti i più praticati metri della poesia latina. La cognizione di questi però poco giova, se dietro lunga lettura n
, ed all’uso. Quindi per invogliare i Giovanetti a tale impresa, pria di sottrarre il libro alla penna penso apporre un in
ogia. Imperocchè a nostra edificazione possiam ravvisare a qual segno di stravagante follia possono esser menati i mortali
ati i mortali, qualor ciechi non sieguono i belli lumi della ragione, di cui, quasi di sicura guida per ben oprare, arricc
qualor ciechi non sieguono i belli lumi della ragione, di cui, quasi di sicura guida per ben oprare, arricchiti vennero g
io. (2). Nino re degli Assirii falsamente da alcuni creduto fondator di Ninive, laddove di essa fù conquistatore sol, ed
egli Assirii falsamente da alcuni creduto fondator di Ninive, laddove di essa fù conquistatore sol, ed amplificatore, vien
rò non mi è sembrata a sufficienza probabile, tra perchè da tal fatto di Cleric. Ind. Ist. De’Filos Orient. Nino sol si pu
i più distinti, tra perchè la idolatria è assai più rimota dell’epoca di Nino. Læt. Lib. 2 de fals. Rel. (3). Sebbene più
ella idolatria, non è però mio pensiere con ciò rigettare la opinione di molti orientali Scrittori, i quali pretendono, ch
ria sia nata nel seno degli stessi Antidiluviani, perchè degli uomini di quel tempo sfrenati nelle licenze dei disordini a
sulla origine della idolatria istessa riprovar non intesi o il parere di chi la vuole discesa dalla introduzione de’due pr
a dalla introduzione de’due principii buono, e cattivo, o la sentenza di chi ne ascrive la cagione al timore, giusta quel
vo, o la sentenza di chi ne ascrive la cagione al timore, giusta quel di Lucrezio : Lucr. de reb. Nat. L. V. Primus in Orb
dell’ uomo, non che a’ dodici Mesi dell’ anno, così credevasi il mese di Gennaro esser consagrato alla cura di Giunone, Fe
l’ anno, così credevasi il mese di Gennaro esser consagrato alla cura di Giunone, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a que
se di Gennaro esser consagrato alla cura di Giunone, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quel
ato alla cura di Giunone, Febraro a quella di Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quel
braro a quella di Nettuno, Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a quell
Marzo a quella di Minerva, Aprile a quella di Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a quella di Mercurio, Luglio a Gio
Aprile a quella di Venere, Maggio a quella di Apollo, Giugno a quella di Mercurio, Luglio a Giove, Agosto a Cerere, Settem
ati nella lettura de’sacri libri, perciò hò creduto pregio dell’opera di tratto in tratto apporre alcune note, che serviss
l’opera di tratto in tratto apporre alcune note, che servissero, come di lumi a molti luoghi della sacra Scrittura, e così
lor cuore un bel genio a studio così interessante. La favola adunque di questi mostri superbi insorti contro Giove sembra
rcarono muover guerra al cielo, e per ciò estinti per giusto giudizio di Dio, come di tratto in tratto al par di essi legg
r guerra al cielo, e per ciò estinti per giusto giudizio di Dio, come di tratto in tratto al par di essi leggiam conquisi
ò estinti per giusto giudizio di Dio, come di tratto in tratto al par di essi leggiam conquisi altri Teomachi, e sprezzato
s , e come un dì dovrà avvenire al Corifeo de’Teomachi l’Anticristo ; di cui sta scritto nella seconda a Tassalonicesi. 2.
si Gigantes opposuerunt se illi. Sue azioni. (1). I poeti tenuti un di quai riformatori della falsa loro religione, benc
prudenza, e cautela però si condottareno nel descrivere le galanterie di Giove, di Mercurio, di Venere ecc. Essi ben cenos
e cautela però si condottareno nel descrivere le galanterie di Giove, di Mercurio, di Venere ecc. Essi ben cenoscendo non
ò si condottareno nel descrivere le galanterie di Giove, di Mercurio, di Venere ecc. Essi ben cenoscendo non potere i loro
ra, fingevano mille metamorfisi, ed esprimevano le lero deità co’nomi di quadrupedi, di volatili ecc. per colorire in tal
ille metamorfisi, ed esprimevano le lero deità co’nomi di quadrupedi, di volatili ecc. per colorire in tal modo le deturpa
iunque lasciasi predominar dall’appetito sensitivo non merita il nome di uome, ma di bestia, cui sol è più connaturale, e
asi predominar dall’appetito sensitivo non merita il nome di uome, ma di bestia, cui sol è più connaturale, e propria una
l volto, le sue maniere molto dolci, ed attrattive, I luminosi tratti di sua beneficenza, e liberalità gli meritarono un t
e. Suo ritratto. Suo culto. Chi fù Nettuno (1). Parlando i Mitologi di questo Dio del mare, fan parola ancor delle Siren
i donzelle nella parte superiore, terminando la inferiore in due codi di pesce, abitanti sugli scogli lungo la Sicilia. Pr
in due codi di pesce, abitanti sugli scogli lungo la Sicilia. Proprio di esse si era addormentare col canto i miseri passa
i, ed amare querele delle abbandonate Sirene può spiegarsi quel detto di Giobbe, d’aver egli piante le sue disgrazie trava
ndo allegoria da alcuni solitarii uccelli delle Indie chiamati al dir di Plinio le Sirene. Nel senso morale però molti non
molti non senza fondamento per le dette Sirene intendono alcune donne di depravati costumi, che dimorando nelle vicinanze
tesa cou Minerva. 2. Questo Cavallo perchè sorto per arte miracolosa di Nettuno fù tenuto pel principe fra destrieri dist
terrestri. Suo ritratto (1). Tritone propriamente parlando fù figlio di Nettuno, ed Anfitride, e pur Celeno, come piace a
metà uomo, e metà Delfino, il quale perchè fù il principal Trombetta di Nettuno suo padre, fece si, che tutti quei mostri
ere, e molto più in rapporto al legnaggio godeva ancora in preferenza di altri Tritoni la facoltà di calmare le suscitate
al legnaggio godeva ancora in preferenza di altri Tritoni la facoltà di calmare le suscitate tempeste, semprecche ne veni
lmare le suscitate tempeste, semprecche ne veniva implorato, e perciò di lui facevasi comunemente gran conto. Sue feste. C
i, secondo Euripide afferma, figli del gran gigante Polifemo figliuol di Nettuno. I principali fra essi furono Bronte, Ste
esto immaginario lor Nume la stessa abilità, e professione del figlio di Lamech, e di Sella Tubalcain, di cui parlando la
rio lor Nume la stessa abilità, e professione del figlio di Lamech, e di Sella Tubalcain, di cui parlando la Scrittura dic
sa abilità, e professione del figlio di Lamech, e di Sella Tubalcain, di cui parlando la Scrittura dice Genes. 4. 22. Sell
e la sua sorella Noema, cui comunemente si attribuisce, la invenzione di filare, e tessere, da essi fù riconosciuta sotto
nvenzione di filare, e tessere, da essi fù riconosciuta sotto il nome di Nemanun, ossia Minerva. Sua qualità. Suoi nomi. S
n tal giudicato trattavano le cause de’ loro clienti. Essi sotto pena di non essere ascoltati doveano con nuda schiettezza
i doveano con nuda schiettezza, e semplicità esporre i loro argomenti di difesa, acciò in tal modo que’ giudici, lungi il
rgomenti di difesa, acciò in tal modo que’ giudici, lungi il pericolo di essere allettati dalla vaga pompa di artificiosi
que’ giudici, lungi il pericolo di essere allettati dalla vaga pompa di artificiosi ornamenti potevano con giudizio non p
iglio, ed insinuazione della Dea Egeria chiesto avea a Giove un pegno di salute, ed un monumento di perpetuità dell’impero
a Dea Egeria chiesto avea a Giove un pegno di salute, ed un monumento di perpetuità dell’impero Romano, nè molto tardò Gio
li un giorno con suo piacere scender dal cielo uno scintillante scudo di rotonda figura inviatogli da Giove in segno del c
iove in segno del conceduto favore. Allora il religioso re in memoria di tal beneficio istitui il nobil collegio de’ detti
a ordinanza da un certo Mamurio. Tali sacerdoti poi giunte le calende di Marzo preceduti dal principale fra essi portavano
detti scudi, detti Ancili, con festoso apparato, e quindi con cantici di lode, e con salti d’allegrezza, detti perciò Sali
con salti d’allegrezza, detti perciò Salii, celebravano la sollennità di quel giorno in onor di Marte, giusta la costituzi
detti perciò Salii, celebravano la sollennità di quel giorno in onor di Marte, giusta la costituzione ricevuta dal religi
al religioso Numa. Sue vittime Chi fù Mercurio. (1). Da questo fatto di Mercurio poppato da Giunone rapiti oltremodo gl’a
dalla bocca dell’infante Nume distaccatosi per un momento dalle poppe di sua nutrice Giuuone. Folle pensiore ! Sue prodezz
Sue prodezze. Suo ritratto. (1). Da ben molte delle divisate qualità di Mercurio possiam noi ravvisare perchè l’apostolo
fondità, e facondia nel dire chi fra tutti i banditori del vangelo fù di Paolo più sublime per la cognizione delle cose ce
lo fù di Paolo più sublime per la cognizione delle cose celesti ? Chi di esso più eloquente nel perorare ? L’attesta la st
e ? L’attesta la stessa controversia agitata fra gl’Etnici al riferir di S. Gio : Crisost : Hom : 3. Se doveasi cioè il de
l gran capitale delle sue cognizioni. Che poi sia stato a somiglianza di Mercurio vero legato, e nunzio di pace fra Dio, e
ni. Che poi sia stato a somiglianza di Mercurio vero legato, e nunzio di pace fra Dio, e gl’ uomini, Cristo, ed i fedeli n
s, obsecramus pro Christo reconciliamini Deo ? Che finalmente meglio di Mercurio abbia richiamato le anime dalla morte et
bene semplici furono nel nascere della Idolatria, pur coll’ avanzarsi di essa comparvero cosi splendidi, e vistosi, così r
’ avanzarsi di essa comparvero cosi splendidi, e vistosi, così ricchi di cifre, ed iscrizioni, che hanno attirato il genio
cchi di cifre, ed iscrizioni, che hanno attirato il genio, e la penna di non pochi nell’ esser decantati, e descritti. Qui
imi lustri vivevano nell’Egitto, del tutto proibì farsi i suoi altari di lavorate pietre : Quod si altare lapideum feceris
tis lapidibus. Che se tal legge del patto antico oggi per istituzione di Silvestro papa è del tutto abolita, ciò avvenne s
imparino essi la lor fermezza, e costanza nel servizio Divino ad onta di qualunque avversità, ed ostacolo. Chi fù Apollo.
rmata Dafne adornò le sue tempia, e la lira delle verdeggianti foglie di quello, e volle altresì, che i suoi virgulti serv
nti foglie di quello, e volle altresì, che i suoi virgulti servissero di corona a quanti distinguevansi nell’ arte poetica
rcosse caddero nel Campidoglio, e si disfecero, come riferisce Dione, di cui fu menzione Filostr. in Tyan : I, Hist. così
di cui fu menzione Filostr. in Tyan : I, Hist. così il famoso oracolo di Apollo colpito anche esso restò muto, e di tal si
st. così il famoso oracolo di Apollo colpito anche esso restò muto, e di tal silenzio lo stosso Demonio rese la ragione di
rizione, che nel i. delle sue Eneide fà Virgilio delle affannose voci di questa Dea recatasi da Eolo per ajuto, non che de
mi. Suoi sacrificii. (1). Molti scrittori servendosi nel senso largo di questa parola chiamano sacrificii eleusini tutti
ed altri luoghi secreti celebravansi da gentili, soprattutto in tempo di notte, non sò se per onorar più raccolti i loro D
più raccolti i loro Dei, o per attendere più sfrontati ad ogni sorta di oscenità degne per altro da tacersi, come consigl
positionis ipsius contaminationibus polluamur. Quali sacrificii pieni di abominazioni riprende, e condanna in più luoghi I
preci degl’antichi fedeli, nonchè calunniar per pagana la vera Chiesa di Cristo. Chi fù Vesta, Suo ossequio e culto. (1).
Il venerando cellegio delle vergini dette Vestali dal nome della Dea, di cui avevano la cura, che che altri si dicano, fù
altri si dicano, fù istituito, come sopra hò detto, da Numa al numero di quattre, prodotto quindi a sei d al quinte Re Tar
conservavasi in questo tempio dicesi essere stato lo stesso Palladio di Troja, il quale sebbene fosse stato rapilo de Gre
bbene fosse stato rapilo de Greci, ed altronde recato, pure per mezzo di Diomede di bel nuovo pervennc nelle mani del Troj
stato rapilo de Greci, ed altronde recato, pure per mezzo di Diomede di bel nuovo pervennc nelle mani del Trojano Enea, i
potere de’ Romani, i quali vollero che si conservasse nel gran tempio di Numa con tanta gelosia, che solamente la Sacerdot
ducit vittata Sacerdos, Troimam soli cui fas vidisse Minervam. Modo di eleggersi le Vestali Castighi, e privilegii delle
generazione del Verbo Eterno dal Padre, fabbricarono i Poeti, al dir di più dotti Scrittori, la prodigiosa nascita di Min
icarono i Poeti, al dir di più dotti Scrittori, la prodigiosa nascita di Minerva da Giove ; concepir però non potendo i pr
fuori. Sue vendette. Suoi nomi. Suo ritratto. (1). Questa Civetta, di cui fù amante Minerva fù la Principessa Nittimene
tene qualora imprese a deridere gli Ateniesi per la ricevuta ingiuria di audarne in bando prese a dire, che Minerva si com
ingiuria di audarne in bando prese a dire, che Minerva si compiaceva di tre bestie più villane, del Serpente cioè, della
da questi fatti forse prese occasione, e corraggio il superbo Antioco di portarsi al tempio di Nanea, ossia Venere, come p
prese occasione, e corraggio il superbo Antioco di portarsi al tempio di Nanea, ossia Venere, come piace a molti Commentat
tempio di Nanea, ossia Venere, come piace a molti Commentatori, a fin di contrarre matrimonio con essa, e riceversi a’ tit
tatori, a fin di contrarre matrimonio con essa, e riceversi a’ titolo di dote gran denaro, che quivi trovavasi raccolte :
one pagò il fio del suo attentato per mano degl’ingannatori Sacerdoti di quel tempio, che percossolo con pietre lo fecero
serunt membratim. Suo ritratto. Suoi nomi. Sue culto. (1). Non fuor di ragione fù l’amor di Venere per la colomba in pre
o ritratto. Suoi nomi. Sue culto. (1). Non fuor di ragione fù l’amor di Venere per la colomba in preferenza d’ogni altro
ie sempre rammentavale il fatto del suo caro Adone, che punto in atto di coglierla diè alla naturale sua bianchezza col sa
che essa la Regina de’fieri vistosamente si gode. (1). La conescenza di questi sagrilegi riti presso de’gentili largament
i ci fa ben intendere perchè Iddio con chiare formole proibi a Giudei di imitare le costumanze indegne de’vicini Fenici, o
proibi a Giudei di imitare le costumanze indegne de’vicini Fenici, o di altre nazioni non molto lontane da essi nella sac
in domo domiui Dei tui. E qual abominazione in vero potrebbe pensarsi di questa più nefanda ? Ne conobbe lo stesso Severo
endette. Suo potere e suoi nomi. Suo ritratto. (1). Dalla cognizione di Diana vergine armata meglio assai delle altre Dee
sai delle altre Dee prese occasione S. Girolamo scrivendo a Principia di dire, che la Verginità sempre porta seco la spada
a natura finse casto esso è l’Ape, ma chi ignora esser questo fornito di squame, e di aculeo ? Se avvi fra fiori chi è il
e casto esso è l’Ape, ma chi ignora esser questo fornito di squame, e di aculeo ? Se avvi fra fiori chi è il simbolo della
a illibata castità esso appunto è il giglio, ma però questo si pregia di spuntare, e vivere fra le spine, onde esser da es
l pudore essa non vanti in sua difesa. Suoi tempii. (1). Per cagione di alcune oblazioni di argento, che presentavansi in
nti in sua difesa. Suoi tempii. (1). Per cagione di alcune oblazioni di argento, che presentavansi in questo gran tempio
oblazioni di argento, che presentavansi in questo gran tempio in onor di Diana, di cui il culto abolito voleva S. Paolo eb
di argento, che presentavansi in questo gran tempio in onor di Diana, di cui il culto abolito voleva S. Paolo ebbe questi
cui il culto abolito voleva S. Paolo ebbe questi a sostenere il peso di una forte sedizione contro di esso sollevata dagl
. Paolo ebbe questi a sostenere il peso di una forte sedizione contro di esso sollevata dagli orefici, e soprattutto da De
ti piccoli tabernacoli, in cui custodivansi le imagini della gran Dea di quel tempio, benchè non manchi chi le vuole tavol
non manchi chi le vuole tavolette, o simulacri, che in atteggiamento di voti sciolti sospendevasi in quel tempio seguendo
vota. Chi fù il Destino. (1). Qui vorrei però che a qualche giovane di bizzarro ingegno in pensare alla infallibile immu
mperocchè non essendo il nostro Dio il cieco Dio de’ Gentili, gl’atti di sua prescienza puramente speculativa, e conseguen
l’impegno presso dell’uomo uno dei mezzi previsi, chi può fare ammeno di metterlo ? fuor di senno invero si direbbe un agr
ll’uomo uno dei mezzi previsi, chi può fare ammeno di metterlo ? fuor di senno invero si direbbe un agricoltore, un’ ammal
enza, disperato indietro si buttasse ogni mezzo ? E desiste mai forse di tentare saranno tuttocchè sappia dover avvenire l
norma della Divina prescienza ? del resto non potendo io senza taccia di temerità da Mitologo semplice farmi gran Teologo
ssi da un oracolo per sapere cosa egli rispondesse. La intenzione era di schernirlo ; perocchè se l’oracolo diceva, che qu
io a tal giovane, o a chiunque mi interrogasse, che ha preveduto Dio di me ? L’eterna salute, o l’interminabil ruina ? Ha
de’ Gentili fosse stato il Noè della Genesi assai plausibile in forza di molti argomenti l’ ha dimostrato il Boccardo. Ecc
l’ ha dimostrato il Boccardo. Eccone i principali. Quegli stessi nomi di uomo di braccia, uomo di sangue, uomo di armenti,
mostrato il Boccardo. Eccone i principali. Quegli stessi nomi di uomo di braccia, uomo di sangue, uomo di armenti, ec. che
rdo. Eccone i principali. Quegli stessi nomi di uomo di braccia, uomo di sangue, uomo di armenti, ec. che diedero le genti
incipali. Quegli stessi nomi di uomo di braccia, uomo di sangue, uomo di armenti, ec. che diedero le genti a Saturno, queg
Idolo degli Ammoniti, che secondo la tradizione degl’ Ebrei pascevasi di si barbare offerte ; per cui nel Levitico al 18 s
och ne polluas nomen Domini. Suo ritratto. (1). Si barbaro costume di sacrificare invalse non solo presso i Galli, de’
facta. Sue feste. Chi fù Giano. (1). Nell’ esporre la discendenza di questo Dio hò creduto meglio seguire la opinione
re la discendenza di questo Dio hò creduto meglio seguire la opinione di chi lo vuole figlio di Creusa adottato però dal d
esto Dio hò creduto meglio seguire la opinione di chi lo vuole figlio di Creusa adottato però dal detto Sifeo, che il pare
lo vuole figlio di Creusa adottato però dal detto Sifeo, che il parer di chi il dice figlio del Cielo, e di Ecate, perchè
però dal detto Sifeo, che il parer di chi il dice figlio del Cielo, e di Ecate, perchè sotto questa seconda divisa chiaro
avvenne ? Sue imprese. Suo ritratto. (1). Qui vorrei, che la chiave di Giano detta comunemente chiave di prudenza non si
to. (1). Qui vorrei, che la chiave di Giano detta comunemente chiave di prudenza non si lasciasse da giovani a seder ozio
si lasciasse da giovani a seder oziosa nelle mani d’un tal Nume ; ma di essa si servissero di sicura guida negli affari.
ni a seder oziosa nelle mani d’un tal Nume ; ma di essa si servissero di sicura guida negli affari. E qual cosa più vantag
ilippo, che in più circostanze dimostrò più gloriarsi della prudenza, di cui servivasi a conciliare gl’ animi vertiginosi,
Chi fù Genio. (1). Se nient’altro fosse vero in rapporto alla forza di questo Dio, i soli sacri esempii delle sventure d
apporto alla forza di questo Dio, i soli sacri esempii delle sventure di un Sichem per cagion di Dina Gen. 34. d’un Sanson
esto Dio, i soli sacri esempii delle sventure di un Sichem per cagion di Dina Gen. 34. d’un Sansone per Dalila ludic. 16.
tralti. Suo ritratto. (1). Bella è la descrizione, che dell’effigie di queste Dio efforma Properzio al terzo. Quicumque
na delineò nella sua Gerusalemme il Tasso, in cui dopo aver descritto di quel Nume lo scettro, la fronte, le corna così qu
petto Terrore accresce, e più superbo il rende Rosseggian gl’occhi, e di veneno infetto Come infausta cometa il guardo spl
di veneno infetto Come infausta cometa il guardo splende… E in guisa di voragine profonda Si apre la bocca d’atro sangue
degl’Ebrei Mosè ci sia stato dai Gentili rappresentato nella persona di Bacco con troppo plausibili argomenti tratti dall
ttratto, e per questo appunto chiamato Mosè ? Bacco con grande armata di uomini, e donne varcò l’Eritreo per la conquista
e chi ignora aver Mosè tragettato il mare istesso con nnmeroso stuolo di uomini, e donne per andar nella terra promessa ?
uomini, e donne per andar nella terra promessa ? Bacco prese vendetta di Penteo, che ritirato avea i sudditi da suoi sacri
ette. Suo ritratto. (1). Non una, e sempre la stessa era la materia, di cui erano composte le corone degl’Idoli gentili.
ria, di cui erano composte le corone degl’Idoli gentili. Alcune erano di foglie, alcune di fiori, altre di oro, ed altre d
composte le corone degl’Idoli gentili. Alcune erano di foglie, alcune di fiori, altre di oro, ed altre di argento : Di che
ne degl’Idoli gentili. Alcune erano di foglie, alcune di fiori, altre di oro, ed altre di argento : Di che materia poi era
tili. Alcune erano di foglie, alcune di fiori, altre di oro, ed altre di argento : Di che materia poi era la corona di que
altre di oro, ed altre di argento : Di che materia poi era la corona di questo Dio legga chi vuole S : Ag. lib. de Civ. D
sservi stato chi ha preteso, che questa celebrata Cibele fù figliuola di un antico Re della Frigia quale dotata di gran se
lebrata Cibele fù figliuola di un antico Re della Frigia quale dotata di gran senno, e prudenza la prima fù ad insegnare i
ale dotata di gran senno, e prudenza la prima fù ad insegnare il modo di munire le città colle torri contro gl’insulti nem
ici ; onde i sudditi per eternarne la memoria la effigiarono coronato di torri : trattandosi ciò non estante però de’delir
att. lib. 1. de fals. Rel. il quale nel cap. 15. allegando l’autorità di Cicerone scrisse  : Non dubitavit dicere Deos, qu
ti antichi Storici per altro stimano esser derivato dall’antico ratto di Proserpina figlia di Cerere antica regina di Sici
r altro stimano esser derivato dall’antico ratto di Proserpina figlia di Cerere antica regina di Sicilia commesso da Pluto
rivato dall’antico ratto di Proserpina figlia di Cerere antica regina di Sicilia commesso da Plutone ossia Adioneo re di E
Cerere antica regina di Sicilia commesso da Plutone ossia Adioneo re di Epiro stante che la madre negata gli aveva tal fi
sposa ; ma come poi è da spiegarsi per questa la libertà de’ sei mesi di quella lo lascio ad essi a soggiungerlo. Leggasi
roico ricavò il modo delle musicali cadenze quando facendo battere su di una incudine quattro martelli di 6 12 18 24 libre
li cadenze quando facendo battere su di una incudine quattro martelli di 6 12 18 24 libre l’un dopo l’altro dalla gravità
nto dicendo : Apre l’ uomo infelice allor che nasce In questa valle di miserie piena Pria che al sol gli occhi al pianto
so, ed inordinato componimento, che cantavansi dalle baccanti in onor di Bacco ; oggidì dinota un ammasso di più versi di
cantavansi dalle baccanti in onor di Bacco ; oggidì dinota un ammasso di più versi di diversa specie senza alcuna legge al
lle baccanti in onor di Bacco ; oggidì dinota un ammasso di più versi di diversa specie senza alcuna legge al solo arbitri
so di più versi di diversa specie senza alcuna legge al solo arbitrio di chi compone. Tal è il ditirambo del celebre Franc
ua bene in questi miei componimenti le tre parti divisate nel Cap. I. di questa parte. Egli se bene riflette scorgerà nei
ione colla sua sentenza. (1). Potrà sembrare a qualcuno, che io pria di venire agli Endecasillabi rimati doveva far parol
nsulti chi vuole a suo genio. (1). Dicesi Spondiaco quell’ Esametro, di cui il quinto piede è occupato da uno Spondeo. co
le iniziale. Ambedue queste figure possono osservarsi in questo verso di Virg. Ec. 3. 101. Idem amor exitium pecori est, p
sono Trochei anch’essi forzosi. Il Trimetro Archilochio é un Giambico di cinque piedi con una sillaba di più alla fine.
Il Trimetro Archilochio é un Giambico di cinque piedi con una sillaba di più alla fine.
14 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Indice alfabettico. » pp. -424
afi.) A Abila, monte dell’Affrica, 390. Acalo, meccanico, nipote di Dedalo, 424. Acheloo, figlio del Sole e della Ter
scalafo, 56. Achille. Sua infanzia, 536 ; — sue avventure all’assedio di Troja, 538-540 ; — sua morte, 541. Aci, trasforma
sformato in fiume, 273. Acrisio, 75. Rinchiude la figlia in una torre di metallo, 353 ; — perde il trono e lo riacquista p
na torre di metallo, 353 ; — perde il trono e lo riacquista per opera di Perseo, 363. Admeto, re di Tessaglia, 102, 388. A
— perde il trono e lo riacquista per opera di Perseo, 363. Admeto, re di Tessaglia, 102, 388. Adone, protetto da Venere ; 
etto da Venere ; — trasformato in anemone, 177. Adonie, feste in onor di Adone, 177. Adrasto, capitano nella guerra di Teb
. Adonie, feste in onor di Adone, 177. Adrasto, capitano nella guerra di Tebe, 506. Aello, Arpia, 191. Aeta, possessore de
Arpia, 191. Aeta, possessore del Vello d’oro, 450. Agamede, fratello di Trofonio, 81. Agamennone, supremo duce nella guer
mede, fratello di Trofonio, 81. Agamennone, supremo duce nella guerra di Troja, 527. Agenore, padre di Cadmo e d’Europa, 4
. Agamennone, supremo duce nella guerra di Troja, 527. Agenore, padre di Cadmo e d’Europa, 482. Agesandro (di Rodi), uno d
ra di Troja, 527. Agenore, padre di Cadmo e d’Europa, 482. Agesandro ( di Rodi), uno degli scultori del Laocoonte, 607. Age
7. Ajace, eroe greco, figlio d’Oileo, 567. Ajace, eroe greco, figlio di Telamone, 561 ; — sue gesta all’assedio di Troja,
Ajace, eroe greco, figlio di Telamone, 561 ; — sue gesta all’assedio di Troja, 563 ; — contesa con Ulisse, 564 ; — sua mo
le, 388. Alcide, soprannome d’Ercole, 400. Alcimide, 670. Alcinoo, re di Corcira, padre di Nausica, ospite d’Ulisse, 578.
oprannome d’Ercole, 400. Alcimide, 670. Alcinoo, re di Corcira, padre di Nausica, ospite d’Ulisse, 578. Alcione, 206. Alci
spite d’Ulisse, 578. Alcione, 206. Alcioni, uccelli, 205. Alcitoo, re di Megara, 229. Alcmena, madre di Ercole, 74, 364. A
06. Alcioni, uccelli, 205. Alcitoo, re di Megara, 229. Alcmena, madre di Ercole, 74, 364. Alcmeone, figlio di Anfiarao, un
e di Megara, 229. Alcmena, madre di Ercole, 74, 364. Alcmeone, figlio di Anfiarao, uno dei sette capitani sotto Tebe, 506.
Achille, 542. — L’Oracolo, 668. Aletto, Furia, 232. Alfeo, innamorato di Aretusa e cangiato in fiume, 323, 380. Altea, mad
eo, innamorato di Aretusa e cangiato in fiume, 323, 380. Altea, madre di Meleagro, 626. Amadriadi, ninfe delle foreste, 31
o, 626. Amadriadi, ninfe delle foreste, 319. Amaltea (capra), nutrice di Giove, 29 ; — collocata in cielo, 77. Amatunta, V
degli Dei, 222. Amicizia, divinità allegorica, 351 2°. Amicla, madre di Giacinto, 104. Amico, re di Bitinia, 442. Amore,
ivinità allegorica, 351 2°. Amicla, madre di Giacinto, 104. Amico, re di Bitinia, 442. Amore, figlio di Venere, 172, 173.
cla, madre di Giacinto, 104. Amico, re di Bitinia, 442. Amore, figlio di Venere, 172, 173. Anchise, eroe trojano protetto
rojano protetto da Venere, e padre d’Enea, 176, 608. Androgeo, figlio di Minosse, 416. Andromaca, moglie d’Ettore, 545, 59
ione, abile sonatore, 74, 481. Anfitrione, 74, 364. Anfitrite, moglie di Nettuno, 188. Anteo (gigante). Suoi misfatti e s
nticlea, madre d’Ulisse, 568. Antifate, 573 (nota). Antigone, esempio di pietà filiale, 503. Antiope, madre di Zeto, regin
, 573 (nota). Antigone, esempio di pietà filiale, 503. Antiope, madre di Zeto, regina delle Amazzoni, 74, 432. — Moglie di
503. Antiope, madre di Zeto, regina delle Amazzoni, 74, 432. — Moglie di Lico e madre d’Anfione, 481. Antipatro, 670. Anub
. Apollo. Sua nascita, 96 ; — uccide il serpente Pitone, 99 ; — morte di Esculapio suo figlio, 100 ; — suo esilio dal ciel
adorato dai pastori, 102 ; — fabbrica con Nettuno le mura della città di Troja, 106 ; — si vendica della mala fede di Laom
tuno le mura della città di Troja, 106 ; — si vendica della mala fede di Laomedonte, ivi ; — fine del suo esilio, 110 ; — 
lio della ninfa Calisto, 75, 140. Archemoro, 673. Archidamante, padre di Licisia, 670. Archiloco, guerriero, figlio di Nes
73. Archidamante, padre di Licisia, 670. Archiloco, guerriero, figlio di Nestore, 555. Areopago, celebre tribunale d’Atene
re tribunale d’Atene, 261 (nota). Aretusa, insegna a Cerere la dimora di Proserpina, 58 ; — Ninfa trasformata in fonte, 32
a, 58 ; — Ninfa trasformata in fonte, 323. Argo, architetto ; custode di Io, 89, 452. Argo, vascello costruito dagli Argon
ti, 452. Argonauti, 452. Ariauna. Aiuta Teseo ad escire dal laberinto di Creta, 417 ; — sposa-Bacco, 418. Ariete, segno de
risteo, figlio d’Apollo ; sue avventure, 474, 475 ec. Armonia, moglie di Cadmo, 489. Aronta, indovino, 660 (nota). Arpie,
moglie di Cadmo, 489. Aronta, indovino, 660 (nota). Arpie, figliuole di Nettuno, 191. Arpocrate, dio del silenzio, 336. A
di Nettuno, 191. Arpocrate, dio del silenzio, 336. Artemisia, moglie di Mausolo, 135, 177 (nota). Ascalafo, figliuolo del
sopo, regina d’Egina, perseguitata da Giunone, 92. Astianatte, figlio di Ettore, 595. Astrea, o la Giustizia, figlia di Te
92. Astianatte, figlio di Ettore, 595. Astrea, o la Giustizia, figlia di Temi, 339. Atalanta, moglie d’Ippomene, 640 e seg
Temi, 339. Atalanta, moglie d’Ippomene, 640 e seg. Atalanta, moglie di Meleagro, 627. Atamante, re di Tebe, 449. Atea, d
Ippomene, 640 e seg. Atalanta, moglie di Meleagro, 627. Atamante, re di Tebe, 449. Atea, divinità allegorica, 335. Atene,
igine del suo nome, 264. Atenea o Minerva, 263. Atenee, feste in onor di Minerva, 269. Atenodoro, celebre scultore, 607. A
nor di Minerva, 269. Atenodoro, celebre scultore, 607. Ati, sacerdote di Cibele, 49 ; — sua metamorfosi, 50. Atlante, re i
e possessore del giardino delle Esperidi, 359, 382. Atreo, figliuolo di Pelope, e fratello di Tieste, 514-515. Atropo, un
dino delle Esperidi, 359, 382. Atreo, figliuolo di Pelope, e fratello di Tieste, 514-515. Atropo, una delle Parche, 235. A
cervo, 138. Augia, punito da Ercole, 380. Aulide, 529. Aurora, moglie di Titone, 112 ; — suoi figli, 113 ; — moglie di Cef
de, 529. Aurora, moglie di Titone, 112 ; — suoi figli, 113 ; — moglie di Cefalo, 116 ; — come é rappresentata, 117. Austro
 — moglie di Cefalo, 116 ; — come é rappresentata, 117. Austro, vento di mezzogiorno, 652, 656. Autonoe, figlia di Cadmo,
sentata, 117. Austro, vento di mezzogiorno, 652, 656. Autonoe, figlia di Cadmo, e moglie d’Aristeo, 477. Averno, lago, 215
e d’Aristeo, 477. Averno, lago, 215. B Baccanali, feste in onor di Bacco, 153. Baccanti, sacerdotesse di Bacco, 153-
B Baccanali, feste in onor di Bacco, 153. Baccanti, sacerdotesse di Bacco, 153-155. Bacco. Sua nascita, 146 ; — sua e
; — sposa Arianna, 152 ; — feste in ono[ILLISIBLE]uo, 153 ; — gastigo di Penteo, 155 ; — e delle Mineidi, 156 ; — com’è ra
si nomi che egli ebbe, 159. Balder, 743. Batto, trasformato in pietra di paragone, 167. Bauci, moglie di Filemone, 621 e s
er, 743. Batto, trasformato in pietra di paragone, 167. Bauci, moglie di Filemone, 621 e seg. Bécubo. Soccorre Cerere, 57
di Filemone, 621 e seg. Bécubo. Soccorre Cerere, 57. Belidi, figlie di Danao, 252. Bellero, fratello di Bellerofonte, 46
Soccorre Cerere, 57. Belidi, figlie di Danao, 252. Bellero, fratello di Bellerofonte, 461. Bellerofonte. Sue avventure, i
avventure, ivi. Bellona, Dea della guerra, 287. Bellonarj, sacerdoti di Bellona, 288. Belo, padre di Danao, 252. Belo, re
della guerra, 287. Bellonarj, sacerdoti di Bellona, 288. Belo, padre di Danao, 252. Belo, re di Tiro, e padre di Didone,
onarj, sacerdoti di Bellona, 288. Belo, padre di Danao, 252. Belo, re di Tiro, e padre di Didone, 611. Belo, divinità dei
di Bellona, 288. Belo, padre di Danao, 252. Belo, re di Tiro, e padre di Didone, 611. Belo, divinità dei Babilonesi, 711.
di Didone, 611. Belo, divinità dei Babilonesi, 711. Berecinzia, nome di Cibele, 40. Berenice. Sua chioma trasformata in s
, 40. Berenice. Sua chioma trasformata in stella, 184. Beroe, nutrice di Semele, 147. Biante, filosofo, 122. Bilancia, seg
, filosofo, 122. Bilancia, segno dello Zodiaco, 683. Bitone, fratello di Cleobi : esempio di pietà filiale, 624. Borea, ve
ancia, segno dello Zodiaco, 683. Bitone, fratello di Cleobi : esempio di pietà filiale, 624. Borea, vento del Nord, 651-65
2 ; — sue avventure 484 e seg. — sua metamorfosi, 490. Caduceo, verga di Mercurio, 161, 162. Ca[ILLISIBLE], figlio di Bor
si, 490. Caduceo, verga di Mercurio, 161, 162. Ca[ILLISIBLE], figlio di Borea, 654. Calcante, indovino, 664. Caldei, sace
4. Calisso. Sue avventure con Ulisse, 577, 578. Calisto, ninfa, madre di Arcade, 75 ; — sue sventure, 140. Calliope, una d
ure, 140. Calliope, una delle nove Muse, 274, e seg. Calliroe, madre di Gerione, 379. Calpe, monte nell’ Europa, 390. Cal
egorica, 345 2°. Campi Elisi, dimora dei buoni dopo morte, 216. Campo di Marte, palestra dei Romani, 259 (nota). Cancro, s
Romani, 259 (nota). Cancro, segno dello Zodiaco, 680. Canente, figlia di Giano e madre di Fauno, 300. Caos, 22. Capaneo, u
). Cancro, segno dello Zodiaco, 680. Canente, figlia di Giano e madre di Fauno, 300. Caos, 22. Capaneo, uno degli Eroi del
e madre di Fauno, 300. Caos, 22. Capaneo, uno degli Eroi della guerra di Tebe, 506. Capricorno, segno dello Zodiaco, 686.
ferno, 225. Cassandra, indovina ; sue sventure, 604. Cassiopea, madre di Andromeda, 361. Castalia, ninfa trasformata in fo
da, 361. Castalia, ninfa trasformata in fonte, 123. Castore, fratello di Polluce ; sua nascita, 441 ; — onorato come Dio m
Cefalo, secondo marito dell’Aurora ; sue sventure, 116. Cefeo, padre di Andromaca, 361. Cefiso, 321. Ceice, 206. Celeno,
. Celo, Cielo o Urano. Sua moglie, 23 ; — suoi figli, 26. Cencreo, re di Salamina, 229. Centauri, mostri, 429, 430. Ceo, u
Salamina, 229. Centauri, mostri, 429, 430. Ceo, uno dei Titani, padre di Latona, 96. Cerbero, mostro a custodia dell’Infer
, celebre Centauro, 100, 430, 536. Ciane, Ninfa che s’oppose al ratto di Proserpina, 53. Cibele. Sua nascita, 26 ; — sue n
 — sue feste, 47 ; — suoi sacerdoti, 48 ; sacrifizi istituiti in onor di Cibele, 49 ; — trasforma Ati in pino, 50. Ciclopi
n onor di Cibele, 49 ; — trasforma Ati in pino, 50. Ciclopi, compagni di Vulcano, 272. Cicno, cangiato in cigno, 120. Cidi
di Vulcano, 272. Cicno, cangiato in cigno, 120. Cidippe, 624. Cignale di Calidone, 414. Cigno, 120, 134, 472. Cimone, 440.
Calidone, 414. Cigno, 120, 134, 472. Cimone, 440. Cimotoe, 316. Cinto di Venere, 182. Ciparisso. Sua metamorfosi, 132. Cip
182. Ciparisso. Sua metamorfosi, 132. Cipria, Cipride, Ciprigna, nomi di Venere, 180. Cipro, isola di Venere, 179, 180. Ci
si, 132. Cipria, Cipride, Ciprigna, nomi di Venere, 180. Cipro, isola di Venere, 179, 180. Circe, celebre nella magia, 575
e, Ninfa, 474, 475. Ciro, 668. Citera, isola, 179, 180. Citerea, nome di Venere, 180. Cleobi, esempio di pietà filiale, 62
itera, isola, 179, 180. Citerea, nome di Venere, 180. Cleobi, esempio di pietà filiale, 624, 625. Cleobulo, filosofo, 122.
ro, 670. Clio, una delle nove Muse, 274, e seg. Clitennestra, moglie di Agamennone, 532. [ILLISIBLE]ia. Sua metamorfosi,
gamennone, 532. [ILLISIBLE]ia. Sua metamorfosi, 130. Cloride, moglie di Nereo, 553. Cloto, una delle Parche, 235. Cocalo,
Cocalo, 423. Cocito, fiume dell’Inferno, 219. Colchide, 448. Colosso di Rodi, 135. Como, Dio della gioia e dei banchetti,
5. Como, Dio della gioia e dei banchetti, 285, 286. Conso, soprannome di Nettuno, 212. Corcira, isola, 578. Coribanti, sac
soprannome di Nettuno, 212. Corcira, isola, 578. Coribanti, sacerdoti di Cibele, 48 ; — allevano Giove, 29. Corno dell’ ab
, 509. Crepuscolo, 239. Creso, 668. Creta, isola, 228. Creusa, moglie di Enea, 608, 609. Crisa, madre di Flegia, 247. Cris
68. Creta, isola, 228. Creusa, moglie di Enea, 608, 609. Crisa, madre di Flegia, 247. Crisaorso, padre di Gerione, 358, 37
glie di Enea, 608, 609. Crisa, madre di Flegia, 247. Crisaorso, padre di Gerione, 358, 379. Criseide, prigioniera di Agame
ia, 247. Crisaorso, padre di Gerione, 358, 379. Criseide, prigioniera di Agamennone, figlia di Criseo, 539. Criseo, sacerd
dre di Gerione, 358, 379. Criseide, prigioniera di Agamennone, figlia di Criseo, 539. Criseo, sacerdote d’Apollo, ivi. Cu
llo, ivi. Cumana (sibilla), 667. Cupac, 744. Cupido, o Amore, figlio di Venere, 172, 173. Cureti, abitanti di Creta, sace
c, 744. Cupido, o Amore, figlio di Venere, 172, 173. Cureti, abitanti di Creta, sacerdoti di Cibele, 29, 48. D Dafne
ore, figlio di Venere, 172, 173. Cureti, abitanti di Creta, sacerdoti di Cibele, 29, 48. D Dafne, Ninfa ; sua metamo
le, 29, 48. D Dafne, Ninfa ; sua metamorfosi, 103. Danae, madre di Perseo, 353. Danaidi, figlie di Danao, 252. Danao
 ; sua metamorfosi, 103. Danae, madre di Perseo, 353. Danaidi, figlie di Danao, 252. Danao, re d’Argo, ivi. Dardano, 517.
a da Ercole, 393 ; — Nesso tenta rapirla, 394 ; — cagione della morte di Ercole, 395-398. Deidamia, figlia di Licomede, 53
rla, 394 ; — cagione della morte di Ercole, 395-398. Deidamia, figlia di Licomede, 537. Deifobe (sibilla), 665. Deioneo, 2
ei cacciatori, 142 ; — suo tempio in Efeso, 143 ; — sacrifizj e culto di questa Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. Di
ulto di questa Dea, 144 ; — come è rappresentata, 145. Didone, regina di Cartagine ; sue sventure, 610-612. Diespiter, nom
Didone, regina di Cartagine ; sue sventure, 610-612. Diespiter, nome di Giove, 79. Dindimena, nome di Cibele, 40. Diomede
sue sventure, 610-612. Diespiter, nome di Giove, 79. Dindimena, nome di Cibele, 40. Diomede, uno dei capitani dell’armata
a Greca, 550 ; — sue gesta, 551 ; — sua metamorfosi, 552. Diomede, re di Tracia ; sue crudeltà e sua fine, 377. Dionea, Ni
, 82. Dolore, divinità allegorica, 345 3°. Dori, figlia dell’Oceano e di Teti, 193. Driadi, Ninfe dei boschi, 319. Driope,
giudice dell’Inferno, 231. Ebe, coppiera dell’Olimpo, 87. Ecate, nome di Diana, 138, 144, 234 2°. Ecatombe, o sacrifizio d
o, 87. Ecate, nome di Diana, 138, 144, 234 2°. Ecatombe, o sacrifizio di cento Bovi, 144. Echidna, madre, o secondo altri,
ella Chimera, 358, 466. Eco, Ninfa ; sue sventure, 321. Ecuba, moglie di Priamo, 589, 597. Edipo. Sua nascita, 491 ; — sua
95 ; — spiega l’enimma proposto dalla Sfinge, 449 ; — è proclamato re di Tebe, 500 ; — sua fine, 503, 504. Efeso, città e
e Teseo suo figlio, 406 ; — sua morte, 426. Egeria, Ninfa consigliera di Numa, 324. Egiale, 552. Egialea, 697. Egida di Mi
ria, Ninfa consigliera di Numa, 324. Egiale, 552. Egialea, 697. Egida di Minerva, 267. Egina, 229. Egisto, figlio di Tiest
552. Egialea, 697. Egida di Minerva, 267. Egina, 229. Egisto, figlio di Tieste, 516. Egitto, fratello di Danao, 252. Elen
rva, 267. Egina, 229. Egisto, figlio di Tieste, 516. Egitto, fratello di Danao, 252. Elena, sacerdotessa di Diana ; rapita
o di Tieste, 516. Egitto, fratello di Danao, 252. Elena, sacerdotessa di Diana ; rapita da Teseo, 433 ; — liberata dai fra
rapita da Teseo, 433 ; — liberata dai fratelli, 434 ; — divien moglie di Menelao, e gli vien rapita da Paride, 528, 601 ; 
i vien rapita da Paride, 528, 601 ; — è resa a Menelao dopo la caduta di Troja, 531. Eleno, fratello di Ettore, 596. Elett
01 ; — è resa a Menelao dopo la caduta di Troja, 531. Eleno, fratello di Ettore, 596. Elettra, sorella d’Oreste, 527. Eleu
ra, sorella d’Oreste, 527. Eleusi, città, 60. Eleusine, feste in onor di Cerere, ivi. Eliadi, sorelle di Fetonte, 120. El
, città, 60. Eleusine, feste in onor di Cerere, ivi. Eliadi, sorelle di Fetonte, 120. Elicona, monte sacro ad Apollo, 123
Elicona, monte sacro ad Apollo, 123 Elisi (campi), 216. Elle, sorella di Frisso, 449. Emone, figlio di Creonte re di Tebe
123 Elisi (campi), 216. Elle, sorella di Frisso, 449. Emone, figlio di Creonte re di Tebe, 510. Encelado, gigante, 69. E
mpi), 216. Elle, sorella di Frisso, 449. Emone, figlio di Creonte re di Tebe, 510. Encelado, gigante, 69. Endimione, past
. Endimione, pastore protetto da Diana, 139. Enea, figlio d’Anchise e di Venere, 608 ; — fuggendo da Troja perde Creusa su
ia, 512, 513. Enone, Ninfa amata da Paride, 603. Enosigeo, soprannome di Nettuno, 212. Enotria, Italia, 610. Eolo, Dio dei
. Eolo, Dio dei venti, 199. Eoo, cavallo del Sole, 110. Epafo, figlio di Giove e di Io, 90. Epidauro, patria d’Esculapio,
dei venti, 199. Eoo, cavallo del Sole, 110. Epafo, figlio di Giove e di Io, 90. Epidauro, patria d’Esculapio, 291. Epigon
Esculapio, 291. Epigoni, primogeniti dei sette capitani sotto le mura di Tebe, 510 (nota). Epimede, 461. Epimenide, filoso
, filosofo 658 2°. Epimeteo, sposa Pandora, 73. Eraclidi, discendenti di Ercole, 368. Erato, una delle nove Muse, 274, e s
, una delle nove Muse, 274, e seg. Ercole. Sua nascita. 364 ; — odio di Giunone contro di lui, 365 ; — come si placasse,
use, 274, e seg. Ercole. Sua nascita. 364 ; — odio di Giunone contro di lui, 365 ; — come si placasse, 366 ; — sua educaz
a Morte, 388 ; — libera Prometeo, 389 ; — separa due monti, 390 ; — è di nuovo in odio a Giunone, 391 ; — suoi amori, 392,
ittone, sue avventure, 62. Eritrea, 665. Erittonio, 517. Ermeto, nome di Mercurio, 168. Ermione, figlia di Marte, 256. Ero
, 665. Erittonio, 517. Ermeto, nome di Mercurio, 168. Ermione, figlia di Marte, 256. Ero e Leandro, 646 2°. Erofila. Vedi
a. Vedi Demofila. Eros, amor virtuoso, 173. Erostrato, arde il tempio di Diana in Efeso, 143. Erse, sorella d’Aglauro, 167
n rappresentato, 292 ; — suoi figli, 293. Esiodo, 480. Esione, figlia di Laomedonte ; 108 ; — sposa Telamone, 109, 229, 51
 — è chiesta da Paride, 601. Eso, divinità gallica, 730. Esone, padre di Giasono, 448. Esperia, Italia, 610. Esperidi (le
Oro ; — dell’ Argento ; — del Rame ; — del Ferro, 34. Eteocle, figlio di Edipo, usurpa il trono al fratello ec., 505 ; — g
cle, figlio di Edipo, usurpa il trono al fratello ec., 505 ; — guerra di Tebe, 506 ; — morte d’Eteocle, 508. Etone, cavall
6 ; — morte d’Eteocle, 508. Etone, cavallo del Sole, 110. Etra, madre di Teseo, 402. Ettore, eroe trojano, figlio di Priam
el Sole, 110. Etra, madre di Teseo, 402. Ettore, eroe trojano, figlio di Priamo, 591-596. Eufrosine, una delle tre Grazie,
umenidi, nome delle Furie, 232. Eumolpo, Jerofante, o sommo sacerdote di Cerere, 60 (nota). Eunomia, figlia d’Astrea, 337.
steo, fratello d’Ercole, 364. Euriteo, 396. Eurito, 367. Euro, vento di Levante, 652-655. Europa, madre di Minosse e di R
eo, 396. Eurito, 367. Euro, vento di Levante, 652-655. Europa, madre di Minosse e di Radamanto, 74 ; — suo ratto, 483. Eu
ito, 367. Euro, vento di Levante, 652-655. Europa, madre di Minosse e di Radamanto, 74 ; — suo ratto, 483. Euterpe, una de
d’Ercole, 369 e seg. Fato, 21. Fatua o Fatuella, 300. Fauna, moglie di Fauno, 300. Fauni, discendenti di Fauno, 301. Fau
atua o Fatuella, 300. Fauna, moglie di Fauno, 300. Fauni, discendenti di Fauno, 301. Fauno, divinità campestre, 300. Favol
no, divinità campestre, 300. Favola (divisione della), 2. Febea, nome di Diana, 138. Febo, nome d’Apollo, 110. Fedeltà, di
me d’Apollo, 110. Fedeltà, divinità allegorica, 351 3°. Fedra, moglie di Teseo, 435 ; — calunnia Ippolito, 436 ; — suo gas
animale favoloso, 158. Fenris, 743. Fereo, 388. Feretrio, soprannome di Giove, 79. Feronia, Dea dei frutti nascenti, 312.
vanagloria e suo gastigo, 118. Fialte, gigante, 69. Filemone, marito di Bauci, 621 e seg. Filomela, sue sventure, 644 e
auci, 621 e seg. Filomela, sue sventure, 644 e seg. Filonoe, figlia di Jobate, e moglie di Bellerofonte, 467. Filottete,
lomela, sue sventure, 644 e seg. Filonoe, figlia di Jobate, e moglie di Bellerofonte, 467. Filottete, uno degli eroi dell
, 546. Fineo, trasformato in pietra, 362. Fiumi, figli dell’Oceano e di Teti, 194. Flegetonte, fiume dell’Inferno, 220. F
, uno de’ Sogni, 241. Foco, figlio d’Eaco, 229. Forba, pastore del re di Corinto, 492. Forco, deità marina, 204. Fortuna,
ica, 332. Forza, divinità allegorica, 346. Freya, 743. Frisso, figlio di Atamante, 449 e 450. Funerali, 689 e seg. Furie,
e seg. Furie, divinità infernali, 232, 234. G Galatea, figlia di Nereo, 273. Galli, sacerdoti di Cibele, 48. Ganim
li, 232, 234. G Galatea, figlia di Nereo, 273. Galli, sacerdoti di Cibele, 48. Ganimede, coppiere di Giove, 87. Geme
lia di Nereo, 273. Galli, sacerdoti di Cibele, 48. Ganimede, coppiere di Giove, 87. Gemelli, segno dello Zodiaco, 679. Gen
nei sacrifizj, 37. Giapeto, celebre fra i Titani, 30. Giasone, padre di Pluto, 52. Giasone, figlio di Esone. Sua nascita,
elebre fra i Titani, 30. Giasone, padre di Pluto, 52. Giasone, figlio di Esone. Sua nascita, 448 ; — intraprende la conqui
’oro, 449 e seg. ; — sua morte, 460. Gigauti, 65-69. Giocasta, moglie di Edipo, 491. Giove. Sua nascita, 28 ; — sposa Giun
nomi, 79 ; — suo culto, 81 ; — come è rappresentato, 83 ; — pluralità di Giovi, 84. Giunone. Sua nascita, 85 ; — suoi figl
88 ; — sua persecuzione contro Io, 89-90 ; — contro Europa e i figli di Cadmo, 91 ; contro Asopo, 92 ; — contro Latona, 9
3. Gorgoni, mostri, 357. Gradivo, 259, nota. Grazie (le tre), figlie di Venere, 175. Guerra di Troja, 517 ; — causa di ta
. Gradivo, 259, nota. Grazie (le tre), figlie di Venere, 175. Guerra di Troja, 517 ; — causa di tal guerra, 518. Gusto ca
razie (le tre), figlie di Venere, 175. Guerra di Troja, 517 ; — causa di tal guerra, 518. Gusto cattivo (il), 277. H
Iarba, re affricano, 611. Ibla, monte in Sicilia, 477. Icaro, figlio di Dedalo, 422. Icelo, uno dei sogni, 240. Ida, ful
445. Idalia. Vedi Cipro. Idolatria, sua origine, 12-15. Idomeneo, re di Creta, 558, 559. Idra di Lerna, 371. Ierofante, o
Idolatria, sua origine, 12-15. Idomeneo, re di Creta, 558, 559. Idra di Lerna, 371. Ierofante, o sommo sacerdote, 60 (not
erna, 371. Ierofante, o sommo sacerdote, 60 (nota). Ifianasse, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ifigenia, f
sse, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ifigenia, figlia di Agamennone, 527, 529. Ifinoe, figlia di Preto ; g
vanità, 92. Ifigenia, figlia di Agamennone, 527, 529. Ifinoe, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Ila, rapito
tigo della sua vanità, 92. Ila, rapito dalle Ninfe, 654. Ilio, figlio di Laomedonte, 106. Ilioneo, 610. Ilo, 517. Imene, f
lio, figlio di Laomedonte, 106. Ilioneo, 610. Ilo, 517. Imene, figlio di Venere, 174. Inaco, re d’Argo, 89. Incas, 744. In
d’Argo, 89. Incas, 744. Indovini, 659. Inferno, 215, 217. Ino, moglie di Atamante, 449. Invidia, divinità allegorica, 342.
vidia, divinità allegorica, 342. Io, sue avventure, 89-90. Iobate, re di Licia, 463. Iole, 396. Ipermestra, una delle Dana
463. Iole, 396. Ipermestra, una delle Danaidi, 252. Ippio, soprannome di Nettuno, 212. Ippocrate, 293. Ippocrene, fonte sa
ocrate, 293. Ippocrene, fonte sacro ad Apollo, 123. Ippodamia, moglie di Pelope, 511. Ippodromio, 212. Ippolita, regina de
tta prigioniera da Ercole, 375 ; — sposa Teseo, 432. Ippolito, figlio di Teseo, 432, 436 ; — sua morte, 437 ; — è resuscit
suscitato da Esculapio, 438. Ippomedonte, uno degli Eroi della guerra di Tebe, 506. Ippomene, sposa Atalanta, 640-642. Ipp
di Tebe, 506. Ippomene, sposa Atalanta, 640-642. Ipponoo, primo nome di Bellerofonte, 461. Iride, messaggera di Giunone,
640-642. Ipponoo, primo nome di Bellerofonte, 461. Iride, messaggera di Giunone, 93. Iside, divinità egiziana, 696. Isme
ne, sorella d’Antigone, 510. Issione, suo supplizio, 248. Iti, figlio di Tereo, 637. K Kici-Manitu, 744. L Lab
ano i più celebri, 420. Lachesi, una delle Parche, 235. Ladone, padre di Siringa, 299. Laerte, padre d’Ulisse, 568. Laio,
di Siringa, 299. Laerte, padre d’Ulisse, 568. Laio, padre d’Edipo, re di Tebe, 491. Lamia, 665. Laocoonte, figliuolo di Pr
aio, padre d’Edipo, re di Tebe, 491. Lamia, 665. Laocoonte, figliuolo di Priamo, 605 ; — suo tragico fine, 606, 607. Laoda
iuolo di Priamo, 605 ; — suo tragico fine, 606, 607. Laodamia, moglie di Protesilao, 557. Laomedonte, re di Troja, 106, 10
o fine, 606, 607. Laodamia, moglie di Protesilao, 557. Laomedonte, re di Troja, 106, 107, 187, 517. Lapiti, popoli, 429. L
pente Pitoue, 97 ; — partorisce Apollo e Diana, ivi. Lavinia, figlia di Latino, 614. Lavoro, divinità allegorica, 347 2°.
, popoli barbari, 574. Lete, fiume dell’ Inferno, 224. Leucade (salto di ), 177. Leucosia, Sirena, 196. Leucotoe. Sua meta
o da Ercole, 397. Licaone. Sua istoria, 78. Licisia, 670. Lico, padre di Anfione, 481. Licomede, re di Sciro, 439, 537. Li
istoria, 78. Licisia, 670. Lico, padre di Anfione, 481. Licomede, re di Sciro, 439, 537. Linceo, marito d’Ipermestra, 252
versi lirici, 121. Liriope, 321. Lisia, Sirena, 196. Lisippa, figlia di Preto ; gastigo della sua vanità, 92. Loke, 743.
Lucifero, Dio del mattino, 239. Lucina o Illitia, 83, 95. Luna, nome di Diana, 138. Lupercali, feste in onor di Giunone,
o Illitia, 83, 95. Luna, nome di Diana, 138. Lupercali, feste in onor di Giunone, 95 ; — in onor di Pane, 296. Luperci, sa
me di Diana, 138. Lupercali, feste in onor di Giunone, 95 ; — in onor di Pane, 296. Luperci, sacerdoti del Dio Pane, 296.
e, 296. Luperci, sacerdoti del Dio Pane, 296. M Macaone, figlio di Esculapio, 293. Magi, sacerdoti dei Persiani, 714
Esculapio, 293. Magi, sacerdoti dei Persiani, 714. Maja, Ninfa, madre di Mercurio, 160. Manco-Capac, 744. Mani, ombre dei
nco-Capac, 744. Mani, ombre dei morti, 243. Manto, profetessa, figlia di Tiresia, 660. Marsia. Sue avventure, 125. Marte,
sentato, 258 ; — suo culto, 259 ; — suoi sacerdoti, 260 ; — pluralità di Marti, 261. Mausolo e Mausoleo, 135. Medea. Sue a
avventure, 454-458 ; — sua malvagità contro Teseo, 406. Medo, figlio di Medea, 459. Medusa, una delle Gorgoni, 357. Megap
glio di Medea, 459. Medusa, una delle Gorgoni, 357. Megapento, figlio di Preto, 363. Megara, moglie d’Ercole, 391. Megera,
, 345 4°. Meleagro. Sua nascita, 626 ; — sua morte, 628. Melia, madre di Cadmo, 482. Melicerta, figliuola di Ino, 449. Mel
 ; — sua morte, 628. Melia, madre di Cadmo, 482. Melicerta, figliuola di Ino, 449. Melissa, Ninfa Oreade, ritrovatrice del
la patria, 507. Menelao. Sue avventure, 528, 530, 531. Menezio, padre di Patroclo, 592. Mennone. Sua nascita, 113 ; — sue
; — come protettore dei ladri, 165, 166 ; — trasforma Batto in pietra di paragone, 167 ; — varj nomi che egli ebbe, 168 ; 
ietra di paragone, 167 ; — varj nomi che egli ebbe, 168 ; — pluralità di Mercuri, 169. Metempsicosi, 162. Metra. Sue trasf
9. Milone, atleta, 670 ; — sue avventure e sua morte, ivi. Mineo, re di Tebe, 156. Mineidi. Loro metamorfosi, 156. Minerv
sua egida, 267 ; — dove era principalmente adorata, 269. Minosse I re di Creta, e poi giudice dell’ Inferno, 228. Minosse
inosse I re di Creta, e poi giudice dell’ Inferno, 228. Minosse II re di Creta, 415-423. Minotauro, mostro, 414. Mirmidoni
o, mostro, 414. Mirmidoni, abitanti d’Egina, 92. Mirtillo, figliuolo di Mercurio, 513. Misteri d’Eleusi, 60. Mitologia. S
tri, 319. Narciso. Sue avventure, 321, 322. Nauplio, vendica la morte di Palamede suo figlio, 585. Nausica, figlia d’Alcin
lcinoo, 578. Necessità, divinità allegorica, 24, 332 2°. Neleo, padre di Nestore, 553. Nemea, foresta, 370. Nemesi, divini
ca, 333, 334. Nereidi, Ninfe marine, 316. Nereo, figlio dell’Oceano e di Teti, 193. Nesso, uno dei Centauri, 394. Nestore,
i, 193. Nesso, uno dei Centauri, 394. Nestore, eroe greco all’assedio di Troja, 553-555. Néttare, bevanda degli Dei, 222.
infe delle Acque, 314 e seg. — della Terra, 318 e seg. Niobe, figlia di Tantalo, 629 ; — sue sventure e sua metamorfosi,
; — sue sventure e sua metamorfosi, 631-633. Nord, 743. Nisa, nutrice di Bacco, 149. Notte, Dea delle tenebre, 238. Numa,
Nisa, nutrice di Bacco, 149. Notte, Dea delle tenebre, 238. Numa, re di Roma, 324. O Oblio, fiume, 240. Occasione,
191. Odino, divinità scandinava, 739. Odisseo. Vedi Ulisse. Oeneo, re di Calidonia, 626. Ogigia, isola, 577. Olimpia, temp
tempio, 81. — città, 671. Olimpiadi, ivi. Olimpo, 20. Onfale, regina di Lidia, 392. Opertum, tempio ove si celebravano le
na di Lidia, 392. Opertum, tempio ove si celebravano le feste in onor di Cibele, 47. Ops, nome di Cibele, 41. Oracoli, 667
, tempio ove si celebravano le feste in onor di Cibele, 47. Ops, nome di Cibele, 41. Oracoli, 667 e nota. Oracoli d’Apollo
, 41. Oracoli, 667 e nota. Oracoli d’Apollo, 122. Orcamo o Orcano, re di Persia, 131. Ore (le), destinate all’educazione d
rcamo o Orcano, re di Persia, 131. Ore (le), destinate all’educazione di Venere, 171. Oreadi, Ninfe dei monti, 319. Oreste
ucazione di Venere, 171. Oreadi, Ninfe dei monti, 319. Oreste, figlio di Agamennone, 527 ; — sue sventure, 533-535 ; — ai
ine, 471. Orgie, 153. Orione. Sue avventure, 618-620. Orizia, moglie di Borea, 654. Oro, figlio d’Osiride, 701. Oromaze,
persiana, 715. Osiride, divinità egiziana, 696. Ospitale, soprannome di Giove, 79. P Pace, divinità allegorica, 347
à allegorica, 347. Pafo, vedi Cipro. Palamede, eroe greco alla guerra di Troja, 583. Pale, Dea dei pastori, 310. Pallade,
alla guerra di Troja, 583. Pale, Dea dei pastori, 310. Pallade, nome di Minerva, 263. Palladio, reliquia dei Trojani, 570
. Palladio, reliquia dei Trojani, 570. Panatence, feste annue in onor di Minerva, 269. Pandione, re d’Atene, 634. Pandora.
23. Partenope, sirena, 196. Partenopeo, uno dei capitani della guerra di Tebe, 506. Pasciacamac, 744. Pasifae, moglie di M
capitani della guerra di Tebe, 506. Pasciacamac, 744. Pasifae, moglie di Minosse II re di Creta, 415. Patroclo, eroe greco
erra di Tebe, 506. Pasciacamac, 744. Pasifae, moglie di Minosse II re di Creta, 415. Patroclo, eroe greco, amico d’Achille
aso o Pegaseo, cavallo alato, 124 ; — sua nascita, 358. Peleo, marito di Teti, 229, 320, 344, 536. Pelia, zio di Giasone,
nascita, 358. Peleo, marito di Teti, 229, 320, 344, 536. Pelia, zio di Giasone, 448. Pelope, figlio di Tantalo, 250, 511
Teti, 229, 320, 344, 536. Pelia, zio di Giasone, 448. Pelope, figlio di Tantalo, 250, 511 ; — sue avventure, 512, 513 ; —
 — sue avventure, 512, 513 ; — suoi figli, 514. Pelopidi, discendenti di Atreo, 368. Penati, Dei domestici, 325-328. Penel
denti di Atreo, 368. Penati, Dei domestici, 325-328. Penelope, moglie di Ulisse, 579-581. Peneo, fiume, 103. Penia, Dea de
3. Penteo. Suo deplorabile fine, 155. Periandro, filosofo, 122 ; — re di Corinto, 478. Peribea, figlia d’Alcitoo, 229. Per
ta, e fonda Micene, 363. Pesci, segno dello Zodiaco, 688. Pico, padre di Faino, 300. Pieridi, cangiate in piche, 278. Piga
iate in piche, 278. Piga, regina dei Pimmei, 92. Pigmalione, fratello di Didone, 611. Pigmalione, celebre scultore, 639. P
e, celebre scultore, 639. Pilade, amico d’Oreste, 533. Pimmei, popolo di nani, 387. Pindaro, 670. Pindo, monte sacro ad Ap
so dal cane Cerbero, 434. Piroo, cavallo del Sole, 110. Pirra, moglie di Deucalione, 647. Pirro, figlio d’Achille, 543 ; 
i Deucalione, 647. Pirro, figlio d’Achille, 543 ; — vendica la morte di suo padre, 544 ; — suo fine, 545. Pitia. Vedi Pit
ce Proserpina, 214 ; — come vien rappresentato, 253. Podaliro, figlio di Esculapio, 293. Polidamante, 670. Polidetto, re d
. Podaliro, figlio di Esculapio, 293. Polidamante, 670. Polidetto, re di Serifa, 354. Polidoro, celebre scultore, 607. Pol
re di Serifa, 354. Polidoro, celebre scultore, 607. Polidoro, figlio di Priamo, 589. Polifemo, gigante, 273 ; — tenta far
3 ; — tenta far perire Ulisse e i suoi compagni, 572. Polinestore, re di Tracia, 589. Polinice, fratello d’Eteocle, 505 ; 
sua morte, 508. Polinnia, una delle nove Muse, 275. Polissena, figlia di Priamo, 541. Polluce. Sua nascita, 441, — sua cel
marino, 443 ; — sue avventure, 444 ; — sua line, 445. Pomona, moglie di Vertunno, e Dea dei giardini, 311. Poro, Dio dell
11. Poro, Dio dell’abbondanza, 173. Preto, re d’Argo, 462. Priamo, re di Troja, 587 ; — ucciso da Pirro, 588. Priapo, Dio
7. Procri. Sua morte, 116. Procuste, masnadiero, 411. Progne, sorella di Filomela, 634 ; — sua vendetta, 637 ; — cangiata
oserpina. Sua nascita, 52 ; — rapita da Plutone, 53 ; — divien moglie di questo Dio, 58. Proteo, Dio marino, 195. Protesil
Dio marino, 195. Protesilao. Sua morte generosa, 556. Psiche, moglie di Amore, 178. Q Querculane, Ninfe. Vedi Amadr
manto, giudice dell’Inferno, 230 ; — istruisce Ercole, 367. Rea, nome di Cibele, 42. Rea-Silvia, sacerdotessa di Giunone,
ruisce Ercole, 367. Rea, nome di Cibele, 42. Rea-Silvia, sacerdotessa di Giunone, 256. Remo, figlio di Marte, 256. Reso, r
di Cibele, 42. Rea-Silvia, sacerdotessa di Giunone, 256. Remo, figlio di Marte, 256. Reso, re di Tracia, 570 3°. Romolo, f
a, sacerdotessa di Giunone, 256. Remo, figlio di Marte, 256. Reso, re di Tracia, 570 3°. Romolo, figlio di Marte, 256.
emo, figlio di Marte, 256. Reso, re di Tracia, 570 3°. Romolo, figlio di Marte, 256. S Saffo poetessa, 173, 177 (not
3, 177 (nota). Sagittario, segno dello Zodiaco, 685. Salii, sacerdoti di Marte, 260. Salmoneo. Suo orgoglio punito, 246. S
da Ati, 50. Satiri, divinità campestri, 304. Saturnali, feste in onor di Saturno, 38. Saturno. Sua nascita, 26 ; — suo imp
 — feste in onor suo, 38 ; — come vien rappresentato, 39. Scheneo, re di Sciro, 640. Scilla. Sua metamorfosi, 202. Scioun
0. Scorpione, segno dello Zodiaco, 684. Scurrilità, 77. Semele, madre di Bacco, 75 ; — vittima della gelosia di Giunone, 1
Scurrilità, 77. Semele, madre di Bacco, 75 ; — vittima della gelosia di Giunone, 147-148. Senocrate, 670. Serapide, divin
, 665 ; — le più celebri, 667. Sibillini (libri), 666. Sicheo, marito di Didone, 611. Sileno, balio di Bacco, 149, 150. Si
Sibillini (libri), 666. Sicheo, marito di Didone, 611. Sileno, balio di Bacco, 149, 150. Silenzio. Vedi Arpocrate. Silvan
e, divinità marittime, 196 ; — loro perfidi artifizj, 197 ; — tentano di sedurre Ulisse ed i suoi compagni, 198. Siringa.
. Spio, una delle Nereidi, 316. Stagioni, 688 2°. Statore, soprannome di Giove, 79. Stelle o Stellio, convertito in tarant
antola da Cerere, 57. Steno, una delle Gorgoni, 357. Stenobea, moglie di Preto re d’Argo, 462. Sterculio, figlio di Fauno,
oni, 357. Stenobea, moglie di Preto re d’Argo, 462. Sterculio, figlio di Fauno, 300. Sterope, Ciclope, 272. Stige, fiume
io d’ Ulisse, 582. Telemaco, figlio d’ Ulisse, 480, 469. Tellus, nome di Cibele, 41. Temi, Dea della giustizia, 337. Tempo
ferno, 434 ; — sposa Fedra, 435 ; — abbandona il figlio alla vendetta di Nettuno, 437 ; — morte di Teseo, 439. Tesifone. V
, 435 ; — abbandona il figlio alla vendetta di Nettuno, 437 ; — morte di Teseo, 439. Tesifone. V. Tisifone. Tesmoforie, fe
morte di Teseo, 439. Tesifone. V. Tisifone. Tesmoforie, feste in onor di Cerere, 60. Testio, re dell’ Etolia, 74. Teti, De
, Dea del Mare, 192, 193. Teti, madre d’ Achille, 320. Teucro, figlio di Telamone e d’ Esione, 229. Teutatète, divinità ga
tatète, divinità gallica, 727. Tideo, eroe greco, 506. Tieste, figlio di Pelope, 515. Tifone, fratello d’Osiride, 698. Tif
lo d’Osiride, 698. Tifone o Tifeo, gigante, 69. Tindaridi, soprannome di Castore e Polluce, 441. Tindaro, re di Sparta, iv
nte, 69. Tindaridi, soprannome di Castore e Polluce, 441. Tindaro, re di Sparta, ivi. Tiresia, indovino, 660, 661. Tisbe,
ndaro, re di Sparta, ivi. Tiresia, indovino, 660, 661. Tisbe, amante di Piramo, 644. Tisifone, una delle Furie, 232. Tita
e di Piramo, 644. Tisifone, una delle Furie, 232. Titani, discendenti di Titano ; loro guerra contro Giove : e loro disfat
112. Tizio. Suo delitto e suo gastigo, 249. Toossa, una delle figlie di Forco, 204. Trasibulo, 670. Tridente di Nettuno,
249. Toossa, una delle figlie di Forco, 204. Trasibulo, 670. Tridente di Nettuno, 209. Tripode della Sibilla di Delfo, 122
204. Trasibulo, 670. Tridente di Nettuno, 209. Tripode della Sibilla di Delfo, 122. Tritoni, figli di Nettuno, 190. Tritt
di Nettuno, 209. Tripode della Sibilla di Delfo, 122. Tritoni, figli di Nettuno, 190. Trittolemo. Impara l’agricoltura da
90. Trittolemo. Impara l’agricoltura da Cerere, 54. Trofonio, oracolo di Giove o d’Apollo, 81 e nota. Troja. Sua fondazion
ne, 517 ; — sua distruzione, 523. Troilo, 521 5°. Troo, 517. Tros, re di Troja, 87. Turno re dei Rutuli, 614. U Ulis
re d’ Itaca, 568 ; — sua finta follia, 569 ; — sue gesta all’assedio di Troja, 570 ; — scampa da Polifemo, 573 ; — tempes
ugge gran parte della sua flotta, 574 ; — si libera dagli incantesimi di Circe, 575 ; — sua discesa all’Inferno, 576 ; — s
Circe, 575 ; — sua discesa all’Inferno, 576 ; — sua dimora nell’isola di Calisso e presso Alcinoo re dei Feaci, 578 ; — su
a delle nove Muse, 275. Urano, vedi Celo. V Valhalla, 743. Vaso di Pandora, 73. Vello d’Oro, 449. Venere. Sua nascit
stagioni, 311. Vespero, Dio della sera, 239. Vesta o la Terra, moglie di Celo, 43. Vesta o Cibele, moglie di Saturno, 44.
ra, 239. Vesta o la Terra, moglie di Celo, 43. Vesta o Cibele, moglie di Saturno, 44. Vesta, figlia di Saturno, 45. Vestal
lie di Celo, 43. Vesta o Cibele, moglie di Saturno, 44. Vesta, figlia di Saturno, 45. Vestali, sacerdotesse di Vesta, 46.
e di Saturno, 44. Vesta, figlia di Saturno, 45. Vestali, sacerdotesse di Vesta, 46. Via Lattea, 366. Vialis, soprannome di
stali, sacerdotesse di Vesta, 46. Via Lattea, 366. Vialis, soprannome di Mercurio, 168. Vigilanza, divinità allegorica, 34
W Walchirie, 743. X Xanto, fiume, 520. Xenus, soprannome di Giove, 79. Y Yduna, 743. Z Zeffiro, v
, soprannome di Giove, 79. Y Yduna, 743. Z Zeffiro, vento di Ponente, 104, 652, 657. Zete, figlio di Borea, 65
, 743. Z Zeffiro, vento di Ponente, 104, 652, 657. Zete, figlio di Borea, 654. Zeto, figlio d’Antiope e di Giove, 74
, 104, 652, 657. Zete, figlio di Borea, 654. Zeto, figlio d’Antiope e di Giove, 74. Zodiaco. Spiegazione dei segni che lo
15 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Appendice. » pp. -386
er molti secoli sopra la faccia della terra, e contaminarono le menti di popoli che pur giunsero ad avere splendida civilt
eve fu la lotta che la verità del Cristianesimo dovè sostenere contro di essi. E appunto per dare un’idea di questa lotta,
istianesimo dovè sostenere contro di essi. E appunto per dare un’idea di questa lotta, per far conoscere ai giovani studio
a, per far conoscere ai giovani studiosi questa importantissima epoca di transizione tra il Paganesimo ed il Cristianesimo
ganesimo ed il Cristianesimo, per somministrare ad essi maggior copia di argomenti a meditare su questo gran fatto, abbiam
to anche, a guisa d’appendice, i seguenti discorsi cavati dalle opere di chiari scrittori. Così lo studio stesso dell’anti
rittori. Così lo studio stesso dell’antica Mitologia non sarà sterile di morali e civili insegnamenti. Il politeismo de
ommercio co’Greci tutto cangiò : essi recarono in Roma i loro sistemi di filosofia liberi e svariati ; ed i poeti latini b
ibertà ne’rozzi lor versi ; Lucillo e Lucrezio si beffarono degli Dei di Roma, e de’ Romani che inchinavansi ai vani simul
, i quali prendono per uomini vivi tutte le statue che lor vien fatto di vedere. Così crollava l’idolatria dei Romani a mi
ani, fomentasse tutti i vizj degli oppressori del mondo. Nelle scuole di Atene o di Corinto, un filosofo epicureo, un cini
asse tutti i vizj degli oppressori del mondo. Nelle scuole di Atene o di Corinto, un filosofo epicureo, un cinico, un peri
a tutto ciò non altro era che spiritosa lizza d’ingegno. Ma i patrizj di Roma, sfrenati così nei loro vizj come nel loro p
trina d’Epicuro tra l’arti della Grecia, ne attinsero un raffinamento di corruzione, di lusso e di crudeltà. Anche i più
tra l’arti della Grecia, ne attinsero un raffinamento di corruzione, di lusso e di crudeltà. Anche i più insigni persona
della Grecia, ne attinsero un raffinamento di corruzione, di lusso e di crudeltà. Anche i più insigni personaggi che fec
. Anche i più insigni personaggi che fecero sì splendido il tramonto di Roma repubblicana, come a dire Cicerone, Cesare,
, Cesare, Varrone, Orazio, Augusto e Catone medesimo, per non parlare di molti altri insigni o nell’armi o nelle lettere o
gl’incensi ; e la religione della classe più illuminata e più potente di Roma non era altro che un brutale epicureismo. Ci
oi siamo convinti, che avremmo fatto il bene de’nostri concittadini e di noi medeaimi, se avessimo estirpato siffatto erro
erimonie ; e l’esistenza d’una natura eterna, la necessità per l’uomo di riconoscerla e d’adorarla è attestata dalla magni
a che ricrea lettori sbadati e non curanti. Tu non vi trovi scintilla di quell’entusiasmo di buona fede che presso tutte l
sbadati e non curanti. Tu non vi trovi scintilla di quell’entusiasmo di buona fede che presso tutte le società nascenti i
smo di buona fede che presso tutte le società nascenti inspira l’uomo di genio, e consegna negli inni sacri le tradizioni
paese. Ovidio facea della terra, non solamente il tipo, ma il teatro di tutti i vizj de’suoi Dei ; per modo che si può ar
vasi allora coll’amor della gloria e della patria. La morte sul campo di battaglia era un olocausto agli Dei ; nè c’era co
ome il continuato uso degli augurj e degli auspicj. Quelle predizioni di vittoria così spesso avverate riempivano i Romani
, tanto più le credenze del politeismo signoreggiavano ne’loro cuori, di cui formavano continuamente o la speranza o lo sp
la speranza o lo spavento. La vita civile de’Romani non era men piena di cerimonie politiche a un tempo e religiose. La co
i Dei anche i più scellerati mostri che sedettero sul trono imperiale di Roma. Quindi i Romani, che nella severità dell’an
o arder incensi anche ai più atroci tiranni ; e come sacrileghi e rei di lesa maestà erano giudicati e condannati coloro c
le frequenti rivoluzioni dello stato, l’ardente curiosità del popolo di conoscer l’avvenire in cui leggea sempre affranca
tto era stata avvezza, che tutto avea sofferto, empievano le fantasie di mille strane aberrazioni, e davano pieno potere a
a i suoi culti sanguinarj ; nè conosceva libazioni più grate agli Dei di quelle fatte col sangue dei prigionieri romani. I
quelle fatte col sangue dei prigionieri romani. I sacerdoti godevano di grande autorità presso le nazioni germaniche, che
le profetesso scelte tra le vergini consacrate ; e i nomi d’Angaria e di Velleda, deificate dalla superstizione de’Germani
perstizione de’Germani, più d’una volta avevano spaventato la fortuna di Roma. Il politeismo era ancora in fiore, più che
epolti sottò il comune servaggio ; ma disputavasi ancora pel possesso di un tempio, o d’un terreno consacrato. Pare che la
lla stessa guisa che non poteva ripudiare le arti. Sparsa dappertutto di monumenti e di tradizioni, ell’era come il Panteo
a che non poteva ripudiare le arti. Sparsa dappertutto di monumenti e di tradizioni, ell’era come il Panteon dell’universo
superstizioni del paese. Tu v’incontravi ad ogni piè sospinto schiere di sacerdoti erranti, che si recavano sul dorso un f
o schiere di sacerdoti erranti, che si recavano sul dorso un fardello di divinità impure, e passavano per astrologi e gioc
zione che le controversie religiose e filosofiche. Alessandria, città di commercio, di scienza e di piaceri, visitata da t
ontroversie religiose e filosofiche. Alessandria, città di commercio, di scienza e di piaceri, visitata da tutti i navigat
eligiose e filosofiche. Alessandria, città di commercio, di scienza e di piaceri, visitata da tutti i navigatori d’Europa
ole, parea l’Atene dell’Oriente, più ricca, più popolosa, più feconda di vane dispute che non la vera Atene ; ma priva di
opolosa, più feconda di vane dispute che non la vera Atene ; ma priva di quella saggezza d’immaginazione e di quel gusto s
che non la vera Atene ; ma priva di quella saggezza d’immaginazione e di quel gusto squisito nelle arti che formava la glo
maginazione e di quel gusto squisito nelle arti che formava la gloria di questa, Alessandria era piuttosto la Babele dell’
etro a mille superstizioni assurde o malintese, che faceano sorridere di compassione il paganesimo romano. Gli Egizj aveva
compassione il paganesimo romano. Gli Egizj avevano sotto ogni guisa di simboli raffigurate le loro divinità : di qui ne
zj avevano sotto ogni guisa di simboli raffigurate le loro divinità : di qui ne venne la tradizione che essi adorassero le
rmassero città contro città per vendicare le ingiurie fatte ad alcuna di queste innumerabili divinità. Gl’Indi giacevano s
schiusi i suoi tesori all’avidità dell’Occidente ; era il nuovo mondo di quell’epoca, e vi s’accorreva dalla Grecia e da a
liteismo d’Europa. Non ammetteva idoli ; ed il suo culto, cioè quello di Zoroastro, era un’adorazione dell’Essere eterno r
ione così semplice produsse dipoi quell’impostura che portava il nome di magia in tutto l’Oriente, e che si sparse tra i R
ottato il culto dei Magi. In Armenia segnatamente veneravasi il culto di Mitra, i cui misteri erano celebri nei primi temp
i tempi del Cristianesimo, e s’assomigliavano in parte alle cerimonie di questa legge santa. Dominava soprattutto in quest
i la tradizione dei due genj del bene e del male. Ci rimane a parlare di quel popolo nato a mutar gli altri tutti, mentre
Giudei e diffuso nel mondo le pagine dei loro libri sacri. Dal tempo di Ciro gli Ebrei s’erano qua e là dispersi nella Si
dio Gerusalemme, queste sètte si fusero in quella degli Zelanti, cioè di coloro che voleano scacciare i Romani o perire so
are i Romani o perire sotto le ruine del tempio. Di qui l’accanimento di quella guerra spaventevole che fece terrore ai Ro
, fecero sul suolo della loro patria una eroica resistenza. L’assedio di Gerusalemme fu più orrendo ancora che quello di C
resistenza. L’assedio di Gerusalemme fu più orrendo ancora che quello di Cartagine, e così nell’uno come nell’altro un vin
lo stromento della più barbara distruzione. Singolar cosa ! l’eccidio di Gerusalemme parve la vittoria del politeismo sopr
come polvere al vento nell’universo intero. Non ostante questi mucchi di rovine non soffocarono la novella credenza che us
mille stranezze da’suoi vizj, dai suoi lumi stessi, dall’avvilimento di tutti i culti, dal fascino del commercio, delle s
i non avean forza da ciò. Essi commentavano le antiche favole in vece di prestarvi fede ; logoravano il vecchio paganesimo
tutti gli schiavi e gli oppressi, che è quanto dire l’universo. Nulla di meno quanti ostacoli s’opponevano alla promulgazi
i. Altri s’accomodavano ad un culto senza doveri, e ad una vita piena di passioni e di godimenti : il vecchio politeismo f
omodavano ad un culto senza doveri, e ad una vita piena di passioni e di godimenti : il vecchio politeismo formava ancora
ssequio sotto finti nomi, avessero almanco nei loro emblemi alcun che di divino. All’ultimo altra religione non eravi in f
o d’idee, onde fu guasto il linguaggio medesimo, a questo eran giunte di fare una cosa sola della virtù e del piacere. Da
re. Da queste semplici osservazioni si può giudicare della buona fede di quegli scrittori che hanno sostenuto essersi il C
o essersi il Cristianesimo stabilito naturalmente e senza ostacoli. E di vero esso non ebbe a lottare se non colle passion
essi e le opinioni dominanti in tutto l’universo I Armato d’una croce di legno, fu veduto a un tratto avanzarsi in mezzo a
azze, le vie, le campagne, e persino i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura, di eculei, di roghi ; i giu
, e persino i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura, di eculei, di roghi ; i giuochi si frammettono al ma
i luoghi più deserti, si coprono di stromenti da tortura, di eculei, di roghi ; i giuochi si frammettono al macello ; da
nti sgozzati ; e il barbaro grido : I Cristiani alle fiere, fa fremer di gioja una moltitudine ebbra di sangue. Finalmente
do : I Cristiani alle fiere, fa fremer di gioja una moltitudine ebbra di sangue. Finalmente, i carnefici stanchi s’arresta
ue. Finalmente, i carnefici stanchi s’arrestano, la scure sfugge loro di mano, e un’arcana virtù celestc, scaturita dalla
croce, comincia a commuovere anche questi feroci. Vinti dall’esempio di nazioni intiere soggiogate prima di loro, cadono
questi feroci. Vinti dall’esempio di nazioni intiere soggiogate prima di loro, cadono pur essi a piè del Cristianesimo, ch
immortalità, e già fa lor copia della speranza. La croce, sacro segno di pace e di salute, sventola da lontano sulle rovin
à, e già fa lor copia della speranza. La croce, sacro segno di pace e di salute, sventola da lontano sulle rovine del Paga
endo il petto alla spada e ai ceppi le mani inermi. Come ha trionfato di tanta rabbia ? Dandosi mansueto in balia dei suoi
stete, il considerare alla scoperta e pubblicamente esaminare ciò che di chiaro si trovi nella causa de’ Cristiani che a c
v’astringa ; se in questo solo la vostra autorità teme o si vergogna di scrutinare in palese le ragioni del suo procedere
ifesa ; sia lecito almeno alla verità per la tacita via delle lettere di pervenire alle vostre orecchie. Questa invero per
el regno, se essa è udita ? Forse si glorierà maggiormente la potestà di quelle, perchè esse condanneranno la verità senza
no senza udirla, oltre al biasimo d’iniquità, meriteranno il sospetto di non retta coscienza, non volendo saper quello che
ca equità, l’odio che portate ai Cristiani. Ed in vero una tale sorta di poca equità, dal titolo medesimo, che è l’ignoran
ra che scusata sia, vien caricata e convinta ; poichè qual cosa è più di lungi dall’equità, quanto che gli uomini abbiano
rita l’odio loro ? Poichè dir si può che lo merita, quando la cagione di meritarlo è palese. Non vi essendo dunque la noti
do la cagione di meritarlo è palese. Non vi essendo dunque la notizia di tal merito, come si potrà difendere la giustizia
andonarono l’ignoranza, parimente cessarono d’odiare. Di questa sorta di gente si fanno i Cristiani,147 cioè di quelli che
rono d’odiare. Di questa sorta di gente si fanno i Cristiani,147 cioè di quelli che, deposta l’ignoranza con l’informarsi,
iderare, se questo mai fosse un bene occulto, non essendo loro lecito di sospettare più rettamente e più da vicino scrutin
riosità umana s’impigrisce : amano d’ignorare mentre gli altri godono di sapere. Non vogliono informarsi, perchè sono impe
ni opera biasimevole fa che sia accompagnata dal timore e dal rossore di chi la commette. Finalmente gli uomini cattivi si
ssore di chi la commette. Finalmente gli uomini cattivi si affaticano di nascondersi, e s’ingegnano di non apparire quel c
lmente gli uomini cattivi si affaticano di nascondersi, e s’ingegnano di non apparire quel che e’sono. Sorpresi, tremano ;
tiani ? Di questo alcuno non si vergogna, alcuno non si pente, se non di non essere stato per lo passato Cristiano. Se è b
e volte spontaneamente confessa ; condannato, ringrazia. Or che sorta di male si dirà mai questo, nel qual non si trova la
vergogna, nè tergiversazione, nè penitenza, nè doglianza ? Che sorta di male, dico, del quale il reo si allegra, l’accusa
cità si considera ? Non puoi dire che sia pazzia, perchè sei convinto di non giungere a tale cognizione. Pure se noi siamo
i siamo creduti rei come gli altri : ma essi o della propria bocca, o di mercenarj difensori si servono per provare l’inno
uditi e difesi siano condannati. Ma ai soli Cristiani non è permesso di fiatare, onde si purghi la causa e si difenda la
’esame del delitto. Se si tratta d’altro reo, al solo nome d’omicida, di sacrilego o di pubblico inimico (acciocchè io par
tto. Se si tratta d’altro reo, al solo nome d’omicida, di sacrilego o di pubblico inimico (acciocchè io parli degli elogi
a, di sacrilego o di pubblico inimico (acciocchè io parli degli elogi di che voi ci favorite), non date sentenza, ma richi
gni. Con noi poi non fate così ; ancorchè bisognerebbe pure chiarirsi di quello che falsamente si va di noi vociferando, c
; ancorchè bisognerebbe pure chiarirsi di quello che falsamente si va di noi vociferando, cioè quanti infanticidj148 fatti
ali siano stati i cuochi ed i cani assistenti.149 Qual gloria sarebbe di quel presidente, se potesse venire in chiaro che
ne, scrisse a Trajano, allora imperatore, che, fuori dell’ostinazione di non voler sacrificare agl’idoli, niente altro ave
perfidia e l’altre scelleraggini. Rescrisse allora Trajano che genti di tal sorta non si dovevano cercare, ma, denunziate
ajano che genti di tal sorta non si dovevano cercare, ma, denunziate, di punirle era d’uopo. Oh sentenza confusa dalla nec
mula e condanna !… Quante volte contra i Cristiani incrudelite, parte di vostro volere, parte per obbedire alle leggi ! Qu
, parte per obbedire alle leggi ! Quante volte, senza riguardo a voi, di sua autorità l’inimico volgo ci assale colle piet
’altra cosa e non interi, e li lacerano, e li dispergono. Contuttociò di questi, per altro intrepidi, così da voi trattati
ha del divino, con fuoco umano vendichi i suoi torti, e che si dolga di soffrire quel male, il quale fa prova della sua v
luogo e dei suoi confini, che le genti d’un mondo intero ? Noi siamo di jeri, e pur abbiamo ripieno tutte le case vostre,
o tutte le case vostre, le città, l’isole, i castelli, tutti i luoghi di vostra dipendenza, le congreghe, gli eserciti ste
o i templi. A qual guerra non saremmo idonei e pronti, anche ineguali di numero, noi che tanto volentieri ci lasciamo truc
n ribelli, ma solamente separandoci da voi altri, il combatter contra di voi ; mentre, se tanta moltitudine d’uomini si fo
ata in qualche remoto angolo del mondo, certamente avrebbe la perdita di tanti cittadini, qualunque noi siamo, svergognato
dine dei Cristiani quasi tutti vostri cittadini, anzi quasi cittadini di tutte le città. Ma voi piuttosto avete voluto chi
Ma voi piuttosto avete voluto chiamarli nemici del genere umano. Chi di voi però da quegli occulti nemici che devastano p
tra vendetta bastato lasciare agl’ immondi spiriti libero il possesso di voi. Nondimeno, non riflettendo alla ricompensa d
libero il possesso di voi. Nondimeno, non riflettendo alla ricompensa di tanto ajuto a voi prestato, noi che siamo un gene
lla ricompensa di tanto ajuto a voi prestato, noi che siamo un genere di persone non solo a voi non molesto, ma necessario
quanto più da voi si miete, essendo il sangue de’ Cristiani una sorta di semenza. Molti appresso di voi esortano alla toll
essendo il sangue de’ Cristiani una sorta di semenza. Molti appresso di voi esortano alla tolleranza del dolore e della m
è che, dopo averne ricercato, a noi non s’unisca, ed unito non brami di patire per acquistare intera la divina grazia e p
ene che parimenti ringraziamo le vostre sentenze, mentre al contrario di quello che s’opera dagli uomini, s’opera da Dio ;
la religione, e da una dottrina divina, e da una confederazione piena di speranza. Siamo soliti di congregarci, acciocchè,
trina divina, e da una confederazione piena di speranza. Siamo soliti di congregarci, acciocchè, orando avanti a Dio, quas
vi parimenti si fanno esortazioni, si gastiga, e si corregge da parte di Dio ; poichè quivi si giudica, ma con gran riguar
chè quivi si giudica, ma con gran riguardo, come certi della presenza di esso. Talchè è un gran contrassegno della futura
pubblica approvazione hanno acquistato tale onore, perciocchè le cose di Dio non hanno prezzo ; e se pure abbiamo una sort
ciocchè le cose di Dio non hanno prezzo ; e se pure abbiamo una sorta di cassetta, non è di disonore il danaro che vi si r
Dio non hanno prezzo ; e se pure abbiamo una sorta di cassetta, non è di disonore il danaro che vi si raccoglie, quasi che
o se gli piace, o quando ei può ; poichè niuno è costretto, ma lo dà di proprio volere. E questi sono depositi di carità 
niuno è costretto, ma lo dà di proprio volere. E questi sono depositi di carità ; poichè quel danaro non s’impiega in conv
mendichi e per seppellirli, per le fanciulle e per i fanciulli privi di averi e di genitori, per i vecchi domestici e per
per seppellirli, per le fanciulle e per i fanciulli privi di averi e di genitori, per i vecchi domestici e per gl’inabili
pra ogni cosa la carità che è tra noi, ci rende appresso alcuni degni di biasimo. Vedi, dicono, come scambievolmente s’ama
fratelli, non per altra ragione, mi persuado, se non perchè appresso di loro ogni nome di parentela è finto per affettazi
altra ragione, mi persuado, se non perchè appresso di loro ogni nome di parentela è finto per affettazione. Siamo ancora
la è finto per affettazione. Siamo ancora vostri fratelli per diritto di natura, madre comune, benchè voi siate poco uomin
sciuto Dio per unico loro padre, e si sono imbevuti d’un solo spirito di santità, e, dall’unico seno della medesima ignora
esima ignoranza usciti, sono restati abbarbagliati da una stessa luce di verità ! Ma forse tanto meno siamo reputati legit
fratelli rispetto a’nostri beni e alla nostra roba, la quale appresso di voi quasi rompe la fratellanza. Noi però, perchè
e cene, oltre ad averle infamate per iscellerate, da voi son tacciate di prodighe. Veramente a noi calza quel detto di Dio
te, da voi son tacciate di prodighe. Veramente a noi calza quel detto di Diogene : I Megarensi mangiano come se dovessero
necessità d’indebitarsi. I computisti soli possono calcolare le spese di coloro, che gettano nelle crapule il loro avere n
ese di coloro, che gettano nelle crapule il loro avere nell’occasione di pagare le decime ad Ercole. Nel celebrare i miste
nell’occasione di pagare le decime ad Ercole. Nel celebrare i misteri di Bacco secondo l’antica usanza fa d’uopo d’arrolar
eri di Bacco secondo l’antica usanza fa d’uopo d’arrolare una legione di cuochi. Le guardie del fuoco stan vigilanti al gr
mormora. E pure la nostra cena col proprio vocabolo rende buon conto di sè ; perciocchè è detta Agape, che appresso i Gre
ta Agape, che appresso i Greci suona quello che suona carità appresso di noi, talchè sia di qualunque dispendio, è da repu
sso i Greci suona quello che suona carità appresso di noi, talchè sia di qualunque dispendio, è da reputarsi guadagno, men
con questo sollievo ajutiamo anche i mendichi, non per la vanagloria di renderci schiavi gli uomini liberi, come appresso
er la vanagloria di renderci schiavi gli uomini liberi, come appresso di voi succede, arrolandosi i parassiti anche a rice
a ad uomini pudichi ; onde si satollano in maniera da non si scordare di dovere nella notte levarsi ad adorare Dio. Discor
iascuno a cantare al Signore o qualche cosa delle divine Scritture, o di proprio genio ; quindi si prova come veramente ab
ome veramente abbia bevuto. Parimente l’orazione scioglie il convito, di dove s’esce di poi, non per andar tra le truppe d
bbia bevuto. Parimente l’orazione scioglie il convito, di dove s’esce di poi, non per andar tra le truppe di coloro che fa
ioglie il convito, di dove s’esce di poi, non per andar tra le truppe di coloro che fanno alle coltellate, nè tra le schie
tra le truppe di coloro che fanno alle coltellate, nè tra le schiere di chi va gridando a far delle insolenze o delle dis
ella pudicizia, come quelli che nella cena non cibarono solo il corpo di vivande ; ma l’animo ancora di santi ricordi. Or
nella cena non cibarono solo il corpo di vivande ; ma l’animo ancora di santi ricordi. Or questa è l’adunanza de’Cristian
iglia ai ridotti illeciti, ed è con giustizia condannabile, se alcuno di quella si duole per la ragione stessa onde della
per la ragione stessa onde della fazioni suol darsi querela. In danno di chi ci aduniamo mai ? Congregati, siamo gli stess
so noi siamo accusati, cioè come inutili per ogni affare. In che modo di questo ci fate rei, che pure con voi viviamo, che
vero che siamo temperanti, per non servircene smoderatamente e fuori di regola ; onde non si vive da noi nel secolo senza
anche in quel giorno son uomo. Non mi bagno avanti giorno nelle feste di Saturno per non perdere la notte e il di Contutto
no avanti giorno nelle feste di Saturno per non perdere la notte e il di Contuttociò all’ora debita e giovevole mi bagno p
o ancor dopo morte.154. Non mi metto a mensa pubblicamente ne’giuochi di Bacco, perchè è costume de’combattenti con le fie
si lamenta, sanno i Sabei che le loro merci hanno più spaccio presso di noi, e migliore, servendocene per dar sepoltura a
ai Cristiani, non per affumicare gli Dei.156 Certo voi dite : Calano di giorno in giorno l’entrate de’templi. E chi omai
o in giorno l’entrate de’templi. E chi omai vi getta più un quattrino di limosina ? Ma noi però non siamo bastanti a ripar
stanti a riparare agli nomini e a’vostri Dei mendicanti ; nè crediamo di dover dare la limosina, se non a chi la chiede. D
nte il conto, che la querela che ci fate in ordine ad una sola spezie di cose, vien compensata dal comodo degli altri dazj
e da noi medesimi ricavate con tutta esattezza. Tertulliano. (Traduz, di Maria Selvaggia Borghini.) Qual sarebbe al pr
arebbe trovato sepolto. Non ci volea meno che una moltitudine immensa di solitari sparsi nelle tre parti del mondo, e tutt
ri sparsi nelle tre parti del mondo, e tutti diretti al conseguimento di un medesimo fine, per conservare almeno quelle sc
mente il Politeismo non era punto, com’è il Cristianesimo, una specie di religione letterata (se così possiam dire), perch
a e la morale. La necessità in cui si trovarono i sacerdoti cristiani di pubblicare dei libri, o vuoi per propagare la fed
a religione ; e questa religione passionata distruggeva ogni speranza di cambiamento nei principj morali. Il sapere non pr
rpe umana si sarebbe ridotta a prochi uomini erranti sopra rovine. Ma di quanti anni non avrebbe poi avuto bisogno questo
nti anni non avrebbe poi avuto bisogno questo albero dei popoli prima di stendere i suoi rami di nuovo su tutte quelle rel
avuto bisogno questo albero dei popoli prima di stendere i suoi rami di nuovo su tutte quelle reliquie ? Che lungo spazio
dere i suoi rami di nuovo su tutte quelle reliquie ? Che lungo spazio di tempo non avrebbero impiegato a rinascere le scie
ano dalla sua propria corruzione, se non fosse soggiaciuto alla forza di armi straniere : sola una religione può rinnovell
religione può rinnovellare un popolo nelle sue sorgenti. E già quella di Gesù Cristo ristabiliva tutte le basi morali. Gli
a castità, quando vi erano pubbliche inverecondie ; penitenti coperti di cenere e di cilicio, quando le leggi autorizzavan
uando vi erano pubbliche inverecondie ; penitenti coperti di cenere e di cilicio, quando le leggi autorizzavano i più gran
delitti contro i costumi ; eroi della carità, quando vi erano mostri di barbarie : finalmente, per istrappare tutto un po
rò la venuta del Figlio dell’uomo : un po’prima la sua morale non era di assoluta necessità, perchè i popoli sostenevansi
arso se non dopo il naufragio della società. Chateaubriand. (Traduz. di L. Toccagni.) 144. Dotlrina filosofica, che pr
icuro, e che professavs massime assai libere, principalmenle in fatto di morale. 145. È opinione di molti dotti, che la l
ime assai libere, principalmenle in fatto di morale. 145. È opinione di molti dotti, che la lingua sanscritta, la quale è
anze notturne, legassero un cane ad ogni candeliere ; e che alla fine di esse, questi, adescati dal pane che veniva lor pr
no immenso spese nelle crapole e ne’bagordi. Tra queste erano le cene di Serapi, dio egizio, nelle quali, pe’gran fuochi c
. I Saturnali ai celebravano d’inverno ; perciò chi ai lavava innanzi di metteva a rischio la sua salute, e intirizziva pe
ni, si lavavano. 155. Usavano i Gentili nei conviti cingersi il capo di ghirlande di fiori, in onore di Bacco e d’altrett
no. 155. Usavano i Gentili nei conviti cingersi il capo di ghirlande di fiori, in onore di Bacco e d’altrettali Divinità.
Gentili nei conviti cingersi il capo di ghirlande di fiori, in onore di Bacco e d’altrettali Divinità. 156. I Cristiani
. I Cristiani de’primi tempi nell’imbalsamare i cadaveri facevano uso di mirra, d’aromi e d’altre prodazioni dell’Arabia.
16 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXV. Bacco » pp. 161-172
appunto si dicono prodigiose, e più veramente favolose. Sulla nascita di Bacco venner fuori a dire ch’egli ebbe due madri.
be due madri. I poeti classici greci diedero perciò a Bacco il titolo di Ditirambo, e i poeti latini di Bimater, cioè figl
greci diedero perciò a Bacco il titolo di Ditirambo, e i poeti latini di Bimater, cioè figlio di due madri, che meglio dir
acco il titolo di Ditirambo, e i poeti latini di Bimater, cioè figlio di due madri, che meglio direbbesi due volte nato, p
no che Giunone essendosi accorta che Giove prediligeva Semele, figlia di Cadmo re di Tebe, volle vendicarsi della medesima
ne essendosi accorta che Giove prediligeva Semele, figlia di Cadmo re di Tebe, volle vendicarsi della medesima, e trasform
endicarsi della medesima, e trasformatasi nella vecchia Beroe nutrice di Semele, suggerì a questa di farsi promettere con
trasformatasi nella vecchia Beroe nutrice di Semele, suggerì a questa di farsi promettere con giuramento da Giove di compa
Semele, suggerì a questa di farsi promettere con giuramento da Giove di comparirle innanzi con tutta la maestà e tutti i
distintivi con cui si mostrava in Cielo agli Dei. La maligna astuzia di Giunone sortì pienissimo effetto ; e Giove avendo
ne sortì pienissimo effetto ; e Giove avendo promesso non potè mancar di parola, e comparve a Semele armato di fulmini, un
avendo promesso non potè mancar di parola, e comparve a Semele armato di fulmini, uno dei quali gli uscì di mano, incendiò
parola, e comparve a Semele armato di fulmini, uno dei quali gli uscì di mano, incendiò la reggia Tebana e uccise e incene
to figlio, se Giove non lo salvava supplendo all’ incompleto sviluppo di esso e rendendolo vitale196. Dopo di che lo conse
pplendo all’ incompleto sviluppo di esso e rendendolo vitale196. Dopo di che lo consegnò alle figlie di Atlante perchè lo
o di esso e rendendolo vitale196. Dopo di che lo consegnò alle figlie di Atlante perchè lo allevassero. Il piccolo Bacco c
ra gli uomini, ma ancor fra le donne. Accompagnato da una turba magna di zelanti seguaci di ambo i sessi percorse la terra
ncor fra le donne. Accompagnato da una turba magna di zelanti seguaci di ambo i sessi percorse la terra sino alle Indie, e
lmente al suo culto anche questa regione. Egli aveva sempre l’aspetto di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle co
o di giovane197, con volto reso più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi
o più rubicondo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grap
ndo dalle copiose libazioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva p
azioni di vino ; in testa una corona di ellera e di corimbi, ed anche di pampini con grappoli d’uva pendenti ; in mano un
verga a cui era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le mem
era attortigliata l’ellera, oppure i pampini) ; una pelle di tigre o di pantera gli ricuopriva in parte le membra, nude i
eroci, per lo più tigri o pantere. Tutti questi distintivi ed emblemi di Bacco lo manifestano chiaramente come il Dio del
. Il volto giovanile e rubicondo, i pampini e l’uva non hanno bisogno di spiegazione ; l’ellera colla sua freschezza era s
ali feroci significavano il furore e la brutalità cui produce l’abuso di questo liquore. Anzi per indicare non tanto la fo
impudenza che ne deriva in chi ne abusa, si aggiungevano sulla fronte di Bacco le corna198 ; e i poeti dicono che egli non
importanza a questo Dio dicono che le corna son simbolo della potenza di lui, ossia della forza del vino. Il nome stesso d
bolo della potenza di lui, ossia della forza del vino. Il nome stesso di Bacco, o che si faccia derivare da un greco vocab
dei gozzovigliatori, è pur sempre espressivo dei principali attributi di questo Dio. I Latini intendevano la parola Bacco
e accezione abbandonarsi a smodata allegria. In italiano poi dal nome di Bacco è derivata la parola baccano che significa
erivata la parola baccano che significa rumore strepitoso e selvaggio di gente che sembra impazzata. E questo era il rumor
e che sembra impazzata. E questo era il rumore che facevano i seguaci di Bacco, e specialmente le donne che furon chiamate
i ; e in tal modo clamoroso e impudente celebravansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali, di cui gli
elebravansi in Roma le feste di questo Dio che furon dette Baccanali, di cui gli eccessi giunsero anticamente tant’oltre i
n altri tempi più antichi dicevasi ancora carnasciale 199. Nel corteo di Bacco e a celebrare i Baccanali, secondo le favol
e la forma dei Satiri, la chiama il Redi ; e tra i Satiri v’era l’aio di Bacco, cioè il vecchio Sileno, che dall’essere co
derò la parola al Poliziano, che maravigliosamente in due sole ottave di versi endecasillabi sdruccioli non solo descrive,
ersi endecasillabi sdruccioli non solo descrive, ma dipinge il corteo di Bacco : « Vien sopra un carro, d’ellera e di pam
e, ma dipinge il corteo di Bacco : « Vien sopra un carro, d’ellera e di pampino « Coperto, Bacco il qual duo tigri guidan
 Qual move i piedi in danza, e qual si ruotola. « Sopra l’asin Silen, di ber sempre avido, « Con vene grosse, nere e di mo
« Sopra l’asin Silen, di ber sempre avido, « Con vene grosse, nere e di mosto umide, « Marcido sembra, sonnacchioso e gra
mosto umide, « Marcido sembra, sonnacchioso e gravido ; « Le luci ha di vin rosse, enfiate e fumide ; « L’ardite ninfe l’
. In greco chiamavasi Dionisio, parola composta da Dios, uno dei nomi di Giove suo padre, e dall’isola di Nisa o dal monte
arola composta da Dios, uno dei nomi di Giove suo padre, e dall’isola di Nisa o dal monte Niso, dove Bacco nacque e fu all
esto nome, ma bensì l’aggettivo che ne deriva, e davano l’appellativo di Dionisie 200) alle feste di Bacco, che quando pro
ivo che ne deriva, e davano l’appellativo di Dionisie 200) alle feste di Bacco, che quando proruppero in eccessi ributtant
nifica pur esso furore. Anche in italiano si dà elegantemente il nome di Orgie ai notturni stravizii di gozzoviglie e bago
n italiano si dà elegantemente il nome di Orgie ai notturni stravizii di gozzoviglie e bagordi. I Latini bene spesso davan
di gozzoviglie e bagordi. I Latini bene spesso davano a Bacco il nome di Libero per indicare che il vino ispira libertà, m
derivati dal greco, e molto in uso anche nei poeti latini, e qualcuno di questi, benchè più raramente, nei poeti italiani.
hè più raramente, nei poeti italiani. Convien qui rammentare il grido di allegrezza e di evviva a Bacco, che ripetevasi fr
, nei poeti italiani. Convien qui rammentare il grido di allegrezza e di evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nel
grezza e di evviva a Bacco, che ripetevasi frequentemente nelle feste di lui ; ed era la greca voce Evoe, che in latino s’
Euge fili ! e nel nostro volgare corrisponde a Bravo figlio ! parole di approvazione e d’incoraggiamento che i mitologi s
ono dette da Giove a Bacco suo figlio, allorchè questi sotto la forma di leone combatteva contro i Giganti. La qual voce E
titolato Bacco in Toscana. Anche le Baccanti avevano altri nomi, cioè di Menadi, Tiadi, Bassaridi ; il primo dei quali sig
il secondo impetuose, ed il terzo è derivato da uno degli appellativi di Bacco accennati di sopra. Le Baccanti erano rappr
e, ed il terzo è derivato da uno degli appellativi di Bacco accennati di sopra. Le Baccanti erano rappresentate come donne
e piegata indietro, colle chiome scarmigliate e svolazzanti, in atto di far passi concitati o salti, e perciò colle vesti
pada o il pugnale. Generalmente hanno pur anco il mantello o la veste di pelli di daino o di cervo, le quali pelli diconsi
pugnale. Generalmente hanno pur anco il mantello o la veste di pelli di daino o di cervo, le quali pelli diconsi nebridi
eneralmente hanno pur anco il mantello o la veste di pelli di daino o di cervo, le quali pelli diconsi nebridi con voce gr
ni poeti latini204) e italiani. Cosi cantò il Chiabrera, v. 46 : « E di nebridi coperto « Nel deserto « Vo’cantar tra le
« Nel deserto « Vo’cantar tra le Baccanti. » E il Redi nel Ditirambo di Bacco fa dire a questo Nume : « Al suon del cemb
questo Nume : « Al suon del cembalo, « Al suon del crotalo, « Cinte di nebridi, « Snelle Bassaridi, « Su su mescetemi « 
sicumere e accordature d’orchestra. Finsero che Bacco nei suoi viaggi di proselitismo enologico avesse trovato nell’isola
o nei suoi viaggi di proselitismo enologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbando
oselitismo enologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo
nologico avesse trovato nell’isola di Naxo Arianna figlia di Minos re di Creta, abbandonata dal perfido Teseo che a lei do
tento, e le regalò come dono nuziale una preziosissima corona d’oro e di gemme, opera egregia di Vulcano, la quale poi fu
dono nuziale una preziosissima corona d’oro e di gemme, opera egregia di Vulcano, la quale poi fu cangiata in una costella
a quale poi fu cangiata in una costellazione che porta ancora il nome di corona di Arianna. Tre figli nacquero da questo m
i fu cangiata in una costellazione che porta ancora il nome di corona di Arianna. Tre figli nacquero da questo matrimonio
il nome di corona di Arianna. Tre figli nacquero da questo matrimonio di Bacco, ed ebbero nomi relativi alla vite, all’uva
ifica fiorente ; Stafilo, nome derivato da staphis che era una specie di vite e d’uva anticamente chiamata stafusaria ; ed
va anticamente chiamata stafusaria ; ed Enopio, che vuol dire bevitor di vino. Si attribuivano a Bacco diversi miracoli. C
cuni marinari che si opponevano al suo culto. Fece sì che Licurgo, re di Tracia, il quale aveva ordinato che si tagliasser
tagliassero tutte le viti dei suoi Stati, nel volerne recidere alcune di propria mano si tagliasse da sè stesso le gambe.
alcune di propria mano si tagliasse da sè stesso le gambe. Penteo re di Tebe che voleva abolire il culto di Bacco fu ucci
da sè stesso le gambe. Penteo re di Tebe che voleva abolire il culto di Bacco fu ucciso dalla propria madre Agave, che in
ande esempio degli eccessi a cuipuò condurre l’ubriachezza. Le figlie di Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patr
degli eccessi a cuipuò condurre l’ubriachezza. Le figlie di Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patronimico di M
Le figlie di Mineo re di Tebe, conosciute comunemente col patronimico di Mineidi, ricusando di prender parte alle feste di
di Tebe, conosciute comunemente col patronimico di Mineidi, ricusando di prender parte alle feste di Bacco per attendere a
nte col patronimico di Mineidi, ricusando di prender parte alle feste di Bacco per attendere alla loro occupazione di tess
prender parte alle feste di Bacco per attendere alla loro occupazione di tesser le tele, fu detto che furono cangiate in v
e i loro telai in ellera per castigo del disprezzo mostrato pel culto di Bacco. Fu poi generosissimo co’suoi devoti cultor
ava, talchè divenivano facilmente dannosi, come avvenne a Mida figlio di Gordio re dei Frigii. Avendo questo re lietamente
co con tutto il suo corteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era a
orteo, gli fu data in premio dal Nume la facoltà di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era avarissimo, chiese di
di scegliere un dono di suo piacere. Mida, che era avarissimo, chiese di poter trasformare in oro tutto ciò che toccava, e
ò che toccava, e Bacco gliel’accordò ; ma presto egli ebbe a pentirsi di avere ottenuto una tal grazia, poichè quando si p
ti i cibi e le bevande che mettevasi in bocca, e presto sarebbe morto di fame in mezzo all’oro, se non avesse ottenuto da
zo all’oro, se non avesse ottenuto da quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono. Bacco gli ordinò di lavarsi nel
quel Nume benigno la cessazione di sì funesto dono. Bacco gli ordinò di lavarsi nel fiume Pattolo ; e i poeti aggiunsero
dinò di lavarsi nel fiume Pattolo ; e i poeti aggiunsero che le acque di quel fiume contrassero in parte la proprietà che
ne delle pepiti e delle auree vene nel sen della terra. Questa favola di Mida fu raccontata dall’Alighieri nel Canto xx de
a del Dio dei pastori. Come si usa poeticamente per metonimia il nome di Cerere a significare il grano ; di Minerva o Pall
poeticamente per metonimia il nome di Cerere a significare il grano ; di Minerva o Pallade, la sapienza ; di Marte, la gue
i Cerere a significare il grano ; di Minerva o Pallade, la sapienza ; di Marte, la guerra, ecc. ; così il nome di Bacco ad
rva o Pallade, la sapienza ; di Marte, la guerra, ecc. ; così il nome di Bacco ad indicare il vino. E Bacco in origine era
mbolo soltanto del vino ; ma dopo tutte le favole che si raccontarono di lui, e specialmente dopo i fatti storici pur trop
ici pur troppo veri degli stravizii ed eccessi dei Baccanali in onore di questo Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora c
li stravizii ed eccessi dei Baccanali in onore di questo Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora come sinonimo di crapula
nore di questo Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora come sinonimo di crapula e di gozzoviglia. In questo senso l’usò a
o Dio, il nome di Bacco fu adoprato ancora come sinonimo di crapula e di gozzoviglia. In questo senso l’usò anche il Petra
più celebri sonetti : « L’avara Babilonia ha colmo il sacco « D’ira di Dio, e di vizii empi e rei « Tanto che scoppia ;
ri sonetti : « L’avara Babilonia ha colmo il sacco « D’ira di Dio, e di vizii empi e rei « Tanto che scoppia ; ed ha fatt
maturità e non ne cangiano in vino il primitivo acido umore. Il regno di Bacco è finito dove Febo non lo favorisce colla f
ritanni e gli Sciti, e in una parola tutti i popoli nordici, bevitori di cervogia ossia birra, odiosissima a Bacco206. Tut
sposti al nord, e generalmente in nessuna posizione ed esposizione al di là del grado 50 di latitudine207). Tutti hanno ri
eneralmente in nessuna posizione ed esposizione al di là del grado 50 di latitudine207). Tutti hanno riconosciuto e ricono
alla vite cola. » Lo stesso Galileo 300 anni dopo non aggiunse nulla di più alla formula di Dante col dire che il vino è
o stesso Galileo 300 anni dopo non aggiunse nulla di più alla formula di Dante col dire che il vino è un composto di umore
nulla di più alla formula di Dante col dire che il vino è un composto di umore e di luce. Il celebre Magalotti, relatore d
ù alla formula di Dante col dire che il vino è un composto di umore e di luce. Il celebre Magalotti, relatore delle esperi
una delle sue lettere scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati), intese di dare la spiegazione di questo fenomeno con una ip
scientifiche (lettera 5ª a Carlo Dati), intese di dare la spiegazione di questo fenomeno con una ipotesi, alla quale allud
intellettuali e morali. 195. Dante assomigliò la potenza del riso di Beatrice su di lui all’effetto dei fulmini di Gio
morali. 195. Dante assomigliò la potenza del riso di Beatrice su di lui all’effetto dei fulmini di Giove sopra Semele
liò la potenza del riso di Beatrice su di lui all’effetto dei fulmini di Giove sopra Semele : « Ed ella non ridea : Ma, s
s’io ridessi, « Mi cominciò, tu ti faresti quale « Semele fu, quando di cener fessi. » (Parad., xxi, 4.) 196. Ovidio
Metamorfosi così racconta questa favola, accennando in una parentesi di non prestarvi fede egli stesso : « Imperfectus a
orgoglio. » (Gerus. Lib.) 199. Son celebri i Canti Carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico per le mascherate dette di c
Canti Carnascialeschi di Lorenzo il Magnifico per le mascherate dette di carattere che si facevano in quei tempi. Torna qu
tte di carattere che si facevano in quei tempi. Torna qui in acconcio di rammentare il Canto che è intitolato : Trionfo di
rna qui in acconcio di rammentare il Canto che è intitolato : Trionfo di Bacco e di Arianna, che insieme col Canto dei Cia
acconcio di rammentare il Canto che è intitolato : Trionfo di Bacco e di Arianna, che insieme col Canto dei Cialdonai, dei
voce derivata da due parole greche che appellano alla doppia nascita di Bacco, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio
appellano alla doppia nascita di Bacco, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel
, oltre ad essere uno dei nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel qual genere di poesia ammettevasi molta
nomi di questo Dio, era un cantico in onore di lui ; nel qual genere di poesia ammettevasi molta licenza ed irregolarità
il Giusti chiamo Ditirambo la sua celeberrima satira sulla Vestizione di Bécero a cavalier di S. Stefano, come vedesi dai
rambo la sua celeberrima satira sulla Vestizione di Bécero a cavalier di S. Stefano, come vedesi dai seguenti versi : « N
nti versi : « Nel cervellaccio imbizzarrito e strambo « Senti ronzar di versi una congerie, « E piccato di fare un dilira
izzarrito e strambo « Senti ronzar di versi una congerie, « E piccato di fare un dilirambo « Senza legge di forme e di ma
i versi una congerie, « E piccato di fare un dilirambo « Senza legge di forme e di materie, « Le sacre mescolò colle prof
congerie, « E piccato di fare un dilirambo « Senza legge di forme e di materie, « Le sacre mescolò colle profane « E le
203. Il crotalo era uno stromento a percussione, composto per lo più di due pezzi concavi di metallo (ferro o bronzo), ch
uno stromento a percussione, composto per lo più di due pezzi concavi di metallo (ferro o bronzo), che si suonavano batten
la Tribuna della Galleria degli Uffizi in Firenze v’è il famoso Fauno di greca scultura, in atto di suonare il crotalo che
egli Uffizi in Firenze v’è il famoso Fauno di greca scultura, in atto di suonare il crotalo che ha nelle mani. — In Zoolog
di suonare il crotalo che ha nelle mani. — In Zoologia si dà il nome di crotalo al serpente a sonagli. 204. Il nome neb
nagli. 204. Il nome nebris, nebridis si trova usato nel senso detto di sopra dai poeti latini Stazio e Claudiano : « Ne
r agit currus. » (Claud., De iv Cons. Hon., 606.) 205. Il termine di vipistrello usato da Dante sembra preferibile agl
vipistrello e pipistrello, perchè è più simile al latino vespertilio, di cui ci dà l’etimologia Ovidio nelle Metamorfosi,
: « ……….. tenent a vespere nomen. » 206. È coerente al carattere di Bacco Dio del vino che egli disprezzi e biasimi l
o sofisticati (come dicono i chimici) con litargirio, con minio o sal di Saturno, che sono veri e proprii veleni. 207. S
del caldo ; e i limiti naturali fra cui prospera sono dal 30° al 50° di latitudine. 208. In questi limiti non lo disappr
17 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLI. Perseo » pp. 309-316
simo Eroe apparteneva al novero dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio
pparteneva al novero dei Semidei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Ar
ei, poichè fu creduto figlio di Giove e di Danae, la quale era figlia di Acrisio re degli Argiesi. Se gli storici pongono
reistoriche della Mitologia, poichè abbiamo già veduto nel N. XI, che di Inaco re d’Argo era figlia la Ninfa Io trasformat
figlia la Ninfa Io trasformata in vacca, e poi in Dea, sotto il nome di Iside ; e parimente d’Argo era re Danao padre del
nome di Iside ; e parimente d’Argo era re Danao padre delle Danaidi, di cui parlammo nel N. XXXI ; ed ora troviamo Perseo
e delle Danaidi, di cui parlammo nel N. XXXI ; ed ora troviamo Perseo di regia stirpe Argiva. In appresso incontreremo Aga
ne re d’Argo e Micene, generalissimo della Grecia congiurata ai danni di Troia ; e finalmente Oreste figlio di lui, col qu
ella Grecia congiurata ai danni di Troia ; e finalmente Oreste figlio di lui, col quale termina l’età eroica e comincia l’
lo che se nascesse un figlio da Danae ucciderebbe l’avo. Il solo modo di render bugiardo l’Oracolo era troppo crudele, cio
o. Il solo modo di render bugiardo l’Oracolo era troppo crudele, cioè di uccider subito la figlia ; e Acrisio non fu così
ccider le loro figlie, non già per salvarsi la vita, ma per ambizione di regno. Acrisio credè invece che bastasse rinchiud
gno. Acrisio credè invece che bastasse rinchiuder la sua in una torre di bronzo per impedire che prendesse marito. Ma fu i
pioggia d’oro discese in quella torre e sposò Danae che fu poi madre di Perseo. S’intende facilmente che l’oro col quale
on comprate le guardie da un ricco principe aprì le porte della torre di bronzo, per la stessa ragione che fece dire a Fil
torre di bronzo, per la stessa ragione che fece dire a Filippo padre di Alessandro Magno non esservi fortezza inespugnabi
n’altra mezza misura : fece chiuder la madre e il figlio in una cassa di legno e gettarli nel mare ; ma e figlio e madre i
mporta il descrivere, furon trasportati con tutta la cassa nell’isola di Serifo (una delle Cicladi nel mare Egeo), e ospit
ccolti dal re Polidette. Cresceva Perseo e si dimostrava degno figlio di Giove per valore e per senno, talchè Polidette co
le quali perciò sembra che debbano corrispondere alle isole dette ora di Capo verde. Doveva Perseo tagliare a Medusa la te
tte ora di Capo verde. Doveva Perseo tagliare a Medusa la testa cinta di orribili serpenti, che facea divenir di pietra ch
liare a Medusa la testa cinta di orribili serpenti, che facea divenir di pietra chi la guardava. I poeti antichi dicono ch
vanità, e furon chiamate le Gorgoni dalla voce gorgon che era il nome di un orribile mostro affricano. Le credevano figlie
che era il nome di un orribile mostro affricano. Le credevano figlie di Forco divinità marina, e perciò le chiamavano anc
no ancora le Fòrcidi. Più terribile era Medusa per la fatal proprietà di cangiar gli uomini in pietra. L’impresa di uccide
usa per la fatal proprietà di cangiar gli uomini in pietra. L’impresa di ucciderla sarebbe stata impossibile senza l’aiuto
impossibile senza l’aiuto degli Dei ; i quali per favorire il figlio di Giove gl’imprestarono le loro armi divine, Marte
scudo e Mercurio i talari e il petaso. Così Perseo volando e coperto di armi divine si accostò non visto a Medusa e le ta
che dipoi portò sempre seco e se ne servì utilmente per far diventar di sasso chi più gli piacque, come vedremo. Intanto
i e moderni fecero a gara a descrivere, dipingere e scolpire la testa di Medusa. Dante asserisce che a tempo suo la Gorgon
elebre viaggio, le tre Furie infernali vedendolo da lontano dall’alto di una torre : « Venga Medusa, sì ‘l farem di smalt
dolo da lontano dall’alto di una torre : « Venga Medusa, sì ‘l farem di smalto, « Gridaron tutte riguardando in giuso ; «
poi alle belle arti sappiamo che gli antichi rappresentavano la testa di Medusa nell’Egida, e talvolta nell’usbergo della
 ; e Cicerone rimprovera a Verre, tra gli altri delitti e sacrilegii, di avere involato una bellissima testa anguicrinita
tti e sacrilegii, di avere involato una bellissima testa anguicrinita di Medusa, distaccandola dalle porte del tempio di M
ma testa anguicrinita di Medusa, distaccandola dalle porte del tempio di Minerva in Siracusa49. Tra i lavori moderni poi è
rva in Siracusa49. Tra i lavori moderni poi è da rammentarsi la testa di Medusa dipinta da Leonardo da Vinci, che si ammir
ci, che si ammira nella Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua di Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egreg
a Galleria degli Uffizi in Firenze, e la statua di Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso, di
i Perseo colla testa di Medusa in mano, opera egregia in bronzo fuso, di Benvenuto Cellini, che è posta sotto le loggie de
rgagna in Piazza della Signoria. Anche i Naturalisti si son ricordati di questo mostro mitologico nel dare il nome di Medu
ralisti si son ricordati di questo mostro mitologico nel dare il nome di Meduse a un gruppo di Zoofiti che formano la 1ª d
ti di questo mostro mitologico nel dare il nome di Meduse a un gruppo di Zoofiti che formano la 1ª divisione degli Acalefi
o stesso dell’ortica, e perciò si chiamano ancora volgarmente Ortiche di mare. Proseguendo ora il racconto mitologico dell
e Ortiche di mare. Proseguendo ora il racconto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue
do ora il racconto mitologico delle gesta di Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medu
Perseo, è da dirsi prima di tutto che dal sangue sgorgato dal teschio di Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tr
chio di Medusa nacquero molti orribili serpenti, e dal tronco o busto di essa uscì l’alato caval Pegaso, che servì poi sem
ronco o busto di essa uscì l’alato caval Pegaso, che servì poi sempre di cavalcatura a Perseo. Inoltre questo cavallo dand
vallo. La produzione dei serpenti dal sangue della testa anguicrinita di Medusa è meno difficile a spiegarsi che quella de
meno difficile a spiegarsi che quella del caval Pegaso nato dal corpo di essa. E Pindaro, a cui forse piaceva poco questa
di essa. E Pindaro, a cui forse piaceva poco questa strana invenzione di Esiodo, non l’adottò, e disse invece che il caval
la Gorgone. Con questi due potentissimi aiuti, il Pegaso e il teschio di Medusa, divenne Perseo il più formidabile eroe de
e Perseo il più formidabile eroe dell’antichità, perchè egli solo più di qualunque esercito fornito di qualsivoglia arme p
oe dell’antichità, perchè egli solo più di qualunque esercito fornito di qualsivoglia arme più micidiale e diabolica valev
sivoglia arme più micidiale e diabolica valeva per velocità e potenza di mezzi di distruzione delle umane esistenze. Ma pe
arme più micidiale e diabolica valeva per velocità e potenza di mezzi di distruzione delle umane esistenze. Ma per non per
rsonale e per non nuocere agl’innocenti, teneva nascosto in una borsa di pelle il teschio di Medusa, e se ne valeva soltan
ocere agl’innocenti, teneva nascosto in una borsa di pelle il teschio di Medusa, e se ne valeva soltanto nei casi di maggi
borsa di pelle il teschio di Medusa, e se ne valeva soltanto nei casi di maggior bisogno ed estremi. Su questi dati mitolo
nte e stupefaciente scudo del mago Atlante50. Tra le diverse imprese di Perseo occupa un posto importantissimo la liberaz
erse imprese di Perseo occupa un posto importantissimo la liberazione di Andromeda dall’ Orca. Era Andromeda figlia di Cef
ntissimo la liberazione di Andromeda dall’ Orca. Era Andromeda figlia di Cefeo re di Etiopia e della ninfa Cassiopea ; e f
liberazione di Andromeda dall’ Orca. Era Andromeda figlia di Cefeo re di Etiopia e della ninfa Cassiopea ; e fu esposta ad
divorata da un mostro marino, perchè o essa o sua madre erasi vantata di esser più bella delle Nereidi. Nel tempo che l’Or
rla, passò per aria Perseo sul caval Pegaso, e accortosi del pericolo di Andromeda volò tosto in soccorso di lei ; ma non
Pegaso, e accortosi del pericolo di Andromeda volò tosto in soccorso di lei ; ma non potendo pervenire ad uccidere il mos
a spada, perchè era più duro d’uno scoglio, lo pietrificò col teschio di Medusa. I genitori che eran presenti diedero in p
la figlia in isposa, e il regno per dote. Questa mirabile liberazione di Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini nel ba
azione di Andromeda fu espressa da Benvenuto Cellini nel bassorilievo di bronzo fuso che vedesi nella base del Perseo ; ma
l Perseo ; ma l’eroe vi è rappresentato volante col petaso e i talari di Mercurio e non sul caval Pegaso ; con la scimitar
n sul caval Pegaso ; con la scimitarra nella destra, e senza la testa di Medusa nell’altra mano. Nel giardino di Boboli ve
ella destra, e senza la testa di Medusa nell’altra mano. Nel giardino di Boboli vedesi nella gran vasca detta dell’isolott
rdino di Boboli vedesi nella gran vasca detta dell’isolotto la statua di Perseo sul caval Pegaso e di Andromeda legata all
gran vasca detta dell’isolotto la statua di Perseo sul caval Pegaso e di Andromeda legata allo scoglio ; ma l’Orca è di co
seo sul caval Pegaso e di Andromeda legata allo scoglio ; ma l’Orca è di così piccole dimensioni da render risibile la pau
 ; ma l’Orca è di così piccole dimensioni da render risibile la paura di Arianna di poter essere divorata da quel piccolo
a è di così piccole dimensioni da render risibile la paura di Arianna di poter essere divorata da quel piccolo mostro poco
ianna di poter essere divorata da quel piccolo mostro poco più grosso di un granchio. Si crede opera degli scolari di Giov
o mostro poco più grosso di un granchio. Si crede opera degli scolari di Giovan Bologna, del quale è di certo la statua co
granchio. Si crede opera degli scolari di Giovan Bologna, del quale è di certo la statua colossale del Grande Oceano, che
colossale del Grande Oceano, che ivi si ammira. Le feste per le nozze di Perseo con Andromeda furono disturbate negli ulti
erduto qualunque titolo ad ottenerla. Perseo, dopo aver fatto prodigi di valore colla spada, vedendo che si perdeva troppo
volta, perchè pochi compagni aveva per aiutarlo, mise fuori la testa di Medusa e pietrificò nell’istante quanti la guarda
tlante ; il quale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse di statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere
uale avea saputo dall’Oracolo, che per quanto egli fosse di statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio
sse di statura e di forza gigantesca, dovea tutto temere da un figlio di Giove. Ma la sua stessa precauzione fu causa del
sua stessa precauzione fu causa del suo male, poichè Perseo, irritato di tale scortesia, lo raggiunse volando sul caval Pe
val Pegaso mentre Atlante andava alla caccia, e mostrandogli la testa di Medusa lo trasformò in quel monte della Mauritani
rafiche e uranografiche. Giunse Perseo senz’altri incidenti all’isola di Serifo, e trovò che Polidette voleva costringer D
uccidesse l’avo. Compiute Perseo le sue imprese fe’ dono della testa di Medusa a Minerva. Il caval Pegaso gli sopravvisse
i Medusa a Minerva. Il caval Pegaso gli sopravvisse e passò in potere di un altro eroe, come vedremo. Si attribuisce a Per
o eroe, come vedremo. Si attribuisce a Perseo la fondazione del regno di Micene ; e si narra che ivi Perseo fu ucciso a tr
e si narra che ivi Perseo fu ucciso a tradimento da Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre. La s
so a tradimento da Megapente, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre. La storia di Perseo fu registrata dag
nte, figlio di Preto, per vendicare la morte di suo padre. La storia di Perseo fu registrata dagli Antichi a caratteri di
o padre. La storia di Perseo fu registrata dagli Antichi a caratteri di stelle nel Cielo, poichè asserirono trasformati i
conservano tuttora dai moderni Astronomi, i quali ci dicono pur anco di quante stelle è formata ciascuna di queste costel
onomi, i quali ci dicono pur anco di quante stelle è formata ciascuna di queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andro
quante stelle è formata ciascuna di queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea
ata ciascuna di queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso d
i queste costellazioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso di 91. Aggiungo
ioni, cioè Perseo di 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso di 91. Aggiungono inoltre che una
i 6551 ; Andromeda di 27 ; Cefeo di 58 ; Cassiopea di 60, e il Pegaso di 91. Aggiungono inoltre che una gran quantità di s
ea di 60, e il Pegaso di 91. Aggiungono inoltre che una gran quantità di stelle cadenti, di cui hanno luogo fiammeggianti
so di 91. Aggiungono inoltre che una gran quantità di stelle cadenti, di cui hanno luogo fiammeggianti pioggie ordinarie c
metà dell’ agosto e del novembre tutti gli anni, si osserva partirsi di verso la costellazione di Perseo ; e perciò quell
ovembre tutti gli anni, si osserva partirsi di verso la costellazione di Perseo ; e perciò quelle tali stelle cadenti son
di Perseo ; e perciò quelle tali stelle cadenti son distinte col nome di Perseidi. 47. Ho dato questo cenno in conferma
istinte col nome di Perseidi. 47. Ho dato questo cenno in conferma di quanto osservai nel precedente capitolo, che cioè
toria Universale), pone Inaco per primo re d’Argo, e come vissuto più di 1900 anni avanti l’era volgare ; e perciò almeno
900 anni avanti l’era volgare ; e perciò almeno tre secoli più antico di Mosè. Perseo poi è considerato come contemporaneo
mi mamma e babbo. » 48. Vedasi la bellissima Ode 16ª del lib. iii di Orazio ; della quale qui cito soltanto quella par
ale qui cito soltanto quella parte che si riferisce a quanto ho detto di sopra nel testo : « Inclusam Danaën turris aënea
satori antichi Apollodoro e Pausania, i quali però invece della torre di bronzo rammentano una camera sotterranea di bronz
i però invece della torre di bronzo rammentano una camera sotterranea di bronzo come luogo della reclusione di Danae. Ma a
mmentano una camera sotterranea di bronzo come luogo della reclusione di Danae. Ma ai poeti parve più bella e più poetica
l’ecclisse o la cometa sia. « Vede la donna un’altra maraviglia « Che di leggier creduta non saria ; « Vede passare un gra
alato « Che porta in aria un cavaliero armato. « Grandi eran l’ale e di color diverso, « E vi sedea nel mezzo un cavalier
e chiamasi Ippogrifo, « Che nei monti Rifei vengon, ma rari, « Molto di là dagli agghiacciati mari. » 51. Una di quest
vengon, ma rari, « Molto di là dagli agghiacciati mari. » 51. Una di queste stelle di color cangiante è chiamata la Te
« Molto di là dagli agghiacciati mari. » 51. Una di queste stelle di color cangiante è chiamata la Testa di Medusa.
 » 51. Una di queste stelle di color cangiante è chiamata la Testa di Medusa.
18 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVI. Nettuno re del mare e gli altri Dei marini » pp. 173-183
le maraviglie che esso racchiude nel suo seno. Ma quanto erano scarsi di cognizioni positive e scientifiche, altrettanto e
carsi di cognizioni positive e scientifiche, altrettanto erano ricchi di fantasia e d’invenzione. E non è necessario di av
trettanto erano ricchi di fantasia e d’invenzione. E non è necessario di aver scoperto come Balboa dall’alto delle Ande il
dall’alto delle Ande il grande Oceano equinoziale per esser compresi di maraviglia all’idea dell’Immenso e cader prostrat
nte inchine » come diceva il Petrarca ; ma basta l’essersi trovato o di giorno o di notte, « O quando sorge o quando cad
» come diceva il Petrarca ; ma basta l’essersi trovato o di giorno o di notte, « O quando sorge o quando cade il die »
Non deve dunque recar maraviglia che i Pagani i quali avevan popolato di Dei il Cielo e la Terra personificando gli oggett
onoscessero in tutta la loro estensione che i principali mari interni di quello che ora chiamasi il Mondo antico, avevan p
a loro conosciute, una immensa e per loro incommensurabile estensione di onde salse, ove andavano a gettarsi le acque di t
ensurabile estensione di onde salse, ove andavano a gettarsi le acque di tutti i più grandi fiumi. Cominciarono dunque dal
zzare l’Oceano stesso come avevano divinizzato il Cielo sotto il nome di Urano, e la Terra sotto il nome di Vesta Prisca o
divinizzato il Cielo sotto il nome di Urano, e la Terra sotto il nome di Vesta Prisca o di Cibele. L’Oceano fu dunque cons
lo sotto il nome di Urano, e la Terra sotto il nome di Vesta Prisca o di Cibele. L’Oceano fu dunque considerato come il pi
l’Arno, non men che gli altri mari e fiumi d’Italia dormirono per più di trecento anni !212 Abbiamo detto altra volta (V.
Abbiamo detto altra volta (V. il N. XI) che agli Dei davasi il titolo di Padre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oc
a volta (V. il N. XI) che agli Dei davasi il titolo di Padre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al
adre in segno di affettuosa venerazione ; e l’Oceano lo merita al par di Giove, e pei grandi benefizii che arreca agli uom
; cioè 3000 fiumi e 3000 ninfe Oceanine. La sua moglie che l’arricchì di sì numerosa prole era Teti 213), dea marina anch’
213), dea marina anch’essa, ben diversa però dalla Ninfa Teti, madre di Achille. Secondo Omero, l’Oceano ha il suo palazz
tro l’impero assoluto del mare, che toccò in sorte a Nettuno fratello di Giove, dopo la guerra contro i Giganti, alla qual
guerra contro i Giganti, alla quale l’Oceano non prese parte. Il nome di Nettuno, dio e re del mare deriva, come dice Varr
ato, per quanto io mi ricordi, dai poeti latini e italiani. Le statue di questo Dio si vedono in molte fonti pubbliche e p
nti pubbliche e private ; e la più celebre come opera d’arte è quella di Giovan Bologna in Bologna ; ed una delle più goff
Bologna ; ed una delle più goffe è quella dell’Ammannato nella fonte di Piazza della Signoria di Firenze215). Ma tutte pr
iù goffe è quella dell’Ammannato nella fonte di Piazza della Signoria di Firenze215). Ma tutte presentano presso a poco gl
e in una forca con tre corni o punte ; ed è questo il potente scettro di Nettuno col quale comanda ai flutti e scuote la T
iglia posta sopra un carro tirato da quattro cavalli marini attaccati di fronte. I Romani avanti la prima guerra punica po
deravano ed adoravano come Dio del mare, ma più generalmente, a tempo di Romolo, come Dio del consiglio sotto il nome di C
generalmente, a tempo di Romolo, come Dio del consiglio sotto il nome di Conso, e in appresso anche come protettore dei ca
appresso anche come protettore dei cavalli e dei cavalieri col titolo di Nettuno equestre, alludendosi alla favola che que
ola che questo Dio nella gara con Minerva per dare il nome alla città di Cecrope avesse prodotto il cavallo. Ma quando P.
esso Tito Livio riferisce nella sua Storia, trascrivendo o componendo di suo le solenni frasi rituali. Se non è bene che l
o più conviene a un re, e specialmente a un re assoluto che è padrone di tutto217), e a cui non può mancar mai un lauto tr
to a prender moglie ; e scelse per sua sposa la dea Amfitrite, figlia di Nereo e di Dori, e quindi nipote dell’Oceano e di
r moglie ; e scelse per sua sposa la dea Amfitrite, figlia di Nereo e di Dori, e quindi nipote dell’Oceano e di Teti. Da p
a Amfitrite, figlia di Nereo e di Dori, e quindi nipote dell’Oceano e di Teti. Da prima pareva che Amfitrite acconsentisse
e Amfitrite acconsentisse a questo matrimonio, ma poi avendo cangiato di avviso, Nettuno le mandò due eloquentissimi delfi
a guardia d’onore delle principali divinità marine. Amfitrite è nome di greca origine che significa romoreggiante o corro
rrodente all’intorno, e sta ad indicare i flutti marini e gli effetti di essi sui lidi : etimologicamente è un quid simile
sca colla rete. Le si dà ancora un carro a conto suo, simile a quello di Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e di T
rro a conto suo, simile a quello di Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e di Tritoni. I nomi di ambedue queste Divi
suo, simile a quello di Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e di Tritoni. I nomi di ambedue queste Divinità (Nettu
lo di Nettuno, con un particolar corteo di Ninfe e di Tritoni. I nomi di ambedue queste Divinità (Nettuno e Amfitrite) sig
nelle lingue greca e latina ; ma nell’italiana si preferisce il nome di Nettuno. Dante, nel Canto xxviii dell’Inferno, r
rammentò questo Dio nel senso mitologico e figurato : « Tra l’isola di Cipri e di Maiolica « Non vide mai sì gran fallo
uesto Dio nel senso mitologico e figurato : « Tra l’isola di Cipri e di Maiolica « Non vide mai sì gran fallo Nettuno, « 
mar Mediterraneo un sì orribil delitto. Gli astronomi diedero il nome di Nettuno al più lontano pianeta del nostro sistema
da Leverrier dietro le osservazioni ed i calcoli sulle perturbazioni di Urano, e veduto per la prima volta da Galle a Ber
6. E coerentemente al nome mitologico, il simbolo o segno astronomico di questo pianeta è un circolo sormontato da un picc
un piccolo tridente. Nella nautica si chiamano Nettuni le collezioni di carte nautiche ; la qual denominazione mitologica
l nostro globo all’azione dell’acqua ; Nettuniani gli stessi depositi di precipitazione, e Nettunisti i seguaci di questa
tuniani gli stessi depositi di precipitazione, e Nettunisti i seguaci di questa ipotesi. Anche la moglie di Nettuno ebbe o
ipitazione, e Nettunisti i seguaci di questa ipotesi. Anche la moglie di Nettuno ebbe onori celesti dagli astronomi, i qua
i Nettuno ebbe onori celesti dagli astronomi, i quali diedero il nome di Amfitrite al 29° pianeta telescopico scoperto da
escopico scoperto da Marth il 1° marzo 1854. E Cuvier assegnò il nome di Amfitrite a un genere di Annelidi della famiglia
h il 1° marzo 1854. E Cuvier assegnò il nome di Amfitrite a un genere di Annelidi della famiglia dei Tubicoli, che abitano
. I Tritoni eran creduti e rappresentati mezzi uomini e mezzi pesci ; di figura umana dai fianchi in su, e in tutto il res
nchi in su, e in tutto il resto pesci. La loro occupazione era quella di tenere allegre le Divinità del mare (come i Satir
allegre le Divinità del mare (come i Satiri le terrestri Divinità) e di suonar la tromba marina 218), che era una conchig
rivono a questa favola anche i naturalisti, poichè hanno dato il nome di Tritone a un genere di molluschi gasteropodi che
anche i naturalisti, poichè hanno dato il nome di Tritone a un genere di molluschi gasteropodi che formano conchiglie talv
ton variegatus) e che volgarmente chiamasi tromba marina o conchiglia di Tritone ; e di queste alcune son lunghe sino a 60
e che volgarmente chiamasi tromba marina o conchiglia di Tritone ; e di queste alcune son lunghe sino a 60 centimetri. Tr
mati nelle acque marine, o anticamente o modernamente. Turbe infinite di Ninfe o Divinità inferiori popolavano ed abbelliv
folaghe procellarie ; tal’altra cavalcano un pesce e fanno una regata di nuovo genere che niun mortale vide giammai ; e sp
Nereidi. Le Ninfe Oceanine, così chiamate perchè figlie dell’Oceano e di Teti, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente d
glie dell’Oceano e di Teti, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente di 41 ce ne dice il nome, di cui farò grazia al lett
, erano, secondo Esiodo, 3000 ; e solamente di 41 ce ne dice il nome, di cui farò grazia al lettore, riserbandomi a nomina
e luogo, quando cioè converrà raccontare che prese marito e fu madre di qualche altra Divinità. Doridi e Nereidi son nom
dre di qualche altra Divinità. Doridi e Nereidi son nomi patronimici di quelle Ninfe che eran figlie di Dori e di Nereo.
Doridi e Nereidi son nomi patronimici di quelle Ninfe che eran figlie di Dori e di Nereo. Queste Ninfe, che eran qualche c
ereidi son nomi patronimici di quelle Ninfe che eran figlie di Dori e di Nereo. Queste Ninfe, che eran qualche centinaio,
nfe, che eran qualche centinaio, hanno or l’uno or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal pad
anno or l’uno or l’altro nome, cioè di Doridi derivato dalla madre, o di Nereidi dal padre ; ma il secondo è il più comune
i poeti, i quali annoverano fra le Nereidi la stessa Amfitrite moglie di Nettuno e la ninfa Teti madre di Achille. I natur
e Nereidi la stessa Amfitrite moglie di Nettuno e la ninfa Teti madre di Achille. I naturalisti peraltro applicano distint
ente ed arbitrariamente queste due denominazioni a due diverse specie di animali marini : chiamano Doridi un genere di mol
ni a due diverse specie di animali marini : chiamano Doridi un genere di molluschi gasteropodi della famiglia dei nudibran
olluschi gasteropodi della famiglia dei nudibranchi ; e danno il nome di Nereidi a quelle che volgarmente diconsi Scolopen
danno il nome di Nereidi a quelle che volgarmente diconsi Scolopendre di mare. Ai naturalisti, per quanto pare, è molto pi
naturalisti, per quanto pare, è molto piaciuto questo nome mitologico di Nereidi, poichè si trova che più e diversi di lor
questo nome mitologico di Nereidi, poichè si trova che più e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito con qualche ag
e diversi di loro lo hanno assegnato (al solito con qualche aggettivo di specificazione) a molti generi e famiglie di Anne
to con qualche aggettivo di specificazione) a molti generi e famiglie di Annelidi e simili animali marini. Oltre le Divini
e il dio Glauco. La dea Leucotoe era in origine la regina Ino moglie di Atamante re di Tebe ; e il dio Palemone il suo pi
o. La dea Leucotoe era in origine la regina Ino moglie di Atamante re di Tebe ; e il dio Palemone il suo piccolo figlio ch
certa. Dal colmo-della sventura sofferta per l’odio e le persecuzioni di Giunone (nemica acerrima di quella regia famiglia
ura sofferta per l’odio e le persecuzioni di Giunone (nemica acerrima di quella regia famiglia, perchè vi apparteneva Seme
acerrima di quella regia famiglia, perchè vi apparteneva Semele madre di Bacco amata da Giove), passarono ambedue all’apot
e benigne Divinità marine. Ma lasciamo raccontare a Dante la sventura di questa famiglia ; e poi poche altre parole baster
a l’altro figlio chiamato Melicerta ; e la favola aggiunge che invece di annegarsi divennero la Dea Leucotoe e il Dio Pale
in porto, a due Divinità che avevan provato le più terribili procelle di questo mare infido della vita222. Di Glauco poi r
contano uno dei più strani e singolari miti, unico nel suo genere ; e di cui nulladimeno seppe valersi Dante come di simil
unico nel suo genere ; e di cui nulladimeno seppe valersi Dante come di similitudine per dare idea di uno dei suoi più st
ui nulladimeno seppe valersi Dante come di similitudine per dare idea di uno dei suoi più straordinarii e sublimi concetti
che i pesci da lui pescati e deposti in terra sopra l’erba, gustando di quella prendevano un nuovo vigore e quasi una nuo
ccando un salto ritornavano in mare. Volle provare anch’egli a gustar di quell’erba, che subito gli fece lo stesso effetto
ato in un Dio protettore della navigazione. Gli fu conservato il nome di Glauco che significa verde-azzurro, bene adatto a
uadrel posa « E vola, e dalla noce si dischiava, » trovò a proposito di citar l’esempio di Glauco per offrirci qualche im
a, e dalla noce si dischiava, » trovò a proposito di citar l’esempio di Glauco per offrirci qualche immagine più sensibil
qualche immagine più sensibile del suo concetto : « Nel suo aspetto ( di Beatrice) tal dentro mi fei « Qual si fe Glauco n
223. Proteo, secondo gli antichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le
tichi Mitologi, era figlio dell’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le mandre di Nettuno, che erano
’Oceano e di Teti, ed avea per ufficio di condurre a pascer le mandre di Nettuno, che erano composte principalmente di orc
urre a pascer le mandre di Nettuno, che erano composte principalmente di orche, di foche e di vitelli marini. A questo Num
cer le mandre di Nettuno, che erano composte principalmente di orche, di foche e di vitelli marini. A questo Nume costitui
re di Nettuno, che erano composte principalmente di orche, di foche e di vitelli marini. A questo Nume costituito in sì um
erogativa degna dei più grandi Numi e dello stesso Giove, quella cioè di prevedere il futuro ; ed inoltre di poter prender
e dello stesso Giove, quella cioè di prevedere il futuro ; ed inoltre di poter prendere qualunque forma che più gli piaces
marsi, se finalmente voleva riprender la primitiva sua forma e figura di Nume, trovavasi come prima legato, ed era costret
regolano il mondo fisico, ma non le rivela, se non costretta. Il modo di costringer Proteo era quello di legarlo ; ed egli
le rivela, se non costretta. Il modo di costringer Proteo era quello di legarlo ; ed egli allora prendeva successivamente
e non bisognava stancarsi ad aspettare, se Proteo con una lunga serie di trasformazioni tardasse a riprender la sua prima
h’han detto ai dolci amici addio. » (Purg., viii, 1.) 211. « Che di vederli in me stesso m’esalto. » (Inf., iv, 120.
distruzione delle libertà d’Italia, dicendo che essa ordì « Una tela di cabale e d’inganni « Che fu tessuta poi per trece
rsi dopo la sua corsa diurna, come accennammo nel Cap. xvii, parlando di Apollo considerato come il Sole. 214. Altri mito
considerato come il Sole. 214. Altri mitologi fanno derivare il nome di Nettuno dal greco niptein che significa lavare.
ptein che significa lavare. 215. Il volgo bolognese chiama la statua di Nettuno il Gigante e il volgo fiorentino il Bianc
n bene a memoria ed usa spesso il nome del Dio del vino, poco si cura di rammentarsi o di rammentare quello del Dio dell’a
ed usa spesso il nome del Dio del vino, poco si cura di rammentarsi o di rammentare quello del Dio dell’acqua. 216. Cons
 ; il qual nome è usato da Giovenale nella Satira x, v. 182, parlando di Serse, che pretese d’incatenare il mare : « Ipsu
Virgilio con maggiore efficacia ed eleganza, avea posto sulle labbra di Didone quell’affettuosissimo verso : « Non ignar
223. La più vera e naturale spiegazione delle mirabili Metamorfosi di coloro che caddero in mare o in un fiume, e spari
uella s’annegò coll’altro incarco. » In quel Canto non aveva bisogno di valersi della mitologica trasformazione ; e gli b
tologica trasformazione ; e gli bastava soltanto l’esempio del furore di Atamante per preludio alla descrizione di quelle
ltanto l’esempio del furore di Atamante per preludio alla descrizione di quelle furibonde anime dannate di cui allora vole
mante per preludio alla descrizione di quelle furibonde anime dannate di cui allora voleva parlare. Ma nel i Canto del Par
ra voleva parlare. Ma nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di citare l’esempio di Glauco secondo la favola, sen
a nel i Canto del Paradiso, gli fece molto comodo di citare l’esempio di Glauco secondo la favola, senza diminuirne in nes
diminuirne in nessuna parte il maraviglioso, perchè voleva raccontar di sè stesso un fatto maraviglioso non meno. E quest
19 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVII. Apollo considerato come Dio del Sole, degli Arcieri e della Medicina » pp. 92-103
è Apollo e Febo. Si potrebbe disputare a lungo sulla greca etimologia di queste due parole, se si trattasse di filologia ;
a lungo sulla greca etimologia di queste due parole, se si trattasse di filologia ; ma in mitologia possiamo starcene tra
gia ; ma in mitologia possiamo starcene tranquillamente alla opinione di quegli antichi mitologi, i quali dicono che Apoll
no evidentemente e principalmente alle proprietà distintive del sole, di essere egli nel nostro sistema planetario il solo
mortal cosa. Molti altri nomi e appellativi avea questo Dio : quelli di Delio e di Cinzio li abbiamo già notati nel numer
. Molti altri nomi e appellativi avea questo Dio : quelli di Delio e di Cinzio li abbiamo già notati nel numero precedent
abbiamo già notati nel numero precedente, e in appresso avremo luogo di notarne anche altri. Ma intanto è bene osservare
a veduto dipinto da più o men valenti pittori come un giovane imberbe di bellissime forme, cinto la fronte e il volto di u
me un giovane imberbe di bellissime forme, cinto la fronte e il volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocch
imberbe di bellissime forme, cinto la fronte e il volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di
, cinto la fronte e il volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto di guid
volto di un’aureola di fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto di guidare con mano ferma e si
fulgentissimi raggi, su di un cocchio d’ oro e di gemme107), in atto di guidare con mano ferma e sicura quattro focosi de
li del Dio della luce ; ed ognuno li intende facilmente senza bisogno di spiegazione : solo son da notarsi i nomi assegnat
inozii sieno precisamente dodici, non sono però ragguagliatamente più di dodici un giorno per l’altro in tutto l’anno ; e
ani v’era inoltre una ragione speciale riferibile all’uso che avevano di dividere il giorno vero, ossia il tempo della pre
oltanto. Perciò le ore del giorno e della notte essendo sempre uguali di numero dovevano necessariamente esser più lunghe
sser più lunghe o più corte, secondo le diverse stagioni. I poeti non di rado rammentano i nomi dei cavalli del Sole, e le
la. » Inoltre aveva il Sole una maestosa e ricchissima reggia, opera di Vulcano109), nella regione d’Oriente. Da essa com
iurno, e la sera andava a riposare da Teti, dea marina, in un palazzo di cristallo in fondo al mare. Come poi facesse per
uto : soltanto in appresso qualche mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in
he mitologo inventò che il Sole, dopo di essersi riposato nel palazzo di Teti, entrava in fondo ad una nave d’oro col suo
 ; nè i più celebri poeti, e tanto meno i pittori, la stimarono degna di essere imitata o copiata. Il Sole nel corso dell’
e eclittica), la quale resta nel mezzo ad una fascia o zona del cielo di 16 in 17 gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazi
di 16 in 17 gradi, ed ove scorgonsi le 12 costellazioni, in direzione di ciascuna delle quali successivamente va il Sole a
nno. Questa zona del cielo fu detta con greco nome Zodiaco, cioè zona di animali, perchè le costellazioni che vi si trovan
rchè le costellazioni che vi si trovano (meno una sola) hanno il nome di diversi esseri animati. Si conoscono ancora in as
mati. Si conoscono ancora in astronomia sotto la denominazione comune di segni del zodiaco ; e i loro nomi particolari son
ppellano a fatti mitologici, dei quali sinora ne conosciamo due soli, di Ganimede coppiere di Giove che è rappresentato ne
logici, dei quali sinora ne conosciamo due soli, di Ganimede coppiere di Giove che è rappresentato nel segno dell’ aquario
mede coppiere di Giove che è rappresentato nel segno dell’ aquario, e di Astrea dea della giustizia, che fu simboleggiata
ammirasi nella galleria del Vaticano in Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. Un’altra mirabile statua di Apollo gio
n Roma, ed è chiamata l’Apollo di Belvedere. Un’altra mirabile statua di Apollo giovane, detta perciò volgarmente l’Apolli
la galleria degli Uffizi in Firenze. Anticamente ergevasi nell’ isola di Rodi una statua colossale in bronzo rappresentant
’ isola di Rodi una statua colossale in bronzo rappresentante Apollo, di tali dimensioni che i due piedi posavano sulla es
ndo, ma fu atterrata da un terremoto ; e poi i Saracini conquistatori di quell’isola ne venderono il metallo, di cui furon
poi i Saracini conquistatori di quell’isola ne venderono il metallo, di cui furon caricati 900 cammelli. A spiegare il cr
do gigli e rose sulla terra. Tutti i poeti fanno a gara a descriverla di bellezza maravigliosa e immortale, con le bianche
e immortale, con le bianche e le vermiglie guance 111), colla fronte di rose e coi crin d’ oro. Dante nota ancora l’ aura
iori. Dalla qual voce aura è derivato in latino e in italiano il nome di Aurora. Anche il Tasso esprime la stessa idea nel
ispirati, fra i quali meritamente è il più celebre quello dell’Aurora di Guido Reni in Roma. Lo stesso Michelangelo, che t
ino e il vespertino, le cui statue si ammirano nell’ antica sacrestia di San Lorenzo in Firenze. Di un altro figlio di Apo
nell’ antica sacrestia di San Lorenzo in Firenze. Di un altro figlio di Apollo convien qui parlare, perchè il mito o fatt
di Apollo convien qui parlare, perchè il mito o fatto mitologico che di lui si racconta è relativo al Sole. Fetonte, il c
ogico che di lui si racconta è relativo al Sole. Fetonte, il cui nome di greca etimologia significa splendente, era credut
cui nome di greca etimologia significa splendente, era creduto figlio di Apollo e della Ninfa Climene. Fu egli un giovinet
natali bastassero a compire le grandi e gloriose imprese. Discorrendo di nobiltà di sangue 112) con un vanerello par suo,
assero a compire le grandi e gloriose imprese. Discorrendo di nobiltà di sangue 112) con un vanerello par suo, cioè con Ep
obiltà di sangue 112) con un vanerello par suo, cioè con Epafo figlio di Giove e della Ninfa lo, già vacca e poi Dea, si t
lesco puntiglio a dimostrare ad Epafo ed al mondo che egli era figlio di Apollo col guidar per un giorno il carro della lu
rovazione dell’ ambiziosa sua madre Climene andò nella sublime reggia di Apollo e chiese al padre una grazia, prègandolo a
Stige che non glie l’avrebbe negata. Apollo giurò ; ma tosto si pentì di aver giurato quando seppe il folle desiderio del
e a distoglier Fetonte dall’ardua impresa troppo superiore alle forze di lui. Infatti i focosi cavalli del Sole ben presto
pioppi e le loro lagrime in ambra 114). Inoltre un giovanetto Ligure, di nome Cicno, amico di Fetonte, venuto a visitarne
ime in ambra 114). Inoltre un giovanetto Ligure, di nome Cicno, amico di Fetonte, venuto a visitarne la tomba, cadde nel f
e la tomba, cadde nel fiume e fu trasformato in cigno. Questa favola di Fetonte è descritta e celebrata da molti poeti e
almente da Ovidio nelle Metamorfosi ; e lo stesso Dante trova il modo di parlarne più volte nella Divina Commedia. Assomig
Assomiglia nel Canto xvii dell’Inferno la sua paura, nello scender su di un alato mostro in un profondo abisso infernale,
ender su di un alato mostro in un profondo abisso infernale, a quella di Fetonte trasportato in balìa dei cavalli del Sole
; ma pur anco i poeti e gli artisti cristiani, come abbiamo osservato di sopra, le stimarono degne delle arti loro. Che pi
ca ponesse la scure alla loro radice abbattendo il sistema planetario di Tolomeo e sostituendovi quello di Copernico117, c
ce abbattendo il sistema planetario di Tolomeo e sostituendovi quello di Copernico117, ciò non ostante anche i poeti e gli
biamo veduto nel N° XIII che egli nella guerra dei Giganti non fu uno di quei Numi paurosi che fuggirono e si nascosero, m
aettando i nemici. Ora devesi aggiungere che Giove vedendo la bravura di Apollo, lo incoraggiava a ferire, e gli ripeteva,
e parole trassero tanto i Greci quanto i Latini l’etimologia del nome di Pœan dato ad Apollo ; e Pœan chiamano ancora l’in
nome di Pœan dato ad Apollo ; e Pœan chiamano ancora l’inno in onore di questo Dio. I nostri poeti, in generale, non adot
ile valentia nel tirar d’ arco, quando dopo il diluvio uccise a colpi di freccie il terribile e micidiale serpente Pitone
o negli avanzi fossili dei terreni secondarii l’esistenza preistorica di certi immani e terribili mostri del genere dei re
tarono il nome del favoleggiato serpente Pitone per darlo a un genere di rettili, in cui son compresi i serpenti dell’Indi
verrà a rammentare e descrivere l’ufficio della Pitonessa del Tempio di Delfo. Dopo che i mitologi ebbero considerato Apo
a Dea della Salute. Nella invenzione della discendenza in linea retta di queste tre divinità v’è molta connessione logica
za in linea retta di queste tre divinità v’è molta connessione logica di principii scientifici, che esamineremo dopo aver
entifici, che esamineremo dopo aver parlato del figlio e della nipote di Apollo secondo la Mitologia. Esculapio, lo stess
lapio, lo stesso che Asclepio, come lo chiamavano i Greci, era figlio di Apollo e della Ninfa Coronide. Egli fu il primo m
era figlio di Apollo e della Ninfa Coronide. Egli fu il primo medico di cui le antiche tradizioni ci abbiano tramandato i
o infermità. Esculapio era rappresentato con volto maestoso e in atto di meditare ; lunga avea la barba che scendeagli a m
denza, virtù necessaria principalmente ad un medico. Il maggior culto di Esculapio fu in Epidauro ; e sappiamo dallo stess
a, e gli fu eretto un Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta di Esculapio, ed ora di San Bartolomeo, dopochè Roma
Tempio nell’isola Tiberina, che allora fu detta di Esculapio, ed ora di San Bartolomeo, dopochè Roma divenuta cristiana d
o, dopochè Roma divenuta cristiana dedicò quel tempio pagano al culto di quest’apostolo. Idearono ancora i mitologi che Es
o vogliam dire deificazione dellaSanità, come significa il greco nome di questa Dea. Infatti da Igiea è denominata Igiene
greco nome di questa Dea. Infatti da Igiea è denominata Igiene l’arte di conservar la salute, difficilissima in pratica pe
rte di conservar la salute, difficilissima in pratica pel gran numero di speciali osservazioni che richiede per ciascuna p
adono a schivare qualunque genere d’intemperanza121. Nella invenzione di queste tre Divinità che presiedono alla più felic
esseri umani, troviamo un concetto ed un ragionamento che ha la forma di un sillogismo. Apollo rappresenta il principio ge
che è lo scopo delle sue cure, fu aggiunto che Esculapio, a richiesta di Plutone, morì fulminato da Giove : il che evident
105. Cicerone, nel 2° lib. De Nat. Deor., così interpreta il nome di Apollo : Apollinis nomen est græcum, quem solem e
 » (Hor., Od., iii, 21.) 107. Dante dopo aver descritto il carro di Beatrice, alferma che neppure quello del Sole era
he vorrebbe dire orientale, per indicare uno dei cavalli del sole ; e di più si son serviti di questo stesso vocabolo come
tale, per indicare uno dei cavalli del sole ; e di più si son serviti di questo stesso vocabolo come aggettivo poetico, in
, ma ’l più nell’onde chiuso. » I poeti minori poi non finiscono mai di rammentare le eoe maremme, che rimano sempre con
e eoe maremme, che rimano sempre con le indiche gemme. 109. Merita di essere imparata a mente la bellissima descrizione
collo stesso Omero a costruir palagi magnifici senz’ altra spesa che di parole e d’opera d’ inchiostro e può meritamente
esa che di parole e d’opera d’ inchiostro e può meritamente esclamare di quello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo d
ello che egli fa trovare ad Astolfo nel mondo della luna, « (Che più di trenta miglia intorno aggira), « O stupenda opra,
o aggira), « O stupenda opra, o Dedalo architetto ! » 110. I nomi di questi segni del zodiaco furono riuniti, per como
110. I nomi di questi segni del zodiaco furono riuniti, per comodo di memoria di chi sa o studia il latino, nei due seg
omi di questi segni del zodiaco furono riuniti, per comodo di memoria di chi sa o studia il latino, nei due seguenti esame
Bene osserva Dante nel C. xvi del Paradiso : « O poca nostra nobiltà di sangue …………. « Ben se’ tu manto che tosto raccor
…………. « Ben se’ tu manto che tosto raccorce, « Sì che se non s’appon di die in die, « Lo tempo va d’intorno con le force.
er significare che senza le egregie opere dei discendenti, la nobiltà di sangue va in dileguo e cade in dispregio. Quanto
ostri poeti l’appellano il re dei fiumi, sottinteso però dell’Italia, di cui è realmente il più gran fiume. 114. L’ambra
ra è detta in greco electron ; e da questo termine è derivato il nome di elettricità, perchè l’esistenza di questa fu osse
questo termine è derivato il nome di elettricità, perchè l’esistenza di questa fu osservata la prima volta confricando l’
ndo l’ambra, che attira allora leggiere pagliuzze e piccoli frammenti di carta. I poeti usano spesso la parola elettro, in
li frammenti di carta. I poeti usano spesso la parola elettro, invece di ambra, come l’Ariosto nell’accennare la favola de
o il lume, « Quando fu pianto il fabuloso elettro, « E Cigno si vesti di bianche piume. » 115. Dicendo Dante che il ci
apparisce ancora, allude a quella estesissima macchia biancastra che di notte si scorge nel cielo, e che è detta anche da
, e con greco nome Galassia. Con tali parole accenna Dante l’opinione di alcuni mitologi che quella macchia (che veramente
one di alcuni mitologi che quella macchia (che veramente è uno strato di milioni e milioni di lontanissime stelle) fosse p
i che quella macchia (che veramente è uno strato di milioni e milioni di lontanissime stelle) fosse prodotta nel cielo dal
cco, non Peana ; » e qui la voce Peana può significare tanto il nome di Apollo, quanto dell’inno che cantavasi in onore d
care tanto il nome di Apollo, quanto dell’inno che cantavasi in onore di lui. 119. « Da tutte parti saettava il giorn
chiaramente con una sola strofa saffica tutti i principali attributi di questo Dio, fra i quali quello importantissimo di
rincipali attributi di questo Dio, fra i quali quello importantissimo di essere il nume dell’arte salutare : « Augur et f
at arte fessos Corporis artus. 121. La famosa Scuola Salernitana, di cui si citano tanti aforismi latini, che si odono
anti aforismi latini, che si odono spesso come proverbii sulle labbra di molti, suggerì tra gli assiomi generali il seguen
sto ed altri assiomi generali « sono la parte più sana della raccolta di massime della Scuola di Salerno. »
erali « sono la parte più sana della raccolta di massime della Scuola di Salerno. »
20 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIX. Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri » pp. 203-215
XXIX Plutone re dell’ Inferno e i suoi Ministri Pur di esser re, Plutone benchè nato in Cielo ed allevat
Cielo ed allevato in una delle più belle regioni della Terra, accettò di regnar nell’ Inferno. E che quel soggiorno fosse
con la madre o sulla Terra o nel Cielo. (Vedi il Cap. X, ove si parla di Proserpina). Lo stesso Omero dice chiaramente che
cioè facevano orrore anche agli Dei. Benchè Plutone avesse il titolo di re delle regioni infernali non spiegava alcun pot
delle galere ; nè poteva diminuirne o aggravarne le pene, che giudici di diritto e di fatto, da lui indipendenti, nelle lo
; nè poteva diminuirne o aggravarne le pene, che giudici di diritto e di fatto, da lui indipendenti, nelle loro sentenze a
al suo maggiore e più potente fratello Giove. Si accorsero i mitologi di questo difetto del loro mito infernale, e pretese
ero i mitologi di questo difetto del loro mito infernale, e pretesero di supplirvi assegnando a Plutone non soltanto la cu
e, e pretesero di supplirvi assegnando a Plutone non soltanto la cura di far sì che delle anime degli estinti non ritornas
aturale, e pur troppo vero), ma pur anco l’altro più odioso attributo di affrettare la discesa degli uomini ne’regni suoi2
uomini ne’regni suoi241. Plutone era rappresentato assiso in un trono di zolfo, con viso arcigno e sguardo truce, con una
ero. Tal volta gli si poneva a lato Proserpina, sua moglie per forza, di cui dicemmo il ratto e le vicende nel capitolo di
a moglie per forza, di cui dicemmo il ratto e le vicende nel capitolo di Cerere sua madre. Allora non compariva più come l
atrona molto seria, in regie vesti, ma tutt’altro che lieta del grado di regina : allora confondevasi invece con Diana tri
questo era il nome che davasi dai Greci alla regina dell’Inferno) ; e di più credevasi che anch’essa si fosse adattata ai
dagli antichi poeti. Dante usò più volte la parola Dite come sinonimo di Plutone, denominando città di Dite la città del f
più volte la parola Dite come sinonimo di Plutone, denominando città di Dite la città del fuoco (di cui abbiam detto nel
me sinonimo di Plutone, denominando città di Dite la città del fuoco ( di cui abbiam detto nel Cap. precedente) : e poi da
come il Polifemo e l’Orca dei mitologi ; della quale invenzione, come di quella delle Fate, si abusò, e forse ancora, spec
o e con maggior fedeltà i suoi padroni che far non potesse una coorte di Svizzeri. Di Pluto, Dio delle ricchezze, consider
a trovare una diversa origine e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco agricoltore
e e parentela ; e fu detto che era figlio di Cerere dea delle biade e di un ricco agricoltore Giasione, per indicare che l
a altro da aggiungervi. Resta dunque soltanto a trattare dei ministri di Plutone. Di maggiore importanza erano le Parche,
i ministri di Plutone. Di maggiore importanza erano le Parche, figlie di Giove e di Temi 244, e corrispondevano a quelle D
di Plutone. Di maggiore importanza erano le Parche, figlie di Giove e di Temi 244, e corrispondevano a quelle Dee che i Gr
ato dei Romani245 ; e poi ne inventarono tre, distinguendole coi nomi di Cloto, Lachesi ed Atropo, nomi che furono adottat
degl’Italiani. Asserivano i mitologi che le Parche avevano l’ufficio di determinare la sorte degli uomini dal primo istan
no sensibile singolarissimo, ma invisibile ai mortali, cioè per mezzo di un filo di lana, che esse incominciavano a filare
e singolarissimo, ma invisibile ai mortali, cioè per mezzo di un filo di lana, che esse incominciavano a filare quando nas
della vita, ecc. Inoltre per significare le varie vicende della vita di ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vi
e della vita di ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vitale di lane di diversi colori : il bianco ed il nero (ch
vita di ciascuna persona, le Parche formavano lo stame vitale di lane di diversi colori : il bianco ed il nero (che allora
sero colori), indicavano la felicità e la sventura ; il color d’oro e di porpora, le ricchezze e gli onori, ecc. E dovendo
on mancava loro occupazione : quindi Dante per contraddistinguere una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi
una di esse Parche senza nominarla, usò questa perifrasi : colei che di e notte fila, supponendo che tutti i suoi lettori
apessero bene la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva di parlare di Làchesi. Infatti i mitologi avevano as
ne la Mitologia, e che perciò capissero che egli intendeva di parlare di Làchesi. Infatti i mitologi avevano assegnato a c
e occupazioni, come si vede nel suo quadro che trovasi nella galleria di Palazzo Pitti. Da quanto leggesi scritto e narrat
he esse troncavano lo stame vitale e crescevano il numero dei sudditi di Plutone, le posero tra le divinità infernali. Ins
rara eccezione, come quella del Petrarca nel Trionfo della Morte. Ma di Caronte, dei Giudici dell’Inferno e del Sonno, no
te ; che era vecchio e canuto, ma pur sempre robusto ; orrido e sozzo di persona e di vesti, e di modi zotici ed aspri. Ag
vecchio e canuto, ma pur sempre robusto ; orrido e sozzo di persona e di vesti, e di modi zotici ed aspri. Aggiunge poi ch
nuto, ma pur sempre robusto ; orrido e sozzo di persona e di vesti, e di modi zotici ed aspri. Aggiunge poi che ciascun’an
aspri. Aggiunge poi che ciascun’anima per essere ricevuta nella barca di Caronte doveva, per superiore decreto inesorabile
lo ; la qual piccola tassa o rimunerazione prendeva in latino il nome di naulum, ond’è venuta in italiano la parola nolo.
naulum, ond’è venuta in italiano la parola nolo. Qual fosse lo scopo di questa strana invenzione lo diremo nel prossimo n
nime all’altra riva, trovavano tre giudici che decidevano delle sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza
ra riva, trovavano tre giudici che decidevano delle sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza di essi era
vano delle sorti di ciascuna di loro nell’altro mondo ; e la sentenza di essi era inappellabile. Questi giudici si chiamav
oro giustizia ; e perciò dopo la morte meritarono l’onorevole ufficio di giudicar le anime degli estinti. Minos e Radamant
cio di giudicar le anime degli estinti. Minos e Radamanto erano figli di Giove e di Europa ; Eaco poi di Giove e di Egina.
icar le anime degli estinti. Minos e Radamanto erano figli di Giove e di Europa ; Eaco poi di Giove e di Egina. Appartenev
stinti. Minos e Radamanto erano figli di Giove e di Europa ; Eaco poi di Giove e di Egina. Appartenevano perciò alla class
os e Radamanto erano figli di Giove e di Europa ; Eaco poi di Giove e di Egina. Appartenevano perciò alla classe dei Semid
di Giove e di Egina. Appartenevano perciò alla classe dei Semidei ; e di loro dovremo parlar nuovamente e più a lungo nel
i misfatti. In tal modo venivano i mitologi a rappresentare i rimorsi di una rea coscienza248. Le Furie furon dai Greci ch
ti odiosa, punitrice delle stragi ed inquieta. Ebbero anche il titolo di Eumenidi, che vorrebbe dire benevole o placabili,
le vesti, nei distintivi : faccia minacciosa, occhi furibondi, chioma di serpenti, ali di vispistrello ; nell’una mano ave
tintivi : faccia minacciosa, occhi furibondi, chioma di serpenti, ali di vispistrello ; nell’una mano aveano la face fiamm
lo ; nell’una mano aveano la face fiammeggiante e nell’altra un mazzo di serpenti per avventarli a morsicare i colpevoli.
ciò posto tra le Divinità infernali. Gli si davano per figli i Sogni, di cui si rammentano con nomi speciali soltanto tre,
di cui si rammentano con nomi speciali soltanto tre, che erano i capi di altrettante tribù numerosissime, cioè Morfeo, Fob
, Fobetore e Fantasia, termini greci significativi dei diversi generi di sogni ; poichè Morfeo produceva nei dormienti i s
n due porte da cui escono i sogni per venire sulla Terra ; la prima è di corno da cui escono i sogni veri, e la seconda di
Terra ; la prima è di corno da cui escono i sogni veri, e la seconda di avorio, e n’escono i sogni falsi : della quale in
lmente qualunque poeta in questa vastissima regione immaginaria crede di avere scoperto qualche cosa di nuovo, e non la na
a vastissima regione immaginaria crede di avere scoperto qualche cosa di nuovo, e non la nasconde al lettore ; ed anche i
esso Vasari, ne ragiona ex-cathedra nelle sue Vite. Vediamo ora quali di queste Divinità mitologiche stimò bene l’Alighier
troducendole nell’Inferno dei Cristiani non conservasse loro il grado di divinità che avevano in quello dei Pagani. Infatt
n quello dei Pagani. Infatti le ridusse presso a poco alla condizione di demonii. Primo si trova il barcaruolo dell’Achero
imo si trova il barcaruolo dell’Acheronte, « Caron dimonio con occhi di bragia, « Un vecchio bianco per antico pelo, « Ch
a, « Un vecchio bianco per antico pelo, « Che intorno agli occhi avea di fiamme ruote. » Egli invita coll’antica sua buon
i modi cortesi, « Batte col remo qualunque si adagia. » Ha soltanto di buono che non esige più l’obolo per traghettar le
erno pagano, Dante ha impiegato soltanto Minos, che era il presidente di quel tribunale ; ma nell’Inferno dei Cristiani qu
spetto chiamandolo fiera crudele e maledetto lupo 251. Non vi mancano di certo : « Tre Furie infernal di sangue tinte, « 
e maledetto lupo 251. Non vi mancano di certo : « Tre Furie infernal di sangue tinte, « Che membra femminili aveano ed at
ra, Tisifone ed Aletto, e ricevono anche il greco nome comune a tutte di Erinni o Erine. Plutone nel poema sacro di Dante
greco nome comune a tutte di Erinni o Erine. Plutone nel poema sacro di Dante non poteva trovar posto come re dell’Infern
al re dell’Universo che in tutte parti impera, secondo le espressioni di Dante stesso ; ma abbiamo già veduto di sopra che
mpera, secondo le espressioni di Dante stesso ; ma abbiamo già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Pl
i Dante stesso ; ma abbiamo già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone, di quello cioè di Dite,
ma abbiamo già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone, di quello cioè di Dite, per darlo alla c
già veduto di sopra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone, di quello cioè di Dite, per darlo alla città del fuo
opra che il poeta si valse di uno dei nomi di Plutone, di quello cioè di Dite, per darlo alla città del fuoco ed allo stes
esso Lucifero. Altri Dei e mostri mitologici non mancano nell’Inferno di Dante, anzi vi sono a iosa ; e li noteremo a temp
l’Inferno dei Pagani ; e principalmente i geologi che diedero il nome di plutoniche ad alcune roccie che il progresso dell
re affinità con Vulcano, Dio del fuoco. Gli astronomi diedero il nome di Proserpina al 26° asteroide scoperto da Luther il
appresso avendone scoperti tanti altri (che sinora sono giunti a più di 130), hanno saccheggiato la Mitologia e adottato
osse dato ad una piccola costellazione, composta, secondo il catalogo di Arago, di tredici stelle : la quale resta nell’em
ad una piccola costellazione, composta, secondo il catalogo di Arago, di tredici stelle : la quale resta nell’emisfero bor
esta nell’emisfero boreale, vicina a quella parte della costellazione di Ercole che si chiama la mano, volendosi così allu
trascinò seco sino alla vista del Cielo. I naturalisti danno il nome di Cerbero a un genere di piante della famiglia dell
a vista del Cielo. I naturalisti danno il nome di Cerbero a un genere di piante della famiglia delle Apocinee, che hanno p
lle Apocinee, che hanno proprietà velenose ; ed inoltre ad una specie di vipere. 240. « Colà donde si niega « Che più
ni traducendo esattamente a parola in poesia italiana il famoso verso di Catullo sulla morte di un passero : « Illuc unde
te a parola in poesia italiana il famoso verso di Catullo sulla morte di un passero : « Illuc unde negant redire quemquam
ero fa dire poeticamente ad Achille : « Odio al par delle porte atre di Pluto « Colui ch’altro ha sul labbro, altro nel c
« Quando noi fummo fatti tanto avante, « Che al mio Maestro piacque di mostrarmi « La creatura ch’ebbe il bel sembiante,
fe’ ristarmi, « Ecco Dite, dicendo, ed ecco il loco « Ove convien che di fortezza t’armi. » (Inf., xxxiv, 16.) 243. Ba
) 243. Basterà sentire la descrizione che l’ Ariosto fa dell’ Orco di Norandino nel Canto xvii dell’ Orlando Furioso pe
dino nel Canto xvii dell’ Orlando Furioso per vedervi il vero modello di tutti gli Orchi delle più volgari novelle : « Me
o sia lungo, « Sì smisuratamente è tutto grosso : « In luogo d’occhi, di color di fungo « Sotto la fronte ha duo coccole d
go, « Sì smisuratamente è tutto grosso : « In luogo d’occhi, di color di fungo « Sotto la fronte ha duo coccole d’osso. « 
no ad esse lo stesso ufficio. Basti a dimostrarlo il seguente distico di Tibullo, nel quale si attribuisce alle Parche il
dissoluenda Deo. » (Lib. iii, Eleg. vii.) 246. Son questi i versi di Dante riferibili ai nomi ed agli ufficii delle tr
ribili ai nomi ed agli ufficii delle tre Parche : « Ma po’ colei che di e notte fila « Non gli avea tratta ancora la cono
one lo dimostra elegantissimamente nella Orazione pro Roscio Amerino, di cui riporto qui le precise parole per chi studia
pænas a consceleratissimis filiis repetant. » 249. Dal greco nome di questa specie di Sogni son derivate ancora le par
ratissimis filiis repetant. » 249. Dal greco nome di questa specie di Sogni son derivate ancora le parole Fantasma e Fa
a le parole Fantasma e Fantasima. 250. Per altro Minos nell’Inferno di Dante non è un demonio, perchè non è, come i diav
offusca l’intelletto, nè lo rende un animale irragionevole e indegno di cotanto uffizio. — Un commentatore Darwiniano dir
era uno scimmione precocemente perfezionato nella intelligenza, prima di aver perduto la coda, e divenuto uomo nelle facol
i aver perduto la coda, e divenuto uomo nelle facoltà razionali prima di averne acquistato perfettamente la forma. Un comm
ente la forma. Un commentatore storico vi troverebbe una reminiscenza di quei Potestà e giudici dell’antica repubblica fio
o « Per conservar sua pace, » perchè cioè giudicassero senza spirito di parte, non fossero nè guelfi nè ghibellini. Ma io
mente la facoltà poetica del quidlibet audendi e la potenza del Genio di rendere accette e gradite a tutta la poster ita l
ntasie. 251. Talvolta nelle poesie italiane si trova usato il nome di Plutone, secondo i più antichi mitologi. Se ne pu
21 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXV. I Satiri ed altre Divinità campestri » pp. 270-278
ha veduti sculti o dipinti i Satiri avrà notato una gran somiglianza di forme fra essi e il Dio Pane, e riconoscerà quant
: « Quella che Pan somiglia « Capribarbicornipede famiglia. » Molti di essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo p
« Capribarbicornipede famiglia. » Molti di essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo parlando di questo Dio, ed iv
 » Molti di essi formavano il corteo di Bacco, come dicemmo parlando di questo Dio, ed ivi notammo che per frastuono, str
uesto Dio, ed ivi notammo che per frastuono, stravizii ed ogni genere di follie non la cedevano alle più effrenate Baccant
non la cedevano alle più effrenate Baccanti. E a chi si maravigliasse di sì spregevol razza di Dei diremo soltanto che ave
iù effrenate Baccanti. E a chi si maravigliasse di sì spregevol razza di Dei diremo soltanto che avendo i Mitologi ammessi
nto che avendo i Mitologi ammessi anche gli Dei malefici, eran questi di certo peggiori dei Satiri, per quanto poco esempl
faceva a tal qualificazione. Con questo concetto e sotto questo punto di vista furono introdotti i Satiri nelle Belle-Arti
iri nelle Belle-Arti, quando cioè si volle rappresentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. Gli Artisti per lo più nel
le-Arti, quando cioè si volle rappresentare qualche cosa di giocoso e di bizzarro. Gli Artisti per lo più nel rappresentar
tiri non seguono servilmente le descrizioni dei Mitologi, e studiansi di renderne meno sconcie le figure riducendole press
istici delle persone rozze e impudenti. Posson vedersi nella Galleria di Palazzo Pitti i Satiri di Tiziano nel suo quadro
e impudenti. Posson vedersi nella Galleria di Palazzo Pitti i Satiri di Tiziano nel suo quadro dei Baccanali ; nella Gall
uo quadro dei Baccanali ; nella Galleria degli Uffizi il Satirino che di nascosto pilucca l’uva a Bacco ebrio, gruppo di M
ffizi il Satirino che di nascosto pilucca l’uva a Bacco ebrio, gruppo di Michelangiolo, tanto lodato dal Vasari e dal Varc
o, tanto lodato dal Vasari e dal Varchi13. Inoltre intorno alla Fonte di Piazza della Signoria si vedono otto Satiri di br
tre intorno alla Fonte di Piazza della Signoria si vedono otto Satiri di bronzo fuso, quattro dei quali con piedi di capra
ria si vedono otto Satiri di bronzo fuso, quattro dei quali con piedi di capra e muso caprino, e gli altri quattro col sol
iedi di capra e muso caprino, e gli altri quattro col solo distintivo di due piccole corna che spuntano loro sulla fronte
l solo distintivo di due piccole corna che spuntano loro sulla fronte di mezzo ai capelli. Talvolta gli scultori pongono l
» Due Satiri posti per cariatidi si vedono in Firenze nella facciata di un antico palazzo ora appartenente alla famiglia
ppartenente alla famiglia Fenzi. Nelle antiche Guide della Città, uno di questi due Satiri era attribuito a Michelangelo.
troppo leziosamente, ragiona però bestialmente, come « …. Semiramis, di cui si legge « Che libito fe’licito in sua legge.
e « Che libito fe’licito in sua legge. » I Naturalisti danno il nome di Satiri a certi insetti del genere dei Lepidotteri
ti14. Sileni dicevansi i Satiri quand’eran vecchi ; e il più celebre di questi è quel Sileno che fu Aio e compagno di Bac
cchi ; e il più celebre di questi è quel Sileno che fu Aio e compagno di Bacco in tutte le spedizioni di proselitismo enol
i è quel Sileno che fu Aio e compagno di Bacco in tutte le spedizioni di proselitismo enologico. In pittura e in scultura
a, i corimbi, l’uva, i pampini, il tirso, ecc. Tale è l’antica statua di Sileno col piccolo Bacco nelle braccia, che trova
col piccolo Bacco nelle braccia, che trovasi nella villa Pinciana, e di cui una copia in bronzo esiste nel primo vestibol
degli Uffizi in Firenze ; e come vedesi pure nel quadro dei Baccanali di Rubens, che è parimente nella stessa Galleria. Il
scacciato per la sua soverchia insolenza. Poco o nulla hanno scritto di lui i Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiod
Classici latini ; e tra i Greci, dopo Esiodo che creò questo bel tipo di maldicente, gli fece le spese Luciano ne’suoi dia
enata licenza plebea e con modi da pazzo censurava tutti, pretendendo di smascherarne i vizii. I Fauni erano antiche divin
coi Satiri, ma non furon mai rappresentati colle gambe e colle corna di capra16. I Naturalisti per altro sin dal tempo di
gambe e colle corna di capra16. I Naturalisti per altro sin dal tempo di Linneo pare che li considerassero più bestie che
e che li considerassero più bestie che uomini, poichè usarono a guisa di nome collettivo la Fauna per indicare complessiva
la regione medesima. Anche i Silvani appartenevano alla stessa classe di campestri divinità, e l’etimologia della parola l
lasse di campestri divinità, e l’etimologia della parola li manifesta di origine latina (a silvis). Virgilio nelle Georgic
pascoli e dei pastori18. Anticamente, e molto prima della fondazione di Roma, la festa di questa Dea celebravasi soltanto
tori18. Anticamente, e molto prima della fondazione di Roma, la festa di questa Dea celebravasi soltanto nelle campagne da
campagne dai pastori e dagli agricoltori, per implorare la protezione di essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte d
rare la protezione di essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte di sacre focacce e di latte accendevansi fuochi di p
di essa ; ed oltre le usate libazioni e le offerte di sacre focacce e di latte accendevansi fuochi di paglia, a traverso l
ibazioni e le offerte di sacre focacce e di latte accendevansi fuochi di paglia, a traverso le cui vivide fiamme saltavano
so le cui vivide fiamme saltavano quei villici, credendo con tal atto di espiare le loro colpe. Questa placida Dea, come l
ignote o presto obliate, se non fosse avvenuto che nel giorno stesso di quella festa avesse Romolo incominciato la fondaz
iorno stesso di quella festa avesse Romolo incominciato la fondazione di Roma, tracciando coll’aratro la prima cinta dell’
oll’aratro la prima cinta dell’eterna città. Quel giorno che fu il 21 di aprile divenne poi celebre e festeggiato solennem
giato solennemente anche in Roma come l’anniversario della fondazione di essa20, e tuttora si celebra e si solennizza, ma
nnizza, ma in altro modo, dai moderni Romani dopo 2628 anni. Il nome di Vertunno, che davasi al Dio delle stagioni e dell
tagioni sui prodotti della terra) dimostra l’origine italica e romana di questo Dio. Le sue feste si celebravano nell’otto
la Dea Clori dei Greci, il qual vocabolo fu tradotto con alterazione di pronunzia in quello latino di Flora come asserisc
al vocabolo fu tradotto con alterazione di pronunzia in quello latino di Flora come asserisce Ovidio21. Sposò il vento Zef
esso l’impero sui fiori. Le feste Florali cominciavano in Roma il 28 di aprile e duravano sino a tutto il dì 1° di maggio
cominciavano in Roma il 28 di aprile e duravano sino a tutto il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di f
sino a tutto il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di fiori, di cui tutti facevano a gara a cingersi la
to il dì 1° di maggio, nei quali giorni v’era un gran lusso di fiori, di cui tutti facevano a gara a cingersi la testa e o
immagine della Dea Flora è simile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una corona di fiori in testa, e fi
mile a quella della Primavera : ha mazzi di fiori in mano, una corona di fiori in testa, e fiori spuntano sul terreno ov’e
alle più graziose fantasie poetiche degli antichi Mitologi ne spunta di tratto in tratto qualcuna non egualmente felice,
inità, qual fu l’invenzione del Dio Priapo. I Greci lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio di
fu l’invenzione del Dio Priapo. I Greci lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian de
i lo dissero figlio di Venere e di Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian degli orti, e perciò di spaventare i lad
i Bacco e gli attribuirono l’ufficio di guardian degli orti, e perciò di spaventare i ladri e gli uccelli. Ma gli aneddoti
ladri e gli uccelli. Ma gli aneddoti sconci ed abietti che raccontano di lui servono tutti a ispirar dispregio anzi che ve
olato l’asino, vittima che si credeva a lui gradita, in soddisfazione di uno sfregio che egli ricevè dall’asino di Sileno,
i gradita, in soddisfazione di uno sfregio che egli ricevè dall’asino di Sileno, quantunque la pena ricadesse sugli altri
ricadesse sugli altri asini innocenti22. I Romani ponevano la statua di Priapo nei loro orti o giardini, ma per far solta
non avrebbero fatto nè detto contro il più vil dei mortali23. Un Nume di origine romana, e simbolo vero e proprio della ro
ostanza, fu il Dio Termine. Non era altro che un masso, o uno stipite di pietra rozzamente squadrata, un parallelepipedo r
ompilio, che volle così santificare con una idea religiosa il diritto di proprietà e renderlo inviolabile coll’attribuire
di proprietà e renderlo inviolabile coll’attribuire la rappresentanza di una Divinità tutelare di tal diritto a un segno m
nviolabile coll’attribuire la rappresentanza di una Divinità tutelare di tal diritto a un segno materiale dei legittimi co
tà tutelare di tal diritto a un segno materiale dei legittimi confini di esso. Gravissime pene eran minacciate anche dalle
il Dio Termine dal suo posto per estendere i proprii possessi a danno di quelli dei vicini. Oltre l’esecrazione religiosa,
a la pena della deportazione in un’isola e la confisca del bestiame e di una terza parte dei beni del condannato. Il Dio T
ato. Il Dio Termine aveva in Roma una cappella a lui sacra nel tempio di Giove Capitolino, il quale era situato, come affe
era situato, come affermano gli archeologi, ove ora esiste la chiesa di Ara Coeli. Le Feste Terminali eran celebrate agli
la chiesa di Ara Coeli. Le Feste Terminali eran celebrate agli ultimi di febbraio, che fu per lungo tempo l’estremo mese d
tempo l’estremo mese dell’anno, poiché quando Numa vi aggiunse i mesi di gennaio e di febbraio, fece precedere il gennaio
mo mese dell’anno, poiché quando Numa vi aggiunse i mesi di gennaio e di febbraio, fece precedere il gennaio e seguire il
ce precedere il gennaio e seguire il febbraio ai dieci mesi dell’anno di Romolo. Con tali feste terminavano anticamente il
ne funebre in morte del Buonarroti, la quale egli recitò nella Chiesa di S. Lorenzo, così descrive il gruppo del Bacco e d
fu un Bacco che egli, secondo che lo descrivono i poeti antichi, fece di circa diciotto anni : il quale nella mano destra
olati per berlasi tutta. Ha nel sinistro braccio una pelle indanaiata di tigre, e co’polpastrelli, cioè colla sommità dell
ervare per chi studia la propria lingua, che l’espressione indanaiata di tigre, riferibile a pelle, sebbene accolta e regi
sebbene accolta e registrata nei Vocabolarii italiani, putirebbe ora di lucerna e di affettazione, ed equivale alla più s
lta e registrata nei Vocabolarii italiani, putirebbe ora di lucerna e di affettazione, ed equivale alla più semplice e più
el linguaggio comune o dell’ uso. Può dunque convenire ad ogni genere di discorso e di stile in prosa e in verso. 14. O
comune o dell’ uso. Può dunque convenire ad ogni genere di discorso e di stile in prosa e in verso. 14. Orazio satiro,
ro, come lo chiama Dante, ossia celebre per le sue Satire, nel parlar di giudizii diversi che ne davano i suoi contemporan
rum « Mille die versus deduci posse. » (Sat., ii, 1ª.) 15. Il nome di Fauno si fece derivare dal verbo fari (parlare) e
oli, come riferisce anche Virgilio nel lib. 7° dell’Eneide. La moglie di Fauno chiamavasi Fauna, ed aveva un tempio in Rom
e di Fauno chiamavasi Fauna, ed aveva un tempio in Roma sotto il nome di Dea Bona. 16. Una delle più celebri statue di Fa
in Roma sotto il nome di Dea Bona. 16. Una delle più celebri statue di Fauno è quella che vedesi nella Tribuna della Gal
i Uffizi. Lo stesso Michelangiolo giovanissimo scolpi una bella testa di Fauno. 17. « Et teneram ab radice ferens, Sil
irg., Georg., i.) 18. Gli antichi Mitologi facevan derivare il nome di Pale da palea cioè dalla paglia, e i moderni filo
ª, v. 35.) 20. Nell’antico calendario romano delle feste pagane il di 21 di aprile presentava queste tre indicazioni :
35.) 20. Nell’antico calendario romano delle feste pagane il di 21 di aprile presentava queste tre indicazioni : 1ª XI.
indicazioni : 1ª XI. kal. majas cioè undici giorni avanti le calende di maggio, che significava, secondo l’uso latino di
ni avanti le calende di maggio, che significava, secondo l’uso latino di contare i giorni del mese, il 21 di aprile. 2ª Pa
significava, secondo l’uso latino di contare i giorni del mese, il 21 di aprile. 2ª Palilia, vale a dire Feste Palilie, ci
cioè in onore della Dea Pale. 3ª Romae Natalis, cioè giorno natalizio di Roma, ossia della sua fondazione. Anche Cicerone
della sua fondazione. Anche Cicerone rammenta questo giorno natalizio di Roma corrispondente alle Feste Palilie : « Urbis
o, in tutta la Satira 8ª del i libro fa raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta di fico, l’origine sua e le sconce
tira 8ª del i libro fa raccontare alla statua stessa di Priapo, fatta di fico, l’origine sua e le sconce prodezze con cui
22 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLV. La spedizione degli Argonauti alla conquista del Vello d’oro » pp. 331-341
te, alcuni dei quali eran prima intervenuti alla caccia del cinghiale di Calidonia ; e tra questi Giasone che fu il duce e
fu il duce e il protagonista degli Argonauti, e acquistò maggior fama di tutti in questa impresa, come Achille nella guerr
tò maggior fama di tutti in questa impresa, come Achille nella guerra di Troia. Lo scopo della spedizione era la conquista
Lo scopo della spedizione era la conquista del Vello d’oro ; e perciò di questo convien prima di tutto parlare. Chiamasi i
e era la conquista del Vello d’oro ; e perciò di questo convien prima di tutto parlare. Chiamasi il Vello d’oro la pelle d
esto convien prima di tutto parlare. Chiamasi il Vello d’oro la pelle di un montone che invece di lana era coperta di fili
to parlare. Chiamasi il Vello d’oro la pelle di un montone che invece di lana era coperta di fili d’oro. S’intende subito
il Vello d’oro la pelle di un montone che invece di lana era coperta di fili d’oro. S’intende subito che questo montone è
vien cercarne l’origine nei precedenti tempi mitologici. Atamante re di Tebe, che sposò in seconde nozze Ino divenuta poi
Leucotoe, aveva della sua prima moglie Nèfele un figlio e una figlia di nome Frisso ed Elle ; che non contenti della matr
questo fatto mitologico gli Antichi diedero a quello stretto il nome di Ellesponto che significa mare di Elle. Al desolat
chi diedero a quello stretto il nome di Ellesponto che significa mare di Elle. Al desolato fratello convenne continuar sol
e l’Armenia, appartiene ora alla Russia e corrisponde alle provincie di Imerezia, Mingrelia e Grusia. Fu un prodigioso vi
ncie di Imerezia, Mingrelia e Grusia. Fu un prodigioso viaggio quello di Frisso di traversar sull’ aureo montone nuotante
erezia, Mingrelia e Grusia. Fu un prodigioso viaggio quello di Frisso di traversar sull’ aureo montone nuotante l’Arcipela
ureo montone nuotante l’Arcipelago, lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara, lo stretto di Costantinopoli e tutta la
’Arcipelago, lo stretto dei Dardanelli, il Mar di Marmara, lo stretto di Costantinopoli e tutta la maggior lunghezza del M
isso fu benissimo accolto con quel raro e prezioso animale da Eeta re di quella regione : e volendo mostrarsi grato agli D
te costellazione dell’Ariete ; e invece dell’aureo vello l’adornarono di quarantadue fulgidissime stelle, e il Sole l’onor
fulgidissime stelle, e il Sole l’onorò coll’ incominciar dal 1° grado di esso l’annuo suo corso tra i segni del Zodiaco. Q
ludendo a tal fatto mitologico chiamano questa costellazione l’animal di Frisso ; e Dante l’appella più volte antonomastic
te il Montone, siccome il più buono, il più paziente, il più illustre di quanti montoni sieno esistiti giammai ; e volendo
eno esistiti giammai ; e volendo egli esprimer poeticamente lo spazio di sette anni, usa questa perifrasi mitologica ad un
religiosamente, e assicurato con molte cautele e magiche invenzioni, di cui parleremo in appresso. Alla pericolosa conqui
e invenzioni, di cui parleremo in appresso. Alla pericolosa conquista di quest’aureo vello fu diretta la spedizione degli
spedizione degli Argonauti ; e non la considerarono essi una impresa di rapina, ma come l’esercizio di un diritto impresc
non la considerarono essi una impresa di rapina, ma come l’esercizio di un diritto imprescrittibile, di riacquistar ciò c
mpresa di rapina, ma come l’esercizio di un diritto imprescrittibile, di riacquistar ciò che è suo, essendo che l’aureo mo
tenesse originariamente alla Grecia e precisamente alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi di
a Grecia e precisamente alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi di questa impresa per far lo s
e alla real famiglia di Tebe, come abbiam detto di sopra. Ma gli Eroi di questa impresa per far lo stesso viaggio marittim
mi sento disposto ad arrestarmi a quisquilie filologiche. All’invito di Giasone accorsero gli Eroi da tutte le parti dell
ia, alcuni dei quali eran già stati con lui alla caccia del cinghiale di Calidonia, cioè Teseo, Piritoo, Castore, Polluce
alidonia, cioè Teseo, Piritoo, Castore, Polluce e Telamone ; ed altri di cui non si è ancora parlato, cioè Calai e Zete fi
ne ; ed altri di cui non si è ancora parlato, cioè Calai e Zete figli di Borea, Ercole, Orfeo, Linceo, Tifi, Tideo, ecc. È
Linceo, Tifi, Tideo, ecc. È ben facile che alla primitiva tradizione, di cui fa cenno anche Omero, non che Esiodo, siano s
sso nuovi eroi dei diversi Stati della Grecia per accomunar la gloria di questa impresa a tutta la Nazione, poichè si fann
abbiam detto, almeno a cinquanta, uno per remo, essendo Argo una nave di cinquanta remi. In questa comune e nazionale impr
questa comune e nazionale impresa per altro il solo Giasone è quello di cui si raccontano fatti straordinarii e maravigli
quello di cui si raccontano fatti straordinarii e maravigliosi, degni di poema ; gli altri Eroi vi rappresentan soltanto u
e si rende più facile e più breve la narrazione. Giasone era figlio di Esone re di Tessaglia65, a cui fu usurpato il reg
più facile e più breve la narrazione. Giasone era figlio di Esone re di Tessaglia65, a cui fu usurpato il regno dal frate
Tessaglia per ridomandare allo zio il regno paterno. Pelia non osando di dargli un aperto rifiuto, lo seppe talmente alluc
onquistare il vello d’oro che ap parteneva alla Grecia, e gli promise di restituirgli il regno al suo ritorno, ma sperando
uesta spedizione coi pini del monte Pelio e colle quercie della selva di Dodona sacra a Giove, e, aggiungono i poeti, sul
a eroi, la nave salpò per la Colchide, che allora chiamavasi la terra di Eea, vocabolo d’incerta e vaga significazione, in
soltanto una terra lontana, come l’Oga Magoga della Bibbia e il paese di Cuccagna e di Bengodi dei nostri novellieri. Gli
erra lontana, come l’Oga Magoga della Bibbia e il paese di Cuccagna e di Bengodi dei nostri novellieri. Gli Argonauti sape
apitan della nave era Giasone, il pilota Tifi, ed a prua stava Linceo di vista acutissima, (come significa il suo nome der
osservare se v’eran sott’ acqua scogli e sirti, ove corresse rischio di frangersi o arrenare la nave. Orfeo interrompeva
vendo ancora in proporzione ; e perciò gli avevan messo il soprannome di Panfago, che vuol dir mangia-tutto. La prima ferm
di Panfago, che vuol dir mangia-tutto. La prima fermata fu nell’isola di Lenno, « Poi che le ardite femmine spietate « Tu
e dice Dante ; e vi giunsero appunto dopo l’atroce fatto che le donne di quell’isola, malcontente delle leggi e dei tratta
frode salvò la vita a suo padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa, poichè giunto in
padre ; e meritava perciò una miglior sorte di quella che si racconta di essa, poichè giunto in quell’isola insieme cogli
dal regno. Inoltre fu presa dai pirati e venduta schiava a Licurgo re di Tracia66. Dante, amico non timido amico al vero e
o non timido amico al vero ed al retto67, dopo aver narrato l’inganno di Giasone, non fa come certi lassisti 68 che scusan
dannoso al prossimo, in qualunque età commesso, è non solo meritevole di punizione, ma anche di pena maggiore dell’omicidi
qualunque età commesso, è non solo meritevole di punizione, ma anche di pena maggiore dell’omicidio ; e perciò mette Gias
« Da quei Dimon cornuti con gran ferze « Che li battean crudelmente di retro ; » e soggiunge : « Tal colpa a tal marti
» e soggiunge : « Tal colpa a tal martirio lui condanna, « Ed anche di Medea si fa vendetta. « Con lui sen va chi da tal
rgonauti il loro viaggio. Troppo lungo e monotono sarebbe il racconto di tutti e singoli gl’incidenti, che per lo più son
ento coi popoli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o di sirti ; in quella vece ci arresteremo
oli delle coste marittime o delle isole, qualche pericolo di scogli o di sirti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a
irti ; in quella vece ci arresteremo piuttosto a riferire un episodio di nuovo genere, imitato anche dall’Ariosto, e ramme
no i poeti greci e i latini, che cioè questi mostri avevano l’istinto di rapire i cibi dalle mense e di contaminarle con e
e cioè questi mostri avevano l’istinto di rapire i cibi dalle mense e di contaminarle con escrementi che fieramente ammorb
inarle con escrementi che fieramente ammorbavano. Il loro stesso nome di Arpie deriva da un greco vocabolo (arpazo) che si
Ad essere infestato da tali mostri era condannato dagli Dei Fineo re di Tracia in punizione delle sue crudeltà verso i pr
eggia colle armi, le fecero inseguire per aria da Calai e Zete, figli di Borea, che avevano le ali come il loro padre ; i
imperatore dell’Etiopia avesse ricevuto una punizione simile a quella di Fineo, ha riunito in poche ottave tutte le classi
iscenze degli antichi poeti su questo fatto mitologico, aggiungendovi di suo altre invenzioni medioevali, riporterò prima
, riporterò prima l’imitazione degli Antichi, e dipoi il diverso modo di liberazione da lui immaginato : « Dentro una ric
o a odor delle vivande. « Erano sette in una schiera, e tutte « Volto di donne avean pallide e smorte, « Per lunga fame at
gne incurve e torte, « Grande e fetido il ventre, e lunga coda « Come di serpe che s’aggira e snoda. « Si sentono venir pe
cuote, e chi nel petto e chi nell’ala ; « Ma come fera in su un sacco di stoppa, « Poi langue il colpo, e senza effetto ca
lascia l’imitazione degli Antichi, e con le invenzioni del Medio Evo, di cui si era valso in altri luoghi del suo poema, n
narra la liberazione del Senàpo dalle Arpie in modo più maraviglioso di quello dei poeti classici greci e latini. I mezzi
ssici greci e latini. I mezzi che egli adopera sono due l’ Ippogrifo, di cui abbiamo riportato altrove la descrizione stes
sa fattane dall’Ariosto, e l’altro non meno straordinario e mirabile, di cui riporterò parimente la descrizione coi versi
orno « Che fa fuggire ognun che l’ode intorno. « Dico che ‘l corno è di sì orribil suono « Ch’ovunque s’oda, fa fuggir la
mondo un cor sì buono, « Che non possa fuggir come lo sente. « Rumor di vento e di tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suo
or sì buono, « Che non possa fuggir come lo sente. « Rumor di vento e di tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suon di questo
sente. « Rumor di vento e di tremuoto, e ‘l tuono, « Al par del suon di questo, era nïente. » (Or. Fur., xv, 14.) Conosc
« Udito il suon, non puon stare alla prova ; « Ma vanno in fuga pieni di paura, « Nè di cibo nè d’altro hanno più cura. « 
, non puon stare alla prova ; « Ma vanno in fuga pieni di paura, « Nè di cibo nè d’altro hanno più cura. « Subito il palad
lla turba predatrice « Come in sicuro albergo ricondotta, « E già sin di Cocito in su la proda « Scesa, e più là, dove que
spinto le Arpie nell’Inferno, ove Dante, 500 anni dopo Astolfo, dice di averle trovate, mette d’accordo, come se fossero
rovate, mette d’accordo, come se fossero una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzi
ro una storia vera, le fantasie di tutti gli altri poeti col racconto di sua invenzione. Da Fineo ebbero gli Argonauti not
ne. Da Fineo ebbero gli Argonauti notizie e consigli sul miglior modo di schivare i pericoli della loro navigazione ; e pa
i schivare i pericoli della loro navigazione ; e partiti da lui colmi di ringraziamenti e di doni proseguirono il loro via
i della loro navigazione ; e partiti da lui colmi di ringraziamenti e di doni proseguirono il loro viaggio per l’Ellespont
proseguirono il loro viaggio per l’Ellesponto e la Propontide. Prima di entrar nel Ponto Eusino perderono la compagnia di
a Propontide. Prima di entrar nel Ponto Eusino perderono la compagnia di Ercole, il quale avendo mandato il suo valletto I
gli andò ad attingere l’acqua. Gli Argonauti non furon troppo dolenti di perder la compagnia del loro carissimo Panfago, p
ssimo Panfago, perchè poteron procedere più speditamente, alleggerita di quel grave peso la nave, e senza doversi così spe
he avvennero avanti che gli Argonauti giungessero nella Colchide sono di lieve importanza in confronto dei già narrati e d
principale, scopo del loro viaggio ; quindi ci affretteremo a parlare di questa. E sebbene la presenza e il braccio di tan
affretteremo a parlare di questa. E sebbene la presenza e il braccio di tanti famosi Eroi rendesse sicura qualunque impre
aiuto potè egli solo compier l’impresa, rimanendo spettatori e pieni di maraviglia gli stessi Eroi suoi compagni. Ecco pe
, e Valerio Flacco in latino. Anche Pindaro fece una lunga narrazione di questa impresa nell’Ode iv delle Pitiche. 65. Pe
iò dai Latini è spesso indicato col patronimico Æsonides, cioè figlio di Esone, e coll’aggettivo Pagasaeus da Pagasa (ora
66. Nella sua schiavitù ebbe Issipile a custodire il piccolo figlio di Licurgo, chiamato Ofelte, o altrimenti Archemore 
to distante, al suo ritorno trovò il bambino morto pel morso velenoso di un serpente ; ed oltre al dispiacere provato avre
al dispiacere provato avrebbe dovuto subire anche la morte, se non la di fendevano Adrasto e i suoi compagni. Dante in un
un sol verso accenna questo fatto, anzi ne fa una perifrasi del nome di Issipile, o Issifile, dicendo nel Canto xxii del
strò Langia, » cioè la fontana detta Langia, ad Adrasto e a’compagni di lui. 67. « E s’io al vero son timido amico,
a’compagni di lui. 67. « E s’io al vero son timido amico, « Temo di perder vita tra coloro « Che questo tempo chiamer
ati lassisti i moralisti o casisti poco scrupolosi, detti volgarmente di maniche larghe. 69. Virgilio così descrive le
t pallida semper « Ora fame. » 70. Anche i poeti latini del secolo di Augusto rammentano con maraviglia e con orrore gl
23 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XX. Mercurio » pp. 123-131
XX Mercurio Chi è che non conosca qualcuno dei molti significati di questa parola Mercurio ? È un termine rammentato
in bronzo o in marmo, dipinta o sculta, una svelta ed elegante figura di un giovane nudo con due piccole ali al capo ed ai
serpenti ? È quella l’immagine del Dio Mercurio, il più affaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messag
ffaccendato di tutti gli Dei dell’Olimpo, essendo egli il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni. Egli era figlio
i il Messaggiero di Giove e degli altri Numi superni. Egli era figlio di Giove e della Ninfa Maia una delle sette figlie d
quindi Mercurio dai poeti trovasi denominato Atlantiade, cioè nipote di Atlante148. Dai Greci era chiamato Erme, che sign
 ; perciò il nome stesso indica l’ufficio suo principale, quello cioè di messaggiero degli Dei. La parola Erme fu poi usat
dopra tuttora in italiano, ma estendendola a indicare qualunque busto di Dei o d’uomini, posto egualmente sopra una piccol
i Dei o d’uomini, posto egualmente sopra una piccola colonna. Il nome di Mercurio ha evidente relazione etimologica, tanto
per essi indicavansi, dedussero gli Antichi altri correlativi uffici di questo Dio. Poichè egli era l’interprete e il mes
Dio dei ladri. E su queste illazioni inventarono subito una quantità di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e
à di fatti mitologici, che, abbelliti dalla fantasia e dal linguaggio di sommi poeti, conviene almeno brevemente accennare
ercurio dotato d’ingegno acutissimo ed accortissimo, ma. coll’istinto di valersene per ingannare gli altri. Non già che eg
e per ingannare gli altri. Non già che egli, come Dio, avesse bisogno di rubare, ma così per trastullo149 e per dimostrare
ertiva a far delle burle agli Dei, involando ad essi quel che avevano di più caro e prezioso. E perciò dicono che Mercurio
no lo scettro a Giove. I poeti commentarono queste furbesche prodezze di Mercurio anche negl’ inni in onore di lui150. Era
arono queste furbesche prodezze di Mercurio anche negl’ inni in onore di lui150. Era questo certamente un linguaggio alleg
col suo ingegno e la sua accortezza si era saputo cattivare l’affetto di tutti, o secondo la nostra frase familiare, aveva
ettera ; col rubare accortamente senza essere scoperti, non credevano di far male, poichè imitavano un Dio e si stimavano
oria Romana, racconta che il collegio dei mercanti celebrava la festa di Mercurio il 15 di maggio, e Ovidio aggiunge la pr
nta che il collegio dei mercanti celebrava la festa di Mercurio il 15 di maggio, e Ovidio aggiunge la preghiera che essi r
nava col chiedere a questo Dio guadagni in qualunque modo ottenuti, e di poterseli godere ingannando accortamente i compra
dere ingannando accortamente i compratori151. E il poeta, pretendendo di conoscere come accogliesse Mercurio dall’alto que
rio dall’alto questa preghiera, soggiunge che sorrideva, ricordandosi di avere anch’egli rubate le greche giovenche152. Co
società pagana. Ridotto alla sua vera significazione questo attributo di Mercurio, passiamo a parlar degli altri. Come nun
sto attributo di Mercurio, passiamo a parlar degli altri. Come nunzio di Giove e di tutti gli Dei dovendo Mercurio far mol
to di Mercurio, passiamo a parlar degli altri. Come nunzio di Giove e di tutti gli Dei dovendo Mercurio far molti viaggi i
arli e dividerli ; ed essi attortigliandosi a quella rimasero in atto di lambirsi in segno di pace154. La prima, cioè la v
essi attortigliandosi a quella rimasero in atto di lambirsi in segno di pace154. La prima, cioè la verga sola, significav
a prima, cioè la verga sola, significava l’ufficio che aveva Mercurio di condurre le anime dei morti al regno di Plutone,
l’ufficio che aveva Mercurio di condurre le anime dei morti al regno di Plutone, e richiamarle alla vita secondo la dottr
penti, indicava che questo Dio consideravasi allora come ambasciatore di pace ; e perciò il caducèo era il distintivo che
ro ambasciatori : ora è divenuto il simbolo del Commercio, che è arte di pace, e prospera utilmente per tutti soltanto in
che è arte di pace, e prospera utilmente per tutti soltanto in tempo di pace156. La borsa poi, piena di danari, alludeva
utilmente per tutti soltanto in tempo di pace156. La borsa poi, piena di danari, alludeva evidentemente alle umane contrat
mente alle umane contrattazioni, poichè il danaro è il rappresentante di tutti gli oggetti godevoli, o, come dice l’ingles
chè credevasi che Mercurio avesse formato questo stromento col guscio di una testuggine adattandovi 7 corde158. I poeti la
una particolarità mitologica, e perciò Orazio chiama fraterna la lira di Apollo, perchè inventata e donatagli dal fratello
innastici, esercizii tanto pregiati dagli Antichi160. Perciò il culto di Mercurio era estesissimo, e Cesare nei suoi Comme
i Galli adoravano principalmente questo Dio, e lo credevano inventore di tutte le arti, e protettore della mercatura e dei
ore della mercatura e dei guadagni161. Noi avremo occasione più volte di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assiste
di rammentare fatti mirabili compiutisi coll’assistenza e col favore di Mercurio, narrati splendidamente dallo stesso Ome
urio, narrati splendidamente dallo stesso Omero : qui basterà parlare di due soli che si riferiscono alla vita privata di
qui basterà parlare di due soli che si riferiscono alla vita privata di questo Dio. Son due trasformazioni, cioè quella d
o Dio. Son due trasformazioni, cioè quella del pastor Batto in pietra di paragone e di Aglauro in livido sasso. Raccontano
trasformazioni, cioè quella del pastor Batto in pietra di paragone e di Aglauro in livido sasso. Raccontano i poeti che q
rchè non lo scuoprisse ; ma poi per provar la sua fede prese la forma di un altro che cercasse il ladro di quell’armento e
r provar la sua fede prese la forma di un altro che cercasse il ladro di quell’armento e promise a Batto una vacca e un bo
da insaziabile cupidigia e manifestò quel che sapeva e avea promesso di tacere. Allora Mercurio, facendosi riconoscere, l
ua perfidia e lo punì trasformandolo in quella pietra nera che dicesi di paragone, perchè serve a far conoscere se v’è mis
a o falsificazione negli oggetti d’oro e d’argento162. Il significato di questo mito s’intende facilmente ; indica cioè ch
ose illecite, per lucro favorisce, per lucro tradisce. La metamorfosi di Aglauro si racconta così : Mercurio per quanto pi
a metamorfosi di Aglauro si racconta così : Mercurio per quanto pieno di occupazioni aveva trovato il tempo per invaghirsi
per quanto pieno di occupazioni aveva trovato il tempo per invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro s
o di occupazioni aveva trovato il tempo per invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro sorella di lei,
ni aveva trovato il tempo per invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro sorella di lei, per invidia fr
invaghirsi di Erse figlia di Eretteo re di Atene ; ed Aglauro sorella di lei, per invidia frapponeva ostacoli alla conclus
ne degli sponsali. Mercurio che non aveva tempo da perdere, per levar di mezzo quest’impaccio, la cangiò in livido sasso,
manti Al color della pietra non diversi, » e udì « Voce che giunse di contro dicendo : « Io son Aglauro che divenni sas
, apostolico, romano163. Dagli astronomi fu dato pensatamente il nome di Mercurio al pianeta più vicino al centro del nost
tro del nostro sistema planetario, perchè compie con maggior celerità di tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento
maggior celerità di tutti gli altri pianeti primarii il suo movimento di rivoluzione intorno al Sole, vale a dire in 87 gi
uido a temperatura ordinaria, e che si solidifica soltanto a 40 gradi di gelo. È conosciuto volgarmente sotto il nome di a
a soltanto a 40 gradi di gelo. È conosciuto volgarmente sotto il nome di argento vivo a causa del suo color bianco argente
dei termometri e dei barometri ad indicare in quelli i diversi gradi di calore e in questi la variazione dello stato dell
e in questi la variazione dello stato dell’atmosfera. Ebbero il nome di Mercurio sin dal 1672 alcuni giornali ed altre pu
a, perchè furon considerati quei fogli come messaggieri veloci al par di Mercurio. Dai botanici si chiamò mercuriale un ge
eloci al par di Mercurio. Dai botanici si chiamò mercuriale un genere di piante della famiglia delle Euforbiacee, perchè,
lle qualità maravigliose che gli Antichi attribuivano a questo genere di piante. La più comune dicesi volgarmente Marcorel
nagio) le adunanze dei letterati che si tenevano il mercoledì in casa di qualcuno di loro ; Mercuriali anticamente in Fran
unanze dei letterati che si tenevano il mercoledì in casa di qualcuno di loro ; Mercuriali anticamente in Francia le assem
ficiali delle derrate. E tutte queste denominazioni derivano dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli att
o dal nome di Mercurio, e trovano la loro spiegazione negli attributi di questo Dio. 147. Le ali di Mercurio non formava
vano la loro spiegazione negli attributi di questo Dio. 147. Le ali di Mercurio non formavano parte del suo corpo come q
tato in latino e in italiano) ; e ciascuna delle altre due in un paio di stivaletti o ghette che si chiamano con termine l
jocoso « Condere furto. » (Hor., Od., i, 10.) Si noti quell’epiteto di jocoso dato al furto, il quale significa che Merc
iva ai proprietarii gli oggetti rubati. Ma i devoti del furto anzichè di Mercurio, non rubano per celia, nè pensano neppur
Girella del Giusti : « Non resi mai — Quel che rubai. » A proposito di questi tali riporta Cicerone nella 2ª delle sue F
e con elegantissimi versi nel lib. iv dell’Eneide i talari e la verga di Mercurio, la partenza e la velocità di esso dal C
ell’Eneide i talari e la verga di Mercurio, la partenza e la velocità di esso dal Cielo in Terra. Il Tasso imitò Omero e-V
enso mortal la sottopose. « Umane membra, aspetto uman si finse, « Ma di celeste maestà il compose : « Tra giovane e fanci
tà il compose : « Tra giovane e fanciullo età confine « Prese ed ornò di raggi il biondo crine. « Ali bianche vestì che ha
a la terra e sovra il mar con queste. » 154. E celebre il Mercurio di Giovan Bologna, statua in bronzo che ornava prima
della villa Medici in Roma, ed ora vedesi nella Galleria degli Uffizi di Firenze. È una delle più eleganti e più svelte fi
degli Uffizi di Firenze. È una delle più eleganti e più svelte figure di Mercurio, perchè sta in atto di prendere il volo
elle più eleganti e più svelte figure di Mercurio, perchè sta in atto di prendere il volo e riposa soltanto con l’estremit
punto d’appoggio. Ne furon fatte e se ne ripetono sempre una infinità di copie di diverse dimensioni. 155. Spiegheremo la
ppoggio. Ne furon fatte e se ne ripetono sempre una infinità di copie di diverse dimensioni. 155. Spiegheremo la dottrina
155. Spiegheremo la dottrina della Metempsicosi nel parlar dei regni di Plutone e dello stato delle anime dopo la morte.
ni di Plutone e dello stato delle anime dopo la morte. 156. A tempo di Dante i messaggeri di pace avean per costume di i
stato delle anime dopo la morte. 156. A tempo di Dante i messaggeri di pace avean per costume di incoronarsi d’olivo, co
morte. 156. A tempo di Dante i messaggeri di pace avean per costume di incoronarsi d’olivo, come accenna Dante stesso in
a messaggier che porta olivo « Tragge la gente per udir novelle, « E di calcar nessun si mostra schivo. » 157. Dice Qu
imam arbitrantur. (De Bello Gall., vi, 17). 162. In latino la pietra di paragone chiamasi Lydius lapis, perchè queste pie
163. Dante, nel Canto xxii del Paradiso, volendo indicare il pianeta di Mercurio, nomina invece la madre, di lui Maia ; e
iso, volendo indicare il pianeta di Mercurio, nomina invece la madre, di lui Maia ; e pare che così voglia attribuirsi una
icenza poetica, che non sia in uso comunemente. Per altro questo modo di dire è incluso nelle regole di quel traslato che
uso comunemente. Per altro questo modo di dire è incluso nelle regole di quel traslato che chiamasi metonimia. « L’aspett
o a lui Maia e Dione. » Le stesse osservazioni son da farsi sul nome di Dione, che è qui posto a significare il pianeta d
da farsi sul nome di Dione, che è qui posto a significare il pianeta di Venere, la qual Dea era figlia di Dione. 164.
qui posto a significare il pianeta di Venere, la qual Dea era figlia di Dione. 164. Orazio si annovera da sè stesso t
24 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXX. Stato delle anime dopo la morte, secondo la Mitologia » pp. 216-231
entare talmente ameno e beato da preferirsi alle terrestri condizioni di questa mortal vita. Lo stesso Omero ci narra che
godesse i primi onori nei Campi Elisii, si era potentemente annoiato di quel soggiorno, anche pochi anni dopo la sua mort
 ; e del mio figlio illustre « Parlami invece. » (Odiss., xi, trad., di Pindemonte). Non era dunque uno stato felice quel
eva rimpianger la vita mortale e preferire la più meschina condizione di questa. La prescienza del futuro non li allettava
non li allettava quanto la reminiscenza del passato, e principalmente di quei luoghi e di quelle persone che resero loro p
quanto la reminiscenza del passato, e principalmente di quei luoghi e di quelle persone che resero loro più cara e giocond
n vita, non dubitando che per tal via andassero a raggiungere l’anima di lui nell’altro mondo ; e per la stessa ragione an
atori del Dio Brama spontaneamente si ardono vive le predilette mogli di quegli idolatri colla certezza di riunirsi compag
si ardono vive le predilette mogli di quegli idolatri colla certezza di riunirsi compagne indivisibili ai loro mariti nel
suppone che le anime degli estinti, dopo essere state un certo numero di anni (che i più fissano a mille) negli Elsii o ne
ancora la dottrina della Metempsicòsi, ne riporterò qui la traduzione di Annibal Caro, e in nota i versi stessi del poeta
niverso ; « Che sparsa per lo tutto e per le parti « Di sì gran mole, di sè l’empie e seco « Si volge, si rimescola e s’un
corpo, in nuova guisa « Le tien contaminate, impure e sozze. « Perciò di purga han d’uopo, e per purgarle « Son dell’anti
l’acqua immerse, « Ed altre al foco raffinate ed arse : « Chè quale è di ciascuno il genio e ’l fallo, « Tale è il castigo
ice aura, « A puro eterio senso ne riduca. « Quest’alme tutte, poichè di mill’anni « Han volto il giro, alfin son qui chi
iò ch’ivi deposto « Ogni ricordo, men de’ corpi schive, « E più vaghe di vita un’altra volta « Tornin di sopra a riveder l
, men de’ corpi schive, « E più vaghe di vita un’altra volta « Tornin di sopra a riveder le stelle 255. » Da questa cele
sopra a riveder le stelle 255. » Da questa celeberrima esposizione di principii filosofici e religiosi, che è la più be
one di principii filosofici e religiosi, che è la più bella e sublime di quante ce ne son pervenute dai poeti pagani, è co
lisio non erano eterne, e che le anime avevano una perpetua rotazione di passaggi alternativi dall’una all’altra vita. Si
tivi dall’una all’altra vita. Si viene ad accennare ancora una specie di Purgatorio prima di passare ai Campi Elisii ; e v
tra vita. Si viene ad accennare ancora una specie di Purgatorio prima di passare ai Campi Elisii ; e vi si trova chiaramen
rozzi ; e perciò nelle funebri cerimonie ponevasi una piccola moneta di tal nome nella bocca degli estinti258. Vero è che
ndi in appresso si cessò dall’insistere sulla necessità del pagamento di quest’obolo, ma si confermò indispensabile la sep
beatitudini dell’ Elisio, avendo ideato diversi generi straordinarii di pene inflitte ad alcuni dei più famosi scellerati
rassegna. La pena generale per tutti i dannati al Tartaro era quella di esser tormentati dalle Furie e gettati nelle flam
eo e alle Belidi o Danaidi. Issione re dei Lapiti, per avere tentato di offender Giunone, fu punito nel Tartaro coll’esse
ntinuamente girando rendevagli eterno il tormento261. Sisifo, figlio di Eolo, infestò l’Affrica e l’istmo di Corinto co’s
il tormento261. Sisifo, figlio di Eolo, infestò l’Affrica e l’istmo di Corinto co’suoi ladroneggi e colle sue crudeltà ;
eltà ; e dopo la morte fu condannato nel Tartaro a spinger sulla cima di un monte un gran masso, che tosto ricadendo a val
rapida pel chino « Sino alla valle la pesante massa. « Ei nuovamente di tutta sua forza « Su la cacciava ; dalle membra a
membra a gronde « Il sudore colavagli, e perenne « Dal capo gli salia di polve un nembo262). » (Odissea, xi.) Di Tantalo
e più straordinaria la colpa non meno che la pena. Tantalo era figlio di Giove e perciò ammesso ai segreti degli Dei ; ma
lio di Giove e perciò ammesso ai segreti degli Dei ; ma egli abusando di tal fiducia, li rivelò ai mortali, e per far prov
so. Tutti gli Dei inorriditi si astennero dal mangiarne, ad eccezione di Cerere, che afflitta per la perdita di Proserpina
ro dal mangiarne, ad eccezione di Cerere, che afflitta per la perdita di Proserpina, non si accorse di quella abominevole
di Cerere, che afflitta per la perdita di Proserpina, non si accorse di quella abominevole imbandigione, e mangiò una spa
on si accorse di quella abominevole imbandigione, e mangiò una spalla di Pelope. Si aggiunge ancora che gli Dei resero la
la di Pelope. Si aggiunge ancora che gli Dei resero la vita al figlio di Tantalo ricòmponendone le cotte membra, e facendo
nto era così divulgato e creduto, che i Pelopidi, ossia i discendenti di Pelope, portavano un distintivo, o come ora direb
he tutti i poeti greci e latini rammentano, ma niuno descrisse meglio di Omero (Odissea, xi.) « Stava lì presso con acerb
avverso inaridita terra. « Piante superbe, il melagrano, il pero, « E di lucide poma il melo adorno, « E il dolce fico e l
nè perciò andare al Tartaro. Inoltre lo stesso poeta alla solita pena di Tantalo aggiunge il timore continuo di essere sch
stesso poeta alla solita pena di Tantalo aggiunge il timore continuo di essere schiacciato da una rupe che sta sempre per
cciato da una rupe che sta sempre per cadergli addosso, e il tormento di sapere che egli è immortale, e che perciò la sua
266) ; ma le loro privazioni sono spontanee e non forzate come quelle di Tantalo ; perciò più vero e confacente sarebbe l’
rabili, i quali, vedendo nelle taberne e nei mercati una vera dovizia di cibi squisiti, non posson comprar nemmeno i più v
per saziar la fame che li tormenta. Dicesi ancora che soffron la pena di Tantalo coloro che non contenti dell’aurea medioc
aro : « Sul terren distendevasi e ingombrava « Quanto in dì nove ara di tauri un giogo ; « E due avvoltoi, l’un quinci e
rinate il curvo rostro »267). (Odissea, xi.) Flegia, benchè figlio di Marte e padre di Coronide che partorì Esculapio,
rostro »267). (Odissea, xi.) Flegia, benchè figlio di Marte e padre di Coronide che partorì Esculapio, fu empio contro A
he partorì Esculapio, fu empio contro Apollo, e ne incendiò il tempio di Delfo. Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo
il tempio di Delfo. Perciò fu punito nel Tartaro col perpetuo timore di essere schiacciato da un masso che gli pendea sul
; e perciò Dante non ha imitato in questo il suo Maestro, ed ha fatto di Flegia un nocchiero della palude che cinge la cit
o, ed ha fatto di Flegia un nocchiero della palude che cinge la città di Dite. Salmoneo, fratello di Sisifo, era sì pien
occhiero della palude che cinge la città di Dite. Salmoneo, fratello di Sisifo, era sì pien d’orgoglio per aver conquista
er aver conquistato l’Elide, « Che temerario veramente ed empio « Fu di voler, quale il Tonante in cielo, « Tonar quaggiu
olgorare a prova. « Questi su quattro suoi giunti destrieri, « La man di face armato, alteramente « Per la Grecia scorrend
lteramente « Per la Grecia scorrendo, e fin per mezzo « D’Elide, ov’è di Giove il maggior tempio, « Di Giove stesso il nom
man del padre eterno « D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo « Che di tede e di fumo ; e degno ancora « Che nel baratro
dre eterno « D’altro fulmine il colpo e d’altro vampo « Che di tede e di fumo ; e degno ancora « Che nel baratro andasse »
uanto più lungo il racconto. Esse erano precisamente 50, tutte figlie di Danao re di Argo e nipoti di Belo ; dai quali nom
ngo il racconto. Esse erano precisamente 50, tutte figlie di Danao re di Argo e nipoti di Belo ; dai quali nomi del padre
Esse erano precisamente 50, tutte figlie di Danao re di Argo e nipoti di Belo ; dai quali nomi del padre e dell’avo deriva
nomi del padre e dell’avo derivarono i loro appellativi o patronimici di Danaidi e di Belidi. Per caso raro, forse a bella
e e dell’avo derivarono i loro appellativi o patronimici di Danaidi e di Belidi. Per caso raro, forse a bella posta invent
di Belidi. Per caso raro, forse a bella posta inventato, un fratello di Danao, chiamato Egitto, aveva 50 figli ; e perchè
atello di Danao, chiamato Egitto, aveva 50 figli ; e perchè del regno di suo fratello non andassero in possesso generi est
ei alla famiglia, propose che i suoi 50 figli sposassero le 50 figlie di Danao. Questi avrebbe acconsentito, se l’oracolo
za e colle ostilità lo costrinse a cedere ; e Danao allora per tentar di assicurarsi la vita macchinò un misfatto, che 49
chinò un misfatto, che 49 delle sue figlie eseguirono, qual fu quello di uccidere i loro sposi la prima sera del loro matr
nelle Metamorfosi e nelle epistole ; come pure altri poeti del secolo di Augusto270. È notabile che nell’Inferno dei Paga
erchè frode è dell’uom proprio male, « Più spiace a Dio ; e però stan di sutto « Gli frodolenti, e più dolor gli assale. «
infatti con lo stesso metodo a render ragione delle diverse categorie di dannati che egli ha posti in tre diversi cerchi,
qualità o intensità. Mirabile è poi in sommo grado, e al tempo stesso di tutta evidenza, l’argomentazione con la quale dim
to giusto tua virtù comparte ! » ci costringe ancora ad ammirare che di tanta sapienza, arte e giustizia la sua mente sia
ti storici personaggi dell’èra cristiana ed anche suoi contemporanei, di ogni classe e condizione, laici e cherci, poveri
i e ricchi, e perfino re e imperatori, e papi e cardinali. Di alcuni di quei dannati che Dante non rammentò raccolsero i
oltre ne formarono i derivati o composti Tantalite, Tantalati, ossido di Tantalio, acido tantalico, ecc. Delle Danaidi fu
che hanno nera la testa e il corpo con alcuni punti bianchi, e le ali di color di fulvo o biondo, contornate di nero e spa
nera la testa e il corpo con alcuni punti bianchi, e le ali di color di fulvo o biondo, contornate di nero e sparse esse
alcuni punti bianchi, e le ali di color di fulvo o biondo, contornate di nero e sparse esse pure di punti bianchi ; e dai
ali di color di fulvo o biondo, contornate di nero e sparse esse pure di punti bianchi ; e dai Botanici si chiamò Danaide
se pure di punti bianchi ; e dai Botanici si chiamò Danaide un genere di piante rampanti della famiglia delle rubiacee, co
ori rossi che spandono piacevole odore. Anche in Meccanica ha il nome di Danaide una specie di ruota idraulica che serve a
piacevole odore. Anche in Meccanica ha il nome di Danaide una specie di ruota idraulica che serve a convertire il movimen
cie di ruota idraulica che serve a convertire il movimento rettilineo di una corrente d’acqua in un movimento di rotazione
rtire il movimento rettilineo di una corrente d’acqua in un movimento di rotazione continua ; e si fece così una felice al
e repostos. » (Virg.,Æneid., vi, v. 642.) 253. Pitagora era nativo di Samo, per quanto asserisce Ovidio nel lib. xv del
Vir fuit hic, ortu samius. Venne in Italia, secondo Cicerone, a tempo di Tarquinio il Superbo, e secondo Tito Livio sotto
a tempo di Tarquinio il Superbo, e secondo Tito Livio sotto il regno di Servio Tullo. Fissò il suo soggiorno in Crotone c
pecialmente dei malvagi, passassero anche nel corpo dei bruti, proibi di mangiar la carne di qualsivoglia animale, e ridus
agi, passassero anche nel corpo dei bruti, proibi di mangiar la carne di qualsivoglia animale, e ridusse i suoi seguaci a
di qualsivoglia animale, e ridusse i suoi seguaci a cibarsi soltanto di vegetabili ; il che diede origine alla denominazi
arsi soltanto di vegetabili ; il che diede origine alla denominazione di vitto pitagorico. 255. « Principio cœlum ac t
ino obolus) fu la prima moneta dei Greci, e valeva 15 in 16 centesimi di franco o lira italiana, poichè fu considerata in
sso come la sesta parte della dramma, greca moneta d’argento del peso di 4 grammi e 363 milligrammi, e del valore di 92 in
moneta d’argento del peso di 4 grammi e 363 milligrammi, e del valore di 92 in 93 centesimi. Il nome di questa piccola mon
grammi e 363 milligrammi, e del valore di 92 in 93 centesimi. Il nome di questa piccola moneta, l’ obolo, ha avuto una gra
credito ; è passato in quasi tutte le lingue europee traversando più di 30 secoli, ed è rimasto sempre un termine usitati
i, ed è rimasto sempre un termine usitatissimo ed elegante dall’obolo di Caronte all’obolo di San Pietro. 259. Nel libro
e un termine usitatissimo ed elegante dall’obolo di Caronte all’obolo di San Pietro. 259. Nel libro ix del Codice Giustin
ente uno sprone, un pecoro e un legacciolo delle calze non son niente di più nobile della spalla di Pelope e neppure della
e un legacciolo delle calze non son niente di più nobile della spalla di Pelope e neppure della spalla di san Secondo. — A
on niente di più nobile della spalla di Pelope e neppure della spalla di san Secondo. — A scanso di equivoci, e per chi no
la spalla di Pelope e neppure della spalla di san Secondo. — A scanso di equivoci, e per chi non lo sapesse, chiamasi spal
do. — A scanso di equivoci, e per chi non lo sapesse, chiamasi spalla di san Secondo, nel linguaggio dei gastronomi, la sp
contro un vil parassita piaggiatore e scettico, e dice sdegnosamente di lui, in tuono di rimprovero : « Rida in barba a
rassita piaggiatore e scettico, e dice sdegnosamente di lui, in tuono di rimprovero : « Rida in barba a San Marco ed a Sa
San Luca, « E gridi che il suo santo è san Secondo, « E che il zampon di Modena nel mondo « Compensa il Duca. » 264.
greco significa immortalità, e nettare che non uccide. — Questo passo di Pindaro ha dato luogo recentemente a qualche dive
ilologica tra alcuni rinomati grecisti, come può vedersi nell’ Ateneo di Firenze (fascicoli dell’ agosto e del settembre 1
68.) 267. Anche Virgilio nel vi dell’ Eneide così descrive la pena di Tizio : « Nec non et Tytion, Terræ omniparentis
ere Divos. » (Æneid., vi, 618.) 269. Son questi i versi originali di Virgilio : « Vidi et crudeles dantem Salmonea pœ
25 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXII. Gli Oracoli » pp. 242-252
ssero nella Grecia ed esistessero molti secoli prima della fondazione di Roma, questo vocabolo sotto cui si conoscono in i
81). Perciò, stando all’etimologia della parola, qualunque altro modo di manifestazione dei voleri divini che non fosse a
a il luogo sacro in cui si rendevano i responsi : e questa differenza di significato facilmente s’intende dal contesto del
ontesto delle diverse frasi. I più noti e celebri Oracoli eran quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente d
racoli eran quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente di Giove e di Apollo. Giove ne aveva tre, e Apollo v
quelli di alcune delle Divinità Maggiori e principalmente di Giove e di Apollo. Giove ne aveva tre, e Apollo ventidue ; G
e, Cerere, Mercurio e Plutone ebbero soltanto un oracolo per ciascuno di loro ; delle Divinità inferiori o terrestri, quas
restri, quasi nessuna ebbe oracoli ; e piuttosto preferirono i Pagani di attribuirli a più d’uno degli Eroi o Semidei, com
o, a Trofonio, ad Ercole, ad Amfiarao, ecc. Sommati giungeranno a più di quaranta oracoli. Sarebbe perciò troppo lungo dis
ta oracoli. Sarebbe perciò troppo lungo discorso e monotono il parlar di tutti particolarmente ; ed io credo che invece ba
gli Oracoli, il più celebre del mondo pagano era senza dubbio quello di Delfo ; e Apollo a cui attribuivansi quei respons
e troviamo anche in Dante la perifrasi Delfica deità invece del nome di Apollo284). Delfo (oggi Kastri), città della Foc
Parnaso, conteneva fra le sue mura il tempio e il famosissimo oracolo di Apollo. Il territorio fu, come ora direbbesi, neu
e Pitone che infestava quei luoghi ; e che perciò in origine la città di Delfo fosse detta Pito, donde l’appellativo di Pi
iò in origine la città di Delfo fosse detta Pito, donde l’appellativo di Pitio o Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii a
osse detta Pito, donde l’appellativo di Pitio o Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii ai giuochi in onore di esso, di Pi
i Pitio o Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii ai giuochi in onore di esso, di Pizia o Pitonessa alla sacerdotessa che
Pizio dato ad Apollo, di Pitici o Pizii ai giuochi in onore di esso, di Pizia o Pitonessa alla sacerdotessa che invasata
e proferiva mistiche parole, interpretate dai sacerdoti come responsi di Apollo. Gli Oracoli si rendevano in un sotterrane
, che alcuni dissero coperto della pelle del serpente Pitone, serviva di sedile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sull
ile alla Pitonessa, ed era tenuto sospeso sulla voragine ; e ai piedi di quello pendeva un vaso circolare e concavo, una s
e ai piedi di quello pendeva un vaso circolare e concavo, una specie di caldaia, che i Greci chiamavano lebete e i Latini
connessi, detti a caso e senza alcun senso, che i sacerdoti cercavano di connettere in frasi ambigue, ossia con doppio sen
alla alterazione della loro fantasia285). Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel te
85). Fra tutti gli altri Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel territorio di Colofone, perchè godeva m
Oracoli di Apolló il più notabile era quello di Claro nel territorio di Colofone, perchè godeva molta rinomanza e continu
cerdote proferiva gli oracoli in versi. (Ann., II, 54.) Il più antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto,
antico di tutti gli Oracoli della Grecia, secondo Erodoto, fu quello di Giove in Dodona città dell’Epiro ; e i responsi s
le foglie delle quercie consacrate a Giove ; 2° dal romore dei bacini di bronzo sospesi a contatto fra loro, e ciecamente
ra loro, e ciecamente o a caso percossi ; 3° dal mormorio delle acque di una sacra fontana, modi affatto primitivi e d’imm
lo cominciò ad esser poco frequentato appena che acquistò fama quello di Delfo, che era il più centrale della Grecia e ren
solenne e soddisfacente. Quanto all’origine del tempio e dell’Oracolo di Giove Ammone nella Libia parlammo a lungo nel N° 
ansi dalle osservazioni degli smeraldi e delle altre pietre preziose, di cui era formata l’immagine del Nume, come asseris
tra i quali il più celebre è quello, già da noi registrato, dei figli di Tarquinio il Superbo : ma per regola generale pre
i oracoli delle Sibille, vale a dire le risposte dei libri sibillini, di cui parleremo altrove. V’erano per altro anche in
alcuni Oracoli, che perciò eran detti Italici, come l’antico oracolo di Fauno, rammentato da Virgilio nell’Eneide, quelli
o di Fauno, rammentato da Virgilio nell’Eneide, quelli della Fortuna, di Marte, ecc. ; ma appartenevano piuttosto alla ver
non rendevano responsi a voce, ma consistevano nella interpretazione di segni casuali, ed anche di sogni che si facessero
oce, ma consistevano nella interpretazione di segni casuali, ed anche di sogni che si facessero addormentandosi in quei sa
ecinti. E come se tutto ciò fosse poco, vi si aggiunsero gli Augurii, di cui eran solenni mæstri gli Etruschi ; e da essi
egli affari pubblici e nei privati, come sappiamo anche dagli storici di Roma. Gli Oracoli e tutti gli altri modi di divin
piamo anche dagli storici di Roma. Gli Oracoli e tutti gli altri modi di divinazione preindicati erano altrettante solenni
ene i primi scrittori ecclesiastici si affatichino a citare centinaia di autori che avevano scritto contro gli Oracoli, pe
vano scritto contro gli Oracoli, per noi non è necessario tanto lusso di erudizione, tanta ricchezza di testimonianze ; e
, per noi non è necessario tanto lusso di erudizione, tanta ricchezza di testimonianze ; e ci basterà il sapere che ne pen
rà il sapere che ne pensassero Demostene, Cicerone e Catone Uticense, di ciascuno dei quali l’autorità val per mille. Demo
e in una delle sue celeberrime Orazioni disse pubblicamente al popolo di Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire ch
opolo di Atene, che la Pizia filippeggiava, vale a dire che l’Oracolo di Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre
ire che l’Oracolo di Delfo era corrotto dall’oro del re Filippo padre di Alessandro Magno. Cicerone compose un’opera sulla
la Divinazione, nella quale confuta ad una ad una tutte le asserzioni di suo fratello Quinto sulle pretese cause soprannat
uo fratello Quinto sulle pretese cause soprannaturali degli Oracoli e di qualunque altra creduta manifestazione della volo
che gli suggerivano (quand’egli era in Affrica armato contro Cesare) di consultare l’Oracolo di Giove Ammone, rispose, ch
and’egli era in Affrica armato contro Cesare) di consultare l’Oracolo di Giove Ammone, rispose, che gli Oracoli erano buon
uo trattato sulla Deficienza degli Oracoli coll’attribuire alla morte di alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cess
alla morte di alcuni Dèmoni o Genii che vi presiedevano la cessazione di alcuni oracoli, che derivò soltanto dal discredit
diede, forse senza avvedersene, un colpo mortale, ammettendo la morte di alcuni Dèmoni o Genii ; poichè questa asserzione
irono gli Oracoli all’opera dei Demònii, ed asserivano che la potenza di questi era cessata col sorger del Cristianesimo ;
l’ignoranti, ma anche presso i dotti e sapienti. E questo è argomento di più alta indagine, sul quale piacemi un poco di t
E questo è argomento di più alta indagine, sul quale piacemi un poco di trattenermi. Che i più celebri Oracoli abbiano av
Deucalione e Pirra, dopo l’universale diluvio, consultarono l’Oracolo di Temi sul monte Parnaso. Omero parla degli Oracoli
so. Omero parla degli Oracoli, delle divinazioni e degli augurii come di cose antiche ai tempi della guerra Troiana, nella
una parte importantissima, come interprete degli Dei, nei parlamenti di quei famosi guerrieri e nei segreti consigli di S
i Dei, nei parlamenti di quei famosi guerrieri e nei segreti consigli di Stato. Fu poi riconosciuto anche dai filosofi che
, facendosi credere o figli degli Dei o interpreti dei supremi voleri di quelli, per rimuovere i primitivi uomini ignorant
i a collegarsi ed unirsi fra loro in un più umano consorzio. Quel che di Orfeo dice Orazio nella Poetica è applicabile a t
delle religioni. » E dopo avere attribuito gradatamente qualche parte di laude maggiore o minore secondo la diversa import
pazioni ed arti utili alla umana società, aggiunge con forza mirabile di convinzione : « Sono, per lo contrario, infami e
turo male, te lo potesse ancora concedere. Di qui nascevano i tempii, di qui i sacrifizii, di qui le supplicazioni ed ogni
sse ancora concedere. Di qui nascevano i tempii, di qui i sacrifizii, di qui le supplicazioni ed ogni altra cerimonia in v
supplicazioni ed ogni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oracolo di Delo, il tempio di Giove Ammone ed altri celebri
gni altra cerimonia in venerarli, perchè l’oracolo di Delo, il tempio di Giove Ammone ed altri celebri Oracoli tenevano il
e avrà facilmente præ manibus più d’una, si può dedurre con sicurezza di non errare, che gli Oracoli e gli altri modi d’in
ell’Incivilimento. Infatti le risposte degli Oracoli ebbero efficacia di raccogliere e riunire in nazione le sparse tribù
vasioni. Il responso della Pizia, che i Greci si difendessero in mura di legno, suggerì saggiamente di combatter per mare
ia, che i Greci si difendessero in mura di legno, suggerì saggiamente di combatter per mare le innumerevoli orde di Serse,
legno, suggerì saggiamente di combatter per mare le innumerevoli orde di Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina
er mare le innumerevoli orde di Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina, gloria eterna di Temistocle e della Gre
e di Serse, e ne derivò la famosa vittoria di Salamina, gloria eterna di Temistocle e della Grecia289). Le più belle massi
he eran credute responsi degli Oracoli ; e la più sapiente e mirabile di tutte, espressa con queste poche parole : conosci
e parole : conosci te stesso, leggevasi scritta sul pronao del tempio di Apollo in Delfo. Cicerone che l’analizza filosofi
’analizza filosoficamete nelle Tusculane, chiama il Nosce te precetto di Apollo, ed aggiunge che essendo di tal sublimità
ulane, chiama il Nosce te precetto di Apollo, ed aggiunge che essendo di tal sublimità da parer superiore all’ingegno uman
ngua italiana, e soltanto da manteion furon composte le denominazioni di Necromanzia e Geomanzia ecc. di cui parleremo alt
teion furon composte le denominazioni di Necromanzia e Geomanzia ecc. di cui parleremo altrove. 282. Perciò Ugo Foscolo
rse città della Grecia, rammenta che Delfo era illustre per l’oracolo di Apollo : « Laudabunt alii claram Rhodon, aut Mit
su la lieta « Delfica deità dovria la fronda « Peneia, quando alcun di sè asseta. » Nella qual terzina del Canto I del
Apollo, e fronda Peneia per l’alloro, in cui fu cangiata Dafne figlia di Peneo. 285. Son celebri le risposte degli Orac
ro studiata ambiguità. Se ne trovano riportate alcune anche nei libri di rettorica e belle lettere, come quella che si sup
lettere, come quella che si suppone data a Pirro re dell’Epiro prima di muover guerra ai Romani : « Aio te, Æacida, Roma
n, in bello morieris. » Notabilissima è poi la risposta dell’Oracolo di Delfo ai figli di Tarquinio il Superbo che insiem
is. » Notabilissima è poi la risposta dell’Oracolo di Delfo ai figli di Tarquinio il Superbo che insieme con Bruto erano
Ovidio nel dedicare i Fasti a Cesare Germanico dà ad Apollo il titolo di Dio Clario, per la celebrità dell’oracolo di Clar
o dà ad Apollo il titolo di Dio Clario, per la celebrità dell’oracolo di Claro che rendeva i responsi in versi ; e con adu
, ut Clario missa legenda Deo. » 287. Riporterò il seguente passo di Cicerone, che è decisivo : « Sed jam ad te venio
imum tuum. Ab animo tuo quidquid agitur, id agitur a te. » È il punto di partenza della Psicologia e della Morale. 291.
lla Morale. 291. Anche il Giusti chiama santa impostura l’artifizio di Numa nel dare ad intendere al popolo romano che l
a con arte, « Di santa impostura « La buccia un po’ dura « Del popol di Marte. » (Apologia del Lotto). 292. Sta scritt
26 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIV. Vulcano e i Ciclopi » pp. 152-160
ar Vulcano deforme e zoppo : differiscono solo nel raccontar la causa di questi difetti della sua forma corporea, che cert
ionali ed anche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio di Giove e di Giunone. Ma poichè ammettevasi nella c
nche impossibili in una Divinità, e tanto più in un figlio di Giove e di Giunone. Ma poichè ammettevasi nella classica Mit
poichè ammettevasi nella classica Mitologia una Divinità più potente di Giove, il Fato, agli inesorabili decreti del qual
e. Ma Omero fa raccontare a Vulcano stesso che il trattamento brutale di esser precipitato dal Cielo in Terra (per la qual
te diffusa (come accade pur troppo nel mondo) ed è stata più durevole di quella dei suoi rarissimi pregi nella Metallurgia
irabili lavori in metallo, dal carro e dalla reggia del Sole al cinto di Venere ; e Omero aggiunge che tutti gli Dei posse
barba, ma non però tanto brutto quanto dicono i poeti ; e il difetto di essere zoppo da un piede è appena accennato. E pe
lo e presso a lui un’incudine, e qualcuno dei suoi più celebri lavori di metallo. Molti sono i lavori di questo Dio, descr
qualcuno dei suoi più celebri lavori di metallo. Molti sono i lavori di questo Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e d
olti sono i lavori di questo Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso ne
o Dio, descritti e celebrati dai poeti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso nel ragionar di quei personag
ti ; e di alcuni avremo occasione di parlare in appresso nel ragionar di quei personaggi per cui furono eseguiti : qui bas
almeno conosce storicamente il meccanismo e gli effetti maravigliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme d
fetti maravigliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme di uomini o di animali eseguiscono lavori e operazio
gliosi di queste macchine ingegnosissime, che sotto forme di uomini o di animali eseguiscono lavori e operazioni proprie s
studiato una scienza o un’arte), non troverà tanto strano il racconto di Omero, che Vulcano avesse congegnate « …….forme
ici fino ab antico formare automi maravigliosi, dalla colomba volante di Archita al giuocator di scacchi del barone di Kem
re automi maravigliosi, dalla colomba volante di Archita al giuocator di scacchi del barone di Kempelen. E Omero narrandoc
, dalla colomba volante di Archita al giuocator di scacchi del barone di Kempelen. E Omero narrandoci che quelle ancelle d
scacchi del barone di Kempelen. E Omero narrandoci che quelle ancelle di Vulcano, veramente auree (perchè tutte d’oro) era
proprii automi. Dei quali i primi tentativi dovevan risalire ai tempi di Omero, se soltanto 500 anni dopo di esso, fu così
ntativi dovevan risalire ai tempi di Omero, se soltanto 500 anni dopo di esso, fu così abile Archita, come si racconta, da
a, da costruire una colomba volante. Altri automi più semplici, e non di umana forma, ma non meno mirabili, descrive Omero
risorger delle lettere e delle scienze, si risvegliò ancora la manìa di costruire automi ; e sappiamo che Alberto Magno f
amo che Alberto Magno fece un bellissimo androide che apriva la porta di casa a chi battesse a quella, e quando le persone
ava. Nei secoli successivi furono celebri la mosca e l’aquila volante di Regiomontano, diversi automi di Leonardo da Vinci
o celebri la mosca e l’aquila volante di Regiomontano, diversi automi di Leonardo da Vinci, e specialmente il famoso leone
diversi automi di Leonardo da Vinci, e specialmente il famoso leone, di cui parla anche il Vasari, le teste parlanti dell
arla anche il Vasari, le teste parlanti dell’abate Mical, il suonator di flauto di Vaucanson e l’anitra del medesimo, la q
il Vasari, le teste parlanti dell’abate Mical, il suonator di flauto di Vaucanson e l’anitra del medesimo, la quale nuota
ava, mangiava e digeriva ; e nel presente secolo, oltre il giuocatore di scacchi rammentato di sopra, anche il calcolatore
va ; e nel presente secolo, oltre il giuocatore di scacchi rammentato di sopra, anche il calcolatore aritmetico di Babbage
atore di scacchi rammentato di sopra, anche il calcolatore aritmetico di Babbage. Ma questi sforzi della meccanica consuma
Ma questi sforzi della meccanica consumano molti anni e molti danari di persone ingegnosissime senza una pratica utilità 
i di persone ingegnosissime senza una pratica utilità ; pochi istanti di maraviglia, ecco tutto il fine e l’effetto ! Perc
asserire che anche i girarrosti a macchina son più utili degli automi di animali nuotanti e volanti, e degli androidi che
siti che parole, perchè non avevano veruna idea del fluido elettrico, di questa misteriosa e tremenda forza invisibile e i
misteriosa e tremenda forza invisibile e imponderabile della Natura, di cui la scienza è giunta in questo secolo a sapers
scienza è giunta in questo secolo a sapersi valere per eseguir lavori di precisione matematica e per trasmettere i concett
e tutto seppe. » Nel libro viii dell’Eneide descrive prima la fucina di Vulcano coi Ciclopi suoi garzoni che lo aiutavano
fabbricare i fulmini ; e quindi enumera gli elementi o materie prime di cui li componevano : « …….Stavan nell’antro allo
, « Parte abbozzata, con tre raggi attorti « Di grandinoso nembo, tre di nube « Pregna di pioggia, tre d’acceso foco, « E
ta, con tre raggi attorti « Di grandinoso nembo, tre di nube « Pregna di pioggia, tre d’acceso foco, « E tre di vento impe
so nembo, tre di nube « Pregna di pioggia, tre d’acceso foco, « E tre di vento impetuoso e fiero. « I tuoni vi aggiungevan
di vento impetuoso e fiero. « I tuoni vi aggiungevano e i baleni « E di fiamme e di furia e di spavento « Un cotal misto1
petuoso e fiero. « I tuoni vi aggiungevano e i baleni « E di fiamme e di furia e di spavento « Un cotal misto190. » (Trad
iero. « I tuoni vi aggiungevano e i baleni « E di fiamme e di furia e di spavento « Un cotal misto190. » (Traduz. del Car
tà che si sviluppa collo strofinamento dell’ambra (dal cui greco nome di electron fu appunto denominato questo fenomeno e
piegate le favole, consideriamo l’allegoria contenuta nell’invenzione di questo Dio e de’suoi attributi. Di che era simbol
ente del fuoco, senza del quale sarebbe impossibile eseguire i lavori di metallurgia. Il nome stesso latino di Vulcanus, c
e impossibile eseguire i lavori di metallurgia. Il nome stesso latino di Vulcanus, che secondo Servio è un’abbreviazione d
nome stesso latino di Vulcanus, che secondo Servio è un’abbreviazione di volicanus, s’intende che voglia significare l’agi
enerato Vulcano come Dio del fuoco193 e del fabbrile ingegno. Il nome di Efesto che gli davano i Greci non fu adottato dai
ci non fu adottato dai poeti latini, nè dagl’italiani ; ma il termine di Vulcano è usato figuratamente anche in prosa in a
vulcaniche le materie eruttate. Anche i geologi seguaci della scuola di Hutton194, che spiegavano, coll’ammettere l’esist
furon chiamati Vulcanisti ; e Vulcanismo dicesi ancora questo sistema di geologia, e Vulcanologia la storia e la teoria de
a il metallo fuso e liquefatto dal fuoco. Gli si dava anche il titolo di Lemnio, derivato dall’isola di Lemno, dove cadde
dal fuoco. Gli si dava anche il titolo di Lemnio, derivato dall’isola di Lemno, dove cadde dal Cielo e fu amorevolmente ra
quindi aggiunge che le eruzioni vulcaniche son le fiamme e le scorie di queste fucine metallurgiche, e i crateri sono i c
ravano però nel credere che il fuoco che essi chiamavan celeste fosse di natura diversa da quello terrestre, non sapendo e
e, non sapendo essi che risulta egualmente da combustione o ignizione di materie più o meno infiammabili ; e soltanto gli
rlare dei Ciclopi, dei quali si è fatto un sol cenno col dire che tre di essi, cioè Bronte, Sterope e Piracmone aiutavano
mone aiutavano Vulcano a fabbricare i fulmini a Giove, noteremo prima di tutto l’etimologia del loro nome, che è composto
e, noteremo prima di tutto l’etimologia del loro nome, che è composto di due parole greche ciclos (circolo) e ops (occhio)
cchio), per indicare la straordinaria particolarità a loro attribuita di aver cioè un sol occhio circolare « Di targa e d
a loro attribuita di aver cioè un sol occhio circolare « Di targa e di Febea lampade in guisa « Sotto la torva fronte, »
« Sotto la torva fronte, » come dice Virgilio. Aggiungasi che erano di gigantesca corporatura e di forze corrispondenti
come dice Virgilio. Aggiungasi che erano di gigantesca corporatura e di forze corrispondenti alla medesima. La loro stirp
ni, poichè credevasi che fossero figli del Cielo e della Terra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era
credevasi che fossero figli del Cielo e della Terra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era figlio di
l Cielo e della Terra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era figlio di Nettuno e della ninfa Toosa, e
ra, ossia di Urano e di Vesta Prisca. Uno soltanto di essi era figlio di Nettuno e della ninfa Toosa, e questi chiamavasi
l greco vocabolo significa celeberrimo) ed era considerato come il re di tutti gli altri, i quali furono pochi più di cent
a considerato come il re di tutti gli altri, i quali furono pochi più di cento, ma tutti feroci ed antropofagi. Abitavano
piegar la favola dell’unico occhio fu detto che i Ciclopi eran soliti di portare in guerra una visiera con un sol foro cir
ro circolare in direzione degli occhi, uso inventato dai tre aiutanti di Vulcano per ripararsi la faccia nel lavorare i me
cheologi chiamano ciclopiche quelle antichissime costruzioni composte di grandi massi o macigni talvolta irregolari, ma sp
ancora tagliati a poliedri regolari, e notabili inoltre per l’assenza di qualunque cemento : la loro pesante mole ne rende
iche sono per lo più attribuite ai Pelasgi. In Zoologia si dà il nome di Ciclopi a un genere di Crostacei, secondo Müller,
tribuite ai Pelasgi. In Zoologia si dà il nome di Ciclopi a un genere di Crostacei, secondo Müller, dell’ordine dei Branch
hiopodi, e della famiglia dei Monocoli per questa loro caratteristica di avere un sol occhio. Se ne trovano generalmente n
lle acque dolci e stagnanti, e in maggiore abbondanza nelle vicinanze di , Parigi, in Svizzera e in molte parti d’Italia.
n Svizzera e in molte parti d’Italia. 189. Automa è voce composta di due parole greche che significano spontaneo movim
a Elisabetta d’Inghilterra, che sullo scorcio del secolo xvi richiamò di nuovo l’attenzione dei fisici sulle proprietà del
sostanze potevano acquistare, mediante lo strofinamento, la proprietà di attrarre. 192. Lo stesso Ganot (francese) cominc
tricità dinamica con queste parole : « È dovuta a Galvani, professore di « anatomia a Bologna, l’esperienza fondamentale c
ni che se ne fecero da un mezzo secolo a questa parte. » — E parlando di quell’apparato detto pila, che serve a svolgere l
re il maraviglioso apparato che rese immortale il suo nome » (la pila di Volta). 193. Perciò Virgilio lo chiama Ignipote
27 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XV. Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera » pp. 79-85
XV Giunone regina degli Dei e Iride sua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giov
e Iride sua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod u
ua messaggiera Il nome di Giunone ha la stessa etimologia di quello di Giove ; deriva cioè dal giovare (quod una cum Jov
hiamavano Era, che, secondo alcuni grecisti, sarebbe un’abbreviazione di Erate cioè amabile e, secondo altri, Era signific
d inoltre il più alto rango fra le Dee, essendo essa sorella e moglie di Giove92). Nella sua pubblica rappresentanza è una
ella vita che diremmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno di Giove, sebbene di un altro genere : è superba, di
mmo privata o domestica, ha i suoi difetti non meno di Giove, sebbene di un altro genere : è superba, dispettosa e vendica
ltro genere : è superba, dispettosa e vendicativa. Accennata l’indole di questa Dea, diciamo come si rappresenta nelle pit
rro tirato da due pavoni, una messaggiera chiamata Iride ed un corteo di quattordici bellissime ninfe94). Molti altri nomi
e dette Matronali, appunto perchè eran celebrate dalle matrone. Figli di essa e di Giove furono Ebe dea della gioventù, Vu
tronali, appunto perchè eran celebrate dalle matrone. Figli di essa e di Giove furono Ebe dea della gioventù, Vulcano dio
come una giovanetta ingenua e gentile con un’idria in mano ed in atto di mescer da quella la celeste bevanda. Aggiungono a
poi non volle più servirli a mensa ; e Giove le sostituì un coppiere di stirpe dei mortali, Ganimede figlio di Troo re di
Giove le sostituì un coppiere di stirpe dei mortali, Ganimede figlio di Troo re di Troia, facendolo rapire dalla sua aqui
ostituì un coppiere di stirpe dei mortali, Ganimede figlio di Troo re di Troia, facendolo rapire dalla sua aquila e renden
ia, facendolo rapire dalla sua aquila e rendendolo immortale. Il nome di Ebe fu dato dagli astronomi al sesto pianeta tele
a telescopico che fu scoperto da Hencke il 1° luglio 1847. Di Marte e di Vulcano che furono Dei superiori si dovrà parlare
atamente. Il tema più vasto per altro e l’eterno argomento della vita di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e de
di Giunone è quello delle gelosie, delle stizze e delle persecuzioni di questa Dea. Favoriva sì e proteggeva essa quei po
, i Samii, i Cartaginesi ; ma guai a coloro che avessero la disgrazia di dispiacerle, specialmente poi se Giove o qualche
mica li proteggesse, o fossero parenti od anche soltanto connazionali di qualche donna preferita da Giove. Vi sarebbe da r
a raccoglier quanto ne scrissero i poeti greci e i latini ; ma alcune di quelle bizze e di quelle persecuzioni di Giunone
o ne scrissero i poeti greci e i latini ; ma alcune di quelle bizze e di quelle persecuzioni di Giunone sono così splendid
greci e i latini ; ma alcune di quelle bizze e di quelle persecuzioni di Giunone sono così splendidamente narrate dagli an
ntichi, che i moderni poeti e lo stesso Dante non poterono tacerle. E di queste ci occuperemo principalmente, non però sub
stesso argomento, ma quando se ne presenterà l’occasione nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie
terà l’occasione nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie o di popoli da essa perseguitati. Qui pe
ne nel parlare di altre divinità odiose a questa Dea, o di famiglie o di popoli da essa perseguitati. Qui per altro è indi
i da essa perseguitati. Qui per altro è indispensabile il narrare uno di questi fatti mitici che serve a spiegare perchè i
non rassegnata, come ben si capisce da questi versi ; e Giove faceva di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed i
di certo ogni suo volere, ma non senza disturbi ed impacci per parte di Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era,
di Giunone ; la quale, superba e invidiosa com’era, fremeva all’idea di potere essere ripudiata, e che un’altra divenisse
aco re d’Argo, per sottrarla alle investigazioni ed alle persecuzioni di sua moglie, la trasformò in vacca ; ma Giunone no
sformò in vacca ; ma Giunone non vedendo più in alcun luogo la figlia di Inaco, sospettò di qualche frode, e chiese in don
a Giunone non vedendo più in alcun luogo la figlia di Inaco, sospettò di qualche frode, e chiese in dono al marito quella
risuscitarlo (tanta potenza non avevano gli Dei pagani), si contentò di trasformarlo in pavone, serbandogli nelle penne l
suoi cento occhi, e lo prescelse per l’animale a lei sacro. Non perdè di vista neppure la vaccherella, e le mandò a tormen
estituita poi da Giove nella primiera forma fu venerata sotto il nome di dea Iside. Questo mito è un anello di congiunzion
forma fu venerata sotto il nome di dea Iside. Questo mito è un anello di congiunzione fra la Mitologia classica e il Fetic
a classica e il Feticismo egiziano, e rende qualche probabile ragione di così strano culto, come osservammo pur anco nella
arono in bestie. Gli Egiziani perciò adoravan gli Dei sotto la figura di quelle bestie nelle quali credevano che questi si
nelle quali credevano che questi si fossero trasformati. Il nome poi di Argo è rimasto celebre in tutte le lingue moderne
mistici animali a quelli del mitologico Argo : « Ognuno era pennuto di sei ali, « Le penne piene d’occhi ; e e gli occhi
lla e messaggiera Iride. Era questa una Ninfa o Dea inferiore, figlia di Taumante ; e credevasi che essa per discender sul
e credevasi che essa per discender sulla terra ad eseguire gli ordini di Giunone passasse per quella splendida via che è c
da via che è contrassegnata nel cielo dall’arcobaleno. Quindi il nome di Iride per figura rettorica di metonimia sta a sig
l cielo dall’arcobaleno. Quindi il nome di Iride per figura rettorica di metonimia sta a significare l’arco celeste prodot
o celeste prodotto dalla refrazione dei raggi del sole. I nomi stessi di Iride e del padre di essa accennano colla loro et
lla refrazione dei raggi del sole. I nomi stessi di Iride e del padre di essa accennano colla loro etimologia le parti fon
l padre di essa accennano colla loro etimologia le parti fondamentali di questo mito e di questo fenomeno, poichè Iride (i
ccennano colla loro etimologia le parti fondamentali di questo mito e di questo fenomeno, poichè Iride (in greco e in lati
erbo che significa dire o annunziare, e ricorda perciò la messaggiera di Giunone ; e Taumante è nome che deriva da tauma,
Taumanzia ; e lo stesso Alighieri con frase mitologica chiama figlia di Taumante l’Iride, ossia l’arcobaleno, allorchè ne
rcobaleno, allorchè nel Purgatorio (C. xxi, 46) afferma che nell’alto di quella montagna non ascendevano gli umidi vapori
breve ; « Nuvole spesse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, nè figlia di Taumante, « Che di là cangia sovente contrade. »
esse non paíon, nè rade, « Nè corruscar, nè figlia di Taumante, « Che di là cangia sovente contrade. » Il nome d’Iride è
etico, ed anche in quello scientifico. Nei poeti più eleganti, invece di Iride, trovasi anche Iri, che è voce più simile a
poetico. Basterà che io citi Dante che così la chiama in rima e fuor di rima, come nel seguente esempio : « Nella profon
hiara sussistenza « Dell’alto lume parvemi tre giri « Di tre colori e di una contenenza ; « E l’un dall’altro come Iri da
rati della luce ; e iridescenza la proprietà che hanno alcuni oggetti di rifletter questi raggi colorati. Una bella descri
uni oggetti di rifletter questi raggi colorati. Una bella descrizione di iridescenza e di cangiamento di colori secondo l’
fletter questi raggi colorati. Una bella descrizione di iridescenza e di cangiamento di colori secondo l’incidenza dei rag
raggi colorati. Una bella descrizione di iridescenza e di cangiamento di colori secondo l’incidenza dei raggi e i diversi
cangiamento di colori secondo l’incidenza dei raggi e i diversi punti di vista, si legge nella seguente ottava della Gerus
ottava della Gerusalemme Liberata del Tasso : « Come piuma talor che di gentile « Amorosa colomba il collo cinge « Mai no
i colori al sol si tinge ; « Or d’accesi rubin sembra un monile, « Or di verdi smeraldi il lume finge ; « Or insieme li me
i colori, ed è quella che determina il colore particolare degli occhi di ciascuno ; e col derivativo Iritide chiamasi in P
derivativo Iritide chiamasi in Patologia qualunque affezione morbosa di quella membrana dell’occhio, e più specialmente l
onore del cielo, eran per altro ben lungi dal conoscere le vere cause di questo splendido fenomeno. Dal vederlo comparire
97) : ma non avevan pensato neppur per ombra ad analizzare col prisma di cristallo il settemplice raggio del sole e dedurn
secolo xvii fu il primo a distinguere che la luce solare era composta di un infinito numero di raggi di differenti gradi d
o a distinguere che la luce solare era composta di un infinito numero di raggi di differenti gradi di rifrangibilità, e ch
nguere che la luce solare era composta di un infinito numero di raggi di differenti gradi di rifrangibilità, e che allorqu
olare era composta di un infinito numero di raggi di differenti gradi di rifrangibilità, e che allorquando questa luce è f
lle antiche fantasie poetiche ed alle cervellotiche induzioni cercano di sostituire le positive cognizioni scientifiche. D
he Iride somministrasse l’acqua alle nubi. In Astronomia ebbe il nome di Iride il 7° asteroide, o piccolo pianeta telescop
da Hind il 13 agosto 1847. Gli astronomi però non avevano trascurato di rendere onore alla regina degli Dei anche prima c
ina degli Dei anche prima che ad Iride sua ancella, e furon solleciti di dare il nome di Giunone ad uno dei primi asteroid
che prima che ad Iride sua ancella, e furon solleciti di dare il nome di Giunone ad uno dei primi asteroidi scoperti in qu
a Harding il 1° settembre 1804. 91. Anche in latino hera è sinonimo di domina, cioè padrona ; ed herus equivale a dominu
ivale a dominus, cioè padrone. In Plauto è detto herus maior il padre di famiglia, ed herus minor il figlio di lui. 92.
to è detto herus maior il padre di famiglia, ed herus minor il figlio di lui. 92. « Ast ego quæ divûm incedo regina, Jo
Giunone accenna quasi sempre o ai grandi occhi o alle bianche braccia di questa Dea, facendone un distintivo e, a quanto p
28 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cenni Preliminari » pp. 9-
Cenni Preliminari sul significato di alcune parole e sull’ uso di alcuni oggetti più s
Cenni Preliminari sul significato di alcune parole e sull’ uso di alcuni oggetti più specialmente relativi alle cer
mi altari con piote erbose, e le alzavano sotto gli alberi coprendole di sacre palme ; quindi alle piote sostituirono le p
attoni, il marmo e i metalli più rari. Le are furono ricovero o asilo di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di mal
o e i metalli più rari. Le are furono ricovero o asilo di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di malfattori ; e a p
i più rari. Le are furono ricovero o asilo di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di malfattori ; e a piè di esse f
furono ricovero o asilo di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di malfattori ; e a piè di esse furon fatte alleanze
di sventurati, di schiavi, di supplichevoli e di malfattori ; e a piè di esse furon fatte alleanze di popoli, riconciliazi
supplichevoli e di malfattori ; e a piè di esse furon fatte alleanze di popoli, riconciliazioni di parti, sponsali, e cel
ori ; e a piè di esse furon fatte alleanze di popoli, riconciliazioni di parti, sponsali, e celebrazioni di pubbliche fest
lleanze di popoli, riconciliazioni di parti, sponsali, e celebrazioni di pubbliche feste. III. Aruspici,1 sacerdoti istitu
la vittima doveva essere trascinata per forza all’altare, se sfuggiva di mano al conduttore, se schivava il colpo, e via d
e il sangue sgorgava in maggior copia del so[ILLISIBLE]o, era indizio di prossimi e inevitabili guai. Quanto alla fiamma,
dissima venerazione, e consultati sempre innanzi d’intraprendere cose di gran rilievo, a fine di prevederne l’esito. Le ri
onsultati sempre innanzi d’intraprendere cose di gran rilievo, a fine di prevederne l’esito. Le risposte degli auguri avev
ete e gli ecclissi ; 2° il volo e il canto degli uccelli ; 3° il modo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non v
odo di beccare dei polli sacri a qualche Nume : se non volevano uscir di gabbia nè cibarsi, il presagio era funesto ; se d
enza motivo apparente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma i
parente, da un topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma in effetto cote
topo che rodesse i mobili, dall’incontro di una serpe, di una lepre, di una volpe, ec. ! Ma in effetto cotesti impostori
dai lauti banchetti a spese dei creduli. Gli auguri goderono in Roma di molta considerazione ; ma a poco per volta cadder
cerdoti romani che avevano ufficj analoghi a quelli dei nostri araldi di guerra o ambasciatori straordinarj ; poichè gener
te erano destinati a dichiarare la guerra ed a presiedere ai trattati di pace.3 Quando un popolo offendeva la Repubblica,
eciale si recava tosto a chiedere le discolpe dell’ ingiuria. In caso di negativa eran concessi 33 giorni a risolvere, dop
aumentò con quello degli Dei. Le principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo
n quello degli Dei. Le principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle qua
egli Dei. Le principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vie
principali appo i Greci erano quelle di Adone, di Bacco, di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni sp
di Minerva, di Cerere, nel tempo delle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far leve di soldati, muove
elle quali era vietata ogni specie di lavoro, nè si potevano far leve di soldati, muover guerre o punire i colpevoli. Tutt
di soldati, muover guerre o punire i colpevoli. Tutti s’incoronavano di fiori ; celebravano giuochi, balli, banchetti, e
balli, banchetti, e si astenevano scrupolosamente dal proferir parole di cattivo augurio. I Romani chiamaron ferie (feriœ
le istituì per assuefare tutti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio
ti i popoli latini a tener Roma in conto di città più ragguardevole e di capo luogo del Lazio, sì rispetto alla religione
ec. VII. Flamini,4 sacerdoti istituiti da Numa, e destinati al culto di qualche deità in particolare. Prima furon tre sol
to di qualche deità in particolare. Prima furon tre soli ; il flamine di Giove, quello di Marte e quello di Quirino ; poi
tà in particolare. Prima furon tre soli ; il flamine di Giove, quello di Marte e quello di Quirino ; poi arrivarono a quin
Prima furon tre soli ; il flamine di Giove, quello di Marte e quello di Quirino ; poi arrivarono a quindici. Grandi furon
no ; poi arrivarono a quindici. Grandi furono i privilegi del Flamine di Giove : andava fuori preceduto da un littore,5 av
e, nè toccar fave od ellera o carne crud[ILLISIBLE] e gli era vietato di veder lavorare la gente ; laonde quando passava p
avvisare gli operai che sospendessero i loro lavori. Aveva il diritto di accordare sicuro asilo ai colpevoli che appo lui
di accordare sicuro asilo ai colpevoli che appo lui si rifugiavano, e di far grazia a quelli che, andando al supplizio, er
diva gli eserciti ; e portava in capo una berretta fatta con la pelle di una pecora bianca, e con in cima un ramoscello d’
con un nastro. VIII. Lettisterni, banchetti sacri dei Romani in tempi di pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cie
mpi di pubbliche calamità, per placare lo sdegno del cielo. Nel tempo di questa cerimonia toglievano di su i piedistalli l
placare lo sdegno del cielo. Nel tempo di questa cerimonia toglievano di su i piedistalli le statue degli Dei, le posavano
otto giorni, e fu celebrato l’anno 400 av. l’èra crist. in occasione di una pestilenza che devastava Roma e i suoi contor
e, cerimonia religiosa nei sacrifizj. Il sacerdote assaggiava il vino di cui era colma la tazza, l’offriva ad alcuno degli
strazioni, cerimonie sacre unite ai sacrifizj ; ed avevano per iscopo di purificare i campi, gli eserciti, i greggi, gl’ i
reggi, gl’ individui, le città, i templi, le case, ec. La lustrazione di un campo consisteva nel condurvi tre volte all’in
e nel bruciare i profumi sul luogo stesso del sacrifizio. Per quella di un esercito, alcuni soldati cinti d’alloro conduc
alloro conducevano tre volte intorno all’esercito schierato in ordine di battaglia una pecora, una scrofa ed un toro, e gl
ed una focaccia. Le lustrazioni pubbliche e nazionali erano celebrate di cinque in cinque anni, il quale spazio di tempo e
e nazionali erano celebrate di cinque in cinque anni, il quale spazio di tempo essendo chiamato lustrum (lustro) ha dato o
stro) ha dato origine al vocabolo lustrazione. XI. Magia, fu l’ arte di fingere cose soprannaturali con l’ajuto di spirit
ne. XI. Magia, fu l’ arte di fingere cose soprannaturali con l’ajuto di spiriti immaginari, con parole cabalistiche e cer
iù rami, come astrologia giudiziaria, sortilegio, incanti, evocazione di morti, divinazione o predizione del futuro, scope
i, evocazione di morti, divinazione o predizione del futuro, scoperta di tesori nascosti, guarigione di malattie incurabil
ione o predizione del futuro, scoperta di tesori nascosti, guarigione di malattie incurabili, e simili altre imposture. Qu
ziosi non li dimenticarono mai per l’affatto, e furono spesso fomento di vizj e cagion di delitti. Ecate fra le divinità p
nticarono mai per l’affatto, e furono spesso fomento di vizj e cagion di delitti. Ecate fra le divinità pagane presiedeva
manzia era una parte della magia, e consisteva nel predire il destino di un uomo dall’esame delle linee che s’incontrano s
s’incontrano sulla palma della mano. Con la Negromanzia pretendevano di richiamare in vita i morti per consultarli intorn
essali la usavano molto, ed incomineiavano l’ areano rito eol bagnare di sangue ealdo i eadaveri. XII. Purificazione, atto
ne aspergeva i eireostanti pronunziando alcune parole saere. In tempo di peste e di carestia le purifieazioni dei Greci er
a i eireostanti pronunziando alcune parole saere. In tempo di peste e di carestia le purifieazioni dei Greci erano aceompa
care da sè del suo delitto, e rieorreva a un saeerdote ehe lo bagnava di sangue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva porta
angue, lo fregava eon l’ aglio, gli faeeva portare al collo una filza di fichi, e non gli permetteva d’ entrare nei templi
eva le sue vittime diverse, ed erano scelte fra le più belle. Il nome di vittima era dato solamente agli oggetti vivi ed a
era dato solamente agli oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animali di latte, e tanto alle eose an
li oggetti vivi ed agli animali grossi ; quello di ostia agli animali di latte, e tanto alle eose animate ehe inanimate ;
s. Romolo li trasse dalla Toscana. Prima furono tre, poi sci, a detla di Cicerone, e gionsero fino a dieci, secondo che at
mento dal canto degli uccelli traevano gli augurj. Questa impostura è di antichissima origine. Trovansi ricordati gli augu
erivasso da faciendo fœdere. I Feciali formavano un collegio composto di venti ; e credesi fossero istiluiti da Numa. 4.
Flamines u Filamines forse perchè purtavano avvultu al capo un filu di laua. Plutarco fa derivare questo nume a pileo, p
flammeo capitis indumento. Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori
pitis indumento. Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori pel culto
ento. Vi furono i Flamini maggiori, i tre, cioè, di Giuve, di Marte e di Quirinu, ed i Flamini minori pel culto degli altr
a i Flamini ; il Pontefice Massimo li consacrava. 5. Ufiziale armato di un fasciu di verghe cun una scure nel mezzu, dest
il Pontefice Massimo li consacrava. 5. Ufiziale armato di un fasciu di verghe cun una scure nel mezzu, destinato a scurt
i rei. 6. Acqua comune nella quale era stato spento un tizzone preso di sull’ ara. La tenevano in un vaso sulla porta dei
29 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XII. La Titanomachia e la Gigantomachia » pp. 60-68
La Titanomachia e la Gigantomachia Per intender bene le vere cause di queste guerre convien risalire al patto di famigl
ntender bene le vere cause di queste guerre convien risalire al patto di famiglia fra Titano e Saturno, la cui violazione
odusse nel Cielo la prima guerra fraterna che terminò colla prigionia di Saturno e di Cibele (vedi il n° VI). Ne seguì la
elo la prima guerra fraterna che terminò colla prigionia di Saturno e di Cibele (vedi il n° VI). Ne seguì la guerra di Gio
prigionia di Saturno e di Cibele (vedi il n° VI). Ne seguì la guerra di Giove e fratelli contro lo zio ed i cugini con la
iove e fratelli contro lo zio ed i cugini con la sconfitta e l’esilio di questi. Ora sono i soccombenti ed oppressi Titani
ti. Ora sono i soccombenti ed oppressi Titani che tentano colla forza di ricuperare il perduto possesso del celeste regno.
antichi mitologi, furono due : quella dei Titani figli e discendenti di Titano, e quella dei Giganti, cioè dei figli dell
ellioni domate e compresse, furon dai poeti riunite le strane vicende di entrambe in una sola narrazione, e come se fosser
isiva della prima, e da quella in poi non corse più pericoli il regno di Giove, fu più celebrata la Gigantomachia ; e dell
quel poema che aveva ideato. Claudiano, del quale esiste un frammento di 127 versi della Gigantomachia, non ci fa molto ri
a Gigantomachia, non ci fa molto rimpiangere la perdita del rimanente di questo suo mitico poema ; ma il titolo soltanto d
no del Cielo apparteneva veramente ai Titani come figli e discendenti di Titano, che cedè il regno a Saturno sotto condizi
per frode, e poi per forza 69, esiliata dal Cielo ed oppressa, tenta di riacquistar colla forza ciò che colla forza erale
forza erale stato tolto70. Ecco la vera causa della Titanomachia : e di questa guerra accenneremo soltanto l’esito finale
era più veramente dei Titani che furono vinti. Erano infatti i Titani di origine divina, non che di regia stirpe e della l
i che furono vinti. Erano infatti i Titani di origine divina, non che di regia stirpe e della linea del primogenito di Ura
origine divina, non che di regia stirpe e della linea del primogenito di Urano ; e invece i Giganti, esseri mostruosi e di
nea del primogenito di Urano ; e invece i Giganti, esseri mostruosi e di origine terrestre, erano affatto estranei al fond
contesa. La prima guerra poteva anche riguardarsi come una collisione di diritti o di pretese fra due famiglie dinastiche 
rima guerra poteva anche riguardarsi come una collisione di diritti o di pretese fra due famiglie dinastiche ; ma la secon
omunismo a distruzione del Gius Costituito, ossia dell’ordine sociale di fatto ; e gli antichi la considerarono come una l
pio del male contro quello del bene, e perciò celebrarono la vittoria di questo72. Fatta una tal distinzione, resta ora da
soltanto i fatti e le vicende principali della Gigantomachia. E prima di tutto, com’eran fatti i Giganti ? L’idea generale
i ? L’idea generale che ciascuno suol farsene si è che fossero uomini di grandezza e di forza straordinaria ; e i mitologi
rale che ciascuno suol farsene si è che fossero uomini di grandezza e di forza straordinaria ; e i mitologi aggiungono che
straordinaria ; e i mitologi aggiungono che molti d’essi erano anche di struttura mostruosa. Alcuni ci narrano che Encela
ava enormi massi e interi scogli a sì prodigiose distanze da perdersi di vista dove andassero a colpire o cadere ; che Tif
ro a colpire o cadere ; che Tifèo o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto di scaglie come un
o Egeòne aveva una lunghissima coda di serpente ed era tutto coperto di scaglie come un coccodrillo o un armadillo. Ma Da
scaglie come un coccodrillo o un armadillo. Ma Dante, che ci assicura di aver trovati parecchi di questi Giganti nel fondo
lo o un armadillo. Ma Dante, che ci assicura di aver trovati parecchi di questi Giganti nel fondo dell’inferno, non ne vid
parecchi di questi Giganti nel fondo dell’inferno, non ne vide alcuno di quelli più mostruosi. Eran tutti però molto alti
e ch’egli ebbe una gran paura al primo vederli, non lasciò per questo di guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensi
ran paura al primo vederli, non lasciò per questo di guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di p
o di guardarli bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di perifrasi e di confronti ci fa capire che quelli
bene e di misurarne a occhio le dimensioni ; e a forza di perifrasi e di confronti ci fa capire che quelli che vide doveva
ti ci fa capire che quelli che vide dovevano essere alti in media più di venticinque braccia, ossia circa quattordici metr
più di venticinque braccia, ossia circa quattordici metri ciascuno, e di grossezza proporzionati all’altezza come nella sp
a proporzionati all’altezza come nella specie umana. Alcuni per altro di quelli che Dante non accenna di aver veduto nel s
nella specie umana. Alcuni per altro di quelli che Dante non accenna di aver veduto nel suo viaggio all’Inferno, eran mol
lla Macedonia colla Tessaglia ; e l’immane combattimento ebbe il nome di pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città d
onia colla Tessaglia ; e l’immane combattimento ebbe il nome di pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città di questo
mento ebbe il nome di pugna di Flègra 74) dalla prossima antica città di questo nome, poi chiamata Pallène. Il caso più s
ntica città di questo nome, poi chiamata Pallène. Il caso più strano di questa guerra si fu che tutti gli Dei, non che le
nte dal Cielo ; e per celarsi meglio e non esser riconosciuti, invece di travestirsi da plebei come fanno i principi fuggi
mini nelle sue sotterranee fucine, e l’aquila glieli portava. A furia di fulmini i Giganti furono atterrati, feriti, trafi
ti, trafitti, sotterrati vivi o cacciati all’Inferno. Questa vittoria di Giove fu rammentata e celebrata da tutti i più il
menta più e più volte nel suo poema sacro, e fa nascere l’opportunità di parlarne perfino nel Purgatorio, immaginando che
esistessero dei bassirilievi rappresentanti i fatti veri o allegorici di superbia punita. Così troviamo nel Canto xii : «
ndo esala, « E tutte intorno le campagne e ’l Cielo « Di tuoni empie, di pomici e di fumo77). » Ed è questo uno dei più e
 E tutte intorno le campagne e ’l Cielo « Di tuoni empie, di pomici e di fumo77). » Ed è questo uno dei più evidenti esem
ilio, che Dante scelse per suo maestro 78), e. che egli chiama il mar di tutto il senno, dovendo come poeta pagano raccont
« ….. Esce talvolta « Da questo monte all’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e
lvolta « Da questo monte all’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan
ll’aura un’atra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggi
tra nube « Mista di nero fumo e di roventi « Faville, che di cenere e di pece « Fan turbi e groppi, ed ondeggiando a scoss
diso, che la bella Trinacria, cioè la Sicilia, caliga, ossia cuopresi di caligine, fra Pachino e Peloro (ove appunto è sit
ente zolfo. » Vedano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno di loro ha tempo di studiare il Dante), come il nost
dano ora i moderni geologi e chimici (se pure taluno di loro ha tempo di studiare il Dante), come il nostro divino poeta p
ialmente in Sicilia e nella solfatara presso Pozzuoli nelle vicinanze di Napoli, troveranno, nella espressione dantesca di
oli nelle vicinanze di Napoli, troveranno, nella espressione dantesca di nascente solfo, indicata l’elaborazione e la fabb
sca di nascente solfo, indicata l’elaborazione e la fabbrica naturale di quello zolfo che essi, alludendo alla stessa orig
udendo alla stessa origine, chiamano nativo 80). 67. Nella Teogonia di Esiodo vi è un bell’episodio sulla battaglia dei
a. » 68. Per questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho
er questa ragione io cito nel presente libro più esempii di Dante che di altri poeti italiani ; e giacchè ho rammentato ne
funerei marmi, « Piacciati deh ! propizio ai be’ desiri « D’un raggio di tua luce illuminarmi. » 69. Distinse Dante fi
lluminarmi. » 69. Distinse Dante filosoficamente questi due mezzi di recar danno o ingiuria al prossimo, nel canto x d
che Dante la rammenta con questo nome : « Si come ei fece alla pugna di Flegra. » (Inf., xiv, 58.) Dai Latini si trova a
Flegra. » (Inf., xiv, 58.) Dai Latini si trova altresi dato il nome di Phlegrœi Campi, ed anche di Forum Vulcani alla So
Dai Latini si trova altresi dato il nome di Phlegrœi Campi, ed anche di Forum Vulcani alla Solfatara fra Pozzuoli e Napol
. 75. Perciò Giovenale parlando del feticismo degli Egiziani, dice di loro ironicamente : « O sanctas gentes, quibus h
ur in hortis « Numina. » 76. Timbrèo, è uno dei molti appellativi di Apollo. 77. « Fama est Enceladi semiustum ful
tico proseguirebbe : « È il solfo il più comune fra i mineralizzatori di diversi metalli, e segnatamente del ferro, col qu
talli, e segnatamente del ferro, col quale combinato forma il solfuro di ferro, comunemente conosciuto col nome di pirite.
combinato forma il solfuro di ferro, comunemente conosciuto col nome di pirite. Se ne trova pure in copia combinato col p
o dalla calce, dalla barite ecc., forma i solfati conosciuti col nome di gesso, di alabastro, di spato pesante ecc. Finalm
lce, dalla barite ecc., forma i solfati conosciuti col nome di gesso, di alabastro, di spato pesante ecc. Finalmente conti
ite ecc., forma i solfati conosciuti col nome di gesso, di alabastro, di spato pesante ecc. Finalmente contiensi solfo in
bastro, di spato pesante ecc. Finalmente contiensi solfo in uno stato di particolare combinazione nelle sostanze proteiche
lfo in uno stato di particolare combinazione nelle sostanze proteiche di provenienza di ambedue i regni organici ; e fra i
o di particolare combinazione nelle sostanze proteiche di provenienza di ambedue i regni organici ; e fra i prodotti che s
30 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVIII. Apollo considerato come Dio della Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse » pp. 104-114
lla Poesia e della Musica e maestro delle nove Muse Poeta è parola di greca origine che significa creatore, e perciò po
azione d’ idee Apollo fosse riguardato ancora come dio della Musica e di tutte quelle altre belle arti speciali a cui pres
maestro. Come Dio della Poesia rappresentavasi Apollo con una corona di lauro, pianta a lui sacra ; e come Dio della Musi
ui sacra ; e come Dio della Musica, con una cetra nelle mani, in atto di trarne suoni ; e generalmente questi due simboli
ione che anticamente le poesie erano cantate e accompagnate dal suono di qualche musicale istrumento, tutti coloro che com
accio, come diceva scherzevolmente il Redi124. Aveva Apollo il titolo di Musagete (condottier delle Muse), quando consider
usagete (condottier delle Muse), quando consideravasi come il maestro di queste Dee. Esse eran figlie di Giove e di Mnemos
quando consideravasi come il maestro di queste Dee. Esse eran figlie di Giove e di Mnemosine che era la Dea della Memoria
sideravasi come il maestro di queste Dee. Esse eran figlie di Giove e di Mnemosine che era la Dea della Memoria (come indi
to, Clio, Talia, Melpomene, Euterpe, Terpsicore, Urania 126. Ciascuna di esse presiedeva ad un’ arte speciale, cioè : Call
loro speciale ufficio : Calliope con volto maestoso, cinta la fronte di una corona d’ellera, e in mano l’epica tromba. P
oro, lo scettro e un papiro arrotolato in mano. Erato con una corona di rose e di mirto, tenendo in una mano la lira e ne
ettro e un papiro arrotolato in mano. Erato con una corona di rose e di mirto, tenendo in una mano la lira e nell’altra i
aveva per distintivo il flauto. Terpsicore con vèsti corte e in atto di danzare, aveva inoltre la lira. Urania coronata
i corte e in atto di danzare, aveva inoltre la lira. Urania coronata di stelle, cogli occhi rivolti al cielo, avendo pres
rania coronata di stelle, cogli occhi rivolti al cielo, avendo presso di sè un globo celeste e in mano qualche stromento m
ri, uno dei più rari a trovarsi anche nelle lingue dotte, quello cioè di Pimplèe, dato alle Muse, perchè talvolta soggiorn
i), le Pimplèe fan lieti « Di lor canto i deserti e l’armonia « Vince di mille secoli il silenzio. » Più comuni e perciò
Anzi spesse volte questi stessi nomi sono usati dai poeti per figura di metonimia, a significare le Muse, la poesia o l’i
licenza poetica nel Canto i del Paradiso ; « Insino a qui l’un giogo di Parnaso « Assai mi fu ; ma or con ambedue « M’è d
estie equine e bovine, e a tutti ben noto129. Perciò i poeti, accorti di questa derivazione, difficilmente se ne servono p
o. Anche il Tasso preferisce la parola furore, come allorquando prima di descriver la pugna di Argante con Tancredi, così
erisce la parola furore, come allorquando prima di descriver la pugna di Argante con Tancredi, così invoca la Musa : « Or
iva nella compagine del verso. Fra i titoli dati alle Muse v’è quello di Pieridi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine
rso. Fra i titoli dati alle Muse v’è quello di Pieridi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine. Le figlie di Pierio re d
uello di Pieridi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine. Le figlie di Pierio re di Tessaglia sfidarono al canto le Muse
idi, o Pierie Dee, di cui è questa l’ origine. Le figlie di Pierio re di Tessaglia sfidarono al canto le Muse, credendosi
io re di Tessaglia sfidarono al canto le Muse, credendosi più valenti di loro ; ma furono facilmente vinte, e in pena di l
redendosi più valenti di loro ; ma furono facilmente vinte, e in pena di lor presunzione cangiate in piche, ossia gazze. L
seguite da Pireneo re della Focide, e che per salvarsi dalle violenze di lui, che le aveva raggiunte nell’alto di una torr
per salvarsi dalle violenze di lui, che le aveva raggiunte nell’alto di una torre, mettessero le ali e volassero via. Pir
ero le ali e volassero via. Pireneo acciecato dal furore, pretendendo di inseguirle anche per aria, precipitò da quell’alt
e un tiranno persecutore dei dotti e della civiltà, ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione di piazza. All’opposto
dotti e della civiltà, ammazzato a furia di popolo in una rivoluzione di piazza. All’opposto gli egregi poeti adorano e in
il paradiso dell’arte loro, e attribuito al loro Dio anche la facoltà di prevedere e vaticinare il futuro. Di Apollo Augur
poeti hanno attribuito anche a sè stessi in gran parte questa facoltà di presagire il futuro, dicendosi inspirati dal loro
n solo l’esempio delle Muse nella metamorfosi delle Piche, ma altresì di Apollo, che in un modo più tremendo (e diremo anc
a terrore degl’invidi, rammentò poi nell’invocare Apollo la punizione di Marsia : « Entra nel petto mio, e spira tue, « S
che perì fulminato da Giove l’altro suo figlio Esculapio, ad istanza di Plutone, che si vedeva rapire i sudditi dell’Infe
nza di Plutone, che si vedeva rapire i sudditi dell’Inferno per opera di questo medico incomparabile. Aggiunsero i poeti c
poeti che Apollo sdegnato con Giove, e non potendo vendicarsi contro di esso, perchè era suo padre e più potente, uccise
gli uomini, dovè lavorare per vivere, e divenne pastore delle greggie di Admeto re di Tessaglia. Anche in questo placido u
ovè lavorare per vivere, e divenne pastore delle greggie di Admeto re di Tessaglia. Anche in questo placido ufficio ebbe a
ficio ebbe a soffrir disgrazie e dispiaceri. Gli avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la qual
spiaceri. Gli avvenne d’invaghirsi di una Ninfa chiamata Dafne figlia di Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e f
figlia di Peneo, la quale essendosi consacrata a Diana, e fatto voto di non prender marito, non solo ricusò di sposare, m
nsacrata a Diana, e fatto voto di non prender marito, non solo ricusò di sposare, ma neppure volle ascoltare Apollo, e dat
gli Dei a sottrarla da tal persecuzione, fu cangiata in quella pianta di cui portava il nome, cioè in alloro, poichè Dafne
in poi fu sempre la pianta sacra ad Apollo, che se ne fece una corona di cui portò sempre cinta la fronte ; e i poeti subi
iamò il lauro « Arbor vittorïosa e trionfale, « Onor d’imperatori e di poeti. » Dante stesso parla più volte del legno
e del legno diletto ad Apollo, della fronda Peneia e dell’incoronarsi di quelle foglie 133. Il Petrarca però abusa di ques
eneia e dell’incoronarsi di quelle foglie 133. Il Petrarca però abusa di questo nome di lauro sacro ad Apollo per farvi ta
coronarsi di quelle foglie 133. Il Petrarca però abusa di questo nome di lauro sacro ad Apollo per farvi tanti giuochetti
sa di questo nome di lauro sacro ad Apollo per farvi tanti giuochetti di parole col nome di Laura, l’ Eroina del suo Canzo
i lauro sacro ad Apollo per farvi tanti giuochetti di parole col nome di Laura, l’ Eroina del suo Canzoniere. Su tale argo
a non meno funesto. Una ninfa dell’Oceano, chiamata Clizia, invaghita di lui, spinta da gelosia si lasciò morire di fame e
chiamata Clizia, invaghita di lui, spinta da gelosia si lasciò morire di fame e di sete ; e Apollo per compassione la cang
lizia, invaghita di lui, spinta da gelosia si lasciò morire di fame e di sete ; e Apollo per compassione la cangiò in elit
me e di sete ; e Apollo per compassione la cangiò in elitropio, fiore di greco nome che in italiano dicesi girasole. Inven
si girasole. Invenzione semplicissima, basata sul nome e la proprietà di questo fiore, di voltarsi sempre dalla parte dove
nzione semplicissima, basata sul nome e la proprietà di questo fiore, di voltarsi sempre dalla parte dove si trova il sole
sole. Il Poliziano nelle sue celebri ottave, conosciute sotto il nome di Stanze, rammenta questa metamorfosi descrivendo s
e. » Un’altra metamorfosi basata sulla somiglianza del nome fu opera di Apollo. Egli cangiò in cipresso il giovane Cipari
iparisso, perchè questo pastorello suo amico era morto dal dispiacere di avere ucciso, non volendo, un cervo suo predilett
fanciullesca ! Non la sdegnò il Poliziano, adoratore devoto e felice di tutto ciò che fu scritto dalla classica antichità
ebbe per Apollo la morte del giovinetto Giacinto. Era anche questo un di quei pastorelli amici o dipendenti di Apollo nel
o Giacinto. Era anche questo un di quei pastorelli amici o dipendenti di Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condi
o dipendenti di Apollo nel tempo del suo esilio e della sua condizion di pastore ; i quali egli avea dirozzati insegnando
o Zeffiro invidioso che Apollo col suo ingegno avesse trovato il modo di esser tranquillo e contento anche nell’esilio, sp
to anche nell’esilio, spinse con tutto il suo fiato contro una tempia di Giacinto il disco scagliato da Apollo ; e il giov
vi aggiungono che i parenti dell’estinto, dando la colpa della morte di esso ad Apollo, e perciò perseguitandolo, lo cost
fare il muratore ; e insieme con Nettuno fabbricò le mura della città di Troia ; della cui divina origine e costruzione pa
ovremo discorrerne narrando la famosa guerra troiana e la distruzione di quella antica città. 122. « O Muse, o alto In
antum memoriæ mandamus. 126. Questi nomi furono riuniti, per comodo di memoria, in un distico latino che è il seguente :
co indicano presso a poco colla loro etimologia il distintivo ufficio di ciascuna di queste Dee, poichè Calliope significa
presso a poco colla loro etimologia il distintivo ufficio di ciascuna di queste Dee, poichè Calliope significa bella voce 
atrice ; Thalia fiorente ; Melpomene cantatrice ; Euterpe dispensiera di allegrezza ; Terpsicore danzatrice ; Urania celes
a ; Terpsicore danzatrice ; Urania celeste. Anche il loro nome comune di Muse alcuni mitologi lo fanno derivare da un grec
fermando che nella Cantica del Paradiso ha d’uopo d’ ambedue i gioghi di Parnaso, vuol significare che ha bisogno di tutte
’uopo d’ ambedue i gioghi di Parnaso, vuol significare che ha bisogno di tutte le forze della più sublime poesia. 129. N
e rendigli longevi, « Ed essi teco le cittadi e i regni, « Illustrami di te, si ch’io rilevi « Le lor figure com’io l’ho c
i dice : « Venir vedra’ mi al tuo diletto legno, « E coronarmi allor di quelle foglie « Che la materia e tu mi farai deg
su la lieta « Delfica deità dovria la fronda « Peneia, quando alcun di sè asseta. 134. Nelle parti interne della cor
eti subito inventarono che queste rappresentano l’ultima esclamazione di dolore che proferi Giacinto morente. Alludendo a
31 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVII. I Mostri marini Mitologici e Poetici » pp. 184-194
ano in parte figura umana da quelli che erano soltanto animali marini di orribili forme. Tra i primi convien rammentare le
evano col canto e col suono i naviganti, per avere il barbaro diletto di annegarli nel mare o di divorarseli. Ed asserivas
ono i naviganti, per avere il barbaro diletto di annegarli nel mare o di divorarseli. Ed asserivasi che per quanto le pros
quanto le prossime coste dell’Italia e della Sicilia biancheggiassero di ossa umane delle vittime delle Sirene, pur non os
a anche da lontano il loro canto non poteva resistere alla tentazione di avvicinarsi a loro per udirle meglio, e non pensa
si troppo agli scogli ov’esse abitavano. Dante poi ha trovato il modo di parlarne anche nel poema sacro della Divina Comme
ma sacro della Divina Commedia. Nel Canto xix del Purgatorio immagina di aver fatto un sogno, nel quale, per quanto parvog
on dolce sirena « Che i marinari in mezzo al mar dismago, « Tanto son di piacere a sentir piena. « Io volsi Ulisse dal suo
zzo che n’usciva. » Nè al divino Alighieri bastò riferire la lezione di morale che immaginava di aver ricevuta in sogno,
l divino Alighieri bastò riferire la lezione di morale che immaginava di aver ricevuta in sogno, ma volle che gliela comme
« Lo rege eterno con le rote magne. » I mitologi pretendevano ancora di sapere i nomi delle Sirene, e ne rammentano tre,
lla costa del Tirreno dove fu poi fabbricata una città che in memoria di lei ebbe il nome di Partenope o Partenopea, e che
o dove fu poi fabbricata una città che in memoria di lei ebbe il nome di Partenope o Partenopea, e che in appresso rifabbr
bene adattato agli attributi che a queste assegna la favola. Il nome di Sirena è usato figuratamente a significare ’ alle
ificare ’ allettamento ai piaceri e ai divertimenti ; e Orazio in uno di quei momenti in cui indossava la ruvida veste del
Alcuni naturalisti (specialmente fra gl’Inglesi) danno ancora il nome di Sirene ai cetacei erbivori, detti comunemente Lam
he, e la cui forma, nelle parti superiori del corpo, si discosta meno di quella degli altri cetacei dalla figura umana, me
lita dall’arte dei poeti nel modo che abbiam detto. Non si può parlar di Scilla senza che ricorra alla mente anche Cariddi
fronte a fronte geograficamente. La favola dice che Scilla era figlia di Forco divinità marina e di Ecate dea infernale, e
ente. La favola dice che Scilla era figlia di Forco divinità marina e di Ecate dea infernale, e che in origine era belliss
te dea infernale, e che in origine era bellissima, ma poi per gelosia di Amfitrite, o, secondo altri, della maga Circe, fu
Circe, fu cangiata in un orribile mostro con 6 teste e 12 braccia, e di più alla cintura una muta di cani latranti. Carid
ibile mostro con 6 teste e 12 braccia, e di più alla cintura una muta di cani latranti. Cariddi poi, benchè creduta figlia
cintura una muta di cani latranti. Cariddi poi, benchè creduta figlia di Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che
uta di cani latranti. Cariddi poi, benchè creduta figlia di Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che si dilettava
lia di Nettuno e di Gea, ossia della Terra, fu detto che si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e di anneg
fu detto che si dilettava di assaltare i passeggieri e i naviganti, e di annegarli nel mare ; e che, fulminata da Giove, c
arli nel mare ; e che, fulminata da Giove, cadde nello stretto o faro di Messina, e vi formò una pericolosa voragine. La g
suono che sembra un latrato : quindi la favola dei cani alla cintura di Scilla ; e che Cariddi è un vortice poco distante
cilla ; e che Cariddi è un vortice poco distante, sulla opposta costa di Sicilia presso il faro di Messina. L’antico volgo
vortice poco distante, sulla opposta costa di Sicilia presso il faro di Messina. L’antico volgo esagerò i pericoli che v’
vigatori, certo è però che nei tempi moderni nessun più ne teme, anzi di pericoli non se ne parla nemmeno. Dante rammenta
, come un vortice, qual è veramente, prodotto da due opposte correnti di acqua del mare : « Come fa l’onda là sovra Carid
ien notare primieramente che gli Antichi davano loro il nome generale di Orche ; e quanto meno ne conoscevano la struttura
ano la struttura e gl’istinti, con tanto maggior sicurezza lavoravano di fantasia. Perciò supposero che fossero animali ca
lo spergiuro Laomedonte, e l’altra da cui Perseo liberò Andromeda : e di queste dovremo parlare lungamente a suo tempo. Pe
altro che Balene. Ma oggidì può chiunque sa leggere sapere dai libri di Storia Naturale, o aver sentito raccontare da chi
na a maciullare una meschina aringa, e il suo esofago non è più largo di 4 pollici inglesi, ossia dieci centimetri circa ;
può trangugiare nè uomini nè donne e neppure un bambino appena nato : di fatti suo cibo prediletto sono i molluschi del ge
prediletto sono i molluschi del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici. Inoltre la
i del genere Clio Borealis, non più grossi di un dito, non più lunghi di 2 pollici. Inoltre la Balena con tutta la sua gig
gi dall’avere spiriti guerreschi e sanguinarii, è assolutamente priva di coraggio ; per cui se anche un uccelletto marino
tini, ma non le avevano neppure i poeti classici e i dotti del secolo di Augusto232, e neppure lo stesso Plinio il Natural
ticherie e a gareggiare con loro nelle invenzioni e nelle descrizioni di immaginarii mostri marini. Tra i più eccellenti p
aginarii mostri marini. Tra i più eccellenti poeti d’ingegno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dil
gno divino e di mirabile fantasia l’Ariosto principalmente si dilettò di questo genere d’invenzioni ; e nel suo poema dell
le « E nel palato e nella lingua molle. « Sì che nè più si puon calar di sopra, « Nè alzar di sotto le mascelle orrende. «
ella lingua molle. « Sì che nè più si puon calar di sopra, « Nè alzar di sotto le mascelle orrende. « Così chi nelle mine
può la bocca, « Stringe la spada, e per quell’antro oscuro « Di qua e di là con tagli e punte tocca. « Come si può, poi ch
« Muove dal fondo e fa salir l’arene. « Sentendo l’acqua il cavalier di Francia « Che troppo abbonda, a nuoto fuor ne vie
alvatico che al corno « Gittar si senta un improvviso laccio, « Salta di qua, di là, s’aggira intorno, « Si colca e lieva,
che al corno « Gittar si senta un improvviso laccio, « Salta di qua, di là, s’aggira intorno, « Si colca e lieva, e non p
; « Così fuor del suo antico almo soggiorno « L’Orca tratta per forza di quel braccio, « Con mille guizzi e mille strane r
233. Dopo questa arditissima e veramente omerica invenzione, ornata di tante belle similitudini, di bene adattate idee c
a e veramente omerica invenzione, ornata di tante belle similitudini, di bene adattate idee classiche e mitologiche e di t
e belle similitudini, di bene adattate idee classiche e mitologiche e di tutto lo splendor dello stile ariostesco, chi pot
r pazientemente nel Ricciardetto la secentistica e plebea descrizione di « Una balena larga dieci miglia « E lunga trenta
ue viscere terreni arborati e seminativi, un ampio lago ed un mercato di grano con gente che compra e vende, e inoltre una
e inoltre una chiesa con le campane che suonano a festa, un convento di frati cappuccini ed altre simili stravaganze ? Mo
pegno d’inventarle, come egli diceva, più grosse e più straordinarie di quelle dell’Ariosto, e gli riuscì soltanto di pre
sse e più straordinarie di quelle dell’Ariosto, e gli riuscì soltanto di presentarci, goffamente delineate, volgarissime c
ente e filosofica osservazione, che cioè la Natura non ha da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensi
a Natura non ha da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti
da pentirsi di aver creato animali marini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’u
arini e terrestri di dimensioni e di forze tanto più grandi e potenti di quelle dell’uomo, perchè non avendo loro accordat
rre l’elefante alla condizione del più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici d
lefante alla condizione del più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di largh
condizione del più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del p
l più umil somiero, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso di più di
, e uccider balene di più di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso di più di 100 mila chilogram
ù di 20 metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso di più di 100 mila chilogrammi ; e così dimostrar co
metri di lunghezza, di dieci o undici di larghezza e del peso di più di 100 mila chilogrammi ; e così dimostrar coi fatti
ciglio. 229. Orazio annovera tra le più belle e mirabili descrizioni di Omero, (chiamandole speciosa miracula) quelle di
mirabili descrizioni di Omero, (chiamandole speciosa miracula) quelle di Scilla e di Cariddi. 230. « Incidit in Scyllam d
crizioni di Omero, (chiamandole speciosa miracula) quelle di Scilla e di Cariddi. 230. « Incidit in Scyllam dum vult vita
vult vitare Charybdim. » 231. I naturalisti la distinguono col nome di Balœna Mysticetus ; ed è la Balena detta della Gr
mare turgidum et « Infames scopulos Acroceraunia ? » Che direbbe ora di più, sapendo le ardite e pericolosissime spedizio
oetica descrizione, perchè vi è dipinta mirabilmente l’ardita impresa di uccidere una Balena negli Oceani glaciali. In fat
ardita impresa di uccidere una Balena negli Oceani glaciali. In fatti di diverso vi è soltanto la fantastica invenzione ar
iostesca, che Orlando fosse così ardito (e che inoltre gli riuscisse) di entrar nella bocca dell’ Orca con tutta la nave,
he è grossa circa un pollice, e si fa penetrare nel sottoposto strato di grasso che è alto almeno quindici pollici. In tut
o il rimanente questa descrizione par tratta da qualche libro moderno di Storia Naturale, sol che all’àncora si sostituisc
l raziocinio che fa Dante su tal proposito è molto notabile, e merita di essere imparato a memoria con le stesse parole de
a memoria con le stesse parole dell’autore : « E s’ella d’elefanti e di balene « Non si pente, chi guarda sottilmente « P
32 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXVIII. Le regioni infernali » pp. 195-202
paròla Inferno, secondo l’etimologia latina, significa ciò che resta di sotto, ed è propriamente un aggettivo a cui può s
otto, ed è propriamente un aggettivo a cui può sottintendersi il nome di qualunque luogo od oggetto, che nella direzione d
alunque luogo od oggetto, che nella direzione dell’altezza trovisi al di sotto di un altro : equivale dunque soltanto all’
uogo od oggetto, che nella direzione dell’altezza trovisi al di sotto di un altro : equivale dunque soltanto all’aggettivo
gi latini adoprano quest’aggettivo al plurale, e intendono regioni al di sotto della superficie della Terra, perchè suppon
i sotto della superficie della Terra, perchè supponevano che nel seno di essa esistessero due inferne regioni molto divers
o a cui erano destinate. La prima chiamavasi il Tartaro, ed era luogo di pena per le anime dei malvagi : la seconda diceva
anime dei malvagi : la seconda dicevasi Elisio o Campi Elisii, luogo di beatitudine per le anime dei buoni235. Siccome gl
e ritornati ne avessero raccontato mirabilia, i poeti impadronendosi di questa popolare credenza vi trovarono un vasto ca
a loro immaginazione, che percorsero a briglia sciolta, e senza paura di essere smentiti da chi, dopo la morte, nulla vi a
ura di essere smentiti da chi, dopo la morte, nulla vi avesse trovato di quel che essi dicevano. E il nostro Dante valendo
à consentita ai poeti greci e latini, e specialmente dietro l’esempio di Virgilio suo maestro ed autore, costruì un Infern
no ; ma ne rammentavano principalmente due : una sotto il promontorio di Tenaro (ora capo Matapan al sud della Morea) ; e
sua figlia Vittoria nella guerra dei Giganti si dichiarò dalla parte di Giove. Era questo il primo fiume che trovavasi ne
i, e nel Flegetonte scorreva un liquido infiammabile (come lo spirito di vino o il petrolio) che sempre ardeva, e serviva
a bevere a quelle anime, che, secondo la dottrina della Metempsicosi di cui parleremo in appresso, dovevano ritornare nel
da Ovidio, senza biade, senz’alberi ; e soltanto nel vestibolo prima di arrivare allo Stige, eravi, secondo Virgilio, un
ibolo prima di arrivare allo Stige, eravi, secondo Virgilio, un bosco di alberi annosi ed un boschetto di mirti. Nei Campi
e, eravi, secondo Virgilio, un bosco di alberi annosi ed un boschetto di mirti. Nei Campi Elisii per altro la scena mutava
remo particolarmente parlando dello stato delle anime dopo la morte : di straordinario e soprannaturale avevan soltanto la
dell’Eneide, che Annibal Caro tradusse così : « Ciò fatto, ai luoghi di letizia pieni, « All’amene verdure, alle gioiose
a una campagna « Con un aer più largo, e con la terra « Che d’un lume di porpora è vestita, « Ed ha ’l suo sole e le sue s
l suo sole e le sue stelle anch’ella »236. La reggia e la residenza di Plutone non era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove
n era negli Elisii. ma nel Tartaro, ove più si manifestava il bisogno di raffrenar coll’impero sovrano le anime dei malvag
malvagi, e vegliar che i suoi ministri non mancassero al loro dovere di tormentare i dannati. Era questa all’incirca la t
elici popoli, che trista « Circonda ognor pernizïosa notte. » (Trad. di Pindemonte). La più bella fabbrica dell’Inferno è
ella che Dante ha delineato in modo sì mirabile da superare l’abilità di qualsivoglia architetto. La sua poetica descrizio
i diavoli a tormentare i dannati, non ha voluto rinunziare a valersi di alcune delle invenzioni mitologiche dei Pagani, c
rìa del suo poema. Ma quanto alla fabbrica dell’Inferno la creò tutta di pianta a modo suo, guidato soltanto dal suo ingeg
e, non già sulla fede altrui, ma come testimone oculare (poichè finge di aver percorso egli stesso quelle regioni), che l’
di aver percorso egli stesso quelle regioni), che l’Inferno è formato di circoli concentrici come un anfiteatro ; che il p
si trova, poche miglia sotto la superficie terrestre, è il più grande di tutti gli altri, i quali, vanno gradatamente decr
heronte, lo Stige, il Flegetonte e il Cocìto si trovano nell’ Inferno di Dante cascate d’acqua, paludi, pantani, un gran l
cello, » e finalmente, tralasciando ogni altra singolarità, la città di Dite, ossia del fuoco con mura ferruginose, e den
città di Dite, ossia del fuoco con mura ferruginose, e dentro, invece di case, cassoni di ferro rovente, pieni di dannati.
sia del fuoco con mura ferruginose, e dentro, invece di case, cassoni di ferro rovente, pieni di dannati. Tutte le opere d
erruginose, e dentro, invece di case, cassoni di ferro rovente, pieni di dannati. Tutte le opere d’arte (qual che si fosse
anno potuto determinarne in numeri concreti le dimensioni geometriche di lunghezza, larghezza e profondità237. Certamente
ano ; e gli nasce facilmente (se non è stupido) la ledevole curiosità di conoscere che vi sia veramente sotto la superfici
zio è abbastanza grande da entrarvi parecchie cose. Con una periferia di 21,600 miglia geografiche pari a 40,000 chilometr
afiche pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una ca
pari a 40,000 chilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità
hilometri, e per conseguenza con una superficie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000
ie di più di 500 milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni di chilometri cubi, vi possono star
milioni di chilometri quadri ed una capacità per più di 3000 milioni di chilometri cubi, vi possono star comodamente non
cubi, vi possono star comodamente non solo migliaia, ma anche milioni di materie e di sostanze diverse, solide, liquide e
ono star comodamente non solo migliaia, ma anche milioni di materie e di sostanze diverse, solide, liquide e aeriformi. Qu
ivenuta potente sull’animo degli scienziati, li condusse passo passo, di osservazione in osservazione, di raziocinio in ra
scienziati, li condusse passo passo, di osservazione in osservazione, di raziocinio in raziocinio a creare recentemente un
e la Paleontologia, che consiste nel riconoscere dagli avanzi fossili di esseri organici l’esistenza antichissima di anima
cere dagli avanzi fossili di esseri organici l’esistenza antichissima di animali e di vegetabili di specie e varietà molto
anzi fossili di esseri organici l’esistenza antichissima di animali e di vegetabili di specie e varietà molto diverse da q
i esseri organici l’esistenza antichissima di animali e di vegetabili di specie e varietà molto diverse da quelle che esis
empo congiurano amichevolmente ad ottenere lo stesso fine ed effetto, di scuoprire cioè l’origine del nostro pianeta e la
scuoprire cioè l’origine del nostro pianeta e la fisica costituzione di esso anche internamente. La stessa Astronomia ha
te il globo solare, e poi distaccati da quello in forza del movimento di rotazione. Inoltre colle analisi spettrali che di
Se poi si considerano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli di centinaia di secoli che passarono dall’una all’al
nsiderano i dati scientifici su cui si fondano i calcoli di centinaia di secoli che passarono dall’una all’altra epoca geo
lle diverse rocce ; e si riflette filosoficamente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze
amente che infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e di forme « Maravigliose ad ogni cor secu
infinite specie di animali terrestri, aquatici ed amfibii, di forze e di forme « Maravigliose ad ogni cor securo, » furo
ci sotterranei, avremo anche per la fantasia un campo molto più vasto di quello delle invenzioni mitologiche ; e riconosce
a si chiamano Le Canarie ; ma gli Antichi dovevan conoscerle soltanto di nome e non averle vedute che da lontano, poichè c
ndida descrizione nell’ Ode 16ª del lib. v ; e asserisce che la terra di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’o
di quelle isole produceva tutto come nell’età dell’oro, senza bisogno di esser coltivata : « Nos manet Oceanus circumvagu
anant ex ilice, etc. » e seguita questa enumerazione per una ventina di versi, conchiudendo : « Jupiter illa piæ secrevi
a : quorum « Piis secunda, vate me, datur fuga. » Questa descrizione di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazi
one di Orazio potrebbe considerarsi come una amplificazione del passo di Esiodo nelle Opere : « Eroi felici, che disgombr
nno « Dolci dispensa saporite frutta. » Ma anche Plutarco nella Vita di Sertorio dice, che « perfino i Barbari stessi ten
de’beati decantata da Omero. » 236. Son questi i versi originali di Virgilio, notabilissimi per la dolcezza dell’armo
dell’immensa fabbrica da lui architettata, riporterò soltanto quella di Malebolge, che è veramente ammirabile per la sua
per la sua evidenza : « Luogo è in inferno, detto Malebolge, « Tutto di pietra e di color ferrigno, « Come la cerchia che
videnza : « Luogo è in inferno, detto Malebolge, « Tutto di pietra e di color ferrigno, « Come la cerchia che d’intorno i
uivi facean quelli, « E come a tai fortezze dai lor sogli « Alla ripa di fuor son ponticelli ; « Così da imo della roccia
tronca e raccogli. » (Inf., xviii, 1…) 238. Vedi i Nuovi Principii di Geologia e di Paleontologia, desunti dalle opere
gli. » (Inf., xviii, 1…) 238. Vedi i Nuovi Principii di Geologia e di Paleontologia, desunti dalle opere recentissime d
lle opere recentissime da Gustavo Strafforello. — Milano, 1872. Ediz. di G. B. Paravia e C. 239. Queste dottrine astronom
cap. xxiii. Quando si trova un gesuita tra i più zelanti antesignani di una ipotesi scientifica, anche il devoto femmineo
33 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXIX. Di alcune Divinità più proprie del culto romano » pp. 500-505
feste che celebravansi più specialmente in Roma che altrove. Nel mese di Gennaio, il cui nome facevasi derivare da quello
altrove. Nel mese di Gennaio, il cui nome facevasi derivare da quello di Giano, si celebrava nel primo giorno la festa di
i derivare da quello di Giano, si celebrava nel primo giorno la festa di questo Dio, e prima ad esso sacrificavasi che agl
to giorno, come al presente, incominciava l’anno civile sin dal tempo di Numa Pompilio, e inauguravasi con molta solennità
stere ai riti religiosi. E poichè i Consoli furono conservati, almeno di nome, anche sotto gl’Imperatori e sino agli ultim
scritte da Ovidio nel libro i dei Fasti si mantennero in Roma per più di mille anni. Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’
mantennero in Roma per più di mille anni. Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’uno all’altro parole di buon augurio si man
mille anni. Anzi l’uso che vi fu allora di dir l’uno all’altro parole di buon augurio si mantiene tuttora da quasi tremila
ome lo chiama Ovidio, non però tutto festivo, ma, come ora direbbesi, di mezza festa, e allora dicevasi intercisus o endot
proprio ufficio, o professione nelle altre ore del giorno. Credevasi di cattivo augurio che il primo giorno dell’anno si
li, che si ripetevano il dì 15, e vi si univano anche quelle in onore di Pòrrima e Posverta. Noi abbiamo già detto nel cor
uelle in onore di Pòrrima e Posverta. Noi abbiamo già detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre
à detto nel corso di questa Mitologia che la Ninfa Carmenta era madre di Evandro, e che esulando insieme col figlio venne
ta, Ovidio e Macrobio asseriscono che esse erano o sorelle o compagne di Carmenta, e che la prima, cioè Porrima, indovinav
duzioni filologiche arditamente derivate dalla presupposta etimologia di quei nomi. I Romani adoravano come Dea anche Giut
gia di quei nomi. I Romani adoravano come Dea anche Giuturna, sorella di Turno re dei Rutuli, resa celebre da Virgilio nel
io nel Campo Marzio il giorno stesso delle Feste Carmentali. Nel mese di Febbraio è da notarsi la festa della Dea Sospita,
soleva aggiungersi dai Lanuvini alla Dea Giunone. Poi divenne un nome di una particolare Divinità ; e Cicerone nel lib. i
nel lib. i De Nat. Deor. ci dice che la rappresentavano con una pelle di capra sulle spalle, con un’asta e un piccolo scud
irebbe Dante ; ma Ovidio asserisce che i contadini furono molto lieti di questa protettrice dei loro forni, e che la prega
rma del loro reciproco affetto, ma principalmente per avere occasione di sopire in mezzo alla comune letizia qualche disco
mezzo alla comune letizia qualche discordia che fosse nata fra taluni di loro nel corso dell’anno. Alcuni fanno derivare l
ristia chari, « Et venit ad socias turba propinqua dapes. » Nel mese di Marzo celebravasi la festa degli Ancili. È narrat
nella Storia Romana il miracolo dell’ancile caduto dal Cielo a tempo di Numa. L’ancile era uno scudo di figura ellittica
dell’ancile caduto dal Cielo a tempo di Numa. L’ancile era uno scudo di figura ellittica e perciò privo di angoli, come,
po di Numa. L’ancile era uno scudo di figura ellittica e perciò privo di angoli, come, secondo alcuni etimologisti, signif
secondo alcuni etimologisti, significa il nome stesso. Il buon popolo di Numa non solo vide co’suoi propri occhi il miraco
no tutti custoditi con molta cura, e solo una volta all’anno nel mese di marzo i sacerdoti del Dio Marte li portavano per
almente ; e l’inno che essi cantavano essendo stato composto ai tempi di Numa, era divenuto inintelligibile a loro stessi 
izione che egli null’altro premio avesse richiesto dell’ opra sua che di esser rammentato nell’inno saliare. Vèiove signi
, ma invece accompagnato dalla capra che fu la sua nutrice nell’isola di Creta. Aveva un tempio fra i due boschi dell’asil
rice nell’isola di Creta. Aveva un tempio fra i due boschi dell’asilo di Romolo. Si celebrava la festa di Giove Bambino il
n tempio fra i due boschi dell’asilo di Romolo. Si celebrava la festa di Giove Bambino il dì 7 dei mese di marzo. Anna Pe
lo di Romolo. Si celebrava la festa di Giove Bambino il dì 7 dei mese di marzo. Anna Perenna era una Dea adorata soltanto
nto dai Romani, perchè credevano che fosse quella stessa Anna sorella di Didone, rammentata da Virgilio nel lib. iv dell’E
varie vicende dolorosissime venuta nel Lazio. Le aggiunsero il titolo di Perenna perchè era considerata come una Ninfa del
nfa del fiume Numicio. Ovidio ne dà l’etimologia latina con un giuoco di parole, facendo dire alla stessa Dea : « Amne pe
a stessa Dea : « Amne perenne latens Anna Perenna vocor. » Nel mese di Aprile troviamo notata il dì 6 la Natività di Dia
enna vocor. » Nel mese di Aprile troviamo notata il dì 6 la Natività di Diana e il dì 7 la Natività di Apollo. Questa ind
le troviamo notata il dì 6 la Natività di Diana e il dì 7 la Natività di Apollo. Questa indicazione è conforme alla ortodo
è conforme alla ortodossia mitologica, secondo la quale credevasi che di questi due Dei gemelli Diana fosse nata un giorno
devasi che di questi due Dei gemelli Diana fosse nata un giorno prima di Apollo. Le feste Robigali, cioè in onore del Dio
no significa ruggine, e i Romani debbono a Numa Pompilio l’invenzione di questo Dio. Noi abbiamo notato nel Cap. XXXIII ch
io l’invenzione di questo Dio. Noi abbiamo notato nel Cap. XXXIII che di molti Dei si conoscono le attribuzioni dal signif
oro nome ; e tra gli altri abbiamo rammentato il Dio Robigo. Nel mese di Maggio troviamo indicato che il primo giorno di q
Dio Robigo. Nel mese di Maggio troviamo indicato che il primo giorno di quel mese fu eretta un’ara ai Lari Prèstiti. Ques
giorno di quel mese fu eretta un’ara ai Lari Prèstiti. Quest’epiteto di Prestiti dato ai Lari è d’origine tutta latina :
a Dea Bona. Questa è la stessa che la Dea Fauna moglie del Dio Fauno, di cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la De
di cui abbiamo parlato nel Cap. XXXV. Fu detta la Dea Bona perchè era di una così scrupolosa modestia e castità, che si ch
astità, che si chiuse nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uomo che quella di suo marito. Perciò le matrone
se nel suo ginecèo e non volle vedere altra faccia di uomo che quella di suo marito. Perciò le matrone romane le prestavan
causa che Cesare ripudiò la propria moglie, dicendo che sulla moglie di Cesare non dovevan cadere nemmeno sospetti. Nel m
sulla moglie di Cesare non dovevan cadere nemmeno sospetti. Nel mese di Giugno trovasi rammentata la dedicazione del temp
rammentata la dedicazione del tempio a Giunone Monèta. Questo titolo di Monèta dato a Giunone è di origine latina : deriv
del tempio a Giunone Monèta. Questo titolo di Monèta dato a Giunone è di origine latina : deriva a monendo (dall’avvertire
icevano che questa Dea li aveva avvertiti che facessero un sacrifizio di espiazione immolando una scrofa pregna. Cicerone
lte superstizioni nel lib. ii De Divinatione. Bellona, il cui nome è di origine tutta romana, derivando da bellum cioè da
ttaglie, quando egli combatteva dal suo carro. Essa pure si dilettava di sangue e di stragi, come afferma Orazio, dicendol
ndo egli combatteva dal suo carro. Essa pure si dilettava di sangue e di stragi, come afferma Orazio, dicendola gaudentem
e afferma Orazio, dicendola gaudentem cruentis. Aveva un tempio fuori di Roma, ove si radunava il Senato per dare udienza
nza a quegli ambasciatori che non erano ammessi in città. I sacerdoti di questo culto si chiamavano Bellonarii, derivando
empio in Roma, da prima nel Campidoglio, e poi, al tempo delle guerre di Pirro, presso il Circo Massimo, ove tutti gli ann
irco Massimo, ove tutti gli anni si celebrava la detta festa il dì 20 di giugno ; e per quanto questo Nume sia rammentato
n frammenti fossilizzati gli esseri preistorici, si sono impossessati di questo vocabolo Summanus, e raccogliendo qualche
abolo Summanus, e raccogliendo qualche altra indicazione che si trova di questo Dio e in Varrone e in Festo e negli Acta f
rni come a Giove quelli diurni. Ma questa conclusione è quella stessa di Plinio nel luogo da me citato di sopra. Non ha fa
a questa conclusione è quella stessa di Plinio nel luogo da me citato di sopra. Non ha fatto dunque il Preller una nuova s
dimostrato con qualche altro documento esser la più vera l’asserzione di Plinio168. 168. Noterò inoltre che l’illustre g
filologo prof. B. Zandonella in un suo articolo inserito nell’Ateneo di Firenze del 15 febbraio 1874, esaminando il nome
il nome Monsummano « applicato a borgo e monte nel Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approva « l’etimologia di Mo
nel Veneto e nella Val di Nievole » mentre non approva « l’etimologia di Monsummano da Sommo Mane (il Plutone dei Pagani)
) che fu adottata dal Proposto Gori e poi dal Tigri nella descrizione di Pistoia e suo territorio, » e invece riconosce gi
ecolo prima degli scritti del Preller. — Avvertimento agli ammiratori di tutto ciò che è straniero, e non curanti o dispre
mmiratori di tutto ciò che è straniero, e non curanti o dispregiatori di ciò che è nostro.
34 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Cronologia Mitologica. » pp. 387-393
elazione coi fatti ricordati dalla favola mitologica. Fondatori di popoli. Secoli. Anni av. G.C. XXV. 2
dei Corinzii. IX. 860. Didone, fondatrice dei Cartaginesi, colonia di Fenicia. VIII. 753. Romolo, fondatore dei Roma
Avvenimenti parziali. Anni av. G.C. 1986. Inaco, oriundo di Fenicia o d’Egitto, conduce una colonia nel paese
o o Spartone suo nipote, dà principio a Sparta. — Miceneo, figlio di Spartone, fonda Micene. — Licaone, figlio di
— Miceneo, figlio di Spartone, fonda Micene. — Licaone, figlio di Pelasgo, costituisce Licosura, ed immola vittime
ra, ed immola vittime umane a Giove ; forse a significare la crudeltà di siffatti sacrifizj, i poeti narrano che fu trasfo
avola della metamorfosi della involata donzella. — Acrisio, nipote di Linceo, la cui figlia Danae sposò Perseo. — M
di Linceo, la cui figlia Danae sposò Perseo. — Megapente, figlio di Preto, pronipote di Danao, capo della terza casat
iglia Danae sposò Perseo. — Megapente, figlio di Preto, pronipote di Danao, capo della terza casata d’Argo, detta Pret
dazione prodotta dallo straripamento del lago Copaide. Anche ai tempi di Silla era celebrata in Atene una festa che ricord
ione del Senato e dell’Areopago. 1549. Cadmo, figlio d’Agenoro re di Fenicia, non potendo rinvenire la sorella Europa
duce una colonia nella Beozia, fonda Cadmea, che fu poi la cittadella di Tebe ; introduce in Grecia la scrittura alfabetic
recia la scrittura alfabetica, il commercio ec. 1532. 161 Diluvio di Deucalione, figlio di Prometeo, re di Tessaglia.
abetica, il commercio ec. 1532. 161 Diluvio di Deucalione, figlio di Prometeo, re di Tessaglia. Una terribili inondazi
ercio ec. 1532. 161 Diluvio di Deucalione, figlio di Prometeo, re di Tessaglia. Una terribili inondazione che devastò
glia. Una terribili inondazione che devastò le sue terre fu l’origine di questo diluvio. Deucalione si rifugia colla sua m
so, e poi ripopola la Tessaglia. A Deucalione succede Elleno. I figli di questo sono stipite dei quattro popoli principali
a Grecia. Questa Lega o Confederazione prese nome da Amfizione figlio di Deucalione. Adunavasi nella Primavera a Delfo, ne
ica nella Libia, cacciato dal fratello Egitto, si ricovera nell’isola di Rodi, indi s’impadronisce d’Argo, scacciandone gl
di. Favorisce l’agricoltura, e abolisce le vittime umane. Alle figlie di Danao é attribuita la istituzione delle Tesmofori
ita nell’Attica. — Il vascello, su cui Danao approdò in Grecia, servi di modello ai greci operaj ; era grandissimo, e spin
mo, e spinto da cinquanta rematori. (Vedi la favola.) 1480. Imprese di Bacco nell’India. 1434. Minosse e Radamanto. L
ell’India. 1434. Minosse e Radamanto. Loro legislazione nell’isola di Creta. Eaco regna in Tessaglia : Radamanto neliso
— Ercole o Alcide. Le sue dodici fatiche, ec. Credesi che la vita di Sansone abbia dato la idea delle prodezze d’Ercol
one abbia dato la idea delle prodezze d’Ercole. 1348. La Fondazione di Micene, e avventure di Perseo. 1335. Giano, p
delle prodezze d’Ercole. 1348. La Fondazione di Micene, e avventure di Perseo. 1335. Giano, principe greco della Tes
incipe greco della Tessaglia, conduce una colonia nel Lazio (Campagna di Roma). Età dell’oro (vedi la favola. Saturno ec.)
mpagna di Roma). Età dell’oro (vedi la favola. Saturno ec.). Ma prima di questa epoca, fino da tempi antichissimi, l’Itali
i contro Giove, indicanti i grandi sconvolgimenti del suolo per opera di terremoti o di vulcani, il Vesuvio, l’Etna, Strom
indicanti i grandi sconvolgimenti del suolo per opera di terremoti o di vulcani, il Vesuvio, l’Etna, Stromboli, i campi F
ei, danno copiosa materia alle favole mitologiche. 1328. Fondazione di Corinto. Più antichi re di Corinto sono Efira sor
lle favole mitologiche. 1328. Fondazione di Corinto. Più antichi re di Corinto sono Efira sorella d’Inaco, Maratone, Cor
no, Creonte, appo cui rifugiaronsi Giasone e Medea. Ma vero fondatore di quella città è detto dalla storia essere stato Si
tore di quella città è detto dalla storia essere stato Sisifo, figlio di Deucalione (altri dice d’Eolo), capo dei Sisifidi
o stato finché non furono cacciati dai Pelopidi. — Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia, invade una parte del Pelopo
non furono cacciati dai Pelopidi. — Pelope, figlio di Tantalo re di Frigia, invade una parte del Peloponneso. Atreo e
Frigia, invade una parte del Peloponneso. Atreo e Tieste, discendenti di Pelope. 1321. Espulsione degli Eraclidi dal Pe
aclidi dal Peloponneso, per opera dei Pelopidi. 1318. Edipo figlio di Lajo re di Tebe. — Eteocle e Polinice si uccid
Peloponneso, per opera dei Pelopidi. 1318. Edipo figlio di Lajo re di Tebe. — Eteocle e Polinice si uccidono scambie
1283. Agamennone, nipote d’Atreo, regna a Sicione. 1280. Caduta di Troja. 162 L’armata dei Greci era composta princi
Caduta di Troja. 162 L’armata dei Greci era composta principalmente di guerrieri di Micene, d’Ornea, di Corinto, ec. con
roja. 162 L’armata dei Greci era composta principalmente di guerrieri di Micene, d’Ornea, di Corinto, ec. condotti da Agam
ei Greci era composta principalmente di guerrieri di Micene, d’Ornea, di Corinto, ec. condotti da Agamennone, capitano sup
to, ec. condotti da Agamennone, capitano supremo che aveva 100 navi ; di Lacedemoni, condotti da Menelao con 60 navi ; que
mione, condotti da Stenelo, Eurialo, Diomede, con 80 navi ; i Messenj di Pilo e di Ciparisso, da Nestore con 90 navi ; Ate
dotti da Stenelo, Eurialo, Diomede, con 80 navi ; i Messenj di Pilo e di Ciparisso, da Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da
parisso, da Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da Menesteo con 50 navi ; di Megara e di Salamina, da Ajace Telamonio, con 12
Nestore con 90 navi ; Ateniesi, da Menesteo con 50 navi ; di Megara e di Salamina, da Ajace Telamonio, con 12 navi ; Locre
ace Telamonio, con 12 navi ; Locresi, da Ajace d’Oileo, con 40 navi ; di Calcide, Calidone, ec. da Toante re d’Etolia, con
te re d’Etolia, con 40 navi ; Mirmidoni, Elleni, Achei, da Achille re di Larissa, con 50 navi ; di Metone, di Melibea, ec.
i ; Mirmidoni, Elleni, Achei, da Achille re di Larissa, con 50 navi ; di Metone, di Melibea, ec. da Filottete con 7 navi ;
ni, Elleni, Achei, da Achille re di Larissa, con 50 navi ; di Metone, di Melibea, ec. da Filottete con 7 navi ; i Magnesia
lottete con 7 navi ; i Magnesiani del Peneo, da Protoo, con 40 navi ; di Zacinto, Nerito, Cefalonia, Itaca, da Ulisse con
9 navi. — Erano insiem coi Trojani, e condotti tutti da Ettore figlio di Priamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’
riamo, i Dardanii, con a lor capo Enea figlio d’Anchise, gli abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di Licaone, i M
a figlio d’Anchise, gli abitanti di Zelea sull’Ida con Pandaro figlio di Licaone, i Misii con Cromio, i Frigii con Ascamo
ini ed ai Trojani 600,000. 1280. Viaggio d’Ulisse, dopo la caduta di Troja. Vedi la favola e l’Odissea d’Omero. 1190
rcole, ritolgono ai Pelopidi il Peloponneso. 1182-1120. Emigrazioni di colonie greche nelle più lontane parti d’Europa,
907. Fiorisce Omero 163 poeta sommo, autore della Iliade (la guerra di Troja) e dell’Odissea (i viaggi d’Ulisse) ec. Ott
ia o genealogia degli Dei, dello Scudo d’Ercole, poema descrittivo, e di un poema didattico sull’agricoltura, intitolato l
i delle notizie intorno alle favole mitologiche. 866. Legislazione di Licurgo (Sparta). 776. Prima Olimpiade, base de
ta). 776. Prima Olimpiade, base della greca Cronologia, e principio di epoche istoriche meno incerte. 753. Romolo. Fo
rincipio di epoche istoriche meno incerte. 753. Romolo. Fondazione di Roma. 714. Numa Pompilio. 624. Intorno a que
Solone, Talete).165 598. Epimenide filosofo, chiamato dall’isola di Creta ad Atene, riforma la religione, abolisce mo
de Solone (anni 594) nelle riforme sociali. 565. Falaride, tiranno di Sicilia. Perillo punito. 560. S’incomincia in A
Callimaco architetto inventa il Capitello corinzio. 401. Arcesilao di Paro inventa la pittura sulla cera e sullo smalto
molto fondamento, che questo Menete sia lo stesso che Misraim, figlio di Cam. Altri pone il suo regno in Egitto nel 2965.
65. E questi il Mercurio egiziano. 158. Il Belo Babilonese fondatore di Babilonia e cho credesi il Nemrod della Sacra Scr
e la Grecia ai tempi della dispersione dei popoli, fosse Javan figlio di Jafet. 161. Secondo altri 1560. 162. Altri ass
di Jafet. 161. Secondo altri 1560. 162. Altri assegna alla caduta di Troia l’epoca del 1210-1209 ; e quindi al 1207 l’
a d’Omero nel 1031. 164. Secondo altri nel 944. 165. Altri in luogo di Taleto e di Biante pone Eptmenide e Anacansi.
l 1031. 164. Secondo altri nel 944. 165. Altri in luogo di Taleto e di Biante pone Eptmenide e Anacansi.
35 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXIII. Venère, Cupido e le Grazie » pp. 144-151
XXIII Venère, Cupido e le Grazie L’origine di Venere è narrata dagli Antichi in due modi. Omero
narrata dagli Antichi in due modi. Omero dice che questa Dea è figlia di Giove e di Dione, ninfa della stirpe dei Titani,
li Antichi in due modi. Omero dice che questa Dea è figlia di Giove e di Dione, ninfa della stirpe dei Titani, nata dall’O
che era più semplice e naturale, fece dare a questa Dea il greco nome di Afrodite, che significa appunto nata dalla schium
e poeti aggiungono, che le acque del mare furono fecondate dal sangue di Urano mutilato da Saturno ; e che da questa fecon
ondazione delle acque marine nacque Afrodite, ossia Venere, raggiante di celeste bellezza. Con questo strano mito voleva s
ile il nascere in due modi e l’avere due diverse madri. Il solo punto di contatto fra queste due opinioni, e che serve di
madri. Il solo punto di contatto fra queste due opinioni, e che serve di transizione dall’una all’altra è questo, che esse
he andò a fermarsi in Cipro, ed ivi ebbe il maggior culto e il titolo di Ciprigna. In molti altri luoghi fu poi venerata,
n Àmatunta, in Gnido, ed ebbe da questi luoghi del suo culto i titoli di Citerèa, Pafia, Idalia ecc., tanto frequenti nei
o frequenti nei poeti classici latini e greci ; e quelli specialmente di Ciprigna e di Citerèa anche negl’italiani e nello
i poeti classici latini e greci ; e quelli specialmente di Ciprigna e di Citerèa anche negl’italiani e nello stesso Dante1
na e di Citerèa anche negl’italiani e nello stesso Dante183. Del nome di Venere che le fu dato dai Latini, ed è divenuto t
tte le cose184. Il Monti ancor giovanissimo intuonò un Cantico adorno di graziose immagini e forme poetiche alla Bellezza
la bellezza, son derivate le parole venustà ed avvenenza 185. Il nome di Dionèa dato a Venere perchè creduta figlia di Dio
avvenenza 185. Il nome di Dionèa dato a Venere perchè creduta figlia di Dione è comunissimo nelle lingue dotte, ma poco n
ue dotte, ma poco nell’italiana. Dante però rammenta Dione come madre di Venere, e per figura poetica adopra il nome della
della figlia, volendo indicare nel Canto xxii del Paradiso il pianeta di Venere. Venere era considerata in principio come
chiamato Eros dai Greci e Cupido dai Latini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in g
atini186 ; ed inoltre un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in greco e di Grazie in latino, e con un a
un corteo di tre figlie col nome a tutte comune di Càriti in greco e di Grazie in latino, e con un altro proprio e partic
di Grazie in latino, e con un altro proprio e particolare a ciascuna di esse, cioè Aglaia, Talìa ed Eufrosine. Così venne
no intervenire in tutte le consuetudini del civile consorzio ; ed uno di loro disse concisamente e con molta efficacia a u
sa da tutti gli Dei ; e questo è naturale e probabilissimo, e non sta di certo a disdoro di Venere ; ma poi vi aggiunsero
 ; e questo è naturale e probabilissimo, e non sta di certo a disdoro di Venere ; ma poi vi aggiunsero che per voler di Gi
sta di certo a disdoro di Venere ; ma poi vi aggiunsero che per voler di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto,
r voler di Giove suo padre fu data in moglie al più brutto, e che per di più era zoppo e tutto affumicato e fuligginoso pe
tutto affumicato e fuligginoso per l’esercizio della sua professione di fabbro. Giove così volle premiar Vulcano di averl
zio della sua professione di fabbro. Giove così volle premiar Vulcano di averlo aiutato efficacemente nella battaglia di F
volle premiar Vulcano di averlo aiutato efficacemente nella battaglia di Flegra fabbricandogli i fulmini con cui atterrò e
i oppose e obbedì ; ma questo matrimonio così male assortito fu causa di coniugali discordie e di scandali. Con questo ven
esto matrimonio così male assortito fu causa di coniugali discordie e di scandali. Con questo vennero a significare quanto
encomia meritamente e lo chiama con bella perifrasi « …….quel dolce di Calliope labbro « Che Amore in Grecia nudo e nudo
« Rendea nel grembo a Venere celeste. » Infatti gli antichi mitologi di più sana mente avean dovuto immaginare un’altra V
he elegantemente con voce greca e latina chiamasi il cèsto. Era desso di tal ricco e mirabil lavoro che facea risaltar la
tà. Servivasi Venere del cèsto per le solenni occasioni ; e non mancò di adornarsene quando si presentò a Paride che dovev
a le Dee. Oltre Cupido, Imene e le tre Grazie si annovera tra i figli di Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio di V
annovera tra i figli di Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Vene
a i figli di Venere anche Enea. Cupido era creduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacc
upido era creduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchis
eduto figlio di Venere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchise principe t
ere e di Marte ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchise principe troiano. Cupido è r
te ; Imene e le tre Grazie di Venere e di Bacco ; ed Enea di Venere e di Anchise principe troiano. Cupido è rappresentato
a sposa per sè ; e inventarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio
entarono una complicatissima favola, una specie di romanzetto all’uso di quelli delle Fate del medio evo, o delle Mille e
esta e tutte le altre affezioni dell’anima, o vogliam dir le passioni di qualunque genere, non sono che modificazioni dell
iano realmente forme corporee, nella guisa stessa che non sono esseri di per sè esistenti le febbri, i dolori, gli starnut
. Psiche è rappresentata come una giovanetta delicatissima colle ali di farfalla, per alludere all’immortalità dell’anima
to e maligno era rappresentato con una farfalla tra le dita e in atto di tormentarla coll’altra mano e strapparle le ali :
ma prodotti dalle colpevoli passioni. Imene o Imeneo, l’altro figlio di Venere era il Dio delle Nozze, o vogliam dire del
re del Matrimonio ; ed anche in italiano si usa elegantemente il nome di imeneo per significar le nozze, ossia la celebraz
celebrazione del matrimonio. Rappresentavasi come un giovane maggiore di qualche anno del suo fratello Cupido, con volto s
non si è ancora ben purgato neppure il nostro secolo. Le tre Grazie, di cui l’appellativo stesso spiega l’ufficio o attri
le grazie debbono esser naturali e spontanee e che non hanno bisogno di stranieri o compri ornamenti ed aiuti. Qualche po
Grazie, le ricuopre d’un candido velo in cui finge istoriato il mito di Psiche, per indicare che il candor dell’animo è i
rappresentano affatto nude ; e se ne vede in Siena un gruppo mirabile di greco scalpello. Di Enea figlio di Venere e di An
e vede in Siena un gruppo mirabile di greco scalpello. Di Enea figlio di Venere e di Anchise dovremo parlare a lungo nella
ena un gruppo mirabile di greco scalpello. Di Enea figlio di Venere e di Anchise dovremo parlare a lungo nella celebre gue
ovremo parlare a lungo nella celebre guerra dei Greci contro la città di Troia, e nelle origini mitologiche del popolo rom
ornamenti e col cinto donatole da Vulcano. Aveva quasi sempre presso di sè il fanciulletto Cupido e talvolta anche Imene
e a lei sacro era la rosa, l’albero il mirto. Si aggiogavano al carro di Venere le colombe, perchè sono affettuosissime e
a Ninfa sua prediletta chiamata Peristeria, per un infantile vendetta di Cupido su questa Ninfa che aveva aiutato Venere a
iso nella caccia da un cinghiale. A Venere fu dedicato il venerdì ; e di Venere ebbe il nome il più bello e rilucente dei
Infatti Dante, nel Canto xxvii del Purgatorio, assomiglia la bellezza di Lia (che nello stile biblico e religioso signific
he nello stile biblico e religioso significa la vita attiva) a quella di Citerèa, cioè di Venere, considerata come il pian
blico e religioso significa la vita attiva) a quella di Citerèa, cioè di Venere, considerata come il pianeta che ne porta
’ora, credo, che dell’orïente « Prima raggiò sul monte Citerèa, « Che di fuoco d’amor par sempre ardente, « Giovane e bell
ongono anche quella che significa « venir bene adatto per convenienza di eleganza, piacevolezza, ecc. » Quindi l’espressio
che tratta dell’anima e delle sue facoltà. 188. Epitalamio è parola di greca origine, che in quella lingua significa sul
sia letto nuziale ; e perciò sta ad indicare una canzone per nozze. È di antichissima origine, poichè troviamo epitalamii
zone per nozze. È di antichissima origine, poichè troviamo epitalamii di Stesicoro e di Teocrito in greco ; di Catullo e d
È di antichissima origine, poichè troviamo epitalamii di Stesicoro e di Teocrito in greco ; di Catullo e di Ausonio in la
ine, poichè troviamo epitalamii di Stesicoro e di Teocrito in greco ; di Catullo e di Ausonio in latino.
roviamo epitalamii di Stesicoro e di Teocrito in greco ; di Catullo e di Ausonio in latino.
36 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VII. Saturno esule dal Cielo è accolto ospitalmente in Italia da Giano re del Lazio » pp. 31-38
ccontano che Saturno esiliato dal Cielo si fermò in Italia alla corte di Giano su quel celebre colle che tuttora chiamasi
iano su quel celebre colle che tuttora chiamasi Gianicolo (abitazione di Giano) ; ed essendo questa la prima volta che noi
dire che quel Dio stesso che dal Caos formò l’universo creasse l’uomo di divin seme 26, appellando così principalmente all
seme 26, appellando così principalmente all’anima umana, e facendola di origine divina. Anche Orazio disse che l’anima er
gica. Di altre che sono totalmente favolose e strane avremo occasione di parlare a lungo in appresso, narrando, sotto il r
mo occasione di parlare a lungo in appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende di Prometeo e di Pandora, che c
re a lungo in appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende di Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengo
appresso, narrando, sotto il regno di Giove, le vicende di Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengono dopo il reg
di Prometeo e di Pandora, che cronologicamente vengono dopo il regno di Saturno. Ma qualunque fosse l’origine dell’uomo,
oni del mondo, e che nel territorio ove ora è Roma esisteva un regno, di cui la capitale era sul monte Gianicolo. Racconta
Tevere29), e fu accolto ospitalmente dal re Giano ; che il territorio di quel regno in memoria di Saturno fu da prima chia
spitalmente dal re Giano ; che il territorio di quel regno in memoria di Saturno fu da prima chiamato terra Saturnia, e po
che Saturno stette nel Lazio31, sebbene altri la riferiscano al regno di Saturno nel Cielo, e non all’esilio di lui. Tutti
altri la riferiscano al regno di Saturno nel Cielo, e non all’esilio di lui. Tutti però si accordano nell’ammettere, o ne
celebrarla per l’innocenza dei costumi e per le spontanee produzioni di ogni ben di Dio sulla terra ; giungono perfino a
per l’innocenza dei costumi e per le spontanee produzioni di ogni ben di Dio sulla terra ; giungono perfino a dire che sco
ben di Dio sulla terra ; giungono perfino a dire che scorrevano rivi di latte e di miele. Ma il nostro Dante fa una gran
sulla terra ; giungono perfino a dire che scorrevano rivi di latte e di miele. Ma il nostro Dante fa una gran tara a ques
hiande, « E nettare per sete ogni ruscello. » Ammette sì la felicità di una vita semplice e innocente ; non la contorna p
cità di una vita semplice e innocente ; non la contorna però d’ozio e di squisiti cibi gratuiti ; ma ne pone per base la f
nte, e consuona con la dottrina della Bibbia, ove dice che lo spirito di Dio abbandonò il re Saul disobbediente, e subito
a radice ; « Qui primavera sempre ed ogni frutto ; « Nettare è questo di che ciascun dice ! » All’età dell’oro successe q
à dell’oro successe quella dell’argento e poi del bronzo e del ferro, di mano in mano che gli uomini peggiorarono. Da ques
terarie, saria meglio impiegarlo « ….. in qualche atto più degno « O di mano o d’ingegno, » come suggerisce il Petrarca.
eminar le biade, primo fondamento dell’agricoltura ; e il nome stesso di Saturno si fa derivare dal latino Satum, cioè dal
34. È facile il riconoscere nelle pitture e nelle sculture l’immagine di questo Dio. Si rappresenta come un vecchio alato,
io alato, avente in una mano una falce ; oppure una fanciullo in atto di divorarselo, e dall’altra o presso di sè un orolo
 ; oppure una fanciullo in atto di divorarselo, e dall’altra o presso di sè un orologio a polvere, oppure un serpente che
a continua successione dei momenti35. In Roma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel te
oma si celebravano nel mese di dicembre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in c
bre le Feste Saturnali in memoria di quel tempo felice sotto il regno di Saturno, in cui non si conoscevano nè servi nè pa
vi nè padroni, ma tutti gli uomini erano eguali ed egualmente padroni di tutto, perchè la terra spontaneamente produceva p
aneamente produceva più che abbastanza per tutti senza spesa o fatica di alcuno. In quelle feste gli schiavi dei Romani er
dei Romani erano serviti a mensa dai loro padroni, ed avevano libertà di rimproverarli dei loro difetti36). Facevasi vacan
latino strenœ, ond’è derivato in italiano il vocabolo strenne e l’uso di mandarle o di darle agli ultimi o ai primi dell’a
ond’è derivato in italiano il vocabolo strenne e l’uso di mandarle o di darle agli ultimi o ai primi dell’anno. Saturno e
avasi il tesoro della Repubblica. Davasi, come si dà tuttora, il nome di Saturno al più distante dei pianeti visibili ad o
lla favola, che egli divorasse i propri figli. I chimici chiamano sal di Saturno l’acetato di piombo, e i medici colica sa
divorasse i propri figli. I chimici chiamano sal di Saturno l’acetato di piombo, e i medici colica saturnina una nevralgia
ò aver suggerito quelle scientifiche denominazioni. Dopo qùalche anno di esilio Saturno fu riammesso da Giove nel cielo fr
presiedere al tempo. Fu gratissimo al suo ospite Giano, poichè prima di tutto insegnò ai popoli del Lazio l’agricoltra, e
o ; e poi accordò a Giano stesso due singolari privilegi, quello cioè di prevedere il futuro, e l’altro di non dimenticars
ue singolari privilegi, quello cioè di prevedere il futuro, e l’altro di non dimenticarsi mai del passato. Giano in tutto
enticarsi mai del passato. Giano in tutto questo racconto dell’esilio di Saturno e dell’età dell’oro, ci comparisce un sem
erone e Macrobio fanno derivare dal latino anzi che dal greco il nome di Giano (quasi Eanus ab eundo, cioè dall’andare). G
pagani, per simboleggiare le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del pas
le due prerogative accordategli da Saturno, di prevedere il futuro e di non dimenticarsi del passato, ed anche come porti
ielo, affinchè potesse vedere e invigilare da per tutto senza bisogno di voltarsi. Quattro faccie poi gli avranno servito
i. Quattro faccie poi gli avranno servito anche meglio pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici. La statua di Gian
he meglio pel disimpegno di tutti i suoi molteplici uffici. La statua di Giano con due faccie ponevasi nei bivii, e con qu
quattro nei quadrivii (pei trivii o trebbii essendo riserbata quella di Ecate triforme, ossia con tre faccie). Aveva in u
strada. Celebre era in Roma il suo tempio, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in p
a il suo tempio, che stava chiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più di settecento anni fu ch
hiuso in tempo di pace ed aperto in tempo di guerra ; il quale in più di settecento anni fu chiuso soltanto, e per poco te
anno romano ; il primo dei quali fu detto gennaio dal nome e in onore di Giano, considerato come portinaio del Cielo e del
tinaio del Cielo e dell’anno. Chiamavansi Giani anche certe fabbriche di base quadrata, come le Loggie di Mercato e quella
amavansi Giani anche certe fabbriche di base quadrata, come le Loggie di Mercato e quella celebratissima di Or San Michele
e di base quadrata, come le Loggie di Mercato e quella celebratissima di Or San Michele in Firenze, che servivano anticame
a di Or San Michele in Firenze, che servivano anticamente come luoghi di convegno e di affari ai negozianti. Gli antichi s
chele in Firenze, che servivano anticamente come luoghi di convegno e di affari ai negozianti. Gli antichi scrittori latin
i latini, e principalmente Cicerone ed Orazio, fanno più volte parola di questi Giani, che corrispondevano pel loro scopo
ici ; e sebbene non si trovi mai rammentata la Bibbia negli scrittori di quell’epoca, si sa per altro di certo anche da Or
rammentata la Bibbia negli scrittori di quell’epoca, si sa per altro di certo anche da Orazio, che molti Ebrei (o come li
rei (o come li chiamavano allora Giudei, perchè appartenenti al regno di Giuda), si erano trasferiti ad abitare e far loro
Roma ; e che si mantenevano sempre scrupolosi osservatori del giorno di sabato. È Orazio stesso che lo dice nella ix Sati
s « Progeniem vitiosiorem. » (Hor., Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca di Tiberio, di Caligola e di Nerone, gli uomini foss
m vitiosiorem. » (Hor., Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca di Tiberio, di Caligola e di Nerone, gli uomini fossero sempre p
 » (Hor., Od., iii, 6.) Ma se dopo l’epoca di Tiberio, di Caligola e di Nerone, gli uomini fossero sempre peggiorati, a c
avverbio sempre. 36. Chi sa il latino si rammenti o legga la satira di Orazio, che comincia : Jamdudum ausculto, nella
embri (Quando ita majores voluerunt) utere ; narra. 37. Il pianeta di Saturno dai Greci era detto Phœnon, come sappiamo
cerone dice a suo figlio nel De Officiis, che certi ottimi negozianti di Borsa eran più bravi di qualunque filosofo per sa
nel De Officiis, che certi ottimi negozianti di Borsa eran più bravi di qualunque filosofo per saper far denari e impiega
37 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIV. Il Dio Pane » pp. 264-269
XXXIV Il Dio Pane Prima di parlar dell’etimologia del nome di questo Dio e d
XXXIV Il Dio Pane Prima di parlar dell’etimologia del nome di questo Dio e degli ufficii di lui, credo opportun
rima di parlar dell’etimologia del nome di questo Dio e degli ufficii di lui, credo opportuno di presentarne il ritratto.
ologia del nome di questo Dio e degli ufficii di lui, credo opportuno di presentarne il ritratto. È una eccezione al mio m
i par giustificata dall’ufficio eccezionale e dalla forma particolare di questo Dio. Egli è mezz’uomo e mezzo bestia : ha
i questo Dio. Egli è mezz’uomo e mezzo bestia : ha le gambe e i piedi di capra, il naso camuso, ossia schiacciato, le orec
corna gli torreggiano sopra la fronte. Tutte le altre sue membra son di forma umana, ma coperte di pelo caprino ; e in qu
a la fronte. Tutte le altre sue membra son di forma umana, ma coperte di pelo caprino ; e in queste membra semibestiali al
rte di pelo caprino ; e in queste membra semibestiali alberga l’anima di un Nume immortale. Quantunque abbiamo trovato pri
che, a giudicarne dalla forma, si prenderebbe piuttosto per un mostro di natura che per un essere soprannaturale, il Dio P
zione per gli uffici che gli furono attribuiti, e per quanto ragionan di lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i fi
n di lui non solo i poeti, ma anche gli storici e i filosofi. Il nome di questo Dio in greco è Pan che significa tutto ; e
he significa tutto ; e gli antichi Mitologi basandosi sul significato di questo vocabolo e interpretando la forma strana d
si sul significato di questo vocabolo e interpretando la forma strana di questo Nume come emblematica dei principali ogget
io Pane, dichiara che gli Antichi lasciarono in dubbio la generazione di questo Dio, osservando che non si accordavano i M
i Mitologi ad assegnargli i genitori, poichè lo stimavano figlio chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope
ad assegnargli i genitori, poichè lo stimavano figlio chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche
i genitori, poichè lo stimavano figlio chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche di Urano e di Ge
ichè lo stimavano figlio chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche di Urano e di Gea, ossia Tellu
io chi di Giove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche di Urano e di Gea, ossia Tellure. Afferma per altro
iove e di Calisto, chi di Mercurio e di Penelope, ed anche di Urano e di Gea, ossia Tellure. Afferma per altro che tutti e
gli si davano perchè non si confondesse con altre inferiori divinità di forme presso a poco così graziose come quella di
e inferiori divinità di forme presso a poco così graziose come quella di lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide di pel
sì graziose come quella di lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide di pelle di pardo, in una mano la verga pastorale e
se come quella di lui. Sul dorso aveva un mantello o clamide di pelle di pardo, in una mano la verga pastorale e nell’altr
nco l’origine mitologica. Al Dio Pane avvenne un caso simile a quello di Apollo rispetto a Dafne. Egli pure voleva sposar
Apollo rispetto a Dafne. Egli pure voleva sposar per forza una Ninfa di nome Siringa ; ma essa avendo pregato gli Dei a l
do pregato gli Dei a liberarla da un sì fatto sposo, ottenne soltanto di esser cangiata in canna, come Dafne in lauro. E i
ndo con Apollo ad onorare in quella pianta la prediletta Ninfa, formò di sette canne di diversa lunghezza, unite fra loro
ad onorare in quella pianta la prediletta Ninfa, formò di sette canne di diversa lunghezza, unite fra loro colla cera, un
el nome potè aver dato origine a questa favola, come dicemmo dei nomi di Dafne, di Giacinto, di Ciparisso ecc. Sul rozzo s
tè aver dato origine a questa favola, come dicemmo dei nomi di Dafne, di Giacinto, di Ciparisso ecc. Sul rozzo stromento d
origine a questa favola, come dicemmo dei nomi di Dafne, di Giacinto, di Ciparisso ecc. Sul rozzo stromento della sampogna
ecc. Sul rozzo stromento della sampogna fanno i Mitologi una infinità di commenti. Non contenti di eredere che le sette ca
ella sampogna fanno i Mitologi una infinità di commenti. Non contenti di eredere che le sette canne simboleggino i sette t
aginarono che rappresentassero l’armonia delle sfere, secondo le idee di Pitagora. Dante rammenta la favola di Siringa ne
a delle sfere, secondo le idee di Pitagora. Dante rammenta la favola di Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è
favola di Siringa nel Canto xxxii del Purgatorio ; e, com’è suo stile di esser concisissimo e presentare al lettore più id
Argo non solo suonasse la lira, ma gli raccontasse pur anco la favola di Pane e Siringa : « S’io potessi ritrar come asso
: « S’io potessi ritrar come assonnaro « Gli occhi spietati, udendo di Siringa, « Gli occhi a cui più vegghiar costò sì
a a tacere se nessun le parlava, ed a ripeter soltanto le ultime voci di chi le dirigeva il discorso : favola ricavata evi
Italia dall’Arcade Evandro tre secoli e mezzo prima della fondazione di Roma. Evandro aveva fissata la sua residenza su q
sata la sua residenza su quel monte che egli chiamò Palatino dal nome di suo figlio Pallante, ed ove poi fu da Romolo fabb
nte, ed ove poi fu da Romolo fabbricata l’eterna città. Anche a tempo di Cicerone, com’egli racconta nelle sue epistole fa
rato da Evandro al Dio Pane. Dai Romani ebbe questo Dio anche il nome di Luperco (ab arcendis lupis) dal tener lontani i l
lupi dal gregge ; e si celebravano le feste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese di febbraio
ste Lupercali, in onore cioè di Luperco, ossia del Dio Pane, nel mese di febbraio. Son celebri nella storia romana i Luper
i febbraio. Son celebri nella storia romana i Lupercali dell’anno 710 di Roma, poichè in quel giorno offrì Marc’Antonio il
o stesso Marc’Antonio. Dal nome del Dio Pane è derivata l’espressione di timor pànico, che etimologicamenie significa timo
non ha fondamento o causa razionale o evidente. « Temer si deve sol di quelle cose « Che hanno potenza di fare altrui ma
e o evidente. « Temer si deve sol di quelle cose « Che hanno potenza di fare altrui male : « Dell’altre no, chè non son p
la fantasia, specialmente del volgo, e si tema ove nessuna ragion v’è di temere. Ma perchè questo improvviso e mal fondato
tto dal Dio Pane, anzichè Plutonico, o diabolico, o altrimenti, cerca di spiegarlo la Mitologia ; la quale, dopo avere ass
to che il Dio Pane soggiornando nelle solitudini più selvagge e piene di sacro orrore, spaventa da quelle colla sua terrib
uelle colla sua terribil voce i passeggieri, vi aggiunge, quali prove di fatto, diversi aneddoti riferiti nelle antiche st
he storie, come per esempio, che il Dio Pane al tempo della battaglia di Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e gli sug
a di Maratona parlasse a Fidippide Ateniese, e gli suggerisse il modo di spaventare i Persiani ; che la voce di questo Dio
iese, e gli suggerisse il modo di spaventare i Persiani ; che la voce di questo Dio, uscita dalle sotterranee caverne del
he la voce di questo Dio, uscita dalle sotterranee caverne del tempio di Delfo, atterrisse e mettesse in fuga i Galli che
ci miracolose del Dio Pane, raccontati da Erodoto, da quel miracolaio di Plutarco e da altri scrittori di minor conto, son
ntati da Erodoto, da quel miracolaio di Plutarco e da altri scrittori di minor conto, sono la relazione delle popolari cre
ede ; e nella prefazione dichiara esplicitamente che egli non intende di confermarli nè di confutarli12. Ma poichè timor p
azione dichiara esplicitamente che egli non intende di confermarli nè di confutarli12. Ma poichè timor pànico venne poster
e o romore, ma lo scrive con lettere greche, perchè greca è l’origine di questo aggettivo al pari del nome Pan da cui deri
chi meno, sono assaliti ; e quindi nota come immensamente più dannosa di qualunque altra vana paura la superstizione, che
ne bisogna dir sempre il Dio Pane. 10. Son queste le precise parole di Bacone nel libro de Sapientia Veterum cap. xi : «
ce che considerato il Dio Pane come il Nume dei Pastori, l’etimologia di questo nome deriva da pao (io pasco) ; e che pan
to nome deriva da pao (io pasco) ; e che pan è perciò una contrazione di paon. 11. « Pan primus calamos cera conjunge
38 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXI. Minerva » pp. 132-137
Minerva Un mito dei più straordinarii fu inventato sulla nascita di Minerva Dea della sapienza. Raccontano i mitologi
sapienza. Raccontano i mitologi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro
ogi che questa Dea nacque adulta e armata di tutto punto dal cervello di Giove. Se null’altro avessero aggiunto, era quest
sapienza è figlia del supremo dei Numi e che uscì dalla divina mente di lui. In questi limiti il mito fu adottato volente
olo dai nostri poeti, ma pur anco dagli eleganti dicitori e scrittori di prose ; e non è raro il sentir dire o leggere nei
eggere nei libri, che un’invenzione o una teoria uscì adulta e armata di tutto punto dalla mente del suo autore, come Mine
di tutto punto dalla mente del suo autore, come Minerva dal cervello di Giove. Per intender certe parole e frasi dei poet
giungono dunque i mitologi che Giove per tre mesi sentì un gran dolor di testa, e non potendo più a lungo tollerarlo, mand
nerva. La quale dall’essere stata tre mesi in gestazione nel cervello di Giove fu detta Tritonia. Prima di tutto convien c
tre mesi in gestazione nel cervello di Giove fu detta Tritonia. Prima di tutto convien conoscere l’etimologia e il signifi
o convien conoscere l’etimologia e il significato dei principali nomi di questa Dea. Ebbe dai Greci primamente il nome di
dei principali nomi di questa Dea. Ebbe dai Greci primamente il nome di Pallade (Pallas) che secondo lo Stoll significa f
sto nome fu adottato dai Latini e dagli Italiani. Minerva poi è voce di origine tutta latina, e Cicerone stesso ne dà l’e
pira e conducemi Apollo. » Questa Dea ricevè dai Greci anche il nome di Atena che alludeva all’origine ed alla mitologica
ed alla mitologica denominazione della famosa città d’Atene. Narrano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro
rano di concerto i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto questo nome, era de
i mitologi ed i poeti greci che la loro antica città di Atene, prima di aver ricevuto questo nome, era detta città Cecrop
na diede il suo stesso nome a quella prediletta città ; e i cittadini di essa favoriti e protetti dalla Dea della sapienza
ifica che l’ingegno è dato agli uomini dalla Divinità, e che le opere di esso non si compiono senza il favore di quella. T
alla Divinità, e che le opere di esso non si compiono senza il favore di quella. Tutti i migliori poeti delle più culte na
riprodotta a gara con splendide forme. Anche Dante ha trovato il modo di rammentarla nel Canto xv del Purgatorio, facendo
a nel Canto xv del Purgatorio, facendo dire a Pisistrato dalla moglie di lui : « …..Se tu se’ Sire della villa « Del cui
e’ Dei fu tanta lite, « Ed onde ogni scienza disfavilla, « Vendica te di quelle braccia ardite, ecc. » Dante inoltre vol
etico l’origine mitologica dell’ olivo, e considerandolo come simbolo di sapienza, perchè prodotto dalla Dea della sapienz
» e poco, dopo soggiunge che era quel velo « Cerchiato della fronde di Minerva ; » e così commenta sè stesso, facendo c
nta sè stesso, facendo conoscere qual significato simbolico intendeva di dare, in quel caso, all’olivo. Nè i Latini, nè gl
quel caso, all’olivo. Nè i Latini, nè gl’Italiani adottarono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivat
arono il nome di Atena dato a Minerva dai Greci ; ma sì il derivativo di Ateneo. Intendevasi dai Greci per Ateneo un edifi
Greci per Ateneo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri
eo un edifizio sacro alla Dea Atena, e destinato ad uso di archivio e di biblioteca, ove i poeti e gli altri greci scritto
altri greci scrittori depositavano i loro componimenti, come a tempo di Augusto facevasi in Roma nella biblioteca palatin
adunavansi i dotti per leggere o recitare i loro scritti e disputare di lettere, scienze e filosofia. In italiano si dà e
ere, scienze e filosofia. In italiano si dà elegantemente questo nome di Ateneo alle Università, e da noi ed altrove suol
à, e da noi ed altrove suol darsi anche ad alcune società o accademie di letterati o scienziati e ad alcuni periodici lett
n’armatura del petto con la figura della mostruosa testa anguicrinita di Medusa ; e secondo altri questa orribile figura e
secondo altri questa orribile figura era sculta nello scudo per opera di Vulcano. Perchè poi fosse sacro a Minerva quell’a
quell’animale notturno, rispondono i poeti, perchè le recava notizie di quel che accadeva di notte ; e si voleva signific
no, rispondono i poeti, perchè le recava notizie di quel che accadeva di notte ; e si voleva significare che l’ingegno ved
dagli scolari, dagli artisti e dagli artigiani ; e cominciando dal 10 di marzo durava per cinque giorni, e perciò si chiam
perciò si chiamava il Quinquatruo 169. Questa Dea era venerata al par di Giove da tutti i popoli civili, o almeno non affa
almeno non affatto barbari e selvaggi. Anche nell’antichissima città di Troia aveva un tempio ed una celebre statua che i
osse quella stessa che essi facevano gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa s
o gelosamente custodire nel tempio di Vesta come pegno della salvezza di Roma. Questa statua era chiamata il Palladio 170.
iamata il Palladio 170. Il più bel tempio però e la più famosa statua di questa Dea erano in Atene : la statua distingueva
tatua di questa Dea erano in Atene : la statua distinguevasi col nome di Parthenos (la vergine), cioè statua della vergine
alla vergine, sottinteso Atena, vale a dire Minerva. La statua, opera di Fidia, più non esiste ; del Partenone vi restaron
nata dagli anarchici furori della Comune. Di Minerva avremo occasione di parlare molte altre volte, ma specialmente raccon
di parlare molte altre volte, ma specialmente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e
e volte, ma specialmente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco. Qui però
mente raccontando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco. Qui però dobbiamo riportare
tando il giudizio di Paride, la guerra di Troia e la vita di Ulisse e di Telemaco. Qui però dobbiamo riportare un racconto
con quegli altri importanti e celebri avvenimenti. Una giovane lidia, di nome Aracne, osò sfidar Minerva a chi meglio sape
untuosa Aracne cangiandola in ragno, animale che conserva l’abitudine di far tele e ricami. Dante riferisce questa metamor
far tele e ricami. Dante riferisce questa metamorfosi fra gli esempi di superbia punita nel Purgatorio (Canto xii, 43….) 
ll’opera che mal per te si fe ! » Quindi egli non accetta l’opinione di qualche strambo mitologo, che Minerva fosse vinta
sce che una donna chiamata Aracne inventò le tele, e Clostère, figlio di lei, i fusi. Il nome di Minerva fu usato dai poe
a Aracne inventò le tele, e Clostère, figlio di lei, i fusi. Il nome di Minerva fu usato dai poeti latini (e spesso anche
era pronto e facile, oppure rozzo, ottuso, tardo o restìo171. Il nome di Pallade poi trovasi del pari figuratamente usato
esia latina a significare l’olio 172. Dagli astronomi fu dato il nome di Pallade al secondo asteroide o pianeta telescopic
più illustre città moderna non ambisce un maggior titolo d’onore che di esser chiamata l’Atene di quella nazione a cui ap
a non ambisce un maggior titolo d’onore che di esser chiamata l’Atene di quella nazione a cui appartenga. Così fu lieta Fi
ata l’Atene di quella nazione a cui appartenga. Così fu lieta Firenze di esser detta l’Atene d’Italia, dopo che sorsero in
he sorsero in essa i più grandi scrittori, che il suo dialetto meritò di divenire la lingua comune de popolo Italiano, e c
Fasti annovera le diverse arti e professioni che celebravano le feste di Minerva ; ed oltre i collegi dei poeti, dei medic
de, e perciò verrebbe a significare piccola Pallade, o piccola statua di Pallade. — Secondo la superstiziosa credenza degl
edenza degli Antichi si usa figuratamente la parola Palladio in senso di protezione, difesa, salvezza ; e si applica princ
39 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIX. La Dea Triforme cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno » pp. 115-122
me cioè Luna in Cielo, Diana in Terra ed Ecate nell’Inferno Al pari di Apollo aveva Diana diversi ufficii non solo in Ci
o in Cielo ed in Terra, ma pur anco nell’Inferno ; e secondo ciascuno di questi rappresentavasi in 3 diverse forme ; quind
di questi rappresentavasi in 3 diverse forme ; quindi ebbe il titolo di Dea Triforme 135. Tutto ciò che si riferisce a Di
a in comune col suo fratello Apollo, vale a dire i genitori, il luogo di nascita e i nomi che da quello le derivarono, l’a
iderata come la Luna, immaginarono i mitologi che essa sotto la forma di una avvenente e giovane Dea percorresse le vie de
lasciarono correre la volgare e grossolana opinione che l’oscurazione di questo astro dipendesse dagl’incantesimi degli st
unge che si estendeva anche sul Sole137. Il volgo peraltro vi credeva di certo, perchè l’ignoranza fu sempre un terreno fe
da allignarvi e crescervi qualunque più bestiale errore ; e la storia di tutti i tempi lo prova. Sappiamo infatti che anti
popoli della Tessaglia facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar di travaglio la Luna, credend
facevano alti rumori con stromenti ed utensili di metallo per liberar di travaglio la Luna, credendo così d’impedire che e
he un esercito perdè la battaglia fuggendo spaventato per un’ecclisse di Sole che avvenne in quel tempo ; che anche i selv
ssi passarono anticamente per maghi o per innamorati della Luna. Anzi di quel primo che osservò e descrisse il corso lunar
ione, e stava sul monte Latmo che è nella Caria ; ed essendosi in una di quelle caverne addormentato di un profondo sonno
he è nella Caria ; ed essendosi in una di quelle caverne addormentato di un profondo sonno mandatogli da Giove, la Luna an
rammentano il vago della Luna, Endimione e la sua Diva, il dormitore di Latmo. E tra i filosofi Platone e Cicerone parlan
itore di Latmo. E tra i filosofi Platone e Cicerone parlano del sonno di Endimione, paragonando a quello il sonno della mo
’era un tempio dedicato a Diana Noctiluca, cioè alla Luna che splende di notte, nel qual tempio tenevano accesi i lumi tut
qual tempio tenevano accesi i lumi tutta la notte innanzi alla statua di questa Dea. Col solo nome di Diana era considerat
lumi tutta la notte innanzi alla statua di questa Dea. Col solo nome di Diana era considerata come Dea della caccia ; e c
la caccia ; e credevasi che accompagnata da 50 ninfe, le quali al par di lei avevan rinunziato a prender marito, passasse
Diana, le si aggiunge sull’alto della fronte un aureo monile in forma di luna crescente. Come casta Diva e cacciatrice era
puniva severamente qualunque colpa o mancanza. Discacciò dal suo coro di ninfe e cangiò in orsa la giovane Callisto (il cu
e per impedire un matricidio, vale a dire che fosse uccisa dal figlio di lei chiamato Arcade, bravo cacciatore, che incont
cinissima ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome di una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia
ma ad essa che chiamasi Orsa minore ed anche Cinosura dal nome di una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia di Gio
inosura dal nome di una di quelle Ninfe che ebbero cura dell’infanzia di Giove, e che per benemerenza fu trasformata in qu
anzia di Giove, e che per benemerenza fu trasformata in questo gruppo di stelle. L’Orsa maggiore fu chiamata anche il Car
lla ad occhio nudo eran dette i sette trioni, ond’è venuto il termine di settentrione 141. Dante rammentò la ninfa Callis
trione 141. Dante rammentò la ninfa Callisto col nome greco e latino di Elice nel C. xxv del Purgatorio : « …………………al bo
torio : « …………………al bosco « Si tenne Diana, ed Elice caccionne « Che di Venere avea sentito il tosco. » E nominò anche E
cuopra, « Rotante col suo figlio ond’ella è vaga ; » ecc. E al nome di Orsa maggiore preferì quello del Carro nel C. xi
In greco Orsa dicesi arctos, dalla qual voce è derivato l’appellativo di polo artico, ossia dell’Orsa, e antartico, oppost
opposto all’Orsa. Alcuni mitologi aggiungono che anche Arcade figlio di Callisto fu cangiato in una costellazione detta A
nte però si chiama Boote, ossia il bifolco 142. Ma neppure il termine di Artofilace andò perduto o dimenticato nella poesi
iosto), appunto perchè questa costellazione è vicinissima a quelle, e di certo non si scosta mai da quel posto. Una più te
mitologico a darci ad intendere, nella sua 4ª Canzone, che per opera di Madonna Laura avvenisse a lui stesso un fatto sim
pera di Madonna Laura avvenisse a lui stesso un fatto simile a quello di Atteone : « Io perchè d’altra vista non m’appago
a Ecate. Sapendo soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo a
soltanto che ad Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghia
d Ecate si attribuivano tre teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghiale, basta quest
teste, una di cavallo, una di cane ed una di leone e, secondo altri, di cinghiale, basta questo perchè tal mostruosa Dea
a le maliarde e le streghe nei loro incantesimi. Omero però non parla di questa ributtante Dea, e il passo in cui ne disco
n cui ne discorre Esiodo credesi interpolato dagli Orfici, una specie di riformatori o di eretici dell’antico paganesimo.
Esiodo credesi interpolato dagli Orfici, una specie di riformatori o di eretici dell’antico paganesimo. Il volgo però vi
, e tanto più allora quando in alcuni luoghi invalse l’uso nei trivii di offrir delle cene ad Ecate, che lasciate intatte
ri. In tempi più civili si rappresentò Ecate con tre faccie, ma tutte di donna ; e questa triplice immagine ponevasi nei t
questa triplice immagine ponevasi nei trivii, ond’ebbe ancora il nome di Trivia 143. Orazio in tre odi che han per soggett
Tisifone ; e nel Carme secolare che fu cantato pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii di quest
nel Carme secolare che fu cantato pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii di questa Dea ivi en
to pubblicamente in onore di Apollo e di Diana, tra gli altri ufficii di questa Dea ivi enumerati non è accennato nemmeno
di questa Dea ivi enumerati non è accennato nemmeno quello infernale di Ecate. Quindi alcuni mitologi e poeti preferirono
quello infernale di Ecate. Quindi alcuni mitologi e poeti preferirono di sostituire ad Ecate la Dea Proserpina moglie di P
i e poeti preferirono di sostituire ad Ecate la Dea Proserpina moglie di Plutone e regina dell’Inferno ; e lo stesso Dante
uanto quell’arte pesa ; » ove apparisce manifestamente che l’ufficio di Proserpina e non di Ecate è accomunato da Dante c
a ; » ove apparisce manifestamente che l’ufficio di Proserpina e non di Ecate è accomunato da Dante con quel della Luna14
i Ecate è accomunato da Dante con quel della Luna144. Anche il titolo di Lucina dato anticamente a Giunone (come dicemmo n
a Erostrato Efesio la notte in cui nacque Alessandro Magno, cioè il 6 di giugno, 356 anni avanti l’era cristiana. Fu ben p
il cristianesimo agli Efesii ; e poichè egli voleva abolire il culto di Diana, poco mancò che non fosse massacrato dagli
il culto di Diana, poco mancò che non fosse massacrato dagli orefici di quella città, che guadagnavano molto vendendo tem
e guadagnavano molto vendendo tempietti d’argento fatti ad imitazione di quello di Diana Efesina146. Pochi anni dopo fu qu
vano molto vendendo tempietti d’argento fatti ad imitazione di quello di Diana Efesina146. Pochi anni dopo fu questo tempi
gli Sciti. Ed ora dove sorgeva quel tempio e la stessa popolosa città di Efeso, che a tempo dell’imperator Teodosio II fu
polosa città di Efeso, che a tempo dell’imperator Teodosio II fu sede di due Concilii Ecumenici, non trovasi che qualche l
tua sotto più forme. » 136. Orazio nell’ Ode 5 del lib. v, parla di una maga, « Quæ sidera excantata voce Thessala «
ncire cothurno. (Virg., Æneid., i 336…) 141. Col telescopio invece di 7 stelle se ne vedono 87 nell’ Orsa maggiore, 22
le Bootes. » (Ovid., Epist. ii) Ovidio chiama pigra la Costellezione di Boote, perchè è vicina al polo, « …..dove le ste
Fast. i, 141.) Dante una sola volta nella Divina Commedia dà il nome di Trivia alla Luna : « Quale ne’plenilunii sereni
ivenne tanto comune che alcuni eruditi latinisti composero per comodo di memoria i seguenti versi sulla Dea Triforme : « 
40 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XVI. La dea Latona » pp. 86-91
a dea Latona Parlando del Caos, dissero i mitologi che i 4 elementi di cui esso era composto si divisero ; e divisi che
l Sole, la Luna e le Stelle. Nè sanno assicurarci se ciò fu per opera di un Dio o del caso : le loro opinioni sono divise,
e ; e diedero l’ufficio ad Urano, e poi come sostituto anche a Giano, di far girare questa vôlta o callotta sferica celest
ibili ad occhio nùdo ne annoverarono sette, e attribuirono a ciascuno di essi una Divinità che vi presiedesse o li diriges
rici e dilettevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sol
tevoli su queste due Divinità, alle quali diedero il nome di Apollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Lu
pollo e di Diana, che poi identificarono col Sole e colla Luna. Prima di tutto però rammenteremo quel che fu detto altrove
rò rammenteremo quel che fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il So
fu detto altrove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano d
trove, che cioè avanti la nascita di questi due Numi figli di Giove e di Latona, il Sole e la Luna esistevano da gran temp
gran tempo ; e quanto al Sole accennai che era regolato da un Titano di nome Iperione. Il Sole era detto dai Greci anche
o forse che un simil vocabolo trovasi anche in Ebraico in significato di eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraic
in significato di eccelso (poichè deriva da El, uno dei nomi ebraici di Dio), l’adoprò con questa doppia allusione per in
globo lunare sappiamo che la Dea che lo dirigeva prima della nascita di Diana chiamavasi, con greco nome Selene, che sign
, che significava Luna, figlia essa pure d’Iperione, e perciò sorella di Elio99). Venendo ora a parlare dell’origine mitol
ciò sorella di Elio99). Venendo ora a parlare dell’origine mitologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre e
di Elio99). Venendo ora a parlare dell’origine mitologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre era figlia di
ologica di Apollo e di Diana, diremo che Latona loro madre era figlia di uno dei Titani ; e perchè fu prediletta da Giove1
go tempo errando in mezzo ai disagi ; e potè solo fermarsi nell’isola di Ortigia, detta poi Delo, una delle Cicladi nel ma
Egeo, isola natante, ossia galleggiante, che Nettuno per compassione di Latona rese stabilé. Ivi diede alla luce in un so
in un sol parto Apollo e Diana ; e questi Dei ebbero perciò il titolo di Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; com
arto Apollo e Diana ; e questi Dei ebbero perciò il titolo di Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il n
lo di Delio e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome di Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono al
e di Delia dall’isola in cui nacquero ; come pure il nome di Cinzio e di Cinzia dal monte Cinto dove furono allevati in qu
quale vi aggiunse ancora che Nettuno la rese stabile, perchè servisse di ricovero a Latona. L’esistenza d’isole galleggian
helco nel Messico ; le quali son coltivate e producono alberi, piante di fiori e legumi. In Francia e in Svizzera ve n’era
Anche in Italia se ne vedono alcune in un laghetto vicino alle terme di Agrippa presso Tivoli. Poteva dunque Pindaro aver
nti ; e valendosi della facoltà accordata ai poeti quidlibet audéndi ( di tutto osare)101), ne abbia almeno usato discretam
e potesse trovarsi anche in mare103). Dante adottò questa stessa idea di Pindaro, e se ne valse stupendamente per una bell
da notarsi tra le altre belle espressioni l’ardita e sublime metafora di chiamare Apollo e Diana, considerati come il Sole
, i due occhi del Cielo. Altri mitologi invece raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di trid
e raccontano che l’isola di Delo fu sollevata da Nettuno con un colpo di tridente dal fondo del mare ; e questo racconto p
uasi tutte le Geografie trovasi rammentato il Monte nuovo (all’ ovest di Pozzuoli in Italia), che si sollevò in uno o due
in Italia), che si sollevò in uno o due giorni nel 1538, all’altezza di 200 metri, ed esiste tuttora. Inoltre in questo s
do fraterno a saettare i colpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso di Niobe. Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di An
lpevoli, come nel famoso e lagrimevol caso di Niobe. Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di Anfione re di Tebe ; e andava
moso e lagrimevol caso di Niobe. Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di Anfione re di Tebe ; e andava superba, come se fo
vol caso di Niobe. Era Niobe figlia di Tantalo e moglie di Anfione re di Tebe ; e andava superba, come se fosse un gran me
Anfione re di Tebe ; e andava superba, come se fosse un gran merito, di aver sette figli e sette figlie ; e perciò dispre
nvisibili a tutti saettarono a gara l’uno i figli e l’altra le figlie di Niobe ; e la madre per ineffabil dolore fu cangia
razione Ovidio nel libro vi delle Metamorfosi ; e Dante trova il modo di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Can
o di darne un cenno efficace anche nel Purgatorio (Canto xii) dicendo di aver veduto sculto questo fatto in uno dei bassir
ulto questo fatto in uno dei bassirilievi che rappresentavano esempii di superbia punita : « O Niobe con che occhi dolent
tte e sette tuoi figliuoli spenti ! » Anche l’arte greca s’impadronì di questo tragico soggetto ; e se ne conservano nell
sto tragico soggetto ; e se ne conservano nella Galleria degli Uffizi di Firenze le statue attribuite a Scòpa, le quali ra
s significante Sole son derivati e composti molti termini scientifici di astronomia, come perielio, afelio, parelio, elioc
ntifici di astronomia, come perielio, afelio, parelio, eliocentrico ; di ottica eliostato ed elioscopio ; di botanica le d
, afelio, parelio, eliocentrico ; di ottica eliostato ed elioscopio ; di botanica le denominazioni di piante eliofile e di
co ; di ottica eliostato ed elioscopio ; di botanica le denominazioni di piante eliofile e di eliotropio (volgarmente gira
ato ed elioscopio ; di botanica le denominazioni di piante eliofile e di eliotropio (volgarmente girasole) ; ed anche la f
ri armonizza col solfo, ma è molto raro in natura. Si chiamò col nome di selenio dal greco vocabolo selene (la Luna) per s
significare la sua rassomiglianza col Tellurio, altro corpo analogo, di cui dicemmo nel Capitolo della Dea Tellure. Fu sc
o in tutte le zone ; ne ho vedute nel fiume Guayaquil, da 8 a 9 metri di lunghezza, nuotanti in mezzo alla corrente e port
i di lunghezza, nuotanti in mezzo alla corrente e portanti gran copia di vegetabili, le cui radici si abbarbicano e s’intr
edesime, lo stesso autore soggiunge : « Sulle rive paludose dei laghi di Xochimilco e di Chelco l’acqua agitata nella stag
so autore soggiunge : « Sulle rive paludose dei laghi di Xochimilco e di Chelco l’acqua agitata nella stagione delle piene
Chelco l’acqua agitata nella stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra di loro int
gitata nella stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra di loro intrecciate. Queste
la stagione delle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra di loro intrecciate. Queste zolle gall
lle piene stacca delle zolle di terra coperte di erba e di radici fra di loro intrecciate. Queste zolle galleggiano lunga
olta in piccole isolette. » 104. Omero rammenta soltanto 12 figli di Niobe, e Ovidio 14. Dante segui Ovidio, come appa
Ovidio 14. Dante segui Ovidio, come apparisce dalla terzina riportata di sopra. Nella sala detta della Niobe in Firenze vi
a di sopra. Nella sala detta della Niobe in Firenze vi sono 14 statue di Niobidi, ma due sono ripetute per copia conforme 
ome asserisce Omero. — Inoltre sappiamo ancora dal seguente epitaffio di Ausonio che anticamente esisteva una bellissima s
e epitaffio di Ausonio che anticamente esisteva una bellissima statua di Niobe sculta da Prassitele : « Vivebam : sum fac
41 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIV. Il Diluvio di Deucalione » pp. 73-78
XIV Il Diluvio di Deucalione Dopo che furono sterminati i Giganti
zza dei discendenti dei migliori Titani, quella degli uomini plasmati di creta e animati da Prometeo col fuoco celeste, e
vennero quasi tutti empii, scellerati e crudeli. Giove, avuta notizia di questa general corruzione del genere umano, volle
mpagno suo figlio Mercurio, si misero ambedue a viaggiare sotto forma di pellegrini pel mondo. Trovarono da per tutto orri
legrini pel mondo. Trovarono da per tutto orribili delitti, nefandità di nuova idea ; e saputo tra le altre cose, che v’er
e saputo tra le altre cose, che v’era un re d’Arcadia, Licaone figlio di Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovament
di Pelasgo, il quale imbandiva agli ospiti nuovamente venuti le carni di quelli arrivati prima, e facea poi servir di past
ovamente venuti le carni di quelli arrivati prima, e facea poi servir di pasto le carni loro agli ospiti che arrivavano do
e presentarsi egli stesso all’infame reggia divenuta macello e cucina di carne umana. Trovò che la fama era minore del ver
e se egli non era un Dio, sarebbe toccata anche a lui la stessa sorte di quei miseri ospiti che lo avevano preceduto. Fulm
trasformazione è fondata sopra due somiglianze, quella cioè del nome di Licaone che deriva dal greco licos che significa
iva dal greco licos che significa lupo, e l’altra degl’istinti feroci di questo animale con quelli di quel re bestiale, pr
fica lupo, e l’altra degl’istinti feroci di questo animale con quelli di quel re bestiale, primo modello dei più efferati
, narrò tutti gli orribili delitti degli uomini, e si mostrò risoluto di esterminare tutta quella razza bestiale più che u
ano essi i due fortunati o pii, che soli ebbero in sorte o meritarono di scampare dal generale esterminio ? Furono ambedue
inio ? Furono ambedue della stirpe dei Titani : Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epi
: Deucalione era figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli n
ra figlio di Prometeo, e la sua moglie Pirra era figlia di Epimeteo e di Pandora ; ed essendo rimasti soli nel mondo, e qu
pio della dea Temi che era sul monte Parnaso, dimandarono all’oracolo di essa qual sarebbe un modo più sollecito di ripopo
o, dimandarono all’oracolo di essa qual sarebbe un modo più sollecito di ripopolare il mondo. L’oracolo rispose : gettatev
polcri, interpetrarono che la gran madre fosse la Terra, madre comune di tutti i mortali86), e le ossa della medesima le p
no ; e poco dopo videro con maraviglia che le pietre scagliate dietro di sè da Pirra erano divenute donne e quelle di Deuc
pietre scagliate dietro di sè da Pirra erano divenute donne e quelle di Deucalione uomini. Ecco perchè, dicono i poeti, n
lla dura origine nostra !87). In tal modo ben presto con molte coppie di coniugi fu ripopolato il mondo. Questo fatto mito
isori che lo riportassaro nelle stampe o incisioni. Vedonsi nel mezzo di una squallida campagna, e sotto un cielo fantasma
i acque ancora stagnanti, Deucalione e Pirra seduti sul terreno l’uno di faccia all’altra in atto di scagliare dietro le s
ucalione e Pirra seduti sul terreno l’uno di faccia all’altra in atto di scagliare dietro le spalle una pietra, e a poca d
rmata la testa soltanto, in altre anche il petto e le braccia, e così di seguito gradatamente, finchè ne apparisce qualcun
tutta cangiata in forma umana, o a cui manca soltanto il complemento di un piede che vedesi ancora di rozza pietra. La t
, o a cui manca soltanto il complemento di un piede che vedesi ancora di rozza pietra. La tradizione del diluvio universa
ti che la compongono, ne distingue i materiali, sotto il nome tecnico di roccie 88), in 4 classi : roccie acquee, roccie v
mette e dimostra il gran cataclisma del diluvio. In geologia si parla di più d’uno di questi cataclismi dei tempi preistor
tra il gran cataclisma del diluvio. In geologia si parla di più d’uno di questi cataclismi dei tempi preistorici ; e quell
mpi preistorici ; e quello storico, chiamato il diluvio universale, e di cui trovasi una general tradizione in tutti i pop
e di cui trovasi una general tradizione in tutti i popoli, è l’ultimo di questi cataclismi riconosciuti e dimostrati dalla
onta a giorni e a mesi, ma a migliaia e migliaia d’anni, come avviene di tutte le così dette epoche geologiche90). Le rocc
o perciò ancora sedimentarie, e vi si aggiunge talvolta l’appellativo di fossilifere, perchè contengono fossili, ossia cor
ivo di fossilifere, perchè contengono fossili, ossia corpi o frazioni di animali e di vegetabili travolti e seppelliti nel
ifere, perchè contengono fossili, ossia corpi o frazioni di animali e di vegetabili travolti e seppelliti nella terra per
i animali e di vegetabili travolti e seppelliti nella terra per forza di successivi cataclismi. Trovansi infatti nell’inte
ivi cataclismi. Trovansi infatti nell’interno del nostro globo strati di arena, di creta e di marmo che contengono conchig
ismi. Trovansi infatti nell’interno del nostro globo strati di arena, di creta e di marmo che contengono conchiglie e fran
nsi infatti nell’interno del nostro globo strati di arena, di creta e di marmo che contengono conchiglie e frantumi di veg
ti di arena, di creta e di marmo che contengono conchiglie e frantumi di vegetabili ; e se ne deduce razionalmente che que
fiumi. — Così una scienza che due secoli indietro non esisteva neppur di nome, e non supponevasi nemmeno che potesse esist
i stessi del nostro globo travolti e seppelliti da migliaia e milioni di anni per le forze irresistibili della Natura negl
stesso mitologica, biblica e filosofica. Mitologica secondo la favola di Deucalione e Pirra che trasformarono le pietre in
in uomini e donne ; biblica secondo la Genesi, che Adamo fu composto di terra, ed alcuni commentatori aggiungono ancora p
posto di terra, ed alcuni commentatori aggiungono ancora precisamente di terra rossa ; filosofica per l’uguaglianza dei di
del Purgatorio, facendo così parlare Omberto Aldobrandeschi dei conti di Santa Fiora, che fu ucciso per la sua superbia ar
se volte anche nella Divina Commedia. Ma in geologia il nome generico di roccia si applica a tutti i materiali, solidi o m
ese roche, in inglese rock e in tedesco felsart. 89. Ho notato più di una volta, e tornerò ancora a notare, che i termi
ione della Mitologia aiuta molto ad intendere il significato generale di quelle denominazioni scientifiche. Cosi roccie vu
ome l’Etna, lo Stromboli ecc. detti perciò Vulcani. L’appellativo poi di plutoniche derivato dal nome di Plutone dio dell’
tti perciò Vulcani. L’appellativo poi di plutoniche derivato dal nome di Plutone dio dell’Inferno sembrerebbe che volesse
come l’Inferno dei Pagani non consisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte di fuoco, perciò i ge
onsisteva soltant o nel Tartaro, luogo di pena, nè le pene eran tutte di fuoco, perciò i geologi chiamaron plutoniche quel
i, che significa trasformazione, come abbiamo spiegato altra volta, e di cui tanto avvien di parlare nella Mitologia, inte
sformazione, come abbiamo spiegato altra volta, e di cui tanto avvien di parlare nella Mitologia, intenderà facilmente il
parlare nella Mitologia, intenderà facilmente il significato generale di roccie metamorfiche, e lo tradurrà per trasformat
Lyell, il più celebre dei geologi inglesi. Infatti, secondo la teoria di Hutton, adottata generalmente come la più probabi
ente come la più probabile, dice il geologo Strafforello, i materiali di questi strati furono depositati originariamente d
trati furono depositati originariamente dall’acqua nella solita forma di sedimento, ma furono poi alterati e quasi cristal
ezione popolare dell’illustre geologo professor Igino Cocchi sul modo di contare gli anni in geologia.
42 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XL. Osservazioni generali » pp. 304-308
XL Osservazioni generali Questi tre termini di Semidei, Indigeti ed Eroi si trovano usati talvol
amente, ma pur anco per certe speciali condizioni, che converrà prima di tutto accennare. Semidei, parola latina conserva
resentavano alcune delle Inferiori Divinità. Erano figli o d’un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole 
un Dio e di una donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di A
na donna mortale, quali furono Perseo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di Achille e di E
eo ed Ercole ; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di Achille e di Enea. Indigeti è parola di etimolog
; oppure di una Dea e di un uomo mortale, come credevasi di Achille e di Enea. Indigeti è parola di etimologia tutta lati
uomo mortale, come credevasi di Achille e di Enea. Indigeti è parola di etimologia tutta latina, sia che debbasi interpre
E per quanto possa questo vocabolo sembrare a primo aspetto sinonimo di quello di Semidei, non v’è compresa per altro com
nto possa questo vocabolo sembrare a primo aspetto sinonimo di quello di Semidei, non v’è compresa per altro come necessar
ngue dotte, ma pur anco nella italiana e nelle altre lingue affini, è di origine greca ; ed i filologi antichi, incomincia
ne greca ; ed i filologi antichi, incominciando da Servio commentator di Virgilio, ne danno tre diverse etimologie,45deduc
ndole da tre diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti il
diverse accezioni in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per
in cui trovasi usata quella voce, cioè di Semidei, di Dei Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per impr
i Indigeti, e di uomini divenuti illustri o per dignità o per imprese di sovrumano valore. Lo stesso Omero l’usa assai spe
grandi ostacoli all’incivilimento dei popoli. E quanto alla sapienza di quell’epoca ottennero lode sopra gli altri i fond
incipalmente nell’abuso della forza, o come dicono i poeti, nel viver di rapina : era per lo più questa la causa delle ant
zioni dei Barbari, se non si rinnovò precisamente un circolo similare di tutte le antiche fasi sociali, come suppone il Vi
lla romana civiltà, come dice il Romagnosi (e si può aggiungere anche di quella del Cristianesimo), che aiutarono e sollec
e sollecitarono il risorgimento, ritornò per altro colla dissoluzione di tutti gli ordini sociali il predominio della forz
nformarono i poemi romanzeschi che ammettono prodigii non meno strani di quelli dell’Odissea. Spiacemi che il mio umile as
nto e lo scopo principale a cui è diretto questo lavoro m’impediscano di estendermi in osservazioni generali, e mi obbligh
iscano di estendermi in osservazioni generali, e mi obblighino invece di aggiunger soltanto spiegazioni al racconto dei mo
ho voluto premetter questi brevi cenni per far conoscer la necessità di studiare i tempi eroici, che sono come il Medio E
tà. Scendendo ora a parlare dei principali Eroi, e Semidei e Indigeti di quest’epoca, convien prima di tutto determinare l
i principali Eroi, e Semidei e Indigeti di quest’epoca, convien prima di tutto determinare l’estensione, o vogliam dire la
e, o vogliam dire la durata dell’età eroica ; ed io l’accennerò prima di tutto colle parole stesse del nostro Giovan Batti
iStorici, egli dice, danno il principio al Secolo eroico coi corseggi di Minosse e con la spedizione navale che fece Giaso
e il fine con gli error degli Eroi, che vanno a terminare nel ritorno di Ulisse in Itaca. » Volendo poi determinare cronol
a, non abbiamo dati certi neppure dell’anno preciso della distruzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differ
distruzione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia grec
zione di Troia, poichè si trova in taluni Autori la differenza di più di un secolo ; ma seguendo la Cronologia greca più a
; ma seguendo la Cronologia greca più accreditata colle modificazioni di Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo al
Petit-Radel nel suo Examen critique, troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che
troveremo almeno in qual ordine di tempo vissero gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella guerra di T
gli eroi più antichi di quelli che presero parte attiva nella guerra di Troia. E a far questo ci aiuteranno diverse celeb
ti gli Eroi contemporanei, che i Mitologi ed i Poeti si son dati cura di rammentare : tali sono la caccia del cinghiale di
ti si son dati cura di rammentare : tali sono la caccia del cinghiale di Caledonia, la spedizione degli Argonauti, la guer
del cinghiale di Caledonia, la spedizione degli Argonauti, la guerra di Tebe o dei 7 Prodi, e finalmente la guerra di Tro
li Argonauti, la guerra di Tebe o dei 7 Prodi, e finalmente la guerra di Troia. Ora in queste diverse imprese trovansi ram
ra in queste diverse imprese trovansi rammentati quasi tutti gli Eroi di cui si ha notizia, e talvolta in una son nominati
izia, e talvolta in una son nominati i padri e nell’altra i figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto i
figli ; e di qualche eroe che intervenne a più d’una è detto in quale di esse egli era più giovane, in quale più vecchio :
i era più giovane, in quale più vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese. In
vecchio : dal che deducesi senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese. Inoltre di quegli Eroi che non so
senza tema di errare l’ordine cronologico di quelle imprese. Inoltre di quegli Eroi che non son rammentati o compresi in
. Inoltre di quegli Eroi che non son rammentati o compresi in nessuna di quelle spedizioni, e che pure compierono memorabi
discesi nel regno delle Ombre. Questo può asseverarsi principalmente di Perseo, di Bellerofonte e di Cadmo, anche secondo
l regno delle Ombre. Questo può asseverarsi principalmente di Perseo, di Bellerofonte e di Cadmo, anche secondo la precita
e. Questo può asseverarsi principalmente di Perseo, di Bellerofonte e di Cadmo, anche secondo la precitata Cronologia grec
dmo, anche secondo la precitata Cronologia greca ; perciò dalle gesta di questi dovrà cominciare la narrazione dei tempi e
rò a mano a mano che toccherà la lor volta per ordine cronologico ; e di quelli che si trovarono insieme in una data spedi
una data spedizione prima accennerò brevemente le particolari qualità di ciascuno di essi, e poi li metterò in azione tutt
dizione prima accennerò brevemente le particolari qualità di ciascuno di essi, e poi li metterò in azione tutti insieme ;
n azione tutti insieme ; parlando più a lungo del capo o protagonista di quella impresa nel narrare l’impresa stessa. Prim
o protagonista di quella impresa nel narrare l’impresa stessa. Prima di por termine a questo Capitolo convien fare un’alt
la loro media e la loro probabile esistenza secondo le moderne tavole di Statistica ; e basta soltanto il sapere quel che
o del Pilio Nestore, il più vecchio dei Duci che andarono alla guerra di Troia, che cioè « Di parlanti con lui nati e cre
egnava. » (Iliad., lib. i). 45. Servio nel commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome di Heros da Hera signific
. 45. Servio nel commento all’egloga 4ª di Virgilio deduce il nome di Heros da Hera significante, secondo esso, la Terr
Eroe, secondo Servio, corrisponderebbe a Indigete, che abbiamo detto di sopra significare indes genitus cioè è terra geni
43 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — X. Cerere dea delle biade e Proserpina sua figlia » pp. 48-54
delle arti e delle scienze, ed anche la creazione e la trasformazione di molti prodotti della natura stessa. E in ciò appu
li a cui se ne attribuiva l’invenzione o la creazione. Cerere figlia di Saturno e di Cibele (che è lo stesso che dire del
e attribuiva l’invenzione o la creazione. Cerere figlia di Saturno e di Cibele (che è lo stesso che dire del Tempo e dell
e in sua stagiòne (in tempore suo), producevansi dalla terra. Il nome di Cerere, secondo Cicerone, deriva dal verbo creo,
. L’adoravano ancora e le facevano splendidissime feste sotto il nome di Tesmòfora, cioè legislatrice, sapientemente consi
esse prima che agli altri insegnato l’agricoltura a Trittolemo figlio di Celeo re d’ Eleusi, (antica città greca fra Megar
i, (antica città greca fra Megara e il Pireo), e che questi sul carro di Cerere tirato da draghi volanti avesse percorso g
Misterii Eleusini, cioè i riti arcani che si celebravano nelle feste di Cerere in Eleusi. I Latini per altro non ammettev
oltura Trittolemo e neppur Cerere, ma invece lo stesso Saturno, padre di lei (come dicemmo parlando di questo Dio), e perc
ere, ma invece lo stesso Saturno, padre di lei (come dicemmo parlando di questo Dio), e perciò affermavano la lor priorità
to Dio), e perciò affermavano la lor priorità sopra i greci nell’arte di coltivar la terra. Per questa ragione Virgilio ne
, che rappresenta una splendida parte nelle vicende e negli attributi di sua madre. Raccontano i mitologi che Proserpina c
attributi di sua madre. Raccontano i mitologi che Proserpina come dea di secondo ordine stava sulla terra e precisamente i
re che fosse avvenuto della perduta Proserpina. Questo mito del ratto di Proserpina è tanto amplificato ed abbellito di st
Questo mito del ratto di Proserpina è tanto amplificato ed abbellito di straordinarie fantasie da tutti i poeti antichi e
« E agli occhi danno, alfin svelse due pini ; « E nel fuoco li accese di Vulcano « E diè lor non poter esser mai spenti ;
, i torrenti, « La terra e ’l mare ; e poi che tutto il mondo « Cercò di sopra, andò al tartareo fondo53. » Cerere per al
al tartareo fondo53. » Cerere per altro non pensava nemmen per ombra di dover cercar la figlia nel tartareo fondo, ossia
a figlia nel tartareo fondo, ossia nell’ Inferno, se non era la ninfa di una fontana chiamata Aretusa, le cui acque scorre
etusa, le cui acque scorrevano sotto terra, che le avesse significato di aver veduto Proserpina piangente e spaventata, in
vie sotterranee verso le regioni infernali. Corse subito alla reggia di questo Dio per riprender la figlia ; ma Plutone n
vrebbe potuto esser libera e ritornar colla madre. Si affrettò Cerere di ritornar da Plutone ; e mentre sperava di essere
a madre. Si affrettò Cerere di ritornar da Plutone ; e mentre sperava di essere stata in tempo per ricondur via la figlia,
condur via la figlia, poichè molti testimoni interrogati rispondevano di non aver veduto nulla, comparve un impiegato infe
spondevano di non aver veduto nulla, comparve un impiegato infernale, di nome Ascalafo, che asserì di aver veduto Proserpi
nulla, comparve un impiegato infernale, di nome Ascalafo, che asserì di aver veduto Proserpina succhiare alcuni chicchi d
calafo, che asserì di aver veduto Proserpina succhiare alcuni chicchi di melagrana ; nè Proserpina potè negarlo. Cerere in
cqua del fiume Flegetonte, e lo cangiò in gufo o barbagianni, uccello di cattivo augurio. Si venne allora ad una transazio
Si venne allora ad una transazione, e fu convenuto per la mediazione di Giove che Proserpina restasse 6 mesi dell’anno co
4. Tutta questa immaginosa invenzione significa che Proserpina figlia di Cerere simboleggia le biade, le quali stanno sei
quali è sempre rappresentata. Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fasci
mpre rappresentata. Sono emblemi suoi distintivi una corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone
corona di spighe di grano sulla fronte e parimente un fascio o covone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvo
vone di spighe in braccio ; in una mano la falce, e talvolta un mazzo di papaveri nell’altra. Quest’ultimo distintivo le f
tivo le fu dato, perchè goffamente credevasi che avesse avuto bisogno di un decotto di papaveri che Giove le somministrò p
o, perchè goffamente credevasi che avesse avuto bisogno di un decotto di papaveri che Giove le somministrò per liberarla d
e somministrò per liberarla dall’insonnio cagionatole dall’afflizione di aver perduto la figlia. Quando poi s’incominciò a
re l’estate presso a poco come Cerere, cioè colla corona e col covone di spighe, e inoltre la falce da grano, parve anche
da grano, parve anche necessario l’aggiungere il distintivo del mazzo di papaveri all’immagine della dea Cerere. Per maggi
gior distinzione fu rappresentata ancora talvolta con una doppia fila di mammelle, per cui le si dava il titolo di Mammosa
alvolta con una doppia fila di mammelle, per cui le si dava il titolo di Mammosa. Non è però possibile scambiarla o confon
a. Fra i supposti miracoli fatti da Cerere, oltre alla trasformazione di Ascalafo in gufo, si narra che essa avesse anche
fanciulletto Stellio in lucerta per punirlo dell’essersi fatto beffa di lei. Forse la somiglianza del nome, che in latino
ei. Forse la somiglianza del nome, che in latino è omonimo con quello di questo piccolo rettile, diè motivo ad inventare u
ei delitti umani, e specialmente dell’empietà, non avrebbe trascurato di riferire anche questa, se contro i fanciulli inso
o divorati dagli orsi ; e se ne valse per fare una perifrasi dei nome di quel profeta : « E qual colui che si vengiò55 co
o stesso Dante, e perfino dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. Questo re di Tracia (o di Tessaglia)
dal Giusti ; ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. Questo re di Tracia (o di Tessaglia) aveva atterrato per dispr
ed è la punizione dell’empietà di Eresittone. Questo re di Tracia (o di Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selv
di Tessaglia) aveva atterrato per dispregio una selva sacra al culto di Cerere ; e la Dea lo punì col farlo invadere dall
imonio, vendendo perfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante di estenuazione e di tal disperazione « Che in sè m
erfino la figlia Metra, ed a morire ciò non ostante di estenuazione e di tal disperazione « Che in sè medesmo si volgea c
Scritta, rammenta una pittura che rappresenta Eresittone come simbolo di un insaziabile usuraio : « Da un lato un gran ca
la fame « Coll’intimo bruciore « Rimangia il mangiatore56. » Il nome di Cerere in latino stava a significare, per figura
Il nome di Cerere in latino stava a significare, per figura rettorica di metonimia, il grano o le biade, come Bacco il vin
no cereale, cioè appartenente a Cerere ; e si usa al plurale in forza di nome, dicendosi i cereali per significar le biade
cereali per significar le biade o le granaglie. In astronomia il nome di Cerere fu dato al primo degli asteroidi (pianeti
a Marte e Giove), scoperto dal Piazzi nel primo giorno del primo anno di questo secolo. 50. Altri autori latini dicono c
poeti, e neppure le vere o probabili origini storiche. Lo dimostrano di fatto, colle loro dotte investigazioni sui tempi
tri. 52. Perchè madre Idèa voglia dir Cibele è spiegato all’articolo di questa Dea, ove ho riportato questo stesso verso
dell’ Ariosto. 53. Queste due ottave son poste dall’ Ariosto a modo di similitudine, come s’intende dall’ottava che segu
raghi non avea, « La gìa cercando al meglio che potea. » Un’infinità di esempii, simili a quelli sopra citati di Dante e
io che potea. » Un’infinità di esempii, simili a quelli sopra citati di Dante e dell’ Ariosto, dimostrano come e quanto g
rattato questo soggetto : basti il rammentare il bel quadro del Ratto di Proserpina, dipinto dal Turchi soprannominato L’
44 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XIII. Difetti e vizii del Dio Giove » pp. 69-72
ve Anche sulle labbra degli analfabeti, che non sieno privi affatto di qualunque idea di religione, udiamo sovente il co
abbra degli analfabeti, che non sieno privi affatto di qualunque idea di religione, udiamo sovente il comune proverbio, ch
nità, la base e il fondamento della morale religiosa. Quindi il culto di tali Dei, chiamati giustamente dall’Alighieri fal
avvenne difatti. Giove, il supremo degli Dei pagani, era più vizioso di molti mortali ; e perciò usurpava, o gli era dato
i mortali ; e perciò usurpava, o gli era dato immeritamente il titolo di Ottimo. Nel n° XI notammo tutte le eccellenti qua
si moltiplicò. Fra i più celebri si annoverano Prometeo ed Epimeteo, di cui ora occorre parlare. Prometeo ed Epimeteo er
imeteo, di cui ora occorre parlare. Prometeo ed Epimeteo erano figli di uno dei Titani chiamato Japeto, ed ambedue ingegn
hiamato Japeto, ed ambedue ingegnosissimi : il primo faceva le statue di creta rappresentanti esseri simili a lui, o vogli
le statue di creta rappresentanti esseri simili a lui, o vogliam dire di forma umana ; e il secondo modellava e plasmava,
par. vera istoria : ma ora incomincia la favola. Prometeo col favore di quegli Dei che eran più amanti e protettori dell’
Cielo, o come altri dicono, dal carro del Sole, una divina scintilla di fuoco, e con essa animò le sue statue, e le fece
i. Giove che intendeva riserbato esclusivamente a sè stesso il potere di crear gli uomini, punì crudelmente Prometeo col f
Prometeo col farlo legar da Vulcano ad una rupe del monte Caucaso, e di più col mandare ogni giorno un avvoltoio a roderg
di più col mandare ogni giorno un avvoltoio a rodergli il fegato, che di notte gli rinasceva e cresceva, per render perpet
o, che di notte gli rinasceva e cresceva, per render perpetua la pena di lui. Parve esorbitante e tirannico questo suppliz
izio agli stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di crea
stessi Dei, che inoltre rimasero indispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uo
dispettiti delle pretese di Giove di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con p
di arrogarsi per sè solo la facoltà di creare gli uomini ; ma invece di protestare con parole o con dimostrazioni clamoro
on dimostrazioni clamorose, asserirono il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più
o il loro diritto, esercitandolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la
andolo di fatto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la quale chiamarono Pandora,
atto e creando una donna fornita di tutte le più rare doti di corpo e di spirito, la quale chiamarono Pandora, che in grec
ti avevano contribuito a darle qualche particolar pregio. Giove finse di non sdegnarsene, anzi disse di voler farle un don
qualche particolar pregio. Giove finse di non sdegnarsene, anzi disse di voler farle un dono anch’egli, e le diede un vaso
i voler farle un dono anch’egli, e le diede un vaso chiuso con ordine di portarlo ad Epimeteo perchè l’aprisse. Ma per qua
ordine di portarlo ad Epimeteo perchè l’aprisse. Ma per quanto piena di pregi fosse Pandora, gli Dei non avevan pensato a
te aggiunte e frangie, da tener lungamente occupato chi volesse darne di tutte la descrizione e la spiegazione : è questo
one : è questo l’argomento prediletto non solo dei poeti, ma pur anco di molti filosofi nostri e stranieri. Lo stesso gran
oeticamente una scintilla del fuoco celeste) ; e inoltre la punizione di esso significa le traversie e le persecuzioni imm
ndi inventori invece del meritato premiò. Aggiungono però che la pena di Prometeo non fu perpetua, perchè Ercole lo liberò
celeste, inventando che egli accese lassù una verghetta o un fascetto di legna ; e cosi vengono a significare il modo usat
na ; e cosi vengono a significare il modo usato anche oggidì, in caso di bisogno o per esperimento, di eccitar la fiamma c
are il modo usato anche oggidì, in caso di bisogno o per esperimento, di eccitar la fiamma colla confricazione di due arid
i bisogno o per esperimento, di eccitar la fiamma colla confricazione di due aridi legni. Un uguale effetto deriva ancora
d anche il fulmine (che credevasi venir dal Cielo e dalla mano stessa di Giove) comunica il fuoco alle materie combustibil
la mano delle mani, lo stromento degli stromenti, l’aiuto degli aiuti di tutte le arti degli uomini. Anzi nella modernissi
del vero, posson chiamarsi invidiabilmente felici i sapienti cultori di quelle ! Quanto poi al vaso di Pandora, onde, usc
idiabilmente felici i sapienti cultori di quelle ! Quanto poi al vaso di Pandora, onde, uscirono tutti i mali di questa Te
i quelle ! Quanto poi al vaso di Pandora, onde, uscirono tutti i mali di questa Terra, l’espressione mitologica è tanto fa
spressione mitologica è tanto famigerata che odesi spesso dalla bocca di persone tutt’altro che eruditissime. Di Pandora s
mitologi, che Giove, nel regalarle il fatal vaso, le avesse ordinato di portarlo a Prometeo ; ma questi il cui nome signi
ifica l’opposto, cioè improvvido o incauto, questi l’aprì. Aggiungono di più che egli sposò Pandora, la quale gli portò in
iù che egli sposò Pandora, la quale gli portò in dote quel vaso pieno di tutti i mali. È poi molto notabile e filosofica l
di tutti i mali. È poi molto notabile e filosofica l’interpretazione di Bacone da Verulamio che Pandora, unita in matrimo
ora e al genere umano, non fa la più bella figura, come abbiam notato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici
ato di sopra, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e di padre, è anche più biasimevole. Mille
, nei suoi doveri poi, che diremmo domestici, vale a dire di marito e di padre, è anche più biasimevole. Mille ragioni non
e più biasimevole. Mille ragioni non che una aveva Giunone sua moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniuga
one sua moglie di lamentarsi e stizzirsi della violata fede coniugale di suo marito ; e gli uomini stessi non ebbero a lod
andosi molte famiglie dei mortali involte in gravi sciagure per colpa di Giove. Lungo sarebbe e molesto il voler tutte ram
er colpa di Giove. Lungo sarebbe e molesto il voler tutte rammentarle di seguito, come alcuni mitologi fanno : ond’io pref
ammentarle di seguito, come alcuni mitologi fanno : ond’io preferisco di narrarne le principali una alla volta, di mano in
i fanno : ond’io preferisco di narrarne le principali una alla volta, di mano in mano che ne verrà l’occasione, secondo l’
one, secondo l’ordine cronologico e gerarchico, nel parlare dei figli di Giove. Peggio poi che bestiale non che disumana f
gli di Giove. Peggio poi che bestiale non che disumana fu la condotta di questo Dio nel precipitar dal Cielo in Terra con
nel precipitar dal Cielo in Terra con un calcio Vulcano figlio suo e di Giunone, non per altro motivo se non perchè gli p
li parve brutto e deforme : per la qual caduta il misero Vulcano ebbe di più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo,
forme : per la qual caduta il misero Vulcano ebbe di più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e di esser perciò il
ro Vulcano ebbe di più la disgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e di esser perciò il ludibrio di quelle stravaganti Di
sgrazia di rimaner perpetuamante zoppo, e di esser perciò il ludibrio di quelle stravaganti Divinità del Paganesimo, come
45 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXII. Marte » pp. 138-143
 » come dice il Petrarca, era il Dio della guerra selvaggia, feroce, di esterminio. Per lui eran care delizie le risse e
vinsero aiutando l’eroico valore colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello
colla strategia e cogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo a
ogli strattagemmi di guerra, preferivano il culto di Minerva a quello di Marte ; e lasciarono che lo adorassero, devotamen
amente i Traci, i quali, come dice Orazio, avevano il barbaro costume di terminar con risse e pugne anche i conviti. Ben p
minar con risse e pugne anche i conviti. Ben pochi fatti raccontavano di questo Dio che stessero ad onore di lui, perchè c
iti. Ben pochi fatti raccontavano di questo Dio che stessero ad onore di lui, perchè credevano che gli fosse nemica la ste
quelle pugne in cui prendevano parte anche gli Dei, come nella guerra di Troia, si metteva sempre dalla fazione contraria
ro, la cui fondazione ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devo
ne ebbe luogo tre in quattro secoli dopo l’eccidio di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di G
io di Troia, il culto di Marte fu il più solenne e devoto dopo quello di Giove Ottimo Massimo, perchè i Romani oltre al cr
ani, tenevan per fermo che il fondatore della loro città fosse figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio. Da Ares,
figlio di Marte, come narra lo stesso Tito Livio. Da Ares, greco nome di questo Dio, derivò e fu composto il termine di Ar
o. Da Ares, greco nome di questo Dio, derivò e fu composto il termine di Areopago, che propriamente ed etimologicamente si
ine di Areopago, che propriamente ed etimologicamente significa borgo di Marte ; e poi sotto questo nome fu istituito da S
questo nome fu istituito da Solone il famoso tribunale dell’Areopago, di tanta sapienza e integrità, che vi eran portate a
e liti anche dagli stranieri. Come poi in questo nome tanto del borgo di Atene quanto del tribunale vi entrasse Marte, lo
vi entrasse Marte, lo dice la Mitologia. Marte fu accusato da Nettuno di avergli ucciso contro ogni ragione il suo figlio
contro ogni ragione il suo figlio Alitrozio ; e fu scelto un consesso di 12 Dei per giudicarlo, e il dibattimento ebbe luo
un borgo d’Atene che d’allora in poi fu chiamato perciò Areopago. Seì di quei giudici condannarono Marte, e gli altri sei
revole all’imputato, tanto più che per l’assoluzione era dato il voto di Minerva, Dea della sapienza173. Il nome latino d
e era dato il voto di Minerva, Dea della sapienza173. Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di M
a173. Il nome latino di Mars (Marte) consideravasi una abbreviazione di Mavors, che significa, come dice Cicerone, magna
ed appella evidentemente alla marcia militare e all’uso degli antichi di scagliarsi contro il vicino nemico a passi accele
on aspetto fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue di marmo e di bronzo (chè il nudo è il campo della s
fiero ; ma talvolta anche nudo ; specialmente nelle statue di marmo e di bronzo (chè il nudo è il campo della statuaria),
o i Romani ne moltiplicarono le statue e le pitture, perchè al favore di questo Dio attribuivano le loro conquiste. Infatt
generale romano nel partir per la guerra scuoteva l’asta della statua di Marte dicendo : Mars vigila ; sottintendendo in f
l termine della repubblica e ai primi tempi dell’impero, perchè a fin di guerra riuscivan sempre vincitori e conquistatori
già tutta plasmata da « ….quell’ingrato popolo maligno « Che discese di Fiesole ab antico « E tiene ancor del monte e del
menta santa « Di quei Roman che vi rimaser, quando « Fu fatto il nido di malizia tanta. » (Inf., Canto xv.) E inoltre Dan
el Dio Marte : « E se non fosse che sul passo d’Arno « Rimane ancor di lui alcuna vista, « Quei cittadin che poi la rifo
mitologi aggiungono che fu cangiato in gallo da Marte un suo soldato di nome Elettrione, perchè non fece bene la guardia,
andaloso, si attribuiva subito a Marte : sì poco buona stima si aveva di lui per morale condotta !179 In onore di Marte f
ì poco buona stima si aveva di lui per morale condotta !179 In onore di Marte fu dato da Romolo il nome al mese di marzo
le condotta !179 In onore di Marte fu dato da Romolo il nome al mese di marzo che era in quel tempo il primo mese dell’an
a un vasto podere appartenente a Tarquinio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo detto di Firenze, p
nio il superbo, ed ora è pieno di case, fra le quali il palazzo detto di Firenze, perchè apparteneva all’Ambasciata fioren
enze, perchè apparteneva all’Ambasciata fiorentina o toscana. Il nome di Marte si usa figuratamente tanto nella poesia lat
essioni tenuta marziale, aspetto marziale, corti marziali (o consigli di guerra), legge marziale (o stato d’assedio), ecc.
stragi. I moderni astronomi attribuiscono quel colore o alle materie di cui è composto il pianeta, atte a rifletterlo, o
vedono sul limite estremo dell’orizzonte, e specialmente dalla parte di ponente, ove son più spessi i vapori dell’atmosfe
dell’atmosfera ; e tanto più questo fenomeno si manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di t
manifesta nel pianeta di Marte, che per natura sua è sempre più rosso di tutti gli altri. Avendo egli presenti alla mente
pareggia. » 173. Da questa favola si disse derivato l’uso invalso di considerare favorevole all’imputato la parità dei
o invalso di considerare favorevole all’imputato la parità dei voti e di chiamar voto di Minerva quello decisivo. Modernam
siderare favorevole all’imputato la parità dei voti e di chiamar voto di Minerva quello decisivo. Modernamente per altro n
umero dei giudici sia dispari ; ed in alcune società amministrative o di privati, ove il numero dei votanti è variabile, s
i privati, ove il numero dei votanti è variabile, si accorda nei casi di parità il doppio voto al Presidente. 174. « Ja
« Jam qui magna verteret, Mavors. » (De Nat. Deor., ii.) E col nome di Mavors è chiamato Marte anche da Virgilio : magna
ne che i Romani usavano l’aggettivo bellus, a, um nel significato non di pulchrum, cioè bello, ma più comunemente di comod
a, um nel significato non di pulchrum, cioè bello, ma più comunemente di comodo e utile. Era comunissimo il dire (e trovas
tile. Era comunissimo il dire (e trovasi anche scritto nelle epistole di Cicerone) bellum est, per significare è cosa util
uesti scrittori, si metteva i panni curiali in ossequio e venerazione di uomini sì grandi e sapienti. 178. « E falso che
e molto la guastò nelle guerre che ebbe a sostenere contro i generali di Giustiniano. Essendo però comune opinione a quei
rò comune opinione a quei tempi che Attila fosse stato il distruttore di Firenze, a quella, come tant’altre volte, s’attie
l Poeta. » (Dal Commento del Can. Bianchi.) 179. Circa all’origine di Romolo creduto dai Romani figlio di Marte, Dante
anchi.) 179. Circa all’origine di Romolo creduto dai Romani figlio di Marte, Dante dice apertamente nel Canto viii del
gnificare colle nostre forze, cioè col nostro ingegno e senza l’aiuto di alcuno. 181. L’epiteto di marziali alle sostanze
e, cioè col nostro ingegno e senza l’aiuto di alcuno. 181. L’epiteto di marziali alle sostanze o ai prodotti chimici, in
il ferro, suol darsi in Terapeutica non solo per indicar la presenza di questo elemento, ma pur anco l’effetto del medesi
ar la presenza di questo elemento, ma pur anco l’effetto del medesimo di rinforzar la fibra, e il sangue. In Chimica si di
46 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XI. Giove re del Cielo » pp. 55-59
da noi in tutti gli altri nomi latini, dall’ablativo (Jove). Il nome di Giove deriva dal verbo giovare (juvare) : Giove s
l celeberrimo canto VI del Purgatorio, ove rimprovera la serva Italia di dolore ostello, ci presenta questa notabilissima
ita è la sua beneficenza. Da queste idee filosofiche derivò il titolo di Ottimo Massimo che davasi a Giove dai romani poli
re del fulmine. In Roma gli furono eretti diversi tempii sotto i nomi di Giove Statore, Feretrio e Capitolino ; e la stori
e Capitolino ; e la storia romana stessa narra l’origine e la ragione di questi titoli. Fu chiamato anche Giove Pluvio 60
del Cielo, aveva lassù la sua reggia, il suo trono, il suo Consiglio di Stato e la sua Corte. Ma spesso scendeva ad abita
eneva corte sul monte Olimpo in Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome di Olimpo è usato come sinonimo di Cielo ; Olimpico
Grecia61 ; e perciò dai poeti il nome di Olimpo è usato come sinonimo di Cielo ; Olimpico è detto Giove ; Olimpici o Dei d
Dei dell’ Olimpo tutti gli altri Dei superiori62. La dignità e maestà di Giove era descritta dai poeti più grandi e più so
r tutto l’Olimpo (Æneid., ix), e Orazio non lascia da aggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balen
ggiunger nulla di più affermando, che facea muover tutto a un balenar di ciglio (Od., iii, 1). Rappresentavasi con molta m
istra del fulmine, vale a dire che gli portava i fulmini dalla fucina di Vulcano. Omero aggiunge che ai lati del suo trono
del male, per versarle a suo beneplacito sopra i mortali. Dalle idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratis
idee di Omero fu ispirato Fidia nel far la sua celebratissima statua di Giove Olimpico 63, considerata come una delle mar
pittori il primo e più egregio modello dei lineamenti caratteristici di questa suprema divinità del paganesimo64. Nell’Af
à del paganesimo64. Nell’Affrica questo Dio era adorato sotto il nome di Giove Ammone e sotto la forma di ariete. Ammone s
questo Dio era adorato sotto il nome di Giove Ammone e sotto la forma di ariete. Ammone significa arenoso, e Giove ebbe qu
questo titolo perchè nelle arene della Libia comparve sotto la forma di ariete a Bacco, assetato e smarrito nel deserto,
io che Bacco per gratitudine gli eresse in quell’oasi fu perciò detto di Giove Ammone, e l’idolo del Nume ebbe perciò la f
perciò detto di Giove Ammone, e l’idolo del Nume ebbe perciò la forma di ariete65. Dell’ Oracolo di questo tempio parlerem
e, e l’idolo del Nume ebbe perciò la forma di ariete65. Dell’ Oracolo di questo tempio parleremo in un capitolo a parte, s
nsistessero gli Oracoli dei Pagani. I paleontologi hanno dato il nome di Ammonite ad una conchiglia fossile, perchè ha la
ato il nome di Ammonite ad una conchiglia fossile, perchè ha la forma di un corno simile a quelli di Giove Ammone, cioè di
na conchiglia fossile, perchè ha la forma di un corno simile a quelli di Giove Ammone, cioè di ariete ; e la chiamano anco
perchè ha la forma di un corno simile a quelli di Giove Ammone, cioè di ariete ; e la chiamano ancora, specialmente i Fra
cioè di ariete ; e la chiamano ancora, specialmente i Francesi, corno di Ammone. Ecco un’altra scienza, e delle più recent
a scienza, e delle più recenti, in cui non è disprezzato l’uso antico di adottare nel linguaggio scientifico i termini del
ermini della Mitologia. La più bella e sublime immagine della potenza di Giove, e della dipendenza della Terra dal Cielo e
ono anche gli astronomi antichi a rendere onore a Giove dando il nome di esso a quel pianeta che apparisce ed è maggiore d
che tuttora chiamasi Giovedì. Se tutto questo e null’altro si sapesse di Giove, avremmo in esso una nobilissima idea del D
sgraziatamente ci fu tramandato ancora il racconto della vita privata di questo Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume.
rivata di questo Dio, indegna d’un uomo non che d’un nume. Prima però di scendere a questa storia aneddotica, parleremo di
un nume. Prima però di scendere a questa storia aneddotica, parleremo di un fatto o avvenimento straordinario, che mise in
di un fatto o avvenimento straordinario, che mise in forse la potenza di Giove e degli altri Dei superiori. 57. In latin
erone, juvans pater, il padre, ossia il Dio che giova, poichè il nome di padre davasi a tutti gli Dei benefici. Inoltre la
adre davasi a tutti gli Dei benefici. Inoltre la voce padre è termine di affettuosa venerazione. Dante nel primo Canto del
ella trovò in un casolare in mezzo alle selve. 58. Vedi la Diccosina di Genovesi. 59. Quem propter beneficia Populus Rom
Maximum nominavit. (Cic. pro Domo sua.) Perciò questo duplice titolo di Ottimo Massimo lo troviamo attribuito a Dio anche
O. M. non solo nelle iscrizioni dei documenti storici delle chiese e di altre fabbriche addette al culto, ma pur anco ne’
ù prosaici fanno lusso e spreco dell’espressione mitologica e poetica di Giove Pluvio tutte le volte che parlano di pioggi
sione mitologica e poetica di Giove Pluvio tutte le volte che parlano di pioggie troppo continuate. 61. Vedendosi l’alta
continuate. 61. Vedendosi l’alta cima del monte Olimpo spesso cinta di nubi, dicevano gli Antichi che ve le stendesse Gi
lla poesia italiana si può usare l’aggettivo olimpico nel significato di maestoso o imperioso ; e l’ ha usato anche il Giu
lla satira del Ballo in questa espressione : « Con un olimpico cenno di testa. » 63. Giove fu detto Olimpico non solo
ttà dell’ Elide nel Peloponneso ; presso la qual città (alla distanza di un miglio e mezzo) sorgeva il magnifico tempio de
visione del tempo tutta particolare ai Greci e significante lo spazio di quattro anni. 64. Dice Ugo Foscolo che « Fidia
spazio di quattro anni. 64. Dice Ugo Foscolo che « Fidia vantavasi di aver dedotto la statua di Giove Olimpio da tre ve
64. Dice Ugo Foscolo che « Fidia vantavasi di aver dedotto la statua di Giove Olimpio da tre versi di Omero. » E questi t
dia vantavasi di aver dedotto la statua di Giove Olimpio da tre versi di Omero. » E questi tre versi nell’originale greco
versi di Omero. » E questi tre versi nell’originale greco son quelli di n° 528, 529 e 530, nel i libro dell’ Iliade, che
dell’ Iliade, che il Monti tradusse così : « Disse, e il gran figlio di Saturno i neri « Sopraccigli inchinò : sull’immor
tremonne il vasto Olimpo. » 65. L’oasi in cui fu eretto il tempio di Giove Ammone era quella che ora si chiama Dakhel,
Grande Oasi, sui confini dell’ Egitto, nel deserto anticamente detto di Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena nel
Egitto, nel deserto anticamente detto di Barca. 66. Parlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principi
arlando il Vico di questa Catena nel libro secondo de’ suoi Principii di Scienza Nuova, riferisce che in essa Dionigi Long
, riferisce che in essa Dionigi Longino ammirava la maggior sublimità di tutte le favole omeriche ; e quindi aggiunge le s
degli uomini e degli Dei con sì fatta Catena egli pende dall’arbitrio di esso Giove, ed essi vogliono Giove soggetto al Fa
essi vogliono Giove soggetto al Fato. Si fatta Autorità divina portò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua elegan
rtò di seguito l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà di umana natura, che non può esser tolt
o l’ Autorità umana con tutta la sua eleganza filosofica di proprietà di umana natura, che non può esser tolta all’uomo ne
47 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIII. Cadmo » pp. 321-325
in cui visse e per quanto oprò. Il racconto della sua vita è un misto di favole e di fatti storici. Perciò diremo da prima
e per quanto oprò. Il racconto della sua vita è un misto di favole e di fatti storici. Perciò diremo da prima quanto ne r
ultimo alcune osservazioni riferibili alla Storia. Cadmo era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Europa. Fu qu
osservazioni riferibili alla Storia. Cadmo era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Europa. Fu questa una belli
li alla Storia. Cadmo era figlio di Agenore re di Fenicia e fratello di Europa. Fu questa una bellissima giovinetta, che
del mare, si gettò in mezzo alle onde, e nuotando trasportò all’isola di Creta la giovinetta, ed ivi, riprese le forme div
la fece sua sposa, e n’ebbe due figli Minos e Radamanto 57. Il padre di lei non sapendo che ne fosse avvenuto, mandò il f
o che ne fosse avvenuto, mandò il figlio Cadmo a cercarla, con ordine di non tornare a casa finchè non avesse trovato la s
dove ; ma l’Oracolo non rispose alla sua domanda, e invece gli disse di fabbricare una città ove incontrasse una giovenca
sti nè quelli, vi andò egli stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo d
stesso, e vide un orribile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo di essi. Allora per vendicare
ile drago, custode di quella fonte, che finiva di divorarsi l’ ultimo di essi. Allora per vendicare la morte dei compagni
ll’empio suo fatto ; ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì di prendere i denti di quel serpente da lui ucciso e
ma apparsagli Minerva lo confortò, e gli suggerì di prendere i denti di quel serpente da lui ucciso e seminarne alquanti
menta vide Cadmo con sua gran maraviglia uscir poco dopo una quantità di uomini armati che si misero subito a combattere f
no a fabbricare la città. Questa fu da prima chiamata Cadmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il n
dmea dal nome di Cadmo, e poi Tebe, conservandosi però sempre il nome di Cadmea alla fortezza che fu primamente il nucleo
Cadmo per moglie Ermione, o, secondo altri Mitologi, Armonia, figlia di Venere e di Marte, e dalla medesima ebbe quattro
oglie Ermione, o, secondo altri Mitologi, Armonia, figlia di Venere e di Marte, e dalla medesima ebbe quattro figlie : Aut
che Ino fu cangiata nella Dea marina Leucotoe, e che Semele fu madre di Bacco. Ma per quanto avesse Cadmo strettissima pa
nere e Marte suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore di una illustre città, non ostante non
suoi suoceri e Bacco suo nipote, oltre il proprio merito di fondatore di una illustre città, non ostante non fu felice, e
i poeti soltanto, ma anche gli storici narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione di parlare a
narrano molte triste vicende ; di alcune delle quali avremo occasione di parlare a lungo in appresso. In quanto poi ai gue
erpente ucciso da Cadmo, gli Antichi ci hanno trasmesso anche il nome di quei cinque che sopravvissero ed aiutarono Cadmo
che sopravvissero ed aiutarono Cadmo a fabbricare e popolare la città di Tebe ; e i loro nomi son questi : Echione, Udeo,
zi i nobili Tebani dei secoli successivi credevano tanto (o fingevano di credere) in così strana favola, che derivavano la
ano di credere) in così strana favola, che derivavano la loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavans
a loro nobiltà di sangue dall’esser discendenti, com’essi vantavansi, di questi prodi guerrieri sì miracolosamente nati ;
ta dei denti del serpente ucciso da Cadmo58. Anche la trasformazione di Cadmo in serpente era tanto famigerata presso gli
son letti volentieri e con maraviglia nell’epopea. La trasformazione di Cadmo in serpente fu narrata così egregiamente da
so dell’opra sua, che non potè nasconderlo ai suoi lettori, ed asserì di aver superato Lucano ed anche Ovidio, il famoso a
morfosi : « Taccia Lucano omai, là dove tocca « Del misero Sabello e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scoc
lo e di Nassidio, « Ed attenda ad udir quel ch’or si scocca. « Taccia di Cadmo e d’Aretusa Ovidio, « Che se quello in serp
Europa, della quale dicono i Mitologi che ebbe da Giove il privilegio di dare il nome alla terza parte dell’antico contine
’antico continente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse da
ntinente che noi abitiamo, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla fo
o, gli storici non sanno dire nulla di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla fortezza di Tebe e conserv
di più nè di diverso. Che il nome di Cadmea fosse dato alla fortezza di Tebe e conservato pur anco a tempo della conquist
te nelle sue Vite degli eccellenti capitani greci. Quanto poi al nome di Tebe, non si contrasta che Cadmo avesse in mira d
Quanto poi al nome di Tebe, non si contrasta che Cadmo avesse in mira di fare una città simile alla famosa Tebe di Egitto,
ta che Cadmo avesse in mira di fare una città simile alla famosa Tebe di Egitto, e che perciò le desse lo stesso nome ; ma
ma se ne adducono due motivi diversi : il primo che la stirpe fenicia di Cadmo derivasse dall’ Egitto, come asseriscono mo
otavano ancora le quattro inventate da Palamede al tempo dell’assedio di Troia, e le altre quattro aggiuntevi da Simonide
e cinque secoli dopo ; che in tutte vengono a formar l’alfabeto greco di ventiquattro lettere61. Modernamente però mentre
storica ; nei quali confini deve arrestarsi il Mitologo. È però fuori di controversia che la civiltà non meno che la popol
’Oriente in Occidente. 57. Dante rammenta questa favola del ratto di Europa nel Canto xxvii del Paradiso, dicendo : «
di Europa nel Canto xxvii del Paradiso, dicendo : « Si ch’ io vedea di là da Gade il varco « Folle di Ulisse, e di qua p
Paradiso, dicendo : « Si ch’ io vedea di là da Gade il varco « Folle di Ulisse, e di qua presso il lito « Nel qual si fec
endo : « Si ch’ io vedea di là da Gade il varco « Folle di Ulisse, e di qua presso il lito « Nel qual si fece Europa dolc
ropa dolce carco. » 58. Anche gli altri nobili greci pretendevano di esser discesi da qualche eroe mitologico, e la ma
e, defini la Nobiltà : « Gente che incoccia maledettamente « D’esser di carne come tutti siamo, « E vorrebbe per padre un
mo che introdusse l’alfabeto in Europa, le pratiche religiose e molte di quelle arti che procurarono l’universale coltura.
l poema non ebbe credito, perchè vi predomina la fiacchezza d’ idee e di stile. Al Bagnoli mancava quel che Orazio richied
ì dal nome delle prime tre lettere del nostro alfabeto. Ma che diremo di quegli eruditi che volevano abolir questi nomi pe
quegli eruditi che volevano abolir questi nomi per sostituirvi quello di grammaticario ? Diremo per lo meno che qui è davv
degli Antichi : ma fu una vera pedanteria e ridicolezza il pretendere di distruggere il vocabolo alfabeto adottato nella l
(alfabetico, alfabetare, analfabeta ecc.) per sostituirvene un altro di nuova formazione o etimologia.
48 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VIII. Tre Divinità rappresentanti la Terra, cioè Vesta Prisca, Cibele e Tellùre » pp. 39-43
a, Cibele e Tellùre Abbiamó detto nel N. V, che Vesta Prisca moglie di Urano era considerata come la Dea della Terra : o
fu considerata come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva di piante e di animali ; Cibele poi come la Terra or
ta come la Terra appena separata dal Caos, e perciò priva di piante e di animali ; Cibele poi come la Terra ornata di tutt
perciò priva di piante e di animali ; Cibele poi come la Terra ornata di tutte le produzioni dei tre regni della Natura, a
ull’origine della Terra, che cioè essendo essa in principio una massa di materia incandescente, o in fusione ignea, non er
azione dei vegetabili e degli animali ; che in appresso, in centinaia di secoli, a poco a poco raffreddandosi aveva format
oche geologiche. Di Vesta Prisca abbiamo parlato abbastanza trattando di Urano ; nè qui, dopo aver notato come distingueva
eti quanto i prosatori latini usarono la parola tellùre come sinonimo di terra 41 ; e che Dante stesso nella Divina Commed
a Terra in occasione dell’incendio mondiale cagionato dall’imprudenza di Fetonte42, come a suo luogo vedremo. Di Cibele pe
ieremo dal notarne i diversi nomi e l’etimologia dei medesimi. Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome d
i medesimi. Quello di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove
llo di Cibele è il più noto e comune : derivò dal nome di una città e di un monte omonimo nella Frigia, ove questa Dea fu
alda e stabile figura geometrica, essendo uguale nelle tre dimensioni di lunghezza, larghezza e profondità ; e venendosi p
vasi in greco e in latino Rhea (nome che fu poi dato anche alla madre di Romolo, Rhea Sylvia), da un greco verbo che signi
dalla Terra scorrono, ossia provengono tutte le cose. Con questo nome di Rhea la rammenta anche Dante nel Canto xiv dell’
nta anche Dante nel Canto xiv dell’ Inferno, ov’egli parla dell’isola di Creta e del monte Ida : « Rhea la scelse già per
ludendo evidentemente alla favola già da noi raccontata dell’infanzia di Giove e de’suoi fratelli. Chiamavasi Opi dal nome
volta fu confusa collo Dea Tellùre, e perciò le fu dato anche il nome di questa. Aveva poi molti altri nomi, come Berecinz
dai monti e dai luoghi ove era adorata. Le era particolare il titolo di Gran Madre, tanto in greco (megale meter,) quanto
eter,) quanto in latino (magna mater,) perchè oltre ad esser la madre di Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno
magna mater,) perchè oltre ad esser la madre di Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del C
esser la madre di Nettuno Dio del Mare, di Plutone Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo, era anche la madre di G
one Dio dell’Inferno, di Giunone regina del Cielo, era anche la madre di Giove re supremo, del quale eran figli la maggior
emo, del quale eran figli la maggior parte degli altri Dei. Il culto di Cibele fu introdotto in Roma ai tempi della secon
i dovesse far venire a Roma la Dea Cibele adorata in Asia nella città di Pessinunte. Il viaggio di andata e ritorno era un
a la Dea Cibele adorata in Asia nella città di Pessinunte. Il viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qua
viaggio di andata e ritorno era un po’ lungo e richiedea qualche mese di tempo : talchè quando giunse in Roma la statua de
già pago delle vittime fatte a suo bell’agio, era cessato. La statua di Cibele venuta dall’Asia era una pietra informe ch
i Frigi credevano caduta miracolosamente dal Cielo (probabilmente una di quelle pietre meteoriche, dette ora aereoliti). R
lse e le dedicò un tempio Scipione Nasica, giudicato il più sant’uomo di Roma ; la portarono sulle spalle le matrone e le
e ed alla credulità dei popoli. In Roma per altro Cibele in progresso di tempo acquistò forma ed emblemi degni di una Dea.
er altro Cibele in progresso di tempo acquistò forma ed emblemi degni di una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lu
di una Dea. Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata di piante e di animali ; in capo aveva una corona tu
Fu rappresentata come una matrona con lunga veste ornata di piante e di animali ; in capo aveva una corona turrita, ossia
iante e di animali ; in capo aveva una corona turrita, ossia in forma di torri ; presso di sè un disco ossia tamburo ed un
 ; in capo aveva una corona turrita, ossia in forma di torri ; presso di sè un disco ossia tamburo ed un leone ; e spesso
pesso le si dava ancora un carro tirato da due leoni. La veste ornata di piante e di animali indicava il carattere distint
dava ancora un carro tirato da due leoni. La veste ornata di piante e di animali indicava il carattere distintivo di Cibel
veste ornata di piante e di animali indicava il carattere distintivo di Cibele, che presiedeva alla terra divenuta fertil
e, che presiedeva alla terra divenuta fertile e abitabile ; la corona di torri significava che quella Dea avesse insegnato
e era sacro il leone come il re degli animali terrestri. I sacerdoti di questa Dea si chiamavano Galli, Coribanti, Cureti
el fiume Gallo 44, che li faceva divenire furibondi ; nel quale stato di concitazione o di orgasmo urlavano, battevano gli
che li faceva divenire furibondi ; nel quale stato di concitazione o di orgasmo urlavano, battevano gli scudi e i tamburi
altra favola che essi in origine facessero questo strepito per ordine di Cibele, affinchè non si udissero in Cielo le grid
rdine di Cibele, affinchè non si udissero in Cielo le grida dei figli di lei. In Roma conservarono più comunemente questo
da dei figli di lei. In Roma conservarono più comunemente questo nome di Galli ; e poichè facevano vita comune e non aveva
ano i soli sacerdoti a cui fosse lasciata per pochi giorni la facoltà di far la questua ; ma non ne dice il perchè, non ve
estua ; ma non ne dice il perchè, non vedendo forse una buona ragione di questo eccezional privilegio, e, a quanto pare da
quanto pare dal contesto delle sue parole, disapprovandolo45. Il nome di Coribanti deriva da due parole greche che signifi
e tra lor si cozzassero. Cureti significa Cretensi, ossia dell’isola di Creta, perchè ivi in origine abitavano quando nac
razione mutilato e poi precipitato fra i dirupi e i sottoposti abissi di un monte. E questa è la prima metamorfosi, ossia
i di un monte. E questa è la prima metamorfosi, ossia trasformazione, di cui ci è occorso di far parola nella Mitologia. N
sta è la prima metamorfosi, ossia trasformazione, di cui ci è occorso di far parola nella Mitologia. Ne troveremo in appre
la Mitologia. Ne troveremo in appresso tal quantità che la collezione di esse diede origine ad un celebre poema latino, in
primitivo derivarono o furon composte le altre chimiche denominazioni di telluri-sali, telluriti, tellurati, tellururi met
lla solinga valle, ecc. » 44. Ovidio nel 4° dei Fasti così parla di questo fiume : « Inter, ait, viridem Cybelen alt
49 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXX. Delle Divinità straniere adorate dai Romani » pp. 506-510
e non furono inventate dai Romani stessi, converrebbe dire che le più di esse fossero straniere, fatte poche eccezioni di
ebbe dire che le più di esse fossero straniere, fatte poche eccezioni di Divinità Italiche e dell’apoteosi di qualche Virt
straniere, fatte poche eccezioni di Divinità Italiche e dell’apoteosi di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo no
che eccezioni di Divinità Italiche e dell’apoteosi di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo notato nel corso di q
si di qualche Virtù e di qualche Vizio, come abbiamo notato nel corso di questa Mitologia. I Romani infatti che per ordine
notato nel corso di questa Mitologia. I Romani infatti che per ordine di tempo comparvero gli ultimi nella scena politica
in Italia seguendo il loro Duce Enea principe troiano, creduto figlio di Venere e di Anchise ; che Enea fece alleanza con
guendo il loro Duce Enea principe troiano, creduto figlio di Venere e di Anchise ; che Enea fece alleanza con Latino re de
atino re dei Latini e ne sposò la figlia Lavinia ; che Ascanio figlio di Enea e di Creusa fondò Alba Lunga ; che dalla din
ei Latini e ne sposò la figlia Lavinia ; che Ascanio figlio di Enea e di Creusa fondò Alba Lunga ; che dalla dinastia dei
tia dei re Albani discesi in linea retta da Enea, nacque il fondatore di Roma a cui si attribuì per padre il Dio Marte. Da
ima parte quelle stesse dei Troiani e dei Greci al tempo della guerra di Troia, poichè Omero in tutta quanta l’Iliade ne r
de Evandro, creduto figlio della Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel mont
a Dea Carmenta, venuto nel Lazio prima di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pa
ma di Enea, avea fondata la città di Fenèo su quel monte che dal nome di suo figlio Pallante fu detto il Palatino, sarà ne
greco nel luogo stesso che in appresso fu il centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicero
l centro della nuova città di Romolo : tanto è vero che anche a tempo di Cicerone, com’egli afferma nelle sue lettere, esi
ro pagano le Feste Carmentali, cioè in onore della Dea Carmenta madre di Evandro. Anche il culto di Ercole Tebano fu intro
li, cioè in onore della Dea Carmenta madre di Evandro. Anche il culto di Ercole Tebano fu introdotto nella stessa regione
le liberati da quel mostro dell’assassino Caco, « Che sotto il sasso di monte Aventino « Di sangue fece spesse volte laco
pratiche religiose, non aggiunse alcun Dio a quelli adorati al tempo di Romolo ; e solo fece credere che quanto egli ordi
roiani e dei Greci già professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città di Roma. Quando dunque dai Mi
professato da Romolo e dai suoi compagni prima di fabbricare la città di Roma. Quando dunque dai Mitologi si parla di Dei
a di fabbricare la città di Roma. Quando dunque dai Mitologi si parla di Dei stranieri adorati dai Romani non si deve inte
greche Divinità che i Romani conoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazion
ità che i Romani conoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle qual
onoscevano e adoravano sin dall’origine di Roma, ma di tutte le altre di qualsivoglia nazione delle quali era ammesso o al
latini rammentano qualche divinità delle altre nazioni, e solo alcuni di loro fanno un’eccezione per le principali Divinit
nùbi. Quantunque i Greci sotto Alessandro Magno, e trecento anni dopo di loro i Romani sotto Cesare, Marc’ Antonio ed Augu
l’Egitto, poche e sconnesse notizie ci hanno tramandato gli scrittori di ambedue quelle nazioni relativamente al feticismo
mo, le oasi, il delta, le bocche o foci del Nilo e la stessa sorgente di questo fiume. L’Egizia Dea Iside, poichè credevas
otte avanti le porte del tempio d’Iside a pregar la Dea per la salute di Tibullo stesso che era infermo in Corfù. I sacerd
in Corfù. I sacerdoti Isiaci portavano il capo raso ed erano vestiti di tela di lino, e perciò si chiamavano linìgeri ; e
ù. I sacerdoti Isiaci portavano il capo raso ed erano vestiti di tela di lino, e perciò si chiamavano linìgeri ; e linìger
Lo stromento sacro per le cerimonie religiose era il sistro, formato di una larga lamina di metallo piegata in figura ell
per le cerimonie religiose era il sistro, formato di una larga lamina di metallo piegata in figura ellittica, nella quale
ellittica, nella quale inserivansi diverse bacchette mobili parimente di metallo ; e se ne traeva un suono musicale con st
e regolari colpi e movimenti. I Romani adoravano Iside sotto la forma di donna ; ma gli Egiziani sotto quella di vacca, pe
doravano Iside sotto la forma di donna ; ma gli Egiziani sotto quella di vacca, perchè credevano che questa Dea insieme co
a in vacca ed Osiride in bove o toro. Nè gli Egiziani si contentavano di adorare queste due Divinità sotto la forma dei su
pio e prestavano il loro culto ad un bue vivente a cui davasi il nome di Bue Api. Questo bue aveva il pelo nero, e soltant
ni lo annegavano in un lago, e poi dicevano che era morto o perduto ; di che facevasi un gran lutto con gemiti e pianti da
quali nomi è rammentato dagli scrittori latini. Nel tempio d’Iside e di Seràpide ponevasi la statua del Dio Arpòcrate che
a considerato come Dio del silenzio, e perciò rappresentavasi in atto di premer le labbra col dito indice della mano destr
ice della mano destra, segno usitatissimo ed espressivo d’intimazione di silenzio. Quest’atto è anche segno di stare atten
imo ed espressivo d’intimazione di silenzio. Quest’atto è anche segno di stare attenti, come abbiamo in Dante : « Perch’i
scrittori latini il Dio Anùbi, che gli Egiziani dicevano esser figlio di Osiride, e lo rappresentavano sotto la forma di c
dicevano esser figlio di Osiride, e lo rappresentavano sotto la forma di cane e talvolta di uomo, ma però sempre colla tes
io di Osiride, e lo rappresentavano sotto la forma di cane e talvolta di uomo, ma però sempre colla testa di cane, come se
sotto la forma di cane e talvolta di uomo, ma però sempre colla testa di cane, come se ne vedono alcuni idoletti di metall
ma però sempre colla testa di cane, come se ne vedono alcuni idoletti di metallo nel Museo Egiziano. Virgilio stesso nel l
uai mostruose « Adora deità l’Egitto stolta ? « Qui i coccodrilli, là di velenose « Serpi Ibi sazia a venerar si volta ; «
vedere « Fluviatil lato accor devoto incenso ; « Si prostra al cane, di cittadi intere, « E non anzi a Diana, il popol de
cui da terra sorti « Questi Numi sì ben nascon negli orti ! (Traduz. di G. Giordani).
50 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — XXXI. Il Genio e i Genii » pp. 232-241
ei (V. il N. III) che il Genio era considerato dai Latini come un Dio di prim’ordine, ossia della classe degli Dei superio
igione del Politeismo il moltiplicare gli Dei, come nei falsi sistemi di governo si moltiplicano gl’impiegati, comiciarono
basta. Dopo aver detto che un Genio particolare presiedeva alla vita di ciascuna persona e l’accompagnava e dirigeva dall
oprie soltanto dei Politeisti greci e latini ; anzi non furon nemmeno di loro invenzione, poichè sappiamo di certo che ebb
e latini ; anzi non furon nemmeno di loro invenzione, poichè sappiamo di certo che ebbero origine nell’Oriente e prevalser
ranti. Non sarà dunque un fuor d’opera il risalire alle prime origini di questa invenzione. Tralascierò di parlare della
era il risalire alle prime origini di questa invenzione. Tralascierò di parlare della Trimurti, o trinità Indiana di Brah
invenzione. Tralascierò di parlare della Trimurti, o trinità Indiana di Brahma, Visnù e Siva, o di altre triadi poco da q
parlare della Trimurti, o trinità Indiana di Brahma, Visnù e Siva, o di altre triadi poco da questa dissimili ; e mi bast
alismo, che riconosce due principii, o vogliam dire due cause supreme di tutte le cose, entrambe eterne, l’una opposta e n
terne, l’una opposta e nemica dell’altra ; e, senza aggiungervi nulla di mio, riporterò quel che ne dice un filosofo ortod
terò quel che ne dice un filosofo ortodosso, discepolo e fido seguace di Rosmini, il Pestalozza. Nel parlare del dualismo
così opposte un principio opposto. Di qui nacque il dualismo indiano di Mahadeva e Bahavani, l’egizio d’Iside e Osiride,
diano di Mahadeva e Bahavani, l’egizio d’Iside e Osiride, il persiano di Ormuzd e Ahriman, quello degli gnostici e di altr
e e Osiride, il persiano di Ormuzd e Ahriman, quello degli gnostici e di altri l’intelligenza e la materia. « Questa dottr
voga dopo stabilito il cristianesimo, per opera dei Manichei, seguaci di Manete ; ma dove gli antichi pel domma dei due pr
no alla morale pubblica e privata. ………………………… « Non v’è forse sistema di teologia presso gli antichi, sia che si parli deg
ando ora alla Mitologia classica per ordine cronologico, noterò prima di tutto che i Genii nel linguaggio dei Greci eran d
ei davansi tra loro per onorificenza questo titolo. Perciò sembra più di tutte probabile la interpretazione della parola D
opinione su questi Dèmoni, o spiriti, o genii. Aristotele, il maestro di color che sanno, come lo chiama Dante, divise gli
nità non ha comunicazione diretta cogli uomini, ma soltantò per mezzo di Dèmoni. » E altrove aggiunge : « Ogni mortale all
èmoni, non dee recar maraviglia che Filone, filosofo alessandrino, ma di stirpe ebraica, asserisse che i Dèmoni dei Greci
corrispondono ai Genii dei Latini. E queste etimologie e somiglianze di ufficio non furon contradette da alcuno274. L’opi
glianze di ufficio non furon contradette da alcuno274. L’opinione poi di Socrate sull’esistenza dei Dèmoni o Genii non pot
remo governa il mondo come l’anima governa il corpo. L’anima stessa è di natura divina, e per conseguenza immortale. La vi
ra divina, e per conseguenza immortale. La vita futura sarà uno stato di rimunerazione secondo le opere di ciascuno. » Sem
tale. La vita futura sarà uno stato di rimunerazione secondo le opere di ciascuno. » Sembran parole copiate da qualche lib
condo le opere di ciascuno. » Sembran parole copiate da qualche libro di Teologia cristiana ! Eppure Socrate viveva 4 in 5
a Religione dello Stato e corruttore della gioventù. Il Dèmone dunque di cui egli parlava non poteva significare, nella su
greta intenzione, una divinità mitologica, ma piuttosto l’ispirazione di quell’unico Dio in cui egli credeva. Abbiamo vedu
l’ispirazione di quell’unico Dio in cui egli credeva. Abbiamo veduto di sopra, che i Genii dei Latini corrispondevano ai
ificati nulla differivano secondo le opinioni religiose e filosofiche di quei tempi ; e perciò anche nel politeismo romano
tempi ; e perciò anche nel politeismo romano credevasi all’esistenza di genii buoni e di genii ma ligni276). Quando poi i
anche nel politeismo romano credevasi all’esistenza di genii buoni e di genii ma ligni276). Quando poi i Pagani divenner
aiana si vede alato il Genio della luce e con una fiaccola in mano al di sopra del carro di Diana ; e perciò non è possibi
il Genio della luce e con una fiaccola in mano al di sopra del carro di Diana ; e perciò non è possibile crederlo un Ange
ti sepolcrali in atto mesto e colla face rovesciata o spenta, simbolo di morte. I Pagani credevano ancora che esistessero
versi luoghi o territorii ; ma per lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro
rii ; ma per lo più li rappresentavano in forma di serpenti e in atto di cibarsi delle frutta a loro offerte in una patera
non indarno « Il Genio redivivo. Al suol romano « D’Augusto i tempi e di Leon tornarno. » Il Manzoni, nel suo mirabile Ca
o in quell’ardua immagine dell’arte « Che al genio è donna e figlia è di natura, « E in parte ha forma della madre, in par
ino, parte 1ª.) Ed anche ironicamente : « Fecero a un tratto un muso di defunto « Tutti, nel centro, a dritta ed a mancin
, a dritta ed a mancina, « E morì sulle labbra accidentato « Il genio di quel birro illuminato. » (Il Congresso dei Birri
sti usò, benchè ironicamente, la parola Genii a significare scrittori di ingegno straordinario : « Con che forza si campa
derno, è la forza dell’ingegno che crea : la forza dell’animo motrice di grandi azioni. » 273. Angelo, secondo la greca
imologia ed interpretazione è rammentata e adottata anche nelle opere di Sant’Agostino e di San Girolamo. 274. Anzi due n
etazione è rammentata e adottata anche nelle opere di Sant’Agostino e di San Girolamo. 274. Anzi due nostri celebri vocab
egazione mitologica e filosofica, aggiungono il significato cristiano di Angelo custode. 275. Cicerone nel libro i, De Di
e Antipatro tra gli scrittori che avevan riferito molte cose mirabili di Socrate : « Permulta collecta sunt ab Antipatro,
ingevano al bene o al male le femmine ; ma avevano il particolar nome di Junones. 277. La voce diabolus deriva dal greco
va soltanto al principe delle tenebre, come deducesi da queste parole di sant’Agostino : « Diabolus et angeli eius in scri
um ; e cita Tertulliano e Lattanzio. Ma in appresso si estese il nome di diavolo a qualunque demonio, come vediamo nell’In
ese il nome di diavolo a qualunque demonio, come vediamo nell’Inferno di Dante. 278. Ai Genii si offrivano dai Romani le
tesso significato dei Latini ; e l’Ariosto ha copiato la stessa frase di Cicerone pro Cluentio, chiamando geniali i letti
giurïosi detti ; « Stracciar la faccia e far livida e nera ; « Bagnar di pianto i geniali letti ; « E non di pianto sol, m
ia e far livida e nera ; « Bagnar di pianto i geniali letti ; « E non di pianto sol, ma alcuna volta « Di sangue gli ha ba
ario della Crusca del passato secolo (non posso citar quello in corso di stampa, perchè non giunto ancora alla lettera G),
affatto. Perciò soltanto il tribunal della Crusca potrà decidere chi di loro abbia ragione. Il Fanfani invece accenna un
51 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — V. Urano e Vesta Prisca avi di Giove  » pp. 25-27
V Urano e Vesta Prisca avi di Giove Dal prospetto genealogico del N° III sap
indica l’opinione degli antichi mitologi che il Cielo fosse composto di questi due più leggieri e più puri fra i 4 elemen
re), il quale fantasticò e spacciò per verità scientifica l’esistenza di tante sfere di solido cristallo negli spazii del
antasticò e spacciò per verità scientifica l’esistenza di tante sfere di solido cristallo negli spazii del cielo. Anzi pot
segreta, colla quale cercavano d’imporre rispetto alle moltitudini e di tenerle soggette ; e con false immagini e miracol
e, quanto più strane e tanto più credute dagl’ignoranti, li pascevano di vane illusioni e li dominavano, « Forse con inte
buirono ad esse bisogni, abitudini, idee e passioni come alle persone di questo mondo. Quindi immaginarono il nettare e l’
ome genitori del Cielo, e volevano serbar l’Acqua per farne la moglie di Nettuno Dio del mare. Ma siccome fu dato il nome
r farne la moglie di Nettuno Dio del mare. Ma siccome fu dato il nome di Urano al Cielo, così fu dai Greci assegnato alla
ome di Urano al Cielo, così fu dai Greci assegnato alla Terra il nome di Estia, che dai Latini fu cangiato in Vesta, signi
he dai Latini fu cangiato in Vesta, significante, secondo Ovidio, che di sua forza sta, alludendosi in ambedue le lingue a
duta immobilità della Terra18. Le fu aggiunto in appresso l’aggettivo di Prisca, per distinguerla da un’altra Vesta sua ni
ote, Dea del fuoco del culto delle Vestali in Roma. Ebbe anche i nomi di Titèa e Pasitèa, usati dai poeti greci e latini,
tano in prima, e poi un suo figlio chiamato Iperione ebbero l’ufficio di guidare il carro del Sole per distribuire la luce
re il carro del Sole per distribuire la luce al mondo ; perciò i nomi di Titano e di Iperione si trovano usati in poesia c
del Sole per distribuire la luce al mondo ; perciò i nomi di Titano e di Iperione si trovano usati in poesia come sinonimi
esto Dio oltre molte altre attribuzioni ebbe in perpetuo anche quella di guidare il carro della luce19, e sotto il nome pa
quella di guidare il carro della luce19, e sotto il nome particolare di Febo fu considerato come il Sole istesso. Siccome
figli, supposero i mitologi che gli fosse piaciuto abdicare in favore di essi. Credendo per altro che esistesse anche in C
e di essi. Credendo per altro che esistesse anche in Cielo il diritto di primogenitura 20, a subentrare nel regno sarebbe
ì soltanto a patto che Saturno non allevasse figli maschi, intendendo di riserbarsi, non meno di diritto che di fatto, ape
aturno non allevasse figli maschi, intendendo di riserbarsi, non meno di diritto che di fatto, aperta la strada al trono o
vasse figli maschi, intendendo di riserbarsi, non meno di diritto che di fatto, aperta la strada al trono o per sè o per i
o per i propri figli Titani, quando Saturno a sua volta fosse stanco di regnare. Questo patto di famiglia fu causa di fro
ani, quando Saturno a sua volta fosse stanco di regnare. Questo patto di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di gu
sua volta fosse stanco di regnare. Questo patto di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di guerre fraterne e di sc
fosse stanco di regnare. Questo patto di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di guerre fraterne e di sciagure anc
regnare. Questo patto di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di guerre fraterne e di sciagure anche per Saturno e
o di famiglia fu causa di frodi, di dissenzioni, di guerre fraterne e di sciagure anche per Saturno e per Cibele, ma princ
non interloquì nelle vertenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta er
oquì nelle vertenze dei medesimi e dei nipoti, nè si occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta era quella d
i occupò di affari di Stato. La sua occupazione prediletta era quella di far girare intorno alla Terra il firmamento, ossi
ar girare intorno alla Terra il firmamento, ossia la sfera stellata e di adornarlo di nuove stelle. I moderni astronomi, c
orno alla Terra il firmamento, ossia la sfera stellata e di adornarlo di nuove stelle. I moderni astronomi, che seguendo i
e, non che il loro movimento intorno al nostro globo, diedero il nome di Urano al pianeta scoperto da Herschel nel 1781, i
del loro sistema planetario avevano dato il nome dei principali figli di Giove, e al più lontano quello del padre di esso,
nome dei principali figli di Giove, e al più lontano quello del padre di esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è p
ipali figli di Giove, e al più lontano quello del padre di esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è più lontano di
padre di esso, cioè di Saturno ; perciò al pianeta che è più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre di questo,
al pianeta che è più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre di questo, cioè di Urano. Anche il nome di Vesta fu
più lontano di Saturno assegnarono il nome del padre di questo, cioè di Urano. Anche il nome di Vesta fu attribuito al 4°
assegnarono il nome del padre di questo, cioè di Urano. Anche il nome di Vesta fu attribuito al 4° piccolo pianeta o aster
tata da viva fiamma, convien dedurne che gli astronomi abbiano inteso di rappresentar Vesta giovane, Dea del fuoco, anzi c
ppresentar Vesta giovane, Dea del fuoco, anzi che Vesta Prisca moglie di Urano. 17. « Nectar et ambrosiam, latices epu
Nat. Deor. aveva dato prima d’ Ovidio la stessa derivazione del nome di Vesta dal greco Estia : Nam Vestæ nomen a Græcis
d aquilone entrava. » 20. Il Giusti parlando del cosi detto diritto di primogenitura lo chiama ironicamente il vero meri
detto diritto di primogenitura lo chiama ironicamente il vero merito di nascer prima. Da noi e presso molti altri popoli
presso molti altri popoli è abolito per legge tra i privati o sudditi di uno Stato ; e perciò tutti i figli ed anche le fi
ereditarii per non cagionare lo smembramento degli Stati nè le guerre di successione.
52 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLII. Bellerofonte » pp. 317-320
XLII Bellerofonte Quest’Eroe fu pronipote di Eolo, nipote di Sisifo e figlio di Glauco, della
XLII Bellerofonte Quest’Eroe fu pronipote di Eolo, nipote di Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re
erofonte Quest’Eroe fu pronipote di Eolo, nipote di Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re di Efira, cioè di C
e di Eolo, nipote di Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re di Efira, cioè di Corinto. Il suo vero nome primitiv
te di Sisifo e figlio di Glauco, della dinastia dei re di Efira, cioè di Corinto. Il suo vero nome primitivo era Ipponoo ;
vero nome primitivo era Ipponoo ; ed è soltanto un soprannome quello di Bellerofonte, che gli fu dato dopo che egli per c
, che gli fu dato dopo che egli per caso uccise Beller suo fratello ; di che rimase poi sempre dolente e mesto52. Dicono i
oi sempre dolente e mesto52. Dicono i Mitologi che egli pure fosse re di Corinto ; ma il suo nome non trovasi nella greca
sse re di Corinto ; ma il suo nome non trovasi nella greca cronologia di questi re ; e forse perciò aggiungono che fu subi
o detronizzato da Preto e costretto a restar come ostaggio alla corte di lui. Quivi fu calunniato malignamente dalla regin
le accuse della perfida moglie (volendo per altro schivare l’odiosità di farlo morire egli stesso senza apparente motivo),
gli stesso senza apparente motivo), lo mandò da suo suocero Iobate re di Licia, con una lettera chiusa, che consegnò a Bel
gli che era una commendatizia, mentre invece conteneva la commissione di far morire il latore di quella. D’allora in poi l
tizia, mentre invece conteneva la commissione di far morire il latore di quella. D’allora in poi lettere di Bellerofonte f
ommissione di far morire il latore di quella. D’allora in poi lettere di Bellerofonte furono dette per antonomasia dai Pag
Pagani simili lettere proditorie53. Quindi in appresso invalse l’uso di consegnare aperte le lettere commendatizie. Iobat
lettere commendatizie. Iobate non volle macchiarsi le mani nel sangue di un ospite, e impegnò Bellerofonte in imprese peri
sua innocenza se riuscisse vittorioso54. La più celebre e memorabile di queste imprese fu quella della Chimera, mostro ch
e di queste imprese fu quella della Chimera, mostro che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente, e
fu quella della Chimera, mostro che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava f
imera, mostro che avea la testa di leone, il corpo di capra e la coda di serpente, ed inoltre gettava fiamme dalla bocca e
d uccidere la Chimera. Allora sì parve a Iobate manifesta l’innocenza di Bellerofonte, e cangiato il sospetto in ammirazio
benevolenza, gli diede in isposa l’altra sua figlia, che era sorella di Stenobea. Questa, quando lo seppe, agitata dall’i
one più plausibile che suol darsi della Chimera è questa : che invece di essere un mostro fosse un monte ignivomo della Li
saputo sinora trovarne una migliore. I Naturalisti hanno dato il nome di Chimera a un genere di pesci, notabili per la for
una migliore. I Naturalisti hanno dato il nome di Chimera a un genere di pesci, notabili per la forma mostruosa della loro
rtica vive in mezzo all’ oceano boreale, e si nutrisce principalmente di granchi e di molluschi. È lunga circa un metro e
mezzo all’ oceano boreale, e si nutrisce principalmente di granchi e di molluschi. È lunga circa un metro e di color gial
ce principalmente di granchi e di molluschi. È lunga circa un metro e di color giallastro con macchie nere. Le fu dato anc
e. Le fu dato ancora volgarmente dai pescatori settentrionali il nome di Regalec, ossia di re delle Aringhe, perchè la tro
ra volgarmente dai pescatori settentrionali il nome di Regalec, ossia di re delle Aringhe, perchè la trovano sempre in mez
ni nelle lingue moderne, e specialmente nella italiana, quanto quello di Chimera, nel significato però di cosa insussisten
lmente nella italiana, quanto quello di Chimera, nel significato però di cosa insussistente, inverisimile, impossibile ; e
dell’aggettivo chimerico che ne deriva55. Anzi sulla base o radicale di questa parola si son formati in italiano vocaboli
base o radicale di questa parola si son formati in italiano vocaboli di cui non esistono gli equivalenti neppure in latin
gnificato che suol darsi comunemente alla parola chimera dimostra che di tutte le cose favolose ond’ è piena la Mitologia,
favolose ond’ è piena la Mitologia, questa è stimata la più favolosa di tutte, appunto per lo stranissimo accozzo animale
aro il trovar dipinta o sculta la figura della Chimera. Ne esiste una di bronzo fuso nella Galleria degli Uffizi ; ma è di
ver pregio per gli Antiquarii e per la Storia dell’ Arte, ma non reca di certo una gradita sensazione all’occhio dei profa
, dove si parla delle lettere che il re David consegnò ad Uria marito di Betsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali l
etsabea pel suo generale Gioabbo ; nelle quali la supposta promozione di questo bravo ufficiale consisteva nel doverlo esp
rre sulle prime file contro i nemici, perchè vi perisse, come avvenne di fatto. Perciò in stile biblico lettere di Uria so
hè vi perisse, come avvenne di fatto. Perciò in stile biblico lettere di Uria sono precisamente equivalenti a lettere di B
stile biblico lettere di Uria sono precisamente equivalenti a lettere di Bellerofonte in linguaggio mitologico. 54. Su qu
di Bellerofonte in linguaggio mitologico. 54. Su queste stesse idee di Iobate eran fondati nei secoli barbari del Medio
te eran fondati nei secoli barbari del Medio Evo i così detti Giudizi di Dio, pretendendosi che la Divinità dovesse sempre
 » 56. Non ci vuol molto a immaginare i più strani mostri formati di membra diverse di ogni genere di animali ; ma ne
vuol molto a immaginare i più strani mostri formati di membra diverse di ogni genere di animali ; ma ne deriva, invece del
maginare i più strani mostri formati di membra diverse di ogni genere di animali ; ma ne deriva, invece dell’ ammirazione
53 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — III. Classazione generale delle Divinità pagane e Genealogia degli Dei superiori » pp. 15-19
si faceva ascendere il numero degli Dei pagani : quindi la necessità di dividerli in classi ; la prima delle quali era de
ercurio e Vulcano. I nomi degli altri otto si trovano in un frammento di un eruditissimo autore latino, Varrone, e sono i
rco o Plutone, Bacco, la Terra e la Luna 8. Ma convien notare che tre di questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son
che tre di questi nomi, cioè il Sole, la Terra e la Luna son sinonimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i
la Terra e la Luna son sinonimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i consiglieri di Giove ; poichè è avven
onimi di Apollo, Vesta e Diana, registrati di sopra tra i consiglieri di Giove ; poichè è avvenuto in tutte le religioni i
iderati come rappresentanti altrettante divinità. Tal’altra volta poi di più divinità se ne fece una sola, amalgamando in
divinità se ne fece una sola, amalgamando in essa tutti gli attributi di quelle che anticamente erano distinte9. È questa
tologia pel doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti di causa e di effetto considerati dagli antichi nei
doppio scopo, che da quella si deducono spesso i rapporti di causa e di effetto considerati dagli antichi nei fenomeni de
i nei fenomeni del mondo, e poi perchè frequentemente i poeti, invece di rammentare una divinità col suo nome principale e
uo nome principale e più conosciuto, fanno uso del patronimico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padr
ronimico, ossia di un vocabolo derivato o composto dal nome del padre di quella data divinità. Il Dio Urano è lo stipite d
ifica Cielo, e perciò credevasi figlio del Giorno e dell’ Aria, ossia di due dei quattro elementi del Caos. Sposò Vesta Pr
ne, Giove, Nettuno e Plutone. Giove sposò Giunone elevandola al grado di regina del Cielo, ed ebbe da essa Marte, Vulcano
numero, tra i quali qui noteremo soltanto quelli che furono divinità di prim’ordine, cioè Apollo, Diana, Mercurio e Bacco
Diana, Mercurio e Bacco. Minerva nacque miracolosamente dal cervello di Giove. Il Genio (il cui nome derivava dall’antico
te recar maraviglia che la Natura non sia considerata tra le divinità di prim’ordine. Ed io aggiungerò che raramente trova
ta e rappresentata come Dea, e per lo più confondesi coll’ Abbondanza di tutte le cose naturali. Vedremo però in appresso
ferior classe degli Dei. Intanto però è da notarsi che questo termine di Natura è di un uso estesissimo in tutte le lingue
e degli Dei. Intanto però è da notarsi che questo termine di Natura è di un uso estesissimo in tutte le lingue, in tutte l
perciò conviene indicarne i principali significati. La voce Natura è di origine latina, dalla qual lingua è passata pari
dicevasi fisis, onde deriva il vocabolo fisica, che perciò è sinonimo di naturale. Quindi scienze fisiche e scienze natura
amente ai dì nostri stanno a significare due diverse e distinte parti di studio delle cose naturali10 Ci fa saper Cicero
osofi consideravano la Natura come il principio e la causa efficiente di tutte le cose fisiche ; e perciò usavano questo t
tutte le cose fisiche ; e perciò usavano questo termine come sinonimo di Dio. E in questo stesso significato si usa nelle
nelle scienze anche oggidì, per non star sempre a rammentare il nome di Dio : e non solo nelle scienze fisiche, ma pur an
amente che è contro natura 11. Anche i poeti cristiani quando parlano di cose mitologiche e di fenomeni fisici usano la pa
tura 11. Anche i poeti cristiani quando parlano di cose mitologiche e di fenomeni fisici usano la parola Natura nell’antic
i animali, assai fe’ bene. » Per tôr cotali esecutori a Marte. » Non di rado significa ancora il complesso delle cose cre
ntende l’essenza degli oggetti esistenti, o vogliam dire il complesso di tutte le qualità o caratteri distintivi di qualun
vogliam dire il complesso di tutte le qualità o caratteri distintivi di qualunque essere creato tanto fisico, quanto mora
Natura divina e della Natura umana, e inoltre dell’unione ipostatica di queste due nature. Il volgo stesso ha sempre pro
lle labbra le espressioni : è naturale ; naturalmente ; per natura, o di natura sua e simili. Di più nella lingua italiana
rsi latini i nomi dei dodici Dei superiori che formavano il consiglio di Giove. Li riporto per chi studia la lingua latina
udo, e perciò conosciuti ancora dagli antichi, diedero questi il nome di sette divinità del primo ordine, cioè la Luna, Me
divinità secondarie o inferiori ; e ora a quei pianeti che scuoprono di mano in mano quasi tutti gli anni, e qualche volt
ondo ecc. Mercurio terzo, Ercole 12° ecc. ecc. A legger cotesti libri di così minuziosa erudizione viene il capogiro, pret
sti libri di così minuziosa erudizione viene il capogiro, pretendendo di ricordarsi di tutte quelle interminabili filiazio
osì minuziosa erudizione viene il capogiro, pretendendo di ricordarsi di tutte quelle interminabili filiazioni e parentele
do di ricordarsi di tutte quelle interminabili filiazioni e parentele di un gran numero di Dei e di Dee dello stesso nome.
i tutte quelle interminabili filiazioni e parentele di un gran numero di Dei e di Dee dello stesso nome. Lo stesso Vico ha
uelle interminabili filiazioni e parentele di un gran numero di Dei e di Dee dello stesso nome. Lo stesso Vico ha detto ne
dello stesso nome. Lo stesso Vico ha detto nel lib. ii dei Principii di scienza nuova : « Quindi tanti Giovi che fanno ma
he conservateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc.,
vateci dalle favole, ecc. ecc. » Fortunatamente in progresso di tempo di tutti quei Giovi, Mercurii, Ercoli ecc., se ne fe
posizione e decomposizione della materia, sotto i nomi principalmente di fisica generale e di chimica ; la 2ª cominciando
zione della materia, sotto i nomi principalmente di fisica generale e di chimica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale
imica ; la 2ª cominciando dalla storia naturale, che è la descrizione di tutti gli esseri organici ed inorganici della cre
54 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVI. Le Ninfe » pp. 279-284
arine notammo che v’erano seimila Ninfe Oceanitidi e alcune centinaia di Nereidi e di Doridi, oltre all’aver detto anche p
che v’erano seimila Ninfe Oceanitidi e alcune centinaia di Nereidi e di Doridi, oltre all’aver detto anche prima, che Giu
tti, a cui pur presiedevano almeno altrettante Ninfe. Ninfa è parola di origine greca, che fu adottata dai Latini e conse
rvata dagli Italiani nello stesso duplice significato primitivo, cioè di Dea inferiore e di giovane donna, perchè credevas
i nello stesso duplice significato primitivo, cioè di Dea inferiore e di giovane donna, perchè credevasi che le Ninfe non
come giovinette ingenue, semplicemente vestite, e tutt’al più ornate di fiorellini campestri come le pastorelle. Ammettev
ero mai : « Morir non puote alcuna fata mai, » disse l’Ariosto, che di Fate se ne intendeva. Gli appellativi di Oreadi,
mai, » disse l’Ariosto, che di Fate se ne intendeva. Gli appellativi di Oreadi, Napee, Naiadi e Driadi, che si diedero al
abolo composto, che significa insiem colla quercia, o come si è detto di sopra, coll’albero ; e davasi questo titolo a que
itolo a quelle Ninfe la cui esistenza era legata alla vita vegetativa di una data pianta ; inaridendosi la quale, oppure e
iade. — Questi termini essendo significativi degli attributi speciali di quelle Ninfe a cui erano assegnati, conviene che
li adoprano non solo i poeti greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. Molte di quelle Ninfe a cui f
greci e i latini, ma altresì, benchè più di rado, gl’ italiani. Molte di quelle Ninfe a cui fu dato un nome proprio dai Mi
i e dai poeti furono da noi rammentate sinora : qui torna in acconcio di far parola di qualche altra che non troverebbe lu
furono da noi rammentate sinora : qui torna in acconcio di far parola di qualche altra che non troverebbe luogo più opport
mentarsi pel loro proprio nome le Ninfe che ebbero cura dell’infanzia di Giove, cioè Amaltea e Melissa. Queste nutrirono l
ve, cioè Amaltea e Melissa. Queste nutrirono l’infante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di u
nfante Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una di queste due Ninfe a cui apparteneva. La qua
Nume col latte di una capra detta comunemente Amaltea dal nome di una di queste due Ninfe a cui apparteneva. La qual capra
o dello Zodiaco, corrispondente al solstizio invernale, e che rifulge di sessantaquattro stelle. Alcuni Mitologi dicono ch
da quello che accennammo nel Cap. XXXIV ; ed è collegata colla favola di Narciso. E poichè Dante allude ad ambedue queste
Ninfa Eco se ne afflisse tanto, e si consumò talmente dal dolore, che di essa vi rimase la voce sola che ripeteva appena l
nel Canto xii del Paradiso coi seguenti versi : « A guisa del parlar di quella vaga (la Ninfa Eco) « Ch’amor consunse co
di, o come dice Dante : « Due archi paralleli e concolori « Nascendo di quel d’entro quel di fuori, » ciò avviene per ri
 : « Due archi paralleli e concolori « Nascendo di quel d’entro quel di fuori, » ciò avviene per riflessione dei raggi d
flessione del suon della voce. Quanto poi all’orgoglioso amor proprio di Narciso, la Mitologia inventò molto a proposito c
innamorato della propria immagine, veduta nello specchio delle acque di una fonte, e che credendola una Ninfa stette tant
nte, e che credendola una Ninfa stette tanto a guardarla che ivi morì di estenuazione e fu cangiato nel fiore che porta il
« Tu hai l’arsura e ‘l capo che ti duole, « E per leccar lo specchio di Narcisso (cioè l’acqua) « Non vorresti a invitar
te immagini riflesse dall’ acque nitide e tranquille, anzi che esseri di per sè esistenti, conchiudendo con la seguente os
stenti, conchiudendo con la seguente osservazione tratta dalla favola di Narciso : « Perch’io dentro l’error contrario co
i preferito il pastorello Aci, lo uccise gittandogli sopra dall’ alto di un monte un macigno. Gli Dei cangiarono Aci in fi
orre nella Sicilia. I pittori hanno gareggiato a rappresentar Galatea di bellissime forme, ed una delle più belle è quella
che quanto nelle moderne, e specialmente nella nostra, questo termine di Ninfa, anche nel senso traslato, cioè non mitolog
he gli Scienziati trovarono da far nuove applicazioni del significato di questo nome e da formarne vocaboli derivati e com
nello studiarsi d’indicare con nomi diversi le successive metamorfosi di certe specie di animali, e principalmente degli i
d’indicare con nomi diversi le successive metamorfosi di certe specie di animali, e principalmente degli insetti, presero
, e principalmente degli insetti, presero dalla Mitologia il vocabolo di ninfa per significare l’insetto nello stato inter
di ninfa per significare l’insetto nello stato intermedio fra quello di larva e lo stato estremo o perfetto ; e dimostrar
a quello di larva e lo stato estremo o perfetto ; e dimostrarono così di aver bene inteso che le Ninfe mitologiche non era
ata, presero coraggio a metterne fuori anche altre, e diedero il nome di Ninfale a un genere di Lepidotteri diurni della t
metterne fuori anche altre, e diedero il nome di Ninfale a un genere di Lepidotteri diurni della tribù dei Papilionidi ;
nel determinare la nomenclatura delle piante aquatiche si ricordarono di aver trovato nella Mitologia, o in qualche classi
o, certe Ninfe dell’acqua, o che stavano nell’acqua, (il nome preciso di Naiadi non pare che lì per lì lo avessero ben pre
rchitettonica, o fabbrica sui generis, destinata il più spesso ad uso di bagni, annessa ai palazzi e alle ville dei più do
un tempietto dedicato alle Ninfe. 25. Questa costellazione, invece di esser chiamata la Capra, è detta il Capricorno ;
capra con un corno, per alludere alla favola, che alla capra nutrice di Giove essendosi rotto un corno, Giove ne fece un
cura della sua infanzia, attribuendo al medesimo il mirabil prodigio di versar dalla sua cavità qualunque oggetto desider
ca la parola latina. — A Giove stesso fu dato dai Greci l’appellativo di Egioco, che alcuni interpretano nutrito dalla Cap
55 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IX. Vesta Dea del fuoco e le Vestali » pp. 44-47
IX Vesta Dea del fuoco e le Vestali Ad una delle figlie di Saturno e di Cibele fu dato il nome stesso dell’a
Vesta Dea del fuoco e le Vestali Ad una delle figlie di Saturno e di Cibele fu dato il nome stesso dell’ava, cioè di V
e figlie di Saturno e di Cibele fu dato il nome stesso dell’ava, cioè di Vesta ; e per distinguere l’una dall’altra fu agg
 ; e per distinguere l’una dall’altra fu aggiunto all’ava l’aggettivo di Prisca o Maggiore, e alla nipote quello di Giovan
giunto all’ava l’aggettivo di Prisca o Maggiore, e alla nipote quello di Giovane o Minore. Per dare anche a questa un qual
Vesta minore non prese marito e fu Dea della castità. Quindi il culto di questa Dea fu affidato ad alcune sacerdotesse chi
affidato ad alcune sacerdotesse chiamate le Vergini Vestali. Il culto di Vesta per altro è antichissimo, poichè Virgilio a
fu trasportato in Italia46. E che questa Dea, prima della fondazione di Roma, fosse adorata in Alba e vi avesse un tempio
ni, i quali concordemente ci narrano che Rea Silvia, che fu poi madre di Romolo, era stata costretta dallo zio Amulio a fa
olo, era stata costretta dallo zio Amulio a farsi Vestale. Nel tempio di Vesta non vedevasi alcuna statua o immagine della
della creduta perpetuità del romano impero47. Il tempio era piccolo e di figura circolare o vogliam dire cilindrica, con c
ttora uno vicino al Tevere, e si crede situato quasi sul posto stesso di quello che Orazio dice atterrato a tempo suo da u
iolenta inondazione ; un altro simile si vede nella parte più elevata di Tivoli. Se poco hanno avuto da inventare e da rac
molto ci hanno narrato gli storici romani sulla importanza del culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Rom
culto di Vesta e dell’ufficio delle Vergini Vestali in Roma. Il culto di Vesta aveva importanza non solo relativamente all
fuoco sacro, che simboleggiava, come abbiam detto, la perpetua durata di Roma e del suo impero ; e secondo, la più scrupol
all’adempimento dei loro voti. Il numero delle Vestali non fu mai più di sette. Si prendevano da famiglie illustri, o alme
illustri, o almeno civili ed oneste48 : l’età non dovea esser minore di anni sette, nè maggiore di dieci. L’ufficio loro
ed oneste48 : l’età non dovea esser minore di anni sette, nè maggiore di dieci. L’ufficio loro durava per trent’anni ; dop
fficio loro durava per trent’anni ; dopo il qual tempo potevano uscir di convento e prender marito : il che però di rado a
qual tempo potevano uscir di convento e prender marito : il che però di rado accadeva, poichè fu considerata una determin
bblighi che riguardavano l’interesse pubblico erano quei due indicati di sopra ; e severissime le pene minacciate ed infli
opra ; e severissime le pene minacciate ed inflitte per la violazione di quelli. La Vestale che avesse lasciato spengere i
lle verghe dal Pontefice Massimo, e quella che avesse mancato al voto di castità era seppellita viva, in un campo, detto s
di castità era seppellita viva, in un campo, detto scellerato, fuori di Roma. I giorni in cui avessero luogo queste pene
in cui avessero luogo queste pene o espiazioni consideravansi giorni di lutto, detti nefasti, ossia infausti. Ebbero luog
troviamo il ricordo e la narrazione49. Ma però in compenso e premio di una vita esemplare e dell’esatto adempimento dei
e del circo : la loro parola valeva come un giuramento, e la fiducia di cui godevano era tanto grande, e talmente sicura
oggiorno, che nelle loro mani si depositavano i testamenti e gli atti di molta importanza e segretezza non solo dai privat
che ben poche vi rinunziassero in più matura età, e che fosse stimato di cattivo augurio il sottoporsi o alla patria potes
a patria potestà degli agnati, o alla perpetua tutela e al predominio di un marito quanto si voglia illustre e discreto. I
ito quanto si voglia illustre e discreto. Ignare o immemori degli usi di famiglia, difficilmente potevano adattarvisi e no
nte potevano adattarvisi e non rimpiangere l’impareggiabil condizione di vita a cui avevano rinununziato. Il che non confe
l condizione di vita a cui avevano rinununziato. Il che non conferiva di certo alla loro felicità, nè a quella del marito
to alla loro felicità, nè a quella del marito e dei parenti. Il culto di Vesta, fu abolito in tutto l’impero romano nel qu
ome l’ Araba fenice. 48. Il Pontefice Massimo quando avea scelto una di queste giovanette, per consacrarla Vestale usava
e usava la semplice formula : Te, Amata, capio. E questo nome rituale di Amata davasi, nella loro consacrazione, a tutte l
Amata davasi, nella loro consacrazione, a tutte le Vestali in memoria di quella prima che fu consacrata da Numa riformator
tali in memoria di quella prima che fu consacrata da Numa riformatore di quel sacerdozio, e della quale sapevasi il nome d
a Numa riformatore di quel sacerdozio, e della quale sapevasi il nome di Amata per tradizione. 49. Raccontano però in du
56 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIX. Eolo e i Venti » pp. 295-
ti del Caos, il farne anche una Dea, che, sposato il Giorno (sinonimo di luce), produsse Urano, ossia il Cielo ; in quanto
ll’umido vapor che in acqua riede, » ne fecero un Dio sotto il nome di Giove Pluvio ; ed inoltre, poichè l’aria, movendo
ficare anche questi. Riconobbero però facilmente che la maggior parte di questi Dei eran molto turbolenti, producendo in m
padre eterno « Provvide a tanto mal ; serragli e tenebre « D’abissi e di caverne e moli e monti « Lor sopra impose ; ed a
egione o carcere dei Venti, secondo lo stesso poeta, « È nell’Eolia, di procelle e d’austri « E delle furie lor patria fe
a e n’urla il monte. « Ed ei lor sopra realmente adorno « Di corona e di scettro, in alto assiso « L’ira e gl’impeti lor m
ma corrisponde al gruppo delle isole chiamate ancora oggidì Eolie, o di Lipari, nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia
di Lipari, nel mar Tirreno fra la Sicilia e l’Italia. Il nome stesso di Eolo, che deriva da un greco vocabolo significant
nger lor puote o rallentare il freno. » Ma gli attribuisce un genere di vita più patriarcale, e gli assegna un soggiorno
pudiche i fidi sposi. » Alcuni Mitologi dissero che Eolo era figlio di Giove e di Segesta figlia d’Ippota troiano ; e ch
fidi sposi. » Alcuni Mitologi dissero che Eolo era figlio di Giove e di Segesta figlia d’Ippota troiano ; e che i Venti f
ve e di Segesta figlia d’Ippota troiano ; e che i Venti fossero figli di Astreo, uno dei Titani, e dell’Aurora ; e quelle
altri fatti mitologici ne raccontano, perchè hanno trovato difficile di attribuire ai Venti distinte personalità e porle
e in azione. Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè di Borea e di Zeffiro, narrano brevemente qualche fa
. Soltanto del più impetuoso e del più mite fra loro, cioè di Borea e di Zeffiro, narrano brevemente qualche fatto. Di Bor
emente qualche fatto. Di Borea dicono che rapì la Ninfa Orizia figlia di Eretteo re di Atene, e n’ebbe 2 figli chiamati Ca
fatto. Di Borea dicono che rapì la Ninfa Orizia figlia di Eretteo re di Atene, e n’ebbe 2 figli chiamati Calai e Zete, di
iglia di Eretteo re di Atene, e n’ebbe 2 figli chiamati Calai e Zete, di cui dovremo parlare nella spedizione degli Argona
degli Argonauti. La spiegazione più semplice e più naturale del ratto di Orizia è, secondo Platone, che questa infelice pr
è, secondo Platone, che questa infelice principessa rimanesse vittima di una tempesta o di un uragano. Di Zeffiro abbiamo
, che questa infelice principessa rimanesse vittima di una tempesta o di un uragano. Di Zeffiro abbiamo già detto altrove
cioè che producono fiori. Poichè tutti i poeti epici han per costume di descrivere qualche tempesta in cui inevitabilment
liana ed in alcune denominazioni scientifiche. Corrispondono ai Venti di tramontana, ostro, levante e ponente che spirano
d, est, ovest. Il nome greco è significativo delle qualità distintive di ciascuno di essi : Borea significa fremente ; Not
t. Il nome greco è significativo delle qualità distintive di ciascuno di essi : Borea significa fremente ; Noto, umido ; E
ova nominato il vento Euro, alcuni Eruditi hanno detto che è sinonimo di questo., Ma Plinio il Naturalista afferma che l’A
tra delle colonne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar lo stretto di Gades (ora di Gibilterra) e dall’andar navigando
nne d’Ercole li tratteneva ancora dal passar lo stretto di Gades (ora di Gibilterra) e dall’andar navigando lungo le spiag
ei Venti da loro notati e denominati spirassero ; e poi perchè invece di fare in principio la bisezione dell’angolo retto
edano i Geografi ne quid Respublica detrimenti capiat ! A noi basterà di conoscere in qual quadrante, (come dicono in oggi
ano tra lor più vicini, ossia usano i loro diversi nomi come sinonimi di uno stesso Vento. Così fanno sinonimi Borea ed Aq
orea ed Aquilone ; Austro e Noto ; Zeffiro e Favonio, ecc. Più esatto di tutti è Dante, perchè più scienziato, e inoltre i
solo i giorni del suo viaggio allegorico, ma pur anco le ore diverse di quei giorni. Quand’egli dice nel Canto xi dell’In
che eran due ore prima dello spuntar del Sole in quel giorno del mese di marzo che aveva prima indicato, poichè appunto in
ticato d’introdurre nella Divina Commedia anche un cenno della favola di Eolo re dei Venti, secondo ciò che ne scrive il s
e scrive il suo maestro Virgilio nei versi da noi citati in principio di questo Numero, poichè invece di dire prosaicament
nei versi da noi citati in principio di questo Numero, poichè invece di dire prosaicamente che soffia o spira il vento di
mero, poichè invece di dire prosaicamente che soffia o spira il vento di Scirocco, orna ed abbellisce il suo concetto con
erciò i poeti latini usano il patronimico Hippotades, invece del nome di Eolo, come per es. Ovidio nel lib. iv delle Metam
icare Deus, secondo che abbiamo detto altra volta spiegando il titolo di padre dato ad Apollo anche da Dante ; e per la st
nti o galleggianti, e precisamente nel N° XVI, a proposito dell’isola di Delo, che Pindaro fu il primo a chiamar natante.
a chiamar natante. Ora vediamo che anche Omero 4 secoli e mezzo prima di Pindaro aveva notizia delle isole natanti, e cred
57 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Introduzione » pp. 6-9
, tranne gl’Israeliti, erano politeisti, cioè adoravano molti Dei ; e di questi raccontavano la genealogia e i pretesi mir
enealogia e i pretesi miracoli. Tali favole o miracolose supposizioni di cui son piene tutte le antiche istorie, specialme
antiche istorie, specialmente nelle loro origini, non esclusa quella di Roma, furon dette con greco vocabolo miti ; quind
igioni dei Politeisti o Idolatri. Il titolo poi d’Idolatri (esso pure di greca origine, e che significa adoratori delle im
, perchè rappresentavano e adoravano i loro Dei sotto forme materiali di uomini e di bruti. E quantunque il termine di Mit
presentavano e adoravano i loro Dei sotto forme materiali di uomini e di bruti. E quantunque il termine di Mitologia in se
i sotto forme materiali di uomini e di bruti. E quantunque il termine di Mitologia in senso lato sia riferibile a tutte le
ua e alla letteratura italiana. E qui mi piace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già di risali
ace avvertire che lo scopo di questo lavoro sulla Mitologia non è già di risalire alle origini primitive dei miti, indican
zioni delle idee mitologiche dall’oriente all’occidente ; ma soltanto di far la storia e spiegare il significato dei miti
e della storia naturale, perchè è impossibile il dedurre da frammenti di esseri organici fossilizzati, da secoli e secoli
loro antica forma, i loro istinti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste stesse cose
inti, le loro abitudini e le loro leggi di vitalità, senza aver prima di queste stesse cose cognizioni esatte negli esseri
lingue dotte nè le orientali, se voglion leggere e intendere un libro di poesia italiana, poichè tutti i nostri poeti più
ie le cognizioni mitologiche per bene intendere il linguaggio poetico di quei sommi, « che non saranno senza fama, « Se l
che si trovano nella Divina Commedia. E quando nel dar la spiegazione di qualche mito o favola non v’è da citare qualche v
i qualche mito o favola non v’è da citare qualche verso o espressione di Dante, riporto esempii di altri poeti italiani, q
n v’è da citare qualche verso o espressione di Dante, riporto esempii di altri poeti italiani, quali sono il Petrarca, il
e i più chiari e notabili simboli dell’antica sapienza. La cognizione di questi simboli è necessaria a qualunque italiano
traduzioni italiane, e registro in nota alcune più speciali citazioni di erudizione linguistica e letteraria a maggiore ut
a maggiore utilità degli scolari dei ginnasii. Io dunque non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente p
i scolari dei ginnasii. Io dunque non intendo di scrivere un trattato di Mitologia appositamente per gli studiosi delle li
rebbe un portar vasi a Samo e nottole ad Atene, mentre sì fatti libri di antichissima e minuta erudizione esistono in tutt
n italiano dal francese e dal tedesco ; ma son libri troppo eruditi e di una erudizione troppo antiquata, e contengono un
ti o. privi affatto della cognizione delle lingue dotte, vi è bisogno di libri più facili e più alla portata della comune
si tutte le donne italiane, ho creduto che un libro facile e popolare di cognizioni mitologiche, non aggravato da una pesa
popolare di cognizioni mitologiche, non aggravato da una pesante mole di peregrina e non necessaria erudizione antica, pos
o delle più logore o irrugginite anticaglie, oltre alla illustrazione di tutti i passi mitologici della Divina Commedia e
lla illustrazione di tutti i passi mitologici della Divina Commedia e di molti dei principali poeti italiani, ho aggiunto
e di molti dei principali poeti italiani, ho aggiunto la spiegazione di tutti i termini scientifici che derivano dai voca
dagli scientifici, nè questi da quelli, confido che il mio tentativo di farne conoscere le molteplici relazioni con lo st
con lo studio della Mitologia non debba essere stimato affatto privo di pratica utilità. Considerando poi che le Arti Bel
essato da tremila anni, neppur dopo la caduta della religione pagana, di rappresentare in tavole e in tele, in bronzi e in
poetiche e leggiadre personificazioni delle idee mitologiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’oper
logiche ; e che di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche g
e di tal genere trovansi antichi e moderni capi d’opera di scultura e di pittura, non solo nelle pubbliche gallerie e nei
a non solo ai cultori delle Arti Belle, ma altresì a chiunque non ami di apparir rozzo ed insensibile al bello artistico,
58 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXIII. Osservazioni generali » pp. 260-263
lle Divinità del Paganesimo (vedi il N. III) fu accennato che gli Dei di 2° ordine eran detti Inferiori o Terrestri ; e qu
ativi spiegano bastantemente la minor potenza e l’ordinario soggiorno di tali Dei sulla Terra. Gli Dei Superiori, di cui a
a e l’ordinario soggiorno di tali Dei sulla Terra. Gli Dei Superiori, di cui abbiamo parlato nella Iª Parte, erano soltant
Deos. Fortunatamente, per chi deve studiar la Mitologia, a ben pochi di questi Dei fu dato dai Pagani un nome proprio, e
am dire i singoli prodotti naturali. E a render più facile il còmpito di chi vuole imparar la Mitologia contribuisce ancor
Abbiamo notato nel principio del N. IV che, ammessi più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter d
i più Dei, nessuno di loro poteva essere onnipotente, perchè il poter di ciascuno era limitato dalle speciali attribuzioni
vero per gli Dei Superiori e per lo stesso Giove, come ci è accaduto di narrare più volte, tanto più è presumibile e cons
ssive invasioni dei Barbari. E qui mi basterà rammentare, a proposito di quanto ho accennato di sopra, che il vescovo d’Ip
bari. E qui mi basterà rammentare, a proposito di quanto ho accennato di sopra, che il vescovo d’Ippona (S. Agostino) asse
zione del grano. Anzi vi aggiunsero anche un altro Dio, che schiverei di rammentare, se, oltre Lattanzio, non ne parlasse
Dio Sterculio o Stercuzio, così detto perchè aveva inventato il modo di render più fertili i terreni col fimo o concime.
a Mefiti, ecc. ecc. ; e basta conoscere l’etimologia e il significato di questi vocaboli per intendere qual fosse l’uffici
il significato di questi vocaboli per intendere qual fosse l’ufficio di tali Dei. Non dovrà dunque recar maraviglia che i
ue recar maraviglia che il dottissimo Varrone, contemporaneo ed amico di Cicerone, abbia annoverati trentamila Dei del Pag
tati da quell’epoca al tempo in cui scriveva S. Agostino, cioè in più di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà d
stino, cioè in più di quattro secoli, poichè i Pagani avevano libertà di adottare anche gli Dei stranieri, e poi per mezzo
Simoniaci, e dichiarando che questi Dei son cento volte più numerosi di quelli, accetta per lo meno il computo di Varrone
on cento volte più numerosi di quelli, accetta per lo meno il computo di Varrone, poichè così rimprovera i Simoniaci stess
onvinti dunque che il numero degli Dei Pagani fosse anzi più che meno di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che mig
di trentamila8, e assicurati al tempo stesso che migliaia e migliaia di questi sono sine nomine vulgus, e da spacciarsi i
he dei nostri più remoti Antenati. 1. Quindi ebbero origine i libri di polemica fra gli scrittori delle due opposte reli
ca fra gli scrittori delle due opposte religioni. 2. Molti frammenti di opere, ora perdute, di Autori classici delle ling
lle due opposte religioni. 2. Molti frammenti di opere, ora perdute, di Autori classici delle lingue dotte si trovano rip
Romani (le Pandette, il Codice, ecc.) troviamo rammentati col titolo di Divi quegli Imperatori di cui si citano le leggi
odice, ecc.) troviamo rammentati col titolo di Divi quegli Imperatori di cui si citano le leggi o i rescritti (Divus Juliu
a Simonia a pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose di Dio, che di bontate « Deono essere spose, e voi r
pretio : « O Simon Mago, o miseri seguaci, « Che le cose di Dio, che di bontate « Deono essere spose, e voi rapaci « Per
bene che vi si trovano più e diversi latinismi, o vogliam dire parole di forma e terminazione latina, come è questa Idolat
parole di forma e terminazione latina, come è questa Idolatre invece di Idolatri ; e cosi altrove Eresiarche, peccata e s
pi. 7. I Grammatici noteranno in questo verso il pronome egli invece di eglino per troncamento della sillaba finale, che
è una licenza poetica chiamata aferesi. 8. I più dotti commentatori di Dante, e tra essi anche il canonico Bianchi di on
più dotti commentatori di Dante, e tra essi anche il canonico Bianchi di onorata memoria, interpretano questo passo cosi :
fate idolo ogni moneta d’oro e d’argento. » Stando soltanto al numero di 30 mila Dei dichiarato da Varrone, e moltiplicand
e moltiplicandolo per cento, come dice Dante, ne verrebbero 3 milioni di Dei, adorati dai Simoniaci. E non bastavano per s
59 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVIII. Apoteosi degl’Imperatori Romani » pp. 497-499
a richiedevasi 1° che l’eroe da considerarsi come un Dio fosse figlio di una Divinità o per padre o per madre ; 2° che viv
Cadmo, nè Giasone, nè Peleo, nè Ulisse, perchè non eran creduti figli di una Divinità. Nell’Impero Romano all’opposto l’ap
poteosi degl’Imperatori e delle Imperatrici era divenuto un vile atto di adulazione al potere assoluto e dispotico del sup
oprii tiranni, e sante Dee Livia, Poppea e Messalina ? A tempo dei re di Roma fu deificato soltanto Romolo, ma per ghermin
opolo che ricercava il suo re guerriero, gli fecero credere per mezzo di Procolo che fosse assunto in Cielo e divenuto un
in Cielo e divenuto un Nume, e che bisognasse adorarlo sotto il nome di Quirino. Il popolo che credeva Romolo figlio di M
dorarlo sotto il nome di Quirino. Il popolo che credeva Romolo figlio di Marte, credè facilmente questa nuova impostura co
e una teologica conseguenza della prima ; e il Senato fu ben contento di adorar come Dio colui che non avea potuto tollera
teosi nella Storia romana. Neppur Numa, il piissimo Numa, l’inventore di tanti riti religiosi a lui suggeriti, come egli d
dalla Ninfa Egeria, fu deificato. Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popo
, fu deificato. Quasi 700 anni corsero dalla morte di Romolo a quella di Cesare, nel qual tempo il popolo romano divenne c
gloria e potenza lo guidarono. Solamente dopo la proditoria uccisione di Giulio Cesare, il desiderio di sì cara esistenza,
Solamente dopo la proditoria uccisione di Giulio Cesare, il desiderio di sì cara esistenza, a cui era dovuta la prostrazio
a favore del popolo, fece nascere ed accoglier con entusiasmo l’idea di venerarlo qual Nume. Ma spenta con Marco Bruto la
Ma spenta con Marco Bruto la libertà e perduta affatto anche l’ombra di essa sotto Tiberio, le apoteosi degli Imperatori
dal Principe e servilmente festeggiate dal popolo, come abbiam detto di sopra ; e nel frasario stesso degl’Imperanti l’es
anche soltanto il compendiarle ; ed inoltre stancherebbe la pazienza di qualunque lettore la descrizione di tante stupide
inoltre stancherebbe la pazienza di qualunque lettore la descrizione di tante stupide superstizioni. Basti dunque il sape
tanto malato ; e per aiutar questa finzione ponevasi in un gran letto di avorio la statua di cera del defunto invece del s
aiutar questa finzione ponevasi in un gran letto di avorio la statua di cera del defunto invece del suo cadavere, il qual
orni si recavano a visitare l’illustre infermo (vale a dire la statua di lui) e uscivano dicendo ogni giorno che l’imperat
pre peggiorando. Intanto si ergeva nel Campo Marzio un grandioso rogo di legni intagliati in forma di edifizio a quattro o
rgeva nel Campo Marzio un grandioso rogo di legni intagliati in forma di edifizio a quattro o cinque piani, sull’ultimo de
’Imperatore. Nell’interno del rogo eravi una stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d’oro, di quadri e di statue 
. Nell’interno del rogo eravi una stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d’oro, di quadri e di statue : ivi depon
rogo eravi una stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d’oro, di quadri e di statue : ivi deponevasi il feretro. D
na stanza riccamente ornata di tappeti di broccato d’oro, di quadri e di statue : ivi deponevasi il feretro. Dentro e into
piano, vedevasi volar via da quello un’aquila, e dicevasi che l’augel di Giove portava in Cielo e nel consesso degli Dei l
onsesso degli Dei l’anima dell’Imperatore. Se poi facevasi l’apoteosi di una Imperatrice, invece di un’aquila sostituivasi
ell’Imperatore. Se poi facevasi l’apoteosi di una Imperatrice, invece di un’aquila sostituivasi un pavone, uccello sacro a
sumavano inutilmente un tesoro che avrebbe potuto alleviar le miserie di molte migliaia di famiglie. Si conservano tuttora
te un tesoro che avrebbe potuto alleviar le miserie di molte migliaia di famiglie. Si conservano tuttora circa 60 medaglie
famiglie. Si conservano tuttora circa 60 medaglie coniate in memoria di altrettante apoteosi diverse ; in ciascuna delle
60 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — II. Il Caos e i quattro elementi » pp. 11-14
o elementi Il Caos era considerato dagli Antichi come il principio di tutte le cose, poichè secondo la Cosmogonia di Es
ichi come il principio di tutte le cose, poichè secondo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e di
le cose, poichè secondo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e di tutte le Dee. In greco, chaos
condo la Cosmogonia di Esiodo, esso esisteva prima di tutti gli Dei e di tutte le Dee. In greco, chaos significa confusion
a confusione, e si riferisce perciò principalmente alla confusa massa di tutta quanta la materia bruta ed informe, suppost
in caos converso, » cioè ritornato nella prima mistura e confusione di tutti i suoi elementi2. I corpi elementari, secon
uoi elementi2. I corpi elementari, secondo gli antichi, non erano più di quattro, cioè : terra, aria, acqua e fuoco 3 ; me
ni colle loro analisi, ne hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano
hanno per ora distinti e caratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano di trovarne molti altri. P
aratterizzati più di 60 ; e non si stancano di cercarne, nè disperano di trovarne molti altri. Può riuscir piacevole e div
e fantastiche descrizioni del contrasto continuo dei quattro elementi di così diversa natura confusi e misti fra loro nel
e scienze fisico-chimiche hanno scoperto e percorso un sì vasto campo di maraviglie vere e reali della natura. Da questi s
degli Dei. Dopo che Esiodo aveva asserito che il Caos esisteva prima di tutti gli Dei, vennero altri a dire che il Caos s
isti. Infatti dice espressamente Ovidio che nel Caos l’aria era priva di luce. Non asserisce però che il Caos stesso fosse
erisce però che il Caos stesso fosse l’ordinatore dei propri elementi di cui ab eterno componevasi, ma un Dio o una miglio
chiamavano il Caos, e che poi si trasformò in membra e aspetto degni di un nume (Fasti, i). Par dunque che gli Antichi am
ateria, come i naturalisti moderni ammettono la generazione spontanea di certi insetti ed altri animaluzzi ; e che i mitol
o i funghi dalla terra. Noto subito in principio le grandi difficoltà di ridurre a sistema regolare la Mitologia come scie
logia come scienza religiosa degli Antichi, non già per voler tentare di superarle, ma per dichiarare che sarebbe opera pe
enomeni morali, ossia delle passioni degli uomini. Sotto questo punto di vista nelle lingue moderne affini della latina, e
n simil concetto in tutta la Divina Commedia con un sistema parallelo di confronti tratti alternativamente dalla Teologia
re : Vedete ! anche gli Antichi ci hanno trasmesso come in nube molti di quei principii che l’età moderna ci presenta sott
l fine e sui limiti dello studio della Mitologia, sarà questo il filo di Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirin
questo il filo di Arianna per non smarrirmi nell’ intricato labirinto di questa antichissima erudizione ; e così ciascun c
o leggiero « Come a seconda giù l’andar per nave. » 2. Dimostrano di sentir poco l’armonia delle parole e del verso it
oco l’armonia delle parole e del verso italiano quei poeti che invece di caos usano la licenza di scrivere caòsse e cào. N
e e del verso italiano quei poeti che invece di caos usano la licenza di scrivere caòsse e cào. Non così Dante, come abbia
licenza di scrivere caòsse e cào. Non così Dante, come abbiamo veduto di sopra ; e il volgo stesso toscano pronunzia quell
se. L’ adopra per altro non già nel senso panteistico degli antichi e di non pochi moderni, ma soltanto a significare un g
pochi moderni, ma soltanto a significare un grande ammasso o emporio di oggetti di qualunque forma o figura, ed anche tal
rni, ma soltanto a significare un grande ammasso o emporio di oggetti di qualunque forma o figura, ed anche talvolta una g
et tellus, unus acervus erant. » (Ovid., Fast.) 4. Ved. le poesie di Giacomo Zanella e di Giovanni Daneo. 5. « Non
vus erant. » (Ovid., Fast.) 4. Ved. le poesie di Giacomo Zanella e di Giovanni Daneo. 5. « Non però che altra cosa
61 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte III. Semidei, indigeti ed eroi — XLIV. La caccia del cinghiale di Calidonia » pp. 326-330
XLIV La caccia del cinghiale di Calidonia È questa la prima impresa dei tempi e
i trovino riuniti molti celebri eroi, e che serve perciò, in mancanza di altri dati cronologici, a stabilire almeno che qu
rino un’impresa secondaria (ed è tale se riguardisi soltanto lo scopo di uccidere una belva feroce), e perciò ne parlino s
va feroce), e perciò ne parlino soltanto incidentalmente, è per altro di somma importanza per la cronologia degli Eroi, di
dell’Etolia a tempo del re Oeneo, circa un secolo prima della guerra di Troia. Questo re nel fare un sacrifizio agli Dei
i in ringraziamento per le buone raccolte ottenute, erasi dimenticato di Diana ; ed essa lo punì mandando un mostruoso cin
ed essa lo punì mandando un mostruoso cinghiale a devastare lo stato di lui. Non molto lungi dalla città v’era la folta s
ei Gemini, l’indovino Anfiarao che fu uno dei sette prodi alla guerra di Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Pe
Tebe, Nestore ancora nella sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulis
sua prima gioventù, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulisse ; dei quali tutti dovrem
, Peleo che fu poi padre di Achille, Telamone padre di Aiace e Laerte di Ulisse ; dei quali tutti dovremo parlare anche in
rvenuti a questa caccia, dei quali non si conoscono fatti più celebri di questo, ne diremo qui brevemente quanto è necessa
a sapersi. I più notabili erano : Meleagro figlio del re Oeneo e duce di quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tos
uce di quella eletta schiera, i suoi zii Plessippo e Tosseo, fratelli di Altea sua madre, e la sua fidanzata Atalanta vale
ggermente, il cinghiale, dopo che questa fiera aveva già fatto strage di tre o quattro cacciatori e di molti cani. I cacci
che questa fiera aveva già fatto strage di tre o quattro cacciatori e di molti cani. I cacciatori che vi rimasero uccisi d
vicende che poco importa narrare, finalmente ebbe Meleagro la gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che e
a gloria di atterrare quell’immane belva ; e il diritto che egli avea di prender per sè il teschio e la pelle del cinghial
spiacque ai suoi zii, mal tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valent
tollerando che una donna con tal distintivo di onore potesse vantarsi di essere stata più valente degli uomini ; e volevan
e ferocia del mostruoso cinghiale. Ma la scena termina con una favola di nuovo genere, invenzione che Dante stesso ramment
a nella Divina Commedia. La favola si riferisce al destino della vita di Meleagro. Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più
vita di Meleagro. Raccontano i Mitologi ed i poeti, e più estesamente di tutti Ovidio nelle Metamorfosi, che quando nacque
egli spasimi atroci, ne sarebbe rimasta impietosita e avrebbe cercato di porvi rimedio ; chè ella sola il poteva. Quelli c
e poco sopravvisse ; e le sorelle (tranne Deianira che era già moglie di Ercole), furon cangiate in uccelli detti Meleàgri
ogi si dà tuttora alle galline affricane (Numida Meleagris). Ho detto di sopra che Danterammenta nella Divina Commedia la
detto di sopra che Danterammenta nella Divina Commedia la trista fine di Meleagro ; ed eccomi ad accennare in quale occasi
iò a pensare « Alla cagione ancor non manifesta « Di lor magrezza e di lor trista squama ; » e non potendo trovarla da
gio, domandò a Virgilio : « ……Come si può far magro « Là dove l’uopo di nutrir non tocca ? » E Virgilio a lui : « Se t’
ì agro. » Ma accorgendosi Virgilio che con questo esempio pretendeva di spiegare un mistero con un altro mistero, citò an
ti parrebbe vizzo. » E per quanto anche il poeta Stazio, a richiesta di Virgilio, gli desse bellissime spiegazioni scient
la generazione dell’uomo, sull’unione dell’anima col corpo e lo stato di essa dopo la morte, nulladimeno non sembra che Da
secoli come una preziosa reliquia il teschio e la pelle del cinghiale di Calidonia. 63. « Tempora, dixerunt, eadem lig
62 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — IV. Una Divinità più potente di Giove » pp. 20-24
IV Una Divinità più potente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza c
IV Una Divinità più potente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza che nessuno di essi può essere onnipo
otente di Giove Ammessi più Dei, ne vien di conseguenza che nessuno di essi può essere onnipotente, ma ciascuno ha un po
li attribuzioni degli altri. Quindi il Politeismo presenta l’immagine di una federazione di diversi Stati o Principi sotto
li altri. Quindi il Politeismo presenta l’immagine di una federazione di diversi Stati o Principi sotto la rappresentanza
i una federazione di diversi Stati o Principi sotto la rappresentanza di un capo supremo, come sarebbero gli Stati Uniti d
la rappresentanza di un capo supremo, come sarebbero gli Stati Uniti di America e l’Impero Germanico ; mentre il Monoteis
lla monarchia assoluta ; la quale soltanto per analogia o somiglianza di forma, e senza alcun fondamento di ragione, si ch
oltanto per analogia o somiglianza di forma, e senza alcun fondamento di ragione, si chiama impudentemente di diritto divi
forma, e senza alcun fondamento di ragione, si chiama impudentemente di diritto divino. Non deve dunque recar maraviglia,
tolo soprascritto, che vi sia nel Politeismo una divinità più potente di Giove, che pure è conosciuto comunemente come il
el Cielo, il padre degli uomini e degli Dei. E questo Dio più potente di Giove era il Fato. Il Fato 14, detto altrimenti i
umane vicende. Non v’è termine nelle lingue moderne europee, che più di questo di Fato o Destino sia comune e frequente s
ende. Non v’è termine nelle lingue moderne europee, che più di questo di Fato o Destino sia comune e frequente sulle labbr
te sulle labbra stesse del volgo ; e tutti l’usano nello stesso senso di legge suprema inevitabile. In italiano è comune a
di legge suprema inevitabile. In italiano è comune ancora il termine di fatalità nel significato di decreto o effetto di
e. In italiano è comune ancora il termine di fatalità nel significato di decreto o effetto di inesorabil destino. I Pagani
ne ancora il termine di fatalità nel significato di decreto o effetto di inesorabil destino. I Pagani rappresentavano ciec
edestinazione), fossero contenuti in un’urna o registrati in un libro di bronzo, e consultati dallo stesso Giove per conos
à dell’umana natura e riconosce in sè questa ingenita forza e facoltà di prestare o negare liberamente il suo assenso ; e
nnata libertate, « Però moralità lasciaro al mondo. « Onde pognam che di necessitate « Surga ogni amor che dentro a voi s’
eisti come una Dea è la personificazione e la deificazione dell’ idea di conseguenza inevitabile di una o più cause destin
sonificazione e la deificazione dell’ idea di conseguenza inevitabile di una o più cause destinate a produrre certi determ
la chiama sœva Necessitas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiod
itas (crudel Necessità) e la rappresenta in atto di portar colla mano di bronzo lunghi e grossi chiodi da travi, e cunei,
ei, ossia biette o zeppe, e uncini e piombo liquefatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di
fatto, simboli tutti di costrizione o coazione15 La parola Fortuna è di origine latina ; deriva da fors significante il c
reti sull’esistenza dei viventi ; ma fu considerata pur anco ministra di Plutone, perchè essa spinge le anime nei regni di
a pur anco ministra di Plutone, perchè essa spinge le anime nei regni di lui. A quest’estremo fato eran sottoposti anche i
anche i Semidei, quantunque uno dei loro genitori fosse una Divinità di prim’ordine. Così fu ristretta fra certi limiti i
Così fu ristretta fra certi limiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei 
imiti insormontabili non solo la potenza di Giove, ma quella pur anco di tutti gli altri Dei ; i quali spesso nei poeti pa
63 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVII. Gli Dei Dei Fiumi » pp. 285-289
inale, come lo fa parlare Virgilio27. Virgilio inoltre si dà premura di presentarci ancora il ritratto del Dio Tevere, «
atto del Dio Tevere, « ….. che già vecchio al volto « Sembrava. Avea di pioppo ombra d’intorno ; « Di sottil velo e trasp
r indicare il corso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per
orso del fiume e la pendenza dell’ alveo : ha ciascuno di essi presso di sè un’urna da cui esce l’acqua per significar la
el Nume due corna. Inoltre la corona o ghirlanda del fiume è composta di canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancor
ta di canne, come del Tevere ha detto Virgilio, o ancora delle fronde di quegli alberi che più facilmente vegetano sulle s
i si pone appresso, o nella sinistra, uno scudetto coll’arme o stemma di quel popolo pel territorio del quale scorrono le
nir tre volte a singolar tenzone con Ercole per ottenere a preferenza di lui Deianira in isposa. E di questa pugna dovremo
one con Ercole per ottenere a preferenza di lui Deianira in isposa. E di questa pugna dovremo parlare altrove più a lungo.
me Xanto (chiamato altrimenti lo Scamandro 31, nel tempo della guerra di Troia vedendo le stragi che Achille faceva dei Tr
che Achille faceva dei Troiani, congiurò col Simoenta, suo fratello, di annegar quell’Eroe nelle loro acque ; ed avrebbe
Vulcano con una gran fiamma a vaporizzarle. E poichè è un’alta gloria di quel piccolo fiume l’aver fatto paura egli solo a
r fatto paura egli solo al tremendissimo Achille, che non aveva paura di alcuno, non sarà discaro il sentire con quale imp
ncoraggiava il fratello Simoenta ; e poi quanto fu grande lo sgomento di Achille che disperatamente si lamentava, e pietos
o « Che nè bellezza gli varrà nè forza « Nè quel divin suo scudo, che di limo « Giacerà ricoperto in qualche gorgo « Vorag
che di limo « Giacerà ricoperto in qualche gorgo « Voraginoso. Ed io di negra sabbia « Involverò lui stesso, e tale un mo
sabbia « Involverò lui stesso, e tale un monte « Di ghiaia immenso e di pattume intorno « Gli verserò, gli ammasserò, che
lo nasconda. « Fia questo il suo sepolcro, onde non v’abbia « Mestier di fossa nell’esequie sue. « Disse, ed alto insorgen
equie sue. « Disse, ed alto insorgendo, e d’atre spume « Ribollendo e di sangue e corpi estinti, « Con tempesta piombò sop
entura. « Ma nullo ha colpa de’Celesti meco « Quanto la madre mia che di menzogne « Mi lattò, profetando che di Troia « So
meco « Quanto la madre mia che di menzogne « Mi lattò, profetando che di Troia « Sotto le mura perirei trafitto « Dagli st
rente, nel guadarlo, affoga. » Avremo da parlar tanto delle prodezze di Achille (invidiato dallo stesso Alessandro il Gra
(invidiato dallo stesso Alessandro il Grande per la singolar fortuna di averne per banditore Omero), che non vi sarà spaz
iscono sotto terra, e a gran distanza ricompariscono sulla superficie di essa. Esempio ne sia nella Spagna la Guadiana, ch
essa. Esempio ne sia nella Spagna la Guadiana, che dopo 50 chilometri di corso dalla sua origine sparisce in un canneto pr
sua origine sparisce in un canneto presso Tomelioso, e alla distanza di 24 chilometri esce nuovamente dalla terra gorgogl
inguaggio degli Dei, e il più moderno a quello degli uomini. Nel caso di cui si parla nel testo il Xanto è il nome più ant
il nome più antico, e lo Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione di Vibio, di Plutarco e di altri ; ma Plinio il natu
iù antico, e lo Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione di Vibio, di Plutarco e di altri ; ma Plinio il naturalista af
o Scamandro il più moderno. Tale è l’opinione di Vibio, di Plutarco e di altri ; ma Plinio il naturalista afferma che lo S
on si trovano d’accordo nel riconoscere e determinare i celebri fiumi di quella classica terra. Nè ciò deve recar maravigl
64 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — VI. Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno » pp. 28-30
VI Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno Il regno di Saturno sarebbe stato feli
VI Il regno, la prigionia e l’eŚilio di Saturno Il regno di Saturno sarebbe stato felicissimo e durevole a sa
zie e le pietose frodi della sua moglie Cibele. Convien sapere prima di tutto che Saturno era considerato come il Dio del
unto significa tempo. Questa notizia ci sarà utile per la spiegazione di alcuni strani miti che a lui si riferiscono per t
i riferiscono per tale attributo ed ufficio. Saturno memore del patto di famiglia convenuto col fratello maggiore Titano,
memore del patto di famiglia convenuto col fratello maggiore Titano, di non allevar cioè figli maschi, il primo che gli n
li maschi che nacquero in appresso, li mandò nascostamente nell’isola di Creta, e diede ad intendere al marito di aver par
ndò nascostamente nell’isola di Creta, e diede ad intendere al marito di aver partorito una pietra che gli fece presentare
al marito di aver partorito una pietra che gli fece presentare invece di ciascun neonato. Saturno nell’incertezza se quell
Saturno, e da lui non ben digerita, adoravasi nel mondo sotto il nome di abdir o abadir. Il feticismo però non prevalse ne
cismo però non prevalse nella religione dei Greci e dei Romani, ma sì di altri popoli o più antichi o più rozzi, e fu prop
l’esistenza de’suoi figli a Saturno e a Titano, e tra le altre quella di far sollevare urli e strepiti da’ suoi sacerdoti,
strepiti da’ suoi sacerdoti, perchè non si udissero in cielo i vagiti di quei pargoletti numi. Ma Titano si accorse della
ono e dalle celesti regioni con tutta la famiglia dei Titani ; liberò di carcere i suoi genitori, ma prese per sè il regno
e diede ai fratelli i regni del Mare e dell’ Inferno. Saturno invece di esser grato al figlio e di contentarsi del second
i del Mare e dell’ Inferno. Saturno invece di esser grato al figlio e di contentarsi del secondo rango nel Cielo, quello d
grato al figlio e di contentarsi del secondo rango nel Cielo, quello di ex-re padre del regnante, s’indispettì perchè il
tì perchè il figlio non lo rimise sul trono, e quindi congiurò contro di lui. Giove scuoprì la congiura, ed esiliò Saturno
sofferto, aveva prudentemente rinunziato ad immischiarsi negli affari di Stato. Così nelle vicende mitologiche di Saturno
ad immischiarsi negli affari di Stato. Così nelle vicende mitologiche di Saturno troviamo rappresentate, e quasi storicame
me avvengono tra gli uomini, la maggior parte delle vicende politiche di un regno, cioè successione per abdicazione del pa
itiche di un regno, cioè successione per abdicazione del padre, patti di famiglia, violazione dei medesimi, guerre, detron
erre, detronizzazioni, prigionie, congiure ed esilio. Non vi si parla di stragi e di morti, perchè gli Dei degli Antichi,
izzazioni, prigionie, congiure ed esilio. Non vi si parla di stragi e di morti, perchè gli Dei degli Antichi, come le Fate
soltanto la ribellione degli oppressi ; e questá verrà sotto il regno di Giove, e sarà mirabile e tremenda, « Di poema de
regno di Giove, e sarà mirabile e tremenda, « Di poema degnissima e di storia. » 21. Da questo greco termine Cronos s
lativi al tempo. 22. Il Monti fa dire ad Aristodemo, nella tragedia di questo nome : « Che l’uomo ambizioso è uom crude
uesto nome : « Che l’uomo ambizioso è uom crudele. « Tra le sue mire di grandezza e lui « Metti il capo del padre e del f
65 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVII. L’Apoteosi delle Virtù e dei Vizii » pp. 493-496
le orribili guerre civili, allo spegnersi della repubblica colla vita di Marco Bruto, si udì la bestemmia che egli per dis
, si udì la bestemmia che egli per disperato dolore proferì nell’atto di uccidersi : « O Virtù, tu non sei che un nome van
ttrici del vizio. Gli stessi Baccanali introdotti in Roma da un Greco di oscura nascita (Grœcus ignobilis, come dice Tito
mondo romano bandita ogni virtù religiosa e civile. Dicemmo, parlando di Mercurio, che i mercanti romani, secondo quel che
l frutto delle loro ruberie. Anche Orazio mette in versi la preghiera di un ladro a Laverna, Dea dei ladri, in cui alla fu
da justum sanctumque videri, perchè cioè quel ladro non si contentava di rimanere impunito, ma voleva anche apparire agli
a i Pagani il sentimento che lo ispirava. Nè già si contentavano essi di lasciare le loro vendette a questa Dea, ma davano
nel tempio che erale stato eretto, questa Dea fu adorata come figlia di Giove e della Giustizia, e perciò come rappresent
, e perciò come rappresentante la giusta vendetta, ossia la punizione di quelle colpe che non cadono sotto la sanzione pen
erpretava a suo modo e secondo le sue proprie passioni ; e lo spirito di vendetta tanto potente e feroce nei secoli barbar
no e l’oblio delle offese. Di tutte le affezioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli anti
ffese. Di tutte le affezioni dell’animo, e perciò di tutte le Virtù e di tutti i Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poe
Vizii, hanno gli antichi ed i moderni poeti fatto la descrizione come di tanti esseri soprannaturali, di tante divinità o
derni poeti fatto la descrizione come di tanti esseri soprannaturali, di tante divinità o benefiche o malefiche ; e a seco
prannaturali, di tante divinità o benefiche o malefiche ; e a seconda di queste descrizioni si sono aiutati gli artisti a
e tempii presso i Pagani : delle Virtù però molte, come abbiam detto di sopra nominandole ; dei Vizii ben pochi. Per altr
ii ben pochi. Per altro pitture e statue si fecero e si fanno tuttora di qualunque Virtù e di qualunque Vizio, ed anche di
ro pitture e statue si fecero e si fanno tuttora di qualunque Virtù e di qualunque Vizio, ed anche di qualsivoglia idea as
e si fanno tuttora di qualunque Virtù e di qualunque Vizio, ed anche di qualsivoglia idea astratta, politica o religiosa.
ne le poetiche descrizioni antiche e moderne è ufficio dei professori di rettorica e belle lettere, e il descriverne le an
rne sculture o pitture appartiensi ai professori gnostici ed estetici di Belle Arti, e non al Mitologo, poichè miti specia
o personificazioni, o apoteosi, da raccontare. Questa facoltà poetica di rappresentare con descrizioni o con immagini scul
ivili e militari, ed anche le religiose, sono rappresentate per mezzo di figure umane accompagnate da oggetti simbolici ch
imbolici che ne suggeriscono il significato ed il nome, senza bisogno di scriverlo sulla base delle medesime o in qualche
namenti. E se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni di Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento
se nei pubblici monumenti non vedonsi che personificazioni di Virtù e di novelli pregi derivati dall’incremento e dal perf
« Che a conto del Governo a stare in briglia « Doma educando i figli di famiglia, « Cantavano alla culla d’un bambino, « 
nome Gingillino, « La ninna nanna in coro, « Degnissime del secolo e di loro. »
66 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte II. Degli dei inferiori o terrestri — XXXVIII. Gli Dei Penati e gli Dei Lari » pp. 290-294
uoprire chi meglio abbia colto nel segno. Perciò converrà contentarsi di conoscere quel che ne accennano i Classici e prin
peciali Dei protettori della città, poichè fa dire ad Enea dall’ombra di Ettore, che Troia affida ad esso i suoi Penati ;
Frigii Penati 34. Ecco tre esempi che dimostrano il concetto generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei prote
to generale di Virgilio, che cioè i Penati fossero gli Dei protettori di Troia e della Troade. Vero è che lo stesso poeta
poeta aggiunge che i Penati avevano special culto anche nella reggia di Priamo : « Era nel mezzo del palagio all’aura «
l palagio all’aura « Scoperto un grande altare, a cui vicino « Sorgea di molti e di molt’anni un lauro « Che co’rami all’a
ll’aura « Scoperto un grande altare, a cui vicino « Sorgea di molti e di molt’anni un lauro « Che co’rami all’altar facea
oll’ombra a’Penati opaco velo35. » Ma se il capo dello Stato onorava di un culto speciale gli Dei protettori della sua ci
emmo altrove che lo stesso Dante rammenta Marte come il primo patrono di Firenze, che poi i cittadini divenuti cristiani c
Nume dei più noti e celebri. Riguardo poi all’ etimologia del titolo di questi Dei, che furon portati in Italia « ……. da
Anchise che venne da Troia, » lasceremo decidere ai solenni filologi di professione se il vocabolo stesso Penati discenda
quel che egli ne scrisse, e credere sulla sua parola che l’etimologia di quel termine fosse latina, e alludesse al vital n
iammai, ma nella cui esistenza tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola
za tutti credevano ; — e quando si tratta di credere, non v’è bisogno di dimostrazione ; sola fides sufficit. Quindi l’esp
i Lari ; e nelle altre, almeno un tabernacolo colle statue o immagini di questi Dei, le quali spesso ponevansi ancora dent
tione per altro verte intorno all’etimologia del nome ed alla origine di questi Dei, poichè v’è chi li crede così chiamati
r l’altra etimologia ; ma quanto all’origine e alla particolar natura di questi Dei nessuno potrà convenire di dover confo
rigine e alla particolar natura di questi Dei nessuno potrà convenire di dover confondere i Penati coi Lari, come fanno al
caratteristiche bene accertate degli Dei Penati, come abbiamo veduto di sopra, si potrebbero citare molte autorità di cla
ti, come abbiamo veduto di sopra, si potrebbero citare molte autorità di classici, da cui chiaramente apparisce il differe
he rara eccezione non distrugge mai la regola generale ; e a sostegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica o
tegno di questa terminerò coll’ esaminare una filosofica osservazione di Cicerone, nel lib. v della Repubblica, ov’egli pa
e che i primi eran protettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, c
rotettori dei diritti del cittadino, ed i secondi di quelli del padre di famiglia ; senza dei quali, come egli sapientemen
la farà trista. » (Inf., xiii, 143….) 37. Ecco le precise parole di Cicerone, De Nat. Deorum, lib. ii, cap. 27 : « N
ta differenza si trova chiaramente esemplificata in questo pentametro di Tibullo (lib. i, Eleg.,i) : « Dum meus exiguo lu
corruzione della lingua latina focus cominciò ad essere usato invece di ignis, e foculare invece di focus. Infatti nel di
ina focus cominciò ad essere usato invece di ignis, e foculare invece di focus. Infatti nel dizionario delle parole barbar
67 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXVI. Osservazioni generali sulle Apoteosi » pp. 490-492
vazioni generali sulle Apoteosi Quei Mitologi che presero l’assunto di spiegare i miti della Religione Pagana per mezzo
presero l’assunto di spiegare i miti della Religione Pagana per mezzo di antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, s
e i miti della Religione Pagana per mezzo di antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, si trovaron costretti di aggi
antichi fatti istorici e di incerte tradizioni, si trovaron costretti di aggiungere nelle loro opere una parte che trattas
o estesa anche alla spiegazione dei fenomeni fisici, secondo la mente di G. Battista Vico, il quale nel libro ii dei Princ
ndo la mente di G. Battista Vico, il quale nel libro ii dei Principii di Scienza Nuova asserisce che i miti son tante Isto
seguace fidissimo del Rosmini, danno alla religione pagana il titolo di Panteismo Mitologico, è questo un altro motivo di
ne pagana il titolo di Panteismo Mitologico, è questo un altro motivo di credere che il sistema da me prescelto sia il più
un riassunto della parte fondamentale del mio lavoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di q
avoro, è una conferma di quanto ho dichiarato dal principio alla fine di questa Mitologia. La parola Apoteòsi, secondo la
alla deificazione degli uomini dopo la morte167. Il culto più antico di cui si trovi memoria negli scrittori fu quello de
sta, che è il loro libro sacro, attribuito a Zoroastro. Anche a tempo di Augusto i Persiani adoravano come loro Nume supre
e fu principalmente professato dagli Egiziani, i quali anche al tempo di Mosè adoravano come loro Dio il bue Api, la qual
li Ebrei nel deserto col vitello d’oro, che costò la vita, per ordine di Mosè, a tante migliaia di quegli stupidi imitator
itello d’oro, che costò la vita, per ordine di Mosè, a tante migliaia di quegli stupidi imitatori del culto Egiziano. Il S
. Il Sabeismo sarebbe stato anch’esso, com’era in origine, una specie di Feticismo, benchè meno goffo, non meno però mater
o goffo, non meno però materiale (poichè anche gli astri son composti di materia cosmica), se ben presto non fosse invalsa
ossia all’ apoteosi degli oggetti materiali, fu sostituita l’apoteosi di Esseri soprannaturali rappresentanti le forze o l
o il movimento della materia, e che poi furono dette scientificamente di attrazione e di repulsione. Fu questo il ponte di
ella materia, e che poi furono dette scientificamente di attrazione e di repulsione. Fu questo il ponte di passaggio dal c
te scientificamente di attrazione e di repulsione. Fu questo il ponte di passaggio dal culto materiale del feticismo al Pa
iale del feticismo al Panteismo mitologico, in cui si fece l’apoteosi di tutte le forze e leggi della creazione non solo d
e impareggiabile dai Greci e dai Romani i più celebri e graziosi miti di cui non perirà mai la memoria, finchè si leggeran
culto degli altri Dei ; e gli uomini ragionevoli sentirono il bisogno di una religione più pura e più razionale. 166.
ateria e dello spirito. È decisivo su tal proposito il seguente passo di Cicerone : « Quid Opis ? quid Salutis ? quid Conc
68 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Avvertenza » pp. -
Avvertenza In luogo di Prefazione, per dar conto di quest’opera ai corte
Avvertenza In luogo di Prefazione, per dar conto di quest’opera ai cortesi lettori, si riporta il pre
quest’opera ai cortesi lettori, si riporta il preambolo del Manifesto di associazione pubblicato nel giugno del corrente a
lo de’greci e de’ latini poeti, ma degl’italiani e d’altre nazioni, e di molte locuzioni viventi tuttavia nel comune lingu
uzioni viventi tuttavia nel comune linguaggio ; in uso delle scuole e di ogni colta persona. Di quest’opera di erudizione
guaggio ; in uso delle scuole e di ogni colta persona. Di quest’opera di erudizione letteraria furono pubblicati per saggi
1873 della Nuova Antologia. Anzi fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca
fu il Tommaséo stesso che mi suggeri di aggiungere al semplice titolo di Mitologia Greca e Romana, tutte le altre parole c
mana, tutte le altre parole che ora vi si leggono ; e non si contentò di dirmelo a voce in familiare conversazione, ma lo
nversazione, ma lo ripetè in una delle lettere ch’egli ebbe occasione di scrivermi ; e poi rese noto pubblicamente nel det
ente nel detto fascicolo della Nuova Antologia, che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. Fece anche di pi
che egli mi suggeriva di adottare il soprascritto titolo. Fece anche di più : voile proporre spontaneamente l’anno scorso
anche di più : voile proporre spontaneamente l’anno scorso la stampa di questa Mitologia ad un editore milanese con una s
ad un editore milanese con una sua lettera, che egli, abbondando meco di cortesia, mi mandò perchè la leggessi e la spedis
questa lettera che io scriverei, possa correre. E la lettera correva di certo, ed io la spedii subito, e qui la riporto p
la spedii subito, e qui la riporto per copia conforme : « Il saggio di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia l
di Mitologia in uso delle Scuole, che sotto fascia le mando, è parte di un lavoro compiuto, e che da esperti nell’insegna
nsegnare ebbe lode ; e io, proponendoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lav
endoglielo, ne dico assai ; e meglio di me lo raccomanda il Compendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accetta
mpendio di Cosmografia, lavoro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor
ro dell’autore medesimo, accettato da più di una Scuola in Toscana, e di cui l’avveduto signor Barbèra credette utile fars
cazioni mancava il tempo, com’ egli rispose direttamente a me stesso, di pubblicare anche questo libro prima della riapert
ima della riapertura delle Scuole ; e allora il Tommasèo mi consigliò di stamparlo l’anno appresso per associazione. Il ch
stamparlo l’anno appresso per associazione. Il che ora io vo tentando di fare col presente Manifesto ; e confido che gl’il
69 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — Epilogo » pp. 253-254
sì civili, e della cui civiltà è figlia la nostra. Se una gran parte di queste loro idee, quali si trovano espresse e rap
i Santi Padri dei primitivi tempi del Cristianesimo citarono i detti di Cicerone forse più spesso di quei della Bibbia. A
tempi del Cristianesimo citarono i detti di Cicerone forse più spesso di quei della Bibbia. Andando su queste traccie, rie
este traccie, riesce più facile o almeno più probabile la spiegazione di molte idee mitologiche degli antichi Pagani ; e f
i nostri poeti, e principalmente l’Alighieri, ma pur anco i filosofi di maggior fama, possiamo almeno conoscere quale opi
La più evidente interpretazione dei miti abbiamo veduto esser quella di considerare le Divinità del Gentilesimo come altr
a anche astratte, come noteremo più specialmente nelle seguenti parti di questa Mitologia. Infatti risalendo alla Cosmogon
econdo le antiche idee (vere o false che fossero), dalla combinazione di quei principali elementi si producevano. Perciò a
a delle medesime ; alla formazione favolosa del fulmine la causa vera di questo fenomeno ; e così di tante altre. Oggidì c
azione favolosa del fulmine la causa vera di questo fenomeno ; e così di tante altre. Oggidì che hanno sì gran credito gli
ito gli studii preistorici sugli uomini primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo
primitivi dell’età delle armi di pietra e delle abitazioni lacustri, di quel tempo cioè in cui i nostri antenati Europei
tanta efficacia sulla civiltà greca e romana. Se negli Dei superiori di cui abbiam parlato in questa prima Parte troviamo
e sociale, procedendo alla seconda Parte vi troveremo l’applicazione di quelle ai casi più speciali ed anche individuali.
isica, si considerano incarnate negli uomini dalle Divinità per mezzo di matrimonii misti, che danno origine ai Semidei ed
e materia ai più celebri poemi epici, si continua la personificazione di nuove idee astratte, non solo delle virtù, ma pur
70 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Parte IV. Le Apoteòsi — LXXI. Decadenza e fine del Politeismo greco e romano. Primordii e progressi del Cristianesimo. » pp. 511-
rono i puritani della pagana religione, e considerarono sin dal tempo di Numa il sentimento religioso e morale come il pri
orale come il primo fattore dell’incivilimento ; e perciò ebbero cura di tenerne lungi qualunque elemento che tendesse a v
n può esistere vera civiltà. Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove n
ltà. Ma quando la romana costanza che trionfò di tutti gli ostacoli e di tutte le più dure prove non fu abbastanza forte c
ffondevasi una nuova religione, i cui seguaci destarono l’ammirazione di tutti per la bontà e santità della vita : e quest
acolo in mezzo a società così corrotta ; questo richiamò l’attenzione di tutti sulla nuova religione del Cristianesimo, pe
perseguette, « Senza mio lagrimar non fur lor pianti. « E mentre che di là per me si stette, « Io gli sovvenni, e lor dri
nto simile a quello del poeta Stazio condusse alla stessa conseguenza di farsi Cristiani tutti quei politeisti che non era
o in prosa quanto in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169. Ma poichè la rel
o in poesia, più comune e più usato che gli altri due di politeismo e di gentilesimo 169. Ma poichè la religione dell’Evan
esimo 169. Ma poichè la religione dell’Evangelo ai più santi precetti di morale univa la principal massima sociale che tut
are se non la sublimità, che non potevano intendere, almeno l’utilità di questa nuova religione ; e tutto l’impero romano,
tili ha due altri diversi significati : uno più usato e comune invece di cortesi ; e l’altro legale, che sta ad indicare l
gentilizii, titoli gentilizii ecc. Dante estese il significato legale di gentili a tutte le persone dello stesso partito,
71 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Avvertimento. » pp. 1-2
Avvertimento. Nel dare alla luce la terza edizione di questo Corso di Mitologia, stimiamo opportuno rip
Avvertimento. Nel dare alla luce la terza edizione di questo Corso di Mitologia, stimiamo opportuno riprodurre l’avvert
1854. « Nel 1838 fu pubblicata a Parigi la quinta edizione del Corso di Mitologia dei signori Noël e Chapsal, che è stato
pubblico, e che riesce molto utile nelle scuole. » Il maggior pregio di questo libro elementare consiste, a parer nostro,
nde e per risposte. » — Il racconto non interrotto, dicono gli Autori di questo Corso, offre all’ alunno una lettura più g
i antecedenti o nei successivi. — » « Volendo noi pubblicare un Corso di Mitologia pei giovinetti, abbbiamo stimato dover
a sperimentata bontà del metodo. Ma supponendo che la pura traduzione di esso non avrebbe pienamente soddisfatto al bisogn
resciuto non poco le notizie mitologiche, tenendoci sempre nei limiti di un libro elementare. » Gli autori francesi vi han
nno opportunamente inserito alcuni passi dei loro poeti, e noi invece di tradurre quelli vi abbiamo sostituito, ed in magg
rtunissima anche ai cultori delle Belle Arti. » Ci siamo poi studiati di render profittevole alla morale questa lettura, e
i giovinetti a ricavare utili avvertimenti da ciò che per lo più era di solo pascolo alla curiosità giovanile. È noto che
per aderire alle ricerche che ne vengono fatte, ristampiamo il Corso di Mitologia, riveduto e migliorato con aggiunte del
tologia, riveduto e migliorato con aggiunte del traduttore, ed ornato di stampe fatte da valenti artisti, utilissime a dar
72 (1874) La mitologia greca e romana. Volume I « Parte I. Delle divinità superiori o di prim’ ordine — I. La Cosmogonia mitologica » p. 10
mogonia significa generazione, ossia formazione del mondo. Gli uomini di tutti i tempi, dai più antichi ai più moderni, ha
empi, dai più antichi ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire
i ai più moderni, hanno sempre mostrato curiosità di sapere l’origine di questo mondo, o vogliam dire dell’ universo ; e n
sacerdoti e ai loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito di casta, ossia di preeminenza e predominio dell’una
loro adepti o iniziati ; e finchè prevalse lo spirito di casta, ossia di preeminenza e predominio dell’una classe sociale
eta. Alcuni moderni autori eruditissimi ed infaticabili hanno tentato di spiegare quei miti o simboli, ma ben di rado vi s
ed infaticabili hanno tentato di spiegare quei miti o simboli, ma ben di rado vi son riusciti in modo evidente o almeno pr
rado vi son riusciti in modo evidente o almeno probabile. Tal genere di faticosa erudizione, consistente nel decifrare gl
il campo allo studio dei problemi che sulla Cosmogonia si propongono di risolvere le scienze fisiche, e principalmente l’
dottati nel linguaggio poetico degl’italiani, nasce quindi il bisogno di conoscerli ed illustrarli, e, quando è possibile,
ndo il principio cattolico, le antiche favole mitologiche sono avanzi di tradizioni religiose e sociali tramandate da temp
73 (1874) La mitologia greca e romana. Volume II « Indice alfabetico » pp. 516-
ti i termini mitologici e scientifici spiegati in ambedue i volumi di questa mitologia NB. I numeri indicano le pagine.
eri italici, e posti subito dopo quei nomi da cui derivano. Per mezzo di quest’ Indice alfabetico può la presente Mitologi
t’ Indice alfabetico può la presente Mitologia far l’ufficio pur anco di Dizionario Mitologico. A Abdir 29 Abila 364
377 Icòre 432 Ida (guerriero) 374 Idèa (dea) 40 Idolatri 5 Idra ( di Lerna) 358 Idra (costellaz.) 359 Ifigenia 423,
Satira 272 Saturno 26 e seg. Saturno (pianeta) 35 Saturno (sale di ) 35 Saturnia 31 e seg. Saturnali 35 Sèlène (d
65 Siringa (sampogna) 265 Sìsifo 222 Sistro 507 Sole 94 Solfuro di ferro 67 Sogni 211 Sonno 211 Sòspita (dea) 500
òspita (dea) 500 Sparti 322 Speranza (dea) 492 Stàfilo 167 Stelle di S. Elmo 375 Stellio 52 Stenobèa 317 Sterculio
co 95 Zoroastro 491 Errata-corrige A pag. 314 lin. 21 invece di Arianna  si legga Andròmeda  » 448 » 12 » Cherson
74 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) «  Avviso. per questa terza edizione.  » pp. -
accoglienza ottenuta dalle nostre due antecedenti edizioni del Corso di Mitologia dei Signori Nöel e Chapsal, ci ha confo
in legno intercalate nel testo. Giovi poi ripetere come la traduzione di quest’opera non sia un semplice volgarizzamento,
imo e la fondazione del Cristianesimo. E qui giovi spiegare l’oggetto di quest’appendice, affinchè i giovani lettori ne tr
Redenzione. I discorsi aggiunti dunque in Appendice a questo trattato di Mitologia sono opportuno avviamento a tale studio
75 (1861) Corso di mitologia, o, Storia delle divinità e degli eroi del paganesimo: Per la spiegazione dei classici e dei monumenti di belle arti (3e éd.) « Tavola analitica. secondo il metodo di giov. humbert  » pp. 3-
Tavola analitica secondo il metodo di giov. humbert (Le cifre arabe indicano i parag
Amazzoni, 375. Semele, 75, 147, 148. IV. Personaggi della guerra di Tebe. Adrasto, 506—508. Tideo, 506. Eteoele
497. Gorgoni, 357. Tifeo o Tifone, 69. Crisaorso, 358, 379. Idra di Lerna, 371. Arpie, 191. Chimcra, 466. Lestrigo
ro, 646. 2°. Cleobi e Bitone, 624, 625. Egeria e Numa, 324. Milone di Crotone, 670. Epimenide, 658, 2°. ec. IX. Cer
76 (1895) The youth’s dictionary of mythology for boys and girls
y subject, a person present defied him to do so on the Latin gerunds, di , do, dum, which, however, he immediately did in t
ivers. Virgil mentions Ægle as being the fairest of the Naiades. Nan′ di [Nandi]. The Hindoo goddess of joy. Nar′ræ [Narr
77 (1898) Classic myths in english literature
eggio 4. Venus of Melos (in the Louvre) 5. The Flying Mercury. Giov. di Bologna 6. The Fates. Michael Angelo 7. The For
t). [Wall Painting: Baumeister.] Pl. 5. The Flying Mercury. Giov. di Bologna. Fig. 17. Mercury conducting Souls to
ture. In modern sculpture: Cellini’s Mercury (base of Perseus); Giov. di Bologna’s Flying Mercury (bronze). In modern pain
mphale (Louvre); Bandinelli (sculpture), Hercules and Cacus; Giovanni di Bologna (sculpture), Hercules and Centaur; Amazon
E., 1843. Com. § 61, Europa; § 107, Eurydice. Dosso Dossi (Giovanni di Lutero), 1479-1541 (paint.). Diana and Endymion,
i, Paris: 1840; Inghirami, Galeria Omerica; Bolletino dell’ Instituto di Corrispondenza Archeologica, Rome; Millin, A. L.,
78 (1810) Arabesques mythologiques, ou les Attributs de toutes les divinités de la fable. Tome II
me beaucoup mieux l’Amour de la patrie. Métastase a dit : E istinto di natura L’amor del patrio nido57. L’Expérience
79 (1909) The myths of Greece and Rome
w broken branches and scattered leaves. Flying Mercury. Giovanni di Bologna. The gift of the lyre pleased Apollo so w
80 (1855) Mythologie pittoresque ou méthodique universelle des faux dieux de tous les peuples anciens et modernes (5e éd.) pp. -549
s hommes, pour mieux s’identifier avec les malheurs de la fille de la di inité qu’ils adoraient, profitaient des mystères
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